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LETTERATURE MODERNE

Stu-di diretti d.a ARTURO FARINELLI

Volume III.

IL DRAMMA

ZACHARIAS WERNER

GIUSEPPE GABETTI

IL DRAMMA

DI

ZACHARIAS WERNER

ci

TORINO FRATELLI BOCCA, EDlTOBAjf^ì}t

MILANO - ROMA i^-b ''*7

1916

PROPRIETÀ LETTERARIA

Torino Tipografia Vincenzo Bona (12419).

LUIGI FOSCOLO BENEDETTO

FRATERNAMENTE

CAPITOLO PRIMO

Zacharias Werner: la sua personalità e le sue teorie mistiche.

La vita di Zachaiias Werner fu una ricerca affannosa e vana, ricerca tanto più affannosa, in quanto fu vana, per elle l'impotenza non attenua il desiderio, ma, lascian- dolo insoddisfatto, lo tormenta e lo esacerba. Il dissidio fra aspirazioni nutrite e realtà conseguita non riuscì nel Werner mai a comporsi : il torbido fermento, che egli portò nella sua anima tempestosa e inquieta, non riuscì mai a chiarificarsi: « Ich vv^erde nie fertig, weder mit meinem Studium, noch mit meinem Charakter, noch mit meinen Kunstwerken, noch mit meinem Leben » (1). Una sete quasi acre di ideale travolse l'uomo nella più nau- seante volgarità di godimenti sensuali ; una insaziabile sete di verità suscitò nella sua mente esaltata tumulti confusi di idee, che si aggrovigliarono in concezioni strane, talora oscure, spesso incoerenti : nessuna delle sue opere raggiunse l'ideale d'cirte, verso di cui egli tese con

(1) V. Lettera allo Scheffner. « Blàtter fur literarische Unterhaltung » . 1834. p. 1169.

G. GabETTI, // dramma di Z. Werner. 1

Zacharias Werner

sforzo costante e con entusiastica fede. Eppure entro tutto questo torbidume balenano fiamme di una luce sin- golare : entro le impurità del fermento scorgete germi di vita nuova in formazione. Se, mancando a lui il genio unitario, primitivo ed elementare del Kleist, i suoi drammi non raggiunsero l'altezza che questi, sotto il premere della passione e della ispirazione, conquistò, in lui però, prima ancora che nel Kleist riconoscete le tendenze del dramma moderno, come esso dalle forme impressegli dallo Schiller e dal Goethe si venne svolgendo in quella direzione, che poi conservò con il Ludw^ig e con l'Immermann, con lo Hebbel e con il Wagner.

Il travaglio delle coscienze malsicure e turbate ha acuito nell'età moderna il bisogno di pensare, ed ha fatto della meditazione una necessità interiore. Lo spirito non s'appaga più in concezioni generalmente accettate, ma si affatica di giungere a una visione propria della vita e delle cose, a una visione, che sola riesce ad acquietare, perchè è un frutto immediato del proprio fervore spiri- tuale, e, in certo modo, un riverbero e un'espressione della propria personalità. Come tutte le altre forme di £ute, anche il dramma si muta secondo questa tendenza. La personalità morale del poeta vi si imprime, e lo domina, e lo determina in tutti i suoi caratteri, perchè la visione della vita, su cui esso riposa, è profondamente individua- listica, e di quella personalità tutta impregnata e pervasa. Il dramma non è più solo una storia di uomini, animati da certi sentimenti che la vita in società suscita, non è più la semplice rappresentazione di un cozzo di passioni, che, per la diversità della loro natura e dei loro inte- ressi, si urtano : esso mostra in realtà di vita un pensiero che ha agitato ed agita lo spirito di colui che l'ha com-

La sua personalità e le sue teorie mistiche

posto. Tutta la vita interiore del poeta vi si riversa ; l'es- senza del suo spirito vi si rivela; le sue idee vi si espli- cano. Poesia e filosofìa tendono a fondersi insieme nell'impeto dell'ispirazione lirica, sotto di cui egli scrive.

Dentro la tragedia particolare di singoli individui, che egli vi presenta, il poeta fa balenare una tragedia più vasta, che ha per oggetto, secondo il suo pensiero, l'uma- nità intera: l'cizione anzi, che egli nella sua opera svolge, non è se non un frammento, in cui questa si rivela. Al di- sotto del dramma di passioni vedete agitarsi un dramma di pensiero, che ha valore universale : e il problema tra- gico diventa in prima linea un problema di elevazione morale.

I drcimmi del Werner sono tentativi verso questa forma di dramma, e, sebbene trovarne traccie anteriori sia facile, egli fu, almeno in Germania, fra i primi ad aderirvi in tutta la sua produzione con sicura coscienza e con asso- luta tenacia.

La prepotenza della sua personalità, la dedizione pas- sionata e cieca alle sue idee, una concezione dell'arte e della poesia, che rispondeva a questa sua natura, furono le cause che condussero il Werner ai suoi tentativi.

Importa quindi fissare nella loro formazione questi ele- menti primi, perchè essi soli possono spiegare le opere che dovremo prendere in esame.

Anzitutto la sua personalità (2). Al fondo di essa è dicenmio un disquilibrio insanabile. Per una parte

(2) Cercate invano di definirla leggendo il confuso, farraginoso libro del VlERLING cit. : il continuo divagare in chiacchiere inutili e inconclu-

Zacharias Werner

il Werner è un sensuale, di una sensualità così violenta che non soffre freno, per un'altra parte è un intellettuale, che ha il bisogno di ragionare su tutto, e specialmente su se stesso, e non si può sottrarre al fascino delle aspira- zioni più alte. La sua sensualità diventa malata: non ha più affatto quella pienezza e naturalezza, che si incontra in esseri poco elevati, ma sani : è ancora animalesca, ma non più gioconda e incosciente. Il Werner sente tutte le cupe seduzioni del male, e non sa resistervi : vede che s'abbassa, che si insozza, ma proprio in quell'abbassarsi è la vertigine che lo attira (3). La riflessione aumenta il godimento raffinandolo: « Sei piombato al basso? Ebbene, inebriati : discendi al fondo e godi stilla per stilla, sino

denti imbroglia in tal modo l'esposizione spesso oscura e sempre disor- dinata, che non riuscite a formarvi mai idee chiare. Oltracciò l'A. fa spesso violenza alla cronologia e non scorge in che cosa le idee del Werner abbian subito evoluzione (cfr. WalzEL, D. Ut. Ztg., 1909). Il Minor, op. cit., mira specialmente a un'analisi dell'opera: il meglio trova ancora nella cit. op. del DuNTZER, che, data la sua indole stret- tamente biografica, mostra questa personalità in divenire, e nel lucido, acuto e fine schizzo del SulGER-Gebing nella « Allg. D. Biogr. ».

(3) Già vedeva l'HOFFMANN (5erapionsferù</er, Berlin, 1821, IV, p. 249) in questa tendenza il carattere saliente della sua psiche. Egli trascurava altri elementi di essa, e convertiva la sua osservazione in un'accusa pas- sionata, che spesso venne respinta poi : coglieva tuttavia nel segno eoa la sua osservazione. Si rileggano infatti la lettera allo Scheffner a prO'» posito della sua separazione dalla moglie («Blàtter f. 1. U. » cit., 1834, p. 1341), le lettere a Johanna Rink nel VlERLING, op. cit., Appendice, passim, la lettera al Goethe sulla sua conversione {Goethe und die Romantik, hrsgg. v. WaLZEL u. ScHUDDEKOFF, voi. II, Schriften der Goethe-GeselhchaSt, 14, Weimar, 1898), la Weihe der Unkrajt (riedita dal Minor nel volume Schicksalsdramen della Collezione « Deutsche Nat, Lit. » del KuRSCHNER), e i brani de! Tagebuch del tempo della sua con- versione {Werners Ausgewàhlte Schriften, voi. XIV e XV. Biografìa del Werner dello ScHUTZ). Dappertutto il Werner stesso si mostra conscio che questa sua tendenza ha dominato gran parte della sua vita.

La sua personalità e le sue teorie mistiche

all'ultima feccia : il piacere più ascoso e più raro è anche il più inebriante ». La riflessione lo libera alfine nausean- dolo, e l'anima sua tenta salire tanto più in alto, quanto più al basso essa era discesa. Uscendo dal tanfo, l'aria non sembra mai abbastanza pura. Quest'uomo non può matu- rare ad un'armonia interiore. Ben sentirà la necessità di raggiungerla, e si sforzerà di conciliar gli estremi, fra cui si dibatte, e di mettere un po' d'unità dentro se stesso; ma non riuscirà che a render materiale ciò che è alto, senza riuscire ad elevar ciò che è volgare (4).

L'educazione e l'ambiente contribuirono a sviluppare anche maggiormente queste disposizioni naturali disgra- ziate (5). Il ragazzo era di una sensibilità esagerata: non la modercirono. La famiglia colta doveva vedere in questa qualità più una dote che un pericolo. La sovreccitarono anzi. Il padre Friedrich Jacob, professore di eloquenza e di filosofia all'Università, Conservatore della collezione Von Wallendrodt, presidente della « Freie Gesellschaft », censore drammatico, era persona eminente in Kònigs- berg (6) : il ragazzo venne condotto assai presto in so- cietà, e frequentò presto i teatri e l'ambiente malsano delle « coulisses ». Un'influenza anche più grave esercitò su di lui la madre, nipote del poeta Johann Valentin Pietsch, can- tore della « AusfiihrHche Abbildung aller Leidensmartern und Todesqualen Jesus Christi, des Erlòsers der Welt ». Anch'essa aveva la sensibilità morbosa del figlio. Era

(4) Dalla coscienza triste di non riuscir mai a mettere d'accordo con medesimo son nate molte delle sue liriche. V. Ausgewahlte Schriften cit., I, specialmente p. 165 e segg.

(5) Cfr. VlERLING, op. cit., cap. I e specialmente il DuNTZER, op. cit., ricco di particolari biografici.

(6) V. VlERLING, op. cit., p. I e segg.

Zacharias Werner

donna superiore per più rispetti, amante della poesia e dell'arte, studiosa di questioni filosofiche, dotata di sgucudo acuto e penetrante e di ricchissima vita sentimentale, ma non era la educatrice che il temperamento anormale del ragazzo richiedeva. La fantasia dominava in lei, e il suo sentimento religioso la condusse a poco a poco ad una esaltazione mistica che rasentò la follia (7). Al figlio essa poteva dare una tenerezza profonda e squisita : una guida non gli poteva essere. E una guida gli mancò. Il padre morì quando egli aveva quattordici anni. D'allora in poi rimase in preda a se stesso. La madre godette del fiorire del suo ingegno insolito e della sua sentimentalità ricca ; sof- ferse dei suoi sviamenti senza poterli impedire (8) : « anima pura d'artista e di martire », come il Werner la definì, ma estranea alla realtà di questo mondo (9).

Presto la dissolutezza lo travolse : quel freno morale, che trattiene anche sulla china più sdrucciolevole da £izioni, che negano la innata fierezza dell'uomo, si allentò.

(7) V. HoFFMANN, Serapionsbruder, ed. cit., IV, p. 247. Negli ul- timi tempi della sua vita precipitò anzi in una vera manìa religiosa : aveva allucinazioni, si immaginava di esser la Vergine Maria, e dava molti segni di isterismo. Cfr. su di essa anche le pagine autobiografiche del Werner nel Gelehrten- uni Schriftsteller-Lexicon der deutschen katholischen G eistlichkeit hrsgg. v. F. WaiTZENEGGER, Landshut, 1822, volume III, p. 409.

(8) Riconosceva il Werner, quando essa morì, le colpe che aveva avute verso di lei, e se ne sentiva schiacciato, e trovava che nessun mag- gior tormento vi può essere, che di pensare ai tormenti inflitti alla propria madre morta. Cfr. « Blatter f. 1. U. » cit., 1834, passim; Die Weihedet Vnkrajt cit., passim; Die Gottheit schldgt mit einem eisernen Hammer an unser Herz, etc. (HiTZIG, Lebensabriss Z. M^erners, Leipzig. 1823 e Ausgew. Schriften, XIV, p. 52).

(9) Gelehrten- und Schriftsteller-Lexicon, etc, cit., III, 409; cfr. inoltre «Blatter f. 1. U. » cit., passim e anche HiTZIG, Lebensabriss Z. Wemers, cit. ; lettere del Werner allo Hitzig, passim.

La sua personalità e le sue teorie mistiche

« Io ho conosciuto tutto il dolce e tutto l'amcuo dell'amore terrestre : nelle braccia delle più volgari prostitute ne ho conosciute tutte le degenerazioni più profonde » (10). Sposò una prostituta, che lo piantò dopo pochi mesi per seguire un commediante da strapazzo, e credette di trovcu- nei suoi amplessi il Paradiso. Divorziò da lei per passare a seconde nozze con un'altra donna del volgo, e dovette dopo pochi mesi nuovamente sepcu-arsene : « Es war eine Hur! ». Una polacca, ragazza del popolo, lo innamorò, e lo indusse a sposarsi nuovamente : egli non conosceva una parola di polacco, essa non una parola di tedesco. La ragazza non aveva cultura, ma passionalità ed imma- ginazione, e, dopo cinque anni, si staccò da lui, per unirsi in nuovo matrimonio con il Geheimrat Kunth (11). D'al- l'ora in poi egli visse solo, cercando consolazione presso donne di malaffare (12). La sua libidine è diventata di ge- nere tale, che solo nel vizio e nella corruzione riesce a sod- disfarsi : la donna dall'anima pura ed elevata gli impone venerazione e rispetto, ma non l'attira (1 3): l'odor acre di sozzura lo inebria e lo travolge nel precipizio. Eppuie

(10) «Blàtter f. 1. Unterhaltung». 1834, cit., p. 1343.

(11) V. DiJNTZER, op. cit. Anche il VlERLING, op. cit., p. 27 e segg., 35 e segg., non riuscì a dare sulle sue due prime mogli notizie piiì esatte di quelle che aveva dato il Werner stesso già nella lettera a Re- giomontanus («Blàtter f. 1. U. », 1827, p. I) e di quelle che aveva date lo HiTZIG, Lebensahriss Z. Wemers cit. Sulla prima moglie Friederike Schulze v. ora un articolo di W. MÒLLENBERG. Z. Wer- ners erster Eherorrtan, nelle « Beilagen » della « Vossische Zeitung », 1912, n. 37.

(12) I frammenti del Tagebuch pubblicati dallo SCHUTZ {Ausgewàhlte SchrijicTi cit., XIV-XV) danno su questo argomento informazione quo- tidiana !

(13) Cfr. lettere a Johanna Rink nel VlERLING, op. cit., Appendice; cfr. anche il Tagebuch dei suoi viaggi.

Zacharias Werner

egli idealizza : « Il principio dell'amore non si spegne mai, illumina sempre, è sempre una aspirazione ardente verso il bello e verso la divinità sconosciuta » (14). Entio i brividi e gli smarrimenti e le estenuazioni delle più ma- teriali ebbrezze del senso egli immagina di godere un £irdore di fiamme ideali : trasforma con la sua fantasia, poetizza e scambia per cosa preziosa il fango che luccica. La sua sensualità domina in lui così che essa è per lui la condizione di ogni godimento : se egli vuol celebrare qualcosa entro questa vita, bisogna pur che si rassegni ad innalzare un inno a ciò, per cui egli attraverso i suoi sensi esulta.

Questa sensualità delimita e determina anche il mondo delle sue idee. Il carattere distintivo di tutte le sue con- cezioni sta nella tendenza della sua mente a render ma- teriale tutto quanto accosta. S'infiamma, affronta i più ardui problemi, accoglie idee che altri propugnarono, le assimila; ma le impronta di se, le rende cose concrete che i sensi possono percepire. Il suo non è più un pensare, ma un fantasiare continuo e talora strambo, un dar veste sensi- bile a pensieri che di qua e di gli si atfacciano.

Sente a Kònigsberg le lezioni di Kant, conosce Ha- mann, Herder e Fichte : Hippel e Karl Gottlieb Bock sono amici di famiglia (15). Pure dalla filosofia resta dap- prima lontano : più volentieri legge poesie e ne compone :

(14) Lettera allo SchefFner, « Blàtter l. 1. U. », 1834, p. 1343 e passim. Cfr. anche le lettere al Geheimrat Peguilhen pubblicate nel Gesellschajter del Gubitz, 1837 e GUBITZ, Erlebnisse, Berlin, 1868, I, p. 217 e segg.

(15) V. ScHiJTZ, op. cit., p. 3 e segg.; DiJNTZER, op. cit., p. 12 e segg. ; VlERLING, op. cit., cap. I.

La sua personalità e le sue teorie mistiche

Wieland, Claudius, Voss sono i suoi modelli (16). Egli è ancor giovane, incurante, e vuol sentir « die Wollust ein Mensch zu sein » : Tanima sua è ancor leggiera e lieta, sebbene già allora egli si abbandoni « ziigellos alien Lastern ». Il peccato, il suo peccato meine Sùnde è già diventato una cosa sola con la sua natura, ma egli non vi pensa. Se in alcune delle poesie, che nel 1 789 pubblicò, pare accostéirsi agli « Aufklàrer », questo non fu il seguito di alcun travaglio di pensiero, ma una conseguenza di ciò, che un tal sistema era precisamente quello che meno faceva pensare, escludendo come assurdo tutto quanto supera i limiti dell* intelligenza comune, ed era quello che tiionfava (16*'^). Ma quelle poesie sono insignificanti, e quel razionalismo è insincero. Un uomo si impadronisce della sua mente e della sua fantasia : Rousseau.

Sensibilità patologica, slancio ideale, e un vaporoso velo sensuale disteso su tutte le sue visioni, impulsività e abulia, esaltazione degli stimoli naturali, fantasia e sen- timento che si liberano da ogni giogo : il Werner rico- nosce in lui il suo maestro. Questo gli pare il dono più grande che Dio ha fatto agli uomini : « Einen Rousseau der Welt! ».

Und er wallte die Bahn fiir Wahrheit und Tugend ein Opfer, Duldung, Natur und Gefiihl weinten entfesselt ihm nach (17).

(16) Queste poesie formano parte del primo volume delle cit. Aus- gewàhlte Schriften. Furono stampate la prima volta nel 1789. Altre furon composte in seguito : la maggior parte è accompagnata dalla data.

(16 6is) Le prende invece sul serio il VlERLING, op. cit., p. 21 e segg. e parla di un periodo di Aufklàrertum nel Werner, mettendosi in con- traddizione con quanto il Werner sempre disse di se medesimo, e tras- curando come anche ora segni di tendenza al misticismo non mancano, ed egli già si professa entusiasta di Rousseau.

(17) Ausgewàhlte Schrijten, I, p. 14, p. 103 e p. 175-76; cfr. anche Tagebuch {Ausgew. Schriften, XIV, 135 e segg.).

10 Zacharias Werner

Egli data gli anni dalla sua morte, e ne celebra con devozione l'anniversario, riunendolo alla festa della Visi- tazione della Vergine (18).

Rousseau gli fornisce una delle sue idee fondamentali. La natura ha dato all'uomo nel sentimento una guida delle sue azioni, un mezzo di conoscere se stesso e Dio. Vivere e sentire, e chi misconosce il sentimento misco- nosce la vita. Il sentimento è la nostra guida e conduce alla verità: chi misconosce il sentimento, misconosce la verità, e si fuorvia.

Rousseau lo riconduce pure alla religione, da cui egli s'era allontanato (19). « Chi s'abbandona alla voce inte- riore della sua coscienza, sente Dio e gli si avvicina: lo sente in se, nella natura, nell'universo : il senso di Dio e uno degli elementi sostanziali dell'uomo. Chi preferisce invece seguire i dettami di una ragione limitata e fallace, rinunzia alla miglior parte di se : che questo abbia potuto avvenire è lo sviamento più grande che la cultura ha in- flitto all'umanità ».

Per il Werner, d'altronde, il ritorno alla religione era una necessità psicologica assoluta : esso era l'unico pos- sibile scampo al dissidio inconciliabile che lo turbava. Solo lo smarrimento in Dio, nell'infinito poteva offrirgli l'estremo rifugio : l'uomo senza intima armonia non può stare nel giusto mezzo : a lui occorre godere o negare la vita.

Io non credo che la sua iscrizione alla loggia masso- nica « Die Drei Kronen » nell'anno 1792, sia da attri-

(18) Ausgewdhlte Schriften (TagebUcher), XIV. p. 124; cfr. anche HiTZIG, Lebensabriss Z. Werners cit., p. 27,

(19) Nelle poesie posteriori al 1790 compaiono già talora segni di questo risveglio della sua religiosità. V. Ausgewdhlte Schriften, I, pa- gina 57 e segg., e anche già p. 52.

La sua personalità e le sue teorie mbtiche

buire soltanto a considerazioni d'ordine pratico (20) : il Werner non fu uomo pratico mai : essere sognante, va- gante, senza chiaro dominio su di se e senza volontà : come avrebbe potuto esser tale ? La Massoneria offriva allora invece agli spiriti irrequieti una liberazione dai ceppi del razionalismo (21). Cercate di sopprimere un sentimento, e voi lo acuirete, e lo porterete a forme più esagerate ancora di quelle, che esso avrebbe avute in condizioni normali. La Massoneria, coi suoi riti simbolici, con le cerimonie misteriose e il culto dell'Inconoscibile, soddisfa- ceva a questo bisogno degli spiriti. Tanto più soddisfaceva al bisogno dello spirito del Werner, in quanto che il sim- bolismo massonico corrispondeva al bisogno suo di vedere il sentimento in manifestazioni esterne.

Segni gravi di inquietudine interiore incominciano difatti in questo tempo a compcu-ire in lui. Egli sente il vuoto che s'allarga nella sua anima, sente che tutto ciò che lo circonda è cosa passeggera, che nulla una gioia duratura :

Wir diirsten mehr, je mehr uns Bàche rinnen : Wo fliesst die Lethe, die das Lechzen stilli ? (22)

(20) L'ipotesi fu avanzata dal VlERLING, op. cit., p. 26 e segg. ; ma egh non ne prove. E. d'altronde, non si vede a che cosa la sua iscrizione alla massoneria gli potesse in quei tempi praticamente giovare. Poco essa gli giovò : quando avrà un posto a Berlino, lo dovrà a intervento di amici e ammiratori diversi, e fu anche un posto che gli si confaceva così poco che presto lo abbandonò. Prima fu sempre povero e ramingo, e consumò a poco a poco il patrimonio che il padre gli aveva lasciato. Atti della partecipazione del Werner alla massoneria pubblicò il VlERLING in Appendice, op. cit., p. 3.

(21) Sulla massoneria tedesca in quel tempo v. la Bibliografìa che ne lo SCHNEIDER nel suo volume Der Einfluss der Freimaurerei auf die geistige Kultur irì Deutschland am Ende des XVIII. Jahrhunderts, Prag, 1909.

(22) Ausgewàhlte Schrijten, I, p. 57. La poesia porta la data 1794.

12 Zacharias Werner

Ma che cosa siam noi e quaKè il nostro scopo ? si chiede. Il problema della vita gli si presenta col suo eterno fascino. La Sfinge dal segreto insolubile lo seduce, ed egli si tormenta. Legge e studia Kant, il cui insegna- mento era prima passato sopra di lui senza traccia. Ne sentite eco nelle poesie, che egli ora scrive, intonandole assai diversamente che le sue anteriori:

Der Denker Ist an Raum und Zeit gebunden,

Belm grossen Jenselts wird die Weisheit stumm.

Ein Solon wiegt auf hocherhabner Stelle.

Betrat er je die unbetretne Schwelle,

Wo die Idee der Handlung Leben gab ? (23)

I limiti assegnati da Kant alla nostra conoscenza gli si impongono come veri, ed egli accetta la posizione che Kant prende di fronte al problema filosofico e la sua con- cezione della attività dello spirito. La filosofia deve man- tenersi entro tali limiti e seguir tale via : spingersi al di fuori vuol dir vaneggiare, dar corpo ad ombre che non hanno realtà. Eppure, malgrado tutto, malgrado le sue idee stesse, è questo al di fuori che attira il Werner. EgH riconosce che è un mistero insolubile, ma non se ne sa e non se ne può liberare. Che cosa è tutto il resto accanto a questa verità ultima, suprema ? a questa verità che ci sfugge ?

(23) Ibid., I, p. 58 e segg. Cfr. anche p. 203:

« Ein Crosserei als er (Hurtìe) begrànzt des Wissens Bahn, Und lasst uns in uns selbst das Universum finden ; Presst den vervvegnen Geist in seine Formen ein, Und lehrt ihn Mittel nicht, nein, hoher Zweck zu sein».

La sua personalità e le sue teorie mistiche 13

Il problema si fonde nel suo capo col problema del- l'elevazione morale. Si può dare alla questione del nostro essere e del nostro fine la soluzione che si vuole : una cosa resta certa : l'uomo è uomo, e va per la retta via, in quanto tenta di elevarsi spiritualmente. Lo Schiller, che a quest'opera ha dedicato tutta la sua vita e tutto il suo ingegno, diventa per un istante colui che esercita sul Werner la maggiore attrazione. Ideali di amore universale, di libertà, di fratellanza lo infiammeuio. Non ponete ceppi all'umanità, lasciate che essa sviluppi le forze che con- tiene: vincete ogni piccolo egoismo: mirate soltcìnto al- l'ideale: cercate soltanto il bene comune. In questo bene comune è anche il vostro vero bene : le soddisfazioni egoistiche passano « come l'acqua sotto i ponti della Vi- stola », senza lasciar traccia : la soddisfazione morale è il godimento maggiore. Sepaiatosi dalla prima moglie, vive ora il Werner a Plozk : la Polonia combatte l'ultima lotta per la sua indipendenza, e il Werner assiste a quell'agonia. S'infiamma, e canta quella lotta e il grande eroe, Kosciutzko, in cui la Polonia si estingue. Anche il verso ricorda ora

10 Schiller nel ritmo, nello stile, nelle movenze (24). Fiamme passeggere. La morale di Kant è una dottrina

austera: la morale è una legge ed è scopo a se stessa.

11 godimento, che essa dà, è una soddisfazione placida, la soddisfazione della forza interiore, che si esplica senza piegamenti e senza tentennamenti: il Werner vuole eb- brezze. Anche il mondo morale dello Schiller gli par troppo ristretto. Egli vi si è accostato in un primo movi- mento d'entusiasmo: quella nazione morente in mezzo a

(24) Cfr, nelle AusgeWahlte Schrijten, I, p. 61 e le poesie seguenti, specialmente p, 81-82.

14 Zacharias Werner

cui si è trovato, gli diede una rapida commozione e lo trascinò. Estintosi quel guizzo d'entusiasmo, sente il Werner di nuovo l'interno inappagamento. E sublime fare il bene per il bene, prender la vita come un dovere, e compierla senza cercar altro; ma è anche un chiudere il proprio oriz- zonte. La sensibilità del Werner non ne può trarre quelle vibrazioni, che le sono necessarie, perchè s'acqueti : essa ha bisogno di emozioni nuove e intense, ha bisogno di dilatarsi, di estendersi, di estendersi a tutto, indefinitamente. Il problema della vita si riaffaccia così insoluto come prima. Ne Kant, ne Schiller dice il Werner han dato una soluzione: tutti e due l'hanno evitata. Il Werner ritorna a Rousseau (25). Kant e Schiller han commesso un errore, quello di voler spiegare e determinare la vita per mezzo della ragione. La fonte della vita è invece nel senti- mento, perchè il sentimento è la voce della natura che in noi si esprime. E il sentimento dice: «Credete! ». Il sentimento ci rende quindi possibile una elevazione più grande che non quella che Schiller e Kant propugnarono, una elevazione meno austera, ma non meno pura. Kant e Schiller, nel loro razionalismo superiore, hanno sacrificato la vita a un sogno di austerità; ma elevare la vita non vuol dire sacrificarla, vuol dire anzi liberarla da tutto ciò che è basso, e nello stesso tempo estenderla, farla più intensa,

(25) Sulla scorta delle poesie, leggendole in ordine cronologico, si ricostruisce facilmente questa evoluzione del suo pensiero : dopo i primi cenni di religiosità, vi compare infatti l'umanitarismo, di cui abbiamo or ora parlato, e soltanto in seguito la religiosità ricompare, e stavolta con piti spiccati caratteri. Altre fonti per studiar le sue idee fuori di queste liriche, mancano completamente. Ma queste bastano perchè si possa distinguere nettamente quella linea, che abbiamo (inora tracciata e che andiamo tracciando.

La sua personalità e le sue teorie mistiche 15

arricchirla. Solo la religione riesce a far questo: solo la religione dev'essere quindi il fondamento della vita umana.

Der Kahn Vernunft versanke auf dem weiten Granzlosen Meer von Wahn und Wirklichkeiten, Fuhrt Glaube ihn nicht zum vorgesteckten Ziel (26).

Così dallo studio della filosofìa critica e dell'idealismo Schilleriano, il Werner vien ricondotto alla fede, che Rousseau gli ha insegnato, e che egli già aveva invocata:

O Glaube ! Lass, in meines Mittags Schwuhie. Mich einraal noch dein linder Hauch umwehn! (27)

Ma da questa nuova crisi la concezione religiosa del Werner esce con una forma nuova. Esser religioso non vuol dire rinunziare alla vita terrena, rinnegare il mondo, ma vuol dire viver la vita in tutti i suoi aspetti con un'anima nuova, vedere il mondo con nuovi occhi.

Uscito dal grembo di Dio, l'uomo è destinato a Dio: il senso di Dio deve essere il primo sostrato di tutt'i suoi sentimenti, così com'esso è la base della sua natura.

Il sentimento religioso deve essere come un succo, che pervade tutti quanti gli altri sentimenti, e impedisce loro di diventar mondani, terreni, bassi, allontanando l'uomo da quello che è il suo fine.

Questa fusione del divino nel terreno è possibile, se si considera tutto ciò che è terreno come simbolo. In questo modo tutta la vita diventa un simbolo, che ci riporta a Dio e ai nostri destini eterni. Il Werner abbraccia riso- luto questa fede simbolistica, e la abbraccia con dedizione tanto più piena, inquantochè essa gli offre un mezzo per

(26) Già Attsgewahlte Schrìiten, I, p. 61.

(27) Ausgewahlte Schriften, I, p. 61.

16 Zacharias Werner

addolcire il conflitto della sua sensualità con la sua intel- lettualità.

La vita sensuale è un simbolo della vita superiore: il sensuale è la forma necessaria che l'eterno e l'ideale de- vono assumere per comparire su questa nostra terra, perchè il senso è la via unica per cui la vita interiore dell'uomo si può manifestare.

Se l'uomo deve vivere una vita per così dire di simboli, il rinunziare a questi segni esteriori, peggio, il rinnegarli e condannarli è un errore grave di tristi conse- guenze. 1 segni esteriori vivificano e riscaldano nell'uomo i sentimenti alti, che altrimenti per mancanza di espressione si assopirebbero, rendono intensa la vita dell'anima, che altrimenti, per mancanza di stimoli, si estenuerebbe in un dormiveglia pericoloso, che ne segnerebbe la morte. Il Protestantesimo, che ha cercato di sopprimerli, ha condotto al razionalismo gretto, ha ucciso la religione, e mozzato le ali allo spirito. I segni esteriori sono le armi, che Dio dona agli eletti, perchè essi possano, con tale mezzo, restaurare il regno suo sopra la terra.

Con quest'animo e con queste tendenze il Werner di- venta massone, con questi occhi egli vede la massoneria, ed è naturale che vi si avvicini : « Es ist tròstlich Maiirer zu sein » (28). Egli si entusiasma per essa con tutto l'eu-- dore passionato della sua anima e canta la sua rinascita.

Entziickend ist's, in den geweihten Kreisen,

Durch Grabesnacht in Himmelsklarheit schaun (29),

(28) «Blatter f. 1. U. », 1834, cit., p. 1174. Si tratta di una lettera posteriore di qualche anno, ma tutti i suoi versi massonici di questo tempo son dominati da questa stessa idea.

(29) Ausgewàhlte Schriften, I, p. 59. La poesia è del 1794. Si os- servi l'espressione : in den geweihten Kreisen : essa mostra chiaramente

La sua personalità e le sue teorie mistiche 17

Gli par che l'aurora spunti finalmente nella « notte della sua anima », e scrive il Morgenlied, la prima poesia in cui egli si rivela tutto quanto. E il Morgen- lied è, io credo, un canto massonico: esso è tutto ani- mato dal progetto di {ar risorgere sulla terra il regno della Religione e di Cristo, sogno che fu il « Wahn » così curioso di tanti massoni, e che diede alla massoneria, sulla fine del secolo decimottavo, un enorme sviluppo. Il Werner gode di lavorare anch'egli alla grande opera:

Langst war es Mitternacht. In unsrer Vater Griiften Brannt'unser Lampchen nur ; ** Bald sprengt dein Ruf die Kliifte, Und Licht durchfleusst die Flur.

Ha il fervore d*un neofita, e non dubita dell'esito del- l'intrapresa.

Gelòst sind bald die Zungen, Geòff net bald die Bahn ; Bald ist der Sieg errungen. Die Palme geht voran. Gesprengt sind bald die Hallen, Bald flammt der Flammenstern, Und freie Volker schallen Alleluiali dem Herrn.

Wir haben es begorìtìen, Jahrhundert, merì^e drauj! Noch eh' dein Sand zerronnen, So endet unser Lauf ;

l'origine massonica della poesia. Anche il verso Durch Grahesnacht in Himmelsìflarheit schaun esprime un concetto assai diffuso frr i massoni del tempo. Cfr. ScHNEIDER, op, cit., cap. II.

G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 2

18 Zacharias Werner

Noch einmal zuckt die Hyder, SInkt dann in Grabesnacht, Und, Herr! dein Reich kehrt wieder, Das du so sckòn gemacht (30) !

Il Morgenlied nacque appunto durante i due placidi, idillici anni di Ploszk, che il Werner stesso contava più tardi come i più belli e sereni della sua vita.

Libero da ogni legame, egli viveva quieto, felice di una relativa calma, e nella calma spuntò il primo sogno religioso.

Ma presto le tempeste della vita di nuovo lo distrus- sero : quel sogno risorgerà, ma non avrà più giai la purità di questo primo momento.

Frattanto esso scompare. Il Werner, presa dimora a Varsavia, si lascia di nuovo travolgere nei piaceri facili della grande città corrotta, che egli descrive : « Alle Laster zùgellos, kein schuldloser Genuss » (3 1 ). Egli par- tecipa di questa vita. Per un paio d'anni corre di nuovo l'avventura con prostitute d'ogni specie, e vive di voluttà fino all'estenuazione fisiologica, e fino a che, con la este- nuazione fisica, la nausea morale risorge, e si rifa pre- potente.

(30) Ausgewdhlte Schriften, I, p. 64. I versi sono del 1795 e furono scritti in Ploszk. È singolare che anche il VlERLlNG, che al Werner massone pure dedica molta parte del suo libro, trascuri questa poesia, che pure è per il credo massonico del Werner importantissima. Il carattere massonico suo non ha bisogno di ulteriore dimostrazione per chi conosca le tendenze della massoneria del tempo. Cfr. SCHNEIDER, op. cit., cap. II. Pensieri analoghi si ritrovano del resto anche nella poesia An Deutschlandsdichter {Ausg. Schriftetì, I, 78), datata 1796.

(31) «Blàtter f. 1. U. ». 1827, p. 7.

La sua personalità e le sue teorie mistiche 19

In tutto questo tempo egli ha pur lasciate tutte le pra- tiche massoniche: fondatasi in Varsavia la loggia « Zum goldenen Leuchter », egli vi si ascrive, riportandovi l'an- tico slancio e l'antico entusiasmo. Una delle ragioni, che lo avevano allontanato dalla massoneria, era stata la delu- sione: la maggior parte dei confratelli suoi non avevano più lo spirito, da cui egli era animato: il suo sogno si era dimostrato come una illusione ingenua : egli aveva trovato soltanto piccole gcire d'egoismo, intrigo, mancanza d'ogni idealità vera, d'ogni sincerità. Nella nuova Loggia creatasi, ebbe ben ancora occasione di peirlar più d'una volta « ohne ein Blatt vor's Maul zu nehmen » (32), ma egli vi trovò degli spiriti affini, dominati dalla stessa idea sua, sognanti lo stesso suo sogno d'una rinascita religiosa per mezzo d'una rinascita della massoneria. E fra questi spiriti uno che egli riteneva grandissimo : Johann Jacob Mnioch (33).

(32) Ibid.. p. 7.

(33) Sul Mnioch V. l'articolo assai magro della « A. D. B. » (vo- lume XXII). Manca uno studio su questa personalità, che fu in stessa bensì secondaria, ma che esercitò un'influenza vasta, e che mostra assai bene Io stato di coscienza di molti spiriti, che, alla fine del se- colo XVIII, stanchi dell'aridità razionalistica della « Auf klarung » , non riuscirono tuttavia a liberarsene, e, cedendo in parte alle nuove ten- denze spiritualistiche e idealistiche che intomo a loro fiorivano, finirono di salvarsi nella religione. Anche per lo studio del Romanticismo nella Prussia orientale ha il Mnioch molta importanza : i suoi scritti raggiun- sero parecchie edizioni: anche le Auserlesene Schriften, Warschau, 1798- 1799, che pure accolgono lavori di sua moglie, ebbero tre ristampe. Per i dati biografici v. la «A. D. B. ». Nel voi. Ili fra i collaboratori dei « Gesammelte Blàtter aus dem Pulte vertrauter Freude » è anche il Werner, p. 399.

20 Zacharias Werner

* *

« Ich verdanke ihm confessa il Werner in Hinsicht meiner àsthetischen und religiòsen Ideen sehr viel » (34). Il Mnioch gli restituì le sue idee, ma formulate più chia- ramente, più logicamente fondate, meglio ordinate, e glie ne donò delle nuove, che s'accordavano con le antiche. Anche il Mnioch s'era educato essenzialmente sopra Rousseau e sopra Kant, come il Werner : aveva mante- nuto taluni elementi dell' « Aufklarung » da cui era uscito, aveva conosciuto e studiato Fichte, s'era nutrito di letture bibliche ; ma il fondo del suo pensiero era rimasto quello che l'ammirazione dei due grandi gli aveva fornito. Ciò che lo faceva parere ad Hitzig e ad altri un colosso (35), era la sicurézza, con cui si accostava a certe grandi idee, la determinatezza con cui le esprimeva; oltracciò una no- tevole ampiezza di vedute, che gli rendeva possibile di assimilarsi le concezioni di altri pensatori, di conciliarle, giungendo ad intuizioni proprie, disgregate nel fondo, ma talor nuove ed ardite.

Il Werner predica ora ai suoi confratelli il Vangelo umanitario, che fu tanto caro agli uomini del secolo XVIII ed ebbe nello Herder il suo massimo profeta.

In diesar grossen Stunde Verkiinde ich es dies cine nur ist Not!

Seyd Menschen !

Ein Anblick, der die Gottheit selbst erfreut, Ist reÌDe unentweihte Menschiichkeit (36)1

(34) Hitzig, Lebensabriss loc. cit.

(35) Ibid.. p. 16.

(36) Ausgewdhlte Schriften, I, p. 91. È. uno dei suoi Lieder massonici e porta la data: 1798.

La sua personalità e le sue teorie mistiche 21

Anche il Mnioch parte dalla stessa idea : « Siate uo- mini ! grida anch'egli soltanto così raggiungerete il vostro scopo! »

Ed esser uomini vuol dire tener conto di tutti gli ele- menti della nostra natura, nessuno escluso (37). Il Mnioch polemizza contro coloro che ripudiano la ragione: perchè ripudiare il più grande dono che Dio ci ha dato? Ma egli polemizza pure contro coloro che non riconoscono altro al di hiori di essa e prega:

O Gott lass die Vemunft

Nichi eigensinnig, und nicht allzu Stolz Auf ihre eigene Macht!

Anche i sensi hanno il loro diritto nella vita :

Die schone Sinnenwelt, Die du umsonst mit diesem Reiz nicht schmiicktest, Ist nur (ìir Sinne schon.

Se l'uomo allontana da se tutto ciò che non è ragione e spirito, « gestaltlos làge dann | die kalte todte Wcihrheit vor ihm da ». E il Mnioch continua parlando a Dio:

(37) Auserlesene Schriften, ed. 1798. I, 26. 367. Ili, 116. etc. Cfr. anche le Schriften, ed. 1794, s. 1. : Litanei, Ein didaktisches Gedichi iìber sittliche Aufkldrung. Vi è espressa sinteticamente tutta la visione della vita del Mnioch. Lo scritto si ritrova rielaborato e con nuovo ti- tolo nel voi. II delle Auserleserìe Schriften ora citate e delle edizioni successive che su questa prima son modellate. Cfr. anche nelle stesse Schriften, 1794, i Fragmente einer Neujahrslitanei: « Mach'alle Christen wiederum zu Menschen». L'influenza dello Herder sopra di lui è, per questo rispetto, evidente, com'è evidente anche pel Werner. Gli scritti dello Herder furono un vero focolaio d'idee, che rapidamente si di- vulgarono e diventarono patrimonio comune della coscienza spirituale del tempo.

22 Zacharias Werner

Du wolltest dass der Geist, Der in uns wohnt, in diesem Leib von Erde, Fiir scine kiinftige Welt, erst teifen solite, Und deine Schopferhand beschenkte diesen Leib Mit jener feinen Tierheit, die, halb Geist, halb Fleisch, Auf wunderbare Art, die beiden Wesen In sich vereinet. Nur in ihr geniesset Der Mensch sein Erdengliick (38).

Il Mnioch riconosce, come il Werner, la bellezza austera del principio Kantiano, e confessa che il far il bene perchè e il nostro dovere, contiene « seinen Lohn in sich selbst » (39) ; ma cerca anch'egli di moderar la legge ferrea che anch'egli condanna come poco umana. « La vita conce- pita così è un sacrifizio, ma chi sacrifica fa cosa più facile e fa meno, che colui il quale, con saggezza, gode ciò che Dio ha posto nel mondo, perchè lo si goda » (40). Il Mnioch ri- corre quindi a un'altra concezione che salvi l'uomo nella sua integrità, e non tolga alla vita ogni sorriso. La conce- zione, a cui egli giunge, ha molta analogia con quella edu- cazione estetica dell'uomo alla moralità, che propugnò in .seguito, con ben altra forza e con ben maggiore profon- dità di pensiero, lo Schiller. Anche il Mnioch intitola la sua epistola : « Ueber die moralisch-àsthetische Bil- dung » (40 ^^) , ma ciò che lo separa dallo Schiller è

(38) V. la cit. Litaney nelle Schrijten cit. e nel II voi. delle Auser- lesene Schrijten cit., passim.

(39) V. Schriften, 1794, cit.. p. XVI.

(40) Auserlesene Schrijten, II, 235.

Wer entsagt, Tut weniger, als wer mit Weisheit alles Geniessen kann, was zum Genusse da ist.

(AObis) Auserlesene Schrijten, II, 215.

La sua personalità e le sue teorie mistiche 23

l'edonismo a cui egli apeitcìmente indulge, la preoc- cupazione di esaltare anche il godimento. Esiste fra ragione e sensi una disarmonia: la ragione mira al bene, i sensi cercano il piacere: la soluzione del problema della vita sta nella composizione di questa disarmonia. Il primo peccato ha franto nell'uomo la sua unità interiore, ma la vita ha acquistato da quel momento uno scopo : quello che ogni individuo deve sforzarsi di ricostruirla in se con la forza della propria ragione e della propria volontà (4Ì). La lotta è aspra e la fatica grama :

Wir tanzen nicht durchs Leben, Wir muhen uns hinab (42) ;

ma non importa: il peccato originale è stato il punto di partenza verso un miglioramento dell'uomo inquantochè questi ora si deve risollevare all'cumonia con se stesso, ma con lavoro proprio, coscientemente:

Sey geschàtzt von uns, Du Widerstreit der Triebe mit sich selbst, Geschàtzt von uns, du angeborae Siinde (43).

La ragione deve diventare la nostra guida nei piaceri del senso e del sentimento, poiché la ragione raggiunge la vittoria, non in quanto li esclude, ma in quanto li sotto- mette. Questo è il vero trionfo dello spirito sopra la materia, e in questo trionfo è la vera felicità. Il bene e il piacere si identificano, e dalla identificazione nasce la

(41) Cfr. Litaney cit., passim. È uno dei pensieri fondamentali in- torno a cui il sermone si svolge.

(42) Auserlesene Schriften, III, 146.

(43) Schrijten, 1794. cit., p. 27.

24 Zachariàs Werner

gioia più alta, più intensa, più forte e più duratura che l'uomo possa provare : raggiungendo la felicità, l'uomo rag- giunge anche il suo scopo : « das Ziel der Menschheit steht nicht ausser uns » (44). Bisogna quindi educare i proprii sensi a quest'armonia con la ragione, educar se stessi a vincere la sensualità materiale, a sentirla come volgare e bestiale, in contrasto con la dignità umana: bi- sogna sviluppar questo orgoglio morale, ed abituarci ai go- dimenti, che quest'orgoglio soddisfanno : bisogna amare gli uomini, perchè amare è un « soddisfare se stesso uscendo da se stesso », la forma più alta possibile della fusione di virtù e godimento. Amore dev'esser l'anima della morale : fuori di esso non vi è che un « unmensch- liches Streben zum Ziel der Menschheit » (45): esso deve essere lo stimolo più potente della nostra vita. La moglie del Mnioch, donna di fantasia alata e di sensibi- lità squisita, è colei che comunicò al marito questa con- cezione ultima, che sta a base di tutti i suoi scritti (46). Il Werner aderì facilmente a queste idee, che confu- samente già vedemmo essergli balenate. E aderì anche più alla concezione religiosa, che il Mnioch al tempo

(44) Auserlesene SchrijicTi, I, 26.

(45) Ibid., I, 367. Cfr. anche intorno a queste idee, oltre la cit. Li- ianey e la rielaborazione dell'epistola Ueber moralisch-aesthetische Bil- dung, anche II, 144: «die Sinnlichkeit muss zu moralischen Zwecken erzogen und gebildet werden etc. » ; e cfr. anche nelle Schrifien, 1794, cit,, le note del Mnioch sullo stesso argomento, p. 61: «Die Determi- nierung der Sinnlichkeit zu moralischen Absichten durch Hoffnung und Furcht ».

(46) Nelle Auserlesene Schriften, voi. Ili si trovano scritti di Maria Mnioch, che specialmente riguardano l'idea dell'amore come anima della morale. Il mondo ideale è anche per il Mnioch quello in cui « Wahrheit und Liebe » riuniti in un solo raggio illuminano la vita.

La sua personalità e le sue teorie mistiche 25

stesso propugnava (47). Anche in questo campo il Mnioch parte da Kant, e lo corregge con Rousseau. La ragion teoretica pura non può dimostrare Dio : Dio sta sopra il mondo delle esperienze nostre e dei nostii ragionamenti : nessuno può distruggere il dubbio teoretico: Dio può sol- tanto esser dimostrato dal punto di vista pratico : Dio in- comincia a esistere dal punto a cui il nostro intelletto s'arresta. Oltracciò a Dio si crede perchè Dio si sente. 11 dubbio non indebolisce la fede, ma le un valore più alto, in quanto che la fede, che vien dopo il dubbio, è una confessione della propria debolezza, una rinuncia ad ogni egoismo e ad ogni superbia, una dedizione completa del- l'individuo alla Divinità. Dio è in noi e accanto a noi, r « Urquell alles Lichts und Feuers » (48). E noi lo pos- siamo sentire, perchè

Durchs Licht im Haupt, durch Pein im Busen Slnd wir der Gottheit anverwandt (49).

La religione è l'oggetto di molti fra gli scritti del Mnioch. E le sue opinioni religiose hanno lo stesso ca- rattere che le sue teorie morali. Religione è uno smarri- mento nel senso della Divinità. Noi ci rappresentiamo Dio secondo le leggi del senso di cui siamo schiavi, e gli diamo una forma secondo le tendenze della nostra fantasia: ed è naturale : noi adoriamo Dio e lo dobbiamo adorare secondo

(47) Tutti gli scritti del Mnioch toccano più o meno la religione. La citata Litaney indica chiaramente la posizione della religione nella sua a Weltanschauung » . Ma v. sopratutto il volume II delle Auserlesene Schrifien: p. 105: « Einige Ideen zu einer Theorie der Gebetformein ».

(48) V. Auserlesene Schriften, III. p. 116. Intorno a «Dubbio e reli- gione» V. Schriften, 1794, p. 81 Zweifel und Glaube »). Si ritrova la poesia anche nelle Auserlesene Schrijten.

(49) V. Litaney cit., p. 17.

26 Zacharias Werner

le leggi della nostra natura (49^^*); ma la condizione della purità del nostro sentimento è che noi teniam presente che tutti questi elementi esteriori sono una creazione nostra, il hutto della nostra « Beschrànktheit ». « Bei alien Rùhrungen auch der besten Religion, muss unsre Phantasie und unser Herz so trunken werden, dass wir vergessen, dass unsre Vernunft jene sinnlichen Vorstellungen von Gott nur permittirt hat, ohne sie desswegen selbst fiir wahr zu halten und anzunehmen » (50). La religione riposa quindi sul puro sentimento. Il culto esteriore, la preghiera, tutti i mezzi, che giovano a tener vivo questo sentimento ed a renderlo intenso, non son soltanto cose legittime, ma neces- sarie e lodevoli, la poesia della religione. Soltanto noi non le dobbiamo scambiar per la religione in se, la quale non è che il sentimento che in tali forme si esprime. « Fùr Phantasie und Herz miissen die rehgiòsen Ideen versinn- licht werden » (51). Lo scopo della preghiera, del culto non è Dio, ma siam noi : preghiera e culto sono mezzi per cui noi ci avviciniamo a Dio. E anche il Mnioch giunge così ad un pensiero, che noi già trovammo preceden- temente nel Werner: se la religione è sentimento, essa può pervadere la vita di un continuo ininterrotto senso del divino.

(49 bis) Schriften, 1794, p. 78 e segg. : «Die Religion muss die sinnlichen Vorstellungen von Gott nicht aufheben». V. nelle Auser- lesene Schrijten, accanto alla lettera «Ueber moralisch-aesthetische Bil- dung » e accanto alle « Ideen zu einer Theorie der Gebetformeln » , anche le osservazioni intorno alla « Versinnlichung der religiosen Ideen fur Phantasie und Herz», II, p, 132.

(50) V. il cit. commento del Mnioch alla Litaney cit.

(51) Ibid., passim.

La sua personalità e le sue teorie mbtiche 27

Concezione morale e concezione religiosa si fondono nella concezione della morte, la quale appare altamente desiderabile. La vittoria, prima momentanea, dello spirito sopra la materia, dell'anima sopra i sensi diventa, con la morte, completa, in quanto che noi veniamo liberati da quel giogo, che la vita mondana imponeva a tutti i nostri godimenti e a tutti i nostri pensieri. La vita dell'anima e il godimento e la felicità persistono, ma non hanno più bisogno di esserci trasmessi attraverso i sensi definitiva- mente sconfitti. La morte non è un troncamento della vita, ma l'epilogo e la conclusione dei nostri sforzi: essa è per l'uomo la gucu-igione:

In des Grabes stiller Kammer Ist der kranke Leib genesen (52).

Il Mnioch conserva all'uomo nell'altra vita anche il corpo, ma sottratto alle leggi terrene a cui esso in questo mondo era soggetto.

E, d'altra parte, la morte, essendo un passaggio all'im- mortalità (52^^) e riportandoci a Dio purificati, ci rende pos- sibile e completo quell'avvicinamento a Dio e quello smar- rimento in Lui che nella vita mondana era tanto limitato. La bara e la tomba devono essere incoronate : « Wir krànzen den Sarg und das Grab ».

Il pensiero della morte diventa un conforto, senza che esso distragga dal godere la vita: la morte ci rassicura

(52) Auserlesene Schriften, III, p. 131. È uno dei «Lieder» massonici composti dal Mnioch pei colleghi della sua loggia.

{52 bis) Intorno alle idee del Mnioch sull'immortalità v. specialmente la poesia Ueber die Unsterblichkeit : « Ich werde seyn wenn schon Jahrhunderte, etc. », che già si trova nelle Schriften, 1794, p. 193.

28 Zacharias Werner

nella nostra gioia, indicandoci il momento in cui questa diventerà più alta ed eterna, ci consola nelle ore tristi di lotta, di fatica e di scoramento. Tutto ci appar piccolo al confronto:

Wir werden alle Platz und Raum In unsern Grabern haben (53).

Il Werner accetta tutti questi pensieri, che ritroveremo a base dei suoi scritti, ma, assorbitili, va oltre per la sua via. Malgrado questa conclusione ultima, il Mnioch non era un mistico: aveva un troppo lucido senso della realtà e un troppo grande equilibrio nel suo spirito, perchè potesse diventar tale. Per il Werner, invece, questi pensieri non son che uno spunto per butteirsi a capofitto in entusiastici rapimenti : il « guter Freund » che accu- sava la sua poesia Phantasie di « Empfindelei » e di « Schv^àrmerei », e lo induceva a scrivere la palinodia Wahrheit, era, io credo, il Mnioch medesimo (54). Il quale, però, non bastò a trattenerlo. Se si confrontano

(53) V. cit. «Lied» nelle Auserlesene Schrifterì, III, p, 131.

(54) V. la poesia Phantasie e la palinodia Wahrheit nelle Ausge- Wàhlie Schrijten del Werner, I, p. 92 e p. 97. Che il Werner abbia scritto la palinodia in seguito a rimostranze di un amico, dice il Werner stesso nella sua poesia. Ora le idee che l'amico oppone alla esaltazione lirica da lui fatta di sentimento e fantasia sono quelle da noi sopra esposte : la conciliazione fra vita di senso e vita di pensiero, fra « Gefiihl » e «Vernunft». Abbiamo infatti ricordato come il Mnioch ritenga del- l'« Aufklarung », di cui subì l'influsso, la celebrazione della ragione: citerò ora a questo proposito qualche passo per dimostrar l'afferma- zione. II Mnioch desidera « dass der Mensch die Ueberzeugung des ruhigen Verstandes und der kalten Vernunft auch in der heissen Stunde der Handlung respektirt » {Schrifien, 1794, p. 72), e in conformità di questo principio, in accordo con le altre idee sue, descrive Io stato ideale della vita umana nella maniera seguente :

La sua personalità e le sue teorie mistiche 29

i suoi canti massonici con quelli del Werner, si osserva subito come questi si sia avventurato assai più oltre di lui nell'esaltazione dei sentimenti mistici. Ben predica an- ch'egli che

Nur die Kerze heiliger Vernunft Leuchtet in der rechten Maurerzunft ;

ben predica anch'egli « Spannkraft, Mut und Tatengeist » e canta le bellezze dell* « ewig Schònes » e dell' « ewig Wahres », in contrasto con Erdentand » (55); non ap- pena però s'abbandona completamente all'ispirazione, su- bito ripudia la ragione ingannatrice :

Scheinvernunft, nimin" deine Schàtze wieder, Deine Lockung, deine Schmeichelei, Kehre wieder, holde Schwannerei, Senke dich auf meine Schlafe nieder (56),

Vollendet aber wird Der pràchtige Bau von Boden sich erheben, Wenn einst die Hand der Stàrke an den Pian der Weisheit Gefesselt ist vom sanften Band der Schonheit, Wenn zu dem frohen Chor der Grazien Die ernste Nemesis sich schwesterlich gesellt, Und durch veredelten Geschmack am Reiz des Guten Durch jenen heiligen Geist, um den wir tàglicK leben, Sich endlich die Vernunft zum Herm der Sinnlichkeit Emporgeschwungen hat. {Schrijten, 1794, p. 16).

Date queste idee, le relazioni fra il Werner e il Mnioch rendono la mia ipotesi verosimile, che l'amico di cui il W. parla, sia il Mnioch stesso.

(55) V. Phantasie cit., Ausgewàhlte Schriften, I, p. 92.

(56) Ibid., %. In quale delle due poesie il vero Werner sia da cer- care mostra anche la diversità di ispirazione di esse. La prima è piena di slancio e di impeto e sente tutto il calor lirico della sua origine, la seconda è arida e ragionatrice e sente la composizione a tavolino.

30 Zacharias Werner

Difendeva il Mnioch 1*« Aufklàrung », ripudiando la falsa concezione, che i più ne avevano, e sognava Favvento di una « Aufklàrung » novella, che superasse la ristrettezza di spirito, che la precedente « Aufklàrung » aveva dimo- strata: il Werner canta al contrario:

Ist es das das Ende deiner Gaben,

Das dein Licht, Tyrannln Aufklàrung ? (57)

E, preludendo a Novalis, a Tieck e a Schlegel, si smarrisce nella rievocazione dei tempi, in cui la religione dominava tutti gli spiriti e tutte le forme della vita, si sconsola nel veder che tutto è polvere e ruina dove un giorno era vita ardente e slancio delle anime verso Dio : uomini e donne, guerrieri e poeti, tutti si inginocchiavano dinnanzi alle immagini di Maria e dei Santi, dinnanzi a Cristo benedicente dalle braccia stese sopra la Croce: la religione affratellava tutti in un culto solo, fondeva IWdore di tutte le anime in una fiamma sola, ascendente molti- plicata al cielo : l'arte fioriva sbocciando da questa vita ricca e pura meravigliosamente, e l'artista era un messo di Dio, annunciante in forme di bellezza eterna il Verbo della eterna Verità. E sogna il Werner che quel tempo ritorni, e in tutti i cuori ridivampi l'antico entusiasmo, e ognuno senta in se la voce di Dio risuonare:

Das Firmament wird unset Tempel seyn Und alle Menschen unsre Zunftgenossen ! Dann saugen wir im Schosse der Natur Au8 deinen Brùsten, Mutter Isis, nur (58).

(57) Ausgewahlie Schrijterì, I, p. 96.

(58) Ibid., p. 92.

La sua personalità e le sue teone mistiche 31

* * *

Tutto ciò prima delFawento dei Romantici. Si può dire, quindi, che una parte delle idee fondamentali dei primi romantici giaccia fin d'ora in germe in lui. E, poiché i romantici glie la presentarono meglio organizzata, meglio approfondita, insieme con grandi idee nuove, qual mera- viglia che egli si sia tutto concesso con entusiasmo alla nuova corrente, e che sotto Finflusso di essa abbia siste- mato definitivamente il suo pensiero? (59). Anche il Mnioch

(59) Poco venne indagato sopra le sue relazioni coi romantici fino al PoPPENBERG (Z. Wemers « Sòhne des Tales » cit.), che dedicò all'ar- gomento parte del suo studio. Ma il Poppenberg, che scriveva nel 1895, prima che gli studi sul Romanticismo prendessero quella voga che ebbero negli ultimi tempi, e conducessero a quei risultati che negli studi sinte- tici del WaLZEL, della HuCH, della JOACHIMI, del pARINELLIsi possono veder riassunti, limita la sua indagine alla misticità erotica che presso taluni romantici compare. Poco aggiunse per questo rispetto al Pop- penberg il FrankEL nel saggio stilistico-tecnico sulla Weihe der Kraji cit. : il VlERLING vi dedicò bensì il secondo capitolo del suo volume Z. Werner et Fècole romantique, ma egli ha del romanticismo, che confonde con tanti movimenti spirituali talor analoghi talora anche di- versi, una visione, se possibile, ancor più imprecisa e confusa di quella delle idee del Werner, e, malgrado alcune osservazioni originali qua e là, voi vi cercate invano luce sull'argomento.

Questa osservazione vale i>er tutta quella storia delle idee del Werner che io venni schizzando sinora in questo capitolo e che dovrò svolgere in seguito, come già avvertii nella prefazione.

Siccome, determinando le relazioni della e Weltanschauung » del Werner con le idee dei romantici, io mi riferisco spesso a pensieri di- ventati ormai possesso comune di tutti gli studiosi di questo periodo let- terario, io non dò, se non quando mi pare assolutamente necessario, al- cuna bibliografìa. Questa si può trovare nella Appendice al Roman- ticismo del Farinelli, Bari, 1910, da integrarsi con i resoconti del WaLZEL nei et Jahresberichte fur deutsche Literaturgeschichte » per gli anni seguenti.

32 Zacharias Werner

divideva il suo entusiasmo, entrava in relazioni personali col Tieck, inneggiava ai nuovi ideali, cantava con i versi Hellenik und Romantik, pubblicati nel « Taschen- buch » del Tieck e dello Schlegel, il nuovo sogno di poesia (60). Il Werner confessa di dovere alle Reden uber die Religion dello Schleiermacher « sehr viel Auf- regung in ihm geschliimmerter Ideen » (61), ed esalta i romantici tutti quanti : « Ich schàme mich nicht es zu sagen ; ich bin ganz Tieckisch ; ich liebe v^as er schreibt von ganzer Seele : er und Wackenroder sind in ihren Schriften liebensv^ùrdige Menschen, Schlegel halb Gott, halb Unmensch, Goethe, wenn du v^illst, ein Gott, aber ein uns selten ganz befreundetes Wesen » (62). I loro libri sono « einzig », ed egli ne spera « Trost noch auf dem Sterbebett »; il Wackenroder è un gigante della religio- sità vera e della vera poesia (63). Quest'entusiasmo in-

(60) Ritrovate questi versi anche nella cit. ed. delle Auserlesene Schriften.

(61) Lo scrive allo Hitzig. Per le sue lettere allo Hitzig, io mi rife- risco alla biografia dello SCHÌJTZ cit. nelle Ausgewàhlte Schriften, dove esse son riportate, anziché al Lebensabriss dello HiTZIG medesimo, e ciò per comodità di citazione e per render pivi facile il raffronto. Vedi dunque ScHÌJTZ. Ausg. Schr. del Werner, XIV, p. 26.

(62) Ibid., p. 29. Cfr. anche la lettera a Regiomontanus nei « B lattar f. 1. U. », 1827, n. 1: «Ja, mein alter Freund, ich leugne es nicht; ich ehre das Streben der Schlegel, des Tieck ; ich ehre die alte Kunst, ich liebe die Religion, und das romantische Leben, das mit der erstern innigst verwandt ist». Cfr. anche le lettere del Werner al Peguilhen e ad altri amici nel- « Gesellschafter » del GuBITZ, 1837, Genn., Marzo, e 1839 passim; le notizie del GuBITZ negli Erlebnisse, I, cit., e i brani numerosi delle lettere allo Scheffner nei « B lattar f. 1. U. », 1834. cit., che ai romantici e al romanticismo si riferiscono. Anche nella lettera stampata, «Euphorlon», 1895, p. 361, si trovano confessioni del Werner a questo proposito. E cfr, pure DOROW, Erlebtes., Berlin, 1868.

(63) Ausgew. Schriften, XIV. p. 45.

La sua personalità e le sue teorie mistiche 33

condizionato e crescente è tanto più significativo, inquan- tochè nelFambiente in cui egli vive, i libri dei romantici restano ancora completamente senza eco : « diese Bùcher sind hier kaum gekannt » (64). Una stretta parentela di anime appaie fuor d'ogni dubbio, sebbene i romantici di fronte al Werner si sian mostrati e vedremo che dovevan mostrarsi (64''*0 avversi.

Conosciuti i romantici, il Werner si allontana dal Mnioch, e prende risolutamente posizione contro Aufklàrung »: « Ich glaube dass die durch jàmmerliche einseitige Aufklà- rung des Verstandes so tief hinabgesunkene Menschheit nicht noch mehi* aufgeklàrt, sondern abgeklàrt werden muss » (65). Essa ha fatto perdere il senso degli alti destini umani ; nel volgare, nel terreno ha soffocato lo spirito, e gli uomini vivono giorno per giorno la loro vita piccola e inu-

(64) Allo Hitzig che si reca a Berlino e sta per conoscere personal- mente i promotori del nuovo movimento letterario. SCHiJTZ cit., pa- gine 43-45.

(64 bis) S'intende che durante l'evoluzione delle sue idee, che dovremo in seguito seguir davvicino, la posizione del Werner di fronte al Roman- ticismo fu diversa nei diversi periodi che egli attraversò. Dei singoli particolari nei singoli periodi, e della evoluzione sua anche rispetto al Romanticismo faremo parola p'm tardi, quando di quei periodi ci toccherà discorrere. Ora io mi limito a segnare i principi fondamentali della « Weltanschauung » del Werner, come essi in lui fino alla sua con- versione al Cattolicisrao generalmente si conservarono, e a metterli in relazione con le idee romantiche, di cui essi subirono l'influsso. Nei di- versi momenti dell'attività poetica Werneriana, fu or l'uno or l'altro di questi principi, che, col progressivo imporsi delle sue personali tendenze, prese sugli altri il sopravvento ; in conformità di questa trasformazione si svolsero anche in lui le relazioni coi romantici, che furono nei diversi momenti talor più deboli e talor piìi intense di quanto dal quadro ge- nerale che ora farò potrebbe apparire, ma che però sulla base in questo quadro descritta sempre si mantennero.

(65) Lettera a Regiomontanus, « Blàtter f. 1. U. », cit., 1834, n. I.

G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 3

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tile, credendo di possedere la verità, perchè han rinnegato tutto ciò che non cape nel loro cervello angusto : bisogna liberarli da questa tirannia del « Verstand », che li ha fatti cadere così al basso, render di nuovo possibile all'immagi- nazione, guidata dal sentimento, il suo volo : « Soltanto per mezzo dell'Immaginazione l'uomo può sentirsi parte del- l' « unendliches Weltall » che lo avvolge, e, perciò che questo Tutto è emanazione di Dio o Dio stesso, parte della divinità » (66). E il Werner s'accosta ai romantici anche sotto un altro aspetto : considera l'uomo come l'espressione finale e il riassunto di tutto il creato : « Mensch und Welt sind Synonima (w^ie etwa das sich in einem Cylinder abspiegelnde Bild einer darunter gelegten verstellten Zeichnung) » (67). L'uomo non deve cercar la scienza

(66) Cfr. le lettere allo Hitzig, allo Scheffner, al Peguilhen cit., passim. Importante come sintesi del Credo werneriano e dei suoi rap- porti coi romantici è specialmente la lunga lettera al Peguilhen, ripor- tata dal GUBITZ anche negli Erlebnisse cit., I, p. 217 e seg. Cfr. parti- colarmente, a proposito di questo pensiero, p. 220, e cfr. anche special- mente SCHiJTZ cit., p. 25 e segg. ; « Blatter f. 1. U. », 1834, p. IIÓ9 e segg.; « Gesellschafter », 1837, p. 17 e segg. La definizione che il Werner della fantasia è, nelle sue numerose variazioni, basata su questo motivo tematico : « Die Phantasie ist die Grundkraft des Men- schen sich als Teil des ihm umgebenden Weltalls und wenn ich es plump sagen soli als Teil der Gottheit zu fùhlen ; sie ist das Ge- fiihl bis zu der Annaherung des Unendlichen ». E il Werner crede che ciò sciolga tutti gli enigmi : « Durch diese Hypothese erlautest sich die Wahrheit von unendlichen Dingen die ewig wahr und doch ewig unbegreiflich sind». Chiunque abbia un po' di famigliarità con le Reden dello Schleiermacher, con i Fragmente dell'a Athenàum », con le Her- zensergiessungen del Wackenroder e con gli scritti di Novalis non abbi- sogna di raffronti a questo passo. Cfr. sulla fantasia e i romantici SlMON, Der magische Idealismus, Heidelberg, 1908.

(67) V. «Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1170. È questo il punto che portò lo Schelling e i romantici a quella unione, da cui le teorie ro- mantiche si vennero formando, e il sistema schellinghiano della identità si venne determinando.

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dell'universo al di fuori di se, perchè contiene in se me- desimo tutto il segreto dell'universa vita. Anche per il Werner la base della vita umana e la nostalgia dell'as- soluto, l'aspirazione all'infinito. Ora, dove troverà l'uomo soddisfazione a questa tendenza, fuorché nella contempla- zione di se medesimo, dal momento che tutto l'universo è in lui? (68). La fantasia, che, guidata da uno stimolo interiore, si spinge oltre i limiti del « Verstamd », non è una sirena ingannatrice, ma una annunziatrice della suprema verità. E il Werner come i romantici una grande importanza all'Inconscio nell'uomo, poiché l'Inconscio è istinto di natura amcora incontaminato, e, perciò, fonda- mento della retta vita : la scienza non è se non un diventar luce di questo Inconscio stesso (69).

* * *

Se il punto di partenza è, ora, identico, tuttavia non tutti gli aspetti del Romanticismo si rispecchiano nel Werner, e quelli che vi si rispecchiano ricevono un particolare carattere dal suo temperamento (70). Oltracciò egli muove

(68) V. Erlebnisse del GUBITZ cit., p. 222; «Blàtter f. 1. U. », 1834, p. 1171 e segg. ; « Gesellschafter » cit., p. 54 e segg.

(69) Perciò identifica il Werner fantasia e sentimento. Con chiara evidenza ha illuminato questo aspetto del Romanticismo RlCHARDA HUCH nella Blutezeit der deutschen Romantik ; cfr. anche la JOACHIMI- Dege, Die Weltanschauung der Romantik, e Shakespeare-Probleme in der deutschen Literatur des XVIII. lahrhunderts (quest'ultimo nelle Walzel-Vntersuchungen), È del resto il principio fondamentale della Traszendental-Philosophie dello Schelling.

(70) Cfr. Frankel, Z. Werners ic Die Weihe der Krafti> cit., p. 101 e segg. W, Schlegel, Vorlesungen iiber dramatische Lit. u. Kunsi. (in Sdmmt Werke, ed. BÒCKING), p. 130 e segg.

È in questa differenza che l'avversione dei romantici contro il Werner ebbe origine. Mentre essi non trovavano presso di lui molte delle idee

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per sue vie dietro un sogno di esclusivo misticismo che ai romantici era estraneo.

Osservate infatti le idee che egli esprime intorno alla natura. Egli accetta il principio Schellinghiano dell'iden- tità, ma, se, quando ne paila, si serve di frasi roman- tiche, ne tira però fuori una mescolanza così strana di fantasie infondate, che soltanto un uomo interamente pro- fano agli studi della natura la poteva metter insieme (7 1 ). La purità di intenti, e l'onesto sforzo di studio, di cui pa- recchi romantici in questo campo diedero prova, dovevano adombrarsi davanti a fantasticaggini mistiche del genere di quella che segue : « Die Emanation der Gottheit ist das reine Licht : so bald es zur Erde strebt, verliert er scine gòttliche Eigenschaft, es wird Feuer und, mit den anderen Elementen zusammengekettet, lebt es zwar, aber ein isolirtes eingekerkertes Leben. Demungeachtet, strebt es unaufhòrlich, sich mit dem Urlicht zu vereinen, und wird zu dieser Vereinigung, durch Sonne und Mond, deren Feuer jenem Urlicht schon nahe ist, angezogen. Es belebt die Kòrperw^elt : aber auch dieses eben ist der Kerker, den es nicht brechen kann. Das Salz Mercurius selbst verliert scine Kraft, durch die Kàlte erstarrt. Die gròbere Materie verdunkelt das Licht und druckt es; je schwàcher der Druck dieser Materie ist, desto freier kann das Licht vsrirken ; daher Schwàchlichkeit der gròberen Materie

a cui più tenevano, vedevano d'altra parte quelle che egli accettava assumere una (orma talor volgare e sempre in ogni modo più mate- riale : questo diventar triviale di ciò che essi avevano di più caro li rivoltava come una profanazione.

(71) «Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1170. Il Werner svolse questi pensieri simbolicamente anche nella leggenda di Phosphoros inserita nella seconda parte dei Sòhne des Tales.

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(Krankheit) das reinste Leben des Lichtes (des reineren Grundstoffes) ist. Die Vorbotin der Eilòsung des Lichtes ist also die Krankheit, und die ihr folgende Sehnsucht ins Unendliche zu zerrinnen. Das hòchste S5anbol seiner zu erwartenden Wiedervereinigung mit Gott, ist der Regen- bogen, in dessen Centro sich die reinsten Strahlen spie- geln. So wie dieser Regenbogen durch den Widerschein der wasserschwangern Wolken entsteht, so ist auch der eigentHche Erlòser (Heiland) des Lichtes das reine Wasser, was, mit seiner wollùstigen, alles vereinigenden Kraft, sich seiner endlich ausschHessend bemàchtigt, und, indem es das Feuer verlòscht, das reine Phlogiston seinem Urquell zurùcksendet » (72).

Il pensiero fondamentale : lotta fra materia e luce è Schellinghiano, la vivificazione e la spiritualizzazione dei fatti naturali è pienamente romantica, e romcuitico è il me- todo analogico di ricostruzione : l'insieme tuttavia è cosa che non ha presa da nessuna paite, un non senso incon- cludente, e l'infusione di mistica che il frasario rivela è cosa tutta werneriana.

Tutta la sistematica base filosofica, su cui i romantici fon- darono le loro teorie, viene quindi nel Werner a mancare. Se notevoli analogie con quella romantica presenta la con- cezione della vita umana, su cui tutti i suoi sforzi di pen-

(72) L'influenza del Bòhme su questa fantasticheria che ha punti di contatto anche con le fantasie ricordate del Mnioch nella Litaney sulla luce e sul fuoco che nell'uomo si trovano, tutt'e due emanazioni della divinità, è evidente : « Das Feuer ist peinlich und verzehrlich scrive il Bòhme und das Licht ist gebend, freundlich, kraftig und freudenreich ». Sàmmtliche Werl^e, ed. ScHIEBLER, Leipzig, 1831, I, 104. Intorno alla luce e al fuoco ha il Bòhme un po' in tutte le sue opere fantasiato.

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siero son concentrati, anch'essa però, mostra, nella fram- mentarietà dei suoi elementi, una grande disgregazione, e una forte mescolanza di elementi personali.

Il Werner separa, come lo Schleiermacher, la religione e la morale nettamente. L'una può giovare all'altra, in quanto che tutt'e due sono purificazioni dello spirito, e l'una e l'altra possono più facilmente svilupparsi in un'anima preparata : i loro campi però sono completa- mente distinti : « Die Moral bedarf der Religion nicht, und diese, die selbst der hòchste und letzte Zw^eck der Mensch- heit ist, kann nicht als Mittel gebraucht w^erden. Religion ist der Mond, der aus der Silberflut einer reinen Seele (aus der Sittlichkeit) emporsteigt ; er kann die Flut (das Gebiet der Moral) beleuchten, aber er hat mit ihm nichts gemein ; sein Glanz erhellt ebenso den Aether der Kunst und die Flur des wirklichen Lebens, er bringt Licht in das chaotische Dunkel um und in uns » (73). Tra mo- rale e religione, però, l'interesse del Werner non è equa- mente ripartito. Date le sue tendenze mistiche, la reli- gione ha di gran lunga il sopravvento. Ben assegna egli a tutte e due eguali diritti, ma conclude dando, senza volerlo, alla religione il privilegio.

Egli, che non aveva un senso morale troppo svilup- pato, non poteva neppure indirizzare spesso i suoi pensieri verso questo problema. Nelle così frequenti professioni di fede, che egli fece nei suoi libri e nelle sue lettere, la morale fa sempre una comparsa, ma fugace : egli la ri-

(73) Allo Hitzig. SCHUTZ cit., p. 34 e segg. Cfr. « Blàtter f. 1. U. ». 1834. p. 1337; «Gesellschafter», 1837, p. 54 e segg. Cfr. anche GuBITZ, Erlehnisse cit., p. 226: « Eine religiose Moral ist eine Contradictio in objecto ».

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tiene « hocherhaben », ma « prosaisch » (74). Egli scrive ad Hitzig su questo soggetto : « Wir verachten beide gleich stark einen Studenten, der sich einbildet, ein Schle- gelianer zu sein, weil er die Moral làppisch traktirt, als eine alte Kindermuhme ; Moral und Verstand miissen sein, sind von dem Menschen unerlàsslich » : morale e ragione sono il necessario e sicuro « Pilgerstab zum Erden- wallen » (75). I sinceri sforzi dei romantici verso una rinnovazione della morale secondo certi loro principii che essi ritenevano più alti e più veri, le idee che risultarono da questi sforzi (idee amorali soltanto per chi le frain- tende) rimasero pel Werner lettera morta. Ben si può notare un riflesso di queste idee quando egli afferma : « Wir ahnen eine Stufe der Cultur auf der Moral Not- wendigkeit und Verstand Anschauung wird », e trova questa « Ahnung » nel « Gefiihl », che, « amalgaman- doci nell'universo », ci induce a seguir conscii le leggi di natura, a cui l'universo ubbidisce inconscio (76): ma questo momento è passeggiero e di importanza secondaria. Questa concezione morale non si è in lui maturata, e, quando egli discorre di morale, ha, in generale, presente l'imperativo categorico kantiano, che egli dice di voler tener fermo. Ora l'imperativo kantiano sta agli antipodi della concezione romantica della morale organica. Vollero

(74) Allo Hitzig. ScHUTZ cit., p. 34.

(75) Ibid., p. 35.

(76) Ibid., p. 36. Cfr. anche GubitZ, Erlebnisse, I. p. 219 e « Blàtter f. 1. U. », 1834, p. 1337, lunga lettera allo Scheffner sull'argomento.

Questa è per l'appunto la tendenza fondamentale che oppone i ro- mantici a Kant sotto questo rispetto. V. H. GSCHWIND, Die eihischen Neuerungen der Friìhromantik, Bern, 1903, nelle Vntersuchungen del WaLZEL, e JoacHIMI-Dege, Die W eltarxschauung der Romantik cit.

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Stabilire sotto questo rispetto una affinità fra lui e i roman- tici, in quanto riscontrarono una analogia fra il suo tenore di vita e le idee che questi professarono (77), ma la con- clusione sarebbe giusta soltanto se egli fosse vissuto come visse in conseguenza di tali convinzioni. Il che è comple- tamente errato. La giustificazione, che egli farà dei suoi traviamenti erotici, sarà fatta non da un punto di vista mo- rale quale quello dei romantici, ma da un punto di vista religioso e mistico (77^^*), o da un punto di vista kantiano. In fondo la morale è, per il Werner, la legge di un mondo inferiore (78), e, quand'egli pretende che si di- stingua in lui l'uom pratico dal poeta, ciò accade perchè il pensiero morale è escluso dal mondo della sua poesia ove domina, signore assoluto, il pensiero religioso. Mondo della vita e mondo della poesia diventano in parte estranei l'uno all'altro, non già perchè il primo è realtà in cui la teoria deve esser messa in pratica, e il secondo è fantasia cui la teoria resta inapplicata, ma perchè le leggi dei due mondi sono assolutamente diverse (79).

(77) Stabiliva quest'analogia, anzi quest'identità già il PoPPENBERG, op. cit., p. 53 e segg. ; la riprese e la svolse ancora ulteriormente il VlERLING, op. cit., cap. III.

(77 bis) Die Weihe der Vnkraft, ed. MlNOR, nella Kur$chner d. Nat. Lit. cit.; cfr. la Introduzione alla Mutter der Makkobder {Ausgewàhlte Schrijten, X, p. V e segg.); cfr. anche il Tagebuch nelle Ausg. Schriften, XV ; Frammenti del tempo della conversione, passim ; e «Blàtter f. 1. U.». 1827, n. 2.

(78) Considera infatti la morale come una specie di non necessaria serva della religione. Ben può la religione fare a meno di essa, perchè essa medesima è tanto che può bastare a stessa ; ma la religione sboccia e fiorisce più facilmente e meglio in un'anima pura. Lo spirito umano scrive infatti il Werner al Peguilhen deve a von dem klaren Wasser der Moral erst ausgespult sein, ehe der kostliche Wein der Religion in ihn gegossen werden kann».

(79) Ausgewàhlte Schrijten, XIV, p. 33.

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Per il misticismo, invece, il Werner si appassiona e lo difende accanitamente contro ogni accusa: « Mysticismus ist der Abglanz der Gottheit im Menschen » (80) : misti- cismo è Televcizione suprema, lo stato ideale dell'uomo ascendente verso il suo scopo finale.

