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IL DIRITTO INTERNAZIONALE

CODIFICATO

Opere pubblicate dal Professore PASQUALE FIORE

ELEMENTI DI DIRITTO Costituzionale e Amministrativo (Cremona 1862) [esaurito).

NUOVO DIRITTO Internazionale Pubblico (Milano 1865), voi. 1, in-8» {esaurito).

ELEMENTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO (Torino, Unione Tip.-Editrice). Quarta tiratura L. 5

DEL FALLIMENTO secondo il Diritto Intemaz. Priv. (esaurito) (Pisa, Nistri, 1873).

EFFETTI INTERNAZIONALI DELLE SENTENZE e degli atti in materia civile (Loescher, 1874) ^ 5

DELLA GIURISDIZIONE PENALE relativamente ai reati commessi all'estero (Pisa, Nistri, 1875) (esaurito), rifusa neìV opera sulle Sentenze penali.

EFFETTI estraterritoriali delle sentenze penali. Della estradizione (Loescher, 1877) . 10

SUL PROBLEMA internazionale della Società giuridica degli Stati (Torino, Stamperia Reale. 1878 (esaurito)^ Vedi Aiti delV Accademia delle Scienze morali di Torino).

DELLE AGGREGAZIONI legittime secondo il Diritto Internazionale (Torino 1879, (esaurito), si trova negli Atti deW Accademia delle Sciense).

DELL'ADOZIONE (Monografia nel Digesto Italiano).

DEGLI AGENTI DIPLOMATICI (Monografia nel Digesto Italiano).

DELLE DISPOSIZIONI GENERALI sulla pubblicazione deUe leggi, volumi 2 (Napoli, 1886-^7, Marghieri editore) ,24

DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO. Terza edizione interamente rifatU e consi- derevolmente ampliata (Leggi civili, VoL I e II). (Torino, Unione Tip.-Editrice) 16 Voi. Ili (SucceA-iioni). {DUmminenie pubblicazione).

IL DIRITTO CIVILE ITALIANO. Voi. U: Delle Persone, 1889 (Marghieri, edit).

SULLA CONTROVERSIA DEL DIVORZIO IN ITALIA (Torino, Unione Tip.-Ed.) . 1

TRATTATO DI DIRITTO INTERNAZIONALE PUBBLICO, terza edizione intiera- mente riveduta e considerevolmente ampliata. Voi. 3 (Torino, Unione Tip.-Edit.) « 30

DELLA PERSONALITÀ GIURIDICA dei Corpi morali e della Personalità giuridica dello Stato airintemo e all'estero (Torino, Unione Tip.-Editrice, 1895).

Traduzioni pubblicate in Francia.

NOUVEAU DROIT INTERNATIONAL PUBLIC, traduit, annoté, précède d'une intro- duction par Pradier-Fodéré (Paris, G. Pedone Lauriel), voi. 2, in-S®, ipuisé.

DROIT INTERNATIONAL PRIVE, traduit de l'italien, annoté et suivi d'une Appendice de Tauteur comprenant le demier état de la législation et de la jurisprudence, par Pradier-Fodéré (Paris, G. Pedone Lauriel), ipuisé.

TRAITE DE DROIT PÉNAL INTERNATIONAL et de l'extradition, traduit, annotò et mis au courant du Droit fran^ais, par Charles Autoine (Paris, G. Pedone Lauriel), voi. 2 Fr. 18

DROIT INTERNATIONAL PUBLIC, traduit et annotò par Charies Antoine. Deuxième édit, 1885 (Paris, G. Pedone Lauriel), voi. 3 .S7

DROIT INTERNATIONAL PRIVE, traduit, annoté et mis au courant du Droit fran^ais par Charles Antoine, Président du Tribimal de Doullens. Deuxième édit. compiè- tement refondue, 1890-91 (Paris, Pedone-Lauriel) 20

LE DROIT INTERNATIONAL CODIFIÉ. It^n» édit. ital. traduite par A. Chrétien, Pro- fesseur de la Faculté de Nancy (Pari», Chevalier Marescq, 1889 10

LA QUESTION EUROPÉENNE, une solution (Paris, Chevalier Marescq, 1890).

Traduzioni pubblicate in Spagna.

DERECHO INTERNACIONAL PRIVADO, version de Garcia Moreno, aumentada con un'apendice del autor y un prologo de Martos (Madrid, F. Gongora, 1878), voi. 2 . L. 24

TRATADO DE DERECHO INTERNACIONAL PUBLIGO, vertido al castellano par Garcia Moreno, T. 3 (Madrid. F. Gongora, 1882). 2d? edicion, T. 4 (1894) . . 28

TRATADO DE DERECHO PENAL INTERNACIONAL, traducido, anotado y aumen- tado con dos apendices por la Direcion de la Revista de legislacion y jurisprudencia, 1 volume Kr. (Madrid 1880) 32

DERECHO INTERNACIONAL PRIVADO (Leyes civiles), version castellana anoUdapor D. Alftjo Garcia Moreno con un prologo di Romero Giron. Madrid. Gongora, tomo I-III» 13

EFECTOS INTERNACIONALES de las sentencias de los tribunales, version castellana par Garcia Moreno (Madrid 1888Ì.

DE LA IRRETROACTIVIDAD E INTERPRETACION DE LAS LEGES. Estudo cri- tico v d»» leeÌRlar.ion comoarada tradunido par De Paz (Madrid 1893).

EL DERECHO INTERNACIONAL CODIFICADO y su sancion jiiridica: version Castel- lana por Garcia Moreno. Gongora, Madrid, T. II, 1891).

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ORDINAMENTO GIURIDICO DELLA SOCIKTA DEGLI STATI

DIRITTO INTERNAZIONALE

CODIFICATO

E LA SUA SANZIONE GIURIDICA

PASQUALE FIORE

Prortvjore ordiiurÌD di tNiiiio lukniijniiak'. o di UJrillu ITiviiu (niiipuniUi dtll'Unitcrsilì <li Kaiinl). Hruljro dgtl'lfitimtii di DirìlLa [DUrrnuimaic.

SDITO STORICO DEI PIÙ IMPORTANTI TRATTITI JNTIRni/.IOK lU

Terza Edizioke inlieriDenle rifalla e ampliala

TORINO

UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE

MILANO ROMA - NAPOH 1900

PHOPRIETA LETTEKARIA

^ . Ma^ Ji/^ /fe3

AI PROFESSORI DI DIRITTO INTERNAZIONALE

DELLE UNIVERSITÀ ITALIANE

allusirì CoUeghi,

Offro e dedico a Voi questo volume, nel quale ho cercato riassumere tutto quello che ho potuto imparare studiando la scienza del Dirìtto internazionale, alla quale ho consacrato massimamente le mie déboli forze.

Voi sapete, che fin da quando osai di esporre le mie opinioni nel volume sul Diritto internazionale pubblico stampato w^/ 1865, ho contimmto senza vanità e senza pretese a proseguire con sollecitudine gli sttulii intorno al problema veramente complicato, a risolvere il quale tutti miriamo, e che consiste nelV elaborare un sistema diprincipii razionali i più adatti a dare alla Società internazionale un ordinamento giuridico.

La difficoltà di far bene Vho compresa tanto meglio, quanto più collo studio incessante mi è parso molto più malagevole riuscire nel mio intento. Non mi sono però scoraggiato per questo, perchè ho avuto ed ho ttdtora ferma fidanza, che voìrete almeno valutare con benevolenza il costante e tenace proposito di un uomo di buona volontà che ha fatto quanto poteva per riuscirvi.

Spiego al Capitolo HI delV introduzione le ragioni che mi hanno guidato nel presentarvi il complesso dei p7inci2m del Diritto internazionale sotto la forma di codice. Spero che le spiegazioni da me date varranno ad allontanare la sfavorevole

apprensione, che può derivare a prima vista dal titolo dato ai miei studila e che potrebbe spingervi a giudicare ardito e temerario U mio intendimento.

L'esposizione del Diritto internazionale con tale sistema era stata adottata la prima vòlta dal nostro concittadino Paroldo, e V esempio suo trovò imitatori e principalmente in Germania Bluntschli e in America Field. Ora a me è sembrato, che la scuola italiana non dovesse dimenticare, ma che dovesse bensì continuare ad imitare Vesempio dato dal noto concittadino.

Vogliate quindi. Illustri Colleghi, considerare questo volume che vi offro, come una forma di sistema ed un indirizzo di studii. Consacrando la vostra intelligenza ed il vostro vigore al certo più forti del mio a migliorare tutto il sistema, ed eccitando inoltre i giovani studiosi della vostra scuola a proseguire per la stessa via indicata dal Paroldo, si arriverà sicuramente a fare opera più per fetta e più proficua di quella che io ho potuto ed ho saputo fare.

Napoli, Gennaio 1897.

Prof Pasquale Fiore.

AI MIEI LETTORI

I tre primi capitoli di questo Toinme sono la ripro- duzione dei discorsi da me fatti a Bruxelles nel mese di aprile del 1899 alla « Conférence da Jeune Beurreau ». Furono pronunziati in francese, e reputai poi opportuno di aggiungervi alcune note e di stamparli in pochissimi esemplari i quali si trovano soltanto nelle principali biblio- teche nazionali.

Sono stati tradotti dairoriginale francese dall'avvocato Ludovico Eusebio, ed ho stimato opportuno di riprodurli come introduzione al presente volume, perchè riassumono tutto il concetto che mi avea guidato quando lo avea scrìtto e pubblicato nel 1890. Quando nel 1898 ne feci la seconda edizione alcune parti furono del tutto rifatte, altre ampliate.

Questa terza edizione ha di nuovo solo Tintroduzìone, e per la parte che concerne Tesposizione a forma di codice è la riproduzione esatta della seconda edizione che fu stereotipata. Non ho potuto quindi fare alcuna correzione alla parte stampata colla stereotipia per Io che conviene riferirsi alPanno in cui essa fu scritta cioè nel 1897. Questo avverto perchè talvolta il mio modo di discorrere si rife- risce agli avvenimenti dei giorni nei quali il volume fu da me scritto. Non trovo in vero ragione da farmi credere che avrei mutato qualcosa nella sostanza, ma nella forma però qualche cosa avrei certo modificato riscrivendo alcune parti oggi.

1 £!ioBE, Dir, intem. codif.

INTRODUZIONE

CAPITOLO I.

Considerazioni generali sull'ordinamento della società internazionale.

1. Considerazioni storiche sul concotto di una comunità di diritto fra i diversi popoli. 2. Condizione attualo della Società degli Stati. 3. Necessità di darle una forma di organizzazione più razionalo e di trovare un sistema di protezione del diritto da cui questa debba essere retta. 4. Insuffi- cienza dei vaii progetti formati al riguardo. 5. Il concorso delle scienze e di tutte le forze intellettuali dei vari paesi è indispensabile per risolvere il problema in modo completo.

!• Il problema che oggi si impone è quello di giungere a dare alla società internazionale una forma di organizzazione più razio- nale. La sua attuale condizione presenta, invero, difetti visibili. I pubblicisti, malgrado il loro lungo lavoro, non sono giunti a mettersi d'accordo intorno ai principi, da cui la società interna- zionale dev'essere retta. I Governi, dal canto loro, hanno accettato certe regole cui hanno attribuito autorità di diritto comune ; ma, di tali regole, quelle che già hanno una base solida e ferma non rappresentano che una parte minima.

La difficoltà maggiore è quella di assicurare il rispetto alle regole fissate. Nella società civile non vi sono soltanto leggi e codici per determinare e regolare l'attività, la libertà, gli atti; vi sono anche tribunali e mezzi legali di coercizione nettamente stabiliti per impedire e reprimere la violazione delle leggi.

4 Introduzione Capitolo I.

Nella società intemazionale, invece, non vi è una autorità superiore, la quale abbia il potere di impedire che Tuno o Taltro abusi della sua forza per violare il diritto altrui, vi sono isti- tuzioni giuridiche riconosciute di comune accordo per dirimere le questioni che possono sorgere dagli abusi della libertà. Ogni Stato deve provvedere a difendere esso i suoi diritti, e quando uno Stato subisca una lesione, esso non ha altro mezzo fuorché quello di ricorrere a rappresaglie, e, in ultima istanza, alla forza delle armi ed all'espediente rovinoso della guerra.

Or, considerando questi vizi capitali, non verrebbe egli fatto di reputare come vano il movimento intellettuale e politico moderno che mira a raggiungere il nobile fine di trovare un sistema di organizzazione giuridica della società intemazionale?

Come spiegarsi il fatto che, malgrado un lungo lavoro e mal- grado il tempo trascorso, la soluzione di questo problema sia ancora così poco progredita? E che cosa si é fatto finora per risolvere tale problema? A qual punto si trova la sua soluzione? Che cosa possiamo noi sperare al presente ? E che cosa deve farsi per arrivare alla soluzione in avvenire?

Tali questioni sono veramente larghe e complesse. Per andare al fondo delle cose, converrebbe studiare il presente nel passato; scrutare la storia pubblica e la storia segreta della diplomazia; indagare i moventi segreti di molti avvenimenti ; esporre le cause che hanno impedito finora e che ancor oggi impediscono di stabi- lire fra tutti gli Stati o almeno fra tutti i paesi inciviliti una vera comunità di diritto e di dare alla società intemazionale forma di vera società giuridica.

Per svolgere in modo completo l'argomento, vi vorrebbero grossi volumi; qui intendo limitarmi ad una esposizione rapida per dare esso un'idea generale e sommaria.

Occorre anzitutto considerare che, se la soluzione del problema ha fatto così poca strada, ciò dipende da che il problema stesso ò stato posto tardi. E invero, non si poteva pensare ad una comu- nità giuridica prima che fra gli Stati la vera idea della loro comunità fosse nata. Or, alla concezione di tale comunità gravi

Gonsideraxùmi generali sulla aoeielà iniernaxionale 5

ostacoli si opposero. Ed anzitutto, la tendenza di ogni popolo a vivere isoiato e a nudriro sentimenti di diffidenza verso gli stra- nieri. Di qui la falsa idea di restringere la comunità ai soli popoli appartenenti alla stessa patria. Fu questo il caso della Grecia (1).

La comunanza di lingua, di genio artistico e scientifico, di religione e di costumi fra le varie città elleniche, fece si che si ammettesse un legame fra esse, ma non fra esse e gli stranieri. I Greci consideravano come barbari i popoli che non appartene- vano alla Grecia; e i filosofi favorivano queste tendenze orgogliose. Platone, infatti, considerava l'umanità come divisa in Greci e Barbari; ed Aristotele insegnava che tutti gli altri popoli erano barbari e predestinati da natura ad essere soggetti ai Greci.

Un altro ostacolo fu la pretesa superiorità di certe razze fon- data nelle loro credenze religiose. Fu questo il caso degli Stati teocratici, i quali consideravano come fuori del diritto comune tutti i popoli che non partecipavano a tali loro credenze.

Anche la passione smodata delle conquiste rappresentò un altro ostacolo. Cosi, la politica dei Bomani nei loro rapporti con gli altri popoli fu inspirata dalla smodata passione di dominarli e di assoggettarli per realizzare l'orgoglioso disegno di fare di tutti i popoli altrettante colonie dell'Impero (2).

Cristo, col proclamare la unità del genere umano e la frater- nità di tutti i popoli, diede il vero concetto della umanità e della fraternità di tutti i popoli: e non vi sono Ebrei Greci, schiavi liberi, imperocchò voi siete tutti fratelli in Gesù Cristo (3). La vera idea dell'umanità secondo la dottrina di Cristo ò più larga e completa di quella che ne abbiano tutte le filosofie del mondo.

(1) Pastobet, Histoire de la légielation, t. V, 5 e 372-73; Montesquu-ìu, Esprit des lois. XXI, 7; Herod, lib. VII, § 133.

(2) Obtolan, Hist. de la législ. Romaine (Politique extérieure de Rome); Làubekt, Hist. du Dr, des gens, t. Ili ; Osenbrukggen, De jure belli et pacis Roman.

(3) Non est Jttdaeus neque Oraecus; non est servus ncque liher; non est masculus neque foemina, Omnes enim vos unum estis in Christo Jesu (Epist. Pauli ad Oalatos, 3-28). Vedi pure in Romanos, UI, 28-29 ; Coloss. Ili, U, Confr. Laubbnt, Èist.^ yoL 4*".

6 Introduxdone Capitolo I,

Tertulliano diceva, infatti, che il mondo doveva formare tutto una sola repubblica: e Io non conosco ei diceva che una sola repubblica il mondo > (1). La sua dottrina avrebbe certa- mente condotto alla concezione della comunità fra tutti i popoli dell'universo; ma pur troppo un nuovo ostacolo sopravvenne a ritardare questo grande risultato.

Il più funesto errore del Papato fu quello di credere che esso solo fosse nel possesso esclusivo della verità e che tutti dovessero, a loro malgrado ed anche colla forza, essere richiamati alla fede.

Gesù Cristo rispondendo a San Tomaso che gli domandava come avesse a trovare la sua via, rispondeva : e Io sono la verità e la vita; nessuno va al padre se non per me >.

Il Papa, come vicario di Cristo, immaginò che esso solo fosse in possesso della verità, e proclamò che tutti quelli che non segui- vano la sua dottrina erano perduti. Di qui la intolleranza, la per- secuzione per soffocare la eresia; di qui la falsa idea che fosse opera di carità combattere quelli che non seguivano la dottrina del papato (2).

E così si arrivò a stabilire una nuova forma di dualismo fra i cristiani ortodossi e gli eretici. A quel modo che i Greci consi- deravano gli stranieri come barbari e fuori del diritto comune, così il Papato considerò come fuori del diritto comune quelli che non seguivano la sua dottrina. I Principi cattolici furono spinti a impiegare le armi per sostenere la fede; e le più crudeli guerre contro gli eretici e gli infedeli furono intraprese in nome della religione di Cristo, religione di pace e di amore (3).

(1) Unam omnium rempublicam agnoseimus^ mundum^ Apol. 39.

(2) S. Accostino, Epist. 185. De correciione Donatistorum^ n." 13 ; Ivi cap. 28 dice « An non pertinet ad diligentiam pastoralem^ eiiam illaa oves^ quae non violenter ereptae^ sed blande leniterque sedueiae^ a grege aberra- verini^ et ab alienis coeperint possideri^ inventas ad ovile dominicum^ ai resistere voluerint^ flagellorum terroribus, vel etiam doloribus revocare? Sic enim error corrigendua eat ovia^ ut non in ea corrumpaiur aignaculum Redemptoria * ; Coofr. S. Bkrnakdo, tn cantica^ Sermo 66, n.** 12 ; Baronius, Ann.^ anno 385, t. IV; Bàrbkyrac, Tratte de la morale dea Pèrea; S. Gio- VANia Crisostomo, Homilia in Paalm, 43. Alieni filii qui aunt, B.

(3) Vedi Robertson, Hiatory of America,

Con3tderaxioni generali sulla società intemaxdonale 7

Fu Tepoca sanguinosa delle guerre di religione. L'orribile guerra degli Albigesi, le crociate, le lotte accanite contro i protestanti, furono conseguenza delle pretese esagerate del Papato di costrin- gere colla forza il- genere umano ad accettare la unità della fede.

Oettiamo un velo sulla storia

La reazione non tardò.

Si combattè per la separazione del Diritto pubblico dello Stato dal Diritto pubblico delia Chiesa, per la rivendicazione dell'attri- buto essenziale della personalità umana, il diritto alla libertà di coscienza ; si combattè per far ammettere la libertà e la eguaglianza dei culti delle tre Chiese : la cattolica, la luterana e la calvinista. La Biforma riuscì a trionfare e le vittorie da lei riportate furono consacrate nella pace di Yestfalia, la quale riconobbe un principio di comunità fra i popoli di credenze diverse (1).

Tuttavia, la lotta assunse una forma nuova, poiché le idee relative alla base della vera comunità ed ai principi razionali destinati a proteggerla, facevano difetto.

Non possiamo entrare nei particolari, che per ciò ci bisognerebbe rifare tutta la strada serpeggiante che i popoli furono costretti di seguire sotto la pressione delle circostanze, delle false idee intorno al fondamento della grandezza politica e della prosperità economica di ogni paese. Noi dovremmo mettere in luce la storia segreta della politica e della diplomazia dei diversi paesi ; dovremmo esporre gli errori del sistema noto sotto il nome di e colbertìsmo > , sistema che falsò la missione dello Stato, la base dei rapporti commerciali e il vincolo della comunità fra i vari paesi del mondo.

Si era immaginato che per salvaguardare la indipendenza degli Stati era indispensabile impedire che il pericolo della monarchia universale potesse risorgere e che bisognava mantenere fra gli Stati un certo equilibrio della forza per rendere impossibile la prepon- deranza di uno di essi sugli altri.

(1) Vedi per T influenza esercitata da Bichklieu: Montkil, Hist, dee Franpais^ t. VII, p. 114; GHAMnoN, Mémoire; Mémoire du cardinal de Beix; Li- Yàssob, Histaire de Louis XTII^ t. X ; Caussik, Mém. de Riekelieu.

8 Introduxdone Capitolo I.

U grande Federico, facendosi l'interprete delle convinzioni gene- rali di allora, scriveva nel suo Anti-Machiavelli. « La tranquillità dell'Europa si fonda principalmente sul mantenimento di quel sapiente equilibrio, per cui la forza superiore di una monarchia è bilanciata dalla potenza unita di alcuni altri sovrani » (1).

Quanti avvenimenti! Quante lotte! Quante alleanze contratte e rotte! Quanti trattati firmati e violati, intesi a impedire la pre- ponderanza dell'uno o dell'altro e destinati sempre a stabilire l'equilibrio europeo e la famosa bilancia delle forze!

Quando la Francia, ai tempi di Enrico lY e più ancora durante il regno di Luigi XIY diventò potente e temuta, gli altri Stati si allearono contro di lei per indebolirla; e la Francia, che aveva dettato le condizioni della pace nel trattato di Nimega del 1678 e nel trattato di Byswick del 1697, fu costretta a sottomettersi alle condizioni imposte dalle potenze alleate ed a firmare il trattato di Utrecht con cui essa rinunzia va ai suoi progetti di ingrandimento. E per mantenere l'equilibrio altre guerre furono intraprese ; così, la guerra di Polonia terminata col trattato di Vienna del 1738 e la guerra per la successione d'Austria che mise capo al trattato di Aquisgrana del 1748; così la guerra dei Sette Anni cui pose fine il trattato di Parigi del 1763. Sarebbe troppo lungo lo enu- merare tutte le lotte sanguinose eccitate ed alimentate dalla tema della preponderanza.

Dopo la scoperta del Nuovo Mondo e della nuova Strada per le Indie, la lotta aveva preso una forma nuova. Ogni Stato cercò di acquistare la superiorità commerciale e immaginò che a tale effetto gli bisognasse confiscare a suo profitto il monopolio degli scambi e delle esportazioni e creare ogni maniera di ostacoli alla libertà di commercio degli altri ed allo sviluppo della loro produ- zione. Fu questa l'origine di nuove guerre fatte per mantenere il cosidetto equilibrio mercantile ». I disordini cui die' luogo il falso sistema che porta nella storia il nome di < Golbertismo » furono non meno gravi di quelli che derivarono dalla pretesa necessità

(1) Fbìdìric, Anti'Machiavel, part. 3"", chap. XXVI, p. 58.

Gonsideraxdani generali sulla società internazionale 9

di un equilìbrio politico. Si era sempre alla ricerca di pretesti per fare la guerra, allo scopo di costringere le potenze rivali a firmare un trattato di commercio a profitto del vincitore (1).

I trattati conchiusi nei secoli XVII e XYIII in seguito alle guerre mercantili dimostrano chiaramente la confusione che regnava riguardo alla libertà del commercio e della navigazione:

La confusione che regnava per ciò che concerne i diritti degli Stati neutri durante la guerra non cominciò ad essere dissipata che dalle leghe della neutralità armata del 1789 e del 1800. Tuttavia, quegli stessi Governi che avevano ammesso le regole riguardanti gli Stati neutrali, le disconoscevano o le modificavano a libito, perchò non vi era altro mezzo per assicurarne il rispetto tranne l'impiego della forza.

Potevasi mai concepire l'idea di una comunità mentre preva- levano le false idee intorno alla prosperità e alla ricchezza delle nazioni, mentre ogni Governo si proponeva di organizzare le suie relazioni commerciali in modo da importare quanto più oro e quanto meno merci gli era possibile, per ristabilire il preteso equilibrio mercantile?

La confusione che regnava intorno al criterio della prosperità e della ricchezza delle nazioni spiega facilmente come il concetto della vera comunità non fosse possibile.

E cosi si arriva alla Bivoluzione francese sempre in mezzo al più grande disordine e ad idee sbagliate per ciò che riguarda gli interessi di ogni nazione, gli interessi comuni e i giusti principi atti a salvaguardare la indipendenza di ogni Stato.

Le condizioni anormali in cui furono intraprese le guerre della Rivoluzione francese poterono servire di pretesto per giustificare le violenze e gli abusi che si commisero da una parte e dall'altra. Il fatto si è che gli atti più arbitrari furono giustificati come rap- presaglie, e che tutti i principi del Diritto internazionale furono

(1) Campbbll, lAfes of the Ghancellors^ t. V, p. 89. Vedi pure il Discorso del Conte Sh^ftesbubt, Lord Cancelliere, quando voleva dimostrare che era tempo di fare la guerra all'Olanda {Parlament Hist., t. IV, p. 587).

10 Introdtix^ìone Capitolo I.

calpestati. La condizione degli Stati neutmli peggiorò. Quegli stessi Stati che avevano solennemente proclamato ì diritti dei neutri li disconobbero.

Alla caduta di Bonaparte l'Europa presentava un aspetto nuovo. Certi Stati erano scomparsi ed altri erano sorti. L'autorità della pace di Vestfalia era stata disconosciuta, l'equilibrio tutt' affatto turbato. Trattavasi di provvedere alla organizzazione definitiva dell'Europa, di fissare su una base più solida la vera idea della comunità degli interessi e di stabilire in modo conveniente il giusto principio dell'equilibrio.

L'esperienza del passato avrebbe dovuto mostrare ai potenti alleati che per assicurare la regolare coesistenza degli Stati e per salvaguardare la loro indipendenza e i loro diritti, una certa forma di equilibrio era indispensabile; ma che occorreva fondarlo su altre basi. Pur troppo, nell'orgoglio della loro vittoria, le Potenze non pensarono che a salvaguardare i pretesi diritti dei sovrani legittimi e delle dinastie, prendendo il diritto storico come base della legit- timità. Allo scopo di ristabilire l'ìBquilibrio, si pensò a ristabilire i possessi territoriali nello stato in cui erano prima della Rivolu- zione francese; e per assicurare la stabilità dell'opera così compiuta, le grandi Potenze, a guisa di dittatori, decisero di garantirsi reci- procamente le possessioni che si erano attribuite in base ai loro pretesi diritti legìttimi, impegnandosi a intervenire e ad impiegare la forza per reprimere qualsiasi intrapresa contro l'equilibrio che esse avevano stabilito. Il loro lavoro faticoso fu riassunto nell'Atto finale firmato a Yieuna il 9 giugno 1815 e completato dal trattato della Santa Alleanza.

Si arriva così al principio del secolo e la vera concezione della comunità non era formata ancora.

Si era, infatti, immaginato che l'interesse supremo della società internazionale si assomma3se nella tutela dei pretesi diritti dei Sovrani legittimi e delle dinastie e che base della legittimità fosse il diritto storico. Si era immaginato che il potere dei Monarchi legittimi fosse assoluto; che i popoli non avessero diritti; che il loro interesse fosse come personificato nell'interesse del Principe;

Gonsideraxiani generali sulla società intef*naxionale 11

che le monarchie legittime potessero attribuirsi possessioni loro appartenenti secondo il diritto storico, senza tener conto degli interessi del popoli e della situazione morale dei diversi paesi.

Era tutt'affatto naturale che il problema della organizzazione intemazionale non fosse ancora ben posto. Una organizzazione coor- dinata allo scopo principale di salvaguardare i pretesi diritti dei Sovrani legittimi e delle dinastie, poteva essa costituire il vero principio di una organizzazione razionale?

La lotta doveva essere la conseguenza del sistema concepito e della manifesta violazione della libertà dei popoli e dei loro diritti sacrificati.

I Governi, secondo l'accordo e i patti fra essi conchiusi col famoso trattato della Santa Alleanza, cercarono di soffocare ed arrestare le cosidette idee rivoluzionarie; essi organizzarono il sistema dell'intervento armato per fare la guerra alla libertà e ai diritti delle nazionalità; ma tutti gli eserciti non ebbero forza bastante per mantenere l'equilibrio politico stabilito a Vienna sotto la ispi- razione di Metternich.

II primo grande successo della nuova idea che proclamava i diritti inalienabili delle nazionalità contro i pretesi diritti delle monarchie legittime, fu ottenuto dalla Grecia.

La sua lotta accanita per difendere la sua indipendenza e il suo diritto ad affrancarsi dalla dominazione ottomana, cominciata nel 1821, continuò sino al 1829, nel qual anno il Sultano fu costretto a firmare il trattato di Andrinopoli, col quale le provincie greche furono costituite in Stato indipendente, alla testa del quale fu messo il principe Ottone di Baviera che prose il titolo di Re.

Nelle Provincie belghe, che formavano parte del regno dei Paesi Bassi, la rivoluzione fu parimenti inspirata dal grande sentimento della difesa degli interessi nazionali.

Essa ebbe per risultato definitivo la separazione del Belgio dal- l'Olanda e la creazione del regno del Belgio in Stato indipendente. Questa indipendenza fu consacrata dal trattato conchiuso a Londra il 15 novembre 1831 e riconosciuta dallo stesso Be dei Paesi Bassi nel trattato di Londra del 19 aprile 1839.

12 Introdttxione Capitolo I,

L' Egitto era insorto alla sua volta per conquistare la sua indi- pendenza, sotto l'impulso di Mehemed Ali; e la lotta continuò sino al giorno in cui, col trattato di Londra del 1840, fu rico- nosciuto il diritto ereditario di Mehemed Ali a governare l'Egitto sotto l'alta sovranità della Porta.

Sopravvennero in seguito i movimenti politici che turbarono profondamente la Francia, la Germania, l'Ungheria, l'Italia durante gli anni 1848 e 1849. Il risultato finale fu di ridurre a poco a poco al nulla il sogno insensato di Metternich (vale a dire l'equi- librio politico stabilito nel 1815), e di mutare tutt'affatto la base della legittimità. Alla sovranità di diritto divino fu sostituita quella del libero suffragio del popolo.

Il movimento essenzialmente democratico che mise capo alla rivoluzione del 1848 fu una reazione energica contro lo spirito della Santa Alleanza. L'essersi fatto una parte più larga alla rappresen- tanza degli interessi popolari, il controllo esercitato dall'opinione pubblica sulla politica interna ed estera della maggior parte dei paesi, lo sviluppo prodigioso dei rapporti commerciali mirabilmente accresciuto dalla facilità e rapidità dellQ comunicazioni intemazio- nali — tutto contribuì a distrurre molti pregiudizi, a sviluppare il sentimento della solidarietà degli interessi ed a mettere in evi- denza il vero princìpio della comunità.

A poco a poco, infatti, si arrivò a capire come, per giungere ad assicurare il benessere di ogni paese e lo sviluppo della pro- sperità nazionale, fosse indispensabile provvedere allo sviluppo dei rapporti intemazionali, garantire e salvaguardare gli interessi comuni.

8, Questa grande idea fu compresa con maggior chiarezza durante la seconda metà del secolo ed essa fu il risultato di due potenti fattori. Uno di essi fu lo sviluppo del commercio intemazionale, il quale diventò una potente ruota della civiltà e contribuì eSetti- vamente a stabilire legami permanenti fra le diverse nazioni. L'altro fattore, piìi potente ancora, fu determinato dalle forze vive e di tanta ef&cacia della scienza, la quale certo contribuì più direttamente a demolire il passato e, dopo averlo demolito, a edificare sulle sue rovine.

Consideraxùmi generali sulla società intemaxionale 13

Sarebbe lungo il ricordare, anche rapidissimamente, i lavoratori che contribuirono ad abbattere l'edificio della politica e ad innalzare il monumento della ciyiltà moderna basato nella grande idea della umanità.

Mi limiterò a ricordare solo alcuni dei principali lavoratori.

Fra i pubblicisti, il merito di aver emancipato la scienza del Diritto internazionale dall'autorità della teologia e di averle dato nn fondamento l'azionale, spetta all'italiano Alberigo Gentile. Ei diede il primo impulso alla scienza moderna coH'insegnare che le regole della giustizia dovevano essere dedotte dalla ragione naturale.

¥u seguito da Grozio, il quale perfezionò l'opera sua. I due sapienti diedero il primo forte impulso alla attività intellettuale intesa ad aprire la via, a distruggere tutto il passato e, dopo averlo distrutto, a edificare di nuovo. Fi*a quelli che hapno compiuto quest'opera vanno citati specialmente Hobbes (1), Pufendorf (2), Leibnitz (3), Wolf (4). Poi viene la lunga schiera degli altri scrittori che ricercarono e chiarirono le regole della condotta degli Stati e indicarono le vere basi dei rapporti internazionali.

Fra quelli che diedero il primo impulso alla scienza politica, possiamo a ragione essere orgogliosi di rammentare il nostro Machia- velli. Lo si deve infatti annoverare fra gli autori che primi applicarono alla politica il metodo storico e sperimentale. Il suo gran merito è quello di aver studiato con cura le cause da cui dipendono lo stabilimento, la consei*vazione, la prosperità e la caduta degli Stati e di averci lasciato la più vasta serie di osservazioni profonde sui rapporti che intercedono fra i fatti e le cause da cui deprivano. Lo sforzo del suo genio originale fu inteso a separare il fine dello Stato dal fine della Chiesa romana e a considerare il problema dell'arte di governare indipendentemente dall'autorità della

(1) De eive. Pari sii s 1646.

(2) De jure naiurae et geniinm; De o/pctis hominis et ci vis; specimen eontroversiarum eitra jus naturale.

(3) Godex juris gentium diplomaticus,

(4) JìM naturae methodo scientifica pertractatum.

14 Introduzione GapUolo l,

teologia. La conseguenza fa l'affrancamento dei governi dall'auto- rità predominante della Chiesa.

I calunniatori del grande pensatore italiano dissero che esso non tenne conto abbastanza delle leggi della giustizia e che considerò l'arte di governare piuttosto dal punto di vista del successo che da quello del diritto. È per questo che di lui fu detto aver egli posto a base della politica la utilità. Ma, astrazion fatta dai difetti del suo sistema, è fuori d'ogni dubbio che Machiavelli ha reso il più grande servigio alla civiltà, eliminando la falsa idea che lo Stato dovesse essere considerato come soggetto alla Chiesa e che il Papato potesse attribuirsi il diritto di comandare ai Be. La preponderanza del Papato e la soggezione dello Stato alla tutela della Chiesa furono ridotte a niente in seguito alla grande idea di Machiavelli, che consistette nel separare la politica dall'autorità della Chiesa e nel dare ai Governi e alla politica una nuova base e un fine proprio.

Gli autori che vennero dopo di lui, approfittando della direzione che esso aveva dato e rettificando i principi della sua dottrina, la resero più sicura e più proficua, e giunsero a ricostruire la teoria del governo sulla base dei veri principi.

Fra essi ci limiteremo a ricordare Locke in Inghilterra e Mon- tesquieu in Francia.

Locke (1) ci lasciò, nel suo Saggio sul Oovenio civile, la più liberale teoria delle monarchie costituzionali e della legittimità dei poteri. La sua opera fu perfezionata e completata da Montesquieu il quale difese i diritti della umanità, chiarì e sviluppò i giusti principii della grandezza degli Stati, e generalizzò la teoria della saggia politica. La scienza della politica, indipendentemente dal- l'autorità della Chiesa, entrò a mano a mano nel dominio dell'at- tività intellettuale; e troppo lungo sarebbe enumerare gli autori che contribuirono al grande lavoro di distruzione e di riedificazione per determinare il vero principio della saviezza politica.

(U La sua opera Two ireatises on Government > fu pubblicata nel 1690, fu poi tradotta in francese « Essai du gouvemement civil ».

Consideraxioni generali sulla società intemaxionale 15

Fra gli economisti che più contribuirono a mettere in hice il fanesto errore del sistema mercantile, si deyono ricordare Hame, Qaesnay e Turgot, i quali intravvidero la grande idea essere la libertà condizione principale della prosperità commerciale (1). La vera dottrina del libero scambio, che determinò la grande rivolu- zione avvenuta nella vita economica e nella stessa esistenza politica degli Stati, fu poi ridotta alla forma scientifica più perfetta da Adamo Smith. La sua opera sulla Ricchezza delle Nazioni distrusse fino alla sua base la falsa teoria del protezionismo.

Fra i filosofi potrei ricordare i nostrani Fomponaccio, Oiordano Bruno e Telesio, che lavorarono per emancipare il pensiero dalla cieca autorità della teologia; ma la rivoluzione più decisiva per assicurare il predominio della ragione fu certamente operata da Cartesio. Ei fece per la filosofia ciò che Lutero aveva cominciato a fare per la religione ; ciò che Machiavelli aveva fatto in teoria e che Richelieu e Cromwell avevano fatto in pratica per la politica ; ciò che Galileo aveva compiuto nel campo delle scienze fisiche. Cartesio, emanci- . pandosi dalla tradizione e dall'autorità, affidandosi alle forze del- l'intelligenza, incominciò il più grande lavoro di distruzione del passato. Non si potrà forse dire che esso sia stato un genio crea- tore, giacché egli seppe distruggere più che non abbia edificato; ma senza di lui non avremmo avuto la filosofia liberale ed uma- nitaria del secolo XYIIL Dopo di lui troviamo Giambattista Yico che, poggiato sulle forze della ragione, giunse a concepire la grande idea che l'umanità è un organismo di cui i popoli sono gli elementi e a descrivere il circolo ideale entro al quale, secondo lui, il mondo si aggira (2).

Dopo Cartesio e Yico, l'opera dei filosofi procede rapidissima; e quando si arriva alla fine diel secolo XYIII si trova che i filo- sofi, sempre poggiati sulle forze della ragione, avevano rivendicato i diritti dell'uomo e preparato la Bivoluzione che scoppiò nel 1789.

(1) Confr. BuGKLK, Histoire de la eivilisation en Angleterre.

(2) Confr. Febraih, La mente di 0. B. Vico,

16 IfUroduxdone Capitolo L

Voltaire (1), Mably (2), Diderot (3), Rousseau (4), tutti avevano difeso il diritto deirumanità, la emancipazione dei servi, la sop- pressione della guerra, il vero obbiettivo della politica che, come diceva Mablj, doveva consistere nell'essere giusti. Si arriva così a Gondorcet, il quale nel suo progetto di costituzione propose di rego- lare la condotta della Repubblica francese verso le altre nazioni (5).

Passo sotto silenzio gli altri non meno grandi lavoratori che contribuirono a distruggere il passato e a sviluppare i giusti principi della comunità.

Una cosa è certa ed è che di grado in grado noi siamo arrivati a comprendere la grande concezione formulata da Seneca: e Tutto questo mondo che tu vedi e che racchiude le cose divine ed umane è uno... Noi siamo le membra di un gran corpo. In nessun luogo l'uomo è straniero... La sua vera patria è l'universo » (6).

Ma per rendere chiara a tutti questa concezione era mestieri rendere evidente a tutti la giusta idea intravvista da Ilume, da Quesnay e da Turgot, cioè che la libertà è la condizione principale della prosperità commerciale.

Era mestieri che tutti comprendessero come per il vantaggio di ogni singolo popolo si dovesse al disopra degli interessi egoi- stici del proprio paese porre gli interessi solidali di tutti i paesi inciviliti.

Era mestieri che la opinione pubblica giungesse a comprendere la necessità e la utilità della comunità delle nazioni incivilite.

Or, tutto ciò non ha potuto effettuarsi se non durante il nostro secolo e specialmente durante gli ultimi cinquant'anni.

(1) Correspondance de Voltaire et de Catherine II; Dictionnaire philo- sophiqtie (parole Supplice, Torture); Extrait d'un niémoire pour Ventitré aòolition de la servitude en France; Satire, la tactique (Odes XVIII, Dia- loguos XXIV); Éloge funebre des offlciers morts en 1841,

(2) Elude de l'histoire; Observations sur Vhistoire de la Grece, (B) Frammenta politiques.

(4) Èmile,

(5) Projet de Constitution fran^aìse, tit. XIII; Moniteur, 1793, p. 235; (FjHvres de Gondorcet, t. X, p. 580. Vedi pure Lettres d'un citoyen dea État- UnÌ8 à un fran^is, Q^uvres, t. IX, p. 97.

(6) Epist. 95.

CansideraMont generali sulla società intemavUmale 1 7

E facile quindi spiegarsi perchè il problema dell'organizzazione giarìdica della società internazionale abbia fatto così poca strada verso la sua soluzione. La società internazionale non poteva pro- porsi di darsi una forma razionale di organizzazione se non dopo aver acquistato la giusta idea della sua comunità ed essere giunta inoltre all'alta concezione del suo più razionale fondamento.

Giambattista Yico, nella sua profonda opera La Scienza nuova, aveva scritto non potere la comunità dei diritti nascere che dalla comunità degli interessi, la quale, com'egli si esprimeva^ può susci- tare presso tutte le nazioni certe idee uniformi intorno alla necessità della loro società e intorno alla utilità di ciascuna di esse (1).

Montesquieu, nella sua celebre opera su Lo spirito delle leggi aveva anch'esso annunziato che la grande idea della comunità sarebbe stata l'effetto naturale del commercio, e Lo spirito del commercio ei diceva unisce le nazioni. Tutte le unioni sono fondate su mutui bisogni. Due nazioni che negoziano fra loro si rendono reci- procamente dipendenti. Se l'una ha interesse a comperare, l'altra ha interesse a vendere :».

Or, se si consideri che tutto ciò non è avvenuto che tardi, cioè durante la seconda metà del nostro secolo, si comprende come il problema abbia fatto così poco cammino.

Infatti, esso non fu nettamente posto che assai tardi.

Nei nostri tempi la generalità è arrivata alla fine a capire il concetto della vera comunità, e oramai l'idea di dare alla società internazionale un modo piìi razionale di organizzazione forma l'animo del movimento intellettuale, parlamentare, scientifico e popolare moderno; ed è una idea che ormai non si riuscirà più a strappare dallo spirito del mondo incivilito. Essa si imporrà irre- sistibilmente e sempre più urgente alle meditazioni degli uomini di Stato e alle aspirazioni dei popoli. Che importa che la sua realizzazione sia ancora più o meno lontana! Ogni idea nuova

(1) Vedi la sua dissertazione stampata nel 1725 col titolo Prtncipii di una scienxa nuova intorno alla natura delle Naxioni per li quali si ritrovano Altri pRiKcipn del Dibitto naturale delle oenti.

2 Fighe, Dir. intem, eodif.

18 Iniroduxione Capitolo I,

cammina, sia pure lentamente, ma cammina, con movimento sicuro, in virtù del suo primo impulso, senza poter arrestarsi mai. Essa si ingrandisce, diventa di un valore sempre piii grande, sempre più potente. Essa si propaga nella coscienza delle masse e a poco a poco diventa una convinzione popolare; finalmente, essa arriva a dominare tutti i fatti, a esercitare un impero onnipotente su tutte le intelligenze, ossa diventa come religione dell'epoca fino al giorno in cui finisce col trionfare.

È questa la storia di ogni idea riformatrice.

E sarà questa la storia della grande idea della comunità dei popoli e della necessità di dare alla società loro una forma di organizzazione razionale.

Il risultato definitivo non sarà l'opera d'oggi di domani. Esso sarà l'opera del tempo; sarà l'espressione ultima del progresso incessante della civiltà. Esso non sarà completamente realizzato che in un avvenire più o meno lontano.

Quello che massimamente importa si è di mettersi sulla giusta via per arrivarvi.

3. Sarebbe un errore il dissimularsi che il problema di dare alla società internazionale una forma di organizzazione giuridica sia veramente un problema complesso e non certo di facile soluzione.

Per risolverlo in modo completo occorre anzitutto determinare il Diritto comune che deve reggere la comunità delle nazioni civili, poi provvedere alla tutela di questo Diritto comune e determinare da ultimo i mezzi efficaci per dirimere i conflitti e le divergenze che possono sorgere.

Per ciò che concerne il riconoscimento di un Diritto comune, non dirò già certo che molto siasi già fatto per stabilirlo, ma che si è cominciato già a fare qualche cosa. Il trattato di Parigi del 1856, infatti, segna a questo riguardo Un grande progresso. Le grandi Potenze, invece di limitare la loro missione a regolare le conse- guenze della guerra, com'erasi fatto nel passato, stabilirono regole uniformi riguardo al diritto dei neutri e ai diritti dei belligeranti durante la guerra marittima.

Considerazioni generali sulla società intemaxùmale 19

Più tardi, molti trattati farono conchiusi, intesi ad assicurare i bisogni del commercio, la protezione della proprietà e dell'indu- stria, la libertà di navigazione sui fiumi, l'abolizione della tratta dei negri, lo sviluppo della civiltà e del commercio nelle regioni dell'Africa e per regolare in modo uniforme altri interessi comuni. Troppo lungo sarebbe lo enumerarli. Si era perfino proposto di stabilire un Diritto comune per incivilire la guerra e limitare il più possibile i suoi mali e i suoi pericoli. I delegati dei Governi, infatti, si riunirono, per disciplinare la guerra, a Bruxelles nel 1874. Lo ripeto, l'idea di riconoscere l' interesse collettivo che tutti gli Stati hanno a regolare certe materie concernenti i bisogni generali, ha già fatto strada.

Finora, la difficoltà maggiore e che fu considerata quasi come insormontabile è quella di trovare una forma di protezione giuri- dica del Diritto comune e mezzi legali per risolvere le divergenze e costringere tutti a rispettare le regole fissate. La mancanza di una autorità superiore e di istituzioni giuridiche ha fatto che ogni Stato non abbia potuto trovare altra forma efficace di tutela dei propri diritti che quella di far valere la propria potenza militare e quella dei propri alleati.

Da ciò è provenuto nataralmento che ogni Stato non potendo contare che sulla propria potenza militare, abbia cercato di diven- tare il più forte. Gli altri Stati, per. non essere superati dalla po- tenza militare di quello fra essi che mirava alla preponderanza, sono stati alla loro volta spinti ad accrescere la loro potenza mili- tare per controbilanciare la forza della potenza rivale.

Il risultato di questa deplorevole situazione è stato il regime degli armamenti a oltranza; e la vita dei Governi di tutti i paesi è stata fatalmente assorbita dall'ambizione di diventare il più forte. La scienza avendo ogni giorno sempre più perfezionato 1 mezzi di attacco, che rendono inutili i vecchi mezzi di difesa, ha fatto na- scere l'imperiosa necessità per ogni Stato di continuamente modi- ficare il proprio sistema di difesa per opporre una valida resistenza ai sempre più potenti mezzi di attacco di quello fra essi che pensa ad ottenere la preponderanza.

20 Introduzione Capitolo I.

Si ò, COSÌ, giunti al punto che la massima parte dei redditi di ogni paese sono assorbiti dalle spese per gli armamenti e che le esigenze di tutti i pubblici servizi sono dappertutto subordinate alle esigenze del ministero della guerra. Le risorse ordinarie non essendo sempre sufficienti all'uopo, si è dovuto ricorrere alle risorse straordinarie e ai prestiti.

Il fatto si è che le spese imposte alle sei grandi Potenze d'Europa per il mantenimento delle loro forze militari sono salite alla somma enorme di quattro miliardi e settecento quaranta milioni; e le spese straordinarie inscritte nei bilanci della guerra durante gli ultimi venti anni sono salite a circa cinquanta miliardi.

Il debito pubblico degli Stati europei, che nel 1866 era di soli 66 miliardi, è ora di 122 miliardi e 890 milioni; e gli interessi annuali e l'ammortamento di un tanto capitale ammontano a 5 mi- liardi e 743 milioni.

E ciò che è veramente più notevole si è che non si trova un solo Governo, il quale possa ammettere che il suo paese sia abba- stanza armato. Basti dire che in Francia, durante l'ultima discus- sione del bilancio della guerra, il signor De Freycinet proponeva solennemente un nuovo aumento delle forze militari, adducendo il pretesto che esse erano inferiori a quelle della Germania e che era indispensabile accrescerle nel piede di pace per non rimanere indietro. E nello stesso tempo la commissione del bilancio della guerra in Germania accettava la mozione di aumentare progressi- vamente il piede di pace delle forze militari dell'Impero!

Di fronte a un tale stato di cose, un movimento era già inco- minciato in tutti i paesi per protestare contro il flagello della pace armata, che ha convertito il mondo civile in una vasta fabbrica d'armi. I lamenti, i reclami contro i mali che di questa fatale esa- gerazione del militarismo sono la conseguenza, sono poi divenuti più frequenti in questi ultimi anni e più generali (1).

(1) Le Associazioni por eliminare gì* inconvonienti della paco armata ed i pericoli della guerra sorsero da prima in America e poi si diffusero in Europa. Secondo ne riferisce il Bureau International de la paix^ se no contano 94, delle quali 54 in America e 40 in Europa.

Le prime Società degli amici della pace furono istituite in America. Uno dei

Consideraxùmi generali sulla società intemazionale 21

Pubblicisti, uomini di Stato, associazioni di industriali, operai, persone appartenenti a tutte le classi lavoratrici, tutti si sono tro- vati d'accordo sulla necessità di stabilire su basi più razionali l'orga- nizzazione della società internazionale e di trovare il mezzo di elimi- nare questa disastrosa condizione di cose che pone come principale garanzia dei diritti di ogni paese la sua potenza militare e, in ultima istanza, la guerra.

4. Diversi progetti furono formati allo scopo di dare alla società internazionale un ordinamento più razionale. Non è certo questo il momento di esporre tutte le proposte che con tale nobile inten-

primi fautori dol movimento fu il Worcester, curato, che fondò a Boston un

giornale religioso, col quale rìobiamò l'attenzione sui mali della guerra. Fu

seguito da Giorgio Channing, il quale vi richiamò T attenzione del Congresso

degli Stati Uniti con una Memoria ad esso diretta, nella quale cosi scriveva:

« Noi siamo persuasi che un Governo sinceramente disposto ad assumere la

« grande e sublime azione di pacificazione del mondo non mancherebbe di

« mezzi per conseguire il proprio fine. In grazia degli sforzi perseveranti e

« saggi di un tal Governo, principii più miti prevarrebbero nel regolamento

< delle controversie internazionali , le divergenze fra le nazioni potrebbero

« deferirsi ad un arbitrato imparziale ed i popoli potrebbero intendersi per

e ridurre i loro ordinamenti militai'i, tanto considerevoli e rovinosi >.

H movimento si diffuse dair America in Europa e principalmente in Inghil- terra, ove la Società degli amici della pace fondò un giornale col titolo: The Herald of peaee (vedi per maggiori particolari V opera citata di Descàmps e l'opuscolo di Gatellani: Im propaganda della pace). Non vogliamo però omettere di rammentare che nel 1873 fu istituita a Londra T Associazione per la riforma e la codificazione del Diritto delle genti, la quale adottò poi nel 1894 il nome di International Lato Aaeociation; che nello stesso anno 1873, in seguito alla ispirazione da paile di Lieber e Miles, americani, e di Moynier di Ginevra, fu istituito per opera di Rolin-Jabqur&cyns, Bluntschu, Manche ed altri l'Isti- tuto dì Diritto intemazionale con nobili e veramente serii ideali da parte di coloro che ne progettarono e ne effettuarono la fondazione per promuovere il progresso del Diritto intemazionale e che avrebbe dato certamente il -più serio e il più importante contributo, se Tistituzione fosse stata sempre man- tenuta dentro la cerchia della sua nobile e seria finalità, e non ne fosse invece ritardato lo sviluppo, come malauguratamente sovente accade delle cose umane.

La propaganda in favore dell'arbitrato come mezzo per eliminare la guerra è andata poi crescendo rapidamente, ed al movimento è stata data maggiore unità d'indirizzo in seguito ai Congressi universali, nei quali le Associazioni di diversi paesi si sono trovate unite coli' intendimento di associare le forze nel conseguimento dello scopo comune. Gli Americani sono sempre in prima linea. I giuristi di tale paese si unirono nel 1888 in Congresso a Lisbona con i giu- risti spagnuoli e portoghesi per sostenere la necessità d'istituire un tribunale arbitrale, e molto importante riusci il Pc^n-Ameriean Oongres riunitosi negli Stati Uniti d'America in seguito all'iniziativa presa dal sig. Blain.

22 Introduxione Capitolo I.

dimenio sono state fatte. Le une emanano da scienziati e da associazioni scientifiche, che hanno studiato la soluzione di questo complicato problema; le* altre riassumono il sentimento generale manifestato dalle associazioni in clamorose assemblee.

Bluntscbli aveva concepito Tidea che l'umanità dovesse essere organizzata come un grande Stato di cui tutti gli Stati dovevano essere i membri.

Secondo il suo modo di vedere tale sarebbe la formola ultima dello Stato nella sua manifestazione più elevata.

Il celebre pubblicista sostenne che per la realizzazione delia sua idea non vi era punto bisogno di impero, di monarchia universale, ma che si sarebbe potuto ottenere lo stesso risultato mediante la confederazione o unione degli Stati. La sua idea era grande; ma ci pare che essa non abbia probabilità alcuna di ese- cuzione pratica. L'umanità organizzata come uno Stato pare a noi una concezione ideale come la Repubblica di Platone e la Utopia di Tomaso Moro. È certo ammissibile che fra gli uomini aventi la stessa comunanza di origine, di tradizioni, di lingua e che si tro- vano nelle stesse condizioni sociali e morali si sviluppi una certa comunanza d'interessi, da cui derivano la loro unità e la organiz- zazione loro come Stato, ma ci sembra oltremodo difficile che si possa arrivare a realizzare lo stesso risultato pei diversi popoli dell'universo.

Senza voler contestare la unità dell'umano genere, è un fatto che la civiltà descrive una parabola e che le diverse condizioni morali in cui ogni nazione si trova, determineranno sempre certe differenze nello sviluppo intellettuale e nella civiltà dei popoli che abitano le diverse regioni dell'universo.

Il progetto di dare alla società degli Stati la forma di una Confederazione con un potere legislativo proprio, con un poter© giudiziario internazionale, con un potere esecutivo posto all' infuori e al dissopra dei poteri dei vari Stati, formò la base seducente dei numerosi progetti che furono a tale scopo immaginati, a comin- ciare da Sullj, Kant, Bentham, Bousseau, e venendo fino ai contemporanei fra cui si trovano Malardies, Lovimer ed altri. Si è

Considerazioni genercUi sulla società intemaxionale 23

generalmente proposto di costituire un Congresso permanente, di attribuire ai rappresentanti dei diversi Stati confederati un voto proporzionale al grado reale di potenza e d'importanza di ogni sin- golo Stato e di mettere a disposizione del potere centrale una forza armata bastevole per far rispettare le sue decisioni.

A nostro avviso per quanto questi progetti appaiano a prima veduta seducenti, con essi si riuscirebbe piuttosto a perpetuare, anziché a prevenire ed eliminare gli inconvenienti che si mira a rimuovere. Infatti, si arriverebbe ad organizzare la preponderanza delle grandi Potenze a detrimento della indipendenza degli Stati piccoli. Avverrebbe ciò che avviene nei fallimenti: ogni creditore avendo un voto proporzionale al suo credito, basta spesso soddisfare le pretese del più interessato a detrimento degli interessi dei cre- ditori minori.

Non posso entrare qui nei particolari.

In questi ultimi anni le manifestazioni contro la pace armata essendo diventate piti generali, la proposta, che è stata considerata

come la espressione del sentimento comune per effettuare l'intento di rendere inutili gli armamenti e di eliminare del tutto la guerra,

è quella dell' « arbitrato > come mezzo giuridico di risolvere paci- ficamente tutte le divergenze intemazionali.

Questa proposta ha formato oggetto del programma comune delle associazioni scientifiche e giuridiche, delle associazioni dei filantropi, degli uomini politici e delle classi lavoratrici di tutti i paesi. Specialmente le associazioni per la pace hanno fatto la più estesa propaganda in favore dell'arbitrato, e parecchie ne furono costituite allo scopo di accreditarlo come il mezzo più efficace per eliminare il flagello della pace armata.

Esse si sono trovate tutte d'accordo nel proclamare che la orga- nizzazione giuridica della società internazionale possa venir realiz- zata quando tutti gli Stati si impegnino a sottoporre all'arbitrato la soluzione delle loro contestazioni. Si è immaginato che si potrebbe in tal modo attuare il disarmo generale ed eliminare la guerra (1).

(1) Quella poi che ha dato e al movimento il carattere azione vera- mente intemazionale, si e Tassociazione interparlamentai'e per promuovere lo

24 Introduxtone Capitolo I,

L'aspirazione è nobile ed umanitaria; ma par supponendo che Tarbitrato sia riconosciato e che tutti gli Stati si obblighino ad assoggettarvisi, basterebbe ciò per mutare completamente lo stato attuale delle cose?

II problema complicato ed arduo di dare alla società intema- zionale una organizzazione giuridica verrebbe forse, in questa guisa, ad essere risolto in modo completo? li disordine attuale, conse- guenza degli armamenti, potrebbe essere completamente eliminato? Ne dubito assai.

Per risolvere il problema in modo completo occorre ridurre al nulla l'arbitrio ed eliminare nella società internazionale l'onnipo- tenza della forza. Or, non oso sperare che, pur supposto che la giurisdizione arbitrale fosse riconosciuta, si potesse realizzare tale programma e giungere ad escludere la necessità degli armamenti ed eliminare il pericolo della guerra.

La fiducia nell'arbitrato è diventata popolare specialmente da poi che il grande litigio fra gli Stati Uniti e l'Lighilterra fu defi- nito dal Tribunale arbitrale di Ginevra. È questo, dal punto di vista della gravità del litigio risolto, il solo caso veramente importante di arbitrato. Le altre questioni state definite mediante l'arbitrato sono importanti, ma dal punto di vista del numero, piuttosto che dal punto di vista della materia. Da poi il 1815 si contano sessanta casi di arbitrato, cui gli Stati Uniti parteciparono per trentadue e la Gran Bretagna per venti; però non si trova un solo caso di un vero litigio internazionale simile a quello noto sotto il nome di e Questione dell'Alabama » litigio che avrebbe reso inevitabile la guerra se non si fosse giunti a definirlo mediante l'arbitrato.

stabilimento dell'arbitiato quale sistema di procedura adatto a risolvere le con- troversie internazionali e prevenire la guerra.

La prima di dotto conferenze si riunì a Parigi nel giugno 1889 sotto la presidenza di Jules Simon; la seconda a Londra nel 1890 presieduta da Lord Herschell ; la terza a Roma nel 1891 presieduta da Biancheri ; la quarta a Berna nel 1892 sotto la presidenza del sig. Droz; la quinta all'Aia nel 1894 presieduta dal sig. Rohasen ; la sesta a Bruxelles nel 1895 sotto la presidenza del senatore Descamps, e la settima si è riunita a Buda-Pest nello scorso anno.

Gonsideraxdoni generali atdla società intemaxionale 25

Secondo me, lo ripeto, ò per altro una vera esageitizione lo immaginare che stando sempre le cose come ora si trovano Tarbi- irato possa ognora scongiurare la guerra e che, una voltji ricono- sciuta generalmente la giurisdizione arbitrale, ciò possa bastare per arrivare al disarmo.

Per quello che concerne il litigio fra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna^ ciò che principalmente contribuì a far evitare la guerra fa che il Governo inglese era convinto che il meglio per lui era di trarsi fuori dalla difficoltà in cui si era messo senza ricorrere alle armi. Il Governo comprendeva benissimo che, una volta impe- gnata la guerra, gli Stati Uniti avrebbero bloccato i porti del nord e del sud dell' Inghilterra e che, il commercio del cotone essendo interrotto, sarebbe bisognato provvedere al mantenimento di cin- quecento mila operai impiegati nelle fabbriche. Dal canto suo il Governo degli Stati Uniti comprendeva come T interesse del suo paese richiedesse una soluzione pacifica. I due Governi erano disposti a trovare un espediente, una soluzione che desse soddisfazione all'orgoglio nazionale degli Stati Uniti senza ferire quello del- l'Inghilterra. Ecco il segreto dell'arbitrato di Ginevra.

Certo, non è mio pensiero diminuire la importanza di quel- l'arbitrato. Fu grande merito degli uomini di Stato che erano al Governo quello di aver ben compreso i veri interessi del loro paese e di aver avuto la forza e il talento di condurre a buon fine nego- ziati, durati ben sei anni, per salvarli. Quante difficoltà non si dovettero superare per giungere a concludere il trattato di Washington, con cui fu stabilito il compromesso! Quale ammirabile saviezza politica negli uomini di Stato per dominare le lunghe e vivaci discussioni, gli eccitamenti della stampa, i rimprocci della oppo- sizione parlamentare che cercava di spingere i due paesi alla guerra.

Ed anche fu gran merito dei giuristi chiamati a formare il tribunale arbitrale quello di aver trovato modo di pronunziare una sentenza tale da poter essere accettata da entrambe le parti; ed è con vero orgoglio nazionale che io ricordo che il presidente del tribunale arbitrale fu un italiano, il conte Sclopis.

26 Introduzione Capitolo 1,

Ma il volere, da ciò che avvenne nella questione anglo-ame- ricana, dedurre che siasi trovato in questo precedente la soluzione del gra^e problema ; lo immaginarsi che col proclamare, nello stato attuale delle cose, l'arbitrato come forma ordinaria di giustizia internazionale, si possa arrivare ad eliminare la guerra e a far accettare la proposta del disarmo è, pare a me, una grande illusione.

Riconosco, certo, la grande importanza deirarbitrato ; solo, non so indurmi ad ammettere che, quando un grande numero di Stati 0 anche tutti quelli che già si trovano riuniti in Conferenza all'Aja, si mettessero d'accordo per firmare un trattato generale di arbitrato, ciò potesse bastare per porre fine alla preponderanza della forza militare e per provvedere in modo definitivo alla organizzazione giuridica della società intemazionale.

Bisogna anzitutto considerare che l'impegno generale di assog- gettarsi all'arbitrato è, per quegli stessi che lo propongono, subor- dinato alla riserva ohe l'onore e la dignità nazionale non ne siano compromessi.

Or, dove cercheremo noi le regole per decidere se l'onore o la dignità nazionale siano o non siano compromessi?

Le difficoltà nate fra l'Inghilterra e gli Stati Uniti furono felicemente superate grazie al buon volere dei due Governi, i quali volevano arrivare ad una soluzione pacifica. Sarebbe stato lo stesso ove l'uno o l'altro avesse ritenuto la guerra favorevole alla sua politica?

Chi avrebbe potuto impedirgli di sostenere che la dignità nazionale era compromessa?

Occorre inoltre tener conto di ciò, che cioè la necessità degli armamenti e la emulazione di diventare il più forte, non si impon- gono già allo scopo di far prevalere la potenza militare nella soluzione di qualsiasi specie di controversie, come quelle che con- cernono la delimitazione delle frontiere, l'esercizio della pesca in certi mari, le indennità dovute pei danni e somiglianti dissensi. Ognuna delle grandi Potenze cerca di diventare la piii forte per far valere la sua preponderanza nelle vere questioni intemazionali, come nella questione d'Oriente e del Mediterraneo. Or, chi con-

Conaideraxioni generali sulla società intemaxionale 27

Sideri che le controversie sa questi punti, come sulle questioni di espansione coloniale, o di influenza in Affrica e in Cina, non potrebbero formar materia di arbitrato, deve riconoscere tutt'affatto naturale che ognuna delle grandi Potenze, non potendo, in caso di questioni relative a tali obbietti, contare che sulla propria forza militare e su quella dei propri alleati, cerchi di essere la più forte.

I nobili sforzi degli scienziati e degli istituti scientifici per accreditare l'arbitrato, la propaganda che a favore di esso è fatta da tutte le associazioni della pace d'Europa e d'America, dovranno per avventura essere considerati come uno sforzo vano ed illusorio?

La costante perseveranza e l'ammirabile saggezza degli uomini politici, le mozioni fatte ai Parlamenti per spingere i Governi ad obbligarsi di deferire all'arbitrato le controversie internazionali, devono essere considerate come aspirazioni senza risultato e senza effetto pratico?

No, assolutamente no.

II movimento del secolo movimento, che ha acquistato in questi ultimi tempi una maggiore unità di direzione, in seguito alla concentrazione di tutti gli sforzi in favore dell'arbitrato deve reputarsi indubitabilmente come la piìi grandiosa opera della civiltà.

I voti a favore dell'arbitrato emessi nei Congressi degli scienziati, nei Parlamenti, nelle Assemblee popolari, sono stati la più solenne espressione del sentimento generale, il quale protesta contro la pace armata; essi sono stati la manifestazione luminosa dell'idea che è nella mente di tutti, cioè che occorre dare una direzione nuova alla politica intemazionale e che i Governi, in vece di continuare a fare assegnamento sulla forza, devono riconoscere che il dovere supremo che loro si impone è quello di sottomettersi alla giustizia.

E chi oserà negare che la propaganda umanitaria non abbia già avuto un grande successo pratico? Essa aveva già trovato un' eco nei Parlamenti; ma in seguito, siccome il successo è sempre il frutto della perseveranza, così il sentimento generale contro il flagello della pace armata ha raggiunto il suo scopo e si è pro- pagato nelle più alte sfere. Il Sovrano di un potente Impero ha

28 Introduzione Capitolo I.

avuto alla fine il coraggio di dichiarare solennemente agli altri Governi che la pace armata è una mina per tatti, che bisogna assolutamente trovare un rimedio a questa necessità di continui armamenti e che a tutti i Sovrani s'impone il dovere supremo di avvisare ai mezzi per prevenire le calamità da cui il mondo intiero è minacciato ; per lo che esso, lo Czar, invitava tutti i Governi a riunirsi in Conferenza per mettersi d'accordo sui provvedimenti i più adatti e i più opportuni.

Ohi oserà negare che la Conferenza intemazionale, in seguito all'invito, riunita all'Aja non sia stato il più grande avvenimento del giorno? (l).

Quanto a me penso che la Conferenza dell' Aja, qualunque ne sia per essere il risultato, è un avvenimento di primo ordine, in quanto questa riunione di diplomatici rappresenta il riconoscimento da parte dei Governi di ciò che è nella coscienza delle nazioni civili, cioè che la politica non deve continuare a sovrapporsi al diritto; che i Governi non devono continuare a fare assegnamento sulle loro forze militari per sostenere l'arbitrio, ma che loro si impone il dovere di inclinarsi davanti alla giustìzia.

La Conferenza dell' Aja è senza dubbio un omaggio di altissimo valore che la politica ha reso alla coltura e alla civiltà.

Non è il momento di abbandonarsi alla corrente delle supposi- zioni intorno al risultato che la Conferenza sarà per avere. Sarebbe veramente sperar troppo lo sperare che i Governi potessero met- tersi d'accordo per ciò che riguarda il disarmo generale o parziale. Perchè potessero mettersi d'accordo su questo punto occorrerebbe certo, che prima e fin d'ora fossero regolate le numerose questioni che rendono gli armamenti indispensabili; questioni ad un tempo complicate, delicate, scottanti, che eccitano la lotta dei più gravi interessi politici e che attengono alla vita di ogni paese.

Il fatto è che la questione è stata messa sul tappeto e che i Governi hanno riconosciuto essere loro dovere studiarla per risolverla.

(l) Vodi quello che ne avevamo scritto appena pubblicata la nota di Nicolò II al conte Mouraview nella Revue generale de Droit int. public^ t. Y, 1898, pag. 732.

Considerazioni generali sulla società intemaxionale 29

essa rimarrà quindi aperta, ed è proprio il caso di dire: cosa Fatta capo ha.

I Governi debbono pare rendersi conto di ciò che nissuno può contraddire, che cioè l'abbominevole regime della pace armata è un peso schiacciante per tutti. Essi avrebbero torto di dissimularsi che la cosidetta < questione sociale » cresce di giorno in giorno. Essi devono pur riconoscere che gli eccessi ognora crescenti del militarismo oppongono sempre nuovi ostacoli allo sviluppo della industria, del commercio e della divisione internazionale dei lavori della pace.

Essi non possono disconoscere che i lavoratori reclamino un mag- gior benessere e maggiori agì nella vita, una più larga partecipa- zione al profitto dell'industria, una più giusta ripartizione della produzione fra capitale e lavoro.

Ed anche occorre aggiungere che la filosofia moderna ha prodotto un notevole cambiamento nello spirito delle masse.

II popolo era un tempo più disposto a tollerare le sofferenze e le privazioni nella vita presente, sotto V influenza di un ideale più elevato di godimenti e di ricompense nella vita futura. Le terribili minaccio di tormenti eterni, che la fede di tutte le credenze faceva pesare sulla vita degli uomini, erano più che sufficienti per inspi- rare l'orrore delle azioni vili e per alimentare la virtù del sacrifizio. Oggi, le masse non pensano che ad ottenere ciò che meglio loro conviene; esse domandano il godimento nel presente.

I Governi avrebbero torto se non volessero vedere come, per dominare questo movimento ognor crescente, sia di suprema neces- sità cercare anzitutto un nuovo sistema di equilibrio nella politica internazionale, far cessare questa disastrosa pace armata e questo continuo bisogno di armamenti senza posa, che ritardano lo sviluppo della ricchezza ed impediscono di dar soddisfazione alle giuste esi- genze della classe operaia reclamante ad un tempo pace, lavoro e benessere.

B. Pare a me che la soluzione completa del problema non potrà esser opera della diplomazia, dovrà bensì esser opera dell'unione delle forze di tutti i paesi civili. Coirunione delle forze e colla

30 Introduzione Capitolo I.

propaganda si ottenne il grande risultato di porre il problema e di far riconoscere alla diplomazia la necessità di risolverlo. Ora occorre il concorso delle forze intellettuali di tutti i paesi per indicare alla diplomazia quale deve essere la soluzione. Se la scienza riunisce tutte le sue forze e le converge verso lo scopo di risolvere il problema dell'organizzazione della società delle nazioni, potrà essa fallire allo scopo?

Quando si consideri che la scienza, propostasi ^i rivendicare i diritti della individualità umana, diede come risultato la memora- bile proclamazione dei diritti dell'uomo del 1789; quando si consi- deri che la scienza ha saputo dettare le regole giuridiche per la organizzazione razionale della famiglia, del comune e dello Stato; che essa ha saputo dettare le regole della società politica oggi conosciute, come principi intangibili, nelle costituzioni di tutti i paesi civili; chi oserà supporre che la scienza moderna possa rimanere impotente nei suoi sforzi per dare una organizzazione razionale alla società dei paesi inciviliti?

Si può forse ammettere che il disordine attuale si debba cosi protrarre a tempo indefinito? Si oserà supporre che la scienza non possa compiere la sua missione?

No. Non arrido eerto fortuna a chi, scoraggiato del presente, si accascia, e perde la fede nell'avvenire!

Tutta la difficoltà consiste nel prendere il buon cammino e di concentrare le forze intellettuali in guisa da raccoglierle tutte nel- l'intento di risolvere il problema in modo completo.

Qual'è la via che la scienza deve tenere? Qual'ò l'obbiettivo a cui essa deve costantemente mirare?

// nuoto indirixxo della scienxa 31

CAPITOLO IL

X^a vera missione della scienza. I diritti internazio- nali dello Stato, dell*uomo, dellie coUettivitèt delle Clìiese, delle genti non incivilite.

6. Come la scienza del Diritto internazionale deve prestaro il suo concorso per la sohizione completa del problema della organizzazione giuridica della società internazionale. 7. Via tenuta finora. 8. Necessità di determinare i diritti di tutti quelli che fanno parte della società internazionale. 9. 1 soggetti del Diritto internazionale. 10. Gli Stati, l'uomo, i popoli, le nazionalità, le Chiese, le collettività. 11. Diritti internazionali appartenenti a ciascuno di questi soggetti. 12. La coUettivitìi come soggetto del diritto intema- zionale. — 13. L'equilibrio fra la Chiesa e lo Stato. 14. Linee generali del sistema più efficace per dare alla società internazionale la sua vera organizzazione.

6. Affinchè la scienza possa portare il suo efficace concorso alla solazione del problema della organizzazione giuridica della società internazionale, è indispensabile ricercare e fissare le regole di tutti i rapporti che intercedono fm quelli che di tale società fanno parte. Epperò, occorre anzitutto determinare quali siano le persone o gli individui fra cui tali rapporti possono sorgere; occorre precisare i diritti e i doveri che da tali rapporti possono derivare; occorre fissare le regole per governarli e per tutelare i diritti, ed assicurare l'osservanza dei doveri da parte di ciascuno.

Non si può concepire associazione alcuna di esseri liberi bene organizzata senza una legge, la quale stabilisca una regola di equi- librio 0 una certa regola di proporzione fra ciò che ciascuno può fare e ciò che ciascuno deve astenersi dal fare. Questa regola di equilibrio o di proporzione può assicurare l'organizzazione razionale della comunità e se inoltre si ammettano mezzi legali per la tutela dei diritti di ciascuno, sarà così possibile attuare il rispetto dovuto alla personalità di ciascuno e lo sviluppo della sua libertà nei suoi rapporti cogli altri.

E inutile proporsi di dare alla società internazionale una forma di organizzazione bene ordinata, se non si determini ciò che appartiene

32 Introduzione Capitolo II.

airuno e aU'altrd^ ciò che ciascuno può fare e ciò che ciascuno non debba fare. Fintantoché questa legge certa di proporzione non sia trovata, è impossibile che la società intemazionale abbia una forma di organizzazione giuridica.

Due grandi repubbliche vi sono. L'una è quella che non ha limiti alla sua estensione: essa comprende tutti quelli che sono uniti dal legame della civiltà. L'altra è la repubblica che è formata dagli uomini, uniti da interessi civili, sociali e politici, la quale assume la forma di Stato. I principi per la organizzazione giuridica dell'una repubblica e dell'altra non possono essere sostanzialmente diversi.

Per dare all'una e all'altra forma di repubblica una organizza- zione razionale ed ordinata, occorre trovare un sistema di equili- brio giuridico, cioè determinare la regola della proporzione fra ciò che ciascuno può fare e ciò che ciascuno non ha il diritto di fare. Ora mi pare che per arrivare a mettere in atto l'organizzazione giuridica della grande repubblica, della Magna civitas, sia indi- spensabile tenere la stessa via che si è tenuto per arrivare alla organizzazione giuridica della società politica.

La organizzazione giurìdica della società politica è stato il risul- tato finale della grande idea della libertà politica e della egua- glianza giuridica, proclamata dai filosofi e dai pubblicisti dei secoli passati, 0 che ha formato l'anima del movimento intellettuale e delle aspirazioni popolari fino al giorno, in cui i popoli arrivarono alla rivendicazione dei diritti dell'uomo di fronte alla sovranità. L'opera fu compiuta dalla Rivoluzione. La storia le dette il nome di Rivo- luzione francese; in realtà, ossa fu la rivoluzione dello spirito umano; essa fu il risultato del concorso delle forzo intellettuali di tutti ì paesi che, alla fine del secolo scorso, fecero proclamare i diritti dell'uomo di fronte alla sovranità.

La dichiarazione dei diritti dell'uomo ci fece scoprire certe regole di proporzione e condusse a mano a mano a stabilire l'equilibrio giuridico nella società politica. Non dirò già che tutto questo siasi fatto in modo perfetto e completo; pure, a mio avviso, la dichia- razione dei diritti di tutti quelli che fanno parte della comunità

Il nuovo tfMrixobo della soiewca 33

politica e il rioonoscimento dei diritti dell' aomo di fronte al Sovrano permisero di fissare la base dell'equilibrio giuridico. Questo equi- librio è fondato sul principio che nell'interno di ogni Stato il So- vrano non è punto onnipotente, e che di rincontro al potere assoluto del Be stanno i diritti intangibili dell'uomo. Si è giunti quindi ad opporre i diritti dell'uomo come una forza di resistenza ai diritti del Be ; diritti, che un tempo erano assoluti. Si poterono determi- nare le regole di proporzione fra ciò che il Be può fare e ciò che esso non ha il diritto di fare. Oggi il lavoro continua; trattasi di perfezionare il principio dell'equilibrio, già acquisito; trattasi di meglio determinare i diritti degli individui, i diritti sociali e i diritti delle collettività, di rincontro ài diritti della sovranità. II lavorìo intende a chiarire ognora, a spiegare, a determinare meglio i diritti di ciascuno, nello scopo di meglio fissare e determinare il campo delle libertà, e determinare ognora meglio la giusta regola proporzione.

Nella società intemazionale il disordine, la confusione, la man- canza di organizzazione giuridica derivano da ciò, che finora non si è pensato se non ad ammettere dapprima i diritti delle dinastie, poi i diritti degli Stati, come se la società internazionale fosse formata soltanto dagli Stati e dai Ooverni che questi rappresentano; come se, all' infuori dello Stato, nessuno potesse avere la capacità di possedere e di esercitare diritti intemazionali. Ne risultò che lo Stato si considerò come onnipotente, che la politica si sovrappose al diritto e che gli interessi egoistici e temperar! dei governanti prevalsero e tuttora prevalgono sugli interessi generali e sulle esi- genze di tutti quelli che della società internazionale fanno parte. Alla fine a cagione del difetto di sicure regole giuridiche, ebbe talora ma^ior forza l'arbitrio e si appoggiò sulla potenza militare, la quale venne ad esercitare effettivamente il predominio sul mondo.

Se si vuole por fine a questa situazione anormale e al disordine che ne deriva, bisogna opporre una forza di resistenza alla forza onnipotente della politica e dell'arbitrio. E per questo sembra a me indispensabile determinare e rivendicare i diritti intemazionali, che appartengono a tutti quelli che della società intemazionale 3 FiOBX, Dir, ifUem, codif.

34 Introduzione Capitolo IL

fanno parte ed allargare la grande idea della libertà e della egua- glianza giarìdica, riconoscendo che la libertà e la eguaglianza non sono punto diritti territoriali, ma che sono bensì diritti intemazionali.

Bisogna spingere lo sguardo in alto e non guardare le cose sotto il punto di vista ristretto di ogni singolo paese e di ogni singola comunità politica; occorre allargare la concezione della libertà e della eguaglianza giuridica ed estenderla a tutti i paesi del mondo; occorre riconoscere la libertà e la eguaglianza giuridica come di- ritti internazionali di quanti fanno parte di quella grande repub- blica che è costituita dal genere umano e che io chiamo Magna OivitcLs. Occorre rivendicare i diritti intemazionali non soltanto in favore della personalità umana, ma in favore altresì di tutte le collettività che, in virtù della libertà stessa , nascono dal riunirsi che fanno individui aventi un legame comune o un comune scopo e congiunti tra loro non già da interessi territoriali, ma da inte- ressi generali, o per dir meglio, da interessi intemazionali.

Occorre determinare e rivendicare a mio modo di vedere i diritti internazionali dell'uomo, i diritti intemazionali del popolo, i diritti internazionali delle nazionalità, i diritti internazionali delle Chiese e delle altre forme di collettività formate in virtù della libertà intemazionale in uno scopo d'interesse intemazionale. Occorre riven* dicare anche i diritti internazionali delle genti non incivilite.

*?• Mi sembra invero che i pubblicisti, i quali si sono proposti di risolvere il grave e complesso problema della organizzazione giuridica della società intemazionale, non si siano posti in grado di guardare le cose sotto il loro giusto punto di vista.

Essi hanno cominciato a mettersi fuori della buona strada con quel loro considerare la società internazionale come la società ri- sultante dalla unione degli Stati tali quali esistono o come furono costituiti dagli avvenimenti storici, e coU'insegnare poi che la scienza del Diritto internazionale debba proporsi di ricercare le re- gole destinate a determinare, reggere e tutelare i diritti degli Stati costituiti.

Secondo la loro nozione bisognerebbe supporre che i rapporti internazionali non possano nascere e svilupparsi che fra gli Stati,

Il nttopo indirÙMo della aotenxa '65

e che la legge che deve goyemare la società stessa non possa interessare se non esclusivamente gli Stati.

Or, i pubblicisti dei quali parlo, hanno pei-so di vista che nella grande società, nella Magna Civiias trovasi anzitutto l'uomo colla sua personalità e coi diritti che gli appartengono, in quanto è uomo, ed indipendentemente dalia sua condizione di cittadino di uno Stato.

Può forse ammettersi che l'uomo di fronte all'umanità e alla legge che deve governarla perda la individualità sua, come una goccia d'acqua che cade nell'Oceano?

No. L'uomo ha i proprii diritti nei suoi rapporti con gli altri uomini e nella sfera delle loro relazioni private. Esso ha i proprii diritti nei suoi rapporti colla sovranità, cioè nella sfera delle relazioni pubbliche e politiche. Esso ha inoltre i proprii diritti nei suoi rapporti con tutti gli uomini e con tutte le sovranità del mondo.

La sua personalità gli attribuisce non soltanto i diritti civili e i diritti politici; ma gli attribuisce altresì i diritti internazionali. All'uomo spetta infatti, di fronte a tutti gli Stati del mondo il diritto di scegliere la sua cittadinanza e di rinunziare a quella già acquisita per sceglierne un'altra; esso ha il diritto d'individualità personale e di libertà; ha il diritto di acquistare dovunque la proprietà e di esigere che essa sia rispettata ; ha diritto alla libertà di coscienza, diritto al libero esercizio delia sua attività, diritto al commercio internazionale. Sono questi propriamente i diritti intemazionali che appartengono all'uomo come tale: sono i diritti della personalità umana indipendentemente dal vincolo che lega ciascuno, come citta- dino, a uno Stato determinato.

8. Or, io domando a quelli che si propongono di ricercare i giusti principi della organizzazione internazionale: non è egli vero che bisogna anzitutto stabilire la regola di proporzione di tutte le atti- vità e di tutti i rapporti? Che bisogna conseguentemente determi- nare le norme che nella società internazionale debbono governare i rapporti fra la personalità dell'uomo e gli Stati ?

Ma non è tutto.

Nella Magna Civita^ si trovano anche le collettività, lo quali hanno la loro individualità propria. Una di esse è quella formata

36 Introduxione Capitolo II,

dalla agglomerazione degli individui costìtaenti il popolo. Qaesta collettività può avere uno scopo tntt'affatto diverso da quello dello Stato costituito ; essa può esercitare la sua libertà e l'attività sua per diventare uno Stato o per modificare la costituzione politica della comunità, o per separarsi dallo Stato cui si trova unita e unirsi ad un altro Stato o per darsi una organizzazione politica indipendente.

Or, la scienza, la quale deve proporsi di eliminare Tarbitrio e la preponderanza della forza, non deve essa cercare di determi- nare i diritti dei popoli di fronte agli Stati e ai Governi, e fissare le regole che devono governarli, e i mezzi di tutela giuridica atti a garantirli e a salvaguardarli?

Quando ci si propone di stabilire un sistema di equilibrio giu- ridico, non ò egli necessario determinare se l'azione diplomatica, che impedisca a un popolo di esercitare l'imprescrittibile diritto della sua libertà, possa reputarsi come legittima, o se non debba riguardarsi piuttosto come illegittima?

Ed un'altra forma di unione e di aggregazione si trova nella società intemazionale, quella che risulta dalla affinità naturale degli indi- vidui, la cui comunione di sentimenti e la cui tendenza all'unione derivano dall'identità di razza, di lingua, di tradizioni, di aspira- zioni e dal tutt'insieme delle circostanze etnografiche, geografiche e morali. Sono queste le nazionalità. Il sentimento di unità mo- rale, che anima gli individui appartenenti alla stessa ra2£2a, che parlano la stessa lingua, che hanno attraversato per secoli le stesse vicende, che hanno provato le stesse gioie e gli stessi dolori, man- tenendo sempre le stesse aspirazioni, dev'essere dalla scienza stu- diato come quello che costituisce il fondamento dei diritti basati sulla nazionalità.

Una associazione non meno importante è quella che risulta dalla libertà di coscienza.

Un numero più o meno considerevole di individui, per la iden- tità delle loro credenze e dell'osservanza della stessa legge religiosa, si trovano di fatto riuniti in società, riconoscono liberamente l'au- torità di un capo: questa associazione è la Chiesa.

// nuovo indirixaoo della èctenxa 37

Non si può non riconoscere che la Chiesa sia una collettività naturale risultante dalla libertà. Infatti, tutti i fedeli professanti la stessa fede ed aventi la stessa credenza possono liberamente formare una congregazione spirituale e sottomettersi all'autorità del loro capo supremo, il quale, senza impiegare mezzi coercitivi, pure esercita rispetto ad essi la sua autorità morale.

Le Chiese si trovano esse pure nella società internazionale, e fra tutte il primato spetta alla Chiesa cattolica cementata dal lavorìo di diciannove secoli e conservata dalla più compatta e più potente gerarchia del mondo.

La Chiesa cattòlica ha rapporti con tutti gli Stati e da questi rapporti di &tto derivano certi diritti e certi doveri interessanti non solo il Diritto pubblico dei singoli paesi, ma anche, sotto certi rispetti, la società intemazionale. La scienza del Diritto inter- nazionale, la quale deve trovare le regole di proporzione fra tutte le individualità e fra tutte le collettività formanti parte del genere umano, non dovrà essa occuparsi di regolare la posizione della Chiesa romana rispetto agli Stati? Essa deve occuparsene, se pur vuole non trascurare alcuno degli elementi che devono formare obbietto della ricerca delle regole di proporzione.

Ti sono altre forme di associazioni, meno importanti delle Chiese, e delle quali occorre pure tener conto; intendo parlare delle asso- ciazioni di uomini, i quali senza avere una certa organizzazione politica, sono però riuniti sotto Tautorità di un capo, a forma di tribù 0 di altre forme di aggregazioni analoghe.

Non si può, certo, negare alle stesse tribù barbare, qualunque si sia il loro grado di coltura, la capacità di essere reputate sog- gette al Diritto internazionale.

Anche a voler supporre che esse manchino di qualsiasi forma di organizzazione politica e che vivano di vita propria sul territorio che esse occupano, il Diritto internazionale, in quanto tutela ì diritti della personalità umana, deve pur essere loro applicato.

Le tribù barbare poi che riconoscono l'autorità di un capo non possono essere considerate come persone della Magna OivitaSy deve non per tanto ammettersi che non le possa essere negato Tappli-

3d tfUroduxdone Capitolo IL

cazione del Diritto internazionale per il regolamento dei rapporti di fatto che vengono a stabilirsi fra esse e gli Stati inciviliti. Certo, non si potrebbe ammettere Teguaglianza giuridica fra le genti incivilite e le genti non incivilite, pur volendo limitare tale eguaglianza al godimento dei diritti che loro appartengono. L'egua- glianza giuridica richiede una certa uniformità per ciò che riguarda le nozioni giuridiche fondamentali, indispensabili sempre per la comunità di diritto. Ma convien pur riconoscere che nessun popolo non incivilito, nessuna tribù barbara può trovarsi fuori del Diritto dell'umanità. Yi sono altresì associazioni costituite per uno scopo internazionale, le quali, una volta riconosciute come tali dagli Stati, possono esercitare la loro attività nella sfera intemazionale. Esse pure devono, nel godimento dei diritti intemazionali che loro siano stati attribuiti, essere regolate dal Diritto intemazionale (1).

9. Dalle cose ora dette risulta che la scienza non debba limitare il suo lavoro alla ricerca e alla determinazione delle regole che devono governare i rapporti fra gli Stati costituiti. Per risolvere in modo completo il problema deirequilibrio giuridico ed arrivare alla orga- nizzazione razionale della società internazionale è indispensabile

(1) Certe forme collettività sono il risultato della libertà di associazione pel conseguimento di uno scopo di interesse comune e vengono formate nei- l'interno di ogni Stato. Tali collettività assumono talvolta la condiziono di persone giuridiche quando la sovranità dolio Stato, in considerazione del loro scopo di utilità pubblica, abbia attribuito loro la personalità e la capacità di esercitare i diritti necessaii por T attuazione dello scopo cui l'associazione intende. Per quanto tali associazioni possano esercitare la loro attività in paesi esteri, non per ciò si potrebbe sostenere che esse possano reclamare la capacità di estendere, di pieno diritto, la loro sfera d'azione airestoro. Ciò non può infatti costituire per tali associazioni un diritto internazionale. La sovranità di ogni singolo Stato può riconoscere le persone giuridiche ed attribuir loro la capacità di esercitare certi diritti nell'ambito però del territorio soggetto alla propria autorità. Si può andare fino a reputar conforme all'interesse generale che certe asBOciazioni esten- dano la loro sfera d'aziono al di delle frontiere, senza che però si possa sostenere che ciò possa aver luogo di pieno diritto. L'autorizzazione preventiva della sovranità estera accordata sotto la forma di un riconoscimento o altrimenti, deve sempre considerarsi come indispensabile.

Tutto quello che abbiamo dotto a proposito dei diritti intemazionali delle collettività si riferisce alle collettività che esistono jure suo^ a quelle cioè per le quali l'organizzamento è un fatto naturale, cioè il risultato dei fattori naturali e che si devono reputare esistenti indipendentemente dal diritto territoriale, quali sono ad esempio la naxione^ il popolo.

Dei soggetti del Diritto intemaxionale 39

che gli scienziati ricerchino e fissino le regole di tutti i rapporti di fatto e di diritto intercedenti fra quelli che della società inter- nazionale fanno parte.

Sia che questi rapporti sorgano fra Stati e Stati o fra individui e Stati o fra collettiTìtà di individui e Stati, sempre quando, per la loro natura, per il loro scopo, per il loro sviluppo, tali rapporti non possano essere ritenuti di interesse meramente territoriale, la scienza deve occuparsene. Essa deve ricercare e fissare le regole per governarli e disciplinarli.

Si comprende facilmente com'io assegni alla scienza del Diritto internazionale una missione più elevata e più larga di quanto a tutta prima si possa immaginare. Se possibile mi fosse, vorrei quasi cambiarne la denominazione per meglio precisare lo scopo. La denominazione attuale non risponde esattamente all'idea che si intende significare. L'espressione DiHtio intemazionale designa il diritto fra nazione e nazione, il diritto fra gli Stati; l'espressione Diritto delle genti è già preferibile; ma per indicare più esattamente lo scopo della scienza meglio ancora sarebbe servirsi dell'espressione Diritto del genere umano, essendo questa la denominazione collettiva che abbraccia la grande repubblica formata da tutti gli esseri con- siderati individualmente o esistenti sotto la forma di individualità collettive.

Secondo il mio modo di vedere Io scopo del Diritto internazionale dovrebbe essere di ricercare e determinare i diritti internazionali che devono essere attribuiti a ciascuno di quelli che di tale società fanno parte, per ricercare e determinare le regole giuridiche dei loro diritti e dei loro doveri e i mezzi legali per tutelarli. Or, per questo è necessario anzitutto determinare quali siano le persone e i sog- getti, cui i dinttì appartengono e che possono tali diritti reclamare.

IO. Chi può essere considerato come una persona della società intemazionale?

Chi, pur non essendo persona, ma formando tuttavia parte della società intemazionale, può reclamare che si rispetti la sua indivi- dualità ed esigere che i suoi rapporti colle persone formanti parte della comunità siano regolati dal Diritto intemazionale?

40 IfUrodwUons Capitolo II,

A mìo avYiso devesi considerare come persona della società inter- nazionale ogni essere ed ogni istituzione avente la sna individualità in virtù del suo proprio diritto ed esercitante la sua attività in tutte le regioni del mondo.

L'individualità è sempre la caratteristica essenziale di qualsi- voglia persona. Ma per essere persona della società intemazionale occorre che la individualità appartenga all'Ente per diritto proprio, e non già in forza di quale si sia forma di concessione della sovranità territoriale.

Ogni qualvolta che la individualità sia conseguenza di un atto della sovranità territoriale, ciò può bastare per ammettere ohe l'Ente morale o la istituzione possa essere reputata persona nei limiti entro ai quali il Sovrano, che ha concesso la personalità, esercita il suo impero e la sua autorità.

Da questi principi consegue che si debbono considerare come persone del Diritto intemazionale lo Stato, l'uomo e la Chiesa. A ciascuno di essi appartiene infatti la individualità in virtù del suo diritto. Non si può negare che lo Stato possieda la individualità jure suo e che tale individualità esso acquisti come appena, in forza della sua costituzione politica, esso esiste come Stato.

È lecito discutere sul punto se l'uomo debba venir considerato come persona della società intemazionale. È fuori di dubbio che l'uomo sia una persona nei suoi rapporti colla società civile e colla iocietà politica. Ma che egli debba essere considerato come una persona nella società internazionale, lo si può, a primo aspetto, contestare.

Quanto a me, non pretendo certo sostenere che l'uomo sia una persona della società intemazionale allo stesso titolo per cui lo è lo Stato, 0 che esso possa acquistare od esercitare i diritti che appartengono allo Stato o contrarre ed adempiere obbligazioni inter- nazionali allo stesso titolo per cui può contrarle ed adempierle un Governo. Solo sostengo che l'uomo, dal momento che esso esiste come tale, esiste con la individualità che gli appartiene jure suo; che esso esiste colla sua libertà e colla sua capacità di esercitare l'attività sua non solo come cittadino, nei suoi rapporti col Grovemo

Dei aoggéUi del DirUio intemazionale 41

dello Stato cai appartiene, ma anche rispetto a tutti i Governi del mondo e che esso può, rispetto a tatti, reclamare il rispetto delia saa propria personalità e dei diritti che gli appartengono non come cittadino, ma come uomo. La personalità jure stw appartiene in prima all'aomo qaando noi lo consideriamo nella società civile e nella società politica risaltante dallo Stato, di cai è cittadino; ma bisogna inoltre ammettere che l'aomo debba essere considerato jure suo come persona, coi diritti che riguardano la personalità sua, di fronte a tutti gli Stati del mondo.

La difficoltà ò più grande, qaando trattasi di considerare la Chiesa come una persona della Magna Civitas. Per dissipare ogni malin- teso premetterò che il mio discorso si riferisce a tutte le Chiese. Solo, importa considerare, che non tutte hanno acquisito, di fatto, la posizione di vera istituzione intemazionale. Attualmente, vera istituzione intemazionale è solo la Chiesa Cattolica Romana. Essa non ha soltanto, come le altre Chiese, la sua individualità jure suo, ma essa ha di più la sua organizzazione intemazionale; essa esercita i suoi diritti, essa sviluppa la sua attività in tutte le regioni della terra. Certo, anche le altre Chiese potranno un giorno acquistare la posizione di istituzione internazionale ; ed allora, ciò che io dico avrà la sua applicazione rispetto a tutte le Chiese aventi di fatto una tale situazione. Ma, lo ripeto, la posizione di vera istituzione intemazionale appartiene di preferenza oggidì alla Chiesa Cattolica fiomana. Epperò, riconoscendo com'essa sia di fatto una istituzione intemazionale e considerando che la sua personalità, cioè la sua individualità come tale, le spetta per diritto proprio, jure suo, am- metto che la si debba considerare come una persona internazionale (1).

(1) Importa non confondere la nozione della personalità intemazionale, quale io la intendo, colla nozione della personalità giuridica.

Secondo il mio modo di vedere la pereonalità internazionale appai*tiene ad ogni Ente e ad ogni istituzione che ha de jure la sua propria individualità e che possiede ytire suo la capacità di sviluppare la sua attività nella società inter- nazionale secondo le regole da cui questa dev'essere retta. Data tale condizione di cose ne consegne che tale essere o tale istituzione possa reclamare la perso- nalità intemazionale ed il godimento dei diritti che, sempre tenendo conto, ben

42 Introduzione Capitolo IL

Nel genere amano si trovano due istituzioni, lo Stato e la Chiesa, e che certo sono istituzioni di un ordine sostanzialmente diverso.

Lo Stato è, infatti, una istituzione politica, che deriva la sua esistenza dalla libertà politica e che possiede il suo potere per go- vernare tutti i rapporti che sorgono e si sviluppano nel campo in cui si trovano gii interessi nazionali, civili e sociali.

La Chiesa è una istituzione etica, che deriva il suo essere dalla libertà di coscienza ed esisto per virtù del sentimento reli- gioso. Essa trovasi organizzata sotto l'autorità di un capo, che non ha altro potere fuorché quello di mantenere i principi della fede e di proclamare il dogma per quelli che vogliono liberamente e spontaneamente accettarlo. Le sue funzioni si esercitano rispetto alle anime e nel campo della coscienza.

inteso, della sua natura e della sua finalità, gli appartengono nella società inter- nazionale e che costituiscono i suoi diritti internazionali.

La personalità giuridica, per contro, può appartenere a qualsiasi collettività, che non abbia la sua propria individualità de jure^ ma a cui la individualità sia stata attribuita dal potere sovrano, il quale nel tempo stesso gli abbia confe- rito il godimento di certi diritti.

Chi consideri come una cosa sia sostanzialmente diversa dall'altra, compren- derà facilmente come, attribuendo alla Chiesa la personalità internazionale, non vengo con ciò ad ammettere che ossa possa reclamare di essere considerata de jure come pei-sona giuridica internazionale.

Non mi è mai caduto in pensiero che la Chiesa potesse essere reputata /ur^ suo una persona giuridica internazionale, lo che implicherebbe ammetterò che essa potesse de jure reclamare la capacità di esercitare diritti patrimoniali.

Questa capacità non appartiene affatto alla Chiesa come istituzione intema- zionale, perchè il godimento dei diritti patrimoniali, fatta ragione della sua natura e della sua finalità, non le è punto indispensabile. Epperò, nessuna Chiesa, nep- pure la Chiesa Cattolica, può essere reputata persona giuridica, se tale condi- zione non lo sia attribuita dal sovrano dello Stato e in conformità del Diritto territoriale (vedi la 1' edizione della presente opera tradotta da M. Chrétien, regolo 31, 441, 442, 456, 464, 466 e Diritto internazionale pubblico ^ 3' ediz., Torino 1887 ; Dei diritti internazionali della Chiesa^ pag. 485 e seg.).

Solo lo Stato è de jure una persona internazionale e una persona giuridica internazionale, essendoché la capacità giuridica e il godimento dei diritti patri- moniali gli appartengono in quanto è Stato, tale godimento essendo indispensa- bile perchè lo Stato possa sussistere come tale e conseguire i fini per cui è costituito (vedi il mio Consulto sulla controversia fra la Grecia e la Rumenia per la successione Zappa e il mio opuscolo: Della personalità giuridica dei Corpi morali e della Personalità giuridica dello Stato air intemo ed all'estero, Torino, Unione tipografico-editrice, 1895 e Tratado de Dereeho Intemacional Publieo^ 2' edicion 1894, tomo 1", capo VII, De lapersofialitad eivil del Esiodo),

La questione romana 43

Per parte mia, prendendo le cose di questo mondo, qaali Dio, la storia e la libertà le hanno formate, non oso disconoscere il fatto storico. Constato nella società internazionale la esistenza del- l'uomo colla personalità che gli appartiene jiire suo. Constato la esistenza dello Stato, il quale, una volta costituito in virtù della libertà politica degli associati, possiede anch'esso la sua personalità ipsojure ipsoque facto. Constato la esistenza della Chiesa organiz- zata sotto la forma di istituzione intemazionale. Sono tre persona- lità aventi ciascuna una natura e una condizione giuridica diversa.

La capacità ad essere considerato come soggetto di Diritto inter- nazionale è essa un privilegio esclusivo dello Stato? E non vi ò nella società internazionale alcun'altra individualità cui apparten- gano diritti internazionali?

Pur ammettendo che nessuno possa reclamare i diritti interna- zionali appartenenti allo Stato e che quindi nessuno possa avere, come soggetto di Diritto internazionale, la stessa capacità che ha lo Stato, come si potrebbe negare assolutamente alle altre indivi- dualità, che di fatto si trovano nella società intemazionale, il diritto di reclamare i loro propri diritti internazionali e di essere consi- derate come soggetti aventi la capacità di goderli?

CoU'insegnare che solo lo Stato debba essere considerato come persona della Magna Civitas, i pubblicisti arrivarono a giustificare innanzi tutto il deplorevole errore che i diritti dell'uomo, i diritti della personalità umana esistano unicamente di fronte al Diritto pubblico intemo, mia non esistano jure proprio di fronte al Diritto inter- nazionale. Da ciò, derivò poi che lo straniero potè essere messo fuori del Diritto comune altresì per ciò che concerne il godimento dei diritti dell'uomo e dei diritti civili.

Questa stessa falsa teoria che solo lo Stato sia persona internazio- nale e che esso solo possa avere il godimento dei diritti internazio- nali ebbe poi per risultato di creare la così detta Questione romana. I partigiani dei Papi, facendosi forti deirinsegnamento dei pubbli- cisti, che cioè solo lo Stato sia persona di Diritto delle genti, sol- levarono la pretesa del potere temporale e la loro pretesa ha una giustificazione. Essi adducono che di fatto la Chiesa romana

44 Introduzione Oapitolo II.

esercita certi diritti intemazionali, che essa mantiene effettivamente rapporti internazionali; avendo il suo Capo il diritto di legazione e potendo esso conchiadere concordati. Ora dato che lo Stato sol- tanto paò essere persona intemazionale, pareva naturale ai parti- giani del Papa il sostenere che, per poter il Papa esercitare rego- larmente e in modo sicuro le sue funzioni come capo della Chiesa, per avere garanzie complete, la Chiesa dovesse avere una forma di organizzazione politica come Stato, e che al Papa come sovrano della Chiesa dovesse essere attribuito un possedimento territoriale e un potere temporale.

É così, col fare falsa strada; i pubblicisti hanno alimentato le pretese del papato; e colla loro teoria sono arrivati quasi a giusti- fìcare il più strano sofisma del papato e dei suoi partigiani intomo alla pretesa necessità del potere temporale e della sovranità politica del Papa.

Se si vuole realizzare il vero equilibrio politico occorre mettere ogni cosa al suo posto; occorre riconoscere a ciascuno ciò che gli spetta, ma anche negargli ciò che non gli spetta.

Ecco la spiegazione della mia teoria. Io mi inspiro al precetto dei Bomani: unicuique suum.

11. Quali sono i diritti internazionali che devono essere attribuiti a ciascuno?

E come, mediante la dichiarazione dei diritti spettanti a ciascuno, si potrà condurre ad effetto l'equilibrio politico?

Non è questo il momento di esporre in modo completo i diritti internazionali dello Stato, dell'uomo, della Chiesa, delle collettività, dei nomadi, dei barbari. Tutto ciò formerà l'obbietto delle nostre ricerche, ora basta insistere sul punto fondamentale, che cioè per effettuare l'equilibrio giuridico è assolutamente necessario fissare il limite giuridico dell'attività di ciascuno e che per questo importa determinare e riconoscere i diritti internazionali di ciascuno, cioè dello Stato, dell'uomo e delle collettività, dei popoli inciviliti e dei popoli non inciviliti. Quando siano determinati i diritti, bisognerà pur riconoscere che la libertà che può appartenere ad ogni Sovra- nità nei suoi rapporti con le altre Sovranità, cogli uomini e colle

/ diritti delVuomo 45

collettività, non può consistere, se non nel potere di esercitare i propri diritti e la propria attività, senza invadere la sfera giuridica nella quale stanno i diritti altrui.

Si ammette generalmente che i diritti internazionali degli Stati sono i diritti di autonomia e di indipendenza, il diritto di impe- rium e di giurisdizione, il diritto di eguaglianza, il diritto di do- minio eminente, il diritto di rappresentanza. Anche si insegna che questi diritti devono essere reputati assoluti. Solo, siccome non si considera che vi sono anche i diritti internazionali dell'uomo e delle collettività e che questi diritti devono essere reputati intan- gibili, si è arrivati, nella società internazionale, all'arbitrario. Tutto, infatti, si giustifica in virtù del diritto di autonomia dello Stato e, allo scopo poi di potere difendere ogni pretesa, gli Stati cercano di accrescere senza posa le loro forze militari.

Se si vuole opporre una forza giuridica di resistenza alla forza onnipotente dell'arbitrio, occorre riconoscere i diritti internazionali dell'uomo e delle collettività.

I diritti dell'uomo sono il diritto di libertà, il diritto di invio- labilità personale, il diritto di scegliere la cittadinanza, di rinun- ziare a quella che fu acquistata e sceglierne un'altra, il diritto di proprietà, il diritto di libertà di coscienza, il diritto di libera attività e di commercio intemazionale, il diritto di emigrare. Essi sono i diritti intemazionali della personalità umana (1).

(1) A parte i diritti internazionali che ad ognuno appartengono come uomo^ noi riconosciamo per ognuno anche i diritti internazionali che ad esso appartengono conìe cittadino.

£ invero, la condizione di cittadino di uno Stato è la base dei diritti civili, dei diritti politici e di certi diritti internazionali. I diritti civili trovano il loro fondamento sulla legge di ogni paese, la quale dichiara, regola e tutela certi diritti il cui godimento è esclusivamente riservato ai cittadini dello Stato. I diritti politici trovano il fondamento loro sulla costituzione di ogni singolo Stato. I diritti internazionali deiruomo come cittadino trovano il loro fondamento sui Trattati conchiusi fra lo Stato di cui la persona è cittadino e altri Stati.

Ogni persona che faccia parte di uno Stato come cittadino ha diritto, anzitutto, di reclamare la protezione del Sovrano e del Governo del suo paese contro qual- siasi Stato o Governo che volesse ai'bitrariamente violare i diritti che secondo il Diritto internazionale gli appartengono.

Ma oltre a ciò ogni individuo appai'tenente ad uno Stato come cittadino può noli* esercizio del suo commercio e della sua attività all'estero reclamare e4

46 Introduxione Capitolo II.

A qualunque razza Tuomo appartenga, quale si sia il suo grado di cultura, viva esso in associazione politica o meni esso una esi- stenza nomade, l'uomo non perde mai le caratteristiche e gli attri- buti dell'umana natura ; esso, quindi, non perde mai i diritti che sempre e dappertutto devono essere attribuiti alla personalità umana. Bevesi ammettere conseguentemente che esso possa reclamare tali diritti in tutte le parti del mondo, che possa dappertutto esigerne il rispetto, averne in ogni paese il godimento, alla sola condizione di riconoscere l'autorità delle leggi territoriali e di osservarne le disposizioni.

Le collettività altro non sono che agglomerazioni di individui uniti da un vincolo comune o in uno scopo comune. E naturale che le collettività abbiano i loro diritti intemazionali, come gli uomini da cui esse sono formate.

Non si possono negare al popolo i suoi diritti internazionali. Il principale fra questi diritti è la libertà di stabilire e di modi* ficare la propria costituzione politica, il diritto di darsi il governo che esso ritiene meglio adatto ad assicurare i diritti dell'associa- zione e di esigere che il Governo così stabilito sia dagli altri Go- verni riconosciuto come un Governo legittimo dal momento che esso si trovi di fatto in possesso dei diritti di sovranità.

Le nazionalità hanno del pari i loro diritti intemazionali, fra cui principale è quello di non essere costrette a rimaner comprese in questa o in quella associazione politica, ma di potere liberamente aggregarsi secondo le loro aspirazioni naturali e le loro affinità.

Parlerò più oltre delle Chiese e delle altre collettività. Vediamo ora le conseguenze che derivano dalle cose già esposte.

Bisogna corto ammettere che ad ogni Stato ed al Governo che lo rappresenta devono essere attribuite l'autonomia e la indipen-

ottonore il godimento di qualsiasi diritto privato, di qualsiasi facoltà, di qualsia$^i vantaggio, di qualsiasi privilegio attribuito ai rispettivi cittadini dai trattati conchiusi fra Stato e Stato.

I trattati di commercio, le convenzioni consolari, quelle sul rispetto della proprietà letteraria, artistica, industriale e via dicendo, sono il fondamento di speciali diritti, dei quali possono godere solo coloro che, come cittadini, appar- tengono agli Stati che abbiano conchiuso i detti trattati.

/ diritti delVuofno 47

denza. Ma quale dev'essere rautonomia e T indipendenza che ad essi paò essere attribuita? Si può forse trattare dell'autonomia e dell'indipendenza di potere arbitrario? Evidentemente no.

Ogni potere sovrano trova il suo giusto limite nel rispetto dovuto ai diritti intemazionali degli altri membri della società internazionale.

Ogni Sovrano non può pretendere che alla libertà e alla indi- pendenza compatibili colle esigenze della società internazionale. Esso è quindi tenuto ad esercitare i suoi poteri in modo da non ledere i diritti e gli interessi legittimi degli altri Governi, e altresì in modo da non ledere i diritti internazionali dell'uomo o delle comunità, le esigenze generali della società intemazionale.

L'autonomia non potrà per certo essere assoluta unicamente a vantaggio dello Stato. Nella società internazionale vi sono ancora altre individualità rivestite di diritti intemazionali ; or, è di tutta evidenza che, per mantenere il principio dell'equilibrio e la regola della giusta proporzione, l'autonomia dello Stato vuol essere con- ciliata col rispetto dovuto ai diritti altrui.

Dai principi finora esposti ne risulta che uno Stato non possa proibire agii stranieri di entrare nel suo territorio assoggettarli a misure vessatorie. Esso non può espellerli senza una sufficiente ragione. Esso non può proibire ai suoi nazionali di rinunziare alla loro cittadinanza per acquistarne un'altra. Esso non può subordi- nare il diritto di rinunziare alla cittadinanza di origine, alla necessità di una preventiva autorizzazione.

Non si può mettere in dubbio che ad ogni sovranità appartenga il diritto eminente sul territorio soggetto al suo impero; ma da ciò non si potrebbe certo dedurre che il Sovrano possa, in virtù del suo diritto di sovranità, negare allo straniero il diritto di acquistare la proprietà e di trasmetterla, sotto l'osservanza delle condizioni sancite dalla legge territoriale.

Il Sovrano non può, in virtù della sua autonomia, colpire lo straniero colla incapacità di acquistare, nel territorio dello Stato, qualsiasi proprietà mobiliare od immobiliare alle stesse condizioni dei nazionali, o negargli il godimento dei particolari diritti compresi nel diritto generale di proprietà. Una tale misura non potrebbe

48 Introduxione Capitolo II.

essere legittima se non in quanto, per serie ragioni di ordine pub- blico 0 di interesse sociale, la proprietà di certe determinate cose fosse riservata esclasivamente ai cittadini.

Per chi accetta la mia teorìa intomo ai diritti internazionali dell'aomo, il problema che forma l'objetto del Diritto intemazionale privato e che concerne l'autorità delle leggi straniere viene a porsi in modo tutt'affatto diverso.

In linea di principio si deve ammettere innanzi tutto che il godimento da parte degli stranieri dei diritti civili, non possa repu- tarsi come una concessione graziosa dipendente dal potere arbitrario di ogni sovranità; bensì dev'essere considerato come il riconosci- mento giuridico dei diritti intemazionali dell'uomo.

Si deve inoltre riconoscere che ogni persona ha non solo il diritto di scegliere liberamente lo Stato a cui intende appartenere, ma che ha altresì il diritto di reclamare che la legge dello Stato a cui egli appartiene, da cui dipendono la sua condizione giurìdica e i suoi diritti civili, il suo stato personale e di famiglia e i diritti privati che ne derivano, sia riconosciuta nei paesi stranieri, e che essa sia a tali rapporti applicata, a condizione però che dall'ap- plicazione di tale legge non risulti alcuna ofTesa al Diritto pubblico territoriale, alle leggi che riguardino l'ordine pubblico o che tutelino il Diritto sociale.

Non si potrebbe, quindi, sostenere l'opinione manifestata dal FcELix che « i legislatori, le autorità pubbliche, i tribunali e gli scrittori, nell' ammettere l'applicazione delle leggi straniere, si lasciano guidare non da una obbligazione, di cui si può pretendere la osservanza, ma unicamente da considerazioni di reciproca utilità e di reciproca convenienza, ex comiiate; et reciprocam uiiliiaietn » (1).

Bisogna invece ammettere che nessun Sovrano abbia un potere discrezionale assoluto e illimitato di riconoscere o di non ricono- scere il godimento dei diritti civili spettanti agli stranieri o di subordinarlo alla condizione della reciprocità, secondo meglio gli

(1) Titolo preliminare del suo Trattato di Diritto inlerfiaxionale privato^ Qap. Ili, n. 11.

/ diritti deU'uamo 49

conyenga, ma che si deve inyece considerare come una vera yìo- lazione dei diritti intemazionali deiruomò, il negare allo straniero il diritto di pretendere l'applicazione del suo statuto personale.

Cosi pure deve ammettersi che nessun Sovrano possa, in virtù della sua autonomia, legittimare le rappresaglie giuridiche fondan- dosi sulla regola della reciprocità.

Insomma, col ritenere che l'autorità territoriale o extra-territo- riale di ogni legge non dipende punto dal dominio esclusivo del- l'autonomia, ma che deve bensì essere determinata, tenendo conto dei diritti intemazionali dell'uomo, della natura di ogni singolo rapporto, degli interessi sociali e degli interessi intemazionali, il problema del Diritto intemazionale privato viene ad esser posto sulla sua vera base giuridica. Esso si assomma, infatti, nel rico- noscere il dominio razionale di ciascuna legge basata sulla com- petenza legislativa di ogni sovranità e nella sommissione di ogni rapporto alla legge che deve governarlo, secondo la natura del rapporto stesso ed i principi della competenza legislativa, salve le giuste limitazioni, che nell'applicazione delle leggi straniere sono imposte dalle esigenze d'interesse politico e d'interesse sociale affermantìsi in ogni Stato (1).

13. Indichiamo rapidamente alcune delle conseguenze che, dal punto di vista dell'equilibrio giuridico, derivano dal riconoscimento dei diritti intemazionali delle collettività. Ritenuto che ogni popolo abbia il diritto di stabilire e di modificare la sua costituzione poli- tica e di darsi il governo che meglio gli convenga, ne consegue naturalmente che gli Stati e i Governi non possano ingerirsi negli affari interni di un paese estero, allo scopo di impedire o di intralciare il libero esercizio del diritto intemazionale appartenente al popolo. Bevasi quindi considerare come assolutamente illecita ed arbitraria qualsiasi forma di intervento, vuoi armato, vuoi morale. ì^è l'in- tervento, in quello che esso miri ad impedire che un popolo

(l) Vedi la mia Opera: Diritto intemaxdonale privato^ ediz., cap. Y, Principi fondamentali^ Torino, Unione Tipografico-Editrice, 1888, tradotta in francese da Charles Antoine (Parigi 1890, Pedone-Laoi'iel) e in spagnuolo da Garcia Moreno (Madrid 1888, Qongora ed.).

4 FiOBB, Dir, iniern, codif.

50 Introduxione Capitolo II,

modifichi la costituzione politica dello Stato e la forma del Governo, potrebbe venire giustificato col pretesto che esso sia necessario per salvaguardare gli interessi generali.

La ingerenza collettiva delle grandi Potenze, allo scopo di man- tenere colla forza uno stato di cose in violazione del diritto che a ciascun popolo compete secondo il Diritto internazionale, non può essere legittimato dall'accordo di tali Potenze. Queste non possono, in virtù della loro autonomia, accordarsi per regolare a modo loro gli affari interni degli altri Stati. Il e concerto euro- peo » e il concerto americano » non bastano di certo per tutto giustificare. Il concerto europeo deve, senza dubbio, essere reputato legittimo, quando abbia per iscopo la protezioAe giuridica del Diritto intemazionale; ma non può più essere legittimo quando sia for- mato allo scopo di mantenere uno stato di cose in opposizione ai diritti internazionali spettanti ai popoli ed alle nazionalità.

In questi ultimi anni, specie nella questione di Greta, il così detto concerto europeo fu formato con l'intendimento di agire d'accordo per assicurare il rispetto di uno stato di cose che non era punto in armonia coi principi che, secondo il nostro sistema, debbono reggere la società internazionale. Le grandi Potenze, non potendo mettersi d'accordo per regolare il nuovo ordine di cose, che dev'essere la conseguenza della emancipazione delle provinole cristiane, s'intesero sulla necessità di mantenere la integrità del- l'Impero ottomano e subordinarono poi le giuste aspirazioni dei Cretesi a tale voluta necessità.

Nell'ordine di idee che io difendo, il concerto europeo avrebbe dovuto costringere gli altri Stati, compresa la Grecia, a non met- tere ostacolo al diritto spettante al popolo cretese di darsi la costi- tuzione politica più conforme alle sue aspirazioni nazionali.

Dai principi che noi esponiamo anche ne risulta che avendo il popolo il diritto di provvedere alla sua costituzione politica e di lottare per modificarla o cambiarla, si deve ammettere che gli atti del partito rivoluzionario, intesi a rovesciare un Governo costituito, non possano essere soggetti sempre al Diritto penale applicabile ai ribelli, e che quando la lotta armata prenda carattere di vera

/ diritti deUe eoUettinHà 51

guerra civile, i ribelli abbiano il diritto di essere considerati come belligeranti.

Dal riconoscimento dei diritti intemazionali delle nazionalità risalta pare che gli sforzi di popolazioni aventi la stessa naziona* lità, intesi ad arrivare alla formazione di uno Stato nazionale, non possano essere soffocati, ma che debbano bensì essere rispettati come conseguenza di un diritto legittimo.

Non si può giustificare l'impiego di mezzi coercitivi per man- tenere uno stato di cose in opposizione colle aspirazioni nazionali, fondandosi su pretesi diritti dinastici o sui trattati. i diritti storici fondati sui trattati la prescrizione possono avere per effetto di annientare o sminuire il diritto spettante alle naziona- lità di costituirsi a Stati.

Ammessi i diritti internazionali a favore dei paesi non inciviliti, si arriva facilmente a fissare i principi che devono eliminare la falsa idea che questi paesi possano riputarsi come posti fuori del Diritto comune. Certo, le tribù non incivilite non sono nella stessa condizione dei popoli inciviliti ; la legge comune non può essere applicata nello stesso modo, quale si sia il grado di cultura; pure, non si può immaginare che una forma qualsiasi di agglomerazione (li individui possa trovarsi fuori del Diritto internazionale.

Certo, non si può, in linea di principio, combattere la coloniz- zazione e la estensione coloniale ; si deve pure ammettere che una certa proporzione sia necessaria fra la popolazione e il territorio, e che i paesi inciviliti, per dare nuovi sbocchi alla loro sempre crescente attività, abbiano bisogno di allargare le loro attuali pos- sessioni e di occupare le parti di territorio di cui i non inciviliti non possono profittare. Bisogna non pertanto ammettere che la colonizzazione non possa essere legittima, se non alla condizione che essa sia esercitata in modo da non calpestare i diritti inter- nazionali dei paesi non inciviliti.

La questione della colonizzazione nei suoi rapporti colla auto- nomia e coi diritti internazionali appartenenti alle tribù barbare, è una questione complessa e non ò il caso di qui trattarla. Solo sostengo non poter essa venir risolta in modo razionale ed equo

52 Introduxione Capitolo II,

se non riconoBcendo e rispettando i diritti intemazionali dei paesi barbari e non inciviliti di fronte ai paesi inciviliti.

13* Ed ora passo ad esaminare rapidamente la questione del come si potrebbe riuscire a trovare il giusto punto di equilibrio fira la Chiesa e lo Stato.

Ho detto come alla Chiesa debbano essere attribuiti certi diritti intemazionali e come si debba riconoscere la sua individualità e la personalità sua per ciò che concerne la facoltà di godere e di esercitare i diritti che ad essa appartengono.

Ora per ben determinare la posizione internazionale della Chiesa e per fissare al giusto il principio dell'equilibrio nei rapporti fra essa Chiesa e lo Stato, importa tener conto del fatto che la Chiesa è una istituzione di ordine spirituale, e che essa può reclamare la sua individualità e la sua esistenza jure suo, solo, ben inteso, nel campo determinato dalla sita natura e dalla sua finalità.

La Chiesa può di certo esigere il rispetto dei suoi diritti inter- nazionali di fronte a tutti gli Stati del mondo. Ma quali sono questi diritti intemazionali? Eccoli:

a) Libertà di formazione e di organizzazione in tutte le regioni del mondo;

b) Libertà nel capo della Chiesa di comunicare coi fedeli per mantenere la unità del dogma e della credenza, senza ricorso a mezzi coercitivi;

e) Libertà di governo nell'ambito della missione ch'essa Chiesa ha, come istituzione di ordine spirituale.

È questo il campo dell'autonomia e della indipendenza della Chiesa, il campo della sua individualità e della sua personalità esistente jure suo. Al di di questo campo s'incontra il diritto dello Stato, s'incontrano i diritti delle altre collettività.

A voler ben considerare ogni cosa, tutto si assomma nel diritto di libertà di coscienza, diritto intangibile della personalità umana, che prende la forma di diritto collettivo ogni volta che i fedeli aventi la stessa credenza e sparsi nelle diverse parti del mondo formino una associazione religiosa e riconoscano un capo e alla sua suprema autorità si sottomettano.

Lo 8UUo e la Chiesa 53

Per non recare offesa al diritto di libertà di coscienza -* diritto, che in qneste circostanze diventa un diritto coUettiyo si deve pur ammettere che il Capo riconosciuto da qaesta libera associa- zione debba avere la massima libertà nel governarla, entro Tarn- bito giuridicamente determinato dalla natura delia istituzione stessa, la quale costituisce una vera comunità spirituale.

Per determinare poi in che debba consistere tale libertà e per stabilire al giusto quale sia la sfera dell'autonomia della Chiesa, e di quella dello Stato, conviene studiare con grande accuratezza la natura delle due istituzioni e dei loro rapporti.

Secondo il mio modo di vedere i rapporti fra lo Stato e ia Chiesa non si possono intendere giustamente che ammettendo come prin- cipio che la sovranità che appartiene al Capo dello Stato differisca sostanzialmente per la sua natura, per il suo carattere, pei suoi poteri, per la sua finalità dalla sovranità che appartiene al Capo della Chiesa.

Il giusto principio dell'equilibrio fra lo Stato e la Chiesa ver- rebbe ad essere facilmente fissato quando si ammettesse che a cia- scuno di essi si appartiene di esercitare i suoi diritti, i suoi poteri e le sue funzioni nella sua propria sfera giuridica. Ciò vuol dire che i loro rapporti devono essere stabiliti sulla base della separa- zione completa dei loro poteri.

Epperò si deve ammettere che ogni Chiesa, per quanto riguarda la sua costituzione, la sua organizzazione e il suo governo spirituale, debb'essere sottratta alla giurisdizione di qualsiasi sovranità terri- toriale e che nessuno Stato possa porre impacci alla libertà della Chiesa in ciò che riguarda la sua organizzazione e l'esercizio di

ogni autorità spirituale rispetto ai fedeli. Il Capo della Chiesa avendo il diritto di provvedere liberamente a

ciò che concerne l'alta amministrazione della comunione, deve ben avere il diritto di comunicare con tutto il clero e colle persone che esercitano le funzioni spirituali; di convocare i concili e le sinodi; di esercitare il suo potere ecclesiastico legislativo nelle forme cano- niche, esclusa però qualsiasi azione coercitiva, ed escluso qualsiasi appoggio da parte dell'autorità pubblica, contro le persone che non

54 Introduxdone Capitolo IL

volessero spontaneamente accettare le prescrizioni canoniche, ma che preferissero abbandonare la loro confessione religiosa.

Devesi inoltre riconoscere che le persone che, prendendo parte all'alta amministrazione della Chiesa, esercitano le funzioni spiri- tuali nelle congregazioni, nelle sinodi, nei concili, non possano essere responsabili verso il Capo dello Stato, sempre quando ben inteso, l'esercizio delle loro funzioni abbia per oggetto il regolamento e lo sviluppo degli interessi spirituali della Chiesa.

Qualsiasi ingerenza del Governo dello Stato, in tutto ciò che con- cerne gli atti dell'alta amministrazione della Chiesa, a condizione però che tali atti sempre si contengano nel campo degli interessi spirituali, dev'essere considerata come illegale e contraria ai principi del Diritto internazionale.

Ecco, in succinto, quali sono i diritti che alla Chiesa apparten- gono di fronte a tutti i Governi del mondo e che perciò ho chiamato diritti internazionali della Chiesa.

Ed ora vediamo quali sono i diritti che appartengono allo Stato, secondo la sua natura, come istituzione politica di fronte alla Chiesa.

La sovranità di ogni Stato ha bene il diritto di tutelare gl'inte- ressi della comunità politica e di assoggettare alle proprie leggi le persone e gli atti di chiunque, ogni qualvolta gli interessi sociali siano in causa.

Spetta quindi ad ogni Sovrano di controllare gli atti di qualsiasi forma di associazione, di qualsiasi forma di collettività, opperò di qualsiasi Chiesa, non esclusa la Chiesa cattolica romana, ogni qual- volta tali atti escano dal campo religioso e spirituale e rientrino nel campo del Diritto pubblico interno.

Da ciò risulta, anzitutto, che la Chiesa cattolica romana, per quanto sia da noi considerata come una istituzione intemazionale, tuttavia non può stabilire le sue relazioni diplomatiche con uno Stato se non previo consenso da parte della sovranità dello Stato stesso.

In ogni caso poi essa non può reclamare la capacità di acqui- stare beni e di trasmetterli, essendoché appartenga ognora a cia- scheduna sovranità di accordare o di negare la personalità giuridica

Lo Sudo e la Chiesa 55

a qualsiasi associazione che si trori nello Stato, e cosi dev'essere per rispetto alla Chiesa. Per quello poi che si riferisce agli atti di governo non si può contraddire che la ingerenza del Sovrano dello Stato sia sempre legittima ogni qualvolta il Capo della Chiesa, facendo del suo potere spirituale un indebito uso, cerchi, colla dottrina da lui promulgata, di eccitare o spingere i credenti a disconoscere le leggi dello Stato o a compiere atti esterni contrari ai diritti ed agli interessi dello Stato.

Pur ammettendo che si debba sempre rispettare la inviolabilità del Capo della Chiesa, anche quando eserciti indebitamente il suo potere nelle forme canoniche, si deve pur riconoscere il diritto spettante al Sovrano di ogni Stato di proteggere gli interessi della comunità politica contro qualsiasi attentato da parte del potere ecclesiastico. Il Sovrano quindi, di fronte ad Encicliche, Bolle, Atti in materia disciplinare, che fossero in opposizione al diritto dello Stato, potrebbe proibire che venissero pubblicamente affisse, e che giungessero a conoscenza dei fedeli. Potrà inoltre assoggettare alle leggi vigenti ed alle sanzioni della legge penale le persone che, in seguito ad eccitamenti delle autorità ecclesiastiche nell'esercizio delle loro funzioni, abbiano attentato ai diritti delio Stato. Infine, potrà impedire che la dottrina contraria al diritto dello Stato sia promulgata da quelli che devono obbedire alle autorità ecclesiastiche superiori.

Uhictiique suum.

Il Sovrano dello Stato non può entrare nel dominio della co> scienza, ma ben ha il diritto di reprimere qualsiasi atto esterno contrario ai diritti ed agli interessi dello Stato e di chiamare gli autori a risponderne a termini delle leggi vigenti, anche se tali atti siano stati da essi compiuti in virtù dell'obbedienza o sotto l'impulso del sentimento religioso.

Epperò, ogni Chiesa deve, per ciò che concerne lo sviluppo estemo delle sue funzioni ed il culto, rimanere sempre soggetta alle leggi dello Stato, nel quale le funzioni esteriori ed il culto vengono eser- citati, i suoi rapporti venendo naturalmente a cadere nel campo del Diritto pubblico interno.

56 IfUroduxtone Oapttolo li.

Le Stesse funzioni amministrative connesse al governo della Chiesa devono essere soggette al Diritto comune vigente nello Stato in cui tali funzioni amministrative vengano esercitate, ogni qualvolta tale esercizio implichi rapporti che rientrino nel campo del Diritto pubblico territoriale o del Diritto privato.

La indipendenza del Governo ecclesiastico a mo' d'esempio non verrebbe certo ad esser lesa da ciò che le controversie che potessero sorgere fra l'amministrazione e i privati in seguito ad atti ammi- nistrativi venissero deferite alla giurisdizione ordinaria. Supposto, ohe il Capo di una Congregazione pontificia abbia stipulato, per i bisogni dell'Amministrazione, un contratto e che da questo con- tratto sorgano questioni contenziose, si vorrà per avventura disco- noscere la competenza dei tribunali ordinari nel risolvere la con- troversia 0 sostenere che ammettendo tale autorità l'indipendenza del governo ecclesiastico ne verrebbe ad essere lesa? Secondo il nostro sistema, no certo.

Insomma, i rapporti fra lo Stato e la Chiesa debbono poggiare sulla base della libertà e della indipendenza reciproca. Libera Chiesa e Libero Stato, sempre, beninteso, nel senso che la libertà, che ciascuno di essi può reclamare, consista nella libertà di esercitare i etwi poteri e di sviluppare la sua attività nella sfera del proprio diritto.

A ogni Stato conseguentemente si impone il dovere di abrogare tutte le leggi restrittive della libertà della Chiesa e di escludere com- pletamente la ingerenza dell'autorità politica da tutto ciò che riguarda lo esercizio del potere spirituale e delle funzioni ecclesiastiche.

A ogni Chiesa e al Capo della Chiesa cattolica romana si impone il dovere di rinunziare a qualsiasi pretesa di sovranità territoriale ed a qualsiasi esercizio dei diritti della sovranità politica.

14u Quanto ho finora esposto permette di comprendere in modo generale l'insieme del sistema che, a mio avviso, può essere il più efficace per dare alla società internazionale la sua vera organizza- zione politica. Bisogna proporsi di arrivare alla dichiarazione e alla rivendicazione dei diritti di tutti quelli che fonno parte della società intemazionale. Bisogna allargare il concetto della libertà e della

Gaptwiià di eonoludere i trtUiati 57

egoaglianza col considerare Tana e l'altra non solo come diritti territoriali, ma come diritti internazionali.

Tattavia, por accettando la concezione della libertà intemazionale e della eguaglianza giuridica internazionale in favore di tutti quelli che della società internazionale fanno parte, non vuoisi però ammet- tere che tutti possano reclamare la stessa condizione giuridica e la stessa capacità giuridica.

La eguaglianza giuridica intemazionale vuol dire che ognuno debba essere eguale agli altri quanto alla capacità giuridica deter- minata dalla sua condizione giuridica ed al godimento ed al libero esercizio dei proprii diritti.

Così, è di tutta evidenza, che tutti i diritti intemazionali appar- tenenti allo Stato non possano essere reclamati dagli individui, dai popoli, dalle nazionalità, dalle Chiese e dalle altre collettività. A ognuno non può essere attribuito se non il diritto che gli appar- tiene secondo la sua propria condizione giuridica.

£ cosa tanto chiara e manifesta, ad esempio, che la capacità di conchiudere trattati non possa essere attribuita se non allo Stato, ciò per altro deriva da che lo Stato sia il solo che possa contrarre una obbligazione internazionale ed essere il soggetto atto a stipulare un trattato. l'uomo, la nazione, il popolo (prima che esso sia costituito a Stato), le Chiese, le altre associazioni possono conchiudere un trattato o contrarre una vera obbligazione intemazionale.

L'obbligazione intemazionale, a differenza dall'obbligazione che può esistere fira privati in materia civile o commerciale, ò, per la sua natura e per la sua materia, una obbligazione di Diritto pub- blico e di Diritto politico. Un trattato sia che abbia per oggetto l'obbligazione di dare, di fare o di non fare una cosa, o che abbia per oggetto di regolare o limitare l'esercizio dei rispettivi diritti o di far cessare o modificare obbligazioni anteriori non può essere stipulato fuorché dallo Stato, essendoché l'obbligazione intemazio- nale non possa essere assunta fuorché dallo Stato. Questa ha infatti sempre la caratteristica di obbligazione o di natura patrimoniale e affettante realmente la vita economica e gli interessi finanziari

58 Introduxione Capitolo II.

di tutta la comunità, o di natura politica affettante la vita e la personalità dello Stato. A tutta evidenza quindi solo Io Stato può stipulare un trattato, essendochò Tobblìgazione contratta mediante trattato sia una obbligazione di Diritto pubblico e di Diritto poli- tico, e rappresenti sempre un'obbligazione della comunità politica uti universitas.

Per me è chiaro che la capacità per contrarre una obbligazione di tal natura non possa essere attribuita che allo Stato che è un istituzione politica e pubblica. La mia teoria quindi non con- traddice punto all'aforisma dei pubblicisti, secondo cui, solo lo Stato può essere considerato come soggetto capace di assumere una obbligazione internazionale di fronte ad altri Stati e di sot- toscrivere un trattato ; aforisma, dal quale essi hanno dedotto che solo lo Stato debba essere considerato come soggetto di Diritto internazionale. Siccome tutti devono trovarsi d'accordo nel ricono- scere che la capacità di ciascheduno dipenda dalla sua condizione giuridica, così deve riuscire facile comprendere che coirammettere che nella società internazionale si trovino più individualità e più. collettività, e che tutte debbano essore reputate soggette di Diritto internazionale, non si vien punto ad ammettere che tutte abbiano la stessa condizione giuridica e la medesima capacità.

Nemmeno il Capo della Chiesa romana ha la capacità di conclu- dere trattati. Tale capacità deve essergli negata per la semplice ragione che la Chiesa non è una istituzione politica, bensì una istituzione d'ordine religioso; per lo che non le può competere la capacità di assumere una obbligazione di natura politica. Nessuno può impedire al Capo della Chiesa di conchiudere coi Sovrani dei vari Stati le convenzioni intese a regolare d'accordo lo esercizio dei loro poteri per ciò che concerne certe materie di interesse comune. Ma queste convenzioni, che diconsi e Concordati » siccome si rife- riscono sempre a materie d'interesse pubblico intemo, così come tali cadono nel dominio del Diritto pubblico di ogni Stato e non in quello del Diritto internazionale.

Tutto quello che siamo andati dicendo può servire per indicare a larghi tratti la via che bisogna seguire per arrivare a dare alla

Gapcteiià di eoneludere i trattati 59

società internazionale la propria organizzazione giurìdica. Il cammino per arrivare alla meta sarà lungo e non si potrà venirne a capo che in un avvenire più o meno lontano. Sarà questa opera del tempo e della civiltà; sarà il risultato finale della evoluzione che deve compiersi mediante il concorso delle forze intellettuali di tutti i paesi inciviliti.

Bisogna mettersi bene in mente che per arrivare a determinare i principi dell'equilibrio ed a regolare lo esercizio dei diritti e della libertà nello Stato moderno fu mestieri correggere molte opinioni erronee, distruggere molti pregiudizi, percorrere diverai cicli. Prepon- deranza della casta sacerdotale; privilegi di classe; autocrazia dei monarchi; preminenza della politica dinastica; sovranità del popolo, sovranità parlamentare.

E lo stesso sarà per raggiungere l'arduo, complesso, e difficile termine della organizzazione giuridica della società internazionale. Non vi si potrà arrivare che percorrendo diversi cicli. Sarà questo il compito della scienza e l'opera del tempo e della civiltà.

I sapienti dei secoli passati hanno camminato senza indugio ed hanno combattuto con perseveranza uniti sotto il segnacolo : Egua- glianza e Libertà. I loro sforzi ci hanno procurato il grande bene- fizio della organizzazione della comunità politica. A noi incombe di prendere il buon cammino e di combattere uniti sotto il segnacolo : Umanità, Fraternità, Cosmopolitismo, allo scopo di dare ai nostri successori la organizzazione razionale della società intemazionale.

60 Introduxdane Gapùolo III,

CAPITOLO HI.

Della proolaxnasdone del Diritto internazionale e della sua tutela giuridioa.

15. Modo in cui 1a logge comnae dev'ossero promulgata. 16. U Congresso: sua autorità. 17. Modo di sua costituzione. 18. La Confoderasione degli Stati come mezzo per mantenere T ordine nella società intemazionale. 19. La codificazione del diritto internazionale. 20. Modo di dai-e piena effi- cacia alla giurìsdizione intemazionale. 21. La Conferenza. 22. La giu- risdizione arbitrale. 23. Modo di dare ad essa piena efficacia. 24. L'azione diplomatica, i buoni uffici, la mediazione. 25. Efficacia della discussione pubblica. 26. Mezzi coercitivi ali* infuori della guerra. 27. Conclusione.

16. Una delie grandi difficoltà che si devono superare per venir a capo del notevole progresso, di cui la scienza deve proporsi la realiz- zazione, sta nel trovare un modo di proclamare le regole che devono costituire il Diritto comune, di dar loro la forma di legge obbliga- toria e di assicurarne inoltre il rispetto da parte di tutti.

E questa difficoltà è tanto più grave e complessa in quanto non si può ammettere che vi sia uno Stato il quale abbia, di fronte agli altri Stati, un' autorità superiore, la quale gli permetta di det- tare la legge a tutti. D'altra parte, un'autorità di tal fatta non può essere conferita alle grandi Potenze di fronte agli Stati secondari.

A partire dal Congresso di Aquisgrana del 1818 le cinque grandi Potenze d'Europa si immaginarono di avere il diritto di costituirsi come un Consiglio permanente per regolare d'accordo gli affari europei ed esercitare una vera preponderanza riguardo agli Stati di importanza minore. Solo lo sviluppo di idee giuridiche più esatte ed il progresso della civiltà tolsero ogni forza al Consiglio che esse avevano formato sotto il nome di Pentarchia. Il principio della eguaglianza giuridica degli Stati toglie che si possa attribuire agli uni il diritto di dettar la legge agli altri.

Importa non dimenticare che la legge comune della società inter- nazionale deve proporsi di dichiarare e garantire i diritti di tutti,

Proclamaxione del Diritto intemaxi&nale 61

6 di re^ere tatti i rapporti, tatti gli interessi di qaelii che di tale società fanno parte. Questa legge non deve essere proclamata unicamente nell' interesse djagli Stati e dei Governi ; essa dev'essere proclamata anche per salvaguardare i diritti dei popoli, i diritti delle nazionalità, i diritti delle collettività, che devono anch'esse, nei loro rapporti fra loro e collo Stato, essere rette dalla legge comune, allo scopo di mantenere la regola dell'equilibrio di tutte le attività e di fissare la regola di proporzione fra ciò che ciascuno può fare e ciò che ciascuno non ha il diritto di fare.

Posto ora che la legge della società internazionale debba essere proclamata nell'interesse di tutti quelli che ne fanno parte, deve riuscire chiaro che il diritto di fissare cotesta legge comune non possa costituire il privilegio di questo o di quello. Conviene inoltre avvertire che siccome tutte le umane cose sono soggette alla legge della evoluzione, così dev'esservi soggetta la legge dei rapporti intemazionali nelle varie epoche. Bisogna quindi che le leggi che devono reggere nel presente le relazioni giuridiche nella società intemazionale non ritardino i progressi futuri, e che si tenga debito conto dell'evoluzione che esse devono subire. Tali leggi non possono essere qualcosa di immutabile e di permanente. Bisognerà invece determinare le leggi meglio adatte a reggere in ogni epoca la società internazionale, e con tale intendimento occorrerà tener conto delle condizioni storiche, che sono il risultato dell'attività intellettuale, della cultura e del progresso della civiltà.

Questa ò, del resto, la regola generale di ogni ramo dell'umano Biritto. L'uomo non può trovare dettare regole assolute, immu- tabili e permanenti. Egli non deve certo dimenticare che le leggi che devono governare ogni forma di rapporti devono essere basate sui prìncipi della giustizia naturale, però, siccome deve sempre tener conto delle esigenze storiche, così deve ognora proporsi di trovare le regole giuridiche che, fatta ragiono delle circostanze del momento, meglio convengano.

Ba tutto ciò ne risulta che la legge comune della società inter- nazionale deve essere formulata e dichiarata obbligatoria da qaelli che si trovano associati di fatto, e che sono interessati a darsi uq^

62 Introduxione Capitolo III.

legge allo scopo di stabilire l'ordine della loro coesistenza. Ed anche ne risalta che, di^fioichè tale legge deve seguire la eroln- amme, non sarebbe punto utile costituire un potere legislativo permanente.

16. Così stando le cose, il miglior partito, a mio avviso, sarebbe quello di formare un'Assemblea legislativa mediante rappresentanti di tutti quelli che nella società internazionale si trovano di fatto in rapporti fra loro, e che si propongono di organizzarsi in unione giurìdica e di darsi una legge comune. L'Assemblea così costituita sarebbe il Congresso. Esso dovrebbe essere composto dei rappre- sentanti di tutti gli Stati che si propongono di costituirsi in unione e di membri eletti direttamente dalle popolazioni di tali Stati.

Il Congresso, a mio modo di vedere, non dovrebbe essere una istituzione permanente. Esso dovrebbe essere convocato e costituito ogni volta che lo sviluppo delle esigenze storiche nella società intemazionale reclamasse la dichiarazione di regole nuove o la modificazione delle regole esistenti. Esso dovrebbe quindi durare fino al compimento dei lavori che avessero motivato la sua riunione e, compiuti tali lavori, sciogliersi. Esso non dovrebbe esercitare di nuovo le sue funzioni se non in seguito a una nuova riunione e ad una nuova costituzione di esso motivata da esigenze nuove.

Spiego la mia idea.

Reputo indispensabile che l'Assemblea comprenda non solo i rappresentanti degli Stati, ma anche i rappresentanti del popolo. Come ho dimostrato, il popolo ha i suoi diritti internazionali che possono essere diversi dai diritti internazionali spettanti allo Stato.

Ho detto come mi sombri indispensabile non ammettere la per- manenza dei poteri dell'Assemblea incaricata di proclamare le leggi della società internazionale. Ogni specie di legge umana deve seguire il movimento progressivo della evoluzione, opperò, vi ha incompa- tibilità fra questa esigenza e qualsiasi forma di autorità permanente.

IT. Come dev'essere costituito il Congresso?

Per ciò che concerne i rappresentanti degli Stati, ammetto che essi siano designati dal Sovrano di ogni Stato, in numero di due, ad esempio, senza fare differenza alcuna fra ì grandi Stati e gli

ProeianuMiome del Diritto intemaxionale 63

Stati piccoli. Ciò pare a me indispensabile per dare all'Assemblea il sao vero carattere. Se le grandi Potenze fossero autorizzate ad avere an numero di rappresentanti maggiore, o se i loro rappresen- tanti disponessero di un maggior numero di voti, si verrebbe a costituire così la egemonia delle grandi Potenze, e ad ammettere indirettamente che una superiorità di forza possa essere il fonda- mento di una pretesa superiorità giuridica.

La vera organizzazione giuridica della società intemazionale non potrà effettuarsi se non alla condizione che tutti gli Stati, quando si tratti di elaborare la legge comune, siano in condizioni di eguaglianza giuridica. La legge comune non riguarda l'interesse dell'uno l'interesse dell'altro; essa riguarda gli interessi gene- rali di tutta la società. Epperò, si deve ammettere che tutti gli Stati, che vogliono organizzare la loro unione, siano egualmente interessati, in quanto Stati, a formolare la legge comune dei loro rapporti.

I rappresentanti del popolo al Congresso dovrebbero essere eletti dal popolo stesso mediante un sistema di elezione speciale fissato dalla legge di ciascun paese e diverso da quello che fosse stabilito per la elezione politica. Pare a me che la legge elettorale per la scelta dei rappresentanti del popolo al Congresso debba poggiare sul voto ristretto e limitato. Trattasi, infatti, di riuscire ad una scelta illuminata, per lo che mi sembra conveniente, che l'eletto- rato venga limitato alle classi istrutte.

Mi pare superfluo d'entrare ora in particolari; ciò che voglio mettere in rilievo è che a me pare necessario di regolare con una legge speciale l'elettorato per la rappresentanza popolare al Con- gresso. Non posso ammettere che i rappresentanti siano designati dal Parlamento, essendoché nei governi parlamentari la maggio- ranza rappresenti la politica attuale del governo, e quindi i membri del Congresso eletti dalla maggioranza non servirebbero che a raf- forzare la politica dominante.

L'Assemblea o Congrosso, così com'io l'intendo, non dovrebbe essere costituita come un'Assemblea permanente. Essa non dovrebbe diventare una istituzione immobilizzata dalla forza della tradizione.

64 Introduxùme Capitolo III,

Essa dovi'ebbe bensì essere l'Assemblea costituita a quella tal epoca per regolare quei tali interessi intemazionali. Sono convinto che l'ordine di cose che patrocino non potrà realizzarsi oggi in un'avvenire prossimo. Dirò solo che se propongo tale sistema ciò è, perchè considero come insufficienti gli altri sistemi proposti. Invero, questi sistemi o implicano la necessità irrecusabile di tra- sformare da cima a fondo la organizzazione della società intema- zionale, diventando così irrealizzabili, o mettono capo alla organiz- zazione della superiorità delle grandi Potenze di fronte ai piccoli Stati e possono condurre ad effettuare la preponderanza della poli- tica sul Diritto, diventando così pericolosi.

18. Nel volume da me pubblicato nel 1865 avevo discusso la proposta della Confederazione degli Stati come mezzo per mantenere l'ordine nella società internazionale e sopprimere la guerra. Pa- recchi giuristi, riconoscendo la necessità di stabilire un potere supremo per far scomparire dalla società internazionale questo stato di agitazione permanente e costituire una autorità, la quale non ledesse la indipendenza degli Stati, pensarono alla Confede- razione. Questa Confederazione dovrebbe essere organizzata come una vera associazione fra eguali, e tutti i membri posti in uno stato tale di dipendenza, che ogni atto arbitrario da parte dell'uno 0 dell'altro potesse essere interdetto.

E il progetto ideato da Rousseau nel suo sommario di Progetto della pace perpetua. Tutte le Potenze europee si unirebbero in una confederazione; un potere legislativo rappresenterebbe il potere centrale ed avrebbe la facoltà di dettar leggi e fare regolamenti generali per il governo della Confederazione; un potere giudiziario sarebbe incaricato dell'applicazione dei regolamenti per dirimere ogni specie di controversia; un'autorità centrale avrebbe il potere coercitivo per costringere gli Stati confederati a rispettare la legge comune e richiamarli all'osservanza dei loro doveri.

Questo progetto trovò parecchi partigiani.

Il suo difetto principale sta nell'aver voluto proporsi di formare una confederazione di soli Sovrani, prendendo per modello la Con- federazione germanica, e di aver immaginato di creare un potere

Proclamaxiane del Diritto intemascianale 65

centrale armato nello scopo di eliminare la preponderanza militare. Noi lo domandiamo ai partigiani di questa forma di organizzazione giuridica: come si potrà in tal modo riuscire ad assicurare il trionfo della giustizia? Questa non si trova sempre dove dominano gli interessi politici , bensì essa è , nella sua forma più pura , nella coscienza del popolo e nel dominio impersonale della pubblica opinione. £ come si potrà stabilire inoltre in modo duraturo r equilibrio giuridico fra l'interesse delle grandi Potenze e quello delle collettività e delle nazionalità? (1).

É un fatto che la società internazionale si trova formata dagli Stati, dagli uomini e dalle collettività e che a ciascuno di questi membri appartengono dirìtti intemazionali di fronte agli altri. Ora mi sembra che secondo il naturai corso delle cose l'associazione stessa, così come essa trovasi formata, dovrebbe concorrere ad elaborare la legge della sua organizzazione.

Queste due considerazioni mi hanno addirittura persuaso che il concorso di tutti gli interessati debba reputarsi indispensabile. Non potrei ammettere la superiorità delle grandi Potenze di fronte ai piccoli Stati. Non potrei ammettere l'autorità esclusiva dei Governi. Non potrei ammettere privilegi. La cosa migliore ò che tutti i cointeressati contribuiscano ad elaborare la loro legge comune.

Per mandare ad effetto ciò che propongo non è punto necessario cambiare da cima a fondo l'organizzazione attuale della società

(1) Avevo combattuto l'idea della Confederazione con un potere centralo per- manente anche nel volume pubblicato nel 1865, ed ecco quello che allora scrissi :

« Noi domandiamo ai fautori del Congresso permanente e del Tribunale « internazionale: chi ci assicura che in questo Congresso di principi regnerà « veramente la giustizia? Per sperarlo bisognerebbe prima convertire i Sovrani, « i quali sono i più ostinati peccatori che siano mai vissuti su questa tena. « E se nel Congresso permanente l'interesse delle grandi Potenze prendesse il

< posto del giusto, si arriverebbe a legittimare la loro onnipotenza, mettendo

< a loro disposizione tutta la forza armata^ paralizzando gli altri Stati e condan- « nandoli all'inazione... Se nella Confederazione germanica, che è st«'ito il preco- « dente, da cui hanno attinto il progetto della Confederazione europea, l'interesso « degli Stati minori è sacrificato a quello delle due grandi Potenze che vi entrano, « perchè non supporre che succeda lo stosso nella Confederazione europea? » (Opera citata, capo VI, Della Confederazione degli Stati come mexxo per prevenire la guerra^ pag. 350, edizione francese, tomo II, pag. 190-191j.

5 FiORK, Dir. intern, codif.

66 Introduxdone Capitolo III.

intemazionale ; basta perfezionarla. Del resto, noi siamo già sulla buona via. All'Aja, tutti gli Stati, grandi e piccoli, furono invitati. Il precedente è importante. Fu così infatti riconosciuto che la società intemazionale degli Stati deve rappresentare una vera associazione fra eguali, e che una Assemblea riunita per fare regolamenti ge- nerali non possa essere costituita unicamente dalle grandi Potenze.

Che cosa manca ancora perchè una tale Assemblea rivesta in modo completo la forma che io propongo ? La rappresentanza popolare. E questa, è dato sperarlo, non mancherà nell'avvenire. Forse l'associazione interparlamentare, già formata, potrebbe intanto reclamare ed ottenere una rappresentanza parlamentare.

19. Quale dovrebb'essere lo scopo dell'Assemblea organizzata nel modo ora indicato? Potrà essa proporsi di redigere un codice intemazionale colla nobile intenzione di dare alla società intema- zionale un vero digesto di leggi?

L'idea di codificare il Diritto internazionale fu sostenuta come uno dei mezzi con cui provvedere alla organizzazione giuridica della società intemazionale.

Osservo, anzitutto, che la codificazione di una parte del Diritto, quale questa si sia, non può essere che il risultato definitivo di un lungo lavoro di preparazione e di elaborazione scientifica. La codificazione del Diritto internazionale, anche a volerla limitata ai soli Stati inciviliti, sarebbe certo una intrapresa intempestiva; sa- rebbe cosa imprudente ed inopportuna se l'Assemblea si proponesse un compito di tal fatta. Secondo me, la missione dell'Assemblea dev'essere di fissare d' accordo le regole del Diritto comune, che possono dare una base nuova di organizzazione alla società inter- nazionale, e por fine alla situazione attuale nella quale «la forza prevale sul diritto ». Se si vuole esser pratici, bisogna pure non esagerar nulla e procedere passo passo.

Si dovrebbe proseguire l'opera iniziata al Congresso di Parigi del 1856 e limitarsi a fissare le regole del modus viveiidi più urgenti e pili generalmente proclamate in ogni epoca. Il Congrosso di Parigi fissò le regole del Diritto comune riguardo alle obbligazioni derivanti dalla neutralità, all'abolizione della corsa e ai diritti dei

TtUeta giuridica del Diritto intemaxionaU 67

belligeranti durante la gaerra marittima. Le regole proclamate non erano altro che la espressione e la dichiarazione dei principi giuridici, che un lungo lavoro scientifico avoya elaborati, e che erano reclamati dalla opinione pubblica dei paesi inciviliti. Il par- tito più saggio è quello di proseguire l'opera già iniziata fissando le regole che, per essere reclamate dalla coscienza pubblica, pre- sentano maggior probabilità di accordo, e di provvedere a che le regole stabilite rimangano sotto la garanzia collettiva degli Stati da cui saranno state fissate. Converrà poi aspettare che l'accordo sui punti più controversi sia facilitato dalla scienza e dalla civiltà, e che intomo a certi punti di interesse comune siasi formata una opinione comune circa la necessità di una codificazione parziale (1).

(1) Ciò che noi abbiamo avuto l'onore di dire nelle Conferenze fatte a Bruxelles e che riproduciamo in queste pagine avea formato il nostro fermo convinci- mento fin da quando avevamo volto il nostro pensiero a codesta materia tanto complicata deirordinamento giuridico della società internazionale, e ci sia con- sentito di riportare quello che ne avevamo scritto alla pagina 277 del volume da noi pubblicato nel 1865 {Nuovo Diritto intern. pubb. secondo i bisogni della civiltà moderna^ Milano 1865) :

« I Congressi, secondo noi, non devono proporsi di porre termine alle guerre « e alle contese, ma devono studiare il modo come prevenirle ed allontanarle, « e dopo il Congrosso di Parigi, che ha iniziato un'era nuova nella storia della « diplomazia, noi speriamo che lo adunanze dei principi saranno por riuscire assai

< utili e profittevoli per quanto finora siano state nocive e dannose. Il Congi'esso

< di Vienna, secondo noi, è l'ultima formula di quello che i Congi*essi sono « stati pel passato; il Congrosso di Parigi è l'inizio di quello che saranno i

< Congressi per l'avvenire, in modo che il primo chiude la storia antica della « diplomazìa, il secondo ne comincia la storia moderna.

« Noi sappiamo che le riforme non si compiono in breve tempo. A rad- « drizzare e sedare le intrinseche perturbazioni del diritto non si arriverà che « a grado a grado con riformo successivo e con transazioni continue-, ma noi « siamo certi che l'opinione pubblica, quest'egida onnipossente del diritto « pubblico dell'avvenire, colle sue cento voci, come Argo co' suoi cento occhi,

< richiamerà i Congressi nella loro vera via ». Ed alla pagina 293 così si legge:

« Noi speriamo che il programma iniziato dal Congresso di Parigi sarà svolto « pili compiutamente in un altro generale Congresso europeo, e desideriamo « che questo Congresso importante non si riunisca dopo una sanguinosa guerra, « ma durante la paco, per stabilire i principii del nuovo Diritto, che devono

< essere il fondamento dell'odierno ordinamento sociale.

« Lo Potenze europee non vollero accettare l'invito della Francia di riunirsi « in Congresso per risolvere tante questioni, che obbligano TEuropa ad essere « armata in tempo di pace, minacciando la libertà dei popoli e danneggiando

68 Introduxione Capitolo III,

Non posso meglio esprimere la giusta missione dei futuri Con- gressi per ciò che attiene alia codificazione del diritto internazio- nale che riferendomi a ciò che scrisse il signor Rolin-Jaequemjns: e I progressi della scienza e del diritto in questa materia della codificazione debbono somigliare un poco a ciò che sono, presso la foce delPEscaut, le terre coltivate sullo spazio coperto un giorno dai flutti. Il ririerasco paziente ed esperto non si aflEretta punto ad arginare Io spazio abbandonato dalle acque, per tema che un ritorno impetuoso della marea non gli rapisca più di quanto esso si è affrettato a far suo. Egli aspetta che, com'egli si esprime, l'ali uTione sia matura. Similmente, la codificazione del diritto in- ternazionale dev'essere come un arginamento graduale delle parti mature del diritto contro i flutti dell'arbitrio » (1).

SO. Col discorso fatto finora ho cercato di indicare un sistema per arrivare a dare alla società internazionale la legge che deve reggerla. Ma ciò non basta. Bisogna trovar anche il modo di assicu- rare il rispetto delle regole stabilite por appianare le controversie. Bisogna inoltre trovare, come modo di coercizione, un sistema più razionale che non sia il ricorso alle armi.

Metto da parte la costituzione di un tribunale internazionale per- manente; e per ora ripeto che reputo insuf&ciente, l'arbitrato.

* la ricchezza pubblica. Ma fu solo Tinteresse e l'amore della falsa politica « tradizionale che consigliò alcune dello gì*andi Potenze a rifiutare l'invito, perchè esse ben compresero la necessità di adottare nuovi principi contrari alla « politica che fino allora avevano seguita e che ancora si propongono sostenere. « Ma la necessità di un generale Congresso è sentita anche dalle Potenze restìe, « e quello che le chiamerà a discutere sulle questioni che hanno rimescolato « e che agitano tuttavia l'Europa sarà la forza degli avvenimenti e la potenza « indistruttibile deiropinione pubblica.

< L'egida più potente del diritto dei popoli e la forza più energica por porre « termine allo perturbazioni esteriori degli Stati è l'opinione pubblica, questa « regina del mondo, come la chiama Pascal. Il segreto della sua potenza vuole « negarsi dalla diplomazia, ma è pure un fatto che la diplomazia o presto o « tardi è obbligata ad ascoltarla, perchè essa è implacabile, indisciplinabile, « immutabile. Essa non può essere vinta dall'interesse, soggiogata colla « forza per una sola ragiono, che è impersonale. La forza della opinione publ)lica « è nella sua imparzialità; e noi abbiamo ferma fiducia che l'opinione pubblica « richiamerà le Potenze in Congresso e le obbligherà a riconoscere i principi del diritto finora conculcati e manomessi per l'interesse dei sovrani ».

(1) Revue de Dr. iniern.^ t. IX, pag. 147.

Tutela giuridica del Diritto intemazionale 69

II tribunale arbitrale non può reputarsi certo come sufficiente a risolyere qualsiasi specie di controversie, e ad appianare tutti i conflitti.

Yi sono conflitti che gli sfuggono perchè toccano gli interessi generali e la vita della società intemazionale e che per ciò non potrebbero yenire a lui sottoposti.

Pur riconoscendo quindi la importanza dell'arbitrato, mi pro- nuncio per una istituzione diversa, per la f Conferenza > , la quale diventerebbe come una specie di tribunale arbitrale per quei con- flitti che per la loro natura ed il loro obbietto non possono essere sottoposti all'arbitrato.

Secondo il mio modo di vedere la Conferenza dovrebbe rappre- sentare una specie di potere esecutivo e di potere giudiziario. Essa non dovrebbe essere un corpo permanente, ma una istituzione avente uno scopo determinato e che si dovrebbe costituire tutte le volte che le circostanze rendessero il suo impiego necessario. Essa do- vrebbe avere il potere di far rispettare le leggi internazionali pro- clamate dal Congresso, di prevenire le perturbazioni risultanti dalla loro inosservanza e di applicarle per risolvere i conflitti di ordine complesso, che potessero turbare la pace e la organizzazione giuridica della società internazionale. La Conferenza dovrebbe quindi, a mio av- viso, rappresentare come una specie tribunale arbitrale, ma di un ordine più elevato. La sua missione sarebbe di mantenere nella società intemazionale la organizzazione giuridica quale fosse stata fissata dal Congresso, di far rispettare le leggi intemazionali da questo proclamate, e di prevenire le perturbazioni intemazionali.

Per arrivare alla vera organizzazione intemazionale bisogna pro- porsi di ricercare in tutto il principio dell'equilibrio, e di preci- sare le funzioni di ogni singola istituzione. L'arbitrato è una isti- tuzione utile, e se, nelle condizioni attuali, i governi cominciano a riconoscere essere profittevole il risolvere le questioni pacifica- mente e si impegnano a sottomettersi all'arbitrato, pur accettandolo in modo più o meno limitato, vi ha in ciò una espressione mani- festa della volontà loro di prevenire le perturbazioni internazionali. Ma, lo ripeto, le questioni internazionali che possono turbare

70 tntrodvMione Capitolo III,

profondamente le relazioni pacifiche e produrre una conflagrazione generale sono appunto quelle di natura complessa, che non possono essere sottoposte all'arbitrato.

Sono questi i conflitti che dovrebbero essere deferiti alla Confe- renza. Siccome essi non accadono tutti i giorni, non è punto indi- spensabile che la Conferenza sia una istituzione permanente, fissa non dovrebbe venir costituita che quando venisse a sorgere una contestazione compresa nella cerchia delia sua giurisdizione.

81. E come dovrebbe la Conferenza essere formata?

Secondo me, essa dovrebbe comprendere due delegati di ciascuna delle grandi Potenze, designati dai Governi di queste al momento della sua riunione: i delegati del Qoverno o dei Ooverni aventi un interesse diretto nell'aSare sottoposto alle deliberazioni della Conferenza: e dovrebbe inoltre comprendere i rappresentanti del popolo eletti nel loro seno dai membri eletti dal popolo pel Con- gresso (1).

I delegati delle grandi Potenze e i rappresentanti dei popoli dovrebbero avere voto deliberativo. I rappresentanti degli Stati aventi un interesse diretto nella questione pendente dovrebbero prendere parte a tutte le discussioni, ma senza voto.

Secondo il sistema che propongo ciascuno degli Stati formanti parte dell' Unione potrebbe provocare la riunione della Conferenza. Questo avrebbe luogo tutte le volte che una contestazione venisse a sorgere fra due o più Stati riguardo alla interpretazione di una regola di Diritto proclamata dal Congresso o riguardo a un prin- cipio qualunque di Diritto comune, quando la questione non avesse potuto venir risolta in via diplomatica.

813. Arrivo alla giurisdizione arbitrale.

Lo scopo dell'arbitrato deve essere quello di statuire su tutte le questioni d'interesse particolare sorte fra due o più Stati e di diri-

(1) A fine di spiegare il mio concetto dico che come il consiglio comunale o pro- vinciale scoglio nel suo sono la Giunta, così i membri elotti dal popolo pel Con- gresso, prima che il Congresso venga a scioglierai, dovrebbero eleggere nel loro seno i membri che dovrebbero formare parto della Conferenza quando ne fosse il caso. Tali membri designati per la Conferenza potrebbero essere 7 ad es. o più.

Tutela giuridica del Diritto intemaxionale 71

merle secondo le regole del Diritto comune stabilito dal Congresso 0 secondo le regole risaltanti dai trattati conciliasi fra le parti in caosa.

Tutto ciò che concerne la formazione del tribunale arbitrale scelta degli arbitri, capacità richiesta per poter essere investito della funzione di arbitro, procedura davanti al tribunale arbitrale a cominciare dal compromesso, sua estinzione o sospensione, regole che il tribunale arbitrale deve seguire per la pronunzia della sentenza e per la efficacia di questa, caase di nullità che possono autorizzare le parti ad impugnare la sentenza pronunziata tutto ciò dovrebbe formare oggetto di un regolamento generale deliberato dal Congresso.

È inutile discutere qui i principi relativi al regolamento gene- rale in materia di arbitrato. Trattasi solo di determinare ciò che ci sembra indispensabile per dare all'arbitrato la sua vera efficacia.

Facciamo l' ipotesi che si tratti di una questione d'interesse parti- colare, per cui come abbiamo già detto si deve riconoscere la giuris- dizione arbitrale, e che l'una o l'altra delle parti si rifiuti di deferirla agli arbitri, minacciando di turbare le relazioni pacifiche, in tal caso sorgerebbe di certo una questione d'interesse generale. Infatti, è interesse comune quello di prevenire le perturbazioni che minaccino 0 turbino le relazioni pacifiche fra gli Stati. Non bisogna già farsi a credere, che un atto arbitrario nella società intemazionale costi- tuisca un pericolo, solo per quegli contro cui l'atto abusivo sia diretto.

Non si può a mio modo di vedere ammettere che possa abbando- narsi all'arbitrio dell'una o dell'altra parte di sottomettersi o di non sottomettersi all'arbitrato, e di decidere, come meglio le convenga, se essa si trovi o non si trovi in uno dei casi in cui sia tenuta di assoggettarsi all'arbitrato. Per eliminare i disordini della società intemazionale è assolutamente necessario eliminare l'arbitrio. Se si lascia aperta la via all'autonomia arbitraria, la vera organizza- zione giuridica non potrà realizzarsi che in apparenza. Non posso arrivare fino al punto di considerare l'arbitrato come un'istituzione adatta ad eliminare in modo assoluto qualsiasi pericolo di confla- grazione, ma sostengo che le si debba attribuire piena efficacia

72 Introdùxdone Gapiiolo IIL

per eliminare ogni motivo di perturbazione, quando l'oggetto del litigio rientri nella cerchia della giurisdizione arbitrale.

Ammetto quindi che la sommessione alla giurisdizione arbitrale possa, se non sia volontaria, venire imposta.

La sommessione volontaria risalterebbe sempre da una clausola espressa di un trattato, col quale le parti avessero convenuto di sot- toporre ad arbitri qualunque litigio che venisse fra esse a sorgere, 0 da un compromesso speciale, con cui esse si fossero obbligate a deferire ad arbitri una contestazione giuridica determinata.

La giurisdizione arbitrale forzata dovrebbe risultare dalla deli- berazione della Conferenza, la quale, riconoscendo che l'affare liti- gioso sia di natura tale da dover esser definito da arbitri, imponesse alle parti, in mancanza di un compromesso, di sottomettervisi. Yi sarebbe in tal caso la sommissione forzata al tribunale arbitrale in seguito della deliberazione della Conferenza.

83. Accettando laconcezione della Conferenza cosicome io l'intendo, la missione della medesima sarebbe di prevenire ogni specie di pertur- bazione che potesse turbare la pace, e quindi dovrebbe essere a ragione attribuito alla medesima di dare alla giurisdizione arbitrale tutta la sua forza e di decidere che le parti dovessero sottomettersi all'arbitrato, nel caso in cui la materia rientrasse nella giurisdizione arbitrale.

Cosi pure la Conferenza dovrebbe essere competente per obbli- gare le parti a riconoscere ed eseguire la sentenza degli arbitri.

Ecco come mi immagino potrebbe procedersi. Supponiamo che venga a sorgere una contestazione fra due o più Stati e che, in mancanza di un impegno contrattuale, una delle parti sostenga che, l'affare, essendo di natura tale da dover esser definito da arbitri, essa è pronta a sottomettervisi, e che notifichi tale sua decisione all'altra parte. Ove, in seguito a questa notificazione diplomatica, l'altra parte persista a sostenere le sue pretese e che rifiuti sottomettersi alla giurisdizione arbitrale, la parte con- traria, dopo aver fatto constatare l'arbitrario rifiuto, potrebbe appel- larsene alla Conferenza e questa imporre l'arbitrato.

L'appello alla Conferenza potrebbe avere luogo eziandio nel caso in cui, pur essendovi un precedente compromesso, il rifiuto

Tutela giuridica del Diritto intemaxdonale 73

di sottomettersi all'arbitrato venisse opposto col pretesto che Tog- getto del litigio doTosse riguardarsi come all'infaorì dei termini della clausola compromissoria, o quando ana delle parti sostenesse non potere l'oggetto del litigio, per le particolari circostanze dell'affare, essere sottoposto all'arbitrato, nonostante l'impegno convenzional- mente assunto dall'una parte e dall'altra di deferire ad arbitri qualsiasi controversia.

Ed ora supponiamo che la parte condannata dal tribunale arbitrale si rifiuti di eseguire la sentenza.

Occorre pure, quando si voglia sul serio rendere efficace l'ar- bitrato, provvedere ad assicurare la esecuzione della sentenza e la sua autorità. La sentenza degli arbitri deve, in linea di principio, esser considerata come definitiva, e come formante la soluzione completa dellaquestione stata loro sottoposta ; opperò, le parti devono riconoscere nella decisione del tribunale arbitrale l'autorità di cosa giudicata ed eseguirla lealmente, senza alcuna restrizione o riserva. Se una delle parti si rifiuti formalmente di eseguire la sentenza arbitrale e messa in mora dall'altra parte, persista nel rifiuto, bisogna poter decidere se il rifiuto sia legittimo o arbitrario. La decisione di tale questione dovrebbe pure essere deferita alla Conferenza.

Potrebbe avvenire che il rifiuto di eseguire una sentenza arbi- trale potesse essere giustificato pel motivo della nullità della sentenza. Per potersi decidere secoDdo giustizia intomo a ciò occorrerebbe che nel regolamento generale in materia di arbitrato redatto dal Congresso fossero determinati e stabiliti i motivi di nullità, che contro una sentenza arbitrale potessero venire addotti. E sarebbe tutt'affatto naturale il rimettersi alla Conferenza, (la quale, nel nostro sistenu, dovrebbe avere per missione di far rispettare le regole proclamate dal Congresso), affinchè essa decidesse se il rifiuto di eseguire la sentenza arbitrale pel motivo della sua nullità dovesse dirsi legittimo od arbitrario. La Conferenza, attenendosi quindi al regolamento generale promulgato dal Congresso, dovrebbe decidere se sussistesse o no l'addotto motivo di nullità e, secondo il caso, sospendere totalmente o parzialmente la esecuzione od obbligare la parte condannata ad eseguire la sentenza.

74 Introduxione Capitolo III.

Non entro in altri particolari. Pel momento, non si tratta che di tracciare le linee generali.

S^. Mezzi efficaci per prerenire le perturbazioni internazionali sono anche a considerarsi l'azione diplomatica, i buoni uffici, la mediazione.

Non è solo per compiere un dovere di umanità che ogni GoTerno, al sorgere di un litigio fra due Stati, debba prestare il suo concorso ed impiegare la sua influenza morale per comporlo, ma ò anche per provvedere al benessere del proprio paese. Ai giorni nostri gli interessi di tutti i paesi sono così strettamente legati fra loro che nulla può, in qualsiasi parte del mondo, succedere, che rimaner possa un fatto isolato o un fatto che tocchi unicamente gli interessi particolari delle parti in causa. Il commercio intemazionale ha fatto della divisione del lavoro e del mantenimento delle relazioni pacifiche fra tutti gli Stati una necessità suprema. Una pertur- bazione qualunque è sempre causa di una perturbazione economica e morale neirinterno di ogni Stato. La vera missione della politica prudente e della diplomazia avveduta è quella di conciliare gli interessi di ogni paese con quelli degli altri paesi. Ogni forma di azione diplomatica per appianare i conflitti deve essere quindi considerata non soltanto come un atto di umanità, ma come un atto di savia politica. Importa prevenire le perturbazioni interna- zionali per salvaguardare gli interessi nazionali (1).

85. Un mezzo, che potrà efficacemente contribuire ad appianare le contestazioni e a prevenire i veri litigi è quello della discussione pubblica. Importa stabilire nettamente davanti alla opinione pub- blica di che cosa si tratti e darle occasione di pronunziarsi.

La potenza misteriosa della opinione pubblica diventa sempre più grande, oggi che il telegrafo ci informa, per cosi dire colla rapidità del pensiero, di ciò che avviene nei paesi lontani. A misura che il sentimento di solidarietà dei popoli inciviliti si andrà svi- luppando, essi comprenderanno sempre meglio l'interesse comune che essi hanno ad assicurare la prevalenza dei principi di giustizia

(1) Vedi r articolo da me pubblicato nel Digesto italiano^ voce « Agenti Diplomatici » § 335 e seg., Della pera missione della Diplomaxda.

Tutèla giuridica del Diritto intemasUoncUe 75

sa quelli della politica. L'opinione pabblica sarà sempre più illu- minata a misura che più larga sarà la parte che la rappresentanza popolare prenderà nel governo della cosa pubblica e nella direzione della politica esterna. Nell'interno di ogni Stato la opinione pub- blica può essere ìuHuonzata e corrotta dagli artifizi dei politicastri; l'opinione pubblica del mondo intiero è sempre imparziale, come quella che è sempre impersonale e disinteressata. Essa è chiamata ad esercitare una forza morale sempre piìi efficace sulla diplomazia. La discussione essendo fatta alla luce del sole, diventerà difficile che la politica continui a prevalere sul Diritto e che i Governi turbino impunemente la società internazionale.

Questo scopo mi fa ammettere come una delle regole di Diritto comune, che il Congresso potrà proclamare, potrebbe essere questa che cioè sempre quando una contestazione sia sòrta fra gli Stati ielV unione e che mediante negoziati diplomatici, mediante buoni uffici e mediante la mediazione non siasi giunto ad appianarla, le parti debbano far conoscere la causa del loro litigio agli altri Stati.

Lo Stato che si pretendesse leso dovrebbe essere tenuto a specifi- care in una nota diplomatica indirizzata agli altri Governi i motivi su cui esso fondi i suoi reclami. La parte contraria dovrebbe alla sua volta essere tenuta a giustificare la sua condotta mediante una nota diplomatica indirizzata egualmente a tutti i Governi.

Tutte le comunicazioni dovrebbero essere rese pubbliche per ren- dere più illuminata la discussione e porre nettamente davanti alla opinione pubblica i termini della contestazione intemazionale.

Se, in seguito alla pubblica discussione, la parte che avesse torto persistesse nelle sue pretese, la questione potrebbe essere deferita alla Conferenza, la quale deciderebbe se la materia del litigio dovesse riputarsi di competenza del tribunale arbitrale o di competenza propria.

Nel primo caso essa ordinerebbe che il litigio fosae sottoposto alla giurisdizione arbitrale; e l'arbitrato sarebbe quindi imposto.

Se la materia del litìgio fosse complessa, se vi fosse un vero pericolo che le relazioni pacifiche fra gli Stati costituiti in Unione

76 Introduzione Capitolo III. .

potessero venire turbate, la Conferenza potrebbe decretare le misure coercitive necessarie per assicurare il rispetto del Diritto comune, da cui la società intemazionale dev'essere retta.

Nell'ordine d'idee da me seguito si può di ragione giustificare l'ingerenza collettiva ogni qual volta sia il caso di assicurare l'autorità e la protezione del Diritto comune.

Bisogna infatti ammettere che spetti a tutti gli Stati costituiti in Unione di assicurare il rispetto del Diritto comune da essi fis- sato e di restaurarne l'autorità mediante misure legali determinate secondo il Diritto internazionale. Il Diritto particolare stabilito fra due 0 più Stati mediante trattati da essi conchiusi può essere sotto- posto ai mezzi di protezione convenuti, purché questi non siano contrari al Diritto comune. Per la protezione poi del Diritto comune non si potrebbe trovare forma più ef&cace che la tutela giuridica collettiva degli Stati associati. La Conferenza, che secondo il nostro sistema deve assicurare il rispetto del Diritto internazionale riguardo a tutti, dev'essere meritamente ritenuta competente per decretare le misure meglio atte a realizzare questo scopo.

La Conferenza sarebbe quindi competente a decidere se uno Stato 0 un popolo avesse violato coi suoi atti il Diritto comune, e per reprimere l'attentato ingiusto, dovrebbe avere il potere anzitutto di decretare che si facesse ricorso a tutti i mezzi pacifici per risol- vere i litigi, vale a dire ai buoni uffici, alla mediaxiorèe e a tutte le forme di azione diplomatica. Essa potrebbe quindi affidare ad uno Stato la missione di farla rispetto alle parti da mediatore. In tal caso, affinchè lo Stato designato come mediatore potesse essere in grado di adempire convenientemente la missione statagli affidata, dovrebbe avere il Diritto di domandar comunicazione di tutti i documenti relativi al conflitto, di prendere esatta conoscenza della contestazione e delle fatte negoziazioni e di esaminare con cura i documenti giustificativi di tutte le parti. Esso dovrebbe apprezzare in buona fede e con imparzialità le ragioni addotte in appoggio delle reciproche pretese, astenendosi in modo assoluto dal far valere la sua autorità in favore dell'una o dell'altra delle parti, e dovrebbe agire come un conciliatore avveduto e prudente per i4)pianare tutte

Tutela giuridica del Diritto intemazionale 77

le difficoltà e condurre gli avversari ad accordarsi o ad accettare una ragionevole transazione.

Se ciò non bastasse, se la parte che avesse torto persistesse a non sottomettersi, la Conferenza potrebbe infine decretare l'impiego dei mezzi coercitivi autorizzati durante la pace, senza ricorrere ai mezzi disastrosi e terribili della guerra.

È il caso, questo, della legittimità dell'ingerenza collettiva o del così detto concerto europeo > od « americano > . Il concerto non può essere da tanto da costringere tutti ad accettare ciò che le grandi Potenze abbiano stabilito, ma esso deve essere considerato come legittimo e come conforme al buon diritto se assume la forma di misura di protezione collettiva intesa ad assicurare o a restaurare l'autorità del Diritto comune violato da imo Stato o ad applicare le misure coercitive pacifiche decretate dalla Conferenza contro lo Stato che si ribelli.

S6. Ritengo inutile esaminare qui a fondo quali potrebbero essere i mezzi coercitivi leciti all'infuori della guerra. In linea di principio, nessuno può negare che se uno Stato non voglia rispettare il Diritto comune, osservare la deliberazione della Conferenza, eseguire la sentenza di un tribunale arbitrale, la Conferenza debba avere il diritto di decretare le misuro coercitive lecite durante la pace. Nel nostro sistema, queste misure coercitive lecite dovrebbero essere deter- minate dal Congresso. Tutto ciò che attiene agli interessi generali rientra nella sua competenza. Spetta a lui di regolare la società intemazionale formata dagli Stati costituenti V Unione e stabilire le regole per la tutela giuridica collettiva del Diritto comune. Esso deve aver anche il potere di fissare le misure straordinarie intese a prevenire una guerra imminente o, quando essa sia incomiciata, ad arrestarne le conseguenze disastrose (1).

(1) Il concetto sul quale mi fondo, di darò cioè ai Congressi una missione ben diversa da quella che essi hanno nell'attualità e di considerare tale riforma come Tespediente più opportuno per l'ordinamento giuridico della società inter- nazionale, ha formato il mio costante convincimento fino dai primordi dei miei studi su tale argomento. Nel volume pubblicato a Milano nel 1865 col titolo: Nuovo Dir, intern, pubb, secondo i bisogni della civiltà moderna^ che fu tradotto in francese da Pradier-Fodéré nel 1868 aveva dimostrata la necessità

78 IntroduMone Capitolo III.

Ammetto fra queste misure coercitive il blocco commerciale o blocco pacifico, alla condizione, beninteso, che al blocco commerciale durante la pace non si attribuisca lo stesso carattere del blocco praticato durante la guerra. Del resto, mi riferisco a quanto sarà detto in seguito.

37. Il sistema che ho esposto è quello che mi ha guidato in tutto lo studio dei principii che andrò esponendo in seguito, pur ricono- scendo che non si possa fare assegnamento sopra la sua realizza- zione completa immediata. La grande riforma che difendo esige l'assistenza del tempo e della evoluzione. Ho voluto indicare sol- tanto la via per la quale, a mio modo di vedere, conviene mettersi, coir intendimento di eccitare poi gli altri a prestare il concorso più efficace delle loro forze intellettuali.

L'assistenza verrà specialmente dal crescente sviluppo del com- mercio intemazionale e dal progresso della civiltà. Questi due potenti fattori continueranno a cementare, a consolidare e ad estendere, i legami fra i popoli inciviliti ed a sempre più diffóndere le stesse aspirazioni, gli stessi sentimenti, le stesse idee intorno agli inte- ressi comuni. Invece di una Confederazione di Stati si realizzerà la Confederazione dei popoli inciviliti. Tutti si troveranno d'accordo nel considerare la guerra come il più funesto dei flagelli; e me- diante l'unione delle loro forze obbligheranno i Governi a rinun- ziare alle aspirazioni di grandezza militare ed a considerare la guerra come il più grande dei delitti.

Per conto mio, non perderò mai la mia fede.

L'unità primitiva del genere umano fu la famiglia; runità finale sarà la Confederazione giuridica delle nazioni civili.

di dare ai Congressi Talta missione di concordare le regole generali del Diritto delle genti ed aveva sostenuto che in tali Congressi avrebbero dovuto inter- venire i rappresentanti di tutti gli Stati e senza fare differenza fra grandi e minori Potenze. Vedi il capo XTII di detta opera Principii direttivi dei Congressi internax tonali^ pag. 272, e l' importante nota di Pradier-Fodéré al detto capitolo nella traduzione francese, tomo II, pag. 64.

Gancetto della irtUtaxione 79

CAPITOLO IV.

Objetto del presente Volume. Fonti delle regole giurìdiche in esso riunite. Partizione della trat- tazione.

28. espone il concetto della trattazione. 29. Si spiega il titolo dato al presente volume. 30. Efficacia pratica del Diritto scientifico. 31. Fonti alle quali sono state attinte le regole codificate. 82. Importanza delle convinzioni giuridiche popolari. 33. Gli scrittori e il Diritto storico. 34. Partizione di tutta la trattazione.

88. Dalle cose discorse nei capitoli antecedenti riesce facile comprendere come il Diritto intemazionale sia uno dei rami dell'En- ciclopedia giaridica, che trovasi tuttora nel periodo di elaborazione. Colui qaindi che si proponga di esporlo, non può limitarsi a fare Tesposizione dottrinale del Diritto esistente, così come può essere opportunamente fatto rispetto al Diritto civile, al Diritto commer- ciale ed agli altri rami del Diritto positivo, a riguardo dei quali si trova un complesso di leggi ridotte a sistema in un codice. Abbiamo già avvertito che le regole di Diritto internazionale, che hanno al presente autorità di legge positiva, non sono di molto numero, e che ad esse manca altresì la vera e propria sanzione giuridica.

Lo scienziato si trova naturalmente costretto a volgere lo sguardo non solo al presente, ma più che mai airavvenire, ed a far tesoro della sua osservazione, della ragione, e della induzione per completare e migliorare il Diritto esistente e preparare la sua progressiva eia- borazione. Si tratta in sostanza di arrivare a ridurre a sistema quel complesso di regole che dovrebbero formare il Diritto comune degli Stati civili, e che siano adatte ad effettuare Torganizzamento giuridico della loro società.

Intendendo così la cosa, noi ci siamo proposti di esporre il Diritto internazionale tenendo conto del Diritto esistente e del Diritto realizzabile. Vale quanto dire che ci siamo proposti di ridurre a sistema quel complesso di regole che corrispondono per una parte a quelle che trovansi adottate dagli Stati medesimi nei trattati generali, nelle loro legislazioni, o da essi riconosciute nei documenti

80 Introduzione Capitolo IV,

diplomatici e che corrispondono d'altra parte a quelle che trovano già il substrato delle convinzioni popolari formatesi all'epoca nostra, 0 del pensiero comune degli scienziati e dei giuristi più illumi- nati. È quindi ben naturale che il complesso delle regole sistema- ticamente riunite nel presente volume rappresenti per una parte il Diritto intemazionale deirattualità, per l'altra quello dell'avvenire. Nel tutto insieme esso costituisce per altro quel sistema che a nostro avviso potrebbe servire per dare alla società internazionale il sao ordinamento giuridico.

89. Noi presentiamo tutto cotesto complesso di regole giuridiche secondo il diritto storico, il diritto scientifico e il diritto razionale, col titolo: Diritto ìnteriiRzionalc codiflcato.

Tale titolo denota di per se stesso che non si tratta d'un sistema di regole giuridiche che abbiano la medesima autorità che quelle, le quali si trovano riunite in un codice. Noi non abbiamo infatti posto il titolo di Codice di Diritto internazionale, che avrebbe certamente falsato il nostro intendimento. Abbiamo invece vo- luto seguire l'esempio già dato tra i primi dal giurista genovese Paroldo (1) e poi da Petrusheveez (2), Bluntschli (3), Field (4) ed altri, e ci siamo proposti di esporre le regole del Diritto intemazionale ridotto a forma di codice col precipuo intendimento di presentare così un sistema, per quanto fosse possibile, ordinato e completo.

Neanche si deve supporre che il Diritto intemazionale codificato, così come noi lo presentiamo, potesse essere considerato come un progetto di codice intemazionale da essere proposto ai Governi colla fiducia che esso potesse essere adottato nel suo insieme. Questo neanche è stato al certo il nostro intendimento. Abbiamo ferma fidanza che un giorno potrà pure realizzarsi rispetto alla società internazionale la nota profezia del Mirabeau: « Le droit sera un jour le souverain du monde ! > ma l'immaginare che i Governi potes- sero d'un tratto concordare un sistema di regolo completo in tutte

(1) Saggio di codì/icax ione del Dir. intern.

(2) Prèda d'un Gode du Dr. intern.

(3) Das moderne Vòlkcrrecht der civilisirten Sia fonala Eechtabuch mit Erlà'uterungrn. Droit International codifU^ traduit par Lardy.

(4) Outlines of an intemational Code^ 2" ediz.

Ganeeiio della trattatone 81

le sue parti e codificato, questo ci sembra yeramente lo stesso che ragheggiare realizzabile un' intrapresa immaginaria ed intempestiva.

E nostro fermo convincimento che nella società internazionale debba cessare l'assoluta preponderanza della forza e che debba essere sostituita ad essa l'autorità del Diritto, ma siamo pure convinti, che tanto più sicuramente si potrà raggiungere lo scopo, quanto meglio si seguirà il savio partito di procedere grado a grado e secondo le opportunità. Sarebbe veramente troppo il concepire l'idea della codificazione di tutto il Diritto internazionale. Si potrà invece effettuare la codificazione parziale di quei soggetti, intorno ai quali si sono formate le convinzioni giuridiche comuni, aspet- tando poi che la cultura, la civiltà, il progresso e l'intreccio degl'interessi economici, che risulta costantemente dall'intreccio dei rapporti commerciali, renda possibile di procedere sempre innanzi nella particolare codificazione di altri soggetti di interesse comune. Ogni passo che si farà sarà una nuova conquista per assi- curare la sovranità del Diritto nel mondo, ma bisognerà aspettare che il prezioso frutto sia maturo, e sarà ognora indispensabile che si proceda gradatamente.

Ed ora che abbiamo eliminati gli equivoci, chiarito il nostro intendimento, e spiegato il titolo da noi dato a questo volume, reputiamo avvertire che abbiamo cercato di spiegare nelle note quali siano le regole che hanno autorità di Diritto positivo, e quali quelle che devono avere l'autorità del Diritto scientifico. Queste pure, nella materia di cui si tratta, non hanno l'autorità soltanto che all'opinione degli scrittori dev'essere attribuita. Bisogna infatti avvertire che le regole di Diritto elaborate dagli scienziati acqui- stano un'importanza ed un'efficienza pratica tanto maggiore, quanto più manca un sistema di regole positive e concrete accettate dagli Stati mediante l'accordo reciproco intomo ad esse. Le regole sta- bilite in forza della concorde opinione dei principali pubblicisti intorno ad un dato principio, acquistano quindi autorità effettiva anche rispetto ai Governi, essendoché non si possa al certo disco- noscere, che quando i pubblicisti più rispettati di diversi paesi si trovino d'accordo nel sostenere una regola di Diritto, tale circo-

6 FiOBE, Dir, intem. codif.

82 Introduxione Capitolo IV.

stanza debba avere un peso grandissimo in favore della legittimità del principio. Dalle quali cose discende, che anche le regole ela- borate dai giuristi, tuttoché non abbiano ancora nell'attualità forza di legge positiva in forza del consentimento degli Stati, hanno non per tanto un'importanza e un'efficienza pratica, essendoché i Governi stessi non possano fare a meno di considerarle come la piii esatta espressione del sentimento giuridico dei tempi, pos- sano disconoscere l'obbligo reciproco di attenersi ad esse nei loro mutui rapporti (1).

30. Bisogna avvertire, che in massima l'autorità e l'efficienza pratica del Diritto scientifico tanto é maggiore, quanto più è ristretto il campo del Diritto positivo. Anche quando le leggi positive siano ridotte a sistema colla forma della codificazione, i principii giuri- dici, che possono ritenersi stabiliti in forza del Diritto scientifico, esercitano ognora la loro autorità nei casi, nei quali trovasi man- cante la legge, e non puossi supplire a tale mancamento applicando le disposizioni di Diritto positivo sancite per regolare casi simili o materie analoghe.

I legislatori di tutti i paesi, riconoscendo che nessun sistema di leggi positive possa riuscire tanto completo e tanto perfetto da riassumere tutte le regole adatte a governare ogni caso, ed a risolvere ogni controversia, e considerando che bisogna pure che non debba mancare la regola di Diritto applicabile a qualsiasi caso, dispongono concordemente che, quando manchi la regola di Diritto positivo applicabile ad un dato caso, e non si possa decidere neanche ricorrendo alle disposizioni che regolano casi simili o ana- loghi, si dovrà decidere secondo i principii del Diritto. Ora tutti sono concordi nel riconoscere che i principii generali del Diritto sono precisamente quelli fissati dai giuristi, i quali in ciascuna epoca interpretando il pensiero giuridico rispetto all'attuale stato

(1) Solent autem gentium sententiae de eo quod inter illas justum esse dcbet triplici modo manifestari, moribiis seilicet et uau^ pactis et foederibus, et tacita approbatione juris regularum a prudentibus^ ex ipsis rerum causis per inter- pretationem et per rationem deductarum, VAimKÒNia, Doctrina juris pkilo- sophiea^ n. 146.

Fonti 83

delle cose, elaboraDo le regole corrispondenti al bisogni della vita reale.

I principii secondo il Diritto scientifico, hanno qaindi ognora la loro aatorità e la loro efficienza pratica anche nel caso in cui le regole giuridiche concrete e positive siano ridotte a sistema e a forma di codice. Essi l'hanno per quella parte che non possa rite- nersi compresa nella materia codificata. Essi l'hanno ogni qual volta che un caso non si possa decidere secondo le regole sancite dal legislatore. L'efficienza pratica di detti principii è sempre certa e sicura pel motivo che il giudice non possa rifiutarsi di giudicare col pretesto che manchi la legge o che essa sia insuffi- ciente, e che il legislatore gì' impone di decidere il caso, qualunque esso sia; per lo che il giudice è tenuto a deciderlo secondo i principii del Diritto scientìfico, quando egli non trovi la regola di Diritto positivo sancita dal legislatore.

Dalle quali cose riesce facile comprendere che, siccome l'autorità del Diritto scientifico diventa tanto maggiore, quanto più insufficiente è la legge positiva, così nella materia del Diritto internazionale deve essere molto grande e considerevolmente esteso il campo della sua autorità, per la semplice considerazione che è molto ristretto il campo della legge positiva attualmente in vigore.

31. Ed ora diciamo quali siano lo fonti dalle quali abbiamo attinte le regole giuridiche.

La principale fonte, alla quale sono state attinte le nostre regole si è stata quella dei trattati generali. Questi non sono veramente molti, ma vanno di giorno in giorno aumentando, e costituiscono la fonte più proficua del Diritto positivo, essendoché rappresentano il Diritto uniforme accettato per reciproco consenso dalle parti che sottoscrissero tali trattati e da quelle che vi abbiano fatto adesione.

Abbiamo inolti'e dato grande importanza agli atti dei Congressi, e sopratutto alle dichiarazioni fatte dai rappresentanti dei Go- verni nei protocolli relativi, dovendosi considerare tali dichiara- zioni da parte di essi come l'espressione del sentimento comune dei Governi rappresentati. Anche quando certe norme non abbiano ancora avuto l'autorità di legge e di Diritto positivo in virtù del

84 Iniroduxione Capitolo IV,

comune oonsentimento degli Stati rappresentati, deve non per tanto reputarsi di gran momento che un numero considerevole di Ple- nipotenziari, riuniti per concordare un Diritto comune, si siano trovati d'accordo nel redigere un progetto, coli' intendimento di sottoporlo all'approvazione dei rispettivi Governi. Non puossi al certo dire che mediante tale accordo le regole progettate possano avere autorità di legge, ma non puossi escludere che esse debbano avere una grande autorità, come espressione del convincimento comune dei rappresentanti degli Stati, intomo alle regole che secondo essi dovrebbero essere stabilite come legge.

Così va detto a modo d'esempio delle regole concordate nella Conferenza di Bruxelles del 27 agosto 1874, circa le leggi e gli usi della guerra. Il progetto presentato alla Conferenza, riunita in seguito all'invito della Bussia, fu redatto colle opportune modìfi< cazioni concordate dopo lunga discussione. Esso non fu definiti- vamente approvato e proclamato obbligatorio a riguardo di tutti gli Stati rappresentati nella Conferenza per le difficoltà sopravve- nute, ma ha nonpertanto un grande valore. Non si può infatti disconoscere che, avendo i Governi sentito il bisogno di stabilire mediante un generale accordo, norme giuridiche concrete e posi- tive circa i loro rapporti durante la guerra, a fine di diminuire, per quanto è possibile, i danni che essa arreca agli Stati neutrali ed ai cittadini delle parti belligeranti, che non prendono parte attiva alle operazioni militari, ed essendosi riuniti con tale intendimento in Conferenza, debba essere attribuito un grande valore alle regole concordate dai plenipotenziari a forma di progetto, coli' intendi- mento di sottoporlo ai rispettivi Governi per essere definitivamente approvato.

I Trattati particolari, quelli cioè conclusi fra due o più Stati per loro particolari interessi, li abbiamo considerati, come essi devono reputarsi, quale fonte di regole giuridiche obbligatorie rispetto agli Stati soltanto, tra i quali essi furono stipulati.

Dobbiamo non per tanto osservare, che relativamente ad alcuni sog- getti codesti trattati possono essere pure considerati come proficua fonte di regole giuridiche di Diritto comune internazionale, alle quali

Fonti 85

può essere attribuita autorità effettiva rispetto a tutti gli Stati, non ostante che esse non abbiano avuto ancora il consentimento gene- rale da parte di essi, siano state elevate a regole di Diritto concrete e positive mediante l'accordo reciproco dei medesimi.

Su questo punto però conviene bene intendersi. I trattati parti- colari a rigore rappresentano il complesso di regole positive ed obbligatorie concordate fra gli Stati, che li abbiano stipulati, e che devono essere reputate reciprocamente obbligatorie in forza del loro consentimento. Bisogna non per tanto avvertire che, sopratutto nei trattati particolari conclusi dopo il 1856 su materie d'interesse comune, si trova una certa uniformità di principii. Ora ci sembra che cotesta uniformità debba avere un grande valore per attribuire a quelle regole, rispetto alle quali la gran parte degli Stati civili si trovano d'accordo, l'autorità stessa del Diritto comune, conside- randole tali a riguardo di tutti gli Stati, che si trovano allo stesso livello di cultura e di civiltà.

Così può dirsi ad esempio di certe regole uniformi relative ai diritti dei consoli, alla estradizione dei malfattori, alla protezione delle marche di fabbrica e di commercio e via dicendo. Non si può al certo sostenere ohe le regole giuridiche contenute in più trattati particolari possano avere l'autorità del Diritto positivo, non solo tra le parti che cotesti trattati conclusero, ma altresì a riguardo di coloro che non li abbiano stipulati*. Ogni trattato non può essere di per stesso che un titolo giuridico sufficiente ed efficace ad attribuire alle parti quei diritti reciproci che conseguono dai patti stipulati, e coU'obbligo reciproco di eseguire ed osservare gl'im- pegni assunti. Noi abbiamo non per tanto detto che i trattati parti- colari possono essere considerati come una fonte di Diritto comune intemazionale, perchè ci sembra che quello, in cui essi tutti sono uniformi, debba essere ritenuto come un indiretto riconoscimento del Diritto comune degli Stati civili, e quantunque quindi tale Diritto uniforme, che trovasi consacrato nei trattati particolari, non abbia a rigore l'autorità vera del Diritto comune, pur non di meno esso rappresenta quello ohe con minori difficoltà può essere dichiarato tale mediante una dichiarazione collettiva.

S6 Tntrodztxdone Capitolo IV.

Abbiamo tenuto conto altresì delle legislazioni particolari degli Stati civili, perchè ci sembra che esse pure debbano essere consi- derate come una proficua fonte del Diritto internazionale, poten- dosi desumere dalle medesime, sopratutto quando esse regolino in modo uniforme rapporti di Diritto intemazionale, le regole che dovrebbero costituire il Diritto comune della società internazionale. Anche però intorno a questo punto conviene bene intenderci per eliminare ogni equivoco.

La legge proclamata da ogni sovrano non può avere autorità imperativa, che rispetto a coloro, i quali devono reputarsi som- messi air imperio del legislatore, ed a riguardo di essi soltanto assume il carattere di regola di Diritto positivo. Anche quando il legislatore di un paese proclami e sancisca con legge regole di Diritto internazionale pubblico o privato, la legge non perde per questo il carattere proprio, quello cioè di Diritto particola^ dello Stato, 0 di Diritto civile, inteso nel significato ad esso attribuito dai giuristi romani, -vale a dire deir^u^ qtiod quisque populus ipse sibi constituit et proprinm ipsitis civitaiis est, qtiod vocaiur jtjs civn.E, quia qiMsi jtis proprinm ipsitis civitaiis (1).

Così nella legislazione italiana a modo d'esempio troviamo, che nel regolamento pel servizio delle armate italiane in guerra sono formulate molte regole che concernono il Diritto intemazionale durante la guerra (2).

Altre disposizioni consimili si trovano nel codice penale militare. Altre nel codice di marina mercantile, il quale contiene un titolo sul Diritto marittimo in tempo di guerra, e determina gli atti di guerra, che si possono esercitare lecitamente: il trattamento delle navi e mercanzie neutrali: i doveri della neutralità: la enumera- zione delle materie di contrabbando di guerra: e via dicendo.

Nelle legislazioni degli altri paesi civili troviamo pure alcune parti, che regolano rapporti di Diritto internazionale, e ci basti rammentare che negli Stati Uniti d'America le istruzioni per le

(1) V. L. 9, Dig. de justitia et jure (1, 1).

(2) Vedi il regolamento approvato coi R. Decreto 26 novembre 1882.

armate in campagna pubblicate nell'anno 1863 contengono un sistema completo di leggi intemazionali durante la guerra, rese obbligatorie dal legislatore degli Stati Uniti per le armate di quel paese durante lo stato di guerra. Taciamo delle leggi particolari pubblicate in Francia; del regolamento pubblicato in Bussìa e ria dicendo.

Ora bisogna porre bene mente a questo, che cioè le leggi parti- colari dei vari Stati, anche in quello che proclamano principii e regole di Diritto internazionale, non possono avere autorità che nel territorio su cui comanda il legislatore, o sulle persone soggette all'autorità del medesimo, per lo che esse pure devono esser con- siderate come Vjtis proprium ipsius civitatis. Il legislatore di uno Stato non potrebbe certo avere la strana pretesa di dettar legge al mondo e sancire regole di Diritto internazionale, che avessero la stessa autorità di legge a riguardo di tutti gli altri Stati, coi quali esso si trovasse in rapporto.

Dobbiamo nonpertanto osservare che, siccome la comonanza d'idee e di sentimenti giuridici tra i giuristi valgono ad attribuire autorità a quei principii, intomo ai quali essi si trovano d'accordo, così le regole di Diritto internazionale accolte e sancite nelle legisla- zioni di un considerevole numero di Stati civili, devono avere una più grande autorità. Posto infatti che le leggi siano la espressione più elevata delle convinzioni giuridiche, che formano il patrimonio del popolo in ciascuna data epoca, ne consegue che, quando più legislazioni si trovino concordi nel dichiarare certe regole di Diritto intemazionale, tale circostanza debba valere per fare attribuire a quelle regole l'autorità del Diritto comune. Non si può infatti fare a meno di riguardarle come l'espressione delle convinzioni giuridiche dei popoli civili in quella data epoca.

A render più chiaro il nostro concetto volgiamo l'attenzione all'uniformità che s'incontra oggi in tutte le legislazioni degli Stati civili a riguardo della condizione dello straniero e dell' acquisto e godimento dei diritti civili propriamente detti : della inviolabilità della proprietà privata : del diritto di eleggere e di mutare la pro- pria cittadinanza, senza il previo consentimento del Governo, e via dicendo. L'uniformità di regole giuridiche che si incontra su tal

88 IfUroduxione Capitolo IV.

punto denota che le leggi particolari degli Stati civili, hanno in sostanza dichiarato regole di Diritto comune intemazionale.

Anche gli atti di Governo nei loro rapporti diplomatici li ab> biamo reputati come una fonte proficua delle regole di Diritto interuazionale. Bisogua infatti considerare, che rigorosamente par- lando, anche quando i Governi accettino senza contestazione e senza riserva certi principii Diritto internazionale, affermati e solennemente proclamati in atti diplomatici, tale circostanza aon possa al certo valere per attribuire ad essi autorità di regola posi- tiva. Osserviamo nonpertanto, che i principii generali proclamati nei documenti diplomatici da uua parte, e tacitamente accettati dalle altre, devono avere indubbiamente una grande autorità rispetto a ciascuna di loro, perchè raccordo tacito intorno ad essi deve equivalere ad una tacita e solenne ricoguizione della giustizia dei principii stessi.

Così deve dirsi a modo d'esempio dei principii relativi alla così detta questione romana solennemente proclamati ed affermati nella nota diplomatica circolare del Governo italiano, quando nel 1870 le Provincie romane prima soggette al Papa furono annesse al Regno d'Italia. In cotesta nota fu proclamato il principio che i Romaai avevano il diritto di usare come avevano usato della loro naturale libertà di annettersi al Regno d'Italia e che la loro volontà solennemente manifestata col plebiscito doveva essere rispettata.

Avendo tutti i Governi accettato senza contestazione cotesto principio, esso deve oggi essere reputato come una vera regola di Diritto interuazionale e deve essere conseguentemente escluso come contrario al Diritto pubblico moderno il principio sofistico messo innanzi dai fautori del Papato, i quali avevano sostenuto, che, per tutelare i pretesi interessi del Papa e la voluta necessità del dominio temporale, i Romani dovevano essere reputati fuori del Diritto comune, e la libertà politica di essi confiscata a beneficio del Papato disconoscendo la forza del plebiscito.

Lo stesso può dirsi dell'affermazione di principii fatta a riguardo del valore e della cessazione delle capitolazioni nella nota diplo- matica comunicata dal Governo italiano in occasione dei piovve-

Fanti 89

dimenti emanati dalle aatorità italiane a Massauah, e di quelli enunciati dal Governo francese a proposito del cessato rigore delle capitolazioni a Tunisi e via dicendo.

Abbiamo pure data la giusta importanza alla consuetudine avendo considerato l'osservanza reciproca ed uniforme della stessa regola di Diritto e la sua applicazione costante ai casi analoghi, sufficiente per attribuire alla regola osservata in virtù del consen- timento tacito, la stessa autoìrità che a quella stabilita in forza del consentimento espresso.

La consuetudine è stata reputata in tutti i tempi come uno dei fattori del Diritto positivo, imperocché ogni qual volta si è trovata mancante la regola positiva e concreta di un dato rapporto giuri- dico, è stato reputato più ragionevole di considerare come regola del medesimo quella stabilita colla costante osservanza. Questo principio fu posto innanzi da Alberico Gentile, il quale facendosi a ricercare nel suo famoso libro del Diritto di guerra le fonti a cui attingere le regole di giustizia, che in guerra devono essere osser- vate, dette la giusta importanza alla consuetudine, imperocché egli disse : e Sebbene non sia da giudicare per via di esempi, conforme è detto in una legge lodatissima di Giustiniano, pure é un fatto, che dagli esempi é aperta la via a probabili congetture, e nel dubbio piuttosto si deve giudicare secondo gli esempi e secondo ciò che è passato in consuetudine. Non é al certo C/Onveniente di mutare ciò che fu osservato in modo certo e costante > (1).

Anche Grozio sostenne che la consuetudine tra gli Stati deve tener luogo di legge: nec negamus, egli dice, mores vim poeti accipere{2).

38. Abbiamo inoltre dato gran peso alle convinzioni giuridiche che in forza dello sviluppo crescente dalla civiltà e della cultura si sono mano mano andate formando e sviluppando nella coscienza dei popoli civili.

È un fatto, che nessuno vorrà disconoscere, che la comunanza d'interessi tra le genti di paesi diversi, che é stata la conseguenza

(1) ÀLBEBicus Gentius, De jure belli^ tradotto da Fiobini, cap. I, lib. I, n. 6.

(2) Lib. U, cap. V, n. 24.

90 IfUroduxiane Capitolo IV.

dell'allargato commercio internazionale, della civiltà e della cul- tura, e la comunanza delle idee intomo alle condizioni, che devono reputarsi richieste per l'ordinamento giuridico della società inter- nazionale, abbiano fatto nascere tra i popoli civili certe convinzioni uniformi intorno alle regole giuridiche che dovrebbero governare la società internazionale, affinchè potesse essere efEettuato l'ordinato sviluppo di tutte le attività: il riconoscimento e la tutela dei diritti di ciascuno, e il soddisfacimento delle reciproche utilità. Cotesto convinzioni, alle quali accenniamo, non si può dire al certo che siano chiaramente proclamate e stabilite da un organo, che abbia il potere di formularle, esse non pertanto si affermano colla forma di sentimento popolare, il quale è il riflesso e la rivelazione della coscienza pubblica, che intende e rivendica l'osservanza di certi principii, che devono essere reputati come indispensabili all'ordinata convivenza ed alla tutela dei diritti di ciascuno nella società inter- nazionale.

Cotesti principii non hanno avuto veramente un solenne ricono- scimento, come quelli che sono stati consacrati dai Governi nei trattati, o che sono stati da essi proclamati negli atti diplomatici, pur nondimeno esercitano una grande autorità, la quale proviene dalla forza misteriora e incontestabile della pubblica opinione, che esercita tanto efficacemente la sua influenza nel determinare la con- dotta dei Governi, spingendoli ad osservare quei principii della giu- stizia naturale, che meglio corrispondono alle esigenze storiche e mo- rali, come esse sono intese dalla ragione e dalla coscienza universale.

E per altro un fatto che i Governi stessi sentono la potenza misteriosa della pubblica opinione la quale esercita una grande influenza a riguardo delle regole che essi devono H)sservare nella loro reciproca condotta, e che ne rispettano i dettami, osservando p per lo meno astenendosi dal conculcare quei principii, intorno ai quali si è già formato il sentimento giuridico comune ed uniforme.

A sicura prova di ciò che affermiamo deve bastare di meditare sulla storia della diplomazia e di leggere in essa certi principii registrati, e che oramai tutti i Governi rispettano in omaggio alle esigenze dell'opinione pubblica, e richiamare quello che abbiamo

Fonti 91

già detto innanzi nel capitolo I*. Ora ci limitiamo a ripetere che le convinzioni giuridiche popolari devono essere la fonte più sicara del Diritto intemazionale, e noi ne abbiamo tenuto il massimo conto, perchò siamo convinti che le regole, le quali si trovano nella coscienza comune dei popoli, che sono in rapporto fra di loro, devono essere reputate l'espressione la più esatta di certe necessità morali e dei principii della giustizia sociale, che si sono andati sviluppando in conseguenza dell' incivilimento e della cultura in ciascuna epoca. Yogliamo anzi soggiungere, che i pubblicisti e gli statisti, i quali si propongono di ricercare e stabilire le norme giuridiche dei rap- porti internazionali e della condotta degli Stati, devono volgere principalmente l'attenzione al sentimento popolare comune intorno a codesti rapporti, che è il riflesso dell'opinione pubblica. Questa si forma mediante le rapide comunicazioni mantenute dalla stampa e dal telegrafo tra le genti abitanti regioni diverse, ed è il risultato finale dello sviluppo di pensieri e di sentimenti uniformi intomo ad ogni avvenimento che accade nei due mondi ; intomo ai reciproci bisogni ed alle reciproche utilità; intorno alle comuni esigenze per l'ordinato sviluppo dei loro rapporti ed alle condizioni che i Governi dei varii Stati devono riconoscere come indispensabili per mantenere l'ordinamento attuale ed effettivo della società intema- zionale in armonia coi diritti e cogli interessi internazionali. Essa non esercita al presente tutta la sua potente e misteriosa influenza sulla vita intemazionale, perchò non ha acquistato ancora tutta la sua forza e la sua efficace rappresentanza, ma siamo cejti che col tempo diventerà la fonte più proficua delle regole giuridiche, le quali dovranno essere accettate dai Governi come norma della loro condotta. A misura che la pubblica opinione sarà più illumi- nata, più sviluppata e più concorde, andrà acquistando più grande e più efficace autorità (1).

(1) Noi avevamo considerato e consideriamo T opinione pubblica illaminata e sviluppata in forza della cultura e della civiltà come il fattore principale della riforma del Diritto intemazionale.

A pagine 347 della citata opera pubblicata nel 1865 cosi scrivevamo : < Noi < stimiamo che, senza creare un tribunale armato, la garanzia più potente « dev'essere la pubblica opinione: questa, secondo noi, dev'essere l'egida e la

92 Introduzione Capitolo IV,

33. La fonte più importante, dalla quale abbiamo attinto il complesso delle regole sistematicamente riunite in codesto volume si ò stata l'uniforme opinione degli scrittori più illuminati intorno alle norme giuridiche dei rapporti internassionali in corrispondenza dei bisogni attuali e reali della società internazionale. Noi abbiamo &tto tesoro della dottrina di tutti coloro, che si sono consacrati a ricercare, a discutere, ad elaborare e ad esporre le regole giuri- diche, che devono essere reputate le più adatte a stabilire tra gli Stati, che vivono in società di fatto una comunione di diritto, e non possiamo veramente dire quali e quanti siano gli scrittori, studiando i quali abbiamo formati i nostri convincimenti.

Abbiamo studiato principalmente sulle opere di PhilUmore (1), Calvo (2), Heffter (3), Wheaton (4), Vaitel (5), Pradier-Fodéré (6), Lawrence (7), BlunUchli (8), Field (9), Woolsey (10), Halleck (11),

e garanzia del Diritto, essa è il migliore e più imparziale tribunale. Noi non e vogliamo tra i popoli la coazione materiale, ma la coazione morale, e questa « non possiamo concepirla altrimenti ohe nella misteriosa potenza della pub-

< bltca opinione, potenza tuttavia sconosciuta, perchè non ancora si mani- « festa in tutta la sua forza, ma che si manifesterà forte ed onnipotente quando « sarà illuminata dalla coscienza de^ suoi diritti » .

Continuando il nostro ragionamento per combattere Tidea dei progetti confederazione concludevamo mettendo in rilievo la potenza della pubblica opinione, od esprimevamo cosi il nostro concetto:

< Come i principii della giustizia cho regolano i rapporti degl* individui nelle « particolari società, essendosi resi chiari innanzi la coscienza sociale ed alla

< opinione pubblica, reggono e governano le civili società, nella stessa guisa i principii della giustizia, che devono regolare i rappoi-ti intemazionali ren-

< dendosi chiari innanzi alle coscienze nazionali ed air opinione pubblica reg- « goranno e governeranno la società intemazionale ».

(1) International Late, 2' ed., 1874.

(2) Le Droit intem. théorique et pratique, 1872.

(3) Dos europàisehe V'ólkerrecht der Oegenwart^ traduit par Brroson, 1873.

(4) Elements of intem. Lato, New- York 1836.

(5) Droit dee gene mie au courant dee progrèe du Droit ptiblie moderne par Pius)ij£B-FoDÉR£, 1863.

(6) Traiti du Droit intem. public européen et amérieain, 1885-1894.

(7) Commentaire sur les éléments du Droit intem. et sur V hiatoire dee progrès du Droit dee gens, de Whkaton, Leipzig 1868-1873.

(8) Das moderne V'ólkerrecht der eivUisirten staten aìs Rechtsbueh mit Erlàuterungen, traduit par Lardy.

(9) Outlines of an intemcUional Code, ed., London-New- York 1876.

(10) Introduc. to the study of intem. Law, New- York 1875.

(11) IntematiomU Law, S. Francisco 1861.

Partixdane della traitaxione 93

Hall (1), Mariens (2), Ritier (3) ed altri non pochi, dei quali se taciamo, non è già perchè non ne abbiamo profittato, ma perchè andremmo per le lunghe se volessimo enumerarli tutti.

Al Diritto storico abbiamo data la giusta limitata impor- tanza. Non potevamo infatti attingere largamente a codesta fonte, imperocché esso rappresenti sovente le transazioni che sono state le conseguenze delle condizioni anormali, nelle quali si è trovata la società internazionale pel predominio soverchiante della politica, e talvolta è stato il risultato accettato per la necessità delle cose in uno di quei momenti critici della vita dei popoli. Essendoci proposto di compilare un sistema di regole adatto ad eliminare ogni forma di arbitrio, e a dare un ordinamento giuridico alla so- cietà internazionale, era indispensabile di non considerare il Diritto storico come una fonte sicura. Nella storia dei rapporti intemazio- nali si trovano invero consacrati molti principi!, che sono in oppo- sizione con quelli del Diritto razionale e non può certo riuscire opportuno di elevare il fatto a diritto, ma conviene bensì tenere sempre presente la regola di Paolo : t Quod vero cantra rationem juris recepium est non est producendum ad consequentiam > (4).

3-4. Per quello che concerne la partizione di tutta la trattazione ecco i criteri che ci hanno guidati.

Per procedere ordinatamente era necessario innanzi tutto deter- minare in generale il concetto del Diritto che deve governare ogni forma di rapporto, che può nascere e svolgersi nella società inter- nazionale, e precisare quale essosia: stabilire il fondamento della sua autorità: distinguere le diverse forme che esso Diritto può assumere : la portata e Testensione del suo imperio : la sua tutela giuridica. A tali obbietti si riferiscono le regole riunite nella parte preliminare col titolo Principii fondamentali.

Determinato e precisato il concetto del Diritto internazionale, abbiamo divisa tutta la trattazione in quattro libri, cioè:

(1) International Lato, Oxford, 2' ed., 1886.

(2) Préeis du Droit des gens^ avee notes de Pinhkiro-Fkrrkira, 1858,

(3) Prineipes du Droit dea gens, 1896.

(4) L. 48, Dig. de legihus (1, 3).

94 IntroduMone Capitolo IV.

Luiiio PBiHO : Delle perecne e degli enti soggetti al Diritto inter- nazionale.

Libro secondo: Delle obbligazioni.

Libro terzo: Dei beni come oggetti del Diritto internazionale.

Libro quarto : Della tutela giuridica del Diritto intemazionale.

Stabilita la nozione ed il concetto del Diritto, sorgeva natural- mente la necessità di determinare chi dovesse reputarsi sommesso airautorità di esso, il subjectum jnris, vale a dire gli enti che nei loro rapporti e nelle loro azioni devono essere assoggettati, subjecti, alle norme del Diritto, o occorreva inoltre determinare come i diritti spettanti a ciascuno possano essere acquistati, sviluppati 0 perduti, e quali siano i loro doveri rispettivi.

A questo si riferisce il Libro primo, il quale è divìso in due parti.

Nella prima. Parte generale, trovasi determinato il concetto della persona e precisato chi possa essere subbietto del Diritto inter- nazionale come tale. Siccome poi nella società internazionale si trovano pure enti (Popolo^ Nazioni, Aggregazioni, ecc.), i quali tutto che non siano persone internazionali, devono non per tanto essere assoggettate nei loro rapporti e nelle loro azioni alle norme del Diritto, cosi era indispensabile comprendere nella parte gene- rale, oltre che le persone propriamente dette, altresì gli enti sog- getti al Diritto intemazionale e determinare i diritti e i doveri che a ciascuno di essi, secondo la sua propria natura, debbono essere attribuiti.

Determinati i diritti ed i doveri a ciascuno spettanti, facea di mestieri di precisare come ciascun singolo diritto potesse essere acquistato o perduto, e con quali norme giuridiche no dovesse essere governato il godimento e l'esercizio, e precisare inoltre i doveri correlativi ai singoli diritti.

A questo si riferisce la parte seconda del libro 1*, Parte spe- ciale, nella quale trovansi stabilite le norme giuridiche relative all'acquisto, al godimento, airesorcizio ed alla perdita di ciascun singolo diritto e quelle che concernono i doveri fondamentali di ciascuno. Questa parte speciale trovasi quindi divisa in tanti titoli,

Pariixione della trcUtaxione 95

qaanti sono i vari diritti e i doveri rispetto ai qaali si è cercato di determinare le regole giuridiche speciali circa l'acquisto, il godi- mento, l'esercizio e la perdita dei diritti, ed il fondamento e lo sviluppo dei doveri reciproci.

Il LiBBO SECONDO riferisce alle obUìgszioni, e ne abbiamo trattato dopo avere esposto mA Libro P i diritti e i doveri inter- nazionali delle poime, perchè le obbligazioni originano pure diritti e doveri personali tra le parti obbligate e devono essere conseguen- temente considerate come il complemento dei rapporti personali.

La difTerenza tra i diritti e doveri personali, dei quali abbiamo discorso nel Libro /*, e quelli a cui si riferisce il Libro 11**^ con- siste infatti in questo, che cioè i primi derivano dalla condizione stessa delle persone e trovano il fondamento sui rapporti naturali delle medesime, i secondi invece derivano dall'impegno volonta- riamente assunto da uno Stato verso dell'altro di dare, di fare o non fare, di prestare qualche cosa, ovvero derivano da fatti volon- tari compiuti dalla sovranità nell'esercizio e nello sviluppo delle sue potestà. Questo libro è pure diviso in titoli.

Premessi i principii fondamentali che comprendono le norme giuridiche relative alla obbligazione in generale, alle sue diverse specie ed alle fonti da cui essa può derivare, sono poi contemplate in titoli separati le obbligazioni che trovano il loro fondamento sui patti, sulle convenzioni e sui trattati e da ultimo quelle che derivano dai fatti compiuti nell'esercizio dei diritti di sovranità (responsabilità pei danni cagionati dallo Stato). Una parte del tutto speciale è quella che concerne i vari trattati speciali, rispetto ai quali sono stabilite le regole relative alla loro esecuzione o alla loro estinzione.

Il Libro terzo si riferisce ai beni come oggetti del Diritto nei loro rapporti col Diritto internazionale. Questo libro è pure diviso in tanti titoli, quante sono le diverse categorie dei beni che possono essere oggetto del Diritto. Si trovano quindi stabilite in esso le regole giuridiche:

a) rispetto alle cose comuni {mare, fiumi navigabili, ecc.);

96 Introduzione Capitolo IV,

b) rispetto alle cose pubbliche, di quelle cioè che sono nel possesso giuridico di ciascuno Stato, a riguardo delle quali il Serrano dello Stato è tenuto ad esercitare i proprii diritti, in armonia perù col Diritto intemazionale (vie di comunicazione, strade ferrale inter- nazionali, telegrafi internazionali, dazi di confine, ecc.);

e) rispetto ai beni appartenenti ai privati sempre nei loro rapporti col Diritto internazionale (beni esistenti all'estero: pro- prietà letteraria artistica o industriale: nave mercantile, ecc.).

Il Libro quarto, che si riferisce alla tutela giuridica del Diritto intemazionale, trovasi diviso in due Parti:

Parte prima: e Tutela giuridica effettuata mediante procedi- menti pacifici » .

Parte seconda : e Tutela giuridica effettuata mediante la guerra > .

Nella Parte prima trovansi le regole adatte a determinare i mezzi di tutela giuridica secondo il Diritto comune durante la pace, ed inoltre le procedure per risolvere le controversie nascenti dalla violazione del Diritto da parte dell'uno o dell'altro (mediazione: arbitrati: conferenze, ecc.), e in fine i mezzi coercitivi per ripri- stinare l'autorità del Diritto, senza ricorrere all'espediente estremo della guerra (rappresaglie: blocco pacifico: ecc.).

La Parte seconda contempla in modo speciale Io stato di guerra e trovansi stabilite le norme giuridiche relative alla sua legalità, ai diritti e ai doveri che ne conseguono tra coloro che la fanno, i belligeranti, e rispetto a coloro che non prendono parte ad essa, i neutrali, e quelle relative all'esercizio dei diritti di guerra, alla tutela giuridica dei medesimi, ai diritti e doveri dei neutrali, alla cessazione dello stato di guerra.

L'Appendice contiene il sunto dei principali trattati coi quali nelle diverse epoche è stato provveduto a regolare secondo le contin- genze le relazioni internazionali.

97

PRINCIPII FONDAMENTALI

Il Diritto internazionale e sua definizione.

1. U Diritto internazionale è un complesso di norme atte a determinare, regolare e tatelare giuridicamente i diritti e doveri degli Stati ed i diritti e doveri degl'individui e degli enti nei loro rapporti fra di loro e con gli Stati ogni qual volta che tali rapporti interessino o possano interessare la società intemazionale.

Diritto intemaxionale^ presa la parola come essa suona, denoterebbe Diritto che concerne le relazioni tra due nazioni o più. Tale denominazione non cor- risponde quindi ai giusto concetto che con essa s'intende esprimere. Non si potrebbe neanche sostituirvi T espressione Diritto interstatale, perchè questa denoterebbe soltanto il Diritto che concerne le relazioni tra due Stati o più. Neanche potrebbe essere migliore T espressione Diritto delle genti o l'altra Diritto deWumanità o Diritto pubblico estemo. Meglio sarebbe denominarlo Diritto del Genere Umano, che è il termine collettivo che abbraccia e comprende tutti gli enti riguardati individualmente, o congiunti tra loro da un vincolo o da una ragione comune, i quali formano il Genere umano.

Partizione generale.

8. Il Diritto intemazionale ò naturale o razionale, e positivo.

3. Il Diritto intemazionale naturale consiste nel complesso delle regole giuridiche che avuto riguardo alla condizione delle persone che coesistono nella magna civitas ed alle esigenze storiche e morali la ragione umana intende, induce ev deduce dai princìpii della giustizia naturale, come le più adatte ad effettuare l'ordinata convivenza, ed a governare i rapporti di fatto e di diritto che inte- ressino la società internazionale.

I principii della giustizia naturale esistono nella coscienza del popolo e si svolgono a grado a grado mediante la cultura e la civiltà. La ragione li intende 0 li comprende come norme razionali per T ordinato sviluppo di ogni rapporto, avuto riguardo alla natura del rapporto stesso, ed alle esigenze storiche e morali. In ogni ramo del Diritto si riscontra quindi un periodo di lenta elaborazione. Il Diritto positivo ha cominciato coli' esistere prima come precetto razionale o di giustizia naturale, poi ha avuto forma di legge.

7 Fiore, Dir. intern. codif.

98 Princìpii fondamentali

Lo stesso fatto si è yerificato rispetto al Diritto internazionale. Le norme razionali per l'ordinata convivenza, prima ohe fossero state ridotte a regole giuridiohe, ed accettate dagli Stati come norme di Diritto positivo, hanno seguita la legge del graduale svolgimento e della evoluzione, e la loro elabo- razione è stata l'opera della cultura e del progresso. I Governi per altro non hanno disconosciuto del tutto la forza obbligatoria doi precetti del Diritto delle genti razionale o naturale.

Fin dal 1753 il Governo inglese, rispondendo al Governo prussiano, diceva:

* 11 diritto delle genti è fondato sulla giustizia, suH'equità, sulla convenienza

* e sulla ragione delle cose e confermato dal lungo uso ,. Phillihore, voi. I, cap. Ili, § 20. Vedi il manifesto della Gran Brettagna alla Russia del 1780 e la Circolare del Governo russo alle Potenze alleate, nella mia Opera Diritto internazionale pubblico^ voi. I, 3' edizione, § 179. Gonf. Bluntschli, Le dr. inL codifié, Introduc, e regola 3. Calvo, Diritto internazionale, tom. I. Principes. Renault, Introduc, à Vélude du Droit intern., §§ 1-19.

Wheaton, Droit intem., chap. I, § 11. definisce il Diritto intemazionale * Ten-

* semble des règles de conduite que la raison déduit, comme étant conformes '^ à la justice de la nature de la société qui eziste parmi les nations indépen-

* dantes ,.

Se i precetti della giustizia naturale non dovessero esercitare alcuna auto- rità nel governare la condotta degli Stati si arriverebbe ad escludere la corou- nione giuridica fra i medesimi, nel caso in cui le regole della loro condotta non si trovassero stabilite mediante trattati: lo che è assurdo.

4. Sarà considerata conforme ai principii del Diritto natu- rale ogni regola ammessa dai filosofi, dai sapienti, dai pubblicisti, dagli statisti o dai Governi negli atti diplomatici, e quelle sopra- tutto intomo alle quali si sono formate le convinzioni giuridiche popolari.

Codesta regola trova il suo fondamento sul concetto espresso da Alberigo Gentile che cioè, come egli dice, i veri filosofi, i sapienti veri usano ragionare secondo il Diritto naturale. Dejure belli, lib. I, cap. I, § 5. Essa fu poi ammessa più largamente da Grozio che fondò suiraccordo universale dei filosofi, storici, poeti, oratori le regole del Diritto delle genti.

Vico considerò le convinzioni giuridiche popolari come il fondamento pre- cipuo del Diritto delle genti. * Unite più nazioni di lingue diverse (egli scrive) ^ in pensieri conformi per cagioni di guerre, di alleanze e commerci, nacque

* il Diritto naturale del genere umano da idee uniformi in tutte le nazioni

* intomo alle umane necessità e utilità di ciascheduna di esse. , Vedi il suo opuscolo : PrineipH di una scienza nuova intomo alla natura deUe nazioni, per li qiMli si ritrovano altri principii del Diritto naturale delle genti. (Edizione di 12 fogli fatU a Napoli da Felice Mosca nel 1725.)

5. Il Diritto internazionale positivo è quello stabilito for- malmente in virtù della volontà degli Stati che si trovino in certi rapporti e che mediante il loro consenso espresso o tacito si siano accordati a subordinarli a certe regole giuridiche.

Frineipii fondamentali ^

Partizione del Diritto internazionale positivo.

6. II Diritto internazionale positivo si divide in diritto comune e diritto particolare.

II Diritto comune consiste nelle regole giurìdiche solennemente riconosciute dagli Stati associati, i quali, mediante il loro con- senso espresso o tacito, abbiano attribuito Tautorità di legge ad una data regola a riguardo dei rapporti ad essa soggetti.

Gli Stati non possono ritenersi sommessi airautorità di alcuno che abbia rispetto agli altri il potere di far leggi. Spetta alla sovranità degli Stati che trovansi di fatto associati di riconoscere, formulare e stabilire le regole con- crete di Diritto internazionale obbligatorie per essi, attribuendo alle dette regole l'autorità di legge positiva.

7. Il solenne riconoscimento di una regola giuridica da parte degli Stati civili vale ad attribuire alla regola stabilita Tautorità di legge, non solo rispetto agli Stati che l'abbiano solennemente rico- nosciuta, ma a quelli altresì che in seguito vi abbiano fatto adesione*

8. Deve attribuirsi l'autorità legge positiva alla consue- tudìne giuridica, la quale risulta dall'osservanza costante e non equivoca di una data regola da parte di un numero considere- vole di Stati, a riguardo di fatti o di atti di comune interesse.

9. Il Diritto positivo particolare è il complesso delle regole stabilite fra due o più Stati mediante i trattati fra di loro stipu* lati, o mediante la costante reciproca subordinazione dei loro atti ad una data norma giuridica.

Esso deve essere reputato come legge positiva convenzionale stabilita mediante il trattato e duratura fino a tanto ch'esso debba reputarsi in vigore.

10. Si deve reputare altresì come regola di Diritto positivo ogni regola che uno Stato stabilisca con atto unilaterale come norma di rapporti internazionali. Una regola cosi stabilita deve avere la stessa autorità di ogni legge intema, e lo Stato non può disconoscerne la forza obbligatoria, o limitarne arbitrariamente Vapplicazione, fino a tanto che non l'abbia solennemente abrogata.

*^ Ptineipii fondamentali

Ogni Stato può obbligarsi con atto unilaterale (legge intema, manifesto, nota diplomatica e simili) ad osservare certe regole di Diritto internazionale, e quantunque egli non possa domandare ed esigere a reciprocità T osservanza della stessa regola da parte degli altri Stati, salvo che essi non si siano a ciò obbligati mediante trattato, pure deve ritenersi obbligato all'osservanza costante della regola da lui proclamata fino a tanto che non abbia revocato Tatto da lui promulgato. In tali evenienze, quantunque non vi sia vera e propria obbli- gazione giuridica correspettiva, evvi non per tanto vera obbligazione giurìdica da parte dello Stato che spontaneamente promise e contrasse l'impegno di osser- vare una data regola. Non mancano esempi di regole di Diritto intemazioDale stabilite con atto unilaterale e parecchi ne troviamo nella legislazione italiana.

Le regole di Diritto internazionale adatte a determinare la competenza legis- lativa rispetto alla condizione degli stranieri, alla loro capacità, ai loro rap- porti di famiglia, alla loro successione e via dicendo, trovansi stabilite nelle disposizioni generali del nostro codice civile. £sse, quantunque formino parte del Diritto territoriale, sono non di meno regole vere e proprie di Diritto inter- nazionale, alle quali il legislatore ha attribuito l'autorità di legge positiva a riguardo dei rapporti internazionali ad esse soggetti.

Lo stesso va detto delle regole relative all'autorità estraterritoriale dei giu- dicati stranieri in materia civile che trovansi sancite nel Cod. di procedura civile, tit. zìi.

Nella legge sulle prerogative del Sommo Pontefice e della Santa Sede del 13 maggio 1871, trovansi stabilite alcune regole che concernono i diritti inter- nazionali del Papa e della Chiesa.

Nel regolamento pel servizio delle truppe in guerra del 26 novembre 1883, trovansi pure stabilite le regole di Diritto internazionale in tempo di guerra, che sono obbligatorie per l'esercito e l'armata italiana, e taciamo di parecchie altre. Tutte cotesto regole di Diritto internazionale, e quelle che trovansi nelle altre parti della legislazione nostra, costituiscono il Diritto intemazionale parti- colare dello Stato italiano, al quale la sovranità con atto unilaterale ha attri- buita l'autorità di legge positiva rispetto alle persone che sono soggette al sno imperio, e rispetto ai tribunali italiani i quali sono tenuti ad applicarle quando si tratti di risolvere controversie di Diritto intemazionale relative alle materie, alle quali le regole sancite dal nostro legislatore si riferiscono.

Forza obbligatoria del DiHtto internazionale.

11. Le regole di Diritto internazionale positivo devono avere autorità imperativa a riguardo di tutti gli Stati che le abbiano riconosciute, e la stretta osservanza delle medesime deve essere considerata come un diritto e un dovere reciproco, fino a quando gli Stati medesimi non le abbiano con atto solenne revocate.

12. Ogni qual volta che una data regola sia stata solenne* mente riconosciuta dagli Stati riuniti in Congresso, non lice ad una delle parti di disconoscerne la forza obbligatoria o di repu-

Frincipii fondamentali 101

tarsi esonerata dalFosservarla o di modificarne la portata, senza il consentimento espresso delle altre parti contraenti.

II fondamento di codesta regola riposa sul concetto che il solenne rìcono- scimenlo di nna regola giuridica da parte degli Stati civili, che Tabbiano sta- bilita in congresso o che in seguito vi abbiano fatto adesione, deve valere ad attribuire alla regola stabilita Tautorità del Diritto positivo ed a porre quella data regola giuridica sotto la tutela collettiva degli Stati medesimi che Tab- biano proclamata. Conseguentemente uno Stato che, avendo riconosciuta Tan- torità di una data legge, si proponesse poi di non osservarla rispetto alFuno o all'altro degli Stati firmatari, non violerebbe soltanto il diritto dello Slato rispetto al quale si proponesse di compiere Ja violazione, ma violerebbe bensì il diritto di tutte le Parti firmatarie, perchò il solenne impegno di rispettare una data regola deve ritenersi preso a riguardo di tutte le parti contraenti.

La mentovata regola trovasi stabilita nella dichiarazione fatta dai plenipo- tenziari nella conferenza di Londra del 17 gennaio 1871 circa la forza obbli- gatoria dei trattati generali.

Vedi inoltre le regole circa la tutela giuridica del Diritto comune reg. 25, 28. Il discorso di Colden, voi. II, pag. 300, e la mia opera Dir. pubh. inter,, voi. I, § 57072.

13. Neirapplicare le regole di Diritto internazionale positivo non è lecito attribuirvi altro senso, che quello che risulta mani- festamente dal significato proprio delle parole, avuto riguardo alla connessione delle medesime ed alla chiara ed esplicita intenzione delle parti. Dovrà non per tanto considerarsi obbligatoria la stessa regola per i casi analoghi.

14. Le regole di Diritto intemazionale naturale o razionale devono avere la stessa autorità imperativa che i principii della giustizia naturale. Non potrà reputarsi quindi in balìa ed arbìtrio di ciascuno Stato l'osservare o non osservare le dette regole, non potendosi nessuno sottrarre all'adempimento dei doveri di giustizia naturale.

15. Incombe sopratutto agli Stati civili di ritenere ognora obbligatoria per essi, in ogni rapporto che concerne la società internazionale, la regola che sia la più conforme ai principii razio- nali del Diritto internazionale, avuto riguardo alle particolari cir- costanze con diligenza accertate e maturamente ponderate.

Godeste due regole mirano a prevenire il deplorevole equivoco, che cioè tutto quello che non possa reputarsi stabilito come diritto e dovere reciproco degli Stati in forza dei solenni impegni da essi assunti mediante trattati od altri- menti, debba reputarsi nel campo del loro arbitrio. Che quindi ciascuno a suo piacimento possa osservare o non osservare le regole dettate dalla giustizia

102 Principìi fondamentali

natu/ale, e che Tosser^anza delle medesime (quando aYTenga) passa reputarsi come UQ atto di cortesia {Comitaa gentium).

Sa tale inesatto concetto si sono fondati alcuni scrittori per sostenere, che quando manca un trattato generale o particolare, che è senza dubbio il titolo giurìdico perfetto da cui deriva il diritto e il dovere giuridico reciproco di esi- gere l'osservanza delle regole stipulate, ciascuno Stato possa a piaci memo rispettare o non rispettare il Diritto internazionale, e che il rispettarlo debba reputarsi come suggerito dalla eomitas gentium. Vedi in questo senso Foelix» Traile de Dr. int. prive, chap. 3. n. 9, 11, v. I.

Accolgono lo stesso erroneo concetto tutti gli scrittori, che nel determinare i diritti ed i doveri internazionali degli Stati fanno una distinzione tra i diritti perfetti e i diritti imperfetti, e che considerano come diritto perfetto quello che si fonda sulla legge, e quello poi a cui uno Stato non sia obbligato per trattato, dicono che trovasi nel campo della libertà, e lo reputano come materia della comitas. Vedi Travers Twiss, The law of nation9f Part. ]\ chap. I, § 13.

L'osservanza dei precetti della giustizia naturale non può reputarsi nel campo vero e proprio deirarbitrio, può ammettersi che sia in balia di ciascuno il rispettare o non rispettare i precetti della giustizia naturale. Incombe così agli individui come agli Stati di riconoscere la loro autorità e la loro forza obbli- gatoria, e l'osservanza dei medesimi non è un atto di cortesia, ma un dovere giuridico naturale.

L'obbligazione di rispettare i principii del Diritto internazionalei tanto nei loro rapporti reciproci che nei loro rapporti cogli altri Stati, trovasi stabilita dalle cinque grandi Potenze europee nel Congresso di Aquisgrana, colla dichia- razione del 15 novembre 1818, che suona così: * Les Souverains, en formant

* cette union auguste, ont regardé comme la base fondamentale leur invariabie

* résolution de ne jamais s'écarter ni entre euz ni dans leurs relations avec '^ d'autres États, de l'observatìon la plus stricte des principes du Droit dee gens,

* principes qui, dans leur application à un état de paix permanent, peuvent ' seuls garantir effìcacement l'indépendance dexbaquc guuvernement et la sta-

* bìlité de l'association generale ,.

Della ^ comitas gentium

»•

16. Può ritenersi fondata sulla comitas gentium ogni regola che non sia stabilita dal Diritto internazionale positivo comune, convenzionale o particolare, e che non derivi dai principii della giustizia naturale, ma che consista neiradempimento di certi usi conformi alle reciproche utilità degli Stati, ed ai loro amichevoli rapporti, sempre che essi non siano in opposizione col Diritto internazionale.

17. Ogni Stato che {oh comitatem) abbia volontariamente osser- vato certe norme di condotta rispetto ad un altro Stato, può esi- gere che* questi osservi la regola delle reciprocità nelle stesse

Frineipii fondamentali ^^

circostanze. Esso però non può accampare un diritto perCetto a riguardo di ciò.

18. Incombe agli Stati di farsi, durante la pace, il massimo bene, senza nuocere ai loro interessi: di aiutarsi con reciproca benevolenza, e di cooperare ad accrescere le utilità generali ogni qual volta che ciò possa essere fatto, senza arrecare alcun nocu- mento diretto o indiretto alla prosperità del popolo.

19. Dovrà ritenersi ognora obbligatorio fra gli Stati civili {ob comitatem) Tadempimento d'ogni dovere che possa ritenersi fon- dato sui principii della morale sociale. Esso deve però reputarsi ognora un obbligo morale.

Le regole sopra stabilite mirano a determinare la cerchia, dentro la quale deve valere tra gli Stati la comitas gentium. Oltre i doveri giuridici che hanno per base il diritto positivo, ed i doveri naturali che hanno per base i precetti della giustizia naturale, in forza dei quali uno può esigere da un altro che esso faccia o non faccia, dia o presti una determinata cosa, che ò Tobbietto deirobbli- gazione naturale, vi sono pure tra gli Stati doveri morali ed altri fondati sulle reciproche utilità. D precetto di Ulpiano, honetie invere, che stabilisce la base ra- zionale dell*equilibrio di tutte le attività, deve valere sia a riguardo degrindividui che a riguardo degli Stati. I doveri che derivano dalla morale sono più estesi di quelli che derivano dalla legge e dal Diritto naturale. Non omne quod licet hone- 8tum est. L. 144, Dig. 50, 17.* Si le Droit a le méme centre que la morale, il n'a pas la m6me circonférence. Bentham, Tratte de lég, eiv, et pén,, T. I, eh. XII, p. 93,

L'adempimento di cotesti doveri può essere compreso più o meno largamente, secondo che più o meno largamente s'intendono i principii della morale sociale. La civiltà e la cultura tendono ad allargarne la portata. Tali sono ì doveri di reciproca assistenza in caso dlndigenza e di pubbliche calamità : il dovere di mutuo soccorso e gli altri ai quali si riferiscono le regole del tit. IX, lib. I.

Vi sono altri doveri che derivano dalla reciproca utilità, essi trovano la loro base sugli usi intemazionali. Questi non hanno forza giuridica obbligatoria, così come Tha la consuetudine intemazionale: però l'osservanza degli usi si impone in considerazione dell'utilità che può ricavare ogni Stato che li osservi dall'osservanza degli stessi usi da parte degli altri, e per prevenire una ritor- sione o per non vedere sospendere quei dati usi, che si abbia interesse di con- servare, o a fine di evitare che la sospensione un uso potesse essere interpre- tata come una manifestazione ostile verso una nazione amica. Tali sono, a modo d'esempio, gli usi che si osservano nelle visite che si fanno ai sovrani, nel ricevimento degli agenti diplomatici e via dicendo : gli usi relativi all'approdo ed alla visita dei vapori postali e via dicendo.

Altre regole di condotta sono fondate sul cerimoniale diplomatico, e le regole che in virtù di esso sono dichiarate reciprocamente obbligatorie, hanno la stessa forza che la civiltà attribuisce alle regole di cortesia.

20. Nessuno Stato può costringere un altro ad osservare le regole della comitas gentium, Tuno può considerare la non

*^* PrincipU fondamentali

osservanza da parte dell'altro come ingiuriosa ed ostile. Tale fatto legittimerà soltanto la ritorsione.

Impero e portata del Diritto internazionale.

m

21. Il Diritto internazionale dev'essere considerato come leppo comune del genere umano e deve mirare all'organizzazione giu- ridica dell'umanità.

Il genere umano è il termine collettivo che abbraccia e comprende tutU gli enti isolatamente presi o congiunti tra loro,- i quali vìvono nella società delle società che dicesi umanità.

Nessuno degli enti umani, siano essi enti individui, come è Tuomo; siano essi enti morali (quelli cioè che risultano da un numero più o meno grande di uomini congiunti tra loro da una causa, da un fine o da una ragione comune), può trovarsi fuori della comunione giuridica, che ha per base la natura umana e che deve comprendere ed abbracciare tutti gli enti, che hanno natura e con- dizione umana.

Gli Stati, trovandosi in rapporti di fatto, sentono a preferenza la necessità di stabilire fra di loro una comunione giuridica, questa deve però abbracciare anche i rapporti che intercedono tra le aggregazioni di uomini, qualunque sia la causa e la ragione del loro congiungimento, in quello che tali rapporti pos- sono interessare Tordinamento giuridico della società delle società, vale a dire deirumanità. La civiltà ed il commercio tendono ad allargare incessantemente i rapporti di fatto tra tutti coloro che abitano le diverse parti del mondo, ed a rivendicare a riguardo di tutti gli uomini il rispetto dei diritti che spettano alla natura umana come tale. L'organamento giuridico d'ogni forma di atti- vità, che può interessare il genere umano, questa deve essere l'ultima mèta del Diritto internazionale.

22. Il Diritto internazionale sarà applicato a tutti gli Stati che si trovino in attuale società di fatto, qualunque sia la loro costituzione politica e la loro confessione religiosa: a tutti gli uomini, qualunque sia la loro razza e la diversità del loro colore : a tutti i rapporti che vengano a nascere in qualunque parte del mondo, sempre che essi, per la loro natura e per il loro sviluppo, interessino la società internazionale e che possano cadere sotto l'impero della legge che deve governarla.

Gli Stati, non potendo nessuno di essi vivere nella condizione desolamento, si trovano necessariamente in rapporto ed in società di fatto, lo che rende indispensabile di riconoscere e di stabilire a riguardo di essi sopratutto la comunione giuridica, senza della quale la loro società di fatto non potrebbe sussistere, mantenersi e prosperare.

Vi sono per altro rapporti che intercedono tra uomini abitanti le diverse

Prineipii fondamentali 105

regioni del mondo, qnalnnque aia la loro orìgine, e tra le aggregazioni di uomini, qualunque sia la causa del loro congiungimento, i quali interessano o possono interessare Tordinamento giurìdico della società delle società, e codesti rap- porti devonsi pure ritenere compresi nella comunione giurìdica deirumanitlu Nei tempi antichi la comìinione giurìdica non fu ammessa tra le genti che non appartenevano alla stessa patrìa o che non professavano la medesima fede (Vedi Jntrod., n* 3). Il Diritto intemazionale fu quindi limitato agli Stati crì- stiani. Fu dopo il Congresso di Westfalia che esso fu reputato applicabile a tutti i popoli senza considerazione della loro confessione religiosa. In seguito esso fa considerato come il diritto esclusivo degli Stati civili e denominato Diritto intemazionale europeo. Oggi nessuno degli Stati delPAsia, deir Africa e delle altre regioni del mondo, è reputato fuori della comunione giuridica, e conseguentemente il Diritto internazionale (salvo le limitazioni ammesse per le sue applicazioni in considerazione delle condizioni storiche e morali delle genti, alle quali va applicato) ha esteso il suo impero rispetto a tutte le genti che abitano le diverse regioni del mondo, ed ha acquistato il suo carattere vero, quello cioè di Diritto delFumanità o Diritto del genere umano.

23. Il dominio pieno ed intero del Diritto internazionale sulla base della perfetta eguaglianza giuridica dovrà di fatto rite- nersi limitato a quegli Stati presso i quali, in considerazione della loro cultura e civiltà, devono reputarsi sviluppati i prineipii giu- ridici fondamentali, che sono indispensabili ad effettuare tra di essi la comunità di diritto.

24. ,Uno Stato, il quale, o per la mancanza di cultura o di pregiudizi tradizionali, o per la sua costituzione politica, o per gli usi e credenze religiose, non si trovi in condizioni tali da potere garentire il rispetto e l'osservanza del Diritto intemazionale, non potrà domandarne l'applicazione con perfetta eguaglianza, fino a tanto che esso non abbia mutato l'ordinamento interno siffatta- mente da poter essere reputato in grado di mantenere e tutelare il rispetto delle regole di Diritto intemazionale e di poter dare suf- ficiente garanzia per questo.