Ma anche nella esaltazione della religione il Werner, partendo dallo Schleiermacher, se ne allontana per seguir vie proprie. La religione e per lui, come per lo Schleierma- cher, sentimento dell'Infinito. Ma lo Schleiermacher con- cepiva questo sentimento come indissolubilmente unito ad una intuizione, e trovava nella religione stessa la intuizione dell'Essere Universo, che è precisamente l'antitesi di tutte le limitatezze che sono in noi, e che è tale che tutto ciò che ci circonda può essere a lei ricondotto, una contem- plazione dell'universo a cui noi apparteniamo ; il Werner invece, che ha molte incertezze, e si contraddice spesso, resta generalmente fedele all'idea del Mnioch : la reli- gione è sentimento, un sentimento ineffabile, come « quando al tramontar del sole il pensiero si disperde in regioni vaghe e lontane e l'anima è travolta da un'onda di no- stalgia inesprimibile verso qualcosa di indistinto, che è in fondo la liberazione da tutti i ceppi che ci stringono » (81). « L'anima non può contemplare Dio, ma soltanto brillare in lui » (82). Concepita la religione così, s'intende che

(80) «Blàtter f. I. U.», 1834. p. 1337.

(81) Ibid., p. 1171. Cfr. GUBITZ, Erlehnisse, I, 220: « Gefiihl bis zu der Anschauung des Unendlichen gebildet ist Religion. Diese ist also lediglieli Gefuhlssache, und stellt uns kein Ideal auf ; sie kann also weder demonstrirt v/erden, noch uns zum Pflichtbegriff bringen » . Sfugge questa fondamentale differenza anche al POPPENBERG, p. 19 e segg.

(82) Nel brano cit. nella nota precedente si parlava ancor di «An- schauung», e l'influenza Schleiermacheriana era ancora più evidente;

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rindifferenza dei culti e delle confessioni predicata dallo Schleiermacher è anche dal Werner pienamente accet- tata, malgrado il diverso punto di vista: tutte le forme sono legittime quando sono spontanee, espressione natu- rale del sentimento che s'agita in fondo all'anima. Era già stata anche l'idea sua e del Mnioch. Anche per lui la fede nell'immortalità dell'anima è, perciò, non necessaria alla religione : quando lo Hitzig gli scrive di ripugnare ad una tale credenza, egli gli risponde che ciò non im- porta nulla, e che egli stesso, se vuole essere sincero, in fondo in fondo, non è neppur lui completamente con- vinto (83). Anzi, per il Werner, la stessa credenza in Dio se almeno con questa parola s'intende parlar di un Dio personale non è necessaria (83^^*). Sfuggendo Dio alla contemplazione, sfugge a qualsiasi determinazione : qualsiasi determinazione al contrario è legittima sempre, se il nostro spirito si può accostare a lui soltanto con tal mezzo. Così egli canterà il Cattolicismo, la Massoneria, Lutero, indifferentemente, fino al giorno in cui si butterà nel seno della Chiesa Cattolica, e anche allora ricondurrà la religione non alla contemplazione delle verità, che la Chiesa di Cristo ha stabilite, ma al sentimento, da cui il cuore dei devoti deve esser pervaso (84).

ma altrove { « Euphorion » , 1895, p. 363) il Werner scrive: « Wir kònnen Gott nicht anschauen, wir kònnen nur gliihn in ihm».

(83) Ausg. Schrijterr, XIV, p. 46. Cfr. anche GUBITZ, Erlebnisse cit., p. 223: « Willst du dem gewòhnlichen Wortsinne nach unster- blich seyn, so ist die Gottlichkeit der Religion nicht in dein Herz ge- drungen, so hast du keine Idee von der Wonne dich ins Unendliche zu versenken » .

{S3 bis) Ihid., p. 222: «Man kann die Gesetze des Universums an- schauen ohne Gott zu bediirf en » .

(84) Che questa non sia altro che una ulteriore determinazione e un ap-

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Se si considera la religione come l'unica cosa che un senso alla vita, la concezione della vita stessa ne viene rifoggiata tutta quanta dalle fondamenta. Così la con- cezione Werneriana si allontana dal romanticismo per di- ventare una concezione più esclusivamente mistica; più che ai romantici vi dovete richiamare ora a Jacob Bòhme, che, sul finir del secolo decimottavo, sedusse quasi tutte le anime religiose (83). Egli ne scovò a Kònigsberg un volumetto, e lo divorò con « heilige Andacht » : l'autore gli parve quasi un essere soprannaturale, scelto da Dio a ricondurre i mortali sulla via della rettitudine e della fe-

profondimento di quel pensiero sulla indole della religione che gli vedemmo comune col Mnioch mi pare evidente : cfr. p. 25. Intorno ad essa V. specialmente nei Sohne des Tales, 2^ parte, l'insegnamento che Adam a Robert, Atto III. Cfr. anche GUBITZ, Erlehnisse, I, 227. Qualunque religione egli scrive ancora nel 1806 al Peguilhen è buona, purché vi domini il « Sinn fiir das Unendliche und das Gefiihl dass man nur ein Teil desselben ist». La differenza fra religione e reli- gione è soltanto nel «Mittler», e un « Mittler » equivale all'altro, in quanto che la funzione di tutti i « Mittler » è la medesima. In questo tempo può il Werner aver trovato una riconferma del suo pensiero nel- l'evoluzione del pensiero dello Schleiermacher, che nel 1806, ristampando le Reden in nuova edizione, sostituiva alla « Anschauung des Unend- lichen » della 1^ edizione il a Gefiihl des Unendlichen », come essenza della religione. Cfr. SuSKIND, Schleiermachers Stellung zu Schelling in den lahren I80I-Ì8IO. Leipzig, 1909.

(85) Sull'influenza del Bohme presso i romantici molto fu scritto dopo i volumi ricordati di RlCARDA HuCH. Cfr. anche EdERHEIMER, Bòhme und die Romantik, Iena, 1904.

Molto si è infatti a questo proposito esagerato. Il WaLZEL nelle sue Recensioni varie (cfr. quella allo Spenlé e al Simon nel- Euphorion », 1908) e nella sua Deutsche Romantik tende con ra- gione a limitar queste esagerazioni.

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licita : « Mehr als alles, giesst dieser fromme Geist Oel in die verwundeten Herzen » (86). E questo era appunto ciò che al Werner faceva bisogno. Anche i romantici posero il Bòhme sugli altari: Tieck e F. Schlegel, Novalis specialmente, che giunse talora anche, indipendentemente da lui, a fantasie analoghe, ne fecero le lodi più alte. Ma per quanto abbiano precisato meglio sulle sue fantasie la propria visione della vita cosmica, non potevano naufra- gare nelle mistiche esaltcìzioni del Bòhme coloro che s'erano educati su Kant e su Fichte, si mantenevano in continuo contatto con lo Schelling, e miravano a Goethe come ad un Dio. Il Bòhme, confermando le loro tendenze spiri- tualistiche, influì specialmente sulla forma che le loro concezioni religiose assunsero, svegliò e rese sempre più vivo il sentimento religioso, che si sgaggiò a fatica

(86) Allo Hitzig, Ausg. Schrijten, XIV, p. 27-28, Io credo che il libretto di cui il Werner parla sia il Weg zu Christo, che per la sua natura di libro di devozione ebbe una maggior divulgazione. In ogni modo la parola «libretto», e il modo come il Werner ne parla come dell'opera di un poeta e non di un pensatore, escludono che si possa trattar delle opere maggiori, e specialmente dell'/l urora. Anche l'indolfe delle letture Werneriane allontana da questa ultima ipotesi : non lo vedete mai sprofondato nella lettura di opere astratte e complesse, perchè la sua mente tosto si stanca : legge invece libri di poesia o libri, per così dire, di prosa lirico-filosofica, in cui il pensiero acquista slancio dalla forma poetica e resta invece abbastanza vago, perchè egli se lo possa assimilare e trasformare a suo talento. Oltracciò indicheremo fra breve numerosi riscontri col IV dei sei BUchlein in cui il Weg zu Christo consiste, riscontri più numerosi che non si possano trovare nelle altre opere del Bohme, che egli può piij tardi in Berlino aver cono- sciuto e letto. Sull'influenza del Bòhme sul Werner nulla di preciso si è ancora indagato : qualche vago indeterminato accenno inconclu- dente fa il VlERLING op. cit., ma non approfondisce la ricerca. Io mi limiterò, data l'indole del mio libro, a quelle osservazioni che a me paiono principali, lasciando ad altra occasione di svolgere per intero l'argomento.

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dalle loro speculazioni filosofiche e morali e dal loro culto della natura, contribuì a indirizzarli sempre più verso la mistica, ma non li attrasse a se completamente (87). « Ich will nicht ganz Jacob Bòhme sein », protesta anche il Werner (88), ma a poco a poco, senza volerlo, incon- sciamente, assorbe invece il suo pensiero, e modella su di lui le sue concezioni (89).

Fra le idee che il Bòhme suscitò, o, almeno poiché era idea assai antica ed a loro anche altrimenti famigliare confermò presso i romantici, è anche quella che, in causa del peccato originale essendosi Tuomo allontanato dallo stato ideale in cui si trovava, ed essendo la vita a ciò de- stinata, che egli attraverso a patimenti e lotte ritorni allo stato ideale primitivo, il corpo, che ci lega alla terra, sia la pena che Dio ha inflitto agli uomini in espiazione della loro colpa (90). Noi siam costretti a servirci del corpo, e noi dobbiamo allo stesso tempo vincerlo, per liberare lo spirito, che nel corpo è serrato. Questo pensiero è anche il punto di partenza della concezione che in questo nuovo stadio dell'evoluzione del suo pensiero il Werner si formò.

E questa si può riassumere in poche parole, perchè le numerose variazioni che essa ha subito col variare di certe tendenze, che nel Werner riscontreremo, non| ne mutano la sostanza.

S'invertono i termini : lo scopo della vita essendo una

(87) Cfr. WaLZEL, Deutsche Romantik cit., IV ed.

(88) SCHLJTZ cit.. p. 28.

(89) Ne vedemmo già un esempio ed altri ne troveremo in se- guito (cfr. anche Capitoli III e IV) altri esempi.

(90) Si trova già nel Weg zu Christo, IV Buchlein Von der Wahren G elasserìheit {Sdmmtliche Wer\e, ed. SCHIEBLER, cit., p. 88 e segg.). NellM urora se ne discorre naturalmente con maggiore ampiezza.

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rinascita, la vita stessa è una specie di morte : ciò invece che noi chiamiamo morte è, o almeno dovrebbe essere, il momento della rinascita. La morte è il momento della rinascita, se essa conchiude un nostro sforzo perenne di sciogliere lo spirito dai lacci che lo legano alla terra, se essa, quindi, è Tultimo anello di una catena di morti della materia, che noi stessi, durante la nostra vita, in noi abbiamo operato.

La prima morte, che noi dobbiamo operare in noi, è quella dell'egoismo : la colpa fondamentale dell'uomo, quella che lo ha destituito dall'altezza in cui si trovava, è l'aver voluto affermare se stesso come individualità in- dipendente, mentre la sua esistenza vera è condizionata dalla sua partecipazione alla vita universale, dall'alito di Dio, che, solo, lo può animare: « Der Mensch ist nur in und durch Gott : die Wahn, ausser Gott selbststàndig eins und etwas zu sein, ist die Geissel, die ihn so lange zùch- tigt, bis dass er seinen Hochmut, aufgibt, und, dadurch dass er sein Nichts (als isolirtes Ding an sich) erkennt, seine einzige Realitàt durch Verschmelzung mit der Gottheit v/iederfìndet » (91). Da questo egoismo son nati « Geiz, Stolz, Eigenw^illen, Unterdriickung des wahr-

(91) «Blatter f. 1. U. », 1834. cit.. p. 1171. Cfr. anche « Gesell- schafter», 1837, p. 57 e segg.

GUBITZ, Erlebnisse, I, p. 227: «Der erste Zweck der Natur ist Ver- tilgung des Egoismus » ; p, 218: ce Der Egoismus ist der Tod alles Ge- meinniitzigen Wirkens einerseits, wie andererseits die Erbsiinde des nicht hòher gebildeten Menschen», etc.

Cfr. con questo il Biichlein, Von der Wahren Gelassenheit del Bòhme cit. ; v. p. 77 : « Wie der Mensch in seiner Selbheit, in seinem eigenen Willen miisse tàglich sterben, und wie er aus dem Sterben des siindlichen Menschen mit einem neuen Gemiithe und Willen aus- griinen solle». Cfr. tutto il paragrafo e il paragrafo seguente.

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haft Lebendigen in uns », tutti quei traviamenti che de- terminano e costituiscono la nostra « Beschrànkung » (92). L'uomo adunque deve considerare la sua personalità sol- tanto come un atomo dell'universo infinito, non presumere di essere egli stesso qualcosa : Tuomo deve abbandonsu-si alla Provvidenza, sopprimere tutti gli istinti che lo por- tano ad esplicare una attività propria, non subordinata al sentimento della divinità, condurre un'esistenza passiva, esser felice di non aver volontà, di diventare « una foglia che il vento di Dio trasporta ». Sebbene anche in questo particolare voi possiate riscontrare una influenza dei ro- mantici, il Werner tuttavia mostra una differenza sostan- ziale, e rimane soltanto loro in apparenza vicino : se anche i romjmtici predicarono questa dispersione del proprio lo nel sentimento di quell'Infinito di cui l'uomo è una apparizione finita, pur tuttavia non giunsero mai alla rin- negazione della personalità : l'Io resta per loro sempre il centro su cui tutta la vita s'aggira : il sentimento dell'Infi- nito non lo deve annientare, ma ne deve render più intense le vibrazioni, più grande la forza attinta, ora, alla forza infinita; la volontà non è sacrificata, ma si fonde consciamente, e per un libero atto volitivo, con le leggi che si riconoscono nella natura (93).

(92) «Blàtter f. I. U. » cit.. p. 1171.

(93) Cfr. invece il Bòhme. opera cit., pag. 82: « Der Wille der Creatur soli sich mit allet Vemunft und Begierden ganz in sich er- senken, als ein unwiirdiges Kind, das dieser hohen Gnade gar nicht

wert sei, sich auch kein Wissen noch Verstand zumessen , sonde rn

sich nur schicchi und einfàltig in die Liebe und Gnade Gottes, in Christo Jesu einsenken und seiner Veraunft und Selbheit im Leben sich nur schlecht und einfàltig in die Liebe und Gnade Gottes, in der Liebe ganz einhergeben, dass er damit ihue als mit seinen Werk-

48 Zacharias Werner

Il Werner continua risolutamente in questo indirizzo mistico. Egli riconosce nell'uomo due segni di tale vo- cazione dell'uomo verso l'alto : la « Wehmut » e la « Sehnsucht ». La « Wehmut » è un sentimento di in- soddisfazione di fronte a tutti i piaceri che l'egoismo ci può dare, la « Sehnsucht » è, invece, un desiderio di libe- razione, la inconscia nostalgia dello stato ideale a cui siamo destinati (94). Ma « Wehmut » e « Sehnsucht » non hanno forza contro un ostacolo, che si trova in noi perenne- mente : contro il corpo, sede vera di tutti gli istinti egoi- stici che in noi si agitano. « Der reinste Ausfluss der Gottheit ist das Denkende und Fiihlende im Menschen. Die Elementarmasse, welche den Menschen einschUesst (Kòrper), ist nur sein Kerker : die organischen Handlungen, die wir Leben nennen, sind ebensoviel Hemmungen des

zeuge, ivìe und Was er wolle». Questa a G elassenheit y> che il Werner con lui condivide è lontana dal Romanticismo, anzi, malgrado il con- tatto nell'idea dello smarrimento nel senso di Dio, precisamente op- posta. E il Bohme continua con pensieri che or rilevammo nel Werner (p. 83) : « In solchem demiìtigen ganz Einhergeben fàllet der Funke gottlicher Kraft gleich ein Zunder ins Centrum des Lebensgestalniss als ins Lebensfeuer, welches Adam in sich zu einer finsteren Kohle gemacht hat, ein, und glemmet. Und so sich alsdann das Licht der gottlichen Kraft darinnen entziindet, so ist die Creatur alsdann nicht mehr ihr Eigentum, sondern das Werk Gottes». Così spiegherà infatti il Werner che « Gottes Kraft » nella sua anima imperi, malgrado la miserabilità sua. Cfr. il suo Epistolario cit., passim. Già ora, quando legge il li- bretto del Bohme, si esprime in questo modo con l'Hitzig. V. ScHUTZ cit., p. 27, Vedremo che questa concezione influirà anche sulla sua estetica.

Analoghe idee si trovano bensì nelle credenze massoniche del tempo. Cfr. SCHNEIDER, Der Einfluss der Marnerei etc, cit., cap. II; ma esse compaiono nel Werner in una forma che rende l'influsso del Bohme evi- dente.

(94) «Blatter f. 1. U. », 1834, cit.. p. 1171.

La sua personalità e le sue teorie mistiche 49

wahien Lebens. So lange der Mensch, wie wir es nennen, lebt, ist das Licht in ihm durch den Druck der Elemente an der Wiedervereinigung mit Gott verhindert » (95).

Il Werner resta soltanto più in apparenza fedele alle idee del Mnioch: questi, pur celebrando la morte, aveva cercato di salvare anche il corpo; egli invece ne pronunzia una risoluta condanna. Anche taluno fra i romantici l'aveva pronunziata. Essi esaltavano bensì tutte le forme di vita sen- suale, che lascicino possibile l'elevazione verso l'infinito, e, anzi, per così dire, la facilitano, ma dovevano condannarla, in quanto vi era impedimento, e veder l'ideale al di fuori di essa (96). La condanna del corpo, che il Werner fa, non è però limitata come presso di essi, e, più che ad essi, richiama ai mistici del tempo. Era un principio allora nella massoneria molto diffuso. Le « geheime dèsorganisirende Gesellschaften » avevano questo scopo, e ricorrevano a espe- rimenti spiritistici, come nei Kreuz- und Querzùge des Ritters A . bis Z. dello Hippel è descritto : i « Lieder » religiosi dello Zinzendorf sono spesso cmche ispirati da questa utopia, ed Emmanuel, l'eroe dell'/Ze^perus, che assiste con infinita gioia al lento disciogliersi, e, per così dire, allo svanire dell'involucro che contiene la sua anima, è l'espressione più ideale e più pura di questa aspira-

(95) «Blàtter f. 1. U. ». 1834, cit.. p. 1171. Anche qui venite ri- condotti al libretto del Bohme più volte citato, Cfr. p. 104: a Der Mensch lebet und stehet in drei Welten, Finsternisswelt (corpo), Licht- welt (spirito), aiissere sichtbare Welt (la vita)». Ed interessante è che anche pel WERNER («Blàtter f. 1. U. », 1834, cit., p. 1178), come pel BÒHME (p. 104), in questa lotta della luce contro la tenebra, che forma l'essenza dell'umana vita nella «aiissere sichtbare Welt», tanto la tenebra quanto la luce hanno origine in Dio, sono « Ausfliisse der gottlichen Kraft».

(%) Cfr., ad esempio, le Hymnen an die Nacht di Novalis.

G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. ' 4

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zione così diffusa, a cui la concezione cristiana del- l'uomo, esagerata da uno spirito d'ascetismo, facilmente conduce (97). Anche il Werner predica quindi la « De- sorganisirung » e la « Entkòrperung ». E resta consequente nelle conclusioni che ne tira. La prima di queste conclu- sioni è la celebrazione della malattia, da cui il corpo viene indebolito : « Die Krankheit hemmt das organische, befòrdert das gòuliche Werden » (98). La seconda con- clusione è la celebrazione del dissolvimento e della pu- trefazione : « Ich glaube dass der Tod, der uns den

Kerker òffnet, mit Entziickung umarmt, und die Verwe- sung, die uns dem Unendlichen wiedergibt, indem sie uns mit ihm vereinigt, mit Sehnsucht gewùnscht werden muss » (99). La « Verwesung » diventa « gòttlich » , « Gluterguss der Liebe » : essa è la malattia ultima, la consacrazione di tutte le malattie, il godimento dello spi- rito che sente le sue mortali spoglie a una a una ca- dere, e a uno a uno disciogliersi tutti i suoi lacci : chi fu schiavo non può conoscer gioia maggiore che quella del momento in cui sente di diventar libero, in cui assiste alla « Umwandlung » che gli rida la vita. La « Verwe-

(97) Cfr. SCHNEIDER, Der Einfluss der Freimaurerei etc. cit., ca- pitolo II, e SpENLÉ, Novalis, Paris, 1905. Il tentativo però dello Spenlé di voler spiegare le Hymnen di Novalis come riverbero di espe- rienze magnetiche nello sforzo di « Entkòrperung » si può considerar fallito, ed è cosi profondamente antinovalisiano che manca di verosimi- glianza. Cfr. Walzel, recensione nell'a Euphorion », 1908, cit.

Intorno a questo aspetto del pensiero Werneriano disse cose fini già il PoPPENBERG, op. cit., p. 12 e segg. e cap. IV, ma esagerando per l'unilateralità del suo punto di vista e la sua unilaterale visione del Romanticismo.

(98) «Blàtter f. 1. U.». 1834, cit., p. 1171.

(99) Ibid., p. 1170.

La sua personalità e le sue teorie mistiche 51

sung » è la suprema voluttà (100). L*una e Taltra idea son comuni anche ai romantici, ma il compiacimento con cui il Werner si sofferma sulla seconda di esse, fin- gendosi continuamente dinnanzi alla fantasia lo spettacolo ebbramente disgustoso, mostra chiaramente come egli se ne distacchi, ed in che cosa. E un'idea questa che ha un doppio aspetto, a seconda che si mira specialmente al ri- sultato, o allo spettacolo di dissolvimento in se : l'aspetto che prevale presso i romantici, anche presso il Novalis, che un tal pensiero espresse più frequentemente di tutti, è il primo, che si potrebbe chiamare l'aspetto ideale ; anche il Werner mira ad esso, naturalmente, ma è ver- tiginosamente attirato dal secondo : sentite, quando egli vi vien ripetendo fino alla sazietà il suo precetto, che la sua fantasia vi prova una voluttà strana, una specie di godi- mento ebbro, e che egli esalta quella idea per questo godimento (100 *^).

(100) Ibid., p. 1171. Cfr. anche « Gesellschaf ter » , 1837. p. 58: « Der Tod ist das non plus ultra der Wollust», GUBITZ, Erlehnisse cit., I, p. 222 : « Die Natur hat es an sich in ihre gròbsten Hiille immer das Edelste zu versenken ; und der eigentliche Tod ist ganz gewiss das non plus ultra der Wollust, etc. ».

( 100 6zs) Anche qui, se il Werner si scosta dai romantici, resta vicino al Bòhme. V. op. cit., p. 88 : a Der Mensch ist im Paradies in Gottes Liebe geschaffen, und so er sich in Zom als in Giftqual und Tod einfvihret, so ist ihm das widerwàrtige Leben eine Pein», e p. 90 : « So diene ich nun mit dem Gemiithe dem Gesetze Gottes, mit dem

Fleische dem Gesetze der Siinde Gott hat uns Macht gegeben

Gotteskinder zu werden, Macht... der Sunde im Korper den Kopf zu zertreten » . E quando il Bòhme nel « Bùchlein » seguente : De rege- neratione, d. i. von der Wiedergeburt, passerà a parlar della rinascita dell'uomo alla luce e all'amore di Dio, allora, in conseguenza delle sopra esposte idee scriverà : « Denn vom sterblichen Fleische, das zu Erde wird, in der Eitelkeit dieser Welt lebet, und stets wider Gott liistert, kann nicht gesagt werden dass es der Tempel des heiligen Geistes

52 Zacharias Werner

Dopo d*aver lottato contro il corpo con tutti i suoi stimoli in vita, dopo d*essersene liberata con la morte, Tanima si disperde nella divinità, verso cui ha continuamente teso, come la fiamma, che tende ardendo verso il cielo, e deve rimaner sulla terra. Tutta la vita si converte in una aspi- razione ininterrotta verso questo istante supremo: tutti i sentimenti ne vengono dominati: tutte le azioni ne ven- gono determinate.

La religione non è più ora pel Werner, com'era stata prima una sublimazione della vita, ma una lenta, progressiva soppressione di essa, una nostalgia di morte.

Vi son però due aspetti della vita nostra che non le fan contrasto, ma che anzi la secondano e la favoriscono: Tamore e Tarte. L'uno e l'altra sono sviluppo delle fa- coltà umane più alte : l'uno e l'altra sono raggi di Dio sulla terra, richiami a Dio in cui hanno origine : l'uno e l'altra hanno nella religione il loro fondamento.

* *

Anzitutto l'amore (101). Anche qui parte il Werner da una concezione romantica, per poi rifoggiarla a suo

sei, del toenìger dass die neue Wiedergeburt in diesem irdischen Fleische geschehe, sintemal es stirbet und verweset und ein stetes SUndehaus ist » . Or si confronti con questo passo, che nel Werner trovò eco, la Lucinde o lo Heinrich von Ojterdingen, e si vedrà chiaro quanto dicemmo a proposito del Werner e del Bòhme in rapporto ai romantici.

(101) Sopra l'amore nelle concezioni dei romantici v. GSCHWIND, Die Ethischen Neuerungen der Friìhromantik cit., RlCARDA HuCH, Die Blutezeit der Romantik cit., voi. I; Joachimi-Dege, Die Welian- schauung der Romantik cit. ; WaLZEL, Die Deutsche Romantik cit., passim.

La sua personalità e le sue teorie mistiche 53

modo secondo le sue tendenze mistiche e sensuali. Tutti i sentimenti che si elevano in noi verso un mondo supe- riore si possono, per i romantici, riassumere nella parola amore : cimore religioso di Dio : amore anche delle cose e delle creature terrene, che è ugualmente alto, perchè ciò che noi amiamo negli esseri finiti non è che il raggio del- l'infinito che li illumina. Ma i romantici potevano professare una tale opinione, perchè per essi il finito non esiste che nell'infinito, e l'infinito non esiste che nel finito: l'amore ne viene nobilitato in tutte quante le sue forme, diventa un valore primordiale, assoluto, primo principio di vita, base di una nuova etica : il Werner invece col suo- dua- lismo mistico (lOP*^*), che gli fa rinnegar tutto ciò che è terreno, non poteva giunger per la stessa via allo stesso ri- sultato. I romantici avevano innalzato alla vita un inno, e l'amore poteva e doveva esservi incluso come primo ele- mento: il Werner condanna invece la vita, e deve cercare

(101 bis) Cfr. a proposito di questo dualismo il BoHME, op. cit., p. 103 : « Die ewige Finsterniss in der Seele ist die Hòlle als eine Angstqual welche Gottes Zorn heisset ; und das ewige Licht in der Seele ist das Himmeireich, da die feurige Finsterangst in eine Freude verwandelt wird » .

Ora, dopo i raffronti che finora col Bohme venimmo facendo, è possibile pure avanzare l'ipotesi che anche a quella riduzione della re- ligione a sentimento potè contribuire un influsso Bòhmiano. Cfr. op. cit., p. 90: a Darum ist alles Spintisiren und Forschen von Gotteswillen... ein nichtig Ding. Wenn das Gemiith in eigener Begierde des irdischen Lebens gefangen stehet, so mag es Gottes Willen nicht ergreifen».

La fusione dell'influenza del Bohme verosimile anche perchè pure il Werner fonda la sua idea sopra la fallacia nostra originata dalla « Siindigkeit » del nostro corpo con l'influenza dello Schleiermacher ricordata avvenne in quanto il Werner, determinando il sentimento re- ligioso, lo considera come un sentimento dell'infinito e il Bohme invece lo riconduce a un sentimento cristiano di Dio.

54 Zacharias Werner

delle ragioni, perchè l'amore possa esser escluso dalla con- danna. E le ragioni son due: la prima è che l'amore è ne- gazione dell'egoismo, negazione della propria personalità, abbandono della propria volontà, liberazione dello spirito e del sentimento ; la seconda invece è che Dio ha concesso agli uomini una « Ahnung » di ciò che egli è: la bel- lezza (102). La bellezza è, per il Werner, il solo aspetto sotto di cui anche la materia 'rispecchia Dio : amare la bellezza significa amare Dio. Amare Dio, se anche Dio viene amato nella materia, che il Werner aveva rinne- gato. I romantici avevano potuto esaltare tutte le forme dell'amore, anche le più terrene e sensuali, coerentemente: l'amore è qualcosa d'assoluto che riman sempre tal quale in tutte le sue manifestazioni. Il Werner esalta ancora ma dal suo punto di vista l'amore in tutte quante le sue forme, anche le più basse, perchè, egli dice, « il principio dell'amore non si può spegnere mai, è sempre ugualmente luminoso » : « La scintilla celeste non è suscettibile di macchie, purifica tutto ciò che tocca » (103). Perchè la bellezza è Dio, anche l'amore è Dio (103^**). Riconoscete

(102) Cfr. «Blatter f. 1. U. », 1834, clt., p. 1343; «Gesellschafter ». 1837. p. 163.

(103) «Blatter f. I. U. », 1834, cit.. p. 1343.

( 103 6is) Cfr. BÒHME, op. cit., p. 88: « Gott ist alles, er ist Fins- ternis und. Licht, Llebe und Zorn, Feuer und Licht, aber er nennet sich allein einen Gott nach dem Lichte seiner Liebe » . Anche il Bòhme considera quindi l'amore come « Lichtseite der Natur » e come es- senza della divinità al tempo stesso. Forse all'influenza del Bohme e dei romantici si deve aggiungere un influsso dell'Hermsterhuys. Vedi CEuvres, ed. Meyboom, I, p. 133 e segg. Anche l'Hermsterhuys con- sidera l'amore come, per usar una frase dell'ultimo studioso, il BuLLE {Fr. Hermsterhuys und der deutsche Rationalismus des XVIII. Jahrhun- derts, Leipzig, 1911, p. 13), un « Sicheinschlingen » ; anch'egli consi-

La sua personalità e le sue teorie mistiche 55

qui quell'erotismo malato a cui dicemmo soggiacere non pur il sentimento, ma il pensiero stesso del Werner : quando egli pronunzia la parola « amore », e gli passa per le vene un brivido sensuale, e dinnanzi agli occhi una vi- sione lussuriosa, la esaltazione dell'amore gli diventa ne- cessaria anche se è una esaltazione del senso: egli forza la sua mistica a una apologia del piacere (104).

Il Werner riconosce però che nel godimento d'amore l'aspirazione verso Dio può illanguidirsi. Ma egU vede tal pericolo non tanto nell'amore puramente sensuale, che lasciando l'anima, per così dire, intatta, non la allontana dal suo ultimo celeste scopo, quanto nell'cimore intenso, che fa che l'amante si dimentichi totalmente nella per- sona amata, e non veda più nulla al di fuori di lei. Così egli disapproverà bensì anche il godimento sessuale, perchè questo godimento può soffocare interamente lo spirito e render l'uomo bestiale, ma non lo disapproverà in senso assoluto (104^^*), se non quando sarà passato al Cattolicismo; metterà invece sopratutto in guardia contro il pericolo che l'anima innamorata si dia completamente all'oggetto terreno, dimenticando Dio. « Mein Eduard und scine grossherzige Geliebte scrive all'amico Hitzig che è in procinto di pigliar moglie kònnen auch nicht so lieben, dass sie sich zu einem Wesen verschmelzen, fiir das die

dera l'amore come emanazione di Dio, e il vero amore, e l'essenza del- l'amore come una « Sehnsucht » verso l'unione con Dio : perciò egli potrà far l'amore organo di conoscenza. Probabilmente però si tratta soltanto di una influenza mediata attraverso i romantici, perchè prove che il Werner abbia conosciuto direttamente il filosofo fiammingo mancano.

(104) In questo modo le influenze che da diversa parte agirono su di lui vengono trasformate attraverso il riverbero della sua propria psiche.

(104 feis) V. «Blàtter f. l. U.», 1834, cit.. p. 1343.

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iibrige Welt nichts ist : diese Liebe ist fiir das gròbere Wohlsein der Liebenden besser als die moderne jàmmer- liche Kàlte fiir das Ganze ist sie womòglich noch schlechter als jene : sie macht zwei Wesen, die aus In- stinkt Egoist waren, zu einem verbundeten kolossalen Egoisten aus Grundsatz und Gefuhl. Der Liebende ist und soli dem Geliebten seyn ein Mittler der Gottheit : mit dem Geliebten soli sich der Geliebte werfen ins Uni- versum, und den Strahl, den beide vom Hòchsten erhalten, und sich mit demselben einander durchgliiht haben, aus- spriihen, dass sich daran erwàrme die ùbrige Welt » (105). Una delle idee che dominano il pensiero del Werner è quella della debolezza della maggior parte degli uomini e quindi della necessità di un mediatore che a Dio li guidi. Questo stato di cose era anche stato riconosciuto dallo Schleiermacher, che vi scorge la ragione e la missione del prete. E anche lo Schleiermacher aveva pensato che ogni uomo può essere a un altro uomo mediatore divino, quan- d'egli vive in Dio. Il Werner accoglie l'idea ; ma, mentre lo Schleiermacher riconosceva soltanto come « Mittler » persone dal senso religioso più sviluppato, il Werner le un valore assoluto, e TappHca all'amore e alla conce- zione del matrimonio (lOS'^'O- La vera essenza del matri- monio consiste per il Werner in ciò, che ognuno dei due amanti è all'altro il « Mittler » della divinità, lo stru- mento necessario di elevazione religiosa : « ogni uomo è alla sua donna un Messia e ogni donna è a suo marito una sacerdotessa ». E ogni atto d'amore fra marito e mo-

(105) HiTZIG, Lebensabriss Zacharias Werrìers cit,, p. 314.

(\05 bis) Ibid., p. 115. Cfr. anche « Gesellschaf ter » . 1834. p. 75.

La Tua peTSonalità e le sue teorie mistiche 57

glie è per una parte un omaggio alla divinità, per Taltra p^rte un godimento di essa (106).

Questo erotismo che si tinge di religiosità doveva fa- talmente riverberarsi sulla religione, che diventò una reli- gione erotica, e tutta la vita si mutò in un diguazzare fra erotico-religiosi godimenti (107). Il godimento religioso del Werner è infatti perfettamente sensuale e voluttuoso. Egli cerca nel culto di McU"ia e nell'amore di Cristo gli stessi godimenti, che prova « nelle braccia della sua Malgona ». La condizione perchè Weirmio possa amare nella sua Malgona Cristo, è che Wcirmio chieda all'amore di Cristo le stesse gioie che gli l'amore di Malgona. E Caro- Hne Herder aveva* tutte le ragioni quando accusava la da lui predicata religiosità di essere una specie di « Be- gattungsliebe » (108).

Ripugna già presso i romantici questa miscela singolare di elementi così antitetici (109), ma la maggior purità d'animo di essi smussa la ripugnanza, perchè presso di essi e specialmente presso Novalis, che più di tutti la cantò si chiedeva assai più all'amore una elevazione re- ligiosa, che alla religione un godimento erotico, non es- sendo l'identità dei due elementi così assolutamente sta- bilita. Oltracciò non si faceva di questa identità l'essenza della vita : ciò che in Novalis se ne trova, e più una traccia delle fantasie herrenhutistiche, a cui, nell'ainbiente famigliare dominato dal culto moravo, era stato educato.

(106) V, SlSMONDI, Fragments de sa vie et de sa coTTespondance, ed. RenÉ-Tallandier, Paris, 1863.

(107) Cfr. Weihe der Unkraft, ed. MlNOR, cit.

(108) DUNTZER, op. cit., p. 118.

(109) V. su questo argomento SpENLÉ, Novalis cit.

58 Zacharias Werner

che un vero carattere distintivo suo (110). Una tal tinta è propria a tutti i mistici : essi han concentrato su Dio tutta la loro vita interiore, ed è naturale che certi ele- menti erotici si mescolino nelle loro fantasie, poiché la sensibilità loro, già grande in se, e più grande ancora perchè inappagata, viene per di più sovreccitata dalla esaltcìzione ascetica : ma questa tinta erotica non è affatto la sostanza vera del loro sentimento, ne è soltanto un ingrediente accessorio, che vi compare a momenti. Il gridar che si fa contro l'erotismo dei mistici nasce spesso dal fatto, che, nello esame delle espressioni loro, non si fa la parte debita ad una certa retorica dell'immaginazione, che non riesce ad afferrare il sentimento onde tutta quanta l'anima è agitata : sono emozioni senza nome, estasi che non si possono descrivere se non per confronti : le invoca- zioni « mio sposo », « mio amante », e le descrizioni di scene d'amore vanno spesso riferite non alla qualità, ma, per così dire, alla quantità, o, meglio, alla intensità del sentimento : esse si presentarono alla fantasia solamente perciò, che l'estasi religiosa e l'estasi erotica hanno in comune un assorbimento completo dell'essere e una ver- tigine. La natura dei due sentimenti resta profondamente diversa, e, in qual misura un sentimento passi nell'altro, non è possibile se non nei casi singoli determinare, con uno studio generale del temperamento di colui, il quale da tali sentimenti è agitato. Tirare in ballo Santa Teresa per spiegare il Werner è commettere un equivoco gros- solano : ed è ancora, se non un equivoco, un errore con-

(110) Cfr. PoPPENBERG, Zach. Werrìers (uSohne des Tales» cit., cap. III. Ma il Poppenberg distingue male la differenza che fra i romantici e il Werner anche per questo rispetto esiste.

La sua personalità e le sue teorie mistiche 59

frontarlo con Novalis, la cui religiosità, solo in qualche momento analoga con la sua, ha pure un fondo tanto più puro (111). Per il Werner, le espressioni ero- tiche devono essere prese nel loro pieno valore (112). Già prima che conoscesse i romantici e il Bòhme, can- tando la Vergine « modello di purità », ne aveva fatto un « Gottesweib », e aveva rappresentato il momento in cui

Nie empfundene Lust Noch mit dem letzten Hauch der Jungfrau rang (113).

Già allora l'amor di Dio e della Vergine era per il Werner il medesimo che l'amor del marito in una moglie.

La differenza tra lui e i romantici ha quindi sotto questo rispetto origine in una differenza psicologica. I romantici non sentono in se la identità completa dei due sentimenti, egli invece la sente. E sentendola ne fa una delle sue idee fondamentali (114).

La stessa osservcizione suscita quella unione di amore e morte che egli continuamente esalta. Essa sta in stretto rapporto con le altre sue idee. Se Amore e Morte hanno nel suo pensiero un fine unico, è tanto naturale che essi si uniscano, quanto era naturale che Religione e Morte andassero unite. La morte non tronca l'amore, ma ne compie l'opera e lo suggella:

(111) POPPENBERG, id., p. 59.

(112) La psiche romantica è molto pili complicata e non si lascia ridurre come quella del Werner a pochi elementi che tutta la dominano e la determinano per la loro violenza.

(113) Ausgewàhlte Schrijten, I, p. 86.

(114) Cfr. quanto sarà esposto nel capitolo IV.

60 Zacharias Werner

Leben ist der Liebe Spiel,

Tod der Liebe Weg zum Ziel (115).

Se la morte è rinascita, cominciamento della vita vera, l'amore potrà raggiungere nei regni suoi, e soltanto in essi, tutta la sua forza e tutta la sua intensità. Se la morte non ha più nulla di rivoltante, ma è desiderata, il sentimento d'amore non incontra più in essa nessun osta- colo, che lo possa trattenere (116).

Anche questo è un pensiero, che il Werner ha comune con i mistici del suo tempo e di tutti i tempi, comune con i romantici. Ma anche qui, quando il Novalis canta i suoi Inni alla notte, e celebra il suo amore, che dopo la morte di Sofia raggiunse la sua pienezza, il corpo morto di Sofìa non vi ha nessuna parte (117). Nel processo di morte il Novalis amante vede soltanto il liberarsi dello spirito e il suo riconfondersi con l'Infinito, e cerca di ele- varsi con l'estasi all'unione spirituale con l'amata anima ascesa ai regni ignoti ; il Werner vi vede invece la de- composizione del corpo, eppur continua a predicar che l'amore matura soltanto nella morte; e, più che il dopo la morte, celebra la morte stessa.

Il Novalis talor nel patologico, il patologico invece è la caratteristica del Werner, che canta la perversa e ributtante Ballata: Der Ritter von Sidon (118):

(115) Ausgewdhlte Schriften, p. 123. Anche pel Bohme l'amore si raggiunge soltanto nella morte. E anche per l'Hermsterhuys. Cfr. BuLLE, Fr. Hermsterhuys und scine Stellung etc. cit., p. 31.

(116) Cfr. su questo il PoPPENBERG, op. cit., cap. III.

(117) Il Poppenberg non segna anche qui la differenza fra il Werner e il Novalis. Solo lo SpenLÉ, op. cit., aderì in seguito all'indirizzo preso dal Poppenberg nella spiegazione delle Hymnen an die Nacht.

(118) Nei Sohne des Tales, Parte II. Ausgewàhlte Schriften, V.

È interessante veder nel Tagebuch come il Werner tenesse a questa

La sua personalità e le sue teorie mistiche 61

Wer schleicht mit der Fackel um Mitteraacht Zum frisch geschiitteten Grabe ?

Un cavaliere scava a mezzanotte la tomba della sua amata, scopre il cadavere, e lo possiede:

Und gliihend umschlingt er mit pochender Bnist Das schlùmmernde Màdchen im Grabe, Er raubt ihr trunken, sich selbst nicht bewusst, Der Unschuld lieblichste Gabe.

Dall'amplesso nasce un figlio morto, e, quando egli ri- torna alla tomba, questo giace sul seno della madre, nel chiaror di luna, ed ha il capo coronato di rose e di spine. S'intende che la Ballata ha un senso simbolico, e non mira siffatto alla apoteosi di questa perversità sessuale : ma il fatto stesso di aver ricorso ad una tal rappresen- tazione, per dire che la morte è la fonte della vita, mostra chiaro che Ccu*attere questa sua unione di amore e di morte abbia, e che torbida origine abbia propriamente il suo pensiero.

Precedenti in queste concezioni perverse e malate gli si possono trov£u-e facilmente, presso altri erotici e mistici : quando un sentimento distrugge l'equilibrio interiore e degenera, produce nelle facoltà un tumultuoso disordine, che confonde tutta la vita in una miscela anormale, in cui le singole forme van perdute, e il senso del giusto si

sua ballata. Ancora nel 1808 la leggeva a Coppet ed era indignato che gli uomini fossero così volgari da non entusiasmarsene. Egli se ne entusiasmava e la recitava sempre con lagrime di commozione negli occhi. Cfr. nella Biografia cit. dello ScHUTZ, Tagebucher, p. 142, 145, ecc. Vi è scritto: «Neue Ballade vom Ritter aus Sidon^; ma « neue » sta evidentemente per « meine » .

62 Zacharias Werner

smarrisce. Per il Werner si può aggiungere che questi spettacoli di putrefazione morale gli davano l'impressione di un dissolvimento avente in conformità alla sua teoria per risultato una elevazione (119).

*

Accanto all'amore, l'arte : E le ragioni, per cui anche l'arte viene esclusa dalla condanna generale della nostra vita terrena, son le medesime che valevano per l'amore: anche l'arte è negazione dell'egoismo, culto della bellezza, cioè di Dio : anche l'arte è religione.

Queste affermazioni diventano subito comprensibili, quando si tengan presenti le altre idee che il Werner ha sull'eirte. Il Mnioch dapprima e i romantici poi gliele hanno fornite (120). Fino a che egli venne a contatto col Mnioch, si può dire che egli non avesse idee precise in proposito : anche il culto dell'arte, che egli professerà per tutta la vita, incomincia soltanto da questo momento. Per il Mnioch, studioso di Kant, l'arte è una attività dello spirito, intermedia fra i sensi e la ragione, fra il mondo del pensiero e il mondo della realtà, ed è quella attività su cui, come sappiamo, si basava in parte quella sua edu-

\

(119) Su questo, che era uno dei principi fondamentali del «credo» massonico da lui abbracciato, cfr. SCHNEIDER, Der Einfluss etc, cap. II, e cfr. anche « Blatter f. 1. U. », 1834, p. 133. Lo Scheffner era confra- tello suo e suo superiore nella Loggia di Konigsberg.

(120) Anche il Bohme lasciava all'arte libero adito nella vita. Op. cit., pag. 84: « Ich sage nicht dass der Mensch in natiìrlichen Kiinsten nicht lernen und erfahren soli, etc». Ma il Bohme era dal- l'arte troppo lontano. Più avrebbe potuto apprendere il Werner, dato il suo indirizzo, dall'Hermsterhuys, ma non si vedono traccia evidenti di un suo influsso.

La sua personalità e le sue teorie mistiche 63

cazione estetico-morale, che lo vedemmo andar predicando. L'arte porta senso e ragione, materia e spirito in armonia : e come, con il maturar del suo pensiero, la religione prese a poco a poco in lui sempre più il sopravvento, Tarte era per il Mnioch, al tempo in cui il Werner lo conobbe, la intermediaria fra il cielo e la terra, fra Dio e l'uomo, il poeta un sacerdote dell'ideale e della reli- gione. Elevatezza di idee, sentimento religioso formano l'artista, che soltanto in questo caso può compier la mis- sione che gli è affidata (121). Anche riguardo all'estetica, le idee del Mnioch furono quindi per il Werner una prima preparazione alle teorie romantiche. L'arte, per i romantici, e rivelazione dell'infinito in forme finite : la espressione suprema della vita umana, in cui ideale e reale si conciliano e si fondono in una unità vivente. Il poeta è un veggente che nella sua estasi, per dono na- turale, intuisce le verità più ascose e profonde, che il filosofo solo per forza di ragionaunento può raggiungere e dimostrare : è l'annunziatore, il profeta di Dio. Questa estasi, questa elevazione, questa veggenza sono che fanno

(121) Così prega il Mnioch nella Litaney: Darum, o Gott, Erhàlt uns immerdar die edlen Kiinste,

Erhalt die Kiìnstler uns

die sich

Mit der Natur vereinen, alle Nerven

Des inneren Sinns zu feinerem Gefiihl zu spannen,

Durch vollkommene Schònheit

Sie rein zu stimmen etc.

{Schriften, ed. 1794. cit.. p. 37).

Cfr. anche le note a questo passo nella ed. delle Schrijten, 1798, cit. e si tenga pur presente quanto già dicemmo sulla importanza data dal Mnioch al sentimento estetico per la « Moralische Bildung » .

64 Zacharias Werner

il poeta. E anche il Werner scrive (122): « Wer ist Kunstler ? Der, welcher durch ein Chaos von Re- geln, Studien, Rucksichten, was weiss icht, alles ein- gezwàngt, die er doch, er sei noch so genialisch, nicht iiberspringen kann, in Wòrtern, Tònen, Farben, das Geringste nachzuklimpern sucht, was der gewòhnliche Religiose, erlaube mir den Ausdruck, in Minuten der ^yeihe empfindet, oder derjenige, der sich und sein In- neres, wie eine Aeolsharfe, dem schònen Saiisen der har- monischen Natur darbietet, und sich von ihnen durch- stròmen làsst ?... Was willst du lieber sein? Diese Harfe oder jene Geige, die, ein bisschen zvv^ar auf den Ton der Harfe gestimmt, durch die Griffe der ordinairen Menschheit, die darauf herumklimpert, gar jàmmerlich geschuhriegelt, wìe die im Zerbino vom Nestor? Mit einem Worte ; w^as ist besser zu sein ? Gefiihlsvoller Anschauer, oder àrmlicher Nachklimperer der ew^igen Gottheit ?... Was ein praktischer Kunstler, in einem ge- ràuschvollen und gefiihllosen Kreise, mit Aufopferung seines Lebensgenusses, oft seiner kòrperlichen Ehre, nicht vermag, das kann der theoretische, im engeren Kreise der ihn umgebenden, mit ihm verw^andten Seelen, in einem weit reicherem Masse, ohne alle Aufopferungen » (123).

Oltre alla originaria analogia di questo pensiero con il romantico, si rilevano da questo passo due altre qualità che gli son tutte proprie. Prima di tutto le verità, che il

(122) V. ScHiJTZ. op. cit.. p. 24.

(123) Cfr. anche l'introduzione alla Weihe der Kraft {Ausgewdhlte Schriften, VI, p. 4). Inoltre «Blatter f. I. U. », cit., 1834, passim; « Gesellschafter », 1837, cit., passim.

Gli stessi pensieri vengono continuamente ripetuti.

La sua personalità e le sue teorie mistiche 65

poeta deve esprimere, sono, per il Werner, verità della religione (1 24); in secondo luogo il poeta è, per il Werner, un ispirato, su cui passa il soffio di Dio. 1 romantici, per cui il poeta era un fratello spirituale del filosofo, consi- deravano come qualità essenziale del genio la coscienza continua di se e della sua opera : questa coscienza non distruggeva la ispirazione, considerata anche da essi come indispensabile, ma la guidava e la purificava: Tironia ro- mantica era la estrema forma di questa coscienza di se. Il Werner invece, per cui il poeta è un mistico, non bada a questo secondo elemento : egli non conosce affatto l'ironia romantica : la creazione artistica è per lui vera soltanto, quando io » del poeta scompeu-e nell'entusiasmo mistico, da cui il poeta è trasportato (124^'*)-

(124) Anche il Mnioch tendeva a considerar l'arte sotto la luce che ad essa piove dalla religione, anzi a farne un sussidio della religione :

Darum erhàlt, o Gott, uns cine dichterische

Religion. (Schriften. ed. 1794, cit., p. 38).

Darum endlich lass Zu Tempeln deines Namens alle Kunste Sich ihre Krafte leihen, und ihre Allgewalt Vereinen, um der Menschen ew'ge Hoffnung Und scine kiinftige Seligkeit zu feiern.

{Ibid.. p. 39).

Così pel Mnioch, come anche per il Werner, l'arte è necessaria alla religione, perchè questa deve « versinnlicht w^erden», e viceversa non può fuor della religione fiorire.

(124 6is) Questo aspetto dell'estetica romantica venne chiaramente il- luminato dapprima da RlCARDA HUCH (Bliìtezeit der Romantik cit.), poi approfondito dalla JoachIMI-Dege {Die Weltanschauung der Romantik cit. e Deutsche Shakespeare-probleme im XVIII. Jahrhundert cit.) e dal WaLZEL (v. riassunte le sue idee nella Deutsche Romantik citata).

Nel Werner questo è riverbero che già prima avvertimmo del pen- siero del completo abbandono dell'uomo a Dio. Se l'arte è religione,

G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 5

66 Zacharias Werner

Soltanto in questo modo può il Werner affermare che Tarte è negazione dell'egoismo, abbandono della volontà, sacrificio del proprio essere. Il poeta viene così rapito in un mondo, in cui egli non esiste più se non in Dio. Ed è in questo senso che il Werner scrive : « Ich balte Kunst fiir das ernste hochpriesterliche Geschàft, und zu- gleich auch fiir die lebenslàngliche, holde Gefàhrtin des Gliicklichen, dem sie sich offenbart » (125). Il Werner svolge anche più ampiamente questo suo pensiero. Ogni gelosia di mestiere, ogni guerricciuola, ogni spirito di setta scompaiono presso il poeta vero. « Kann sich der Mensch auf etvsras zu Cute tun, w^obei er bloss Maschine der gòttlichen Einw^irkung ist ? Kann der Mensch, der so etwas fiihlt, vom Neide gegen andere durchdrungen sein, oder muss er nicht lieber sehnlich w^ùnschen, dass mit ihm noch Tausende Gott preisen und loben sollen > Denn darauf geht alle Kunst ; die Formen, die Dichtarten, sind nur Schatten, Kling-Klang, Masken! » (126). Così egli esalta la scena del ritrovamento di Filippo e di Adal-

e il poeta un sacerdote di Dio, Dio sarà che parla per bocca sua. E allora la vera legge dell'artista sarà che egli segua la propria ispirazione.

(125) «Blàtter f. 1. U.». 1827. n. 2.

(126) Ausg. Schriiten, XIV, p. 28, p, 47, etc. Una errata interpre- tazione di questo passo il WendRINER {Das romantische Drarrta, Berlin, 1909, p. 67). Egli intende lo sprezzo che in queste parole si manifesta come rivolto alla teatralità ; vedremo più tardi che cosa si debba ritenere sull'atteggiamento del Werner a questo proposito. È però già ora evidente qual senso queste parole abbiano : esse si riferiscono a tutta quell'arte che non nasce sotto il soffio dell'ispirazione divina. Lo dimostra l'insieme della lettera a cui le parole sono tolte.

Cfr. anche «Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1174 e « Gesellschafter», 1837, p. 53.

La sua personalità e le sue teorie mistiche 67

berto nei Sòhne des Tales, e scrive : « Wie ich zur Stelle gekommen bin, weiss ich nicht : ich selbst habe gar nichts dazu getan; nur das weiss ich, dass, so oft ich sie ansehe, mir ein unerklàrbares Grauen vor meinem Inneren iiberfàllt » (127).

Ispirazione reHgiosa è dunque la sostanza del poeta : « Der sogenannte Dichter ist nichts, ist weniger als der Schreiber oder der Canzellist, wenn er sich damit beg- niigt in schòn gestochenen Sylben seinen Nebenmenschen zu amiisiren » (128). Queste p2u-ole spiegano il senso che si deve dare alla sua frase : « Der religiose Sinn ist eine Gattung der Poesie, die einerseits die erhabenste, anderer- seits die notw^endigste ist» (129): la poesia religiosa è solo un genere di poesia, ma il Werner rigetta come falsi tutti i generi che non hanno un tale scopo. « Kunstwerke sind Vorarbeiten zu der neuen Religion, die der Mensch- heit gegeben werden muss » (130).

L'importanza, che il Werner alla poesia e all'arte, nasce poi anche in parte da una considerazione pratica, perchè egli trova che i libri purcunente teorici esercitano poca influenza : « Biicher ^virken, in dieser Riicksicht, wenig oder nichts » (131). La poesia invece esercita sugli animi ii suo fascino, e trascina gli uomini inconscia- mente allo scopo, che il poeta si propone. Il Werner pone fra libri teorici e libri di poesia la stessa differenza che i romantici ponevano, e definisce l'cute così: « Kunst

(127) Ausg. Schri^ten, XIV, p. 46.

(128) Ihid., p. 46. V. anche « Blàtter f. 1. U. ». 1827, n. 2.

(129) Ihid., p. 7.

(130) «Blàtter f. 1. U.», 1834, cit., p. 1173.

(131) Allo Hitzig. SCHiJTZ, op. cit., p. 44. Cfr. «Blàtter f. 1. U. » cit., p. 837, p. 1178.

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ist Wiedergestaltung des Unendlichen, wie in der Expe- rimentalphysik die geschliffene Flàche das dcirunter- stehende chaotische Gemàlde repràsentirt » (132). La « Wiedergestaltung » è dunque la qualità distintiva del poeta. L'idea deve nell'opera di poesia diventar concreta, vivente. Il Werner riconduce l'effetto di un'opera di poesia all'impressione che lascia l'insieme, impressione che deriva dallo spirito, che il soffio dell'ispirazione divina co- munica alla creazione artistica : « Ich wùnschte dich zu iiberzeugen scrive egli allo Hitzig dass die Worte und Gedanken des Dichters nichts poetisches sind, dass sein ganzer Effekt in dem unnennbaren Totaleindrucke besteht, der, nach dem Genusse des Kunstwrerkes im Leser entsteht, aber augenblicklich verschwindet, sobald ihn ein ungeneigter Leser sich expliziren v^ll » (133). Il soffio divino è quindi non nelle idee astratte, che ven- gono predicate, ma nella forma, che queste idee assumono : scomponete la poesia e non avrete se non « làppische Wòrte » (134). La forma è senza dubbio nulla senza le idee che essa esprime, ma le idee sole non bastano: la poesia sta nell'organismo, in cui idee e forma si fondono e confondono. Ogni dissezionamento critico distrugge la poesia, perchè distrugge l'organismo e la vita dell'opera allo stesso tempo : e questa è la ragione per cui egli seguendo l'insegnamento del Wackenroder richiede al lettore un abbandono completo alla poesia che legge, all'opera d'arte che contempla: « Ich suche liberali ver- wandte Seelen Ich lese jedes Buch mit einer Hinge-

(132) «Blatter f. 1. U. ». cit.. p. 2.

(133) ScHiJTZ, op. cit., p, 43-47.

(134) Ibid., p. 47.

La sua personalità e le sue teorie mistiche 69

bung in die Sede des Autors... » (135). L*opera del poeta appcire quindi al Werner non un pensare, ma un libe- rarsi di pensieri, che dall'alto piovono in lui, in una vi- sione estema. Questo senso hanno le sue parole : « Die unerlàsslichste Aufgabe des Dichters ist nicht das Auf- klàren, sondern das Abklàren des Gemiits » (136). Vi- sione è quindi immagine: immagine, visione sono elementi essenziali dell'arte, e la poesia è una « Bildersprache ». Anche la sua concezione della poesia riposa sopra il concetto allora trionfante della forma organica.

Se la poesia è rappresentazione di idee per immagini, la poesia sarà necessariamente simbolica. E la conclu- sione a cui i romantici erano giunti ed a cui anche il Werner giunse : « Kunst ist Symbolisirung des Gòttli- chen im Menschlichen » (137). L'opera d'arte è un ge- roglifico, che è compreso soltanto, se se ne penetra il senso ascoso, e che opera sull'anima del contemplatore per la misteriosa corrispondenza, armonia e unità che esiste fra quel senso ascoso e la forma, che esso ha assunto per riveWsi. E sacrilegio rinnegare i simboli : i simboli sono creazioni di fantasia d'artista, e l'arte è divina : « Ich

glaube dass Christus als der Symbol der vergòttlichten.

Maria als das der reinsten Menschheit wiederaufgestellt wrerden muss auf die Altare, von denen sie frevelnd ver- dràngt wurden » (138).

(135) ScHiJTZ, op. cit., p. 43.

(136) «Blàtter f. 1. U. », 1827, n. I. A Regiomontanus.

(137) Ibid.

(138) ccBlatter f. 1. U. ». 1827. p. 1.

70 Zacharias Werner

Religione, amore, arte formano così la trinità « die heilige Dreikinigkeit » su cui la vita riposa.

Queste paiono a me essere le linee fondamentali del pensiero del Werner, come esso ci si presenta al mo- mento, in cui, già maturo d'anni, egli prende a scrivere le sue tragedie. E un pensiero confuso, che ha una certa unità, ma non ha raggiunto chiarezza. Il Werner era troppo inquieto per potersi concedere alla meditazione ordinata e calma, in cui le idee si definiscono e si illuminano; quando una idea gli era balenata, seguendo un impulso sentimentale, procedeva incurantemente oltre, contraddi- cendo spesso se medesimo, e rinnegando talor persino il principio da cui era partito. « Stets unstet » (139), chia- mava egli se stesso. E in realtà chi cerchi di seguir lo svolgimento del suo pensiero si trova dinnanzi a una tale irrequietudine e confusione, che solo a fatica gli riesce di scorgervi chiaro:

Seitdem ich ahnen konnte und empfinden, Wollt'ich im Bilde stets das Wesen lieben, Doch hat ein Bild das andere vertrieben, (140) Wie Morgenwolkchen aufgehn, gliihn, verschwinden.

E come un assetato a cui mai non riesce di rinfrescar le fauci arse.

(139) Ausg. Schrijten, I. 123.

(140) Ibid., p. 175.

CAPITOLO SECONDO TI dramma.

La poesia del Werner nacque da questi confusi tumulti di idee e da questi oscuri fermenti di vita malata. E torbida, diseguale e malata come Tanima di colui che la compose. Leggendola, avete l'impressione di penetrare in un mondo strano e confuso, dove aure piene di vapori eccitanti, che offuscano la vista e annebbiano il cervello, ravvivino continue vampate di fiamme torbide, e creino una morbosamente calda atmosfera, che ha del sogno e dell'incubo allo stesso tempo. Vi chiedete come si possa respirare in quel mondo senza diventarne nevrastenici, come si possa schiudervi gli occhi, senza che le cose per- dano i loro naturali contomi, senza che tutto si presenti in forme così bizzarre e insolite da non esser più facil- mente riconosciuto.

Ritrovate nelle composizioni poetiche del Werner quella voluttà dello sfrenato fantasticare che trovaste nelle lettere e nel Tagebuch.' E una poesia nata da continue sovrec- citazioni di un uomo che diceva di « non poter passar nella vita senza trascinar dietro la sua testa scapigliatamente ricciuta turbini di aggrovigliantisi sempre nuove fantasie ». Le qualità peculiari del processo creativo del Werner si

72 Zacharias Werner

trovano tutte implicite in questa impulsità di una imma- ginazione, che non solo non domina e modera, ma lasci- vamente blandisce se medesima. Se egli sostenne come vedemmo contro i Romantici la incoscienza della crea- zione poetica, ciò fu considerando il fatto dal lato psicologico sopratutto perchè egli stesso si lasciava tra- scinare completamente dall'ebbrezza del comporre, e sen- tiva che questa sarebbe andata perduta, quando quel- l'incoscienza venisse trattenuta (I).

Ora, con una composizione siffatta, tutte le inclinazioni del poeta trionfano, suscitando innanzi ai suoi occhi im- magini, che interamente e più che la realtà sod- disfino ai bisogni sia sentimentali, sia sensuali della sua natura. E la malattia del poeta si riverbera necessaria- mente nell'anima, nella storia dei personaggi, di cui egli va popolando la sua opera, e necessariamente anche il mondo che egli rappresenta assume quel carattere di « cauchemar » che è proprio di tutta la sua vita interiore.

*

La poesia del Werner offre così una piena assoluta spontaneità. La sua attività poetica eruppe difatti improv- visa, quando egli incominciò ad acquistar coscienza del conflitto, che dentro di lui si veniva formando col ma-

li) V. sulla composizione dei Sòhne des Tales lo HiTZIG, Le- bensabriss, etc, cit., p. 11, sulla composizione del Kreutz an der Ostsee il TeichmaNN cit., p. 303, il «Gesellschafter », 1837, p. 54 e seg., i «Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1169 e segg., sulla composizione del 24. Fehruar il Teichmann cit., p. 328 e segg. e lo SCHUBART, Erinnesungen an Goethe, « Schnorrs Archiv », I, 461. Cfr. i relativi capitoli di questo libro.

// dramma 73

turar nella sua mente di idee che contrastavano con le altre tendenze da cui la sua psiche era dominata. La sua produzione anteriore è scarsa e presenta di rado quella vivacità e immediatezza, che non si può negare alla sua opera posteriore, qualunque ne siano i meriti d*arte.

Se poi questa assunse, nascendo, la forma di dramma, ciò non accadde soltanto perchè egli possedeva fin dal- l'infanzia grande passione per il teatro « Schon von meiner frùhen Jugend an, w^ar das Theater meine Lei- denschaft und mein Studium » (2) o perchè egli credesse, in questo modo, di poter agire e influire sopra una più gran massa di pubblico e più efficacemente, che «on scrivendo poesie (3), o perchè l'ambizione di rivaleggiare con Goethe, Schiller, Tieck ed altri poeti da lui molto letti ed ammirati lo stimolasse e lo sospin- gesse (4) ; ciò accadde specialmente perchè drammatica era l'indole della sua fantasia. La natura sentimentale dell'individuo ha sempre un riflesso nella natura della inmiaginazione, ne determina le preferenze, ne eccita l'attività, la pervade specialmente in uomini come il

(2) Lettera allo Iffland nel Teichmann cit., p. 291.

(3) Quando compose il suo primo dramma, i Sòhne des Tales, era convinto che essi non avrebbero mai avuto possibilità di rappresen- tazione (e difatti, quando in un apposito rimaneggiamento furono rap- presentati, caddero): «Bei dieser Tendenz meines Werkes war es mir unmòglich es fur die Biìhne darstellbar einzurichten » . Allo Iffland: Teichmann, op. cit., p. 292; cfr. cap. precedente, p. 167.

(4) Quando si ritira con la terza moglie al capezzale della madre malata e vive due anni interi nella solitudine senza amici, senza uscir nel mondo, senza veder quasi nessuno e si sprofonda nei libri, passa il suo tempK) a leggere, a meditare, a rileggere il Goetz, VEgmont, i Rduber, il Wallenstein, la Genooefa e VOctavianus. V. « Blatter f. 1. U. » cit., 1827, n. 1-2.

74 Zacharias Werner

Werner e l'inonda della propria calda vita, la do- mina e la plasma. Ora il Werner vive in se un dramma continuo : essendovi nella sua psiche quel dissidio di ten- denze che già abbiamo chiarito, il contrasto è anche la forma prevalente di tutta la sua vita interiore. La sua sensibilità è più intensa che fine e le vibrazioni di essa sono scosse violente: i suoi sentimenti sono esaltazioni e depressioni, estasi e prostramenti, che si alternano come reazione Tuno all'altro, perchè è altrimenti impossibile che un uomo possa durarla. Non v'è in lui misura. Quando la moglie Maria gli annunzia di volersi da lui separare, egli annuisce in una calma stupita che è una specie di annichilamento di tutto l'essere morale; poi, appena è solò e ci ripensa, la commozione sua si sviluppa in un cre- scendo vertiginoso: egli si butta prono sul pavimento, si immagina di essere avviluppato dalla notte e dalla soli- tudine, come se nulla esistesse fuorché il suo povero cuore sperduto nell'universo vuoto ; si contorce, si morde, si sente chiamato da Dio e da Dio maledetto, finche il cervello gli diventa confuso, come se qualcuno l'avesse stordito con una mazzata sul capo: e così rientra nella calma (5). E non è uno scoppio di passione irrefrenabile : egli ama, sì, quella donna, ma da qualche anno se ne cura così poco che essa si allontana da lui per accostarsi a un vecchio di cinquantasei anni, se ne cura così poco che non avverte la sua freddezza crescente : egli la amerà sempre, ma si separa da lei con gran facilità e, se, separan- dosi, soffre, ha però anche un sentimento di liberazione che non osa confessare a se stesso. La sua esaltazione è così

(5) V. «Blàtter f. 1. U. » cit. Lettera allo Scheffner, p. 1341-42.

// dramma 75

furibonda, perchè tutta la sua vita è così. Una tal vita sovieccita e sviluppa fatalmente la fantasia, che esige sti- moli, mentre le altre facoltà mentali richiedono armonia, equilibrio e calma; ma non la sviluppa solamente, la informa di se e la modella. Anche la fantasia diventa irrequieta e tende a precipitarsi agli estremi sotto la pre- potenza dello stimolo che la eccita: anche la fguitasia tende a vedere e a rappresentare le cose per contrasto: anche la fantasia finisce con ignorare ogni armonia, e ogni trapasso da uno stato d*animo all'altro. La fantasia del Werner, come non solo le sue poesie ma le sue let- tere la rivelano, è infatti tale. Ed egli si volge al dramma perchè soltanto esso può esprimere il disaccordo che in lui regna, saziare con la sua condensazione il bisogno di sempre nuove scene che lo agita. Se infatti, per una parte, la lirica è sempre un'armonia di accordi, anche quando esprime una lotta interiore, perchè la lotta vi si scioglie in uno stato armonico, in quanto che il poeta la constata portandola ad espressione (6), la poesia narrativa è invece, d'altra parte, la rappresentazione di un divenire, in cui ugualmente i contrasti si smussano perchè i diversi ele- menti e* momenti dell'azione vi si fondono in una fluente unità.

(6) Difatti il Werner abbandonerà il dramma per volgersi alla lirica, quando, dopo la conversione, avrà per qualche tempo una certa unità con se medesimo. Cfr. Ausgewàhlte Schriften, voi. I e II. Solo una cinquantina di pagine furono composte durante la sua attività dramma- tica ; un centinaio di pagine la precedono ; tutto il rimanente dei due volumi la segue.

76 Zacharias Werner

* * *

Se questa schietta origine lirica determina la materia sentimentale e fantastica della poesia werneriana, e se l'indole della sua vita interiore e della sua fantasia fu che lo volse al dramma, il modo però come questo venne da lui organizzato, la struttura che questo ricevette, provengono da un'altra delle tendenze che nel Werner abbiamo rilevato. Già vi accennammo al principio del capitolo precedente: importa ora chiarire meglio il fe- nomeno.

Alle mistiche concezioni, che nel precedente capitolo esaminammo, il Werner teneva assai. Scorgeva in esse con sincera fede la verità, e le riteneva la parte migliore di se medesimo: credeva realmente di « aver la missione » di diffonderle e di guidarle alla vittoria. Per quanto forte fosse la sua voccizione poetica, essa era soverchiata ancora dalla sua natura di predicatore. Non aveva proclamato esser vanità anche la poesia, quando essa non serva di edifi- cazione agli altri uomini ? E fu coerente alla sua estetica mistica. La visse. Le sue fantasticherie si svolgevano sopra la base che i pensieri mistici gli offrivano: fantasticherie ed idee erano ugualmente riverberi della sua personalità ed erano inscindibili. Ed egli considerò i suoi drammi come « veicoli » per le sue idee. « Ich kann dir scrive allo Hitzig so wahr Gott lebt, schvsròren, dass ich die Kunst bloss aus dem hòheren Gesichtspunkt, in- sofern sie uns Ahnungen von der Gottheit gibt, betrachte, und dass es mir nicht nur darum zu tun ist, Bùcher zu schreiben um einen fliichtigen Beifall zu gewinnen, sondern darum, wenn auch nur wenige, Gemiiter fiir das Heilige

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zu gewinnen, was die Welt nicht kennl... Ich fiirchte mich nicht vor Nebenbùhlern, die mit mir um den poetischen Lorbeer wetteifern: im Gegenteil, ich mòchte wiinschen dass es schon Tausende gebe, die von meinem Ideal durchdrungen mit mir zu einem Ziele walleten... Ich ver- sichere und beteuere dir dass ich alle poetische Lorbeer- kronen fiir die Freude hingàbe, nicht etwa Stifter, bloss Mitglied einer àcht religiòsen Sekte zu sein, denn ich bin iiberzeugt dass es die Hauptsache ist, worum es Not tut, und dass alle Kunstwerke nur Propylaen sind zu diesem Endzweck » (7). E questo, d'altronde, il tema principale di tutte le numerose lettere in cui egli discorre delle sue opere (8).

Il dramma sorge così dopo che le idee si son formate. Non solo succede cosa in se naturale che, affinchè il Werner possa scrivere, egli deve aver qualcosa da dire : ma è questo « qualcosa che egli ha da dire » ciò che scote la sua inclinazione alla poesia, inclinazione prima sempre sentita, ma sentita soltanto come una specie di vuoto ritmo insistente che egli non sapeva come trasformare in melodia e che veniva facilmente intorpidito. Il mistico precede in lui il poeta e lo suscita : l'idea precede la poesia ed è il germe da cui questa si sviluppa (9).

(7) V. HiTZIG, Lebensabriss cit., p. 41.

(8) V. TeichmANN cit., p. 291 e seg., 310 e seg. ; « Gesellschaf ter » , 1837, cit.. p. 44 e seg.; « Blàtter f. 1. U. », 1834. cit.. p. 1169 e seg.; GuBITZ, Erlebnisse, I, p. 218 e segg., etc, passim.

(9) All'influsso della mistica sopra il dramma del Werner dedicò una sua dissertazione lo IrmLER, Ueber den Einfluss von Z. Wemers Mystik auf sein dramatisches Schaffen. Diss. Strassburg, Metz, 1906. Ma lo Irmier non fa se non diluire il POPPENBERG, op. cit., cap. I, e il FrankEL, op. cit.. cap. I, poco aggiungendovi di suo: basterà, per

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Il dramma nasce quindi nel momento in cui il pensiero astratto si concreta in una visione di realtà che ad esso è conforme. Tutta la poesia nata in tal maniera è poesia fantastica in fondo, perchè la realtà vi vien trasfigurata, ed è, ad ogni modo, poesia spiccatamente individuale. L'idea donde il poeta parte è l'espressione del sentimento per- sonale della vita che il poeta ha : quel sentimento e quel- l'idea trasformano la realtà che il poeta osserva e rap- presenta; son come certe lenti che danno forme speciali agli oggetti che attraverso di esse sono veduti. Il che non infirma il valore della poesia, perchè ciò che importa non è affatto che la realtà veduta dal poeta coincida con la realtà veduta con gli occhi dei più, ma solamente che essa sia rappresentata così, che noi abbiamo l'impressione di una realtà vivente. Noi ci sentiremo trasportati in un altro mondo, in un mondo in cui noi non riconosceremo più il nostro proprio: ma forsechè lo scopo della poesia è di lasciarci nel mondo in cui viviamo ?

Dicemmo in principio del precedente capitolo che filo- sofìa e poesia si mescolano in una tale opera. Si mesco- lano, ma non si distruggono. Anzi si integrano, perchè la poesia assorbe il pensiero. Ogni mondo, fantastico o reale che esso sia, ha certe sue qualità distintive : il pensiero viene per così dire obicttivato e non è più se non la

mostrar la sua preparazione intorno all'argomento, ricordare come egli confonda le Wierier con le Berliner Vorlesungen dello SCHLEGEL (pa- gina 17), come egli consideri l'episodio di Astralis nella prima parte dei Sòhne des Tales come anteriore al Kreutz an der Ostsee (p. Il), mentre esso fu composto solo per la seconda edizione del 1806; come (p. 4) egli affermi che il Werner conobbe il NoVALlS solo nel 1810, mentre il Werner ne era entusiasta nel 1804 (V. «Euphorion», XVI, p. 363. «Halle'sche Aligera. Ztg. », 1804, Dicembre).

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qualità fondamentale del mondo che il poeta crea: la filosofia è sottomessa alla poesia, ne è come una base, e solo determinatezza di colorito all'opera. Certo è che la fusione dei due elementi, che solo in questo modo può avvenire, è estremamente difficile : son due tendenze Tuna all'altra estranea e ciascuna di esse cerca di prendere il sopravvento : la coscienza che la realtà nuova rappresentata è diversa dalla comune conduce il poeta a far tesi, a mo- ralizzare, a sopprimere la vita con discorsi astratti. Pure il problema di questa fusione è anche il problema fon- damentale dell'arte moderna.

Tutte le qualità formali del dramma del Werner hanno origine in questa di cui ora parlammo. Esso è anzitutto simbolico: ma importa intendersi sul significato della pa- rola. La vita umana è, per il Werner, una ascensione verso il riconoscimento di quelle verità di cui egli è per- suaso e, naturalmente, anche verso la pratica di esse. L'ascensione è faticosa, e i drammi del Werner sono i drammi di questa ascensione, drammi diversi nei di- versi tempi e presso le diverse persone, ma, nelle loro linee fondamentali, sempre a se stessi identici. La storia dei suoi personaggi diventa, in tal modo, per il poeta, la storia di tutti gli uomini: la storia è quindi simbolica e i personaggi sono simbolici perchè essi hanno un valore universale, perchè secondo il Werner ogni vita individuale è simbolo della vita universa, perchè egli dice simbolica è la realtà stessa della nostra vita. Ad un Conte, che dal Frànkel fu identificato col Conte Bruhl (10), e che trovava alcuni dei personaggi del Lutero

(10) Frankel, op. cit., p. 22.

so Zacharias Werner

allegorie e astrazioni, egli rispondeva: « Therese und Theobald sind nichts weiter als schuldlose Kinder und nicht mehr oder weniger Allegorien als jeder bedeutende Mensch. Jeder Mensch ist nàhmlich dazu da, um irgend eine sitdiche Idee zu repràsentiren, und so wurde ich den erhabenen Monarchen, den wir beide so tief verehren und lieben (il re di Prussia) bei dem ersten Anblick f iir eine Allegorie des durch weise Pflichterfùllung erzeugten Gewissensfriedens halten » (1 I).

Molte altre qualità del dramma, verso di cui il Werner assiduamente tende, sono specificazioni di questa prima. Mistica è l'idea madre, e mistico è quindi il dramma, mistico il mondo che in esso è rappresentato. Dio vi domina, invisibile, ma dappertutto presente: « Die Gottheit scrive il Werner all'Hitzig lenkt jeden unserer Schritte zum Hòchsten, yWen » (12). La libertà dell'uomo diventa molto relativa: direttamente o indirettamente è il volere di Dio che trionfa in tutti gli atti nostri. Vedemmo che il Werner conciliava in questo modo la coscienza della debolezza sua con la missione di educatore religioso che credeva gli fosse assegnata: egli è debole, un « armer gedriickter Mensch » , un peccatore, ma la Provvidenza lo assiste nel- l'adempimento della sua missione. « Wie kàme ich Schwacher... dazu, allem diesem mit der allergròssten Gelassenheit entgegen zu sehen, wenn nicht des Herm Kraft in dem Schw^achen màchtig wàre (13). E « des Herrn Kraft » è anche la vera potenza che muove l'a-

(11) Lettera al conte e alla contessa v. X. Teichmann cit.. p. 310.

(12) HiTZIG, Lebensabriss cit., p. 115.

(13) SCHUTZ. op. cit., p. 23; cfr. anche « Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1170, 1174, etc.

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zione dei suoi drammi. E un dramma fatalistico, quindi, quello che egli compone, ma il concetto greco della fata- lità vi vien rovesciato dal concetto della Provvidenza, che lo sostituisce (14). Leggendo tutte le sue opere dai Sóhne des Tales alla Mutter der Makk^^bàer sempre sen- tite questa mano che pesa sopra gli uomini e li sospinge nelle loro azioni. Il fato greco trascinava gli uomini alla colpa e alla sventura: il nuovo fato tiascina gli uomini alla redenzione e alla salvezza. Si disse che il dramma ci perde in interesse, in quanto che una forza estranea superiore, irresistibile interviene; ma l'interesse esiste in una certa misura sempre, perchè il campo d'azione di questa forza estranea è l'anima dei personaggi. Le azioni che questi compiono hanno la loro causa immediata nelle loro anime che mutano e si trasformano e su queste anime la Provvidenza ha un influsso diverso: vi sono anime più deboli e anime più forti, anime pure ed anime corrotte, anime che soggiacciono e anime che si sottraggono alla influenza salvatrice. Vi è varietà quindi e lotta continua. La lotta è sempre fra l'anima e il corpo, fra gli istinti superiori e gli istinti inferiori, fra le inclinazioni celesti e le incli- nazioni terrene, perchè in essa è per il Werner l'es- senza della vita : ma la lotta ha nei diversi personaggi esito diverso: l'esito finale è bensì dovuto all'intervento di Dio, ma esso è anche l'epilogo naturale di questa lotta umana, a cui l'intervento divino solo come una con- sacrazione.

(14) Cfr. ElCHENDORFF, Geschichte der Deutschen Romantik. Leipzig, 1854, p. 50. Cfr. a questo proposito il WendrineR che si occupa di questo fatto riguardo al dramma romantico in generale e anche nei ri- guardi del Werner in particolare (op. cit., passim).

G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 6

82 Zacharias Werner

La varietà dei caratteri è poi anche possibile per un'altra ragione. Non vi è presso i diversi personaggi soltanto una differenza quantitativa nelle loro qualità basse od alte, nella loro cedevolezza o resistenza alFinflusso divino, ma anche una differenza qualitativa. L'egoismo, gli istinti materiali si manifestano in forme diverse: ricerca di godimento, amore terreno, ambizione, indifferenza e che so altro ancora. Così ogni personaggio acquista una propria fìsonomia, e nei diversi drammi viene impostato sempre un diverso problema tragico, a seconda che questa o quell'altra tendenza è fatta impedimento alla elevazione religiosa. Oltracciò, se la caratteristica dei personaggi è data sempre da un unico punto di vista e i vari drammi svolgono sempre azioni analoghe, e ciò può dare al com- plesso dell'opera del Werner un carattere di uniformità, ciò giova d'altra parte alla nettezza di posizione delle singole tragedie (15).

Conseguenza di questa indole del dramma è che i per- sonaggi sono di necessità per la maggior parte passivi. Il Werner stesso riconosceva tale qualità nei Sóhne des Tales : « die Personen mussten leidend sein » ; ma egli esprimeva questa opinione perchè egli li aveva sotto- posti a un invisibile misterioso dominio della società segreta a cui appartenevano (16). « Leidend » restarono invece ancora tutte le sue creature, quando, passato ad altri drammi, il Werner era libero dai ceppi, che gli imponeva il fatto di rappresentare la potenza grande ma occulta di una tale

(15) Svolge questa critica ampiamente lo IrmLER, op. cit., p. 13-29, passim.

(16) Lettera allo IfBand, Teichmann cit., p. 293.