Nessuno può disconoscere che sono notabili le gradazioni di cultura nei vari paesi del mondo, dal che proviene che manchi di fatto la comunione giuridica completa fra tutte le genti che fanno parte del genere umano. Aggiungiamo che cotesta comunione non potrà mai essere effettuata in modo eguale ed uni- forme rispetto a tutti, perchè mai potrà arrivare il tempo, in cui la civiltà e la cultura siano diffuse in modo uniforme in tutte le regioni del mondo. La storia ci ammaestra e ci insegna, che la civiltà descrive pure le sue parabole, che il nostro Vico espose nei suoi profondi studi sul corso e ricorso delle nazioni. Da questo ne consegue, che la comunione'giuridica può di fatto rite- nersi completa rispetto a certi paesi che si trovano a un certo livello di cui- tura e di civiltà, e che deve invece ritenersi di fatto limitata rispetto agli altri

Iw Principi i fondamentali

che non sono tuttora pervenuti a quel certo livello di coltura e di civiltà. È però un fatto che, siccome si allarga la base dei reciproci bisogni economici e 4;ommerciali tra i popoli che abitano le diverse regioni del mondo, così si allarga il campo della loro comunità e si estende altresì la portata del Diritto inter- nazionale.

25. Incombe agli Stati civili di favorire lo sviluppo a grado a grado delFimpero del Diritto intemazionale in tutte le regioni del mondo, assoggettando ad esso i rapporti che si vanno a mano a mano stabilendo tra i popoli civili e gl'incivili.

Tutela giuridica del Diritto internazionale.

26. Il Diritto intemazionale deve essere reputato sotto la protezione giuridica e la tutela collettiva degli Stati, che vivono in società di fatto. Incombe ai medesimi di assicurarne il rispetto e di ripristinarne l'autorità in caso di arbitraria violazione, coi mezzi legali di procedura che saranno stabiliti al Libro IV.

27. Alla tutela del Diritto particolare potranno provvedere le parti medesime, che lo avranno stabilito, mediante le procedure legali concordate, purché queste siano permesse secondo il Diritlo internazionale, o non siano in contraddizione con esso.

28. L'osservanza delle regole fondate sulla comitas gentium non può essere assicurata mediante qualche procedimento legale. Può però essere biasimato uno Stato che senza giustificate ragioni non le abbia osservate.

29. Incombe agli Stati civili di provvedere ad assicurare il rispetto del Diritto internazionale ed a ripristinarne l'autorità in caso d'arbitraria violazione, mediante istituzioni giuridiche adatte e che mirino ad evitare fra di loro la necessità della guerra.

Le reg;ole proposte mirano a stabilire in massima come debba essere prov veduto alla sanzione del Diritto internazionale a fine di assicurarne il rispetto e di provvedere a ripristinarne Tautorità in caso di violazione. Àgli Stati in- combe il dovere solidale di prevenire ed impedire la violazione del Diritto internazionale, e le regole relative trovansi esposte al titolo IX del Libro L l metodi poi che devono reputarsi adatti per ripristinare Tautorità del Diritto, e le regole concrete relative al procedimento che potrà reputarsi efficace a coDset?uìre lo scopo, saranno determinati ed esposti al Libro IV, che a tale materia si riferisce.

Frincipii fondamentali 107

La scienza del Diritto intemazionale.

30. La scienza del Diritto internazionale è quella che, stu- diando la natura dei rapporti che derivano dalla coesistenza degli Stati e dai fatti che possono interessare la società internazionale,

ricerca, determina e formula le regole giuridiche le più adatte a governarli.

31. Incombe allo scienziato di procedere con metodo filo- sofico storico e di giovarsi dell'induzione e della deduzione per trovare nell'ordinamento giuridico del passato e del presente Tad- dentellato dei progressi futuri del Diritto internazionale.

108 Libro I. - Delie persone

LIBRO I.

DELLE PERSONE

E DEGLI ENTI SOGGETTI AL DIFUTTO INTERNAZIONALE

PARTE GENERALE.

DIRITTI INTERNAZIONALI DELLE PERSONE E DEGLI ENTI.

9.

A chi possa essere attribuito il carattere di persona.

32. Deve reputarsi persona della società internazionate ogni ente che ha l'individualità Jwre suo ed indipendente dal Diritto territoriale: una sfera di azione che può estendersi in tutte le regioni dell'universo, e la capacità di essere soggetto al Diritto internazionale.

33. Ogni persona della società internazionale che esiste jure suo, deve riconoscere nelle sue relazioni colle altre l'autorità del Diritto internazionale, che deve governare l'acquisto e l'esercizio dei diritti internazionali e l'adempimento delle reciproche obbli- gazioni giuridiche.

Lo Stato è persona.

34. Lo Stato è di pieno diritto persona della magna civitas, e deve ritenersi naturalmente soggetto al Diritto internazionale, e dotato della capacità nelle sue relazioni cogli altri Stati d'acqui- stare e di esercitare i diritti internazionali che a lui appartengono come Stato ed adempiere le proprie obbligazioni giuridiche.

Parte generali lOO

36. Dev'essere riputato Stato la società politica formata da una considerevole moltitudine di uomini, abitanti un determinato territorio e subordinati alla suprema potestà del sovrano, il quale abbia il potere ed i mezzi adatti a mantenere, mediante la legge, l'ordinamento politico dell'associazione, e a tutelare il diritto dei consociati, e capace di assumere la responsabilità dei propri atti nelle sue relazioni internazionali.

Li uomo e la Chiesa sono persone della società internazionale.

36. Devono reputarsi altresì come persone della magna civitas l'uomo e la Chiesa.

37. S'intende per Chiesa una considerevole moltitudine di uomini sparsi nelle diverse regioni del mondo e spontaneamente e liberamente uniti in consorzio religioso dal vincolo della fede comune, sotto la suprema autorità di un capo, che mantenga la unità del dogma e della credenza rispetto a tutti, e che provveda al governo dell'associazione senza mezzi coercitivi.

La condizione sostanziale affinchè un ente possa essere reputato persona è questa, che cioè esso abbia VìndìvidnsAìik jure suo: e volontà, libertà e capa- cità di avere rapporti o relazioni giuridiche cogli altri enti, che fanno parte della medesima società.

Lo Stato ha rindividualità jure suo, che proviene dalla sua costituzione poli- tica come Stato, ed ognuno ammette che debba essere reputato come persona della magna civitas. Anzi Taforìsmo accettato dalla generalità si è che lo Stato soltanto possa essere considerato come persona della magna civitas.

Un primo ostacolo s'incontra neiram mettere che Tuomo possa essere repu- tato persona di fronte al Diritto internazionale. Tale ostacolo si spiega per altro se si consideri, che per ammettere il concetto che Tuomo è persona o soggetto di diritto jure suo di fronte al Diritto pubblico interno occorse prima tutta la evoluzione, da cui nacque poi la rivoluzione fatta per rivendicare i diritti deiruomo di fronte al potere onnipotente dello Stato.

Mettendo da parte Taforismo e spingendo lo sguardo addentro si deve ammet- tere che Tuomo sia naturalmente persona di fronte al Diritto civile, di fronte al Diritto pubblico, e altresì di fronte al Diritto internazionale. Dovrebbe infatti ognuno attentamente considerare che dal momento che Tuomo esiste, egli esiste come individuo dotato di libertà e di attività e capace di entrare in rapporti non soltanto cogli altri uomini, e col Governo del paese cui egli appartiene come cittadino, ma bensì cogli uomini e coi Governi dei paesi stranieri. La sua attività può infatti esplicarsi senza limitazioni territoriali.

Ora non si può al certo sostenere che Tuomo, in tutte le forme di rapporti

1 10 Libro L Delle persone

nazionali e internazionali, non debba essere reputato sempre come soggetto di diritti. Bisogna conseguentemente ammettere, che TindiTìduo, il quale abbia natura umana dev'essere reputato come persona di fronte al Diritto intemazio- nale, essendoché esso nelle relazioni internazionali è sempre soggetto di diritto.

Dicendo che l'uomo sia persona di fronte al Diritto intemazionale, non si intende al certo di dire che esso sia persona così come è persona lo Stato, o che esso possa acquistare ed esercitare nella società internazionale i diritti che appartengono allo Stato o assumere e mantenere le obbligazioni ginri- <iiche internazionali così come lo Stato può fare. É persona lo Stato ed è persona Tuomo di fronte al Diritto internazionale; ma siccome altra cosa è la personalità dello Stato e ben altra cosa è la personalità dell'uomo, cosi i diritti internazionali che appartengono all'uno e all'altro e che riposano sulla base della loro natura e della loro personalità, sono distinti e diversi.

Nessuno può negare che all'uomo debbano essere attribuiti certi diritti che trovano per base la natura umana e che devono reputarsi indipendenti dalla fiua condizione di cittadino di uno Stato determinato. Nessuno conseguente- mente deve disconoscere che l'uomo deve essere reputato soggetto rispetto a tutti quei diritti, che trovano per base la natura umana, e siccome rispetto ad «ssi deve essere reputato soggetto senza limitazioni territoriali, così riesce chiaro che l'uomo pure deve essere reputato persona della magna eivUas.

Maggiore resistenza s'incontra nell'ammettere che la Chiesa possa essere considerata come persona della magna civitas. Il nostro concetto, che meglio sarà determinato in seguito, può ingenerare una deplorevole confusione se uno non si ponga bene in mente quale sia giustamente ed esattamente la nozione della personalità che s'intende attribuire alla Chiesa. Dicendo noi che ò per- sona la Chiesa e che è persona lo Stato, non intendiamo dire che vi sia o che vi possa essere qualche cosa di comune fra l'una e l'altro rispetto alla propria cerchia giuridica ed alla capacità che all'una e all'altro può essere attribuita. Niente affatto. Diciamo bensì che essa è persona di fronte al Diritto inter- nazionale nel senso cioè che, siccome essa è un'istituzione che esiste Jur^ suo ed indipendentemente dal Diritto territoriale: che ha come tale la propria individualità ed una sfera di attività che non può essere ristretta in una deter- * minata regione, ma che può estendersi bensì in ogni parte del mondo, così deve ritenersi jure suo soggetta al Diritto internazionale e capace nelle sue relazioni cogli Stati di acquistare ed esercitare i diritti internazionali che ad essa appartengono come consorzio di uomini associati dalla stessa credenza reli- giosa. Cotesti diritti sono determinati alla reg. 57 e al titolo XI, Parte speciale, di questo libro.

11 giusto concetto è stato alterato e frainteso da coloro che ci hanno voluto attribuire un'opinione che non abbiamo mai sostenuta, che cioè la Chiesa debba essere reputata jure suo una persona giuridica internazionale. U profes- sore Scaduto ha falsato il nostro concetto fondandosi su tale deplorevole eqoi* voco, e non ha avvertito che abbiamo sempre ed espressamente sostenuto che nessuna Chiesa, compresa la Cattolica, può essere reputata come persona giuridica, vale a dire colla capacità di esercitare diritti patrimoniali, se tale capacità non venga ad essa attribuita dal sovrano dello Stato ed in forza del Diritto territoriale. Vedi la nota alla regola 31 della 1* edizione Diritto intema- zionale codif., le regole 441, 442, 456, 464, 465 e 466, ivi Diritto intemazionale pubblico^ 3* ediz., voi. I, Dei diritti e dei doveri intemazionali detta Chiesa I 691. Vedi in seguito regole e note ai titoloni del presente volu me.

Parte generaU 111

Enti mm'ali che sono peìsone.

38. La . condizione di persona può essere attribuita a certi enli morali costituiti per determinati fini d'interesse internazio- nale ogniqualvolta che la capacità per l'acquisto e l'esercizio di certi diritti sia stata attribuita ad essi per effettuare le fina- lità d'interesse internazionale per le quali tali enti siano stati costituiti.

39. La personalità internazionale di taK enti non può esi- stere che in forza del riconoscimento degli Stati e non potrà esplicarsi che a riguardo di quegli Stati soltanto che l'avessero riconosciuta.

Non mancano esempi di casi, nei quali la capacità ad esercitare certi diritti internazionali è stata attribuita a certi enti in forza del consenso degli Stati. Ne porge un esempio la Confederazione germanica ed un altro TAssociazione intemazionale del Congo, la quale venne riconosciuta dairAustria-Ungheria, dal Belgio, dalla Danimarca, dalla Francia, dalla Germania, dalla Gran Bret- tagna, dair Italia, dai Paesi Bassi, dal Portogallo, dalla Russia, dalla Spagna, dagli Stati Uniti del Nord, dalla Svezia e Norvegia. (Vedi Nouveau recueil ge- neral de Traités - eontinuati&n de Martens, par Julea Hopf; 2°** sèrie, t. X, 1885; e 1* importante opera del Gatellani : Le coionie e la Conferenza di Berlino, cap. VlIIy Associazione intemazionale del Congo, pag. 499.)

Enti soggetti al Diritto intemazionale.

40. Devono reputarsi sommessi al Diritto internazionale gli enti formati dall'unione di uomini congiunti da una causa, da una ragione o da un fine comune in quello che nell'esercizio dei loro diritti o nello sviluppo della loro attività interessino la società internazionale. Tali sono:

a) Il Popolo.

b) La Nazione.

e) Le genti incivili.

41. Il Popolo è una congregazione di uomini abitanti la medesima regione, uniti in vincolo comune dalla comunanza di aspirazione e d'interessi economici, politici e sociali.

42. La Nazione è un aggregato di uomini aventi la mede- sima origine e la medesima schiatta, parlanti la medesima lìngua.

Il* Libro L ' Delle persane

abitanti la stessa regione e uniti in vincolo comune dalla comu- nanza di tradizioni, di aspirazioni, di affetti, di tendenze morali, uniformi e costanti.

43. Gente dinota una congregazione di uomini formata da più famiglie e mancante di qualsiasi forma di organizzazione politica.

Condizione giuridica del popolo^ della nazione.

44. II popolo e la nazione non possono essere reputati di per se stessi come persone della magna civitas e non possono vantare la capacità di esercitare i diritti e di assumere le obbliga- zioni internazionali spettanti agli Stati che allorquando essi siano politicamente organizzati e costituiti come tali. Però nell'esercizio dei diritti che trovano per base la natura umana e che possono mteressare la società internazionale devono rimanere soggetti al Diritto intemazionale.

U carattere distintivo della persona è Tindividualità , ed il requisito carat- teristico della personalità internazionale si è quello deirindividualità indipen- dente dal diritto territoriale ed una sfera di attività che non può essere cir- coscritta dentro confini territoriali. Noi neghiamo quindi il carattere di persona internazionale al popolo ed alla nazione, perchè all'uno e all'altra manca il requisito della individualità, vincolo della comunione idoneo a fare di un aggregato di uomini un popolo o una nazione non è sufficiente a dare allo aggregato stesso la propria individualità, se non che quando gli uomini aggre- gati dal vincolo comune abbiano reso effettivo il loro congiungimento, dando a se medesimi una determinata costituzione politica, vale a dire costituendo un Governo che personifichi e rappresenti il principio della loro unità. Fino a tanto che il popolo o la nazione non arrivino a tale risultato finale si deve ritenere che essi si trovino nel momento di evoluzione per divenire persona; per lo che essi si devono pure reputare dotati di certi diritti, che trovano illoio fondamento nella natura umana, e che ad essi appartengono secondo il Diritto internazionale. In sostanza essi non sono effettivamente persone, ma (mi si faccia buona Tespressione) sono persone in fieri, sono persone nel divenire. Il Diritto civile considera come soggetto di diritto anche il nascituro. 11 popolo e la nazione di fronte al Diritto internazionale noi lo concepiamo come il nasci- turo di fronte al Diritto civile.

45. I diritti internazionali del popolo e delle nazioni sono da considerarsi come indipendenti e distinti da quelli che spet- tano allo Stato.

Parte generàlt 113

Condizione delle genti incivili.

46. Le genti nomadi, anche quando riconoscano Tautorìtà di un capo, non possono de jure essere reputate come persone della magna civUas; però, a riguardo di quei rapporti di fatto che vengono a stabilirsi tra di loro e gli Stati legalmente costituiti, possono invocare Tapplicazione del Diritto internazionale, in certo modo analogo agli Stati e limitatamente ai rapporti suddetti.

47. Le genti incivili, qualunque sia il grado di loro cultura e mancanti di qualsisia forma di organizzazione politica, che vivono alla loro maniera sul territorio da esse occupato, devono ritenersi soggette al Diritto intemazionale, in quello che esso tutela i diritti della personalità umana.

Applicando ijnesta regola» bisogna ammettere che le genti, che occupano certe regioni, come i pastori arabi, consacrati alla coltivazione della terra ed airesercizio della caccia, non possano essere trattati con ingiustizia e spogliati dei loro dominii con crudeltà. 11 Diritto internazionale dev^essere bensì applicato ad essi come consiglia la giustizia naturale ed osservando i doveri generali che derivano dall*obbligo di rispettare i diritti deiruomo e della personalità umana.

Condizione delle persone giuridiche.

48. Gli enti collettivi a cui la legge d'uno Stato attribuisca la personalità e la capacità ad esercitare certi diritti, anche quando, avuto riguardo alla loro natura, potessero avere una sfera d'azione nei paesi stranieri, non possono essere reputati come soggetti di Diritto fuori dello Stato che li abbia istituiti, che sotto la condi- zione del previo riconoscimento da parte della sovranità straniera e soltanto rispetto a ciascuno degli Stati che li abbia riconosciuti.

Questa regola si applica alle persone giuridiche propriamente dette, che con- sistono in qualsisia forma di aggregazione di uomini, di beni o di diritti, a cui il sovrano di uno Stato abbia attribuita la personalità e la capacità di eser- citare quei diritti, che siano reputati idonei ad effettuare le finalità di pub- blica utilità, p<gr le quali la personalità giurìdica sia stata attribuita aU*aggre- gazione suddetta. Anche quando per effettuare le finalità, in considerazione delle quali la personalità sia attribuita agli enti collettivi, possa reputarsi indi- spensabile 0 per lo meno dUnteresse generale, che essi allarghino la loro sfera di azione nei paesi stranieri, non si può sostenere che ciò possa essere ammesso senza la previa antorizzazione della pubblica potestà dello Stato straniero, data

8 Fiori, Dir. intertt. codif.

ill4 Lihrv L - DéUt persone

colla forma del riconoscimento o altrimenti. Quello che abbiamo detto della nazione, del popola e delle genti non si può applicare agli enti collettivi o persone giuridiche. I primi è vero che non hanno la propria individualità, però il vincolo d'unione trova per base la natura umana e come causa effi* ciente i fattori naturali. Rispetto ai secondi invece il vincolo d*unione pro- viene dalla loro finalità, in considerazione della quale la sovranità abbia attri- buito ad essi la capacilà di essere soggetti di Diritto, ogni qual volta che ha ritenuto la loro finalità di pubblica utilità. Deve quindi riuscire evidente che essi non possono de jure allargare la loro sfera di azione nei paesi stranieri senza il previo riconoscimento o la previa autorizzazione della pubblica potestà del medesimo. Gonf. le nostre opere : Dir. intern, priv,^ 3' ediz., voi. I, parte speciale, cap. Il* Coneultazi&né suUa controversia tra la Oreeia e la Romania. Successione Zappa, Delia personalità giuridica dei corpi morali p estratto dalla Giurisprudenza italiana, voi. XLVI-XLVIL

Diritti internazionali dello Stato.

49. Ogni Stato, nelle sue relazioni cogli altri Stati, deve ritenersi legalmente costituito ogni qual volta che esso abbia una qualsisia forma di costituzione politica ed un Governo idoneo a mantenere le relazioni esteriori cogli altri Governi e ad assumere la responsabilità dei proprii atti.

50. La personalità dello Stato deve reputarsi integra, e la continuità della sua esistenza come se non fosse stata mai rotta, finché non accada ch'esso perda i requisiti sostanziali alla sua esistenza come corpo politico.

Il mutamento e la diminuzione della popolazione e dei posse* dimenti territoriali non modificano la personalità dello Stato.

61. Ogni Stato legalmente costituito dev'essere considerato persona della società internazionale, indipendentemente dalla formalità del riconoscimento, e capace di esercitare de Jure quei diritti che devono essere reputati suoi diritti internazionali fon- damentali, e di assumere obbligazioni internazionali nelle sue rela- zioni cogli altri Stati.

Dal momento in cui lo Stato è costituito, esiste come persona jure mo, e deve reputarsi investito di tutti quei diritti che devono essere considerati come suoi diritti fondamentali, vale a dire di quelli ohe, avulo rigfuardo alla natura di esso Stato come istituzione, si debbono considerare indispensabili affìnchè esso posna effettuare le finalità dMnteresse sociale per le quali è costi- tuito. Il riconoscimento da parte degli Stati stranieri non può reputarsi a ciò richiesto. Ogni Stato può liberamente stabilire o non stabilire rapporti eoa

Pa r/v^ {lenerah 115

uno Stato straniero, ma non può a suo piacimento ed arbitrio ammettara o non ammettere che lo Stato straniero sia una persona della magna civitaa e colla naturale capacità di esercitare quei diritti che devono essere considerati appartenenti a lui jure proprio come persona. Conseguentemente i rapporti di fatto tra uno Stato ed un altro devono ognora reputarsi sommessi al Diritto internazionale indipendentemente dal riconoscimento. (Vedi i miei scritti Con- suìtazìoné sulla coniroarBia tra la Grecia e la Romania^ Successione Zappa, Della personalità giuridica dei corpi morali e della personalità giuridica dello Stato alVinterno e altestero)

52. Ogni Stato che sia entrato in rapporti con un altro Stato, deve ritenersi ipso jure ipsoque facto ammesso ad esercitare ogni diritto fondamentale che spetta jure proprio allo Stato come tale e senza che occorra per questo alcun atto di pubblico supremo potere.

63. Le limitazioni relative all'esercizio dei diritti internazio- nali spettanti jure proprio ad ogni Stato non possono ammettersi per analogia o per induzione, ma devono risultare espressamente o dai solenni trattati generali o dai trattati speciali conclusi fra i due Stati per reprolare lo stabilimento delle loro relazioni diplo- matiche o dalla legge costituzionale dei rispettivi paesi.

In massima bisogna ritenere che siccome lo Stato non può mancare dei propri diritti fondamentali per potere esistere come tale nelle sue relazioni di fatto con un altro Stato, così possa vantare il godimento dei propri diritti fon- <ìamenta]i senza riserva.

54. Sono diritti fondamentali dello Stato quelli che si deb- bono considerare indispensabili affinchè esso possa sussistere giu- ritlicamente ed avere i suoi caratteri distintivi come Stato.

55. I diritti fondamentali devono essere reputati assoluti, inalienabili ed intangibili, ed essi sono:

a) il diritto di autonomia, d'indipendenza e di libertà;

b) il diritto di eguaglianza; ^

e) il diritto d'imperio e di giurisdizione; d) il diritto di rappresentanza.

Diritti internazionali deìViwmo.

56. I diritti internazionali dell'uomo sono quelli che appar- tengono a ciascuno come uomo, e non come cittadino di un

116 Libro L - Delle persone

determinato Stato. Questi sono i dirftti della personalità umana secondo il Diritto internazionale.

57. Saranno principalmente reputati diritti internazionali dell'uomo :

a) il diritto d'inviolabilità e di libertà personale;

b) il diritto di eliggere la cittadinanza di uno Stato, di rinun- ziare a quella acquistata e di sceglierne un'altra;

e) il diritto di emigrare;

d) il diritto di libera attività e di commercio internazionale;

e) il diritto di proprietà;

f) il diritto di libertà di coscienza.

Diritti internazionali della Chiesa.

58. I diritti internazionali di ogni Chiesa sono quelli che ad essa appartengono come consorzio religioso e come istituzione pubblica universale.

Questi sono: a) libertà della sua costituzione e della sua organizzazione in ogni regione del mondo;

b) libero governo nella cerchia determinata dalla finalità di essa come istituzione spirituale ;

e) libera comunicazione del capo di essa con tutto il sacer- dozio e coi fedeli.

69. Nessuna Chiesa potrà pretendere di essere considerata come persona giuridica ed esercitare diritti patrimoniali o tem- porali, se non quando tale capacità sia stata ad essa attribuita e riconosciuta dal sovrano dello Stato e colle limitazioni stabi- lite in forza della legge di ciascun paese.

60. Nessuna Chiesa potrà pretendere di essere assimilata ad uno Stato ed esercitare i diritti internazionali che ad esso spet- tano e neanche pretendere che il suo capo goda dei diritti e delle prerogative che spettano al sovrano uno Stato secondo il Diritto politico ed il Diritto internazionale.

Parte generale 117

6]. Nessuna Chiesa potrà pretendere che debba reputarsi indispensabile per la sua indipendenza e per la sua libertà quaU sista base di sovranità territoriale, qualunque esercizio dei diritti della sovranità f^olitica, segnatamente quello della giurisdi- zione ordinaria in materia giudiziaria e di qualsisia altro potere temporale.

Le regole su esposte serrano ad eliminare ogni equivoco rispetto a tntto quello che concerne la condizione (purìdica della Chiesa e del Papato secondo il Diritto intemazionale. Avendo ammesso che alFuomo spettano certi diritti intemazionali, queUi cioè che trovano'per base la natura umana, ammettiamo conseguentemente che la congregazione degli uomini uniti in vincolo comune dalla medesima fede e riuniti di fatto in consorzio religioso, assume pure la condizione di soggetto del Diritto internazionale. Abbiamo però sempre e costan- temente escluso qualsisia analogia o somiglianza tra i diritti che spettano alla Chiesa e quelli che spettano allo Stato. È caduto in un deplorevole equivoco il prof. Scaduto quando ha creduto che la nostra teoria fosse conforme a quella di Corsi (?1). Questi ammette che il Papa goda nelPattualità di una vera e propria sovranità territoriale. (Vedi * La situazione attuale deUa Santa Sede nel Diritto intemazionale,, parte III, estratto dal giornale La ^^^e, fase. 22 e 23,voL 1 1886.)

Noi invece abbiamo sempre escluso qualsisia pretesa di sovranità territoriale ed abbiamo combattuto vivamente 1* equivoco della capitolazione di Roma del 20 settembre 1870, sul quale si fonda il Corsi per arrivare a conclusioni so- fitanzialmente e diametralmente opposte. (Vedi: Fiori, Dir. pubb, iniemaziofiaUf 3' ediz. 1887, voi. I, § 705 e seguenti; Dir. intem. eodif,^ 1* ediz., regola 465-466.) Bisogna supporre che il prof. Scaduto non abbia letto le mie opere o che non abbia inteso al giusto la nostra teorìa.

Diritti intemazionali del popolo e delle nazioni.

62. Ogni popolo ha il diritto di stabilire e modificare la propria costituzione politica, di costituire quel Governo che esso reputi il più adatto a tutelare i diritti degli associati e può esi- gere che al Governo da esso costituito ne' suoi rapporti cogli filtri Governi sia applicato il Diritto internazionale.

63. Un Governo costituito dal popolo in seguito ad una rivoluzione, il quale sia di fatto in possesso dei diritti di sovra- nità, dev'essere considerato rispetto a coloro che Tabbiano costi- tuito come un Governo di diritto, rispetto agli altri Governi deve ^sere considerato come un Governo di fatto e reputato nelle sue relazioni con essi come soggetto al Diritto internazionale.

^^" Libro L - DeUe persatie

64. Non lice in nome dei pretesi diritti delle dinastie regnanti o del diritto storico consacrato nei trattati limitare il diritto spet* tante alle genti di aggregarsi politicamente e di costituire il supremo I>otere del sovrano conforme ai voti della^maggioranza.

65. Gli atti del partito rivoluzionario, il quale tende a rove** sciare un Governo costituito ed a costituirne un altro, devono essere assoggettati al Diritto pubblico per tutti i rapporti airintemo, ed al Diritto intemazionale per tutti i rapporti che ne possono deri* vare all'estero.

Applicando questa regola ne consegne che durante la guerra civile il par- tito rivoluzionario che combatte contro il potere costituito, date certe circo- stanze che saranno determinate in seguito, non può essere assoggettato al Diritta penale che deve essere applicato ai ribelli, ma che deve essere assoggettato bensì al Diritto internazionale, riconoscendo ai combattenti la qualificazione dei belligeranti.

66. Il diritto spettante alle genti di costituirai a Stato deve essere massimamente protetto ogni qual volta che esso sia in una libera e spontanea manifestazione di sentimenti e tendenze nazionali.

67. Dovrà reputarsi d'interesse comune della società inter- nazionale, per rendere solido e stabile l'ordinamento giuridico della medesima, che gli Stati siano formati da genti unite in vincolo comune da caratteri nazionali.

Questa regola può valere a tutelare e sostenere i diritti delle nazionalità ed a fare ammettere che secondo il Diritto intemazionale la formazione degli Stati nazionali debba essere a preferenza favorita. prescrizione, pretesi diritti dinastici, trattati, diritti storici di qualsiasi natura dovrebbero valere a scemare il diritto spettante alle genti, che siano attratte dai fattori nazionali ad associarsi ed organizzarsi politicamente, di essere protette, e sopra- tutto poi quando esse siano assoggettate colla forza, col raggiro e coirastuzia ad un supremo potere che sia in opposizione con le loro natondi tendenze e con le loro costanti aspirazioni nazionali.

Diritti internazionali dei Corpi morali.

68. Un corpo morale, al quale sia stata attribuita )a per- sonalità e la capacità ad esercitare certi diritti civili dalla sovra* nità di uno Stato, non può pretendere di esercitare e godere in

Part$ generaU 119

paese straniero i suoi diiilti civili, vantare la capacità giuridica di obbligarsi, che sotto la condizione della previa autorizzazione espressa o tacita da parte della pubblica potestà dello Stato straniero.

69. Ogni qual volta la sovranità di uno Stato abbia rico- nosciata tacitamente o espressamente la personalità giuridica di un corpo morale straniero, ciò equivarrà a riconoscere in esso la capacità ad esercitare quei diritti civili che gli spettano secondo lo statuto personale, salvo le limitazioni sancite dalla legge ter- ritoriale e sotto le condizioni da essa legge sanzionate.

120

Libro L - Delle peraofie Parte speciale

PARTE SPECIALE.

ACQUISTO, GODIMENTO, ESERCIZIO E PERDITA DEI DIRITTI.

DOVERI INTERNAZIONALI.

TITOLO I. Della personalità.

70. Ogni Stato acquista jure suo ì diritti che gli apparten- gono come persona ogni qual volta che esso possa ritenersi le- galmente costituito {Conf. regola 35).

71. n Diritto intemazionale deve applicarsi agli Stati così come sono, e come li ha fatti la storia, e ciascuno di essi, indi- pendentemente da quanto concerne la legittimità della sua costi- tuzione politica, dev'essere reputato come persona della società intemazionale.

72. -^ La costituzione politica di uno Stato e i mutamenti della medesima devono essere considerati come fatti di Diritto pubblico interno, sempre che essi siano compiuti senza offendere il Diritto internazionale, o attentare direttamente o indirettamente all'ordi- namento giuridico della società degli Stati.

La legittima costituzione di uno Stato è una questione di Diritto costituzio- nale. Bisogna infatti decidere in conformità dei principii, che devono governare la legittimità dei potori costituiti, se una determinata costituzione politica possa o no reputarsi legittima. Il Diritto intemazionale deve favorire e proteggere la formazione degli Stati nazionali, ma non si potrebbe, neanche in nome delle volute leggi deUe nazionalità, giustificare Taggregazione e la disgregazione delle genti, avuto anche riguardo ai loro caratteri nazionali e contro la comune propria volontà ed il loro consentimento manifesto, spontaneo^e'Biiicero della loro unione politica.

Titi^o L ' Della personalità l*i

Riconoscimento di uno Stato.

73. Nessuno Stato può godere ed esercitare di fatto i suoi diritti intemazionali di fronte agli altri Stati, se non che quando sia entrato in relazione con essi, o sia stato da essi riconosciutot

Qnantanqne lo Stato debba essere reputato jure suo come persona anche ne* suoi rapporti colla società intemazionale, e come tale capace di diritti e di obbligazioni intemazionali, pur non di meno il godimento e Tesercizio effet- tivo di ogni diritto che allo Stato appartiene, devono reputarsi sempre subor- dinati alla condizione che esso sia entrato in rapporti attuali con gli altri Stati, lo che si effettua mediante il riconoscimento.

74. Il riconoscimento è necessario soltanto quando si sia formato uno Stato nuovo mediante la separazione di una parte da uno Stato antico, o mediante la riunione di più Stati che si sieno costituiti in uno Stato solo.

n riconoscimento può essere opportuno quando un nuovo ter- ritorio sia stato aggiunto ad un nuovo Stato, e s'intenda rico- noscerlo come parte integrante dei dominii di esso, o quando sia avvenuto il mutamento della costituzione politica di uno Stato.

76. Ciascun Governo ha diritto di giudicare liberamente e nella maniera la più indipendente tutte le circostanze che fac- ciano stimare opportuno il riconoscimento di uno Stato nuovo, e non è tenuto a rendere conto del suo operato agli altri Governi, i quali giudicassero intempestivo o tardivo il ricono- scimento.

76. Il riconoscimento può essere considerato in buona fede^ se sia fatto quando il nuovo organismo politico abbia acquistato una certa solidità, quando cioè non manchino ad esso il potere ed i mezzi per esercitare i diritti e le funzioni dello Stato, tute- lando l'ordine, amministrando la giustizia ed assumendo la respon- sabilità dei propri atti.

77. Si deve considerare in mala fede il riconoscimento di un nuovo Stato fatto mentre durino le ostilità e mentre continui la lotta tra l'antico Governo, che cerchi di ristabilire con la forza l'ordine di cose preesistente, ed il partito momentaneamente

122 Libro 1. - Delle persone Parte speciale

vittorioso, che non sia riuscito a costituire un Governo solido ed autorevole.

78. Il riconoscimento dev'essere limitato a quanto apparisce di fatto^ e non può valere mai ad esprìmere Tapprovazione dei mezzi che possano avere assicurato l'esito, Tapprezzamento della giustizia dei medesimi, o la legittimità del nuovo ordine di cose.

79. Il riconoscimento di un nuovo Stato da parte dei terzi Stati non può dare un giusto motivo di dolersene all'antico Stato^ potrà essere considerato come atto ostile, sempreché esso non possa per le circostanze equivalere ad un appoggio morale dato al nuovo Governo contro l'antico.

80. -- Si deve considerare come regola di saggia politica di non ritardare il riconoscimento d'ogni Stato che si sia di fatto costituito indipendente, e non può essere di ostacolo a ciò che l'antico Governo adoperi ogni mezzo per impedire ai terzi di rico- noscere il nuovo Stato e per riacquistare i possedimenti perdati.

81. Si deve reputare contro i principii del Diritto intema- zionale l'ingiustificato rifiuto di riconoscere un nuovo Stato che sia di fatto indipendente.

82. *— Un nuovo Governo il quale proclami principii sovver- sivi ed in opposizione alle leggi fondamentali del Diritto sociale o del Diritto comune intemazionale, e che attenti cosi o altrimenti alle basi della società giuridica degli Stati, non avrà alcun diritto di essere riconosciuto e di godere le prerogative che sono garan* tite dal Diritto internazionale ai poteri sovrani legalmente costituiti.

83. Il riconoscimento di un nuovo Stato da parte di un Con- gresso è decisivo a risguardo della legalità e della legittimità del nuovo ordine di cose, e deve essere reputato efficace rispetto a tutti, compreso l'antico Stato, e può aver luogo, anche quando per le circostanze possa essere valutato come un appoggio morale dato al nuovo organismo politico rispetto all'antico.

84. Lo stabilire, il mantenere o l'interrompere le relazioni con un nuovo Stato o con un nuovo Governo é un diritto che appartiene al sovrano di ciascun paese e che dev'essere da esso esercitato secondo il Diritto pubblico interno*

TUdo L - Detta personalità l^B

85. Non è necessario un atto formale pel riconoscimento un nuovo Stato o di un nuovo Governo. Ogni qual volta che le relazioni diplomatiche siano state di fatto con esso stabilite^ questo equivale al riconoscimento formale.

Possono essere diversi gli atti, mediante i quali senza il riconoscimentp for* male venga riconosciuto un nuovo Stato o un nuovo Govemo. Lo stabilimento- degli agenti consolari, la conclusione di una convenzione internazionale, Tarn* missione del nuovo Stato come tale in un trattato stipulato con altri Stati, ed altri atti somiglianti idonei a constatare lo stabilimento delle relazioni diploma- ticbe, possono equivalere alPatto formale di riconoscimento.

86. Ogni nuovo Governo, indipendentemente dal riconosci- mento, può domandare Tapplicazione del Diritto internazionale ed assumere obbligazioni internazionali rispetto agli altri Stati, coi quali esso entri di fatto in relazione {Conf. reg. 62).

87. I tribunali del paese, che non abbia riconosciuto il nuovo Stato o il nuovo Govenio, e le autorità pubbliche sono tenuti a considerare, per tutto quello che concerne i rapporti internazionali^ inalterato l'antico stato di cose, fino a tanto che non abbia avuto luogo il riconoscimento da parte del Governo del proprio paese.

Per chiarire 1* intelligenza delle due esposte regole conviene avvertire, che appena uno Stato o un Governo sia costituito, il sovrano di esso non solo deve essere reputato in possesso dei diritti sovrani airinUrno indipendentemente dal riconoscimento, ma deve essere altresì considerato come sommesso al Diritto- internazionale ne* suoi rapporti di fatto cogli altri Stati, che non lo avessero* riconosciuto. Però il Sovrano può esercitare in tutta la pienezza i diritti d> sovranità soltanto airinterno, ma non potrebbe pretendere che dovesse essere lo stesso per tutto quello che concerne Tesercizio di tali diritti nelle relazioni esteriori rispetto agli Stati che non l'avessero riconosciuto. Gli ufficiali pub* blici conseguentemente e le Corti di giustizia potrebbero disconoscere il valore degli atti del nuovo Governo fino a quando non si fosse verificato il riconosci- mento del nuovo stato di cose da parte del Governo del loro proprio paese. Laonde se il nuovo Governo avesse con nuove leggi mutato il Diritto pubblico esteriore che preesisteva, modificando ad esempio le leggi relative airestradizione dei malfattori o queUe relative alla condizione degli stranieri e via dicendo, le Corti di giustizia e le pubbliche autorità del paese, che non avesse riconosciuta il nuovo Stato, potrebbero non tener conto di dette leggi, e potrebbero invece considerare l'antico stato di cose come tuttora in vigore. Gonf. Pbilliiioiii, Inter- national Law, voi. Il, chap. iv, § 22, p. 33 ; Calvo, Droit intem., § 99 e seg.

88. Ogni nuovo Stato esercita pienamente i diritti di sovra- nità interna indipendentemente dal riconoscimento, ed incombe alle autorità ed ai tribunali stranieri riconoscerne gli effetti giuridici.

124 Libro 1. - Delle persofte Parte speciale

Il potere costituito deve reputarsi investito di ogni diritto di sovranità ainn- temo appena il popolo abbia stabilito o accettato un Governo che di fatto «Berciti i poteri sovrani, e Tesercizio di tali diritti può produrre i suoi effetti nei paesi stranieri indipendentemente dal riconoscimento.

La Corte suprema di Washington dichiarò nel 1808 che i diritti sovrani degli Stati Uniti deirAmerica del Nord dovevano essere considerati pieni ed integri dal giorno in cui essi proclamarono la loro indipendenza, cioè dal 4 luglio 1776, ed in&ipendentemente dal riconoscimento da parte deiringhilterra,che avvenne col Trattato del 1782.

La Corte di Cassazione di Torino decise con ragione che un privato che avesse pagato all'antico Governo le annualità per qualsiasi titolo dovute alla sovranità territoriale, non sarebbe validamente liberato, potrebbe addurre la mancanza di riconoscimento, e la sua buona fede, per dedurre la validità del pagamento. I diritti di sovranità intema spettano in tutta la loro pienezza ^i Governo di fatto (Cass. 1 luglio 1869. Oiuriapf faenza, 1869, 526).

Della costituzione politica dello Stato in rappoHo alla stia personalità.

89. La costituzione politica degli Stati è un fatto indiffe- rente di fronte al Diritto internazionale : lo stabilimento però del potere sovrano secondo la costituzione può determinare la per- sonalità internazionale dell'organismo politico in rapporto all'e- sercizio e godimento dei diritti internazionali.

90, Ogni qual volta che più Stati trovinsi uniti in forza di patto costituzionale, qualunque sia la forma della loro unione, devono essere reputati come una sola persona nel consorzio inter- nazionale, se per l'esercizio dei diritti intemazionali e per assu- mere obbligazioni efficaci sia costituito un potere centrale, il quale rappresenti nella società internazionale gli Stati uniti per lutto quello che concerne la tutela dei loro diritti e dei loro interessi nei rapporti cogli altri Stati.

Vi sono diverse forme di unione, di cui le principali sono lo Stato fede* j-ativo, come è quello degli Slati Uniti d'America e la Confederazione svizzera, « r Impero, che risulta da un certo numero di Stati i quali abbiano una certa indipendenza, limitata dal patto della loro unione, per tutto quello che concerne rinteresse comune. Un vero e proprio impero di Stati (Staatenreich) è quello dell'Impero germanico, il quale presenta un carattere proprio per la circostanza che manca la costituzione di un potere centrale, come si trova negli Stati fede- rativi, nei quali i poteri sovrani federali sussistono separati da quelli che appar- tengono ai sìngoli Stali confederati. Nell'Impero germanico il Re di Prussia è r Imperatore, per lo che riunisce la corona imperiale e la corona di Prussia*

Titolo I. - DeUa personalità 125

91. Non osta che, quando più Stati uniti col patto federale 0 altrimenti formano una persona sola nel consorzio internazionale, sia attribuita ai singoli Stati la capacità giuridica internazionale a riguardo di certi limitati interessi fra di loro e gli altri Stati. In questo caso però non potrebbe essere attribuita ad essi nessun'altra facoltà, che quella di esercitare diritti ed assumere obbligazioni d' interesse particolare, mediante ì trattati stipulati dentro i limiti della capa- cità giuridica ad essi attribuita secondo la legge costituzionale.

92. Quando due Stati , rimanendo ciascuno autonomo ed indipendente, siano rappresentati da una medesima persona che è sovrano dell'uno e dell'altro Stato, essi nei rapporti interna- zionali costituiscono due personalità separate e distinte.

Un esempio ne porge lo Stato del Congo e del Belgio. Vedi diversi esempi di unione personale nell'opera di Alphoksb Ritier, Brine, de Droit dea gene, tom. l**, pag. 94.

03. Quando due Stati originariamente distinti e separati siano incorporati e formino uno Stato solo, riconoscendo in forza della loro costituzione la suprema autorità dello stesso sovrano, tale forma di unione varrà ad attribuire ad essi una sola per- sonalità nei rapporti intemazionali.

Questa ò la forma di unione che dlcesi unione reale (incorporate union) e si verifica quando in virtù del patto costituzionale due o più Stati, conservando la loro propria individualità nei rapporti di diritto pubblico interno, ricono- scono il medesimo potere sovrano per tutto quello cbe concerne le relazioni internazionali di essi Stati. Un esempio ne porge il Regno unito della Gran Brettagna formato dai regni d* Inghilterra e di Scozia dopo il 1707 e dairirlanda nel 1801. L'unione tra TAustria e FUngheria ò pure considerata come unione reale; lo stesso deve dirsi deirunione tra la Svezia e la Norvegia.

Questa forma di unione ò suscettibile di diverse gradazioni e conviene rife- rirsi al patto costituzionale di unione per determinare in che gli Stati con- servino la loro propria individualità nei rapporti interni, e precisare la loro incorporazione nei rapporti internazionali. Gonfr. Rivibr, Princ. de Droit de» gene, § 21 ; Calvo, tom. 1*', § 47.

Condizione delle colonie.

94. Quando un paese trovasi di fatto sotto la dipendenza di uno Stato straniero, in guisa che esso formi una colonia del medesimo, dev'essere considerato destituito di personalità

^26 Libro L - Delle persone Parte speciale

intemazionale fino a tanto che duri effettivamente e realmente la sua dipendenza fondata sul rapporto coloniale.

96. Le colonie, qualunque sia il grado di loro indipendenza, per tutto quello che concerne Tamministrazione dei domimi coloniali e la loro capacità a fare certi determinati atti, che entrino nel dominio del Diritto intemazionale, devono essere considerate come aggregate allo Stato da cui dipendono, finché duri effettivamente la loro dipen» denza ed esse non arrivino ad emanciparsi dalla soggezione alla metropoli, costituendo un Governo autonomo ed indipendente.

La condizione giuridica delle colonie, le diverse gradazioni della loro dipendi politica, la capacità a fare certi determinati atti nei loro rapporti coi paesi stra- nieri non possono essere determinate che riferendosi alle leggi speciali emanate dallo Stato a cui la colonia appartiene e alle successive vicende che hanno potuto modificare di diritto o di fatto la condizione di ciascuna colonia. Si può soltanto stabilire in massima, che finché la dipendenza sussiste e la colonia non arrivi ad emanciparsi completamente dallo Stato dominante, la sovranità del medesimo per tutto quello che concerne le sue funzioni ed i suoi diritti, che entrano nel carni io -del Diritto internazionale, si espande nei domini coloniali, i quali devono essere di fatto considerati come possedimenti dello Statò, a cui la colonia appartiene. Vedi r importante opera del Catkllaki, Le colonie e la Conferenza di Berlino,

96. Il diritto spettante alle colonie di emanciparsi dalla loro soggezione alle metropoli e di costituire un Governo proprio ed indipendente è un diritto legìttimo, come quello spettante a ciascun popolo ed a ciascuna nazione. La lotta tra i coloni e lo Stato a cui la colonia appartiene, deve rimanere sommessa alle stesse regole della guerra civile fatta per costituire un Governo secondo la volontà della maggioranza.

Rapporto di protettorato.

97. Uno Stato che non si trovi nelle stesse condizioni di cultura e di civiltà degli Stati civili, o che per la sua debolezza non abbia mezzi sufficienti per tutelare i propri diritti, può met- tersi sotto la protezione di uno Stato più potente e consentire a <^he sia da esso rappresentato nella società internazionale e negli ^tti che cadono nel dominio del Diritto internazionale.

98. Il rapporto di protettorato non può ritenersi stabilito <:he in forza di consentimento espresso e, quando esso sussiste^

Titolo I. - Della perMìiaìità 127

la capacità giuridica dello Stato protetto, in quello che concerne Tcsercizio dei poteri sovrani nei rapporti internazionali, deve rite- nersi limitata a seconda dei patti stipulati nel trattato di protettorato

99. Ogni qual volta che in virtù dei patti stipulati nel trat- tato di protezione non solo venga tolta allo Stato protetto ogn capacità di diritto e di fatto nei rapporti internazionali, ma sia inoltre assoggettato allo Stato protettore anche neiresercizio dei poteri sovrani nei rapporti airintemo, questo costituirebbe una vera annessione sotto la forma di protettorato.

100. ^- Il protettorato, tuttoché stabilito mediante trattato, non potrà essere reputato efficace rispetto agli altri Stati, che in con- seguenza del riconoscimento del rapporto di protettorato da parte di essi.

Il rapporto di protettorato introdotto nei tempi moderni costituisce di per una vera anomalia come la guzeraineté ed il vassallaggio. In sostanza col protettorato si viene a stabilire un patto anormale tra uno Stato più forte e uno Stato debole, in virtù del quale uno garantisce alPaltro resistenza e Teser- •cizio più o meno limitato dei diritti sovrani airinterno, e Taltro consente di rimanere sommesso per tutto quello che concerne la sua vita internazionale ed i suoi atti in rapporto cogli altri Stati alla sovranità dello Stato protettore. Cosi si viene a stabilire il dualismo rispetto al potere sovrano dello Stato protetto, ammettendo che esso possa essere sovrano sotto certo rispetto, e non sovrano e subordinato alla sovranità straniera sotto un altro rispetto. Siccome la sovranità tende naturalmente alFunità ed esclude conseguentemente il dualismo, così deve riuscire evidente, che il rapporto di protettorato non può sussistere a tempo inde- finito, ma che deve invece ritenersi destinato a sparire o colla completa incorpo- razione dello Stato protetto o colla sua emancipazione dallo Stato protettore.

101. La condizione giuridica derivante dal protettorato deve reputarsi eccezionale e può essere equiparata a quella d'^in minore sotto tutela o di una persona alieni juris per difetto di capacità, e può sussistere fino a tanto che sussistono le circostanze che lo abbiano motivato.

Lo Stato protettore non può, in forza del patto di protettorato stabilito ed accettato, vantare il diritto assoluto di costringere colla forza lo Stato protetto a rimanere soggetto alla sua protezione.

102. Ogni forma di lotta, anche a mano armata, tra lo Stato protetto e lo Stato protettore per rompere ed annullare il rap- porto di protettorato deve rimanere sommessa alle stesse norme che ogni forma di guerra per una controversia d'interesse pubblico.

J28 Libro L Delle persone Farle speciale

Vassallaggio.

103. Quando uno Stato, neiresercizio de' suoi poteri sovrani, sia di diritto e di fatto subordinato alla sovranità di un altro Stato, e trovisi nella condizione di non poter esercitare con piena auto- nomia i suoi diritti sovrani all'interno e di non poter esercitare diritti ed assumere obbligazioni intemazionali che coir interme- diario dello Stato che eserciti Talta sovranità, dev'essere reputato Stato vassallo dell'altro, che è Stato suzerain.

104* ^ Il rapporto di vassallaggio dev'essere reputato eccezio- nale ed anomalo e le conseguenze che ne derivano nel campo del Diritto internazionale devono essere necessariamente ristrette come quelle che conseguono da ogni forma di servaggio.

105« Finché sussiste la subordinazione dello Stato vassallo rispetto a quello cui spetti l'alta sovranità, non compete allo Stato vassallo la personalità internazionale.

106. Il movimento degli Stati vassalli per acquistare la com- piuta indipendenza e per sottrarsi dalla loro subordinazione allo Stato suzerain deve essere reputato conforme al loro legittimo diritto e protetto secondo i principi! del Diritto intemazionale.

La lotta a mano armata tra lo Stato vassallo e Io Stato suzerain deve rimanere sommessa alle regole che concernono ogni forma di guerra.

Il rapporto di subordinazione tra lo Stato vassallo e lo Stato euzerain è più esteso di quello derivante dal protettorato e può assumere diverse forme» le quali sono state la conseguenza dei vincoli feudali, sui quali tu stabilito il vassallaggio. La cultura e la civiltà tendono a stabilire il principio deU*iiiiJtà nella sovranità, perchè in sostanza il dualismo non può sussistere, e la storia ce ne ammaestra. La condizione degli Stati vassalli della Turchia è stata modi- ficata coi patti stipulati col trattato di Berlino del 1878. La semi-sovranità Seve essere considerata una anomalìa secondo il Diritto internazionale moderno perchè implica una capitis diminutio e conseguentemente col progresso deUa cultura, nei paesi tuttora soggetti alFalta sovranità straniera, la subordinajdono dei medesimi deve tendere naturalmente a disparire.

Vedi per la condizione attuale degli Stati semi-sovrani : Calvo, Dr, intemaL, vul. I, §^ &i. Pradieb-FcDérf., tom. i, 86, HO. Rivier, cU., tomo i, § é, pag. 7a

lUolo 1. - Della personalità 129

La guerra civile in relazione alla personalità dello Stato.

107. > Ogni forma di lotta intestina fatta mediante la forza armata e militarmente organizzata tra cittadini soggetti allo stesso sovrano, o tra paesi sommessi al potere supremo della medesima sovranità, per una controversia di Diritto costituzionale^ costituisce la guerra civile.

108. La rivoluzione e la guerra civile in quanto tendono a modificare mediante la forza armata l'esercizio dei poteri sovrani^ 0 a modificare il patto costituzionale, in forza del quale più paesi trovansi sommessi alla medesima sovranità, devonsi considerare come fatti di Diritto pubblico interno.

Non può essere reputata gaerra civile quella soltanto che risulta dallMnsor* gere dei cittadini dello stesso Stato, quando essi organizzati militarmente com- battano «contro le forze del Governo costituito per modificare la costituzione politica dello Stato, e Tesercizio dei poteri sovrani. Lo stesso carattere deve essere attribuito altresì alla lotta che interviene tra due o più Stati, che in forza del patto di loro unione si trovino sommessi al medesimo potere sovrano 0 col rapporto di subordinazione reale come accade per gli Stati semi-sovrani 0 in forza del rapporto di unione reale, come accade per gli Stati incorpo- rati, o in forza del rapporto di unione federale, come accade per gli Stati costi- tuiti a forma di confederazione, o per lo Stato o Impero federativo. Ogni qual volta che in forza del patto costituzionale o del trattato di unione gli Stati uniti o incorporati abbiano una sola personalità internazionale e la lotta fra loro mh-i a rompere il patto di loro unione, ed a modificare Io stabilimento della loro personalità intemazionale^ essa deve essere considerata guerra civile. Conseguentemente per riferirci agli esempi accaduti nei tempi moderni, non solo la guerra tra i partigiani della regina D. Maria e quelli di D. Miguel nel Portogallo; quella tra i partigiani d*Isabell9 li e quelli D. Carlos nella Spagna presentano i caratteri di guerra civile, ma tale carattere deve essere attribuito altresì alla guerra di secessione negli Stati Uniti di America, com- battuta dal 1860 al 1865, ed a quella tra le colonie e lo Stato a cui esse ap- partengono, per la loro emancipazione, quale attualmente si combatte a Cuba. (Conf. Calvo, DroU internata tom. i, § 84* e seg., tom. iv, § 1882 e seg.; e RiviEB, citato, tom. i, pag. 83 e seg., toni, ii, pag. 213 e seg.: Pradier- Fodere, Tratte de Dr, int, pub., tom. i, § 378.)

109. Lo Stato non perde ipso facto la sua personalità inter- nazionale pél sopravvenire della guerra civile. Dovranno quindi ri- tenersi integri l'esercizio de' suoi diritti sovrani ne' suoi rapporti

9 Fiore, Dir, intera, codif.

130 Libro L - Delle persone Parte speciale

cogli altri Stati e Tobbligo di adempiere le sue obbligazioni verso i medesimi, salvo che per le sopravvenute circostanze di fatto riesca effettivamente o moralmente impossibile l'adempimento di esse.

110. Il potere sovrano, così come trovasi stabilito in forza della costituzione politica o del patto di unione, può trattare i partigiani come ribelli ed assoggettare gli alti da parte di loro alle leggi inteme. Qualora però il partito combattente arrivi ad organizzarsi militarmente ponendosi in possesso di una parte del territorio dello Stato, ed abbia una forza armata sufficiente per sostenere il movimento insurrezionale contro la forza armata del Governo, ed osservi durante la lotta le leggi della guerra, il sovrano dello Stato non potrà considerare gl'insorti come malfattori fuori del Diritto internazionale.

Riesce molto difficile il determinare con regole precise fino a qual punto un movimento insurrezionale possa essere assoggettato alle leggi penali ed i combattenti trattati come ribelli traditori, e quando gli atti da parte di loro entrino nella sfera del Diritto internazionale, ammettendo in favore dei com- battenti i diritti cbe spettano ai belligeranti. Tutto dipende dalie circostanze, dalla durata e dalla estensione del movimento insurrezionale, dai mezzi dei quali dispongono gl'insorti per fare trionfare i loro principii. Quando Tinsur- rezione per la sua gravità dev'essere considerata come il risultato della volontà collettiva di un numero tanto considerevole di persone, che se non costituisce ancora la maggioranza tende non per tanto a costituirla, ed il partito, per gli elementi di forza dei quali dispone, riesca a soverchiare tutti i mezzi ordiuarì della giustizia repressiva, tale stato di cose eccezionale deve essere reputato come un fatto sommesso al Diritto internazionale.

111. La guerra civile, e la temporanea condizione di anar- chia, non rompe ipso facto l'unità dello Stato. Quando nondimeno gl'insorti arrivino a costituire un Governo che di fatto eserciti le funzioni ed i poteri della sovranità, la personalità dello Stato si deve considerare provvisoriamente divisa in due. Tale posizione provvisoria potrà divenire definitiva se non si arrivi a ripristi- nare in integro il primiero stato di cose in conseguenza dell'assog- gettamento e della restaurazione e si verifichi invece la costitu- zione di uno Stato separato.

112. La divisione di uno Stato in due o più Stati distinti ed indipendenti non diviene effettiva e definitiva rispetto agli altri

. Stati, che quando la costituzione del nuovo Stato formato con le

Titolo I. - Della personalità 131

Provincie separate sia divenuto un fatto compiuto, e la perso- nalità di esso sia stata riconosciuta.

113. Indipendentemente dal riconoscimento si potranno non pertanto qualificare come fatti di guerra quelli che sieno com- piuti nella lotta fra i due partiti durante la guerra civile, purché questa sia fatta in conformità del Diritto internazionale, e degli usi riconosciuti dai popoli civili.

Applicando questa regola bisogna ammettere, che, qnando pare non fosse stata formalmente riconosciuta la qualificazione di belligerante al partito della rivoluzione, non potrebbe- essere considerato come atto di pirateria la preda fatta da esso della proprietà di parte contraria conforme agli usi della guerra, De potrebbero quindi essere applicate le regole di Diritto intemazionale che esporremo in seguito a riguardo del reato di pirateria.

114. Dovranno parimente essere reputati, indipendentemente dal riconoscimento, come atti di governo, gli atti del Governo provvisorio. Per le conseguenze intemazionali dei medesimi biso- gnerà applicare le regole che concernono l'occupazione militare.

116. Qualora avvenisse la restaurazione, ed il Sovrano spo* destato dalla rivoluzione riacquistasse i territori perduti, bisognerà applicare ai fatti compiuti durante la guerra civile le regole che concernono lo statu <]UO ante bellum.

116. La restaurazione importa che il Sovrano rientri nel pieno godimento de' suoi diritti internazionali, e che lo Stato riac- quisti integralmente la sua personalità, come se per rapporto a questo non vi fosse stata alcuna interruzione o discontinuità, salvo però il rispetto dei diritti perfetti integralmente acquistati dai terzi durante l'interregno prima della restaurazione.

117. Il Governo restaurato non potrà disconoscere gli effetti intemazionali degli atti compiuti dal Governo provvisorio in con- formità del Diritto internazionale, ne potrà fare un uso retroat- tivo de' suoi diritti rispetto ai privati, anche quando questi siano cittadini di quegli Stati, che non avevano riconosciuto il partito della rivoluzione.

D fondamento di cotesta regola riposa sul concetto che, nei rapporti del Diritto pubblico interno, colui, che è nel possesso di fatto del potere sovrano, può esercitare tutti i diritti e le funzioni della sovranità , ed assoggettare i privati, sieno essi cittadini o stranieri, a riconoscere la forza del suo impero e Vautorità de* suoi attL

132

Libro L Delle persone Parte epecUde

Cessione e annessione.

118. La cessione di una parte del territorio di uno Stato ad un altro Stato o forzatamente in seguito d'una guerra, o volon- tariamente mediante vendita, permuta o donazione, non può dive- nire reale ed effettiva che in forza di trattato concluso in confort mità delle regole che devono governare le cessioni territoriali fra gli Stati e la validità dei patti relativi.

Confronta al Libro II le regole sulla validità dei trattati di cessione territoriale.

119. La cessione di una o più provincie appartenenti ad uno Stato e l'annessione di esse da parte dell'altro modificano l'esercizio dei rispettivi diritti sovrani, ma non producono alcuna modificazione rispetto alla personalità intemazionale dello Stato cedente e dello Stato cessionario.

Gonf. regola 50.

La personalità della Francia non è stata modificata per le cessioni di terri- torio fatte da essa in conseguenza delle guerre del 1814-15 e del 1871. La per- sonalità deir Austria non è rimasta modificata in forza della cessione della Lombardia nel 1859 e della Venezia nel 1866. La personalità del regno d*Italia non è stata modificata in forza della volontaria cessione di Nizza e di Savoia alla Francia, cedute col trattato del 24 marzo 1860.

Non mancano esempi di cessioni concordate con Trattati in correspettivo di un prezzo stabilito, come accadde per la Lnigiana venduta dal primo Console di Francia agli Stati Uniti col Trattato di Parigi del 1803, e dell*Amerìca russai ceduta nel 1878 per 7 milioni e 200 dollari. Vedi altri esempi in Calvo, § 29^> e seg.; Rivier, tom. 1, pag. 197 e seg.

120. Le modificazioni dell'esercizio dei rispettivi diritti di sovranità relativamente al territorio ceduto si riterranno effet- tuate a cominciare dal giorno in cui il trattato di cessione sarà divenuto esecutorio.

La ratifica del trattato non può reputarsi sufficiente a rendere effettiva la cessione per tutte le conseguenze che ne possono derivare. Se in forza della legge dello Stato cedente o cessionario, i mutaroeilti dei possedimenti territo- riali siano subordinati alla condizione sine qua non deirapprovazione dei corpi rappresentativi, come è ad esempio secondo lo Statuto italiano art 5*. U Trat- tato di cessione non potendo avere effetto se non dopo Tapprovazione del Par- lamento, è naturale che debba essere subordinato a tale approvazione ogni effetto derivante dal trattato di cessione.

Nel Trattato tra lltalia e la Fraticia trovasi disposto all'art. 7 come segue:

Titolo L ' Della personalità 133

' Pour la Sardaigne le présent Traile sera ezécutoire aussitòt qne lasanction ' legislative nécessaire aura été doonée par le Parlement ^.

Le ratifiche del Trattato non per tanto furono scambiate tra le parti con- traenti entro dieci giorni dalla sottoscrizione secondo il patto stipulato all'art 8.

121. Divenuto esecutorio il Trattato e verificatasi la presa di possesso del territorio ceduto, il Diritto pubblico e il Diritto politico in vigore devono ritenersi estesi al territorio annesso senza bisogno di dichiarazione.

Gonfr. Corte di Torino 24 mess. Anno zui. Journ, du Pari, e la nota iri Gass. fran., 6 juillet 1833, Siret 1834, 1, 338.

122. I trattati intemazionali ed ogni diritto che deve essere attribuito alla sovranità relativamente ai suoi possedimenti terri- toriali devono ritenersi senz'altro estesi al territorio annesso.

Gessano parimente dall'essere applicabili al territorio ceduto i trattati intemazionali stipulati dal sovrano cedente e cosi pure cessa ipso jure ipsoque facto l'esercizio di ogni diritto internazio- nale da parte dell'antico sovrano relativamente ai suoi possedi- menti territoriali, salvo però i patti espressamente concordati nel trattato di cessione.

La Corte di Aix ritenne la prima parte della regola stabilita nella sua sen* tenza delPS novembre 1875, Siret 1876, 2, 134.

I tribunali alemanni decisero, che la convenzione franco- svìzzera del 15 giu- gno 1869 non poteva ritenersi più in vigore nell'Alsazia- Lorena. Trib. Malhouse, 31 octobre 1885 et Trib. super. Colmar, 2 avril 1886. Journal dee trib, de Law eanne, 25 juìn 18S6.

123. Rispetto ai terzi Stati, gli effetti derivanti dalla cessione relativamente all'applicabilità dei trattati possono ritenersi subordi- nati al riconoscimento da parte di loro del mutamento effettuato.

Tale riconoscimento per altro non potrà reputarsi sostanzial- mente richiesto per tutto quello che concerne i diritti rispettivi spettanti alle sovranità anche nella sfera dei I^ro rapporti inter- nazionali in conseguenza delle avvenute modificazioni dei loro possedimenti territoriali.

La presa di possesso da parte dello Stato cessionario deve ritenersi effet- tuata senz'altro al momento in cui il Trattato sia divenuto esecutorio. Ordi- nariamente questo determina pure certe formalità che devono essere osservate dall'una e dalFaltra delle parti contraenti. La pubblicazione del trattato ed un manifesto o proclama agli abitanti del territorio ceduto per rendere pubblica e notoria l'avvenuta cessione deve ritenersi ognora indispensabile.

134 Libro L - Delle persone Parte speciale

124. La cessione di un territorio, allorché sia perfezionata mediante la presa di possesso effettiva da parte dello Stato ces- sionario, importa ipso jure ipsoque facto la rinuncia da parte delio Stato cedente ad esercitare ogni diritto di sovranità rispetto al territorio ceduto. I rapporti però tra la sovranità acquirente e gli abitanti del territorio ceduto devono rimanere sommessi alle regole di Diritto costituzionale che concernono lo stabilimento della so- vranità.

Ordinariamente la formale rinuncia a tutti i diritti di sovranità trovasi espli- citamente stipulata. Nel Trattato di Vienna del 9 giugno 1815 rispetto aUe ces- sioni concordate , trovasi costantemente la forma della rinuncia : * Renonce

* à perpetuile pour lui et tous ses descendants et successeurs en faveur de

* S. M. à tous ses droits sur les provinces etc. ,

125. Quantunque il consentimento degli abitanti del terri- torio ceduto non possa ritenersi indispensabile per l'efficacia della cessione, dovrà nonpertanto reputarsi preferibile per eliminare ogni presupposto di resistenza da parte dei medesimi.

Sarà per lo meno opportuno il voto dei rappresentanti della 'popolazione del paese ceduto.

Secondo il Diritto moderno lo Stato non è come patrimonio del sovrano, e molto meno poi gli abitanti del territorio come un accessorio dei possedimenti territoriali della sovranità. U consentimento quindi degli abitanti non può essere considerato come una formalità dei tutto indifferente. Siccome però le ragioni che possono giustificare una cessione territoriale sono d* interesse pubblico, sarebbe pericoloso l'ammettere in massima che una cessione non possa dive- nire effettiva che sotto la condizione di essere accettata dalla maggioranza colla forma del plebiscito. U voto dei rappresentanti della popolazione dei paese ceduto dovrebbe reputarsi opportuno. Vedi la mia opera Dir, intem, pubb., 3* ediz., voi. il, pag. 379, § 1111 e seg.; Gonf. Rouàrd db Card, Les annexiotu et les plébiscites dans Vhisioire cotUemporaine. Lodijenski, Des plébiseites en DraU intern., 1883.

In parecchi trattati la formalità del plebiscito trovasi stabilita. Vedi art 1* del Trattato di Torino del 24 marzo 1860 per la cessione di Nizza e di Savoia. Trovasi pure accennato sotto forma di condizione nel Trattato di Vienna del 93 agosto 1866 tra TAustria e la Prussia all'art. 6. Tale disposizione fa però modificata colla convenzione degli 11 ottobre 1878.

patto più conforme ai principi! razionali è quello che trovasi stabilito nel Trattato del 10 agosto 1877 tra la Svezia e la Francia per la retrocessione dell'isola di Saint-Barthélemy, art. 1^:

' S. M. le Roi de Suòde et de Norvège retrocède à la France lìle de Saint-

* Barthélemy et renonce, en conséquence, pour lui et tous ses descendants et sne

* cesseurs, à ses droits et Utres sur la dite colonie. Gette rétrocession est faite sons

* la réserve ezpresse du consentement de la population de Saint-Barthéleniy ^

Titolo L ' Della per$onalHà *35

126. - In ogni caso di cessione volontaria o forzata incombe alle parti contraenti lasciare nella piena libertà di ciascuno il conservare la cittadinanza dello Stato cedente o l'acquistare quella delio Stato cessionario, accordando garanzie reali per lo spon- taneo e libero esercizio di tale diritto.

Nel Trattato del 30 maggio 1814 fu accordato all*art. 17 uno spazio di sei anni agii abitanti per disporre deUe loro proprietà e ritirarsi nel paese di loro libera scelta.

li diritto di opzione per la cittadinanza è stato ammesso in favore degli abitanti ed originari dei territori ceduti, ma non sempre con sufficienti garanzie per assicurarne il libero esercizio. Vedi Trattato di Parigi del 1866 art. 31; di Zurigo del 10 novembre 1859 art. 12; di Torino 24 marzo 1860 art. 6. Gonf. le osservazioni critiche sulle condizioni stabilite per l'esercizio di tale diritto nella mia opera : Dir. intém, priv,, 8* ediz., voi. 1**, § 386 e seg.

127. Tutti gli effetti derivanti dalla cessione che concernono le obbligazioni contratte dal Governo cessionario coi privati; la partizione del debito pubblico; il godimento delle cose apparte- nenti al demanio pubblico; le delimitazioni territoriali o simili devono essere determinati in massima dal trattato di cessione e governati conseguentemente dai patti espressamente consentiti.

128. Per tutto quello che non sia stato espressamente rego- lato mediante patto espresso, dovrà ammettersi in massima che il Governo cessionario succede nei diritti e nelle obbligazioni ine- renti all'esercizio del potere pubblico e che possono reputarsi annessi e connessi col territorio ceduto, o che risultino da con- tratti stipulati dal Governo cedente per oggetto d'interesse pub* blico relativo al territorio ceduto.

Xel Trattato di Vienna del 3 ottobre 1866 tale regola trovasi espressamente concordata alKart. 8, che dice cosi: " Le Gouvernement de Sa Majesté le Roi

* d'Italie succède anx droits et obligations résultants des contrats régulièrement ' stipulós par TAdministration Autrichienne pour des objets d' intérdt public

* concemants spécialement le pays cède „. Vedi patto conforme nel Trattato di Vienna 30 ottobre 1864 tra TAustria, la Prussia e la Danimarca, art. 17.

129. Salvo sempre le riserve che devono essere fatte rispetto all'analogia tra la successione secondo il Diritto civile e quella secondo il Diritto pubblico, dovrà ammettersi che colla cessione si compie una specie di successione nelle attività e passività da parte^dello Stato cessionario allo Stato cedente e che conseguen-

136

Libro L Belle persone Parte speciale

temente il primo deve essere considerato come un successorea titolo universale limitatamente a quello che può reputarsi annesso al territorio ceduto.

Confronta: Gass. di Palermo 7 gennaio 1868 (QazzeUadei Tribunali, 1868, 257); e 15 gennaio 1871 Giurispr,, voi. Vili, 616. Vedi Tart. 8 del TratUio di pace tra T Austria e Tltalia del 8 ottobre 1866.

Per quello che concerne le attività, è naturale Tarn mettere che tutti i beni appartenenti al demanio pubblico passino allo Stato cessionario col terrìtoiio di cui essi fanno parte. Data pure l'ipotesi che nel territorio ceduto si trova^^e uno stabilimento pubblico o una fondazione di beneficenza a vantaggio di tulli i cittadini dello Stato cedente, e che non fosse stata domandata alcuna ìndeo- nità per sopperire all'onere dello Stato cedente, che dovrebbe con nuove spe^e provvedere ai bisogni dei cittadini, non potrebbe essere il caso di domandare un'indennità in mancanza di patto espresso.

In massima deve ritenersi che il territorio con tutti i suoi accessori e con tutto quello che appartiene al demanio pubblico passino allo Stato cessionario il quale ha il diritto di godere di tutti i vantaggi dei possedimenti territoriali acquisiti, e senz'obbligo di pagare una retribuzione allo Stato cedente in man- canza di patto espresso in ordine a ciò.

Per quello che concerne le passività, bisogna tener presente che la perso- nalità dello Stato cedente rimane integra nonostante l'avvenuta cessione di una parte del territorio, dal che ne consegue che le obbligazioni da esso assunte devono sussistere a carico di lui, nonostante che siano* coliegate nella loro orìgine col territorio ceduto, ogni qual volta che esse, per la loro natura e la loro finalità, devono essere considerate come obbligazioni patrimoniali nel- rinteresse dello Stato cedente. Così a modo d'esempio le obbligazioni assunte per opere di difesa fatte sul territorio ceduto dallo Stato cedente, e le inden- nità da esso dovute ai privati, non potrebbero essere poste a carico dello Stato cessionario, se non fosse stato espressamente pattuito nel trattato, perchè rimanendo integra la personalità dello Stato cedente, le obbligazioni relative agl'interessi generali dello Stato stesso, anche quando potessero essere la con- seguenza di fatti avvenuti e posti in essere sul territorio ceduto, non potreb- bero essere poste a carico dello Stato cessionario.

Le obbligazioni invece assunte dal Governo dello Stato cedente per un og- getto d'interesse pubblico relativo al territorio ceduto, devono naturalmente trapassare allo Stato cessionario come ad un successore nelle passività. Tale sarebbe il caso se per costruire uno stabilimento pubblico nel territorio ceduto, il quale naturalmente passerebbe col territorio stesso allo Stato cessionario, lo Stato cedente avesse concluso un contratto di appalto, o effettuato delle espropriazioni per le quali dovesse pagarsi l'indennità.

Conf.: la mia opera Dir. intern, pubb.^ 3* ediz., voi. 1, § !S9 e seg. Philli- MORE, Int. lato, voi. I, § 137; Bluntschli, Dr. intern. codifié, §§ 66,47; Field, Int. code (art. 2i); Fusi nato, neWEncicl. giuria, ital., voce Annessione.

130. I diritti patrimoniali acquisiti dai privati e relativi al territorio ceduto dovranno essere rispettati, purché però si tratti di diritti perfetti e integralmente acquistati.

Dovranno altresì essere rispettati i diritti acquisiti dai pubblici

Titolo L - Della itersonalità 137

funzionari neiresercizio delle loro funzioni amministrative nel ter- ritorio ceduto.

La prima parte della regola deve essere applicata ai diritti che possono essere considerati acquisiti secondo i princìpii dei Diritto comune, e non alle aspettative e ai godimenti fondati snlFabuso e sull'acquiescenza da parte del Governo cessato.

Per i diritti acquisiti dai pubblici funzionari, che esercitavano il loro ufficio nel terrìtorìo ceduto, vi provvedono ordinariamente i trattati di cessione. Nel Trattato di Vienna del 3 ottobre 1866 trovasi cosi disposto all'art. 17:

* Le pensioni sia civili che militari regolarmente liquidate e che erano a

* carico delle casse pubbliche del Regno Lombardo- Veneto, continueranno a

* restare acquisite ai loro titolari e, se sia il caso, alle loro vedove e ai loro 'figli e saranno soddisfatte all'avvenire dal Governo di S. M. Italiana ,.

In ogni caso per altro, anche quando non si fosse provveduto col trattato, deve ognora reputarsi conforme ai principii della giustizia il tener conto dei diruti acquisiti dai funzionari pubblici nell'esercizio delle loro funzioni.

131. Incombe alla sovranità del paese ceduto, salvo sempre il diritto ad essa spettante di provvedere con piena indipendenza all'amministrazione e alla condizione dei pubblici funzionari ad essa addetti, di esercitare tale suo diritto con moderazione e nei limiti delle pubbliche necessità.

Incombe in ogni caso alle sovranità dello Stato cedente e dello Stato cessionario di regolare la condizione dei funzionari ammi- nistrativi secondo i principii dell'equità.

Nel Trattato di Vienna del 1866 fu a tale riguardo cosi provveduto, art. 15: " Gl'impiegati civili originari del Regno Lombardo- Veneto, avranno la scelta 'sia di restare al servizio dell' Austria, sia di entrare neir amministrazione ' italiana, nel qual caso il Governo di S. M. il Re d'Italia si obbliga o di col-

* locarli nelle funzioni analoghe a quelle che essi avevano, o di assegnare loro

* la pensione di cui l'ammontare sarà fissato secondo le leggi ed i regolamenti *in vigore in Austria ..

Col decreto del 19 luglio 1866 il Governo italiano cosi provvide alla sorte degl'impiegati amministratici: ' Senza pregiudizio di speciali provvedimenti ' vengono mantenuti fino a nuoya disposizione in ufficio coU'annesso stipendio ' tutti gl'impiegati nelle provincie venete, salvo quelli i quali avessero seguita ' Tarmata austriaca o in altro modo si fossero allontanati dalla loro residenza 'all'avvicinarsi dell'esercito nazionale, i quali sono considerati come dimis-

* sionari ,,

132. Tutti gli oneri a carico della sovranità dello Stato cessionario o dello Stato cedente in conseguenza della soprav- venuta modificazione dei loro possedimenti territoriali e che gra- vino il bilancio rispettivo dei due Stati dovranno essere regolati

^^ Libro I. - Delle persone Parte speciale

dal trattato di cessione. In mancanza di patti espressi dovranno essere ripartiti equamente in base all'importanza economica ók \ territorio ceduto, tenendo conto dell'ammontare proporzionale delie imposte a carico del medesimo.

La proposta regola deve ritenersi fondata sai concetto che ciascuno Stato deve attingere tutto quello che gli fa bisogno per Tadempimento degli oneri finanziari a carico di lui dalle contribuzioni, che sono pagate dai cittadini a vantaggio dei quali la sovranità esercita le pubbliche funzioni: e che P am- montare delle imposte, avuto riguardo a ciascuna circoscrizione finanziaria, ce determina Timportanza economica sociale.

Se nel trattato non fosse stato espressamente disposto per la ripartizione degli oneri finanziari, che in conseguenza deiravvenuta cessione dovrebbero essere posti a carico dello Stato cessionario, dovrebbe reputarsi giusto ed equo, avuto riguardo alla diminuzione proporzionale efifettiva che il bilancio attivo dello Stalo cedente venisse a soffrire, in conseguenza dell'avvenuta diminuzione dei suoi possedimenti territoriali, dMndennizzarlo , ponendo a carico dello Stato cessionario Tonere proporzionale.

Tale principio può valere per determinare il riparto proporzionale del debito pubblico: l'obbligo pel pagamento delle pensioni a carico deiramministrazione finanziaria, e ogni altra specie di obbligazione patrimoniale a carico del fisco.

La decisione di ogni controversia relativa a tali obbietti dovrebb'essere defe- rita ad una commissione mista.

I trattati ordinariamente vi provvedono.

La Francia prese a suo carico una parte del debito sardo in conseguenza della cessione di Nizza e Savoia, e fu riservata ad una commissione mista di fissare la parte contributiva a carico di essa: art. 4^ del Trattato 24 marzo 1860.

Gol Trattato di Zurigo del 10 novembre 1859 in conseguenza della cessione della Lombardia fu convenuto alPart. 5^, che il Governo di S. M. il Re di Sar- degna prendeva a suo carico i '/s del debito del monte lombardo- veneto ed una parte del prestito nazionale del 1854. Vedi pure Trattato di Berlino del 1878 art. 9 per la Bulgaria, art. 33 pel Montenegro.

Pel pagamento delle pensioni in conseguenza della cessione delPAlsazia e Lorena, fu cosi provveduto colla convenzione addizionale franco-germanica degli 11 dicembre 1871 : " n Governo tedesco riconosce ed assume a proprio carico le pensioni civili ed ecclesiastiche regolarmente ottenute e liquidate fino al 2 marzo 1871 (data della ratìfica dei preliminari di pace), a vantaggio sia dMndividui nativi dei territori ceduti, sia delle loro vedove e dei loro orfani, purché coloro che godono di tali pensioni abbiano domicilio nel territorio del- rimpero germanico ,.

133. Tutte le controversie che concernono il riparto delle obbligazioni finanziarie a carico del fisco tra lo Stato cedente e lo Stato cessionario, alle quali non sia stato provveduto col trat* tato o che possano nascere nell'esecuzione dei patti concordati, dovranno essere risolute da una commissione mista, attenendosi alle norme di procedura per i giudizi arbitrali.

Titolo L ' Della personalUà 139

134. La cessione di un territorio arrestando l'esercizio di ogni diritto di sovranità dalla parte dello Stato cedente a con* tare dal giorno in cui essa sia divenuta perfetta, la giustizia dovrà essere resa ed i giudicati dovranno essere eseguiti nel territorio ceduto in nome della sovranità dello Stato cessionario. Le leggi del medesimo si applicheranno eziandio ai procedimenti in corso, salvo soltanto il rispetto dei diritti acquisiti in forza delle sen- tenze definitive, che abbiano il carattere di cosa giudicatalo in forza di atti di procedura fatti e compiuti prima dell'avvenuta cessione.

135. Per tutto quello che concerne i giudizi in materia civile 0 in materia penale resi anteriormente alla cessione e le proce- dure in corso al momento in cui essa sia divenuta perfetta, saranno applicate le regole di Diritto transitorio che concernono i giudizi^ le giurisdizioni ed i procedimenti nel caso che ad una legge antica sia surrogata una legge nuova.

Le dae esposte regole sono la giusta conseguenza del principio che la ces- sione importa sostituzione di una sovranità all'altra, e che per tutto quello che concerne il Diritto pubblico, del quale fanno parte le leggi di polizia, le leggi penali e quelle relative ai giudizi, alle giurisdizioni ed alle procedure,, entrano in vigore le leggi dello Stato cessionario a cominciare dal momento dell'avvenuta cessione, salvo soltanto il rispetto dei diritti acquisiti. La legge delio Stato cessionario assume quindi, rispetto al territorio ceduto, la stessa autorità che ha ogni legge nuova. È naturale conseguentemente che, per tutti gli effetti che può avere cotesta legge nuova rispetto ai rapporti giuridici deri- vanti dai giudizi e dai procedimenti iniziati o compiuti prima delVavvenuta cessione, debbano applicarsi le regole di Diritto transitorio che governano le conseguenze del cominciato vigore di ogni nuova legge.

Come lo Siato perde la sua personalità,

136. Uno Stato perde la sua personalità quando cessi di formare un'associazione politica a sé, ed indipendente. Tale fatta può essere la conseguenza:

a) della volontaria incorporazione sua ad un altro Stato;

i) della volontaria riunione di più Stati, che ne abbiano for» mate uno nuovo, e maggiore;

e) della forzata incorporazione sua ad un altro Stato in seguito

140 Libro L DeUe persone - Parte speciale

a conquista e ad assoggettamento legalizzato in conformità del Diritto intemazionale.

137. La volontaria o forzata incorporazione di uno Stato ad un altro importa la perdita della personalità soltanto dello Stato incorporato. La volontaria unione di più Stati in uno importa la perdita della personalità di tutti gli Stati uniti.

Un esempio del primo caso ci è dato dairanDeflsione del Texas agli Stati Uniti d'America avvenuta nel 1843: del secondo ci è offerto dalla volontaria unione degli antichi Stati itaiianii e dalla costituzione del Regno dltalia. Colla costituzione di questo non solo venne a mancare la personalità deirea; Regno delle due Sicilie, deìVex ducato di Toscana e di quello di Parma e degli altri Stati, ma venne a mancare altresì la personalità del Regno di Sardegna, e dalla riunione di tutti codesti Stati nacque la nuova personalità, quella cioè che oggi ha il Regno dltalia.

138. Allorché uno Stato perde la sua personalità cessa ipso jure ipsoque facto l'esercizio da parte sua di ogni diritto sovrano nei rapporti internazionali, e vi succede lo Stato al quale esso sia incorporato, o quello che venga ad essere formato mediante la riunione di più Stati.

Dovranno conseguentemente reputarsi estinti i trattati da esso stipulati, salvo però quelli che concernono il territorio, e salvo inoltre i diritti acquisiti in forza di essi dai terzi Stati o dai privati.

La regola deve essere applicata all^esercizio attivo e passivo dei diritti che appartenevano allo Stato sovrano che abbia cessato di esistere. U concetto della successione nelle attività e passività, applicabile per quanto esso lo sia nei rapporti di Diritto pubblico e privato in caso di cessione di una parte del territorio dello Stato, va mantenuto con più ragione quando uno Stato finisca di esistere e si verifichi la sua annessione, o quando più Stati finiscano di esistere in forza della loro fusione per formare un solo Stato. La perso- nalità internazionale viene certamente a sparire, ma, siccome non spariscono la popolazione e il territorio, così la personalità eeonomioa e la personalità terri- toriale dello Stato estinto non spariscono e rispetto ad esse deve ammettersi che tutto passi attivamente e passivamente al successore, che è il continuatore della personalità economica e della personalità patrimoniale dello Stato estinto.

Quando si verificò Tannessione dell'Annover, dell* Assia-Elettorale, del ducato di Nassau e della città di Francoforte sul Meno, la Prussia, colla le|^ del 22 set tembre 18ii6, si dichiarò responsabile dei debiti e di tutte le obbligazioni Inter* nazionali di detti Stati.

Per quello che concerne i trattati, non si può dire che tutti debbano rima- nere estinti, perchè viene a mancare il soggetto dell'obbligazione intemazionale. Bisogna invece ammettere che i trattati stipulati dallo Stato estinto da cui derivino diritti quesiti, devono essere rispettati dallo Stato successore fino a twto ohe non siano espressamente rinnovati. Saranno conseguentemente estinti

lUolo L ' Della personalità 141

i trattati di estradizione, i trattati di alleanza e gii altri somiglianti, clie sono connessi coU^esercizio dei diritti soTrani, ma non potrebbero reputarsi estinti ipsojure ipso^ue facto ì trattati relativi alle frontiere, ai canali navigabili, alle vie di comunicazione e simili. Rispetto ai trattati di commercio, per quella parte soltanto clie concerne i diritti privati, se non fosse spirato il termine per denonciarli, dovrebbero essere rispettati dallo Stato successore. Per quella parte invece che concerne Tesercizio dei diritti sovrani, come a modo d'esempio sarebbero Tesercizio delle funzioni consolari nei territori rispettivi: le norme concordate per la esecuzione dei giudicati, e via dicendo, dovrebbero ritenersi estinti in conseguenza delia cessazione dei diritti sovrani nei rapporti inter- nazionali.

Quando cessò di esistere Io Stato del Texas in conseguenza della sua annes< sione agli Stati Uniti, la Francia e Tlnghilterra notificarono per mezzo de) loro ministro al Governo terese, che avrebbero considerato sempre in vigore i trattati di commercio precedentemente conclusi, ed obbligatorio T adempì mento delle obbligazioni finanziare da* esso Governo assunte. Lawrxnck, Com^ mentaire, voL I, pag. 210.

139. Quando uno Stato venga a cessare di esistere, e si verifichi la sua annessione a diversi Stati, la successione nelle attività e nelle passività dello Stato estinto avrà luogo in partì proporzionali rispetto agli Stati successori, e la proporzione sarà determinata tenendo conto principalmente dell'ammontare totale delle imposte personali e reali che erano percette dagli abitanti e dai fondi della parte del territorio annesso.

Per l'attribuzione dei beni demaniali ai diversi Stati successori si applicheranno le stesse regole che in caso di cessione.

140. Tutte le obbligazioni patrimoniali assunte dallo Stato estinto devono essere adempiute dallo Stato successore, ed incombe al medesimo di rispettare ì diritti acquisiti dai privati rispetto al patrimonio dello Stato, sempre che essi abbiano il carattere di diritti perfetti e non di semplici facoltà o aspettative.

142 Libro I. - DeUe persone Parte special*

TITOLO II. Autonomia ed indipendenza della sovranità dello Stato.

141. La sovranità spettante a ciascuno Stato ne' suoi rap- porti cogli altri Stati, consiste nella potenza giuridica di operare <;on indipendenza e senza ostacoli da parte di essi entro i limiti fissati dal Diritto internazionale.

142. Ciascuno Stato non potrà pretendere, che la libertà e l'indipendenza compatibili con quelle degli altri Stati, i quali coe- sistono nella Magna Civitas^ e con le esigenze deirordinata con- vivenza.

143. Ogni Governo, indipendentemente dagli obblighi assunti coi trattati, è tenuto ad esercitare i poteri sovrani in modo tale da non ledere i diritti e gl'interessi legittimi degli altri Governi.

144. Dovrà essere reputato in opposizione col Diritto inter- nazionale altresì il fatto di un Governo, che eserciti i poteri so- vrani in maniera da ledere o nuocere indirettamente ai diritti privati degli stranieri.

145. La libertà e l'indipendenza di ciascuno Stato nello svi- luppo e nell'esercizio dei diritti di sovranità interna devono espli- carsi colla giusta limitazione del riguardo dovuto ai legittimi interessi della società internazionale.

Del dritto di autonomia.

146. Si deve presumere in massima che ciascuno Stato abbia l'autonomia completa, e bisogna ritenere questa di sua natura indivisìbile. Può nonpertanto uno Stato patteggiare in forza di un trattato qualche limitazione nell'esercizio de' suoi poteri so- vrani, purché però essa sia stipulata in termini chiari, precisi, e

Titolo IL - Autonomia ddla sovranità '^*'

non equivoci, e non sia contraria ai principii del Diritto inter* nazionale.

147. L'autonomia consiste nel diritto spettante a ciascuno Stato di stabilire o modificare la propria costituzione politica, e di esercitare liberamente all'interno tutti i poteri e tutte le fun- zioni della sovranità, senza violare il Diritto internazionale, esclu- dendo a riguardo di ciò, e di quanto può concernere i rapporti Diritto pubblico interno, qual si sia ingerenza diretta o indi- retta da parte degli altri Stati.

148. Nessuna limitazione dell'autonomia potrà essere fondata sulle presunzioni od induzioni e neanche sull'uso, benché pro- tratto per un tempo considerevole.

149. Ogni limitazione dev'essere considerata come un diritto eccezionale, ed interpretata quindi nel senso il più ristretto : nel modo più convenevole allo Stato, al quale sia stata imposta : ed il meno lesivo della sua naturale libertà.

150. Dovrà essere ritenuta in opposizione col Diritto inter- nazionale moderno una limitazione forzata dell'autonomia e dell'indipendenza di uno Stato, quando essa sia di tanto mo- mento da togliergli l'integrità della capacità giuridica intema- zionale, ponendo il detto Stato rispetto ad un altro nei rapporti di vassallaggio.

Tale limitazione imposta colla forza non potrà essere valida, se non quando sia riconosciuta e ratificata da un Congresso.

U Diritto intemazionale moderno deve mirare a far sparire Tanomalia degli Stati semi-sovrani, perchè la storia ci ammaestra che qualunque rapporto di subordinazione e di vassallaggio fra due Stali è cagione permanente di tur- bamenti intemazionali e di perturbazioni sociali. Il dualismo nell'esercizio de poteri sovrani è incompatibile, perchè la sovranità deve essere una ed indi- visibile. Dall'avere il Diritto internazionale antico ammesso gli Stati semi- sovrani, ne è derivata la lotta permanente tra gli Stati vassalli (che hanno combattuto per acquistare la completa indipendenza) e lo Stato che esercitava Talta sovranità, il quale ha adoperato ogni mezzo per mantenerli ad esso sog- getti. Le guerre sanguinose combattute per Tindipendenza dei Principati Danu- biani e le rovinose conseguenze che sono derivate dalla semi-sovranità degli •Stati soggetti alla Turchia, sono un eloquente ammaestramento.

151. La limitazione può rimanere estinta con la convenzione contraria, con la rinuncia espressa o tacita, e con tutti i modi,

1^^ Libro £. - Delle persone Parte speciale

coi quali può verificare la risoluzione delle convenzioni inter- nazionali.

152. Si dovrà considerare annullata altresì la limitazione quando le cose sìeno mutate siffattamente, che, se esse fossero state sussistenti al momento, in cui la limitazione fosse stata sta- bilita, essa non sarebbe stata valida.

Questo principio potrebbe trovare la sua applicazione neiripotesi che sia stata stabilita e proclamata una nuova regola di Diritto comune intemazionaie, e che la limitazione patteggiata fra due Stati si trovasse in opposizione con tale regola. Come diremo in seguito (Libro II), le convenzioni particolari in op^ posizione col Diritto comune internazionale non sono valide.

Dell^ indipendenza della sovranità.

153. L'indipendenza consiste nella più completa padronanza di stesso {self-government), vale a dire nel diritto assoluto spet- tante a ciascuno Stato sovrano di non tollerare, e d'impedire che nel territorio soggetto alla sua sovranità sia esercitato alcun atto, o che si compia un fatto di qual si sia natura, che diretta- mente o indirettamente implichi o possa implicare l'esercizio della pubblica aucioritas, deìVimperium, della jurisdictio da parte di sovranità straniera.

154. Ciascuno Stato potrà colla più completa indipendenza provvedere alla propria conservazione, al proprio benessere ed al proprio sviluppo, e la sua completa libertà a riguardo di ciò non potrà essere limitata in considerazione dei pregiudizi even- tuali, che possono derivare dall'accrescimento continuo e progres- sivo della sua potenza economica, intellettiva e morale, attuata senza lesione dei diritti altrui.

155. Ciascheduna sovranità potrà provvedere con completa indipendenza alla difesa dello Stato organizzando l'esercito e l'ar- mata: ergendo fortificazioni: combinando alleanze: prendendo i provvedimenti di qual si sìa natura atti allo scopo e senza subire limitazioni o proibizioni di sorta da parte di sovranità straniera.

156. Il diritto però di accrescere la propria potenza militare spettante a ciascuno Stato dovrà essere ognora esercitato dentro

Titolo IL - Autonomia ddla sovranità 145

i giusti limiti stabiliti dal Diritto cornane, come sarà determinato in seguito, e non potrà essere esteso in guisa da compromettere la sicurezza dei terzi.

Questa regola è fondata snl concetto di limitare gli armamenti secondo le norme che laranno in seguito stabilite, non potendosi ammettere che uno Stato in virtù della sua libertà possa, senza giustificati motivi, accrescere smisura- tamente la sua forza di terra o di mare, addestrarsi alla guerra, ed aumen* tare cosi le ingenti spese dell* armamento per conservare la pace. Gli arma- menti esagerati possono essere considerati ognora come lesivi degl'interessi comuni e dare giusti motivi di domandare e ricevere spiegazioni, e sopratutto poi quando si può presumere ch*essi siano diretti contro uno Stato.

Autonomia del potere legislativo.

157. ^ Ciascuna sovranità dev'essere considerata indipendente assolutamente in quanto a fare e modificare le leggi, e ad assog- gettare ai suoi precetti legislativi le persone, i beni ed i fatti giu- rìdici, purché però tale potere sia esercitato entro i limiti della competenza speciale, che dev'essere attribuita al legislatore di cia- scuno Stato in concorrenza dei legislatori di Stati stranieri, e che non offenda i diritti internazionali dell'uomo.

168. Qualunque ingerenza da parte di una sovranità stra- niera per costringere un*altra sovranità a modificare le leggi in conformità dei principii liberali e progressivi, si deve considerare come illegittima e contraria al diritto d'indipendenza degli Stati.

169. Il pretesto di proteggere gl'interessi nazionali non potrà valere a giustificare l'ingerenza del Governo di uno Stato a riguardo del sistema legislativo di un altro Stato.

160. Incombe però al legislatore di ogni paese di provvedere a che il sistema delia propria legislazione sia sufficiente ad assi- curare il rispetto del Diritto internazionale ed a punire le offese contro il medesimo.

161. A ciascuno Stato spetta il potere esclusivo di giudicare della bontà delle proprie leggi, e dell'opportunità e dell'efficacia delle medesime per la tutela del Diritto internazionale.

162. La semplice affermazione da parte di un Governo stra- niero, che le leggi di uno Stato non siano sufficienti a tutelare

10 FiORK, Dir, intern. codif.

146 Libro I. - Delle persane -^ Parte speciale

l'osservanza del Diritto internazionale, non può valere ad attri- buirgli il diritto di esigere che il Governo estero modifichi il sistema legislativo del proprio Stato.

163. Ciascun Governo però, che voglia agire lealmente ed onorevolmente rispetto agli altri, deve prendere in considerazione la domanda di un Governo straniero, colla quale questi richieda leggi più adatte a garantire i propri diritti intemazionali. Se, esa- minata la richiesta in tutta buona fede, sia il caso di riconoscerla ben fondata, incombe ad esso di aderire.

164. Qualora il Governo richiesto opponesse un rifiuto peren- torio, e Taltro stimasse tale procedimento poco corretto, potrebbe essere il caso di deferire la vertenza ad un arbitrato, e se le parti si fossero cosi accordate, e gli arbitri avessero riconosciuta ben fondata la domanda, lo Stato, le di cui leggi fossero state rite- nute imperfette, dovrà uniformarsi alla decisione arbitrale.

165. Laddove un sistema legislativo di uno Stato sia giu- dicato insufficiente ad assicurare il rispetto del Diritto interna- zionale da un Congresso, il quale abbia riconosciuto la necessità di opportune modificazioni, lo Stato non potrà rifiutarsi di aderire a tale rimostranza collettiva, e dovrà modificare le leggi esistenti e ricolmare le lacune, a meno che non voglia mettersi fuori del Diritto intemazionale.

155. La potestà spettante a ciascun sovrano di regolare libe- ramente colle proprie leggi le questioni relative alla condizione giurìdica degli stranieri, ai loro diritti sui beni, alle successioni, air esecuzione delle sentenze straniere e simili, deve essere eser- citata in guisa da conciliare l'indipendenza di ciascuno Stato con gl'interessi generali e col Diritto intemazionale.

167. Viola il Diritto internazionale uno Stato che neghi agli stranieri di acquistare e di godere alla pari dei cittadini i diritti privati o civili, salvo quelli che per ragioni d'interesse pub- blico siano riservati esclusivamente ai cittadini, o che legalizzi la rappresaglia giuridica rispetto al godimento di quei diritti che devono essere reputati diritti naturali o diritti internazionali deiruomo.

Titolo IL - Autonomia della sovranità 147

S rispetto dei diritti intemazionali dell'uomo che trovansi determinati alle regole 56 e 57, ed esplicati colle regole del tit X di questo libro, non può essere subordinato alla condizione della reciprocità, non può ammettersi con- seguentemente che possa essere legalizzata a riguardo di tale diritto la rap* prosaica giuridica negando, a modo d'esempio, allo straniero il diritto di proprietà e quello di trasmetterla ai suoi successori, quando lo Stato stra* niero pratichi lo stesso a riguardo degli stranieri.

Il rispetto del Diritto intemazionale non può essere subordinato alla con- dizione della reciprocità.

168. Sarà considerata in opposizione col Diritto intemazio- nale ogni legge che neghi allo straniero d'invocare l'applicazione delle leggi vigenti nello Stato, che proteggono la personalità e la proprietà, o che stabilisca una diversità di trattamento a tale riguardo per la sola circostanza dell'estraneità.

Le legislazioni dei paesi più civili mirano ad eliminare ai tempi nostri la differenza fra cittadini e stranieri per quello che concerne il godimento dei diritti civili. Un mirabile esempio è stato dato dal legislatore italiano , che ha consacrato la massima dell'articolo 3 del Codice civile, ed ha equiparata la condizione giuridica dello straniero a quella del cittadino a riguardo del godimento dei diritti privati o civili (Confr. quello che ne scrive Laurent, Droìt eh. ini,, tom. 2, § 38, pag. 65). Non può essere al certo contestato il diritto della sovranità di riservare, per ragioni dMnteresse pubblico, il godi- mento di alcuni speciali diritti ai cittadini, e questo deve reputarsi nel campo deirautonomia legislativa, ma non si potrebbe in forza delFautonomia ripri- stinare un sistema di legge che ponesse gli stranieri fuori del Diritto comune rispetto all'acquisto ed al godimento dei diritti civili, o giustificare tutte le esorbitanze che su di essi gravavano e che furono denominate Diritto di albi- naggio. Neanche la eautio itidicaiutn solvi o eautio prò expensia imposta allo straniero, che voglia far valere le proprie ragioni in giudizio, può essere giustificata secondo i più giusti principii del Diritto intemazionale moderno. In Italia non solo non è richiesto allo straniero, che adisca i tribunali per domandare giustizia, che presti cauzione per le spese del giudizio, ma con vedute veramente liberali il legislatore avendo disposto colle leggi del 6 di- cembre 1865 e 19 luglio 1880 che in certi casi si può ottenere il patrocinio gratuito e le spese giudiziarie a credito, ha applicato il beneficio di tali leggi anche agli stranieri che si trovino nelle condizioni prescritte dalla legge per i cittadini (art. 8 della legge 6 dicembre 1865).

Vedi le mie opere Diritto intem, priv., 3' ediz., voi. L Preliminari eap. IL Parte speciale, libro I, capit. L Torino 1888; Dello staio e della condizione giurid, deUe persone, Napoli 1893, edit. Marghieri, voi. I, tit. I, sez. II; Della condizione giuridica dello straniero, pag. 178 e seg.

169. Non lice in forza dell'autonomia legislativa d'assog- gettare gli stranieri alle leggi territoriali che concernono lo stato personale ed i rapporti di famiglia, e disconoscere ogni autorità allo statuto personale dello straniero, salvo i casi nei quali ciò

1^8 Libro IL - Delle persone Parte speciale

possa essere richiesto per mantenere integra l'autorità delle !f giri di ordine pubblico, o di quelle relative al buon costume, o di quelle che mirino a tutelare il Diritto sociale.

170. Ogni sistema di leggi che attribuisca il carattere di statuto reale o territoriale a qualsisia disposizione che abbia per oggetto grimmobilì e che assoggetti ogni rapporto, di qualunque natura si sia, ed ogni diritto sulle cose, chiunque sia la persona a cui esse appartengono, alla legge territoriale, deve ritenersi in opposizione coi principii razionali del Diritto internazionale pri- vato, che stabiliscono, determinano e limitano la potestà legisla- tiva di ciascuna sovranità.

171. La potestà legislativa della sovranità territoriale e della sovranità straniera per quanto riguarda i diritti del proprietario sulle cose mobili o sulle cose immobili: l'acquisto della proprietà: il suo trasferimento mediante atto tra i vivi o di ultima volontà: le forme estrinseche degli atti a ciò idonei: l'esercizio di ogni diritto relativo alle cose, dovrà essere fissata e determinata mediante accordo fra gli Stati, stabilendo regole uniformi circa l'autonomia e la competenza legislativa di ciascuna sovranità, e circa l'auto- rità territoriale o estraterritoriale delle leggi da essa emanate.

Mancando tale accordo, l'autorità territoriale o estraterritoriale di ciascuna legge non potrà ritenersi nel campo esclusivo della autonomia, ma dovrà essere bensì determinata in conformità dei principii razionali del Diritto internazionale privato.

Queste regole mirano a stabilire in principio, che la sovranità dello Stato non può in virtù del suo dominio eminente su tutto il territorio assogget- tare alle proprie leggi ogni rapporto di diritto privato sugrimmoblli, ed il diritto di trasferirli mediante successione ed altrimenti, e ad ammettere che la competenza legislativa di ciascuna sovranità in concorrenza colle altre deve essere fissata in modo uniforme mediante regole concordate coi trattati o secondo i principii razionali del Diritto. U precisare poi quali siano tali re- gole adatte a stabilire il vero limite razionale deirautorità di ciascuna legge onde eliminare così i conflitti fra le leggi di Stati diversi, questo appartiene al Diritto internazionale privato, e dovrà essere determinato tenendo conto delle regole speciali che tale materia concernono. (Vedi su tale soggetto la mia opera: SuìV autorità e sulV applicazione delle leggi straniere, o Diritto in- ternazionale privato, 3* edizione, Torino, Unione tipografico-editrice, 1888; e la traduzione francese fatta da Ch. Antoine, Paris, Pedone-La urìel.)

Confr. Tart. di Demangeat, Introduction a Gluket Journal du Droit intera national prive, tom. L

Titolo IL - Autonomia della sovranità 149

Autoììomia del potere giudiziario.

172. Ciascuna sovranità è completamente indipendente nel* Tesercizio del potere giudiziario, che ad essa spetta, e può fissare le giurisdizioni territoriali e determinare la competenza dei pro- prii magistrati riguardo ad ogni controversia relativa alle persone, alle cose, alle obbligazioni e ad altri oggetti.

173. Nessuna sovranità però potrà colla propria legge attri- buire giurisdizione ai propri tribunali in opposizione colle regole o coi principii di giurisdizione internazionale. Qualora essa attri- buisse giurisdizione e competenza ai propri tribunali usurpando la potestas judicandi spettante ad altra sovranità, tale fatto dovrà essere reputato arbitrario, ed in opposizione col Diritto interna- zionale.

174. Le regole, colle quali dev'essere determinato, quale sia la sovranità, a cui deve spettare a preferenza la potestas cogno- scendi et decidendi causam^ costituiscono le norme di giurisdizione internazionale, e dovranno essere fissate per comune consenso degli Stati , o dovranno essere dedotte dai generali principii del Diritto internazionale, come in ogni altro caso in cui manchi la regola di Diritto positivo.

Queste regole mirano a mantenere ben distìnte le due questioni. Quella cioè che concerne la giurisdizione e la competenza ne* suoi rapporti col Diritto pubblico interno, e quella che concerne il diritto di giurisdizione, che può spettare alla sovranità d'uno Stato o a quella di un altro in caso di concor- renza dei rispettivi diritti giudicare una determinata causa, la quale è una questione vera e propria di giurisdizione secondo il Diritto internazionale. Dato che la factUtas eognoseendi et decidendi causam spetti al sovrano dello Stato, è ben naturale che debba reputarsi nel campo della sua autonomia il deter- minare a quale delle magistrature dello Stato debba essere attribuita la giu- risdizione e quale debba ritenersi il giudice competente. In questo caso la questione dovendo essere considerata d'interesse territoriale, può alla pari di ogni altra questione di Diritto pubblico interno, essere regolata dal sovrano dello. Stato con autonomia ed indipendenza. Spetta infatti a lui non solo di determinare come il potere giudiziario debba essere istituito, ma di determi- nare altresì quale sia il limite, la linea di demarcazione della potestas judi- candi attribuita alle diverse magistrature, lo che significa determinare la giu- risdizione di ciascheduna di esse. Spetta inoltre al sovrano di determinare

150 Libro 1. - Delle persane Fatie spedale

quale dei magistrati, cui spetti secondo la legge la giurisdizione, abbia il dirìtlo di giudicare quella determinata causa di quel dato valore, natura e quantità, lo che equivale a determinare e stabilire la competenza propriamente detta, Tale a dire quale sia il giudice cui spetti la potestà di statuire e decidere ciascun determinato affare contenzioso, o di spedire ciascun determinato atto di giurisdizione volontaria.

La questione ha ben altro carattere ed è sostanzialmente diversa, quando si tratti di decidere se la facultas cognoscendi et decidendi causatn spetti ai tribunali italiani, a modo d'esempio, ai tribunali francesi, o a quelli dell^Impero germanico. In tale caso la questione non è più di Diritto pubblico interno, ma è bensì una questione di Diritto internazionale. Si tratta infatti di deci- dere, dato il caso di concorrenza di diritti da parte di sovranità di Stati diversi, circa la potestas cognoscendi et decidendi causatn, se tale potestà debba essere attribuita alla sovranità italiana, alla sovranità francese, o alla sovranità dello Impero germanico. Ora ciascuno deve comprendere che non si potrebbe ammet- tere che, in forza dell'autonomia, la sovranità d'uno Stato potesse usurpare la giurisdizione spettante alla sovranità d'uno Stato straniero, e che facendolo potesse farlo senza violare i principii del Diritto internazionale. £sempi di giurisdizione arbitrariamente attribuita non ne mancano, e uno ne porge la massima che trovasi sancita all'articolo 14 del Codice civile francese, e non ò il caso di dimostrarne ora l'anomalìa. Rammentiamo soltanto che abbiamo costantemente dimostrato come sia indispensabile tenere distinte le due que- stioni, ed ammettere regole ben diverse rispetto alla giurisdizione ed alla com- petenza del giudice di fronte al Diritto pubblico interno e di fronte al Diritto internazionale (Vedi le mie opere: Effetti internaz, delle sentenze (mat. civ.), cap. Ili, § 3, Torino 1875. Nota alla sentenza della Corte di Catania del 22 marzo 1879, nel Foro italiano 1879, pag. 714. Diritto internaz. pubblico, 3" ediz., Torino 1887, §§ 40^2, 405. Sulle disposizioni generali delle leggi, Napoli 1886 (edit. Marghierij, tomo I, §§ 454 a 4n8).

I principii da noi sostenuti furono la prima volta accolti dalla Corte di Firenze nella sua sentenza del 2 dicembre 1882 in causa Blanc e. TrafTord. La Corte disse : ' La questione di sapere quale tra due tribunali d'uno Stato

* straniero sia competente, deve risolversi secondo la legge del paese in coi

* seguì il giudizio; ma quando invece i tribunali, della cui giurisdizione si ** contende, non appartengono ad un medesimo Stato, la questione va decisa

* secondo i principii del Diritto internazionale , (Vedi il Foro italiano anno 1882, 1. pag. 1148).

Autorità delle sentenze civili dei tribunali stranieri.

175. Ogni sentenza di tribunale straniero in materia civile potrà essere prodotta e potrà avere l'autorità della cosa giudicata, supposto che ad essa non manchino i requisiti per attribuirle effi- cacia estraterritoriale.

176. I requisiti indispensabili per V autorità estraterritoriale delle sentenze civili dovranno essere determinati e fissati dagli

Titolo IL ' Autonomia della sovranità 151

Stati mediante l'accordo reciproco. In mancanza di questo la sovra- nità dello Stato, nel quale la sentenza straniera si ruol far valere, avrà piena facoltà di subordinarne il riconoscimento alla condi- zione di date garanzie legali, e potrà in ogni caso disconoscere l'autorità del giudicato, se gli effetti, che da questo si vogliono derivare, siano in opposizione col Diritto pubblico, o con una legge di ordine pubblico.

177. Incombe agli Stati di stabilire mediante trattato le norme circarautorità estraterritorialeeresecuzionedellesentenze straniere.

È riconosciata generalmente la comune recìproca utilità di regolare mediante no trattato Tesecazione deUe sentenze straniere, ma non ancora si è arrivati a mettersi d*accordo, non ostante che rari tentativi siano stati fatti per effet- tuare rintento.

Una conferenza era stata progettata e doveva riunirsi in Roma in seguito airinvito di Mancini, ministro, ma non ebbe luogo. Certa cosa è che per sta- bilire un Diritto uniforme in materia di esecuzione di sentenze straniere occorre un trattato. Mediante esso dovrebbero essere fissate le regole di giurisdizione intemazionale, lasciando alFautonomia di ciascuno Stato quelle di giurisdizione territoriale e di competenza : quelle relative alla citazione degli stranieri assenti: alÌ*esecuzlone delle commissioni rogatorie: e quelle in generale che concernono i requisiti per Tefficacia estraterritorìale delle sentenze. In tal modo le sen- tenze pronunciate dai tribunali rispettivi degli Stati, che avessero concluso il trattato, potrebbero avere la forza giuridica della rea Judicata nei territori delle parti contraenti, e qualora fossero definitive ed eseguibili secondo la legge dello Stato in cui fossero state rese, potrebbero essere reputate definitive ed eseguibili nei paesi degli Stati in unione, sotto la sola condizione déiV exequatur ad esse concesso dal tribunale territoriale competente. Quando si arriverà a questo, senza fare alcuna differenza se la sentenza sia stata pronunziata contro un cittadino dello Stato in cui deve eseguirsi, o contro uno straniero, il tri- bunale competente del paese in cui la sentenza si voglia far valere, dovrebbe limitarsi ad esaminare se essa sia stata pronunciata in conformità delle regole di Diritto intemazionale stabilite con trattato, e la esecutorietà non potrebbe essere negata che a quelle sentenze soltanto che fossero state pronunciate o violando le regole giurisdizione intemazionale, o che non fossero conformi alle norme stipulate mediante il trattato.

178. Finché non sarà stabilito un Diritto uniforme mediante trattato intemazionale, incombe ai sovrani degli Stati civili di auto- rizzare i propri tribunali a riconoscere T efficacia delle sentenze straniere, e a concedere V exequatur ad esse senza ridiscutere il merito del giudicato, ma limitandosi soltanto ad esaminare se la sentenza estera abbia ì requisiti legali per la sua efficacia estra- territorìale secondo i principii del Diritto intemazionale»

152 Libro L Delle persone Parte speciale

Principii razionali circa Vefficacia di una sentenza civile straniera.

179. I requisiti richiesti per l'efficacia estraterritoriale di una sentenza civile straniera secondo i principii razionali del Diritto internazionale sono:

a) che essa sia stata pronunciata dal tribunale competente secondo la legge dello Stato in cui segui il giudizio;

h) che la parte contro cui la sentenza si vuol far valere sìa stata regolarmente citata e rappresentata, o legalmente contumace. tenuto conto delle norme per la citazione degli stranieri assenti secondo la legge del luogo in cui segui il giudizio;

e) che essa non manchi del tutto di motivazione, e che non contenga contraddizioni evidenti nel dispositivo;

d) che non sia stata pronunciata violando le regole di Diritto intemazionale privato sancite con legge dal sovrano dello Stato, in cui la sentenza si vuol far valere o violando le regole del Di- ritto intemazionale privato che fossero state concordate mediante trattato.

180. Vexequatur potrà essere negato:

a) quando le conseguenze legali, che in forza della sentenza si vogliono dedurre, o quando il fatto giuridico, che mediante essa si voglia porre in essere, importino oflfesa o lesione dell'ordine pubblico o del Diritto pubblico territoriale;

b) quando la sentenza essendo stata pronunciata contro di un cittadino dello Stato, nel quale deve essere portata ad esecu- zione, ed avendo il giudice straniero deciso applicando la legge di cotesto Stato, avesse errato a riguardo del Diritto in esso Stato vigente ;

e) quando il mezzo di esecuzione decretato dal giudice stra- niero sia inibito a norma della legge territoriale.

181. Spetta alla sovranità di ciascuno Stato di regolare colle proprie leggi le forme e le procedure per l'esecuzione delle sen*

Titolo IL ' Autonomìa della sovranità 153

tenze straniere, la competenza del tribunale, e tutto quello che concerne il giudizio, i gradi di giurisdizione, le opposizioni, gli incidenti ed i rimedi durante il procedimento esecutivo.

182. Ogni sentenza straniera , indipendentemente dall' exe- quatur^ potrà avere il valore che deve essere attribuito ad un atto autentico, e la sua forza probante come tale. Essa non potrà però avere la forza giuridica della rea judicata in contraddittorio della parte interessata, se non quando il tribunale competente dello Stato abbia dichiarato, nelle forme stabilite dal codice di proce- dura civile del paese, che essa può avere esecuzione.

L'esposta regola mira a stabilire che la forza giuridica che la sentenza ha in quanto essa costituisce la cosa giudicata, e che secondo la legge ha in la presunzione legale che dispensa da qualunque prova colui a favore del quale essa ha luogo, non può essere attribuita alla sentenza straniera in contraddit- torio delle parti, se non che quando il magistrato competente abbia ricono- sciuto in essa i requisiti legali richiesti secondo la legge, affinchè possa essere attribuita Tautorità di cosa giudicata alla sentenza straniera. Per lo che anche per questo occorre il giudizio e Yexequatur,

Quando si tratta di voler procedere agli atti esecutivi in un paese, in forza di sentenza pronunciata da tribunale straniero, incombe al magistrato non solo di riconoscere che alla sentenza straniera può essere attribuita Tauto- rità della cosa giudicata, ma di dare altresì ad essa la forza esecutiva, decre- tandone Tesecutorietà. Però, anche quando non si tratti di procedere ad atti materiali e coattivi, ma di opporre la sentenza straniera in contraddittorio, invocando la presunzione legale che spetta aUa cosa giudicata, bisogna pure che il magistrato, che è chiamato ad attribuire alla sentenza straniera Tauto- rità della cosa giudicata relativamente a ciò che abbia formato il soggetto del giudizio, accerti innanzi tutto ch'essa non manchi dei requisiti sostanziali per essere reputata una sentenza. La presunzione legale che la legge attribuisce alla cosa giudicata e che dispensa da qualunque prova quegli a cui favore la sentenza sia stata pronunciata, non può aver luogo se non quando sia inter- ceduto tra le parti un regolare giudizio dinanzi al magistrato competente, e ciò dev'essere accertato, quando si tratti di giudizio seguUo all'estero. Gonfr. la mia opera: Disposiz. generali sulV applicazione, sulla pubblicazione e inter- pretazione delle leggi, Napoli 1887, editore Marghieri, tom. II, §§ 908-913.

Autorità delle sentenze penali straniere.

183. Nessuna sentenza penale straniera potrà avere l'autorità della cosa giudicata, potrà essere eseguita fuori del territorio, ove fa pronunciata; essa non potrà inoltre produrre gli effetti

154 Libro I. - Délle persone Parte speciale

legali derivanti dalla condanna penale, salvo il caso di espressa disposizione della legge riguardo ai cittadini condannati all'estero.

184. Spetta alla sovranità di ciascuno Stato di stabilire con legge, se una condanna penale straniera possa produrre rispetto al cittadino condannato Tinterdizione dai pubblici uffici o qualche altra incapacità, che derivi dalla condanna penale pronunciata dai tribunali nazionali.

Le condizioni sotto le quali tali effetti possono essere attribuiti sono nel dominio assoluto di ciascuna sovranità e non possono formare oggetto di trattato.

La legge penale forma parte del Diritto pubblico di ciascun paese, e con- seguentemente la sua autorità è in massima esclusivamente territoriale» salvo quei pochi casi nei quali può essere attribuita ad essa rautorità estraterrìtoriale.

L'azione penale però è sempre ed in ogni caso esclusivamente territoriale» e cosi deve ritenersi pure esclusivamente territoriale la forza esecutiva della sentenza penale. La condanna penale importa infatti la restrizione del libero esercizio dei diritti e della libertà personale, e non si può ammettere ch*essa possa produrre tali effetti fuori del territorio sul quale impera la sovranità, in nome della quale fu esercitata Fazione penale e fu pronunciata la condanna. La sovranità può non per tanto decretare che, date certe condizioni da essa determinate, alcuni effetti legali che derivano dallo stato di condannato pos- sano derivare dalla condanna pronunciata all'estero contro un cittadino.

Il legislatore italiano cosi dispone a tale riguardo, articolo 7 Codice penale del 1890:

* Se contro il cittadino, per un delitto commesso in territorio estero, che " non sia uno di quelli, pei quali non sia ammessa Testradizione, sia stata ** pronunziata all'estero una condanna, che secondo la legge italiana impor-

* terebbe, come pena o come effetto penale, l'interdizione dai pubblici uCBci ' o altra incapacità, l'Autorità giudiziaria sull'istanza del Pubblico Ministero, ' può dichiarare che la sentenza pronunziata all'estero produce nel Regno la ' interdizione o l'incapacità suddetta; salvo al condannato il diritto di cbie- dere che, prima di provvedere sull'istanza del Pubblico Ministero, si rinnovi

* il giudizio seguito all'estero ,. Vedi pure artìcolo 9 del God. pen. badese e art. 37 del God. pen. germanico.

Autonomia del pote7'e esecutivo.

185. Il sovrano dello Stato ha il diritto esclusivo di prov- vedere colla più completa indipendenza all'esecuzione delle leggi dello Stato, ed a tutti gli atti di pubblica amministrazione, e non è tenuto a rendere conto della sua condotta, che ai poteri costi- tuiti secondo le leggi costituzionali.

Titolo II. - Autonomia della iovranità 1^

186. LMngerenza negli atti di pubblica amministrazione di uno Stato estero non può essere giustificata col pretesto di prò* teggere gl'interessi dei cittadini. La protezione sotto tale rispetto dovrà essere reputata sopratutto contro il Diritto, ogni qual volta che essa sia ordinata allo scopo di ottenere ai cittadini residenti nello Stato estero una posizione privilegiata.

187. Un Governo però che si creda leso dagli atti del potere esecutivo straniero, o che riconosca lesi da tali atti gF interessi dei propri cittadini, potrà fare i suoi reclami per la via diplomatica e, quando ne sia il caso, esercitare le azioni giudiziarie dinanzi ai tribunali del paese straniero in conformità delle leggi ivi vigenti per la tutela de' suoi diritti lesi dagli atti d'amministrazione o in forza dell'abuso del potere esecutivo.

Le regole sopra stabilite sono fondate sul giosto concetto dell*! ndi pendenza delle sovranità neiresercizio dei loro poteri e delle loro funzioni airinterno dello Stato. Siccome però incombe a ciascuna sovranità di esercitare i snoi poteri senza ledere gl'interessi dei Governi e dei cittadini stranieri, così, se Tamministrazione di un paese fosse tanto disordinata, come avviene, a modo d'esempio, in Turchia, non può essere vietato ai Governi stranieri di tutelare in via diplomatica grinteressi propri e dei propri cittadini, facendo le oppor- tune rimostranze al Governo straniero per ottenere da esso che Tamministra- zione sia riordinata, e massimamente poi se si tratti delPamministrazione finan- ziaria, la qaale, se disordinata e corrotta, può arrecare gravi e seri detrimenti patrimoniali ai Governi ed ai privati stranieri.

Qualora poi fosse il caso di una vera lesione di diritti patrimoniali, l'azione giudiziaria potrebbe essere esercitata nei casi e colle norme stabilite in seguito aUe regole 257-266.

188. Non può essere attribuita competenza ai tribunali dello Stato per giudicare e decidere circa le lesioni patite dai cittadini che adducessero di essere stati danneggiati dagli atti d'ammini- strazione di un Governo straniero.

Il fondamento di questa regola riposa sul principio di Diritto internazionale generalmente riconosciuto, che la giurisdizione rispetto agli atti d'amministra- zione appartiene alla sovranità, in nome della quale gli atti siano stati fatti, e che il sottomettere gli atti di a mminis trazione d'una sovranità alla giurisdi- zione d'una sovranità straniera equivarrebbe a sottomettere la sovranità alla sovranità.

Vedi in senso conforme la decisione del Tribunale civile della Senna, del 2 maggio 1828, nella causa Ternani Gandolphe e. la Repubblica di Haiti:

' Attendu egli disse, qu'il est des principes consacrés par le Droit des * gens que les États sont indépendants les uns des autres; que la conséquence

156 Libro L - Delle persone Parte speciale

* la plus immediate est le droit de jurìdiction qae chaque natfon eonserre

* pour juger tons ies actes quelconques émanés d*elle; qae soamettre les engagé* ' ments d'une nation & la juridiction d'une autre natìon c'est nécessaìrement

* dter à la première son indépendance et la rendre sujette de Tantre, à la

* décision de laqueiie elle serait forcée d'obéir... ,.

La Corte di Cassazione francese ritenne lo stesso principio colla sentenza da essa pronunciata nella causa tra ì sigg. Lambège e Ponjol e il Governo spagnuolo:

** Attenda que T indépendance réciproque des États est Tun des principes

* les plus nniversellement reconnus du Droit des gens ; que de ce pi:;incipe il

* resulto qu'un Gouvernement ne peut étre soumis pour les engagements qa^il " contraete & la juridiction d'un État étranger; qu'en effet le droit de juri-

* diction qui appartient à chaque Gouvernement pour juger les différends nès

* à Toccasion des actes émanés de lui , est un droit inhérent à son aatorité

* souveraine, qu'un autre Gouvernement ne saurait s'attribuer sans s'exposer

* à altérer leurs rapports respectifs... „.

Vedi le mie opere: Diritto intemazionale pubblico, tomo I, § 418, e Far- ticolo sulla voce Agenti diplomatici, nel Digesto ital., n* 211-217. Dalloz, Jurisprud. gin. 1849, 1. 5.

189. L'indipendenza del potere amministrativo di ciascuno Stato dev'essere conciliata colle necessità, che derivano dalla con- vivenza degli Stati, che sono fra loro in società fatto.

190. Uno Slato che volesse attuare il sistema del suo com- pleto isolamento potrà essere reputato in opposizione coi prin- cipii del Diritto intemazionale, e potrà giustificare l'ingerenza col- lettiva da parte degli altri Stati, onde far cessare uno stato di cose anormale e contro gl'interessi generali delPumanità.

Questo dovrà ammettersi soprattutto rispetto ad uno Stato, che proibendo ogni commercio internazionale facesse cosi man- care agli altri Stati oggetti di prima necessità, o che inibisse asso- lutamente l'uso innocuo delle vie di comunicazione, delle linee telegrafiche, degli stabilimenti pubblici e di quello che è indi- spensabile per soddisfare ai bisogni intellettivi o morali di tutti

popoli civili.

In forza di questa regola si può spiegare come giustamente sia stato imposto alla Cina di aprire qualcuno de' suoi porti al commercio, per la necessità neUa quale si trovavano gli Stati europei di esportare Toppio che trovasi in queUe regioni. Lo Stato di assoluto isolamento in cui voleva restare la Gina, motivò la guerra che le fecero gl'Inglesi per costringerla ad abbandonare le sue false idee d'immaginaria superiorità ed a concludere il Trattato di pace di Nanking ne) 1842, col quale le prime relazioni commerciali col Celeste Impero furono stabilite.

Titolo UL Acquisto della sovrana^ urixt^iriuU 157

TITOLO IH. Acquisto della sovranità territoriale,

191. La sovranità territoriale consiste nel diritto esclasivo d'alto dominio, d'imperio e di giurisdizione spettante al sovrano secondo il Diritto internazionale su tutto il territorio dello Stato e su tutte le località assimilate ad esso.

192. Il territorio reale di ciascuno Stato è costituito dalla regione occupata da' suoi cittadini, la quale è nel possesso giu- ridico della sovranità territoriale, e che comprende tutta l'esten- sione che si trova contenuta dentro i limiti o frontiere dello Stato, le quali costituiscono la linea di separazione dalle regioni limi- trofe che sono nel possesso giuridico di altra sovranità.

193. Devono essere equiparate al territorio reale quelle loca- lità, che secondo il Diritto internazionale sono considerato come sue adiacenze e che devono essere reputate soggette all'imperio ed alla giurisdizione del Sovrano territoriale. Tali sono:

a) il mare territoriale;

l) le acque dei fiumi e dei laghi che dividono Io Slato dagli Stati limitrofi; e) le isole; d) le navi nazionali.

Acquisto della sovranità territoriale.

194. D possesso giuridico di un territorio da parte di uno Stato potrà essere effettuato durante la pace:

a) mediante l'occupazione, l'accessione, la prescrizione rispetto alle regioni che non siano nel possesso giuridico di altra sovra- nità o che debbano reputarsi da essa abbandonate.

158 Libro I. Delle persone Parte spedale

b) mediante la cessione volontaria fatta con o senza corre- spettivo, da coiaio eoi il territariò ceduto apparteneva. *

195. Il possesso giuridico d'un territorio può essere effettuato durante la guerra :

a) mediante l'occupazione che abbia il carattere di occupa- zione militare secondo il Diritto internazionale e che potrà rite- nersi effettuata, su quella parte soltanto del territorio, sulla quale nell'attualità sia cessato di fatto l'esercizio dell'autorità sovrana per parte del Sovrano territoriale e sia passata nelle mani del Sovrano belligerante, che col suo esercito o colla sua annata se ne sia impadronito e ne mantenga il possesso.

b) mediante la cessione forzata imposta come condizione della pace e stipulata col trattato debitamente ratificato.

Acquisto della sovranità mediante V occupazione.

196. Ogni Stato ha diritto di esplorare o fare esplorare le con- trada «deserte e mancanti di padrone ed occupandole può acqui- starne il possesso giuridico. L'acquisto della sovranità territoriale mediante occupazione non potrà essere effettuato, che rispetto alle regioni soltanto, che non siano nel dominio di alcun'altra sovranità.

197. Non potranno essere considerate come mancanti di pa- drone le regioni che siano in un continente abitato da popoli civili e che abbiano Governi stabiliti, tuttoché tali regioni non siano nel- l'attualità occupate interamente dal popolo. Dovrà quindi essere considerata in opposizione col Diritto intemazionale la pretesa di uno Stato che volesse applicare a tali regioni i principii generali del Diritto internazionale che concernono la colonizzazione delle regioni vacanti di Sovrano.

198. Le regioni, che non siano nel possesso giurìdico di alcuno Stato civile, ma che siano abitate da tribù selvagge, possono essere acquistate mediante l'occupazione, limitatamente però a quelle parti delle quali dette tribù non profittino, e a cui per la loro

Tìtolo 111. - Acquisto della sovranità territoriale 159

sproporzionata estensione non possano applicarsi i mezzi ordinari per la produzione.

199. Incombe allo Stato, che voglia occupare le terre abi- tate da tribù selvagge, di pagare una indennità, se ne voglia otte- nere la regolare cessione, o di adoperare le misure le meno nocive a fine di costringere gli abitanti a ritirarsi in una parte del ter- ritorio, onde lasciare libere le terre esuberanti die esso intende occupare per attuarvi il sistema della eoTonizzazione.

200. Incombe allo Stato, che avendo occupato una costa o un territorio, che non sia nel dominio di alcun'aUra sovranità, intenda di stabilire e mantenere il possesso giuridico di esso, di notificare in vìa diplomatica tale sua determinazione, affinchè ogni Stato, che possa avere interesse, sia così avvertito onde essere in grado di far valere, occorrendo, i propri diritti.

Neiratio generale e finale della Conferenza di Berlino sottoscritto il 26 feb- braio 1885 dair Austria-Ungheria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Gran Brettagna, Italia, Paesi Bassi, Lussemburgo, Portogallo, Russia, Spagna, Stati Uniti d'America, Svezia e Norvegia, Turchia, furono stabilite le seguenti regole per le nuove occupazioni delle regioni del continente africano:

* Art. 34. La Puissance qui dorénavant prendra possession d^un terrì- toìre sur les cdtes dn continent africain, situé en dehors de ses possessions actuelles, ou qui, n'en ayant pas eu jusque là, viendrait à en acquérir, et de mème, la Puissance qui y assumerà un protectorat, accompagnerà Tacte respectif d*une notification adressée aux autres Puìssances signataires du présent Acte, a fin de les mettre à mème de faire valoir, s'il y a lieu, leurs réclamations.

* Art. 35. Les Puissances signataires du présent Acte reconnaissent robligation d*assurer dans les territoires occupés par elles sur les cdtes du continent africain, Texistence d*une autorìté sufRsante pour faire respecter les droits acquis, et, le cas échéant, la liberté da commerce et du transit dans les conditions elle serait stipulée ,.

Quando V occupazione possa ritenersi giuridicamente attuata,

201. L'occupazione di un territorio, quando possa aver luogo a norma delle regole precedenti, non si potrà ritenere attuata se non quando il possesso di esso da parte dello Stato occupante sìa divenuto effettivo, non interrotto e permanente. A ciò non potrà essere ritenuta sufficiente la sola notificazione diplomatica.

In forza di quanto trovasi stabilito agli articoli 34 e 35 deiratto generale della Conferenza di Berlino sopra riportati non è richiesto che U possesso

ICO

Libro L - Velie persone F^prte speciale

diventi effettivo per Toccupazione delle coste del continente africano, ma sol- tanto la notificazione diplomatica. Neanche si richiede per rendere eflettiTO il possesso che nelle regioni occupate sia costituita un'autorità sufficiente a fare rispettare i diritti acquisiti ; perchò all'art. 35 le Potenze segnatario rico- noscono l'obbligo di assicurare i loro possessi territoriali mediante " Texistence d'une autorité suffisante pour l'aire respecter les droits acquis , , ma non con- siderano questa come una condizione per rendere il possesso effetti ¥o.«

Tale posizione di cose rende naturalmente inevitabili i conflitti tra gli Stati colonizzatori, quando si tratta di determinare l'estensione della regione sulla quale in forza del protettorato deve ritenersi effettuata l'occupazione da parte di ciascuno, o, come si è detto in linguaggio diplomatico» la zona d'inflnenza, y Hinterland, Ad eliminare tali conflitti mirano i trattati che si vanno stipu- lando per determinare le rispettive zone d'influenza nell'Africa. Uno ne ha concluso l'Italia con la Gran Brettagna il 24 marzo 1891 {Protocollo per deter- minare le rispettive zone d'influenza nelV Africa Orientale),

Vedi pure le Convenzioni del :24 dicembre 1885 tra la Francia e la Ger- mania, del 5 agosto 1890 della Francia coll'lnghilterra e quella della Germania colla Gran Brettagna del 15 novembre 1893.

202. L'occupazione di una regione non dovrebbe ritenersi at- tuata se non quando lo Stato occupante, oltre l'erezione di qualche sìmbolo per stabilire i propri diritti di sovranità, avesse de facto fatti atti di possesso, erigendo stabilimenti, provvedendo all'am- ministrazione o facendo qual si sia altra cosa idonea a stabilire lo acquisto reale del possesso di quella terra in nome della sovranità.

Scoperta di una regione e sua occupazione.

203. La semplice scoperta di una terra, benché accompa- gnata dall'erezione un sìmbolo qualunque di sovranità, non può valere a costituire in facto l'acquisto del possesso giurìdico di quella terra in nome delia sovranità.

204. La scoperta di una regione deserta e disoccupata, (atta da privati senza commissione del Governo o senza l'appoggio o l'approvazione del medesimo, non può ritenersi fatta in nome dello Stato, cui sia cittadino lo scopritore, ed attribuire alla sovranità il diritto procedere all'occupazione di essa regione a preferenza ogni altra sovranità. Se però il Governo dello Stato, di cui sìa cittadino Io scopritore, venuto a cognizione della cosa abbia notìficato diplomaticamente di volerne cavare profitto e volere procedere all'occupazione della regione scopertai il diritto

Titolo 111. ' AcquùUo della sovranità territoriale 161

SUO dev'essere rispettato a preferenza di ogni altro, fino a tanto che non sia decorso un tempo ragionevole a far presumere che esso non voglia o non possa effettuare il proposito di occupare quella regione.

205. Il periodo di tempo, entro il quale una terra scoperta dovrebbe essere effettivamente occupala, dovrà essere stabilito in modo uniforme da un Congresso. Mancando tale dichiarazione, il tempo ragionevole per effettuare T occupazione potrebbe rite- nersi stabilito a trentanni. Decorso inutilmente tale periodo di anni, se il Governo non avesse fatto alcun atto idoneo a stabi- lire il possesso reale ed effettivo in nome dello Stato, questo equi- varrà a rinunzia tacita di ogni diritto derivante dalla scoperta e dall' occupazione.

Effetti giuridici delV occupazione»

206. Quando l'occupazione debba ritenersi effettiva non potrà reputarsi limitata a quella parte della regione nella quale in nome della sovranità siano stati fatti atti di possesso, ma dovrà bensì ritenersi estesa a tutta quella parte del territorio che secondo i principii ragionevoli e secondo la natura delle cose debba essere considerata come un'universitas.

Questa regola riposa sol concetto che al possesso giuridico da parte di uno Stato non possono essere applicati i principii circa la presa di possesso da parte di un privato. Rispetto a questi oltre l'intenzione del possedere la cosa per sottoporla aU'esercizio del proprio diritto ò condizione indispensabile il tenerla in proprio potere o il poterne avere la fisica disponibilità. Rispetto invece aUa sovranità la presa di possesso deve ritenersi estesa a tutta quella estensione di territorio, che formi di per se stessa un'unità, e che possa essere difesa dallo Stato, che se ne sia impossessato.

207. Gli effetti della presa di possesso non potranno essere estesi oltre ì limiti giusti e ragionevoli. Essa non potrà estendersi ove s'incontrassero diritti già acquisiti da altra sovranità, tut- toché da questa non esercitati, salvo il caso di presunzione d'abbandono, oltre i limiti determinati dalla condizione geo- grafica del terreno e dai confini naturali, oltre quella ragionevole

11 FiofiE, Dir. interri . codif.

162 Libro •/. Delle persone Parte speciale

estensione di territorio, di cui lo Stato occupante può profittare e sul quale eserciti di fatto i suoi diritti di sovranità.

208. Uno Stato che abbia preso possesso di una parte di territorio occupato da tribù selvagge non associate politicamente, si deve considerare come possessore non solo delle regioni da esso occupate, ma di quelle altresì delle quali abbia concesso l'uso ai selvaggi a titolo privato. I diritti di sovranità acquisiti dallo Stato occupante non potranno essere invalidati da un terzo Stato, il quale dopo la scoperta ed occupazione effettiva di questo ter- ritorio adduca di averlo pur esso per intero acquistato dai sel- vaggi 0 di averne acquistata quella parte compresa nei limiti ter- ritoriali della regione appartenente all'altro primo occupante e della quale questi abbia riservato il godimento ai selvagp.

200. Ogni Stato che abbia occupato un territorio che non si trovi dentro i limiti. territoriali di alcuna sovranità e che possa giustificare il suo acquisto effettuato senza attentare ai diritti per- sonali degli indigeni, e con Tintendimento di stabilirvi una colonia, deve ritenersi di pieno diritto chiamato ad assumere il protetto- rato degl' indigeni ed a costituire sul territorio occupato un'auto- rità con mezzi e poteri sufficienti a tutelare l'ordine, la libertà, il commercio ed a diffondere la civiltà.

Acquisto della sovranità mediante accessione,

210. Ogni Stato acquista il possesso giuridico tutte le cose che in conseguenza delle cause naturali vengano ad aggiun* gersi in modo permanente al territorio che già si trovi nei limiti de' suoi possedimenti territoriali.

Acquisto della sovranità per prescrizione^

211. Uno Stato, il quale eserciti in modo notorio e continuo i suoi diritti di sovranità rispetto a certe località che si trovino tra i confini suoi e quelli di uno Stato limitrofo, o tra i suoi pos-

Titolo III. - Acquieto della sovranità torrUoriaU 168

sedimenti e quelli appartenenti ad un altro Stato, può acquistare il possesso giuridico di tali località mediante prescrizione.

212. La prescrizione non potrà ritenersi effettuata tra due Stati in guisa da modificare i diritti rispettivi di sovranità su certe limitate località, se non quando il possesso giuridico di esse riu- nisca le seguenti condizioni, che cioè sia notorio, non interrotto e prolungato per un tempo sufficiente a legittimare la presun- zione deirabbandono dei diritti sovrani da parte d'uno Stato e dell'acquisto di tali diritti per parte dell'altro.

213. L'acquisto mediante prescrizione può essere effettuato rispetto alle regioni di cui uno Stato abbia acquistato il possesso mediante l'occupazione effettiva, qualora lo Stato occupante abbia abbandonato temporaneamente tali regioni e durante l'interru- zione dell'occupazione un altro Slato abbia su di esse acquistato diritti ed abbia fatto atti di sovranità esercitati sotto le condi- zioni e pel tempo sufficiente ad ammettere la prescrizione.

Molle discussioni a proposito dei diritti di sovramtà di diverse regioni del coDliDente americano hanno avuto luogo tra gli Stati deirEuropa,cbe fondavano i loro titoli o sulla priorità deiroccupazione o sul lungo possesso. Vedi su tale soggetto le discussioni tra Tlnghilterra e gli Stati Uniti a riguardo deirOregon ; quella tra l'Inghilterra e la Repubblica Argentina pei dominii delle isole Malouìnes, e tra questa e il Chili a proposito dei rispettivi dominii nella Pata- gonia, e la controversia a proposito dell'arcipelago delle Caroline e di Palaos in Calvo, Droit intern. public, §§ ?83 e seg., 1692 e seg.

Tempo per attuare la prescrizione.

214. ** La durata del tempo occorrente all'acquisto mediante prescrizione dovrà essere stabilita mediante l'accordo degli Stati. Mancando questo converrà fissarla in maniera da potere fondare su tale fatto la presunzione legale dell'acquisto del diritto per parte di uno Stato e della tacita rinunzia per parte dell'altro.

Tale presunzione dovrà ammettersi quando l'esercizio dei diritti sovrani sia stato protratto per lo spazio di cinquant'anni.

Trattandosi di una estensione di territorio considerevole la durata del tempo sufficiente a legittimare l'acquislo polrebb e^seie limi- tato ad anni trenta.

1^ Libro I. ' Delle persone Parte tpeeiah

Occorrerà nell'uno e nell'altro caso che l'esercizio dei diritti di sovranità sia stato notorio, non interrotto e non equivoco.

Acquisto della sovranità mediante cessione.

215. La cessione di un territorio appartenente ad uno Stato, fatta volontariamente dal suo Sovrano a norma delle leggi costi- tuzionali a fine di rinunciare ad ogni diritto sovrano su detto ter- ritorio e trasferire tali diritti al Sovrano di altro Stato, opera la perdita del possesso territoriale da parte dello Stato cedente e l'acquisto per parte dello Stato cessionario.

216. La cessione può aver luogo con o senza correspettivo, e quando sia stipulata mediante trattato e questo debba repu- tarsi validamente fatto a norma delle regole che concernono la validità dei trattati intemazionali , dev'essere efficace ad attri- buire il possesso giuridico del territorio che abbia formato obbietto della convenzione.

Non mancano esempi di cessioni volontarie concordate mediante conven- zione conclusa tra due Stati. I possedimenti russi furono ceduti agli Stati Uniti di America per 7.200.000 dollari. Una cessione a titolo gratuito è quella avve- nuta tra la Francia e l'Italia rispetto alla Savoia ed al circondario di Nizza, ceduti col trattato stipulato a Torino il 24 marzo 1860.

217. La cessione forzata imposta come condizione della pace produce la perdita del possesso giuridico del territorio ceduto da parte dello Stato cedente e l'acquisto da parte di quello a favore del quale la cessione sia stata stipulata.

Per la validità di questa bisognerà tener presenti le regole che concernono i trattati di pace e le convenzioni che regolano le conseguenze della guerra.

Esercizio dei diritti di sovranità territoriale.

218. Incombe a tutti gli Stati, i quali sono in società di fatto, di riconoscere che al Sovrano dello Stato che ha il possesso giu- ridico di un territorio spetta l'esercizio esclusivo dei diritti di sovranità territoriale secondo il Diritto internazionale.

TUolo Uh - Acquino déUa aovranUà ittrrHoriaU 16S

219. La sovranità territoriale non può essere reputata come un diritto patrimoniale e non può attribuire al Sovrano dello Stato la proprietà del territorio, ma bensì soltanto l'alto dominio su tutte le regioni che sono nel suo possesso giuridico.

220. Incombe al Sovrano territoriale di esercitare i propri diritti colle giuste limitazioni che sono imposte secondo il Diritto intemazionale e tenuto conto delle esigenze della convivenza e delle utilità generali.

Le precedenti regole tendono a stabilire nei rapporti tra la sovranità ed H territorio quello che deve essere reputato nel campo del Diritto pubblico interno o in qnello del Diritto internazionale.

Secondo il Diritto pubblico intemo ì diritti del sovrano rispetto alle varie parti del territorio possono essere diversi, secondo che si tratti di beni che costituiscono la proprietà pubblica, e dei quali è dato a ciascuno di godere sotto Tosservanza delle leggi e dei regolamenti; o di queUi che costituiscono il patrimonio dello Stato, e dei quali il godimento è attribuito al capo dello StatOj che può esercitare i diritti di proprietà a riguardo di quelli che costi- tuiscono il patrimonio della Corona; o di quelli finalmente che costituiscono la proprietà privata, la quale deve essere reputata inviolabile, salvo le limitazioni imposte secondo la legge costituzionale.

Di fronte al Diritto intemazionale la sovraiOtà territoriale consiste nelPalto dominio spettante al sovrano del territorio in confronto di tatti gli altri sovrani, vale a dire nel diritto esclusivo delFaif dort to« , àitllHmperiufny della juriadicHo rispetto a tutte le regioni che sono nel possesso giuridico lui. Cotesto diritto non ha nulla a che fare con qnelR> che proviene dal diritto di proprietà, perchè in sostanza lo Stato non è patrimonio del sovrano, e molto meno il territorio può essere reputato quale proprietà del sovrano territoriale*

Conviene poi inoltre avvertire che, siccome ogni diritto sovrano trova le giuste limitazioni in forza delle esigenze richieste per l'ordinata convivenza e per la tutela degF interessi generali, cosi anche il diritto di alto dominio spettante al sovrano territoriale deve subire le necessarie limitazioni, che sono la conseguenza delle esigenze della convivenza.

166 Libro /. Delle persone Parte speciale

TITOLO IV. Diritto d'imperio e di ffiunsdizìone.

221. II diritto d'imperio e di giurisdizione spettante al Sovrano dello Stato in virtù del dominio eminente su tutto il territorio consiste nella suprema potestà di assoggettare le persone, e le cose che formano parte del territorio, alle leggi da lui fatte per tutelare i diritti sociali, i diritti privati e quelli dello Stato e por tutelare inoltre gUnteressi generali ed assicurare il rispetto del Diritto internazionale.

Il diritto d'imperio e di giurisdizione personale, che concerne soltanto i cittadini, trova il suo fondamento sul carattere di citta* dinanza, e si esplica anche rispetto ai cittadini residenti all'estero.

Noi intendiamo in questo luogo la giurisdizione secondo il concetto di Vico, Tale a dire come suprema potestà di proclamare colla legge il Diritto e di assicurarne il rispetto. Juris-dictio (egli dice) est formtda quam site scripto sive edictOf or do vel Sex^ animo Juris condendi, emittit; guod proprium est jus edere (De uno univ. juris principio et fine uno),

U quale concetto va completato con quello di Voet: Vana et elusoria sii omnis juris-dictio nisi nervos hahet imperii, quibus ad óbedientiam adducantur contumaces et executionem decreta sortiantur. Ad Pand.y L. II, tit. I, 42.

Giurisdizione a riguardo dei cUtadini.

222. ^ La soggezione dei cittadini alla giurisdizione del Sovrano dello Stato, cui essi appartengono, dovrà essere reputata perma- nente fino a tanto che essi conservino la cittadinanza acquistata.

223. Il rapporto, che lega il cittadino al Sovrano dello Stato, dovrà ritenersi fondato sulla libera elezione da parte di lui e non già snlV allégeance, e dovrà essere considerato duraturo fino a quando la persona non abbia con atto formale rinunciato alla sua patria, o non si sia naturalizzato all'estero.

TUolo IV. ' Diruto d'imperio e di giurisdiziùné 167

UaHéfféOHce è stata considerata come un vincolo permanente col quale ciascuno rimane legato al sovrano dello Stato, di cui esso sia nato cittadino e che persiste sempre e che non può essere mai rotto mediante qnahisia fatto personale da parte della persona vincolata sen^a il eonsènftmento del principe» al quale esso deve reputarsi sempre sommesso.

In forza di tale rapporto le leggi di alcuni Stati hanno ammesso Tobhligo permanente di fedeltà e di ubbidienza da parte del rìttadino verso il sovrano del paese d^origine, e gli hanno negato il diritto di espatriare e di naturaliz- zarsi airestero» senza il beneplacito del sovrano. In certi paesi Vallégeance ò stata considerata un rapporto tanto assoluto e permanente da qualificarlo inalienabile ed imprescrittibile , non ostante qualunque fatto personale per ripudiarlo.

Era così secondo la legge federale svìzzera anteriore a quella pubblicata il 6 luglio 1876, ed in Inghilterra prima che fosse pubblicata la legge del 12 maggio 1870, la quale ha ammesso che l'inglese possa rompere il rapporto derivante àM aìlégeance naturalizzandosi alKestero.

Il rapporto derivante àiìX^allégeance considerato come assoluto, inalienabile, imprescrittibile deve reputarsi in opposizione coi diritti intemazionali del- Tuomo. Vedi le regole al Titolo X.

Ck)nfronti Bonfils, Droit inUrnational public^ § 423L

224. Il Sovrano dello Stato non può imporre ai cittadini l'obbligo di ottenere la sua previa autorizzazione per potere espa- triare e per acquistare un'altra cittadinanza. Potrà però assog- gettare coloro, che volessero espatriare, ad adempiere prima agli obblighi verso la patria originaria e a prestare il servizio mili- tare. Potrà inoltre trattare come ribelle chiunque abbia portato le armi contro la patria originaria.

226. Compete alla sovranità il diritto di regolare colle proprie leggi i diritti privati dei cittadini che si trovino all'estero, nel senso però di assoggettare il godimento di codesti diritti alle regole di Diritto intemazionale pubblico e privato.

Spetta ad essa altresì il diritto di richiamare ì cittadini che dimorino all'estero, quando la loro opera sia necessaria per la difesa del paese e per l'adempimento dell'obbligo del servizio militare.

226. La sovranità però non potrà, in virtù di tale diritto, fere direttamente o indirettamente in nome proprio alcun atto di comando o di coercizione a riguardo dei cittadini che si trovino all'estero per costringerli all'ubbidienza, ma soltanto potrà doman- dare conto ad essi, quando ritornino in patria, se dimorando all'estero abbiano violato le leggi che li obbligavano, e quando

168

Libro L ' Delle persane Parte epeeiàU

sia il caso assoggettarli alle conseguenze penali sancite colla propria legge,

227. Non si ha il diritto di esigere che il Governo straniero presti il suo appoggio per l'esecuzione dell'ordine richiamo dei cittadini da parte del Governo nazionale.

Giurisdizione rispetto agli stranieri.

228. Nessun Governo potrà avere il diritto di inibire in modo generale e permanente agli stranieri di entrare liberamente nel territorio dello Stato. Però per ragioni d'interesse pubblico o per motivi ben gravi il divieto di entrare nel territorio dello Stato può essere giustificato come provvedimento provvisorio rispetto a certe categorie di stranieri.

220. Il diritto spettante allo Stato di proibire temporanea- mente l'entrata degli stranieri non può essere fondato sul motivo di proteggere il lavoro nazionale.

230. Ogni persona, che entri volontariamente in un paese straniero, è tenuta a sottomettersi durante il suo soggiorno alle leggi sicurezza ed a quelle di polizia. Essa non avrà ragione di lamentarsi se tali leggi, per quanto elleno siano più o meno giuste, onerose e conformi o contrarie a quelle della sua patria, e degli altri Stati civili, siano a lei applicate, purché però siano osservate le stesse formalità di procedimento e fatte salve le stesse garanzie legali stabilite per la loro applicazione ai cittadini dello Stato.

231. Salvo il diritto di ciascun Governo di assoggettare gli stranieri, che vogliano soggiornare, al pagamento di certe contri* buzioni personali, non si potrà mai giustificare Tatto di un Go- verno che costringesse gli stranieri, che intendano soggiornare nel territorio dello Stato, a contribuzioni eccessive e a continue estorsioni.

232. Non è conforme ai prìncipii del Diritto ed alle consue- tudini internazionali di assoggettare gli stranieri, i quali non siano stabilmente domiciliati, ai servigi civilie- militarismi prestiti forzati^

Titolo IV. . Diruto cTitnpeHo é di giurisdizione 101)

alle contribuzioni di guerra ed a qualunque altra contribuzione straordinaria.

Agli oneri suddetti potranno essere obbligati gli stranieri sta- bilmente domiciliati, purché si conceda loro un tempo ragionevole per potere trasferire il proprio domicilio altrove, se non volessero assoggettarsi alle nuove leggi promulgate dopo lo stabilimento di esso.

Espulsione degli stranieri.

233. Incombe agli Stati civili di regolare con legge l'espul- sione degli stranieri nei casi ordinari e straordinari, e di escludere ogni atto arbitrario ritenendolo come lesivo della libertà e della inviolabilità della persona.

234. Il diritto di espellere uno straniero con provvedimento amministrativo potrà essere ammesso in via eccezionale, allorché vi fossero gravi ragioni di ordine pubblico per giustificarlo. Il Go- verno del paese, a cui appartenesse l'espulso, potrà però doman- dare ognora una spiegazione, e la comunicazione delle ragioni, che avessero motivato Tespulsione. Contro tale provvedimento in via amnoinistrativa dovrebbe però essere riservato all'espulso il diritto di fare opposizione in via giudiziaria, e di sottomettere ai tribunali di giudicare e di sentenziare se sussistano, secondo la legge, le circostanze dell'espulsione,

235. La sovranità potrà espellere ognora uno straniero, che sia stato condannato ad una pena criminale o correzionale, alla quale per disposizione di legge sia aggiunta l'espulsione, quando il reo sia straniero.

Vedi su tale soggetto Fiore, Tratte du Droit penai internata Paris ISSO, tom. I, chap. H. Du droit d^expuUer Vétranger, ove trovansi riportate le leggi vìgenti nei diversi paesi a rigaardo deirespulsione degli stranieri.

236. L'espulsione dello straniero potrà essere giustificata se esso trovisi in condizione di mendicità o di vagabondaggio ; se esso siasi stabilito nel territorio dello Stato clandestinamente e sotto falsi nomi; se esso trovisi affetto da malattia contagiosa e che per la sua natura possa compromettere la salute pubblica.

170 Libro 1. ' Delle persone Parte speciale

237. L'espulsione in massa degli stranieri cittadini di uno Stato non potrà essere giustificata, se non quando possa essere data la prova di avere essi violati i principii del Diritto intema- zionale 0 di cagionare con la loro presenza un tur]}aniento g^e- rale dell'ordine pubblico e della pubblica tranquillità.

L'espulsione in tali circostanze potrà essere giustificata, quanto alla sua durata, fino a quando durino le pubbliche necessità, che l'abbiano motivata.

Della giurisdizione penale.

238. Nessuna sovranità potrà esercitare l'azione penale o fare un atto di qualsisia natura che implichi esercizio di giurisdi- zione penale sul territorio soggetto ad altra sovranità. Può però attribuire alla propria legge penale autorità estraterritoriale in certi casi determinati e specificati, e chiamare colui che l'abbia violata all'estero a subire il giudizio dinanzi ai propri! tribunali, nel caso che si sia arrivati ad impossessarsi di esso o che si sia doman- data e ottenuta la regolare estradizione.

Non si può al certo ammettere l*autorità estraterritoriale assoluta del Diritto penale come alcuni hanno sostenuto, e neanche può accogliere ropinione di coloro, ì quali pensano che la legge penale di ogni paese debba avere rispetto ai cittadini di esso la stessa autorità dello statuto personale ; ma si può bensì ritenere giusta e fondata la teorìa la quale ammette che in quei determinati casi, nei quali in forza degli stessi principi! che legittimano la tutela giuridica del Diritto mediante sanzioni penali, questa debba estendersi anche neiripotesi che la lesione venga a verificarsi in conseguenza della lesione avvenuta in forza di reato consumato in paese straniero, la sovranità dello Stato possa avere il diritto di punire tali reati, e che si debba quindi in cotesti determinati casi attribuire autorìtà estraterrìtorìale alla legge penale.

In quest^ordine d'idee tutto si riduce a determinare ì casi nei quali Tanto- rità estraterritoriale della legge penale possa essere giustificata.

Gonf. su tale soggetto : Fiore, Effetti intemazionaH delle sentente p^nàU della estradizione ^ Gap. 2^ Della giurisdizione penale relativamente ai reati commessi aW estero, 12 e seg.; e Traiti de Droit penai intemational, tradnit par Charles Antoine, Parìs 1880. tom. I. Du droit de reprimer les déUts eommis hors du territoire de VÉtat, 43 e seg.

239. Potrà essere attribuita autorità estraterritoriale alla legge penale rispetto principalmente ai seguenti reati:

TUcXo IV. - Diritto dUmperto e di qiurisdizhne 17!

«

a) reati contro la sicurezza dello Stato e contro il credito pubblico;

b) reati contro la proprietà o contro le persone, quando il colpevole si sia recato nel paese straniero, ove il divieto non esi- steva, per consumare impunemente un fatto in frode della legge del paese, la quale dichiari quel dato fatto punibile;

e) reati di ricettazione e favoreggiamento, quando cioè i fnitti di un reato commesso nello Stato siano stati trasportati dolosa- mente dentro i confini di un altro Stato;

d) quando l'autore del reato commesso nello Stato sia stato eccitato, consigliato, incoraggiato a commetterlo, da chi dimorava all'estero.

240. Apparterrà alla sovranità di ciascuno Stato la giurisdi- zione penale rispetto ad uno, che sia imputato di avere commesso un fatto qualificato reato secondo il Diritto internazionale.

241. Dovranno essere considerati come compresi nella pre- cedente regola:

a) la pirateria e qualunque fatto che si riferisca ad essa; h) i guasti, la distruzione o la alterazione dei telegrafi sotto- marini o di una parte qualunque degli apparati annessi;

e) i guasti e la distruzione di una strada ferrata internazionale, di canali o opere destinate all'uso comune, arre^^ati con intenzione dolosa in tempo di pace ; o da chi non era autorizzato ad arre- carli in tempo di guerra.

Giurisdizione penale rispetto ai pirati.

242. Sarà considerato come pirateria qualunque atto com* messo in alto mare con violenza a scopo di furto o di depreda- zione da una nave, a cui manchi il mandato o la lettera di marca rilasciata da un Governo riconosciuto, e quando l'attentato sia diretto indistintamente contro le navi di qualsisia paese.

243. Non potrà essere qualificato come pirateria il fatto di una nave, che abbia commessi atti di violenza o di depredazione per commissione di un Governo contro le navi di un determmato

172 Libro L - Delle persone Parte speciale

paese, anche quando il comandante di essa abbia ecceduto i limiti della commissione. Dovrà però in tal caso l'autore del fatto essere tenuto a rispondere, anche penalmente, per avere ecceduto i limiti della commissione, e dovrà sempre ritenersi responsabile il Governo che ad esso dette la commissione.

244. La giurisdizione penale internazionale pel reato di pira- teria potrà essere ammessa soltanto quando sussistano tutti gli estremi per potere essere Tatto qualificato pirateria secondo i principi! del Diritto internazionale.

La legge particolare di uno Stato, che qualifichi atti di pira- teria fatti, che non siano tali secondo il Diritto internazionale, non può essere applicata per attribuire al reato tale qualifica e per giustificare la giurisdizione del Sovrano, che abbia promulgata la legge, a fine di punirne Fautore come se si trattasse del reato vero e proprio di pirateria.

246. La nave dedita alla pirateria, che abbia o che non abbia la bandiera di uno Stato e le carte di bordo, potrà essere assog- gettata alla giurisdizione di qualunque sovranità, che Tabbia in suo potere.

246. Chiunque abbia le prove che una nave sia colpevole di piraterìa, o abbia gravi motivi per sospettarla tale, potrà seque- strarla, ma dovrà condurla nel porto di uno Stato, perchè vi sia giudicata.

Qualora gli atti di pirateria fossero stati commessi nelle acque territoriali di uno Stato, la giurisdizione del medesimo dovrà essere a preferenza riconosciuta.

Giìirisdizione rispetto ai Ministri stranieri.

247. Gli agenti diplomatici stranieri saranno esenti dalle giu- risdizioni territoriali per tutti gli atti da essi fatti nella loro qualità come tali o come rivestiti del carattere di pubblici funzionari o agenti di Governi stranieri. Essi avranno il diritto di adempiere la loro missione colla più completa indipendenza, e non saranno tenuti a rispondere personalmente, se, adempiendo la loro nUs-

Titolo IV ' Diritto d'imperio e di giurisdizione *'^

sione secondo il mandato espresso ricevuto dal proprio Governo, abbiano coi loro atti offeso il Sovrano o il Governo dello Stato presso cui siano accreditati.

Confronti per quello che concerne i diritti e le prerogative dei ministri stranieri le regole contenute al titolo VII. Diritti e prerogative degli agentt diplomatici,

248. Il ministro straniero, il quale, nell'esercizio delle sue funzioni, come tale arrecasse offesa alla sovranità dello Stato, potrà essere rinviato, ma non punito come colpevole. Incombe però allo Stato rappresentato di disconoscere gli atti del mini- stro e di dare le dovute riparazioni, senza di che sarà esso te- nuto a rispondere degli atti da lui fatti e dell'offesa da lui arre- cata nella sua qualità di rappresentante dello Stato.

249. Qualora gli atti del ministro straniero abbiano il carattere di atti ostili, il Governo dello Stato, presso cui è accre- ditato, potrà trattenerlo fino a tanto che il Governo rappresen- tato non abbia dato corso ai reclami fatti, e !a controversia fra i due Governi non sia stata appianata. Che se in conseguenza di tali divergenze fosse dichiarata la guerra tra i due Stati, il ministro straniero potrà essere trattenuto come un prigioniero di guerra.

Queste regole riposano sul concetto che il ministro straniero in quello che eserciti funzioni in nome dello Stato rappresentato, o che faccia atti in nome del Governo da cui sia stato accreditato, non può essere tenuto a risponderne personalmente, perchè in forza del suo carattere rappresentativo egli rappre* senta ne* suoi atti Io Stato straniero. Le conseguenze quindi che ne possono derivare, qualora gli atti del ministro straniero facciano nascere una contro- versia fra i due Governi, devono rimanere sommesse alle regole generali che concernono le controversie fra Stato e Stato, e devono quindi essere risolute colle norme di Diritto comune, come in ogni caso in cui nasca una contro- versia di Diritto internazionale tra due sovranità.

250. Qualora gli agenti diplomatici abusino della loro po- sizione per attentare ai diritti dello Stato presso cui siano accre- ditati, 0 per violare i diritti dei privati protetti dalla legge penale, potranno essere assoggettati alla giurisdizione penale del Sovrano presso cui sono accreditati, salvo i necessari temperamenti per tutelare la dignità dello Stato rappresentato.

i74 Libro L - DeUe pèrsone Parte speciale

261. -— Le persone, che dimorano in uno Stato in qualità di rappresentanti di uno Stato estero, potranno essere assoggettate alle giurisdizioni territoriali ordinarie per tutti gli atti da esse fatti come privati, o nella sfera del Diritto privato, e per quelli al- tresì che esse facciano senza mandato espresso o commissione tacita del proprio Governo o che non possano ritenersi com- presi nel mandato o nella commissione ad esse data.

Le regole sopra stabilite mirano a determinare al giuslo la estraterrìtorialità della quale si dicono coperti i rappresentanti di Stati stranieri.

Lasciando da parte ogni finzione giurìdica conviene piuttosto riconoscere, che secondo la natura delle cose il rappresentante di uno Stato straniero in tutti gli atti che esso fa, come rivestito del carattere pubblico, non può essere sot^ tomesso alla giurisdizione dello Slato presso del quale egli è accreditato. Egli infatti rappresenta la sovranità stessa del sovrano, da cui fu inviato, e non può essere sommesso alla giurisdizione, perchè siccome questa non esiste indi- pendentemente dalla sovranità, il sottometterlo alla giurisdizione del sovrano territoriale equivarrebbe a sottomettere la sovranità da lui rappresentata.

Molto a proposito può riuscire quello che disse la Corte di Parigi nella causa Masse :

* Gonsidérant que Tindépendance réciproque des États est consacrée par

* le Droit des gens... ; que prétendre de soumettre à la justice le soureraio

* d' un autre pays , c'est-à-dire au droit de juridiction et de commandement '^ du juge d'un pays étranger, ce serait evidemment violer une souverainete

* etrangère, et blesser en cette partie le Droit des gens...; que rincompélence ' du tribunal était à cet^gard d*ordre public et absolu... . (Paris, 23 aóut ISTu. Journ. du Palaie, 1871, p. 73.)

Non è quindi per la finzione della estraterrìtorialità, ma in forza del priD- cipio della reciproca indipendenza delle sovranità, che i ministri stranieri devono essere esenti dalla giurisdizione in tutti gli atti che essi fanno comi rappresentanti dello Stato da cui sono accreditati.

Nei rapporti poi di Diritto privato non si può sostenere la loro esenzione dalla giurisdizione territoriale, perchè detti rapporti sono sempre gli stessi sia che le parti tra le quali intercedano siano entrambe due prìvati, sia che Tana o l'altra di esse sia un ministro straniero.

La vendita, la locazione, il deposito, e via dicendo, non mutano natura, carattere e sostanza se, a modo d'esempio, il ministro straniero sia egli H compratore o il venditore. (Vedi Fiore sulla voce Agenti dipUmatici nel D.gesto ital., § 171 e seg., e Diritto internaz. pubbl., 3* ediz., tom. JI, §§ 1 m 1229. Oonfr.: FERAUD-GmAUD, États et souverains devant les tribunaux étrangtrt, tom. II, Paris 1895, appendice.)

252. Gli atti fatti da un ministro straniero nella sua qualità rappresentante dello Stato estero, i quali importino conseguenze civili ed obbligazioni civili, potranno legittimare le azioni civili da parte degl'interessati e la giurisdizione dei tribunali ordinari competenti nei casi e colle norme che concernono Fesercizio delle

Titolo IV, - Diritto d'imperio e di giurisdizione ^^

azioni civili e la competenza dei tribunali rispetto agli atti fatti da un Governo straniero.

in forza di qnesta regola si deve ammettere che il Ministro straniero non può essere personalmente responsabile neanche delle conseguenze civili che possono derivare dagli atti da lui compinti nella sua qualità di agente diplo- matico e di rappresentante dello Stato estero: però, siccome gli Stati stranieri ed i Governi stranieri possono in certi casi essere sommessi alle giurisdizioni ordinarie per le conseguenze civili che possono derivare dagli atti di gestione 0 di amministrazione compiuti in loro nome dai pubblici funzionari, cosi deve ammettersi che i ministri stranieri siano tenuti a risponderne nei casi e sotto le condizioni nei quali vi può essere tenuto lo Stato da essi rappresentato.

Vedi in seguito le regole che concernono la giurisdizione rispetto agli Stati ed ai Governi stranieri e confronti il mio articolo pubblicato nel Digesto italiano sotto la voce Agenti diplomatici, § 224 e seg.

Giurisdizione rispetto ai coììsoU strame)'i.

253. I consoli stranieri non saranno sommessi alle giuris- dizioni territoriali per gli atti da essi compiuti nella loro qualità di ufficiali rivestiti di carattere pubblico ed in conformità delle leggi, dei regolamenti e della competenza ad essi spettante se- condo la convenzione consolare e gli accordi interceduti fra i due Stati.

Se però tali atti importassero conseguenze civili e potessero legittimare l'azione civile contro il Governo del loro paese la com- petenza dei tribunali territoriali si potrà ammettere colle norme che concernono la giurisdizione rispetto ai Governi ed agli Stati stranieri.

Per chiarire la proposta regola conviene tener presente che gli ufficiali pubblici, quantunque non siano tenuti personalmente a rispondere degli atti fatti come pubblici funzionari, possono nondimeno in certi casi impegnare lo Stato, che può essere tenuto per essi a risponderne.

11 caso è stato discusso dinanzi ai tribunali italiani a proposito dell'obbligo assunto dal Console greco in tale sna qualità di pagare le spese dovute al Manicomio di Aversa, ove egli avea richiesto che fosse ricoverata una greca demente. SullMstanza deirAmministrazione del Manicomio pel mancato paga- mento i tribunali italiaiii si dichiararono competenti. La Corte di Cassazione di NapòU decidendo tale causa coUa sna sentenza del 16 marzo 1886 ritenne che il console straniero, e per lui lo Stato che gli delegò le funzioni consolari per le obbligazioni civili contratte nel Regno a favore di cittadini del suo paese non è sottratto alla giurisdizione dei tribunali dello Stato. Giurisprudenza

^ '" Libro L - Delle persone Parte speciale

italiana, causa Typaldos console di Grecia e. Manicomio di Aversa, anno 1886» parte I, sezione I, 228.

Vedi pure sentenza della Corte di Catania del 16 agosto 1888 in causa Leva e. Belfiore neUa Giurisp. catanese 1888, pag. 189.

254. I consoli che esercitano il commercio o che facciano atti nel campo delle materie civili d'interesse privato saranno sonmiessi interamente per tutto quello che concerne i fatti di commercio , gli atti civili e le controversie ad essi relative alle giurisdizioni del paese ove il commercio sia da essi esercitato od ove siano stati posti in essere gli atti civili.

Anche quando coUa convenzione consolare trovasi stabilito che i eonsofi rispettivi debbano godere a reciprocità certe esenzioni, prerogative, immunità e privilegi non si può mai sostenere che essi ne possano godere nel caso che esercitino il commercio e a riguardo di fatti relativi ad esso o a rapporti civili e privati.

Nel protocollo sottoscritto tra 1* Italia e la Romania per precisare rintelli- genza della convenzione consolare tra di essi conclusa fu cosi con venato: " Il demeure entendu que les consuls respectifs, sMls sont négociants, seront ** entièrement soumis, en ce qui concerne Tarrét proventi f pour faits de coni- * merce , à la législation du pays dans lequel ils ezercent leurs fonctions ,. (Bucarest, 13 marzo 1881, Collezione dei trattati e convenzioni tra 1* Italia e gli Stati stranieri, voi. 10, pagina 799.)

255. Incombe alla sovranità di regolare l'esercìzio delle giurisdizioni e di ogni diritto da parte delle autorità locali rispetto al console straniero coi temperamenti e le considerazioni a lui dovute pel carattere pubblico del quale è rivestito, e di tutelare tutte le immunità, diritti, privilegi ed esenzioni accordati ad esso secondo la convenzione consolare o il Diritto comune.

256. Si dovrà ritenere in massima che, quantunque 1 con- soli non possano godere tutti i diritti e tutti i privilegi che spet- tano agli agenti diplomatici, devono non di meno avere tutte le garanzie per la loro sicurezza personale, la piena libertà per eser- citare convenientemente le loro funzioni ed il concorso efficace delle autorità locali per i provvedimenti che essi dovessero prendere per l'esercizio delle loro funzioni.

Nella maggior parte delle convenzioni consolari, qiuantnnqne i consoli e gii agenti consolari non siano dichiarati esenti dalle ginrisdizioni territoriali» trovasi ammesso come regola che essi non possano essere arrestati tranne che nel caso che abbiano commessi reati gravi. Nella convenzione tra lltalia e TAustrìa del 15 maggio 1874 ò così disposto a tale riguardo ali*articolo 5; * Les^ consols

Titolo IV. - DiriUo d'imperio é di giurisdizione Ì71

* généraox, consnlB, viee-consuls et agents consulaires, sujets de la haute partie ' contractante qni les a nomraés , jouiront de V iromunité personelle et ne

* poorront étre ni arrètés, ni etnprìsonnés, si ce n^est pour une infraction ' qni soit, 8i elle a étó commise en Aotriche^Hongrìe, considérée comme erime ' en verta des lois antricbiennes , ou frappée de peines graves par la lo ' hongroise , ou bien à laquelle , dans le cas V infraction a été commise

* en Italie, la loi italienne applique une peine crìminelle ,.

La stessa disposizione si trova nella convenzione consolare colla Russia del 16 aprile 1875, nella quale anche per i fatti sommessi alla legge penale Tarresto non ò ammesso che quando i detti fatti importino una pena superiore ad un anno di carcere. Convenzione 16i28 aprile 1875, articolo 2, comma 2^.

NB. A complemento delle regole esposte confronti quelle che concernono i diritti e le prerogative dei consoli, che trovansi al titolo VII.

Giurisdizione rispetto ai Sovrani stranieri.

257. I Sovrani stranieri, che in tale loro qualità si trovino nei dominii di altra Sovranità, non potranno come tali essere assoggettati in. nessun caso alle giurisdizioni ordinarie.

Nessuna differenza potrà essere fatta a riguardo di ciò se il capo dello Stato sia principe, re, imperatore, o presidente di repubblica.

Qualora però essi abusassero della loro posizione per eccitare torbidi, o per attentare alla sicurezza dello Stato, potrebbero essere obbligati a partire, e nel caso che avessero commessi atti ostili gravissimi, potrebbero essere trattati come prigionieri di guerra.

258. Un Sovrano, il quale facesse atti, in virtù dei quali esso volontariamente venisse ad assoggettarsi alla giurisdizione della sovranità straniera, non potrebbe pretendere di sottrarsi ad essa, quando ciò ridondasse a suo vantaggio.

Dovranno ritenersi compresi in tale regola:

a) il caso di un Sovrano, che acquistasse beni immobili in estero Stato, rispetto ai quali non potrebbe sottrarsi all'impero delle leggi territoriali, che concernono la proprietà;

b) il caso di un Sovrano, che prendesse servizio nell'esercito di uno Stato straniero;

e) il caso di un Sovrano, che si facesse intraprenditore di servizi pubblici, come potrebbe essere T esercizio di una strada ferrata e simili casi;

12 Fiow-:, Dir. interri, codif.

178 Libro 1. - DeUe persone Parte spedale

d) il caso di un Sovrano, che in qualità di rappresentante dello Stato avesse iniziato un giudizio come attore senza costi- tuire un pubblico ufficiale per essere rappresentato, e per rispon- dere alle contro-azioni del convenuto.

Nella cansa contro il Kedivò di Egitto, che aveva destinato una nave dello Stato per il trasporto di merci noleggiandola, fu ammessa la giurisdizione dei tribunali ordinari (Vedi la sentenza deWJUa Corte deWAmmiiraglUao inglese, Londra, 7 maggia 1873, Journal de Droit int, prive, 1874, pag. 36).

Nella causa contro HuUet, promossa dal re di Spagna, che aveva iniziato il giudizio come principe sovrano, i tribunali americani si dichiararono com- petenti a sottometterlo alla propria giurisdizione {ne King of Spain cs, Eulkt Clerkf Seports of Lord, voi. I, pag. 333).

Vedi Fiore, Diritto pubbl. intem,, 3* edizione, e la ?oce Agenti diplomatiti nel Digesto italiano §§ 193 e seg.

Giurisdizione rispetto agli Stati ed ai Governi stranieri.

259. Lo Stato straniero, in quanto è un'istituzione poli- tica ed in quello che eserciti come tale i suoi diritti e le sue funzioni sovrane , o che faccia atti di Governo , non può essere assoggettato alle giurisdizioni ordinarie e segnatamente a quelle del paese di cui siano cittadini coloro che da tali atti si dicono Iesi

Confronti le regole 185-86-87 precedenti.

260. Lo Stato straniero, in quello che assume il carattere di persona giuridica, e che in tale qualità faccia atti che per la loro natura entrino nel campo dei rapporti civili, non può essere sottratto alle giurisdizioni ordinarie ed alle regole che governano l'esercizio delle azioni giudiziarie, per tutte le conseguenze che dai detti atti possono derivare.

Per comprendere esattamente il valore delle due proposte regole conTiene avvertire che lo Stato può essere considerato sotto un doppio rispetto, come «nte politico cioè e come persona giuridica. Sotto il primo rispetto gli atti da lui fatti implicano sempre l'esercizio del potere sovrano, e devono rimanen sommessi al Diritto pubblico e costituzionale per le conseguenze aU^ioteno, e al Diritto internazionale per le conseguenze alFestero, e devono oonsegoen- temente essere sottratti alle giurisdizioni ordinarie. La cosa va diversamenta per quanto attiene agli atti fatti dallo Stato come persona giurìdica. Esso infatti come tale ha capacità di obbligarsi, di contrattare, di acquistare beni t

Titolo IV. - Diritto d'imperio e di giurisdizione 179

titolo privato, di contrarre debiti e di fare tutti gli atti della vita civile come ogni altra persona giuridica. Ora, siccome in tali atti non è in causa la sovra- nità, e, avuto riguardo alla natura delle cose, essi devono ritenersi nel campo dei rapporti di Diritto privato, così ne consegue, che i principii che tali atti devoDO governare, quelli compresi delle conseguenze civili e delle azioni giu- diziarie, non possono essere diversi da quelli che concernono tali rapporti, quando derivino da fatti posti in essere da un privato o da una società o da una istituzione dotata di personalità giuridica. Un contratto di compra- vendita non muta natura e carattere, se le parti contraenti siano due privati 0 se una di esse sia invece una società, una fondazione, un'istituzione, uno Stato od un Governo straniero. Confr. Cassazione di Roma, sezioni unite, 30 maggio 1869, Comune di Firenze e. Pontonari, Foro italiano 1879, 1190. Cassazione Firenze 27 novembre 1879, Lucchi contro Comune di Firenze, ivi 1879, 1073.

Non può quindi disconvenirsi che le regole di Diritto comune relative ai rapporti contrattuali, alle conseguenze che ne possono derivare ed alle azioni giudiziarie che si possono sperimentare, devono essere applicate anche quando tale contratto sia stato concluso da un Governo straniero nell'interesse patri* moniale di uno Stato straniero.

Con questa distinzione che noi avevamo stabilita con lo stesso ragionamento nell'articolo sugli Agenti diplomatici pubblicato nel Digesto italiano (Vedi ivi tomo II, pag. 915, n. 217), può e^ssere determinato quando debba ammettersi e quando debba escludersi la giurisdizione rispetto agli Stati ed ai Governi stranieri.

261. Saranno reputati atti civili attinenti alla personalità giaridica dello Stato straniero quelli nei quali non sia in causa la sovranità, ma che concernono bensì i rapporti patrimoniali» che per la loro natura non affettano la personalità dello Stato come istituzione politica.

Tali sono:

a) gli atti ed i contratti conclusi per la gestione ed i bisogni della gestione;

b) gli acquisti d'immobili o di mobili per contratto, o a titolo particolare, o a titolo universale in caso di successione;

e) gli atti che concernono l'esercizio d'intraprese industriali 0 commerciali, comprese quelle che pel loro sviluppo si svolgano nel territorio dello Stato;

(Q gli altri atti somiglianti che possono ritenersi compiuti dallo Stato estero come persona civile, e che non affettano la sua per- sonalità politica.

262. Gli ' Stati stranieri non possono ritenersi sommessi alle giurisdizioni ordinarie per ragione dei danni e delle lesioni patiti

180 Libro L - DéUe persone Parte speciale

dai cittadini, in conseguenza di fatti da lui posti in essere nello esercizio de' suoi poteri sovrani.

La responsabilità dello Stato per tali fatti e l'obbligo del rifa- cimento del danno devono rimanere sommessi alle regole che con- cernono le obbligazioni internazionali dello Stato e la sua respon- sabilità, come sono stabilite al libro IL

263. Lo Stato straniero dovrà ritenersi sommesso alla giurisdizione territoriale nel caso che esso medesimo abbia ini- ziata per qual si sia motivo l'azione come attore, o se citato come convenuto non abbia declinata la giurisdizione, mentre potea fare, e si sia invece costituito e difeso.

264. Ogniqualvolta che sia il caso di ammettere la som- missione dello Stato straniero alle giurisdizioni ordinarie saranno osservate le regole di Diritto comune vigenti nel paese ove siegue il giudizio in tutto quello che concerne l'esercizio dell'azione ed il procedimento.

265. Non si potrà procedere all'esecuzione coattiva della condanna pronunciata contro uno Stato straniero , si potrà eseguire il sequestro dei beni o delle rendite a lui appartenenti, ma si dovrà bensì provvedere in via diplomatica, osservandole norme del procedimento amministrativo: salvo però il caso che lo Stato estero possedesse a titolo privato beni immobili nel paese ove la sentenza fu pronunciata.

La proposta regola si fonda sul giasto concetto che cioè ai beni apparte- nenti allo Stato non si possono applicare le stesse regole che a quelli appar- tenenti ai privati quando si tratti di tutelare gl'interessi del creditore me- diante gli atti esecativi sui beni. I beni dello Stato sono destinati a soddisfare i bisogni pubblici, e riesce facile comprendere che le vie ordinarie di esecu- zione devono reputarsi incompatibili con la gestione del patrimonio dello Stato e con le finalità cui sono destinati i capitali e le rendite del medesimo.

L'ostacolo che s'incontra inevitabilmente quando si tratta di eseguire om sentenza contro uno Stato straniero non può per altro essere un argomento decisivo per rendere frustranea anche la giurisdizione, imperocché non poi contestarsi il diritto dell'attore di richiedere al tribunale competente che dichiari il diritto contestato e condanni lo Stato straniero non ostante che quando abbia ottenuto la sentenza non possa far valere i suoi diritti che nelle forme e sotto le condizioni prescritte secondo il Diritto pubblico ed il Diritto inter- nazionale.

Gonfr. la sentenza della Corte di Lucca del 22 marzo 1887, Hampson lootio Bey di Tunisi, Foro italiano 1887, 1, 474.

Titolo IV. - Diritto éC imperio e di giurisdizione ^^1

266. Anche quando la sommissione dello Stato straniero non possa essere esclusa, incombe al Governo dello Stato di provvedere a che non sia autorizzato Io sperimento delle azioni civili senza averne prima informato in via diplomatica il Governo dello Stato straniero, ed espletati gli opportuni tentativi per acco- modare la vertenza all'amichevole.

267. Incombe allo Stato straniero^ogni qual volta che abbia rifiutato riconoscere le istanze dell'attore di provvedere in via amministrativa, e che non sia il caso di escludere l'azione giudiziaria contro di lui istituita, di sottomettersi alle regole di procedimento vigenti nel luogo ove deve seguire il giudizio e di nominare chi debba rappresentarlo. In mancanza di ciò si potrà esperire l'azione giudiziaria osservando le norme di procedimento secondo il Di- ritto comune, come nei caso di azione civile istituita contro le amministrazioni pubbliche dello Stato.

Giurisdizione a riguardo dei beni.

268. Tutte le cose, che si trovino attualmente nel territorio di uno Stato, devono essere considerate sommesse all'imperio ed alla giurisdizione del Sovrano territoriale.

269. Chiunque acquisti un immobile esistente nel territorio di uno Stato, o che ivi trasporti una cosa mobile a lui apparte- nente, è tenuto a sottostare a tutte quelle leggi, che regolano la proprietà ed il possesso delle cose immobili e mobili, avuto ri- guardo agli interessi generali, alla tutela del Diritto sociale, e dei diritti dei terzi.

270. Nessun diritto reale sulle cose esistenti nel territorio di uno Stato, qualunque sia la sua origine, potrà essere efficace che in conformità della legge emanata dalla sovranità territoriale.

Nessun rapporto giuridico a riguardo di cose esistenti nel ter- ritorio di uno Stato potrà essere efficace, se dallo svolgimento o dal riconoscimento di detto rapporto ne derivi offesa diretta o indiretta al Diritto pubblico territoriale, o alle leggi che concernono i beni e che siano considerate di ordine pubblico.

182 Libro L - Delle persone Parte speciale

Anche quando il diritto sulla cosa esistente in un paese possa ritenersi fon- dato sulla legge straniera, tale diritto potrà essere efficace come^'u« adrmi, ma il diritto reale propriamente detto, Vjus in re, non può essere acquistato che in conformità di quanto dispone la legge territoriale. Questo deriva dal giusto concetto che cioè il territorio, con tutto quello che esso contiene, de?e essere considerato come la base ed il limite deirimperio e della giurisdixione reale di ciascun sovrano.

Vedi in seguito Libro IQ. Dei beni appartenenti ai privati nei loro rapporti col Dir, intemaz, Gonf. Fiore, Dir, intemaz. priv., 3* ediz. tomo I, parte generale, cap. III. Ddla legge che deve regolare i diritti reali, Dikhjl, I di- ritti reali conaiderati nel Dir. intem, privatOy Torino 1895, Unione Tip. Edit

271. Nessun atto di esecuzione in forza di contratto fatto all'estero o di sentenza pronunziata da tribunale straniero a ri- guardo delle cose esistenti sul territorio di uno Stato potrà essere iniziato e compiuto, se non che quando gli atti esecutivi siano stati previamente autorizzati dalla sovranità territoriale in confor- mità delle leggi da essa emanate. La forza esecutiva degli atti e delle sentenze non potrà derivare da sovranità straniera senza offesa diretta del diritto d'imperio e di giurisdizione spettante esclusivamente a ciascuno Stato sul proprio territorio.

Giurisdizione sulle acque territoriali.

272. Il mare territoriale è costituito dalle acque che bagnano le coste di ciascuno Stato fino alla distanza determinata dalia necessità della sua difesa e dal bisogno di tutelare la sicurezza del territorio e di proteggere gl'interessi del commercio e quelli del fisco.

L'estensione delle acque territoriali, secondo il Diritto consue- tudinario, dovrà ritenersi fissata a tre miglia marine dalla costa a cominciare dal punto della marea bassa.

D limite di tre miglia marine si considera oramai come generalmente fissato per determinare la zona del mare sulla quale la sovranità può esercitare la giurisdizione. Vedi Calvo, Droit internat. public, § 355, 4* édit, 1887.

" Telle est la limite, egli scrive, qui a été généralement reconnue par ]et

* conventions internationales, notamment par Tarticle premier du traile da 20 octobre 1818 entro TAngleterre et les États Unis d*Amérique, par ]a loi

* belge du 7 juin 1832, par les articles 9 et 10 du traité du 3 aoùt 1839 et

* rariicle preuiìerdecehii du ltnoYeiiibiel5>b7€iitie-4a.Erance.et r.Anglcterrc«,

Titolo IV, ' Diritto '^imperio e di giurisdizione 183

273. Ciascuno Stato è tenuto ad esercitare tutti i diritti, che derivano dal dominio delle acque territoriali, in maniera da non ledere quelli che spettano ai naviganti, che per i bisogni della navigazione pacifica intendono attraversare le dette acque destinate a servire pel passaggio al mare libero.

274. Compete a ciascun Sovrano il diritto esclusivo di rego- lare colle proprie leggi tutto ciò che concerne la polizia della navi- gazione nelle acque territoriali, l'approdo, l'obbligo del pilota locale, l'entrata nei porti, la libera pratica, le quarantene e simili ; di stabilire una sorveglianza attiva per fare rispettare le leggi ed i regolamenti, e di assoggettare i violatori dei medesimi alle san- zioni penali da esso preventivamente sancite.

275. Nessuno Stato potrà avere sulle acque territoriali un vero diritto di proprietà, ma unicamente quello di giurisdizione per quanto concerne la sicurezza e la difesa. Non potrà inibire l'uso innocuo delle acque medesime, assoggettare le navi mer- cantili, che le attraversino, a pagare un diritto di transito o di navigazione, come può fare rispetto alle navi che volessero appro- dare od entrare nei porti dello Stato, potrà con leggi e rego- lamenti rendere il transito oneroso e difficile.

276. Appartiene a ciascuna sovranità il diritto di riservare la pesca del pesce e di tutti i prodotti sottomarini nelle acque territoriali ai cittadini dello Stato, e di regolare mediante i trat- tati di commercio e di navigazione l'esercizio della pesca da parte dei cittadini di un altro Stato.

277. Per le baie l'estensione di 3 miglia marine sarà deter- minata a cominciare da una linea retta tirata a traverso la baia nella parte intema di essa, ove la distanza tra le due coste della baia è di sei miglia marine.

L^esercizio della pesca nelle acque territoriali trovasi regolato generalmente dai trattati di commercio o da convenzioni particolari fatte su tale soggetto. In parecchi trattati conclusi dairitalia la pesca nelle acque territoriali italiane è riservata ai nazionali: così trovasi disposto nel trattato coirAustria-Ungheria del 6 dicembre 1891 art. 18. in quello col Messico del 16 aprile 1890 art. 17 ed in altri. La delimitazione della linea di pesca nella baia di Mentone fu fissata colla convenzione fra 1* Italia e la Francia del 18 giugno 1892. Non mancano esempi di trattati nei quali tale riserva non trovasi stipulata. Conviene

*o* Libro L DeUe peréone Parte speciale

in ogni caso riferirsi alle convenzioni particolari per decidere se debba o no ammettersi la riserva della pesca nelle acque territoriali a favore dei nazio- nali, ed in massima dovrebbe ammettersi il privilegio, qnando non esiste un trattato di commercio.

278. Qualora nel trattato di commereio stipulato fra due Stati non vi sia alcuna riserva relativamente al diritto di pesca nelle acque territoriali rispettive, ed i cittadini degli Stati delle parti contraenti siano ammessi a godere gli stessi vantaggi dei nazich naii o quelli concessi allo Stato il più favorito, la riserva della pesca a favore dei nazionali nelle acque territoriali rispettive dovrà ritenersi esclusa.

Giurisdizione sui fiumi, golfi, laghi mediterranei,

279. Il diritto di giurisdizione spettante alla sovranità di cia- scuno degli Stati che siano attraversati o separati da un fiume, sarà determinato con le stesse norme che concernono il diritto rispettivo degli Stati frontisti sulla parte di fiume soggetta al loro dominio.

280. La giurisdizione rispetto ai golfi sarà determinata rite- nendo in principio fissato il limite alia distanza di tre miglia marine dalla costa. Se però l'apertura dei medesimi non sia maggiore del tiro del cannone le tre miglia saranno calcolate a partire da una linea retta tirata da un capo all'altro.

281. La giurisdizione sui laghi, che si trovino situati fra i territori di due Stati, sarà fissata fino alla metà del lago rispetto a ciascuno degli Stati confinanti, che possegga una sola sponda di esso; rispetto allo Stato che possedesse tutte e due le sponde di una parte del lago, la giurisdizione s'intenderà stabilita a riguardo di esso, su quella parte di lago compresa fra le dette sponde.

282. Ai mari chiusi saranno applicate per le giurisdizioni le stesse regole stabilite per i laghi.

Si dice mare chiuso quello che si trova nel territorio di nno o più Stati e che non comunica coirOceano come sono il Mare Morto ed il Mare Caspio.

Titolo IV. ' Diritto d'imperio e di giurisdizione 185

283. La giurisdizione sui mari mediterranei sarà regolata colle stesse regole che a riguardo del mare, salvo le modificazioni stabilite coi trattati internazionali. Nessuna sovranità potrà repu- tare un mare mediterraneo nel suo dominio, neanche se posse- desse tutte le coste che lo circondino e lo stretto a mezzo del quale esso comunicasse coir Oceano, in maniera da poterne fisi* camente impedire l'accesso.

' Oiurisdizione sugli stretti.

284. La giurisdizione spettante alla sovranità dello Stato, che possiede il territorio attraversato da uno stretto, potrà essere am- messa limitatamente soltanto alla potestà ad essa spettante di provvedere alla polizia dello stretto ed alla propria sicurezza e difesa.

Nessun Sovrano potrà essere considerato come proprietario dello stretto, potrà assoggettarne l'uso a tasse di passaggio e di transito, salvo però il suo diritto di essere indennizzato delle spese che siano sopportate per mantenere lo stretto in condizione di navigabilità, e per prevenire i pericoli del traffico.

La Danimarca ha imposto per lungo tempo alle navi mercantili, che traver- savano gli stretti del Sund e dei Belts pel traffico col mar Baltico, di pagare le tasse di passaggio. Tali diritti, fìssati e riconosciuti per la prima volta col trattato concluso nel 1645 tra il Governo danese e gli Stati generali delle prò- vìnci e unite, furono posteriormente anche riconosciuti dagli altri Stati e segna- tamente dalla Francia nei trattati del 1663 e del 1742. Posteriormente, siccome l^am montare delle percezioni a tale titolo da parte del Governo danese era di gran lunga superiore alle spese che esso sopportava pei servizi della navi- gazione e assumeva conseguentemente il carattere di una vera tassa di pas- saggio a carico del commercio intemazionale, cosi in seguito ai giusti reclami sopratutto da parte del Governo degli Stati Uniti d^Amerìca, perchè cessasse tale abuso, fu conclusa la convenzione di Gopenhague il 14 marzo 1867 tra la Danimarca da una parte e TAustria, il Belgio, la Francia, la Gran Brettagna, FAnnover, Hecklemburg-Schwerin , Oldenburg, 1 Paesi Bassi, la Prussia, la Russia, la Svezia e Norvegia, le città Anseatiche di Lubeck, Brema, Amburgo dair altra, e T indennità fu fissata pagando una volta tanto la somma di 91.434-975 fr.

Gonfr. le regole che trovansi al Libro III Sulla libertà degli stretti,

186 Libro L - DeUe persane Parte spedale

Giiirisdizione penale sulle acque territoriali.

286. Le acque territoriali non potranno essere assimilate in tutta la loro estensione al territorio reale sotto il punto di vista dell'applicazione della legge penale territoriale ai delitti su di esse commessi.

Incombe agli Stati di stabilire d'accordo la estensione delle acque territoriali sotto il punto di vista dell'esercizio della giu- risdizione penale.

286. In mancanza di accordo internazionale spetta alla sovra- nità territoriale di stabilire con legge come e fino a qual limite debba essere esercitata la giurisdizione penale nelle acque terri- toriali.

Nella Gran Brettagna tale materia fu regolata con la legge promulgata nel 1878 (An aet io regulate the law rekUing io the trial of offencee eammitted in the Bea, 41 e 42 Yict., e. 73).

L'art 7 di detta legge dice: * Sotto il punto di vista dei delitti sottomessi con la presente legge alla giurisdizione dell* Ammiragliato, le acque territoriali comprendono tutta la porzione del pieno mare situata fino ad una lega marit- tima (3 miglia) dalla costa misurata a marea bassa ,.

287. Deve ognora ritenersi conforme ai più giusti principi! di Diritto internazionale l'attribuire la giurisdizione penale alla sovranità dello Stato, rispetto ad ogni reato commesso nelle acque territoriali fino all'estensione di un miglio dalla costa a contare dal limite della bassa marea, e al di di tale limite assimilare sotto il punto di vista della giurisdizione penale le acque terri- toriali airalto mare.

La discussione di principio nacque in Inghilterra a proposito del reato acca* duto nelle acque territoriali inglesi alla distanza di circa 3 miglia marine nel caso della nave Franeonia, e fu vivamente contestato che romicidio per imprudenza, imputato al capitano di detta nave tedesca, potesse ritenersi com* messo in territorio inglese. Quando il fatto avvenne nel 1877 non era stata promulgata la legge, e il Phillimore giudice dell'Alta Corte sosteneva che le acque territoriali non potevano essere assimilate per tutta la loro estensione al territorio reale sotto il punto di vista della giurisdizione penale.

Quando poi fu discussa la legge promulgata nel 1878, il principio, che con essa si volle stabilire, fu vivamente combattuto nella Camera dei Lords nelle tornate del 12 e 15 agosto di detto anno, e nella Camera dei Comuni da sir Giorgio 6o\vyer. Phillimore sostenne sempre che il Parlamento inglese non

TU<do IV. - Diritto d'imperio e di giuri$dizion$ 1^7

poteva stabilire una giarisdizione penale in opposizione al Diritto intemazio- nale, e questa fu pare Fopinione sostenuta dal Lord Ghief of Juslice.

288. A ciascuno Stato deve essere attribuita la giurisdizione penale a riguardo di ogni reato commesso nei porti, salvo però le regole che concernono i reati commessi a bordo delle navi mercantili straniere, che trovansi ancorate.

289. La giurisdizione penale sulle isole adiacenti alle acque territoriali sarà attribuita al Sovrano territoriale, cui spetta la giurisdizione sulle acque. Rispetto alle isole non appartenenti a nessuno Stato e di recente scoperte, la giurisdizione penale sarà attribuita allo Stato di cui fosse cittadino colui, che ivi avesse commesso il reato.

Giurisdizione rispetto ai porti e alle rade.

290. Ciascuno Stato ha diritto di dichiarare aperti o chiusi al commercio i porti di mare. Qualora però esso conceda la facoltà di esportare da essi mercanzie od importarvene, le navi mercantili di qualunque paese potranno entrare in detti porti sotto la ga- ranzia del Diritto intemazionale ed indipendentemente dai trattati: e, salvo l'osservanza delle leggi e regolamenti territoriali, e l'ob- bligo di pagare tutte le imposte doganali e fiscali, potranno caricare e scaricare le merci e fare le opportune operazioni commerciali.

291. Ciascuno Stato potrà applicare le proprie leggi ed i regolamenti per tutto ciò che riguarda la polizia dei porti : il cari- camento e scaricamento dei bastimenti: la sicurezza e la custodia delle merci : e potrà inoltre assoggettare coloro, che entrino per farvi operazioni di commercio, a pagare i diritti di tonnellaggio, di faro, di porto, di pilotaggio e simili , e non dovrà reputarsi contro il Diritto internazionale se a riguardo di ciò le navi di certi paesi, in virtù dei trattati esistenti, abbiano un trattamento più favorevole.

292. Ciascuno Stato può per ragioni d'interesse pubblico proi- bire l'entrata nei propri porti alle navi da guerra, salvo il caso di forza maggiore, e può determinare le condizioni dell'entrata di esse.

188 Libro L DeUe persone Parte speciale

293. In nessun caso il Sovrano potrà negare Tentrata nei porti non aperti al commercio o l'approdo alle rade alle navi, che siano costrette a rifugiarvisi per sinistri di mare, o per qual- siasi causa di forza maggiore. Incombe a ciascuno Stato di consi* derare le dette navi sotto la tutela del Diritto intemazionale per quanto concerne la proprietà esse e del carico, e trattarle con umanità, e (salvo le precauzioni che potrebbero essere giu- dicate convenienti dall'autorità territoriale a fine di evitare e prevenire le frodi) concedere ad esse, sotto l'osservanza delle leggi e dei regolamenti locali, di riparare alle avarìe, e di fare quanto possa occorrere per mettersi in grado di continuare il viaggio.

I porti formano parte della proprietà pubblica dello Stato, ed è natnrale che ì diritti giurisdizionali spettanti alla sovranità territoriale a riguardo di essi debbano essere più estesi che quelli i quali sono ad essa aitribniti sulle acque territoriali. Conseguentemente deve ammettersi che la sovranità non solo possa in massima concedere, o negare agli stranieri Tuso dei porti dello Stato per ragioni dMnteresse pubblico, ma che possa altresì subordinarne il godimento a certe condizioni , comprese quelle di pagare un corrispettivo a vantaggio del fisco.

Giurisdizione sulle navi mercantili.

294. Ogni nave mercantile, che entri nelle acque territoriali straniere, dovrà essere soggetta alla giurisdizione del Sovrano, che impera sulle acque, e spetterà a questi il diritto di regolare con le sue leggi ogni fatto che concerna i rapporti estemi della medesima, e gli atti che essa sia per compiere per i bisogni della navigazione o per l'esercizio del commercio.

295. Ogni nave mercantile però, dovrà essere ritenuta altresì soggetta alla giurisdizione dello Stato, al quale essa appartiene per nazionalità, e finché non perda il suo carattere come tale, anche quando entri nelle acque territoriali straniere, non potrà reputarsi sottratta del tutto alla giurisdizione del sovrano dello Stato a cui appartiene.

296. Incombe alle navi mercantili che entrino nelle acqne territoriali o nei porti stranieri di riconoscere Tautorità delle

Titolo IV. - Diritto d'imperio e di giurisdizione

18»

leggi di polizia e tutte le disposizioni regolamentari ivi vigenti che concernono:

cO l'entrata e l'uscita delle navi;

h) gli ancoraggi e gli ormeggi ;

e) rimbarco e lo sbarco dei passeggieri;

d) rimbarco e lo sbarco e il deposito delle merci e delle zavorre ;

e) l'uso dei fuochi e le precauzioni contro gl'incendi ;

f) e tutto quanto concerne la polizia e la sicurezza del porto o rada e sue dipendenze.

297. Incombe alla sovranità territoriale l'applicare alle navi straniere, che entrino in un porto aperto, le leggi e i rego- lamenti che le concernono con parità trattamento, salvo sol- tanto le eccezioni che possono risultare dai trattati.

Incombe inoltre alla medesima il non impedire che le auto- rità del paese a cui appartiene la nave straniera esercitino ì loro poteri rispetto alla medesima in conformità dei trattati esistenti e del Diritto comune.

Questa regola si riferisce alFesercizio dei poteri spettanti ai consoli ed agli agenti consolari rispetto alla marina mercantile e ohe sono ad essi attribuiti dal CSodice di commercio o da quello per la marina mercantile del paese a cui appartiene il console. A norma della legge consolare italiana art. 26, i consoli italiani possono infliggere pene disciplinari per le infrazioni di disci- plina commesse dai marinai dei bastimenti mercantili italiani, ed hanno inoltre altre attribuzioni determinate dalle leggi e dai regolamenti italiani.

298. Le leggi dello Stato, di cui la nave ha il carattere nazio- nale, avranno autorità a regolarne dovunque la condizione giu- ridica, in quanto è oggetto di proprietà, il valido trasferimento di essa, le obbligazioni e responsabilità dei proprietari, i rapporti tra il comandante di essa e la gente di mare, salvo le regole di Diritto intemazionale privato, che devono governare i rapporti privati e i diritti acquisiti sulla nave dai creditori di essa, nel paese ove essa nell'attualità si trovi.

Le regole sopra stabilite sono fondate sulla dottrina degli scrittori e sulla giurisprudenza, come trovasi più laiigamente esposto nelle seguenti mie opere :

FiORK, Trattato di Diritto intemaz. pubblico, ^ ediz. 1879, tomo I, § 529 e seg., tradotto in francese da Charles Antoine, Paris 1885, § 535 e seg,

^^ lAhro L ' Delle persone Parte speaiale

La nave eommerciale né" suoi rapporti col Diritto intemazionale nel giornale La Legge, anno 1882, studi teorico-pratici, pag. 317; 3^ ediz. delia mia men- tovata opera Trattato di Diritto internaz, pubblico, toni. I, §§ 513*520,etom.lI, § 984 e seg. Gonf. Galyo, DroU internai., tom. I, § 459 e seg.

Nel Congresso di Anversa del 1885 fu votata la seguente regola: * Lespon- Yoirs du capitaine pour pourvoir aox besoins pressants du navire, rhypothéq[aer ou le vendre, contracter un emprunt à la grosse sont déterminés par la loi du pavillon, sauf à lui à se conformer quant à la forme des actes, soitàla loi du pavillon, soit à la loi du port il accomplit ses opérations ..

299. I poteri del capitano sia rispetto a tutte le persone che trovinsi a bordo della nave, sia rispetto alla nave stessa ed ai provvedimenti e agli atti che esso possa decretare a fine di sop- perire ai bisogni della navigazione dovranno essere determinati in conformità della legge nazionale della nave; salvo però per tutto quello che concerne l'esercizio di tali poteri nelle acque ter- ritoriali, l'osservanza delle disposizioni speciali della legge locale.

Gonf. Il parere del Consiglio di Stato frane, del 20 nov. 1806, a proposito di fatti delittuosi accaduti sulle navi americane Le Newton e La Sally, e Vincent, Dictionnaire de Dr, intem. prive, tom. 1, 1887-89, v. Navire, pag. 616.

300. Tutte le contestazioni d'interesse civile, che possono nascere tra il capitano o le persone doirequipaggio e coloro che siano estranei alla nave, comprese quelle che concernono il pa- gamento dei diritti, tasse e contribuzioni dovute dalla nave stra- niera, devono rimanere sommesse alle giurisdizioni territoriali e alle regole del Diritto comune vigente nel paese, ove la nave si trovi.

Giurisdizione penale sulle navi mercantili.

301. La giurisdizione penale a riguardo di fatti delittuoa accaduti a bordo di una nave mercantile che si trova nel porto straniero, spetterà al sovrano dello Stato di cui la nave ha la nazionalità, purché però tali fatti non abbiano avuto conseguenze esteriori o che possano interessare la sicurezza e la polizia del porto.

308. La giurisdizione penale spetterà al Sovrano territoriale ogni qual volta che i fatti delittuosi, benché commessi a bordo di una nave straniera, abbiano avuto o possano avere conseguenze Gl'esterno.

TUcio IV. - Diritto d'imperio $ di giurisdizione 191

Questo dovrà ammettersi principalmente nei seguenti casi:

a) qualora un reato, benché commesso a bordo tra persone dell'equipaggio, possa compromettere la sicurezza e la tranquillità pubblica;

b) quando i fatti delittuosi abbiano avuto il cominciamento fuori della nave, e siano stati compiuti a bordo di essa;

e) quando il comandante di bordo si mostri impotente a repri- mere un reato, richiedendo esso medesimo l'intervento dell'au- torità locale.

303. A riguardo dei reati gravi secondo il Diritto comune e commessi a bordo, e che non abbiano avuto conseguenze este- riori, dovrà ammettersi il diritto della sovranità territoriale d'in- tervenire a fine di fare gli atti istruttorii opportuni, onde con- servare le prove ed il corpo del reato, salvo poi a deferire il colpevole ai tribunali dello Stato, a cui la nave appartenga, affinchè possa essere giudicato in conformità della legge, che su di essa impera.

La Corte di cassazione francese nella causa Jally disse: ' Attenda queles bàtiments de commerce, entrant dans le port d'une nation autre que elle à laqnelle ils appartìennent, ne pourraient ètre soustraits à la jurìdiction terri- toriale, toutes les fois que Tìntérèt de TÉtat, dont ce port fait partie, se trouve engagé, sans danger pour le bon ordre et pour la dignitó du Gouvemement... , Gass. 25 fév. 1859 Journal du Palaie (1859, 420). Vedi ivi le osservazioni del relatore e la nota. Gonfr. per la Giurisprudenza delle Corti americane la mia opera Dir. intem, pub. 3* ediz. § 18, e Calvo, Droit internai,y § 462 e seg.

304. Incombe alle autorità locali, quando sia il caso di pro- cedere a qualsisia atto giurisdizionale a riguardo di navi straniere che si trovino nelle acque territoriali , il prevenirne il console nazionale o chi lo rappresenti e non procedere agli atti senza il suo intervento ogni qualvolta che ciò possa essere fatto senza inconvenienti.

Questa regola si fonda sul principio generale di Diritto intemazionale che i consoli sono i naturali protettori riconosciuti dei cittadini dello Stato dal quale sono istituiti e del loro commercio. In certe convenzioni trovasi espres- samente stabilita tale riserva. L*art. 12 della convenzione consolare tra lìtalia e la Francia cosi dispone : * D est convenu que les fonctionnaires de Tordre judiciaire, et les officiers et agents de la donane ne pourront en aucun cas opérer ni visites ni recherches à bord des navires sans étre accompagnés par le Gonsul ou Vice*eonsul de la nation à laquelle ces navires appartiennent

192

Libro 7. - Delle persane Parte epeciale

ils d€vront également prevenir en temps opportan les dìts agents pour qu*ils assistent aux déclaratioos que les capitaines et les éqoipages anront à faire devant les tribunaux et dans les administrations locales à ftn d*éTÌter ainsi tonte erreur on fansse interprótation, qni ponrrait nnire à Tezacta admì- nistration de la justìce.

* La citation qni sera adressée à cet effet anx Gonsnls et Vice-consnls indi- qnera nne henre précise, et si les Gonsnls et Vice-consnls négUgeraìent de s>f rendre en personne on de s'y faire repréeenter par un dólégné, il aera pro- cèdo en leur absence ,.

Giurisdizione a riguardo delle navi da guerra e delle persone del loro equipaggio.

305* Spetta al Sovrano territoriale il diritto di determinare le condizioni, sotto le quali possa essere concesso alle navi da guerra di entrare nei limiti delle acque territoriali, ed in dati casi quello di proibire altresì alle navi medesime di entrare o di restare entro cotesti limiti.

306. Le navi da guerra che entrino nelle acque territoriali di uno Stato straniero, saranno sommesse alla legge locale in quello che concerne la polizia sanitaria, la polizia delle acque e il servizio della navigazione, e per tutto il resto in generale saranno interamente sommesse alla legge dello Stato al quale appartengono.

Le regole che noi proponiamo sono fondate snl concetto che avevamo so- stenuto, che cioè la sovranità territoriale non pnò essere mai spogliata asso- lutamente de* suoi diritti giurisdizionali neanche rispetto alla nave da guerra straniera che entri nelle acque territoriali. Vedi Fiori, Trattato di Diritto inter- nazionale pubblico, 3* ediz., 1887, voi. I, §§ 521-530.

307. La sovranità territoriale non avrà alcun diritto di giu- risdizione a riguardo di una nave da guerra, che col suo consenso sia entrata nelle acque territoriali, e che osservi tutte le condi- zioni, sotto le quali sia stato ad essa concesso di entrare o di restare. Essa non potrà ingerirsi di quanto accade all'interno della nave, neanche nell'ipotesi che si tratti di reati gravissimi com- messi dalle persone dell'equipaggio.

. 308. Sarà reputata nave da guerra ogni bastimento di qua- lunque forma e grandezza autorizzata, secondo la legge dello

Titolo IV.- Di rUto éTimperio e di giurisdiz lotte 193

Stato a cui appartiene, ad inalberare la bandiera militare sotto il comando di un ufficiale della marina militare.

309. Il comandante di una nave da guerra, il quale entri nelle acque territoriali di uno Stato a fine di compiere un fatto per commissione del Governo dello Stato, al quale la nave appar- tenga, o colla tacita autorizzazione di lui, non potrà essere assog- gettato per questo alle giurisdizioni ordinarie.

La sovranità territoriale avrà però piena facoltà di ritenere di tutto responsabile lo Stato cui la nave appartiene, e di fare intanto quanto stimi opportuno per la difesa dello Stato, e per la tutela dei propri diritti e dell'ordine pubblico.

310. Qualora una nave da guerra senza commissione del proprio Governo o senza la sua presunta tacita autorizzazione sia divenuta strumento materiale per consumare fatti contro i diritti di uno Stato, la sovranità di questo avrà il diritto di per- seguitare gli autori del fatto, o di esigere ch'essi siano puniti dallo Slato, cui la nave appartenga, e potrà trattare la nave come ne- mica, senza però estendere allo Stato cui essa appartenga le leggi della guerra, dato che venga accertato che il Governo straniero era consapevole del fatto, aveva potuto impedirlo.

Vedi le sentenze della Corte d^Aix 6 agosto 1832 e della Corte di cassazione francese 7 settembre 1832 nella celebre causa della naYe Carlo Alberto e l'importante requisitoria di Dupin nel Journal du Palais 1833| pag. 1457. Vedi inoltre la corrispondenza diplomatica tra il Governo sardo e quello delle Due Sicilie nel caso ben noto della nave Cagliari nel giugno 1857, e Fiore, Droit penai intern.f tom. I, 15.

311. La sovranità territoriale potrà esercitare i suoi diritti giurisdizionali a riguardo di una nave da guerra straniera, che si trovi nelle acque territoriali, quando possa dare la prova, che a bordo siano accaduti fatti tali da rendere certo, imminente e grave il pericolo di vedere compromessa la tranquillità del porto, o la sicurezza pubblica; o quando, esistendo prove non dubbie, ma sicure della reità del comandante, imputato di crimine, nasca l'urgente necessità di procedere contro di esso, a fine di assicu- rarsi della sua persona; o quando il comandante stesso della nave abbia esso medesimo recluuiato Tintervento dell'autorità locale.

13 Fior», Dir, tntern. codif.

194 Libro I. - DeUe persone Parte speciale

Questa regola mira a mantenere nello stretto campo giurìdico la preroga- tiva deirestraterritorialità ammessa secondo il Diritto internazionale a favore delle navi da guerra. Se a bordo accadesse una ribellione contro il coman- dante della nave ed esso fosse impotente a sedarla e restasse destituito d^ogni autorità, o se la nave da guerra divenisse un luogo d'asilo per commettere reati di Diritto comune (eccitazione alla rivolta mediante la stampa clandestina, falsificazione dei titoli e delle monete dello Stato), la sovranità territoriale non potrebbe ritenersi destituita de' suoi poteri per reprimere tali reatL (Vedt Vopera innanzi citata,)

312. Nei casi contemplati dalla regola precedente, lo Siato al quale la nave appartenga, potrà esigere che gli autori del reato com- messo nelle acque territoriali, che si trovino in potere delle autorità locali, siano ad esso consegnati per essere giudicati dai propri tribu- nali, ma esso dovrà in ogni caso domandare e ottenerne Testradizione.

313. La sovranità territoriale eserciterà la sua giurisdizione

sulle persone dell'equipaggio di una nave da guerra straniera per

i fatti da esse commessi a terra, e le autorità locali potranno quindi

esercitare i loro poteri di arrestare, giudicare e punire il delinquente

secondo il Diritto comune, a condizione però che esse arrivino ad

impossessarsi del colpevole prima che esso sia ritornato a bordo

della nave o sull'imbarcazione addetta al servizio della medesima.

Vedi in conformità la sentenza della Gass. francese nella causa del marinaio Der appartenente alla corvetta inglese Pearl, del 29 febbraio 1868, nel Journal du PalaiSf e la requisitoria ivi anno 1868, pag. 905.

Giurisdizione rispetto alle navi postali,

314. Le navi addette al servizio postale, sia che apparten- gano ad uno Stato, sia che appartengano a società private, devono essere reputate sotto la protezione del Diritto internazionale per tutto quello, che concerne il servizio postale ad esse affidato.

315. La giurisdizione rispetto alle navi postali deve essere governata in conformità delle regole stabilite coi trattati. In man- canza di questi dovrà essere esercitata con giusti temperamenti e con le limitazioni che secondo il Diritto comune devono rite- nersi imposte in considerazione della natura del servizio e degli interessi internazionali che possono essere pregiudicati dalla man- cata regolarità della corrispondenza.

Titolo IV, - Diritto d'imperio e di giurisdizione *95

316. Dovrà reputarsi ognora più conforme al Diritto comune Tassimilare le navi postali piuttosto alle navi da guerra, che a quelle di commercio e di astenersi a riguardo di esse da qualunque atto di giurisdizione e da qualunque procedimento di polizia, che non sia motivato da imperiosa necessità.

317. Un Governo che senza gravi ragioni ed imperiose neces- sità ritardasse il cammino di una nave postale, potrà essere chia- mato a rispondere dei danni derivanti dal ritardo della corrispon- denza, rispetto a coloro che siano stati effettivamente e realmente da tale ritardo pregiudicati.

In parecchie convenzioni le navi addette al servizio della posta sono assi- milate alle navi da guerra.

Nella convenzione postale tra Tltalia e la Francia del 3 marzo 1S69 trovasi così disposto alPart. 6 : * Lorsque les paquebots employés par Fadministration des postes de France, od par Tadministration des postes italiennes, pour le transport des correspondances dans la Mediterranée, seront des bàtimenis nationaux, propriété de TÉtat, ou des b&timents frétés ou subventionnés par l'Età ìls seront considérés et regus comme vaisseaux de guerre dans les ports des deux pays, ils aborderont réguliòrement ou accidentellement, et ils y joniront des mémes honneurs et priviléges.

* Ges paquebots seront exempts dans les dits ports, tant à leur entrée qu'à leur sortie, de tous droits de tonnage, de navigation et de port, k moins quMls ne prennent ou ne débarquent des marchandises, auquel cas il paie- ront ces droits sur le mèine pied que les bàtiments nationaux. Ils ne pour* ront, à aucun ti tre, dtre dótonrnés de leur desti nation, ni ètre sujets à saisie- arrét, embargo ou arrét de prince ,.

318. Nessuna nave potrà reclamare le considerazioni ed.i privilegi che le sono dovuti per l'importanza del servizio postale, ogni qual volta che essa della sua posizione abbia abusato per eludere e violare le leggi e i regolamenti vigenti nel porto stra- niero, nel quale per ragioni di servìzio essa sia entrata.

Tale sarà il caso d'una nave postale che tentasse di eseguire un contrabbando : o che nelle acque territoriali dello Stato avesse accettato a bordo malfattori perseguitati dalla giustizia: o che, avendoli accolti a bordo altrove, tentasse di sbarcarli nelle acque territoriali dello Stato: o che in qual si sia altra maniera avesse abusato della sua posizione per violare le leggi doganali, o quelle penali, o quelle di polizia.

jo^ Libro I. - Delle persone Parte speciale

TITOLO V.

Luogrlii sottratti alla giurisdizione della sovranità territoriale.

DeWestratenntorialità,

319. L'estraterritorialità consiste nel privilegio dell'esenzione dalla giurisdizione della sovranità territoriale.

Essa implica la limitazione dei diritti e dei poteri giurisdizio- nali spettanti alla sovranità territoriale, e concerne certe persone {Sovrani stranieri, agenti diplomatici, Papa) e certi luoghi o cose.

Vedi per restraterritorialità dei ministri e dei sovrani stranieri le redole al titolo precedentCì e per quello che concerne il Papa le regole al titolo XL

320. L'estraterritorialità non può sussìstere come finzione giuridica completa ed assoluta, ma soltanto dentro i limiti fissati secondo il Diritto internazionale.

La parola estraterritorìalità è consacrata dall'uso, ma, come bene osserra Bonfils {Manuel de Droit intem. public)^ è una cattiva ed inesatta espressione. Secondo Topinione dei pubblicisti essa implica una finzione giuridica in forza della quale le persone, che godono della così detta estraterri tonalità , sono reputate come se non risiedessero nel territorio dello Stato ove neU^attnalìtà si trovino, e come se i luoghi o le cose coperte dal privilegio dell'estraterrì- torialità non facessero parte del territorio dello Stato nel quale effettivamente esse siano situate. Posto tale inesatto concetto, ne sono poi derivate tutte le inesatte conseguenze, che si sono volute sostenere fondandosi sulla pretesa finzione giuridica.

Non è il caso di esporre come il concetto della finzione giuridica sia fogin- stificabile, rammentiamo soltanto, che l'abbiamo sempre combattuto, perchè ci è sembrato che il volere riguardare come fuori del territorio chi vive in mezzo a noi o le cose che fanno effettivamente parte dei territorio dello Stato, non può reputarsi più ragionevole di quello che sia il volere considerare morto Fuomo vivo, al che si era arrivati colla finzione giuridica della morte civile.

Vedi i miei libri ; Effetti intem, delle sentenze penali (Loescher 1877, cap. vu, § 412); Droit penai international, traduit par M. Antoine, 1880 (§§ ìf^ a 26 la nota 1 al § 39, pag. 36); Trattato di Diritto intern. pubblico, vol.I,§§ 488 491. voi. II, § 1196; Diritto intem. privato, ediz. 1888, voi I. Lrggi civili. § 241, Toce Agenti diplomatici nel Digesto italiano, § 171 e seg.

Titolo V. . DeWestraterritorialità 197

Località sottratte alla givrisdizione del Sovrano territoriale.

321. Le località sottratte alla giurisdizione del Sovrano lerritorìale che, secondo il Diritto internazionale, sono coperte dìil privilegio deirestraterritorialità sono:

a) gli Uffizi addetti alle legazioni straniere e gli archivi con- solari ;

b) lo spazio nel quale si trovi acquartierato, col consenso del Sovrano, un esercito straniero;

e) le località destinate ad abituale residenza del Sommo Pon- tefice e quelle addette alla Santa Sede, o per la riunione di un Conclave o di un Concilio ecumenico, o come uffizio delle Con- gregazioni pontificie e dell'alta amministrazione della Chiesa.

322« Il Sovrano territoriale non potrà esercitare alcun atto di giurisdizione sui luoghi coperti dairestraterritorialità, non potrà procedere a visite, a ispezioni di carte, di documenti, di libri o registri, e a perquisizione di qual si sia natura.

Conìe si perde il privilegio delVestrateìritorialità.

323. Ogni località, che debba reputarsi sottratta alla giurisdi- zione del Sovrano territoriale, perderà il privilegio deirestraterri- torialità se si sia abusato della prerogativa per servirsi della località a scopo diverso da quello per cui il privilegio deirestraterrito- rialità è stato ad essa attribuito.

Occorre però che Vabuso della prerogativa deirestraterritoria- lità sia previamente accertato, e che se ne possa dare prova piena e concludente.

324. Il Sovrano dello Stato che, non potendo dare la prova piena e concludente dell'abuso della prerogativa, facesse un atto qual si sia di giurisdizione in una località coperta col privilegio della estraterritorialità, sarà tenuto a risponderne, e non solo verso

1

198 Libro L Delle persone Paf\f speciale

Io Stato offeso per la violazione deirestraterrìtorìalità, ma verso gli altri Stati altresì che si fossero accordati nel riconoscere il privilegio deirestraterritorialità rispetto a certe determinate località.

In TÌrtù di questa regola si viene ad ammettere che la violazione della estraterri tonalità dev*essere repatata una violazione del Diritto intemazionalet 6 che può legittimare Tingerenza collettiva di tutti gli Stati civili. Come d*altra parte si viene ad ammettere altresì che, siccome restraterritorialità riposa snirimperiosa necessità della tutela ginridìca del Diritto intemazionale e che sussiste avuto riguardo soltanto al fine pel quale alle suddette località è at- tribuita, così Tatto da parte di colui, che avesse snaturato il fine o Toggetto deirestraterritorialità, giustificherebbe la giurisdizione ordinaria rispetto alle località stesse.

Località addette alle legazioni.

325. Saranno sottratte assolutamente alla giurisdizione della sovranità territoriale le località nelle quali si trova rarchivio della legazione, e quelle che sono destinate a contenere i documenti di cancellerìa e le carte, gli oggetti e tutto quello che abbia atti- nenza diretta col servizio pubblico e colle pubbliche funzioni del ministro straniero accreditato, e le dette località saranno coperte dal privilegio deirestraterritorialità.

326. Viola il Diritto internazionale il Sovrano territoriale che. per qual si sia motivo, faccia atti di giurisdizione o di perqui- sizione nelle località specificate nella regola precedente, e sarà in ogni caso tenuto a risponderne rispetto allo Stato rappresen- tato colle forme e colle procedure di Diritto comune ammesse per qual si sia violazione del Diritto intemazionale.

327. Incombe agli agenti diplomatici il non far servire le località addette ad uso di archivio o destinate esclusivamente al servizio pubblico della legazione ad altre finalità, e il non abusare del privilegio deirestraterritorialità di dette località per sottrarre persone o cose alla giurisdizione della sovranità territoriale.

In caso di abuso da parte dell'agente diplomatico, sarà tenuto a risponderne lo Stato da esso rappresentato, come in ogni altro caso in cui si venga a verificare la violazione delle regole di Diritto comune a riguardo deirestraterritorialità.

Titolo r. - DaCtttraUrritorialità *'^^

328. L'estraterritorialità da cui deve ritenereì coperta la legazione straniera, non può estendersi fino al punto di farla considerare come territorio dello Stato rappresentato e di ritenere come fatti all'estero tutti gli atti della vita civile compiuti nelle località addette alla legazione.

Le precedenti regole tendono a stabilire entro i giusti confini il concetto della estraterritorìalità. Secondo il Diritto internazionale questa deve ammet- tersi come assolata e senza limitazioni di sorta, per tutto quello che deve reputarsi richiesto e indispensabile per mantenere le relazioni diplomatiche fra gli Stati e per tutelare la loro reciproca indipendenza.

Deve ammettersi quindi come assolata la estraterritorìalità delle località, nelle quali si trovino i dispacci, la corrispondenza, Parchi vio e tutto quello che abbia attinenza colFesercizio delle pubbliche ftinzioni del ministro stra- niero, e se mai l'obbligo delle autorità locali di astenersi da qualunque pro- cedimento e da qualunque atto giurisdizionale rispetto alle dette località non fosse assoluto, il mantenimento delle legazioni e le relazioni diplomatiche fra gli Stati non sarebbero possibili. Non si può nonpertanto esagerare sif- fattamente il privilegio deirestraterritorialità da ammettere che la legazione possa essere in tutto e per tutto reputata come una parte del territorio dello Stato rappresentato, ed in maniera da fare considerare gli atti fatti nella legazione come se fossero fatti nel paese straniero, al quale la legazione ap- partenga. Questo equivarrebbe a fare ammettere nella capitale di ogni Stato tanti possedimenti territoriali di sovranità straniere, quante fossero le lega- zioni straniere ivi stabilite. L*estraterrìtorialità deve essere considerata asso- lata, avuto riguardo però alia finalità per la quale secondo il Diritto interna- zionale deve considerarsi stabilita.

329. I matrimoni celebrati nell'ambasciata straniera e gli atti della vita civile ivi fatti non possono essere reputati come atti fatti in paese estero, ma devono rimanere sommessi alla regola di Diritto comune, locus regit actum, salvo i patti stipulati con trattato.

Secondo le regole consacrate nei trattati, si ammette generalmente che, quando gli sposi siano dello stesso paese dell'agente diplomatico o del con- sole, possano celebrare il matrimonio nella legazione o neiruffìcio consolare seguendo le forme richieste secondo la loro legge nazionale. Questo è del resto nna regola generale, che cioè secondo il Diritto consuetudinario è con- cesso ai contraenti di seguire all'estero le forme della loro lejgge nazionale, cpiando essa sia eomune a tutte le parti.

In forza dell*estraterrìtorialità delle legazioni si ò poi immaginato che un matrimonio celebrato all'ambasciata potesse essere considerato come se fosse celebrato nel paese, a cui appartenga la legazione, e che si potessero seguire le forme richieste secondo la legge di detto paese. Oggi però prevale il prin- cipio conforme a quello enunciato nella regola.

Vedi in conferma la sentenza del Tribunale civile della Senna a proposito an matrimonio celebrato a Parigi nell'Ambasciata inglese tra una francese

200

Libro L - Delle jyersone FaHe speciale

ed un iniflese.. ' Attendu, en effet, disse il Tribunale, que si l*hòtel (TiiDe ambassade doit, selon le Droit des gens, étre regardé comme terrìtoire de la nation que représente Tambassadeur, ce n^est qu^au point de vue des immu* nitós consacrées par les traités internaiionaux au profit des agents diploma- tìques, mais que cette fiction d*eztraierritorìalité ne saurait étre étendue ani actes de la vie civile, ìntéressant les indigènes du pays près duquel esta^ credile Tambassadeur ;

" Que c^est donc en Franco et sur le territoire frangais, que se tronvaieot Horgan et la demoiselle French lorsqu'ils ont contraete Tacte du i23 noTem- bre 1867... ,.

Tribunal de la Seine, 23 nov. 1867. Clunet, Journ. de Droit internatio- nal prive f 1874, pag. 71. Vedi per la corrispondenza diplomatica su tale soggetto: Fiore, Agenti diplomatici nel Digesto ital. e Dir. intem. pM^ 3' ediz., voi. 2«, § 1231 e seg.

Consolati.

330. I consolati non si possono ritenere coperti dal privi- legio deirestraterritorialìtà, saranno però reputati inviolabili gli archivi consolari, e le autorità locali non potranno sotto alcun pretesto fare atti di perquisizione nelle dette località, visitare e sequestrare i documenti di cancelleria e le carte ed oggetti che abbiano attinenza diretta col servizio e le funzioni consolari.

331. Incombe ai consoli il destinare un locale speciale pel deposito di tutti i documenti di cancelleria e di servizio, il darne previamente la indicazione descrittiva in via ufficiale alle auto- rità del paese: il distinguere perfettamente la località o le loca- lità destinate a tale scopo : e il non adoperare l'archivio consolare ad altro fine, tenendo in località separate i libri e carte relativi al commercio o airindustria, che volessero esercitare, e in gene- rale tutti i documenti di affari, che non abbiano attinenza diretta col loro servizio e colle loro funzioni.

332. Qualora i consoli abusassero della inviolabilità dello archivio consolare per sottrarre documenti, oggetti ed altro di che fossero richiesti dall'Autorità giudiziaria locale, questa potrebbe immediatamente decretare tutti i provvedimenti i più adatti per l'esercizio de' suoi poteri giurisdizionali, e provvedere in via diplomatica a richianiare il console all'osservanza dei propri doveri.

Titolo F. . Dell'eetraterrttorialità 201

Nell'aocordo interceduto tra V Italia e la Franoia a proposito dell* interpre- tazione dell'art. 5 della convenzione consolare del 26 luglio 1882, relativo all'inviolabilità degli archivi consolari, fu stabilito:

< Art 1. Les mots Arobives consulaires > s'appliquent exdusivement à l'ensemble dea pièces de chanoellerie et autres se rattachant directement au service, ainsi qu'au locai spéoialement affecté au dépdt de ces pièces.

< Art. 2. Il est ezprossément interdìt auz consuls généraux, vioe-consuls et agent consulaires de piacer dans le locai afiecté aux archives, des docu- ments et objets qui n'auraient pas ce caractère.

e Les cbambres cu la chambre constìtuant ce locai devront étre parfaitement distinotes des pièces servant à l'habitation partìculière du consul et ne pour- ront ètre aifectées à d' autres usages ».

Palazzi e casa addetti al ministro straniero.

333. La giurisdizione da parte del Sovrano territoriale a riguardo dei palazzi addetti alle legazioni straniere, ed a riguardo altresì delle case addette ad uso di abitazione di un ministro o di un ambasciatore straniero, dovrà essere esercitata colle giuste limitazioni che devono ritenersi imposte in ogni caso dal rispetto dovuto alla legittima rappresentanza degli Stati ed alla reciproca indipendenza della sovranità.

33^ Incombe al ministro straniero il non dare asilo nelle località addette ad uso di sua abitazione o di residenza a chiun- que sia imputato d'un reato comune, e perseguitato come tale dalle Autorità locali; ma deve bensì inibirgli di rifugiarsi nelle località suddette, e consegnarlo alle Autorità competenti se esso Ti si sia arbitrariamente rifugiato.

33&. Le Autorità locali non potranno mai procedere ad atti di perquisizione nella casa abitata da un ministro straniero, colle stesse norme che rispetto airabitazione di un privato.

La giurisdizione del sovrano territoriale a riguardo non solo della casa addetta ad uso d'abitazione di un ministro o d'un amba- sciatore, ma altresì dei luoghi da lui scelti per sua residenza, dovrà essere in ogni evento esercitata colle giuste limitazioni imposte dal rispetto dovuto a chi rappresenta uno Stato amico.

336. Qualora per le necessità della giustizia si dovesse eseguire una visita domiciliare per impossessarsi d*un malfattore

202 Libro 1. - Delle persone Parte specìaìe

fuggitivo rifugiatosi neirabitazione d'un ministro, bisognerà otte- nere l'assenso di lui, o interporre i buoni uffici del ministro degli affari esteri per ottenerlo : e se mai fosse il caso di eseguire una visita domiciliare contro il beneplacito del ministro straniero, biso- gnerebbe constatare le gravi necessità che avessero motivato tale procedimento e la moderazione colla quale fosse stato eseguito. Le Autorità locali potranno però prendere immediatamente in ogni evenienza i provvedimenti opportuni per assicurare il corso regolare della giustizia.

Le precedenti regole mirano ad eliminare il falso concetto che la casa del ministro straniero possa essere considerata come un luogo d'asilo per met- tere al sicuro i malfattori, e che possa essere sottratta del tutto al potere giurisdizionale della sovranità territoriale. I riguardi dovuti a chi rappresenta uno Stato amico vengono a mancare, se il ministro ne voglia profittare per proteggere i malfattori contro la legge. Calvo riporta diversi casi che con- fermano le regole stabilite. Il duca di Riperda fu arrestato nella casa del- Tambasciatore inglese a Madrid. Le autorità svedesi fecero circondare la casa dell'ambasciatore inglese a Stocolma che si rifiutava di consegnare un mal- fattore che ivi erasi rifugiato. Calvo, Droit int publ.^ § 513 e seg.

Vedi Fiore, Effetti internaz. delle sentenze penali e delV estradizione, § 417: Droit penai internai., tom. I, § 27, e l'articolo sulla voce Agenti diplomatici nel Digesto italiano, § 6, nn. 243-264.

337. Qualora fosse stato commesso un reato nella casa di un ministro straniero, salvo sempre gli opportuni temperamenti coi quali si deve procedere agli atti di giurisdizione penale per impossessarsi del colpevole, i diritti della sovranità territoriale di giudicare e punire devono essere considerati integri come in ogni caso di reato commesso nel territorio dello Stato.

Vedi in appoggio della detta regola le sentenze della Corte di Cassazione francese dell'I! giugno 1852 e 13 ottobre 1865 a proposito di un tentato as- sassinio nella casa dell'Ambasciata russa, Journal du Palaie^ 1S53, 2, 57; 1866, 51; e la sentenza del Tribunale dell'Impero germanico del ^6 novem* bre 1880 nel Journal du Droit intern. prive, 1882, pag. 326.

338. Non saranno mai giustificabili atti di perquisizione nella casa del ministro straniero, il quale abbia ivi dato asilo ad un imputato di reato politico.

Incombe alle autorità locali il rispettare la protezione concessa ad un prevenuto di reato politico dal Governo straniero rappresentato dal suo ministro e l'astenersi in tal caso da qualunque procedimento

Titolo V. - DelVestraUrrUorialità 20;^

339. Non potrà però il ministro straniero spingere la pro- tezione ai prevenuti politici fino al punto da concedere ad essi il rifugio per cospirare e per attentare alle istituzioni politiche dello Stato.

340. Incombe al Governo rappresentato il provvedere a che la legazione non serva di asilo per cospirare contro il Governo di uno Stato amico, ed in mancanza sarà esso stesso tenuto a rispondere come in ogni altro caso di violazione delle buone relazioni diplomatiche.

L*asilo concesso nelle legazioni per i prevenuti di reati politici è general- mente ammesso, ma sarebbe eccessivo di farlo servire per attentare alla sica- rezza dello Stato.

Confr. Calvo, Droit internat., tom. 3, § 1521.

Giurisdizione rispetto alVesercito straniero acquartierato.

341. La sovranità territoriale, la quale abbia conceduto ad un esercito straniero di passare per il suo territorio, non potrà esercitare giurisdizione sullo spazio da lui occupato pel tempo durante il quale vi rimanga acquartierato.

La giurisdizione a riguardo dei reati militari e dei reati comuni commessi nel perimetro dell'accampamento spetterà esclusivamente alla sovranità dello Stato, al quale l'esercito appartenga.

342. Sarà attribuita alla sovranità territoriale la giurisdizione rispetto alle persone appartenenti all'esercito straniero, le quali fuori del perimetro dell'accampamento abbiano violato le leggi territoriali di polizia e di sicurezza.

343. Incombe alla sovranità teiTitorialc il consegnare senz'al- tro all'autorità militare una persona appartenente all'esercito, che dopo avere commesso un reato nel pcrimotro dcll'accampamenlo^ sia evasa, rifugiandosi nel territorio dello Stato.

344. Incombe all'autorità militare il consegnare alle autorità locali le persone, le quali, ricercate dalla giustizia per un reato comune, si siano rifugiate nel recinto dell'accampamento.

^4 Libro L ' Delle persone Parie speciale

Paesi ove sono in vigofe le capitolazioni.

345. Il Sovrano territoriale, il quale in virtù di capitolazioni o di trattati abbia concesso a Sovrano straniero di esercitare la giurisdizione per mezzo dei consoli o degli agenti consolari rispetto ai cittadini, dovrà ritenere cosi limitata la sua giurisdizione territo- riale e dovrà riconoscere che nei casi contemplati dalle capitolazioni, dai trattati e secondo il Diritto consuetudinario, la giurisdizione debba essere esercitata dai consoli in conformità delle norme sti- pulate colle capitolazioni stesse o coi trattati o consuetudinarie.

346. I distretti consolari, nei quali sono in vigore le capi- tolazioni, non potranno però essere reputati come territorio dello Stato, che in virtù delle capitolazioni vi eserciti giurisdizione, ne potrà ammettersi a riguardo di essi la conseguente finzione della €straterritorialità assoluta.

347. La limitazione dei diritti giurisdizionali spettanti alla sovranità territoriale fondata sulle capitolazioni dovrà essere riguar- data come un fatto eccezionale che deroga alle regole di Diritto comune e deve essere intesa ed applicata in senso restrittivo alla pari di ogni legge speciale ed eccezionale che restringa il libero esercizio dei diritti della sovranità.

La limitazione non potrà essere estesa oltre i casi e circostanze ^espressi o contemplati nelle capitolazioni.

348. I rapporti di Diritto pubblico e di Diritto privato inter- nazionale tra il Sovrano straniero che eserciti giurisdizione nel paese ove siano in vigore le capitolazioni ed il Sovrano territoriale •dovranno essere regolati dalle stesse norme che tra le sovranità di Stati diversi, in ogni caso non contemplato dalle capitolazioni, dai trattati e dal Diritto consuetudinario.

Le regole su esposte derivano dal giusto concetto che il regime delle capi- tolazioni deroga al Diritto comune rispetto alFesercìzio della giurisdizione. La sovranità territoriale subisce infatti una limitazione ben considerevole ai suoi diritti giurisdizionali, ed è tenuta a sofTrire die la sovranità straniera eserciti diritti giurisdizionali rispetto ai nazionali, ciie dimorino nel territorio dello Stato. Vedi pel regime delle capitolazioni: Contuzzi, Il Diritto interna' rionale nella sua appUcahiìità in Oriente, Napoli 1885.

Titolo V. DelVestraterrUorialità 205^

Tutto ciò però non può arrivare a fare ammettere che la sovranità terri- toriale sia svestita del tutto di ogni dominio e di ogni autorità rispetto al distretto consolare straniero, come se esso fosse parte del territorio dello Stato, che eserciti in forza delle capitolazioni i diritti giurisdizionali.

Vedi in conformità la sentenza della Gass. di Roma del 26 nov. 1888, ia causa Russo, la quale ritenne che il reato commesso da nn cittadino italiano in paese ove è consentito Tesercizio della ginrìsdixione consolare (Smirne), benché soggetto alle leggi italiane e giudicabile da giudici italiani, non poteva essere riguardato come reato avvenuto nel Regno, ma doveva essere consi- derato come reato avvenuto ali*estero. Foro italiano, anno 1889, p. 2*, pa- gina 3 ; e Pomodoro, Le capitolazioni e la giuris^dizione consolare negli scali del Levante, nel giornale '^ La Legge anno 1889, voi. I; Confr. Fiore, Di- riUo inUrn, priv,, 3* ediz., tomo 1, § 240.

349. Il regime delle capitolazioni e le conseguenti limita- zioni dei diritti giurisdizionali delle sovranità territoriali devono ritenersi cessati di fatto e di diritto se il paese, óve le capitola- zioni siano in vigore, venga annesso ad uno Stato indipendente, mettendosi in pari condizioni di ogni Stato civile, o se la sovra- nità di uno Stato civile assuma essa Tesercizio effettivo del diritto di protettorato.

Il principio si può ritenere accettato, avendo tutti i Governi riconosciuto che non si possono ritenere più in vigore le capitolazioni nei paesi ove era prima stabOita Tamministr azione musulmana e ove ò stata poi stabilita Tam- ministrazione cristiana e civile in seguito all'occupazione di detti paesi da parte di Stati civili, come è accaduto per Massaua; o in seguito a protetto- rato da parte di Stato civile, come è accaduto a Tunisi.

Località addette alla Santa Sede.

350. Saranno sottratte alla giurisdizione territoriale tutte le località addette al governo della Chiesa e nelle quali la Santa. Sede eserciti i poteri spirituali e le sue funzioni, cioè i luoghi scelti dal Papa come sua residenza abituale o temporanea, quelli destinati come stabilimento delle Congregazioni e degli alti uffìzi ecclesiastici, quelli nei quali si trovi riunito un Conclave o un Concilio ecumenico.

351. Il Sommo Pontefice potrà in tutte le località addette alla Santa Sede esercitare colla più completa indipendenza il supremo potere ch'esso ha come capo della Chiesa e provvedere mediante

206

Libro I. Delle persone PaHe speciale

le Congregazioni e gli Uffizi da esso istituiti a quanto possa con- cernere l'organamento del governo della Chiesa e rammìnistia- 2ione intema della medesima.

352. -— L'estraterritorialità delle località addette allo stabili- mento della Santa Sede deve essere reputata integra ed assoluta per tutto quello che concerne l'esercizio in esse dei poteri spettanti al Papa e delle funzioni di alta amministrazione della Chiesa da parte delle autorità ecclesiastiche, delle congregazioni e degli uffizi istituiti per l'esercizio del potere ecclesiastico. Sarà inibito in ogni caso di procedere a visite^ perquisizioni o sequestro di carte, docu- menti, libri 0 registri negli uffizi e congregazioni pontificie riie- stiti di attribuzioni spirituali.

363. Per tutto quello che non concerne il governo della Chiesa « le funzioni di amministrazione per l'esercizio del potere spiri- tuale dovrà ammettersi la giurisdizione della sovranità territoriale, salvo sempre però le necessarie limitazioni richieste per mante- nere integre ed assolute l'inviolabilità del Sommo Pontefice, la «straterritorialità della Santa Sede e l'indipendenza di tutti coloro, che partecipando al governo della Chiesa, abbiano compiuti nelle dette località atti nell'esercizio del potere spirituale.

354. Incombe alle autorità ecclesiastiche l'inibire che le località addette alla Santa Sede servano come luogo d'asilo a mal- fattori punibili secondo il Diritto comune o per commettere in dette località fatti gravi contro la sicurezza interna dello Stato, e saranno tenute ad autorizzare gli atti da parte delle pubbliche autorità locali che secondo il caso possano reputarsi richiesti pel corso regolare della giustizia.

La giurisdizione della sovranità territoriale in caso di tali avve- nimenti straordinari dovrà ammettersi dentro i limiti però stret- tamente necessari a tutelare la sicurezza pubblica e a mante- nere integro il rispetto delle leggi di polizia e delle leggi penali territoriali.

L*articolo 7 della legge 13 maggio 1871 sulle prerogative del Sommo Pon- tefice e della Santa Sede dispone : '^ Nessun ufficiale della pubblica autorità od agente può, per esercitare atto del proprio ufficio» introdursi nei palazzi e luoghi di abituale residenza o temporanea dimora del Sommo Pontefice, o

Titolo V. ' DelVestraterritorialUà

'201

nei quali si troyi radunato un Conclave o un Concilio ecumenico, se non auto- rizzato dal Sommo Pontefice, dal Conclave o dal Concilio y.

In forza di tale articolo si ammette indirettamente, che le pubbliche auto- rità, in caso di avvenimenti straordinari, possono esercitare le loro attribu- zioni giurisdizionali nelle località coperte dal privilegio deirestraterritorialità« È vero che Tantorizzazione da parte del Sommo Pontefice, del Conclave, o del Concìlio è posta come condizione per Tesercizio degli atti giurisdizionali, ma questo deve ritenersi stabilito per mantenere integro il rispetto dovuto alla suprema potestà ecclesiastica, e per la giusta considerazione che, quando essi abbiano rìconoscinto che le esigenze della giustizia richiedano Tesercizio degli atti giurisdizionali da parte delle autorità locali, non si potrebbe assoluta- mente presumere che dovessero rifiutare Tautorizzazione di procedere secondo la legge.

355. Nessuna giurisdizione che implichi Tesercizio dei poteri 0 delle funzioni della sovranità politica potrà essere attribuita al Sommo Pontefice, neanche dentro i limiti delle località coperte dal privilegio della estraterritorialità.

Le regole sopra stabilite mirano a determinare al giusto la cerchia giuri- dica, dentro la quale la limitazione dei diritti giurisdizionali della sovranità territoriale deve essere repatata integra ed assoluta. L*estraterritorialità delle lucalità destinate per lo stabilimento della Santa Sede non può patire eccezioni, perchè, se tutto quello, che concerne il governo della Chiesa e lo sviluppo esteriore dei poteri e delle funzioni del capo di essa e di tutte le autorità ecclesiastiche, non fosse sottratto completamente alla giurisdizione ordinaria e airimpero della sovranità territoriale, sarebbe impossibile d*assicarare al Sommo Pontefice ed alla Santa Sede la completa libertà di esistenza, di go- verno e di esercizio di tutte le funzioni spirituali. Bisogna conseguentemente ritenere che Testraterritorialità delle locsdità addette allo stabilimento della Santa Sede deve essere assoluta, come assoluta deve essere Testraterritoria- lità degli uffizi addetti alla legazione. Conviene però considerare, che per Tesercizio di alta amministrazione e di governo della Chiesa occorrono pa- recchi edifizi situati nelle diverse parti della città di Roma e che il Vati- cano è di per stesso una vasta regione, che comprende, oltre la parte addetta a residenza abituale o temporanea del Papa, considerevoli località, nelle quali dimorano in grande numero (20 mila circa) persone non addette alPesercizio del potere spirituale, e che la maggior parte di esse sono citta- dini italiani. Ora non si può al cerio ammettere, che tutti cotesti edifizi ed una regione tanto estesa possano essere coperti deirestraterritorialità assoluta, in guisa da ritenere luoghi, abitazioni e persone sottratte del tutto alla giurisdizione della sovranità territoriale, come se si trattasse di terri- torio straniero soggetto all'imperio di una sovranità politica straniera.

La sovranità territoriale impera innanzi tutto colle sue leggi sulle persone, che dimorano nelle dette località, e che fanno atti nelle relazioni private e civili; per lo che, in quello che concerne gli atti di stato civile, le persone, che dimorano nel Vaticano, sono considerate dimoranti in territorio italiano e riconoscono di fatto Tautorità della legge italiana, se vogliono celebrare il matrimonio o fare atto della vita civile e via dicendo.

208

Libro L ' Delle persone Parte spedale

Per le contestazioni che possono nascere in occasione di atti o di fatti com- pì utì nel Vaticano e che non riguardino Tamministrazione della Chiesa, ma grinteressi patrimoniali e priyati delle persone, la competenza dei tribunali italiani non può essere contestata. Non potrebbe infatti attribuirsi al capo della Chiesa il potere di istituire tribunali per decidere controversie di diritto eÌTÌle.

La competenza dei tribunali italiani fu di fatto riconosciuta nella causa Martinucci-Theodoli con sentenza della CSorte d'Appello di Roma del 9 no- vembre 1882, Faro Italiano, 1883, I, 663.

Nel caso poi che occorresse di reprimere reati di Diritto comune commessi nelle località addette alla Santa Sede, e da persone che non partecipano al governo della Chiesa, la giurisdizione della sovranità territoriale non potrebbe al certo essere contestata. Si può infatti ammettere che, per mantenere integro il libero governo della Chiesa, coloro che esercitando le funzioni ad essi attri- buite avessero abusato dolosamente dei loro poteri, potessero ritenersi respon- sabili verso il capo della Chiesa, ma i privati , che avessero commessi reati punibili secondo il Diritto comune, non potrebbero al certo essere giudicati e puniti dal Sommo Pontefice; per lo che deve ammettersi la giurisdizione penale a riguardo di cotesti delinquenti da parte della Sovranità territoriale.

356. La violazione deirestraterrìtorialità delle località addette allo stabilimento della Santa Sede dovrà essere reputata come vio- lazione delle regole di Diritto intemazionale, e legittimerà la tutela giuridica collettiva da parte degli altri Stati.

Posto che r indipendenza del capo della Chiesa e restraterritorìalità della Santa Sede debbano essere reputate fondate sul Diritto intemazionale comune. il rispetto o la violazione della estraterri tonalità non possono essere considtr rati come questioni d*interesse territoriale.

357. I rapporti fra il sovrano territoriale e il capo delb C4hiesa o le autorità ecclesiastiche saranno determinati in confor- mità delle regole stabilite ai ^loio XI.

TUoh VI. ' DtW eguaglianza giuridica degli StaU 209

TITOLO VI. Dell'eguasrlianza giuridica degli Stati.

358. Ciascuno Stato ha il diritto di essere considerato nella società internazionale al pari degli altri per quanto attiene alla sua capacità giuridica, all'esercizio de' suoi diritti ed all'adempia mento delle sue obbligazioni.

369. La maggiore o minore estensione del territorio, il numero della popolazione, la potenza economica o militare non possono modificare per nulla l'uguaglianza giuridica degli Stati in tutto quello che attiene al godimento dei loro diritti e all'adempi- mento dei loro doveri.

L'eguaglianza degli Stati, disse Sumner al Senato americano il 23 marzo 1871, è lui principio di Diritto intemazionale allo stesso titolo che Tegaaglianza dei cittadini è nn assioma della nostra dichiarazione d*indipendenza. Non si può fare ad un popolo piccolo e debole quello che non si farebbe ad nn popolo grande e potente o che noi non sofifriremmo se fosse fatto contro noi stessi.

360. La piena ed intera uguaglianza giuridica dovrà però ritenersi limitata nel fatto a quegli Stati, presso i quali devono reputarsi sviluppate quelle idee giuridiche fondamentali, che sono indispensabili ad attuare la comunità di Diritto e la giuridica convivenza.

361. Qualunque atto di giurisdizione delle grandi Potenze riguardo a quelle d'importanza inferiore, o la pretesa di risolvere controversie, nelle quali queste fossero interessate, senza conce- dere alle medesime la facoltà di farsi rappresentare e di far valere e discutere le proprie ragioni, deve essere ritenuto in opposizione coll'uguaglianza giuridica di tutti gli Stati.

Nessun popolo libero e sovrano può essere costretto a riconoscere chi è più potente e più forte come un suo superiore legittimo e sottostare alle sue decisioni. Dopo il Congresso di Aqnisgrana del 1818 le cinque grandi Potenze europee l'Austria, la Francia* la Gran Brettagna, la Prussia e la Russia pensarono di costituirsi come un sinedrio permanente per cooperare d'ac cordo a regolare gli affari di £uropa. Lo sviluppo delle più giuste idee del

14 Fiore, Dir. inicrn. codif.

SIO Libro L DeSU persone Parte spectaU

Diritto e raccrescìmento della cultura hanno rotto la forza della Pentarchia, quantunque però, in conseguenza della prevalenza della politica nella viti intemazionale, le grandi Potenze mirino sempre ad arrogarsi una eerta potestà di egemonia, che pure col tempo dovrà essere ridotta dentro i più giusti limitL Di fronte al Diritto non vi sono Stati maggiori e minori. Bene scrisse Victor Hugo : * La grandeur d*un peuple ne se mesure pas plus au nombre ' que la grandenr d*nn homme se mesure à la taille .. Lettre de Vidar Eugo à M. le Pasteur Bost de Genèpe, 17 nov. 1862.

Disuguaglianze di fatto.

362. L'uguaglianza giuridica tra gli Stati non potrà impli- care l'uguaglianza di fatto. If naturale sviluppo di ciascheduno di essi e l'accrescimento della potenza, che siano la conseguenza del progresso incessante delle forze intellettuali e naturali, e le disuguaglianze di fatto che ne derivino, dovranno essere rìspet* tate come effetto naturale della stessa libertà giurìdica.

363. II godimento di quei diritti, pei quali è richiesto mi complesso di date chrcostanze di fatto, potrà essere negato a qifegli Stati che manchino nell'attualità di quelle date circostanze neces- sarie al godimento o all'esercizio del diritto.

Si comprende, a modo d'esempio, che il diritto d*inalberare la bandien marittima non può competere ad uno Stato che non abbia coste marittime, e che era quindi mal fondata la pretesa della Svizzera, che voleva inalberare la bandiera marittima della Confederazione in alto mare.

364. Uno Stato, il quale o per pregiudizi tradizionali, o per l'ordinamento interno, o per gli usi e credenze religiose non si trovi in condizioni tali da poter adempiere verso gli altri Stati ai doveri internazionali, non potrà domandare il pieno godimento dei diritti intemazionali con perfetta uguaglianza, fino a tanto che esso non abbia mutato l'ordinamento interno fattamente da poter essere reputato in grado di adempiere i doveri intema- zionali e di poter dare sufficienti garanzie per questo.

365. Gli Stati però, che avessero rapporti di fatto con uno Stato, rispetto al quale non potesse ammettersi l'uguaglianza giu- ridica, dovranno osservare sempre le regole ed i patti concordati mediante le convenzioni concluse. Rispetto poi alle regole di Diritto

TUolo VI . DeWeguagliama giuridica digli StaH 211

comune internazionale essi dorranno osservare quelle che, tenuto conto delle condizioni sociali di fatto dello Stato non civile, siano compatibili colla tutela e colla difesa dei diritti pubblici e privati.

Rispetto della personalità morale e delVonore.

366. Tutti gli Stati, siano essi maggiori o minori. Imperli Regni, Repubbliche, Principati, Ducati, hanno diritto eguale al rispetto della loro personalità e della loro dignità morale, e a ciascuno di essi compete il diritto di esigere la soddisfazione dovuta in caso di qual si sia attentato alla sua personalità o alla sua dignità.

367. Le onorificenze dovute allo Stato ed al Sovrano, che lo rappresenti, in considerazione del titolo e della posizione inter- nazionale di esso dovranno essere regolate secondo il cerimoniale intemazionale d'uso e gli accordi stabiliti.

368. Nessuna regola di cerimoniale intemazionale, sia essa fondata sull'uso o sui trattati, potrà valere in quello che essa offenda la dignità morale di uno Stato.

369. Ciascuno Stato ha il diritto di prendere il titolo cor- rispondente alla sua importanza ed alla sua posizione interna- zionale. Il titolo più elevato però non potrà attribuire ad esso una posizione giuridica superiore, ma soltanto il diritto a certe onorificenze stabilite mediante gli usi intemazionali o i trattati*

In caso di mutamento del titolo originario il riconoscimento da parte degli altri Govemi deve essere reputato necessario per la ricognizione del nuovo titolo nei rapporti intemazionali.

370. Ciascun Sovrano nelle sue lelazioni diplomatiche cogli altri Sovrani avrà il diritto di usare il titolo che gli appartiene e di esigere che sia dagli altri ad esso attribuito.

Rispetto poi alla corrispondenza ciascuno dovrà osservare le forme stabilite secondo il cerimoniale diploniatico, e cosi pure riguardo alla precedenza in caso di convegno.

371. Non potrebbe essere reputato contrario alla dignità degli Stati se di comune accordo tutti stabilissero di adoperare la lingua

212 Libro L - JDdle persone Parte speciale

francese, che è a tutti nota, nella corrispondenza diplomatica. La dignità dovrebbe invece ritenersi offesa, se uno Stato volesse im- porre ad un altro o a più la propria lingua negli atti diplomatici

Cerimoniale marittimo.

372. Ciascuno Stato ha diritto di stabilire le regole del ceri- moniale marittimo, che le navi nazionali devono osservare tra di loro, ed anche rispetto alle navi straniere, ma non potrà esigere che tali regole siano ritenute obbligatorie a reciprocità dagli altri Stati, salvo solo il caso di espressa convenzione ti*a di loro.

373. - Ciascuna sovranità potrà dichiarare doverosa l'osser- vanza del cerimoniale marittimo da essa stabilito per le navi stra- niere, che attraversino le acque territoriali soggette alla sua giu- risdizione, o che entrino nei porti.

374. - Non potrà in nessun caso essere legittimata la maniera di procedere di un Sovrano, che imponga alle navi straniere, che entrino nelle acque soggette alla propria giurisdizione, un modo di saluto, che sotto di un punto di vista generale potrebbe essere reputato umiliante ed offensivo da parte di chi lo dovesse rendere»

Tale dovrebbe essere riguardato il saluto reso con abbassare la bandiera o in qualunque altra forma che potesse essere con- siderata come atto di soggezione, e cosi pure dovrebbe essere reputato quello collo sparo del cannone, qualora l'altro non avesse l'obbligo di restituirlo a chi l'avesse per il primo fatto.

375. Le norme circa il saluto delle navi che s'incontrino in alto mare, e quanto concerne il cerimoniale marittimo, dovranno essere stabilite di comune accordo: in mancanza dovranno essere osservate le regole fondate sul Diritto consuetudinario e sulla comitas gentium.

376. Qualora le regole del cerimoniale da osservarsi a reci- procità fossero stabilite mediante trattato, l'omissione delle mede- sime potrà giustificare una rimostranza e far nascere il diritto di domandare ed ottenere una spiegazione.

TUolo VL - DelV eguaglianza giuridica degli Stati 213

377. L'inosservanza delle regole del cerimoniale concordato non potrà però essere di per stessa sufficiente a far presu- mere l'intenzione di offendere, da parte di colui che avesse man- cato, salvo il caso soltanto che i precedenti bene accertati e le circostanze bene ponderate autorizzassero a congetturare il contrario.

378. In mancanza di accordi circa il saluto delle navi che s'incontrino in alto mare converrà attenersi alle regole consacrate dall'uso, e queste sono le seguenti:

Le navi mercantili che s'incontrano in alto mare non sono tenute al saluto.

Le navi da guerra si devono ritenere obbligate al saluto. Quella di grado inferiore dovrà salutare la prima. Quando siano di grado eguale la prima a salutare dev'essere quella che cammini sotto vento.

Una nave da guerra deve salutare la prima quando avvi- cini ad una fortezza, o a una piazza marittima, o da questa si allontani: quando incontri una squadra: quando incontri una nave che abbia a bordo un Sovrano, un membro di una famiglia reale o un ambasciatore.

Una squadra ausiliare deve salutare la prima una squadra principale.

379. Il saluto reso con Io sparo del cannone dev'essere resti- tuito con eguale numero di spari. Può però la nave, che risponde al saluto e che sia di grado superiore a quella alla quale lo rende, rispondere tirando un qualche colpo di meno. Questo per altro non potrà essere motivato dalla considerazione della maggiore potenza marittima dello Stato, al quale appartenga una nave di grado eguale.

380. Nelle circostanze di solennità, di feste di Corte, di lutto, le navi da guerra straniere dovranno osservare le norme stabi* lite dal regolamento dello Stato a cui il porto appartiene. I coman- danti delle navi, i quali non volessero, o che stimassero di non potervìsi uniformare, dovranno allontanarsi dal porto.

214 Libfo L ' Delle persone Parte speciale

Equilibrio politico.

381. L'equilibrio delle forze, o il cosi detto equilìbrio poli- tico non deve essere reputato necessario tra gli Stati por prov- yedere alla loro tutela ed alla loro conservazione. Ogni Stato dovrà subire le modificazioni e le trasformazioni che possono essere la conseguenza dei fatti storici e potrà accrescere la sua potenza dentro i limiti del Diritto, senza ammettere che per questo possa dirsi offeso il diritto degli altri Stati alla loro conservazione e alla loro tutela.

Il concetto deirequilibrio delle forze e della potenza materiale ed effettiva degli Stati come mezzo necessario per garentire Tindipendenza di ciascuno fa posto innanzi nel secolo zv per impedire che Toltrepossanza delibano o deirai tro lo mettesse in grado di dettar la legge a tutti. NelPart. 9 del trat- tato di Utrecht del 13 luglio 1713, trovasi Tespressione de justutn potentiae aequUibrium. Il Fénélon ((Euvres, tom. 3, pag. 361, ediz. 1835) ne aveva di- mostrata la necessità per moderare la potenza crescente della casa d^Àustrìa sotto Carlo V, e da quell'epoca fino ai giorni nostri la politica degli uomini di Stato ha mirato costantemente a mantenere il cosi detto equilìbrio delle forze ed a riparare i turbamenti che sono stati la conseguenza o delPaccre- scimento dei possedimenti territoriali o delle conquiste effettuate colle vit- torie. Nel Congresso di Vienna la ripartizione dei possedimenti territoriali fu giustificata col concetto di mantenere Tequilibrìo. Lo smembramento della Polonia fu giustificato collo stesso argomento.

Anche Tannessione di Nizza e Savoia fu reclamata per la necessità di rista- bilire Tequilibrio rotto per la costituzione e Tingrandi mento del regno di Italia. Il mantenimento della Turchia è stato reputato pure indispensabile per non turbare il così detto equilibrio politico, che verrebbe certamente tur- bato, se i possedimenti territoriali della Porta in Europa dovessero essere ripartiti tra coloro che vi aspirano; ed oggi che scrìviamo gli uomini di Stato si trovano d'accordo nel sostenere in Turchia uno stato di cose che non fa onore alla cristianità, alla civiltà, pel timore deirinevitabile turbamento dell'equilibrio politico e della difficoltà di ricostituirlo ripartendosi 1 possedi- menti turchi in Europa.

Molto si è scritto per spiegare questo indeterminato concetto. Utili ind^ cazioni si trovano nelParticolo di Nts, La théoHe de TéquUibre europhn^ Bevue de Dr. tntem,, t. XYI, 1893, e neU*opera di Stuolitz, De VéqutVbre pciitique, du Ugitimisme et du principe dee nationàlités (en russe), 1889-1892, traduc. fran^ise, 1898.

382. Dovrà ognora reputarsi legittimo e necessario tra gli Stati Tequilibrio giuridico, quello cioè che deve mirare a stabi- lire il limite giuridico dell'azione di ciascuno ed a sottomettere la condotta di tutti ai principii del Diritto internazionale.

Titolo VI. - DdTeguaglianza giurìdica degli Stati 215

383. Ogni stato per quanto sia piccolo e debole per terri- torio e popolazione dovrà esistere e svilupparsi accanto agli Stati più forti sotto la tutela del Diritto internazionale, il quale deve essere ognora sotto la garanzia collettiva di tutti gli Stati, che vivono in società di fatto.

384. Il procedimento di uno Stato , il quale in qualunque si sia maniera accrescesse, o mirasse ad accrescere la propria potenza violando il Diritto intemazionale a danno di uno Stato più debole, sarà considerato una violazione dell'equilibrio giuridico, e potrà, secondo i casi, essere reputato come una minaccia, un tentativo di violazione, e giustificare l'ingerenza collettiva da parte degli altri Stati.

386. Qualora uno Stato, abusando della sua crescente potenza, aspirasse alla egemonia e si proponesse di stabilire e mantenere la sua preminenza effettiva sul continente o sul mare, tale ten- tativo costituirebbe una reale minaccia dell'equilibrio giuridico e potrebbe giustificare la resistenza collettiva da parte degli altri Stati.

Il

216 Libro 1. ' Delle persane Farte spedaU

TITOLO VII. Del diritto di rappreeentanza.

386. n diritto di rappresentare lo Stato nelle relazioni che esso ha cogli altri Stati deve essere attribuito ed esercitato da coloro ai quali sia affidato nell'attualità l'esercizio del potere so- vrano. Tali sono:

a) il Sovrano o il capo dello Stato;

b) le persone che secondo la legge costituzionale esercitino nell'attualità i poteri della sovranità;

e) gli agenti diplomatici.

387. La persona, che in qualità di Sovrano regna e governa, è di pieno diritto il rappresentante legale dello Stato, e può come tale esercitare nei rapporti intemazionali il pubblico potere a lei attribuito secondo la legge costituzionale.

Il Sovrano e la sua famiglia.

388. Il Sovrano, in tutto quello che fa come rappresentante dello Stato, deve essere reputato sotto la tutela del Diritto inter- nazionale e come investito del godimento dei diritti spettanti allo Stato.

Nissuna differenza potrà essere fatta sotto questo rispetto tra Stato e Stato, sia il capo di esso principe, re, imperatore o pre- sidente di repubblica.

389. Colui che sia nel possesso di fatto del potere sovrano deve essere reputato come rappresentante legale dello Stato rispetto a coloro che abbiano riconosciuta l'attuale condizione di cose, o che siano entrati in rapporti di fatto col Governo provvisorio da lui costituito, ifionfr. reg; 63, 84, 86.)

Titolo VII. - Del diritto di rappresentanza **'

390. "— Colui che perde fatto Tesercizio del potere sovrano cessa dal rappresentare ne' suoi atti lo Stato fino a tanto che non sia reintegrato nel lìbero esercìzio della sovranità.

La storia registra parecchi esempi di sovrani decaduti e spogliati della loro suprema autorità. Anche quando tale fatto sia temporaneo, le convenienze potranno certamente guidare gli altri sovrani nel decidere se essi devono o no continuare ad accordare al sovrano decaduto i titoli e gli onori prece- denti, ma, per quello che si riferisce alla legittima rappresentanza dello Stato nei rapporti internazionali, non si può ammettere che il sovrano decaduto possa ne* suoi atti rappresentare lo Stato, mentre di fatto egli trovasi spo- gliato del pubblico potere e della condizione giuridica di capo dello Stato. Nei rapporti internazionali è sovrano qui de facto regit, ed esso quindi deve essere reputato come rappresentante legale dello Stato rispetto agli altri Stati che intendono mantenere i loro rapporti intemazionali, o che intendono en- trare in tali rapporti se li avessero provvisoriamente interrotti.

391. Le persone appartenenti alla famiglia del Sovrano non possono partecipare al godimento dei diritti attribuiti a lui come rappresentante dello Stato, ma devono non per tanto essere reputate sotto la protezione del Diritto internazionale e godere i tliritti e le prerogative che secondo gli usi e il cerimoniale internazionale spettano ai membri delle famìglie sovrane regnanti.

Rappresentanti legali dello Stato.

392. La persona o le persone, che devono essere riconosciute come investite del diritto di rappresentare nei loro atti lo Stato, sono quelle determinate dalla legge costituzionale.

393. Ogni persona, che, avendone la potestà secondo la legge costituzionale, faccia atti, o che assuma obbligazioni, in nome dello Stato, dovrà essere ritenuta capace a rappresentarlo, e ad obbligarlo sotto le condizioni ed entro i limiti della rappre- sentanza legale, di cui secondo la legge costituzionale è investita.

Secondo la costituzione delle monarchie assolute il diritto di rappresentare lo Stato è attribuito interamente al Principe: secondo quella delle monarchie nippresentative invece è attribuito in massima al Goyemo, e quindi gli atti del Principe non importano sempre obbligazione dello Stato, ma talvolta è ùidispensabile che siano controfirmati dal Ministro responsabile, tal' altra ohe Biano ratificati dal Parlamento. Nelle repubbliche la rappresentanza è attribuita ftl potere esecutivo o al Presidente, ma questi dev'essere assistito dal Senato.

218

Libro L - Delle persone Patie speciale

Di tutto ciò conviene tenere molto conto per decidere se Tatto fatto da uno che abbia trattato in nome dello Stato, debba essere ritardato valido ed obbli- gatorio per lo Stato stesso. A ciò non può bastare che esso sia fatto da chi abbia la direzione degli affari esteri, ma è indispensabile, che la persona sia capace di rappresentare in quell'atto lo Stato, tenendo conto della costituzione politica vigente nel paese al momento in cui Tatto sia stato fatto. Presso tutti gli Stati trovasi un ministero speciale istituito per gli affari internazionali, e questo è il ministro degli affari esteri, che centralizza Tesercizio dei poteri che appartengono al Governo nei rapporti coi Governi stranieri. Essendo egli il capo del corpo diplomatico ed essendo chiamato a fare le comunicazioni uffi- ciali in nome dello Stato agli Stati stranieri, riesce chiaro, che negli atti, che egli compie, dentro i limiti dei poteri che gli appartengono secondo la legge costituzionale, rappresenta lo Stato.

394. Devono essere reputati come rappresentanti legali dello Stato gli agenti diplomatici, ai quali secondo il Diritto intema- zionale è attribuita la facoltà di mantenere i rapporti diplomatici fra Stato e Stato e di rappresentare officialmente nei loro atti lo Stato per delegazione da parte del Sovrano di lui« Tali sono: gli ambasciatori ordinari e straordinari, i Ministri pubblici, gl'inviati straordinari od incaricati d'affari.

La triplice categoria delle persone chiamate a rappresentare Io Stato nelle relazioni internazionali vale a stabilire la loro posizione gerarchica e a deter- minare altresì certi speciali diritti e considerazioni a ciascuna di esse dovuti a cagione delia loro posizione gerarchica. Sotto la categoria di Ministri pub- blici devono reputarsi compresi quelli di prima e di seconda classe, i Ministri residenti e quelli straordinari o inviati temporaneamente per trattare affari speciali. La differenza della loro posizione, avuto riguardo allo scopo pel quale sono nominati ed al loro grado gerarchico, può valere ad attribuire certi diritti e certe prerogative secondo il cerimoniale diplomatico, ed a fissare altresì la loro posizione come parte del corpo diplomatico, ma non influisce sulla condizione giuridica di essi in quello che rappresentano nei loro atti lo Stato.

Nella terza categoria di inviati straordinari possono essere compresi tutti coloro, ai quali sia affidato di rappresentare lo Stato provvisoriamente. Possono quindi esservi compresi i commissari incaricati di rappresentare il proprio Governo per trattare certi speciali affari, e altresì i consoli, dato il caso che venisse affidata ad essi temporaneamente una missione diplomatica dal proprio Governo. La posizione gerarchica delle persone non muta la sostanza della cosa, perchò è sempre la natura della delegazione ed il mandato, in virtù di essa conferito, quello che deve decidere se vi sia o no nella trattazione "di un dato aiXare la j:àppré66ìiifimz)r-ièg(ile tieiio'^Stato*

TUolo VII. ' Da diritto di rappresentanza 219

A chi spetta il diritto dHnviare gli agenti diplomatici.

395. Ciascuno Stalo indipendente, al quale spetta la perso- nalità intemazionale, ha il diritto di essere rappresentato nelle sue relazioni cogli altri Stati dagli agenti diplomatici, che siano investiti di tale pubblico potere secondo la legge costituzio- nale. Tale diritto spetta altresì a qualunque aggregazione, alla quale sia stata attribuita la personalità intemazionale secondo le regole 38, 39, stabilite al titolo L

In Tirtù di questa regola bisogna ammettere che, se fra più Stati indipen- denti fosse effettuala MiHUnione per uno scopo determinato, e la personalità intemazionale di tale Unione fosse riconosciuta, vi potrebb* essere una rap- presentanza internazionale degli Stati Uniti limitata allo scopo della loro unione. La Confederazione germanica del Nord del 1867 ci porge Tesempio di tale specie di unione e di rappresentanza. Un Impero federativo, che non avesse la forma unitaria, come era l'Impero germanico del 1871, qualora lasciasse sussistere la personalità degli Stati confederati, potrebbe pure dar luogo ad una duplice rappresentanza in corrispondenza della duplice personalità.

396. II diritto di mantenere le relazioni intemazionali me- diante gli agenti diplomatici può essere attribuito ad un Governo costituito in seguito alla rivoluzione o alla guerra civile, ogni qual volta che esso sia nel possesso attuale ed effettivo del pubblico potere e delle funzioni sovrane e che sia stato riconosciuto.

In virtù di questa regola si deve ammettere, che il diritto di Legazione viene a cessare del tulto e rispetto a tutti riguardo al Principe spodestato, che non sia più Sovrano di fatto, anche quando esso tenti di essere restaurato. Tale diritto non può competere che a chi de facto regit,

397. Compete a ciascun Governo il decidere con piena libertà, se le relazioni diplomatiche col Sovrano rovesciato deb- bano ritenersi rotte e stabilite quelle col nuovo Governo costituito. Non potranno però essere reputate stabilite bona fide le relazioni diplomatiche col partito rivoluzionario, che non sia riuscito al costituire un Governo regolare, e mentre duri ancora la lotta, e non si arrivi ad accertare se il Sovrano rovesciato possa o no ristabilire la propria autorità.

398. Il partito rivoluzionario può durante la lotta fare comu- nicazioni cogli altri Governi per mezzo di commissari o di agenti

520 Libro L - Delle persone Parte speciale

da esso inviati, ma questo potrà essere considerato diritto di legazione, i commissari e gli agenti potranno avere il carattere di agenti diplomatici.

Quantunque debba essere reputato nel prudente arbitrio di ogni Governo di stabilire o no le relazioni diplomatiche con un Governo costituito in seguito ad una rivoluzione o ad una guerra civile, la prudenza politica deve sugge- rire di non accettare gli agenti diplomatici, se non quando il nuovo Governo costituito non solo sia di fatto nel possesso dei diritti di sovranità , ma che presenti inoltre quella stabilità necessaria per potere essere considerato capace di assumere la responsabilità dei proprii atti, e di quelli del popolo alla testa del quale esso si trovi.

399. Il Governo di un Sovrano spotestato dovrà essere rite- nuto decaduto dal diritto di mantenere le relazioni diplomatiche cogli altri Stati, e non potrà attribuire il diritto di rappresen- tanza dello Stato agli agenti diplomatici da lui nominati.

400. Il diritto di accreditare gli agenti diplomatici non può in nessun caso essere esercitato che riguardo allo Stato che intenda mantenere con Taltro rapporti diplomatici mediante legazioni per- manenti, 0 negoziare con luì per concludere un affare determinato.

401. Ogni Governo può inviare un agente diplomatico col mandato di adempiere in nome delio Stato una speciale missione presso un altro Governo senza bisogno di previo accordo. Spetta però al Governo, presso cui l'agente diplomatico sia inviato, la facoltà di riceverlo o di non riceverlo nella sua qualità come tale. Tale diritto di rifiuto deve ammettersi sopratutto, se il Governo reputasse la missione contro gFinteressi dello Stato o il ricevi- mento inconciliabile colla dignità del medesimo.

402. L* invio senza previo accordo di un agente diplomatico incaricato d'una missione, che un altro Governo ritiene contro gl'interessi o contro la dignità del proprio Stato, non potrà essere considerato atto ostile, come non potrà essere considerato tale il rifiuto non motivato.

Queste due regole devono ritenersi fondate sul concetto, che rinvio di un agente diplomatico è atto di sovranità, laonde deve ammettersi la più completa indipendenza, ma siccome il mantenimento delle relazioni diplomatiche pre- suppone il consenso espresso o tacito da parte dello Stato presso cui l'agente diplomatico sia inviato, perciò, quando non vi sia stato tale previo consenso generale o speciale, può ognora il Governo rifiutare senza dare spiegazione un diplomatico incaricato di una determinata missione.

Titolo VII. ' Del diritto di rappresentanza 22!

Come il carattere di rappresentante dello Stato si stabilisca.

403. Il carattere pubblico di rappresentante dello Stato si stabilisce mediante la nomina di una o più persone in tale qualità da parte del Sovrano dello Stato, che le invia, e la notificazione ufficiale fatta ed accettata espressamente o tacitamente dal 6o» verno presso di cui l'agente diplomatico è inviato.

Accettazione dell'agente diplomatico nominato.

404. Uno Stato, il quale abbia acconsentito a mantenere le relazioni diplomatiche con un altro Stato, non può rifiutarsi di accettare l'agente diplomatico nominato, salvo il caso di rifiuto motivato da ragioni personali.

405. L'assenso preventivo, o Taggradimento della persona investita della qualità di agente diplomatico non può reputarsi necessario a stabilire il carattere dell'inviato. Può non ostante un Grovemo rifiutarsi di ricevere in qualità di Ministro uno, che sia cittadino dello Stato, o che per gravi ragioni personali, che do- vranno essere dichiarate, sia da reputarsi inadatto a mantenere i buoni rapporti fra i due Governi.

406. Il rifiuto di ricevere in qualità di agente diplomatica una determinata persona, toglie a questa il carattere pubblico^ che essa ha come tale secondo il Diritto internazionale. Tale atto può valere a mettere l'altro Governo in grado d'interrompere le relazioni diplomatiche, se esso reputi il rifiuto non giustificato, o se non voglia nominare altra persona in qualità di rappresentante dello Stato.

Siccome la finalità delle legazioni permanenti è quella di mantenere i buoni rapporti fra i due Governi, e questi non possono al certo essere man- tenuti da persone, che non siano gradite, e che non ispirino completa fiducia, cosi l'uso più generale, ò che ogni Governo prima di nominare la persona, che presso deiraltro vuole accreditare, faccia presentire chi abbia scelto, ed ot- tenga il gradimento del Governo. Questo si dice in linguaggio diplomatico aggréation, ma non si può reputare indispensabile e come condizione per

222 Libro L Delle persone Parte speciale

Tesercizio del diritto di legazione. Con viene non per tanto avvertire che, sic- come il reciproco consenso deve ognora reputarsi indispensabile in massima per istituire e mantenere le legazioni, cosi un Governo, anche quando abbia pre- viamente acconsentito, può revocare il suo consenso e rifiutarsi di ricevere un inviato a cagione di speciali condizioni. Si comprende poi che se tale rifiuto fosse arbitrario, ostinato e non giustificato, potrebbe alterare i buoni rapporti diplomatici e anche interromperli.

In massima bisogna ritenere che la nomina delFagente diplomatico è atto di sovranità, e che non può essere subordinata alla condizione del previo aggradimento.

Estemione dei poteri delVagente diplomatico.

407. Il mandato conferito all'agente diplomatico e l'esten- sione del potere, ch'esso ha come rappresentante dello Stato, dal quale è accreditato, sono determinati dalle credenziali o lettere credito. Tale mandato e tali poteri possono essere poi speci- ficati colle note ufficiali comunicate al Sovrano o al Governo in forma diplomatica in nome del proprio Governo.

408. Le istruzioni segrete, e non comunicate in forma diplo- matica, date dal Governo al proprio Ministro, non possono valere a modificare la delegazione dei poteri a lui conferiti, come risulti dalle credenziali e dalle note ufficialmente comunicate in vìa diplomatica.

409. L'agente diplomatico rappresenta legalmente e valida- mente ne' suoi atti lo Stato, dal quale fu accreditato, in tutto quello ch'egli fa dentro i limiti del potere generale a lui dato colle credenziali, e del potere speciale, dato con atto separato per nego- ziare e concludere un determinato affare, ostensibile e notificato.

Le obbligazioni assunte dall'agente diplomatico in nome dello Stato da esso rappresentato dentro i limiti della delegazione dei poteri ad esso conferiti e notificati obbligano lo Stato subordina- tamente alle regole stabilite innanzi.

410. Le formalità da osservarsi nella presentazione delle cre- denziali, nella notifica/ione delle note e degli atti diplomatici, saranno determinate secondo il cerimoniale e le regole del Diritto diplomatico.

Titolo Vii. ' Del diritto di rappresentanza ^23

Diritti degli agenti diplomatici.

411. L'agente diplomatico ha diritto alla inviolabilità per- sonale, ed alla completa indipendenza in tutto quello che esso faccia nella sua qualità di rappresentante dello Stato. Per tutti gli atti da esso fatti come tale, e finché debba reputarsi legal- mente investito dell'alto ufficio pubblico a lui conferito, egli può essere tenuto a risponderne personalmente rispetto soltanto al proprio Governo. In riguardo *poi dello Stato, presso cui fu accre- ditato, gli atti da lui fatti in nome del proprio Governo possono far nascere solo la responsabilità dello Stato, da cui fu inviato; la quale dovrà essere determinata e retta a norma delle regole, che devono governare la responsabilità degli Stati.

Applicando questa regola può essere ammessa ]*invìolabilità dei ministri stranieri, ma soltanto nelFesercizio delle loro pubbliche funzioni ed escludendo Timmunità e la completa esenzione dalle giurisdizioni territoriali per tutti gli atti deUa vita civile e per quelli da essi fatti nel campo dei rapporti pri- vati. Vedi per questo le regole 247-252.

412. La inviolabilità personale alla quale ha diritto il Ministro straniero deve valere tanto in tempo di pace quanto in quello di guerra. In tale eventualità però egli non potrà goderne, che durante quel ragionevole periodo di tempo che potrà occorrere per abban- donare la sua residenza e ritornare nel proprio Stato.

Privilegi e prerogative degli agenti diplomatici.

413. Dev'essere attribuito all'agente diplomatico il godimento di quei diritti privilegiati, che devono reputarsi secondo la con- suetudine internazionale richiesti per rendere completa la sua indi- pendenza. Tali sono:

a) l'esenzione dalla visita del suo bagaglio e di qualunque collo a lui diretto coi suggelli del proprio Governo;

b) il godere di tutte quelle speciali onorificenze e distinzioni che secondo gli usi ed il cerimoniale sono dovute ad esso avuto riguardo alla sua classe ed alla sua posizione gerarchica;

224 Libro L - Delle persone Parte spedale

c) Tesercizio del culto della propria religione, e la conseguente facoltà di avere una cappella e le persone per celebrarvi le fun- zioni religiose;

d) l'esenzione dal pagamento delle imposte personali dirette e di quelle sul capitale e dei prestiti forzati; dalle imposte di guerra, dagli oneri a cui sono tenuti specialmente i cittadini, come è l'obbligo dell'alloggio militare, l'imposta di famiglia o focatico e via dicendo;

e) la franchigia delle imposte doganali.

414. Incombe all'agente diplomatico il servirsi con dignità e in buona fede dei privilegi e delle franchigie, di cui può godere, e il non giovarsene sopratutto a scopo commerciale o per favo- rire i terzi.

415. Non potrà essere inibito agli agenti di dogana di fare con i dovuti riguardi le generali ispezioni alle merci dirette allo agente diplomatico, salvo però il caso che esso avesse formal- mento assicurato, che i colli non contenessero merci proibite o destinate ad usi commerciali, e salvo inoltre i colli controsegnati coi sigilli dello Stato, i quali non potrebbero mai ed in nessun caso essere soggetti alla visita doganale, ma dovranno bensì essere reputati inviolabili come la corrispondenza.

Tutti gli scrittori sono concordi neirammettere che i privilegi e le fran- chigie, dei quali può godere Tagente diplomatico, non possono essere deter* minati con regole uniformi e assolute come se fossero fondate sul Diritto comune internazionale. Essi riposano bensì sulla comitae gentium e devono essere governati o dalle convenzioni o dagli usi o dalla reciprocità. L'esen- zione dall'imposte sopratutto, e la franchigia doganale non trovano al certo un fondamento giuridico, anzi a rigore si potrebbe dire che, siccome Tagente diplomatico deve pagare le imposte sul consumo, cosi deve pagare quelle sulle mercanzie introdotte per i suoi bisogni personali. Gonf. Heffter, DroU internata, § 217. Pradisr-Fodéré, Cours de Droit diplom., pag. 45, tom. II. Calvo, Droit internat., 1529 e seg. Bluntschli, regole 242-223.

416. L'agente diplomatico, che abbia una missione perma- nente, ha il diritto di inalberare alla sua residenza ufficiale la bandiera dello Stato da lui rappresentato, o far conoscere me- diante uno stemma o una iscrizione affissavi, il carattere pubblico di rappresentante dello Stato estero.

TUolo VII. - DH diritto di rappresentanza ^^

417. Gli agenti diplomatici hanno il diritto di esercitare tutte le funzioni attribuite ad essi secondo la legge dello Stato rappre- sentato, salvo solo, quanto all'esercizio di certe determinate fun* zioni, il caso di espressa riserva, fatta dal Governo dello Stato ove la Legazione trovisi stabilita.

Questa regola ò fondata sul concetto, che quando uno Stato accetta pre viamente che un altro stabilisca una legazione, acconsente cosi implìcita- mente a che gli agenti diplomatici inviati esercitino rispetto ai nazionali tutte le attribuzioni secondo la legge dello Stato rappresentato. Così va detto della legalizzazione di documenti, del ricevimento di testamenti, di certi atti dello stato civile, compresa la celebrazione del matrimonio tra nazionali, pei quali atti, quando non sia stata fatta alcuna riserva nello stabilimento della legazione, o non venga fatta in prosieguo da parte del Governo, che ne ha sempre il diritto, deve ammettersi che Tagente diplomatico possa, senza consenso speciale del Governo presso cui è accreditato, esercitare tutte le fun- zioni rispetto ai cittadini del proprio Stato.

DelVestraterritorialità degli agenti diplomatici.

418. Non compete all'agente diplomatico il diritto dell' im- munità né quello della completa ed assoluta esenzione dalla giu- risdizione civile e penale del paese presso il quale è accreditato.

I rapporti di lui colle giurisdizioni territoriali devono essere determinati in conformità delle regole stabilite al titolo IV.

Gonfr. le regole 947-25S, 325-329 e 333-310.

419. L'agente diplomatico ha ognora il diritto di esigere, che, quando sia il caso di applicargli il Diritto comune, questo sia fatto con i dovuti riguardi per l'alta sua dignità e pel carat- tere che esso ha come rappresentante di Stato estero.

420. Incombe ai Governi l'agire in ogni caso rispetto ad

un Ministro pubblico straniero in maniera da salvare la dignità

dello Stato rappresentato.

In virtù delle due regole precedenti si deve ammettere, che, quando sia il caso di notificare atti o di eseguire sentenze o di compiere atti d'istruzione e di procedura nella casa abitata da un ministro straniero, o di assogget« tarlo personalmente al Diritto comune, come sarebbe il caso di ottenere da lui risposta ad un interrogatorio o una deposizione testimoniale , tali, atti, quando possano essere fatti, devono essere sempre compiuti con tutti i ri* guardi dovuti per Talta dignità, di cui il rappresentante di Stato straniero è

15 FioHB, Dir. intern. eodif.

226 Libro L Delle persane Parte speciale

rivestito. Occorreranno quindi secondo le circostanze i buoni uffici per pro- cedere a qual si sia atto nella casa del ministro, salvo le misure di vigilanza pel regolare corso della giustizia. Doyrà pure ammettersi, che l'agente diplo- matico non debba essere tenuto a comparire personalmente dinanzi al Tribunale per rispondere airinterrogatorio, e per fare testimonianza, ma che il giudice delegato possa compiere tali atti al domicilio del medesimo, fissando previa- mente il modo più conveniente per farlo. Quando poi sia il caso di dover proce- dere contro lui, il previo avviso al Governo da lui rappresentato, deve reputarsi indispensabile a tutelare la dignità del medesimo, mettendolo in grado di provvedere secondo le circostanze col togliere il carattere di rappresentante dello Stato, a colui che colla sua condotta se ne fosse reso indegno, e ren- dendo cosi meno difficoltoso l'espletare gli atti di procedimento.

Offese contro i Minisiri stranieri.

421. L'attentato ad un rappresentante di Stato estero nella sua qualità come tale, dovrà essere reputato violazione del Diritto intemazionale. Esso potrà secondo i casi implicare la responsa- bilità del Governo, ed essere qualificato come fatto, che abbia violato il Diritto comune della società internazionale (cow/r. reg, 324 e 429), 0 come una violazione dei diritti dello Stato rappresentato.

422. L'offesa al Ministro straniero da parte di privati non potrà costituire rispetto ad essi il reato qualificato, se non quando gli autori deir offesa avessero conosciuto o non avessero potuto ignorare la qualità della persona.

423. La responsabilità diretta del Governo a cagione della offesa patita dal Ministro straniero dovrà ammettersi, quando la offesa sia stata arrecata da un funzionario incaricato di mante* nere le relazioni diplomatiche, dato che colla maggiore solleci- tudine il Capo del Governo non abbia disconosciuto l'operato del medesimo.

424. Nel caso di offesa arrecata all'agente diplomatico da un funzionario subalterno dello Stato, se il Governo avuta notizia del fatto non avesse voluto dare la dovuta necessaria riparazione, ne assumerebbe esso la responsabilità.

426. Vi sarà responsabilità del Governo nel caso di offesa da parte di privati, qualora esso non abbia adoperato ogni cura per scovrirne gli autori e punirli: o se non abbia presi gii oppor-

Titolo VII - Del diritto di rappresentanza 227

tani proTvedimenti per impedire che l'offesa fosse arrecata come le dreostanze lo facevano presumere : se non abbia impedito che fosse consumata: se non abbia fatto per parte sua tutto quello, che nei limiti stabiliti dalla costituzione dello Stato e dalle leggi in vigore poteva essere fatto per prevenire l'attentato.

426. La responsabilità del Governo dovrà essere in ogni caso attenuata di molto, quando l'offesa ricevuta da un agente diplo- matico straniero sia dipesa da imprudenza da parte di lui, e più ancora quando sia stata motivata da atti equivalenti ad una vera provocazione.

Le leggi dei di?ersi Stati provvedono in vario modo per punire le offese fatte ai ministri stranieri. In Inghilterra trovasi una legge speciale a tale rignardo: *An ad far presermng the privileges of ambassador and other public minister of foreign princes and States , (Statuto di Anna, VII, cap. XII).

In altri paesi si trovano disposizioni speciali nel Codice penale : in altri si applica il Diritto comune per la punizione dei reati qualificati contro gli uf- ficiali pubblici. Pradier-Fodéró opina che in caso offesa di un ambascia- tore di Stato straniero siano applicabili gli articoli 84, 85 del Cod. penale francese, che puniscono gli atti ostili che abbiano esposto lo Stato ad una dichiarazione di guerra (Courè de DroU diplomatique^ tom. Il, pag. 13).

Vedi Fiore, voce " Agènti diplomatici , nel Digesto italiano n. 86 e seg., ove sono riportate le leggi dei diversi paesi a tale riguardo.

427. Le offese personali fatte al Ministro straniero, le quali per la natura dei fatti, che l'abbiano motivate, si debbano presu- mere interamente estranee al suo ufficio, non potranno dar luogo a reclami diplomatici, tranne che per ottenere le dovute spiegazioni.

Inviolabilità della corrispondenza.

428. Spetta all'agente diplomatico il diritto di mantenere libera corrispondenza col proprio Governo, sia coi mezzi ordinarli sia per mezzo dei corrieri destinati a portare dispacci. La corri- spondenza così mantenuta sarà reputata inviolabile, e anche quando vengano a rompersi le relazioni diplomatiche ed a cessare lo stato di pace sarà inviolabile la corrispondenza durante quel periodo di tempo ragionevole che dovrà essere ognora accordato all'a- gente diplomatico per abbandonare il luogo di sua residenza.

228 Libro L Delle persone Parte speciale

429. La violazione dei segreti di Stato e della corrispondenza ufficiale degli agenti diplomatici col proprio Governo dovrà essere riguardata come una violazione del Diritto internazionale ed anche quando avvenga pel fatto dei terzi Stati.

Per la responsabilità diretta o indiretta del Governo in conse- guenza di tale grave attentato dovranno essere applicate le stesse regole che per le offese fatte all'agente diplomatico.

Vedi regole 421 e seg.

Esercizio del diritto di Legazione a riguardo dei terzi Stati.

430. Il carattere pubblico di agente diplomatico non potrà ritenersi stabilito a riguardo dei terzi Stati, che non abbiano pre- viamente acconsentito a riconoscere un Ministro straniero nella sua qualità come tale.

431. Incombe ognora agli Stati, che intendono mantenere buone relazioni, il trattare gl'inviati diplomatici di altri Governi, che attraversino il territorio per recarsi al luogo di loro destina- zione, e che con documenti ufficiali degni di fede stabiliscano la loro qualità di rappresentanti dello Stato, con tutti quei riguardi e considerazioni dovuti per l'alta dignità di cui sono rivestiti.

432. Gli agenti diplomatici, i quali con documenti ufficiali idonei a far riconoscere la loro qualità stabiliscano il carattere pubblico, di cui sono investiti, devono esser reputati sotto la pro- tezione del Diritto internazionale, e possono esigere anche nei terzi Stati il rispetto dovuto ad essi per la loro qualità di rap- presentanti dello Stato, ed il godimento di quei diritti, che devono reputarsi indispensabili per l'adempimento della loro missione.

433. Nessun Governo può porre ostacoli alla libertà del com- mercio diplomatico dei terzi Stati o ritenersi autorizzato, a fine di tutelare i propri interessi, a turbarlo o renderlo difficile; esso può soltanto prendere gli opportuni provvedimenti per tutelare la sicurezza e la difesa dello Stato.

In virtù di questa regola si deve ammettere, che non si può impedire asso- lutamente ad un agente diplomatico :iU-dniero di attraversare il territorio per

Titolo VII, - Del dùcuto di rappresentanza

229

recarsi al luogo di destinazione o ritornarvi, e che le violenze contro la sua persona devono in ogni caso essere reputate come un fatto commesso in vio* lazione del Diritto intemazionale. Può però un Governo, quando le necessità della sicnrezza lo esigano, prendere tutte le precauzioni per tutelare gli inte- ressi dello Stato. Cosi pnò imporre alPagente diplomatico di non soggiornare, o tracciargli preventivamente il cammino per attraversare lo Stato, e via dicendo.

Diritto delle persone addette alla Legazione.

434. Le persone addette alla Legazione, le quali esercitano pubbliche funzioni secondo la legge dello Stato rappresentato, e che siano state in tale qualità ufficialmente riconosciute dal Go- verno, presso cui la Legazione è stabilita, devono godere i diritti e le prerogative degli agenti diplomatici neiradempimento delle loro funzioni che sono indispensabili per l'esercizio del diritto di Legazione da parte dello Stato rappresentato.

435. I funzionari temporaneamente addetti alla Legazione, quando la loro posizione ufficiale come tali sia stata notificata al Mi- nistro degli esteri dello Stato ove la Legazione è stabilita, e siano state al medesimo notificate altresì le incombenze ad essi affidate, dovranno essere considerati come parte integrante della Legazione, e godranno, per quanto concerne l'adempimento delle funzioni ad essi affidate, i diritti e le prerogative di cui secondo il Diritto inter« nazionale devono godere coloro, che fanno atti in nome dello Stato.

436. Un funzionario addetto alla Legazione, il quale in caso di morte o di assenza del Ministro straniero sia incaricato di rappresentarlo, avrà il carattere di un Ministro temporaneo e godrà durante tale tempo tutti i poteri, i diritti e le prerogative del- l'agente diplomatico principale da esso rappresentato.

437. Le persone componenti la famiglia del Ministro non godranno altri diritti ed altre prerogative tranne quelle dovute secondo le convenienze ed il cerimoniale diplomatico ad esse in considerazione dell'alta dignità di cui è rivestito il Ministro come capo della famiglia. A tali persone non potranno competere ì diritti e le prerogative, che secondo il Diritto internazionale spet- tano a coloro che rappresentano lo Stato.

230

Libro L ' DelU persone Fai^ speciale

Siccome tutti i diritti e tutte le prerogative che spettano secondo il Dirìtto intemazionale ai ministri stranieri, trovano il loro fondamento sul concetto che essi rappresentano nei loro atti lo Stato e che Tindipendenza delle sovra* nità osta a che Tnna eserciti giurisdizione secondo il Diritto cornane sugli atti che Taltra faccia o direttamente o per mezzo di suo mandatario, così da questo ne consegue che lo stesso diritto deve essere attrihuito alle persone addette alla Legazione, in quello che esse facciano atti o esercitino pubbliche funzioni per delegazione della sovranità dello Stato rappresentato.

La moglie del Ministro straniero non può a rigore partecipare ai diritti ed alle immunità che a lui competono; però ale! spetta il diritto di partecipare alla dignità ed al rispetto dovuto al marito, e non si può mettere in dubbio che rindipendenza di cui egli deve godere ed il rispetto eccezionale a cui ha diritto in ogni caso, per Talta dignità di cui è rivestito, debbano estendersi più ehe ad ogni altra persona alla moglie ed alla famiglia.

Vedi Martens, Guide diplomatique, tom. I, p. 79.

438. ^ Le persone addette al servizio di un ministro o di un ambasciatore straniero non possono godere alcun privilegio, ma devono bensì rimanere sommesse alle giurisdizioni ordinarie anche pei fatti da esse commessi nell'esercizio delle loro incombenze.

Le autorità locali però devono agire ognora con riserva e con prudenza pel rispetto dovuto all'agente diplomatico ed agli ob- blighi imperiosi di cortesia da parte del Governo presso cui esso è accreditato.

In ogni questione che concerne gli agenti diplomatici e le persone del loro seguito conviene distinguere sempre quello che può ritenersi fondato sugli stretti prìncipii del Diritto e quello che può essere suggerito dal tatto e dalla prudenza politica. Riesce facile comprendere che per mantenere i buoni rap- porti col Governo rappresentato conviene agire con molto tatto, anche quando si tratti, a modo d*esempio, di applicare i regolamenti di polizia al cocchiere di un ministro straniero, che li abbia violati. Piuttosto che ispirarsi al rigorosi prìncipii del Diritto, conviene tener presenti le regole di cortesia da parte del Governo presso cui il ministro straniero è accreditato.

Confronti la sentenza della Cassazione francese dellll giugno 1852, Journal du Palaia, 1852, tom. II, pag. 57.

Vedi pure il caso del cocchiere deirambasciatore francese a Berlino nel 1688 in Calvo, Droit internat,, tom. VI, § 315.

Ricmimento degli agenti diplomatici^ precedenza, visite ufficialù

439. Tutto quello, che concerne le formalità da osservarsi nel ricevimento degli agenti diplomatici, nella presentazione delle

Titolo VII. Del diritto di rappresentanza 231

credenzìaK, e simili sarà determinalo dal Diritto diplomatico e dal eerìmoDialeY e non dovrà essere compreso tra i diritti e prero- gative spettanti ai Ministri in virtù del carattere rappresentanti dello Stato.

L'.ag^te diplomatico potrà però esigere, che le regole stabilite secondo il Diritto diplomatico, il cerimoniale, e gli usi, siano osservati, e domandare ed ottenere una spiegazione in caso di inosservanza, a fine di eliminare qual si sia intenzione che il Go- verno abbia volato arrecare offesa allo Stato da lui rappresentato.

Le regole del cerimoniale diplomatico non possono formar parte questa trattazione.

Sospensione della missione e dei poteri di un agente diplomatico.

440. La missione diplomatica deve ritenersi sospesa:

a) in caso di morte, di deposizione o abdicazione del capo dello Stato, da cui il Ministro fu accreditato, fino a tanto che questi non sia stato ufficialmente incaricato dal successore al trono di fare la notificazione dell'avvenuto mutamento;

h) quando nell'uno e nell'altro Stato in seguito ad una rivo- luzione od altrimenti venga ad essere mutata la costituzione poli- tica o avvengano fatti tanto importanti, che di per stessi e per la natura delle cose debbano essere reputati tali da modi- ficare l'indirizzo politico del Governo nell'uno o nell'altro paese ;

e) per cause personali, quando cioè l'agente diplomatico sia di fatto impedito di adempiere le incombenze ad esso affidate ;

d) colla rinunzia da parte dell'agente diplomatico, fino a tanto che questa non sia stata accettata.

Il fondamento di questa regola riposa snl concetto, che quantunque la per- sonalità dello Stato non Tenga a subire una sostanziale modificazione quando muti il Capo di esso, o quando sia modificata la forma del governo, pure sic- come certi avvenimenti importanti possono modificare Tindirizzo politico e le conseguenti relazioni fra i Governi dei due paesi, cosi occorre che i negoziati in corso siano sospesi, fino a tanto che il nuovo ordine di cose non sia sta- bilito, e Vagente diplomatico non abbia o direttamente ojndirettamente la riconferma della sua posizione ufficiale.

232 Libro L - DéUé persone ~ Parte speciale

441. ^ In qualunque maniera debba ritenersi sospesa la mis- sione diplomatica, questo non fa cessare ipso facto nell'agente diplomatico il carattere di rappresentante dello Stato, ed il con« seguente godimento dei diritti e delle prerogative che, secondo il Diritto internazionale, spettano a lui come tale.

Cessazione dei poteri delVagente diplomatico.

442. La missione diplomatica cessa, e finiscono i poteri che in virtù di essa sono attribuiti:

a) quando l'agente diplomatico sia stato inviato per un affare speciale e questo sìa stato compiuto;

b) quando esso sia richiamato dal proprio Governo, o rin- viato da quello presso cui era accreditato ;

e) colla rinunzia espressa da parte di lui, accettata ufficial- mente dal proprio Governo e notificata a quello presso cui era accreditato ;

d) quando l'agente diplomatico, essendosi reso colpevole di un crimine, pel quale debba ammettersi la soggezione alla giu- risdizione penale territoriale, si trovi in arresto nel territorio dello Stato presso cui fu accreditato ;

e) in conseguenza della guerra dichiarata fra i due Stati.

443. Sia nel caso che il ministro straniero venga rinviato dal Governo, sia in quello della guerra dichiarata fra i due Stati o di altro avvenimento, che renda impossibile di continuare a mantenere le relazioni diplomatiche, dovrà essere sempre accor- dato al ministro un tempo sufficiente e ragionevole onde trasfe- rirsi nel proprio paese e far salve le prerogative d'inviolabilità e di sicurezza personale ad esso spettanti.

Usurpazione delle funzioni diplomatiche.

444. Chiunque assumesse la missione di rappresentare uffi- cialmente uno Stato ne' suoi rapporti con altri Stati senza avere

TUdo rn. - Da diruto di rappresentanza 233

legaìmente tale qualità, sarà reputato colpevole di reato contro il Diritto intemazionale e potrà essere punito, oltre che nel proprio paese, altresì in quello ove esso avesse usurpata la qualità d'agente diplomatico.

Consoli.

445. T consoli non hanno vera e propria qualità di rap- presentare Io Stato nelle sue relazioni politico-internazionali, e non fanno parte degli agenti diplomatici. Essi devono però essere reputati rivestiti di carattere pubblico, e considerati quali man- datari ufficiali del Governo da cui sono nominati, nell'adempiere la loro missione e nell'esercizio delle attribuzioni che ad essi spet- tano secondo il Diritto internazionale.

Qualora però sia delegato ad essi anche l'esercizio delle fun- zioni diplomatiche, devono rimanere sommessi alle regole che concernono gli agenti diplomatici per le funzioni da essi eserci- tate in forza della delegazione e soltanto dentro i limiti fìssati dalla delegazione stessa.

446. Incombe ad ogni Stato, che abbia ufficialmente rice- vuto un console nominato da Governo straniero, il ritenere che esso debba essere reputato sotto la protezione del Diritto interna- zionale per tutto quello che concerne i diritti e le prerogative spettanti ai consoli secondo il Diritto comune, e per l'esercizio attuale di tutte le funzioni ad esso attribuite in forza delle con- venzioni speciali concluse con lo Stato che lo abbia nominato.

Qaantniique i consoli non possano reputarsi investiti di carattere rappre* sentativo, 6 non possano quindi avere il godimento dei diritti e delle prero* gative spettanti agli agenti diplomatici, pur non di meno, siccome non si può dubitare che essi debbano reputarsi rivestiti di carattere pubblico, così conviene ammettere che quei diritti e quei vantaggi, che possono ritenersi inerenti al carattere pubblico, debbano reputarsi spettanti al console in forza del Diritto comune intemazionale. Deve poi ammettersi che essi possono godere inoltre i diritti e le prerogative concordati in forza delle speciali convenzioni concluse fra i due Stati, e che possono esercitare le finzioni spettanti ad essi a seconda dellQ convenzioni stesse, ed anche per il godimento dei diritti e per Tesercizio delle funzioni secondo la convenzione consolare, essi devono essere reputati sotto la protezione del Diritto intemazionale, vale^ dire del Diritto interna-

234 lÀbro L - Dèlie persone tane aptciuie

sionale particolare stabilito fra i due Stati in forza dei trattato o della con Yenzione consolare. Vedi Bonfils, Droit itUernationalj §§ 733 e seg.

Prerogative dei consoli secondo il Diritto comune.

447. I diritti e le prerogative spettanti ai consoli secondo il Diritto comune, potranno essere attribuiti soltanto ai consoli inviati {consules mi88i\ a quelli cioè che siano cittadini dello Stato il quale li abbia nominati espressamente per esercitare le funzioni consolari e con divieto di esercitare il commercio o l'industria.

448. I consoli inviati, siano essi consoli generali, consoli, o vice-consoli, ogni qual volta che siano ammessi e riconosciuti nella loro qualità come tali, secondo le regole e le formalità sta- bilite nel paese, ove devono esercitare il loro ufficio, non saranno personalmente responsabili degli atti da essi fatti e compiuti quali mandatari ufficiali del Governo da cui sono nominati, e dentro i limiti delle attribuzioni ad essi spettanti in forza del mandato ufficiale, ed in quanto sono come tali rivestiti del carattere di funzionari pubblici.

Per gli alti da essi compiuti nella loro qualità ufficiale e dentro i limiti della loro competenza sarà tenuto a risponderne il Governo che li abbia nominati.

Confronti per quello che concerne la sommissione del console alle giurisdi- zioni ordinarie le regole 253-256, e per la responsabilità civile o intemazionale dello Stato straniero le regole 259-267.

449. I consoli devono essere completamente tutelati nello esercizio delle loro funzioni, e non possono essere arrestati o dete- nuti tranne che per reati colpiti da pena grave. Essi non possono essere costretti a comparire cotne testimoni dinanzi ai tribunali locali, a comparire personalmente per l'istruzione di un pro- cesso penale, ma le loro dichiarazioni dovranno essere richieste o in iscritto, o recandosi al loro domicilio.

450. Incombe in ogni caso alle autorità locali il procedere rispetto ad un console straniero coi riguardi a lui dovuti in conside- razione del carattere pubblico di cui è rivestito, e quando sia il caso

lìtolo VII. Del diriUo di rappruentanta 235

di doverlo assoggettare ai procedimenti penali per reati gravi da lui commessi, rinformarne il Governo del paese a cui il console appar- tiene, e possibilmente sospendere il procedimento fino a tanto che il Governo non abbia sollecitamente provveduto.

Le regole proposte mirano a tutelare Tesercizio delle funzioni consolari ed a prevenire i danni eventuali che ne potrebbero conseguire se i consoli fossero impediti o ritardati neiresercitarle. Nella maggior parte delle convenzioni con- solari si trova per questo stabilito in massima che i consoli inviati non possono essere arrestati se non quando si tratti di reaU che la legislazione locale qualifica crimini e punisce come tali. Si trova inoltre stabilito che i consoli non possono essere forzati a comparire come testimoni davanti al tribunale del paese in cui risiedono. Vedi Convenzione consolare tra Fltalia e gli Stati Uniti 8 feb- braio 186S,art Sei-; coli* Austria-Ungheria del 16 maggio 1874, art. 4 e 5; tra gli SUti Uniti e il Belgio del 5 dicembre 1868; Italia e Francia S6 lu^io 1862, articoli S e 3.

45L In ogni caso, in cui la comparizione personale dinanzi ai tribunali locali sia indispensabile, il console non potrà rifiu- tarsi, ma incombe alle autorità locali l'invitarlo a comparire, ser- bando ogni possibile riguardo alla dignità di lui ed ai doveri della sua carica.

452. Spetta ai consoli il diritto di essere esenti dagli oneri municipali o fiscali imposti ai cittadini o agli stranieri domiciliati. Essi godranno quindi l'esenzione dall'alloggio militare, dal servizio nella milizia e da ogni servizio pubblico di carattere municipale. Saranno parimente esenti dall'obbligo di pagare le contribuzioni militari e le contribuzioni dirette pei'sonali, mobiliari, o suntuarie, imposte dallo Stato, dalla Provincia, o dal Comune, salvo però che non possedessero beni immobili, o che non esercitassero una professione.

453. I consoli potranno collocare sopra la porta esterna del loro ufficio o abitazione lo stemma delio Stato a cui appar- tengono, con l'iscrizione: Consolato.

Potranno inoltre inalberare la bandiera del loro paese sulla loro abitazione od uffizio, quando non risiedano nella capitale ove si trovi la legazione del loro paese.

Per la in?iolabilità degli uffici consolari confronti le regole 330-333.

236 Libro L - DélU versone Parte soeeicdé

Degli agenti consolari.

454. Gli agenti consolari, siano essi cittadini dello Stato da cui sono nominati, o di quello ove esercitano le loro funzioni, non godranno gli stessi diritti dei consoli della prima categoria.

Essi però, negli atti che compiono nell'esercizio della loro carica, in base alla commissione avuta dal Governo straniero dentro i limiti della loro speciale competenza, non sono responsabili per- sonalmente.

455. Gli agenti consolari potranno collocare sopra la porta esterna del loro ufficio od abitazione lo stemma dello Stato stra- niero, coiriscrizione : Agenzia consolare.

Secondo la legge italiana il personale dei consolati è diviso in dne categorìe, quelli cioè che non possono esercitare il commercio e che devono essere cit- tadini italiani, e quelli della seconda categoria che possono esercitare il com- mercio ed essere stranieri. Questi sono denominati vice-consoli o agenti consolari.

Attribuzione dei consoli secondo il Diritto convenzionale.

456. Le funzioni dei consoli, le loro attribuzioni, ì loro diritti ed i loro doveri, secondo il Diritto convenzionale, devono essere determinati a seconda della convenzione conclusa tra lo Stato a cui il console appartenga e quello in cui egli eserciti il suo ufficio.

457. Il console non può legalmente esercitare nessuna fun- zione rispetto ai nazionali, se non quando egli ne abbia la com- petenza speciale in forza delle leggi e dei regolamenti dello Stato che lo abbia nominato.

Esso però non potrà effettivamente esercitare ogni funzione a lui attribuita secondo la sua legge nazionale, se non quando l'eser- cizio debba reputarsi consentito in forza del trattato concluso tra i due Stati.

Titolo VII, ' Del diritto di rappresentanza i237

Conviene considerare ogni attribuzione del console sotto nn duplice punto di TÌsta: fronte cioè alla legge dello Stalo cui esso appartiene e di fronte a quella del paese ove il console trovasi stabilito. Sotto il primo punto di vista il console è un ufficiale pubblico, e ogni forma della sua competenza come tale deve essere fondata sulla legge completata dai regolamenti e dalle istruzioni ministeriali. Non può per altro reputarsi sufficiente che la legge nazio- nale conferisca al console una data attribuzione per dedurne che egli possa esercitarla nel paese ove si trovi ufficialmente stabilito. Bisogna invece sotto tale rispetto tener conto della legge territoriale e del trattato. Nessuna delle attribuzioni spettanti al console secondo la sua legge nazionale può essere esercitata, quando vi osti la legge territoriale : ed è per questo che Tesercizio effettivo delle attribuzioni consolari deve essere determinato in base alla con- venzione consolare ed al rispetto della legge territoriale.

Vedi per le attribuzioni dei consoli, come protettore legale dei nazionali, le regole stabilite al Titolo Vili.

468. L'esercizio della giurisdizione contenziosa in materia civile e delia giurisdizione penale può essere attribuito al consoli nei paesi incivili, dato che tale potere possa ritenersi fondato sui tratte J^ o sulle capitolazioni in vigore conclusi tra Io Stato stra- niero in nome di cui la giurisdizione sia esercitata, e quello ove i tribunali consolari trovlnsi istituiti.

Per Fesereizio della giurisdizione nei paesi ove sono in vigore le capitola* zioni confronti le regole 345-349.

Vedi pure: Gontuzzi, La istituzione dei consolati ed il Diritto internazio- nale europeo neUa sua applieabilUà in Oriente, Napoli 1885; Fsraud Giraud, De la Juridietion frangaise dans les échelles du Levante Farìs 1866; Lawrence, Études sur la juridietion consulaire en ^uys chréliens et en pays non chré- tiens, Leipzig 1880.

238

Libro L - Delle persone Parte speeiak

TITOLO Vili.

Della protezione dei cittadini.

469. Spetta alla sovranità di ciascuno Stato il diritto di pro- teggere e difendere i cittadini residenti all'estero con ogni mezzo che debba reputarsi lecito secondo il Diritto internazionale, e d'impedire qualsisia procedimento arbitrario a riguardo dei mede- simi, ed in caso di lesione tutelare i loro diritti nel legale eser- cizio delle azioni da essi intentate per ottenere la riparazione di ogni danno e di qualsisia ingiustizia patita, e di esìgere, secondo le circostanze, le opportune garanzie adatte a prevenire i proce- dimenti arbitrari nell'avvenire.

460. Il diritto di proteggere i cittadini all'estero deve essere esercitato principalmente dal sovrano dello Stato, e dagli agenti diplomatici, ai quali è attribuita la rappresentanza legale del me- desimo, e può essere esercitata dai consoli nei paesi, ove essi trovansi stabiliti, e dentro i limiti fissati dalla convenzione con- solare^ che determini le attribuzioni dei consoli nei territori rispettivi.

Le regole enunciate mirano a stabilire il principio della tutela giuridica dei diritti dell'uomo nella società internazionale. Anche nell'ipotesi che tali diritti non siano riconosciuti mediante trattati devono reputarsi ognora sotto la tutela giuridica della sovranità dello Stato, di cui Tuomo è cittadino, la quale non ha soltanto il diritto, ma bensì il dovere di proteggere i cittadini dimoranti all'estero , e di domandare che siano ad essi applicate le leggi, che devono tutelare la persona umana ed i suoi diritti. Avviene più frequentemente che l'obbligo reciproco di rispettare i diritti della personalità umana, che trovansi determinati in seguito al titolo X, sia riconosciuto a reciprocità mediante trat- tato, ma non deve immaginare che l'obbligo di rispettare tali diritti non sussista del tutto quando manchi il trattato, e che le arbitrarie lesioni da parte della sovranità del paese dei diritti personali del cittadino residente aiKestero escludano il diritto della sovranità di difendere ed appoggiare i giusti reclami dei cittadini quando manchi il trattalo.

Titoh Vili ' Della pr<^4ziane dei cittadini 239

Giusti limiti della protezione.

461. Incombe ai Crovemi il non esagerare razione diplo- matica vòlta al giusto fine proteggere i cittadini, in modo da convertirla da una questione privata in una questione nazionale, eccetto che pel £atto e per le circostanze sia implicata nel caso particolare la dignità dello Stato.

462. -— Sarà reputata illecita ed ingiustificabile la protezione, quando sia ordinata allo scopo di ottenere ai cittadini residenti all'estero una posizione privilegiata;

quando sia esercitata colFìntendimento di sostituire Fazione diplomatica a quella delle giurisdizioni territoriali;

quando sia esagerata in maniera da equivalere ad una tal quale pressione da parte del Governo di uno Stato forte e potente per ottenere indebiti vantaggi ai cittadini o l'esenzione dall'adempi- mento degli obblighi legalmente derivanti dalla legge territoriale.

Le regole enunciate mirano ad escludere la indebita protezione da parte dei Governi più forti, i quali talvolta hanno preteso di ottenere dai Governi più deboli, che i cittadini stabiliti alPestero per ragioni commerciali o per esercitarvi l'industria non fossero assoggettati alle le|^ locali, o che potessero ottenere in via amministrativa la tutela dei loro diritti, non ostante che non fossero mancati i mezzi legali per ottenerla mediante le azioni giudiziarie.

Fra i vari casi di protezione indebita, vedi quello di Mac Donald riportato da Calvo, Droit inUrnat., 4' ed., § 1279. Gonfr. Fiori, Dir. intern. pubblico, 3* ediz., voL i, pag. 412 e seg.

463. Il diritto di protezione spettante alla sovranità di cia- scuno Stato si potrà esercitare anche a riguardo dei naturalizzati, purché però non miri a proteggerli contro Io Stato di cui origi- nariamente erano cittadini, a fine di sottrarli dall'adempimento degli obblighi che devono reputarsi sussistenti non ostante l'espa- triazione.

La proposta regola mira ad escludere la protezione di un naturalizzato eontro il suo paese di origine, nel caso che egli fosse tenuto ad adempiere certi obblighi non soddisfatti prima delFespatriazione, come ò ad esempio quello del servizio militare. Nel caso di Meyer cittadino prussiano naturalizzato in America, e che ritornato in Prussia fti costretto al servizio militare, i giusti

240 Libro L - Delle per$one Farle speciale

principii a tale riguardo trovansi stabiliti nella nota del barone Manheufiel ministro degli Slati Uniti al sig. Fay del 22 ottobre 1851 * Quando una persona ottiene la naturalizzazione in un paese straniero, il

* Governo di questo paese non può mai -ammettere che con tale atto essa sia " liberata dalle obbligazioni, alle quali era tenuta prima della sua natnralìz- " zazione. Io aggiungo , che in tutti i casi simili a quello del Meyer non si

* tratta pel Governo prussiano di prendere un cittadino americano per incor* " porarlo airarmata, ma di mantenere il rispetto dovuto alla legge e di assi-

* curarne Tesecuzione. £ se il Governo di S. M. si propone di fare eseguire ** la legge contro un prussiano sul territorio prussiano , io desidero persua* ** dermi, che il Governo degli Stati Uniti ha troppo rispetto per la sua dignità

* per volersi opporre , (Gongress Documents, 1852, n. 38).

Protezione esercitata per mezzo dei consoli.

464. Incombe ai consoli dello Stato, che li abbia a tale ufficio deputati, il proteggere grinteressi privati dei cittadini di lui e specialmente quelli nascenti dall'esercizio del commercio.

465. Lo stabilimento dei consolati nelle città rispettive deve dipendere dal libero accordo degli Stati espresso mediante con- venzione stipulata. Deve però reputarsi in opposizione con i buoni rapporti internazionali il rifiuto arbitrario di stabilire ì con-^ solati nei paesi nei quali sia importante l'esercizio del commercio tra i cittadini dei due Stati.

Quantunque lo stabilimento dei consolati debba reputarsi nella sfera della libertà reciproca delle sovranità, pur non di meno considerando che là, ove le relazioni commerciali siano di fatto importanti, Tinteresse reciproco degli Stati, che intendono mantenere i loro buoni rapporti, esige di favorire le isti* tuzioni adatte allo sviluppo del commercio ed alla tutela degrinteressì pub- blici e privati che ne derivano, si può con ragione ritenere il rifiuto arbitrario di stabilire i consolati come un'attitudine non al certo benevola pel mante- nimento dei buoni rapporti internazionali, e potrebbe essere pure considerato offensivo da parte dello Stato, che per proteggere gl'interessi dei cittadini intenda stabilire i consolati.

466. Un console non potrà esercitare le funzioni che a lui spettano nel paese ove il consolato sia stabilito se non dal momento in cui il suo carattere pubblico sia stato riconosciuto ufficialmente mediante un atto del Governo di detto paese.

Si denomina comunemente exequatur Tatto col quale il Governo ufficial- mente Fordine alle autorità locali o provinciali di riconoscere il console straniero nella sua qualità come tale, ed esso deve reputarsi indibpensabiie a stabilire le relazioni ufficiali tra il console e le dette autorità.

Titolo rni. ' DtOd protezione dei. cittadini 241

Attrihuziani del consoli.

467. Le attribuzioni spettanti ai consoli neiresercizio delle loro funzioni come tali devono reputarsi essere quelle che si tro- vano per reciproco accordo determinate tra i due Stati nella convenzione relativa allo stabilimento dei consolati.

468. Indipendentemente dai patti stipulati nella convenzione consolare deve ritenersi insito nel carattere, che i consoli hanno quali protettori dei cittadini dello Stato, da cui sono istituiti, il diritto di esercitare riguardo ad essi tutte le attribuzioni in via amministrativa, o di giurisdizione volontaria in conformità della loro legge nazionale, quando non vi sia espressa disposizione con- traria secondo la legge territoriale.

Quando i eonsolati siano istituiti in forza di convenzione stipulata fra due Stati, bisogna ritenere in massima, che la sovranità, la quale concede Vexe» quatur^ viene con ciò a riconoscere, che il console straniero, rispetto ai cit- tadini dello Stato, che lo abbia nominato, possa esercitare tutte le attribuzioni che a lui spettano riguardo ad essi, a seconda della legge dello Stato stra- niero. CSonseguentemente, quando nella convenzione relativa non sia stata fatta alcuna riserva, o quando non sMncontri Tostacolo d*una disposizione della legge territoriale, che limiti Tesercizio di qualche attribuzione da parte dei consoli, deve ritenersi in massima, che essi siano autorizzati ad esercitare le loro attribuzioni rispetto ai cittadini dello Stato straniero secondo la legge nazionale, salvo sempre Tosservanza della legge territoriale nei loro rapporti colle autorità locali. Così va detto, a modo d^esempio, del diritto celebrare i matrimoni tra i nazionali nell^ufficio consolare; del diritto di esigere ed otte- nere le dichiarazioni del capitano di una nave mercantile nazionale; di rego« lare le vertenze sopravvenute durante la navigazione tra lui e le persone deirequipaggio, e via dicendo. Anche quando nella convenzione consolare non fosse stato espressamente provveduto, non potrebbe escludere il diritto del console di esercitare le dette attribuzioni e le altre somiglianti.

469. I consoli devono ritenersi ognora autorizzati a rap- presentare nei paesi stranieri i diritti dei loro nazionali assenti o incapaci di esercitare da i loro diritti e non legalmente rappresentati, e di prendere tutti i provvedimenti, che secondo i casi potessero essere necessari o utili per tutelare ogni diritto ed ogni interesse dei medesimi.

Essi non potranno a tal line fare alcun atto d'imperio e di

16 Fiore, Dir. intera, codif.

242 Libro f. Delle peraoììe Parte spretale

giurisdizione, quando non siano a ciò autorizzati dalla conven- zione consolare, ma potranno ognora fare presso le autorità locali o presso il Governo del paese i passi opportuni per la tutela e la conservazione dei diritti compromessi, e le istanze, le proteste e gli atti conservativi di qualsisia natura, che possano stimare opportuni per proteggere gì' interessi degli assenti o degFinca- paci legalmente non rappresentati.

470. I consoli non potranno in caso di morte di un nazio- nale apporre i sigilli sui beni del defunto esistenti nel paese ove trovinsi stabiliti, se non siano a ciò autorizzati dalla convenzione consolare, ma potranno richiedere ufficialmente alle autorità locali di provvedere alla tutela e alla conservazione dei beni ereditari e dei diritti successorii: potranno assistere a tutte le operazioni per procedere all'apposizione e levata dei sigilli, alla formaziore dell'inventario, alla sottoscrizione dei processi verbali, alla ven- dita degli oggetti mobili della successione che potessero dete- riorarsi : potranno a tal fine richiedere che le autorità locali diano loro avviso per informarli, quando esse intendano procedere a tali atti, e sollecitarne il pronto ed esatto compimento : potranno inoltre richiedere che gli efi'etti e i valori inventariati siano debi- tamente conservati e vigilarne la conservazione: che i crediti realizzati siano depositati nelle casse pubbliche, affinchè diventino fruttiferi, ricuperare i crediti del defunto e sollecitarne coi mezzi legali il pagamento : potranno fare, in una parola, nel paese stra- niero tutto quello che siano autorizzati a fare secondo la legge gl'interessati stessi, dato che essi siano assenti o non legalmente rappresentati, e, se gl'interessati nazionali siano presenti o legal- mente rappresentati, assisterli e proteggerli per ottenere l'esatto adempimento della legge e l'esatto compimento di tutti i proce- dimenti idonei alla conservazione dei loro diritti.

471. I consoli non potranno, quando non siano a ciò auto- rizzati dalla convenzione consolare, organizzare la tutela o cura- tela in conformità della legge del paese al quale appartengono, ma potranno ognora vegliare nell'interesse degli eredi a che la tutela sia debitamente istituita e vigilarne il regolare funziona-

Titolo Vili, - Della protezione dei cittadini 243

mento, reclamando, quando sia il caso, alle autorità competenti ed assistendo dinanzi ai tribunali gl'interessati nel sostenere i loro legittimi diritti.

472. Incombe ai consoli, nel caso che una nave mercantile nazionale si trovi in pericolo o che patisca un sinistro di mare 0 un naufiragio, provvedere all'assistenza della medesima o al salvataggio, e dirigere tutte le operazioni relative e provocare ufficialmente, quando ne sia il caso, Tintervento delle autorità locali per essere assistiti e per ottenere la pronta e sicura ese- cuzione di quanto possa occorrere per riparare i danni provenienti dal sinistro o dal naufragio.

473. Incombe ai consoli tutelare l'esatta osservanza dei trattati e delle convenzioni esistenti tra i due paesi e reclamare sopratutto contro qualunque violazione a danno dei nazionali e contro qualunque offesa ai diritti ad essi nazionali spettanti, in forza di detti trattati e convenzioni. E qualora i reclami da essi fatti non fossero accolti dalle autorità locali incombe ad essi ricorrere agli agenti diplomatici del proprio paese o informarne il Governo dello Stato nel quale essi risiedono.

474. Incombe ai consoli provvedere al rimpatrio dei nazio- nali indigenti e soccorrere coloro che si trovino in eccezionali circostanze di bisogno e di soccorso.

Le regole proposte possono trovare la loro applicazione neiripotesi che dae Stati si siano trovati d*accordo neiristitnire i consolati, e che Tuno o Taltro di essi abbia nominato il console prima che sia conclusa e stipulata la con- venzione consolare per determinare Tesercizio delle attribuzioni consolari.

Bisogna in tal caso ritenere che, siccome nel carattere e neiruffizio di console è insito il diritto di tutelare e proteggere gl'interessi dei nazionali, cosi deve ammettersi che il console possa esercitare tale diritto di protezione secondo i principii del Diritto comune intemazionale, e che conseguentemente non possa fare alcun atto dMmperio, ma che debba essere ammesso bensì ad ini- ziare tutti quei procedimenti, coi quali si esplicano il diritto ed il dovere di protezione inerenti al suo uffizio.

244 Libfo L - Delle persone Paiate speciaU

TITOLO IX.

Doveri intemazionali degli Stati.

475. Ciascheduno Stato è tenuto a rispettare i diritti inter- nazionali degli altri che vivono nella società internazionale, e ad esercitare tutte le funzioni, tutte le attività e tutti i diritti che gli appartengono in maniera da non ledere il diritto altrui.

Qaesta regola vale a stabilire il principio generale dell^equìlibrìo o dell^or- dinamento giuridico della società intemazionale, la quale non può essere mantenuta e conservata, che a condizione che uno non invada la cerchia dei diritti delFaltro, e che dia agli altri quello che è ad essi dovuto. Non pnò concepirsi coesistenza di persone, che hanno diritti identici, senza presupporre che sia costantemente mantenuta fra di esse quella certa necessaria legge di proporzione tra le loro azioni e le loro inazioni, senza di che la loro coesi- stenza riuscirebbe impossibile. I diritti spettanti agli Stati ed esposti nel titolo antecedente, hanno come complemento necessario i doveri, che ciascuno è tenuto ad osservare.

476. Incombe altresì agli Stati ed ai Governi, che ii rappre- sentano, il riconoscere l'autorità della legge morale e della giu- stizia naturale, e non violarne i precetti durante la pace, e quando sopravvenga la guerra.

La legge morale, siccome deve regolare tutti i rapporti degli esseri ragio- nevoli, così deve regolare quelli, che nascono tra i popoli civili, che convi- vono nella società universale. L'osservanza dei precetti, che essa impone, caratterizza la civiltà ed origina tutti quei doveri che sono denominati dweri di umanità,

AT7, I principali doveri intemazionali degli Stati sono: a) il dovere di non intervento;

V) il dovere di tutela giuridica collettiva del Diritto interna- zionale ;

e) il dovere di reciproca e mutua assistenza; d) i doveri umanità. Incombe inoltre agli Stati il dovere generale di adempiere lealmente ed in buona fede le obbligazioni assunte in forza di

Titolo IX. ' Doviri intemazionali degli Stati 245

trattati, di patti espressi o taciti, o che derivino da fatti da essi compiuti nella società intemazionale.

Detennineremo in particolare le obbligazioni che possono deriyare nei rap- porti intemazionali dai fatti leciti o illeciti compiuti dal Governo di uno Stato nel Libro II, titolo ultimo, nel quale saranno esposte le regole relative alla responsabilità dello Stato.

Dovep'e di non intervento.

478. - Ciascuno Stato è tenuto a non intromettersi negli affari degli altri Stati, con l'intendimento d'impedire o di ostacolare il libero ed indipendente esercizio dei diritti di sovranità spettanti ad essi all'interno, ed il libero sviluppo di tutte le funzioni del Governo.

L'ingerenza in tali faccende, effettuata mediante l'impiego della forza morale, costituisce l'intervento morale, quello effettuato mediante la forza militare costituisce l'intervento armato.

470. L'intervento morale e l'intervento armato sono asso- lutamente illeciti, e devono essere sempre reputati quale viola- zione del Diritto intemazionale.

480. Si deve ritenere assolutamente inibito:

a) l'impedire che un popolo modifichi la costituzione poli- tica dello Stato, o la forma del Governo;

b) l'ostacolare il libero sviluppo del Governo costituito o della pubblica ammim'strazione ;

e) l'ingerirsi nell'esercizio del potere legislativo, ostacolando in qualunque maniera il diritto spettante a ciascuno Stato di fare le leggi con completa indipendenza;

d) l'influire sulle nomine agl'impieghi pubblici e sulla scelta delle persone chiamate ad esercitare le funzioni sovrane;

e) qualunque aggressione diretta o indiretta all'autonomia e all'indipendenza della sovranità.

n dovere di non intervento in ogni questione che concerne la costituzione politica dello Stato ed il libero esercizio di ogni potere e di ogni funzione sovrana all^intemo dello Stato è la condizione indispensabile, affinchè Tanto- nomia e T indipendenza dello Stato diventi reale ed effettiva. Ogni diritto è

246 Libro I. Delle persone -— Parte speciale

correlativo ad un dovere, e deve riuscire chiaro che i diritti di sovranità, che sono stati sviluppati nei titoli precedenti, importano il dovere correlativo del rispetto e deirastensione da qualsisia attentato da parte degli altri. Tale dovere è stato più generalmente riconosciuto nella seconda metà di questo secolo. Dopo il trattato di Vienna del 1815, che pose come base della nuova orga- nizzazione dell'Europa di mantenere e tutelare i possedimenti territoriali attri- buiti alle dinastie regnanti, ed i diritti a ciascuna di esse attribuiti in forza del mentovato trattato, gP interventi armati furono giustificati dalla pretesa necessità di mantenere Torganamento dell'Europa come era stato stabilito, e di non turbare Tequilibrio politico. Vedi la storia degrinterventi armati per arrestare il movimento liberale nella Spagna, a Napoli, nel Portogallo e altrove in Calvo, Drait intemat, tom. I, § 168 e seg.

481. II pretesto di tutelare grinteressi nazionali e quelli dei cit- tadini non può mai valere a legittimare il vero e proprio intervento*

482. Il dovere di non intervento non vien meno, laddove un popolo, senza violare il Diritto internazionale, risolva con una rivoluzione all' intemo una quistione di Diritto costituzionale, e provveda siccome stimi meglio all'ordinamento dello Stato.

Il danno mediato, il perìcolo, il pregiudizio, l'offesa degl'inte- ressi e delle aspettative, che possono essere conseguenza indiretta d'una rivoluzione all'interno e della guerra civile, non fanno nascere nessun diritto d'intervento armato.

483. Qualora la rivoluzione o la guerra civile in uno Stato cagioni una lesione reale ed attuale dei diritti di un altro Stato, questo potrà difendersi con tutti i mezzi consentiti dal Diritto internazionale.

Chi provvede alla tutela del proprio diritto non arreca con ciò ingiuria ad altri. Deve ritenersi inibito d'ingerirsi negli affari politici interni di un paese straniero, ed illecito d'impiegare la forza morale o materiale per far prevaler* la propria volontà, o i propri intendimenti. Se però il partito della rivoluzione per fare proseliti alla propria causa cercasse di sovvertire le istituzioni poli* tiche di uno Stato limitrofo, il diritto, che a ciascuno Stato spetta, di provve- dere con ogni mezzo alla difesa di stesso, giustificherebbe la resistenza e razione secondo i casi. Tale avvemmento potrebbe condurre pure all'impiego della forza armata per respingere V ingiusta invasione e gli effetti diretti ed immediati da parte del partito rivoluzionario, ma tutto questo non potrebbe al certo denominarsi intervento, ma dovrebbe bensì essere apprezzato coi principii che devono governare il diritto di legittima difesa, e potrebbe far nascere pure il casus belli, ma non può essere qualificato intervento.

484. L'intervento in caso di guerra civile non potrà dive- nire lecito, se sia effettuato col consenso formale del Governo, reso impotente a dominare la rivoluzione.

Titolo IX. ' DoveH internazionali degli Sfati ^7

485, Non potrà essere giustificato T intervento armato per mantenere l'ordinamento politico di uno Stato, qualora esso fosse effettuato in virtù di un patto espresso in un trattato preceden- temente concluso tra i Governi, o in virtù d'una clausola in esso espressa ad oggetto di garantire la costituzione politica o i pre» tesi diritti delle dinastie.

Onesta regola riposa sol concetto, che il diritto di provvedere all'ordina- mento intemo dello Stato ed alla sna costituzione politica appartiene origi- nariamente ed assolutamente al popolo, e che non possono i sovrani mediante patti e trattati togliergli la facoltà piena e completa di amministrare e gover* nare stesso nella maniera la più indipendente. I pretesi diritti delle dinastie regnanti fondati snl Diritto storico o sn di altri titoli non possono menomare mai i diritti intemazionali dei popoli e delle nazioni, e conseguentemente non possono legittimare Tnso della forza armata e Taiuto da parte di Stati stranieri effettuato mediante Tintervento. Non cade sotto il precetto di questa regola Falleanza difensiva fra due Stati, la (juale può legittimare il soccorso armato, quando vi sia il casus foederis, ma per difendere i diritti dello Stato, o quelli del popolo, e non già quelli del Governo o delle dinastie contro il popolo.

486. Il dovere assoluto di non intervento negli affari intemi di uno Stato non può subire alcuna modificazione pel pretesto di tutelare i voluti diritti del Papato, e le sue pretese al potere temporale.

Uno dei più speciosi sofismi del Papato e de' suoi fautori è stato quello deUa pretesa necessità del domìnio temporale e della sovranità politica del Papa per assicurargli la più complèta indipendenza neiresercizio delle sue fun- zioni come Capo della Chiesa. Fu in forza di tale sofisma che si cercò legitti- mare l'intervento a Roma da parte della Francia, la quale mantenne ivi le sue milizie armate fino al 1870, adducendo che lo faceva per tutelare gK in- teressi della Chiesa Cattolica e Tindi pendenza del suo Capo. Le regole 36-37, 68-61, 350-356, esposte in questo Libro, e quelle seguenti al titolo xi, escludono la necessità della sovranità politica e temporale come condizione indispen- sabile per la libertà della Chiesa e Ti ndi pendenza del Papato. Qualche tentativo è stato fatto, dai vescovi cattolici sopratutto, per spingere i Governi a interve- nire a Roma per ripristinare il Papa nel possesso della sua sovranità temporale, ma oramai può ritenersi come stabilito che l'intervento per tale motivo debba reputarsi in opposizione coi principii del Diritto internazionale moderno.

Dovere (^ingerenza collettiva per la tutela del Diritto inte?'nazionale.

487. Incombe agli Stati che si trovino di fatto in società intemazionale il ritenersi solidarinmente interessati nell'assicurare

248 Libro 7. - Delle persone Parte speetale

il rispetto del Diritto internazionale e nel ripristinarne l'autorità in caso di arbitraria violazione con ogni mezzo lecito secondo il Diritto internazionale.

Mancando tra ^li Stati un superiore legittimo, e dovendosi ritenere pnre indispensabile la tutela giurìdica del Diritto intemazionale, affinchè Fordina- mento giuridico per comune consenso da essi stabilito per la loro ordinata convivenza sia mantenuto integro, e non violato impunemente da parte del- l'uno o deiraltro, ci sembra che non possa altrimenti raggiungersi lo scopo, che ammettendo il diritto di garanzia collettiva ed il dovere d'ingerenza col* lettiva, quando si tratti d'impedire le violazioni del Diritto comune interna- zionale ed il ripristinamento delPautorità di esso. Questa suprema necessità della tutela giuridica del Diritto intemazionale, e della conseguente necessità di metterlo sotto la garanzia collettiva di tutti gli Stati, che vivono in società di fatto, giustifica ogni mezzo, stabilito d'accordo, per ripristinarne l'autorità, non esdusi i mezzi coercitivi per costringere i refrattari alFosservanza della legge, e può nei casi estremi giustificare anche Timpiego della forza armata e della guerra. Tutto ciò però, quando ne sia il caso, si riassume nel concetto della tutela giuridica del Diritto internazionale, e non può avere nulla di comune con quello, che si è denominato intervento. Noi consideriamo l'ingerenza col- lettiva, nei casi come sopra determinati, come un diritto ed un dovere degli Stati che vivono in società di fatto, perchè incombe a ciascuno di essi, e a tutti collettivamente presi, il mantenere salda ed incolume l'autorità del Diritto internazionale, e il restaurarne il rispetto in caso di violazione, dovendosi reputare tutti solidari amente interessati a mantenere saldi e fermi i principii dell'ordinamento giuridico della società internazionale.

488. L'ingerenza collettiva non può essere legittimata che soltanto quando abbia per fondamente la tutela giuridica del Diritto internazionale. I mezzi coercitivi non potranno quindi essere giu- stificati che quando siano adoperati contro uno Stato o contro un popolo, che co' suoi atti violi il Diritto intemazionale.

Questa regola mira a stabilire il giusto concetto della ingerenza collettiva e della sua legittimità. Non si può ammettere in massima, che tutto quello che le grandi Potenze abbiano d'accordo stabilito, possa essere giustificato in forza del così detto concerto europeo o americano, e che si possa poi conse- guentemente giustificare l'uso dei mezzi coercitivi per eseguire e far rispettare quanto sia stato d'accordo stabilito. Accogliendo questo concetto si arriverebbe sotto altra forma a ripristinare quello stato di cose, che fu la conseguenza del concerto stabilito nel Congresso dei potentati a Vienna nel 1815. In quel Congresso fu immaginato, che per mantenere il così detto equilibrio politico ed assicurare la pace si dovesse ritenere indispensabile i conservare il posse- dimenti territoriali sotto il dominio delle dinastie regnanti, alle quali essi erano stati attribuiti, e che si potessero adoperare i mezzi coercitivi contro coloro» che avessero turbato l'ordinamento di cose, come era stato dai potentati mede- simi stabilito. Fu questo falso concetto che ispirò poi il concerto europeo che decretò a Laybach nel 1811 e a Verona nel 1822 gl'interventi armati a Napoli,

TUolo IX. - D veri internazionali degli Stati 249

nel Piemonte. e nella Spagna. Oggi le grandi Potenze mirano ad assicurare il trionfo della politica dominante, e se potesse bastare il loro accordo per imporre a tutti il rispetto delle loro vedute politiche, bisognerebbe ammettere che il COSA detto concerto europeo potesse consolidare Tautocrazia della politica dei GoTemi più potenti e giustificare Tuso della forza per mantenerla.

Ognuno deve comprendere che si ritornerebbe così a quella condizione di cose, che fu la conseguenza del falso principio della legitlimità stabilito col trattato di Vienna del 1816. In fona di quel principio Metternich disconosceya i diritti più sacri e più intangibili del popolo, promulgando che nessun diritto poteva esso vantare di fronte al principe. " Les cbangements utiles ou néces-

* saires dans la législation et dans Tadministration des États (così egli seri* " veva nella sua nota del 12 maggio 18S1 daLaibach) ne doivent émaner que ' de la volonté libre, de Timpulsion réfléchie et éclairée, de ceux que Dieu a

* rendns responsables du ponvoir. Tout ce qui sort de cette ligne, conduit néces-

* sairement au désordre, aux houle venements, à des maux bien plus insuppor- ' tables que ceux que Fon prétend guérir. Pénétrés de cette vérité étemelle,

* les souverains n^ont pas hésité à la proclamer avec franchise et vigueur,

* ila ont déclaré, qu'en respectant les droits et Tindépendance de tout pouvoir

* légitime, ils regardaient comme légalement nulle, et désavouée par les prin- ' cipes qui constituent le Droit public de FEurope, tonte prétendue réforme ' opérée par la révolte et la force ouverte. Us ont agi en conséquence de ' cette déclaration dans les événements de Naples et dans ceux du Piémont.

LMngerenxa collettiva deve ammettersi e reputarsi doverosa e legittima, ma quando miri ad assicurare il rispetto del Diritto intemazionale, e non già quando miri ad assicurare il trionfo delle vedute politiche dei Governi più potenti di concerto accettate.

Nella questione di Greta o Gandia, che si agita mentre scriviamo questa pagina, noi non possiamo disconvenire che T ingerenza delle grandi Potenze sUmpone come un dovere intemazionale delle medesime di procedere d*accordo nella soluzione della questione d^Oriente, anzi siamo convinti che il più impe- rioso dovere sarebbe di non ritardarne la soluzione in armonia coi più giusti principii del Diritto intemazionale modemo. 11 concerio europeo si è però effettuato per mantenere le vedute politiche dei Governi più potenti, che inten- dono conservare Tintegrità dell'Impero ottomano per la principale ragione che non si trovano tutti d'accordo nel regolare il nuovo ordinamento di cose che sarebbe la conseguenza del disgregamento delle provincie cristiane sog- gette in forza del Diritto storico all'autorità del sovrano musulmano, e che prevedono il perìcolo di una guerra europea se l'integrità dell'Impero ottomano non fosse mantenuta.

n bombardamento effettuato a Candia, e la minaccia del blocco del Pireo per costringere tutti ad accettare la legge fatta dal concerto europeo, che cioò debba essere conservata V integrità dell' Impero ottomano , e che le giuste aspirazioni dei Gandiotti o Gretesi debbano essere subordinate a questa suprema necessità posta e voluta dal concerto europeo, non ò al certo in armonia col principio che informa la regola da noi proposta. I mezzi coercitivi avrebbero potuto essere giustificati per costringere tutti, la Grecia compresa, a non ostacolare il diritto spettante al popolo di Greta o Gandia di dare a la costituzione politica la più conforme alle aspirazioni nazionali, e con completa autonomia e indipendenza. I tempi per altro non sono ancora maturi per dare -^*ìngerenza^ collettiva^ che- in massima deve ammetterai come giusta

250

Libro I, - DelU persene Parte speciale

e legittima, norme razionali per regolarne Tesercizio e lo sviluppo, e converrà aspettare che Topinione pubblica, che in questa circostanza ha affermata la sna potenza e la sua forza, acquisti maggiore influenza nella direzione della politica internazionale.

489. Ogni qual volta che in seguito all'ingerenza collettiva si venga a constatare e a riconoscere che uno Stato o un popolo abbia ne' suoi atti realmente violato il Diritto delle genti, incombe agli Stati cosi riuniti il reprimere l'ingiusto attentato con ogni mezzo pacifico, e da ultimo coi mezzi coercitivi d'accordo stabiliti.

Si enunciano i casi, nei quali può sorgere il dovere d^ingerenza collettiva.

400. Il dovere di ingerenza e di tutela giuridica collettiva nasce tra gli Stati ogni qual volta che sia il caso di tutelare o ripristinare l'autorità del Diritto comune, leso da uno o da più Stati, ed i casi non possono quindi enumerarsi in modo tassativo.

491. Dovrà reputarsi doverosa l'ingerenza collettiva anche nel caso di lotta intestina, qualora i partiti combattenti, nell'eser- cizio dei loro poteri, violassero quei diritti che devono reputarsi Diritti intemazionali della personalità umana, e che gli attentati alla medesima per la loro importanza e per la loro enormità assu- mino il carattere di manifesta violazione delle leggi di guerra, secondo il Diritto comune.

Le lotte intestine devono essere considerate in massima come questioni di Diritto pubblico interno, ma se durante le medesime accadessero massacri, spogliazioni, carnificine, e Tuna Taltra dèlie parti combattenti avesse il potere ed i mezzi per impedire tali enormità, per lo che gli oltraggi con- tinui ai diritti della personalità umana assumessero tale carattere che non si potesse fare a meno di considerare la condizione delle cose come una mani- festa violazione del Diritto comune intemazionale, non si potrebbe al certo ammettere che, solo perchè la violazione del Diritto intemazionale viene ad essere effettuata airinterno dello Stato, gli altri Stati debbano rimanere indiffe- renti e lasciar correre. Non diciamo che uno o due Stati debbano essere auto- rizzati ad immischiarsene, e ad intervenire, ma diciamo che si debba reputare doveroso da parte di tutti di occuparsene collettivamente, e che quando essi si trovino d*accordo nel riconoscere nel complesso dei fatti la violazione manifesta del Diritto intemazionale, devono sentirsi tenuti ad impedire tale violazione ed a reprimere gli arbitrii.

Titolo IX. ' Doveri inUmazionali degli Stati 25)

Non possiitmo entrare in particolari, ma ognuno deve comprendere che t massacri dei Cristiani da parte dei Masnlmani incoraggiati dairindìfferenza non si voglia dire dalla complicità delle autorità turche in Siria nel 1850 e quelli commessi in Bulgaria nel 1876 presentano il caso evidente che cade sotto il principio della proposta regola.

492. Dovrà essere reputata doverosa l'ingerenza collettiva se, concordato un ordinamento di cose con un trattato generale^ una delle parti contraenti non adempisse a' suoi impegni assunti e ledesse cosi il Diritto delle genti, a favore delle quali tali impegni siano stati imposti e stabiliti.

La proposta regola trova la più certa e sicura applicazione rispetto a quanto è accaduto e accade in Turchia.

Oltre che in forza del principio generale, sul quale si fonda Tingerenza col- lettiva neiresigere la tutela delle persone e della libertà delle confessioni reli- giose, che sono diritti inviolabili e intangibili della personalità umana, evvi rispetto alla Turchia il diritto ed il dovere positivo di esigere Tadempimento deglMm pegni da essa assunti in forza deirart. 61 del Trattato di Berlino de) 13 luglio 1878. Con tale articolo la Sublime Porta s*impegnò * ad effettuare

* senza ritardo i miglioramenti e le riforme richiesti secondo i bisogni locali

* nelle Provincie abitate dagli Armeni, e a garantire la loro sicurezza contro

* i Circassi ed i Kurdi. Essa s'impegnò inoltre a dare periodicamente comu-

* nicazione dei provvedimenti effettuati a tale effetto alle Potenze firmatarie,. ' che ne avrebbero sorvegliato V esecuzione ,. In tale articolo il diritto d'inge- renza collettiva trovasi apertamente consacrato, e se le Potenze firmatarie avessero ascoltato le giuste rimostranze fatte dagli Armeni, che reclamavano Tappoggio deir Europa per costringere la Turchia Rd effettuare le opportune riforme, le cose non sarebbero arrivate al punto in cui si trovano oggi. L'in- gerenza e rintervento collettivo sono stati invece effettuati per garantire Tin- tegrità deUlmpero ottomano II

493. Potrà essere giustificata l'ingerenza collettiva, tuttoché non sia doverosa, quando essa miri a far cessare lo stato di anar- chia gravemente dannoso agl'interessi generali, il quale si pro- lunghi notabilmente, danneggiando il commercio internazionale e l'industria.

Nel luglio 1876 la rivoluzione, che scoppiò nell* Erzegovina e nella Bosnia, prolungata col perìcolo di compromettere la pace generale, motivò ringeienza da parte della Germania, dell' Austria-Ungheria, della Russia, della Francia e dell'Italia, che offrirono la loro mediazione per facilitare la pacificazione di quelle Provincie soggette alla Turchia. L'Inghilterra non volle associarsi, perchè, siccome scrìsse Lord Derby nella sua nota del 24 agosto di quell'anno, pareva al Governo inglese che l'ingerenza avrebbe incoraggiata l'insurrezione e avrebbe avuto il carattere d'inframmettersi negli affari interni dellMmpero. Non è questo U luogo per discutere le vedute politiche dei Governi in quella circostanza diciamo soltanto, che in casi e circostanze somiglianti a quelli dell'Erzegovina

252 Libro L - Delle persone Parte speciale

e della Bosnia nel 1875, l'ingerenza collettiva, se non deve reputarsi doverosa, deve essere considerata lecita e giustificabile. Il punto importante e sostan- ziale in tale faccenda è che si verifichi raccordo circa Tutilità e l'opportunità deir ingerenza collettiva, o in altre parole che un numero considerevole di Stati, che rappresentino la maggioranza, riconoscano che, avuto riguardo alle circostanze, sia il caso delFingerenza collettiva.

Esclusa in questioni tanto delicate la prevalenza degli apprezzamenti sin- golari, ed ammessa invece come sostanziale la. necessità dell'accordo, non di due o più Stati, ma della maggioranza di quelli, ai quali incombe massima- mente il mantenere l'ordinamento giuridico della loro convivenza, si deve ritenere allontanato il pericolo, che la regola, così come trovasi proposta, lasci aperto l'adito all'arbitrio.

Gli argomenti addolti nella nota redatta il 30 dicembre 1875 per giustificare l'ingerenza collettiva per la rivolta della Erzegovina e della Bosnia contro la Turchia ci sembrano adatti a giustificarla. * L'état d'anarchie qui sévit dans

* les provinces nord-ouest de la Turquie, dice la mentovata nota, n'implique

* pas seulement des difficultés pour la Porte; il recèle aussl des graves dangers ^ pour la paix generale, et les divers États européens ne sauraient voir d'un

* oeil indifférent se perpétuer, et s'aggraver une situati on qui dès à présent

* pòse lourdement sur le commerce et l'industrie, et qui, en ébranlant chaque

* jour davantage la confiance du public dans le maintien de la paix, tend à

* compromettre tous les intéréts. ,

494. Le regole circa l'ingerenza collettiva devono essere appli- cate senza differenza, sia ai fatti compiuti in Eurppa, sia a quelli avvenuti nel continente americano.

Tutti gli Stati tra i quali trovinsi stabiliti rapporti e relazioni internazionali devono reputarsi solidariamente cointeressati nel mantenere Tautorità del Diritto internazionale e nel reprimerne le violazioni, a fine di conservare l'ordinamento giuridico della società internazionale e tutelare gl'interessi comuni.

Questa regola mira ad eliminare completamente la così detta dottrina di Monrofi, la quale riassume in questo, che cioè gli Stati Uniti d'America devono considerare come regola unica e costante di condotta di non immi- schiarsi negli affari interni dell'Europa, ma che allo stesso tempo non devono mai permettere all'Europa d'immischiarsi in quelli dell'America. Questa fu la dottrina accettata poi dagli Stati deU'America del Sud e che si considera oggi come una regola di Diritto americano. Gfr. Pradier-Fodérì, Droit intern.j § 365.

Dovere di mutua assistenza.

495. Incombe agli Stati civili il sentirsi solidariamente tenuti indipendentemente dai trattati alla mutua assistenza ed a fare ciò che può occorrere per soddisfare le esigenze dell'ordinata convi-

Titolo IX. Doveri internazionali degli Stati 253

venza, e quello che può servire ad accrescere le reciproche uti- lità ed a tutelare grinteressi intemazionali.

496. L'assistenza dovrà reputarsi sopratutto doverosa:

a) in caso di navi che cerchino rifugio per i bisogni della navigazione, o che corrano pericolo di naufragare;

b) in caso di naufragio;

e) in caso di atti richiesti per Tamministrazione della giu- stizia o per l'istruzione dei processi.

Assistenza alle navi straniere che domandino rifugio.

497. Incombe a ciascuno Stato, indipendentemente dai trat- tati, di ricevere nei propri porti le navi straniere, siano esse da guerra o private, le quali cerchino rifugio per riparare i danni patiti per sinistro di mare, o per provvedersi di quanto loro possa occorrere per le necessità della navigazione.

498. Le navi straniere, le quali siano costrette per qualsiasi motivo di forza maggiore ad entrare nelle acque territoriali d'uno Stato, devono essere protette e non assoggettate al Diritto comune, applicabile a quelle che vi entrano per farvi operazioni di com- mercio.

499. In caso di rilascio forzato, le navi potranno entrare nei porti, sieno essi chiusi o aperti al commercio, o approdare alle rade, alle baie ed alle spiagge liberamente, inalberando però ì segnali d'uso adottati per constatare l'approdo per rilascio forzato.

600. In caso di rilascio forzato non saranno considerate come operazioni di commercio lo sbarco e il ricaricamento delle merci eseguiti per far riparare la nave: il trasbordo delle merci su di un'altra nave, nel caso che la prima si sia resa innavigabile: le spese necessarie pel vettovagliamento dell'equipaggio : la vendita delle merci avariate quando l'Amministrazione delle dogane Io abbia riconosciuto e ne abbia data l'autorizzazione.

Disposizioni uniformi si trovano in parecchi trattati che esonerano le nav* in caso di rilascio forzato dagli oneri imposti come diritto di porto o di navi- gazione (Vedi il trattato di navigazione tra lltalia e la Francia del 13 giugno 1862,

254 Libro /. - Delle peritone Parte speciale

art. il). In alcuni trovasi soltanto eccettuato il diritto di pilotaggio e di faro. Vedi il trattato di pilotaggio tra la Francia e S. Salvatore 2 gennaio 1858, articolo 15.

A noi sembra che ogni diritto fiscale da parte dello Stato debba venir meno rispetto alla nave che entri nelle acque territoriali per rilascio forzato : eccet- tuiamo soltanto i compensi dovuti ai privati, che avessero prestato ropera, «ome sarebbe quello dovuto ai piloti locali, te fonens stati adoperalL Man- «néo il tomaio, ofBft coaUoferafa deve essere risoluta in via amministrativa, fleeondo i principii dell'equità. Certa cosa è, che Timporre alle navi in rilascio forzato gli oneri gravanti su quelle che entrino nelle acque territoriali per operazioni di commercio, ed il considerare come operazioni di commercio quelle che siano fatte dalla nave per le necessità del caso a fine di essere in grado di navigare, deve reputarsi in opposizione coi principii del Diritto internazionale e col dovere di mutua assistenza.

501. Incombe alle navi che approdino per rilascio forzato di conformarsi rigorosamente alle condizioni che saranno imposte dalle autorità locali.

Tali condizioni però non devono essere eccessive ed inconci- liabili coH'esercizio del diritto di rilascio forzato e colle urgenti ^circostanze del caso.

Assisteììza alle navi straniere In caso di sinistro di mare o di naufragio.

502. È doveroso per gli Stati di fare quanto possa occor- rere onde ovviare al pericolo che si verifichi il naufragio, l'are- namento, 0 Tinvestimento delle navi nelle acque territoriali, e di provvedere a che quelle che si trovino in pericolo siano soccorse.

503. Nel caso di naufragio o di altro sinistro di una nave straniera nelle acque territoriali dello Stato, incombe alle auto- rità locali di provvedere al soccorso dei naufraghi e di assistere il console dello Stato cui la nave appartenga, ed in mancanza di questo il capitano della nave, in tutte le operazioni occorrenti per procedere al salvataggio della nave ed al ricupero degli oggetti naufragati.

Qualora manchi chi possa occuparsi del salvataggio e del ricu- pero, dovrà reputarsi a ciò tenuta Tautorità marittima del porto, o Tautorità civile della costa ove il sinistro sia avvenuto.

Titolo IX. ' Doveri internazionali degli Stati 255

L'obbligo di soccorrere le navi pericolanti è un dovere di umanità, ma non mancano esempi di legislazione di Stati civili, che ne hanno fatto un vero obbligo giuridico. 11 legislatore italiano nel codice civile della marina mercan- tile in vigore cosi dispone alFart. 120 : * Il capitano di un legno nazionale,

* il quale incontri qualche nave, anche straniera o nemica, in pericolo di per-

* dersi deve accorrere in suo aiuto e prestarle ogni possibile assistenza ,. All*articolo 385 trovasi poi comminata la pena della multa da L. 200 a 1000 se il capitano o il padrone di una nave nazionale, potendo, non abbia prestato soccorso ad una nave pericolante, ed inoltre la sospensione dalPesercizio delle sne funzioni da sei mesi ad un anno.

604. Dev'essere escluso da parte dello Stato qual si sia dicUlo di regalia, o qual si sia diritto fiscale sugli avanzi ÒA oanfragio e sulla nave naufragata nelle sue acque ieirftcrìall, come altresì il diritto di appropriarsi le cose gettate dal mare sulle sue coste, in conseguenza di naufragio o di sinistro avvenuto in alto mare* Esso potrà esigere soltanto il rimborso delle spese sopportate pel salvataggio e pel mantenimento ed il rimpatrio dei naufraghi stranieri.

Regole riguardo al salvataggio.

505. L'organizzazione del servizio di salvataggio essendo un atto d'amministrazione doveroso per Io Stato, non può dar luogo a che il Governo, che sostiene le spese occorrenti per tale ser- vizio, possa domandarne il rimborso allo Stato straniero, al quale appartenesse la nave, o di cui fossero cittadini i naufraghi salvati.

506. Incombe a ciascuno Stato il provvedere a che, chiun- que abbia raccolti oggetti provenienti da naufragio, o da altro sinistro di mare, ne faccia immediatamente la consegna all'auto- rità locale competente, e l'impedire l'appropriazione di tali oggetti, e altresì limitare le pretese delle persone che abbiano dirette le operazioni del ricupero e di quelle che le abbiano eseguite, o che spontaneamente abbiano prestato assistenza alla nave in peri- colo, riducendole al rimborso delle spese e ad una mercede pro- porzionata al servizio prestato ed alla prontezza con cui fu reso: al pericolo incorso nell'eseguire il salvamento : all'importanza delle cose salvate.

256 Libro L - Delle pertone Parte spedale

507. Tutte le cose salvate dal naufi-agio dovranno essere custodite e tenute a disposizione di coloro cui esse appartengano, a cura deirautorità locale, la quale sarà tenuta a pubblicare mediante avvisi l'avvenuto salvamento, e a diffidare gl'interessati, che vantassero diritti sulle cose salvate, a giustificare le loro ra- gioni, onde ottenere la consegna degli oggetti ricuperati.

508. L'autorità locale potrà ordinare la vendita ai pubblici incanti delle merci e degli oggetti che non si potessero conser- vare, o la custodia dei quali importasse una spesa grave, e tenere il prezzo ritratto a disposizione dei proprietari degli oggetti perduti.

Essa potrà inoltre ordinare la vendita degli oggetti salvati, ogni qualvolta che tale espediente fosse necessario per soddisfare le spese di ricupero e per provvedere agli alimenti ed al rimpatrio dei naufraghi salvati.

509. Lo Stato potrà far suoi gli oggetti salvati o il prezzo di quelli venduti solamente quando, decorso un tempo ragione- vole dopo i pubblici avvisi per mettere in grado grinteressati a reclamarli, nessuno lo abbia fatto, e le cose salvate dovessero considerarsi vacanti di padroni.

510. Sarà reputata come abbandonata dai proprietari, o dagli interessati nella nave o nel carico, una nave sommersa nelle acque territoriali, senza lasciare traccia apparente, qualora dopo i pub- blici avvisi nessuno sia comparso per fare o promuovere le ope- razioni di ricupero entro un termine ragionevole fissato nell'avviso pubblicato (3 mesi)^ o quando gl'interessati, dopo aver posto mano alle operazioni di ricupero, le avessero abbandonate e facessero decorrere un tempo ragionevole (4 mesi) per presumere la loro intenzione d'abbandonare la nave ed il carico. Tali oggetti potranno essere attribuiti a profìtto del fisco, o di coloro che in fondo al mare li avessero rinvenuti.

Le regole proposte sono in gran parte conformi a quelle che troransi san- zionate nella legislazione italiana : capo 12, tit. 2*, Cod, per la marina mereantUe.

Gii statati delle città marittime italiane consacravano già i principi i più liberali rispetto all'assistenza in caso di sinistro o di nanfraj^io.

Vedi lo Statuto di Pisa del 1160, Coneiituta imim: Pardessus, £os< mariHmes (T. IV, p. 583). SUtuto di Rimini 1303: Pardessus, Loie marUimes (T. V, p. 113J.

TU€Ìa JOC Daeeri-ùUemazionaU degli Stati 257

Assistenza per facilitare V ammimstrazime della giustizia (rogatorie).

61L Dovrà essere considerato come un dovere mutua assistenza quello che incombe agli Stati, indipendentemente dai trattati, di fare quanto possa occorrere a reciprocità per facili- tare l'amministrazione della giustizia in materia civile e penale.

612. Incombe agli Stati civili, a fine di rendere più spe- dito U procedimento, permettere la corrispondenza diretta fra le rispettive magistrature, e rendere doveroso per le medesime il dar corso alle rogatorie fatte dal giudice straniero e il pro" cedere ad esame di testimoni, a perizie, ad interrogatorii, o agli atti istruttorii di qualunque si sia natura occorrenti per Tammi- nistrazione della giustizia, quando ne siano richieste dal tribunale straniero investito della causa, purché non vi si opponga il Diritto pubblico dello Stato, nel quale deve essere eseguita la richiesta o rogatoria.

Troviamo t?.le regola adottata nella convenzione tra T Austria e T Italia degli 11-21 giugno 1867, con la quale i due Gk> verni consentirono a recipro- cità, nell'interesse della speditezza della procedura civile e penale, a che le autorità giudiziarie limitrofe potessero corrispondere direttamente tra di loro in certi casi.

L*art 171 della legge consolare italiana così dispone: ' I consoli sono anto-

* rizzati ad eseguire le commissioni rogatorie che vengono loro indirizzate

* da tribunali stranieri a fine di procedere a visite, perizie ed esami di testi-

* moni, ed a ricevere dichiarazioni di nazionali stabiliti o di passaggio nel

* distretto del consolato ,.

513. Spetterà però in ogni caso al giudice richiesto il deci- dere circa la legalità della domanda e l'opportunità di eseguirla e circa la propria competenza.

In caso d'incompetenza territoriale incombe al tribunale richiesto il trasmettere la commissione rogatoria al tribunale competentei dandone avviso al tribunale richiedente,

17 Fiore, Dir. intern. codif.

258 Libro L - Delle persone Parte speciale

Obbligo di procedere alVesecuzione di una 7'ogatoria.

614. n diritto perfetto di richiedere a un tribunale straniero di procedere a un atto d'istruzione e Tobbligo giuridico di dare corso alla rogatoria non sussistono, quando manchi una speciale convenzione fra i due Stati. La ridiiesta però potrà sempre essere fatta ed eseguita in forza del reciproco dovere di mutua assistenza.

Quando la richiesta sia eoa fatta ed eseguita, implica l'obbligo della reciprocità.

615. Il magistrato richiesto applicherà nell'eseguire la roga- toria la legge del proprio paese per ogni formalità procedurale relativa all'esecuzione, salvo che per le necessità della giustizia straniera una speciale forma di procedimento sia richiesta e desi- gnata nella rogatoria, e che non si opponga la legge dello Stato per eseguirla colle formalità procedurali richieste.

La proposta regola mira ad eliminare la difficoltà che può nascere nellMpo- tesi, che secondo la legge dello Stato straniero Tatto istrattorio non possa essere efficace ai fini del giudizio , se non quando sia fatto con certe deter- minate formalità procedurali. In tal caso, sempre in forza del dovere di mutua assistenza y il magistrato richiesto potrà, solo quando non vi si opponga la legge territoriale e la formalità richiesta sia praticabile, compiere Tatto colle formalità designate nella rogatoria.

Assistenza per V ammmistr azione della giustizia penale.

516. In forza del dovere di mutua assistenza ed indipen- dentemente dai trattati, il magistrato competente per ristr^uzione di im processo penale potrà richiedere al magistrato straniero di fare dentro i limiti della sua giurisdizione un atto istruttorio nello interesse della giustizia, ed il magistrato richiesto potrà darvi ese-

Titolo IX. ' Doveri internazionali degli Slati 259

cazione, purché non tratti di processo per un reato politico, o connesso con uno di natura politico.

Tale dovere deve ritenersi sussistente a reciprocità anche quando il processo sia istruito contro un cittadino dello Stato richiesto, del quale la giustizia straniera si sia impossessato per giudicarlo.

517. Incombe agli Stati, in forza del dovere di mutua assi- stenza, il cooperare a che un prevenuto di reato comune non goda l'impunità, e che non sia sottratto al giudizio del tribunale competente ed all'espiazione della pena a cui sia stato condannato.

618. Devono gli Stati civili per cooperare efficacemente all'ammioistrazione della giustizia penale regolare l'obbligo reci- proco di consegnarsi i malfattori fuggitivi, imputati di un reato comune, e non connesso con un reato politico, mediante le con- venzioni di estradizione.

Mancando la convenzione di estradizione, o quando si tratti di reato che non trovisi in essa contemplato, incombe agli Stati civili o il consegnare il malfattore fuggitivo allo Stato ove fu commesso il reato, se sia da lui richiesto, o l'offrirne l'estra- dizione, o il punirlo, sempre che però si tratti di reato grave e che importi, giusta la legge penale territoriale e quella dello Statò ove il reato fu commesso, una pena restrittiva della libertà per- sonale non inferiore a 3 anni, e che l'imputato non sia cittadino dello Stato ove nell'attualità si trovi.

La proposta regola mira a stabilire che robbligo reciproco degli Stati, che hanno a cuore il mantenimento deirordine e della sicurezza generale, di con- segnare il malfattore al suo giudice naturale (che è quello del luogo ove egli commise il reato), affinchè sia giudicato e punito , deve essere reputato una conseguenza del dovere di mutua assistenza intemazionale. A noi sembra che ciascuno Stato sia tenuto a consegnare un malfattore fuggitivo rifugiatosi nel suo territorio, quando dalle circostanze accertate e riconosciute dairautorità giudiziaria territoriale risulti la fondata presunzione della reità delFimputato, « che tale obbligo debba ammettersi indipendentemente dai trattati. (Vedi pel maggiore sviluppo la mia opera * Effetti internazionali delle sentenze penali e delTestradSzione ^ Tonno, Loescher, 1876; e Droit penai iniernational,traduit par ÀNToufB, Paris, Pédone-Lauriel.)

n nuovo codice penale italiano consacra il principio che lo straniero, che abbia commesso un reato all'estero a danno di un altro straniero, per il quale la legge italiana stabilisca una pena restrittiva della libertà personale non infe- riore nel minimo ai 3 anni, deve essere punito anche se non esista trattato di estradizione, e che in tal caso questa debba essere offerta dal Governo

260 Libro L - Delle persone Parte speciale

italiano a quello del luo^ in cui il colpevole abbia commesso il delitto, o a quello della sua patria, e che qualora Tuno Taltro abbia accettato Tof- ferta estradizione, a richiesta del Ministro della giustizia debba essere giudicato dai tribunali italiani, e punito, salvo le decretate diminuzioni della pena. Art. 6,

Doveri di umanità.

519. Incombe a ciascheduno Stato civile l'agire ne' suoi rapporti cogli altri Stati secondo i principi! della legge morale e di umanità, l'astenersi dal fare quello che possa essere contrario al loro benessere, o arrecare pregiudizio ad essi, e il cooperare in tutto ciò che può ritenersi richiesto per la tutela della prosperità e del benessere generale.

620. Nessuno Stato può costringere un altro ad osservare i doveri di umanità, Tuno può considerare il rifiuto da parte dell'altro come ingiurioso ed ostile.

Però quando il rifiuto arrechi un danno reale agli altri Stati e non sia giustificato, potrà dare motivo ad una rimostranza col- lettiva a fine di tutelare gl'interessi comuni.

Tf'adempimenlo dei doveri di umanità non importa un*obbligazione giuridica, ma deriva dalla legge naturale. Il precetto honeste vivere s'impone agli Stati civili come a tutti coloro che vogliono agire secondo i principii della giu- stizia naturale. Tale precetto comprende senza bisogno di dimostrazione e nessuna potenza di dialettica varrebbe mai ad accrescere di esso la chiarezza e la forza.

Si deve quindi ammettere che Tadempimento dei doveri morali debba repu- tarsi in massima nel campo del prudente arbitrio di ciascun Governo. Diciamo non per tanto che il rifiuto arbitrario e persistente non può in ogni caso essere giustificato. Così, a modo d'esempio, non si può ammettere che uno Stato possa rifiutare arbitrariamente di ricevere una missione scientifica, che si pro- ponga di studiare sopra luogo una malattia contagiosa per escogitare la ragione del nascere, del crescere, del propagarsi del contagio. Tale rifiuto non giusti- ficato può fornire un fondato motivo ai reclami per parte degli altri Stati.

521. Dovrà ritenersi come fondato sulla legge morale il dovere di mutuo soccorso per prevenire le pubbliche calamità.

Sono conseguenze di tale dovere: a) la reciproca cooperazione onde impedire l'allargarsi delle epidemie ;

TUcio IX. ' Doveri internazionali degli Stati 261

ft) il favorire le ricerche scientifiche fatte con rintendimento di conoscere eerte malattie contagiose e prevenire la propagazione delle medesime;

e) le misure sanitarie per impedire con sollecitudine che le malattìe contagiose siano diffuse;

d) il promuovere le conferenze sanitarie ed il facilitare la solu* zione delle questioni relative alla sanità pubblica nei loro rap* porti cogl'interessi intemazionali;

e) il soccorrere gli stranieri indigenti, curarli se ammalati, e provvedere alle spese pel rimpatrio degli abbandonati.

Nella conferenza sanitaria di "^enna riunitasi il V agosto 1874 fu emesso un voto riguardo air istituzione di una commissione internazionale perma- nente per studiare e prevenire le malattie epidemiche, e fa compilato un pro- getto pel suo funzionamento. Ora non si può al certo dubitare che le ricerche reputate utili per Tetiologia ed il regime profilattico del colera, della peste e delle altre malattie epidemiche debbano essere considerate dMnteresse generale ed umanitario e che debba essere reputato doveroso per ciascheduno Stato il non ostacolare le ricerche fatte sopra luogo con tale intendimento.

2^2 Libro L - Delle persone Farle speciaìe

TITOLO X. Dei 'diritti e doveri intemazionali dell'uomo.

522. L'uomo, a qualunque razza appartenga, qualunque sia il suo grado di cultura e il suo colorito, e tanto che viva in asso- ciazione politica, quanto che conduca una vita nomade, non perde i diritti della personalità umana, che ad esso spettano secondo il Diritto internazionale, e potrà esigerne il rispetto dovunque e domandarne il godimento e l'esercizio, sotto la condizione di rico- noscere l'autorità delle leggi territoriali e di osservare quanto esse dispongono.

Gonfr. reg. 1, 31, 35.

Diritto di libera attività.

523. Ogni uomo, sia esso cittadino di uno Stato, o formi parte d'una tribù nomade, o sia abitante di regioni incivili, ha il diritto di entrare liberamente in qualunque parte del territorio d'uno Stato aperto al commercio, e di soggiornarvi, purché si assoggetti a tutte le leggi in vigore ed a quelle speciali, che per tutelare la pubblica sanità, o per motivo di polizia o di sicurezza siano applicabili agli stranieri.

Questa regola tende ad escludere la necessità del passaporto da parte dei forestieri, che vogliono entrare nel territorio di uno Stato. Il passaporto può riuscire sempre utile a stabilire il carattere di cittadinanza, e a dame prima facie la prova, ma siccome il diritto di trafficare liberamente non può essere riservato soltanto a coloro che certifichino di essere cittadini di uno Stato, così la mancanza del passaporto non può essere un motivo per negare a chi ne sia privo la libertà di entrare e di trafficare.

624. Dovranno essere considerate contro il diritto intema- zionale di libera attività dell'uomo le esagerate misure preventive imposte dai Governi a coloro che non siano cittadini dello Stato, per permettere ad essi di entrare nel territorio e soggiornarvi, e

l^oh X - Dei diritti e doveri internazianali délVuomo 263

l'impedire ai medesimi, senza un motivo ragionevole di ordine pubblico, di circolarvi liberamente.

525. Compete però a ciascun Governo il diritto di regolare con leggi speciali l'entrata degli stranieri nel territorio dello Stato e di stabilire le condizioni per il loro soggiorno, per l'esercizio delle professioni, delle arti e dei mestieri, in armonia cogl'inte- ressi sociali, economici e politici dello Stato.

526. Ogni forestiero che sia entrato nel territorio d'uno Stato potrà liberamente uscirne senza bisogno di autorizzazione del Governo, eccetto solo il caso che in forza deUe leggi in vigore sia stato temporaneamente privato della libertà personale.

Diruto di libero traffico.

527. Ogni uomo ha diritto di navigare liberamente per l'alto mare e per le acque non comprese nel dominio territoriale di nes- suna sovranità, e d'invocare la protezione del Diritto intemazio- nale, purché ne riconosca e ne osservi le leggi.

528. Ogni uomo però che voglia navigare liberamente per l'alto miare, sarà tenuto ad osservare le regole che concernono la navigazione e le leggi internazionali che proteggono le persone e le cose durante la medesima.

520. Ogni uomo può entrare nelle acque territoriali di una sovranità ed invocare la protezione del Diritto internazionale, purché osservi le leggi ed i regolamenti emanati dalla sovranità territoriale.

530. Ogni uomo ha il diritto dell'uso legale ed innocente delle vie comunicazione per terra e per mare e di quanto possa riuscire utile al libero esercizio del commercio lecito, rispettando però le leggi vigenti nello Stato ed i regolamenti.

In Yirtù di qaesta regola si deve ammettere, che il libero traffico, e il navigare per le acque territoriali di uno Stato debbano essere riguardati come un vero diritto deiruomo, ogni qual volta che colui, che ciò voglia fare, si assoggetti alle leggi ivi imperanti. Tale diritto non può al certo essere considerato come fondato sui trattati, e spettante quindi solamente ai cittadini dello Stato, che li avesse stipulati. Nissnna sovranità, che non voglia conculcare i principii

264 Libro L - Delle persone Parte specole

del Diritto internazioaale, può negare arbitrariamente al forestiere, anche quando egli non abbia il carattere di cittadino di uno Stato, Tuso legale ed innocuo delle vie di comunicazione, e la facoltà di entrare nel territorio.

Diritto di proprietà.

631. La proprietà individuale dovrà reputarsi inviolabile, secondo il Diritto intemazionale, sotto tutte le forme che essa può assumere.

632. Ogni uomo può esercitare la sua attività rispetto alle cose, ovunque esse siano situate, ed acquistarne la proprietà sotto le condizioni stabilite e determinate dalle leggi imperanti nel ter- ritorio ove tali cose si trovino.

633. Saranno riguardate inviolabili anche la proprietà lette- raria ed artistica, e la proprietà industriale.

634. Il diritto spettante all'autore d'una produzione intel- lettuale, qual si sia, di ottenere la garanzia giuridica di tale diritto sotto le condizioni determinate dalla legge, dovrà essere conside- rato come un vero diritto internazionale dell'uomo, ad esso spet- tante indipendentemente dalla qualità di cittadino.

635. Incombe agli Stati civili il concordare mediante trat- tato la protezione e la garanzia giuridica della proprietà letteraria e della proprietà artistica, ma indipendentemente dai trattati la inviolabilità di tali proprietà deve essere tutelata dal Diritto in- ternazionale e considerata come fondata sul rispetto dovuto alla personalità dell'uomo nelle più nobili delle sue funzioni e delle sue attività.

Le regole su esposte mirano a mettere sotto il punto di vista giuridico il diritto di proprietà e la sua Inviolabilità; questa non potrà essere reputata come una graziosa concessione del principe, eom« un diritto fondato sui trattati, come un privilegio di cui può godere soltanto il cittadino. La pro- prietà costituisce il diritto più sacro della personalità umana, perchè è il risul- tato dell*attività stessa deUa persona manifestata e sviluppata mediante il lavoro. Essa deve essere conseguentemente considerata come un diritto del- Tuomo e gli deve essere attribuito come tale il carattere di diritto intema- zionale dell*uomo per la giusta considerazione che i diritti delia personalità umana non possono essere ristretti dentro 1 confini territoriali di questo o di quel paese.

Titolo X - DH diriUi $ doperi hUemoMionali dOTuomo) ^^

536. Salvo il diritto spettante a ciascuno Stato di subordi- nare la protezione della proprietà letteraria, artistica ed industriale a certe condizioni legali previamente determinate, si deve non per tanto ammettere che violi il Diritto internazionale uno Stato che non sancisca la parità di trattamento tra i cittadini e gli stranieri.

637. La proprietà privata, a chiunque essa appartenga, dovrà essere reputata inviolabile anche in alto mare, eccetto che nei casi e nelle circostanze determinati secondo il Diritto intemazio- nale rispetto alla proprietà privata in tempo di guerra.

538. Viola il Diritto internazionale uno Stato che inibisca, a chiunque non sia cittadino di esso, di acquistare la proprietà mobile od immobile sotto le medesime condizioni legali stabUite pei cittadini, o che vieti il godimento dei diritti privati compresi in quello di proprietà, salvo il caso però che, per ragioni d'ordine pubblico o d'interesse sociale, l'acquisto della proprietà di certi determinati oggetti sia riservato esclusivamente ai cittadini, o che il godimento di certi diritti annessi alla proprietà immobiliare sia attribuito esclusivamente ai medesimi, in considerazione della natura di tali diritti, e della loro connessione con certe pubbliche funzioni o col Diritto politico.

539. Le regole che gli Stati civili devono ritenere obbliga- torie per assicurare la tutela e la protezione della proprietà sa- ranno stabilite a parte nel libro lU.

Inviolabilità e libertà personale.

540. Ogni ugmo è personalmente inviolabile nella sua qua- lità come tale, e qualunque attentato alla sua persona ed alla sua libertà personale dev'essere considerato contro il Diritto inter- nazionale, che protegge l'uomo, anche quando esso non formi parte d'un corpo politico organizzato a Stato.

541. Ogni uomo, indipendentemente dai trattati, avrà la piena libertà, sotto la condizione di osservare le leggi territoriali, d'eser- citare la libertà civile e tutti i diritti che ne derivano , e potrà

266 Libro L - Delle persone Parte speciale

esigere che la sua libertà sia rispettata dentro i limiti fissati dalla legge territoriale, e protetta e garantita con tutti i procedimenti legali e giudiziari ammessi e riconosciuti a favore dei cittadinL 542. Il diritto di libertà e d'inviolabilità personale non può essere negato a nessun uomo, a qualunque razza egli appartenga e qualunque sia il suo colorito.

Inviolabilità personale dei negri.

543. Viola il Diritto internazionale ogni Stato che disconosce ai negri i diritti della personalità umana, e che concede la facoltà di comprarli e di venderli, ammettendo riguardo a loro un diritto di proprietà.

544. Il commercio dei negri, sotto qualunque forma esso venga praticato, ed anche quando sia fatto coirautorizzazione o colla tolleranza dello Stato in cui abbia luogo, dev'essere riguardato come un attentato ai diritti della personalità umana e dichiarato assolutamente illecito e contro il Diritto intemazionale.

545. Incombe ad ogni Stato civile il fare quanto sia neces- sario per tutelare l'inviolabilità personale dei negri, e l'adope- rare tutti i mezzi di cui può disporre onde far cessare il loro nefando commercio e punire coloro che vi si consacrano, o che diretta- mente o indirettamente vi partecipano.

U legislatore italiano panisce severamente la tratta di schiavi con le pene stabilite per la repressione dei reati marittimi al capo V del Codice della ma- rina mercantile. All'art. 337 il legislatore dispone che si reputerà commesso il reato di tratta, sempre che uno schiavo sia stato trattato come tale a bordo di una nave nazionale. Esso panisce altresì il tentativo* che ritiene consumato quando una nave sia annata pel trasporto di schiavi e che sia stata cosi sor- presa prima che il fatto di tratta abbia avuto luogo, art. 340-41.

546. Ogni schiavo, anche quando comprato ove il commercio sia dichiarato lecito, dovrà essere reputato libero ed inviolabile nella sua persona appena che metta il piede sul territorio d'uno Stato civile, il quale sarà tenuto a tutelare la libertà di lui e a far rispettare riaviolabilità della persona.

liU^o X, - Dei dxriui t doveri irUernagionali ddVuomo 267

Questa regola è stata poi consacrata D6U*atto antischiavista del 3 luglio 1899. L*art. V infatti così dispone: * Tont esclave fugitif qni, sor le continent recla- merà la protection dea Paissances signataires, deyra Tobtenir et sera re^u dans les campa et stations offieiellement établis par elles ou à bord des bAtiments de TEtat naTiguant sur les lacs et rivières. Les stations et les bateanx privés ne sont admis à exercer le droit d^asile qne sous la réserve du consenteroent préalable de TEtat ,.

_

547. Incombe a tutti gli Stati civili il concordare gli oppor» tuni provvedimenti onde far cessare il commercio degli schiavi nelle regioni ove tuttora è esercitato, ritenendo illecito non solo tale commercio, ma altresì tutte le operazioni fatte sulla terra o sul mare per mantenerlo ed esercitarlo.

Incombe inoltre ad essi l'esercitare tutta Tinfiuenza per costrin- gere i Sovrani dei paesi incivili, che permettono il commercio degli schiavi, a farlo cessare.

Questa regola trovasi consacrata all'art. 9 del trattato di Berlino del 26 feb- braio 1885, e forma il Diritto comune dei seguenti Stati: Austria-Ungheria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Gran Brettagna, Italia, Paesi Bassi e Lu- semboigo, Portogallo, Russia, Spagna, Stati Uniti d*Amerìca, Svezia e Norvegia e Turchia, i quali stipularono la seguente dichiarazione relativa alla tratta di schiavi, art. 9: ' Gonformément aux principes du Droit des gens tels quMIs sont reeonnns par les Paissances signataires, la tndte des esdaves étant inter* dite, et les opérations qui, sur terre ou sur mer, fournissent des esclaves à la traite devant Atre également considérées comme interdites, les Puissances qui exercent ou qui ezerceront des droits de souveraineté ou une influence dans les territoires formant le bassin conventionnel da Congo dóclarent qne ces territoires ne pourront servir ni de marche ni de voie de transit pour la traite des esclaves de quelque race que ce soit. Ghacune de ces Puissances 8*engage à emi^oyer tons les moyens en son pcAivoir pour meltre fin à ce commerce et pour punir ceux qui 8*en occupent ,.

548. Le regole concordate nell'Atto generale sottoscritto a Bruxelles il 2 luglio 1890 per reprimere la tratta dei negri devono essere considerate come l'espressione dei principii reclamati dalla civiltà per tutelare la libertà individuale e Tinviolabilità della per- sona umana, e devono essere reputate obbligatorie per tutti gli Stati civili.

L*atto generale antischiavista stipulato a Bruxelles il 2 luglio 1890, fu sot. toscrìtto dair Austria-Ungheria, Belgio, Congo, Danimarca, Francia, Germania^ Gran Brettagna, Italia, Paesi Bassi, Persia, Portogallo, Russia, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Norvegia, Turchia e Zanzibar. In forza di tale trattato le Potenze segnatario concordarono le disposizioni le più efficaci per assicurare la repres- sione della tratta di schiavi nelle zone marittime ove essa esiste tuttora. Oltre

268 Libro L Delle persone Parte speciale

ai provvedimenti adatti ad impedire il trasporto di schiavi, ammettendo no diritto reciproco di vigilanza ed il diritto reciproco di visita, ricerca e sequestro delle navi addette a trasportare schiavi (art 23), le Potenze segnatane con- cordarono altresì mezzi più efficaci per combattere la tratta all'interno del* r Africa nei laoghi d'origine (art. 1) ; per vigilare le carovane lungo le strade per le quali il traffico di schiavi per terra ò fatto (art. XV e XIX). Esse con- cordarono altresì i provvedimenti più opportuni per proteggere gli schiavi liberati e per fondare stabilimenti di rifugio per favorire la liberazione degli schiavi (art. LXXXVI).

Diritto di libertà di coscienza.

649. Ciascuno può liberamente accettare, conservare e mutare la propria confessione religiosa, e non potrà essere tenuto a ren- derne conto a nessuno.

II diritto di libera confessione religiosa sarà reputato uno dei diritti internazionali dell'uomo.

550. Sarà reputato parimente sacro ed inviolabile il culto della propria religione, e libero l'esercizio di esso, sempre che non vi sia nulla di vietato dalla legge territoriale, o che possa ritenersi in opposizione alle leggi di polizia dello Stato, o all'ordine pubblico.

551. Viola il Diritto intemazionale uno Stato che subordini il godimento dei diritti civili alla confessione religiosa, o che eser- citi ogni maniera d'influenza per costringere gli stranieri a mutare la loro confessione religiósa, perseguitandoli o vessandoli pel rifiuto da essi dato di cambiarla, o assoggettandoli ad interrogazioni per conoscere le loro credenze religiose.

552. La persecuzione religiosa sarà considerata come un fittentato al Diritto intemazionale ed una violazione grave da parte dello Stato che l'abbia autorizzata, o che non faccia quanto possa occorrere per impedirla.

Diritti internazionali delVuomo come cittadino.

553. Ogni persona che formi parte d'uno Stato come cit- tadino di esso, ha diritto a che il carattere di cittadinanza sia

Titolo X. Dei diritti e doveri internazionali deiruomo ^^^

dovunque riconosciuto e rispettato, e potrà invocare la protezione del Sovrano e del Governo dello Stato cui appartiene, contro qualunque Stato o qualunque Governo che volesse arbitrariamente conculcare i diritti che gli spettano, secondo il Diritto inter- nazionale.

564. Colui che appartiene ad uno Stato come cittadino, e che possa stabilire e provare il suo carattere come tale, avrà il diritto d'esercitare il commercio all'estero a norma dei trattati conclusi ed in vigore tra lo Stato di cui esso sia cittadino e quello in cui voglia esercitare il commercio, e di domandare ed ottenere il godimento d'ogni altro diritto privato, che trovi il suo fonda- mento sui trattati stipulati.

565. Indipendentemente dai trattati, incombe ad ogni Stato, secondo i più giusti principii del Diritto internazionale, il rico- noscere che colui che sia cittadino di Stato straniero ha il diritto d' invocare la legge dello Stato cui appartiene, a fine di stabilire la sua condizione civile, il suo stato personale e di famìglia e i diritti privati che gli spettano, purché il riconoscere l'autorità della legge estera e gli effetti che ne possono derivare non importino alcuna lesione od offesa del Diritto pubblico territoriale, o non deroghino alle leggi d'ordine pubblico, o a quelle relative al buon costume, e purché il cittadino straniero, a riguardo dell'esercizio dei diritti privati a lui spettanti secondo le leggi della sua patria^ si assoggetti alla legge territoriale.

666. Deve essere riguardato come un diritto dell'uomo, in quanto è cittadino, quello di rimanere nel territorio dello Stato di cui formi parte, e di non poterne essere espulso per motivi di sicurezza interna.

657. Viola il Diritto internazionale uno Stato che, per liberarsi dai cittadini malfattori, o dalle persone affette da ma- lattie contagiose, li condanni all'esilio, al bando, alla depor- tazione.

La pena del bando e dell'esilio dallo Stato potrà essere giu- stificata rispetto ai cittadini, solamente quando sia limitata ai soli delitti politici.

-'^ Libt'o 1. Delle penai t VarU speciale

Diritto di eleggere e rinunciare alla cittadinanza.

558. Ogni individuo, che abbia la capacità giuridica per eser- citare i diritti civili, può liberamente scegliere lo Stato al quale intenda appartenere, e può rinunziare alla cittadinanza acquistata ed acquistarne una diversa, purché però la dichiarazione per mutarla sia fatta in buona fede, sia effettiva, e manifestata colle forme e sotto le condizioni stabilite dalla legge dello Stato di cui la persona vuole rinunziare la cittadinanza.

559. Il diritto di rinunziare' alla cittadinanza originaria e di acquistarne una diversa deve essere considerato come un diritto personale di ciascuno, e non potrà essere subordinato alla previa autorizzazione del Sovrano delio Stato, di cui la persona era cittadino.

560. . La rinunzia alla cittadinanza originaria non potrà essere efficace a rompere tutti i legami che vincolano ciascuna persona allo Stato ed a far cessare i doveri verso di lui, quando dai fatti e dalle circostanze possa presumere che tale rinunzia abbia avuto luogo in mala fede. Tale dovrà essere reputata nel caso di uno che abbia abbandonato la sua patria a fine di sottrarsi agli oneri civici, o di esimersi dal servizio militare.

561. Dovrà presumersi la mala fede per parte di uno che, mentre abbia dichiarato di rinunciare alla cittadinanza origi- naria, abbia effettivamente continuato a conservare la sede prin- cipale dei propri affari ed interessi nello Stato di cui era prima cittadino.

562. La rinunzia alla cittadinanza originaria potrà essere tacita, e questo dovrà ammettersi nel caso di uno che abbia posto un fatto volontario incompatibile con la sua condizione di citta- dino dello Stato.

Sarà reputato tale Tavere accettato un impiego da un Governo straniero senza previa autorizzazione del Governo nazionale, o Tessersi arruolato nella milizia straniera.

Titolo X Dei diritti e doveri intemazionali delVuomo 271

Prova della cittadinanza.

663. Ogni individuo che reclami la cittadinanza d*uno Stato deve darne la prova, e questa dovrà essere valutata a norma della legge dello Stalo, a cui l'individuo intenda dimostrare di appartenere.

Fino a tanto che l'acquisto della nuova cittadinanza non sia debitamente provato, si deve presumere che Tindividuo abbia con- servata la sua cittadinanza di origine.

664. L'individuo, che sostiene d'avere perduta la cittadinanza d'uno Stato, deve darne la prova e dimostrare di avere acqui- stata quella straniera. Cotesta perdita non potrà ritenersi effet- tuata, se non quando l'individuo, che abbia acquistata la cittadi- nanza straniera, abbia avuto la capacità giuridica per fare ciò secondo la legge dello Stato di cui esso era cittadino, e quando tutte le condizioni secondo questa prescritte per poter ammet- tere tale perdita possano ritenersi avverate.

Queste dae regole tendono ad ovviare airincon veniente di potersi trovare uno mancante di una data cittadinanza o che possa trovarsi allo stesso tempo cittadino di due Stati.

665. Non viola il Diritto intemazionale uno Stato che prov- vede colle sue leggi interne ad impedire Tespatriazione effettuata in mala fede.

666. Nessuno potrà essere reputato cittadino di due Stati, e ciascuno dovrà avere in massima una determinata cittadinanza.

Incombe agli Stati l'accordarsi nello stabilire regole uniformi per l'acquisto e per la perdita della cittadinanza , e l'eliminare Tinconveniente della duplicità o della mancanza della medesima.

La cittadinanza ha un'importanza grandissima, e non solo di fronte al Di- ritto pubblico ed al Diritto civile di ciascun paese , ma altresì di fronte al Diritto intemazionale. Essa ò infatti il fondamento dei diritti politici, quelli cioè che sono una prerogativa esclusiva dei cittadini, ed è pure il fondamento di quei diritti civili, dei quali il legislatore riserva il godimento a coloro sol- tanto che devono essere reputati cittadini dello Stato. Per gli altri poi, dei quali il godimento è concesso ai cittadini ed agli stranieri, siccome la misura

272

Libro L ' Delle persone Parte speciale

del diritto, e la maniera di goderne devono dipendere dallo statuto personale, il quale stabilisce la condizione civile di ciascuno e i suoi diritti personali e di famiglia, e viene ad essere determinato An considerazione della cittadinanza, cosi riesce chiaro che, dovendo ciascuno godere ì diritti civili e privati, che gli spettano, secondo la propria legge personale, la cittadinanza è decisiva per determinare in concreto ed in modo positivo quali siano i diritti privati e civili che a ciascuna persona spettino.

Di fronte finalmente al Diritto internazionale, siccome ogni persona può accampare il diritto di godere nei rapporti intemazionali di tutte le facoltà, di tutti i vantaggi e di tutti i privilegi, che in forza di trattati stipulati tra Stato e Stato siano attribuiti ai cittadini rispettivi, riesce chiaro che la cittadinanza è decisiva per determinare il godimento di tutti i diritti privati, che si vogliono fondare sui trattati conclusi ed in vigore.

Vedi Fiore, Dello stato e della condizione giuridica delle persone secondo la legge civile^ Napoli 1893, editore Marghieri, tomo I, pag. 20.

Necessità di un Diritto uniforme relativamente

alla cittadinanza.

567. Incombe a tutti gli Stati civili il concordare regole uniformi circa le norme fondamentali per l'acquisto , la perdita ed il mutamento della cittadinanza, e il conciliare il rispetto dovuto alla libertà di ciascuno di scegliere liberamente lo Stato al quale intende appartenere, colla reciproca utilità di eliminare ogni incer- tezza riguardo alla cittadinanza.

Tenendo conto dell'importanza che la cittadinanza ha anche di fronte ai Diritto internazionale, si comprende come sia di sommo interesse perTeser- cizio e lo sviluppo giuridico dei diritti dell'uomo, che ciascuno abbia una deter- minata cittadinanza, e che non si trovi nella condizione di esserne mancante del tutto, o di avere simultaneamente la cittadinanza di Stati diversi. Pur am- mettendo la libertà di ciascuno riguardo all*eliggere, conservare, e mutare la propria cittadinanza, bisogna non per tanto escludere 1* inconveniente gravis- simo, che deriva dal trovarsi talvolta una persona senza una cittadinanza determinata, talvolta un'altra che nel tempo stesso abbia la cittadinanza di due Stati diversi. Ciò dipende da che i legislatori, usando del loro diritto di autonomia, e non essendovi alcuna limitazione riguardo ai principii fon- damentali in materia di cittadinanza, e promulgando ciascuno la legge della cittadinanza come meglio gli garba, rendono cosi possibile talvolta la con- dizione della persona senza patria. Tali anomalie non potranno sparire che in conseguenza di un accordo circa i principii fondamentali, i quali dovrebbero essere rispettati da tutte le leggi territoriali.

568. Spetterà alla sovranità di ciascuno Stato di detemii- nare e fisijai-e le condizioni per l'acquisto della cittadinanza, per

TUolo X. ' Dei difitti e doveri intemazionali delVuomo t73

la sua conservazione e per il suo riacquisto, sotto condizione però di non violare i principii fondamentali che di comune accordo siano stati stabiliti.

Bff/ole per Vattribuzione della cittadinanza.

569- Finché non sarà concordato un Diritto uniforme in materia di cittadinanza, incombe alla sovranità di ciascuno Stato il mettere la propria legislazione in armonia coi seguenti principii del Diritto internazionale.

570. Dovrà essere reputato contrario ai diritti dell'uomo l'imporre la cittadinanza ad uno contro sua volontà espressa o presunta.

Sarà considerato tale il dichiarare cittadini tutti coloro che nascano nel territorio dello Stato.

671. Dovrà reputarsi conforme alla volontà presunta di eia* scuna persona l'attribuire al figlio legittimo la cittadinanza del padre fino all'età maggiore, e fino a quando esso, con un fatto volontario, non ne abbia acquistata un'altra sua elezione, e l'attribuire al figlio naturale la cittadinanza del padre, se questi lo abbia riconosciuto, o quella della madre se sia stato riconosciuto soltanto da lei.

672. Colui che sia nato nel territorio d'uno Stato da genitori ignoti, sarà reputato cittadino dello Stato in cui ne sia avvenuta la nascita.

Qualora però durante la minorennità il padre straniero lo abbia legalmente riconosciuto, il figlio seguirà la condizione di lui. Se sia riconosciuto simultaneamente dal padre e dalla madre, seguirà a preferenza la condizione del padre.

673. Il figlio che avrà acquistato per nascita la cittadinanza attribuita al genitore di lui la conserverà fino all'età maggiore.

574. Qualora il genitore perdesse la propria cittadinanza ed acquistasse la cittadinanza straniera, il figlio non seguirà la con- dizione di lui se non quando, giimto all'età maggiore, determinata

18 Fiore, Dir. intem, codif.

274 Libro L - Delle persone Parte spedale

secondo la legge della sua patria originaria, dichiarì di volere seguire la condizione del proprio genitore.

676 -^ La donna cittadina che si mariti ad uno straniero perde la propria cittadinanza ed acquista quella del marito.

676. La donna maritata non avrà il diritto di mutare la cit- tadinanza da essa acquistata col matrimonio, che quando questo sia sciolto. Durante il matrimonio essa potrà però seguire libe- ramente la condizione del marito, se questi acquistasse una nuova cittadinanza.

Sarà lo stesso in caso di separazione personale.

677. Nessuno potrà acquistare la cittadinanza d'uno Stato mediante la naturalizzazione, se prima non abbia rinunziato alla cittadinanza originaria e non dia la prova, in conformità della legge dello Stato di cui era cittadino, di avere perduta la citta- dinanza d'origine.

678. Nessuno può rinunciare alla cittadinanza d'origine o subire la perdita della medesima, se non quando abbia acquistata la cittadinanza straniera, e non ne dia la prova secondo la legge del paese straniero.

In ogni caso di dubbio la presunzione legale sarà ognora per la conservazione della cittadinanza originaria.

Le ra^oni sulle quali ci sembrano fondate le regole sopra enunciate tro* yansi sviluppate nelle nostre opere, cioè: Fiore, Diritto inter, privato, 3* ediz. -(Unione tip. editrice, 1888), voi. I, Leggi civili, parte speciale, cap. III. Vedi la traduzione francese di Charles Antoine e la traduzione spag^uola di Garcia Moreno. Fiore, Sulle disposizioni generali delV applicazione e interpretazione delle leggi (Napoli, Marghìeri, 1890), voL II, cap. 11, Della cittadinanza in rap- porto alla legge personale.

Le regole a riguardo dei figli minori e della donna maritata tendono ad escludere che lo stato di cittadinanza acquistato da essi. colla nascita o col matrimonio possa essere mutato a volontà del padre o del marito, ed a sta- bilire che lo status civitatis è un diritto personale, che appartiene a ciascuna persona, e di cui essa soltanto ha diritto di disporre, quando ne abbia la capacità.

Vedi per quello che concerne le quistioni di cittadinanza secondo il Diritto .civile italiano: Fiore, Commento del Diritto civile italiano: Della condizione giuri- dica delle persone (Margbieri editore, Napoli 1889), Tit. 1^ Della cittadinanza.

579. -^ Il domicilio civile non potrà valere in massima ad acqui- stare la cittadinanza, se non*' quando sia stabilito e mantenuto

Titolo X. - Dei diruti $ doveri internazionali delVuomo *'^

senza interruzione per un tempo determinato (10 anni almeno) da uno che abbia abbandonato la patria colla manifesta inten- zione di non ritornarvi più.

Quantunque i rapporti, che derivano dal domicilio, e quelli che derivano dalla cittadinanza, siano di natura diversa, pur non di meno, siccome la popolazione effettiva di ciascun paese ò formata da coloro, che vi sono stabiliti perma- aentemente, e che hanno in esso il centro dei propri affari e dei propri inte- ressi, e questo fa che col domicilio reale vengano a stabilirsi certi legami fra le persone domiciliate ed il Sovrano del paese, così bisogna ammettere che, quando tale fatto sia protratto per un tempo ragionevole a far presumere la volontà di far parte della popolazione effettiva, e d'altra parte poi colui, che abbia stabilito il domicilio, abbia abbandonato la patria, manifestando Tinten- zione di non farvi più ritomo, tale complesso di circostanze può . equivalere alla tacita rinunzia della cittadinanza originaria , e. alla tacita elezione di quella del paese, ove uno abbia fissato il suo domicilio. Questo ci sembra che si possa ammettere se il domicilio sia mantenuto da uno straniero per dieci anni senza alcuna dichiarazione di volersi riservare i suoi diritti come cittadino dello Stato estero. Tale effetto non dovrebb*essere attribuito al domicilio sta- bilito per ragioni di commercio, ma sarebbe ragionevole Tammetterlo in caso di domicilio civile.

Vedi Fiore, Diritto intern. priv., 2* ediz., 1874, Appendice, pag. 552.

Doveri internazionali delVtiomo.

580. Nissuno può invocare la protezione del Diritto inter- nazionale e avvantaggiarsi del godimento e dell'esercizio dei diritti, che secondo esso a ciascuna persona spettano, se non a con- dizione di riconoscerne Tautorità e osservarne i precetti.

581. ~ Ogni persona che, navigando per l'alto mare, non osservi le regole della navigazione, o commetta un reato che sia qualificato tra quelli punibili secondo il Diritto internazio- nale, sarà tenuta a risponderne in conformità del medesimo.

Tale sarà il caso di uno che navigasse senza osservare le norme della rotta marittima, o che esercitasse la pirateria, o che dolo- samente guastasse e distruggesse le opere destinate all'uso comune di tutti i popoli, come i telegrafi sottomarini e gli apparati annessi, i canali che servono alla navigazione oceanica e somiglianti opere utili ai bisogni internazionali.

276

Libro I. ' DeUe penone Parte speciale

Tutèla giuridica dei diritti internazimali délVuomo.

682. ^ I diritti intemazionali dell'uomo sono sotto la tutela giuridica collettiva di tutti gli Stati civili, e l'attentato ai mede- simi sarà considerato come una violazione del Diritto intemazio- nale, che potrà legittimare Tingerenza di tutti gli Stati civili in conformità delle regole stabilite in questo Libro e di quelle circa la tutela giuridica del Diritto internazionale, che saranno stabilii e al Libro IV.

Vedi al titolo precedente le regole che concernono il dovere d* ingresso collettivo.

Titolo XI, ' Dti dèrmi e doveri intemazionali deUa Chiesa ^^7

TITOLO XI.

Dei diritti doveri intemasionali della Ohiess.

583. Nessuna Chiesa potrà assumere la condizione giurìdica di persona della magna civiias se non quando la sua costituzione e la sua organizzazione attuale abbia di fatto il carattere di con- fessione universale ed internazionale.

€k>Dfr. reg. 8M3, 36-87, 58-61.

La Chiesa è il risultato del diritto di libertà di coscienza, ohe appartiene a eiasciis nomo, e che abitiamo detto doTer essere considerato come uno dei diritti intemazionali di Ini. Essa però non può reputarsi esistente, se non quando vn numero piò o meno considerevole di nomini, associati dalla fede comune, si siano riuniti di fatto in consorzio ed abbiano formato una comunione spi- rituale, riconoscendo spontaneamente un Capo supremo, che eserciti un^autorìtà morale di direzione e di governo su di loro tutti credenti, o in altri termini quando essa abbia assunto la forma di un'istituzione.

n diritto personale di libertà di coscienza spettante a ciascun uomo deve essere protetto dal Diritto intemazionale, come ogni altro dei diritti delFuomo. Ora conviene considerare che tale diritto può manifestare come sentimento coUettivo di una considerevole molUtndine di credenti, che, riuniti dalla mede- sima fede e riconoscendo la suprema autorità di un CSapo, chiamato a man- tenere Tunità del dogma e della credenza, costituiscano un consorzio religioso. Questo pare dev'essere protetto dal UiriUo intemazionale in virtù degli stessi principii, che devono assicurare il rispetto della libertà di coscienza come diritto individuale.

Affinchè però una Chiesa possa assumere la condizione di persona interna- zionale, occorrono certe circostanze di fatto, così come accade rispetto alVasso- dazione politica che intenda di assumere la condizione di Stato. Una molti- tndme ben considerevole di credenti sparsi nelle diverse regioni del mondo: un Papa che eserciti rispetto ad essi la suprema autorità di governo e di disciplina: un sacerdozio che presti ad esso obbedienza, e via dicendo, sono ekeostanse che devono verificare, affinchè la Chiesa possa di fktto accam- pare il diritto di essere considerata come una persona intemazionale. Questo non si può dire che nell'attualità si verifichi di ogni Chiesa,, ma soltanto bensì della Chiesa cattolica romana.

Senza accettare il concetto che di essa hanno i fautori del Papato ed i Papi stessi, e prendendola tale quale essa è, e come Dio stesso, o come i tempi, la Iradhcione e la storia Thanno fatta, non giova disconoscere che essa solamente»

278 Libro 1. - Delle persone ParU apeciale

a preferenza di ogni altra Chiesa, presenta Taspetto di unMstitnzione mondiale, ammirabile per la costruzione del suo organismo, a mano a mano cementato dall'opera di diciotto secoli e conservato dalla gerarchia la più compatta e la più potente che mai abbia veduto il mondo.

Non puossi escludere che un'altra Chiesa, qualunque, possa acquistare di fatto la posizione che oggi ha quella cattolica romana, e che verificandosi le stesse circostanze possa accampare il diritto che a ciascuna Chiesa spetta, di assumere la posizione di persona della magna cìvitae; ma oggi a noi sembra che soltanto la Chiesa cattolica romana si trovi nella condizione d*essere repa- tata quale persona di fronte al Diritto internazionale.

684. La Chiesa cattolica romana può assumere neirattua- lità la condizione di persona internazionale. Essa non può però stabilire relazioni ed esercitare i suoi diritti intemazionali come tale di fronte ad uno Stato, se non quando la sovranità di lui abbia a ciò acconsentito.

Conviene avvertire attentamente che una cosa è la personalità ed un'altra cosa è l'esercizio ed il godimento dei diritti che alla persona appartengono» La Chiesa, in quanto è un'istituzione intemazionale, può assumere /ur« suo la condizione di persona intemazionale, ma non può pretendere come tale di entrare in rapporti con uno Stato e di esercitare e godere di fatto i diritti internazionali di fronte a lui, che previo il consentimento da parte della sovra- nità dello Stato (Conf. reg. 73 e seg.).

Libera costituzione della Chiesa.

585. Tutti i fedeli che hanno la medesima credenza, tutto- ché si trovino sparsi nelle diverse regioni del mondo, possono formare un'associazione religiosa e riconoscere la suprema auto- rità di un Capo che eserciti l'autorità spirituale a riguardo di essi tutti, e costituirsi come Chiesa.

586. La Chiesa, in tutto quello che concerne la sua costi- tuzione, la sua organizzazione ed il suo governo spirituale, sarà sottratta alla giurisdizione di qualsisia sovranità territoriale.

Tale diritto deve essere attribuito nell'attualità alla Santa Sede e a tutte le persone che esercitano la potestà ecclesiastica a riguardo dei fedeli, cioè al Sommo Pontefice, e a coloro ai quali è affidato l'esercizio del potere spirituale a riguardo dei credenti.

Titolo XL ' Dei diritti e doveri intemazionali della Chiesa ^^

687. Viola il Diritto* internazionale ogni Stato che manometta la libertà della CShiesa a riguardo di quanto concerne la sua orga- nizzazione e l'esercizio di ogni autorità spirituale rispetto ai fedeli.

Libero governo della (hiem.

588. n diritto di libertà di governo può essere attribuito al Capo della Chiesa soltanto dentro la cerchia giuridica determi- nata dalla natura della sua autorità e dai fini della Chiesa come comunione spirituale.

Esso consisterà nella libera promulgazione e nella libera dif- fusione dei principiì della credenza e della fede a coloro che spon- taneamente intendano accettarli : nel dare liberamente precetti ai fedeli, illustrando i principi! della credenza: nel dare le norme della disciplina e del culto e senza mezzi coercitivi diretti o indiretti.

689. Spetta al Capo della Chiesa il diritto di provvedere libe- ramente a quanto concerne Talta amministrazione della medesima.

Esso potrà a tal fine comunicare con tutto il sacerdozio e le persone addette all'esercizio delle funzioni spirituali; convocare e celebrare ì Concilii ed i Sinodi ; esercitare nelle forme canoniche il suo potere ecclesiastico legislativo ; comminare le censure, esclu- dendo però ogni sanzione civile ed ogni appoggio dell'autorità politica contro coloro che non volessero spontaneamente accet- tare ed osservare i suoi precetti, o che preferissero di abbando- nare la propria confessione religiosa.

É

690. Coloro che partecipano all'alto governo della Chiesa, e che nelle Congregazioni, nei Sinodi, nei Concilii esercitano atti del potere spirituale, saranno a riguardo di ciò responsabili verso il Capo della Chiesa. Essi non saranno tenuti a rispondere verso il Capo dello Stato che nel caso contemplato dalla regola 597.

691. Nessuna giurisdizione, però, che implichi l'esercizio delle funzioni della sovranità politica, potrà essere attribuita al Sommo Pontefice, neanche dentro i limiti delle località coperte dal privi* legio delFestraterritorialità.

280 Libro I. - Delle persone Parte speciale

692. « Qualunque ingerenza da parte del Governo dello Stato in tutto quello che possa concernere gli atti di alta amministra** zìone della Chiesa sarà reputata illegale ed in opposizione coi princìpii del Diritto internazionale.

693. Il Sommo Pontefice sarà sottratto da qualsiasi som- missione ai poteri ordinari dello Stato, altresì in quello che eser- cita le funzioni di alta amministrazione relativamente ai patrimoni da esso attribuiti alle Congregazioni e agli Uffizi da esso istituiti per l'esercizio del potere spirituale.

694. L'esercizio però delle funzioni amministrative connesse col governo della Chiesa, qualora siano esplicate in maniera da entrare nel campo del Diritto pubblico territoriale o del Diritto privato, saranno soggette al Diritto comune vigente nello Stato, ove tali funzioni amministrative siano esercitate.

Questa regola tende a distinguere quello che appartiene all'alto governo della Chiesa, e che mira aUo sviluppo degrinteressi spirituali di essa, da quello che riguarda la gestione e quanto possa occorrere per le finzioni amministrative del governo stesso. Queste funzioni amministrative devono rimanere soggette alle leggi delio Stato, ogni qual volta che per la natura d^le cose esse entrino nel campo del Diritto pubblico territoriale o del Diritto privato. La indipen- denza del governo ecclesiastico non si può dire violata se le Congregazioni o gli organi, ai quali è affidata a modo d^esempio Tamministrazione della Santa Sede, facendo un contratto, che dia poi luogo a controversie di Diritto privato, siano a cagione di tale contratto assoggettati alle leggi comuni ed alle giurisdi- zioni ordinarie. Un contratto o un qual sia rapporto di Diritto privato non può perdere la sua natura come tale, solo perchè figuri in esso come parto chi sia preposto al governo della Chiesa.

Inviolabilità del Capo della Chiesa.

595. *- Il Capo della Chiesa sarà indipendente e personalmente inviolabile in quello che concerne l'esercizio della suprema auto* rità, ch'egli ha come preposto al governo di essa, e Capo della gerarchia e del sacerdozio.

596. -^ Nessuna sovranità potrà, senza violare la libertà inter- nazionale della Chiesa, dichiarare responsabile il Capo di essa, o sindacare l'uso ch'esso avesse fatto del suo potere spirituale, pro- mulgando il dogma, la dottrina e le regole da esso suggerite come

TUolo XI. DH dirim dwtri inUmazionali detta CktMa S81

norma della fede e dei sentimenti dei credenti, potrà dichia- rare responsabili coloro che nel santuario della loro coscienza le

accettino per osservarle.

697. L'ingerenza e l'azione del Sovrano dello Stato sarà però giustificata se la dottrina sia promulgata per eccitare e per spingere i credenti ad atti esteriori, che siano contrari agi' in- teressi dello Stato ed agli ordinamenti pubblici.

Tutti coloro che in conseguenza della dottrina o del sentimento religioso abbiano iatto atti esterni in opposizione ai diritti ed agli interessi dello Stato, saranno tenuti a risponderne secondo le leggi vigenti e le norme del Diritto comune.

Qnesta regola tende ad ammettere che il Capo della Chiesa dev*es9ere asso- latamente libero ed irresponsabile di esercitare in ogni forma canonica il suo potere, tanto circa materie dommatiche, quanto circa materie disciplinari, e quindi anche quando esso porti gli Atti della Chiesa a conoscenza dei fedeli che intendano spontaneamente accettarli in coscienza. Questo però può essere detto in modo assoluto rispetto agli Atti che si riferiscono al dogma, i quali concernono la fede e non hanno applicazioni fuori della coscienza del credente. Non può essere Io stesso degli Atti in materia di disciplina, perchè, siccome questi danno ai fedeli le norme delFagire, così, se Tautorità ecclesiastica mirasse con tali Atti ad eccitare i fedeli a fare opposizione al Diritto pubblico dello Stato ed agli ordinamenti civili e politici, questo farebbe naturalmente nascere il diritto dello Stato di difendere so stesso contro gli attentati da parte della potestà ecclesiastica, e di vietare anche che tali Atti fossero portati a cono- scenza dei fedeli, inibendone la pubblicazione, oltre poi il diritto di assogget- tare alle sanzioni penali coloro che, in conseguenza dei suggerimenti e delle norme promulgate dalla suprema autorità ecclesiastica, avessero attentato ai diritti dello SUto.

Diritto di rappresentanza della Chiesa.

608. Ogni Chiesa che sia stata riconosciuta come una per« sona della magna eiviias potrà essere rappresentata presso i Uovemi che vi abbiano acconsentito, da coloro ai quali tale missione sia stata affidata.

599. II diritto di rappresentanza spettante alla Chiesa non potrà mai essere equiparato al diritto di Legazione spettante agli Stati, per questo la Chiesa potrà essere reputata simile ad uno Stato*

*°* Libro L Delle persone Parte speciale

Il diritto spettante al Capo della Chiesa di mantenere relazioni dirette col Capo dello Stato, che 7i abbia acconsentito, trova il suo fondamento sui prin- cipii di Diritto pubblico interno e su quelli del Diritto internazionale. Essendo frequenti i rapporti tra Tautorità politica e Tautorità ecclesiastica per Teser- cizio del culto» deiramministrazione e dello sviluppo esteriore delle funzioni ecclesiastiche medesime, non può escludersi il diritto spettante al Sovrano di ciascuno Stato di regolare tutto ciò d'accordo col Capo della Chiesa e di con* eludere, quando sia il caso, anche un concordato; e non può neanche esclu- dersi il diritto reciproco del Capo dello Stato e di quello della Chiesa di man- tenere d'accordo gli agenti diplomatici, a fine di regolare le materie che abbiano formato oggetto concordato, o sulle quali, senza avere concluso un concor- dato, di fatto le due autorità intendano procedere d'accordo.

Tutto ciò può valere a spiegare quale esso sia il carattere vero degli agenti (nuneù legati e simili) destinati a mantenere i buoni rapporti tra il Capo della Chiesa e il Capo dello Stato. Si comprende come, in forza dell'indipendenza personale spettante al Capo della Chiesa, in quello che concerne l'esercizio della suprema autorità, debba ammettersi la indipendenza alUresì delle persone che siano da lui delegate per rappresentarlo nell'esercizio della sua suprema autorità presso i Governi che tali rapporti abbiano voluto stabilire. Ma in tutto ciò non si può trovare nulla che assimili la Chiesa allo Stato nell'esercizio del Diritto di legazione. Deve bastare il considerare che gli agenti diplomatici dello Stato rappresentano la sovranità politica nell'esercizio delle sue funzioni politiche nei rapporti col Governo straniero, e gli agenti diplomatici del Papa rappre- sentano il Capo della Chiesa nell'esercizio della sua autorità spirituale in rap- porto al Governo straniero che vi abbia acconsentito. Tanto è quindi sostanziale la differenza tra una cosa e l'altra, quanto lo è la differenza fra Stato e Chiesa; sovranità politica ed autorità spirituale ; funzioni politiche e poteri spirituali.

600. Gli agenti diplomatici del Papa saranno reputati dovun- que sotto la protezione del Diritto internazionale, per quello che concerne il rispetto dovuto al loro carattere pubblico e la libertà d'esercitare la loro missione.

Essi godranno in ciascuno Stato i diritti e le prerogative spet- tanti agli agenti diplomatici, secondo il Diritto intemazionale e secondo la legge dello Stato che voglia accettarli come tali.

Secondo l'articolo 11 della legge sulle prerogative del Sommo Pontefice, del 13 maggio 1871, è così disposto: * Gl'inviati dei Governi esteri presso Sua San-

* tità godono nel Regno di tutte le prerogative ed immunità che spettano agli

* agenti diplomatici, secondo il Diritto intemazionale.

* Alle offese contro di essi sono estese le sanzioni penali per le offese agli

* inviati delle Potenze estere presso il Governo italiano.

* Agli inviati di Sua Santità presso 1 Governi esteri sono assicurate nel ter-

* ritorio del Regno le prerogative ed immunità d'uso, secondo lo stesso Diritto,

* nel recarsi al luogo di loro missione e nel ritornare ,.

Dalla disposizione di tale articolo risulta chiaro, che non è esatto il concetto di coloro, i quali insegnano che in forza della legge del 1871 è stato attribuito al Papa il diritto di Legazione. Il diritto spettante al Capo della Chiesa

Titolo XL Dei diritti e doveri intemazionali della Chiesa 283

mantenere relazioni dirette col Capo di uno Stato che vi abbia acconsentita non proviene al certo dalla legge italiana, verrebbe meno se la legge del 1871 fosse abrogata. Il mantenere relazioni col Capo della Chiesa mediante agenti rivestiti di carattere pubblico è, rispetto allo Stato straniero che ciò voglia fare, atto di sovranità nel campo della sua autonomia. Quello che il Governa straniero non potrebbe pretendere si è che gli agenti da lui inviati ed accre- ditati presso il Capo della Chiesa godessero nel Regno d^ltalia le prerogative e le immunità che spettano agli agenti diplomatici, secondo il Diritto inter-^ nazionale. Come, d*altra parte, il Papa non potrebbe pretendere che grinviati da lui godessero nel Regno d'Italia le stesse prerogative e le stesse immu- nità, mentre si recano al luogo di loro missione o vi ritornano. Questo è quanto è stato concesso coirart. 11 della mentovata legge.

Doveri iniernazionali della Chiesa.

m

601. -~ Incombe ad ogni Chiesa Tesercitare tutte le facoltà che ad essa spettano dentro i limiti giuridici determinati dalla natura stessa dell'istituzione, e l'agire sulle anime con mezzi meramente spirituali, e senza entrare nel campo in cui deve eser- citare i suoi diritti Io Stato, o attentare direttamente o indiret- tamente alla sicurezza ed agl'interessi politici del medesimo.

602. Incombe al Capo della Chiesa ed alle autorità che eser* citano le funzioni di governo da esso delegate di astenersi dallo adoperare qualunque mezzo esterno coercitivo, diretto o indiretto, per regolare e mantenere la disciplina, e di astenersi altresì dal- l'invocare ogni sanzione civile e qual si sìa forma di appoggio da parte dell'autorità politica, per quanto concerne le materie dommatiche e le materie disciplinari.

603. Viola il Diritto intemazionale ed il diritto di libertà di coscienza spettante a ciascun uomo l'autorità ecclesiastica, la quale eserciti i suoi poteri e le sue funzioni coll'appoggio dell'autorità politica, anche quando questo sia prestalo in conseguenza di previ! accordi tra le due autorità.

li dazioni della Chiesa collo Sfato.

604. La Chiesa cattolica romana, di fronte al Diritto pub- blico di ciascuno Stato, dovrà essere reputata nella medesima

284 Libro I. - Delle persone Parte speciale)

posizione giuridica di ogni altra confessione religiosa^ e non potrà pretendere alcun privilegio prerogative speciali, ma solo il godi- mento dei diritti internazionali che possono ad essa spettare nel- Tattualità, avuto riguardo alle speciali circostanze storiche e di fatto , nelle quali essa effettivamente si trova a confronto delle altre confessioni religiose.

Incombe a ciascuno Stato il regolare, mediante il Diritto pub- blico interno, la condizione giuridica delle Chiese, in maniera da non offendere i diritti che ad ognuna di esse spettano, a seconda del Diritto internazionale (vedi reg. 32-33, 36-37, 58-61).

605. Ogni Chiesa, per quello che concerne lo sviluppo este- riore delle sue funzioni ed il culto, sarà soggetta alle leggi dello Stato in cui tali funzioni esteriori e tale culto saranno esercitati, ed i rapporti di essa colla sovranità dello Stato saranno repu- tati nel dominio esclusivo del Diritto pubblico intemo.

606. La Chiesa cattolica non potrà pretendere di essere con- siderata come persona giuridica ed esercitare i diritti civili che a questa competono, se non quando la personalità giuridica sia stata ad essa attribuita e riconosciuta dal Sovrano dello Stato.

607. -^ Spetta altresì alla sovranità di ciascuno Stato il diritto di riconoscere o negare la personalità- giuridica delle Associazioni ecclesiastiche e delle Corporazioni religiose.

608. Ciascuno Stato deve tutelare la piena libertà delle auto- rità ecclesiastiche nell'adempimento di tutte le funzioni del loro ministero ecclesiastico circa le materie dommatiche, Tamministra- zione dei sacramenti, la promulgazione della dottrina ecclesiastica, sempre che tali atti siano compiuti senza ledere i diritti dello Stato e il diritto di libertà di coscienza che a ciascuna persona spetta.

Incombe però al Capo della Chiesa il riconoscere le leggi di ciascuno Stato riguardo all'esercizio delle funzioni di governo, in quello che tali funzioni implichino nel loro esercizio atti este- riori, ed in quello altresì che concerna l'esercizio esteriore del culto.

609. Ciascuno Stato sarà tenuto ad abolire le leggi che restrin- gano indebitamente la libertà della Chiesa neiresercizio ddle fun-

TUolo XL - Dei diritti e doveri intemazionali della Chiesa ^^5

zionì ecclesiastiche, o che ammettano la ingerenza deirautorità politica nel governo spirituale della medesima.

Questa regola tende a stabilire la separazione completa delle finzioni della sovranità politica da quelle che spettano al Capo della Chiesa, e ad escludere conseguentemente F ingerenza del potere politico riguardo air esercizio del potere spirituale.

610. Le norme per determinare la condÌ£Ìone giuridica della CSiiesa per quello che concerne l'esercizio de' suoi diritti e do- yeri in ciascuno Stato potranno formare oggetto di concordato concluso tra TI Capo della Chiesa ed il Sovrano dello Stato, a norma deUa legge costituzionale di questo.

611. n concordato non è un trattato intemazionale concluso ti*a Stato e Stato, ma dovrà essere riguardato come legge di Diritto pubblico interno. Però, se mediante esso i diritti inter- nazionali della Chiesa fossero stati determinati e riconosciuti, e cessato poi dall'essere esso in vigore i diritti suddetti fossero vio* lati, spetterebbe alla Chiesa d'invocare la protezione del Diritto intemazionale^ a fine di ottenere il rispetto dei diritti internazionali che ad essa spettano indipendentemente da trattati e da concordati.

Tutela giuridica dei diritti e doveri internazionali della Chiesa.

612. I diritti ed i doveri intemazionali della Chiesa saranno considerati, al pari di tutti i diritti spettanti alle persone della società intemazionale, sotto la garanzia collettiva di tutti gli Stati che vivono in società di fatto, e resteranno sommessi alle regole circa r ingerenza collettiva e a quelle circa la tutela giuridica dei diritti internazionali, che saranno esposte in seguito.

613. Alla tutela della dignità del Capo della Chiesa ed al rispetto ad esso dovuto in considerazione della sua alta autorità, sarà provveduto in conformità della legge intema di ciascuno Stato,

Le regole che sono state da noi proposte in questo titolo, prese nel loro complesso, mirano a stabilire la posizione internazionale della Chiesa, avuto riguardo ai prìncipii giuridici che la concernono come istituzione che esiste

*^ Libro L ' Delle persone Parte apeciaìe

per ed indipendeQtemente dal Diritto territoriale, e la posizione dello Stato che neiresplicamento de* suoi diritti e delle sue potestà territoriali si trova inevitabilmente in rapporto còlla Chiesa.

Posto il concetto da cui siamo partiti, che cioè il carattere sostanziale de' a persona {subjectutn juris) sia Tìndividualità jure suo delFessere intelligente e libero, e che il carattere distintivo del suhjectum juris di fronte al Diritto inter- nazionale sia rindividualità jure suo ed una sfera giuridica non ristretta in limiti territoriali, non potevamo fare a meno di ammettere che il consorzio religioso, quando acquisti la propria individuala à in forza dell'unità della fede, della disciplina e del culto sotto la suprema autorità di un Capo, e che inoltre assuma come tale la posizione d^istituzione internazionale, debba essere reputato persona di fronte al Diritto internazionale.

Ora giova avvertire che ad ogni persona spettano i propri diritti naturali, quelli cioè che gli competono, avuto riguardo alla sua natura ed alla sua fina- lità. Il legislatore austriaco riconosce che Tuomo ha diritti naturali perchè è persona (art. 16, Cod. civ.). Noi abbiamo quindi cercato di determinare quali siano i diritti naturali della Chiesa come persona internazionale e quali siano i diritti dello Stato ne* suoi rapporti colla Chiesa, che, come associazione e 4some istituzione, nello sviluppo delle sue funzioni viene in contatto colla sovra- nità territoriale e con le leggi territoriali.

Soltanto determinando accuratamente la cerchia giuridica delPuna e dell'altra Individualità, Stato e Chiesa, ed i diritti che a ciascuna di esse competono, secondo la sua natura e la sua finalità, puossi risolvere la questione tanto complicata dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa e quella veramente difP.col- tosa e delicata della posizione giuridica internazionale deUa Chiesa cattolica romana.

Noi ci siamo proposti di escogitare un sistema che renda possibile di risol- vere razionalmente la cosi detta questione romana, e quella dei rapporti tra Stato e Chiesa.

Non potendo disconoscere il fatto storico, che cioè la Chiesa cattolica romana abbia nell'attualità la posizione d'istituzione internazionale, potendo con- testare il diritto che certamente le spetta di essere autonoma ed indipendente in tutto quello che la concerne come istituzione spirituale, e libera in tutti gli atti di governo rispetto ai fedeli sparsi nelle diverse regioni del mondo, •abbiamo ammesso ch'essa possa assumere la condizione di persona interna- zionale, quantunque non sia uno Stato. Dato il falso supposto che lo Stato soltanto debba essere reputato persona internazionale, i fautori del Papato e ì Papi stessi hanno accampato la loro pretesa al cosi detto Potere temporale, adducendo che, se lo Stato soltanto potesse assumere la condizione di persona internazionale, la Chiesa dovrebbe essere uno Stato per poterla assumere. Avendo invece ammesso e dimostrato che la Chiesa può assumere la condi- zione di persona internazionale, quantunque essa non sia uno Stato, ed avendo determinato i diritti internazionali che le spettano come istituzione interna- zionale (dentro i limiti però della sua natura come istituzione spirituale, e della sua finalità morale), cade del tutto ogni pretesa di potere politico e temporale.

L'autonomia dello Stato, d'altra parte, nell'esplicamento delle sue potestà rispetto ad ogni forma di associazione, non può venire limitata riguardo alle Chiese che esistono nello Stato (non esclusa la Cattolica romana) in quello che esse nello sviluppo delle luru funzioni e neiresercìzio del culto vengano

Titolo XI. - Dei diritti e doveri internazionali della Chiesa ^^

In contatto colla legge territoriale. Tutto si concilia ed ogni dissenso resta eliminato ritenendo sempre come certo e fermo che ciascuna delle due isti- Inzioni dev^essere autonoma, libera ed indipendente neiresplicarsi nella propria cerchia giuridica, e che conseguentemente Tautonomia dello Stato dev^essere ognora saldamente mantenuta in tutto quello che concerne la conservazione e la tutela degrinteressi pubblici e degFinteressi politici, ma che deve non per tanto trovare un limite nel rispetto dovuto ai diritti naturali della Chiesa. Se tali diritti fossero determinati e stabiliti mediante una solenne dichiarazione fatta in Congresso, ogni controversia sarebbe eliminata in massima, dovendosi ritenere Tautonomia dello Stato di fronte alla Chiesa, sotto la condizione ch'esso non entri neUa cerchia giuridica della Chiesa e non attenti a quelli che sarebbero dichiarati diritti intemazionali deUa medesima. Come d'altra parte la libertà e rindìpendenza della Chiesa consisterebbero nel godimento dei diritti interna- zionali ad essa spettanti e riconosciuti e dichiarati tali in Congresso. Per tutto il resto dovrebbe ammettersi il suo assoggettamento alla sovranità ed al Diritto territoriale.

Resterebbe peraltro la difficoltà che può nascere nel caso di conflitto tra le due istituzioni, quando Tuna affermi che Taltra sia entrata nella propria cerchia giuridica, e questa ci pare una delle controversie che evidentemente andrebbe risoluta coi mezzi pacifici, quali sono i buoni uffici, o la mediazione di Potenze amiche, e da ultimo coll'arbitrato, o dalla Conferenza, come spie- gheremo al Libro IV.

Titolo l. - Regole generali 289

LIBRO n.

DELLE OBBLIGAZIONI INTERNAZIONALI

TITOLO I. "Regole generali e fondamentali.

614. Le obbligazioni internazionali intercedono tra Stato e Stato e derivano dai trattati, dagli Atti {cartello^ manifesti, dichiara^ 2?ton», ecc.) e dai fatti che implichino effetti e rapporti intemazionali, volontariamente posti in essere da chi eserciti il potere sovrano*

615. Gli Stati possono, mediante il loro consenso espressa o tacito, assumere l'impegno Tuno verso dell'altro di dare, di fare, o di non fare qualche cosa: regolare o limitare l'esercizio dei loro diritti rispettivi : risolvere o modificare gl'impegni prece- dentemente assunti.

616. Ogni obbligazione assunta da uno Stato verso dell'altro fa nascere da parte di colui, a favore del quale l'impegno sus* siste, il diritto personale di esigerne l'adempimento.

Le regole proposte mirano a stabilire la natura ed il carattere vero del- Tobbligazione intemazionale ed a determinare qnale sia il soggetto deirobbli- gazione stessa.

L*obbligazione internazionale, a differenza di quella che può sussistere nel campo delle materie cìtìIì e commerciali tra privati, è per la sua natura e pella sua materia nn*obbligazione di Diritto pubblico, la quale, da che faccia nascere impegni e diritti di natura patrimoniale, sia che miri a regolare o limitare Tesercizio dei rispettivi diritti sovrani, implica ognora un impegno assunto dallo Stato, come persona, verso uno o più Stati, coi quali egli si trovi in relazione nella società intemazionale.

Crimpegni di natura patrimoniale affettano infatti la vita economica e glMn- teressi finanziari dello Stato, in quanto è persona, e non gravano al certo i singoli individui, dai quali lo Stato è formato, ma la comunione polìtica con- siderata nella sua individualità come imiversHas, e quod dehet universUoè sin- gtUi non dthent^ e quid univeraitati debetur, singulia non debetur.

Dal che consegue che il soggetto proprio deirobbligazione internazionale

19 Fiour-, Dir. intern. codif.

290 Libro IL - Delle obbligazioni

anche qnandcv essa consista neirimpegno di darei di fare o di non fare, non può essere che lo Stato.

Lo stesso va detto delle obbligazioni, che possono conseguire dai fatti che implichino effetti e rapporti internazionali, perchè riesce evidente, che lo Stato soltanto come univeraitas può assumere la responsabilità derivante dall'eser- cizio dei poteri sovrani nei rapporti internazionali.

Le obbligazioni poi che mirino a regolare o limitare l'esercizio dei rispettivi diritti sovrani non possono essere assunte che dagli Stati. Questi soltanto mediante l'accordo reciproco possono stabilire le regole particolari dei loro rapporti rispettivi, ed impegnarsi a subordinare i loro atti alle norme giurì- diche particolari mediante l'accordo stabilite, così come mediante l'accordo comune gli Stati possono riconoscere la forza obbligatoria di una data regola giuridica attribuendole l'autorìtà di legge comune.

Da tutto ciò riesce evidente, che lo Stato soltanto può assumere un'obbli- gazione internazionale, e che conseguentemente esso soltanto può reputarsi soggetto capace di obbligarsi internazionalmente.

Uno degli argomenti addotti da coloro, che hanno sostenuto tenacemente l'aforisma che lo Stato soltanto può essere reputato soggetto di Diritto inter- nazionale, si è stato questo, che cioè lo Stato soltanto può stipulare un trattato, ma tale argomento può giovare ben poco al loro assunto se si consideri che la capacità di ciascuno è determinata daila sua condizione giuridica. Am- mettiamo anche noi che lo Stato soltanto possa assumere una vera e propria obbligazione intemazionale, ma ciò non disdice tutto quello che abbiamo esposto nel Libro I a riguardo delle persone e degli enti soggetti al Diritto internazionale, si spiega invece colla semplice ed ovvia considerazione, <:he egli soltanto può ritenersi a ciò capace. Giova infatti ripetere, che la capacità giuridica di ciascuno dipende sostanzialmente dalla sua condizione giuridica, e tener sempre presente che avendo noi ammesso che l'uomo e la Chiesa sono persone della società internazionale, abbiamo non per tanto sempre mantenuto, che la condizione giuridica di ciascheduno di essi è sostan- zialmente diversa da quella dello Stato. Deve conseguentemente riuscire evidente che sostanzialmente diversa debba essere altresì la capacità. E questo spiega perchè lo Stato soltanto può stipulare un trattato. Egli soltanto è capace di assu- mere obbligazioni internazionali, perchè l'obbligazione internazionale avendo di per la natura sostanziale di obbligazione politica e pubblica non può essere assunta che dallo Stato, che è un'istituzione politica e pubblica ; per lo che noi pure riteniamo in massima che lo Stato soltanto può essere soggetto capace di obbligazioni internazionali.

617. La base di ogni obbligazione positiva assunta da uno Stato verso dell'altro è il consenso espresso o tacito*

La proposta regola bisogna intenderla nel senso che mediante il reciproco consenso gli Stati possono attribuire autorità di legge alle norme concordate, e non già che il consenso reciproco possa bastare per creare quale si sia obbligazione. 11 potere sovrano, quanto al creare col consenso un'obbligazione, trova il limite principale della materia lecita, e dei requisiti sostanziali per la validità del consenso. (Vedi reg. 641 e seg,)

618. Due o più Stati, i quali con parole o atti equivalenti alle parole abbiano manifestato l'accordo delle loro volontà di

Titolo L Btgde generali 291

assumere certe obbligazioni reciproche, che stabiliscano o modi- fichino i loro diritti rispettiyiy o che regolino, o sciolgano, o limi- tino un rapporto giuridico relativo ad oggetti, che possano essere materia lecita di convenzione, devono ritenersi reciprocamente obbligati in forza del loro consenso espressamente manifestato.

619. Ogni Stato, che ne' suoi mutui rapporti con un altro abbia volontariamente osservato una norma costante di condotta risultante da una serie di atti non equivoci, uniformi, notori, continui e non contrari al Diritto internazionale, dovrà ritenersi obbligato in forza di tacito consenso ad osservare la stessa norma di condotta, fino a tanto che non abbia espressamente dichia- rato di non volere per l'avvenire continuare ad osservarla, o che non vengano a verificarsi avvenimenti tali che ne impediscano la osservanza.

620. Nessuna obbligazione consensuale sarà reputata efficace se essa sia opposta o in contraddizione con una regola di Diriilo comune internazionale.

621. Ogni Stato, che sia tenuto a rispondere verso un altro Stato degli effetti, delle conseguenze internazionali e del danni cagionati nell'esercizio dei poteri sovrani, sarà reputato a ciò senz'altro legalmente obbligato.

Natura diversa delle obbligazioni.

622. Le obbligazioni consensuali fra gli Stati sono bilaterali

o unilaterali.

Le prime sono quelle colle quali le parti contraenti si obbli- gano reciprocamente le une verso le altre.

L'obbligazione unilaterale è quella assunta da uno Stato, che si obblighi verso uno o più Stati, senza che^ questi assumano un'obbligazione corrispettiva verso di lui.

623. Le obbligazioni assunte dagli Stati si possono general- mente distinguere in

a) positive e negative;

292 Libro IL Delle óbbligaziom

h) semplici e condizionali; e) congiuntive o alternative;

d) principali ed accessorie;

e) determinate, alternative, facoltative;

f) divisibili ed indivisibili;

g) a tempo determinato ed indeterminato.

624. Il contenuto di ciascuna obbligazione, avuto riguardo alla sua natura, dovrà essere determinato a norma dei principii generali del Diritto comune e del Diritto naturale, tanto però quanto sia ammissibile Tassimilazione fra le obbligazioni assunte dai privati e quelle assunte dagli Stati.

Quantunque i principii generali del Diritto comune e del Diritto naturale relativi alle obbligazioni consensuali, alia loro natura ed alle conseguenze che ne derivano, non possono essere sostanzialmente diversi quando si tratti di obbli- gazioni assunte dagli Stati, pur non di meno sarebbe un manifesto errore l'ammettere un*assimilazione completa tra le obbligazioni civili e le obbliga- zioni internazionali.

*" Quoique les principes générauz, dice Ortolan, qui les régissent, soient les

* mèmes, les États, grandes agglomérations coUectìves, diffèrent trop des par- ^ ticuliers, simples individua, dans leur nature, dans leur mode de résolutìon ' et d'action, dans leur intérèts, et dans les choses qui font Tobjet de cet ** intérét, pour qu'on puisse tirer de ces règles générales les mémes consé- '^ quences de détail et d'application à Tégard des unes, qu'à Tégard des autrea

* de ces conventions. , Diplomatie de la mer, liv. i, chap. y, p. 82.

TUolo IL - DH Trattati e dei requisiti per la loro validità ^3

TITOLO n.

Dei Trattati é dei requisiti per la loro validità.

Dei Trattati in generale.

625. Ogni convenzione fra due o più Stati, compilata in iscritto e fatta con Io scopo di creare in virtù di essa un'obbli* gazìone, o di risolverne una già preesistente, o di modificarla^ denominasi Trattato.

626. I trattati possono essere distinti in noìninati ed inno^ minati.

I primi sono quelli i quali, secondo il Diritto internazionale, sono indicati con un nome particolare desunto dall'oggetto che formi materia dell'accordo. Tali s<hio ì trattati di commercio, di cessione territoriale, di estradizione e simili.

I trattali innominati sono quelli conclusi a riguardo d'oggetti diversi e che non hanno un nome proprio, ma che nonpertanto concernono certi interessi politici, o certi interessi sociali degli Stati. Essi sono denominati più comunemente convenzioni.

627. Qualunque sia la denominazione data all'atto fatto in iscrìttura dalla sovranità dello Stato per dichiarare la sua volontà obbligarsi, dovrà reputarsi sussistente l'obbligazione interna- zionale con tutti i suoi effetti, ogni qual volta che non manchino all'atto i requisiti sostanziali per la sua validità.

Nella pratica gli atti fatti in iscrittnra che contengono i patti interceduti e stipulati fra due o più Stati sono denominati talvolta trattati, tal'altra con- venzioni, dichiarazioni, cartelli, accordo, protocollo e simili. Tale diversa denominazione per altro non muta la sostanza della cosa, perchè la volontà di obbligarsi può essere dichiarata in iscrìtto, denominando Tatto nell'una o nell'altra maniera. Secondo l'usanza più comune si è riservata la denomina- zione di trattato agli atti più importanti, quali sono ad esempio quelli relativi al commercio edalla navigazione; quella di convenzione agli atti meno impor- tanti, come ad esempio per la pubblicazione delle tariffe doganali per lo

294 Libro IL Delle òbbligimoni

scambio dei pacchi postali, per regolare il trasporto delle merci in ferrovia, e via dicendo. Si sono poi denominate dichiarazioni o semplicemente accordi i patti relativi ad oggetti singolari, come ad esempio per stabilire d'accordo rinterpretazione di qualche articolo di un trattato, per assumere Timpegno di comunicarsi certi atti (atti di censimento, atti di stato civile, servizio d*informazione).

Requisiti per la validità di un Trattato.

628. I requisiti necessari per la validità di ogni trattalo sono:

a) la capacità delle parti;

b) il consenso reciproco legalmente espresso;

e) l'oggetto lecito e possibile, secondo i principii del Diritto internazionale.

Vedi la mia opera Trattato di Dir, intern. pubhlieOf 3' ed., voi. ii. Condizioni intrinseche per la validità di un trattato, pag. 273 e seg.

Della capacità per concludente un Trattato.

629. Ogni Stato, che abbia il godimento dei diritti di sovra- nità, dovrà ritenersi capace in massima a concludere un trattato, ad assumere mediante esso obbligazioni giuridiche verso l'altra parte contraente, o ad acquistare diritti rispetto alla medesima, salvo però la limitazione fissata alla regola 620.

La capacità potrà spettare inoltre a quelle associazioni alle quali sìa stata attribuita la personalità internazionale {Confr, reg. 38), nei limiti però del fine e dello scopo, pei quali la personalità fu rico- nosciuta e fino a tanto che questa non debba ritenersi estinta.

L* Associazione internazionale del Congo, alla quale fu attribuita la personalità internazionale limitatamente al fine pel quale essa era stata formalmente rico- nosciuta, fu reputata capace di concludere trattati e ne concluse parecchi e uno coiritalia il 19 dicembre 1884.

L^associazione doganale degli Stati della Germania, denominata ZoUvereiVf potè pure concludere e concluse in proprio nome parecchi trattati, fino a tanto che non venne a perdere la sua personalità internazionale colla costi- tuzione dell'Impero germanico.

630. La capacità a concludere un trattato dovrà essere attri- buita altresì a quegli Stati, ai quali non spetti integralmente la

Titolo IL ' Dei TraUati e dei requisiti per la laro validità ^^

personalità intemazionale, purché la facoltà di concludere patti relativi ad oggetti di loro particolare interesse sia riservata ad essi, secondo la legge costituzionale della loro unione (dato che si tratti di diversi Stati particolari che abbiano formato uno Stato composto o federativo), o purché siano osservate le condizioni stabilite col trattato che regoli i rapporti di essi con lo Stato, a cui siano uniti col vincolo del protettorato o della soggezione. La capacità a concludere trattati potrà ammettersi nell'uno e nell'altro caso, soltanto dentro i limiti fissati dal patto costitu- zionale, o dal trattato.

Un esempio della limitazione della capacità a concludere trattati imposta allo Stato tribntario ci vien dato dal trattato di Berlino del 13 luglio 1878. L'art. 8 dispone che i trattati di commercio e di navigazione, come pure le convenzioni ed accordi conclusi tra le Potenze straniere e la Porta, in vigore, continueranno ad essere applicati nel Principato di Bulgaria e che nessun mutamento potrà essere apportato ad essi rispetto ad alcun^altra Potenza senza il previo consentimento della Porta. Lo stesso trovasi stabilito all'articolo 20 per la Romelia orientale. B Montenegro invece, la Serbia e la Romaica, essendo stati affrancati dalla loro dipendenza alla Porta, sono capaci oggi di conclu- dere trattati come tutti gli Stati che hanno il pieno godimento dei diritti di sovranità.

Delle persone competenti a concludere un Trattato.

631. Dovranno ritenersi competenti a concludere un trattato in nome dello Stato le persone soltanto che hanno diritto di rap- presentarlo e di esercitare il potere sovrano, e che, secondo le leggi costituzionali, sieno reputate capaci ad acconsentire a che il trattato istesso sia definitivamente stipulato.

632. Qualora, secondo la legge costituzionale di uno Stato, sia attribuita al capo del potere esecutivo la facoltà di negoziare ì trattati, riservando ad un altro corpo dello Stato di acconsen* tire alla loro conclusione definitiva, converrà attenersi alle norme sancite secondo la costituzione per determinare la competenza a concluderli definitivamente.

Secondo la costituzione dell' Impero tedesco, art. 11, T Imperatore rappre- SMita rimpero nelle relazioni intemazionali, dichiara la guerra e fa la pace

296 Libro IL - Delle obbligazioni

in nome delllmpero, conclude le alleanze e le altre conyenzioni cogli Stati stranieri. Se però i trattati cogli Stati stranieri si riferiscono ad oggetti che, secondo Tart 4, appartengono al dominio della legislazione dell*Impero, il con* senso del Consiglio federale è necessario per la loro conclusione e Fapproya- zione del Reichstag per la loro validità.

L^art. 4 menziona le materie che concernono la nazionalità, lo stabilimento e la polizia degli stranieri, la legislazione delle dogane e del commercio, ecc.

Riesce chiaro che, in forza del mentovato art. 11, Tlmperatore non ha la capacità per consentire la conclusione dei trattati di commercio, di dogana e deUe altre materie specificate aU*articolo 4. Vedi nella mia Opera Diritto ink pubblico altri particolari al § t019.

633. I plenipotenziari, i ministri e gli agenti diplomatici, dele* gati a rappresentare lo. Stato nel concludere un trattato, devono ritenersi competenti, ogni qual volta che essi abbiano negoziato in virtù del pieno potere ufficiale legalmente ad essi conferito e notificato e dentro ì limiti giuridici del potere stesso, subor- dinatamente però alla competenza della persona stessa che delegò il potere, tenendo fermo quello che è detto nella regola precedente.

/ Della ratifica del Trattato.

634. La ratifica dovrà ritenersi indispensabile a rendere il trattato definitivo ogni qualvolta che sia stata stabilita come con- dizione dai plenipotenziari, quando il trattato fu da essi negoziato e concluso, o quando sia prescritta secondo la legge costituzio- nale dello Stato, a fine di rendere il trattato obbligatorio per lo Stato stesso.

nell'uno che nell'altro caso il trattato non potrà ritenersi giuridicamente perfetto che dal momento in cui sia stato legal- mente ratificato.

Secondo la legge costituzionale di alcuni Stati è disposto che il Sovrano può concludere i trattati, ma che alcuni di essi (come sono ad esempio, secondo la costituzione italiana, quelli che importano onere alla finanza o variazioni del territorio dello Stato) non diventano effettivi se non dopo ottenuto Tassenso delle Camere legislative.

Rispetto ad altri trattati è attribuito al Capo supremo delio Stato la facoltà di concluderli, imponendogli l'obbligo soltanto di darne notizia alle Camere, quando Tinteresse e la sicurezza dello Stato stesso il permettano (Vedi S$a» luto italiano, art. 5).

TUolo IL - Dei Trattati e dei reguisUi per la loro validità ^7

Riesce «evideate che, Tapprovazione delle Camere legislative per i trattati della prima categoria essendo richiesta per renderli definitivi, essi non pos- sono acquistare esistenza giuridica nei rapporti intemazionali e dar luogo alla obbligazione giuridica tra Stato e Stato, che a cominciare dal momento in cui le CSamere legislative vi abbiano acconsentito e li abbiano approvati.

Rispetto ai trattati dell'altra categoria, potendo il Sovrano come Capo supremo dello Stato concluderli senz'altro, è naturale ch'esso possa delegare tale facoltà ad un plenipotenziario, munito del pieno potere di concluderli definitivamente, indipendente da ogni ratifica da parte di lui come Sovrano. L'obbligo di darne comunicazione alle Camere, dato pure che fosse imposto secondo la Costitu- zione dello Stato, dovrebbe riguardarsi senza dubbio come questione di Diritto pubblico intemo, e la mancanza di tale formalità potrebbe al certo avere una influenza riguardo al rendere il trattato legge dello Stato, nel senso cioè che, mancando la richiesta formalità della notizia data alle Camere, verrebbe a mancare la forma essenziale di pubblicità richiesta secondo lo Statuto, affin- chè il trattato concluso dal Capo dello Stato avesse, rispetto a tutti, l'auto- rità dì legge, n trattato però, sotto il rispetto delle obblig^izioni inlernazionali assunte, dovrebbe ritenersi definitivo e perfetto, indipendentemente dalla notizia datane alle Camere legislative. Dobbiamo inoltre avvertire che il trattato con- cluso da un plenipotenziario (intendendo sempre parlare dei trattati della seconda categoria) dovrebbe in massima ritenersi definitivo e perfetto dal giorno in cui fu sottoscritto in base ai pieni poteri conferiti dal Sovrano senza alcuna riserva di ratifica, dato che tale riserva non sia stata fatta dai plenipotenziari che abbiano concluso il trattato. La ragione è perchè, quando i rappresentanti degli Stati contraenti, avendo il pieno potere officiale, abbiano concluso il trattato entro i limiti di tale potere ed abbiano sottoscritto il protocollo definitivo, tale atto solenne deve ritenersi perfetto ed idoneo ad obbligare definitivamente le parti contraenti, in nome delle quali i plenipotenziari negoziarono e conclu- sero il trattato. Volendosi diversamente subordinare tutto alla condizione della ratifica, bisogna stipulare espressamente tale riserva nel protocollo.

635. Qualora la persona delegata a rappresentare lo Stato nel concludere un trattato avesse sottoscritto il protocollo defi- nitivo senza alcuna riserva di ratifica od approvazione dei corpi rappresentativi, e l'assenso da parte di questi fosse indispensa- bile, secondo la legge costituzionale dello Stato contraente, il trattato dovrà ritenersi assolutamente inefficace a riguardo dello Stato, dato che i corpi rappresentativi abbiano rifiutato d'appro- varlo o ratificarlo.

636. Qualora l'approvazione per parte delle Camere legisla- tive non fosse richiesta secondo la legge costituzionale dello Stato, ma il Sovrano di questo nel conferire al plenipotenziario il pieno potere per concludere il trattato avesse imposto a lui, colle istru- zioni segrete, concludere sotto la condizione sospensiva della ratifica, ed il plenipotenziario non avesse tenuto conto di tali

298 Libro IL . Delle oMigazianiì

istruzioni ed avesse invece sottoscritto il protocollo definitivo, il trattato cosi sottoscritto dovrà ritenersi definitivo ed obbligatorio senz'altro per lo Stato rappresentato. Il plenipotenziario potrà esser tenuto a rispondere dinanzi al Governo e punito secondo le leggi dello Stato per Tinosservanza delle istruzioni segrete, ma la violazione di queste non potrà influire sull'esistenza e validità dell'obbligazione internazionale.

Del consenso richiesto per la validità (Vun Trattato,

637. I trattati conclusi tra gli Stati devono essere libera- mente consentiti.

Non sarà valido il consenso, se sia stato dato per errore, estorto con violenza, o carpito con dolo.

638. Non potrà ritenersi mancante la libertà di consenso, qualora il trattato sia stato acconsentito sotto l'impero della forza nemica che abbia occupato una parte del territorio, minacciando più gravi rovine se le condizioni proposte non fossero. state ac- cettate.

Ponendo questo principio in massima, non intendiamo di sostenere che qual- siasi condizione imposta dal vincitore al vinto, e accettata mediante trattato, debba ritenersi liberamente consentita e valido 11 consenso prestato. Bisognerà a questo riguardo tener presenti le regole che concernono i trattati di pace, e quello che può formare materia lecita di convenzione tra il vincitore ed il vinto. Diciamo nonpertanto che qualora la parte cui spettasse il diritto di adoperare le forze militari, avesse occupato il territorio del nemico per costrìn- gerlo, suo malgrado, a riconoscere un diritto controverso, o a riparare una offesa, e imponesse con tale intendimento al vinto di sottoscrivere il trattato, la circostanza deiravere questi acconsentito solo per evitare maggiori rovine, non può essere di per stessa una ragione sufficiente onde ridurre al nulla il trattato sottoscritto, adducendo di essere mancata da parte di lui vìnto la piena libertà del consenso al momento in cui lo sottoscrisse.

639. La violenza usata da una parte contro l'altra che sotto- scrisse il trattato sarà causa di nullità, soltanto quando vi sia stata vera violenza fisica, ossia quando la persona che abbia sottoscritto il trattato sia stata a ciò costretta con atti esteriori, che le abbiano tolto la libertà ed il tranquillo giudicare.

TiMo IL - Dei Trattati e dei requisiti per la loro validità 299

Tale- sarebbe il caso di nn trattato sottoscritto da un Sovrano caduto in potere del nemico, e costretto a sottoscriverlo con violenze personali, o con mezzi idonei ad incutere ragionevole timore.

640. Il dolo potrà essere reputato causa di nullità del ti*at- tato, soltanto quando i raggiri usati dall'altra parte contraente sieno stati tali da indurre la parte opposta in errore a riguardo di quello che formava oggetto della stipulazione.

Questa regola può trovare la sua applicazione solo nei casi di trattati sotto- lerìtti da un plenipotenziario munito di pieno potere assoluto, e con facoltà di eonclndere senza la condizione della ratifica. I raggiri diplomatici usati da nna parte, anche quando fossero tali che Taltra senza di essi non avrebbe sottoscritto il trattato, non potrebbero essere di per stessi causa di nullità. Le regole di Diritto civile relative alla validità delle obbligazioni ed ai vizi del consenso, non possono applicarsi in tutto ai trattati internazionali, i quali, benché sieno convenzioni consensuali, non possono essere assoggettati alle stesse regole delle convenzioni consensuali tra privati, essendo che grinteressi generali dell'umanità esigano che i trattati sieno rispettati, e che le regole che concernono la violenza, i raggiri e Terrore, come cause che viziano il con- senso nei contratti tra privati, debbano subire importanti modificazioni nel caso di convenzioni intemazionali concluse tra gli Stati.

Matma lecita.

641. Nessuno Stato può in virtù di un trattato obbligarsi a fare quello cbe sia contro il Diritto Internazionale positivo, o contro ì precetti della morale e della giustizia universale.

Nessuno Stato può con trattato rinunciare in modo assoluto a' suoi diritti fondamentali enumerati alla regola 54.

642. Dovrà ritenersi materia lecita di contrattazione tra gli Stati, soltanto quello che concerne gTinteressi pubblici dello Stato^ e che, secondo i principi! del Diritto comune, può essere reputato nel potere convenzionale delle parti contraenti.

643. Non potrà formare oggetto di patto tra due Stati la lesione dei diritti altrui, sarà materia lecita di trattato l'impegno assunto mediante esso di violare un'obbligazione verso un altro Stato, alla quale una delle parti fosse tenuta in forza di trattato precedentemente stipulato.

300 Libro IL - Delle obbligazioni

644. Non sarà materia lecita di trattato quello che impli- casse la violazione diretta della legge costituzionale dell'uno o dell'altro degli Stati contraenti.

Non potrà però ritenersi nullo per difetto della materia un trat- tato, se quello, che avesse formato oggetto della convenzione, fosse contrario ad una legge interna dell'uno o dell'altro paese.

La violazione della legge costituzionale renderebbe nullo il trattato per difetto della materia, perchè il Sovrano di uno Stato non ò competente a vio- lare la Costituzione» e Taltra parte non può o non deve ignorare la legge •costituzionale , che ò la base del potere sovrano. La violazione una lei^e interna può ritenersi pure come abuso dell* autorità regia, salvo il caso cJie il Sovrano avesse stipulato il trattato col convincimento di potere senza dif- ficoltà modificare le leggi interne, onde mettere così la propria legislazione in armonia con gl'impegni intemazionali assunti col trattato. Ma fosse pure in vigore tuttora una legge contraria al trattato, questo farebbe nascere sempre una quistione di Diritto pubblico intemo: darebbe luogo alla responsabilità politica del Governo dinanzi ai rappresentanti della nazione: legittimerebbe da parte dei tribunali il rifiuto di riconoscere gli effetti del trattato, in quello •che esso violasse la legge interna in vigore: ma tutto questo non potrebbe valere per ridurre al nulla il trattato come convenzione internazionale tra Stato e Stato.

Requisiti estrinseci o di forma.

645. I trattati internazionali devono essere redatti in iscritto e non acquistano la loro forma perfetta se non quando sieno stati sottoscritti da tutte le parti tra le quali essi furono conclusi.

646. L'accordo su certi articoli di un trattato, anche quando sia redatto in iscritto e sottoscritto dalle parti contraenti, non può essere considerato come obbligazione reciproca perfetta rispetto ai patti concordati, indipendentemente dalla conclusione e sotto- scrizione definitiva del trattato.

Qualora però i patti concordati e sottoscritti potessero essere riguardati come convenzione preliminare, conclusa a fine di sta- bilire le reciproche obbligazioni nello staiu juo, essi dovrebbero ritenersi perfetti e validi, finché non si arrivasse a concludere il trattato definitivo o a dichiarare formalmente di ritenersi sciolti da qualunque precedente impegno.

Titolo IL ' Dei trattati e dei requisiti per la loro validità 301

647. Allorquando nel negoziare un trattato sia intervenuto l'accordo reciproco su diversi oggetti distinti, connessi, principali o accessori, e tale accordo sia stato redatto in iscritto, e sotto- scritto dalle partì, il tutto non sarà obbligatorio per esse, se non quando vi sia stata una dichiarazione finale scritta e sottoscritta, con la quale sia constatato l'accordo su tutte le singole parti che devono ritenersi formare Tinsienie del trattato e come un sol tutto.

648. La forma, con la quale può essere redatto in iscritto il reciproco accordo intervenuto tra le parti contraenti, può essere diversa secondo la maggiore o minore importanza di quello che abbia formato oggetto della convenzione. Dovrà ritenersi quindi sufficiente una dichiarazione scritta e sottoscritta dalle persone ufficialmente designate, o Io scambio in via diplomatica di due cartelli, due note, o due manifesti sottoscritti da ciasciuia delle due parti contraenti.

649. Le obbligazioni internazionali intorno ad oggetti par» ticolari potranno essere valide rispetto alla forma, anche quando quello che abbia formato oggetto dell'accordo non sia redatto ii> iscritto, e sia stato conchiuso mediante patto verbale, purché però possa essere constatato l'accordo e possa essere data la prova di quello che sia stato consentito tra le parti.

Questa regola può trovare la sua applicazione Del caso di patti preliminari conclusi in tempo di guerra dalle persone debitamente autorizzate, e che, quantunque concordati Terbalmente, devono ritenersi obbligatorii come le con- venzioni scritte.

^^ Libro IL Delle obbligazioni

TITOLO III. Bfflcaoia dei Trattati e loro esecuzione.

Inviolabilità dei Trattati.

660. Le convenzioni internazionali debitamente stipulate devono avere tra le parti la stessa autorità della legge e devono ritenersi inviolabili.

Non possono essere revocate che per mutuo consenso delle parti 0 per cause determinate secondo il Diritto internazionale, e constatate e riconosciute a ciò efficaci a norma di quanto esso dispone.

65L Ogni trattato obbliga le parti non solo a tutto ciò che fu formalmente da ciascuna di esse promesso, ma altresì a quello che, secondo Tequità, Tuso e le regole del Diritto internazionale deve essere considerato come virtualmente compreso in quello che fu promesso.

662. La lesione degl'interessi morali ed economici che pos- sono derivare dalla leale esecuzione di un trattato debitamente stipulato, non può essere una ragione sufficiente per violarlo. {Confr, reg, 668).

Ogni Governo deve conoscere perfettamente quello a cui consente, e se per imprudenza avesse acconsentito senza essere sufficientemente illuminato, do- vrebbe subire le conseguenze della sua imprudenza e non pretendere disco- noscere l'autorità del trattato e di violare gì* impegni assunti, ad ducendo la lesione degrinteressi dello Stato e i pregiudizi che ne potessero derivare.

663. Qualunque trattato valido fa nascrere non solo il diritto perfetto di esigere dalla parte obbligata l'adempimento degli obbli- ghi assunti, ma quello altresì d'impedire ai terzi Stati, che non abbiano un interesse attuale, d'ingerirsi in quello che formò oggetto dell'accordo o di portare il menomo ostacolo a che l'esecuzione del trattato possa essere lealmente compiuta.

Titolo III, ' Efficadu dei- TrattaU- e low esecuzione

303

EffeUi dei Trattati.

664. Ogni trattato non produce i suoi effetti che a comin- ciare dal momento in cui esso deve reputarsi legalmente perfetto come tale.

665. Qualora per l'esistenza legale di un trattato concluso e sottoscritto fosse necessaria la ratifica {veci, reg. 632\ esso non produrrà i suoi efifetti che dal momento in cui sia stato ratificato.

Possono per altro le parti contraenti stipulare che, quando il trattato sia ratificato, i suoi effetti debbano essere riportati al momento in cui esso sia stato sottoscritto. Per questo occorrerà una dichiarazione espressa.

656. Le convenzioni internazionali devono ritenersi in mas- sima efficaci su tutto il territorio dello Stato e devono ritenersi estese attivamente e passivamente a tutte le sue adiacenze, a meno che non risulti il contrario, o da una clausola speciale espressa nella convenzione, o dalla natura stessa del trattato, o dai prìncipii generali del Diritto comune.

Questa regola può valere a risolvere la questione so i trattati conclusi dallo Stato debbano essere estesi alle sue colonie, a* suoi possedimenti airestero, ed alle provincia al medesimo annesse dopo la conclusione del trattato. Bisogna a tale rignardo tener presente la convenzione stessa e considerare se in essa sia stata o no fatta alcuna riserva rispetto alle colonie, ed a riguardo poi dei possedimenti e delle provincie annesse, volgere Tattenzione alla forma della loro costituzione e deUa loro unione allo Stato che stipulò il trattato.

657. Ogni trattato deve produrre tutti ì suoi effetti anche quando venga a verificarsi qualche modificazione circa la forma del Grovemo o la costituzione interna dello Stato, salvo quanto è stabilito dalla regola 713.

Esso deve ritenersi efficace rispetto allo Stato in nome del quale fa stipulato, finché di questi sussista la personalità intemazionale.

658. I trattati stipulati dal Sovrano dello Stato, sempre che debbano ritenersi legalmente e validamente fatti, sono trasmessi attivamente e passivamente a chi succeda a titolo universale nei

304 Libro IL - Delle obbligazioni

diritti di sovranità, e in conformità delle regole che devono gover- narae le cessioni e le annessioni.

659. I trattati conclusi per regolare materie d'interesse pub- blico o sociale degli Stati contraenti estendono i loro effetti anche ai rapporti giuridici nati prima della stipulazione di essi, salvo il caso di dichiarazione espressa in contrario.

Qualora però applicando un trattato a fatti e rapporti giuri- dici anteriori alla sua stipulazione, ne derivasse la lesione o la menomazione dei diritti privati già perfetti e individualmente acqui- siti, esso non potrà ritenersi a ciò efficace.

Questa reg^ola concerne la forza retroattiva di un trattato, e per chiarire il concetto conviene considerare che ì trattati hanno Tautorìtà di legge anche per gli effetti che da essi derivano a riguardo dei diritti spettanti ai privati. Nelle materie di Diritto pubblico non può valere il rispetto dovuto ai diritti già acquistati. Così, se con trattato fossero modificate le regole circa la com- petenza dei tribunali dei due Stati contraenti, o circa l'esecuzione delle sentenze straniere nei territori rispettivi, i privati dell'uno e dell'altro paese non potreb- bero pretendere che alle controversie nate fra di essi prima della stipulazione del trattato dovessero essere applicate le regole anteriormente vigenti, circa la competenza e l'esecuzione dei giudicati. Trattandosi di materie di Diritto pubblico e di ordine sociale, non sarebbe il caso di ammettere diritti acqui* siti da parte dei privati per disconoscere l'autorità delle nuove regole col trai* tato sancite. Se invece il trattato modificasse, ad esempio, le regole circa l'acquisto o la perdita della cittadinanza, le norme mediante esso sancite non potrebbero essere applicate a coloro che fossero già cittadini deU'uno o del- l'altro dei due Stati contraenti, o che vi avessero perduta la cittadinanza; e così pure dovrebbe dirsi di un trattato che comprendesse nei diritti di pro- prietà letteraria anche quello di impedire la traduzione e che non potrebbe essere applicato alle traduzioni già fatte prima della sua stipulazione. Conf. la mia opera: DelU disp» generali sulla pubblicazione e interp. delle leggi (Mar- ghierì 1886), voi. I. SuUa irretroattività delle leggi, cap. II, §§ 37 e seg. Vedi ivi, § 34. Vedi inoltre la mia opera: De la irretroactividad e* interpretaeion de laa leyes, Madrid 1893. Ivi, De la retroaetividad «' irretroactividad de lav leyee de procedimento en loa judidos civiles, pag. 429.

Effetti dei Trattati rispetto ai terzi.

660. Un trattato non può stabilire, modificare, estendere o estinguere diritti, che tra quegli Stati soltanto che lo conclusero in qualità di parti contraenti. Rispetto ai terzi che non vi par- teciparono, esso dovrà riguardarsi come rea inter alias oda.

Titolo 111, - Efficacia dei Trattati e loro esecuzione 305

661. Qualora due o più Stati nel concludere un trattato aves- sero tra di loro patteggiato qualche cosa a pregiudizio di un terzo Stato, tale disposizione dovrà ritenersi inefficace rispetto allo Stato che non prese parte al trattato, e senza che a ciò sia necessaria alcuna protesta da parte di esso.

662. Laddove in un trattato fosse stato stipulato qualche cosa a vantaggio di un terzo Stato, tale clausola non diventerebbe perfetta ed efficace rispetto al terzo Stato, che nel solo caso che esso avesse dichiarato di volerne profittare.

663. La mancanza di accettazione da parte del terzo Stato non potrebbe influire sull'efficacia del trattato, eccetto solo il caso che l'accettazione di lui avesse formato parte integrante e prin- cipale dell'accordo, in guisa che la stipulazione del trattato dovesse ritenersi subordinata all'accettazione del medesimo.

664. Nessuna stipulazione potrà ritenersi valida ed efficace, se non quando sia stata consentita da ciascuna delle parti con- traenti in suo proprio nome. Qualora una di esse, ad insaputa del terzo Stato, avesse promesso un fatto da parte di questi, assu- mendo l'impegno di ottenerne l'adesione, sarebbe tenuta ad ado- perare i suoi buoni uffici presso il medesimo per ottenere l'appro- vazione di quelle clausole che lo concernessero ; ma non sarebbe tenuta a nulla se, nella fiducia di conseguire co' suoi buoni ufQci l'intento, ne avesse assunto l'impegno, e non fosse poi arrivata con tutti i mezzi in buona fede adoperati ad ottenere la sperata adesione.

Esecuzione dei Trattati.

665. I trattati internazionali devono essere riguardati come contratti in buona fede e come tali eseguiti. Spetta ognora alle parti obbligate di prestare non solo quello ch'esse abbiano espres- samente stipulato, ma quello altresì che si deve presumere essere stato nella loro intenzione comune di stipulare, valutata la materia e la natura del trattato.

20 Fiora, Dir, intem. codif

306 Libro H. - DdU omigazUmi

666. A iiiuna delle parli potrà essere lecito di variare o aggiungere alcuna modalità nella esecuzione del trattato, nem- meno quando tale modalità possa parere che sia a vantaggio del- l'altra parte.

667. La consuetudine internazionale non può valere per modificare quello che fu espressamente stipulato; ma per quello invece che non abbia formato materia di dichiarazione espressa, e intorno a cui non sia stato disposto e provveduto dal trattato stesso, si dovrà ritenere che le parti abbiano inteso di riportarsi alle consuetudini per le modalità dell'esecuzione.

668. Si dovrà ritenere come principio fondamentale del Diritto relativo ai trattati, che nessuna delle partì, che abbia sottoscritto un trattato, possa di sua volontà reputarsi esonerata dall'eseguirlo integralmente e in buona fede a causa delle mutate circostanze o dei pregiudizi eventuali derivanti dall'esecuzione di esso.

In massima biso^^na ritenere che la lesione ed i danni evenluali che pos- sono derivare dairesecuzione di un trattato non potrebbero essere una ragione sufficiente per legittimare il rifiuto di eseguirlo da parte dello Stato che si dica leso. Nelle materie dHnteresse privato e nei contratti civili si è potato stabilire che la lesione, oltre certi limiti, possa essere giusta cagione per sospen- dere l'esecuzione del contratto e per promuovere ristanza di annullamento; ma nei rapporti internazionali, se uno Stato potesse, dopo aver concluso un trattato, sospenderne di sua propria autorità Tesecuzione, adducendo per mo- tivi la lesione ed i danni eventuali, si ammetterebbe così un pericoloso pretesto per scuotere la fede dovuta nella inviolabilità dei trattati.

Vedi la mia opera : Trattato di Diritto intemazionale, 3' ediz. Voi. II, Invio- làbaUà dei TraUati, § 1030.

Vi possono però essere casi eccezionali nei quali, per gli avvenimenti so- pravvenuti, dovendosi rispettare la regola della inviolabilità del trattato, ne potrebbe essere compromessa la vita politica ed economica dello Stato. In tale caso però non diciamo che lo Stato possa esso medesimo decidere se debba essere esonerato dall^osservanza del trattato, ma diciamo che possa sottoporre la sua istanza ad un tribunale arbitrale o ad una conferenza.

669. Laddove una delle parti dichiarasse di sospendere, e sospendesse, l'esecuzione del trattato da essa sottoscritto, la sospen- sione di fatto della sua esecuzione da parte di lei varrà senz'altro ad autorizzare le altre parti contraenti a sospenderne alia lor volta l'esecuzione. Tale stato di fatto potrà soltanto rendere l'esecu- zione del trattato temporaneamente sospesa, ma non importerà

Titolo III. Efficacia dei Trattati e foro esecuzione 3^7

scioglimento e revocazione, se non quando la convenienza di risol- vere il trattato sia riconosciuta dalle stesse parti contraenti, in seguito a trattative amichevoli, o che l'istanza della parte, che domandi la risoluzione, sia riconosciuta fondata in diritto da un tribunale arbitrale, o da una Conferenza in contraddittorio dell'altra parte, che insista pel mantenimento e l'esecuzione del trattalo.

Dei mezzi leciti per assicurare Vesecuzione dei Trattoti.

670. Nel trattato medesimo, o con convenzione particolare ed accessoria, possono le parti garantire l'esecuzione delle obbli- gazioni assunte, assicurandone l'adempimento con garanzie reali, o con uno dei mezzi leciti, secondo il Diritto internazionale.

671. Dovrà essere reputata una delle forme lecite di garanzia reale di assicurare l'esecuzione delle obbligazioni contratte, con- cedendo all'altra parte contraente di occupare una parte di terri- torio fino all'adempimento di esse.

Potrà del pari essere prestata una cauzione, onde assicurare il pagamento d'una determinata somma, che l'altra parte si sia obbligata di pagare, o pattuire l'intervento di un terzo Stato come garante.

Potranno inoltre essere concordati altri mezzi di sicurtà, purché non siano contrari ai principii generali del Diritto internazionale.

672. Dovrà essere reputato lecito per le parti di convenire una clausola penale in caso d'inadempimento. Quello però che non può formare oggetto di convenzione internazionale lecita, non potrebbe essere stipulato sotto la forma di clausola penale in caso di non esecuzione.

Oaranzia da ^mrte di un terzo Stato,

673. Un terzo Stato non potrà essere reputato garante delle obbligazioni assunte dalla parte contraente, se non in virtù di

308 Libro IL - Delle obbligazioni

patto esplìcito, certo, ed accettato con le forme stabilite per la stipulazione dei trattati.

L'obbligo della garanzia non potrà essere desunto dal semplice fatto dell'avere esso Stato preso parte alle negoziazioni come mediatore.

674. Laddove la garanzia fosse stata esplicitamente consen*^ tita, e non fosse stata limitata a certe determinate obbligazioni assunte col trattato, si dovrà ritenere come data ed accettata per l'adempimento di tutte le obbligazioni dal trattato stesso risultanti.

Obbligazioni derivanti dalla garanzia.

675. Lo Stato garante delle obbligazioni generali assunte da un altro Stato con un trattato è tenuto, quando ciò sia richiesto dalla parte interessata, a prestare l'opera sua per costringere l'altra all'esecuzione del trattato coi mezzi permessi secondo il Diritto internazionale. Esso non potrà essere obbligato al rifaci* mento del danno verso lo Stato che contò sulla sua garanzia, se, avendo fatto quanto fosse stato in suo potere di fare, senza pregiudìzio de' suoi propri diritti, non fosse riuscito a fare ese- guire il trattato.

676. Lo Stato garante non potrà essere tenuto a dare esso stesso quello che l'altro Stato promise di dare e non dette, se non nel solo caso di pagamento di una data somma, dato che con dichiarazione espressa esso avesse prestato cauzione, o si fosse reso fideiussore.

677. Non lice allo Stato garante di adoperare qualunque mezzo coercitivo lecito secondo il Diritto intemazionale, a fine di costringere tutte due le parti ad eseguire forzatamente il trat- tato, eccetto il caso che esso ne abbia interesse attuale, fondato sul motivo che la mancata esecuzione arrechi una iebione reale ed effettiva de' suoi propri diritti.

Titolo III. - Efficacia dti Trattati e loro esecuzicne 309

Interpretazione dei Trattati.

678. ^interpretazione di un trattato può aver luogo:

a) quando le parole adoperate per compilare ì patti concor- dati fra le parti non abbiano un significato ben determinato, e quindi non rendano un concetto chiaro ed esatto {quando non apparet quod actum est);

h) quando la compilazione, tuttoché di per stessa chiara, non renda precisamente ed esattamente il concetto delle parti;

e) quando le disposizioni generali contenute nel trattato non sìeno con certezza applicabili in un dato caso particolare;

d) quando le circostanze sopravvenute facciano nascere qual- che contraddizione Ira Fattuale stato di cose e le disposizioni del trattato, o fra quelle di due trattati tra le stesse parti conclusi.

679. Ogni forma d'interpretazione può tendere o a deter- minare il senso d'espressioni oscure o mal costruite, ed allora dicesi grammaticale, od a precisare il concetto ed il contenuto dell'obbligazione, e dicesi logica.

Ber/ole di interpretazione grammaticale.

680. Non si deve interpretare quello che non ha bisogno di interpretazione.

681. * Il significato delle parole adoperate deve essere preci- sato e determinato, secondo l'uso comune, piuttosto che coll'attri- i>uire ad esse un senso diverso, secondo la maggiore proprietà e maggiore finezza della lingua.

682. Ogni difetto di costruzione o di sintassi dovrà essere eliminato, tenendo conto di quello che precede e di quello che segue.

683. Una parola che abbia significati diversi potrà riteneisi Adoperata oca in un senso ed ora in un altro, quando questo risulti chiaramente dall'uso di essa fatto in ciascuna disposizione.

310 Libro IL - Delle obbligazioni

684. Le parole tecniche adoperate nel trattato dovranno essere intese nel senso che esse hanno, secondo i maestri del- l'arte, piuttosto che nel senso volgare.

685. Le parole che abbiano un significato giuridico diverso nell'uno e nell'altro Stato, si devono ritenere adoperate secondo che esse sono intese nello Stato, al quale la disposizione del trat- tato si riferisse.

Begole {^interpretazione logica.

686. Il concetto delle parti ed il contenuto dell'obbligazione dovrà essere determinato non tanto con le parole scritte e la let- tera morta, quanto con la vera intenzione dei contraenti {in fide semper autem quid senaeris non quid dixeris cogitandum),

687. La forza e l'estensione di ogni obbligazione assunta dovranno essere interpretate nel senso il più favorevole agl'inte- ressi generali, o a quelli dei rispettivi paesi, anche quando tale interpretazione non favorisse gl'interessi delle Dinastie.

688. Ogni disposizione dovrà essere intesa nel senso il più equo e il più liberale, e sempre in modo che possa produrre un effetto utile, ed eliminando l'interpretazione, che condurrebbe ad un risultato impraticabile, o più oneroso e meno favorevole alla parte obbligata.

689. Converrà preferire sempre l'interpretazione, che conduca a non derogare al Diritto pubblico di una delle parti contraenti. Dovrà essere interpretata strettamente qual si sia clausola che importi deroga al Diritto comune internazionale.

690. Una clausola, la quale abbia di per stessa un senso determinato e il più preciso secondo la natura delle cose, dovrà essere cosi interpretata, anche quando importasse deroga ad una legge interna dell'uno o dell'altro degli Stati contraenti.

69L L'intenzione delle parti a riguardo di ciascuna dispo- sizione dovrà essere determinata tenendo presente l'insieme del trattato, e considerando questo come un tutto indivisibile ed omogeneo.

Titolo IIL ' Efficacia dei Trattati e loro esecuzione 31 ^

692. Le ambiguità potranno essere eliminate, tenendo conto quello che trovasi disposto in trattati analoghi, conclusi dalle parti contraenti.

Non sarà lecito però attenersi all'analogìa per dare ad una dispo- sizione chiara ed esplicita un'interpretazione estensiva che equi- valga a sostituire nel trattato idee nuove, in luogo di quello che sia stato veramente inteso dalle parti.

603. Nessuna disposizione potrà essere interpretata in maniera che ne derivasse una conseguenza che offendesse i principii del Diritto internazionale, o quelli che lo Stato contraente avesse sem- pre e costantemente seguiti ne' suoi rapporti con gli altri Stati^ o che fosse in contraddizione colle disposizioni contenute in altri trattati conclusi fra le stesse parti.

694. Lo spirito di ogni disposizione dovrà essere determi- nato tenendo conto dei motivi, come risultino dalle discussioni relative ai patti stipulati, contenute nei processi verbali e nei lavori preparatorìi, che precedettero la compilazione del trattato.

695. Non potrà darsi ad un trattato interpretazione vera- mente estensiva, applicando a tal fine le regole che concernono l'interpretazione delle leggi ; ma converrà riferirsi sempre all'inten- zione delle parti contraenti, escludendo l'applicazione d'una dispo- sizione fra di esse concordata a casi non preveduti.

Autorità competente ad interpretare un Trattato.

696. Il trattato, come atto politico, non può essere inter- pretato che dalle parti stesse che lo abbiano stipulato.

I dubbi circa il valore dei patti concordati potranno ognora essere rimossi da esse mediante una dichiarazione, o la sotto- scrizione di un protocollo.

697. L'interpretazione delle clausole dubbiose di un trat- tato, fatta mediante una dichiarazione o un protocollo, sarà repu- tata legale ed autentica, ogni qualvolta che essa abbia i requisiti richiesti per la validità d'ogni convenzione fra due Stati.

312 Libro IL - Delle obbligazioni

698. Qualora le parti contraenti non si trovino d'accordo circa rinterpretazione del trattato, e non arrivino a mettersi d'ac^ cordo per spiegare mediante una dichiarazione il valore dei patti concordati, tale controversia dovrà essere risoluta colle stesse norme e gli stessi procedimenti che ogni altra relativa all'esecuzione d'un trattato.

699. Il trattato, in quanto ha il carattere di legge, potrà essere interpretato dai tribunali, quando sia il caso d'applicarlo nell'interesse dei privati. Tale interpretazione però non avrà che il valore dell'interpretazione di ogni altra disposizione legislativa, e non potrà ritenersi efficace che all'interno dello Stato cui appar- tenga il tribunale giudicante. Essa non eserciterà alcun'influenza circa l'interpretazione del trattato come atto politico, tranne nel caso che essa sia espressamente o tacitamente accettata dalle parti contraenti.

Per determinare il yalore delle proposte regole conviene avvertire che ogni trattato, in quanto determina i diritti rispettivi degli Stati contraenti, e stabi- lisce la legge comune dei loro rapporti rispetto a tutto ciò che abbia formato oggetto della loro convenzione, è atto di sovranità, e conseguentemente, sic- come la interpretazione dei patti concordati concerne sempre la determinaxione dei rispettivi diritti sovrani, così deve riuscire evidente che il trattato sotto tale punto di vista non può essere interpretato che dalle stesse parti con- traenti, e che Tatto, mediante il quale rinterpretazione sia consentita, deve avere gli stessi requisiti intrinseci ed estrinseci di ogni altra convenzione tra Stato e Stato.

n trattato può essere però considerato come legge dello Stato che lo abbia promulgato, e i tribunali che siano chiamati ad applicarlo per gli effetti che ne possono conseguire nel campo del Diritto privato e del Diritto pubblico intemo possono interpretarlo così come hanno potestà di fare ogni qualvolta che devono risolvere una contestazione applicando la legge.

Confronti Gass. frane. 30 juin 1884, Journal du Drott ìnternaL prive, 1885, pag. 307; 6 janvier 1873, Dalloz 1873, 1, 117; 6 janvier 1861, Journal du Palaia 1861, 1149; Gass. di Firenze 3 luglio 1874, Bettini, XXVI, 1, 866; Cass. di Roma 12 giugno 1885, giornale La Legge, anno XXV, voi. II, pag. 365.

Avi or competente a risolvere le controversie relative ad un Trattato.

700. Ogni controversia che possa nascere in occasione della esecuzione di un trattato d'interesse particolare concluso tra due

Tìiolo ni, - Efficacia da Trattati e hro esecuzione 313

o più Stati, dovrà essere sottoposta alla decisione di un tribu- nale arbitrale, il quale sarà costituito e funzionerà con le norme cbe trovansi stabilite relativamente alla procedura arbitrale.

70L Ogni controversia che possa nascere relativamente alla esecuzione, o all'annullamento di un trattato d'interesse generale, dovrà essere sottoposta alla decisione di una Conferenza, che sarà costituita e funzionerà colle norme che trovansi stabilite al libro IV.

Una differenza va fatta fra i trattati d'interesse particolare e quelli dMnte- resse generale, e non è sul numero degli Stati che lo abbiano stipulato che m può fondare la distinzione tra gli uni e gli altri, ma bisogna bensì pren- dere in considerazione Toggetto e la materia di esso. Un trattato di associa- zione doganale, ad esempio» o uno relativo alla proprietà letteraria, o all'eser- cizio del servizio intemazionale della posta, può essere concluso fra più Stati, ma deve reputarsi ognora, in considerazione del suo oggetto e della sua materia, quale trattato d'interesse particolare. Un trattato invece relativo alla naviga- lione dei fiumi intemazionali, all'abolizione del commercio degli schiavi, o che restringa la libertà d'azione di uno Stato per la tutela degl'interessi comuni, dev'essere considerato ognora quale trattato d'interesse generale. Ora ammet- tendo in massima che tutte le controversie relative all'esecuzione o all'annul- lamento di un trattato non possano essere decise dalle parti stesse interessate, ci sembra che l'autorità competente a risolverle non possa essere sempre un tribunale arbitrala. Noi opiniamo infatti che in tutte le questioni che concer- nono gl'interessi comuni, bisogni ammettere sempre il diritto dell'ingerenza collettiva ed i procedimenti Idonei per la tutela giuridica degl'interessi comuni. Distingueremo nel libro IV l'organamento e le funzioni del Tribunale arbitrale « della Conferenza, e tenendo presente tale distinzione si ppò comprendere perchè facciamo la distinzione tra i trattati d'interesse particolare e quelli di interesse generale, anche per determinare l'autorità competente a risolvere le controversie ad essi relative.

702. La competenza del tribunale arbitrale a riguardo di ogni controversia relativa ad un trattato dovrà ritenersi fondata sui prìncipii generali del Diritto comune, e reputarsi obbligatoria anche quando le parti contraenti non abbiano assunto con patto espresso l'obbligo di deferire ad un tribunale arbitrale le contro- versie che potessero sorgere nell'interpretazione ed esecuzione del trattato fra di esse concluso.

703. -:- Qualora le parti abbiano con patto espresso stipulato l'obbligo di sottomettersi alla giurisdizione arbitrale per le contro- versie relative al trattato, o per ogni divergenza che potesse nascere

31^ Libro li. - Delle obbligazioni

fra di loro, e avessero fissato d'accordo le norme per costituire il tribunale arbitrale e per l'esercizio delle funzioni ad esso spet- tanti, esse dovranno ritenersi giuridicamente obbligate ad atte- nersi ai patti convenuti.

704. Qualora le parti non abbiano stipulato alcun patto circa l'obbligo di sottomettersi alla giurisdizione arbitrale, e sorta una controversia in occasione dell'esecuzione del trattato una di esse proponga di deferirne la decisione ad un tribunale arbitrale e l'altra rifiuti di aderirvi, tale divergenza assumerà il carattere di controversia fra Stato e Stato, e dovrà essere risoluta colle norme che concernono ogni controversia di Diritto intemazionale e che trovansi stabilite al libro IV.

Titolo IV, ' AnnuUamento, ritocazione^ estinzione dei Trattati 315

TITOLO IV. Annullamento, rivocazionei estinzione dei Trattati.

705. Secondo i principi! del Diritto comune, nessun trattato potrà ritenersi legalmente annullato o rivocato, fino a tanto che l'annullamento o la ri vocazione di esso non sia stata pronunciata da un tribunale arbitrale.

Fino a tal momento la parte che vuole mantenere in vita il trattato può esigerne l'esecuzione.

706. Sarà lecito alla parte, che abbia sufficienti ragioni per presumere di avere il diritto di domandare la risoluzione o la rivocazione del trattato, di sospenderne la esecuzione. Essa sarà però tenuta a denunciare ciò all'altra parte in via diplomatica, e qualora non si stabilisca fra di esse l'accordo circa la rivocazione del trattato, essa sarà tenuta a fare l'istanza formale per far deci- dere la controversia da un tribunale arbitrale o dalla Conferenza.

707. Qualora avvenga di fatto la sospensione dell'esecu- zione del trattato da parte di uno dei due Slati contraenti, in seguito alla formale istanza per la risoluzione del trattato, e vi sia acquiescenza da parte dell'altro Stato, che ne sospenda a sua volta l'esecuzione, questo equivarrà a ritenere risoluto il trattato per tacito reciproco accordo.

708. Dovrà ognora reputarsi sommamente vantaggioso sotto il punto di vista degl'interessi generali che, quando due o più Stati si accordino tacitamente circa la rivocazione di un trattato fra di essi concluso, il trattato sia legalmente e formalmente abrogato, a fine di eliminare così ogni equivoco ed ogni cagione di turba- mento delle relazioni pacifiche fra gli Stati contraenti.

Dopo la caduta del 2* Impero, il Governo russo informò neirottobre 1870 le Potenze che avevano sottoscritto il trattato di Parigi del 1856, che, in con- seguenxa delle addotte violazioni dei patti stipulati circa la neutralità del Mar

316 zji,r^ Il . D^Uf. obbligazioni

Nero, la Russia si riteneva sciolta dagli obblighi imposti circa il diritto di mantenére le sue flotte nel Mar Nero, e le invitò a riunirsi in Conferenza per modificare i patti stipulati col mentovato trattato. Così ebbe luogo la Confe- renza ed il trattato di Londra del 13 marzo 1871, con cui furono abrogati gli articoli 11, 13, 14 del trattato di Parigi.

Giudizio circa r annullamento di un Tì-attato.

709. La parte, la quale abbia fatto formale istanza per far pronunciare Tannullamento di un trattato da essa sottoscritto, sarà tenuta ad allegare i motivi sui quali intende fondare la sua domanda di annullamento e a dare la prova dei fatti addotti.

710. Il diritto della parte che domandi TannuIIamento di un trattato dovrà ritenersi ben fondato, se sia constatato e riconosciuto che il trattato manchi di uno dei requisiti essenziali a riguardo della capacità, del consenso, o della materia lecita, e che tale man- canza costituisca di per stessa il vizio intrinseco della nullità.

711. Non potrà ritenersi fondata l'istanza d'annullamento sul motivo che le circostanze siano mutate in modo che se fos- sero esistite nel momento in cui il trattato fu concluso sarebbero state un grave ostacolo per la sua conclusione.

712. Non può essere reputato motivo sufficiente per doman- dare l'annullamento del trattato quello della lesione derivante dalla sua esecuzione.

Anche quando uno Stato abbia stipulato il trattato senza perfetta cogni- zione di causa, o per imprudenza, dev'essere tenuto a subirne le conseguenze, e non potrà essere autorizzato a domandarne la rescissione pel motivo della lesione.

Neanche se per le mutate circostanze lo Stato venisse a patire gravissimi pregiudizi neiresecuzione del trattato concluso, non potrebbe per questo esi- mersi daireseguirlo. Se mai si potesse ammettere che uno Stato potesse ritor- nare sugli obblighi assunti col trattato e disconoscerli quando si trovasse leso, a che si ridurrebbe la fede dei patti consentiti e Tin violabili dei trattati inter- nazionali? Le leggi civili hanno potuto ammettere la rescissione dei contratti pel motivo della lesione, perchè neirannullamento di essi non sono implicati che gl'interessi dei privati, ma nei trattati sono implicati gl'interessi pubblici ed internazionali, ed il mantenere salda ed inconcussa Tinviolabilità di essi è al certo il massimo interesse internazionale.

713. Il mutamento avvenuto nella costituzione polìtica del- l'uno o dell'altro dei due Stati non si può considerare come un

Titolo IV. - Annullamento, rivoccuione, estinzione dei Trattati •17

giusto motivo per provocare rannullamento del trattato, eccetto solo il caso che la nuova costituzione politica rendesse il trattato assolutamente ineseguibile in tutto o in parte.

Gonflronta regola 657.

714. Qualora un trattato concluso fra due o più Stati fosse in opposizione con un altro trattato, da una delle parti prece- dentemente concluso con un altro Stato, questi potrebbe doman- dare l'annullamento del trattato posteriore, di cui formò materia la lesione dei diritti da lui precedentemente acquistati.

Qualora però l'istanza d'annullamento fosse riconosciuta ben fondata, resterebbe integra la responsabilità dello Stato che avesse promesso quello che sapeva di non potere o di non dover pro- mettere, e bisognerebbe applicarvi le regole che concernono la responsabilità internazionale e le obbligazioni che ne conseguono.

Le ragioni sulle quali fondiamo la regola da noi proposta e che non è in armonia con quella proposta da Bluntschli, regola 414, Droit intern. codifié, erano state spiegate al § 1033 dell'opera : Trattato di Diritto intemaz, pub" blico, 3* ediz. da noi pubblicata. Sosteniamo Tannullamento del secondo trat- tato, fondandoci sul principio stabilito alla regola 641, circa la materia lecita. Ammettiamo poi Tobbligazione derÌTante dalia responsabilità intemazionale dello Stato, perchè la riteniamo fondata sui fatto illecito da parte sua, che con* siste nelFavere esso stipulato un trattato che sapeva di non potere e non dovere stipulare.

Vedi in seguito, Titolo VI, le regole circa la responsabilità internazionale dello Stato.

716. Qualora sorgesse l'impossibilità eseguire ui^ trat- tato a riguardo soltanto di alcuni dei patti concordati, dovrà ammettersi l'istanza della parte interessata a domandare l'abro- gazione dei patti a riguardo dei quali si sia verificata l'impossi- bilità di esecuzione.

Spetterà all'altra parte o di aderire alla domanda fatta per la risoluzione parziale dei patti concordati e mantenere in vita tutto il resto, o di domandare la risoluzione dell'intero trattato.

In mancanza d'accordo intorno a ciò, la vertenza dovrà essere deferita a un tribunale arbitrale, il quale dovrà decidere da prima se sussista rimpossibilità di eseguire una parte dei patti concor- dati) e poi circa gli effetti che ne possono conseguire.

318 £i6ro //. - Delle obbligazioni

716. Qualora per Tesecuzione di un trattato fossero neces- sari i provvedimenti legislativi, ed il Governo dello Stato a ciò tenuto non vi provvedesse, spetterà all'altra parte il diritto di sospendere Tesecuzione del trattato, fino a tanto che i provve- dimenti legislativi non siano presi dal Governo a norma degl'im- pegni assunti, 0 di domandare l'annullamento del trattato per l'avvenuta mancanza di esecuzione da parte dell'altro Stato.

Resterà però sempre integra la responsabilità internazionale dello Stato, che non abbia adempiuti gl'impegni assunti.

717. Qualora un trattato sia stato concluso in considera- zione di un ordine di fatti, e col tempo questi siano stati modificati in maniera che sia venuto a mancare del tutto quello che aveva formato originariamente l'oggetto della convenzione, il trattato potrà essere annullato se l'autorità competente, come alle regole 700 e seg., lo riconosca e dichiarì non obbligatorio, perchè mancante di oggetto e di causa, pel futuro, a cagione dei verificatisi muta- menti di fatto.

La proposta regola esclude il falso supposto che ogni trattato debba repu- tarsi subordinato alla condizione rebus sic stantibust ed esclude inoltre che anche quando un determinato ordine di fatti abbia formato la base e la con- dizione sostanziale del trattato, venendo esso a mancare, il trattato possa rite* nersi non obbligatorio a giudizio della parte interessata. Bisogna invece esclu- dere ogni dubbio riguardo alla obbligatorietà dei trattati conclusi e mantenere fermo il principio della loro inviolabilità, fino a tanto che la parte interessata a promuoverne Tannullamento non ne abbia fatta Tistanza, e questa non sia stata riconosciuta fondata in diritto dall'autorità competente a risolvere ogni controversia circa Tannullamento di un trattato. Non si poteva al certo esclu- dere il diritto della Russia di domandare nel 1870 che fossero riconosciuti insussistenti per le mutate circostanze gii obblighi da essa assunti col Trat- tato di Parigi del 1856 rispetto alla navigazione del Mar Nero ; ma d*altra parte non si poteva ammettere che essa potesse apprezzare da se gli impegni assunti dovessero per le mutate circostanze reputarsi inefficaci. In ogni caso somigliante il giudizio e la decisione d*una Conferenza deve ognora reputarsi indispensabile, e qualora un presupposto abbia costituito l'oggetto sostanziale del trattato, ed in seguito sia venuto a mancare del tatto, la risoluzione e TannuUamento delle obbligazioni assunte devono essere ammessi come in ogni caso in cui si tratti di convenzione mancante di oggetto e di causa.