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società (17). O, almeno, si può osservar questo: esse sono attive in quanto cadono o peccano, passive in quanto pro- grediscono nella via del bene. Anzi questo stesso ca- dere e peccare non è mai il risultato di una volontà che si afferma, ma della prepotenza dello stimolo che li eccita e li seduce : e questa attività si risolve in una pas- sività. Avviene soltanto di alcuni dei personaggi princi- pali che essi si sottraggano a questa legge generale; e ciò accade per lo più perchè essi identificano la volontà loro con la volontà divina e agiscono coscientemente e combattono, da Dio assistiti.

La passività dei personaggi si manifesta anche in un'altra forma. Vi sono in tutti gli uomini dei momenti singolari, in cui sentimenti e istinti spuntano all'improvviso, senza ragione apparente, senza che se ne sappia ne il come ne il perchè : questi momenti abbondano nelle creature weme- riane. E una qualità che s'accordava troppo bene con la fondcunentale tendenza della loro natura, con il concetto del diretto intervento della Provvidenza, perchè così non avvenisse. Notate questo ad esempio dove si tratta di amore. L'amore è improvviso, predestinato. Quando l'anima incontra l'anima sorella, che andava cercando, arde : non sa come perchè, sa soltanto che una potenza estranea si è impadronita di lei, una potenza invincibile a cui vano e colpevole è tentar di resistere. Il Werner riflette qui nella poesia esperienze personali della sua natura istintiva e impulsiva: egli stesso racconta che così si in- namorò della sua terza moglie avendola incontrata per via : vederla e amarla fu una cosa sola. « Ich begegnete ihr

(17) Di questa passività dei personaggi Wemeriani discorre anche, ma da un suo unilaterale punto di vista, il Wendriner, op. cit., p. 74.

84 Zacharias Werner

auf der Strasse und ihr Blick fuhr mir wie ein Blitzstrahl ins Herz: diese Graziengestalt war es, deren Bild mir zeitlebens dunkel vorgeschwebt hatte: sie war fiir mich bestimmt, ich liebte sie vom ersten Augenblicke als ich sie sah, und liebte jetzt zum ersten Mal » (18). Si con- fronti ad esempio con questo passo la scena in cui Ca- terina von Bora s'innamora di Lutero nella Weihe der Kraft {\9). Son sentimenti che son già in precedenza « bestimmt ». Il fatto ha una indiscutibile verità psicolo- gica, se anche la « Bestimmung » non è che apparente : nella poesia moderna è fatta a questi inaspettati risvegli della subcoscienza una larga parte. Ma nel dramma wer- neriano questo nuovo elemento, unito a tutti gli altri, all'insieme un carattere per così dire stupito e sognante. Quegli uomini paiono dei sonnambuli che vanno errando in preda di un potere occulto : esseri senza vo- lontà, senza la visione cosciente di uno scopo preciso.

E il Werner aggrava ancora questo carattere. Avendo concepita e rappresentata in ogni sua poesia come imma- nente l'opera della divina Provvidenza, gli importa di ren- derla visibile; non gli par mai che i mutamenti che avven- gono nell'anima dei personaggi additino sufficientemente l'origine donde essi scaturiscono ; non gli par mai che le sue idee sian chiarificate abbastanza ed abbastanza esposte. E perciò le ripete prima durante e dopo il dramma instancabil- mente, le fa oggetto di discussione e di esposizioni conti- nuamente rinnovate. Si deve riconoscere che in un dramma come quello di cui discorriamo un tal fatto è giustificato.

(18) Lettera a RegiomontaNUS, « Blatter f. 1. U. », 1827. n. 1. Cfr. anche «Blatter f. l. U. », 1834, p. 1341 e il « Gesellschafter » cit

(19) Atto I - Scena ultima.

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Il dramma non presenta soltanto uomini che hanno sen- timenti e passioni, che soffrono e agiscono, ma uomini che pensano, uomini premuti dall'ansia di venire in chiaro sopra di se .stessi e sul loro scopo, sulle oscure e con- fuse voci che sentono salire dal fondo della loro coscienza e non riescono a definire, uomini che proiettano le loro azioni sopra una generale mediteizione dei valori della vita, e da quella loro meditazione son mossi nei loro atti. Idee astratte e discussioni non sono estranee a una tale opera, perchè esse sono la naturale espressione di stati d'animo e di caratteri che non potrebbero altrimenti ap- parire. Ma tutto ciò appesantisce spesso il dramma di un grave pondo di materia in cui la vita è troppo debole e l'interesse drammatico troppo scarso. Ciò che l'opera gua- dagna o potrebbe guadagnare in profondità, va perduto in vivacità ed intensità, tanto più che vedemmo come le idee del Werner sian confuse e, talora, aggrovigliate e oscure. E il lettore si sente come schiacciato dalla' pe- santezza di queste idee, che, ripetute instancabilmente sotto tanti aspetti e in tante forme e talora con così confusa imprecisione, gli compaiono innanzi.

Così l'idea religiosa determina e informa il dramma che è o vuol esser sempre dramma religioso.

E altre qualità s'aggiungono a quelle che ora indicammo.

Dalla religiosità dei suoi intendimenti il Werner vien con- dotto naturalmente al Medio Evo, a quel Medio Evo che vedemmo egli aveva cantato già nella Phantasie, a quel Medio Evo che celebrava allora intorno a lui la sua risurrezione (20). Anche il Werner crede, come i ro-

(20) V. HiTZIG, Lebemabriss cit. sulla genesi dei Sòhne des Tales, loc. cit., «Gesellschafter », loc. cit., « Blatte r f. 1. U. », loc. cit.

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mantici, che sia necessario tornare a quella età, tornearvi, naturalmente, non per restarvi, ma per muovere a una civiltà nuova, che non vada più per quelle false vie per cui la civiltà europea negli ultimi secoli si e deviata, ma per vie nuove a più alti fini. E una ammirazione condi- zionata in fondo, ma tale da destare la nostalgia, in quanto che al Werner cosi come ai romantici pareva di poter ravvisare in quei tempi uno stato di coscienza, che più e meglio rispondeva al suo, che non quello dominante ai suoi tempi. Se i romantici però con sinceri sforzi di studio cercarono di penetrare in quell'età e di rappresen- tarla così come essa fu, unilaterale e falso è invece il Medio Evo del Werner, che non ha interesse storico vivo, come parecchi invece dei poeti suoi contemporanei mostrarono (2 1 ). Egli legge, quando attende alla composi- zione delle sue opere, qualche storia generale che gli for- nisca cizione ed elementi generali: poi completa con la sua ♦fantasia e completa senza eccessivi riguardi: i Sòhne des Tales, ad esempio, sono basati soltanto sopra una leggenda che egli stesso designa come molto ipotetica: leggenda vaga, senza particolari precisi (22). Le vicende storiche son per lui cosa secondaria: l'essenziale è che egli riesca bene ad esprimere le sue idee ed a ritrarre i suoi fantasmi. E ride nelle sue lettere di coloro che gli rimproverano inesattezze e ignoranze. Non ha il poeta il diritto di rifarsi lui la storia come gli talenta, secondo

(21) Crede a questo interesse lo IrmLER, op. cit., p. 13 e segg,, ma basta un superficiale raffronto dei suoi drammi con la storia in cui egli li inquadra per persuadersene. Il dramma, in cui si mantiene più fedele, è la Weihe der Kraft (su cui v. il FraNKEL, cap. IV) ; ma anche vi sono dei mutamenti sostanziali secondo il suo scopo, come vedremo.

(22) ScHÌJTZ, op. cit., p. 35.

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i suoi scopi? (23). Il poeta non scrive storia, ma si compone lui una sua propria storia, e non gli si chieda ciò che egli non volle dare. Il Medio Evo è per il Werner es- senzialmente una età, in cui gli uomini son dominati an- cora dalla religione.

Il Medio Evo è oltracciò Cattolicismo. E il Werner condivide la estetica celebrazione del Cattolicismo che i romantici poco prima di lui avevano fatto. Egli ha le con- vinzioni degli Schlegel, dello ScheUing e del Tieck; si è esaltato sopra le Herzensergiessungen del Wacken- roder : « Gegen diesen religiòsen Coloss sind alle neue Kunstmenschen noch Neophyten » (24) e si è entusiasmata al nuovo culto di una religione artistica, di una religione cioè di cui la poesia sia elemento sostanziale. Anch*egli trova, come i romantici, che la poesia ha bisogno di una mitologia. Se la poesia è simbolica, rappresentazione esterna delle grandi verità, essa è mitologia. Ora l'antica mitologia è morta, non risponde più allo stato odierno delle coscienze : se qualcosa la può sostituire, e soltanto il tesoro di riti e di leggende che la Chiesa cattolica possiede. Il CattoU- cismo e una meravigliosa « v^eder aufgegrabene mytholo- gische Fundgrube » : egli crede che « die Sache poetiseli angesehen, der Katholizismus nicht nur das grosste Mei-

(23) V. TeichMANN, op. cit., p. 306 e segg., passim. Cfr, « Blatter f. 1. U.», 1834. p. 1173-74. e cfr. anche il Prologo alla Weihe der Kraft, (n Ausgewàhlte Schriften y) , VI, p. 7. Cfr. ancora X, p. Vili a proposito della Mutter der Makhflhder : « Kenner mit den Schwierigkeiten der historiscKen Tragedie werden mir das sogar unserm vortrefflichen Schiller in so reichlichem Masse eingeràumte Recht Tatsachen selbst der neueren Geschichte dem dramatischen Bedarf gemàss zu modeln nicht verweigem » .

(24) SCHUTZ, op. cit.

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sterstiick menschlicher Erfindung, sondern auch alien

iibrigen Religionsformen, fiir ein Zeitalter, welches den Sinn der schònen Griechheit auf immer verloren hat, vor- zuziehen ist », crede che « alien Europàischen Kunst- genius und Kunstgeschmack allmàhlich der Teufel holt, wenn wir nicht zu einem gelàuterten Katholizismus wieder- kehren, von dem wir ausgegangen sind ». Quando egli manda allo Iffland das Kreutz an der Ostsee, e se lo vede rifiutato e criticato per gli elementi mistici e cat- tolici che vi abbondano, egli risponde che « da vv^ir keine Mithologie mehr haben, und das Fatum fiir uns, trotz Schillers angestrengter und herrlicher Versuche, nicht ansprechend ist, in unserem Zeitalter fiir die tragische Biihne (die der Mythologie schlechterdings nicht ent- behren kann) nulla salus ausser dem Katholizismus zu finden ist » (25). Per questa ragione tutti i suoi drammi, anche quando egli è lontanissimo ancora dalla sua con- versione, son tentativi di dramma cattolico, che al catto- licismo sempre più lo avvicinano. Sempre, quando egli è giunto al termine di una sua opera, si vanta di aver dato pel primo alla Germania « eine àcht katholische Tragedie » : pel primo, perchè la Jungfrau von Orleans dello Schiller, a cui egli del resto spesso mirò, non è una tragedia vera- mente cattoUca nel suo spirito e nelle sue forme (26).

(25) Cfr. Lettera allo Scheffner, «Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1077. Importanti pure sotto questo rispetto sono le altre lettere allo Scheffner («Blatter f. 1. U. », 1834, pagine 1177-74), dove egli parla della composizione del Kreutz an der Ostsee, la lunga lettera sulla Weihe der Kraft, nel « Gesellschafter » del GUBITZ, loc. cit., le lettere allo Iffland clt., nel TeicHMANN, in cui difende questa sua tendenza. Cfr. anche GUBlTZ, Erlebnisse, I, 218.

(26) Allo Iffland (Teichmann, loc. cit.) e allo Scheffner (loc. cit.).

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Anche il dramma suo su Lutero vien da lui esaltato come una « katholische Tragedie ». Cattolica, sia perchè lo spirito che la anima risponde a quel carattere estetico che nel Cattolicismo si trova e che i Romantici esalta- rono, sia perchè, come meglio vedremo, cattolica è, nel suo pensiero, l'idea informatrice.

Misticismo, Medio Evo, Cattolicismo. Da molto tempo il soprannaturale è stato rivendicato ai regni della poesia. Per questo rispetto i romantici avevan trovato già com- pletamente sgombra la via. Anche il Werner ne usa e fa che creature celesti, o dotate di virtù sovrumane, parte- cipino all'azione che nei suoi dranmii egU svolge. Son messi della divina Provvidenza. Essi servivano al Werner in doppio modo: prima perchè, volendo egli render visibile l'influsso della Provvidenza divina sulla umana vita, questi esseri la personificavano e la rendevano evidente: in se- condo luogo, perchè essi, simboleggiando anche le sue idee, davano ad esse un risalto maggiore. Infatti il Werner mise spesso in bocca loro i sermoneggiamenti che tanto gli stavano a cuore, fece che essi, rivelando le mistiche verità, manifestassero il senso occulto della storia che si svolgeva. L'indole loro di esseri celesti dava alle verità promulgate una autorità maggiore. Oltracciò in tal maniera si allargava e complicava l'azione in visioni grandiose, verso di cui la sua fantasia inclinava, e ciò appagava un suo bisogno tanto più fortemente sentito, inquantochè esso non era solo un bisogno della fantasia, ma un bisogno sentimentale, nato dalla coscienza di essersi accostato ai problemi più vasti, più sostanziali non pur della vita umana, ma della vita universa.

La necessità di sfoggicir tutta la tavolozza per rappre- sentar tempi lontani e forme di vita diverse dalle attuali^

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la necessità di estendersi nella psicologia dei personaggi perchè essi nella loro anomalia presentino maggiori ap- paienze di realtà, la necessità di introdur molti personaggi perchè la tragedia abbia veramente quel valor tipico e simbolico che il Werner le vuol dare, la compiacenza di abbondare nella pittura del suo estetico cattolicismo, l'am- plificazione del dramma per la sovrapposizione di un'azione divina alla azione umana, la ricordata naturale spontanea tendenza al vasto e al grandioso nelle concezioni delle sue opere tutte queste ragioni rendono il dramma w^erneriano molto complesso. Vi si aggiungano le discus- sioni e le prediche, vi si aggiunga il fatto che il Werner, per render meno pesanti i suoi insegnamenti, li veste di immagini e li presenta in forme simboliche in Ballate, Canti e Allegorie, che dissemina qua e nella sua opera, dove gli par meglio opportuno e si avrà un'idea della condensazione, o meglio, compressione continua con cui il Werner è poi costretto a procedere nella composizione delle sue tragedie.

E, poiché egli stesso avverte la miscela di elementi eterogenei da cui il suo dramma risulta, così si sforza di portarvi unità. Per una parte avete un dilagar dell'azione in divagazioni liriche, didattiche, epiche, e per l'altra parte un costante e tenace rimaner presso dell'azione prin- cipale : « Ich suche die Handlung so klar als mòglich fort- zufùhren und von Episoden so rein als mòglich zu halten » (27). E mentre trovate in realtà nel suo dramma un dilatarsi di tutte le situazioni in tutti i sensi, vi trovate invece rari episodi. Il nitido svolgimento dell'azione prin-

(27) Teichmann, op. cit., p. 303.

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cipale diventa quindi una specie di colonna vertebrale intorno a cui viene organizzato l'insieme.

Il senso di unità organica che il lettore o uditore riceve, ha però un'altra origine. Esso deriva da una specie di fiamma lirica che pervade tutti gli elementi dell'opera. Scompariva nell'antico dramma il poeta dietro i fantasmi che creava: ora vi si mescola portandovi un tumulto di sentimenti e di idee, che la rappresentazione degli avve- nimenti eccita. Questi sentimenti e queste idee sono che uniscono e confondono tutto quanto. Confondono, anche dando alla pcirola il suo senso traslato: e il Werner lo sa, ma riconosce in questa confusione l'indice della ge- nialità: « Das Genialische ist nicht eine Zeichnung in Umrissen, es ist ein durch Schmelz und Sinn der Farben wiedergegebenes lebendiges Gemàlde » (28). Non soltanto in teoria professava egli l'opinione che l'effetto della poesia deve esser considerato nella sua totalità, perchè soltanto nella totalità è la vita : egli cerca di metterlo in pratica. E protesta anche praticamente contro coloro che con tal metodo lo criticano. L'unità di un'opera di poesia non è « una unità logica e geometrica », ma una unità vivente: non bisogna sopprimerla per cercar d'intenderla.

Quest'onda lirica irruente nuocerà alla teatralità del- l'opera, ma non nuoce in realtà alla vita vera dell'in- sieme. Essa stonerebbe in un dramma storico-realistico: che cosa può aver da mescolare il poeta entro la rap- presentcìzione di una storia di passione e di uomini che esso tolse alla realtà della vita? Il dramma nato cosi

(28) Risposta dello IfflaND cit., « B lattar i. 1. U. » (cit.), 1834, p. 1 178. Anche lo Iffland accetta questo punto di vista Werneriano, sebbene muova al suo Kreutz an der Ostsee molte altre critiche.

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esclude ogni invasione di soggettivismo ; il dramma invece nato come espressione di una tragedia di pensiero, che nell'anima dell'autore si combatte, la permette, almeno fino a un certo segno, e anzi fino a un certo segno la esige.

Questo elemento lirico fa un po' la parte del coro nella tragedia greca: ma invece di dar le impressioni degli spettatori, la commozione dell'autore, e, invece di esser ordinatamente disposto nella tecnica del dramma, è disperso e fuso nell'insieme dell'opera per mezzo di di- versi personaggi, come vedremo. Questo fatto lascierà concludere che il dramma non ha più la purità di linee della tragedia classica: ma ha la poesia moderna in ge- nerale questa purità? Ed è essa elemento sostanziale, in- dispensabile ? il Werner passa spesso il segno in quanto che opprime lo sviluppo dell'azione entro l'avvolgimento lirico invece di dar soltanto una specie di accompagna- mento, in quanto che non inserisce soltanto lirica susci- tata dalla impressione degli avvenimenti descritti, ma in- vece nata direttamente dall'entusiasmo suo per l'idea onde il suo dramma sorse: la fusione dei due elementi non è in lui avvenuta: è come in un'opera, in cui vi sia un irre- golare alterno dominio dell'orchestra sul canto, e del canto sull'orchestra, senza alcun principio fisso e senza alcuna ragione speciale: eppure è innegabile che, senza quel- l'onda lirica che tutto investe e sospinge, l'armonia rela- tiva fra pensiero e rappresentazione che nel dramma esiste, non sarebbe stata raggiunta.

La tragedia mistica del Werner è una lotta risultante da una serie di successive lotte particolari e parziali : queste lotte si sciolgono nel raggiungimento di una ve- rità e la lirica è espressione naturale di questi raggiun- gimenti. La tragedia risulta da una serie di momenti sue-

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cessivi: la lirica è la conclusione poetica di tali momenti. Superata la prima lotta, si incomincia una seconda, la cui condizione è la vittoria nella lotta precedente: anche questa nuova lotta si scioglie in una conclusione lirica. La lirica unisce un momento all'altro e segna il trapasso, così come essa unisce l'idea al simbolo.

La lirica termina il dramma, perchè il dramma è a fine felice. A fine felice, perchè termina con la morte (29). La morte essendo il sogno verso cui tutti tendono, essa non è più rappresentata come avveniva nelle altre tragedie come una sconfitta in cui i personaggi soggiacevano al loro destino: essa è rappresentata come una vittoria. E la vittoria va coronata dall'inno. Il dramma werneriano termina quindi con una lirica « Verklàrung », come l'opera a lieto fine termina con l'apoteosi.

Si deve riconoscere dunque al Werner una serietà e nobiltà di intenti e una sincera fermezza nei suoi tenta-

(29) Lo Irmler, Der Einfluss der Mystik auf Zacharias Wemers Drama cit., disputa a lungo sopra questo fatto e muove critiche perchè nel Werner la morte non compar come espiazione di una colpa. E questo che importa? Forse che l'essenza della tragedia è in una colpa com- messa che si espia? Ribatteva già queste osservazioni lo SCHLEGEL nelle «Wiener Vorlesungen » (11, 188 f .) :

« Man hat hieraus (contro la condanna della tragedia del martirio fatta da Lessing a proposito del Polyeucte di Comeille) folgen v^ollen, das Martertum sei iiberhaupt ein ungiìnstiger Gegenstand fiir die Tra- gedie. Mit grossen Unrecht. Die Freudigkeit, womit die Martyres in Qual und Tod gingen, war nicht Unempfìndlichkeit, sondern der Hel- denmut der hòchsten Liebe : sie mussten zuvor in unaussprechlich schmerzlichen Kàmpfen den Sieg uber jede irdische Anhanglichkeit erringen, und durch die Darstellung dieser Kampfe, dieser Aengstigung der sterblichen Natur, wàhrend der Seraph sich zum Himmel schwingt, kann der Dichter die innigste Fuhrung erwecken » .

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rivi verso un suo proprio dramma. Calava entro di se quando scriveva e perseguiva il fantasma che passava din- nanzi alla sua immaginazione: « Man gebe mir hòchsten drei Monate scriveva alFIffland mentre attendeva al Kreutz an der Ostsee um geschàft- und sorgenlos in mein Inneres zuriickzukehren und mein Schauspiel ist vol- lendet » (30). Credendo santa la sua missione, si donava a lei tutto quanto.

11 punto di partenza del Werner verso questi tentativi di originalità fu lo Schiller (31). Per quanto infatti egli legga Shakespeare e il Goethe è il Tieck e il Calderon, tien però sopratutto fìssi su di lui i suoi sguardi. Riconosce la nobiltà della sua anima e la sincerità del suo idealismo ; non ne può condivider più le idee, ma pur s*accorda con lui nel considerar l'arte e la poesia come un'educazione del- l'anima umana ad una nobile vita, come il solo campo della attività umana in cui ragione e sentimento sono in per- fetta armonia : ha, come lui, un'alta idea del poeta e della sua missione, e vuol, come lui, che il poeta fonda l'ideale nella realtà. E sopratutto ammira in lui la sua potenza drammatica: anche l'elemento declamatorio e predicatorio

(30) V. Teichmann, op. cit., p. 308.

(31) Sull'influenza dello Schiller v. MlNOR, Die Schicksalstragodie cit., passim, a proposito dei singoli drammi, e Das Schicksaldrama nella Kurschners D. N. L., Einleìtung ; ma sopratutto v. Frankel, Die Weìhe der Kraft, passim, a proposito dei singoli aspetti della tecnica del dramma da lui esaminato, con riferimenti numerosi agli altri drammi. V. inoltre anche F. DegENHART, Z. Wemers Stil. Progr. Eichstàdt, 1899, e Neue Breiirage zu Z. Wemers Stil. Progr. Eichstàdt, 1907.

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che talora nello Schiller si trova, corrisponde alla sua maniera di vedere il dramma e alla necessità sua di servirsene. Ed egli sogna di diventarne il successore : « Was sagen Sie zu Schillers Tode? Er hat mich wie Blei befallen scrive allo Scheffner Wie kurz ist das Leben ! Welcher Posten ist jetzt vacant ! Das waren die ersten Eindrùcke, deren ich mir bewusst bin. ÌVie viel hat jeder, der nur cine Ahnung von deutscher Literatur hat, ihm zu verdanken ! Ich bemitleide die Narren, die auf ihn hohnlàchelnd herauf nicht herabsehen: zum letzteren stehen sie zu tief. IVas habe ich ihm nicht alles zu ver- dankcn! Wie weit bin ich hinter ihm! Der Mensch ist 37 Jahre alt geworden und hat acht Meisterstiìcke hinter- lassen : ich zahle 36 ^U Jahre und habe I V^ confuse Trauerspiele gemacht. O Gott ! o Gott ! Unser Wissen und unser Streben ist Stùckw^erk ! » (32). Nessun elogio lo lusinga di più che quello dello Iffland, parer egli nato per riempir la lacuna che la morte dello Schiller ha la- sciato nella letteratura tedesca. Tien presenti i drammi di lui mentre scrive i suoi proprii: ne trae insegnamento pro- ficuo per la costruzione scenica di essi, ne trae spunto per le sue situazioni : li legge e studia così bene che movenze e frasi e immagini schilleriane passano nella sua opera: li considera in molta parte come modelli di te- cnica teatrale e si richiama ad essi per giustificare la forma che ha dato ai drammi suoi : si ingegna anche di metter il suo proprio pensiero a contatto con il pensiero di lui : rievocando dinnanzi al pubblico di Berlino la sua figura, sfrutta quella analogia che abbiam sopra ricordata

(32) Allo ScHEFFNER. « Blàtter f. 1. U.». 1834, p. 1181.

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nella concezione delFarte e della funzione del poeta, ri- chiama i pensieri espressi dallo Schiller nei Worte des Glauhens e riduce la fede di lui a quel culto dell'arte, della bellezza e di Dio, che forma il suo proprio (33).

Pure, malgrado quest'influsso forte e tenace, non si lasciò deviare: sentiva in se un artista minore, ma il cultore di un genere d'arte che credeva più alto (34), e questo suo proprio ideale d'arte e il suo pensiero lo possedevano così che egli non poteva altrimenti procedere alla compo- sizione delle sue opere, che seguendo le sue proprie idee (35). Gli influssi schilleriani furono quindi esteriori, utili alla estrinsecazione delle sue idee e dei suoi fan- tasmi, esempi di struttura scenica e di tecnica drammatica, che in ogni genere di dramma si possono ugualmente sfruttare (36).

Lo Schiller maturo, avvicinantesi al classicismo greco, sognante un ideale di poesia armonicamente composta in impassibile serenità di linee, gli impose più dello Schiller anteriore, ed egli ricorda il Wallenstein nelle sue lettere con la massima frequenza: ma tra questo tipo di dramma e il suo vi è un abisso, volti come sono per direzioni opposte (37). Più s'accorderebbe invece il

(33) Ausgewàhlte Schriften, I, p. 127.

(34) Cfr. «Blàtter f. 1. U. », 1834. p. 1183.

(35) «Blatter f. 1. U. ». 1834, cit.. p. 1179; cfr. quanto nel prossimo capitolo dovrò esporre sul Kreutz an der Ostsee.

(36) In questo senso gli vedremo infatti stabilire continui raffronti tra l'opera sua e quella schilleriana ; in questo senso ancora esprimeva la sua ammirazione per lui nel 1820 pubblicando la Mutter der Makkobder, a Ausgewàhlte Schrifteny>, X. p. Vili.

(37) È quanto non videro gli studiosi sopra citati o almeno non mi- sero in luce.

// dramma . 97

dramma degli « Stùrmer und Drànger », ugualmente do- minato da idee, impostcìzione e risoluzione di un pro- blema sociale, libero nella sua costruzione e facente larga pcirte alla enfasi lirica, tendente sopratutto alla rappresen- tazione caratteristica : ma il problema che era posto era un problema particolare che si presenta come conse- guenza logica di verità generalmente ammesse: le idee, che vi venivano offerte, non toccavano le quistioni mas- sime, non mutavano sostanzialmente Taspetto della vita, ed erano spesso diverse dalle sue. Oltracciò il dranmia non riposava completamente su di esse, in quanto che la realtà che il poeta dipingeva non era da esse condi- zionata. Vi si predicherà infatti un vangelo di dignità e di libertà umana e scatuiirà un insegnamento di rinno- vazione dallo svolgimento del dranuna: ma la realtà vi vien rappresentata come essa è, e la visione di questa realtà è l'ultimo fondamento su cui il dramma posa, non le idee che il poeta porta nel suo capo. Da questa diversità primitiva deriva naturalmente una divergenza di tutte le qualità, che vedemmo nascere dal modo come il dranmia werneriano è impostato e che sarebbe qui inu- tile di nuovamente enumerare. L'obiettivo dramma della seconda maniera imponeva invece al Werner per la sua grandiosità e sopratutto gli pareva modello dal punto di vista formale.

Partito dallo Schiller, il Werner s'accostò poi nel suo procedimento d'arte ai romantici, come loro in parte si accostava nelle idee e in parte nell'indole stessa del suo mondo fantastico. Non vi trovate solo lo stesso simbo- lismo, lo stesso soggetto medioevale, la stessa tinta mi- stica, lo stesso cattolicismo, la stessa invasione lirica, lo stesso soprannaturale, come già vedemmo ; vi trovate anche,

G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 7

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in parte, una analoga struttura della tragedia. Ben lo ri- conosceva lo Iffland quando gli respingeva il Kreutz an der Ostsee pur riconoscendone i pregi, perchè gli pa- reva inadatto per la scena, e quando, criticandogli Wanda, gli scriveva con aperto biasimo: « Werner sinkt zu Tieck » (38). Poiché egli era sincero, se analoga era la loro estetica, anche le loro creazioni dovevano incontrarsi.

Prima di tutto vi è lo stesso procedere dall'interiore al- l'esteriore senza mirare ad altro che ad esprimere con la maggior pienezza possibile quanto nell'anima e nella fan- tasia si agita, senza cercar di adattare la propria crea- zione a un ideale di bellezza formale preesistente alla concezione di essa. E questo ha poi una più appariscente conseguenza. Poiché l'origine del dramma è in idee proprie del poeta, in un suo sentimento personale, e perchè quindi la unità del dramma è una unità di « Stimmung », così ne deriva naturalmente e necessariamente una forte in- clinazione al pittoresco ; quella inclinazione, che i romantici predicavano come qualità distintiva dell'arte moderna. Finché il dramma era semplicemente un conflitto di pas- sioni, poteva questo e doveva concentrarsi tutto in un gruppo d'azione esplicantesi con la massima evidenza di forme : divenuto esso invece la espressione di una gene- rale visione della vita, ne nasce la necessità di un di- latarsi in una multiformità di aspetti: l'effetto che prima nasceva dalla centralizzazione, nasce ora dalla decentra- lizzazione ed è quindi un effetto più pittorico che scul- torio.

Così si avrà prima di tutto una generale pittura d'am-

(38) Teichmann cit., p. 325 e «Blàtter f. 1. U. ». 1834. p. 1178.

// dramma 99

I

biente, con i colori più vivi che la tavolozza del Werner possiede. Non son soltanto genti di tempi r-emoti quelle che egli descrive, ma genti ancor mezzo selvaggie in terre lontane, viventi con costumi ancor primitivi ma ori- ginali : Polacchi, Unni, Prussiani : uno stato di civiltà ancor vicino alla natura. L'unica verità storica, di cui il Werner un pò* si preoccupa, è questa verità di color lo- cale, su di cui anche i romantici assai insistevano: i personaggi principali devono staccarsi da questo sfondo perchè possano avere un valor tipico, e questo sfondo deve esser dipinto con vivacità e ricchezza affinchè il quadro intero abbia vita. Poiché la religione, qual che essa sia, domina questi uomini, ed essi hanno fantasia vivace, si può scapricciar la fantasia del Werner nella descrizione di riti e cerimonie singolari: i riti vari, ch'egli trovava descritti nelle opere di storia, servono come base, su cui egli va liberamente immaginando oltre, preoc- cupato soltanto di conservare il tono generale. Eccitata dal sentimento religioso, la fantasia delle sue creature si slancia oltre i confini del mistero, interpreta i fenomeni della natura e della umana vita: il Werner ha occasione nelle preghiere loro di mostrare anche in forme rozze e primitive quel simbolismo mistico che egli va predicando. Ne nascono scene di un colore esotico e nello stesso tempo pomposo e una visione singolare della natura si af- faccia entro famtasticherie strane e ardite. Queste scene sono come accordi che conducono al dramma vero e proprio: intrecciandovisi, esse vi portano in molta parte quella « Stimmung » vivace che la lirica sola non baste- rebbe a dare.

Quanto il Werner si preoccupi di questo pittoresco, pos- sono mostrare le didascalie numerose e molto abbondanti.

100 Zacharias Werner

Egli sceglie i colori delle stoffe e dei mobili, determina e fissa i paesaggi, si indugia a descriver forme e movenze : cerca la decorazione ricca, opulenta. E tira in ballo l'uni- verso intero : non gli basta di metter in scena un urto di civiltà o un urto di religioni, non gli basta di tirare in ballo Dio e gli angeli e tutti i santi : cerca anche con descrizioni naturali d'intensificare la « Stimmung », come più tardi meglio vedremo. E, anche in questo, seguendo gli insegnamenti romantici, non si limita alla poesia, si vale delle altre arti: vuol far della poesia una pittura e ne vuol far una musica. E della musica e della pittura si giova ampiamente e direttamente (39).

Della pittura ha lo stesso senso che ne hanno i ro- mantici: vi vede, come essi, più una sinfonia di colori che disegno, o, se si vuole, trova, come essi, la forma nel co- lore: condivide il culto dell'antica arte religiosa su cui Friedrich Schlegel costruì nell'Europa teorie, che egli accolse (40) ; celebra in Colonia il centro dell'antica arte tedesca (41). E crede anch'egli che dai quadri si sprigioni una misteriosa virtù fascinatrice, indefinita e indefinibile, che strappa l'uomo alla sua piccola vita, per farlo as- surgere al presentimento della bellezza celeste (42). Nel

(39) Cfr. su questo il FraNKEL, op. cit., cap. VI.

(40) All'HlTZIG, Amgew. Schriften, XIII. p. 28 e nei Tagebucher i passi riguardanti l'arte.

(41) Allo SCHEFFNER. « Blàtter f. 1. U. », 1834, p. 1346.

(42) Non fu studiata ancora la posizione presa dal Werner di fronte al problema artistico. Un'indagine mostrerebbe come, tratto dapprima allo Heinse dalla affinità di temperamento, si venne a poco a poco spiritualizzando attraverso il Wackenroder e Friedrich Schlegel. Il fondo però del suo sentimento artistico restò sempre, malgrado le esaltazioni mistiche, specialmente sensuale.

Il dramma 101

Kreutz an der Ostsee l'immagine di Sant'Adalberto ri- vela a Warmio e a Malgona, al vescovo Christian e alla regina Agaphia i segreti divini; nella Weihe der Kraft si ripete l'espediente per l'immagine di San Sebastiano e si innalza un inno wackenroderiano :

Diese schònen Bilder, Sie malten uns die schone alte Zeit, Die jetzt erwacht in sciion gewordner Welt Mit Sturmgebraus', wie 's Wetter jenen Abend.

Ma più che della pittura si serve anch'egli della mu- sica : « Die Musik ist die hòchste aller Kunste desshalb, w^eil bei ihr gar nichts zu verstehen ist, und sie, so zu sagen, das Universum mit uns in unmittelbares Rapport setzt » (43). Fa incomincicu^e il dramma con una ouverture, riempie gli intermezzi con musica orchestrale, introduce suoni di campane e suoni d'arpe durante la scena allo scopo di moltiplicare l'effetto della situazione, fa mettere in musica cori, duetti e monologhi, e la musica diventa un elemento importante nella composizione d'insieme, nel- l'intonazione che il dramma riceve, nell'unità di « Stim- mung » che a tutto si imprime. Quando la compagnia dell'Hofmann suscita maggior fervore nei suoi sogni mu- sicali, inmiagina la musica come elemento sostanziale per poter evocare completamente i giganteschi fantasmi di quella che fu una delle sue più grandi concezioni, e trova nell'Hoffmann stesso l'amico, che, ammaliatQ dall'idea^ compone con lui la musica dell'opera (44).

E la musica è anche uno degli elementi sostanziali per

(43) « Gesellschafter », 1837, p. 58.

(44) È il Kreutz an der Ostsee, di cui parleremo.

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dare al dramma la tinta religiosa: sequenze sacre, canti religiosi, melodie liturgiche vengon profuse dal Werner nelle sue scene, ogni qualvolta gli sembri opportuno.

Il dramma già melodrammatico sotto altri aspetti assume talora la fìsonomia d'un*opera lirica. E il Werner, conscio di questa sua maniera di composizione, ne sente anche gli inconvenienti, ma la giudica corrispondente allo spi- rito che egli nella sua opera vuole infondere : i suoi drammi, dice, sono « in romantischem Geiste gehalten, mit Prunk, Szenerie, und vv^as sonst den Haufen mehrt, nicht sparsam versehen » (43).

E s'accosta ai Romantici anche nell'uso dei metri. Ri- conosce che il verso giambico si è mostrato nella lingua tedesca come il verso tragico per eccellenza e che esso deve quindi dominare nel dramma: ma la miscela dei ge- neri letterari, l' inclinazione al pittoresco, la fusione di elementi diversi nella sua opera gli rendono l'uso anche di metri diversi indispensabile. Variare i metri è, dice, un variare la « Stimmung » lasciandola in fondo sempre identica. Ed egli scrive, polemizzando con lo Iffland, su questo argomento : « Ich habe, nach inniger Uebei'zeugung von der Notwendigkeit im hohen Tragischen, nebst den den Grundton ausmachenden Jamben wechselnde Versar- ten gebraucht » (46). E mette naturalmente a profìtto il rin- frescamento delle strofe romanze che il Tieck e lo Schlegel

(45) Queste parole rivolte allo Iffland («Blatter f. 1. U. ». 1834, p. 1 178) hanno lo scopo di sostener l'efficacia scenica del dramma che il Werner ha composto e difende. Che non si tratti però soltanto di artifizi scenici può mostrar facilmente un confronto con la Genovefa, lo Zerbino, VOctavìanus e il Gestiejelter Kater.

(46) Allo Iffland. Teichmann, ibid., p. 1178.

// dramma 103

e i romantici avevano fatto di recente. Prevalgono queste strofe nella sua vera e propria lirica, ed eccellono sopra le altre forme metriche i sonetti, forse un pò* troppo ri- gidi e un po' troppo rimbombanti, ma pieni di sicurezza e di vigore: di strofe romanze e romantiche fiorisce anche il suo dramma continuamente : terzine, nella cui sonorità un po' aspra e massiccia riconoscete il lettore appassionato di Dante, sestine, quartine, ottave, strofe di canzone si alternano col verso allitterato del « Nibelungenlied » e coi serbici trochei: la rima è sfoggiata con un grande lusso di rime ricche.

E la musicalità trionfa nelle sue opere, come presso i romantici, in ogni maniera. Madama di Staèl ne era ra- pita: « La versification de Werner est pleine des admi- rables secrets de l'harmonie, et l'on ne saurait donner en fran^ais l'idée de son talent à cet égard » (47). Quanta importanza assegnassero i romantici alla musicalità nell'ef- fetto della poesia, nella produzione di quell'incantamento, che essi alla poesia domandavano, è noto: non sognaron pei primi una poesia che fosse musica e che riuscisse a rivelar ciò che riempie l'anima del cantore senza che le parole avessero un preciso concreto significato? E anche il Werner scrive: « Daher kònnte ich dir mit kurzen Worten das Wesen der neuen Kunst so defìnirien: sie strebt die Poesie zur Musik zu veredeln » (48). Par che la materialità della parola, determinando e precisando, rompa l'incanto in cui il poeta si trova e renda etereo

(47) De l'Allemagne, II. eh. XXIV.

(48) V. « Gesellschaf ter » , 1837, p. 58, sulla prima scena del Kreutz an der Ostsee l'ironia deirHoFFMANN, Serapionsbriider. Berlin, 1824, IV. p. 173.

Zacharias Werner

ciò che e volgare. La lirica del Tieck trae la sua effi- cacia e la sua debolezza appunto dalla sua musicalità e da un vago ondeggiar di immagini a contorni indeterminati che il ritmo e l'armonia delle parole uniscono: forza, perchè vi è slancio e volo e come uno schiudersi dell'anima del poeta nella luce crepuscolare in cui egli indugia con le sue armonie; debolezza, perchè manca la forza rappre- sentativa, e v'è ripetizione e disorganismo, ed è cosa che stanca non veder mai bene ciò che il poeta vi vuol dire. Nel Werner avete un analogo regno dell'armonia: talora le immagini si confondono l'una nell'altra e il pensiero si ripete e si diluisce, ma il sentimento si esprime nella si- cura onda ritmica e nell'armonia piena e varia. Scrive la Staèl intorno all'armonia dei « Cori delle Vergini » in 14^ arida : « Le poète sait changer l'allemand en une langue molle et douce, que ces ombres fatiguées et désin- téressées articulent avec des sons à demi formés: tous les mots qu'elles prononcent, toutes les rimes des vers sont, pour ainsi dire, vaporeuses. Le sens aussi des paroles est adapté à la situa tion: elles peignent si bien un froid repos, un terne regard 1 On y entend le ressentiment lointain de la vie, et le pale reflet des impressions effacées jette sur toute la nature comme un voile de nuage » (49). E per la bocca della Staèl parla ora Schlegel, parla il romanticismo a cui ella si è convertita. Iffland invece se ne stancava, e quasi la rompeva col Werner in una lettera aspramente critica e in qualche istante amara pre- cisamente per questi cori e per questa lirica, per questa musicalità che par talora fine a stessa e perciò al

(49) Allerrtagne, parte II, cap. XXIV.

// dramma 105

grande attore psureva vuota, ed era in realtà supremamente antiteatrale. Così egli, rifiutandogli la rappresentazione del Wanda, lamenterà che egli sprechi il suo genio.

Se però fra il dramma del Werner e i drammi roman- tici esistono tante analogie, pure anche formalmente il Werner finisce col separarsi da loro. Ne era possibile che lo scolaro dello Schiller si potesse con essi identi- ficare.

Prima di tutto disdegnarono i romantici come cosa in- degna di vero poeta indulgere alle esigenze della scena e al gusto del pubblico : si offersero bensì, quando si pre- sentò l'occasione, di far per la scena delle rielaborazioni (50), ma crearono sempre le loro opere indipendentemente da tali riguardi e senso teatrale vero non mostrarono anche nelle rielaborazioni mai. Nel Werner invece tal senso fu sempre assai forte. Non solo egli apprezza dello Shake- speare, accanto alla autonomia di genialità creatrice così cara agli Schlegel, anche la eccezionale virtù dramma- tica, ma egli rispetta e, fino a un certo segno, stima perfino il Kotzebue, malgrado tutti gli attacchi che gli vede muovere, ed esalta lo Iffland « den grossen Meister », « den grossen Theaterkiinstler » (51).

(50) V. su questa curiosa smania dei romantici di vedersi rappresen- tati, malgrado il loro sprezzante atteggiamento, una lettera del Tieck allo Iffland nel Teichmann cit. Cfr. sull'argomento E. GroSS, Die altere Romantik und das Theater. Theatergeschichtliche Forschungen,

IV, Berlin. 1910.

(51) V. nel Teichmann (cit.) la sua prima lettera allo Iffland, e

V. «Blatter f. 1. U. », 1834, cit., p. 1177-79.

Per la stima che il Werner aveva del KoTZEBUE, cfr. «Blatter f. I. U. », 1834, pp. 1178, 1182, etc. Non vi è fra le due espressioni « Tief heruntergekommen » e « ich schatze ihn » nessuna contraddizione»

106 Zacharias Werner

Il senso scenico gli era innato e il suo grande interesse e quel suo precoce bazzicare sui palchi teatrali lo avevano anche più sviluppato (52). La condanna che i romantici ne facevano non poteva condividere neppure in teoria : voleva agire sul popolo e questo era l'unico mezzo: il fine alto nobilitava il mezzo (53). E gli era d'altronde una ne- cessità di creazione. I Sòhne des Tales sono il solo dramma che egli abbia composto senza aver lo scopo preciso di venir rappresentato (54), ed anche in essi vi son parecchie scene, dove si sente che la visione del pubblico era presente al poeta. Sul Kreutz an der Ostsee scri- veva: « Es enthàlt mehrere Szenen die, meiner Kenntni^s der Biihne nach, bei gehòriger Darstellung, von vieler Wirkung sein miissten, wie es iibrigens ganz mit Riick- sicht auf Natur und Eigenart der Bùhne bearbeitet ist » (55). L'elogio è da lui ripetuto per tutti i suoi drammi, quando egli, avendoli composti, li annunzia ai conoscenti e ammi- ratori (56). Egli intitola le sue composizioni « romantische Tragòdien » e il sogno suo fu di comporre un teatro ro- mantico, ma fatto, in contraddizione coi romantici, per esser rappresentato con successo sopra la scena (57).

perchè la prima allude all'assenza di vera ispirazione e specialmente all'assenza di spirito religioso in lui e la seconda si riferisce invece a quella teatralità che nel Kotzebue nessuno può negare,

(52) Cfr. lettera allo Iffland nel TeichmanN, op. cit., p. 291 e segg.

(53) V. a questo proposito particolarmente la lettera allo Scheffner a proposito del Kreutz an der Ostsee « Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1178- 1 183. Vi si trovano espresse tutte quelle idee che io qui espongo.

(54) Teichmann, op. cit., p. 291.

(55) Ibid.. p. 303.

(56) Cfr. ibid. le lettere a proposito della Weihe der Kraft, della Wanda, del 24. Februar.

(57) Egli vuole « zum Mittler dienen zw^ischen der atherischen Kunst and der holzernen Biihne», «Blatter f. 1. U. », 1834 cit., p. 1179.

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Conseguenza di questo suo bisogno e di questo suo intento è in parte quella purità di svolgimento dell'azione che già innanzi rilevammo. Conseguenza ulteriore è il suo atteggiamento di fronte alle questioni allora tanto dibattute dell'unità di tempo e di luogo (58). Egli non le accetta teoricamente e non le osserva in pratica per principio, ma non abusa della sua libertà, come il Tieck faceva. Mostra una libertà maggiore rispetto alla unità di luogo, perchè essa non importa una interruzione dell'azione, e la distrazione, che il lettore riceve dal cambiamento di scena, è largamente compensata dalla maggior vivacità di rap- presentazione che si può ottenere, facendo svolger quasi tutta l'azione davanti all'uditorio. Rispetta invece l'unità di tempo nei Sòhne des Tales, in Wanda, in At- tila, in Kunigunde, nel 24. Februar e non se ne al- lontana troppo nella Weihe der Kraft e nel Kreutz an der Ostsee : egli non vi può rinunziare perchè sente la necessità di condensare l'effetto, per afferrare l'animo degli spettatori con una emozione unica, intensa : i drammi a tempo libero possono fare un'impressione più profonda e più complessa, ma non teatralmente così forte. Questo limite di tempo, che egli si impone, fa anche che egli, per una parte, vi condensi una quantità di avve- nimenti, e che, per l'altra parte, non rappresenti tutto il divenire dell'azione, ma ne scelga il momento critico, in cui essa si scioglie nella catastrofe finale. Cosa anche questa antiromantica.

E la stessa osservazione si deve ripetere per altri fra

(58) Cfr. FraNKEL, Zur (.i Weihe der Kraft y> clt., p. 26 e seg. Il Frànkel espone il modo come il Werner si comporta di fronte a

108 Zacharìas Werner

i principi che i romantici sostennero e professarono (59). Così prima di tutto la miscela del comico e del tragico» che è presso i romantici uno degli elementi che danno al dramma varietà, pienezza e multiformità, ed è spesso anche la forma in cui l'ironia romantica si manifesta, con una voluta e capricciosa distruzione, che il poeta stesso compie, di quel pathos che egli ha suscitato. Il Werner, che vedemmo confonder senza scrupoli i confini delle arti e dei generi letterari, non se ne trattiene per pre- giudizio : nel momento della massima tensione, nell'ultimo atto del Kreutz an der Ostsee, quando l'azione terrena e l'azione mistica incrociate e fuse hanno raggiunto il punto estremo della crisi e lo scioglimento immane oramai è inevitabile, egli inserisce l'episodio della giovane barcaiola con i suoi comici ragionari e la tragica, eroica azione finale: anche l'esempio dello Shakespeare, da lui ammi- ratissimo attraverso la traduzione dello Schlegel, contribuì verosimilmente a liberarlo da ogni preconcetto. Ma, come egli non accoglie la teoria romantica dell'ironia (60), così la pratica lo allontanò sempre più da un tale uso. Anzi-

questa questione, senza però connetterla cogli altri lati dell'estetica e dell'arte Werneriana, mentre il fatto può soltanto in tale modo venir pienamente inteso.

(59) Come infatti il romanzo romantico è un « Bildungsroman », così è anche il dramma un « Bildungsdrama » : voler ridurre a questa qua- lità il dramma romantico, come fa il WendriNER (op. cit., p. 34), è un falsarne il carattere, perchè la base ne è in una unità lirica, che non si esprime soltanto nella « Bildung » del carattere principale, ma in una complessa libera struttura che permette al poeta di tutto espandersi : essa ne è uno dei caratteri fondamentali. Questo carattere imp>edisce però ai romantici quel concentramento di cui qui parlammo, e di cui il Werner si serve specialmente a scopo teatrale.

(60) Cfr. Capitolo I. p. 67.

// dramma 109

tutto, pieno com'era della sua missione sacerdotale, come poteva indugiar volentieri presso lo schei"zo e il riso ? Che cosa potevano aver in comune con il comico la sua azione simbolica e sacra, la sua predicazione mistica ? Il misticismo è esclusivo, dominatore, non fa giustizia, come i romantici facevano, alle altre forme di vita. In secondo luogo poi neppur la sua fantasia e neppur la sua natura amavano tali scene. La natura sconvolta e agitata lo por- tava a veder con occhi seri le cose, la fantasia amava il grande, l'intenso, lo scoppiar delle passioni, il violento urtarsi degli avvenimenti. E a poco a poco il comico fu bandito per lasciar che l'unità di « Stimmung » tragica si imponesse a tutto e dominasse tiranna e determinasse il dramma intero con veemenza crescente.

Lo stesso avviene per l'uso del verso e della prosa. Se il Werner accetta tante scene di realtà nell'opera sua, se volge la sua attenzione ai caratteri degli individui e al pro- blema psicologico mirando a dar dei cau-atteri vivi e ben determinati (61), non vi è ragione, perchè egli escludesse la prosa, usata tanto dagli « Stùrmer » e usata insieme col verso dallo Shakespeare. Pure egli usa sempre il verso e lo usa per una specie di necessità interiore : potreste dire che pensa in verso. La prosa è un linguaggio troppo quo- tidiano e troppo volgare per le verità alte che egli vuol promulgare, per le ascensioni mistiche che egli vuole de- scrivere : quando egli ascende al mondo dei suoi fantasmi, avviene in lui quasi una trasformazione; gli par di avvi- cinarsi a un mondo superiore e la prosa non basta più

(61) TeichmaNN cit., p. 203. Egli vi scrive allo Iffland che la sua fantasia inclina a « charakteristisch zu marlciren».

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ad esprimere anche le cose più semplici: il linguaggio poetico è una specie di incanto, che vale a togliere il lettore dalla piccola realtà che lo circonda e che è ne- cessario sia costante, perchè il lettore venga continua- mente riportato nel mondo superiore che il poeta gli svela, e non si distrugga quello stato d'animo che al godimento dell'opera è necessario. D'altronde, data l'in- dole essenzialmente lirica della genesi dei suoi drammi, era naturale che il verso sorgesse spontaneo nella sua fantasia riccamente melodica. Il verso nasce nello stesso momento in cui i fantasmi si determinano dinanzi alla sua immaginazione e questa si esalta e pone in bocca loro le parole che esprimono la loro interna vita. Signi- ficativo è, tra l'altro, sotto questo riguardo, il fatto che il Werner verseggiatore esperto, ricco e varip si desta nello stesso tempo che il poeta drammatico : delle sue qualità inso- lite non è traccia ancora nella lirica anteriore composta per la maggior parte a tavolino, più assai frutto di cervello che espressione sincera di sentimenti provati (62). A questa ragione interiore se ne aggiunse probabilmente anche una esterna nell'esempio del Goethe e. dello Schiller, che, mossi dalla prosa, vennero invece al verso quando matu- rarono verso una concezione più alta dell'arte che quella prima professata, e cercarono di conciliar nella loro opera realismo e idealismo, realtà di vita e bellezza ideale (63). Una miscela di prosa e di verso come i romantici usa-

(62) Cfr. AÙsgewahlte Schriften, I. p. 1-148.

(63) Lo osservò già il FranKEL, op. cit., p. 123. Ma ne trasse con- clusioni errate, in quanto che Io volle mostrar per questa ragione come un continuatore dell'indirizzo dal Goethe e dallo Schiller seguito : il che è una illazione non fondata.

il dramma 1 1 1

vano egli respinse per quella stessa ragione per cui re- spinse il comico: distruggeva Tunità di intonazione.

In parecchi di questi elementi, in cui egli si staccò dai romantici, si accostò invece al Calderon (64), la cui for- tuna incomincia realmente in Germania dopo la pubbli- cazione dello Spanisches Theater dello Schlegel e la cui ammirazione fu dal Werner assai presto condivisa con Tamico Hoffmann (63). Anche più di quella dello Sha-

(64) Per l'influenza del CalDERON sul Werner v. alcune osserva- zioni di H. SCHNEIDER, Friedrich Halm und das Spanische Theater. Berlin, 1910, «Palaestra», XXVIII, p. 19. Nulla si trova in proposito nella Bibliografia Calderoniana del BrEYMANN (Calderon Studien - I - Die Calderon Literatur. Miinchen, 1905).

(65) Cfr. Serapionsbriider, ed. cit., IV, p. 232 e segg. Prove mate- riali che il Werner abbia conosciuto il Calderon prima del 1808 man- cano o non son tali che bastino a far concludere in tal senso. Ma induce invece a tale opinione l'interesse che il Werner mostrò per lo Schlegel e la lettura ripetuta che egli fece dei suoi scritti, e l'opinione viene anche confermata dal fatto che il Werner quando nel 1808 parla del Cal- deron ne parla come di poeta già noto. Oltracciò vedremo nei suoi drammi, anche nei primi delle analogie tali che rendono verosimile l'ipotesi che si tratti di reminiscenze. Cfr. Cap. III. El Principe Con- stante uscì nella traduzione dello Schlegel solo nel 1808 ; il primo volume dello Spanisches Theater (1804) conteneva solo La devocion de la Cruz, El mayor Encanto Amor, La banda y la fior. Da queste tre opere però il Werner può essere stato invogliato alla lettura di altre che pure in traduzione già erano uscite per opera dello ZaCHARIAE e del GaRTNER, del GoTTER, del BECKER, dello ScHRÒDER. D'altronde la traduzione che il Werthes diede delle opere teatrali del GOZZI dai romantici tanto amate, conteneva anche taluno dei rifacimenti che il Gozzi aveva fatti delle opere del drammaturgo spagnuolo : El secreto a voces, Gustos y disgustos ebbero anzi in questo rifacimento più di una traduzione. Traduzioni erano uscite poi anche della Vida es sueno. Cfr. Breymann, op. cit., Cap. II, Abschnitt Deutschland. D'altronde vedremo come il raffronto con talune opere non tradotte in- duca a credere che il Werner, che condivideva coi romantici il culto della poesia dei popoli romanzi, abbia conosciuto anche talune tragedie nell'originale.

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kespeare che rivela spesso nella profondità dell'intuizione psicologica uno spirito critico stupefacente, la tragedia religiosa del Calderon, con quell'esclusivo dominio della religione che purifica da tutti i misfatti, era tale da eser- citare un forte fascino sul suo spirito: specialmente « La devocion de la Cruz, El Purgatorio de San Patricio e El Principe constante esercitarono sul Werner un influsso tenace, che va dal Kreutz an der Ostsee, anzi dalla seconda parte dei Sóhne des Tales fino alla Ku- negunde e alla Mutter der Makk^bàer (66). Egli ne apprese l'arte di iniziare i drammi con le vaste scene di color locale che al Calderon furon tanto care (67), per proseguir poi con l'azione vera e propria che s'allarga in scene liriche, per dar riposo alla sensibilità del lettore e dell'uditore; ne apprese la tendenza alle concezioni grandiose e allo stile magniloquente e ricco, talora barocco ed enfatico; ne apprese l'impeto della ispirazione travol- gente sempre anche nelle scene dove l'cizione ristagna od ha un troppo tardo e lento sviluppo; ne apprese sopra- tutto l'arte di svolger situazioni liriche con tal forza da non interrompere l'interesse drammatico, l'arte anzi di svi- luppar liricamente scene drammatiche.

Ma sentite presto anche qui, nel confronto, che una eguale distanza di secoli separa le creazioni tragiche e le anime dei due poeti. E in generale l'influsso suo scom- pare così come l'influsso dello Shakespeare nell'influsso

(66) Cfr. i singoli Capitoli intorno ai singoli drammi.

(67) Eran care anche allo SHAKESPEARE, come notò già il FraNKEL, op. cit., p. 27; ma il tono lirico delle scene Werneriane riconducono in generale più al Calderon che non allo Shakespeare, che si mantiene sempre per lo piiì in un indirizzo realistico.

// dramma 1 1 3

romantico, separandosene soltanto nei pcirticolciri soprari- cordati.

In realtà il Werner ne nella maniera dello Schiller, ne nella maniera dei romantici e del Calderon poteva interamente appagarsi. La genesi e la natura della sua opera gli rendevan necessario di appoggiarsi bensì in parte agli uni e agli altri, ma di tendere verso una forma alquanto diversa, verso quella forma che tutti i drammi indicano es- sergli balenata innanzi nella composizione, e che in prin- cipio di questo capitolo abbiamo delineato. E il torto suo non fu di aver assorbito elementi dagli uni e dagli altri, per scostarsi in egual modo da essi di nuovo; ma fu di non esser stato interamente consequente nella esecuzione delle sue concezioni, e di aver creduto spesso di raggiungere lo scopo cercando di conciliare le due maniere, salvo a introdurvi e non sempre consciamente delle ten- denze sue, nuove e delle nuove forme: il torto suo fu di esser stato malsicuro e incerto.

La ragione di tale incertezza e in un contrasto, che la contraddizione che notammo nella sua psiche ripercosse nella sua indole di poeta : voi vi trovate innanzi a un dua- lismo di tendenze che potevano essere e non furono per varie ragioni che vedremo da lui portate all'accordo.

Per una parte infatti, se egli tenta di assurgere alla pittura di mondi ideali e di una pura vita celestiale, per Taltra parte invece, come egli è un sensuale nella vita, così tende, senza ch'egli stesso se ne avveda, al realismo nell'arte.

Quand'egli rappresenta una qualsiasi scena, egli vien trascinato a darle colori di vita materiale e sensuale. Si sol-

G. GabeTTI, // dramma di Z. Werner. 8

1 14 Zacharias Werner

leva col pensiero, ma la realtà gli lega i sensi e la fantasia che di sensazioni è tutta materiata. Ed egli indugia così volentieri come nella Weihe der Kraft o nel Kreutz an der Ostsee in scene tolte alla vita comune, che descrivono quelle usanze e quei sentimenti che nella vita comune si incontrano, indugia volentieri in scene storiche e sociali, in cui il popolo vien presentato al lettore nella sua semplicità e nella sua impulsività, in- dugia volentieri in scene violentemente drammatiche, in cui le passioni erompono e si scatenano come nella vita reale succede. Una delle ragioni anzi per cui egli fu tanto più che i romantici aperto all'influenza del dramma dello Schiller fu appunto questa.

Osservate chiarissima questa tendenza persino nello stile, nella lingua (68). La musicalità sua ha bensì anche la forma celebrata dalla Staèl, ma la forma prevalente non è tale. Essa mi si permetta la parola si materializza, diventa sopratutto grande sonorità e grande rimbombo, e questa sonorità e questo rimbombo sono spesso così fìssi, così uniformi, così eguali che il Werner a poco a poco se ne fa quasi una maniera, in cui accanto alla pienezza di suono ritrovate un non so che di rigido e quasi di predica- torio, che vi fa riconoscere subito, incontrandolo, il suo verso. Par che egli senta il bisogno di sentirsi piena la gola, quando legge i suoi versi, e che, per riunir tutti quei suoni, prenda un ritmo duro e sussiegoso, necessario come saldo scheletro che ne sostenga la mole (69).

(68) Cfr. su questo i due Programmi già citati del DegENHART, Eich- stadt, 1899 e 1907.

(69) Anche nella lirica trovate questa pastosità di suoni che finisce con l'irrigidirsi in un ritmo dal rimbombo uniforme.

// dramma 115

Questa tendenza alla sonorità è spesse volte evidente. Guardate i nomi proprii: son nomi slavi o polacchi o la- tini, in cui abbondano le vocali, i suoni liquidi e nasali : Samo, Warmio, Silko, Glaffo, Olio, Stephani, Agaphia, Malgona, Pregolla, Dorotea, Wanda, Sv\rentislav, Wladimir, Ludmilla, Rudiger, Ulfo, Hildegundae, Edecon, Valamir, Euno, Cunigunde etc. : se vi incontrate altri nomi, ciò è quasi sempre perchè egli non può rifoggiare a suo talento i nomi storici, su di cui la sua azione si impernia. Così egli ama gli arcaismi (70) non soltanto nelle opere, ma persino nelle lettere, non soltanto nei nominativi ma nelle desinenze delle- declinazioni e nelle forme del verbo; nelle frasi inserisce volentieri forme latine (71) e ama le parole composte e crea volontieri composizioni nuove. Se voi confrontate la forma scelta da lui con la forma usuale, trovate quasi sempre che quella scelta ha un suono più pieno: « Conterfei, Abkonterfein, Melodei, Philo- sophei, scharmuzieren etc. ». Interessante è sotto questo

(70) « Alfanzen, bedeuteln, erkiesen, eriustrieren, fleuch, Geneuss, Gebeut, hub rung, wass (per war), stahn (per stehen), Adlermann, Canzellar, Gauch (per Kukuk), Fant, Gebaren (per Gesamtverhalten), Gemahl (per Gemahlin), Leichnam (per Korper), Magedein, Muhme, Miinch, Reisige». Anche nelle congiunzioni: « fiirbass, beisachte, ohngefahr, wasmassen, sintemal, dann (per denn), etc». Son fre- quenti circonlocuzioni con k^mmen e tun invece della forma semplice, frequentemente è scelta la forma aggettivale in -ig quando la usuale è in -lich e viceversa. Spesso è usata la forma debole nella declinazione femminile: «bei unserer lieben Frauen, der Erden Lust, etc». Cfr. DegENHART cit. (1899), p. 39 e segg.

I programmi del Degenhart sono coscienziose e utili raccolte di mate- riale, che però l'A. non sfrutta giungendo a conclusioni che, mentre spiegano le osservazioni da lui fatte, siano in rapporto con l'arte del poeta in generale e la chiariscano e la illustrino.

(71) Cfr. Degenhart cit. (1899), p. 41 e seg.

116 Zacharias Werner

rispetto la ripetizione continua di certe parole e di certe frasi che riempiono la bocca e abbagliano la vista: « Blut und Nacht, Nacht und Wuste, Blut und Azur, Glut und Andacht, Blut und Mitternacht etc. » (72). La medesima osservazione vale anche per le parole composte su sostantivi (Grabesflur, Grabesrasen, Luftazur, Grabes- nacht, Luftgefilde, Staubesknecht, Hòllengluth etc), siano invece aggettivi (blutbefleckt, mondenlang, flutbeschàumt, mondumringt, etc.) (73). La sintassi medesima subisce l'in- flusso di questa tendenza; il periodo si spezza sovente, la coordinazione e la subordinazione si alternano se- condo la maggiore o minor convenienza per il verso; la stessa disposizione anormale delle parole non è dettata sempre dalle necessità del ritmo, ma dal modo con cui la combinazione dei suoni vocalici e consonantici riesce più piena e più musicale; la forma infinitiva prende il posto della forma finita, il pronome personale è spesso tralasciato, l'articolo è spesso ripetuto dopo il sostantivo. Di tutte le figure retoriche si trovano poi nelle opere Werneriane

(72) Ibid., p. 31.

(73) Ibid., p. 6-13. La ripetizione continua di queste espressioni e anche delle parole singole (v. DegENHART, p. 18): «Blut (blutig u, s. w.), wurgen, erwùrgen, Gewiihl, Graus (grausig, etc, etc), dunkel, azur, azurnen, trunken, matt, etc. », basterebbe a dar un'idea del mondo fantastico in cui il Werner si compiace e delle tendenze anche stilistiche da cui egli è dominato. E son frequenti le frasi violente: « Bursch, Dummbart, Schurke, Subjekt, Tolpel, Graukopf » (DegEN- HART cit., p. 8 e seg.). Son frequenti anche le ripetizioni di frasi intere e paragoni con l'ostia o con la notte della tomba, etc Già il DegEN- HART ha visto un'analogia fra il linguaggio del Werner e quello del Kleist : l'analogia dipende da una già accennata analogia di tempe- ramenti e quindi di arte, ma il Kleist è molto più vario, più creativo, più sobrio e il Werner ha fra altro quella inclinazione alla prolissità che è propria dei predicatori (v. Progr. 1899, p. 7).

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esempi numerosissimi (74) ; particolarmente frequenti sono le allitterazioni e le assonanze, che a scopo onomatopeico ven- gono prodigate e che in un'arte come quella di cui ora stiamo discorrendo si accordano con la generale intonazione (73). Il Werner condivide l'ammirazione dei romantici per le lingue dei popoli meridionali e si sforza come essi di av- vicinarvi la lingua sua quanto può, anche a costo talora di farle violenza. Se arcaismi, neologismi, movenze anti- quate non saltano agli occhi e non turbano il lettore, è perchè esse si fondono in questo egual tono generale di tutto il resto.

Una tal musicalità sonora ha qualcosa di veramente materiale che si presta a quella conciliazione fra suono e visione dello spettacolo descritto che la Staèl loda nel Werner verso la fine del periodo citato e che stacca il Werner dai romantici. Quando il Werner deve esprimere voci di spiriti celesti, canti di esseri puri, angelici, i cui sentimenti sono sospiri verso Dio, lievi aliti quasi inaffer- rabili, e la sua musicalità deve diventare eterea e vapo- rosa, allora l'armonia e la melodia vincono sulla visione: voi sentite che il suono di quei versi risponde a quello stato d'animo che il poeta volle esprimere, ma non intendete esattamente ciò che vi vien detto : nell'armonia la visione va dispersa. Questa viene invece precisata maggiormente dai suoni pieni e rotondi, in cui è un non so che di de- terminato, che par direttamente suggerire una immagine visiva. Il linguaggio del Werner è ricco di immagini, fìo-

(74) V. DegenharT cit., pp. 15, 18. Frequenti più che le altre sono le allitterazioni con w e le assonanze vengono specialmente fatte con le vocali forti.

(75) Ibid.. p. 14 e seg.

1 1 8 Zacharias Werner

rato e colorito, condensa metafore e similitudini ed espres- sioni forti; questa materialità di suono rende anche più intenso un tale carattere.

E solo un tale linguaggio rende possibili certi effetti potenti che il Werner talora ottiene. I sentimenti ven- gono espressi qualche volta con una violenza tale che il lettore ne è afferrato e scosso e quasi lasciato senza respiro. Solo così ad esempio può la fatalità soffiare nel 24. Februar quell'irresistibile vento di bufera, che tra- volge personaggi e uditori fatti proni al passar di una po- tenza sola, superna, arcana e tragica. Togliete la intensità delle espressioni pervase tutte da uno spavento treme- bondo e da una passione cieca, che si van senza posa moltiplicando : chi crederà ancora alla bufera ? E togliete quella bufera, togliete quell'illusione, tutta l'opera d'arte cadrà. Perchè è opera di genere tale che, o vi abbatte e prostra, o vi lascia increduli e impazienti (76).

Ora che riflesso avrà questa inclinazione realistica pre- potente della fantasia sopra la materia mistica, che è, se- condo il Werner, il vero fondamento e allo stesso tempo il vero scopo dei suoi drammi ?

La elevazione mistica diventa un fatto morboso e pato- logico, che della malattia presenta i segni più evidenti (77).

(76) La determinatezza espressiva dello stile del Werner venne messa in rilievo già dal PoPPENBERG, op. cit., Cap. IV; cfr. anche il FraNKEL, op. cit., Cap. VI.

Non ne vide invece completamente il carattere il DegeNHART, &p. cit., avendo egli rivolto la sua indagine più alle qualità esterne dello stile che non alle questioni sostanziali e avendo lasciate isolate le sue osservazioni.

{77) Sfuggì tutto questo allo IrmLER, op. cit., presso di cui si può trovare un elenco delle scene mistiche e dei personaggi mistici in tutti i singoli drammi.

// dramma 1 1 9

La fantasia del Werner non ha ripugnanze. Morbosamente vive egli i suoi sogni religiosi, morbosamente s'accosta ad idee anormali ed anche perverse come talune di quelle che esponemmo: ed egli rappresenta questi fatti come egli li vive.

Si è accennato nel precedente capitolo a qual fantasia egli abbia ricorso per simboleggiar la mistica unione di amore e morte. Così egli introduce nei suoi drammi scene di voluttà acre, dove il desiderio carnale è ac- cresciuto dalla resistenza che trova nelle esaltcìzioni reli- giose e morali a cui Teroina per lo più è in preda, e dove i sensi si estenuano in una sovieccitazione che diventa talora parossismo perchè resta insoddisfatta : fa vivere i suoi personaggi sull'orlo del peccato sicché l'odor che ne sale li inebria e oscura loro la vista; li trattiene dall'atto estremo provvidenzialmente, ma li fa vivere nello smanioso pen- siero di quella ultima voluttà che loro sfugge, e che è da loro costantemente goduta nella immaginazione. E tut- tociò, mentre quella gente crede in tal modo di esser pervasa da amor divino, di essere squassata e devastata da soffi celesti, trasumananti. Ogni dramma ha di queste scene : la Kunegunde è la rappresentazione di una con- tinua ebbrezza inconscia e rosa del desiderio carnale: il Werner ve la presenta in tutte le forme, in quanto essa diventa lo stato d'animo permanente dei personaggi, che di quel godimento son privati e passa dal parossismo all'abbattimento, dalla vertigine al languore. 11 dranmia di una santa diventa una fantasia erotica. E nulla è più patologico che queste voluttà tormentate e tormentose: .nulla più morboso che queste lussurie cerebrali che pre- tendono negare il godimento ma in fondo lo moltipli- cano e lo eternano, perchè se il godimento ottenuto è un

120 Zacharias Werner

attimo fuggente, questi godimenti fantastici e artificiosi invece, che vi son sostituiti, sono perenni e duraturi. Il Brentano solo, che ha un temperamento simile al Werner, si accosta a lui in questo erotismo malsano e in queste libidini di immaginazione: l'erotismo sensuale degli altri è giocondo al confronto e sano : leggete pure la Lu- ónde : vi è la voluttà che si espande perchè reclama i diritti che le furono negati, non vi è la voluttà che si raffina tormentandosi.

E allo stesso modo il Werner nella sua esaltazione mistica si inebria in visioni di sangue: il sangue delle vittime dei sacrifìci pagani che descrive par gli dia alla testa, ed egli indugia sulla rappresentazione di quel sangue che sprizza ribollendo dagli animali immolati, ed egli ri- chiama quel sangue continuamente, e ridiscrive il sacrificio : il sangue di Cristo stesso e dei martiri par gli dia una voluttà acre, e i personaggi suoi si sprofondano in quella contemplazione e, invece di prender soltanto da essa lo spunto per esser pieni di riconoscenza e di amore verso Dio che per essi si è sacrificato, si concedon tutti a quella visione e più non vedono se non quel sangue che scorre e che stilla raggrumandosi. Un certo elemento religioso esiste in loro in quanto che la contemplazione di quel sangue è promossa dal fatto che è sangue di Dio fatto uomo, ma che impurità lutulenta nel loro sentimento ! Così ama il Werner rappresentare non la morte per vie na- turali, ma una morte cruenta. Ed essa non suole essere mai il godimento del méutire, che già vive nei cieli, mentre il suo corpo è ancora in terra e sospira il mar- tirio perchè esso presenta alla sua fantasia uno spalan-, carsi delle porte del paradiso e una festa di angioli che gli vengono incontro osannando e uno smarrirsi inebriato

// dramma 121

nella luce divina che abbagliando beatifica; essa vi offre invece allo stesso tempo anche il godimento acre del dis- solversi, del disfarsi ; vi offre in una forma speciale il per- verso fascino di tutto ciò che è contro natura. E l'erotismo mistico celebra anche maggiori trionfi : Wanda e Riidiger si ammaiLzano perchè si amano, perchè festeggiano così nella voluttà cruenta la suprema ebbrezza e la suprema eleva- zione religiosa. Dimorate nei regni confusi e oscuri della subcoscienza, dove le forme di vita e gli istinti non si sono ancora districati gli uni dagli altri, e il bene ed il male son mescolati ancora e ancora fusi insieme da vin- coli misteriosi che solo la coscienza riuscirà a spezzau-e; dimorate nei regni della degenerazione, dove Tuomo, in- torbidando le fonti più pure della vita, ridiventa preda agli istinti che in lui s'agitano, e dalle sue stesse raffina- tezze di essere superiore vien travolto in più basse e com- plicate e ributtanti perversità (78).

Potete rivoltarvi dinanzi a questo mondo perchè il vostro senso morale si ribella (79), ma la materia è pro- fondamente tragica, e, se il modo come il Werner la rap- presenta, non è tale da destare in voi invece della ripu- gnanza la pietà, in quanto che il poeta stesso vi additi in ciò chiaramente una malattia che fa meditare e pensare.

(78) Vi è nelle opere del Werner, sotto questo aspetto, che è fonda- mentale della sua personalità di poeta, una progressiva affermazione e una evoluzione e una diversità che non vide il PoPPENBERG, che di questo soggetto discorre, op. cit., Cap. Ili ; ma pone il problema in una luce falsa e non scorge la connessione sua con l'insieme del dramma Werneriano, e non ne vede il vero carattere.

(79) È. in questa invincibile nausea morale una delle ragioni, che allontanarono dal Werner lettori e studiosi: v., ad es., RlCHARDA HuCH, Ausbreitung und Verfall der deutschen Romantik cit.

122 Zacharias Werner

esso e però tale che scuote per la sua forza e per la sua brutale verità, per la implacabilità dell'analisi.

Il difetto non sta quindi nel fatto che il Werner tras- formò questa vita in malattia, ma sta invece in ciò che egli si lasciò trascinare dalla sua tendenza mistica a con- siderarla come vita sana e santa e a cercar di rappre- sentarla come tale.

Egli, infatti, se descrive con verità questi fenomeni, perchè egli li vive in se medesimo, e riman fedele al realismo appunto perchè egli li ha vissuti, egli, tuttavia, pur descrivendoli in tal modo^ li ritiene brividi di cele- stialità che passano in questa vita nostra. E ciò ha un forte riverbero nel modo con cui egli tratta i personaggi sopran- naturali che vedemmo introdotti nelle sue tragedie.

Due modi gli si presentavano di dare attuazione alla sua concezione: o impostare il dramma come mondo di leggenda, come i romantici e il Calderon e il Goethe avevan fatto, e introdurvi poi questi esseri facendone personaggi principali e attivi come tutti gli altri, o usarli come riverbero dell'azione che descriveva, come aveva fatto lo Shakespeare neW Amleto e nel Macbeth, dove le apparizioni dello spettro del padre regale in- vendicato e dell'ombra di Banco vengon provocate, per così dire, dallo stato d'animo in cui Amleto e Macbeth si trovano. Era quest'ultimo il modo che meglio si ac- cordava, che anzi solo si accordava, con quel mondo di allucinati che il Werner descriveva. Il Werner invece s'attenne al primo. Vi contribuì probabilmente l'esempio dei romantici, ma più che tutto ciò ebbe la sua ragione nelle idee religiose che il Werner aveva. Non conside- rando egli come fenomeni di morbosità quelli che egli descriveva, considerandoli invece come riverberi della di-

// dramma 123

I

vinità dell'anima umana, quando le creature celesti inter- vengono, esse non vengon più rappresentate così che si accordino con una intonazione realistica della tragedia. Il Werner, non pago che essi compaiano a suggellare la santità di quanto ha descritto, ne fa dei personaggi di importanza essenziale, i quali devon mantenere la loro celeste natura.

Oltracciò, se egli cercò di dare loro vita, essi però gli sfuggirono (80). Chiciramente lo avvertiva già lo Iffland(81). Quelle sue creature si amano, si adorano, ma son lontane, inafferrabili e non possono rappresentarsi. Chi poteva rappre- sentare Sant'Adalberto ? Lo Iffland si immaginava nella parte ma non trovava via di uscita : lo stimolo alla ricrea- zione, che l'attore trova nella vita dei personaggi in cui si deve incarnare, mancava (82). Eppure il Sant'Adalberto è uno degli esseri fantastici che più s'accordano con l'in- dole del dramma e più ricevettero vita e colorito. Il Werner sa rappresentare la lotta e il fermento (83), scru- tare nella psiche inferma degli esseri umzmi; ma in questi esseri non vi è più lotta, non più fermento, non più in- fermità : son esseri fatti di luce e di armonia. E il Werner per quanto si sforzi non riesce a fermarli nelle parole che mette loro in bocca. Egli sopprime talora l'analisi delle creature terrene per spiegcu* quanto esse compiono sim- bolicamente con l'intervento di queste nuove creature :

(80) Cfr. i Capitoli seguenti intorno al modo continuamente diverso con cui il Werner cercò di superare questa difficoltà, che le critiche di amici e nemici gli facevano presente.

(81) Teichmann, op. cit., p. 318.

(82) «Blàtter i. 1. U. ». 1834, cit.. p. 1183.

(83) Cfr. ì singoli Capitoli seguenti a proposito dei singoli drammi.

124 Zacharias Werner

ma non riesce a sostituire alla vita che ha soppresso, una vita nuova. Egli vi si sforza. Fa che questi nuovi perso- naggi non agiscano soltanto come inviati di Dio, ma di- rettamente e personalmente s'appassionino agli eroi del dramma (84). E l'artificio giova in qualche modo, ma nuoce però anche sotto altri riguardi perchè oscura e vela il simbolo. Essi restano sempre imprecisi ed evanescenti, han vicende inspiegate, oscillano incerti fra l'umano e il celeste, e son poveri di interna vita. La fantasia del Werner è tale che non riesce ad illuminare la loro es- senza spirituale.

Così il Werner creò prima di tutto un contrasto fra l'intonazione di quella che è la base del dramma, e lo svolgimento che questo in seguito ottiene. Siete immersi nella contemplazione di una vita terrena e anzi morbosa, malata, e improvvisamente vi compaiono innanzi questi per- sonaggi, e non sapete perchè vengano, e vi sembra strano che essi possano immischicu-si nelle cose di questo mondo e specialmente di un mondo come quello in cui vi tro- vavate. Vi è un abisso fra di essi e gli uomini che prima s'agitavano, amavano e soffrivano; un abisso, e, appunto perchè non veduto dal poeta, esso diventa tanto più pro- fondo e difficile a colmarsi.

Oltracciò, poiché a questo danno un altro se ne ag- giunse: quello del difetto di creazione, così accadde che il Werner lasciò avvenire complicazioni e catastrofi strane e singolari che spesso infransero i suoi innegabili sforzi d' arte.

La storia del dramma del Werner è così la storia di

(84) Cfr., ad esempio, Die Weihe der Kraft.

// dramma 125

questa lotta continua fra la tendenza verso il realismo e il dramma patologico e quella verso il romauiticismo e la leggenda mistica: la storia delle soluzioni che egli nelle diverse opere via via venne dando a questo essenziale problema. Vedremo , studiandone V evoluzione , che il Werner sentiva questo dissidio e che cercava di com- porlo. Ma, mancandogli la esatta coscienza di ciò che egli medesimo era, non riuscì mai a raggiungere comple- tsimente una esatta visione di quel che il suo dranmia doveva divenire. Fu anche come poeta un ricercatore, come lo era stato nella vita intellettuale. Aveva teso sempre con tutte le forze verso la verità, ma il suo pen- siero restò sempre oscuro e confuso finche rinunziò a pen- sare; si adoprò per dar esecuzione a quel tipo di dramma che in principio di questo capitolo delineammo, ma torbido e confuso rimase anche il suo dramma.

11 dranuna, ch'era stato per tanto tempo il suo maggiore sogno. S'illudeva di riuscire a dare alla Germania la tra- gedia nazionale (85). Si sentiva tedesco, a differenza dei primi romantici che tale sentimento di patria avevano sacrificato a un ideale universalmente umano, e scriveva allo Scheffner: « Còln ist der Hauptsitz der prachtvollsten Ue- berreste altgothisch-deutscher Architektur, und, w^as Sie am meisten interessiren wird, beide Uf er sind noch deutsch » (86). Quante volte gli sorrise il pensiero che tragedie composte come egli le componeva potessero diventar patrimonio della sua nazione! Quante volte chiamò le sue opere

(85) V. «Blàtter f. 1. U. ». 1834. cit.. p. 1178-84; « Gesellschafter ». 1827, cit.. p. 44-58; Teichmann, op. cit.. p. 235-300; Goethe und die Romantik hrsgg. v. WaLZEL u. ScHUDDEKOPF cit., passim.

(86) «Blatter f. 1. U. », 1834, cit.. p. 1346.

126 Zacharias Werner

( àcht deutsche Tragòdien )) 1 II Kreutz an der Ostsee, dove egli presenta gli antichi abitanti della Prussia in lotta con i tedeschi dell'Ordine della Croce venuti a di- fender con le armi la diffusione del Cristianesimo, la Weihe der Kraft in cui celebra l'eroe della Riforma, Lutero, V Attila, dove nel re Unno egli descrive la forza brutale ma schietta e sana, la Urkraft, propria secondo il suo pensiero della razza tedesca, la Kunegunde, dove egli esalta il casto e pio imperatore bavarese En- rico, vincitore del ribelle italiano Arduino, sono, fra altro, anche tutti tentativi per raggiungere questo scopo.

Riuscì molto meno di quanto aveva sognato di diven- tare. Ma ebbe una sua personalità e vedremo più tardi così quale sia l'importanza sua nella storia del dramma tedesco, e quaU riverberi le sue concezioni ebbero su poeti che furon maggiori di lui e che pure a concezioni analoghe alle sue si volsero (87). Si può dire di lui come del Kleist che nutritosi di romanticismo ed educatosi a poeta drammatico sullo Schiller, se ne staccò per esplicare se stesso. Ma il Kleist fu risoluto e sicuro nel suo distacco e riuscì un grande artista. Egli non lo fu e riuscì tuttavia qualcuno. La paura di non esserlo aveva formato sempre il suo tormento: « Ich vv^erde alt, das Bisschen poetische Fiamme verglimmt, ich sterbe und ich habe am Ende umsonst gelebt » (88).

(87) Conclusione.

(88) «Blatter f. 1. U. », 1834, cit., p. 1170.

CAPITOLO TERZO Il dramma dell'utopìa settaria.

È possibile di determinare altri caratteri del dramma del Werner soltanto se si lascia di considerarlo nella totalità per accostarsi alle produzioni singole: ciò che se ne direbbe non potrebbe essere riferito all'opera intera.

Vi si incontra una evoluzione. E la ragione di questo divenire è doppia : per una parte l'esercizio della sua arte, la conoscenza dello Iffland e del Goethe, se non bastarono a far che il Werner rinnovasse la sua conce- zione e a mutar quella generale tendenza, che sopra ab- biamo descritto, pur lo condussero a vedere il dramma con occhi un po' diversi da quelli con cui prima lo ve- deva: per l'altra parte poi le sue idee subirono una confusa ma continua trasformazione, producendo neces- Scu-iamente un mutamento anche nella forma che il dramma assunse. Questa seconda è la ragion principale: la prima favorisce questa seconda : le nuove idee si espli- carono secondochè consentiva una più matura esperienza. Così si può dividere la produzione drammatica del Werner in quattro successivi periodi : il dramma dell'utopia della società secreta, il dramma dell'utopia erotica, la tragedia del fato, il dramma cattolico. Il primo comprende i

128 Zacharias Werner

Sòhne des Tales e il Kreutz an der Ostsee, il secondo comprende la Weihe der Kraft, la Wanda e V Attila, il terzo comprende il 24. Februar soltanto, e il quarto la Kunigunde e la Mutter der Mak\ahàer (1).

Prendiamo ora in esame il primo. La deformazione delle idee religiose dei romantici assume in questo primo momento accanto a quelle forme generali, che conosciamo e che manterrà, anche quella di una manìa settaria. Pas- sato al Romanticismo dalla Massoneria, il Werner, ac- cogliendone i principi, in questo primo periodo, li mas- sonizzò.

I Sóhne des Tales svolgono Tidea di una masso- neria romantica. Come siam lontani dalla purità idea- listica del venerato Schleiermacher ! Questi aveva so- gnato, scrivendo le Reden, di rendere la religione cosa tutta interiore, individuale, di promuovere una rina- scita religiosa, in cui nessun elemento esterno avesse più posto, ma il sentimento personale e diretto, imme- diato dell'infinito dominasse solo e puro ; da ogni spirito di setta era stato lontano, poiché la setta è appunto nega- zione di questo assoluto individualismo, e, in quanto ha scopi combattivi, anche negazione di quello spirito con- templativo a cui lo Schleiermacher riconduceva le sue teorie.

II Werner, natura di predicatore, mirante a risultati pratici, conciliò o cercò di conciliar le nuove idee con la sua manìa, in quanto che rilevò essere dovere degli uomini veramente religiosi di diffondere la religiosità anche presso

(1) Del carattere dei singoli periodi si discorrerà via via nei singoli capitoli ad essi dedicati.

// dramma dell'utopia settaria 129

gli altri uomini, e giudicò non potersi raggiungere questo scopo se non per mezzo di società attive (2), specie di Chiese, in cui si custodisce acceso per tutti gli uomini il fuoco dell'eterno Amore ».

Pareva infatti a lui che Tastenersene fosse colpa: in tal caso, o si è « àsthetische Lùgner », ipocriti avvolti in un manto di cui si è indegni, o si è vittime di una falsa aristocrazia intellettuale, fatale alla umanità e mal- visa a Dio, perchè essa non è niente altro che raffinata e mascherata vanità. « Es tut mir in der Seele weh, scrive egli allo Hitzig (3) wenn ich die herrli- chen Kràfte der neuen Menschen, des Schlegel, des Tieck, des Schleiermacher u. s. w. verschw^endet, den einen eine Komòdie, den anderen ein Journal, den dritten romantische Dichtungen, Sonnets und Gott wreiss was liefern sehe, sie von grossen Zwecken, wrie die Franzosen von der Landung in England, praJilen hòre, und doch Ideine ernste Tendenz, k.eine verbundene Harmonie zu dem grossen Ziele, keine Realisirung der gòttlichen Idee einer geselligen Verbindung edler Freunde zum hòchsten Zwecke, erblicke, wie Schlegel sie im ersten Hefte seiner «Europa» so schòn andeutet. Ich bin iiberzeugt, wàre ich mit diesen Menschen einen Tag zusammen, sie miiss- ten mich entweder in ihren Bund aufnehmen und sich zu einer kràftigeren Wirksamkeit entschliessen, oder mich fijr einen inkurablen Narren erklàren. Alles poetische An- deuten von hohen Verbindungen, anbrechender Morgen- ròte u. s. w. kann nichts helfen: geben muss man der

(2) Ausg. Schr., XIV, p. 41-50 passim.

(3) Ibid., XIV. p. 41-42 (17 ott. 1803).

G. GaBETTI, // dramma di Z. Werner.

130 Zacharias Werner

Welt, der jàmmerlichen, von Gott entfremdeten Welt das Beispiel einer solchen Verbindung in Prosa, in Na- tura: sie mag Sekte, Orden, was sie will, getauft werden, und, kann ich zu einem solchen Zwecke mitwirken, so will ich geme meine poetische Feder, die mir nur dazu Vehikel ist, niederlegen auf ewig; dann erst werde ich sagen kònnen : Ich lebe » (4).

Tale è, in questo tempo, il criterio con cui il Werner giudica i romantici. Hitzig in Berlino deve associarsi a lui nello sforzo di dare realtà a questo sogno, deve sondar questi uomini nuovi che lasciano assopire « il genio, che Dio loro ha dato perchè essi lo sfruttino a Suo servizio », deve ve- dere se si tratta soltanto di una (( poetische Floskel » , di una « leere Gaskonade » (5), oppure se credono veramente che essi posson mutar faccia al mondo stampando dei libri ; e, in quest'ultimo caso, deve persuaderli che le loro spe- ranze non han fondamento, che i loro libri non si leggono e sui più non hanno nessuna influenza (6) : « Suche diese homines novos auf. Associire dich ihnem bonis modis. Ist dieser oder jener ein Narr, tut nichts wenn er nur àchten Sinn hat fiir das was den Menschen Not tut, und das ist : Verbindung einiger in solchem Sinne begabten Menschen zur Erwdrmung der Menschheit, die weniger durch Biicher als durch eine miindliche Communikation erreicht wird ». E non dubita sull'esito finale del tentativo. Archimede diceva : (( Datemi una leva ed io solleverò il mondo » : egli dice : (( Datemi dieci giovani di buona volontà ed io

(4) Ibid., XIV. p. 42-43. e cfr. anche «Bl. f. 1. U. » cJt.. p. 1170.

(5) Ibid., XIV. p. 44.

(6) Ibid.

// dramma dell'utopia settaria 131

rinnoverò gli uomini: « Was kònnten zehn gefiihlvolle, reine, begeisterte Jùnglinge, zu einem Zwecke verbùndet, mit der Welt, in religlòser Hinsicht, machen, wenn sie we- niger schreiben und mehr tun wollten, und wenn es mò- glich wàre, noch junge Lente dazu zu gewinnen ? ». E si rinfrescano le sue speranze nella cieca forza della sua fede : (( Ich will nicht faulenzen » : il momento gli par giunto : (( Der Zeitpunkt ist akkurrat jetzo gekommen, jetzt wo die Welt in alien Meinungen verwirrt, von alien Tu- genden und Redlichkeit entblòsst, keinen Gòtzen kennt als das Geld, der, sobald ihm die Wiirde der Menschheit (gewiss dass blutigste Opfer !) gebracht worden ist, ebenso schleunig seinen Anbetern entflieht. Jetzt ist der Zeit- punkt, wo die Welt sich nach Rettung sehnt und sie er- halten muss » (7).

I romantici di fronte alle sue smanie settarie si manten- nero indifferenti : quello spirito di socievolezza e di frater- nità, che il Werner fraintendeva come una apparizione della sua stessa idea, riposava su altro fondamento ed aveva altra tendenza. Quando i romantici parlavano di « Sympoetisiren, Symphilosophiren » (8), ciò era perchè, data la loro concezione unitaria e organica dell'Universo, sentendosi essi fratelli nella natura infinita a cui apparte- nevano, questo rendeva possibile il lavoro in comunanza, perchè era nel loro lavoro la manifestazione unica di una

(7) Ibid., XIV, p. 47 (13 ott. 1804). Interessanti per il suo giudizio posteriore su questo argomento sono anche le lettere che manderà al PeguilHEN nel « Gesellschafter » cit.

(8) Cfr. «Athenàum», 1799, p. 12; «Europa», 1803, I passim; e le Jugendschriften di F. SCHLEGEL nella ediz. del MlNOR, 2* ri- stampa, Wien, 1903.

132 Zacharias Werner

forza unica che per mezzo di loro operava, e il pensiero di uno non era che un frammento del pensiero di tutti; quando essi parlavano di una «Verbriiderung der Besseren zur Vergòttlichung der Menschheit » (9), ciò era perchè solo se l'uomo ha un ambiente adatto le sue forze si pos- sono completamente esplicare : quella « Verbindung » e quella « Verbriiderung » non indicavano la costituzione di una sètta che vuole imporsi altrui, ma soltanto una asso- ciazione di uomini, che animati dagli stessi sentimenti si uniscono, perchè così possono meglio vivere secondo i loro bisogni, e meglio dare sfogo a quelle inclinazioni che in loro prevalgono. Il movente di Friedrich Schlegel non era che una forza di attrazione verso gli uomini si- mili : attrazione naturale, che non importa un organismo di società limitante e costringente la libertà individuale, ma soltanto una riunione di spiriti e di sentimenti.

Voltosf il pensiero alla formazione di una sètta, mo- stratesi anche false le speranze poste sui romantici, il Werner dovette facilmente venire all'idea di sfruttare a questo scopo la sètta cui apparteneva, facendovi pene- trare — s'intende in tutti i membri il nuovo spirito e rinnovandola. E così dedicò alla diffusione di una masso- neria romantico-mistica tutte le sue forze. Scriveva egli infatti allo Scheffner : « Die Maurerei kann keinen anderen Zweck haben. Ist er in ihr verdunkelt, so muss er in ihr aufgehellt, oder, mit Wegschneidung vieler dummen Sym- bolen und schalen sentimentalen Gewàsches (w^ovon das- Lumpenw^esen voli ist), das Urchristentum in seiner Glorie wieder hergestellt werden, und das ist der Hauptzw^eck

(9) « Europa », I, n. 2.

// dramma dell'utopia settaria 133

meines Lebens » (10). Un amico lo confortò, lo con- fermò e lo esaltò in questi propositi : il pastore Chri- stian Friedrich Mayr (11).

Il Mayr era uno squilibrato, affetto da manìa religiosa, ma la sua esaltazione lo conduceva anche, fra tante stra- nezze e pazzie, talvolta ad idee fuor del comune, e lo faceva vivere continuamente in un mondo alto, suscitatore di pen- sieri insoliti. Non ragionava, lasciava che la sua immagi- nazione si sbizzarrisse senza freni e aveva nelle sue fantasie un gran fascino ammaliatore, perchè vi si scorge- vano qua e balenare delle verità profonde. Non vedeva nulla al mondo fuorché religione, e correva dalla Chiesa sua alla Chiesa cattolica e alla sinagoga, dalla loggia mas- sonica alle sedute di altri ordini, a cui apparteneva; contro un fedele che si era addormentato alla sua predica spa- rava un colpo di pistola. Un tale uomo doveva imporsi al Werner: il contatto di una tale manìa accresceva i suoi fervori mistici : il contatto di una tale esaltazione accre- sceva la esaltazione sua propria.

Anche il Mayr aveva la sua stessa inclinazione a cercar simboli materiali delle verità celesti, e s'entusiasmava per il simbolo quanto più materiale esso fosse, perchè quella materialità gli pareva espressiva e lo inebriava : così vo- leva che nella Comunione si bevesse vero sangue e si mangiasse vera carne. Di fronte a queste esagerazioni, che sarebbero ridicole, se non fossero segno di uno squi- librio mentale grave, la materialità di simboli del Werner diventava cosa eterea. E si può affermare, senza esita-

(10) «Blàtter f. 1. U.». r834, p. 1171.

(11) DoROW, Erlebtes. Leipzig, 1845. IV. 28 {Ch. Mayr und Z. Werner).

134 Zacharias Werner

zione che resempio del Mayr, che andava ancora oltre il segno a cui egli giungeva, contribuì pure grandemente a fortificare presso il Werner quella innata sensuale tendenza che vedemmo influire sulla determinazione delle sue idee religiose. Accresceva l'influsso la venerazione che egli aveva per la sua persona.

(( Die Stunde vor der Beichte in der schen Kirche, welche ich, nàchst Gott, Sincerus (Mayr) verdanke, w^ar die seligste, die einzige meines ganzen Lebens. Die Agape niemais, nie werde ich sie vergessen. Diesem Manne, bei dem Verstand und Willen im reinsten Ein- klang ! ich bin ihm mehr als mein Leben schuldig )) (12). Anche il Mayr, dato il frenetico desiderio di render reli- giosi gli uomini ricorrendo ad ogni mezzo, data la eb- brezza di se che vi si accompagnava, doveva fatalmente inclinare a costituire secrete e misteriose associazioni, aspirare a godere autorità in cerchio angusto di eletti, dedicati alla causa sola a cui egli si dedicava: anch'egli era spirito settario per eccellenza.

La tenacia, con cui il Werner si accanì nelle sue ubbìe settarie, è in parte frutto della influenza delle sue frenesie. Il Mayr apparteneva ad una setta della Croce, che preten- deva riattaccarsi nelle origini all'ordine dei Templari, e si manteneva in relazione con le sètte di oriente, riconosceva come primo gran maestro Gesù Cristo, e pare mettesse anzi come condizione che gli adepti avessero raggiunto almeno già il grado di « Meister » nella gerarchia massonica (13): una specie di setta nuova, sovrappostasi alla setta mag-

(12) Ibid.. p. 31.

(13) Ibid., p. 39.

// dramma dell'utopia settaria 135

giore, animata da spirito mistico e teosofico. Il Werner, dimorando a Kònigsberg presso la madre, non trovava nella loggia delle (( Drei Kronen » quella rispondenza di spiriti che aveva trovata in Varsavia in quella (( Zum Goldenen Leuchter » : sprezzava, come Tcunico e pro- tettore suo Scheffner, le esteriorità vuote a cui quella massoneria si era ridotta, perchè Tu Aufklàrung », toglien- done lo spirito mistico, vi aveva lasciato invece le cerimonie, e queste erano ormai senza significato ; non voleva se non riti che ^vesserò un vero valor simbolico; desiderava una distruzione di quello spirito pratico e terreno che già anni prima dalla massoneria lo aveva allontanato (14). L'idea di essere assunto m questo nuovo ordine superiore, costi- tuito di massoni che avevano i suoi stessi scopi, lo affascinò fortemente. E conservato un dialogo in cui il Werner prega di esser « finalmente )) assunto nell'ordine in cui il Mayr aveva un posto elevato : (( Erfiillen Sie den sehn- lichsten Wunsch meines Herzens ! Veranstalten sie bató meine Reception ! Mit Leib und Seele und alien Kràften will ich unserem Herrn und Meister dienen und mit Ihnen mitwirken. Aber es ist perìculum in mora. Nicht dass ich abtriinnig wiirde, ich bin ewig -j- bruder, auch wenn Sie mich nicht aufnehmen, aber ich gliihe zu sehr fùr die Sache und kònnte vielleicht eben desshalb und bei dem besten Willen aus Unkunde Schritte tun, die unrecht w^àren. Also eilen Sie mit mir. Ich habe lange genug gelechzet » (15). Il dialogo mostra anche come lo spirito della sètta fosse tale da accordarsi completamente con le

(14) «Blàtter f. 1. U.». 1834, p. 1171,

(15) DoRow cit., p. 40.

136 Zacharias Werner

idee che già egli si era formate, e come, d'altra parte, l'abbandono del culto della religiosità pura per acco- starsi al Cristianesimo sia stato eccitato in lui molto forte- mente da queste influenze massoniche. Lo scopo dell'or- dine che egli giudica (( Das Gòttlichste was ich kenne » è quel pensiero che in lui trovammo : (( Die Kraft aufzu- suchen die in dem Schwachen màchtig ist ». Questa forza è Dio. Scopo dell'ordine è quindi quello di condur l'uomo a Dio, (( divinizzare l'uomo » : « Der Orden w^ill den Menschen vergòttlichen ». E sotto l'influsso del nuovo insegnamento che egli stesso confessa scoprir sempre più Dio in Cristo : (( Die Kraft ist Gott, der sich im Heilande vermenschlichte ». Così arde egli del desiderio di pe- netrar nel secreto dell'essenza di Cristo : (( Der erste Un- terricht und der letzte scheint mir der zu sein, Jesum Christum, den ich bis jetzt nur ahne, und die, die Er ge- sandt hat, kennen zu lernen » (16). Questa via lo conduce anche al Cattolicismo : « Ich erbitte vorlaiifìg dariiber Be- lehrung ob der Weg zum Heilande durch die Patriarchen der Urwelt allein fùhrt, oder auch durch die patres ec- clesiae romano- catholicae (se. der Urkirche) » (17).

Questo brano mostra anche il secondo elemento spe- cifico che distingue questo primo momento della evolu- zione del Werner.

Alla già ricordata simpatia estetica dei romantici per il Cattolicismo, al riconoscimento che questa è la religione in cui religiosità e arte riunite si completano, la risorta ebbrezza massonica aggiunge ora un nuovo avvicinamento.

(16) Ibid., p. 28-40 passim.

(17) Ibid., p. 31-32.

// dramma dell'utopia settaria 137

il Werner prese ad esaltare il Cattolicismo perchè, sotto l'influsso degli entusiasmi del Mayr e delFambiente da lui dominato, ritenne che esso fosse la più alta religione. Se Cristo è il più grande « Mittler » che la religione abbia avuto, anche la Chiesa Cattolica, come custode della sua dottrina, è la Chiesa più ideale (18): « Ich bin fest ùberzeugt dass unter alien Erzeugnissen der Christus- religion der Katholizismus das beste ist ».

Anche lasciando però da parte il fatto che il Werner non resta per ora fermo in un tal pensiero, e che tende in generale a considerar Cristo non come divinità ma come simbolo, e il culto di Cristo come una bella forma, ma soltanto come una forma e quindi non come l'elemento sostanziale della religione, e che perciò questa tendenza si risolve in un incremento della tendenza artistica, il Cattolicismo del Werner è tale che non solo non lo con- duce alla Chiesa Cattolica di oggi, ma lo fa infierire contro di essa : (( Ich liebe den Katholizismus nicht, der zum Ungeheuer entstaltet ist» (19). Allo Scheffner, che il grimprovera le sue troppo vive simpatie, risponde : « Ich fange nur gleich damit an, dass ich ebenso vv^ie Sie als Mensch (si noti l'espressione, non (( als Dichter »), den jetzigen Katholizismus aufs Aeusserste perhorrescire und verabscheue. Elr ist so tief gesunken, dass kein red-

(18) Ausg. Schr., XIV. p. 36. e cfr. « B lattei f. 1. U. ». 1827. n. 1. Lettera a Regiomontanus (Pseudonimo di K. S. Feukohl) « Ich

halte Jesum Christum fiir den einzigen grossen Meister der Maurerei

Ich glaube dass die Menschheit abgeklàrt werden muss durch die Ge- meinde der Heiligen, nicht etwa ira krass-katholischen Sinne. sondern im veredelten, wahrhaft katholischen Sinne».

(19) «Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1173.

138 Zacharias Werner

licher Mensch mit ihm gemeinschaftliche Sache machen kann. AUes will ich werden, nur nicht katholisch unter Leitung der jetzigen Schurken und Dummkòpfe, die sich

fiir Hiiter des Katholizismus ausgeben Kònnte ich

anderer Meinung sein, so wàr* ich entweder als Dumm- kopf Ihrer Theilnahme oder als Schurke Ihres Wohl- wollens nicht wert. Der Katholizismus ist jetzt fast noch liefer gesunken als das erbàrmliche Cerulische Quodlibet, was man Maurerei nennt. Beide, wie wohl in ihrem Quel! gross, heilig und gòttlich, sind jetzt von der Art, dass jeder Mann, dem es ums Gute zu tun ist, erstern als sundlich, letztere als dumm perhorresciren muss. Beide bediirfen einer Reform und einer baldigen » (20).

Massoneria romantica e Cattolicismo vero sono per il Werner una cosa sola : ricondotto alla sua purità, questo gli pare identificarsi con quella. Un tale Cattoli- cismo è da lui chiamato « idealisirter, gelàuteter Katho- lizismus » (21). E il « vero cattolico » è colui, il quale veramente ha la religione universale, colui che, come il pastore Mayr, adora Maria ed Isis al tempo stesso, e prega ugualmente in un tempio cristiano o in una moschea, colui il quale (vedemmo già che questo è uno dei punti in cui i due influssi romantico e massonico coincidevano) considera ogni forma di credenza e ogni forma di culto come contingenza della religione e non come sostanza di essa e i dogmi cattolici come un mondo di simboli che contengono un senso ascoso (22), colui che sa come

(20) Ibid.

(21) Ausg. Schr., XIV, p. 41.

(22) « Blatter f. 1. U. », 1827 (A Regiomontanus) : «Ich glaube dass der Versòhner mit der Schar seiner Heiligen und Propheten auf die Altare wieder hcrgestellt werden muss » .

// dramma dell'utopia settaria 139

in nessuna di queste credenze e in nessuno di questi dogmi è la verità completa : esse sono la lettera, cercate lo spirito (23).

Un terzo particolare è finalmente caratteristico di questo primo periodo. Sotto l'influenza della passione settaria, anche la teoria mistica dell'uccisione dell'egoismo ottenne una appliccizione singolare. Nella sua fedeltà alle idee massoniche il Werner confuse l'egoismo con l'individua- lismo, con l'affermazione della propria personalità. L'uomo deve diventare schiavo della setta a cui appartiene : deve avere una obbedienza cieca non soltanto alla legge divina e alle rivelazioni divine, ma agli ordini dei suoi superiori. Non ha più il diritto di chiedersi il perchè di ciò che fa, non agisce più in conformità delle leggi divine perchè educa stesso secondo lo spirito di quelle leggi, e dal suo Io così educato vien portato ad osservarle : agisce come un meccanismo.

Quando il Werner scrive il primo dei suoi drammi : Die Sóhne des Tales, ed essendo in pieno entusiasmo settario, intende comporre un « Hymnus an die àchte Maurerei » (24), un « dramatisches Gedicht ùber die kònigliche Kunst » (25), svolge nella sua opera una tale concezione. Era credenza allora assai diffusa presso i mas- soni, ed accolta anche dal Lessing, che la Massoneria derivasse dall'Ordine dei Templari: che l'antico ordine

(23) Fino alla sazietà ripete il Werner questa idea. V. nella cit. lettera a Regiomontanus : « Ich glaube dass der jetzige alles unter die Fiisse tretende V^'eltbeherrscher Egoismus, als der wahre Antichrist, durch Religion, Kunst und Maurerei gemeinschaftlich verdràngt werden muss » .

(24) Ausg. Schr., XIV. p. 21.

(25) «Blatter f. 1. U. ». 1834, p. 1171.

140 Zacharias Werner

glorioso avesse dato, morendo, origine alFordine nuovo. L'ordine era andato in rovina, perchè potesse risorgere più forte e più puro in una nuova forma. La Massoneria doveva al modo stesso andare a morte, per rinascere in tutta la sua purità, rinnovata dalle fondamenta. Il Werner trovava, fra il momento in cui l'ordine dei Templari andò distrutto e il momento in cui egli viveva, un'analogia. Quei tempi gli parevano stare « in intimem Zusammenhang mit den neuesten Zeitbegebenheiten » e secondo questa idea egli compose il suo dramma.

I.

Lo Schneider ha voluto far nascere il romanticismo dalla Massoneria attraverso quelle correnti mistiche e neopla- toniche che nella Massoneria del secolo XVIII si affer- marono : tendenza al misticismo e ad un simbolismo reli- gioso, risveglio dell'ideale ascetico medioevale congiun- gono in realtà il romanticismo con la Germania anteriore a Lutero attraverso le (( Geheime Gesellschaften » (26) : ma, considerato nelle sue origini immediate, il romanti- cismo sorse però indipendentemente da queste e dai mi- stici, a cui esse ispirarono il loro credo.

Il romanticismo è con esse in qualche rapporto soltanto perciò che esse attraverso il Protestantesimo intellettuale e moralista e la « Aufklàrung » razionalistica mantennero viva quella corrente idealistica che il romanticismo fece

(26) Si legga a questo proposito il libro dello SCHNEIDER, Der Ein- fluss der F reimam crei auj die deutsche Kultur, cit., Cap. III.

// dramma dell'utopia settaria 141

risorgere. NuU'altro però: il pensiero dei romantici fu pensiero loro proprio, e dicemmo già che il Bòhme stesso, malgrado il forte influsso esercitato, non fu un fattore essenziale. Anche senza di lui il romanticismo avrebbe avuto le tendenze che esso portò a vittoria. Non solo, ma quelle stesse idee mistiche, che avevano costituito le credenze dei massoni, erano diventate alla fine del secolo XVlll imprecise e confuse, ridotte a poco più che a formule di rito, alle quali colui che le conosceva dava il significato che gli pareva meglio: pochi erano coloro che alla lettura dei testi mistici direttamente risalissero.

La composizione dei Sóhne des Tales offre una prova evidente di questa differenza originaria fra Mas- soneria e romanticismo. Il dramma fu scritto dal Werner in un lungo periodo di tempo che va dal 1 799 al 1 803 : e consta di due parti : (( Die Templer auf Cypern » e « Die Kreuzesbrùder » . La maggior parte dei (( Templer auf Cypern » fu scritta prima della sua conoscenza delle opere dei romantici, la seconda invece tutta dopo. Il Werner rifoggiò poi e ritoccò la prima parte in con- formità della seconda, ma restò fra le due parti una pro- fonda sostanziale differenza di spirito e di forme (27).

L'idea generale, infatti, che il Werner disse di aver messo a base della composizione è, secondo le sue parole, « der Sieg des gelàuterten Katholizismus mittelst der Mau- rerei iiber den, in seinen Grundsàtzen zwar ehrwiirdigen, aber dem Menschengeschlechte, qua talis, nicht angemes- senen, durchaus prosaischen Drang eines durch keine

(27) Non vide questo il PoPPENBERG, op. cit., Cap. II. Perciò l'in- terpretazione che egli dei Sohrìe des Tales e il giudizio che ne fa, ci paiono, in più punti, non accettabili.

142 Zacharias Werner

Phantasie begrànzten Critizismus » : il Werner stesso però dovette riconoscere che questa idea non si mani- festa nella prima parte troppo chiaramente (28). Noi di- remo di più: l'idea direttiva della prima parte è affatto diversa da quella a cui la seconda fu poi informata.

*

* *

La prima parte appare in realtà scritta sopra un piano più semplice, meno complesso e meno ardito. Il Werner, volendo riformare la Massoneria dei suoi tempi, disegnò bensì di rappresentarne il tramonto come un av- viamento alla sua rinascita, ma l'aspetto con cui essa do- veva rinascere, era conforme soltanto a quelle idee a cui vedemmo il Werner condotto dalla sua amicizia col Mnioch.

Queste erano (29) : religiosità mistico-simbolica, rinunzia all'egoismo:

Das stolze Ich wird ans Kreuz geschlagen.

(28) Quando il Werner terminò la prima parte (v. Ausg. Schr., XIV, p. 20), la seconda era ancora oscura in lui : « Das Skelett (des

zweiten Teils) steKt noch dunkel vor meinen Augen Ich will, ehe

ich anfange, den* Pian streng entwerfen». Inoltre, si confronti ibid., p. 30, la lettera allo Hitzig scritta 18 mesi dopo che la prima parte era terminata, il 29 settembre 1802. Anche ora la seconda parte è ancora in divenire, e il Werner fatica a portar ordine nella confusione delle sue fantasie.

(29) Cfr. quanto esponemmo nel primo Capitolo intorno alle idee del Werner, prima della sua conoscenza delle teorie dei romantici.

Che anche quest'ultimo principio fosse al di fuori dell'influsso roman- tico posson dimostrare alcune citazioni : « Die Abtotung unserer Eigenheit scrive un massone del tempo und die gànzliche Ver- senkung unseres Willens in den Willen Gottes : das ist das nòtige

// dramma dell'utopia settaria 143

e finalmente celebrazione della morte come fonte di vita :

Nun steigt aus der Verwesung griìnem Staube In Nebelformen cine Rosenlaube.

II Werner intese quindi originariamente di presentare nei suoi Templari non già un ordine che deve perire perchè si è allontanato dal « gelauterter Katholizismus » in cui è la salvezza, ma semplicemente perchè è dege- nerato.

Nell'ordine il Werner descrive infatti intrigo, pigrizia, godimento, amore delle comodità della vita, incuranza delle cose divine. Persino il migliore giovane campione Robert pecca contro Tobbedienza cieca che ha giurata, muove di sua testa a imprese belle ma condannabili, perchè gli furono vietate, rompe gli ordini, insulta il Gross-Komptur che lo riprende e gli annuncia la punizione. E i più di

Stiick der Uebung der Gottesfurcht... Sauer, blutsauer werden uns diese wenigen Worte im Anfange unserer Bekehrung. Tief eingedruckt in unserer Seelè ist der Eigenville : hier zeigt das natiirliche Verderben seine grosse Macht. Doch getrost : wenn dieser seibenkòpfige Drache iiberwunden ist, so gehet alles andere viel leichter». Le dottrine della « Entkòrperung » , che altrove ricordammo, non erano che una dedu- zione di queste affermazioni : « Nur durch Ertòtung des tierischen Men- schen aggiunge con terminologia bòhmiana un altro massone wird der Geistige ins Leben geboren, und keine anderen als diese konnen Biirger der heiligen Gottesstadt werden». V. SCHNEIDER, loc. cit.

Anche il Werner esalta similmente « die Weisheit des Ordens, der, aus Ertòdtung des Eigenwillens, die gottliche Kraft in uns zu erzeugen bestimmt ist, sowie, aus Erstarrung des Materiellen (Tod), das Leben neu in der Gahrung (Verwesung) und aus ihr die Beschwichtigung der streitenden Krafte entsteht. Die Maurerei hat nur einen Zweck, Wie- dergeburt, und fùr die, welche ihn erreicht, nur einen Trost, Palin- genesie». « Blatter f. 1. U. », 1834. p. 1170.

144 Zacharias Werner

questi uomini son vigliacchi, ora, davanti alla guerra, temono la morte, amano la loro vita placida e inerte.

Der Orden ist dem Tode schon gewelht, Nicht seiner Feinde Zahl ist sein Verderben : Er muss an seinem eigenen Unwert sterben.

Non è già che essi vadano perseguendo un falso ideale. Non perseguono più nessun ideale, tranne alcuni eletti, come il Gran Maestro, Molay e il Gross-Komptur.

Questi s'accorgono che la barca affonda e Molay ne indica anche chiaramente la ragione :

An ihrem eigenen Unwert, An den Klippen ihres jammerlichen Ichs, Da muss des Ordens schòne Barke stranden : Des Ordens eigne Sohne morden ihn.

La retta Massoneria werneriana poi, quella che evi- dentemente deve risorgere, in questo tempo appare an- cora dominata dagli ideali umanitari, a cui nel primo capitolo accennammo. Molay non desidera altro che « ein Mensch zu sein », e si rallegra che Franz, il figlio del- l'amico Poitou, abbia un cuore:

Gelobt sey Gott! Er hat ein Herz! Er ist des Bundes wiirdig.

Ed esulta quando Robert annuncia che egli sopporterà la sua condanna con forza virile e continuerà a dedicar la sua attività al bene degli uomini :

Robert ! Ich sag' es dir zum ersten Mal :

Du bist ein Held ! Da bist, was zehnmal mehr ist,

Ein echter Mensch!

// dramma dell'utopia settaria 145

E quest'ultimo particolare ha tanto più valore, in quanto che proprio Robert è colui che, fin da principio del dramma, è destinato a sollevare il nuovo « Bund )) dalle rovine dell'ordine.

E vi è altro ancora da osservare.

Nella predica che Molay fa ai due neofiti richiaman- dosi agli statuti dell'ordine, cioè al fondamento della vera Massoneria, è detto che si deve rinunciare all'amore terreno :

Des Weibes Mann wird hier nicht angenommen. Die Liebe die in seinem Busen tobet, Ist nur Genuss, nicht jene grosse, teine, Vergeltungslose, der wir uns verlobet ;

è detto che si deve esser sani, (( denn die Vollendung ist ein Kind der Kraft », e, se si deve assoluta obbedienza al- l'ordine, se si professa « Demut und Vertrauen », ciò accade, perchè maggiore sia la forza nella completa unità. Vi è in tutti questi pensieri quasi una contraddizione con le idee che troveremo nella seconda parte (30).

Persino l'idea della rinascita dalla morte e gli altri ele- menti, che erano comuni alle tendenze romantiche a cui in seguito il Werner darà svolgimento, sono in questo tempo ancora, anche presso di lui come presso i massoni, sem-

(30) Io credo anzi che l'idea di far morire l'ordine dei Templari per opera del «Tal», sia venuta al Werner soltanto in seguito, dopo- ché egli, passato a nuove idee, farà, come dicemmo, perire l'ordine, perchè il suo indirizzo è errato. Infatti di questo piano non solo non compaiono traccie nelle lettere del Werner degli anni 1799-1800, ma se ne scorgono pochissime traccie anche in tutta la prima parte «e Die Templer auf Cypem», nella 1* edizione. Queste poche poi vennero aggiunte probabilmente a stesura finita.

G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 10

146 Zacharias Werner

plici frasi di cerimoniale, inserite nella scena dell'assun- zione di Franz e di Adalbert a fratelli della società:

Aus Blut und Dunkel quillt die Erlòsung ! Verwesung ist des Lebens Name ! etc.

Questa è adunque la tendenza della prima parte. Ora si esamini invece il pensiero che la parte seguente deter- minata dal nuovo entusiasmo è destinata a far trionfare.

La scena centrale del dramma, in cui il vecchio Adam catechizza Robert, svolge quello che fu il credo dei ro- mantici. Siccome anzi l'influsso romantico era affatto re- cente, il Werner restò in essa vicino ai romantici in misura assai più grande che in tutte le sue opere po- steriori.

Vi è posta a base di tutto quella risoluta concezione monistica dell'universo, di cui vedemmo come il Werner poco si curasse e che egli poi negligerà (31). Tutto deriva da un solo primitivo elemento e Robert ha nel « Tal » anche questa rivelazione:

Bin ich zur Unterwelt entriickt? Ich hore

Die tiefen Wasser rauschen Winde brausen

Der Sphàrenklang der ewigen Gestirne

Tont in mein trunknes Ohr, und brennend glùhn,

Wie bunte Sterne, Blumen um mich ber.

Ist das ein Hain? Und diese Flammen Blàtter>

(31) Le relazioni dei Sohjìe des Tales con il romanticismo fu- rono principale argomento del libro del POPPENBERG cit., ma, data la concezione del romanticismo che egli aveva, e data la confusione della prima con la seconda parte, che egli fece, giunse a risultati, che peccano di unilateralità e perciò ad un tempo di esagerazione e di manchevolezza.

// dramma dell'utopia settaria 147

Und dies melodisch schreckliche Geton, Das aus den Blàttern saiiselt und den Liiften Ich halt's nicht aus ich muss in diesen Tonen In diesen Wogen muss ich untergeh'n !

Prima conseguenza di questa identità delFuomo con la natura è la possibilità nel nostro spinto di « disciogliersi (zerfliessen) in essa » .

Bin ich noch? Ihr Lufte Wogen Ich hier und dort und iiberall verschwommen Zerrissen aufgelòst in Schwestertropfen In Bliìtenstaub und doch so selig oh !

Seconda conseguenza è che l'uomo può contemplare la natura in medesimo:

Phosphoros und Wort und Heiland, Mehr noch, alles, bist du selber.

Da questa affermazione nascono alcune altre, che già co- nosciamo dal primo capitolo : la superiorità cioè della fan- tasia e del sogno sulla ragione, perchè attraverso di quelli ci schiude la natura i suoi misteri direttamente e perciò non esiste possibilità di enore:

Uns taiischet nicht der Traum, nur der Gedanke.

Geist und Korper sind wie Luft und Wasser: Was jener niederstrahlt, gibt dieser wieder :

So spiegeln auch in uns sich Licht und Stoff : Was sich vom Licht im Stoffe wiederstrahlet, Heisst Phantasie.

Il Werner però ne viene condotto ora al tempo stesso

148 Zacharias Werner

a idee, che prima e poi gli furono completamente estranee. Se la conoscenza vera avviene in noi per questa via, allora la qualità più alta dell'uomo è auto-coscienza ». E il Werner esalta in questo istante lo spirito lucido che co- nosce e guida stesso. L'uomo, egli dice, è una sfinge, angelo e bestia fusi insieme: solo « ewige Klarheit in der ewigen Gàhrung » ci può rivelcire la verità. E condanna persino l'istinto come fermento proprio soltanto di una vita inferiore : la lotta deve diventare pace, la fiamma deve diventare luce:

Glut wird Licht, und Kampf wird Frieden.

Il Chaos deve diventare armonia; la qual cosa avviene dopo che la lotta, la fiamma e il Chaos furono com- presi :

Du hast das Chaos der Natur verstanden : Wir ehren dich und halten dich fur wert Auch ihre Harmonie zu schauen.

In questa guisa il Werner viene condotto ancora non soltanto alla esaltazione dell'amore, condannato già, come vedemmo nella prima parte del dramma, ma anche a quella della vita morale, fondata, sì, sopra l'amore, ma anche sopra la volontà dell'uomo, che, discoperta in stesso la legge etica, la segue.

Persino in quello che è il pernio del suo sistema, ve- dete il Werner contraddire per un istante a quelle idee che suole promulgare. Egli difatti concepisce la religione come « contemplazione » del (( Weltall » , come (( An- schauung » nel senso dello Schleiermacher :

Durch Selbstverlierung lernst du anzuschauen.

// dramma dell'utopia settaria 149

E questo concetto romantico dello spirito veggente, deter- mina tutti gli altri aspetti della filosofia della vita. L'uomo veggente non opera d'impulso, ma opera perchè vuole: e l'uomo religioso deve volere, ma volere ciò che Dio lo ha chiamato a compiere: egli deve, con frase Werne- riana, volere Dio.

Und wenn du alles was du willst, vennagst,

So willst du nichts als Gott und bist vollendet.

Tutta la vita diventa così un'opera di veggenza e di volontà. Quella esagerata idea della potenza della volontà, che, sotto l'impressione del pensiero di Fichte, faceva spezzMe al Novalis tutti i limiti della potenza del nostro spirito, si comunica anche al Werner. Ed anch' egli esalta Fichte e il suo (( Johanniten-System » (32), e professa Va idealismo magico » novalisiano. La lettura del Bòhme, ricordi neoplatonici, la leggenda del Faust, gli scritti di Schwedenborg, esperimenti spiritistici si associano nella sua fantasia :

Hast du noch nie von Menschen reden horen, Die durch die blosse Allmacht ihres Willens Die Geisterwelt gestort und umgeschaffen?

Affermeftido la possibilità che lo spirito possa dominane

(32) « Fichte ist eine der merkwtirdigsten Erscheinungen. Dem Johan- nitensystem ergeben, ist er selbst ein Vorlaufer der Zeit, in der Glaube und Tat sich vereinigen sollen, die wir glaubend erwarten und herbei- fuhren miissen. Fichtens System scheint mir, soweit ich es kenne, eine Vorschule zur Religion, wie Jean Paul eine der Aesthetik geschrieben hat». DOROW, Erlebtes, I, p. 94.

Questo giudizio è di qualche tempo posteriore a questa data, ma racchiude sinteticamente quanto il Werner pensò di lui nei diversi tempi.

150 Zacharias Werner

completamente la materia, il Werner deve pure moderare la condanna di questa, che egli in generale suol fare. Materia e luce, male e bene (lo insegnava anche il Bòhme), hanno ugualmente in Dio la loro origine. La materia quindi è divina purché sia (( durchstrahlt » di luce, purché sia (( verklàrt » :

Staubgenossen « Wie du, sind wir vom Element erzeugt ; Nur dass wir iene ewige Verbindung Der ersten Stoffe mit dem Geist verstehen, Dass wir das Element zu seinem Urstoff Veredeln konnen scheidet uns und dich.

E dal pensiero dello Schleiermacher é pur determinato, in conformità di queste teorie, l'atteggiamento del Werner di fronte al problema dell'immortalità. L'ubbìa della im- mortalità, nel senso comune della parola, é un assurdo:

Die icriipplichte Unsterblichkeit nicht wahr? Die unser jaiamerliches Ich

So dumm und klàglich so mit allem Unmut Nur fortspinnt ins Unendliche nicht wahr? Auch sie muss sterben (33).

Noi esistiamo esternamente soltanto, perchè 4a sostanza é eterna mentre le forme periscono.

Formen werden und verwehen, Leben muss Verwesung sehen,

(33) Se si confrontino queste parole col già citato brano della lettera allo Hitzig (I Cap.), si vedrà come qui non può trattarsi se non di una influenza diretta dello Schleiermacher. Essa lo conduce a modifi- care momentaneamente il suo pensiero.

// dramma dell'utopia settaria 151

UdgI der Strahl zum Urquell gehen.

Alles ist zum Sein erkoren, Alles wird durch Tod geboren, Und kein Saatkorn geht verloren.

La vita nostra dopo la morte, essendo estasi assoluta In Dio, è pure distruzione della personalità, distruzione dell' (( Io )).

Preoccupato di esporre tutto il suo pensiero, il Werner parla anche dell'arte :

Ube Kunst mit reinem Sinnen, Dann wirst du die Kraft gewinnen Um in Schonheit zu zerrinnen!

ed oppone anch'egli Toirmai già vieto contrasto di arte ellenica e arte nuova:

Dem heitern Griechen lebte scine Welt ; Wir raubten ihr des Lebens hellen Firnis. Der Wehkreis ist fur uns ein Todtenhaus ; Vernichtet ist der Mensch, wenn nicht zum Leben Mit Adlerflug das Ideal ihn reisst.

Dopo tutto ciò è poi naturale che il Werner, pur asse- rendo che tutte le religioni hanno ugualmente valore:

Was dir dein Glaube an dein Ideal,

Das ist dem Volke sein Heiland und sein Fetisch,

parli molto secondo i suoi scopi della Chiesa, la quale è custode sacra, rigida, severa, imperitura del <( Verbo » che il (( Mittler )) ha lasciato agli uomini.

In ihr erscheint die Erdenhiille

Des Heiligen, ein leuchtend Sternenbild.

152 Zacharias Werner

La Chiesa è necessaria non soltanto come custode del vero, ma anche perchè nella cooperazione di tutti i membri di una società è più agevole raggiungere lo scopo.

Und wenn der Mensch, der einzelne, die Geister, Wie du selbst gestehst verwandeln kann, Wiewohl beschrankt durch Gegenstand und Zufall : Sag' selber solite die vereinte Kraft Von vielen Besseren dann nicht vermogen, Die Korperwelt, die keinen Zufall kennt, Durch einen reinen Willen zu verklàren?

Questa è la prima deformazione werneriana del Ro- manticismo, che incontrate nel Vangelo predicato. La seconda è l'inno a Cristo, di cui in principio di questo capitolo abbiamo parlato, l'inno al « Mittler » che espiò per gli uomini la prima colpa, insegnò loro la via della liberazione e della redenzione, e fondò la Chiesa.

Und wenn der Mensch vor Todesnacht erbebt Und vor dem Sonnenglanz des hochsten Lebens, So siihnt, ein holder Mond, der Mittler ihn Mit der Natur und mit der Gottheit aus.

A questa si aggiunga come terza deformazione, che il Werner, sebbene proclami tutte queste teorie, su una sola insiste continuamente : quella che ha un carattere più spiccatamente massonico : la esaltazione della morte come principio della vita (34).

(34) Sohne des Tales, parte II, atto III passim. Se si raffron- tino le idee qui riassunte; con quanto dicemmo nel I Capitolo sul suo pensiero, risulterà chiaro come l'influenza romantica sia stata grande su di lui, e come veramente quelle fantasie mistico-sensuali di cui

// dramma dell'utopia settaria 153

Questa era adunque la verità: non soltanto avevano errato i Templari per debolezza di carattere : essi avevan perduto il giusto sentiero. L'ordine loro dovrà ora venir di- strutto perchè il popolo non sia anch'egli traviato dal loro esempio, perchè sul popolo essi non possano più agire. Tutto il piano dell'opera viene mutato.

Date queste idee, la necessità della morte dell'ordine acquista una nuova importanza e un nuovo carattere. Chi promuove e opera la distruzione non è più, come qualsiasi lettore crede leggendo la prima parte, Filippo il Bello, re di Francia, per sopprimere una potenza che gli ge- losia e gli pensiero, per appropriarsi una ricchezza di cui è cupido, ma è il (( Tal )) medesimo, il Consiglio supe- riore, da cui l'ordine è nato, la Chiesa universale, rappre- sentata nella sua più alta dignità.

La lotta del a Tal )) contro l'ordine, la lotta « dell'i- dealismo puro e della religione vera contro il criticismo nobile ma insufficiente dei Templari » diventò in tal modo la materia della seconda parte.

Il Werner, per colmare lo (( hiatus » che fra le due parti esiste, introdusse più tardi nella prima parte, prima di terminarla, qualche elemento che preludesse alla parte

parlammo non debbano essere ricondotte ad altre fonti, che al roman- ticismo, che glie le fornì non ancora deformate dalle sue tendenze ()articolari.

Io non mi sono dilungato neppur ora in citazioni di scrittori ro- mantici, perchè anche qui chiunque sia un po' famigliare con il roman- ticismo tedesco trova facilmente i riscontri, trattandosi delle idee fon- damentali che in esso dominarono, e di un influsso che non fu verbale e particolare, ma generale sopra l'indirizzo di tutta la vita spirituale. D'altronde un più minuto raffronto mi avrebbe necessariamente trasci- nato oltre i limiti, entro cui, dato lo scopo di questo libro, io mi devo costringere. Cfr. sul romanticismo la Bibl. già citata.

154 Zacharias Werner

seguente: i canti del Trovatore, la profezia dello zio di Molay Eudo, le parole veggenti della pazza quando i Templari partono da Cipro: ma ciò non poteva ba- stare (35). Sarebbe stato necessario rifarlo tutto; ma ci si accinge sempre con enorme difficoltà a rifare da capo un lavoro già fatto, specialmente quando il lavoro è ampio (36).

* * *

Ritrovate il contrasto anche nelle tendenze artistiche che nelle due parti si affermano. La prima non presenta quei caratteri che abbiam detto esser caratteristici del <Iramma del Werner: di comune con questo non ha che lo sfoggio di colorito storico in ampie scene rituali, in rappresentazioni diluite con sviluppi larghissimi, e nella gran quantità di personaggi secondari, la narrazione delle cui varie vicende viene intrecciata nell'azione vera e propria.

(35) Io credo che questi pochi (rammenti siano posteriori al 1801. Altrimenti non si potrebbe spiegare la contraddizione in cui stanno con il resto dell'opera.

(36) Riflettendo, a mente calma e con intenzioni critiche, sulla sua opera, il Werner tenterà di dimostrare al Peguilhen l'unità del dramma e cercherà di far rientrare questo contrasto nella concezione originaria. Egli scrive infatti nel 1806: « Der Mensch, als ein Gefàss, muss von <lem klaren Wasser der Moral erst ausgespiilt sein, ehe der kòstliche Wein der Religion in ihn gegossen werden kann » . Nei Sohne des Tales, la « Ausspiilung » avverrebbe nella 1^ parte, il versamento del vino squisito nella seconda. Ma la realtà è che la prima parte mostra un vaso sporco, che qualcuno dice debba essere pulito e la «Ausspiilung» non avviene. E si tratta qui di nient'altro che di uno <lei tentativi soliti nei poeti, quando riflettono sull'opera loro, di ap- profondire e giustificare teoricamente ciò che ai loro occhi stessi risalta come mancato.

// dramma dell'utopia settaria 155

Volendo far la storia di una setta, in cui tutti son fra- telli e nessuna individualità deve dominare, tutto il dramma, che il Werner voleva chiamar (( dramatische Idylle )), si riduce a uno studio di ambiente. Ciò che mandava a rovina l'ordine dei Templari era lo stato, in cui esso si trovava, non una crisi violenta d'azione, determi- nante una catastrofe : questo stato era dunque che conve- niva rappresentare :

Nein...Aus diesen dumpfen Massen

Erhebt der reine Phonix nimmer sich.

Dass sie mich nicht erkennen, dass sie mich

Verschmahn, dass sie von al lem dera nichts wissen,

Es gar nicht ahnden wollen, was verzeih'es

Dem aufgeregten Herzen welche Opfer

Ich unserem heil'gen Endzwecic darbot,

Das Gott ist mir Zeug! Das verschmerzt mich,

Das quàlt mit tausend Martern meine Brust.

Avete perciò un dramma impostato realisticamente: l'essenziale per un tale dramma è il modo come i molte- plici personaggi sono delineati. E il Werner volse a ciò le sue cure. Ognuno ha un suo spiccato carattere. Molay, nobile, dignitoso, gran cuore che s'è dedicato tutto all'or- dine che presiede, incurante di sé, una grandezza che è fatta di placidità, di maturità e di rassegnazione ; il Gross- Comptur, uom d'un pezzo solo che unisce ad una forza austera e dura una gran tenerezza di sentimenti e non sa sopportare che le cose vadano in modo diverso da quello che egli vorrebbe Gott besser's ; Gottfried sem- plice e onesto ma amante della quiete (( Gemùtlichkeit » ; Robert tutto fuoco e ardore di azione, ma impaziente, una forza in fermento che non si sa contenere; Philipp,

156 Zacharias Werner

Stoffa di guerriero con passioni che non si domano, abbat- tuto dalle esperienze dure della vita, a suo agio soltanto nella solitudine in cui si è ritirato; Franz von Brienne, rammollito e immaturo, idealista incapace di tradurre in pratica il suo idealismo; Heribert, non ignobile, ma ro- vinato dalla sua ambizione e dalla sua smania di vendetta, perchè Molay è diventato Gran Maestro mentre egli alla stessa carica aspirava; Noffo von Noffodei, stoffa di vol- gare delinquente senza senso morale; Cyprian, prete senza coscienza, falso, simulatore, egoista, serpe che l'ordine si è nutrito in seno perchè lo mordesse; Adalbert, figura ideale ma spirito contemplativo : e accanto ad essi la folla degli innominati cercanti il piacere e la vita comoda. Voi capite che quella società non si possa più soste- nere : solo Molay e il Gross-Comptur sono ancor dediti interamente al bene comune: gli altri, anche quando sono animi onesti e nobili, come Robert e Gottfried e Franz, seguono le inclinazioni loro e obbediscono a malavoglia. Il buon Gottfried sarebbe « froh den Mantel zu verlieren » : (( Man hat hier nichts als Plackerei. Gut, wer sein Schàf- chen auf dem Trocknen hat » .

L'azione esterna consiste nell'invito che Filippo il Bello fa ai Templari di recarsi a Parigi, sotto il pretesto di bandire una nuova crociata: Molay indovina le mire oblique dell'invito, inclinerebbe a resistere e a combat- tere, ma il Capitolo è vigliacco e sente troppo pesanti le armi e decide di partire. Fu criticato (37) il Werner di non aver dato la scena del Capitolo drammaticamente, ma di averla fatta raccontare per bocca di Molay : pure questo

(37) POPPENBERG cit., p. 67.

f

// dramma dell'utopia settaria 157

contribuisce a mantenere nel dramma unità d'intonazione. La vera azione non è la esterna ma la interna, il processo di dissoluzione dell'ordine: ora il procedimento, che il Werner usò, mette in sott'ordine l'azione esteriore e in tal modo fa rilevar di più quella che è l'azione principale: in altre condizioni, quell'azione esterna si sarebbe svolta ben diversamente !

L'interno processo si risolve nella catastrofe dell'azione esteriore, determinandola. E la dissoluzione è molteplice. Franz von Poitou viene accolto nel seno dell'ordine, seb- bene le qualità che egli ha, benché in molta parte buone, non siano quelle che l'ordine richiede : egli è un uomo di libri e di mondo, non uomo di rinunzia e di azione. Heri- bert e Noffo imprigionati attendono la vendetta. Il Cap- pellano Cyprian, che fa il secretario dell'ordine, sa l'in- vito del re, sa le mene che questi ordisce, e, sperando lauta ricompensa, guadagna l'animo di Noffo e di Heri- bert, li induce a porsi ai servigi dei nemici dell'ordine e a giurare delle falsità perchè l'ordine sottoposto a pro- cesso venga condannato, li induce a fuggire, perchè pos- sano compiere la loro opera di calunniatori. Robert, la giovane forza, richiamato dal Gross-Comptur con parole severe, perchè all'ora del capitolo si è allontanato senza permesso a cacciare una tigre, perchè s'è avventurato contro il saraceno senza averne avuto l'ordine, ed ha perciò mancato quando doveva montar la guardia, non accetta sommesso l'ammonimento: si sente fiero perchè ha vinto e fatto prigioniero il saraceno, liberando due prigionieri cristiani: si esalta nel senso della sua forza così che in- sulta il Gross-Comptur, e gli mette le mani addosso. Egli si pentirà ben presto, accetterà il castigo che gli viene inflitto e sopporterà la pena con animo forte e nobile; ma

158 Zacharias Werner

egli ha violati gli statuti e deve essere espulso. Philipp non appartiene all'ordine, ma ne è un appoggio: egli ha ritrovato nei due prigionieri, che Robert ha liberato, suo figlio Adalbert : ora Adalbert gli racconta che egli doveva essere ucciso per ordine di Filippo il Bello perchè questi si era invaghito della sua fidanzata Agnese, figlia natu- rale di Molay; gli racconta che Agnese fu uccisa perchè gli era fedele: ed egli fa giurare vendetta a suo figlio, che pure in questo momento è accolto nell'ordine e non ha più la libertà delle sue azioni. Le mire di Filippo il Bello daranno l'ultimo colpo (38).

Si criticò il Werner perchè introdusse la lunga scena dell'accoglimento dei due nuovi accoliti Franz e Adalbert; quella scena è in verità tutta esteriore e di nessuna impor- tanza per l'azione. Ma appunto quella scena esteriore, in cui i simbolici riti e i precetti enunciati rivelano ciò che i membri dell'ordine dovrebbero essere e dovrebbero fare, mette in rilievo il contrasto con le condizioni reali delle cose. Quei riti sono ormai una specie di giuoco e quei precetti un vano suono di parole. Il Werner introdusse la scena certamente per sfoggiare le cerimonie massoniche che vi son riprodotte : che però anche il secondo fine in

(38) Questa prima parte riposa sopra una base storica. Fonti furono il MoLDENHAUER, Prozess gegen den Orden der Templer. Hamburg, 1792; MiJNTER, Statutenbuch des Ordens der Templer. Bruxelles, 1751 ; DuPUlS, Histoire de l'ordre militaire des Templiers. Bruxelles, 1751 ; K. G. Anton, Versuch einer Geschichte der Tempelherren. Leipzig, 1779; M, Jeune, Histoire critique et apologétique de l'ordre des cheOaliers du Tempie de Jérusalem. Paris, 1789. Il Werner stesso, che probabilmente li trovò nella Biblioteca della Loggia a Konigsberg e a Varsavia, li cita. Cfr. anche il PoPPENBERG cit,, p. 25.

Cfr. Prologo alla Mutter der Makkahàer {Ausg. Schr., p. XVIl).

// dramma dell'utopia settaria 159

lui esistesse mostrano le lettere, in cui egli su tali ceri- monie si esprime.

Il dramma manca di interesse e di forza drammatica; ma, dato l'argomento, questo era inevitabile (39). Prima di tutto noi non ci interessiamo alla storia di una società come a una storia di singole individualità in lotta; e poi e questo è il principale una storia di tal genere esclude la maggiore intensità drammatica. Questa nasce sempre soltanto quando una individualità, trovandosi in urto o con un'altra che tenta di vincerla e di sopraffarla, o contro un ostacolo qualsiasi, che sta in lei o fuori di lei, esplica tutte le sue forze e tutte le sue qualità nel tenta- tivo di affermare se stessa. Qui l'urto avviene contro una verità astratta, contro una regola. Ora la regola non com- batte : può essere osservata, se si opera con giustizia; può essere trasgredita, se si opera contro giustizia: Molay, che personifica questa regola, non può far altro che appli- carla e metter fuori dell'ordine chi la viola. Il Werner cerca di rimediare suscitando delle situazioni drammatiche dalla convivenza delle diverse persone e dal cozzo delle loro diverse passioni personali. Così il primo che riprende Robert dopo il suo fallo non è Molay, giusto e mite, ma il Gross-Comptur. Due personalità fiere si stanno di fronte : nessuna di esse cercherà con saviezza di persua- dere l'altra a ragione. Villars si sente appoggiato dal di-

(39) Il Werner stesso lo riconosceva : « Ich weiss dass das Ding, wenn auch einige Szenen Erzeugnisse einer nicht ganz ungliicklichen Phantasie sein mogen, doch kein richtiges Verhàltniss der Teile, viel Geschwatz, und wenig Handlung, noch weniger aber dramatisches

Interesse hat Alles Abkiirzen, Feilen, und Schneiden hilft nichts».

Ausg. Schr., XIV, p. 21. E cfr. anche la prima delle lettere allo Iffland nel Teichmann, op. cit., p. 298.

160 Zacharias Werner

ritto SUO, e, vedendosi offeso in tal diritto, scatta con vee- menza: Robert si ribella, vedendosi trattato con durezza. E tutta una vena drammatica scaturisce così, generando un seguito di lotte successive: il pentimento di Robert che riconosce di aver errato e si agita in una lotta fra il suo rimorso e la sua orgogliosa e forte natura; il tormento di Molay che lo ama e che lo deve sacrificare; il dolore di Villars che riconosce di essere stato anch' egli ecces- sivo ed è infinitamente triste perchè per colpa sua l'or- dine perde Robert, il migliore dei giovani campioni. II modo come il Werner sa sfruttare queste situazioni può mostrare, ad esempio, la scena in cui il Comptur viene a Robert e ha bisogno di abbracciarlo ancora prima che si separino. Partiranno tutti i Templari domani e Robert man- cherà nel numero: l'uomo dalla fortezza aspra e quasi sel- vagia si sente oppresso, sente che le cose avrebbero po- tuto andare diversamente, disapprova il proprio operato: gli è difficile e faticoso esprimere quella confessione di errore, tanto più che egli sa che in fondo era nel suo diritto, ma si vince e va da colui che lo ha offeso. Il suo linguaggio è spezzato e aspro: tenta vie oblique, ma il peso interno lo porta al medesimo pensiero : (( Mein alter Kopf wird manchmal ein w^enig schwach... Die Reise

wiirmt mir Es vs^ar dumm,... ich alter Murrkopf » : è

impossibile discorrer d'altro, tutto ricade dove il dolore lo morde : finché vien fuori il suo tormento :

Ja ich habe freilich Ja freilich hab' ich (halb vor sich) Nun, so brings heraus, So kannst's auch biissen! {herausplatzeni) Wie ein Tor hab' ich Gehandelt ! Robert ! Robert, komm ! vergieb mir !

{erleichtert) Gottlob! Nun ist's heraus! Das druckte schwer.

// dramma dell'utopia settaria 161

Robert commosso si precipita ai suoi ginocchi e a lui ven- gono le lacrime agli occhi; egli lo rialza e lo abbraccia piangendo :

Pfui ! Scham' dich dass du einem alten Manne Die Schande machst, so wie ein Weib zu weinen! {vor sich) Pfui ! Scham' dich, Alter Schàm* dich ! Gott

[besser's! (40).

Aggiungete a questa forza di costruzione drammatica l'abile ricerca dell'effetto teatrale. Il colpo di scena in cui Philipp si ritrova improvvisamente dinnanzi suo figlio, la scena in cui lo fa giurare odio al tiranno, l'invenzione della lettera di Molay con ordine della uccisione di He- ribert, tutti questi mezzi di effetto sicuro rivelano la sin- golare attitudine del compositore.

Ed è quest'arte realistica, drammatica, teatrale, che

(40) Dal contrasto dei caratteri sa del resto il Werner attingere per tutta la vita di quella società in disfacimento una forma drammatica. È ora il contrasto fra Molay e Franz, fra la saviezza dell'uomo ma- turo e la « Schw^armerei » dell'uomo inesperto e passivo ; ora il con- trasto fra la scena in cui Adalbert giura al padre vendetta e il mo- mento seguente, in cui fa i voti entrando nell'ordine ; ora il contrasto fra Molay e l'ordine che regge, contrasto così grave che Molay per trovare un amico deve rifugiarsi presso Philipp che propriamente sta fuori dell'ordine stesso. L'intrigo che il cappellano Cyprian, Noffo e Herlbert ordiscono contro l'ordine, si svolge in contrasto con gli sforzi di Molay : vedete uomini che puntellano e uomini che minano l'edificio e siete ansiosi di veder l'esito del diverso sforzo. E il contrasto è acuito anche dalla opposizione del diverso modo come i due avversari si com- portano : l'uno, Molay. è onesto e buono, l'altro invece non rifugge dalla calunnia : nella stessa notte in cui Molay prima di partire, per cancellar fino all'ultima traccia di ogni inimicizia, perdona a Heribert e ordina di scarcerarlo, malgrado le dissuasioni degli altri membri del Capitolo, nella stessa notte Heribert e Noffo fuggono per preparare la sua rovina.

G. GabETTI, // dramma di Z. Werner. II

162 Zacharias Werner

colpì lo Iffland alla prima lettura. In quasi nessuna parlata sentite il vuoto della retorica : quasi sempre sentite nel dia- logo le emozioni di persone bene individuate: un senso vivo della vita e del dramma mostrava dappertutto un occhio che vede chiaro, una mano sicura e ferma, una fantasia ricca che sa dare ai sentimenti una espressione vivace e intensa. L'opera era mediocre, ma vi si intrav- vedevano delle qualità fuori dell'ordinario: nessuna me- raviglia che Io Iffland pensasse di aver scoperto il succes- sore dello Schiller: il Werner andava in questo dramma interamente ancora per le vie Schilleriane, e si rivelava, dal lato artistico, completamente per suo scolaro.

Affatto diversa è la condizione delle cose nella parte seconda.

Al dramma realistico storico vi si sostituisce quel dramma di pensiero, a cui il Werner d'ora innanzi si manterrà fedele. Vi avete per la prima volta la vittoria di una cor- rente di idee sopra un'altra corrente : una lotta di idee e una tragedia di vita che si devono fondere insieme.

Il Werner, per raggiungere lo scopo (41), ricorse alla

(41) Passando a questo nuovo dramma il Werner è convinto di pas- sare a una forma più alta di poesia. La prima parte gli pare al con- fronto un «Machwerk». Ausg. Schr., XIV, 22. Anche in seguito riteneva che la seconda parte gli fosse « weit besser gelungen » . A usg. Schr., XIV, p. 46. Gli pareva che tutta quanta la prima parte conte- nesse un solo « Stiickchen Poesie » : « die Wiederfìndung von Adalbert und Philipp, zwischen welche der letzte Strahl der Sonne und das Abendlied des Troubadours wie ein Ton der Gottheit fallt » : un brano quindi di composizione più tarda e di spirito analogo a quello della seconda parte.

II dramma dell'utopia settaria 163

tecnica usata dal Lessing nel Nathan: volle esporre le sue idee e nello stesso tempo dimostrarle con l'azione che nel dramma viene svolta. L'influsso del Lessing è in- discutibile. La scena centrale dei (( Kreuzesbriider » è quella in cui uno degli anziani del (( Tal », Adam, rivela a Robert il nuovo Vangelo, che egli, il risuscitatore del- l'ordine, dovrà custodire fedelmente, e gli spiega le ragioni della sorte che ai Templari tocca : scena che, nella sua posizione centrale, è come il nodo in cui tutti i fili della azione si congiungono, determinando e spiegando al tempo stesso la catastrofe finale. Così nel Nathan la scena centrale era quella in cui Nathan raccontava la novella dei tre anelli e ne faceva applicazione alle idee religiose. Ma il Lessing nel Nathan aveva raggiunto la fusione dell'idea nel dramma, perchè si trattava di una idea sola, che dal conflitto dei sentimenti dei personaggi facilmente riusciva ad emergere e ad imporsi (42). Il Werner invece nel suo dramma si era proposto di presentare il trionfo di molte idee, di tante idee, da cui vengono mutati i valori e vengono rovesciate le fondamenta della vita intera, ed era difficile in tali condizioni trasformare in poesia e quindi in analisi psicologica concreta tutta quella massa di pensieri astratti. Il Werner nella gran scena centrale le fece esporre tutte quante, ma non cercò nel corso del dramma di rappresentare in realtà di vita se non una sola di esse : la sua concezione della morte.

Egli vi insistette probabilmente non solo per l'impor-

(42) Avvertì già l'analogia col Nathan il PoPPENBERG, op. cit., p. 24, ma senza scorger l'importanza fondamentale che essa ha per la struttura della seconda parte. E cfr. l'analisi di questa seconda parte nel PoPPENBERG, op. cit., p. 36 e segg.

164 Zacharias Werner

tanza che vi vedemmo assegnata, ma perchè gli parve che essa potesse riferirsi anche alla prima parte già stesa e che potesse perciò attrarla nel piano della seconda.

Ma fu una mgenuità. Per chi accettasse il sistema del Werner, la funzione redentrice della morte potrebbe aver valore soltanto se la si riferisce alle anime degli uomini : ora invece il Werner la applica all'ordine medesimo per spiegare e giustificare la condanna che il « Tal » ne ha fatto. Ma l'individuo, creatura di Dio, sarà redento dalla morte, perchè ritorna per essa al suo Creatore; l'ordine invece è un prodotto umano e, scomparendo, va nel nulla.

Se il Werner si fosse accontentato delle due altre ra- gioni prima da lui addotte : il destino di morte che in- combe su tutto ciò che è umano, la necessità di morte per tutto ciò che è corrotto, ciò sarebbe bastato; il Werner invece conchiude con un sofisma. E per questo sofisma fa morire Molay, Guido, il Gross-Comptur. Ma era neces- sario che tanto sangue venisse sparso perchè l'ordine perisse ? Non bastava che il (( Tal » richiamasse Molay e gli altri superiori e imponesse loro la sua volontà ? Ol- tracciò vi ribellate contro questa forza che opera nel- l'ombra e condanna senza mostrarsi. Il Werner la paragona al (( Fatum » della tragedia greca (43) ; ma il paragone non J^egge, perchè il fato è emanazione diretta della divinità, e il (( Tal » invece, per quanto costituito di persone su- periori, è pur sempre una società di uomini.

Questo espediente permise però al Werner di svolgere psicologicamente la concezione sua della morte nella storia dell'anima di Molay.

(43) Teichmann, Literarìscher Nachlass cit., loc. cit. (lettera allo Iffland).

// dramma dell'utopia settaria 165

Se il riconoscimento di questa verità è l'ascensione su- prema che l'uomo possa raggiungere, se il godimento che questa verità concede a chi l'ha raggiunta è il godimento supremo che l'uomo possa avere, allora Molay è degno di questo premio. D'altronde, solo l'idealismo puro e il misticismo assoluto, sottraendo gli uomini ad ogni influsso terreno e mondano, possono rendere gli uomini completa- mente sicuri. E Molay ha anch'egli peccato: per rag- giungere la suprema carica dell'ordine, non ha ripugnato dall'intrigo; ora, incarcerato da Filippo il Bello, per salvare l'amico Philipp, confessa esser vere tutte le ca- lunnie che i nemici dei Templari hanno ordito contro l'ordine che egli presiede, dirige e dovrebbe difendere. Così nel ramo più forte ha mostrato la pianta tutta la sua fragilità. In tal guisa la morte, rispondendo alla necessità della sua soppressione come pena del suo errore, è anche il premio della sua vita di sacrifìcio.

Rivolterebbe di veder Molay vittima della potenza del Tal, vederlo andare a morte rassegnato sì, ma convinto di subire un'ingiustizia e pieno di rimpianto per l'ordine che deve lasciare. Invece prima di tutto egli stesso si convince, che, avendo errato, merita la pena : convinto di questo, più altro non cerca che la espiazione. Il popolo tiene le sue parti, lo potrebbe liberare con la forza: egli rifiuta, dice di aver peccato, di meritare la condanna. Ha visto il Gross-Comptur morire : e giura sul suo cadavere :

Auf deine kalten Lippen seis's geschworen : Was ich gefrevelt, ja, ich will's entsùhnen.

Quando poi egli vien portato nella caverna, che serve di sede alle riunioni del (( Tal », e gli vien rivelata la verità

166 Zacharias Werner

sulla morte, allora egli è preparato a ricevere quell'inse- gnamento : è così preparato che la comparsa e il canto mi- sterioso dello spirito di suo zio Eudo, che poco prima ebbero luogo, vengon da lui completamente intesi. E al- lora avviene l'ultimo passo. Alla rinuncia spontanea alla vita, succede il godimento estatico della morte, che è la coronazione della sua attività sessantenne disinteressata, del suo sempre praticato spirito d'amore. Ed ora non è più in Filippo il Bello, non è più nel Tal la causa per cui egli va al rogo, ma in lui medesimo. È lui che già gode, nell'attesa, l'istante in cui cadranno le sue mortali spoglie ed egli ritornerà nel seno di Dio : i suoi ultimi istanti sono i più belli della sua vita. Gli si presenta il Cardinale e gli offre di fuggire : lutto è pronto e tutto è sicuro : egli sor- ride dell'uomo buono, ma avvinto ancora alla terra. Il siniscalco, che ha affrontato il re per lui, si presenta per liberarlo: ed egli sorride sempre. Il siniscalco interverrà al momento in cui egli starà per salire il rogo ed egli guar- derà al cielo. Egli vive già fuori di questo mondo : quell'e- stasi d'infinito, in cui era la sostanza prima dell'insegna- mento del (( Tal )) , è diventata il suo permanente stato d'animo. Egli è imperturbato, imperturbabile. Ed egli si getta nelle fiamme invocando Dio:

Zu dir ! Zu dir !

Se anche nella esecuzione del piano si posson notare in- certezze e debolezze, l'idea è qui svolta in una definita e precisa storia sentimentale.

Se il Werner fosse stato consequente, ed avesse rap- presentato in egual modo gli altri suoi pensieri, trasfor- mandoli in un modo di sentire e di vivere la vita presso

// dramma dell'utopia settaria 167

i suoi personaggi, il dramma si sarebbe impostato con forza grandiosa come conflitto di due opposte (( Weltan- schauungen » , e quindi come conflitto di due diversi e opposti mondi : il mondo degli uomini religiosi ascendenti verso la suprema rinunzia e verso Dio, in lotta contro il mondo degli uomini schiavi delle loro passioni e del loro egoismo: quello avrebbe lottato e vinto, sembrando soggiacere. Ora nel dramma suo questo non accade. Ciò importava difatti, fra altro, anche con due opposte ma- niere di vita due opposte maniere di lotta: il Werner invece non seppe seguir risoluto per la via su cui s era messo. L'emissario del ((Tal», colui che per il ((Tal)) agisce, lotta e trionfa è Va Erzbischof )).'Ma come opera r (( Erzbischof )) e a che mezzi ricorre per trionfare? Oppone astuzia ad astuzia, infingimento a infingimento: si serve di calunnie, non ripugna dal calunniare egli medesimo, non ripugna dal far giurare il falso a Molay, abusando di una sua spiegabile debolezza e di un suo momentaneo spiegabile smarrimento. È questa l'applica- zione di idee così pure ? È questo lo estraniaursi dal mondo tanto celebrato ? Vi trovate avvolti in una rete di falsità e di intrighi : come vi diventa moralmente piccino questo preteso emissario di un rinnovato (( Fatum » tragico ! E vi ribellate contro il sofisma di Adam che spiega a Robert, che la colomba per combattere il serpente deve vestirsi di squame per poter vincere.

Per causa di questo vizio di origine, il dramma si pre- senta anche sotto molti altri aspetti informe e mancato. Avendo rinunziato a svolgere psicologicamente il senti- mento della vita da lui predicato, i personaggi del (( Tal )>, gli esseri superiori, sono rimasti astrazioni, idee, ombre vane. Il prescelto a far risorgere l'ordine traviato è Robert,

168 Zacharias Werner

perchè il suo fuoco interno e la sua forza sono segni di slancio ideale. Quella sua colpa giovanile era una conse- guenza del suo interno fermento : essa stessa una prova che in lui esisteva la stoffa di quell'eroe morale che egli dovrà diventare. Basterà che il fermento si chiarifichi, che la sua agitazione si tranquilli, perchè egli giunga d'un balzo alla mèta. Ma il Werner non mostra psicologicamente questo trapasso e l'accedere, con il maturar del carattere, grada- tamente alle nuove forme di vita, e il rispecchiarsi della progressiva elevazione in un nuovo modo di agire : nel seno del (( Tal » il Werner fa dare al giovane ardente e fo- coso una lezione, e il mutamento che in lui la vita non aveva prodotto è prodotto invece da una predica. riuscì meglio la creazione degli altri personaggi. Lo stesso Erzbischof che il Werner ha posto nel centro della sua opera, facendo che egli occultamente muova tutti i fili che a poco a poco nell'azione si snodano, lo stesso Erzbi- schof è rimasto per più rispetti un simbolo: il simbolo della rinuncia completa alla propria personalità, il sim- bolo dell'obbedienza cieca all'ordine abbracciato. Egli è la volontà ferrea che tutto raggiunge ciò che si propone, ma si identifica completamente con la volontà superiore, in cui vede specchiata la volontà divina; egli è la mente lucida, riflessiva, sempre cosciente di sé; egli è l'uomo in perfetta armonia ; egli è la serenità imperturbabile : è tutto ciò che voi volete, ma finisce col non essere più un uomo. Perchè l'uomo non è un meccanismo che si muove secondo certe norme stabilite : l'uomo è un essere che sente e che vive: e Va Erzbischof » invece non sente e non vive che un istante solo : quando si congeda da Molay che è pronto a morire. E voi vi chiedete invano dove è la vita nuova e più alta che sostituisce quella a cui egli ha rinunciato.

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Peggio poi è degli altri personaggi. Chi è Adam? Egli potrebbe benissimo leggere dal Regolamento dell'ordine tutto ciò che dice. Il vecchio del Carmelo, che recita la leggenda di Phosphoros e accompagna Molay al rogo, non ha nulla di personale; Agnes, il simbolo dell'amore che, ardendo, tutto purifica, non fa se non generiche descri- zioni dell'estasi amorosa. E vane ombre inafferrabili sono ancora Adalbert e Kunigunde, la sorella di Molay e ab- batessa del convento dove Agnes, sfuggita alla morte che le era stata decretata dal re, ha trovato rifugio. E il di- fetto si estende, travolge anche altre persone : Mathilde ad esempio, la seduttrice di Franz, il simbolo dell'amore pro- stituito da anime volgari, un vago impreciso riflesso della Contessa von Eboli nel Don Carlos.

L'azione poi, almeno in quanto questi personaggi vi prendono parte, non può necessariamente avere verità poetica : essa acquista un non so che di esteriore e di mec- canico e si intrica con artificiosità evidente. Adalbert e Agnes sono salvati dalla condanna ; il (( Tal » li ha sot- tratti alla loro sorte e li manda nella Tebaide : ma il modo migliore di mostrar che l'amore, quando è puro e santo, è una forza, era di fargli aver vittoria senza l'aiuto di forze estranee. Philipp, l'uomo cercante la libertà, ha tentato il regicidio e ha ucciso il Nogaret; ma il Tal lo salva perchè il Werner vuol salvar l'idea in lui simboleg- giata. Il (( Troubadour », che è il simbolo dell'arte, indo- vina, non sapete come, l'avvenire, sta in carcere a con- fortar Molay, e non sapete perchè ciò gli sia concesso, scompare, e non sapete dove, quando Molay è giunto alla fine del suo soffrire. Gli uomini presso a morte acqui- stano strane virtù di veggenza, sapete donde quella luce improvvisa loro piova.

170 Zacharias Werner

Vi trovate smarriti in un mondo sconvolto, dove non vi potete render più conto di ciò che succede : un mondo in cui gli avvenimenti si svolgono secondo una loro propria legge quasi indipendentemente dagli uomini che ne sono vittima : un mondo in cui allo stesso tempo tutta la vita consiste nel tenere e nel sentire discussioni.

E in tal guisa non avete più un conflitto di due (( Welt- anschauungen )) , che si combattono apertamente per mezzo dei loro rappresentanti, esplicando tutta la forza che hanno in una lotta grandiosamente drammatica ; avete invece per una parte una rappresentazione di vita reale nella descrizione di persone malvagie o volgari, per l'altra parte l'esposizione di un sistema. E i malvagi sono, alla fine, puniti : il perfido Nogaret muore ammazzato, Noffo è ucciso, Heribert si impicca, Franz espia, gettandosi nel fiume, la colpa di aver tradito l'ordine, obbedendo alle seduzioni della carne. Il sistema ha vinto sulla vita.

Così mancò al dramma e qui è il suo vero difetto una unità organica: gli mancò quella serrata logicità che nasce dalla sicurezza dell'impostazione e dalla sicura conseguenza dell'esecuzione. Da un lato esso è freddo, percl^è tale è sempre ogni astratto ragionamento, dal- l'altro lato esso è incoerente.

E la parte migliore fu ancora quella realistica e storica, secondo la maniera seguita nei T empier auf Cypem. È per questa parte che il Werner poteva illudersi che il nuovo dramma suo era tenuto (( nach den Regeln der dramatischen Kunst » (44). I caratteri sono infatti anche qui segnati con sicurezza e precisione di contorni : Filippo il

{A4)Ausg. Schr., XIV. p. 29.