Conviene però avvertire attentamente di non confondere la teorìa che noi sosteniamo con quella dei pubblicisti che subordinano Te f Acacia di un trattato alla condizione rebus sic stantibus. Noi ammettiamo la risoluzione nel solo caso che il fatto presupposto sia stato Toggetlo sostanziale dell'accordo e che sia venuto meno del tutto in prosieguo, perchè ci sembra che la piesupposizionei

Titolo IV. Annullamento, rivocazione, estinzione dei Trattati 319

nel caso da noi contemplato, assuma il carattere vero e proprio di coDdìxione risolutiva tacita. Dato infatti che il trattato sia stato stipulato per regolare un fatto presupposto e sostanziale : dato che questo sia stato Toggetto principale deiraccordo, non si può fare a meno di ammettere che il consenso reciproco debba reputarsi subordinato alla condizione tacita, che cioè venendo a man- care del Lutto l'oggetto delPaccordo esso non debba avere in futuro effetto giuridico.

Cionfr. la nota a reg. 748.

Proroga o rinnovamento dei Trattati.

718. Qualora nel trattato sia stabilito per patto espresso che allo spirare del termine obbligatorio il trattato s'intenderebbe prorogato d'anno in anno, o per un tempo più lungo, se Tuna o Taltra delle parti non avesse manifestato dentro un certo ter- mine fissato la sua intenzione fame cessare gli effetti, tale patto equivarrà a mantenere il trattato in vigore, fino a tanto ch'esso non sia stato officialmente denunciato.

719. Incombe alla parte che voglia valersi del suo diritto di denunciare il trattato il farlo mediante atto officialmente noti- ficato in via diplomatica.

Incombe alla parte a cui sia stato notificato in via diplomatica Tatto di denuncia il notificare nella stessa forma di averne preso atto, ma anche in mancanza di tale ultima formalità il trattato cesserebbe di essere in vigore al termine notificato nell'atto di denuncia.

720. Laddove col trattato non sia slato stipulato il patto della tacita proroga, e spirato il termine obbligatorio le parti con- traenti abbiano continuato ad osservare a reciprocità i patti concor- dati, il trattato potrà ritenersi così tacitamente rinnovato, se la recìproca osservanza delle clausole convenzionali da parte dei Governi dei due Stati risulti in modo formale ed esplicito, e sìa tale da constatare nettamente la loro mutua intenzione di man- tenere in vigore il trattato dopo spirato il termine obbligatorio.

721. La reciproca osservanza di certe regole di Diritto comune intemazionale che si trovavano pure stabilite per mutuo accordo nel trattato non può bastare a caratterizzare nettamente l'intenzione

3*0 Libro IL - Delle obbligazioni

delle parti contraenti di mantenere in vigore il trattato dopo spi- rato il termine obbligatorio.

Confronti la causa discussa dinanzi alla Cassazione francese a proposito deUa tacita rinnovazione della Convenzione consolare tra la Francia e gli Stati Uniti d* America, e le conclusioni del procuratore generale Dupin. Gass., 24 juiliet 1861 Journal du Palaia, 1861, pag. 1149.

Estinzione dei Trattati.

722. I trattati si estinguono di pieno diritto:

a) col reciproco consenso delle parti obbligate;

b) con la prestazione della cosa dovuta;

e) con lo spirare del termine fissato nella stipulazione, quando non sia prorogato per volontà delle parti;

d) colla rinuncia espressa da parte dello Stato che sia il solo interessato a mantenere in vigore il trattato;

e) col verificarsi della condizione risolutiva;

f) coll'annientamento completo, fortuito e non colpevole della cosa che abbia formato oggetto della convenzione.

723. I trattati non si estinguono ipsojure ipsoque facto col sopravvenire della guerra tra gli Stati che li abbiano conclusi, ma cessano bensì dall'avere esecuzione e devono ritenersi ipso iure ipsoque facto sospesi tutti quei patti concordati fra i due Stati, che siano incompatibili col sopravvenuto evento della guerra.

Il principio posto innanzi da alcuni pubblicisti, che cioè, a meno di stipu- lazione formale contraria, i trattati si estinguono in conseguenza d'una dichia- razione di guerra che ne sospende o ne distrugge tutti gli effetti (vedi Calvo, DroU internat., 4"^ édict., § 362), non ci pare conciliabile con i prìncipii del Diritto moderno, che mira a restringere gli effetti della guerra ai rapporti tra Stato e Stato. Anche però i trattati che tali rapporti concernono non pos- sono al certo ritenersi tutti estinti o sospesi pel sopravvenire della guerra Confronti la mia opera: Trattato di Diritto internazionale pubbUeo, 3* edizione voi. Ili, § ;390.

Tttoio r. - Dei Trattati speciali 321

TITOLO V. Dei Trattati speciali.

724. Ogni trattato sarà specificato a seconda del suo oggetto e del suo contenuto, e non soltanto per la denominazione prescelta dalle parti.

La proposta regola si fonda sul savio precetto : plus valet quod agitur quam quod simìdate eoncipUur, Ha potuto accadere che due Stati abbiano denomi- nato, a modo d^esempio, trattato di unione doganale una convenzione fra essi conclusa per regolare .l'esercizio del commercio. Dato che avuto riguardo ai patti concordati risulti che la convenzione non abbia la natura, il carattere ed i requisiti per considerarla come un trattato di unione doganale, non si potrebbe sostenere che essa dovesse reputarsi tale solo perchè le parti Tabbiano così denominata. Qualora risulti che la convenzione sia in sostanza un trat- tato di commercio, esso produrrà i suoi effetti come tale rispetto agli altri Stati che abbiano pure concluso un trattato di commercio, se essi potessero avere il diritto al trattamento della nazione più favorita.

Così pure si denominano talvolta trattati di commercio convenzioni le quali, oltre che i patti relativi all'esercizio del commercio, contengono altresì patti relativi alla protezione della proprietà letteraria o industriale, all'istituzione dei consolati, alFestradizione dei malfattori, e via dicendo. Ora bisogna pure volgere Tattenzione alla materia ed all'oggetto delle speciali convenzioni unite insieme col titolo trattato di commercio e tener presente che la denomina- zione non può mutare la sostanza della cosa.

725. Ogni trattato speciale dev'essere apprezzato, eseguito ed interpretato, oltre che in conformità delle regole generali circa i requisiti e gli effetti di ogni trattato, altresì a seconda di quelle che lo concernono, avuto riguardo alla sua speciale natura ed al suo oggetto determinato.

726. I trattati speciali possono essere tanti quante sono le materie che possono formare oggetto dei rapporti internazio- nali degli Stati e dei loro accordi relativi ad interessi reciproci.

Ci sembra inutile di fare una classificazione dei trattati e ci riferiamo a quello che ne avevamo scritto in proposito nell'opera : Diritto internazionale pubblico, voi. II, § 1008. Oggi sopratutto che i rapporti internazionali tra gli Stati si sono notabilmente allargati ed è conseguentemente cresciuta la neces- sità di regolarli mediante convenzioni e trattati, si ha ragione di dire che la enumerazione sarebbe lunga, e ci sembra meglio di non proporci di farla«

21 FioPE, Dir, intern. codif.

3!22 Libro IL - DeUe obblioagiont

Trattati di cessione.

727. n trattato di cessione è quello mediante il quale uno Stato cede ad un altro Stato una parte di territorio, che gli appar- tiene, rinunziando su di esso ai suoi diritti di sovranità.

Tale trattato, purché sia legalmente stipulato e che sia fornito di tutti i requisiti richiesti per potere essere reputato valido, pro- duce l'effetto di operare la perdita dei diritti di sovranità sul ter- ritorio ceduto da parte dello Stato cedente, e l'acquisto di essi da parte dello Stato cessionario (vedi reg. 215, 216).

728. Qualunque trattato pacifico di cessione volontaria di una parte di territorio non potrà ritenersi valido, se non quando sia stato fatto da coloro, che secondo le leggi costituzionali del paese cedutone abbiano il potere, e stipulato con le forme richieste secondo il Diritto pubblico intemo ed estemo (vedi reg. 632).

729. Gli effetti del trattato di cessione sia in quello che esso modifichi l'esercizio dei rispettivi diritti sovrani, sia in quello che può concernere i diritti spettanti ai privati, devono essere deter- minati tenendo conto delle regole circa la cessione e annessione.

Vedi le regole etabìlite al Libro I, 118 a 135.

730. Salvo la questione del diritto, che può spettare al vin- citore di subordinare la conclusione della pace alla condizione della cessione di una parte di territorio ; salvo pure la questione dell'opportunità di trarre profitto dalla fortuna delle armi e d'im- porre al vinto tale condizione, i trattati di cessione territoriale forzata legalmente conclusi (come alla reg. 728), devono ritenersi validi fra le parti contraenti, purché le regole generali di Diritto in- ternazionale, relative alla validità dei trattati, sieno slate osservate.

Trattati di commercio.

731. I trattati di commercio devono avere per oggetto prin- cipale di regolare le relazioni commerciali tra gli Stati contraenti

Titolo V, - Dei Trattati speciali 323

coirintendimento di tutelare, allargare e sviluppare la libertà di commercio.

732. Incombe agli Stati Io stipulare i trattati di commercio per facilitare gli scambi, togliere gli ostacoli al libero movimento dei prodotti della terra e dell'industria, tutelare la libertà della con- correnza, piuttosto che per organizzare direttamente o indiretta- mente un sistema di protezionismo o per stabilire qualsisia forma di restrizione all'esercizio del libero commercio nell'interesse del fisco.

733. I trattati di commercio devono essere basati sulla più completa parità di trattamento nel senso di assicurare vantaggi equivalenti e proporzionalmente eguali agli Stati contraenti ed ai loro cittadini e senza che una delle parti metta a profitto la sua preponderanza e la sua maggiore potenza per fare accettare dal- l'altra più debole o meno potente condizioni meno favorevoli o più onerose.

734. Possono gli Stati regolare mediante trattato di com- mercio tutti i fatti ed i rapporti che si riferiscono alle loro rela- zioni internazionali, ma il loro oggetto proprio è di regolare la importazione e l'esportazione, il transito, il trasbordo e il deposito delle merci, le tariffe di dogana, i diritti di navigazione, le qua- rantene, il cabotaggio, la pesca e gli altri fatti che hanno attinenza all'esercizio del commercio.

736. Incombe a ciascuno Stato l'allargare la conclusione dei trattati di commercio col maggiore possibile numero di Stati, a fine di rendere così più larga la libertà degli scambi internazionali, e provvedere alla maggiore reciproca utilità collo sviluppo della concorrenza.

Le regole suesposte mirano a tradurre in atto i princìpiì proclamati dalla seienza moderna, che cioò la maggiore reciproca utilità di tntti gli Stati che vogliono assicurare lo sviluppo ed il movimento dei diversi rami di ricchezza nazionale, consiste nel moltiplicare viemmaggiormente gli scambi intemazio- nali ed allargare la concorrenza. Senza concorrenza Tindustria nazionale non può prosperare, ma resta stazionaria, e se T industria non fosse eccitata ed incoraggiata alla produzione dalla concorrenza, mancherebbe la prosperità e l*accrescimento dei capitali indispensabili per lo sviluppo deiragricoltura. Si intende benissimo che, per sostenere l'attrito degli scambi internazionali e la concorrenza straniera, debba riuscire indispensabile il migliorare ed incorag- giare Tindustria nazionale, e questo dev'essere il compito di ciascun Governo;

3** Libro IL - Delle obbliffazioni

ma certa cosa è che la prosperità pubblica e la ricchezza nazionale non potreb- bero effettuarsi ed accrescersi senza lo sviluppo di tutti gli elementi che la costituiscono, e che tale sviluppo è incatenato dalle leggi della libertà di pro- duzione, di movimento, di concorrenza e di scambi internazionali. Incombe a ciascun Governo il migliorare Tagricoltura e l'industria del proprio paese, affinchè esse non si trovino in condizione d'inferiorità nel sostenere la lotta della concorrenza straniera e degli scambi internazionali, e è tutto il segreto della pubblica prosperità.

736. I trattati di commercio devono eseguirsi colla più scru- polosa lealtà e buona fede, ed incombe ai Governi l'esaminare e ponderare diligentemente gl'impegni che siano per assumere in un trattato di commercio e l'evitare assolutamente di adoperare qualsisia sotterfugio per non mantenere lealmente gl'impegni presi.

737. ^ La clausola generale, colla quale si accorda allo Stato con cui il trattato di commercio è concluso il trattamento della nazione più favorita, quando sia stipulato senza alcuna determi- nazione e condizione, implica la facoltà di godere qualunque favore, che in forza di trattato di commercio venga ad essere concesso ad un altro Stato.

738. Qualora uno Stato, che in forza della clausola del trat- tamento della nazione più favorita voglia profittare di tale bene- ficio, e godere di una concessione più favorevole fatta ad altro Stato, abbia ciò dichiarato formalmente in vìa diplomatica, e tale suo diritto sia stato riconosciuto in via diplomatica, o tacitamente ammesso senza contestazione dall'altra parte contraente, il favore acquisito in forza della clausola si reputerà come complemento dei diritti spettanti allo Stato favorito in virtù del trattato di com- mercio da lui concluso, e durerà fino allo spirare del trattato stesso.

Se tale dichiarazione non sia stata fatta in via diplomatica, e il trattato più favorevole concluso col terzo Stato venga a spirare, prima che l'altro ne abbia profittato, o che abbia dichiarato di volerne profittare, la dichiarazione tardiva non sarà efficace, se essa venga ad essere fatta, dopo che il trattato col terzo Stato più. favorito sia estinto.

La ragione della proposta regola ci sembra fondata sul concetto che i trat- tati conclusi coi terzi Stati non implicano godimento di diritti rispetto a coloro che, pur potendoli godere, non si siano curati di profittarne. La dichiarazione tardiva d'altra parte* non potrebbe essere efficace, se venga fatta nel momento.

Titolo V. - Dei Trattati speciali 325

Bel qaale, essendo estinto il trattato, sia venota cosi a mancare la conces- sione del favore. Il terzo Stato non potrebbe dichiarare di voler profittare di an favore che più non esiste, quando egli manifesti tale volontà. Quando invece concesso il favore il terzo Stato abbia dichiarato formalmente di volerne pro- fittare, in forza del patto stipulato nel trattato da lui concluso, l'acquisto del favore deve reputarsi un diritto perfetto e complementare di quelli da esso acquistati in forza del trattato, ed è naturale che debba poi perdurare fino alla durata del trattato, ed indipendentemente dalla durata o dall*estinzione del trattato colFaltr Stato concluso.

739 I trattati di commercio, quando non vi sia espressa disposizione contraria, si estendono a tutti i possedimenti degli Stati contraenti ac^ ess* appartenenti nel momento della conclu- sione del trattato ed in avvenire.

Essi devono reputarsi in vigore fino allo spirare del termine sta- bilito nel trattato, salve che non siano prorogati in forza di patto espresse o di tacito consentimento, nel qual caso essi saranno reciprocament obbligatori, fino a che Tuna o Taltra delle parti contraenti non abbia in vìa diplomatica notificata la sua intenzione di fame cessare l'effetto a partire dal giorno denunziato nell'atto stesso notificato.

740. I trattati di commercio non possono reputarsi ipso jure ipsoque facto estinti pel sopravvenire della guerra, ma devono bensì ritenersi sospesi quelli soltanto dei quali l'osservanza sia inconci- liabile coH'esercizio dei diritti di guerra. È però sommamente utile, che le parti contraenti nello stipulare il trattato dichiarino espres- samente, quali siano ì patti che devono mantenersi in vigore, non ostante che sopravvenga la guerra.

741. I trattati di commercio, benché debitamente stipulati, non producono i loro effetti che quando siano ratificati in confor- mità della legge costituzionale di ciascuno degli Stati contraenti, ed a contare dal giorno dello scambio delle ratifiche.

Convenzioni consolari.

742. Le convenzioni consolari sono gli accordi conclusi fira due Stati per determinare: i diritti e le prerogative dei consoli, che siano istituiti nei territori rispettivi ; le funzioni ad essi attribuite ;

326 Libro IL - DélU obbìigcuiioni

l'esercizio dei diritti e delle obbligazioni che ne derivino; i rapporti colla legge e colle autorità territoriali delle persone addette ai consolati nella loro qualità di consoli, vice-consoli, agenti conso- lari, cancellieri o segretari.

743. Incombe agli Stati l'allargare quanto è possibile la conclusione dei trattati consolari, a fine di provvedere mediante essi alla protezione dei cittadini, che si trovino nei paesi stranieri, ed all'assistenza ad essi dovuta per facilitare loro lo sviluppo e l'esercizio del commercio.

744. I trattati consolari tanto più riusciranno completi, utili ed efficaci, quanto meglio regoleranno ogni rapporto che può repu- tarsi connesso coU'istituzione dei consolati.

GonfroDta per la estensione di tali rapporti e qneUo che può esser utile oggetto delle convenzioni consolari le regole 353-256, 330-332, 345-349, 445-458,-464-474.

Capitolazioni.

746. Le capitolazioni dinotano il complesso delle convenzioni concluse a termine non definito per determinare e regolare i rap- porti tra gli Stati civili coir Impero ottomano e con gli Stati bar- bari 0 incivili in tutto quello che concerne Tesercizio rispettivo dei diritti sovrani a riguardo dei propri cittadini dimoranti in quelle regioni, le prerogative e privilegi degli agenti diplomatici o con- solari destinati a proteggerli e le attribuzioni delle rispettive auto- rità a riguardo dell'amministrazione della giustizia civile e penale.

746. Le capitolazioni mirano generalmente a stabilire d'ac- cordo un regime convenzionale, che deroga al Diritto comune, e non possono sussistere che in conseguenza della disparata condi- zione di civiltà, in cui si trovano alcuni Stati africani o asiatici e gli altri Stati barbarici, nei quali a cagione dello stato di bar- barie, della prevalenza del fanatismo religioso, e della minore civiltà, si rende impossibile la perfetta eguaglianza di condizione giuridica pel mutuo e reciproco esercizio dei rispettivi diritti sovrani.

Titolo V. - Dei Trattati speciali 327

747. Le capitolazioni, quantunque stabiliscano un regime eccezionale, devono reputarsi efficaci ed obbligatorie, anche in quello che deroghino al Diritto comune intemazionale é non ostante che siano contrarie alle regole mediante esso stabilite, fino a tanto che non siano rivocate mediante il reciproco consentimento degli Stati fra i quali hanno vigore.

Devono quindi ritenersi obbligatori non solo i patti mediante esse stipulati, e gli effetti che naturalmente da essi derivano, ma le regole altresì che possono reputarsi stabilite mediante la con- suetudine e la costante osservanza nell'applicare i patti stipulati, e nell'esercizio delle funzioni in forza dei patti stessi attribuite alle autorità rispettive. Confr, reg, 345-349.

n regime delle capitolazioni è stato la consegnenza necessaria delle rela- lioni commerciali stabilite da prima coli* Impero ottomano, e poi cogli altri principali Stati afHcani e asiatici (Zanzibar, Madagascar, Persia, Siam, Gina, ecc.), nei qnali Tesercizio del commercio da parte degli Europei» la sicurezza delle proprietà e delle persone, e Tammini strazione della giustizia civile e penale, troTavano nn ostacolo insormontabile nella condizione di barbarie in cui si trovaTano detti paesi e nel difetto delle leggi e del Governo; per lo che era impossibile la completa comunanza di diritto.

Vedi per quello che concerne Torigine storica delle capitolazioni e le con» venzioni successivamente concluse e rinnovate: Fébaud-Giraud , Dt la juri- dietion franfaise dans les Échelìes du Lerant et de Barbar ie^ et lesjuftices mixtea dans le» pays hors ehrétienté, Bknoit, Éiude »ur le$ capitulations entre VEmpirt ottoman et la France^ Paris 1890. Pradibr-Fodér^, La question des capitala- tions en Orient, R. D. 1 , 1869, p. 118. Bonfils, Manuel de Droit int. public, pag. 433. GoNTUZzi, Il Dir, intern. nella sua applicabilità in Oriente. Olivi Luior, Sulla voce CapitclcutUmi nel Digesto italiano.

748. Le capitolazioni, quantunque concluse a termine non definito, non possono essere mantenute in vigore quando le con- dizioni presupposte per giustificarle siano venute a mancare del tutto e conseguentemente esse abbiano così perduto pel futuro ogni ragion d'essere.

Qualora Tuna parte non volesse in tale evenienza consentire a rivocarle, Taltra avrebbe sempre il diritto di promuoverne la risoluzione.

La proposta regola si fonda sul giusto concetto che quando un dato stato di cose o di fatti sia stato l'oggetto principale e sostanziale dell'accordo e venga meno del tutto in seguito, il trattato, benché valido ed efficace ab initio, perde pel futuro ogni ragion d'essere, dovendosi reputare mancante di

328 Libro TI. - Ddìe cbhUgazhni

oggetto e di causa. Come è detto alla regola 717, non si può ammettere in generale che i trattati debbano essere subordinati alla condizione risolutiva rébìM aie stantibus, perchè si scuoterebbe così la forza obbligatoria del Diritto convenzionale, ma si deve ammettere anche per i trattati il giusto concetto che quando la presupposizione costituisca Toggetto sostanziale della conven- zione e venga a mancare, la convenzione dev*essere risoluta, perchè essa dal momento in cui il presupposto sia venuto a mancare, non può essere consi- derata altrimenti che come una convenzione mancante di oggetto e di causa. La presupposizione che abbia i requisiti indicati assume veramente il carat- tere di condizione risolutiva, ed è Tunico caso in cui può trovare giusta appli- cazione la massima rébtis sic stantibus. Cosi può dirsi con ragione delle capi- tolazioni concluse pel presupposto dello stato di barbarie. Dato che questo venga a mancare, le capitolazioni non possono più avere ragione d'essere. Anche nel Giappone erano in vigore le capitolazioni, ma oggi che quello Stato ha fatto tanti progressi , che non può essere al certo reputato in condizione inferiore degli Stati dell'Europa e dell'America, il mancato presupposto dello stato di barb|irie ha fatto venir meno del tutto la ragion d'essere delle capi- tolazioni. Per lo che la Germania, Tlnghilterra, gli Stati Uniti, la Francia hanno concluso accordi che abrogano il regime delle capitolazioni; ma se non l'aves- sero fatto, il Giappone avrebbe avuto diritto di domandare che le capitolazioni fossero abrogate, e tale suo diritto non poteva al certo essere contestato. Confronta regola 717.

Trattato di protettorato.

749. Il trattato di protettorato è quello mediante il quale uno Stato debolo o barbaresco che assume la condizione di Stato pro- tetto, ed un altro più forte e civile, che assume la condizione di Stato protettore, stabiliscono d'accordo le limitazioni convenzionali all'esercizio della sovranità dello Stato protetto, e l'ampliamento dell'esercìzio della sovranità dello Stato protettore nelle relazioni internazionali. {Confr. reg. 97-102.)

750. Il trattato di protettorato, sia esso concluso in seguito a volontaria richiesta fatta da una delle parti ed accettata dal*- l'altra, sia esso forzatamente imposto da una parte ed accettata dall'altra può essere valido soltanto, quando non manchi la libertà del consenso richiesta per la validità di un trattato. {Confronta reg. 637-640.)

751. Il trattato di protettorato quando sia debitamente con- cluso, e non possa ritenersi legalmente rivocato, deve reputarsi obbligatorio per le parti che lo stipularono, ed incombe a ciascuna

Titolo V. ' Dei Trattati speciali 329

di esse Tesegoire integralmente le clausole consentite, anche se l'esecuzione possa reputarsi onerosa od ingiuriosa, salvo il diriilo ad entrambe esse parti spettante di provocare la sospensione del trattato, o di denunciarlo, osservando le regole di Diritto comune per la sospensione o denuncia di un trattato in vigore.

752. Il trattato di protettorato produrrà tutti i suoi effetti nelle relazioni internazionali rispetto agli Stati, ai quali i patti so- stanziali siano stati notificati in via diplomatica, e non contestati, ed a cominciare dal giorno della fatta notificazione.

753. Tutti gli effetti, che possono derivare dal trattato di prò- lettorato riguardo agli atti intemazionali fatti dallo Stato protet- tore, o dallo Stato protetto, per quello che concerne il loro valore giuridico, o la loro inefficacia o invalidità, devono essere deter- minati in base ai patti stipulati ed alle limitazioni delle regole del Diritto comune in forza del trattato consentite, fino a tanto che esso debba reputarsi in vigore.

In caso che Tuna o Tallra delle parti facesse uso del suo diritto di sospendere il trattato di protettorato o di denunciarlo, gli effetti della sospensione o della denuncia rispetto ai terzi Stati, fino a tanto che il trattato non sia definitivamente rivocato, saranno de- terminati tenendo conto delle regole di Diritto comune, che con- cernono gli effetti della sospensione o denuncia di un trattato in vigore.

764. Il trattato di protettorato, siccome stabilisce una con- dizione giurìdica eccezionale e limita il libero esercizio dei diritti spettanti agli Stati sovrani, così deve essere interpretato rigorosa- mente, e sempre nel senso il meno sfavorevole alla libertà dello Stato protetto. In ogni caso di dubbio devono valere le regole che concernono l'interpretazione delle leggi eccezionali e delle dispo- sizioni limitative della libertà delle persone.

755. Il trattato di protettorato, quando debba reputarsi effi- cace (al che occorre che il rapporto di protettorato possa reputarsi stabilito in modo certo e non equivoco, che esso effettivamente sussista, e che sia stato espressamente o tacitamente riconosciuto), produrrà tutti i suoi effetti a riguardo delle modificazioni, che ne

330 Libro li, - Delle obbligazioni

conseguono rispetto alla personalità internazionale dello Stato pro- tetto e delle limitazioni della sua capacità nel concludere trattati, neirassumere obbligazioni internazionali, nel mantenere le rela- zioni diplomatiche ed in tutti gli atti, nei quali si esplica la per- sonalità internazionale di ciascuno Stato.

Gli atti però compiuti dallo Stato protetto, prima che il rap- porto di protettorato sia stato stabilito, che implichino diritti per- fetti acquisiti da terzi Stati, continueranno a produrre i loro effetti, salvo il caso in cui essi siano decisamente incompatibili colla nuova condizione di cose mediante il protettorato stabilita, e fino a che il valore giuridico degli atti stessi non venga annullato in confor- mità delle regole di Diritto comune, o che non si verifichi la loro estinzione per lo spirare del termine stabilito per la loro durata.

Confr. reg. 97 a 102 e 657, 713.

Il rapporto di protettorato, quando già yalidamente stabilito, equivale al mutamento della costituzione politica dello Stato protetto, e tutte le conse- guenze che ne possono derivare, rispetto alle modificazioni che ne conseguono a riguardo della personalità internazionale dello Stato protetto, devono essere, a nostro modo di vedere, determinate cogli stessi principii che nel caso in cui venga a verificarsi un mutamento sostanziale della legge costituzionale d'uno Stato.

Conviene però avvertire attentamente che il rapporto di protettorato, come noi rintendiamo, non può comprendere ogni forma di dipendenza politica, economica ed amministrativa, nella quale certi Stati civili intendono mettere i paesi incivili e barbareschi, e che denominano pure protettorato, per masche- rare certe forme indirette di conquista e di soggiogamento, che sono la con- seguenza della cosi detta politica coloniale e che costituiscono in sostanza il rapporto di signoria, o vassallaggio, di sommissione, di dipendenza, e che fanno dello Stato protetto uno Stato semi-sovrano. Cotesti rapporti possono pure stabilirsi mediante trattati, ma in sostanza essi importano dominio, giu- risdizione e sommessione della sovranità nell'esercizio delle sue funzioni all'in- terno, vale a dire dipendenza mediata o immediata della sovranità sotto ogni rispetto. Il protettorato vero e proprio implica protezione ed assistenza per promuovere lo sviluppo della civiltà nei paesi incivili ; difesa saviamente ordi- nata, piuttosto che signoria, per lo che il suo carattere giuridico vero con- siste nell'assistenza e protezione dello Stato protetto nelle relazioni internazio- nali. Esso può quindi, rigorosamente parlando, modificare soltanto la personalità internazionale dello Stato protetto. Che se poi il protettorato miri a modificare pure la personalità dello Stato protetto nell'esercizio delle funzioni sovrane all'interno, allora esso acquista carattere diverso.

I rapporti originariamente stabiliti col trattato del 17 dicembre 1886 tra la Repubblica francese e la regina di Madagascar, sono stati qualificati sempre protettorato; ma il risultato finale consacrato nella legge del 6 agosto 1896, che ha dichiarato francese l'isola di Madagascar con le isole che ne dipendono, spiega qual era il carattere vero del protettorato.

Titolo V. - Dei Trattati speciali 331

Vedi sn]]a questione dei protettorato, Despagnst, Essai sur les protectorats\ Wilhelm, Tliéorie juridique des protectoì'atSf nel Journal de Vr, itit. prive, 1890, pag. 204; Pjc, Influence de V étàblissement d'un protectorat, nella Bevue gene- rale de Droit intem, public , anno 1896, pag. 613, e gli autori da lui citati nelle note; Catellani , Nota critica sugli ultimi studi sui protettorato, nella Bivista itah per le scienze giuridiche, voi. XXIII, fascicolo V, e gli autori da lui citati.

Trattati di sigììorta e di vassallaggio.

756. Il trattato di signoria è quello concluso tra uno Stato eivile ed uno barbaresco, col quale il primo impone e l'altro accetta qualunque patto di dipendenza mediata o immediata neiresercizìo de' suoi diritti di sovranità airintemo dello Stato. Quando i patti implichino la sommissione dei poteri sovrani dello Stato incivile alla suprema giurisdizione ed autorità dello Stato civile il trattato sarà denominato di vassallaggio.

Sotto le sopraindicate denominazioni si possono annoverare tutte le diverse forme di convenzioni che ai tempi nostri sono la conseguenza della così detta politica coloniale, e che mirano in sostanza ad effettuare le cosi dette con- quiste pacifiche, ma che sono in realtà ordinate a ripristinare quella forma anomala di Stato mancante di autonomia completa all'interno, denominata Stato semi-sovrano e soggetto al destino di esistenza transitoria e di lotta permanente, che è stata la conseguenza storica inevitabile della semi-sovranità.

Tali forme di convenzioni soggiacciono a tante graduazioni, che riesce dif- ficile classificarle e regolarle con principii generali ed uniformi.

757. Il trattato di signoria o di vassallaggio, siccome implica una specie di alienazione dei diritti di sovranità all'interno e la surrogazione nell'esercizio di essi dello Stato signore, cosi non può essere valido, se non che quando non sìa mancata la libertà del consenso da parte dello Stato soggetto, e da parte dell'altro non vi sia stata soggiogazione forzata violando i principii del Di- ritto comune internazionale.

758. II trattato di signoria, finché sussiste e debba reputarsi m vigore, deve essere efficace a determinare la situazione rispet- tiva degli Stati, che lo abbiano sottoscritto, in quello che concerne l'esercizio dei poteri sovrani, e specificatamente del potere legis- lativo, del potere giudiziario e del potere amministrativo, ciascuno dei quali deve essere esercitato dallo Stato signoreggiante e dallo

332 Libro IL - Delle obbligazioni-

Stato soggetto in conformità dei patti stipulati col trattato. {Confr. reg. 103-106.)

760. Quantunque debba ritenersi anormale la condizione di cose che risulta dal dimezzamento della sovranità e dal dualismo dell'imperio e della potestà sovrana stabilita col trattato, questo deve non per tanto ritenersi efficace, finché sussiste, e deve pro- durre, per quello che concerne l'esercizio dei poteri sovrani, gii stessi effetti che derivano in caso di modificazioni della legge costi- tuzionale dello Stato.

Tali effetti devono ammettersi non solo tra le parti contraenti, ma altresì rispetto ai terzi Stati che abbiano colla via di fatto accettato senza contestazione la condizione di cose mediante il trattato stabilita.

760. Ài trattati di signoria e di vassallaggio imposti forzata- mente e con manifesta violazione delle regole di Diritto intema- zionale possono essere applicate le regole circa l'ingerenza col- lettiva. {Confr. reg. 487 e $eg.)

761. L'ingerenza collettiva può sopratutto essere giustificata, qualora lo Stato signore attenti colla forza all'esistenza interna- zionale dello Stato a lui soggetto, trasformando il rapporto di signoria in una vera e propria annessione.

Non è il caso di stabilire regole più complete, come la materia esigerebbe, «r determinare il valore giuridico dei trattati di signoria, perchè intorno a «otesto rapporto eccezionale, che ha iniziato una nuova fase nelle relazioni internazionali degli Stati civili cogli Stati incivili e barbareschi, domina la più ^ande confusione, alimentata dalla necessità sociale e intemazionale della espansione e daUUndirizzo della politica ai tempi nostri, che si dice debba mirare alla conquista pacifica dei paesi meno civili, considerando l'accresci* mento continuo dei possedimenti nelVAsia, nell'Africa e nelle altre regioni bar- baresche, come il profitto della colonizzazione.

Trattato di confederazione.

762. II trattato di confederazione è quello mediante il quale gli Stati sovrani autonomi e indipendenti stabiliscono i patti di loro unione per conseguire un fine comune d'interesse politico, e deter-

Titolo r, - Dei Trattati speciali 33^

minano le obbligazioni reciproche rispetto a quello che abbia for- mato oggetto della loro unione politica.

763. Il trattato di confederazione deve reputarsi efficace a determinare e stabilire tra le parti contraenti le regole di loro con- dotta, e l'esercizio e le limitazioni dei loro diritti sovrani nei rap- porti airintemo ed all'estero per tutto quello che costituisce l'og- getto dell'unione politica o confederazione.

Rispetto ai terzi Stati il trattato non potrà reputarsi efficace per tutti gli effetti che ne possono derivare nei rapporti intemazionali^ che rispetto a quelli i quali abbiano riconosciuta la confederazione stabilita mediante il trattato.

764. Qualora in forza del trattato di confederazione sia costi- tuito un potere centrale con speciali attribuzioni determinate dalla finalità dell'unione polìtica e col potere di provvedere all'effettua- zione del fine, ed alla tutela degl'interessi comuni posti a base dell'unione politica, ed in forza del consenso degli Stati confederati sia attribuita al potere centrale suddetto una capacità giuridica intemazionale proporzionata all'attuazione del fine dell'unione ed allo sviluppo degl'interessi comuni, tale ordinamento di cose pu6 far nascere una forma speciale di personalità internazionale spet- tante alla confederazione, rispetto però agli Stati che l'abbiano riconosciuta. {Confr, reg. 39.)

Un esempio importante dell*accennata forma di associazione politica stabi- lita mediante trattato si trova nella Confederazione germanica, costituita in forza degli articoli 53, 54 e 55 dell'atto finale del Congresso di Vienna del 9 giugno 1815. La Confederazione, come ente collettivo perfettamente distinta nei rapporti airinterno ed all'estero dagli Stati confederati, ha avuto la propria personalità internazionale, fino a che non fu disciolta nel 1866, in seguito alla lotta tra gli Stati confederati e le vittorie della Prussia, coronate colla celebre battaglia di Sadowa. Essa aveva infatti il diritto di concludere trattati, inviare e ricevere agenti diplomatici, fare la guerra e concludere la pace ed eserci- tare altri poteri, sempre limitatamente alla finalità della Confederazione e pure essendo mantenuta integra la personalità internazionale degli Stati confederati per tutto quello che non toccava gl'interessi della lega mediante il trattato fra di essi stabilito.

765. Il trattato di confederazione non ha nulla di comune coi patto federativo stabilito fra più Stati uniti colla forma di costituzione politica che dicesi Stato federale, impero federativo, Stato composto*

^^* Libro IL - Delle obbligazioni

II patto federativo ha carattere vero e proprio di ogni legge^osti- tuzionale, e nei rapporti intemazionali produce i medesimi effetti «he conseguono dalla costituzione politica dello Stato. {Confronta, reg. 89-91.)

Trattato di alleanza politica.

766. Il trattato di alleanza politica è quello mediante il quale due o più Stati coH'intendimento di effettuare un determinato scopo politico concordano i patti della loro associazione e della mutua reciproca assistenza politica o militare.

767. I trattati di alleanza possono reputarsi utili e non con- trari ai princìpii della giustizia e del Diritto intemazionale, ogni qual volta che l'associazione delle forze sia ordinata alla tutela del diritto e degFinteressi comuni.

768. Ogni trattato di alleanza stipulato per effettuare uno scopo politico può reputarsi giusto allora soltanto quando possa reputarsi giusto e legittimo il disegno politico e non in opposizione colle regole del Diritto comune internazionale.

Le regole proposte non sono al cerio in armonia col concetto delle alleanze « col loro scopo ai giorni nostri. Nello stato attuale di cose, siccome la poli- tica signoreggia il Diritto e tanto più vale ogni Stato quanto più ha di forza per farsi temere e rispettare, cosi l'appoggiarsi ad alleati potenti è unMneso- rabile necessità per i Governi, che, mirando ad assicurare la signoria della loro politica nella vita internazionale, sono spinti a fare assegnamento suU'as- sociazione delle forze per signoreggiare. Il timore deirisolamento, che condur- rebbe indubitabilmente ad essere sopraffatti e soverchiati, ispira talvolta le leghe e congiunge oggi insieme Stati che hanno tendenze ed interessi molto disparati; e ci basti rammentare il trattato di alleanza tra la Francia e la Russia e quello tra Tltalia e T Austria; per lo che le alleanze assumono il con- cetto di vere leghe di principi, e producono più confusione e disordine, che tutela e sviluppo d'interessi comuni. Arriverà tempo in cui gli Stati si sen- tiranno associati o dalla forza naturale dei loro interessi comuni, o dal nobile scopo della tutela del Diritto comune, e allora i trattati di alleanza avranno il loro vero oggetto e la loro nobile finalità; ma siamo ben lontani da ^iò. Occorrerà che la società internazionale» in luogo di essere, com*è al presente, organizzata per servire a scopi e fini politici, sia trasformata in una vera società di Diritto tra gli Stati che si trovino nella medesima condizione di cultura e di civiltà. Vedi il mio articolo sulla voce Alleanza nel Digesto italiano»

769. I trattati di alleanza devono determinare esattamente Voggetto e le condizioni dell'associazione, e le obbligazioni reci-

Titolo V. - Dei Trattati speciali 335

proche e rispettive degli Stati alleati, ed essere poi interpretati ed eseguiti da entrambe le parti lealmente e in buona fede.

Siccome la giustizia o Tingiustizia di un'alleanza mediante trattato conclusa, ed il valore giuridico del trattato stesso che Tabbia stabilita, dipendono dal- Toggeito e dallo scopo politico deiralleanza, cosi deve reputarsi indispensabile che Toggetto ne sia bene determinato e precisato senza equivoci. Uno dei trat- tati di alleanza, per uno scopo non al certo definibile, è quello stipulato il 14 settembre 1815 dai sovrani deirAustria, della Prussia e della Russia, e che fu detta Trattato di Santa Alleanza. Leggendo il cenno che ne diamo nell'ap- pendice e il testo del trattato, si comprende come sia malagevole determi- nare lo scopo di quella lega di sovrani.

770. - Ogni trattato di alleanza concluso coll'obbligo di asso- ciare le forze militari rispettive per respingere qualsisia aggressione armata da parte di uno o più Stati determinati, dicesi Trattato di alleanza difensiva.

Quello invece che importi T obbligo della reciproca assistenza militare nel caso che Tuno o l'altro degli Slati alleati intraprenda la guerra con uno o più Stati determinati, dicesi Trattato di alleanza offensiva,

trattato sottoscritto a Vienna il 7 ottobre 1879 tra la Germania e TAustrla, e al quale fece adesione Tltalia nel 1882, ha carattere vero di trattato d'al- leanza difensiva. Nel 1888 l'alleanza conclusa fu annunciata pubblicamente; ma il testo completo del trattato è stato sempre mantenuto secreto.

771. II trattato di alleanza offensiva, anche quando non sia concluso neirevenienza di una guerra imminente, deve essere ese- guito in tutta sincerità e buona fede. Però, siccome nessun'alleanza militare potrebbe essere considerata efficace ed obbligatoria, se fosse vòlta ad uno scopo contrario al Diritto internazionale, cosi il trattato di alleanza offensiva non sarebbe efficace, se lo Stato alleato volesse intraprendere la guerra con manifesta violazione delle regole di Diritto internazionale, che possono giustificarla.

Questa regola che subordina il trattato di alleanza offensiva alla condizione tacita risolutiva che non si tratti di guerra ingiusta, può aprire il campo a sostenere ogni arbitrio, se si ammettesse molta larghezza di apprezzamento da parte dell'alleato nel decidere circa il casus fosderiSf e si arriverebbe così a rendere illusorio ogni trattato di alleanza offensiva. La buona fede impone di ammettere una specie di presunzione che la guerra da parte deiralleato non sia ingiusta, e che conseguentemente Io Stato che abbia assunto l'obbligo del soccorso militare non possa sottrarsi dal mantenere lealmente l'impegno. La presunzione legale della giustizia intrinseca della causa dell'alleato non

336 Libro IL - Delle obbligazioni

potrebbe quindi essere distratta che in forza di prove certe concludenti ed evidenti in senso contrario.

772. I trattati di alleanza militare non possono reputarsi ob- bligatori che quando sopravvenga il casus fcederis, e quantunque Io Stato alleato possa apprezzare e decidere, avuto riguardo alle cir- costanze, se sussiste o no il casus fcederis, deve non per tanto repu- tarsi biasimevole ed ingiurioso il procedimento di uno Stato, che cercasse con sotterfugi di sottrarsi all'adempimento degl'impegni assunti col trattato verso il suo alleato.

Vedi, a proposito dei mancati impegni assunti con trattato di alleanza, la discussione tra il Governo inglese e gli Stati generali dei Paesi Bassi, a pro- posito dei soccorsi richiesti dall'Inghilterra in occasione della spedizione contro Minorca, nel Dumont, tom. VII, parte 1% pag. 398.

È difficile in questa materia ragionare seriamente e stabilire regole conformi ai rigorosi prìncipii del Diritto. Oggi le alleanze politiche le crea e le man- tiene rinteresse politico, e tutto quello che si può dire è, che gli obblighi degli alleati tanto si fanno valere, quanto può valere l'interesse politico che fece nascere l'alleanza stessa.

Trattato di alleanza pacifica.

773. Il trattato di alleanza pacifica è quello mediante il quale due 0 più Stati, volendo conseguire uno scopo pacifico d'interesse comune, stabiliscono i patti della loro associazione amichevole e cooperatrice.

774. Qualunque fine, che possa essere oggetto dell'attività di ciascuno Stato secondo i principii del Diritto intemazionale, può formare oggetto di un trattato di associazione pacifica.

Tale deve considerarsi l'associazione cooperatrice stabilita me- diante trattato per diffondere la civiltà nei paesi incivili; per repri- mere la tratta dei negri nelle regioni dove è tuttora esercitata; per stabilire le basi di un'unione doganale ; e in generale qualunque forma di associazione che miri a mettere in comune le forze col- l'intendimento di meglio conseguire ogni forma di bene civile e di cooperare al progressivo e successivo sviluppo della giustizia nella vita internazionale.

I trattati di alleanza pacifica, come noi Tìntendiamo, dovranno in un avve« nire più o meno lontano essere surrogati a quelli di alleanza politica, tra gh

Titolo V, - Dei Trattati speciali 337

Stati sopratatto che si trovino nel medesimo continente, allo stesso livello di coltara e di civiltà. Occorrerà però che all'indirizzo che predomina nei tempi li ostri , nei qnali la politica primeggia al diritto ed alla giustizia nella vita intemazionale, sia surrogato qneilo più razionale e migliore, che deve mirare a subordinare la politica ai princìpii della giustizia. Bisognerà che sia meglio compreso il concetto della solidarietà degl'interessi dei popoli civili ; la neces- sità della divisione intemazionale del lavoro, ed il legame indissolubile tra il benessere e la prosperità di ciascun popolo, e l'ordinato e progressivo svi- luppo degl'interessi comuni nella vita internazionale. Si comprenderà allora rimportanza dell*as80ciazione cooperatrice, ritenendo come certo e fermo che i vantaggi solidi e duraturi di ciascun popolo non possono essere scompagnati da queUi degli altri.

Uno degli esempi di associazione pacifica per Io sviluppo degl'interessi eco- nomici, industriali e commerciali degli Stati associati, ci è dato dai trattati di Unione doganale germanica, denominata Zollverein, Gonf. per quello che concerne i particolari dell'associazione doganale: Calvo, Diritto int, 1. 1, § 79-80.

Trattati d^interesse comune.

775. I trattati d'interesse comune denotano ogni speciale con- venzione mediante la quale più Stati in numero più o meno con- siderevole stabiliscono d'accordo di regolare i rapporti giuridici su materia d'interesse generale mediante Diritto uniforme.

/76. Incombe ai Governi il riconoscere la reciproca evidente utilità di regolare mediante trattati i rapporti d'interesse comune, a fine di stabilire così un Diritto uniforme ed effettuare il succes- sivo e progressivo sviluppo dell'opera legislativa indispensabile per tradurre in atto la comunione giuridica degli Stati civili.

777. I trattati d'interesse comune devono seguire lo sviluppo progressivo dei bisogni comuni che nascono dallo sviluppo del- l'industria, del commercio, degli scambi internazionali, delle arti, della divisione del lavoro e devono mirare a stabilire la legge rego- latrice delle relazioni pubbliche e private, e la tutela dei diritti degli Stati e dei rispettivi cittadini.

778. Dovrà reputarsi materia dei trattati d'interesse comune : a) lo stabilire regole uniformi e reciprocamente obbligatorie

Diritto intemazionale privato, fissando le norme con le quali dovrà essere determinata l'autorità di ciascuna legge rispetto agli stra- nieri e alle persone; ai beni; ai modi per acquistare e trasmettere

22 Fiore, Dir. iniern, codif.

338 Libro IL - Delle obbligazioni

la proprietà mediante atti tra i vivi o di ultima volontà ; le pro- cedure ; la competenza dei tribunali nel caso che uno straniero sia attore o convenuto ; Tordinamento dei giudizi nei quali sieno interes- sati stranieri; l'esecuzione delle sentenze rese dai tribunali stranieri ;

b) il regolare i molteplici rapporti, che nascono in conse- guenza dello sviluppo internazionale dell'industria, del commercio, delle arti e della divisione del lavoro;

e) il facilitare gli scambi intemazionali, organizzando in modo uniforme: le corrispondenze postali; il servizio telegrafico; il corso legale della moneta; i pesi e le misure; i trasporti ferroviari inter- nazionali ;

d) l'assicurare la protezione legale dei commercianti stranieri, riconoscendo la proprietà internazionale delle marche di fabbrica e di commercio, dei disegni e dei prodotti dell'ingegno e dell'arte;

e) il semplificare le legislazioni, che regolano i rapporti de- rivanti dal commercio, stabilendo un diritto uniforme relativo alle lettere di cambio; al riconoscimento delle società straniere; al regolamento delle avarie comuni ; al fallimento, e via dicendo.

779. I trattati d'interesse comune tanto più riusciranno pro- fittevoli per i fini cui devono mirare, quanto maggiore sia per essere il numero degli Stati che concorrano nello stipularli.

Quando tali trattati siano conclusi dagli Stati riuniti in Congresso o in Conferenza, acquistano la vera autorità di legge intemazionale.

780. I trattati d'interesse comune sono a rigore obbligatorii tra gli Stati che li abbiano sottoscritti.

Quelli stipulati dagli Stati riuniti in Congresso o in Conferenza devono reputarsi pure obbligatorii per i soli Stati firmatari, e de- vono rimanere, per quanto concerne la loro osservanza, sotto la garanzia collettiva di tutti quelli che li abbiano sottoscritti. Essi dovranno però essere considerati come la più esatta e più giusta espressione delle regole di Diritto anche rispetto agli Stati che siano restati estranei ed avere per i medesimi la stessa autorità che ha ogni regola di giustizia.

L^opera legislativa nella società internazionale non può essere effettuata altrimenti che mediante i trattati, coi quali gli Stati che li sottoscrivono sta

TUdo V. - Dei Trattati Bpéctali 339

biliscano le regole dei loro rapporti e della loro condotta per TaYTenire, aasn- mendo T impegno formale di ritenerli obbligatorìi e di riconoscere la loro antorità imperativa. É naturale che Topera legislativa che mediante i trattati ▼iene ad essere effettuata, abbia nna portata tanto maggiore, quanto maggiore sia il numero degli Stati che li abbiano sottoscritti. Deve inoltre riuscire evi- dente che, quando le regole, che devono servire per la condotta degli Stati in avvenire siano stabilite da essi riuniti in Congresso, devono avere nna più estesa e più grande autorità,%ed esercitare indirettamente un'influenza anche sugli altri Stati che non abbiano preso parte al Congresso, non solo perchè essi devono sentirsi eccitati ad adottare le stesse regole facendo adesione al trattato, ma perchè devono ritenersi obbligati a riconoscere nelle dette regole rautorità che devono avere sempre i principii della giustizia nella vita inter- nazionale.

Gli Stati riuniti in Congresso, che stabiliscono le regole della loro condotta per Tavvenire, compiono una missione analoga a quella d*un legislatore.

L'autorità delle regole circa i diritti dei belligeranti nella guerra marittima, stabilite nel Congresso di Parigi del 1856, quelle stabilite nella Conferenza antischiavista di Bruxelles del 2 luglio 1890, e le altre stabilite dagli Stati riuniti in Congresso, hanno senza dubbio un'autorità molto più estesa che quelle circa la proprietà letteraria, o per l'unificazione del sistema metrico.

Trattato di estradizione.

781. II trattato di estradizione è quello mediante il quale due Stati stabiliscono d'accordo le regole per l'estradizione degli accu- sati 0 condannati per delitti commessi nel territorio di uno di essi che si siano rifugiati nel territorio dell'altro.

782. Il trattato di estradizione debitamente concluso deve reputarsi efficace a stabilire il reciproco obbligo giuridico degli Stati contraenti a consegnare l'uno all'altro i malfattori rifugiati ed accusati o condannati pei crimini e delitti specificati nella con- venzione e sotto le condizioni determinate nei patti stipulati.

L'obbligo di consegnarsi i malfattori Itiggitivi deve ritenersi in generale fon- dato sul dovere che tutti gli Stati devono avere di cooperare aUa repressione di ogni reato grave ed a facilitare la retta amministrazione della giustizia penale. Tale dovere però non può essere convertito in dovere giuridico vero e proprio che in forza del trattato di estradizione.

Confr. le regole 516-618.

783. Incombe agli Stati il concludere le convenzioni di estra- dizione a fine di stabilire cosi l'obbligo di cooperare alla repres- «ione di reati sulla base di una perfetta reciprocanza giuridica e

340 Libro IL - Delle obbligazioni

il concordare i patti più adatti a facilitare la repressione dei reati e ramminislrazione della giustizia penale, comprendendo ogni de- litto che per la sua gravità debba essere punito con pena restrittiva della libertà personale non minore di tre anni, eccettuato soltanto i delitti politici e quelli connessi a delitti politici.

Il Regno d'Italia ha concluso parecchie convenzioni di estradizione, e oggi sono in vigore le convenzioni successivamente concluse coi seguenti Stati fino al 1896:

Austria-Ungheria 27 febbraio 1869, N"" della Raccolta deUe leggi 5099. Ad essa si riferiscono le dichiarazioni del 15 e 27 maggio 1871, colla quale la convenzione fu estesa ai militari colpevoli dei reati ivi enumerati. La dichia- razione ministeriale del 30 marzo e 19 aprile 1875 per determinare Tinden- nità accordata ai testimoni {Collezione trattati, voi. Y, pag. 268) e la convenzione addizionale del 6 dicembre 1882, N. 1504, serie 3^ Belgio 15 gennaio 1875, N. 2356, serie 2\ Vedi la dichiarazione del 10 marzo 1879 {Collez, trattati, voi. VII, pag. i^9), e Taltra dichiarazione^ del 30 dicembre 1881, ivi, voi. Vili, pag. 490, colie quali furono modificate alcune parti della detta convenzione

Brasile 12 novembre 1872, N. 1500. serie 2% e il Protocollo in data del 29 aprile 1873, Collez. tratt,, voi. lU, pag. 46. Un accordo per Tinterpretazione degli art. 4 e 5 di detta convenzione fu concluso il 10-13 selt 1890, CoUé- zione tran., voi. XII, pag. 375 Costarica 6 maggio 1873, N. 2452, serie 2*

Colombia, art. 26 del Trattato di amicizia e commercio del 27 ott 1892, N. 402 Danimarca 19 luglio 1873, N. 1620, serie 2* Etiopia 2 maggio 1889, Trattato di Uccialli, del quale gli articoli 12 e 13 si riferiscono all*estradìzione dei malfattori Francia 12 maggio 1870i N. 5726. A tale convenzione si rife- riscono le dichiarazioni del 16 luglio 1873 e Taltra di pari data, CoU. tratt., voi. V, pag. 77 e 78, e lo scambio di note del 1-18 luglio 1872, ivi, voi. IV, pag. 346 Germania (Impero) 31 ottobre 1871, N. L74, serie 2* Gran Brettagna 5 febbraio 1873, N. 1295, serie 2*. Al regolamento di questa con- venzione fanno seguito alcuni articoli addizionali stipulati il 29 luglio 1889 Grecia 17 novembre 1877, N. 4385, serie 2* Honduras 15 giugno 1869, N. 2894, serie 2' Lussemburgo 25 ottobre 1878, N. 4819, serie 2* Mes- sico 19 dicembre 1870, N. 1939 Monaco (Principato di) 26 marzo 1866, N. !2940 - Montenegro 29 agosto 1892, N. 245 Paesi Bassi 20 nov. 1869, N. 5444. A tale convenzione è unita una dichiarazione di pari data relativa, all'estradizione degli stranieri dimoranti in uno dei due Stati. Essa fu poi com- pletata colla convenzione addizionale del 26 luglio 1886, N. 4126, serie 3% la quale concerne l'arresto provvisorio dei malfattori Perù 21 agosto 1870, N. 1423, serie 2*. Per chiarire alcune locuzioni fu sottoscritto il Protocollo del 22 marzo 1873, Collezione dei trattati, voi. V, p. 36 Portogallo 18 marzo 1878, N. 4454, serie 2\ Colla dichiarazione del 6 febbraio 1885 fu chiarita Tinter- pretazione dell'art. 15 di detta convenzione Rumania 17 agosto 1880, N. 136, serie Russia 131 maggio 1871, N. 467, serie Salvador 29 marzo 1871, N. 1228, serie S. Marino 27 marzo 1872, N. 798, serie 2* Serbia 9 novem- bre, 28 ottobre 1879, N. 5365, serie Spagna 3 giugno 1868, N. 433. Goa la convenzione aggiunta del 6 maggio 1891 fu provveduto a regolare Testra- dizione in transitu, Decreto 4 giugno 1891, N. 303 SUti Uniti deirAme-

Titolo V. - Dei Trattati speciali 341

rica settentrionale 23 mano 1868, N. 4880. Detta convenzione fu seguita da un articolo addizionale, concordato il 21 gennaio 1869, CólL tratt,, voi. Ili, pag. 19, e da nna convenzione supplementare del 1^ giugno 1884, N. 3120, serie 3* Svezia e Norvegia 20 settembre 1866, N. 8597. Vedi la dichiara- zione del 28 maggio 1878, relativa ai colpevoli di delitti commessi fuori del territorio della parte richiedente, N. 4426, serie 2^ -* Svizzera 22 luglio 1868, N. 5054. A detta convenzione è annessa una dichiarazione relativa allMnden- nità da accordarsi ai testimoni. Fu poi conclusa nna convenzione supplemen- tare il 1* luglio 1873, con cui la convenzione fu estesa ad altri reati, e ad essa ai riferisce pare la dichiarazione del 25 luglio 1873, N. 1546, serie 2\ Con uno scambio di note in data 6 giugno 1892 e 16 gennaio 1893, fu modi- ficata la regola della reciprocità precedentemente convenuta per i reati contro natura, CciU, traU., voi. XIII, pag. 242, e colla nota deirS agosto 1893 la Sviz- zera denunciò la dichiarazione da essa sottoscritta colla Germania e coiritalia il t5 luglio 1873 per gli estradati in transito Uruguay 14 aprile 1879, N. 391, serie 3*.

784. L'obbligo giuridico deirestradizione, in quanto si ritiene fondato sul trattato relativo, non sussiste che a cominciare dal giorno in cui esso sìa entrato in vigore e non può estendersi che ai fatti delittuosi specificatamente enumerati nel trattato e com- piuti dopo il suo cominciato vigore.

785. I patti stipulati nel trattato di estradizione possono essere spiegati con interpretazione restrittiva ogni qual volta che la so- vranità dello Stato intenda mantenere e far salva la sua potestà di proteggere il malfattore che si sia rifugiato nel territorio sog- getto al suo imperio, dato che non sia obbligato a consegnarlo in forza dell'impegno assunto col trattato.

I patti stipulati potranno invece essere interpretati con portata estensiva in ogni paese che, intendendo meglio il piii giusto con- cetto, che cioè incombe alla sovranità di ogni Stato civile coope- rare alla repressione dei reati gravi ovunque commessi, intenda cooperare aH'amministrazione della giustizia penale, piuttosto che a favorire e facilitare l'impunità.

Tutto in questa materia dipende dal modo d^intendere il dovere di giustizia intemazionale della reciproca assistenza cooperatrice nel riparare il danno sociale, che consegue dai reati che non abbiano carattere poliUco. Accettando il pilli giusto concetto, che cioè il malfattore fuggitivo, col sottrarsi alle ricerche deÙa giustizia del paese ove commise il reato, non acquista alcun diritto alla impunità, e che la sovranità dello Stato, ove egli sia rifugiato per godere rimpunità, ha potestà ed interesse di punirlo o di consegnarlo al suo giudice

342 Libro IL - DMé obbligazioni

naturale, affinchè esso ripari coll*espiazione della pena il danno sociale eagio* nato colla perpetrazione del reato, ne consegne, che il trattato di estradizione» in quello che specifica i oasi, nei quali la consegna dere reputarsi obbligatoria» non possa essere reputalo limitativo della potestà spettante alia sovra nità ter- ritoriale di consegnare il prevenuto di un reato comune, anche indipenden^ temente dal trattato. E deve riuscire conseguentemente chiaro come, posto quest'ordine d*idee, la sovranità possa dare interpretazione estensiva ai patti stipulati nel trattato.

Inutile quindi stabilire regole tassative. L'osservanza dei precetti della gin- stizia dipende nei rapporti intemazionali dal modo d'intendere il valore della loro autorità.

Confronta Fiore, B^etH intern<aionali ddle sintengt penali ddVutradiziont^ Torino 1877, Loescher, e Traiti de Droit penai inUmatUmal a de VèxiradiHott, traduit par Chablis Antoinb, Paris 1880, Pedone-Lauriel.

Nel sistema della legislazione italiana restradizione non si reputa fondata sul trattato. (Vedi nota a reg. 518.)

Il giusto concetto su tale materia lo troviamo consacrato nell'art. della convenzione ' d'estradizione tra l'Italia e l'Uruguay del 14 aprile 1879: ' Le

* alte Parti contraenti considerano come enunciativo e non limitativo l'elenco

* dei crimini summenzionati, e però ammettono di poter domandare e accoi^

* dare, a titolo di reciprocanza, la estradizione degl'individui accusati o coii-

* dannati per altri crimini non enumerati nella presente convenzione, purché

* sieno di quelli cui viene comminata una pena afflittiva o infamante, seconda

* legislazione dei due paesi. In tale caso l'azione di ambo i Governi è discre*

* zionale e facoltativa ,.

Delle convenzioni fra il Capo della Chiesa e il Capo dello Stato.

Concordati.

786. Si denomina concordato la convenzione conclusa tra il Capo della Chiesa ed il Sovrano di uno Stato per regolare i loro rapporti e l'esercizio dei poteri, dei quali sono rivestiti rispetto a certe materie d'interesse comune.

Quantunque i rapporti tra lo Stato, come istituzione politica, e la Chiesa, come istituzione religiosa, debbano reputarsi stabiliti sulla base della reciproca indipendenza, pure siccome la suprema potestà ecclesiastica in quello che detta le regole della disciplina e governa Tesercizio del culto entra necessariamente e conseguentemente in rapporto colla legge territoriale, e le due potestà nello sviluppo delle loro funzioni e nell'esercizio dei loro diritti rispettivi vengono in contatto l'una coU'altra, così nulla osta che esse stabiliscano d^accordo le regole di tali rapporti, stipulando una convenzione che, pel suo speciale obbietto, si denomina concordato.

Confr. reg. 605-607, 610-61 1.

Titolo V. . Dei Trattati speciali 343

787. Il concordato non ha carattere di trattato, ma bensì di accordo intervenuto tra due potestà indipendenti su materia d'interesse pubblico. Possono non per tanto essergli applicate per analogìa le regole generali che concernono i trattati a riguardo dei requisiti sostanziali per la validità delle obbligazioni assunte e per la loro esecuzione.

Gonfr. reg. 614-615, 625, 637 e se^.. 642 e seg.

Tenendo presente che la denominazione di trattato può essere attribuita soltanto ali* Atto fatto dallo Stato ehe è an*Ì8titazione politica, il quale, mediante esso, assume un*obbligazione verso un altro Stato, deve riuscir evidente che» nella stessa guisa che non puossi denominare trattato raccordo interceduto tra una Gasa regnante ed un'altra per loro interessi personali, o tra un Governo ed un*a8sociazione quale si sia per materia d'interesse pubblico, così non puossi denominare trattato l'accordo interceduto tra il Capo della Ghiesa, che non è un'istituzione politica, ed il Gapo dello Stato, non ostante che le due potestà concordino i patti relativi all'esercizio delle loro funzioni nei loro mutui rapporti.

Deve poi riuscire chiaro che, siccome ogni forma di obbligazione conven- zionale deve avere certi requisiti di sostanza e di forma, per lo che essi non possono mancare agli accordi consentiti tra privati, a quelli conclusi fra gli Stati , così non possono mancare agli accordi interceduti tra il Gapo della Chiesa e il Gapo dello Stato.

Considerando poi ch« l'oggetto di tali accordi è sempre materia d'interesse pubblico, deve pure riuscire evidente che sia più consentaneo applicare ad essi per analogia i principii generali di diritto che devono regolare i trattati, piuttosto che quelli che devono regolare i contratti fatti tra privati. Bisogna peraltro tenere sempre presente che, anche per l'applicazione di detti prin- cipii, non sarebbe esatto l'ammettere un'assimilazione completa tra le obbli- gazioni assunte dagli Stati mediante trattato e quelle che possono derivare da un concordato tra il Gapo della Ghiesa e il Gapo dello Stato. Gonfr. reg. 611 e la nota a reg. 613.

788. Può reputarsi materia lecita di concordato il regola- mente delle funzioni pubbliche del Gapo dello Stato e del Gapo della Chiesa, purché non ne resti violata l'indipendenza delle due potestà nell'esercizio dei diritti intemazionali a ciascheduna di esse spettanti.

Gonfr. reg. 54-55, 58-61, 549-552, 608-609.

I concordati nella loro origine hanno rappresentato piuttosto le transazioni tra il Papa, come Gapo spirituale della Ghiesa, ed il Sovrano, come Gapo dello Slato, che il regolamento delle loro funzioni pubbliche rispettive suUa base della loro reciproca indipendenza.

A cominciare dal primo concordato concluso a Worms nel 1122 tra il papa Calisto II ed Enrico V imperatore di Germania, a venire a quelli conclusi a! t3mpi nostri, si trova ch'essi rappresentano talvolta l'invasione dell'autorità

344 Libro IL Delle obbligazioni

politica col sacrifizio della indipendenza della Chiesa , talvolta le reciproche concessioni e le transazioni. L'articolo III del concordato del 1801, tra il Santo Padre e Napoleone, ne è la più sicura prova.

Gonfr. Orlando, Sulla voce Concordato nel Digesto ital.; Calvo, Droit inttrn.f 4"" édict., § 1605; Bldntschli, Droit intern, codifié, reg. 443; Bonfils, Manuel de Droit intern. public^ § 896 e seg.

789. Il concordato, qualora sia debitamente stipulato, deve reputarsi obbligatorio tra le parti che lo abbiano sottoscritto, fin- ché non sia legalmente rivocalo.

Esso però, in quanto regola le relazioni della Chiesa collo Stato nei loro rapporti d'interesse pubblico, deve rimanere sommesso alla costituzione politica ed al Diritto pubblico dello Stato per tutto quello che concerne la sua validità, la sua autorità, la sua rivocabilità, e deve subire i conseguenti effetti che derivano dai sopravvenuti mutamenti della costituzione politica nelle materie di Diritto pubblico.

Tenendo presente la proposta regola e la natura vera e propria delle con- venzioni intercedute tra il Capo della Chiesa ed il Sovrano dello Stato, ne consegue da prima che ogni controversia circa il valore giuridico del concor- dato, sotto il punto di vista della sua efiDcacia giuridica nel regolare i rap- porti tra la potestà ecclesiastica e la potestà politica, dev'essere risolata tenendo presente la legge costituzionale dello Stato. Deve infatti decidersi secondo la medesima quello che può essere materia di concordato e quali siano le neces- sarie limitazioni della libertà della sovranità nello stipulare i patti col Capo della Chiesa circa il regolamento dei loro mutui rapporti all'interno dello Stato.

Deve inoltre riuscire chiaro che, siccome i sopravvenuti mutamenti della co8t luzione politica dello Stato implicano i necessari mutamenti d'ogni diritto e d'ogni potestà, che siano incompatibili colla legge costituzionale vigente, così anche rispetto ai^ concordati, in quello^ che implicano esercizio di poteri e di funzioni pubbliche, deve ammettersi che. la promulgazione della nuova legge costituzionale implichi l'abrogazione ipsojure ipsogue facto dei patti ante- riormente concordati, che siano incompatibili colla nuova legge costituzionale.

Ne consegue finalmente che, siccome i concordati non importano vere e proprie obbligazioni internazionali, come sono quelle che derivano dai trattati, così non si può ammettere per esse il principio della successione nel caso di annessione, o di costituzione di un nuovo Stato, mediante la fusione dei pie- coli Stati che lo abbiano formato, applicando le regole che in tale evenienza si applicano ai trattati (Gonfr. reg. 139 e seg.). In questa materia conviene invece risolvere ogni controversia, fondandosi sull'autorità della legge costituzionale e sulla sua efficacia sui rapporti stabiliti mediante convenzioni prima del suo cominciato vigore. Non si può sostenere in massima che in forza del soprav-

Titolo r. ' Dei Trattati speciali 345

Tenuto mntamento della personalità internazionale dello Stato contraente, debba reputarsi estìnta o{pii convenzione stipulata colla Chiesa dallo Stato, al quale Taltro abbia succeduto. Non può infatti ammettersi che, data la nuova costi- tuzione politica di uno Stato, non debbano essere rispettati i diritti perfetti ed acquisiti in forza di pubbliche convenzioni anteriormente stipulate, ogni qual ▼olta che il rispetto di tali diritti sia compatibile colla nuova costituzione poli- tica» e la convenzione o il concordato anteriormente stipulato non sia stato espressamente abrogato. Tutto quindi deve dipendere dalla natura e dall*og- getto del patto e dalla sua compatibilità o incompatibilità colla nuova costi- tuzione politica dello Stato.

Non ci è dato peraltro sviluppare meglio i nostri concetti, perchè la con- troversia entrerebbe veramente nel campo del Diritto pubblico intemo e non è questo il luogo per trattarla a fondo.

Confr. Scaduto, Diritto eeeUtiastieo vigente in Italia^ 2* ediz., voi. I, pag. 3-5, 7-8S, 110-113, e Orlando, Sulla voce Concordato nel Digesto italiano, e gli autori da lui citati nella bibliografia; Mbrliit, Sulla voce Concordata Répertoire.

790. Non può essere obbietto di concordato qual si sia patto che importi violazione dei diritti internazionali deiruomo, o dei diritti intemazionali della C4hiesa.

Sotto tale rispetto l'efficacia del concordato può cadere nel dominio del Diritto internazionale.

Il valore giuridico di un concordato, per quello che concerne le sue conse- guenze sui diritti intemazionali dell'uomo e sui diritti intemazionali della Chiesa, dev*essere determinato a seconda dei principii del Diritto intemazio- nale Non si può sostenere che la sovranità dello Stato non possa concedere privilegi ad una data confessione religiosa ed attribuzioni giurisdizionali alle autorità ecclesiastiche, e che da parte sua il Capo della Chiesa non possa con- cordare rintervento dell'autorità politica neiresercizio de' suoi poteri in quanto regola la disciplina ed il culto, ed anche nell'esercizio delle sue vere e proprie funzioni ecclesiastiche. Queste pure sono materie di Diritto pubblico interno, e l'efficacia dei psitti deve dipendere dalla costituzione politica dello Stato.

Se però le due potestà si^ proponessero , mediante gli accordi fra di esse interceduti, di attentare al diritto di libertà di coscienza, in quanto esso è un diritto intemazionale dell'uomo, l'ingerenza dei terzi Stati per impedire tale violazione sarebbe giustificata.

Tale sarebbe il caso se mediante concordato si volessero legittimare le vio- lazioni contemplate alle regole 551-553, e che legittimerebbe la tutela giuri- dica coUettiva per impedire la violazione del Diritto internazionale (art 582). Lo stesso dovrebbe dirsi se la sovranità dello Stato avesse con qualsiasi mezzo imposto al Capo della Chiesa di pattuire mediante concordato la rinuncia ai diritti intemazionali che le appartengono (reg. 58). Nel qua! caso nascerebbe pure da parte dei terzi Stati il diritto di tutela giuridica (reg. 612).

346 Libro IL - Delie ohhligationi

Convenzioni di guerra e trattaio di pace.

791. Le convenzioni di guerra sono quelle concluse tra le parti belligeranti, a fine di regolare qual si sia fatto o qual si sia rapporto fra di loro durante lo stato di guerra.

Il trattato di pace è quello mediante il quale le parti bellige- ranti concordano le condizioni sotto le quali esse intendono ter- minare la guerra.

Le regole che concernono le une e Taltro saranno sviluppate al libro IV.

Titolo VI, ' Obbligagioni inttrnazionali senza convenzione ^7

TITOLO VI.

ObbllffaBioni Intemaslonali ohe nascono senza convenzione.

792. Gli atti ed i fatti compiuti da chi rappresenta lo Stato, dai quali derivi una lesione del diritto di un altro Stato, o dei cittadini di esso, generano obbligazioni internazionali indipenden- temente da convenzione espressa.

Alcuni scrittori ammettono che i rapporti obbligatorii tra Stato e Stato pos- sano nascere anche dai quasi contratti. Così, tra gli altri, sostiene HefiTtcr {Droit intentai. j § 100), che cita in sostegno della sua opinione Nkumann, Ju» prine, priv. de paet. et eontraet,^ § 824 e seg.

Egli riferisce come etempio il pagamento deirindebito, la gestione d^affari (atta da uno Stato, senza opposizione da parte di nn altro Stato, raccettatione a la gestione della tutela di un Sovrano minore.

Non ci para veramente che i principii che si applicano a riguardo delle obbligazioni civili nascenti dai quasi contratti possano trovare una giusta appli- cazione rispetto alle obbligazioni intemazionali fra Stato e Stato. Si può pure verificare il caso che, da parte di chi rappresenti lo Stato, sia fatto, a modo d^esempio, un pagamento indebito, e che questo flftccia nascere da parte dello Stato, che ha riscosso Tindebito, Tobbligo di restituirlo; ma tale obbligazione non ha il carattere vero e proprio di obbligazione intemazionale. Non si può infatti sostenere che ogni obbligazione di uno Stato abbia carattere di obbli- gazione intemazionale, per la semplice circostanza che il soggetto obbligato sia lo Stato. A questi compete invero una duplice pereon alita : la pereonalità politica e la personalità giuridica» e conseguentemente la capacità di assu- mere una obbligazione internazionale e cfuella di assumere una obbligazione secondo il Diritto civile o privato. L*obbligazione internazionale dello Stato è propriamente quella che affetta la sua penonalità intemazionale, che lo concerne come persona della magna eivttas, e che trova il suo fondamento sul Diritto intemazionale. Tutto ciò bene considerato, non contestiamo che Io Stato possa essere obbligato anche per quasi contratto, così come può obbli- garsi mediante contratto; ma il rapporto obbligatorio che nasce dall'uno e dall'altro ingenera un'obbligazione contrattuale, o quasi contrattuale, e non un'obbligazione internazionale. Esso affetta la personalità giurìdica dello Stato e non la sua penonalità intemazionale. L'obbligazione dev'essere quindi deter^ minata e governata, tenendo presente i prìncipii che concernono le obbliga- zioni nascenti da contratto, non quelli nascenti da trattato, o dai fatti compiuti dallo Stato, che possono ingenerare obbligazioni intemazionali indipendente- mente da patti espressi e scritti.

In una parola, nella stessa guisa che le obbligazioni assunte da uno Stato mediante contratto non hanno carattere di obbligazioni intemazionali,

348 Libro IL - Delle obbligazioni

restano sommesse ai principii che regolano le obbligazioni assunte dallo Stato mediante trattato, cosi non possono essere qualificate obbligazioni internazio- nali nascenti senza convenzioni quelle che nascono dai quasi contratti, anche se si Yerifìchino le circostanze eccezionali contemplate dairHeffter, nelle quali egli ammette l'obbligazione quasi contrattuale a carico dello Stato. Gonfr. Fiorb, Diritto intern. pubblico^ 3' ediz., yoI. I, § 635 e seg., e gli autori ivi citatL

Obbligazioni nascenti da fatti leciti.

793. Ogni Stato che, mediante atto unilaterale, abbia assunto un'obbligazione internazionale, è tenuto ad adempiere quello che volontariamente ha promesso di fare o di non fare, fino a tanto che esso non abbia revocato Tatto col quale assunse l'impegno internazionale.

Non mancano esempi di obbligazioni assunte con atto unilaterale.

U legislatore italiano, in forza della disposizione sancita alParticolo 211 del Codice di marina mercantile, ha assunto IMmpegno internazionale d'astenersi dairesercitare il diritto di predare le navi mercantili nemiche, rispetto a tutti gli Stati che, sopravvenuta la guerra, dichiarino prima del cominciamento delle ostilità di praticare lo stesso rispetto alle navi mercantili italiane.

Con tale disposizione il patto convenzionale della 'inviolabilità della pro- prietà privata dei rispettivi cittadini, concordato e stipulato fra Tltalia e gli Stati Uniti d'America col trattato del 26 febbraio 1871. art. 11, trovasi assunto con atto unilaterale rispetto a tutti gli Stati che, prima del cominciamento delle ostilità coiritalia, dichiarino di osservare la regola della reciprocità a riguardo dell'in violabilità della proprietà «privata italiana in alto mare.

Deve riuscire chiaro che tanto vale l'obbligazione assunta dall'Italia col trat- tato stipulato cogli Stati Uniti, quanto quella assunta in forza dell'art 211 del Codice di marina mercantile, rispetto a tutti gli Stati che dichiarino la osservanza della reciprocità. E taciamo d'altri esempi non pochi.

794. Uno Stato il quale, in conseguenza dell'esercizio legale del pubblico potere da parte delle persone che ne sono investite, ponga all'interno un fatto dal quale derivi un danno, o un pre- giudizio a privati stranieri, sarà tenuto ad applicare ai medesimi le regole di pubblica amministrazione e le leggi inteme speciali a tale oggetto promulgate, a parità di condizioni che ai cittadini.

L'obbligazione nascente a norma della proposta regola ha pure il carattere di obbligazione secondo il Diritto interno: però, in forza del Diritto di prote- zione spettante alla sovranità di ciascuno Stato rispetto ai cittadini, può nelle circostanze enunciate nascere una obbligazione internazionale fondata sulla regola 459.

Titolo VI. Obbigazioni internazionali senza convenzione 349

795. Uno Stato che compie volontariamente un fatto lecito secondo le regole del Diritto internazionale, da cui derivi un danno ad uno. Stato straniero o ai cittadini di esso, deve ritenersi ob- bligato a ristorare il danno cagionato.

Questa regola può trovare la sua applicazione durante lo stato di guerra. Se le pubbliche autorità civili o militari abbiano esercitato uno di quei diritti eccezionali che, secondo ii Diritto internazionalei possono essere lecitamente esercitati durante la guerra, anche quando ledano i diritti di uno Stato amico o dei cittadini di esso, ogni qual volta che la lesione importi danno reale e patrimoniale, Tobbligazione del rifacimento deve ritenersi fondata sui prìncipii del Diritto intemazionale, che, pur dichiarando lecito per la necessità delle cose il fatto illecito, impone Tobbligazione di ristaurare il danno cagionato.

Cosi deve dirsi, a modo d*esempio, nel caso che in tempo di guerra si fosse esercitato il diritto d^impossessarsi delle navi amiche, o che si fosse ricorso all'espediente estremo del bombardamento di una città fortificata e di com- mercio, o qual si sia altro diritto eccezionale che lo stato soltanto di guerra legittima.

Obbligazione nascente da fatto illecito.

796. Ogni fatto non permesso secondo il Diritto interna- zionale volontariamente compiuto, sarà reputato illecito secondo la legge internazionale, ed ogni qual volta che in esso possa rite- nersi implicata la responsabilità dello Stato, nascerà a carico del medesimo l'obbligazione internazionale di risponderne.

Nei rapporti intemazionali non si può ammettere il concetto di delitto e di reato secondo il Diritto penale, perchè lo Stato non è soggetto capace di com- metterne, ma può ammettersi per analogia e colle debite riserve ciò che si denomina, secondo la legge interna, delitto civile, e che consiste nel fatto dell'uomo positivo o negativo, di azione o di omissione, imputabile all'autore che abbia cagionato una lesione del diritto altrui. Ogni fatto inibito secondo il Diritto internazionale deve reputarsi non lecito, e quando sia imputabile al Sovrano dello Stato o a chi eserciti il potere pubblico, deve implicare la responsabilità intemazionale dello Stato, che consegue necessariamente dalla volontaria violazione del dovere internazionale da parte di lui.

797. 11 Governo di uno Stato che nell'indebito esercizio de' suoi poteri pubblici abbia compiuto un fatto, da cui sia de- rivato un danno ad un altro Stato o ai cittadini di esso, sarà tenuto al rifacimento del danno cagionato.

3^ Libro IL - Delle obbligagUmi

Nella stessa guisa che, secondo la legge interna, si ammette la responsabi- lità civile nascente dal delitto, o dal quasi delitto, e dal fatto illecito colposo, così deve ammettersi la responsabilità internazionale dello Stato derìyante dal fatto illecito e la conseguente obbligazione internazionale di ristaurare il danno cagionato. Noi diciamo che questa è un'obbligazione intemazionale nascete senza convenzione, perchè nasce dalla violazione di un diritto spettante alle persone (Stato o cittadini stranieri) secondo la legge intemazionale, e Tobbli- gazione che ne deriva dev'essere conseguentemente, cosi come ò fondata sul Diritto internazionale, regolata dal medesimo.

798. L'obbligazione internazionale dello Stalo pel fatto del Governo può derivare dalla sua responsabilità diretta e dalla sua responsabilità indiretta.

Sarà reputata obbligazione fondata sulla responsabilità diretta quella derivante dal Tatto proprio del Governo, positivo o negativo.

Sarà reputata responsabilità indiretta quella derivante dalla lesione ingiuriosa cagionata da altri, quando di essa debba pare rispondere il Governo.

Il principio fondamentale che governa l'obbligazione che nasce dal fatto ille- cito, si è che il fatto debba essere imputabile alla persona obbligata, lo che può derivare dalla sua condotta positiva e dalla sua condotta negativa, dalla sua azione e dalla sua omissione o negligenza colposa. Quando il fatto abbia cagionato la lesione del diritto altrui ed il Governo dello Stato possa essere reputato responsabile o come autore del fatto, o perchè non abbia impedito che avvenisse, mentre doveva e poteva impedirlo, l'obbligazione di riparare gli effetti dannosi che si siano avverati, e che siano stati la conseguenza del fatto illegale, spetta allo Stato, che nella sua personaiità intemazionale è rappre- sentato dal Governo.

Obbligazione del rifacimento del danno fondata sulla responsabilità diretta.

799. L'obbligazione del risarcimento del danno da parte dello Stato dovrà ammettersi come fondata sulla sua responsa- bilità diretta ogni qual volta che non possa escludersi da parte del Sovrano o del Governo la negligenza o Timprudenza grave a riguardo del fStto che abbia cagionato il danno.

800. Incombe a ciascuno Stato il f&re in buona fede quanto possa essere reputato necessario ad assicurare il rispetto delle regole di Diritto internazionale anche da parte dei privati, e Torganiz-

Titolo VI, ' Obbligazioni internazionali senza convenzione ^^

zare, mediante un sistema di leggi e di procedimenti penali adatti, un Governo che abbia poteri sufficienti a mantenere l'ordine all'in- terno e a reprìmere i fatti dannosi agli Stati stranieri, o ai pri- vati stranieri che si trovino nel territorio di lui.

La proposta regola si fonda sai concetto che predomina in materia di respon- sabilità e del consegoente obbligo del risarcimento del danno, che cioò la responsa- bilità deve ammettersi anche nel caso di colpevole omissione nel fare quello ^e, secondo il Diritto comune, ciascuno sia tenuto a fare, giusta Taforismo: qui non fadt, quod facere debet, pidetur facere adveraus ea, quia non facit, (Lag. 181, Dig, de diversis regulis juriè, 50,17.) Vedi Sourdat, Tratte general de la responaabilité ou de Vaction en dommagee-intéréta en dehors de» contrats,

801. La responsabilità dello Stato e la conseguente obbliga- zione del rifacimento del danno arrecato non potranno essere escluse ogni qual volta che i difetti esistenti nel sistema di leggi e dei procedimenti repressivi siano cosi gravi e palesi, che poteva facil- mente prevedersi che le leggi in vigore dovessero riuscire inef- ficaci ad impedire ogni danno ad imo Stato amico o ai cittadini di esso, ed a reprimere le offese ad essi arrecate.

802. Un Governo che abbia con perfetta lealtà e buona fede adoperato tutti i mezzi, dei quali poteva disporre, per pre- venire i fatti dannosi, non sarà tenuto a risponderne, e potrà fondare su tale circostanza una valida presunzione a proprio favore, a fine di escludere qual si sia obbligazione di rifacimento di danni.

Tale favorevole presunzione non potrà essere esclusa, se non abbia adoperato mezzi incompatibili colle istituzioni politiche dello Stato, o se non abbia potuto sollecitamente provocare le modi- ficazioni al sistema di leggi in vigore, trovato e riconosciuto imper- fetto ad ovviare un inconveniente verificatosi.

803. La diligenza colla quale ciascun Governo è tenuto a provvedere a che non siano compiuti fatti non permessi secondo il Diritto intemazionale, dev'essere determinata e valutata, tenendo conto delle contingenze e delle circostanze di fatto, della forza degli avvenimenti, degl'interessi posti in giuoco e della maggiore o minore prevedibilità degli avvenimenti compiuti a danno d'uno Stato amico.

352 Libro IL - DeUe obbligazioni

Si deve ammettere in massima che ogni Goverao di Stato civile sia tenuto a prevedere e prevenire, e che dev'essere reputato in colpa quando non faccia quello che è tenuto a fare per impedire le violazioni del Diritto intemazio- nale e le offese dei diritti patrimoniali di cittadini stranieri, o le offese' dei diritti di Stati (stranieri che abbiano conseguenze patrimoniali. In concreta però la negligenza colpevole a riguardo di ciò non può essere determinata ( he in ragion diretta delle circostanze che possono rendere più o meno imminente il pericolo del danno, e che possono rendere colpevole la mancanza di solerzia circa la prevedibilità del fatto nocivo. In sostanza, la responsabilità effettiva e la conseguente obbligazione del rifacimento del danno, non possono sorgere nean- che rispetto allo Stato che in conseguenza di colpa imputabile al Sovrano che lo rappresenti, o al Governo che eserciti il pubblico potere. Ora è sempre valntate le circostanze che si può decidere se vi sia colpa e se essa sia lata, lieve, o lievissinia.

804. Uno Stato sarà responsabile per volontaria omissione di dovuta diligenza/quando il Governo, avendo avuto cognizione dell'evento, dal quale sia derivato il danno, non abbia adoperala una diligenza proporzionata al pericolo del danno per prevenire o per impedire cotesto evento coi mezzi dei quali poteva disporre^ o con quelli che doveva sollecitamente invocare dal potere le- gislativo.

La maggiore o minore estensione della responsabilità dello Stato in questo caso dovrà avere per norma la prevedibilità, e sarà maggiore o minore, secondo che si potrà stabilire che si avrebbe più o meno facilmente potuto prevedere che quel complesso di circostanze sarebbe stato per cagionare il danno, e secondo che si avrebbe potuto più o meno sollecitamente provvedere, ad impedirlo.

805. Lo Stato sarà anche responsabile per colpevole omis» sione da parte del Governo, se questo, mentre doveva e poteva impedire gli effetti dannosi di un atto, non Tabbia fatto.

Obbligazione di rifacimento del danno per responsabilità indiretta.

806. La responsabilità internazionale dello Stato pel fatto dei funzionari pubblici, i quali avessero danneggiato interessi stra- nieri, dovrà ammettersi quando il Governo:

Titolo VI. Obbligazioni itUernazionali senza convenzione 353

a) avendo conosciuto, in tempo opportuno per impedirlo, il fatto illecito che si voleva commettere dal fonzionacio, e potendolo impedire, non l'abbia fatto;

b) quando, essendo in tempo per revocare l'atto del suo funzionario, o per impedirne gli effetti dannosi, non l'abbia imme- diatamente revocato, o non ne abbia impedito gli effetti dannosi ;

e) quando l'avere ignorato l'atto progettato dal funzionario possa per le circostanze essere ritenuto o malizioso o colpevole per parte del Governo;

d) quando, avuta notizia o in vìa ufficiale o mediante infor- mazioni degne di fede, del fatto compiuto, non abbia sollecita- mente biasimato l'operato del funzionario, e dati gli opportuni provvedimenti per arrestarne le dannose conseguenze e per impe- dire che gli stessi inconvenienti si rinnovassero in avvenire.

807. La responsabilità indiretta pel fatto dei funzionari dovrà ammettersi in ogni caso in cui, secondo le leggi dello Stato, non fosse aperto il ricorso per la via giudiziaria, onde ottenere e costrìn- gere efficacemente il funzionario al rifacimento dei danni cagio- nati col fatto suo a stranieri.

Le controversie che possono nascere circa la responsabilità dello Stato pel fatto de* suoi funzionari, sono veramente complesse non solo di fronte al Diritto intemazionale, ma anche di fronte al Diritto pubblico interno. In massima si deve ritenere che gli stranieri non possano pretendere di trovarsi in. migliori condizioni dei cittadini. Per le applicazioni fatte in materia di responsabilità internazionale degli Stati, vedi Calvo, DroU iniemat., § 1266 e seg.; Bonfils, Manuel de DroU ini, public, §§ 324-332.

808. La responsabilità dello Stato pel fatto dei funzionari pubblici potrà trasformarsi in vera responsabilità diretta, ogni qual volta che si possa desumere dalle circostanze che tali fun- zionari abbiano agito obbedendo ad istruzioni del Governo.

Tale sarebbe certamente il caso se nelle diverse partì di un paese i fun- zionari preposti all^amministrazione pubblica avessero agito con un indirizzo uniforme, in maniera che non si potesse escludere di avere essi obbedito ad istruzioni superiori.

809. La responsabilità indiretta dello Stato pel fatto dei privati in esso residenti, ed il conseguente obbligo del rifacimento

2;J -- FiuRK, Dir. iiitrrn. roflif.

^^ Libro IL ' Delle oUUgazioni

del danno derivato, dovranno ammettersi ogni qual volta che, in virtù delle regole poste innanzi, possa essere stabilito e provato che l'evento nocivo sia imputabile al Governo.

810. Quando sia il caso di ammettere l'obbligo del rifaci- mento del danno da parte dello Stato, non dovrà essere fatta alcuna differenza secondo che il danneggiato sia cittadino o straniero; ed anche quando sia il caso di ammettere pel risarcimento l'appli- cazione dei principii dell'equità e delle regole di pubblica ammi- nistrazione, le leggi interne speciali a tale oggetto promulgate dovranno essere applicate a parità di condizioni agli stranieri ed ai cittadini.

811. Pei danni cagionati durante la guerra, bisognerà tener conto, oltre che delle regole stabilite in questa sezione, di quelle che riguardano l'esercizio dei airitti di guerra.

355

LIBRO IIL

DELLE COSE E DEI BENI NEI LORO RAPPORTI COL DIRITTO INTERNAZIONALE

812. Tutte le cose sotto il punto di vista della loro con- dizione giuridica sono:

a) comuni f secondo il Diritto naturale;

b) nel possesso giuridico di uno Stato, secondo il Diritto intemazionale ;

e) pubbliche, secondo le leggi interne di ciascuno Stato; d) private ed appartenenti agi' individui o alle persone che de* Tono essere reputati proprietari o possessori, secondo la legge civile.

Adoperiamo la parola cosa nel senso il più largo per denotare cioè le cose corporali, vale a dire qualunque oggetto materiale» e le cose incorporali, che sono denominate beni, colla quale parola si può indicare tutto quello che forma parte del patrimonio dello Stato e del patrimonio dei privati.

813. Ogni diritto sulle cose dev'essere esercitato in maniera da non ledere gl'interessi generali della società intemazionale, e deve conseguentemente rimanere sommesso al Diritto intemazio- nale, che deve regolare ogni rapporto d'interesse generale.

Il Diritto internazionale deve governare anche i diritti sulle cose in qu«llo -che Tacquisto e Tesercizio di essi si trovano in relazione con gFinteressi gene- nli di tutu i popoli e di tutti gli Stati.

Lo Stato non può essere reputato proprietario delle cose, che costituiscono il patrimonio di lui, perchè il diritto suo non ha i requisiti indispensabili a costituire la proprietà, quelli cioè del potere assoluto di godere e di disporre. La sovranità dello Stato ha il possesso giuridico esclusivo del territorio sul quale esercita Talto dominio; essa non può quindi esercitare i diritti che spet- tano al proprietario, ma è tenuta a subire le limitazioni che sono imposte dalle leggi inteme che regolano Tesercizio dei diritti patrimoniali dello Stato in rela- lione col Diritto pubblico e col Diritto sociale, e deve subire inoltre le limi« tazionì che sono imposte dal Diritto intemazionale, cui spetta regolare Teser- eizio dei diritti patrimoniali di ciascuno Stato in concorrenza cogli altri Stati.

356

Libro 111. ' Delle cose e dei beni

TITOLO I.

Begrole intemazionali circa le cose comuni.

814. Saranno reputate comuni tutte le cose delle quali nes- suno Stato può acquistare il possesso giuridico esclusivo. Tali sono:

a) Talto mare;

b) i fiumi internazionali navigabili;

e) gli stretti che mettono in comunicazione due mari. 816. Viola il Diritto internazionale qualunque Stato che voglia appropriarsi l'uso esclusivo delle cose comuni, o che accampi diritti di dominio su di esse, fondati sui trattati, sull'uso imme- morabile, o sulla prescrizione, o su qual si sia altro titolo.

Libero mare, libera navigazione.

816. L'Oceano e tutte quelle parti di mare che sono fuori della giurisdizione territoriale di ciascimo Stato {vedi regola 27J), dovranno servire all'uso comune di tutti, e ciascuno avrà il diritto di navigare liberamente in tali acque, purché osservi i regola- menti internazionali relativi alla navigazione.

Spetterà altresì a ciascuno il diritto di profittare dei prodotti che si trovino in alto mare e di esercitarvi liberamente la pesca.

817. Nessuna sovranità potrà esercitare qual si sia atto di giurisdizione in alto mare e nelle acque navigabili fuori dei limiti della propria giurisdizione territoriale, rispetto alle navi che navi- ghino e che non facciano parte della marina mercantile dello Stato.

818. Sarà reputato contro il Diritto comune il fatto da parte di una nave militare, o privata, che colla forza voglia obbligare

TUdo I, ' Ségale iiUinuuwmali circa le cose comuni ^'

una nave straniera, che navighi nelle suddette aeque, a fermarsi per conoscere la nazionalità di essa, o per assoggettarla ad Inter* rogatorio, o a qual si sia altro atto che importi sottomissione, eccetto solo il caso che la detta nave sia colta in flagrante vio- lazione dei regolamenti intemazionali relativi alla navigazione, o che dia fondati motivi da far sospettare che voglia violarli; nel qual caso il diritto di riconoscerne la nazionalità dovrà essere attribuito al comandante di qualunque nave militare che rincontri, onde constatare la violazione dei regolamenti intemazionali, seri* vendo tutte le circostanze nei libri esistenti a bordo.

Polizia a bordo della nave in alto mare.

819. II diritto di provvedere a quanto possa occorrere a mantenere l'ordine, la sicurezza e la disciplina a bordo della nav« durante la navigazione in alto mare spetta alla sovranità dello Stato a cui la nave appartiene per nazionalità, ed è affidato alle persone preposte secondo la legge al governo della nave.

820. Incombe agli stranieri, che s'imbarchino su d'una nave quali passeggeri, il riconoscere l'autorità delle leggi e dei rego* lamenti emanati dalla sovranità dello Stato, di cui la nave ha la nazionalità, e il rimanere soggetti durante il viaggio marittimo alla autorità delle persone chiamate, secondo le dette leggi e rego- lamenti, a mantenere l'ordine e la polizia sulla nave durante la navigazione, salvo il diritto di reclamare al momento dello sbarco alte autorità competenti contro ogni abuso di potere dalla parte del capitano, o padrone della nave.

82L Incombe alla sovranità di ciascuno Stato il determi- nare con apposite leggi i poteri disciplinari, dei quali può valersi il comandante di ciascuna nave nazionale rispetto a tutte le per- sone che si siano imbarcate, a fine di mantenere l'ordine e la polizia solla medesima, e provvedere a reprimeme gli abusi. In nessun caso il capitano, o padrone della nave» potrà impedire che uno che trovisi a bordo si presenti alle autorità marittime o

3^ Libro III. " Delle case e dei beni

consolari per porgere reclami, e la violenza da parte di lui riguardo a ciò dovrà reputarsi quale violazione delle regole di Diritto comune internazionale.

tolizia della navigazione.

822. Ogni nave della marina mercantile deve avere a bordo gli atti e i documenti prescritti secondo le leggi dello Stato cui essa appartenga per nazionalità, e deve inalberare la bandiera nazio- nale, nei casi nei quali ciò possa ritenersi prescritto dai regolamenti della navigazione.

Qualunque siano le disposizioni speciali secondo le leggi dei diversi paesi» circa le carte di bordo, di cui devono essere manite le navi nazionali, e la forma con cai devono essere redatte, ogni nave deve avere i seguenti documenti:

a) L'atto che stabilisca la sua identità, risultante dal suo nome, dalla sua conformazione, dalla sua portata;

h) L'atto che l'autorizzi a navigare sotto la bandiera nazionale, e che è denominato atto di nazionalità, o passaporto;

e) L'atto di proprietà della nave;

d) Il ruolo dell'equipaggio;

e) L'inventario di bordo;

f) U giornale di navigazione;

g) Le polizze di carico ed i contratti di noleggio.

Detti documenti possono essere diversamente formati, possono essere riuniti nello stesso atto, ma in ogni caso le carte di bordo devono servire a certifi- care gli obbietti sopra numerati.

Per le navi italiane e le carte di bordo di cui devono essere munite con- fronta Codice di marina mercantile, art 37 e seg., Codice di commercio, arti- coli 500, 503.

823. Il diritto di sorveglianza e di polizia sulle navi della marina mercantile potrà essere esercitato in alto mare soltanto dalle navi da guerra dello Stato cui la nave appartiene per nazionalità.

824. Dovrà reputarsi in opposizione col principio della libertà del mare e della navigazione l'inchiesta (durante lo stato di pace) della bandiera e della nazionalità di una nave senza giustificato motivo : il chiamarla a parlamento {droU d'approehe\ e qual si sia atto che tendesse a stabilire in alto mare una qualunque forma di giurisdizione da parte delle navi militari d'uno Stato su di una nave appartenente alla marina mercantile di altro Stato.

Titolo L - Begole intemazionali circa le cose comuni 359

Visita delle navi che trasportino schiavi.

825. II diritto d'inchiesta, di visita e di perquisizione su di una nave mercantile non potrà essere giustificato in caso di sospetto che essa trasporti gli schiavi, o che sia addetta a &re la tratta dei negri, salvo solo il caso che tali atti siano autoriz- zati a reciprocità, in virtù di trattato speciale tra gli Stati che l'avessero stipulato.

826. Non può reputarsi leso il principio della libarla del mare e della reciproca indipendenza degli Stati, se questi mediante trattato si siano accordati nell'ammettere il diritto d'inchiesta e di visita sulla base della stretta reciprocità, a fine di assicurarsi se le navi mercantili rispettive, che navighino nei mari dell'Afnca e in quelli adiacenti alle regioni ov'è tollerata la schiavitù, facciano il commercio degli schiavi, (t qualunque altro commercio illecito, secondo le leggi degli Stati che abbiano concluso il trattato.

827. Il diritto d'inchiesta della bandiera e la verifica delle carte di bordo e della visita della nave mercantile sospettata di essere dedita al commercio o al trasporto degli schiavi, deve at- tualmente ritenersi stabilito a reciprocità tra gli Stati soltanto che sottoscrìssero l'atto generale antischiavista stipulato a Bruxelles il 2 luglio 1890, o che a tale atto abbiano posteriormente fatto adesione, e dovrà essere esercitato in conformità delle prescrizioni con tale atto concordate.

L*atto generale antischiavista de] 2 luglio 1890 fa sottoscrìtto dair Austria- Ungheria, Belgio, Congo, Danimarca, Francia, Germania, Gran Brettagna, Italia, Paesi Bassi, Persia, Portogallo, Russia, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Norvegia, Turchia e Zanzibar. In forza di tale atto, tra le misure che le Potenze segna- tane reputarono necessarie per impedire il commercio dei negri, trovasi il diritto d'inchiesta attribuito alle navi da guerra di uno degli Stati contraenti, rispetto alle navi mercantili naviganti, sotto la bandiera dell'uno o dell'altro di essi, nella zona indicata nel trattato stesso all'art. 21, e sospettate d'essere addette alla tratta dei negri. Le prescrizioni per eseguire la visita e l'inchiesta trovansi determinate in detto trattato, agli articoli 42 e seguenti.

828. Dovrà ritenersi leso il principio della libertà del mare, se gli Stati che sottoscrissero l'atto antischiavista del 1890, voles- sero assimilare la tratta dei negri alla pirateria, a fine di esercitare il

360 Libro III. - Delle cose e dei beni

diritto di vìsita in tempo di pace, su tutte le navi straniere sospette di fare il commerciò dei negri, proclamando a riguardo di esse le stesse regole che sono applicabili in caso di piraterìa.

U commercio dei negri deve ognora reputarsi iUeeito ed inibito, secondo il Diritto intemazionale: le misure repressive però per impedire tale commercio e pimire coloro che Io facciano, devono essere considerate nella eompetensa eselnsiva di ciascuno Stato, rispetto alle navi appartenenti alla propria marina mercantile. Gli atti di giurisdizione rispetto alle navi straniere possono essere giustificati in virtù di trattato, che conferisca tale diritto a reciprocità alle navi militari rispettive sulle rispettive navi mercantili; ma gh atti giurisdizionali rispetto alle navi di Stati, che non avessero preso parte al trattato, dovreb- bero essere reputati, non ostante il lodevole fine pel quale sarebbero eserci- tati, in opposizione col principio della libertà del mare e della indipendenza degU SUti.

829. Dovrà altresì ritenersi leso il principio della libertà della navigazione se gli Stati, che sottoscrissero la convenzione anti- schiavista, si proponessero, per reprimere la tratta degli schiavi^ di attribuirsi un qual si sia diritto di giurisdizione rispetto alle navi mercantili degli altri Stati, che non sottoscrissero il trattato, 0 che non avessero aderito ad esso.

Il principio ennaciato in queste regole trovasi del resto stalùlilo all*art. XLV del mentovato trattato, che così dice:

' L*enquète sur le chargement du bàtiment, ou la visite, ne pent avoir lien * qu'à Tégard des bàtimenta navignant som le paviUon d'une des Pnìssances ' qui ont conclu ou viendraient à conclure les conventions particulières visées ' à Tarticle XXII, et conformément aux prescriptions de ces conventions ,.

Navi dedite alla pirateria,

830. Qual si sia nave militare, che incontri in alto mare una nave dedita alla pirateria, o che abbia commesso o sìa per commettere un reato punibile secondo il Diritto intemazionale, potrà costringerla eolla forza a fermarsi, e potrà fare gli atti istruttorii opportuni a constatare ed accertare le circostanze del reato , e sequestrarla e costringerla a seguirla , affinchè la giustizia possa fare il suo corso, a seconda delle regole stabilite a riguardo della giurisdizione penale {regole 240-S46).

831. Qualunque nave privata non solo potrà difendersi eolla forza contro una nave dedita alla piraterìa, ma potrà al-

Titolo I. ' Sàgole internazionali circa le cose comuni

361

tresl adoperare la forza per sequestrarla e per condurla al primo porto d'approdo e consegnarla all'autorità marittima, affinchè la giustizia faccia il suo corso.

832. - Il comandante di una nave da guerra che abbia in- contrato in aito mare una nave sospetta di pirateria, o dedita a commettere un reato punibile secondo il Diritto intemazionale, e l'abbia costretta a fermarsi, potrà fare gli atti di perquisizione stret- tamente necessari a conoscere il vero carattere della medesima.

Tale diritto dovrà reputarsi in ogni caso limitato in ragione del maggiore o minore fondamento del sospetto, e dovrà essere esercitato in maniera da escludere qualunque abuso da parte del comandante della nave da guerra.

Il comandante di una nave da guerra sarà conseguentemente tenuto ad eseguire con i maggiori riguardi e colla massima circo- spezione le ricerche necessarie a conoscere il vero carattere d'una nave non appartenente alla marina dello Stato, e dovrà astenersi da qualunque atto non giustificato dalle circostanze e che potesse dare ragionevole motivo di far supporre di aver esso voluto attentare alla libertà di navigazione.

833. Il comandante, che abbia abusato del potere di cui è investito, sarà tenuto a risponderne, e quando sia evidente Tabuso da parte di lui, potrà ess(ie tenuto al rifacimento dei danni, tenuto conto delle circostanze e della colpa maggiore o minore da parte della nave stessa, che abbia fatto nascere il sospetto, e che abbia dato luogo all'inchiesta del carattere di essa.

Diritto al saluto,

834. Si dovrà reputare contro il princìpio della libertà del mare Tergere dalle navi straniere incontrate in alto mare e che appartengano alla marina mercantile, o che siano navi militari di grado inferiore, il saluto obbligatorio, o qual si sia altro atto che possa equivalere a testimoniare la soggezione delle navi stesse a quelle militari di un altro Stato.

362 Libro III. Delle cose e dei beni

Rególe della navigazione.

836. Qualiftique nave che navighi in alto mare sarà tenuta ad osservare le regole di navigazione per quello che concerne la rotta marittima, i segnali, i fanali, la velocità e le norme per gover- nare e manovrare in caso d'incontro.

836. Saranno reputate regole intemazionali di navigazione quelle previamente concordate tra gli Stati mediante trattato, e quelle che in mancanza di tali trattati devono reputarsi stabilite secondo gli usi e la pratica degli uomini di mare, e le esigenze della navigazione stessa.

837. Le regole di navigazione stabilite mediante trattato dovranno essere reputate rigorosamente obbligatorie perle navi appartenenti alla marina degli Stati che abbiano concluso tale trattato. Nessuna di tali navi potrà esimersi dall'osservarle senza essere presunta colpevole di tutte le conseguenze, salvo il caso che circostanze speciali, accertate e provate, non abbiano reso necessario di allontanarsi da esse, onde prevenire o impedire un pericolo prossimo, o per prendere le necessarie precauzioni a fine di provvedere immediatamente alla propria salvezza. In tali eve- nienze la nave, che non abbia osservato le regole stabilite, potrà escludere la presunzione di colpabilità, quando essa possa stabi- lire e provare di essersi attenuta alla pratica degli uomini di maie nelle speciali circostanze del caso.

Questa regola tende a prevenire i disastri e Tarto delle navi, che potreb- bero in certe circostanze eccezionali essere la conseguenza della formaIe<^ let- terale esecuzione delle regole fatte per prevenire Tabbordaggio. Supposto, ad esempio, che potesse essere accertato e provato che una nave, potendo fare con facilità un movimento che non era tenuta ad eseguire secondo le regole, ma che era necessario di eseguire in quelle date circostanze, secondo la pra- tica di mare, onde evitare Turto, lo abbia fatto (a cagione della grande diffi- coltà colla quale Taltra nave avrebbe potuto fare quello che secondo le regole doveva fare); io tali circostanze, dato pure che Furto non avesse potuto essere evitato, non sarebbe equo, giusto presumere colpevole la nave che non avesse osservata la regola, mentre la buona pratica di mare sugge riva di non osservarla.

Titolo L - Bsgok inUmaxtonàli eirea lo co8$ comuni 363

838. Le navi appartenenti agli Stati i quali hanno accet- tato il regolamento stabilito circa le norme di navigazione per evitare gli urti delle navi sul mare {àbordago), devono reputarsi obbligate alla rigorosa osservanza di detto regolamento, che rispetto ad esse costituisce la legge imperativa della rotta marittima, dei segnali e del governo e manovra della nave.

U regolamento che stabilisce le norme per evitare gli urti delle navi {àbor* dage), quantunque non sia stato sottoscritto allo stesso tempo da tutti gli Stati che lo hanno saecessivamente accettato, ha non per tanto il carattere di Atto hutemazionale, perchè di fatto esso forma oggi la legge comune di un numero eonsìderevole di Stati. L*Austrìa-Ungherìa, infatti, il Belgio, D Chili, la Dani- marca, la Francia, la Gran Brettagna, la Grecia, Tltalia, la Norvegia, i Paesi Bassi, il Portogallo, la Russia, la Spagna, la Svezia e gli Stati Uniti dell' Ame- rica settentrionale, colla riserva però che nelle acque territoriali americane dovessero essere osservate le norme speciali, secondo le leggi degli Stati Uniti; la Turchia, colla riserva però che sui bastimenti ottomani dovesse essere sosti- tuito il tamburo alla campana pei segnali in tempo di nebbia o foschi, ed altri Stati, hanno adottato il predetto regolamento, il quale entrò in vigore per ritalia il l"* settembre 1880, giusta il R. Decreto del 4 aprile 1880, n"* 5390, serie 2\ salvo la soppressione dell'articolo 10, decretata col Decreto 2 luglio 188S, n* 882, serie 3*, al quale fu sostituito l'articolo 9 dell'altro regolamento appro- vato con regio Decreto 1^ febbraio 1863, n* 1148, e che si riferisce alle navi da pesca.

830. Incombe agli Stati che hanno accettato il regolamento circa le norme di navigazione il provvedere a che esso sia rive- duto da una Commissione intemazionale e completato, aggiun- gendovi le norme di Diritto comune le più conformi alle esigenze tecniche della navigazione, sopratutto rispetto alla direzione della nave ed alle manovre occorrenti per prevenire gli urti ed ogni sinistro marittimo.

Incombe inoltre agli Stati medesimi lo studiare, accertare, con- cordare e rendere altresì obbligatorie le norme circa la costru- zione, l'armamento e l'equipaggiamento delle navi, che, secondo i prìncipii della scienza moderna > devono reputarsi necessarie per evitare Vabordage^ o per renderne le conseguenze meno di- sastrose.

840. Le navi appartenenti agli Stati che hanno accettato il Codice intemazionale dei segnali saranno tenute ad osservare rigorosamente quanto detto Codice prescrive.

36i Libro III. - Delle cosa e dei beni

Codice mteraazionàle dei secali deUe nari fu compilato nel 1855, pren dendo in considerazione i segnali appartenenti. a diversi Stati, i quali tutti furono poi ordinati in seguito a diligente esame e riuniti in un unico codice. Parecchi Stati lo hanno succeBsivamente adottato : Gran Brettagna (aprile 1867) Francia (2 giugno 1866), Russia (28 giugno 1867), Paesi Bassi (gennaio 1867), Austria (4 aprile 1867), Norvegia (18 maggio 1867), Prussia (maggio 1867), Brasile (21 febbraio 1868), Portogallo (29 dicembre 1868), Italia (4 aprile 1869), Belgio (18 dicembre 1869), Danimarca (marzo 1870), Spagna (1<* giugno 1871), Orecia (26 aprile 1882). Gli Stati Uniti deirAmerica settentrionale accettarono in massima (1873) le disposizioni del Codice, ma non vi aderirono mai in modo formale.

Begole della navigazione secondo le esigenze e la pratica degli uomini di mare.

841. Qualunque nave, anche quando non appartenga ad uno degli Stati, tra i quali sia stato concluso l'accordo circa le regole di navigazione, sarà tenuta ad osservare non per tanto quelle che, secondo la natura delle cose e le esigenze delta navi- gazione e la pratica degli uomini di mare, devono reputarsi obbli- gatorie per tutti i naviganti.

Regole concernenti i fanali.

842. Ogni nave, quantunque non appartenga ad uno degli Stati che hanno accettato il regolamento comune, dovrà osser- vare le seguenti norme:

a) Ogni piroscafo che navighi a vapore dovrà tenere un Eanale situato ad una certa altezza, e che abbia una luce di tale inten* sita da renderlo visibile, a notte scura e con atmosfera Ubera, ad una distanza di cinque miglia almeno, e che proietti la luce uni- forme e senza interruzione. Dovrà inoltre tenere dall'uno e dal- l'altro de' suoi lati un fanale visibile, a notte oscura e con atmo- sfera limpida, ad una distanza di due miglia almeno.

Tali fanali dovranno rimanere accesi dal tramonto al sorgere del sole, qualunque possano essere le condizioni atmosfmche.

Titolo L - Regole intemazionali circa le cose comuni ^^

h) Ogni bastimento a Tela dovrà tenere sull'albero e ai due lati i tre fanali, che proiettino luce visìbile, a notte oscura e con atmosfera limpida, alla stessa distanza che i piroscafi.

e) Le navi a vapore ed a vela, quando siano ancorate, dovranno avere un fanale collocato in modo che proietti una luce visibile da tutti i punti dell'orizzonte, ad una distanza di un miglio almeno»

d) Le barche da pesca, e ogni piccola nave, saranno tenute ad avere un fanale visibile dai loro due lati, e che proietti una luce visibile a tale distanza da prevenire le collisioni da parte delle navi a vapore o a vela che ad esse si avvicinassero.

Segnali acustici pei' la nebbia.

843. Ogni piroscafo, o nave a vela, quantunque non appai* tenente ad uno degli Stati che hanno accettato il regolamento comune, dovrà essere provveduto di uno strumento adatto a fare un suono, che possa essere ascoltato a ragionevole distanza, per evitare le collisioni in caso di nebbia, o di atmosfera fosca, o di nevicata, e sarà tenuto ad adoperare segni acustici, sia di giorno^ che di notte, ad intervalli non maggiori di due minuti.

Tali segni acustici, secondo la pratica di mare, sono il corno da nebbia, la campana, il tamburo ed altri strumenti somiglianti^ acconci a produrre u^ suono acuto e prolungato, e del quale non possa essere impedita la trasmissione per le condizioni atmosfe- riche o pel modo in cui il corpo, che tale suono produca, tro^ visi sulla nave situato.

Norme generali pel governo della nave e per la manovra.

844. Tutte le navi che navigano con rotte opposte, o quasi opposte, in maniera da andare Tuna incontro all'altra e da impli- care pericolo di collisione, sono obbligate, indipendentemente dalla

366

Libro III. ' Delle cote e dei beni

obbligatorietà del regolamento, a manovrare secondo le regole accettate in pratica dagli uomini di mare , per lasciare Tuna la via libera all'altra ed evitare il rischio di un abbordo. Tali regole sono le seguenti:

a) un bastimento che navighi a vento largo dovrà lasciare libera la rotta ad un bastimento che navighi stretto al vento ;

b) un bastimento che stringa il vento con mure a sinistra, dovrà lasciar libera la rotta ad un bastimento che strìnga il vento con mure a diritta:

e) quando due bastimenti corrano con vento largo da diverso lato, quello che avrà il vento sulla sinistra dovrà lasciar la rotta libera all'altro;

d) quando due bastimenti corrano con vento largo dallo stesso lato, quello che avrà il vento favorevole dovrà lasciare la rotta libera a quello che sia sotto vento ;

e) un bastimento che navighi con vento in poppa, dovrà lasciare la rotta libera ad ogni altro;

f) se due bastimenti a vapore facciano rotte che s'incrocino in tal modo da implicare pericolo di collisione, il bastimento che avrà Taltro sulla sua diritta dovrà lasciargli libera la rotta;

g) se due bastimenti, l'uno a vela, l'altro a vapore, navighino in direzioni tali da implicare pericolo di collisione, quello a vapore dovrà lasciare la rotta libera a quello a vela.

845. Ogni piroscafo che si avvicini ad un altro in modo da implicare pericolo di collisione, dovrà rallentare la propria velocità, 0 arrestare la macchina, o dare indietro, se ciò sia ne- cessario.

846. Ogni nave che ne raggiunga un'altra dovrà tenersi fuori della rotta di questa.

Regole di navigazione nelle acque territoriali.

847. Ciascuno Stato può imporre alle navi straniere che entrino nelle sue acque territoriali di osservare, oltre che le regole

Titolo L Uegole internazionali circa le cote comuni 967

generali di navigazione, quelle speciali, da esso imposte pel traf- fico nelle proprie acque territoriali, e non potranno escludere la presunzione di colpabilità le navi che non le abbiano osservate.

Oli Siati Uniti dell* America settentrionale, aderendo al regolamento comune circa le norme di navigazione, fecero non per tanto la* riserva che per la navi- gazione nelle acque territoriali 'delFUnione Americana dovevano reputarsi in vigore le leggi e i regolamenti emanati dall*Unione stessa, per evitare le col- lisioni nel proprio mare territoriale, come trovansi specificate nella sezione 4233 degli Statuti riveduti degli Stati Uniti.

Conseguenze in caso di urti di navi (abordage).

848. Ogni nave, la quale non abbia osservato le norme di navigazione secondo il regolamento internazionale, o quelle che devono reputarsi obbligatorie secondo la pratica ordinaria degli uomini di mare per evitare le collisioni, sarà presunta colpevole àeWabordage e sarà tenuta a rispondere delle conseguenze dannose.

Sarà parimente tenuta a rispondere della sua colpa ed anche della sua negligenza, quando abbia trascurato le precauzioni richieste dalla pratica ordinaria degli uomini di mare, ó dalle speciali circostanze del caso.

Begolamento dei danni in caso d^'^ahordage„.

m

849. Incombe agli Stati lo stabilire d'accordo il regolamento relativo ai danni ed alle perdite in caso di abardage^ ed il deter- minare come ed in quali proporzioni essi debbano essere soppor- tati, ripartiti, o indennizzati.

Fino a tanto che il regolamento non sarà concordato, potranno reputarsi conformi ai giusti prìncipii le seguenti regole:

a) Se Turto di navi sia avvenuto per caso, o per forza mag- giore, i danni e le perdite, che ne derivano, saranno sopportati dalla nave che li abbia sofferti, senza diritto a ripetizione, e con- siderati e regolati come avarie semplici;

368 l^ifro IIL - DaU cose e dei beni

b) Se l'urto sia avvenuto per colpa di una delle nairi, i danni e le perdite saranno a carico della nave che li abbia cagionati, e regolati secondo la legge nazionale della medesima;

e) L'urto di navi avvenuto nelle acque territoriali, nei fiumi e nei porti, tra navi di nazionalità diversa, sarà regolato secondo la legge del luogo ove si sia verificato;

d) Quando l'urto di navi sia avvenuto nelle acque territo- riali tra due navi della stessa nazionalità, sarà applicata la legge territoriale per quanto concerne la determinazione della colpa e della responsabilità, e la legge nazionale delle navi per quello che concerne la ripartizione dei danni;

e) Se Turto sia avvenuto in alto mare, tra navi di naziona- lità diversa, e non risulti a quale delle navi urtate sia imputa- bile la colpa, 0 quando la colpa sia comune, i danni verificatisi alle navi ed al carico saranno riuniti in una sola massa e sop- portati da ciascuna di esse in proporzione dei rispettivo valore della nave e del carico.

f) Nel caso di urto dubbio o per colpa comune, avvenuto in alto mare tra navi della stessa nazionalità, sarà applicata la legge nazionale delle navi, anche quando il tribunale straniero possa essere chiamato a giudicarne.

Nel Congresso di Anversa fu proposta la seguente regola : *" Se le navi sono

* di nazionalità diversa, in caflo di urto in allo mare per colpa comune, o ' quando non risulti a quale delle navi sia imputabile la colpa, ciascuna sarà

* tenuta dentro ì limiti della legge della propria bandiera e non potrà ricevere

* più di quello che detta legge le attribuisce ,.

Vedi, per le osservazioni su questa regola e per le ragioni che suffragano quelle da noi proposte, Fiori, De Vabordage dee navires sutpant le Droit inief uational, neUa Eevue de DroU public, Paris, Ghevalier-Mareacq, tome 3*, 1895, pagina 293.

Regole circa il tribunale competente.

850, Incombe agli Stati lo stabilire d'accordo regole uni- formi circa il tribunale competente per le controversie relative all'urto di navi.

Titolo L ' Regole intemazionali eirea le cose comuni 369

Mancando tale accordo, potranno r^utarsì conformi ai giusti principi! le seguenti regole:

a) Il tribunale di ciascuno Stato sarà competente a decidere le controversie relative all'urto di navi avvenuto nelle acque ter- ritoriali, o avvenuto in alto mare tra navi nazionali ;

b) Sarà altresì competente a giudicare degli urti avvenuti in alto mare, tra navi di diversa nazionalità, ogni qual volta la nave danneggiata sia stata forzata a rifugiarsi in uno dei porti dello Stato ;

e) Quando la nave urtata non sia costretta, per le circostanze dell'urto, a rifugiarsi nel porto più prossimo, potrà iniziare l'azione dinanzi il tribunale del luogo di destinazione, se ivi si trovi pure la nave colpevole, o l'armatore, o un rappresentante del mede- simo : altrimenti dovrà osservare le regole ordinarie di competenza.

Sarà considerato come fòro competente quello del luogo ove la nave colpevole sia stata sequestrata;

d) Le autorità del porto di rifugio e quelle del luogo di desti- nazione della nave danneggiata saranno sempre competenti a rice- vere la relazione e gli atti richiesti per l'ammissibilità dell'azione, a raccogliere le deposizioni testimoniali, ordinare la perizia dei danni ed a fare tutti gli atti istruttorii che possano occorrere per determinare la responsabilità.

Fiumi internazionali.

851. I fiumi e canali navigabili che attraversino o che separino il territorio di diversi Stati e che siano in comuni- cazione con un mare libero, saranno reputati fiumi internazionali e resteranno sommessi alle stesse regole che sono applicabili all'alto mare per tutto quello che concerne la libertà di navigare, di godere e di servirsi di essi per i bisogni del commercio inter- nazionale.

Incombe agli Stati frontisti Io stabilire d'accordo le regole della navigazione per tutelare il libero esercizio del commercio.

24 Fiore, Dir. iniern. codif.

370 Libro III, - Delle cose e dei beni

La predetta regola è fondata su quella stabilita col Trattato di Vienna del 1825, airarticolo 109.

Art. lOS. Les Puissances, dont les États sont séparés ou traversés par une mème rivière nayigable, s^engagent à régler. d*uD commun accord, tout ce qui a rapport à la navigation de cette rivière.

Art. 109. La navigation, dans tout le conrs des rivières indiquées dans l*article précèdent, du point chacune d*elles devient navigable jusqu*à son embouchure, sera entièrement libre, et ne pourra, sous le rapport du com- merce, ètre interdite à personne.

852. I fiumi e canali navigabili che attraversino dalla loro foce e per tutto il loro corso il territorio di uno Stato solo, saranno assimilati al mare libero dalla loro foce fino al punto in cui essi siano navigabili, e tutte le navi potranno liberamente navigare per essi; ma spetterà poi alla sovranità dello Stato, al quale appar- tengano le rive, di stabilire le condizioni sotto le quali le navi straniere possano servirsi di esse e dei porti per l'esercizio del commercio.

I fiumi navigabili che attraversino il terr^orio di più Stati e quelli che per- corrano pel territorio di uno Stato solo devono essere assimilati al mare libero rispetto alla libertà di navigare, la quale non può essere limitata, ristretta a volontà dello Stato che possegga le rive. Lo stesso va detto per ogni fatto che possa concernere tali fiumi ed ogni rapporto che possa nascere in occa- sione della navigazione per essi. Alle isole, a modo d*esempio, se ne siano formate, alle collisioni delle navi che navighino, e via dicendo, devono essere applicate le stesse regole che concernono la navigazione pel mare libero.

Per quello invece che concerne la libertà del commercio internazionale una differenza va fatta tra gli uni e gli altri, e consiste in questo, che rispetto ai primi, siccome deve ammettersi tra gli Stati frontisti una comunione di fatto, Tuno 0 Taltro di essi, non potendo limitare a danno degli altri la libertà di servirsi del fiume come mezzo di navigazione, così non può porre ostacoli alia libertà del commercio. Da ciò consegue che il regime della navigazione flu- viale dev^essere stabilito d*accordo, e mirare a non restringere la libertà del commercio intemazionale. Rispetto invece al fiume che percorre il territorio di un solo Stato, non può escludersi la libertà di navigazione; ma le regole che concernono la libertà del commercio e che rendono obbligatorio nellMnte- resse comune il regime che elimini le misure ristrettive per Tesercizio del commercio, non possono essere applicate che subordinatamente al beneplacito della sovranità dello Stato, alla quale spetta di decidere con completa auto- nomia se le navi straniere possano servirsi delle rive e dei porti che allo Stato appartengono per i bisogni del commercio. Tale diritto non resta nel campo deirautonomia rispetto ai fiumi della prima categoria, perchè Tuno o l'altro non può arrecare danno ai comunisti, ma resta nel campo delFautonomia pel fiume rispetto al quale non èvvi comunione.

Vedi Fiore, Diritto internaz. pubblico, 3^ ediz., voi. II, § 803.

Titolo L - Regole internazionali àrea le coee comuni ^' ^

Regole per la navigazione dei fiumi internaziofiali.

853. Incombe agli Stati percorsi da un fiume navigabile lo stabilire d'accordo le regole di navigazione, in guisa da tute- lare la libertà del commercio intemazionale ed il diritto spettante ad ogni nave di servirsi del fiume pei bisogni del commercio, senza subire indebite restrizioni.

864. La navigazione per i fiumi intemazionali dev'essere regolata in armonia degl'interessi generali e non di quelli parti- colari dell'uno o dell'altro degli Stati frontisti, e qualora i mede- simi non arrivino a stabilire d'accordo un regolamento per la navigazione lungo tutto il corso del fiume, ciascuno degli Stati frontisti potrà richiedere che detto regolamento sia redatto da una Commissione internazionale, secondo i principii di Diritto relativi alla navigazione dei fiumi internazionali.

865. Il diritto spettante a ciascuno degli Stati frontisti, e ad essi tutti d'accordo, di regolare la navigazione di un fiume internazionale, che attraversi o separi il loro territorio, dovrà essere subordinato al Diritto internazionale relativo alla naviga- zione dei fiumi intemazionali, e conformemente ad esso limitato.

856. Nessuno Stato potrà assoggettare in virtù di speciale regolamento la navigazione di un fiume internazionale ai propri interessi, limitatamente alla sezione che gli appartenga: lice agli Stati frontisti, mettendosi d'accordo, redigere un regola- mento applicabile a tutto il fiume, e che sia in opposizione al principio della libera navigazione dei fiumi internazionali.

Le regole proposte trovano il loro fondamento su quanto fu stabilito col Trattato di Vienna del 181 5, art. 108. (Vedi innanzi nota a regola 851.) Bisogna inoltre poi considerare che i fiumi^ internazionali , in quanto sono un mezzo di comunicazione intemazionale, devono reputarsi a ciò destinati, e che il diritto spettante a tutte le genti di servirsene non può essere negato' .'o ristretto.

n regolamento per la libera navigazione dei fiumi, concordato secondo il Trattato di Vienna, così dispone all'art. 2: 'La navigazione per tutto il per- ' eorso dei fiumi indicati, dal punto ove ciascuno di essi diviene navigabile * fino alla sua foce, sarà intieramente libera e non potrà riguardo al coin- ' mercio essere inibita ad alcuno, quando si conformi però ai regolamenti che

372 Libro IIL - DelU cose e dei bmi

* saranno stabiliti per la polizia della navigazione, in modo uniforme per tutti

* e, tanto che sia possibile, favorevole al commercio di tutti gli Stati.

* Art. 3. Il sistema che sarà stal»ilito tanto per la percezione dei diritti

* che pel mantenimento della polizia della navigazione sarà, per quanto aia

* fattibile, lo stesso per tutto il corso del fiume, e si estenderà ancora, salvo

* che non vi si oppongano particolari circostanze, alle diramazioni ed agli

* affluenti che lungo il percorso navigabile separino o attraversino differenti

* Stati ,.

Diritti e dovetn degli Stati frontisti.

857. Ciascuno degli Stati frontisti sarà tenuto a fiare i lavori necessari per mantenere il fiume in buone condizioni di naviga- bilità, e non potrà opporsi a che tali lavori, in qualunque sezione del medesimo possa essere opportuno di farli, siano eseguiti a spese di tutti gli Stati frontisti, stabilendo d'accordo le indennità ed i compensi relativi.

858. Incombe a ciascuno degli Stati frontisti il non porre alcun impedimento al libero e completo godimento di un fiume internazionale: non fare mutamenti e non intraprendere opere che possano renderlo disadatto allo scopo cui è destinato: e riconoscere il diritto spettante a tutti gli Stati, di esigere che tutto il suo corso sia mantenuto in tali condizioni da poter ser- vire al commercio internazionale, e che sia rimosso ogni ostacolo alla sua libera navigazione.

Regolamenti di navigazione -fluviale secondo i principii del Diritto comune*

869. I regolamenti internazionali di navigazione devono provvedere a tutto quello che possa occorrere per la regolare e sicura circolazione in tutto il percorso del fiume; a stabilire un'au* torità di vigilanza per sopraintendere a mantenerlo in buone con- dizioni di navigabilità; a determinare i lavori tecnici che devono essere fatti a spese comuni, e curare l'esecuzione dei medesimi;.

Titolo L ' Regole ifUema»Ìmiali circa le con comuni 373

ad impedire le opere nuoTe che possano impacciare in qual si sia modo il passaggio, o alterare il corso o la distribuzione delle acque ; a conciliare gl'interessi particolari di ciascuno degli Stati frontisti e dei loro cittadini con quelli generali.

860. A ciascuno degli Stati frontisti spetterà il provvedere con regolamento speciale alla polizia e sicurezza della naviga- zione nella sezione del fiume che si trovi nelle frontiere ad esso appartenenti ; a prevenirvi il contrabbando ; a regolare Tesercizio delle visite sanitarie, tanto all'entrata, quanto all'uscita del fiume; alla quarantena; a determinare i diritti di navigazione che devono essere pagati dalle navi che entrino nei propri porti, e a rego- larne la percezione; tutto però in maniera da non creare osta- colo di sorta alcuita alla libera navigazione.

86L U regolamento intemazionale relativo alla navigazione dei fiumi intemazionali dovrà govemare non solamente la navi- gazione nella loro sezione principale, ma quella altresì delle loro diramazioni che siano in comunicazione col mare.

Le diramazioni quindi di un fiume internazionale, che presen- tino le medesime condizioni di navigabilità, saranno riguardate come facenti parte di lui.

Regole circa le tasse di navigazione nei fiumi intemazionali.

862. dovrà reputare violato il Diritto intemazionale, se, in virtù di regolamenti, la navigazione dei fiumi navigabili comuni fosse assoggettata al pagamento di tasse d'entrata e di transito, che implicassero l'affermazione del diritto di dominio da parte di uno 0 più Stati frontisti sulle acque, di cui tutti hanno diritto di usare liberamente pei bisogni della navigazione.

863. Il diritto di ciascuno degli Stati attraversati o sepa- rati da un fiume intemazionale di percepire dalle navi qualsiasi forma di contribuzione speciale a titolo di tasse di navigazione,

374 Libro IIL - DelU cou e dei beni

pDtrà soltanto essere fondato, e dovrà essere limitato in propor- zione dell'opera da lui prestata per mantenere il fiome in condi- zione di navigabilità, e reputata come il corrispettivo delle spese a tal fine occorrenti.

864. Le tasse generali di navigazione che ciascuno degli Stati attraversati o separati da un fiume potrà percepire dalle navi, dovranno essere determinale mediante tariffe ufficialmente pubbli- cate : essere uniformi per tutto il percorso del fiume, e proporzionali a quelle che sono stabilite nei porti di mare aperti al commercio, accresciute soltanto in proporzione delle spese che possano occorrere per mantenere il fiume in condizioni di navigabilità nelle sue sezioni.

. 866. Al pagamento delle tasse di dogana dovranno essere assoggettate le sole navi che entrino nei porti di ciascuno Stato e che vi facciano operazioni di commercio soggette alle leggi ed ai regolamenti doganali. A ciò non saranno tenute le navi che trasportino mercanzie di transito, le quali potranno essere sotto- poste soltanto alle tasse pel servìzio di transito; quelle che per la necessità della na\igazione dovessero sbarcare o deposi- tare le mercanzie, le quali potranno essere assoggettate soltanto alle spese pel servizio di sbarco o di deposito.

866. Ogni forma di contribuzione imposta da uno degli Stati frontisti, che non sia conforme alla tariffa generale e pro- porzionata alle spese tecniche ed amministrative fatte nell'inte- resse della navigazione, sarà reputata un gravame arbitrario ed in opposizione al principio della libera navigazione e del libero com- mercio pei fiumi intemazionali.

867. La percezione dei diritti di navigazione, destinati a coprire le spese tecniche ed amministrative fatte nell'interesse comune dovrà essere semplificata in maniera da non impacciai^ il libero traffico.

A ciò dovrà reputarsi indispensabile che l'entità di tali diritti sia indipendente dalla natura del carico e proporzionale alla capa- cità delle navi, eliminando in ordine ai suddetti diritti qualunque forma di trattamento differenziale.

TiMo I. - BegoU intemagianM circa le com comuni

375

La capacità di ciascuna nave dovrà ritenersi stabilita secondo il tonnellaggio della medesima indicato nelle carte di bordo.

Pilotaggio obbligatorio.

868. Le navi di tutti gli Stati dovranno essere ammesse a navigare nei fiumi intemazionali, senza imporre alle medesime di provvedersi di un pilota del paese.

Ciascuno degli Stati frontisti potrà però assoggettarle a far uso di un pilota pratico soltanto nelle circostanze e nelle località, nelle quali l'abbandonare la direzione della nave a naviganti stranieri potesse riuscire pericoloso.

Cahottaggio.

869. Ciascuno degli Stati frontisti potrà riservare il cabot- taggio nella sezione del fiume, che gli appartiene, ai suoi propri cittadini; il cabottaggio poi, e il trasporto dei passeggeri tra le diverse sezioni del fiume dovranno essere sottoposti alle stesse norme, che sono in vigore rispetto all'esercizio di tale commercio tra le coste marittime degli Stati civili.

Tutela giuridica dei regolamenti.

870. I regolamenti riguardanti la navigazione dei fiumi inter- nazionali saranno reputati sotto la garanzia collettiva di tutti gli Stati, e saranno obbligatori anche per quelli che, essendo fron- tisti, ad essi non abbiano acceduto.

87L Il regolamento della navigazione dei fiumi intemazio- nali, in tutto quello che deve mirare a tutelare gl'interessi gene- rali, non potrà essere modificato mediante accordo fra gli Stati frontisti, o a volontà della maggioranza degli Stati stessi, ma dovrà essere riconosciuto il diritto di tutti gli Stati, cui spetta di godere

37f) Liln-o UL - DdU eoss é dH beni

della libertà di navigare, di provvedere a che il regolamento sta- bilito per tutelare T esercizio di co testa libertà sia mantenuto ed osservato.

Cmnpetenza per le controversie circa la navigazione fluviale.

872. La soluzione di ogni controversia d'interesse intema- zionale relativa alla navigazione dei fiumi intemazionali, o che possa nascere in occasione della violazione o della inosservanza delle regole di Diritto intemazionale, che concernono il regime e l'amministrazione dei fiumi suddetti, dovrà essere deferita ad una Commissione internazionale permanente, o ad un tribunale spe- ciale formato non dai soli rappresentanti degli Stati frontisti, ma da quelli altresì degli altri Stati.

873. Le controversie che potrebbero essere originate da fatti dei privati occasionati da qualunque avvenimento o acci- dente di navigazione nell'una o nell'altra sezione del fiume, o per l'inosservanza del regolamento speciale fatto da ciascuno degli Stati frontisti, saranno deferite ai tribunali dello Stato cui appar* tenga la sezione del fiume, ove tale fatto o tale violazione di rego- lamento sia avvenuto.

Questa regola tende a stabilire quello che dev^essere reputato di competenza della Commissione intemazionale, e quello che dev^essere di competenza del- Tautorità territoriale. Non si potrebbe giustificare una giurisdizione intema- zionale per qualsiasi fatto accaduto nel corso di un fiume internazionale. Ogoi qualvolta che tali fatti per la loro natura non possano essere considerati come fatti dMnteresse intemazionale, e soggetti come tali al Diritto intemazionale, è ragionevole Tammettere, che debbano essere sottopost! alle autorità terri- toriali amministrative o giudiziarie, non potendo giustificare a riguardo di es^i la creazione di una giurisdizione internazionale speciale che surroghi le giu- risdizioni territoriali ordinarie.

Fiume navigabile che scorra pel tefriforio

di un solo Stato.

874. Un fiume navigabile, benché scorra interamente attra- verso il territorio di uno Stato, dovrà ritenersi soggetto alle stesse

TUdo L Regoìe itittrnazionali circa le cose comuni 377

regole dei fiumi intemazionali e del mare libero, a riguardo di quella parte di esso che si trovi oltre le acque territoriali dello Stato, e tali regole dovranno essere applicate per quello che con- cerne la libertà di navigarvi e di esercitarvi la pesca.

Lo Stato a cui appartengono le rive, tra le quali scorre un fiume naviga- bile, non può avere il possesso giorìdico delle acque oltre la frontiera marit- tima, vale a dire oltre tre miglia a contare dalla costa. Conseguentemente si deve ammettere che la sovranità non possa impedire alle navi che volessero entrare dalla parte del mare, per navigare pel fiume in quella parte al di della fron- tiera marittima, di poterlo fare liberamente, o per esercitarvi la pesca, o per occupare unMsola che si sia formata lungo il corso di esso, o per qualsisia altra ragione. D fiume navigabile, anche quando corra pel territorio d'un solo Stato, dev''es8ere assimilato al mare libero. Detto fiume non potendo servire al commercio internazionale, non potrebbe essere assoggettato agli stessi rego- lamenti che devono applicarsi ai fiumi intemazionali per tutelare la libertà del commercio intemazionale. Può senza dubbio reputarsi contro i principi! di nn^illuminata polìtica e contro gl'interessi economici dello Stato stesso l'osta- colare il commercio pel fiume navigabile, ma non può sostenersi che la sovra- nità non abbia diritto di applicare al commercio fatto nelle sue acque terri- toriali fluviali quei principii che essa stimi migliori, e senza subire quelle limitazioni che, nell'interesse comune della libertà del commercio intemazio- nale, devono ritenersi imposte a tutti gli Stati frontisti ed a ciascuno di essi a riguardo dei fiumi intemazionali.

875. Lo Stato a cui appartengono le due rive, tra le quali corra il fiume navigabile, potrà assoggettare la navigazione nelle acque territoriali e l'esercizio de! commercio nei porti aperti lungo il percorso del fiume, ai regolamenti da esso promulgati.

Ogni diritto spettante alla sovranità del medesimo sulla parte del fiume che si trova dentro i limiti della sua frontiera dovrà rimanere sommesso alle stesse regole che concernono i diritti della sovranità di ciascuno Stato sulle acque territoriali.

Navigazione dei fiumi internazioìiali secondo il Diritto positivo.

876. Salvo l'applicazione dei principii del Diritto comune in tutti quei casi nei quali non sia stato provveduto con trattato a regolare la navigazione di ciascheduno dei fiumi intemazionali, tutto quello che concerne la libertà di navigazione di ciascun fiume, il regolamento dei diritti spettanti agli Stati separati o

378 Libro IIL - DeUe cose e dei beni

attraversati da esso, dovrà reputarsi sommesso ai trattati speciali stipulati ed ai regolamenti relativi.

877. In tutti quei casi nei quali non sia stato provveduto mediante il trattato, o il regolamento, o nei quali occorra di dover interpretare le disposizioni stipulate nei trattati, o concor- date nei regolamenti, ogni controversia dovrà essere risoluta nel senso il più favorevole al princìpio della libertà della navigazione e del commercio internazionale.

878. Incombe alle Commissioni intemazionali istituite per provvedere all'esecuzione delle disposizioni stipulate nei trattati l'elaborare senza ritardo i regolamenti di navigazione e di polizia fluviale, coirintendimento di assicurare la navigabilità del fiume e di fissare le tariffe generali circa i diritti di navigazione e prov- vedere alla polizia , all' amministrazione , alla sorveglianza ed a quant'altro possa essere richiesto nell'interesse comune per facili- tare la navigazione e favorire la libertà del traffico e del commercia

I trattati che sono stati stipulati per regolare la na?igazione dei diversi finmi intemazionali sono parecchi, e Tesporre le regole di Diritto positivo secondo i medesimi riuscirebbe lungo e complicato. Alcune notizie circa i più impor- tanti fiumi trovansi nel li volume della mia Opera : Trattato di Diritto inter' nazUmaU pubblico, §§ 805 e seg., ed in appendice ivi si trova un elenco dei principali atti relativi alla navigazione dei fiumi intemazionali e loro princi* pali affluenti. Uno degli atti più importanti nel quale trovansi consacrati i principii più liberali in materia di navigazione fluviale è Tatto generale e finale della Conferenza di Berlino del S febbraio 1885, del quale il capitolo IV e Y contengono le regole concordate per la navigazione del Congo e del Niger. Vedi Catellani, Le Colonie e la Conferenza di Berlino^ conf. Calvo, DroU intemationàl, §§ 308 e seg.; Enoklbardt, Du regime conventionnH des fiewM intemaHonaux; Bonfils, Manuel de Droit intem. public, §§ 520 e seg., e gli autori ivi citati; Pradier-Fodéré, tom. 2^ §§ 682, 757 ; Hivier, Pnnc. de DroU de8 gene, tom. 1^, pag. 220 e seg.

Canali navigabili artificiali.

879. I canali navigabili artificialmente scavati per servire alla navigazione internazionale, anche quando scorrano per tutta la loro lunghezza attraverso il territorio di un solo Stato, devono reputarsi sommessi alle regole di Diritto intemazionale, che gareii- tiscono la libertà della navigazione.

Titolo L ' Regole iniernaziofholi circa le cose comuni ^'^

Il più importante canale marittimo interoceanico aperto al commercio inter- nazionale ò quello di Saez, il quale rappresenta una delle opere più prodi- giose compiute nel secolo nostro, ed è stato scavato nel territorio egiziano. Evvi inoltre il canale di Corinto, costruito nel territorio greco ed aperto il 94 agosto 1893, ma che non ha la stessa importanza internazionale. Quello di Panama, destinato a congiungere l'Oceano Atlantico con TOceano Pacifico, non ha potuto essere condotto a termine. Eyvì finalmente il canale di Kiel, per riunire la baia dello stesso nome coirimboecatura dell'Elba.

880. I diritti della sovranità alla quale appartiene il terri- torio percorso dal canale, e quelli spettanti agrintraprenditori che lo abbiano costruito, devono essere subordinati all'interesse gene- rale di servirsi di tale mezzo di comunicazione per {trasporti e il commercio intemazionale. Salvo quindi i diritti di giurisdizione spettanti alla sovranità territoriale secondo il Diritto comune, e quelli che devono essere attribuiti ai concessionari in forza del contratto che regolò Tintrapresa, tutto quello che concerne il libero uso del canale sulla base del principio di perfetta eguaglianza deve essere stabilito d'accordo e rimanere sotto la protezione ed il controllo degli Stati che abbiano interesse a servirsi del canale per le utilità della navigazione.

881. Lo stabilimento delle regole adatte a garantire il libero uso di un canale navigabile ed a conciliare gl'interessi generali di tutti gli Stati di servirsene per i bisogni del commercio Inter- nazionale coi diritti spettanti alla sovranità territoriale, dev'essere riservato ad una Conferenza o ad una Commissione intemazionale.

n regime della navigazione nel Canale di Suez è stato concordato in seguita allMniziativa presa dalla Gran Brettagna, che propose la riunione d'una Con- ferenza delle Potenze interessate, per stabilire un regolamento convenzionale adatto a garentire la libertà di navigazione in tempo di pace e in tempo di guerra. Tale iniziativa fti notificata in via diplomatica, colla circolare del 3 gen- naio 1883 di Lord Granville. Il 17 marzo 1885 fh poi sottoscrìtta a Londra la dichiarazione seguente, colla quale fii nominata una Commissione per pre- parare un progetto di regolamento: * Considérant que les Fuissances sont

* d*accord pour reconnàitre Turgence d*une négociation, ayant pour but de

* consacrer par un acte eonventionnel rétablissement d*un regime définitif^

* destinò à garantir, en tout temps et à toutes les Fuissances, le libre usage ' du Canal de Suez, il est convenu, entre les sept Gouvemements précités,

* qu'une Commission composée de déléguès nommés par les dits Gouveme-

* menta se rénnira à Farìs le 80 mars pour préparer et rediger cet acte, en

* prenant pour base la circulaire du Gouvemement de S. M. Britannique du

* 8 janvier 1883 ,. Vedi il cenno fettone in appendice.

380

Libro III, ' Delie cose e dei beni

882. Incombe agli Stati il provvedere a che i canali marit- timi artificiali siano ognora liberi ed aperti al commercio in tempo di pace e in tempo di guerra, mantenendo il principio di per- fetta eguaglianza rispetto alle navi di ogni paese ed eliminando ogni privilegio ed ogni vantaggio che potesse essere stabilito con particolari accordi, e il provvedere inoltre a prevenire qualunque ostacolo da parte della sovranità territoriale riguardo alla piena libertà della navigazione, e il riservare i diritti ad essa spettanti subordinatamente però alla tutela degl'interessi generali.

n regime convenzioDale del Canale mariUimo di Suez stabilito Jn seguito alla Conferenza riunitasi a Parigi nel 1885, e che trovasi consacrato nel trat- tato sottoscritto a Costantinopoli il 29 ottobre 1888, corrisponde coirpleta- mente ai principii della scienza ed aUe esigenze della libertà del comn ercio internazionale. In forza di detto trattato non solo fa provveduto a tutelare Tuso libero del Canale di Suez in tempo di pace e in tempo di guerrp senza distinzione di bandiera, ma fu altresì provveduto a mantenere saldo il prin- cipio di eguaglianza per quello che potesse concernere il libero uso del canale, avendo le Potenze che sottoscrissero il trattato assunto formale impegno che non avrebbero cercato di ottenere vantaggi territoriali o commerciali, pri- vilegi mediante gli accordi intemazionali che potessero in seguito aver luogo riguardo al canale (art. 12).

' Les Hautes Parties contractantes convìennent, par application du principe d^égalité en ce qui concerne le libre nsage dn canal, principe qui forme Tune des bases du présent traité, qu'aucune d'elles ne recherchera des avantages ter- ritoriaux, ou commerciaux, ni des priviléges dans les arrangements interna- tionauz qui pourraient intervenir par rapport au canal. Sont, d'ailleurs, réservés les droits de la Turquie comme Pnissance territoriale. ,

883. ^ Le tasse di transito, di pilotaggio, di rimorchio e via dicendo, gravanti sulle navi che usino di un canale artificiale, devono essere stabilite con moderazione e reputarsi destinate a rimunerare i capitali impiegati per la costruzione del canale e a coprire le spese occorrenti per mantenere il canale in condi- zione di navigabilità.

Libertà degli Stretti.

884. Gli stretti che mettono in comunicazione I mari aperti al commercio, o il mare con un fiume intemazionale, devono essere reputati tra le cose comuni, ammettendo a riguardo di essi

Titolo I. ' Regole internazionali circa le cose comuni

381

il diritto di usarne liberamente da parte di tutti coloro che, per ì bisogni della navigazione e del commercio, ne intendano profittare. 886. Nessuna sovranità potrà, senza violare il Diritto inter* nazionale, disconoscere la libertà di accesso e di transito negli stretti, 0 considerarli nel suo dominio, anche quando ad essa appartengano le sponde e possa di fatto inibirne colla forza Tuso.

886. Dovrà essere reputato in opposizione al Diritto inter- nazionale l'assoggettare le navi che attraversino uno stretto a pagare al Sovrano, cui appartengono le sponde, una qualsiasi forma di contribuzione che possa avere il carattere di tassa di passaggio, salvo che tale contribuzione non debba essere repu* tata il correspettivo dei servigi che venissero prestati e delle spese che fosse necessario di fare, a fine di rendere lo stretto atto alla navigazione.

887. Ogni contribuzione, quando possa essere giustificata a norma della regola precedente, dovrà essere mantenuta negli stretti limiti del correspettivo dell'indennità dovuta pei servigi reali e per le spese effettive fatte per rendere lo stretto navi- gabile, in maniera da escludere alla retribuzione il carattere di tassa di passaggio.

888. Uno Stato, che a titolo di retribuzione e d'indennità riscuotesse una contribuzione non proporzionata ai servigi da lui resi, potrà essere costretto a far cessare tale abuso ed a limitare le sue pretese secondo l'equità, e come potrà essere determinato in virtù di un arbitrato.

Limitazione alla libertà degli Stretti.

889. Non viola il Diritto intemazionale uno Stato, il quale regoli la navigazione in uno stretto in maniera da tutelare la propria sicurezza e da provvedere alla propria difesa durante lo stato di guerra.

Tale diritto deve ammettersi massimamente rispetto agli stretti che mettono in comunicazione un mare libero con un mare chiuso.

382 Libro UL DeUe cou e M Imi

890. H diritto di passaggio delle navi da guerra per gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli deve rimanere sommesso alle convenzioni stipulate tra l'Impero Ottomano e gli altri Stati, rela- tive aUa oav^azione pei detti stretti.

La navigazione per gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli fu regolata con la convenzione del 13 1 aglio 1841, la quale fd poi richiamata in vigore col Trattato di Parigi del 30 marzo 1856 (art. 10) e modificata colla convenzione dello stesso giorno annessa al detto trattato e mantenuta in yigore col Trat- tato di Londra del 13 marzo 1871, che all'art. 2 cosi dispone: " Le principe

* de la clóture des dótroits des Dardanelles et du Bosphore, tei quMl a été

* étahli par la Convention séparée du 30 mars 1856, est maintenn, avec la

* facultó pour Sa Majesté Imperiale le Snltan, d*ouvru: les dita détroits en ' temps de paiz aux bàtiments de guerre des Puissances amies et aUiées, dans

* le cas la Sublime Porte le jugerait nécessaire pour sauvegarder Texé- ' cution des stipulations du Traile de Paris du 30 mars 1856 ..

TUolo 11, Delie cote che nono nel pos$e$90 giuridico dello Stato 383

TITOLO n.

Delle ooae ohe sono nel poaaeaso ffiuridioo

di olasouno Stato.

Territorio dello Sfato e sue adiacenze.

89L n territorio pubblico di ciascuno Stato è costituito dal complesso degli immobili riuniti e contigui contenuti dentro la linea di confine o frontiera, e considerati come un sol tutto {universUas veruni).

802. II territorio di ciascuno Stato dev'essere reputato nel possesso giuridico esclusivo della sovranità, alla quale spetta il diritto di mantenerne il possesso e di difenderlo contro tutti gli altri Stati, e di dispome nei limiti delle leggi costituzionali.

Detto territorio, considerato nella sua totalità, o come un^i^ni- versitasy dev'essere sommesso all'imperio della sovranità per tutto quello che concerne il godimento e l'esercizio dei diritti interna- zionali di essa ne' suoi rapporti colle sovranità straniere.

Limiti del territoìno.

893. I limiti del territorio di ciascuno Stato sono naturali 'e convenzionali.

I limiti naturali possono essere fissati tenendo conto delle linee di demarcazione, che, secondo la natura delle cose, segnano le firontiere naturali delle regioni occupate da ciascun popolo.

I limiti convenzionali sono quelli stabiliti secondo le linee di demarcazione fissate dai trattati e distinte mediante segni appa- renti collocati tra le frontiere dello Stato e quelle degli Stati limitrofi.

384 Libro UL DtUe eaae e dei beni

Mancando i segni apparenti destinati a fissarli e volendo pro- cedere alla delimitazione, si dovrà tener conto dei confini natu- rali per delineare il confine reale di ciascuno Stato, e tale deli- mitazione dovrà essere effettuata a giudizio di arbìtri.

804. Quando occorresse procedere alla delimitazione con- templata alla regola precedente, la linea di demarcazione delle frontiere reali sarà fissata con le seguenti norme:

a) tener presente la linea matematica per tracciare a norma di essa i confini, ma evitare un rigorismo irragionevole e nocivo, tenendo conto delle accidentalità permanenti del terreno, della qualità delle coltivazioni, delle esigenze dell'agrìcoltunu II trac- ciato rigorosamente designato con formole matematiche dovrà quindi essere subordinato alle considerazioni di equità;

b) non complicare le questioni colla verifica dei confini da lungo tempo stabiliti, quantunque siano spariti i segni apparenti, e limitarsi al tracciamento dei limiti in quelle parti nelle quali havvi incertezza effettiva e reale;

e) modificare le stesse linee tracciate dalla natura, quando ciò fosse necessario onde non smembrare un complesso di opere, o quando ciò sia suggerito da considerazioni di equità.

Linea di confine rispetto ai monti.

895. Qualora due Stati fossero separati da una catena di montagne e la linea di confine non si trovasse determinata da trattati e fissata con segni apparenti, si dovrà ritenere che a cia- scuno dei due Stati appartenga il versante del monte situato dalla sua parte sino al punto culminante o vetta, e tener presente la linea che determina lo scolo delle acque, per fissare il confine dell'uno e deiràltro.

Linea di confine rispetto ai fiumi.

806. Ove accada che due Stati siano separati da un flume^ e che questo sia comune, la frontiera dell'uno e dell'altro Stata

Titolo IL - Delle cose che sono nel possesso giuridico dello Stato ^'^

frontista dovrà ritenersi fissata fino alla parte media del fiume, secondo la linea che è denominata thalweg.

Bisognerà però tener presente che per parte media del fimne non si deve intendere quella che si trova ad eguale distanza dalle rive, ma bensì la lìnea che divide nel mezzo quella parte del fiume che è la più profonda, e dove la corrente è più rapida.

Nella pratica non si può determinare tale linea con precisione matematica, tenendo conto di tntte le deviazioni del letto del finroe, e della varia profon- dità nei diversi punti, ma per determinarla si osserva il corso dei battelli di più grossa portata.

897. Qualora il fiume abbandonasse il suo antico letto, e si formasse un letto ifuovo, la frontiera dei due Stati dovrebbe ritenersi determinata come era stata precedentemente fissata, avuto riguardo all'antico letto. Se poi si fosse verificato un successivo e graduale mutamento nel corso del fiume, la linea mediana dovrebbe ritenersi spostata e ciascuno dei due Stati avrebbe da sopportare quelle diminuzioni, o godere quegli accrescimenti di territorio che sarebbero la necessaria conseguenza dello stato delle cose.

898. Rispetto alle isole che venissero a formarsi nel corso del fiume, bisognerà ammettere che esse si debbano riguardare nel possesso giuridico dello Stato a cui appartenga la parte del fiume in cui siano formate, e quelle poi formate nel mezzo della linea mediana dovranno essere attribuite all'uno o all'altro dei due Stati frontisti per quella parte che si trovi nella linea di con- fine che li separi.

Beni patrimoniali di ciascuno Stato.

899. Tutte le cose corporali ed incorporali le quali appar- tengono al Demanio pubblico o che formano parte del patrimonio dello Stato devono essere considerate nel dominio esclusivo della sovranità.

900. Spetta al Diritto pubblico interno di determinare la condizione giuridica delle cose che formano il patrimonio dello Stato , e di stabilire se il loro uso e godimento debbano essere

26 Fiche, Dir. ifitern. codif.

386 Libro III. - DOU co$e e dei beni

attribuiti agli individui tUi singuli^ o se per le esigenze sociali e le utilità generali debbano essere riservati alla sovranità, o alla persona che è il Capo dello Stato.

La distinzione fatta da Giustiniano tra le res puhlicm e le res universitatii [ht.y lib. % Ut. 1.) 8i trova adottata nelle legislazioni moderne, le quali am- mettono che dei beni dello Stato di alcuni si può godere ìUi singtilus, come accade per es. delle strade, dei porti e simili ; di altri si può godere uti cive» soltanto e non uti HnguluSt come accade delle fortezze, degli arsenali, delle navi da guerra; ma tale distinzione può interessare il Diritto pubblico intemo, secondo il quale i beni dello Stato sono distinti in beni demaniali e beni patrimoniali, e questi in beni patrimoniali disponibili e indisponibili: pel Diritto intemazionale tutto ciò è indifferente.

901. Il Diritto internazionale deve tutelale il godimento dei beni demaniali, o patrimoniali, appartenenti a ciascuno Stato di fronte agli altri Stati, e deve riconoscere l'esercizio esclusivo dei diritti spettanti alla sovranità di lui su tutte le cose che appar- tengono allo Stato, salvo soltanto le giuste limitazioni che pos- sono essere richieste per tutelare gl'interessi generali della società intemazionale.

902. Dovranno ognora reputarsi quali beni di ciascuno Stato le strade nazionali, il lido del mare, le spiagge, i fiumi che non debbano reputarsi aperti alla navigazione intemazionale , i tor- renti, i porti artificiali o naturali, i seni, le fortezze, le navi da guerra ed in generale i beni che, secondo la legge costituzionale, costituiscono il Demanio pubblico, o il patrimonio dello Stato.

Dovranno annoverarsi nella stessa categoria i beni di qualunque natura che a qualunque titolo appartengono al fisco o al Tesoro pubblico.

La sovranità dello Stato per provvedere ai bisogni della pubblica ammini- strazione ed alle esigenze della finanza concentra nelle sue mani una somma di valori, cbe essa preleva talvolta dai privati colla forma di contribuzioni obbligatorie o imposte: talvolta coll'attribuirsi T esercizio di certi diritti e di certi privilegi lucrativi, come sono le industrie fiscali e i monopoli: talvolta col prelevamento di una parte di beni spettanti ai privati, come accade per tutti quei diritti così detti di regalla. La somma di tutti i suddetti valori co- stituiscono il Tesoro pubblico ed appartengono al fisco che lo amministra e i detti beni formano pure parte del patrimonio pubblico appartenente allo Stato.

Titolo IL - Delle cose che sono nel possesso giuridico dello Stato 387

Diritti della sovranità rispetto al ^patrimonio dello Stato.

003. Incombe alla sovranità Tesercitare i suoi diritti sulle cose demaniali appartenenti allo Stato e su quelle altresì che co- stituiscono il patrimonio di lui, colle giuste limitazioni che devono ritenersi imposte, secondo il Diritto intemazionale, per tutelare gl'interessi generali.

Quantnnqne non si possa contestare che alla sovranità di ciascuno Staio «petti il diritto esclusivo di provvedere al migliore godimento de* suoi diritti patrimoniali, deve non per tanto ammettersi che anche tale godimento debba essere messo in armonia cogl'interessi generali delPumanità, per lo che deve la sovranità subire, nelF esercizio de' suoi diritti relativi al patrimonio pub- blico, quelle giuste limitazioni che possono ritenersi richieste per Tordinata convivenza degli StatL

Limitazione dei diritti sulle acque territoriali.

904. Dovrà reputarsi in opposizione col Diritto internazio- nale il rendere oneroso o difficile il transito delle navi mercan- tili per le acque territoriali, assoggettando il passaggio delle mede- sime a leggi e regolamenti vessatori.

005. Salvo il diritto di sorveglianza e di controllo dentro i limiti della frontiera marittima per tutelare gl'interessi del fisco, incombe alla sovranità dello Stato il non esagerare il rigore dei regolamenti doganali, in maniera da rendere malagevole e diffi- coltoso Fuso innocuo delle acque territoriali.

006. Ciascun Sovrano può inibire a coloro, che non siano cittadini dello Stato, di profittare dei prodotti sottomarini nelle acque territoriali, e tale facoltà, salvo che non sia stata loro accor- data mediante trattato, dovrà ritenersi dejure esclusa e senza che l'uso contrario e la tolleranza da parte della sovranità territoriale possa valere a stabilire un diritto acquisito.

388 Xiftro III. ' Delle cose e dei beni

Cahottaggio riservato ai cittadini.

007. Non offende il Diritto internazionale uno Stato che^ volendo riservare ai propri cittadini il commercio di nolo e di cabottaggio nei propri porti, neghi assolutamente agli stranieri di esercitare tale commercio, o lo gravi con tasse onerose.

Uso delle strade e delle vie di comunicazione.

008. Nessuno Stato può, senza violare il Diritto intema* zionale, negare l'uso innocuo delle pubbliche strade agli stranieri che di esse vogliano servirsi come mezzo di comunicazione e di transito e per l'esercizio del commercio pacifico.

Compete però a ciascuno Stato di regolare l'uso ed il transito per le pubbliche strade, in maniera da tutelare i propri diritti e provvedere alla sicurezza ed alla difesa.

000. Viola altresì il Diritto internazionale uno Stato che, senza giuste e plausibili ragioni, si opponga a che siano facili- tate le comunicazioni coi paesi stranieri.

Questa regola tende ad ammettere che per le necessità intemazionali bene accertate potrebbe giustificarsi anche tra gli Stati una certa tal quale serritù legale di passaggio, nel senso cioè che ano Stato intermedio non possa ritenersi autorizzato, senza commettere un arbitrio, ad attentare al diritto spettante a tutti di percorrere liberamente il mondo, ponendo una barriera insonnontabile al libero sviluppo delle attività intemazionali, e negando un passaggio reputata necessario ai bisogni del commercio internazionale. Supposto che per facili* tare le comunicazioni internazionali fosse opportuno di costmire un tunnd e che uno Stato, senza giustilìcate ragioni, volesse coi^trìbuire alla spesa, volesse concedere agli Stati interessati di costruirlo a proprie apese. Toppo- sizione non giustificata da parte di lui dovrebbe essere reputata un arbitrio e potrebbe dar luogo alle rimostranze collettive e agli espedienti pacifici indU retti per costringervelo.

Uso innocuo degli istmi.

010. Il diritto dell'uso innocuo delle vie di comunicazione dovrà essere riconosciuto anche a riguardo degl'istmi, sia che

Titolo IL - Delle cose ehé sono nel poBsewo giuridico dello Stato 389

essi si trovino sul territorio di uno Stato, sia che appartengano in comune a più Stati, e, salvo il diritto di regolare con leggi amministrative e finanziarie il passaggio, dovrà reputarsi ognora arbitrario il riservarlo ai cittadini, negandolo agli stranieri, o il renderlo per questi eccessivamente oneroso e gravoso.

Uso innocuo delle strade ferrate.

911. Incombe agli Stati che si trovano nella medesima parte di un continente il riconoscere che le linee delle strade ferrate, che mettono capo in quelle di Stati limitrofi, devono avere il carattere di strade internazionali e tutelare il diritto che tutti hanno di servirsi liberamente di esse per i bisogni del commercio e per percorrere la terra.

912. La tutela degl'interessi intemazionali esigo che le strade ferrate, che mettono in comunicazione uno Stato con un altro, siano reputate come destinate a promuovere lo sviluppo econo- mico e morale dei popoli civili, e che, facendo salvi i diritti della sovranità territoriale, esse siano poste sotto la protezione del Di- ritto intemazionale per quanto concerne il libero uso pacifico delle medesime; la regolarità e sicurezza del loro esercizio; la facilità ed economia dei trasporti, e la garanzia dei diritti privati.

913. Incombe a tutti gli Stati che si trovino nella mede- sima parte di un continente attraversato da strade ferrate in comu- nicazione, il mettersi d'accordo a fine di stabilire un regolamento intemazionale che assoggetti a norme comuni l'esercizio delle medesime e i trasporti ferroviari intemazionali.

Regolamento ferroviario internazionale.

914. Il regolamento ferroviario intemazionale dovrà rego- lare il servizio relativo al trasporto dei passeggeri e delle mer- canzie; Tuniformità delle tariffe; la responsabilità degl'intrapren- ditorì dell'esercizio del servizio, in qualunque caso, per ritardo,

390 i,4bro UL - DeUe case e dei beni

avarie, smarrimento e simili ; la costruzione dei lavori occorrenti nelle zone di frontiera degli Stati limitrofi per facilitare il ser- vizio ed agevolare il traffico, ed il riparto delle spese a ciò ne- cessarie; l'escludere qualunque differenza di trattamento, anche rispetto a coloro che non siano cittadini degli Stati da codesta strada attraversati, e via dicendo.

916. Il regolamento ferroviario internazionale concordato fra gli Stati mediante trattato dovrà reputarsi obbligatorio anche per le società private, che avessero a loro spese costruite le strade ferrate, o che avessero il monopolio dell'esercizio di esse, e cia- scuno Stato sarà tenuto a costrìngere le società medesime ad osser- varlo, 0 sarà esso medesimo responsabile per tutte le conseguenze civili che potessero derivare dall'inosservanza per parte delle so- cietà, alle quali ne fosse stato affidato l'esercizio, se non avesse efficacemente provveduto a che le società assuntrici rispettassero il regolamento internazionale e che potessero essere costrette a mantenere tutti gl'impegni secondo esso dallo Stato assunti.

016. Il regolamento ferroviario internazionale stipulato con trattato dovrà essere considerato, per tutto quello che concerne la sua esecuzione, sotto la tutela giuridica collettiva degli Stati uniti mediante la ferrovia, che avessero sottoscritto il trattato, e le controversie nascenti tra i medesimi nella esecuzione do- vranno essere deferite ad un tribunale arbitrale.

Una convenzione pel trasporto delle merci in ferrovìa fa conchiusa a Berna il 4 ottobre 1890 fra TAustria-Ungheria, Belgio, Francia, Italia, Paesi Bassi, Germania, Russia, Svizzera, e mediante la medesima trovasi stabilito un Diritto comune tra gli Stati firmatari, per regolare il contratto di trasporto intema- zionale mediante le ferrovie, alle quali si riferisce la convenzione conclusa, e per determinare inoltre la responsabilità delle amministrazioni e le regole per esercitare le azioni pel rifacimento dei danni patiti.

Regole circa il trasporto delle merci sulle ferrovie internazionali.

917. In mancanza di trattato speciale che regoli i trasporti internazionali per ferrovia, i principii di Diritto comune relativi

Tìtolo IL - DelU cose che sono nel possesso giuridico dello Stato 3^*

al contratto di trasporto saranno applicati al trasporto della merce sulla ferrovia internazionale, dal punto di spedizione a quello di destinazione, o consegna.

018. Le azioni contro Tamministrazione della ferrovia, che nascono dal contratto di trasporto e sotto le stesse condizioni richieste per il legale esercizio delle medesime, potranno essere esercitate contro le singole amministrazioni di una ferrovia inter- nazionale, le quali abbiano partecipato al trasporlo intemazio- nale della merce.

010. V amministrazione della ferrovia, che abbia accettato il trasporto della merce con la lettera di spedizione, è responsabile dell'esecuzione del trasporto per tutto il percorso internazionale fino al luogo di consegna della merce.

Ciascuna ferrovia successiva pel fatto medesimo di avere spe- dita la merce colla lettera di spedizione primitiva, diventa com- partecipe nel contratto di trasporto ed obbligata alla esecuzione del medesimo fino al luogo di destinazione della merce.

020. Le amministrazioni delle strade ferrate successive col fatto stesso di avere proseguito il trasporto della merce perve- nuta con la lettera di spedizione primitiva saranno ritenute com- partecipi deir originario contratto di trasporto, ed obbligate di

eseguirlo in conformità della lettera di spedizione e responsabili dell'esecuzione.

021. Le azioni contro le amministrazioni delle strade ferrate, spettanti allo speditore della merce o a colui al quale la merce sia destinata in forza del contratto di trasporto internazionale, potranno essere esercitate o contro l'amministrazione che accettò primieramente la merce con la lettera di spedizione, o contro cia- scuna delle amministrazioni successive, che di fatto divenne com- partecipe del trasporto intemazionale o contro quella sulla Unea della quale si sia verificato il danno occorso nel trasporto della merce, salvo sempre però l'azione di ricorso e di garanzia delle anmiinistrazioni compartecipi fra di loro per la responsabilità di ciascuna di esse e l'obbligo del rifacimento del danno.

L'azione non potrà essere esercitata in* un caso e nell' altro.

393

Libro III. ' DèUé cote e dei beni

che dinanzi al tribunale competente secondo le regole Diritto comune.

922. Le amministrazioni delle strade ferrate, che successi- vamente abbiano partecipato al contratto di trasporto interna- zionale, saranno responsabili dei danni risultanti dalla perdita (totale o parziale) o dall' avarìa della merce, ciascuna a partire dalla stazione della linea ove di fatto fu accettato il proseguimento del trasporto, fino al punto della linea appartenente ad altra Società, ove di fatto si verificò la partecipazione della medesima al trasporto. Ciascuna sarà sgravata della propria responsabilità, dando la prova che il danno sia avvenuto per cagione o colpa dell'avente diritto, o pel fatto dello speditore o del destinatario che abbiano modificato in corso di viaggio le condizioni della iet* tera di spedizione, o per un vizio proprio della merce (deteriora- mento, deperimento naturale), o per un fatto naturale (gocciola- mento, colamento ordinario), o per caso di forza maggiore.

923. Nel caso che la lettera di spedizione designi un luogo di destinazione che non sìa una stazione sulla ferrovia, il contratto trasporto intemazionale dovrà reputarsi perfezionato ed ese- guito coirarrivo della merce all'ultima stazione ferroviaria, e per quello poi che concerne l'ulteriore trasporto della merce al desti- natario non domiciliato all'ultima stazione destinazione, dovranno essere applicati i regolamenti ferroviari ivi vigenti per la consegna della merce e la responsabilità dell'amministrazione della ferrovia destinataria.

Le regole. sopra enunciate trovano il loro fondamento snì principi! di Diritto comune relativi al contratto di trasporto. Questo deve ritenersi concluso in conseguenza del fatto stesso, di avere cioè accettato una merce consegnata per essere trasportata al luogo di sua destinazione indicato nella lettera di spedizione.

U capo della stazione originaria, il quale abbia constatata Vaccettazione della merce, apponendo sulla lettera di spedizione il timbro della ferrovia che porta la data dell'accettazione, ha così concluso il contratto di trasporto, ed assunto l'obbligo di eseguirlo o di farlo eseguire coi mezzi ordinari : per lo che lo spe- ditore e Tamministrazione della ferrovia devono rimanere sommessi alle regole di Diritto comune che concernono i rapporti contrattuali. Lo stesso deve essere detto di ogni capo di stazione ferroviaria di linea successiva, che abbia rice- vuto la merce con la lettera di spedizione, e che abbia apposto il timbro della

Titolo IL - Delle cose che eono nel poeseiso giuridico dello Stato 308

propria stazione. Egli pure così constata Taccettazione della merce e Tobbligo assanto di fame proseguire il trasporto, e diventa quindi compartecipe della esecuzione del contratto e responsabile di ogni danno che possa derivare dalla inesecazione o dal modo di esecnzione. S'intende benissimo che, siccome Tara- ministrazione della strada ferrata, che s'incarica del trasporto originariamente 0 come compartecipe, assume sempre la posizione di vettore^ così bisogna am- mettere che essa deve soggiacere a tutte le obbligazioni alle quali deve rima- nere sommesso il vettore, e che debba essere responsabile anche del fatto de* suoi dipendenti e di qualunque altra persona, a cui abbia affidato l'incarico di eseguire o fare eseguire il trasporto.

924. I regolamenti delle singole amministrazioni ferroviarie, coi quali sia esclusa o limitata la responsabilità e gli obblighi dell'amministrazione stessa in opposizione dei principii di Diritto comune relativi al contratto di trasporto, non potranno reputarsi efficaci rispetto ai trasporti ferroviari internazionali, i quali, in mancanza di regole positive stabilite mediante trattato, devono essere regolati in conformità dei principii di Diritto comune inter- nazionale, e non già dei regolamenti delle singole amministrazioni che abbiano ad esso derogato.

Questa regola si fonda sul concetto che i trasporti intemazionali hanno per la natura delle cose carattere proprio di contratto intemazionale. Si può discu- tere di fronte alla legge di ciascun paese, se le società ferroviarie possano coi regolamenti escludere o limitare la loro responsabilità in opposizione dei prin- cipii sanzionati dalla legge del loro paese in materia di contratto di trasporto. Alcune legislazioni negano decisamente tale facoltà. Così ha fatto il legislatore italiano, il quale nel nuovo codice di commercio ha regolato con titolo spe- ciale i trasporti ferroviari, ha determinata la responsabilità delle amministra- zioni ed eliminato ogni equivoco intorno all'efficacia giuridica dei regolamenti ferroviari colla seguente disposizione:

* Art. 416. Le stipulazioni che escludono o limitano pei trasporti per strada

* ferrata le obbligazioni e le responsabilità stabilite negli articoli 393 , 393,

* 39é, 400, 402, 404, 405, 407, 408, 41 1 e 415, sono nulle e di nessun effetto,

* se anche fossero permesse da regolamenti generali o particolari, salvo che

* alla limitazione di responsabilità corrisponda una diminuzione del prezzo di

* trasporto stabilito nelle tariffe ordinarie, offerta con tariffe speciali ,.

Supponendo ora che tale disposizione non si trovasse sancita nella legisla- zione di un paese straniero, e che Tamministrazione della ferrovia abbia coi reg<damenti esclusa la sua responsabilità e gli obblighi derivanti secondo il Diritto comune dal contratto di trasporto, a noi sembra che tali regolamenti non potrebbero essere efficaci quando si trattasse di determinare la responsa- bilità nelVesecuziope di trasporti internazionali.

Questo diciamo, perchè, siccome il contratto pel suo oggetto e per la sua natura ha carattere vero e proprio di contratto internazionale, cosi le contro- versie circa la responsabilità del vettore che avesse accettato di fatto Tincarico di eseguire o di fare eseguire il detto contratto internazionale, devono essere

3^ Libro IIL Delle cose e dei beni

risolute secondo! principìì del Diritto comune internazionale, e non già alla stregua dei regolamenti che tutto al più possono essere applicati ai contratti fatti ed eseguibili airinterno dello Stato. Certamente per eliminare ogni dissidio conviene massimamente che gli Stati uniti da linee ferroviarie si accordino nello stabilire un Diritto uniforme in materia di trasporti internazionali. Ripe- tiamo nonpertanto che, in mancanza di una convenzione intemazionale, giustizia esige che le controversie siano risolute fondandosi sul Diritto comune.

Uso delle linee telegrafiche.

925.. Incombe a ciascuno Stato il considerare le linee tele- gràfiche, che comunichino con quelle degli Stati limitrofi, desti- nate a mantenere i rapporti della vita e del commercio intema- zionale, e la sovranità dovrà esercitare i proprii diritti su di esse in maniera da non ledere gl'interessi generali.

926. L'uso innocuo delle linee telegrafiche intemazionali dev'essere protetto dal Diritto internazionale.

927. Salvo il diritto spettante a ciascuno Stato di difen- dere i suoi diritti di sovranità sulle linee telegrafiche che si tro- vino sul proprio territorio , di tutelare i propri interessi e d'impe- dire che il telegrafo sia usato a danno della sicurezza e dell'ordine pubblico, nessuno di essi potrà esercitare i propri diritti in maniera da offendere il diritto spettante a tutte le persone, senza distin- zione, di corrispondere per mezzo dei telegrafi intemazionali.

928. Incombe a tutti gli Stati 11 mettersi d'accordo a fine di stabilire una legislazione uniforme per l'esercizio delle linee telegrafiche. A ciascuno Stato poi spetta il mettere le proprie leggi in armonia con le norme stabilite mediante l'accordo, e sarà responsabile se abbia omesso di farlo.

929. Il regolamento per l'esercizio delle linee telegrafiche internazionali dovrà fissare le tariffe, il controllo, le priorità per rapporto ai dispacci dello Stato e dei pubblici funzionari, il col- locamento e la conservazione delle linee, e provvedere altresì per impedire la distruzione o deteriorazione delle medesime, e via dicendo.

Titolo 11. - Delle cose che sono nel possesso giuridico dello Stato ^^

Mancando tale regolamento, converrà attenersi a riguardo di tutto ciò alle norme secondo il Diritto comune, o a quelle con- cordate con trattati.

Norme per V esercizio internazionale della telegrafia.

930. Nessuna linea telegrafica potrà essere collocata od estesa nel territorio di uno Stato, senza il precedente consenso della sovranità di esso. Salvo quindi il diritto di porre i cavi sottomarini in alto mare, nessuno potrà proseguirli nelle acque territoriali di uno Stato senza la previa autorizzazione del So- vrano di esso.

931. Il diritto spettante alla sovranità di ciascuno Stato di concedere o negare l'autorizzazione per proseguire un tratto di linea telegrafica dovrà essere reputato compreso in quello d'auto- nomia e d'indipendenza di esso, anche quando tale tratto di linea telegrafica fosse necessario a congiungere due linee internazio- nali. II rifiuto però, non giustificato, da parte di uno Stato, richie- sto dagli altri Stati interessati, dovrà essere riguardato un arbitrio e potrà legittimare le misure indirette e le rappresaglie per costrin- gerlo, quando i buoni uffici messi in opera dagli Stati interessati, a fine di ottenere la richiesta autorizzazione, non conseguissero lo scopo.

932. Qualora una linea telegrafica internazionale fosse di fatto in esercizio, nessuno dei Governi potrà sospendere Tuso del tratto di linea telegrafica che si trovi nel territorio dello Stato, senza darne avviso con pubblica comunicazione ufficiale.

933. Il diritto di sospendere Tuso del tratto di linea tele- grafica per certe date corrispondenze, o per tutte le corrispon- denze, dandone pubblico avviso, potrà in ogni caso essere attri- buito a ciascuno Stato soltanto pei dispacci che arrivino o che partano dal proprio territorio, ma non potrà estendersi a quelli di transito, a quelli diretti tra Stato e Stato in tempo di pace.

^9" Libro IH. - Delle cose £ dei beni

Violazione dei dispacci di transito.

934. Ciascun Governo dovrà punire la violazione del segreto dei dispacci di transito colle stesse pene comminate per la vio- lazione di quelli all'interno dello Stato.

935. Incombe altresì a ciascun Governo il provvedere in via amministrativa, quando non sia il caso di procedere in via penale, per impedire qualunque illegale ed arbitraria intromis* sione da parte dei privati nel regolare movimento delle linee telegrafiche internazionali, e il mettere efficacemente le persone responsabili in grado di rispondere per qualunque ritardo volon- tario nel movimento telegrafico, da cui ne sia derivato un danno.

Cavi sottomarini.

936. I cavi sottomarini (cables), per la parte che si trovi al difuori delle acque territoriali di ciascuno Stato, devono repu- tarsi sotto la protezione del Diritto internazionale per tutto quello che concerne lo stabilimento di essi e la loro conservazione.

937. La rottura, o deteriorazione di un cavo sottomarino, fatta volontariamente o per negligenza colpevole, e che possa avere per risultato di interrompere o d'impedire in tutto od in parte le comunicazioni telegrafiche, sarà reputata quale violazione del Diritto intemazionale, e punibile quando abbia i caratteri di delitto, senza pregiudizio in alcun caso dell'azione civile e del- l'obbligo del rifacimento del danno.

938. Incombe a ciascuno Stato il riconoscere che per la tutela degl'interessi generali conviene attribuire alle navi militari di qualunque paese il diritto di reprimere le rotture o deteriora- zioni delittuose dei cavi sottomarini avvenute in alto mare e l'ar- restare gl'individui colpevoli di tali reati, o presunti tali, per farli giudicare dai tribunali competenti, secondo le regole generali circa la giurisdizione penale rispetto ai reati commessi in' alto mare.

Titolo IL ' Delle cose che sono nel possesso giuridico dello Stato ^'

039. Gli Stati che sottoscrissero la Convenzione per la pro- tezione dei cavi sottomarini, conchiusa a Parigi il 14 marzo 1884^ saranno tenuti all'osservanza dei patti mediante essa stipulati, il rispetto dei quali dovrà reputarsi sotto la garanzia collettiva di tutti gli Stati che la sottoscrissero, o che vi abbiano fatto adesione.

La Convenzione del 14 marzo 1884 fu sottoscritta originariamente dai seguenti Stati: Austria-Ungheria, Argentina, Belgio, Brasile, Colombia, Costarica, Dani- marca, Francia, Germania, Gran Brettagna, Grecia, Guatemala, Italia, Paesi- Bas:$i, Persia, Perili, Portogallo, Romania, Russia, Salvador, San Domingo, Scan- dinavia, Serbia, Spagna, Stati Uniti, Turchia, Uruguay. (Vedi il cenno fattone in appendice.)

Smmzio internazionale della Posta.

940. Ciascuno Stato è tenuto a facilitare lo sviluppo delle comunicazioni postali e dovrà esercitare i suoi diritti sovrani su tale pubblico servizio in maniera da non ledere, e con Tintendi* mento di favorire il libero scambio delle corrispondenze inter- nazionali.

941. Nessuno Stato , in virtù de' suoi diritti di sovranità territoriale, potrà reputarsi autorizzato ad arrestare il movimenta postale, o a violare il segreto delle lettere, per qualunque si sia grave motivo d'interesse politico, o amministrativo.

Potrà soltanto ammettersi che per gravi ragioni di ordine pub-^ blico un Governo possa sospendere la spedizione e distribuzione dei giornali, dandone però avviso con tutti i mezzi della pubblicità»

042. Il servizio delle poste e della corrispondenza fra Stato e Stato dev'essere riguardato, per quanto concerne il libero eser- cizio e l'osservanza delle due regole precedenti, sotto la prote- zione del Diritto internazionale.

943. Incombe agli Stati che sottoscrissero la Convenzione per l'Unione postale del 1* giugno 1878 e Tatto addizionale del 21 marzo 1886 ed i relativi successivi regolamenti, ed a quelli che in seguito vi aderirono, l'osservare lealmente i patti concordati, salvo sempre le riserve fatte da ciascuno degli Stati stessi al

398

Libro III. Delle cose e dei beni

momento della sottoscrizione del trattato originario o dell'atto di accessione.

La Convenzione postale intemazionale ha proprio il carattere d*nnione uni- versale di tutti gli Stati civili che si sono accordati a regolare Timportantt servizio della corrispondenza intemazionale nel modo il più conveniente e meno dispendioso. Oltre al servizio della posta ordinaria, ha formato pure oggetto di accordo lo scambio delle lettere con valori dichiarati; io scambio dei vaglia postali e dei pacchi postali, ed altresì il servizio delle riscossioni delle cambiali ed effetti di commercio. (Vedi il Trattato del 21 marzo 1885.)

Delle imposte.

944. Le imposte formano parte dei beni appartenenti allo Stato, e consistono nel complesso delle contribuzioni obbligatorie che la sovranità è autorizzata a prelevare dai privati per prov- vedere ai bisogni dello Stato.

945. Il diritto di ricorrere alle imposte per le esigenze finan- ziarie dello Stato potrà essere liberamente esercitato da ciascun Governo in conformità del Diritto pubblico del proprio paese, e non potrà reputarsi limitato che in forza dei patti stipulati nei trattati in vigore e delle regole di Diritto internazionale.

Tale diritto potrà essere esercitato rispetto ai cittadini e rispetto agli stranieri, salvo però a riguardo di questi ultimi l'osservanza dei principii del Diritto intemazionale in quello che limitano l'auto- rità e l'imperio di ciascuna sovranità rispetto agli stranieri.

Non potrebbe reputarsi conforme ai principii del Diritto internazionale Tas- soggettare ad una forma diretta di contribuzione obbligatoria gli stranieri, pel godimento di quelli che abbiamo denominati diritti intemazionali dell'uomo e che trovansi esposti al titolo X. Confronta pure le regole 231 , 232. Nelle legislazioni moderne le diverse forme di gravose contribuzioni imposte agli stranieri ed indicate colla generale denominazione: Diritti di àUnnaggio, sono state abolite.

946. Dovrà reputarsi conforme ai principii dell'equità e della giustizia internazionale il non assoggettare al pagamento delle imposte personali che gli stranieri soltanto che siano stabiliti nel territorio dello Stato, e il non esagerare rispetto alle altre imposte la disparità tra i cittadini e gli stranieri, ammettendo questi ad

Titolo IL - Delle coae che sano nel possesso giuridico dello Stato 3^

esercitare 41 commercio , ad acquistare la proprietà , a stare in giudizio, e ad ottenere la proiezione e sicurezza delle loro per- sone e dei loro beni, senza assoggettarli ad altre tasse od impo» sizioni, oltre quelle che siano poste a carico dei cittadini dello Stato, salvo solo quelle ragionevoli differenze che possono essere reputate il correspettivo della protezione da essi goduta nello Stato, e dei servigi pubblici a tal fìne ad essi resi dal Governo.

Sistema doganale.

d47. Ogni Stato può liberamente colla legislazione doga* naie regolare le importazioni o le esportazioni a seconda dei cri- teri che intende preferire riguardo alla libertà del commercio, o alle restrizioni protezioniste, e può inoltre modijQcare i regola- menti doganali a favore di uno o più Stati mediante trattati.

948. Non viola il Diritto internazionale uno Stato che in forza dei trattati conceda maggiori favori e facilitazioni ai citta- dini di uno Stato e li neghi a quelli di altri Stati, stabilendo così una disuguaglianza di trattamento fra gli uni e gli altri, o che in mancanza di trattati mantenga la regola della reciprocità del trattamento.

049. Incombe agli Stati il riconoscere la reciproca utilità di allargare le unioni doganali, a fine di provvedere cosi meglio allo sviluppo del commercio e dell'industria, e il favorire la divisione internazionale del lavoro mediante la libertà degli scambi e la facilitazione della concorrenza internazionale.

Le anioni doganali possono riuscire utili tra gli Stati che abbiano interessi omogenei e che si trovino in condizioni non molto disparate riguardo ai mezzi di produzione, di circolazione e di scambio. Una delle più importanti e pro- ficue unioni doganali è stata quella conclusa tra gli Stati della Germania, che incominciò col Trattato sottoscritto dai Governi di Monaco e Stuttgart nel 1827, colla denominazione: Lega bavarese. (Vedi per la storia di formazione e svi- luppo della unione doganale degli Slati della Germania, denominata Zollverein: Calvo, Droit internationah tom. I, §§ 79-80.)

Un progetto di Zollverein americano, posto innanzi dagli Stati Uniti nella Conferenza internazionale americana, riunita a Washington nel 1890, non fu accolto da tutti gli Stati, e massimamente vi si oppose la Repubblica Argeoi* lina. Vedi Calvo, opera citata, tom. VI, supplóment general, § 3i8.

^^ Libro IH. - DelU cose e dei beni

Non manca chi sostenga rntiiità di un^nnione doganale europea per contro- bilanciare la concorrenza che fa all^Earopa TAmerica e che in seguito le farà FAsia. Vedi in questo senso Tarticolo pubblicato da Molinari nel Journal de» économi8tes, 1888.

Un'istituzione molto utile neirinteresse del commercio internazionale è stata quella effettuata ad iniziativa del Belgio , di stabilire cioè mediante accordo intemazionale un ufficio residente a BruxeUes per la pubblicazione delle tariffe doganali di tutti gli Stati che sottoscrissero il trattato. Alla Conferenza riu- nita per tale oggetto il 15-21 marzo 1888 furono rappresentati 25 Stati, ed in seguito poi alla Conferenza del luglio 1890, la Convenzione per la crea- zione di un'unione internazionale fu sottoscritta da 34 Stati, e l'uffizio inter- nazionale fu stabilito a Bruxelles il 2 aprile 1891, e funziona sotto Talta sor- veglianza del Ministro degli affari esteri.

960. Il sistema doganale non potrà assumere carattere di per- fetta unione doganale, se non che quando sia soppressa la linea do- ganale tra gli Stati collegati : istituita una frontiera daziaria unica, ove essi siano separati dagli Stati non appartenenti alla unione: promulgata una legislazione uniforme e la tariffa daziaria comune tra gli Stati collegati : stabilita l'unità di amministrazione doganale.

Tutto ciò potrà essere utilmente stabilito mediante trattato ti'a gli Stati che abbiano comunanza d'interessi commerciali.

Sistema doganale imposto ad uno Stato.

951. Nessuno Stato può imporre forzatamente un sistema doganale ad uno Stato più debole, costringendolo a sottoscrivere un trattato fatto a vantaggio esclusivo di lui.

952. Uno Stato che volesse profittare dell'esito favorevole di una guerra per imporre allo Stato vìnto ed impotente a soste- nere la concorrenza un sistema doganale a suo vantaggio esclu- sivo, commetterebbe un biasimevole abuso di potere, che potrebbe giustificare l'appoggio morale da parte degli altri Governi in favore dello Stato più debole, a fine d'impedire una condizione cose a lui rovinosa: e qualora fossero evidenti e certe le rovinose con- seguenze economiche per lo Stato costretto a subire le condizioni del vincitore, questo potrà giustificare l'ingerenza collettiva da parte degli altri Stati per impedire o far cessale Io stato di cose rovinoso.

Titolo IL ' Delle coee che sono nel possesso giuridico dello Stato 401

0

Colonie.

953. Le colonie appartenenti ad uno Stato, finché esse siano nella condizione di dipendenza, devono essere reputate quali pos- sedimenti dello Stato a cui esse appartengono e considerate, ri- spetto alla sovranità di esso, nelle medesime condizioni che il territorio o i suoi accessori.

954. I diritti della sovranità rispetto alle colonie, considerate quali possedimenti dello Stato, devono rimanere sommessi alle re- gole che concernono detti diritti riguardo al territorio dello Stato.

Le colonie, come ogni altra parte del territorio dello Stato, sono nel pos' sesso giuridico della sovranità di esso II territorio coloniale, fino a tanto che sussiste il rapporto che unisce la colonia alla madre patria, è nelle medesime condizioni che ógni altra parte di territorio sXìiniemo dello Stato : hdanà, Gon- segnentemente tutto quello che concerne Tesercizio dei diritti sovrani sotto il punto di vista finanziario e fiscale nelle colonie deve reputarsi nel campo del Diritto pubblico intemo, salvo sempre le giuste limitazioni che anche all*in- temo di ciascun paese devono ritenersi fondate sul Diritto internazionale. Non bisogna peraltro confondere colle colonie quei territori che hanno pure un legame di dipendenza, ma che non è quello vero e proprio coloniale, ma quello bensì di protettorato o altro.

955. Il regime amministrativo ed economico dei possedi- menti coloniali di uno Stato è nel dominio esclusivo del Diritto pubblic. di ciascun paese.

056. Nessuno Stato però può, senza commettere un arbitrio, organizzare il regime delle colonie che ad esso appartengono, in maniera da conculcare i diritti intemazionali dell'uomo, che non possono essere negati ai coloni e che devono essere tutelati dal Diritto internazionale.

957. Viola il Diritto internazionale uno Stato che, coirin- tendimento di profittare oltre la giusta misura de' suoi possedi- menti coloniali, sanzioni colle proprie leggi la servitù civile, eco- nomica e politica dei coloni, e che conculchi a loro danno i principi! di Diritto comune dei popoli civili.

Confronta regole 94^96.

058 Compete ai coloni, che siano mantenuti colla vio- lenza e colla forza nella condizione di servitù civile, e che siano

26 Fiore, Dir, interri, codif.

402 jAbro III. ' DeUe cos$ $ dei beni

impotenti a respìngere la forza maggiore, il diritto di invocare la protezione degli altri Stati, a fine di ottenere la tutela dei propri diritti internazionali.

Le proposte regole tendono ad escludere che il servaggio delle colonie, cosi come ò stato inteso ed immaginato da certi Governi che sono stati spinti dall'avi- dità mercantile a fondare e mantenere le colonie per arricchirsi alle spalle dei coloni, possa essere giustificato coi giusti principi! del Diritto moderno. L'avere voluto considerare i coloni come se fossero fuori del Diritto comune dei popoli civili, fino al punto di negar ad essi il libero godimento dei diritti deiruomo, questo ha potuto valere a sostenere la politica coloniale; ad organizzare il lavoro nelle coionie a profitto esclusivo della metropoli ; ad attuare il monopolio commerciale a vantaggio della medesima, e a mantenere la servitù civile e politica dei coloni. Lo sviluppo della civiltà deve però condurre naturalmente ad escludere il sistema di assoggettamento perpetuo che fu detto servitù coloniale ed a giu- stificare l'emancipazione delle colonie.

Il rapporto tra la colonia e la madre patria deve reputarsi nel campo del Diritto pubblico interno, purché però esso sia mantenuto senza violare colla forza i diritti della personalità umana e i diritti intemazionali delle genti inci- vili, nel qual caso sorgerebbe il dovere d'ingerenza collettiva, giusta le norme esposte al libro I, titolo IX (reg. 487494).

Servitù intemazionali.

959. La servitù internazionale consiste in un diritto terri- toriale costituito a favore uno Stato straniero, che implichi una limitazione di un diritto territoriale che secondo il Diritto comune spetta a ciascuna sovranità a riguardo del territorio dello Stato.

Essa non può essere costituita che in forza di un titolo, il quale deve essere la convenzione espressa o tacita, e può consistere o in non f adendo o in patiendo^ e deve ritenersi fondata e regolata dal titolo da cui deriva.

Non ogni forma di limitazione dell'esercizio dei diritti spettanti alla sovra- nità può essere reputata una servitù intemazionale. Gli Stati possono infatti mediante accordi reciproci stabilire, regolare e modificare l'esercizio deTlbro diritti rispettivi, e siccome l'obbligazione assunta, quando sia efficace, dev'essere esattamente adempiuta, così ne consegue sempre una limitazione della libertà. Non ci sembra quindi esatto il concetto di coloro, che qualificano servitù qual si sia forma di limitazione dell'autonomia. Cosi si è arrivati a sostenere che l'obbligazione assunta dall'Italia con la legge delle guarentigie del Papa e della Santa Sede, con la quale essa assunse l'impegno di rispettare l'indi- pendenza della Chiesa cattolica, e l'inviolabilità del suo Capo, costituisca una specie di servitù internazionale. Menando buono l'inesatto concetto ne se- guirebbe che ogni obbligazione assunta da uno Stato o mediante atto uni- laterale o mediante convenzione in forza di cui si dovesse ammettere una

Titolo IL ' Delle cose che sono nel possesso giuridico dello Stato *"^

limitazione dei diritti di autonomìa, assumerebbe il carattere di servitù. Ma allora l'oggetto della servitù sarebbe la sovranità, lo che non ci pare soste- nibile. Più esatto ci sembra l'ammettere che la servitù propriamente detta implichi invece una limitazione dei diritti di sovranità territoriale, in virtù della quale lo Stato, rispetto a cui la servitù è costituita, sia tenuto a n&n fare sul territorio soggetto al suo imperio quello che in forza della sua autonomia avrebbe diritto di fare, o a tollerare e soffrire che un altro Stato faccia sul territorio qualche cosa, che secondo il Diritto comune che governa l'esercizio dei poteri territoriali delle sovranità, non sarebbe autorizzato a fare.

La servitù quindi riflette sempre un rapporto territoriale e consiste in una limitazione dei diritti territoriali della sovranità.

Go^, a modo d'esempio, è la servitù di non ricostruire fortezze o stabilimenti militari: di non fortificare una data località: di non potere armare navi da guerra: di non potere entrare colle navi da guerra in certe parti del mare {servUus in non f adendo). Non mancano esempi di tali servitù. Troviamo infatti che certi Stati hanno assunto l'obbligo di demolire le fortezze esistenti in alcune località, e che è stata poi ad essi imposta la servitù di non poterle ricostruire. Noi non consideriamo l'obbligo di demolire le fortezze come una servitù; perchè il fare in forza di un'obbligazione assunta mediante trattato è pure una limitazione della libertà, ma propriamente è l'esecuzione dell'ob- bligazione, non una servitù, la quale sussiste come limitazione perpetua di un diritto territoriale della sovranità, finché sussiste il titolo in virtù del quale fu costituita. Nel trattato di Berlino del 13 luglio 1878, a modo d'esempio, troviamo all'articolo 11 che la Bulgaria assunse l'obbligo di abbattere nello spazio di un anno le fortezze e di non poterle fare ricostruire. L'abbattimento delle fortezze a nostro modo di vedere ha la forma di obbligazione assunta mediante trattato, l'esecuzione della quale è l'abbattimento delle fortezze. La servitù invece è l'obbligo imposto di non ricostruire, che sussiste fino a tanto che sussisterà l'articolo 11 del mentovato trattato, col quale la servitù di non ricostruire fu stabilita, cosi come la servitù imposta alla Francia coll'art 9 del trattato di Utrecht del 13 marzo 11 aprile 1713 di non potere ricostruire le fortezze di Dunkerque, perdurò fino a tanto che non fu annullata coll'art. 17 del trattato di Parigi àeì 3 settembre 1783.

Vedi altri esempi di servitù nel trattato di Parigi 30 maggio 1814, articolo 15: in quello del 30 marzo 1856, articoli 13 e 14: nella convenzione di Londra degli 11 maggio 1867, articoli 2, 3 e 5, ecc., e nel trattato di Berlino del 1878 passim.

La servitù in patiendo implica pure una modificazione dei diritti patrimo- niali della sovranità, che ò tenuta, finché la servitù sussiste, a tollerare che un'altra sovranità faccia qualche cosa sul proprio territorio. Così, ad esempiot eoll'art. 29 del trattato di Berlino (1878), i^ imposto al Montenegro di soffrire <;he TAustrìa esercitasse la polizia marittima e sanitaria su Antivari e il lit* torale del Montenegro. Confronti : Bonfils, Manuel de Droit international public, % 338, 334, e Fiore, Diritto int, pubUico, 3* ediz., tom. II, § 850.

060. La servitù, come ogni altra eccezione, che lìmiti il libero esercizio dei diritti, non può reputarsi stabilita che in forza di un titolo, e deve essere interpretata nel senso il più ristretto e il meno lesivo dei diritti territoriali spettanti allo Stato al quale è imposta.

*^*' Libro 111. ' Delle cose e dei bent

961. Quando la servitù debba ritenersi esistente, dev'essere considerata come effettiva e permanente, tanto a riguardo dello Stato obbligato a soffrirla, quanto riguardo a quello cui ne com-» pete il godimento.

962. La servitù dev'essere considerata come un diritto reale territoriale permanente, e quindi essa -si trasmette attivamente e passivamente col possesso giuridico del territorio a cui si riferisce^ fino a tanto che sussiste il titolo in forza del quale fu costituita.

963. La servitù può rimanere estinta colla convenzione con- traria, colla rinunzia espressa o tacita, o in forza della risoluzione della convenzione colla quale fu costituita.

Essa può essere estinta altresì con la confusione della sovranità territoriale, vale a dire colla riunione dei due territori.

Della comunione.

964. La comunione può verificarsi tra due Stati che abbiano simultaneamente diritti su di una cosa indivisibile. Essa importa l'onere di ciascuno degli Stati in comunione di non fare opere che impediscano e modifichino il godimento della cosa comune^ e di non far nulla che possa pregiudicare gl'interessi rispettivi»

Questa regola può trovare la sua applicazione neir ipotesi che un ponte appartenga a due Stati limitrofi, nel qnal caso ciascuno ha diritto di usarne» e di vigilare altresì che la parte spettante alFaltro non sia da questi deteriorata e che r altro faccia quanto occorre, perchè la cosa sia conservata nella sua integrità all^uso cui è destinata.

965. La comunione importa l'obbligo reciproco dei due Stati di tollerare tutte le conseguenze che derivano naturalmente dalla situazione della cosa comune, e di fare quello che può reputarsi indispensabile per mantenere la cosa comune nelle condizioni richieste dalle finalità cui deve essere destinata.

Questa regola può trovare la sua applicazione nellMpotesi che due Stati siana separati da un monte, nella quale ipotesi ciascuno è tenuto a tollerare lo scolo naturale delle acque e tutte le conseguenze che naturalmente derivano dalla situazione delle cose e dai buoni rapporti tra comunisti.

La regola può trovare altresì applicazione ai fiumi che dividono due Stali limitrofi.

TUolo IH, - Dèi beni appartenenti ai privati 405

TITOLO ni.

i beni appartenenti ai privati.

966. I beni appartenenti ai privati, di qualunque natura essi siano, devono rimanere sommessi all'autorità della sovranità ter- ritoriale, rispetto ad ogni rapporto che li concerna, e che inte* ressi il Diritto pubblico territoriale o il Diritto e gl'interessi sociali.

n Diritto pubblico ed il Diritto sociale determinano resistenza e la vita di ciascnno Stato come istituzione politica, ed il conservare T autorità di essi salda e ferma, e l'impedire qualsisia violazione, qualsisia offesa, qu&lsisia deroga ai principii sanciti secondo il Diritto pubblico e il Diritto sociale, devono repu- tarsi il massimo e principale diritto e dovere della sovranità di ciascun paese. Nessun rapporto, nessun fatto, nessun atto può compiersi nel territorio di cia- scuno Stato, qualora sia derogato alle regole di Diritto pubblico cbe concer- nono le persone, i beni, o gli atti, o alle regole di Diritto sociale che concernono gl'interessi comuni, tra le quali devono ritenersi comprese quelle ordinate a mantenere incolume l'ordine pubblico e il buon costume.

967. I beni immobili» che formano parte del territorio dello Stato, ed i beni mobili che nell'attualità sul medesimo si trovino devono rimanere sommessi al dominio eminente della sovranità territoriale dentro i limiti però determinati nella regola precedente.

968. Nessuna sovranità potrà, senza violare i principii del Diritto internazionale, assoggettare alla legge territoriale l'ordine 6 la misura dei diritti privati spettanti agli stranieri sulle loro cose immobili o mobili esistenti nel territorio dello Stato, ed assoggettare alle dette leggi ogni rapporto di qualunque natura si sia^ ed ogni diritto su qualsisia titolo fondato, ma dovrà bensì riconoscere l'autorità delle leggi straniere in quello che esse rego- lano l'ordine e la misura dei diritti e dei rapporti privati soggetti alla loro autorità sulle cose ovunque situate, ogni qual volta che applicando dette leggi straniere non venga derogato al Diritto pubblico territoriale o al Diritto sociale, e salvo il principio sta- bilito alla regola 270.

Le regole proposte sono il riassunto esatto dei principii esposti nella mia opera: Nuovo Dir. ini» ptMlicOf Milano 1865, nella quale al capitolo Vili si

406

Libro 111, " DélU cose e-dei heni

trovano i prìncipi! fondamentali circa T autorità delle leggi di Stati diversi. Dopo avere stabilito che le leggi civili di ciascun popolo, in quello che rego- lano i rapporti privati, devono avere autorità estraterritorìale, è detto così a pagina 133 : * Noi non possiamo discorrere del Diritto pubblico di cia- " senno Stato nella stessa guisa come abbiamo parlato del Diritto privato. ** D Diritto pubblico infatti è ordinato alla conservazione dell'organismo sociale»

* e perciò tutte le persone e le cose le quali si trovano nel territorio nazio- ** naie devono sottostare ai principi! di Diritto pubblico di quello Stato... D ' diritto di ciascuno Stato a regolare la vita privata de* suoi sudditi, può eser-

* citarsi all'estero finché il suo uso è innocuo, ossia finché non contrasta coi

* principii di Diritto pubblico di quello Stato.

'Da quanto abbiamo detto ne segue che la condizione e la capacità delle

* persone, in qualunque parte abbiano ad esercitare i loro diritti, la condizione "civile delle famiglie, i diritti e i doveri degF individui che compongono le

* famiglie e gli effetti di questi diritti e doveri sulle proprietà che la famiglia

* o i membri individuali di essa posseggono nelle varie parti del mondo: le

* obbligazioni nascenti dai contratti in relazione alle cose tutte e simili devono

* essere regolate dalla legge dello Stato , ed il cittadino nelle sue relazioni

* giuridiche e internazionali, può invocare giustamente e in qualunque terri-

* torio r applicazione di quella legge particolare dello Stato che governa lo

* stato suo e della sua famiglia anche in relazione ai beni dovunque situati, ' ed ha ragione d'invocare dovunque l'applicazione della legge che informò in ' origine le convenzioni da luì stipulate, purché però l'applicazione della legge ' nello Stato da cui essa non emana non offenda l'interesse politico ed eco-

* nomico dello Stato medesimo, e non contraddica a quei principii che il legìs* ' latore ha consacrati come leggi d'ordine pubblico. , (Vedi la traduzione di detta opera fatta da PradierFodéré, Paris 1868, tom. I, pag. 297-98.)

Abbiamo mantenuta sempre ferma la stessa opinione e abbiamo poi dato più largo sviluppo ai principii nell'opera sul Diritto int. privato, pubblicata nel 1869. Oggi la grande maggioranza degli scrittori ha chiarito e sviluppato la medesima teoria, e sopratutto il Laurent nella sua importante opera DroU civil international, pubblicata nel 1880. Gonfr.: Fiore, Dir, int. privato, 3' ed., voi. primo, Leggi civili, capitolo IH, § 91 e seg.

969. Incombe agli Stati civili ritenere d'interesse comune Io stabilire mediante trattati, regole uniformi, e reciprocamente obbli- gatorie, per determinare la competenza legislativa di ciascuna so- vranità nel governare i diritti privati di ciascuno sulla proprietà e nel regolare o limitare l'esercizio o il godimento di detti diritti, e per determinare inoltre l'autorità della legge territoriale e della legge personale a riguardo di quanto concerne l'acquisto, il godi- mento e l'esercizio dei diritti degli stranieri sui beni esistenti nel territorio dello Stato, a fine di eliminare cosi i conflitti tra le legislazioni di Stati diversi.

Ammettendo in massima che la sovranità di ciascuno Stato non possa, in virtù del suo dominkr'àìiriueutei assoggettare alle proprie leggi ugni rapporto

Titolo III, - Dei beni appartenenti ai privati ^^7

di diritto prÌTato sngrimmobili, ed ammettendo oonsegaentemente che i diritti privati del proprietario straniero possano secondo i casi essere goyemati da legge estera, non si può escludere la concorrenza delle legislazioni di paesi diversi e deve riuscire facile comprendere che per eliminare i conflitti è indi- spensabile di concordare regole uniformi circa T autorità delle leggi chiamate a governare i diritti privati del proprietario straniero sui beni a lui appartenenti.

Norme in mancanza di trattati.

970. Fino a tanto che non sarà stipulato un trattato e non saranno fissate mediante esso regole uniformi circa Tautorità delle leggi di ciascuno Stato, l'autorità territoriale o estraterritoriale delle leggi dovrà essere determinata in conformità dei principii del Diritto intemazionale privato.

971. Incombe ai tribunali, qualora il legislatore non abbia sanzionato con legge le norme secondo le quali essi devono appli- care le leggi straniere, il temer conto dei principii generali del Diritto intemazionale privato, come in ogni caso nel quale manca la legge positiva, e di risolvere ogni controversia rispetto all'ac- quisto, al godimento e all'esercizio dei diritti degli stranieri sui beni che si trovino nel territorio di uno Stato, siano essi mobili o immobili, in conformità dei più razionali principii del Diritto intemazionale privato.

U legislatore italiano ha dato un mirabile esempio codificando le regole di Diritto intemazionale privato, nelle disposizioni generali del Codice civile circa l'applicazione delle leggi, per lo che le regole sancite sono obbligatorie per i tribunali italiani, in guisa che violandole può farsi luogo al ricorso in Cassa- zione come in ogni caso in cui venga ad essere violata la legge interna. Con- fronta: FiOBE, DeUe disposixioni generali^ sìMa pubblicaMone^ opplieaMone e interpretazione delle leggi^ Napoli, Marghieri 1886, voi. I, pag. 440, n.° 379, e Trattato di Dir. int, privato^ 3" ed., Leggi civili^ voi. I, pag. 265, n." 273. Vedi inoltre Demànofat, Introduction au Journal de Droit int. privé^ tom. I, 1874.

Diritti del projmetario stii beni che gli appartengono.

OTB. Colui, cui spetta la proprietà dei beni che si trovino nel territorio dello Stato, potrà esercitare e godere tutti i diritti che spettano al proprietario e disporre di essi nella maniera più

'^ Libro III. " Delle cose e dei beni

assoluta, quand'anche egli sìa straniero, salvo soltanto le limita- zioni sancite dalla legge territoriale, e purché non ne faccia un uso vietato dalle leggi e dai regolamenti.

073. I beni che possono essere oggetto di proprietà privata comprendono tutte le cose corporali mobili o immobili, capaci di possesso e di appropriazione, sìa che si muovano per propria forza come gli animali, sia che non possano essere mossi che da forza esteriore, come le cose inanimate, ed inoltre le produzioni del- l'industria e dell'ingegno, le scoverte industriali, le insegne commerciali, le marche di fabbrica e qualunque opera letteraria 0 artistica; i diritti, le obbligazioni e le azioni che abbiano un valore patrimoniale, comprese le rendite temporanee o perpetue stabilite a favore del privato a carico dello Stato.

974. Nessuno straniero può essere spogliato della sua pro- prietà, né costretto a cederla o a tollerare che altri ne faccia uso contro sua volontà, salvo che, per causa d'interesse o di pubblica utilità legalmente accertata, la sovranità territoriale abbia imposto al proprietario di cedere in tutto o in parte ì beni a lui appar- tenenti in correspettivo della giusta indennità determinata in con*- formità delle leggi.

076. Dovrà ritenersi compreso nei diritti spettanti al pro- prietario quello di trasmettere al momento della morte ì beni che gli appartengono con testamento o a norma della legge che regola la successione in mancanza di testamento, e di esigere che la intrinseca validità delle disposizioni testamentarie e l'ordine e la misura dei diritti di successione in mancanza di testamento siano regolati dalla legge chiamata a governare lo stato e la capacità del defunto ed i rapporti di lui e della sua famiglia, ogni qual volta che non ostino le regole 966-67 innanzi stabilite.

076. Il possesso dei beni attuato sotto le condizioni deter- minate dalla legge territoriale, e fornito di tutti i requisiti da essa richiesti, produrrà tutte le conseguenze giuridiche che la detta legge a tale fatto attribuisce, anche se il possessore sia straniero.

077. Qualunque possessore, senza fare differenza se esso sia cittadino o straniero, può valersi di tutti i mezzi giuridici permessi

Titolo IIL - Dii beni apparUnetUi ai privati

409

dalla legge del luogo nel quale possiede, o per far cessare il tur- bamento del possesso e le cause che ne molestino il godimento o per ricuperare il possesso se ne fosse stato spogliato ed essere reintegrato nello stato anteriore all'attentato materiale.

978. I fatti giuridici compiuti sotto l'impero della leg^e ter- ritoriale, che a norma di questa possono servire quale fondamento di un diritto a riguardo della cosa, resteranno sommessi alla legge territoriale, anche se siano stati compiuti da stranieri o rispetto alle cose appartenenti a stranieri (detensùmef conservazione e mi- glioramentù della cosa^ accessione, confusione, specificazione e simili).

Per spiegare il fondamento delle regole proposte occorrerebbe un largo svi- luppo. Confronta le regole poste innanzi 268-271 e vedi Fiori, Diritto intern. privato, 3' ed., Torino 1889, voL II, Parte speciale, lib. HI, Dei diritti che hanno per oggetto le cose.

979. I diritti acquistati dai terzi sulle cose immobili o mobili in forza della lex rei sitae, devono essere retti da questa anche a riguardo delle cose appartenenti a stranieri.

II fondamento di questa regola si trova nel principio stabilito colle regole 269 e 966 precedentL

Ogni qual volta che il legislatore sancisca una disposizione per tutelare i diritti dei terzi, deve ravvisarsi in essa il carattere di disposizione ordinata a tutelare il Diritto sociale, e deve conseguentemente ammettersi che rautorìtà . della legge, da cui tali diritti derivino, debba reputarsi assoluta nel territorio, C08) come deve dirsi di ogni disposizione ordinata a tutelare il Diritto pubblico e Tordine pubblico.

Proprietà letteraria ed artistica.

980. Il diritto spettante all'autore di un'opera dell'ingegno, sulle sue scoperte, invenzioni ed opere di qual si sia natura, che abbiano il carattere di prodotto del pensiero, dev'essere protetto e tutelato nella stessa guisa della proprietà. (Confr. reg. 531-539.)

981. Salvo il diritto spettante alla sovranità di ciascuno Stato di stabilire con legge quali siano le opere dell'ingegno, che pos- sano essere meritevoli di protezione, e le condizioni sotto le quali la protezione legale possa essere concessa, e come debba essere assicurata o limitata, incombe a ciascuna sovranità l'assimilare

*1^ Libro HI. - Delle cose e dei beni

gli stranieri ai cittadini nel godimento ed esercizio dei diritti spet- tanti agii autori sulla produzione dell'ingegno e senza subordi- nare tale godimento alla condizione della reciprocità legale o diplomatica.

982. Gli autori di opere scientifiche letterarie od artistiche saranno ammessi a domandare ed ottenere la protezione della legge territoriale a fine di stabilire, sotto le condizioni da essa sancite, la proprietà delle loro opere, e godranno gli stessi bene- fici!, di cui godono i cittadini, nel domandare T applicazione di codesta legge, per far valere in giustizia i loro diritti contro l'illegale riproduzione, contraffazione, o rappresentazione delle opere ad essi appartenenti.

983. Incombe a tutti gli Stati lo stabilire un Diritto uniforme circa la protezione legale delle opere dell'ingegno e la punizione degli attentati ai diritti di autore, concordando le norme relative mediante un trattato, e spetta a ciascuno di essi il sanzionare con legge i patti speciali con tale trattato stipulati.

I principii, che potrebbero servire di base ad un trattato intemazionale rela- tivo a tale material possono essere determinati in diversa maniera secondo la maggiore o minore protezione che s'intende accordare agli autori in corre- spettivo dell'opera, ch'essi prestano, e della ricompensa ad essi dovuta pel ser- vizio reso alla società colle produzioni dell'ingegno. Cosi può ammettersi, a modo d'esempio, che all'autore possa essere riservato altresì il diritto di auto- rizzare la traduzione, o la riduzione dell'opera da lui fatta : allargare o restrin- gere la durata de' suoi diritti: determinare in maniera più ampia o più ristretta le cause di decadenza e via dicendo. Tutto questo però può formare oggetto del Diritto particolare, che mediante un trattato può essere fissato {reg. 9), e non può entrare nel campo delle regole [generali, che noi ci siamo proposti di stabilire.

Un complesso di regole particolari sulla materia trovasi già concordato nel trattato per la protezione della proprietà letteraria ed artistica stipulato a Berna tra il Belgio, la Francia, la Germania, la Gran Brettagna, la Repubblica di Haiti, l'Italia, la Repubblica di Liberia, la Spagna, la Confederazione Svizzera e Tunisi, il 9 settembre 1886.

Vedi su tale argomento la mia opera Diritto intern. privato, 3* ed., voi. II, cap. IX, Torino 1889, e la traduzione francese fattane da Ch. Antou», PariSi Pedone Lauriel edit

Titolo III. " Dèi beni appartenenti ai privati ^^^

Opere meritevoli di protezione.

984. Incombe a ciascuna soyranità il ritenere meritevoli della protezione legale tutte le opere scientifiche, letterarie ed artistiche, cioè a dire i libri, le opere drammatiche, le composizioni musi- cali, i disegni, le pitture, le sculture, le incisioni, i disegni scien- tifici ed ogni altra produzione, che possa essere considerata come il prodotto del pensiero, del gusto, dello spirito e dell'intelUgenza del suo autore.

Condizioni per la protezione della proprietà letteraria.

986. Il diritto di proprietà acquisito a riguardo di una data opera in virtù della legge del paese, in cui essa abbia avuto ori- gine, non potrà essere riconosciuto in un altro paese, ove, secondo la legge in vigore, il diritto proprietà letteraria rispetto a quella data opera non sia ammesso in favore dei cittadini dello Stato.

986. L'autore di un'opera dell'ingegno, che abbia acquistato la proprietà della sua produzione nel paese, in cui essa fu ori- ginariamente pubblicata da lui, non potrà assicurare la protezione legale del suo diritto negli altri paesi, se non quando abbia osser- vate in ciascuno di essi le formalità richieste secondo la legge territoriale, onde rendere pubblico il suo diritto ed assicurarne a riguardo di tutti il rispetto.

987. In ciascuno Stato dovrà applicarsi la legge in vigore per determinare se il diritto di protezione debba ritenersi acqui- stato, e quando possa reputarsi perduto, e per determinare altresì i caratteri della contraffazione o di qual si sia lesione dei diritti di autore.

Nome commerciale.

988. n nome commerciale, quello cioè che individualizza ciascuna persona, o una società di commercio, dovrà essere repu- tato dovunque come parte del patrimonio appartenente a colui

412

Librv IIL ' Delle cose e dei beni

ch'è dal nome rappresentato, e dev'essere tutelato a riguardo di tutti come la persona stessa.

980. L'usurpazione del nome di un altro dev'essere consi- derata come un attentato ai diritti della persona, e quando sìa fatta in mala fede ed abbia i caratteri di reato, dev'essere punita secondo la legge penale, senza fare differenza se colui, che abbia usurpato il nome altrui, abbia ciò fatto a danno di un cittadino o di uno straniero.

090. Viola il Diritto internazionale la sovranità di uno Stato, che per la mancanza di un trattato internazionale tolleri che la usurpazione del nome commerciale di uno straniero o di una società straniera, quando abbia di per stessa i caratteri del fatto illecito punibile, possa essere consumata impunemente nel proprio territorio.

001. À ciascuna sovranità spetta soltanto di sanzionare con legge le regole per istabilire quando l'usurpazione del nome com- merciale possa avere carattere di delitto, e quando possa formare oggetto di azione giudiziaria, e le disposizioni secondo la legge sancite dovranno ritenersi applicabili a tutti gl'interessati senza fare differenza tra cittadini e stranieri, e senza subordinarne l'ap- plicazione al principio della reciprocità.

(Vedi pel maggiore sviluppo di tale regola i principii esposti nella citata opera sul Diritto intem. privato, e le decisioni dei tribunali ivi riportate.)

902. Il nome di una persona o di una società commerciale non potrà perdere i suoi caratteri come tale, se esso faccia parte di una marca di fabbrica o di commercio, o se sia unito ad em- blemi 0 ad altri segni, e non potrà ritenersi soggetto alle regole che concernono le marche di commercio, se non quando la per- sona, cui esso appartenga, gli abbia attribuito il carattere di una marca depositandola come tale.

Protezione delle marche di fabbrica e di commercio.

903. Il diritto spettante a ciascun commerciante e a ciascun produttore industriale d'individualizzare la specialità dei prodotti

Titolo IIL ' Dei beni appartenenti ai privati 4rl3

del proprio commercio o della propria industria con determinati segni distintivi, e d'impedire che altri adoperi abusivamente i medesimi segni a fine di trarre in inganno i consumatori, dovrà essere reputato come uno dei diritti meritevoli di protezione e tutela secondo il Diritto intemazionale, ed indipendentemente dai trattati e dalla reciprocità.

994. Spetta alla sovranità di ciascuno Stato di stabilire per legge sotto quali condizioni ciascuno possa acquistare il diritto di rivendicare per l'uso esclusivo di una marca di fabbrica o di commercio: come tale diritto debba essere conservato, e quando debba reputarsi perduto : ma dovrà ritenersi ognora in opposizione Col principio del Diritto delle genti il fare in tutto ciò una dif- ferenza fra cittadino o straniero o il tollerare la frode e la slealtà nel commerciò. {Confr. reg, 536.)

995. Potrà essere considerato come marca di commercio o di fabbrica qualunque segno, che possa servire a distinguere i prodotti di una fabbrica o gli oggetti di un commercio, e del quale il fabbricante o il commerciante abbia acquistato l'uso esclusivo facendone il deposito colle forme legali nel paese di origine.

996. In qualunque caso nel quale sia contestato il legale acquisto della proprietà di una marca, o la conservazione dei diritti di proprietà di essa, spetterà al commerciante o industriale, di dare la prova di avere legalmente acquistato il diritto dell'uso esclusivo della marca nel paese in cui sorgesse la contestazione, e di non averlo perduto in conformità delle leggi e dei regolamenti sulla materia in tale paese in vigore.

Eguaglianza di trattamento degli stranieri e dei cittadini.

997. Ogni persona, che abbia acquistato legalmente l'uso esclusivo di una marca, dovrà essere ammessa a far valere ì suoi diritti per ottenere la protezione legale della propria marca in ciascun altro paese, sotto le condizioni sancite dalla legge ivi vigente, e potrà farne il deposito colle forme legali in esso

^1* L^^ro III. - DeUe cose e dei beni

stabilite, purché il segno scelto come inarca non possa essere considerato come contrario alla morale ed all'ordine pubblico.

998. Colui, che avrà acquistato legalmente il diritto di pro- prietà di una marca nel paese di origine, o che ne avrà fatto il deposito in qualunque altro paese osservando le formalità pre- scritte dalla legge, dovrà essere ammesso a godere gli stessi bene- ficii dei quali godono i cittadini del medesimo, e la stessa pro- tezione legale, e potrà invocare l'applicazione delle leggi penali per la usurpazione, contraffazione, e per qualunque uso illecito della marca depositata.

999. Le sanzioni penali per la usurpazione, contraffazione od imitazione delle marche di fabbrica o di commercio depositate dovranno essere parimente applicate senza fare distinzione tra cittadini o stranieri, e l'azione giudiziaria dovrà essere iniziata a richiesta del pubblico ministero o della parte interessata in con- formità della legislazione interna di ciascuno Stato.

Necessità di un Diritto comune convenzionale.

1000. Incombe agli Stati lo stabilire d'accordo le norme per l'acquisto della proprietà delle marche di commercio e di fabbrica e per la protezione legale delle medesime e il mettere la legisla- zione territoriale in armonia coi principii del Diritto internazionale.

Privilegio fondato sul brevetto dHnvenzione.

1001. Il diritto di privativa industriale dev'essere riguardato ognora come concessione e privilegio da parte della sovranità di ciascuno Stato, e non potrà valere ad attribuire a colui, che lo «bbia ottenuto, di esigerne il rispetto negli altri paesi, come se si trattasse di un suo diritto patrimoniale.

1002. Spetta alla sovranità di ciascuno Stato il concedere all'inventore, ed ai suoi aventi causa, il privilegio di smerciare

Titolo IIL - Dei beni appartenenti ai privati **^

esclasivamente la propria invenzione, conferendo loro tale priva- tiva col brevetto, e determinando con legge le condizioni, sotto le quali tale privilegio possa sussistere, e quanto concerne la sua durata, la sua estensione, e la tutela del benefìcio conferito.

Protezione intemazionale dei brevetti.

1003. La protezione internazionale dei brevetti d'invenzione e delle privative industriali non potrà essere altrimenti stabilita che mediante accordo tra gli Stati, e non potrà valere che tra quelli soltanto, che abbiano mediante un trattato ad hoc stabilito le norme, le condizioni, e le formalità per assicurare nei territori rispettivi la protezione legale dei brevetti d'invenzione da ciascuno di essi concessi.

1004. Mancando l'accordo intorno a ciò ciascuna sovranità potrà applicare nel territorio dello Stato la legge territoriale, onde decidere a seconda di essa se debba o no ammettersi la priva- tiva, e quando e come debbano essere impedite e punite le con- traffazioni e lo smercio degli oggetti di privativa.

1006. Qualora fra due o più S tati la tutela legale dei brevetti d'invenzione fosse assicurata mediante trattato, il privilegio acqui- stato nel territorio di uno degli Stati contraenti non potrà repu- tarsi sussistente nel territorio degli altri, se non quando la privativa sia stata legalmente acquistata nel paese di origine, e non si sia ivi verificata alcuna causa di decadenza, e quando l'inventore privilegiato abbia osservate tutte le formalità prescrìtte secondo la legge di ciascuno degli altri Stati per godere nel territorio di esso il beneficio della privativa, e la conservazione di ogni diritto mediante essa ottenuto.

1006. L'inventore privilegiato, che possa vantare in uno Stato la tutela del privilegio acquistato in paese estero, non potrà subire l'espropriazione dell'invenzione privilegiata da parte del Governo di lui per ragioni di pubblica utilità senza ottenere la giusta indennità dovutagli in conseguenza dell'espropriazione patita.

416

Libro HI. ' Delle cose e dei beni

Della nave mercantile e de^ suoi dirittu

1007. Ogni nave mercantile, la quale abbia legalmente acqui- stato il diritto d'inalberare la bandiera di uno Stato, e che abbia ottenuto in conformità delle leggi di lui Tatto di nazionalità, ha diritto d'invocare dovunque l'applicazione delle leggi dello Stato, alla quale essa appartiene, per tutte le questioni relative alla sua condizione giuridica, e per quelle che la concernono, in quanto è oggetto di proprietà.

1008. La legge dello Stato, di cui la nave ha la nazionalità, dovrà essere applicata per determinare altresì il trasferimento totale 0 parziale della proprietà di essa: la natura e l'ordine dei diritti acquisiti dai suoi creditori in conformità della legge del compartimento marittimo, ove si trovi inscritta: e le obbligazioni e responsabilità de' suoi proprietari, a condizione però che la detta legge non sia in opposizione coi principii di Diritto pub- blico 0 di ordine pubblico vigenti nello Stato, nel quale se ne domandi l'applicazione, o contraria alle regole di Diritto inter- nazionale.

Nazionalità della nave meì*cantile.

1009. Spetta a ciascuna sovranità lo stabilire le condizioni, sotto le quali le navi mercantili possano ottenere l'atto di nazio- nalità ed il diritto d'inalberare la bandiera dello Stato.

1010. Ogni nave non può avere che una sola nazionalità, e non deve poterne acquistare un'altra, se non quando possa cer- tificare, mediante un documento rilasciato dall'autorità marittima competente dello Stato al quale originariamente essa apparteneva, di avere dismesso il diritto d'inalberare la bandiera di detto Stato.

1011. Si deve presumere che ogni nave conservi la sua nazio- nalità primitiva, finché non dia la prova ch'essa ne abbia legit- timamente acquistata un'altra, o che non sia stata privata del

Titolo IJJ, ' Dei beni appartenenti ai privati 417

carattere nazionale per disposizione della legge stessa, che ad essa tale carattere attribuì, o in conseguenza dell'applicazione delle regole del Diritto internazionale.

Pnò accadere secondo certe leggi, che nna nave perda il suo carattere nazio- naie. Così è, secondo la legge nostra, rispetto alle navi mercantili che per qual- siasi circostanza diventino proprietà di ano straniero. Lo stesso pnò accadere secondo i principii del Diritto internazionale rispetto alla nave mercantile cat- turata in tempo di guerra, la quale quando sia aggiudicata al catturante, perde la sua nazionalità originaria.

Prova della nazionalità della nave.

1012. Ciascuna nave è tenuta a dare la prova della propria nazionalità e può esigere che sia reputato decisivo in ordine a ciò l'atto di nazionalità, rilasciato in forma autentica e debitamente legalizzato e vidimato dall'autorità competente dello Stato, al quale dica di appartenere. Tale atto dovrà essere reputato sufficiente a stabilire prima facie la nazionalità di essa e a dame prova piena, fino a tanto che non ne sia provata la falsità, o l'usurpazione o l'uso arbitrario.

1013. L'atto di nazionalità dovrà contenere il nome della nave, le dimensioni, il tonnellaggio, e le indicazioni sufficienti a stabi- lirne l'identità, il nome del proprietario o dei proprietari, speci- ficando la parte appartenente a ciascuno, il compartimento ma- rittimo in cui trovasi inscritta, l'annotazione delle alienazioni o cessioni di proprietà, dei crediti privilegiati esistenti su di essa, delle ipoteche, contratti di pegno o di cambio marittimo, e quanto possa occorrere per conoscere prima facie la sua posizione giu- ridica rispetto agli aventi causa sulla medesima, ovvero dovrà contenere le indicazioni opportune per mettere in grado coloro, che possano avere interesse, di poterla conoscere sicuramente.

Non tutte le leggi provvedono in un modo uniforme intomo a ciò. Secondo la legge inglese del 1851 (Shipping merchant act), le costituzioni di pegno {mortg<ige) non devono essere inscrìtte sull'atto di nazionalità, ma nel registro del compartimento presso cui trovasi inscrìtta la nave. Però sull'atto di nazio- nalità evvi Tannotazione che esso non costituisce titolo per constatare le ipo- teche sulle navi. La regola da noi posta tende quindi a stabilire che le carte

27 FioRF, Dir, interri, codif.

^i^ Libro III. Delle cose e dei beni

esistenti a bordo debbano essere sufficienti a far conoscere la posizione giurìdica della nave rispetto ai proprietari ed agli aventi causa e a mettere in grado i terzi di poter conoscere esattamente tale posizione.

1014. Dovrà reputarsi d'interesse comune di tutti gli Stati il mettersi d'accordo per istabilire un Diritto uniforme circa la conservazione ed il mutamento del carattere nazionale delle navi mercantili e subordinare la concessione e Tuso dell'atto di nazio- nalità a quelle condizioni che devono considerare indispensabili a tutelare il trasporto dei passeggieri e la sicurezza della navigazione.

Quantunque le condizioni per concedere ad una nave Tatto di nazionalità debbano reputarsi in massima nel dominio della legge interna di ciascuno Stato, le disposizioni non per tanto relative alla costruzione delle navi, per quanto concerne le garanzie di capacità richieste nei costruttori navali, e le ispezioni altresì adatte ad accertare che la nave si trovi in buono stato di navigabilità, debbono essere ognora riguardate dMnteresse internazionale.

Ipoteca e diritti feali sulla nave.

1015. Si dovrà decidere in conformità della legge dello Stato, a cui la nave appartiene, se essa possa essere oggetto d'ipoteca o di pegno: e la medesima legge dovrà regolare altresì le for- malità richieste per l'efficace acquisto dell'ipoteca o del pegno per la conservazione di tali diritti e la loro estensione, il grado, gli effetti, e quanto concerna le condizioni della loro validità, della loro durata e della loro estinzione.

1016. L'ipoteca su di una nave straniera validamente inscritta a norma della legge dello Stato, a cui la nave appartenga, dovrà essere riconosciuta negli altri paesi, anche se ivi l'ipoteca navale non sia ammessa dalla legge, ed i creditori ipotecari potranno in conformità della legge estera far valere i loro diritti e procedere agli atti di esecuzione forzata, in qualunque luogo la nave si trovi, e non sarà d'ostacolo la diversità della legge territoriale per quello che concerna le formalità deiriscrizione; essa dovrà bensì essere applicata per quanto riguardi gli atti del procedimento esecutivo.

1017. I diritti acquistati dai creditori, secondo la legge territoriale, su di una nave, che si trovi in una data località,

Titolo 111, - Dei beni appartenenti ai privati ^^^

dovranno essere retti dalla legge territoriale. Bisogna per altro far salvi sempre i diritti reali su di essa acquistati dai terzi ÌA conformità della legge nazionale della nave stessa prima della sua entrata nelle acque territoriali, purché però dal riconoscere la legge nazionale della nave, in virtù della quale i terzi acqui* starono tali diritti, non derivi offesa del Diritto pubblico territo- riale e dell'ordine pubblico.

«

Queste regole tendono a stabilire che la proprietà di una nave, il suo trasfe- rimento, le sue alienazioni parziali effettuate mediante la costituzione della ipoteca o del pegno, con cui il proprietario della nave abbia assicurato al ere* ditore il soddisfacimento delle obbligazioni da lui contratte, devono essere rette dovunque dalla legge dello Stato, a cui la nave appartenga, ritenendo in ordine a ciò come sede stabile della nave quella del dipartimento marittimo in cui essa fu inscritta e registrata dopo la sua costruzione.

(Vedi pel maggiore sviluppo delle regole stabilite la mia opera sul Diritto intern. privato, 3* ed., Unione tipografico-editrice, voi. II, capitolo VII, principio e $ 4 ; e la traduzione fattane da Gh. Antoine, Paris, Pedone-Lauriel.)

i90

LIBRO IV.

DELLA TUTELA GIURIDICA DEL DIRITTO INTERNAZIONALE

E DEI MEZZI PER RISOLVERE LE CONTROVERSIE INTERNAZIONALI

1018. Le istituzioni adatte ad assicurare il rispetto del Diritto internazionale ed a ripristinarne l'autorità in caso di violazione del medesime, sono:

a) il Congresso;

b) la Conferenza;

e) i tribunali arbitrali;

d) ì congegni diplomatici. I mezzi coercitivi ammessi per reprimere forzatamente le vio- lazioni del Diritto internazionale e mediante i quali uno Stato può ottenere la riparazione della lesione del proprio diritto dallo Stato che arbitrariamente lo abbia offeso, sono:

a) la ritorsione, le rappresaglie, il blocco pacifico e gli altri mezzi leciti nello stato di pace;

b) la guerra.

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Titolo L - Istituzioni per la tutela giur. del Diritto intemazionale 421

TITOLO !•

Delle istituBiom per la tutela giuridica del Diritto intemazionale.

Del Congresso e della sita costituzione.

1010. Il Congresso è costituito dai rappresentanti degli Stati che si trovano di fatto o che intendono organizzarsi in istato di Unione; dai membri eletti dalle popolazioni di detti Stati; dai membri eletti dai Corpi scientifici.

1020. I rappresentanti degli Stati in numero di due saranno designati dal Sovrano di ciascheduno di essi, e senza ammettere alcuna differenza tra Stati grandi e Stati piccoli.

I rappresentanti delle popolazioni in numero di due saranno eletti, col sistema del voto unico, da coloro che avranno il diritto di votare pei candidati al Congresso.

I rappresentanti della scienza in numero di cinque in tutto saranno eletti, col sistema del voto limitato, da tutte le univer- sità degli Stati rappresentati.

Posto il concetto da noi sviluppato neirintrocl azione e nei princìpii fonda- mentali, che cioè la società internazionale deT* essere considerata come una grande repubblica sottratta al predominio della politica ed alla prevalenza della potenza e della forza; che essa non può riconoscere in alcuno la suprema autorità di dettare la legge; che regole dei rapporti intemazionali quelle debbano essere che siano state proclamate da tutti gli Stati che si trovino in società di fatto, e che si siano recìprocamente obbligati a riconoscerle come regole della loro condotta, mantenendone saldi il rispetto e Tautorìtà; che le dette regole non devono essere determinate dalle finalità della politica ed ordi* nate allo scopo di tutelare gF interessi delle dinastie regnanti, ma devono bensì essere fondate sui principii della giustizia intemazionale, che siano rico- nosciuti i più adatti a governare in ciascuna data epoca tutti i rapporti che nascono nella società intemazionale e tutti gl'interessi degli Stati, dei Governi, dei popoli e degli enti soggetti al Diritto intemazionale, a fine di realizzare il Meglio relativo ed evitare il peggio ; che di fronte ai principii della giustizia

^^ Libt*o IV. ' Della tutela giuridica del DiriUo internazionale

tutti gli Stati devono essere reputati in condizioni eguali, siano essi grandi o piccoli, deboli o forti, perchè il diritto di ciascheduno di essi non si può misurare alla stregua della sua potenza, così come il diritto dell*uomo non può essere proporzionato alla sua forza fisica; che nel determinare le leggi a ciò adatte nelle attuali contingenze storiche della società intemazionale conviene attingerle dal Diritto storico, dalle convinzioni popolari, dal Diritto scientìfico; che nella società intemazionale, oltre le persone vere e proprie che la costi- tuiscono, si trovano pure aggregazioni di genti che non sono persone, ma che hanno pure diritti internazionali indipendenti da quelli che spettano allo Stato {Confr, reg, 44-47, 62 67); tutto ciò tenendo presente, si può spiegare perchè nella costituzione dell'Assemblea chiamata a stabilire le leggi dei rapporti inter- nazionali vi debbano essere, a nostro modo di vedere, i rappresentanti degli Stati, i rappresentanti dei popoli e quelli che personificano il Diritto scientifico.

Non ci è sembrato e noni ci sembra che per dare a tale Assemblea il suo carattere vero si potesse ammettere una condizione di superiorità da parte delle grandi Potenze, dando alle medesime rappresentanti in maggior numero, o attribuendo ai rappresentanti un maggior numero di voti, imperocché questo condurrebbe ad ammettere che la maggiore potenza potesse essere il fonda- mento della pretesa superiorità.

Reputiamo poi indispensabile che nelPAssemblea, oltre i rappresentanti degli Stati, vi siano i rappresentanti del popolo, perchè abbiamo considerato i diritti di esso indipendenti e distinti da quelli che spettano allo Stato (Reg. 45).

Non possiamo ammettere che i rappresentanti del popolo siano designati dai Parlamenti, perchè siccome nei Governi parlamentari le maggioranze altro non rappresentano che la politica dei Governi nell'attualità, se i Parlamenti dovessero designare i membri del Congresso, i candidati cosi eletti non ser- virebbero che a dare forza maggiore alla politica dominante. Ci sembra quindi indispensabile che i membri del Congresso siano eletti dal popolo, ma che il sistema di elezione sia diverso da quello stabilito per le elezioni politiche. Non reputiamo infatti utile che il voto elettorale per la scelta dei rappresentanti del popolo al Congresso sia allargato tanto quanto possa convenire di fare per le elezioni politiche, per la grande difficoltà di ottenere un voto serio ed illu- minato. Bisognerebbe quindi limitare il voto elettorale alle classi intelligenti

Abbiamo finalmente proposto che gli elettori votino col sistema del voto unico, per escludere Tonnipotenza delle maggioranze ed aprire il campo alle minoranze poderose ed importanti.

Il Governo assoluto della maggioranza non è governo di popolo, ma governo del più gran numero sul piccolo numero, e conseguentemente la rappresentanza della maggioranza assoluta non sarebbe rappresentanza di popolo. A fine di assi- curare anche alle minoranze una rappresentanza adeguata alla loro importanza reale, ci sembra quindi opportuno espediente che tutti gli elettori chiamati a votare per eleggere i due membri al Congresso, votino con voto unico, desi- gnando cioè un solo candidato, essendoché così soltanto, risultando eletti i due che otterrebbero il maggior numero di voti, si avrebbe la rappresentanza della maggioranza e della minoranza popolare.

Abbiamo finalmente proposto che nell'Assemblea non manchino i rappre- sentanti della scienza, perchè questa segna gli sprazzi di luce deU'avvenire. Bisogna nonpertanto avvertire che gli scienziati sovente non comprendono le condizioni reali e non valutano la forza delle contingenze, che purtroppo eser- citano una influenza decisiva sul Diritto positivo, che non sempre può rappre-

Titoloni, ' Istituzioni per la tutela giur. del Diritto internazionale 423

sentare la linea retta, ma deve bensì rappresentare la linea ondeggiante, che più o meno si avvicina alla retta, subendo la forza deirinfluenza delle contingenze storiche, per lo che non si può mirare ad altro in ciascuna data epoca che ad ottenere il meglio, onde evitare ì\ peggio: tutto ciò tenendo presente, abbiamo proposto che in piccolo numero debbano essere i rappresentanti della scienza, cinque in tatto, ed abbiamo designato per la elezione di essi il Corpo scien- tifico, costituito dalle Università, ed abbiamo indicato il sistema dei voto limitato per la loro elezione coir intendimento di ammettere anche in questo la rappre- sentanza della minoranza.

Tutti gli altri sistemi, compresi quelli che noi avevamo proposti nelle opere anteriori, conducono inevitabilmente a due risultati: o ad essere inattuabili a cagione della ineluttabile necessità di dover trasformare a fondo l'ordina- mento della società internazionale; o ad essere pericolosi e disadatti, perchè condurrebbero ad organizzare la prevalenza della politica sul Diritto o la supe- riorità delle grandi Potenze su quelle minori, come si verificherebbe nel sistema di un Parlamento internazionale, come lo concepiva Lorimer, ovvero in quello della società internazionale organizzata a Stato, come la concepiva Bluntschli, o in quello della confederazione di Stati, come noi stessi Tavevamo immaginata nella prima edizione pubblicata nel 1865.

Il Congresso, secondo il nostro concetto, non sarebbe una istituzione per- manente, e neanche diventerebbe una istituzione immobilizzata dalla forza della tradizione, ma sarebbe invece un'Assemblea rappresentante tutti glMn- teressi internazionali degli Stati, deUe persone e degli enti che la medesima, in ciascuno dei diversi momenti storici che possono segnare le fasi della vita della società internazionale, costituiscono cogli elementi i più adatti alla rap- presentanza effettiva e reale. L'armonia che risulterebbe dal contrasto dei diversi fattori designati per comporta, segnerebbe le fasi progressive della legge che la società internazionale darebbe a so stessa.

Esistono in sostanza due grandi repubbliche. Una è quella che non trova limiti di spazio, di fiumi, di monti, e che comprende tutte le genti umane legate fra di loro dai vincoli della coltura e della civiltà, e l'altra è la repub- blica formata da coloro che, uniti da interessi civili, sociali e politici, compon- gono ciascuno Stato. Le leggi fondamentali della vita giuridica e dell'ordina- mento razionale dell'una e dell'altra non possono essere nella sostanza diverse.

Sappiamo purtroppo, che l'ordinamento di cose da noi vagheggiato non potrà essere attuato che nell'avvenire più o meno lontano, ma siamo non per tanto fermamente convinti che, quando i popoli comprenderanno meglio le loro effet- tive e reciproche utilità, e quando il corso degli avvenimenti iniziato in questo secolo avrà il suo completo esplicamento, il problema dell'ordinamento giu- rìdico della società internazionale sarà pure convenientemente risoluto. Ciò sarà opera del tempo. Prima che si sia potuto arrivare ad attuare l'ordina- mento giuridico delle genti aggregate a Stato, si sono percorsi diversi cicli: predominio della casta sacerdotale; privilegi delle caste; autocrazia dei mo* narchi per diritto divino; autocrazia della politica dinastica; Governi parla- mentari. L'ordinamento giuridico della grande repubblica non potrà essere effettuato senza la evoluzione, che segni la parabola del movimento nei cicli successivi.

1021. I membri del Congresso nella loro prima riunione eleg- geranno il presidente e rufficio di presidenza.

**^ Libro 1 V, ' Della tutela giuridica del Diritto internazionale

1022. Il Congresso non inizierà i lavori relativi all'oggetto della sua riunione se non esaurite le operazioni preliminari per la verifica delle nomine dei membri eletti e per la legalità della elezione.

1023. I rappresentanti del popolo e i rappresentanti della scienza eletti pel Congresso conserveranno tale loro qualità fino a che non sia per essere costituito un altro Congresso.

1024. Il nuovo Congresso potrà essere convocato ogniqual- volta che un terzo dei membri appartenenti al Congresso disciolto ne facciano richiesta.

Ogni Stato rispetto a ciò rappresenterà due voti e l'istanza potrà essere fatta da chi sia in attualità capo del Governo.

Nell'istanza stessa sarà designato il paese ove il Congresso dovrà riunirsi.

L^Assemblea o Congresso , secondo il nostro concetto, non dev'essere un corpo permanente. Essa si costitniscei per esercitare le sue funzioni, ogniqual- volta che sorge il bisogno di dare alla società internazionale il regolamento giuridico il più adatto a provvedere all'ordinata convivenza ed aU'ordinato sviluppo di tutti grinteressi. Tale bisogno non può al certo nascere tutti gli anni, ma bensì ogni periodo di anni, più o meno lungo, secondo che Tordi- namento di cose stabilito possa reputarsi sufficiente o insufficiente alla sua alta finalità.

Non potendo la società internazionale immobilizzarsi, è naturale Tammet- tere che col progresso e col tempo le leggi e i regolamenti stabiliti dall'As- semblea o Congresso debbano riuscire insufficienti, e che, quando ciò sia per verificarsi, il nuovo regolamento e ordinamento giuridico debbano essere discussi e stabiliti dal nuovo Congresso.

La regola da noi proposta mira a determinare come e da chi debba essere riconosciuta la necessità della riunione del nuovo Congresso. Noi proponiamo a tal fine, che quando un terzo dei membri del Congresso disciolto facciano ristanza per la riunione di un nuovo Congresso, tale voto da parte dei medesimi debba essere decisivo, e che conseguentemente il nuovo Congresso debba riu- nirsi. In tal caso all'elezione dei membri del nuovo Congresso e^alla sua costi- tuzione dovrà essere provveduto come è detto nelle regole precedenlL

Durata del Congresso.

1025. Il Congresso non è un'istituzione che eserciti le sue funzioni permanentemente.

Esso, quando sia convocato e costituito, dura e permane finché

TUolo L ' latHuziatU per la tìitéla giur, M JHHUo intértuuionale ^25

non abbia compiuto i lavori e le sue incombenze relative alle materie ebe ne abbiano motivato la riunione e si scioglie* Il novello esercizio delle sue funzioni non può aver luogo che in seguito a novella riunione ed a nuova costituzione del Congresso.

Le leggi della società intemazionale devono essere adattate alle esigenze storiche di essa in ciascnn'epoca , ed ò per tale inotiTo che ci sembra indi- spensabile dì escludere la permanenza dei poteri che devono proclamarle. Il movimento progressivo e la evoluzione non ci sembrano conciliabili con nes- suna forma di autorità permanente.

Autorità del Congresso.

1020. Spetta al Congresso lo stabilire e proclamare le regole giuridiche che devono governare tutti i rapporti tra gli Stati in Unione; il modificare o abrogare le regole precedentemente sta- bilite; Tesaminare e decidere tutte le questioni d'interesse gene- rale; il provvedere al mantenimento dell' ordinamento giuridico stabilito tra gli Stati in Unione e l'assicurare l'autorità del Diritto internazionale ed il rispetto del medesimo a riguardo di tutti, con- certando i mezzi a ciò più adatti e quelli che possano occorrere per eliminare le agitazioni atte a turbare la pace, decretando ne]la circostanza i mezzi coercitivi contro coloro che arbitrariamente vio- lassero il Diritto comune stabilito, o quello dallo stesso Congresso proclamato.