I

I

// dramma dell'utopia settaria 171

Bello, debole e violento al tempo stesso, timido e feroce, cupido e intollerante; il siniscalco di Poitou, padre di Franz, uomo di acciaio, che con dignità maschia pari alla forza materiale e morale di cui dispone, non esita ad affron- tare il re medesimo in favore di Molay e ad imporgli di ren- dere giustizia all'ordine ; il Nogaret, cortigiano cupido di potenza, simulatore, calunniatore, non rifuggente da nes- suna ignominia pur di giungere al suo fine; il Cardinale, mite, buono, ma debole e di scarsa intelligenza, son nuove figure di marcato rilievo, che si vengono ad aggiungere a quelle già note per la prima parte. E, se l'intima vita del- l'(( Erzbischof )) vi sfugge, è pure anche innegabile, che quando lo vedete all'opera con la sua inesorabile fred- dezza, con la sua onniveggenza tranquilla, con la sua sapiente accortezza; quando lo vedete far di tutti zim- bello a suo talento, giocando con le passioni e le debo- lezze di tutti e movendo con passo lento, fermo ed eguale allo scopo, quest'aspetto almeno della sua figura vi balza innanzi con la massima evidenza. L'immagine del Grande Inquisitore del Don Carlos ha balenato alla fantasia del Werner : ma quegli che il Werner stesso chiama (( Inqui- sitore )) non è più l'oscurantista avvolto di fredda ombra, che soffiava una terribile aria di gelo nella convulsa agitazione dell'ultimo atto della tragedia schilleriana, è invece il tipo (( des aus hòheren Grundsàtzen der Menschheit intoleranten edlen und erhabenen Prie- sters». E il Werner lo paragona a Richelieu, un Richelieu spoglio d'egoismo (( ein Mann ohne Lei- denschaft, gemacht, die Welt zu beherrschen » (45).

(45) Ibid.. p. 30.

172 Zacharias Werner

E se errore fondamentale del Werner fu, come vedemmo, di far trionfare il « Tal » per la potenza materiale che esso attraverso T « Erzbischof » ha acquistato, perchè un tal procedimento creò nella sua opera una scissione insa- nabile, tuttavia la lotta che guidata dall' Erzbischof si svolge, ha una forza drammatica talora molto grande. La scena fra il re e il Gross-Comptur, quella del Giudizio, quella della morte del Gross-Comptur, quella fra il sini- scalco di Poitou ed il re, sono impostate bene e svolte con efficacia (46).

L'influenza romantica si rivela poi in questa seconda parte anche sotto un altro aspetto. Mentre la prima parte conteneva scarsi innesti lirici, questa invece ne abbonda: il trovatore riprende i suoi canti ispirati a una mistica vo- lutamente nebulosa e confusa : voci nascoste cantano nella

(46) E più che tutto si impone drammaticamente l'azione dell'Erz- bischof. Pili che le cupidigie di Filippo il Bello che si lascierebbe im- paurire dalle sommosse del popolo e dall'intervento dei sovrani stra- nieri, e , per mezzo del Cardinal Nunzio, del papa Clemente mede- simo, piià che le mene del Nogaret, che induce Noffo, Heribert e qualche altro indegno Templare a giurare menzogne e assurdità inaudite, più che la debolezza di Franz che, lasciatosi sedurre da Mathilde, amante del re, le . la cassetta dell'ordine che Molay gli ha affidata, cassetta che vien poi sostituita da un'altra contenente dei documenti falsi e compromettenti ; più che la colpa di Philipp che tenta con Adalbert di uccidere il re e cosi esasperandolo gli offre anche il pretesto migliore di sopprimere l'ordine con apparenze di giustizia, più che la pazzia di Molay, che, incarcerato, confessa colpe che non ha mai commesse, più che tutto, è lui, l'Erzbischof, che con mano in- fallibile, tutto sapendo e tutto sfruttando, conduce l'ordine alla morte e la decisione presa dal « Tal » ad effetto. È lui che decide il re sempre incerto, è lui che induce Molay, che ha avuto un istante di resipiscenza, a confermare la confessione fatta per salvare Philipp, è lui che dirige il processo e lo conduce a termine contro tutte le opposizioni che incontra.

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caverna il verbo di verità, ora in sentenze apocalittiche, ora in sequenze liturgiche: !'(( Erzbischof » prega e pre- dica in principio, a metà e alla fine del dramma. E sim- boli si sovrappongono a simboli, canti a canti, ballale a ballate, declamazioni a declamazioni.

Tutto ciò che il Werner aveva dovuto lasciar fuori del dram.ma, vi rientrò per questa via.

La concezione dell'amore, l'unione di amore e morte non erano penetrati nell'azione, ed il Werner vi inserì quel (( Lied der Liebe » che fu già ricordato nel primo capitolo, e che credo sia stato suggerito alla sua fantasia dalla accusa che egli trovò fatta ai Templari nel (( Prozess gegen den Orden der Templer » del Moldenhauer (47), che già osservammo avergli servito di fonte. Il Molden- hauer racconta infatti che un cavaliere dell'ordine si inna- morò di una ragazza morta, la possedette nella tomba, e nove mesi dopo l'amplesso trovò ai piedi di lei una testo- lina di diavolo e una voce misteriosa risonò dal profondo della terra:

Verwahr' dies Haupt : du wirdst Herr des Schicksals.

Il cavaliere, che aveva portato la testolina con sé, se ne servì in guerra contro i Grigioni, e salvò, mostrandola al nemico, le fortune della battaglia : dopo varie vicende, venne essa in possesso dei Templari, che se ne fecero un idolo e lo adorarono. Il Werner riprese la leggenda, so- stituì alla testa di diavolo la testolina del bambino morto, e se ne valse, come altrove vedemmo, per simbolizzare la sua idea.

(47) Hamburg. 1792.

174 Zacharias Werner

Anche l'unità del suo pensiero non parve al Werner chiarita abbastanza, ed egli ricorse per simbolizzarla alla leggenda di Phosphoros: invenzione sua con qualche ele- mento tratto alle fantasie del Bòhme, una, com'egli si esprime, continuazione a rovescio della storia di Baffo- met (48).

Phosphoros è un eone che, desiderando una esistenza individuale, fu respinto da Dio e chiuso in un carcere che si chiama vita, avvolto in una veste di terra e di acqua (il corpo), privato del ricordo della sua origine divina, condannato a divorarsi il suo calice di fuoco (le passioni). La luna, sua sorella nella luce, impietosita intercede per lui, e il Signore apre nel suo carcere una piccola fessura, per cui egli può scorger la luce, cioè la sua propria natura divina, e, quando egli la contempla, sente meno il peso dell'elemento che lo costringe. L'intercessione del sole fa che il Signore gli conceda il sale per mode- rare l'azione del fuoco che deve divorare ; ma il sale diventò ghiaccio e Phosphoros irrigidì. La preghiera della Madre Iside indusse dopo di ciò il Signore a mandargli

Den Kelch der Fliissigkeit, und in dem Kelche

Den Tropfen Wehmut, und den Tropfen Sehnsucht.

L'irrigidimento si disciolse e Phosphoros potè di nuovo respirare: ma sempre Io premeva il suo carcere. E il Si- gnore gli mandò la malattia, che ruppe il tetto del car- cere e schiuse interamente la visione della luce. Allora

(48) Cfr. nel Capitolo I di questo libro la spiegazione che il Werner di questa leggenda simbolica, applicata alla vita morale. « Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1171 (Allo Scheffner, 21 gennaio 1805).

// dramma dell'utopia settaria 175

venne il (( Verbo sulla terra ))". Il Logos (il Messia) gli fece vuotare il calice della (( Sehnsucht » (49) e il carcere di- ventò sottile e trasparente come cristallo : il Logos gli porse il calice della fede e compare il ((Salvatore delle Acque». E, dopo che egli ebbe esercitato pazienza nell'attesa e fu purificato dal Verbo che lo assisteva, allora il Salva- tore giunse a lui, lo liberò dal carcere che lo serrava, ed egli scivolò nel seno della luce divina donde era stato cacciato.

Es schwand der Wahn zu werden Ein und Etwas; Sein Wesen war ins grosse Ali zerronnen.

Il ritmo varia : trovate il verso libero e la stanza di can- zone, la ottava e la terzina, la sestina e la strofa di ballata.

E tutta questa lirica romantica, che s'insinua fra il giam- bico metro tragico, vi l'impressione di una continua stuccatura esterna, che con l'interno sta in scarsa connes- sione e, anziché rivelare, nasconde le linee architetto- niche dell'edificio.

I Sòhne des Tales, come ci appaiono nella prima edizione del 1803-1804, ci offrono quindi il dramma del Werner nella sua genesi. La sua prima educazione arti-

(49) «Blatter f. I. U. », 1834. p. 1171. Trovammo già questa « Weh- mut » e questa « Sehnsucht » nel Cap. I : « Sie werden bemerken scrive il Werner dass der Mensch, in den hoheren Stunden der Weihe, alles w^as sich sonst nur dammernd in seiner Seele darstellte, verklart erblickt. Es ist die hòhere Wehmuth, Dagegen gibt es eine andere (eine unnennbare Sehnsucht), wo er nicht denkt, nicht schafft, nicht einmal Bilder ver seinem Inneren entstehen sieht, und doch von jenem unnennbaren Gefuhl, w^as sich ins Weite Unermessliche aus- dehnen mochte, ergriffen fiihlt».

176 Zacharias Werner

stica, il SUO ingegno naturale, gli influssi schilleriani lo fanno inclinare al dramma storico : egli tende invece ad una nuova forma che gli è balenata entro le idee e le teorie dei romantici, ma non riesce a raggiungerla, e immerge nel dramma realistico degli elementi romantici estranei che non riescono a fondersi con esso. L* opera resta una nebu- losa in fermento, che non è ancor riuscita a prendere la sua forma.

II.

Se il Kreutz an der Ostsee, che egli compose dopo i Sòhne des Tales, non ha scene di forza drammatica tale quale in questi ci venne fatto di incontrare, esso però segna un maggiore avvicinamento a quello scopo verso di cui il Werner tende. Esso riesce infatti meglio a conciliare quei diversi elementi contrastanti, dalla cui miscela i « Kreuzesbriider » erano risultati.

Prima di tutto il Werner si è liberato dai ceppi che gli imponeva la sua utopia di riformare l'organismo massonico. Riconosce anch*egli che era una pazzia. (( Der Maurerei kann ich (die notige Reform) nicht geben, da ich teils weder Geld noch Umgebung dazu habe, teils auch mir Mut und Lust fehit, mich durch die ùber Gottes Erd- boden zerstreute Legion maurerische Klòtze durchzuren- nen, und mein Leben daran zu setzen, um selbigen zu be- w^eisen dass Klòtze keine behauenen Steine sind, oder gar ali den Wust maurerischen Unsinns (bekanntlich hat die Schalkheit ihre Hauptresidenz in den maurerischen Schriften) durchzulesen und ihn zu v^iderlegen. Es geht mir dabeì, aufrichtig zu sagen, wie dem Weinstocke, wel-

// dramma dell'utopia settaria 177

cher im Buche der Richter sagt: Warum soli ich meinen Most lassen und iiber den Bàumen schweben 7 » (50). Egli resta quindi presso il suo mosto e lascia ogni idea di ri- forma. Anche riformare il Cattolicismo gli pare impossi- bile : Lutero viveva in tempi diversi e aveva l'appoggio di principi : a lui mancano tempi e principi : a che prò sprecare le sue forze ? (( Ich will w^eder hier noch ir- gendv^o reformiren, weil es nichts hilft, und ich es fur vergeblich und albern balte auf einem zerlumpten Rock Sammetflicken zu flicken » (51).

È ben vero che egli non abbandona l'idea della sètta, che gli par Tunica via di riuscire in quello che egli con- sidera come lo scopo della sua vita, ma, perchè gli uo- mini ben disposti si incontrano dappertutto, egli pensa di fondare una sètta completamente nuova, destinata alla dif- fusione di quei principi di verità che ora sono dimenti- cati : della vera religiosità, ora sconosciuta. (( Was ich tun will und (wenn ich in Leben bleibe und Gott mich dessen wùrdigt) auch gewiss tun werde, das ist: cine Pepinière griinden von kraftigen, mòglichst unschuldigen und unver- dorbenen Menschen, eine Pepinière des Heiligen, frei von alien Formen und Formeln denn wozu immer die ewigen starren Falten, wenn w^ir lebendiges Fleisch haben ? Nicht Kinder der Magd miissen wir sein, wie der Apostel Paulus sagt (in der Epistel am Sonntage Là- tare, an die Galater, Gap. 4, die mir aus der Seele ge- nommen ist), sondern Kinder der Freien. Eine jede Form ist nur pour le coup ; sie sanctioniren, verewigen wollen.

(50) «BIàtter f. 1. U.», 1834, p. 1173.

(51) Ibid.

G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 12

178 Zacharìas Werner

heisst dem neugeborenen Kinde das Gift inoculiren, woran

es iiber lang oder kurz stirbt Diese Pepinière soli

sich keine Glatzkòpfe, keine Schurzenmànner anschlies-

sen Aus sich selbst soli sie hervorgehen, wenn

auch nur kleinen Beginns, und in ihr sollen sich die Manner ausbilden und vorbereiten, welche, vielleicht lange nach meinem Tode, aber auf keinen Fall eher sie selbst was sind, es auch anderen vermachen sollen, was man seyn soli » (52).

La conseguenza di questo mutamento di propositi è nel nuovo dramma notevole, perchè vi diminuisce quella ten- denza didattica sermoneggiante che domina nel dramma precedente. Il Werner non si rivolge più a un pub- blico speciale, a un pubblico di adepti che vuol moraliz- zare — egli si rivolge invece agli uomini in generale e presenta loro nei membri della nuova sètta l'ideale suo della vita umana.

Propizio alla elaborazione drammatica fu pure il maggiore avvicinamento al Cattolicismo, che si produsse in lui in questo tempo durante la malattia e la morte della madre (53). Egli non si limita più a immaginare un suo proprio Cattolicismo: egli crede ora che il Cattoli- cismo, nei suoi primordi, fu veramente una religione ideale. Da quel suo singolare Cattolicismo, che gli ve- demmo esporre nei Sòhne des Tales, egli passa così alla venerazione del Cattolicismo considerato storicamente.

(52) Ibid.

(53) Negli ultimi due anni in cui sua madre visse, il Werner rimase quasi sempre presso di lei con sua moglie. Essa morì il 24 febbr. 1804.

La prima notizia del nuovo dramma si trova il 6 febbraio : la ste- sura di esso è già incominciata.

7/ dramma dell'utopia settaria 179

E chiama cattolica la sètta che vuol fondare, catto- lica — s'intende nel senso che egli alla pa- rola : una (( urkatholische Sekte )) . (( Diese Pepinière des Heiligen soli sich mòglichst der Urfom des Chri- stentums (d. h. cum grano salis, so wie es fiir unser Zeitalter mòglich und zweckdienlich ist) nàhern; sie soli bei allem Guten des Katholizimus (bei seinem Ursprung war vielleicht alles in ihm gut) nichts von seinen Feh- lern haben: sie soli die Anschauung des Mittleramts Jesus Christi (die Annàherung der Menschheit zur Gott- heit durch den Mittler) zu Grunde legen und keinen in sich aufnehmen, fiir den diese Anschauung nicht der Mit- telpunkt seines religiòsen Gefiihls ist, da man, ohne dass letzterer der Fall ist, zwar sehr sittlich und sehr religiòs aber kein Christ sein kann )) (54).

Ora, dato questo nuovo suo atteggiamento, per rive- stire ancora una volta le sue idee sotto forma di dramma, si offriva al Werner un mezzo assai semplice : rappre- sentare il trionfo del Cristianesimo primitivo, del Cattoli- cismo puro sopra gli uomini del Medio-Evo. Il Werner concepì infatti un tale piano, e anzi, per meglio simboleg- giare la sua idea, volle rappresentare un trionfo doppio da esso riportato : in primo luogo sopra uomini ancora ignari della nuova religione, sopra pagani ; in secondo luogo sopra cristiani, in cui la vera religiosità già si fosse spenta. Anche questo secondo elemento gli parve sostan-

(54) Importanti sono per lo studio di questo dramma, oltre la pre- fazione, anche le lettere allo Iffland (nel TeicHMANN, op. cit.) e allo Scheffner («Blàtter f. 1. U. », p. 1173 e segg.). Le riporta ora riunite J. Brandt nella sua dissertazione : « Studien zu Z. Werners Kreutz an der Ostseey>, Marburg, 1912, Cap. II.

180 Zacharias Werner

ziale, perchè la superiorità non era di un Cristianesimo qualunque sopra il Paganesimo, ma del vero Cristiane- simo sopra tutte le false religioni. Di fronte ai veri Cri- stiani doveva esser presentata una società corrotta, che, rammollendosi, avesse perduto il senso della verità, ed avesse deviato in un Cristianesimo, che non è più se non fumo e vento, vuoto suono di parole.

La Geschichte Preussens dello « hochverdienter » sto- rico prussiano Baczko, che (( vv^enn der Kampf àchter Seelengròsse mit einem heiligen Schicksal tragisch ist, schon seit manchen Jahren ein wirklich griechisches Trauerspiel, wiew^ohl fast ohne alle Chòre, spielt » (55), offerse al Werner un argomento storico acconcio. Il passo, che colpì il Werner, narrava l'arrivo dei cavalieri del- l'ordine tedesco Conrad von Landsberg e Otto von Fa- leiden a Ploszk, dove la duchessa Sophia, assente il ma- rito Conrad von der Marau, uomo fiacco e molle e vile, era minacciata dai Prussiani : essi sono mandati dal maestro dell'ordine Hermann von Salza, a cui il vescovo Christian von Culm si è rivolto, nella necessità di difendere il du- cato polacco in cui egli vive e il Cristianesimo che egli deve e vuole diffondere. I cavalieri assumono la direzione della guerra, combattono come leoni e riescono a salvare il ducato. Warmio, il figlio del Waidewuth dei Prus- siani, sposa la figlia di Sophia e del duca Conrad von der Marau e si fa cristiano (56).

Qui il pensiero del Werner assumeva di per se stesso forma di vita. Quegli antichi cavalieri, che avevan fatta

(55) Cfr. Prologo al Kreutz art der Ostsee {Ausg. Schr., IV, p. 5).

(56) «Blàtter f. 1. U. ». 1834, p. 1173. E cfr. anche la cit. lettera a Regiomontanus, ibid., 1827, n. 1.

// dramma dell'utopia settaria 181

propria natura del Verbo che professavano, diventa van simboli delle sue idee, tanto più che le condizioni in cui essi avevano vinto parevano al Werner quelle del tempo suo:

Sie strebten, so wie ihr, nach eltien Freuden, Sie hatten Unschuld, sowie ihr, verloren.

Se perciò fu ancora una volta una sètta cristiana, che il Werner rappresentò come fonte di salvezza, non fu più in- vece la storia interna e esterna di essa che egli fece centro dell'opera (57). La sètta un pugno di uomini au- steri, fedeli ai loro principi non è che il mezzo per cui il trionfo della idea religiosa cristiana drammaticamente si opera. (( Der Grundstoff meines neuen Schauspiels ist die Einfiihrung des Christentums : der Sieg der christlichen Gottheit ùber die Heidengòtter )) (58). E allo Iffland : (( Die Ausrottung des Heidentums und Einfiihrung des Christentums durch die deutschen Ritter in Altpreussen ist der grosse Grundstoff des Ganzen » (59).

Questo era però un argomento più epico che dramma- tico e il Werner si preoccupò di atteggiarlo in modo che si prestasse a un dramma. Una delle ragioni principali per cui la seconda parte dei Sòhne des Tales era riuscita così farraginosa e informe, era stata come vedemmo lo sforzo di condensarvi dentro, insieme con un gran nu- mero di personaggi, tutta una complessa nuova concezione della vita in tutte le sue forme. Per dar realtà a un tal

(57) Ibid.. p. 1177.

(58) Ibid.

(59) Teichmann, p. 300.

182 Zacharias Werner

proposito sarebbe stato necessario dare all'opera un tale sviluppo che essa risultasse una specie di poema dell'uma- nità, in cui l'uomo sotto tutti i suoi aspetti si rivelasse. Ora col nuovo dramma il Werner cercò di evitare tale difetto e fece che l'opera si avvolgesse intorno a un'azione unica. Ma una tale azione riposa sempre soltanto sopra ta- luno fra gli aspetti che la vita, considerata astrattamente, può avere, non sopra tutti : anzi una tale azione, in quanto era un'azione storica, limitava nel caso presente anche più il numero e la qualità di questi aspetti della vita. E il Werner, perciò, pur lasciando che nello sfondo tutta la sua concezione della vita si specchiasse, ne mise un ele- mento solo in speciale rilievo. E questo fu (( l'amore ».

L'amore, s'intende, come lo vedemmo da lui conce- pito: amore mistico, amor di Dio nelle cose terrene, amore che trasfigura l'uomo e la vita. Lo svolgimento di questa idea era rimasto nei Sòhne des Tales inciden- tale : un episodio. L'amore diventa invece essenziale nel nuovo dramma. Prevenendo un appunto che egli si aspet- tava: l'amore di Warmio e di Malgona essere soltanto un episodio, scrive il Werner allo Iffland : « Jene Liebe ist auf den ganzen Grundstoff nicht etvv^a wìe die sonst so herrliche Episode von Schillers Max und Tecla leicht aufgeheftet, sondern innigst mit ihm amalgamirt, da der das Ganze beschliessende Opfertod der Liebenden zugleich obige eingeleitete Katastrophe (distruzione del Pagane- simo) beschleunigt und herbeifiihrt » (60).

Nella storia della lotta tra Cristianesimo e Paganesimo, nella storia del trionfo della religione vera sopra le false.

(60) Ibid.. p. 302.

// dramma dell'utopia settaria 183

l'amore può esser parte essenziale, perchè per il Werner vedemmo che religione e amore si identificano. Il diverso atteggiamento che gli uomini prendono dinanzi all'amore è difatti nel suo dramma il segno esterno del grado della loro religiosità (61).

La differenza, che il Werner segna fra i seguaci dell'or- dine tedesco e i Prussiani, può esser ridotta a ciò che la religione dei primi è religione dell'amore, e quella dei secondi è religione della forza.

Umgarnet von dea hòllischen Dàmonen, Kann Liebe nicht in ihren Herzen tronen.

Le divinità che quei Prussiani adorano sono infatti personificazioni di forze della natura, e sono adorate perchè, essendo personificazioni della forza, viene loro attribuita una potenza tale, che contro di essa tutte le forze umane si frangono. Son divinità inventate dal Wai- dewuth, che vi scorse un mezzo per sollevarsi su tutti i suoi pari e soddisfare le sue cupidigie ambiziose, e ri- specchian la natura dell'inventore.

Er selbst, der Gotter diesem Volk gegeben, Der Waidewuth ist Diener der Gewalten, Die in der Dunkelhelt . dem Dunkel frohnen. Aus Gottverfluchten Gotter zu gestalten Gab Formen er der Kràfte regem Leben.

Se l'amore contiene in se un soffio divino, la forza che ad esso si oppone rivela uno spirito demoniaco.

(61) «Blatter f. I. U. », 1834, p. 1176. E cfr. anche le lettere allo land nel TeiCHMANN, cit.

184 Zacharias Werner

Il Werner attribuisce la riuscita del Waidewuth e dei misteri religiosi, che egli ha regalato ai Prussiani, a una protezione e a un intervento di demoni, di spiriti malefici. Così la lotta fra Paganesimo e Cristianesimo diventa « ein Kampf, den ich mòchte sagen dàmonische Menschen gegen Heilige fuhren » (62).

La diversità di spirito degli « heiligen » e dei « dà- monischen Menschen » ha come necessaria conseguenza che, di fronte a una storia determinata di mistico vero amore, essi si schierino da parti opposte e che sorga intorno a quella storia una lotta di grande intensità dram- matica. E quanto avviene per Tamore di Warmio, figlio del Waidewuth, e di Malgona, figlia della regina Polacca.

Malgona, la cristiana ideale, dice:

Warmio, so eben Bepriifte ich mich, wen ich wohl starker liebe,

Ob dich, ob Christus

Wenn meinen Warmio Ich starker auch als meinen Heiland liebte, Kann Er, der mir ins Herz die Liebe flosste, Er, der aus Liebe und Freisinn mich gewoben, Der uns am Kreuz durch Liebe frei gemacht, Verdammen, wenn in Freiheit Liebe wahlet?

Vien dipinto in una realtà concreta il matrimonio mi- stico che il Werner predicava :

Verhorst du die Stimme Der heiligen Minne? Der Mutter von Staube

(62) Ibid., p. 1177.

// dramma dell'utopia settaria 185

Entreisst sie die Mànnin, Und fiihrt sie im Manne Zum Vater, dera Licht.

Warmio è per Malgona il « Mittler » che eleva la sua anima a Dio distogliendola da tutti gli interessi mon- dani : sicché ella non vede più nulla, non sente più nulla che lui e Dio, Dio e lui. Malgona è per Warmio la guida : è Malgona che lo conduce al Cristianesimo, Mal- gona che lo guida nei momenti più difficili, Malgona che gli apre la via alla fede coU'estasi mistica.

Tutti i cristiani trovan santo quell'amore. I Cavalieri dell'ordine tedesco lo rispettano e lo ammirano : lo spirito di Santo Adalberto lo favorisce e lo protegge, lo volge per la retta via, lo guida verso quello che è il suo scopo»

I Prussiani invece non possono intenderlo: per essi Wcirmio ha rinnegato se stesso e la sua patria. Samo si libera dalle braccia di Pregolla quando questa lo vuol trattenere : Tuomo secondo lui è nato per la lotta e la conquista: egli, il figlio del Waidewuth, è nato per la forza e il regno, non per rammollirsi in languidi tepori di sentimento. 1 Prussiani e Samo tentano quindi di liberar Warmio da quella che essi considerano come una debo- lezza, e, quando questi si rifiuta di lasciar la sua sposa, giu- rano di vendicarsi e son pronti ad ucciderlo. 1 cortigiani polacchi, poi, intendono per amore null'altro che mollezze di godimento sensuale, e quei due esseri veramente amanti sono loro incomprensibili.

Così l'eunore di Warmio e di Malgona diventa il centro vero su cui il dramma è imperniato, essendo esso per così dire il simbolo della idea che separa i contendenti. Quel- l'amore provoca la lotta e quell'amore la risolverà. La

186 Zacharias Werner

seconda delle due parti, di cui il dramma constava secondo il piano del Werner, doveva appunto così conchiudere che la sorte di questo amore provoca la finale cata- strofe (63).

E la sorte di questo amore sarà naturalmente, pel Werner, la morte, la morte che è ad un tempo una specie di olocausto che ottiene dal Signore la vittoria dei cri- stiani, e Fultimo segno del trionfo degli amanti, la coro- nazione del loro sforzo. Essi han camminato attraverso errore e peccato, ma han camminato sempre progredendo verso la redenzione. Ed è giusto che la raggiungano.

Nachclem mit Welt und Siinde sie gerungen, Und ihm, dem Treuen, sich treu erwiesen, So siegen sie, obgleich die Holle wiitet.

Nella esaltazione della morte vi è bensì una indiscu- tibile analogia coi Sòhne des Tales, dove la morte di Molay ha una tal duplice funzione : ma questa è una caratteristica del Werner che, tendendo verso un tipo di dramma, che non riesce a fissare, si vale, progredendo sempre, delle difficoltà superate. E del resto l'analogo pensiero doveva portare ad una analoga concezione : « Ein Kiinstler kann nur ein gòttliches Thema variiren und schlecht variiren : zwei sind fiir einen Menschen zu viel, sie w^ùrden ihn zerreissen » (64).

Il dramma del Werner incomincia così a colorirsi di quella special tinta mistico- erotica che dicemmo distin- guerlo ; le teorie che conosciamo incominciano a esplicarsi.

(63) V. Ausg. Schr., XIV, cit., l'ultima delle lettere allo Hitzig.

(64) «Blatter f. 1. U.», 1834, p. 1343.

// dramma dell'utopia settaria 187

Nei Sòhne des Tales, concepiti direttamente sotto Tinflusso romantico, non era ancora condannato Tamore sensuale : Agnes seguiva Adalbert lasciando il chiostro e lo seguiva nella Tebaide, dove essi ad onore e gloria di Dio avran certo generato un paio di figli. Ora invece com- pare quella condanna, che più tardi ritornerà col trasfor- marsi del suo pensiero. Quando, dopo che le nozze si sono compiute, fra tumulto di armi e vicende varie, Mal- gona raggiunge finalmente Warmio ed è sola con lui, Warmio la vuole abbracciare e possedere. Malgona, lo spirito amante di veramente alto amore, promette invece di offrire a Dio la sua verginità: Wairmio la abbraccia e la bacia e la investe della sua fiamma ardente, con ar- denti parole, vibranti di tutto il fascino della seduzione cainale. E Malgona cede a poco a poco, travolta da quell'onda di passione irresistibile :

Siinde, ich erliege dir!

Ma proprio quando la ultima resistenza pare vinta, le cade dal petto la « Monstranz », che Sant'Adalberto le ha dato, e questo la richiama a se. E tutti e due trionfano della crisi sensuale. E tutti e due son felici di amarsi come fratello e sorella : e l'amore che godono è una com- pleta estasi. La morte renderà impossibile ogni pericolo e ogni tentazione, darà alle loro lotte e alle loro vittorie su se stessi il meritato premio.

Nella concezione e nella rappresentazione di questa storia d'amore si riflessero recenti vicende personali : « Ich bin der Warmio und meine gewesene Frau die Mal- gona : beide sind Portraits. Meines ist etv^as idealisirt ; das meiner Frau ist es gar nicht, sondern viel mehr der Natur Zug fili- Zug nachkopirt, aber zum Sprechen

188 Zachariaa Werner

getroffen, was ich freilich allein beurteilen kann, weil ich der einzige Mensch auf dieser Welt bin, der sie kennt und kennen kann » (65). Quella esaltazione mistica e fantastica del godimento sensuale, su cui dicemmo pog- giare la vita erotica del Werner, aveva generato nei primi tempi un idillio. La giovane donna era essa stessa incline alle fantasticherie e di sensibilità irrequieta: così fanta- siavano insieme : « Wir haben uns eine Sprache erfunden, die uns recht gut geht. Das Rauschen des Waldes, des Windes, der Wellen heisst bei ihr Jezyk Boga, die Stimme Gottes. Die Fertigkeit diese zu verstehen und nachzustùmpern in Tònen Farben und Worten heisst Kunst und ein solcher Nachstùmperer ist Kùnstler » (66). Giorni di ebbrezze fantastiche e di felicità : il mondo scompare per lasciare il posto a un mondo nuovo creato dalla propria immaginazione : « Du siehst wovon ich ausgehe um mir bei der Unertràglichkeit der w^irklichen Welt meine Kleine zu bilden! » (67). Quel tentativo di fondere Tamor di Dio e l'amor maritale, riuscito per un istante, richiedeva però una tensione di nervi che non poteva durare : passata la esaltazione, come tutte le esal- tazioni passano, il Werner ricominciò a correre il mondo coi suoi postiiboli e le sue taverne. Ma il Werner rico- noscerà sempre in quei giorni le ore della sua maggior felicità, attribuirà sempre a se ogni colpa : difenderà sempre la donna che più delle altre da lui conosciute e amate era suscettibile d*idealizzazione (68). Che cosa importa

(65) Ausg. Schr., XIV, p. 39.

(66) Ibid.

(67) «Blàtter f. 1. U. ». 1834, p. 1341.

(68) Idib., 1827, n. 1.

// dramma dell'utopia settaria 189

il mondo com'è in stesso ? Quel che importa è il modo come noi ce lo facciamo. La prima idea del Kreutz an der Ostsee cade in tali giorni che fra ore tristi sempre rifiorivano, nel 1 804, quando egli scriveva airamico Re- giomontanus di condurre « ein Anachoretenleben : was ich um so lieber fortsetzte, als es meine Idee war und noch ist, den so sehr prosaischen Ehestand ins Idealische zu setzen » (69). I primi due atti furono anzi stesi in quel tempo.

Il dramma risulta quindi così composto e orgemizzato: il popolo « demoniaco » dei Prussiani, selvaggio e forte, con il suo politeismo di origine germanica, affine in qualche elemento al mondo mitologico scandinavo : il popolo dei Polacchi deteriorato sotto il duce imbelle, rammollito e vi- gliacco: un nucleo di cristiani veri e « santi » in Agaphia e in alcuni eletti della sua corte, nei cavalieri : l'amore di Warmio e di Malgona per concentrare tutto.

Or, data questa condizione di cose, non aveva quasi del miracolo che un popolo giovane, pieno di forza materiale e di sanità, soggiacesse a un popolo corrotto, guidato sol- tanto da un pugno di uomini? Questo era un esempio nuovo pel Werner dell'altra idea sua, che la mano di Dio si fa sentire sulle vicende terrene. Così nel nuovo dranuna idea ed azione non si urtano più, ma si completano e si integrano vicendevolmente. E vicendevolmente si spiegano e sono, per così dire, l'una all'altra commentario.

(69) Ibid.. 1834, p. 1179.

190 ZachoTÌas Werner

Accanto alle preoccupazioni mistiche il Werner aveva stavolta anche vive preoccupazioni teatrali. Entrato in rapporti col Wieland dopo la pubblicazione dei Sóhne des TaleSy ne aveva ricevuto incoraggiamento è l'invito a comporre un dramma storico che si adattasse alla rap- presentazione (70). L'interesse drammatico saltava così in prima linea : in una lettera allo Iffland egli ne dice : « Es ist von der didaktischen Tendenz frei, an poetischem Wert meinem vorigen Werke aiisserst vorzuziehen und bis jetzt meine gelungenste dramatische Arbeit ».

La materia si prestava ad una tale trattazione. Accanto alla lotta di reHgione e religione, di spirito demoniaco e spirito d'amore essa offriva difatti anche una lotta di nazio- nalità: due popoli in guerra, intimamente diversi nello spirito di razza, nelle usanze, nello stato di civiltà. La lunga prefa- zione mostra gli studi da lui fatti contro le sue abitudini per impadronirsi del color locale e storico riguardo ai Prussiani (71): accanto all'opera del Baczko gli fornirono

(70) «Blatter f. 1. U. ». 1834. p. 1180.

(71) V. ora sulle fonti il BRANDT, op. cit., p, 45 e segg.. oltre la onesta introduzione in cui il Werner addita le sue fonti.

Per la pittura dell'ordinamento sociale, per la ricostruzione delle credenze religiose, per la descrizione degli usi e dei costumi il Werner rimase fedele tanto allo Hartknoch, quanto al Baczko, cercando di integrar le notizie dell'uno con quelle dell'altro.

La scena, ad esempio, fra Samo e Pregolla, è tolta allo Hartknoch quasi letteralmente, come anche nota il BRANDT, p. 50-51. Cfr. i canti nuziali.

Hartknoch, op. cit., p. 179.

O hue ! o hue ! o hue ! Wer ? Wer wird noch hinfuro meinem

// dramma dell'utopia settaria 191

molti elementi Io Altes und Neues Preussen dello Hart- knoch (72), VAdrastea dello Herder (73) e le cro-

Vater und meiner Mutter das Beth machen ? mein liebstes Hiinchen, mein liebstes Hiinchen, mein liebstes Schwcinchen, wer wird dich auch noch hinfuro speisen }

Mein liebes heiliges Feuer, wer wird dir hinfuro Holz zutragen, damit der Vater und die Mutter ihre alte und abgelebte Glieder mit deiner Warme erfrischen? Wer wird dich hinfuro hilten hund bewahren> (Werner, Ausg. Schr., IV, p. 51).

O weh ! o weh ! mein Feuerlein !

Wer wird nun kiinftig dein Hiiter sein ?

Wer, Miitterchen, machet das Lager dir nun,

Wer tranket dein Hiinchen, wer fiittert dein Huhn ?

Così ripete il Werner anche la vecchia credenza che la donna perdesse la verginità soltanto quando avesse partorito un figlio maschio, non quando partorisse femmine.

HaRTKNOCH :

Desswegen auch die Weiber sich dieser Worte bei der Aufsetzung des Krantzes (corona nuziale) bedienet : « Die Màgdlein, die du tràgest, seyn von deinem Fleische, bringe du aber ein Knàblein zur Welt, so ist deine Jungfrauschaft aus».

Werner :

Sie schlangen ums Haar mir das Linnengespinst, Die sittsame Krone der Frau'n ; Sie sangen : die tragst du so lange im Haar, Bis einst dein Schoss ein Sohnlein gebar. So stark, als der Vater, zu schaun.

Certo anche questa esoticità di vita e questo simbolismo, che s'av- volge intorno alle cose più materiali, trovati già l'una e l'altro nelle fonti storiche consultate, furono causa non secondaria nella decisione presa dal Werner di trattar questi argomenti.

Naturalmente tutto ciò che il Werner intreccia intorno alla figura di Sant'Adalberto, e il finale stesso che ha la storia, esulano completa- mente dalla storia e sono invenzioni del Werner.

(72) Ed. Suphan, voi. VI.

(73) Berlin, 1799.

192 Zacharias Werner

nache antiche a cui queste opere lo rinviarono. Quanto poi al color nazionale nella rappresentazione del popolo polacco, egli riteneva che fosse uno dei maggiori pregi poetici e una delle maggiori novità della sua opera: ed esaltava la sua « v^ohl noch in keinem deutschen Kunst- w^erke so treu dargestellte Schilderung des polnischen Nationalcharakters, besonders des w^eiblichen » (74). Le quattro figure femminili diceva son diverse Tuna dall'altra, tutte « charakteristisch markirt », e formano un ciclo di femminilità polacca. Tutti i caratteri poi sono ritratti dal vero: « Alle polnische Charaktere sind nach dem Leben gezeichnet, ich habe sie bei meinem elfjàhrigen Aufenthalt in hiesiger Provinz unablàssig studiert, und hoffe um so mehr dass diese Portraits einigen Effekt nicht ver- fehlen werden, als unsere Nation nunmehro mit der Sar- matischen doch amalgamirt ist ».

Le raccomandazioni del Wieland e dello Iffland, gli intendimenti sopra esposti Io riconducevano così una volta ancora allo Schiller.

Il pensiero dello Schiller gli stette infatti ancora sempre dinnanzi mentr*egli procedeva alla « Gestaltung » della sua opera (75). Sentite lo sforzo di rivaleggiare con lui anche nella maestà che all'opera deriva dalla mole che essa ha: aveva diviso il suo primo dramma in due parti come il Wallenstein: divide, come il Wallenstein, anche questo suo nuovo in due parti, « perchè altrimenti

(74) Teichmann, cit., p. 307.

(75) Qualcosa su quest'argomento dice già il MlNOR, Die Schicksah- tragodie cit., p. 54; altro aggiunge il DegENHART, op. cit., e altro an- cora il FraNKEL, op. cit., passim. V. adesso anche il BRANDT, cp. cit., p. 57 e segg. ; v. anche WaLZEL, Vom Geistesleben eie, cit.

// dramma dell'utopia settaria 193

sarebbe riuscito più lungo che il Don Carlos », senza le soppressioni che gli si dovevano far subire per la scena : « Ich teilte die Handlung in zwei gleichen Teile, von denen der erste, zwar nàchst der Exposition, den Knoten schiirzt, zugleich aber auch auf die Katastrophe so bestimmt hin- weist, dass er selbst dadurch ein in sich abgeschlossenes Ganzes bildet » (76). E suscettibile di rappresentazione il Piccolomini } Anche la prima parte del suo dramma Io è. Prima di tutto è « ungleich mehr ein Ganzes » ; in secondo luogo contiene « ebensoviel, w^o nicht mehr Handlung » ; in terzo luogo è per lo meno altrettanto lungo. E lo sforzo di rivaleggiare col Wallenstein portò il Werner anche alla conseguenza che, da un lato, egli, dividendo gli atti « nach der Natur der dargestellten Handlung », dovette limitarsi a dividere la prima parte in tre atti, e da un altro lato si trovò poi con assai scarsa materia nella seconda parte, perchè nella prima essa era già sostanzialmente trattata (77). E più ancora che al

(76) Teichmann, clt., p. 305. E cfr. anche «Blàtter f. 1. U. », 1834, p. 1177 e segg., passim. E v. anche le lettere allo HiTZIG nelle Ausg. Schr., XIV, p. 40 e segg. Il Werner ripete sempre questo pensiero, il che mostra quanto viva fosse la preoccupazione sua a questo proposito.

{77) L'influsso Schilleriano non si limita però alla concezione totale, ma si estende anchfe alla elaborazione della parte compiuta. Che de- scrivendo l'amore di Warraio e di Malgona l'esempio Schilleriano di Max e di Tecla stesse innanzi al Werner, prova la sua espressione già citata e il confronto da lui stabilito: Max è lo stesso giovane impe- tuoso, ma senza sicuro dominio di se, Tecla, pur mancando della fiamma mistica che consuma Malgona, è pur un personaggio femminile della stessa purità ideale. Risorge in questo dramma il soffio di ideali di libertà che lo Schiller aveva un tempo comunicati al Werner e che erano scomparsi : le figure più nobili e più forti sono avverse al re pre- potente o imbelle: Hermann, spirito d'eroe, insofferente di giogo e allo stesso tempK) cavaliere ardito e idealista, è un riflesso di uno dei

G. GaBETTI, // dramma di Z. Werner. 13

194 Zacharias Werner

Wallenstein siete richiamati alla Jungfrau von Orleans, dal Werner stesso sempre citata ogniqualvolta egli parlò del suo dramma (78). Anche un combattimento fra due nazioni, anche una corte debole, un popolo senza forza, retto da un braccio senza polso : anche un arcivescovo che sostiene la causa della Chiesa cattolica: anche là, finalmente e specialmente, la liberazione mira- colosa per mezzo di una fanciulla che interviene ed agisce sotto lo stimolo di una ispirazione celeste, come una mandata di Dio. £ il Cattolicismo trionfa anche là, per mezzo di un olocausto. La somiglianza della materia faceva che più facilmente la trattazione di essa potesse servir di modello al Werner per la trattazione sua. Per la rappresentazione della vita nei due campi avversi, per la successione delle scene e lo svolgimento organico della azione, per la distribuzione della materia, che prima è pre- sentata parallela e poi insiem mescolata nella lotta finale e nella catastrofe, apprese il Werner molto.

Ma accanto allo Schiller ritrovate pure i romantici: lo spirito dell'opera, l'idea mistica che vi domina, il soggetto medioevale e religioso, tutto doveva ricondurvi il Werner, mentre egli attendeva alla composizione. L' Oì^tavianuSy i « Pellegrins Schaupiele » avevano rinnovati ed accre- sciuti di recente i suoi entusiasmi (79). J^a Genovefa gli

tipi che lo Schiller ebbe cari : Silko che non soffre la supremazia del Waidewuth, ma lascia soffocar dall'ambizione gli istinti più alti, ci ricorda nella sua forza, nel suo coraggio e nella sua debolezza morale Wallenstein.

(78) Teichmann, op. cit., p. 305. «Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1179.

(79) «Blatter f. 1. U. ». 1176. «So hat mich Tiecks Oktavianus unendlich erfreut. Es ist eine Kiihnheit der Phantasie darin, dass ich es in der Hinsicht, wenn gleich nicht als Ganzes, der Genovefa

// dramma dell'utopia settaria 195

è presente mentre scrive : compariva nella Genovefa San Bonifacio, figura mistica e simbolica, compare nel dramma suo proprio lo spirito di Santo Adalberto : tutti e due chiudono i due drammi. E se il dramma era aperto dal Tieck con un prologo di Bonifacio: « Ich bin die heilige Kunst », il Werner fa pur incominciare ugualmente il suo dramma con un prologo pronunciato dalla « heilige Kunst » in persona : Scinto Adalberto e San Bonifacio tornano alla caverna dove è la loro tomba quando l'opera loro è compiuta: « Ich zeuch zum Vater hin ».

Il problema del dramma verso cui il Werner tende ci si ripresenta dunque anche questa volta quale ci si offerse nella seconda parte dei Sóhne des Tales. Ma vi è ori- gineuiamente, nella posizione stessa del problema, una differenza. Nei Sóhne des Tales il Werner aveva pro- ceduto quasi inconsciamente, senza avvertire il grande contrasto che esisteva fra le due tendenze, e aveva con- cluso con una sovrapposizione dell'una all'altra; ora, in- vece, egli, acquistata conoscenza del problema, ne tenta e raggiunge fino a un certo segno la soluzione, come la già descritta struttura organica della concezione gli permetteva.

Egli stesso fissa chÌ2u*amente la sua posizione di fronte allo Schiller. La Jungfrau von Orleans cade nell'urto della materia religiosa e mistica con la trattazione dram- matico-psicologica a cui lo Schiller inclina, e gli ingredienti che il poeta, costrettovi dall'argomento, vi inserì, vi diven- tano accessori, cosicché i romantici sprezzarono quel ten-

noch vorziehe, und nlcht begreifen kann, wie sich in diesem grossen kunstlerischen Kopfe diese Welt bildete. Auch « Pellegrins drama- tische Schauspiele » sind schon » .

196 Zacharias Werner

tativo di comporre nella loro maniera. Il Werner nota il contrasto, e, osservando che quella tragedia e scritta, ma non sentita ne pensata cattolicamente, dopo di aver stabilita la analogia con la sua opera, ne stabilisce anche la differenza. La sua tragedia dice vuole e deve riuscire una tra- gedia cattolica, romantica : la forma deve esservi deter- minata dallo spirito dell'opera e lo spirito deve corri- spondere alla forma scelta e sprigionarsi da essa. Il suo dramma e egli scrive « ganz in romantischem Geist gehalten, etw^a dem Charakter, in dem die Jungfrau von Orleans gedacht, jedoch nur sehr entfernt, analog »: la tragedia schilleriana è « bloss in eine katholische Form gegossen », la sua è « romantisch gedacht, nich bloss geschrieben » : essa è un tentativo « der deutschen Buhne ein àcht katholisch gedachte Stiick zu schenken » (80). Egli sa benissimo che molti s'adombreranno di fronte alla forma da lui scelta e scrive allo Scheffner: « Ich fùrchte dass viele vielleicht Sie selbst in ihren gespannten Erwartungen... getàuscht sein werden... Es ist nicht nur mòglich, sondern selbst wrahrscheinlich dass es das zum Teil unverdiente Glùck der Talssòhne nicht macht », ma non perciò si sgomenta. E allo Iffland, che gli pone innanzi l'esempio dello Schiller, risponde apertamente : « dass wir, hei allem Grossen was wir ihm verdanken, dock nicht stehen bleiben konnen, sondern weiter mùssen » (81). Allo stesso modo egli segna nettamente ciò che lo separa dai romantici. Egli difende il rispetto alle esigenze della scena. « Ihre Bemerkung scrive ich wiirde

(80) Teichmann, lett. cit. allo Iffland. e «Blàtter f. 1. U. », loc. cit.

(81) «Blatter f. 1. U. ». 1834. cit., p. 1183.

// dramma dell'utopia settaria 197

mich nie entschliessen kònnen fiir die gewòhniiche Biihne, die durch Kotzebue (so sehr ich ihn in vielem Betracht schàtze) doch so ausgeartet ist, wie etwa die

Abendmahlfeier durch Calvin, ist sehr richtig Aber

die Biihne ist noch der einzige Ort, von welchen herab der Priester der Gottheit zum Volke sprechen kann : viva vox, Anschauung ! » (82). Il non aver voluto in- tender questo fu un torto dei romantici. « Ich will mich von der neuen Kunstschule dadurch unterscheiden, dass ich ehre was zu ehren ist von Menschen und Dingen, und dass ich ehrlich genug sein will, mich selbst preiszu- geben, wo es den Zweck des Ganzen gilt, nicht aber, wie jene, mich als den Centralpunkt des Universums betrachten wàll. Mein neues Schauspiel soli ein Versuch sein aufs Volk zu wirken... Ich besitze Schmiegsamkeit und Màssigung, und kònnte also, ohne etwas Sonderliches zu sein, doch zum Mittler zwischen der àtherischen Kunst und der hòlzernen Biihne (ein Band, das sie bei ihrer Hcu-tknàckigkeit ewig nie kniipfen) dienen, zur Befòr- derung welches grossen Zweckes, ich meine beschrànkte Individualitat mit Freuden aufopfern wàll » (83).

Così, se nei Sòhne des Tales il Werner era stato dominato completamente dalla materia, ora invece riesce a dominarla. Potete osservarlo anche nella stessa tecnica.

Il Werner usa di nuovo e largamente quelle « Stim- mungsscenen » care ai romantici, che vi effondevano la loro anima lirica ; ma se ne serve ora come di una in-

(82) Ibld.. p. 1178.

(83) Ibid.. p. 1174.

198 Zacharias Werner

troduzione e preparazione alFazione che poco dopo ir- romperà. E come se vi venisse rappresentato il graduale formarsi della tempesta prima che essa scoppi (84).

(84) Questo procedimento determina la maniera con cui il Werner svolge sia le singole scene, sia gli atti, sia il dramma intero.

Per lo più le scene incominciano nello Schiller ex ahrupto : il dia- logo entrava subito nel nodo della quistione, senza accordi introdut- tivi, procedendo subito verso l'intensità drammatica. Il Werner invece apre la scena con uno « Stimmungsbild » che ha lo scopo di traspor- tare il lettore nell'ambiente e nello stato d'animo delle persone in mezzo a cui l'azione si svolgerà ; fa annunciar l'arrivo dei personaggi principali, li fa giudicare dai personaggi secondari, così che il lettore ne ha subito una prima conoscenza ; in mezzo alle parlate che rivelano Io spirito del popolo, le usanze e la momentanea eccitazione degli animi fa balenare l'avvenimento che poi dovrà aver luogo ; genera un graduale procedere di intensità finché i personaggi principali arrivano e la scena vera e propria si svolge. Ed è in questo particolare, che dal punto di vista tecnico ci balza innanzi quell'influsso del Calderon, che fu già ricordato, e che, dopo la pubblicazione dello Spanisches Theater dello Schlegel, si era affacciato, ma fugacemente, nei Tals- sòhne. Anche le scene più drammatiche sono dal Werner in questo dramma trattate così. Tale è, ad es., nel primo atto la scena in cui Samo racconta la prigionia del fratello e Samo e Silko stanno di fronte, rappresentanti l'uno della tirannia, l'altro del popolo ; tali Del secondo atto le scene dell'arrivo dei cavalieri, del matrimonio di Wannio e Malgona ; dell'incontro di Wannio e di Samo : tale nel terzo atto quella dell'incontro ultimo di Malgona e di Warmio. Il popolo discorre di Silko e di Samo prima che essi arrivino in scena, discorre di Warmio, discorre dello « Spielmann » sant'Adalberto, di Agapia.

E meglio ancora si rivela il procedimento nella costruzione degli atti. 11 primo atto incomincia con una scena fra personaggi secondari : lo spirito del popolo e la sua commozione si rivelano nei discorsi del Waidelotte, di Silko, Olio e Glappo, nei discorsi delle donne e della folla : poi interviene la narrazione dell'avvenimento : poi la scena di amore fra Samo e la moglie Pregolla : poi la scena principale e la decisione della guerra e la separazione di Samo da Pregolla. Così nell'atto seguente : discorsi dei Cavalieri giunti in Polonia, conver- genti sui loro capi e sullo Spielmann che li guida ; discorsi dei magnati

// dramma dell'utopia settaria 199

Questa tecnica permette al Werner di ottenere pa- recchi di quei risultati che egli si era proposto.

Prima di tutto essa rende possibile quello sviluppo del colorito nazionale e storico su di cui come vedemmo il Werner insisteva. Il primo atto vi presenta il popolo dei Prussiani : vi è esposta la loro visione tra misteriosa e paurosa dei segreti della natura, vi son celebrati i loro riti, vi è esposta l'ultima storia, da cui l'attuale loro con- dizione fu provocata, vi son mostrate le loro costumanze, vi si agitano anime piene di passioni forti e cieche, di istinti fieri e violenti : uomini e donne, guerrieri e sacerdoti compaiono, le diverse caste. E si sprigiona dall'insieme l'impressione viva della forza bruta di una gente che è ancor vicina alla natura primitiva e pur è già corrotta : di una gente in cui istinti buoni e cattivi si combattono, assumendo però tutti un ugual tono forzato.

Il secondo atto invece mostra lo spirito fedele, pronto all'azione e all'eroismo dei cavalieri, la loro pietà viva, il loro spirito d'obbedienza e di devozione: e di fronte

polacchi a corte di Agapia ; arrivo dei cavalieri a corte, accoglimento di essi, matrimonio di Malgona e di Warmio, scoppiar della guerra, incontro di Warmio e Malgona. E così anche nell'atto ultimo. Mal- gona è condotta dallo Spielmann all'isola in mezzo alla Vistola: sa- luto alla madre, episodio di Theotka, discorsi di Warmio e di Wil- helm, incontro di Warmio e Malgona, arrivo di Samo e dei Prussiani, lotta dei due fratelli. Vi è sempre, per così dire, una scena descrittiva, generica, svolta ampiamente, che va a terminare in una azione finale. Ed anche per ciò che riguarda la costruzione generale del dramma, la cosa è evidente. Il primo atto è la presentazione del popolo dei Prussiani : il secondo la presentazione dei cavalieri e del popolo po- lacco : risultato dei due atti è che i due mondi vengono a contatto e si imposta fra di essi la lotta. La vera azione del dramma vien con- densata nell'atto terzo e vi si scatena provocando la catastrofe.

200 Zacharias Wemet

ad essi il popolo polacco : effeminato, debole, senza foi-za. Agaphia sola è forte fra di loro : la occupazione princi- pale dei Magnati non è Fattività militare ne l'attività ci- vile, ma « un'attività da salotto » : l'ideale dell'uomo è, per essi, colui che sa ben fare un complimento alla sua dama, sa esser disinvolto ed elegante in società, ama i buoni cibi e anche più le buone bevande, e sa tener al- legra la compagnia. La patria può andar in rovina : che importa ? purché la allegra vita non venga turbata. Ep- pure hanno ambizione: non san più tener la lancia in mano e vorrebbero aver la direzione della battaglia : non sanno che cosa siano diritto e giustizia e amministrazione e vorrebbero avere il ducato intero nelle loro mani. Non hanno orgoglio, perchè l'orgoglio è dei forti, ma hanno invidia e gelosia. E, se il forte compare, tacciono. Risor- gono qui le figure dei traditori Cyprian e Noffo nelle persone del Cappellano e di Stefani, che si vendono al nemico per ambizione e rendono possibile a Samo l'en- trata nel Castello reale.

In secondo luogo poi il dramma può con una tale tecnica ricevere quella forte tinta religioso-mistica che al Werner stava sopratutto a cuore. La religione si esplica nelle sue diverse forme, con le sue cerimonie e con i sentimenti diversi in cui si mesce passando da persona a persona, da classe a classe.

11 primo atto dipinge le forme che la religiosità assunse presso i Prussiani : esso incomincia con un sacrificio a Bangputtis, e un sentimento misto di adorazione, di invo- cazione e di sgomento anima i canti corali indirizzati alla grande divinità del mare : un simbolismo misterioso si intravvede nelle cerimonie e nelle preghiere del Waide- lotte. La personalità di Silko si imposta specialmente

// dramma dell'utopia settaria 201

nell'urto suo con questa religione e nella sua protesta : « Son tutte invenzioni del Waidewuth per sottometterci ed ingannarci ».

*S ist alles ein fabelhaft nàrrischer Wahn.

Queste pau-ole che Glappo pronuncia esprimono la sua piena assoluta convinzione. Il pranzo è accompagnato da un canto religioso a Picollos, il dio della guerra e della morte. Arriva durante il pranzo un messo del Waidewuth che racconta un sogno prodigioso e pauroso, in cui Per- cunos, il dio dell'aria e del tuono, minaccia sterminio se vien mossa guerra ai Polacchi, a cui è giunto l'aiuto dei cavalieri, di cui il Waidewuth ha avuto notizia. E la decisione della guerra che tutti desiderano è. presa sol- tanto dopo un sacrificio cruento fatto dal Waidelotte. E il sacrificio sembra avere un resultato favorevole:

Das Blut! Es spritzet zum Himmel die rosige Flut ! Es treffe die Feinde dar Fluch !

Ai vaneggiamenti dell'idolatria pagana il Werner op- pone nell'atto seguente l'elevazione mistica dei cavalieri tedeschi, nelle cui anime « la scintilla ha divampato in grande fiamma che arde inestinguibile ». Vivono essi della loro fede e per la loro fede, fatti puri dal loro sogno, resi superiori a tutte le miserie e a tutte le passioni mon- dane, aperti solo allo spirito di Dio. Suonano gli ultimi rintocchi della sera. Quegli uomini, avvezzi al fragore della battaglia, s'inginocchiano e pregano: « Ave Mairia ». Sanno l'abnegazione più completa, sanno la rinunzia ai piaceri terreni : e possono accedere per ciò stesso alla

202 Zacharias Werner

gioia più alta, alla mistica estasi. Il secondo atto è così tutto riempito di sentimenti religiosi : specialmente Agaphia e Malgona si rinchiudono sempre più in questo cerchio chiuso, da cui tutto ciò che non sia mistica aspirazione resta escluso.

Un'onda di lirismo invade il dramma mentre la cata- strofe va maturando. Ed essa alimenta l'interesse dram- matico, mentre promuove lo svolgersi dell'azione : essa delinea il contrasto di due nazionalità e di due maniere di vita, estrae dal contrasto come inevitabile conseguenza il conflitto e, attraverso l'amore di Warmio e di Malgona, trasforma il conflitto sordo in guerra aperta e di quella guerra esplica le vicende.

Giungete così, alla fine del secondo atto, alla crisi ultima, che deve provocare la catastrofe.

*

* *

Senonchè, in questo momento essenziale, il Werner non riuscì più a dominare la vita convulsa, che prima aveva fatto sviluppare e aveva delineato. Certo vi con- tribuì la fretta con cui compose questa ultima parte, senza averla prima maturata completamente dentro di : il desiderio di affrettar la sua andata a Berlino, la voce giunta a lui che il Kotzebue stesse trattando un medesimo argomento, lo indussero a stendere senz'altro, per poter inviare subito il manoscritto allo Iffland.

Più vi contribuirono altre ragioni e queste più intime : anzi tutto quella che nel ritrarre le sue mistiche idee il Werner si è a poco a poco esaltato. La esaltazione anzi si è impadronita di lui e lo ha tenuto schiavo, favorita anche dalla più violenta crisi religiosa che ricordammo

// dramma dell'utopia settaria 203

aver egli attraversato, quando gli morì la madre lascian- dolo in acerbo travaglio di dolore e di rimorso. Lo ve- dete ritornare, dopo lunghissimo tempo, nuovamente alla Chiesa e lo vedete comunicarsi con intensa estasi. In queste condizioni, la sua fantasia sovreccitata ritorna facil- mente alle leggende di santi e si inebria nel pensiero di quella vita (85).

La figura di Sant'Adalberto, il vescovo che fu ucciso dai Prussiani per aver voluto divulgare presso di loro la sua fede di amore, e or giaceva sepolto in riva al mare, assunse nella sua immaginazione un'importanza maggiore che non avesse avuto prima. L'aveva lasciata dominare per tutto il secondo atto ; aveva fatto che il suo spirito ricomparisse sotto la figura di uno « Spielmann » per ac- compagnare e guidare a Ploszk i cavalieri sbarcati nella deserta landa e ignari dei luoghi ; alla corte di Agaphia aveva fatto che egli approvasse l'amore dei due fidanzati, predicasse amore, religione e morte: ma l'aveva tenuto sempre nei limiti di un personaggio, che come il San Bonifacio del Tieck una specie di sacra con- ferma a quanto gli uomini compiono.

Infatti, fino alla fine del secondo atto, Sant'Adalberto imprime con le sue parole al dramma una speciale fiso- nomia senza turbarne lo svolgimento e alterarne le linee: una special tinta di leggenda. Quando Sant'Adalberto pro- nuncia il nome di Dio, una fiammella s'accende e si spegne sul suo capo: quando gli altri pregano inginocchiati, egli resta in piedi e gli occhi suoi acquistano improvvisi bagliori di luce ultramondana. Compare e dispare miste-

(85) «Blatter f. 1. U. ». 1834, p. 1181.

204 Zacharias Werner

riosamente : i suoi piedi non toccano terra. Non mangia, non beve, « non si nutre che di Dio ». Ha soltanto ap- parenze di umanità : nelle sue vene non scorre sangue e le sue mani sono gelide. Ed esercita indistintamente una suggestione quasi magnetica su quanti lo scorgono. L'uomo buono si sente irresistibilmente attratto verso di lui come verso un focolare di bontà infinita. « Vedi tu quel- l'uomo ? » chiede Warmio a Malgona. « Non vedo che lui »,gli risponde questa. 11 malvagio ne è sgomento e atter- rito: i volgari e vigliacchi cortigiani alla corte di Agaphia ne sono sconvolti senza che osino ribellarsi. Emana da lui una potenza occulta, cui tutti soggiacciono.

E poiché il Werner riesce a ritrarre questo stato d'animo morboso ed eccezionale di uomini di questa terra di fronte a uno spirito, voi lo accettate. Siete stupiti, ma la realtà poetica non è franta.

Ma il Werner, ora, nel nuovo suo stato d'animo, ab- bandonò la via finora seguita e mise nelle sue mani tutti i fili dell'azione, perchè egli li imbrogliasse prima e poi li sciogliesse. Io credo che due altre ragioni, oltre quelle già accennate, abbiano influito sopra di lui. La prima è, che egli era pur sempre ancora sotto il fascino della let- teratura massonica, dominata dalla figura del superiore « Ober » , il quale combina misteriosamente tutti gli avvenimenti, come un « occulto primo motore immobile », che alla fine dell'opera compare a dar spiegazione di tutti i misteri : com'era un « Ober » l'Arcivescovo nei Sòhne des Tales, e ancora un « Ober » Sant'Adalberto : la sola differenza è che mentre quegli era un uomo, questi è uno spirito. La seconda ragione è poi l'esempio del Calderon, che nel Principe Costante fa che la figura del principe risorga dalla sua tomba per guidare i suoi

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uomini alla vittoria contro gli infedeli, esempio, cui forse si aggiunsero quello del Goethe, che accompagnò a Faust Mefistofele, e di Shakespeare, che neWEnrico IV mi- rabilmente si valse di un espediente analogo (86).

(86) Gli indizi che rendono verosimile la influenza del Principe Costante sono numerosi. Prima di tutto vi è la conoscenza del Cal- deron, che al Werner avevano già fornito le traduzioni dello Schlegel, e che fu probabilmente assai presto ampliata con la lettura di altre traduzioni. Cfr. la nota 64 e sg. del cap. precedente.

Certo conosceva già fin da ora El magico Prodigioso, a cui rimanda anche un altro grande ammiratore di Calderon, lo HoFFMANN, allora suo amico {Serapionsbriìder cit,, p. 241). All'influenza del Magico Pro- digioso è da ricondursi non solo la concezione del Waidewuth gi- gantesco, che su questa prima parte domina occulto come una potenza tanto più grande in quanto è invisibile, ma forse anche l'idea della morte di Warmio. come già suppose il BrechleR nella Introduzione alla Griìndung Prags del Brentano {Brentanos sammtliche Werì^e, hrsgg. v. A. Sauer und O. BreCHLER, Munchen, 1910 voi. IX, p. Liv). Simboli per le sue fantasie religiose gli poteva fornire il Cal- deron in gran numero : e il simbolo di « Maria col Bambino » nel se- condo atto ha il suo precedente nella Aurora di Copacavana. La lotta .dei Pagani e dei Cristiani, l'assalto dei Cristiani, la resistenza dei Pagani, la conversione di un pagano per amore di una cristiana e l'imperniarsi della storia intomo a questo amore si trovano già nel Purgatorio de Sari Patricio, e Cypriano e Giustina soffrono infine insieme il martirio come Warmio e Malgona (Cfr. H. SCHNEIDER, Fr. Halm und das Spanische Theater cit., p. 19). A tutto ciò si possono aggiungere ancora reminiscenze del Los dos amantes del Cielo, specialmente per quanto riguarda lo spirito di rassegnazione con cui il Warmio e Malgona sopportano le loro varie vicende (V. ora anche il BRANDT, cit., p. 63). Chrysantus converte Daria pagana al Cristianesimo, e malgrado l'amore che prova per lei, domina il suo desiderio sensuale. E l'uno e l'altro cantano in duetto il comune amore di Dio, in cui le loro anime si fondono insieme quasi in mistico am- plesso, quasi in preludio alla unione finale delle loro anime nella morte. La reminiscenza è poi tanto pili verosimile in quanto qui com- pare uno spirito Carpoforo e anche qui si operano miracoli e Chrysantus è liberato dalle catene, come Warmio, miracolosamente. Ricordi vari vi sono anche della Devocion de la Cruz. A Se. XIII,

206 Zacharias Werner

Ma il dramma calderoniano presenta Feroe dapprima in vita e la sua apparizione trae verità dall'amore per la

Jor. II, la croce, che Eusebio vede sul petto di Julia, produce su di lui Io sesso effetto che produce la vista della « Monstranz » , che Sant'Adal- berto ha donato a Malgona, sull'animo dei due amanti del dramma Wer- neriano. Oltracciò nella Devocion de la Cruz, più ancora che in tutti gli altri drammi del Calderon, trovate a base dell'intera concezione della vita l'idea che la fede sia la suprema delle virtiì e cancelli tutte le colpe e possa solo redimere l'uomo : idea che par volgare e sarebbe tale se non si radicasse in una più vasta che la racchiude in e in certo modo la giustifica ; il senso sconsolatamente vivo della vanità della vita :

Siendo la vida breve Una caduca sombra.

Senza dubbio si tratta di influenze non costitutive ma secondarie (e anche perciò non ne facemmo cenno nel testo), ma se voi vi aggiungete quella influenza generale sulla struttura del dramma e sull'uso scenico degli innesti liei a scopo drammatico, che abbiamo ricordato già an- teriormente, apparirà chiaro che il Werner avesse già fin da questo tempo una conoscenza assai vasta del poeta spagnuolo.

E, dato tutto ciò, nulla di più facile che egli abbia conosciuto pure El Principe Constante, che fu meritamente una delle tragedie cal- deroniane più fortunate e che egli, qualche anno più tardi, ricorderà con un entusiasmo che gli strappava le lacrime, e con parole che lascian credere trattarsi di un'opera già da tempo nota.

Già Molay, quando nell'ultimo atto dei KreuzesbrUder rifiuta di fuggire e preferisce la morte e prova della morte nostalgia e desiderio, vi fa pensare a Don Fernando che rifiuta in analoga condizione di animo i progetti di fuga da Fez che Muley gli propone. Il medesimo pensiero è divenuto nel Kreutz an der Ostsee centro della « Lehre » che Sant'Adalberto impartisce e Don Fernando ha verso la morte la nostalgia di cui Sant'Adalberto parla. Non solo la morte è centro della vita :

Pisando la terra dura.

De continuo el hombre està,

Y cada paso che

Es sobre sa sepultura,

ma ne è meta. E Don Fernando la desidera, amando anche la malattia,

// dramma dell'utopia settaria 207

sua causa che gli si vide esplicare. Il dramma del Werner ha invece la assai diversa impostazione che conosciamo. E Sant'Adalberto divenne un « deus ex machina ».

con cui Dio lo prova : « los cielos me cumplan un desco de morir par la fé... ...y sacrificar a Dios vida y alma juntas». Sente la morte vicina :

Que bien se que he de morir De està enfermedad que turba Mis sentidos, que mis membros Discurre helada y caduca.

Ma la maggior infermità dell'uomo è la sua umana natura medesima : «y tu eres tu mayor enfermedad» (Giornata III, Scena VII e Vili. E cfr. anche la scena XIV dell'atto li in cui Don Fernando porge fiori a Fenix e tutto un lungo discorso si svolge sulla caducità delle cose terrene. Cito della edizione di JUAN EUGENIO HaRTZENBUSCH, Madrid, 1901, nella « Goleccion des autores espafioles desde la formation del lenguaje basta nuestros dias »).

Anche qui del resto avete la lotta dell'esercito cristiano contro il pa- gano e nei cristiani la fede inconcussa che hanno i Cavalieri dell'or- dine tedesco malgrado le disperate loro condizioni.

Don Enrique. Mira que la noche,

Envuelta en sombras, el luciente coche Del sol esconde entre las sombras puras.

Don Alfonso. Pelearemos a oscuras ;

Que a la que me anima

Ni el tiempo, ni el poter la disanima.

Don Fernando poi è gran maestro dell'ordine dei Cavalieri di Avis, anch'egli guida i soldati dopo lo sbarco in Africa ed anche qui avete gli oscuri presagi dell'avvenire e lo sgomento del popolo, che, presen- tendo sciagure, preferirebbe evitar la guerra, come il Werner fa suc- cedere presso i Prussiani : anche qui la storia dell'amore di Muley e Fenix innestata alla vicenda guerresca, anche qui la vittoria finale dei cristiani dopo la loro disfatta.

E, venendo finalmente alla grande scena, in cui Sant'Adalberto com- pare agli spalti e mette in fuga i nemici già vincitori, non solo vi è

208 Zacharias Werner

Già quando Samo irruppe nel castello e si trovò di fronte a Warmio e a Malgona e sta per ucciderli, già allora nell'ultima scena del second'atto, egli interviene impedendo il delitto con la sua presenza. Samo, cui egli la notte innanzi comparve in sogno, si sente agghiadare a quella vista. E fugge. D'ora in poi procederà tutto da lui. E egli che, appesale al collo una « Monstranz », im- pone a Malgona di lasciar la madre, i congiunti, tutti, per ricongiungersi a Warmio sull'isola nella Vistola ; e egli che in maniera misteriosa sottrae Warmio alla pri- gione dov'era stato rinchiuso, per condurlo a Malgona ; è egli che, mentre infuria la battaglia, passa sui bastioni se- guito da Malgona e emana una luce così sfolgorante dalla sua figura gigantesca, che i Prussiani, mentre già orano vincitori, sono improvvisamente presi da un tremore e da uno spavento, che li fa immobili o li volge alla fuga. Tutti quanti i personaggi diventano passivi, inutili all'azione, zimbello della sua potenza : nessuno ha più la sua per- sonalità, nessuno ha più il suo carattere, la sua volontà. E bensì innegabile che la prima scena dell'atto, quando

la analogia con lo spirito di Don Fernando che risorge dalla tomba, ma anche la impostazione è analoga. Si veda lO, ad esempio, le didascalie : « Aparece el infante Don Fernando, coi) manto capitolar, y una hacha encendida... Tocan cajas destempladas ; sale Don Fernando delante, con una hacha encendida, y det;^» Don Alfonso, Don Enrique, y sol- dados» e si vedano anche le ps'ole di Don Fernando:

Con està luciente Antorcha desadida del Oriente, Tu esercito arrogante Alumbrado he de ir sempre delante.

La figurazione delle due scene è la medesima (Tornada III, Escena XI e seg.).

// dramma dell'utopia settaria 209

tutti nel castello sono smarriti e disperati sotto il premere della minaccia che si fa sempre più grave e sempre più sembra inevitabile, quando la battaglia infuria e i Prussiani incalzano, incalzano senza posa e improvvisamente quel fantasma passa abbattendo d'un tratto tutto quell'impeto di forze umane col puro e semplice suo passaggio è bensì innegabile che quella scena ha una grandiosa bellezza fantastica ; ed è certo anche che il Werner e riuscito a renderla drammaticamente. Ma tutto questo nuoce al dramma interno dei personaggi, anzi lo sopprime, tras- formando tutto il finale dell'opera in una coreografia com- pleteunente esteriore.

E più procedete, più il difetto si fa grave. Dovreste scorger per lo meno nell'anima del Santo, ma egli, strap- pato al suo mistero, diventa incomprensibile. Perchè im- provvisamente, giunto alla riva del fiume, di fronte all'isola, abbandona Malgona alla sua sorte? La barcaiola Teotka riesce bensì, uccidendo con astuzia il sopraggiunto Ste- phani, a trasportar Malgona all'isola dove Weu-mio attende ; ma Samo e Silko che sopraggiungono possono inseguirli. Perchè ora lo « Spielmann » non difende più e non impedisce più l'urto fra i due fratelli ? Succede la scena della tentazione carnale vinta, la scena d'amore fra gli sposi che si sono ritrovati e che pur rinunciano al godimento sensuale, mentre lo « Spielmann » nella lonta- nanza assiste tremando di paura che essi non cedano e non si rendano indegni della loro sorte. Sopraggiunge Samo e sta per uccidere Malgona : ma Warmio ammazza il fratello. Warmio e Malgona sono fatti prigionieri dai Prussiani, mentre lo « Spielmann » canta osanna e alle- luja a Dio.

E la prima parte del dramma è finita.

G. GabetTI, // dramma di Z. Werner. H

210 Zacharias Werner

Vi è anche in questa ultima parte una irruzione di lirica religiosa ed erotica a cui mal si sa resistere; le strofe romanze vi si alternano con il giambo tragico rimasto alle sole scene in cui la violenza drammatica è maggiore, si alternano e cantano con varietà e ricchezza di suoni e di immagini. E vi è anche talora in questa ultima parte un senso diretto e caldo di vita che riesce talora a im- pregnar di se lo stesso suono delle parole e sempre im- pedisce il dilageu- di una retorica vuota ; vi sono anche in questa parte frammenti di grande forza e potenza, scene in cui come quella dello sgomento dei Polacchi o quella della tentazione vinta delle anime umane vivono e si agitano e soffrono e godono nelle convulsioni di una vita che per esser convulsa non è men vera ; ma Torga- nismo del dramma si è franto. Lo « Spielmann » nell'ul- timo atteggiamento che egli ha assunto è la vera rovina dell'opera. E come se a un tratto il mondo che il Werner aveva creato vada in frantumi per l'improvviso scoppiar di una mina, e voi vi troviate piombati con tutte le crea- ture, con cui il poeta vi aveva posto a contatto, in un mondo nuovo, ancora primitivo, in un mondo in cui « lo spirito di Dio ancora aleggia sopra le acque », e delle grandi rivoluzioni si compiono, e tutta la vita assume forme convulse, e tutti gli esseri assumono proporzioni grandiose, figure gigantesche.

11 Werner fu trascinato in questo nuovo mondo eviden- temente anche perchè, per la sua immensità, esso gli dava le vertigini. Ma esso gli sfuggì. Cercate le cause delle azioni dello « Spielmann » : le troverete sempre non nel suo ca- rattere, ma nelle idee che il Werner voleva sostenere e applicare. Egli induce Malgona ad abbandonar la madre, perchè precisamente l'amore è la legge suprema a cui

// dramma dell'utopia settaria 211

tutto si deve sacrificare ; egli abbandona Malgona sulla

riva del fiume, perchè in tal modo si provocherà la sua

morte e la morte è l'ideale ; egli assiste senza intervenire

alla scena della tentazione, perchè in tali cose gli uomini

debbono sbrigarsela da ; egli non interviene neppure

a difendere Warmio e Malgona nuovamente, perchè la

morte sarà il premio della loro vittoria. Ma tutto ciò è

predica esemplificata e non è più poesia.

* * *

Quando il Werner si immerse nella elaborazione della seconda parte, era completamente in preda di questo vortice di fantasticherie mistiche. La lotta fra il santo e il demoniaco era uscita fuor delle anime dei semplici uomini, presso di cui dapprima era stata limitata, e si impostava superbamente fra due esseri dotati di forze superiori. Alla figura dello « Spielmann » veniva ora ad opporsi quella del Waidewuth. Questa, che prima era rimasta sempre solo nello sfondo, balzava ora in prima linea sfoggiando tutte le forze che uno spirito satanico può esplicare quaggiù. E la lotta gigantesca doveva terminare con la sua sconfitta.

Dai frammenti che il Werner aveva composti e letti agli amici l'Hoffmann ricevette una profonda impres- sione : « Es mòchte mir unmòglich seyn Euch ein deut- liches Bild von diesem furchtbar gigantischen grauen- haften Wesen zu geben, das der Dichter, des gewal- tigen Zaubers màchtig, aus der schauervollen Tiefe des unterirdischen Reiches heraufbeschworen zu haben schien » (87).

(87) Serapionsbruder, IV, p. 242. E v. anche la ipotesi dello HagEN, Ceschichte des Theaters in Preussen che io vedo ora soltanto ripor- tata dal Brandt, p. 69, la quale però porta un pensiero nuovo

212 Zacharias Werner

Per render più tragica la sconfitta del Waidewuth il Werner ricorse a una concezione, che riprenderà anche più tardi, e che mostra, per la sua forza, come la genialità degli spunti non gH venisse mai meno, se spesso gli mancò la forza delFesecuzione. Il Waidewuth, per comandare, ha dato al popolo una religione e idoli da adorare : egli mede- simo ha scolpito nel legno tre idoli e li ha imposti al culto dei sudditi : ma, se egli sa che son idoli e se ne ride e crede se stesso il vero dio del suo popolo, il popolo in- vece si forma di quel culto una fede. Il popolo crede, e quegli idoli che il Waidew^uth ha creato, diventano più forti che egli medesimo. Egli non riesce più a domi- nare la sua creazione : il bisogno di credere, la religione si sono svegliati nelle coscienze, e il Waidew^uth non le può più domare. Quel bisogno di credere e quella aspi- razione religiosa saranno il motivo per cui il Cristianesimo riuscirà vincitore e si estenderà fra i Prussiani. Lo Hoff- mann, che udì i frammenti perduti, così si esprime a questo proposito: « Geschichtlicher Tradition gemàss, fing die erste Cultur der alten Ròmer von ihrem Kònig Wai- dewuthis an. Er fiihrte die Rechte des Eigentums ein; die Felder wurden umgrànzt, Ackerbau getrieben, und auch einen religiòsen Cultus gab er dem Volk, in dem er selbst drei Gòtzenbilder schnitzte, denen, unter einer

nella 2^ parte, che dai cenni che il Werner fece non risulta. Lo Hagen vorrebbe convertire questa 2^ parte in una annunciazione di una novella vita . « Als Mann und Frau, als Mann und Mannin miissen eins werden das schaffende und das erhaltende Prinzip ; jenes ist das Glànzende, dieses das dauernde » ; ma si tratta qui di una nuova creazione che lo Hagen verrebbe a sovrapporre alla werneriana, che pro- ietta la novella vita in un futuro vago, che non doveva affatto venire descritto.

// dramma dell'utopia settaria 213

uralten Eiche an die sie befestigt, Opfer dargebracht wurden. Aber eine grause Macht erfasst den, der sich selbst allgewaltig, sich selbst Gott des Volkes glaubt, das er beherrscht. Und jene einfaltige starre Gòtzen- bilder, die er mit eigner Hand schnitzte, damit des Volkes Kraft und Wille sich beuge der sinnlichen Gestaltung hòherer Màchte, erwachen plòtzlich zum Leben. Und was diese todten Gebilde zum Leben entflammt, es ist das Feuer, das der Faustische Promelheus aus der Hòlle selbst stahl. Abtriinnige Leibeigne ihres Herm, ihres Schòpfers, strecken die Gòtzen nun die bedrohlichen Waffen, womit er sie ausgerustet, ihm selbst entgegen, und so beginnt der ungeheure Kampf des Uebermenschli- chen im menschlichen Prinzip » (88).

Così il Waidewuth doveva soggiacere perchè non si trovava più solo a combattere con Sant'Adalberto, con i Polacchi e con i Cavalieri dell'ordine tedesco, ma con il suo popolo stesso. La fede popolare diventa un incendio che sempre più divampa e più non può essere sedato: provocato da lui, essa finisce col distruggere la sua po- tenza.

E il Waidewuth combatte la lotta superbamente con tutte le arti di cui egli dispone : lo Hofhnann osserva : « Der Dichter hat mit staunenswerter Kraft und Origina- litàt den Dàmon so gross und gew^altig, gigantisch erfasst, dass er des Kcunpfes volkommen wiirdig erschien, und der Sieg, die Glorie des Christenthums um desto herrlicher glànzender strahlen musste ». Paive all'Hoffmann che il dantesco « imperator del doloroso regno » medesimo ri-

(88) Ibid., p. 237.

214 Zacharias Werner

sorgesse in quella figura, che nel Magico prodigioso di Calderon lo Hoffmann trovava già una volta mirabilmente rinnovata (89).