1027. Qualunque violazione del Diritto internazionale, con- sumata a danno di uno Stato o di un popolo deìV Unione^ o a dannò di Stati e di popoli che non ne facciano parte, e qualunque violazione altresì dei diritti internazionali spettanti alle persone, a norma delle regole fissate nei libri precedenti, potranno formare oggetto di deliberazione del Congresso a fine di provvedere alla tutela dei diritti lesi.

D Diritto internazionale deve reputarsi ognora sotto la protezione e sotto la garanzia giuridica collettiva degli Stati in unione (Confr. reg. 26 e seg.), deve quindi essere attribuita al Congresso la potestà di provvedere alla tutela dei diritti internazionali delle persone e degli enti in caso di arbitraria vio* lazione (Confr, reg. 55, 67, 58, 487, 494, 582, 612).

426 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto internazionaleì

1028. Il Congresso estenderà altresì la sua autorità per deci- dere le controversie tra uno degli Stati che formi parte dell' Unione ed un altro Stato che air Unione non appartenga, o un popolo, ogni qualvolta che tale controversia implichi l'applicazione e la violazione di una regola di Diritto internazionale, proclamata per tutelare i diritti naturali di tutte le persone della Magna dvitas.

Confr. reg. 62-67, 601-603.

1029. Dovrà ritenersi del pari di competenza del Congresso l'esaminare la condotta di uno Stato, il quale non abbia voluto eseguire le decisioni di una Conferenza, ed avrà autorità di deli- berare intorno a ciò, e di modificare, quando ne sia il caso, codeste decisioni, o di decretare i mezzi coercitivi, quando esse fossero da lui confermate, e lo Stato non le eseguisse interamente.

1030. Il Congresso potrà stabilire altresì le misure che pos- sano essere prese d'accordo per prevenire una guerra imminente nella quale sia impegnato uno degli Stati déìV Unione; decretare i mezzi coercitivi per impedirla o per arrestarne le conseguenze disastrose, quando sia incominciata. Esso potrà inoltre esaminare ed imporre le condizioni della pace tra le parti belligeranti ed impedire che il vincitore abusi della forza per imporre al vinto, come condizioni della cessazione della guerra, patti ingiusti od onerosi.

Come sarà detto in seguito, non si può sperare, si può ammettere che la guerra tra gli Stati sia eliminata del tutto, così come non si può sperare che i duelli tra privati siano eliminati mediante qualsisia espediente legislativo. Si può però tentare ogni mezzo per prevenire la guerra e per impedirla, ed in ogni caso spetta ognora alla suprema autorità rappresentata dal Congresso, che deve tutelare il rispetto delle leggi comuni della società intemazionale, rimpedire che esse siano manomesse colla forza, e che il vincitore abusi di questa per violarle e legalizzarne l'attentato.

1031. L'autorità dei Congressi dovrà estendersi pure a dare alla pace generale le garanzie di sicurezza e di stabilità e a tute- lare gl'interessi comuni dei popoli, concertando in comune le con- dizioni le più adatte a soddisfare le necessità della convivenza.

1032. Dovrà ritenersi compreso nel principio enunciato nella regola precedente il diritto spettante al Congresso di fissare pre-

Titolo L - Istituzioni per la tutèla ffiur. del Diritto intemazionale ^27

ventivamente il lìmite ragionevole degli annamenti rispetto a cia- scuno degli Stati deìV Unione durante la pace.

1033. Il contingente massimo dell'esercito di ciascmio Stata durante la pace sarà proporzionato ai bisogni intemi e determi» nato valutando le particolari condizioni dello Stato ed i bisogni della sua sicurezza intema, e tenendo conto dell'estensione del suo territorio e del numero della popolazione.

1034. Le decisioni del Congresso, prese a maggioranza, hanno la stessa autorità della legge rispetto a tutti gli Slati che sìeno già di fatto attualmente stabiliti in Unione^ e rispetto a quelli che volessero entrare a farne parte in avvenire.

Procediììiento.

1035. Ognuno, che abbia fatto verificare la sua qualità dr membro del Congresso, avrà diritto di prendere parte a tutte le decisioni con voto deliberativo.

1036. Tutti gli atti del Congresso devono essere redatti in iscritto e sottoscritti da tutti i rappresentanti, facciano essi parte della maggioranza o della minoranza, e officialmente pubblicati*

1037. Ciascuno che abbia preso parte alla discussione sarà tenuto a dare il proprio voto e a sottoscrivere la decisione, e qua- lora esso, dopo avervi preso parte, si astenesse dairintervenire alle deliberazioni, o si rifiutasse dal sottoscriverle, tale procedi- mento da parte sua sarà reputato sleale ed in opposizione ai doveri generali che incombono a tutti gli Stati, tra i quali V Unione tro- visi di fatto nell'attualità stabilita, e sarà fatta menzione dell' inci- dente negli atti del Congresso.

1038. Laddove il Congresso sia chiamato a risolvere una controversia intervenuta fra due Stati, o tra un Sovrano e un popolo, potrà non solo tener presenti tutti gli atti e documenti^ che siano stati esibiti per esaminarli, ma potrà decidere che siano esibiti tutti gli atti e documenti che, a deliberazione presa a

428 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto internazionale

maggioranza, siano reputati utili per accertare ogni particolare circostanza di fatto ed ogni punto controverso di Diritto.

Sanzione delle decisioni di un Congresso.

1039. Alla sanzione delle decisioni prese dagli Stati riuniti in Congresso dovrà provvedere il Congresso stesso, assicurandone il rispetto e l'autorità.

1040. Qualora il Congresso abbia formulata o stabilita una nuova regola concreta di Diritto internazionale, obbligatoria per tutti gli Stati in Unione ^ o che vogliano entrare a farne parte, dovrà reputarsi sola efficace sanzione il dichiarare gli Stati, che non volessero accettarla, fuori AeW Unione.

Non sarà peraltro lecito ad uno Stato, che continui a mante- nere rapporti di fatto d'interesse intemazionale con gli Stati della Unione^ il disconoscere l'autorità imperativa di una o di un'altra regola giuridica proclamata in Congresso {Confr. reg. 11-12, 21-22).

1041. Qualora il Congresso avesse deciso questioni d'inte- resse generale, o avesse risoluta una controversia fra due o più Stati, che tali interessi concernessero, potrà decretare i mezzi coer- citivi per costringere tutti coloro, cui codeste decisioni si riferis- sero, a sottostarvi.

Tali mezzi coercitivi sono quelli che possono essere usati durante la pace, e l'uso della forza armata in conseguenza del Diritto di guerra.

T mezzi coercitivi pacifici dovranno essere adoperati prima di ricorrere all'espediente estremo della guerra.

Esecuzione delie decisioni del Cmgresso mediante la forza armata.

1042. Qualora il Congresso abbia decretato i mezzi coerci- tivi per assicurare il rispetto delle sue decisioni contro coloro che

Titolo L - Istituzioni per fa tutela giur, del Diritto internazionale *^

siano tenuti a sottostarvi, ed i mezzi coercitivi pacifici essendo riusciti inefficaci, sia il caso di adoperare la forza per assi» curare il rispetto delle deliberazioni del Congresso, potrà sta-^ bilire come si debba procedere all'esecuzione forzata delle sue deliberazioni.

1043. Gli Stati dell' Unione ai quali sia stato affidato di ado- perare la forza armata per assicurare le decisioni del Congresso saranno reputati di pieno diritto alleati e tutti gli altri di pieno diritto neutrali.

Il Congresso potrà stabilire le modalità per procedere all'ese» cuzione forzata delle sue decisioni, e quello che sarà stato stabi» Kto d'accordo sarà reputato obbligatorio senza riserva per tutti.

Il regolamento definitivo dell'esecuzione forzata e tutti gli effetti che ne potessero derivare saranno deferiti al Congresso, e le deci- sioni del medesimo saranno obbligatorie per gli Stati alleati nel procedere all'esecuzione forzata.

I precedenti stabiliti in questo scorcio di secolo rispetto alla guerra tra la Russia e la Turchia, ed a quella non ancora terminata tra la Turchia e la Grecia, suffragano il nostro concetto e ci rendono sicuri che con una migliore orga- nizzazione del così detto concerto europeo (che a nostro modo di yedere dovrebbe essere organizzato dal Congresso piuttosto che dalle combinazioni concertate tra le Potenze che abbiano maggiore influenza e maggiore prepon- deranza) si possa arrivare a tradurre in atto un più giusto e più razionale sistema d'ingerenza collettiva.

Della Conferenza.

1044. La Conferenza è costituita dai membri delle grandi Potenze che rappresentino il Governo attuale di ciascuna di esse^ in numero di due; dai membri, in numero di cinque, dei rappre* sentanti del popolo, eletti dai membri deputati al Congresso nel loro seno ; dai rappresentanti dello Stato, o degli Stati, che abbiano un interesse diretto nella soluzione sommessa al giudizio ed alla decisione della Conferenza medesima.

I membri che rappresentano ciascun Governo ed i rappresen- tanti del popolo avranno voto deliberativo, i rappresentanti degli

^^ Libro I V. - Dilla tutela giuridica dd Diritto internazionaU

Stati che abbiano interesse diletto nella soluzione della questione sommessa alla Conferenza potranno soltanto prendere parte a tutte \e decisioni, ma senza voto deliberativo.

1046. La riunione della Conferenza potrà essere provocata da ciascuno degli Stati in Unione e dovrà aver luogo ogni qual- volta che, essendo nata una controversia fra due o più Stati intorno all'interpretazione o all'applicazione di una regola di Diritto prò- <;lamata in Congresso, o intorno a un principio qualsisia di Diritto comune, e riuscendo inefficaci a comporre la vertenza i mezzi diplo- matici, e venendo cosi a verificarsi il pericolo d'una grave pertur- bazione, che possa alterare le relazioni pacifiche tra gli Stati in Unione^ un quarto dei membri appartenenti al Congresso appog- -gino la richiesta fatta da uno degli Stati in Unione.

La Conferenza, secondò il nostro concetto, dovrebbe rappresentare il potere •esecutivo; l'organo investito della potestà di far rispettare le leggi intemazio- nali proclamate in Congresso; prevenire le perturbazioni che possono conse guire dalla loro inosservanza; applicarle per risolvere le controversie che pos- sono turbare le buone relazioni pacifiche. Dato questo concetto riesce facile spiegare perchè nella costituzione di essa ci è sembrato ammettere i membri soltanto delle grandi Potenze, che devono essere considerate le più interessate « prevenire le perturbazioni internazionali. Sempre fermi però nel nostro con- cetto fondamentale, che cioè Fattuale disordine intemazionale proviene mas- simamente da che la politica primeggia sul Diritto, siamo fermamente convinti •che in ogni istituzione che debba mirare alla grande finalità di provvedere A mantenere nella società intemazionale Tordinamento giuridico, debbano essere i rappresentanti della società medesima. Riteniamo conseguentemente che anche nella Conferenza convenga escludere la preponderanza della politica e quella sopratutto degli Stati più forti e più potenti, che tendono sempre a fare primeggiare la politica del proprio paese.

Nessun interesse internazionale, neanche quello di prevenire le perturba- zioni, può reputarsi nel dominio esclusivo dei Governi. Deve bensì riconoscersi che ogni interesse intemazionale tocca la vita di ciascheduno Stato ed affetta •conseguentemente gVinteressi dei popoli.

La rappresentanza popolare non deve quindi mancare mai, ogni qual volta che si tratti di decidere questioni che tocchino la società intemazionale. La prosperità, il benessere, la vita di ciascun popolo sono strettamente legati con -quelli degli altri, e nulla quindi di quello che accade nella società interna- zionale non tocca direttamente o indirettamente la vita di ciascuno e di tutti i popoli che formano gli Stati.

Per tali considerazioni noi reputiamo indispensabile che anche nella Con* ferenza vi sia la rappresentanza popolare. Abbiamo limitato a cinque i membri deputati alla Conferenza, i quali dovrebbero essere eletti dai rappresentanti del popolo deputati al Congresso prima che il Congresso fosse disciolto, e -dovrebbero restare in ufficio fino a quando non fosse riunito un altro Cion'

Titolo L htituzioni per la tutela giur. del Diritto intemazionale ^^

gresso, nel qual caso siccome si procederebbe alla nuova elezione dei rappre- sentanti del popolo deputati al Congresso, cosi questi designerebbero nuova- mente i cinque membri che dovrebbero rappresentarli nella Conferenza.

Competenza della Conferenza.

1046. La Conferenza sarà competente a decidere ogni controversia d'interesse complesso, compresa l'interpretazione di un trattato fra due o più Stati che tali interessi concernano.

Essa potrà inoltre decidere circa la rivocazione di un trattato con- cluso tra due Stati, nei casi contemplati nelle regole 669, 701, 706.

Essa potrà interpretare qualunque regola stipulata in un trat- tato generale, ma non sarà del pari competente a decidere circa la rivocazione o sospensione di esso. Essa sarà competente altresì a decidere qualsisia controversia tra gli Stati in Unione^ mediante l'applicazione di una disposizione delle leggi proclamate in Con- gresso, ma non sarà competente a proclamare una nuova regola di Diritto quando essa manchi, salvo che, per le particolari circo- stanze del caso, essa non possa ritenersi chiaramente fondata sul- l'analogia, o desumersi da quelle stabilite in Congresso mediante l'interpretazione estensiva.

La Conferenza sarà pure competente a decretare la sottomis- sione alla giurisdizione arbitrale, nonostante chele parti non abbiano espressamente concordato tale forma di procedimento.

Procedimento.

1047. Provocata la riunione della Conferenza a norma della reg. 1045, le parti fra le quali verta la controversia, dato che non arrivino a comporla, dovranno essere reputate entrambe come convenute.

1048. Incombe all'una e all'altra delle due parti contendenti il mettere a disposizione della Conferenza tutti i titoli e documenti sui quali ciascuna di loro fondi la sua pretesa, e quelli che pos- sano essere richiesti dall'Assemblea; le negoziazioni intervenute,

^2 Libro IV. ' Della tutela giuridica del Diritto internazionaU

gli atti relativi in caso di buoni uffici o mediazione da parte terzi Stati ; le note diplomatiche pubblicate, e quanto possa occor- rere per mettere la Conferenza in grado di conoscere esattamente il vero oggetto della disputa, e di decidere intorno ad essa con illuminato giudizio.

1049. Sarà concesso all'una ed all'altra parte di presentare alla Conferenza qualsisia memoria, fino al momento nel quale non sia dichiarato dall'Assemblea chiuso il periodo per la comunica- zione degli atti. Saranno inoltre ambedue le parti ammesse a soste- nere le proprie ragioni in seno alla Conferenza, facendosi rappre- sentare da persone a ciò delegate.

1050. La decisione definitiva ed ogni decisione provvisoria saranno prese a maggioranza di voti, votando ciascuno degli Stati rappresentati con un voto solo.

Sarà compilato processo verbale di tutti gli atti della Conferenza.

1051. La deliberazione della Conferenza dovrà essere redatta in iscritto e dovrà contenere innanzi tutto l'enunciazione chiara e precisa dei principi! di Diritto comune sui quali l'Assemblea abbia fondata la sua decisione, o di quelli ai quali essa abbia dato inter- pretazione estensiva fondandosi sull'analogia; i motivi pei quali essa abbia ritenuto applicabili i detti principii per la soluzione del caso controverso, o quelli sui quali essa si sia fondata nell'in- terpretare un trattato, o per decidere circa la sua rivocazione. Dovrà inoltre contenere in modo chiaro e preciso le decisioni deliberate.

1052. La deliberazione dovrà essere sottoscritta da tutti gli Stati rappresentati, e qualora uno di essi appartenesse alla mino- ranza, potrà motivare il suo voto negativo e richiedere che ne sia redatto processo verbale; ma non potrà rifiutarsi a sottoscrivere la deliberazione votata a maggioranza. In caso di rifiuto arbitrario e sleale, sarà di ciò compilato processo verbale, sottoscritto dalla maggioranza, che sottoscriverà pure la deliberazione votata.

1063. La decisione della Conferenza sarà considerata defi- nitiva e sarà notificata alle parti in via diplomatica, e dovrà repU' tarsi senz'altro obbligatoria per entrambe.

Titolo L ' Istituzioni per la tutela giur, d$l Diritto internazionale ^33

Sanzione delle deliberazioni di una Conferenza.

1054. L'Assemblea potrà provvedere ad assicurare con san- zioni penali l'esecuzione della deliberazione da essa presa, decre- tando contro ]a parte, che rifiutasse di sottomettervisi , i mezzi coercitivi leciti durante la pace, i quali sono quelli enumerati in seguito.

1055. Qualora una delle parti non si volesse sottomettere ad eseguire le decisioni della Conferenza, tale procedimento da parte sua sarà reputato come opposizione diretta al Diritto comune sta- bilito tra gli Stati in Unione^ e renderà necessaria la riunione del Congresso per stabilire i provvedimenti relativi.

Del Tribunale arbitrale.

1066. II tribunale arbitrale è costituito dalle persone nomi- nate in qualità di arbitri per decidere una controversia d'interesse particolare nata fra due o più Stati, e per sentenziare intomo ad essa applicando 1 principii del Diritto comune, o il Diritto parti- colare stabilito fra le parti mediante i trattati fra esse stipulati.

1057. La sottomissione alla giurisdizione del tribunale arbi- trale sarà volontaria o forzata.

La prima è quella che nasce in conseguenza del patto espresso concordato in un trattato, col quale le parti abbiano convenuto di sottomettere agli arbitri le controversie che possano nascere nella sua interpretazione, o nell'esecuzione ; o quando con im trat- tato avessero assunto in generale l'obbligo reciproco di sottomet- tere ad arbitri qualunque vertenza fra loro; o quando, con com- promesso speciale, avessero convenuto di sottomettersi ad arbitri per far risolvere da essi una particolare controversia ordine giuridico.

La giurisdizione arbitrale forzata potrà derivare dalla deli- berazione di una Conferenza, con la quale, decisa la questione

28 FioBE, Dir. interri, codif.

434 Libro IV. Della tutda giuridica del Diritto internazionale

principale, fosse stata deferita agli arbitri la decisione d'una que- stione di fatto o Diritto particolare fra le parti stesse ; ovvero quando, mancando il compromesso, e sostenendo una delle parti

che fosse il caso della giurisdizione arbitrale, e dichiarandosi pronta

«

a sottomettersi, la Conferenza riconoscesse fondata tale istanza e decidesse che dovesse essere costituito un tribunale arbitrale per decidere sulla determinata controversia.

Tale sarebbe il caso di un tribunale arbitrale istituito dalla Conferenza per procedere ad un atto istruttorio , o per determinare Tammontare dei danni effettivi e Findennità dovuta, e via dicendo.

1058. Incombe agli Stati, anche quando non si siano a ciò precedentemente obbligati, il riconoscere l'evidente comune utilità di sottoporre alla d.ecisione di un tribunale arbitrale tutte le dif- ferenze di ordine giuridico che nascano fra di loro, e che concer- nano loro particolari interessi, e che, secondo i principii del Diritto comune, possano formar materia di compromesso.

Formazione del Tribunale arbitrale.

1059. Il tribunale arbitrale si reputerà costituito quando gli arbitri siano stati nominati a norma del compromesso concluso fra le parti o delle regole seguenti, ed essi abbiano accettato il mandato.

1060. La costituzione del tribunale arbitrale potrà effet- tuarsi altresì in forza della clausola compromissoria contenuta in un trattato, con la quale le parti si siano obbligate di deferire agli arbitri tutte le controversie che potessero sorgere tra di loro, idonee ad essere oggetto di compromesso, rimettendosi poi alle regole del Diritto comune internazionale per l'attuazione dell'arbitrato,

1061. La scelta degli arbitri dovrà ritenersi in massima defe- rita alle parti stesse che intendano sottomettersi al tribunale arbi- trale, ovvero potrà essere fatta dalle persone designate da esse per fare tale scelta, attenendosi in ordine a ciò a quanto sia stato previamente stabilito in virtù del compromesso.

TUolo L IHHuzioni per la tuUla giur. del Diritto intemazionale ^^

1062. II numero degli arbitri dovrà ritenersi in massima fis- sato a tre, e potrà per accordo delle parti essere esteso a cinque.

Potranno nonpertanto le parti convenire di deferire la decisione delia controversia ad uno scelto da esse per decidere in qualità di arbitro.

1063. Se le parti abbiano designato d'accordo Tarbitro, o gli arbitri, le funzioni dovranno essere esercitate individualmente dalla persona o dalle persone da esse determinate ; e qualora una di dette persone non fosse capace o essendo tale ricusasse, non potrà procedersi a sostituirla, se non quando sia intervenuto tra le parti stesse un nuovo compromesso in ordine a ciò.

1064. Qualora le parti non arrivino ad accordarsi sulla scelta degli arbitri, o che non esista fra di esse una clausola compro- missoria previamente stipulata per procedere alla scelta, e che non arrivino a concordare un compromesso in ordine a ciò, o che essen- dosi accordate sulla scelta di arbitri individualmente designati una delle persone scelte sia divenuta incapace, o non abbia accettato, dovrà ritenersi in massima che ciascuna delle parti abbia diritto di nominare lo stesso numero di arbitri, e che gli arbitri da esse nominati debbano designare il terzo arbitro, salvo che le parti stesse non arrivino ad accordarsi per far designare il terzo arbitro da una delle persone da esse scelte. Gli arbitri nominati potranno, quando debbano essi designare l'arbitro, rimetterne la scelta ad un terzo*

Capacità per essere arbitro.

1066. La capacità giuridica richiesta per essere arbitro è quella che, secondo il Diritto comune, occorre per esercitare la funzione di arbiiro tra privati.

1066. La capacità morale dovrà essere attribuita a prefe- renza alle persone che per la loro posizione indipendente e per le alte cognizioni giuridiche ispirino piena confidenza di decidere con rettitudine e imparzialità, e che non abbiano alcun interesse diretto o indhretto rispetto alla controversia insorta.

43G i^ii,ro IV. ' Della tutela giuridica del Diritto intemaziomaU

1067. Le funzioni arbitro possono essere attribuite ai Sovrani, ai giureconsulti ed ai pubblicisti, a condizione però che la persona designata, accettando, eserciti personalmente codeste fun- zioni e che non possa delegarle ad altri.

1068. I corpi costituiti {una Facoltà di Diritto o un Tribur naie designato) potranno essere scelti come arbitri

Rifiuto di sottomettersi alla giurisdizione arbitrale.

1069. La parte, la quale sostenga che sia il caso di giurisdi- zione arbitrale, e che dichiari di essere pronta a sottomettersi ad essa per la decisione della controversia insorta, dovrà, in mancanza di compromesso o di accordo, notificare in via diplomatica ciò all'ai* tra parte e nominare uno o due arbitri, invitando l'altra parte a nominarne un numero eguale, onde procedere poi alla nomina del terzo arbitro, come nella regola precedente.

1070. Qualora la parte avversa, alla quale sia stata fatta tale notificazione diplomatica, non accetti di sottomettersi alla giurisdi- zione arbitrale, dovrà in massima dichiararlo con nota diplomatica, nella quale i motivi del suo rifiuto siano formulati. Mancando tale nota, sarà ritenuta valida prova del suo rifiuto il non procedere essa alla nomina degli arbitri in seguito all'intimazione fatta dal- l'altra parte.

Appello alla Conferenza.

1071. n rifiuto di sottomettersi alla decisione del tribunale arbitrale, constatato come nella regola precedente, giustificherà l'ap- pello alla Conferenza, ad istanza della parte che si ritenga lesa.

Tale appello alla Conferenza potrà aver luogo anche ad istanza della parte convenuta, qualora questa rifiuti la giurisdizione arbi- trale, 0 perchè ritenga l'oggetto della controversia fuori dei limiti delia clausola compromissoria, o perchè sostenga che l'oggetto della

Titolo L ' Istituzioni per la tutela giur. del Diritto internazionale *^'

controversia stessa, per le particolari circostanze del caso, non possa essere materia di compromesso , o perchè in generale fondi sul Diritto comune il suo rifiuto a sottomettersi alla giurisdizione arbitrale.

1072. ^- Dovrà altresì ammettersi l'appello alla Conferenza, anche nel caso che le parti si siano accordate mediante il compro- messo concluso di sottomettersi al tribunale arbitrale e circa il modo per costituirlo, se una delle parti non designi gli arbitri secondo fu convenuto col compromesso stesso, o quando la costituzione del tribunale arbitrale non possa essere effettuata a cagione del disac- cordo degli arbitri designati circa la scelta del terzo arbitro; e che le parti non arrivino ad eliminare le difficoltà per procedere di questi alla scelta.

1073. Ogniqualvolta che la controversia, per la mancata costituzione del tribunale arbitrale, sia deferita alla Conferenza, questa dovrà ritenersi competente ad esaminare in principio se sia o no il caso di giurisdizione arbitrale, o in virtù della clausola com- promissoria fra le parti stesse concordata , o in virtù dei generali principii Diritto comune. Qualora la Conferenza ritenga che sia il caso di sottoporre la decisione della controversia ad un tribunale arbitrale, potrà essa stessa designare gli arbitri mancanti.

1074. La Conferenza potrà escludere la giurisdizione arbi- trale e decìdere la controversia, se sia il caso di ritenersi a ciò com- petente essa stessa, a norma della reg. 1046.

Procedimento dinanzi al Tribunale arbitrale.

1075. Incombe alle parti, fra le quali verte la controversia, il precisarne i punti mediante il compromesso da esse scritto e sottoscritto.

Tale atto sarà fatto con le stesse forme di un trattato, e sarà necessario in ogni caso di giurisdizione arbitrale volontaria, anche quando essa abbia luogo, in virtù della clausola compromissoria, previamente stipulata.

^^ Libro IV, ' Della tutela giuridica del Diritto internazionale

In caso di giurisdizione arbitrale forzata , le controversie sotto- poste al giudizio degli arbitri saranno formulate dalla Conferenza.

1076. Il compromesso dovrà contenere la contestazione della controversia e precisare i punti, rispetto ai quali le parti debbano sottostare alla decisione degli arbitri.

Tali punti controversi possono concernere una questione di Diritto particolare stabilito fra le parti stesse a norma della reg. 14, o una questione di fatto, dato che le parti si trovino d'accordo sulla questione di Diritto e lo dichiarino espressamente, e che la contro- versia concerna Tapplicazione di tale Diritto a questioni di Mto.

1077. Incombe alle parti trasmettere tutti i documenti e gli atti e le memorie idonei ad illuminare il tribunale giudicante e tutti gli atti e documenti che da esso siano richiesti per Tistru- zione della causa.

1078. Il ritardo di una delle parti nel trasmettere |^i atti e documenti potrà giustificare la decisione del tribunale arbitrale che fissi un termine ragionevole per la trasmissione di essi. Elasso tale termine, e qualora il tribunale stesso non abbia accordata una proroga, il ritardo ingiustificato sarà reputato di per se stesso equi- valente a rinuncia della parte a trasmettere gli atti in sostegno delle sue pretese, ed il tribunale dovrà giudicare allo stato degli atti esi- stenti e presentati, e di quelli ch'esso medesimo d' ufficio potrà richiamare ed ottenere.

1079. Il tribunale arbitrale potrà decretare ogni mezzo di prova e tutti gli atti istruttorii che reputi utili od opportuni per decidere con illuminato giudizio.

Estinzione o sospensione del compromesso^

1080. [1 compromesso dovrà essere reputato nullo, se man- chi dei requisiti richiesti per la validità di un trattato intemazionale e che trovansi contemplati nel tit. I del Lib. IL

1081. Il compromesso potrà rimanere senza effetto e repu- tarsi estinto, se le parti, fra le quali fu concluso, arrivino a com-

Titolo I. ' Itìt'ttizioni per la tutela giur, del Diritto intemazionale *3^

porre la lite, mediante accordo sopravvenuto, o mediante una tran- sazione, o altrimenti.

1082. Dovrà del pari ritenersi estinto il compromesso, se venissero a mancare le condizioni sotto le quali la giurisdizione arbitrale fu dalle parti volontariamente istituita. Questo dovrebbe ammettersi principalmente:

a) nel caso che la controversia concernesse diversi punti, e che le parti arrivassero a mettersi d'accordo intorno all'uno o all'altro di essi, e che non dichiarassero formalmente di volere lasciar sus- sistere il compromesso a riguardo di quelli tuttora disputati;

b) quando, essendosi accordate le parti circa la nomina di per- sone individualmente designate come arbitri, nel corso del giudizio una di esse fosse divenuta incapace, o fosse morta, o avesse ri- nunciato ;

e) quando la persona nominata avesse delegato ad altri l'eser- cizio delle funzioni di arbitro ad essa confidate.

1083. Il compromesso dovrà ritenersi sospeso se una delle parti abbia ricusato l'arbitro designato dall'altra, fino a tanto che le parti non si siano accordate sulla scelta di un altro arbitro, o (qualora sia stato deciso che l'istanza di ricusa debba ritenersi ben fondata in Diritto) finché non sia stato designato un arbitro capace.

Della ricusazione délVarbitro designato.

1084. L'arbitro designato potrà essere validamente ricusato :

a) se non abbia i requisiti di capacità a norma della reg. 1065;

h) quando possa essere stabilito e provato ch'egli abbia inte- resse nella controversia;

e) quando, essendo designato un Sovrano, sia stabilito e pro- vato che una questione identica in Diritto debba essere decisa in un'altra lite vertente nell'interesse di lui e di un altro Stato ;

d) quando il Sovrano nominato come arbitro abbia prestato i suoi buoni uffici per comporre la contesa, o abbia fatto da mediatore ;

^^ Libro IV. ' Détta tutela giuridica dd Diritto intemazioHàU

e) quando, per le mutate condizioni di cose, possa essere sta- bilito e provato che esso non possa più pronunciare la sentenza con quella imparzialità sulla quale si faceva da prima principale assegnamento.

1086. Qualora la parte, contro della quale l'arbitro fu ricu- sato, non voglia nominare un altro arbitro, tale rifiuto infirmerebbe il compromesso e converrà attenersi a quanto trovasi stabilito alla regola 1071. Potranno però le parti stesse, con speciale compro- messo, deferire ad un arbitrato di giudicare sull'incidente del rifiuto, ma non potrà ammettersi che il tribunale arbitrale costituito potesse giudicare esso medesimo dell'ammessibilità del rifiuto, che tale facoltà possa ritenersi compresa tra quelle attribuite ad esso col compromesso.

Griudizio del Tribunale arbitrale.

1086. n tribunale arbitrale si dichiarerà costituito definiti- vamente appena che i membri nominati avendo accettato, siano intervenuti alla riunione nel luogo e nel giorno designati per la sua convocazione, e ciascuno dei nominati sia stato riconosciuto capace di esercitare le funzioni di arbitro.

1087. Il tribunale arbitrale ogni qual volta che sia com- posto di più giudici, deve essere reputato investito del potere di esercitare le funzioni ad esso attribuite, valendosi di tutti i diritti che spettano ad un tribunale giudicante.

1088. Qualora le parti stesse non si siano accordate, a riguardo del luogo, che debba essere sede del tribunale arbitrale, la designazione di tale luogo sarà fatta a decisione della maggio- ranza degli arbitri nominati, e la sede stabilita potrà essere mu- tata, a giudizio pure della maggioranza, quando vi sia fondato impedimento, da questa riconosciuto, di adempiere conveniente- mente le funzioni nella località scelta come sede.

1089. Il tribunale arbitrale costituito procederà alla nomina del Presidente scegliendolo nel proprio seno, e potrà aggregarsi

TMlo L - iHituzioni per la tutela giur. dd Diritto intemazUmale ^^

persone, che, in qualità di segretari o altrimenti, siano repu- tate da esso indispensabili per l'esercizio delle proprie funzioni. Esso seguirà pel regolamento di procedura quello che sia stato provveduto dalle parti stesse, o che trovisi stabilito secondo il Diritto comune.

lOGO. Se le parti non abbiano nel compromesso stesso o con convenzione susseguente stabilito d'accordo la procedura, che debba essere seguita dal tribunale arbitrale, e che non vi sieno norme di Diritto comune, potrà il tribunale medesimo de- terminare liberamente le norme del procedimento.

1091. Incombe al tribunale decidere la controversia senza grande ed ingiustificato ritardo e con perfetta cognizione di causa. E dovrà assegnare termini convenienti per la presentazione dei documenti ; concedere alle parti un tempo ragionevole per prepa- rare senza precipitazione la difesa dei loro diritti ; ammetterle a presentare memorie e contromemorie; e non trascurare quanto possa riuscire utile per decidere con retto, serio ed illuminato giudizio.

1092. Dovrà reputarsi di competenza del tribunale arbi- trale l'interpretare il compromesso; il decidere circa l'ammissibilità o inammissibilità di certi mezzi di prova, e risolvere tutti gli incidenti, che possano concernere la questione principale e che siano sollevati nel corso del giudizio.

1093. Incombe al tribunale arbitrale giudicare, secondo i principii del Diritto comune {Confr. regole 6, 7); e nell'applicarlo, potrà interpretare le regole fissate, tenendo conto dei documenti di Stato, nei quali il concetto di esse trovasi precisato e deter- minato; della giurisprudenza stabilita dai tribunali che abbiano interpretate le stesse regole giudicando casi analoghi ; e dell'opi* nione dei pubblicisti. Esso sarà competente del pari ad interpre- tare i principii di Diritto particolare stabilito tra gli Stati con- tendenti.

1094. II tribunale valuterà le prove secondo le sue con- vinzioni ed il suo prudente arbitrio, e deciderà circa Taccertamento dei fatti, secondo il suo libero apprezzamento, circa la valutazione

442 Libro IV, - Della ttUtla giuridica del Diritto internazionale

dei documenti prodotti, ed apprezzerà le particolari circostanze del caso, ponderandole accuratamente secondo i principi! di equità naturale.

Norme per pronunziare la senteìiza.

1095. II tribunale arbitrale non potrà rifiutarsi di pro- nunziare la sentenza definitiva su tutti i punti di controversia sottoposti alla sua decisione.

Esso non potrà ritardare a tempo indefinito e oltre un termine ragionevole la pronunziazione della sentenza col pretesto di non essere sufficientemente illuminato circa le questioni fatto o circa ì principii giuridici, che dovrebbe applicare.

1006. Qualora le parti stesse avessero fissato il termine entro cui gli arbitri dovessero pronunciare la sentenza, tale termine non comincerebbe a decorrere, se non dal giorno in cui il tribunale dovesse ritenersi definitivamente costituito a norma della reg. 1086.

Dovrà però ritenersi competente esso medesimo a decidere nel suo seno se possa pronunciare la sentenza nel termine fissato, e in caso di negativa fisserà il termine più breve entro cui potrà pronunciare la sua sentenza definitiva, e notìficherà tale sua sen- tenza provvisionale alle parti interessate ; e qualora fosse da esse accettata tale notificazione senza osservazioni, il termine fissato nel compromesso dovrà ritenersi legalmente protratto a norma di quanto sia stato stabilito con la sentenza provvisoria notificata.

1097. Il tribunale arbitrale potrà decidere con sentenza provvisoria che sia fatta alle parti qualche proposta equa coli' inten- dimento di provocare fra di esse V accordo o di arrivare ad una transazione. Il rifiuto di tali proposte non potrebbe giustificare la sospensione delle sue funzioni, esso sarà bensì sempre tenuto a risolvere la controversia e a decidere definitivamente la lite.

1098. Ogni decisione, sia essa provvisoria o definitiva, sarà presa a maggioranza di tutti gli arbitri nominati «d incombe a ciascuno di essi l'intervenire al momento della votazione, salvo il caso di forza maggiore.

Titolo I. Istituzioni per la tutela giur, del Diritto internazionale ^^

1099. L'assenza giustificata di uno degli arbitri nominati autorizzerà il tribunale a differire la sua decisione, se la causa che avesse cagionato l'assenza potesse venire a cessare. Qualora essa fosse permanente o duratura bisognerà attenersi alle regole innanzi stabilite per la scelta degli arbitri a fine di surrogare Far- bitro assente e provvedere alla regolare costituzione del tribunale»

1100. Laddove l'assenza di un arbitro, nel momento in cui si dovesse pronunciare la sentenza, fosse l'effetto di un partita preso 0 di un intrigo, spetterà al tribunale di deliberare a mag* gioranza dei presenti circa i provvedimenti adatti ad ovviare all'in- conveniente, onde poter essere in condizione di espletare le proprie funzioni pronunziando la sentenza.

IIOL Qualora i provvedimenti decretati dal tribunale riu-> scissero inefficaci, e vi fosse fondata presunzione di connivenza da parte del Governo interessato, col proposito di mettere cosi un ostacolo alla pronunziazione della sentenza definitiva, tale pro- cedimento sleale sarà qualificato in opposizione ai principii del Diritto internazionale, e potrà motivare l'appello alla Conferenza^ così come nel caso di arbitrario rifiuto di sottostare alla giurisdi- zione arbitrale.

1102. Incombe a ciascuno degli arbitri presenti al momento della votazione della sentenza, il sottoscriverla. Qualora però un arbitro dissenziente rifiutasse di far ciò, la sentenza sarà valida^ purché sottoscritta dalla maggioranza, e purché questa medesima sottoscriva la dichiarazione che l'arbitro che dissentiva era presente al momento della votazione, e che aveva rifiutato di sottoscrivere la decisione presa a maggioranza.

1103. La sentenza arbitrale deve essere redatta in iscritto e dovrà contenere i motivi in fatto e in diritto e le disposizioni definitive relative ai punti contestati, che abbiano formato oggetto della decisione.

^^ Libro IV. - Della tutela giuridica da Diritto inUrnazionàU

Efficacia della sentenza.

1104. La sentenza degli arbitri dovrà essere riguardata come definitiva e come soluzione compiuta della controversia sottoposta all'arbitrato.

Essa sarà notìficata all'una ed all'altra parte a cura del tri- bunale stesso, che l'abbia proferita, e la sua notificazione sarà reputata legalmente fatta e compiuta, allorché una copia autentica della medesima, contenente i motivi e le disposizioni, sia stata consegnata al rappresentante di ciascuna delle parti e di tale con- segna sia stato redatto processo verbale.

1106. Il testo della sentenza e tutti i documenti e gli atti del giudizio, saranno depositati negli archivi di Stato di un paese neutrale, e sarà data pubblicità a quanto concerna l'eseguito deposito della stessa e di tutti i documenti relativi che saranno enumerati in una nota annessa.

1106. La notificazione della sentenza impone all'una ed all'altra delle parti contendenti di riconoscere nella decisione del tribunale l'autorità di giudicato e di osservare ed eseguire leal- mente quanto mediante essa sia stato deciso, e senza alcuna riserva o restrizione.

1107. Qualora la sentenza abbia imposto un onere, che graviti sulla finanza, o che altrimenti esiga provvedimenti legis- lativi onde adempirvi, essa sarà nondimeno efficace rispetto allo Stato gravato, e l'autorità sua come giudicato non potrà essere subordinata alla condizione della approvazione o della ratifica da parte del potere legislativo dello Stato stesso.

La questione dei provvedimenti legislativi, che possono occorrere per dare esecuzione alla sentenza di un tribunale arbitrale, è di per so stessa questione di Diritto pubblico interno. Spetta al Grovemo di provvedere airadempìmento delle obbligazioni delio Stato e di rivolgersi al Potere legislativo, quando debba ottenere da esso i mezzi per eseguire gli oneri che gravitino sullo Stato. Questo però non può influire suireffìcacia della sentenza, può sospendere o ren* dere condizionale Tautorità di essa, a riguardo di quello che concerne la deci- sione della controversia internazionale fra Stato e Stato, e dell^ obbligo di adempiere quanto potesse essere la conseguenza della decisione.

Titolo L ' Istituzioni per la tutela giur. del Diritto internazionale ^^^

1108. Lo Stato, il quale rifiutasse formalmente di ese- guire la sentenza arbitrale, o che, di fatto, richiesto dall'altra parte non osservasse e non eseguisse quanto con la stessa fosse stato disposto, sarà tenuto a rispondere di tale suo procedimento, do- vendo in massima presumersi V inosservanza di una sentenza resa da un tribunale arbitrale un fatto arbitrario, e in opposizione coi principii del Diritto internazionale.

1109. Il procedimento da parte di uno Stato, che non eseguisca lealmente la sentenza del tribunale arbitrale potrà essere giustificato nel solo caso che si facesse appello alla Conferenza e che questa riconosca la sentenza affetta da qualche vizio di nullità, 0 quando riconosca, che per le sopravvenute impreviste circostanze essa debba essere reputata ineseguibile, o che ne debba essere sospesa in tutto o in parte l'esecuzione.

Motivi di nullità di una sentenza arbitrale.

UlO. La sentenza arbitrale sarà reputata nulla:

a) se la decisione non sia stata votata coir intervento e la presenza di tutti gli arbitri nominati;

b) se manchi del tutto di motivi in fatto e in diritto; e) se il dispositivo sia contraddittorio ;

d) se non sia stata redatta in iscritto e sottoscritta da tutti gli arbitri, o se la mancata sottoscrizione di uno di essi non. risulti da processo verbale, che constati l'intervento dell'arbitro che non sottoscrisse e la sua presenza al momento della deci- sione e della votazione.

lUL La sentenza arbitrale potrà essere impugnata dalla parte che rifiuti di eseguirla e potrà essere annullata:

a) se gli arbitri avessero pronunciato fuori dei limiti del compromesso, ovvero sopra un compromesso nullo o che dovesse reputarsi estinto;

b) se fosse stata pronunciata da persona, che non avesse la capacità legale o morale per essere arbitro, o che avesse perduta

'^*" Libro TV. - Della tutela giuridica del Diritto itètemazionaU

tale capacità nei corso del giudizio, o da un arbitro che non potesse legalmente surrogare un altro assente;

e) quando fosse fondata sull'errore, o estorta con dolo;

d) quando le forme procedarali stipulate nel compromesso sotto pena di nullità, o quelle che fossero stabilite per Diritto comune, o quelle che secondo questo devono reputarsi indispen- sabili, perchè richieste dalla natura del giudizio arbitrale, non fos- sero state osservate.

1112. Il giudizio intorno all'azione di annullamento di una sentenza arbitrale dovrà essere deferito alla Conferenza o sulla istanza della parte stessa, che in via principale impugni la sen- tenza fondando su tale motivo il suo rifiuto di eseguirla, o sulla istanza dell'altra parte, che voglia ottenere il costringimento for- zato, onde far eseguire quanto fu deciso.

1113. La Conferenza giudicherà sui motivi dedotti a fon- damento della nullità, e qualora essa non riconosca tali motivi «Bistenti e rigetti l'istanza di annullamento, potrà essa stessa de- cretare i mezzi coercitivi per costringere la parte opponente ad osservare e ad eseguire quanto con la sentenza sia stato disposto.

1114. La Conferenza potrà inoltre dichiarare sospesa l'ese- cuzione della sentenza per le mutate sopravvenute circostanze così come per la sospensione di un trattato, conforme alle regole 669, 709-717, 748.

1115. Lo Stato, che non osservasse quanto la Conferenza avesse deciso circa l'esecuzione, l'annullamento o la sospensione della sentenza arbitrale sarà assoggettato al procedimento sta- bilito alle regole 1054, 1055.

Dei congegni diplomatici.

1116. 1 congegni diplomatici denotano ogni forma di com» binazione lecita organizzata in conseguenza dell'azione diplomatica coll'intendimento di mantenere l'ordinamento giuridico della so- cietà internazionale, e di prevenire mediante l'influenza pacifica

^

Titolo I. ' Istituzioni per la tutela giur, del Diritto internazionale ^'

o mediante l'ingerenza spontaneamente offerta o provocata, ì tur- bamenti dei buoni rapporti internazionali o eliminare i dissidi nati fra gli Stati.

La vera missione della politica e della diploinazia deve essere di conciliare grinteressi de) proprio paese con quelli degli altri : di mantenere inalterate le buone relazioni fra gli Slati, e prevenire ogni cagione di dissenso fra i mede- simi, e di tentare ogni mezzo per eliminare le contese quando esse nascano.

Vedi su tale soggetto l'articolo da noi pubblicato nel Digesto italiano sotto la voce Agenti diplomatici, capo iv Della vera missione della diplomazia*

1117. Ogni qualvolta nasca un dissidio fra due o più Stati dovrà essere considerato come dovere di umanità ed atto di savia politica da parte di tutti i Governi e di ciascuno di essi in par- ticolare Vagire diplomaticamente a fine di risolverlo mediante le negoziazioni e la discussione pacifica.

Buoni uffici.

1118. Ciascun Governo, senza esseme richiesto, può offrire liberamente i suoi buoni uffici per risolvere una controversia sorta fra due o più Stati; e può far valere la sua autorità e la sua influenza morale a fine appianare le difficoltà, e spingere le parti ad un accordo amichevole o ad una onorevole transazione.

1119. I buoni uffici spontaneamente offerti da un Governo non possono essere in massima rifiutati senza giuste ragioni, e quando siano accettati, incombe all'uno e all'altro degli Stati interessati comunicare a quello, che li abbia offerti, i docu- menti e le note relative all'oggetto controversia, e quanto possa riuscire utile a chiarire il vero oggetto del Jitigio, formu- lando le ragioni, colle quali intendono sostenere le loro pretese rispettive.

1120. Il rifiuto da parte di un Governo di accettare i buoni uffici offerti da un altro dovrà essere considerato di per stesso come una valutabile presunzione di non volere esso

w«o LtUro 1 V. Della tutela giuridica dtl bis ilio iniernazionah

an'ivaie ad una soluzione amichevole, e sempre come un atto di sconsigliata politica.

1121. Lo StatOy che abbia offerto i suoi 'buoni uffici, dovrà agire a riguardo dell'una e dell'altra delle parti contendenti con spirito di conciliazione e di moderazione, esercitando la sua auto- rità morale per facilitare la transazione su qualche diritto dub- bioso , ma non potrà pretendere che Tuna o l'altra accetti le sue proposte con iscapito della propria dignità e con detrimento del proprio onore.

Dovrà reputarsi suo principale dovere la più rigorosa im- parzialità.

Mediazione.

1122. Possono le parti stesse, fra le quali sia sorta con- tesa, invitare un terzo Stato amico e disinteressato a interporsi fra di loro in qualità di amichevole compositore o mediatore, ovvero accettare l'offerta fatta da un terzo Stato d'interporsi in tale qualità.

1123. ~ Spetta allo Stato mediatore, ogni qualvolta che la mediazione sia stata richiesta, o offerta da esso medesimo sia stata accettata dalle parti contendenti, di conoscere esattamente l'oggetto della disputa, le negoziazioni iniziate e tuttora in corso, e tutti i documenti giustificativi propri a chiarirla.

1124. Incombe alle parti contendenti, che abbiano pro- vocata o accettata la mediazione, il comunicare lealmente tutto al mediatore, onde metterlo in grado di adempiere conveniente- mente alla missione affidatagli, e dovrà essere reputato procedi- mento sleale quello dell'una o dell'altra parte, che, avendo accettata la mediazione, cercasse poi di trarre in inganno con ingiustificate reticenze il mediatore.

Ii25. Dovrà essere considerato come principale dovere del mediatore di valutare in buona fede ed imparzialmente le ragioni dell'una parte e dell'altra ; l'astenersi gelosamente dal far

Titolo L ' lstitU9Ìoni per la tuUla giur. del Diritto iniememionale 449

valere ]a sua autorità morale in favore di questa o di quella; l'agire non come giudice, non come arbitro, ma come conciliatore, come amico imparziale, come un accorto e prudente compositore, mirando a disporre le parti ad un ragionevole accomodamento, e senza proporsi di far pesare la sua autorità morale per togliere ad esse la piena libertà di accettare o non accettare la transazione da lui proposta.

20 -- Fioi^r. Dir. interri, codif»

450 Libro IV. ' Della tutela giuridica del Diritto intemazionale

TITOLO IL Dei mezzi coercitivi durante la pace.

1126. Saranno reputati mezzi coercitivi leciti durante la pace quelli che possono essere adoperati da uno Stato, che abbia patito la lesione del proprio diritto, cóntro lo Stato che T abbia cagio- nata, ed essi sono:

a) la ritorsione;

h) la rappresaglia; Quelli che possono essere decretati dal Congresso o dalla Con- ferenza per assicurare il rispetto del Diritto intemazionale, o per costringere uno Stato ad osservare le deliberazioni prese dal- l'una o dall'altra di dette Assemblee. Tali sono:

a) il blocco commerciale;

b) gli altri mezzi che siano ritenuti efficaci dal Congresso o dalla Conferenza pel costringimento coattivo senza ricorrere alla guerra.

Quando Viiso dei mezzi coercitivi può esseì^e lecito.

1127. Nessuna via di fatto, che abbia il carattere vero e proprio di costringimento forzato, potrà essere lecitamente ado- perata da parte di uno Stato, se esso non abbia prima esaurito l'espediente dell'azione diplomatica e quello dei buoni uffici, o della mediazione di uno Stato amico, per ottenere cosi il rispetto del proprio diritto o la riparazione dell'offesa patita.

1128. Ogni qualvolta che con le negoziazioni diplomatiche, coi buoni uffici e colla mediazione non si sia arrivati a comporre la contesa, incombe alle parti il notificarne pubblicamente la causa.

In tal caso lo Stato che si dice leso, sarà tenuto a specificare con nota diplomatica i motivi sui quali esso fonda i suoi reclami»

Tìtolo IL - Dei mezzi coercitivi durante la pace ^1

e la parte avversa a giustificare con nota diplomatica la sua con- dotta, esponendo le ragioni del suo procedimento ed i documenti in appoggio quando occorra.

Le regole da noi proposte mirano a stabilire nettamente la contestazione intemazionale dinanzi alla pubblica opinione. La potenza misteriosa di questa, oggi che il telegrafo quasi conila rapidità del pensiero ci rende informati di quello che accade nei paesi lontani, diventerà sempre maggiore, come mag- giore va divenendo il sentimento di solidarietà dei popoli civili e Tinteresse comune di assicurare il rispetto dei principii della giustizia, e la prevalenza di questi sugl'interessi politici. L'opinione pubblica all'interno di ciascuno Stato può essere falsata e corrotta dalle arti dei partigiani; ma quella del mondo civile riesce sempre imparziale, perchè impersonale e disinteressata. La forza morale, che può esercitare la potenza misteriosa della stampa, sarà tanto mag- giore, quanto più crescerà la coltura e la civiltà; e tanto più efficace, quanto sarà più grande la parte che prenderanno le rappresentanze popolari nel governo della cosa pubblica, e nell'andamento della politica estera. Costretta la diplo- mazia a non potere agire più nel mistero; poste dinanzi alla pubblica discus- sione le pretese di una parte e dell'altra, sarà al certo difficile che la politica possa continuare a signoreggiare il Diritto, e che i Governi possano impu- nemente perturbare la società internazionale.

Della ritorsmie.

1129. La ritorsione lecita è una via di fatto non contraria all'ordine giuridico, e consiste in ogni forma di espediente da parte del Governo di uno Stato, che miri a privare soltanto lo Stato contro cui è diretta di certi vantaggi, o ad arrecare ad esso gli stessi pregiudizi che colla sua condotta ci arrechi, per far cessare così quello stato di cose pregiudicativo e per costringerlo indi- rettamente a non continuare ad arrecare pregiudizio agrinteressi dello Stato o a quelli dei cittadini.

La ritorsione, cosi intesa, deve ritenersi fondata sul principio quod quisque in alterum statuerii et ipse eodem jure utatur. Uno Stato, che non osservasse nella sua condotta i principii, che riposano sulla eotnitas gentium o sull'equità naturale, o certi usi, autorizzerebbe l'altro Stato, che da tale condotta patisse pregiudizio, a praticare nella stessa maniera a suo riguardo, a fine di tutelare i propri interessi e quelli dei propri cittadini. Cosi se uno Stato sancisse certe misure di rigore a danno dei nostri concittadini (elevando le tarifie doganali, assoggettandoli a pagare tasse gravose per soggiornare , o per esercitare il commercio, o per acquistare e trasmettere la proprietà, e via dicendo) sarebbe lecito a noi di operare nella stessa maniera a riguardo di esso. Questa è la sola via di fatto lecita, ma che la prudenza politica non deve suggerire di adoperare onde non creare motivi di disaccordo.

^* Libro IV, ' Della tutela giuridica del Diritto intemazionale ^

1130. Non potrà reputarsi lecita la ritorsione che miri a violare i diritti altrui, o a violare i principii del Diritto comune a riguardo di uno Stato che li violi rispetto a noi.

Non può essere lecito ad uno Stato di violare le leggi della società inter- nazionale, che siano state proclamate come diritto comune degli Stati in unione, pel motivo che un altro Stato faccia altrettanto a riguardo di lui. Per fare cessare la violazione di dette leggi e ripristinarne T autorità couTerrà invece attenersi alle regole esposte nel titolo precedente.

Delle rappresaglie.

USL La rappresaglia è una via di fatto, che mira diretta- mente ad impedire con la forza ad uno Stato l'esercizio di certi diritti, che gli spettano, arrecandogli di proposito un danno di- retto ed immediato coll'intendimento di ottenere cosi la soddi- sfazione da lui dovuta, o di far cessare un qual si sia stato di cose contro il Diritto.

Essa dovrà essere reputata non contraria all'ordine giurìdico, ogni qual volta che sia usata osservando le regole stabilite in questo Titolo.

1132. Saranno considerati atti di rappresaglia leciti senza dichiarazione di guerra:

a) il rifiuto del pagamento della cosa dovuta;

b) il sequestro dei beni appartenenti allo Stato;

e) l'interruzione delle relazioni commerciali, postali e telegra- fiche, stabilite secondo il Diritto comune;

d) la sospensione dei trattati o di alcuni di essi soltanto;

e) il privare lo Stato del godimento di certi diritti spettanti ad esso secondo il Diritto comune, sempre che però non si tratti di uno di quei diritti fondamentali, senza dei quali la personalità internazionale dello Stato verrebbe del tutto a mancare (così po- trebbe uno Stato essere privato del godimento del diritto di rap- presentanza o di quello di mantenere i consolati e via dicendo);

f) il dichiarare chiuso per uno Stato e cittadini di esso uno o più porti aperti al commercio o l'inibire l'esportazione di quei generi di prima necessità, di cui lo Stato abbia bisogno;

TUcio IL Dèi mezzi eoereiiiri durante la pace 458

g) ogni altra forma di misura coercitiva autorizzata dal Con- gresso o dalla Conferenza a titolo di rappresaglia.

1133. Qualunque forma di rappresaglia potrà essere reputata non contraria all'ordinamento giuridico della società intemazionale ogni qualvolta essa miri ad attaccare direttamente i diritti dello Stato o ad arrecare un danno diretto ed immediato ad esso, tuttoché di tale via di fatto indirettamente risentano pregiudizio i cittadini di esso.

Sarà reputata contraria all'ordine giurìdico ogni forma di rap- presaglia, che attacchi direttamente i diritti dei privati protetti secondo il Diritto internazionale, o che miri ad arrecare un danno diretto ed immediato ad essi, tuttoché ciò sia fatto coH'intendi- mento di colpire indirettamento lo Stato.

Questa regola tende a stabilire rìnviolabilità della proprietà privata e quella delle persone, e a tutelare i diritti intemazionali delle medesime escludendo che la proprietà e le persone possano essere attaccate direttamente con le rap- presaglie, a fine di colpire così indirettamente Io Stato. I cittadini di questo sono tenuti uti universUas, e non già ufi singulti a sopportare gli oneri dello Stato nei rapport* intemazionali del medesimo, per lo che non possono essere lecite le rappresaglie, che colpiscano direttamente la proprietà dei privati, o i diritti intemazionali spettanti ad essi come individui, per colpire indirettamente lo Stato. Si quid univer sitati débetur singulis non dehetur, nee quod debet univer- Htas singtdi debent. Questa massima trova la sua giusta applicazione per dedurne, che i cittadini sono tenuti a rispondere delle obbligazioni internazionali, dello Stato, ma non individualmente: repraesalias in singulos eives alicujus civitaHs man dari ób sponsionetn et debitum ipsius civitatis.

1134. ~ Non sarà reputata una forma lecita di rappresaglia il sequestro delle navi commerciali, anche se esse trovansi nei porti dello Stato, che a praticare le rappresaglie sia autorizzato, sarà lecito di assoggettare codeste navi aWernhargo, a fine di costringere cosi lo Stato avverso a soddisfare i giusti reclami del- l'altra parte.

n sequestro delle navi mercantili dei cittadini dello Stato, contro del quale le rappresaglie erano dirette, è slato reputato un mezzo lecito per costringere lo Stato avverso a soddisfare i reclami, per far cessare il sequestro. Tale espe- diente è stato sovente praticato, e la storia ci rammenta esempi non pochi. Hisura più rovinosa era poi quella comunemente denominata embargo e che consisteva nel sequestrare tutte le navi mercantili, che si trovavano nei porti dello Stato, che vantava certi diritti contro dell'altro, minacciando poi di dichia- rare ad esso la guerra, e di confiscare tutte le navi sequestrate, se non avesse

^^ lAbro IV, ' Della tutela giuridica dd Diritto interfUUfionale

soddisfatto i reclami dell'altro. La proprietà privata dev'essere reputata Invio- labile anche in tempo di guerra, e conseguentemente dev'essere considerato ognora contro il Diritto internazionale l'attentare ad essa per rivalersi dei debiti, a cui fosse tenuto lo Stato, costringendo i cittadini di esso, individualmente, a soddisfarli.

Del blocco commet'dale.

1135. Il blocco commerciale o blocco pacìfico consiste .nel- Tinvestimento di un porto o di una costa di uno Stato, effettuato e mantenuto con un numero di navi da guerra sufficienti ad im- pedirvi Tentrata e l'uscita e attuato col proposito d'interrompere del tutto le relazioni ed operazioni di commercio tra i cittadini dello Stato o degli Stati, che abbiano dichiarato il blocco, e quello contro di cui tale misura coercitiva sia stata effettuata.

1136. n blocco commerciale durante la pace non ha lo stesso carattere giuridico che gli spetta, quando esso sia praticato durante la guerra, e non può valere per legittimare l'esercizio di tutti i diritti che conseguono dal blocco nello astato di guerra.

1137. Il blocco commerciale potrà essere reputato lecito, qualora sia stato autorizzato colle procedure stabilite nel titolo precedente, e purché ogni diritto sia ristretto ad impedire ai cit- tadini soltanto degli Stati in Unione l'importazione e l'esporta- zione delle mercanzie dal porto, o dai porti contro i quali il blocco sia stato decretato dal Congresso o dalla Conferenza, ed effetti- vamente attuato.

Si è disputato a lungo circa la legittimità del blocco effettuato fuori dello stato di guerra e molti scrittori hanno sostenuto, che il blocco durante la pace non possa essere reputato un mezzo coercitivo regolare secondo i prineipii del Diritto internazionale. Così la pensano Fauchilli, Du hloeuè maritinUf p. 88 e seg. ; Geffcken, Revue de DrùU intemat.^ 1887 ; Testa, Le Droii public UÙem^ maritimef p. 229; Wolselt, Internat. law; Gessner, Le droit des neutres eur mer; PRADiBR-FoDÉRé, Droit internai, public, tom. V, § 2483 e seg.; ed altri non pochi.

L*opinione contraria è stata invece sostenuta pure da parecchi, tra ! quali rammentiamo Hefftkr, Droit internai., § 111; Bulmerincq, Journal du Droit internat, 1888, p. 569; Psrels, Session de Vlnstitut de Droit internat., 1887, p. !^76; RoLiN Jacquemtns, Revue de Droit internat., 1876, p. 618, 623; Wharton, Internai, law Digest, § 364; Fiore, Diritto interna», pubblico, 2* ediz., 1884» tradotta in francese da Charles Antoine, § 1629, e S^ediz., 1888, 8 1824. Gonfru

TUolo IL - Dei mezzi coercitivi durante la pace ^^

Galto, Le Droit intem,, che riporta molti dati storici e le opinioni parecchi pubblicisti nella sua f * édic, tom. Ili, § 1832 e seg.

A noi sembra che la ragione principale del disputare dipenda da che non si abbia cura di tenere ben distinto il carattere giuridico del blocco adoperato come mezzo coercitivo durante la pace, da quello che il blocco ha, quando esso sia praticato durante la guerra. Certamente il blocco con tutti i diritti, che esso attribuisce al belligerante contro il nemico, ed anche a riguardo di coloro che non prendono parte alla guerra e che restano neutrali, non può sussìstere che quando la guerra sia dichiarata. Sarebbe una vera anomalia Tammettere il blocco come operazione di guerra fuori dello stato di guerra, ma Tanomalia sparisce quando si tenga distinta Tuna cosa dall'altra, e si con« Sideri che, ammesso che agli Stati in Uni(me non possa essere contestato il diritto di adoperare i mezzi coercitivi contro di uno Stato che faccia parte dell* Unione, e di arrecargli qualche danno per costringerlo con la forza a sot- tomettersi alia deliberazione della Conferenza o del Congresso, possa repu- tarsi a ciò idoneo il blocco commerciale, che interrompendo di fatto tutte le relazioni commerciali con la costa bloccata, arreca un danno diretto ed imme- diato allo Stato contro di cui tale mezzo coercitivo venga adoperato. Quello che interessa stabilire bene è, che tale mezzo coercitivo non può attribuire rispetto ai terzi Stati, che non facciano parte dell' Unione, i diritti che spettano al belligerante durante la guerra.

Tutti i diritti che possono derivare dal blocco durante la pace si riassumono in questo, che cioè la squadra, che mantiene effettivamente il blocco, è auto- rizzata ad impedire di fatto e con la forza qual si sia relazione colla costa bloccata. Essa può fondare tale diritto rispetto a tutti gli Stati in Unione sulla circostanza deirautorità spettante al Congresso o alla Conferenza di decretare i mezzi coercitivi per assicurare il rispetto delle leggi intemazionali, e rispetto agli altri Stati su quella di essersi messa di fatto in possesso delle acque terri- toriali dello Stato contro cui il blocco sia praticato. Essa può quindi dichiarare chiuso al commercio quel dato porto, non in forza del diritto di guerra, ma in forza bensì del possesso effettivo delle acque territoriali, e dell'esservi sur- rogata, a riguardo di tali acque, neiresercizio dei diritti di sovranità spettanti allo Stato bloccato. La squadra che mantiene effettivamente il possesso giuridico delle acque territoriali può a nostro modo di vedere dichiarare chiuso al com- mercio il porto bloccato, fondandosi sulla circostanza che di fatto esercita diritti di sovranità sulle acque. Essa non potrà conseguentemente avere il diritto di punire, di confiscare, di predare le navi che tentassero di attraversare la linea di blocco, ma quello soltanto di notificare ad esse come sovrana delle acque di non attraversarle, e d'impedire con la forza di fare ciò a quelle navi, che dopo avere avuta la notificazione, volessero entrare nei porti investiti o uscire da essi.

Determinati i diritti che possono derivare dal blocco in tempo di pace a riguardo dello Stato, contro di cui esso sia praticato, a riguardo di coloro che sono tenuti a sottostare all'autorità del Congresso, e a riguardo dei terzi Stati, non ci pare che possa reputarsi illecito l'adoperare codesto mezzo coercitivo, al certo meno rovinoso della guerra, ogni qualvolta si abbia fondato motivo di poter conseguire mediante esso lo stesso scopo, che con la guerra si può conseguire.

1138. Il blocco commerciale non sarà e£Bcace che rispetto alle navi militari o mercantili appartenenti agli Stati in Unione^

456 Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto iniemaaianaU

e non potrà ritenersi legalmente effettuato, che a cominciare dal giorno in cui Tarmata abbia circuito realmente ed effettivamente la costa bloccata in maniera da poter impedire il transito delle navi dirette o provenienti da esso.

1139. Incombe al Congresso o alla Conferenza che abbia decretato il blocco commerciale il notificare ciò diplomaticamente; lo stabilire il giorno in cui esso debba essere effettuato; deter- minare la costa alla quale sia per essere esteso; concedere un tempo ragionevole a tutte le navi, che siano entrate nei porti prima della dichiarazione del blocco per compiere le loro opera- zioni e lasciare liberamente i porti bloccati.

1140. Il diritto spettante alla squadra, che abbia dichiarato il blocco, consiste nell'impedire il transito delle navi, adoperando, quando ne sia il caso, la forza per costringerle a non violarlo.

Potrà a tal fine ciascuna delle navi appartenenti alla squadra bloccante^ adoperando i mezzi meno nocivi, costringere ogni nave, che cercasse di uscire dal porto bloccato o che ad esso fosse diretta, ad arrestarsi e dovrà intimare al capitano essa di non attraversare la linea di blocco. Tale dichiarazione dovrà essere fatta dall'ufficiale comandante la nave, che faccia parte dell'ar- mata bloccante, e annotata nei libri di bordo.

1141. Qualora la nave, alla quale l'intimazione fosse stata fatta, tentasse nonostante di commerciare col paese bloccato, cia- scuna delle navi appartenenti alla squadra bloccante potrà ado- perare i mezzi meno nocivi per costringerla a non attraversare la linea del blocco, e qualora essa cadesse in potere dell'armata bloccante, potrà essere trattenuta un tempo ragionevole per sta- bilire d'accordo garanzie sufficienti ad evitare nuovi tentativi di violazione del blocco da parte di essa in avvenire, o potrà essere sequestrata, ma non mai assoggettata a cattura o ad altra pena- lità ammessa per violazione di blocco in tempo di guerra.

1142. Anche se la nave mercantile appartenesse allo Stato, contro cui il blocco sia stato effettuato, e si trovasse nelle condi- zioni contemplate dalle regole precedenti, essa potrà essere seque- strata, ed il sequestro potrà essere contro di essa mantenuto, fino

Titolo IL - Dei mez9Ì eoerciiivi durante la pace ^'

a tanto che duri il blocco, ma cessato questo, essa dovrà essere dichiarata lìbera e resa senz'altro ai proprietari cui appartenga, ma senza alcun obbligo di risarcirla dei danni provenienti dal sequestro.

1143. Qualora la nave, che avesse violato il blocco, appar- tenesse alla marina militare di uno Stato, e risultasse dalle cir- costanze che essa fosse entrata o uscita dal porto bloccato per fare o tentare di fare qual si sia operazione di commercio, tale procedimento implicherebbe la responsabilità dello Stato, a cui codesta nave appartenesse, e dovrebbero essere applicate le regole stabilite agli art. 792, 796 e seguenti.

4f58 Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto intemazionaU

TITOLO m.

Della guerra e dei suoi effetti firenerali.

1144. La guerra consiste nell'uso della forza armata da parte del sovrano dello Stato, o di chi si trovi di fatto in possesso dei diritti sovrani, o da parte di un popolo, per risolvere una que- stione di Diritto internazionale o una questione di Diritto pubblico.

Nel progetto proposto dal Governo russo il carattere di guerra internazionale •era attribuito alla lotta aperta fatta mediante le armi tra due Stati indi- pendenti. Può per altro accadere che un popolo, che non sìa costituito a Stato indipendente, difenda colle armi il suo diritto a costituirsi come tale, o che nn conflitto nato tra popolo e Governo prenda a grado a grado tali propor- zioni da divenire una vera pubblica contesa a mano armata. Ora non può al certo essere tolto il carattere di guerra alla lotta aperta ed a mano armata fatta da un popolo per rovesciare un Governo costituito e crearne un altro o per costituirsi a Stato indipendente o per risolvere una qual si sia controversia di Diritto pubblico. Ogni qual volta che tale lotta abbia i requisiti contemplati alla regola 107 dovrà essere reputata guerra, abbia pure essa il carattere di guerra civile, ed assoggettata al Diritto di guerra. La, mancanza di formale dichiarazione in questo caso non potrebbe al certo influire per disconoscere la guerra che fatto esiste.

Quando la guerra può essere reputata legittima.

1146. L'uso della forza armata per risolvere una questione di Diritto intemazionale non sarà reputato legittimo tra gli Stati in Unione^ se non quando siano stati espletati tutti i mezzi paci- fici, diplomatici, giuridici e coercitivi per risolvere la controversia e siano riusciti inefficaci.

Dovrà però reputarsi sempre lecito respingere un'aggressione armata da parte di uno Stato, e di servirsi della forza armata per la difesa dei diritti dello Stato contro un altro Stato che ad essi attenti colla forza armata.

Titolo III. - Della guerra e dei suoi effetti generali ^9

Della dichiarazione di guerra.

1146. Nessuno Stato e nessun popolo potrà intraprendere regolarmente la guerra contro un altro Stato o un altro popolo senza avere pubblicato un ultitnatutnj nel quale i motivi del casus belli siano sommariamente formulati, e fissato un termine peren- torio, decorso il quale incomincerebbero le ostilità.

Mancando tale pubblica notificazione, incombe alla parte che intende intraprendere regolarmente la guerra il dichiararla formal- mente per legalizzare gli atti di ostilità e l'esercizio dei diritti di guerra.

1147. La formale dichiarazione di guerr|i dovrà reputarsi ognora doverosa, quando la guerra abbia luogo tra due Stati indipendenti, e quello che la intraprenda non voglia agire senza violare le regole di Diritto comune internazionale; ma non lo sarà del pari se essa fosse intrapresa da un popolo e nel caso di guerra civile, ma sarà in tali evenienze sufficiente, che il partito che combatte colle armi si trovi nelle condizioni per essere reputato belligerante.

1148. Dichiarata la guerra, o spirato il termine perentorio fissato nelV ultitnatum dovrà ritenersi cessata T applicazione del diritto di pace, e sarà reputato in vigore il diritto di guerra e rispetto alle parti contendenti e rispetto ai terzi.

1149. Il procedimento d'ogni Stato, che abbia incominciato le ostilità senza la previa dichiarazione di guerra, dovrà reputarsi sleale e in opposizione col Diritto moderno.

Quando la guerra esista di fatto.

1160. L'uso della forza armata, anche quando essa sia ado- perata di fatto da uno Stato o da un popolo, senza avere prima espletate le procedure ordinarie, avrà nonpertanto il carattere vero e proprio di guerra, quando vi sia lotta aperta e fatta mediante eserciti o armate organizzati per risolvere una questione di Diritto pubblico, e sia fatta osservando le leggi e gli usi di guerra.

^ìfiO Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto infernaziùnaHe

Lasciando da parte tutto qaello che concerne la legiltìmità della guerra, non si può al certo sostenere che la lotta aperta fatta mediante le forze militari organizzate a fine di risolvere una questione di Diritto pubblico, possa perdere il suo carattere giuridico in conseguenza dell* inosservanza delle procedure, che nei casi ordinari dovrebbero essere osservate prima d^incominciare le ostilità. Può bene accadere che* la guerra nasca tra uno Stato ed un altro che non formi parte dell' Unione^ ovvero che uno Stato che faccia parte dell* Unione si metta di fatto fuori del Diritto comune adoperando la forza armata per risol- vere senz'altro una controversia con un altro Stato. Può pure accadere che un popolo senza ricorrere agli espedienti pacifici per tue riconoscere i propri diritti li rivendichi e li sostenga colla forza armata. In tali evenienze non si può al certo sostenere, che la lotta a mano armata tra due Stati o più, o tra chi rappresenta lo Stato e il popolo non debba avere carattere di guerra. Anche quando l'attentato sia contro il Diritto ed abbia il carattere vero e pro- prio di attentato arbitrario, ciò sarà decisivo per quello che concerne la legit* timità o illegittimità della guerra, ma non farà perdere il carattere di guerra alla lotta a mano armata, neanche da parte dello Stato che adoperi di fatto la forza armata per* conculcare il diritto altrui o per violare le leggi della società internazionulc.

Quando la guerra potrà reputarsi regolarmente fatta.

1151. La guerra non potrà essere reputata regolarmente fatta, se non quando i belligeranti osservino le leggi ed usi guerra che devonsi ritenere ognora obbligatorii tra popoli civili.

Leggi ed usi di guerra.

1152. Incombe agli Stati, fra i quali V Unione trovisi sta- bilita, codificare le leggi e gli usi di guerra dichiarandoli obbli- gatorii fra di essi, e riconoscendoli come Diritto comune. Finché tale accordo non sarà effettuato, incombe a ciascimo degli Stati civili dichiarare obbligatorie per le proprie milizie e armate durante la guerra, le regole le più conformi ai principii razionali del Diritto internazionale ed alle esigenze della civiltà*

Un tentativo per codificare le leggi e gli usi di guerra è stato già fatto in conseguenza dell'ini ziati va presa dal Governo russo, che elaborò un progetto per determinare i diritti e i doveri dei Governi e delle milizie in tempo di guerra, e che invitò gli altri Governi a discuterlo. La Conferenza riunita a Bruxelles il 27 luglio 1874 discusse cotesto progetto, e lo modificò notabilmente in diversi punti, compilando un proprio progetto, che non fu mai approvato definitivamente dai Governi rappresentati. I Governi degli Stati più civili hanno peraltro dichiarato obbligatorie per le proprie milizie le regole e le istruzioni

Titolo III, ' Della yutrra e dei suoi effetti generali 461

da ciaBCuno di essi compilate, e sancite con leggi o decreti. Così hanno praticato il Governo degli Stati Uniti, quello della Francia, della Russia e di altri Stati, ed il Governo italiano, il quale ha sancito il regolamento pel servizio del- Tesercito in guerra con decreto del 26 novembre 1882, laonde le milizie italiane sono tenute ad osservare in tempo di guerra le regole in tale regolamento con- tenute, e che sono in gran parte conformi a quelle concordate dalla Conferenza di Bruxelles.

1153. Le leggi e i costumi di guerra resi obbligatorii me- diante un trattato generale saranno reputati sotto la protezione e la garanzia collettiva di tutti gli Stati firmatari.

1154. Ogni Governo che non abbia provveduto con leggi efficaci ad assicurare il rispetto e l'osservanza delle leggi e degli usi di guerra, o quando avendo a ciò provveduto risultasse dalle circostanze la negligenza colpevole da parte del Governo stesso o delle persone proposte a capo delle milìzie ed armate, o per la mancanza di opportune istruzioni date, o pel difetto delle misure richieste per mantenere la disciplina fra le medesime, 0 per non aver provveduto alla punizione immediata di coloro, che avessero violate le leggi di guerra, questo renderà respon- sabile lo Stato di ogni danno, che sia derivato dai delitti e dagli eccessi commessi dalle proprie milizie ed armate.

Effetti immediati della guerra.

1155. Lo stato di guerra rende leciti tra le parti bellige- rantl gli atti di violenza contro le persone, che prendono parte attiva ad essa, e tutte le operazioni di attacco e di difesa con- formi alle leggi ed ai costumi di guerra, e quelli altresì che pos- sono essere giustificati dalle imprevedibili sue necessità.

1156. La guerra produce tutte le conseguenze giuridiche contemplate dal Diritto convenzionale stabilito mediante i trattati e quelle che derivano dal Diritto comune, cioè:

a) modifica i rapporti di Diritto pubblico e quelli di Diritto privato e rende immediatamente applicabili agli unì e agli altri le regole generali, che concernono il diritto di guerra rispetto ai belligeranti e loro alleati, agli Stati neutralìi ai cittadini delle parti

4G2 Libro IV. Della tutela giuridica del Diritto intemazionale

nemiche, agli abitanti del territorio ove siano fatte le operazioni militari, e ove abbia luogo il combattimento;

b) rende applicabile immediatamente quella parte della legisla- zione interna, che contempla in ciascun paese lo stato di guerra;

e) sospende tra le parti belligeranti e a riguardo degli alleati di parte nemica Tapplicazione del Diritto particolare fra di essi stabilito e che presuppone lo stato di pace;

d) rende immediatamente applicabile tra le parti stesse e tra loro ed i neutrali, e tra ciascuna di esse e gli alleati, il Diritto particolare prestabilito nell'evenienza della guerra.

La guerra non è uno stato di fatto senza regole giuridiche, essa ha pure le sue leggi ed il proprio Diritto. Non si possono infatti conculcare durante la guerra i diritti fondamentali delle persone e massimamente quelli spettanti ai privati. Bisogna quindi ammettere che la guerra tra gli Stati civili dev'essere riguardata come uno stato di fatto secondo l'ordine giuridico, e che reffetto suo immediato quello si è di dar vigore al Diritto, che si riferisce allo stato di guerra. A stabilire l'autorità di cotesto Diritto e ad assicurarne il rispetto, devono valere le stesse regole enunciate nei libri precedenti, e che concernono in generale la tutela giuridica del Diritto comune.

1157. Dovrà essere reputato uno degli elBfetti immediati della guerra l'esercizio straordinario dei poteri conferiti ai comandanti degli eserciti e delle armate rispetto a coloro, che ne fanno parte, e rispetto ai privati, che si trovino nel territorio, ove la guerra abbia luogo, e la facoltà spettante ad essi di provvedere alle immi- nenti necessità con l'applicazione della legge marziale dichiarata in vigore, e con l'autorizzare tutte quelle misure, che dal loro pru- dente arbitrio possono essere reputate opportune, per assicurare lo scopo della guerra in ogni sopravvenuta eventualità.

1158. Dovrà ritenersi compreso tra i poteri straordinari spet- tanti ai comandanti militari quello d'istituire i tribunali marziali e d' investirli del potere di amministrare pronta e spedita giustizia.

Non bisogna peraltro esagerare ammettendo che ogni volontà di un coman- dante militare, anche se arbitraria, debba essere elevata all'autorità di legge, e giustificata in virtù dei pieni poteri ad esso spettanti, e dell'applicazione della legge marziale. Le necessità eventuali possono tutto giustificare; ma certe garanzie, che secondo la legge naturale non possono mancare mai nell'amministrazione della giustìzia civile e criminale, non devono essere eliminate del tutto, giusti- cando ogni arbitrio commesso dal comandante militare, e ritenendolo legale in forza dei poteri straordinari che ad esso spettano.

TUolo ir.' A ehi speUi V esercizio dei diritti di gueì-ra i63

TITOLO IV. A chi spetti reseroizio dei diritti di guerra.

USO. Gli atti di ostilità, ed ogni atto di violenza a mano armata contro le persone di parte contraria, permessi secondo il Diritto di guerra, e qual si sìa ofifesa arrecata alle medesime o ai loro beni, saranno leciti soltanto tra le parti belligeranti.

Chi può essere qualificato belligerante.

1160. Saranno reputati belligeranti tutti coloro, che costi- tuiscono la forza militare regolare, o che costituiscono la forza armata militarmente organizzata.

116L La forza militare comprende: a) l'esercito regolare; 6) Tarmata {Confr. reg, 169 ^ s^g*)\

e) ogni specie di milizia organizzata secondo la legge militare {milizia territoriale^ landwer e simili);

d) tutti gli eqmpaggi delle navi ed altre imbarcazioni da guerra ;

e) ì corpi volontari che riuniscono le seguenti condizioni (Cbn/r. reg. 1165):

di essere organizzati militarmente con l'autorizzazione o approvazione del Governo e di avere le persone che a tali corpi appartengano un qualunque segno distintivo esteriore per essere riconoscibili a distanza come combattenti;

2<> di essere essi subordinati ad un capo responsabile, e sottomessi alla suprema autorità del comandante generale;

3^ di portare le armi apertamente;

4<> di serbare la condotta militare ed osservare le leggi ed i costumi della guerra.

*^* Libro IV. ' Détta tutela giuridica M Diritto inUmazùmaU

1162. La forza armata militarmente organizzata comprende :

a) ì corpi franchi, o i franchi tiratori {Confr. reg. 1167);

b) le milizie di volontari (Confr, reg. 1168).

1163. Saranno altresì reputati belligeranti gli abitanti di un paese non occupato militarmente dal nemico, i quali al suo avvi- cinarsi senza essere organizzati militarmente, resistano pubblica- mente, armata mano, per difendere la loro patria, e che uniti in massa facciano atti di ostilità, ed esercitino, come possono, il diritto della legittima difesa.

Forza militare dello Stato.

1164. Incombe ai Governi degli Stati civili il provvedere con le proprie leggi all'organizzazione delle milizie in guisa da mettere a profitto tutte le forze vive del proprio paese, e potere cosi opporre al nemico corpi militarmente organizzati piuttosto che appoggiarsi ai corpi volontari.

1165. Ciascun Governo potrà profittare dell'aiuto dei corpi volontari, ma non Sovra incoraggiare la guerra irregolare fatta dai privati e da persone non abituate alla disciplina militare, e dovrà in ogni caso provvedere a che i corpi volontari osservino lealmente le leggi della guerra, e che riconoscano la suprema autorità del comandante generale.

1166. Nessun Governo di Stato civile potrà, nonostante le sopravvenute necessità, adoperare nella guerra i selvaggi dei suoi possedimenti coloniali, che facciano la guerra alla loro maniera, e che non abbiano il sentimento dell'onore militare e della disci- plina, come i popoli civili.

Corpi franchi Milizie di volontari.

1167. I corpi franchi, i quali prendessero parte alle ope- razioni di guerra, senza essere riconosciuti dal Governo dello Stato, e che agissero senza essere sottomessi alla suprema autorità del

Titolo IV, A chi spetti Vesercizio dei diritti di guerra 465

Comandante generale, non saranno reputati come se facessero parte della forza militare della parte belligerante. Essi saranno nonostante sottomessi alle leggi comuni della guerra, quando siano militarmente organizzati sotto la suprema autorità di un capo, portino le armi apertamente, combattano in buona fede per soste- nere lo stesso principio per cui la guerra sia fatta, serbino nei loro movimenti la condotta militare, ed osservino le leggi e gli usi di guerra, comportandosi come le truppe regolari (Confr. reg, 1176, 1177).

Ci sembra che una differenza debba essere fatta tra i corpi franchi, che prendono parte alle operazioni militari in conseguenza dell'invito fatto dal Governo e col consenso di esso, e quelli che per iniziativa del capo del loro partito vengano a formarsi durante la guerra agendo per proprio conto nella convinzione della giustizia della causa per cui la guerra è fatta. I primi devono essere reputati come un elemento della forza militare dello Stato a norma della reg. 1161 e). I secondi non possono essere considerati come se facessero parte della forza militare delio Stato, ed è perciò che non ci è sembrato necessario a che essi siano considerati come soldati il richiedere un segno distintivo este- riore riconoscibile a distanza. Quando sussistessero le condizioni enumerate nella regola testò enunciata, il belligerante non potrebbe considerarli fuori delle leggi della guerra.

1168. Nel caso di appello fatto dal Governo ai volontari per la difesa del paese o leva in massa, tutti i cittadini chiamati sotto le armi, e quelli che di loro iniziativa si fossero riuniti in bande o corpi militari saranno trattati come soldati:

1^ quando portino le armi apertamente e facciano gli atti di ostilità senza perfidia e slealtà;

2<> quando abbiano alla testa un capo responsabile;

3^ quando il loro carattere di combattenti risulti dalla loro condotta militare.

Armata.

1169. Ogni Stato civile potrà adoperare nella guerra ma- rittima, oltre che Tarmata regolare, le navi mercantili armate in guerra, e ad essa aggregate, e sottoposte alla sua disciplina militare.

1170. Nessuno dei Governi che sottoscrisse il trattato di Parigi del 1856 può concedere alle navi private Tautorizzazione

30 Fiore, Dir, interri, codif.

4f)6 Libro IV. - Della ttUda giuridica del Diritto intemazionale

di annarsi come na^ì corsare, senza violare il principio di Diritto convenzionale mediante tale trattato stabilito, e secondo cui la corsa deve essere reputata per sempre abolita.

1171. Dovrà ognora l'armamento dei corsari essere con- siderato in opposizione al Diritto pubblico del mondo civile, e incombe ai Governi, che non sottoscrissero o che non fecero ade- sione al trattato di Parigi del 1856, di ritenere la guerra in corsa ingiusta e proclamarla per sempre abolita.

1172. L'armamento dei corsari potrà ammettersi soltanto in virtù del diritto di rappresaglia fondato sulle necessità della guerra, qualora il belligerante di parte contraria adoperasse nella guerra i corsari.

1173. Qualora un Governo avesse autorizzata la corsa, come rappresaglia contro gli Stati che non abbiano aderito al trattato di Parigi o che lo violassero, le navi private munite di lettere legali di autorizzazione per esercitare la corsa, saranno reputate come formanti parte della forza armata organizzata in nome dello Stato, da cui furono ad esse concesse le lettere di marca.

Chi non ha diritto di esseì'e qualificato belligerante.

1174. Le bande, che commettono atti di ostilità durante la guerra facendo escursioni per proprio conto e senza autorizza- zione del Governo, e celando quando occorra la loro qualità di combattenti, non possono essere reputate come parte della forza armata organizzata, e gli atti di violenza che esse potessero fare non saranno reputati fatti in virtù dell'esercizio dei diritti di guerra, le persone, che tali bande formassero, trattate come belligeranti.

1175. Non potrà essere attribuito l'esercizio dei diritti di guerra a quàl si sia numero di persone, tutto che militarmente organizzate, ogni qual volta che esse adoperino la forza armata per commettere rapine o per fare atti di brigantaggio, o per qual sia altro scopo contrario al Diritto internazionale.

Le masse armate che devastarono le proTÌDce deU* Italia meridionale sac- cheggiando la proprietà dei privati, erano pure organizzate militarmente ed

Titolo IV,' A ehi spetti Vesercizio dei diritti di guerra 467

avevano dei capi, ma non potevano al eerto pretendere di essere trattate come belligeranti, mentre esse adoperavano la forza per attentare con violenza ai diritti dei privati. Esse, benché per numero considerevoli, non potevano essere repatate come nemici pubblici, bensì come briganti e malfattori.

1176. n carattere di belligerante potrà essere negato ai corpi volontari, che intraprendano una spedizione militare senza auto- rizzazione del Governo, o senza la tacita connivenza di esso, e che facciano gli atti di guerra, non già nell'interesse dello Stato o pel trionfo di un'idea conforme ai sentimenti di una parte notabile del popolo, ma per conseguire a loro rischio e pericolo uno scopo politico.

Non può ammettersi che il carattere di belligerante debba eaaere attribuito a chiunque intraprenda una spedizione militare per uno scopo politico e pa- triottico. Lo scopo di certe intraprese dovrà senza dubbio influire per attribuire agli atti di violenza, in certe circostanze, il carattere di reaU politici, ma sio- come il diritto di far la guerra non è un diritto privato, cosi Tesercizio dei diritti di guerra non potrà essere attribuito ad un numero qual si sia di per- sone che facciano una spedizione militare.

1177. Potrà essere negato il carattere di belligerante ad ogni corpo di volontari, anche quando essi facciano la guerra nell'in- teresse dello Stato e siano militarmente organizzati, qualora essi non solo non abbiano verun segno fisso e riconoscibile a distanza, ma dalle circostanze risulti altresì, che la loro qualità di soldati sia stata celata da essi ad arte per fare la guerra sleale.

Navi mercantili che facciano atti di guerra.

1178. Nessuna nave privata, la quale non sia munita di let- tere legali di autorizzazione o lettere di marca, potrà pretendere che siano qualificati come atti di guerra, quelli da essa fatti per proprio conto contro il nemico. Gli atti senza legale autorizzazione saranno bensì qualificati atti di pirateria.

1179. Sarà soltanto lecito alle navi private di adoperare nella guerra marittima la forza per difendersi contro il nemico che voglia assalirle, e qual si sia atto di ostilità da parte di esse in tali circostanze sarà qualificato quale atto di legittima difesa.

^^ Libro IV,' Della tutela giuridica dd Diritto intematHottàU

1180. Lo stesso diritto dovrà essere attribuito a qual si sia nave nazionale, la quale trovandosi presente al fatto dell'attacco da parte di una nave nemica contro un'altra nazionale, accorra in difesa di questa, e faccia atti di ostilità per respingere l'attacco»

Persone addette al servizio delle milizie.

1181. Saranno assimilate ai belligeranti ed assoggettate alle leggi che concernono la guerra tutte le persone addette al ser* vizio delle milizie, nonostante che esse non prendano parte alle operazioni di guerra in qualità di combattenti.

L'applicazione delle leggi, che concernono l'esercizio dei dirittr di guerra, sarà estesa altresì alle persone, le quali benché non facciano parte dei combattenti e non siano addette al servizio del- l'esercito, si trovino sul campo per uno scopo non contrario ai fini della guerra.

1182. Avranno altresì diritto di essere considerati come nemici pubblici ed assimilati ai belligeranti tutti coloro che ser» vono come corrieri, come messaggieri o portatori di dispacci uffi* ciali, e quelli che siano incaricati di mantenere le comunicazionf tra le diverse parti dell'esercito, o dell'armata, in qualunque ma- niera essi adempiano tali incombenze, e anche se si servano del pallone o di altri mezzi, purché non si trovino in condizione da essere qualificate spie.

TUolo V, Ostilità permesse in guerra - Mezzi d'assalto e di difesa 469

TITOLO V. Ostilità permesse in ffnerra Mezei d'eussalto e di difesa.

1183. Sarà reputato lecito in tempo di guerra qual sia atto di ostilità, che possa essere considerato idoneo a raggiungere il fine di essa, e purché non sia contrario alle leggi ad agli usi di guerra tra popoli civili.

1184. Sarà reputato lecito pei fini della guerra Tuso di qua- lunque mezzo per debellare il nemico e costringerlo a cedere; non già lo sterminio, la distruzione, Tannientamento.

Nel regolamento per Tesercito italiano trovasi cosi disposto alFart. 718 : * In nessun caso gli atti di distruzione, spesse volte imposti dalle necessità

del combattimento, devono essere spinti al di di quanto esige lo scopo

militare che si ha in mira di conseguire ,.

Ostilità in opposizione alle leggi ed agli usi di guerra.

1185. Qualunque atto di ostilità contro il nemico, che as-* cresca senza ragione le sofferenze di lui, sarà reputato contrario alle leggi ed agli usi di guerra, e così pure sarà considerato qua- lunque atto contro le persone di parte nemica che possa essere qualificato sleale, perfido, barbaro o crudele.

Questa regola tende a stabilire che i belligeranti non possono vantare una libertà illimitata a riguardo dei mezzi per nuocere al nemico. Essi devono essere tenuti ad osservare le leggi delFonore, astenendosi da qualunque per- fidia, e a non violare i doveri di amanita aggravando senza ragione le soffe- renze dei vinti e dei feriti.

1186. Sarà reputato altresì in opposizione alle leggi di guerra qualunque atto di distruzione inutile commesso senza un ordine superiore, e anche gli atti di distruzione autorizzati con ordine superiore, ma ordinati da lui senza alcuna utilità mediata o

^70 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto intemazUmaU

immediata, e quando non possano essere in nessuna guisa giusti- ficati dalla necessità di difendersi, o quando siano spinti al di di quello che può esigere lo scopo militare, che si ha in mira di conseguire.

I principii contenuti nelle proposte regole, sono stati solennemente ricono, scinti nella Convenzione sottoscritta a Pietroburgo TU dicembre 1868, e alla quale hanno fatto adesione la maggior parte degli Stati civili. Essa fu conclusa per escludere in tempo di guerra i proiettili esplodenti di peso inferiore a 400 grammi o caricati di materie fulminanti o infiammabili. Nel proemio di detta convenzione i giusti principii che devono informare gli atti di ostilità nelle guerre tra popoli civili, si trovano chiaramente enunciati nella seguente maniera:

Gonsidérant que les progròs de la cìvilisation doi?ent avoir pour effet d'ai- ténuer autant que possible les calamités de la guerre;

Que le Seul but légitime que les États doivent se proposer durant la guerre est Taffaiblissement des forces militaires de Tennemi;

Qu'à cet effet il suffit de mettre hors de combat le plus grand nombre d*hommes possible;

Que ce but serait dépassé par Temploi d^armes qui aggraveraient inutilement les soufifrances des hommes mis hors de combat, ou rendraient leur mori névitable;

Que r empio! de pareiUes armes serait dès lors contraire aux lois de Thu- manitó...

II codice penale militare italiano (art. 252) commina la pena di morte previa degradazione a colui, che senza ordine superiore, e senza essere astretto dalla necessità di difendersi, avrà volontariamente in paese nemico appiccato il fuoco ad una casa o ad altro edifizio.

Mezzi leciti jper V assalto e la difesa.

1187. I belligeranti potranno adoperare ogni mezzo di at- tacco o di difesa, che secondo l'arte militare possa essere repu- tato efficace ad indebolire, paralizzare o distruggere le forze militari del nemico, e ogni macchina da guerra, che possa essere reputata adatta a mettere fuori di combattimento il più grande numero possibile di uomini. Non sarà lecito ad essi l'adoperare armii che aggravassero inutilmente le sofferenze degli uomini fuori combat- timento, o che rendessero la loro morte inevitabile o la guari* gione difficile.

Titolo V. ' Ostilità permesse in guerra Mezzi d* assalto e di difesa 47<

Assedio e blocco.

1188. Sarà reputato lecito in guerra l'investire qualunque posizione fortilBcata, o una posizione qualsiasi, quando s'incontri resistenza, col proposito di privarla di ogni comunicazione e con Io scopo di costringere così coloro che la difendano ad arrendersi per fame.

1189. L*investimento eseguito mediante l'assedio o il blocco sarà reputato mezzo lecito di assalto fra i belligeranti, anche quando sìa adoperato per prendere una posizione non fortificata, e che la resistenza venga da parte delle truppe o degli abitanti, che si oppongono a che essa sia presa.

1190. L'assedio ed il blocco dovranno essere effettivi. Sarà reputato tale l'assedio, qualora il luogo assediato sia investito sta- bilendo attorno ad esso un cordone di truppe e occupando le posizioni opportune per impedire ogni comunicazione. Pel blocco dovranno applicarsi le regole speciali che lo concernono e che sono indicate al Titolo XII.

1191. Il Comandante che intende assediare una fortezza o una città, dovrà notificarlo mediante pubblici proclami. Fatto questo, sarà reputato atto di ostilità, e punibile a norma della legge marziale, qualunque fatto da parte dei privati per mantenere le comunicazioni cogli assediati e sopratutto per fornire ad essi viveri e quanto potesse riuscire utile a prolungare la resistenza.

Diritti rispetto alle ^persone in caso d^assedio.

1192. Incombe ai comandanti delle fortezze dichiarate in istato di guerra, l'esercitare i loro poteri a norma della propria legge militare, e provvedere a quanto possa occorrere per la difesa e la resistenza. Dovrà essere reputato in facoltà di essi l'ordinare, che tutti coloro, che si trovino nella piazza fortificata, e che non posseggano sufficienti mezzi di sussistenza, escano da essa mentre

472 JAbro IT, Della tuUla giuridica del Diritto intemazionale

al nemico sia in vista e prepari i lavori di assedio. Esso potrà altresì adoperare la forza per costringerli ad uscire, e potrà espel- lere senz'altro tutti i forestieri ed ogni persona sospetta.

1193. Dovrà reputarsi contro le leggi della guerra l'ordi- nare lo sgombro dei pacifici cittadini, che si trovassero nel luogo assediato, dopo che sia stato proclamato l'assedio ed operato l'in- vestimento del luogo stesso.

1194. Il Comandante dell'esercito, che prepari i lavori d'as- sedio, non potrà impedire ai pacifici cittadini, che volessero uscire dal luogo, che esso intenda di assediare, o che in preveggenza dell'assedio fossero stati espulsi dal Comandante nemico e costretti ad uscire, di potersi recare liberamente fuori del teatro delle operazioni militari; ma qualora l'assedio fosse stato dichiarato, ed effettuato, ed il Comandante della piazza assediata per pro- lungare la resistenza e profittare di tutte le provvigioni avesse costretto tutte le persone, che non facessero parte della guarni- gione, ad uscire, sarà permesso al Comandante assediante di ado- perare i mezzi i meno nocivi per costringere le persone espulse a rientrare nella piazza assediata , onde conseguire così lo scopo di rendere meno lunga la resistenza.

Dovrà in tal caso reputarsi contro le leggi della guerra e quelle dell'onore militare Tatto del Comandante della fortezza assediata, che rifiutando ai pacifici abitanti espulsi di potere rientrare nella città assediata, li esponesse così a gravi ed inevitabili danni e pericoli.

1195. Qualora nella piazza o località assediata si trovassero prigionieri di guerra nemici, il Comandante avrà diritto senz'altro di ordinare lo sgombro dei medesimi, se ciò reputi necessario pel servizio militare della fortezza, e potrà costringerli ad uscire, anche quando l'assedio fosse incominciato.

Del bombardamento.

1196. H bombardamento potrà essere usato soltanto in tempo di guerra come mezzo diretto per ottenere la resa di una fortezza,

Titdo V. - Ostilità permesse, in guerra - Mezzi éTassaìto e di difesa 473

di una piazza fortificata o come mezzo ausiliario al blocco ed alle operazioni di assedio.

Non sarà lecito tale mezzo di assalto contro le città, le agglome- razioni di abitanti, e le località, che non siano difese e fortificate.

1197. Il Comandante potrà assalire senz'altro e bombardare una fortezza, che sia isolata e difesa; ma se tale fortezza sia an- nessa ad una città o piazza, nella quale siano agglomerati abi- tanti pacifici, egli sarà tenuto prima di cominciare il bombarda- mento a dame avviso alle autorità nemiche, onde restringere tale mezzo di assalto allo scopo cui deve essere destinato.

La notificazione del bombardamento nel caso contemplato nella seconda parte della regola dev'essere riguardata come una formalità doverosa e indispensabile per. mettere i pacifici cittadini in condizione di provvedere, per quanto sia possibile, a tutelare le loro persone e i loro beni, e può essere anche riguar- dato come un espediente efficace a spingere il CSomandante ad arrendersi per non esporre la vita e la proprietà dei pacifici cittadini a pericoli gravi ed ine- Titabilì.

1198. Saranno prese tutte le disposizioni le più opportune per dirigere l'attacco contro i luoghi fortificati e risparmiare, per quanto è possibile (valutate le circostanze locali, e le esigenze delle operazioni di guerra), la proprietà privata, e gli edifici pub- blici destinati alla scienza, alla beneficenza, al culto, e gli ospedali militari, sempre che tali edifici non siano adoperati contempora- neamente a scopi militari.

1199. Non sarà in nessun caso considerata operazione lecita di guerra il lanciare proiettili esplodenti ed incendiari per distrug- gere le abitazioni dei cittadini, e gli stabilimenti del commercio, neanche quando €iò possa essere fatto con lo scopo di danneg- giare, di atterrire, e d'indurre alla resa.

1200. Incombe al Comandante della fortezza o città asse- diata il distinguere tutti gli edifici pubblici non addetti a scopi militari mediante segni visìbili, e il notificare tali segni distintivi all'assediante.

Sarà però reputato in ogni caso contro le leggi della guerra e l'onore militare il far servire a scopi di guerra gli edifici contro- segnati come destinati a scopi pacifici.

4f74 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto intemassionaU

1201. Dovrà essere reputato come mezzo sleale di assalto il bombardamento di una città chiusa e difesa, quando sia fatto col solo scopo di danneggiare e di atterrire, piuttosto che con lo scopo diretto di costringere il nemico ad arrendersi, e sopra- tatto quando l'occupazione della località difesa non possa eser- citare un'influenza notevole sulla guerra, e dalle cbcostanze risulti, che il belligerante abbia profittato del pretesto dell'essere la città difesa, onde assalirla col bombardamento, e danneggiare inevita- bilmente ed atterrire i pacifici cittadini.

Distruzione ed incendio.

1202. Potrà essere lecito il devastare le cose del nemico, l'incendiare e il distruggere volontariamente gli stabilimenti, gli edifizi e quanto a lui appartenga, ogni qual volta che ciò possa riuscire utile ai fini della guerra : ma il devastare, il distruggere, l'incendiare a solo fine di vendetta, dovrà reputarsi ognora illecito e contro le leggi della guerra.

Sarà parimente lecito devastare e distruggere le cose apparte- nenti ai privati, soltanto quando ciò possa ritenersi richiesto dalle esigenze attuali della guerra e delle operazioni militari.

1203. In nessun caso gli atti di distruzione, spesse volte im- posti dalla necessità del combattimento o dalle esigenze delle ope- razioni militari, devono essere spinti senza ragione al di di quanto esiga Io scopo, che si abbia in mira di conseguire.

1204. Sarà reputato atto di vera barbarie il distruggere i porti di commercio, gli edifizi pubblici destinati a scopo pacifico, gli oggetti di scienze e d'arti, e le collezioni esistenti in edifizi pri- vati 0 pubblici, anche quando il belligerante siasi impadronito di una città in seguito all'attacco, all'assedio e alla resa in conse- guenza del bombardamento.

1206. Incombe ai Comandanti delle milizie il proibire e reprimere qualsiasi atto di barbarie ingiustificato e il punire i sol- dati, che senza alcuna necessità di guerra incendino, distruggano 0 danneggino le case appartenenti ai privati di parte nemica.

Titolo V, Ostilità permesse in guerra - Mezzi d'assalto e di difesa *^^

1206. Incombe ai Governi il determinare con le leggi, quali atti contro la proprietà nemica devono essere qualificati delittuosi durante la guerra, e il provvedere alla repressione dei medesimi*.

Saccheggio.

1207. Sarà reputato ognora illecito l'autorizzare il saccheggia delle città prese d'assalto, e reputato contro l'onore militare l'in- coraggiarlo e il non fare quanto secondo le circostanze possa riuscire possibile per impedirlo.

1208. Non sarà reputato saccheggio il fatto da parte dei soldati, che entrando in paese nemico in seguito all'assalto o ad una battaglia o ad una marcia faticosa, s'impadroniscano senz'altro dr quanto possa occorrere per le urgenti ed immediate loro necessità.

Il legislatore italiano dichiara li saccheggio assolatamente illecito e punibile ehi rabbia ordinato. L*art. 275 del Codice penale militare cosi infatti dispone:

' U saccheggio ò proibito : il militare che lo avrà ordinato, o che senza ordine se ne sarà reso colpevole, sarà punito colla morte ,.

Stratagemmi e sorprese.

1209. Sarà reputato lecito combattere il nemico in guerra con le sorprese e con gli stratagemmi, purché però questi non implichino la violazione della fede promessa o quella delle leggi della guerra, e che non importino perfidia o tradimento.

1210. Sarà reputato assolutamente inibito l'usare falsamente,, a titolo di stratagemma :

a) della bandiera parlamentare;

h) dei segni distintivi secondo la convenzione di Ginevra per sottrarre certe località o certe persone alle leggi della guerra {Confr. reg. 1241 e la nota alla reg. 1211);

e) della bandiera, delle insegne e dell'uniforme del nemico;

d) dei segni distintivi delle località destinate a scopo pacifica in caso di bombardamento {Confr. reg. 1200).

^'^ Libro IV. ' Della tutela giuridica dèi DiHito internazionale

L'adoperare tali mezzi con lo scopo di trarre in inganno il nemico sarà reputato ognora contro le leggi di guerra, e non potrà in nessim caso essere giustificato col pretesto dello stratagemma*

1211. Chiunque avesse slealmente ed in mala fede adope- rato uno di tali mezzi per indurre in errore il nemico durante il •combattimento, non potrà invocare la protezione delle leggi di ^guerra, se cadesse poi per avventura in potere di lui.

Nel regolamento italiano per Tesercito è così disposto :

Art. 701. Non è disonore perdere una bandiera ove siasi difesa sino «gli estremi; egli è invece disonorevole atto il salvarla nascondendola, insieme ad alcune truppe di scorta, al ferro ed al fuoco deir avversario.

Art. 705. È vietato di far uso delle armi contro gli ospedali e le ambulanze nemiche e contro il personale addettovi, quante volte questo accudisca alle sue attribuzioni e porti i distintivi stabiliti dalla CSonvenzione di Ginevra. (Per gli ospedali e le ambulanze bandiera bianca con croce rossa^ pel personale bracciale bianco con croce rossa.)

Titolo VL ' Diritti del belligerante contro le persone dijiaHe netnicu ^'jj

TITOLO VI.

Diritti del belligrerante contro le persone di parte nemica»

Diritti durante il combattimento.

1212. Il belligerante potrà attaccare, ferire e uccidere ogni persona, che prenda parte attiva alla guerra, fino a tanto che essa resista colle armi alla mano, o faccia atti di ostilità.

1213. Non lice al belligerante di dirigere direttamente l'at- tacco per ferire od uccidere coloro che accompagnino le truppe senza prendere parte attiva al combattimento. L'uccisione però di tali persone nel calore della mischia dovrà reputarsi sempre avvenuta in conseguenza del regolare esercizio dei diritti di guerra*

Atti di ostilità inibiti.

1214. Dovranno ritenersi assolutamente inibiti:

a) l'uccisione proditoria d'individui appartenenti alle milizie nemiche, e l'uccisione volontaria dei pacifici cittadini della parte avversa;

b) l'uccisione di un nemico, il quale si arrenda a discrezione;^ e) il negar quartiere ad una guarnigione, anche quando ciò

sia fatto in conseguenza della previa dichiarazione che non si darebbe quartiere;

d) l'usare il veleno e le armi avvelenate;

e) l'adoperare nel combattimento armi, proiettili e materie atte a cagionare danni superflui e ferite dolorose o di difficile guarigione.

1216. Il massacro di coloro, che domandassero di arrendersi o di ima guarnigione che dichiarasse di capitolare, non potrà essere

478 jjibro IV, - DeUa tutela giuridica da Diritto kUernazianaU

in nessun caso giustificato a titolo di rappresaglia, per la difficoltà di custodire le persone e di mantenerle, dichiarandole prigionieri di guerra.

Il diritto di vita o di morte spetta al |>elligeraiite contro il nemico che resiste -e combatte con le armi alla mano o che fa atti di ostilità. Ogni strage durante il combattimento ò legalizzata dallo scopo di paralizzare le forze del nemico •e costringerlo^ad arrendersi. U combattente che non resiste e si arrende a discrezione cessa dall*essere nemico e non si potrebbe mai avere il diritto di ucciderlo, la sua uccisione potrebbe essere legalizzata per la difficoltà di caricarsi di prigionieri, per imitare la parte avversa che abbia commesso il misfatto di uccidere quelli di parte nostra caduti in suo potere. U negare quartiere ad una guarnigione che si arrende, e Tuccidere volontariamente chi abbia deposto le atmi, non può in nessun caso essere giustificato coi diritti della guerra. L*uccisione di un uomo è sempre un misfatto.

Nel regolamento italiano per l'esercito ò così disposto:

Art. 718. Qualsiasi atto* di crudeltà e di barbarie è assolutamente proibito, e dovrà essere severamente represso. Agli abitanti che si mantengono neutrali sarà dovuto rispetto e protezione, cosi nelle persone come negli averi.

Art. 719. Chi maltratta o spoglia nemici dìsarmatii malati, feriti o morti, chi incendia, distrugge o danneggia senza necessità gii averi altrui, ò sottoposto alle pene sancite dal Codice.

Diritti verso coloro che cadono in potere del nemico.

1216. Ogni uomo, che faccia atti di ostilità prendendo parte attiva alla guerra, e che si trovi nelle condizioni per essere qualificato belligerante o per essere assimilato ad esso {Conf, reg. 1160-63), avrà il diritto di essere dichiarato prigioniero di guerra, dato che abbia deposto le armi e domandi di arrendersi, o che in qualunque maniera cada in potere del nemico. Lo stesso diritto spetterà altresì a coloro, che formino parte di una truppa o guarnigione, che collettivamente abbia dichiarato di capitolare o che si sia arresa a discrezione.

1217. La dichiarazione fatta da un Comandante o capo delle milizie di non volere considerare come belligeranti coloro, che si trovassero nelle condizioni per essere reputati tali, non potrà legalizzare il suo rifiuto di applicare le leggi di guerra a costoro, dato che siano caduti in suo potere, potrà togliere ad essi il diritto che loro spetta, a norma del Diritto intemazionale, di

Titolo VI, - Diritti del btUigerante contro le j.'irsor,f di parte nemica 479

essere incolumi nelle loro persone e di essere dichiarati soltanto prigionieri di guerra.

1218. Incombe ai belligeranti non esercitare i diritti di guerra, come indicati nelle precedenti regole, rispetto ai feriti, i quali si trovino negli ospedali o nelle ambulanze militari per essere curati, ma di osservare a riguardo di essi le regole concordate con la convenzione di Ginevra del 22 agosto 1864^ che concerne il servizio dei malati e dei feriti in guerra, e di ritenere che le dette regole devono reputarsi estese anche ai feriti delle guerre marittime.

Doveri dei belligeranti rispetto ai prigionieri di guerra.

1219. Incombe ai belligeranti trattare i prigionieri di guerra con umanità ed usare ad essi i riguardi dovuti in ragione del loro grado e della loro condizione civile, e il provvedere altresì a che i Comandanti militari non abusino dei loro poteri e che reprìmano ogni atto da parte degli inferiori in opposizione col rispetto dovuto ai prigionieri.

1220. Dovrà ognora essere reputato sleale e disonorevole Io spogliare i prigionieri dei propri oggetti personali (gioielli^ oro- logi e simili)^ fossero essi pure di considerevole valore.

Potrà però il Comandante ordinare, che tutto quello che per- sonalmente appartenga ai prigionieri, sia da essi depositato per essere custodito durante la loro prigionia, e non sarà lecito di appropriarsi altri oggetti, che solo le armi ed i cavalli.

1221. Sarà a carico del Governo il provvedere al mante- nimento dei prigionieri guerra, dando ad essi nutrimento ed alloggio secondo la loro condizione e il loro stato, e osservando per norma quella forma di trattamento stabilita per i propri sol- dati ed ufficiali.

1222. La mancanza di mezzi pel mantenimento dei prigio- nieri di guerra non potrà giustificare l'operato di un Governo, che non obs&vasse a riguardo di essi le regole di Diritto comune.

*oO Libro IV. - Delhi tutela giuridica del Diritto internazionale

Potrà però in tali circostanze il belligerante rilasciarli in libertà sulla parola data da essi di osservare in buona fede le condizioni sotto le quali avesse concesso loro la libertà, e potrà poi punire coloro, che non avessero mantenuta la parola data, se cadessero novellamente in suo potere {Conf. reg. 1233 e seg.).

Ciascuno Stato può applicare la propria legge o le pene comminate con la legge marziale contro i prigionieri di guerra rilasciati sulla parola e che non avessero in buona fede osservati gì* impegni presi, n codice penale militare italiano commina la pena di morte contro gli ufGziali prigionieri di guerra che, contro la fede data, fossero ripresi con le armi alla mano.

Diritti rispetto ai prigionieri di guerra.

1223. Spetta al Comandante dell'esercito, che abbia in suo potere i prigionieri di guerra, di ordinare che essi tutti siano disar- mati, non esclusi gli ufficiali di qualunque grado, ai quali però sarà conveniente di restituire la spada, dopo che essi l'abbiano consegnata in atto di dovuta sottomissione, e a condizione che essi restino disarmati durante la loro prigionia di guerra.

1224. Potrà il Governo, in potere del quale si trovino t prigionieri di guerra, adoperarli per i lavori che possano occorrere, tenuto conto del grado e della posizione sociale di ciascuno di essi. In nessun caso però sarà lecito di adoperarli per costruire fortezze o per fare qual si sia lavoro per la difesa, fosse pure in un punto lontano da quello dell'azione, ogniqualvolta tali lavori potessero essere destinati ai fini della guerra attuale.

1225. Il belligerante potrà, rispetto ai prigionieri di guerra che non intende di rilasciare, prendere i provvedimenti opportuni, a fine di assicurare la loro custodia ed impedire la loro evasione. Esso potrà internarli e potrà imprigionare coloro, che abbia maggiore interesse di custodire, e di cui reputi necessario impedire l'evasione.

1226. I prigionieri di guerra potranno essere sottomessi in massima alle leggi ed ai regolamenti militari in vigore nel paese ove siano custoditi, e potrà essere punito a norma di codeste leggi e regolamenti qual si sìa atto di insubordinazione da parie di essi, e qual si sia tentativo di rivolta o di evasione.

Titolo VI, ' Diritti del belligerante contro U perèone diparte nemica tó^l

1227. Potrà essere assoggettato alle pene disciplinari il pri- gioniero che tenti di fuggire. Potrà del pari essere usata la forza armata, come in guerra, per arrestarlo o prenderlo mentre fugga, ma la sua fuga non potrà essere equiparata ad un crimine, assogr gettando alla legge penale il prigioniero che sia riuscito o che abbia tentato di fuggire, allorché venga novellamente a cadere in potere del nemico, o che da questo sia preso mentre fugge.

1228. Potrà essere punito come reato militare il complotta dei prigionieri per ricuperare la libertà e per mettere in atto i mezzi a ciò idonei : e cosi pure ogni atto di resistenza alle autorità, che li abbiano in loro custodia, sarà reputato ribellione e punito più o meno severamente, secondo le circostanze, ed anche in casi gravi con la pena di morte.

Convenzioni relative allo scambio ed al rilascio

dei prigionieri.

Ì229. Lo scambio dei prigionieri potrà essere concordata dai belligeranti secondo le loro convenienze. Se uno di essi dichiari di volerli rilasciare sulla parola, non potrà pretendere che l'altra faccia altrettanto o che aderisca alla proposta di farne il cambio.

1230. Qualora Io scambio dei prigionieri o il rilascio dei medesimi sulla parola, o le condizioni per il loro mantenimento abbiano formato oggetto di particolare accordo tra le parti bel- ligeranti, converrà pel valore di tali accordi e per la loro ese- cuzione, attenersi alle regole che concernono le convenzioni e i patti conclusi durante la guerra.

1231. - Qualora il belligerante avesse aderito alla proposta da parte del nemico di fare il cambio dei prigionieri e non fos- sero state stabilite le condizioni sotto le quali il cambio dovesse essere effettuato, esso dovrà essere fatto uomo per uomo, grado per grado, ferito per ferito, e sotto le stesse condizioni.

1232. Sarà concesso alla parte, che abbia in suo potere prigionieri, di rilasciarli in libertà imponendo alla parte nemica di

31 Fiore, Dir, intern. codif.

^2 Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto intemagionale

dare in correspettivo una quantità di munizioni, di provvisioni^ o di oggetti necessari all'esercito ; ma, non le sarà mai lecito di patteggiare col prigioniero stesso che riscatti la sua libertà pagando una somma.

Parola d^onore dei prigionieì'L

1233. -^ Non potrà il belligerante costrìngere i prigionieri a dare la parola di osservare tutte le condizioni alle quali esso subordina la loro liberazione.

Non sarà in ogni caso tenuto alla data parola il prigioniero che abbia promesso quello che debba reputarsi contrario all'onore militare, e che gli sia stato imposto come condizione per rila- sciarlo in libertà. Non sarà del pari tenuto alla data parola il prigioniero, se, non potendo egli, secondo le leggi del suo paese, impegnarsi sulla parola d'onore a mantenere le condizioni concor- date per essere messo in libertà, ed avendolo dichiarato, il bellige- rante gli abbia nonostante imposto ed ottenuto da lui tale parola.

1234. Non sarà valida la parola data sul campo di battaglia nel momento della lotta. Non sarà del pari valida dopo il com- battimento, se un intero corpo di truppe fosse stato rilasciato in conseguenza di una dichiarazione generale fatta in nome di tutti i soldati e accettata come se fosse stata data la parola.

1235. Qualora i prigionieri fossero rilasciati sulla parola, incombe al Governo dello Stato cui essi appartengano rispettare la loro parola data, e non imporre ad essi alcun atto e alcun servizio contrario agli impegni assunti.

Dovranno per altro i militari uniformarsi alle leggi del proprio paese quando assumano impegni e diano la parola sul loro onore di osservarli.

1236. Dovrà reputarsi sopratutto sleale e disonorevole il procedimento di un Governo, che costringa i prigionieri a servire contro il nemico, che li abbia rilasciati in libertà, o contro gli alleati di esso, mentre duri la guerra, per la quale l'impegno sia ^tato preso.

Titolo VI, - Diruti d$l belligerante contro leperèone diparte nemica ^83

Non dovrà peraltro ritenersi tale Tatto di un Governo che imponga ai prigionieri rilasciati in libertà di prestare servizio attivo airinterno o di adempiervi funzioni militari nelTamministrazione.

Degli Ostaggi.

1237. L'uso di domandare una o più persone in ostaggio a fine di assicurare cosi l'esecuzione di certi accordi conclusi tra i belligeranti, deve reputarsi contrario alle leggi di guerra.

1238. In nessun caso il belligerante potrà ritenersi autoriz- zato a mettere a morte gli ostaggi in conseguenza dei mancati impegni, e neanche a titolo di rappresaglia, se le persone date in ostaggio al nemico fossero state da questi mutilate o uccise.

1239. Potrà essere lecito soltanto di riteneretcerte persone influenti in ostaggio col fine di far valere la loro autorità morale onde ottenere da un paese l'adempimento degli impegni da esso presi o imposti durante la guerra. Tali persone però dovranno essere trattate come i prigionieri di guerra e coi riguardi dovuti al loro grado ed alla loro condizione, e non potranno essere punite, assoggettate a sevizie, se l'intento che mediante tale espediente si fosse inteso conseguire, non fosse stato di fatto raggiunto.

Doveri dei belligeranti ìHguardo ai feriti e malati.

1240. Incombe ai belligeranti considerare fuori delle leggi di guerra i feriti e malati, lasciare la più completa libertà a tutte le persone del corpo sanitario e a coloro che prodighino le loro cure per assisterli, e concedere alle medesime di adempiere, sotto la tutela del Diritto comune della pace, il loro pietoso ufficio, senza incontrare verun ostacolo nell' attuare tutti quei provvedimenti, che secondo l'arte medica e le esigenze umanitarie possano reputare utili ed efficaci a migliorare la condizione dei feriti. Le leggi di umanità* impongono come sacro dovere il con- siderare le persone addette a curare i feriti in guerra inviolabili, ed inviolabile del pari tutto il materiale addetto al servizio sanitario»

484 Libro IV. ' Della tutela giuridica del Diritto internazionale

124L Tutti gli Stati, i quali sottoscrissero la convenzione di Ginevra del 22 agosto 1864, che concerne il servizio dei malati e dei feriti in guerra, o che abbiano aderito ad essa, sono tenuti ad osservarne lealmente e rigorosamente ogni disposizione, e de- vono provvedere altresì a che essa possa essere lealmente ese- guita e scrupolosamente osservata dai militari, rendendola notoria a tutti i corpi d'esercito e punendo le violazioni della medesima.

1242. Incombe altresì ai Governi accettare quelle modifica- zioni, che dalle persone tecniche saranno riconosciute opportune per il buon andamento del servizio sanitario durante la guerra, onde meglio conseguire lo scopo umanitario, che con la Con- venzione di Ginevra s'intese raggiungere.

1243. Incombe ad ogni Stato e ad ogni popolo, che intende di osservare nella guerra le leggi della civiltà e di non violare i doveri di umanità, il ritenere (indipendentemente dall'avere esso sottoscritto la Convenzione di Ginevra o dall'aver fatta adesione ad essa, ed indipendentemente dall'osservanza da parte del nemico delle stesse regole) quale precetto imperativo secondo la legge della giustizia naturale e dell'umanità il rispettare i militari feriti e malati ed il personale sanitario, e il considerare applicabili ad essi le leggi di umanità piuttosto che quelle di guerra, salvo la necessaria tutela dei propri diritti ed interessi, attenendosi alle seguenti regole.

1244. I militari feriti o malati devono essere raccolti e cu- rati a qualunque nazione essi appartengano. Sarà quindi lasciato a cura dei comandanti in capo o di rimettere immediatamente agli avamposti nemici i militari nemici feriti durante il combattimento, se le circostanze lo permetteranno, o di accordare la più completa libertà a tutte le persone del corpo sanitario nel prodigare ad essi tutte le cure e nell'attuare tutti quei provvedimenti che, secondo i casi, potranno occorrere.

Titolo VI, ' Diritti del hdlignanie contro le persone diparte nemica ^85

Ambulanze, Ospedali, Servizio sanitario.

1245. II personale delle ambulanze e degli ospedali mili- tari, che comprendono l'intendenza, il servizio sanitario, di ammi- nistrazione e di trasporto dei feriti, come pure gli assistenti per carità e i membri ed agenti di società di soccorso debitamente autorizzati a secondare il personale sanitario ufficiale, saranno con- siderati come neutri, mentre essi saranno in funzione e fino a tanto che vi saranno feriti da raccogliere e soccorrere.

1246. Le persone indicate nell'articolo precedente potranno, anche dopo l'occupazione militare effettuata dal nemico, conti- nuare ad adempiere le loro funzioni negli ospedali o nell'ambu- lanza al cui servizio sono destinate, ovvero potranno domandare di ritirarsi per raggiungere i corpi ai quali appartengano. Sarà in questa circostanza lasciato a cura del comandante dell'esercito occu- pante di provvedere a che le dette persone possano partire libe- ramente sotto le condizioni da esso stabilite secondo le necessità militari. Esso potrà imporre alle medesime di ritardare di qualche giorno la partenza e farle scortare finché non raggiungano gli avam- posti nemici.

1247. Godranno altresì del beneficio della neutralità le ambu- lanze e gli ospedali militari, che si trovassero sul territorio occu- pato dal nemico, fino a tanto che saranno ricoverati in essi malati o feriti e sarà coperto dalla neutralità lo sgombro dei medesimi unitamente al personale che lo dirìge.

1248. Sarà doveroso per i belligeranti il contrassegnare gli ospedali, le ambulanze e lo sgombro dai forti colla bandiera di- stintiva ed uniforme concordata con la convenzione di Ginevra. La detta bandiera dovrà in ogni caso essere accompagnata pure dalla bandiera nazionale. Sarà parimente adottato un bracciale col segno distintivo pel personale addetto al servizio sanitario, salvo il caso che l'autorità militare ne abbia autorizzata la esenzione.

^^ Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto interrumionaU

Diritti sul materiale degli Ospedali.

1249. Sarà sottoposto alle leggi di guerra il materiale degli ospedali militari, quando in essi non vi siano più malati o feriti da curare.

Il materiale contenuto nelle ambulanze e negli ospedali di cam- pagna dovrà ritenersi protetto dal beneficio della neutralità.

Le persone addette al servizio di ospedali potranno ognora, ritirandosi, trasportare seco gli oggetti che sono di loro proprietà particolare.

Feriti ricoverati in case private.

1250. Sarà a cura dei Comandanti degli eserciti belligeranti il rispettare e proteggere gli abitanti del paese da essi occupato che soccorressero i feriti, e rincoraggiarli a farlo, appellandosi alla loro generosità e concedendo ad essi qualche vantaggio in considerazione dell'opera che venissero a prestare.

Feriti già curati.

1251. n belligerante non potrà ritenere i feriti già curati come prigionieri di guerra, ma dovrà bensì concedere loro piena libertà di ritornare nella loro patria. Esso potrà però imporre a coloro, che fossero in grado di servire neiresercito, di dar parola di non prendere più parte alla guerra, e potrà ritenere come pri- gionieri coloro che, essendo curati e in grado di tornare al com- battimento, rifiutassero di dare tale parola.

I doveri di umanità verso i feriti non possono essere esagerati fino al pnnto di disconoscere i diritti del belligerante e Tolnerare gFinteressi del medesimo. Un ferito curato e che sia in grado di riprendere le armi durante la guerra, non può senza grave pregiudizio del belligerante, che Io abbia in suo potere, essere rinviato, perchè torni al combattimento ed aU*assalto. Questo equivar- rebbe a pretendere che il belligerante dovesse esso medesimo dare le armi al nemico e contribuire a renderlo più forte. Al ferito nemico e^curato, e che

TUclo VI, - Diritti del belligerante contro le persone di parte nemica ^f

essendo in grado di portare le armi non voglia dare la parola di non pren- dere più parte alla guerra, devono essere applicate ne* suoi rapporti co) nemico» che lo ha in suo potere, le leggi di gnerra e non quelle che concernono i feriti.

1252. n belligerante, che abbia occupato le località, nelle quali si trovino gli ospedali militari nemici e gli stabilimenti addetti alla cura dei feriti, potrà, quando le circostanze lo rendano neces- sario, servirsi degli ospedali e degli stabilimenti per curarvi i propri! feriti, destinando a tale scopo qualche sezione di codesti stabili- menti, sempre che ciò possa essere fatto senza grave pregiudizio dei malati e feriti già in essi ricoverati, e potrà disporre altresì del personale sanitario addetto agli stabilimenti medesimi, quando le necessità attuali Io esigano, edMncombe alle persone destinate al servizio sanitario prestare ogni opera, secondo le leggi di uma- nità consigliano, a qualunque parte 1 feriti appartengano.

Norme circa i feriti e malati nella guerra marittima.

1253. Le regole che concernono i feriti e malati saranno applicate nella guerra marittima ai marinai e ai militari feriti, malati ed ai naufraghi, a qualunque nazione essi appartengano.

Sarà ognora doveroso per i belligeranti il ritenere coperte dalla neutralità le imbarcazioni che a loro rischio e pericolo durante e dopo il combattimento raccolgano naufraghi e feriti, o che aven- doli raccolti li portino a bordo di una nave destinata per la cura dei feriti e malati, o come navi ospedaliere.

1254. Ogni nave militare destinata come ospedale e che abbia a bordo feriti o malati ed ogni nave di commercio, a qua- lunque nazione essa appartenga, carica di feriti e di ammalati, o destinata ad operare lo sgombro dei medesimi non potrà essere distratta dalla sua speciale destinazione ed assoggettata alle leggi della guerra, il materiale addetto al servizio di tali navi non potrà essere catturato, e i feriti e malati, che a bordo di tali nari si trovassero, non potranno essere dichiarati prigionieri di guerra dal belligerante che di tali navi siasi impadronito, e qualora essi

4% Libro IV, ' Della ttUda giuridica del Diritto intimazionaU

fossero curati ed in grado prestare servizio militare, dovrà essere concessa ai medesimi la libertà di rimpatriare, purché essi diano la parola di non prendere più parte alla guerra.

Quando possa essere negato ogni heneficio di netdralità.

1266. Il belligerante avrà diritto di negare ogni beneficio di neutralità, qualora fosse accertato e se ne potesse dare la prova, che le persone addette al servizio sanitario, o gli ospedali, sta- bilimenti ed ambulanze destinati alla cura dei feriti e dei malati avessero servito, o fossero stati adoperati a qual si sia altra ope- razione estranea allo scopo, pel quale tali persone e tali località devono ritenersi copeiie dalla neutralità.

Doveri verso i morti in battaglia.

1256. Incombe ai belligeranti rispettare i cadaveri dei morti in battaglia e proteggerli contro le ruberie e gli oltraggi, assi- curando con efficaci sanzioni penali l'osservanza di tali disposi- zioni da parte dei propri soldati e dei privati.

1267. Qual si sia oltraggio al cadavere di un morto sul campo di battaglia e sopratutto la mutilazione saranno reputati atti disonorevoli per le persone e pei Governi che non abbiano provveduto efficacemente ad impedirlo.

1268. Dovrà essere considerato un dovere di umanità il provvedere, quando le circostanze il permettano, a dare sepol- tura ai morti e il lasciare piena libertà a tutti coloro che vogliano adempire tale pietoso ufficio di poterlo fare al sicuro.

1269. Dovrà essere del pari reputato dovere reciproco dei belligeranti, quando ciò possa essere fatto senza gravi difficoltà, il raccogliere, prima di dare sepoltura ai morti, tutti gl'indizi sulle loro persone adatti a stabilire la loro identità e rimettere gl'indizi raccolti al Comandante dell'esercito nemico.

TUólo VL Di fitti del belligerante contro le persone diparte nemica ^9

Delle Spie.

1260. Sarà considerato come spia ogni individuo, sia che appartenga o che non appartenga airesercito nemico, che clan* destinamente , segretamente, o sotto faìs^ {pretesti, o travestito penetri nelle linee nemiche e che cerchi cosi procurarsi infor- mazioni per i fini della guerra.

126L Non sarà reputato spia un militare non travestito, il quale sia penetrato segretamente nella zona di operazione del- l'esercito nemico per conoscere tutto quello che possa giovargli per le necessità della guerra ed anche i non militari incaricati di trasmettere i dispacci destinati al loro proprio esercito che com- piono la loro missione apertamente.

1262. Non devono del pari essere considerati come spie i militari ed anche i non militari che, servendosi del pallone, ahbiano cercato di mantenere le comunicazioni tra le diverse parti di un esercito o di un territorio, o che si siano avvicinati alla zona di operazione dell'esercito nemico per procurarsi le informazioni che potessero occorrere.

Grindividui che servono del pallone per aYTÌcinarsi al campo nemico e procurarsi le informazioni non si può dire che agiscano clandestinamente, o sotto falsi pretesti, o travestiti, per poter essere qualificati spie. U belligerante avrà senza dubbio il diritto di attaccare tali persone ed ucciderle, sparando a palla contro il pallone; ma se le persone salite in pallone cadessero in potere di lui, dovrebbero essere trattate come nemiche e mai come spie. Esse avreb- bero invero fatto un'operazione di guerra per raccogliere le informazioni e non già praticato lo spionaggio.

1263. La legge interna potrà equiparare allo spionaggio e punire con la stessa o maggiore severità il misfatto da parte di un cittadino o di uno straniero, residente nello Stato, che abbia trasmesso al nemico informazioni, o mantenuto rapporti con esso per comunicargli qualunque notizia utile ai fini della guerra, e comunque tali fatti siano qualificati e con maggiore severità puniti, le disposizioni della legge, a riguardo del giudizio, della compe- tenza e della pena, potranno senz'altro essere applicate ad ogni persona che dimorì nel territorio dello Stato.

190 Libro VL - Della tutela giuridica dd Diritto internazionale

Diritti dei belligeranti rispetto alle spie.

1264. Non dovrà reputarsi contro gli usi della guerra, contrario all'onore militare del Comandante di un esercito il ser- virsi di agenti segreti per procurarsi le informazioni che potes- sero occorrere, adoperando a tal fine le spie.

1266. Il belligerante ha diritto di punire severamente, a norma della legge marziale, ogni persona che possa essere qua- lificata spia, purché essa cada in suo potere mentre esegue il misfatto di spionaggio e sia colta in flagranza. Esso dovrà però rimettere l'imputato ai tribunali competenti secondo la legge mar- ziale, per giudicarlo e condannarlo.

Delle Guide,

1266. Compete al belligerante il diritto di adoperare i cit- tadini di parte contraria, che cadano in suo potere, per servire come guide e costringerli a dare le indicazioni, delle quali avesse bisogno, e punire coloro che scientemente e volontariamente lo traessero in errore.

1267. Il belligerante di parte contraria potrà punire come traditori del proprio paese i cittadini che volontariamente si siano prestati a servire di guida al nemico ; ma sarebbe sleale ed ingiusto Tassoggettare a pena coloro che, costretti dal nemico con la vio- lenza e con la forza, abbiano fatto quello che, secondo le circo- stanze del caso, non potevano rifiutarsi di fare senza essere esposti a soffrire le pene ad essi comminate da chi li aveva in suo potere.

Dei Parlamentari.

1268. È considerato come parlamentario uno che sia stato autorizzato dal belligerante ad entrare in pour parler col nemico e che si presenti in tale qualità per trattare o negoziare durante

Titolo VI. - Diritti del belligerante contro U persone di parte nemica 49t

il combattimento, facendosi riconoscere coll'adoperare il segna distintivo, secondo gli usi di guerra {la bandiera bianca).

Devono essere reputati nella medesima condizione che il par- lamentario, le persone che lo accompagnino, cioè il portabandiera e un trombettiere o un tamburino.

1269. II Comandante militare parte nemica non è tenuto a ricevere in ogni caso ed in qualunque circostanza un parla* mentano, di sospendere il fuoco quando il nemico lo invìi ad esso per trattare durante il combattimento, ma potrà decidere, secondo il suo prudente arbitrio, se sia o no il caso di accettare chi si presenti come parlamentario.

1270. Sarà reputato ognora contro l'onore militare il tirare su di un parlamentario, che si avvicini alla zona di azione, anche quando il Comandante non avesse deciso di riceverlo, o rifiutasse di riceverlo.

Qualora però il Comandante avesse rifiutato di ricevere il par- lamentario a lui inviato, o avesse dichiarato espressamente di non volere entrare in nessuna sorta di pour parler per un dato tempo, e dopo tale rifiuto e tale notificazione il parlamentario si presen- tasse ancora, il Comandante potrà ordinare che sia trattato come uno di parte nemica, che in mala fede cerchi di avvicinarsi al campo dell'azione.

1271. Il Comandante che voglia ricevere il parlamentario potrà prendere tutti i provvedimenti che stimi opportuni per impe- dire che questi profitti del suo soggiorno nella zona di azione, e potrà ritenerlo per qualche tempo, secondo le circostanze, se il parlamentario ricevuto durante il combattimento avesse potuto conoscere anche involontariamente e in buona fede qualche cosa che non doveva essere ad esso nota.

1272. ^ n parlamentario che non rispettasse le condizioni a lui imposte nel riceverlo, o che, abusando della sua posizione, si fosse procurato surrettiziamente informazioni, o che avesse ten- tato di procurarsele, perderà ogni diritto d'inviolabilità e potrà essere dichiarato prigioniero di guerra; e laddove dalle circo- stanze bene accertate risultasse ch'esso avesse abusato della sua

492 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto intemazionaU

posizione per commettere un atto tradimento, e se ne potesse dare prova positiva, potrà essere considerato come una spia e punito come tale.

1273. Il portatore di una bandiera parlamentare dovrà adem* piere in ogni caso gelosamente e lealmente la sua missione, e sarà reputato assolutamente contrario all'onore militare l'abusare del carattere di parlamentario.

Diritti dei belligeranti contro le persone che non facciano parte deW esercito.

1274. Le persone e le bande che senza far parte dell'esercito e senza trovarsi nelle condizioni per essere assimilati ai bellige* ranti commettano atti di ostilità durante la guerra, facendo escur- sioni, distruggendo, dilapidando, o oltraggiando le persone di parte nemica, non avranno alcun diritto di essere reputate come nemici pubblici, potranno invocare l'applicazione delle leggi che con- cernono i combattenti in guerra, e qualora esse cadessero in potere dell'una o dell'altra delle due parti belligeranti, sai*anno assog- gettate alle leggi criminali e punite come malfattori, briganti o pirati, e non potranno reclamare alcuno dei privilegi spettanti ai prigionieri di guerra.

1275. Tutti coloro di parte nemica che non possano essere qualificati come nemici pubblici, e che non commettano atti di ostilità, dovranno essere riguardati come pacifici cittadini e po- tranno durante la guerra liberamente continuare ad esercitare i loro diritti e a godere dei loro beni sotto la protezione del Diritto intemazionale.

Non sarà lecito al belligerante l'applicare le leggi della guerra e il trattare come nemici neanche i cittadini della parte avversa che si trovino nel proprio territorio o nelle zone delle operazioni militari e che non prendano direttamente, indirettamente alcuna parte alla guerra, ma che continuino nelle loro faccende come in tempo di pace.

Titolo VI, ' Diritti del belligerante contro le persone diparte nemica 493

Dei Disertori.

1276. Ciascuno dei Comandanti degli eserciti belligeranti potrà, senza mancare alle leggi dell'onore militare, accogliere coloro che disertassero le file nemiche.

Dovrà però essere considerato contro le leggi stesse dell'onore l'adoperare la corruzione, i maneggi e i mezzi immorali per pro- vocare la diserzione e la ribellione ogniqualvolta tali mezzi ado- perati per eccitare i soldati nemici alla diserzione costituissero un fatto criminoso.

1277. Ciascuno dei Comandanti militari nemici potrà appli- care le leggi contro i disertori eziandio a coloro che fossero entrati al servizio del nemico in seguito alla diserzione e che, durante le operazioni di guerra, cadessero in suo potere, anche quando formassero parte di una banda o di un corpo che si fosse arreso e che avesse diritto ad invocare le leggi che concernono i pri- gionieri di guerra.

494 Libro IV. Della tutela giuridica del Diritto internazianaU

TITOLO vn.

Diritti del belligrerante sui beni del nemioo.

1278. ÀI belligerante spetta il diritto d'impossessarsi e di appropriarsi i beni appartenenti allo Stato nemico che cadono in suo potere.

Egli potrà quindi sequestrare ed appropriarsi le armi ed ogni specie di munizioni da guerra anche se esistenti nei depositi, gli approvvigionamenti, il numerario ed i valori esigibili appartenenti in proprio allo Stato , il materiale delle strade ferrate governa- tive e dei telegrafi, le navi militari e le altre adoperate nella guerra, ed in generale qualunque proprietà mobile dello Stato atta a ser- vire ai bisogni della guerra, o utile pel fini della medesima.

Il belligerante non potrà impossessarsi ^dei beni mobili degli stabilimenti consacrati ai culti, alla beneficenza, airistruzìone, alle arti ed alle scienze, non ostante che detti stabilimenti apparte- nessero allo Stato nemico.

1279. La proprietà privata dei cittadini di parte nemica sarà reputata inviolabile tanto nella guerra continentale, quanto nella guerra marittima, salvo però le limitazioni che possano repu- tarsi fondate sulle necessità della guerra, le deteriorazioni e distru- zioni giustificate come mezzo di attacco e di difesa, ed in certi casi determinati l'assoggettamento alla confisca quando il belli- gerante possa reputarsi autorizzato ad esercitare il diritto di preda bellica.

Espropriazione forzata dei beni privati.

1280. I comandanti militari potranno senz'altro, in territorio nemico, impadronirsi delle cose mobili appartenenti ai privati, che possano servire ai bisogni della guerra, e segnatamente di

Titolo VII. ' Diruti del bdligtranU sui Uni del nemico ^^

quello che possa essere loro necessario per la sicurezza e la difesa, salvo però l'obbligo d'indennizzare i proprietari espropriati.

1281. Sarà in facoltà dei medesimi, in paese nemico, l'as- soggettare forzatamente i privati, o le società private a cedere tutti quegli oggetti di loro proprietà che per la loro natura, o per la loro destinazione possano servire ai bisogni della guerra, pagando ad essi la dovuta indennità, o facendo salvo il loro diritto per poterla ottenere da chi sia tenuto a pagarla.

Saranno reputati tali : il materiale delle strade ferrate, dei tele- grafi, le armi, i depositi di munizioni e di viveri destinati all'eser- cito e quanto possa occorrere per equipaggiare le truppe.

Potranno inoltre i comandanti degli eserciti provvedersi in paese nemico di quanto potesse servire ad essi, imponendo le requi- sizioni e le contribuzioni di guerra.

Delle requisizioni.

1282. La requisizione consiste neirapprovvigionamento di quanto possa bisognare alle truppe {viveri^ foraggio^ coìnbustibilij oggetti di vestiario, mezzi di trasporto, ecc.), imposto dal coman- dante al paese da esso attraversato od occupato e senza alcun diritto a rimborso.

1283. Incombe ai comandanti militari che intendono fare una requisizione in paese nemico, il rivolgersi alle autorità locali, lasciando a cura delle medesime il fornire quanto da essi sia richiesto e il ripartirlo tra gli abitanti del paese.

Dovrà reputarsi ognora doveroso da parte del comandante stesso il rilasciare semplicemente una dichiarazione di ricevuta, dalla quale risulti la natura e la quantità delle cose somministrate, e che possa servire come titolo alle ragioni che eventualmente potes- sero farsi valere dalle autorità o dalle persone che somministra- rono i prodotti requisiti.

1284. Qualora nel paese nemico mancassero le autorità per procedere al riparto della requisizione, o quando esse richieste

4% Libro IV, ' Della tutela giuridica del Diritto intemazionale

non volessero prestarsi prontamente, o quando l'opera esse non riuscisse efficace, il Comandante militare potrà ordinare le requisizioni forzate, adoperando i militari per ottenere direttamente la consegna dei prodotti dai privati, rilasciando ad essi una sem- plice dichiarazione di ricevuta.

1285. Incombe ai Comandanti militari il procedere alle requi- sizioni in paese nemico con moderazione e circospezione, assi- stendo le autorità locali per mantenere l'ordine e non esagerando le richieste oltre i limiti del ragionevole, avuto riguardo ai mezzi e ai prodotti del paese.

1286. Non sarà lecito imporre in paese nemico con la forma di requisizione una prestazione, con la quale si verrebbero a costrin- gere gli abitanti a prendere parte ad operazioni di guerra contro la loro patria.

Delle contribuzioni di guerra^

1287. La richiesta in danaro fatta in paese nemico costi- tuisce la contribuzione di guerra.

1288. Il Comandante militare potrà imporre una contribu- zione di guerra a solo fine di rifornire le casse militari. Esso sarà però tenuto a rilasciare dichiarazione ricevuta al Comune o alle persone cui essa sia stata imposta, onde far salvi i loro diritti al futuro eventuale rimborso.

Potrà inoltre imporre la contribuzione ad un paese nemico a titolo di punizione:

a) quando esso non abbia voluto soddisfare ad una requi- sizione di viveri o ad una prestazione qualsiasi e vi sia fondata motivo per supporre che il rifiuto sia dipeso da malvolenza^ o che gli oggetti richiesti siano stati in mala fede asportati o nascosti ;

b) quando vi sìa stata, da parte del paese stesso, o delle autorità preposte al governo di esso, una violazione delle leggi della guerra;

Titolo VII. Diritti del helligeranie sui beni dtl nemico 497

e) quando vi sia fondato sospetto che le autorità preposte a capo di un paese o di un Coniane abbiano facilitato l'esecu- zione di reati punibili secondo le leggi della guerra, o che non abbiano fatto quanto era in loro potere per impedirli.

1289. Le contribuzioni guerra dovranno essere propor* zionate alle risorse di ciascun paese.

Potranno essere imposte contribuzioni più onerose ogni qual- volta esse siano inflitte come punizione, ma neanche queste potranno esagerarsi in maniera da divenire un vero spogliamento.

Bottino di guerra.

1290. ■— Potrà essere reputata oggetto di preda bellica, o qua- lificata bottino di guerra ogni cosa che in seguito al combatti- ménto sia caduta in potere dei soldati parte contraria e di cui non si possa rintracciare il proprietario.

1291. Ciascun soldato potrà appropriarsi le armi, i cavalli e gli oggetti armamento appartenenti ai nemici vinti, ma non sarà lecito di appropriarsi gli oggetti preziosi e di valore appar- tenenti ai soldati di parte contraria, i quali trovansi feriti sul campo^ o che siano dichiarati prigionieri di guerra.

L'appropriazione indebita di tali oggetti dovrà essere qualifi- cata reato e punita a norma della legge militare.

U Codice penale militare italiano punisce severamente rappropriazione inde- bita delle cose appartenenti ai soldati di parte nemica colle seguenti disposizioni :

Art. 276. Chiunque avrà spogliato un militare od un altro individuo che sia addetto alFesercìto, ad un corpo di esso od al loro seguito, oppure un pri- gioniero di guerra, i quali trovinsi feriti, sarà punito, secondo le circostanze» colla morte, previa degradazione, o coi lavori forzati a vita o a tempo.

Art. 278. Il colpevole di busca sarà punito col carcere militare, o sottoposto a quelle altre pene che fossero stabilite con bandi particolari.

L*ufQziale che, potendolo, non Tavrà impedita, incorrerà nella pena del earcere militare accompagnata dalla dimissione.

Qualora egli vi abbia partecipato, la pena sarà della reclusione militare esten- libile a tre anni e sempre accompagnata dalla destituzione.

Art. 279. Se in occasione del reato di busca si commettessero violenze o maltrattamenti, la pena sarà della reclusione militare per anni cinque, esten- sibile ad anni sette se il colpevole è uffiziale, e ciò senza pregiudizio delle pene incorse per akri maggiori reati.

32 Fiore, Dir. ùìfrrti codtf.

^d8 x,iVo ir. naia tutèla giuridica dèi Diritto inttmazùmaU

Diritto di preda nella guerra fnarittima.

1202. Tenendo fermo in massima che le navi mercantili nemiche devono essere reputate inviolabili nella guerra marittima, salvo che non prendano parte alla guerra o che non si trovino nelle condizioni eccezionali^ nelle quali anche le navi private neu- trali possono essere soggette a sequestro e confisca, potrà ammet- tersi soltanto, in virtù del diritto eccezionale di rappresaglia, la facoltà spettante alle navi da guerra ed a quelle che formino parte dell'armata belligerante di sequestrare le navi mercantili di parte nemica e la pn^rietà privata nemica trasportata per mare, qualora il belligerante di parte contraria pratichi nella stessa maniera rispetto alle navi mercantili ed alla proprietà privata di parte nostra.

Come il diritto di preda debba essere esercitato»

1203. Il diritto di preda marittima dovrà essere riguardato in ogni caso come un diritto eccezionale in deroga al diritto comune ed interpretato nella sua applicazione con le restrizioni le più adatte a favorire coloro contro cui si fa valere, piuttosto che con le maggiori estensioni adatte a favorire le pretese del belligerante che intenda fare preda.

1294. Si dovrà considerare ognora in opposizione con le leggi della guerra e contro il buon diritto l'esercitare la facoltà di catturare e predare in maniera da allargare quanto più fosse possibile Testensione di essa, giustificando ogni arbitrio col titolo della rappresaglia e del trattamento a reciprocità.

1206. La cattura e la preda delle navi mercantili nemiche non potranno essere fatte validamente che dopo la formale dichia- razione di guerra e a contare dal giorno in cui siano legalmente incominciate le ostilità.

Il sequestro delle navi mercantili nemiche e della proprietà privata nemica effettuato prima della dichiarazione di guerra non

TUóIq vii. - Diritti del MligeranU mi beni del netnieo ^^

potrà in nessun caso essere convertito in sequestro e preda bel- lica dopo la dichiarazione di guerra, ma, salvo il diritto spettante al belliferante di trattenere per ragioni di sicurezza e di polizìa le navi mercantili nemiche, che si trovassero ne' suoi porti al momento in cui la guerra fosse stata dichiarata, incombe ad esso il lasciarle in libertà e l'astenersi dal predare tali navi o la pro- prietà nemica che si trovasse a bordo di esse, riconoscendo le une e l'altra inviolabili e protette dal Diritto vigente durante la pace.

1296. Incombe al belligerante, che intende di esercitare il diritto preda, il concedere ognora alle navi mercantili di parte nemica, che si trovassero già ne' suoi porti o nelle sue acque ter- ritoriali al momento della dichiarazione di guerra, di potere libe- ramente e sicuramente tornare in patria, prescrivendo un limite per la loro partenza e munendole a tal fine di salvacondotto.

Navi e oggetti esenti dalla cattura»

1297. Indipendentemente dall'obbligo assunto col trattato Parigi del 1856, o dall'adesione fatta alle regole di Diritto marittimo mediante esso stipulate, dovrà ritenersi contro ogni diritto l'esten- dere la cattura e la preda alla proprietà privata neutrale che si trovasse a bordo di nave nemica, e alla proprietà nemica cari- cata a bordo di nave neutrale, ma si dovrà bensì ritenere l'una e l'altra inviolabili.

1298. Dovrà ritenersi altresì contro ogni diritto:

a) il dichiarare buona preda quella fatta durante l'armistizio o dopo i preliminari della pace;

b) la preda della nave nemica e della proprietà privata nemica qualora la nave si fosse trovata in viaggio mentre non conosceva l'esistenza della guerra e dia prova piena di ciò ;

e) la cattura dei battelli destinati alla pesca e degli strumenti e del carico di pesce da essi trasportato, salvo solo il caso che fossero adoperati a scopo militare, o che si trattasse di navi destinate

500

Libro IV. Dèlia tutela giuridica dd Diritto iiUemwtiatiaU

alla grande pesca nell'Oceano, come sono quelle addette alla pesca della balena o della foca;

d) la preda delle navi salvate da naufragio o approdate alle coste nemiche per rilascio forzato.

Deve ritenersi ognora contro i principi i di umanità e di ginstizia naturala il profittare degli accidenti di mare per assoggettare alle leggi della guenm coloro che a stento siano arrivati a scampare dal rigore dei flutti. H predare una nave nemica ed il suo carico, dato ch'essa domandi rifugio, deve riguar- darsi assolutamente come Tiolazione dei principii deirequità e della umanità.

1290. Incombe ai belligeranti il dichiarare immuni le navi mercantili di parte nemica impiegate a viaggi di esplorazione o per compiere una missione scientifica qualunque si sia.

1300. Saranno coperte dall' immunità ed equiparate alle navi neutrali, le navi addette ad uso di spedali e che si trovassero nelle stesse condizioni delle ambulanze e delle località addette a spe- dali militari nella guerra continentale.

1301. Alle navi destinate a portare al nemico una comu- nicazione, o un cartello e che siano coperte con la bandiera par- lamentare, dovranno essere applicate le stesse norme che ai par- lamentari nella guerra continentale e sotto le stesse condizioni e restrizioni a riguardo di essi fissate (Conf. reg. 1268 e seg.).

1302. In nessun caso le navi mercantili di parte nemica, dato che dovessero essere sottratte alle leggi della guerra e dichia- rate immuni a norma delle regole precedenti, potranno godere tale beneficio se fossero adoperate ai fini della guerra e non si astenessero rigorosamente dal fare qualunque atto di ostilità.

Piroscafi postali.

1303. Dovrà reputarsi come richiesto dalla tutela degrinte« ressi generali il sottrarre alle leggi della guerra le navi postali destinate a mantenere il servizio della corrispondenza tra lo Stato belligerante e gli Stati neutrali ogni qualvolta ch'esse non siano di proprietà dello Stato, ma appartengano bensì a privati, tutto che sovvenzionate dallo Stato. Qualora però il belligerante pei

Titólù VII. - Diruti del beUigeranU sui beni del nemico 501

fini stessi della guerra avesse interesse d'interrompere la corri- spondenza con certi determinati paesi e Io avesse precedentemente dichiarato, potrà assoggettare alle leggi della guerra anche le navi destinate al servizio ordinario della corrispondenza con quei deter- minati paesi, le quali avessero violato il divieto.

Questa regola potrà essere applicata altresì alle navi che, oltre a fare il servizio regolare della posta, servissero contemporanea* mente agli usi del commercio e che fossero caricate di mercanzia di parte nemica.

Chi può esercitare il dritto di preda e dove.

1304. II diritto di preda durante la guerra marittima dovrà ritenersi attribuito soltanto alle navi da guerra delle parti belli- geranti e alle navi che devono reputarsi aggregate all'armata ed autorizzate ad esercitare i diritti di guerra.

1305. Quando fosse il caso di ritenere autorizzato l'arma- mento dei corsari, non potranno essere riconosciuti tali che coloro soltanto, ai quali sia stata fatta la legale concessione delle lettere di marca per l'esercizio della corsa sotto le condizioni stabilite dal sovrano belligerante, cui spetta concedere le lettere, e, salvo il diritto di ogni nave mercantile aggredita da nave nemica, da guerra, 0 corsara, di difendersi contro di essa e al caso predarla {Confr. reg. 1179), l'esercizio regolare del diritto di preda non potrà essere attribuito che alle navi corsare debitamente autorizzate.

1306. li diritto di preda non potrà essere esercitato che nelle acque territoriali dei belligeranti ed in alto mare, esso non lo potrà nelle acque territoriali degli Stati neutrali, nelle acque che in virtù di trattati siano state dichiarate esenti dai fatti di guerra.

Il belligerante non potrà in tali acque compiere l'attacco inco- minciato in alto mare contro una nave mercantile nemica per predarla.

502 Libro IV, Della tutela giuridica del DiriUo intemazionale

Equipaggi delle navi nemiche predate.

1307. ** Gli equipaggi delle navi mercantili nemiche seqne* strale dovranno essere in ogni caso lasciati in libertà e non potrà essere lecito neanche in Tia di rappresaglia il dichiarare prigio- nieri i marinai delle navi sequestrate e tutte le persone che for- mino l'equipaggio delle medesime, salvo il caso ch'esse siano col- pevoli di veri atti di ostilità, o di assistenza al nemico, o siano presunte tali.

Potrà però il belligerante trattenere provvisoriamente il capi- tano, il padrone, il pilota e qualche altra persona quando occor- resse sottometterli ad interrogatorio per constatare i fatti e le circostanze, e fino a tanto che la presenza di essi non fosse repu- tata necessaria per l'istruzione del processo.

1308. Incombe al belligerante lo sbarcare in luogo sicuro ed ospitale tutte le persone dell'equipaggio della nave mercan- tile nemica da esso sequestrata e che non occorre trattenere come alla regola precedente, e il provvedere, secondo le circostanze possono permettere, al rimpatrio di esse. Non sarà in nessun caso lecito l'abbandonarle in regioni incolte ed inabitate, in loca- lità ove la loro vita o la loro libertà potessero correre qualche pericolo.

Sequestro e validità della cattura.

1309. li sequestro di una nave mercantile di parte nemica e della mercanzia nemica caricata a bordo di essa, anche quando possa essere riguardato come un fatto regolare di guerra, dovrà essere reputato ognora come fatto provvisorio e non potrà attri- buire al belligerante il diritto di far sua la preda che in conse- guenza del giudizio sulla validità della cattura e in virtù della sentenza che abbia pronunziato la validità della preda attenen- dosi alle norme che concernono la legalità della preda marittima e che trovansi indicate al tìtolo XIV«

Titolo ni, ' DiriHi éM ÌMigerante sui leni del nemico^ 503

1310. Per le formalità che dovranno essere osservate in caso di sequestro operato, in virtù delle regole precedenti, dovranno essere applicate le stesse regole che in caso di sequestro per tras- porto di contrabbando di guerra.

Navi mercantili nazionali riprese.

1311. Nessuno Stato potrai senza conculcare il principio che dichiara la proprietà privat^ inviolabile, esercitare il diritto di preda a riguardo di ma nave appartenente alla propria madrina mercantile che sia stata predata dal nemico e ripresa prima che fosse stata pronunziata la smtenza definitiva circa la validità della cattura.

Ogni nave mercantile predata dal nemico, anche che sia stata condotta nd porti di lui, se fosse ripresa da una nave da guerra, dovrà essere restituita senz'altro al suo proprietario. Potrà essere lecito r obbligare soltanto questi a pagare una retribuzione nel caso che fosse stata ripresa da una nave corsara autorizzata; ma in nessun caso potrà essere considerata come proprietà del nemico e assoggettata alle stesse leggi di guerra che concernono la preda fatta al nemico.

504 Libro 1 V. Ddla tutela giuridica del Diritto inUmamonaU

TITOLO vni.

Dell'oconpazlone militare e delle sue oooseffaense ginridiche.

1312. L'occupazione militare è un'operazione legittima di guerra, e potrà ritenersi effettuata allorquando il belligerante si sia messo in possesso di una pjirte più o meno grande del ter-» ritorio del suo nemico, ponendosi in grado di esercitai*e di fatto 8U di esso la sua autorità come sovrano.

L'occupazione militare propriamente detta non è rinyasione, la con- quista. La prima è pare iin*operazione di guerra e denota il fatto del belli- gerante che abbia preso d'assalto una parte del territorio del suo nemico e che profitti delle posizioni occupate pei fini della guerra, applicando al paese nemico la legge marziale durante il suo soggiorno e facendo requisizioni, imponendo contribuzioni di guerra e via dicendo. L'invasione attribuisce pure diritti al belligerante rispetto al territorio occupato in conseguenza dell'assalto. Esso può, senza dubbio, cavar partito dalla posizione conquistata e prendere le dispo- sizioni necessarie per mantenersi nel possesso di essa. Finché però la lotta duri con dubbio successo ed il belligerante non abbia manifestato la sua inten- zione di stabilirsi nel territorio acquistato, impossessandosi di esso ed eser- citandovi regolarmente il potere sovrano, e di surrogarsi nell'esercizio di questo al suo nemico, l'occupazione militare, propriamente ^detta, non potrà ritenersi effettuata.

Come V occupazione diventi effettiva.

1313. L'occupazione militare non potrà ritenersi effettiva, finché duri la lotta da parte degli abitanti del paese invaso, cui spetta il diritto di difenderlo {Canfr. reg. 1163), e finché non siano di fatto cessati gli atti di ostilità legittimi in guerra da parte dei medesimi.

1314. L'occupazione militare dovrà ritenersi effettuata con la presa di possesso del paese nemico da parte di un corpo d'armata che l'abbia occupato; in qualunque maniera avvenga la sottomissione completa di detto paese, o di qual si sia parte di territorio, e degli abitanti: sia stata essa la conseguenza dell'essersi

Titolo VIIL ' DéLV occupazione militarB 505

i medesimi arresi mediante capitolazione, o dell' essere essi im- potenti a continuare nell'attualità la lotta e costretti a sottomettersi di fatto al belligerante e a riconoscerne l'autorità.

Conseguenze immediate deW occupazione militare.

1315. L'occupazione effettuata importa l'attuale sottomis- sione degli abitanti del paese occupato all'autorità del vincitore ed il conseguente obbligo da parte dei medesimi di riconoscere cessato l'esercizio' pubblico delle funzioni della sovranità per parte dello Stato, al quale il paese o il territorio apparteneva, e attri- buito di fatto al belligerante vincitore.

1316. L'obbligo imposto a tutti gli abitanti del paese occu- pato di considerare temporaneamente sospesi i loro rapporti col sovrano del territorio vìnto e di riconoscere la suprema autorità del vincitore di fatto stabilita ed estesa a tutti ì paesi o province militarmente occupati deve reputarsi effettivo, indipendentemente dall'intenzione del vincitore di mantenere più o meno a lungo il possesso del territorio occupato.

1317. Incombe all'autorità militare occupante il prendere tutte le misure che potessero occorrere per mantenere l'ordine ed esercitare il potere sovrano nel territorio occupato, in maniera da assicurare il rispetto delle persone e dei beni e l'ordinato eser- cizio e la giuridica tutela di ogni loro diritto.

1318. L'autorità militare potrà profittare deiroccupazione per ricavarne tutti i vantaggi, ma spetta ad essa l'esercitare i diritti e le funzioni di sovranità dentro i limiti ragionevoli, tenuto conto delle esigenze della guerra e della natura stessa del- l'occupazione militare.

Qnanttinque in principio Tocctipazione militare privi il nemico del possesso del territorio occupato e sostituisca ad esso il vincitore neiresercizio dei diritti di sovranità, pure, siccome tale fatto è soggetto alle eventualità della guerra e non può divenire definitivo che col trattato di pace e con la cessione del territorio occupato, perciò spetta al sovrano occupante il diritto d^dsercitare i suoi poteri; ma dentro i limiti delle necessità. Conseguentemente esso potrà ikre quanto possa essere nell'attualità richiesto per mantenere e difendere il

506

Libro IV. DeUa tutela giuridica del Dh-itto inUmazianàle

possesso del ierrìtorìo occupato ; per prevenire e repriinere qmalimqiie teatatiro diretto a tnrbame il governo ; per assoggettare eil*obbedienxa |^ abitanti di esso ; per tutelare Tordine pubblico ; ma i giusti limiti determinati dalla natura stessa delle cose sarebbero al certo oitrepassati, se egli volesse allaigare II diritto che gli spetta 'di esercitare i sooi poteri sovrani in guisa da agire come se avesse sul territorio occupato la sovranità piena e completa, trattando gli abitanti di esso come suoi sudditi e considerando T occupazione, durante la guerra, alla pari di una conquista definiliva.

Diritti delV occupante rispetto alle persone.

1319. L'occupante potrà assoggettare tutti gli abitanti alla obbedienza e costringerli a riconoscere lo etatu quo^ e a ritenere sospesi temporaneamente i loro rapporti di fedeltà e soggezione al sovrano vinto, ma non potrà costringerli a prendere, rispetto a quest'ultimo, la posizione di nemici e qualificare delittuoso ogni sentimento di patriotismo da parte di essi.

1320. Dovrà reputarsi contro le- leggi della guerra qualunque attentato alla libertà individuale, qualunque atto di servilismo imposto con la forza agli abitanti del paese occupato, qualunque punizione di sentimento di patriotismo che non trascendesse ad atti, i quali potessero essere di per stessi qualificati vere e proprie ostilità.

1321. Sarà reputato sleale ed arbitrario V imporre il giura- melato di fedeltà ai magistrati ed agl'impiegati civili del paese occupato. L'autorità occupante potrà rimuovere i pubblici fun- zionari e richiedere da quelli, che per la necessità delle cose doves- sero essere conservati nell'esercizio dei loro impieghi, che essi diano la parola d'onore di obbedire al Governo di occupazione, finché il vincitore resti padrone del territorio e del paese occupato.

L*imporre il giuramento di fedeltà, propriamente detto, a coloro che forza- tamente devono assoggettarsi alle necessità di guerra, ma che considerano natu- ralmente tuttora sussistenti ed inalteraU i legami con la loro patria, oltre all'essere una garanzia faUace, sarebbe un atto veramente arbitrario e aleale da parte del vincitore, che verrebbe così ad imporre ai funzionari la violazione della loro fede politica.

1322. Si dovrà ritenere come assolutamente contrario alle leggi della guerra e come una vera fellonia il costringere gli abi-

Titolo Vili. - DelVoceupazione militare BOT

tanti del paese occupato a prestare il servìzio militare, o a fare atli di ostilità contro la patria.

1323. Non potrà l'occupante inibire agli abitanti del paese occupato di allontanarsi liberamente da esso, potrà conside» rare tutti gli abitanti in massa come prigionieri di guerra.

Provvedimenti di sicurezza.

1324. Spettano al belligerante occupante non solo il diritto di esigere da parte di tutti gli abitanti la completa sottomissione alla sua autorità e quello di reprimere ogni violazione di tale dovere, ma quello altresì di prevenire ogni tentativo di violazione^ promulgando leggi e pene severissime contro chiunque attentasse o tentasse di attentare airautorità del Governo stabilito e alla sicu-* rezza del corpo di occupazione.

Dovrà nonpertanto ritenersi contro i principii della giustizia intemazionale il decretare le esecuzioni sommarie e la condanna alla pena di morte senza regolare procedura giudiziaria e col solo scopo di atterrire le popolazioni.

1325. Incombe agli abitanti del paese militarmente occu- pato il riconoscere l'autorità del Governo occupante e l'aste- nersi dal fare qualunque atto che potesse direttamente o indiret- tamente compromettere la sicurezza dell'occupante ed attentare ai suoi attuali interessi.

Leggi e condanne penali.

1326. n Governo militare potrà applicare nel paese occu- pato la legge marziale e decretare inoltre quelle misure di rigore che, secondo ì casi, divenissero necessarie. Potrà proclamare Io stato d'assedio ed attuare ogni provvedimento che potesse occor^ rere per mantenere la sua autorità nel paese occupato e per impe- dire l'insurrezione, ma dovrà esercitare nonpertanto il sommo suo potere senza violare sostanzialmente i supremi principii del

^^ Libro IV. ' Della tuUla giuridica del Diritto inUrnazionaU

Diritto penale della guerra, in quello che si riferisce alla respon* sabilità, alla procedura ed al giudizio.

Il Dirilto penale della guerra ha pure i suoi principìi. Il comminare la pena di morte per qualunque reato commesso durante Toccupazione militare si doTrà considerare contro giustizia, e così pure il sostituire alla responsabilità indivi- duale la responsabilità collettiya, come accadrebbe se si volesse, ad esempio, dichiarare responsabili degli atti delittuosi il Comune, nel territorio del quale fossero stati commessi, o il decretare Tesecuzione della pena contro chiunque fosse sospettato colpevole e senza qual si sia forma di giudizio.

1327. La maggiore o minore severità delle pene potrà essere giustificata, avuto riguardo alle maggiori difficoltà attuali di assi- curare e mantenere il possesso del territorio.

In nessun caso però potranno essere giustificate le pene arbi- trarie inflitte dairautorità militare per colpire un atto, senza che previamente fosse stata promulgata in qual si sia maniera, mediante bando, ordinanza, o altrimenti, la pena comminata contro Tatto inibito.

Diritti deJ.V occupante nelV esercizio del potere legislativo.

1328. Non lice all'occupante sconvolgere senza ragione la legislazione civile del paese occupato e mutare il Diritto pub- blico in esso in vigore. L'esercìzio della facoltà ad esso spettante di fare leggi dovrà essere reputato un eccessivo abuso ogniqual- volta che non possa in nessuna guisa essere giustificato con le attuali esigenze della guerra.

1329. Incombe al medesimo il non mutare, durante l'occu- pazione militare, le leggi relative all'ordinamento giudiziario, alle giurisdizioni ed alle competenze, e, salvo quelle materie per le quali debbono essere istituite le giurisdizioni eccezionali in vista delle necessità militari e quelle che sono di competenza dei Con- sigli di guerra, conservare per tutto il resto lo statu quo^ lasciando ai tribunali ordinari di continuare a funzionare regolarmente e di proseguire nell'amministrazione della giustizia*

1330. Incombe all'occupante il provvedere alla regolare amministrazione della giustizia civile e il tutelare e non modificare

Titolo Vili. ' DelV occupazione militare ^^

nel paese occupato con leggi generali lo stato delle persone ed i rapporti di famìglia.

Pubblica amministrazione.

1331. Spetta al Governo di occupazione l'obbligo di prov- vedere ai servizi pubblici ed alla pubblica amministrazione, e potrà a tal fine richiedere che tutti gl'impiegati, l'ufficio dei quali non abbia un carattere politico, continuino nel loro ufficio. Esso non sarà autorizzato a costringere ciascuno di essi, ma potrà non- dimeno ritenere come atto di ostilità il rifiuto collettivo da parte di tutti gl'impiegati della pubblica amministrazione, o di un ramo di essa.

1332. L'esercizio di ogni funzione della Sovranità durante l'occupazione dovrà essere reputato regolare e legale anche per le conseguenze che ne potessero derivare nel campo dei rapporti privati. Saranno validi ed efficaci i contratti fatti dal Governo costi- tuito dell'esercito occupante, le traslazioni di proprietà validamente effettuate secondo le leggi in vigore, e i privati potranno altresì far valere tutti i diritti acquisiti mediante le sentenze pronunziate durante l'occupazione, dato ch'esse debbano reputarsi definitive ed idonee a costituire la cosa giudicata; e così di ogni altro diritto acquisito e perfetto sotto l'impero delle leggi promulgate ed in vigore durante l'occupazione e via dicendo.

Diritti delV occupante rispetto ai beni.

1333. Il belligerante potrà impadronirsi ed appropriarsi senz'altro di tutto quello che si trovi nel territorio del nemico da esso occupato e che appartenga allo Stato. Oltre che delle armi, dei depositi per le truppe e di quanto possa servire agli usi della guerra, potrà impadronirsi inoltre dei materiali di trasporto appar- tenenti allo Stato nemico {locomotive^ attrezzi di strade ferrate, battelli^ ecc.\ dei telegrafi, dei materiali di costruzione e via dicendo»

&H) Libro ir. Della tutela giuridica del Diritto intérnazi&nàk

Potrà inoltre sequestrare il numerario, i fondi esigibili o nego- ziabili appartenenti in proprio allo Stato, sia che tale numerario esista nelle casse, sia che possa pervenire da crediti dello Stato contro privati, sempre che si tratti di crediti scaduti, o che ven- gano a scadere durante l'occupazione.

1334. Il belligerante non potrà impadronirsi della pro- prietà pubblica destinata a scopi pacifici» di culto, beneficenza o istruzione.

Saranno reputati tali gli stabilimenti e i beni che appartengano alle chiese, agli ospedali, agfistituti di carità, quelli destinati alla educazione, le università, le accademie, gli osservatori!, i musei di belle arti e ogni altra fondazione che abbia carattere scienti- fico 0 di beneficenza.

1336. Il belligerante potrà ricavare ogni vantaggio dalla presa

di possesso temporanea di tutte le cose appartenenti al Demanio

pubblico, ma non potrà alienare le cose stesse, salvo solo il caso

. che l'alienazione di una data parte dei beni demaniali non fosse

resa necessaria per le urgenti, attuali esigenze della guerra.

1336. Incombe all'occupante il riguardare ognora come inviolabile la proprietà privata e il non confiscarla sotto alcun pretesto, e il ritenere inviolabile altresì la proprietà comunale. Esso potrà soltanto assoggettare all'espropriazione forzata le cose appartenenti ai privati e che gli potessero occorrere pei fini della guerra, ma con l'obbligo di pagare esso stesso la dovuta inden- nità, 0 di riservare l'obbligo di tale pagamento come potrà essere stabilito nel trattato di pace.

Ài Comuni potrà imporre contribuzioni di guerra a norma delle regole 1287 e seguenti.

Ferrovie e Telegrafi appartenenti a privati.

1337. II belligerante potrà durante l'occupazione militare non solo disporre del materiale ferroviario e telegrafico apparte- nente a società o a privati e di cui possa avere bisogno pei fini

Titolo riU. - Dell'occupazione milUaré ^^^

della guerra, ma potrà regolare altresì con pieno arbìtrio l'ammi- nistrazione di coteste ferrovie e telegrafi in esercizio, facendo salvo soltanto ogni diritto della società o dei privati cui appartengano, onde possa essere regolato alla conclusione della pace. Esso non potrà però appropriarsi il numerario esistente nelle casse della società, e sarà tenuto a regolare Tamministrazione ed il servizio in maniera da non pregiudicare per quanto sìa possibile i diritti della società e quelli degl'impiegati, e a tutelare efficacemente gl'interessi del commercio pacifico.

Diritti delV occupante a riguardo delle imposte.

1338. Il Governo del belligerante durante l'occupazione avrà il diritto di riscuotere tutte le imposte già esistenti secondo le leggi nelle forme e gli usi vigenti nel paese occupato. La facoltà di modificare la legislazione finanziaria o il sistema di percezione, e d'introdurre nuove imposte non può essere negata assoluta- mente all'occupante, ma conviene però che esso, senza necessità, non faccia mutamenti legislativi, e che in ogni caso eserciti i suoi poteri sovrani con grande moderazione.

Una delle modificazioni nel sistema di riscossione deUe imposte durante Toecupazione potrebbe essere quella assoggettare i Comuni a pagare una tassa unica, lasciando a cura dei medesimi la ripartizione di essa tra i con* tribuenti. Il migliore partito è però sempre quello di non modificare per quanto è possibile nella sostanza, nella forma il sistema delle imposte.

Servizi pubblici.

1339. Incombe all'occupante lo spendere il danaro pub- blico riscosso mediante le imposte secondo la naturale destinazione di esso, cioè per provvedere ai bisogni del paese occupato e sopra- tutto ai servizi pubblici, all'istruzione ed ai lavori pubblici»

01 -^ Libro IV.- Della tutela giuridica del JJiritto itUernaxionaU

TITOLO IX. Delle Convenzioid di guerra.

1340. Sono denominate convenzioni di guerra quelle con* eluse tra le parti belligeranti per regolare qual si sia fatto, o qual si sia rapporto fra di loro durante lo stato di guerra.

1341. Le convenzioni per provvedere agi' interessi generali delle armate, e per regolare l'esercizio dei diritti reciproci delle parti belligeranti, durante la guerra, non potranno essere valida- mente concluse che dalla suprema autorità dello Stato.

1342. I comandi militari dell'una parte e dell'altra possono, durante la guerra, concludere validamente nei limiti delle proprie attribuzioni le convenzioni per provvedere :

a) alle necessità dei corpi d'esercito soggetti alla loro autorità ; 6) a quanto possa concernere gl'interessi militari eventuali o temporanei relativi alle operazioni di guerra.

Alla prima categoria appartengono le convenzioni pel ricevi- mento dei parlamentari, per lo scambio dei prigionieri, per dare sepoltura ai morti: la sospensione d'armi, le capitolazioni e gif accordi di qualsiasi natura conclusi con lo scopo di provvedere alle necessità eventuali della guerra e che abbiano per oggetto certi determinati interessi militari.

Alla seconda categoria appartengono tutte le convenzioni di ordine generale che si possono stipulare per tutta la durata della guerra {trattamento della proprietà privata o dei paesi occupati; dei prigionieri; comunicazioni postali e telegrafiche sui territori rispeUivi; convenzioni relative agV interessi commerciali^ ecc.) e le convenzioni stipulate nell'interesse generale delle operazioni militari, o che si riferiscono alla totalità degli eserciti belligeranti {V armistizio ^ i protocolli per stabilire le condizioni preliminari della pace^ ecc.).

Titolo IX. - Delle Convenzioni di guerra ^13

1343. Ogni convenzione di guerra dovrà essere scrupolo- samente rispettata dai belligeranti ed eseguita lealmente e in buona fede.

Sarà reputato contro Tonore militare il violare le promesse fatte al nemico e gli accordi conclusi anche verbalmente.

Sospensione d^armi.

1344. La sospensione d'armi consiste nel sospendere le operazioni di guerra per un tempo determinato e assai limitato {di alcune ore cioè o tutto al più di qualche giorno) in una determi- nata località per un interesse d'ordine generale.

Tale può essere la cessazione temporanea delle ostilità per dare sepoltura ai morti nel campo di battaglia; per fare il cambio di prigionieri o d'infermi ; per negoziare un armistizio ; per lasciare il tempo, in caso di bombardamento di una città fortificata, agli abitanti della medesima, che volessero uscire, di poterlo fare senza pericolo, e via dicendo.

1345. I Comandanti degli eserciti nemici e qualunque Co- mandante di truppa che agisca isolatamente ed indipendentemente dal resto dell'esercito potrà richiedere o accordare la sospensione delle ostilità.

Questa può avvenire altresì per tacito accordo ; ma in tal caso essa non produce le medesime conseguenze giuridiche e le obbli- gazioni reciproche come nel caso di sospensione d'armi concordata.

1346. Il Comandante che vorrà fare la richiesta di sospen- sione d'armi potrà Inviare un parlamentario munito di dichiara- zione che lo autorizzi a trattare in nome di lui col Comandante nemico; questi non sarà tenuto ad interrompere il combattimento, o l'attacco, o le altre operazioni in corso pel semplice apparire del parlamentario autorizzato a trattare la sospensione, ma sarà obbligato soltanto ad osservare le regole stabilite per l'invio ed il ricevimento dei parlamentari.

1347. Il Comandante che abbia ricevuto il parlamentario potrà accogliere o respingere liberamente la proposta di sospensione

33 __ Fiore, Dir. tntern. codif.

51» Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto internazionale

d'armi. Dovrà peraltro reputarsi contro I-onore militare il rifiuto di sospensione d'armi richiesta per scopo umanitario, sopra- tutto ogniqualvolta il Comandante non abbia motivo di dubitare della buona fede del nemico e che non possano derivare incon- venienti o svantaggi alle ulteriori operazioni militari dall'accetta- zione della proposta {Confr. reg. 1258).

Cotiseguenze delle sospensioni d\trm%.

1348. -— Qualora la sospensione d'armi fosse concordata, ! patti relativi alla durata ed alla esecuzione di essa dovranno essere esat- tamente stabiliti o in iscritto o verbalmente, e sarà a cura delle autorità militari il fissare nettamente gli obblighi rispettivi e le reciproche garanzie, e determinare i movimenti delle truppe, e precisare sopratutto le posizioni rispettive in maniera da togliere ogni equivoco e prevenire ogni dubbio.

1349. Stipulata la sospensione d'armi, incombe ai Coman- danti farne sollecitamente la comunicazione alle proprie truppe, ed il ritardo irragionevole sarà considerato come una sleale vio- lazione della sospensione pattuita.

1350. La cessazione delle ostilità da parte delle milizie nemi- che non sarà obbligatoria che a cominciare dal momento in cui la sospensione pattuita sia stata comunicata ad esse direttamente dai loro capi rispettivi.

Potrà peraltro il Comandante delle truppe, che abbia ricevuto la comunicazione, parteciparla al Comandante delle truppe nemiche che avesse a fronte, e questi, senza essere tenuto ad aderirvi imme- diatamente, dovrà tenerne conto e condurre le operazioni in eorso di eseguimento in maniera da non pregiudicare Io scopo della sospensione, cercando in pari tempo di sollecitare la comunica* rione per parte del proprio superiore diretto.

1351. Spirato il termine fissato nella convenzione, le ostilità peti anno essere senz'altro riprese, salvo solo il caso di proroga pattuita con patto espresso.

Tìtolo IX, - Delle Convenzioni di guerra ^*^

1352. In caso di constatata violazione delle pattuite condi- zioni per parte del nemico le ostilità potranno essere riprese imme* diatamenle e la sospensione d'armi concordata sarà considerata senz'altro come non avvenuta.

Capitolazioue.

1353. La capitolazione di guerra consiste in una conven- zione, con la quale siano state stipulate le condizioni della resa di una fortezza, o di una posizione fortificata, o di un corpo di truppa o di armata che abbia cessato di fare resistenza. Essa può essere conclusa tra il Comandante della fortezza, della posizione fortificata o delle truppe costrette ad arrendersi col Comandante di parte nemica che dia l'assalto o il combattimento.

1354. La capitolazione non sarà valida ed efficace se non quando sia stipulata in iscrìtto dai Comandanti e sottoscritta dai medesimi. I patti e le condizioni concordate tra le rispettive auto- rità militari delegate per fissare le basi della capitolazione non potrailno essere reputati efficaci, se non quando siano stati appro- vati e ratificati dai Comandanti.

1355. Sarà reputato contro gli usi della guerra tra popoli civili il rifiutare la domanda di sospensione d'armi fatta dal Coman- dante della fortezza o del corpo d'armata con la dichiarazione di volere capitolare, ogniqualvolta non vi sia alcun pericolo nel- l'accettarla, si abbia alcun motivo per dubitare della buona fede del nemico.

Quello che ptiò formare oggetto della capitolazione.

1356. Sarà in facoltà dei Comandanti il fissare le condi- zioni della capitolazione. Essi potranno però solo concordare le condizioni che sieno entro ì limiti delle loro attribuzioni e dello scopo della capitolazione stessa.

Saranno reputate tali le condizioni relative al trattamento delle

^1^ Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto iwtemazionaU

truppe capitolanti; al modo ed al tempo per uscire dalla fortezza; al modo con cui sai'à effettuata la consegna delle armi, del mate- riale di guerra e di quanto dovesse essere ceduto; al modo di occupazione della fortezza e sue dipendenze, o delle posizioni delle truppe vincitrici ; e altresì quanto possa concernere le operazioni militari, la condizione delle milizie e dei beni appartenenti ai soldati o agli abitanti del paese costretto a capitolare.

Non sarà in potere dei Comandanti lo stipulare circa la situa- zione politica o amministrativa del paese che capitolasse, o di altro territorio appartenente allo Stato vinto, e saranno reputate di ninno effetto le clausole concordate che abbiano relazione a tali materie.

Conseguenze della capitolazione.

1367. -— Tutte le condizioni stipulate con la capitolazione e che non eccedono i poteri dei Comandanti saranno esattamente adempiute e reputate obbligatorie per lo Stato, alla pari di qual- siasi obbligazione assunta da un pubblico funzionario nell'esercizio del suo potere pubblico.

Dovrà però ritenersi contro Tonore militare e come \m arbi- trario ed eccessivo abuso di forza l'imporre condizioni non ono- revoli ad un corpo di truppe costretto a capitolare o ai Coman- danti di esso.

1368. Qualora il belligerante avesse imposto ed ottenuto la capitolazione senza condizioni, potrà esercitare i propri diritti rispetto alle persone, alla fortezza o posizione fortificata ed ai beni, dentro i limiti consentiti secondo le leggi della guerra.

Non sarà mai lecito mettere a morte i soldati o il Comandante, neanche quando abbiano opposto una resistenza ostinata, ma si avrà soltanto il diritto di dichiararli prigionieri in conformità degli usi di guerra.

A riguardo dei beni spetteranno al vincitore gli stessi diritti che in caso dell'occupazione militare del paese nemico.

Titolo IX. - Delie Convenzioni di guerra &17

1369. La capitolazione dovrà essere considerata valida ed efficace con tutti gli effetti che da essa derivano, a riguardo dello Stato contro di cui fu stipulata, anche quando il Comandante della fortezza o del corpo di truppe si sia arreso a discrezione senza esservi costretto da necessità, e, salvo il diritto spettante al so- vrano di sottoporlo al giudizio di un tribunale militare per rendere conto del suo operato, il Governo non potrà disconoscere l'efficacia della capitolazione da lui stipulata.

1360. Incombe al Comandante della fortezza o della posi- zione fortificata, che ablùa sottoscritto la capitolazione, provve- dere a che le proprie truppe non distruggano o danneggino in mala fede le opere di difesa e non esportino le armi, le muni- zioni che siano in loro possesso dopo conclusa la capitolazione e che devono essere consegnate al vincitore. Ogni distruzione e danneggiamento da parte delle truppe dopo la sottoscrizione della capitolazione saranno reputati fatti in mala fede e contro Tonore militare.

Obbligazioni assunte con atto unilaterale.

136L L'onore militare esige che i Comandanti di eserciti o di corpi d'armata adempiano strettamente, lealmente ed in buona fede gl'impegni da essi formalmente assunti mediante proclami, promesse formali ed atti unilaterali in qualunque forma.

Sarà reputato atto di vera fellonia quello di un Comandante militare che violi gl'impegni assunti e che non osservi lealmente quello che solennemente abbia promesso.

Salvacondotto. Liceìize.

1362. n salvacondotto consiste nella concessione fatta da un Comandante con atto scritto ad una o a più persone di attra^ versare la zona di territorio occupata dalle truppe senza essere perquisite o in alcun modo molestate.

La licenza consiste nel permesso di fare certi determinati atti

^IS Libro IV, Della tutèla giuridica del Diritto intemazimaU

che devono in massima essere reputati vietati secondo le leggi generali della guerra, o secondo quelle promulgate con la legge marziale dal Comandante in una data località.

1363. Il salvacondotto potrà essere temporaneo e perma- nente. Il primo non ha valore che pel tempo indicato nella con- cessione stessa; il secondo deve ritenersi valevole per tutta la durata della guerra e finché non sia stato annullato o rivocato.

1364. Il salvacondotto debitamente rilasciato dairautorità competente dovrà ritenersi soggetto alle seguenti norme:

a) concesso per recarsi ad un dato luogo, esso comprende altresì il permesso di poter ritornare, sempre che questo risulti dallo scopo pel quale il salvacondotto fu accordato;

h) la licenza accordata di lasciare un dato luogo implica che alla persona debba essere altresì accordata protezione durante il viaggio, finché non abbia oltrepassato i confini del territorio o le linee della zona occupata dalle truppe ;

e) potrà valersi della concessione la persona soltanto cui il salvacondotto fu rilasciato, e non s'intenderanno comprese neanche le persone di famìglia, quando non sia stata espressamente estesa ad esse la concessione;

d) la persona non avrà facoltà di trasportare mercanzie od altro senza essere munita di permesso speciale;

e) il salvacondotto accordato ad una classe di persone («or- rispondenti di ffiomali^ uffiziali di Potenze neutre deeHnati a stu^ diare le operazioni militari^ ecc.) s'intenderà comprendere tutte le persone che siano in grado di stabilire e provare di apparte- nere alla classe cui fu concesso;

f) il salvacondotto accordato ad un agente diplomatico di Stato neutrale dovrà ritenersi esteso alle persone che secondo gli usi internazionali formano parte del seguito ufficiale dell'agente stesso.

1366. Ogni persona che abbia ottenuto un salvacondotto dovrà osservare gelosamente e lealmente le condizioni sotto le quali le fu concesso, e, qualora le violasse o abusasse della con- cessione a danno del.)>elligerante, potrà essere trattato senz'altro come nemico ed assoggettato alle leggi della guerra.

Titolo IX, ' Delle Convenzioni di guerra ^^^

1366. n salvacondotto potrà essere revocato da qualunque autorità superiore a quella che Io abbia concesso. Dovrà però in tal caso esseme fatta partecipazione all'autorità che Io avesse rila- sciato e alla persona che ne fosse munita, ponendola in grado prendere quei provvedimenti che secondo le circostanze potes- sero riuscire opportuni per mettersi al sicuro.

1367. Il salvacondotto concesso a tempo determinato spira con lo spirare del tempo indicato in esso. Se però la persona cui fu concesso sia stata impedita da forza maggiore di attraversare il territorio occupato dalle truppe, le autorità militari, dopo avere preso notizia ed accertate le circostanze del fatto, dovranno riguar- dare la persona protetta tuttora dal salvacondotto, tenuto conto dello spirito della concessione e delle circostanze.

Salva (jiiar dia.

1368. La salvaguardia consiste nella concessione fatta dal belligerante^ con la quale certe persone o determinate località sono dichiarate fuori delle leggi della guerra e coperte di speciale pro- tezione.

1369. U belligerante che abbia concesso la salvaguardia a stabilimenti, opifici e località d'interesse pubblico, dovrà ritenere immuni anche le persone addette al servizio di tali luoghi e rispet- tare altresì ^ soldati di parte nemica, che si trovassero in essi, e non dichiararli prigionieri di guerra, ma munirli di salvacondotto concedendo ad essi di raggiungere i loro corpi.

Deir Armistizio.

1370. L'armistizio è la convenzione stipulata dai Coman- danti in capo degli eserciti nemici, o dai sovrani degli Stati nemici, la quale ha per oggetto la cessazione temporanea delle ostilità su tutto il teatro della guerra.

520 lAbro IV, - DeUa tutela giuridica del Diritto intemazionale

Qualora tale convenzione fosse limitata ad un perìmetro deter- minato, sarà denominata tregua.

1371. L'armistizio deve avere tutti i requisiti di un trattato, e come tale non potrà ritenersi valido, se non quando sia stato concluso dalle persone capaci a stipularlo validamente.

1372. I Comandanti in capo degli eserciti belligeranti devono ritenersi investiti del potere di stipulare l'armistizio, e, anche quando essi lo avessero concluso sotto la condizione della ratilSca da parte del capo dello Stato, esso produrrà provvisoriamente tutti gli effetti pel tempo fissato dai Comandanti stessi per lo scambio delle ratifiche.

1373. Doyrà essere riguardato scopo diretto deiramiistizio il dare l'opportunità di concordare durante esso le condizioni della pace, senza che intanto vengano ad essere mutate sostanzialmente le rispettive posizioni militari dei belligeranti e senza che avven- gano fatti d'armi, che cambino le situazioni reciproche e che pos- sano influire sul risultato definitivo della guerra.

1374. L'armistizio potrà essere concluso a tempo determi- nato ed indeterminato. In quest'ultimo caso esso produrrà tutti gli effetti fino al momento in cui non sia denunziato dalla parte di uno dei belligeranti.

Anche però quando l'armistizio sia stato concluso a tempo inde- terminato, e sia protratto per una durata più o meno lunga, non potrà mai equivalere alla pace, potrà far ritenere cessato Io stato di guerra.

Il princìpio posto neirultiroa parte della regola tende a fissare esattamente che rarmistizio, anche protratto per un tempo considerevole, non può etpii- -valere alla pace. Altra cosa è il sospendere su tutto il teatro guerra le osti- lità, senza che cessi però Tapplicabìlità del Diritto di guerra, altra cosa è con- cludere la pace, che importa la cessazione immediata dell^applicabilità del Diritto di guerra. L^armistlzio protratto per quanto si voglia a lungo, non è la pace. Fino a tanto che questa non sia conclusa, le ostilità potrebbero essere riprese, e non occorrerebbe una nuova ragione di contesa, e nuove procedure, e nuova dichiarazione di guerra, ma basterebbe soltanto di notificare la cessazione del- Tarmistizio e riprendere e continuare la guerra interrotta. Questo è necessario tener presente, perchè si nei rapporti Diritto pubblico interno, in quelli di Diritto internazionale, durante Tarmìstizio protratto a tempo per quanto si voglia considerevole dovrà essere applicato il Diritto di guerra e non quello di pace.

Titolo IX. Delle Convenzioni di guerra ^21

Co7rìe la convenzione debba essere redatta.

1375. La convenzione d'armistizio dovrà ritenersi perfetta al momento in cui sia stata conclusa e sottoscritta, salvo quanto è detto alla reg. 1372.

Essa spira con Io spirare del termine stabilito nella convenzione, il quale dovrà ritenersi fissato a momenti computando in esso il giorno a quo.

1376. Incombe alle parti contraenti fissare chiaramente e con esattezza le condizioni di armistizio « stabilire precisamente:

a) il giorno e Torà in cui l'armistizio avrà principio e quanto debba durare;

h) le linee principali che segnino i limiti delle rispettive posi- zioni e tutte quelle altre indicazioni che possano valere a deter- minare la situazione dei corpi d'armata, e a stabilire altresì quello che deve ritenersi inibito o permesso all'una parte e all'altra du- rante l'armistizio;

e) fissare il tempo che dovrà decorrere tra la denuncia del medesimo da parte di uno dei belligeranti e la ripresa delle ostilità, qualora non fosse stabilita la durata dell'armistizio.

Obbligazioìii reciproche durante ^armistizio.

1377. Indipendentemente da qualunque accordo espresso dovrà ritenersi assolutamente inibito durante l'armistizio il fare sul teatro della guerra qual si sia lavoro di difesa ; il ricostruire le opere abbattute; l'introdurre munizioni in una fortezza asse- diata; e qual sia altra operazione che possa riuscire utile a rendere più forte la posizione militare dell'una parte o dell'altra; ma non sarà inibito del pari all'una parte e all'altra il fare quello che, senza mutare sostanzialmente le loro rispettive posizioni mi- litari, possa influire a rendere più forte. Tale dev'essere reputato l'istruire le truppe, il fabbricare le armi, il fare lavori di difesa fuori del teatro della guerra ed ogni altra operazione che il belligerante

522 Libro IV, - Uvllct tutela giuridica del Diritto internazionale

avrebbe potuto fare, se la guerra non fosse stata sospesa, e che il nemico non avrebbe potuto impedire, se la lotta avesse continuato.

1378. II belligerante non potrà durante l'armistizio vettova- gliare una piazza assediata o bloccata, ma non gli può essere inibito d'introdurre in essa la quantità di viveri, che possa essere richiesta pel consumo giornaliero della guarnigione.

Ad eliminare ogni vertenza riuscirà opportuno che la quantità sia determinata preventivamente nella convenzione stessa*

Come Varmistizio dev^essere eseguito.

1379. L'armistizio conchiuso che sia, dovrà essere eseguitò lealmente ed in buona fede. Incombe ai Comandanti degli eserciti notificarne la conclusione con la maggiore possibile sollecitudine, e a tutte le autorità militari, che abbiano ricevuta la comunicazione ufficiale, ordinare immediatamente la sospensione delle ostilità.

1380. Le parti contraenti sono tenute altresì ad osservare ed eseguke lealmente le clausole dell'armistizio che concernono I loro rapporti coi privati e con gli abitanti dei paesi da ciascuno di essi militarmente occupati.

Dovrà in ogni caso ritenersi contro l' onore militare e contro le leggi della guerra il fatto del belligerante, che durante l'armi- stizio eccitasse alla rivolta o al tradimento gli abitanti del terri- torio occupato dal nemico, o che eccitasse i soldati di parte con- traria alla diserzione, o che in qualunque maniera la favorisse.

Atti di ostilità durante Varmistizio.

1381. Qualunque violazione dell'armistizio commessa da una delle parti varrà ad autorizzare immediatamente l'altra a denunziare la convenzione e ricominciare le ostilità. Qualora poi la violazione fosse grave, la parte contraria potrà ritenere rotta senz'altro la convenzione d'armistizio.

Non potrà essere reputala violazione d'arnustizio il fatto da parte di un corpo di truppe, che abbia continuato gli atti di osti-

TUolo IX. - Delle Convenzioni di guerra 523

lità dopo che l'armistizio sia stato concluso, ma prima che ad esso fosse stato notificato; salvo solo il caso che il ritardo di notificazione non dovesse ritenersi in mala fede, e sarà presunto tale, quando sia decorso il tempo utile per darne partecipazione.

1382. Gli atti di ostilità da parte di privati o di corpi franchi non dipendenti dalla autorità militare, e che avessero agito di propria iniziativa e senza tacita connivenza della autorità militare o del Governo, non saranno reputati come violazione delle clausole dell'armistizio, ma potranno soltanto autorizzare il belligerante a trattare le persone, che avendo conosciuto la conclusione deirarmi- stizio tali atti avessero commesso^ come ribelli punibili a seconda della legge marziale, o a reclamare la punizione di essi da parte dei Governo nemico, e, qualora fosse il caso di ammettere la responsabilità indiretta del Governo, ottenere altresì di essere re- staurato da lui di ogni danno cagionato dal fatto di tali colpevoli.

Della tregua.

1383. La tregua o armistizio locale non interrompe del tutto le ostilità e la guerra, ma ne sospende le operazioni relativamente a quella parte del territorio a cui la convenzione si riferisca.

La tregua è soggetta alle stesse leggi che l'armistizio e dovrà essere riguardata come una specie di armistizio locale.

Preliminari della pace.

1384. Le convenzioni, con le quali siano stabilite le condi- zioni preliminari della pace, non possono essere validamente con- cluse, che dalle persone competenti a stipulare il trattato di pace, e sono soggette alle stesse regole che i trattati medesimi. I patti mediante esse stabiliti e fissati per addivenire alla conclusione della pace definitiva dovranno ritenersi obbligatorii e venire osservati lealmente ed in buona fede fino al momento in cui i negoziati relativi non siano dichiarati rotti o sospesi.

524 Libro 1 K. - Della tutela giuridica del Diritto iiUtvnazionaU

TITOLO X.

Della NeutralilÀ, e dei diritti e doveri ohe ne oonsesruono.

Concetto e natura della neutralità.

1385. La neutralità è di per stessa uno stato di fatto, e consiste nella completa astensione da ogni atto ostile contro Unno o Taltro dei belligeranti, e da quale si sia atto che possa dar vantaggio all'uno o all'altro di essi pei fini della guerra.

1386. La neutralità potrà essere volontaria, assoluta, con- venzionale.

La prima è conseguenza dell'autonomia di ciascuno Stato e del diritto che gli spetta di provvedere con completa indipendenza a quanto concerne i rapporti suoi con gli altri Stati e di stabilire liberamente la posizione che esso intende assumere nel caso che sia sopravvenuta la guerra.

La seconda è quella che in modo generale ed assolato trovasi imposta nell'interesse comune di tutti gli Stati ad uno di essi, o in virtù di un trattato generale: o di una deliberazione del Congresso : o in virtù del patto costituzionale o delle condizioni concordate pel riconoscimento della personalità internazionale di esso Stato.

La terza può essere la conseguenza di un trattato speciale, in forza del quale uno Stato si sia obbligato verso uno o più Stati ad osservare la neutralità in una data guerra.

1387. A riguardo degli Stati in Unione la neutralità dovrà essere considerata doverosa nel caso contemplato dalla feg. 1028.

1388. La neutralità obbligatoria o assoluta sarà reputata sotto la tutela giuridica collettiva di tutti gli Stati interessati a farla rispettare.

Titolo X. ' Della NeutralUà 525^

Chi abbia diritto di essere reputato neutrale.

1389. Ogni Stato potrà al sopravvenire della guerra dichia- rare e notificare in via diplomatica che intende osservare la neu* tralità. Quando abbia fatto tale dichiarazione e notificazione potrà esigere di essere reputato neutrale, e avrà i diritti che da tale condizione giuridica derivano, a cominciare dal momento in cui tale dichiarazione sia stata da lui fatta.

Tutti coloro, pei quali la neutralità deve essere reputata dove- rosa, saranno considerati senz'altro di pieno diritto neutrali a cominciare dal momento della guerra.

1390. Lo Stato, il quale non abbia dichiarato di voler essere neutrale, ma che si trovi nelle condizioni per essere reputato di pieno diritto tale, essendoché effettivamente non prenda nessuna parte direttamente indirettamente alla guerra, sarà quali-* fìcato neutrale, e potrà godere ed esercitare tutti i diritti, che da tale posizione giuridica derivano, sotto la condizione di osservarne i doveri.

1391. Ogni Stato perderà il diritto di essere considerata come neutrale in una guerra, ogni qual volta che per qual si sia motivo prenda parte ad essa, o presti qualche soccorso al bel- ligerante, o faccia o permetta che si faccia qual si . sia cosa, che di per stessa possa essere qualificata atto di assistenza mili- tare pei fini della guerra.

L'atto di assistenza non perderà il suo carattere come tale, se lo Stato fosse obbligato a farlo in virtù di un trattato preesistente o altrimenti.

1392. Nessuno Stato potrà limitare la sua neutralità ad una parte del territorio soltanto. Cosi come la personalità dello. Stato è indivisibile, indivisibile dovrà essere reputata la posizione di fatto di ciascuno Stato a riguardo dell'astenersi completamente o noa astenersi dal prendere parte alla guerra.

1393. Nessuno Stato che sia alleato del belligerante in una guerra, che questi fa contro uno Stato, potrà pretendere di essere

^26 Libro IV, ' Della tutela giuridica del Diritto internazionale

neutrale in un'altra guerra che sìa fatta contemporaneamente al- trove dal suo alleato.

L'aiuto prestato ad uno Stato in una ^erra fatta da lui è evidentemente nnVssistenza indiretta anche per Taltra gpierra fatta dal medesimo contro un altro Stato, perchè di fatto rende più forte il belligerante contro Tuno e raltro.

Diritti degli Stati Neutrali.

1394. Ogni Stato, che abbia dichiarato la neutrafìtà, potrà difenderla con tutte le sue forze armate. Potranno altresì, gli Stati, che avessero dichiarato di essere neutrali, stabilire un'alleanza fra di loro per difendere con le forze associate la neutralità pro- clamata.

Qualora la guerra fosse stata autorizzata dal Congresso a norma della reg. 1026, gli Stati dell' Unione, che fossero restati neutrali, potranno accrescere gli armamenti per difendere con le armi la neutralità.

1396. À ciascuno Stato neutrale spetta il godimento giuri- dico e legittimo di tutti i diritti, di cui ogni Stato indipendente può godere durante la pace ; esso non potrà però esercitarli, che con le limitazioni rese necessarie dallo stato di guerra.

1396. Nessuna limitazione a riguardo dell'esercizio dei di- ritti dei neutrali potrà essere stabilita a volontà e balia dell'uno o dell'altro belligerante, ma sarà reputata giusta e legittima sol- tanto, quando trovisi contemplata nelle regole, che concernono i doveri dei neutrali, o derivi dalla natura stessa della neutralità.

Quello, che ha reso incerta ed indeterminata la condizione giuridica degli Stati neutrali, è dipeso dalla mancanza di norme precise e sicure circa i doveri della neutralità. Dovendo indubitabilmente ammettersi, che gli Stati neutrali sono tenuti a subire le conseguenze della guerra e ad esercitare i loro diritti con le limitazioni imposte dalie necessità di essa, se fosse lasciato in facoltà dei belligeranti stessi di stabilire a balia le limitazioni, e di determinare la condizioni sotto le quali la neutralità potesse sussistere, ne conseguirebbe, che, qualora il belligerante esagerasse in modo esorbitante le eccezioni e restrizioni deiresercizio dei diritti spettanti ai neutrali, e potesse giustificare ogni pretesa con le volute esigenze della guerra, "questo renderebbe al certo la posizione dei neutrali soggetta ali* arbitrio dei belligeranti. Sarebbe infatti concesso a costoro piena facoltà di allargare sififattamente le limitazioni da mettere i nen-

TUolo X. - Della Neutralità 5^7

trai! Della condizione di non potere esercitare di fatto i diritti, dei quali il godimento giuridico non può essere ad essi negato. A fine di togliere ogni arbitrio intorno a ciò bisogna ritenere in principio, che Tesercizio dei diritti dei neutrali non possa subire altre limitazioni tranne che quelle, le quali siano fondate sulle regole giuridiche, che concernono i doveri della neutralità, esclu- dendo che tali regole potessero essere modificate a Yolontà dei belligeranti in ciascuna guerra a seconda delle esigenze eventuali e delle circostanze.

Vedi pel maggiore sviluppo la mia opera: Diritto intemazionale pubbUeo^ voi. Ili, 3^ ediz.; cap. Considerazioni storiche sulla neutralità (Unione Tip.-Edi- trice); e la traduzione francese fattane da Gharlss Ahtoihe (Paris, Pedona Lauriel, editore).

Inviolabilità del territorio neutrale.

1397. Dovrà essere reputato diritto assoluto di ogni Stato neutrale il nnantenere durante la guerra rìnviolabilità di tutto il territorio e delle sue adiacenze, e di tutte le acque territoriali, e l'esigere che nessun fatto di guerra possa essere consumato in tali località, e che nessuno dei belligeranti possa fare in esse qual si sìa operazione pei fini della guerra.

1398. Incombe ai belligeranti rispettare gelosamente Tin- violabilità del territorio neutrale e delle sue adiacenze e l'aste- nersi dal fare in esso qualunque atto di ostilità o dal compiere in esso qualunque atto o fatto di guerra incominciato fuori della giurisdizione territoriale del Sovrano neutrale.

Qualunque atto di ostilità fatto o compiuto nei luoghi soggetti alla giurisdizione territoriale del Sovrano neutrale sarà reputato contro le leggi della guerra, e sarà conseguentemente ritenuto illegale anche il sequestro di una nave nemica fatto nelle acque territoriali neutrali, quando la nave inseguita si sia rifugiata fn esse, e il belligerante abbia soltanto compiuto l'attacco incomin- ciato in alto mare.

Indipendenza neir esercizio dei diritti di sovranità.

1399. Ciascuno Stato neutrale potrà con la più completa indipendenza esercitare i diritti di sovranità durante la guerra co^ come durante la pace, e, purché l'esercizio di codesti diritti non

528 Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto intemazionale

debba ritenersi limitato a norma delle regole precedenti, o che le circostanze speciali non siano tali da fare attribuire agli atti sovrani il carattere d'ingerenza e di assistenza all'uno o all'altro dei belligeranti, la completa libertà nell'esercizio dei diritti sovrani non potrà ritenersi limitata in considerazione dei pregiudizi even- tuali, che ne possono derivare per l'una o per l'altra delle parti belligeranti.

Qaesta regola può trovare la sua applicazione neUMpotesi che un Governo di uno Stato neutrale abbia riconosciuto un Governo costituito dal partito insorto nel caso di una guerra civile, e avesse considerato questo nel pieno godimento dei diritti spettanti al belligerante riconoscendolo come tale. Non ostante che tale riconoscimento potesse essere considerato come intempestivo dal Governo contro cui la guerra fosse fatta, e che questo qualificasse come ribelli i partigiani impegnati nella lotta politica contro lui; e dato pure che la condotta del Governo dello Stato neutrale potesse essere giudicata come una manifestazione di simpatia in favore del partito insorto, ed un procedi- mento non di buona amicizia verso il Governo costituito, contro cui la guerra fosse fatta, non si potrebbe nonpertanto negare al Governo neutrale il diritto di farlo, l'operato suo potrebbe essere giudicato in ogni caso fuori dei diritti, che gli spettano nella posizione di neutrale (Confr, reg, 75-77).

Libertà del commercio pacifico.

1400. Spetta allo Stato neutrale il diritto di proteggere la libertà del commercio pacifico esercitato dai propri cittadini du- rante la guerra, e di tutelare con ogni maniera la sicurezza della navigazione e l'inviolabilità delle navi appartenenti ai medesimi e delle mercanzie caricate su esse: di tutelare altresì il diritto incontestato spettante ad essi di essere reputati fuori delle leggi di guerra fino a tanto che non abbiano mancato ai doveri della neutralità, e di esercitare il commercio con la stessa libertà che du- rante la pace,' e senza nessuna opposizione non solo se codesto commercio fosse da essi fatto direttamente dai porti neutrali a quelli del nemico, ma di poter continuare ad esercitarlo, se fosse fatto dall'uno all'altro dei porti dei belligeranti a seconda dei trat- tati conclusi durante la pace, e che debbano essere reputati in pieno vigore nonostante la guerra sopravvenuta.

Titolo X - Della Neutralità 529

1401. Incombe ai belligeranti il ritenere in pieno vigore i trattati stipulati durante la pace con gli Stati che, soprav- venuta la guerra, abbiano dichiarato la neutralità, e continuare ad osservare rispetto ad essi tutti gli obblighi assunti in forza di tali trattati, e lasciare che essi e i loro cittadini godano comple- tamente di tutti i diritti e di tutti i vantaggi che ne possano derivare, così come se la guerra, alla quale lo Stato rimanga estraneo, non fosse sopravvenuta.

Siccome la neutralità importa che il Diritto intemazionale relativo ai rap- porti pacifici sussista nella sua integrità tra i belligeranti e lo Stato neutrale, cos* non può essere una ragione sufficiente per sospenderne Tesatta osservanza o per modificare Tapplicazione delle regole in vigore durante la pace, quella dei vantaggi eventuali che dalFosservanza del Diritto stesso possono derivare ai neutrali in conseguenza della guerra sopravvenuta. L* antica teoria, che i belligeranti possono avere il diritto dMmpedire ai neutrali di profittare della guerra, non può ammettersi, e si deve invece ritenere in massima che, sussi- stendo rispetto ad essi integralmente il Diritto della pace, il belligerante non possa agire altrimenti che a norma delle regole che concernono i rapporti reci- proci durante essa.

Doveri degli Stati neutrali.

1402. Incombe a ciascuno Stato neutrale:

a) l'astenersi lealmente e completamente dal prendere parte alla guerra e il non fare nulla che direttamente o indirettamente possa influire a rendere più forte uno dei belligeranti o ad inde- bolire Taltro, e in generale l'astenersi da qual si sia atto che abbia il carattere di assistenza pei fini delia guerra;

b) non permettere o tollerare che una delle parti belli-* geranti faccia nel territorio dello Stato, e sue adiacenze, e nelle acque territoriali qual si sia operazione di guerra, o che compia un fatto qualunque pei fini della guerra;

e) il provvedere con le proprie leggi a che tutte le persone soggette alla sua giurisdizione sovrana rispettino le regole della neutralità ed osservino i doveri che ne conseguono;

d) l'esercitare la dovuta diligenza per impedire che ogni persona soggetta alla propria giurisdizione violi le regole della neutralità e i doveri che ne derivano;

34 FioiiK. Dir. intern. codif.

530 Libro IV. - DtUa tutèla giuridica del Diritto intemazionàU

e) l'impedire coi mezzi dei quali può disporre, e con la stessa dovuta diligenza, i danni eventuali che possono derivare contro Tuno o l'altro belligerante dalla consumata violazione della neu- tralità da parte di privati.

Fatti che possono essere qualificati atti di ostilità.

1403. Saranno reputati atti di ostilità:

a) il soccorso dato ad uno dei belligeranti mediante truppe armate, o mettendo a disposizione di esso una nave da guerra o costruita ed equipaggiata per servire alla guerra, o conceden- dogli ogni forma di sussidio pei fini della guerra;

U soccorso sarà reputato atto di ostUità, anche quando fosse dato con per- fetta eguaglianza alFuna e all*altra parte belligerante.

b) il concedere o tollerare che una delle parti belligeranti si serva del territorio dello Stato per passarvi con i suoi eserciti;

U fatto contemplato ai capiTersi a) e h) non perderà il proprio carattere come tale se lo Stato fosse obbligato a concedere il soccorso o il passaggio in forza di trattato precedentemente concluso.

e) il permettere o il tollerare che una nave da guerra dei belli- geranti faccia nei porti dello Stato o nelle acque temtoriali di lui, una operazione qualunque atta ad accrescere la forza o ad aumen* tare l'armamento militare di essa, o che si provveda di vìveri e di carbone, salvo solo il caso d'imminente necessità, ed in tale evenienza non al di della quantità, che possa occorrere pei bisogni dell'equipaggio e pel tempo richiesto a navigare fino ad un porto del paese della medesima;

cQ il favorire manifestamente la formazione di bande, che siano reclutate nel suo territorio per conto di uno dei belligeranti ;

e) il permettere o il tollerare, che una nave da guerra o una nave corsara dei belligei*anti entri nei porti o nelle acque tem- toriali per vendere gli oggetti predati o per mettere al sicuro la preda. Salvo soltanto il caso di entrata per rilascio forzato o per necessità giustificate, nelle quali circostanze il rifugio potrebbe

Titolo X - Della Neutralità 531

essere concesso ad esse, sotto la condizione però che non ne pro- fittassero pei fini della guerra;

f) il permettere ai cittadini di prendere servizio negli eserciti degli Stati belligeranti, o di accettare lettere di marca a fine di servire come corsari, o di accettare le proposte che fossero ad essi fatte dalle parti belligeranti per l'armamento delle navi da guerra o per partecipare in qualunque maniera air equipaggia- mento o armamento di una di esse, o di un bastimento corsaro.

Fatti che non escludono il mantenimento della neutralità.

1404. Non saranno reputati atti di ostilità o fatti inconci- liabili colla neutralità:

a) il passaggio degli eserciti pel territorio neutrale, nel caso che il belligerante lo abbia attraversato senza averne ottenuta autorizzazione e che il Sovrano di esso non abbia potuto impe- dirlo senza esporsi al pericolo di essere involto nella guerra;

b) Tarrolamento negli eserciti belligeranti da parte dei pri* vati senza autorizzazione del Governo, ogni qual volta che questo abbia applicato ai cittadini dello Stato le leggi in vigore a riguardo di tutte le conseguenze giuridiche, che dallo annoiamento all'estero potessero derivare;

e) il commercio non clandestino ed imparziale delle armi e munizioni da guerra fatto per conto dei privati e a loro rìschio e pericolo, e senza nessuna ingerenza diretta indiretti del Governo per favorirlo;

d) qualunque fatto da parte dei privati (che non possa essere inibito a norma della legge interna) che abbia potuto recare van- taggio ad una o all'altra delle parti belligeranti, ma che sia stato compiuto ad iniziativa dei privati stessi e senza che il Governo abbia fatto da parte sua nulla, che abbia potuto influire a diminuire il rischio dei medesimi e a proteggerli contro le leggi di guerra.

A chiarire il concetto dei principi! stabiliti gioverà tener presente, che ogni Governo non può essere astretto a sospendere Tapplicazione delle leggi in- terne, che permettano Tarrolamento all'estero, il commercio delle armi e delle

^- Libro IV, ' Della tutela giuridica del Diritto iMernazionàU

munizioni da guerra, ì prestiti, i sussidi, la formazione di comitati di soccorso e via dicendo, ma che è tenuto però ad applicarle in modo da escludere qual si sia fondata presunzione di favore indiretto accordato da esso al fatto dei privati ed agli atti di commercio, i quali devono essere da essi fatti ognora a proprio rischio durante la guerra.

Al helligerante spetta sempre il diritto di premunirsi contro tutte le conse- guenze, che possono derivare dal fatto dei privati, esercitando contro di essi i diritti di guerra, e dovrà reputarsi sufficiente da parte del Governo neutrale il lasciare i cittadini senza protezione contro gli atti e le misure prese dai belligeranti e giustificate secondo il Diritto di guerra, e il badare alla leale applicazione dalla parte sua di tutte le sanzioni penali comminate secondo la propria legge contro certi aiti dei privati in tempo di guerra.

1405. Non sarà reputato contro i doveri della neutralità il concedere ai belligeranti di trasportare i feriti ed i malati attra- versando il territorio neutrale.

Belligeranti rifugiati nei porti o nel teì^ritorio neutrale.

1406. Non sarà reputato contro i doveri, che derivano dalla neutralità, l'accordare il rifugio nei porti neutrali alle navi dei belligeranti costrette ad entrarvi da forza maggiore o da infortuni di mare, e raccogliere nel proprio territorio i soldati, che dopo il combattimento vi domandassero asilo, o i corpi d'esercito che, inseguiti dal nemico, vi si rifugiassero, purché però l'adempi- mento di codesti doveri di umanità sia compiuto in maniera da non arrecare pregiudizio diretto all'altro dei belligeranti e in con- formità delle regole seguenti.

1407. Incombe al Governo neutrale proteggere i corpi di esercito, che inseguiti dal nemico si siano rifugiati nel territorio dello Stato, e dovrà provvedere altresì a dare ai militari quanto possa ritenersi richiesto secondo l'umanità pel mantenimento e l'alloggio, salvo il diritto essere rimborsato delle spese dallo Stato cui tali corpi appartengano, ma non potrà permettere ad essi di ritornare al combattimento, se non a condizione che ab- bandonino il territorio neutrale disarmati.

140y. Incombe al Governo neutrale l'imporre alle navi da guerra belligeranti, che si siano rifugiate nei porti dello Stato per rilascio forzato, di non poter riprendere la navigazione che dopo

2tO«^

Titolo X. - Dello NeutralUà 53!

un certo tempo dairarrivo, non minore delle ventiquattro ore, e il non permettere alle navi costrette ad entrarvi per riparare le avarie solOTerte, che di fare le riparazioni soltanto rese indispen- sabili per tenersi in mare e riprendere la navigazione.

Qualora però una nave belligerante si fosse rifugiata nel porto neutrale per iscampare all'attacco del nemico, che la inseguiva con forza superiore , e che era sicuro di catturarla , il Governo neutrale non potrà, senza violare i doveri della neutralità, conce- dere ad essa di riprendere la navigazione per continuare la guerra, ma dovrà bensì trattenerla e non rilasciarla, che dopo avere otte- nuta dal Comandante la parola di non prendere più parte alla guerra.

Questa regola tende a conciliare i doveri di umanità con le esigenze della guerra, e i diritti degli Stati neutrali con quelli dei belligeranti. A riguardo di una nave, che sia entrata nel porto neutrale per rilascio forzato, dovrà repu- tarsi sofflciente Timpedire ad essa di fare qual sia armamento militare e il trattenerla almeno per ventiquattro ore, a fine di impedire così che Tentrata nel porto neutrale formi parte delle operazioni di guerra. Rispetto poi alla nave rifugiata in seguito al combattimento e che abbia profittato della prote- zione del neutrale per iscampare alla forza superiore del nemico che Tinse- guiva, e che abbia cos) evitato il pericolo imminente di essere da lui predata, dovrebbe reputarsi indispensabile il non rilasciarla, che sotto la condizione che essa sMm pegni a non prendere più parte alla guerra. Sarebbe una vera assi- stenza militare se il neutrale potesse non solo impedire al belligerantedi inseguire la nave nemica e predarla nelle acque territoriali neutrali, ma concedere altres alla nave rifugiata di riprendere le ostilità.

Prigionieri sbarcati, e prede abbandonate in un porto neutrale.

1409. Lo Stato neutrale non deve concedere che una nave da guerra, che per circostanza di forza maggiore sia costretta ad entrare in un porto di lui, possa sbarcarvi i prigionieri di guerra, se non a condizione che essi siano messi in libertà, e che sia loro concesso di recarsi disarmati ovunque loro aggradi.

1410. Qualora una nave belligerante fosse costretta da cir- costanze di forza maggiore ad abbandonare in un porto neutrale o nelle acque territoriali neutrali la preda da essa fatta, incombe al Governo neutrale il custodire gli oggetti e metterli a disposi- zione dei loro proprietari; salvo solo il caso che si trattasse di

534 Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto internazionale

.merci qualificate contrabbando di guerra, le quali dovrebbero essere custodite fino al termine della guerra, e non messe a dispo- sizione dei loro proprietari o del catturante, che in conformità di quanto venisse deciso dal tribunale internazionale delle prede.

Diligenza neW osservare i doveri della neutralità.

1411. Ogni Governo di Stato neutrale, che non abbia ado- perato lealmente ed in buona fede la diligenza, che secondo la natura delle cose e le esigenze della guerra deve reputarsi richiesta per la completa osservanza dei doveri della neutralità, sarà tenuto a rispondere di ogni conseguenza della mancata diligenza.

1412. La diligenza richiesta da parte di ciascun Governo dovrà essere determinata tenuto conto delle circostanze, che pote- vano rendere più o meno imminente il pericolo della violazione dei doveri della neutralità, e della preveggenza del danno a pre- giudizio di una o dell'altra delle parti belligeranti, che esso doveva e poteva impedire.

La sua responsabilità sarà poi valutata in ragion diretta dei mezzi, dei quali esso poteva disporre per impedire l'evento, onde allontanare o diminuire il danno effettivo causato al belligerantei e della maggiore o minore solerzia nell'adoperarlu

Colpa per la mancata diligenza.

1413. L'ignoranza da parte di un Governo del fatto com- piuto o progettato dai privati con l'intendimento di violare i doveri della neutralità, non potrà escludere la colpa per la mancata dili- genza dalla parte di lui, ogni qual volta che l'ignoranza stessa, tenuto conto delle circostanze, possa essere ritenuta maliziosa o colpevole.

1414. Nessun Governo neutrale potrà essere reputato col- pevole per la mancata dovuta diligenza, se non abbia con precau- zioni eccessive tutelato gl'interessi dei belligeranti, limitando a

Titolo X - Ddla NeutralUà 535

profitto di essi la libertà dei cittadini oltre quello che consentivano le istituzioni del proprio paese ; ma l'impotenza attuale di un Go- verno neutrale ad impedire la violazione dei doveri della neutra- lità, non potrà escludere la colpa di lui, ogni qual volta che esso non abbia in tempo opportuno provveduto con diligenza ad avere i mezzi legali atti ad impedire la violazione dei doveri della neu- tralità da parte dei privati.

Giudizio arbitrale.

1416. Il decidere intorno alla diligenza, alla quale ogni Go- verno, che lealmente ed in buona fede voglia osservare la neutra- lità, deve reputarsi tenuto nelle circostanze particolari sopravvenute durante la guerra, dovrà essere riguardato come una questione particolare e complessa, e deferito ad un tribunale arbitrale, il quale pronunciando a seconda dei principi! del Diritto e dell'equità potrà, valutando i fatti e le speciali circostanze, decidere circa la mancata diligenza imputabile.

Vedi pel maggiore sviluppo delle regole indicate la mia opera: Trattato di Diritto intemasfionale pubblico, voi. ffl, 3' edizione.

Doveri dei belligeì-anti rispetto ai neutrali.

1416. Incombe ai belligeranti riguardare tutti gli Stati, che al sopravvenire della guerra abbiano dichiarato la neutralità, o che si trovino nelle condizioni per essere legalmente qualificati neutrali, nel pieno godimento di tutti i diritti a ciascuno di essi spettanti nello stato di pace, salvo le restrizioni imposte secondo il Diritto comune per la guerra sopravvenuta.

Incombe altresì ad essi l'astenersi dall' applicare il Diritto di guerra ai cittadini degli Stati neutrali, che non facciano atti di ostilità, e considerarli sotto la protezione del Diritto vigente du- rante la pace, ogni qual volta che essi adempiano lealmente ed

S26 Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto internazionale

neutrale in un'altra guerra che sia fatta contemporaneamente al- trove dal suo alleato.

L^aiuto prestato ad uno Stato in una guerra fatta da lui è evidentemente un'assistenza indiretta anche per Taltra guerra fatta dal medesimo contro un altro Stato, perchè di fatto rende più forte il belligerante contro Tuno e Faltro.

Diritti degli Stati Neutrali.

1394. Ogni Stato, che abbia dichiarato la neutralità, potrà difenderla con tutte le sue forze armate. Potranno altresì, gli Stati, che avessero dichiarato di essere neutrali, stabilire un'alleanza fra di loro per difendere con le forze associate la neutralità pro- clamata.

Qualora la guerra fosse stata autorizzata dal Congresso a norma della reg. 1026, gli Stati deirZ7mon^, che fossero restati neutrali, potranno accrescere gli armamenti per difendere con le armi la neutralità.

1395. A ciascuno Stato neutrale spetta il godimento giuri- dico e legittimo di tutti i diritti, di cui ogni Stato indipendente può godere durante la pace ; esso non potrà però esercitarli, che con le limitazioni rese necessarie dallo stato di guerra.

1396. Nessuna limitazione a riguardo dell'esercizio dei di- ritti dei neutrali potrà essere stabilita a volontà e balia dell'uno o dell'altro belligerante, ma sarà reputata giusta e legittima sol- tanto, quando trovisi contemplata nelle regole, che concernono i doveri dei neutrali, o derivi dalla natura stessa della neutralità.

Quello, che ha reso incerta ed indeterminata la condizione giuridica degli Stati neutrali, è dipeso dalla mancanza di norme precise e sicure circa i doveri della neutralità. Dovendo indubitabilmente ammettersi, che gli Stati neutrali sono tenuti a subire le conseguenze della guerra e ad esercitare i loro diritti con le limitazioni imposte dalle necessità di essa, se fosse lasciato in facoltà dei belligeranti stessi di stabilire a balia le limitazioni, e di determinare le condizioni sotto le quali la neutralità potesse sussistere, ne conseguirebbe, che, qualora il belligerante esagerasse in modo esorbitante le eccezioni e restrizioni deiresercizio dei diritti spettanti ai neutrali, e potesse giustificare ogni pretesa con le volute esigenze della guerra, questo renderebbe al certo la posizione dei neutrali soggetta air arbitrio dei belligeranti. Sarebbe infatti concesso a costoro piena facoltà di allargare siffattamente le limitazioni da mettere i neu-

TUiAo X, DeUu Neutralità 527

trai! nella condizione di non potere esercitare di fatto i diritti, dei qnali il godimento giuridico non può essere ad essi negato. A fine di togliere ogni arbitrio intomo a ciò bisogna ritenere in principio, che Tesercizio dei diritti dei neutrali non possa subire altre limitazioni tranne che queUe» le quali siano fondate sulle regole giuridiche, che concernono i doveri della neutralità, esclu- dendo che tali regole potessero essere modificate a yolontà dei belligeranti in ciascuna guerra a seconda delle esigenze eventuali e delle circostanze.

Vedi pel maggiore sviluppo la mia opera: Diritto intemazionale pubbUeOt voi. Ili, 3* ediz. ; cap. Considerazioni storiche sulla neutralità (Unione Tip.-Edi- trice); u la traduzione francese fattane da Gharlks Antoius (Paris, Pedona Lauriel, editore).

Inviolabilità del territorio neutrale.

1397. Dovrà essere reputato diritto assoluto di ogni Stato neutrale il mantenere durante la guerra TinTiolabilità di tutto il territorio e delle sue adiacenze, e di tutte le acque territoriali, e l'esigere che nessun fatto di guerra possa essere consumato in tali località, e che nessuno dei belligeranti possa fare in esse qual si sìa operazione pei fini della guerra.

1398. Incombe ai belligeranti rispettare gelosamente Tin- yiolabilità del territorio neutrale e delle sue adiacenze e l'aste- nersi dal fare in esso qualunque atto di ostilità o dal compiere in esso qualunque atto o fatto guerra incominciato fuori della giurisdizione t^rìtorìale del Sovrano neutrale.

Qualunque atto di ostilità fatto o compiuto nei luoghi soggetti alla giurisdizione territoriale del Sovrano neutrale sarà reputato contro le leggi della guerra, e sarà conseguentemente ritenuto illegale anche il sequestro una nave nemica fatto nelle acque territoriali neutrali, quando la nave inseguita si sia rifugiata fn esse, e il belligerante abbia soltanto compiuto l'attacco incomin- ciato in alto mare.

Indipendenza neW esercizio dei diritti di sovranità.

1399. Ciascuno Stato neutrale potrà con la più completa indipendenza esercitare ì diritti di sovranità durante la guerra co^ come durante la pace, e, purché Tesercizio di codesti diritti non

528 Libro IV, - Détta tutela giuridica del DiriUo intemazionale

debba ritenersi limitato a norma delle regole precedenti, o che le circostanze speciali non siano tali da fare attribuire agli atti sovrani il carattere d'ingerenza e di assistenza all'uno o all'altro dei belligeranti, la completa libertà nell'esercizio dei diritti sovrani non potrà ritenersi limitata in considerazione dei pregiudizi even- tuali, che ne possono derivare per l'una o per l'altra delle parti belligeranti.

Questa regola può trovare la sua applicazione neiripotesì che un Governo di uno Stato neutrale abbia riconosciuto un Governo costituito dal partito insorto nel caso di una guerra civile, e avesse considerato questo nel pieno godimento dei diritti spettanti al belligerante riconoscendolo come tale. Non ostante che tale riconoscimento potesse essere considerato come intempestivo dal Governo contro cui la guerra fosse fatta, e che questo qualificasse come ribelli i partigiani impegnati nella lotta politica contro lui; e dato pure che la condotta del Governo dello Stato neutrale potesse essere giudicata come una manifestazione di simpatia in favore del partito insorto, ed un procedi- mento non di buona amicizia verso il Governo costituito, contro cui la guerra fosse fatta, non si potrebbe nonpertanto negare al Governo neutrale il diritto di farlo, Toperato suo potrebbe essere giudicato in ogni caso fuori dei diritti, che gli spettano nella posizione di neutrale (Confr. reg, 75-77).

Libertà del commercio pacifico.

1400. Spetta allo Stato neutrale il diritto di proteggere la libertà del commercio pacifico esercitato dai propri cittadini du- rante la guerra, e di tutelare con ogni maniera la sicurezza della navigazione e l'inviolabilità delle navi appartenenti ai medesimi e delle mercanzie caricate su di esse: di tutelare altresì il diritto incontestato spettante ad essi di essere reputati fuori delle leggi di guerra fino a tanto che non abbiano mancato ai doveri della neutralità, e di esercitare il commercio con la stessa libertà che du- rante la pace,- e senza nessuna opposizione non solo se codesto commercio fosse da essi fatto direttamente dai porti neutrali a quelli del nemico, ma di poter continuare ad esercitarlo, se fosse fatto dall'uno all'altro dei porti dei belligeranti a seconda dei trat- tati conclusi durante la pace, e che debbano essere reputati in pieno vigore nonostante la guerra sopravvenuta.

Titolo X - Della Neutralità 529

1401. Incombe ai belligeranti il ritenere in pieno vigore i trattati stipulati durante la pace con gli Stati che, soprav- venuta la guerra, abbiano dichiarato la neutralità, e continuare ad osservare rispetto ad essi tutti gli obblighi assunti in forza di tali trattati, e lasciare che essi e i loro cittadini godano comple- tamente di tutti i diritti e di tutti i vantaggi che ne possano derivare, così come se la guerra , alla quale lo Stato rimanga estraneo, non fosse sopravvenuta.

Siccome la neutralità importa che il Diritta intemazionale relativo ai rap- porti pacifici sussista nella sua integrità tra i belligeranti e lo Stato neutrale, 008* non può essere una ragione sufficiente per sospenderne Tesatta osservanza o per modificare Tapplicazione delle regole in vigore durante la pace, quella dei vantaggi eventuali che dall'osservanza del Diritto stesso possono derivare ai neutrali in conseguenza della guerra sopravvenuta. L'antica teoria, che i belligeranti possono avere il diritto d'impedire ai neutrali di profittare della guerra, non può ammettersi, e si deve invece ritenere in massima che, sussi- stendo rispetto ad essi integralmente il Diritto della pace, il belligerante non possa agire altrimenti che a norma delle regole che concernono i rapporti reci- proci durante essa.

Doveri degli Stati neutrali.

1402. Incombe a ciascuno Stato neutrale:

a) Tastenersi lealmente e completamente dal prendere parte alla guerra e il non fare nulla che direttamente o indirettamente possa influire a rendere più forte uno dei belh'geranti o ad inde- bolire l'altro, e in generale l'astenersi da qual si sia atto che abbia il carattere assistenza pei fini della guerra ;

li) il non permettere o tollerare che una delle parti belli- geranti faccia nel territorio dello Stato, e sue adiacenze, e nelle acque territoriali qual si sia operazione di guerra, o che compia un fatto qualunque pei fini della guerra;

e) il provvedere con le proprie leggi a che tutte le persone soggette alla sua giurisdizione sovrana rispettino le regole della neutralità ed osservino i doveri che ne conseguono;

d) l'esercitare la dovuta diligenza per impedire che ogni persona soggetta alla propria giurisdizione violi le regole della neutralità e i doveri che ne derivano;

34 FioRK. Dir, interri, codif.

^0 Libro ir. ' Della tutela giwHdica del Diritto inUmazionàU

il commercio dei neutrali è stato ristretto senza giustificati criteri, avendo cia- scuno dei belligeranti enumerato secondo il proprio arbitrio gli oggetti di con- trabbando di guerra, ed assoggettato alle leggi, che colpiscono il trasporto del contrabbando, ogni nave che trasportava gli oggetti dei quali il commercio era stato da lui inibito. Ammettiamo che particolari esigenze possano giustificare di accrescere in date circostanze oltre i giusti limiti gli oggetti dei quali debba essere vietato il commercio. Però nessun belligerante potrebbe arrogarsi verona giurisdizione rispetto a tutti gli Stati dichiarando il commercio degU oggetti da lui indicati quale contrabbando di guerra, altrimenti si verrebbe ad ammettere che esso medesimo potesse far la legge, con cui fosse derogato al Diritto comune, ed assoggettare poi tutti alle sanzioni penali secondo il Diritto inter- nazionale in caso di violazione. Laonde, qualora per le particolari circostanze divenisse veramente necessario Tinibire il commercio di certi oggetti, il divieto fatto dal belligerante mediante ordinanze promulgate al cominciamento della guerra, non potrebbe divenire efficace a qualificare il commercio degli oggetti inibiti contrabbando di guerra, che nel caso che i Governi degli Stati neutrali avessero riconosciuto nel commercio inibito il carattere deirainto o assistenza ai fini della guerra, ed avessero imposto ai cittadini di astenersi dal fare il trasporto di quei determinati oggetti, dichiarandoli compresi tra quelli di contrabbando.

Contrabbando di guerra convenzionale.

1427. La categoria degli oggetti di contrabbando potrà essere allargata oltre i limiti fissati nella regola precedente in virtù di patti speciali espressamente concordati tra Io Stato belligerante e altri Stati coi trattati o stipulati precedentemente per essere reciprocamente obbligatorii in qual si sia guerra, o conclusi al cominciamento della guerra. In questo caso l'estensione del con- trabbando sarà valevole soltanto tra gli Stati, che avessero con- cluso il trattato, e la proibizione di trasportare gli oggetti indicati sarà efficace a riguardo soltanto dei cittadini degli Stati, che aves- sero sottoscritto il trattato.

Ammettendo che la categoria degli oggetti di contrabbando possa essere estesa in virtù di un trattato, veniamo a dire che il divieto oltre i limiti fissati se- condo il Diritto comune può essere allargato in virtù del Diritto convenzionale, ma limitatamente ai cittadini degli Stati, che avessero stipulato il trattato. Questo non modifica, ma ribadisce la nostra regola, che cioè il concetto del contrabbando di guerra secondo il Diritto internazionale, e la conseguente appli- cazione delle regole di Diritto internazionale che lo concernono, devono rite- nei'si fìssati secondo il Diritto comune, e che tutto ciò non può essere determi- nato dai Governi belligeranti in occasione di ciascuna guerra, ma che può essere bensì soltanto modificato in virtù del Diritto convenzionale, ma limitatamente alle persone che possono essere assoggettate all'osserranza del trattato.

Titolo XI. - Del contrabbando di guetTa ^*

Diritto del belligerante dHnibire il commercio di certi oggetti.

1428. Il belligerante può per le esigenze della guerra inibire il trasporto di certi oggetti al nemico, ed impedire colla via di fatto che essi arrivino in potere di lui, salvo però l'obbligo d'in- dennizzare di ogni danno i privati da lui forzatamente assoggettati alle esigenze della guerra.

Per spiegare il concetto della proposta regola osserviamo, che non si può assolutamente escludere che in certe evenienze il belligerante possa avere il diritto dMmpedire che arrivino al nemico certi determinati oggetti, dei quali egli abbia pressante bisogno e di cui la mancanza arrecherebbe a lui nocu- mento sicuro e minor forza per continuare la guerra. L'inibizione e la via di fatto per renderla effettiva sarebbero giustificate come qual si sia operazione di guerra rispetto a tutti, imperocché nessuno può dÌ8:onoscere che la guerra è di per so stessa un fatto di forza maggiore idoneo a modificare 1* autorità dei principii di Diritto comune. Evvi durante la guerra un complesso di diritti fondati sulla necessità dell'attacco e della difesa, e tra questi va pure anno- Terato il diritto di espropriazione forzata che si afferma colle requisizioni, colle somministrazioni forzate e via dicendo. Deve quindi ammettersi che il belli- gerante per indebolire il nemico possa pure impedire che certi oggetti arrivino nelle sue mani a fine di togliergli così la forza della resistenza o i mezzi di cui abbisogna per continuare la guerra.

Quello che egli non può fare si è di trasformare la nozione giuridica del fatto suo, nel senso cioè di attribuire a quello, che egli può lecitamente fare come operazione di guerra, il carattere che ha Tesercizio del diritto spettante al belligerante secondo la legge intemazionale, di considerare cioè il trasporto come contrabbando di guerra, non neutrale chi trasporti al nemico gli oggetti da luì qualificati contrabbando e di assoggettarlo alle sanzioni penali stabilite secondo il Diritto internazionale contro chiunque violi i doveri di neutralità*

Per tali ragioni noi ammettiamo il diritto del divieto come fondato sulle ne- cessità della guerra : consideriamo il divieto come un fatto di forza maggiore giustificabile come ogni altra operazione di guerra, e conseguentemente am* mettiamo in pari tempo che il belligerante debba indennizzare i privati che patiscono il danno del sequestro in transUu della merce trasportata per conto o a destinazione del nemico, essendo che il trasporto non possa essere quali* ficato contrabbando di guerra, ma può essere non per tanto inibito soltanto pei fini del belligerante e nell'in teresse esclusivo lui.

Destinazione della merce o della nave.

1429. Tutti gli oggetti, che a norma delle regole precedenti possono essere qualificati tra quelli di contrabbando di guerra, sa- ranno soggetti alle leggi di guerra, che concernono il loro trasporto,

542 Libro IV, - Della tutela giuridica del Diritto internazionale

quando siano diretti all'una o all'altra delle parti belligeranti, con falsa destinazione o per mezzo d'interposte persone.

1430. Sarà presunta diretta al belligerante di parte nemica la merce di contrabbando caricata a bordo di nave neutrale ogni qual volta questa nel corso del suo viaggio debba toccare un porto del medesimo, nonostante che il porto di destinazione sia neutrale, o quando nel corso del suo viaggio essa debba appog- giare nelle acque, ove si trovi la squadra nemica o una parte di essa.

Potrà del pari essere presunta ostile la destinazione della merce, se la nave navighi fuori della rotta regolare per il porto di desti- nazione indicato dalle carte di bordo, o quando le carte e i docu- menti esistenti a bordo apparissero falsi, o simulati, o alterati.

1431. Ogni nave neutrale, la quale sia stata noleggiata da uno dei belligeranti, sarà reputata noleggiata per un fine militare e al servizio attuale del nemico, o come destinata a prestare ser- vizio a lui, e sarà come tale qualificata contrabbando di guerra.

Trasporti inibiti ed assimilati al contrabbando di guerra.

1432. Saranno assimilati al contrabbando di guerra i tras- porti per conto o a destinazione del nemico fatti in tempo di guerra, che abbiano il carattere di assistenza militare.

Saranno qualificati tali il trasporto di soldati o ufficiali; il tras- porto dei dispacci; il trasporto del carbon fossile; il trasporto degli agenti del partito belligerante, subordinatamente alle regole seguenti.

Trasporto di soldati e ufficiali.

1433. Sarà qualificato come atto diretto di assistenza mi« litare ed assimilato al contrabbando di guerra il fatto di una nave, che si sia volontariamente prestata a trasportare i soldati al bel- ligerante, 0 che si sia prestata scientemente e volontariamente a

Titolo XL - Dd contrabbando di guerra «^^

trasportare al medesimo ufficiali, o persone inviate per un fine militare o per un pubblico servizio in relazione ai finì della guerra.

Una nave neutrale, la quale fosse stata costretta con la violenza o con la forza a trasportare i soldati o i marinai all'uno o all'altro dei belligeranti, non potrebbe essere reputata colpevole di violazione di neutralità, ed è per questo che il trasporto non può essere imputabile ad essa, se non che quando abbia accettato volontariamente di fare tale servizio per conto del belligerante, n trasporto di un ufficiale o comandante, anche quando fosse volontariamente fatto, non può essere imputabile alla nave neutrale, quando essa dia la prova piena che, benché abbia volontariamente accettato tale servizio, ignorava com- pletamente la condizione della persona o delle persone da essa trasportate come passeggierì. La nostra regola tende quindi a stabilire che la nave neu* trale non possa essere trattata come nemica, se non che quando abbia volon- tariamente e scientemente commesso un atto di assistenza militare.

Trasporto di dispacci.

1434. Sarà assimilato al contrabbando di guerra il fatto di una nave che volontariamente abbia accettato di trasportare i dispacci di un'autorità militare a chiunque essi siano diretti, o quelli indirizzati ad un'autorità militare da chiunque essi siano spediti, e il fatto della nave che trasporti da uno all'altro porto di una parte belligerante i dispacci di un pubblico funzionario dello Stato diretti ad un altro pubblico funzionario dello Stato medesimo, e quelli di una nave che scientemente e volontariamente si sia prestata al trasporto della corrispondenza pei fini della guerra {Confr. reg, 1438).

Quello che ci sembra indispensabile nel caso di trasporto di dispacci per qualificare come atto di ostilità l'operato della nave, che si sia a ciò prestata, è l'avere essa scientemente e volontariamente inteso di apportare con l'atto suo un soccorso al belligerante, dacché in tal guisa diverrebbe anch'essa nemica» alla pari di chiunque si proponga di recare un aiuto qualsiasi al nemico. Allora quando la nave si presti a portare i dispacci di un'autorità militare, non può ignorare che l'atto suo è di per stesso un soccorso e che cosi facendo faccia un atto di ostilità. Tale attitudine da parte sua la pone quindi nelle con- dizioni per essere trattata come nemica. La sua intenzione ostile non può essere del pari esclusa quando essa si presti volontariamente a fare da corriere portando un dispaccio di un pubblico funzionario dello Stato belligerante diretto ad altro funzionario di questo, ovunque essa debba poi al medesimo consegnarlo. A riguardo poi di ogni altra forma di corrispondenza, la condizione di essersi essa prestata conoscendo lo scopo della corrispondenza ci pare indispensabile. Per tale considerazione nella seconda parte della regola é detto scientemenU

544 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto internazionale

e volontariamente, perchè soltanto quando la nave neutrale faccia spontanea^ mente qualche cosa a vantaggio del nemico, diviene nemica. Se essa avesse trasportato il dispaccio ignorandone la provenienza e in buona fede, e potesse darne prova piena, Toperato suo non potrebbe essere qualificato atto di ostilità.

Trasporto del carbon fossile.

1435. Sarà assimilato al contrabbando di guerra il trasporto del carbon fossile per conto del belligerante, se esso sia destinato alle autorità militari residenti in qualunque parte dello Stato bel- ligerante, 0 se sia destinato ad una nave che faccia parte dell'ar- mata, in qualunque luogo debba essere consegnato.

Trasporto degli agenti diplomatici.

1436. Non sarà assimilato al contrabbando il trasporto degli agenti diplomatici dello Stato belligerante.

In caso però di guerra civile, una nave che scientemente e volontariamente si presti a trasportare gli agenti del partito rivo- luzionario, che faccia la guerra, può essere reputata colpevole di trasporto illecito assimilato al contrabbando di guerra.

Non si può stabilire in massima che il trasporto di agenti o commissari di una parte belligerante, possa essere assimilato al contrabbando di guerra. Con- viene bensì che, avuto riguardo alle circostanze, si possa ravvisare nel fatto rintenzione diretta a prestare assistenza e soccorso pei fini della guerra. Se il trasporto non abbia il carattere vero e proprio di atto di ostilità e di aiuto al belligerante per fare o continuare la guerra, non puossi ravvisare nel fatto del trasporto il carattere di trasporto ostile e molto meno poi assimilarlo al contrabbando di guerra.

Oggetti che non possono essere compresi nel contrabbando di gueì'ra.

1437. Non saranno comprese tra gli oggetti di contrabbando di guerra le armi e le munizioni, che si trovino a bordo di nave neutrale e che si debbano ritenere destinate ad uso di essa e pei bisogni della sua difesa.

Titolo XI. Del contrabbando di guerra 545

1438. Non sarà assimilato al contrabbando di guerra il tras- porto della corrispondenza ordinaria contenuta nelle valigie postali destinate ad un porto nemico e provenienti da porto neutrale, il trasporto di dispacci provenienti dai Ministri o Consoli dello Stato belligerante accreditati o residenti in un porto neutrale e diretti al proprio Governo.

Non essendo interrotti durante la guerra i rapporti diplomatici tra gli Stati belligeranti e gli Stati neutrali, bisogna pure ammettere che la corrispondenza dei Ministri e dei Consoli residenti negli Stati neutrali col proprio Governo, non possa essere interrotta per la guerra sopravvenuta.

1439. Non sarà qualificato contrabbando di guerra il fatto da parte di nave neutrale, che volontariamente si sia prestata a trasportare ì cittadini dell'una o dell'altra parte belligerante resi- denti all'estero, e che per la guerra sopravvenuta si siano imbar- cati per recarsi nella loro patria, anche quando vi sia ragione di supporre, che essi vi si rechino per prendere parte alla guerra.

Coloro che emigrano anche coli* intendimento di arrolarsi come volontari negli eserciti del loro paese, non possono al certo essere qualificati come sol- dati, nò conseguentemente il fatto del trasportarli assimilato al trasporto dei soldati inibito come alla regola 1433*

Sanzioni penali pel trasporto del contrabbando di guerra.

1440. Il trasporto del contrabbando di guerra, sia esso fatto da nave mercantile nemica o da nave neutrale, renderà appli- cabili le sanzioni penali stabilite secondo il Diritto comune o se- condo il Diritto convenzionale, per impedire e reprimere tale fatto illecito di assistenza durante la guerra.

Le sanzioni penali però non potranno essere applicate che a! fatti, che possano essere qualificati contrabbando di guerra secondo le regole innanzi stabilite.

1441. Le sanzioni penali per impedire il trasporto del con- trabbando di guerra non possono assumere carattere e natura di pena per reprimere il fatto, come se esso fosse un reato impu- tabile, ma devono bensì essere ordinate a tutelare il diritto di legittima difesa spettante al belligerante contro il nemico di lui.

35 Fiore, Dir. intern. codif.

546 Libro IV. - Della tutela giuridica del DiHtto intemazionale

Esse non possono quindi essere esagerate ed aggravate a fine di rendere cosi più efficace la repressione, ma devono bensì essere ristrette e limitate a quanto possa occorrere per far salvo il diritto della difesa.

1442. Incombe ai Governi degli Stati civili lo stabilire di accordo un regolamento intemazionale circa le sanzioni penali adatte ad impedire i fatti illeciti di assistenza militare in tempo guerra, a fine di eliminare cosi ogni arbitrio in questa materia tanto delicata.

Finché non si verificherà l'accordo intomo a ciò, le sanzioni penali non potranno essere giustificate, se non quando esse siano conformi ai principii generali del Diritto internazionale.

Sanzioni penali secondo i principii generali del Diritto internazionale.

1443. ÀI belligerante spetta il diritto di confiscare tutti gli oggetti da lui trovati a bordo di navi neutrali, i quali costituiscano il contrabbando di guerra secondo il Diritto internazionale.

1444. Il belligerante potrà arrestare e ritenere la nave che trasporti gli oggetti di contrabbando, tanto quanto possa essere richiesto per operare la confisca di detti oggetti e trasportarli in luogo sicuro.

1445. Il diritto di predare la nave neutrale, che trasporti il contrabbando, può essere attribuito al belligerante nel solo caso in cui essa pel fatto dell'assistenza militare possa essere assimi- lata ad una nave nemica.

A ciò occorrerà che i fatti e le circostanze siano tali da fare ritenere la nave colpevole di partecipazione attiva alle ostilità.

1446. Si potrà ritenere la partecipazione attiva alle ostilità nei seguenti casi di fragranza:

a) quando la nave si sia prestata volontariamente e scien- temente a trasportare soldati al nemico;

Titolo XL - Del contrabbando di guerra M7

h) quando scientemente e volontariamente sia stata noleggiata per trasportare dispacci al nemico nelle circostanze richieste, a fare assimilare tale trasporto al contrabbando di guerra;

e) quando essa sia stata noleggiata per trasportare viveri e provvisioni alle navi da guerra o all'esercito;

d) quando essa sia destinata ad essere messa a disposizione del belligerante;

e) quando la merce di contrabbando da essa trasportata costituisca la parte principale del carico {tre quarti^ o non meno di^due terzi);

f) quando in seguito all'essere sospettata di trasportare il contrabbando abbia resistito colla forza a sottomettersi alla visita.