Tutti gli altri elementi del dramma si ingrandivano nella luce trasfigurante che emanava dalle due figure prin- cipali. Le stesse figure dei cavalieri finivano col mettersi a contatto diretto con la divinità e con Tassumere un linguaggio solenne, come se lo spirito dell'intera loro na- zione parlasse in essi. « Auf der Dauer scrive il Werner kann der Deutsche den Kern alles Wesens, den er vorzuglich zu entfalten berufen ist, die Liebe, nie verkennen. Das ist es, was unter den Vòlkern der Erde dem Deutschen seinen Standpunkt bezeichnet und seine Meisterschaft verbiirgt. In diesem Sinne lasse ich dem ersten Hoch- und Teutschmeister, dem grossen Herrmann von Salza nachei-zàhlen folgenden Spruch » :

Teutschmeister rief er aus der Name

Soli nicht untergehen, denn Gott hat ihn gestempelt (90).

Gli altri personaggi nuovi introdotti assumono propor- zioni analoghe.

Il Waidevs^uth sa che nessuno dei suoi figli erediterà il suo trono, e perchè la potenza che egli ha creata non si disperda, alleva un ragazzo, che compar dodicenne nel dramma ed è destinato a succedergU. L'uno e l'altro stanno sdraiati, nella notte, presso il fuoco e il Waidewuth

(89) V. per l'influenza del Calderon, che qui è anche più evidente per il Magico prodigioso (cfr. pure BreCHLER, loc. cit.), la nota pre- cedente.

(90) Ausg. Schr.. Introd. Mutter d. M. cit.

// dramma dell'utopia settaria 215

si sforza di infiamm2u*e l'anima del fanciullo per l'idea della divina potenza che possiede un reggitor di popoli. Il fanciullo, che tiene in braccio un giovane lupo addo- mesticato, di cui egli si fece il proprio compagno di giochi, ascolta con attenzione le parole del vecchio re ; e quando questi, alla fine del suo discorso, gli chiede se egli, per amore di una tal potenza, non sacrificherebbe il suo lupo, il fanciullo lo guarda fìsso e fermo negli occhi, 2ifFerra il lupo e lo getta senz'altro nelle fiamme (91).

Si venne così a poco a poco formando la concezione di un dramma che per potersi svolgere doveva rasentar continuamente i limiti estremi della umanità, senza oltre- passarli. Impresa diffìcile per il Werner, che già non aveva saputo fermare la figura dello « Spielmann », e, pur rap- presentando gli uomini, tendeva per le sue esaltazioni fantastiche a smarrirsi nel sovrumano: come rappresentar l'umano in ciò che ne trascende già per propria natura i limiti ? Lo Hoffmann infatti, di fronte alla natura sa- tanica che nel Waidew^uth compariva, non riusciva ad intendere come egli « wiederum mit dem Menschlichen so verkniipft vs^erden konnte, um w^ahrhaftes dramatisches Leben verspuren zu lassen, ohne das keine Aufregung des Zuschauers denkbar ist ». E come ricondurre alla terra in un avvenimento drammatico la catastrofe finale con il trionfo del Cristianesimo, dopo che l'azione era andata sempre più smarrendosi nel soprannaturale ? « Die Ka- tastrophe seines (del Waidewuth) Untergangs , jenen Sieg des Christentums, mithin den wahrhaftigen Schluss- akkord, nach dem alles hinstrebt im ganzen Werke, das

(91) Serapionsbriider, loc. cit.

216 Zacharias Werner

mir, wenigstens nach der Anlage des zweiten Theils, einer anderen Welt anzugehòren schien, habe ich mir in der dramatischen Gestaltung niemals recht denken kònnen ».

L'unità di concezione delle due parti rendeva neces- sario un ritorno nel mondo terreno, inquantochè anche questa seconda parte della lotta, sebbene così grandio- samente impostata, doveva svolgersi intorno all'amore di Warmio e di Malgona. E Warmio e Malgona dovevano esser condotti al banchetto nuziale, cioè a morte, e quella morte doveva riverberarsi nello svolgimento generale della tragedia di quel tramonto del paganesimo. « Der zweite Teil scriveva il Werner soli die Weihnacht (Opfernacht) heissen, weil er, vv^ie das Ganze iiberhaupt, mit dem Opfer beider Liebenden und der heidnischen Getter, schliesst, an deren Stelle das gew^eihte Kreutz errichtet wird » (92). Ma come doveva e poteva questo succedere ?

L'opera, trascendente così di continuo in una fantasia grandiosa ma imprecisa, non riuscì a giungere a maturità. Se già era sfuggito al Werner il dominio della materia nell'ultimo atto della Brautnacht^ ora esso gli sfuggì così, che non riuscì più a districarne in niun modo le fila. Quanto più egli si accostava al dramma, tanto più questo per la naturai tendenza della sua immaginazione tendeva ad ingrandirsi ancora : nuovi elementi, nuove con- cezioni laterali, nuove idee vi venivano introdotte. E la concezione restò un caos informe, perchè, quanto più vasto è il piano, tanto maggiore è il dominio che il poeta deve avere sulla sua opera.

(92) «Blatter f. I. U. ». 1834. p. 1180.

// dramma dell'utopia settaria 217

Restando un caos, essa lasciò nell'cinima del Werner Timpressione, che sempre lasciano le opere non condotte a compimento: l'impressione di un'idea grande, di una bellezza meravigliosa non ancora deturpata dalle manche- volezze della esecuzione. Vent'anni dopo ancora egli pro- clamava questa seconda parte incompleta « das Beste w^as er geschrieben » e godeva di ripensarla e di richiamarla.

Quante volte si ripropose di riprendere il frammento lasciato incompleto ! Nel 1 806 scriveva : « Ich werde nun den zweiten Teil durch Gottes Beistand so zu Ende fiihren dass ich mit der tròstenden Ueberzeugung Averde sterben kònnen, ein religiòses Kunstwerk (die Talssòhne waren Farbenversuche auf der Palette, mein Luther ist wie sein Originai ein einer Silhouettennàhnlicher Tin- tenfass) der Welt unterlassen zu haben ».

Nel 1808 combinò dalla prima e dalla seconda parte un dramma in cinque atti : Der Ostermorgen, perchè fosse rappresentato a Weimar; ma non ad esso eviden- temente alludeva il Goethe quando giudicava : « dies Werk wird in unserer Literatur Epoche machen » (93), sibbene ai soli frammenti della parte seconda che il Werner gli lesse. Il Werner stesso ne era insoddisfatto e ne avrebbe permesso solamente al Cotta una pubblicazione postuma, quando egli fosse morto senza soddisfare gli obblighi contratti per gli anticipi che questi gli fece.

(93) Cfr. ibid.. p. 1343. il racconto del Werner allo Scheffner; «Von dem noch nicht fertigen und annoch ungedruckten 2.ten Teil des Kreutz an der Ostsee (der so excentrisch ist, dass die Konigsberger ihn mit Fiissen treten miissten) sagt Goethe : « dies Werk wird in unserer Literatur Epoche machen, und Sie sind es Ihrem Ruhme schuldig, es bald und so, wie Sie es angefangen haben, zu beendigen».

218 Zacharias Werner

« An den Druck dieses Ostermorgens ist nicht zu denken, denn es ist ein bloss in der Eile zusammengebastelter Auszug des Kreutzes an der Ostsee, und ich dieses mein Lieblings und bestes Werk (nehmlich dessen 2^^^ Teil) des baldigsten, zu vollenden gedenke ». I Kreuzfahrer, stampati nel 1820 sotto il nome del Werner, sono una falsifìccizione : nel 1823, quando il Werner morì, il Sander annunciò a Berlino la stampa dell'opera intera, dando come titolo della seconda parte non più « Die Weihnacht », ma « die Kreuzerhòhung ». Il Brandt crede di poterne de- durre che questa fu condotta a compimento, ma tutti co- loro che lo videro ne conobbero solamente frammenti. E che la prima concezione sia rimasta un torso, si può, credo, affermare. Se anche il vecchio Werner tentò di compierla, essa non fu più il sogno che gli era balenato un tempo : forse, anzi, fu soltanto una rielaborazione degli ultimi atti deìVOstermorgen (94).

(94) Su questa elaborazione scomparsa, che il Werner definisce, mandandola al Goethe : « nur 2000 Jamben stark, aus einem Viertel Text und drei Viertel Parenthesen bestehend, Eilfertigkeits halber noch ungepresst, also mehr dick scheinend als dick», v. le notizie che il Brandt, op. cit., p. 42-44.

E V. ibid., p. 28 e segg., la storia delle sue vane ricerche del mns. perduto. A pag. 31 è riprodotto l'annuncio editoriale del Sander. a pag. 39 la lettera di M. Stark all'editore Schlòsser per una edizione delle opere del Werner : « In ersten Bande solite des Kreutz an der Ostsee 2. ter Teil aufgenommen werden», ma non vi si fa cenno che tratti dell'opera intera, mentre ciò sarebbe pur detto, data l'impor- tanza della cosa, trattandosi di un'opera di cui molto si era parlato. Anche il Brandt del resto (pag. 32) dice che il Sander vide soltanto un frammento.

CAPITOLO QUARTO n dramma deirutopia erotico-mìstica.

Con il Kreutz an der Ostsee finisce Tutopia settaria (I), e si inizia nell'attività drammatica del Werner un nuovo periodo.

Il Werner credeva che, se gli fosse stato possibile di vivere a Berlino, avrebbe trovato adepti e avrebbe potuto dar realtà al suo sogno (2). Grazie all' inter- vento dello Iffland, dell'aspirante alla mano di sua moglie Geheimrat Kunth, del Barone von Stein, del Conte von Dohna, del Barone Scheffner e sopra tutto del Barone von Schròtter, ottenne un posto di « expedirender Sekretàr » al Dipartimento della Nuova Prussia Orientale (3); ma, malgrado le accoglienze festose della capitale e malgrado la relazione cogli uomini più noti nel mondo intellettuale, vide presto che egli sarebbe così poco riuscito a fondare

(1) Ben ne conserverà ancora in parte il vocabolario e manterrà talune forme della sua concezione, come i tre gradi di religiosità : « Meisterschaft » « Jiingerschaft » e a Lehrlingschaft », ma la fede nella utopia scompare.

(2) «Blatter f. 1. U.», 1834, p. 1181.

(3) DUNTZER, op. cit., p. 123: VlERLING, op. cit., p. 147.

220 Zacharias Werner

una setta nuova, come aveva dovuto constatare che era inutile cercar di riformar la Massoneria. <( Die Gemeinheit hat sich in den Gemiitern der meisten bejahrteren Men- schen petrifizirt » (4).

Contro tale petrificazione ogni sforzo è inutile. Il Werner riesce a^ comunicare i suoi entusiasmi mistici al Chamisso, incerto ancora e vagante in cerca di stesso (5), ma il Varnhagen gli sfugge, tenuto fermo dallo spirito chiaro della Rahel (6), e gli sfugge anche l'an- tico scolaro Hitzig volto per vie sempre più mondane (7). La vita di piacere della grande città lo distrae e lo dissipa : stringe amicizia col (( fratello in Cristo » Johannes von Miiller, e si trovano spesso insieme, e si rallegrano nel Signore, perchè (( dove due sono riuniti in Suo nome Egli è sempre il terzo presente » : poi, dopo che si son debita- mente rallegrati, corrono insieme per le ((Weinstuben» (8). Oltracciò succede la catastrofe : la moglie gli annuncia di volersi separare da lui e di voler sposare Kunth. Accon- sente, ma si trova come smarrito. Gli par che il mondo intorno a lui precipiti con tutte le sue illusioni : e che cos*è la vita senza illusioni ?

Gli pare allora di essere condannato a restar solo (9). E l'idea della solitudine lo spaventa, ma anche lo at-

(4) «Euphorion», 1895, p. 361.

(5) V. Lettera al Chamisso in DoROW, op. cit., p. 94.

(6) Varnhagen von Ense, DenkwUrdigkeiten, XII, 115 e VII, passim.

(7) Lebensabriss cit., p. 57.

(8) Briefe an und Don J. v. Miiller hrsgg. v. MaURER - CONSTANT, Schaffhausen, 1842. voi IV, p. 126. Il Muller lo consolerà con mistici pensieri, quando sua moglie chiederà la separazione, v. ibid., p. 112.

(9) «Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1342.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 221

tira : (( Ich bin ein Schwàchling : Leiden und Kummer haben mich friih alt gemach; ich bin unreinlich, miir- risch, launenhaft, sparsam (was ich sein muss), lebe immer in meinen oft albernen Phantasien; wie konnte das junge Weib, die Arme, mit mir gliicklich sein ! Ich bàtte kliiger sein, der Sucht geliebt zu werden friiher ent- sagen, kein weibliches Geschòpf aufs neue in die uner- bittlich gràssliche Nemesis, die mich verfolgt, verflechten sollen )) (IO). Tutte le idee di vita in comune cadono: questo è il segno che Dio lo vuol tutto per sé. E Dio lo aiuterà : « Der Gedanke evv^ig allein zu sein und allein zu sterben ergreift mich, besonders ili der Stille der Natht, mit fiirchterlicher Wut, und noch ist mein ganzer Kopf dumpf und leer. Aber Gott, dem es gefallt, mich, wie die Martyrin, meine Mutter, durch dunkle Wege sich zuzufiihren, w^ird mich stàrken, wenn es sein Wille ist» (11).

Non rinuncia dunque alla sua missione, al suo (( gòttli- cher, durch kein Schicksal zu zerstòrender Lebens- zv^reck » (12); anzi più ancora vi si conferma : se le gioie della famiglia, i trionfi mondani non son per lui, se Dio lo vuol tutto per se, egli dedicherà a Lui tutte le sue forze. « Seinem heiligen Werke will ich mich, von alien anderen Banden der Natur losgerissen, unausgesetzt und aus- schliesslich widmen, seinem Winke will ich folgen und seinem Rufe, der jetzt laut zu mir spricht. Seelen will ich ihm gewinnen, sie sollen mir Vater, Mutter und Frau sein. Ich habe jetzt keinen als Gott ».

(10) ScHUTZ, cit., p. 47.

(11) «Blàtter f. 1. U.». 1834. p. 1341.

(12) Ibid.

222 Zacharias Werner

Egli cercherà ora adunque per usar la sua espressione delle anime e si adoprerà di convertirle a Dio. Egli crede sia giunto il momento di agir sulle anime dei sin- goli individui (13) ed egli predicherà liberamente il suo Vangelo: la scena di Berlino gli è aperta: dalla scena egli influirà direttamente sul gran pubblico, sveglierà gli spiriti assopiti e sopratutto svilupperà i germi che già esi- stono.

Egli attribuisce ora al teatro la virtù che attribuiva an- teriormente alla setta. Lo spirito settario cede alla cieca fede nella potenza dell'arte : « Ist die Biihne nicht das, wozu ihr sie machen v^ollt, der Nachhall eurer eigenen Wiinsche ?... so erlaubt ihr sich zu dem Heiligen emporzu- schwingen)) (14).

Ist denn die Biihne ein Siindenhaus ? Nein. Ein Tempel des Herren soli sie sein ! (15)

La celebrazione dell'arte prende nei suoi drammi un posto sempre maggiore e quelle idee che trovammo nel primo capitolo assumono una tinta sempre più spiccata- mente mistica. Essendo la bellezza in se cosa divina, ed essendo Tarte (( fleischgewordene Schonheit », questa è un sacramento, come ogni cosa Ein jedes Ding ist ein Sa-

(13) «Ausser der gewohnlichen unheiligen Gemeinheit hat sich jetzt noch ein heiliger Egoismus sich zu zeigen begonnen, d. h. es erscheinen Menschen, welche das Heilige aus reiner Absicht wunschen wollen, und ahnden, es aber nicht besitzen, da sie, bel aller Klarheit der Ideen, doch in dem Egoismus des Gefùhls, wie eine Spinne in ihrem eigenen Netze, verflochten sind». Ed è su questi spiriti che egli crede ora di poter agire. «Euphorion», 1895, p. 363.

(14) «Blatter f. 1. U. », 1834. p. 1178.

(15) Teichmann, cit., p. 280.

// dramma dell'utopia eTotico-mistica 223

krament dem Reinen e più di ogni altra cosa, perchè ai consacrati è dato di scorgere in essa direttamente la di- vinità.

Es uberspringt die Kunst die engen Schranken, Durch welche Wesen und Gestalt ihr trennet, Sie kann nicht zwischen Sein und Nichtsein schwanken.

Ein Sacraraent muss Geist und Leib vermàhlen ;

War jammerlich, was gòttlich ist, geschàndet.

Soli Kunst den Jaramer denn zum Fiihrer wàhlen ? (16)

E l'idea dell'arte si mescola ora anche nella materia che i nuovi drammi svolgono.

Essa era rappresentata già nei Sòhne des Tales dal « Troubadour » ; ma questi è nella prima parte una figura secondaria ed anche nella seconda una specie di consolatore di Molay: l'arte non appare ancora fattore essenziale di santità. Nel Kreutz an der Ostsee la figura dello (( Spielmann » già all'idea un maggior ri- lievo; ma, se voi analizzate il valor simbolico del perso- naggio, e osservate le azioni che compie, le parole che pronuncia, trovate che poca parte di lui si può ricondune a questo suo aspetto. Come la parola stessa (( Spielmann » dimostra, deve il Werner aver dapprima concepito il suo personaggio come un simbolo dell'efficacia religiosa della poesia; il pensiero della Provvidenza, l'esempio del Tieck e del Calderon lo condussero poi a dargli quell'altro carattere che rilevammo: restò il nome, ma la sostanza mutò.

(16) Cfr. Prolog, alla Weihe der Krafi.

224 Zacharias Werner

I nuovi drammi fanno invece all'arte un posto mag- giore, più risoluto e preciso: essa vien rappresentata in personaggi importanti, il cui valor simbolico non muta: Theobald, Valdecon, Ludmilla.

Ciò è anche conforme a un'altra tendenza che ora nel Werner compare, la tendenza a chiarificare le sue idee, a portarvi ordine e armonia. Egli si sente stanco del confuso tumulto che in lui regna e lo vuol sedare, vuol superare la in lui « rasende Wildheit » , applicando a se stesso il principio che (( die Wildheit in Frieden, wie die Gàhrung in Klarheit sich auflòsen muss » (17). E fa quindi un'idea unica centro del suo sistema. Que- st'idea è quella che trovammo già nel Kreutz an der Ostsee, quella dell'amore. Fra tutte le teorie che i ro- mantici gli avevano portate, il Werner doveva finire di concentrarsi su questa sola, tanto pili che la separazione dalla moglie parve aver svegliati in lui anche maggiormente i bisogni erotici. La risoluzione dell'assorbimento di idee romantiche in un misticismo erotico, accennata nel primo capitolo, si compie in questo tempo. È in questo tempo infatti che egli riconosce nella promulgazione di questo nuovo vangelo la sua missione. (( Das mir von Gott zu seiner Verkiindigung ins Gemiit gelegte Thema ist: Ver- gòttlichung der Menschheit durch die Liebe, vyrelche (nàm- lich die Liebe) das glaùbig gliihende Versinken in die Gottheit und in die (die Gottheit darstellende) Schònheit ist » . E predica le sue teorie continuamente anche nelle conversazioni private. Quando giunse a Coppet, con una tabacchiera in mano, l'abito e il naso intabaccato, si pre-

li?) «Euphorion». 1895, p. 361,

Il dramma dell' utopia erotico-mistica 225

sento alla società colà raccolta con le seguenti parole : (( Je suis Zachcirias Werner, poète dramatique et profes- seur d'amour » ; baron Vogt cadeva dalle nuvole e Sis- mondi si sbellicava dalle risa a sentirlo predicare (18). Però furono naturalmente i drammi in cui egli riversò i suoi entusiasmi.

L'amore vien da lui ora esaltato sopra l'arte e sopra la fede, sopra la purità.

Se l'amore è godimento di Dio in terra per il tramite della persona amata, e se tutti gli atti d'amore sono un « Versinken in die Gottheit )) , esso è il più alto sacra- mento, e, a un tempo, sacramento quotidiano, che perenne- mente si rinnova. Nel a Liebestrieb » si riassumono e si fondono tutti i sentimenti umani che tendono verso Dio. Alcune pcirole di Katharina von Bora formulano ora questo pensiero con chiarezza e con precisione (19).

E)er Heiland ist er ist es nicht allein,

Der mir die Seele fiillt. es ist der Drang,

Dar ungestiime, nie befriedigte.

Der Drang, o Gott ! ich bebé vor mir selber.

So drangt es mich des Heilands hohes Bild

Mir selbst, wie es am Himmel tront, zu schaffen : Verkorpert mochte ich's, nicht nur glàubig - gluhend Mochte ich's umfassen, mir den eignen Heiland, Der mir gehort und doch im Geisterreich Versohnend herrscht, Aller und doch mein;

(18) Su questo periodo della vita del Werner cfr. il II voi. del mio studio Deutschland in Madame de StaSls liteTarìschem Schaffen, ora in corso di stampa.

(19) Weihe der Kraft. Atto 11. Scena IV.

G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 15

226 Zacharias Werner

Den mochte. ich fassen, mir ihn selbst gestalten, In ihn mich ganz versenken, und mit ihm Aus freier Willkiir liebend untergehn. (20)

Ed ella non dubiterà di pregare il suo amato perchè (( ist Liebe denn nicht beten ? )) (21). Pregando lui ella prega Dio.

Du betest zu ihm ?

Ja, ich bete zu ihm (22).

(( Das Leben ist Liebe » canta il Werner nel Linden- berger Lied (23). E una nostalgia vana e violenta d'amore Io travolge e lo prostra.

Was hilft das Tal mit seinen Griissen, Gluten,

Die Strahlen, welche golden niederfluten ?

Ich seh' nur Geister mich zum Abgrund ziehen.

Wozu soli ich die goldnen Bliiten pfliicken

Darf ich doch nie mehr das Geliebte schmiicken ? (24)

Già nel Kreutz an der Ostsee sotto l'influsso diretto dei romantici aveva il Werner veduto l'essenza del Cri- stianesimo nell'amore: ora, a Berlino, sotto l'influenza del Fichte (25) il suo pensiero si è determinato con anche mag- gior nettezza. E, volto sempre più verso il Cattoli-

(20) Ibid.

(21) Ibid.. p. 27.

(22) Ibid., Atto II, Scena I.

(23) Schriften. I, p. 132.

(24) Tharands Ruìnen in Ausg. Schrifterì, I, 136.

(25) È questo il tempo in cui il Fichte dall'idealismo assoluto della « Wissenschaftslehre 39 voltosi a una filosofia della pratica si imbeveva sempre più di misticismo e, mentre incitava i patriotti tedeschi, svol- geva a un tempo anche le sue teorie sulla religione.

// dramma delVuiopia erotico-mistica 227

cismo, ricevette il Werner anche una profonda impres- sione dalla Geschichte der Religion Jesus Christi dello Stolberg (26). Ora anche lo Stolberg scrive : (( Wir lieben alles was wir lieben in Gott, oder wir lieben in allem was wir zu lieben wàhnen, nur uns selbst, und eben darum etwas sehr Schlechtes... In unserem kranken Willen liegt das Wehe unserer Natur, in der Genesung unseres Willens unser Heil... Die Religion Jesus Christi ist eine Brautwerbung, eine Werbung um Liebe » (27). (( Liebe zu Gott ist unsre Bestimmung. Auch uns selbst sollen wir in Gott lieben. Was seine Bestimmung verfehlt, das gehabt sich iibel » (28). Solo che lo spirito dello Stol-

(26) II primo volume fu stampato ad Hamburg nel 1806.

(27) Voi. I, Prefazione, p. VI-IX, passim.

(28) Ibid.. p. VI.

Un'altra influenza si deve aggiungere qui, che si fece valere .ora fortemente nella formulazione teorica del pensiero erotico werneriano : quella dello Zinzendorf e della letteratura herrenutistica. Già nel primo capitolo ne avvertimmo la esistenza, ma questo è precisamente il mo- mento in cui essa, per la evoluzione che stiamo descrivendo, trova nel Werner un terreno più adatto. Anche nel Werner, si tratta di una influenza per così dire formale : egli trova già intorno a delle fan- tasticaggini, in cui, come nella sua propria anima, erotismo e religione sono insieme mescolati, anzi talora quasi identificati. È curioso osser- vare quale deformazione alcune credenze cristiane assumano nello Zin- zendorf. Egli è dominato da una viva tendenza al panteismo, come quasi tutti i mistici del secolo XVIII, ma accetta la dottrina della Trinità : di Dio padre, tuttavia, e dello Spirito Santo fa cenno di rado nei suoi scritti : il suo pensiero è tutto concentrato su Cristo. E Cristo è la divinità sotto l'aspetto dell'amore. II sangue versato da Cristo è « l'olio del matrimonio » ; la generazione dei bambini è «opera di Cristo, perchè Egli, essendo l'amore, è l'anima del mondo»: «i mariti sono i suoi procuratori a cui egli ha dato l'incarico», il « marito è Dio » ed essi sono vicemariti. Nello Heiden\atechismus, nella Siegfrids bescheidene Beleuchtang, nel Geheimer Briefwechsel mit den Inspinrien, in tutte le innumerevoli prediche e nei vari

228 Zacharias Werner

berg convertito è profondamente dissimile da quello del Werner, e questi alla parola (( Liebe » non il signifi- cato puro che lo Stolberg asceta vi dava, ma quel signifi- cato che dal suo temperamento erotico egli era trascinato a darvi.

L'amore, acquistata così nei nuovi drammi un'impor- tanza maggiore ancora di quella che gli vedemmo data nel Kreutz an der Ostsee, diventa la base unica di essi.

La storia dell'amore di Warmio e di Malgona, rias- sumendo la lotta fra Paganesimo e Cristianesimo, ponen- dola nella sua vera luce e concentrando su di lo svol- gimento dell'azione, era pure allo stesso tempo a quella lotta subordinata; e quella lotta e non propriamente la storia di amore formava l'argomento della tragedia. La storia d'amore non era la pianta, ma il fiore che sulla pianta sboccia. L'amore invece è il solo e vero soggetto delle nuove opere, scritte tutte ad esaltazion di esso, tutte ad esso subordinate.

scritti dello Zinzendorf, il repertorio di immagini con cui viene descritta la vita religiosa e Testasi mistica è fornito quasi sempre dalla vita sessuale, così come anche nella realtà la vita sessuale interpretata sim- bolicamente suggerì numerose cerimonie rituali.

Io inclino anche a credere che quel sostar continuo del Werner sulla voluttà e quel proibirsene l'ultimo godimento, che trovammo già nel Kreutz an der Ostsee e ritroveremo in seguito, abbia avuto bensì la prima origine in ciò che egli non poteva non sentire l'assurdità di considerar l'amplesso una cosa divina, ma sia stato confermato in essi dalle usanze e dalla fede che ebbe come già tante sette mistiche prima di essa anche la herrenutistica. Il senso della realtà condusse a una condanna dell'amplesso come di una voluttà materiale, e il Werner che spesso disse il contrario non potè far a meno di accedere teoricamente a questa condanna. la contradizione poteva molto turbarlo, perchè si trattava di un fatto a cui egli nel suo pensiero dava una importanza, come vedemmo già, secondaria.

// dramma dell'utopia erotico-misiica 229

Se la Weihe der Kraft è destinata a mostrar Tele- vazione suprema dell'uomo raggiunta attraverso l'amore, anche deìV Aitila e della Wanda si può ripetere lo stesso giudizio. Il prologo a\V Attila dice :

Den Hass, die Furcht, das Dunkel bannt die Liebe,

O folget ihrem Triebe !

Der Tag der Siche 1 ist der Tag der Garben !

Wie Liebe tut genug, wenn sie den Tod verhohnet,

Das stiirmt im Ozean, wie es im Liede tonet,

Im Liede das nicht hasst, im Liede das nicht fròhnet,

Im schwachen Liede, das der Herr mit Macht gekronet I

Il motto che è posto alla Wanda suona : (( Amor modum saepe nescit, sed super onmem modum fervescit » (Thom. a Kempis, III, 5), e il Werner dice che (( um der Erdenliebe Quellen zu belauschen )) egli fu condotto in (( tiefe dunkle Griinde ». La condanna dell'amore sen- suale che trovammo nel Kreutz an der Ostsee non è più ripetuta ; se soltanto Lutero e Katharina si sposano e condu- cono vita completamente matrimoniale, e se in Wanda, in Attila il godimento sessuale avviene, ciò é sofo perché pel Werner come nel 1 ° capitolo avvertimmo lo (( Hòhepunkt )) dell'amore é un altro e il problema del godimento sensuale é trascurato come problema se- condario.

Il contrasto di questo nuovo periodo col periodo prece- dente risalta chiarissimo se confrontate con la prima la nuova edizione che egli fece dei Sòhne des Tales nel 1807 (29). All'amore non era fatto nessun posto nella

(29) Nella cit. ed. delle Ausgewàhlte Schriften è data soltanto questa seconda redazione. Scrive su di essa ri Werner in una lettera

230 Zacharias Werner

prima parte, nella seconda solo un posto insignificante; oltracciò Robert, l'eroe destinato a far risorger l'ordinie nel futuro, non conosceva tale sentimento. Ora il Werner sentì nel nuovo stadio del suo pensiero la mancanza, e cercò di rimediarvi, sperando così di moderare nei limiti del possibile anche maggiormente quel contrasto fra le due parti, che abbiamo denunciato. Introdusse nella prima parte un essere femminile (( Astralis », giovane ana- coreta cristiana, mandata del « Tal », una specie di spirito mistico, creatura eterea inafferrabile, che seduce Robert e lo conduce a quella mistica rigenerazione che nella seconda parte, nella caverna del a Tal » avrà il suo compi- mento (30). Essa è colei che è destinata

Zu gliihn mit ihm, in Dem, der AH ist, Durch Schonheit zu siìhnen den Sohn der Kraft.

« Liebe )) è a Ahnung ». È la stella polare che guida sulla retta via Tuomo esplicante la sua attività. Essa com- pare a Robert fin dalla prima scena del primo atto e lo invita :

Akazien, Roseti gliihn Am Isis-und Marienbilde wieder !

Du kommst, nicht wahr > Dich lockt der G!anz vom Morgen !

La preghiera sua è ardore per lui : (( Hast du gebetet ? Ja» gegliiht fiir Robert ». Egli la interroga: (( Chi

a Johanna Rink : « dieses mein Haupt- und Elementarbuch enthalt, als ein von der ersten Auflage GanZ verschiedenes Werk, Aufschiusse iiber mein ganzes System, mein ganzes individuelles Dasein». (30) Cfr. NOVALIS. Heinrich von Ofterdingen, Parte II.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 231

sei tu ; essa gli risponde : (( Fùr dich ein Brandaltar ! » Celebrano insieme una specie di banchetto Eucaristico e si abbracciano e baciano. Robert è scacciato dall'ordine ; ella lo visita in carcere e lo consola : (( Nur nach Siegen duftet die Palme » ; dal dolore nascerà la pace. Ed ella gli parla già misteriosamente del (( Tal » e dei destini che esso gli ha riservati ; gli insegna ciò che egli deve fare per esser degno di ciò che lo attende : (( Dich selber opfern ohne Ruhm und Lohn». Nell'ultimo atto essa gli con- segna la lettera che il « Tal » gli invia, e vien dal Werner sostituita alla (( tolle Klauserin » della prima versione, per la proclamazione delle parole fatidiche che oscura- mente accennano al futuro. Così è Astralis colei che strappa (( dem Gew^iihl der Zeiten den Meisterstab fiir des Geliebten Hand ». Per mezzo di lei e insieme con lei compirà Robert la sua missione : (( das Land des Frie- dens bauen ».

Amore mistico naturalmente, come s'adattava allo spi- rito del dramma già fatto. Quando Robert vuol (( genies- sen » , Astralis gli risponde ripetendo il paragone biblico delle palme che si amano con le frondi e non con le radici :

In Farben, .Diiften mochten sie ineinander fliessen, Nur bliihen sollen sie und nicht geniessen.

Non poteva il Werner rifare il dramma intero, riposante tutto sopra altri pensieri, e dovette limitarsi a questo rima- neggiamento. 1 nuovi drammi invece saranno dedicati ad una rigenerazione prodotta dall'amore.

E quella che l'amore compie sarà una rigenerazione

232 Zacharias Werner

della forza. La forza, quella che era stata già la virtù di Robert nei Sóhne des Tales, è considerata ora dal Werner solo più come la potenzialità dell'elevazione religiosa: l'amore è lo spirito attivo che la traduce in atto, o, per servirci della terminologia werneriana, (( la forza è la sostanza primitiva e l'amore è la forma per cui la sostanza assume realtà di \ììa, » . Dovendo sim- bolizzare la forza, il Werner creerà un uomo, e, dovendo simbolizzare l'amore, una donna. Amore e forza devono essere uniti perchè l'ascensione a Dio si possa compiere; l'uomo e la donna devono congiungersi, e la loro attività deve esser concorde e simultanea, perchè essi possano sviluppare i germi di bene che contengono in sé, perchè possano raggiungere quell'armonia con medesimi e con Dio che è la prima necessaria condizione per arrivare allo scopo che fu prefìsso all'uomo.

I nuovi drammi del Werner presentano quindi la storia di un uomo e di una donna che tendono, ciascuno per sé, verso l'alto, ma raggiungono il loro scopo congiungendo i loro sforzi per il miracolo dell'amore. Drammi diversi, malgrado il motivo comune, perchè questo motivo si pre- senta sotto forma diversa, a seconda del diverso punto di vista da cui lo si considera. Lutero e Caterina, Riidiger e Wanda, Attila e Honoria, son posizioni diverse dello stesso problema : i tre drammi di questo nuovo periodo la Weihe der Kraft, V Attila e la Wanda ne danno attraverso diversi conflitti psicologici una analoga soluzione.

In conformità di questa trasformazione si trasforma anche il dramma formalmente.

E, prima di tutto, le individualità non vengon più sacrificate alla pittura della setta e alla tendenza didat- tica che per la setta doveva trionfare. Compare nella

// dramma dell'utopia eroiico-misiica 233

Weihe der Kraft e neW Attila, al posto della setta, lo stato, uno stato secondo la concezione del « Contract social)), ma a fine religioso: ((Der Staat ist eine Ver- bindung, die einer gegebenen Menschenmasse es mòglich machen soli, ihre hochste Bestimmung zu erreichen. Sie isolirt die Masse, um sie veredelt der ganzen Menschheit wiederzugeben, und zu diesem Zweck muss sie ihr freien Spielraum ihrer Krafte, Genuss ihrer Rechte, kurz alles verstatten... Der Staat soli die Pflanzschule sein der durch ihn begrànzten Menschenmasse fiir die gesamte Mensch- heit )> (31). Un tale stato ha, come la Chiesa, ma in proporzioni più limitate, perchè la Chiesa è universale, lo scopo di reagire (( gegen Egoismus und Uebermacht, die Erbsùnde der nicht hoher gebildeten Menschen )> : ma un tale stato, che perciò si opporrà come la Chiesa (( gegen Kronen und Jacobiner )) (32), ha pure il rispetto dell'individuo. Anzi il suo scopo è l'educazione dell'in- dividuo secondo i principii di un'alta umanità.

Nei drammi, la concezione werneriana dello stato compare per questa ragione soltanto nello sfondo, attra- verso i riflessi diversi e talora opposti, che vanno da Carlo V, rappresentante il despotismo e quindi la nega- zione dello stato vero, ad Attila, rappresentante l'idea che il Werner ha dello stato, quando esso adempie la sua missione.

Messa così risolutamente una storia di singoli individui nel centro e a base del dramma, s'attenua quella inclina- zione a smarrirsi in una grandiosità indefinita, che tro-

(31) GUBITZ, Erlebnisse, cit., I, 217.

(32) Ibid.. I. 224.

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vammo nel Kreutz an der Ostsee. Il mondo del dramma, con il concentrarsi delle idee intorno a una sola idea cen- trale, si limita, e, limitandosi, rende più facilmente attua- bile quel proposito d'arte che già trovammo nel Kreutz an der Ostsee a proposito dell'amore di Warmio e di Malgona (33) : fondere il problema di idee in un conflitto psicologico di persone, che di quelle idee e secondo quelle idee vivono. La promulgazione delle idee erotiche viene infatti ora risolta dal Werner poeticamente in una rappresentazione obiettiva di vita erotica, da quel punto di vista che dalle idee è segnalato. E in tal modo il pen- siero si fonde nella poesia spontaneamente : lo svolgi- mento della storia intima di alcuni individui basta perchè l'idea sia non pur espressa, ma messa in rilievo.

In questo modo il Werner viene condotto sempre più a far consistere i drammi suoi in una analisi della vita sentimentale delle sue umane creature, e perciò ad elimi- nare o almeno a limitare quell'uso di personaggi fantastici in cui le sue idee mistiche erano state prima da lui perso- nificate. Egli si convince di ciò che l'esperienza delle sue prime opere, le pressioni dello Mand, i consigli del Goethe gli hanno insegnato : la poesia, in quanto è poesia, deve creare non figure eteree, dai contorni inafferrabili, ma creature animate da sentimenti e da passioni, piene di vita; e la più grande debolezza della sua poesia consi- stette appunto in ciò, che egli si era smarrito fuor della vita in un mondo fantastico indefinito e impreciso. Nel 1 807 scrive egli infatti allo Iffland : a Ich bin uberzeugt dass die hòchste artistisch-dramatische Mystik darin be-

(33) Cfr. Cap. Ili, p. 173.

// dramma dell'utopìa erotico-mistica 235

steht, der zwar mystischen aber dock klaren Natur gleich, Menschen plaslisch und Leben zu schaffen )> (34). E, sempre, ora, dopoché ha condotto a termine una sua opera, scrive agli amici essere essa libera da quella mistica che ha turbato e deturpato la sua poesia; sempre si vanta di esser riuscito a suscitare con chiarezza ed evidenza dinnanzi agli occhi del lettore un mondo pieno di vita e di poetica verità (35).

11 Werner tende quindi con crescente coerenza verso una rappresentazione realistico - psicologica del problema mistico che è all'origine di tutta la sua opera. Quella lotta fra le sue inclinazioni realistiche e le sue idee mi- stiche, che dicemmo formare il cardine della sua attività, cerca per questa via la soluzione, e conduce, nelle varie opere, a diversi risultati.

Una conseguenza però di questo realismo si mostra in tutti i drammi non solo costante, ma in continuo pro- gresso : è in questo momento e per questa via che il Werner si va affondando risolutamente in quel patolo- gico, che non mancava ai suoi drammi anteriori ma non ne era fondamento (36). tu in questo momento e per questa via, che gli uomini che egli crea e che vogliono vivere una vita superiore alla umana o, comunque, di- versa da essa, riescono a farlo soltanto attraverso una alterazione della sanità della loro psiche, e, tendendo a una vita più alta, degenerano in una vita malata.

(34) Teichmann, op. cit., p. 307.

(35) Cfr. le lettere di questo tempo nelle varie pubbl. cit., passim.

(36) È questa una delle esagerazioni in cui cadde il POPPENBERG, discorrendo dei Sòhne des Tales; l'elemento patologico è come l'erotico in quel dramma elemento secondario.

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Il primo dramma che il Werner, giunto a Berlino, com- pose, sotto lo stimolo e l'assistenza dello Iffland, ma secondo le sue nuove idee, fu la Weihe der Kraft,^ la storia drammatica di Lutero fino all'epoca della sua fuga dalla Wartburg a Wittenberg (37). Compose rapida- mente, in pochi mesi.

Non che nei principii Luterani egli potesse sentire una grande analogia con i principii suoi proprii (ne era anzi lontano più che mai); ma lo dovette attirar l'idea di trat- tare un tema nazionale, di alto interesse per i suoi lettori e spettatori; forse il tema gli avrebbe reso possibile quel trionfo teatrale a cui aspirava (38). Ed oltracciò un'ana- logia c'era : Lutero era un riformatore sopravvenuto ad accendere nuovamente gli animi in una età in cui il senti- mento religioso si era assopito e la religione era dege- nerata. Lutero gli si offriva nella storia come una per- sonalità ricca, maschia, potente, drammatica in stessa, in quanto che mostrava una forza che si afferma attraverso mille ostacoli e li abbatte e trionfa. Egli non lo studiò solo nel Woltmann (39) : gli scritti di Lutero son ricordati nel suo dramma ed era più che naturale che egli, luterano di nascita, si informasse del suo eroe direttamente nelle

(37) V. JONAS FraNKEL, Z. Werjìers n Weihe der Kraftìì, cit., e la pur già citata recensione del SULGER - Gebing.

(38) Cfr., oltre le lettere nel « Gesellschafter » e nei « B làttei f. 1. U. », la conversazione del Werner su questo argomento nel GUBITZ. cit.. I, 214-16.

(39) Geschichte von Luthers Lehen, Berlin, 1795.

// dramma dell'utopia eroHco-mistica 237

opere che questi aveva composto. Gli lasciò parecchi dei caratteri esteriori (40): natura rude e bonaria e popola- resca, volontà di ferro, completa dedizione all'idea che si crede chiamato a diffondere, attività irrefrenabile, in- tuizione dei momenti decisivi e azione risoluta e forte a dispetto del pericolo, superstizione di uomo del volgo, robustezza di costituzione psichica; ma ne mutò lo spi- rito. Ne fece un santo della sua religione. Il Sant'Adal- berto del Kreutz an der Ostsee e Lutero sono colleghi : la differenza tra di loro è tutta nella differenza fra la mistica nuova del Werner e quella che vedemmo prece- dentemente.

Sentiva la difficoltà di poter ridurre Lutero ad uno dei suoi eroi : Lutero aveva avuto delle buone intenzioni, ma l'intenzione non risponde sempre alla pratica. (( Ich erliege schon fast unter diesem w^ohlmeinenden reformatorischen Plumpsack » (41).

Tuttavia l'idea fondamentale di lui riusciva a conci- liarsi con le sue idee. Lutero aveva predicato la dot- trina del libero esame, del diretto e personale riav- vicinamento dell'individuo a Dio. Ora, pur ponendo a base della religione cristiana una specie di estasi a.mo- rosa, pur ripudiando ogni mescolanza di morale nella religione, pur riconoscendo la Chiesa, la necessità del culto esteriore e pur facendo dei misteri e dei sacra- menti una celebrazione continua, il Werner si accorda con lui in questo principio : (( Jeder Mensch ist Priester » . Il merito di Lutero consiste quindi pel Werner in ciò, che egli ha combattuto quella corruzione per cui culto

(40) Frankel, op. cit., cap. IV.

(41) «Blatter f. 1. U. », 1834. p. 1343.

238 Zacharias Werner

e rito cose in esteriori erano diventati scopo a se stessi e per cui agli spiriti era stata tolta quella libertà individuale di pensare e di sentire che sola può dare alle cose della religione il vero significato e il vero loro valore.

Il nuovo principio razionalistico e nìoralizzante che era contenuto nella riforma luterana viene così respinto. Re- ligione pel Lutero wemeriano è sentimento e fantasia. Della riforma luterana restò soltanto la parte negativa; Lutero diventò colui che, secondo le parole del suo pro- tettore, il Churfiirst von Main, riconduce la fede a quel- r (( altkatholischer Glauben »,

der entstaltet Durch Krankhelt, die, was ja der heilige Valer Selbst eingesteht, vom Haupt in alle Glieder Gedrungen ist (42).

Trovate espressa completamente la concezione werne- riana nelle parole di Theobald all'ultimo atto :

Der Morgen dàmmert rote Gluten prangen, Und die Natur erwacht zum Leben schon. Die Sterne sind im Frieden heimgegangen, Die Nacht des Kinderglaubens ist entflohn, Der Morgentraum der Kunst mit siissem Bangen Eilt er zur Braut am goldnen Liebesthron. Erkenntnis totet und belebt sie wieder, Wenn Glaube neu erweckt die ewigen Lieder (43).

(42) Atto III. Scena II.

(43) Intorno alla applicazione della idea mistica nella Weihe der Kraji dice il FraNKEL poche parole, p. 4-5; questo era invece Tu-

// dramma dell'utopia erotico-mistica 239

E Lutero invoca le fiamme del Cielo su coloro che abbattono statue e quadri e altari. Gli si risponde: «Tu ce lo hai insegnato ! )) Ed egli protesta contro queste parole :

Gelehrt ? Der Menschheit letzte Zuflucht zu vernichten ?

ich gelehrt

Altare plùndern, Heiligtiimer schanden, Der frommen Einfalt reinen Sinn entweihn ? Ha ! Siindige Toren !

E sogna anch' egli talora della Madonna che gli compare sopra uno <( Hyazintenbeet )) :

Zur Nachtzeit, manchmal bin ich ein rechter Tor! Da treib' ich, der den Gòtzendienst verdammt, Ich selber treibe manchmal Gòtzendienst (44).

Come giungerà Lutero a compier quella riforma, che egli vuole e deve ? E, prima di tutto, come giungerà egli ad elevare stesso così da essere veramente degno di

nico punto di partenza per penetrar nel dramma, che nato da essa, da essa fu foggiato. Così, anche nell'indagine tecnica, che egli si pro- pose e che condusse con lucida fermezza, corse dietro a una quantità di questioni secondarie, trascurando il nesso loro con il problema principale.

(44) Quanto esponemmo mostra che finora non si è prodotta nell'at- teggiamento del Werner di fronte al Cattolicismo alcuna ulteriore evoluzione. Lo arrestò il rinfrescato influsso romantico. Ritornano infatti dichiarazioni di religiosità nel senso dello Schleiermacher : « Phantasie... ist Religion». È fuori del Cattolicismo, com'è fuori del Protestan- tismo : « Dr. Martin Luther ! Das war noch ein Mann. Sieh ! er kàmpfte fiir die Freiheit und war selber frei : glaube iibrigens nicht dass ich darum weniger katholisch sei, Luther war es gewiss auch im hoheren Sinne ».

240 Zacharias Werner

tale missione ? Il Werner naturalmente spiega il fatto secondo la idea che ora conosciamo: per virtù dell'amore. Lutero aveva condannato il celibato : quindi per il Werner il vangelo di Lutero è un vangelo d'amore : (( Was ich lehrte, war freie Liebe ! Uebt sie friedlich ! Geht ! » Ma l'amore deve esser a poco a poco in lui preparato.

Lutero è la forza, ma la forza è un (( Donnerton », una materia bruta, donde può scaturire tanto il bene quanto il male. Il primo omaggio che la divinità esige dagli uomini è la purità dell'anima: l'uomo puro e forte ha già fin dap- principio in una norma sicura: sarà volto all'alto, o, almeno, « non potrà affondare nelle paludi fra cui scorre la via della vita». Elisabeth, che lo accolse fanciullo e lo assistette e lo volse per la sua via, rappresenta questa purità; ma la forza non basta, e non basta la purità, che volge lo spirito verso tutte le cose buone : occorre ancora il (( Gottesruf » , la diretta voce di Dio che chiama a e all'opera santa l'uomo, che, se anche non erra, facil- mente si assopisce. La morte di Alexius, l'indivisibile amico, colpito da un fulmine al suo fianco, fu per Lutero la voce di Dio : perché dimenticava la sua missione per abbandonarsi al torpore dei quieti affetti famigliari ? Do- veva scuotersi, agire: non apparteneva tutto a stesso e aveva dei doveri : gli affetti sono riposo, ma come ripo- sava egli, se nulla aveva compiuto ? Dio lo chiama, Lutero lo seguirà. E scenderà in campo e lotterà contro la potenza di papi e di principi e contro la potenza più grande ancora di essi, contro la potenza del male che tra- volge, del piacere che seduce. E predicherà la virtù del dubbio, che é la condizione della conoscenza, predicherà 1 omaggio a Dio della propria anima, perché Dio non vuole che anime: (( Da mihi animas, cetera tolle ».

// dramma dell'utopia erotico-mistica 241

Impresa difficile da compiere (( durch Triibsal und der Feinde wildes Wiiten ». Lutero, che potrebbe essere un <( Sohn des Tales » , ha identificato con la volontà di- vina la volontà sua. Ma come manterrà la sua limitata forza in contatto coli' infinita forza divina ? Per mezzo dell'arte. L'arte è una a Hyazintenbliite », che (( den Himmel wiederstrahlt in Blumenkronen », essa Io conforta nella sua via, gli fa presente Dio e il Cielo: ed egli, vivendo circondato da queste immagini, non potrà più cedere, non potrà più, anche solo un momento, deviare. L'arte fa che sempre gli aleggi sopra lo spirito di Dio:

Nach Gottes Wort Ist nichts so kostlich als die Musika !

E suona sul flauto egli stesso nelle ore più gravi, quando il pericolo sovrasta; non vi è modo migliore di rafforzarsi che schiudersi il cielo in tal modo e rinfrescarsi direttamente alla fonte della vita (45).

E un'altra forza anche s'accompagna a questa: la fede, la fede che, come il (( Karfunkelstein » nella notte di maggio, risplende nell'anima umana quando la luce arti- ficiale della nostra misera intelligenza si è allontanata e lo spirito è aperto ai presentimenti di Dio :

Er leuchtet nur im mitternachtlichen Dunkel, Er zeiget sich den Sehern und den Kindern, Er glviht in Bildern, flammt in Sterngefunkel (46).

L'arte e la fede precedono l'avvento del dubbio, della

(45) Cfr. Gap. I.

(46) Gfr. Prologo.

G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 16

242 Zacharias Werner

libera riflessione, del personale esame; svegliano lo spi- rito, preparano T « Erkenntnis » , la conoscenza. E la co- noscenza pare uccidere i suoi precursori (47), ma non è così. Arte e fede erano, prima della « Erkeimtnis » , un prodotto spontaneo dello spirito fanciullo, accompagna- vano lo spirito ignaro e sognante, erano fiori che sboccia- vano in questa inconscia primavera ; sopravvenendo la (( Erkenntnis » , e con essa la tirannide della fredda ragione, la quale (( Gegenstànde demonstriren will, wel- che nur durchs Gemiit (Geist und Herz) angeschaut werden kònnen » , essi restano bensì come « vergraben in der estarrenden Kalte des Menschengeschlechts » , ma la morte loro è solo apparente. La vera conoscenza schiaccierà a poco a poco il capo alla falsa della ragione tiranna; e arte e fede risorgeranno nuovamente : (( Sie bereiteten die Sonne der Erkenntnis vor, sie gingen dadurch in ihrer Kindlichkeit momentan unter, um wieder durch Erkenntnis verklàrt im neuen Lichte zu erscheinen » (48). Nella crisi del dubbio e del pensiero essi si sono temprati e son diventati più saldi. Ora sono immortali: prima erano (( Bliiten )) ; ora sono « stelle » che irraggiano il loro placido splendore dal cielo in cui son fisse.

E il cielo che esse illuminano è l'amore. In tal modo arte e fede preparano presso Lutero l'avvento dell'amore e si fondono in esso. Lo preparano perchè, se l'amore è adorazione di Dio nella creatura umana, la fede è con-

(47) Ibid, : « Was schauet der Glaube Gestaltet die Kunst ? Den Morgen im ew'gen Raum Ihr Leben ist Lieben, ihr Tagewerk bliìhn : Doch reifet Erkenntnis, dann miissen sie ziehn Zu hiiten den liebenden Traum ».

(48) Cfr. TeichmaNN, cit., p. 310: lettera al conte di Bruhl.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 243

dizione indispensabile affinchè l'amore non devii, e l'arte è l'incanto solo che può fare intendere il simbolo da cui l'amore è costituito. Si fondono in esso, perchè arte e fede sono indivisibili dall'amore. Mentre prima esse sostitui- vano Va Erkenntnis )), ora invece esse non sono più se non fonte dell'amore e son nell'amore contenuti e non han più altro scopo. E l'amore è per Lutero Katharina von Bora.

Lutero e Katharina compaiono ora nell'opera del Werner come primo esempio di quella teoria androginica che egli condivise coi romantici, a cui i mistici, e fra essi specialmente il Bòhme, l'avevano trasmessa : essa serve come di spiegazione e dimostrazione della sua interpre- tazione mistica.

Uomo e donna erano originariamente un essere solo: ora son separati e condannati a cercarsi. (( Vi è nel- l'amore un non so che di predestinato ». Amare vuol dire ritrovare l'altra parte di : e amare veramente non si può se non essa. Quando Katharina vede per la prima volta Lutero, si cela il capo con le mani e fugge: (( mein Urbild ! » Katharma, che è l'amore, lo ha riconosciuto subito, e da quel momento lo adora. Un amore senza incertezze, senza titubanze, senza intime lotte. È sua: perchè gli si dovrebbe sottrarre ? Non solo non gli si sottrarrà, ma gli andrà incontro e Io cercherà e lo invi- terà a restar con lei :

Verweilet hier, Es ist ein lieblich Waldrevler.

Tutti e due, l'uno senza l'altro, sono incompleti. Katha- rina senza Lutero, chiusa nel suo chiostro, è solo un tronco di medesima. Una grave inquietudine la turba : è chiusa

244 Zacharias Werner

interamente alle nuove verità che Lutero annunzia, le condanna e si lascia trascina.re fino ad una collera pas- sionata, arde di odio contro quell'uomo che ella non conosce ma che le distrugge le sue credenze: è in disac- cordo con stessa. E anche Lutero è ancora incerto e malsicuro, anch*egli non sa che cosa gli manchi; ma pur sente che gli manca qualcosa.

Theob. Mir scheint es auch als fehl' euch was. LuT. Das ist's;

Doch was mlr fehlt, das weiss der liebe Gott.

Anch'egli ondeggia nel suo cammino difficile e faticoso. Si sente oppresso dal peso di ciò che deve e vorrebbe compiere e vacilla:

Nicht nur meln aiissers Leben, auch meln inneres ; Verhiit* es Gott! ich biìss' hier noch ein!

I pericoli e le difficoltà si accrescono. Ai vecchi nemici nuovi se ne aggiungono negli stessi seguaci che frainten- dono e falsano il suo insegnamento. Franz, il suo antico discepolo, gli uccide Theobald, il suo piccolo indivisibile amico. E lo scoraggiamento assale l'uomo stanco.

Ein Wurm bin ich! Ein Riese wollt' ich sein, Mich fliehet Gott, ich bin, ja, ganz allein!

Vuol lasciar l'impresa, ritirarsi nel deserto, espiare la sua tracotanza ; vuole andarsene (( wo niemand sein ge- denket ». Che cosa gli chiacchierano ancora della sua mis- sione ? Restare in pace e vivere nella solitudine è l'ultimo suo desiderio. La forza pare spezzata : era una forza vera, ma gli mancava l'ultima (( Weihe », la suprema consecra-

// dramma dell'utopia erotico-mistica 245

zione; non poteva resistere, quando l'urto più grande avve- niva. L'amore la consacra: ed essa rinasce, e rinasce tale che non potrà più cedere. Lutero si apre all'amore di Katharina e la vita gli rispunta in cuore :

Mit Gott zum Ziel ! Ja, es sey gewagt.

Ma accanto a questo consolidarsi e purificarsi della forza in Lutero, ha l'amore anche altre conseguenze. Per tutti e due gli amanti esso è la completa armonia con stessi. Katharina diventa, dopo che ha veduto Lutero, un essere perfettamente armonico. Non scatta più, non im- preca più, non odia più: è tutta pervasa da quell'unica fiamma d'amore che nella sua anima arde. Tutto può intorno a lei succedere : può morir Teresa, potrebbe morir anche Lutero; il suo dolore è profondo, sarebbe profondissimo, ma essa non ne sarà atterrata, essendo ora egualmente in accordo con e con Dio :

Stille, stille, meine Seele ! Hast du nicht den Wonnenbecher, Nichi den Schmerzenskelch geleeret ? Seele, was bedarfst du mehr ?

Was geschehen bleibt gescheh'n, Immer musst du vorwàrts geh'n.

E la sua vita é (( glùhen im Frieden » . Così come per Lutero :

Ich wagt' es, des Herra Werk zu grunden ! Doch blieb ich noch entzweit mit mir und seiner Welt, Drum konnt' ich auch nicht richten, was Gott durch mich bestellt ; Schon kam der Tod noch einmal da naht' dies Weib und spricht : Mit dir sei Frieden! Amen!

246 Zacharias Werner

Il Frànkel che ha veduto e segnato bene lo svolgimento psicologico che ha luogo nell'anima di Caterina (49) nega invece quello che avviene in Lutero (50). Ma, se, mentre quello di Katharina è presentato coi suoi trapassi nei di- versi atti, quello di Lutero invece è tutto nell'ultimo atto, sorgendo in lui l'amore solo all'ultimo istante, esso però è ancora più grande. Katharina mostra solo il passaggio dalla nostalgia amorosa al sentimento d'amore vero e proprio; Lutero invece era chiuso all'amore. Non porse ascolto a Katharina quando essa cercò di avvincerlo:

KaT. Ihr liebt wohl nicht ?

LuT. Ich such' ein hohes Licht.

Pensò bensì a lei in seguito, non senza una certa commo- zione, ma quando essa alla fine gli ricompare, si dibatte entro i lacci della seduzione e, dopo d'aver ceduto un istante alla « Sehnsucht » della sua anima stanca a Wie einsam ist mein Herz und leer ! » , si riprende (( Was w^illst du Weib ? )) , cede ancora un istante e di nuovo si riprende, e Katharina gli appare come una tentazione del demonio:

Der Teufel? Ha, er will mich affen

Mit holder Schonheit starle ist die Versuchung!

Doch triumphiren soli er nicht Entfleuch!

E l'amore gli schiude alfine un mondo che gli era stato ignoto :

Auch mich ergreift ein sonderbar Gefiihl, Als stand' er vor mir, jener Feuerbusch,

(49) Op. cit.. p. 75 e segg.

(50) Ibid.. p. 65 e segg.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 247

In welchem Moses einst den Herrn geschaut, Und, wenn ich lange dich anseh*, ist es mir, Als ob was dir im klaren Auge spriiht, In meinem Innern lodre ich begreif es nicht.

Si muta il suo sentimento religioso, dal momento che egli abbracciandola esclama : (( Mein Stab und Licht ! » : prima aveva predicato la libertà di coscienza, ora predica il più alto principio: l'amore. E chiede ai principi suoi protettori

Die Menschheit rein zu lieben wie die Gottheit, Sie rein zu lieben, rein wie Gott sie liebt.

è piccolo mutamento, come si vede. I caratteri che restan fissi in lui sono quelli che indicammo tolti alla storia e che riguardano non la interna struttura psichica, ma la fisionomia esterna. E questi restano fissi anche in Katha- rina, che serba la sua risolutezza e la sua fierezza sempre (51).

L'idea che sta a fondamento della Weihe der Kraft e che esponemm.o farebbe tuttavia presumere in Lutero lo svolgimento di una evoluzione psicologica che non si limita all'ultimo atto, ma continua dal principio fino alla fine della tragedia. Dicemmo invece che il mutamento domina solo nell'ultimo atto : ciò è avvenuto perchè mentre

(51) Il FraNKEL trova che « Katharina ermangelt der festen Zeich- nung » , che egli trova in Lutero : ma Lutero è personaggio principale, che esplica la sua attività in tutti i modi e perciò rivela, in tutti i lati, il suo carattere : Katharina compare invece soltanto come donna amante : il suo carattere si può manifestar soltanto nella forma che in lei assume l'amore e nelle azioni che in lei esso provoca : un più ampio svolgi- mento del suo carattere sarebbe stato fuor di luogo.

248 Zacharias Werner

l'idea dell'amore si è fusa nella rappresentazione reali- stica, altrettanto non è avvenuto delle due forze prepara- torie: arte e fede. Il Werner ha infatti rappresentato l'assistenza della fede e dell'arte a Lutero durante la sua opera non psicologicamente, descrivendo nell'animo di lui dei sentimenti e delle emozioni conformi a questa idea, ma simbolicamente, ricorrendo al mezzo già usato nel drammi anteriori, di dargli come compagni e guide degli esseri fantastici da cui l'idea vien personificata. Guidava lo Spielmann Malgona e Warmio; ora rappresentano Theobald e Therese l'arte e la fede e sono coloro che guidano i due amanti l'uno verso l'altro.

Non è quindi ad imitazione dei confidenti della tragedia francese, che il Werner ha introdotto i due personaggi, come fu supposto (52) : è invece per un procedimento che gli è solito. La parte che essi hanno non è una parte pas- siva, ma attiva; essi non sono soltanto per dar modo a Lutero e a Katharina di sfogarsi, ma influiscono in mo- menti critici sull'anima loro e ne decidono la storia: (( Es war ein Fiirst dice Lutero di Theobald Rein war er, drum konnt'er regieren )). Il Werner però non si abbandona più come già avvertimmo nella introduzione a questo capitolo alla creazione di un simbolo astratto, come aveva fatto nel Kreutz an der Ostsee. Il ricordato sforzo della sua fantasia verso il dominio della sua mistica, ha come conseguenza che egji umanizza Theobald e Therese e ne fa due fanciulli, che vivono accanto ai suoi eroi e hanno una loro storia. Sono esseri angelici per la loro innocenza e purità ; compiuta la loro missione»

(52) Frankel, op. cit., p. 84.

// dramma dell'utopia erotico-misUca 249

muoiono, ma hanno vita e affetti umani e la loro morte avviene per vie naturali.

Theobald, che rappresenta l'arte, è dato specialmente come compagno a Lutero. Lutero ha la forza ed ha la religione; ciò di cui sopratutto abbisogna è l'arte che sempre gli faccia presenti le cose divine. Therese, che rappresenta la fede, è data come compagna a Katharina. Katharina ha l'amore, ma l'amore potrebbe sviarla per falsi sentieri ed ha perciò bisogno della fede che la sostenga e non le lasci dimenticare le cose celesti per le terrene. Quando Lutero rinchiuso nella sua camera traduce la Bibbia per tre giorni e tre notti consecutive senza toccar cibo e gli altri sono in ansia per lui, Theobald è sicuro e tranquillo : (( Ist er allein ? Ist nicht Gott bei ihm } Treibt er nicht Gottes Werk ? ». Gli altri lo vorreb- bero trattenere dal recarsi a Worms; egli lo incoraggia e sorride : (( Wenn es Gottes Werk ist, kann es nicht unter- gehen ». Più tardi quando Lutero sogna della Vergine e dice : (( Es ist Teufelsblendwerk ! » egli gli risponde : (( Es ist Engelsblendwerk )). E quando lo scoraggiamento lo prende, egli ne sorveglia le forze:

Seid Ihr denn nicht ein Ritter? Herr, ich dachte, Ihr hattet euch im Doctor nur vermummelt, Und scheint nun mal auch wieder was Ihr seidl

E gli richiama in seguito la visione di Wittenberg in fiamme per scoterlo dalla pigrizia che lo ha vinto. E lo scote infatti:

LUT. Komm', denn es pressi mich, komm', ich muss ins Weite!

Theob. Wohin?

LuT. Wo Gott mich ruft, nach Wittenberg.

250 Zacharias Werner

Una simile posizione ha Therese presso Katharina. Quando questa deve venir cacciata dai chiostro e tutte le suore si sono allontanate, Therese sola le resta fedele e condivide con lei la solitudine della cella. (( O da lebt sich doch fròhlicher in unseren stillen Zellen ! » E sempre le ricorda che essa deve essere « dem guten Heiland Ireu », e sempre la invita a far pace con se stessa. Katha- rina ha veduto Lutero e lo adora ; essa le rinfaccia : (( Tu hai voluto predicare mentre dovevi pregare, ora sei punita ».

Geh' weg ! Die Blumen da ! sie slnd mir lieber, Sie sind dem Heiland doch getreu.

Katharina esclama : (( Ich habe ihn gefunden ! » ed essa gli risponde : « Ist es auch der rechte E solo si tran- quilla quando vede che Katharina ama Dio in Lutero e che nulla vi è nel suo amore che non sia divino. E il suo influsso si estende anche su Lutero, che sulle sue parole così si esprime: a Wohl tat es mir, w^ie ein Psalm». E il Werner scrive di lei nel prologo in termini analoghi.

Col sorgere dell'amore nell'anima dei due che essi assi- stono, la loro esistenza nel dramma non ha più ragione alcuna. E il Werner li farà morire. S'intreccierà perciò anzitutto una storia d'amore fra di essi che causerà la morte di Therese. Fede ed arte si integrano a vicenda, si ispi- rano l'una all'altra e non possono andar divise : Theobald e Therese, appena si vedono, si sentono attratti l'uno verso l'altro e si amano (53). Costretti a separarsi, non faranno più altro che sospirare l'uno verso l'altro. Therese si sente superflua a Katharina, sente che oramai altri ha preso il

(53) Teichmann, cit., p. 311.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 251

posto che essa aveva nel suo cuore : (( Du hast deinen Stem )), le dice, sebbene sia sempre affettuosa e la curi e la assista, E così non vive più che di nostalgia per Theo- bald; non vive più che per i giacinti che essa ha piantato nel giardino, e che gli ricordano lui, perchè come lui, l'artista, riflettono l'azzurro del cielo. Tutta la sua vita diventa un sospiro e una preghiera. E un bel giorno Ka- tharina la trova distesa sopra i suoi fiori : essa esala nelle sue braccia l'ultimo sospiro: (( TTieo-bald » .

Therese muore prima di Theobald perchè l'amore sorge e si matura e si afferma in Katharina prima che in Lutero. Quando l'ora sarà giunta in cui Lutero e Katharina si uni- ranno, morirà anch'egli. Anch'egli, d'altronde, si allon- tana da Lutero internamente, a poco a poco, e anch'egli vive di nostalgia per la sua Therese. Non canta più a Lutero i canti che lo rianimavano; ascolta la melodia d'amore dolce e inesprimibile che continuamente in lui risuona :

Die kleine Pilgerin singt immer in mir.

Ode nella notte la voce di lei nella natura:

Und dorten ruft's aus Quellen, winkt's aus Biischen; Was flòtest du mir, Bergwind, hell und kiihl?

E Lutero è stupito, quand'egli ritrova ancor le antiche voci di conforto (54).

Il razionalismo uccide l'arte : Franz, il (( Bilderstiir-

(54) Ibid., p. 310-11. Il FrXnkEL discorre di Therese e di Theo- bald a pag. 83 e della « Theresen- und Theobaldhanglung » a pag. 23, ma non ne vede il giusto valore, la funzione che esse hanno nel com- plesso della tragedia.

252 Zacharias Werner

mer)), il falso luterano, lo uccide, ed egli muore sospi- rando la sua fanciulla : (( Theou-rousa » !

* * *

11 Werner rappresenta nel suo dramma, accanto a questa storia intima, anche la storia esterna del suo eroe. Se per la intima vicenda egli si era consciamente allontanato dalla storia :

Sey in der Chronik nichts davon zu lesen, Nicht ihr, dem Ruf des Innern muss Ich folgen ; Was im Gemiit gelebt, ist da gewesen (55),

le resta invece per questa parte esterna, in complesso, fedele (56). Naturalmente dovendo concentrare molti avvenimenti in più piccolo tempo e spazio di quello in cui essi erano avvenuti, non si lasciò inceppare dal timore di inesattezze e specialmente dalla cronologia. Anche senza voler rispettare l'unità di tempo, conveniva spesso rappresentare in una scena unica la parte drammatica di avvenimenti svoltisi durante una serie di giorni, e conveniva perciò mutar il luogo in cui essi avvenivano. Ma la sostanza è storica nei quattro momenti che svolge : abbruciamento della bolla papale a Wittenberg, andata a Worms e difesa della sua dottrina davanti al Reichstag, imboscata dei soldati del Churfiirst che Io trasportano alla Wartburg, ritorno a Wittenberg per porre un termine agli eccessi dei suoi seguaci, matrimonio con Katharina von Bora. Solo egli la rappresenta come gli fa comodo: lascia da parte

(55) Prologo.

(56) Frankel, op. cit., p. 57.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 253

le trattative fra Carlo V e Lutero, fa pronunciare il giu- dizio del Reichstag subito dopo l'arrivo di Lutero, fa far l'imboscata presso Worms, muta gli eccessi iconoclasti in una specie di rivoluzione sanguinosa che Lutero va a sedare, anticipa di tre anni il matrimonio. Fa parlare ed agire come gli pare diversi personaggi storici : ricorre per Lutero ai suoi scritti, combina il discorso di Lutero davanti al Reichstag con un colorito storico di verità, crea liberamente dove la materia storica manca. '

Così il dramma risulta dalla unione di due azioni prin- cipali : un'azione simbolico-intima e una azione storica esterna, che sono in rapporti stretti e continuati e si fonde- ranno completamente insieme nella catastrofe finale. Ad esse si sovrappongono due altre azioni secondarie (57): quella di Theobald e di Therese, di cui già si è parlato, e quella di Franz von Wildeneck, il discepolo entusiasta della nuova dottrina, il rappresentante di quell'indirizzo razionalistico in cui, secondo il Werner, il Protestantismo dopo Lutero degenerò (58). Egli ha forza ed ha amore; ma la sua forza è senza consecrazione e il suo amore non è celeste ma terreno; il cielo è a lui chiuso perchè l'egoi- smo delle sue passioni e della sua ragione lo rinserrano in un carcere da cui egli non può uscire. Egli fa della sua forza malo uso e ne è trascinato alla rovina ; innamorato di Katharina e respinto da lei che a Lutero ha dato tutti i suoi sentimenti, egli diventa furente, guida le turbe agli eccessi che Lutero dovrà con fatica calmare, uccide TTieobald

(57) Ibid.. Cap. II.

(58) Egli è veramente tale e non il freddo politico imperatore Carlo V, come il Frankel suppone. Così sfugge a lui il valore vero dell'azione di Wildeneck.

254 Zacharias Werner

scagliando nella sua furia la lancia contro il suo antico maestro. Le due azioni secondarie hanno l'intento di man- tener sempre vivo il contatto fra le due azioni principali.

II problema principale quindi, che il Werner doveva risolvere, era quello di unire i due elementi storico e sim- bolico in un organismo compatto e vitale. In tal modo egli avrebbe potuto anche addolcire il dissidio inerente alla concezione fra il simbolismo dell'azione di Theobald e Therese e il realismo del resto.

La tecnica, a cui egli ricorse, rappresenta un passo note- vole verso questa unione e ricorda quanto osservammo a proposito del Kreutz an der Ostsee (59). Nel primo atto vi è una scena di realtà storica dominata dalla figura di Lutero anche se egli ne è assente, poi una scena del chiostro dominata dalle figure di Katharina e di Therese : alla fine dell'atto Lutero e Katharina si incontrano per la prima volta. Nel secondo atto è dedicata parimenti a Lutero la prima parte e la seconda a Katharina e a The- rese : il terzo e la prima metà del quarto son dedicati alla esplicazione completa della personalità di Lutero e la fine del quarto atto, mentre la soluzione dell'azione di Theobald e di Therese, prepara in un nuovo incontro con Katharina il trionfo dell'amore, che avverrà nell'atto quinto. Il quinto atto presenta la crisi spirituale di Ka- tharina, che ha perduto Therese, la crisi di Lutero, che vede gli scandali a cui la sua dottrina condusse e perde Theobald; finalmente la consacrazione della forza per mezzo dell'amore con la scena finale fra Lutero e Ka- tharina.

Così le azioni principali e le secondarie si alternano

(59) Frankel, Cap. III.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 255

e si equilibrano con un ordine che in nessuna delle altre tragedie werneriane si trova e la struttura del dramma mostra una grande chiarezza.

Ma la fusione vera in un dramma organico mancò. Più che mai sentì infatti il Werner in questo dramma l'in- flusso di quel contrasto di tendenze storico e simbolico, che in parte era già riuscito a superare nella concezione del Kreutz an der Ostsee.

E rifece malgrado la maggior perizia scenica un passo indietro. Ritornò al procedimento della seconda parte dei Sòhne des Tales : sovrappose all'azione sto- rico-realistica una stuccatura di poesia romantico-simbolica.

La ragione ne fu nell'origine stessa del dramma. Era premuto da tutte le parti perchè si mettesse una buona volta sulle orme dello Schiller e componesse tragedie sto- riche ; lo Iffland insisteva perchè il lavoro riuscisse non solo drammatico ma teatrale ; da tutte le parti gli si imponevano ceppi e limitazioni (60). a Kònnte ich scrive il Werner allo Scheffner noch einmal wieder das Gliick haben auf Ihrem Sofà zu sitzen und mit Ihnen iiber die Leiden zu sprechen, die mir nicht etwa meine Feinde sondern meine hiesigen gelehrten Kunstfreunde aus der besseren Absicht zufiigen, Sie wiirden Tranen lachen miissen » (61). Così egli diede una importanza grande all'azione storica, una importanza così grande che l'opera gli rimase sempre fra le sue meno dilette; soleva dire che il Lutero era solo per la prima classe, mentre i Sòhne des Tales erano per la seconda, e il Kreutz an der Ostsee per la terza.

(60) «Blatter f. 1. U. », loc. cit. ; « Gesellschafter » , loc. cit.

(61) Ibid.

256 Zacharias Werner

e vi trovava troppa di quella che egli non riteneva vera poesia (62).

Inserendo poi dentro l'azione storica anche l'azione simbolica, vi volle seguire tutte le sue inclinazioni mistiche, e il suo romanticismo, che ha ora una improvvisa rifioritura, vi celebrò un vero trionfo. È il tempo in cui l'influenza del- VOctavianus è ancor fresca e perdura, è il tempo in cui egli legge e studia Novalis e lo esalta come uno dei massimi genii che la Germania abbia mai avuto : Jean Paul ha fatto a lui, Werner, troppo onore a ricordarlo ac- canto a questo santissimo fra tutti i poeti. Novalis diventa il suo maestro e i Lehrlinge zu Sais diventano il suo Vangelo : (( Wie ich unter alien neueren Heiligen nur den heiligen Novalis anerkenne, so kenne ich keinen an- deren Weg zur Heiligung als den in Novalis Zòglingen zu Sais von dem poetischen Schiiler ausgesprochenen, den des Gefùhls » (63). È il tempo, oltracciò, in cui egli viene a contatto diretto con taluni romantici e improvvise nuove fiammate di romanticismo e lirismo in lui divampano. Così egli non potè fare a meno di spargere « fiori di poesia ro- mantica » sopra (( la prosa del suo dramma storico, in cui aveva sepolto il suo genio » . Poesia della (( Sehnsucht » , poesia della natura in senso novalisiano, poesia che svolge immagini e motivi tolti alle arti belle, poesia di concetti mistici, religiosi, canti e fantasticherie costituiscono un arabesco continuo in cui il Werner sbizzarrisce la sua fantasia.

In questo modo il Werner invece di colmarlo scavò anche più profondo l'abisso già esistente fra i due ele-

(62) GUBITZ, ErUbnisse, I. 228.

(63) «Euphorion». 1895, p. 363.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 257

menti. Avendo scritto l'una e T altra parte cedendo a di- verse tendenze, quasi come se si trattasse di due opere distinte, egli trascurò di subordinare l'una azione all'altra, come il prologo prometteva e come la concezione stessa domandava.

L'azione storica non è infatti subordinata all'interna simbolica: anzi le due azioni non procedono neppure di pari passo, e, quando la prima raggiunge la massima inten- sità, la seconda invece è ancora nel suo divenire. Infatti leggete la scena del giudizio di Carlo V contro Lutero.

Der allein verehrend Die Gotthelt seines Ichs, garr nicht erkennt Dass er ein Strahl nur ist des ew'gen Lichts, Das sich in Myriaden Wesen spiegelt.

In quella scena del terz'atto, che è la pili fortemente dram- matica e la più teatrale, l'azione storica raggiunge il suo culmine per poi in seguito declinare; dimostra Lutero la più grande sicurezza di medesimo, della sua fede e della sua missione ; esplica Lutero la sua natura eroica. E tutto ciò accade prima che la consecrazione della forza per mezzo dell'amore anivi. Quando poi questa giunge, essa non compar più e il Werner aveva evidentemente mirato a un tale fine (si veda infatti il prologo) non compar più come l'elemento supremo indispensabile, per- chè l'uomo sappia resistere in tutti i frangenti : essa com- pare invece come una specie di coronazione finale degli sforzi da lui compiuti, come se Dio in premio delle sof- ferenze sopportate, delle lotte sostenute, dell'eroismo dimo- strato, dia a Lutero una moglie (64).

(64) Questo è il difetto fondamentale del dramma anche dal punto di vista tecnico, ciò che al Frankel sfuggì.

G. GABErn, // dramma di Z. Werner. 17

258 Zacharias Werner

Il lettore travolto dalla vicenda drammatica storica svolta quasi indipendentemente ha così l'impressione come se dopo la metà del quart'atto la tragedia vera sia finita, e tutto il resto sia un'appendice per lo meno superflua, che attenua e sbiadisce l'effetto dell'opera.

E la catastrofe finale quella che doveva rappresen- tare il vero « Hohepunkt » dell'azione tragica è arti- sticamente un tentativo mancato. Che essa fosse, nel con- cetto del poeta, il vero (( Hohepunkt » della tragedia, oltreché dal pensiero su cui il dramma posa, è dimostrato anche dalla accumulazione di delusioni, sotto di cui il Werner opprime il suo eroe. Lutero vede la sua dottrina falsata, divenuta fonte di sacrilegi e di sanguinosi mas- sacri, di colpe religiose e umane allo stesso tempo; egli vede ribelle Franz von Wildeneck, il discepolo un tempo prediletto, pensato come un nuovo Alexius; egli si vede ucciso Theobald, il fanciullo adorato che gli era stato guida e conforto. Ma questa crisi violenta è più interiore che esternamente drammatica, e produce la impressione di un pericolo minore di quello che egli già ha attraver- sato. E quando il Werner fa che Lutero pieghi sotto il peso di tanta sciagura, pieghi e disperi, voi non potete immaginar che ciò succeda dell'uomo, che già altre prove e ben maggiori ha saputo sostenere.

Oltracciò il Werner, giunto già all'ultimo atto, non potè più dare a tutti questi fatti una rappresentazione adeguata, di svolgimento tale che corrispondesse a quello che gli altri fatti ebbero. E schizzò le scene sommaria- mente, riempiendole di fatti, facendo che tutto precipiti a un tratto dietro scarsa preparazione come il crollare improvviso e inaspettato di un edificio.

E poco psicologicamente motivata, poco svolta restò

// dramma dell'utopia erotico-misiica 259

la scena stessa dell'innamoramento. Avete innanzi un uomo in cui un nuovo sentimento si apre la via fra ostacoli infi- niti interiori e esteriori; avete innanzi un uomo che da questo nuovo sentimento deve esser come ricreato verso una nuova vita; il Werner si sbriga di tutto ciò rapida- mente — perchè lo spazio gli manca.

E siccome l'arte di scolpire a grandi tratti scultori non è da lui posseduta, e una tale arte d'altronde avrebbe con- trastato al carattere generale dell'opera, così il Werner si accontentò di segnar la trasformazione nei suoi principali momenti e invece di darne una spiegazione psicologica, impostò fra Lutero e Katharina un dialogo intorno all'a- more. E il risultato del dialogo è che Lutero si lascia sposare e lasciandosi convincere della bontà del matri- monio — ritrova la sua forza perduta. Ma ha ritrovato veramente quella forza ? si chiede il lettore. Il dramma non presenta pili nessuna scena in cui quella forza ora consecrata si esplichi.

Così, concludendo sopra la Weihe der Kraft, se voi la considerate da un punto di vista critico, avete un dramma che, malgrado l'ordine e la chiarezza di costruzione non ha raggiunto una unità organica e, malgrado questo suo difetto, presenta invece frammenti, a cui nessuna vostra critica potrà mai togliere la bellezza e la vitalità che il poeta vi ha infuso; se poi la considerate dal punto di vista storico dell'evoluzione del dramma werneriano, vi trovate bensì dovuto a cause esteriori un momen- taneo ritorno verso una forma già superata, ma vi trovate pure per una parte una maggior perizia nel trattar questa forma e per l'altra parte un più cosciente sforzo di do- minar la materia trattata e di plasmarla secondo la propria concezione. Essa rappresenta un passo innanzi verso quel

260 Zacharias Werner

simbolismo che consiste soltanto nel valor tipico delle indi vidualità, da cui è rappresentata la storia.