Le regole proposte si fondano sul concetto che il Diritto eccezionale vigente durante lo stato guerra, può attribuire al belligerante il potere d'impedire qualsiasi alto da parte dei neutrali, dal quale possa derivare a lui un danno per gl'interessi della propria difesa , però senza che egli possa assumere la posizione di legislatore, colla potestà di costringere tutti a rispettare i propri decreti e di applicare a titolo di pena le sanzioni più severe per atterrire onde intelare più efficacemente i propri interessi. Cosi si verrebbe ad ammettere che il belligerante potesse vantare un diritto di giurisdizione in alto mare, quali- ficare reati i fatti che ledessero i suoi dùitti, ed assoggettare alle sanzioni penali da lui comminate coloro che avessero contravvenuto al divieto da lui promulgato per tutelarli. Che conseguentemente per rendere più efficace la repressione po- tesse esser lecito altresì di aggravare la pena confiscando anche la nave che trasporti gli oggetti da lui dichiarati contrabbando di guerra, col pretesto di tutelare in tal modo i propri diritti mediante la maggiore intimidazione contro coloro che tentassero di lederli. Posto invece il più giusto concetto, che cioè tutto il diritto del belligerante si riassume nel provvedere efficacemente alla propria difesa, e di assoggettare alle leggi della guerra il nemico soltanto, in quanto egli faccia atti di ostilità reali ed attuali, ne consegue, che egli possa indubitabilmente impadronirsi degli oggetti qualificati contrabbando di guerra, ma non della nave che li trasporti, perchè il fatto puro e semplice del trasporto può essere reputato atto di commercio e d'altra parte egli non può vantare giurisdizione per punire chi abbia contravvenuto al divieto. Se tutti gli Stati si accordassero nel qua- lificare il contrabbando di guerra come un reato di Diritto intemazionale, e stabilissero pure d'accordo che dovesse essere soggetta alla confisca la nave che lo avesse commesso, la confisca della nave potrebbe essere giustificata in conseguenza della violazione della legge comune dagli Stati proclamata, ma nelle condizioni attuali il belligerante non può esercitare che i diritti eccezionali che a lui spettano durante lo stato di guerra ed avuto riguardo ai fini della guerra. Ora secondo questi la confisca della nave, che trasporti il contrabbando, non può essere giustificata.

É diverso il caso in cui la nave co' suoi atti partecipa attivamente alle ostilità, come accadrebbe nei casi da noi contemplati. Quando essa compie un fatto di assistenza militare tanto grave da poter essere reputata nemica, ò ragionevole

^^ Libro IV. - Della tutela giuridica dd Dit-iUo internazionale

che possa essere assimilata ad una nave privata aggregata alle navi militari adoperate pei fini della guerra.

In ogni altro caso è ragionevole ammettere soltanto, che la nave, la quale a suo rischio e pericolo intraprenda il trasporto illecito, debba sottostare a tutte le conseguenze che ne possono derivare, e che se il belligerante interrompa il suo viaggio, se l'obblighi a fermarsi, se per mettere al sicuro gli oggetti di contrabbando la costringa a trasportarli in uno dei porti dello Stato, essa di nulla possa dolersi, perchè subisce le conseguenze del fatto illecito e del rìschio, ma quando il belligerante abbia così provveduto alla tutela dei propri diritti, non può domandare altro alla nave, perchè non si può dire che essa col trasporto del contrabbando abbia preso parte attiva alle ostilità e conseguen- temente deve ammettersi che non possa essere trattata come nave nemica.

Vedi pel più largo sviluppo del nostro concetto Tarticolo da noi pubblicato nelle Pandectes Frangaiseè^ voce Contré>ande de guerre^ e Topuscolo sullo stesso argomento tradotto e pubblicato a Madrid: Rtvigta de legialaeiont 1896. *

1447. In nessun caso il belligerante potrà confiscare la parte di carico lecito che si trovi a bordo della nave che trasporti il contrabbando.

I proprietari della merce lecita però non potranno esigere dal belligerante il rifacimento dei danni derivanti dall'interruzione del viaggio o dal sequestro della nave, ma saranno tenuti a rivolgere le loro azioni contro il capitano o contro l'armatore.

Anche nellMpotesi che il carico lecito e Tillecito appartenessero allo stesso proprietario, non si potrebbe mai giustificare la confisca del carico lecito. Tale estensione assumerebbe infatti carattere vero e proprio di pena, ed abbiamo già detto che la confisca in caso di contrabbando deve essere ristretta dentro i limiti richiesti dal Diritto di guerra. Si può soltanto ammettere che quando il belligerante abbia diritto di ritenere la nave che trasporti il contrabbando o di confiscarla nelle circostanze eccezionali sopra menzionate, possa interrompere il viaggio della nave, e che esercitando cosi il proprio diritto non debba essere tenuto al rifacimento dei danni che ne possono derivare. Di questi deve rispon- dere il capitano o Tarmatore, secondo i principii del Diritto comune relativi al contratto di trasporto, i quali determinano la responsabilità delFuno o dell'altro rispetto ai proprietari della merce pei danni eventuali che durante la navigazione siano cagionati ai medesimi per colpa di chi sia preposto al governo della nave.

1448. Incombe agli Stati civili che sottoscrissero la dichia- razione fatta dal Congresso di Parigi del 1856, o che aderirono alla medesima, l'eliminare ogni incertezza circa le regole di Diritto marittimo in tempo di guerra, determinando d'accordo quello che deve essere qualificato contrabbando di guerra, e fissando le san- zioni penali per tutelare il diritto spettante al belligerante d'im* pedhre i trasporti illeciti in tempo di guerra.

Titolo XIL - Del blocco $ dei suoi rapporti coi neutrali 549

TITOLO XIL Del bloooo e dei suoi rapporti ooi neutrali.

In che consista il blocco e contro quali luoghi

possa essere effettuato.

1449. -— n blocco è una delle operazioni di guerra che consiste neir investimento di una costa del nemico effettuato per inter- cettare ogni comunicazione per la via di mare, e mantenuto con un numero di navi, che realmente ed effettivamente siano in grado d'impedire con la forza a guai si sia nave, che voglia attraversare il cordone di blocco, di potere ciò fare senza esporsi ad essere colpita dai cannoni delle navi stazionanti.

1450. II belligerante potrà effettuare il blocco contro qual si sia parte della costa del proprio nemico, e attuare tale ope- razione di guerra non solo contro i porti militari o fortificati, ma altresì contro i porti di commercio o qualunque parte della costa rispetto a cui, pei fini della guerra, intenda interrompere ogni comunicazione.

1461. Non potranno essere assoggettate al blocco le im- boccature dei fiumi internazionali : gli stretti, neanche quando le due rive di uno di essi appartengano allo Stato nemico : i canai! navigabili interoceanici.

Questa regfola mira a stabilire che, indipendentemente degli accordi inter- nazionali circa la neutralità degli stretti e dei canali interoceanici, come è quello di Suez, il diritto del belligerante di bloccare tali località e le imboccature dei fiumi intemazionali deve ritenersi negato secondo i principi! del Diritto co- mune, altrimenti ne seguirebbe, che T operazione di guerra contro il nemico colpirebbe anche i neutrali, che hanno il diritto di servirsi di tali vie di comu* nicazione.

1462. II belligerante non potrà assoggettare al blocco i pro- pri porti ed applicarvi le leggi di guerra, che concernono il blocco

&^ Libro IV.' Della tutela giuridica del Diritto inUniaziù%alt

dei porti nemici. Potrà però durante la guerra dichiarare chiuso uno o più dei propri porti, e adoperare la forza per impedire alle navi neutrali di entrare in essi.

Qualora però i porti nazionali fossero caduti in potere del ne- mico, potrà durante l'occupazione militare essere effettuato contro di essi il blocco, sotto le stesse condizioni, per renderlo effettivo ed obbligatorio, stabilite pel blocco dei porti nemici e indicate alle regole seguenti.

Quando il blocco debba riteneì'si legalmente stabilito.

1453. Il blocco non potrà ritenersi de facto esistente, se non quando esso sia reale ed effettivo, e non sarà reputato tale se non quando tutte le navi, che formino la squadra di blocco, siano stazionate permanentemente ed in maniera da formare effettiva- mente un arco di cerchio dinanzi al porto o alla costa bloccata, e da escludere la probabilità di patere una nave attraversare il cordone di blocco senza esporsi al fuoco dei cannoni con grave pericolo e danno imminente.

1464. Come operazione di guerra, il blocco non sarà repu- tato efficace ad attribuire al belligerante i diritti, che ne derivano anche a riguardo dei neutrali, con la facoltà di applicare contro di essi le sanzioni penali in caso di violazione, se non quando esso sia reale ed effettivo a norma della regola precedente.

Le regole, come sono da noi formulate, tendono ad escludere qual si sia dubbio a riguardo delPesistenza del blocco, ed a stabilire che esso non possa reputarsi legalmente esistente, se non quando il belligerante abbia circondato realmente il porto, la rada o costa del nemico da lui bloccati, facendo stazio- nare un numero di navi, le quali facciano effettivamente nn arco di cerchio intorno al porto o alla costa bloccata, di maniera che nessuna nave possa attraversare il cordone di blocco, senza essere esposta al fuoco dei cannoni delle navi stazionanti e disposte in modo da impedire di attraversarlo.

1455. Il blocco non cesserà dall'essere reale ed effettivo se una 0 più navi siano riuscite con grave rischio a forzare il cor- done di blocco, ma sarà sufficiente per essere reputato tale, che esso non possa essere ordinariamente attraversato senza esporsi a potere essere colpito dai cannoni delle navi stazionanti

Titcio XIL - Del bheeo d$i 9uoi rapporti eoi neutrali 6B1

Questa regola tende ad esclvdere ogni esagerazione a riguardo del blocco reale ed effettiyo. Se potasse reputarsi solftciente che una o più navi eeoeseiih mUtnetUe avessero potuto attraversare il cordone blocco, per escludere resi- stenza legale di esso, ne seguirebbe, die il blocco il più efifettivo potrebbe essere disconosciuto. Suole infatti sempre accadere, che navi a vapore veloci ed ardite, profittando della notte o del cattivo tempo, eludano impunemente la vigilanza della squadra, ma questo non fa che il blocco cessi dall^essere effettivo. Qualora esse potessero attraversare ordinariamente senza pericolo il cordone di blocco, la cosa sarebbe diversa.

Blocco notificato soltanto in via diplomatica.

1456. Il blocco decretato e notificato soltanto diplomatica- mente, come alla regola 1458, non sarà reputato esistente ed ob- bligatorio rispetto ai neutrali, se non sia reale ed effettivo, non ostante che il belligerante, che lo abbia decretato e notificato, abbia una forza navale sufficiente per mantenerlo effettivamente e real- mente.

Questa regola mira ad escludere qualunque sistema di blocco, che non abbia i caratteri per essere reputato reale ed effettivo a norma delle regole stabilite. Per giustificare il così detto blocco di gabinetto o blocco fittizio, o blocco per notificazione diplomatica era stato detto non essere necessario, che il bellige* rante facesse stazionare permanentemente le navi per poterlo mantenere, ma che dovesse reputarsi sufficiente, che esso avesse notificato il blocco, e che avesse un*armata navale sufficiente per mantenerlo e farlo rispettare. Così fu introdotto il sistema del ìdoccue par croisière. A seconda delle regole da noi indicate nissun belligerante può vantare i diritti di guerra, che derivano dal blocco, se non quando esso abbia occupato di fatto le acque adiacenti alle eoste del nemico bloccate con un'armata navale permanente, la quale sia in grado d'impedire realmente ogni comunicazione con esse.

Temporanea sospensione delV investimento.

1457. La temporanea sospensione deirinvestimento per cpial- sisìa causa non fa cessare il blocco, ma sospende Tapplicazione dei diritti di guerra, che da esso derivano, durante il tempo pel quale rinvestimento reale ed effettivo venga a cessare.

Questa regola tende ad escludere completamente che il belligerante possa imporre le leggi del blocco ed applicarle fàori del caso delFoccupazione reale

ed effettiva. Ritenendo che tutto debba dipendere da questa, è naturale Tam- mettere, che venendo essa a cessare, cessi del tutto rapplicabilità delle leggi

\

552 Libro IV. - Della tutOa giuriéUea dd IHriUo itdernazionaU

di blocco; venendo essa ad essere sospesa, rapplicabilità delle leggi debba essere del pari sospesa. Le navi, che essendo dirette alla costa bloccata non trotino la squadra bloccante, non possono essere tenute a ricercare se Tinvestimento sìa Tenuto a mancare per la cessazione definitiva del blocco, o per altra cagione» Se non esiste di fatto il blocco, non possono essere applicate alle navi le leggi» che lo concernono.

Notificazione diplomatica del blocco.

1468. Il belligerante, che intende di bloccare un porto od una costa, dovrà notificarlo pubblicamente in via diplomatica, e determinare il porto o la costa, che esso intenda bloccare, e pre- cisare il giorno, in cui Tinvestimento sarà da luì effettuato, conce- dendo un iempo ragionevole alle navi neutrali per compiere le operazioni di commercio in corso nei luoghi bloccati ed uscire sicu- ramente dopo averle compiute.

La mancanza di tale notificazione non potrà valere per disco- noscere l'esistenza legale del blocco, che abbia di fatto i requisiti per essere reputato reale ed effettivo, ogni qual volta che ne sia fatta la notificazione speciale come alla regola seguente.

Notificazione speciale del blocco.

1459. La notificazione speciale del blocco consiste nella di- chiarazione fattane da un ufflziale di una. delle navi da guerra ap- partenenti alla squadra bloccante al capitano o padrone della nave neutrale diretta verso il porto o la costa bloccata, e scritta sulle sue carte di bordo. Essa dovrà indicare il giorno e Torà in cui sia stata fatta, e determinare i limiti del blocco precisandoli con la latitudine e longitudine.

1460. \3n blocco non potrà ritenersi sussistente per tutti i suoi effetti giuridici riguardo a ciascuna nave, che sia diretta verso il luogo bloccato, o che voglia uscire da esso, se non dopo che le sia stata fatta la notificazione speciale, e a cominciare dal momento, in cui codesta notificazione sia stata scrìtta sulle sue carte di bordo.

Titolo XII. D$l blocco e dei suoi rapporti coi neturali ^53

Dilazione per uscire dal luogo bloccato.

1461. Incombe ognora al Comandante della squadra, che voglia stabilire il blocco, quando possa farlo senza grave pregiu- dizio delle operazioni di guerra, notificarlo ai rappresentanti degli Stati neutrali residenti nella cerchia delle sue operazioni militari, e far conoscere ad essi il giorno da cui il blocco avrà co- minciamento, e la dilazione da lui accordata alle navi neutrali per uscire dal luogo bloccato.

Tale notificazione potrà essere fatta ai Consoli degli Stati neu- trali (Confr. reg, 1466).

1462. Qualora nei trattati stipulati tra il belligerante, che abbia stabilito il blocco, e lo Stato alla marina mercantile del quale appartengano le navi neutrali ancorate nel porto bloccato, fosse stabilito un tempo determinato per potere le navi uscire libera- mente in caso di blocco, il termine stipulato col trattato riguardo ad esse non comincerà a decorrere, che dal giorno in cui sia stato notificato al Console residente nel porto bloccato il cominciamento del blocco.

Mancando la notificazione ufficiale fatta ai Consoli degli Stati neutrali, il termine stipulato nei trattati decorrerà dal giorno, in cui l'esistenza del blocco sia divenuta notoria.

Dovein dei neutrali in caso di blocco.

1463. Incombe alle navi neutrali che intendono osservare i doveri della neutralità, il riconoscere il blocco posto dal belligerante contro il proprio nemico efficace per tutti gli efi'etti, che ne derivano secondo il Diritto di guerra, ogni qual volta che esso abbia i requi- siti per essere reputato reale, effettivo e notificato a norma delle regole precedenti, e l'astenersi assolutamente di entrare o di uscire dal porto o dalla costa bloccata attraversando il cordone di blocco, sotto la condizione di sottostare in caso di violazione alle sanzioni

554 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto internazionale

penali stabilite secondo il Diritto intemazionale e che sono con- template alle regole 1521 h, 1527, 1585 i«, 1536.

1464. Non vi sarà violazione della legge di blocco, se non quando una nave, alla quale sia stata fatta la notificazione spedde, come alla regola 1459, con un atto positivo cerchi di entrare o uscire dalla costa o dal porto bloccato (Confr. reg. 1467).

Diritti dei neutrali in caso di blocco.

1465. Ciascuna nave neutrale, non ostante la notificazione diplomatica del blocco fatta dal belligerante e resa pubblica dal Governo dello Stato, potrà intraprendere il viaggio dirìgendosi a porto bloccato, e non sarà reputata colpevole di violazione di blocco, se non che quando dopo avere ricevuta la notificazione speciale, come alla reg. 1459, abbia tentato di attraversare o abbia attraversato il cordone del blocco reale ed effettivo (Cbn/V.r^^. 1467).

1466. La comunicazione ufficiale fatta ai Consoli degli Stati neutrali residenti nei paesi bloccati non potrà equivalere alla noti- ficazione speciale rispetto alle navi mercantili appartenenti alla marina dello Stato neutrale, cui il Console appartiene, e qualora una di coteste navi trovandosi nel porto bloccato tentasse di uscirne, dopo che il blocco fosse stato effettivamente e realmente stabilito, non sarà reputata colpevole di violazione di blocco, se non quando sia stata fatta ad essa la notificazione speciale, come alla reg. 1459, e dopo avere ricevuto tale notificazione tenti di attraversare o attraversasse il cordone di blocco, essendo caricata di qual si sia mercanzia.

A cotesta nave, cosi come a quella che tentasse di entrare nel porto bloccato dopo avere ricevuta la notificazione speciale, saranno applicabili le leggi di guerra relative al blocco, e le penalità secondo esse stabilite.

1467. Non saranno assoggettate alle leggi di guerra relative al blocco le navi neutrali che uscissero dai porti bloccati cariche di zavorra, o quelle, che avendo un carico preso a bordo avanti

TUoh XIL Del hloeoo e dei suoi rapporti coi neutrali 555

il cominciamento del blocco, attraversassero il cordone entro il termine fissato dal Comandante per uscire, o entro quello che ri- spetto ad esse deve ritenersi stabilito in virtù dei trattati, avuto riguardo per quello che concerne la dilazione secondo essi fissata a quanto è detto alla regola 1462.

Applicazione delle regole del blocco alle navi mercantili nemiche.

1468. Tutte le regole contenute in questo titolo dovranno essere applicate anche alle navi mercantili di parte nemica per poterle reputare colpevoli di violazione di blocco ^ qualora la proprietà privata nemica sia stata dichiarata inviolabile nella guerra marittima escludendo il Diritto eccezionale contemplato alla regola 129i.

556 Libro i V. - Della tutela giuridica dei Diritto inUmazùmaie

tiTOLO xra.

Del diritto di visita.

Concetto e natura del diritto di visita.

1460. Il diritto di visita consiste nella facoltà spettante al belligerante durante la guerra di far fermare ogni nave mercantile da lui incontrata nelle proprie acque territoriali, e in quelle dei suoi alleati nella guerra, o in alto mare, a fine di verificare la con- dizione giuridica di essa e la natura del carico trasportato.

Tale diritto potrà essere esercitato dai Comandanti delle navi da guerra del belligerante, e anche da quelli delle navi corsare da lui debitamente autorizzate, se fosse il caso di guerra in corsa.

1470. Il diritto di visita dovrà essere riguardato come diritto eccezionale attribuito durante la guerra in conseguenza delle esi- genze di essa, e dovrà essere esercitato con le dovute limitazioni, che devono ritenersi stabilite avuto riguardo alla natura delle cose ed allo scopo, che mediante essa s'intende conseguire, e non potrà essere reputato legittimo e regolare in ogni caso, in cui non vi sia dalla parte di chi Tesercitì alcun ragionevole motivo di voler conoscere la condizione della nave e la natura del carico da essa trasportato.

Questa regola mira a stabilire, che quantunque Tesercizio del diritto di vinta da parte del belligerante non possa essere in principio limitato, non deve essere esercitato da lui, che nei luoghi e circostanze atte a giustificare T interesse suo attuale di verificare pei fini della guerra la nazionalità della nave incon- trata in alto mare o nelle sue acque territoriali, o la natura della merce caricata a bordo di essa.

Dove si può procedere alla visita.

1471. La visita potrà essere praticata ove è lecito fare ogni altra operazione di guerra. Essa non potrà essere effettuata

Titolo XllL - Del diritto di viiita 557

nelle acque territoriali neutrali senza offesa dei diritti spettanti ai Sovrani neutrali {Confr. reg. 1397), ma potrà bensì essere eserci- tata nelle acque territoriali di uno Stato alleato nella stessa guerra.

Navi esenti dalla visita.

1472. Il belligerante non potrà assoggettare alla visita:

a) le navi da guerra di uno Stato neutrale, e quelle che fac- ciano parte della marina militare di esso;

b) i piroscafi postali, che fanno il servizio della corrispondenza per commissione del Governo neutrale, di cui portino la bandiera, dato che il Commissario del Governo, che si trovi a bordo, dichiari in iscritto che il piroscafo non trasporti soldati al nemico, di- spacci diretti al medesimo, oggetti di contrabbando di guerra, 0 assimilati ad esso, e che siano destinati al nemico.

Nav^i in convoglio.

1473. Le navi mercantili in convoglio scortate da una nave da guerra saranno esentate dalla visita, qualora il Comandante di co- desta nave di scorta dia il nome di ciascuna delle navi, che formano il convoglio posto sotto la sua direzione, e dichiari, che a bordo di tali navi non esiste alcun oggetto di contrabbando di guerra o assi- milato ad esso e trasportato per conto o a destinazione del nemico.

La dichiarazione sarà fatta dal Comandante del convoglio sulla sua parola d'onore, e sarà scritta nei libri esistenti a bordo.

1474. Incombe a ciascun Governo regolare l'organizza- zione dei convogli marittimi con leggi efficaci a tutelare i diritti dei belligeranti e le esigenze della guerra, ed imporre sopratutto ai Comandanti delle navi di scorta di non ricevere nessuna nave in convoglio senza avere attentamente esaminato i documenti di essa, e constatato di non esservi a bordo contrabbando di guerra.

Un rigoroso regolamento di servìzio intorno a ciò deve essere reputato come condizione indispensabile per fare esentare dalla visita le navi in convoglio.

^^ Libro IV, ' Dilla tutela giuridica del DirUto internazionale

Visita delle navi in convoglio.

1475. La visita delle navi in convoglio sarà considerata legittima:

a) se il regolamento di servizio non provveda efiicacem^ite a che il Comandante della nave da guerra, che scorti il convoglio, sia in grado di fare una dichiarazione coscienziosa circa la nazio- nalità della nave e la natura e destinazione del carico;

h) se il Comandante della nave abbia rifiutato di fare la di- chiarazione richiesta, o l'abbia fatta in maniera incompleta e non soddisfacente ; o quando le circostanze siano tali da far dubitare che esso abusi della sua posizione ; o quando vi siano fondate ra- gioni di credere che la buona fede del medesimo possa essere stata sorpresa.

1476. Qualora fosse il caso di assoggettare alla visita una nave in convoglio potrà secondo le circostanze essere affidato al Comandante stesso della nave di scorta il procedere alle ricerche, ovvero dovrà ammettersi, che esso possa assistervi personalmente, o inviare un ufiiziale per assistervi.

Modo di procedere alta visita.

1477. Ogni nave dello Stato belligerante, che si trovi nelle acque, nelle quali si può procedere alla visita, e che intenda di far fermare una nave mercantile per conoscere la sua nazionalità, dovrà innalzare la bandiera nazionale e sparare un colpo di cannone.

La nave mercantile sarà tenuta a rispondere al segnale issando la propria bandiera e fermandosi tosto.

1478. Incombe al Comandante della nave militare di fermarsi alla sua volta a conveniente distanza onde potere senza perìcolo, avuto riguardo allo stato del mare e del vento, inviare in una barca un ufficiale con due o tre persone, onde procedere alla visita.

Titolo XIIL Del dirUto di viHta 559

1479. -^ Incombe al Capitano delia nave mercantile Tesibire le carte di bordo e segnatamente l'atto di nazionalità, il ruolo di equipaggio, e tutti i documenti atti a certificare la natura del carico e la destinazione del medesimo.

Qualora Tuffiziale esaminati tali documenti li trovi tutti in piena regola e non vi sia alcun motivo per dubitare della loro veridicità, la visita dovrà ritenersi cosi compiuta, e dopo aver fatto la relativa annotazione nelle carte esistenti a bordo, dovrà essere concesso alla nave il continuare liberamente il suo viaggio.

Ricerche e ispezioni.

1480. Qualora le carte di bordo non siano in piena regola, o quando vi sia qualche fondato motivo per dubitare della veridicità dei documenti, si potrà procedere alle ricerche ed alle ispezioni, a fine di potere cosi conoscere se vi fossero altri documenti o mercanzie sospette.

n Capitano non potrà a ciò opporsi, ed in caso di opposizione le ricerche e le investigazioni potranno essere fatte con la forza, ma incombe ognora all'uffiziale della nave da guerra il procedere con la più grande moderazione, e, senza abusare del proprio diritto, limitare le ricerche a seconda dei motivi più o meno fondati di sospetto.

1481. Saranno reputati motivi fondati di sospetto i seguenti :

à) quando la nave non si sia tosto fermata , e non si sia messa in panna in seguito al segnale ad essa dato dalla nave mi- litare col colpo di cannone;

b) quando essa non abbia tutte le carte di bordo, nonostante che dichiari di averle gettate in mare o di essere state le carte distrutte durante il viaggio per qual si sia incidente fortuito;

e) quando le carte, benché in piena regola, appariscano alterate e falsificate;

d) quando essa navighi sotto falsa bandiera.

560 Libro IV. ' Della tutela giuridica del Diritto internazionale

1482. Nei casi enumerati e negli altri, nei quali per le circo- stanze particolari possa nascere un ragionevole, fondato motivo di sospetto, le ricerche potranno essere estese, obbligando il Capitano della nave a far aprire i boccaporti, gli armadi, ed i ripostigli, ma senza spingere tali operazioni oltre la giusta misura aprendo e rompendo le casse, i fusti, e gli altri ripostigli, col pretesto di ricer- care se in essi vi siano carte o mercanzie sospette.

Tali atti potranno essere giustificati nel caso soltanto, che il Capitano si sia opposto alla visita delle casse sigillate, sulle quali cadesse il sospetto, che contenessero le carte di bordo o gli oggetti di contrabbando di guerra.

Sequestro della nave visitata.

1483. Allorquando dalla visita o dalle ricerche risultasse che la nave arrestata si trovi in condizioni per essere sospettata colpevole di violazione dei doveri della neutralità, il belligerante potrà operare il sequestro di essa, attenendosi alle norme di pro- cedura, che lo concernono, come sono indicate al titolo seguente.

1484. Il sequestro, come alla regola precedente, potrà essere operato in ogni caso, in cui la nave arrestata non possa, con le carte esistenti a bordo, stabilire ia sua condizione di nave neutrale, dato che durante la guerra sia applicato tra i belligeranti il diritto eccezionale contro la proprietà privata di parte nemica.

Titolo XIV, - Del sequestro e della confisca 561

TITOLO XIV.

Del sequestro e della oonfisca durante la guerra marittima

e del giudiisio relativi alle prede.

1486. Il sequestro in tempo di guerra deve essere reputato come un fatto eccezionale, giustificato dalla necessità della difesa, e consiste nel diritto spettante al belligerante d'impossessarsi della nave mercantile nemica o della merce da essa trasportata, quando secondo le leggi della guerra possa accampare il diritto di predare la nave o la rnerce o d'impedire che arrivino alla loro destinazione.

Da chi e quando possa essere fatto il sequestro.

1486. Il sequestro non sarà reputato legalmente fatto, se non che quando sia operato da una nave da guerra o da quelle che secondo le leggi di guerra fanno parte delle forze militari dello Stato belligerante.

Esso non sarà reputato regolarmente fatto, se non quando siano state osservate le forme legali di procedimento stabilite secondo il Diritto internazionale, o concordate mediante trattati.

1487. Il sequestro sarà presunto fatto dal belligerante a fine di tutelare i propri interessi e di provvedere alle esigenze della guerra, e dovrà ritenersi effettuato ed eseguito sotto la responsa- bilità di lai, e con l'obbligo conseguente del rifacimento di ogni danno, se fosse riconosciuto arbitrario dal tribunale competente, o perchè fatto senza causa, o perchè operato con violazione dei prìncipi! del Diritto di guerra.

1488. Il belligerante potrà sequestrare qualunque nave pri- vata di parte nemica, o che si possa presumere tale, ogniqualvolta

86 Fiore, Dir. intem, codif.

5GS Libro lY, - T)Ma tutèla giuridica del Diritto internazionale

che sia ammesso il diritto eccezionale di confiscare la proprietà nemica durante la guerra.

Egli potrà inoltre sequestrare una nave mercantile neutrale, o la merce appartenente ai neutrali ogniqualvolta che egli abbia un fondato, ragionevole motivo per ritenere soggette alla confisca secondo il Diritto di guerra la nave o la merce, o quando possa accampare il diritto d'impedire almeno che esse arrivino al luogo di destinazione, salvo però che in ogni caso il tutto debba rite- nersi effettuato ed eseguito sotto la responsabilità di lui.

Formalità del sequestro secondo il Diritto comune.

1489. Il Comandante della nave militare o della nave cor^ sarà legalmente a ciò autorizzata, che voglia procedere al sequestro, dovrà redigere il processo verbale, nel quale sarà notato lo stato della nave e del carico sotto la data del giorno e dell'ora in cui il sequestro sia operato : della latitudine e longitudine in cui esso abbia avuto luogo: delle circostanze che lo abbiano motivato.

1490. Incombe al Comandante l'enumerare tutti i docu- menti e le carte di bordo, dopo averne fatta la descrizione, e il farne l'inventario e notare altresì le carte di bordo mancanti, men- tovando tutto in una nota sottoscritta da lui e dal Capitano della

nave sequestrata. Cotesti documenti tutti, unitamente a tutte le carte e le lettere che si trovassero sulla nave, saranno riuniti in un plico e chiusi coi sigilli del Comandante e con quelli propri del Capitano della nave sequestrata.

Dovranno inoltre essere chiusi tutti gli armadi e ripostigli, ai quali saranno apposti i rispettivi sigilli, e si dovrà redigere Tin- ventario del carico, e fare altresì la nota delle persone dell'equi- paggio e delle altre, che si trovassero a bordo.

1491. Sarà redatto processo verbale di ogni singola opera- zione sottoscritto da entrambi, il quale dovrà ritenersi fatto in piena regola neirinteresse del sequesUante e del sequestrato.

Titolo XIV. ' Del sequestro e della confisca 563

1492. Il Goraandante della nave belligerante non potrà rifiutarsi d'inserire nel processo verbale qualsisia circostanza di fatto a richiesta del Capitano della nave sequestrata, di osser- vare ]e maggiori formalità che questi voglia richiedere nel fare r inventario, neir apporre i sigilli ed altro, anche quando esso ritenesse la richiesta fatta dal Capitano del tutto inutile.

Conservazione delle cose sequestrate.

1403. -* Incombe al sequestrante il conservare, quando ciò sia possibile, le cose come esse si trovino, e nulla mutare, nulla consumare o distrarre senza gravi ed urgenti necessità constatate.

Se però il carico consistesse in cose, che si potessero facilmente guastare o in cose che fossero già avariate, il Comandante dell'in- crociatore potrà prendere i provvedimenti più convenienti per la loro conservazione, ma sempre d'accordo ed in presenza del capi- tano della nave sequestrata, ovvero in presenza del Console nazio- nale di questi ; e qualora fosse necessario di vendere una parte del carico, egli potrà ciò fare, richiedendo, quando ciò riesca possibile, l'assistenza del Cionsole nazionale della nave.

Quando la nave sequestrata possa essere distrutta.

1494. Il Comandante dell'incrociatore non potrà ritenersi autorizzato a distruggere o colare a fondo la nave sequestrata, egli potrà però ciò fare sottp la propria responsabilità (vedi re^. 1533):

ì^ quando per le condizioni del mare e di quelle della nave non sia possibile di tenere questa a galla;

quando la nave a cagione del suo cattivo stato o della sua forza motrice non sia in grado di seguire la nave da guerra, e non possa essere da questa rimorchiata senza grave pregiudizio;

3^ quando per l'avvicinarsi di navi da guerra di parte nemica il Comandante non possa custodire la nave sequestrata senza

564 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto intemazionale

rimanere impacciato nei suoi liberi movimenti, e correre il rischio che essa sia ripresa dal nemico;

4<^ quando non riesca agevole il mettere sulla nave seque- strata un equipaggio sufficiente per custodirla senza diminuire di troppo quello necessario pel servizio e la sicurezza dell'incrociatore;

5^ quando il condurre la nave sequestrata in uno dei porti del belligerante possa riuscire d'ostacolo a compiere le operazioni di guerra alle quali l'incrociatore sia consacrato.

1496. In ogni caso contemplato dalla regola precedente, sarà redatto dal Comandante il processo verbale particolareggiato e firmato da due ufficiali di bordo, nel quale saranno enunciate le circostanze, che abbiano potuto consigliare la distruzione della nave sequestrata, ed i motivi pei quali il Comandante l'abbia decisa. Detto processo verbale sarà scritto sui libri esistenti a bordo e trasmesso all'autorità militare superiore in copia firmata dal Comandante.

Oltre la responsabilità verso il proprietario della nave e del carico, a cui provvede la regola 1533, evvi pure la responsabilità rispetto al proprio Governo e di fronte al Codice penale militare, che punisce in tempo di guerra le distra- zioni non giustificate a seconda delle necessità attuali {Confr. reg. 1186, 1302 e seg.).

1496. Incombe ognora al Comandante, che abbia ordinato la distruzione della nave sequestrata, il fare trasbordare sulla pro- pria nave e mettere al sicuro tutte le persone, che si trovassero a bordo della nave sequestrata, tutte le carte e documenti chiusi e sigillati in plico, come alla reg. 1490, e quella parte del carico che abbia motivato il sequestro e, per quanto ciò sia possibile, gli oggetti di maggior valore, che possano essere reputati esenti dalla confìsca e spettanti ai loro proprietarL .

Delle persone che si trovino a bordo.

1497. Il Comandante dell'incrociatore potrà dichiarare prigio- nieri di guerra soltanto coloro, ì quali si trovassero a bordo della nave sequestrata e che facessero parte della forza militare del nemico. Potrà dichiarare tali anche le persone dell'equipaggio, nel-

Titolo XIV, Del sequestro e della confisca 555

l'ipotesi però che la nave avesse preso parte attiva alle operazioni militari, o quando essa avesse attaccato combattimento per resistere alla visita.

Nave sequestrata condotta in tm porto del belligerante.

1498. Qualora il Comandante dell'incrociatore possa con- durre la nave sequestrata in uno dei porti del proprio Stato o di uno Stato alleato, dovrà ciò fare, e, giunto a tale porto, sarà tenuto a rimettere all'autorità militare superiore il processo verbale rela* tivo al sequestro e tutti i documenti chiusi nei plichi sigillati, e l'autorità militare avrà cura di custodirli per consegnarli nello stato in cui U abbia ricevuti all'autorità giudiziaria competente per la istruzione dei processi ordinari osservando le formalità e le norme indicate alla regola seguente.

1409. L'autorità marittima del porto, nel quale sarà stata condotta la nave sequestrata, sarà tenuta a redigere processo ver- bale ed indicarvi tutti i documenti sigillati consegnati dall'incro- eiatore, constatando la verificazione fatta dei sigilli; dovrà inoltre ricevere i rapporti fatti dal Comandante dell'incrociatore e dal Capitano della nave sequestrata, e le dichiarazioni delle persone dell'equipaggio; dovrà fare l'inventario dei colli depositati, e la lista delle persone che si trovino a bordo; dovrà richiedere che sia fatta senza ritardo la relazione del viaggio, e di quanto possa occorrere per stabilire lo stato della nave e della merce caricata a bordo di essa, e domanderà inoltre la consegna dei libri esistenti a bordo della nave, che motivò il sequestro.

Compiuti tutti codesti atti e formalità, Tautorità marittima dovrà fare senza ritardo e dentro le 24 ore la consegna di tutti i docu- menti, che concernono il sequestro e lo stato della nave, all'auto- rità giudiziaria competente per Tistruzione dei processi ordinari.

1600. Qualora si trovasse nel luogo, ove tali atti istruttorii devono essere compiuti, il Console dello Stato neutrale, a cui ap* partenga la nave sequestrata, esso avrà diritto di assistere l'ufficiale

566 Libro IV.' Della tutela giuridica del Diritto intemazionale

d'amministrazione della marina nella redazione del processo ver- bale. Mancando il Console, il Capitano della nave sequestrata avrà diritto di assistere o di farsi rappresentare, e di fare inserire nel processo verbale le circostanze, che esso voglia mettere in rilievo, per illuminare la giustizia.

Compito deWatUorità giudiziaria.

1501. -^ L'autorità giudiziaria per l'istruzione de! processi ordinari farà tutti gli atti ulteriori che possa ritenere utili per illuminare il tribunale competente in materia di sequestro e di prede marittime, raccoglierà tutti gli elementi che possano riuscire utili per l'illuminata amministrazione della giustizia, e darà corso alle istanze degl'interessati, che abbiano richiesto qualche atto istruttorio.

1502. L'autorità giudiziaria competente per l'istruzione potrà decretare i provvedimenti d'urgenza per la conservazione della nave sequestrata e degli oggetti che formino il carico. Essa potrà ordi- nare la restituzione ai legittimi proprietari di tutti quelli che non possano formare materia di preda bellica, e sopra tutto degli oggetti appartenenti alle persone dell'equipaggio o ai passeggieri, che si trovino sulla nave sequestrata.

1503. Compiuti tutti gli atti d'istruzione, incombe all'autorità giudiziaria il rimettere senza dilazione tutti gli atti del processo al tribunale delle prede istituito dal proprio Governo, per decidere in prima istanza circa la validità del sequestro {Confr. reg. 1511)

Nave condotta in un porto neutrale.

1604. L'incrociatore non potrà condurre la nave sequestrata in un porto neutrale tranne che nel caso di rilascio forzato, o quando esso sia costretto a rifugiarvisi con la sua preda in caso d'inseguimbnto da parte del nemico.

Titolo XIV.' Da sequestro e della confisca ^7

1606. Incombe all'autorità marittima ctel porto neutrale, ed all'autorità giudiziaria competente per l'istruzione dei processi or- dinari fare tutti gli atti come sono indicati nelle regole prece* denti, e provvedere a che la nave sequestrata sia custodita ove ottenne rifugio, per restarvi fino a tanto che il tribunale in- temazionale delle prede non abbia deciso circa la validità del sequestro o della preda. Compiuto il giudizio la nave potrà essere posta a disposizione dell'armatore, qualora il tribunale delie prede abbia deciso di togliere il sequestro o ahbia dichiarato libera la nave e il carico o una parte di esso.

Si praticherà nello stesso modo nel caso, che il Governo dello Stato belligerante, in nome di cui il sequestro sia stato fatto, e gl'interessati sequestrati arrivmo ad accordarsi all'amichevole a riguardo della sorte della nave sequestrata e del carico.

Questa regola mira a tutelare gelosamente i diritti di sovranità dello Stato neutrale, che abbia accordato rifugio alla nave belligerante ed alla preda da essa fatta. Non può ammettersi che una nave belligerante inseguita da forza nemica possa non solo domandare ed ottenere rifugio in un porto neutrale, ma ottenere altresì che il Sovrano di questo le debba concedere di partire con la preda fatta appena passato il pericolo di perderla. Non ci pare di potere accogliere Topinione sostenuta da alcuni giuristi, che cioè il Governo neutrale possa dichiarare libera la preda, perchè cosi esso la farebbe da giudice, e la giurisdizione non può essergli attribuita a riguardo di ciò. Neanche ci pare che esso possa concedere air incrociatore di condurre seco la preda, perchè verrebbe a prestar cosi un^assistenza indiretta, accordando a lui il rifugio per fare un^operazione di guerra, quella doè di mettere ai sicuro la preda fatta.

La regola come è stata proposta tutela tutti gl'interessi ed include la pro- tezione della nave neutrale sequestrata fino a che il tribunale intemazionale competente {reg, 1607) non abbia deciso circa la sorte della medesima, o le parti non si siano accordate alFamichevole.

Del Tribunale competente in materia di sequestro e di prede.

1606. La legalità e regolarità del sequestro delle navi mer- cantili fatto durante la guerra, e la confisca delle navi sequestrate e del loro carico, devono essere sottoposte al giudizio di un tri- bunale speciale. Spetterà ad esso il decidere a riguardo di ciò, e il pronunciare la sentenza in virtù della quale sia statuito circa

^68 Libro IV. Della ttUela giuridica dèi Diritto internazionaU

la validità e regolarità del sequestro e sia riconosciuto poi o il di- ritto del belligerante, in nome di cui il sequestro sia stato operato, di far sue le cose sequestrate come preda di guerra, o il diritto spettante ai proprietari di ottenere la restituzione delle medesime.

1607. Il tribunale speciale competente per decidere intomo a ciò che concerne il sequestro delle navi mercantili durante la guerra e circa la validità delle prede sarà quello costituito come tribunale intemazionale, il quale dovrà essere reputato investito di giurisdizione intemazionale.

Costituzione del Tribunale delle prede.

1608. Il tribunale internazionale delle prede sarà costituito, quando la guerra sopravvenga, secondo le norme che dovranno essere stabilite in un Congresso o Conferenza. Esso dovrebbe essere composto di cinque giudici, dei quali tre designati dai rappresentanti degli Stati neutrali e scelti tra i magistrati dei tribunali supremi o delle Corti di ammiragliato appartenenti a tre Stati neutrali, e uno designato da ciascuna delle parti belli* geranti.

1609. Mancando le regole stabilite d'accordo preventiva- mente, il tribunale speciale competente a decidere definitivamente tra i belligeranti e gl'interessati, in materia di prede, avrà ognora il carattere proprio di tribunale internazionale, e si potranno osservare per la sua costituzione le seguenti norme:

Ciascuna delle parti belligeranti designerà uno dei giudici; gli altri tre saranno designati dagli Stati neutrali, e ne sarà fatta la scelta a scrutinio di lista tra i magistrati dei tribunali supremi o delle Corti di ammiragliato. Spetterà a ciascuno di essi Stati il designare tre nomi, e risulteranno scelti i tre, che abbiano otte- nuto il maggior numero di voti.

I Governi interessati designeranno d'accordo uno di essi per fere lo scrutinio dei voti, ed in mancanza di accordo tale compito dovrà ritenersi affidato al Governo di uno degli Stati che, secondo il Diritto comune, sono obbligati alla neutralità, assoluta.

TUoloXlV.- Del sequestro e daia confisca 569

I belligeranti avranno diritto di farsi rappresentare per assistere allo scrutinio dei voti.

1610. Qualora gli Stati belligeranti o uno di essi si astenesse dal designare il giudice, saranno osservato per designarlo le norme stabilite per designare l'arbitro in caso di arbitrato forzato come alla regola 1073.

Tribunale speciale delle prede costituito dal belligerante.

1611. Ciascuno degli Stati belligeranti potrà istituire un tri- bunale speciale per le prede fatte dalle proprie navi da guerra e deferire ad esso di esaminare e decidere circa la regolarità dei sequestri fatti da esse e la validità delle prede, ma non potrà at- tribuire a codesto tribunale la giurisdizione intemazionale in ma- teria di prede, conferendogli il potere di pronunciare sentenze che abbiano Tautorità della cosa giudicata circa la validità del sequestro e delle prede con tutti gli effetti che dall'aggiudicazione delle prede derivano secondo il Diritto intemazionale.

1612. Il tribunale delle prede istituito da ciascuno Stato se- condo la legge interna sarà reputato come una giurisdizione prima istanza rispetto agl'interessati sequestrati, o assoggettati alla confisca.

Spetterà poi ognora ai privati, che da tale tribunale siano stati condannati, o l'accettare senz'altro la sentenza, o l'impugnarla e sottomettere la causa al giudizio del tribunale intemazionale delle prede, che dev'essere reputato il solo competente a decidere defi- nitivamente.

Le regole, come troTansi da noi stabilite, mirano ad eliminare T anomalia che il sovrano di uno Stato possa esso medesimo essere giudice e parte. La controversia circa la legalità del sequestro e la legittimità della preda durante la gaerra marittima verte sempre tra il Governo in nome di cui sia stato fatto il sequestro, ed il sequestrato, e siccome tale contestazione non può essere altrimenti decisa che in conformità delle regole del Diritto intemazionale, se- condo le qnali è stabilito quando si possa sequestrare una nave neutrale o una nave mercantile di parte nemica, e quando le cose sequestrate debbano essere aggiudicate a profitto del belligerante, cosi non si può ammettere che il Sovrano stesso, che diviene parte in tale giudizio, possa esso medesimo

570 Libro IV. Della tutela giuridica del Diritto inUmasUmaU

essere il giudice. Ammettendo che esso potesse istituire il tribunale col potere di giudicare definitivamente, si verrebbe a concedergli la facoltà di creare una giurisdizione internazionale in virtù di una legge intema, lo che è contrario al Diritto comune. Il Sovrano belligerante può istituire una Ck>mm)88Ì0Be spe- ciale in materia di prede a solo fine di esaminare la validità degli atti fatti nel suo proprio nome e nel suo proprio interesse durante la guerra, e di deci- dere se i Comandanti degli incrociatori abbiano osservate tutte le condizioni richieste secondo il Diritto intemazionale per procedere al sequestro, e se sia il caso di mantenere questo e di dichiarare valida la preda. Tutto ciò mire- rebbe però soltanto a questo, a mettere cioè il Governo in grado di controllare Tesercizio del diritto di predare delegato dalla Sovranità dello Stato ai Coman- danti delle navi da guerra o ai corsari autorizzati; ma con ciò non si può ritenere definitivamente risoluta la questione vera e propria di Diritto inter- nazionale, quella cioè che consiste nel decidere se secondo le regole del Diritto internazionale debba essere riguardato regolare il sequestro e valida la preda. Per decidere tale controversia il Sovrano belligerante non si può arrogare verona competenza, perchè esso dev*essere reputato parte nel giudizio, o come attore, o come convenuto in contraddittorio dei sequestrato che vo^ia sostenere la irregolarità del sequestro e la conseguente illegalità della preda ; laonde il giudizio definitivo tra di essi dovrà essere deferito ad un tribunale intema- zionale, il quale dovrà essere costituito a seconda delle regole fissate d'accordo dagli Stati, o di quelle stabilite secondo il Diritto comune per la costituzione dei tribunali arbitrali. Ammettiamo che se il Sovrano belligerante abbia isti- tuito il tribunale delle prede, codesto possa essere considerato come un tri- bunale di prima istanza, e dato che abbia deciso in un modo o nell'altro, e che il sequestrato ne accetti la sentenza, che questa possa divenire definitiva in conseguenza della volontaria sottomissione della parte condannata, ma lad- dove ciò non accadesse, non si potrebbe al certo, senza contraddire le regole del Diritto comune, ammettere che lo Stato belligerante potesse non solo isti- tuire il proprio tribunale, ma dichiararlo competente ad esaminare ed a risol- vere, secondo le proprie leggi, controversie di Diritto intemazionale.

Competenza del Tribunale intemazionale.

1513. II tribunale internazionale, costituito come alle regole precedenti per giudicare in materia di sequestro e di prede marit- time, sarà reputato il solo competente a giudicare definitivamente i casi sommessi alla propria giurisdizione, ed avrà lo stesso potere che un tribunale di appello neirìpotesi che ciascuno degli Stati belligeranti abbia, a norma della regola 1511, istituito un tribunale speciale a seconda della propria legge intema.

1514. La sede del tribunale internazionale in materia di prede sarà in un paese di Stato neutrale.

TUolo XIV. ' Del sequestro e détta confisca 571

Procedimento dinanzi al Tribunale delle prede.

1615. Per le formalità di procedimento dinanzi ai tribnnalr delle prede saranno osservate le norme stabilite pel procedimento dinanzi ai tribunali arbitrali.

Saranno in conformità di esse fatti tutti gli atti istruttorii per stabilire ì fatti allegati, e per raccogliere tutti gli elementi della prova, che il tribunale potrà reputare opportuni per potere deci» dere circa la legalità del sequestro e la validità della preda. A ri- guardo di ciò il sequestrante ed il sequestrato saranno obbligati alla pari a fornire al tribunale giudicante tutti gli elementi, che esso possa ricliiedere per sentenziare con illuminato giudizio.

1516. Il tribunale, salvo sempre il giudizio di lui circa la ammissibilità o non ammissibilità di qual si sia mezzo di prova, dovrà ammettere una parte e l'altra a fornire le prove che con- cernono la legalità o illegalità del sequestro e la validità o no della confisca.

1517. Per quanto concerne il diritto spettante alle parti dr essere rappresentate nel giudizio e di rimettere al tribunale me- morie e contro memorie; per la dilazione e i termini; per l'istru» zione della causa, e l'ordinamento del giudizio saranno osservate le stesse norme che pel procedimento dinanzi ai tribunali arbitrali.

Giudizio circa la legalità e regolarità del sequestro.

1518. Spetta al tribunale delle prede il decidere se il se* questro della nave mercantile sia stato fetto legalmente e regolar» mente, o se non debba ritenersi tale.

1619. Il tribunale sarà tenuto a giudicare circa il sequestra a norma delle regole del Diritto intemazionale, che costituiscono il Diritto comune in tempo di guerra, e nell'interpretarle ed appli- carle dovrà tener conto dei documenti di Stato, nei quali il con» cetto di esse trovisi precisato e determinato, e dei principi! del

^72 Lihro IV, ' Della tutela giuridica del Diritto intemazionale

Diritto convenzionale stabilito tra gli Stati contendenti, e potrà valersi altresì della giurisprudenza stabilita dai tribunali delle prede, che le abbiano interpretate ed applicate giudicando casi analoghi, « dell'opinione dei pubblicisti.

1620. II tribunale deciderà circa l'ammissibilità di qualsisia mezzo di prova, e non potrà escludere la produzione dei doca- menti che non esistevano a bordo al momento in cui sia stato fatto il sequestro, e che possano aver valore nel giudizio in merito rela- tivo alla validità della preda.

Esso valuterà tutte le prove e tutte le circostanze di fatto se- condo le proprie convinzioni ed il suo prudente arbitrio, e dovrà tenere in debito conto le gravi esigenze della guerra, che impon- gono al belligerante di provvedere con ogni cura alla propria difesa, « di esercitare ogni diritto riguardo a ciò in maniera da tutelare gelosamente i propri interessi e non comprometterli in ogni caso in cui esso possa avere ragione di supporre, che dall'operato di coloro, che non devono fare nissun atto ostile, possa derivare a lui un qualche danno mediato o immediato pei iSni della guerra.

Quando possa ritenersi legale il sequestro della nave.

1521. II sequestro della nave sarà reputato legalmente fatto:

a) quando essa non possa giustificare pienamente la propria nazionalità, data l'ipotesi che fosse ammessa la confisca delle navi mercantili di parte nemica {Confr. reg. 1292 e seg.);

b) quando essa fosse sfornita di documenti, o questi non fos- sero in piena regola, o vi fosse motivo per ritenerli duplicati, o quando fossero appai*en temente alterati, o si avesse motivo per ritenerli falsi o falsificati;

e) quando la nave invitata a fermarsi per essere sottomessa alla visita avesse tentato di opporsi o fosse opposta;

d) quando la visita e le ricerche abbiano dato per risultato di stabilire in fatto che la nave abbia preso parte alle ostilità o hce sia destinata a prendervi parte»

lìtolo XIV. " Del sequestro e della confisca 575

Sarà reputata sempre tale una nave neutrale noleggiata per prestare servizio al nemico e sopratutto per trasportare ad esso soldati, viveri o provvisioni per le armate;

e) quando la nave trasporti oggetti di contrabbando di guerra e si trovi nelle condizioni che possono legittimare il sequestra della nave in conformità della regola stabilita in seguito (CStm/r. reg. 1525);

f) quando essa serva di spia , o vi sia fondato motivo per potere sospettare che serva come tale;

g) quando, con la forza abbia difeso una nave nemica inse- guita 0 abbia cercato di difenderla;

h) quando fosse colta sul momento di violare il blocco, dopo aver ricevuta la notificazione speciale dell'esistenza di esso.

Quando debba ritenersi illegale il sequestro.

1622. Il sequestro sarà reputato assolutamente illegale e contro le regole del Diritto internazionale, se sia stato operato contro una nave, la quale coi documenti esistenti a bordo abbia potuto provare la sua nazionalità neutrale, e Io scopo pacifico del proprio commercio.

I documenti che devono essere reputati decisivi ed efficaci a riguardo di ciò sono:

a) Tatto di nazionalità;

b) ì documenti relativi alla proprietà della nave, qualora questa non risultasse dall'atto di nazionalità;

e) il contratto di noleggio con tutti i documenti relativi alla natura del carico ed alla destinazione di esso;

d) il ruolo di equipaggio;

e) i libri di bordo dai quali risulti la rotta della nave in con* formità della destinazione di essa.

Cotesti documenti tutti redatti in debita forma e senza altera-^ zione di sorta devono ritenersi efficaci per stabilire prima fade la condizione giuridica della nave, del carico e della destinazione; e ogniqualvolta non vi sia ragione di dubitare della loro veridicità,

^66 Libro IV* ' Dilla tutela giuridica del DiriUo intemazionale

d'amministrazione della marina nella redazione del processo ver- bale. Mancando il Console, il Capitano della nave sequestrata avrà diritto di assistere o di farsi rappresentare, e di fare inserire nel processo verbale le circostanze, che esso voglia mettere in rilievo, per illuminare la giustizia.

Compito delVavtorità giudiziaria.

1501. -^ L'autorità giudiziaria per l'istruzione dei processi ordinari farà tutti gli atti ulteriori che possa ritenere utili per illuminare il tribunale competente in materia di sequestro e prede marittime, raccoglierà tutti gli elementi che possano riuscire utili per l'illuminata amministrazione della giustizia, e darà corso alle istanze degl'interessati, che abbiano richiesto qualche atto istruttorio.

1502. L'autorità giudiziaria competente per l'istruzione potrà decretare i provvedimenti d'urgenza per la conservazione della nave sequestrata e degli oggetti che formino il carico. Essa potrà ordi- nare la restituzione ai legittimi proprietari di tutti quelli che non possano formare materia di preda bellica, e sopra tutto degli oggetti appartenenti alle persone dell'equipaggio o ai passeggieri, che si trovino sulla nave sequestrata.

1603. Compiuti tutti gli atti d'istruzione, incombe all'autorità giudiziaria il rimettere senza dilazione tutti gli atti del processo al tribunale delle prede istituito dal proprio Governo, per decidere in prima istanza circa la validità del sequestro (Confr. reg. 1511)

Nave condotta in un porto neutrale.

1604. L'incrociatore non potrà condurre la nave sequestrata in un porto neutrale tranne che nel caso di rilascio forzato, o quando esso sia costretto a rifugiarvisi con la sua preda in caso d'inseguimento da parte del nemico.

Titolo XIV,' Dèi Sequestro e ddla confisca ^7

1606. Incombe airautorìtà marittima (tei porto neutrale, ed all'autorità giudiziaria compiente per l'istruzione dei processi or- dinari fare tutti gli atti come sono indicati nelle regole prece- denti, e provvedere a che la nave sequestrata sia custodita ove ottenne rifugio, per restarvi fino a tanto che il tribunale in- temazionale delle prede non abbia deciso circa la validità del sequestro o della preda. Compiuto il giudizio la nave potrà essere posta a disposizione dell'armatore, qualora il tribunale delle prede abbia deciso di togliere il sequestro o abbia dichiarato libera la nave e il carico o una parte di esso.

Si praticherà nello stesso modo nel caso, che il Governo dello Stato belligerante, in nome di cui il sequestro sia stato fatto, e gl'interessati sequestrati arrivino ad accordarsi all'amichevole a riguardo della sorte della nave sequestrata e del carico.

Questa regola mira a tutelare gelosamente i diritti di sovranità dello Stato neutrale, che abbia accordato rifugio alla nave belligerante ed alla preda da essa fatta. Non può ammettersi che una nave belligerante inseguita da forza nemica possa non solo domandare ed ottenere riftigio in un porto neutrale, ma ottenere altresì che il Sovrano di questo le debba concedere di partire con la preda fatta appena passato il perìcolo di perderla. Non ci pare di potere accogliere Topinione sostenuta da alcuni giuristi, che cioè il Governo neutrale possa dichiarare libera la preda, perchè così esso la farebbe da giudice, e la giurisdizione non può essergli attribuita a riguardo di ciò. Neanche ci pare che esso possa concedere air incrociatore di condurre seco la preda, perchè verrebbe a prestar così un^assistenza indiretta, accordando a lui il rifugio per fare un'operazione guerra, quella cioè di mettere al sicuro la preda fatta.

La regola come è stata proposta tutela tutti grinteressi ed include la pro- tezione della nave neutrale sequestrata fino a che il tribunale intemazionale competente {rég. 1507) non abbia deciso circa la sorte della medesima, o le partì non si siano accordate alFamichevole.

Del Tribunale competente in materia di sequestro e di prede.

1606. La legalità e regolarità del sequestro delle navi mer- cantili fatto durante la guerra, e la confisca delle navi sequestrate e del loro carico, devono essere sottoposte al giudizio di un tri- bunale speciale. Spetterà ad esso il decidere a riguardo di ciò, e il pronunciare la sentenza in virtù della quale sia statuito circa

^^^ LUn'o IV. - Velia Mda ffiuHdica del Diritto inUrnazionaU

credersi autorizzato a fare il sequestro, potrà condannarlo al rifacimento dei danni.

Qualora poi il sequestro sia stato fatto violando le regole di Diritto internazionale, o che sia riconosciuto senza causa, il tri- bunale dovrà condannare il sequestrante non solo a restituire la nave o il carico sequestrato ai proprietari, ma al rifacimento di ogni danno, che ne sia derivato, oltre tutte le spese del procedi- mento e del giudizio.

1532. Il sequestrante sarà condannato altresì al rifacimento dei danni, come nel caso contemplato dalla prima parte della regola precedente, qualora il sequestro, fatto per un motivo apparente- mente legittimo, sia stato poi mantenuto per qualche irregolarità di procedimento imputabile al comandante della nave belligerante, o per la inosservanza delle regole stabilite a riguardo del giudizio per mantenerlo o risolverlo, o quando vi sia stato ingiustificato ritardo, imputabile al Governo nel procedimento per la decisione circa la validità di esso. (Vedi reg. 1489, 1498 e seg,).

Le tre regole sopra indicate mirano a tener distinto il giudizio circa la lega- lità e regolarità dei sequestro, da quello cbe concerne la confisca e la preda delle cose sequestrate. Il sequestro ò sempre effettuato dai Comandanti delle navi da guerra o dagli incrociatori a ciò autorizzati, sotto la propria respon- sabilità, e quindi sotto la conseguente responsabilità del Governo, in nome del quale le operazioni di guerra sono compiute. Può bene accadere che U se- questro sia fatto legalmente e regolarmente, ma cbe il belligerante non abbia nonpertanto il diritto di confiscare le cose sequestrate. Così se il sequestro fosse effettuato contro una nave caricata di oggetti di contrabbando di gnerra, la quale coi documenti esistenti a bordo non avesse potuto dare la prova piena della sua destinazione ad un porto neutrale, dovrà ritenersi effettuato in con- formità dei principii del Diritto comune, e qualora poi rarmatore potesse dare la prova piena della destinazione pacifica della nave e deUa merce, e potesse cosi escludere completamente qual si fosse diritto da parte del belUgerante di confiscare la nave o il carico, questo non muterebbe i rapporti tra il bellige- rante, in nome di cui il sequestro fosse stato fatto, e Tarmatore e i proprietari della merce, che a cagione del sequestro fossero stati danneggiati. Rispetto a costoro non potrà al certo essere tenuto a risponderne il Governo dello Stato belligerante, in nome del qoale il sequestro fa fatto. Tutto si riduce ad esa* minare e decidere se, valutate le circostanze, nelle quali Tincrociatore sequestrò la nave nemica o quella neutrale, che esso ritenne colpevole di atti di ostilità, aveva plausibile diritto di ciò fare. Dato che il tribunale lo abbia ritenuto» ogni responsabilità da parte del Governo deve essere ragionevolmente elimi- nata, e dovrà essere tenuto a rispondere verso ì proprietari danneggiati Tar- matore o il capitano, il quale navigando in tempo di guerra senZa avere i

Titolo XIV, - Del sequestro e della confisca 577

docnmenti di bordo in piena regola, abbia cosi dato giusto motivo al bellige- rante di considerarlo suo nemico e di sequestrare la» nave o il carico. Dato pure cbe nel giudizio circa il merito della preda il sequestrato potesse dare prova piena di non appartenere la nave al nemico, e di non aver in nulla violato i doveri della neutralità, escludendo completamente di avere la nave fatto qual si fosse atto di ostilità per poter essere reputata nemica, questo escluderebbe il diritto del belligerante di confiscare le cose sequestrate, ma non potrebbe menomamente attaccare il diritto di lui di fare il sequestro, mentre abbiamo supposto che fosse stato fatto in circostanze che davano mo- tivo legittimo di farlo secondo il Diritto internazionale. Come potrebbe quindi sorgere la responsabilità del Governo pel rifacimento del danno? Questa po- trebbe nascere soltanto nella seconda ipotesi contemplata dalla nostra regola, quando cioè il sequestro, tuttoché fatto per un motivo legittimo, fosse stato poi mantenuto por irregolarità nella procedura, che doveva osservarsi e che non fu osservata, o per ingiustificato ritardo neirespletamento della procedura stessa e della decisione circa la validità del sequestro.

Sentenza in caso di distruzione della nave sequestrata^

1633. Qualora il Comandante dell' incrociatore, che abbia operato il sequestro, non abbia potuto trasportare la nave in luogo sicuro, e l'abbia calata a fondo, come alla regola 1494, sarà tenuto in massima al rifacimento di ogni danno, e non ne potrà essere esonerato, se non che quando il tribunale delle prede, giudicando in merito, abbia deciso che al belligerante spettava il diritto di confiscare la nave ed il carico distrutto.

Nell'ipotesi però che sia riconosciuto che il belligerante avea diritto di confiscare soltanto la nave e una parte del carico, dovrà pronunziarsi la condanna contro di lui al rifacimento di ogni danno a favore dei proprietari di quella parte del carico, rispetto alla quale non possa essere ammesso il diritto di preda.

Giudizio circa la legalità della preda.

1634. Nissuno Stato belligerante avrà il legittimo diritto d! appropriarsi una nave o le merci da essa trasportate e da lai se- questrate dorante la guerra, se non che quando con sentenza del tribunale internazionale sia riconosciuto il diritto di predare la cave, o le merci.

37 FiOHE, Dir, intern. nodif.

578 Libro IT. Della tuiOa giuridica del Diritto iniemaxUmaU

Quando una nave possa essere confiscata.

1535. Il diritto di predare una nave non può essere attribuito al belligerante che nei seguenti casi:

1<» se essa formi parte della marina da guerra o sia aggregata ad essa {reg. 1160, 1169), o sia una nave corsara, dato il caso di guerra in corsa (vedi rey. 1172, 1305);

if^ se essa appartenga in proprietà a privati di parte nemica, dato che sia ammesso il diritto eccezionale contemplato alle r^ole 129S e seg.;

30 se essendo essa una nave neutrale che trasporti il con- trabbando di guerra, si trovi nelle condizioni per essere predata giusta le regole innanzi stabilite (Confr. reg. 144f6 e Beg.)\

4^^ se risulti colpevole di violazione di blocco o di tentativo di violazione di blocco a norma della regola 1464;

se le vie di fatto colle quaU abbia resistito con la forza all'invito di sottomettersi alla visita, siano tali da poterla per questo assimilare ad una nave nemica (Confr. reg. 1446) ;

6<> se risulti colpevole di partecipazione ad atti di ostilità fatti in nome e nell'interesse del nemico (Confr. reg. 1446).

Quando il carico di una nave possa essere confiscato.

1536. Il belligerante avrà il diritto di predare tutto il carico, che si trovi a bordo della nave, nel solo caso di violazione di blocco. In ogni altro caso la merce innocente caricata a bordo della nave, che sia soggetta alla confisca, dovrà essere restituita ai proprietari, ma senza nissun obbligo da parte del Governo pel rifacimento dei danni da essi patiti.

Questa regola mira a limitare, dentro i giusti confini, il diritto di preda. Dato pure che la nave faccia atti di ostilità e che per questo diventi nemica, non se ne può dedurre che debbano essere trattati come nemici i proprietari della merce che, per ragioni del loro commercio, si siano serviti della nave pel trasporto pacifico della merce ad essi appartenente. Giova notare, ch«

THclo XIV, - Del sequestro e della confisca ^79

secondo Io stesso Diritto eccezionale, che consente la confisca delle navi mer» cantili di parte nemica, si viene pnre ad ammettere che il diritto di preda non possa estendersi alla merce neutrale caricata a bordo di esse. Non 'si potrebbe quindi (pustificare in nessun caso, in cui la nave divenisse nemica pel fatto del capitano o dell'armatore, Testendere il diritto di preda alla merce appartenente ai pacifici cittadini, e che per ayrentura si troTasse a bordo di essa. Nel caso di blocco ò la destinazione della merce al porto bloccato, che costituisce di per so stessa Tatto di ostilità, ed è ragionevole quindi Tammettere, che il belligerante possa predare la nave ed il carico, così come può indubi- tabilmente predare le armi che siano portate al nemico per continuare la resi- stenza. Anche nel caso di confisca per trasporto di contrabbando di guerra» il diritto di preda, dato pure che possa essere applicato alla nave oltre che alla merce di contrabbando, non potrebbe essere esteso alla merce appartenente ai cittadini pacifici, e da essi caricata con pacifica destinazione, senza richia- mare indirettamente in vigore la massima roba del nemico confisca quella M- Vamico.

Abbiamo escluso poi T obbligo del rifacimento di ogni danno da parte del Oovemo a riguardo dei proprietari, ai quali la merce debba essere restituita» perchò essi, se hanno diritti da far valere in conseguenza del danno patito, devono sperimentarli contro T armatore, che col fatto proprio ne sia stato cagione, e non contro il Governo, che esercita debitamente il diritto suo durante lo stato di guerra.

Quando debba essere escluso il diritto di preda.

1637. Sarà escluso il diritto di predare una nave, se il belli» gerante intenda di fondare tale suo diritto sulla propria legge, o su quella da esso promulgata al cominciamento della guerra, ogni qual volta che cotesta legge sia contraria alle regole del Diritto comune intemazionale.

1638. Sarà in ogni caso escluso il diritto di far sua la preda» qualora la nave sia stata sequestrata dopo il termine fissato nei preliminari di pace per la cessazione delle ostilità, e non potrà essere d'ostacolo la circostanza dell'ignoranza della cessazione delle osti-* lità da parte deirincrociatore, che effettuò il sequestro.

1630. Sarà dichiarata illegale la preda di una nave seque* strata nelle acque territoriali neutrali, non ostante che essa si trovi nelle condizioni richieste per confiscarla secondo il Diritto con\une; e constatato che il belligerante abbia effettuato il sequestro senza rispettare rinviolabilità del territorio neutrale, incombe al tribunale di dichiarare nulla l'operazione di guerra fatta nelle acque teni* toriali neutrali, e libera la preda»

580

Libro IV. ' Della tutela giuridica del Diritto internazionale

Navi nazionali riprese.

1640. Sarà escluso il diritto di preda riguardo ad ogni nave mepcantile nazionale o addetta al servizio dello Stato durante la guerra, la quale sia stata predata dal nemico, e ripresa prima che il tribunale intemazionale delle prede T abbia aggiudicata a luì come buona preda.

164L Incombe a ciascuno Stalo il regolare con la propria legge la condizione delle navi mercantili predate dal nemico e che siano a lui ritqlte prima della legale aggiudicazione.

Potrà essere attribuito un premio a coloro, che avessero liberata la nave predata, o che l'avessero ricuperata o salvata, in caso che essa fosse stata abbandonata dal belligerante, che l'aveva seque- strata, ma dovrà reputarsi ognora contro il Diritto comune inter- nazionale l'applicare alle navi mercantili sequestrate dal nemico e riprese prima che siano state a lui aggiudicate dal tribunale competente, le stesse regole che possono essere applicate alle navi nemiche avuto riguardo al diritto di confiscarle e predarle durante la guerra.

Della sentenza del Tribunale delle prede e della sua efficacia.

1542. La sentenza del tribunale delle prede dovrà essere motivata ed enunciare il fatto e le regole di Diritto comune, sulle quali sia fondato il dispositivo.

Essa dovrà contenere la decisione circa la legalità o illegalità della cattura, e l'aggiudicazione della nave o del carico o di una parte di esso al belligerante, o la liberazione o la restituzione di tali cose ai loro legittimi proprietari.

Dovrà inoltre provvedere circa iW rifacimento del danno, quando le parti siano a ciò lenufe, e circa tutte le spese del giudizio e

TUoh XIV. - Dd uquestro e tMla confisca ^^

quelle occasionate dal sequestro e dalla conservazione delle cose sequestrate.

1643. La sentenza avrà l'autorità della cosa giudicata trs^ le parti, e sarà reputata efficace a stabilire i loro diritti rispettivi.

1544. Le parti legalmente rappresentate nel giudizio o le- galmente contumaci sono tenute a ritenere come sentenza defi- nitiva quella pronunziata dal tribunale delle prede e devono eseguire quanto con la sentenza sia stato disposto. In caso di ri- fiuto il procedimento della parte che ciò faccia, sarà riguardato come violazione del Diritto comune, e potrà dar luogo a tutte le procedure stabilite per assicurare il rispetto e l'osservanza delle obbligazioni internazionali.

582

Libro IV, ' Della itUela giuridica del Diritto internazionaU

TITOLO XV.

Fine della ffuerra.

Quando la guerra debba reputarsi terminata.

1645. La guerra tra due o più Stati non può reputarsi legai- niente terminata che con la conclusione della pace stipulata col trattato preliminare, o col trattato definitivo di pace.

Quando essa sia fatta da un popolo contro uno Stato o da un partito che si trovi nelle condizioni per poter essere reputato belligerante dovrà reputarsi terminata con la sottomissione com- pleta del vinto al vincitore.

L*altima parte della regola può trovare la sua applicazione quando un popolo combatte contro il potere costituito per risolvere colle armi una questione di Diritto pubblico intemo. Cosi può accadere a modo d'esempio nel caso d*una guerra di secessione, quando cioè una parte della popolazione che formi lo Stato combatta per costituirsi a Stato separato ed indipendente, ovvero quando la guerra miri a modificare la costituzione politica dello Stato. Nell'uno e nel- Taltro caso la guerra deve reputarsi terminata quando la lotta a mano armata abbia raggiunto il suo scopo, o mediante la costituzione dello Stato separato, o mediante la vittoria del partito vincitore che sia riuscito nell* intento pel quale la lotta a mano armata era stata iniziata, e non occorrerà in un caso e nell'altro che sia stipulato un trattato di pace; col fatto compiuto e defi- nitivo la guerra deve reputarsi terminata.

1546. La guerra non potrà reputarsi finita con la semplice cessazione delle ostilità, saranno però in tal caso applicate le regole che concernono la sospensione d'armi o Tarmistizio.

1547. L'occupazione militare, tutto che protratta a tempo considerevole, e resa stabile mediante la costituzione di un Governo^ non potrà valere a far ritenere la guerra legalmente finita, se non che quando la cessione del territorio militarmente occupato sia stata riconosciuta o mediante un formale trattato di cessione, o mediante altri atti equivalenti al trattato o al riconoscimento formale del nuovo stato di cose.

Titolo XV. - Fine della guerra 583

Del trattato di pace.

1648. Saranno reputate capaci a stipulare le condizioni della pace le persone che si trovino nell'attualità nel possesso della suprema autorità, e alle quali sia affidato il governo dello Stato.

Anche quando il partito nazionale della maggioranza abbia stabilito nn Governo provvisorio surrogandolo al £k>vrano legittimo vinto o prigioniero, o che abbia abdicato, o che per qual ri sia ragione trovisi impedito neirattua- lità di esercitare i poteri sovrani, le persone che esercitino le funzioni della sovranità, e che costituiscano di fatto il Governo, devono essere reputate com- petenti a stipulare le condizioni deUa pace.

1640 Il trattato di pace sarà reputato valido quando abbia i requisiti richiesti per la validità di ogni altro trattato {Confr. reg. 628, 638-39).

1660. Spetta al vincitore il subordinare la conclusione della pace a quelle condizioni che esso reputi le più adatte a soddisfare ogni suo legittimo diritto.

Qualora però le condizioni imposte dal vincitore e che il vinto non può rifiutare o discutere, siano veramente tanto onerose da implicare la mina economica, politica o morale dello Stato vinto, questo potrà provocare la riunione di una conferenza e sotto- mettere ad essa le condizioni della pace. Deve ammettersi in tale evenienza l'ingerenza collettiva per determinare le condizioni della pace che meglio rispondano ai prìncipii della giustizia intemazio- nale che il vincitore non può conculcare impunemente a danno del vinto {Confr. reg. 487, 489, 1027, 1046).

1661. La cessione forzata di una parte del territorio di uno Stato vinto, potrà essere imposta come condizione della pace e dovrà ritenersi valida quando sia stata stipulata nel trattato di pace debitamente concluso e giusta le norme che devono governare le cessioni territoriali tra Stato e Stato.

Ratifica del trattato di pace.

1652. Qualora a norma della legge costituzionale la pace non possa essere conclusa che sotto la condizione che il trattato

B^ hUbro 1 V, - Della tutela giuridica del Diritto internazionale

di pace sia ratificato dai corpi rappresentativi, la guerra dovrà reputarsi terminata con la stipulazione del trattato di pace, ma sotto la condizione risolutiva della ratifica. L'accordo concluso circa i patti della pace dovrà però ritenersi efficace, e non potrà quindi ritenersi rotto se non che quando i detti Corpi rappresenta- tivi abbiano espressamente deliberato di non ratificare il trattato.

1663. Dal momento in cui sia stato definitivamente decìso di non ratificare il trattato di pace, ritornerà in pieno vigore il Diritto di guerra e potranno essere ricominciati senz'altro gli atti di ostilità.

1664. In nessun caso potrà essere menomato il diritto spet- tante alla parte interessata di provocare la riunione di una con- ferenza e di sottomettere ad essa il trattato di pace a fine ottenerne la rivocazione o la modificazione, qualora le condizioni imposte dal vincitore possano essere reputate enormemente lesive dei legittimi diritti dello Stato o in opposizione col Diritto inter- nazionale.

Come il trattato debba essere eseguito.

1666. I patti concordati col trattato di pace fino a che esso non sia rivocato dovranno essere osservati lealmente ed in buona fede ed essere ritenuti obbligatorii per lo Stato che li abbia sti- pulati, anche se siano stati imposti dal vincitore a cagione della sua forza militare preponderante, e se in virtù di essi siano state modificate le condizioni storiche rispettive degli Stati combattenti ed i diritti precedentemente da ciascuno di essi acquistati {Canfr. r&g. 638).

Amnistia generale»

1666. La conclusione della pace importa anche indipenden- temente da patto espresso l'amnistia generale rispetto all' appli- cazione del Diritto di guerra ai fatti politici, o militari compiuti durante la guerra o connessi colla medesima. Essa però non potrà

Titolo XV. - Fine della guerra 585

valere a sospendere Tapplicazicme del Diritto comune ai reati com- messi in tempo guerra.

1667. Sarà reputata come conseguenza generale della con- clusione della pace, la rinuncia da parte dell'uno e dell'altro Stato belligerante ad ogni specie di azione relativa ai fatti che abbiano motivato la guerra, e ad ogni dissidio e ad ogni vertenza che die cagione alla medesima.

Applicazione del trattato di pace.

1668. Qualora nel trattato di pace fosse stipulata la regola dello statu quo ante bellum, essa dovrà essere interpretata ed appli- cata in maniera da non pregiudicare i diritti acquisiti dai privati durante la guerra, e, salvo dichiarazioni espresse in contrario, sa- ranno osservate le seguenti regole.

1659. n Sovrano reintegrato nel possesso dei suoi domini! potrà ripristinare ogni cosa nelle condizioni anteriori per tutto ciò che concerne la pubblica amministrazione, ma dovrà tener conto delle conseguenze legali derivanti dall'occupazione militare dei ter- ritori a lui restituiti. {Confr. reg. 1312, 1332.)

Esso non potrà esercitare i suoi diritti sovrani in modo retroat- tivo e sarà tenuto a rispettare tutti i diritti acquisiti durante la occupazione, sia che essi derivassero da contratti legalmente fatti, sia che derivassero da sentenze rese durante l'occupazione e pas- sate in cosa giudicata.

1660. Incombe al Sovrano reintegrato il tener conto delle leggi e dei regolamenti promulgati dall'autorità nemica, e delle conseguenze legali che ne siano derivate durante l'interregno.

Egli potrà assoggettare all'autorità delle proprie leggi e regola^ menti, che ipso jure ipsoqm facto entrano in vigore, ogni fatto, ogni diritto, ogni aspettativa, a cominciare dal momento in cui egli sìa stato reintegrato, ma dovrà rispettare i diritti già perfetti ed ac* quisitì dai privati durante l'occupazione militare nemica.

1661. Ogni diritto spettante alla sovranità territoriale dovrà

^^ Libro IV. - Della iuUla giuridica del Diritto internaziotiaU

ritenersi immediatamente reintegrato anche rispetto al nemico che aveva prima occupato militarmente il territorio restituito.

Le leggi poliUche ed il Diritto pubblico dello Stato devono rite- nersi senz'altro immediatamente ripristinati nella loro piena auto- rità, e colla promulgazione del trattato che ristabilisce lo «tatù quo ante béUum^ deve ritenersi rivocata ogni modilBcazione ftitta ad essi durante l'occupazione militare, salvo sempre i diritti ac- quisiti dai privati.

1562. La restituzione delle cose dovrà essere effettuata nello stato in cui esse erano quando furono prese dal nemico, salvo sol- tanto i cambiamenti avvenuti e le deteriorazioni, che siano state la conseguenza naturale dei fatti o delle operazioni di guerra.

Applicando questa regola se ne può dedurre, che una piazza forte, ad esempio, debba essere restituita neUo stato in cui essa era quando fu presa, sempre ebe essa si trovi nel medesimo stato alla conclusione della pace. Supponendo cbe durante la guerra essa fosse stata disarmata e le sue fortificazioni sman- tellate, e che nulla fosse stato intomo a ciò disposto nel trattato di pace, la parte, a cui la fortezza dovesse essere restituita, non potrebbe pretendere che r altra facesse le opere per rimetterla nello staiu quo ante heìlum, A fare le opere potrebbe essere costretta la parte contraria, se essa le avesse distrutte prima di restituire la fortezza e dopo conclusa la pace.

Norme circa Tuli possidetis.

1663. Qualora nel trattato di pace fosse stipulata la regola dell'ubi possidetis, essa potrà valere per quanto concerna le cose appartenenti all'uno o all'altro dei due Stati belligeranti, e delle quali sia stato acquistato il possesso in conseguenza dei fatti di guerra. Bisogna però ritenere salvi anche in questo caso i diritti dei privati proprietari delle cose, se in conseguenza della guerra fossero stati espropriati, e potessero avere il diritto al rifacimento del danno.

1664. Spetta alle paili, che stabilendo la regola dell' f^^J possidetis nel trattato di pace abbiano inteso così di rinunciare all'esercizio di ogni loro diritto per gli avvenimenti e mutamenti sopravvenuti durante la guerra, il determinare l'obbligo rispettivo relativo ad ogni diritto che possa competere ai privati pel rifaci-

Titolo XV. Fine dèlia guerra ^7^

mento del danno da essi patito, sia che l'azione possa essere esercitata da essi in conformità della legge dinanzi ai tribunali, sia che possa essere esercitata soltanto in via amministrativa.

In mancanza di patto espresso si applicheranno per analogia i principi! di Diritto comune, che concernono gli obblighi rispet- tiyi in caso di successione di Stato a Stato.

Dei danni di guerra.

1566. Ogni danno patrimoniale patito dai privati durante la guerra, e che sia dimostrato avvenuto effettivamente in occa- sione della medesima, dandone la prova specifica, fa nascere il diritto di ottenere la riparazione del danno patito o mediante razione in via giudiziaria, o mediante l'azione in via amministrativa.

La proposta regola si fonda sul concetto, che la gaerra è un rapporto fra Stato e Stato, e che rinsieme degli atti durante la medesima compiuti devonsi ritenere fatti e compiuti per tutelare i diritti e gFinteressi della comunità. Dal che consegue che i cittadini debbano reputarsi responsabili di tutte le conse- guenze della guerra uti universitas, e che essi come tali debbano sopportarne le conseguenze. Per lo che se gli uni o gli altri patiscono poi individualmente nn danno patrimoniale pei fatti di guerra, non debbono essi essere tenuti a sopportarlo individualmente, come in ogni caso di danno patito per forza mag- giore o in conseguenza di un evento fatale. U danno deve essere invece sop* portato dalla comunità, perchè la guerra mira sempre a far rispettare i diritti della comunità lottando colle armi contro lo Stato che voglia conculcarli. Deve quindi reputarsi conforme ai principii naturali della giustizia e deirequità che debba ammettersi ognora Fazione da parte del danneggiato affinchè i danni individualmente da lui patiti pei fatti e per gli eventi di guerra siano ripartiti fra tutti coloro che la comunità costituiscono: essi devono infatti cadere a carico dei cittadini uti univereitae, e non già di coloro che uH 9inguH even- tualmente tali danni abbiano patito.

Ma per ottenere il rifacimento del danno può sempre sperimentarsi Fazione giudiziaria o deve sperimentarsi Fazione in via amministrativa?

Questa a noi pare la sola e vera questione controversa, perla quale con* verrà tenere presenti le seguenti regole.

1666. Sarà qualificato danno di guerra risarcibile soltanto in via amministrativa ogni danno, che possa essere reputato come conseguenza della fatale necessità e della forza maggiore e che sia stato cagionato durante il combattimento e per le esigenze del medesimo»

588 Libro IV. - Della tutela giuridica del Diritto inUrnazi(màle

n concetto giuridico del fatto di guerra^ dell'urgenza e necessità 4i guerra dev'essere però ristretto a quello soltanto, che può riu- scire necessario ed urgente di fieire e d' intraprendere nel luogo in cui il nemico si trovi presente, e dove la lotta con lui trovisi im- pegnata, o dove l'azione militare si svolga nell'attualità. Esso non potrà essere allargato a tutto quello che durante la guerra possa essere fatto od intrapreso con un disegno preordinato di difesa o di offesa, e che possa essere reputato preventivamente utile ai fini della medesima.

1667. Spetterà ai privati l'azione giudiziaria per ottenere il risarcimento del danno patito durante la guerra ogniqualvolta <*he il danneggiamento della proprietà privata sia stato effettuato fuori del caso dell'urgenza e della necessità di guerra, non ostante che sia stato motivato dai bisogni preventivi della difesa.

Il danneggiamento come tale dovrà restare sommesso alle regole che concernono i danni arrecati ai privati per ragione di pubblica utilità, e governato a norma delle medesime rispetto al diritto, «d alle azioni spettanti al danneggiato di essere restaurato del danno patito.

1668. Le distruzioni, le devastazioni e degradazioni della proprietà avvenute durante la guerra in conseguenza di un disegno preordinato di difesa o di offesa, non potranno essere reputate fatti di guerra, e conseguenza della fatale necessità e della forza maggiore, dato che fossero compiute là, ove nella attualità non sìa impegnata la lotta e non si svolga l'azione militare.

La distinnone che noi abbiarao fatto colle due proposte regole può valere non solo per determinare il carattere e la natura del diritto acquisito dai pri- mati di ottenere il rifacimento del danno patito, ma per stabilire altresì se Tobbligo del risarcimento del danno debba cadere a carico delFuna o delPaltra delle di» parti belligeranti, quando tale obbligo non sia stato espressamente regolato col trattato di pace.

Non si può contestare che la guerra abbia il carattere di fatto necessario e di forza maggiore, ma non tutto qneilo che può essere Intrapreso per le •esigenze della guerra può avere il carattere del fatto necessario e della forza maggiore. Quando infatti il danneggiamento sia stato cagionato non durante il combattimento, ma per Tinteresse pubblico bensi della difesa militare, non può essere reputato quale conseguenza fatale della forza maggiore.

Bisogna senza dubbio ammettere che anche in tal caso le degradazioni della proprietà siano la conseguenza delle pubbliche necessità, si porebbe al

Titolo XV. - Fine della guerra

589

certo contestare !I diritto della sovranità, che deve provvedere alla difesa dello Stato, di autorizzarle con completa autonomia. Bisogna non per tanto considerare che tutto quello che sia fatto per le pubbliche necessità e per interesse pubblico ha il carattere di fatto legittimo : che è vero che grinteressl del privato devono rimanere sommessi e subordinati all*interesse pubblico^ ma che è pure vero che spetta poi alla sovraniti^., la quale per tutelare gli interessi dello Stato abbia decretato i deterioramenti della proprietà privata^ il risarcire i proprietari di ogni danno ad essi cagionato per ragioni di pnb- blica utilità. Conseguentemente il compenso ed il risarcimento del danno devona essere governati piuttosto dalle norme che li regolano in caso di espropria- zione per ragione di pubblica utilità che con quelle che regolano il danneg- giamento cagionato dai fatti di guerra.

Tedi le note e i richiami al capitolo ultimo su tale materia della mia opera Trattato di Diritto pubbUeo iniemae., tomo S"" , § ìSé% e la mia nota alla sentenza della Corte d'appello di Lucca dell' 8 marzo 1880 nel Journal de Droit intern. prive, 1883, pag. 78.

1569. Incombe alle parti belligeranti che concludono un trattato di pace, determinare senza equivoci a carico di quale di esse debba essere posto l'obbligo delle indennità dovute ai privati che ebbero a soffrire danni durante la guerra, e ritenere in mas- sima conforme ai principìì di equità il risarcirli per quanto sia possibile anche quando essi non possano secondo lo stretto Diritta esercitare nessuna azione giudiziaria.

Effetto generale della pace.

1570. Il trattato di pace debitamente concluso e legalmente ratificato, produrrà come effetto generale ed immediato il far ces- sare ipsojure ipsoque facto Tautorità del Diritto di guerra e tutti gli effetti che ne conseguono, mentre esso è in vigore, e il richia* mare in pieno vigore il Diritto internazionale durante la pace.

^90

CONCLUSIONE

Le regole da noi codificate non sono al certo quelle che nel- l'attualità governano in tutto i rapporti intemazionali degli Stati e dei popoli, si può prevedere quando i Governi potranno ac- <*ordarsi a proclamare un qual si sia complesso di regole giuridiche come loro Diritto comune col proposito di dare così un ordina- mento giuridico alla società, che di fatto trovasi tra di essi sta- bilita. Proponendole noi con la forma di un codice, non abbiamo inteso di affermare che si possa d'un tratto codificare il Diritto internazionale e mediante la codificazione risolvere il problema grave e difficoltoso di dare alla società degli Stati una base giu- ridica, e molto meno poi col proporle con quella forma abbiamo avuto la temeraria pretesa di legiferare. No: Il nostro intendimento è stato bensì di mettere in luce che all'ordinamento giuridico della società degli Stati potrebbe essere provveduto stabilendo fra di «ssi un Diritto comune, che regolasse tutti i rapporti, che dalla convivenza conseguono, e che si potrebbe trovar modo altresì per assicurarne il rispetto e reprimerne le violazioni. Noi abbiamo voluto tracciare una via ed additare il cammino colla ferma e certa fidanza che altri saprà certamente fare opera pib perfetta della nostra ricolmando le lacune ed escogitando regole migliori.

La codificazione del Diritto intemazionale non potrà essere l'opera di uno 0 di pochi, ma sarà sibbene il risultato finale del lavoro assiduo di molti scienziati e l'ultima espressione delle convinzioni giuridiche, che in conseguenza della crescente coltura e civiltà anderanno a mano a mano formandosi nella coscienza doi popoli civili, e che dovranno indubitabilmente modificare la missione della diplomazia e dei Governi i più liberali.

Conclusione 591

Al risultato definitivo non si potrà arrivare che in un avvenire più 0 meno lontano, e sarà tanto più facile il vincere le difficoltà, quanto più si procederà gradatamente, incominciando dal codificare quelle parti del Diritto internazionale intomo alle quali si sono già formate le convinzioni giuridiche comuni, e che urtano meno le particolari condizioni sociali dei diversi paesi. Spetta frattanto a ciascuno il contribuire, secondo le proprie forze, con le pubblica- zioni, coU'insegnamento, colle discussioni e con ogni altro mezzo alla progressiva formazione delle convinzioni giuridiche uniformi intomo ai principii fondamentali, che devono presiedere all'ordi- nata coesistenza degli Stati civili, per arrivare cosi ad elaborare a mano a mano un sistema in corrispondenza dei bisogni attuati e reali dei diversi Stati.

Io ho voluto come uomo di buona volontà portare il mio gra- nello di sabbia per la costruzione del grande edifizio, ed ho stimato opportuno l'esporre il risultato di tutti i miei studi sulle diverse parti del Diritto intemazionale in un complesso di regole ridotto a forma di codice col solo intendimento, come ebbi a dichiarare nell'introduzione (1), di condensare le mie convinzioni scientifiche, per esprimerle in proposizioni distinte e distribuite con ordine siste- matico, a fine di esporle, per quanto mi era possibile, con la mag- giore chiarezza e con la maggiore precisione. Questo è quello che mi ero proposto di fare, e se non sono riescito a farlo bene, ho cercato di adoperare tutte le mie forze per riuscirvi.

Per dare alla società intemazionale un assetto corrispondente ai bisogni dell'epoca moderna e proclamare un complesso di regole, che abbiano per tutti gli Stati autorità di legge, occorrerà l'inizia- tiva da parte dei Govemi i più liberali, e tengo per fermo che si arriverà a questo.

La società giuridica PRiiirriVA fu la famiglia, la finale sarà la

CONFEDERAZIONE GIURIDICA DEI POPOU QVILI.

(ì) Vedi la mia lettera di dedica, e Introduzione, § 25.

FINE.

jf^'BF:EiisrjDXGJSi I.

SUNTO STORICO

DEI PIÙ IMPORTANTI TRATTATI INTERNAZIONALI

Dall epoca della Riforma 1528 al I89G.

Considerazioni generali.

Leggendo la storia dei traltati ccmciusi lino al secolo nel quale viviamo^ si prova un sentimento di sconforto, perché si arriva a comprendere che le regole dei rapporti intemazionali non hanno avuto altra base tranne di quella degl'interessi accidentali e temporanei che in ciascuna epoca hanno predominato, e che gli Stati, che le hanno stabilite in forza dei trattati fra loro conclusi, non hanno avuto altro intendimento che quello di regolare i fatti compiuti senza proporsi mai di accettare d'accordo un sistema di regole giuridiche adatto ad assicurare la pace ed a prevenire la guerra in avvenire (1).

Nell'epoca nella quale il Papato aveva acquistato tanta potenza da aspi- rare al governo del mondo reputando soggetti alla sua suprema autorità i popoli ed ì Re, le guerre furono fatte per eliminare il pericolo della Mo- narchia universale, che si mirava a costituire con la forma di una comunanza polhico-religiosa- teocratica o d'impero universale a capo di cui s'intendeva porre il Papa.

11 movimento iniziato da una parte dagli scienziati, dall'altra dagli uomini di azione che combatterono al principio del XVIi secolo per rifor- mare e trasformare le basi della società internazionale mirò concordemente

(1) Ecco quello che scrive il Marchese De Saint-Yves d*ÀIacydre a proposito del trattati : i Tous ces actes, fruit et semence de guerre, ne soni dictés par le canon, que pour étre déchirés par les boulets s (Migsiomf de9 90uvwrains),

38 Fiori?, Dir. intera, codif.

II Appendice L

a separare il Diritto pubblico dello Stato dal Diritto pubblico della Chiesa e a rivendicare il principale diritto della personalità umana, quello cioè della libertà di coscienza.

Nella lotta sanguinosa, che ne fu la conseguenza, gli avversarli si schie- rarono in due campi, e combatterono accanitamente gli uni per assicurare il trionfo delle idee sostenute dal Papato, e formarono quella che fu detta la Lega CJattolica^ gli altri per ottenere il trionfo dei principii proclamati da Lutero, che conducevano alla secolarizzazione della politica intemazio- nale, e formarono V Unione Evangelica.

Le guerre combattute fra gli uni e gli altri in nome dei principii di confessione religiosa furono nomate guerre di religione. Col trattato di Augsburg (i545) la religione luterana acquistò una posizione legale a lato di quella cattolica, ma il trionfo dei nuovi principii e del movimento iniziato dai riformisti non fu assicurato che in seguito alla guerra, che fu detta dei trentanni, e che terminò col trattato di pace stipulato a Westfalia nel 1648, che segnò la fine dell'antico stato di cose, e l'inizio d*un nuovo regime, col quale incominciò la storia moderna del Diritto intemazionale.

Con detto trattato fu infatti stabilito in massima la separazione degli interessi della Chiesa da quelli dello Stato;' la libertà e l'eguaglianza dei culti : il riconoscimento delle tre confessioni cattolica, luterana, calvinista. Quel trattato però non provvide a risolvere il problema dell'equilibrio giù- ridico della società intemazionale che sotto il punto di vista di regolare soltanto i fatti compiuti e le vittorie della Riforma. Esso riconobbe l'indi- pendenza degli Stati, ma nulla stabili per l'ordinata giuridica coesistenza dei medesimi.

La lotta incessante e permanente prese diversa e nuova forma. Si trat- tava di dovere garantire l'indipendenza dei nuovi Stati mediante quel trat- tato riconosciuti, e d'impedire che risorgesse il pericolo della Monarchia universale e fu immaginato di risolvere tale problema mantenendo fra tutti gli Stati un certo equilibrio di forze, onde impedire la preponderanza di qualcheduno di essi su gli altri.

Questa è la seconda epoca, nella quale le lunghe guerre combattute mirarono a mantenere l'equilibrio politico, e siccome questo si voleva mantenere nell'interesse delle Case regnanti, cosi ogni diritto dei popoli fu conculcato coi trattati, che furono conclusi col solo fine di tutelare gl'interessi dei Principi.

Divenuta la Francia potente durante il regno di Enrico lY e più ancora durante quello di Luigi XIV le guerre furono fatte ed il sistema delie

Considerazioni storiche ni

alleanze orgranizzato per abbassare la preponderanza di lei. Con tale inlendimento furono conclusi non pochi trattati, che ebbero piuttosto il carattere di tregue consentite a solo fine di riprendere forza per tornare al combattimento.

Quando da prima la Francia usci quasi vittoriosa dalla lotta, dettò essa stessa le condizioni della pace col trattato di Nimega concluso nel 1678-79 e col trattato di Ryswich concluso nel 1697 per finire la guerra contro la Germania, ma quando poi essa soggiacque vinta, e fu costretta ad accettare le condizioni ad essa imposte dalla forza superiore delle Potenze alleate ed a sottoscrivere la pace di Utrecht, con la quale rinunciò ai possedimenti acquistati in virtù dei precedenti trattati, mostrò di abbandonare i suoi ambiziosi progetti d'ingrandimento.

Il trattato di Utrecht non valse per altro che a risolvere il cosi detto problema dell' equilibrio politico avuto riguardo ai fatti compiuti, ma sic- come non fu stabilito nessun sistema di regole per mantenere ciascuno Stato nella propria cerchia giuridica, cosi, appena le forze furono ristorate nei pochi anni di pace, nacquero nuovi pretesti e nuove cagioni di guerra alimentate ognora dalla necessità di mantenere T equilibrio. Da prima la guerra di Polonia terminata col trattato di Vienna del 1738, poi quella per la successione austriaca, che ebbe termine col trattato di Aquisgrana del 1748; poi la guerra che fu detta dei sette anni terminata col trattato di Parigi del 1763 e l'altra a cui fu posto fine col trattato di Hubersboui^ nel 1763.

Sempre per mantenere il preteso equilibrio nell* interesse delle Dinastie altre guerre furono combattute e ogni diritto dei popoli conculcato. Si esco- gito il sistema delle alleanze armate e degli interventi per mantenere T equi- lìbrio e conservare i possedimenti acquistati coi trattati, e basti rammentare la triste applicazione fattane alla Polonia smembrata e partita nel 1777 e nel 1793 in omaggio all'equilibrio politico e tacciamo di altri avvenimenti, e delle guerre combattute, e delle alleanze concluse per organizzare la cosi detta bilancia delle forze*

Tutto quello che caratterizza il movimento dei rapporti internazionali e dei patti conclusi tra i Principi coi trattati stipulati fino al secolo XVIII si può desumere da quello che scriveva Federico di Prussia, esprimendo la generale convinzione ne\VAnii-M(ichiaveUo. e La tranquillité de l'Europe, se fonde principalement sur le maintien de ce sage équilibre, par lequel la force supérieure d'une Monarchie est contre-balancée par la puissance réunie de quelques autres souverains. Si cet équilibre venait a manquer.

IV ^ Appendice L

il serait à craindre qu*il n'arrivàt une revolution unhrcrselle, et qii'une nouvelle Monarchie ne s'étabiit sur les débris des Prìnces que ieur domi- nation rendrait trop faibles (1) ».

Dopo la scoperta del Nuovo Mondo e della nuova via pel ti^ailco colle indie gl'interessi mercantili servirono di base alla politica dei Governi. Ciascuno volse il pensi^t) ad acquistare la supremazia commerciale e ritenne che ad assicurarla fosse mestiere di confiscare a suo profitto il monopolio degli scambii e delle esportazioni e di aeme ogni forma di ostacoli alla libertà del commercio alimi ed allo sviluppo della produzione. Cotesto falso indirizzo fu alimentato dalle false teorie a riguardo della pro- sperità e della ricchezza. Si pensava che l'oro fosse la ricchezza, e che ciascun Governo dovesse considerare come supremo interesse di regolare ogni suo rapporto commerciale in maniera da importare la minore quantità di merci e molto oro. Da ciò nacquero nuove cagioni di guerre. Ciascuno Stato cercava di volgere le cose a suo esclusivo vantaggio, e se un altro apriva al proprio commercio nuovi sbocchi o accresceva l' industria e il traffico, si sentiva il bisogno d'impedire che esso si arricchisse oltre misurai e si trovava un pretesto per fatigli la guerra coli' intendimento di ooetrìs- gerlo a sottoscrivere un trattato di commercio, in virtù del quale il cosi detto equilibrio mercantile potesse essere ristabilito.

I disordini che furono la conseguenza delle rivalità mercantili fiirono maggiori e più considerevoli di quelli che derivarono dalla voluta neeessifà dell'equilibrio politico. Da una parte gli Stati più potenti cercavano d'im- porre ogni specie di restrizione al commercio degli altri coli' intendimento di avere il monopolio del commercio, ed i più deboli talvolta subivano la lo-^rge, tal' altra si alleavano per respingere la forza prevalente ed impone- vano essi la le^e. Cosi ogni principio di diritto e di giustizia fu sacrificato a seconda della forza prevalente dei vincitori. I Portoghesi per rendersi padroni del commercio delle Indie pretesero al traffico esclusivo per la via scoperta da Vasco de Gama e proibirono a tutti gli altri popoli di navigare pel Capo di Buona Speranza. La Spagna aspirava a confiscare a suo pn^tto il commercio col Messico, l'Inghilterra allargava i suoi possedimenti e fon- dava ovunque colonie, e divenuta forte e potente dettava la legge a tutti e coglieva ogni pretesto per dichiarare la guerra alle Potenze rivali e rovi- nare il loro commercio. Le guerre poi furono uno strano miscuglio di ope- razioni militari e mercantili, e affinchè durante esse non ne potessero trarre

(1) Frédéric, Anti-Machiavel. Pari. 3, chap, XXVI, p. 58,

ConsiderazUmi storiche V

▼an (aggio gli Stnti, che volevano rimaDere estranei e neutrali, si cereo di annientare e paralizzare il commercio degli stessi neutrali durante la guerra ed ogni pretesa fu sostenuta con la forza, e subita per debolezza.

I trattati concilisi nel XYII e XVIIl secolo sono la più sicura, prova della grande concisione a riguardo. dei principii relativi alla libertà del com- mercio ed a quelli della navigazione durante la guerra. Dal trovare in essi talvolta stabilite, talvolta disdette le stesse regole, se ne può dedurre Tasso- Iota mancanza di ogni criterio certo e sicuro da parte dei Governi, che le pro- elamavano e le negavano, secondo le circostanze suggerivano. Basterebbe per convincersene volgere l'attenzione alle regole, ohe ooaoernono i diritti degli Stati neutrali durante la guerra e Teserciiio del diritto di preda da parte dei b^igeranti rispetto al nemico ed ai neutrali. Parve che un. certo sistema di principii potesse ritenersi stabilito col trattato di Versailles con- cluso nel 1783, imperocché mediante esso furono accettate le regole pro- clamate dalla lega della neutralità armata, eliminando cosi lo stato di cose anteriore, quando cioè ogni diritto dei nemici e dei neutrali in tempo di

guerra marittima poteva essere definito a seconda della forza e delT interesse degli Stati vittoriosi. Le r^pole in quel trattato stabilite acquistarono in seguito maggiore autorità quando furono poste a base dei particolari accordi lira i diversi Stati oonchisi; però siccome nulla era state provveduto per assicurarne il rispetto, eosl accadde che i (Governi stessi, che le avevano accettate, reputOBsero di poterle disconoscere e modificare con pieno arbitrio.

Le condizioni anormali nelle quali fu combattuta la guerra della Rivo- hizione Francese furono prese a pretesto per giustificare le violenze e gli abusi commessi da una parte e dall'altra. Si volle legittimare ogni eccesso eoi principio della rappresaglia, e col pretesto che ogni misura eccezionale era resa necessaria dalle circostanze straordinarie nelle quali si trovava l'Europa. Il fatto è, che tutti i principii del Diritto inlernazionale furono violati, ed ogni arbitrio commesso a titolo di rìtorsi(»ie, ed i principii rela- tivi ai diritti dei neutrali disconosciuti da quegli Stati medesimi, che li avevano prochimatì, e non occorre entrare in particolari.

Quando cadde Bonaparte in conseguenza della coalizione delle Potenze alteale contro di lui, l'Europa presentava un aspetta del tutto singolare. Gli avvemmenti, che si erano compiuti duminte la rivoluzione avcano ope- ralo una completa innovazione. L'autorità dei trattati era venuta meno ; Tequilibrio dell'Europa scosso; alcuni Stati scomparsi, altri nuovi costituiti; bisognava proprio rifare da capo l'edificio del riordinamento della società

VI Appendice L

degli Stati e risolvere il grave problema di assicurare l'equilibrio politico fra i medesimi, e si pensò di provvedere a ciò riorganizzando gli Stati secondo i pretesi diritti dei Sovrani legittimi, e ponendo il diritto storico a fondamento della legittimità. Il lango lavorio fatto dai potentati convenuti a Vienna per ristabilire il cosi detto equilibrio politico fu riassunto nell'Atto solenne stipulato il 9 giugno 1815. 1 possedimenti territoriali furono partiti secondo gli interessi delle Dinastie ; e a fine di assicurare poi l'assetto, cosi come era stato stabilito, fu ammesso che i Principi potessero a vicenda garantirsi i possedimenti a ciascuno di essi attribuiti, adoperando la forza per impedire qualunque mutamento in avvenire.

In tal guisa quel famoso trattato stipulato a Vienna fece nascere nuove cagioni di guerre, che dovevano essere la conseguenza necessaria della lotta tra gl'interessi delle nazionalità conculcati, e quelli della legittimità fondata sul Diritto storico, e che era stata posta a base dell'equilibrio.

Per tutelare gì* interessi delle Dinastie furono conclusi nuovi particolari trattati, tra i quali primeggia quello famoso che fu detto della Santa Alleanza stipulato il 26 settembre 1815 e che fu il primo atto della politica reazio- naria dei Governi, i quali a fine d'impedire qualunque attentato all'equi- librio stabilito a Vienna, affermarono il diritto delle grandi Potenze di organizzare una suprema vigilanza nelle faccende inteme di tutti gli Stali, e d'impedire e reprimere qualunque manifestazione da parte dei popoli, che potesse turbare l'assetto politico dell'Europa come era stato stabilito a Vienna.

In tal maniera fu organizzato il sistema degl'interventi armati, che funestò l'Europa nella prima metà del secolo nostro, affermato e stabilito coi trattati, e di cui fu fatta triste applicazione per reprimere i movimenti liberali dei popoli nella Spagna, nel regno di Napoli, nel Portogallo ed in Piemonte.

Gli avvenimenti posteriori banno dimostrato come il Diritto pubblico internazionale, cosi come era stato accettato e consacrato nei trattati, non potesse reputarsi adatto a risolvere il problema dell'ordinamento giuridico della società degli Stati. Ad effettuare questo un certo equilibrio deve repu- tarsi pure indispensabile, ma ren*ore dei Governi è stato quello di voler attuare l'equilibrio mediante la cosi detta bilancia delle forze, invece di mirare a stabilire il limite giuridico dell'azione di ciascuno Stato proda* mando i principii del Diritto, e provvedendo cosi alla tutela giuridica dei medesimi.

Col trattato di Parigi del 1856 si può dire iniziato un nuovo indirizzo, imperocché con quel trattato non solo furono regolate le conseguenze della

Considerazioni storiche VII

ffuerra combattuta contro la Russia, ma furono altresì proclamati alcuni principii fondamentali del Diritto internazionale marittimo mediante la solenne dichiarazione dei diritti e dei doveri dei belligeranti a riguardo dei neutrali.

È vero che in quel trattato nulla trovasi stabilito per assicurare il rispetto dei principii in virtù di esso proclamati : è però meritevole di con- siderazione, la proposta che fu fatta da Clarendon, ed accettata, che cioè per prevenire le calamità della guerra il Congresso faceva il voto che gli Stati, tra i quali si fosse sollevata una controversia seria, prima di ricorrere alle armi, avessero ricorso ai buoni ufBdi di una Potenza amica. Questo voto amplificò il principio consacrato all'articolo 8 del trattato, nel quale trovasi disposto che, qualora fosse sopravvenuto fra la Sublime Porta e runa 0 più delle altre Potenze firmatarie un dissenso, che minacciasse il mantenimento delle loro relazioni, la Sublime Porta e ciascuna di queste Potenze, prima di ricorrere all'impiego della forza, dovessero porre le altre parti contraenti in grado di prevenire una tale cnlaniità col nìezzo della loro azione mediatrice.

Con tali precedenti, bisogna pure riconoscerlo, s' inizia un nuovo indirizzo nell'ordinamento della società intemazionale, quello cioè che consiste nel ritenere tutti gli Stati solidariamente cointeressati a provvedere a che i principii di comune accordo stabiliti non fossero arbitrariamente violati dall'una o dall'altra parte contraente, e quello della ingerenza col* lettiva nell'esaminare in caso di controversia l'oggetto della disputa, inter- venendo come Potenze mediatrici e trovasi inoltre affermato il generale dovere di ogni Stato di non ricorrere alla guerra senza avere prima ricorso ai buoni ufficii di una Potenza amica.

Non si può dire che in tali precedenti trovisi stabilito e determinato il principio della tutela giuridica del Diritto comune intemazionale, ma non si può disconoscere che vi si trovi bensì l'inizio di un nuovo ordinamento di cose che col progresso della cultura e della civiltà potrà condurre a mettere sotto un più giusto punto di vista il problema dell'ordinamento giuridico della società intemazionale e della missione che dovrà essere attribuita ai Congressi per provvedere a stabilire su migliori basi tutto il sistema del- l'equilibrio giuridico.

I trattati conclusi posteriormente a quello di Parigi del 1856 hanno sviluppato meglio questo nuovo concetto della tutela giuridica collettiva, come mezzo efficace a mantenere l'ordinamento giuridico d'accordo sta- bilito. Lo si trova infatti chiaramente enunciato nel trattato di Londra

TUI Appendice L

degli li maggio 1867, nel quale il regohinento stabilito a riguardo del Lussemburgo fu posto sotto la sanzione della garanaa coUettÌTa éellf Potenze segnatane quel trattato.

Anche nell'atto finale della Conferenza di Berlino del 26 febbraio 1885 trovasi all'articolo 12 stabilito come patto che le Potenze ehe sottosGrìssero quell'atto dovessero ricorrere alla mediazione di uia di parecchie Potenze amiche prima di prendere le armi, e trovasi inoltre riservato ndla stessa evenienza il diritto di potere ricorrere alla procedura dell'arbitrato.

Sono finalmente meritevoli di grande considerazione i trattati conclusi tra le repubbliche dell'America Centrale, le quali hanno proYvednto ad organizzare fra di loro una vera confederazione ed a stabilire mezri oppor- tuni per assicurare la pace e prevenire la guerra*

Richiamiamo da ultimo T attenzione sul trattato di arbitrato generale concluso tra gli Stati Uniti d'America e la Gran Bretagna col quale sotto certe riserve le parti s'impegnano a sottomettere tutte le controTersie ehe possono nascere fra di loro ad un tribunale arbitrale (1).

Tenendo conto di tali precedenti ne consegue che il movimento iniziato col Congresso di Parigi del 1856 procede a grado a grado, e quantunque non si sia arrivati ancora a concludere un trattato generale per assicurare l'ordinamento giuridico della società intemazionale ed i procedimenti adatti ed obbligatorii a stabilire e mantenere in essa l'equilibrio giurìdico, bisogna non di meno riconoscere che il problema della vita intemazionale è stato posto sotto tale nuovo punto di vista e quello che è stato già fatto può serrire ad alimentare più grande fidanza nell'avvenire.

(1) Non conosciamo il testo di tale trattato, ma il sunto datone col telegrafo*

a

TRATTATI

CONCLUSI DURANTE LE GUERRE RELIGIOSE*

Trattato di Madrid.

1526, Gennaio 14.

an. i526.

Col trattato di Madrid Francesco I di Francia, allora prigioniero, stipulò di rìnuAziare ai suoi diritti sopra MilaAo, Genova, Napoli, le Fiandre e l'Artois, e di trasferire air Imperatore Carlo V il possesso del Ducato di Borgogna, con i territorii da questo dipendenti, cioè la contea di Charolais, e le signorie di Noyers e di Chàteau-Chinon, come pure la contea di Auxonne e il Restart » o giurisdizione di San Lorenzo, essendo essi pro- prietà dipendenti dalla Franca-Contea. Questi, ed altri onerosi ed umilianti patti, i quali Francesco I accettò onde ottenere la sua libertà, non furono poi da esso osservati, non avendo mai avuto in animo d'osservarli. Ed

* Questa esposizione dei provvedimenti sanzionati coi più importanti trattati è in sostanza^ per quelli conclusi fino al 1840, conforme alFappendice che si trova aggiunta alFopera di Theodore Woolsey, Tntroduction to the Study of Interna- tional Law; fifth edttion, London 1879. Però a quello che ho desanto da Woolsey ho tatto diverse modftftcazioni al testo originale dello scrittore a fine di Iheilitare rindieazione di ciascun trattato; ho inoltre soppresse alenne parti ed altre ne ho aggiunte, altre rifiitte per rendere più chiara l'esposizione ; tenendo presente il testo dei trattati e le opere di Wiieaton, Histoire des progrès du Droit des gens, Leipzig 1832, 2 voi.; e di Ooroussow, Résumé Historique des Principaux Traités de Paix (Paris 1885).

Le date dei trattati indicano U giorno della loro ratifica, e sempre nello stUe nuovo.

I trattati più antichi si riferiscono all'opera di Dumont, Corps universel diplo- matique du Droit des gens, contenant un recueil des Traités d'alliance^ ecc. Amsterdam de LaHaye, 1726-1731, 8 voi. in foglio (alcun! di questi diviso in due parti).

Le citazioni dei trattati moderni si rilérisoono alla collezione di Martems e dei suoi continuatori. Esse sono fatte nel seguente modo: Martens, Ree., oR., per il Rectteil Martens, Nouv. Rec.^ o N. i?., per il Nouveau Recueil Murrard, o Murhard-Samwer, ovvero Martens, Nouv. Ree. Gén,, o N. R. G., per U Nouveau Recueil General.

X AfpendiiSB L m. 1SS6^

invero in una sna protesta (l), in data del giorno anteriore al trattato^ lo dichiara nullo; allegando dinon averlo fatto di sua libera volonlà. Avendo col mezzo di tale frode ottenuto d'essere messo in libertà, rifiutò, gli Stati di Borgogna non volendo separarsi dalla Francia, di costituirsi prigioniera a forma dei patti stipulati. A questi avvenimenti tennero dietro, la Santa Lega (conclusa a Cognac, il 22 maggio 1526, fra il Papa Clemente VII, Francesco I, Venezia, Firenze, ed il Duca di Milano, contro Carlo V) ed una nuova guerra italiana.

Trattato di Catnbray o Paix des Barnes.

1529, Agosto 5 (2).

IB. 4589.

La pace delle Dame fu cosi chiamata a cagione dell'essere stata essa conclusa da Mai^herìta d'Austria sorella dell'Imperatore, e Luisa di Savoia madre di Francesco I. Con questo trattato, il quale non era altro cHe il rinnovamento di quello di Madrid con alcune importanti modificazioni, veniva a Francesco I garantito il possesso della Borgogna e dei terrìtorìi da essa dipendenti ; dal canto suo rìnunziava alle Fiandre, all' Artois, ecc., come pure ai suoi diritti in Italia, abbandonando cosi i suoi alleati ed annientando l'influenza francese in questa penisola. I suoi due figli, ostaggi a Madrid, furono messi in libertà dietro promessa di pagare due milioni di corone d'oro o ducati. I partigiani e gli eredi del Connestabile di Borbone, dovevano essere reintegrati nelle loro proprietà e nella loro posizione civile. Questo trattato, il quale di per se stesso era abbastanza umiliante, lo divenne anche maggiormente, a cagione delle solenni formalità adottate in occasione della sua ratìfica, come se facendo ciò si fosse voluto indicare, che non si poteva prestare fede alla parola di Francesco I.

Il 29 di giugno di questo medesimo anno la pace fu conclusa a Barcel- Iona ira il Papa e l'Imperatore, e fu pattuito che il Papa avrebbe posto sul capo deir Imperatore la corona imperiale, gli avrebbe conferito l'inve- stitura di Napoli, col diritto di nomina a ventiquattro sedi episcopali in questo regno, e come feudo, libero dall' obbligo di corrispondere il tri- buto di vassallaggio, eccetto quello d'un palafreno. Carlo V a sua volta prometteva di restaurare i congiunti del Papa, i Medici, i quali erano stati esiliati, e porre un freno allo estendersi dell'eresia in Germania (3). Si

(1) DUMONT, IV, 1, 412.

(2) DUMONT, IV, 2, 7.

(3) DuMONT, IV, 2, 1-7.

u. IStO. Trattati conclusi durante le guerre religiose XI

dice, che in un articolo segreto fosse stipulato che il Papa non avrebbe dato il consenso per il divorzio del Re d'Inghilterra colia zia dell'Imperatore*

Re ce 8 8 0 cmwenzwne fatta a Schmalkaldm.

1530, Dicembre 31. ■n. 1530.

Questa convenzione fu, come il preliminare della Lega, conclusa nello stesso luogo il 6 febbraio 1531, fra una parte dei Principi e città Protestanti onde prestarsi scambievole soccorso in caso che venissero assaliti a cagione della loro religione (1). Fu rinnovata per dieci anni, ed assunse più vaste proporzioni il 29 settembre 1536 (2). Per la contro-lega cattolica del 10 giugno 1538, vedi Dumont, iv, 164.

Pace di Gre 8 pi.

1544, Settembre 18. an. 1544.

La pace di Crespi tra Francesco I di Francia e Carlo V imperatore fu principalmente una ratifica di trattati anteriori, come quello di Cambray e quello di Nizza (18 giugno 1538), il secondo dei quali fu una tregua dieci anni.

CapUoiazicne di Witiemberg.

1547, Maggio 19. in. 1547.

I Protestanti della Lega Schmalkaldm, avendo prese le armi contro l'Imperatore Carlo V, senza successo, Giovanni Federigo, Elettore di Sas- sonia, essendo stato fatto prigioniero alla battaglia di Hùhlberg, si sottomette nella capitolazione di Wittemberg, avvenuta sotto questa data, alla perdita della sua carica d'Elettore e del Principato, ed a rimanere in prigione, fino a che sia per piacere all'Imperatore. L'Elettorato è trasferito dalla linea Emestina a quella Albertina della casa di Sassonia, unitamente alle prero- gative appartenenti al capo di questa. Ai figli del prigioniero Elettore ven- gono concesse delle città, ed assegnati dei distrétti, come sarebbero Eisenach, Weimar, Jena, Gotha, Saalfeld, e Coburgo, questa città dovendo prima andare a vantaggio di suo fratello (3). Da questa divisione ebbero origine i ducati Sassoni.

(1) DoMONT, IV, 2, pp. 75, 78.

(2) Dumont, u. s., 141. (8) Dumont, IV, 332.

in Appendice L an. i5l3.

Trattato di Passau (Passavia). 1552, Agosto 2.

Il Langravio di Assia fu messo in libertà, ed altri prìncipi Protestanti furono reintegrati nelle loro onorificenze e nei loro beni, e la libertà di culto fu promessa a coloro i quali professavano la confessione d'Augs- burg, ecc. (1). Questo trattato servi di preliminare alla pace religiosa conclusa fra gli Slati della Germania nell'anno 1555.

Pace di Augsburg {Augusta). 1555, Settembre 25.

In conseguenza di questo trattato pace fra i cattolici e i protestanti della Germania, concluso a Augsburg in Baviera, la religione Luterana acquistò una posizione legale a lato di quella Cattolica, ma la religione Rifor- mata non guadagnò nessun privilegio. La pace comprendeva i cavalieri, i quali possedevano terre dipendenti immediatamente dall'Impero, e le città tanto imperiali che libere, come pure i più alti dignitari della Confederazione. 1 vassalli i quali professavano una relijgione differente da quella del loro signore erano liberi d'emigrare trasportando i propri averi. La proprietà della Chiesa, la quale era oramai paaeata nelle mani degli Stati Protestanti, e non dipendeva immediatamente dair Impero, veniva ad essi rilasciata. Tutti gli ecclesiastici i quali abiurassero la religione Cattolica onde abbrac- ciare quella della confessione d'Augsbui^ (sia che fossero arcivescovi, vescovi, prelati, o a qualunque altro ordine appartenessero), dovevano perdere le loro prebende, ed i diritti che avevano per il passato godòti. Questa clausola riconosciuta sotto il nome di reservatum ecclesiasHcufn dividine la sorgente d'innumerevoli inconvenienti.

Unione e alleanza di Uirecht

1579, Gennaio 23.

an. «STO.

Col trattato di unione e di alleanza perpetua delle, provincie e città di Olanda, Zelanda, Utrecht, ecc. che fu denominato Unione d'Utrecht ebbe origine la Repubblica Olandese e le città alleate lurouo deuomiuale Pro- vincie Unite (2).

(i) DUMONT, li. s., 3. 42. (2) DiMONT, V, 1, 322.

Trattati concluui durante le gtien^e religiose XIB

Trattato di Cheraaco.

1631, Aprile 6. n. 4631.

li trattato di Cherasco fu concluso fra Tlmperatore Ferdinando li a Luigi XIll di Francia (1) onde mettere in esecuzione il trattato di Ratisbona (Regensburg) deH8 ottobre 1630^ in yirtù del quale l'Imperatore, doveva riconoscere Carlo Duca di Nevers conie Duca di Mantova e del Monfer- rato <S). Ma Trino ed altri luoghi del Monferrato dovevano andare al Duca di Savoia. I Francesi rimmziavano pure alle loro conquiste in Italia. In un trattato segreto però, fra Francia e Savoia, veniva stabilito che le migliori parti del Monferrato, la città d'Alba, e le sue vicinanze, dove- vano essere cedute al Duca di Savoia, il quale alla sua volta avrebbe resti- tuito al Re di Francia, Pinerolo, ed una strada la quale conduceva dalla Francia a tale luogo, aprendo cosi la via ai Francesi, per la quale penetrare in Italia. Questo trattato segreto ingannò il Papa, e sacrificò gl'interessi del pretendente francese su Mantova (3).

Pace di Vestfalia,

1648, Ottobre 24.

an. 16i8.

pace di Vestfalia consiste dei due trattati di Mùnster e di Osnabruck. Le parli stipulanti coli' Imperatore furono nel primo i Francesi, nel secondo gli Svedesi, ma i più piccoli potentati della Germania furono pure rappre- sentati. Questa pace pose fine alla guerra dei Trenl'.Ànni, e fece si che regolari rapporti si stabilissero fra la maggior parte delle Potenze d'Europa. Nello slesso anno, il 30 di gennaio, la Spagna e l'Olanda fecero un trattato a Mùnster.

Alcuni dei più importanti documenti diplomatici anteriori a questa (i:uerra, o fatti durante essa, e relativi ai dissidii avvenuti nell'Impero Ger* manico, furono, V Unione Protestante, maggio 1608; la Z>€^a cattolica, 1610 (4); il Trailaio d'Ulnij 3 luglio 1620, in virtù del quale i principi protestanti abbandonarono l'Elettore Palatino per rapporto a tutto ciò che poteva concernere la Boemia (5); la Pace di Lubecca^ 22 maggio 1629, colla

(1) DOMONT, VI, 1, 9.

(2) DcMONT, V, 2, 615.

(3) Confr. Schlosser Weltgesch, XIV, 398.

(4) DuMONT, V, 2, 118.

(5) DuMONT, u. s. 369.

♦,

VI Appendice L

degli Stati e risolvere il grave problema di assicurare l'equilibrio politico fra i medesimi, e si pensò di provvedere a ciò riorganizzando gli Stali secondo i pretesi diritti dei Sovrani legittimi, e ponendo il diritto storico a fondamento della legittimità. Il lungo lavorìo fatto dai potentati convenuti a Vienna per ristabilire il cosi detto equilibrio politico fu riassunto nell'Atto solenne stipulato il 9 giugno 1815. 1 possedimenti territoriali furono partiti secondo gli interessi delle Dinastie ; e a fine di assicurare poi l'assetto, cosi come era stato stabilito, fu ammesso che i Principi potessero a vicenda garantirsi i possedimenti a ciascuno di essi attribuiti, adoperando la forza per impedire qualunque mutamento in avvenire.

In tal guisa quel famoso trattato stipulato a Vienna fece nascere nuove cagioni di guerre, che dovevano essere la conseguenza necessaria della lotta tra gl'interessi delle nazionalità conculcati, e quelli della legittiinità fondata sul Diritto storico, e che era stata posta a base dell' equilibrio.

Per tutelare gl'interessi delle Dinastie furono conclusi nuovi particolari trattati, tra i quali primeggia quello famoso che fu detto della Santa Alleanza stipulato il 26 settembre 1815 e che fu il primo atto della politica reazio- naria dei Governi, i quali. a fme d'impedire qualunque attentato all'equi- librio stabilito a Vienna, affermarono il diritto delle grandi Potenze di organizzare una suprema vigilanza nelle faccende inteme di tutti gli Stati, e d'impedire e reprimere qualunque manifestazione da parte dei popoli, che potesse turbare l'assetto politico dell'Europa come era stato stabilito a Vienna.

In tal maniera fu organizzato il sistema degl'interventi armati, che funestò l'Europa nella prima metà del secolo nostro, affermato e stabilito coi trattati, e di cui fu fatta triste applicazione per reprimere i movimenti liberali dei popoli nella Spagna, nel regno di Napoli, nel Portogallo ed in Piemonte.

Gli avvenimenti posteriori hanno dimostrato come il Diritto pubblico internazionale, cosi come era slato accettato e consacrato nei trattati, non potesse reputarsi adatto a risolvere il problema dell'ordinamento giuridico della società degli Stati. Ad effettuare questo un certo equilibrio deve repu- tarsi pure indispensabile, ma Tensore dei Governi è stato quello di voler attuare l'equilibrio mediante la cosi detta bilancia delle forze, invece di mirare a stabilire il limite giurìdico dell'azione di ciascuno Stato proda* mando i principii del Diritto, e provvedendo cosi alla tutela giurìdica dei medesimi.

Col trattato di Parigi del 1856 può dire iniziato un nuovo indirizzo, imperocché con quel trattato non solo furono regolate le conseguenze delia

Considerazioni storiche VII

guerra combattuta contro la Russia, ma furono altresì proclamati alcuni principii fondamentali del Diritto intemazionale marittimo mediante la solenne dichiarazione dei diritti e dei doveri dei belligeranti a riguardo dei neutrali.

È vero che in quel trattato nulla trovasi stabilito per assicurare il rispetto dei principii in virtù di esso proclamati : è però meritevole di con- siderazione, la proposta che fu fatta da Glarendon, ed accettata, che cioè per prevenire le calamità della guerra il Congresso faceva il voto che gli Stati, tra i quali si fosse sollevata una controversia seria, prima di ricorrere alle armi, avessero ricorso ai buoni ufficii di una Potenza amica. Questo voto amplificò il principio consacrato all'articolo 8 del trattato, nel quale trovasi disposto che, qualora fosse sopravvenuto fra la Sublime Porta e runa 0 più delle altre Potenze firmatarie un dissenso, che minacciasse il mantenimento delle loro relazioni, la Sublime Porta e ciascuna di queste Potenze, prima di ricorrere all'impiego della forza, dovessero porre le altre parti contraenti in grado di prevenire una tale calamità col mezzo della loro azione mediatrice.

Con tali precedenti, bisogna pure riconoscerlo, s' inizia un nuovo indirizzo nell'ordinamento della società internazionale, quello cioè che consiste nel ritenere tutti gli Stati solidariamente cointeressati a provvedere a che i principii di comune accordo stabiliti non fossero arbitrariamente violati dall'una o dall'altra parte contraente, e quello della ingerenza col- lettiva nell'esaminare in caso di controversia l'oggetto della disputa, inter- venendo come Potenze mediatrici e trovasi inoltre affermato il generale dovere di ogni Stato di non ricorrere alla guerra senza avere prima ricorso ai buoni ufllcii di una Potenza amica.

^'on si può dire che in tali precedenti trovisi stabilito e determinato il principio della tutela giuridica del Diritto comune intemazionale, ma non si può disconoscere che vi si trovi bensì l'inizio di un nuovo ordinamento di cose che col progresso della cultura e della civiltà potrà condurre a mettere sotto un più giusto punto di vista il problema dell'ordinamento giuridico della società intemazionale e della missione che dovrà essere attribuita ai Congressi per provvedere a stabilire su migliori basi tutto il sistema del- l'equilibrio giuridico.

I trattati conclusi posteriormente a quello di Parigi del 1856 hanno sviluppato meglio questo nuovo concetto della tutela giuridica collettiva, come mezzo efficace a mantenere l'ordinamento giurìdico d'accordo sta- bilito. Lo si trova infatti chiaramente enunciato nel trattato di Londra

XVI Appendice L tn. i648.

Mindeti, di Halberstadt, e Camin, e l'arcivescovato di Magdebarg, o piuttosto la più gran parte del suo territorio^ allorquando i diritti del pre- sente amministratore, il Dnca di Sassonia, venissero a cessare. (Tale arci- vescovato non passò nelle mani delia Gasa Prussiana che nel 1680).

Il diritto di collazione del vescovato di Camin, il quale i Duchi della Pomerania Citeriore avevano per il passato avuto, doveva essere trasferito alla Svezia, ma il diritto di patronato posseduto dall' antico Duca deUa Pomerania Ulteriore, il territorio episcopale, e la parte ddla Pomerania Citicriore non garantita alla Svezia dovevano andaro al Brandenbui^o* Inoltre, al Mekienburg, invece di Wismar, venivano dati i territorii episco- pali di Schwerin e di Ratzeburg con d«e commende o benefizi dei Cavalieri di S. Giovanni posti nel Ducato, come pure Mirau e Nemerau, quest'ultimo luogo passando nelle mani della linea di Gustrow, il rimanente in quelle del ramo Sdiwerin. Di più, al Brunswick-Lùneburg, in compenso dei diritti da esso posseduti e rinunziati in favore della Svezia, erano assegnati il Brandenburg e il Mecklmburg, come pure le fondazioni monastiche di Walkenreid e di Gròningen, ecc., e la perpetua alterna successione al vesco- vato d'Osnabruck. Dopo la morte dell'attuale vescovo, le case di Bnmswidc dovevano eleggere un suo successore Protestante, e durante il tranpo nel quale questi rimanesse in ufficio l'arcivescovo diCologna avrebbe esercitati i diritti episcopali, come metropoUtano, ma solamente sopra i Cattolici.

La Casa di Assia-Cassel riceveva l'Abbazia di Hersfeid o Hirschfeld, come principato laico con diritto di sovranità sopra Sohaumburg ed altri territorii, sui quali anticamente aveva dei diritti il Vescovo di Minden, una indefinita di 600,000 talleri, e le veniva riconosciuto il diritto di partecipare alla eredità di Marburg (i).

L'esiliata e spogliata Casa degli Elettori Palatini ricuperò il basso Pas- tinato, ed il diritto alla riversione di quello aho ; ed un ottavo elettorato fu creato in suo favore, essendoché l'antica dignità d'Elettore Palatino e l'alto Palatinato, dovessero rimanere alla Baviera, fino all'estinzione della sua linea ducale. Cosi i principi di Wurtembei^, Baden, Nassau, ecc., i quali erano stati messi fuori della legge ed espulsi furono reintegrati nella loro posizione (2).

Alla Svizzera fu riconosciuto il diritto d'essere separala ed indi- pendente, come in fatto era stata per lungo tempo.

(1) Trattato di Osnabrùch, art. X-XV, /2^ Trattato di Osnabriich, art. IV.

tD 1648. Trattati conclusi durante le guerre religiose . IVIl

5<^ L'Imperatore/ per rapporto a tutto quello che a:vrebbe potato avere attinenza colla g;uerra, con la pace^ o con la legislazioneyiecc.v'dtìyevà prendere norma dai voti della Dieta,' la quale si veniva cosi ad. ammettere che fosse qualcòsa più d'un' assemblea destinata a dare puramente dei con- sigli. I membri della Dieta-iOtteniiero non solo il diritto di contrarre alleanza fra gli Stati da essi rappresèhtatiy ma con i principi stranieri purè, purché nessun pregiudizio:fosse:per'derivare/hè all'Imperatore nò'airim» péro, restrizione, questayànsignificante,' la' quale: non poteva', impedire che una cosi grande concessione potentemente, indebolisse rantorità del- l'Imperatore, e l'unità dell'Impero. La corte imperiale' doveva essere com- posta di membri appartenenti ad ambedue le religioni, ed in numero quasi eguale; vale a dire l'Imperatore doveva nominare due presidenti e ventisei assessori Cattolici, e due presidenti e ventiquattro assessori della Confes- sione d'Augsburg. Se dei dispareri sorgessero: nella corte cagionati. dalla differenza di fede religiosa dei suoi membri, la Dieta sarebbe chiamata a decidere (1).

Fra i provvedimenti presi e concementi la religione i più impor- tanti sono i seguenti: ^

. a) La libertà di culto garantita dal trattato di Passau, e dalla pace religiosa d'Augsburg, fu confermata ai Luterani, ed estesa ai Riformati o Calvinisti. Ma nell'Impero dovevano essere solamente ammesse la religione cattolica, e le religioni di sopra menzionate (2) ;

b)l\ reservalum ecclesiasticum dei trattati anteriori, fu sostituito da una regola la quale stabiliva che l'anno 1624 dovesse servire di norma a fine di decidere quale dovesse essere la Confessione destinata ad avere il possesso della proprietà ecclesiastica ; vale a dire che un benefizio, sia che di esso avesse avuto l'investitura un Cattolico o un Protestante in gen- naio 1624, avrebbe dovuto appartenere in perpetuo alla medesima religione del beneficiario che in tale epoca l'avesse posseduto (3). Ma nel Palatinato, in Baden, nel Wùrtembei^, ecc., in forza dell'atto di amnistia (4), tutto doveva essere rimesso nello stato esistente prima delle < lotte Boeme > che l'anno da servire di norma per l'Elettore Palatino e per i suoi alleati doveva essere Tanno 1618; la qual cosa se altrimenti fosse stata fatta, avrebbe

(4) Art. vili, art. V.

(2) Art. V, § 1, art. VII.

(3) Art. V, § 2.

(4) Art. IV, §§ 6, 24, 26.

39 Fiore, Dir, intern, codif.

XVIII Appendice L an. 1G48.

completamente cambiato la vecchia costituzione religiosa dei loro Stati. I Protestanti pure a lungo insistettero onde far si che Tanno da servire per essi norma fosse Tanno 1618^ ma essendoché molte delle contro-riforme avessero avuto luogo fra quest'anno e Tanno 1624 nei dominii ereditari delT Imperatore, questi non volle cedere, e cosi gli Svedesi desistettero dalle loro pretese. Questo rifiuto dell'Imperatore fu cagione che la Riforma venisse soppressa in Boemia, ed in una gran parte della Germania meri- dionale. Inoltre, ai sudditi dell'Austria veniva creata una posizione molto dura, essendoché l'amnistia concessa ad essi non includesse nessuna resti- tuzione delle proprietà le quali loro erano state confiscate (i). Un'eccezione però era fatta in favore d'alcuni individui appartenenti all'alta nobiltà Sle- siana, ed a quella della città di Breslau: a tutti questi, quantunque sudditi dell'Austria, si manteneva lo stesso diritto, che, anteriormente alla guerra, avevano goduto, d'esercitare il culto protestante. Altri nobili della Slesia e della bassa Austria unitamente ai loro sudditi ottenevano il diritto del culto privaL), si poteva loro ingiungere d'emigrare. Tre Chiese luterane dovevano essere permesse in Slesia (2);

c)Se un beneficiario cambiasse di religione decadrebbe dal diritto di investitura, senza però incorrere nella t'estituzione delle prebende percepite per il passato, e senza che il suo onore e il suo buon nome ne soffrissero;

d) Se un sovrano territoriale cambiasse di religione (come sarebbe se di Luterano si facesse Riformato), o estendesse la sua sovranità su d'un paese dove un altro cuUo fosse stabilito, non avrebbe che il diritto di pra- ticare la sua religione come un privato qualunque, potrebbe cambiare la chiesa esistente, o collocare negl'impieghi unicamente persone, le quali professassero la propria fede. Se una comunità abbracciasse la religione del nuovo sovrano, sarebbe libera di fare ciò, ma Tantico stato di cose per rapporto alla Scuola e alla Chiesa dovrebbe continuare (3).

Uju8 reformandi dei vecchi trattati veniva ristabilito in tutti i territori dipendenti immediatamente dall'Impero ed era attuato colle seguenti restri- zioni. I sudditi, i quali non professavano la religione del loro sovrano, e che possedevano proprietà ecclesiastiche fino dall'anno 1624, erano man- tenuti nel possesso delle medesime. Dovevano pure continuare nel godi- mento del diritto di dedicarsi al cullo sia privatamente sia pubblicamcule.

(1) Art IV, §§ 52, 53.

(2) Art. V, §§ 38, 39, 40.

(3) Art. Yui^gg 1, 2.

•D. 1618. Trattati conclusi durante le guerre religiose XIX

tutti coloro i quali tale diritto avevano goduto durante l'anno i62i, venendo pure garantiti per rapporto a tutto quello che conseguentemente sarebbe stato per derivare da questa concessione ad essi fatta. Ai sudditi, i quali professavano una religione diversa da quella del loro sovrano, e che non avevano il diritto di esercitare il loro culto, pubblicamente privata- mente, nelPanno sopra indicato, o che cambiassero religione dopo la pace, veniva garantita la libertà di coscienza ed i vantaggi civili degli altri cittadini.

Questa tolleranza consisteva nel permettere il libero esercizio del culto esterno privatamente e pubblicamente, qualora vi fossero chiese a ciò desti- nate; e nella concessione del diritto di potere mandare i figli a scuole esi- stenti in altre località, o di farli istruire in famiglia da precettori, i quali di questa professassero la fede.

Ad essi però poteva essere ingiunto d'emigrare, o potevano emigrare a loro beneplacito. In questo caso sarebbero stati liberi di disporre dei loro beni, e se loro fosse stato ordinato d'abbandonare il proprio paese, un periodo di parecchi anni doveva esser loro concesso onde potessero fare ciò a loro bell'agio (1).

La pace di Vestfalia, dice Wheaton {Istoria^ parte I, al principio), sta- bili l'eguaglianza delle tre comunità religiose esistenti in Germania, cioè della Cattolica, della Luterana e della Calvinista, e cercò d'opporre una barriera perpetua ad ulteriori innovazioni religiose, e secolarizzazioni della proprietà ecclesiastica. Nello stesso tempo essa rese gli Stati dell'Impero quasi indipendenti dall'Imperatore, loro capo federale. Essa impedi che il progresso verso l'unità nazionale della Germania continuasse a farsi sotto la bandiera cattolica, e spianò la via al futuro sviluppo della potenza della Prussia (la figlia della Riforma), la quale naturalmente si trovò in questo modo collocata alla testa del partito Protestante, divenendo la rivale poli- tica della casa d'Austria, la quale conservava pur sempre la sua antica posizione di capo temporale della comunità Cattolica. Essa introdusse due elementi stranieri nella interna costituzione dell'Impero (la Francia e la Svezia, come mallevadrici della pace, e la Svezia come facente parte della federazione), conferendo cosi a queste due Potenze un diritto perpetuo di intervenire negli affari intemi della Germania.

Essa riservò ai singoli Stati la libertà di concludere alleanze, tanto fra loro, quanto con le potenze straniere, a fine d'assicurare la propria esi-

(1) Art. V, §§ 36, 37, 39, 40.

XX ' Appendice L ' an. 1649.

stenza e stcnrezza, purché queste alleanze nonfosisero dirette contro T Im- peratore e r Impero, contrarie alla pubblica tranquillità, e alla pace di Vestfalia. .;..;.,,.

Questa libertà contribuì a far si che il sistema federativo della Germania fosse una nuova garanzia per il manteniménto dell' equilibrio generale del potere in Europa. La federazione germanica, a cagione dell'.essere essa posta nel centro dell' Europa, ed a cagione della sua organizzatone,, colla quale si collegavano tanti interessi politici e religiosi, servi a mantenere l'indipendenza e la tranquillità di tutti gli Stati vicini.

/ : . j . ; * . .

I .

Pace di Munster.

-■:■.', 1648, Gennaio SO.

. : . . . 111.464^.

Mentre che si stava discutendo intorno alla pace di Vestfalia, la Spagna e r Olanda facevano una pace separata a Mùnster. In forza di questo trattato: > ..:••. . v

1 . La libertà e sovranità delle provincie unite era riconosciuta ; .

2. Ciascuna parte contraente riteneva i luoghi che possedeva. Cosi l'Olanda guadagnò Boise-le-Duc, Hértogenbusch, Bergen-op-Zoom ' con Breda nel Brabante, Hulst, Axel, ecc., nelle Fiandre, alcuni diritti a comune colla Spagna nel Limburgo, ecc.;

3. La Schelda e certi canali navigabili connessi con essa furono chiusi, ciò che fu cagione della decadenza d'Anversa;

4. La Spagna rinunziò ai luoghi i quali gli Olandesi avevano tolti al Portogallo. Importanti concessioni commerciali furono fatte all'Olanda nelle Indie Occidentali ed Orientali (1).

Trattato dei Pirenei,

4659, Novembre 7.

tn. 4659.

La pace dei Pirenei, pose fine ad una guerra di 20 anni, fra la Francia e la Spagna, collegata con la lunga guerra germanica. Questa pace fu trat- tata in un'isola del fiume Bidassoa, dai ministri dei due regni in persona. Luigi de Raro, ed il cardinale Mazarino.

In virtù di questa pace il Principe di Condé era reintegrato nel possesso dei suoi territori ed onorificenze^ ottenendo però il dominio della Bor*

(i) DuMONT, VT, 1, 429.

an. i8S9. Trattati conclusi, durante ìe guerre religiose .ZZI

gogna invece di quello della Guienna; il Duca di Lorena otteneva di nuovo il suo ducato, cedendo Mojenvic, il ducato di Bar e la contea di Qennont, ed assumeva l'obbligo di dare libero passaggio alle truppe di Francia; il Duca di Modena ed il Duca di Savoia, aUeati della Francia, venivano ricol- locati nelle condizioni, nelle quali erano anteriormente |alla guerra,- ed il Principe di Monaco, doveva èssere. messo in possesso dei suoi territori sotto la giurisdizione del Re di Spagna, col diritto di alienarli, ecc. i In fona di quésto trattato, la Francia riceveva . l'Artois eccettuati St-Omer e Aire, ed otteneva, pure dei luoghi nelle Fiandre', lo.Hainault, e il Lussemburgo ; e sui : confini . della Spagna . le contee :di RousSilbn !e di Confians eccettuate le parti di esse situate sui Pirenei, ed una porrione di Cerdagne posta sul versante francese di questi monti.

La Spagna, sperando di poter risoggìogare il Portogallo, stipulava con la Francia che essa non avrebbe dato ad esso nessun aiuto. Finalmente il matrimonio di Luigi XIV, con l'Infanta di Spagna, Maria Teresa, veniva stabilito non solo in questo trattato, ma ancora in un contratto particolare in data del medesimo; e fu stipulato che l'Infanta, per se stessa e per i suoi discendenti, i quali potrebbe avere dal Re di Francia, in considerazione d'una dote di 500,000^ corone d'oro, rìnunzierebbe per se stessa prima del matrimonio, ed unitamente al Re di Francia dopo il matrimonio, a qualunque diritto alla successione al trono di Spagna (1).

Questo trattato aumentò i vantaggi ottenuti dalla Francia con quello di Mùnster ed assicurò il potere di lei in Europa.

Trattato cT Oliva e di Copenhagen.

1660, Maggio 80 e Giugno 6.

ao. itm.

Il trattato d'Oliva presso Danzica fu concluso fra il Re di Polonia, del ramo primogenito della Casa di Wasa, gli alleati di lui, ed U Re di Svezia. Il trattato di Copenhagen fu stipulato fira i Re di Danimarca e di Svezia.

Col primo trattato il Re di Polonia rinunziava per se stesso e per la sua Imea a tutti i diritti sulla Svezia, Finlandia, ecc.; ricuperava la sua supremazia sulla Curlandia, e su certe città come Harienbui^, Elbing, ecc., e cedeva alla Svezia quasi tutta l'Esthonia e la Li venia. Il ducato di Prussia veniva del tutto sottratto, in favore dell'Eiettore di Brandenburg, all'alta sovranità della Polonia (2).

(1) DuMONT, VI, 8, 264-398.

(S) DuMONT, n. 8.» 303-319.

xxa

Appendice L

•11.1660.

Il trattato di Copenhagen confermava in parte quello di Roetskild (o Rotschiid, 8 marzo i558) (1).

Le Provincie di Halland, Schonen, Bieckingen, la piccola isola di Hween, Bahns ed il suo droondario passavano alla Svezia, la quale restitituiva alla Danimarca l'isola di Bomholm, e la città di Drontheim in Norvegia, con- quistate durante la guerra, e rinùnziava ai suoi diritti sulla contea di Det« menhorst e DKmarsch in Germania.

Degli accordi Airone pun^ fatti per rapporto ai diritti di passaggio degli stretti Sund, è Beh.

' Il trattato d'Oliva fu garantito dalla Francia; la Francia, ringhilterra e r Olanda garantirono.il trattato di Copenhagen*

(1) DCMONT, VI, 2, 205.

XXUI

TRATTATI

CONCLUSI AL TEMPO DI LUIGI XIV

Trattati di Breda. 1667, Luglio 31.

in. 1607

I Trattati di Breda furono conclusi fra l' Inghilterra e la Francia, l'In- ghilterra e r Olanda^ l'Inghilterra e la Danimarca.

In virtù del primo trattato T Inghilterra restituiva alla Francia TAcadia (Nuova Scozia), e ricuperava Antigua, Montserrat, e la parte inglese del S. Cristoforo nelle Indie Occidentali.

II trattato fra l'Inghilterra e l'Olanda riconosceva lo statu quo del di 20 maggio 1667, avuto riguardo agli acquisti che le parti contraenti ave- vano potuto fare l'una a spese dell'altra durante la guerra. In virtù di questa clausola l'Inghilterra riteneva i Nuovi Paesi Bassi (Nuova York), e l'Olanda il Surinam. Un altro articolo di molta importanza per l'Olanda modificava la Legge inglese di navigazione del 1651, di tal maniera da per- mettere che la mercanzia, la quale scendeva il Reno, potesse essere impor- tata in Inghilterra dai bastimenti olandesi (1).

Trattato di triplice alleanza,

1668, Gennaio 23.

an. 1068.

('.on tale trattato fu conclusa VaUeaaza fra l'Inghilterra, l'Olanda e la Svezia, onde pruuiuovere la pace tra la Francia e la Spagna (:2;.

Trattato di Lisbona.

1668, Febbraio 23. an. iC68.

Il trattato di Lisbona fu concluso fra la Spagna e il Portojsrallo, e l'In- ghilterra vintervenne come mediatrice e garante. L'indipendenza del

(1) DuMONT, Vn, 1, 40, 56.

(2) DuMONT, u. s., 68-70.

XXIV Appendice L m. 4668

Portogallo fu virtualmente riconosciuta per dato e fatto del trattare la Spagna con esso ; e tutto il territorio, eccetto Ceuta in Affrica, fu resti- tuito (1). '.

. Trattato diAix-la-Chapelle (Aquisgrana)*

1668, Maggio. '

an. i^lSR,

Nel maggio dello stesso anno 1668 un trattato di Ipace fu concluso tra la Francia e la Spagna ad Aquisgrana, in conseguenza del quale i Francesi ritennero i luoghi da. essi occupati' nei Paesi Bassi Spagnuoli, come Charleroiy Binche, Ath, Toumay/Oudenarde/ Lilla, Armentières,Gourtray, Bruges, Fumes, il forte di Scarpe; e la Franca Contea fu restituita alla Spagna.

Pace di Nymwegen (Nimega).

16784679.

te. I(n8-T9.

La pace di Nimega pose fine alla guerra olandese, da un Iato le parti contraenti essendo la Francia, l'Inghilterra, la Svezia, 'ed' alcuni dei più piccoli Stati dell'Impero, e dall'altro rÉlettore di Bràndèburgo, la Spagna, l'Imperatóre, la Danimarca, ed alcuni dei più piccoli Stati di Germania/

Il Re d'Inghilterra (Carlo II) era stato obbligato, nel -i674, dal Par- lamento a fare la pace con gli Olandési, ed una stretta alleanza veniva fttta fra le due Potenze a Weslminster (3 marzo 1678).

I trattati stipulati a Nimega furono, quelli dell'Olanda colla Francia, 10 agosto 1678 ; della Spagna 'colla Francia, 17 settembre dello stesso anno; dell'Imperatore colla Francia come pure colla Svezia, 5 febbraio 1679; e dell'Olanda con la Svezia, Ì2 ottobre 1679. La Danimarca trattò con la Francia a Fontainebleau il 2 settembre 1679, e colla Svezia a Lund il 26 set- tembre .1679.

L'Elettore di Brandeburg fece un trattato colla Francia e con la Svezia a St-6ermain-en-Laye, il 29 giugno 1679, e tralasciamo di fare menzione di altre stipulazioni di minore importanza (2).

Con questa generale pacificazione l'Olanda era rimessa nel possesso di tutti i luoghi, che i Francesi le avevano tolti durante la guerra ; ed .in un articolo separato veniva stabilito che .dovevano essere restituiti al Prìndpe d' Orango, Orango ed altri possedimenti situati nei domini del Re di Francia*

(1) DvMomr, Vn, 1, 70.

(2) DuìiOMT, n. 8., 351 e seg.

u. 1678-79. Trattati conclun al tempo di Luigi XIV XXT

, { 2) Alla Spagna venivano^retrocessi nei Paesi Bassi/ Charleroi,Binche; Oudevarde, Ath, Courtcay (vedi trattato. d'Aix-la-ChapeUe,1668)y il terri- torio al di della Mosa, Ghent, il forte di Rodenhus, il distretto di ;Waes; come pure la città ed.il ducato: di Limburgo; le città di Leuve e St-Ghilaiiip e in Catalogna la città di Puycérda. La Spagna cedeva alla Francia tutta la; Evinca Contea/ .Valenciennes, Cambra!, e il Cambrese, Aire,.Poperìngen,. St-Omer, , Ypres, ecc. . . : , ;

-.-L'topenitore cedeva alla Francia Friburgo in Brisgpvia,.con diritto di. passo da Bfeidacby ricuperava pei^ l'Impero Filisburgo (vedi trattato. di. Vestfalia), ed otteneyarcbe al Duca di Lorena fosse. restituito il Djucato e gb altriiposàes^V a, condizioni molto onerose però, e s'impegnava di ricollocare iiPxincipi di FOrstenburg nella posizione nella quale essi erano prima della giieiTa.'.: ••' i ;.'■"• , -.il . ; .

.:. Qtfesti trattati arrecarono grandi vantaggi alla Francia, per rapporto a dèche concerneva, i suoi, confini 'Orientali, vantaggi i quali essa ottenne Sjpecialmente a detriinento della;Spagna. .

,'. . 4) lia &vezia.rieiiperava:.qm!llo che la Danimarca le aveva tolto in guerra, cioè Wismar, l'isola di Rugen; ecc* ed i Danesi s'impegnavano di rinìettere il: duca: di Hetetein-Gottorp. nelle j condizioni nelle quali esso si trovava: prima, che. cominciassero le ostilità. Di più, la Svezia ricuperava, tutto che ;l'£lettore di Brandeburgo le aveva colla conquista tolto nella. Pomèraniadteriofe, ma. cedeva il territorio al di dell' Oder, eccettuate le* città di Dam é Golnow (1). ,

'\

.Pace (U.Ryswyk. . 1697, Settembre ao e Ottobre 30. .

u. 1097.

La pace di Ryswyk fu fatta in un palazzo vicino all'Aja. Questo trattato pose fine ad una guerra, che aveva durato quasi dieci anni, la quale spesso fu chiamata la guerra d'Orleans, combattuta tra la Francia e le principali Potenze dell'Europa.

. Subito dopo la pace di Nimega Luigi XIV, col mezzo di Corti apposita- mente, con vocale, Qi riunii (adoperando la espressione allora usata) al suo regno parti del limitrofo territorio straniero; cosi prese Strasburgo nel 1681^ e commise altri ingiustificati atti d'aggressione. Conseguentemente furono fatte delle leghe contro di lui, ma non approdarono a nulla, fino a che net

(1) Vedi Pace di Vestfalia.

XXVI Appendice L in. 1097

1686, molte delle Potenze germaniche non ne conclusero una a Àugsbui^, a fine di reciprocamente proteggersi, la quale Ai sottoscritta a Vienna nel i687.

- L'anno susseguente Luigi XIV cominciò una guerra aperta, inTadendo l'Impero, ed adducendo a pretesto la necessità per esso esistente d'opporsi a questa lega, e di ricuperare i diritti che sua cognata, la duchessa d'Or- leans, aveva sulla proprietà allodiale del fratello di lei, come ultimo maschio della linea Simmem degli Elettori Palatini, come pure d'ottenere ripara- zione per gli affronti a lui fatti in occasione della disputata elezione dell'ar- civescovo di Cotogna. Onde fargli fronte, un'alleanza fu conclusa a Vienna dall'Olanda coli' Imperatore e con l'Impero il i2 maggio 1689, alla quale l'Inghilterra, essendo sul trono Guglielmo IH, e la Spagna inseguito presero parte, e colle quali agirono di concerto if Duca di Savoia ed il Re di Dani- marca. Le parti contraenti s'impegnarono a negoziare con Luigi XIV sola- mente sulle basi dei trattati di Vestfalia e dei Pirenei, di reintegrare il duca di Lorena pienamente nei suoi diritti, ed in un articolo separato, di garentire all'Imperatore ed ai suoi eredi la successione al trono di Spagna, qualora Carlo II non lasciasse figli (1).

La pace di Ryswyk fu fatta in forza di trattati stipulati dalla Francia^ coir Inghilterra, colla Spagna, con l'Olanda e coli' Imperatore e l'Impero^ con i quali ultimi essa non ebbe luogo che il 30 ottobre 1697 <2).

1. L'Inghilterra e la Francia l'una all'altra restituivano quello che si erano tolto durante la guerra ; Guglielmo d'Orange veniva riconosciuto come legittimo Re della Grande Bretagna, Lui^i XIV promettendo di non aiutare i nemici di lui, vale a dire, Giacomo II.

2. La Francia restituiva alla Spagna tutte le e riunioni i> fatte dopo la pace di Nimej^a, oltantadiie luoghi eccettuati, come pure ciò che aveva acquistalo durante la guerra.

3. L'Olanda retrocedeva Pondicherry, in India, alla Compagnia fran- cese dell'India Orientale, ed otteneva dalla Francia considerevoli privilegi commerciali.

4. Il Re di Francia cedeva tutte le sue a riunioni fatte con parti dell'Impero eccettuata F Alsazia, la quale veniva cosi ad essere affatto sepa- rata dall'Impero, divenendo parte integrale della Francia.

In un particolare articolo veniva stipulato che Strasburgo dovesse pas-

ti) DrMONT, VII, 2, 229-230, 2 'il. 267. (2) DuMONT, u. s.. 399, 40S, :m, 'ril.

mi, l(j^. Trattali conclusi al tempo di Luigi XIV XXVIl

sare sotto il dominio della Francia ; di più altri articoli cedevano Breisacb e Friburgo all'Imperatore, Filisburgo all'Impero (vedi Pace di Vestfalia); restituivano il Ducato ZweibrQcken (Deuxponts) al Re di Svezia, come Conte Palatino del Reno, e Mumpelgard (Honbeliard) al Wfirtemberg, ecc.; provvedevano in favore del Duca di Lorena a forma delle concessioni fatte dalla Francia al padre di lui nel 1670; ristabilivano nella sua sede vesco- vile di Strasburgo e nel possesso d'altri diritti il Cardinale Fflrstenburg; ordinavano che fossero rasi al suolo molti forti ; dichiaravano la navigazione del Reno libera, ecc.

Nella pace di Ryswyk veniva confermato un trattato anteriore, del 29 agosto i696, tra Francia e Savoia, col quale Luigi XIV conveniva di restituire, unitamente agli acquisti fatti durante la guerra, Pinerolo (vedi Pace di Vestfalia, Pace di Cherasco) colle sue fortificazioni demolite (1).

Nel quarto articolo del trattato coli' Imperatore, in forza del quale sono restituite le conquiste e le <k riunioni 2> eccettuata l'Alsazia (2), si riscontra questa clausola: <l religione tamen Catholica Romana in locis sicrestitutis in statu quo nunc est remanente :».

Durante l'occupazione francese di questi distretti la religione prote- stante era stata in essi soppressa colla forza. I Protestanti rifiutarono di riconoscere questa pace per questa cagione, e sostennero che essa rovesciava dai suoi fondamenti la pace di Vestfalia. Tuttavia, la Dieta, la ratificò il 26 novembre 1697, ma aggiunse in un postscritto, che i Cattolici non avreb- bero potuto valersi di questa clausola contro i Protestanti. Di più, fu detto che essa concerneva solamente certe chiese fondate da Luigi XIV. L'Impe- ratore confermò il voto della Dieta per rapporto alla ratificazione della pace, ma passò sotto silenzio il postscritto. Subito dopo il Ministro francese Sostenne che la clausola si riferiva alle chiese poste in i9fì& luoghi, e nelle quali avevano detto la messa i cappellani che da tali località erano passati

eoi reggimenti.

Trattati deirAja,

1698, Ottobre 11. 1700, Marzo 25. an. 16d8.

Il primo trattato di spartizione fu concluso all'Aja l'il ottobre fra Guglielmo III d'Inghilterra, l'Olanda, e Luigi XIV.

Guglielmo III temendo che fosse per accadere la morte di Carlo II l'ultimo della linea Haiigsburg ed a cagione del non lasciare questo

(1) DuMONT, VII, 2, 368, 383; art. XVI del trattato con l'Olanda.

(2) DuMOM, u. s., 422.

XXVIII Appendice L \ an.4698.

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e^edi, forte dubitando di non potere riuscire ^ ad . impedire _ che la Spagna

cadesse sotto il dominio, della Francia, quando tale evento si yerificasse,, amm^ente d'addivenire, ad una spartizione della Monarchia spagnuola. Conseguentemente Napoli : e la Sicilia venivano assegnati al Delfino di, Francia ; il Ducato ; di , Milano - all'Arciduca Carlo d'Austria secondogenito dell'Imperatore, e la Spagna couri^Paesi Spagnuoli,e le colonie di lei, al %lip. maggiore del Duca;dii Baviera (1). .. , .. :.^. ., . . - , . ,

•..JLgioyane principe bavarese,* moriva 1*8. febbraio 1699, all'età di sei. anni, ed un nuovo trattato di spartitone era fatto tra le stesse Potenze, ({aOndra, 43 marzo, l'Aja, 25 marzo 1.70p). In esso veniva in generale stì- p:ulato;che NappU^ la Sicilia, i Ducati di Lorejia, di Bar dovessero andare ai Delfino : che il Duca di Lorena sarebbe trasferito al Ducato di Milano ; che la Corona di Spagna, i Paesi Bassi, e le Indie dovessero essere trasferite ajr Arciduca Carlo (2). , . ,

; Eccettuata la spartizione della Polonia, nessun altro intervento più ver- gognoso di questo, si riscontra nella storia. .

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Pace'' di CarlowUz.

4699, Gennaio 26.

ui. 1699.

; La pace di Carlowitz consiste d'un trattato del Sultano col quale stipulò una tregua di venticinque anni coli' Imperatore, e di due altri trattati del medesimo Sultano, il primo dei quali col Re di Polonia, ed il secondo con Venezia, le trattative dei quali furono fatte dagli ambasciatori delle due Potenze cristiane. , , . , . ,

. Il Principe Eugenio avendo distrutto l'esercito torco a Zentha l'il set- tembre 1697 , il Sultano riconosceva la.Transilvania come provincia austriaca, e conveniva che la sponda meridionale del Danubio dovesse separare i domini di lui dall'Ungheria, ecc. Venezia continuava a godere il possesso di ciò che aveva in Grecia, eccettuato Lepanto^ ed in Dalmazia (dove i con- fini erano stabiliti da. una serie di forti ceduti alla Repubblica) Castelnuovo e Rifano presso Cattaro rimanevano veneziani (3).

(i) Ddmont, vii, 2, 442.

(2) DuicoNT, u. s., 477. Per rapporto a tutto quello che dalle parti fti innanzi onde giustificare il loro modo di agire verso la Spagna, imponendole, senza averne il diritto, questi trattati, conf. Db Garden, II, 220 ss.j Smyth, Mod,Hùtory^ lecture XXIII.

(3) Di'MONT, u. s., 448-458.

Trattati conclusi al tempo di Luigi XIV XXIX

Pace di Utrecht e Rastadt, 1713, 1714.

I (l'attati d'Utrecht e di Rastadt, posero fine alla guerra di successione alla corona di Spagna, la quale cominciò nel 1 '701.

Carlo II di Spagna aveva fatto un testamento in favore del Principe Elet* tore di Baviera, nominandolo suo successore ; questi però mori giovanissimo nel 1699. Avvenuta questa morte Carlo II si senti inclinato in favore' del- l'Arciduca Carlo d'Austria, ed a vantaggio di questo fece un testamento, ina siccome l'Austria indugiava ad acconsentire d'adempierne le condizioni, esso fu persuaso dal partito francese, il quale era alla sua corte, di bruciare il testamento, e di conferire la corona a Filippo Duca d' Angiò secondogenito delDelfìno di Francia, e nel caso della morte di lui senza eredi, o del suo innalzamento al trono nel suo proprio paese, al fratello che veniva dòpo di esso, il Duca di Berry, e cosi in successione, all' Arciduca Carlo, al Duca, di Savoia ed ai suoi figli, i- quali discendevano dàlia sorella di Filippo II di Spagna. Qualunque cosa fosse per accadere, l'integrità della Monarchia Spagnuola doveva essere mantenuta. . . i

II Re di Spagna mori il i^ novembre 1700, e Luigi XIV decise d'accet- tare, alcune settimane dopo, Q testamento a 'favore di suo nipote^ quan- tunque nell'estate dello stesso anno avesse preso parte al trattato di spartizione, per non parlare delle rinunzie fatte nel trattato dei Pirenei (1).

Sul subito l'Inghilterra ed altri Stati riconobbero per cortesia il Borbone come Re di Spagna; ma Luigi XIV avendo tei^versato in modo tale onde non mettersi nella posizione da essere costretto di garantire che le coróne di Francia e di Spagna rimarrebbero separate, ed avendo pure in occasione della morte di Giacomo II d'Inghilterra (16 settembre 1701), violando la pace di Ryswyk, riconosciuto il figlio di questi come Re d'Inghilterra, una guerra divenne inevitabile ed essa non fu neppure impedita dalla morte di Guglielmo III (2). '■

Un accordo fra Guglielmo III, il quale era il centro dell'opposizione alla Francia, e l'Imperatore condusse alla Grande Alleanza iniziata il 7 set- tembre 1701, dalla Gran Bretagna, dall'Olanda, e dall'Imperatore, ed alla quale la Danimarca, rElcllore di Brandebui-go (o Re di Prussia;, il Porto-

(1) Vodi Ui]o Trattato.

(2) 8 marzo 1702.

XXX Appendice L an. 4710-! 4.

gallo, la Svezia, l'Impero, la Savoia, fecero dopo adesione. Scopo principale deiralleanza era quello di compensare l'Imperatore per la perdita della Monarchia Spagnuola, ed a questo fine d'impadronirsi dei Paesi Bassi spa- gnuoli, del Ducato di Milano, delle Due Sicilie e dei porti della Toscana; di assicurare all'Inghilterra ed all'Olanda tutte le conquiste, le quali esse avreb- bero potuto fare nell'America spagnuola; e di fare la pace colla Francia, solo a condizione che le due Corone di Francia e di Spagna non fossero mai unite.

I principali alleati della Francia furono l'Elettore di Baviera e suo fra- tello l'Arcivescovo di Colonia. L'Imperatore invase l'Italia nel 1701. La guerra fu dichiarata dall'Inghilterra il 4 maggio 1702.

La pace d'Utrecht consiste di trattati separati fatti dalla Francia colla Gran Bretagna, col Portogallo, colla Prussia, con la Savoia e con l'Olanda <11 aprile 1713), e dalla Spagna colla Gran Bretagna (13 luglio), e colla Savoia (13 agosto), i quali furono seguiti dai trattati della Spagna con l'Olanda (26 giugno 1714), e col Portogallo (6 febbraio 1715), firmati nello stesso luogo. U trattato di Rastadt (6 marzo 171.4), fatto dall'Imperatore con la Francia in proprio e come rappresentante l'Impero, fu un poco modificato e terminato a Baden, in Svizzera, il 7 settembre 1714.

Le più importanti stipulazioni di questi trattati furono le seguenti : 1. Nel suo trattato con la Gran Bretagna (1), la Francia cedeva o meglio restituiva a tale regno la Baja d'Hudson, e gli stretti di St. Kitts, Acadia (Nuova Scozia), Terra Nuova colle isole adiacenti riservando però Capo Bretone, e le isole poste all'imboccatura del S. Lorenzo, col diritto di pesca lungo una considerevole parte della costa di Terra Nuova, « di seccare il pesce sulla costa stessa.

Dunkerque doveva essere smantellata e colmato il suo porto. Veniva riconosciuta la successione della casa d'Annover nel modo determinato dal Parlamento. Le reciproche rinunzie fatte da Filippo Y di Spagna della corona di Francia, e dai Duchi di Berry e d'Orleans di quella di Spagna, sono inse- rite nel trattato, ed è dichiarato che per le^ inviolabile le due Corone rimarranno separate ed indipendenti.

In un trattato commerciale della stessa data fra le medesime Potenze (2) é stipulato fra le parti, che i bnstimenti di ciascheduna di loro saranno liberi di trasportare mercanzie clie iiuu biauu di coutrabbaudu, e perdono

(1) DuMONT, VITI, 1, 339.

(2) DuMONT, u. s., 345.

n 1718-44. Trattati conclusi al tempo di Luigi XIV XXXI

che noK siano militari appartenenti ai nemici dell'altra parte. Lo stesso principio è sanzionato nd trattato commerciale della stessa data tra la Francia e T Olanda.

Nel trattato fra la Spagna e la Gran Bretagna (1), Gibilterra e Minorca con Porto Mahon sono ceduti a questa Potenza; è solennemente garantita la perpetua separazione delle Corone di Francia e di Spagna ; la Spagna si impegna di non trasferire alla Francia, a qualunque altra nazione, nessun territorio o signorìa in America ; e la Gran Bretagna promette, nel caso che la linea di Savoia venisse ad estinguersi, di fare tutto quello che sarebbe per esserle possibile, onde far si che la Sicilia venisse riunita alla Spa^a (2).

li 12"* articolo, tristamente celebre, concede esclusivamente ad una Compagnia inglese, per lo spazio di trent'anni, da decorrere dalla data del trattato, la importazione dei negri (el poeto de el assienio de negros) nel- l'America spagnuola alle stesse condizioni che erano state accordate per il passato ai Francesi cioè alla Compagnia francese della Guinea fondata nel 1701.

2. Nel trattato della Francia con l'Olanda (3), la Francia s'impegna di mettere nelle mani dell'Olanda onde essa li trasferisca alla Casa d'Austria i Paesi Bassi spagnuoli, come essi erano dopo il trattato di Ryswyk, eccet« tuata una parte della Gheldria ceduta alla Prussia, ed una porzione di ter- ritorio nel Lussemburgo o Limbui^o da essere costituito in principato per la Principessa Orsini; la quale ultima convenzione però, a cagione dell'opposizione fatta dall'Austria, mai fu portata ad effetto. Dei Paesi Bassi francesi, Tournay, Foumes ed i loro distretti, Ypres, Poperingen, ecc., sono ceduti ad identiche condizioni all'Olanda. La Francia acconsente d'adoprare la sua influenza, onde fare abbandonare all'Elettore di Baviera qualunque diritto, che esso, in virtù d'una cessione anteriore spagnuola del 1702 e 1712, potesse avere sui Paesi Bassi; ma la città e il ducato di Lussemburgo, Namur e la sua contea, come pure Charleroi, dovevano essere sotto la sovranità di lui, fino a che esso non fosse reintegrato nel possesso dei suoi territori, e nella sua posizione sociale in Germania. Impegno solenne di mantenere separate le Corone di Francia e di Spazia fu assunto tanto in questo trattato come in quello posteriore delia Spagna con l'Olanda (4),

(1) DuMONT, vili, I, 393.

(2) Vedi Trattati con la Savoia.

(3) PUMONT, u. s., 366.

(4) DuMOKT, u. s., 427.

XXXII Appendice L aii.-l7t3-14.

essendo di quesf ultimo stata ritardata la conclusione a cagione della Prin- cipessa Orsini, la quale avendo molta influenza sull'animo di Filippo V, cercava d'ottenere per so un principato nei Paesi Bassi. In quésto* trattato la Spagna s'impegnò d'impedire a tutte le nazioni/ tranne l'Olanda» di commerciare colle Indie Orientali spagnuole. i

3. 1 trattati col Portogallo sono di minore importanza (1). .ti La Francia rinunzia in favore del Portogallo, a qualunque suo. diritto sul territorio chiamato il Capo del I^ord; fra l' Amàzone e il Vincenzo Pjnson 0 JapoCy ed ammette che allo stesso Portogallo appartengano, le due rive dell' Àmazone ed il diritto di navigazione su quésto fiume. La Spagna cede al Portogallo il territorio e la colonia di Sacramento situata sulla riva setten- trionale'del La Piata. >

4. La Francia cede al Re di Prussia, in virtù del potere ricevuto dalla Spagna, la Gheldria Superiore o Gheldria spagnuola, e riconosce i diritti di lui sul principato di Neufchàtel (o Neuenburg) e Valengin in Svizzera» li re di Prussia dal canto suo rinunzia a tutte le sue pretese per rapporto al principato d'Orango e territori da questo dipendenti in Francia, riservan- dosi però il diritto di portarne il titolo e di fare uso dello stemma di esso (2).

5. La Spagna (3) conferma il Duca di Savoia nel possesso dell'isola di Sicilia (già ceduta a mezzo d'un atto speciale fatto a Madrid il 10 giugno 1713) (4). Il dominio di tale isola dovea trasmettersi alla linea mascolina del Duca e questa estinguendosi al ramo mascolino del Principe di Carignano e di suo fratello. Se la linea di Savoia si estinguesse, l'isola dovrebbe tornare in possesso della Spagna, e se la Imea Spagnuola venisse a mancare in Spagna, la Casa di Savoia dovrebbe succedere al trono di questo Stato. La Francia riconosce la cessione della Sicilia e restituisce alla Savoia il territorio conquistalo durante la guerra; il confine della Francia dal lato della contea di Nizza e del Piemonte è determinato dalla sommità delle Alpi; e le cessioni fatte al Duca dall'Imperatore nel 1703, vale a dire, la parte mantovana del Monferrato, le provincie d'Alessandria e di Valenza, il paese posto fra il Po ed il Tanaro, e la Lomeilina, ecc., sono confermati in ambedue i trattati (5).

(1) DOMONT, Vm, I, 353, 444.

(2) DUMONT, U. 8., 356.

(3) DUMONT, u. s., 401.

(4) Oi'MONT, u. s., 389.

(5) Dluont, u. s., 362.

tn. Ì713-14. Trattati concitisi al tempo di Luigi XIV XXXIII

Il Duca di Savoia fu incoronato Re di Sicilia a Palermo, nel 1713, ma non venne riconosciuto dal Papa dall'Imperatore.

In virtù dei trattati di Rastadt e di Baden (1), la Francia s'impegna a lasciare l'Imperatore padrone dei luoghi e degli Stati da esso occupati in Italia (cioè il regno di Napoli, il ducato di Milano, l'isola di Sardegna, ed i porti della Toscana), ed acconsente che esso prenda possesso dei Paesi Bassi spagnuoli a forma del trattato con l'Olanda, cede l'Alt-Brisach, Fri- burgo, la fortezza di Kehl, a seconda delle stipulazioni del trattato di Ryswyk, il quale servi di base per gli accordi riguardanti la Germania.

L'Imperatore s'impegna di restaurare nei loro Stati, e nelle condizioni, nelle quali essi erano anteriormente alla gueiTaUDuca di Baviera e l'Arci- vescovo di Colonia.

Il trattato di Baden concede all'Imperatore di continuare a possedere i ducati di Mantova e di Mirandola e la città di Comacchio. Nessuna disposi- zione fu presa fra l'Imperatore e la Spagna, indugiando esso a riconoscere il Borbone come Re, e Filippo Y, non acconsentendo allo smembramento della Monarchia Spagnuola, essendoché ciò sarebbe stato per giovare allo Imperatore.

/ trattati di barriera.

1709, Ottobre 29 1713, Gennaio 30 1715, Novembre 15. an. 1700-13-15.

I trattati di barriera sono in numero di tre.

II trattato della Grande Alleanza concluso il 7 settembre 1701 all'Aja aveva promesso agli Olandesi una barriera contro la Francia. Con lale disegno furono fatti i due primi trattati di barriera, il 29 ottobre 1709, ed il 30 gennaio 1713, cioè prima della pace d'Utrecht, fra la Gran Bre- tagna e gli Stati Generali, essi disponevano di dare a questi nei Paesi Bassi spagnuoli a titolo di barriera contro la Francia un certo numero di luoghi fortificati, le guarnigioni dei quali dovevano essere pagate colle rendite ritratte dal paese stesso ; ed il primo trattato, in un articolo separato, loro faceva sperare che avrebbero potuto acquistare la Gheldria superiore ed alcuni altri luoghi. U secondo trattato diminuiva il numero dei forti, che essi dovevano occupare, e nulla diceva della Gheldria, la quale era stata

(1) DOMONT, Vm, 1, 415, 436.

40 Fiore, Dir, interri, codif.

XXXIV Appendice L an. 170M3-Ì5.

promessa alla Prussia. La successione protestante essendo stata dalia legge stabilita in Inghilterra ambedue i trattati impegnavano gli Stati G^n^iU a mantenerla ed a difenderla.

Questi due trattati non approdarono a nulla.

II terzo trattato sottoscrìtto ad Anversa dalF Austria, dalla Gran Bre- tagna e dairOlanda il 15 novembre 1715, stabiliva che l'Olanda doveva cedere all'Austria i Paesi Bassi spagnuoli (tanto il territorio posseduto da Carlo II di Spagna, quanto quello ceduto dalla Francia), T Austria promet- tendo che essi sarebbero rimasti sotto il dominio austriaco, e che mai pas- serebbero sotto quello della Francia o di qualunque altra Potenza. Un esercito di circa 30,000 uomini, doveva essere colà mantenuto dall'Imperatore e dagli Olandesi, fornendo il primo due terzi della truppa, ed i secondi un terzo. Gli Olandesi si riservarono il diritto di tenere guarnigioni esclusiva- mente a Namur, Tournay, Menin, Fumes, Ypres, Wameton e nel forte di Knock, ed insieme all'Austria a Derdemonde: di riattare e fortificare le città della barriera, ma di non fabbricare nuovi forti senza il permesso del- l'Imperatore. Questi acconsentiva che essi avessero occupato al di della loro frontiera, nei Paesi Bassi austriaci, tutti quei forti che credevano necessari alla difesa del paese in caso d'invasione, come pure tutto quel territorio il quale, onde raggiungere questo fine, stimassero indispensabUe per elevarvi delle trincee o per inondarlo. Esso cedeva loro pure Vento ed altri luoghi della Gheldria, e si obbligava di pagare per il mantenimento delle loro truppe 1,250,000 fiorini olandesi, ipotecati sulle entrate dei Paesi Bassi.

Fu pure convenuto che i bastimenti ed i carichi, i quali andavano dalla Gran Bretagna o dall'Olanda ai Paesi Bassi austriaci, avrebbero pagato Io stesso dazio d'entrata e di uscita che nell'attualità, fino a che le tre Potenze non avessero convenuto altrimenti in un trattato commerciale che sarebbe fatto al più presto possibile, trattato il quale mai fu redatto.

La Gran Bretagna confermò e garanti questo trattato.

Dal non essere la convenzione commerciale, della quale abbiamo par- lato, mai stata fatta, l'Austria trasse pretesto per considerare il trattato di barriera come annullato (1).

(1) DuMONT, VII, 1, *243, 322, 458.

Trattati concludi al tempo di Luigi XIV XXXV

Trattato di triplice alleanza fra la Francia

la Gran Bretagna e V Olanda.

1717, Gennaio 4.

rn. ni7.

La triplice alleanza fra la Francia, la Gran Bretagna e l'Olanda, fu conclusa a fme di mantenere in vigore il trattalo d'Utrecht, e di difendersi scambievolmente in caso di attacco.

La Francia s'impegnava pure di non dare nessun soccorso al preten- dente e di persuaderlo ad andare al di delle Alpi (1).

Trattato di alleanza stipulato a Londra.

1718, Agosto 2. an. 47i8.

La quadrupla alleanza conclusa a Londra dalla Francia e dalla Gran Bretagna, fu cosi chiamata, essendoché le parti contraenti si proponessero ' di fare ad essa prendere parte l'Olanda (ciò che accadde il di 16 febbraio 1719), e l'Imperatore (il quale ne accettò le condizioni, il 16 settembre 1718) (2).

La pace non era ancora stata fatta fra l'Imperatore e la Spagna. L'Im- peratore era malcontento dell'assetto che era stato dato alle cose in Italia, e specialmente della cessione della Sicilia al Duca di Savoia. La Spagna, essendo adesso sotto T influenza dell'intrigante e ambizioso Cardinale Albe- roni, e mirando a recuperare ciò che aveva perduto a cagione della pace d'Utrecht, cercò d'intorbidare i rapporti politici tra Francia ed Inghilterra. La Sicilia e la Sard^a erano state invase dalle truppe della Spagna, ma l'armata di questa venendo quasi distrutta dagl'Inglesi, ed essendo gli eserciti di Francia e d'^.nghilterra entrati in Spagna, ed il Re trovando l'impresa superiore alle sue forze, s'indusse a cedere, dimise l'Alberoni, ed entrò a far parte dell'Alleanza nel 1720 (26 gennaio).

Il Puca di Savoia aveva fatto questo nel 1718.

Alcuni trattati difensivi, fatti nel 1721, dalla Spagna con la Francia e colla Gran Bretagna, completano le disposizioni prese, e gli assetti stabi- liti da queste Potenze. In conformità della quadrupla alleanza, e di altri trattati fatti collo stesso spirito, la Spagna rinunziava ai Paesi Bassi, ed alla

(1) DuMONT, vili. i. 484.

(2) DUMONT, u. s., 531.

XXXVI AppemJice L an. 1718

parte spagiiuola dell'Italia; l'Imperatore rmunziava alla Monarchia di Spagna, ceduta a Filippo Y in forza della pace d'Utrecht, e lo riconosceva come legittimo sovrano di quel paese.

La Savoia e l'Imperatore facevano il cambio della Sicilia e della Sar- degna, e la Spagna rinunzia va ai suoi diritti di riversione sulla Sicilia col com- penso d'un diritto simile sopra la Sardegna. Fu pure convenuto che Livorno sarebbe stato porto franco in perpetuo, e che i ducati italiani di Toscana, Parma e Piacenza, a cagione della grande probabilità che si aveva, che le linee mascoline dei Medici e dei Farnese s'estinguessero, dovessero essere considerati come feudi mascolini dell'Impero, l'investitura dei quali sarebbe data a Don Carlos di Spagna, ecc., e che in nessun caso potrebbero appar- tenere alla corona di Spagna.

Cosi in virtù della pace d'Utrecht e di questi trattati ausiliari:

1. una barriera fu creata in favore dell'Olanda contro la Francia, per dato e fatto d'avere concesso i Paesi Bassi spagnuoli all'Austria;

2. in forza del Diritto pubblico europeo la Francia e la Spagna non potevano mai formare una sola monarchia;

3. l'Imperatore ricuperava parte dell'antica influenza germanica per rapporto agli affari d'Italia;

4. il Duca di Savoia, a cagione dell'essere esso salito in potere come Re di Sardegna, sempre più serviva a frustrare i disegni della Francia sul- l'Italia, ed a tenere in freno l'idea del predominio dell'Austria su questa penisola.

Le divergenze di minore importanza fra l'Imperatore e la Spagna fux^ono discusse al Congresso di Cambray (dal 1722 in poi).

XXXVll

TRATTATI

CONCLUSI DOPO LA PACE DI UTRECHT

(Odo alla RiToloiione francese del 1789)

Trattalo di Pace di Paasarowitz.

1718, Luglio 21. ». i718.

La pace di Passarowitz fu conclusa fra l'Imperatore ed il Sultano, dopo la vittoria del Principe Eugenio a Pelerwardein e la presa di Belgrado (1). In virtù di questa pace l'Austria venne in possesso del Banato di Temeswar, di Belgrado, d'una porzione della Serbia, e della Vallachia, ecc.

Trattato di Pace di Nystad. 1721, Agosto ao.

an. 472^

La pace di Nystad in Finlandia fu fatta fra la Svezia e lo Czar e questo fu uno dei vari trattati nei quali la Svezia, adesso tenuta a freno dagli Stati del regno, venne a patti coi suoi vicini.

Dopo la morte di Carlo XII, e dopo la caduta di GOrtz, la Svezia, l'in- trigante alleata d'Alberoni, cede nel 1719 al Re d'Inghilterra, come Elet- tore d'Annover, i ducati di Brema e Werden (2), per un milione di ris- dollari (3); e nel 1720^ 1^ febbraio, alla Prussia Stettino ed i territori in Pomerania, posti fra l'Oder e la Pehne,ecc., per il doppio di tale somma (4); nello stesso anno, alla Danimarca il diritto di percepire dai bastimenti svedesi la tassa di transito per il Sund e per il Belt, sborsando pure ad essa 600,000 ris-dollari e promettendole Hi non immischiarsi negli affari dello Schleswig e del Duca di Holstein-Gottorp, in considerazione

(1) DcMONT, Vili, 1, 520.

(2) Vedi Pace di Vestfalia.

(3) DuMONT, Vili, 2, 15.

(4) DUHONT, u. s., 21.

XXXVIII Appendice L u. 1721.

deir abbandono che la Danimarca aveva fatto delle sue conquiste sve- desi (i).

La Francia e l'Inghilterra rimasero garanti per questa pace.

Nella Pace di Nystad (2), la Svezia cedette alla Russia la livonia, l'Esthonia, i' Ingermanland, parte della Carelia, l'isola d' Oesel, Riga, Revel, Wiborg, con altre città e forti, ecc., ad essa furono restituiti altri luoghi della Finlandia, i quali Pietro il Grande aveva conquistati, e le vennero pagati due milioni di ris-doUari.

La Svezia godette della pace per qualche tempo dopo, ma da questa epoca in poi divenne per importanza politica inferiore alla Prussia e alla Russia.

Trattato di Vienna.

1735, Ottobre 3 4738, Novembre 18.

ui.1735-38.

Nel 1735, 3 ottobre, fu concluso il Trattato preliminare di Vienna fra il Re di Francia e T Imperatore. Quello definitivo fu poi sottoscrìtto il di 18 novembre 1738, e e' intervennero pure i Re di Sardegna e di Spagna, e Don Carlos in quel momento possessore di Napoli e della Sicilia.

In forza di questo trattato il Duca di Lorena otteneva (in preveggenza della imminente estinzione della linea mascolina della famiglia Medici), di essere nominato Granduca di Toscana, col diritto di successione al Gran- ducato nella sua famìglia; e l'esiliato Re di Polonia, Stanislao Leczinsky, suocero di Luigi XV, abdicando alla corona di Polonia, otteneva in cambio il ducato di Bar e quello di Lorena, col diritto di riversione alla Francia allorquando la morte del titolare di questi ducati avesse luogo. Cosi la Francia riacquistava i suoi diritti sulla Lorena. Napoli e la Sicilia, con i porti della Toscana posseduti dall' Imperatore, erano ceduti a Don Carlos Cfiglio maggiore di Filippo V, di Spa^a, nato dal secondo matrimonio di questo con Elisabetta Farnese), il quale cosi fondava la seconda linea, o linea napoletana dei Borboni spagnuoli. Il Duca di Savoia otteneva dal- l'Austria la cessione della Sardegna col diritto di prendere il titolo di Re di Sardegna e guadagnava i territori di Novara e di Tortona, come feudi deirimpero, con diritto di giurisdizione noi distretto di Langhes. L'Impe- ratore Carlo VI acquistava in assoluta proprietà Parma e Piacenza.

(i) DCMONT, VII, 1, -29. (2) DUMONT, U. P., 30.

iD. i 735-38. Trattati concliMÌ dopo la pace di Utrecht XXXJX

La Francia garantiva la Prammatica Sanziane dell'Imperatore Carlo VI, e la maggior parte delle Potenze europee facevano lo stesso ad epoche diverse. In virtù di questa Prammatica (non avendo eredi maschi), esso nominò la sua figlia maggiore erede di tutta la Monarchia Austriaca, e per potere far questo acconsenti ad abbandonare una grande parte dei suoi domini in Italia, come pure all'incorporazione dellsi Lorena alla Erancia (1).

Trattato di Berlino.

1742, Luglio 28. tn. iltì.

l preliminari della pace fra la Prussia e l'Austria furono concordati a Breslavia. Il 28 luglio fu poi conclusa la pace di Berlino fra Federico II di Prussia e Maria Teresa.

L'Austria cedeva tutta la Slesia, superiore ed inferiore (non inclusi i principati di Tescben, la città di Tropavia, il territorio al di dell'Oppa, ed i distretti Moravi compresi nella Slesia Superiore) unitamente alla Contea di Glatz.

Federigo II doveva pagare l' interesse del debito slesiano del defunto Imperatore, e mantenere l'ordinamento religioso, nello stato nei quale si trovava.

Trattato di pace di Dresda,

1745, Dicembre 25. an. 4745.

La pace di Dresda confermava quella di Breslavia, e Federigo II rico- nosceva il marito di Maria Teresa, il Granduca di Toscana, come Imperatore.

Un atto col quale il Re d'Inghilterra garantiva la Slesia alla Prussia, è unito al trattato.

La Sassonia, con un trattato fatto colla Prussia nello stesso tempo e luogo, stipulava di pagare a questa un milione di ris-dollari, e di accor- darle altri vantaggi (2),

(1) Wenck, Cedex Juris Gent., I, pp. 1-88.

(2) Wenxk, I, 734 e seg.; II, 191 e seg.

XL Appendice L

Trattato di pace di AiX'la-Chapelle (Aquisgrana).

1748, Aprile 30, Ottobre 18.

•D. 1748.

li 4748, 30 aprile, furono concordati i Preliminari della pace, e il i8 ottobre fìi poi conclusa la Pace di Aquisgrana^ fra Francia, Grande Bre- tagna, e Olanda, alla quale si associarono la Spagna, 1* Austria, la Sardegna, Genova e Modena (i).

Questa pace pose fine alla guerra (la quale ebbe origine dalla succes- sione al trono d'Austria), in virtù d'una scambievole restituzione delle conquiste, e d'un generale ristabilimento di anteriori ed importanti trattati. I ducati di Parma, Piacenza e Guastalla venivano assegnati all'Infante di Spagna Don Filippo, essendo ceduti dai loro attuali possessori, l'Impera- trice ed il Re di Sardegna (^quest'ultimo tenendo a feudo la città e parte del ducato di Piacenza in forza del trattato di Worms del i743), col diritto di riversione ai detti attuali possessori nel caso che Don Filippo morisse senza lasciare discendenti maschi, o qualora il Re delle Due Sicilie eredi- tasse il trono di Spagna.

Fra le stipulazioni anteriori richiamate in vigore, quella del pacto de el assiento (che stabiliva il privilegio per l'importazione dei negri) (2) fu espressamente menzionato. Nacque però un malinteso per rapporto a codeste condizioni di pace, essendo stato una delle cause che spinsero l'In- ghilterra contro la Spagna nel 1739.

« Mai forse, dice Lord Mahon parlando di questa pace, una guerra a dopo avvenimenti tanto grandi, e tanto spargimento di sangue, terminò <L ricollocando gli Slati, che avevano preso parte ad essa, quasi nelle stesse « condizioni nelle quali si trovavano quando la cominciarono ».

Trat,tato di Napoli.

1759, Ottobre 3.

tn. 1759.

Il trattato di Napoli fu concluso fra l'Austria e Carlo III di Spagna e le Due Sicilie. Con tale trattato fu stabilito che le Due Sicilie non potessero essere mai unite alla corona di Spagna, eccetto che nel caso che la linea dei Re spagnuoli della presente casa fosse ridotta ad una sola persona, e che dovessero essere di nuovo separate, tostochè nascesse un Principe il quale non fosse Re di Spagna, erede presuntivo (3;

(1) Wenck, II, 310 e seg.

(2) Vedi Trattato dUtrechL (3^ Wenttc, III, 1i\ij.

Trattati conclusi dopo la pace di Utrecht XLà

Trattato di Parigi detto « Patto di famiglia i>.

4761, Agosto 15. fto. 4701.

il trattato fra la Francia e la Spagna, concluso nel 1761 fu tenuto segreto quando fu stipulato, e fu conosciuto poi col nome di Patto di fami- glia. Fra le parti era stato stabilito che si doveva procurare che vi si asso- ciassero il Re delle Due Sicilie, il Duca di Panna, e i due figliuoli del Re di Spagna, escludendo qualunque altra persona che non fosse un Borbone.

Questo trattato obbligava le parti ad un'alleanza segreta offensiva e difensiva; a fornire ciascuna di esse un numero determinato di truppe a qualunque altra parte he facesse domanda ; a garantirsi scambievolmente ì propri dominf come pure quelli degli altri due Borboni sovrani (1).

Si dice che in una convenzione segreta della stessa data, venisse stipu- lato, che se la Francia fosse ancora in guerra con T Inghilterra lìì^ di maggio 1762, la Spagna dovesse dichiarare a questa la guerra, e che la Francia dovesse nello stesso tempo restituire Minorca alla Spagna.

Trattalo di pace di Parigi,

1763, Febbraio 10. an. 1768.

Il trattato di pace di Parigi fu stipulato fra la Francia, la Spagna, T In- ghilterra e il Portogallo, e fu completato còl trattato di pace di Huberts- hurg (2) concluso il 15 febbraio dello stesso anno.

In virtù del primo trattato di pace, la grande lotta, la quale ebbe luogo fra la Francia e l'Inghilterra, su tutto il mondo, e alla quale presero parte la Spagna e il Portogallo, fu terminata in generale a vantaggio dell'Inghil- terra ; ed in forza del secondo, ebbe fine la guerra dei sette anni combat- tuta dall'Austria e dai suoi potenti alleati contro Federico il Grande.

La Francia, derogando alla sua politica secolare, entrò nel numero di questi alleati nel maggio 1750.

Fu la Pace di Hubertsburg, che permise alla Prussia di terminare la guerra, senza che essa perdesse territorio, rimanendo nella stessa posi- zione, nella quale si trovava dopo i trattati di Dresda, di Berlino e di Breslavia.

(1) Wenck, ut, 278 e sepf.: Martens. JRpcupH I, 16-28.

(2) Castello di caccia presso Meis^un in bassoiiia.

XLII Appendice L an. i'i63.

La Pace di Parigi fece si, che l'Inghilterra, la quale aveva spogliato la Francia di una considerevole parte dei suoi possessi coloniali, potesse rite- nere molti di essi, acquistando in autorità, specialmente sul continente occidentale. Nell'America del Nord, la Francia rinunziò alle sue pretese su d*Acadia, cedo il Canada, il Capo Bretone, e le isole e le coste del San Lorenzo, riservandosi il diritto di pesca, lungo una parte della costa di Terranova a forma del trattato d'Utrecht, e riserbandosi pure lo stesso diritto nel Golfo di San Lorenzo, tre leghe lontano dalle coste inglesi, e ad una distanza di quindici leghe dal Capo Bretone. Le isole di San Pietro e Miquelon dovevano pure restare in potere della Francia, come luoghi di ricovero per i di lei pescatori, a condizione che non vi fossero erette forti- ficazioni. I Cattolici del Canada dovevano essere lasciati liberi di eserci- tare il loro culto (art. IV-VI). Una linea che dividesse in due metà il Mississipi e che partendo dal mezzo della sua sorgente andasse fino ad Iberville, e che poi continuasse da questo punto attraverso i laghi Mau- repas e Pontchartrain sino al Golfo del Messico, doveva servire di limite al territorio delle due nazioni. Solamente Nuova-Orleans situata sulla sponda orientale del Mississipi doveva rimanere francese (art. VII).

Con un trattato segreto fra Spagna e Francia, del 3 novembre 1762, la Francia aveva già ceduto Luigiana e Nuova-Orleans alla Spagna, la quale però non entrò in possesso del territorio cedutole che nel 1769. Questo era un compenso per la Spagna, per la cessione, che essa doveva fare alla Gran Bretagna, della Florida, cessione la quale era stata in massima stabilita e che in questa pace fu conclusa (art. XX).

La Gran Bretagna conveniva di restituire alla Francia la Guadalupa, la Mariagalante, la Desirade, la Martinica, Belle-Isle, S. Lucia, e le veniva fatta la cessione di Granada, di S. Vincenzo, della Dominique e di Tobago (articoli Vili, IX), nelle Indie Occidentali. Nell'Affrica riteneva il Senegal e restituiva alla Francia Corea (art. X). Nelle Indie Orientali, le fortifica- zioni e le fattorie che erano in possesso della Francia nel 1749, sulle coste di Coromandel, d'Orissa e di Malabar e nel Bengala venivano pure resti- tuite alla Francia, e questa si impegnava a non costruire forti e a non tenere truppe nel Bengala, e rìnunziava a tutti gli acquisti fatti nel Coro- mandel e ad Orissa fino dal 1749 (articolo XI). Dunquerque doveva essere messa nelle condizioni nelle quali fu stipulato, che avrebbe dovuto essere, nel trattalo di Aquisgrana e nei trattati anteriori. Minorca doveva essere restituita agli Inglesi ; e i luoghi occupati dai Francesi in Germania dove- vano essere evacuati e restituiti; le conquiste fatte a Cuba dall'Inghilterra

tn. 4763. Trattati concluH dopo la pace di Utrecht XLIII

dovevano essere retrocesse alla Spagna; le fortificazioni innalzate dagli Inglesi nella Baja di Honduras ed in altre stazioni dell' America spagnuola, dovevano essere demolite ; ma non si doveva impedire ai lavoranti di tali località di tagliare e di trasportare il campeggio, ed ai sudditi spagnuoli non si doveva concedere nessun diritto di pesca nelle vicinanze di Terra- nuova (articoli XII-XIX) (i).

Trattato fra la Francia e Genova,

1768, Maggio 15. an. 4768.

Un trattato sotto questa data fra Genova e Francia passava la Corsica sotto il dominio francese, e ciò fmo a che la Repubblica non ne doman- dasse la restituzione rimborsando tutte le spese.

I Genovesi avendo col loro tirannico governo cagionato una insurre- zione, che essi non potevano domare, ed essendo stata repressa dalle truppe francesi, gli isolani preferirono il dominio francese al giogo genovese (2).

Trattato per la spartizione della Polonia, un, Luglio 15.

an. 1772.

in codesto anno avvenne la prima spartizione della Polonia. Le dispo- sizioni relative a questo smembramento, furono prese in trattati separati fra la Russia e l'Austria, e la Russia e la Prussia, fatti sotto questa data. Questi trattati, adducendo come ragione di tale misura, la necessità di garantire dagli effetti delle discordie e guerre intestine della Polonia, gli Stati con essa confinanti, dichiarano:

Che la Russia prenderà possesso del rimanente della Livonia polacca, della parte del palatinato di Polock, la quale è posta a levante della Dwina, del palatinato di Witepsk, delle due estremità di quello di Minsk, e di lutto quello di Mscislav (o Mohilev). I confini del territorio polacco separato dal rimanente della Polonia devono essere la Dwina nel luogo ove le provincie di Polock, Witepsk e Minsk si incontrano, ed una linea retta la quale da questo punto sia tirata fino in vicinanza della sor-

ci) Wenck, III, 329; Martens, Recueil, 1, 104-166. (2) Wenck, u. s. ; Martens, u. s.

XtIT Appendice L nn. 1772.

gente del Drujac (o Truzec), e quindi lungo il corso di questo fiume e di quello del Dnieper ;

La Russia garantisce all'Austria un territorio consistente della Gallizìa Orientale, e della Lodomiria;

La Russia garantisce alla Prussia la Pomerania minore, eccetto Danzica, una parte della Grande Polonia situata a ponente del Net2e, il rimanente della Prussia polacca, vale a dire il palatinato di Harienborg con la città d'Elbing, il vescovato di Warmia (o Ermeland), e il palatinato di Culm, eccettuato Thom, il quale continuerà a formare parte della Polonia (1).

In forza di questa scellerata convenzione, la Polonia perde cinque mi- lioni di abitanti ed un terzo del suo territorio. La Dieta polacca fu spinta colle minacce a cedere i suoi poteri ad una commissione, la quale nel- l'agosto 1773, obbedì alle grandi Potenze, e acconsenti a questo smem- bramento (2;.

Trattalo di Kutschuk,

1774, Liii;lio 21. an. 4774.

11 trattato di Kutsc/ivk-Kaiìiardjl (villaggio (lolla Silistria), fu ronchiso fra la Russia e la Turchia.

In virtù di tale trattato la Bessarabia, la Yalachia, e la Moldavia, veni- vano restituite alla Turchia, la quale si impegnava di proteggere gli abi- tanti dei due principali per rapporto alla loro religione, ecc., di ricevere un chargé d^affaires del governatore od ospodaro di ciascun principato, e di permettere ai ministri di Russia residenti a Costantinopoli di potere intervenire in loro favore. Le isole dell'Arcipelago prese dalla Russia, unilamenle alle località da essa occupate nella Georgia e nella Mingrelia dovevano essere restituite.

La Russia otteneva la libera navigazione della sua marina di com- mercio per il Mare Nero, per la Propontide o Mare di Marmara, per il Danubio, e per le acque turche in generale. I forti d' Jenicale e di Kertsch in Crimea, la città d'Azow ed il suo distretto, il castello di Kinburn posto all'imboccatura del Dnieper, erano ceduti alla slessa Potenza.

Le due Potenze riconoscevano l'indipendenza dei Tartari della Crimea, di Budjack, di Kuban, ecc. Degli accordi venivano stipulati, concernenti

(1) Wknck, III. 71 i: Martens, I, 591. (•2) Martlns, II, 89 e seg.

an. Ì774. Trattati conclusi dopo la pace di Utrecht XLV

un ministro russo il quale doveva risiedere a Costantinopoli, e dei consoli e loro interpreti, i quali dovevano essere stabiliti nei luoghi di com* mercio (1).

Neirarticolo VII la Sublime Porta promette una efficace prolezione della religione cristiana e delle sue chiese; e permette pure alla corte imperiale di Russia di fare in qualunque occasione osservazioni alla Porta in favore della sottomenzionata chiesa eretta in Costantinopoli, ed indicata nell'articolo XIV. In tale articolo si legge che <l la suprema corte di Russia, seguendo la regola stabilita dalle altre Potenze, avrà facoltà di fabbricare oltre la chiesa di famiglia (la cappella di famiglia dell'ambasciatore), una chiesa nel quartiere di Calata, e nella strada chiamata Reg-Uglù, la quale chiesa sarà pubblica, ed avrà il nome di Chiesa russo-gi^eca: ed essa sarà sempre sotto la protezione del ministro dell'Impero russo, e godrà non molestata piena libertà nell'esercizio del culto, al quale essa sarà addetta d.

Nell'articolo Vili è permesso a tutti i sudditi dell'Impero russo di visi- tare liberamente Gerusalemme, ed essi saranno esentati da pagare qua- lunque tassa esibendo il loro passaporto.

Nell'articolo XVI, nel quale la Moldavia, ecc., sono restituite, la Su- blime Porta promette di non porre ostacoli di nessuna sorta alla profes- sione della fede cristiana, alla fabbricazione di nuove chiese ed al restauro delle vecchie ; e si obbliga di restituire ai monasteri la proprietà loro tolta, di riconoscere e rispettare il clero, usando verso di esso di tutti quei riguardi dovuti alla posizione di lui.

L'articolo XVII contiene le stesse stipulazioni riguardanti le isole del- l'Arcipelago ad esso restituite; e cosi parla pure l'articolo XXVIII, per rapporto al ripristinamento della religione, delle chiese, e dei monasteri nella Georgia e nella Mingrelia. Nell'articolo XXII, i due Imperi annullano tutti i trattati anteriori onde rendere impossibile fra loro qualunque riven- dicazione di diritti (2).

(i) Martens, II, 286. L'originale è in italiano.

In Russia si sono riportati a questo trattato, come a quello che conferisce allo Czar un qualche particolare diritto di esercitare la sua protezione sopra i Cristiani deirimpero ottomano. Ma tale diritto non si trova nel trattato.

(2) Sorprende che con stipulazioni come quelle del presente trattato si sia voluto sostenere che esso conferiva alla Russia il diritto di esercitare un qual si sia speciale piulellorulu.

XLVI Appendice L

Trattato di Teschen.

1779, Maggio 13.

an. 1779

Il trattato di pace di Teschen stipulato nella Slesia austriaca fu con- cluso fra Federigo il Grande di Prussia e Maria Teresa Regina d'Austria (1).

La linea elettorale Bavarese delia casa di Wittelsbach essendo vicina ad estinguersi, il prossimo erede era l'Elettore Palatino, il quale non aveva figli legittimi, e dopo di lui il Duca di Zweibrùcken o Deux-Ponts. L' fan- peratore Giuseppe, facendo delle ottime stipulazioni in favore dei figli illegittimi deir Elettore Palatino indusse questi a cedere anticipatamente tutta la Bassa Baviera ed altri territori alla Casa d'Austria. Federigo il mirande avendo guadagnato alla sua causa il Duca di Deux-Ponts, unita- mente all'Elettore di Sassonia ed al Duca di Mecklenburg, i quali avevano diritto alla successione bavarese, si preparò ad opporsi colla forza a questo ingrandimento dell'Austria. La guerra della successione bavarese fu piut- tosto incontro di eserciti che una guerra, e terminò colla pace di Teschen, le condizioni della quale furono dettate da Federigo il Grande. Esse furono: lo Che l'Austria, invece di un territorio di duecentocinquanta miglia quadrate germaniche, acquistava un distretto di trentaquattro fra il Da- nubio, rinn e la Salza.

2<^ Che alla Prussia si confermava il diritto di successione ai prin- cipati di Baireuth e d'Anspach, qualora le attuali famiglie, che li possede- vano, venissero ad estinguersi.

d^ Che la Sassonia riceveva un compenso di sei milioni di fiorini per i suoi diritti, ed il Mecklenburg acquistava il diritto di avere una sua ^'vopria corte suprema d'appello. L' Imperatore e l' Impero venivano ^i (chiesti di aderire al trattato, del quale erano parti mediatrici e garanti l'Imperatrice di Russia ed il Re di Francia.

i^ Lega della neutralità armata.

1780, Febbraio 28.

Dichiarazione della Russia, colia quale mette in vigore la prima ueu* tralità armata (2).

(1) Martens, II, 661.

(2) Martens, III, 158 e seg.

Trattati conclusi dopo la pace di Utrecht XLVl

Guerra per r indipendenza degli Stati Uniti d'America. Pace di Parigi. Pace di Versailles.

1783, Settembre 3. ». 4783.

La lotta sostenuta dalle colonie fondate in America per rivendicare la loro indipendenza durò parecchi anni ; ed il prospero successo ne fu assi- curato in conseguenza dell' alleanza della Francia. Essa terminò col ricono- scimento dell'indipendenza degli Stati Uniti d'America da parte del Governo inglese, avvenuto il 24 settembre 1782 e dei trattati di pace concordati il 13 settembre 1783, uno tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, l'altro tra questa e la Francia.

I preliminari della pace cogli Stati Uniti furono conclusi il 30 novembre i782, la pace definitiva col trattato sottoscritto a Parigi il 3 settembre 1783. Con tale trattato la Gran Bretagna riconobbe l'indipendenza degli Stati Uniti e concesse ad essi certi diritti di pesca. I confmi tra i detti Stati e i possedimenti inglesi vennero fissati, e determinato come i debiti contratti prima della guerra doveano essere unificati, ecc. (1).

I preliminari della pace colla Francia furono stipulati coi trattati con- chiusi il 20 gennaio 1783 fra la Gran Bretagna da una parte, e la Francia e la Spagna dall'altra e il 2 settembre 1783 con l'Olanda dall'altra parte. La pace definitiva fu poi conclusa col trattato di Versailles ratificato il 3 settembre 1783 fra la Gran Bretagna, ìa Francia e la Spagna.

La Gran Bretagna restituiva in assoluto dominio alla Francia, le isole di San Pietro e Miquelon, riconfermava ad essa i diritti che dal trattato d'Utrecht, tanto sulla costa che nelle acque di Terranova, e relativi al libero esercizio di pesca, le erano stati concessi; essa restituiva pure S. Lucia, e cedeva Tobago nelle Indie Occidentali ; ricuperava Granada, San Vincenzo, St. Dominique, S. Kitts, Nevis e Montserrat. Nell'Affrica, il Senegal (vedi Pace di Parigi, 1763), veniva retrocesso alla Francia, e Corea restituita. Nelle Indie Orientali fu fatta una restituzione generale dei luoghi conquistati alla Francia durante la guerra. Gli articoli del trattato d'Utrecht, e di altri trattati susseguenti riguardanti Dunquerque furono abrogati. La Gran Bretagna cede alla Spagna Hinorca e Florida; la Spagna restituì l'isola della Provvidenza e il Bahama e riconfermò il diritto degli Inglesi di tagliare il campeggio (2), stabilendo i limiti dentro i quali tale diritto poteva essere esercitato.

(1) Martens, III, 495, 553.

(2) Vedi Pace di Parigi 1763.

XLVIII Appendice L tn. 4783.

Gli Olandesi non fecero una pace definitiva coli' Inghilterra fino al 20 maggio 1784. Lo statuquo ante bellum servi di base a tale pace^ eccetto che r Olanda cede Negapatum sulla costa di Coromandel (1).

Convenzione relativa alla Crimea.

1783, Dicembre 28.

an. i783.

Con la convenzione del 1783 furono incorporate la Crimea e la città di Taman all'Impero russo (2).

Il fiume Kuban fu stabilito come confine fra il territorio russo e quello turco.

(1) Martens, III, 503 e seg.

(2) Martens, m, 707.

XLIX

TRATTATI

CONCLUSI DURANTE LA RIVOLUZIONE FRANCESE

Dichiarazione di Pillnif^.

•1791, Agosto 27. m. 47(H.

La dichiarazione di Pillnitz fu firmata dai sovrani d'Austria e di Prussia, e si riferisce all'intervento negli affari della Francia (1).

Trattato di Jassy.

1792, Gennaio 9. an. 4702.

La pace di Jassy fu conclusa col trattalo stipulato fra la Russia e la Turchia il 9 gennaio 1792. La sponda sinistra del Dniester fu designata a servire di confine fra i due Stati. Cosi il territorio posto fra il fiume e il Bug unitamente a Oczakow divennero russi (2). La Porta si impegnò di mantenere l'ordine lungo il Kuban fra i vicini della Russia.

e 3* sparUx>ione della Polonia,

1793, 1795.

an. i 703-95.

La seconda spartizione della Polonia fu fatta in forza di trattati fra la Russia e il Re e la Repubblica di Polonia (Grodno, 13 luglio, e 16 ottobre; rultimo fu un trattato d'alleanza), e di un trattato fra la Prussia e la Polonia (Grodno, 25 settembre 1793). Quantunque la Russia avesse rinunziato per sempre, nel trattato di cessione e di confìni, ad affacciare nell'avvenire dei diritti, col pretesto di circostanze o avvenimenti qualunque che fossero per sorgere su di qual si fosse provincia od anche piccolissima porzione di territorio rimasto a formare parte della Polonia, e avesse garantito di lasciare questa nel suo stato attuale ; pur tuttavia la terza spartizione ebbe luo.;^o nel 1795, dopoché l'insurrezione del 1794 era terminata colla presa

(1) Martens, V, 260.

(2) Martens, V, 291.

41 Fiche. Dir. iiitrm. cndif.

L Appendice L u. 1793.-95

di Varsavia fatta dalle truppe di Suvarow. A questo smembramento pre- sero parte la Russia, l'Austria e la Prussia, e con una convenzione datata da Pietroburgo, il 3 gennaio ed il 24 ottobre 1795, esse stabilirono i con- fini, fra i loro respettivi acquisti, i quali comprendevano tutto che ancora era rimasto della Polonia. Cosi queste Potenze occupavano T Au- stria, tutta la Gallizia e la Lodomiria, o generalmente parlando il territorio posto fra la Vistola e il Bug; la Russia, la Curlandia, la Samogizia, la Pic- cola Polonia, la Lituania, la Volinia, e tutto il territorio situato ad oriente del Bug e del Niemen ; la Prussia tutto il paese a ponente del Niemen e della Vistola^ incluse Danzica, Thorn, e Varsavia, la vecchia capitale (1).. > ,

. . Coalizione coìitro la. Francia, i

1792 ed oltre.

an. 1709.

Alla coalizione contro la Francia presero parte successivamente lutti gli Stati di Europa, se si eccettua la Svezia, la Danimarca, la Svizzera, la Toscana, Venezia e Genova.

L'Impero germanico si lamentava particolarmente del niun conto che l'Assemblea Costituente faceva dei diritti dei Principi dell* Impero, i quali tenevano a feudo dei domini in Alsazia, ed oltre di questo tutti provavano, specialmente dopo la morte di Luigi XVI, 21 gennaio 1793, disgusto e ter- rore per rapporto ai principi della rivoluzione francese. Nel corso della guerra la Francia repubblicana conquistò i Paesi Bassi austrìaci, l'Olanda (la quale aveva adottato le idee della rivoluzione ed era divenuta alleata), la Savoia, ed altri territori sulle frontiere: la Lombardia, Modena e le legazioni dello Stato del Papa; essa costituì la Repubblica Cisalpina; costrinse un numero dei suoi nemici ad un armistizio o alla pace ed all'al- leanza; e fu spogliata unitamente alla sua confederata, l'Olanda, dei suoi possessi all'estero, dalla potenza navale dell'Inghilterra, la quale annientò pure le flotte dell'Olanda e della Spagna.

La Spagna fece la pace colla Francia nel 1795, e divenne alleata di questa in forza del trattato di Sant'Ildefonso, il 19 agosto 1796.

I trattati, i quali maggiormente meritano di essere menzionati, ed in virtù dei quali questa grande coalizione fu indebolita o spezzata, furono (juelli della Francia colla Prussia e con T Austria. Quelli colia Sardegna a col Papa meritano pure di essere ricordati.

(1) Marteks, V, 531 e seg.; VI, 168 e seg.

T l'aliali concìusi durcmte la Rivoluzione francese U

Trattato di Pacf* di Basilea. »

1795, Aprile 5. un. 4795.

La Pace di Basilea fu conclusa il 15 aprile 1795, fra la Francia e la Prussia.

La Prussia prometteva di non dare aiuto ai nemici della Repubblica francese, di permettere il loro passaggio attraverso i suoi territori.

A riguardo delle truppe francesi fu stabilito che esse potevano conti- nuar^ ad occupare la sponda sinistra del Reno appartenente al Re di Prussia, fino a che non fosse avvenuta una pace generale fra l'Impero e la Francia. Le due parti contraenti si impegnavano a fare tutto quello che loro poteva essere possibile, onde allontanare il teatro della guerra dal nord della Germania. La Repubblica si impegnava ad accettare i buoni uffici del Re di Prussia in favore dei principi dell* Impero, ì quali avessero domandato la mediazione di lui, e che avessero manifestato il desiderio di fare la pace colla Francia, e si impegnò inoltre a considerare come neutri quei principi e quei possessi posti a ponente del Reno, in favore dei quali il Re avrebbe interceduto. ,

In virtù di un trattato in data del 17 maggio, e stipulato dalle stesse Potenze, nel medesimo luogo, una linea di confine veniva tirata nel mezzo della Germania, ed i Francesi si impegnavano di considerare come neutrali gli Stati situati al nord di questa linea, i quali osserverebbero una stretta neutralità, come pure quelli collocati sulla riva destra del Mena e com- presi dentro la linea. Quattro strade erano lasciate a[>3rte per le truppe germaniche e francesi, lungo il Reno passando per Francoforte, e lungo la sponda destra del Meno. Questo trattato cedette alla Francia la sponda sinistra del Reno, separò la Germania del Nord da quella del Sud e situò la Prussia nella posizione di trarre profitto di qualunque cambia- mento che potesse effettuarsi neir Impero in conseguenza delle conquiste

francesi (1).

»

Trattato tra la Francia e la Spagna,

. ' > 1795, Luglio 22. ,

an. 4795. ...

La pace fra la Francia e la Spagna fu fatta col trattato sottoscritto pari- mente a Basilea. j

(1) Maktens, vi, 45-52.

LI! Appendice I. an. n95.

La Francia restituì le località al di dei Pirenei occupate dalle truppe francesi, e la Spagna cede alla Francia la parte spagnuola di San Domingo. La casa Borbone di Spagna venne cosi a riconoscere la Repubblica fran- cese (1).

Trattato di Parigi fra la Francia e la Sardegna.

1796, Maggio d5.

an. i79ft.

Il trattato concluso a Parigi fra il Re di Sardegna e la Repubblica fran- cese fu ratificato iH5 maggio 1796 (2).

In virtù di esso la Sardegna rinunziò alla coalizione; cede alla Francia la Savoia, colle contee di Nizza, di Tenda e di Beuil ; accettò la linea di confine fra i due Stati; s'impegnò a respingere dai suoi territori gli emi- grati francesi; concedè il diritto di passo attraverso i suoi domini alle truppe francesi onde esse potessero andare in Italia e ritornare in Francia; e permise che fossero occupate molte ed importanti fortezze, fino a che dei trattati di commercio e di pace generale non fossero stati conclusi.

La. Repubblica batava fu compresa in questo ed in altri trattati, in con- formità di una clausola contenuta nel trattato d'alleanza stipulato fra le due Repubbliche, e sottoscritto all'Àja, il 16 maggio 1795 (3), la quale stabiliva che nessuna pace poteva essere fatta dalla Francia con nessuno dei coaliz- zati, se in essa non era inclusa la Repubblica delle Provincie Unite.

Trattato tra la Francia e il Papa.

1797, Febbraio 19.

an. 1797.

Il trattato di pace fra la Francia ed il Papa, fu firmato a Tolentino (nello Stato Papale, e nella Legazione di Macerata). Le fondamenta di questo trat- tato erano state in parte gettate, durante la discussione, intomo all'armi- stizio fatto a Bologna, il 23 giugno 1796 (4). Il Papa acconsentiva di abbandonare la coalizione: di cedere alla Francia Avignone, il Venasco, le Legazioni di Bologna, di Ferrara, di Romagna: di permettere che Ancona ed il suo territorio fossero occupati da truppe francesi sino a che non si

(1) Martens, vi, 124.

(2) Martens, VI, 211.

(3) Martens, VI, 88.

(4) Martens, VI, 239, IW.

tu. i797« Trattati conclusi durante la Hivolnzione francese IJ"

facesse una pace continentale ; esso conveniva pure di pagare 31 milioni di lire, oltre i cinque milioni già pagali all*epoca deirarmistizio, di dare cento capi d^ai'le, cinquecento manoscriUi, ecc.

Trattato di Campoformio.

1797, Ottobre 17. an. 4797.

1 preliminari di pace fra la Repubblica francese e Tlmperafore furono redalli a Leoben il 11 aprile 1797, piccola città della Sliria. Ad essi leiine dietro il trattalo di pace definitiva fatto e sottoscritto vicino a Campoformio, nel Friuli, e ratificato il 17 ottobre 1797 (1).

Questo importante trattato contiene i seguenti provvedimenti:

lo I Paesi Bassi austriaci erano ceduti alla Francia;

2<» Venezia essendo slata soggiogala ultimamente da Bonaparte, il territorio di lei era diviso fra le parti contraenti e la Repubblica Cisalpina, fondata il 29 giugno 1797. 1 Francesi presero le isole veneziane del Levante Corfù, Zante, Cefalonia, S. Maura, Corico, ecc., ed in generale tulli i possedimenti veneti situati in Albania al di del golfo di Lodrino ; e gli Austriaci presero l'Istria, la Dalmazia, le isole veneziane dell' Adriatico, le bocche di Cattare, la città di Venezia con le lagune, ed il territorio di lei sulla terraferma italiana a levante ed a nord dell'Adige e del lago di Garda;

L'Imperatore riconosceva la Repubblica Cisalpina e rinunziava a tutti i diritti, i quali esso avrebbe potuto avere prima della guerra, sul territorio ad essa Repubblica incorporato. A questa Repubblica era annessa la Lombardia austriaca, i distretti di Bergamo, di Brescia (ambedue veneti), e di Cremona ; Mantova con la sua fortezza e distretto. Peschiera, la parte dei possessi veneziani in Italia, posti a levante e a mezzogiorno del terri- torio ultimamente ceduto all'Austria, Modena, Massa, Carrara, le Legazioni di Bologna, di Ferrara, di Romagna ; Bonaparte aveva già separalo Chia- venna, la Valtellina e Bormio dai Grigioni, invitandoli ad unirsi alla Repub- blica Cisalpina ;

4* L'Imperatore si obbligava a cedere al Duca di Modena la Brisgovia, come compenso per i suoi antichi possessi d'Italia;

50 Era poi stabilito che vi sarebbe stato un Congresso, il quale dove- vasi adunare a Rasladl, e che sarebbe stato composto dei plenipotenziari della Francia e dell'Impero, onde fare la pace fra queste Potenze.

60 In articoli segreti stipulati nello slesso tempo l'Imperatore accon-

(1) Martens, vi, 385, 420.

LIV .' ' '^Aìypendìce 1, an. ITsn.

« »

sentiva che la sinistra sponda del Reno dalla Svizzera alla Nette sopra Andernaclì compresa la téU de poni di Manheim, e la città e fortezza di Mainz, potessero appartenere alla Francia, é s'impegnava di far si da indurre l'Impero, nel Congresso che dovea riunirsi, ad accettare questa linea di confine. L'Imperatore prometteva pure, quando la pace fosse fatta con l'Impero, di cedere alla Francia il Frickthal (nel cantone d'Ai^au, in Svizzera) ed altri contigui possessi dell'Austria, perchè fossero riuniti alla Repubblica elvetica. Esso cedeva pure alla Francia la contea di Falkenstein. La Francia, alla sua volta, s'impegnava a porre l'opera sua affinchè fosse dato all'Imperatore il vescovato di Salisburgo, e la parte della Baviera situata fra tale vescovato, l'Inn, la Salza ed il Tirolo. Era inoltre stabilito che nel caso che avvenisse che alla Prussia fosse restituito il territorio di lei al di del Reno, ciò che i Francesi desideravano di fare, essa non avrebbe avuto nessun diritto d'ottenere nuovi acquisti e che sarebbero state date delle indennità agli Stati dell'Impero, il territorio dei quali fosse stato diminuito a cagione delle disposizioni prese mediante il trattato di pace tra le parli concluse, o in conseguenza di quelle contemplate nel trattato fatto con l'Impero.

Congresso di Rastadt,

1797-1799.

in. 1791.

Il Congresso di Rastadt fu aperto il 9 dicembre 1797, e chiuso nel- l'aprile 1799, senza che fosse stato ottenuto nessun risultato definitivo, a causa dell'atroce uccisione di due dei negoziatori francesi, commessa quando essi tornavano in Francia. Nello spazio di tempo compreso fra queste due date, la Svizzera, Roma e Napoli, erano state trasformate rispettivamente nelle repubbliche Elvetica, Romana e Partenopea, delle quali le ultime due non ebbero che una brevissima durata; il Re di Sardegna stanco delle con- tinue vessazioni dei Francesi aveva rinunziato alla sua sovranità in Piemonte in favore d'un governo provvisorio, ed era andato nell'isola di Sardegna; una spedizione sotto Bonaparte era stata inviata in Egitto; e l'Austria si era risoluta ad unirsi ad una seconda coalizione, della quale facevano parte la Russia, l'Inghilterra, Napoli e la Turchia. I Francesi furono respinti da Suvarow da quasi tutta l'Italia Superiore: e Roma e Napoli vennero liberate dal loro dominio ; ma il ritirarsi dell'Imperatore di Russia dall'al- leanza, e le grandi vittorie riportate a Marengo (14 triugno 1800) da Bona- parte, adesso Primo Console, e da Moreau a Hoheiilinden (2 dicembre 1800) disposero l'Austria a fare la pace.

Trattati conclusi durante la Rivoluzione francese LY

Seconda neutralità armata.

1800, Dicembre i5.

an. ffiOO.

Ili conseguenza delle convenzioni concluse dalla Russia colla Svezia é colla Danimarca e con la Prussia il 18 dicembre 1800, fu stabilita la seconda neutralità armata. L'affare della Freya, accaduto dopo la decisione di Sir William Scott relativo al caso della Maria (1) (decisione che non ammise il diritto di fare scortare i convogli di navi da una nave da guerra per farli esentare dalla visita, e condannò la nave), non poteva considerarsi che come un nuovo sforzo tendente a fondare colla violenza i prìncipi del diritto intemazionale.

La vertenza intomo alla visita dei convogli marittimi fu poi terminata con una convenzione sottoscritta a Copenhagen il 29 agosto 1800 fra la Gran Bretagna e la Danimarca, e riservando ad un posteriore esame la questione di diritto, fu convenuto che le navi danesi confiscate sarebbero state resti- tuite, e che ad evitare altri simili litigi in avvenire il Governo danese si sarebbe astenuto dal fare scortare i convogli di navi fino a tanto che la questione non fosse stata decisa con una definitiva convenzione (2).

Mentre pendeva tuttora la controversia circa la visita dei convogli di navi, l'Imperatore delle Russie, separandosi dall'Austria sua alleata, pro- pose ai Governi danese, svedese e pmssiano, di concludere un trattato per rinnovare i principi della neutralità armata del 1780. Furono cosi conclusi due trattati il 16 dicembre 1800, uno tra la Russia e la Svezia, l'altro tra la Russia e la Danimarca, e il 18 dello stesso mese un altro trattato fu concluso tra la Russia e la Pmssia, e siccome a base di tutti codesti trattati fu posto quanto la Russia avea proposto, cosi essi tutti presi nel loro insieme formarono una specie di quadruplice alleanza, e tra gli altri principi in virtù di tali trattati stabiliti si trova questo, che la dichiarazione del coman- dante della nave da guerra, che a bordo delle navi mercantili da essa scor- tate non vi fosse contrabbando di guerra, dovesse bastare ad impedire la visita delle navi scortate.

L'Inghilterra si rifiutò di riconoscere codesto principio, addurendo che era contrario agl'impegni assunti dalla Danimarca con la convenzione del

(1) RoBiNSON's, Rep., I,. 340-379.

(2) Wheaton, Histoire, part. lY, § 7-9. Martens,. Jicc, yil^ 17. e seg. .,

LVI Appendice L an. 1800.

29 agosto, n Governo russo sostenne i diritti della Danimarca, ma la con- troversia non fu poi decisa, perchè la guerra tra l'Inghilterra e le nazioni del Baltico fu sospesa in seguito all'armistizio con la Danimarca, ed essendo avvenuta la morte dell'Imperatore Paolo II, la lega per la neutralità da lui formata fu sciolta (1).

Trattato di Lunéville.

1801, Febbraio 9.

tn. 4R01.

n trattato di Lunéville fu concluso il 9 febbraio 1801 fra la Francia e l'Imperatore di Germania, il quale lo sottoscrìsse anche come rappresen- tante l'Impero, benché senza anteriore autorizzazione della Dieta. Questa però ratificò la pace subito dopo (2).

In questo trattato sono ripetute parecchie delle importanti stipulazioni del trattato di Campoformio. L'Imperatore cede i Paesi Bassi austriaci, il Frickthal e la contea di Falkenstein; la divisione dell'Italia del nord fu la stessa, eccettoché l'Adige, dal punto nel quale esso lascia il Tirolo sino al mare, fu indicato come limite occidentale del territorio austriaco; fu stabi- lito che il Duca di Modena dovesse avere la Brisgovia come prima; si parlò di nuovo d'indennità da concedersi dall'Impero ai principi, i territori dei quali erano stati ceduti alla Francia. Rispetto alla sponda sinistra del Reno, dal luogo dove esso lascia il territorio elvetico a quello ove esso entra nel suolo batavo, fu convenuto che dovesse essere francese. Fu pure convenuto che il Granduca di Toscana, fratello dell'Imperatore, avrebbe rinunziato al suo ducato ed all'isola dell'Elba da questo dipendente, in favore del Duca di Parma, e che sarebbe stato ricompensato con una indennità in Germania. Fu dichiarato che il trattato abbracciava quattro repubbliche, Batava, Cisal- pina, Elvetica e Ligure, l'indipendenza delle quali era garantita dalle parti contraenti. Alla repubblica Ligure, erano stati dati dei feudi dell'Impero dal trattato di Campoformio. A questi feudi l'Imperatore rinunziò col trat- tato per stesso e per l'Impero.

Le disposizioni riguardanti il ducato di Parma erano già state soggette di trattative fra la Francia ed il Re di Spagna, del quale il Duca era genero. Col trattato di S. Ildefonso del 1^ ottobre 1800, era stato convenuto che Parma e la Luigiana sarebbero slate cedute alla Francia, e col trattato di

(1) Confr. Wheatox cìt. e ScHOEUr^ voi. VI, p. 33 e seg.

(2) Maat£MS, vii, 296.

«0. 4801. Trattati conclusi durante la Rivoluzione francese LVII

Madrid (21 marzo 1801) (1) fu stipulato, come col trattato di Lunéville, che i Duchi di Parma e di Toscana avrebbero rinunziato ai loro ducati^ e che il primo avrebbe preso possesso della Toscana col titolo di Re (dopo thìamato Re d'Etniria), e che esso avrebbe ceduto alla Francia la parte dell'isola dell'Elba appartenente alla Toscana, ricevendo in compenso Piombino, allora sotto il dominio del Re di Napoli.

Trattato di Amiens,

1802, Marzo 27. ai. 1809.

La pace fra la Gran Bretagna da un lato, e le Repubbliche francese e batava, e la Spagna, dall'altro, fu conclusa definitivamente col trattato di Amiens sottoscritto il 27 marzo 1802. 1 preliminari di essa erano stati sot- toscritti a Londra il l"* ottobre 1801.

L'Inghilterra rinunziò alle sue conquiste fatte a danno delle tre Potenze, eccettuate la Trinità e Ceilan, le quali furono a lei rispettivamente cedute dalla Spagna e dalla Repubblica baiava; Malta fu restituita all'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme ; i territori del Portogallo e della Turchia furono conservati nella loro integrità come essi erano prima della guerra; i confini della Guiana francese e portoghese furono rettificati; fu ricono- sciuta la Repubblica delle sette Isole Ionie (tolte alla Francia dalle flotte russa e turca nel 1798 e nell'anno successivo); la Francia promise un ade- guato compenso alla Casa d' Grange per le perdite da lei fatte nei Paesi Bassi; le truppe di Francia dovevano essere ritirate da Roma e da Napoli. La pace d' Amiens non fu che una tregua. La guerra scoppiava di nuovo fra Francia ed Inghilterra, in poco meno d'un anno (2).

Ree è 8 0 rapporto della Commissione dell'Impero.

1803, Febbraio 25. UI.1808.

Il rapporto della Commìssi<me straordinaria dell'Impero (o Recès), fìi ratificato dalla Dieta il 24 marzo, e dall'Imperatore il 27 aprile (3).

Vari trattati, ultimo di tutti quello di Lunéville avevano stabilito che ai Prìncipi germanici spodestati dovevano essere date delie indennità, e che

(1) Martens, vii, 336.

(2) Martens, VH, 877, 404.

(3) Martens, VII, 435 e seg.

Lvm ' •- "Appendice I. »•*«<»•

per parecchi Principi stranieri i quali avevano perduto le loro terre si sarebbe dovuto provvedere con altri beni in Germania. Al Congresso di Rastadt tutto questo formò oggetto principale delle trattative, e Ai conve- nuto che i compensi si sarebbero ottenuti dalla proprietà ecclesiastica secolarizzandola ; ma il Congresso si sciolse senza nulla concludere. Onde risolvere quest'affare, la Dieta nominò (S ottobre i801) una deputazione o commissione d'otto membri, quattro dei quali Elettori e quattro no, i quali presero in esame il primo progetto d'indennità proposto dalla Francia e dalla Russia, agendo esse come Potenze mediatrici, e, dopo avere fatto molte modificazioni al progetto, presentarono il rapporto alla Dieta, la quale lo adottò.

A vero dire tutto questo non era nient' altro che una formalità, poiché l'intero piano era stato dettato da Napoleone, col quale la Russia agiva adesso di concerto ; e mentre che la Commissione teneva le sue sedute, le Potenze principali, o coloro i quali erano nelle buone grazie di lui, otten- nero col mezzo di particolari trattati, in molti casi, indennità maggiori di quelle che avevano diritto di domandare. L'attuazione di questi patti, non era altro che un cambiamento prodotto nella costituzione dell'Impero, ma esso perde di interesse e d'importanza a cagione dell'essere, ppco tempo dopo, caduto l'Impero germanico.

In forza di queste stipulazioni : i^ Tutto il territorio immediato della Chiesa veniva secolariziato, eccetto che una piccola parte di quello di Magonza, e questo non bastando, tutte le cinquantuna città imperiali meno sei ; cosi pure i villaggi i quali erano nelle stesse condizioni, perdevano la loro qualità di proprietà imme- diata della Chiesa, e passavano in possesso dei Principi i quali dovevano essere indennizzati. Gli Arcivescovi di Colonia e di Triers, conseguentemente perdettero coi propri territori la loro dignità elettorale. La sede di Magonza fu trasferita a Ratisbona, l'Arcivescovo della quale doveva essere sempre arcicancelliere, primate di Germania, uno degli elettori, e metropolitano delle antiche provincie di Magonza, di Colonia, di Triers e di Salisbni^o. Le sei città che rimanevano come Stati dell'Impero, erano Augusta, Norim- berga, Francoforte, Amburgo, Lubecca e Brema;

I Principi in questa guisa indennizzati furono moltissimi ma noi non possiamo dare il nome che di pochi. Cosi furono assegnati al Duca di Toscana (vedi trattato di Lune ville) l'arcivescovato di Salisburgo, Berchtes- gaden compreso in Salisburgo un territorio sotto la giurisdizione di un Principe insignito del grado di governatore parte del vescovato di Passaa,

•D.I808. Trattati concluui durante la Rivoluzione francese LIX

e la più gran parte di quello di Eichstadt. Al Duca di Modena (vedi trattato di Campoformio) la Brìsgovia e TOrtenau. Al Principe di Nassau-Dillem- burg, già governatore d'Olanda (vedi trattato d' Amiens), col mezzo delFin- tervento della Prussia, il vescovato di Corvey, Dortmund e varie abbazie. Air Austria, in cambio dell'Ortenau, trasferito al Duca di Modena, gli

arcivescovati di Trento e di Brixen. Al Re di Prussia in luogo della Gheldria

... ,

e di Clèves posti a ponente del Reno, i vescovati di Hildesheim, Paderbom*, e in parte Mùnster, con (parecchie città ed abbazie. Al Re d'Inghilterra, come Elettore d'Annover, in compenso dei diritti da esso posseduti sul territorio concesso a Nassau, ed alla Prussia il vescovato di Osnaburg. Air Elettore Palatino di Baviera in vece di Deux-Ponts, Juliers, ecc., i vesco- vati dì Bamberg, di Freisingen, d'Augsburg, ed in parte di Passau, le pro- prietà di fondazione ecclesiastica nella città d'Augsburg; varie abbazie, diciassette città ed altrettanti villaggi dell' impero. Al Duca di Wtìrtemberg, nominato governatore d'Ellwangen, nove città imperiali e selle abbazie. Al Margravio di Baden, il vescovato di Costanza, delle terre a levante del Renò, appartenenti ai vescovati di Basilea, di Strasburgo e di Spires, una parte del Palatinato del Reno con Eidelberga e Mannheim, dieci abbazie, sette città, ecc., venendo cosi esso a raddoppiare il suo territorio. Ad Assia- Darmstadt il ducato di Vestfalia con alcuni distretti di Magonza e del Pala- tinato. Ad Assia-Cassel una piccola parte del territorio di Magonza. Al Duca di Holsteìn-Oldenbui^ il vescovato di Lubecca (un territorio protestante) ed alcune terre nelFAnnover e nel Munster;

Molti nuovi voti furono creati nell'assemblea dei Principi. Fu con- ferita la dignità elettorale al Duca di Toscana, a Baden, a Wùrtemberg e ad Assia-Cassel (con diritto di riversione ad Assia-Darmstadt), mentre che gli Arcivescovi di Colonia e Triers perdevano la qualità di elettori a cagione dell'essere stati i loro territori secolarizzati.

Trattato tra la Repuhhlwa francese e gli Stati Uniti d'America*

4803, Aprile 30. an. 4803.

Un trattato fu sottoscritto a Parigi il 30 aprile i 803 fra la Repubblica francese e gli Stati Uniti d'America, riguardante la cessione della Luisiana. In virtù d'un trattato segreto firmato il 3 novembre 1762 a Fontainebleau e pubblicato per la prima volta nel 1836, la Francia cedeva alla Spagna la Luisiana e Nuova Orleans. In forza del trattato di S. Ildefonso {ì^ ottobre

LX Appendice L u. i803

1800), la Luisiana era retrocessa dalla Spagna alla Francia (1), come parie d'un equivalente del possesso della Toscana ottenuto dal Duca di Parma. Temendo adesso Napoleone che l'Inghilterra potesse impadronirsi della Luisiana, la trasferì agli Stati Uniti « in tutto e per tutto cogli stessi diritti che appartenevano alla Repubblica francese 2».

Il terzo articolo del trattato di S. Ildefonso l'aveva fatta passare sotto il dominio della Francia, a questa trasferendo gli stessi diritti, i quali a quel- l'epoca possedeva la Spagna, e che possedeva la Francia, quando tale ter- ritorio era nelle mani di essa, diritti i quali a seconda del trattato potevano farsi valere fondandosi anche sui trattati, che in seguito la Spagna avesse potuto stipulare con altri Stati <i a fine di fare riconoscere il Duca di Parma come Re d'Etruria x>. Cosi i limiti dei paese dato in proprietà agli Stati Uniti non sono in nessun modo indicati.

Nel trattato trovaci stabilito che gli abitanti dovessero essere ammessi, al più presto che fosse stato possibile, al godimento di tutti i diritti, van- taggi e privilegi inerenti alla qualità di cittadini degli Stati Uniti, venendo pure la loro proprietà e la loro religione nello stesso tempo rispettate. Gli Stati Uniti s'impegnavano d'eseguire i trattati fatti dalla Spagna cogli Indiani. Era inoltre stabilito che i bastimenti della Francia e della Spagna, ven^do da questi paesi 0 dalle loro colonie carichi dei prodotti nazionali e di quelli di queste, respettivamente, sarebbero stati i soli ammessi per dodici anni nei porti del territorio ceduto, dovendo essere escluse le navi di qualunque altra nazione.

In due convenzioni della stessa data fu poi stipulato che gli Stati Uniti avrebbero pagato alla Francia, in forza della prima, una somma di sessanta milioni di franchi (11 ,250,000 dollari, valutando il dollaro 5 franchi e Va)) ed in virtù della seconda una somma che non poteva eccedere 20,000,000 di franchi e la quale sarebbe stata destinata a coprire l'ammontare di un capitale, del quale vari cittadini degli Stati Uniti erano tuttora creditori della Francia, per provvisioni, per embarghi, e prede fatte in mare, e che sarebbe stato pagato solo a coloro che avessero fatto debita domanda di riconoscimento di credito dentro il termine menzionato nella convenzione del 30 settembre 1800, ecc.

Il trattato firmato è scritto in francese ed inglese, ma è dichiarato che l'originale è in francese. Esso fu ratificato a Washington il 21 ottobre 1803

De Garden (2) ci fa sapere che la Spagna, nel trattato di cessione alla

(1) Vedi Trattato di Madrid e la Pace di Lunéville, 1801.

(2) Vili, 50.

an. J803. Trattati conclusi durante la Rivoluzione francese LXI

Francia, si era riservato il diritto di preferenza o di scelta, qualora la Francia avesse voluto disfarsi del territorio. La Spagna però non pensò a far valere questo diritto, tanto è vero che essa acconsenti a questa aliena- zione fino dal principio del 1804(1).

Trattato di pace di Presbtirgo.

1805, Dicembre 26. an. 4805.

La pace fra TAustria e la Spag:na iìi conclusa col trattato sottoscritto a Presbui^o il 26 dicembre 1805 (2).

Nel 1802 (21 settembre) il Piemonte veniva unito alla Francia, tutta quella parte di esso almeno, la quale non era stata incorporata alla Repub- blica Cisalpina. Nel 1803 la guerra era di nuovo dichiarata dall'Inghilterra alla Francia, e per rappresaglia veniva occupato dalle truppe francesi l'elettorato di Annover sebbene fosse uno Stato germanico. Nel 1804 (21 marzo) il Duca d'Enghien era arrestato su territorio tedesco a Baden ed ucciso dopo un simulacro di sentenza.

L'indugio posto da Napoleone a dare un compenso al Re di Sardegna, e le avvenute criminose violazioni del territorio germanico, sopra menzio- nate, facilitarono una nuova coalizione fra l'Inghilterra, la Svezia e la Russia, alla quale l'Austria aderì nel 1805.

Frattanto Napoleone era divenuto Imperatore dei Francesi nel 1804, e Re d'Italia nel marzo 1805 essendoché la Repubblica Cisalpina avesse preso il titolo di Regno d'Italia Lucca era stata eretta a principato ere- ditario; la Repubblica Ligure era stata unita alla Francia; Parma, Piacenza e Guastalla erano state dichiarate territorio francese da un semplice decreto dell'Imperatore; e due delle creature di questi, il Duca di Wiirtemberg, ed il Duca di Baviera, avevano di propria iniziativa preso il tìtolo di Re.

La guerra coli' Inghilterra, la quale non terminò che alla pace d'Europa nel 1814, fece cessare i disastri cagionati dai tentativi che Napoleone faceva per ricuperare San Domingo, annichilò le flotte di Francia e di Spagna alla battaglia di Trafalgar, e dette agl'Inglesi il possesso di molte colonie fran- cesi. La guerra coli' Austria fu decisa dopo una breve campagna, dalla capi- tolazione d'Ulm e dalla battaglia d'Austerlitz.

(1) Martens, vii, conclusione. I trattati del 1762 e di S. Udefonso si tre» vano in Garden, u. s. L'ultimo al certo non ò in Maktìlns.

(2) Martens, VUI, 388.

LXn Appendice L u. 1805.

Col trattato di pace di Presburgo, che tenne subito dietro a questi avve- nimenti, fu stabilito come appresso:

1** L'Austria riconosceva l'ordinamento dato dalla Francia all'Italia, compresa l'unione di territorio di questa alla Francia come nel caso del Piemonte, di Genova (la Repubblica Ligure), di Parma e di Piacenza ed il nuovo governo organizzato in Lucca ed in Piombino;

2<> L'Austria rinunziò alla parte della Repubblica di Venezia, ceduta ad essa dai trattati di Campoformio e di Lunéville, la quale doveva essere unita al regno d'Italia. L'Imperatore di Francia era pure riconosciuto come Re d'Italia; ma siccome le corone di Francia e d'Italia potevano essere Qventualmente separate, l'Imperatore di Germania s'impegnò di riconoscere il.successore, il quale Napoleone avrebbe nominato Re d'Italia;

3" Gli Elettori di Baviera e di Wùinemberg, avendo preso il titolo di re senza abbandonare la Confederazione germanica, furono riconosciuti dall'Austria in tale qualità;

40 L'Austria cede e consegnò al Re di Baviera il Margraviato di Burgau, il principato d'Eichstadt, parte di Passau, il Tirolo, inclusi Brixen e Trento, Yorarlberg ed altro territorio. Al Re di Wùrtemberg furono cedute le cosi dette cinque città del Danubio, la contea superiore ed inferiore di Hohenberg ed altre terre. All'Elettore di Baden furono assegnati la Brisgovia e rOrtenau, la città di Costanza e la commenda di Meinau. Fu convenuto che questi tre potentati avrebbero goduti degli stessi diritti d'assoluta sovra- nità, i quali l'Imperatore ed il. Re di. Prussia godevano nei loro Stati;

5^ Salisburgo e Berchtesgaden, proprietà del Duca di Toscana in virtù della pace di Lunéville, e del rapporto della deputazione dell' Impero, furono tolte all'Arciduca Ferdinando e incorporate all'Impero austrìaco. Come equivalente esso dovea avere il principato di Wùrzbui^, il quale l'Imperatore dei Francesi s'impegnava d'ottenergli dal Re di Baviera, e la dignità elettorale annessa a Salisburgo doveva essere trasferita a questo nuovo territorio ;

Le Potenze contraenti disposero di due Stati germanici in una maniera molto sommaria. La città d' Augsburg fu data al Re di Baviera, e la carica di Grande Maestro dell' Ordine Teutonico, con i suoi privila e domini, fu trasferita ad un qualche (Principe della Casa d'Austria (che l'Imperatore dovea designare), con diritto di trasmetterla ai suoi discendenti maschi. Questa umiliante pace di Presburgo, la quale fece perdere all'Austria 23,000 mif»lia quadrate di lerritorio, e quasi 3,000,000 d'abitanti, fu il pre- ludio delia completa rovina dell'Impero Germanico.

Trattati concitisi durante la Rivoluzione francese LXIII

Confederazione del Reno.

1806, luglio 12. ID iR06.

Nel 1806, 12 luglio^ fu sotloscrilto a Parigi il trattato per la Confede- razione del Reno, la quale in principio fu rappresentata dai Re di Baviera e di Wùrtemberg, dai Granduchi di Baden e di Assia-Darmstadt, dal Prin- cipe prinìate di Germania (1), dal Duca di Berg, dai Principi di Nassau- Usingen, e Nassau-Weilburg e da molti altri Principi (2).

A tutti questi, in seguito, furono aggiunti l'Elettore di Wiirzburg fratello dell* Imperatore (3) TElettore di [Sassonia (il quale ebbe da Napoleone il permesso, nel dicembre 1806, di prendere il titolo di Re), i Duchi d'Oldemburg e Mecklenburg; cosi che la Germania si trovò divisa in tre parti: Germania austriaca, prussiana e francese.

La Confederazione del Reno fu fatta conoscere alla Dieta il 1** agosto 1806, e di questa i membri rinunziarono alla loro unione coli* Impero ger- manico — come la Lega aveva stabilito. Subito dopo di questo avveni- mento, r Imperatore pubblicava un atto col quale dichiarava abolito l'Impero, deponendo la corona e sciogliendo tutti dagli obblighi di sudditanza. Da questo momento egli non era che Imperatore d'Austria, titolo, il quale esso aveva assunto due anni prima.

La Lega renana doveva avere la sua propria Dieta a Francoforte ; desti- nata a formare un'alleanza colla Francia, offensiva e difensiva, per tutte le guerre continentali; a determinare i contingenti da fornirsi dai membri, ecc. Molte proprietà del vecchio Impero, comprese nel territorio della Confede- razione, furono mediatizzate o passate nel dominio di qualcuno dei suoi membri ; cosi Francoforte e Norimberga persero la loro indipendenza, e la classe dei cavalieri, i quali tenevano a feudo dei territori immediatamente dair Impero {Reicìisritter) fu abolita.

Trattato di pace di TUsit.

1807, Luglio 7. an. 1807.

La pace di Tilsit fu fatta il 7 luglio 1807 dalla Russia, e il 9 luglio seguente dalla Prussia, con Napoleone (4).

(1) Vedi Rapporto della Deputazione deliimpiio.

(2) Martens, Vili, 480 e seg.

(3) Vedi Pace di Presburg.

(4) Martens, VUI, 637, 661.

LXIV Appendice L an. 18C7.

Dopo la pace di Presburgo, Napoleone, divenuto sempre più ardito neir eseguire le sue aggressioni ed i suoi piani d'ingrandimento, dichiarava che i Borboni non dovevano più regnare in Napoli, e nominava suo fratello Giuseppe Re di tale Stato ; convertiva l'Olanda in un regno, e la dava all'altro fratello Luigi ; alle sue sorelle donava principati in Italia, e gittava i fondamenti sui quali si proponeva di erigere una nobiltà imperiale, tratta dai suoi generali e cortigiani, conferendo ad essa possessi appartenenti al territorio conquistato. Verso la Prussia ed il suo irresoluto Re agiva in modo subdolo ed insultante, impossessandosi d'Ansbach, prima che un trattato a ciò fare gli desse diritto ; esso persuase il Re a cedere Clèves e Wesel che venivano dati a Murat unitamente a Berg, proprietà ceduta dalla Baviera, e l'obbligò ad occupare Annover nella speranza di suscitare una collisione fra la Prussia e l'Inghilterra.

I consigli del partito patriottico tanto prevalsero che la guerra fu dichia- rata; ma l'avvilimento dell'aristocrazia, la debolezza del Re e gli antiquati ordinamenti militari fecero si che lo avere impugnato le armi non servisse ad altro che a gettare il paese nella più grande prostrazione. La campagna del 1806, in conseguenza delle battaglie di Jena e d'Awerstaedt, e di varie capitolazioni, rese Napoleone padrone della maggior parte della Prussia Germanica; esso entrò a Berlino, e emanò il suo decreto (che porta U nome di tale città) conforme al suo sistema continentale.

Neil' autunno del 1 806 le sue truppe penetrarono nella Polonia prussiana, dove agenti francesi avevano suscitato una rivoluzione, e nel 1807, i Russi, unica speranza della Prussia, furono disfatti a Friedland. L'intero regno era adesso invaso e conquistato, ed il Re domandava con istanza la pace. Assi- sterono in persona alle conferenze. Napoleone, lo Czar, e dopo la prima adunanza, il Re di Prussia ; ed il risultato si fu che Alessandro affascinato dal genio di Napoleone adottò le vedute di questo a riguardo dei suoi propri interessi, ed abbandonò in fatto il suo alleato, il quale fu cosi costretto ad accettare le più umilianti condizioni.

Colla pace di Tilsìt la Prussia rinunziò a tutto il suo territorio a ponente dell'Elba, l' Annover inclusa le quah provincie ottenute da Napoleone unitamente ad altre, dovevano costituire il regno di Vestfalia sotto Girolamo Bonaparte e rinunziò pure alle terre acquistate colla seconda è terza spartizione della Polonia, come pure alla parte meridionale della Prussia occidentale. Questi possessi polacchi eretti a ducati di Varsavia eccet- tuato il distretto intorno a Bialystock, il quale era dato in possesso alla Russia insieme al circondario di Kotbus nella Bassa Lusazia, furono

iB. 1807. Trattati concltLsi durante la Rivoluzione francese LXV

ceduti al Re di Sassonia^ il quale doveva essere fatto Granduca di Varsavia, ed il quale doveva avere il diritto di transito su d'una strada militare ? [traverso alla Prussia, fra la Sassonia e la Polonia.

Fu convenuto che Danzica, con due leghe di territorio intorno ad essa dovesse essere un distretto indipendente sotto la protezione della Prussia 0 della Sassonia, e che i suoi porti dovessero essere chiusi al commercio inglese durante la guerra marittima coli' Inghilterra. Alla Prussia fu resti- tuito il rimanente del suo antico territorio, e cosi ad essa non restava allora che la metà dei suoi 10,500,000 abitanti. Essa fu obbligata di riconoscere le nuove creazioni di Napoleone, cioè la Confederazione del Reno, ed i Re di Vestfalia, di Napoli e di Olanda (1).

In virtù di convenzioni fatte nel i808, la Prussia fu costretta a pagare centocinquanta milioni di franchi, per contribuzioni straordinarie ed arre- trati di entrate i quali dopo furono ridotti a centoventi milioni ed a lasciare nelle mani dei Francesi i forti di Glogau, di Stettin e di Custrin, fino a che non fosse stato effettuato il pagamento di detta somma, impe- gnandosi pure di approvvisionare le truppe, e di concedere l'uso delle strade militari fra questi forti fino all'epoca che essi non fossero sgombrati.

Il trattato colla Pussia contiene poche cose degne di essere notate e che non trovansi già incluse nel trattato colla Prussia, se si eccettua il con- senso dato da Napoleone al ristabilimento nei loro territori dei duchi di Sassonia-Coburgo, d'Oldemburgo e di Heclemburgo-Schwerin, con la clau- sola però che i porti dei due ultimi distretti dovessero essere occupati da guarnigioni francesi, fino a che durasse la guerra con T Inghilterra. La piccola signoria d'Jever nel Friedland orientale, la quale lo Czar aveva ereditata dalla sua ava Caterina II, fu pure ceduta al Re di Vestfalia.

Articoli segreti annessi a questi trattati contengono le stipulazioni, colle quali è stabilito : che le sette Isole Ionie sarebbero appartenute a Napo- leone ; che se accadesse che TAnnover formasse parte del regno di Vest- falia, sarebbe stato restituito alla Prussia un territorio posto sulla riva occidentale dell'Elba, contenente da tre a quattrocentomila abitanti; chela Prussia avrebbe falta causa comune colla Francia, nel caso che l'Inghil- terra, il 1* dicembre 1807, non avesse acconsentilo ad una pace in confor- mità dei veri principi del diritto marittimo (2).

Un trattato d'alleanza fra la Francia e la Russia, fatto nello stesso

(1) Martens, Nouv. rec.f 1, 102 ed oltre.

(2) De Garden, X, 234, non è in Martens.

42 Fiore, Dir. inferii, codif.

1

LXVI Appendice L 10.4807.

giorno del trattato di pace, contiene dei provvedimenti degni di essere notati :

!<» La Russia doveva fare causa comune colla Francia, se il no- vembre 1807 r Inghilterra non avesse concluso la pace fondata sulle basi di un'eguale e perfetta indipendenza di tutte le bandiere sul mare, e sol principio di restituire alla Francia ed ai suoi alleati le conquiste fatte fino dal ÌSOò\

^ Se l'Inghilterra, per il l** dicembre, non avesse dato una risposta soddisfacente intomo a questi punti, la Francia e la Russia dovevano ordi- nare alle corti di Copenhagen, di Stoccolma e Lisbona, di chiudere i loro porti agli Inglesi, e di dichiarare loro la guerra. Ma se l'Inghilterra avesse accettato le proposte degli alleati, sarebbe stato restituito T Annover invece delle colonie tolte alla Francia, ali* Olanda e alla Spagna.

L' Inghilterra, venuta a cognizione di questo articolo, bombardò Co- penhagen e prese la flotta danese, nel settembre dello stesso anno ;

3<> Date certe circostanze, le parti si sarebbero messe d'accordo onde sottrarre al giogo turco tutte le provincie dell'Impero ottomano in Europa, eccettuate la Rumelia e la città di Costantinopoli (1).

Si parla pure di articoli segreti e quasi fantastici, stipulati fra i due Imperatori, ed aggiunti ai sopra citati, dell'esistenza dei quali però non si hanno prove degne di fede. La Russia doveva impossessarsi della Tur- chia europea, ed aiutare colla sua flotta la Francia a prendere Gibilterra; i Borboni di Spagna e la Casa di Braganza del Portogallo dovevano far posto ad un Principe del sangue di Napoleone; il Papa doveva perdere il suo potere temporale, ed il suo regno venire unito al regno d'Italia; le città dell'Affrica, come Tunisi ed Algeri, dovevano essere occupate dai Francesi, e date, quando avvenisse la pace generale, come compenso alla Sardegna; la Francia avrebbe dovuto occupare Malta e l'Egitto; tutte la bandiere, eccettuate quelle della Francia, della Spagna, dell'Italia e della Russia sarebbero escluse dal Mediterraneo. Si parlò pure di attaccare la potenza inglese in India.

Trattalo di Fontainebleatu

1807, Ottobre 27.

tn. 1807.

TI trattato se.^elo di Fonlainebleau fu concluso il 27 ottobre 1807 fra la Francia e la Spagna con l'intendimento, da parte di Aapoieone, di unirsi

(1) De Garden, X, 234-237, non è in Màrtens.

)n. ìSffl. Trattati conclusi durante la Rivoluzionp francese tXVII

eolia Spagna per abbattere il Portogallo, ed ecco quello che fu tra le parti concordato.

n Portogallo doveva essere diviso in tre parti esattamente determinate : una doveva essere data al Re d'Etrurìa, invece della Toscana passata sotto il dominio di Napoleone come Re d'Italia: una conferita a Godoy, principe di pace col titolo di Principato di Algarve, ed una non doveva essere attri- buita che dopo la pace, ad un Principe che avesse riconosciuto il protetto- rato della Spagna.

Con altra convenzione fu fissato il numero, tanto delle truppe spagnuole che d'altra nazionalità che dovevano essere impiegate (1). Conseguente* mente, nello stesso autunno, il Portogallo fu occupato dal Maresciallo Jiinot, e le truppe francesi avanzandosi pure nel nord della Spagna, la trattano quasi come un paese conquistato. Si dice che un altro trattato segreto contemplasse la cessione alla Francia delle provinole poste al nord dell'Ebro, prendendo in cambio il Portogallo.

La Famiglia Reale di Spagna si allarma, e medita di fuggire in America. Scoppiano delle sommosse, Godoy è deposto, e dopo molti intrighi, il tle e suo figlio, i quali non erano punto d'accordo, si incontrano con Napo- leone in Baiona; il padre si risolve ad abdicare alla Corona, ed il figlio con gli altri due infanti firmano un atto di rinunzia. A Madrid una Giunta viene persuasa a domandare che Giuseppe Bonaparte sia fatto Re. Esso è nominato, e Murat occupa il posto di lui, come Re di Napoli.

Il coraggio spagnuolo si ridesta contro i Francesi. Ne segue una lunga guerra, la quale strappa ai Francesi il Portogallo, e ricupera la Spagna, in virtù dell'abilità di Wellington, delle risorse dell'Inghilterra e dell'osti* nazione del carattere spagnuolo. Troppo ardua impresa per Napoleone si era quella di dover mantenere un grande esercito nella penisola, e al tempo stesso di essere obbligato a far fronte ai suoi nemici ad oriente, cosicché, all'essersi esso posto in queste condizioni, ed alla spedizione di Russia dev'essere attribuita la caduta di lui.

Trattato di Erfurth.

1808, Ottobre 12. aa. 1808.

Napoleone, per compiere i suoi progetti nella Spagna e mantenere la sua posizione nel resto dell'Europa, fu costretto ad allearsi con la Russia,

(l; AIarte.\s, Ree. VIE, 701.

LXYIII Appendice L in. 1808.

e sottoscrìsse un trattato segreto ad Erfurth, il 12 ottobre 1808, tutto a vantaggio di Alessandro I.

Con tale trattato i due Sovrani rinnovarono l'alleanza sottoscritta a Tilsit, e si impegnarono a procedere d'accordo nei n^oziati contro il nemico. Rispetto all'Inghilterra fu tra di essi convenuto che sarebbe stato proposto Yuti poMidetiSy esigendo da essa di riconoscere a vantaggio della Russia il possesso della Finlandia, della Moldavia e della Valachia, e per la Francia lo stato di cose da essa stabilito in Ispagna. Fu inoltre conve- nuto che, se la cessione della Moldavia e della Yalachia alla Russia fosse per far nascere una guerra fra essa e la Porta, Napoleone avrebbe adope- rato i suoi buoni uffici in favore della Russia, ed il suo concorso efiettivo contro la Turchia, se un altro Stato avesse preso il partito questa. Se l'Austria avesse dichiarata la guerra alla Francia la Russia si impanava a sostenere Napoleone contro l'Austria.

Trattato di Vienna o di Schònbrunn. 1809, Novembre 14.

•B. 1809.

Il trattato di Vienna fra l'Austria e la Francia fu sottoscrìtto da Napo- leone il 14 ottobre a Schònbrunn, e dal nome di questa località, designato qualche volta col titolo di trattato di pace di Schdnbrunn (1).

I disastri subiti dalla Prussia, neirullima guerra contro Napoleone, avevano ridestato il sentimento della propria dignità nel popolo, e fatto si che fosse provveduto ad ottenere migliori ordinamenti militari, e che uomini intemerati salissero al potere ; avevano pure dato origine a molte associazioni patriottiche (Tugendbunde). Lo stesso sentimento della dignità germanica si ridestò per tutta l'Austria, e per tutti Ji paesi della Lega renana. L'aristocrazia allemanna, la quale occupava le cariche di Stato, punta dairalterigia dell'esito della guerra di Spagna, e nel convincimento che si avrebbe potuto persuadere il popolo ad insorgere contro l'oppres- sore, tanto si adoprò che a furia di intrighi riusci a far scoppiare la quarta guerra dell'Austria contro la Francia rìvoluzionarìa, quantunque 0 popolo germanico non fosse ad essa ancora preparato. In questa guerra la Prussia fu obbligata a rìmanere neutrale; cosi che l'Austria non ebbe nessun aiuto, essendoché la spedizione mandata dall'Inghilterra a Walch^ren arri-

(i) Martfns, Noìiv. Ih'c.y I, -210.

ta. 1809. Trattati conclusi durante la Bivoluzione francese LXIX

Tasse troppo tardi e non riuscisse nei suoi intenti. In una breve campagna gli Austriaci, quantunque di poco inferiori in numero ai Francesi, ad Aspem e a Wagram si scoraggirono, e l'armistizio di Znaym servi di pre- liminare alla pace di Vienna e di Schóubrunn, la quale, considerando la posizione in cui Napoleone si trovava, sarebbe stato da desiderarsi per lui, che fosse stata una pace definitiva, lo che non poteva essere, a cagione delle troppo dure condizioni che erano state dettate all'Austria.

Ecco i principali accordi stabiliti col trattato con cui fu conclusa la pace, nella quale fu dichiarato che era compresa la Confederazione del Reno, ed inclusi gli altri vassalli di Napoleone:

ì^ L'Austria metteva a disposizione di Napoleone, ed a vantaggio della Confederazione del Reno, Salisburgo, Berchtesgaden e parte dell'Au- stria superiore, consistente dello Inn-Viertel e dello Hausruck-Viertel. Questo territorio veniva dato alla Baviera ;

ifi A Napoleone come Re d'Italia erano ceduti la contea di GOrz (Gorizia) ed il principato di Falkenburg (Mootefalcone), formanti il Friuli austriaco, la città e giurisdizione di Trieste, la Camiola, il distretto di Villach nella Carinzia ed il paese posto a destra della Sava, dal punto nel quale essa lascia la Carniola alla frontiera della Bosnia, o metà della Croazia, il littorale ungarico, Fiume, l'Istria austriaca, ecc. Questi luoghi divennero le provincie illiriche con un governo francese separato. Con questa cessione l'Austria era tagliata fuori dal mare, ma le veniva concesso di servirsi del porto di Fiume, eccetto che per il commercio ed i prodotti dell'Inghilterra;

Al Re di Sassonia venivano ceduti alcuni villaggi boemi compresi nella Sassonia, ed allo stesso Re, come Duca di Varsavia, la Galizia occi- dentale & Nuova Galizia, come pure un distretto intomo a Cracovia, ed un circondario nella Galizia orientale. Wieliczka e le cave del sale dovevano essere in comune all'Austria ed al Ducato polacco|;

40 Alla Russia veniva ceduto un territorio nella parte la più orientale della vecchia Galizia; il quale contenesse 400,000 abitanti e non compren- desse la città di Brody ;

5^ L'Ordine teutonico essendo stato soppresso nei paesi della Confe- derazione del Reno, l'Imperatore d'Austria rinunziava da parte dell'Arci- duca Antonio, il quale era il Grande Maestro di quest'Ordine, a questa carica conferitagli dalla pace di Presburgo, ed acconsentiva che fosse dis- posto della proprietà esistente al di dei confini che erano stati fatti all'Austria. Agli impiegati dell'ordine venivano promesse delle pensioni*

LXX Appendice L tn. 1809

In articoli separati e segreti (1) l'Imperatore d'Austria si asso^ettava ad una contribuzione militare di ottantacinque milioni di franchi, e conveniva di ridurre il suo esercito a 150,000 uomini, comprendendo in questo numero tutte le armi, e questo per tutta la durata della guerra marittima della Francia contro l'Inghilterra.

Questa pace fece perdere all'Austria più di 43,000 miglia quadrate di territorio con 4,500,000 di abitanti. I Tirolesi, i quali continuavano a fare una resistenza eroica contro la Francia e la Baviera, furono abbandonati al loro destino.

Trattato di Pace di Bukarest.

1812, Maggio 20.

tn. Ì812.

La guerra fra la Russia e la Turchia fu terminata col trattato di pace stipulato a Bukarest il 90 maggio 1812. Con tale trattato fu stabilito che il confine doveva seguire il cprso del Pruth, dal punto che esso lascia la Moldavia a qneUo nel quale esso sbocca nel Danubio, ed il Danubio fino al mare. In questo modo la Bessarabia, con le città d'Ismail e Eilia, ed una parte della Moldavia, con le fortezze di Choezim e Bender, divenivano russe. Altre conquiste furono restituite. Alla Serbia, la quale si era rivol- tata, doveva essere concessa l'amnistia, e rimanere sotto la Turchia, ma con amministrazione interna propria (2). La navigazione del Danubio doveva essere libera per ambedue le nazioni, e gli stretti di Costantinopoli dovevano rimanere aperti ai bastimenti di commercio russi, come pure a quelli delle altre Potenze amiche della Porta, e che non avevano ancora ottenuto questo privilegio.

(1) De Garden, XII, 136.

(2) Martens, Nouv, Ree, III, 397.

LXXi

TRATTATI

CONCLUSI PER LA CADUTA DI NAPOLEONE

1812-1814.

La pace di SchOnbrunn aveva umiliato l'ultimo nemico di Napoleone capace di opporgli per terra una valida resistenza, e l'Imperatore d'Au- stria, col dare subito dopo il consenso al matrimonio di sua figlia con l'Im- peratore francese, aveva mostrato quanto debole esso si fosse, e nello stesso tempo aveva fatto credere di essersi aggiogato alla politica del con- quistatore. Prima ancora della quarta guerra coli' Austria , Napoleone aveva attuato la politica d'unire parti d'Europa al suo Impero, invece di esercitare su di esse la sua influenza, come aveva fatto in principio, col mezzo dei suoi vassalli.

Un decreto, datato il 17 maggio 1809, dal suo campo a Vienna, incor- porava ai suoi domini gli Slati papali. Nello stesso modo agiva per rap- porto ad altre porzioni d'Italia. 11 distretto svizzero del Vallese veniva assorbito nell'autunno del 1810. Nel marzo dello stesso anno (1) esso costringeva suo fratello Luigi a cedere alla Francia tutta la parte del regno d'Olanda, posta alla sinistra del Waal, o Brabante olandese, Zeeland e parte della Gueldria. Subito dopo l'abdicazione e la fuga di Luigi (9 luglio 1810) l'intiera Olanda diveniva territorio francese (2). Un decreto del Senato di Francia assoggettava allo stesso destino tutta la parte nord della Germania, sino al mare presso Lubecca, comprendendovi Oldenburgo le città anseatiche, Verden, porzioni dell' Annover e della Vestfalia, Lauen- burgo, ecc. (3),

Contro questo modo di farla da padrone di fronte a ciò che concerneva il Duca d'Oldenburgy l'Imperatore Alessandro, di questi prossimo parente^

(1) Martens, Nouv. Rec.j I, 327.

(2) Martens, u. s., 338.

(3) Martens, u. s., 346.

Lxxn Appendice L aa. 1812 14.

protestò, tanto più che già si era sentito offeso in occasione dell'ingrandi- mento del Ducato di Varsavia fatto dalla pace di SchOnbninn. Conseguente- mente esso attuò una politica commerciale ostile alle vedute di Napoleone, lo che fu cagione che nel 1812, ambedue le fparti si preparassero alla guerra. Le sole Potenze, le quali la Russia poteva sperare che agissero di concerto con lei, erano l'Inghilterra e la Svezia. Fra l'Inghilterra e la Russia nessuna difficoltà esisteva a che fra loro venisse fatta un'alleanza. Ma la Svezia rifuggiva dall' esporsi al risentimento di Napoleone. Alla fine avendo i Francesi occupato la Pomerania svedese, la Svezia si decise ad allearsi collo Czar (il 12 marzo 1812), convenendo, nel caso di guerra, di far occupare la Germania del Nord da 30^000 nomini, e ricevendo la pro- messa di Alessandro che esso l'avrefidè aiutata ad acquistare la Norvegia.

L'Inghilterra e la Svezia si allearono in virtù della pace di Oerebro, il 13 luglio 1812 (l);~ed il 13 marzo 1813, l'Inghilterra assunse lo stesso impegno che la Russia aveva assunto e che riguardava la Norvegia, pro- mettendo inoltre un sussidio di un milione lire sterline alla Svezia, cedendole l'isola di Guadalupa tolta ai Francesi (2).

Fu di somma importanza che durante la guerra, che era per seguire la Svezia facesse si che l'esercito russo, il quale era in Finlandia, e che doveva cooperare alla conquista della Norvegia, potesse essere impiegato in Polonia, e che la pace Bukarest avesse lasciato un altro esercito lìbero per agire contro l'invasore francese.

Napoleone alla sua volta faceva nuovi trattati d'alleanza colla Prussia e con l'Austria (3). In articoli palesi e segreti del trattato prussiano era convenuto che la Prussia avrebbe fatto causa comuno colla Francia, senza essere obbligata a fornire truppe per guerre in Italia, in Turchia, 0 al di dei Pirenei; che le truppe le quali essa avrebbe dovuto mettere in cam- pagna nel caso di guerra colla Russia dovessero ascendere a 20,000 uomini, oltre quelle destinate per le guarnigioni ; che queste truppe avrebbero for- mato un solo corpo d'armata, per quanto fosse possibile, ed avrebbero servito di preferenza per la difesa delle provincie prussiane, ma che dovrebbero essere, quando dovessero essere diversamente impiegate, sotto la direzione francese; che qualunque parte della Prussia inclusa dentro la linee delle operazioni militari, sarebbe aperta ai Francesi ed ai loro alleati,

(1) Martens, Nouv, Ree, I, 431.

(2) Martens, u. s., 558.

(3) 24 febbraio, 44 marzo 1812; Martexs, u. s., 417-431.

aa. f 81 2-44. Trattati conclusi per la caduta di Napoleone LXXIU

eccettuata la Slesia superiore e la città di Potsdam, e che la Prussia avrebbe provveduto al vettovagliamento e alle munizioni da guerra del- l'esercito francese, e che le spese nelle quali essa sarebbe incorsa, dovreb- bero andare in sconto delle contribuzioni da lei ancora dovute alla Francia a forma della pace di Tilsit.

Un aumento di territorio fu promesso alla Prussia, come indennità, per le spese alle quali doveva andare incontro durante la guerra, quando questa però avesse avuto un esito felice. Le guarnigioni francesi dovevano continuare ad occupare le fortezze di Glogau, Cùstrìn e Stettin, ed ai patriotti principali doveva essere ingiunto di lasciare il servizio del Re, e non avere più con questi rapporti.

L'Austria stipulò di fornire, come proprio contingente, 30,000 soldati e 60 pezzi di cannone, formanti quattro divisioni, sotto un comandante austriaco, dipendente immediatamente dal suo proprio sovrano. L'inte- grità della Turchia fu garantita. Fu pure convenuto che nel caso che venisse ristabilito il regno di Polonia, l'Austria dovesse ritenere la Galizia, 0 qualora questa fosse unita alla monarchia polacca, dovesse avere in sua vece le provincie illiriche, ed essere compensata per le spese della guerra ottenendo qualche nuovo territorio.

Assicurato cosi alle spalle, e reso più forte dalle truppe dei suoi alleati, Napoleone passò il Niemen il 24 giugno 1812; la stagione essendo troppo avanzata per poter riuscire, e ritornò nello stesso autunno come un fug- giasco, essendo il suo numeroso esercito stato quasi distrutto dalla guerra, dalla fame e dal freddo. Lo sdegno del popolo germanico, e specialmente dell'umiliata Prussia si ridestò contro il tiranno. Il primo impulso fu dato dal comandante del contingente prussiano. Generale York, il quale, il 30 dicembre 1812, senza mandato del suo Sovrano, nella capitolazione col Generale russo Diebitsch, convenne di rimanere neutrale, col suo esercito accantonato in un distretto della Prussia orientale, e qualora il Re non sanzionasse la convenzione di osservare la neutralità almeno per due mesi (1).

Il Re si allarmò, ma fu spinto innanzi dall'ardire del popolo. Un trat- tato, fatto non molto tempo dopo di questo, fra la Russia e la Prussia, il quale non ha veduto la luce, si dice che stabilisse che la Prussia ricupere- rebbe il territorio, il quale essa possedeva prima del 1806, eccettuato TAnnover, e che fornirebbe 80,000 uomini per la guerra, la Russia alla

(1) Martens, Nouv. ReCj I, 556.

LXXIV Appendice L an. i8i3-i4«

sua volta fornendone 150,000. Si ricercava pure l'aiuto dell'Austria, domandandone Talleanza, e quello dell'Inghilterra chiedendo ad essa sus- sidi in favore della Prussia.

Il 19 marzo 1813 (1) fu fatta una convenzione fra la Russia e la Prussia, nella quale si stabiliva di pubblicare un proclama, il quale invi- tasse i Principi ed il popolo della Germania ad unirsi onde liberare il loro paese, ed a chiunque dei Principi germanici, che non rispondesse a questo appello dentro un dato tempo, si comminasse la pena della p^ita del proprio territorio.

Venne pure oi^nizzato un Consiglio d'amministrazione, e ad esso concessi pieni poteri, a fine di sostenere con energia la guerra, ed in par- ticolare di occupare e tenere a freno quelle parti della Germania del Nord tuttora sotto l'influenza francese.

Il 27 di marzo fu dichiarata la guerra alla Francia, formando i Prus- siani in massa un esercito di volontari. 11 Duca di Mecklenburg, il Duca di Anhalt-Dessau, la città d'Amburgo seguirono tosto l'esempio della Prussia. Durante l'estate del 1813 furono fatti molti trattati relativi alla guerra, i principali del quali furono :

ì^ Convenzioni a Reichenbach, fatte alla metà di giugno, fira la Gran Bretagna da un lato, e la Russia e la Prussia dall'altro. Le parti si impegnarono a proseguire la guerra con energia, dando la prima di esse sussidi, e le altre mettendo in campagna 160,000 e 80,000 uomini respet- tivamente. La Prussia promise di aiutare la Casa di Brunswick a ricu- perare il suo territorio, e la Russia si impegnò a mettere a disposizione dell'Inghilterra la propria armata (2);

S"" Il 5 giugno fu fatto un armistizio fra i belligeranti (l' Austria agendo come mediatrice) il quale doveva continuare fino al 10 d'a^sto ; frattanto un Congresso di pace sedeva a Praga, senza concludere, come si aspettava, nulla (3);

3<> Alla fine l'Austria abbandonò Napoleone decisivamente, ed entrò a far parte dell'alleanza delle tre grandi Potenze, in vn*tù di trattati sotto- scrìtti a Toplitz, il 9 settembre, convenendo di fornire un contingente di 60,000 uomini, e di non fare la pace che in comune con gli alleali (4);

(1) Martens, Nouv. Rec.f I, 564.

(2) Martens, u. s., 568.

(3) Martens, u. s., 582.

(4) Martens, u. s., 590.

an. 161&-i4w Trattati conclusi per la caduta di Napoleone LXXV

4<> Si unirono agli alleati , la Baviera, in forza di un trattato coli' Au- stria, datato rs ottobre, e nel corso dell'autunno (ma non prima che la battaglia di Lipsia avesse deciso della campagna contro Napoleone) gli altri membri della Confederazione renana, cosi che questa creazione dell'Impe- ratore francese fu sciolta;

5* Nell'inverno, l'H gennaio 1814, Myrat, Re di Napoli, a fine di conservare il suo regno, separò, in virtù di un trattato coli' Austria, la sua causa da quella di Napoleone (1);

G*" I trattati di Kiel fatti dalla Danimarca colla Svezia e con la Gran Bretagna, il 14 gennaio 1814, ed un trattato eolla Russia sotto- scritto ad Annover, r8 febbraio 1814, separarono da Napoleone il suo ultimo e stimabilissimo alleato. La Danimarca si impegnò a mettere in armi per la guerra e sotto la direzione di Bernadette, Principe Reale di Svezia, 10,000 uomini ; rinunziò al possesso della Norvegia in favore della Svezia, la quale in contraccambio cedette alla Danimarca la Pomerania e risola di Rùgen ; e le promise i suoi buoni uffici , onde farle ottenere delle altre indennità nell'avvenire. L'Inghilterra si impegnò ad agire nello stesso senso, e restituì alla Danimarca tutto il territorio toltole in guerra, eccettuata l'Isola di Heligoland (2).

La Danimarca cede dopo alla Prussia con un trattato firmato a Vienna, il 4 giugno 1815, la Pomerania svedese e Rùgen, ricevendo in contrac- cambio il ducato di Lauenburg, eccettuato Vamty o giurisdizione del Podestà di Neuhaus, due milioni di talleri, ed una considerevole somma di danaro dovuta dalla Svezia (3).

Appena che gli eserciti alleati arrivarono al Reno ed entrarono in Francia, furono fatte varie convenzioni tendenti a dar pace all'Europa, ed a riordinarne le condizioni politiche. Le più importanti furono :

io II Congresso di Ghàtillon, dal di 5 febbraio al 19 marzo 1814, nel quale Napoleone, sperando sempre di prendere il di sopra colla guerra, fece patti tanto onerosi, che a nulla approdarono (4) ;

Mentre che questo Congresso sedeva, un nuovo trattato fu fatto fra le quattro Potenze, a Chaumont, il 1* marzo del 1814. L'Inghilterra doveva fornire alle altre Potenze un sussidio di cinque milioni di lire ster-

(1) Martens, iVoMv. Ree, I, 660.

(2) Martens, u. s., I, 766-683.

(3) Martens, u. s., II, 349.

(4) Confr. Martens, u. s., I, 688.

i'XXVI Appendice /. n. 4812^4.

line per Tanno Ì8N, e ciascona delle parti doveva tenere in campagna un esercito di 1 50,000 nomini , aintarsi scambievolmente in caso d' al-

*

tacco, ecc. (1). Si dice che artìcoli segreti gettassero i fondamenti dell'or- dinamento d'Enropa, tale qnale ih dopo adottato;

Capitolazione di Parigi il 31 marzo Ì8i4;

4'' Abdicazione di Napoleone in virtù di nn trattato fatto da esso con l'Austria, Russia e Prussia, Vìi aprile, al quale l'Ing^ulterra accedette» per rapporto ai punti principali, il 27 aprile. Napoleone rinunziava a qua- lunque diritto di sovranità in Francia ed in qualunque altro paese, tanto per stesso, come per i suoi discendenti e per la sua famiglia. I suoi domini in Francia dovevano andare alla Corona. Esso e l'Imperatrice potevano conservare i loro titoli vita naturale durante, ed i prossimi parenti di lui avrebbero avuto diritto di portare il titolo di Principe della sua fami- glia. Gli venne data l'Isola d'Elba, come suo principato, con una rendita annua di due milioni di franchi, a carico della Francia, la metà dei quali riversibili all'Imperatrice; [ed i ducati di Parma, Piacenza eGuastalla, furono assegnati all'Imperatrice Maria Luisa. Al loro figlio fu concesso di derivare il suo titolo da questi Ducati. Due milioni e mezzo di firanchi, furono accordati come rendita annua, ai membri della sua famiglia ; fii pure provveduto a Giuseppina e ad Eugenio Beauhamais. Napoleone poteva avere a sua disposizione una corvetta armata ed una guardia di 400 uomini. Le Potenze alleate assicurano che la Francia avrebbe accet- tato e garentito questo trattato (2).

Trattato di pace di Parigi.

1814, Maggio 30.

n. 1914.

Le guerre combattute dalle Potenze coalizzate contro Napoleone dettero luogo a vart particolari trattati, ma la pace definitiva non fìi conclusa che col trattato di Parigi, sottoscritto dalla Francia e dall'Austria il 30 maggio 1814 e nello stesso giorno e luogo lo stesso trattato di pace definitiva fu concluso tra la Francia e la Russia, tra la Francia e la Gran Bretagna, e tra la Francia e la Prussia.

Le principali condizioni tra le mentovate parti concordate furono le seguenti, che cioè i confini della Francia sarebDero stati quelli che essa

(1) Martens, Nottv. Bec.^ I, 683.

(2) MartenSi u. s., 696.

an. 1814. Trattati conclusi pev la caduta di Napoleone LXXVn

aveva nel 1792. Fu soltanto ammessa qualche modificazione della fron- tiera dalla parte dei dipartimenti del Nord, di Sambre-et-Meuse, della Sarre e del Reno e fu concesso alla Francia di conservare Mulhouse^ Avi- gnon, Montbéliardy e la sottoprefettura di Chambéry, e una parte delle sue antiche colonie.

La Francia rinunziò a qualunque sovranità su di qualsiasi territorio in Europa, situato al di di questi limiti. Monaco rimase quello che era prima del 4792.

La Gran Bretagna ritenne per Malta, Tabago, Santa Lucia, risola di Francia con le sue dipendenze, e la parte di S. Domingo che la Spagna avea ceduto alla Francia col trattato di Basilea del 1795 e che essa si impe- gnava alla sua volta di retrocedere a Sua Maestà Cattolica.

Per rapporto a tutti gli altri luoghi tolti in guerra alla Francia, ed ai diritti di pesca, ecc., fu stabilito che tutto dovesse essere messo nelle stesse condizioni del 1792.

La Svezia restituì alla Francia la Guadalupa, ed il Portogallo le restituì la Guiana francese, come essa era nell'epoca sopra menzionata.

Rispetto alla libera navigazione del Reno fu stabilito che sarebbe stata regolata dal futuro Congresso.

Tutte le Potenze alleate nella guerra contro Napoleone presero l'im- pegno di inviare a Vienna i loro plenipotenziari onde stabilire tutti gli accordi, che dovevano completare quelli già presi col trattato di Parigi.

Con un articolo separato e segreto di questo trattato (1), le Potenze alleate stabilirono di decidere solamente fra loro come disporre dei terri- tori rinunziati dalla Francia nel trattato palese, e come creare rapporti, i quali avessero per scopo di fondare in Europa un sistema di un giusto è stabile equilibrio. Cosi la Francia non avrebbe dovuto avere nessuna inge- renza per rapporto alle proposte che dovevano servire di base alle trat- tative, delle quali era per occuparsi il Congresso di Vienna. Ma in fatto però avvenne che lo scaltro ardire che Talleyrand mostrò al Congresso, ed i dissensi sòrti in seno degli alleati valsero ad assicurare alla Francia una {grandissima influenza.

(1) li quale si trova nel Murbaro, Nouv. SuppLy I, 329.

tXXYU Appendice L

Atto finale del Congresso di Vienna, 1815, Giugno 9.

L'atto finale del Congresso di Vienna è uno dei più importanti docu- menti, sotto il punto di vista internazionale, dei tempi moderni.

Col trattato di pace del 1814, del quale abbiamo parlato, era stato stabilito che un Congresso avrebbe dovuto adunarsi nello spazio di due mesi, onde dare un finale assetto agli ordinamenti, ai quali in detto trat- tato di pace si era posto mano ; tale Congresso però non fu aperto che il !• novembre 1814, e terminò le sue sessioni 141 giugno 1815. Otto Po- tenze presero parte ad esso: la Gran Bretagna, la Russia, TÀustrìa, la Prussia, la Francia, la Spagna, il Portogallo e la Svezia; ma il rappresen- tante spagnuolo rifiutò d'apporre la sua firma, a cagione delle misure che erano state prese e che concernevano i tre Ducati italiani, di Parma, Pia- cenza e Guastalla, come pure per altre cause che ferivano l'orgoglio spagnuolo.

Il Congresso si trovò per qualche tempo imbarazzato a cagione della Russia, la quale sosteneva di avere il diritto di appropriarsi l'intero gran- ducato di Varsavia, e della Prussia, la quale voleva annettersi la Sassonia. Ciò che si doveva fare del Belgio, era pure un problema di difficile solu- zione. Nel marzo giunse al Congresso l'allarmante notizia che Napoleone aveva lasciato l'Elba, che era sbarcato in Francia, che aveva ricuperato il trono, senza colpo ferire. Esso fu messo fuori della legge in tutta l'Eu- ropa, ed un nuovo patto fu stipulato a Vienna dalle quattro grandi Potenze, il 25 di marzo, onde tenere in vigore il trattato di Parigi. La disfatta subita nel giugno alla battaglia di Waterloo fece si che il tentativo fatto dall'uomo fatale-, a fine di ricuperare il suo perduto potere, non riuscisse.

Il Congresso di Vienna non fu altro che un'adunanza di dittatori, i quali si proponevano di dare assetto agli affari d'Europa a seconda delle loro vedute arbitrarie, e che in sostanza esigevano che le Potenze di secondo ordine si sottomettessero ai loro decreti, senza partecipare alle loro deliberazioni. Per dare compimento alle disposizioni prese coli' Atto finale una quantità di trattati speciali furono fatti, ed alcuni di essi vennero annessi e dichiarati formare parte dell'Atto stesso (1).

(1) Per ciò che concerne TAtto finale, vedi Martens, N. Rec^ II, 379; Màrtens e CussY, III, 61. WiiEATON, Intern. Lato Appendix. Klùber, Acten des Wictmer congress; e confi*. Flassan, Histoire du Congrès de Vienne^ 3 volumest Paris 1829.

tn. 1815. •4//(> (luoic del Congresso di Vienna LXXIX

I punti principali di questo Atto sono i seguenti : i. Il Granducato di Varsavia fu unito all' Impero russo come regno di Polonia, con un* amministrazione separata, ad eccezione però del terri- torio restituito alla Prussia, sotto il nome di Granducato di Posen; dei distretti della Galizia orientale tolti all'Austria dal trattato di Schònbrunn, ed allora restituiti ; di Cracovia e d'un territorio intomo ad essa, che furono costituiti in repubblica neutrale e libera, i privilegi della quale furono determinati da un trattato atinesso all'Atto finale. Fu poi stipulato che i Polacchi sudditi rispettivamente della Russia, dell'Austria e della Prussia, avrebbero avuto una rappresentanza e istituzioni di carattere nazionale, e rette da quella forma politica di governo, la quale ciascuna delle Potenze, alle quali essi furono attribuiti, avrebbe creduto conveniente ed utile di conceder loro.

2. La Prussia, avendo in*questo modo perduto una considerevole parte delle sue spoglie polacche, desiderava ardentemente di appropriarsi l'intera Sassonia, il Re della quale, come vassallo di Napoleone, non si voleva prendere in considerazione nel nuovo assetto dato alla Germania; ma l'Austria, gelosa, impedi che questo accadesse, dimodoché solamente una parte della Sassonia, sette tredicesimi del territorio e due quinti della popolazione divennero prussiani. Alla Prussia fu pure in generale restituito il suo antico territorio che possedeva prima della pace di Tilsit. I nuovi acquisti che essa fece sul lato orientale del Reno, oltre la parte della Sassonia, della quale abbiamo parlato, furono una por- zione di Fulda e di Hanau, la città di Wetzlar con il suo territorio , il ducato di Bei^, con terre una volta appartenenti al vescovato di Colonia, ed ultimamente incorporate a questo ducato, il ducato di Westfalia tale quale era sotto il Granduca di Assia, la contea di Dortmund, Corvey, territori mediatizzati di molti Principi, ed i possessi della Cas^ di Nassau* Dietz, ceduti dal Re dei Paesi Bassi, e altri equivalenti ricevuti in cambio dei possedimenti appartenenti ad altri membri della Casa di Nassau. Sulla riva occidentale del Reno la Prussia acquistò un territorio, il quale anticamente formava per la maggior parte il ducato di Juliers ; ottenne pure parte di Clòves, della Gheldria, e dei due arcivescovati di Colonia e di Treves.

3. 11 Re della Gran Bretagna, come Re dell'Annover, riceveva dalla Prussia, Hildesheim, Goslar, il Friesland orientale, la bassa contea di Lingen e parte del Mùnster prussiano; e cedeva alla Prussia le parti del ducato di Lauenburg posto a levante dell'Elba, ed altri piccoli distretti.

LXXX Appendice L in. 1815.

Laueiiburg fu subito trasferito alla Danimarca (i). Senza alcuna restrizione doveva essere permesso ai mercanti prussiani il commercio sulFEms e ad Embden che diveniva un porto annoverese, e TÀnnover s'impegnava a mantenere il fiume navigabile nel percorso del lei territorio.

4r. L'Austria ricuperava quasi tutto quello che aveva perduto nel 1797, col trattato di Campoformio o dopo, tanto che fosse in Germania quanto fuori di essa, eccettuati i Paesi Bassi austriaci ; cosi acquistava quella parte di suolo veneziano nella penisola, che Napoleone si era appropriata, e tutti gli altri territori posti fra il Ticino, il Po e l'Adriatico, unitamente alla Valtellina, a Bormio, a Chiavenna, una volta appartenente ai Grigioni, ed alla già Repubblica di Ragusa.

5. Alla Baviera venivano dati il ducato di Wurzburg, tale quale era stato fondato dal trattato di Presburg, nel 1805, ed il principato d'Aschaf- fenburg, il quale formava parte del granducafo di Francoforte, appartenente a Napoleone.

6. La città di Francoforte fu rimessa nelle condizioni nelle quali era nel 1803.

7. Invece del ducato di Vestfalia, il Granduca di Assia acquistava un territorio sulla sponda sinistra del Reno, e che ultimamente formava parte del dipartimento di Mt. Tonnerre, contenente 140,000 abitanti. Il Langravio di Assia Homburg veniva reintegrato nei suoi domini, dai quali era stato espulso a cagione della Confederazione del Reno. Parecchi Principi, i sopra- nominati, i Duchi d'Oldemburgo, Heclemburgo-Strelitz, Sassonia-Cobui^, ebbero altri territori sulla frontiera prussiana al di del Reno, già nel dipartimento francese della Sarre, i quali dovevano essere posti sotto la protezione della Prussia, e dovevano servire nei futuri assetti come di fra- zioni da aggiungersi ad altri possedimenti. Tutte le terre germaniche situate sulla riva sinistra del Reno, e delle quali non era stato disposto, venivano date air Austria.

8. Fu stabilito che la Confederazione germanica, la quale veniva for* mata, e della quale facevano parte il Re di Danimarca come Duca d'Holstein ed il Re dei Paesi Bassi come Granduca di Lussemburgo, fosse rappresen- tata da trentotto membri, i quali avessero diritti eguali e potessero disporre di diciassette voti nelle adunanze ordinarie, e di sessantanove in quelle generali, essendoché in queste si dovessero discutere le leggi organiche, ed altri affari di grande importanza. La Dieta doveva essere permanente, sotto

(1) Vedi Paco «li Kid.

iB. 1815. Atto finale del Congresso di Vienna LXXXI.

la presidenza dell'Austria, riunirsi a Francoforte con facoltà d'aggiornarsi per un tempo non maggiore di quattro mesi. Nelle adunanze generali due terzi dei voti dovevano essere necessari, perchè una proposta passasse. Siccome il fine, il quale la Confederazione si proponeva, era quello di pro- teggere tutta la Germania, e ciascun membro di essa, contro gli attacchi di Potenze straniere, cosi a nessuno dei suoi componenti veniva permesso di trattare o fare un armistizio una pace, con qualunque Stato col quale la Confederazione fosse in guerra. Le discussioni sorte fra i confederati dovevano essere composte senza ricorrere alla forza delle armi, sottomet- tendole alla Dieta, la quale interverrebbe fra le parti in prima istanza, nominando una Commissione mediatrice e un AustràgalinstanZy o corte suprema d'arbitrato, qualora fosse necessaria una sentenza giudiziale. Nel caso estremo, quando un membro della Confederazione si ostinasse a non volere accettare la sentenza, e si riputasse d'ottemperare alle sue ingiun- zioni, potrebbe essere costretto ad obbedirvi col mezzo d'un intervento militare eseguito da altri componenti la Confederazione, i quali non fossero direttamente interessati nell'alTare.

Nell'Atto riguardante la costituzione federativa della Germania (1), il quale è unito all'Atto finale, è dichiarato che negli Stati della Confedera- zione vi doveano essere assemblee di Stati o di deputati {cine landesst&n- (lliche verfa88ung)\ che tutte le Confessioni cristiane doveano godere degli slessi diritti civili e politici, e che gli ostacoli posti all'esercizio dei diritti civili degli ebrei, doveano essere per quanto fosse possibile remossi. Alla nobiltà mediatizzata, la quale prima del 1806 dipendeva immediatamente dall'Impero, venivano concessi dei privilegi a seconda del grado che i membri di lei occupavano, riguardanti le tasse, le corti privilegiate, l'esen- zione dal servizio militare, l'esercizio di giurisdizione civile e criminale in prima istanza, quando i suoi possessi fossero assai vasti. All'Atto della Confederazione furono fatti degli emendamenti nel 1820, nel 1832, nel 1834; esso fu abolito nel 1848-1849, e ripristinato nel 1851.

9. Le Provincie Unite olandesi, con la più gran parte dei Paesi Bassi austriaci, erano costituiti, come il trattato di Parigi aveva stabilito che fossero, in Regno dei Paesi Bassi, sotto il Principe d'Orange-Nassau, ai quali territori -veniva aggiunto il Granducato di Lussemburgo, che compren- deva una parte del ducato di Bouillon non ceduta alla Francia, e questo come compenso per la cessione fatta dalla famiglia d' Grange di possessi

(1) Martens, N, Beo,y II, 353.

43 Fiore, Dir. intern. codif.

LXXXn Appendice L an. 1815

esistenti in Germania. Il Lussemburgo rimase Stato germanico e il Granduca fu dichiarato membro della Dieta. La città di Lussemburgo doveva essere una fortezza della Confederazione.

In una convenzione firmata a Londra, il 43 agosto 1814 (1), l'Inghil- terra s'impegnava di restituire all'Olanda tutte le colonie, fattorie e stabi- limenti commerciali, che essa aveva conquistati fino dal 1803, eccettuato il Capo di Buona Speranza, Demarara, Essequibo e Berbice.

iO. La posizione della Svizzera fu determinata da una dichiarazione delle Potenze componenti il Congresso, in data del 20 marzo 1815 (2), dal- l'Atto col quale i Cantoni accedettero alla dichiarazione, il quale porta la stessa data (3), e dall'Atto finale.

Fu stabilito che la Svizzera dovesse assumere la posizione di paese per- petuamente neutrale, e onde raggiungere questo fine, il più che fosse pos- sibile, un trattato col Re di Sardegna in data del 26 maggio 1815, stabili che le Provincie di Chablais e di Faucigny, situate al mezzogiorno del lago Lemano, e tutta la Savoia posta a nord d'Ugine, avrebbero presa la stessa posizione neutrale. Agli antichi 19 Cantoni furono aggiunti quelli di Ginevra, del Yallese e di Neufchàtel, quest'ultimo sotto la sovranità della Prussia; esso vi rimase dalla pace d'Utrecht al 1848. Il territorio del Cantone di Ginevra fu ingrandito, venendo ad esso ceduto un piccolo distretto della Savoia. Fa dichiarato che le strade da Ginevra lungo il lago in direzione per Yersoix alla Francia, quelle verso il Cantone di Yaud, e per la strada del Sempione attraverso la Savoia verso il Yallese, dovessero essere esenti da tasse di transito, e dalla visita delle mercanzie. L'antico vescovato di Basilea e la maggior parte del territorio di Bienne furono uniti al Cantone di Berna.

11. La Sardegna guadagnò certe distese di terre, chiamate feudi imperiali, i quali erano stati uniti alla Repubblica ligure di Napoleone, ed il territorio della già Repubblica di Genova, inclusa l'isola di Capraja. I limiti di questo regno sono quasi gli stessi di quelli del 1792, ma il confine della Francia, come fu determinato dal primo trattato Parigi, doveva includere una parte della Savoia, allora compresa nel dipartimento francese del Hout Blanc, cioè il maggior numero delle sotto prefetture di Chambéry e d' Annecy.

12. L'arciduca Francesco d'Este, i suoi eredi e successori, dovevano tenere a feudo i ducati di Modena, di Reggio e di Mirandola, i confini di questi territori rimanendo quelli stessi che ad essi erano stati assegnati dal

(1) Martens, u. s., Ili, 57.

(2) Martens, N, Ree, II, 157.

(3) Ibid., 173.

ta. Ì81S. Atto finale del Congresso di Vienna LXXXin

trattato di Campoformio. All' arciduchessa Maria Beatrice d'Este, ed agli eredi di lei e successori venivano dati a feudo i principati di Massa e di Carrara, e le erano pure assegnati i feudi imperiali posti nella Lunigiana» i quali ultimi avrebbero potuto essere cambiati con altre proprietà di Modena o di Toscana, a volontà delle parti. Al duca Ferdinando, della hnea austriaca, ed ai suoi eredi e successori era restituita la Toscana, nelle condizioni nelle quali si trovava prima del trattato di Lunéville, e a questo territorio veniva aggiunta quella parte dell'Elba, che una volta era sotto l'alto dominio del Re delle Due Sicilie, Piombino, certi feudi imperiali altra volta compresi nella Toscana e VÉtai des Présides (lo Stato dei Presidi). I ducati di Parma, Piacenza, Guastalla, venivano concessi, come era stato stabilito dal trattato d'abdicazione di Napoleone, all'Imperatrice Maria Luisa, la riversibilità di questi territori salvi gli antichi diritti di river- sione dell'Austria e della Sardegna dovea essere determinata da una convenzione fatta dalle cinque Potenze principali e dalla Spagna. Tale con- venzione fu stipulata a Parigi il 10 giugno 1817 (1). Essa riguardava par- ticolarmente la casa ducale spagnuola di Lucca.

Il Congresso di Vienna, avea collocato l'Infanta Maria Luisa ed i suoi eredi maschi in Lucca, eretta a ducato, aggiungendo alle entrate di questo una rendita di 150 mila franchi, da essere pagata dall'Austria e dalla Toscana; ed avea assegnato il diritto di riversione di esso alla Toscana, nel caso che la linea venisse ad estinguersi, ovvero le fosse fatta un'altra posizione. U duca di Toscana si era impegnato a cedere al duca di Modena certi distretti ogni qual volta che la riversione avesse luogo, cioè quelli di Fivizzano, di Pietrasanta e di Barga, ed altri. In virtù del trattato del di 10 giugno 1817, di sopra menzionato, fu convenuto che, dopo la morte dell'Imperatrice Maria Luisa, i ducati di lei di Parma, Piacenza e di Guastalla ad eccezione di certi distretti sulla sponda sinistra del Po, racchiusi nei domini dell'Austria, i quali doveano essere concessi a tale Potenza sarebbero appartenuti alla Casa lucchese. La riversione di questi ducati, nel caso che il ramo dell'Infante don Carlo Luigi s'estinguesse, doveva essere regolata a seconda delle deliberazioni prese nel trattato d'Aix-la-Chapelle (1748), e in un articolo separato del trattato del 1815 fra l'Austria e la Sar- degna (2). Questo articolo separato confermava i diritti della Sardegna alla riversione in suo favore del ducato di Piacenza, ma aggiungeva che la città

(1) Martens, N. Ree, IV, 416 et seq.

(2) Martens, N. Rec.f II, 298, e per l'articolo Murhard, XV, 41.

XilXXIV Appendice L au 1815

di Piacenza con un raggio di 2000 tese dall'orlo degli spalti dovesse appar- tenere, in caso che una tale riversione avvenisse, all'Austria, la quale avrebbe dato alla Sardegna in compenso un territorio contiguo, equivalente per popolazione e per rendita.

Alla Santa Sede veniva restituito il possesso del suo antico territorio, cioè le Marche con Camerino e loro dipendenze, Ponte Corvo, le lega- zioni di Bologna, di Ravenna e di Ferrara, eccetto la parte di quest'ultima, situata sulla riva sinislra del Po. L'Austria doveva avere il diritto di tenere guarnigione in Ferrara e Comacchio.

Il Re di Napoli, Ferdinando IV, era ristabilito sul trono delle Due Sicilie.

13. Gli alleati s'impegnarono di fare il loro possibile onde indurre la Spagna a cedere al Portogallo divezza ed altri luoghi, da essa guadagnati nel 1801, in forza del trattato di Badajos. La restituzione della Guiana francese al Portogallo è stata di già menzionata.

14. Altre disposizioni furono prese dal Congresso e tra le più im- portanti vanno annoverate quelle circa la navigazione fluviale e rispetto alla tratta dei negri. Fu pure provveduto a ciò che concerne le regole atti- nenti al rango degli ambasciatori (1).

Le disposizioni generali relative alla libertà di navigare pei fiumi, che attraversino o che separino il territorio di diversi Stati, furono stabiliti agli art. 108-115. Le Potenze firmatarie s'impegnarono di stabilire d'accordo regole uniformi per tutelare la libertà di navigare, fissando tariffe uniformi circa i diritti di navigazione, circa le imposte che potessero gravare il com- mercio, circa l'esecuzione dei lavori che potessero occorrere per mante- nere i fiumi nelle condizioni richieste pei bisogni del commercio e si obbli- garono di nominare una Commissione per concordare un regolamento nel senso il più favorevole della libertà del commercio e in base ai principii generali stabiliti nei mentovati articoli.

Per quello poi che si riferisce all'abolizione della tratta dei negri la Francia e l'Inghilterra si erano impegnate con l'articolo aggiunto al trat- tato di Parigi del 30 maggio 1814 di propugnare nel Congresso l'abolizione delia tratta. Le dette Potenze sottomisero quindi alle altre, che sottoscris- sero il trattato, di riconoscere la necessità di provvedere a reprimere il commercio dei negri dichiarato in opposizione della civiltà e del diritto delle genti, ed una dichiarazione in questo senso fu sottoscritta dai pieni*

(1) Martens, u. s., 432.

tn. 1815. -^^to finale del Congresso di Vienna LXXX\

potenziar! il di 8 febbraio 1815^ colla quale, riconoscendo d'accordo che il commercio conosciuto col nome di tratta dei negri dovesse essere riguar- dato contrario ai principii del civile consorzio e della società universale, s'impegnarono a provvedere con tutti i modi possibili per farlo cessare (1).

I trattati e le deliberazioni del Congresso di Vienna, unitamente a ciò che fu stabilito a Parigi nel 1815, non ebbero in mira altro che un gran namero di riordinamenti politici resi necessari dalla caduta dell'Impero francese. Il nuovo ordine di cose era però tale da non escludere, che potesse essere ben diversamente apprezzato ; che nuove combinazioni d'interessi potessero essere rese necessarie, e che potesse essere eliminato ogni mo- tivo di nuove aggressioni in avvenire. Tanto è vero, che giammai nella storia del mondo un tanto vasto edifìzio estate demolito in cosi breve tempo.

Sessant'anni sono stati suflìcienti a cambiare la carta geografica politica d'una gran parte d'Europa. L'Olanda ed il Belgio uniti nel 1815 furono separati nel 1830. La Germania è divenuta un nuovo Impero sotto l'ege- monia della Prussia, e l'Austria, che era a capo della Confederazione, da questa è stata esclusa. La Danimarca è stata spogliata d'una gran parte del suo territorio, ed ha cessato d'essere Potenza germanica. L'Austria, oltre l'essere stata esclusa dalla Germania, ha perduto tutti i suoi possessi d'Italia. Il regno delle Due Sicilie, la Lombardia, lo Stato ecclesiastico ed i princi- pati si sono uniti ed hanno formato il Regno d'Italia. La Savoia e Nizza sono slate unite alla Francia, e questa ha perduto l'Alsazia e la Lorena.

Tutti questi cambiamenti furono inaugurati dalla soppressione della piccola Repubblica di Cracovia, e se si aggiungano ad essi quelli non con- nessi col Congresso di Vienna, cioè l'indipendenza della Grecia, la perdita fatta dalla Spagna di quasi tutte le sue colonie, e quelli riguardanti la forma governo in Francia, ed i nuovi rapporti stabilitisi fra i principati Cri- stiani esistenti in Turchia e l'Impero Turco, bisogna pure convenire che, eccettuate la Gran Bretagna, la Svezia, la Norvegia, la Svizzera e la Russia, non evvi alcun altro Stato, il quale non abbia, durante il periodo d'anni ricordato, subito essenziali e violenti cambiamenti.

Nessun' altra serie d'avvenimenti svoltasi su questa terra ha giammai fatto vedere in modo più luminoso di questa, ed in uno spazio di tempo cosi breve, il poco valore degli assetti artificiali, e l'inanità degli sforzi fatti dai sovrani onde fondare uno stato di cose atto a regolare, mediante ordinamenti fondati principalmente sugl'interessi politici, futuri eventi.

(1) Wheaton, Histoire du droit des gois, I, 183.

LXXXVI Appendice L

Secondo trattato di Parigi.

1815, Novembre 20.

m. IMS.

II secondo trattato di Parigi fu stipulato dopo la caduta finale di Napo- leone fra la Francia e ciascuna delle quattro grandi Potenze, e consiste di quattro atti separati e dello stesso tenore.

In virtù di questo trattato i limiti della Francia dal lato del Belgio e della Savoia, divenivano più ristretti di quello che fossero nella pace del 1814, essendo stati portati indietro quasi al punto ne! quale si trova- vano nel 1790. Conseguentemente, le fortezze di Philippeville e di Marìen- bourg, con Tintero ducato di Bouillon, invece d'una parte di esso erano trasferiti al regno dei Paesi Bassi ; Sarrelouis, Saarburg ed il corso del Sarrer divenivano prussiani ; il forte di Landau ed un tratto di terra fran- cese sulla destra del Lauter furono attribuiti alla Baviera: la metà del ponte fra Strasburgo, e Kehl, a Baden ; ed a Baden pure veniva data una porzione del distretto di Gex sul lago Lemano fra i Cantoni di Vaud e di Ginevra; ed i distretti di Chambéry e d'Annecy erano restituiti alla Sar- degna. La neutralità della Svizzera e d'una parte della Savoia veniva estesa ad un distretto limitato da una linea tirata da Ugine (1), attraverso i laghi d'Annecy e di Bourget fino al Rodano. La fortezza francese di Huningne (Hùnningen), presso Basilea, doveva essere demolita.

Un'indennità di settecento milioni di franchi doveva essere pagata agli alleati. Le loro truppe, non eccedendo il numero di 150,000, dovevano occupare la Francia a spese di essa, risiedere in certi luoghi indicati, per uno spazio di tempo non maggiore di cinque anni, e potevano essere ritirate alla fine di tre anni, qualora la sicurezza dell'Europa lo per- mettesse (2).

U trattato di Parigi del 30 maggio 1814 e l'Atto finale del Congresso di Vienna del 9 giugno 1815 furono riconfermati, e mantenute tutte le dispo- sizioni non modificate col nuovo trattato.

In forza d'una convenzione delle quattro Potenze e della Frància, fatta a Parigi il 5 novembre 1815, le sette Isole Jonie dovevano costituire uno Stato libero sotto il protettorato della Gran Bretagna, con un residente lord gran commissario, nominato da questa Potenza, con un'assemblea legisla- tiva, ecc.; delle forze militari delle isole doveva avere il comando la Gran

(1) Vedi Atto del Congresso di Vienna»

(2) Martens, N. Ree., II, 682.

tn. 1815 Secondo Trattato di Parigi LXXXVU

Bretagna, le guarnigioni dei forti dovevano essere inglesi e pagate dalla Repabblica (4). I capilavori d'arte, che Napoleone aveva raccolti toglien* doli da vari paesi d'Europa, furono restituiti in virtù d'una speciale con- venzione ai loro antichi proprietari.

(i ) Martens u. s. 663. Queste isole, le qnali rimasero per molto tempo sotto Venezia, per essere poi preda della Francia (Trattato di Campoformio 1797), e per passare quindi, dopo essere state lasciate per un breve tempo a loro stesse prima sotto la protezione turca, ed in seguito sotto quella russa, e per essere restituite alla Francia (Pace di Tilsit 1807), ed a questa tolte in guerra dall'lnghil terra, sono recentemente passate, dal protettorato inglese a formare parte de' regno della Grecia, 1863.

Lxxxvm

TRATTATI

CONCLUSI DOPO QUELLO DI VIENNA

dal 181 S Ubo al 1896

Trattato della Santa Alleanza.

1815, Settembre 26.

m. 1815.

n trattato concluso a Parigi tra i sovrani d'Austria, di Russia e di Prussia il 26 settembre 1815 fu detto Santa AUeanza, perchè i Sovrani, che la sottoscrissero, dichiararono apparentemente di unirsi in misteriosa lega per procedere in ogni affare d'interesse comune secondo i principi e lo spirito del Vangelo, della religione e della giustizia e s'impegnarono di adoperare ogni mezzo per costrìngere i proprii sudditi ad osservare i pre- cetti cristiani. Lo scopo vero* dell' alleanza non trovasi per altro espresso, e fu per questo che l'Inghilterra rifiutò ostinatamente di segnare quel docu- mento, adducendo, il duca di Wellington, che lo scopo di quel trattato non poteva essere compreso dal Parlamento inglese. In sostanza quello fu il primo atto della politica reazionaria dei Governi, che s'impegnarono a pre- starsi in ogni occasione assistenza, aiuto e soccorso esercitando un vigilante sindacato sulle facendo interne di tutti gli Stati onde impedire e reprimere qualunque manifestazione da parte dei popoli che potesse turbare l'assetto politico dell'Europa come era stato stabilito a Vienna (1).

Trattato di Aix-la-Chapelle (Aquisgrana).

1818, Novembre 9.

an. Ì81R.

In virtù dei patti conclusi ad Aquisgrana tra la Francia e le Potenze alleate cioè la Russia, l'Austria, l'Inghilterra e la Prussia fu stabilito, che le cinque grandi Potenze si sarebbero poste d'accordo per prevenire qua- lunque funesto effetto che potesse essere la conseguenza del movimento

(1) Trovasi riportato in appendice da Heffter, Droit int, ; e in nota a pag. 37, voi. T, della 8* edizione della mia opera Diritto int» Pubblico; Torino, Unione Tip.-Editrice.

aa. 1818. TrcUtati delVEpoca moderna LXXXIX

rivoluzionario, e che minacciasse la Francia. Cosi questa entrò a far parte della Santa Alleanza col protocollo ivi sottoscrìtto il 21 novembre.

Fu pure stabilito ad Aquisgrana che le truppe degli alleati dovessero evacuare la Francia l'ultimo giorno di novembre, o prima di quest'epoca, e consegnare i forti nelle condizioni nelle quali essi erano quando furono occupati. Una parte dell'indennità che la Francia dovea pagare, come era stato stabilito nel 1815, e che era tuttora dalla medesima dovuta, le fu condonata (1).

Congressi relativi agli interventi armati.

1820-1822. an. 188&«.

Col trattato della Santa Alleanza le cinque grandi Potenze si erano impegnate a prestarsi in ogni circostanza assistenza e soccorso. Tale patto vago fu poi inteso nel senso che dovessero unire le loro forze per impe- dire qualunque tentativo di mutamento politico in Europa che potesse tur- bare la conservazione del principio monarchico, o mirare a modificare i possedimenti territoriali come erano stati stabiliti nel Congresso di Vienna.

Conseguentemente l'Austria, la Prussia e la Russia Potenze alleate si riunirono prima a Troppau nel ÌSW poi a Laybach nel 1821, indi a Verona nel 1822, per concertare i mezzi adatti a sedare e reprimere i movimenti rivoluzionari nella Spagna, nel Portogallo, in Napoli e nel Pie- monte, e fu affidato all'Austria di reprimere coli' intervento armato, i movimenti del partito rivoluzionario liberale in Piemonte e in Napoli.

Trattato di Akkerman.

1826, Ottobre 7. an* 1826.

La convenzione d'Akkerman fra la Russia e la Turchia fu in generale la riconferma del trattato di Bukarest del 1812, a riguardo dei privilegi della Serbia. Fu restaurato il modo d'elezione degli Ospodari, della Mol- davia e della Valacchia, fatta dai boiardi o nobili appartenenti al Divano o Consiglio di ciascun principato, e fu stabilito che ciaschedun Ospodaro dovesse rimanere in ufficio, se accettato dal Sultano, per sette anni, e che potesse essere rieletto per un altro spazio di tempo eguale, purché nessun grave addebito gli fosse stato imputato, dalla Corte turca, da quella russa, dal principato. Alla Russia fu data pure facoltà d'intervenire, a fine di limitare il potere che il Sultano aveva di dimetterli dal loro ufficio (2).

(1) M4RTENS, Nouv, Rec, IV, 549-566.

(2) Martens, N, R,, vii, 1053; vedi particolarmente gli Atti separati.

XC Appendice L

Trattato di Londra.

1827, Luglio 6.

Il trattato di Londra fu stipulato fra la Gran Bretagna e la Russia, e vi accedette dopo la Francia (1).

Queste Potenze offrirono la loro mediazione alla Turchia in favore della Grecia, ed aveano proposto che questa dovesse essere costituita come uno Stato vassallo sotto il Sultano a somiglianza dei Principati danubiani.

Con un articolo segreto però le Potenze stesse convennero che, se la Porta nel termine di un mese non avesse accettata la mediazione, avreb- bero prese le misure le più adatte per far cessare le ostilità.

I Greci accettarono Tarmistizio, i Turchi promisero di osservarlo, ma non mantennero poi la promessa ; le flotte alleate, che stazionavano in crociera per intimidire la flotta turca, si avvicinarono a Navarino. Ne seguì un combattimento generale.

II 20 ottobre, la flotta turca fu distrutta a Navarino, e nel i828, le (ruppe d'Ibrahim Pacha furono cacciate dalla Morea. I confini della Grecia divenuta libera vennero cosi ingranditi.

Trattato fra la Russia e la Persia,

1829, Febbraio 22.

tii.1820.

Il trattato fra la Russia e la Persia fu firmato a Tourkmantchal, il 1828. Con esso la Persia cedeva il khanato di Erivan, prometteva un'indennità venti milioni di rubli di argento, e conveniva, come nel trattato ratificato a Tiflis iH5 settembre 1814, che a nessun bastimento da guerra, la marina da guerra russa eccettuata, sarebbe permesso di navigare il Caspio, il ([uale però rimaneva libero alle navi mercantili d'ambedue le nazioni (2). In conseguenza di questo trattato di Tiflis, la Persia cedette alla Russia sette khanati posti a mezzogiorno del Caucaso, che i Russi possedevano all'epoca, nella quale tale trattato fu firmato, e rinunziò a qualunque diritto sul Daghestan, sulla Georgia, sull'lmerizia, la Mingrelia^ TAb- kasia, ecc. (3).

(1) Martens, u. s., vii, 282 e 463.

(2) Martexs, N. Ree, VII, 564.

(3) MAr.TtNS, u. s., IV, 88.

Trattati delVEpoca moderna XCI

Trattate di Adrianopolu

1829, Settembre 14. n 48f9.

Il trattato d'AdrìanopoH fu stipulato fra la Russia e la Turchia (1).

La Russia restituiva le sue conquiste. Il Pruth dovea servire di confine ai due paesi, come per il passato dalla frontiera della Moldavia fino al punto in cui si getta in mare e che per S. Gioi|;io, o bocca meridionale, il confine dovea seguire il Danubio, ed in maniera da far si che le isole del fiume dovessero essere comprese nel territorio russo. I limiti a levante furono fissati in modo tale che una parte dell'Armenia turca, con la città d' Akhal- tzik e la fortezza di Akhalkalaki passasse sotto il dominio della Russia. La Turchia concedelte pure che la sovranità della Russia si estendesse sopra la Georgia, Tlmerizia, la Mingrelia, il Gouriel ed altri paesi caucasici. Ai vascelli mercantili russi fu permesso il passaggio dei Dardanelli e del Bosforo, 0 in aitre parole, il Mar Nero, fu aperto alle navi appartenenti alle nazioni in pace colla Turchia; la Russia ottenne il diritto di navigazione sul Danubio. Le anteriori convenzioni riguardanti i Principati danubiani furono confer- mate, e fu pure stabilito che gli Ospodarì dovessero essere nominati a vita al loro ufficio, non potendo essere destituiti che nel caso che commettessero UD delitto. La Russia arrivò cosi ad acquistare un più completo diritto di intervenire negli affari politici dei Principati (2).

Trattato di Londra.

1831, Gennaio 26 e Novembre 15. tt. ISSI

Col trattato di Londra del 26 genn. i831 fu fatta la definitiva sepa- razione del Belgio dall'Olanda. Esso fu sottoscritto dalle cinque Potenze da una parte e dal Belgio dall'altra (3). A tale trattato fu poi sostituito l'altro sottoscritto dalle stesse Potenze il 15 novembre. Mediante tali trattati il Belgio fu dichiarato Stato indipendente e neutro, e l'integrità e l'inviola- bilità del suo territorio f\irono garantite dalle cinque grandi Potenze segnatario.

(1) Martens, n. f., Ym, 148. (8) Martems, n. s., p. 155. (8) Martens, u. b., XI, 390.

1

XCU Aiyjyendice 1.

Convenzione di Londra.

1832, Maggio 7.

in. 483S.

Essa fu conclusa fra la Francia, T Inghilterra e la Russia da un lato, e la Baviera dall'altro (1). La corona della Grecia, essendo questa stata eretta a regno, venne offerta, in eonformità dei voti della nazione greca, al Re di Baviera, per essere posta sul capo del secondogenito di lui Federigo Ottone, il quale Faccettò. I confini del regno furono fissati mediante un trattato eolia Turchia, a forma di un protocollo in data del 26 settembre 1831. Ud imprestito al Re della Grecia fu garantito dalla Russia, e, subordinatamente alla condizione dell'autorizzazione delle Camere e del Parlamento, dalla Francia e dall'Inghilterra.

Trattato di Unkiar-Skelessi.

1833, Luglio 8.

■o.f8S3.

La convenzione di Unkiar-Skelessi fu conclusa fra la Russia e la Turchia dopo le vittorie d'Ibrahim Pacha in Siria e nell'Asia Minore, e dopo la pace di Kutaieh fatta dallo stesso Ibrahim colla Turchia il 6 ma^o 1832.

Le due parti fecero un'alleanza, stabilendo di difendersi scambievol- mente nel caso che una di esse venisse assalita e che domandasse soccorso» In un articolo segreto fu aggiunto, che la Russia esimeva la Turchia dal prestare l'aiuto pattuito, a condizione che essa avesse chiuso i Dardanelli per tutti i bastimenti da guerra stranieri (2).

In una protesta della Francia contro questo trattato, che fii considerato da lei idoneo a cagionare un probabile intervento armato della Russia negli affari intemi della Turchia, è detto che, qualora le circostanze lo richie- dessero,, la Francia avrebbe agito come se tale trattato non esistesse (3). Se la Russia, fosse riuscita a far mantenere gli impegni assunti con questa convenzione verso di lei dalla Turchia, essa sarebbe arrivata a stabilire un protettorato permanente su questa Potenza (4).

(1) Martens, u. s., X, 550.

(2) Martens, N. Rec.y XI, 655.

(3) Martens, u. s., 659.

(4) Confr. ciò che dice Wheaton questo trattato e dei trattati d'Akkerman d*AdrianopoIi, nella sua htoriaf parte 4, §§ 29, 30.

Trattati delV Epoca moderna XCIll

Trattato di Londra,

1840, Luglio 15. •n. 4840.

La convenzione chiamata il Quadruplo Trattato Londra, fu conclusa nel 1840 fra la Gran Bretagna, T Austria, la Prussia e la Russia da una parte, e la Porta ottomana dair altra, collo scopo di pacificare il Levante Tale convenzione ebbe origine da una domanda fatta dal Sultano onde ottenere aiuto, essendo il suo impero messo in pericolo da Mehemet Ali, Pacha d'Egitto, di lui ribelle vassallo, allora in Siria, e che minacciava condurre un esercito verso Costantinopoli. U Sultano faceva conoscere a quali condizioni esso avrebbe trattato con il Pacha. Se questi abbandonasse i suoi ostili disegni dentro un dato numero di giorni avrebbe il Pachalik d'Egitto per so stesso e per i suoi discendenti in linea retta, ed il titolo di Pacha d'Acre, come pure la fortezza di San Giovanni d'Acre, ed il governo della parte meridionale della Siria. Se esso indugiasse molto più del tempo stabilito, la Siria non gli verrebbe più data. Se esso rifiutasse tutte le offerte, sarebbe privato del suo Pachalik, e respinto al di del territorio da esso invaso; allora, se si sottomettesse, sarebbe reintegrato nel suo governo egiziano, con diritto di trasmetterlo ai suoi discendenti diretti.

Le quattro Potenze convenivano d'inviare soccorsi per terra e per mare a seconda dei mezzi dei quali ciascuna di esse era in grado di poter disporre.

Il Sultano faceva noto, che, se accadesse, che gli Stretti dei Dardanelli ed il Bosforo, con la capitale dell'Impero, dovessero essere posti sotto la salvaguardia delle Potenze contraenti, ciò dovrebbe essere considerato come misura eccezionale, adottata dietro espressa domanda del Sultano, ed in nessun modo atta ad invalidare l'antica regola, la quale proibiva ai basti- menti da guerra delle Potenze straniere di entrare in codesti stretti. Le quattro Potenze convennero di rispettare la regola.

Convenzione degli Stretti.

1841, Luglio 13. tn. mi.

Nel 1841 un'altra Convenzione fu conclusa fra le stesse Potenze (alle quali si unì la Francia) e la Porta per riconfermare il principio della chiu- sura degli Stretti. Il Sultano dichiarò essere sua ferma volontà di inibire a qual si fosse nave da guerra straniera di entrare negli stretti del Bosforo e dei Dardanelli riservandosi il diritto di permettere, a piccole navi ordi*

xciv Appendice L an. ifUi.

narie, che issassero bandiera guerra, e che fossero impiegate nei pub* blici servizi di Potenze amiche, di passare detti Stretti, parche proyredate di un firmano. Egli presentò a tutte le Potenze, colle quali esso era in ter- mini d'amicizia, questa Convenzione, richiedendole di accedervi. Le cinque Potenze fecero conoscere il loro unanime proposito di conformarsi a questa antica regola dell'Impero Ottomano e si impegnarono a rispettare la volontà del Sultano.

Cosi la regola della chiusura di quegli Stretti entrò a far parte del diritto pubblico scritto dell'Europa (1).

Trattato di Washington.

1842, Agosto 9.

111.1849.

D trattato di Washington fu concluso a fine di addivenire ad una retti- ficazione di confini fra gli Stati Uniti ed i possessi inglesi del nord-est. Furono pure, mediante tale trattato, stabilite certe regole da essere osservate per rapporto airestradizione e furono prese alcune disposizioni onde soppri- mere la tratta dei negri (2).

Convenzione relativa al Ducato di Lucca.

i844, Novembre 28.

.aa. f 8U.

Il trattato fra i duchi di Toscana, di Lucca e di Modena, fu fatto in pre- visione della morte dell'imperatrice Maria Luisa, duchessa di Parma, che accadde poi il 18 dicembre del 1847. Si volle regolare l'avvenimento, quando il duca di Lucca avrebbe dovuto divenire duca di Parma, Piacenza e Guastalla, e Lucca avrebbe dovuto passare sotto la Toscana (3). Il duca Lucca (futuro duca di Parma) convenne di cedere a Modena Guastalla ed il territorio parmense, posto sulla riva destra dell'Enza. Modena rinunziò in favore della Toscana ai vicariati di Barga e di Pietra Santa (4) ì quali dovevano divenire modenesi quando Lucca andasse alla Toscana ed a vantaggio di Parma i distretti di Bazzane, e di Scurano sulla riva sinistra dell'Enza. La Toscana cede a Parma le sue possessioni nella Luni-

(1) Martens, Nouv. Reo. gén., I, 156-207; II, 126-130. WHKàTON, Historie^ 82,38.

(2) Martens, Nouv, Ree. gén., in, 456. (8) Vedi Congresso di Vienna, n. 12.

(4) Atto finale del Congresso di ViennOf art. CU.

an. 18U. Trattati delV Epoca moderna XGV

giana, Pontremoli, Bagnone e loro dipendenze. Questi assetti territoriali assegnarono ai Ducati dei confini molto più ad essi confacenti, liberandoli dalle enelaves (dai territori che facevano punta dentro i loro Stati). L'Au- stria e la Sardegna i diritti di riversione dei quali, ad esse conferiti dal trattato di Aquisgrana, venivano in questo modo ad essere lesi, quelli cioè dell'Austria per rapporto à Parma e Guastalla, e quelli della Sardegna a riguardo di Piacenza intervennero e modificarono tali loro diritti, di maniera che il diritto di riversione in favore dell' Austria fosse trasferito sul nuovo territorio parmense nella Lunigìana, il quale fa ceduto alla Sar- degna come indennità per la perdita della città di Piacenza, la quale, in virtù di un patto speciale del 20 maggio 1815, concluso a Vienna, doveva divenire austrìaca tostochè il Ducato dello stesso nome, per diritto di river- sione, andasse alla Sardegna (1).

Trattato di Guadalupa,

1848, Febbraio 2. an. i848.

Col trattato di Guadalupa-Hidalgo, concluso nel 1848, il Texas, il Nuovo Messico e la California Superiore venivano ceduti agli Stati Uniti, i quali convenivano di restituire tutte le altre conquiste e di pagare al Messico quindici milioni di dollari e di considerare come diretti contro di essi, assumendone la responsabilità in proprio, tutti quei reclami tendenti ad ottenere il riconoscimento di diritti che cittadini americani avessero soste- nuto d'avere contro il Messico, tanto che per rapporto a tali reclami fosse stato 0 che non fosse stato deciso, purché sempre però questi fossero stati fatti prima della sottoscrizione del trattato (2).

Questione Danese. 18484852.

tn. 1848-5t.

Le discussioni riguardanti Io Schleswig-Holstein, tra la Danimarca e la Germania, dettero origine a vari trattati.

Il trattato di Londra dell' 8 ma^o 1852, avendo stabilito in principio l'integrità della monarchia danese e regolata la successione in caso che & re di Danimarca venisse a morire senza discendenti maschi, parve avere cosi tolto ogni pretesto di dissensi, ma la questione dei Ducati fu non per-

ei) Martens, N. R. gén., XV, 1-42. (2) MURHARD, XIY, 7.

XCM Appendice L u. Ì848-5S.

tanto risollevata dopo dodici anni e risoluta a detrimento deUa monardiia danese (1).

Vedi il trattato di pace di Beriino 10 luglio 1849, quello definitivo sotto- scrìtto pure a Beriino il 27 luglio 1850, il trattato di Londra dell' 8 maggio 1852 e il trattato di Vienna del 30 ottobre 1864 in seguito*

Trattato di Parigi,

1856, Marzo 30.

an. 1896.

La guerra di Crimea terminò col trallalo concluso a Parigi nel 1856 fra l'Austria, la Francia, la Gran Bretagna, la Russia, la Sardegna e la Porta Ottomana. La Prussia fu pure invitata ad intervenire e prese parte a quanto con tale trattato fu stipulato.

Le principali disposizioni, che in virtù di esso furono prese, sono le seguenti :

lo II Mar Nero fu neutralizzato e dichiarato aperto al commercio di tutte le nazioni e chiuso per le navi da guerra. Fu solo concesso, tanto alla Porta che alla Russia, di mantenervi una piccola forza navale per il ser- vizio di finanza, a condizione però che esse non tenessero arsenali sulle sue coste. In armonia con questa disposizione, fu stabilito di mantenere in vigore l'antico principio ammésso dalla Turchia, che cioè nessun basti- mento da guerra potesse entrare nei Dardanelli e nel Bosforo, eecettnati i piccoli vascelli addetti al servizio delle Legazioni delle Potenze amiche e dei potentati ai quali, a seconda del trattato, fu attribuito il diritto di fare stazionare certe navi alle bocche del Danubio (2) ;

2^ Il Danubio fu dichiarato aperto al commercio e la sua navigazione assoggettata ai principii relativi ai fiumi che separano o attraversano più Stati. Una Commissione fu istituita per provvedere a quanto potesse occor- rere onde assicurare la libera navigazione del Danubio affidando alla mede- sima di terminare il suo compito entro lo spazio di due anni e di sottomet- tere alle Potenze medesime il risultato dei provvedimenti presi, dopo di che sarebbe stato poi nominata una Commissione permanente per provve- dere air esecuzione dei regolamenti approvati per mantenere la libera navi- gazione del Danubio e delle sue imboccature (art. XVI-XVIII);

3^ I confini della Bessarabia furono un poco cambiati, a fine di togliere alla Russia il comando delle bocche del Danubio, ed il tratto di territorio

(1) Martens, N. R. gén.p XY, 770,

(2) Articoli XI-XIV.

an. 1856. Trattato di Parigi del 1856. XCVII

COSÌ ceduto dalla Russia fu aggiunto alla Moldavia (articoli XX-XXVI). « luoghi tolti in guerra alla Russia furono restituiti (art. IV).

4^ Alla Moldavia e alla Valacchia, come Stali posti sotto l'alto dominio del Sultano, furono confermati dalla Sublime Porta i loro privilegi, venendo questi garant ti dalle Potenze contraenti ; ma fu per altro stabilito che nessuna esclusiva protezione avrebbe potuto essere esercitata su di tuli paesi da nes- suno dei potentati rimasti garanti, ammesso nessun separato diritto d'in- tervenire negli affari intemi dei medesimi. La Moldavia e la Valacchia dove- vano pure avere un' amministrazione nazionale indipendente, libertà di culto, di legislazione, di commercio ; un esercito del paese e le loro leggi dove- vano essere rivedute da una Commissione formata da tutte le parti contraenti . La Sublime Porta s'impegnò ad ammettere la revisione delle leggi e degli statuti in vigore nei detti Principati e per stabilire un completo accordo a riguardo di tale revisione, fu convenuto che una Commissione speciale, nominata d'accordo dalle Potenze medesime contraenti, si sarebbe riunita a Bukarest e che colla cooperazione di un commissario della Porta avrebbe preso cognizione dello stato delle cose dei Principati e proposte le basi della loro futura organizzazione (art. XXIII) (1);

ò° La Serbia, continuando a godere dei suoi privilegi, fu posta sotto la stessa guarentigia. Il diritto del Sultano di tenere guarnigioni in tale paese fu però rispettato ;

6^ 11 Sultano fu ammesso a partecipare ai vantaggi del diritto pub- blico europeo ed a quelli risultanti dall'azione collettiva ; ed al medesimo fu assicurata l'indipendenza e l'integrità del suo Impero.

Il firmano del 18 febbraio 1856, il quale poneva tutti i Cristiani dimo- ranti in Turchia, e che professavano i varii culti del Cristianesimo, allo stesso livello dei Maomettani, quanto alla vita, alla proprietà ed alla reli- gione, ecc., fu riconosciuto dalle altre Potenze, le quali però rinunziavnna a qualunque diritto d'intervenire fra il Sultano ed i suoi sudditi o d'inge- rirsi dell'amministrazione intema (art. VII-IX);

Le sei Potenze cristiane s' impegnarono di rispettare, ciascuna per la propria parte, l'indipendenza e l'integrità dell'Impero Ottomano; esse si obbligarono a guarentire in comune la stretta osservanza di questo impegno e a considerare qualunque atto, che violasse la promessa fatta, come una questione d'interesse generale (art. VII). Esse s'impegnarono pure a fare

(1) Per rigaardo aHa convenzione che organizzò i Principati, e che Ai firmata a Parigi il 19 agosto 1858, vedi Martens, N. K gén., XVL 2, 50.

44 Fiore, Dir. inteni. nodif.

XCVIII Appendice L as. 1856

il loro possibile onde impedire qualunque dissidio che potesse nascere fra la Porta ed una o più delle Potenze firmatarie (art. Vili).

Uno speciale trattato, concernente gli Stretti, fu fatto tra Russia e Turchia. Il fatto più importante^ che fu compiuto dal Congresso di Parigi è quello della dichiarazione fatta dai plenipotenziari convenuti, prima di sciogliersi, relativamente ai quattro principii che si dovevano considerare come diritto comune delle Potenze contraenti e di quelle che avrebbero fatto adesione in avvenire, a riguardo della guerra marittima, cioè : ì^ La corsa è e rimane abolita ;

2^ La bandiera neutra copre la merce nemica, eccetto solo il con- trabbando di guerra;

3<> La merce neutrale non è confiscabile a bordo di nave nemica, eccetto solo il contrabbando di guerra ;

¥ Il blocco non è reputato obbligatorio se non quando sia effettivo. I plenipotenziari formularono inoltre il seguente voto : a Gli Stati, fra i quali sorgesse qualche dissidio, prima di ricorrere alle armi ricorreranno ai buoni uffizi di una Potenza amica » (1).

Provvedimenti relativi ai Principati.

1858-1866.

an. 1858-66.

Dopo il trattato del 1856, col quale furono regolati i rapporti fra la Russia e la Turchia, parecchi e nuovi assetti furono fatti, in virtù di nuove stipulazioni, aggiunte a quelle di Parigi. Le principali di esse, le quali si riferiscono ai Principati danubiani ed al Mar Nero, sono le seguenti:

1^ Un nuovo ordinamento fu dato ai Principati il 19 agosto 1858 dalle selle Potenze adunatesi a Parigi (2). Fu stabilito che essi dovessero rima- nere autonomi sotto Tallo dominio della Turchia e godere dei privilegi a loro confermati dai diversi atti, particolarmente ààlYhaUi seheri/T (iecreio imperiale) del 1834 e guarentito dalle sei Potenze: che il Governo doveva essere affidato ad ospodari eletti a vita dall'Assemblea e dovevano avere compito 35 anni d'età ed essere figli di genitori nati in uno dei Principati,

(1) d Les Plénipotentiaires n'hésitent pas à exprimer, au nom de leurs Gou- vernements, le vccu qiie les États entre lesquels s'éleverait un dissentiment sérìeux, avant d*en appelor aux armes, eussent recours, en tant qne les circonstances Tad- mettraient, aux bons offìces d'une Puissance amie » .

Martens, N. R, gin., XV, 791. Protocole, n. 23. Séance du 14 avrU1856.

(2) Martens, K R, gén., XVI, 2, 50.

an. i8584)6. Provvedimenti relativi ai Principati XCIX

che l'Assemblea sarebbe stata eletta per sette anni sotto la presidenza del metropolitano, il quale ex officio si doveva ritenere chiamato a far parte di tale corporazione, come dovevano reputarsi pure tali i vescovi aventi dio- cesi. I requisiti necessari per essere elettori e per essere nominati rap- presentanti furono determinati dalle Potenze firmatarie. Una Commissione centrale composta di sedici membri, otto dei quali nominati dai Principati, quattro dagli ospodari e quattro dalle Assemblee, fu istituita coirufficio di vegliare all'andamento del Governo, di rivedere e preparare le leggi di interesse comune ad ambedue i Principati e di codificarle.

I Principali manifestarono il desiderio di formare una più stretta unione e di eleggere un principe straniero, ciò che era loro proibito di fare dalla legge organica, ch'era stata fatta a Parigi nel i858. Nel 1859 le Assemblee dei due Principati, avendo eletto il principe Couza (1), un protocollo del 6 settembre 1859 convalidò questa doppia nomina e con un firmano del 4 dicembre 1861, la Porta e le Potenze rimaste garanti permisero, fino a che il governo di Couza durasse, questa violazione dell'ordinamento stabi- lito nel 1858. La rivoluzione rovesciò il governo di Couza ed un governo provvisorio fu nominato nell'estate del 1866. Il principe Carlo di Hohen- zollem era stato proposto come successore di lui Gli ambasciatori delle ideile Potenze si riunirono a Parigi nel 1866, ma non poterono fare altro che accettare lo stato di cose imposto loro dai rivoluzionari dei Principati. Il consenso della Turchia fu espresso in un firmano in data del 23 ottobre 1806, creando il principe Carlo principe dei Principati Uniti.

Egli fu fatto principe con titolo ereditario da trasmettersi in linea diretta e qualora questa venisse ad estinguersi un firmano imperiale avrebbe ele- valo a tale dignità il più anziano dei di lui discendenti. Esso s'impegnava di rispettare i diritti del Sultano, di non conferire nessun ordine o decora- zione, di aumentare il tributo, il quale fino allora era stato corrisposto, di tenere un esercito, il quale non doveva oltrepassare i 30,000 uomini, di non permettere che il suo territorio divenisse il punto di ritrovo dei distur- batori della pace, d'osservare le convenzioni ed i trattati fatti fra il Sultano e le altre Potenze, fino a che essi non violassero i diritti dei Principati e di non concludere trattati direttamente colle Potenze straniere.

(1) Vedi a prova di questo. Articoli VI, VII; N. R. gén., XVI, "2, 50 et seg

Appendice L

Trattati colla Cina.

1858.

an. Ift»^

I trattati i quali hanno aperto i porti della Cina a parecchie delle Potenze straniere meritano di essere considerati sotto il punto di vista dei valore che hanno, inquantochè essi hanno reso applicabile a quei paesi il Diritto intemazionale.

Nel trattato francese del 2C giugno 1858 èdetto>che gli agenti diploma- tici avrebbero goduto nel luogo della loro dimora le immunità e i privilegi ad essi guarentiti dal Diritto internazionale, vale a dire, che le loro per- sone, la loro casa, la loro famiglia e le persone del loro seguito sarebbero inviolabili. In virtù di tale trattato i consoli o gli agenti consolari possono essere inviati a risiedere in certi porti marittimi o fluviali : è concesso il diritto di fabbricare, nei porti aperti, case, chiese, scuole, ecc. : è per- messo ai Francesi, provvisti di passaporto rilasciato ad essi dai loro con- soli e dai loro agenti diplomatici, di frequentare i luoghi deirìntemo ed i porti non aperti al commercio straniero. I membri di tutte le comunioni cristiane possono godere della libertà personale e della libertà di culto, e sono protetti i missionari i quali penetrano neir interno del paese, purché sìeno provvisti del passaporto regolarizzato nel modo di sopra indicato. Non è impedito a nessun cinese d'abbracciare il Cristianesimo (1).

Oostituzion» del Regno d* Italia (1869*1870)

Pace di Villa franca (1859, 11 luglio)— Trattato di Zurigo (1859, 10 nov.).

an. 1899.

La guerra tra F Austria, la Francia e la Sardegna, che ebbe luogo nel 1859, fu terminata coi preliminari di pace conclusi a Villafranca 1' 11 di luglio, e col trattato di pace definitiva, sottoscritto a Zurigo, il 10 novembre dello stesso anno (2).

I trattati tra le dette parti conclusi sono tre : due dei quali fra TAu- stria, e ciascuna delle altre parti, ed uno, il quale le concerne tutte e tre.

L'Austria cede alla Francia, e la Francia trasferi alla Sardegna, quasi tutta la Lombardia. La linea di confìne del territorio ceduto fu stabilita

(1) Martens, N. Ree. gén., XVII, 1, 2.

(2) Martens, XVI, 2, 516.

SD. i859. Costituzione del Regno d'Italia C.

che si dovesse estendere dal limite meridionale del Tirolo^ tracciata lungo il Lago di Garda, attraverso il mezzo di questo lago, Ono in vici- nanza della fortezza di Peschiera, dove s' incontrava colla circonferenza d'una zona fatta da un raggio di 3500 metri in più della distanza che esisteva dal centro del forte alla parte più estema delio spalto, e da questo, ed intorno a tale circonferenza al punto dove questa raggiunge il Mincio, per poi accompagnare il ramo principale di questo fiume fino a Le Grazie, e per dirigersi da Le Grazie in linea retta al Po, per con- tinuare il suo cammino lungo il principale ramo del Po fino a Luzzara, dove l'antica linea di confine dei territori austriaco e sardo si incontrava con tale fiume.

Fu pure convenuto, che l'Austria avrebbe ricevuto dalla Francia la somma di quaranta milioni di fiorini come porzione del debito nazio- nale del 1854, ed in contraccambio la Sardegna avrebbe pagato alla Francia cento milioni di franchi in tanto consolidato cinque per cento, olire sessanta milioni a titolo di rimborso per le spese di guerra. II Governo sardo assumeva l'impegno di prendere sopra di tre quinti del debito del Monte Lombardo- Veneto, o della banca dei prestiti.

Nel trattato fra la Francia e l'Austria, le due parti s'impegnavano a favorire la formazione di una Confederazione italiana, a capo della quale dovea essere posto il Papa, e stabilirono, che, quando tale Con- federazione fosse stata fatta, sarebbe entrato a farne parte il Veneto, avanzo dei dominii austriaci in Italia, rimanendo ciò non ostante sog- getto alla corona austriaca. Nello stesso trattato ò detto che i diritti dei duchi di Toscana, di Modena, e di Parma, ai loro domini, dovevano reputarsi riservati, essendo essi rimasti estranei ai patti interceduti tra le parti contraenti, e conseguentemente esclusi dal subire mutamenti dei loro possedimenti territoriali senza il concorso delle Potenze, le quali aveano firmato il trattato di Vienna del 1815, che tali possedimenti ad essi garantiva.

Come conseguenza della cessione della Lombardia e col pretesto di mantenere l'equilibrio politico, la Sardegna, in virtù di un trattato firmato a Torino il 24 marzo 1860, cede alla Francia la Savoia, ed il circondario di Nizza, senza modificare però lo stato delle cose coi prece- denti trattati stabiliti a riguardo delle parti della Savoia vicino alla Sviz- zera, che erano trasferite col vincolo della neutralità imposto nel 1815 (1).

(1) Martens, Nouv. Reo. gén., XVI, 2, 539.

cu Appendice L

Avvenimenti dopo il i859.

an. f 959.

Altri importanti mutamenti avvennero poi in Italia in cons^;ueuza delia rivoluzione e dei plebisciti.

Le Provincie di Parma, avendo nominato un'Assemblea costituente nel settembre 1859 ed avendo essa espresso il voto che le dette Pro- vincie dovessero essere annesse al Regno Sardo, il Re di Sardegna accettò la proposta di annessione il 15 settembre, ed affidò al Principe Eugenio di Savoia la Reggenza delle province parmensi. Modena segui la stessa via, avendo l'Assemblea costituente deliberato il 19 agosto l'annessione delle province modenesi al Regno Sardo. La Romagna fece lo stesso e con decreto del 18 marzo 1860 fu accettato il suo voto di annessione alle altre province italiane per costituire il Regno d* Italia. La Toscana fu pure annessa in conseguenza del plebiscito, ed ammessa a far parte integrante dello Stato con decreto del 22 marzo 1860, e lo stesso accadde delle province di Napoli, annesse con decreto del 17 dicembre dello stesso anno, e votata poi e decretata l'annessione delle province sici- liane, delle Marche, e dell'Umbria fu proclamata la costituzione del Regno d'Italia nel 1861, quando Vittorio Emanuele II assumeva, in con- formità della legge votata dal Parlamento italiano il 17 marzo di quel- l'anno, il titolo di Re d' Italia per e suoi successori.

Restavano tuttora soggette all'Austria le province di Venezia e di Mantova, ma l'Italia seppe opportunamente profittare della sopravvenuta ostilità tra l'Austria e la Prussia e si alleò con quest'ultima sottoscrivendo un trattato di alleanza offensiva e difensiva 1*8 aprile 1866. Conseguente- mente mentre gli eserciti prussiani invadevano il territorio austrìaco l'eser- cito italiano intraprendeva la guerra contro l'Austria per rivendicare le province del Lombardo-Veneto. La guerra terminò presto. L'Austria vinta a Sadowa dalla Prussia, fu costretta a domandare la mediazione della Francia per stabilire le condizioni della pace ed arrestare gli eserciti vit- toriosi che si avanzavano sulla strada di Vienna, e fu costretta a stabilire le condizioni della pace colla Prussia e coli' Italia. Essa cede dapprima all'Imperatore dei Francesi il regno Lombardo-Veneto col trattato concluso colla Francia il 24 agosto 1866. Poi fu concluso il trattato di pace defini- tivo tra l'Austria e l'Italia il 3 ottobre dello stesso anno, col quale l'Austria acconsenti a che le province Lombardo- Venete potessero liberamente esprimere col plebiscito la volontà di annettersi al Regno d' Italia, ed in

an. 4859. Trattati relatwi al Regno di arreda QU

conseguenza del voto del popolo l'annessione delle province di Venezia e di Mantova fu decretala il 4 novembre 1866.

Fu altresì uno dei patti concordati fra l'Austria e la Francia col mentovato trattato del 4866, che le frontiere del Veneto verso l'Austria sarebbero state considerate come i limiti Ira i due Stati ; che il Governo Italiano avrebbe preso a suo carico la parte del debito del Monte Lombardo -Veneto, che in virtù dell'art. 7 del trattato di Zurigo era rimasta a carico dell'Austria, e furono presi altresì opportuni accordi per regolare la condizione degli abitanti e degli originarii delle province cedute ; per determinare la partecipazione dei due Stati ai debiti e pre- stiti dei territorii ceduti, alle concessioni delle ferrovie e a quanto potea concernere gl'interessi reciproci delle parti contraenti.

Con tale trattato la costituzione del Regno d' Italia addivenne un fatto compiuto e legalizzato rispetto all'Austria.

Nel 1870 anche le province Romane furono ammesse in conformità del plebiscito a far parte integrante del Regno d' Italia col decreto del 9 ottobre di quell'anno, convaUdato poi con la legge del 31 dicembre dello stesso anno.

Codesti avvenimenti presi nel loro insieme costituiscono uno dei fatti più importanti contro l'assetto stabilito dal Congresso di Vienna e sulla distribuzione dei possedimenti territoriali da esso garantiti.

Trattato di Londra relativo al Regno di Grecia.

1863, Luglio 13.

an. 4863.

Il trattato concernente il trono di Grecia fu concluso fra la Dani- marca da un lato, la Francia, la Gran Bretagna e la Russia dall'altro, in qualità di Potenze garanti e protettrici in virtù della convenzione del 7 maggio 1832. Ottone, appartenente alla casa di Baviera, re di Grecia, era stato espulso da una rivoluzione, accaduta nell'autunno del 1862. Dopo alcune trattative, la corona, dietro consiglio delle Potenze, fu offerta dall'Assemblea greca ad un principe danese. In questo mentre la Gran Bretagna fece sapere, che essa era pronta ad abbandonare il protetto- rato delle isole Jonie, considerando che esse avrebbero potuto essere unite alla Grecia, a condizione però che le Potenze, le quali erano parti contraenti del trattato del 5 novembre 1815, volessero dare il loro con- senso, e che la Grecia rimanesse monarchia. Il re di Danimarca prese parte al trattato come rappresentante d'un membro della sua famiglia.

GIV Appendice L tn.

I principali articoli furono:

. 4. Il re di Danimarca, come rappreseniante del principe Giorgio figlio dei principe Cristiano accettava per esso prìncipe Giorgio la sovranità ereditaria della Grecia, che l'Assemblea gli aveva oflerta da parte della nazione. Esso avrebbe però il nome di Giorgio 1^ e la Grecia avrebbe formato una monarchia costituzionale indipendente.

2. Le isole Jonie avrebbero fatto parte della Grecia, qualora il Par- lamento Jonio, e le Corti di Francia, d'Austria, di Russia e di Prussia, avessero dato a ciò il loro consenso.

3. Le corone di Grecia e di Danimarca non avrebbero mai potato fondersi in una sola, e cingere il capo d'un solo Re.

4. I successori legittimi di Giorgio I avrebbero professato la fede della Chiesa ortodossa orientale.

5. La Gran Bretagna avrebbe consigliato il Governo delle Isole Jonie ad aggiungere diecimila lire sterline alla lista civile del Re greco, e le tre grandi Potenze di sopra menzionate avrebbero ceduto ciascuna ogni anno quattromila lire sterline detratte dagl' interessi del debito con- tratto dal Governo greco, onde fare una donazione al Re in di più della lista civile fissata dalla legge dello Stato (1).

Unione delle Isole Jonie alla Grecia,

1864, Marzo 29.

n. 18B4.

II trattato, relativo all'unione delle isole Jonie colla Grecia, fra le tre Potenze protettrici (sopra indicate) e la Grecia, in sostanza non fece altro, che chiamare in vigore le disposizioni prese il iA novembre 1863 dalle tre Potenze di già citate e dall'Austria.

Con tale trattato fu stabilito: i . Che le sette isole Jonie avendo manifestato il loro consenso a mezzo del loro Parlamento, ed essendo stato accettato l'abbandono fatto da parte della Gran Bretagna del protettorato di lei su di esse, avrd>- bero formato parte della monarchia greca.

2. Le isole di Corfù e di Paio colle loro dipendenze avrebbero goduto una neutralità perpetua.

Nel trattato del 14 novembre 4863 era stato provveduto che questa

(1) Martens, N, R. gèli., XVII, 279; Annuaire des DeuohMondes del 186^ 1863, XII. 999.

an. i864 Questione dei Ducati danesi CY

neutralità fosse estesa a tutte le isole Jonie e loro acque, ma in questo trattato la neutralità fii più limitata, avendo il Governo greco manifestato il desiderio che cosi si facesse.

3. Fu stabilite che dovessero rimanere in vigore tutti i trattati commerciali esistenti y e che non dovesse essere fatto ad essi nessun mutamento prima di quindici anni.

4. Fu assicurate il rispetto della Chiesa greca, riconosciuta la spe- ciale protezione goduta dalla Chiesa cattolica romana, la libertà di culto, r^uaglianzd civile a forma della Costituzione delle Isole in allora vigente.

5. L'aumento alla lista civile del re di Grecia, il quale a norma del mentovato trattato del 13 luglio 1863, la Gran Bretagna dovea con- sigliare di fare approvare, fu elTeltivamente approvato dall'Assemblea legislativa delle Isole, e dalle tre Potenze.

6. A forma del trattato del 14 novembre 1863, le fortezze di Corfù e loro dipendenze dovevano essere demolite prima che le truppe inglesi le abbandonassero. Nulla essendo stato detto intomo a ciò in questo trattato, i Greci desideravano di conservarle, ma esse furono smantellate tanto quanto fu possibile.

7. Le tre Corti garantirono alle Isole la posizione che a loro spettava, come parte del territorio di una monarchia costituzionale indipendente.

Questione dei Ducati Schleswig e Holstein.

La questione dei Ducati di Holstein e dello Schleswig, che avea cagio- nato la guerra tra la Danimarca e la Prussia nel 1848, terminata poi col trattato di Londra dell' 8 maggio 1852, fu risollevata, quando avvenne la morte di Federico VII, il 13 novembre 1863.

I Ducati di Holstein e di Lauenburg, entrambi germanici, apparte- nevano alla Danimarca, ed il Re danese avea fatto parte per tali Ducati fin dal 1815 della Confederazione germanica. Secondo le antiche Carte feudali essendo escluse le donne dalla sovranità, si sosteneva da una parte che, quando la corona danese fosse restata senza successori di linea maschile, quei Ducati dovessero essere separati dalla Danimarca. Questa eventualità era stata prevista da Cristiano Vili Re di Danimarca, il quale, essendo sul trono il di lui figlio Federigo VII, che, nonostante due mairi- monii, era restato senza prole, promulgò un Decreto per regolare la successione, onde impedire la separazione dei Ducati ed effettuare invece il disegno di mantenerli uniti più strettamente al Regno.

evi Appendice L

Le tendenze che si manifestavano, specialmente nella Germania del Nord, di attuare una maggiore unità politica tra tutti i paesi alemanni, e l'ingerenza della Dieta di Francoforte a riguardo di tutti gli Stati e Principati che formavano parte della (Confederazione germanica, fondata sulla Costituzione di quella Confederazione, giustificavano Fazione con- tinua della Dieta stessa, per impedire che quei Ducati fossero incorpo- rali alla Danimarca ed attirare THolstein nell'unione germanica. Anzi essendovi pure nello Schieswig, Ducato danese, molti di razza germanica, perchè effettivamente, se si eccettui la parte nord di esso, ivi si parla tedesco, si tendeva estendere a quel Ducato l'azione per aggregarlo alla Germania e separarlo dalla Danimarca.

Queste due opposte tendenze hanno tenuto viva la cosi détta que- stione danese, perchè da una parte i Re di Danimarca miravano ad incor- porare più strettamente quei Ducati, e le Potenze germaniche, dall'altra, miravano invece a separarli. Bisogna poi aggiungere a questo che il Ducato di Holstein sopra tutto inclinava piuttosto verso la Germania.

Il trattato di Londra del 1852 non potè risolvere definitivamente la controversia, perchè in esso la questione della successione fu riservata. La Confederazione germanica non volle neanche accettare la Costituzione pubblicata nel 1855 da Federico VII Re di Danimarca, perchè la con- siderò ispirata dall' intenzione di unire più strettamente quei Ducati alla Danimarca, mentre essa sosteneva che dovessero far parte della Confe- derazione.

Quando avvenne la morte di Federico VII, il 13 novembre 1866, la questione della successione ai Ducati divenne una contesa di attualità. Il Duca di Glucksburg, Cristiano, sali sul trono, ma la Confederazione germanica non riconobbe i suoi diritti ai Ducati come fondati sulla le^e di successione, perchè essa non l'aveva approvata, e sosteneva invece che si dovesse applicare l'antica legge. In virtù di questa diversi accam- parono i loro diritti alla successione dei Ducati, e tra gli altri il Prin- cipe d'Augustenbui^, il quale sostenendo di dover essere il successore, dichiarava che avrebbe assunto il governo di quei paesi, che a lui spet- tavano. Le sue pretese erano sostenute dalla Germania.

La questione si complicò poi, perchè Cristiano promulgò una Costi- tuzione, in virtù della quale lo ScMeswig era incorporato propriamente al regno. Le Potenze germaniche non vollero approvare tale Costituzione e sostennero il movimento dei partigiani che domandavano che dovesse essere revocata. Il re di Danimarca non volle accettare tali pretese a

Qitestione dei Ducati danesi GVll

dichiarava che avrebbe potuto abbondonare i suoi diritti sull' Holsteìn, ma che intendeva conservare integri qaelli sullo Schleswig. Fu allora che la Prussia e la Germania si reputarono sciolte dall'osservanza del trattato di Londra^ perchè esso non era stato approvato dalla Dieta ed avendo questa decretato V intervento armato per tutelare gì' interessi dei Ducati tedeschi, l'Austria e la Prussia intervennero come Potenze federali, od inlimarono a Cristiano IX, di ritirare nel termine di due giorni la Costituzione da lui applicata allo Schleswig, o ve lo avrebbero costrello colla forza.

Immediatamente il Jutland fu invaso dalle (ruppe federaU e la Dani- marca fu vinta e costretta a cedere ; prima fu sottoscritto un armistizio a Christiansfeld il 18 luglio; poi fu concluso il trattato di pace defini- tivo a Vienna il 30 ottobre 1864.

Trattato di Vienna.

1864, Ottobre 30. in. 4864.

Il trattato di pace definitivo, col quale ierininò la ^lerra contro la Dani- marca, fu sottoscritto dalla Prussia, dall'Austria e dalla Danimarca. Le condizioni imposte alla medesima furono : che il Re danese rinunziava a tutti i suoi diritti sui Ducati di Schleswig, Holstein e Lauenburg a favore dell'Imperatore d'Austria e del Re di Prussia, impegnandosi ad unifor- marsi alle risoluzioni che sarebbero state prese per provvedere all'assetto di tali paesi. Una parte dello Jutland compresa nello Schleswig, e situata a mezzogiorno della linea di confine nord del distretto di Ribe, fu pure ceduta dal Re di Danimarca per essere incorporata allo Schleswig. Fu convenuto che la Prussia e l'Austria si sarebbero fatte rimborsare le spese della guerra dai Ducati ; che la Danimarca avrebbe restituite tutte le navi mercantili prussiane, austriache e germaniche, unitamente alle mercanzie sovra di esse caricate e sequestrate durante la guerra, e quelle altresì confiscate sulle navi neutrali. Fu inoltre provveduto al riparto del debito pubblico e a regolare la condizione degli originarii dei paesi ceduti (1).

Questo trattato non fu neanche portato a cognizione della Dieta della Confederazione germanica, perchè la Prussia e l'Austria intendevano volgere a loro profitto esclusivo ì risultati della guerra. Il trattato concluso aveva mfatti attribuito i Ducati ceduti all'Austria ed alla Prussia, e non

(1) Martens, Nouv. Ree. gén., XVII, 2, 474-486.

CVIll Appendice L an. 1864.

già a profitto dei pretendenti, il Duca d'Oldenburgoe il Principe d'Austen- bourg. Le due Potenze vincitrici pensarono quindi di dividersi la conquista fatta, e a questo iine sottoscrissero la convenzione di Gasteia.

Trattato di Ga$i€in. 1865, Agosto 14.

tn. 1865.

La convenzione di Gastein fra l'Austria e la Prussia fu conclusa per dividersi i Ducali conquistati, e le parti contraenti convennero che i diritti da esse acquistati in virtù del trattato del 30 ottobre 1864 sar^bero pas- sati, per quello che concerneva THoIstein, all'Imperatore d'Austria, e per quello che concerneva lo Schlesv^^ig al Re di Prussia. Fu pure convenuto, che fino alla creazione di una flotta federale alemanna le due Potenze con- traenti avrebbero potuto servirsi del porto di Kiel per le rispettive navi da guerra, e che la Prussia avrebbe esercitato su di esso la polizia ed il comando.

Essa era inoltre autorizzata a costruire le fortezze necessarie per la difesa del porto, e sulla costa holsteinese gli stabilimenti marittimi corri- spondenti allo scopo del porto militare.

Entrambe le Potenze si riservarono il diritto di avere una guarnigione a Rendsbourg convenendo, che avrebbero alternato a vicenda il comando di essa.

La Prussia si riservò il diritto di avere due strade militari attraverso THolstein, l'una da Lubecca a Kiel, l'altra da Amburgo a Rendsbourg. Le fu inoltre concesso di condurre attraverso il territorio holsteinese un canale per congiungere il mare del nord al mare Baltico ; di acquistare i terreni necessarii per scavare il canale secondo i suoi piani ; di sorvegliare per mantenerlo in buone condizioni, e fissare inoltre la tassa di naviga- zione, ohe doveva essere eguale per le navi di qualsiasi nazione.

L'Austria dichiarò di cedere alla Prussia ogni suo diritto sul Ducato di Lauenburg, ottenendo da questa in pagamento la somma di 2,500,000 ris-doUari.

Questa convenzione di Gastein parve che dovesse risolvere definitiva- mente la questione danese, ma gli avvenimenti successivi provarono come la gelosia esistente fra l'Austria e la Prussia, ciascuna delle quali mirava ad acquistare per l'egemonia germanica, dovea trovare nella questione dei Ducati l'occasione per manifestarsi.

in. 1866. Pace di Nikolsbourg CIX

A riguardo delle altre Potenze, che erano restate estranee alla guerra, giova notare, come esse considerarono le disposizioni prese a Vienna e a Gastein, non solo contrarie ai trattati del 1815, e a quello di Londra del 1852, ma ai principii altresì del Diritto internazionale moderno. Queste furono sopratutto le vedute del Governo francese e del Governo inglese, i quali riguardarono come vere violazioni del Diritto intemazionale l'avere disposto di quei Ducati, senza che la Dieta vi avesse preso parte, gli abitanti, coloro che vantavano diritti su di essi fossero stati richiesti del loro consenso. Di ciò erano allarmati anche gli Stati di secondo ordine della Germania. La Baviera, la Sassonia e Assia-d'Armstadt proponevano che la Dieta dovesse occuparsi dell'affare dei Ducati, ed invitare le due grandi Potenze a convocare nell'HoIstein un Parlamento, onde risolvere le questioni che concernevano la costituzione dei Ducati, e Tammissione dolio Srhleswig nella Confederazione: ma questa proposta non fu accettata dalla Prussia.

Guerra tra TAustria e la Prussia.

Preliminari di Nikolsbourg. 1866, Luglio 26.

1 dissensi tra la Prussia e l'Austria, che già da lungo tempo esiste- vano, a riguardo dell'influenza e della supremazia, che ciascuna di esse intendeva esercitare nella Confederazione germanica, divennero più gravi nel 1866 a proposito dell'esecuzione della convenzione di Gastein.

L'Austria si accorse che quella convenzione era tutta a vanta^io della Prussia sua avversaria, e sosteneva, o per lo meno tollerava le pretese del Duca di Augustembourg, mentre la Prussia, che mirava ad acquistare il possesso esclusivo dei Ducati, combatteva quelle pretese, escludendo che il Duca avesse alcun diritto sullo Schles^ig

Cosi divennero più vivi i dissensi fra queste due grandi Potenze, e sei mesi scorsero in discussioni e trattative, e nell'armare e disarmare senza che gli sforzi degli altri Governi per dirimere le mali intelligenze arrivassero a far tornare in buona armonia le due Potenze rivali. Si aggiunse poi che la Prussia per annientare l'influenza dell'Austria nella Confederazione propose di riformarla e costituire un Parlamento, nel quale essa contava di poter disporre della ma^oranza dei voti.

In conseguenza di ciò i rapporti fra quelle due Potenze divennero ostili, e ne segui poi la guerra, non ostante gli sforzi riuniti della Francia, dell'In- ghilterra e della Russia per evitarla.

ex Appendice L an.1886»

Le truppe prussiane entrarono nell' Holstein ed il GoTemo prussiano dichiarò che esso lo faceva per esercitare il diritto di occupare Altona in comune coirAustria ; questa invece dichiarava che la convenzione di Gastein era violata, e che avrebbe considerato come caso di guerra, se le truppe prussiane non fossero state tosto richiamate. Poi faceva appello alla Dieta federale per ottenere l'esecuzione federale contro la Prussia, ma il Governo prussiano sostenne di non riconoscere l'autorità della Dieta e dichiarò che si riteneva sciolto dalla Confederazione fino a tanto che questa non avesse accettato il piano di riforma. Cosi scoppiò la guerra. La Prussia era alleata coli' Italia, alla quale avea promesso Venezia e le provincie soggette all'Au- stria, come patto dell'alleanza concordata col trattato sottoscritto 1' 8 aprile 1866, e gelosamente tenuto segreto.

Gli Stati della Germania si divisero, e furono per l'Austria, la Sassonia, l'Annover, Assia-Cassel, Assia-d'Armstadt, Nassau, Francoforte e gli Stati Sud-germanici, tutti gli altri Stati Nord-germanici furono per la Prussia*

La guerra fu condotta con una rapidità ed una decisione sorprendente. L'esercito annoverese fu obbligato a capitolare il 29 di giugno, ed i Prus- siani di vittoria in vittoria, riportate sopra i Sassoni e gli Austriaci, disfe- cero completamente l'esercito austriaco a Sadowa^^ aprendosi cosi la strada per Vienna. L'Italia, intanto che aveva concluso un trattato di alleanza oifensiva e difensiva colla Prussia, aveva pure dichiarata la guerra e attac- cala l'Austria nelle province Lombardo- Venete. L'Imperatore d'Austria, per arrestare gli eserciti alleati, pensò allora di domandare a Napoleone III la sua mediazione e offri la Venezia alla Francia, sottoscrivendo con essa il trattato di Vienna del 24 agosto 1866.

Questo avvenimento rallentò le ostilità, ma non le sospese ; i Prussiani continuarono a marciare avanti ; gli Italiani scontenti di dover ricevere la Venezia dalla Francia continuavano a lottare avanzandosi nel Tirolo e nel Trentino. Nonostante ciò in conseguenza dcU'azione attiva della Francia per far cessare la guerra, le proposte dei preliminari di pace furono accolte da una parte e dall'altra, e sottoscritti a Nikolsbourg il 26 luglio.

Le condizioni concordate furono le seguenti : fu dichiarato che la mo- narchia austriaca doveva essere mantenuta nella sua integrità, eccetto il Regno Lombardo- Veneto ; che l'Imperatore d'Austria riconosceva la disso- luzione dell'antica Confederazione germanica, e acconsentiva ad una nuova organizzazione della medesima e della quale l'Austria non avrebbe fatto parie; consentiva che gli Stati tedeschi posti al nord della linea del Meno avessero contratto un'unione più stretta con la Prussia, e che quelli situati

u. i8G6. Pace di Nikoìsbourg CXI

al Sud avessero formato fra di loro una unione e che i rapporti di codesti Stali uniti, con quelli uniti del Nord potessero essere regolati secondo gli accordi fra essi Stati stabiliti; che l'Austria trasferiva alla Prussia tutti i diritti da essa acquistati in virtù del trattato di Vienna, del 30 ottobre 1864, sui Ducati di Holstein e di Schleswig, riservando soltanto agli abitanti del nord dello Schleswig il diritto di manifestare col loro voto, se intendevano unirsi alla Danimarca; essa assumeva inoltre l'impegno di pagare alla Prussia a titolo d'indennità di gueiTa la somma di 40,000,000 di talleri.

Il re di Prussia assumeva l'impegno di mantenere nei cambiamenti territoriali, che avrebbero avuto luogo in Germania, i confini attuali del regno di Sassonia, si obbligava inoltre ad ottenere l'adesione dell'Italia ai preliminari della pace ed alla conclusione della pace sulle basi concor- date, appena l'Imperatore dei Francesi avesse posto il regno Lombardo- Veneto a disposizione del Re d'Italia.

Stabilita con tale trattato la sospensione delle ostilità, prima che fosse sottoscritto il trattato di pace definitivo, la Prussia concluse varii trattati con gli Stati secondari della Confederazione germanica che si erano alleati con l'Austria, ed impose ai medesimi di accettare le condizioni stipulate tra essa e l'Austria coi preliminari di pace di Nikolsboui^, e determinò la indennità di guerra che ciascuno di essi doveva pagare. Cosi essa fece col Wùrtemberg, col trattato stipulato a Berlino il 13 agosto 1866; col Gran- ducato di Baden, il 17 agosto; con la Baviera, il 28 agosto; col Granducato Assia, il 3 settembre ; col Principato di Reuss, il 26 settembre.

Furono inoltre sottoscritti a Berlino i trattati d'alleanza ofTensiva e difensiva, cioè quello del 18 agosto fra la Prussia da una parte e il Mec- klcmburg-Schwerìn, Sassonia- Weimar, Mecklemburg-Strelitz, Oldenburg, Brunswich, Sassonia- Altenburg,Sassonia-Coburgo-Gotha, Anhalt, Schwartz- burg-Sondershausen , Schwartzburg-Rudolfstaldt, Waldeck, Reuss (linea cadetta), Schaumburg-Lippe, Lippe, Lubecca, Brema e Amburgo dall'altra, pel mantenimento della indipendenza, della integrità e della sicurezza interna ed estema dei loro Stati.

Le parti contraenti si obbligavano alla difesa comune dei loro terrìtorii, che esse si garantivano a reciprocità, e convenivano che lo scopo dell'al- leanza tra essi conclusa sarebbe stato definitivamente determinato da una costituzione federale, la quale sarebbe stata stabilita in conformità delle proposte fatte dalla Pinissia, e da un Parlamento comune, che sarebbe stato convocato ; che le truppe dei Governi alleati sarebbero state poste sotto il comando del Re di Prussia, che sarebbero state regolate da con-

CXII Appendice L ao. 1806.

veDzioni particolari le prestazioni da ciascuno degli Stati alleati dovute durante la guerra; che tutti i trattati e convenzioni conclusi precedente- mente fra le parti sarebbero stati naantenuti in vigore.

I Governi alleati assumevano inoltre l'impegno di prendere le misure necessarie per procedere all'elezione dei membri del Parlamento, il quale sarebbe stato convocato di comune accordo con la Prussia, e che intanto avrebbero inviato a Berlino i loro plenipotenziarii per concordare sulle proposte fatte dal Governo prussiano, il progetto di Costituzione federale, che doveva essere sottoposto al Parlamento.

L'alleanza cosi conclusa doveva durare fino a tanto che non fosse stata costituita la nuova Confederazione, ed intanto la sua durata era fissata per un anno. L'altro trattato d'alleanza ofiensiva e difensiva fu concluso il 22 agosto fra la Prussia e la Baviera alBerlino, ed in virtù di tale trattato anche il Re di Baviera cede il comando supremo delle sue truppe al Re di Pnissia.

Pace defiaitiva tra l'Austria e la Prussia.

Trattato di Praga.

i866, Agosto 23.

tD. Ì866,

La pace definitiva tra l'Austria e la Prussia fu conclusa col trattato di Praga, fatto sulle basi dei preliminari stipulati a Nikolsbourg.

Le principali disposizioni concordale tra le parti furono le seguenti : che cioè :

1. L'Imperatore d'Austria accedeva alla dichiarazione fatta dal rap- presentante dell'Imperatore dei Francesi, che la Venezia sarebbe stata rimessa dopo la pace all'Italia e acconsentiva a che il regno Lombardo- Veneto fosse unito all'Italia.

2. L'Imperatore d'Austria riconosceva lo sciogHmento della Confe- derazione germanica e acconsentiva a che la Germania potesse essere organizzata senza la partecipazione dell'Impero d'Austria; riconosceva in pari tempo l'unione federale, che sarebbe stata fondata dal Re di Prussia tra gli Stati al nord della linea del Meno, e acconsentiva inoltre a che gli Stati al sud di questa linea avessero potuto contrarre un'unione, i vincoli della quale, colla Confederazione del nord, sarebbero stati stabiliti secondo gii accordi delle parti.

3. L'Austria rinunciava a tutti i diritti attribuiti ad essa dal trattato di Vienna, del 30 ottobre 1864, sullo Schleswig e sullo Holstein trasferendo

an. i800. Trattato di Praga CXIIl

tali diritti alla Prussia, riservando alle popolazioni del nord dello Schleswig di poter essere unite alla Danimarca, qualora esse con voto liberamente espresso avessero manifestato tale desiderio.

4. Il Re di Prussia assumeva l'impegno, conformemente ai desiderii espressi dall'Imperatore d'Austria, di lasciar sussistere nella sua integrità territoriale il regno di Sassonia riservandosi di fissare con un particolare trattato col Re di Sassonia la situazione di questa nella Confederazione del nord della Germania, e la parte delle spese di guerra ad essa attribuite, e l'Imperatore d'Austria assumeva dal canto suo l'impegno di riconoscere l'organizzazione della Confederazione del nord della Germania, come dal Re di Prussia sarebbe stata stabilita.

5. L'indennità di guerra imposta all'Austria fu (issata a 20,000,000 di talleri.

Rispetto ai trattati anteriori conclusi fra le parti fu convenuto che dovessero essere conservali in vigore quelli soltanto che non dovessero reputarsi estinti in conseguenza dello scioglimento della Confederazione germanica.

Questo trattato pose la Prussia a capo della Germania, escludendone completamente l' Austria ; accrebbe i possedimenti territoriali di essa aggiungendo a quello Stato una considerevole estensione di territorio e 4,000,000 e mezzo di abitanti; pose in potere della medesima i più im- portanti porti di mare, che le resero possibile di accrescere la sua marina militare, acquistando cosi una grande forza e una grande potenza.

Gli avvenimenti posteriori assicurarono la supremazia della Prussia. In virtù della legge votata dalle Camere prussiane 11 20 settembre 1866 fìi decretata l'annessione di Annover, Assia-Elettorale, Nassau e Franco- forte alla monarchia prussiana, e col trattato di Rerlino del 21 ottobre 1866 la Sassonia accettò le disposizioni del trattato di Praga relative ad essa. Il 17 aprile 1867 fu effettuata la Confederazione della Germania del nord, il che fu di per stesso un grande passo per attuare l'unità nazionale, a cui le popolazioni germaniche aspiravano da lungo tempo. Nel 1870, in seguilo all'iniziativa presa dal Re di Baviera, seguito poi dal Wùrtemberg e dai Granducati di Baden e di Assia, la Dieta della Confederazione della Germania dichiarò il 9 dicembre l'accessione degli Stali del sud della Ger- mania all'Unione federale fondata dagli Stati del nord, e cosi la Confede- razione germanica divenne l'Impero, la costituzione del quale ha esercitato ed esercita una grande influenza nell'attualità su tutti gli avvenimenti politici dell'epoca presente.

45 Fiore, Dir, infern. nodif.

CXIV Appendice L

Guerra franco«germaiiic

QoettioB« M LasMmborgo.

Trattato di Londra.

1867, Maggio il.

in. 4887

La Francia aveva visto a malincuore T ingrandimento della Prussia in seguilo alla guerra del 1866. Si dice che l'Imperatore Napoleone le avesse lasciato le mani libere, perchè aveva avuto promessa da Bismark nel convegno di Biarritz di ottenere un compenso territoriale dalla parte del Reno. Deluso nella sua aspettativa era naturale l'antagonismo tra le due Potenze. Questo crebbe, quando nel marzo del 1867 furono pubblicati i trattati fino allora tenuti segreti d'alleanza offensiva e difensiva tra la Prussia, la Baviera, il Wùrtemberg e il Granducato di Baden.

I dissensi incominciarono a proposito della questione del Lussem- burgo.

II Re d'Olanda come Granduca del Lussembui^o era membro della Confederazione germanica. Sciolta questa in seguilo agli avvenimenti del 1866 il Limburgo e il Lussemburgo vennero a trovarsi in una posizione veramente difficile, perchè la Prussia continuò a mantenere nella fortezza di Lussemburgo la guarnigione che era in essa mantenuta, quando questo Ducato faceva parte della Confederazione. La Francia aveva iniziato trat- tative col Re d'Olanda per ottenere la cessione de) Granducato, ma solleva naturalmente la questione se la Prussia avrebbe acconsentito a ritirare le sue truppe. Questo faceva temere un grave dissenso tra le due Potenze e la probabilità di una guerra.

Affine di evitarla una Conferenza fu riunita ad iniziativa del Re d'Olanda a Londra e, avendovi preso parte T Austria, il Belgio, la Francia, la Gran Bretagna, l'Italia, il Lussemburgo, la Russia e la Prussia, fu prima sotto- scritto un protocollo, il 7 maggio 1867, e poi un trattato da tutte le Potenze intervenute, l'il maggio dello stesso anno, onde regolare la questione del Granducato.

In virtù di tale trattato fu stabilito che il Granducato di Lussemburgo avrebbe continualo ad appartenere al Re dei Paesi Bassi come parte dei possedimenti appartenenti alla dinastia di Orange-Nassau, ma che avrebbe formato uno Stato neutro mantenendo la sua neutralità rispetto agli altri

SD. 1887. Guerra franco-prussiana CXV

Slati^ e che le parti contraenti, il Belgio solo eccettuato, essendo Stato neutro esso stesso (1), sarebbero state obbligate a rispettare la neutralità del Granducato, ed a proteggerla considerando la conservazione di essa sotto la loro garanzia collettiva.

Fu inoltre convenuto che la città di Lussemburgo non sarebbe stata considerata quale fortezza neutrale, come in passato, e che avrebbe cessato di essere fortificata riservandosi il Re granduca, di mantenervi soltanto quel numero di truppe necessarie per vegliare al mantenimento del buon ordine, e che le truppe prussiane di guarnigione nella fortezza Tavrebbero abbandonata, appena avvenuto lo scambio delle ratifiche del trattato. Il Re granduca, dalla sua parte, prese V impegno di convertire quella piazza forte in città aperta, e di non ristabilire in essa le fortificazioni, e di non creare alcun stabilimento militare.

Così avendo dichiarato il Lìmburgo e il Lussemburgo parte integrante del regno dei Paesi Bassi, ed assicurata la neutralità di essi, ogni contro- versia tra la Francia e la Prussia fu assopita.

Questione della eandidalora HobeBiollera.

Pace di Versailles.

1871, Febbraio 26. M. i87i.

I dissensi tra la Francia e la Germania, sopiti momentaneamente, rinac- quero a proposito della candidatura alla Corona di Spagna.

Rovesciato il governo della Regina Isabella II dalla rivoluzione, la Spagna cercava un Re. Il maresciallo Prim era riuscito a far accettare la Corona di Spagna dal Principe Leopoldo Hohenzollern, a cui era stata offerta. Il Re di Prussia, lontano parente e capo della Casa di lui, pareva che approvasse tale candidatura al trono vacante di Spagna, ma questo non accomodava al Governo francese, il quale si opponeva vivacemente

(1) L'articolo 2 del menzionato Trattato sottoscritto a Londra l'il maggio 1867 dall'Austria, dal Belgio, Gran Bretagna, Francia, Italia, Paesi Bassi, Prussia e Russia dice cosi:

I Le grand-duché de Luxembourg formerà désormais un État perpétuellement neutre. Il sera tenu d^observer cette neutralité envers les autres États. Les Hautes Parties contractantes s*engagent à respecter le principe de nentralité stipulò par le présent article. Ce principe est et demeure place soas la sanction de la garantie collective des puissances signataires du présent traitó, à l'exception de la Belgique qui est elle-méme un État neutre

CXVl Appt'iidice L an. 1871

alla detta candidatura, perchè diceva che cosi si miraTa a nstabiììie l'im- pero di Carlo V, e quel Governo potè ottenere che lo stesso candidato vi rinunziasse. Non contento del risultato ottenuto esso poi pretese che il Re Guglielmo di Prussia dovesse fare una dichiarazione, che cioè esso non solo approvava la rinunzia alla candidatura da parte di HohenzoUern, roa che garantiva che mai sarebbe stata riproposta.

n Re di Prussia rifiutò recisamente di accondiscendere a tale richiesta^ e non volle più concedere ulteriori udienze all' ambasciatore francese, che in seguito alle istruzioni ricevute insisteva. Questo accadeva ad Eois U 13 luglio 1870. Due giorni dopo Olivier, ministro degli Esteri, dichiarava all'Assemblea legislativa che il rifiuto del Re di Prussia di dare udienza all'ambasciatore francese doveva essere considerato come caso di guerra e domandava un credito di 50,000,000 di franchi per fare la guerra alla Germania. Molti deputati cercarono di opporsi, ma il credito fu votato, e la guerra fu dichiarata con un proclama dell'Imperatore Napoleone pub- blicato il 23 di luglio.

I principali avvenimenti di questa guerra furono i seguenti : 6 agosto, battaglia di Wòrth o di FrOschwiller ; 16 agosto, battaglia di Mars-le-Tour, presso Metz, e battaglia di Toul ; 18 agosto, battaglia di Metz; l^" settembre battaglia di Sedan; 2 settembre, capitolazione di Sedan, furono fatti 100,000 prigionieri, l'imperatore Napoleone si arrese ai Prussiani; 4 settembre, a Parigi il popolo domanda che sia dichiarata decaduta la dinastia, e procla- mata la Repubblica; 19 settembre, Parigi è investita; 23 settembre, Toul è presa ; 28 settembre, Strasburgo capitola; 27 ottobre, capitolazione di Bazaine a Metz, e del suo numerosissimo esercito; 8 novembre, Verdun è presa; 10 novembre, resa di Neuf-Brisach ; 12 dicembre, Phalsbourg si arrende ; capitolazione di Parigi, al seguito d'una convenzione stipulata a Versailles il 28 gennaio 1871, colla quale fu pure stabilito che vi sarebbe stato un armistizio generale, eccetto che sul teatro della guerra al Sud-est della Francia, e che piena libertà sarebbe stata concessa, in tutta la Francia, di procedere alle elezioni onde nominare un'Assemblea legislativa.

I preliminari di pace furono conclusi a Versailles il 26 febbraio 1871 fra la Prussia (rappresentata dal Conte di Bishark), la Baviera, il WQr- temberg e il Ducato di Baden da una parte, e la Francia dall'altra (rappre- sentata da Thiers capo del potere esecutivo, e GmLio Favre ministro degli literi). I principali provvedimenti furono i seguenti:

1. Continuazione dell'armistizio, sotto la condizione che dal 3 marzo previo avviso di 3 giorni potessero essere riprese le ostilità.

in. 4871. Guerra franco-prussiana CXVII

2. Cessione da parte della Francia a favore dell'Impero germanico di tutti i suoi diritti e titoli sui territori! situati all'est della frontiera descritta e designata su di una carta del territorio, pubblicata a Berlino nel settembre 1870 daHa divisione geografica dello Stato maggiore.

Il territorio cosi ceduto comprendeva principalmente l'Alsazia ed una p|irte della Lorena; i dipartimenti del basso Reno e dell'alto Reno fino al cantone di Belfort; una piccola parte di quella della Meurthe ed una gran parte di quello della Mosella.

La Francia si obbligava a pagare alla Germania, a titolo d'indennità di guerra, cinque miliardi, dei quali uno nel 1871, il resto entro tre anni, e la Prussia si riservava il diritto di continuare ad occupare una parte del territorio francese e di evacuarlo a misura che sarebbe stata pagata la indennità di guerra.

Altri provvediménti concordati concernevano la restituzione dei pri- gionieri e l'amministrazione dei dipartimenti francesi, che dovevano tut- tora rimanere occupati dalie truppe tedesche.

Trattato di Pace di Francoforte*

i87i, Maggio 10. «n. 4871.

La pace definitiva tra la Germania e la Francia fu conclusa col trattato sottoscritto a Francoforte. Tale trattato rettificò i confini, che erano stati fissati nel trattato preliminare. La città di Belfort col suo territorio fu data alla Francia, e il Governo tedesco si mostrò disposto ad estendere il raggio di questo territorio in maniera da comprendere altri villaggi, e la parte occidentale dal cantone di Fontaine, ma alla condizione che il Governo francese avesse acconsentito ad una rettifica di confini fra i limiti del Lus- semburgo ed il fiume Ome, verso l'estremità nord dei territorii acquistati dalla Prussia.

Altri articoli concernono la condizione dei Francesi orìginarii dei ter- rit<HÌi ceduti o in essi domiciliati ; il regolamento del pagamento della indennità di guerra, della consegna degli archivi, dei depositi fatti dai Dipartimenti o Comuni dei paesi ceduti, ed altri oggetti d'interesse politico ed amministrativo.

Con questo trattato le frontiere della Francia verso l'ovest furono ridotte a quelle che erano tre secoli prima nel 1552 e il Re di Prussia, che aveva preso già il titolo d'Imperatore di Germania, aggregò al suo Stato 1 ,597,765 abitanti.

CXVIU Appendice L

Conferenza e trattato di Londra,

1871, Marzo 13.

aa. 1871 .

IM3 marzo 4871 furono fatte a Londra, dalle Potenze le quali avevano preso parte al trattato di Parigi del Ì856, alcune modificazioni riguardanti la regola che neutralizzava il Mar Nero.

Nell'ottobre 1870 subito dopo la caduta del secondo Impero 3 Governo russo dichiarò alle altre Potenze firmatarie, che Tlmperatore non si poteva più a lungo considerare obbligato ad osservare le restrizioni del 1856, concementi i suoi diritti di sovranità sul Mar Nero, la speciale convenzione allora dalla Russia fatta colla Turchia, e che determinava il numero e la grandezza delle navi, le quali queste due Potenze riverane permettevano l'una all'altra di tenere nel Mar Nero. Le ragioni messe innanzi in appoggio di queste rimostranze erano cosi frivole da far mera- vigliare come si avesse animo di farle note. Esse erano: ì^ una insignifi- cante dissonanza, fra il trattato principale del 1856, e la convenzione degli Stretti ad esso annessa ; 2o che il trattato era stato violato dalle grandi Potenze nella sua lettera e nel suo spirito, avendo esse riconosciuta Tunione dei Principati danubiani fatta dalla rivoluzione ; 3^ che gli Stretti erano stati aperti ai bastimenti da guerra stranieri, violando cosi i patti del trat- tato; A^ che il modo di guerreggiare in mare era cambiato a cagione della invenzione delle navi corazzate, cosicché i porti russi si trovavano esposti ad attacchi improvvisi, da parte di nemici, i quali avrebbero potuto farsi strada attraverso gli Stretti. Si adduceva inoltre che le stipulazioni del 1856 erano offensive ed umilianti per la Russia, e che probabilmente l'opinione dell'Europa trovava giuste le osservazioni dell'Imperatore.

Le affermazioni della Russia furono prese in considerazione a Londra, nel gennaio 1871, da una Conferenza, la quale determinò di annullare gli artìcoli XI, Xin, XIV del trattato di Parigi, e la convenzione concernente gli Stretti, stipulata fra la Russia e la Turchia (1), e vi fu sostituito il seguente articolo : « Il principio della chiusura degli Stretti dei Dardanelli e del Bosforo, stabilito dalla convenzione speciale del 30 marzo 1856, è mantenuto col diritto, dalla parte di Sua Maestà imperiale il Sultano, di

(1) Al termine della prima seduta dei rappresentanti fu dichiarato (volAndo al certo alludere al modo col quale aveva agito lo Czar) che nessuna Potenza poteva sciogliersi dagli impegni di un trattato, modificarne le stipulazioni se non avesse prima ottenuto il consenso delle altre parti contraenti, col mezzo di ami- chevoli Irattative (Il protocollo si trova nel Noni . Ree. gén.^ XVIII, pag. 278),

èD. 4871. Ckmferenza di Londra (1871) CJLIX

aprire detti Stretti in tempo di pace alle navi da guerra delle Potenze ed amiche ed alleate, nel caso che la Sublime Porta lo credesse necessario a fine di assicurare l'esecuzione del trattato di Parigi del 30 marzo 1856 9. A questo trattato trovasi unita una convenzione fra la Russia e la Turchia, .a quale abroga la convenzione degli Stretti che era stata stipulata a Parigi fra la stessa Porta il 30 marzo 1856.

Cosi fu dato alla Russia di poter rivendicare il proprio diritto di mantenere le sue flotte nel Mar ^ero, e fu concesso alla Turchia di poter legalmente aprire in tempo di pace gli Stretti alle navi da guerra dei suoi amici, i quali fossero nemici della Russia, onde garantirsi contro questa, e farle rispettare il trattato.

Questione dell'Alabama.

Stati Uniti d* America e Gran Bretagna.

Trattato di Washington.

1871, Maggio 8. n. 4874

La controversia tra gli Stati Uniti d'America e la Gran Bretagna ebbe origine in occasione della guerra combattuta in America tra gli Stati, che (ormavano parte dell'Unione, i quali volevano separarsi nel 1861, in con- seguenza dei dissensi avvenuti tra loro a proposito dell'abolizione o con- servazione della schiavitù.

Il Governo degli Stati Uniti, il quale considerava i separatisti del Sud come ribelli, sosteneva che quello della Gran Bretagna aveva serbata una condotta ostile verso di lui, dal principio alla fine della ribellione, per avere dato loro un appoggio morale riconoscendoli come belligeranti, mentre non esistevano le condizioni per essere riconosciuti tali, ed inoltre per avere mancato ai doveri della neutralità in conseguenza dell'avere permesso che i medesimi, nelle acque territoriali inglesi, dopo avere fatto costruire delle navi, le avessero armate ed equipaggiate per servirsene nella guerra. Detto Governo adduceva inoltre che quello inglese aveva permesso e tollerato che i belligeranti del Sud si fossero serviti dei porti e delle acque inglesi per rinnovare ed aumentare le provvigioni militari ; accrescere i loro armamenti ed assoldare uomini, e di aver mancato di punire tutti coloro, che dentro la giurisdizione territoriale inglese avevano violati i doveri della neutralità. Per queste ragioni tutte gli Stati Uniti reclamavano dalla Gran Bretagna il rifacimento di ogni danno, che era stalo cagionalo dalle navi corsare, armate dai separatisti per fare la guerra*

r.xx Appendice L aa. I8ìl.

Le lunghe discussioni agitate in via diplomatica tra i due Governi, che fecero nascere il perìcolo di una guerra, condussero poi alla conclusione del trattato concluso a Washington 1*8 ma^io 1871, col quale i due Go- verni convennero di «ottometiersi ad un arbitrato per mettere fine a tutti i dissensi relativi ai reclami fatti dagli Stati Uniti, e non accettati da S. M. Britannica a proposito degli atti commes^ durante la guerra dalle navi dei separatisti del Sud, e indicati sotto il nome generico di reclami delTAlabama.

Avendo determinato col trattato stesso come il tribunale arbitrale doveva essere costituito e le norme generali del procedimento» le parti si trovarono d'accordo nello stabilire le regole secondo le quali gli arbitri dovevano decidere le controversie insorte, ammettendo che esse parti intendevano, che di tali regole, dovesse essere fatta speciale applicazione alla questione, lasciando agli arbitri di tener conto altresì dei prìncipii di Diritto internazionale, che con le regole concordate non fossero incom- patibili'. Ed ecco le tre regole come furono concordate coU'articolo 6* del mentovato trattato.

Un Governo neutrale è obbligato:

1. a fare tutte le diligenze per impedire nei limiti della sua giuris- dizione territoriale, che una nave sia messa in grado di prendere il mare; che sia armata od equipaggiata, quando codesto Governo abbia sufficienti motivi per pensare che la detta nave sia destinata ad incrociare, a far atti di guerra contro una Potenza, con la quale esso medesimo è in pace. Esso deve egualmente fare tutte le diligenze necessarie per opporsi a che una nave destinata a incrociare od a fare atti di guerra, come è detto qui sopra, lasci i limiti della sua giurisdizione territoriale nel caso che fosse stata spe- cialmente adattata, sia nel totale sia in parte, ad usi guerreschi ;

2. Un Governo neutrale non deve permettere tollerare che uno dei belligeranti si serva dei suoi porti e delle sue acque come base Hi operazione navale contro un altro belligerante; non deve permettere, tollerare, neppure che uno dei belligeranti rinnovi od aumenti le sue provvigioni militari, che si procacci armi, o che recluti soldati;

3. Un Governo neutrale è obbligato di fare tutte le diligenze richieste nei suoi porti e nelle sue acque a fine di prevenire ogni violazione delle obbligazioni e dei doveri qui sopra annunziati, ed a procedere smche contro tutte le persone, che si trovino nella sua giurisdizione.

Il Governo inglese ebbe cura di dichiarare che tali regole, come erano state formulate, non potevano essere reputate come principio del diritto

«n, 4871, Questione delV Alabama CXX.

delle genti vigente al momento in coi avvennero i fatti, ai quali si riferi- vano i reclami degli Stati Uniti, ma che non pertanto esso acconsentiva a che gli arbitri, nel decidere le questioni sollevate in conseguenza dei reclami, tenessero presenti le dette regole, come erano state formulate, a fine di decidere se il Governo inglese avesse conformato la sua condotta ad esse (art. VI).

Le parti contraenti convennero inoltre (art. VII) che, qualora il tribu- nale avesse deciso che la Gran Bretagna avesse mancato ad uno o più dei doveri prescritti dalle tre regole, avrebbe potuto condannarla a pagare agli Stati Uniti una somma determinata come corrispettivo delle sue obbliga- zioni come Potenza neutrale.

Le alte parti contraenti s' impegnavano a considerare le decisioni del tribunale arbitrale come un aggiustamento completo, assoluto e definitivo di tutte le vertenze relative ai reclami prodotti (art. XI).

Il tribunale arbitrale, in conformità di quanto era stato stabilito col trattato, si riunì a Ginevra il 15 dicembre 1871, essendo stati nominati due dei suoi membri, uno dall' Inghilterra e l'altro dagli Stati Uniti e gli altri tre uno dalla Svizzera, uno dall'Italia ed uno dal Brasile.

I particolari relativi a questo afiare sono molto importanti, essendo' sorti diversi incidenti e a riguardo del procedimento e a riguardo dei limiti della competenza, tanto che parve che il tribunale arbitrale si dovesse sciogliere senza potere risolvere la controversia. Pur tuttavia esso, essen- dosi aggiornato secondo la decisione presa il 16 dicembre 1871, si riunì novellamente il 15 giugno 1872 e dopo avere a lungo esaminato l'affare rese la sua sentenza il 14 settembre dello stesso anno.

Avendo stabilito quale dovesse essere V interpretazione da darsi ad alcuni punti delle tre regole tra i due Governi concordate col mentovato trattato di Washington, esso ebbe a considerare che le circostanze tra le quali erano avvenuti i fatti che avevano dato luogo ai reclami, erano tali da fare ammettere, che il Governo di S. M. Britannica non aveva usato la dovuta diligenza che, in conformità delle regole concordate, doveva rite- nersi doverosa per ogni Governo che avesse dichiarata la neutralità, come l'aveva dichiarala il Governo della regina col proclama del 13 maggio 1861 ; che la diligenza dovuta da un Governo neutrale doveva essere valutata in ragion diretta dei danni che potevano derivare per l'uno o per Taltro dei belligeranti in conseguenza della mancata osservanza dei doveri della neu- tralità; che il Governo di S. M. Britannica aveva mancato per omissione ai doveri prescritti secondo Tuna o l'altra delle tre regole stabilite col trattato

CXXII Appendice L an. 187i

di Washington e, facendo poi l'applicazione dei principii alle navi Alabama, Floriday Oreto, Shenandoah ritenne a maggioranza la Gran Bretagna tenuta al rifacimento dei danni derivanti dalla sua omissione, e la condannò a pagare in blocco agli Stati Uniti la somma di 15,500,000 dollari in oro a titolo d'indennità.

Questa sentenza è stata considerata come uno dei fatti più importanti per mettere in evidenza l'autorità dei tribunali arbitrali, addimostrando di fatto come essi possano riuscire a risolvere gravi controversie intemazio- nali fra le grandi Potenze. Molti principii di Diritto internazionale forono discussi lungamente in occasione di questo affare.

Tra gli altri si trova pure questo, che cioè il privilegio diestraterritoria- lità accordato alle navi da guerra è stato introdotto nel Diritto pubblico non già come un diritto assoluto, ma soltanto come un procedimento di cortesìa e di deferenza tra gli Stati, e che non potrebbe essere invocato per coprire gli atti contrari alla neutralità da un Governo che potesse essere reputato col- pevole delle conseguenze derivanti dalla violazione dei doveri da parte sua.

Nel trattato di Washington le parti contraenti si erano impegnate a con- siderare le regole concordate non solo obbligatorie a riguardo della loro condotta reciproca in avvenire, ma di portarle altresì a cognizione delle altre Potenze marittime invitandole ad aderirvi (art. 6). In Inghilterra però molti disapprovarono l'interpretazione data dagli arbitri alle tre regole e, nella discussione avvenuta nel Parlamento inglese il 21 marzo 1873, fu latta la mozione che, qualora il Governo della regina volesse portare a cognizione degli altri Governi le regole concordate col trattato di Washington, dovesse dichiarare che la Gran Bretagna non poteva accettare i principii sui quali la sentenza arbitrale era stata fondata. Nell'attualità bisogna quindi considerare quello che fu ritenuto e stabilito dal tribunale arbitrale di Ginevra, come interpretazione ed applicazione fatta delle regole concordate col trattato al caso particolare deciso e non già come una dichiarazione dei principii del Diritto intemazionale obbligatori per tutti gli Stati o per altri giudici, che fossero chiamati a decidere casi simiglianti.

Guerra RaBso^Turca.

Trattato di Berlino.

1878, Luglio 43.

an. 1878.

I moti insurrezionali scoppiati nell'Erzegovina nel 1875 e 1876, e i mas- sacri commessi nella Bulgaria contro i Cristiani dai Circassi unitamente ad altri Maomettani furono l'occasione della guerra tra la Russia e la Turchia.

tn.i878. Trattato di Berlini del 1878 CXXHl

La Serbia ed il Montenegro avevano cominciato la lotta l'una sotto il prìncipe Milano ObrenawUchy l'altro sotto il principe Nicolas I. Pareva che la Russia favorisse questi movimenti ; il principe Milano aveva posto infatti alla festa del suo esercito un generale russo, Tchema^ieff; ma codesto esercito, incompletamente oi^nizzato^ fu battuto, benché gloriosamente, ad AlexinaU e a Deligrad. Il Montenegro aveva mostrato dal canto suo un'indomabile energia, ma anche l'esercito del principe Nicolas sarebbe stato sopraffatto dalle forze superiori, se la Russia non fosse intervenuta. Essa colse il pretesto per intervenire dalle atrocità commesse nella Bul- garia e dall'impotenza del Governo turco a reprimere i disordini nelle Provincie insorte. Fa prima in seguito alle istanze del Governo russo riu- nita una Conferenza a Costantinopoli, nel dicembre 1877, con lo scopo: di far cessare quel deplorevole stato di cose e di migliorare la situazione intema dell'Impero turco, onde impedire che fosse sollevata la questione d'Oriente, che minacciava la tranquillità dell'Europa. Il risultato della Con- ferenza fu il protocollo sottoscritto dalle Potenze intervenute a Londra il 31 marzo 1877, cioè dall' Austria-Ungheria, dalla Francia, dalla Germania, dalla Gran Bretagna, dall'Italia e dalla Russia. I rappresentanti di detti Stati presero atto della conclusione della pace colla Serbia ed eccitarono la Porta ad attuare le riforme necessarie nei Principati e ad impedire che si rinnovassero i massacri simili a quelli che avevano funestata la Bulgaria.

La Turchia non volle accettare alcun consiglio e la Russia profittando di questa condotta di lei, con cui aveva indisposto tutti gli Stati e la stessa Inghilterra (che si mostrava eccitata per i massacri commessi nella Bul- garia), dichiarò la guerra alla Turchia. Essa fece assegnamento non solo sul suo formidabile esercito, ma su qnello altresì delia Romania pronta a combattere per acquistare la propria indipendenza, e sui movimenti insur- rezionali che agitavano la Serbia, il Montenegro, la Bosnia, l'Erzegovina ed anche le provincie della Grecia.

Il 27 giugno 1877 gii eserciti russi valicarono il Danubio.

L'esito della guerra fu sfavorevole alla Porta. La disfatta di Osman- Pascià assicurò il trionfo della Russia egli eserciti di questa invasero i Bal- cani e non vi era più modo di arrestare la loro marcia trionfale verso Costantinopoli .

La Porta, appoggiata dall' Inghi terra, domandò un armistizio, che fu sottoscritto a Kasanlik il 29 gennaio 1878; ma l'esercito russo continuò nonostante la sua marcia su Adrianopoli e poco dopo su Costantinopoli il 10 febbraio. L'Inghilterra fu sorpresa di si rapidi risultati. La sua armata

CXXIV Appendice L aa. fSTS

entrò nel mare di Marmora per soccorrere la capitale minacciata ; ma il trattato sottoscritto a Santo Stefano il 3 marzo 1878 pose termine alJa guerra.

Il trattato Santo Stefano emozionò vivamente l'Europa e sopratutto ringhiterra. Quel trattato infatti assicurava l'egemonia della Russia in Oriente. Il Governo russo si era riservato il diritto di organizzare la Bul- garia, stabilendo, ali* art. 7, che tutto dovesse essere fatto sotto la sorve- glianza di un commissario russo e che per mantenere l'organizzazione e l'amministrazione futura di quel Principato tutto sarebbe stato a questi confidato; che avrebbe sorvegliato il nuovo ordine di cose esercitando a tale effetto le sue funzioni per due anni ; che le (ruppe russe avrebbero occupata la Bulgaria finché non fossero state organizzate le milizie indi- gene ; che il Montenegro sarebbe costituito come Principato indipendente, ma che le frontiere sarebbero state regolate dalla Russia d'accordo con l'Austria; che nella Serbia, riconosciuta pure come indipendente, le fron- tiere sarebbero state nello stesso modo determinate e che tutte le contro- versie relative alle proprietà sarebbero state decìse da una Ciommissione turco-serba assistita da un commissario russo ; che la Porta avrebbe pagato a titolo d'indennità di guerra la somma di 1,450,000,000 di rubli, ma sic- come non poteva pagarla, cosi avrebbe dato in correspettivo una conside- revole estensione di territori, che dovevano essere reputati cedati alla Russia in pagamento della convenuta indennità di guerra, la quale sarebbe slata così ridotta a 300,000,000 di rubli.

Altri patti concordati annientavano completamente quanto trovavasi stabilito col trattato di Parigi del 1856.

Appena fu conosciuto quel trattato l'Inghilterra prese il partito di mobi- lizzare tutte le sue milìzie per impedire che esso avesse effetto. La guerra generale era inevitabile, il Governo inglese aveva infatti chiamato sotto le armi tutte le riserve ed anche i reggimenti delle Indie. L'impera- tore delle Russie si arrestò dinanzi all'eventualità di una guerra generale, e fu risoluto di sottomettere ad un Congresso di rivedere il trattato di Santo Stefano e stabilire le condizioni della pace. Fu designata come sede del Congresso Berlino, ed ivi fu riunito il 13 giugno 1878. Dopo un mese di conferenze e di negoziati il trattato Santo Stefano fu modificato con quello stipulato a Berlino e sottoscritto il 13 luglio 1878.

Siccome i provvedimenti mediante tale trattato stabiliti sono del mas- simo interesse nell'attualità, noi riferiamo il testo di tale importante documento :

111.1878. Trattato di Berlino del 1878 CXXV

Bulgaria.

ART. I. La Bulgarie est constituée en Principauté autonome et tributaire sous la suzeraincté de S. M. le Sultan; elle aura un Gouvernement chrétien et une rnilice nationalc.

Art. il La Principauté de Bulgarie comprendra ics territoires ci-aprcs:

La frontière suit, au Nord, la rive droite du iJanube depuis Tancienne fron- tière de Servio, jusqu^àun point à determincr par une Commission européenne à r£st de Silistrie et, de là, se dirige vers la mer Noirc au Sud de Mangalia, qui est rattaché au tcrritoire roumain. La mer Noire forme la limite Est de la Bulgarie. Au Sud, la frontière remonte, depuis son embouchure, le talweg du ruisseau près duquel se trouvent les villages Hodzakioj, Selan-Kioj, Aivadsik, Kulibe, Sudzuluk; traverse obliquement la vallèe du Deli Ramcik, passe au Sud de Belibe et de Kemhalik et au Nord de Hadzimahale, après avoir franchi le Deli Kamcik à deux kilomètres et demi en amont de Cengei; gagne la créte à un point situé en Tckenlik et Aidos-Dredza et la suit par Earnabad Balkan au Nord de Rotei, jusqu'à Demir Kapu. Elle continue par la chaine principale du grand ' Balkan, dont elle suit tonte Tètendue jusqu'au sommet de Eosica.

elle quitte la créte du Balkan, descend vers le Sud entre les villages de Pirtop et de Duzanci, laissés Tun à la Bulgarie et Tautre à la Roumélie orientale, jusqu*au ruisseau de Tuzlu Dere, suit ce cours d'eau jusqu'à sa jonction avec la Topolnica, puis cette rivière jusqu'à son confluent avec Smovskio Dere, près du village de Petricero, laissant à la Roumélie orientale une zone de deux kilomètres de rayon en amont de ce confluent, remonte entre les ruisseaux de Smovskio Dere et la Kamenica suivant la ligne de partage des eaux, pour tourner au Sud-Ovest à la hautcur de Yoinjak et gagner directement le point 875 de la carte de Tétat- major aulrichien.

La ligne frontière coupé en lignc droite le bassin supérieur du ruisseau d'Ich- timan Dere, passe entre Bogdina et Karaula, pour retrouver la ligne de partage des eaux séparant les bassins de Tlsker et de la Marica, entre Camurli et Hadiilar, suit cette ligne par les sommets de Velina Mogila, le col 531, Zmailica Yrh, Sum- niatica et rejoint la limite administrative du Sandjak de Sofia entre Sivri et Tas Cadir Tepe.

De Cadir Tepe, la frontière se dirigeant au Sud-Ovest suit la ligne de partage des eaux entre les bassins de Mesta Karasa d*an coté, et de Struma Karasu de Tautre, longe les crétcs des montagnes des Khodope appelées Demir Kapu, Iskof- tepe, Kadimesar Balkan et Aiji Gedùk jusqu^à Kapetnik Balkan et se confond ainsi avec Tancienne frontière administrative du Sandjak de Sofìa.

De Gapetnik Balkan, la frontière est indiquée par la ligne de partage des eaux entre les vallées de la Rilska reka et de la Bistrika reka et suit le contre-fort appelé Yodcnica Planina, pour descendre dans la vallèe de la Struma au confluent de cette riviere avec la Biskra reka, laissant le village de Barakli à la Turquie. Elle remonto alors au Sud du village de Jeesnika pour atteindre, par la ligne la plus courte, la chaine de Goleraa Planina au sommet de Gitka et y rejoindre l'ancienne

CXXVl Appendice D aa. 19S.

admmistratiYe du Sandjak de Sofia, laissant toutefois à la Turquie li totalité da bassin de la Suho reka.

Du mont Gitka, la frontière Ovest se dirige vers le mont Croi Yrh par leg montagnes de Rarvena Jabuka, en suivant Tancienne limite administratÌTe dtt Sandjak de Sofia, dans la parile supérieure des bassins d*Egrìsu et de la Lepnica, gravit avec elle les crétes de Sabina polona et arrìve au mont Orni Yrh.

Du mont Crnl Yrh, la frontière suit la ligne de partage des eaux entre la Struma et la Morawa par les sommets de Streser, Yilogolo et Mesid Planina, rejoint par la Gacina, Crna Trava, Darvkowska et Drainica pian, puis, le Descani Kladanec la ligne de partage des eaux de la Haute Sukowa et de la Morawa, va directe- ment sur le Stol et en descend pour couper à iOOO mètres au Nord-Ovest du vfl- lage de Segusa la route de Sofia a Pirot Elle remont en ligne droite sur la Yidlic Planina et, de là, sur le mont Radocina dans la chalne de Kodza Balkan, laissant a la Servie le village de Doikincie*et à la Bulgarie celui de Senakos.

Du sommet du mont Radocina la frontière suit vers TOvest la créte des Balkans par Ciprovec Balkan et Stara Planina, jusqu'à Tancienne frontière orientale de la Principauté de Servie près de la Eula Smiljova Guka, et, de là, cette ancienne fron- tière jusqu*au Danube, qu'elle rejoint à Rakovitza.

Cette délimitation sera fìxée sur les lieux par la Gommission européenne, cu les Puissances signataires seront représentées. Il est entendu :

1. Que cette Gommission prendra en considération la nécessité pour S. M. le Sultan de pouvoir défendre les frontières du Balkan de la Roumélie orientale;

2. Qu' il ne pourra ètre èlcvé des fortifications dans nn rayon de dix kilo- mètres autour de Samakow.

Art. III. Le prince de Bulgarie sera librement élu par la population et con- firme par la Sublime Porte avec l'assentiment des Puissances. Aucun membre des Dynasties régnantes des grandes Puissances européennes ne pourra ètre élu Prince de Bulgarie.

En cas de vacance de la dignité princière, l'élection du nouveau Prince se fera aax mémes conditions et dans les mémes formes.

Art. IV. Une assemblée de notables depuis convoquée la Bulgarie à Tirnovo, elaborerà, avant Télection du Prince, le règlement organique de la Principauté.

Dans les localités les Bulgares sont mélés à des populations turques, ron- maines, grecques ou autres, il sera tenu compte des droits et des intéréts de ces populations en ce qui concerne les éléctions et l'élaboration du règlement organique.

Art. V. Les disposi tions suivantes formeront la base du droit public de la Bulgarie.

La distinction des croyances religieuses et des confessions ne pourra étre opposée à personne comme un motif d'exclusion ou d'incapacité en ce qui concerne la jouissance des droits civils et politiques, Tadmission aux emplois publics, fone- tions et honneursou Texercice desdifTérents professions et Industries, dans quelque localité que ce soit.

La liberté et la pratique extérieure de tous les cultes sont assurées à tona les ressortissants de la Bulgarie aussi bien qu*aux étrangers, et aucune entrave ne pourra ètre apportée soit à Torganisation hiérarchique deSiiilfi'érentes communionSy Boit à leurs rapports avec leurs chefs spirituels.

«n.i878. Trattato di Berlino del 1878 GXXVU

Art. vi. L'administratioo provisoire de la Bulgarie sera dirigée jusqn'à Tachè- ▼ement da réglement organique par nn Gommissaire Imperiai* Russe. Un Com- missaire Imperiai Ottoman ainsi que les Consuls délégués ad hoc par les autres Puissances signataires da présent Traité seront appelées à l'assister, à Teffet de contròler le fonctionnement de ce regime provisoire. £n cas de dissentiment eotre les CoDSttls délégués, la majorité deciderà, et, en cas de divergences entre cette majorité et le Gommissaire Imperiai Russe ou le Gommissaire Imperiai Ottoman, les Reprósentnnts des Puissances signataires à ConstantiDople, réunis en Gonfé- rence, devront prononcer.

Art. vii. Le regime provisoire ne poarra ótre prolongé au delà d*un délai de neuf mois à partir de réchéanee des ratifications du présent Traité.

Lorsque le règlewettl organique sera termine, il sera procède immédiatement à l'élection du Prince de Bulgarie. Aussitdt que le Prince aura été institué, la noii- velle urganisatioa sera mise en vigueur, et la Principauté entrerà en pleine jouis- sance de son autonomie.

Art. Vili. Les Traités de commerce et de navigation, ainsi que toutes les Gon- ventions et arrangements conclus entre les Puissances étrangéres et la Porte, et aujourd*hui en vigueur, sont maintenus dans la Principauté de Bulgarie, etaucun changement n*y sera apporté à Tégard d'aucune Puissance avant qu'elle y ait donne son consentement.

Aucun droit de transit ne sera prélevé en Bulgarie sur les marchandises tra- versant cette Principauté.

Les nationaux et le commerce de toutes les Puissances y seront traités sur le pied d'une parfaite égalité.

Les immunités et priviléges des sujets étrangers, ainsi que les droitsdejuridic- tion et de protection consulaires tels qu'ils ont été établis par les Gapitulations et les usages, resteront en pleine vigueur, tant qu'ils n*auront pas été modifiés du consentement des Parties intéressées.

Art. IX. Le montant du tribut annuel, que la Principauté de Bulgarie payera ^ la Gour Suzeraine, en le versant à la Banque, que la Sublime Porte designerà tiltérieurement, sera déterminé par un accord entre les Puissances signataires da présent Traité, à la fin de la première année du fonctionnement de la nouvelle organisation. tribut sera établi sur le revenu moyen du territoire de la Prin- cipauté.

La Bulgarie devant supporter une part de la dette publique de l'Empire, lorsque les Puissances détermineront le tribut, elles prendront en considération la partie de cette dette, qui pourrait ètre attribuée à la Principauté sur la base d'une équi- table proportion.

Art. X. La Bulgarie est substituée au Gouvernement Imperiai Ottoman dans -ses charges et obligations envers la Gompagnie du chemin de fer de Routschoak- Varna, à partir de Téchange des ratifications du présent Traité. Le rèp^lement dea comptes antérieurs est réservé à une entente entre la Sublime Porte, le Gouverne- ment de la Principauté et l'administration de cette Gompagnie.

La Principauté de Bulgarie est méme substituée, pour sa part, aux engagements <iue la Sublime Porte a contraclés tant envers l'Autriche-Hongrie qu'envers la Compaguio puur Texploitation des chemins de fer de la Turquie d'Europe, par

CXXVIII Appendice L aa. fSTS

rappori à rachòvement et au raccordement ainsi qu'à rexploitation des lignes férrées situées sur son territoire.

Les Conventions nécessaires pour régler ces questiona seront conclues entre rAutriche-Hongrie, la Porte, la Servie et la Principauté de Bulgarie immédiatement après la conclusi on de la paix.

Art. XI. L'armée ottomane ne séjournera plus en Bulgarie; toutes les anciennes forteresses seront rasées aux fì*ais de la Principauté dans le délai d'un an, ou plus tòt si faire se peut; le Gouvernement locai prendra immédiatement des mesures pour les détruire et ne pourra en faire construire de nouvelles. La Sublime Porte aura le droii de disposer à sa guise du matèrici de guerre et autres objets appar- tenant au Gouvernement Ottoman et qui seraient restés dans les forteresses da Danube déjà évacuées en vertu de rarmistice du 31 Janvier, ainsi que de ceux qui se trouveraient dans les places fortes de Schoumla et de Yama.

Art. XII. Les propriótaires musulmans ou autres qui fixeraient leur residence personnelle hors de la Principauté, pourront y conserver leors immeubles en )es afiermant ou en les faisant administrer par des tiers.

Une Commission turco-bulgare sera chargée de régler, dans le courant de deux années, toutes les afiaires relatives au mode d'aliénation, d*exp]oitation ou d'nsage pour le compie de la Sublime Porte, des propriétés de TÉtat et des fon- dations pienses (vakoufs), ainsi que les questiona relatives aux intéréts des parti- cnliers qui ponrraient s'y trouver engagés.

Les ressortissants de la Principauté de Bulgarie qui voyageront ou séjoumeront dans les autres parties de TEmpire Ottoman seront soumis aux antorités et anz lois oUomanes.

Jiumelia Orientale.

Art. XIII. Il est formée au Sud des Balkans une province qui prendra le nom de I Boumélie orientale i et qui resterà placée sous Tautorité polilique et militaire directe de S. M. le Sultan dans des conditions d'autonomie administrative. Elle aura un gouverneur general chrétien *.

Art. XIV. La Roumélie Orientale est limitée au^ord et au Nord-Ovest par la Bulgarie et comprend les territoires inclus dans le trace suivant (segue la deter- minnzione dei confini).

Art. XV. S. M. le Sultan aura le droit de pourvoir à la défense des frontières de terre et de mer de la Province en élevant des fortifications sur ces frontières et en y entretenanl des troupes.

L'ordre intéri eur est maintenu dans la Roumélie Orientale par une gendar- merie indigène assistée d'une milicc locale.

Pour la composition de ces deux corps, dont les ofQciers sont nommés par le Sultan, il sera tenu compie, suivant les localités, de la religion des habitants.

S. M. le Sullan s'engage à ne point employer des troupes irrégulières, telles que bachibozouks et circassiens, dans les garnisons des frontières. Les troupes

n Colla rivoluzione del 18 settembre 1885 la Rumelia orientale dichiarò la sua unione alla Bulgaria. II principe di Bulgaria è anche governatore della Kumelia a nome del Sultano.

iB. 1878. Trattato di Berlino del 1878 CXXIX

rógulières destinées à ce service, ne pourront, en aucun cas, ètre cantonnées chez les habitants. Lorsqu'elles traverseront la Province, elles ne pourront y faire de séjour.

Art. XVI. Le Gouverneur general aura le droit d'appeler les troupes ottomanes dans les cas la sécurité intérieure ou eztérieure de la Provìnce se troaverait menacé. Dans l'éventualité prévue, la Sublime Porte devra donner connaissance de cette décision, ainsi que des nécessités qui la justifient, aux Représentants des Puis- sances à Constantinople.

Art. XVII. Le Gouverneur general de la Roumélie Orientale sera nommé par la Sublime Porte, avec l'assentiment des Puissances, pour un terme de cinq ans.

Art. XVIII. Immédiatemenfc après l'échange des ratifications du présent Traité, une Commission européenne sera formée pour élaborer, d*accord avec la Porte ottomane, l'organisation de la Roumélie Orientale. Cette Commission aura à déter- miner, dans un délai de trois mois, les pouvoirs et les attributlons du gouverneur general, ainsi que le regime administratif, judiciaire et financier de la Province» en prenant pour point de départ les dilTérentes lois sur les vilayets et les proposi- tions ùxìles dans la huitième séance de la Conférence de Constantinople.

L'ensemble des dispositions arrétées pour la Roumélie Orientale fera Tobjet d'un fìrman imperiai, qui sera promulgué par la Sublime Porte et dont elle don- nera communication aux Puissances.

Art. XIX. La Commission européenne sera chargée d'administrer, d*accord avec la Sublime Porte, les finances de la Province jusqu'à Tachèvement de la nou- velle organisation.

Art. XX. Les Traités, Conventions et arrangements interna tionaux, de quelque nature qu' ils soient, conclus ou à conclure entre la Porte et les Puissances étran- gères, seront applicables dans la Roumélie Orientale comme dans tout TEmpire Ottoman. Les immunités et priviléges acquis aux étrangers, quelque soit leur condition, seront respectés dans cette Province. La Sublime Porte s'engage à y faire observer les lois générales de TEmpire sur la liberté religieuse en faveur de tous lescultes.

Art. XXI. Les droits et obligations de la Sublime Porte en ce qui concerne lej chemins de fer dans la Roumélie Orientale sont maintenus intégralement.

Art. XXII. L'elTectif du corps d*occupation russe en Bulgarie et dans la Rou* mélie Orientale sera compose de six divisions d'infanterie et de deuz divisions de cavalerie et n'excédera pas 50,000 hommes. Il sera maintenu aux frais du pays occupé. Les troupes d' occupa tion conserveront leurs Communications avec la Russie, non seulement par la Roumanie, d'apròs les arrangements à conclure entre les deux États, mais nussi par les ports de 1^ Mer Noir, Vama e Bourgas, elles pourront organiser, pour la durée de Toccupation, les dépòts nécessaires.

La durée de Toccupation de la Roumélie Orientale et de la Bulgarie par les troupes impériales russes est fixée à neuf mois, à dater de l'échange des ratifica- tions du présent Traité.

Le Gouvernement Imperiai russe s'engage à terminer, dans un délai ultérieur, de trois mois, le passage de ses troupes à travers la Roumanie et l'évacuation com- plète de cette Principauté.

46 Fiore, Dir. interri, codif.

C'XXX Appendice L ui. 1878.

Isola di Creta e Turchia d^ Europa,

Art. XXIII. La Sublime Porte s'engage à appliquer scrupnleusemeiìt dans Ttle de Créte le règlement organique de 1868, en y apportant les modifica tions qui seraient jugées équitables.

Dea règlements analogues adaptés aux besoins locauz, sauf en ce qui concerne rexemption d' impòts accordée à la Créte, seront également introduits dans les autres parties de la Turquie d'Europe pour lesquelles une organisation particulìère n*a pas été prévue par le présent Traité.

La Sublime Porte chargera des Commissions spéciales, au sein desquelles Téle- ment indigène sera largement représenté, d'élaborer les détails de ces nouveaux règlements dans chaque Province.

Les projets d'organisation résultant de ces travaux seront soumis i Tezanien de la Sublime Porte, qui, avant de promulguer les actes destinés à les mettre en vigaeur, prendra l'avis de la Commission européenne institaée pour la Roumélie Orientale.

Grecia.

Art. XXIV. Dans le cas la Sublime Porte et la Grece ne parviendraient pas à s'entendre sur la rectification de frontière indiquée dans le treizième Protocole du Congrès de Berlin, l'Allemagne, TAutriche-Hongrie, la France, la Grande-Bre- tagne, l'Italie e la Russie se réservent d'offrir leur médiation au deux Parties pour faciliter les nègotiations.

Bosnia ed Erzegovina.

Art. XXV. Les Provinces de Bosnie et de Herzégovine seront occupées et administrées par l'Autriche-Hongrie. Le Gouvernement d'Autriche-Hongrìe ne desi- rant pas se charger de Tadministration du Sandjak de Novibazar, qui s'étend entre la Servi e et le Montenegro dans la direction de Sud-Est, jusqu*au delà de Mitrovitza, radministration ottomane continuerà d'y fonctionner. Néanmoins, afin d'assurer le maintien du nouvel état politique ainsi que la liberté et la sécurité des voies de communication, rAutriche-Hongrie se réserve le droit de tenir garnison et d'avoir des routes militaires et commcrciales sur tonte l'étendue de cette partie de Tancien vilayet de Bosnie.

À cet effet, Ics Gouvernenients d'Autriche et de Turquie se réservent de B*en- tendre sur les détails.

Montenegro.

Art. XXVI. L'indépendance du Montenegro est reconnue par la Sublime Porte et par toutes celles des Uautes Parties contractantes qui ne l'avaient pas encore

adinise.

it «878. Trattato di Berlino del 4878 CXXXr

Art. XX vii. Les Hautes Parties contractantes sont d*accord sur les conditions guìvantes:

(Come alVart, V).

Art. XX Vili. Les nouvelles frontières de Montenegro sont fixées ainsi qu* il suit :

Le trace partant de l'illinobrdo, au Nord de KJobuk, descend sur la Trebiojcica ▼ers Grancarevo, qui reste à l'Herzégovine, puis remonte le cours de cette rivière jusqu*à un certain point situé à un kilomètre en aval du confluent de la Capelica et, de là, rejoint, par la ligne la plus courte, les hauteurs qui bordent la Tribinj cica. Il se dirìge ensuite vers F ilatova laissant ce village au Montenegro, puis con* tinue par les hauteurs dans la direction Nord, er se maintenant, autant quepossible, à une distance de siz kiloroètres d' la route Bilek-Korito-Gacko, jusqu'au col situé entre la Somina-Planina e* le mon* Curilo, d*où il se dirige à l'Es^ par Vratgocivi, laissant ce village à THerzégovine, jusqu au mont Orline. À partir de ce point la frontière, laissant Ravno au Montenegro, s'avance directement par le Nord-Nord- £s* en traversant les sommets du Lebersnik et du Yolujak, puis descend par la ligne la plus courte sur la Piva, qu*elle traverse, et rejoint la Tara en passant entre Crkvica et Nedvina. De ce point elle remonte la Tara jusqu Mojkovac, d*où elle suit la créte du contre-for jusqu'à Siskojezero k partir de cette localité, elle se confond avec Tandenne frontière jusqn'au village de Sekulare. De la nouvelle frontière se dirige par les crétes de la Mokra Planina, le village de Mokra restant au Montenegro, puis elle gagne le point 2166 de la carte de Tétat-major autrichien en suivant la chaine principale et la ligne de partage des eaux, entre le Lim d*un coté et le Drin, ainsi que la Gievna (Zem) de Tautre.

Elle se confond ensuite avec les limites actuelles entre la tribù des Kuci Dreka- lovici d*un coté, et la Kncka-Krajna ainsi que les tribus des Klementi et Gru di de Tautre, jusqu*à la plaine de Podgorica, d'où elle se dirige sur Plavnica, laissant à l'Albanie les tribus des Klementi, Grudi et Hoti.

De la nouvelle frontière traverse le lac près de Ttlot de Gorica-Topal et, à partir de Gorica-Topal, elle atteint directement les sommets de la créte, d'où elle suit la ligne do partage des eaus entre Megured et Ralimed, laissant Mrkovic au Montenegro et rejoignant la mer Adrìatique a Kruci.

Au Nord-Ovest, le trace sera forme par une ligne partant de la còte entre Ics villages Susana et Zubci et aboutissant à la pointe extréme Sud-Est de la frontière actuelle du Montenegro sur la Vrsuta-Planina

Art. XXIX. Antivari et son litoral sont annexés au Montenegro sous les con- ditions suivantes:

Les contrées situées au Sud de ce torri toire, d'après la délìmitatìon ci-dessus déterminée jusqu'à la Bojana y compris Dulcinijo, seront restituées à la Turquie.

La commune de Spica, jusqu*à la limite septentrionale du territoire indiqué dans la description détaillée des frontières, sera incorporé à la Dalmatie.

Il y aura pleine et entiére liberté de navigation sur la Bojana pour le Monte négro. Il ne sera pas construit de fortifications sur le parcours de ce fleuve, à exception de celles qui seraient nécessaires à la défense locale de la place de Scutari, lesquelles ne s'étendront pas au delà d'une distance de six kilomètres de cette ville.

Le Montenegro ne pourra avoir ni bàtiments ni pavillons de guerre.

CXXXlI Appendice L an. 187&

Le port d*Àntivari et toutes les eaux du Montenegro resteront fermées anx bàti ments de guerre de toutes les nations.

Les fortifications situées entre le lac et le litoral sur le terrìtoire monténégrin seront rasées et U ne pourra en étre élevé de nouvelles dans cette zone.

La police marìtime et sanitaire, tant à Antivari quant le long de la còte da Montenegro, aera exercée par rAutriche-Hongrie, au moyen de bàtime&ts Iég«rg garde-còtes.

Le Montenegro adoptera la législation maritime en vìgueur en Dalmatie. De 8on coté rAutriche-Hongrie s'engage à accorder sa protection cousiilaire au pavillon marchand monténégrin.

Le Montenegro devra s'entendre avec l'Autriche-Hongrie sur le droit de ooo- struire et d'entretenir à traverà le nouveau terrìtoire monténégrin une roote et un chemin de fer.

Une entiòre liberté de oommunication sera assurée sur ces voies.

Art. XXX.

{Come agli alinea 1 6 2 dell'art. XITj.

Art. XXXI. La Principauté du Montenegro s'entendra directement avec la Porte Ottomane sur Tinstitution des Agents monténégrins à Gonstantinople et dans certaines localités de l'Empire Ottoman la nécessité en sera reoonnue.

Les Monténégrins, voyageant ou séjournant dans T Empire Ottoman» seront soumis aux lois et aux autorités ottomanes, suivant les prindpes généraux du droit international et les usages établis concemant les Monténégrins.

Art. XXXIL Les troupes du Montenegro seront tenues d'évacuer, dans un délai de vingt jours à partir de Téchange des ratifications du présent Traité, ou plus tòt si Ikire se peut, le terrìtoire qu'elles oocupent en ce moment en dehors des nouvelles limites de la Principauté.

Les troupes ottomanes évacueront les territoires cédés au Montenegro dans le méme délai de vingt jours. Il leur sera toutefois accordé un terme supplémentaire de quinze jours, tant pour quitter les places-fortes et pour en retirer les apfiroTi- sionnements et le matériel, que pour dresser Tinventaire des engins et objets qui ne pourraient étre enlevés immédiatement.

Art. XXXIII. Le Montenegro devant supporter une partie de la dette publique ottomane pour les nouveaux territoires qui lui sont attribués par le Traité de paix, les Représentants des Puissances à Gonstantinople en détermineront le montant» de concert avec la Sublime Porte, sur une base équitable.

Serbia.

Art. XXXIV. Les Hautes Parties contractantes reconnaissent l'indépendance de la Principauté (*) de Servie, en la rattachant aux conditìons exposées dans Tar- ticle suivant.

Art. XXXV. {Identico agli alin. 1 e 2 delVart. V).

Art. XXXVI. La Servie regoìt les territoires inclus dans la délimitation ci-après :

(•) Con leg^e 6 marzo 1882 la Serbia si eresse a Regno*

an. 1878. Trattato di Berlino del 1878 CXX^UII

La nou velie frontière suit le trace actuel en remontant le thalweg de la Drima depuis son confluent avec la Save, laissant à la Principaaté le Mali Zwornik et Sackhar et continue à longer Tancienne limite de la Servie, josqu'an Kopaonik, dont elle se détache au sommet de Kanilug. De elle suit d'abord la limite occi- dentale du Sandijak de Nisch par le contre-fort Sud du Kopaonik, par les crétes de la Marica et Mrdar Planina, qui forme la ligne de partage des eaux entre les bassins de libar et de la Sitnica d'un coté et celui de la Toplica de Tautre, laissant Prepolac à la Turquie.

Elle toume ensuite vers le Sud, par la ligne de partage des eaux, entre la Brvenica et la Medvedja, laissant tout le bassin de la Medve^ja à la Servie, suit la créte de la Goljak Pianina (formant le partage des eaux entre le Kriva Kjeka d*un coté et la Poljanica, la Veternica et la Morawa de Tautre), jusqu'au sommet de la Poiljanica. Puis elle se dirige par le contre-fort de la Earpina Planina jusqu'au confluent de la Roinska avec la Morawa, traverse cette rivière, remonte par la ligne de partage des eaux entre le ruisseau Koinska et le ruisseau qui tombe dans la Morawa prés de Neradovce, pour rejoindre la Planina Sv. Ilija, au-dessus de Trgoviste. De ce point, elle suit la créte de Sv. Ilija jusqu'au mont Kljuc et, pas- sant par les points indiqués sur la carte par 1516 et 1576 et par la Bobina Gora, elle aboutit an mont Gmi Yrh.

À partir du mont Gmi Yrh, la nouvelle délimitation se confond avec celle de la Bulgarie, c'est-à-dire :

La ligne frontière suit la ligne de partage des eaux entre la Struma et la Morawa par les sommets du Streser, Vologolo et Mesid Planina ; rejoint par la Gacina, Crna Trava, Darkovska et Drainica pian, puis les Descani Elandanec, la ligne de partage des eaux de la haute Sukowa et de la Morawa, va directement sur le Stol et en descend pour couper, à 1000 mètres au Nord-Ovest du village de Segusa, la route de Sofia à Pirot. Elle remonte en ligne droite sur la Vidlié Planina, et de là, sur le mont Radocina, dans la chaine du Kodza Balkan, laissant à la Servie le village de Doikinci et à la Bulgarie celui de Senakos.

Du sommet du mont Radocina, la frontière suit vers le Nord-Ovest la créte des Balkans par Ciprovec Balkans et Stara Planina jusqu'à l'ancienne frontière orientale de la Principauté de Servio près la Eula Smi^jova Guka et de là, cette ancienne frontière jusqu'au Danube, qu'elle rejoint à RakoAvitza.

Art. XXXVIL Jusqu*à la conclusion de nouveaux arrangements, rien ne sera changé en Servie aux conditions actuelles des relations commerciales de la Prin- cipauté avec les Pays étrangers.

(Identico al ^2 delVart. VITI).

( » §4 . . ).

Art. XXXVm (Identico ai §§ 2 e 3 delVart, X).

Art. XXXIX {Identico at §§ 1 6 2 delVarU XI7).

Art. XL. Jusqu'i la conclusion d'un Traité entre la Turquie et la Servie, lef sujets serbes voyageant ou séjoumant dans I* Empire Olloinan seront traités sui vant les principes généraux du droit intemational.

Art. XLI (Identico alVart. XXXII).

Art. XLII (Identico alVart. XXX JII).

(XXXIV Appendice L aB.48'8.

Rumenìa.

Art. XLIII. Les Hautes Parties contractanles reconnaisspnt !Mni1<^pendance de la Roumanie en la rattachant aux conditions esposées dans les deux articles saivants

Art. XLIV (§§ 1 c 2 identici ai §§ 2 e 3 delVart. F).

Les nationaux de toiitos les Puissances, commer^nts ou aiitres, seront traités en Roumanie, sana distinction de religion, sur le pied d*une parfaite égalité.

Art. XLV. La principaulé de Roumanie (') retrocède à S. M. TEmpereur de Russie la portion du territoire de la Bessarabie détachée de la Russie ensuite du Traile de Paris de 1856 limitée & l'ovest par le thalweg du Pruth, au midi par le thalweg du bras de Kilia et Tembouchure de Stary-Stamboul.

Art. XLVI. Les lles formant le delta du Danubc, ainsi que Ttle des Serpents, le Sandjak de Touitcha comprenant Ics districts (Cazas) de Kilia, Soulina, Mah- moudié, Isaktcha, Touitcha, Matchin, Babadagh, Hirsovo, Kustendje, Medjidié, soni réunis à la Rumanie. La Principauté reQoit en outre le territoire situé au Sud de la Dobrutcha jusqu'à une ligne ayant son point de départ à Test de Silistrie et abou- tissant à la mer Noire au sud de Mangalie.

Le trace des frontières sera fixé sur les lieux par la Commission européenne fOMT la délimitation de la Bulgarie.

Art. XLVIL La question du partage des eaux et des pécheries sera soomise à Tarbitrage de la Ck)mmission européenne du Danube.

Art. XLVIII. Aucun droit de transit ne sera prélevé en Roumanie sur les mar- chandises traversant la Principauté.

Art. XLIX. Des Conventions pourront ètre condues par la Roumanie pour régler les priviléges et attributions des consols en matière de protection. Les droits acquis resteront en vigueur tant quMIs n'auront pas été modifiés d*un commus accord entre la Principauté et les parties inléressées.

Art. L. Jusqu'à la conclusion d*un Traité réglant les priviléges et attributions des Consuls entre la Turquie et la Roumanie, les sujets roumains voyageant oa séjoumant dans l'Empire Ottoman et les sigets ottomans voyageant ou séjournant en Roumanie jouiront des droits garantis aux sujets des autres Puissances européennes.

Art. li. En ce qui concerne les entreprises des travaux publics et autres de mème nature, la Roumanie sera substituée pour tout le territoire cède anx droits et obligations de la Sublime Porto.

Navigazione del Danubio.

Art. LII. Afin d'accroitre les garanties assurées à la liberté de la navigation sur le Danube reconnue comme étant d'intérét européen, les Hautes Parties cou- tractantes décident que toutes les forteresses et forti fìcations qui se trouvent sur li' parcours du fleuve depuis les Portes-de-Fer jnsqu'à ses embouchures seront rasées et quMl n'en sera pas élevé de nouvelles. Aucun bAtiment de guerre ne

(*) Con voto del 14-26 marzo 1881 dei rappresentanti del paese la Rumeni* fu eretta a Regno,

tB.f878. Trattato di Berlino del iSlS GXXXY

pourra naviguer sur le Danube en aval dea Portes-de-Fer, à Texception des bàti< ments légers destinés à la police fluviale et au service des douanes. Les station» naires des Puissances aux embouchures du Danube pourront toutefois reroonter jusqu'à Galatz.

Art. lui. La Commission européenne dn Danube, au sein de laquelle la Rou- manie sera représentée, est maintenue dans ses fonctions et les exercera dorè- navant jusqu'à Galatz dans une complète indépendance de Tautorìté territoriale* Tous les Traités, arrangements, actes et décisions relatifs à ses droits, priviléges, prérogatives et obligations sont confirmès.

Art. LIV. Une année avant Texpiration du terme assigné à la durée de la Commission européenne, les Puissances se mettront d*accord sur la prolonga- tion de ses pouvoirs ou sur les modiflcations qu'elles jugeraient nécessaire d'y introduire.

Art. LV. Les règlements de navigation, de police fluviale et de surveillance depuis les Portes-de-Fer jusqu*à Galatz seront élaborés par la Commission euro- péenne, assislée de Délégués des États riverains et mis en harmonie avec ceux qui ont cté ou seraient édictés pour le parcours en aval de Galatz.

Art. LVL La Commission européenne du Danube 8*entendra avec qui de droit pour assurer l'entretien du phare sur lìle des Serpents.

Art. LVII. L'exécution des travaux destinés à faire disparattre les obstacles, que les Portes-de-Fer et les Cataractes opposent à la navigation, est confiée à TAu- triche-Hongrie. Les États riverains de cette partie du fleuve accorderont toutes les facilités qui pourraient étre requises dans Tintérét de ces travaux.

Les dispositions de Tart 6 du Traité de Londres du 13 mars 1871 relatives au droit de percevoir une taxe provisoire pour convrir les frais de ces travaux sont maintenues en faveur de TAutriche-Hongrie.

Territofj delVAtia.

Art. LVIIL La Sublime Porte cède à l'Empire russe, en Asie, les territoires de Ardahan, Ears et Batoum avec ce dernier port, ainsi que tous les territoires com pris entre Tancienne frontière russe-turque et le trace suivant:

La nouvelle frontière, partant de la mer Noire, conformément à la ligna déterminée par le Traité de San-Stefano, jusqu*à un point au nord-ovest de Khorda et au sud de Artvin, se prolonge en ligne droite jusqu*à la rivière Tcho> roukh, traverse* cette rivière et passe à Test de Aschmicheh en allant en ligne droite au Sud pour rejoindre la frontière russe indiquée dans le Traité de San- Stefeno à un point au sud de Nariman, en laissant la ville d'Olti à la Russie. Du point indiqué près de Nariman, la frontière tourne à Test, passe par Tebrenek, qui reste à la Russie, et s'avance jusqu'à Penneck TschaL

Elle suit cette rivière jusqu*à Bardouz, puis se dirige vers le sud, en laissant Bardouz et Jonikioy à la Russie. D'un point à Tovest du village de Karaougan, la frontière se dirige sur Medjingert, continue en ligne directe vers le sommet de la montagne Kassadagh et longe la ligne de partage des eaux entre les affluente de TAraxe au nord et ceux du Mourad Sou au sud, jusqu'à Tancienna frontière de Russie.

CXXXVI Appendice L ». ìstR.

Art. LIX. S. M. TEmpereur de Russie dédare que son ìntention est d^éri^er Bstoum en port frane, essentiellement commercial. .

Art. LX. La vallèe d'AIaschkerd et la ville de Bayazid, cédées à la Turquie par Tart X du Traité de San-Stefano, font retour à la Turquie.

La Sublime Porte cède à la Perse la ville et le territoire de Khotour tei qn*il a été déterminè par la Gommission mixte anglo^usse ponr la délimitation des fron- tières de la Turquie et de la Perse.

Art. LXL La Sublime Porte s'engage à réaliser, sana plus de retard, les amé- liorations et les réformes, qu*exigent les besoins locaux dans les provinces habi- tées par les Arraéniens et à garantir leur sécurité contre les Circassiens et les Kurdes. Elle donnera connaissance périodiquement des mesnres prises k cet effel, aux Puissances, qui en surveilleront Texécution.

Liberia religiosa.

Art. LXn. La Sublime Porte ayant exprimé la volonté de maintenir le principe de la liberté religieuse en y donnant Textention la plus large, les Parties contrae tantes prennent acte de catte Déclaration spontanee.

Dans aucune partie de Y Empire Ottoman la différence de religion pourra étrc opposèe à personne comme un motif d*exclusion ou d*incapacité en ce qui concerne Tusage des droits civils et politiques et radmission aux emplois publics, fonctions et honneurs ou Texercice des différentes professions et industries.

Tous seront admìs, sans distinction de religion, à témoigner devant les trt- bunaux.

La libertè et la pratique extériciire de tous les cultes sont assurées à tous, et aucune entrave ne pourra étre apportée soit à Torganisation hièrarchique des différentes communions, soit à leurs rapporta avec les chefs spirituels.

Les ecclésiastiques, les pèlerins et les moines de toutes les nationalités voya- geant dans la Turquie d'Europe ou la Turquie d'Asie jouiront des mémes droits, avantages et priviléges.

Le droit de protection offìcielle est reconnu aux Agents diplomatiques et consulaires des Puissances en Turquie, tant à Tégard des personnes susmention- nées que de leurs établissements religieux, de bienfaisance et antres dans les Lieux-Saints et ailleurs.

Les droits acquis à la France sont expressóment rèservés et il est bien entendu que aucune atteinte ne pourra étre portée au statu quo dans les Lieux-Saints.

Les moines du mont Athos, quelquc soit leur pays d'origine, seront maintcnus dans leurs possessions et avantages antérieurs, et jouiront, sans aucuno exception, d'une entière égalité de droits et prérogatives.

Art. LXin. Le Traité de Paris du 30 mars 1856, ainsi que le Traité de Lon- dres du 30 mars 1871 sont maintenus dans toutes celles de leurs dispositions qui ne sont pas abrogècs ou modifiées par les stipulations qui précédent.

Art. LXIV. Le présent Traité sera ratifié et les ratifications en seront échan- gées & Berlin dans un délai de trois semaines ou plus tot si faire se peut.

an. 1878. Trattato di Berlino del 1878 CXXXVII

En foi de quoi, les Plénipotentiaires respectifs 1 ont signé et y ont appose le sccau de leurs armes.

Fait à Berlin le treiziéme jour du mois de juillet mil huit cent soixante- dix-huit.

Atti conclusi per d«re esecusione al Trattato di Berlino.

1878-1880. an. i 878-80.

Per dare esecuzione al trattato fatto a Berlino il 13 luglio 1878 gli Stati che lo sottoscrissero hanno posteriormente stipulato i seguenti atti :

Rispetto alla Bulgaria^ essendo stato stabilito all'art. 46 di detto trat- tato, che la frontiera ruraeno-bulgara sarebbe stata tracciata da una Com- missione europea, ciascuno degli Slati firmatari nominò il proprio com- missario e la Commissione europea cosi costituita tracciò la nuova frontiera eoirAtto fatto a Costantinopoli il 17 dicembre 1878.

Rispetto alla Rumelia Orientale, provincia posta sotto l'autorità politica e militare diretta del Sultano nella condizione di autonomia amministra- tiva, a norma dell'art. 13 di detto trattato, essendo stato tra le parti stesse convenuto all'art. 18, che l'organizzazione di tale provincia sarebbe stata effettuata secondo lo statuto organico fatto dalla Commissione europea di accordo con la Porta, tale statuto fu compilato a seconda era stato stabilito, e approvato dagli Stati firmatari con l'Atto sottoscritto a Costantinopoli il 14 aprile 1879.

La frontiera tra la Bulgaria e la Rumelia orientale fu pure tracciata, a norma dell'articolo 2 del mentovato trattato, dalla Commissione europea nominata dallePotenze firmatarie, le quali sottoscrissero, il 14 agosto 1879, l'Atto che stabilisce la detta frontiera, e coli' Atto del 19 agosto dello stesso anno fu fissata la nuova frontiera della Serbia.

La frontiera danubiana della Bulgaria, quella tra questa e la Turchia ^Macedonia) e la frontiera fra la Bulgaria e la Serbia, furono tracciate dalla Commissione europea e approvate dalle Potenze firmatarie coli' Alto fatto a Costantinopoli il 28 settembre 1879. Le medesime Potenze sottoscrissero il 25 ottobre l'Atto che stabilisce la frontiera meridionale della Rumelia orientale. 1 confini tra la Turchia e il Montenegro furono rettificati col pro- tocollo sottoscritto il 18 aprile 1880 e quelli tra la Grecia e la Turchia, rettificati parimente col protocollo sottoscritto a Berlino il 1^ luglio 1880.

cxxxvm Appendice I.

Sviluppo del commeroio e deirinoivilimento nelle regioni africano.

navigasione del Congo e del Niger.

Trattato di Berlino.

1885, Febbraio 26.

an.l88&

L'Atto generale della Conferenza riunita a Berlino per regolare di comune accordo lo sviluppo del commercio e della civiltà nelle regioni dell'Africa, e per assicurare la libera navigazione dei due principali fiumi africani che sboccano nell'Oceano atlantico (il Congo ed il Niger) è uno dei documenti molto importanti dei nostri tempi. Esso fu sottoscrìtto il 26 febbraio 1885 dalF Austria-Ungheria, Belgio, Danimarca, Francia, Ger- mania, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Lussemburgo, Portogallo, Russia, Spagna, Stali Uniti d'America, Svezia e Norvegia e dalla Turchia.

I mentovati Stati, aflìne di prevenire le contestazioni che avrebbero potuto sorgere in occasione dell'occupazione di certe regioni dell'Africa e mettersi d'accordo per stabilire norme direttive comuni a riguardo del- l'azione che ciascuno di essi poteva esercitare coli' intendimento di accre- scere il benessere materiale e morale degl'indigeni di quelle regioni, si riunirono in Conferenza a Berlino (1) in seguito all'invito del Governo della Germania d'accordo con quello francese e convennero come segue:

l"" Fu stabilito in massima la completa libertà del commercio nel bacino del Congo, nelle imboccature di lui, e nei paesi circonvicini, e furono determinati i limiti del bacino stesso e dei suoi affluenti, ai quali la libertà dovea ritenersi applicata, tenendo conto, nel fare tale delimitaziont", dei criteri geografici non solo, ma altresì di quelli economici.

Fu assicurata la libera navigazione alle navi di qualunque nazionalità ammettendo per esse il libero accesso a tutto il littorale dei territori com- presi entro i limiti fissati, a tutti i porti situati lungo le sponde del fiume, concedendo alle navi di potere intraprendere qualunque specie di trasporto ed esercitare il cabottaggio marittimo e fluviale con perfetta eguaglianza di trattamento. Fu inoltre stabilito che le mercanzie importate nei territori

(1) La ratifica dell' Atto generale da parte di ciascuno degli Stati, che la sotto- scrissero, fu fatta ad epoche diverse, però con un protocollo sottoscritto a Berlino, il 19 aprile 1886, fu constatato la ratifica delFAtto generale col deposito delle rati- fiche di ciascuno dogli Stati che Io avevano sottoscritto.

in. 1S85. Trattalo di Berlino i885 {Congo) CXXXIX

designati sarebbero state affrancale da ogni diritto di entrata e di transito negando agli Stati rivieraschi d'imporre su di esse qual si fosse tassa, eccetto solo quelle che potessero essere percette come un'equa compensa- zione delle spese utili pel commercio e sempre con perfetta eguaglianza dei nazionali e degli stranieri di qualsifosse paese.

2<^ Per assicurare l'esatta osservanza dei principi stabiliti col trattato, e per provvedere alla libertà del commercio e della navigazione fu istituita una Commissione internazionale analoga a quella istituita pel Danubio, e furono conferite alla medesima speciali attribuzioni per sopraintendere ai lavori occorrenti a rendere il fiume navigabile: per fissare le tariffe; ammi- nistrare le rendite: vigilare all'osservanza delle disposizioni contenute nel trattato (art. Vili e XVII-XXI).

Ad essa fu conferita altresì la facoltà di negoziare all'occorrenza in suo nome un prestito per provvedere alle spese tecniche ed amministrative (art. XXIII).

Affinchè poi la libertà commerciale, tanto largamente stabilita, non incontrasse ostacoli in tempo di guerra, fu espressamente convenuto che le regole stabilite dovessero rimanere in pieno vigore in tempo di guerra, e che dovesse essere libero il commercio tanto dalla parte degli Stati neu- trali quanto dei belligeranti, eccetto solo, durante la guerra, il trasporto degli oggetti destinati ad uno dei belligeranti e considerati a seconda del Diritto internazionale, quale contrabbando di guerra (art. XXV).

3" Per quello che concerne il Niger fu parimente convenuto di applicare, quanto alla libertà della navigazione e del commercio, i mede- simi principi che per il Congo, eccetto soltanto quelli che si riferiscono alla Commissione internazionale (articoli XXVI-XXIX).

La Gran Bretagna, sotto il protettorato della quale si trovano la maggior parte dei paesi lungo la parte navigabile ed esplorata di detto fiume, prese formale impegno di facilitare la circolazione delle navi mercantili nelle acque sotto il suo protettorato, e di proteggere i negozianti stranieri di tutte le nazioni che volessero esercitare il commercio nelle regioni lungo il corso del Niger soggetto alla sovranità di lei e lo stesso fece la Francia (articoli XXX-XXXD).

Anche il commercio sul Niger fu assicurato in tempo di guerra come quello sul Congo.

Fu provveduto alla diffusione della coltura e della civiltà, avendo le parti contraenti assunto l'impegno di proteggere gl'indigeni, i missio- nari^ i viaggiatori, e qualsiasi istituzione e intrapresa religiosa, scienti»

GXL Appendice L an. l>^>::^

fica, 0 di beneficenza creata ed organizzata coirintendimento d'istruire gli indigeni e difi'ondere la civiltà.

La libertà di coscienza e la tolleranza religiosa fu espressamente garantita (art. VI).

b^ A riguardo della tratta degli schiavi, che in quelle regioni era praticata, le Potenze firmatarie non solo dichiararono che essa doveva essere reputata assolutamente inibita, ma quelle di esse, che esercitayano diritti di sovranità, assumevano altresì formale impegno di non permettere che sui territori ad esse soletti potesse essere fatto in avvenire il com- mercio degli schiavi o che i detti territori potessero servire come vie di tran- sito per fare la tratta, e si obbligavano ad adoperare tutti i mezzi di cui potevano disporre, per far cessare il commercio e la tratta degli schiavi, e punire coloro che volessero esercitarli (articolo IX).

6<* Per stabilire norme di diritto comune a riguardo delle nuove occupazioni delle coste e delle regioni africane non ancora occupate, le Potenze firmatarie convennero che per l'avvenire, qualora una di esse volesse prendere possesso di una regione del continente africano o acqui- stare soltanto il protettorato, dovesse notificare ciò alle altre affine di met- terle in condizione di far valere i loro diritti, o di fare secondo i casi i giusti reclami.

Tutte dichiararono inoltre di riconoscere come obbligo comune quello di assicurare nei territori del continente africano, che potessero essere da ciascuna di esse occupati, l'ordine, la tranquillità ed il rispetto dei diritti acquisiti, costituendo un potere con mezzi sufficienti per tutelare i diritti dei privati e la libertà del commercio (art. XXXIV e XXXV).

Essendo stato espressamente stabilito dalle Potenze che sottoscrissero l'Atto, che gli altri Stati avrebbero potuto aderire a quanto con esso trovasi disposto, facendovi adesione e notificandola in via diplomatica agli Stati firmatari per mezzo del Goterno dell'Impero germanico (art. XXXVII) è meritevole essere notato che l'Associazione internazionale del Congo notificò la sua adesione all'Atto generale della Conferenza di Berlino nello stesso giorno in cui esso fu sottoscritto. Tale Associazione era stata istituita con lo scopo di diffondere la civiltà nelle regioni africane, di fondare ivi stabilimenti, tutelare il commercio, proteggere i missionari, i viaggiatori. Essa aveva acquistato dai Capi delle tribù indigene una vasta estensione di territorio che si estendeva a 3200 chilometri lungo le rive del fiume O)ngo ; vi aveva eretto molti stabilimenti sotto la bandiera di essa Associazione, applicando nelle ventidue stazioni, ivi da lei stabilite, un regime analogo

an. i888. Navigazione Canale Suez. Trattato di Costantinopoli \^^ CXLI

a quello dei paesi dell'Europa, ed in considerazione della sua missione civilizzatrice era stata riconosciuta successivamente dall' Austria-Ungheria, dal Belgio, dalla Danimarca, dalla Francia, dalla Germania, dalla Gran Bretagna, dall'Italia, dai Paesi Bassi, dal Portogallo, dalla Russia, dalla Spagna, dagli Stati Uniti del nord, dalla Svezia e Norvegia (1).

L'Associazione internazionale del Congo essendo stata ammessa a fare adesione all'Atto della Conferenza di Berlino, era venuta ad acquistare cosi la stessa posizione e gli stessi diritti di uno Stato indipendente. Questa sua posizione è stata poi meglio stabilita in conseguenza dell'unione per- sonale col Belgio, che avea preso una parte attiva all'organizzazione della Associazione.

Questo avvenne in conseguenza dell'invito fatto al Re dei Belgi di mettersi a capo del nuovo Stato, e dell'autorizzazione data dalle Camere legislative nell'aprile 1885. In conseguenza di tutto ciò Leopoldo II è oggidì Re dei Belgi e capo del nuovo Stato fondato in Africa dall' Associa* ziane internazionale del Congo, e tale unione tra il Belgio ed il nuovo Stato è esclusivamente personale a norma della legge votata dalle Camere legis- lative e pubblicata dal Monitore Belga^ il 2 maggio 1885.

Nayiganone pel Canale di Saes.

Trattato di Costantinopoli.

1888» Dicembre 28.

an. 4888.

9

II libero traffico pel canale di Suez si in tempo di pace che in tempo di guerra era stato considerato generalmente come indispensabile, affinchè detto canale potesse soddisfare allo scopo pel quale era stato costruito, quello cioè di servire come via di comunicazione per la libera navigazione ed il commercio di tutti i popoli.

Al principio dell'anno 1883, 3 gennaio, il Governo inglese comunicò in via diplomatica agli altri Governi l'invito di riunirsi in Conferenza per stabilire d'accordo le norme adatte a garantire a tutti, si in tempo di pace che in tempo di guerra, il libero uso del canale. La proposta non fu accet- tata che nel 1885, quando le Potenze interessate con una dichiarazione, sottoscritta il 12 marzo a Londra, convennero di riunirsi a Parigi il 30 per concordare una Convenzione sulle basi proposte dal Governo inglese. La Conferenza si riunì effettivamente a Parigi il 30 marzo, ed avendo la Francia

(1) Vedi Marteks, Nouveau recueil general, 2* serie, tomo X.

CXLII Appendice L an. ìS^.

presentato un proprio progetto di convenzione, i due progetti furono discussi e fu poi deciso di nominare una Sotto-Commissione per redigere un pro- getto defìnìtivo adottando per base i due progetti proposti dai Governi francese ed inglese.

I) piogetto definitivo proposto non fu accettato dalla Commissione e molte discussioni seguirono in via diplomatica per conciliare gl'interessi legittimi di tutte le Potenze, senza offendere i diritti della Turchia, del- l'Egitto e della Compagnia di Suez, ed eliminate poi tulle le difficoltà il trattato definitivo fu concluso a Costantinopoli il 20 ottobre 1888 e sotto- scritto dal! Austria-Ungheria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Russia e Turchia e fu ratificato il 28 dicembre dello stesso anno.

Con tale trattato il libero uso del canale di Suez è stato garantito in tempo di pace e di guerra, ed ecco le principali disposizioni in esso contenute:

1^ È stata stabilita la completa libertà di navigazione anche in tempo di guerra per le navi mercantili o da guerra senza distinzione di bandiera, impegnandosi le altre parti contraenti di non attentare al libero uso del canale in tempo di guerra, ed escludendo rispetto ad esso 1* esercizio del diritto blocco. Esse s'impegnavano altresì di rispettare il canale di acqaa dolce indispensabile per mantenere il canale marittimo in condizione di navigabilità e di astenersi dal fare qualunque tentativo per ostruirlo e rispettare allresi il materiale, gli stabilimenti, le costruzioni e le opere si del canale marittimo che di quello di acqua dolce.

2^ E slato stabilito che il canale marittimo dovrà restare aperto in tempo di guerra come libero passaggio anche alle navi da iaierra dei bel> ligeranti e che nessun diritto di guerra potrà essere esercitato dalle parti contraenti con lo scopo di impedire la libera navigazione del canale e l'ac- cesso ai porti di esso e cosi dentro un raggio di tre miglia fnarittime dai porti del canale, nonostante che l'Impero ottomano possa essere una delle Potenze belligeranti. Fu però convenuto che le navi da guerra dei bellige- ranti non potranno nel canale e suoi porti d'accesso fare provvigioni di vet- tovaglie 0 di altro, che dentro i limiti strettamente necessari ; che il tran- sito delle navi da guerra pel canale dovrà essere eiTettuato nel più breve termine a norma dei regolamenti in vigore e senza fermarsi oltre quanto possa essere richiesto dalle necessità del servizio; che il soggiorno a Port-Sald e nella rada di Suez non potrà oltrepassare ventiquattro ore, eccello, solo il caso di rilascio forzalo, e che in tale evenienza bisognerà partire al più preste

an. 1888. Navigazione Canale Stiez. Trattato di Costantinopoli 1888 CXLIII

possibile; che un intervallo di ventiquattr' ore dovrà sempre passare tra l'uscita da un porto d'accesso d'una nave belligerante, e la partenza d'una nave appartenente alla Potenza nemica ; che in tempo di gueiTa le Potenze belligeranti non potranno sbarcare potranno prendere nel canale e porti d'accesso, truppe, munizioni o materiali di guerra, ma che soltanto nel caso di un impedimento accidentale del canale potranno sbarcare o imbarcare nei porti d'accesso truppe frazionate a gruppi non eccedenti mille uomini col materiale di guerra corrispondente; che si dovranno rite- nere le prede asso^ettate sotto tutti i rispetti allo stesso regime che le navi da guerra dei belligeranti ; che le Potenze non potranno mantenere nelle acque del canale (compresovi il lago Timsah e i laghi amari) alcuna nave da guerra, che però nei porti d'accesso di Port-Said e di Suez sarà concesso ad esse di fare stazionare bastimenti da guerra il numero dei quali non potrà eccedere due per ciascuna Potenza. Questo diritto peraltro non potrà essere esercitato dai belligeranti.

3<^ Affine di assicurare la completa osservanza di quanto col trattato trovasi stabilito le Potenze che lo hanno sottoscritto hanno convenuto che gli Agenti diplomatici rispettivi residenti in Egitto sono chiamati a vegliare all'esecuzione di esso, e che in qualunque circostanza la sicurezza o il libero passaggio del canale potessero essere minacciate, dovranno riunirsi sull'invito di tre di essi e sotto la presidenza del decano affine di constatare i fatti e far conoscere al Governo del Kedivé il danno riconosciuto, e pro- vocare le misure adatte ad assicurare la protezione ed il libero uso del canale. Che in ogni caso poi essi dovranno riunirsi una volta l'anno per constatare la buona esecuzione del trattato, la quale riunione deve aver luogo sotto la presidenza d'un Commissario speciale a tale uopo nominato dal Governo imperiale ottomano. Gli Agenti diplomatici così riuniti potranno reclamare la soppressione di qualsisia opera e la dispersione di qualsisia ammassamento, che sull'una o sull'altra riva del canale potessero avere per scopo o per effetto di porre ostacolo alla libertà e alla completa sicu- rezza della navigazione.

4^ Sono stati concordati inoltre gli opportuni provvedimenti per tutelare i diritti sovrani del Governo egiziano e di quello del Sultano, con- cedendo al primo la facoltà di prendere, dentro i limiti dei suoi poteri le misure necessarie per fare rispettare l'esecuzione del trattato e qualora non potesse disporre di mezzi sufficienti, di rivolgersi al Governo impe- riale ottomano, il quale dovrà darne avviso alle altre Potenze che sotto- scrissero la mentovata dichiarazione del 17 marzo 1885 per provvedere

CXLIV Appendice L

d'accordo con esse. È stato inoltre^ fatto salvo il diritto del Sultano e del Kedivé di prendere le misure necessarie per la difesa dell'Egitto e il man- tenimento dell'ordine pubblico, nel quale ultimo caso però le Potenze fir- matarie dovranno essere informate dal Governo imperiale ottomano. In ogni caso le misure che potessero essere prese non potranno creare ostacoli al libero uso del canale.

5<> Le alte parti contraenti hanno convenuto finalmente che per mantenere integro il principio dell'eguaglianza a riguardo di quello che concerne il libero uso del canale, nessuna di esse avrebbe cercato mediante accordi intemazionali di ottenere per vantaggi territoriali o commerciali 0 privilegi di sorta.

Con questo trattato il regime del canale di Suez è stato regolato nel modo il più conforme agl'interessi generali collo scopo di mantenere a questa grandiosa opera, il carattere umanitario ed assicurare il consegui- mento dei lini pei quali fu ideata e compiuta.

Atto generale antischiavista.

Trattato di Bruxelles,

1890, Luglio 2.

an. 1890.

L'Atto generale per reprimere la tratta degli schiavi fu stipulato a Bruxelles dai seguenti Stati : Austria-Ungheria, Belgio, Congo, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Persia, Portogallo, Russia, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Norvegia, Turchia e Zanzibar, i quali si trovarono d'accordo nello stabilire i provvedimenti più adatti ad impedire la tratta degli schiavi africani ed a proteggere efficacemente le popolazioni mdigene dell'Africa contro coloro che fanno tuttora il nefando commercio degli schiavi in quelle regioni.

Con tale intendimento i detti Stati stabilirono le misure che si devono prendere per impedire la tratta all'interno dell'Africa e determinarono quale debba essere la loro azione repressiva e protettrice nei luoghi di origine della tratta, e le misure di vigilanza per impedire il trasporto ed il traffico degli schiavi per terra e per mare.

A tal fine fu stabilito che quando gli ufficiali comandanti le navi da guerra di uno degli Stati firmatarii incontrino nella zona determinata nel trattato, ove si pratica la tratta, una nave sospetta del trasporto di schiavi possano arrestarla e procedere alla visita e alla verìfica delle carte di bordo, e qualora dalla visita ed ispezione di dette carte risulti che la nave arre-

an. 1800. Atto generale antischiavista. Trattato di Bruxelles 1890 GXLY

Stata sia colpevole di tratta o di un fatto relativo a tale delittuoso trasporto commesso durante la traversata^ la nave da guerra potrà sequestrare la nave colpevole e condurla nel porto più vicino della zona per deferirla all'au- torità competente a giudicarla e punirla.

Gli Stati firmalarii s'impegnarono ad adoperare la vigilanza più attiva per impedire l'importazione^ il transito, l'uscita ed il commercio degli schiavi in tutti i loro possedimenti situati in Africa o altrove e dichiararono che qualunque schiavo fuggitivo arrivasse alla frontiera dei loro possedi- menti fosse reputato libero e che potesse reclamare la protezione delle autorità per essere affrancato.

Gli Stati medesimi s'impegnarono inoltre a comunicarsi reciprocamente tutte le informazioni utili per combattere la tratta e tutte le misure legi- slative e amministrative prese per reprimerla. Con tale intendimento fu istituito un Uffizio internazionale a Zanzibar nel quale ciascuno degli Stati firmatarii poteva farsi rappresentare da un suo delegato. A tale uflKzio inter- nazionale gli schiavi affrancati possono sempre ricorrere per essere protetti nel godimento della loro libertà, ed inoltre sempre con l'intendimento di proteggere gli schiavi liberati, gli Stati firmatarii s'impegnarono di stabiUre nei loro possedimenti ufficii ed istituzioni speciali per affrancare e proteg- gere gli schiavi nel godimento della loro libertà.

L'Atto generale anlisrhiavista è uno degli avvenimenti importanti dei giorni nostri, e mediante esso si è voluto mettere un termine al più nefando allentalo ai diritti della personalità umana dichiarando non solo un reale il commercio degli schiavi, ma concordando le misure più adatte per farlo cessare.

Diritto convenzionale tra gli Sfati d'Europa relativo a materie d'interesse comune.

Atti dirersi. 4857-4897.

1857-97.

Gli Slati civili con l'intendimenlo di regolare d'accordo oggetti di reci- proco comune interesse hanno stipulato ad epoche diverse non poche con- venzioni, le quali costituiscono, rispetto a tutti coloro che le stipularono o che ad esse abbiano in seguito fatta adesione, il diritto comune inter- nazionale.

Le convenzioni sotto questo punto di vista sono parecchie e non polendo enumerarle tutte, ci limitiamo a mentovare quelle che pel loro o^gello sono le più importanti.

47 Fiore. Dir. wterìi. codif.

CXJLVI Aìypendice L

Atti relativi alla navigazione sul Danubio,

1857-1883.

A norma di quanto era stato stabilito col trattato di Parigi del 30 marzo 1856 (articolo 1(5) affine di assicurare la Hbera navigazione del Danubio e per mantenere il fiume nelle condizioni richieste per navigarlo facilmente erano state istituite la Commissione europea e la Commissione fluviale permanente, la prima per far eseguire i lavori necessari! per la naviga- bilità; la seconda per redigere il regolamento e vegliare al mantenimento della navigabilità del fiume dopo lo scioglimento della Commissione europea (art. 17 e 18).

Il regolamento per la navigazione del Danubio era stato compilato dalla Commissione secondo l'Atto stipulato a Vienna il 7 novembre 1857. Siccome però i plenipotenziari! riuniti in conferenza a Parigi nel i858 (22 marzo, 19 agosto) non trovarono il regolamento, come era stato com- pilato, conforme ai principi! stabiliti nel Congresso del 1856, rifiutarono di approvarlo ed invitarono la Commissione a redigere un nuovo progetto nello spazio di 6 mesi.

Tale nuovo regolamento non fta invece fatto che 8 anni dopo, ed il nuovo progetto sottoscritto a Galatz, dall'Austria, Francia, Gran Bretagna, Italia, Prussia, Russia e Turchia il 2 novembre 1865 e riveduto poi e discusso nella Conferenza riunita a Parigi nel 1866 (1).

La Commissione europea, affine di provvedere alle spese occorrenti per i lavori da fai^si, fu autorizzata a contrarre un prestito garantito dalla Gran Bretagna, dalla Prussia, dall' Austria-Ungheria, dalla Francia, dal- l'Italia e dalla Turchia con la condizione che dovesse essere ammortizzato fino al 1883.

In seguito alla Conferenza, riunita a Londra il 13 marzo 1871, per rivedere le clausole del trattato di Parigi del 1856 relative alla naviga- zione del Mar Nero e del Danubio, le Potenze intervenute, cioè l'Austria, la Francia, la Gran Bretagna, l'Italia, la Prussia, la Russia e la Turchia col trattato da esse concluso il 24 aprile 1871 riconfermarona la Com- missione europea stabilita in virtù dell'articolo 16 del Trattato di Parigi, e convennero di mantenerla per un periodo ulteriore di 12 anni a contare dal giorno in cui il trattato fu da esse sottoscritto, cioè fino all'aprile 1883 ed avendo provveduto all'esecuzione dei lavori occorrenti ed autorizzato

(1) Maiitcns, Nouv, ree. gén.y voi. XXYIU, pag. 166.

an. Ì857-83. Diritto comune convenzionale CXLVIl

le Poteaze rivierasche a riscuotere una tassa provvisoria di navigazione, dichiararono coperti dalla neutralità tutte le opere e stabilimenti, di qual si sia natura, fatti dalla Commissione europea in esecuzione del trattato di Parigi e quelli altresì che sarebbero stati fatti in seguito.

La Commissione europea compilò un nuovo regolamento per la navi- gazione e la polizia del Basso Danubio che fu sottoscritto a Galatz il 10 novembre 1875, e che andò in vigore il marzo 1876.

II trattalo di Berlino del 1878 provvide tra le altre cose alla naviga- zione del Danubio con le disposizioni contenute agli articoli 52-57. Le parti firmatarie stabilirono che la Commissione europea del Danubio dovesse essere mantenuta; che la Romania dovesse essere ammessa a farvi parte; che le Potenze si sarebbero poste d'accordo per prolungare la durata dei poteri di essa oltre il termine fissato nella mentovata Confe- renza di Londra, cioè il 24 aprile 1883; che i regolamenti di navigazione di polizia fluviale e di sorveglianza dalle Porte di ferro fino a Galatz sareb- bero stali elaborati dalla Commissione europea assistita dagli Stati rivie- raschi e posti in armonia con quelli già approvali o che lo potessero essere in avvenire per il percorso oltre Galatz (art. 55).

In conseguenza di quanto era stato stabilito con tale trattato e per mettere in armonia YAito pubblico del 2 novembre 1865 ed il Regola- mento del 10 novembre 1875 con le nuove stipulazioni, fu compilato VAtto addizionale all'Atto pubblico del 2 novembre 1865, ed il 19 maggio 1881 fu approvato il regolamento di navigazione e di polizia applicabile alla parie del Danubio, compresa tra Galatz e le Bocche di detto fiume, da tutti gli Slati che aveano firmati i precedenti Atti, aggiuntavi la Romania chia- mala a parteciparvi secondo il Trattato di Berlino. Tale regolamento che andò in vigore il 1^ luglio 1881 fece abrogare quello del 10 novembre 1875.

Essendo stato stabilito con Tart. 155 che tale regolamento poteva in seguito essere modificato dalla Commissione europea, questa, con Tassi- slenza dei delegati della Serbia e della Bulgaria compilò uno speciale rego- lamento, il quale fu approvato il 16 novembre 1882 dalle Potenze, che avevano sottoscritto quello del 28 maggio 1881.

Nel 1883, siccome spirava il termine fissato per la durata della Com- missione europea, fu riunita una Conferenza a Londra, la quale estese da Galatz a Braila la giurisdizione della Commissione europea, ne prorogò la durata, stabili alcune norme per la navigazione, la polizìa fluviale, e la sorveglianza e anche oltre il braccio di Chilia e adottò il nuovo regola- mento di navigazione con l'Atto sottoscritto il 10 marzo 1883, Tale rego-

GXLMII Appendice L an. 185T-^

lamento trovasi annesso al trattato fatto a Londra e lo scambio delle ratifiche fu constatato col protocollo sottoscritto il 21 agosto 1883: vi fece adesione anche la Serbia con la nota del 20 agosto di detto anno (1).

Convenzioni per facilitare le corrispondente intemaxionaU.

Per facilitare la corrispondenza ordinaria mediante la Posta il maggior numero degli Stati civili delle diverse parti del mondo stipulò la conven- zione postale universale, che fu sottoscritta a Parigi il 1^ giugno 4878, e che fu poi completata mediante l'atto addizionale concluso a Lisbona il

21 marzo 1885, e riveduta d'accordo nel Congresso a tal fme riunito a Vienna il 4 luglio 1801.

Mediante tale convenzione non solo fu garantita la libertà del transito della coiTispondenza in tutti gli Stati dell'Unione, ma furono ridotte al minimo le tasse pel trasporto della medesima e pel servizio della Posta.

Alla convenzione trovasi annesso un regolamento. Un accordo concer- nente lo scambio delle lettere con valore dichiarato fu pure concluso if 4 luglio 1891 fra un considerevole numero di Stati, e sotto la medesima data un altro accordo per lo scambio dei pacchi postali e vaglia postali fu sottoscritto.

A riguardo poi delle corrispondenze mantenute mediante il telegrafo, in virtù dell'originaria convenzione telegrafica conclusa a Pietroburgo il

22 luglio 1875, un numero veramente considerevole di Stati delle diverse parti del mondo si costituì in istato di unione per facilitare lo scambio dei telegrammi. Delta convenzione fu poi riveduta e migliorata col regolamento concordato a Berlino il 17 settembre 1885 e poscia coU'altro concordato a Parigi il 21 giugno 1890.

Protezione dei cavi sottomarini. Trattato di Parigi.

1884, Marzo 18.

an. Ì9^,

La convenzione sottoscritta a Parigi il 14 marzo 1884 e relativa alla protezione dei cavi sottomarini fu stipulata coli' intendimento di assicurare il mantenimento delle comunicazioni telegrafiche intemazionali eflettuate

I

(1) Vedi la Collezione dei trattati tra Vltalia e altri Stati, Voi. IX*

tn. 4884. Diritto comune convenzionale GXLIX

mediante i cavi sottomarini. Essa fu sottoscritta in origine da ventisei Stati, ed altri posteriormente vi hanno fatto adesione (1).

Tra le parti contraenti fu convenuto che la rottura o il g:uasto di un cavo sottomarino, fatto volontariamente o per negligenza colpevole, e che potesse avere per risultato d'interrompere o di ostacolare, in tutto o in parte, le comunicazioni telegrafiche dovesse essere punito senza pregiudizio dell'azione civile e del rifacimento dei danni.

Fu tra di esse convenuto un sistema di regole opportune per tutelare la costruzione dei cavi sottomarini ; le riparazioni occorrenti ad essi ; le operazioni necessarie da parte delle navi destinate a porre o a riparare i detti cavi, ed il modo di comportarsi delle navi che lungo la loro rotta si trovassero vicine a quelle impiegate a porli o a ripararli. Fu altresì determinato la competenza del tribunale chiamato a giudicare in caso di violazione delle regole stipulate ed il procedimento relativo, e le parti contraenti presero formale impegno di provocare dalle rispettive legislature i provvedimenti legislativi occorrenti per assicurare l'esecuzione degli obblighi assunti mediante la convenzione.

Nel protocollo di chiusura fu poi stabilito che la convenzione sarebbe andata in vigore il maggio 1888 sotto la condizione però, che, se a tale epoca i Governi delle parti contraenti non avessero ancora adottate le misure occorrenti per assicurarne il rispetto e l'esecuzione, dovessero farlo senza ritardo

Unione per la pubblicazione delle tanffe doganali.

Bruxelles, 5 Luglio 1890. an. 4890.

A fine di prestare un importante aiuto al commercio internazionale un numero veramente considerevole di Stati dell'Europa e dell'America con- cluse la convenzione del 5 luglio 1890 colla quale fu formata tra le parti contraenti e le altre, che vi hanno poi fatto adesione, una vasta associazione col titolo : Unione intemazionale per la pubblicazione deUe tariffe doganali.

Lo scopo di tale unione si è quello di pubblicare e far conoscere tanto sollecitamente che possibile le tariffe doganali dei diversi paesi del mondo

(1) Gli Stati che sottoscrissero la convenzione sono ventisette: Austria-Ungheria, Repubblica Argentina, Belgio, Brasile, Costarica, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Guatemala, Italia, Paesi Bassi, Persia, Portogallo, Humenia, Russia, Sandomingo, Salvador, Serbia, Spagna, Stati Uniti d'America, Stati Uniti di Columbia, Svezia e Norvegia, Torchia, Uraguay.

CL Appendice L m. 1890.

e le modificazioni che dette tariffe siano per subire in seguito. Fu quindi con tale intendimento istituito a Bruxelles un Uffizio internazionale inca- ricato di pubblicare le dette tariffe e le disposizioni It^slative e ammini- strative che apportassero qualche modificazione delle medesime.

Trasporti sulle ferrovie internazionali.

Berna, 14 Ottobre 1890.

an. 4890.

Un diritto uniforme pel trasporto delle merci mediante le ferrovie internazion^i fu stabilito tra T Austria-Ungheria, il Belgio, la Francia, i Paesi Bassi, la Germania, l'Italia, la Russia e la Svizzera, mediante la convenzione sottoscritta a Berna il H ottobre 1890.

Mediante tale convenzione le regole che concernono il trasporto delle merci sulle ferrovie degli Stati firmatarii, in quanto agli obblighi imposti allo speditore e alle Amministrazioni ferroviarie; alle responsabilità; alle tariffe; ai danni ; al modo di fare la consegna e via dicendo furono stabilite. Fu inoltre stipulato un regolamento per T esecuzione della convenzione, il quale si considera come parte integrante della medesima.

Regole della rotta marittima e per evitare gli urti delle navi.

Le regole della rotta marittima stabilite per evitare gli urti delle navi non furono concordate dagli Stati mediante una convenzione tra loro stipulata. Essi non pertanto ne riconoscono l'obbligatorietà eie dette regole costituiscono oggi il diritto comune di un numero considerevole di Stati.

Vedi la nota a reg, 838, pag, 335.

Lo stesso può dirsi del Codice internazionale pei segnali delle navi.

Vedi la nota a reg, 840, pag, 336.

Accordi relativi alla protezione della proprietà industriale e della proprietà letteraria ed artistica.

L'unione intemazionale per la protezione della proprietà industriale fa stabilita con la Convenzione sottoscritta a Berna il di 20 marzo 1883 dal Belgio, Brasile, Francia, Guatemala, Paesi Bassi, Portogallo, San Salvador, Serbia, Spagna e Svizzera, ai quali accedettero poi l'Equatore, la Gran Bretagna, San Domingo, la Turchia ed altri Stati.

In seguito di tale accordo fu istituito un Uffizio intemazionale del- l'Unione per la protezione della proprietà industriale in Berna e le spese relative alla dotazione di tale Uffizio furono determinate e ripartite tra gli Stali dell'Unione col Protocollo sottoscritto a Madrid il 15 aprile 1891.

Diritto comune convenzionale , CM

Nella conferenza riunita a Madrid furono pure sottoscritti altri tre pro- tocolli, cioè il 1^ per la repressione della false indicazioni circa l'origine delle merci ; il 2^ per la registrazione internazionale delle marche di fab« brica ; il 3<» per l'interpretazione della convenzione di Berna del 20 marzo 1883, ma quest'ultimo, non essendo stato ratificato dalla Francia non fu reso esecutivo, essendo stato stabilito, che non sarebbe entrato in vigore che in seguito all'approvazione di tutti gli Stati firmatarii.

Conviene avvertire che il Guatemala, con sua nota dell'S novembre 1894 al Consiglio federale svizzero, denunciò la convenzione di Berna del 20 marzo 1883, e conseguentemente essa cessò dall'aver vigore rispetto a detto Stato dopo 1*8 novembre 1895.

Per proteggere la proprietà letteraria ed artistica fu pure stabilita una Unione internazionale mediante la convenzione sottoscritta a Berna il 9 settembre 1886 dai seguenti Stati, cioè il Belgio, la Francia, la Germania^ la Gran Bretagna, l'Haiti, l'Italia, la Spagna, la Svizzera e la Tunisia alla quale aderirono poi il Lussemburgo il 20 giugno 1888 e il Principato di Monaco il 30 maggio 1889 ed altri Stati. In forza del patto concordato all'art. 16 di detta convenzione è stato istituito un uffizio intemazionale denominato Ufficio dell'Unione intemazionale per la protezione delle opere letterarie ed artistiche, stabilito a Berna sotto l'alta autorità dell'ammini- strazione superiore della Confederazione svizzera e che funziona sotto la sua sorveglianza.

Convenzione sanitaria.

Dresda, 15 AprUe 1893.

an. 1893.

La convenzione sanitaria fu sottoscritta a Dresda dall' Austria-Ungheria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Bussia e Svizzera e provvide a regolare il movimento dei viaggiatori e delle merci in tempo di epidemia ed a stabilire le misure adatte ad evitare la propa- gazione della medesima, e la importazione della stessa nei paesi incolumi.

Alla detta convenzione è annesso un regolamento che stabilisce i prov- vedimenti opportuni da parte del Governo del paese contaminato e quelli che devono prendersi alle frontiere e pel traffico sulle strade ferrate e per la via di mare.

Convenzioni per incivilire la guerra.

La convenzione stipulata a Ginevra il 22 agosto 1864 fu ispirata dal sentimento veramente umanitario di alleviare i mali irreparabili della

CUI , Appendi ice L

guerra e di provvedere a migliorare la sorte dei militari feriti. Essa fu già in orìgine sottoscritta dai seguenti Stati: Francia, Svizzera, Belgio, Paesi Bassi, Italia, Spagna, Danimarca, Baden, Russia, Assia, Porto- gallo. Quasi tutti gli Stati civili però posteriormente hanno ad essa fatto adesione e sarebbe lungo enumerarli tutti.

Alla detta convenzione furono poi a^unti alcuni articoli addizionali colla convenzione sottoscritta pure a Ginevra il 20 ottobre 4868 e i quali però furono accettati soltanto in massima dagli stessi Stati che avevano sottoscritta la convenzione del 1 864.

Collo stesso intendimento fu stipulata la dichiarazione relativa alla proi- bizione delle palle esplodenti in guerra, la quale fu pure originarìaiDente sottoscrìtta il 29 novembre 1868 dall'Austria, Baviera, Belgio, Danimarca, Francia, Confederazione della Germania del nord, Gran Bretagna, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Persia, Portogallo, Prussia, Svezia e Norvegia, Sviz- zera, Turchia, Wùrtemberg, ma posteriormente quasi tutti gli altri Stati hanno ad essa fatta adesione.

Nel proemio della detta dichiarazione è detto espressamente che il progresso della civiltà deve avere per effetto di attenuare tanto che sia possibile le calamità della guerra e che il solo scopo legittimo che gli Stati belligeranti devono proporsi durante la medesima si é d'indebolire le forze militari del nemico.

Un tentativo molto più importante per alleviare i mali della guerra tanto quanto sia possibile, fu fatto in seguito all'invito di S. M. l'Impera- tore di Russia qualche anno dopo la guerra franco-germanica, e a tal fine fu riunita a Bruxelles una conferenza composta di generali, di uomini di Stato e di giuristi di tutti i paesi d'Europa per concordare il progetto di una convenzione intemazionale relativa alle leggi ed ai costumi della guerra. Detta conferenza esaminò il progetto presentato dal Governo russo, e dopo lunghe discussioni lo modificò in molti punti, e concordò un pro- getto che avrebbe dovuto essere sottoposto ai Governi per stipulare una dichiarazione internazionale su tale importante materia. Tale tentativo non ha avuto seguito, e conseguentemente quel progetto non ha alcuna forza obbligatoria, ma esso ha nonpertanto una grande autorità morale perchè ricissume l'opinione illuminata degli uomini più competenti intorno alle regole che converrebbe adottare per attenuare i disastri della guerra e metterla in armonia con le esigenze della civiltà progredita.

CLIII

Becenti frattali ooaeloai tra gli Stati deirAmerica centrale

per stabilire on diritto comune.

Codificaxùme del Diritto intemazionale privato*

1888^0.

•0.1888-89.

I trattati conclusi tra le Repubbliche deirAmerica centrale in questi ultimi anni coli' intendimento di stabilire fra di loro rapporti di unione e di alleanza permanente fissando d'accordo un diritto comune ed i mezzi opportuni per assicurarne il rispetto e l'osservanza sono al massimo grado importanti e meritevoli di richiamare l'attenzione dei Governi europei, degli uomini di Stato, e degli scienziati.

Le Repubbliche deirAmerica centrale, quelle doé di Costarica, Gua- temala, Honduras, Nicaragua e Salvador, coli' intendimento di stabilire fra di loro un diritto comune, avevano già stipulato un trattato generale di pace, d'amicizia e di commercio, ed una Convenzione di estradizione sot- toscritta a Guatemala il i6 febbraio 1887, e avevano provveduto altresì ad assicurare il rispetto dei patti fra di esse conclusi, impegnandosi a ricono- scere l'Autorità del Congresso dell'America centrale e a sottomettere ad arbitri le vertenze che fra di loro potessero sorgere, qualora non avessero potuto comporle mercè la mediazione delle altre repubbliche.

Nel 4888, sempre col proposito, come è dichiarato nel preambolo al trattato, di stabilire un diritto internazionale comune dell'America centrale, che fosse uniforme per tutte le Repubbliche sorelle e che valesse ad assi- curare la loro futura unione, le stesse parti conclusero il trattato di Costa- rica il 24 novembre di detto anno, e provvidero meglio a stabilire i mezzi opportuni onde assicurare la pace e prevenire la guerra.

A riguardo della costituzione del Tribunale arbitrale, al quale secondo il mentovato trattato del 1887 si erano impegnate a sottomettere qualunque divergenza, esse provvidero che qualora i Governi dissidenti non si trovas- sero d'accordo per designare Tarbitro nel termine di 30 giorni, l'arbitro sarebbe stato designato tirando a sorte tre arbitri tra i seguenti Governi, cioè: di Germania, Repubblica Argentina, Chili, Spagna, Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Messico e Svizzera. Il primo paese estratto a sorte sarebbe designato come arbitro, e se egli non accettasse, sarebbe sostituito dal secondo, e in caso di rifiuto sarebbe stato rimpiazzato dal terzo.

CLIV Appendice L an. 18-^S9.

S** Le palli contraenti ebbero a considerare che non ostante rìmpegno da esse assunto di risolvere qualsiasi controversia per mezzo deirarbitrato una rottura di fatto tra due o più delle Repubbliche alleate poteva solare anche dopo che la questione fosse stata risoluta definitivamente da una sentenza^arbitrale, se questa non fosse ese^ita, e se la mediazione offerta dalle altre Repubbliche, non impegnate direttamente nella vertenza, non fosse riuscita efficace, e, volendo determinare la linea di condotta di quelle estranee alla contesa, convennero che, se il Congresso dell'America cen- trale non fosse riunito per potere sottomettere alla decisione di esso la questione insorta, i Governi estranei alla vertenza dovessero proyocare immediatamente la riunione di un Congresso straordinario; che la parte che si reputasse offesa dovesse presentare un memorandum per stabilire i motivi dei suoi reclami : che tenendo presente tutti i documenti i plenipo- tenziari riuniti in Congresso dovessero deliberare circa i mezzi più equi ed efficaci per derimere la vertenza ; che se gli sforzi per comporre il litigio mercè la mediazione non riuscissero efficaci, dovessero procedere a desi- gnare un arbitrato, comunicando ciò ai plenipotenziari delle Repubbliche litiganti.

È meritevole di particolare considerazione quanto trovasi disposto agli articoli 6 e 7 del mentovato trattato.

Art. 6. Sarà considerato gravemente violato il Diritto dell'America centrale da parte di un Governo, che non osserverà i patti conclusi ; che non rispetterà la sentenza pronunciata: che invaderà ingiustamente il ter- ritorio straniero senza aver ricorso ai procedimenti indicati innanzi : che violerà il paragrafo 1 ^ dell'articolo V del trattato originale di pace, d'amicizia e di commercio, il quale mira ad impedire l'oifanizzazione di fazioni contro un Governo alleato, o l'art. VII che inibisce l'alleanza di una o di più Repubbliche dell'America centratele une contro le altre.

Le Repubbliche non interessate direttamente nella questione potranno intervenire in questi casi, anche con le armi, affine di far rispettare gli accordi conclusi, o la sentenza e prestare soccorso ai paesi ingiustamente attaccati. Esse se la intenderanno fra di loro e agiranno d'accordo con tale intendimento. In nessun caso le Repubbliche potranno sposare la causa e prestare moralmente o materialmente appoggio al Governo che avesse vio- lato il diritto comune dell'America centrale.

Art. 7. Nessuna delle Repubbliche contraenti potrà concludere alleanze generali o speciali, permanenti o transitorie, offensive o difensive, espresse 0 tacite nell'America centrale o al di fuori contro le altre Repubbliche

•B. Ì888-89. Recenti trattati delle Repubbliche americane CLV

alleate senza violare il diritto comune, ma due o più Repubbliche potranno allearsi più strettamente ancora fra di loro di quello che lo siano col pre- sente trattato per resistere alle Potenze straniere.

Col trattato sottoscritto a San Salvador iM5 ottobre 4889 i Governi di Salvador, Costa-Rica, Guatemala, Honduras e Nicaragua hanno concluso un patto di unione con cui fu stabilita fra di loro una vera e propria Con- federazione (4).

L'altro fatto veramente importante, effettuato recentemente in America, è quello dei trattati conclusi dai Governi 'delle Repubbliche dell'Uraguai, Argentina, Bolivia, Brasile, Chili, Paraguay, Perù, coi quali viene ad essere stabilito fra di esse un diritto comune a riguardo delle principali materie che concernono il diritto penale, civile, e commerciale internazionale, il diritto processuale e quello relativo alla proprietà letteraria, artistica ed industriale, ed all'esercizio delle professioni liberali (2).

In conseguenza dell'iniziativa presa dalla Repubblica Argentina e da quella dell' Uraguay un Congresso fu riunito a Montevideo il 28 agosto del i888 per stabilire mediante un trattato un diritto uniforme relativo alle diverse materie del diritto internazionale privato e presero parte ad esso i Governi delle Repubbliche mentovate, che inviarono i loro rappresentanti ufficiali, ed in seguito a lunghe discussioni furono conclusi e sottoscritti gli speciali trattati che concernono il diritto internazionale penale, civile e commerciale, quello relativo al diritto processuale e alla proprietà lette- raria, artistica, industriale e professioni liberali. Cotesti trattati furono sottoscritti dai plenipotenziari, in nome dei Governi da essi rappresentati, con la dichiarazione di comunicarli agli altri Stati non- intervenuti al Con- gresso, affinchè vi potessero aderire.

Tali trattati sono stati già presentati a ciascuna delle legislature delle Repubbliche che li conclusero e sono stati già approvati da alcune di esse, e lo saranno certamente dalle altre.

Questo avvenimento, noi dicevamo essere degno di grande considera- zione, perchè è la più sicura prova che alla codificazione di certe parti del Diritto internazionale, e sopra tutto di quelle che concernono il Diritto

(1) Il testo del trattato trovasi nella Revue SudrAméricaine, volume Vili, pagina 422. Parigi, 15 dicembre 1889.

(2) Vedi il volume pubblicato per cura del Governo della Repubblica dell'Ura- guay: Actas y Tratado9 celebrados por el Congrego internacional Sud-Ame» ricano de Montevideo Anexo a la Memoria del Miniaterio de Relaciones exterioresj Montevideo 1889.

CLVI Appendice L m. 18^-^

internazionale privato, si può arrivare con minori difficoltà, e meritano di essere sómmamente lodati i Governi delle Repubbliche mentovate, che ne hanno dato la prova di fatto concordando e stabilendo un diritto comune relativo alle materie le più importanti del Diritto internazionale privato. Essi hanno dato così un grande esempio di senno patrio ai Governi del- l'Europa, mettendosi d'accordo per assicurare ed accrescere i benefici della pace in luogo di sperperare le forze per accrescere gli armamenti e contribuire con la pace armata e con le spese esorbitanti che costa^ ad esaurire le forze produttive di ciascun paese.

CLVI

CONCLUSIONE

Gettando uno sguardo retrospettivo sull'insieme dei trattati, dei quali abbiamo dato uu succinto cenno storico, se ne può dedurre, che il concetto di porre il Diritto internazionale convenzionale sotto la tutela giuridica collettiva delle parti stesse, che d'accordo lo abbiano stipulato, non si trova espressamente stabilito dagli Stati europei, che nel trattato da essi concluso IMI maggio 1867 per regolare la situazione politica del Granducato di Lussemburgo.

NeirAlto finale della Conferenza di Berlino del i885, surriferito, si trova in verità air articolo 12 stabilito come patto che, nei casi nei quali venisse a sorgere tra le Potenze che sottoscrissero quell'Atto o di quelle che in seguito vi aderissero, qualche dissenso serio a riguardo dei loro diritti territoriali o del regime della libertà commerciale, esse dovessero prima di prendere le armi ricorrere alla mediazione di una o di parecchie Potenze amiche. Fu inoltre riservato nella stessa evenienza il diritto di poter ricorrere alla procedura dell'arbitrato.

Ognuno però facilmente comprende come con disposizioni tanto vaghe non si potrebbe al certo prevenire la guerra, e che neanche, laddove le Potenze firmatarie si trovassero d'accordo di sottomettersi ad un arbitrato, si troverebbe in quel trattato stabilito in quale maniera la parte che fosse stata condannata potesse essere costretta con procedimenti giuridici ad osser- vare la sentenza degli arbitri ; perlochè si ha sempre ragione di sostenere che in nissun trattato si trovi stabilito alcun procedimento giuridico per decidere efficacemente ogni controversia mediante l'arbitrato, e per costrin- gere la parte, che sia condannata legalmente, a sottostare alla decisione del tribunale arbitrale.

Nei trattati più recenti conclusi dalle Repubbliche americane, si trova invece che l'autorità del Congresso per tutelare il diritto convenzionale e per assicurarne il rispetto, è più chiaramente affermata e stabilita.

Quel trattato di alleanza può essere invero considerato sotto un certo punto conforme a quello che era stato concluso per la costituzione della Confederazione germanica. Bisogna non pertanto tener presente che lo scopo dell'unione delle Repubbliche americane ò meglio determinato e che non consiste principalmente nella tutela degl'interessi politici, ma in quella

CX.VII1 Appendice L

beasi di stabilire un diritto comune, e di assicurare la pace e prevenire la guerra; l'autorità del Congresso e del tribunale arbitrale trovasi quindi con più giusti criterii stabilita, e meglio regolata : trovasi inoltre ammessa la facoltà di adoperare la forza delle armi, ma soltanto come mezzo coer- citivo per ripristinare l'autorità del diritto violato.

Questo è certamente un primo passo di molto valore, che segnai! nuovo indirizzo a cui devono tendere le alleanze degli Stati civili, quello cioè che deve mirare a mettere in comune le loro forze per stabilire rapporti di pace permanenti : assicurare il rispetto del diritto ed impedire Tarbitrio (Vedi in questo senso il mio articolo suUa voce Alleanza nel v. Digesto italiano -i).

La riorganizzazione poi dei Congressi e la missione che ad essi dovrà essere attribuita, quella cioò di proclamare il Diritto comune ed assicu- rarne il rispetto, in luogo di quella che è reputata principale nell'attualità^ vale a dire di regolare le conseguenze della guerra e di tutelare gl'interessi politici delle Dinastie, si trova pure in gran parte effettuata nel trattato di alleanza concluso da quelle Repubbliche.

A me sembra che per provvedere all'ordinamento giuridico della società internazionale non si possa fare di meglio che svolgere e perfezionare il concetto, che si trova nei mentovati trattati. Bisogna invero stabilire più saldamente l'autorità dei Congressi attribuendo ad essi l'alta autorità di prociajnare il diritto comune, che deve regolare gl'interessi pubblici in ter» nazionali^ e di provvedere per tutelarne il rispetto. Questo l'ho sempre con piena fede sviluppato e sostenuto nelle mie opere sul Diritto intemazio- nale pubblico e privato.

Mei mio libro Nìiovo Diritto intemazionale pubblico, Milano 1865, discorrendo dell'organizzazione dei Congressi internazionali sosteneva infatti che si dovesse reputare conforme ai principi! di giustizia che i congressi studiassero il modo di porre termine alle contese, proclamando i principii per eliminarle o per risolverle (pagg. 276-77 e la traduzione francese fat- tane da Pradier Fodere, Paris 1869, tom. II, pagg. 61-62). A proposito poi dell'intervento, che io lo escludeva assolutamente in massima, come era stato inteso nella storia, sosteneva non per tanto fin d'allora, die potesse reputarsi legittima l'ingerenza colieitiva, laddove essa fosse attuata per sostenere il Diritto o impedirne la violazione {ivi pag. 96 e traduzione francese eit. pag, 225).