IL

Più risoluto ^ncora e più fermo ci si presenta il tenta- tivo di continuar per questa via nel nuovo dramma Attila, Kònig der Hunnen, che prima di partire per Vienna il Werner compose in Berlino, per incitamento di Johannes von Miiller, che aveva scelto quell'argomento per una sua trattazione storica, ristampata anonima in quello stesso anno 1806 (65). Il dramma ha come motto: (( Cui omnia unum

(65) Attila, Kònig der Hunnen, Berlin, 1806. Per i rapporti del Werner col Muller in questo tempo cfr. il cit. Briefwechsel del Miiller edito dal Maurer - CONSTANT, IV, p. 389 e seg. Il Werner ricorda al Muller V Attila anche anni dopo, v. ibid., VI, 112. Io credo tut- tavia, sebbene il Werner non ne faccia ricordo nelle sue lettere, che egli si sia servito anche del volume di D. Fessler : Attila, Kònig der Hunnen, Augsburg, 1803. È una abbondante raccolta di materiali con precisa indicazione delle fonti : da esso potè il Werner esser ri- mandato alla Histoire generale des Hans del De Gingues, voi, I, parte II, Paris, 1793, all'articolo del NachtigaL nella «Deutsche Mo- natschrift », 1792 (Aprile e Maggio), agli Annales Veteres Hun- norum etc, editi dal Pray, Vindobon., 1761, al volume di F. C. Fischer, Sitten und Gehrauche der Europder im fUnften und sechsten Jahrhundert; a quello del GaTTERER, Versuche einer allgemeinen Weltgeschichte bis zur Entdeckung Americas; e a quello del KrauSE, Geschichte der wichtigsten Begebenheiten des heutigen Europas, voi. Se il Werner li abbia consultati non è possile accertare perchè il ma- teriale che in essi si trova è accuratamente raccolto dal Fessler, ed elaborato dal Muller, che furon fonti dirette. Certo invece egli ricorse alla quarta parte delle Ideen zu einer Philosophie der Menschheit dello Herder, e alla traduzione tedesca della History of the decadence of the romish Empire del GlBBON. In tutti questi libri si trova rispecchiato quel contrasto, per cui la leggenda c^i Attila ebbe nei paesi germanici

// dramma dell'utopia erotico-mistica 261

sunt et omnia ad unum trahit et omnia in unum videt, potest stabilis corde esse et in Deo pacificus remanere » (Thom. a Kempis, I, 3).

e in paesi latini così opposta elaborazione. Mentre la figura spettrale e tremenda del re Unno comparve nella leggenda nostra come barbara e selvaggia, simbolo supremo di quella smania di distruzione che parve alla fantasia popolare essere il maggiore stimolo delle invasioni bar- bariche, in Germania invece Attila parve il vendicatore mandato da Dio a punire il popolo romano degenerato e vizioso, simbolo della razza germanica vincitrice e trionfante, ringiovanitrice e ravvivatrice della umanità esaurita e stanca, creatrice di nuova civiltà.

Non solo questo nella leggenda antichissima, che, innestandosi al mito dei Nibelungi, lo complicò nella storia che il grande poema ci offre, nella stesura che ne possediamo, ma anche nella età moderna e nei tentativi storici. Gli entusiasmi per il medio-evo del tempo imme- diatamente anteriore al Werner, avevan portato a quella esaltazione del Germanesimo che ha tanta parte nelle Ideen dello HERDER e nella Litérature di MADAME DE Stael. Attila parve non un barbaro ma un eroe : gli si attribuirono qualità che Etzel possiede nella leggenda epica e si spiegò la fama di barbarie che ebbe nei paesi latini, come un effetto dello sgomento di una gente molle e effeminata di fronte a un uomo giusto, fiero, attivo, sano ; come un effetto del pavido tremore del vinto, che è meritevole della sua sconfitta, di fronte a un vinci- tore, che è meritevole della sua vittoria. E la storia tedesca conchiuse, come la leggenda, che Attila fu un « flagellum Dei», ma non per la sua ferocia, sibbene semplicemente per la sua giustizia.

Il dramma del Werner potè sorgere precisamente p)erchè questa era la figura che alla sua fantasia si affacciò dai libri che egli lesse e consultò: «Attila wusste die Tugend zu schatzen... er verachtete Pracht und Reichtiimer... scine Regierung war sanft und gerecht, er beschiitzte jedermann bei seinem Eigentume, hielt taglich Gericht unter freiem Himmel und suchte sein Recht jedem, so wie er es verdiente, offentlich zuzuteilen». Il Fessler riproduce questo giudizio in cui il Fischer, il Gatterer, il Krause, lo Herder si accordarono e lo fa suo.

L'influenza del Fessler sull'organismo del dramma Werneriano pare a me non solo evidente ma essenziale. Non solo la tendenza generale dell'opera conduce a questa affermazione, ma anche il raffronto di molti particolari. Si confrontino, ad esempio, i ricordi della giovinezza di Aetius e di Attila nel dramma con la seguente descrizione : « Selige

262

Zacharias Werner

Questa volta il Werner compose la sua tragedia nuo- vamente seguendo soltanto le sue tendenze. Il Miiller, che ne aveva suscitata Tidea e assistette alla composizione, era stato sempre egli medesimo incline al misticismo e ora nella famigliarità col Werner stava attraversando un nuovo periodo mistico : il sonetto che il Werner gli dedicò mostra che la sola influenza che il Miiller dovette eser-

Aug^nblicke der Weihe und Begeisterung waren fiir Ihn die Stunden an welchen ihm Aelius die Ursachen entwickelte, die zur Vergrosserung der alten Romer so màchtig mitgewirkt hatten... Aber bald ver- schwand der Taumel seines Entziìckens als ihn sein Freund mit dem ver- derbten Zustande seiner Zeitgenossen bekannt machte, etc. » (Fessler, cit., p. 76). E si confrontino i lamenti di Aetius sulla condizione di Roma con il brano seguente in cui Aetius descrive nel Fessler (p. 77) la sua città : « Die entnervten Enkel der alten Romer konnten die schwere Riìstung ihrer Vater nicht mehr ertragen, ihren zarten Schultern war der romische Panzer zu schwer, ihre an Tàndeleien gewohnten Hànde konnten den Schild nicht mehr tragen... Sklaven der Tràgheit und Gebrachlichkeit, weigerten sie sich ihre Lage zu befestigen oder ihre Stadte zu verteidigen » . La descrizione della corte di Placidia imperatrice è presso lo storico e presso il poeta identica, è identico l'episodio dell'incontro di Aetius e di Attila : quando Attila si vide tradito dall'amico « sein reines Gefiihl der Rechtsschaffenheit emporte sich, doch heilig waren ihm noch die Pflichten der Gastf reundschaf t » . Già il Fessler racconta la uccisione di Bleda, mostrando quali riverberi essa abbia avuto, e già anch'egli cerca di spiegare la psicologia di Hildegunde dalla uccisione di Walther. Anche l'incontro di Attila con papa Leone è trattato diffusamente e la vignetta del frontispizio ripro- duce la scena dal quadro raflFaelliano.

Il Werner ha tolto al Miiller e più ancora al Fessler, che era più diffuso e ampio, tutta quanta la materia della sua opera : di suo vi portò lo spirito nuovo con cui vide e svolse l'azione del suo dramma : le divergenze di essa dalla storia o almeno da quanto allora pareva storia non mancano, ma non sono molto grandi, e rese sempre necessarie dal pensiero da cui egli moveva alla composizione. Sopratutto venne al- terata da lui la storia di Honoria : oltracciò egli fece di nuovo quella condensazione di fatti diversi in breve limite di tempo che era neces- saria ai suoi scopi artistici.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 263

citare su di lui, fu nel senso che egli sempre più lo per- suase come l'idea in opera di poesia deva scomparir in una visione di vita ; il Werner gli dice infatti :

Des ewigen Schicksals Ràtsel sckeint gedeutet, Wenn, Gottgesandt, Johannes, die Geschichte, Der Gottheit Kind, du taufst mit Geist und Feuer (66).

E il dramma mostra realmente tutta l'attenzione del Werner intesa verso un tale scopo: approfondire la psico- logia di anime che vivono una mistico-romantica vita.

Le idee da cui il Werner parte sono ancora quelle già note : la vita concepita (67) come un problema erotico, la forza che ha bisogno della consecrazione dell'amore e perchè è fatalità che tutto ciò che è mondano sia condan- nato a deperire dopo aver dato i suoi frutti, poiché quel deperimento non significa annichilazione ma rinascita, l'a- more che raggiunge nella morte il suo scopo. La tragedia riposa quindi, assai più ancora che la Weihe der Kraft, sopra pensieri w^erneriani, perchè taluni di questi, che ora ritroviamo, erano stati- esclusi dal dramma su Lutero per la natura dell'argomento stesso (68).

(66) Ausgewàhlte Schriften, I, p. 127.

(67) VlERLING, appendice, lettere a Johanna Rink, p. 12-13.

(68) Manca infatti nella Weihe der Kraft l'idea dell'amore nella morte. Alcune osservazioni suW Attila fa il FranKEL dal punto di vista tecnico dell'op. cit., passim. Superficialmente discorse anche di questo dramma il Werner nel « Literarisches Echo», 1909, in un articolo: « Attiladramen » . Il meglio sull'argomento è ancora nel MlNOR, op. cit., p. 44.

U Attila è il solo dramma Wemeriano per cui manchino quasi com- pletamente informazioni epistolari, V. in TeichMANN, op. cit. e nei «Blatter f. 1. U. », loc cit., le lettere della fine del 1806 e del principio del 1807. Vi si trova se non altro una eco della disposi- zione d'animo in cui il Werner si trovava all'epoca della composizione.

264 Zacharias Werner

Ciò che deve ora cadere è la potenza dell'Impero romano. La sua missione è terminata: doveva diffondere pel mondo, fra le genti barbare la civiltà e il sapere, sve- gliare le coscienze ancora smarrite nella cecità degli istinti d'una natura primitiva. Ma la potenza sua divenne fine a stessa, degenerò in tracotanza, si insozzò nell'ingiustizia; tutto il mondo non fu più che un giocattolo con cui Roma baloccava stessa; tutti i popoli soggetti non ricevettero più dalla forza sua virtù vivificatrice, luce, stimolo a pro- gredire e a svolgersi: furono sfruttati invece, fatti schiavi, trattati come tali contro ogni diritto e contro ogni onestà. Roma non esistette più per essi ; essi esistettero invece per Roma. E Roma, per tener salda la sua potenza enorme, non dubita di ingaggiare e sostener nuove guerre, e le nuove battaglie e il nuovo sangue versato non furono più a servigio dell'umanità, ma a servigio di pochi uomini che trovavano così il mezzo di soddisfare le loro libidini, i loro vizi, i loro piaceri. Sperperavano milioni per il godimento di un giorno e quei milioni erano il frutto del lavoro di uomini che ora erano affamati, spogliati di tutto. Attila dice ad Heraclius, il rappresentante di Bisanzio, che ha commesso le stesse colpe di Roma :

Ihr habt gelogen, habt mir das Gebiet,

Das mir versprochen war, nlch eingeraumt ;

Ihr habt die Treue, mein Volk, die Welt verletzt !

Ich bin der Liigen miide und eurer Frevel !

Il vescovo Leone volge alla corte imperiale gli stessi ammonimenti :. Attila é mandato da Dio per punire le loro colpe. Essi han deviato dalla loro via e devono essere puniti :

Du hast, so spricht der Herr, rebrochen mir den Schwur, Du, falsche Roma, hast zerstòrt der Menschheit Grund,

// dramma dell'utopia eroiico-mistica 265

Derni worauf das Gebau der Menschheit niht,

Drei Pfeiler : Wahrhelt. Recht und Klarheit sind es nur.

((Wahrheit, Recht, Klarheit». Che è ormai rimasto di tutto ciò ? E questa era la condizione della forza. Solo colui è forte, che compie Topera che gli è stata affidata e non si infiacchisce nell'ozio e nel godimento. Finché Roma fu ciò che doveva essere, e gli uomini ponevano intera- mente se al servizio della causa comune, Roma era stata invincibile. L'egoismo ha ora prevalso; non si cerca più che il proprio piacere : tutto il resto è nulla. Roma diventa imbelle; oramai è una « entkràftete, verruchte, blutvoll- gesogne Roma)). Anche Ezio lo riconosce, l'unico uomo rimasto forte, sebbene sia stato travolto dalla sua ambizione nella corruzione generale.

Wo ist denn Rom? In diesen Steinkolossen?

Rom ist wo Ròmer sind Wo sind nun Ròmer?

Dei Romer lebte, starb fur's Vaterland :

Wir leben, sterben keiner weiss wofur !

Der Romer zog vom Pfluge zum Triumph ;

Wir fliehen aus der Schlacht zum Schwanenlager !

Sie lebten wirklich, darum starben sie !

Wir sterben eh' wir leben 's ist bequemer (69) !

Attila è il flagello di cui Dio si serve per abbattere la potenza che non è più forte se non di male e di peccati. Vi è una evidente analogia colla Weihe der Kraft,

(69) Nella pittura di Roma è evidente l'influenza della Corinne di Madame de Staél. influenza che fu assai grande sulla concezione che il Werner ora si fece dell'Italia. Cfr. su questo argomento il mio ar- ticolo : Italien in Zacharias Wemtr$ Leben und Dichten.

266 Zacharias Werner

dove Lutero sorge a rigenerare l'umanità dalla sua degene- razione. 11 modo però, come il Werner fa sorgere ora in Attila l'uomo che compie questa missione, risponde di più alla sua sempre piìi forte tendenza: esso non è più miracoloso mistico. Il Werner é conscio di doversi man- tenere fin da principio nei confini della vita terrena. Il modo, con cui egli fa che il suo eroe diventi il flagello di Dio, é infatti un modo naturale. Attila è la coscienza del- l'umanità che si sveglia (70). Troppo tempo fu ferita e tor- mentata e sofferse : ora lentamente il gigante si drizza, scote i ceppi e abbatte chi glie li impose. Attila é una personalità eccezionale, in cui questo risveglio é stato in corrispondenza di questo suo carattere più risoluto e forte che negli altri suoi contemporanei. È una forza ver- gine, un germano ancor barbaro, in cui la voce della natura si fa sentire con tutta la sua irresistibilità e con tutta la sua chiarezza. Sente di essere forte; ha vinto i Sarmati, é stato proclamato re dagli Unni ; la sua anima é gigan- tesca come il corpo suo e il corpo dei suoi soldati. L'im- presa titanica che gli sta innanzi non lo sgomenta : lo attira. È nel combattimento che la sua forza gladiatoria si può esplicare. E oltracciò egli ha coscienza di non combattere per sé, ma per il mondo. Pensate a Don Carlos e ai suoi entusiasmi di libertà, quando Attila racconta la sua giovi- nezza e i suoi sogni (( von Menschenrecht, Gefiihl und Pflicht und Tugend », quando vi narra il giuramento che egli fece al giovane amico e compagno d'armi Ezio:

(70) Per il VlERLING rimane V Attila un libro completamente chiuso. Egli parla, op, cit., p. 184, di « appetits brutaux que représente le rei des Huns » .

// dramma dell'utopia erotico-mistica 2Ò7

Da tratst du zu mir, lagst an meinem Herzen : Du, Relter deines Volkes, so riefst du gliihend, Sey auch der Menschheit Retter stiirze Rom ! Da schwor den Gòttern ich und dir den Schwur; Mein ganzes Dasein, alle Lebensfreude Zu opfern, um der Menschheit blut'ge Rache Und Recht zu schafFen an der Welttyrannin.

La ferocia, che la leggenda latina aveva addensata nel- l'anima sanguinaria e selvaggia del re Unno inebriantesi della sua propria forza, dilegua ; feroce appare egli ancora ma in pari tempo giusto, e meglio che di ferocia dovete parlare di inesorabilità. Ha una sua idea naturale di giu- stizia e annienta tutto ciò che vi contrasta. Annienta perchè crede essere suo dovere, essendo egli la spada di quella giustizia. Wladimir, che egli ha amato sempre e ama come un figlio, è spergiuro : glie ne duole profondamente : (( Du tat'st mir das?», ma non piega. ((Abbracciami», gli dice, dopo che lo vede confesso e pentito, e ordina di farlo squartare da cavalli. Non è che gli manchi il cuore; lo mostra quando non ha da andar contro l'idea a cui ob- bedisce. Lo stimolano ad ammazzare dei cittadini inermi ed egli uccide di una sciabolata l'Unno che insiste sul suggerimento. Lo stimolano ad annientare una comunità cristiana, ed egli risponde:

Ist mein Beruf den Unbewehrten morden? Ihr habt behaartes Herz, Ihr Burgunden!

Infuria, quando sa che i soldati suoi saccheggiarono Ravenna :

Wer in Ravenna GeplUndert, wird vor Abend noch gespiesst!

268 Zacharias Werner

Walamir gli osserva che essi furon valorosi : (( Miisst ihr als Menschen dr*um die letzten seyn ? )) Vuol diffondere i due principii della morale sua: verità e onestà. Sono i due principii in cui per lui Tuomo della natura tutte le regole della vita si riassumono. Ed è incrollabile nel suo proposito : una nella sua assolutezza selvaggia per- sonificazione dell'imperativo categorico.

Quella porpora che indossa e che lo fa ministro della eterna giustizia gli pesa : « Es ist schwer Gottes Geissel zu sein ! )) Non vive che di quel precetto che trova scritto nella sua coscienza, ma porta la sua potenza come una croce che il destino gli ha addossata : non conosce più la gioia e il piacere della vita. L'uomo, che s'agita in lui, è atterrito dal programma che il re si è imposto. Ed è triste. « Sey froh, du Starker » gli grida Edecon, il suo maestro : egli sorride amaramente : (( Froh und cine Geissel! Und so einsam und allein ! » (71). Sospira un istante di sosta, in cui egli possa dimenticare se mede- simo : (( Ich mòchte heute v^ohl ein Stiindchen nicht Kònig seyn ich mòchte ein Weilchen nur mit mei- nem Buben spielen ! » (72). Ma, nella rigidezza sua, gli pare ogni debolezza di sentimento un peccato: un le-

(71) Il motivo della tristezza dell'isolamento incomincia ad affac- ciarsi ora, naturale riverbero della separazione dalla moglie (Cfr. in proposito lettere a Johanna Rinic nel VlERLlNG, op. cit.. Appendice, p. 17 e segg.). Nei drammi posteriori il motivo acquisterà un'importanza sempre più grande.

(72) Cfr. ibid., 20: « Glauben Sie dass ich nicht fiihle vf&s ich entbehre und was ich opfre ? »... « Aber da muss ich sein wo ich notig bin und tun was ich soli » Nella esaltazione fantastica in cui vive, il Werner sente ora se stesso come uno schiavo della sua missione : è il sentimento medesimo che egli ha trasportato in Attila.

dramma dell'utopia erotico-mìstica 269

game che si lascia imporre alla sua libertà. Libero è solo colui che sa lo scopo a cui deve tendere, e va verso questo scopo, senza lasciarsi arrestar dalle seduzioni che lo vor- rebbero trattenere per via : libero è colui che vince le se- duzioni. (( Mach' dich frei dice ad Aetius, l'amico della sua giovinezza sonst muss ich dich verachten ! » .

Ed egli va, chinando talvolta il capo, per la sua via: (( Ich will gehen, wohin ich muss! ». L'immagine di Na- poleone passava certamente dinanzi alla fantasia del poeta, quando egli creava questa volontà di ferro e dipingeva questa attività senza posa e senza tregua, che aveva qual- cosa di soprannaturale. Anche Napoleone pareva al te- desco e mistico poeta un flagello mandato da Dio per pu- nire l'umanità : qualcosa di soprannaturale pareva balenare (( in quel piccolo corso dallo sguardo d'aquila, che non sa- peva che cosa fosse il riposo e la pace, e, dopo di aver sedato la rivoluzione, trasformato la Francia, ed essersi as- soggettata mezza Europa, continuava la sua opera senza arrestarsi mai, senza mai sostare un istante sui suoi trionfi ! » (73).

Il Werner innesta a questo punto nella storia di Attila la sua teoria dell'amore, come per Lutero aveva fatto. Manca difatti ad Attila, come mancava a Lutero, l'amore. Egli è la forza, non ancora consecrata. E perciò egli erra.

(73) Per riguardo a Napoleone la rappresentazione venne proibita a Vienna dalla censura nel 1807. Briefe von und an J. v. Miìller, cit., VI, 110. Il frammento deWAllemagne di MADAME DE Stael, che è dedicato diìV Attila werneriano, è scritto in parte con inten- zioni polemiche : esso venne pubblicato a parte e divulgato in opuscoli a scopo politico. Alle Biblioteche di Ginevra e di Zurigo se ne trovano esemplari.

270 Zacharias Werner

Non ha l'amore e pecca contro di esso. Ben si sforza di rendere ad esso giustizia. Due amanti gli son condotti in- nanzi non uniti da legittime nozze : egli condanna la fan- ciulla a morte: (( Was soli sie leben, wenn ihres Lebens Bliite Unschuld wich?». Ma, mentre la fanciulla è fe- lice che l'amante suo resta in vita, il suo amante chiede di morire per lei. Attila assolve tutti e due. Gli vengon condotti innanzi due adulteri: la donna era stata unita in matrimonio contro sua volontà : egli condanna l'uomo perchè ha tradito l'amicizia rubando all'amico la donna che gli apparteneva, assolve la donna perchè il suo ma- trimonio davanti a Dio non era valido. Eppure egli ha pec- cato e pecca contro l'amore. Ha ucciso l'amante di Hilde- gunde, Walther, perchè gli si è ribellato, ed ha assunta Hildegunde a sua amica. È stato un delitto, perchè egli ha separato ciò che Dio aveva unito. Ma non basta. Egli sente la nostalgia del vero amore nel suo animo e mal- grado ciò fa di Hildegunde la sua amante. E Hildegunde è la morte. Anche per questo particolare il Werner è riu- scito a concretar la sua idea in un conflitto d'anime. Hilde- gunde è la morte, perchè essa è per Attila l'amore terreno.

II Werner svolge l'idea e il fatto con una psicologia geniale. Hildegunde non ha perdonato ad Attila. Aveva amato Walther in vita: lo ama ancora dopo la morte e non vive che per lui. Un istinto selvaggio si solleva nella sua natura primitiva: la vendetta. E non vive più che di quel pensiero. Pensate ad Elettra nel rifacimento di Hoffmannsdìal : tutta la vita non è più che una attesa acre che quell'ora arrivi. E la fantasia sovreccitata si aggira continuamente intomo a quell'istante, che le darà la su- prema voluttà.

Una vita malata, d'inferno.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 271

Seither kann ich nicht mehr weinen, Nicht mehr schlummern, noch mich f reu'n ; Morden kann ich nur und denken.

Una voluttà di sangue irrita i suoi nervi esaltati verti- ginosamente. Hildegunde è, come Amleto nel IV atto della tragedia Shakesperiana, raffinata nel suo desiderio di vendetta: potrebbe uccidere Attila ogni istante, perchè Attila ha in lei la maggiore confidenza e non ha alcun sospetto. Ma non vuole: Attila è giusto, morirebbe inno- cente e la morte lo redimerebbe davanti a Dio. E questo non deve avvenire. Attila deve morire come un delin- quente, deve morire dopo di essere stato ingiusto, dopo di essersi insozzata l'anima di una qualche grave colpa. L*ora più atroce, che Hildegunde ha passato, è stata quella, in cui Attila era stato ferito in battaglia e correva pericolo di vita. Sarebbe stata una morte da eroe: e Hildegunde lo ha curato con un'ansia ineffabile, continuamente : Attila doveva vivere per la sua vendetta :

Nein! Erst wiege ich ihm den Geist in Schlummer, Mach' von Mut und Ubermut ihn tranken, Und, den Sinn des Klaren ihm verdunkelnd,

Alles rach' ich dann, und, treu dem Schwure, Weih* ich den, der ali mein Gliick geraubet, Nicht dem Tode bloss, der schnell verschwunden, Nein, ich sturz' ihn in die ewigen Gluten !

La sua anima s'inacerbisce : essa diventa implacabile. Il dolore altrui non la intenerisce: pare anzi che ci trovi una voluttà acre. Essa diventa il demone di Attila che talor s'adombra. ((Weib, du bist fast wie mein bòser Dàmon !». Ma essa gli mostra fedeltà e devozione, ed egli s'arrende.

272 Zacharias Werner

Ha bisogno di aver qualcuno per concedersi un po' d'effu- sione, per ridiventare un momento uomo e ristorarsi a alla fonte della vita, all'affetto ». Ed essa è che lo incita a in- ferocire contro i cristiani inermi, contro i cittadini fatti prigionieri; essa è che gli ricorda il fratricidio che egli ha compiuto nella persona di suo fratello Bleda ribellatosi, e glie lo ricorda per turbar la sua serenità e la sua giu- stizia equilibrata; essa è che lo stuzzica perchè uccida Aetius, l'amico suo che lo tradisce : (( Du zauderst noch ? » (( Bei alien Gottern, Herr ! » ; essa è che cerca di in- durlo ad affrontare papa Leone : (( Ha, Kònig ! Glaub* ihm nicht ! den Tod ihm ! ». Così vive Hildegunde, cinta la mente di fantasie sinistre, e tesse la sua tela che tra- scinerà nella morte Attila e lei egualmente (74).

Attila vince la tentazione e resta giusto. Papa Leone gli dirà per provarlo ancora : (( Uccidi Hildegunde se non vuoi essere ucciso : solo in tal modo puoi salvare te stesso » . Ed Attila resiste. Quella donna gli ha salvata la vita ed egli ha dei doveri verso di lei. Sarebbe un'ingiustizia. Lo affanna il pensiero di non cader da eroe sul campo della battaglia su cui ha passata la vita, di morir per mano di una donna. Ma attende. Se deve perire, perirà. Altri con- tinuerà la sua opera :

Sie hat an mich ein Recht des ew'gen Danks ; Das Unheil trag' ich, Unrecht ub' ich nicht.

(74) Dal suo punto di vista crìtico - realistico non intese la psiche di Hildegunde il MlNOR, che la paragonò ad Herìbert e al Priore dei Sóhne des Talesl La complessa anima malata, di cui ora parlammo, gli sfuggì completamente ed egli la definì : « halb Hamazone, halb Teufel», op, cit., p. 44.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 273

Attila resta puro. Ed è per ciò degno che l'amore lo consacri prima che muoia. « Den Reinen ruft die Vollen- dung», ed egli raggiungerà l'amore. E l'amore sarà il premio in vita della sua opera di abnegazione e di giustizia.

L'amore è Onoria, principessa di Etruria, figlia di Pla- cidia Augusta, la reggente madre di Valentiniano, mino- renne imberbe imperatore di Roma. La concezione del- l'amore del Werner si riflette qui di nuovo come nella Weihe der Kraft in tutta la sua chiarezza. Onoria non sa come l'amore si sia in lei acceso: non ha mai veduto Attila e arde d'amore per lui. Il Werner anzi concreta con una precisione anche maggiore le sue teorie androgi- niche: l'amore ha origine in Dio nell'attimo istesso in cui il suo pensiero crea due nuove persone viventi. Papa Leone lo spiega alla giovinetta ignara : (( L'amor tuo è nato

Als Gott den Attila und dich gedacht,

Und der Gedanke Leben ward auf ewig » (75).

(75) Cfr. nelle lettere a Johanna Rink, cit.. p. 17-18, analoghe fantasticaggini fatte dal Werner su stesso : Johanna Rink deve dire alla sua ammiratrice « dass er nie ein andres Wesen geliebt hatte und lieben konnte als die eigentliche Hàlfte seines Wesens » . « Ich wiirde ewig ihr Freund, Bruder, Meister, kurz, alles sein, was der Mensch einem Wesen, welches nicht die Hàlfte seines Wesens ist, sein kann » ecc.

11 KÒBBELING nel Cap. IV del suo volume : Kleists « Kàtchen con HeilbronnD, Halle, 1913 («Bausteine z. Litgesch. », 12) vorrebbe ricondurre queste i^ee, sia pel Kleist, sia pel Werner, a una in- fluenza del Wieland. Ed è verissimo che il Wieland, nel suo sen- timentale ellenismo, ha tolto al Convivio di Platone l'idea che in tono scherzoso vi svolge Aristofane ; ma il Wieland non ne fece la base della sua concezione e se ne servi soltanto a guisa di similitudine : la motivazione sua è sempre sentimentale soltanto, limitata alla psico- logia attuale degli uomini di cui parla. Pel Werner credo anzi

G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 18

274 Zacharias Werner

Esiste in Onoria una irresistibile « Sehnsucht )) verso di lui. Ci pensa e non se Io sa spiegare:

Doch diese Liebe fiir das Korperlose

. fiir leere Luft

Wie sie ein Morgentraum phantastisch ausschmiickt Was ist das diese Sehnsucht nach dem Nichts?

Non se lo sa spiegare, ma la « Sehnsucht )) è irresistibile. Tutto ciò che essa ode di lui le pare (( herrlich und schòn » : le pare che egli stia (( so gross allein in kleiner Welt! ». Già prima che sapesse di lui, se lo rappresen- tava quale egli ora le appare nei racconti di coloro che lo hanno veduto e che gli hanno parlato.

Anche Attila ha la stessa (( Sehnsucht » verso di lei. Hanno spogliato per ingordigia Onoria del principato che le spetta : egli non l'ha mai veduta, ma si sdegna e muove guerra a Roma per obbligarla a restituire ciò che non le tocca. Anche a lui compar l'immagine di Onoria che non ha mai veduta. Anch'egli non sa ren- dersene conto : e, uomo che non bada se non al concreto e non si cura delle ombre, ci sorride pensandoci.

Es ist nur ein Schattenbild ; Es làchelt mein Verstand ob meinen Traumen, Von etwas was ich seibst im Traum nicht sah.

che si debba escludere un influsso Platonico vero e proprio ; questo esistette sopra i romantici certamente (v. L. ZuRLINDEN, Platonische Einfliìsse auf die deutsche Rorrìontik, Leipzig, 1910), ma il Werner fu sempre lontano da ogni studio classico.

In conclusione io ritengo, che, anche in questa estrema formulazione che le teorie androginiche del Werner ottennero, gli unici influssi siano stati quelli di Bòhme, della setta herrenutistica e massonica, e dei romantici : anzi che questi medesimi influssi non siano stati sostan- ziali, perchè noi non ci troviamo dinnanzi se non a corollari di quelle idee mistiche generali che già conosciamo.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 275

Ne sorride: eppur non se ne sa liberare. Quel nome gli risuona talora neiranima.

Ed egli lo confessa ad Hildegunde stessa. 11 sentimento che egli prova pensando a lei è più profondo e diverso da quello che egli nutre per Hildegunde.

Zwar offen muss ich seyn bei jenem Namen Empfìnde ich mehr noch ja, unendlich mehr; Es zieht zu ihm mich hin und ab von dir.

Egli l'ha chiesta in isposa e verme rifiutato. Ed ora che egli scende in campo contro di Roma, ora è anche il pensiero di lei che lo fa così risoluto e inamovibile. Ne questo sentimento s'acquieta col tempo, anzi con le nuove vicende si accresce.

Attila essendosi mostrato degno di lei, si uniranno. Prima che la sua ultima ora scocchi egli si troverà con Onoria :

Nebel schwinden, Sterne scheinen, Ewig muss sich Eins vereinen.

La (c Weihe der Kraft, la consecrazione della forza morte finalmente giunge.

Att. Wahr ist das Lied... Jetzt bin ich ganz durch dich ! HoN. Wahr ist der Christen Glaube Du tust genug fiir mich ! Att. Honoria ! Die Palmen weh'n zu Dir !

La elevazione spirituale di Attila è compiuta. E la morte finalmente giunge .

276 Zacharias Werner

* *

La forma che la leggenda di Attila aveva, complica e completa la storia ora narrata (76), introducendovi di nuovo quella lotta fra Paganesimo, Cristianesimo degenerato e Cristianesimo vero e quella vittoria del vero Cristianesimo che già il Werner aveva fatta soggetto di tragedia. La corte di Roma si sente imbelle di fronte alla forza Unna. Gli Unni giungono a Ravenna e continuano risoluti la marcia su Roma. Invitato e pregato dalla corte imperiale di salvare Roma, papa Leone, preso con se il Sacramento, va incontro ad Attila. E una misteriosa potenza agghiada quell'uomo che mai non era indietreggiato davanti alla morte e davanti agli eserciti nemici. Una figura gigantesca, enorme gli appare nel cielo, che ne è tutto riempito: il capo di vegliardo è cinto da riccioli d'argento e porta su se un tempio d'oro ornato di perle, la destra brandisce una spada di fuoco e di fiamme, la sinistra tiene due chiavi risplendenti come Raffaello dipinse in uno dei suoi quadri più noti. E papa Leone annuncia : Roma non deve essere distrutta : solo l'impero deve cadere. Roma è eterna : quella che era la sede dell'impero romano deve restare per diventare la sede della Chiesa Cristiana. Attila piega, e Roma è salva (77).

Il Werner, rappresentando anche questo episodio, si preoccupa dell'impostazione generale del suo dramma e lo intrica nella storia d'amore che egli narra, ponendo in esso la crisi, da cui la soluzione della storia d'amore è

(76) Cfr. J. MOLLER, op. cit. ; D. Fessler, op. cit.

(77) Ibid.

// dramma dell'utopia erotico-misiica 277

provocata. La storia d'amore resta così la sostanza del- l'opera : e l'episodio storico un episodio di esso.

La catastrofe della storia d'amore: la fine dell'azione di Attila e di Hildegunde, la morte di Attila sono infatti da questo episodio storico determinati.

Anche Hildegunde ha assistito all'arrivo di papa Leone. Ed è diventata furente, perchè ha sentito che quell'uomo distruggeva completamente il sogno che essa aveva per tanto tempo nutrito. Papa Leone avendo indotto Attila a rinunziare al progetto di distruggere quella che è la città eterna, ogni possibilità che questi possa ancora macchiarsi di colpa svanisce. Hildegunde spera di rifarsi quando so- praggiunge il tradimento di Aetius. Aetius è l'unico ancor potente generale romano : egli fu amico di Attila al tempo della guerra di Pannonia. È ambizioso e sogna di rovesciar l'impero per raggiungere il trono appena l'occasione arrivi. Ora crede che l'ora sia giunta. Roma è alla vigilia della rovina e il piccolo imberbe imperatore gioca a dadi e alla palla: Attila è giunto a Ravenna e la corte si diverte. Giungono messaggeri che annunziano il pericolo imminente e l'imperatore ordina che si continui la danza. Il pericolo urge. Ed allora quegli uomini che han tenuto Aetius sempre lontano dalle cariche, gli si prostrano vilmente in- nanzi, gli abbraccian le ginocchia e lo scongiurano di sal- varli. Così Aetius ha ora nelle sue mani la difesa della città. Egli si reca al campo di Attila, ritrova l'amico e gli propone di lasciare a lui l'impero. Ma Attila rifiuta: lo ucciderà in duello aperto, in campo di battaglia, quando Aetius si avventerà contro di lui.

Anche l'ultima speranza di Hildegunde è svanita. Così essa, dominata dal pensiero che con l'intervento di papa Leone i suoi propositi diventano inattuabili, gli si precipita

278 Zacharias Werner

dietro con la spada sguainata per ammazzarlo. Ma Leone si volta, mostra il calice consacrato ed essa cade al suolo. Da questo punto la psicologia di Hildegunde, in cui è l'origine della catastrofe, si svolge complicata, ma si- cura. Si produce dapprima in lei un rivolgimento miste- rioso, passeggero, ma profondo. È come se un'altra donna risorgesse in lei, una donna dolce, mite, com'essa era prima che la morte di Walther l'avesse sconvolta. Essa perde i suoi pensieri di odio e di vendetta : sente uno spi- rito soave passare per l'anima turbolenta e irrequieta: penetra in lei una luce che quietamente la irradia e la risana.

Der Sonne holder Strahl, der lachelt wleder ;

Es kiihlet Lebenshauch die matten Wangen !

Und in mir klingen neu die alten Lieder ;

Nach Frieden will ich mich und nach Ruh* verlangen.

Un canto dolce come (( ein lullend Wiegenlied von Mutterlippen » , un canto sommesso e indistinto le ondeggia nell'anima e la rende mite.

Nicht wahr der Attila, zwar straft er blutig.

Doch ist er gut nicht wahr?

Ein strenger, doch ein rechter Mensch !

Ma la tempesta non tarda a risorgere. Tra le vergini che la accompagnano è anche la sorella di Walther: e questa ha conservato la mazza che ha servito a giustiziare il fra- tello : e sulla mazza sono ancor le chiazze di sangue : e ci sta scritto su: (( Des armen Walthers Blut ». Hildegunde la vede : e riarde di tutta la fiamma cupa che già la divora da anni e che ingigantisce ora sempre più col passar del tempo e con l'avvicinarsi dell'ora fatale.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 279

Hildegunde è come ossessa dalla visione di sangue. Non è caduto Attila in colpa ? È fallito il suo piano ? Ebbene Attila morrà ugualmente e la stessa mazza che è ancor rossa del sangue di Walther, diventerà rossa di nuovo sangue, rossa del sangue del tiranno. E l'abisso l'at- tira vertiginosamente e Hildegunde si inebria di sentirsi in preda agli spiriti selvaggi della vendetta e dell'odio.

E l'occasione per cui essa potrà saziare la sua smania non tarda a presentarsi. Attila, deciso a riposare dopo tanta impresa, offre a Hildegunde di sposarla. Ha perso ogni speranza di ottenere Onoria e sposerà Hildegunde per gratitudine. E si stabiliscono le nozze. Attila morì in realtà poco tempo dopo l'impresa di Italia e poco dopo le sue nozze con Hildico: anche il Miiller rinarrava nel suo opuscolo la leggenda che egli fosse morto per mano della sposa nella stessa notte. Un'acre voluttà ero- tica sensuale si mesce ora nei propositi di Hildegunde. Subito ha pensato all'abisso in cui tutti e due saran tra- volti, appena egli le ha offerto di sposarla: e la visione della (( Brautnacht )) cruenta, che spesso le è ritornata alla fantasia, si risolleva in questo ultimo istante, sollevando tutti i suoi istinti :

Attila! Die Braut ruft!

Si celebrano le nozze e le sue parole han tutte un doppio senso arcano : essa gode già nella sua fantasia l'ora fatale ed è come demente per quell'ebbrezza che si è di lei impadronita.

Ed essa non può dirsi paga del sangue di Attila : poiché non lo può dannare, bisogna almeno che lo torturi anche moralmente, che gli faccia provare un supremo dolore.

280 Zacharias Werner

E il sangue d'altronde l'attira: prende Irnak, il piccolo figlio di Attila, lo sgozza e lo porta sanguinante al padre : e quando questi si precipita sulla piccola salma gli pianta l'ascia in mezzo al petto, ed esulta:

Ich erschlug ihn ! Das ist Walthers Richtbeil !

E lascia cadere anche stessa sulla sua spada.

L'episodio di papa Leone servì al Werner anche per un altro scopo: il papa santo fu quel messo della divina Provvidenza a cui il Werner, ritornato a una struttura di dramma analoga a quella del Kreutz and der Ostsee, ri- tornò anche questa volta per le ragioni che conosciamo.

Anche sotto questo aspetto, V Attila mostra però un progresso sulla Weihe der Kraft e sugli altri drammi ante- riori. Per quanto umanizzati, Theobald e Therese avevano infatti ancora una natura angelica; papa Leone invece è bensì un santo, ma è un personaggio storico, un uomo di carne e d'ossa. E quando alla corte di Roma egli butta in faccia alla corte la sua corruzione e quando egli si presenta ad Attila e gli si impone con la maestà semplice delle sue parole, egli è un vegliardo venerabile, a cui la santità una potenza misteriosa, ma spiegabile.

Senonchè il Werner non seppe restar coerente a questa impostazione. Facendo di papa Leone il messaggero delle sue idee, egli finì col sovrapporre alla sua personalità sto- rica definita precisa e vivente un altro personaggio che fu di nuovo un'astrazione. E avendo riprodotto nel suo dramma anche la leggenda della apparizione celeste, finì coll'addossargli anche tutte quelle virtù sovrumane che* aveva dato allo (( Spielmann » nel Kreutz an der Ostsee. E ripetè ancora una volta l'errore allora commesso (78).

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Che papa Leone infatti possa presentire, nell'arrivo di Attila, il castigo di Dio, si capisce facilmente, dato il suo animo pio e data la fama che di Attila coneva : ma papa Leone sa prima che essa glie lo lasci trapelare come Onoria ami Attila e la conforta anzi nel suo amore, e sa anche persino il momento preciso in cui Attila dovrà mo- rire. E il Werner spiega il momentaneo rivolgimento che si produce nell'anima di Hildegunde, quando essa lo vede, col fatto che Leone libera la donna dai demoni da cui essa era ossessa: (( Entweiche, Geist der Nacht».

E, come lo (( Spielmaim » congiungeva Warmio e Mal- gona, così ora papa Leone toglie Onoria alla prigione in cui l'imperatrice l'ha rinchiusa accusandola di aver pro- vocato l'impresa di Attila con le sue reclamazioni del do- minio di cui era stata spogliata, la toglie alla prigione e la conduce ad Attila nel momento in cui egli è presso a morire. Ora, se era naturale la prima andata di lui al campo di Attila, dato il pericolo in cui si trovava Roma, la sede della religione di cui egli era capo e sostegno, il suo ritorno colà solo per condurre ad Attila, prima che muoia, la sua amante predestinata, è invece piccino e quasi comico. Colui, che era apparso gigante quando, dopo di aver implorato il consiglio e l'assistenza divina, era mosso solo con pochi vegliardi inermi contro il nemico fiero e temuto, colui che aveva vissuto momenti di così sublime elevazione e di commozione così profonda, diventa ora un fantoccio, o, se volete, un ruffiano. Il che per un papa non è funzione troppo decorosa, anche se si tratti di con-

(78) Minor, op. cit,, p. 45.

282 Zacharias Werner

giungere un eroe come il re Unno, con una Santa, come la sorella dell'imperatore di Roma, e anche se l'amore loro è previsto nei registri di Dio.

E non contento di ciò, Leone redime anche Hildegunde, sebbene la mandi all'inferno.

Leo. Liebst du den Walther noch ? HiLD. Ich lieb' ihn ewig.

Leo. Zeuch' ein zur Qual. Auch in der Hòlle Gluten. Kann Liebe kiihlend noch herniederfluten.

Tutta l'ultima parte ne risulta complicata, confusa, artificiale. Essa è complessivamente mancata (79).

* * *

Da tale osservazione però all'affermare che V Attila segni nell'attività drammatica del Werner un regresso, il passo è lungo (80). Anche la condanna totale del- l'ultimo atto, ripetuta spesso dopo Madama di Staèl (81), è ingiustificata per più rispetti, essendo, ad esempio, l'azione di Hildegunde svolta con grande verità ed evidenza tragica.

Considerato il dramma dal lato della sua struttura sce- nica, esso conserva la maestria prima raggiunta. Il' Werner diede ad Attila, ad Hildegunde e al popolo unno il primo

(79) Ibid., p. 47.

(80) Cfr. anche DiJNTZER, op. cit., FraNKEL, op. cit.. passim. E V. il Minor, op. cit., p. 44: «Attila bedeutet eher einen Ruckschritt als cine Entwicklung » . Il giudizio dipende da quella manchevole interpretazione del dramma, a cui già accennammo.

(81) De l'Allemagne, Parte IL cap. XXIV.

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atto, a Onoria, papa Leone e alla corte Romana il secondo atto, senza mettere però le due parti a contatto. Ciò è senza dubbio per la rappresentazione teatrale una debolezza, in quanto l'interesse dello spettatore non ne viene sovreccitato, ma è per la lettura un vantaggio, in quanto meglio equilibra il dramma. Il terzo atto contiene lo svolgimento dell'azione di Aetius, il quarto la venuta di papa Leone al campo unno e la crisi generale che ne nasce, il quinto la catastrofe finale. E quanto alle sin- gole scene è ripetuta con la stessa arte usata antecedente- mente la preparazione allo sviluppo del dramma, in scene descrittive di intensità crescente.

Certo voi non ritrovate più neiri4//i7a quell'ordine e quell'equilibrio di struttura scenica che trovaste nella Weihe der Kraft (82) (la complessità stessa dell'a- zione lo impediva), ma non vi ritrovate neppure quel dualismo nello sviluppo dell'azione, in cui l'organismo di quel dramma si era franto. Il Werner ha raggiunto una maggiore unità (83). Preoccupato solamente di fondere il suo pensiero in una storia di sentimenti umani, egli subor- dinò tutta la trattazione a questo intendimento, e, mentre per una parte escluse gli arabeschi romantici intrecciati nella storia di Lutero, restò ugualmente lontano dalla cura di quei particolari storici, che nel Lutero aveva dimostrato.

Anche quanto fu osservato a proposito dei caratteri deìV Attila (84) ha in questa tendenza la sua spiegazione. I genitori di Lutero, Lutero stesso, Carlo V hanno segni

(82) FranKEL, op. cit., cap. II, passim.

(83) Caotica la trova il MlNOR, p. 47. ma la farragine è solo apparente.

(84) Frankel, loc. cit.

284 Zacharias Werner

più evidentemente caratteristici che non i nuovi perso- naggi della nuova opera : ma la differenza sta tutta in quei caratteri che io già chiamai esteriori della personalità e che non influiscono sulla sostanza della vita interiore, ma ne determinano solo certe forme di manifestazione.

NeW Attila invece tutta l'attenzione è concentrata sopra l'essenza della personalità, sopra quel problema psicolo- gico di cui tutta la vita fondamentale dell'individuo è determinata : sarà in Hildegunde la sempre crescente osses- sione della vendetta e la voluttà malata di un amore, che nella vendetta cerca la sola soddisfazione che gli rimanga ; sarà in Attila la ferma volontà di giustizia e il contrasto fra la tenerezza del cuore e quella sua volontà inesora- bile; sarà in Onoria l'isterismo erotico, che, tingendosi di estaticità mistica, estrania dal mondo e rende sempre più diafana la vita spirituale; sarà in Aetius la smania ambiziosa che trascina a mal fine tutte le qualità buone che egli possiede : in tutti i casi il Werner anziché cercar di integrare questo carattere fondamentale dei personaggi con altri caratteri secondari che determinino la maniera come esso si rivela, trascura per lo più questo facile espe- diente e riesce ad approfondire il problema principale.

È indubitato che in tal maniera il Werner attenua ta- lora la teatralità dell'opera ; ma è pure egualmente certo che il dramma ne acquista in profondità. Talora il Werner nello svolgere il motivo scelto esagera per desiderio di un colorito vivo e cade in forzate artificiosità ; lo potete os- servare in Attila quando uccide l'Unno che vorrebbe distoglierlo dalla clemenza coi vinti o quando fa da giu- dice ; lo potete osservare anche nella pittura della corte di Roma quella pittura che Madame de Staél giudicava mirabile ; ma Attila non è una individualità meno de-

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terminata idi quanto fosse quella di Lutero e l'amore nella sua anima ottiene una assai più efficace rappresentazione. Se poi l'evoluzione che si produce nell'anima di Katharina a lei più vita forse di quanta il poeta abbia saputo mettere nella inalterata e per così dire statica estasi di Onoria, la figura di Hildegunde invece, attraversando continuamente la nuova opera, vi porta soffi di passione selvaggia e le ebbrezze oscure e tragiche di un'anima che, perso ogni equilibrio, vive di fantasie morbose e perverse.

Così V Attila rappresenta nella storia del dramma wer- neriano ancora un passo innanzi verso quella forma di dramma che egli cercava. Ne avete una riprova anche in ciò, che, mentre lo svolgimento della storia umana, in cui le idee mistiche son fuse, è ancora in parte arti- ficioso, non subisce d'altra parte più deviazioni per in- fluenze esterne e si sermonizza dai personaggi meno di quanto negli altri drammi avvenisse.

Il Werner intitolò anche l'Attila « eine romantische Tràgodie », come le anteriori. Materia medioevale, reli- giosità, spirito mistico, colorito storico, unità del dramma in una unità di pensiero, quegli elementi, che egli aveva comuni coi romantici e non soltanto preso a prestito da essi momentaneamente, si trovano anche qui. E anche qui avete sparsa la lirica qua e nelle diverse scene. Ora però il Werner ha limitato meglio e più sapientemente or- dinato nei diversi momenti dell'azione quella lirica, subor- dinandola all'effetto drammatico, come ha meglio subor- dinato a tale effetto anche le descrizioni che intendono dare un colorito storico o religioso all'opera. È dramma storico, ma è dramma : i metri lirici stessi da lui adoperati (forse in essi si deve ravvisare l'influenza del Faust del Goethe) hanno ricevuto una forma che a tale effetto cor-

286 Zacharias Werner

risponde (85): quando, ad esempio, Hildegunde nell'ul- timo atto è ripresa dal tetro e sinistro turbine di vendetta e di odio, il verso ansimante e accelerantesi in un con- tinuo crescendo esprime assai bene nella sua sinfonia di suoni cupi il tumulto che in lei si è scatenato.

Das ist sein Blut

Des Heissgeliebten

Treuen Jiinglings!

Hier drang es den lockigen Nacken

Das Beil

Das Grause

Des Attila,

Dem ich, des Gemordeten Braut,

Die Hand will reichen !

In Nacht und Schrecken den unten waltenden Dunkein

Zu rachen das blutende Haupt des Treuen :

Dem konnt' ich entsagen?

Ich fiihr es schon,

Wie 's in mir wuhlt :

Es sind die Schauer der Unterwelt.

Uinschlingt, blutdurstende Unsterne, mich,

Euch will ich, Euch will ich folgen, Euch ;

Urnhiillt mich, erfiillt mich mit Dunkel und Rache,

Euch such' ich, dir fluch' ich, verfiihrendes Licht.

Di tutte le tragedie che esaminammo finora, questa è la più malata; ma la fantasia del Werner, appunto perchè è rmscita a chiudersi in un mondo d'eccezione tutto per- corso da brividi morbosi fedele specchio della sua

(85) Turbava il Minor questo mutamento di metro: v. op. cit., p. 43.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 287

propria vita. ha potuto affermarvi con maggior forza la sua virtù evocatrice.

III.

Una delle idee principali del Werner che lo « Hòhe- punkt )) dell'amore è da cercarsi nella morte non ha però avuto finora una adeguata rappresentazione. Il Werner aveva ispirato, nei Sòhne des Tales k questa idea sol- tanto la ballata del cavaliere di Sidon; aveva poi im- postato il motivo nel Kreutz an der Ostsee e la condotta dello (( Spielmann » era stata dettata da questo pen- siero, ma lo svolgimento dell'azione era riservato alla se- conda parte e non venne più trattato. Nella Weihe der Kraft raggiungono nella morte l'ideale del loro amore Theobald e Therese ; ma essi son creature angeliche, la cui vita è come un lento svanir di tutto ciò che vi è in loro di corporeo, la cui morte è un ritorno alla primitiva purità celestiale : l'unione di amore e morte è nel mo- mento del loro dipartire fugacemente accennata. Nel- V Attila raggiunge il re Unno nella morte l'amore, ma improvvisamente, perchè papa Leone ha provveduto a tutto e gli ha anche spiegato, come quella che a lui è con- cessa sia la (( suprema voluptas )) ; ma la nostalgia verso quella unione finale, il tendere cosciente o inco- sciente verso di essa, il godimento spasmodico di quell'ora di totale annichilamento vi furono descritti.

Il Werner affronta ora dopo l'esperienza dell'ai /- tila nel nuovo dramma Wanda, Konigin der Sar-

288 Zacharias Werner

maten il problema (86). E non solo lo affronta da un punto di vista psicologico risolutamente, secondo le ten- denze che neW Attila vedemmo affermarsi, ma tenta di rappresentarlo nella sua genesi, nella sua vertigine, nella sua soluzione finale, tenta di spiegarlo per mezzo della eccitazione che un conflitto d'amore provoca nell'anima e nei sensi dei suoi due nuovi personaggi. È la logica conti- nuazione di quello svolgimento che siam venuti trac- ciando.

Mostrando in Hildegunde lo sconvolgimento che l'amore terreno può produrre nella natura umana, aveva creato già una figura di donna isterica ed esaltata : una analoga vita patologica al Werner la soluzione del nuovo problema che egli si è posto.

Il vizio d'origine, che sotto questo aspetto lo svol- gimento del tema presentava nel Kreutz an der Ostsee e neW Attila, consisteva nel fatto che il personaggio mi- stico superiore dal Werner introdotto nei suoi drammi era colui che conduceva l'azione a questo scioglimento finale : i personaggi di per non vi giungevano attraverso una loro crisi sensuale o sentimentale : essi facevano ciò che il personaggio mistico loro consigliava. Ora invece nella Wanda, dati i suoi nuovi proposito il Werner non diede

(86) Il dramma fu concepito in Praga quando il Werner vi passò du- rante il suo viaggio a Vienna, nella primavera del 1807, e fu condotto a termine a Vienna prima della fine dell'estate. Cfr. la lettera allo IfHand nel Teichmann, op. cit., p. 288, e la risposta di questo, ibid. Quanto però il Werner qui espone riguarda assai più la tecnica e la tea- tralità dell'opera che la tendenza di essa e il pensiero che vi si esplica. Su questi v. il Prologo, e alcuni cenni che il Werner in varie lettere: v. « Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1347. e VlERLING. op. cit., Appendice cit.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 289

più tanta importanza al personaggio mistico. Egli vi ricorse ancora: ma la funzione di quell'essere fantastico venne ridotta a una spiegazione teorica dell' Erlebnis dei due eroi, e, per ciò, a una specie di riprova e con- ferma della verità dell'idea per bocca di una creatura so- prannaturale. Siccome il personaggio mistico spiega ai due amanti la verità e non a parte all'uditore, così quella conferma e quella riprova si rispecchiano anche nella loro storia: ma l'eco che esse vi hanno, non ne è uno dei fat- tori essenziali. Esso ha come conseguenza che i due amanti trascinati dal turbine della loro passione, dal tumulto te- nebroso delle loro emozioni, verso la morte volontaria, lo facciano avendo coscienza di quanto fanno, e si abbando- nino alla loro istintiva frenesia completamente, senza aver più nessun ritegno interno nella opposizione e nella ripugnanza della loro coscienza morale. Lo stimolo vero della loro azione non è quindi nelle parole della divinità, ma nella loro passione. Anche senza quelle parole essi sa- rebbero condotti alla stessa fine : forse ciò sarebbe avve- nuto attraverso conflitti interiori in parte diversi : ma ciò sarebbe avvenuto egualmente (87).

Così il personaggio mistico ha qui finalmente una parte completamente passiva (88); fa apparizioni fugaci e mo- mentanee per tosto dileguare, e lascia in generale che ciò

(87) Sfuggì questo al Minor che pure scrisse sulla Wanda quanto di meglio sia stato scritto finora. Cfr. anche, oltre il DuNTZER, op. cit., sopratutto la introduzione che premise il BreCHLER alla edizione da lui curata dalla Griindung Prags di Clemens Brentano. (C. Brentanos Sàmmtliche Werke hrsgg. v. D. BrECHLER und O. SaUER, X, Munchen, 1910, p. 19 e segg.).

(88) Il Minor, op. cit., p. 55 trova che qui il Werner ridusse le sue tendenze mistiche e fece concessioni al pubblico più di quanto da lui ci si potesse aspettare.

G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 19

290 Zacharias Werner

che la fatalità vuole avvenga attraverso la vita che gli uomini stessi vivono.

Ma appunto per questa ragione accade ora che il Werner, dopo di aver cercato coi drammi precedenti di dare al personaggio mistico una sempre più intensa uma- nità e una sempre più terrena realtà, malgrado il suo nuovo indirizzo ritomi alla creatura soprannaturale. Non solo gli parve necessario, perchè il valore di quelle pa- role diventasse maggiore per la divina origine, ma cre- dette che un personaggio storico reale, che avesse una funzione così passiva nel dramma, dovesse sembrare in- giustificato, essendo la partecipazione dei personaggi ai- Fazione la sola causa che ne renda legittimo l'intervento. Il Werner si preoccupò però anche stavolta di accre- scere l'illusione di verità dell'apparizione celeste, fa- cendo che lo spirito che compare fosse in relazioni perso- nali con l'eroe e in parentela diretta con l'eroina, quindi personalmente interessato alle vicende che si stanno svol- gendo. Anzi trovate in ciò uno sforzo di verità poetica anche maggiore di quanto fosse accaduto nella Weihe der Kraft: Theobald e Therese sono solo amici di Lu- tero e di Katharina, e nel Kreutz an der Ostsee lo « Spielmann » non ha con i personaggi dell'azione nessun rapporto sentimentale.

Per la rappresentazione della identità di amore e morte il dramma fu quindi scritto e tutta la composizione fu dominata da questo proposito (89). Quell'indirizzo verso l'analisi psicologica di singole individualità che trovammo fra i caratteri salienti di questo periodo dell'attività dram-

(89) Il Minor, loc. cit., lo considera invece come un dramma sto- rico di stampo schilleriano e necessariamente lo fraintende.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 291

matica werneriana e rilevammo già nelle due tragedie anteriori, raggiunge qui per questa via la sua più piena affermazione. Già la storia di Lutero e la storia di Attila sono storie di individui accentrate intomo alla loro storia di amore : ma esse si svolgevano ancor sempre sullo sfondo di grandiosi avvenimenti storici, politici e religiosi come erano la riforma protestante e la caduta dell'impero romano. Una lotta di due popoli si ripre- senta nel nuovo dramma, ma tutto ciò che trascende la storia di amore, da cui la lotta trae origine, viene completamente trascurato (90). Sebbene i tempi descritti siano lontani, e i popoli vi vivano una vita diversa dalla nostra, la pittura d'ambiente è ridotta a poca cosa, e gli episodi mancano completamente. I due eroi amanti do- minano soli con la loro tragica vicenda (91).

Riidiger è principe dei Rugi e Wanda è regina dei Sar- mati. Quando Riidiger giovane cavaliere, correva il mondo in cerca di avventure e di onore, udì della regina Libussa in Boemia, come essa avesse una miracolosa scienza e una miracolosa potenza e si recò alla sua corte. Colà vide egli

I

(90) Io credo che questo fatto si debba riconnettere alla prima genesi psicologica dell'opera e non a intendimenti letterari, come sinora si fece.

(91) Le fonti storiche principali sono la Fiaba, raccontata anche dal MuSAUS nei notissimi Vol^smarchen, e la Tscheschische Chronik dello Hayek VON LiboTSCHAN, Si fecero di quest'ultima parecchie traduzioni tedesche: una comparve anche a Berlino, 1787.

Siccome l'informazione storica servì al Werner, sempre, come sap- piamo, sopratutto alle scene episodiche per dare il colorito al dramma e siccome invece questa volta egli di quest' ultimo si curò pochis- simo, avendo concentrato tutta la sua attenzione sopra un unico pro- blema psicologico e artistico, cosi le fonti storiche hanno per questo dramma scarsa impo^anza.

292 Zacharias Werner

per la prima volta Wanda, parente di Libussa e se ne in- namorò : (( Ich sah* sie und wie ein Blitz durchzuckt's mich bebend, als bàtte ich eher sie noch als mich gekannt». Fu ricambiato di amore, ma si dovette da lei separare per recarsi in guerra. Wanda è divenuta regina ed egli prin- cipe. E si amano ancora, sebbene non si siano mai più veduti. Ma Wanda crede Rùdiger morto e ne porta il lutto in cuore. Invano tentano di spingerla a sposarsi sud- diti e cortigiani, desiderosi che un uomo l'assista nella difficile impresa del governo (92). Wanda per liberarsi dalle insistenze fa voto sull'altare di restar vergine, perchè non potrà mai romper fedeltà all'uomo a cui un amore eterno la congiunge. Riidiger invece sa che essa è diventata regina e viene a lei. Manda a chieder la sua mano e ne è respinto. Egli si sente giovane ed eroe : farà guerra, vincerà e farà di lei la sua sposa. E lo promette solenne- mente ai suoi sudditi :

Noch eh' sich neu des Mondes Schelbe fiillt, Bìn ich der Kònig jener Konigin.

Prima di decidersi a dar battaglia si presenta a lei. Ma è troppo tardi, ora che essa ha fatto il voto.

Hatte ich dich frtìher oder nie geschaut !

È la sua risposta. Non cede essa ? Egli dunque la con- quisterà.

(92) La leggenda svolgeva la rivalità fra i cortigiani per giungere alla mano della regina Libussa, come svolgeranno poi il Brentano e il Grillparzer nei loro drammi : il Werner trasportò il motivo nella storia di Wanda, per motivar l'azione. Cfr. la Tscheschische Cro- nik cit.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 293

Nasce così un conflitto simile a quello della Pente- silea del Kleist (92 bis). Anche Pentesilea ama Achille e anche Pentesilea non può seguirlo come esige Achille, in cui l'eroe si è risvegliato. Lei, la regina delle Amaz- zoni, deve condur lui, l'eroe, con nel tempio di Diana a Temiscyra, e non può abbandonare il suo popolo per seguir l'eroe che ama. Il Kleist sviluppa, è vero, in lei un sentimento di orgoglio ferito e di ferita ambizione di dominio, quando il messo di Achille le giunge e le annun- zia che l'eroe l'invita a duello singolare; ma ciò che la conduce alla furia è il fatto che essa sente di non poter soddisfare l'amore suo: crede che Achille non la voglia seguire, e, se egli non la segue, non vede per il suo amore salvezza. Già una volta fu vinta da Achille, ma, quando questi si mostrò docile e innamorato di lei, fiorì ciò mal- grado nella sua anima l'idillio. Non è quindi la sua ambi- zione sola che la fa respinger l'idea di seguire Achille, ma il divieto divino che glie lo impedisce. Il conflitto fra la coscienza di perdere Achille e la coscienza del divieto divino produce nella sua anima passionata e tempestosa uno sconvolgimento : le par che Achille non l'ami abba- stanza, non l'ami come ella vuole essere amata ; più non appare che una via: ucciderlo, saziare il proprio amore e il proprio orgoglio nel suo sangue.

In parte simile è anche la condizione di Wanda e di Riidiger. Anche Wanda è combattuta fra il voto che ha

(92 6is) Avvertì l'analogia il MlNOR, op. cit., p. 57, ma non la svolse e non ne mostrò i vari elementi simili le varie discordanze. Ne di- scorse in seguito anche il KayKA, Kleist und die Romantik, Berlin, 1905, passim, ma per esaltare il Kleist egli depresse il Werner a un puro e semplice « Coulissendichter », senza curarsi di intenderlo.

294 Zachariaa Werner

fatto e la paura di perder Riidiger. E Riidiger è esaspe- rato di non poter aver Wanda. Non vi è che una via: la morte. I due amanti si incontrano nella battaglia:

Wanda. Ha! Er lebt! Ich kann ihn todten, liebend mit

[ihm untergeh'n. RUDIGER. Stahl! Dich wird ihr Herzblut roten! Hass, dir

[wird dein Recht gescheh'n.

Con la massima chiarezza si esprime lo stato d'animo dei due amanti nelle parole di Wanda :

Soli ich den Demani nicht besitzen,

So will ich ihn zermalmen, ihn und mich.

Una differenza profonda s'apre a questo punto fra la .storia di Pentesilea e quella di Wanda. Mancando in Wanda l'ambizione che è in Pentesilea, manca in lei anche l'odio e la furia: e una sola volontà si impadronisce di lei, la volontà di annientare lui, l'amato e se stessa al medesimo tempo* Le parti sono come invertite : Achille era deciso a seguir Pentesilea e la sfidava per lasciarsi vincere. Riidiger, invece, è colui nella cui natura di eroe passa un po' del furore della Sacerdotessa greca.

E la differenza diventa sempre maggiore. La storia interna di Pentesilea si arresta a questo momento: quando Achille è stato ucciso ed è mezzo divorato dalle cagne, il Kleist fa che anch'essa si getti fra le cagne selvaggia- mente e lo baci e lo morda, che tutto il viso le viene insozzato di sangue ed ella resta ossessa dalla visione, ebbra di voluttà e di dolore, quasi pazza. Il Kleist rappre- sentò così nella verità patologicamente una scena di per- versità sensuale; il Werner, che doveva, come già avver- timmo, condurre i suoi due amanti coscientemente ad una

// dramma dell'utopia erotico-mistica

295

morte nel pensiero di elevarsi in tal modo, svolse in Wanda la storia intima ulteriormente.

Egli fece perciò comparire in questo istante lo spirito della protettrice Libussa; la quale spiega il werneriano Vangelo androginico :

Alles, was erschaffen ward, Ist von Ewigkeit gepaart. Jeder sucht im schnellen Lauf Das. fiir ihn Erschaffne auf.

E le vergini che fan corteggio alla grande regina dei Boemi cantano intanto un mistico canto d'amore :

Schwimmend in Diiften zieh'n Wir, und in Wogen bliih'n Wir, und in Strahlen gliih'n Wir suchen Ihn. Und wo wir hin auch zieh'n, Alle die Wege bliih'n. Alle die Tone gliih'n Immer nur Ihn.

Wanda perde ogni sentimento che non è d'amore. L'amore è santo: la comparsa di Libussa e il suo linguaggio oscuro volevano dire che il suo voto era nullo perchè violava la suprema legge della natura. Wanda si accosta quindi a. Riidiger e gli mette in dito l'anello che Libussa le ha regalato e lo chiama suo fidanzato. Ma Riidiger non può più accettar quell'amore; l'orgoglio suo non glie lo per- mette ; egli ha giurato al suo popolo di vincerla e di con- quistarla : come può accettar in dono ciò che doveva esser frutto della sua forza e della sua vittoria ? E desidera la morte ancora sempre. Non vede salvezza al di f«ori di

296 Zacharias Werner

essa. Restituisce a Wanda l'anello, ma baciandolo per un'ultima volta, vi legge le parole che Libussa vi incise :

Natur halt Schwur ; Natur ist treu ; Natur ist todt; Natur ist frei ; Du, Menschengott, Sey die Natur.

Quelle parole spiegano a Wanda la verità. Essa non deve rompere il voto, e l'amore vero è nella morte. Anche Libussa lo aveva cantato: l'amore vero è « in der ewigen Liebe )) .

Selig ruht sie in dem Schoss,

Dem sie freudig einst entspross (93).

Il sentimento si complica e si muta. Non è più la voluttà del suicidio, ma la voluttà di venir ucciso e di venir ucciso dalla persona amata. Un duetto che fa rabbrividire si svolge fra i due amanti :

RiJD. Jetzt wirst du liebend mich ins Reich der Schatten tragen ! Wanda. Ich dich } Das Weib ? Du bist ein Mann ;

Du kannst das gràsslich Schone wagen ! ROd. Gib' dem Brautigam, o Braut, den sussen Tod !

Zu deinen Fùssenfleht der Brautigam den Tod !

Riidiger minaccia di uccidersi da se, se Wanda non lo vuole appagare. E Wanda si induce alfine. La più ribut- tante scena si svolge ; scena di voluttà e di sangue, di

(93) La lunga predica di Libussa venne sostituita nel testo per la rappresentazione di Weimar con un Sonetto, riportato anche nelle Sàmmtliche Werke. Cfr. Goethe und die Romaniik cit.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 297

baci e di morte; tutta l'ebbrezza del male vi compare innanzi con i suoi gorghi vorticosi. Wanda è (( zitternd» durchzuckt von Wonne und Qual ».

Ich Ungliickselige von alien,

Und doch allmàchtig schwelgend in Genuss !

Konnt'ich zerrinnen in diesem Gluterguss!

Una vampata di sensualità divorante la arde togliendole ogni volontà ed ogni titubanza. E, prima di ferirgli il cuore, ella gli passa la spada sul collo che il sangue ne sgorga a fiotti : (( Wanda wird von einem Strome ihr gewaltsam entquillender siisser Zàhren bedeckt, indem sie den Rudiger mit der rechten Hand, worin sie das Schwert hàlt, umschlingt und ihm mit der linken die Haare von der blutigen Stime wrischt )) . Ed è la vista di quel sangue che le la forza in un parossismo sfrenato di compiere l'atto che Rudiger invoca. E quando finalmente lo ammazza è (( wiitend » , una furia poi lo abbraccia convulsa, « kràmpfigt » , immergendo se stessa nel suo sangue, e cade estenuata.

Vi ribellate di fronte a questa rappresentazione veri- stica di esseri in cui un torbido misticismo ha distrutto ogni senso morale. Siete nauseati e sgomenti che la fan- tasia di un uomo possa indugiare così sopra una tale scena ; eppure appunto questa scena mostra una delle forze del Werner nella maniera più evidente. Essa è il naturale e conseguente epilogo di quella corrente di erotismo mi- stico e di realismo patologico, che abbiamo finora se- guita (94), e, se voi riuscite a superare la ripugnanza, do-

(94) V. Gap. III. parte I e II.

298 Zacharias Werner

vete riconoscerle, da un punto di vista puramente poetico, potenza e ardimento. Non regge al paragone con la fine della Pentesilea, perchè essa è viziata dalla tendenza a santificare un fenomeno di amoralità, che doveva essere, come nella Pentesilea, una semplice scena di malattia ; ma nella minuzia descrittiva, nell'analisi della passione e della febbre sensuale, nei suoi successivi momenti, nella brutalità stessa della rappresentazione essa è talora su- periore al racconto che della scena fa fare il Kleist.

Malgrado la aberrazione, che rivela il suo pensiero, il Werner è riuscito a creare in Wanda una figura di donna malata, come era riuscito nella figura di Hilde- gunde. Egli ha veduto chiaro nello sconvolgimento della sua psiche ed ha espresso con determinatezza e preci- sione quella tempesta tragica.

Una riprova è nel modo come il dramma finisce. Rii- diger è ora morto e Wanda è sola. Ed h^ deciso an- ch'essa di morire. E il Werner ritrae assai bene lo stato d'animo suo, ed integra assai bene nell'ultimo atto la sua figura. Ancora passano nei suoi nervi le ultime vi- brazioni della voluttà tremenda che tutta l'ha squassata e come inabissata :

Wild Gelust ! Das Herz geht unter ! Doch die Lust ergreìft 's und lacht! Und das Herz rast, bis blutig Es sich selbst zerfleischet hat.

Ma a poco a poco quelle vibrazioni si attenuano, e lasciano che lentamente la coscienza ritorni, e l'essere così sconvolto riprenda chiarezza di visione, volontà. Non poteva ciò avvenire di Pentesilea, travolta dalla sua furia: deve avvenire di Wanda che si spinse a quell'atto sapendo

// dramma dell'utopia erotico-mistica 299

ciò che faceva e senz'altro brivido che non fosse di voluttà e di amore. Wanda ha chiaro il ricordo di quanto fece, ma soffoca ogni tempesta d'istinti nel pensiero che an- ch'essa fra breve morirà. E in quel pensiero essa seb- bene già si creda pura tuttavia si sente ancora come maggiormente purificata. Essa ridiventa serena, ridiventa quello che essa era regina. Tutta la terribile eccitazione è come risolta nella ferma, regalmente incrollabile deli- berazione. Essa morrà. E tutti piegano la fronte a quel vo- lere, che sem.bra, nella vicinanza della morte, illuminarsi di una luce di espiazione e di mistero, e irradiare in tran- quilla pienezza. Wanda diventa una amante che aspira al suo amato morto, una amante regina che ha una volontà e la può attuare. Il popolo che aveva considerato l'ucci- sione di Rùdiger come una vittoria di lei e inneggiava alla sua forza eroica, quel popolo s'inchina improvvisamente malgrado il suo dolore s'inchina come se un'oscura ri- velazione interna a tutti faccia sentire che quanto Wanda sta per compiere è secondo giustizia, anzi secondo ne- cessità. Wanda compare ora come uno spirito veggente; e vive nello stato d'animo che conosciamo dall'insegna- mento mistico del Werner sulla morte. Così giunta ad armonia con medesima, trasfigurata dalla sua rinunzia e dal suo amore, Wanda assume una grandezza maestosa e triste. Prende congedo con placida serenità dal suo po- polo; il popolo è e la acclama: nessuno ha avuto mai da lei se non prove di equità e di benevolenza. Essa può prender congedo tranquilla. E si butta nelle fiamme (95).

(95) La morbosa anormalità della vita di Wanda impedi al MlNOR (op. cit., p. 60) di riconoscere il valore artistico dell'atto.

300 Zacharias Wt

*

Anche più che neW Attila concentrò il Werner in questo nuovo dramma tutta la sua attenzione sopra gli elementi fondamentali del carattere degli individui rap- presentati, sopra quegli elementi che, nelle crisi provocate dall'azione, dovevano emergere e rivelarsi in tutta la loro forza e trascurò tutti quegli elementi laterali che com- pletano la figura presentata e le danno maggiori appa- renze di realtà.

Ma impostato così il dramma, l'azione saltava in prima linea, come nelle tragedie alla maniera francese. E il Werner s'accostò ora coscientemente a questa maniera. Scriveva infatti allo Iffland a questo proposito : {( Es ist kurz, es hat eine regelrechte fortschreitende Hand- lung, und ohngeachtet einer ihm noch einigermassen anklebenden Tendenz zur Mystik, einen klar iibersehbaren selbst dem Volke fasslichen Pian, kurz einen fast franzò- sischen Zuschnitt » (96).

Soppresse le scene di ambiente, soppressi gli episodi laterali, il Werner, concentrato il soggetto sulla sola scena d'amore e morte, fece raccontare, come nelle tragedie francesi, ampiamente una parte dell'azione, diede perciò Valderon come confidente a Riidiger, Ludmilla come confidente a Wanda, due personaggi che non han più come Theobald e Therese una giustificazione simbolica e una parte attiva nel dramma, per quanto siano personifi- cazione dell'arte e dell'amore. Ma egli che sempre era

(96) Teichmann, op. cit., p 320.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 301

stato volto verso altre forme e per altre forme più era adatto, non seppe combinare l'azione in modo da tener continuamente desto l'interesse in tutti gli atti, dare al racconto quella eloquenza e quella bellezza stilistica, per cui la tragedia di Racine ha sempre slancio e volo malgrado la sua uniformità enfatica. Il primo atto é quasi tutto occupato dal racconto di Rùdiger a Valderon, il secondo dal giuramento di castità di Wanda col dialogo di Wanda e Ludmilla. L'azione si imposta solo nel terz'atto con sicurezza, con l'incontro dei due amanti; il quart'atto contiene l'azione vera e propria e il quinto l'epilogo nella morte di Wanda. E il dramma, denu- dato da tutti gli accessori, si presenta singolarmente scarno e, fino alla metà del terz'atto, privo di vita (97). Il Werner per renderlo drammatico non rifugge dal ricor- rere ad espedienti che dessero all'azione efficacia teatrale : (( Effekt, Handlung, Coups, kurz alles Nòtige )) inserisce nell'azione principale medesima, ricca di contrasti improv- visi e violenti ; ma ne risultò una complicazione voluta e forzata, in cui é spesso palese l'artificio. Volendo evitare uno scoglio il Werner cadde nell'eccesso opposto (98).

Per rimpolparla alquanto, egli diede poi alla Wanda un regolare accompagnamento lirico. Aveva fatto già uso sempre più ordinato e conscio di cori lirici ; ora se ne servì per dar quelle (( Stimmungen » preparatorie allo scoppiar del dramma, che altrove erano date dalle scene descrittive. Cori guerreschi preparano nel primo atto il racconto di Riidiger; cori guerreschi nel secondo atto

(97) Cfr. anche MlNOR, op. cit., p. 60.

(98) Teichmann, op. cit., p. 319.

302 Zacharias Werner

introducono nel mondo da cui la figura di Wanda regina dovrà balzar fuori; cori di vergini intorno all'amore fanno una specie di ouverture sinfonica all'incontro di Wanda e Riidiger nel terz'atto; cori di vergini, lamenti elegiaci di Ludmilla, canti guerreschi, cori mistici degli spiriti che accompagnano Libussa, s'intricano nella grande scena principale del quarto atto ; canti dolci e stanchi delle don- zelle di Wanda fan penetrare nello stato d'animo di lei che, svegliatasi dall' incubo tremendo, ancor vive come in sogno; canti di vergini e di fanciulle l'accompagnano al rogo; canti di sacerdoti chiudono il dramma.

Il Werner che aveva condannato già in Schiller il tenta- tivo di suscitare il coro della tragedia greca e aveva con- siderato quel tentativo come fallito, tentò ora, condottovi dalla struttura data al suo dramma, quel che nello Schiller aveva biasimato.

Ma egli lo fece con diversi intendimenti. I suoi cori ri- flettono bensì le impressioni che lo svolgersi delle scene producono sopra gli spettatori, ma essi hanno anche un'altra funzione. Il Werner stesso ha sentito quel contrasto che esisteva fra la voluttà malata e peccaminosa dei suoi eroi e la mistica celebrazione che egli ne ha fatta; lo ha sentito così bene che nel Prologo cerca di scusarlo dicendo che egli dipinse questa volta l'amore presso gente ancor barbara, ancor pagana, non ancor trasfigurata dall'influsso purificatore del Cristianesimo (99). Fu probabilmente per questa ragione che egli volle far sentire lo svolgersi della vicenda come una legge della natura. Ciò riaffermava il suo pensiero, esplicava meglio la sua concezione e giu-

(99) Prologo. Ausg. Schr., VII, p. 1.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 305

stificava al tempo stesso quanto egli descriveva. Una giu- stificazione concisa e soprannaturale aveva dato Libussa; in conformità di essa il Werner fece comparir la stessa idea come confusa rivelazione sentimentale nell'anima dei personaggi umani del coro, come legge di vita degli spiriti da cui Libussa è accompagnata. Rimaneva Libussa nell'in- determinato e nel vago; nel vago e nell'indeterminato rimane anche il nuovo enunciamento delle oscure verità mistiche. Errava nei canti la vaga nostalgia di pace che s'agitava nell'anima del poeta stesso : le vergini di Libussa cantano

Uns Jungfrauen nebelgrau Uns netzt kein Regen nicht, Uns warmt kein Sonnenlicht, Uns kiihlt kein Tau, Uns schmelzt keine Qual, Uns labt kein Freudenmal, Noch bunter Farbenpracht ; Wir ruh'n in Nacht.

Docb uns im Innern bebt Ein Ton der wiederklingt, Ein Ton der uns durchdringt, Der liebt und lebt. Wenn dieser Ton erklingt Dann ist der Leu versòbnt ; Die Harfe lispelt Ruh' Uns Miiden zu.

I

In questi crepuscoli della coscienza in cui il Werner immerse i .suoi cori, appaiono le grandi verità mistiche ed acquistano nella vaga misteriosità in cui restano avvolte una solennità anche più sacra. E perchè quelle idee com-

304 Zacharias Werner

paiono durante e per le emozioni, che lo scatenarsi del dramma provoca, così passa spesso nei cori la visione confusa di quanto dovrà avvenire e con la visione si suscitano nelle anime quei medesimi sentimenti che l'azione poi dovrà intensificare e rafforzare.

Dunkel ist der Sinn von deinen Tonen,

Doch es zleht mlch, wenn du sprkhst, nach oben.

Queste parole di Wanda a Ludmilla danno come già lo Iffland osservava il carattere di tutta questa lirica. E danno il carattere di Ludmilla, l'amica di Wanda, una fanciulla ideale, una sorella di Therese, ma più dolce e più affascinante di lei, perchè più vera e mantenuta sempre nei limiti della umanità. È una personificazione della (( Sehnsucht », che nella lirica così spesso si esprime: è lo spirito di vero amore, che con la « Sehnsucht )) è tut- t'uno. Ha perduto il suo amante Jaromir e sospira il momento in cui lo raggiungerà : tutte le sue parole son deli- cata poesia. Non sa nulla del mondo, ma,4)erchè intende e vive in l'amore, così conosce per istinto una cosa assai bene, il cuore umano. Wanda passa ed essa resta. Abbellisce la vita ; è un'anima in tutta la sua primitiva purità.

Ludmilla è una creatura romantica e romantica è la lirica del dramma che in lei si è concretata in una figura individuale. «Werner s'abbassa a Tieck )) (100), diceva l'Iffland a questo proposito, disgustato di veder l'antico protetto seguir vie affatto diverse da quelle che egli desi-

(100) Op. cit., loc. cit. La musica dei cori, per questa tragedia, fu composta dal Destouches.