Nella seconda edizione della detta opera, avendo posto come principio che non si potesse meglio provvedere alla tutela giuridica del Diritto inter*

Conclusione CLIX

nazionale fuori della guerra, che mettendolo sotto la garanzia collettiva degli Siali slessi costituiti in società di fatto, sosteneva la legilliraità del- l'ingerenza collettiva per ripristinare rautorità del Diritto violato e poneva la seguente regola: ^Qualora un ordinamento di cose fosse concordato con un trattato si deve ritenere sotto la garanzia collettiva di tutte le Potenze firmatarie e potrebbe legittimare l'intervento, se quando fosse slato promesso non fosse osservato» (pag. 441, voi. I, Diritto Inteim. Pubblico, Torino, Unione Tipografico-Editrice, 1879, e la traduzione fran- cese di Charles Antoine, tom. I, §§ 592 e 597 e seg., Paris, Pedone Lauriel, 1885. Vedi inoltre la 3^^ edizione pubblicata nel 1888 : Dei mezzi efficaci a risolvere le controversie intemazionali durante la pace. Ivi trovasi un più largo sviluppo del concetto della tutela giuridica del Diritto comune con- venzionale, tom. II, pag. 541, Torino, Unione Tipografico-Editrice, 1888).

Gli studii da me fatti sullo stesso argomento hanno reso sempre più salda la mia convinzione che cioè per dare alla società degli Stati un ordi- namento giuridico bisogna trovare un sistema di tutela giuridica del Diritto internazionale, e la sanzione del medesimo, con procedimenti giuridici più razionali di quelli che neirattualilà siano adottati dai Governi, che riten- gono come principale sostegno di ogni diritto la forza armata.

Volgendo l'attenzione all'insieme dei trattati si riesce a comprendere che il sentimento della comunione giuridica si va ognora allargando nella coscienza dei popoli civili, ma che il problema della tutela giuridica dei diritti internazionali degli Stati e degli enti collettivi non è ancora nella buona via di una pronta soluzione. Il tempo però vince tutto, e appiana molte difficoltà. L'ordinamento giuridico della Società intemazionale non può venire in un subito, può essere al certo l'opera di un uomo o di più, bisognerà procedere a grado a grado e deve ciascuno contribuirei come le sue forze consentono, alla costruzione del grande edifizio.

Nissuno perda la ferma fidanza nella nota profezia di Mirabeau:

Le DnOIT SERA UN JOUR LE SOUVERAIN DU MOMDE.

I

CLX

-A.I»I>E3Srr)IODE3 II.

OPERE relative ai Trattati internazionali ed alla Storia.

Barbeyrac. Histoire des aneiens traités depuis 1496 a?ant J.-G. jasqii*en

813 de Tère chrétienne Amsterdam 1795.

Quest'opera fu pubblicata per cura dell'editore Roosset come supplemento all'opera di Dumont, e forma il primo volume dei supplementi; il seconda e il terzo contengono i trattati conclusi dopo Tanno 315 al 1738, e questi volumi furono compilati da Jean Rousset, il quale compilò pure il quarto e quinto volume dei detti supplementi, che ccntengono il cerimoniale diplo- matico delle corti di Europa.

Un altro supplemento all'opera di Duhont fu fatto da Jean Ives ix^ Saint-Priest e pubblicato col titolo Histoire des traités de paix et autres nègo- ciations du XVIP siede, 1597-1679. Egger. Études historiques sur les traités puhlics chez les Greca et ehsg ìes Romains

depuis les temps les plus aneiens jusqu^aux premiere siècles de Vére chrétienne^

Paris 1866, in -8*, Pedone-Lauriel. Dumont. Corps universel diplomatique du droit des gens, cantenctnt un recueil

des traités d'allianees, ecc. depuis 800 jusqu'à 1731 (Amsterdam et

La Haye 1726- 1731, 8 voi. in-8»).

Recueil de traités d'alliance, de paix et de commerce depuis la paix ds^ MUnster, 1740.

Mémoires politiques pour servir à la parfaits inteUigsnee de la paix ds Ryswick, 1699, 4 voi. in-12*.

Wenck. Cedex juris gentium recentissimi.

Quest'opera abbraccia il periodo di 37 anni (1736-1772) e fu pubblicata in tre volumi a Lipsia nel 1781-1795, ed è la continuazione dell'opera di Dumont. SclimaU88 (J.-J.). Corpus juris gentium academieum. Lipsiae 1730-1732;

2 voi. in-8».

Corpus juris puhlici.

Quest'opera comprende il periodo dal 1439 al 1740; e per gli Stati del Nord quello dal 1700 al 1743. Mably. Droit public de V Europe fonde sur ìes traités, Paris 1744.

Di quest'opera fa pubblicata la seconda edizione, con osservazioni storiche,, politiche e critiche di Rousset, Amsterdam 1748, Poi una nuova edizione accre^

Opere relative ai Trattati intemazionali ed alla Storia CLXI

seiuta dei principi] relativi al diritto pubblico fondato sui trattati e di un*in- tro dazione di Mablt, e poi altre successive edizioni. La 5* edizione arriva tino al 1773 con osservazioni di Rousset e fu pubblicata ad Amsterdam ed a Lipsia nel 1773. Koch. Abrégé de Vhistoire dea traités de paix entre les puisaancea de V Europe',

depui8 la paix de Westphalie (Bàie, t. I e II, 1796; t. Ili e IV, 1797).

L'autore avea promesso un quinto volume, ipa non potè scriverlo per la morte che Io colse nel 1813. Fu però pubblicata una nuova edizione nella quale la storia dei trattati è continuata fino al 1815 e questa apparve col seguente titolo: Schoell. Histoire abrégée dea traitéa de paix entre les puissancea de V Europe,

deputa la paix de Weatphalie, par feu M, de Kock, ouvrage etUièrement

refondu, augmerUé et continue juaqu'au Congrèa de Vienne et aux traitéa da

Paria de 1815 (Paris 1817 e 1818). Garden (Gomte de). Hiatoire generale dea traitéa de paix et autrea tranaactiona

pHneipalea entre toutea lea puiaaancea de V Europe depuia la paix de Weatphalie

(Paris 1848-1859, 16 voi. in-8»).

Alcuni di questi volumi sono divisi in più parti. Martens (6. F. de). Recueil dea prineipaux traitéa d^aUianee, de paix, de trève,

de neutralité, de commerce, de limitea, d^échange, etc, 1* édition (Gottingue

179M817, 7 voi. et 4 de supplément; 2* édition, 1817-1835, 8 volumes).

Nouveau recueil de traitéa, 16 volumes.

Nouveaux aupplémenta, 13 volumes.

Martens (G. F. de) et Murhard (F.). Nouveau recueil general dea prineipaux traitéa de paix, d^aUiance, de trève, de neutralité, de commerce, de limitea, d^écJiange, etc.; et de pluaieura autrea actea aervant à la connaiaaanee dea relationa étrangèrea dea puiaaancea de V Europe, depuia 1761 juaqu*à préaent (Gottingue, 52 voi. in-8»).

Riesce difficoltoso di servirsi della collezione di Martens, a cagione della grande confusione che essa presenta per la distribuzione della materia. Nella seconda edizione i sette volumi ed i quattro primi volumi di supplemento della prima edizione furono fusi insieme formando in tutto otto volumi, dei quali alcuni furono ripubblicati dallo stesso autore nel 1771-1818 e gli altri dal nipote di lui, Gh. de Martens, nel 1826-1835. Ecco il contenuto di cotesti volumi: 1. 1, trattati dal 1761 al 1770; t. II, dal 1771 al 1779; t. IH, dal 1780 al 1784; t. IV, dal 1785 al 1790; t. V, dal 1791 al 1795; t. VI, dal 1795 al 1799; t. VII, dal 1800 al 1803; t. Vili, dal 1803 al 1808.

Il seguito ai primi quattro volumi di supplemento (t. V a XVI) ò conosciuto sotto il nome di Nouveau recueil de traitéa, e di questi i primi quattro volumi, che comprendono i trattati dal 1808 al 1819, furono pubblicati da G. F. Martens; il quinto (1820-1822) dal nipote Ch. de Martens; i volumi da sei a nove (trat- tati dal 1822 al 1831) da Saalfelt; i seguenti (trattati dal 1832 al 1839) da Murhard, il quale pubblicò pure altri volumi col titolo Nouveaux aupplémenta, i quali comprendono tutto il periodo anteriore al 1839.

Una tavola cronologica ed alfabetica fu pubblicata da Gh. de Martens nel 1839 in due volumi, e questa contiene i trattati dal 1761 al 1802. 48 Fiore, Dir. intern. codif»

CLXn Appendice U,

Nel 187& è stata pubblicata a Gottinga un'altra tarola generale: Tahle generale du recueil des traiUs de 6. F. Martins et de $es eontinuaUurSt Got- tingue 1874; Barite chroHohgique, 1876. Dieterìch.

La continuazione dell'opera di Martens, e Murhard è stata pubblicata col seguente titolo: Samwer et Hopf. Nouveau reeueU general de traUés et atUree aetes relatifs aux

rapports de droit intemaUonal. Ckmtmuation du reeueil de G. F. de Martens. Archivee diplomatiquea. BeeueU de dipknnatie et d^hieUnre, Paris 1861-18714,

1* sèrie, 62 ?o]. Questa pubblicazione è continuata da M. Renault, sèrie,

1880-1889, 19 volumes. Plaasan (De). Hi^oire generale et raisonnée de la diplamaUe frangaise ou de la

politique de la Franee depuie la fimdatùm de la monarchie jusqu^à lafindu

règne de LouU XVI, avee dee tables ckronologiquee de tous les traitée conelu*

par la Franee, 2* édition corrigée et augmentóe. Paris 1811, 7 voi. in-8*.

HieMre du Ckmgrèe de Vienne, 1814. Prédóric n. Hietoire de la guerre de» Sept une.

Histoire de mon temps,

Amelot M. Priliminaires dee traìiés faUe enire les roie de Franee et taus les

prinees de V Europe, depuis le règne de Charles VII. Paris 1692, tom. 8. Saint-Priest. Histoire dee traUés de paix et autres négoeiations du XVUl^ siede,

depuis la paix de Vervims jmsqu'à la paix de Nimègue. Amsterdam 1735, t. 1

e 2, in-folio. Martens F. ReeueU des traités et eonnentions eonclus par la Russie omc les

puissancea étrangères, publié d'ordre du Ministère des affairss éérangèr^g»

St-Pótersbourg 1874, Devrient. Menangioa (de). Bépertoire des traités, convetUions et autres aetes priueipawe

de la Russie avee les puisaanees étrangàres depuis 1474 jusgu'à nos jours,

Paris 1874, Amyot. BaeeoUa dei traUati e delle convenzioni conchiuse fra il regno d*Italia ed i

Oovemi esteri, ptMlicata per cura del Ministero degli affari esteri, 186S-

1889, Tol. 11. Oal70 (Gharlei). Annales historiques de la revolution de VAmérigue latine, depuis

Vannée 1808 jusqu'à la reeonnaissance par les États européens de Vindépemr

dance de ce vaste eonti$tent, Besangon 1864-1667, 5 toL in-8^. «*- Beouefl complet des traités, eonventions, eapitulaUons, armistiees, et autrm

aetes dipUomatiques de tous les États de VAmérique latine comprise entrs le

golf e du Mexique et le cap Hom, depuis Vannée 1493 jusqu*à nos jours

Besan^n 1862-1869, 11 voL in-8». 01«ro% (A. de). BeeueU des traités de la Franee, publié sous les auspiees du

ministre dee affaires étrangh'es, continue peer Jl. JuUs de Clereq, depttis le

tome 14, 1713-1885. Paris 1886. 14 voi. in-8». AeuSB. Deutsche Staats, Canzley, i. XXXIX. Ulm 1793-1800, in-8*.

Sotto questo medesimo titolo furono pubblicate le seguenti continaasiont Jahrgang, 1799, t. I-VIII, ivi, 1800-1801 ; Ja^^onp, 1800, t. I-V, ivi, 1802-1803; Jahrgang, 1801, t. MII, ivi, 1802-1803. Winkopp. Der rheinische Bund, herausgegeben. Frankf. 1806-1812, t. I^XX,

Opere relative ai Trattati intemazionali ed alla Storia GLXIIK

I primi Tolumi di questa collezione furono pubblicati a Parigi, in francese, col titolo: Collection dea aetes, règUmente, ordonnanees et autres pièceB offieiellea relatives à la Gonfédération du JRAtn. Paris 1808, t. MII. La collezione fu conti- nuata col titolo: AUgemeine Correspondenz.

Neumanil. Reeueil dee iraitéB et eonventions e&ndue par VAutriéhe avee lee . puieaanees étrangères depuie 1763 jursqu'à nò» jours, Leipzig et Vienne

1855-84, 18 Tolumi. Martens et Onasy. Reeueil manuel et proHque dea traitéa, eonventiana et autrea

aetea diplomatiquea aur leaquels aont établia lea rapporta exiatanta aujotird^hui

entra lea divera Étata a<mveraina du globe, deputa Vannée 1 lSS,juaqu*à Vépoque

aetueUe. Leipzig 1846, 7 toI. in-8*. Tetòt. Répertoire dea traitéa de paia, de commerce et é'alUance de 1493 à 1866.

Paris 1866-87. Qhillany. Manuel dipiomatique, Reeueil dea traitéa européena lea plua importante

deputa la paix de Weatphalie juaque ety compria le tratte de Paria de 1866.

Tradaction fran^aise et introduciion par J. H. Schnitzler. 1856, 2 voi. in-8<'. Onroussow. Résumé historique dea prineipaux traitéa de paix conelua entre lea

puiaaances européennea. Paris 1885, Lerouz. Villefort. Reeueil dea traitéa, eonventiana, loia, decreta et autrea actea relatifa à

la paix de la Franee avec VAllemagne. Parts 1873-79, 5 volumes. Angeberg. Le Congrèa de Vienne et lea traitéa de 1815, précédéa et auivia dea

actea diplomatiquea qui s*y rattachent, Paris 1863, 4 voi. in-8<> gr. EUbUteriTe (Gomte d*) et Òossy (Paron Ferd. de). Reeueil dea traitéa de cam»

merce et èie navigation de la Franee avec lea puiaaaneea étrangèrea deputa la

paix de Weatphalie. Paris 1833-1839, 9 voi. in-8«. Hertslai. Britiah and foreign Statea papera, a eolleelion of treatiae hettceen

foreign powera, and of treatiae and other documenta betiveen Great Britain

and foreign power a, relating to territorial arrangementa, peaee, commerce, etc,

Tol. 64. Per cura del Governo.

L^ultimo volume contiene T indice generale cronologico ed alfabetico dei documenti contenuti in tutta la serie. Janer (F.). Tratadoa de Eapaikt; Documentoa intemacionalea del reinado de

dona laabel II, deade 1843 à 1868. Barcelona 1869. Lagemans (E. G.). Reeueil dea traitéa et conventiona conelua par le royaume

dea Paya-Baa avec lea puiaaaneea étrangìrea depuia 1813 juaqu^à noa joura,

U Haye 1858-1859, 4 voi. in-8^ Garda do la Vaga (D.). Reeueil dea traitéa et conventiona eoncernant le royaume

de Belgique, tom. IX, ÌB-8*. Bruxelles 1875, Decq. Twi88 8ÌT Trarers. The Black-Book of AdmiraUg, toith Appendicea, London.

Pablication du gouvemement. Ade puUie relatif à la navigation dea embouchurea du Danube. Galatz 1876 Oatellani. La navigazione fluviale e la queatione del Danubio, Torino, Unione

Tipografico-Editrice, 1883. Angeberg. Reeueil des traitéa, conventiona et actea diplomatiquea eoncernant

VAutriéhe et V Italie depuia 170^ juaqu'au commencement dea hoatilitéa (1859)

Paris 1859, in-8».

CLXIV Appendice il.

Angeberg. Recueil des traitéa, conventions et aetes dipìomaiigiies concernnnt In

Bologne (1762-1862). Paris 1862, in-8o. Annuaire dea dexix Monde». Histoire generale des divers États. Paris 185U-1867,

in-8» gr. Beaumont-Vassy (Vicomte de). Histoire des États européens deputa le Congrès

de Vienne, Paris 1843- 1853, 6 voi. in-8». Bigelow (John). Les État-Unis d^Amérique en 1863; leur histoire politique,

leurs ressources minéralogiques, agricoles, industrielles et commerciales, Paris

1863, in-8^ Boageant. Histoire du traité de Westphaìie. Paris 1744, 4 voi. in-S». BrOBSard (A. de). Considérations histoHques sur les répuhliques de la Fiata

dans leurs rapports avec la France et VAngleterre. Paris 1850, ÌD-8*^. Bulwer (Sir Henry Lytton). Essai sur Talleyrand, traduit de Vanglais aree

Vautorisation de Vauteur, par Georges Perrot, Paris 1868, in-8". Canova del Gastillo. Prohlemas contemporóneos. ~- La guerra franco-prussiana y la supremacia germanica en Europa. Madrid

1884, 2 volumes. Oapefigne. Le Congrès de Vienne et les traités de 1815, par le eofnte d' Angeberg,

avec une introduction historique, Paris 1864, 4 voi. in-8'*.

L'Europe depuis Vavènement du roi Louis Philippe. Paris 1845, 10 voi. iii-8^. Bnrgos (Javier de). Annales de réinado de dona Isabel II, ohra postuma. Madrid

1850-1851, 6 voi. iii-8». Oantilo (A. del). Tratados, convenìos y declaraciones depaz y de comereio, que

han heeho con las potencias estranjeras los monarcas espanólea de la casa de

Borhon, desde el ano de 1700, hasta el dia; puestos en orden e iUustradoii

muchos de ellos con la historia de sus respecHvas negociaeiones. Madrid 1843, iii-4*'. Bianchi Nicomede. Storia documentata della diplomazia europea in Ralia

dalVanno 1814 al 1861. Torino, Unione Tipografico-Editrice. OanttL Gasare. Opere storiche; Storia universale; Cronologia; Storia degli Ita-

Unni; Storie minori. Torino, Unione Ti pogrn fico-Editrice. Oastro (José Ferreira Borges de). CoUecgao dos tratados, eonven^oes, eontraios

e actos puhlicos celebrados entre a eoroa de Portugal e as mais pcteneias

deade 1640 até ao presente, compilados, coordinados e annotados. Lisboa 1856*

1858, 8 voi. in-8°. Oonradi (F. C). De fecialibus et jure feciali populi romani. Helmst 1764, in-4«. Cortambert (L.) et Tranaltos (F. de). Histoire de la guerre eimle améri-

caine 1860-1865. Paris 1877, 2 voi. in-8o. Oancby (Eugòne). Le droit maritime international, eonsidiré dans ses origines

et dans ses rapports avec les progrès de la civilisation. Paris 1862, 2 voi. in- 8*. Oonstancios (F. S.). Historia do Brazil o seu descobrimento por Pedro Alvares

Cabrai até a abdica gao do imperador D. Pedro I. Paris 1839, 2 voi. in-8*. Ooze (W.ì. Histoire de la maison d'Autriche depuis Rodolphe de Hausbourg

jusquà la mort de Léopold II, traduite de l'nnglais par P. F. Henry. Paris

1810, 5 voi. in-8«.

Ij Espagne sous les rois de la maison de Bourbon, ou mémoires relatifs à Vhistoire de cette nation depuis Vavènement de Philippe V en 1100 Jusgu^à ìa

Opere relative ai Trattati intemazionali ed alla Storia CLXV

mari de Charles lllen 1788. Traduit en fran^ais, avec des notes et dea addi-

tions par don Andrea Muriel. Paris 1827, 6 voi. in-S**. Warthon (Francis). A digest of the iniematùmal latcs of the United States,

taken from documents issued hy Presidente and Secretaires of State and front

deeisions cf federai eourts and opinùms of aUorneye-general, Washington 1886,

3 Tolumi. EUiot (J.). The American diplomatie code, embraeing a eoUeeUon of treatise and

eonvenUons between the United States and foreign potoers from 1778 to 1834.

Washington 1870, 2 voi. in-8*. Onssy (Baron Ferd. de). Phases et Causes céUbres du droit maritime des nations,

Leipzig 1856, 2 voi. in-8^ ^ Précis historique des événements politiques les plus remarquahles qui se sont

passés de 1814 à 1859. Leipzig 1859, in•8^ Debranz de Saldapenna. La paix de Villafranca et les eonférences de Zurich.

édition, Paris 1859, gr. in-8^

Le traiti de Paris du 30 mare 1856, étudié dans ses causes et ses effets par le Correspondant diplomatique du < Consti tutionnel ». Paris 1859, gr. in-8^.

Bismarck (De). Diseours du prinee, Traduction franc^aise, Berlin 1885-1887, 14 voi. in-8».

Documents pour Vhistoire des relations diplomatiques de la Russie aree les puissanees européennes occidentales, depuis la conclusion de la jmix generale en 1814 jtuqu'à Congrès de Verone de 1822, publiés par le Miuistère des affaires étrangòres. Saint-Pétersbourg 18231825, 2 voi. in-4".

Drouyn de Lliuys. Les neutres pendant la guerre d'Orient, Paris 1868.

Engelhardt (Ed.). Documents diplomatiques; Affaires du Congo et de VAfrique occidentale. Paris 1884.

Étude sur la déclaration de la Conférence de Berlin relative aux occupations africaines, Bruxelles 1887.

Oarnier-Pagès. Histoire de la revolution de 1848.

Ctebhardt (A. 6.). Actes et mémoires concemant les négocìations qui ont eu lieu entre la France et les États- Unis d'Amérique, depuis ìldZjusqu^à la conclusici} de la convention du 30 septembre 1800. Londres 1801.

CHrand (Ch.). Le traité d'Utrecht. Paris 1847, in•8^

Goerts (J. E. Gomte de). Mémoires et actes authentiques relatifs aux négocìa- tions qui ont précède le partage de la Pologne, tirés du portefeuille d'un ancien ministre du siede XVIIP, 1810. Paris 1812.

Mémoire sur la neutralité armée. Paris 1804.

Quizot. Correspondance et écrits de Washington. Paris 1840.

^ Mémoires pour servir à Vhistoire de mon temps. 3* édition, Paris 1861-1867;

voi. in-8<». Hantefeuille. Histoire des origines, des progrès et des variations du droit

maritime intemational. Paris 1858, in-8o. Lamberty (De). Mémoires pour servir à Vhistoire du siede X Vili* contenant

les négociations, traités, etc. La Haye 1731-1749, 14 voi. in-4o. Leibnits. Codex juris gentium diplomaticus. Guelpherb 1 747. Lesnr. Annuaire historique universel.

CLXVI Appendice U,

Ade» de la Conféretuse de Bruxelles, Bruxelles» imprìinerìe da MonUmr

1874, in-4«>.

AngUterre (L*) et les petUs ÉUUs à la Conférenee de BruxelUi par le génènl T.

In-8'>, Bruxelles 1876, G. Mugnardt Lareleye (E. de). Les actes de la Conferente de BruxdUe et la partéeipaiion

de la Belgique à la Confirenee de St-PAersbourg, Bruxelles 1874. £xtr. de la

Bepue de Belgique, LUCAB (Gh.). La Conférence intemoHenàle de Bruxellee eur Me et eomieemes

de la guerre, 9* tirage, revue et augmenté; in-S*, VII, Paris, Dnrand et Pedooe-

Lauriel, 3* tirage, iii-8<^.

Rapport verbal sur la publieation des actes de la Conférence de BrusteOee, relative aux loie et eeutumes de la guerre. In-8®, Orléans, Golas.

Lueder (C). Der neueste Codificatone Versuch auf dem Oebiete des Vmrieer-

rechis. Kritische Bemerkungen, etc. Eriangen 1874, in-8^ gr., Deiehert. Canaieff (V. de),Àpropo8 de la Conférence de Bruxellee, In-8^ Bruxelles 1875^

C. Mugnardt. KoUn-JaeqnemyilB (G.). La Conférence de Bruxelles. Hietaire, qneeticne

préalables, examen critiquef VII, 1875, nella Bevtie du droU intemationaL Mo3niÌ6r (Gustave). Elude sur la Convention de Genève pour Vamélioratùm du

sort dee militaires blessés dans les armées en campagne, 18d4, 1868. Paris 1870.

La question du Congo devant Vlnstitut de drait intemational, •^ De quelquee fatte recente relatife à la Convention de Genève. Khérédine. Réformes nécessaires aux États musulmane, 1* partie de ToaTrage

in ti tuie : La plus sùre direction pour connaitre VéteU des natione,par le génénU

Khérédine, ancien ministre èie la marine à Tunis, Traduit de Tarabe sous la

direction de Tauteur, 2* ed. in-8''. Paris 1875, Denta. Oesterveich und die Orientalisehe Frage, Vienne 1875, Seidel. Question d'Orient (La) précédée du conflit greco-bulgare, Comment on peut

apaiser ce conflit et résoudre la question d'Orient au prcfii dee mueuhnans

comme à celai des chrétiene, et faeiliter ainei le retour dee sehiematiquee d

V unite eatholique, Paris 1815, Dounìol. Devauz (P.). Études politiques sur Vhistoire ancienne et moderne, et eur Vin^

fluence de Vétat de guerre et de Vétat de paix. Bruxelles 1875. Favre ( J.). Le gouvernemént de la défenee nationale du ^^Janvier au ^juillet 187 1^

Derniers actes du gouvernemént de la défense; M. Thiers; La Commtme; Négo^

ciations et tratte de Francfort, Paris 1875, Plon el G*. Bawlinson (H.). England and Buseia in the East. A series of papere on the

politicai and geographical conditione of eentrai Asia, Londres 1875, Murray. Serosoppi (E.). L* Empire Ottoman au point de mte polUique vere le milieu de la

2* moitié di XIX^ siede. Première partie: Des éUments constitutifs. Firenze

1875, Tip. Gooperativa, in-8*.

Pierantoni. Il progresso del diritto pubblico e delle genti. Modena 1860, 1 toL

Oechelhauger (W.). Der ZoUverein. Franckfort 1851.

Actas y tratados celehrados por el Congreeo intemaeional Sud'Amerieano de

Montevideo, anexo a la memoria del minieterio de relacionee exterioree. Monta*

video 1889.

Opere relative ai Trattati internazionali ed alla Storia GLXVII

De Testa (J.). Reeueil dee traités de la Porte Ottomane avec les puissances étrangères, deputa le premier tratte conelu en 1536 entre Suleyman I et Fran- gote Ijuequ'à nosjours, Paris 1877, tom. V.

Le Pùrtefeuille diplomatique et politique. Blue Book européen* Reeueil de docu- menta internationaux et dee prineipaux travaux parus dane la presse périodique européenne. Redige par J. E. Delannoy (V^ année, VieDne).

Volendo conoscere le opere recenti intorno ai fatti più importanti delFepoca moderna ed i documenti relativi agli atti internazionali e segnatamente a quelli che si riferiscono alla questione d'Oriente, ai trattati conclusi per stabilire un diritto uniforme circa la proprietà letteraria ed artistica, circa la riforma giu- diziaria in Egitto, la navigazione del canale di Suez, il commercio nelle regioni Africane e via dicendo possono attingersi utili indicazioni iìe\V ^-nnuaire de VJnstitut de Droit internalional e nella Bevue de Droit intemational, nella quale sono meritevoli di speciale attenzione gli articoli scritti da Rolin Jaeque- MYNS, Chronique de Droit intemational che contiene molte e complete notizie storiche circa tutti gli avvenimenti piiiji-ecenti.

INDICE ALFABETICO-ANAUTICO

DEL

DIRITTO INTERNAZIONALE CODIFICATO

I numori ordinari si riferiscono ai paragrafi; i numeri grassi si riferiscono ai numeri deir Introduzióne.

L

DIRITTO CODIFICATO

Abbandono d'alveo, dei fiumi di confine, 897.

Abbordaggio delle navi. Regole per pro- venirlo, 835 e segg.; - regolamento in- ternazionale al riguardo, 838 n. ; - conseguenze , 84.8 ; - regolamento dei danni, 849 ; - regola proposta al Con- gresso di Anversa, ivi n. ; - tribunale competente, 850.

Abdicazione del sovrano. Sospensione della missione diplomatica, 440.

Accessione, come modo di acquisto della sovranità territoriale, 194, 210.

Accettazione di impiego da Governo stra- niero, 562.

Acque territoriali. Limitazione dei diritti della sovranità su di esse, 904 e segg. V. Mare territoriale.

Agenti consolari, 454.

diplomatici. Oiurisdixione a loro ri- guardo, 247 e segg.; - esenzione dalla g. territoriale, 247 ; - offesa alla sovra- nità dello Stato presso cui sono accre- ditati, 248; - atti ostili, 249 ; - respon- sabilità personale pei loro atti, 249 n.;

- assoggettamento alla g. penalo, 250;

- giurisdizione pei loro atti come pri- vati, 251; - fondamento della esenzione degli a. d. dalla giurisdizione localo, 251 n.; - azioni civili contro di essi,

49 FiOKK, Dir. intern, codif\

252. Extraterritorialità del palazzo della Legazione e della casa deir agente diplomatico, 333 e segg.; - osercizio della giurisdizione a loro riguardo, 333; - divieto dell'asilo, 334; - perquisizione nella casa dell'a. d., 335, 336; - reato commesso nella casa delFa. d., 337; - asilo ad imputati di reati politici , 338 e segg. Rappresentanxa dello Stato, 394 e segg. Categorie^ 394. A obi spetta il diritto di inviarli^ 395 e segg.; -governo rivoluzionario, 396; - paitito rivoluzionario, 398. Diritto di rifiutare l'agente, 401. Previo consenso dello Stato presso cui T agente è mandato, 402 n. Come si stabilisce il carattere di rappresentante dello Stato, 403. Accettazione dell'a. d. nominato, 404 e segg.; - previo aggradimento, 406 n. Estensione dei poteri , 407 e segg. ; - istruzioni segrete, 408; - formalità di Diritto diplomatico, 410. Diritti^ 7,

411, 417; - inviolabilità personale, 411,

412. Privilegi, 413 e segg.; - uso loro, 414; - visite doganali, 415; - d. di bandiera e di stemma, 416. Extra- territorialità^ 418 e segg.; - rapporti dell' agente d. colla giurisdizione terri- toriale, 418 ; - applicazione del Diritto comune, 419. Offese contro di essi, 421

Indice alfabettco-analttico

e seg. (Y.) - Inviolabilità della corrispon- denza, 428 e segg. Trattamento degli agenti d. di Stati terzi, 430 e segg. Di- ritto delle persone addette alla Lega- zione, 434 e segg.; - diritti e prerogative, 434; - funzionari addetti temporanea- mente, 435; - ministro temporaneo, 436.

Famiglia dell'agente d., 437. Per- sone addette al senizio, 438. Ceri- moniale diplomatico, 439. Sospen- sione della missione diplomatica, 440 ;

effetto, 441. Cessaxdone dei poteri, 442, 443. Usurpatone delle funzioni diplomatiche, 444. Protezione dei cit- tadini all' estero, 460. A. diplomatici del Capo della Chiesa, 599 e segg. Competenza a concludere trattati, 633.

Salvacondotto in guerra, 1364. Trasporto , non assimilato al contrab- bando, 1436.

Agostino (Sanf). Sulla persecuzione degli

eretici, 6 n. « Agréaiion » , 406 n. Aja (Conferenza dell'). Sua importanza, 28. Alberigo Gentile. Suo posto nella storia

della scienza del Diritto internazionale,13.

Sulla consuetudine come fonte del Diritto internazionale, 89. Sul Diritto naturale, 4 n.

Albinaggio (Diritto di), 168 n.

Alleanza pacifica (Ti'attati di), 773 e segg.;

definizione, 773; - oggetto, 774.

politica (Trattati di), 766 e segg.; - legittimità, 767, 768; - loro oggetto e scopo odierni, 768 n.; - determinazione dell'oggetto, 769. Alleanza difensiva, 770; - a. offensiva, 770, 771; - esecu- zione, 772.

« Allégeance ». Come non sia il fonda- mento della soggezione del cittadino al sovrano, 223 n.

Alto mare. Saluto delle navi in a. m., 375, 378. Diritto di libera navigazione, 527. Inviolabilità della proprietà pri- vata, 537. Libertà di navigazione, 816 e segg. Esclusione di giurisdizione, 817. Fermo di nave, 818. Polizia a bordo della n., 819 e segg. Visita dello n. che trasportano schiavi, 825 e segg. (V. Navi). Navi dedite alla pirateria, 830 e segg. ( V. Pirateria). Saluto, 834 e segg. (V.) Regole della navigazione, 835 e segg. (V.) Visita delle navi, 1423 ,(V. Diritto di visita).

Ambasciatori. Una delle categorie di agcoti diplomatici (V.), 394.

Ambulanze militari. Obbligo dei bellige- ranti per ciò che riguarda il loro trat- tamento, 1218, 1245 e segg. Loro neutralità, 1245. Contrassegno, 1247.

Quando possa essere loro negato ogni beneficio di neutralità, 1255. Navi-am- bulanze, equiparazione alle navi neu- trali, 1300.

Amici della pace (Società dogli). Loro ori- gine e sviluppo, 20 n.

Amministrazioni ferroviarie. Responsabi- lità nei trasporti internazionali, 818 e segg.

Amnistia generale alla conclusione della pace, 1556.

Anarchia. Ingerenza collettiva nel caso di a., 493.

Annessione di temtorio. V. Cessione,

Annullamento di trattato, 705 e segg. V. TratUUi.

Apertura della successione di un cittadino all'estero. Attribuzioni dei consoli, 470.

Arbitrato di Ginevra. Motivi particolari della sua riuscita, 29.

internazionale. L'arbitrato intemazio- nale come forma di organizzazione giu- ridica della Società internazionale, 23 e segg. Come non basterebbe per mutare completamente lo stato attuale delle cose, 24. L'arbitrato da poi il 1815, ivi. Motivi particolari della riuscita dell'arbitrato di Ginevra, 25. (V. Tribunale arbitrale).

Arbitri. V. Tribunale arbitrale.

Archivi consolari. Loro inviolabilità, 33U e segg. Abuso del privilegio, 332. Interpretazione della Convenziono con- solare franco-italiana al riguardo, 332 n.

Aristotele. Suo limitato concetto della co- munanza di Diritto fra i popoli, 5.

Armamenti. Loro esagerazione , conse- guenza della mancanza di una tutela giuridica del Diritto internazionale, 19.

Gli armamenti e la questione sociale, 29. Diritto degli Stati per ciò che riguarda gli a., 156 e 156 n. Fissa- zione del loro limite da parte del Con- gresso degli Stati, 1032 e segg.

Armata. Come formante parte della forza militare in guen-a, 1161, 1169 e segg.

Armenia (Questione dell'), in relazione al principio dell'ingerenza collettiva, 492 n.

del Diritto intemoMonale codificato

3

Armi (Commercio delle). Quando non costituisce violazione della neutralità, 1404 n.

Armistizio, 1370 e segg. Definizione, 1370. Requisiti, 1371. Potere di stipularlo, 1372. Scopo diretto, 1373.

Durata, 1374. Differenza dalla pace, 1374 n. Come deve essere re- datto, 1375 e segg. Perfezione, 1375.

Scadenza, ivi, Condizioni e mo- dalità, 1376. Obbligazioni reciproche durante Ta., 1377, 1378. Esecuzione, 1379. Atti di ostilità durante Ta., 1381, 1382.

Arruolamenti privati. Quando non costitui- scono violazione della neutralità, 1404.

Arruolamento nella milizia straniera, come rinunzia tacita alla cittadinanza, 562.

Asilo. Palazzi e casa addetti al ministro straniero, 334. Località addotte alla Santa Sede, 354.

Assedio, 1188 e segg. Effettività, 1190.

Notificazione 1191. Diritti rispetto alle persone, 1 192 e segg. Uscita dei pacifici cittadini dalla piazza assediata, 1194 e segg.

Associazione internazionale del Congo, come esempio di ente riconosciuto nei rapporti internazionali, 39 n.

per la riforma e la codificazione del Diritto della genti, 13 n.

Associazioni aventi personalità internaz., 38. Capacità di concludere trattati, 629.

—ecclesiastiche. Personalità giurìdica, 607.

Atti dei Congressi, come fonte del D. in- ternazionale positivo, 83.

dei Governi, come fonte del D. inter- nazionale positivo, 88.

di ostilità. Fatti che possono essere qualificati tali, 1408.

esecutivi, in forza di sentenza di tri- bunale straniero, 182 e n., 271.

rivoluzionari. Come non sempre siano soggetti al diritto applicabile ai ribelli, 50.

Atto di nazionalità della nave. 1012 e sojr^.

Valore probatorio, 1012. Conte- nuto, 1013. Convenienza di un Di- ritto uniforme, 1014.

generale antischiavista di Bruxelles del 1890, 548 n., 827 n.

unilaterale. Regole di Diritto internazio- nale stabilite con a. u., 10 n. Obbli- gazione internaz. assunta con a. u., 793.

Obblig. assunte in gueiTa, 1361.

Autonomia dello Stato. V. Stato (Auto- nomia dello).

Autorità delle leggi straniere. Il problema deirautorità delle leggi straniere consi- derato dal punto di vista dei Diritti internazionali dell'uomo, 48 e segg.

Avarie oomuni (Regolamento delle), come materia di trattati dVinteresso comune, 778.

Azioni possessorie. Straniero, 976 e segg.

Bagaglio degli agenti diplomatici, 413. Baie. Estensione, 277. Giurisdizione,

V. Mare territoriale. Bande di ventura, 1174 e segg. Bandiera falsa. Nave sotto b. f., 1481.

marittima. Diritto d'inalberarla, 363 n.

neutrale. V. Neutralità.

Bando. Quando può essere giustificato, 557.

Belgio. La costituzione del regno del Belgio e ridea di nazionalità, 11.

Belligeranti. Concetto, 1160. Forza mi- litare, 1161. Forza armata militar- mente organizzata, 1162. Abitanti, 1163. Forza militare dello Stato, 1164 e segg. Corpi franchi, 1167 e segg.;

- milizie di volontari, 1167 e segg.; - leva in massa, 1168. Armata, 1169 e segg; - armamento in corsa, 1170 e segg. (V. Corsa). Chi non ha diritto di essere qualificato b., 1174 e segg. ; - bande di ventura, 1174; - brigantaggio, 1175; - corpi volontari non apparte- nenti alla forza militare, 1176 e segg.

Navi mercantili, 1178. Persone addette al servizio delle milizie, 1181 e segg. Diritti del b. contro le per- sone di parte nemica, 1212 e segg. ; - atti di ostilità incivili, 1214; - diniego di quartiere, 1215; - diritti verso coloro che cadono in potere del nemico, 1216 e segg. ; - trattamento dei feriti e delle ambulanze militari, 1212. Doveri dei b. rispetto ai prigionieri di guerra, 1219 e sepg. (V. Prigionieri di guerra). Doveri dei b. rispetto ai feriti e malati, 1240 e sogg. Doveri verso i morti in battaglia, 1256 e segg. ; - seppelli- mento, 1258; - constatazione dell'iden- tità, 1259. Diritti rispetto alle spie, 1264, 1265. Id. id. alle guide, 1266, 1267. Diritti dei b. contro le persone che non facciano parte dell'esercito, 1274 e segg. Trattamento dei disertori,

Indice alfabeiteo-analitieo

1276 e segg. Diritti del b. sui beni del nemico, 1278 e segg. (V. Ouerra).

Doveri e diritti dei b. rispetto ai neutrali, 1416 e segg., 1422 e segg. (V. Neutralità). Come il b. non possa allargare a volontà la nozione del con- trabbando di guerra, 1426 (V. Contrab- bando). — Diritto del b. di inibire il commercio di certi oggetti, 1428. Merce presunta diretta al b. nemico, 1430.

Nave neutrale noleggiata da uno dei b., 1431,

Belts. Tassa di passaggio dei B., 284 n.

Beni. Giurisdizione a loro riguardo, 268 e segg. Autorità su di essi della sovra- nità territoriale, 966; - dominio emi- nente, 967. Diritto da applicarsi alle cose mobili e immobili dello straniero esistenti nel territorio dello Stato, 968 e segg.; - norme in mancanza di trat- tati, 970 e segg. Diritti del proprie- tario sui beni che gU appartengono, 972 e segg. Beni che possono essere og- getto di proprietà privata, 973. Espro- priazione per causa di utilità pubblica, 974. Possesso, 976 e segg. Pro- prietà letteraria ed artistica, 980 e segg. (V.) Nome commerciale, 988 e segg. (V.) Marche di fabbrica e di com- mercio, 993 e segg. (V.) Brevetto d'invenzione, 1001 e segg. (V.)

dello straniero. V. Beni.

pati'imoniali dello Stato. V. Stato. Bentham (Geremia). Sui rapporti fra Mo- rale e Diritto, 19 n.

Blocco. In che consiste, 1449. Contro quali luoghi può essere effettuato, 1450 e segg. Quando debba ritenersi le- galmente stabilito, 1453 e segg. ; - come esso debba ossero reale ed effettivo, 1453.

B. notificato soltanto in via diplo- matica, 1456, 1458. Effetto della temporanea sospensione dell' investi- mento, 1457. Notificazione speciale, 1459, 14(36. Dilazione por uscire dal luogo bloccato, 1461. Doveri dei neu- trali in caso di blocco, 1468. Viola- zione del b., 1404. Diritti dei neutrali in caso di b., 1465 e segg. Appli- cazione delle regole del b. alle navi mercantili nemiche, 1468. Sequestro della nave nemica in caso di violazione di b., 1524 e segg. (V. Preda).

-T- commerciale, come uno dei mezzi

ooercitiyi durante la pace, 78, 1126. 1135 e segg.; - concetto, 1135; - carat- tere giuridico, 1136; - quando è lecito. 1137 ; - questione intomo alla saa legit- timità, 1137 n. ; efficacia. 113S; - modalità, 1139; - diritti della s^iuadra bloccante, 1140; - rottura di blocco, 1141 e segg. ; - rottura da parte di nave militare, 1143.

Bluntschli. Suo progetto di una Confede- razione degli Stati, 22.

Bolle pontificie. Diritti dello Stato a loro riguardo, 55.

Bombardamento, 1196 e segg.; - quando può essere usato, 1196; - notificaxioDe, 1197; - riguardi doverosi, 1198; - Uio di proiettili esplodenti ed iocandiah. 1199; - quando costitoiace un mezzo sleale di assalto, 1201.

Bosforo (Navigazione del). Sao regola- mento, 890 n.

Bosnia (Questione della), in relazione al prinoipio dell'ingerenza collettiva, 493 n.

Bottino di guerra, 1290 e segg. ; - in che consiste, 1290; - appropriazioni per- messe al soldato, 1291 ; - appropriazione indebita, iri; - disposizioni del Codice penale militare italiano, 1291 u.

Braccio seoolare. Bua inamroessibilità, 603.

Brevetto d'invenzione. Suo carattere di privilegio, 1001 e segg. Proteadono intemazionale, 1003 e segg. ; - accordo, 1003, 1005; - caso in cui manchi rac- cordo, 1004. Espropriazione dell* in- venzione dello straniero, 1006.

Brigantaggio, 1175.

Buoni uffici. Y. Congegni diplùmatici.

Busca (Reato di). Disposizioni del Codice penale militare italiano, 1291 n.

Gabottaggio. Nei fiumi internazionali, 869.

- Riserva di esso ai cittadini nelle acque territoriali, 907.

Calamità pubbliche. Dovere di assistenza

fra gli Stati, 521. Canali navigabili internaz., 879 e segg.;

- libertà navigazione, 879; - diritti della sovranità locale e dei concessio- nari, 880; - regolamento del libero uso, 881 ; - principi cui deve informarsi, 882;

- tasse, 883; - blocco. 1451.

Candia (Questiono di), in relazione al prin- cipio dell'ingerenza collettiva, 488 n. Capitano. Determinaz. de' suoi poteri, 299.

del Diritto intemaxumale codificato

Capitolazione, 1353 e segg! Iq che con- sìste, 1353. Forma, 1354. -— Sospen- sione preliminare, 1355. Oggetto, 1356. Conseguenze, 1357 e segg. Osservanza delle condizioni , 1357 ; - imposizione di condizioni disonorevoli, «r». Diiitti del belligerante che ha ottenuto la e, 1358. C. non neces- saria, 1359. Distruzioni e danneg- giamenti da parte del capitolante, 1360.

Capitolazioni. Autorità dei principi procla- mati al riguardo dal governo italiano, 88. Origine, 747 n. Concetto, 745.

Scopo, 746. Forza obbligatoria, 747. Limitazione della gìm-isdizione del sovrano temtoriale in virtù delle C, 345, 348 n. e segg. -^ Condizione giuridica dei distretti consolari dove sono in vigore le C, 346. Loro interpretaz. e applicaz. restrittiva, 347. Rapporti fra il sovrano straniero e il sov. terri- toriale, 348. Reato commesso dallo straniero dove sono in vigore le C, 348 n.

Cessazione, 349, 748. Capo della Chiesa. Y. Chiesa.

dello Stato. V. Staio.

Carbon fossile. Il suo trasporto assimilato al contrabbando, 1435.

Carte di bordo, 822 n., 1479 e segg.

Cartesio. Posto che tiene nella storia della filosofia, 15.

« Cautio iudicatum solvi >, 168 n.

Cavi sottomarini. V. Telegrafi.

Censure ecclesiastiche. Esclusione di san- zione civile, 589.

Cerimoniale diplomatico, 370, 439.

internazionale, come espressione della eguaglianza giuridica degli Stati, 367 e segg. Titolo dello Stato, 369. Id. del Sovrano, 370. Persone della fa- miglia del Sovrano, 391.

marittimo. Cerimoniale stabilito da uno Stato: osservanza facoltativa, 372; - id. osservanza doverosa, 373. Saluto umi- liante, 374. Saluto in alto mare, 375.

C. concordato, 376 ; - significato della sua inosservanza, 377. Regole circa il saluto delle navi in alto mare in man- canza di accordo, 378. Sparo del cannone ; restituzione, 379. Solennità, 380. Saluto in alto mare, 834.

Cessazione delle ostilità. Non pon fine alla

gaerm, 1546. Cessione (Trattato di), 727 e segg. ; - de-

finizione, 727; -effetto, 727, 729; -da chi può essere fatto, 728; - t. di ces- sione forzata, 729, 1551. Cessione di territorio. La e. di t. nei riguardi della personalità intemaz., 118 e segg.

Quando diventa reale ed effettiva, 118. Come non modifichi la perso- nalità dello Stato cedente e dello Stato cessionario, 119; -esempi, 119 n. Effetti relativamente ai trattati, 122. Id. rispetto ai terzi Stati, 123. Effet- tuazione della presa di possesso, 123 n.

Effetti della cessione perfezionata, 124. Consenso degli abitanti, 125. Diritto di opzione della cittadinanza, 126. Regolamento degli effetti della e, 127. Successione nei diritti, 128 e segg. Successione nelle attività e passività, 129 n. Diritti patrimoniali acquisiti, 130. Regolamento della con- dizione dei funzionari, 131. Id. degli oneri finanziati, 132. Riparto del de- bito pubblico, 132 n. Risoluzione delle controversie, 133. Effetti rela- tivamente air amministrazione della giu- stizia, 134. Diritto transitorio, 135.

La 0. di territorio come modo di ac- quisto della sovranità territoriale, 194;

regole al riguardo, 215 e segg. ; - ef- fetto, 215; - modalità, 216. Esten- sione dei trattati al territorio annesso, 656 n.

Channing (Oiorgio). Sua opera in favore della pace, 21 n.

Chiesa. La C. come persona della società intemaz., 36,37 n. Definizione, 37. Suoi diritti intemazionali, 34 e seg., 52, 58 e segg. ; - quando costituisce persona giuridica, 59 ; - non può essere assimi- lata allo Stato, 42 e seg., 60 e 61 n.;

non può pretendere alla sovranità ter- ritoriale, 61. Regole intomo ai suoi diritti e doveri internaz., 583 e segg. (V.). Condizioni per la sua persona- lità internazionale, 583. Ingerenza del Governo, 592. Diritto di rappre- sentanza, 598 e segg. (V.). Doveri internaz., 601 e segg. Braccio seco- lare, 603. Relazioni della C. collo Stato, 604 e segg. Sua posizione intemazionale, 613 n. Convenzioni fra il Capo della Chiesa e il Capo dello Stato, 786 e segg. (V. Concordati).

(Capo della). Come la sua sovranità

è

ìndice eUfabético-anaHUeó

differisca essenzialmente da qaella che appartiene al Capo dello Stato, 53 e segg.

Diritti dello Stato per ciò che riguarda le encicliche, le bolle e gli atti del Capo della Chiesa in materia disciplinare, 55.

Diritti di libero governo della Chiesa, 588 e segg.; - diffusione dei principi, 588;

alta amministrazione, 589. Sua in- violabilità, 595 e segg. Atti relativi al dogma e atti relativi alla disciplina, 597. Diritto di rappresentanza, 599 n.

Riconoscimento delle leggi dello Stato, 608. Tutela della sua dignità, 613.

Chiesa (Diritti e doveri internazion. della). Personalità internaz. della Chiesa, 34 e segg., 52, 588 e segg. Sua libera costituzione, 585 e segg. Libero Go- verno, 288 e segg. ; - dir. del Capo della Chiesa, ivi (V.); - responsabilità dei partecipanti al Governo dellaC.,590;

ingerenza dello Stato, 592 ; - funzioni amministrative connesse col Governo della C, 594. Inviolabilità del Capo della C, 595 e segg. (V.) Diritto di rappresentanza, 598 e segg. Doveri, 601 e segg. Tutela giuridica, 612 e segg. Effetti dei concordati, 790.

cattolica romana. Necessità di regolare la sua posizione nella società internaz., 37. Come sia la sola che abbia per- sonalità internaz., 41, 583 n. Condi- zioni por l'esercìzio dei diritti di persona internaz., 584. Posizione giuridica rispetto alle altro professioni religiose, 604. Sua personalità giuridica, 606.

Sua posizione internaz.., 613 n. Sue relazioni diplomatiche, 54. Come il suo Capo non abbia la capacità di conchiudere trattati, 58.

e Stato. Come si possa riuscire a tro- vare il giusto punto di equilibrio fra di essi, 52 e segg. Come i loro rap- porti debbano essere stabiliti sulla baso della separazione completa dei loro po- teri, 53. Diritti dello Stato di fronte alla Chiesa, 54 e segg. Rapporti fra Chiesa e Stato, 604 e sogg. Concor- dati, 610 e segg. (V.).

Cittadinanza. Permanenza, 222. Fon- damento, 223 e segg. Importanza, 560 n. Diritti del cittadino all'estero, 553 e segg. Diritto di eleggere e di rinunziare alla e, 558 e segg. ; - rinunzia in mala fede, 560, 561 ; - r. tacita, 562.

Prove della cittadinanza, 563 e segg.:

- p. dell'acquisto, 563 ; - p. della iter- dita, 564; - espatriazione ìq mala fe*je. 565. Necessità di un D. uniforme, 567.

Regole per l' attribuzione della e r>tl» e segg.; - imposizione di c.^ 570; - e. del figlio legittimo, 571 ; - e. del figli.-, naturale, 571; - e. del figlio di genitori ignoti, 572; - figlio di ex-cittadino. 574:

- acquisto per matrimonio, 575; - o. della donna maritata. 576 ; - natar&liz- zazione, 577 ; - rinuncia e perdita della e. di origine, 578; - effetti del domicilio civile nei riguardi della e, 579.

Cittadini all'estero (Protezione dei). Re- gole al riguardo, 459 e segg. ; - da chi dev'essere esercitata, 460; - lìuiìti^ 461 e segg. ; - p. illecita, 462 ; - p. dei natu- ralizzati, 463; -p. per mezzo dei con- soli, 464 e segg. (V. Consoli) ; - aper- tura di successione all'estero; attrihuz. dei consoli, 470 (V. Oittitdinafixa),

Cittadino. Diritti internazionali delPaonio come cittadino, 45 n.

Clausola compromissoria, 1060.

penale, nei trattati, 672.

Codice internazionale dei segnali, 840.

Codificazione del Diritto internazionale. Entro quali limiti sia attualmente pos- sibile, 66 e segg., 81. Come sia con- veniente proseguire l'opera iniziata dal Congresso di Parigi del 1856, ivi.

Col berti smo. Uno degli ostacoli alla con- cezione della comunità dei popoli, 8 e segg.

Collettività. Loro diritti internazionali, 46.

Conseguenze che derivano dal ricono- scimento di tali diritti, 49 e segg.

Colonie. Loro condizione in rapporto alla poi*sonalità internaz., 94 e segg. Di- ritto di emancipazione, 90. Estensione ad esse dei trattati, 656 n. Le e. come cose in possesso giuridico dello Stato, 953 e segg. ; - diritti della sovranità, 954;

- regime amministrativo ed economico, 955 ; - sfruttamento coloniale, 956.

Colonizzazione. Condizione perchè possa dirsi legittima, 51.

Comandante della nave. Determinazione de' suoi poteri disciplinari, 821.

e Gomitas gentium » . Come l'osservanza delle regole di D. internaz. naturale non sia un atto di pura cortesia, 15 n. Regole intorno alla eomitasg.^ 16 o segg.

del Diritto intefnaxdonaìe codifiecUo

- Cerchia dentro la quale essa deve valere fra gli Stati, 19 n. Sanzione, 28.

Comitati di soccorso. Quando la loro for- mazione non costituisce violazione della neutralità, 1404 n.

Commercio (Trattato di). Regole al ri- guardo, 731 e segg.; - oggetto, 731, 732;

- principio cui devono essere informati, 733; - oggetto proprio, 734; - loro mas- sma possibile estensione, 735; - esecu- zione , 736 ; - clausola del trattamento della nazione più favorita, 737 e segg.;

- estensione , 739 ; - durata, 739 ; - ef- fetto del sopravvenire della gueiTa, 740 ;

- latifica, 741.

delle armi. Quando non costituisce vio- lazione della neutralità, 1404 n.

di nolo. Riserva ai cittadini nelle acque territoriali, 907.

intemazionale. Il suo sviluppo nel se- colo XIX, uno dei fattori dello sviluppo dell'idea della comunità dei popoli, 12.

- Proibizione da parte di uno Stato, 190. Comparizione personale. Degli agenti di- plomatici, 420 n.; - dei consoli, 449, 451 .

Compromesso. Forma, 1075 e segg.; - estin- zione e sospensione, 1080 e segg. ; - in- terpretazione, 1092.

Comunione. Quando si verifica, 964 ; - ob- bligo degli Stati comunisti, 965.

giuridica. Come non possa dirsi che non esista fra le genti, 4. Suo svi- luppo storico, 22 n. Come non sia completa fra tutte le genti, 24 n.

Comunità dei popoli (V. Società irUer- naxionaU).

Concerto europeo (e americano). Quando può considerarsi legittimo, 50, 77.

Concilio ecumenico. Esenzione dalla so- vranità territoriale del luogo dov'è riu- nito, 350 (V. Santa Sede).

Conclave. Esenzione dalla giurisdizione ter- ritoriale del luogo dov'è riunito, 350 {V, Santa Sede.)

Concordato. Scopo, 610. Carattere, 611.

- Regole intorno ai e, 788 e segg. ; - definizione, 786; - loro ragion d'ossero, 786 n.; - carattere, 787; - come non abbiano carattere di trattati, 58, 787 n. ;

- materia lecita di e, 788 ; - forza obbli- gatoria, 789; - effetti su di essi del mutamento della costituz. poUtica, 789 n. ; - valore giuridico quanto ai diritti internaz. dell'uomo e della Chiesa, 790.

Condanna penale. Motivo di espulsione dello straniero, 235.

Condorcet. Concorre a sviluppare i prìn- cipi della comunità dei popoli, 16.

Confederazione (Trattati di), 762 e segg.;

- definizione, 762 ; - effetto fra le parti e rispetto ai terzi, 763; - creazione di personalità internaz., 764; - distinzione dal patto federativo, 765.

degli Stati. Come forma di organizza- zione razionale della Società intema- zionale, 22 e segg., 64; - critica, 23, 64.

germanica. Come esempio di ente rico- nosciuto noi rapporti intem., 39 n., 764 n.

svizzera. Come esempio di Stato fede- rativo, 90 n.

Conferenza. La C. come una delle istituz. per la tutela giuridica del D. internaz., 69 e seg., 1018. Concetto, 1045 n. Regole al riguardo, 1044 e segg. Co- stituzione, 70, 1044; - come debba com- prendere i rappresentanti dei popoli, 70, 1045 n. Convocazione, 1045. Com- petenza, 1046 e segg. Procedimento, 1047 e segg. Sanzione delle sue de- liberazioni, 72 e segg., 1054 e segg. La C. oome tribunale d'appello dalle deci- sioni dei tribunali arbitrali, 1071 e segg., 1109, 1112 e segg. ~ Trattati di inte- resse comune, loro forza, 780. Au- torìzzazione di rappresaglie, 1132.

C. per giudicare su condizioni di pace imposte dal vincitore, 1150.

dell' Aja. Sua importanza, 28.

di Brnxelle del 1874 per il regolamento del Diritto di guerra, 5. Sua auto- rità come fonte del Diritto intemazio- nale positivo, 32.

sanitaria di Vienna del 1874, 521 n.

Congegni diplomatici, come una delle isti- tuzioni per la tutela giuridica del D. internazionale, 1018, 1116 e segg. Buoni uffici, 1118 e segg.; -offerta, 1118;

- rifiuto di accettarli, 1116 e segg. ; - doveri dello Stato che li offire, 1121. Mediazione, 1122 e segg.; - doveri dello Stato mediatore, 1124 e segg.

Congressi (Atti dei). Come una delle fonti del Diritto intemazionale, 83.

Congresso. Sua missione per ciò che riguarda l'ordinamento giurìdico degli Stati, 62 e segg. Gli atti dei C. come fonte del

D. internaz. positivo, 28. Forza ob- bligatoria delle regolo riconosciute dagli

8

tndioe cUfabeHòO'OnaUUóo

Stati rìuniti in C, 12. U C. come una delle istituzioni per la tatela giuri- dica del D. internaz., 1018 e segg. Scopo, 66. OosHtuxùme^ 62 e segg. , 1019 e segg.; - come debba compren- dere i rappresentanti degli Stati, del po- polo e del Diritto scientifico, 62, 1020 n.;

- come non debba essere un corpo per- manente, 62, 1024 n. Durata^ 1025.

Autorità 77, 1026 e segg.; - com- petenza rispetto agli Stati non apparte- nenti all' Unione, 1028 ; - prevenzione delle guerre, 1029; - fissazione del li- mite degli armamenti, 1032 e segg.; - forza delle sue decisioni, 1034. Pro- cedimento^ 1035 e segg. Sanxdone delle sue decisioni, 68 e segg., 1039 e segg.; - bando dall'Unione, 1040; - mezzi coercitivi, 1041. Esecuzione delle decisioni del C. mediante la forza armata, 1042 e segg.

Congresso di Parigi del 1856. Come abbia iniziato l'opera di un oi^dinamento giuri- dico della Società degli Stati, 18. —Come convenga proseguirne l'opera, 66.

di Vienna del 1815. Proclama la po- testà assoluta dei monarchi, 10. Sta- bilisce il principio della legittimità, 488 n.

Conquiste pacifiche (Teoria delle), 756 n., 761 n.

Consenso, nelle obbligazioni internazionali, 618; - e. tacito, 619.

Consolati. Inviolabilità degli archivi con- solari, 330; - abuso del privilegio, 332;

- interpretazione della convenzione con- solare franco-italiana al riguardo, 332 n.

Distinzione del peraonale secondo la legge ital., 455 n. Stabilimento, 465.

Consoli. I consoli nei riguardi del diritto di rappresentane^ ^ 445 e segg. ; - loro carattere pubblico, 445, 446 n.; - exe- qtuUur^ 466; - valore della sua con- cessione, 468 n. ; - delegazione ad essi delle funzioni diplomatiche, ivi; - pro- tezione loro dovuta, 446; -prerogative, 447 e segg.; - consoli inviati, 448; - esenzione dagli oneri municipali e fiscali, 452; - diritto di bandiera e di stemma, 453. AttribuMoni secondo il diritto convenzionale, 456 e segg. ; - duplice loro aspetto, 457 n. ; - giurisdizione con- tenziosa nei paesi incivili, 458. Pro- tezione dei cittadini all'estero, 460, 464 e segg.; - attribuzioni, 467 e segg.; -

rappresentanza dei connazionali a^ent 0 incapaci, 469; - attribuz. nel caso d moi-te di un connazionale, 470; - id. pe- ciò che riguarda la tutela o curatela, 47 \:

- id. nel caso di naufragio di n. mercai- tile, 472; - tutela dell' osservanza d^ì trattati e convenzioni, 473; - rimpatm dei connazionali, 474.

Consoli stranieri. Giurisdizione sui e. sta- nieri, 253 e segg. ; - e. esercì tant il commercio, 254; -regolamento della oro situazione rispetto alle autorità locali. 255, 256; - disposizioni delle confen- zioni consolari al rìguardo, 266 n.

Consuetudine. La e. come fonte d*l D. internaz. positivo, 89. C. intanaz. in ordine all'esecuzione dei trattati. 667.

Continente americano. Dottrina di M«nn:<e. 494 n.

Contrabbando guerra, 1424 e segg. Concetto, 1424. Oggetti di e. scooido il Diritto comune, 1425 ; - come il belli- gerante non possa allargare a voloitù la nozione del e. di guerra, 1426, 1427 a..

- e. convenzionale, 1427. Diritto 1 belligerante d' inibire il commercio ui certi oggetti, 1428. Destinazione deliri merce o della nave, 1429 e segg.; - merci ' presunta diratta al belligerante, 1430:- nave neutrale noleggiata da uno dei belli- geranti, 1431. Trasporti inibiti e as- similati al e, 1432 e segg. ; - trasporto di ufficiali e soldati, 1433 ; - id. di di- spacci, 1434 ;-id. di carbon fossile, 1435.

- Trasporto degli agenti diplomatici, 1436. Oggetti che non possono es- sere compresi nel e, 1437 e segg.; - trasporto delle valigie postali, 1438; - id. di cittadini delle due parti belligeranti, 1439. Sanzioni penali pel titsporto del e, 1440 e segg.; - come non pos- sano assumere carattere di pena, 1441;

- convenienza di un regolamento inter- nazionale, 1442 ; - sanzioni penali se- condo i principi generali del Dir. inter- nazionale, 1443 e segg.; - confisca dol e, 1443; - arresto della nave, 1444 e ^^S^-'ì ' partecipazione attiva della nave alle ostilità, 1446; - come la confisca della nave non possa essere, di regola, giustificata, 1446 n. Esclusione della confisca del carico lecito, 1447. Do- vere degli Stati che sottoscrissero la di- chiarazione di Parigi dol 1856, 1448.

del DiriHo intemaxtanale oodifieato

d

Sequestro dalla nave per trasporto di e, 1523 (V. Preda).

Contrade deserte. Diritto di esplorasùoue, 196 e segg.

Contratto di trasporto, nei rapporti delle ferrovie internazionali, 923 n., 924 u.

Contribuzioni di guerra, 1287 e segg. In che consiste, 1287 ; - obbligo del co- mandante che la impone, 1288; - e. a titolo di punizione, 1288 ; - misura, 1289;

- occupazione militare 1336. Esen- zione degli stranieri, 232.

(.'Onvenziono del 1884 per la protezione dei cavi sottomarini, 939 n.

di Berna del 1890 pel trasporto delle merci in ferrovia, 916 n. Id. id. del 1886 per la protezione della proprietà letteraria ed ai-tistica, 983 n. Id. id. del 1890 pel servizio ferro vi aiio inter- nazionale, 916 n.

di Copenaga del 1857 pel riscatto delle tasse di passaggio degli stretti del Sund 0 dei Belts, 284 n.

di Di*esda del 1844 per la navigazione dell'Elba, 5.

di Ginevra, 1218, 1241 e segg.

di Parigi del 1844 per la protezione doi cavi sottonutrini, 939 n.

preliminare. Forza obbligatoria, 646. Ootìvenzioni consolari. Regole al riguardo,

742 0 segg.

di guerra, 1340 e segg. Definizione, 1340. C. che debbono essere concluse dalla supi-ema aatoribi dello Stato, 1341 ;

- convenzioni che possono essere concluse dai comandanti militari. 1342. Esecu- zione, 1343. Sospensione d'armi, 1344 e segg. (V.) Capitolazione, 1353 e segg. (V.) Obbligazioni assunte con atto unilaterale, 1361. Salvacondotto, 1362 e segg. (V.) Licenze, ivi (V.) Salvaguardia, 1368. 1369 (V.) -- Armi- stizio, 1370 e segg. (V.) Tregua, 1383.

- Preliminari di pace, 1384.

giurid. popolari. V. Opinione pubblica. Corpi fratkchi. Quando hanno qualità di

belligeranti, 1167 e sogg.

moraU. Loro diritti internazionali, 68, 69.

volontari. Quando hanno qualità di belligeranti, 1161; - e. formanti parte della forza militare, ivi; - e. non for- manti parte della f. m., 1176, 1177.

Coi'poraesioni religiose. Personalità giuri- dica, 607.

Corrispondenze postali, come materia dei trattati d'interesse comune, 778. Pi- roscafi p. nella guerra marittima, 1303.

Corsa. Regole di D. internaz. sull' arma- mento in corsa, 1170 e segg. Lettere di marca, 1173.

Cosa giudicata. Sentenze di tribunali stra- nieri, 182 e n.

Cose. Distinzione, 812. Esercizio del diritto sulle e, 813. C. oamuni^ 814 e segg. ; - alto mare, 816 e segg. (V.);

- fiumi internaz. navigabili, 851 e segg. (V.); - stretti, 884 e segg. (V.) Cose che sono nel possesso giuridico di cia- scuno Stato, 891 e segg.; - territorio, 891 e segg. (V.); - beni patrimoniali, 899 e segg. ; - acque territoriali, 904 e segg. ; - strade e vie di comunicazione, 908 e segg. (V.); - istmi, 910 (V.); - strade ferrate, 911 e segg. ; - linee tele- grafiche, 925 e segg. (V.) ; - posta 940 e segg. (V.) ; - imposte, 944 e segg. (V.) ;

- sistema doganale, 947 e segg. (V.); - colonie, 953 e segg. (V.); - serviti! in- ternazionali, 959 e segg. (V.). Cose appartenenti ai privati^ 966 e segg.

Costituzione politica. Diritto del popolo, 46, 62. Mutamento, 72; - sospensione della missione diplomatica, 440 ; - effetto sui trattati, 657, 713; - id. sui concor- dati, 789. La costituzione p. dello Stato in rapporto alla sua personalità, 89 e segg. Non intervento degli altri Stati nelle questioni che la riguardano, 480, 485.

Credenze religiose. Ostacoli da esse frap- posti alla concezione della comunità dei popoli, 5.

Credito pubblico (Reati contro). Extrater- ritorialità della legge penale a loro ri- guardo, 239.

Cristianesimo. Suo concetto della fraternità dei popoli, 5.

Culto ecclesiastico. Come nel suo sviluppo esterno sia soggetto alle leggi dello Stato nel quale è esercitato, 55.

Danni. Responsabilità dello Stato per d. y. Obbligazioni intemaxioncUi.

di guerra. Diritto dei privati alla rìpa- raziooe, 1565 e segg. Concetto del danno di g., 1566.

Dardanelli (Navigazione nei). Suo regola- mento, 890 n.

10

Indice cdfahetieo-analUico

Debito pubblico. Suo enorme aumento causato dagli armamenti, 20. Riparto nelle cessioni di territorio, 132 n.

Delimitazione del territorio, 894.

Delitto civile. Ammissibile nei rapporti in- ternazionali, 796 n.

Demanio pubblico. V. Patrimonio dello Stato,

Denuncia dei trattati, 719.

Deposizione del sovrano. Sospensione della missione diplomatica, 440.

Dichiarazione di guerra. V. Guerra.

di Parigi del 1856. Regole Diritto iuternaz. da essa poste, 5.

Diderot. Concorre a sviluppare i principi della comunità dei popoli, 16.

Dinastie. Le d. regnanti e i diritti dei po- poli, 64.

Diplomazia. Sua missione, 1116 n.

Diritti civili. Acquisto e godimento da parte dello straniero, 167 e segg.

dell* uomo. Loro intangibilità come re- gola di Diritto internazionale imposta dalle convinzioni giuridiche dei tempi, 6.

di porto e di navigazione. Esonerazione nel caso di rilascio forzato, 500 n.

e doveri intemazionali della Chiesa. V. Chiesa,

internazionali deiruomo. V. Uomo,

reali. Loro efficacia in relazione alla sovranità territoriale, 270.

sulla nave. Legge da applicarsi, 1015

e segg. Diritto cambiario, come materia di trattati

d'interesse comune, 778.

comune internazionale. Necessità della sua determinazione per risolvere il pro- blema della organizzazione giuridica della Società internazionale, 18. Passi già fatti al riguardo, itn. Difficoltà mag- giore che ossa presenta, 19, Modo di proclamarne le regole e di assicurarne il rispetto, 60 e segg. Come il diritto di fissare tali regole non possa costituire un privilegio di questo o di quello, 61. Come la logge comune della Società inter- nazionale debba essere formulata e dichia- rata obbligatoria da quelli che si trovano associati di fatto, ivi,

del genere umano. Come sia da pre- ferirsi all'espressione « Diritto interna- zionale >, 39.

delle genti. Confronto coli' espressione « Diritto internazionale » , 39.

Diritto di albinaggio, 168 n.

di bandiera e di stemma. Degli agenti diplomatici, 416; - dei consoli, 453; - degli agenti consolari, 455.

di esplorazione, 196 e segg.

di guerra. Tentativo per regolarlo (Conferenza di Bruxelles del 1874), 5 (V. Guerra),

di Legazione. Y. Agenti diplomatici.

d'imperio e di giurisdizione. Uno dei diritti fondamentali dello Stato, 55. Concetto, 221. Giurisdizione a ri- guardo dei cittadini, 222 e segg. ; - cit- tadini all'estero, 225, 226 ; - richiamo. 226. Qiu^sdizione rispetto agli stra- nieri, 228 e segg. ; - divieto di entrare nel territorio, 228 ; - protezione del la- voro nazionale, 229 ; - osservanza delle leggi di sicurezza e di polizia, 230; - trattamento, 231, 232; -espulsione, 233 e segg.(y.). Giurisdizione penale, 238 e segg. ; - casi di extraterritorialità della legge penale, 239 ; - reati di Diritto in- temazionale^ 240, 241; - giurisdizione rispetto ai pirati, 242 e segg. (V. Pira- teria), — G. rispetto ai Ministri stra- nieri, 247 e segg. (Y. Agenti diploma- tid), Id. id. ai consoli stranieri, 253 e segg. (Y. Consoli), Id. id. ai so- vrani stranieri, 257 e segg. (Y.). Id. id. agli Stati ed ai Governi stranieri, 259 e segg. (Y.). Id. riguardo ai beni, 268 e segg. G. sulle acque territoriali, 272 e segg. (Y. Mare territoriale), Sui fiumi, 279. Sui golfi, 280. Sui laghi, 281. Sui mari chiusi, 282.

Sui mari mediterranei, 282. Sugli stretti, 284; - le tasse di passaggio de- gli stretti del Sund e dei Belts, 284 n.

G. rispetto ai porti, 290 e segg. (V. Porti), G. sulle navi mercantili, 294 e segg. (Y. Navi mercantili), Id. sulle navi da guerra, 305 e segg. (Y. Nari da guerra). Id. sulle navi postali, 314 e segg. (Y.) Luoghi sottratti alla g. della sovranità territoriale, 319 e segg. (Y.); - extraterritorialità, 319 e segg. (Y.); - perdita del privilegio dell'extra- territorialità, 323 ; - località addette alle Legazioni, 325 e segg. (Y. Legazioni) ;

Consolati, 330 e segg. (Y.); - palazzi e casa addetti al Ministro straniero, 833 e segg. (Y. Agenti diplomatici) ; - eser- cito straniero acquartierato, 341 e segg.

del Diritto intsrtMxÀùnale eodifiecUo

11

(V.); - paesi in cui sono in vigore le Capitolazioni, 345 e segg. (V. Oapitola- xioni) \ - località addette alla Santa Sede, 350 e segg. (V. Santa Sede). Rap- porti dell'agente diplomatico (Y.) colla giurisdizione territoriale, 418 a segg.

Diritto di visita, 1469 e segg. In che consiste, 1469. Sua natura, 1460. Dove può essere fatta, 1471. Navi esentì, 1472. Navi in convoglio, 1473, 1474; - visita di esse, 1475, 1476. Modo di procedere alla visita, 1477 e segg. Ricerche e ispezioni, 14d0; - motivi fondati di sospetto, 1481. Se- questro della nave visitata, 1482. D. di visita delle navi che traspoi-tano schiavi, 825 e segg.

intemazionale. Come la parte più con- siderevole del D. intern. si trovi tuttora nel periodo di elaborazione, 79. Sue fonti (V. Fonti). Definizione, 1.

Denominazioni varie. In. Eap- porti che vi sono soggetti, ivi. Par- tizione, 2. D. internaz. naturale, 3;

regole ad esso conformi, 4. D. in- ternaz. positivo: sua partizione, 6; - D. comune, D. particolare, 9, 10. Regole di D. intern. stabilite con atto unilaterale, 10 n. Forza obbligatoria, 11 0 segg. (V.). Comitas gentium^ 16 e segg. (V.). Come debba essere prov- veduto alla sanziono del D. internaz., 26 e segg. Persone ed enti soggetti al D. internazionale (Y. questa voce).

Sua autorità su ogni persona della Società internaz., 33. Diritto d'inge- renza collettiva per la sua tutela, ^7 e segg. (Y. Ingerenxa collettiva).

(Fonti del). Y. Fonti.

(Reati di). Giurisdizione, 240, 241.

(Scienza del). Come debba prestare il

suo concorso per la soluzione completa del problema della organizzazione giuridica della Società intemazionale, 31 e segg.

Sua missione, 39. Suo metodo, 31.

(Tutela giuridica del) Y. Tutela.

privato. Il problema del d. internaz.

priv. considerato dal punto di vista dei diritti internazionali dell' uomo, 48 e segg.

Come materia dei trattati di interesse comune, 778. Autorità delle leggi straniere, 970, 971. Sua Codificazione nel codice civile italiano, 971 n.

Diritto positivo. Regole di D. p. che for- mano oggi il Diritto comune degli Stati civili, 5.

scientifico. Autorità delle sue regole, 81.

Sua efficacia pratica, 82. La con- corde opinione degli scrittori come una delle fonti del D. internaz. positivo, 92.

Come debba essere rappresentato nel Congr. internaz., 1020 n.

storico. Come fonte del D. internaz. po- sitivo, 93. Il D. storico e il D. dei popoli, 64.

Disciplina. Atti del Capo della Chiesa in materia di d., 597 n.

Discussione pubblica. Come mezzo per pre- venire ed appianare le questioni intema- zionali, 74 e segg.

Disertori. Accoglimento dei d. nemici, 1276;

provocazione alla diserzione, 1276, al. 2; - d. ripreso, 1277.

Dispacci (Trasporto di). Quando è assinìi- lato al contrabbando, 1434.

Documenti diplomatici. Come fonte del Diritto internazionale, 88.

Dogma. Atti del Capo della Chiesa rela- tivi al d., 597 n.

Dolo nei trattati, 637, 640.

Domicilio civile, nei riguardi della citta- dinanza, 579.

Donna maritata. Cittadinanza, 576.

Doveri di umanità, nei rapporti interna- zionali, 476 n., 519 e segg.

internazionali degli Stati. Y. Stati.

Egemonia, come violazione dell' equilibrio giuridico fra gli Stati, 385.

Egitto. Sua lotta per l'indipendenza, 12.

Eguaglianza degli Stati. Concetto, 57. Il Dir. di eguaglianza come uno dei d. fondamentali dello Stato, 55. Regole al riguardo, 358 e segg. Principio, 358, 359. Stati a cui nel fatto è limitata, 560. Atti conti-arì all'egua- glianza, 361. Diseguaglianze di fatto, 362 e segg. Diniego del godimento di certi diritti, 363. Stati rispetto ai quali può non ammettersi l'eguaglianza giuridica, 364. Rispetto alla perso- nalità morale e dell'onore degli Stati, 366 e segg. Il cerimoniale interna- zionale come espressione della egua- glianza giuridica degli Stati, 367 e segg.

Lingua diplomatica, 371. Equili- brio politico, 381 e segg. (Y.).

12

Indice alfabetieo-afuUitteo

Eguaglianza e libertà. Come non siano diritti territoriali, ma internazionali, 34 e segg.

Embargo, come atto di rappresaglia ille- cito, 1134.

Emigrazione (Diritto di). Uno dei d. inter- nazionali dell'uomo, 57.

Encicliche pontificie. Diritti dello Stato a loro riguardo, 55.

Epidemie. Doveri di assistenza fra gli Stati, 521.

Equilibrio giuridico fra gli Stati. Necessità della sua determinazione per la organiz- zazione giuridica della Società intema- zionale, 32 e segg. Sua legittimità e necessità, 382 e segg. Violazione, 384 e segg.

mercantile. V. Teoria mereantile.

politico fra gli Stati. La teoria dell' e- quilibrio politico, uno degli ostacoli alla concezione della comunità dei popoli , 8 e segg. Non necessario, 381. Cenni storici al riguardo, 381 n. -—In- terventi armati per mantenerlo, 480 n.

Errore, nei trattati, 637.

Erzegovina (Questione dell'), e il prin- cipio dell'ingerenza collettiva, 493 n.

Esame testimoniale, degli agenti diploma- tici, 420 n.; - dei consoli, 419.

Esecuzione dei trattati, 665 e segg. (Y. Trattati).

forzata. Conti'o Stato straniero, 265 e segg.

Esercito straniero acquartierato. Limita- zioni dell' esercizio della sovranità ter- ritoriale a suo riguardo, 341 e segg.

Esilio. Quando può essere giustificato, 557.

Espatriazione. Libertà di e., 224. E. in mala fede, 565.

Esplorazione (Diritto di), 196 e segg.

Esportazione (Divieto di), come atto di rappresaglia lecito, 1132.

Espropriazione. E. per causa di utilità pubblica, 976. E. forzata dei beni privati in guen-a, 1280 e segg.

Espulsione dello straniero. Regole al ri- guardo, 233 e sogg.

Estinzione dei trattati, 723 e segg.

Estradizione. Uno dei doveri intemazio- nali degli Suti, 518, 782 n., 785 n.; - fondamento secondo la legislazione ita- liana, 785 n.

(Trattati di), 781 e segg.; - definizione, 781; - effetto, 782, 784; - interpretazione, 785 ; - tratt. del Regno d' Italia, 783 n.

« EoaeqtuUur » . Sentenze di tribunali stra- nieri, 178; - quando può essere negato, 180. E, ai oonsoli, 466.

Extraterritorialità. In che consiste, 319;

inesattezza del concetto della finzione giuridica dell'extraterritorialità, 320 n.

Località coperte dal privilegio, 321.

Perdita del privilegio, 323, 324. Suo fondamento, 324 n. Località ad- dette alle legazioni, 325 e segg. (Y. Legazioni). Consolati, 380 e segg. (V.). Palazzi e casa addetti al Mini- stro straniero (Y. Agenti diplomatici).

Esercito straniero acquartierato, 341. e segg. (Y). Paesi ove sono in vigore le Capitolazioni, 345 e segg. (Y. Capi- tolaxdont). Località addette alla Santa Sede, 350 e segg. (Y. Santa Sede).

Fallimento (Diritto del), come materia di trattati d'interesse comune, 778.

Fanali delle navi. Regole al riguardo, 842.

Faro (Diritti di). Esonerazione nel caso di rilascio forzato, 500 n.

Fatti di guerra. Determinazione del con- cetto in relazione al diritto al risarci- mento dei danni, 1566 e segg.

Fatto illecito. Responsabilità dello Stato per danni da esso derivati. Y. Obbliga- xione intemaxionale.

Favoreggiamento (Reato di). Extraterrito- rialità della legge penale a suo riguardo, 239.

Federico il Grande. Sull'equilibrio euro- peo, 8.

Feriti e malati. Obbligo dei belligeranti per ciò che riguarda il loro trattamento, 1218, 1240 e segg. F. ricoverati in case private, 1250. F. già curati, 1251.

Norme circa i feriti e malati nella guerra marittima, 1253 e segg.

Ferrovie. Diritto al loro uso innocuo, 911 e segg. Regolamento ferroviario in- ternazionale, 914 e segg. (Y.). Diritti del nemico sulle f. dei privati nell'oi.'- cupazione militare, 1337.

internazionali. Guasto, giurisdizione, 241. Regole circa il trasporto delle merci, 917 e segg.; - responsabilità delle Amministrazioni, 918 e segg.; - il con- tratto di trasporto nei rapporti delle f. internaz., 923 n., 924 n.

Feste di Corte. Cerimoniale marittimo, 380.

Figlio di genitori ignoti. Cittadinanza, 672.

del Diritto intemaxianale codifiecUo

13

Figlio legittimo. Cittadinanza, 571.

naturale. Cittadinanza, 571.

Filosofia moderna. Cambiamento da essa portato nello spirito delle masse, 29.

Fiume. Giurisdizione, 279.

Fiumi intemazionali. Accordi intervenuti per assicurarne la libertà, 5. Regole a loro riguardo, 851 e segg.; - quali sono reputati tali, 851; - f. percorrenti il ter- ritorio di uno Stato solo, 852 -, - distin- zione per ciò che riguarda la libei*tà del commeroio intemaz., 852 n. Regole per la navigaz. dei f. internaz., 853 e segg.; - Regolamento (di Vienna) per la libera navigaz. dei fiumi, 856 n. Di- ritti e doveri degli Stati frontisti, 857, 858. Regolamento di navig. fluviale secondo i principi del D. comune, 859 e segg. Tasse di navigazione, 862 e segg.; - t. contrarie al D. intern., 862;

d. degli Stati frontisti, 868 ; - commi- surazione delle t., 864; - navi ad esse soggette, 865; - t. abusive, 866; - per- cezione, 867. Pilotaggio obbligatorio, 868. Cabotaggio, 869. Tutela giu- ridica dei regolamenti, 870 e sogg. Competenza per lo controversie circa la navigazione fluviale, 872 e segg.; - e. della Commissione intemazion. perma- nente, 873; - e. dei tribunali territoriali, 874. Fiume navigabile che scorre pel territorio di uno Stato solo, 874; - di- ritti dello Stato cui appartengono le due rive, 875. Navigazione dei fiumi in- ternazionali secondo il Diritto positivo, 876 e segg. Blocco delle loro imboc- cature, 1451.

Fonti del Diritto internazionale positivo. Trattati generali, 83. Atti dei Con- gressi, tifi. Trattati particolari, 84.

Legislazioni particolari, 87. Atti dei Governi, 88. Consuetudini, 89.

Convinzioni giuridiche popolari, ivi.

Concorde opinione dogli scrittori, 92.

Diritto storico, 93.

Fortezze, come cosa di patrimonio dello Stato, 902.

Forza obbligatoria del D. intemazionale. Principio, 11. —Regola riconosciuta dagli Stati riuniti in Congresso, 12. Interpre- tazione delle regolo, 13. Forza obbliga- toria delle regole di D. internaz. naturale, 14, 15. Come T osservanza di tali re- gole non sia un atto di pura cortesia, 15 n.

Franchigia doganale, degli agenti diplo- matici, 413, 415 n.

Funzionari pubblici. Responsabilità dello Stato pei danni da essi recati. Y. Ob- bligaxioni intemaxionali.

Funzioni ecclesiastiche. Come nel loro svi- luppo estemo siano soggette alle leggi dello Stato nel quale sono esercitate, 55.

Garanzia collettiva. Dei trattati stipulati in Congi-essi e Conferenze, 780 (V. In- gerenza collettiva^ Trattati),

Gente. Definizione, 43.

Genti incivili. Loro condizione giuridica nei rapporti internaz., 46, 47.

Gestione d'affari. Come non crei una ob- bligazione internaz., 792 n.

Ginevra (Arbitrato di). Motivi particolari della sua riuscita, 25.

Giordano Bruno. Concorre ad emancipare il pensiero dall'autorità della teologia, 15.

Giurisdizione. V. Diritto d'imperio e di giurisdixione,

consolare. V. Capitolaxioni.

internazionale. Suadeterminazione, 174. La giurisd. e la competenza dei tribu- nali dello Stato di fronte al D. pubblico interno e di fronte al D. internaz., 174 n.

Giustizia naturale. Come la sua osservanza fra gli Stati non sia un atto di pura cortesia (oomitas gentium)^ 15 n., 476.

Golfi. Giurisdizione, 280.

Governo della Chiesa, 588 e segg. (Vedi Chiesa).

della nave. Norme generali al riguardo, 844 e segg.

di fatto. Sovranità interna, 88 e n. V. Stato (Riconoseimento di). Diritto di legazione, 396.

nuovo. V. Stato {Riconoscimento di).

provvisorio. Conseguenze internazionali de' suoi atti, 114 e segg. (V. Guerra civile).

rivoluzionario. Sua condizione giuridica rispetto agli altri Governi, 63. Diritto di legazione, 396. Riconoscimento da parto d'uno Stato neutrale, 1399 n. (V. Guerra civile).

Grandi Potenze. Principio della loro egua- glianza cogli Stati minori, 358 e segg.

Grecia antica. Suo concetto limitato della comunanza di Diritto fra i popoli, 5.

moderna. La proclamazione della sua indipendenza e l'idea di nazionalità, 11.

14

Indice alfabetieo-analiiico

Grozio. Sao posto nella storia della scienza del Diritto internazionale, 13. Sulla consuetudine come fonte del diritto, 89.

Guerra. Come causa di estinzione dei trat- tati, 723, 740. In che consiste, 1144.

Quando può essere reputata legit- tima, 1145. Sua dichiarazione : ces- sazione dei poteri delPagonte diploma- tico, 442, 448 ; - regole al riguardo, 1146 e segg. Quando la g. esiste ^ fttfto, 1150. Quando potrà reputarsi rego- larmente fatta, 1151. Osservanza delle leggi ed usi di g., 1152 e segg. Bfcttf immediati ideila g., 1155 e segg. ;

poteri dei comandanti degli eserciti e delle armate, 1157; - legge marziale, 1157; - istituzione dei tribunali mar- ziali, 1158. A chi spetti l'esercizio dei diritti di g., 1159 e segg. (V. Bel- Itgeranti). Ostilità permesse, 1183 e segg.; - ostilità in opposizione allo leggi ed usi di g., 1185 e segg. Mezzi leciti di assalto e di difesa, 1184, 1187 e segg. Assedio, 1188 e segg. (V.)

Bombardamento, 1196 e segg. (V.)

Distruzione ed incendio, 1202 e segg,

Saccheggio, 1207, 1208. Strata- gemmi e sorprese, 1209 e segg. Di- ritti del belligerante contro le persone di parte, nemica, 1212 e segg. (V. Bel- ligerante).— Prigionieri di g., 1219 e segg. (V.). Ostaggi, 1237 e segg. Trattamento dei feriti e malati, 1240 e segg. Ambulanze, ospedali, servizio sanitario, 1245 e segg. (V.). Norme circa i feriti e malati nella g. marittima, 1253 e segg. Spie, 1260 e segg. Guide, 1266, 1267. Parlamentari, 1268 e segg. (V.). Trattamento dei disertori, 1276 e segg. (V.). Diritti del b. sui boni del nemico, 1278 e segg. ;

beni dello Stato, 1278; - inviolabilità della proprietà privata, 1279; - espro- priazione forzata dei beni privati, 1280;

requisizioni, 1282 e segg. (V.); - con- tribuzioni di g., 1287 e segg. (V.); - bottino di g. 1200 e segg. (V.); - diritto di preda nella g. marittima, 1292 e segg. (V. Preda). Occupazione militare e sue conseguenze giuridiche, 1312 e segg. (V. Occupazione in.). Convenzioni di g., 1340 e segg. (V.). Neutralità, 1385 e segg. (V.). Contrabbando di g., 1424 e segg. (V.). Fine della g., 1545 e

segg. ; - quando la g. debba reputarsi terminata, 1545; - cessazione delle osti- lità, 1546; -occupazione militare, 1547 (V.); - trattato di pace, 154S o segg. (V.) ; - norme circa Vutipossideits^ 1563 e segg. Danni di g., 15G5 o scpg. (V.). Competeiaa del Congresso por prevenire la g., 1029. €Fnerra civile. La g. civile in relazione alla personalità dello Stato, 107 e sogg. Quando ha luogo, 107, 108 n. O-omo sia un fatto di D. pubblico intorno^ lO>. Quando l'insurrezione devo esser»? reputata come un fatto sommesso al D. internaz., HO e 110 n. Atti del Governo provvisorio, 114. Restaura- zione; effetti, 115 e segg. Diritto di legazione, 396. Non intervento, 482 e segg., 491 (V.). Riconoscimento del Gov. da parte d*uno Stato neutrale, 1399.

secessione negli Stati Uniti. Suo carattere di guerra civile, 108 n.

marittima. V. Blocco^ Coniraòbando^ Diritto di visita^ Guerra^ Keittralilà.

Guide, in guerra, 1266, 1267.

Hobbes. Suo posto nella storia della scienza

del Diritto intemazionale, 13. Hume. Combatte il mercantilismo, 15.

Immobili. Regolamento del D. degli stra- nieri a loro riguardo, 170 e segg.

Imperatore di Germania. Capacità di con- cludere trattati, 632 n.

Imperio (Diritto di). Uno dei d. fonda- mentali dello Stato, 55 (V. Diritto),

Impero, come forma d'unione di Stati, 90 n.

germanico, come esempio di ini pero di Stati, 90 n.

Imposte, come formanti parte dei beni appartenenti allo Stato, 944 e segg.; - stranieri, 946. Diritti del nemico neir occupazione militare, 1838.

personali dirette. Esenzione a favore degli agenti diplomatici, 413; - id. id. dei consoli, 452.

Indebito (Pagamento di). Come non crei una obbligazione internazionale, 792 n.

Indipendenza (Diritto di). Uno dei d. fon- damentali dello Stato, 55 (V. Auto- nomia),

Infallibilità del Papa. Uno degli ostacoli alla concezione della comunità dei popoli, 6.

Ingerenza collettiva. Il dovere di ingerenza

del Diritto intemoMonale codificato

15

collettiya per la tutela del D. ìntem., 487 e sogg. ; - principio, 487 ; - quando è legittima, 76, 488; - casi in cui ne può sorgere il dovere, 490 e segg. I. collettiva per la tutela dell* extrater- ritorialità delle località addette alla Santa Sedo, 356. Id. nel caso di minaccia dell'equilibrio giuridico, 385. Id. a tutela dei diritti della Chiosa, 612. Id. noi oaso di imposizione di trattati signoria, 760, 761. Id. nel caso di imposizione di sistemi doganali da parte del vincitore, 962.

Insurrezione. Quando deve essere repu- tata come un fatto sommesso al D. in- ternaz., 110 e 110 n.

Interesse comune (Trattati di), 775 e segg. ;

- definizione, 776; - scopo, 776, 777;

- materia,778; - quando acquistano auto- rità di legge intemaz., 779 ; - loro obbli- gatorietà, 780; - gai-anzia collettiva, ivi.

Interpretazione di trattati. V. Tratteci.

Interrogatorio dell'agente diplomat., 420 n.

Intervento. Come sia a dirsi illecito e arbi- trario, 49. Intervento armato, 476 e segg. Gli interventi armati dopo il trattato di Vienna del 1815, 480 n.

Inviati. Una delle categorie di agenti di- plomatici (V.), 394.

Inviolabilità (Diritto di). Uno dei d. in- temaz. dell'uomo, 57.

personale, come uno dei diritti inter- naz. dell'uomo, 540 e segg. I. perso- nale dei negri, 543 e segg. (V. Negri).

I[)oteca sulla nave. Diritto da applicarsi, 1015 e segg.

Isole. Formazione noi fiumi di confine, 898.

Istituto di Diritto intemazionale, 13 n.

Istituzioni per la tutela giuridica del Di- ritto internaz. Y. Tutela giuridica.

Istmi. Diritto al loro uso innocuo, 910.

Istruzioni segrete. Valore, 408.

Laghi. Giurisdizione, 281.

Legati pontifici. Loro carattere, 599 n.

Legazione (Diritto di). V. Agenti diplo- matici.

Legazioni. Extraterritorialità delle località ad esse addette, 325 e segg. ; - abuso del privilegio , 327 ; - come la Lega- zione non possa considerarsi come parte del territorio dello Stato rappresentato, 328 n., 329.

Legge marziale. Sua entrata in vigore, 1 157.

Paese occupato militarmente, 1326.

morale. Suo riconoscimento nei rap- porti internaz., 476.

penale. Sua territorialità, 238 e n. ; - oasi di extraterritorialità, 239.

straniera. D problema dell'autorità delle leggi straniere considerato dal punto di vista dei diritti internazionali dell'uomo, 48 e segg.

Leggi civili. Loro extraterritorialità in quanto regolano i rapporti privati, 968 n.

di sicurezza e di polizia. Osservanza da parte dello straniero, 230.

ed usi di guerra, 1152 e segg. Ten- tativo di codificazione, 1152 n. Atti di ostilità ad esse contrari, 1185 e segg.

Legislazioni particolari, come fonte del D. internaz. positivo, 87.

Legittima difesa, nei riguardi del non in- tervento, 483 n.

Legittimità (Principio di). Posto nel Con- gresso di Vienna del 1815, 488 n.

Leibnitz. Suo posto nella storia della scienza del Diritto internazionale, 13.

Lesione, nei trattati internasnonali, 712.

Lettere di marca. Quando possono essere * rilasciate, 1172, 1173.

Leva in massa, in relazione alla qualità di belligerante, 1168.

Libera attìTÌtà (Diritto di), 523 e segg.

navigazione dei fiumi intemazionali. Kc- golamento (di Vienna) al riguardo, 856 n.

Libero scambio. Sua connessione coli' idea della comunità dei popoli, 15. Regole di diritto, 523 e segg.

Libertà (Diritto di). Uno dei d. fonda- mentali dello Stato, 55.

di coscienza, come uno dei diritti inter- nazionali dell'uomo, 57, 549 e segg.

di culto, come uno dei diritti internaz. dell'uomo, 550.

ed eguaglianza. Come non siano Diritti territoriali, ma intemazionali, 34 e segg.

personale, come uno dei diritti in- temaz. dell'uomo, 57, 540 e segg.

Licenza, come convenzione di guerra, 1362. Lido del maro, come cosa di patrimonio

dello Stato, 902. Linea di confine, rispetto ai monti, 895;

- id. ai fiumi, 896. Lingua diplomatica, 371.

Locke. Posto che tiene nella storia della scienza politica, 14.

16

Indice alfaheHeo-analiiieo

« LoGUS regit aetum » . Applioazione della regola agli atti fatti presso le legazioni, 329.

Lori mar. Sao progetto di una Confede- razione degli Stati, 16.

Lutto pubbl. Cerimoniale marittimo, 380.

Mably. Concorre a sviluppare i principi della comunità dei popoli, 18.

Machiavelli. Impulso da lui dato alla scienza politica, 13 e segg.

Madagascar. Protettorato della Francia; carattere, 755 n.

Malfattori (Consegna dei), come uno dei doveri intemazionali degli Stati, 518, 782 n., 785 n.

Manovra della nave. Norme generali al riguardo, 844 e segg.

Marche di fabbrica (Protezione delle), come materia di trattati d'interesse co- mune, 778. Regole al riguardo, 993 e segg.; - eguaglianza di trattamento degli stranieri e dei cittadini, 997 e segg. ; - necessità di un Diritto comune convenzionale, 1000.

Mare libero, 816 e segg. Assimilazione ad osso dei canali navigabili, 852.

territoriale . Equiparato al territorio reale, 193. Estensione, 272. Giu- risdizione spettante al sovrano, 273 e sogg. Natura del diritto spettante su di esso al sovrano, 275. Ri- serva della pesca ai cittadini, 276. Sua esclusione, 278. Estensione delle baie, 277. Giurisdizione pénale sullo acque territoriali, 285 e segg.; - limitazione, 287. Diritto di libera- mente entrai-vi, 529 e segg., 530 n. Regole di navigazione, 847. Cattura di nave nemica nel m. t. di Stato neu- trale, 1420. Visita dello navi. 1423 (V. Diritto di visita).

Mari chiusi e mediterranei. Giurisdizione, 282, 383.

Massaua. C/essazione delle Capitolazioni, 349 n.

Matrimonio. Etfotti sulla cittadinanza. 575.

Mediazione. V. Cofigegni diplomatici.

Mendicità. Motivo di espulsione dello stra- niero, 236.

Mercantilismo. Uno degli ostacoli alla con- cessione della comunità dei popoli, 9 o segg. Economisti che lo combatte- rono, 15.

Mercanzia neutrale. La regola ohe la m. n. non è sequestrabile sotto bandiera ne- mica, come regola del Diritto positivo formante oggi il Diritto comune dogli Stati civili, 1417 (V. Neuiralità).

Metodo della scienza del D. intemaz., 31.

Metternich. Sul principio di legittimità. 488 n.

Mezzi coercitivi. Quando sono giuatìficati, 488. Mezzi coercitivi durante la paco. 1126 e segg.; - enumerazione, 1126; - quando ne può esser lecito Puso, 1127. 1128. Ritorsione, 1129 e segg. (V.).

Rappresaglie, 1131 e segg, (V.). Blocco commerciale, 1136 e segg. (V.).

Militarismo. Sua esagerazione, conseguenza della mancanza di una tutela giuridica del Diritto intemaz., 19 11 mìL ta- riamo e la questione sociale, 29.

Milizia straniera(Arru<damenio nella), come rinunzia tacita alla cittadinanza. 562.

Ministri pubblici. Una deUe categorie di agenti diplomatici (V.), 394.

stranieri. Y. Agenti diplomatici ,

Ministro degli affari esteri. Rappresentanza dello Stato, 393 n.

Missione diplomatica. Sospensione, 440. V. Agenti diplomatici.

Monarchia assoluta. Rappresentanza dello Stato, 393 n.

Monroe (Dottrina di), 494 n.

Montesquieu. Posto che tiene nella storia della scienza politica, 14. Sull'azione civilizzatrice del commercio, 17.

Morte del sovrano. Sospensione della mis- sione diplomatica, 440.

Mutua assistenza (Dovere di). Regolo al riguardo, 495 e segg. Casi in cui è specialmente doverosa, 496. Rifugio di navi straniere, 497 e segg. Si- nistro di mare e naufragio, 502 e sogg.

Amministrazione della giustizia, 511 e segg. (V. Rogatorie). Giustizia pe- nale, 516 e segg. ; - obbligo di conse- gnare i malfattori, 518.

Naturalizzazione. Protezione air estero del naturalizzato, 463. La n. come modo di acquisto della cittadinanza, 577.

Napoleone Bonaparte. Aspetto dell'Europa alla sua caduta, 10.

Naufragio. Assistenza allo navi straniere, 502 e segg. ; - obbligo riguardo alle cose salvate, 504, 507 e segg.

del Diritto intemaxdonale codificato

17

Nave (Polizia a bordo della). Regole al ri- \ guardo in alto mare, 819 e segg.; - a chi spetti, 819; - passeggeri stranieri, 820;

- poteri disciplinari del comandante, 821. P. della navigazione, 822 e segg. (V. Navigazione),

(Sequestro di). V. Preda,

abbandonata. Quando si reputa tale, 510.

corsara. V. Armamento in corsa,

mercantile. Diritto di imperio e di giurisdizione sulle n. m., 294 e segg. ;

- giurisdizione locale, 294; - g. dello Stato cui la n. appartiene per nazio- nalità, 295; - osservanza delle leggi di polizia e dei regolamenti locali, 196; - parità di trattamento delle n. straniere, 297; - regolamento della loro condi- zione giuridica, 298; - determinazione dei poteri del capitano, 299 ; - giurisdi- zione territoriale per le contestazioni civili, 390; - giurisdizione penale, 301 e segg.; - g. dello Stato di cui la nave ha la nazionalità, 301 ; - g. territoriale, 302 ; - atti istruttorii pei reati commessi a bordo, 303; - riserva dell* intervento del console, 304. Naufragio ; attribu- zioni del console, 472. Esercizio della polizia e della sorveglianza in alto maro, 823. Visita delle n. che trasportano schiavi, 825 e segg. La n. m. come oggetto di proprietà , 1007 e segg. ; - applicazione della legge nazionale, 1007, 1008. Sua nazionalità, 1009 e segg.

- Ipoteca e d. reali sulla n., 1015 e segg. Sequestro, come atto di rap- presaglia illecito, 1134. Atti di guerra fatti da n. m., 1178 e segg. Sequestro e cattura nella guerra marittima, 1292 e segg., 1486 e segg. (V. Preda).

neutrale. V. Neutralità. Navi-ambulanze. Equiparate alle n. neu- trali, 1300.

da guerra. Definizione, 308. Giurisdi- zione a loro riguardo e sulle persone del loro equipaggio, 305 e sogg. ; - entrata nello acque territoriali, 305; - loro som- messione alle leggi locali, 306; - giu- risdizione territoriale, 307 ; - g. del co- mandante, 309; - trattamento della n. come nemica, 310; - quando la sovra- nità ten-itoriale può esercitare diritti di g. sulla n., 311 ; - limiti dell' extra- territorialità della n., 311 n. ; - fatti

-commossi dall'equipaggio a terra, 313.

50 Fiore, Dir, intem, codif.

Le n. da guen*a come cosa di pa- trimonio dello Stato, 902. Divieto alle n. da guerra di entrare nei porti, 292. Bottura di blocco commerciale, 1143. N. da guerra di belligerante rifugiantesi in porto neutrale, 1408.

Navi nazionali. Equiparate al territorio reale, 193.

ospedali. Equiparate alle n. neutrali, 1300.

postali. Giurisdizione sulle n. p., 314 e segg.; - loro assimilazione alle n. da guerra, 316, 317 n. ; - responsabilità del Governo pel ritardo del cammino, 317; - abuso della sua posizione da parte della n., 318.

Navigazione. Polizia della n., 822 e segg. ;

- carte di bordo, 822; - polizia e sor- veglianza in alto mare, 823, 824. Visita delle n. che trasportano schiavi, 825 e segg. N. dedite alla pirateria, 830 e segg. Saluto in alto mare, 834.

(Regole della), 835 e segg. Rego- lamento internazionale per evitare gli urti delle navi, 838. Regole della nave secondo le esigenze e la pratica degli uomini di mare, 841. R. concernenti i fanali, 842. Segnali acustici per la nebbia, 843. . Norme generali pel go- verno della nave e per la manovra, 844 e segg. Regole di n. nelle acque territoriali, 847. Id. id. nei fiumi in- ternaz., 853 e segg.

Nazionalità. Attuazione delPidea di nazio- nalità nel secolo XIX, 11 e segg. Diritti internazionali delle nazionalità, 34 e segg., 46.

(Principio di). 11 principio di n. e l'ordinamento giuridico della società in- ternazionale, 67. Id. id. nei riguardi del D. internaz., 72 n.

della nave. Condizioni, 1009. N. nemica, 1010. Presunzione, 1011. Perdita, 1011 n. Prova, 1012 e segg. (V. Atto di n.)

Nazione. La n. come ente soggetto al d. internaz., 40. Definizione, 42. Sua condizione giuridica nei rapporti internaz., 44, 45. Como la n. non sia persona internaz., 44 n. Suoi d. internaz., 62 e segg. Il principio di nazionalità e l'ordinamento giuridico della società internaz., 67.

18

Indice alfabeiico-analitico

Negri. Loro inviolabilità personale, 543

e aegg. (Tratta dei). Repressione, 644 e segg.

- I/egge italiana, 545 n. Trattato di Berlino del 1885, 547 n. Atto generale antischiavista di Bruxelles del 1890, 548 n. Come la tratta dei n. non possa essere assimilata alla pira- teria, 828 n.

Neutralità, 1385 e segg. Concetto, 1385.

- N. volontaria, assoluta e convenzio- nalo, 1386. N. doverosa fra gli Stati in Unione, 1387. Tutela giuridica collettiva della n. assoluta, 1388. Chi abbia diritto di essere reputato n., 1389 e segg.; - dichiaraz. di n., effetto, 1389;

- n. di pieno diritto, 1390; - perdita del diritto di essere consideralo n., 1391 ;

- indivisibilità della n., 1392; assi- stenza indiretta a uno dei belligeranti, 1393. DiHUi degli Stati n., 1394 e segg. ; - come tali d. non possano es- sere limitati a volontà dei belligeranti, 1396; - inviolabilità del territorio n., 1397, 1398; - indipendenza nell'eser- cizio dei diritti di sovranità, 1399; - libertà del commercio pacifico, 1400;

- osservanza dei trattati da parte dei belligeranti, 1401. Doveri degli Stati neutrali, 1402 e segg. ; - fgitti che possono essere qualificati atti di ostilità, 1403;

- fatti che non escludono il manteni- mento della n., 1404; - concessione di rifugio ai belligeranti, 1406 e segg.; - sbarco di prigionieri e abbandono di prede in porto neutrale, 1409 e segg.

- Diligenza nell' osservare i doveri della n., 1411 0 segg.; - colpa per la man- cata diligenza, 1413 e segg. Doveri dei belligeranti rispetto ai n., 1416 e segg.; - mercanzia n. a bordo di nave nemica, 1417 ; - trattamento delle navi n., 1418; - mercanzia nemica a bordo di n. neutrale, 1419 ; - cattura di nave nemica nelle acque territoriali di Stato n., 1420; - libertà del commercio pa- cifico, 1421. Diritti dei b. rispetto ai neutrali, 1422 e segg. Doveri e diritti dei n. in caso di blocco, 1463, 1464.

Nolo (Commercio di). Riserva ai cittadini

nelle acque territoriali, 007. Nome commerciale. Tutela, 988 e segg. Non intervento (Dovere di), come prin-

cipio di D. intemazionale imposto dalle convinzioni giuridiche dei tempi, 6. Regole al riguardo, 478 e segg.; - in- tervento morale e i. armato, 478; - atti assolutamente incivili, 480; -rivo- luzione e guerra civile, 482 e segg.; - tutela dei pretesi diritti del Papato, 486. Nunzi pontifici. Loro carattere, 599 n.

Obbligazioni intemazionali. Como possano essere assunte solo dallo Stato, 57. Regole generali e fondamentali, 614 e segg.; - fonti, 614; - oggetto, 615; - effetto, 616 ; - natura e carattere, 616 n. ; - fondamento, 617; - consensualitii, 618; - consenso tacito, 619; - obbliga- zione inefficace, 621. O. bilaterali e unilaterali, 622. Distinzione, 623.

I trattati come fonte delle obblig. internazionali, 625 e segg. (V. Trattati).

Obbl. nascenti non da convinzione. 792 e segg. ; - atti lesivi del d. di un altro Stato, 792; - come il quasi contratto non possa ammettersi come fonte à\ 0. internaz., 792 n. 0. nascente da fatti leciti, 793 e segg.; - danno deri- vante dairesercizio del pubblico potere, 794; - id. id. da fatto lecito, 795. - 0. nascente da fatto illecito, 796 e s&%p ;

esercizio indebito dei pubblici poteri, 797. Responsab. diretta e indiretta dello Stato, 798. Obbligaz. del rifa- cimento del danno fondata sulla respon- sabilità diretta, 799 e segg. ; - leggi e procedimenti repressivi difettosi, 801;

danni non prevenuti, 802; - diligenza di cui lo Stato deve rispondere, 803, 804 ; - effetti dannosi non impediti, 805,

Obbligaz. del rifacimento del danno fondata sulla responsab. indiretta, 806 e segg. ; - responsab. pel fatto dei fun- zionari pubblici, 806; - quando può trasformarsi in responsab. diretta, 808;

danno recato da privati, 809; - dan- neggiato straniero, parità di tratta- mento, 810. Danni causati durante la guerra, 811 (V. Guerra), Ck)mo i cittadini rispondano delle o. internaz., 1133 n.

Occupazione, come modo di acquisto della sovranità territoriale, 194. Regole al riguardo, 196 e segg. Diritto di esplorazione delle contrade desorte, 196.

Regioni abitate da tribù selvaggi^^i

del Diritto intemaxionule codificato

19

198, 199. Notificazione in via diplo- matica, 200; - atto generale della Con- ferenza di Berlino del 1885 al riguardo, - 200 n. Qaando roccupazione possa ritenersi giuridicamente attuata, 201, 202 ; - atto generale della conferenza di Boriino del 1885 al riguardo, 201 n.

- Occupazione di regione scoperta, 203 e segg. ; - periodo entro il quale deve aver luogo, 205. Effetti giuridici dell' 0., 206 e segg. L*o. di territorio come mezzo per assicurare la esecuz. di un trattato, 671.

Occupazione milit., 1312 e segg. Quando può ritenei*8i effettuata, 1312 e segg.

- Come si distingua dalla invasione e dalla conquista, 1312 n. Con- seguenze immediate, 1315 e segg.; - cessazione dell' esercizio pubblico delle funzioni della sovranità locale, 1315;

- rapporti degli abitanti col sovrano, 1316 ; - mantenimento dell'ordine 1317 ;

- limiti dell'esercìzio della sovranità da parte dell'autorità militare occu- pante, 1318. Diritti dell'occupante rispetto alle persone, 1319 e segg.; - giuramento di fedeltà dei magistrati e impiegati civili, 1321. Provvedimenti di sicurezza, 1324 e segg. Leggi e condanne penali, 1326. Diritti del- l'occupante nell'esercizio del potere le- gislativo, 1328 e segg. Pubblica amministrazione, 1331, 1332. Diritti dell'occupante rispetto ai beni, 1333 e segg. Ferrovie e telegrafi apparte- nenti a privati, 1337. D. dell'occu- pante riguardo alle imposte, 1338. Servizi pubblici, 1339. Non vale a far ritenere la guerra legalmente finita, 1547.

Offeso agli agenti diplomatici, 421 e segg.;

- attentato, 421 ; - qualificazione del reato, 422; - responsabilità del Governo, 423; - offesa recata da un funzionario subalterno dello Stato, 424; - id. da privati, 4^5; - responsabilità attenuata, 426; offese estranee all'ufficio, 427.

Opinione pubblica. Sua crescente impor- tanza, 78 e segg. Le convinzioni giuridiche popolari come una delle fonti del D. interna*, positivo, 91. Sua forza nella risoluzione delle controversie internazionali, 1128 n.

Opzione (Diritto di), nelle cessioni di ter- ritorio, 126.

Ospedali. Doveri dei belligeranti a loro riguardo, 1245 e segg. Loro neutra- lità, 1245. Contrassegni, 1248. Diritti sul materiale, 1249. Quando possa essere negato ogni beneficio di neutralità, 1255. Navi-ospedali, equi- parazione alle n. neutrali, 1300.

Ostaggi, 1237 e segg.

Pace (Trattato di), 1548 e segg. Ca- pacità di stipularlo, 1548. Requisiti per la sua validità, 1549. Condizioni imposte dal vincitore, 1550. Cessione forzata di territorio, 1551. Ratifica, 1552 e segg. Esecuzione, 1555. Amnistia generale, 1556. Applica- zione, 1558 e segg. ; - stipulazione dello « statu quo ante bellum » , 1558; - di- ritti del sovrano reintegrato, 1559 e segg. ;

- norme circa l' uti posaidetia » , 1563, 1564. Effetto generale della pace, 1570.

armata, conseguenza della mancanza di una tutela giuridica del Diritto inter- nazionale, 19. Associazioni per elimi- narne gli inconvenienti, 21 n. La pace armata e la questione sociale, 29.

Pagamento di indebito. Come non crei una obbligazione internaz., 792 n.

Palle esplodenti. Dichiarazione di Pietro- burgo sul loro uso in tempo di gueiTa, 1186 n.

Papato. Come le sue esagerate pretese siano state un ostacolo al riconoscimento di una legge comune fra i popoli, 16.

Come esse siano state alimentate dal- l'errore di considerare lo Stato come la sola persona della società internazionale, 43 e segg. Sua condizione giuridica secondo il D. internaz., 61. 355, 486 n.

Parlamentare. Definizione, 1268. Fa- coltà di riceverlo, 1269, 1270; - pre- cauzioni, 1271; - perdita del diritto di inviolabilità, 1272. Abuso del carat- tere di p., 1273.

Parola d'onore dei prigionieri di gueiTa, 1233 e segg.

Passaporto. Effetti della sua mancanza, 523 n.

Pastori arabi. Applicazione ad essi del D. internaz., 47 n.

Patrimonio dello Stato. V. Staio,

Patto federativo. Distinzione dal trattato di confederazione, 765 ; - suo carattere, t»».

verbale. Forza obbligatoria, 649.

20

Indice alfabetieo-afuUiiteo

Pensioni oiyili e militari. Regolamento nel caso di cessiono di territorio, 130 n., 132 n.

Pentarchia europea, dopo il Congresso di Aquisgrana, 361 n.

Perquisizione. Nella casa dell'agente di- plomatico, 335. Nelle località addetto alla Santa Sedo, 352.

Persecuzioni religiose. Contrarie al D. in- temaz., 552.

Personalità internazionale. Acquisto, 70 e segg. Riconoscimento degli Stati, 73 e segg. (V.). La Costituzione politica dello Stato in rapporto alla sua perso- nalità, 89 e segg. (V. CoatituMone po- litica). — Unioni di Stati, 90 e segg. (V.). Colonie, 94 e segg. (V.). Rap- porto di protettorato, 97 e segg. (V. Pro- tettorcUo). Vassallaggio, 103 o segg. (V.). La guerra civile in relazione alla personalità dello Stato, 107 e sogg. (V. Otterrà civile). Cessione di parte del territorio, 118 e segg. (V. Cesatone).

Annessione, 1 18 e segg. (V.). Por- dita della p. internaz., 137 e sogg. (V.).

P. internaz. della Chiosa, 583 (V. Chiesa). Cessione mediante tratt., 764.

(Perdita della). Cause, 136. Incor- porazione volontaria o forzata, 137. Effetto della perdita della p., 138. Quali trattati si estinguono, 138. An- nessione dello Stato a più Stati, 139.

Obbligazioni patrimoniali dello Stato estinto, 140.

umana. Suoi diritti internazionali, 45 (V. Uomo).

Porsene (Reati contro le). Extraterritoria- lità della leggo penale a loro riguardo, 239.

(ed enti) soggetto al Diritto interna- zionale. Concotto, 32. Loro sogge- zione al D. intern., 33. Stato, 34 (V.).

Uomo, 36 (V.). - Chiesa, 3C, 37 (V.).

Enti morali che sono p., 38. Ne- cessità dol loro rioonos(M mento, 39. Condiziono giuridica del popolo e della nazione nei rapporti internazionali, 40, 44 e segg. Id. delle genti incivili, 46 e sofig. (V.). Id. delle persone giu- ridiche, 48 e segg. (V.).

giuridiche. Come lo estendere la loro attività all' estero non costituisca por esse un Diritto intemazionale, 38 n.

Come non si debba confondore la nozione della personalità intemazionale con quella della personalità giurìdica, 41 n. Loro condizione nei rapporti internazionali. 48 e 48 n. La Chiesa come p. g., 59. 604 e segg.

Pesca, nelle acque territoriali, 276, 277 n.

Pesi e misure, come materia dei trattati dMnteresse comune, 778.

Pilotaggio. Dirìtti di p.; esonerazione nel caso di rilascio forzato, 500 n. P. obbligatorio, 868.

Pirateria. Giurisdizione, 241 e sog.; - atti commessi per commissione di un Govemo, 243; - quando è ammessa la giurisdi- zione penale internazionale, 244; - nave pirata, 245 ; - sequestro. 246. Regole intomo alle navi dedite alla p., 830 e

segg. Piroscafi postali, sottratti alle leggi della

guerra, 1303.

Platone. Suo limitato concetto della co- munanza di Dirìtto fra i popoli, 5.

Plebiscito, nelle cessioni di terrìtorìo, 125 n.

Plenipotenziari. Competenza a concladere trattati, 633.

Politica. Sua missione, 1116 n.

Polizia delle acque. Nave da guerra stra- niera, 306.

sanitaria. Nave da guerra straniera, 306.

Pomponaccio. Concorre ad emancipare il pensiero dall'autorità della teologia, 15.

Popolazione. Mutamento in relazione alla personalità dello Stato, 50.

Popolo. Come abbia anche diritti intema- zionali, 34 e segg., 46. Conseguenza del riconoscimento di tali dirìtti. 49 e segg., 40. Definizione, 41. Condi- zione giuridica nei rapporti internaz., 44, 45. Come il p. non sia persona inter- naz., 44 n. Suoi diritti internaz., 62 e segg.

Porti. Giurìsdizione penale, 289. Regole sul diritto d'imperio e di giurisdizione sui p., 290 e segg. Chiusura e aper- tura al commercio, 290. Polizia e tasse portuali, 291. Divieto di entrata delle navi da guerra, 292. Navi col- pite da sinistro mare, 293. Diritto di vietare Tuso dei porti agli stranieri, 293 n. I p. come cosa di patrimonio dello Stato, 902. Loro chiusura corno atto di rappresaglia, 1132. Blocco e chiusura, 1452.

del Diritto intemoMonaU codificaio

21

Posta internazionale, 940 e segg. ; - ob- bligo degli Stati, 940; - loro poteri, 941 ; - tutela del servizio intemaz., 942 ;

conyenzione per T Unione postale, 943. Potere esecutivo. Sua autonomia, 185 e

^^SS- (^' Autonomia dello Stato).

giudiziario. Sua autonomia, 172 e segg. (Y. Autonomia dello Stato).

legislativo. Sua autonomia, 172 e segg. (V. Autonomia dello Stato).

temporale. Non spetta alla Chiesa, 61, 355, 591. Intervento per la sua tu- tela, 486.

Preda nella guerra marittima, 1292 e segg.

Principio deir inviolabilità delle navi mercantili nemiche, 1292. Come il diritto di preda debba essere esercitato, 1293 e segg.; - tempo a partire dal quale la p. può essere fatta, 1295; - salva- condotto, 1298. Navi e oggetti esenti dalla cattura, 1297 e segg. ; - proprietà privata neutrale a bordo di nave ne- mica, 1297 : - proprietà nemica a bordo di n. neutrale, ivi; - altri oasi di preda contraria al Diritto, 1298 e segg.; - pi- roscafi postali, 1303. Chi può eser- citare il d. di preda, 1304 e segg. Dove il d. di preda può essere eserci- tato, 1306. Equipaggi delle navi ne- miche predate, 1307, 1308. Sequestro e validità della cattura, 1309, 1310. Navi mercantili nazionali riprese, 1311.

Abbandono di p. in porto neutrale, 1409 e segg. Sequestro e confisca delle navi mercantili nemiche in tempo di guerra, 1485 e segg. ; - loro carat- tere eccezionale, 1485 ; - da chi e quando può essere fatto il sequestro, 1489 e segg. ; - conservazione delle cose se- questrate , 1493 ; - quando la nave sequestrata possa essere distrutta, 1494 e segg. ; - trattamento delle persone che si trovano a bordo, 1497; - nave sequestrata condotta in un porto del belligerante, 1498 e segg. ; - compito dell'autorità giudiziaria, 1501 e segg.; - nave condotta in un porto neutrale, 1504 e segg. ; - tribunale competente in materia di sequestro e di prede, 1506 e segg. (V. Tribunale delle prede)\ - quando possa ritenersi legale il sequestro della n., 1521; - quando debba rite- nersi illegale, 1522; - sequestro per trasporto di contrabbando, 1523 (T.

Oontrabbando)\ - id. in caso di viola- zione del blocco, 1527 e segg. (Y. Blocco) ; - sentenza relativa al sequestro, 1530 e segg. ; - come debbasi tener distinto il giudizio circa la legalità e regolarità del sequestro da quello che concerne la confisca e la preda delle cose sequestrate, 1532 n. ; - sentenza in caso di distruzione della n. sequestrata, 1533; - giudizio circa la legalità della preda, 1534; - quando una n. possa essere confiscata, 1535 ; - quando possa essere confisc. il carico, 1536; - quando debba essere escluso il d. di preda, 1537 e segg. ; - n. nazionali riprese, 1541 e segg. ; - sentenza del tribunale delle p. e sua efficacia, 1542 e segg.

Preda bellica. Y. Bottino di guerra.

Prede (Tribunale delle), 1506 e segg. T. competente in materia di sequestro e di prede, 1506, 1507. Costituzione del t., 1508 e segg. T. costituito dal belligerante, 1511 e segg. T. inter- nazionale, 1512 ; - sua competenza, 1513, 1514. Procedimento, 1515 e segg.

Giudizio circa la legalità e regolarità del sequestro, 1518 e segg. (Y. Preda).

Sentenza e sua efficacia, 1542 e segg. Preliminari di pace, 1381. Prescrizione, come modo di acquisto della

sovranità territoriale, 194. Regole al riguardo, 211 e segg. ; - condizioni, 212, 213; - tempo occorrente, 214.

Prestiti forzati. Esenzione degli stranieri, 232. Id. degli agenti diplomatici, 413.

Prigionieri di guerra. Doveri dei bellige- ranti a loro riguardo, 1219 e segg.; - trattamento, 1219; -spogliazione, 1220;

- mantenimento, 1221; - rilascio in parola, 1222. Diritti, 1223 e segg. ;

- disarmo, 1223; - impiego in lavori, 1224 ; - internamento, 1225 ; - appli- cazione delle leggi e dei regolamenti militari, 1226. Fuga, 1227. Com- plotto fi» p., 1228. Convenzioni re- lative allo scambio ed al rilascio, 1229 e segg. Parola d'onore dei p., 1233 e segg. Sbarco dei p. in porto neu- trale, 1409 e segg.

Principe. Rappresentanza dello Stato, 393 n. Privative industriali. Y. Brevetto d^inoen-'

Mone. Procedimento penale. Contro T agente diplo-

matioo, 420 n. ; - oontro il console, 450.

Indice alfabeiieo-analitico

Proprietà (Diritto di), come uno dei d. iaternazionali dell'uomo, 57, 531 e segg.

Sua inviolabilità, 581. P. lette- raria ed artistica, 533 e segg. (V.). Proprietà industriale, ivi (V. Brevetto d' invenzione).

(Reati contro la). Extraterritorialità della legge penale a loro riguardo, 239.

industriale. Sua inviolabilità, 533 (V. Brevetto d'invenxdone),

letteraria od artistica. Sua inviolabi- lità, 533. Tutela riguardo allo stra- niero, 980 e segg. Convenzione di Berna del 1886 per la sua protezione, 983 n. Opere meritevoli di prote- zione, 984. Condizioni, 985 e segg.

privata. La sua inviolabilità come re- gola di Diritto internazionale imposta dalle convinzioni giuridiche dei tempi, 6. Beni che ne possono essere og- getto, 973. Sua inviolabilità nei casi di rappresaglia, 1133. Id. nella guerra continentale e marittima, 1279. Id. nell'occupazione militare, 1336.

Proroga dei trattati, 718 e segg. ; - p. ta- cita, 720.

Protettorato (Rapporto di). 11 rapporto di p. nei riguardi della pei'sonalità inter- nazionale dello Stato protetto, 97 e segg.

Annessione sotto forma di p., 100.

Come il p. non possa sussistere a tempo indeterminato, 100 n. Suo carattere eccezionale, 101. Lotta fra Stato protetto e Stato protettore, 102.

(Trattati di). Definizione, 749. Con- dizioni per la loro validità, 750. Forza obbligatoria, 751, 753. Effetti rispetto ai terzi, 752. Interpretazione, 754.

Effetti rispetto allo Stato protetto, 755. Distinzione dai trattati di si- gnoria, 755 n.

Protezione dei cittadini all'estero. V. Cit- tadini,

del lavoro nazionale. Interdizione del teiTitorio dello Stato agli stranieri, 229.

Protocolli. Come una delle fonti del Diritto

internazionale, 83. Pufeudorf. Suo posto nella storia della

scienza del Diritto internazionale, 13.

Quasi-contratto. Non può ammettersi come fonte di obbligazione internazionale , 792 n.

Quesnay. Combatte il mercantilismo, 15.

Questione romana. Come sia stata creata dall'errore di considerare lo Stato corno la sola persona della Società internazio- nale, 43. Principi proclamati dal Go- verno italiano al riguardo, 88. Sua soluzione razionale, 613 n.

sociale. La q. 8. e la pace armata, 29.

Rappresaglie, come uno dei mezzi coer- citivi durante la pace, 1126, 1131 e s^Sg'i ~ concetto, 1131; - atti di r. leciti, 1132, 1133; - r. contraria ali* or- dine giuridico, 1133 alin., 1134; - r. nella guerra marittima, 1292.

Rappresentanza (Diritto di) dello Stato, uno dei d. fondamenti dello Stato, 55.

- A chi spetta, 386 e segg. ; - Bovrano, 387 e segg. (V.); - rappresentanti le- gali, 392 e segg. (V. Agenti diploma- tici^ Oonaoli).

dei popoli, nel Congresso, 82, 1020 n.;

- nella Conferenza, 1045 n.

Ratifica dei trattati. Regolo al riguardo, 634 e segg. Quando necessaria per la perfezione del t., 634, 655; - obbligo di dame comunicazione alle Camere: effetto della non data comunicazione nei riguardi internaz., 634 n. e segg. Effetto retroattivo, 655. T. di com- mercio, 741.

Razza. Il concetto della superiorità di razza come ostacolo ai riconoscimento di una legge comune fra i popoli, 3.

Reato. Inammissibile nei rapporti interna- zionali, 796 u.

« Rebus sic stantibus » , come condiziono dei trattati, 717, 748 n.

Regolamento feiTO viario internazionale, 91 5 e segg. ; - tutela giuridica collettiva, 916; - convenzione di Berna del 1890, 916 n.

Repubblica. Rappresent. dello Stato, 893 n.

Requisizione di guerra, 1282 e segg. ; - in che consiste, 1282; - obblighi dei co- mandanti militari che vi procedono, 1283 ; - requisizioni per mezzo dei mili- tari, 1284; - modi da osservarsi, 1285;

- r. illecita, 1286.

Responsabilità dello Stato pei danni. Y. 06- bligax^ioni interfiaxionali.

Restaurazione. Effetti nei riguardi inter- nazionali, 115 e segg.

Revocazione di trattati, 705 e segg. (V. Trattati).

del Diritto intemaxdonale codificato

2a

Bicerche scientifiche. Dovere di assistenza fra gli Stati, 521.

Ricettazione (Beato di). Extratorri tori alita della legge penale a sno riguardo, 239.

Bichiamo delFagente diplomatico. Cessa- zione dei poteri, 442.

di cittadini all'estero, 225, 227.

Bi conosci mento. Della regola giuridica, effetto, 7, 12. Della Chiesa, 59. Delle persone giuridiche, 48. Dogli enti morali, 39; - di ente morale stra- niero, 69. Di Stato (V. Stato),

Bifugio di navi straniere in porti nazio- nali, 497 e segg.

Bilascio forzato di navi straniere, 499 e segg. ; - esonerazione dai diritti di porto e di navigazione,. 500 n. Bilascio f. di nave da guerra belligerante in porto neutrale, 1408.

Binnovazione dei trattati, 718 e segg. (Y. Trattati).

Bi torsione, come uno dei mezzi coercitivi durante la pace, 1126, 1129 e segg.; - concetto, 1129; - fondamento, 1129 n.

B. iUecita, 1130.

Bivoluzione. Gli atti del partito rivolu- zionario nei riguardi del Diritto inter- nazionale, 65. La rivoluzione ed il dovere del non intervento, 482 e segg.

francese. Come e perchè non sia arrivata alla concez. della comunità dei popoli, 9.

Bogatorie. Doveri degli Stati al riguardo, 511 e segg.; - obbligo di procedervi, 514 e segg.

Bolin-Jaequemyns. Sulla missione dei fu- turi Congressi, 68.

Boma antica. Concetto informatore della sua politica, 5.

Bousseau. Concorre a sviluppare i principi della comunità dei popoli, 16.

Saccheggio, 1207, 1208; - disposizioni del Codice penale militare italiano, 1208 n.

Saluto delle navi. V. Cerimoniale marit- timo.

Salvacondotto. Alle navi mercantili ne- miche, 1296. Begole al riguardo, 1362 e segg. In che consiste, 1362.

S. temporaneo e permanente, 1363.

Norme, 1364. Osservanza delle condizioni, 1365. Bevoca, 1366. Scadenza, 1367.

Salvaguardia. In ohe consiste, 1368. Portata, 1369.

Salvataggio. Uno dei doveri di mutua as- sistenza, 503. Disposizione del Co- dice italiano di marina mercantile, 503 n. Begole al riguardo, 505 e segg.

Santa Sede. Esenzione delle località ad- dette alla S. S. dalla giurisdizione ter- ritoriale, 350 e segg.; - limiti della loro extraterritorialità, 352; - giurisdizione territoriale, 353, 354; - obblighi delle autorità ecclesiastiche, 354; - esclu- sione della sovranità politica del Sommo Pontefice, 355; - competenza dei tri- bunali italiani, 355 n.; - violazione del- r extraterritorialità , 356. Diritto di libera costituzione della Chiesa, 586.

Scambi internazionali. Il loro promuovi- mento come materia dei trattati d'inte- resse comune, 778.

Scienza. Uno dei fattori dello sviluppo dell'idea della comunità dei popoli^ 12 e segg. V. Diritto scientifico.

del Diritto intemazionale, 30; - suo metodo, 31. V. Diritto intemaxdonale.

Segnali in mare. Codice internazionale al riguardo, 840. S. acustici per la nebbia, 843.

Semi-sovranità. Come debba considerarsi una anomalia secondo il D. intemazio- nale, 106 n., 150 n.

Seneca. Sua concezione della comunità dei popoli, 16.

Seni, come cosa di patrimonio dello Stato, 902.

Sentenza arbitrale. Y. Tribunale arbi- trale.

Sentenze di tribunali stranieri. Y. Tribu- ncUi stranieri.

Sequestro. Nelle località addette alla Santa Sede, 352.

dei beni dello Stato, come atto di rap- presaglia lecito, 1132.

di nave. Y. Preda.

Servitù coloniale, contraria al Diritto in- ternazionale, 957 e segg.

intemazionali. Concetto, 959 ; - come non ogni limitazione dell'autonomia sia servitù, 959 n.; - esempi, ivi; - inter- pretazione, 960; - trasmissione, 961; - estinzione, 962.

Servizio della navigazione. Nave da guerra estera, 306.

militare. In rapporto al diritto di espa- triazione, 224.

sanitario. Doveri dei belligeranti a suo

24

tndtoe cùfabetieo-'anatitico

riguardo, 1245 e segg. Soa neutra- lità, 1245. Contrassegni, 1248. Quando possa essere negato ogni bene- ficio di neutralità, 1255.

Servizio telegrafico, come materia dei trat- tati d'interesse comune, 778.

Sicurezza dello Stato (Reati contro). Extra- territorialità della legge penale a loro riguardo, 239.

Signoria (Trattati di). Definizione, 756.

- Condizioni per la loro validità, 756.

- Effetti, 758, 759; - imposizione for- zata, 760; - ingerenza collettiva, 761.

Sinistro di nave. Assistenza di navi stra- niere, 502 e segg. Sistema d'isolamento, 190.

doganale, 947 e segg.; - poteri dei singoli Stati, 947; - diversità di trat- tamento di cittadini di Stati diversi, 948;

- unioni doganali, 949 ; - sistema do- ganale imposto ad uno Stato, 951, 952.

Smith (Adamo). forma scientifica alla

teoria del libero scambio, 15. Società degli amici della pace, 20 n.

degli Stati. V. Società internaxionale,

internazionale. Considerazioni generali sul suo ordinamento, 3 e segg. Cause per cui la soluzione del problema di tale ordinamento ha fatto finora poca strada, 4, 17 e segg. Ostacoli alla con- cezione della comunità dei popoli, 4 e segg.; - difiidenza verso gli stranieri, 5;

- credenze religiose, ivi; - passiono delle conquiste, ivi; - pretosa del papato all'in- fallibilità, 6; - teoria dell'equilibrio poli- tico, 7 esogg.; - id. id. mercantile, 8 e spgg-i guerre della Rivoluzione fran- cese, 9 e segg.; - atto di Vienna del 1815 e trattato della Santa Alleanza, 10. Sviluppo dell'idea della comunità dei po- poli nella seconda metà del secolo XIX, 12 e segg.; - suoi fattori, ivi; - com- mercio internazionale, ivi; - scienza, 13 e segg. Difficoltà del problema di dare alla Società internazionale una forma di organizzazione giuridica, 18. Necessità di determinare il Diritto comune interna- zionale, 18 (V. Diritto). Progetti for- mati per dare alla Società internazionale un ordinamento più razionale, 20; -l'or- ganizzazione della umanità a Stato, 22 ;

- la Confederazione dogli Stati, 22 e segg.;

- critica, 23 e segg.; - l'arbitrato, 24; - critica, 24 (V. Arbitrato internaxionale).

Concorso che deve prestare la scienza per la soluzione del problema, 31. Come si debba tenere la stessa via tenuta per arrivare alla organizzazione giurìdica della Società politica, 32. Necessità della determinazione dell'equilibrio giu- ridico nella Società internazionale, 32 e segg, Come occorra determinare i di- ritti internazionali dell'uomo, del popolo, delle nazionalità, delle chiese e delle col- lettività in genere, 34 e segg. Chi debba considerarsi come persona della Società intemazionale, 46 e segg.; - lo Stato, 40 ; - l'uomo, 40 ; - la Chiesa. 41.

Come lo Stato non sia la sola persona della Società internazionale, 43. In- sieme del sistema più efficace per dare alla Società internazionale la sua vera organizzazione politica, 56. Modo di proclamare le regole costituenti il Diritto comune della Società internazionale e di assicurai'ne il rispetto, 60 e segg. (Y. Di- ritto comune). Enti che devono re- putai-si persona della s. internaz., 32 e segg. (V. Persone), La s. internaz. e il principio di nazionalità ,67. Principio fondamentale dei suo ordina- mento giuridico, 475 e n. (V. Doveri intemaxionali degli StcUi), I trat- tati come forma di legislazione nella s. internaz., 780.

Società straniere. Il regolamento della loro condizione come materia trattati di interesso comune. 778.

Solennità. Cerimoniale marittimo, 380.

Sommo Pontefice. Suoi poteri nelle loca- lità addette alla Santa Sede, 351 e segg. (V. Santa Sede). Esclusione della so- vranità politica, 61, 355, 591. Rap- porti col sovrano territoriale, 357, 593.

Sorprese di guerra. Quando lecite, 1209.

S. inibite, 1210.

Sospensione d'armi, 1344 e segg. In che consiste, 1344. Da chi può essere conclusa, 1345. Forma della richiesta, 1346. Concessione doverosa, 1347.

Conseguenze, 1348 e segg. Forma, 1348. Comunicaziono, 1349. Sca- denza, 1350. Violazione, 1351.

Sovrani stranieri. Giurisdizione, 257 esegg.;

atti di assoggettamento volontario alla giurisdizione straniera, 258.

Sovranità. Concetto e limiti, 141 e segg.

Diritto di autonomia, 148 e segg.

del Diritto intemaxionaìe eodifieato

25

(V. Autonomia dello Siato), Indipen- denza, 153 e segg. D. d'imperio e di giurisdizione, 221 e segg. (V.) D. di protezione dei cittadini, 459 e segg. (Y. Protezione dei cittadini), Possesso di fatto, 117 n. Possesso del territorio, 892. Diritti rispetto al patrimonio dello Stato, 902. Id. sulle colonie, 954. Cessazione deiresercizìo pub- blico delle sue funzioni in seguito al- l'occupazione militare, 1315. Eser- cizio durante questa, 1332. (V . Sovranità territoriale). Sovranità territ. Non spetta alla Chiesa, 61.

Come la Chiesa vi sia sottratta, 586.

Concetto, 191, 220 n. Acqui- sto, 194 e segg.; - acquisto durante la pace, 194; - Sovranità durante la guerra, 195. Acquisto mediante oc- cupazione, 1966 segg. (V. Oceupaxi&ne). Id. mediante accessione, 210. Id.

mediante la prescrizione, 211 e segg. (V. PresorixÀone), Id. mediante ces- sione, 215 e segg. (V. Oesaione). Eser- cizio dei diritti di sovranità territoriale, 218 e segg. Diritto d'imperio e di giurisdizione, 221 e segg. (V.). Luoghi sottratti alla giurisdizione della s. t., 319 e segg. (V. Diritto d'imperio e di giurisdizione). Limitazione per via di servitù internazionale, 959 n. Sog- gezione ad essa dei beni dei privati, 966, 967. Sovrano. Rappresentanza dello Stato, 387 e segg.; - s. decaduto, 390; - persone della sua famiglia, 391 ; - morte , de- posizione, abdicazione : sospensione della missione diplomatica, 440.

reintegrato. Diritti e doveri, 1559 e segg.

spodestato. Rappresentanza dello Stato, 390, 396 n., 399.

Sparo del cannone, come forma di saluto, 379.

Spiagge, come cosa di patrimonio dello Stato, 902.

Spie, 1260 e sogg. Diritti del bellige- rante rispetto ad osse, 1264 e segg.

Stati (Doveri internazionali degli). Prin- cipio fondamentale dell' ordinamento giuridico della s. internazionale, 475. Principali doveri, 477 ; - d. di non in- tervento, 478 e segg. (V.); - d. di tu- tela giuridica collettiva, 487 e segg. (V. Ingerenza collettiva) ; - d. di mutua as-

sistenza, 495 e segg. (Y.); - d. di uma- nità, 519 e segg. (Y.). Stati frontisti. Y. Fiumi internaxionali.

semi- sovrani. Come debbano conside- rarsi una anomalia, 106 n. Capacità di stipulare trattati, 630; - esempi. 630 n.

Stato. Lo Stato come persona della Società internazionale, 40. Come sia una isti- tuzione d'ordine essenzialmente diverso dalla Chiesa, 42. Come lo Stato non sia la sola persona della Società intema- zionale, 43. Suoi diritti internazio- nali, 45. Definizione, 35. Suoi di- ritti internazionali, 49 e segg. Quando debba ritenei*si legalmente costituito, 49.

Non necessario il riconoscimento perchè esista come persona, 51 e 51 n.

Suoi diritti fondamentali, 54, 55. Riconoscimento, 51, 51 n., 73 e segg. (Y.). La costituzione politica dello Stato in rapporto alla sua personalità, 89 e sogg. Perdita della personalità 136 e segg. (Y.). Lo Stato come ente politico e come persona giuridica, 260 n.

Rapporti colla Chiesa, 604 e segg. (V.. Chiesa).

(Autonomia dello), Concetto, 47, 147.

Limitazioni convenzionali, 146. Id. fondate su presunzioni, su induzioni e sull'uso, 148. Interpretazione delle limitaz., 149. Limitazioni contrario al D. internaz.; 150. Estinzione della limitazione, 151. Suo annullamento, 152. Autonomia del potere legislativo^ 157 e segg. (Concetto, 157; - ingerenza straniera, 158 e sogg.; - modificazione delie leggi su domanda di un tioverno straniero, 163; - arbitrato al riguardo, 164; - insufficienza delle leggi dichia- rata da un Congrosso, 165; - regola- mento della condizione dogli stranieri, 166, Y. Straniero). Autonomia del potere giudixiaro^ 172 e segg. (Con- cetto, 172; - limito, 173; - giurisdizione internazionale, 174; - giurisdizione e competenza dei tribunali dello Stato di fronte al D. pubblico intemo e di fronte alD. internaz., 174 n.; - autorità delle sentenze civili dei tribunali stranieri, 175 e segg. V. Tribunali stranieri). Autonomia del potere esecutivo, 185 e segg. (Concetto, 185; - ingerenza per proteggere i propri cittadini, 186; - re- clami in via diplomatica, 187 ; - giudizio

26

Indice alfahetico-analitico

su atti di amministrazione di un Go- verno straniero, 188; - giurisprudenza al riguardo , 188 n. ; limitazioni deri- vanti dalla convivenza degli Stati, 189;

Stato isolato, 190).

Stato (Capo dello). Come la sua sovranità differisca essenzialmente da quella che appartiene al Capo della Chiesa, 53.

(Patrimonio dello). Natura del diritto dello Stato su di esso, 813 n., 903.

Cose formanti il p. dello Stato, 899 e segg. Diritti della sovranità rispetto ad essi, 903. Diritti del nemico nel- r occupazione militare, 1333 e segg.

(Riconoscimento dello). Non richiesto come condizione per la sua esistenza come persona della società internaz., 51 e 51 n. Richiesto per l'esercizio di fatto dei d. internazionali, 73. Quando necessario e quando opportuno, 74. Libertà di giudizio dei Governi al riguardo, 75. R. in buona fede, 76. R. in mala fede, 77. Limite e portata del r., 78. Carattere ri- spetto all'antico Stato, 79. Ritardo del r., 80. Ingiustificato rifiuto, 81.

Governo non avente diritto al r., 82. R. da parte di un Congresso, 83.

Relazioni col nuovo Stato, 84. Forme di r. , 85. Applicazione del D. internaz. al nuovo Stato indipenden- temente dal r., 86. Stato non rico- nosciuto: obbligo dei tribunali e dello autorità dogli altri Stati, 87 e 87 n. Sovranità interna dello Stato non rico- nosciuto, 88.

(Titolo dello), 369.

d'assedio. Proclamazione nel paese occu- pato militarmente, 1326.

federativo. Come specie di unione di Stati, 90 n. Capacità giuridica inter- nazionale dei singoli Stati, 91.

protetto. V. Protettorato {Rapporto di),

straniero (Giurisdizione sullo), 259 o segg. Lo Stato straniero come ente politico e come persona giuridica, 260 n.;

atti civili attinenti alla personalità giuridica, 261 ; - lesioni da esso recate neir esercizio dei potori sovrani, 262;- Stato straniero attore, 263 ; - esecuzione forzata contro, 265 e segg.

vassallo. V. Vassallaggio,

* Statu quo ante bellum » . Applicazione, 1558.

Statuto personale. Sua autorità, 169.

reale, 170.

Strade e vie di comunicazione. Diritto all'uso innocuo, 908. Facilitazione delle comunicazioni, 909. Le strade nazionali, come beni patrimoniali dello Stato, 902.

Straniero. Il problema dei diritti civili dello straniero considerato dal punto di vista dei diritti internazionali deiruomo, 46 e segg. Regolamento deUa sua condi- zione giuridica, 166 e segg. Acquisto e godimento dei d. civili, 167 e 167 n.

Tendenza ad eliminare la differenza fra cittadino e straniero, 168 n. Auto- rità del suo statuto personale, 169. Diritto relativo agli immobili, 170 e segg.

Autorità territoriale o extraterrito- riale delle leggi riguardo allo straniero, 171. Diritto di vietare agli stranieri l'uso dei porti, 293 n. Lo straniero nei riguardi dell'imposta, 946. Di- ritto da applicarsi alle sue cose esistenti nel territorio dello Stato, 968, 972 e segg. Successione, 975. Azioni pos- sessorie, 976 e segg. Diritti fondati su fatti giuridici compiuti secondo la legge territoriale, 978. D. dei terzi, 979. Proprietà letteraria ed ai-tistica, 980 e segg. Norme commerciali, 988 e segg. Marche di fabbrica e di commercio, 993 e segg. (V.). Priva- tive industriali, 1001 e segg. (V.).

Stratagemmi di guerra. Quando leciti, 1209.

Stratagemmi inibiti, 1210. Stretti. Giurisdizione, 284; - le tasse di

passaggio degli stretti del Sund e dei Belts, 284 n ; ' libertà degli stretti, 884 e segg. ; - tasse di passaggio, 886 ; - limi- tazione, 887 ; - abusivo, 888. Limita- zione della libertà, 889. Blocco, 1451.

Suez (Canale di). Regolamento del suo libero uso, 881 n., 882 n.

Sumner. Sull'eguaglianza degli Stati, 359 n.

Sund. Tasse di passaggio sul S., 284 n.

Tasse di navigazione. V. Canali naviga- bili^ Fiumi intemazionali^ Stretti.

Telegrafi. Uso delle linee telegrafiche, 925 e segg. Norme per l'esercizio inter- nazionale della telegrafia, 930 e segg.;

sospensione dell'uso, 932, 933; -di- spacci di transito, 933 ; - violazione loro, 934. Cavi sottomarini, guasto, 241 ;

del Diritto internewtonale eodifieato

27

- uso, 936 e segg. Convenzione del 1884 per la protezione dei cavi sottoma- rini, 939 n. Diritti del nemico sui telegrammi dei privati neir occupazione militare, 1337.

Telesio. Concorre ad emancipare il pensiero dall'autorità della teologia, 15.

Teocrazia. Uno degli ostacoli alla conce- zione della comunità dei popoli, 5.

Teoria mercantile. Uno dogli ostacoli alla concezione della comunità dei popoli, 9 e segg. Economisti che la combatte- rono, 15.

Territorialità (o extra-territorialità) della legge. Il problema della territorialità (o extra- ten'i tori alita) della legge conside- rato dal punto di vista dei diritti inter- nazionali deiruomo, 49.

Territorio. Costituzione, 192, 891 e segg.

- Suo mutamento in relazione alla personalità dello Stato, 50. Località ad esso equiparate, 193. Possesso giuridico del territorio, 892. Limiti naturali e convenzionali , 893 ; - deli- mitazione, 894; - linea di confine ri- spetto ai monti, 895; - id. rispetto ai fiumi, 896 ; - abbandono d'alveo, 897;

- isole, 898.

neutrale. Inviolabilità, 1397 e segg. Tertulliano. Suo concetto della repubblica

umana. 6. Titolo dello Stato, 369.

del Sovrano, 370.

Trasporti assimilati al contrabbando (V. Contrabbando) .

ferroviari internazionali, come materia dei trattati d'interesse comune, 778.

Tratta dei negl'i. V. Negri,

Trattamento della nazione più favorita (Clausola del), 737 e segg.

Trattati. Come solo lo Stato possa stipu- lare trattati, 57, 616 n. I trattati come fonte di obbligaz. intoruaz. , 625 e segg. Definizione, 626. Trattati nominati e innominati, 627; -efficacia, 628. Requisiti per la loro validità, 628. Capaoità, 629 e segg. ; - Steti semisovrani, 630; - persone competenti a concludere un trattato, 631 e segg. ;

- riserva della conclusione definitiva, 632; - competenza dei plenipotenziari ed agenti diplomatici, 633; - ratifica, 634 n. (V.). Consenso^ 637 e segg.;

- trattato conchiuso sotto l'impero della

forza nemica, 638 ; - trattato nullo per violenza, 639; - id. per dolo, 640; - come le regole del D. civile sui vizi del consenso non possano applicarsi in tutto ai trattati, 640 n. J^aieria lecita^ 641 e segg. ; - trattati contro i diritti altrui, 643 ; - trattati in violazione della legge costituz. 0 di una legge interna, 644.

Requisiti di forma ^ 645 e segg.; - convenz. preliminare, 646; - dichiaraz. finale, 648; - patto verbale, 649. Inviolabilità^ 650 e segg. ; - trattato le- sivo degli interessi morali ed economici di uno degli Stati contraenti, 652. Effetti^ 654 e segg.; - ratifica, effetto retroattivo, 655; - estensione temtoriale della loro efficacia, 656; - successione di sovranità, 658; - forza retroattiva, 659 ; - efifetti rispetto ai terzi , 660 e segg. Esecuxione^ 665 e segg.; - danni eventuali da ossa derivanti, 668; -so- spensione di essa, 669. Mezzi leciti per assicurare l'esecuzione, 670 e segg.;

- occupazione di ten'itorio, 671 ; - clau- sola penale, 672; - garanzia da parte di un terzo Stato, 673 e segg. ; - quando ha luogo, 673; - estensione, 674; - ob- bligazioni che ne derivano, 675 e segg.

Interpretazione^ 678 e segg.; - inter- pretazione grammaticale, 680 e segg.;

- interpretazione logica, 686 e segg. ; - determinaz. dell' in terpretaz. delle parti, 691 ; - processi verbali e lavori prepa- ratorì, 695; - autorità competente ad interpretare un trattato, 696 e sogg. ; - dichiaraz. o protocollo interpretativo, 697; - disaccordo delle parti, 698; - interpretaz. del trattato come legge, 699.

Controversie^ relative ad un trattato ; autorità competente a risolverle, 750 e segg.; - distinzione fra trattato d'in- teresse generale e trattato d'interesse particolare, 701 n.; - competenza del tri- bunale arbitralo, 702. Annullamento ^ rivocaxione^ 705 e sogg. ; - abrogazione formale, 708; - esempio, 708 n.; - giu- dizio circa l'annullamento, 709 e segg. ;

- adduzione dei motivi, 709; - nullità del trattato, 710; - lesione derivante dalla sua esecuzione, 712; - mutamento nella costituzione politica, 713; - oppo- sizione a trattato precedente, 714 ; - im- possibilità di esecuzione, 715;- condi- zione rebus sic stantibus^ 717, 748 n.

28

Indice alfaheiteO'anaìiiieo

Proroga e rinnovatone^ 718 e segg.; - denuncia del trattato , 719 ; - proroga tacita, 720. Estinxione^ 722; - guerra, 723. La sospensione dei trattati come atto di rappresaglia lecito, 1132. Ef- fetto sui trattati della cessione di ter- ritorio, 122. Id. della perdita della personalità internaz., 138.

Trattati di pace. V. Pcbce,

generali. Come fonte del Diritto internaz. positivo, 83.

speciali. Come fonte del Diritto internaz. positivo, 84. Regole al riguardo, 724 e segg. Specificazione dei trattati, 724;

interpretazione, 725 ; - specie, 726. Trattati di cessione, 727 e segg. (V. Ges- sione). Trattati di commercio, 731 e segg. (V. Comfnercio). Convenzioni consolari, 742 e segg. (V.). Capitola- zioni, 746 e segg. (V.). Trattati di protettorato, 749 e segg. (V. Protetto- rato). — Trattati di signoria, 756 e segg. (V. Signoria), Trattati di vassallag- gio, 756 e segg. (V. Vasaalktggio). Trattati di confederazione, 762 e segg. (V. Con federazione). Trattati di alle- anza politica, 766 e segg. (V. Alleanza).

Trattati di alleanza pacifica, 773 e segg. (V. Alleanza). Trattati di inte- resse comune, 775 e segg. (V. Interesse comune). Trattati di estradizione, 781 e segg. (V. Estradizione). Concor- dati, 786 e segg. (V.). Convenzione di guerra (V.) e trattati di pace (V.), 791.

Tregua, 1383.

Tribù barbare. Come siano anch'esse sog- gette al Diritto internazionale, 37. Conseguenze, 51.

Tribunale arbitrale, come una delle istitu- zioni per la tutela giuridica del Diritto internaz., 1018. Regole al riguardo, 1056 e segg. Costituzione, 1056. Sottomissione volontaria o forzata alla sua giurisdizione, 1057. Formazione del trattato, 1059 e segg.; - clausola compromissoria, 1060 ; - scelta degli ar- bitri, 1061 e segg.; - loro numero, 1062.

Capacità per essere arbitro, 1065 e segg. Rifiuto di sottomettersi alla giu- risdizione arbitrale, 1069 e segg. Ap- pello alla Conferenza, 1071 e segg. Procedimento davanti al tribunale arbi- trale, 1075 e segg. Ricusazione del- l'arbitro designato, 1084 e segg. Giu-

dizio del tribunale arbitrale, 1066 e segg.;

- sede, 1088. Norme per pronunziare la sentenza, 1095 e segg.; - termine, 1096;

- proposta di transazione, 1097 ; - mag- gioranza, 1098; - assenza di uno degli arbitri, 1099; - assenza ingiustificata, 1100 e segg.^ - sottoscrizione della sen- tenza, 1102; - motivazione, 1103. Efficacia della sentenza, 1104 e segg. ; - notificazione, 1105; - deposito, 1106; - oneri finanziari imposti dalla sentenza, 1107; - rifiuto di eseguire la sentenza, 1108; - rifiuto giustificato, 1109. Nullità della sentenza, 1110; - impogna- zione, 1111. Risoluzione delle contro- versie relative a un trattato, 702, 706.

- Id. intomo alla violazione dei doveri della neutralità, 1415. Come il tribu- nale arbitrale sia insufficiente a rìsolrere qualsiasi controversia e ad appianare tatti i conflitti, 69 e segg.

Tribunale internazionale delle prede, 1512;

- competenza, 1513.

Tribunali di guerra. Istituzione, 1158.

stranieri. Autorità delle loro sentenze civili^ 175 e segg. Loro efficacia extraterritoriale, 175. Reqiusìti^ 176, 179. Opportunità di trattati al riguardo, 177. Concessione di exequatur^ 178;

- quando può esser negato, 180. Re- golamento del procedimento esecatìro, 181 . Yalore delle sentenze straniere come atto autentico, 182. Antorìtà delle sentenze penali^ 183, 184. Atti esecutivi in forza di sentenza pronunziata all'estero, 271.

Tunisi. Cessazione delle Capitolaz., 349 n.

Turgot. Combatte il mercantilismo, 15.

Tutela giuridica del Diritto internazionale. Come debba essere provveduto alla san- zione del Diritto internazionale, 26 e segg.

- Istituzioni al riguardo, 1018 e segg. ;

- congresso, 1019 e segg. (V.); - confe- renza, 1044 e segg. (V .) ; - tribunali arbi- trali, 1056 e segg. (V.); - congegni di- plomatici, 1116 e segg. (V.) (V. Diritto comune intemazionale^ Società inter- nazionale).

Ultimatufn^ 1146.

Umanità (Doveri di), nei rapporti intema- zionali, 476 n.

Unione doganale germanica. Come esempio alleanza pacifica, 774.

del Diritto inferttaAtofiale codificato

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Unione postale. Obbligo degli Stati che la sottoscrissero, 943.

Unioni di Stati, 90. Loro specie, 90 n. Unione personale, 92. Unione reale, 93. Diritto di legazione, 395 n.

doganali. Loro scopo, 949; - esempi, 949 n.

Uomo. L'uomo come poi'sona della società intemazionale, 34 e segg., 40, 36, 37 n. Suoi diritti intemazionali, 45, 56, 57.

(Diritti internazionali dell'). Regolo al riguardo, 522 e segg. Diritti di libera attività, 523 e segg. Diritti di libero traffico, 527 e segg. Diritti di pro- prietà, 531 e segg. (V.). Inviolabilità e libertà personale, 540 e segg. (V.). Diritti di libertà di coscienza, 549 e segg. (V.). Diritti internazionali delFuomo come cittadino, 553 e segg. (V. Cittctài- nanxa), Tutela giuridica, 582. Kffetto dei concordati, 790.

(Doveri intemazionali dell*) , 580 e segg. Urto delle navi. V. Abbordaggio.

Usi internazionali. Loro forza, 19 n. Usurpazione di funzioni diplomatiche, 444. *TJtipo88ÌdetÌ8* . Applicazione, 1563, 1564.

Vagabondaggio. Motivo di espulsione dello straniero, 236.

Valigie postali. Non possono costituire con- trabbando, 1438.

Vassallaggio. Quando ha luogo, 103. Suo carattere eccezionale, 104, 106 n. Con- dizione dello Stato vassallo, 105. Di- ritto di emancipazione, 106.

Vaticano. Sua condizione giuridica rispetto alla sovranità territoriale, 355 n.

Vico (Giambattista). Suo concotto dell'u- manità, 15. Sulla comunità degli in- teressi come generatrice della comunità dei diritti, 17. Sulle convinzioni giu- ridiche popolari come fondamento del Diritto delle genti, 4 n. Sul concetto di giurisdizione, 221 n.

Visita (Diritto di). V. Diritto,

domiciliare. Nella casa dell'agente diplo- matico, 336. Nelle località addette alla Santa Sede, 352.

Voltaire. Concorro a sviluppare i principi della comunità dei popoli, 16.

Wheaton. Sua definizione del Diritto inter- nazionale, 3 n.

Wolf. Suo posto nella storia della scienza del Diritto internazionale, 13.

AVorcester. Sua opera in favore della pace, 21 n.

Zollverein, Come esempio di alleanza pa- cifica, 774. Zone d'influenza, 201 n.

IL

TRATTATI INTERNAZIONALI

Abdicazione di Napoleone, lxxvi.

Adrianopoli (Trattato di), del 1829 fra Russia e Turchia, xci.

Aja (Trattato dell'), del 1698-1700 fra Gu- glielmo III d'Inghilterra, Olanda e Luigi XIV, xxvn;- progetti di spartizione della Monarchia spagnuola, xxvm.

Akkerman (Trattato di), del 1826 fra Rus- sia e Turchia, lxxxix.

Alabama (Questione doli'). Cenni, cxix e segg. Trattato di Washington del 1871, oxx. Arbitrato di Ginevra, cxx e segg.

Alba. Ceduta al Duca di Savoia (Chera- sco, 1631), xm.

Alessandria. Ceduta al Duca di Savoia, xxxii.

Alleanze armato. Origine del sistema, m.

Alsazia. Diviene parte integrale della Fran- cia, XXVI, xxvn. Ceduta all'Impero germanico (Francoforte, 1871), cxvn.

America centrale (Stati dell'). Recenti trat- tati conclusi fra essi per stabilire un Diritto comune, cun e segg. Tribu- nale arbitrale per la risoluzione delle loro questioni, ivi e cLvn.

Amiens (Trattato di), del 1802 fra Gran

30

Indice alfabetteo-anaiitieo

Bretagna, Repubblica Francese, Repub- blica Baiava e Spagna, lyii.

Annessioni al regno d'Italia, cu.

Annover. Annesso alla Prussia (Praga, 1866), cxiii.

Anversa (TralUlo dì), del 1715 fra Austria, Gran Bretagna e Olanda, xxxiv.

Aquisgrana (Trattalo di), del 166S tra Francia e Spagna. Id. di pace del 1748 tra Francia, Gran Bretagna, 0- landa, ecc., xl. Id. del 1818 tra Fran- cia e Russia, Austria, Inghilterra e Prussia, Lxxxviii.

Arbitrato di Ginevra, cxxi. Valore dei principi in esso applicati come regole di Diritto internaz., cxxii.

Artois. Ceduto alla Francia (trattato dei Pirenei, 1659), xxi.

Assia elettorale. Annessa alla Prussia (Praga, 1866), cxiii.

Assiento , (Patto delf), xxxi, xl.

Associazione internazionale del Congo. Cenni al riguardo, cxl.

Atto generale antischiavista di Bruxelles del 1890, cxLiv.

finale del Congresso di Vienna, V. Congresso,

Augusta (Pace di), del 1555, xii; - fa alla religione luterana una posizione legale a lato di quella cattolica, ivi] - reser- vdtum ecclesiasticum^ ivi.

Austria. Trattamento fattole al Congiesso di Vienna del 1815, lxxx. Esclusa dalla Confederazione germanica, cxii.

Avignone. Ceduto alla Rep. Francese, lii.

Barcellona (Trattato di), del 1529, fra il Papa e Tlmperatore, x.

Barriera (Trattali di), del 1709, 1713 e 1715 fra la Gran Bretagna e gli Stati Generali, xxxiii.

Basilea (Pace di), del 1795 tra Francia e Prussia, LI ; - id. id. tra Francia e Spa- gna, ivi.

Baviera. Sua trasformazione daE'eltorato in Regno, lxii. Trallamenlo fattole al Conj?resso di Vienna del 1815. lxxx.

Belgio. È riconosciuto come Sialo indi- pendente e neutro, xci.

Berlino (Congresso di), del 1878, cxxiv.

Berlino (Trallato di), del 1742 fra Fede- rico Il di Prussia e Maria Teresa, xxxix.

~ Id. del 1866 di pace fra Prussia e Ba- viera, CZH. Id. del 1866 di alleanza offensiva e difensiva fra Prussia e Ba- viera, CXI. Id. del 1866 di alleanza fra Italia e Prussia, cu, ex. Id. del 18ó6 di alleanza offensiva e difensiva fra la Prussia e Stati della Germanisi, cxi.

Id. del 1866 di pace fra Pmssia e Wuilemberg, cxi. Id. del 1866 pace fra Prussia e Baden, cxi. Id. del 1866 di pace fra Prussia e Assia, CXI. Id. del 1866 di pace fra Prussia e Reuss, cxi. Id. del 1878 fra Russia, Prussia, Austria, Francia, Inghilterra, Italia e Turchia, cxxii e segg.; - patti relativi alla Bulgaria, cxxv; - id. alla Rumelia Orientale, cxxviii; - id. airi- sola di Creta e alla Turchia d'Europa, cxxx; - id. alla Grecia, tri; - id. alla Bosnia ed Erzegovina, «rt; - id. al Mon- tenegro, ivi; - id. alla Serbia, cxxxii;

id. alla Rumenia, cxxxiv; - id. alla navigazione del Danubio, ivi; - id. ai territori delPAsia, cxxxv; - id. alla li- bertà religiosa, cxxxti. Atti conchiusi per dare esecuzione al trattato, cxxxvii.

Trattato del 1885 per lo sviluppo del commercio e deirincivilimento nelle re- gioni africane e per la libera navigazione del Congo e del Niger, cxxxviii e segg.

Berna (Convenzione di), del 1883 per la protezione della proprietà industriale, CL. Id. del 1886 per la protezione della proprietà lelleraria ed artistica, cu.

Id. del 1890 pei trasporti sulle fer- rovie internazionali, cl.

Bessarabia. Restituita alla Turchia (Kut- schuk, 1774), xliv. Ceduta alla Russia (Bukarest, 1812). lxx.

Beuil (Contea di). Ceduta alla Repubblica francese, lii.

Blocco. Quando obbligatorio secondo la Dichiarazione di Parigi del 1856, xcviii.

Bosforo. Stipulazioni dalla pace di Buka- rest del 1812, LXX. Id. del trattato di Adrianopoli, 1829, xci. Id. id. di Londra, 1840, xeni. Riconferma della sua chiusura, xeni. Disposizioni del trallato di Parigi, 1856, xcvi.

Bosnia. Occupata ed amministrala dal- l'Austria (Berlino, 1878), cxxx.

Breda (Trattato di), del 1667 fra Inghil- terra e Francia, Inghilterra e Olanda, Inghilterra e Danimarca, xxuu

del Diritto intemaxionale codificato

3?

Bruxelles (Atto generale di), del 1890 fra Anstrìa-Ungherìa, Belgio, Congo, Dani- marca, Francia, Germania, Gran Bje- tagna, Italia, Paesi Bassi, Persia, Por- togallo, Russia, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Norvegia per la repressione della tratta degli schiavi, cxliv.

Bruxelles (Gonvenz. di), del 1890 per la pubblicaz. delle tariffe doganali, cxlix.

Bucarest (Pace di), del ÌSÌ'i fra Russia e Turchia, lxx.

Bulgaria (Principato di). Stipulazioni del trattato di Berlino, 1878, ad esso rela- tive, GXXY. Atto di Costantinopoli, 1878, pel tracciamento della sua fron- tiera, CXXXYU.

Buona Speranza (Capo di). Ritenuto dal- ringhilterra, lxxxii.

Buoni uffizi. Dichiarazione di Parigi, del 1856, xcviii.

o

California superiore. Cessione agli Stati Uniti, xcv.

Cambray (Trattato di), del 1529 fra Im- pero e Francia, annienta T influenza francese in Italia, x.

Campoformio (Trattato di), del 1797 tra Napoleone e TAustria, un; - divisione dei territori della Repubblica veneta, ivi; - annessioni alla Repubblica Cisal- pina, ivi; - altre stipulazioni, ivi,

Canada. Ceduto dalla Francia all'Inghil- terra (Parigi, 1763), xlii.

Canale di Suez. Trattato di Costantino- poli, 1888, per la navigazione, cxiii e segg.

Candidatura Hohenzollern (Questione della), CXY e segg.

Capo Bretone. Ceduto dalla Francia alla Gran Bretagmi (Parigi. 1763, xlii.

Carlowitz (Pace di), del 1699 fra Sultano, Imperatore, re di Polonia e Venezia,

XXVIII.

Carniola.CedutadairAustria a Napoleone I (SchOnbrunn, 1809), lxix.

Casa di Savoia (Trattati riguardanti la). Trattato di Cherasco del 1631, xiii; - id. dei Pirenei del 1659, xxi; - pace di Rydvyryk del 1697, xxvii; - id. di Utrecht del 171 ^ xxix; - quadruplice alleanza del 1718. xxxv ; - pace di Aquisgrana del 1748, xl; - trattato del

1796 colla Repubblica francese, ui ; - atto finale di Vienna del 1815, lxxxii; - Convenzione relativa al Ducato di Lucca, xciv. (V. Begno d'Italia),

Cattaro (Bocche di). Date all'Austria (Cam- poformio), 1797. lui.

Cavi sottomarini (Protezione dei). Trattato di Parigi del 1881 al riguardo, cxlviii.

Ceilan. Ceduta dalla Repubblica baiava alla Gran Bietagna (Amiens, 180^2), lvii.

Chatillon (Congresso di), del 1814', lxxv.

Chaumont (Trattato di), del 1814 tra Gran Bretagna, Prussia, Russia e Austria con- tro Francia, lxxv.

Cherasco (Trattato di), del 1631 tra Tlm- peratore Ferdinando li e Luigi XIII di Francia, xiii.

Chiablese. Sua neutralizzazione, lxxxii.

Cina. Trattati colla Cina del 1858, e. Apertura dei suoi porti, ivi.

Città anseatiche. Incorporate alla Francia,

LXXI.

Gomacchio. Diritto di guarnigione dell' Au- stria, LXXXIY.

Commissione internazionale per la navi- gazione del Congo, cxxxix. Id. per la navig.del Danubio, xcvi, cxlyi esegg.

Confederazione della Germania del Nord. Origine, cxiii.

germanica. Disposizioni dell'Atto ge- nerale di Vienna del 1815 a suo ri- guardo, Lxxx e segg. Suo sciogli- mento, ex, cxii.

italiana. Stipulata nei trattati di Zu- rigo, CI.

renana, sua formazione, LXin. Congo (A sociazione intemazionale del).

Cenni al riguardo, cxl.

(Bacino del). Libertà di commercio e di navigazione, cxxxviii. Commis- sione internazionale, cxxxix.

(Stato del). Sua unione col Belgio, cxl. Congressi. Come per provvedere alPordi-

naniento giuridico della società interna- zionale occorra attribuire ai Congressi l'autorità di proclamare il Diritto co- mune e di curarne il rispetto, cltiii. Congresso di Berlino, del 1878, cxxiv. Id. di Chatillon del 1814, lxxv. Id. di Laybach del 1821 tra Austria, Prussia e Russia, Lxxxix. Id. di Montevideo del 1888 per l'unificazione del D. in- ternaz. privato fra le Repubbliche del- l'America centrale, cly. Id. di Rastadt

32

Indice alfahefico-analitieo

del 1797 99, lit. Id. di Troppau dei 1820 tra Austria, Prussia e Russia, Lxxxix. Id. di Vienna del 1816: Cenni storici, Lxxviii; - Atto finale, sue di- sposizioni principali, lxxix e segg. ; - stipulazioni relative alla Polonia, lxxix; - id. alla Prussia, ir»; - airinghilterra, M\ - airAustria, lxxx ; - alla Baviera, iVi; - alla città di Francoforte, ivi\ - alla Confederazione germanica, irt; - al Regno dei Paesi Bassi, lxxxi ; - alla Svizzera, lxxxii; - al Regno di Sar- degna, ivi; - agli altri Stati italiani, Lxxxiii; - alla navigazione fluviale, LXXXiT; - all'abolizione della tratta dei negri, ivi. Come Tedifizio eretto al Congresso di Vienna sia stato demolito,

LZXXV.

Convenzione di Bruxelles del 1890, per la pubblicazione delle tariffe doganali,

CXLIX.

di Ginevra, del 1864, per migliorare la sorte dei militari feriti, cui.

internazionale relativa alle leggi ed ai costumi della guerra fProgelto di), clil

postale universale, cxlvui. Convogli marittimi (Visita dei). Questione

al riguardo, lv.

Copenhagen (Convenzione di), del 1800 fra Gran Bretagna e Danimarca sulla questione della visita dei convogli ma- rittimi, LY.

Copenhagen (Trattato di), del 1660 fra Danimarca e Svezia, xxii.

Corea. Restituita airinghilterra dalla Fran- cia (Parigi 1764), xlii.

Corfù. Sua neutralizzazione, cir.

Corsa. Abolita dalla Dichiarazione di Pa- rigi del 1856, xcvni.

Corsica. Suo passaggio alla Francia, xliii.

Costantinopoli (Trattato di), del 1888 fra Austria-Ungheria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Spa- gna, Russia e Turchia per la navfga- zione del Canale di Suez, cxli e segg.

Costarica (Trattato dì), del 1888 fra le Re- pubbliche dell'America centrale per as- sicurare la pace e prevenire la guerra, CLiii e segg.

Cracovia (Repubblica di). Costituzione (Atto di Vienna, 1815), lxxix. La sua soppressione inaugura la serie di mu- tamenti politici che demolirono Tedifizio deirAtto di Vienna del 1815, lxxxy.

Crespi (Pace di), del I5U fra Francefco I

e Carlo V, xi. Greta (Isola di). Stipulazioni del ti aitalo

di Berlino, 1878, ad essa relative, cxzx. Crimea. Incorporata alla Russia, xltiii. Gurlandia. Occupata dalla Russia nella

spartizione della Polonia, l.

ID

Dalmazia. Data air Austria (Campnformio,

1797), LUI. Danubio (Navigazione del). Slipulazioni

della pace di Bukarest dei 1812, lxx.

Id. del trattato di Adrianopoli, 1829, xci. Id. id. di Parigi, 1856, xcvi. Id. id. di Berlino. 1878, cxxxive segg.

Commissione europea, xcvi, czlvi e ^^%%'\ ' Regolamenti da essa compi- lati, ivi.

Danzica. Occupata dalla Prussia nella spe- dizione della Polonia , l. Eretta a distretto indipendente, lxv.

Dardanelli. Slipulazioni della pace di Bu- karest del 1812, lxx. Id. del tratUto di Adrianopoli, 1829, xci. Id. id. di Unkiar-Skelessi, 1833, xcii. Id. id, di Londra, 1840, xeni. Riconferma della loro chiusura, ivi. Disposizioni del trattato di Parigi, 1856, xcvi.

Dieta imperiale tedesca. Disposizioni del tratUto di Westfalia del 1648 al ri- guardo, XVII. Id. deirAtto generale di Vienna del 1815, lxxx e segg.

Diritto internazionale privato. Tentativo di unificazione fra le Repubbliche del- TAmerica centrale, ci.v.

storico. Posto a base della legitti- mità, VI.

Dresda (Convenzione sanitaria di), del 1893, CL1.

(Pace di), del 1715 fra Federico II di Prussia e Maria Teresa d* Austria, xxxtx.

Ducati sassoni. Loro orìgine, xi.

Due Sicilie (Regno delle). TratUti che Io riguardano : trattato di AqQÌsgrana,17i8, xl; - id. di Napoli, 1759, ivi; - Atto di Vienna, 1815, lxxxiv.

Dunkerque. Trattati che la riguardano: Pace di Utrecht del 1718 (smantella- mento), XXX ; - trattato di Parigi del 1763, XLii; - id. di Versailles del 1783,

XLVIL

del DiriUo itUemax4onale eodfifioaito

88

Editto di restituzione, del 1629, xir. Elba (Isola d*). Assegnata in principato a Napoleone I (Fontainebleau, 1814),

LZXYI.

Equilibrio mercantile (Politica dell"), it e segg.

polìtico. Origine del sistema, u. Al- leanze armate e interventi per man- tenerlo nel secolo XTui, ni. Suo rista- bilimento per opera del Congresso di Vienna, ti.

Erfurth (TratUto di), del 1806 tra Napo- leone e la Russia, lzvii.

Erzegovina. Occupata ed amministrata dall'Austria (Berlino, 1878), czzx.

Esthonia. Ceduta dalla Svezia alla Russia (pace di Nystad, 1731), xxxtiil

Faucìgny. Sua neutralizzazione, lxxxil

Federico di Pruss'a. Suirequilibrio poli- tico, III.

Ferrara. Diritto di gnernigione deirAa- strìa, LXxxiY.

Ferrovie internazionali (Trasporti nelle). Convenzione di Berna del 1890 al ri- guardo, CL.

Fiume. Ceduta dall' Austria a Napoleone I (SchOnbrunn, 1809), lziz.

Fiumi internazionali. Disposizioni dell'Atto finale di Vienna, 1815, intomo alla loro navigazione, lzzxiv.

Florida. Ceduta dalla Spagna all'Inghil- terra (Parigi, 1763), xlu; - ceduta alla Spagna (Versailles, 1783), xlyii.

Fontainebleau (Trattato di), del 1807 tra Francia e Spagna contro il Portogallo, LXT1. -* Id. del 1814 fra Napoleone e ^Austria, Prussia e Russia (abdicazione di Napoleone), lxxvi.

Franca Contea. Restituita alla Spagna (Aquisgrana, 1668), xxiv. Ceduta dalla Spagna alla Francia (Nimega, 1678), XXV.

Francia (Isola di). Ritenuta dall'Inghil- terra (Praga, 1814), lxxvii.

Francoforte. Annessa alla Prussia (Praga, 1866), cxiii.

Friuli austriaco. Ceduto dall'Austria a Na- poleone I (SchOubiunn, 1809), uuz.

61 ^- FiOBS, Dir, inUm. oodif.

Gallìzia. Occupata dall'Austria nella Fpar«

tizione della Polonia, l. Gastein (Trattato di), del 1865 fra Austria

e Prussia per la divisione dei ducati di

Schleswig e Holstein, cnn. Genova (Repubblica di). Perde la Corsica,

XLiii. -- Viene unita al Piemonte (Atto

di Vienna, 1815), Lxxxir. Gibilterra. Ceduta dalla Spagna alla Gran

Bretagna (Utrecht, 1713), xxxi. Ginevra (Arbitrato di), cxx e segg.

(Convenzione di), del 1864 per mli^io- rare la sorte dei militari feriti, cui.

Gorizia (Contea di). Ceduta dall'Austria a Napoleone I (SchOnbrunn, 1809), lxix.

Grande Alleanza (Trattato della) dell'Aja del 1701, XXIX, xxui.

Grecia. Sua emancipazione dalla Turchia (Londra, 1828), xc. Sua eredoiie a Regno, xcii. Trattati relativi alla sua corona; - convenzione di Londra del 183:2, xcii ; - trattato di Londra del 1863, CHI. Unione delle Isole Ionie, Giv. Stipulazioni del trattato di Ber- lino, 1878, relative alla G., cxxx.

Guadalupa. Restituita alla Frauda (Pa- rigi, 1763), XLii. - Id. id. (Parigi, 1814,

LXXVII.

Guadalupa-Hidalgo (Trattato di) del 1848, XGv; - cessione del Texas, del Nuove Messico e della California Superiore agli Stati Uniti, fri.

Guastalla (Ducato di). Assegnato all'In- fante di Spagna don Filippo, xi.. Di- chiarato territorio della Francia, lxi. Assegnato alla imperatrice Maria Luisa (Fontainebleau, 1814), lxxvi. Regola- mento della sua riversione, lxxxiii, xcv.

Guerra. Suo carattere durante il sistema dell'equilibrio mercantile, m.

(Leggi e costumi della). Progetto di convenzione intemazionale al riguardo, olii.

austro-prussiana del 1866. Origine, C1X. Trattati ad essa relativi: pre- liminari di Nikoisburg, tW; - trattato di Praga del 1866, cxii e segg.

dei Sette anni. Finita colla pace di Hubertsburg del 1763, xli.

dei Trent'annì. Finita colla pace di Veflt&lia del 1648, xui.

B4

Indice alfabetieo-analitieo

Guerra di Orleans. Finita colla pace di Ryswyk, xxv.

franco-germanica del 1870-71. Cenni, cxiv e segg. Traltati ad essa relativi: preliminari di Versailles» tW; - pace di Francoforte del 1871, cxvii e segg.

marittima. Regole ad essa relative contenute nella Dichiarazione di Parigi del 1856, xcviii.

olandese. Finita colla pace di Nimega,

XXIV.

per la successione austrìaca, xl; - fi- nita colla pace di Aquisgrana, 1748, ivi.

per la successione di Spagna. Cenni, xzix. Finisce colla pace di Utrecht del 1713-14. ivi.

russo-turca del 1877-78. Cenni, cxxu e segg. Trattati cui diede luogo: t. di Santo Stefano, cxxiv; - t. di Ber- lino del 1878, cxxiv e segg.

Guerre della Rivoluzione francese. Loro carattere, ▼.

Huhertsburg (Pace di), del 1763, xli; - pone fine alla guerra dei Sette anni, ivi.

Hudson (Baia d*). Ceduta dalla Francia alla Gran Bretagna (Utrecht, 1713), xxx.

Impero germanico. Origine, cxiii.

ottomano. Sua indipendenza ed inte- grità assicurata dalle sei Potenze cri- stiane, XGTir.

Ingerenza collettiva. Sua legittimità per sostenere il Diritto o impedirne la vio- lazione, GLYIII.

Interventi armati. Origine del sistema, ni. Gli interventi armati nella prima metà del secolo xix, vi. (Congressi ad essi relativi, lxxxix.

Isole Ionie. Prese dalla Francia (Campo- formio, 1797), LUI. Riconoscimento della Repubblica delle sette I. Ionie (Amiens, 180:2), lvii. Erette a Stato libero sotto il protettorato dell'Inghil- terra (Parigi, 1815), Lxxxvi. Loro unione alla Grecia, civ.

Istria. Data air Austria (Campoformio,1797) un. Ceduta a Napoleone I (SchOn- brunn, 1809). lxix.

Italia (Regno d'). Trattati relativi alla sua

costituzione, e e segg.: preliminari di Villafranca, 1859, ivi; - L di Zurìgo, 1859, Ci; - t. di Torino (Cessione Savoia e Nizza), 1860, ci; - t di Ber- lino, 1866 (Alleanza colla Prussia), cu; - 1. di Vienna, 1866 (Cessione del Re^ no lombardo- veneto alla Francia), tW; - L di Vienna, 1866 (Pace fra Italia e Au- stria), ivi. Annessioni al Regno, cu. lassy (Trattato di), del 1793 fra Russia e Turchia, xlix.

Kasanlik (Armistizio di), cxxni.

Klel (Trattoti di), del 1814 fra Danimarca, Svezia e Gran Bretagna contro la Fran- cia, i.xxv.

Kutschuk (Trattato di). del 1774 tra Rusisia e Turchia; - restituzione alla Turchia della Bessarabia, della Valachia e della Moldavia, ivi; - libera navigazione del Mar Nero e del Mar di Marmara per la Russia, ivi; - patti relativi alla profes- sione della fede cristiana, xi.iy.

Lauenburg. Trasferito alla Danimarca (Atto di Vienna, 1815), lxxx. Ce- duto dalla Danimarca alPAustrìa e alla Prussia (Vienna, 1864), cvii; - ceduto dalFAustria alla Prussia (Gastein, 1865),

CVIII.

L^yhach (Congresso di), del 18il tra Au- stria, Prussia e Russia, lxxxix.

Leoben (Preliminari di), del 1797 tra Na- poleone e l'Austria, lui.

Lega cattolica. Suoi intenti, it, zni.

Legazioni. Cedute alla Repubblica fran- cese, Lii ; - annesse alla Repubblica Cisalpina, lui. Restituite al Papa (Atto di Vienna, 1815), lxxxiv.

Libertà religiosa. Stipulazioni del trattato di Berlino, 1878, sulla nelP Impero ottomano, cxxxvi.

Limburgo. Dichiarato parte integrante dei Paesi Bassi, cxv.

Lisbona (Trattato di), del 1G6S fra Spagna e Portogallo, xxiii.

Lituania. Occupata dalla Russia nella spartizione della Polonki, l.

Livonia. Ceduta dalla Svezia alla Russia (Pace di Nystad, 1721), xzxtui.

del Diritto intemaxionale codificato

85

Lodomiria. Occupata dairAnstria nella spartizione della Polonia, l.

Lomellina. Ceduta al Duca di Savoia, xxxii.

Londra (Convenzione di) del 183:2 tra Francia, Inghilterra e Russia e la Ba- TÌera relativa alla corona di Grecia, xcii. ~ id. del 1871 sulla neutralizzazione del Mar Nero, cxyiii.

(TratUto di), del 18:27 fra Gran Bre- tagnu e Russia per la emancipazione delia Grecia, xc. Id. del 1831 frale cinque Potenze e il Belgio. Riconosci- merlo del Belgio come Stiito indipend. e neutro, xci. Id. del 18 iO fra Gran Bretagna, Austria, Prussia e Russia e la Turchia per la pacificazione del Le- vante, xeni. - Id. del 1863 fra Gran Bretagna, Francia e Russia e la Dani- marca relativo al Regno di Grecia, cni. Id. del 1867 tra Austria, Belgio, Francia, Gran Bretagna, Italia, Lussem- burgo, Russia e Prussia per regolare la questione del Lus^embuigo, cxiv; - Come sia il solo trattato in cui sia espressamente stabilito il concetto Jeila tutela giuridica collettiva del Diritto internazionale convenzionale, clvii. Id. del 1871 fra Austria, Francia, Ger- mania, Russia, Italia, Ingliillerra e Tur- chia sulla neutralizzazione del Mar Nei o,

ex VI II.

Lorena. Ceduta in parte all'Impero ger- manico (Francoforte, 1871), ex vii.

Lnbecca (Pace di), del 16:29, xiii.

Lucca (Ducato di). Convenzione ad esso relativa doi I8ii, xciv. Lucca eretta a Principato ereditario, i.xi.

Luigiana. Ceduta dalla Francia alla Spagna nel )76i, xi.ii ; - cessioni successive, i.ix.

Lunéville (Trattato di), del 1801 tra Francia e Impero di Germania, lti.

Luoghi Santi. Stipulazioni al riguardo del trattato di Berlino, 1878, cxxxvi.

Lussemburgo (Granducato di). Aggiunto al Regno dei Paesi Bassi, lxxxi. Compreso nella Confederaz. germanica, Lxxxii. Questione del L. in seguilo allo scioglimento di questa, cxiv. Sua neutralizzazione (Londra, 1867), ivi,

Madrid (Trattato di), del 15-26 tra Fran- cesco I di Francia e Ciarlo V imperatore,

IX e segg. Id. del 1801 tra Francia

e Spagna, lyii. Mahon (Lord). Sulla pace di Aquisgrana, XL. Malta. Restituita all'Ordine di S. Giovanni

di Gerusalemme (Amiens, 1802), lyh.

Ritenuta dall'Inghilterra (Parigi, 1814),

Lxxvn. Mar Caspio. Stipulazioni relative alla sua

navigazione, xc.

di Marmare. Trattati che lo riguar- dano: Kutschuk, 1774, xliy.

Nero. Neutralizzato, aperto al com- mercio di tutte le nazioni e chiuso alle navi da guerra (Parigi, 1856), xcvi. Modificazione della regola della sua neutralizzazione (Londra, 1871), cxviii.

Martinica. Restituita alla Francia (Parigi,

1763), XLii. Massa e Carrara (Principati di). Assegnati

a Maria Beatrice d'Este, lxxxiii. Mediatizzazione dei Principi tedeschi, LXXXI. Merce nemica a bordo di nave neutrale.

Dichiarazione di Parigi del 1856, xcviii.

neutrale a bordo di nave nemica. Dichiarazione di Parigi del 1856, xcviii.

Minorca. Ceduta dalla Spagna alla Gran Bretagna (Utrecht, 1713), xxxi; ceduta alla Spagna (Versailles, 1783), xlvii.

Mirandola (Ducato di). Assegnato a Casa d'Este (Atto di Vienna, 1815), lxxxi i.

Modena (Ducato di). Assegnato a Casa d'Este (Atto di Vienna, 1815), lxxxii.

Moldavia. Restituita alla Turchia col trat- tato di KuUchuk, 1774, xliv. Pat- tuita la sua cessione alla Russia fra Napoleone e Alessandro I, lxvii. Re- golamento del modo di elezione del- l'Ospodaro. Lxxxix. Stipulazioni a suo riguardo del trattato di Parigi, 1856, xcvi.

Montefalcone (Principato di). Ceduto dal- l'Austria a Napoleone I (SchOnbrunn, 1809), LXix.

Montenegro. Stipulazioni del trattato di Berlino, 1878, ad esso relative, cxxx e segg.

Montevideo (Congresso di), del 1888 per l'unificazione del Diritto internazionale privato fra le Repubbliche dell'America centrale, clv.

MOnster (Pace di), del 1618 fra Spagna e Olanda, xx; - riconoscimento delle Provincie Unite, ivi\ - chiusura della Schelda, ivi.

IndMé alfabe^iwhtmMHeo

Napoli.(Traltato di), del 1759 fra FAustria e Carlo III di Spagna e le Due Si- cilie, XL.

Nassau. Annesso alla Prussia (Praga, 1866),

GXIII.

Navigazione fluviale. Disposizioni deirAllo finale di Vienna, 181 ó, lxxziv.

Neutralità. Regole sui doveri di un Go- verno neutrale concordate nel trattato di Washington del 1871, czx.

armata. Prima lega, 1780, xl'vi. Se- conda lega, 1800, ly.

Nikolsbnrg (Preliminari di), del 1866 fra

Prussia e Austria, cix. Nimega (Pace di), del 1778-79, xxiy; -

pone fine alla guerra olandese, ivi; -

sue principali stipulazioni, zxiv e segg. Nizza (Contea di). Ceduta alla Repubblica

francese, ui. Ceduta alla Francia, ci.

(TratUto di), del 1538 tra Francesco 1 e Carlo V, xi.

Nuova Orleans. Ceduta dalla Francia alla

Spagna nel 1762, xlii. Nuovo Messico. Cessione agli Stati Uniti,

XGV.

Nystad (Pace di), del 17:21 fra Svezia e Russia, XXX va

Occupazioni africane. Regole stabilite al riguardo dal trattato di Berlino, 1885,

CXL.

Oerebro (Pace di), del 1812 fra Inghilterra e Screzia, lxxii.

Olanda. Conquistata dalla Repubblica fran- cese, l. Incorporata alla Francia, lxxi.

Oliva (Trattato di), del 1660 fra Polonia e Svezia, xxi.

Ordine teutonico. Sua soppressione, lxix.

' Poeto de assimto ,, xxxi, xl.

Paesi Bassi (Regno dei). Sua costituzione,

LXXXI.

Palle esplodenti. Dichiarazione di Pietro- burgo del 1868 relativa alla loro proi- bizione, CLH.

Papato. Sua aspirazione all'impero uni- versale, I.

Parigi (Dìchiarasione di) del 1856 iniomo ad alcune regole della guerra marit- tima, XCTIII.

^ (TratUto di), del 1761 di pace tra Francia e Spagna, xli. Id. del 1763 tra Francia, Spagna, Inghilterra e Por- togallo, XLi. Id. del 1 783 di pace fra Gran Bretagna e Stati Uniti, xlyii. Id. del 1796 fra il Re di Sardegna e la Repubblica francese, lii. Id. del 1803 fra la Repubblica francese e gli Stati Uniti di America, lix; - cessione della Luigiana agli S. U., ivi. Id. del J806 per la Confederazione renana, LXiii. Id. del 1814 di pace tra Gran Bretagna, Austria, Prussia e Russia e la Francia, lxxvi Id. del 1856 tra Austria, Francia, Gran Bretag'na, Prus- sia, Russia, Sardegna e Turchia, zcvi 0 s^SK-; ~ disposizioni relative al Mar Nero, ivi; - id. alla navigazione del Danubio, ivi; - ai confini territoriali, ivi; - alla Moldavia e Valacchia, zctii ;

alla Serbia, «m; all*integrità dell^Iro- pero ottomano, ivi, Dichiarazione di regole relative alla guerra marittima, xcTui. Come abbia iniziato un nuovo indirizzo del Diritto internazionale, ti.

Modificazioni apportatevi dal trat- tato di Londra del 1871, gxtui. Trattato del 1884 per la protezione dei cavi sottonuirini, csltiii.

Parma (Ducato di). Assegnalo air Infante di Spagna Don Filippo (Aquisgrana, 1748), XL. Ceduto alta Francia (Lu- néville, 1801), lxi. Assegnato alla imperatrice Maria Luisa (Fontainebleau, 181i), LXXVI. Regolamento della sua riversione (Atto di Vienna, 1816),

LXXXIII, xcv.

Passarowitz (Pace di), del 1718 fra Plm- peratore e il Sultano, xxxvl

Passau (Trattato di) del 1552, xii.

" Patto di famiglia , di Parigi del 1761 tra Francia e Spagna, xli.

Paxo. Sua neutralizzazione, git.

Piacenza (Ducato di). Assegnato ali* In- fante di Spagna Don Filippo, xl. Dichiarato territorio della Francia, lxi.

Assegnato alla imperatrice Marìa Luisa (Fontainebleau, 1814), lxxvi. Regolam. della sua riversione, lxxxiii.

Piccola Polonia, Occupata dalla Russia nella spartizione della Polonia, l.

éel Diritto intmrfHmifmaU codificato

87

Piemonte. Sna unione alla Francia nel 1802, Lxi.

Pietroburgo (Dichiarazione di), del 1868 relativa alla proibizione delle palle esplo- denti in guerra, cui.

Pillnitz (Dichiarazione di), del 1791 fra Austria e Prussia, xlix«

Pinerolo. Ceduta alla Francia (Gherasco, 1631), XIII. Restituita al Duca di Sa- voia, ZXTII.

Piombino. Unita al Granducato di Toscana (Atto di Vienna, 1815), lzzxiii.

Pirenei (Trattato dei), del 1659 tra Francia e Spagna, xx e segg ; - assicura il po- tere della Francia in Europa, ivi.

Politica internazionale moderna. Sue varie epoche, i e segg. Epoca della lotta per la sua secolarizzazione, ii. Id. deirequilibrio politico, ii e segg. Id. dell'equilibrio mercantile, iv e segg. La p. degli interessi dinastici (Congresso di Vienna del 1815), ti. Nuova epoca iniziata dal trattato di Parigi del 1856, ivi. Come i trattati posteriori ab- biano sviluppato il concetto della tu- tela giuridica collettiva, vn.

Polonia (Spartizione del'a). Prima sparti- zione (TratUti del 1772), xliii. Se- conda spartizione (Trattati di Orodno del 1793), XLix. Terza spartizione (Convenzione di Pietroburgo del 1795),l.

Pomerania. Ceduta dalla Svezia alla Da- nimarca e dalla Danimarca alla Prussia,

LXXV.

Posen (Granducato di). Unito alla Prussia (Atto di Vienna, 1815), lxxix.

Praga (Trattato di), del 1866 fra Prussia e Austria, cxii e segg.

Presburgo (Pace di), del 1805 fra TAustria e la Francia, lxi; - perdite con essa fatte dairAustria, lxii.

Principati Uniti. Loro ordinamento, xcvin e seg. (W . Moldavia, Rutnenia,Val(ichf a).

Prìncipi mediatizzati tedeschi. Disposizioni dell'Atto generale di Vienna del 1815 a loro riguardo, lxxxi.

Proprietà industriale (Protezione della). Convenzione di Berna del 1883 al ri- guardo, CL.

^ letteraria ed artistica (Protezione della). Convenzione di Berna del 1886 al ri- guardo, GLI.

Protettorati. Regole stabilite dal trattato di Berlino, 1885, per la loro iititux.,GXU

Provinde illiriche. Formazione (Schfin- brunn, 1809), Lxn.

Unite. Orìgine, XII ; - rìconoscimento, XX. (V. Pace di MUnster.)

Prussia. Trattamento fattole al Ck>ngree80 di Vienna del 1815, lxxix. Posta a capo della Germania dal trattato di Praga, 1866, cxnL

Quadruplice alleanza (Trattato di) del 1 718 fra Gran Bretagna, Francia, Olanda e Imperatore, xxxv.

Questione danese. Trattati ad essa rela- tivi, XGT.

dell'Alabama, cxix e segg. Trat- tato di Washington del 1871, cxx; Arbitrato di Ginevra, cxx e segg.

del Lussemburgo, gxit.

Rapporto della Commissione delllmpero del 1803, Lvii e segg. Secolarìzza- zione del terrìtorìo immediato della Chiesa nell'Impero tedesco, lviii.

Rastadt (Congresso di), del 1797-1799,

LIT, LTUI.

Ratisbona (Trattoto di), del 1630 fra l'im- peratore Ferdinando II e Luigi XIII di Francia, xni. ~

* Recès , o Rapporto della Commissione dell'Impero del 1803, lth; - secolariz- zazione del territorio immediato della Chiesa, LTm.

Reggio (Ducato di). Assegnato a Casa di Este (Atto di Vienna, 1815), lxzxu.

Reichenl>ach (Convenzioni di), del 1813 fra Gran Bretagna, Russia e Prussia contro Napoleone, lxzit.

Religione luterana. Acquista ima posi- zione legale accanto a quella catto- lica, XII.

Repubblica Cisalpina. Sua costituzione, l. Annessioni ad essa (atte col trattato di Campoformio, lui. Prende fl ti- tolo di Regno dltalia, lxi.

delle sette Isole Ionie. Sno ricono- scimento (Amiens, 1802), ltu.

-- di Venezia. Divisione dei snoi territori (Campoformio, 1717), Lin.

Elvetica. Trasfonnaxione in esMt della Svizzera, lxt.

38

Indice alfabetióo-anaUUóo

Repubblica Ligure. Compresa nel Irattdi Ludo ville, lvi. Unita alla Francia, lxi.

Olandese, origine, xii.

Partenopea. Trasformazione in essa di Napoli, Liv.

Romana. Trasformazione in essa di Roma, LIT.

* Reservatum ecclesiasticum ,, xii, xvii.

Roma. Sua trasformazione nella Repub- blica Romani, uv.

Rungen (Isola di) Ceduta dalla Svezia alla Danimarca , poi dalla Danimarca alla Prussia, lxxi.

Rumelia orientale (Provincia della). Sti- pulazioni del trattato di Berlino, 1878, ad essa relative, cxxviii. Suo statuto organico, cxxxvii.

Rumenia. Riconoscimento della sua indi- pendenza e stipulazioni ad essa relative del trattato di Vienna, 1878, cxxxiv.

Ry^wyk (Pace di), del 1697, xxv; - pone fine alla guerra d'Orleans, ivi.

Samogizia. Occupati dalla Russia nella spartizione della Polonia, l.

San Salvador (Trattato di), del 1889 di Confederazione fra Repubbliche del- l'America centrale, clv.

Santa Alleanza (TratUto della), del 1815 fra Austria, Prussia e Russia, lxxxviii.

La Francia entra a farne parte, Lxxxix. Congressi relativi agli inter- venti armati, lxxxix.

Santa Lucia. Ritenuta dairingbilterra (Pa- rigi, I81i), LXXTII.

Sant'lldefonso (Trattato di), del 1796 di alleanza tra Francia e Spagna, l. ~ Id. del 1800, lvi, lix e segg.

Santo Stefano (Trattato di), del 1878 fra Russia e Turchia, cxxiv.

Sardegna (Isola di). Ceduta al duca di Savoia, xxxvf.

Sassonia (Elettorato di). Trasferito dalla linea Ernestina a quella Albertina, xi.

-^ (Regno di). Posizione fattagli dal trat- tato di Praga, 1866, cxiir.

Savoia. Ceduta alla Repubblica francese (Pai ii?i, 1896), Lii. Ritorna al Re di Sardegna (Alto di Vienna, 1815), lxxxu.

Sua neutralizzazione, ivi. Deter- minazione de* suoi confini (Parigi, 1815), Lxxxvi. Ceduta alla Francia, ci.

Scbelda. Chiusura, xx.

Schiavi (Tratta degli). Disposizioni del- TAtto finale di Vienna, 18 lo, per la sua repressione, lxxxiv. Id. del trat- tato di Berlino, 1 ""Sd, cxl. Id. delPAtto generale apUschia vista di Bruxelles, 1890, cxLiv.

Schleswig e Holstein (Ducati di). Que- stione dei, cv e segg. Trattali ad essa relativi: - Vienna, 1864, C7ii; - Gastein, 1865, cviii; - Nikolsburg, 1866, GXt; - Praga, 18 6, cxii.

Schmalkalden (Convenzione dì), del loSO, XI; - Lega del 1531, in.

Schònbrunn (Trattato di), del 1809 fra Napoleone e l'Austria, lxtiii.

Secolarizzazione del territorio immediato della Chiesa nelPImp. germanico, ltiii.

Senegal. Retrocesso alla Francia dalla Gran Bretagna, XLvn.

Serbia. Ottiene un'amministrazione in- terna propria (Bukarest, 1812), lxx. ^ Stipulazioni a suo riguardo del trattato di Parigi, 1856,xcvii. Riconoscimento della sua indipendenza e stipulazioni relative del tratUto di Berlino,' 1878, cxxxii e segg.

Sicilia (Isola di). Ceduta al duca di Sa- voia, xxxn; - cambiata colla Sardegna, XXX vi.

Società intemazionale. Nuovo indirizzo iniziato nel suo ordinamento dal trat- tato di Parigi del 1856, yu. Come per provvedere al suo ordinamento giu- ridico occorra attribuire ai Congressi l'autorità di proclamare il Diritto co- mune e di curarne il rispetto, cltiii.

Spartizione della Monarchia spagnuola (Trattati di), xxvn, xxyiil

della Polonia (Trattati di). (V. PoUmia.) Stati Uniti d'America. Riconoscimento

della loro indipendenza, xlyii. Stato dei Presidi. Unito al Granducato di

Toscana (Atto di Vienna, 1815), Lxxxin. Stettino. Ceduta dalla Svezia alla Prussia,

XXXVII.

Strasburgo. Presa da Luigi XIV nel 1681, xxv.

Stretti (Convenzione degli), del 1841 fra Gran Bretagna, Austria, Prussia, Russia e la Turchia, xeni. Modificazioni ap- portatevi col trattato di Londra del 1871, cxTiii.

(Chiusura degli). Come la i-egola della

del Diritto interttoMonaU eodifieato

66

sia enlrata a far parte del Diritto pubblico scritto dell'Earopa.

Suez (Canale di). Trattato di Costantino- poli, i 888» per la sua navigazione, cxli e segg.

Sund e Belts. Tassa di transito per essi ceduta dalla Svezia alla Danimarca,

XXZVII.

Supremazia commerciale (Politica della), IT e segg.

Svizzera. Le è riconosciuto il diritto di essere separata e indipendente (Vest- falia, 1648), XTi. Trasformata in Re- pubblica Elvetica, liv. Posizione fat- tale dall'Atto finale di Vienna del 1815, Lzxxii; - sua neutralizzazione, M e

LXXXVI.

T

Tabago. Ritenuta dairinghilterra (Parigi,

1814), LZXYII.

Tariffe doganali (Pubblicazione delle). Convenzione di Bruxelles del 1890 al riguardo, cxux.

Tenda (Contea di). Ceduta alla Repubblica francese, ui.

Terra Nuova. Ceduta dalla Francia alia Qran Bretagna (Utrecht, 1713), xxx.

Teschen (Trattato di), del 1779 fra Fede- rico il Grande di Prussia e Maria Te- resa d'Austria, xlvi.

Texas. Cessione agli Stati Uniti, xcv.

Thorn. Occupato dalla Prussia nella spar- tizione della Polonia, l.

Tiflis (Trattato di), del 18Ì9 fra Russia e Persia, xc.

Tilsit (Trattato di) del 1807, di alleanza fra Napoleone e la Russia, lxv, lxviii; - art. segreti, lxvi. Id. del 1807 di pace fra Russia e Prussia e Napoleone, LXiii e segg.; - suoi art. segreti, lxv.

Titolo. Ceduto dall* Austria alla Baviera (Presburgo, 1805), lxii.

Tolentino (Trattato di), del 1797 fra la Francia e il Papa, lii.

Toplitz (Trattati di), del 1818 fra Gran Bretagna, Prussia, Russia e Austria contro Napoleone, lxxiv.

Torino (TratUto di), del 1860 fra Sardegna e Francia di cessione della Savoia e del circondario di Nizza, ci.

Toscana. Restituita alla Gasa di Lorena (Atto di Vienna, 181^), lxxxiii.

Tourkmantchal (TratUto di), del 1829 fra

Russia e Prussia, xc. Trento. Ceduta dalF Austria alla Baviera;

(Presburgo, 1805), lxii. Tribunale arbitrale fra Repubbliche del-

TAmerica centrale, gliii. Trieste. Ceduta dall'Austria a Napoleone I

(ScbOnbrunn, 1809), lxix. Trinità. Ceduta alla Gran Bretagna dalla

Spagna (Amìens, 1702), lvii. Trino. Ceduta al Duca di Savoia (Che-

rasco, 1631), xiii. Triplice alleanza (Trattoto di), del 1668

fra Inghilterra, Olanda e Svezia, xxiii.

Id. del 1717 tra Francia, Gran Bre- tagna e Olanda, xxxt.

Troppau (Congresso di), del 1890 fra Au- stria, Prussia e Russia, lxxxix.

Turchia asiatica. Disposizioni del trattato di Berlino, 1878, ad essa relative, cxxxv.

europea. Stipulazioni del trattato di Berlino, 1878, ad essa relative, cxxx.

TJ

Uffizio internazionale dell'Unione per la protezione della proprietà industriale, CL. Id. per la protezione della pro- prietà letteraria ed artistica, cu.

Ulm (Trattato di), del 1620, xni.

Unione evangelica. Suoi intenti, n.

internazionale per la protezione della proprietà industriale, cl. Id. per la protezione della proprietà letteraria ed artistica, cu.

Unkiar-Skelessi (Trattato di), del 1833

di alleanza fra Russia e Turchia, xc:i.

Utrecht (Pace di), del 171314,xxixe segg.;

- pone fine alla guerra per la succes- sione di Spagna, xxix; - sue più im- portanti stipulazioni, xxx e segg.

(Unione di), del 1579, origine della Repubblica olandese, xil

Valachia. Restituita alla Turchia col trat- tato di Kutschuk, 1774, xuT. ^ Pattuita la sua cessione alla Russia fra Napo- leone e Alessandro I (Erfurth, 1808), LXVIII. Regolamento del modo di elezione deirOspodaro, lxxxix. Sti- pulazione a suo riguardo del trattato di Parigi del 1856, xcvu.

40

tndéoe eUfaheHeo-anaUUoo

Varsaria. Occupata dalla Prussia nella spartizione della Polonia, l. 11 Gran- ducato di V. riunito alla Russia come Regno di Polonia (Atto di Vienna, 1815),

LXZIX.

Venezia (Repubblica di). Divistone del suo territorio (Gampoformio, 1797), lui.

Verona (Ck)ngres8o di), del 183S fra An- strìa, Prussia e Russia, lxxzix.

Versailles (TratUto di), del 1783 fra Gran Bretagna, Francia e Spagna, xltii.

Vestfalia (Regno di), sua formazione, lzit.

*— (Trattato di). Proclama la separazione degl'interessi della Chiesa da quelli dello Stato, II. Come da esso cominci la storia moderna del D. internazionale, fri. Come non provvedesse a risol- vere il problema deirequilibrio giuri- dico, tri, Suoi principali provvedi- menti, ziv; - relativi alla Svezia, <pt; - alla Francia, zv; - agli Stati dell*Im- pero, ivi; - alla Svizzera, zvi; - alla Dieta imperiale, xvii,* - alla religione, tri, Come abbia spianato la via allo sviluppo della potenza della Prussia, ziz.

Vienna (Trattato di), del 1735-1738 tra Francia e Impero, xzxviii. Id. del 1809 fra Napoleone e TAustria, lxviii.

Id. del 1816. (V. Congresso di Vienna,)

Id. de) 1864 fra Prussia, Russia e Danimarca relative alla questione dei

ducati di Schleswig e Holsteln, em e

s^??- ^d- <^6l 1^6 fcsL Austria e Fran- cia (Cessione del Regno Lombardo- Ve- neto), GII, ex. Id. del 1866 di pace tm Italia e Austria, gil Id. del 1866 fra Austria e Francia (Cessione del regno Lombardo- Veneto), cu.

ViUafranca (Preliminari di pace di), del 1859, G.

Volinia. Occupata dalla Russia nella spar- tizione della Polonia^ l.

Washington (TratUto di), del 1871 fra ringhilterra e gli Stati Uniti per la que- stione deir Alabama, cxx.

Wheaton. Sulla pace di Vestfalia, xrx.

Wittemberg (Capitolazione di), del 1647, XI ; - trasferimento dell* Elettorato di Sassonia dalla linea ErnesUna a quella Albertina, tvt; - origine dei dacatì aas- soni, ivi.

Wurtemberg. Sua trasformazione da Elet- torato in Regno, lxil

z

Zurigo (Trattati di), del 1859 fra Anstrìa e Sardegna, fhi Austria e Francia e fra Austria, Sardegna e Francia, e e segg.

FiNK DEL VOLTJMtt

il

INDICE DELLE MATERIE

Ai lOEi LKTTOBi Pog, 1

INTRODUZIONE.

CAPITOLO I. Considerazioni generali cmll^ordinamento della società intemasionale » 3

1. Considerazioni storiche sul concetto di una comunità di diritto fra i diversi popoli. 2. Condizione attuale dolla Società degli Stati. 3. Necessità di darle una forma di organizzazione più razionale e di trovare un sistema di protezione del diritto da cui questa debba essere retta. 4. Insufficienza dei vari progetti formati al riguardo. 5. Il concorso delle scienze e di tutte le forze intellettuali dei vari paesi e indispensabile per risolvere il problema in modo completo.

CAPITOLO n. La vera missione della scienza. I diritti inter- nazionali dello Stato, dell'uomo, delle collettività delle Chiese, delle genti non incivilite » 31

6. Come la scienza del Diritto internazionale deve prestare il suo con- corso per la soluzione completa del problema della organizzazione giuri- dica della Società intertiazionale. 7. Via tenuta finora. 8. Necessità di determinare i diritti di tutti quelli che fanno parte della Società inter- nazionale. — 9. I soggetti del Diritto internazionale. 10. Gli Stati, ruomo, i popoli, le nazionalità, le Chiese, le collettività. 11. Diritti intemazionali appartenenti a ciascuno di questi soggetti. 12. La col- lettività come soggetto del diritto internazionale. 13. L* equilibrio fra la Chiesa e lo Stato. 14. Linee generali del sistema più efficace per dare alla Società internazionale la sua vera organizzazione.

CAPITOLO HL Bella proclamazione del Diritto intemazio- nale e della sua tutela giuridica » 60

15. Modo in cui la legge comune dev'essere promulgata. 16. Il Congresso: sua autorità. 17. Modo di sua costituzione. 18. La Confederazione degli Stati come mezzo per mantenere 1* ordine nella Società intemazionale. 19. La codificazione del Diritto intemazionale.

20. Modo di dare piena efficacia alla giurisdizione internazionale.

21. La oonferenza. 22. La giurisdizione arbitrale. 23. Modo di dare ad essa pieaa efficacia. 24. L'azione diplomatica, i buoni uffici, la mediazione. 25. Efficacia della discussione pubblica. 26. Mezzi coercitivi all'infuori della guerra. 27. Conclusione.

42

tfuUee delle materie

CAPITOLO rv. Objetto del presente Volume. Fonti delle regole giuridiche in esso riunite. Partixione della trat- tazione Pitg.

28. Si espone il concetto della trattazione. 29. Si spiega il titolo dato al presente volume. 30. Efficacia pratica del Diritto scientifico. 31. Fonti alle quali sono state attinte le regole codificate. 32. Im- portanza delle convinzioni giuridiche- popolari. 33. Gli scrittori e il Diritto storico. 34. Partizione di tutta la trattazione.

79

PRINCIPII FONDAMENTALI.

Il Dirìtto intemazionale e la sua definizione 1

Partizione generale 2-5

Partizione del Diritto internazionale positivo 6-10 Forza obbligatoria del Diritto intemazionale 11-16

Della < comitas gentium » 16-20

Impero e portata del Diritto internazionale 21-25 Tutela giuridica del Diritto internazionale 26-29 . La scienza del Diritto internazionale 30, 31 . .

Pag.

97 tri

99 100 102 104 106 107

LIBRO PRIMO.

Delle persone e degli enti soggetti al Diritto intemasio- nàle Pag. 108

PARTE QENEBAIiE. Diritti intemanonali delle persone e degli enti

A chi possa essere attribuito il carattere di persona 32,33 . . .

Lo Stato è persona 34, 35

L'uomo e la Chiesa sono persone della società intemazionale 36, 37

Enti morali che sono persone 38, 39

> soggetti al Diritto intemazionale 40-43

Condizione giuridica del popolo, della nazione 44, ^

> delle genti incivili 46,47

> delle persone giuridiche 48

Diritti intemazionali dello Stato 49-55

» » dell'uomo 56, 57

» » della Chiesa 58-61

» » del popolo e delle nazioni 62-67

» > dei Corpi morali 68, 69

FABTE SPECIAIiE. Acquisto, godimento, esercizio e perdita

t9t

«

109 111

«

ir»

112 113 ivi 114 115 116 117 118

dei diritti Doveri internazionali

TITOLO I. Della personalità 70-72

Riconoscimento di uno Stato 73-88

Della costituzione politica dello Stato in rapporto alla sua perso

nalità 89-93

Condizione delle colonie 94-96

Rapporto di protettorato 97-102

VassaUaggio 103-106

La guerra cinle in ralazione alla personalità dello Stato 107-117 .

120

121

124 125 126 128 129

Indice delle materie

43

Cessione e annessione 118-135 Pttg 132

Come h) Stato perde la sua personalità 186-140 » 139

TITOLO II. Autonomia ed indipendenza della sovranità delio Stato 141-145

Del diritto di autonomia 146-152

Dell'indipendenza della sovranità 153-156

Autonomia del potere legislativo 157-171

» » > giudiziario 172-174

Autorità delle sentenze civili dei tribunali stranieri 175-178 . . Principii razionali circa l'efficacia d'una sentenza civile straniera 179-182

Autorità delle sentenze penali straniere 183, 184

Autonomia del potere esecutivo 185-190

TITOLO III. Acquisto della sovranità territoriale 191-195 . . .

Acquisto della sovranità mediante l'occnpazione 196-200 .... Quando T occupazione possa ritenersi giuridicamente attuata 201,202

Scoperta di una regione e sua occupazione 203-205

Effetti giuridici dell'occupazione 206-209

Acquisto della sovranità mediante accessione 210

» > » per prescrizione 211-213

Tempo per attuare la prescrizione 214

Acquisto della sovranrtà mediante cessione 215-217

Esercizio dei diritti di sovranità territoriale 218-220

TITOLO lY. Diritto d'Imperio e di giurisdizione 221 ... .

Qiurisdizione a riguardo dei cittadini 222-227

> rispetto agli stranieri 228-232

Espulsione degli stranieri 233-237

Della giurisdizione penale 238-241

Giurisdizione penale rispetto ai pirati 242-246

> rispetto ai ministri sti'anierì 247-252

» 9 ai consoli stranieri 253-256

» > ai Sovrani sti*anieri 257, 258

» » agli Stati ed ai Governi stranieri 259-267 .

> a riguardo dei beni 268-271 .

sulle acque territoriali 272-278

sui fiumi, golfi, laghi mediterranei 279-283 . . .

sugli strotti 284

penale sulle acque territoriali 285-289

rispetto ai porti e alle rade 290-293

sulle navi mercantili 294-300

penale sulle navi mercantili 301-304

a riguardo delle navi da gueiTa e delle persone del

equipaggio 305-313

rispetto alle navi postali 314-318

loro

TITOLO V. Luoghi sottratti alla giuriadlziono delia sovranità torri toriale

DoU'estraterritorialità 319, 320

Località sottratte alla giurisdizione del Sovrano territoriale 321,322 Come si perde il privilegio dell' estraterrìtorialità 323, 324 ....

Località addette alle legazioni 325-329

Consolati 330-332

Palazzi e oasa addetti al ministro straniero 333-340

142

144 145 149 150 152 153 154

157

158 159 160 161 162 ivi 163 164 un

166

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168 169 170 171 172 175 177 178 181 182 184 185 186 187 188 190

192 194

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198 200 201

44 Tndiee détte nuUeru

Gìnrisdìzìone rispetto all^esercito straniero aoqoartierato 341-344 Pag

Paesi ove sono in vigore le Gafùtolazioni 345-349 * .

Località addette alla Santa Sede 350-357

TITOLO VI. Dell'eguaglianza giuridica degli Stati 358-361 . . .

Disugnaglianze di fatto 362-365

Rispetto della personalità morale e dell'onore 366-371

Cerimoniale marittimo 372-380

Equilibrio politico 381-385

TITOLO Vn. Del diritto di rappresentanza 386, 387 .... .

H Sovrano e la sna famiglia 388-391

Rappresentanti legali dello Stato 392-394

A chi spetta il diritto d'inviare gli agenti diplomatici 395-402 . . Come il carattere di rappresentante dello Stato si stabilisca 403

Accettazione dell'agente diplomatico nominato 404-406

Estensione dei poteri dell'agente diplomatico 407-410

Diritti degli agenti diplomatici 411, 412

Privilegi e prerogative degli agenti diplomatici 413-417 ....

Dell' estratorritorialità degli agenti diplomatici 418-420

Offese contro i ministri stranieri 421-427

Inviolabilità della corrispondenza 428, 429

Esercizio del diritto di Legazione a rigaardo dei terzi Stati 430-433

Diritto delle persone addette alla Legazione 434-438

Ricevimento degli agenti diplomatici, precedenza, visite ufficiali 439 Sospensione della missione e dei poteri di un agente diplomatico 440, 441

Cessazione dei poteri dell'agente diplomatico 442,443

Usurpazione delle funzioni diplomatiche, 444

Consoli 445, 446

Prerogative dei consoli secondo il Diritto comune 447-453 . . .

Degli agenti consolari 454, 455

Attribuzione dei consoli secondo il Diritto convenzionale 456-458 .

TITOLO Yin. - Della protezione del cittadini 459, 460

Giusti limiti della protezione 461-463

Protezione esercitata per mezzo dei consoli 464-466

Attribuzioni dei consoli 467-474

TITOLO IX. Doveri internazionali degli Stati 475-477 ....

Dovere di non intervento 478-486

» d'ingerenza collettiva per la tutela del Diritto intemazionale

487-489

Si enunciano i casi, nei quali può sorgere il dovere d'ingerenza col

lettiva 490-494

Dovere di mutua assistenza 495, 496

Assistenza alle navi straniere ohe domandino rifugio 497-501 . . > » » » in caso di sinistro di mare o di naufra

gio 502-504

Regole riguardo al salvataggio 505-510

Assistenza per facilitare l'amministrazione della giustizia 511-513 . Obbligo di procedere all'esecuzione di una rogatoria 514, 515 . . Assistenza per l'amministrazione della giustizia penale 516-518 . . Doveri di umanità 519-521

203 204 205

209

210 211 212 214

216

un 217 219 '221

222 223 tift 225 226 227 228 229 230 231 232 ivi 233 234 236

238

239 240 241

244 245

247

250 252 253

254 255 257 258 tv» 260

Indice delle materie

45

TITOLO X. Dei diritti e doveri internazionali deil'uomo 522 .

Diritto di libera attività 523-526

* di libero traffico 527-530

» di proprietà 531-539

Inviolabilità e libertà personale 540-542

> personale dei negri 543-548

Diritto di libertà di coscienza 549-552

Diritti internazionali dell'uomo come cittadino 553-557

Diritto di eleggere e rinunciare alla cittadinanza 558-562 ....

Prova della cittadinanza 563-566

Necessità di un diritto uniforme relativamente alla cittadinanza 567, 568

Regole por l'attribuzione della cittadinanza 569-579

Doveri internazionali dell'uomo 580, 581

Tutela giuridica dei diritti intemazionali dell'uomo 582 ....

TITOLO XI. Dei diritti e doveri intemazionaii delia Chieea 583, 584

Libera costituzione della Chiesa 585-587

Libero governo della Chiesa 588-594

Inviolabilità del Capo della Chiosa 595-597

Diritto di rappresentanza della Chiesa 598-600

Doveri intemazionali della Chiesa 601-603

Relazioni della Chiesa collo Stato 604-611

Tutela giuridica doi dirìtti e doveri intemazionali della Chiesa 612, 613

Pag. 262

t0t

263 264 265 266 268 ivi 270 271 272 273 275 276

277

278 279 280 281 283 «V» 285

LIBRO SECONDO.

Delle obbligazioni intemazionali Pag. 289

TITOLO I. Regole generali e fondamentali 614-621

Natura diversa delle obbligazioni 622-624

TITOLO II. Dei Trattati e dei requisiti per la loro validità . . .

Dei Trattati in generale 625-627

Requisiti per la validità di un Trattato 628

Della capacità per concludere un Trattato 629, 630 . . . Delle persone competenti a concludere un Trattato 631-633

Della ratifica del Trattato 634-636

Del consenso richiesto per la validità d*un Trattato 637-640

Materia lecita 641-644

Requisiti estrinseci e di forma 645-649

TITOLO III. Efficacia dei Trattati e loro eeecuzione . . . .

Inviolabilità doi Trattati 650-653

Effetti dei Trattati 654-659

» » > rispetto ai terzi 660-664

Esecuzione dei Trattati 665-669

Dei mezzi leciti per assicurare l'esecuzione dei Trattati 670-672 .

Garanzia da parte di un terzo Stato 673, 674

Obbligazioni derivanti dalla garanzia 675-677

Interpretazione dei Trattati 678, 679

Regole di interpretazione grammaticale 680-685

» > » logica 686-695

Autorità competente ad interpretare on Trattato 696-699 . . .

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291

293

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294 ivi 295 296 298 299 300

302

ivi 303 304 305 307 ivi 308 309

310 311

46 Indice delle maierie

Autorità competente a risolvere le cootroversie relative ad un Trattato 700-704 Poff. 312

TITOLO IV. Annullamento, rivooazione, estinzione dei Trattati 705-708

Giudizio circa Tannullamento di un Trattato 709-717

Proroga o rinnovamento dei Trattati 718-721 . »

Estinzione dei Trattati 722, 723

TITOLO V. Del Trattati speciali 724-726

Trattati di cessione 727-730

» di commercio 731-741

Convenzioni consolari 742-744

Capitolazioni 745-748

Trattato di protettorato 749-755

Trattati di signoria e di vassallaggio 756-761

Trattato di confederazione 762-765

» di alleanza politica 766-772

» » pacifica 773, 774

Trattati dMnteresso comune 775-780

Trattato di estradizione 781-785

Delle convenzioni tra il Capo della Chiesa e il Capo dello Stato. Con

cordati 786-790

Convenzioni di guerra e trattato di pace 791

TITOLO VI. Obbligazioni internazionali che nascono senza conven zlone 792

Obbligazioni nascenti da fatti leciti 793-795

Obbligazione nascente da fatto illecito 796-798

» del rifacimento del danno fondata sulla responsabilità diretta

799-805

Obbligazione di rifacimento del danno per responsabilità indiretta

806-811

LIBRO TERZO.

315

316 319 320

321

322 ivi 325 326 328 331 332 334 336 337 339

346

347

348 349

350

352

Delle cose e dei beni nei loro rapporti col Diritto intemazio- nale 812, 813 Pag. 355

TITOLO I. Regole internazionali circa le cose comuni 814, 815 . > 356

Libero mare, libera navigazione 816-818 » tr»

Polizia a bordo della nave in alto mare 819-821 « 357

» della navigazione 822-824 » 358

Visita delle navi che trasportino schiavi 825-829 > 359

Navi dedite alla pirateria 830-833 * 360

Diritti al saluto 834 » 361

Regole della navigazione 835-840 » 362

» » ^ secondo le esigenze e la pratica degli uomini

di maro 841 » 364

Regole concernenti i fanali 842 ^ iVt"

Segnali acustici per la nebbia 843 > 365

Norme generali pel governo della nave e per la manovra 844-846 . » ivi

Regole di navigazione nelle acque territoriali 847 » 366

Conseguenze in caso di urti di navi {abordage) 848 » 367

Regolam*ento dei danni in caso ^^abordage 849 * ivi

Indice delle materie 47

Regole circa il tribuDale competente 850 Pag. 368

369 371 372

Fiumi internazionali 851, 852

Regole per la navigazione dei fiumi intemazionali 853-856 . . .

Diritti 0 doveri degli Stati frontisti 857, 858

Regolamento di navigazione fluviale secondo i principi! del Diritto

comune 859-861

Regolo circa le tasse di navigazione noi fiumi internazionali 862-867

Pilotaggio obbligatorio 868

Cabottaggio 869

Tutela giuridica dei regolamenti 870, 871

Ck>mpetenza per le controvei*sie circa la navigazione fluviale 872, 873 Fiume navigabile che scoiTa pel territorio di un solo Stato 874, 875 Navigazione dei fiumi internazionali secondo il diritto positivo 876-878

Canali navigabili artificiali 879-883

Libertà degli Stretti 884-888

Limitazione alla libertà degli Stretti 889, 890

TITOLO II. Delle cose ohe eono nel poeeeeeo oiurldico di ciaecuno Stato

Territorio dello Stato e sue adiacenze 891, 892

Limiti del territorio 893, 894

Linea di confine rispetto ai monti 895

» » » ai fiumi 896-898

Beni patrimoniali di ciascuno Stato 899-902

Diritti della sovranità rispetto al patrimonio dello Stato 903 . . .

Limitazione dei diritti sulle acque ten-itoriali 904-906

Cabottaggio riservato ai cittadini 907

Uso delle strade e delle vie di comunicazione 908, 909 ....

> innocuo degli istmi 910

» » delle strade ferrate 911-913

Regolamento ferroviario internazionale 914-916

Regole circa il trasporto delle merci sulle ferrovie internazionali 917-924

Uso delle linee telegrafiche 925-929

Norme per T esercizio internazionale della telegrafia 930-933 . . .

Violazione dei dispacci di transito 934, 935

Cavi sottomarini 936-939

Servizio internazionale della Posta '940-943

Delle imposte 944-946

Sistoma doganale 947-950

» » imposto ad uno Stato 951, 952

Colonie 953-958

Servitù intemazionali 959-963

Della comunione 964, 965

TITOLO m. Dei beni appartenenti ai privati 966-969 ....

Norme in mancanza di trattati 970, 971

Diritti dol proprietario sui boni che gli appartengono 972-979

Proprietà letteraria ed artistica 980-983

Opero meritevoli di protezione 984

Condizioni per la protezione della proprietà letteraria 985-987 .

Nome commerciale 988-992

Protezione delle marche di fabbrica e di commercio 993-996. Eguaglianza di trattamento degli stranieri e dei cittadini 997-999 Necessità di un Diritto comune convenzionale 1000

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373

375

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376

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377

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389 ivi 390 394 395 396 ivi 397 398 399 400 401 402 404

405

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409

411

ivi

ivi

412

413

414

48 Indice delle materie

Priyilegio fondato sul brevetto dMnyenzione 1001, 1002 . . . Pag. 414

Protezione intemazionale dei brevetti 1003-1006 » 415

Della nave mercantile e dei suoi diritti 1007, 1006 > 416

Nazionalità della nave mercantile 1009-1011 , '. > ivi

Prova della nazionalità della nave 1012-1014 > 417

Ipoteca e diritti reali sulla nave 1015-1017 » 418

LIBRO QUARTO.

Della tutela giuridioa del Diritto intemaraonale e dei messi per risolvere le controversie intemasionalì 1018 . . Pag, 420

TITOLO I. Delle istituzioni per la tutela giuridica del Diritto intoma-

zionale

Del Congresso e della sua costituzione 1019-1024

Durata del Congresso 1025

Autorità del Congresso 1026-1034

Procedimento 1035-1038

Sanzione delle decisioni di un Congresso 1039-1041

Esecuzioni delle decisioni del Congresso mediante la forza armata

1042, 1043

Della Conferenza 1044, 1045

Competenza della Conferenza 1046

Procedimento 1047-1053

Sanzione delle deliberazioni di una Conferenza 1054, 1055 . . .

Del Tribunale arbitrale 1056-1058

Formazione del Tribunale arbitrale 1059-1064

Capacità per essere arbitro 1065-1068

Rifiuto di sottomettersi alla giurisdizione arbitrale 1069, 1070 . .

Appello alla Conferenza 1071-1074

Procedimento dinanzi al Tribunale arbitrale 1075-1079

Estinzione o sospensione del compromesso 1080-1083

Della ricusazione deirarbitro designato 1084, 1065

Giudizio del Tribunale arbitrale 1086-1094

Norme per pronunciare la sentenza 1095-1103

Efficacia della sentenza 1104-1109

Motivi di nullità di una sentenza arbitrale 1110-1115

Dei congegni diplomatici 1116, 1117

Buoni uffici 1118-1121

Mediazione 1122-1125

TITOLO IL -^ Del mezzi coercitivi durante la pace 1126 ... .

Quando l'uso dei mozzi coercitivi può essere lecito 1127, 1128 . .

Della ritorsione 1129, 1130

Delle rappresaglie 1131-1134

Del blocco commerciale 1135-1143

TITOLO III. Delia guerra e dei suoi efTeiti generali 1144

Quando la guerra può essere reputata legittima 1145 . .

Della dichiarazione di guerra 1146-1149

Quando la guerra esista di fatto 1150

» » potrà reputarsi' regolarmente fatta 1151 .

Leggi ed usi di guerra 1152-1154

Metti immediati della guerra 1155-U58

421

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424 425 427

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459 ivi

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461

Indice delle materie 49

TITOLO lY. A ohi spetti l'Meroizio dei diritti delia guerra 1159 Pag. 463

Chi può essere qualificato belligoraDte 1160-1163 > ivi

Forza militare dello Stato 1164-1166 » 464

Corpi franchi - Milizie di volontari 1167, 1168 » m

Armata 1169-1173 » 465

Chi non ha diritto di essere qualificato belligerante 1174-1177 . . » 466

Navi mercantili che facciano atti di guerra 1178-1180 » 467

Persone addette al servizio delle milizie 1181, 1182 » 468

TITOLO V. Oetiiità permeeee in guerra iNezzi d'aeeaito e di difésa 1183, 1184

Ostilità in opposizione alle leggi ed agli usi di guerra 1185, 1186 .

Mezzi leciti per l'assalto e la difesa 1187

Assedio e blocco 1188-1191

Diritti rispetto alle persone in caso d'assedio 1192-1195 ....

Del bombardamento 1196-1201

Distruzione ed incendio 1202-1206

Saccheggio 1207, 1208

Stratagemmi e sorpreso 1200-1211

TITOLO VI. Diritti dei lieiiigerante oontro ie persone di parte nemica

Diritti durante il combattimento 1212, 1213

Atti di ostilità inibiti 1214, 1215

Diritti verso coloro che cadono in potere del nemico 1216-1218 Doveri dei belligeranti rispetto ai prigionieri guerra 1219-1222 .

Diritti rispetto ai prigionieri di guerra 1223-1228

Convenzioni relativo allo scambio ed al rilascio dei prigionieri 1229-1232

Parola d'onore dei prigionieri 1233-1236

Degli ostaggi 1237-1239

Doveri dei belligeranti riguardo ai feriti e malati 1240-1244 . . .

Ambulanze, ospedali, servizio sanitario 1245-1248

Diritti sul materiale degli ospedali 1249

Feriti ricoverati in case private 1250

. già curati 1251, 1252

Norme circa i feriti o malati nella guerra marittima 1253, 1254 Quando possa essere negato ogni beneficio di neutralità 1255 . .

Doveri verso i morti in battaglia 1256-1259

Delle spie 1260-1263

Diritti pei belligeranti rispetto alle spie 1264, 1265

Delle guide 1266, 1267

Dei parlamentari 1268-1273

Diritti dei belligeranti contro le persone che non facciano parte dell' eser

cito 1274, 1275

Dei disertori 1276, 1277

TITOLO yn. Diritti dei lieliigerante sui beni del nemico 1278, 1279

Espropriazione forzata dei beni privati 1280, 1281 > ivi

Delle requisizioni 1282-1286 » 495

Delle contribuzioni di guerra 1287-1289 » 496

Bottino di guen-a 1290, 1291 » 497

Diritto di preda nella guerra marittima 1292 » 498

Come il diritto di preda debba essere esercitato 1293-1296 . . . > ivi

Navi e oggetti esenti dalla cattura 1297-1302 > 499

52 FioBK, Dir, intern, codif.

469

ivi 470 471 ivi 472 474 475 ivi

477

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50

Indice deUe matèrie

Piroscafi postali 1303 Pag, 500

Chi può esercitare il diritto di preda e dove 1304-1306 . . . . > 501

Equipaggi delle navi nemiche predate 1307, 1308 > 502

Sequestro e Talidità della cattura 1309, 1310 > tri

Navi mercantili nazionali ripreso 1311 > 503

TITOLO Vili. Dell'occupazione militare e delle eue conseguenze giuri diche 1312

Come r occupazione diventi effettiva 1313,13 14

Conseguenze immediate doU'occupazione militare 1315-1318 . . Diritti dell'occupante rispetto alle persone 1319-1323 ....

Provvedimenti di sicurezza 1324, 1325

Leggi- e condanne penali 1326, 1327

Diritti dell'occupante nell'esercizio del potere legislativo 1328-1330

Pubblica amministrazione 1331, 1332

Diritti dell'occupante rispetto ai beni 1333-1336

Ferrovie e telegrafi appartenenti ai privati 1337

Diritti dell'occupante a riguardo delle imposte 1338

Servizi pubblici 1339

TITOLO IX. Delle Convenzioni di guerra 1340-1343 .

Sospensione d'armi 1344-1347 ^,

Conseguenze delle sospensioni d'armi 1348-1352 . . .

Capitolazione 1353-1355

Quello che può formare oggetto della capitolazione 1356

Conseguenze della capitolazione 1357-1360

Obbligazioni assunte con atto unilaterale 1361 . . .

Salvacondotto. Licenze 1362-1367

Salvaguardia 1368, 1369

Dell'armistizio 1370-1374

Come la convenzione debba essere redatta 1375, 1376 . Obbligazioni reciproche durante l'armistizio 1377, 1378 . Come l'armistizio dev'essere eseguito 1379, 1380 . . Atti di ostilità durante l'armistizio 1381, 1382 . . .

Della tregua 1383

Preliminari della pace 1384

TITOLO X. Delia neutralità, e dei diritti e del doveri che ne conseguono

Concotto e natura della neutralità 1385-1388

Chi abbia diritto di essere reputato neutrale 1389-1393 ....

Diritti degli Stati neutrali 1394-1396

Inviolabilità del torritorio neutrale 1897, 1398

Indipendenza nell'esercizio dei diritti di sovranità 1399 ....

Libertà del commercio pacifico 1400, 1401

Doveri degli Stati neutrali 1402

Fatti che possono essere qualificati atti di ostilità 1403 .... Fatti che non escludono il mantenimento della neutralità 1404, 1405 Belligeranti rifugiati nei porti o nel teiTitorio neutrale 1406-1408 . Prigionieri sbarcati, e prede abbandonate in un porto neutrale 1409, 1410 Diligenza nell'ossorvare i doveri della neutralità 1411, 1412 . . .

Colpa per la mancata diligenza 1413, 1414

Giudizio arbitrale 1415

Doveri dei belligeranti rispetto ai neutrali 1416-1421

Diritti dei belligeranti rispetto ai neutrali 1422, 1423

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Indice dette materie 51

TITOLO XI. Del oontrabbando di guerra 1424 Pag, 538

Oggetti di contrabbando secondo il Diritto comune 1425 .... » ivi H belligerante non può allargare a volontà la nozione del contrabbando

di guerra 1426 » 539

Contrabbando di guerra convenzionale 1427 » 540

Diritto del belligerante d^inibiro il commercio di certi oggetti 1428 » 541

Destinazione della merce o della nave 1429-1431 ' * ivi

Trasporti inibiti ed assimilati al contrabbando di guerra 1432 . . » 542

Trasporto di soldati e ufficiali 1433 * ivi

^ di dispacci 1434 » 543

> del carbon fossile 1435 > 544

> degli agenti diplomatici 1436 * ivi

Oggetti cbe non possono essere compresi nel contrabbando di guerra

1437-1439 ^ ivi

Sanzioni penali pel trasporto del contrabbando di guerra 1440-1442 » 545

> » secondo i principii generali del Diritto intemazionale 1443-1448

TITOLO XII. Del blocco e del suol rapporti coi neutrali ....

In che consista il blocco e contro quali luoghi possa essere effettuato

1449-1452

Quando il blocco debba ritenersi legalmente stabilito 1453-1455 . .

Blocco notificato soltanto in via diplomatica 1456

Temporanea sospensione deir investi mento 1457 ' .

Notificazione diplomatica del blocco 1458

» speciale del blooco 1459, 1460

Dilazione per uscire dal luogo bloccato 1461, 1462

Doveri dei neutrali in caso di blocco 1463, 1464

Diritti dei neutrali in caso di blocco 1465-1467

Applicazione delle regole del blocco alle navi mercantili nemiche 1468

TITOLO Xm. Del diritto di visita

Concetto e natura del diritto di visita 1469, 1470 Dove si può procedere alla visita 1471 ....

Navi esenti dalla visita 1472

» in convoglio 1473, 1474 . . . . ^ . . Visita delle navi in convoglio 1475, 1476 . . . Modo di procedere alla visita 1477-1479 . . .

Ricerche e ispezioni 1480-1482

Sequestro della nave visitata 1483, 1484 . . .

TITOLO XIY. Del sequestro e della confisca durante la guerra marit tima e del giudizio relativi alle prede 1485

Da chi e quando possa essere fatto il sequestro 1486-1488 . . . Formalità del sequestro secondo il Diritto comune 1489-1492 . . .

Conservazione delle cose sequestrate 1493

Quando la nave sequestrata possa essere distrutta 1494-1496 . .

Delle persone che si trovino a bordo 1497

Nave sequestrata condotta in un porto del belligerante 1498-1500 .

Compito dell'autorità giudiziaria 1501-1503

Nave condotta in un porto neutrale 1504, 1505

Del Tribunale competente in materia di sequestro e di prede 1506, 1507 Costituzione del Tribunale delle prede 1508-1510

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indice dette mcùerte

Tribunale speciale delle prede costituito dal belligerante 1511, 1512. Pag,

Competenza del Tribunale internazionale 1513, 1514

Procedimento dinanzi al Tribunale delle prede 1515*1517 .... Giudizio circa la legalità e regolarità del sequestro 1518-1520 . . Quando possa ritenersi legale il sequestro della naye 1521 . . .

> debba ritenersi illegale il sequestro 1522

Sequestro pel trasporto del contrabbando 1523-1526

» in caso di violazione del blocco 1527-1529

Sentenza relativa al sequestro 1530-1532

» in caso di distruzione della nave sequestrata 1533 . . .

Giudizio circa la legalità della preda 1534

Quando una nave possa essere confiscata 1535

> il carico di una nave possa essere confiscato 1536 . . . » debba essere escluso il diritto di preda 1537-1539 . . .

Navi nazionali riprese 1540, 1541

Della sentenza del Tribunale delle prede e della sua efficacia 1542-1544

TITOLO XY. Fine della ouerra

Quando la guerra debba reputarsi terminata 1545-1547

Del trattato di pace 1548-1551

Ratifica del trattato di pace 1552-1554

Come il trattato debba essere eseguito 1555 . . . .

Amnistia generale 1556, 1557

Applicazione del trattato di pace 1558-1562 . . . .

Norme t;irca Vuti poasidetie 1563-1564

Dei danni di guerra 1565-1569

Effetto generale della paco 1570

CONCLUSIONE

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Indice ddU materie

53

A.T=>FElTX)IOE I,

SUNTO STORIOO

dei più importanti Trattati Internazionalf

dall'epoca deUa Riforn» 1526 al 1896.

CONSIDERAZIONI GENERALI . . , Pag.

Trattati conclusi durante le guerre reliffiose:

Trattato di Madrid (1626, gennaio 14)

Trattato di Gambray, o Paix des Dames (1529, agosto 5) Recess o convenzione fatta a Schmalkalden (1530, dicembre 31)

Pace di Crespi (1544, settembre 18)

Capitolazione di Wittemberg (1547, maggio 19)

Trattato di Passau (Passavia) (1552, agosto 2)

Pace di Augsburg (Augusta) (1555, settembie 25)

Unione e alleanza di Utrecht (1579, gennaio 28)

TratUto di Cherasco (1631, aprile 6)

Pace di Westfalia (1648, ottobre 24)

Pace di Mflnster (1648, gennaio 30)

Trattato dei Pirenei (1659, novembre 7)

Trattato d'Oliva e di Copenaghen (1660, maggio 30 e giugno 6)

Trattati conclusi al tempo di Luiffi XIV:

Trattati di Breda (1667, luglio 31)

Trattato di triplice alleanza (1668, gennaio 23)

Trattato di Lisbona (1668, febbraio 23)

Trattato di Aiz-la-Chapelle (Aquisgrana) (1668, maggio) . .

Pace di Nymwegen (Nimega) (1678-1679)

Pace di Ryswyk (1697, settembre SO e ottobre 30)

TratUti dell'Aja (1698. ottobre 11 1700, marzo 25) ...

Pace di Carlowitz (1699, gennaio 26)

Pace di Utrecht e di Hastadt (1713, 1714)

I trattati di barriera (1709, ottobre 29 1718, gennaio 30

1715, novembre 15)

Trattato di triplice alleanza fra la Francia, la Gran Bretagna e

rOlanda (1717, gennaio l)

Trattato di quadruplice alleanza stipulato a Londra (1718, agosto 2)

Trattati conclusi dopo la pace di Utrecht (fino cdla BiTolusione fìranoese del 1780):

TratUto di pace di Passarowìtz (1718, luglio SI)

Trattato di pace di NysUd (1721,^ agosto 30)

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Indie$ détte materie

Trattato di Vienna (1785, ottobre 8 1788, novembre 18). Pag,

TratUto di Berlino (1742. luglio 28)

Trattato di pace di Dresda (1746, dicembre 95)

Trattato di pace di Aiz-la-Ctiapelle (Aqaiagrana) (1748, aprile 30,

ottobre 18)

Trattato di Napoli (1759, ottobre 3)

TratUto di Parigi detto * Patto di famiglia , (1761, agosto 15)

TratUto di pace di Parigi (1763, febbraio 10)

^ Trattato fra la Francia e Genova (1768, maggio \b) . . TratUto per la spartizione della Polonia (1772, luglio 11) . .

TratUto di KuUcbuk (1774, loglio SI)

TratUto di Teschen (1779, maggio 13)

1* Lega della neatraliU armaU (1780, febbraio 28)

Guerra per Tindipendenza degli SUti Uniti d'America Pace di

Parigi Pace di Versailles (1783, settembre 3)

Convenzione relativa alla Crimea (1783, dicembre 28). . . .

Trattati oonolusi durante la Rivoluzione fìranoeee:

Dicbiarazione di PUlnitz (17dl, agosto 27)

TratUto di Jassy (1792, gennaio 9)

2* e 8^ spartizione della Polonia (1793, 1795). .•••..

Coalizione contro la Francia (1792 ed oltre)

TratUto di pace di Basilea (1795, aprile 5)

Trattato di Basilea tra la Francia e la Spagna (1795, luglio 22) TratUto di Parigi tra la Francia e la Sardegna (1796, maggio 15) TratUto di Tolentino tra la Francia e il Papa (1797, febbraio 19)

TratUto di Campoformio (1797, ottobre 17)

Congresso di RasUdt (17971799)

Seconda neutraliU armata (1800, dicembre 15)

TratUto di Lunéville (1801. febbraio 9)

TratUto di Amiens (1802, marzo 27)

Recès o rapporto della Commissione dell'Impero (1803, febbraio 25) TratUto tra la Repubblica francese e gli SUti Uniti d'America

(1803, aprile 30)

TratUto di pace di Presburgo (1805, dicembre 26)

Confederazione del Reno (1806, luglio 12)

TratUto di pace Tilsit (1807, luglio 7) ... *

TratUto di FonUinebleau (1807, ottobre 27)

TratUto di Erfurth (1808, ottobre 12)

TratUto di Vienna o di SchOnbrunn (1809, novembre 14) . . TratUto di pace di Bukarest (1812, maggio 20)

Trattati oonolusi per la oaduta di Napoleone (1812-1814)

Trattato di pace di Parigi (1814, maggio 80)

Atto finale del Congresso di Vienna (1814, giugno 9) . . . . Secondo tratUto di Parigi (1815, norembre 20)

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Trattati oonoluai dopo quello di Vienna dal 1815 al 1896:

TratUto della Santa Alleanza (1815, settembre 26) . . . . Pag, lxxxtih TratUto di Aix-laChapelle (Aquisgrana) (1818, novembre 9) . , ivi

Congressi relativi agli interventi armati (1820-1822) , lxxxix

TratUto di Akkerman (1826, ottobre 7) , ivt

TratUto di Londra (1827, luglio 6) xe

Indice delle materie

55

Trattato fra la Russia e la Persia (1829, febbraio 22) . . .

Trattato di Adrianopoli (1829, settembre 14)

Trattato di Londra (1831, gennaio 26 e novembre 15). '. . Convenzione di Londra (1832, maggio 7) ........

TratUto di Unkiar-Skelessi (1833, luglio 8)

TratUto di Londra (1840, luglio 15)

Convenzione degli Stretti (1841, luglio 13) ....... .

Trattato Washington (1842, agosto 9)

Convenzione relativa al Ducato di Lucca (1844, novembre 28)

TratUto di Guadalupa (1848, febbraio 2} .

Questione danese (1848 1852) . .'

Trattato di Parigi (1856, marzo 30) . .

Provvedimenti relativi ai Principati (1858 1866)

TratUti colla Gina (1858)

CoatUuzione del Regno d'Italia (1859-1870) Pace di VillafiFanca

(1859, luglio 11) - Trattato di Zurigo (1859, novembre 10)

Avvenimenti dopo il 1859 ^

Trattato di Londra relativo ài Regno di Grecia (1863, luglio 13) IJniope delle Isole Ionie alla Grecia (1864, marzo 29). . . .

Questione dei ducati SchUewig e Holstein

Trattato di Vienna (1864, ottobre 30j

Trattato di Gastein (1865, agosto 14)

Guerra tra V Austria e la Prussia Preliminari di Nikolsbcurg

(1866, luglio 26)

Pace definitiva tra V Austria e la Prussia Trattato di Praga

(1866, agosto 23)

Guerra franco-germanica: Questione del Lussemburgo Trattato

di Londra (1867, maggio 11)

Questione della candidatura Hohenzollem r- Pace di Versailles

(1871, febbraio 26)

Trattato di pace di Francoforte (1871, maggio 10)

Conferenza e Trattato di Londra (1871, marzo 13)

Questione dell'Alabama (Stati Uniti d'America e Gran Bretagna)

Trattato di Washington (1871, maggio 8)

Guerra russo-turca Trattato di Berlino (1878, luglio 13). . Atti conclusi per dare esecuzione al Trattato di Berlino (1878 1880) Sviluppo del commercio e delV incivilimento nelle regioni africane.

Libera navigazione del Congo e del Niger

Trattato di Berlino (1885, febbraio 26)

Navigazione pel Canale di Suez

TratUto di CosUntinopoli (1888, dicembre 28)

TratUto di Bruxelles (1890, luglio 2)

Diritto convenzionale tra gli Stati d'Europa relativo a materie di

interesse comune

Atti diversi

Eecenti Trattati conclusi tra gli Stati delV America centrale per

stabilire un Diritto comune

Codificazione del Diritto internazionale privato (1888 1889) . .

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M indice àdle mauri*

^FrEsnsriDioB II.

opere relative ai Trattati intemazionali ed alla Storia . Pag. clz

INDICE ALFABETICO ANALITICO

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DIRITTO INTERNAZIONALE CODIFICATO

r. Diritto codificato Pag. 1

II. Trattati internazionali ...•.••..•••••• . 2ìl

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