// dramma dell'utopia erotico-mistica 305

derava. Ma questo è appunto caratteristico pel Werner; che nei tentativi suoi di comporre un suo dramma, mal- grado il sempre più intenso affermarsi della sua persona- lità, sempre in diverso modo ritorna ora a Schiller, ora al romanticismo donde era mosso. (( Von der friiheren Mystik gli scriveva l'iffland kann nicht mehr die Rede sein. Nur ist es aber eine andere Mystik, und zwar eine schlimmere: das Unbestimmte in dem Stil » (101).

Il Werner ancora una volta ha cercato stesso senza riuscire a raggiungersi. È andato di nuovo errando per le vie che altri già apersero e che gli si pararono innanzi. Nella Wanda il ritorno ai romantici era anche più facile, perchè le traccie della maniera Schilleriana non vi esistevano più a trascinarlo in altra direzione. Egli fece perciò più ancora che nelle opere precedenti (( eine romantische Tragòdie », in cui il romanticismo è bensì trasformato dall'esclusività mistica e erotica delle idee w^emeriane, dalla sensualità di sentimento della vita attra- verso di cui il Werner lo fa passare, e bensì ordinato in una struttura che non gli è propria per la tragedia fran- cese a cui il Werner mira, ma si è pure affermato in forme sue proprie. E ancora una volta si franse l'unità stilistica e artistica della sua opera.

Malgrado le debolezze che la guastano e la rendono inferiore ad altre tragedie, la Wanda continua però l'evoluzione del dramma w^erneriano nella soluzione dei problemi fondamentali intorno a cui questo si aggira. È una tragedia scarna, schematizzata sopra un tema di novella; ma la unità organica di concezione è superiore

(101) Teichmann, op. cit.. p. 322.

G. GabETTI, // dramma di Z. Werner. 20

306 Zacharias Werner

alle altre, la fusione del pensiero in una storia umana è maggiore e il realismo si afferma con una conseguenza così inesorabile nella esecuzione che vi sgomenta. La grande scena del quart'atto e l'ultimo atto sono fra le cose migliori, più sicuramente impostate e più profondamente svolte, che il Werner abbia composto. Fu per ciò che, fra tutti i drammi del Werner che finora abbiamo esaminati, il Goethe fece rappresentare questo solo sul teatro di Weimar.

CAPITOLO QUINTO La " Schicksalstragòdie „.

L'idea del fato, che domina al disopra degli uomini e degli umani eventi e or direttamente ora indirettamente at- traverso conflitti di passioni li guida, non si esplica sol- tanto nella Wanda, ma è, come già avvertimmo fin dal secondo Capitolo, uno dei caratteri fondamentali di tutti i drammi wemeriani, necessario riverbero della conce- zione dell'uomo e della vita che il Werner si è formato.

Un sentimento fatalistico della vita domina, del resto, sopra tutta la poesia romantica dal Blaubart del Tieck air^lxe/ und Walburg deH'Oehlenschlàger, dallo Halle und Jerusalem del Fouqué a\V Ezzelino dell'Eichen- dorff (I): Wilhelm Schlegel considera il problema del

(1) Cfr. WendrinER, Das romantische Drama, cit., p. 100 e passim. Il Wendrlner però vuol ricondurre questa tendenza letteraria a un in- flusso del Wilhelm Meister, il che non è possibile. Questo con- tiene bensì delle considerazioni sul fato, ma l'influenza di un libro non è mai di frammenti isolati, sibbene delle qualità da cui l'opera intera è dominata. E nulla è per verità più lontano dal fatalismo che il pensiero, secondo cui Wilhelm Meister ascende a modera- tore e signore della propria vita.

308 Zacharias Werner

fato come problema sostanziale della tragedia e tra- duce da Calderon La devocion de la Cruz (2) e lo Hoffmann celebra in quell'opera (( die geheimnisvolle dunkle Macht, die iiber Getter und Menschen waltet » : (( Der Zuschauer hòrt wie in seltsamen ahnungsvollen Tònen die ewigen unabanderlichen Ratschliisse des Schick- sals, das selbst die Gòtter béherrscht, verkiindet werden )) (3).

Si cercarono le ragioni di questo fatto e ogni studioso ne indicò una diversa : non fu risultato di una ragione sola, ma fu, come ogni fatto storico generale, risultato di un concorrere di parecchie ragioni insieme. Presso taluni pre- valse un elemento, presso altri un altro elemento e presso tutti lo assurgere del fatto a uno stato di coscienza generale. Certo vi contribuì per molta parte quella rea- zione del sentimento e della fantasia contro la aridità della « Aufklarung », che vedemmo accompagnare il risveglio dello spirito tedesco verso la fine del secolo XVIII ; l'af- fermazione del libero arbitrio esige un senso così chiaro della propria personalità che esso presuppone un dominio della ragione serena nella coscienza : l'abbandono dei propri pensieri all'impulso della passione e alla immagi- nazione conduce sempre a sentire nelle ore tristi la propria

(2) Cfr. Wiener Vorlesungen, XV Vorl., e la Comparaison de la « Phèdre » de Racine avec celle d'Euripide ((Euores écrites en FranQais voi. II). La « Devocion de la Cruz » è, fra 1 drammi calde roniani, quello che è più strettamente, anzi più veramente fatalistico.

All'influenza calderoniana si deve aggiunger pure quella collaterale del Gozzi. Cfr. ad es. l'HoFFMANN nei Serapionsbriider, a proposito del Corvo ed. cit., I, p. 188. Sopra tutto sono importanti, per questo rispetto, le elaborazioni sue di drammi spagnuoli, che in Germania furono notissime e frequentemente tradotte.

(3) Serapionsbrader, I, 198.

La « Schicksalstragodie » 309

debolezza e a ricercar la ragione della propria infelicità in una potenza superiore da cui noi dipendiamo. Il de- terminismo della filosofia sensistica, affluendo dall'Inghil- terra, inclinava per l'altra parte verso tali concezioni, e vi si univa un influsso letterario in doppia forma: nella forma della concezione generalmente accettata della poesia tragica greca, come basata sopra la lotta degli uomini contro la fatalità, e nella forma dell'influsso della poesia spagnuola e in particolare del Calderon, che verso questo tempo diventa sempre più grande (4). E più ancora forse valse il risorgere del misticismo, in quanto che la visione mistica della vita e delle cose implica come già prima dicemmo a proposito del Werner un elemento fatali- stico : la sua conciliazione con il libero arbitrio che la pre- dicata teoria della colpa e della pena, della virtù e del premio rendeva necessario, costituisce anzi uno dei pernii, su cui si aggira la filosofia cristiana (5). Lo Schneider ag- giunse ultimamente un nuovo fattore nella sempre crescente diffusione delle società segrete e nel riverbero che queste società avevano nella poesia del tempo. Il mistero in cui i personaggi che stavano a capo della setta erano avvolti, la potenza singolare che essi riuscivano a procacciarsi con i mezzi che la loro posizione poneva ai loro servizi, potenza che appariva miracolosa e che facilmente era immaginata

(4) V. Minor, Die Schicksalsfragddie etc, cit. e specialmente il suo nuovo studio nel « Grillparzer-Jahrbuch » 1899. p. 1. Cfr. di lui anch« il saggio, che, contemporaneamente a quest'ultimo, pubblicò nella Festgabe fur R. Heinzel, sebbene esso concerna principalmente la Ahnfrau del Grillparzer. E v. pure di lui la introduzione alla sua edizione del 24. Februar nel voi. già cit. Schicksalsdrama.

(5) Der Einfluss der FreimauTerei, cit., passim e specialmente Gap. IV.

310 Zacharias Werner

di gran lunga più vasta di quello che essa fosse, lo stato di subordinazione, in cui i semplici membri si tro- vano, tutto ciò metteva questi ultimi, per così dire, in balìa dei loro superiori, ed essi dovevano aver l'impressione di vivere in un mondo, le cui vicende erano indipendenti dal loro sforzo e dalla loro opera, determinate dall'alto. La diffusione letteraria che questo mondo ottenne ha due ragioni : una prima ragione nella diffusione delle società stesse, una seconda nella eccellente materia che veniva offerta al narratore : materia piena di imprevisto, di miste- rioso, di fantastico: materia poi, che non riusciva troppo ostica e non urtava con la sua inverosimiglianza perchè tutti gli avvenimenti si chiarivano in una spiegazione finale, in cui l'aOber» si rivelava come colui che tutto aveva disposto e ordinato. Lessing, Goethe, Schiller, Jean Paul s'incontrano fra coloro che coltivarono questa letteratura, e la diffusione letteraria abituò facilmente le immagina- zioni a rappresentarsi la vita da un tal punto di vista.

La filosofia romantica finalmente, arrivata come ultima, faceva bensì l'uomo libero, e poneva bensì in tale libertà l'essenza dell'uomo; ma, rappresentando l'uomo come parte del (( Weltall », gettando un ponte sopra quell'a- bisso che separava anche in Kant l'uomo e le cose, sta- bilendo l'unità di tutto l'universo pervaso da un solo spi- rito di vita e dominato da una sola grande legge, stabiliva bensì, considerata la cosa dal lato logico, un pensiero lontano dal fatalismo, ma generava negli animi una (( Stimmung » che gli era favorevole. Richiedeva che l'uomo vivesse nel senso dell'identità sua con la natura infinita, e un tale senso induce facilmente e quasi neces- sariamente a sentire se stesso come determinato dalla infi- nita forza che nell'universo si manifesta.

La « Schicksalstragòdie » 311

Oltracciò, poiché seguendo le inclinazioni verso una concezione esclusivamente estetica del mondo, i romantici furono condotti a celebrare ciò che vi è di inconscio nella vita, da quello sfondo misterioso e da questa tendenza un sentimento fatalistico doveva necessariamente sbocciare. Un tal sentimento poi si intensificò anche più nella (( Jiin- gere Romantik » : nel nuovo periodo, con Brentano, Hoff- mann, etc, le « Nachtseiten der Natur » presero il so- pravvento sopra quel culto della vita cosciente e della luce che i primi romantici avevano avuto comune con lo Schelling (6).

Nel Werner poi questa tendenza era favorita anche dal fatto che egli era uno di quegli uomini che, come avverti Richarda Huch, « mehr gelebt wurden als lebten, und den allgemeinen Lebensstromen stets weniger Einzelw^illen entegegensetzten » (7). Molti fra i romantici, fatta teori- camente quella affermazione della libertà come supremo principio della vita umana, su cui riposa la loro filosofia, si abbandonarono poi alle inclinazioni spontanee del loro spirito inquieto e vennero trascinati verso fantasticherie e verso pensieri che a quel principio contraddicevano. Questo accadde nel Werner assai chiaramente : egli afferma nel Lutero ì diritti della libertà, della ragione, della coscienza e ripete spesso quella difesa nelle sue lettere, ma, quando segue le proprie tendenze e sogna e scrive poesie, diventa, persino nello stesso dramma su Lutero, fatalista.

Di affermazioni fatalistiche formicolano le sue opere.

(6) Richarda Huch, Ausbreìtung und Verfall der Romantik, cit. p. 2!6 e segg., passim.

(7) Ibid., p. 222.

312 Zacharias Werner

La figura che prende il posto del Trovatore nella seconda parte dei Sòhne des Tales canta:

Tod dem Frevler, Tod ! Seines Blutes Rot Trank, des Bruders Keule ! Das ist mein Gebot !

Agli spiriti di Elisabetta e di Therese è affidato Io stesso incarico nella Weihe der Kraft. Nel Kreutz an der Ostsee presagisce l'oracolo la morte di Samos:

Im Sternenkreis,

Nach alter Weis',

Drehn wunderlich sich die Gestalten.

Du strebst sie festzuhalten :

Doch ziehn sie im ew'gen Geleis* ;

Du musst sie lassen walten.

Nella Wanda il (( Gesangchor der Ritter und Rei- sigen » svolge nuovamente tali idee :

Sei schwach oder kuhn

Des Menschen Bemiilin,

Er hat dess keinen Gewinn.

Die Wogen brausen, die Wogen ziehn

Der Quelle, der er entflossen, ihn,

Zur stillen Heimat hin.

L'intonazione della prima scena del quarto atto del- l'i4//z7a è data da canti dei Druidi, che si svolgono intorno all'idea che tutto quanto cadrà, ciò che le Nome hanno condannato a cadere :

Wem die Tochter des Schicksals, Wem die Nome den Tod spinnt, Der entrinnet ihr nicht.

La «.SchicksalstragddieD 313

E il canto s'alterna ripetendosi, mentre la scena fra At- tila, Hildegunde ed Edecon si svolge :

Manchen umgarnet das Dunkel, Mancher erhebet den Busen Klar und entfesselt zum Licht ; Aber es spinnet die Nome, Beide entrinnen ihm nicht.

Soltanto alla fine della scena, a cui la ripetizione del canto una solennità misteriosa, si applica l'idea a Roma :

Homa, es spinnet die Nome Und du entrinnest ìhr nicht!

Non esiste il caso cieco. n Was wir blinden Zufall

nermen ist der Gottheit weises Werk... Was man

Laune des Schicksais zu nennen pflegt, solite man hòhere Bestimmung nennen )) (8) .

E, poiché nello svolgimento del dramma werneriano le tendenze che gli sono peculiari si affermano progressiva- mente con sempre maggior conseguenza e risolutezza, anche questa, che era un elemento sostanziale della sua natura, si rivela con una forza sempre maggiore. Si ripe- tono con sempre maggior frequenza pensieri come quelli che ora abbiam citato, e, sopratutto, il dramma stesso assume sempre più una struttura e un colorito che a questa tendenza rispondono.

Il Werner fa che l'azione si svolga fra presentimenti continui in modo da provocar l'impressione che gli av-

(8) Ausg. Schrìften, II. p. 253; III. p. 129 etc.

314 Zacharias Werner

venimenti descritti abbiano in un altro mondo superiore all'umano la loro vera origine. È questa una delle qua- lità più salienti di ogni dramma fatalistico e il Maeterlinck se ne valse ampiamente nei drammi della prima maniera: gli Aveugles, ad esempio, consistono in un tragico in- tensificarsi del presentimento della morte, che in una gior- nata di autunno invade un gruppo di vecchi ciechi, dalla loro cecità medesima resi più pronti a coglier la voce ar- cana di una fatalità misteriosa.

Il Werner ricorre nei drammi suoi a due mezzi : il sogno e il presagio. Abbiamo accennato anteriormente come egli seguisse i romantici nell'importanza assegnata ai sogni quali rivelatori di verità : nulla di più naturale che egli se ne valesse nei suoi drammi.

Scriveva sul sogno nel prologo della seconda parte dei Sòhne des Tales :

Traume sind ein Wehen von der Heimat ; Die Nacht ist Sonnenglanz dem innern Auge, Und geme offenbaret sich die Gottheit Der frommen Unschuld in prophet'schem Traum.

Ne fa uso già in questo primo dramma e più largo uso nel Kreutz an der Ostsee. Due sogni annunziano fin dal primo atto la catastrofe a cui i Prussiani vanno incontro. Il primo è quel sogno pauroso del Waidevsruth, che ri- cordammo: Percunos ferito e pallido, sanguinante, gli è comparso: una donna con un bambino in braccio lo toccò con un giglio, mentre egli si voleva scagliare su di lei, e lo incenerì. Il secondo è ugualmente sinistro: Pregolla sogna della cerimonia nuziale, che le strapparono la corona di fiori dal capo sostituendovi una benda di lino e gridan-

La « Schicksalstragodie » 315

dole : (( Questa porterai finché avrai generato un figlio maschio forte come il padre suo » : come potrà ciò avve- nire se Samos la lascia per recarsi in guerra ? Samos è tor- mentato in sogno dalla figura dello (( Spielmann » prima che egli si rechi a cercar di strappar Warmio a Malgona. La Weihe der Kraft abbonda di sogni : Katharina sogna che la Vergine le è apparsa travestita con una lampada in mano e che dalla fiamma si sprigionò il fantasma di un eroe: e la Vergine disse: «Die Lampe, die is dein: sia hiiten soUst du einstens glùht sie immer » . Anche Lu- tero sogna che la Vergine gli compare e gli un bastone e gli dice : (( Wen dieser stiitzt, der wanket nicht ! » . Quando Therese muore nel giardino presso i suoi giacinti, Katharina ha un sogno sconvolto: le par che fantasmi pas- sino dinnanzi a lei e ognuno abbia una foglia appassita sulla fronte, e un occhio enorme s'affacci nella nebbia. Quando gli spiriti di Hierese e di Elisabeth compaiono sopra il capo di Lutero e Theobald, questi sogna che The- rese lo chiama e Lutero che Elisabeth gli dice : (( Hegst du schnòde Ruhe, Indem der Feind den Tempel dir zer- bricht ? )) Attila compare nei sogni di Onoria che non lo ha mai visto e quel fantasma accende e tien vivo in lei l'amore del grande eroe ignoto. E il sogno diventa in tal guisa fattore essenziale della psicologia di Onoria.

Ancor più larga parte specialmente negli ultimi drammi è data ai presentimenti veri e propri, che s'af- facciano al fondo della coscienza all'avvicinarsi di gravi avvenimenti. Nella prima parte dei Sohne des Tales abbondano quei presentimenti che il senso della realtà medesima suggerisce. Molay è continuamente e profonda- mente afflitto dall'oscuro presagio a cui non si può sottrarre, che l'ordine da lui retto andrà a rovina. Quando vien

316 Zacharias Werner

decisa la partenza dei Templari da Cipro, il Gross- Comptur sente che più non ritornerà :

Da war's als wenn ins Ohr mir jemand raunte : « Das ist dein Leichentuch, und jene Ballen Sie sind der Sarg, der auf des Ostwinds Fittich Dich morgen bin zu deinen Vatern fiihrt ! »

(( Ich ahne » è una delle espressioni che più spesso tor- nano sul labbro dei personaggi Werneriani e Molay (( ahnt )) che Robert è nato a grandi cose e che le compirà : Robert stesso sente passar nella sua anima presentimenti della sua missione. Nella seconda parte del dramma era fin da principio troppo chiara la visione dell'esito finale delle vicende rappresentate, esito che nelle scene del (( Tal )) si vede in formazione, perchè fosse il caso di valersi spesso di tale espediente : anche qui però esempi non mancano, come le cupe (( Ahnungen )) di Filippo il Bello o come la previsione che il Gross-Comptur fa a Molay dopo la men- zogna che questi ha detta per salvare il suo amico Philipp :

Ich fiilil's Es kommt iiber mich Du hast gesiindigt ; Doch was dein Blut gefehit, wirst du entsiihnen. Blick auf getróst ! denn nah' Ist die Verklarung !

Quest'ultimo caso ci mostra già un'altra forma di presen- timento, non più suggerita dalla visione della realtà pre- sente : una forma per così dire mistica : la stessa forma ritorna ancora alla fine del dramma quando Guido grida a Filippo il Bello che entro un anno anch'egli morirà, e entro quaranta giorni già lo precederà papa Clemente. L'in- segnamento di Adam a Robert nel « Tal » è, per così dire, una vera (( Ahnungslehre » .

Pieni di presagi sono i drammi posteriori : le cerimonie

La « Schicksalstragodie »

317

religiose, i canti del coro, gli oracoli offrono alla fantasia del Werner il modo di dar completo sfogo alla sua incli- nazione. L'oracolo del sacrifìcio a Picollos, prima che i Prussiani decidano la guerra, un responso oscuro: Pre- golia sente che non rivedrà più Samos, che non le retta e la lascia per correre il rischio della battaglia:

^^m Quando si sta preparando la cerimonia di nozze di ^^m Warmìo e Malgona, Agaphia esclama:

Er zieht in die Schlacht, Er hat sein Taubchen nicht acht

Und nimmer gebaren werde ich den Sohn.

Wie verstimmt Ist heute alles ! Schlimme Vorbedeutung !

E anche Warmio le fa coro : (( Mir ahnet Unglùck ! » . Malgona è invasa da confuse e simboliche visioni quando lo (( Spielmann » giunge a corte. Un presentimento che Malgona verrà ancora a lui solleva Warmio nell'isola, quando si tormenta nel pensiero che non la vedrà più. Silko e lo (( Spielmann » predicono alla fine del terzo atto ciò che nella seconda parte del dramma il Werner intendeva svolgere.

Anche la Weihe der Kraft non manca di esempi, seb- bene essi siano meno numerosi, soppressi per la preoccupa- zione teatrale a cui il Werner obbedisce. Therese presente che, se Katharina vede Lutero, ciò avrà grandi conse- guenze ; Theobald presente la morte di Therese, e, quando Therese si reca nel giardino dove essa morrà, Katharina non sa perchè, ma è piena di angoscia e di turbamento:

Am hellen Mittag war es und mir graute Zum erstenmal in meìnem Leben.

318 Zacharias Werner

Lutero presente che qualcosa di insolito avviene a Wittenberg e decide di recarsi colà:

Dort ja, mir sagt 's dei Geist, der nie gelogen, Dort muss was Ungeheures geschehen !

Presagi continui ci si presentano nella Wanda. Fin dal primo atto balena a Riidiger la visione oscura del fu- turo che l'attende ed egli deve lottar contro lo sgomento, dopo che gli spiriti di Libussa e delle sue Vergini gli sono apparsi :

Es packt mich Ahnung wiitend ; doch bin ich lebensvoll : Begonnen war's : drum end'es.

E il presentimento da questo istante non lo lascia più. Quando si reca travestito presso Wanda, si deve far co- raggio :

Was soli dies bange Beben

Der Brusi? Ich fiihlt' es nie in meinem Leben !

Du bebst, der, unbezwungen,

Mit einem Heer von Helden oft gerungen?

Anche Wanda è in preda a uguali commozioni. Quando le annunziano il messaggio di Valdecon che giunge ac- compagnato da Riidiger travestito, essa ha un brivido :

Wie wird mein Herz bekiommen Und voli banger Ahnung !

E sente poi in una voce che par le dica che essa lo rivedrà sebbene egli sia morto.

Nei soldati di Riidiger, che pure eran uomini forti, passa uno sgomento dinnanzi a questa impresa, che vor- rebbero ritornarsene ai loro lari. Anche Valdecon consiglia

La «iSchicksalstragòdieyi 319

a Riidiger di desistere. La morte di Wanda è preannun- ziata da una specie di simbolico miracolo avvenuto du- rante il sacrificio.

NeW Attila, il presentimento diventa talora persino motivo drammatico di scene intere. Così è nella scena del primo atto in cui Hildegunde narra il suo passato e la sua passione : tutte le vergini del coro sono colte da. uno sgomento nell'oscuro presagio dell'avvenire :

Weh dir, unselige Tochter des Ungliicks, Die du vom Dunkel umwunden !

Il tema qui appena accennato risorge in seguito. Che Onoria sia piena di presagi è naturale, data la teoria d'amore che il Werner professa e predica. Anche Attila è soggetto a tali fenomeni. E non solo in rapporto a Onoria: un certo sgomento gli balena talora quando vede Hildegunde : - (( o meine Ahnung ! » - esclama nell'ultimo atto, quando papa Leone gli rivela la morte che l'attende. Quando il cameriere porta il pocale col vino in cui Aetius e Heraclius han fatto versare del veleno, Irnak, il figlio di Attila, ha un grido : « Ah ! Mutter Ospiru ! mir w^ar als rief sie ! ». Quando Hildegunde vede la mazza che ha ucciso Walther, scoppia nel coro un tumulto e lo sgomento attraversa con le loro esclamazioni tutta la scena. Nella cerimonia nuziale Attila accende due volte la lampada all'altare e due volte la lampada si spegne. I sacrifici presagiscono (( blutiges Unheil ». Edecon vorrebbe che Attila rimandasse le nozze almeno fino all'indomani. Irnak vede nel cielo un flagello spezzato:

Und zwischen drin ein blutig Leichenhaupt, Wie iMutter Ospiru, als sie entschlief !

320 Zacharias Werner

I Druidi cantano un coro lamentoso:

Wehe uns! Wehe ! Stark ist die Geissel die Unbill zu rachen ; Aber das Schicksal kann Geissel zerbrechen! Web ! er zertritt ibn, der kiihn es verlacbt !

E Attila stesso si sente per la prima volta incerto di sé. Pensa che forse ha errato nel cedere a Leone, che si è (( im Kerker seiner Wahl verhaftet » :

Ist derni der Mensch ein Krebs, den, vorwàrts schreitend, Ein widerwillig Etwas riickwèirts ziebt ?

Ma i pensieri tristi son vinti -da un senso di pace che or sopravviene:

Eine frohe Ahnung

Durcbbebt die Brust

So ist mir 's Als sei nun mein die Palme.

Allo scopo di accrescer la (( Stimmung » generale e il generale colorito, il Werner pone in bocca a qualcuno dei personaggi principali un (( Lied », pieno di allusioni miste- riose a ciò che avverrà. Attila desidera uno a Schlummer- lied )) e canta il canto della civetta e dell'aquila che non possono andare insieme : Hildegunde canta invece un canto sinistro della civetta e dell'avvoltoio.

Zum Geier kam die Eule

Und schnarrt' ihr ewiges : « Komm' mit ! Komm' mlt ! »

Der Geier, der spracb : « Das kann wohl sein I »

Da flogen sie des Nachts bei 'm Rabenstein

Zur heissen Hohle binein !

Scblaf einl Scblaf ein! Scblaf, Geier, scblaf ein!

La « Schicksalstragodie » 32 1

La medesima forza poi a cui gli uomini soggiacciono regna anche sulla natura; essa anzi si rivela nel modo più evidente, in quanto la natura stessa partecipa a tutto ciò che avviene, e si mostra signoreggiata da quella forza unica che nella storia umana imperversa. Questo sfrutta- mento della natura per rendere più intensa l'impressione del fatto descritto è frequente dopo la Nouvelle Héloìse e frequentissimo presso i romantici, ma nel dramma dei Werner esso è interamente in armonia con lo spirito di tutta r opera. Anche con questa tecnica raggiungerà il Maeterlinck, che per sua aperta confessione alla poesia fatalistica della prima metà del secolo XIX si attacca, degli effetti grandiosi, come negli Aveugles citati o neWIntruse o in Pelléas et Mélisande.

Già nella prima stesura dei (( Templer auf Cypern », quando lo spirito di Eudo viene a Molay, è notte oscura : una « rabenschw^arze Wetterwolke » vela la luna, e Eudo giunge preannunciato da suoni di cetra ;

Was klingen dort fiir ferne Lautentone,

So schmelzend sanft, als ob die Mitternacht

Sie aus dem ersten Schlaf nicht wecken wollten?

Quando, nella seconda parte, Molay vien condotto nel seno del (( Tal » , si ode (( das Brausen der Elemente » : nubi risplendenti involgono sull'alto della montagna i ve- gliardi del (( Tal )) ; la scena dell'accettazione di Franz e di Adalbert fra i Templari, la scena dell'accettazione di Robert nel (( Tal )) avvengono nella notte profonda. Lo Schneider (9) ritiene che l'uso di questi espedienti sia do-

(9) Der Einfluss der Freimaurerei, Cap. IV. G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 21

322 Zacharias Werner

vuto al gusto di tali spettacoli sviluppatosi dalle cerimonie massoniche. Che qualcosa di vero vi sia nella sua opinione, mostra qui il Werner, presso di cui la derivazione è evi- dente ; ma la tesi dello Schneider ha valore soltanto finché Telemento naturale resta decorativo, come nel caso dei Sòhne des Tales. Nelle seguenti opere del Werner esso assume invece un valore intrinseco ed ha una diversa origine: quella che sopra abbiamo accennato: il tempera- mento artistico dell'autore e l'indole della sua opera. Tuoni e lampi attraversano la notte tempestosa in cui si svolgono gli avvenimenti a cui è dedicato il Kreutz an der Ostsee; il sole sorgente e suoni di cetra terminano la prima parte. Nella Weihe der Kraft Lutero invoca dal cielo un fulmine, quando vede il saccheggio compiuto dai suoi seguaci, e il fulmine cade. Quando neW Attila Hildegunde riposa, alleggerita dei suoi pensieri sinistri, il cielo è sereno e Taria tranquilla; ma il cielo si oscura e l'atmosfera si turba quando in lei la tempesta si risolleva. Nella Wanda romba il tuono quando Wanda e Rii- diger si trovano di fronte : lampi e tuoni scoppiano quando Wanda uccide il suo amato; la notte è piena di brividi, spettrale; Ludmilla canta:

Der Mond schaut auch hernieder

So traurìg und so kalt !

Du kannst wohl auch nicht weinen,

Du starres Leichenhaupt ;

Suchst trostlos auch den deinen,

Den dir die Nacht beraubt?

In tutti i drammi, tranne che nel Lutero, l'azione si svolge nella notte; nella notte avvengono le radunanze dei Templari e del (( Tal », persino le radunanze della

La a Schicksalstragòdie » 323

commissione giudicatrice; nella notte oscura, tempestosa, diede Adalbert l'ultimo bacio alla sua Agnese; nella notte dalla sera alla mattina si svolge l'assalto dei Prussiani e dei Polacchi, la storia del Kreutz an der Ostsee; nella notte l'assalto dei Rugi ai Sarmati e la storia di Wanda; nella notte la catastrofe finale dello Attila. E la mezzanotte rappresenta sempre il momento in cui la crisi principale dell'azione, un fatto di sangue e di morte, avviene. A mezzanotte si raduna il Consiglio dei Templari, mentre Noffodei ed Heribert fuggono. A mezzanotte si sposano Warmio e Malgona e Warmio è assalito dal fratello Samos; a mezzanotte Riidiger e Wanda s'incontrano sul campo di battaglia e Riidiger è ' da lei ucciso; a mezzanotte Hildegunde sgozza Irnak e ammazza Attila. il fatto vien dal Werner lasciato passare inosservato; gli eroi stessi dell'azione s'avvolgono, per così dire, di tenebra per dar atto ai loro sinistri propo- siti ; passa una voluttà di tenebra nelle loro parole, mesco- lata con la voluttà di morte e di sangue. Wanda non vuol scendere in battaglia fino a che la mezzanotte sia scoccata, e pensa con voluttà a quell'ora.

Auf, Mitternacht, du briitest Todessaaten!

Ich nehm* es auf mit dir : Zur Schlacht, Sarmaten !

esclama poi quando ha preso la sua risoluzione; e Hilde- gunde, dopo essersi cento volte inebriata nella visione dell'ora fatale della sua « Brautnacht )), quando l'ora è giunta ed essa accende la fiaccola all'altare nuziale, mor- mora sinistramente :

Euch weih ich sie in Blut und Mitternacht!

324 Zacharias Werner

Un senso pauroso invade tutti quanti : la notte fosca sembra a tutti piena di invisibili agguati. Irnak ode

Geheul, Als flatterte mit einem Heer von Eulen Die wilde Windsbraut durch die Mitternacht!

I Druidi sono sgomenti:

Wehe uns ! Wehe ! In brausender Nacht Waltet der Unterwelt grausige Macht.

E Hildegunde s'avvolge d*ombra, non soltanto per essere più sicura all'azione, ma perchè quell'ombra le una non so qual voluttà cupa e fonda; spegne tutti i lumi :

Nur im dunkeln Schimmer

Ist 's mir so heimatlich So stili und traurig! (IO).

* * *

Ora nella evoluzione del dramma werneriano ci si pre- senta, dopo la Wanda la tragedia Der 24. Februar, che segnò il principio di tutto quel dilagare di tetra e misteriosa poesia del fato che invase per un decennio

(10) Alcune osservazioni ha già fatto a questo proposito il Wen- DRINER, cit. Egli però, più che di riattaccare il 24. Februar al dramma werneriano anteriore, si preoccupa di connetterlo al dramma romantico in generale. Eccone la conclusione : « Ich hoffe dass es mir gelungen ist zu beweisen dass der 24. Februar nicht so vereinzelt dasteht, dass er kein Anfang, sondern das Glied einer langen Kette ist», p. 146. Egli trascura perciò tutti quegli elementi, che sono caratte- ristici di quel genere letterario speciale che la « Schicksalstragòdie » fu, e che nei drammi wemeriani anteriori pur già si trovano.

La « Schicksalstragòdie » 325

romanzi e liriche, ma sopratutto il dramma, raggiunse nelle composizioni del Miillne e dello Houwald la sua espressione più piena e colorì gli albori della poesia del Grillparzer (11).

Il 24. Februar diventò un tipo su cui le opere poste- riori si modellarono e determinò il fiorire della (( Schick- salstragòdie )) (12) come genere letterario a sé, avente certi suoi caratteri distintivi, come li ebbe a suo tempo il (( biirgerliches Drama » , mentre prima nel Karl von Berneckp del Tieck, nella Brani von Messina dello Schiller, nel Blunt del Moritz essa già era bensì apparsa, ma solo come una trattazione drammatica di un motivo tragico, che si collocava accanto a tutti gli altri tentativi di tragedia che si venivano facendo. Ciò al dramma del Werner un'importanza storica particolare, facendolo comparire come una specie di creazione di un nuovo genere di poesia. Ciò però ebbe anche la conseguenza che lo si isolò dal complesso dell'opera werneriana e lo si considerò a parte, come se interrompesse improvvi-

(11) Cfr. Minor, op. cit. Cfr. inoltre Max Herzfeld, // 24. Feb- braio di Z. Werner, Poszony, 1905. È scritto in ungherese, ed io ne potei prender conoscenza solo per la cortesia dell'amico FRANK, che gentilmente me lo tradusse. Sul MAZZINI v. Conclusione.

Merita di esser rammentato anche l'articolo di A. GraBOWSKY, Schicksalstragòdien, « Lit. Echo », 15 Settembre, 1906. Il Gra- bowsky, imbevuto di simbolismo fatalistico maeterlinckiano, fraintende completamente il 24. Februar e cade nell'errore, in cui nel testo accenniamo : « Fatalistische Dramen mussten so zu Fratzen werden und sind es auch geworden». Il suo articolo contiene però parecchie osservazioni buone.

(12) Cfr. nel GoEDEKE e nei « Jahresberichte » la lunga bibliografìa, che io qui riporterei inutilmente, e che io altrove citerò in parte occasionalmente, quando ne sarà il caso. E v. ora anche il breve saggio del Leysering, Studien zur Schicksalstragòdie, Berlin, 1913.

326 Zacharias Werner

samente lo svolgimento della poesia del Werner e stesse con esso in contraddizione o, per lo meno, in opposizione. Concezione che, dopo quanto finora abbiamo esposto, più non fa bisogno di dimostrare errata. 11 24. Februar risulta più che un'opposizione, un epilogo dell'evoluzione generale che venimmo seguendo sin qui.

Si son cercate le origini dell'opera in precedenti lette- rari, e il Werner si è ricordato senza dubbio, scrivendo, del Tieck e dello Schiller, certo anche del Calderon, di cui discorreva con lo Schlegel, occupato a tradurlo, nell'ot- tobre del 1808, in Coppet, ma le vere radici della sua composizione sono nel suo dramma anteriore (13),

Non solo il 24. Februar mostra per così dire concentrati quei procedimenti stessi d'arte, di cui finora abbiamo parlato e fu una delle espressioni più coerenti, che la tendenza artistica del Werner sia riuscita ad avere, ma esso riposa sopra un pensiero perfettamente analogo, anzi identico a quello che trovammo negli altri drammi.

È stato affermato che lo (( Schicksal » delle (( Schick- salstragòdien » è una « miirrische heimtiickische Gewalt, die in der Knechtung des menschlichen Willens ihren Beruf findet )) (14), un vero a Mummenschanz » che

(13) Sui precedenti letterari cfr. specialmente l'accurato ed erudi- tissimo saggio del MlNOR nel « Grillparzer-Jahrbuch », cit., 1899, p. 1 e segg. Quando però il Minor rintraccia i drammi del parricidio e del fratricidio anteriori al Werner, anzi, anteriori all'introduzione di essi in un qualsiasi dramma fatalistico, egli allora s'allontana dalla genesi che il 24. Februar ebbe, e di cui tosto ci occuperemo, e adduce molto materiale erudito, che in gran parte al Werner fu ignoto, e che, ad ogni modo, non ebbe ne su di lui, sul genere letterario, che nel suo dramma ebbe le origini occasionali, alcuna influenza determinante.

(14) Minor, Das Schicksalsdrama, Introd., p. IV.

La « Schicksalstragòdie » 327

(( macht aus dem Menschen die klàgiichste Possenfigur, wenn es ihn zermalmt » (15); si è detto, per la fine casui- stica su cui queste opere si sogliono basare, che esso è un (( polizistisches und kriminalistisches Genie » come i (( wortreffiliche Polizeispionen » del Bonaparte, o come i (( weniger geschickte Spitzel aus den Zeiten der demago- gischen Verfolgungen » (16). Ma, riferita all'opera del Werner, l'osservazione non ha valore. Il 24. Februar svolge bensì l'idea che la colpa è funesta e viene punita, come conclude il coro nella Braut von Messina :

Das Leben ist der Guter hochstes nicht, Der Ubel grosstes aber ist die Schuld,

e la concezione, che si giudicava costituire il pernio del teatro greco, venir le colpe dei padri punite anche nei figli (17); ma idea e concezione rientrano nel generale sistema di pensiero del Werner, in quanto che insegnano bensì che la colpa viene espiata gesiihnt , ma mostrano come il risultato generale dell'azione rappresentata sia la purificazione degli uomini dai legami terreni e l'avvici- namento a Dio. Il tema del 24. Februar è, come per gli altri drammi del Werner, « durch Todesnacht in Him- melsklarheit schaun». Kurt, su cui pesa la maledizione del padre, giunto alla veglia della morte, sebbene egli non sappia di dover morire, accetta come tutti gli eroi werneriani il pensiero della morte e la desidera anzi cadendo ginocchioni in preghiera :

(15) SCHNEIDER, Der Einfluss der Freimaurerei cit., p. 210.

(16) Minor, Ioc. cit., p. iv e seg.

(17) Dell'influenza di questo pensiero discorre acutamente il MlNOR «Grillparzer-Jahrbuch», 1899, I.

328 Zacharias Werner

Wenn ich einmal soli scheiden. So scheide nicht von mir ! Schleuss' auf des Himmels Tur ! Wenn mir am allerbàngsten Wird um das Herze seyn, So reiss' mich aus den Aengsten Kraft delner Angst und Pein !

e tosto sente come tutti gli eroi Werner iani una pace celeste scendergli nel cuore, e raddolcirne le pene, come soave (( Labsal » :

Ich bin entsiihnt Die Ahnung ist erfiillt : Wie Alpenglocklein, tont 's von oben : Frieden ! Beschwichtigt ist 's erreicht der Heimat Land !

E dopo che Kuntz gli ha dato due stilettate, egli esclama solo:

Mich euren Sohn bringt ihr zur Ruh'?

E muor perdonando, raggiungendo la pace. E l'espia- zione si estende anche a Kuntz e a Trude, su cui pur pesa la maledizione del vecchio Kunth. Kurt annunzia mo- rendo :

Vergeben Hat Euch der Vater Ihr Seyd fluchentsiihnt !

E quando Kuntz gli chiede: (( Und du, vergibst du ? » egli risponde (( Ja » « Und Gott vergibt er ? » chiede ancora Kuntz; «Amen! » risponde egli. E una indistinta pace scende anche nell'anima accasciata di Kuntz, dopo compiuto il misfatto. Il dramma termina : (( Gottes Gnade ist ewig ! Amen ! » . Nel dramma werneriano il fato non è quindi la potenza arcana, che ha lo scopo suo nella

La « Schicksalstragódie » 329

(( Knechtung des menschlichen Willens )) , nella (( Zer- malmung des Menschen )), è invece il ministro di Dio, il purificatore degli uomini, una potenza superna, che, attra- verso l'espiazione, redime.

La condizione è diversa nelle (( Schicksalstragòdien )) che al 24. Februar per opera di imitatori seguirono. Questi furono colpiti dalle qualità più appariscenti, perchè esteriori, dell'opera, videro che il fato era stato sfruttato per la creazione di un dramma moderno e che questo dramma presentava certi caratteri distintivi, trascurarono il modo come l'idea del fato era stata applicata, dimenti- carono che i caratteri del dramma erano con la genesi di esso e col pensiero, su di cui esso posa, intimamente con- giunti, ne tolsero il solo motivo fantastico, e fecero del fato quel (( Popanz )) di cui lo Schneider parla. Le loro tragedie che possono con ragione paragonarsi ai drammi moderni à la Grand-Guignol, perchè mirano sol- tanto a produrre sgomento negli uditori con la materia trat- tata — divennero un cumulo di orrori, che il fato spiega a sufficienza, senza bisogno di una più profonda motiva- zione psicologica. L'interpretazione spesso data al dramma del Werner dipende dall' enore di averlo accomunato con queste degenerazioni. Ben avvertiva invece la differenza uno dei più fieri avversari che la « Schicksalstragódie )> abbia avuto, spirito d'artista tale che l'arte finì con l'isolarlo dalla vita e chiuderlo in un sogno di forme pure, il Platen, quando notava nel suo Tagebuch essere il 24. Februar un (( Meisterwerk » , in cui il Werner ha tutto (( geleistet » quanto (( geleistet werden kann » (18).

(18) Tagebucher, ed. LauBMANN, II, p. 228.

330 Zacharias Werner

Ciò che al 24. Februar nella serie dei drammi werneriani una sua propria fisonomia è il fatto che, per un cumulo di circostanze esteriori, il Werner fu condotto sta- volta a presentare il suo pensiero per così dire rove- sciato. Negli altri suoi drammi egli aveva svolto ampia- mente la progressiva (( Verklàrung » delle anime dei perso- naggi ed aveva limitato alla prima parte la pittura di quella che egli suol chiamare (( notte del peccato » : la (( my- stische Verklàrung » si rinnova nel 24. Februar, come già avvertimmo, ma è ridotta a fievol raggio di luce che illu- mina la catastrofe finale. (( Die Grausnacht des Todes und der Siinde » occupa tutta T opera fino al suo finale.

Le conseguenze di questa speciale impostazione del dramma furono molteplici. Il mondo del peccato è il mondo degli uomini, la terra. Scompare quella lotta fra inclinazioni mistiche e tendenze realistiche che negli altri drammi trovammo: le scene di pura riproduzione di vita reale erano state negli altri drammi come nella Weihe der Kraft puri espedienti teatrali, brani di impor- tanza secondaria adatti a intensificare il colorito storico, su cui l'azione vera e propria si svolgeva; ora invece tutta quanta Topera diventa una tale rappresentazione, perchè il pensiero stesso lo esige per esprimersi.

Limitata così nelle sue manifestazioni, l'idea del fato assume necessariamente un aspetto in parte diverso da quello, che finora ci si era offerto. La tragicità degli av- venimenti era stata prima raddolcita dalla loro natura stessa, inquantochè erano avvenimenti di un mondo mistico fan- tastico, in cui la tragicità era accompagnata da un'equiva- lente mistica (( Verklàrung » che li trasformava in ideali desiderabili ; ora invece la elevazione avviene attraverso l'espiazione di colpe commesse. Il fato conduceva prima

La « Schicksalstragòdie » 33 1

gli uomini o direttamente o indirettamente attraverso l'a- more al supremo ideale, la morte; ora il fato conduce gli uomini allo stesso fine ma attraverso dolori ed angoscie. Pur essendo identico con la Divina Provvidenza, il fato si accosta di più a quanto era il fato della tragedia greca; ne è diverso inquantochè diverso è il suo scopo, ma gli è simile inquantochè simili sono alcuni fra i mezzi che vi sono adoperati.

Questa indole dell'opera fa pur scomparire un altro dei contrasti esistenti nella produzione werneriana anteriore: il contrasto fra la (( mystische Verklàrung » e la inclina- zione alle visioni fosche e orrende, tetramente tragiche. Questa inclinazione si era fatta negli ultimi drammi sem- pre più viva, favorita da ciò che il Werner aveva trovato la soluzione del problema tragico comune a tutta la sua opera nella creazione di personaggi anormali e di una vita sentimentale patologica. Nei Sòhne des Tales essa si era affermata in elementi laterali, come nella scena della consecrazione dei nuovi adepti o nella ballata del Cava- liere di Sidon, o nelle torture inflitte ai Templari; nel Kreutz an der Ostsee essa si era esplicata nella pittura dell' ancor barbaro popolo prussiano e nel finale; nella Weihe der Kraft. essa era stata subordinata all'interesse teatrale e all'equilibrio tecnico dell'opera, ma s'era pur qua e rivelata, come nella scena del dolore di Ka- tharina sulla morte di Therese ; 1*^4 //i7a finalmente e la Wanda ne erano stati pervasi e dominati: V Attila con la figura di Hildegunde e la tragica (( Brautnacht » del re eroe, dove la fantasia del poeta si era inebriata di visioni tetre; la Wanda con la storia stessa dei due pro- tagonisti. Ma, diventata colla Wanda tendenza fonda- mentale della fantasia w^erneriana, essa aveva urtato aper-

332 Zacharias Werner

tamente contro la celebrazione nnistica che il Werner fa- ceva degli avvenimenti. Ora, trasformatasi l'idea del fato, come vedemmo, riposando la tragedia sopra un'altra impostazione, la tendenza risponde perfettamente allo spi- rito dell'opera e alle altre tendenze da cui l'opera fu determinata. Essa potè celebrare così nel 24. Februar il suo pieno trionfo.

Altra conseguenza è che il personaggio mistico fan- tastico non può più apparire. Servendosi di un proce- dimento, di cui si serviranno poi altri (( Schicksalsdichter », il Tieck si era giovato nel Karl Voti Bernecke della comparsa di spettri per dare all'idea del fato una per- sonificazione visibile. Il Werner continuò con risolutezza per la via su cui s'era posto, e li escluse : lasciò che il fato fosse una forza occulta immanente. Forse giovò la vici- nanza e la diretta assistenza del Goethe, che ad un pro- cedimento in parte analogo ricorse nelle Wahlverwandt- schaften e che nel Wilhelm Meìster aveva già precedente- mente formulate le sue idee sopra il fato nel dramma (19): (( So vereinigte man sich dariiber dass man dem Zufall im Roman gar v^ohl sein Spiel erlauben kònne... dass hin- gegen das Schicksal, das die Menschen ohne ihr Zuthun durch unzusammenhangende aiissere Umstande zu einer

(19) Jubilaums-Ausgabe, p. 39 e seg. Cfr. WendrinER, op. cit., p. 14 e seg.

L'influenza del Goethe è, per questo rispetto, indubitabile. Il Werner stesso lo confermò : « Ich bin durch Goethe von der Idee, die Mystik auf dem Theater durchzusetzen zuriickgekommen », TeichmaNN, op. cit., p. 319.

Cfr. per questa influenza il WalZEL nella introd. citata, alle let- tere scambiate fra il Werner e il Goethe, Goethe urxd die Romantik, voi. XIV. E V. ibid. anche l'importante numeroso materiale che dili- gentemente raccolse nelle note lo SCHUDDEKOPF.

La « Schicksalstragòdie » 333

unvorhergesehenen Katastrophe hindràngt, nur im Drama statthabe : dass der Zufall wohl pathetische, niemals aber tragische Situationen hervorbringen diirfe; das Schicksal dagegen nur werde im hòchsten Sinne tragisch, wenn es schuldige und unschuldige, von einander unabhàngige Tàter in cine ungliickliche Verkniipfung bringt » . Il Werner, per applicar la sua idea, si limita in tal guisa a collegar gli avvenimenti in modo che ne risulti l'impres- sione di un (( Walten einer hòheren Macht » .

Il Goethe nelle Wahlverwandtschaften, a cui allora lavorava, rileva alcune coincidenze di date che accompa- gnano l'azione, e fa che questa, già fatale per la verità psicologica con cui gli avvenimenti secondo necessità si svolgono, acquisti un carattere di ancor più tragica fatalità, dall' apparir di questa forza superiore a cui essa pare soggiacere (20). Il Werner ricorre anch'egli a un tale espediente, perchè anch'egli vuole restar nel mondo degli uomini, ma se ne vale necessariamente in maggior misura, inquantochè egli compone un dramma, e pone a base di esso l'idea medesima della fatalità, mentre nel Goethe questa non era stata se non l'espressione concreta della sua commozione elegiaca, l'espressione della pietà con cui egli accompagnava la storia dei suoi personaggi.

Anche il Werner ha impostato il dramma come il Goethe il suo romanzo nella età contemporanea; egli anzi, in conformità di quella inclinazione al realismo a cui obbedisce, lo ha posto fra uomini del popolo, uomini

(20) Per quel che riguarda il fatalismo nelle Wahlverwandtschaften, cercai io stesso di porre il problema in giusta luce nel mio volume : Le affinità elettive del Goethe come espressione di una crisi pessi- mistica, Milano, Studio Editoriale Lombardo, 1914, cap. IIL

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semplici, rozzi, dalle passioni primitive, dagli istinti vio- lenti e indomati. L'idea del fato vi acquista così un rilievo ancor maggiore per la terribilità degli avvenimenti che provoca. Delitto risponde a delitto, l'espiazione risponde alla colpa, e i delitti e le colpe e le espiazioni hanno luogo alla stessa data 24 Febbraio.

Così il fato compare solo indirettamente nell'azione e questa si svolge motivata psicologicamente per l'incita- mento della passione e per il premere delle condizioni in cui gli uomini si trovano. Esso però rivelandosi soltanto nei cupi presentimenti che passano per le anime dei perso- naggi, e nella misteriosa corrispondenza che vi è fra i particolari della storia della loro vita, ha tanto maggior forza inquantochè maggiore è la sua poetica verità.

E il 24. Februar riuscì in tal modo il tentativo di dramma, in cui il Werner riuscì a meglio conciliare le prin- cipali diverse tendenze (Ja cui era combattuto, realismo e misticismo, rappresentazione del male nella vita e pro- iezione della vita umana in un mondo superiore da cui questa scaturisce. Anche il fermo proposito di concentrar tutto il dramma in un atto, impedendo al Werner di diva- gare e di completar divagando il piano primitivo, contribuì a mantener tale ferma unità (21).

(21) Questo era oramai per il Werner un antico proposito mai saputo mantenere: scriveva già nel 1807: « Ich bin fiir die Zukunft fest entschlossen nie ein anderes ausfiihrbare Schauspiel zu schreiben als ein solches, welches urspriinglicb so kurz ist, dass es, ohne Ver- schnitzelung und ohne mehr als das gewòhnliche Zeitmass zu fiillen, gegeben werden kann». H. SCHMIDT, Erinnerurìgen eines W eimarìschen Veteranen aus dem geselligen literarischen und Theaterleben, Leipzig, 1856, p. 150.

La « Schicksalstragódie » 335

* * *

Ciò che si narra sulla genesi del dramma conferma precisamente la sopra esposta ricostruzione (22). Lo Hitzig scrive nella più volte ricordata biografia ; « Werner ezàhlte mir er habe neuerdings mit Goethe viel iiber die Aufgabe gesprochen, eine bedeutende Handlung der- gestalt zusammenzufassen dass sie nur einen Akt fiille und dennoch klar motivirt und vollstàndig entwickelt er- scheine. Das Ende der Besprechung sei gewesen dass beide sich vorgenommen einen Versuch zu machen an einem tragischen und an einem Stoffe sanftriihrenden In- haltes, einem Fluch und einem Segensgemalde, w^obei

(22) Nel lungo minutissimo riassunto analitico, in cui il suo saggio per intero consiste, troppa importanza all'influsso del Goethe lo Herzfeld, loc. cit. Egli ne fa quasi un suo collaboratore. Egli attribuisce pure un'influenza troppo grande alla Staél. Il 24. Februar fu rap- presentato per la prima volta a Coppet nel 1809, poiché i rap- porti ormai molto tesi fra il Goethe e lui, e difficoltà di vario genere impedirono che se ne facesse subito una rappresentazione a Weimar, secondo la promessa che il Goethe aveva data. La Staèl e il Constant fecero al Werner parecchie osservazioni e lo consigliarono sopratutto di attenuare l'impressione di quasi inumana brutalità che il dramma dava loro, facendo che Kuntz prima di decidersi al fatale suo atto si dibattesse in molteplici riflessioni. Il Werner vide benissimo, che ciò avrebbe invece nociuto alla dritta linea secondo cui il dramma si svolge e da cui esso trae la sua forza ; ma, senza ritoccare il mano- scritto, fece le proposte modificazioni e le mandò insieme col testo primitivo al Goethe affinchè egli se ne servisse, se lo credeva opportuno, per la rappresentazione, che egli ne curò a Weimar nel 1810. Le modificazioni andarono perdute : di esse almeno non è traccia nel testo pubblicato. L'influenza della Staél si riduce a tutto questo.

Cfr. Goethe und die Ronamiik, hrgg. v. Walzel u. SchuD- DEKOPF, cit., voi. II, p. 48.

336 Zacharias Werner

Goethe zu Werner die mir treu im Gedàchtnis geblie- benen Worte sprach : Das Fluchgemàlde werdet ihr besser machen als ich : das Segensgemàlde mache ich besser als ihr » (23).

Come si vede, l'origine prima dell'opera fu il propo- sito di condensare in un atto un'azione drammatica (( klar motivirt und vollstàndig entwickelt », e il (( Fluchge- màlde », che a ciò si mostrava acconcio, non era che una forma di dar effettuazione al progetto : non implicava nella sostanza alcuna diversità di procedimento da quello te- nuto nei drammi anteriori, che anzi le parole, che il Goethe pronunciò, paiono precisamente indicare che secondo lui l'arte sinora spiegata dal Werner era perfetta- mente adatta a tale opera.

Qualche giorno dopo si offerse anche Fargomento. Narra lo Schubart che si trovava allora in Weiméu- (24): « Bald nachher fand Goethe Gelegenheit dem Romantiker seinen Rat noch dringender und mit Erfolg zu empfehlen. In einer Gesellschaft in Goethes Hause w^urde aus den Zeitungen eine schauerliche Criminalgeschichte vorge- lesen, vsrelche mit einem merkwiirdigen Zusammentreffen der Jahrestage verbunden w^ar. Diese Geschichte empfahl nun Goethe dem auch gegenwràrtigen Werner als einen geeigneten und fruchtbaren Stoff zu einem kleinen einak- tigen Trauerspiel wie er es von ihm wunschte ».

Il Werner racconta lo Hitzig si mise subito al lavoro (25). Portò naturalmente nella notizia trovata nel giornale delle modificazioni: lo dimostrano le parole da

(23) Lebensabriss, cit. p. 108.

(24) Erinnerungerì an Goethe, « Schnorrs Archiv», III, p. 461,

(25) Lebensabriss, loc. cit.

La « Schicksalstragòdie » 337

lui messe in nota al Prologo, quando nel 1814 si de- cise a dare la sua opera alle stampe: « Die Gottlob er- dichtete Fabel und Katastrophe meines Trauerspiels » (26). Il Minor basandosi su queste parole avanza Tipotesi che la notizia di giornale non terminasse con l'ucci- sione (27); ma in tal caso si riferisce 1' « erdichtet » a « Katastrophe » soltanto, mentre il Werner lo riferì anche a « Fabel », e si contraddice parmi al rac- conto sopra riportato dello Schubart trattarsi di una « schau- derliche Criminalgeschichte ». Io credo che ricostruire dai pochi elementi certi che si hanno la notizia di gior- nale sia impossibile, ma che i mutamenti introdotti ri- guardino la determinazione dell'azione in generale secondo il pensiero che il Werner vi esplica. Questa ipotesi è in qualche modo appoggiata da un racconto del Werner medesimo che scrive allo Iffland intorno alla sua nuova composizione (28): « Der Gegenstand ist die bekannte Anekdote dass zwei Eltern ihren als Reisenden bei ihnen einkehrenden Sohn, ohne zu wissen dass es ihr Sohn ist, umbringen ». La « bekannte Anekdote » potè affacciar- glisi dal Blunt del Moritz, ricordatogli forse dal Goethe che col Moritz era stato in stretti rapporti, ricordato forse da lui stesso, inquantochè il Moritz, come precursore del Romanticismo, come inclinante al misticismo e come poeta massone, godeva una discreta fama e doveva eser-

I citare su di lui una certa seduzione: potè affacciarglisi àa^* Ahschied del Tieck a lui certamente noto: che I

(26) Ausg. Schr., IX. p. ni.

(27) «Grillparzer-Jahrbuch», 1899, p. 68.

(28) Teichmann, op. cit.. p. 330.

G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 22

mi

338 Zacharias Werner

von Sancta Clara nei « Gemisch-Gemasch » escluse egli medesimo (29). Il fatto di aver posto la scena nella Sviz- zera, di essersi valso del « Lied » scozzese Edward nel corso dell'opera, come vedremo, indurrebbero a rite- nere anche più probabile che con le parole « bekannte Anekdote » il Werner abbia alluso a canti popolari, in cui tale argomento viene spesso trattato. Il dr. A. Andrae trovò la leggenda anche in Svizzera : la leggenda della « Graue Frau ». Riporto le sue parole: « Die Graue Frau war einst eine bòse Herbergsmutter, welche die wohlhabenden Reisen mordete und ausraubte. Nun kehrte der Sohn nach langen Jahren aus der Fremde zurùck. Unterw^egs hòrt er von der unheimlichen Herberge, glaubt kein Wort, w^ill die Mutter uberraschen, ihren Verleumdern den Mund stopfen. Unbekannt kommt er ins Haus und legt sich schlafen. Mitten in der Nacht erwacht er : die Mutter steht vor ihm und giesst dem ent- setzt sich Aufrichtenden siedende Butter in den zum Schreien geòffneten Mund : « Mutter, vs^as hast du getan? » Dann sinkt er tot zuriick ». Non è escluso che nei suoi peregrinaggi per la Svizzera il Werner lo abbia sentito raccontare (30).

Comunque sia, il Werner fuse la notizia di giornale nel tema poetico che gli era noto, serbandone certi par- ticolari — come la coincidenza del giorno , che s'adat-

(29)11 Minor GriUparzer- Jahrbuch». 1899, p. 67) insistette di nuovo sopra Abraham a Sancta Clara, su di cui v. H. Strigl., Ueber Anregungert die Schiller, Vhland und Werner aus Abraham a Sancta Clara empjangen haben. « Deutsches Volksblatt», 1904, n. 5391.

(30) «Euphorion», 1905.

La « Schicksalstragddie » 339

lavano alla forma che il dramma veniva assumendo nella sua fantasia.

E, mentre il proiettarsi della storia in un mondo su- periore risultava evidente dalla storia stessa maledizione che pesa sopra una famiglia e suscita maledizione, lo stru- mento della colpa che coincide con lo strumento delFespia- zione, il giorno che coincide con il giorno della pena il Werner si trovò a poter, senza far violenza alla ispira- zione e senza rinunziare alle sue idee, comporre un dramma che rispondesse alle esigenze teatrali e alle richieste degli amici, un dramma di cui potesse dire con ragione, come dirà: « es ist mein gelungenstes dramatisches Stùck ». Allo Iffland ne scriveva nei seguenti termini (31): « Nur drei Personen, keine Dekorationsverànderung,... ein grosses, immer steigendes, mit alien Vehikeln der Tragedie ver- sehenes Interesse, in einer populàren Sprache geschrieben und von alien Geistem, Teufeln, Engeln, mystischem Wortgeklingel, kurz von alien Fehlern, die man mir mit Recht oder Unrecht vorwirft, frei, von rein menschlichem, jeden im Volke gleich ergreifendem Interesse, und in einer jedem verstàndlichen Sprache geschrieben ».

Si ponga attenzione sopra il rilievo dato dal Werner al carattere popolare del dramma: esso conferma quanto sopra esponenmio sopra il carattere realistico dell'opera. Esso mostra difatti come il Werner stesso abbia sentito subito che, se era in certo modo giustificato l'intervento di esseri soprannaturali quando si trattava o di un conflitto di nazionalità come nel Kreutz an der Ostsee, neW At- tila, nella Wanda, o di un conflitto di concezioni reli-

(31) Teichmann, cit., p. 320.

340 Zacharias Werner

giose come nei Sòhne des Tales, nel Lutero, e, accom- pagnato col conflitto di due nazioni, anche nel Kreutz an der Ostsee e neW Attila, invece esso sarebbe apparso fuor di luogo nel caso presente, in cui la storia si svolgeva fra uomini del popolo, fra gente semplice : ne sarebbe risultata una sproporzione fra argomento e forma, che non poteva logicamente sussistere. Tanto più poi egli dovette confermarsi in questo principio, in quanto che anche ragioni esteriori glie lo consigliarono: l'espresso desiderio del Goethe e la promessa avuta che il dramma sarebbe stato rappresentato.

Nella Wanda ci era compeu-so il tentativo di dsu-e all'azione il più rapido e intenso sviluppo possibile, so- stituendo alla descrizione di ambiente uno svolgimento ampio ed eloquente delle scene direttamente scaturite dall'azione, riducendo il numero dei personaggi. Il Werner ripete ora il tentativo con un argomento più adatto, come era questo puro e semplice quadro di famiglia disgra- ziata, con una forma più conveniente, e trattandosi di un atto solo che non e non può dare dell'azione se non la crisi finale, senza quella preparazione che negli altri drammi è necessaria.

Una materia ben determinata, una visione precisa dello scopo che le dava forma, un corrispondere della materia e delle forme alle tendenze generali della fantasia : il Werner lavorò con slancio : « Nach einer Woche narra lo Schubart (32) brachte Werner dem Meister den 24. Februar ». Lo Schubart esagera: in una lettera allo IfHand il Werner psu-la di due settimane per la ste-

(32) «Schnorrs Archiv», IV, p. 461.

I

La «. Schicksalstragddie li 341

sura e di altre due settimane per la revisione (33). Tempo assai breve in ogni modo e che mostra la rapidità con cui l'opera maturò nella sua fantasia.

Il primo particolare che pare esserglisi affacciato è lo scencirio. La scena di realtà s'inquadra sopra uno sfondo reale. Il dramma era appena concepito e già descriveva allo Hitzig questo sfondo (34). « Er fiigte hinzu narra lo Hitzig er habe schon eine pràchtige Oertlichkeit in dem Sinne, wo sich so eine entsetzlicheTatzugetragen haben kònnte, wobei er dann in ergreifenden Worten die Lage des Wirtshauses am Garterntale schilderte, in welchem er auf seiner Schw^eizerreise im Sommer 1 808 eine Nacht zubrachte, die einen tiefen Eindruck auf ihn gemacht hat ». II Werner medesimo scrive allo Iffland (35): « Um das Gemàlde mehr der Wirklichkeit nahe zu bringen, habe ich die Szene, als w^àre sie poetisch vorgefallen, nach einem sehr grausenvollen Orte in der Schw^eiz, dem Wirtshaus auf der Gemmialpe, versetzt, ein von der Natur schon zum Entsetzlichen gestempelter Ort, den ich selbst besucht und treu geschildert habe, und wo wirklich ver eine paar Jahren ein Mordtat, wenn gleich nicht mit den in meinem Stiicke erwàhnten Umstànden, geschehen ist ». Si tratta della località Schwarzbach fra Kandersteg e Leuk, sul passo di Genmii, dove egh passò il 21 agosto. Il Tagebuch porta sotto questo giorno (36): « Gang auf den Gemmi uber den Schneesturz. Essen in dem einer Morderhòhle àhnlichen Schmarbach (errore di

(33) Teichmann, p. 331.

(34) Lebensabrìss, cit., p. 107.

(35) Teichmann, p. 330.

(36) Ausg. Schr., XIV, p. 109.

342 Zacharias Werner

Stampa per Schwarzbach). Schlechte Suppe, Geschichte der ermordeten Tochter ».

Altri ricordi del viaggio in Svizzera si mescolarono subito nell'opera: il « munter Liedel » che Trude canta sul finir della prima scena è il medesimo che il Werner^ udì cantare il 2 agosto dalle tre « Wirtstòchter » sul Rigi (37):

Und wenn ein Bauer ein Bauer ist.

So fiihrt er seinen Pflug.

Und wenn er ein Htìtli und Hemdli hat,

So hat er Kleider g'nug.

Hutli auf,

Federli drauf s,

Hirthemdli dran !

Buntbanderli an!

Der Bauer ist kein Edelmann,

Der Bauer ist ein Bau'r,

Das Leben wird ihm sau'r.

Questo canto serve a far spiccare l'intonazione reali- stica dell'opera e la umiltà dell'ambiente in cui l'azione si svolge : il Werner aveva già ricorso a tal espediente nel Kreutz and der Ostsee per dar rilievo al carattere della barcaiola Dorotka.

E tale scopo ha anche un altro Lied, che, dato il suo contenuto, io credo esserglisi affacciato al momento stesso della sua concezione : la ballata scozzese Edward, rie- laborata dallo Herder anche nei suoi Volkslieder (38), ballata di cui Kuntz dice essere :

(37) Ausg. Schr., XIV. p. 103.

(38) V. su di esso EriCH SchmiDT nella Festgabe far R. Heinzel, Leipzig, 1898.

La « Schicksalstragòdie »

343

Wie ein Beil, das eiskalt iiber 'n Nacken fàhrt.

La ballata presenta un figlio travagliato dal rimorso per aver ucciso il padre, dietro lo stimolo della madre, e dalla forma dialogica, in cui essa si svolge, si sgaggia una os- sessione di orrore come se la fantasia s'aggiri intorno alla visione, retrocedendone inorridita, e avvicinandovisi di nuovo perchè il rimorso ve la tiene avvinta. La madre chiede :

Wovon ist dir dein Schwert so rot? Edward Edward!

e il figlio risponde:

Ich hab' geschlagen'nen Geier todt, Davon ist mein Schwert so rot, O weh, o web !

La madre insiste e il figlio dopo di aver girato continua- mente la risposta finisce col confessare :

Ich hab* geschlag'n meinen Vater todt, Davon ist mein Schwert so rot, Daran seid ihr Schuld, Mutter.

Il Lied è cantato da Trude nella prima scena e ritor- nerà nel sogno della Trude: la fantasia di Trude non se ne sa liberare nella notte funesta, cosicché, anche mentre dorme, esso ritorna sulle sue labbra; e anche Kuntz, quando lo ode, non se ne sa più distaccare : Trude discorre, discorre e Kuntz rimane presso quel Lied: la visione di quella spada insanguinata lo tiene inchiodato. Ed anche

344 Zacharias Werner

l'altro Lied acquista una funzione simile per il fatto che esso era il Lied che Kuntz cantava nella notte in cui il padre li maledisse.

*

Mezzanotte : il vento infuria. Una vecchia casupola mezzo diroccata: pareti annerite, scure, disadorne; a tre ore di distanza non abita persona viva. Il cielo è cupo e fra le ombre enormi delle montagne la tenebra è fitta : la casupola è smarrita entro la tenebra. E come l'uomo è pic- colo e sperduto nella tetra solitudine ! Come si sente in balìa di quella tenebra enorme, misteriosa, che pare emanazione di una potenza arcana ! Brividi di paura pas- sano nelle ossa: l'uomo è schiacciato come sotto la pe- sante cappa di un incubo che gli toglie il respiro. Si ri- sollevano dal fondo dell'anima tutti i tremori: tutti gli sgo- menti risorgono.

Il Werner si vai di questa (( Stimmung )) per ricondur la fantasia dei personaggi suoi a quegli antefatti da cui sca- turirà la storia che egli vuol rappresentare. Presenta Trude, la donna, nella capanna. È meraviglia che in tale ora. e in tale solitudine ciò che vi è di inquieto nella coscienza si agiti ?

Così viene motivato psicologicamente il racconto degli antefatti. Il racconto produrrà necessariamente nello svol- gimento drammatico dell'azione un ritardo e una pausa, ma il ritardo e la pausa, anziché attenuare, approfondiranno l'effetto. Quella che il poeta sbozza con mano rude e ferma è gente che vive con la fantasia nel passato e sente in quel passato la fonte delle attuali sciagure : presagisce da quel passato qualche sciagura nuova. L'idea del fato

La « Schicksalstragòdie » 345

si identifica con quel passato, e lo sminuzzato racconto di questo pesa continuamente sulla storia con una forza immane.

Kuntz ha sposato Trude contro la volontà del padre: la vita in famiglia divenne un inferno: il padre gli insul- ♦tava la moglie e Kuntz non lo poteva soffrire. Una sera era il 24 Febbraio si ripetè la scena : Kuntz si mostrò freddo e prese a molare la falce : il padre infuriò veden- dolo indifferente e gridò a Trude : (( Metze ! )) . Kuntz non resistette piìi: scagliò la falce contro il proprio padre. Scagliò senza colpire. Ma il padre morì quella stessa sera per l'emozione e morì maledicendo loro e quelli che da loro sarebbero nati : (( Fluch Euch und Eurer Brut, Auf sie und Euch komme Eures Vaters Blut ! Dea Mòrders Mòrder seid, wie mich ihr morden tut ». Trude era in- cinta : nacque un figlio, Kurt, e portava una falce sanguigna sul braccio sinistro. Era sempre inquieto : « unstet und flii- chtig ! )). Cinque anni dopo nacque una bambina. Una sera di nuovo era il 24 Febbraio e Kurt aveva sett'anni e la bambina due Trude aveva ammazzato un pollo : Kurt giocava con la bambina, volle far la cuoca e che la bambina facesse la parte del pollo : prese la falce e le tagliò la testa. Il giudice lo assolse perchè era un bambino inconscio, ma Kuntz lo maledisse. Trude lo mandò presso uno zio. Era buono, forte, intelligente, ma inquieto: diceva: a Die Sens'am Arm, die làsst mir nirgends Ruh* ». Lo zio lo pose in un'officina, ma egli fuggiva spesso: lo zio lo pose in una casa di correzione : Kurt fuggì anche di là. Nessuno seppe più nulla di lui : lo si disse fuggito a Parigi e morto nella rivoluzione. Kurt invece si è salvato con il suo ca- pitano recandosi in America, dopoché il partito del re era stato disfatto e nulla più era da salvare : il capitano

346 Zacharias Werner

gli lasciò il suo avere, e Kurt torna ora in patria per chie- dere perdono ai suoi genitori e viver con loro del de- naro che egli ha portato con sé. Nel frattempo tutto è an- dato male in casa di Kuntz: ora deve essere messa la casa air asta e Kuntz deve essere trascinato in prigione come debitore insolubile. È di nuovo la notte del « 24 Feb- braio » : egli ha chiesto invano una proroga, domani ver- ranno i gendarmi. E sarà la fine. Kurt arriva sconosciuto proprio in questo momento critico.

Il racconto di questi antefatti occupa più che la metà del dramma, ma non è soltanto motivato come accennammo, diventando parte sostanziale dell'azione: prepara anche l'azione stessa.

Il Werner presenta dapprima Trude sola : il marito si è recato a Leuk per chiedere una proroga: essa attende e non lo vede arrivare. Presagi sinistri la turbano: ripensa alla maledizione del padre avvenuta tanti anni prima:

'S ist lange schon her, und dennoch denk' ich dran,

ripensa alla maledizione che Kuntz ha scagliato contro il figlio: pensa alla strettezza presente e alla congiuntura in cui si trovano: sente il vento fischiar nella notte, sente la sua solitudine : Nur ich und meine Qual mit mir ! e ripete proprio, senza pensarvi, quei due (( Lieder » di cui prima abbiamo discorso. Le corre un brivido per le ossa:

Es iiberlàuft mich kalt,

Kuntz arriva, racconta che la proroga non è stata con- cessa, porta l'atto di condanna: porta un mezzo pane per sfamarsi in due. Sente anche lui pesare su di la male- dizione, sente anche lui presagi sinistri. Quando tornava,

« Schicksalstragòdie » 347

lo prese per la prima volta la paura : gli parve di vedere nell'Alpe, sulla sua sommità coronata di ghiaccio, suo padre, come era giaciuto, morto.

Mir fiel der Februar, Der vier und zwanzigste, aufs Herz Im Naclten Traf es mich wie ein Henkersbeil.

E da quel momento fece la via come in sogno. Una farfalla notturna penetrò nella sua lanterna e l'agitarsi della fiamma gli richiamava lo (( Aechzen » del padre mo- rente : il becco di essa era giallo come la falce fatale, e lo sbatter delle ali era come (( Sensenschleifen » ! E in quel momento vide il gallo che fece di suo figlio un assassino.

Il racconto si concreta così a poco a poco dall'indeter- minatezza in cui il soliloquio di Trude lo aveva lasciato. E insieme coli' intensificarsi dei ricordi procede di pari passo la preparazione del dramma. Come salvarsi ? Trude pro- pone invano di rubare al ricco vicino Stoffi tanto quanto basti. Kuntz si ribella: egli è un soldato, onesto nell'anima. Come può insozzarsi così ? Domani, quando arriveranno al ponte, si butterà nell'acqua, ed espierà la maledizione che grava su di lui.

Arriva Kurt. Porta danaro e vivande: offre ai suoi ge- nitori affamati quanto tiene nel sacco, senza rivelarsi. Kuntz mangia e beve: sopratutto beve. Kurt vuol sapere la storia della sua miseria e vuol sapere se egli ha ritirato la sua maledizione. E Kuntz affronta il ricordo tragico e racconta, racconta tutto per disteso. Dimentica quasi la condizione presente : che cosa è essa di fronte a quel passato } E anche Kurt racconta la sua storia, ma solo dalla fuga in Francia in poi, per non farsi riconoscere, solo confes-

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348 Zacharias Werner

sando di aver anch'egli commesso un omicidio quando era bambino.

Kurt vorrebbe gettarsi ai piedi dei genitori, offrir loro quanto ha con se : ma Kuntz dice che non vuol rivedere suo figlio e Kurt rimanda al giorno seguente la rivelazione e si reca a dormire nella camera vicina.

Il ricordo del passato sconvolge Kuntz interamente e Kuntz beve. Il racconto di Kurt gli fa credere di avere in casa un assassino ; lo può ammazzare senz'essere condan- nato per questo. Gli può prendere l'oro che ha con se e può salvarsi. Quell'oro lo attira, lo attira irresistibilmente. La naturale onestà ne lo trattiene :

Welch neuer Teufel blies mir den Gedanken ein ;

ma il vino e la sovreccitazione gli tolgono il dominio di stesso. Vede il sangue e non ne inorridisce più :

Im Krieg hab* ich wohl andern den Kopf vom Rumpf getrennt !

Trude canta in questo istante, sognando, il (( Lied )) di Edward : suscita visione di sangue. Non retrocede più davanti al pensiero : (( Sprach nicht der Kerl er sei ein Mòrder ? » a So ist der Kerl ja vogelfrei ; ein jeder kann ihn pliindern, ihn berauben ». Si formula anzi il pensiero con tutta chiarezza: ((Ihn tòdten kònnt'ich darnach kràht kein Hahn ! » A Trude ripugna l'azione, ma poiché non vi é salvezza, cede. L'importanza che ha il ricordo del padre nello sconvolgimento di Kuntz scon- volgimento da cui la catastrofe nasce é provata dal fatto che continuamente la visione del padre compare nelle sue parole e, anziché arrestarlo, sbriglia il suo tumulto interiore e lo eccita. Nel momento decisivo, quando Kuntz

I

La « Schick^alstragòdie » 349

entra nella camera dove Kurt dorme, gioca il ricordo una parte essenziale. Kuntz dice:

'S ist Mitternacht ! Das ist 'ne gute Stunde ! Da hat man Mut wenn auch der Vater blau Vom Schlagfuss da liegt!

Kuntz ha buttato il manico della falce sul fuoco; ora vede la falce al suolo e dice, con una ironia amara: « Hoho ! da liegst du, alter Kunde ! dich nehm' ich mit ! » Ancor si pente un istante : (( Lasst uns schuldlos sterben ! » : ma si nasconde la falce nella tasca. Può esser (( schuldlos» chi fu causa della morte del proprio padre ? Può esser « schuldlos )) il maledetto ?

Kuntz vuol pregare un momento per liberarsi dalla tenta- zione e prega così : (( Vater unser, der mich hat verflucht Anche Toro di quell'ignoto gli par maledetto: (( Sein Gold! es ist auch verflucht! ». Dev'egli morire perchè è (( verflucht und arm »? E non dorme tranquillo quell'as- sassino davanti agli occhi suoi ? (( Nein, mich retten muss ich retten! Sollt's auch ewig mich gereun! ». Davanti a questa specie di furore di maledizione e di sangue che cosa può la povera Trude ? Essa aveva ben proposto di rubare, ma non vonebbe uccider quell'uomo ignoto; tanto più che essa ha una specie di presentimento che egli sia suo figlio. Essa non può opporre se non parole senz'effi- cacia. « Che cosa può una povera quercia contro un fiume che dilaga ? » Essa segue il marito e, avendo tutta la coscienza del male che essi stan compiendo, e provando tutti i brividi dello spettatore partecipe della scena, ne accresce il terribile effetto.

La terribilità dello spettacolo si moltiplica pel contrasto che Kurt fa al padre. Kurt sogna liberazione e felicità.

350 Zacharias Werner

mentre tutto questo processo nell'anima di suo padre si compie. La scena è divisa in due parti: la cucina e la camera. Nell'una l'uditore vede Trude e Kuntz, e nel- l'altra Kurt. Nell'anima di Kuntz si sviluppa la tempesta e l'anima di Kurt si scioglie in una grande pace. Le par- late di Kuntz si alternano con le parlate di Kurt. Quando Kurt veniva alla sua casa, attraversando la montagna, tutto gli aveva parlato con dolci parole di invito e di fede, Kuntz dice di lui che si tratta di un « Kerl in dem kein gutes Haar ! » E Kurt ha verso di lui un desiderio pieno di amore. Kuntz non può pregare e Kurt prega e sente sciogliersi il groppo che gli serrava l'anima. Kuntz decide di ucciderlo e Kurt si sente (( entsiihnt » e pensa con dolce gioia all'indomani e alla vita che condurranno poi : un (( irdisches Paradies )) .

Così si forma e si prepara il finale. Kuntz fa per rubargli l'oro che egli ha messo sotto il cuscino pensando con gioia che esso sarebbe stato lo strumento della riconcilia- zione ; Kurt si agita e si sveglia. Kuntz lo uccide con due colpi di falce. Kurt dice, riconoscendoli: « Uccidete vostro figlio!)). Mostra il suo passaporto e muore perdonando. Trude scopre il braccio : vi è la falce sanguigna. Non v'è più dubbio; il delitto orribile è compiuto.

Si può facilmente rilevare da tutto questo la verità della nostra asserzione : trattarsi qui di un dramma realistico, in cui l'idea del fato non fa alcuna esteriore violenza allo svolgimento naturale delle cose. Non vi sono che passioni, e la forza del fato si identifica con queste passioni umane ; il modo come ciò possa avvenire abbiamo sopra veduto, la maledizione e il delitto imprimono nella psiche una traccia che non si cancella più; sconvolgono la psiche. Il Grillparzer nella Ahnfrau svilupperà più ampiamente il

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La « Schicksalstragòdie » 35 1

tema dell'atavismo; il tema, che rientra completamente nella intonazione generale, è già accennato qui; Kurt nasce portando in le stigmate di Caino, con la sua irre- quietudine e il suo delitto infantile. Più però che il tema dell'atavismo, qui secondario, è svolto invece il tema del mutamento che nell'anima del colpevole si produce. Kuntz è restato uomo onesto, fermo in condizioni normali; ma il ricordo, il rimorso lo tramutano quando lo assalgono: gli tolgono la coscienza morale, lo fanno cieco. E in questo tema è il processo della « Schicksalstragòdie )) werneriana ; processo suo proprio e artisticamente ben fondato.

Il realismo della concezione può essere così accompa- gnato anche dal realismo del linguaggio. Intonata con l'insieme è la lettura della prosa giudiziaria che condanna i due debitori ; vi trovate innanzi a uomini di quel mondio in cui ciò può avvenire, e questi uomini parlano come uomini in tale condizione possono parlare. Avvertite il fatto fin dai primi versi di Trude :

Sc'hon eilf und Kuntz noch immer nicht zu Haus ! Er ging nach Leuk doch beute friih schon aus.

Kuntz aniva:

Bin bis aufs Hemde nass ! Macb' Feu'r !

Specialmente nelle parole di Kuntz potete avvertire il fatto : (( der Kerl, wunderlicher Kauz, Fluchkompan )) sono i ter- mini che egli usa per designare l'incognito arrivato. Kurt desidera un coltello: Kuntz ordina a Trude di prender la falce alla parete : (( Langs mal herunter ! )> etc.

Il discorso resta per tutto il dramma così, semplice, disa- dorno, brutale. E questa brutalità e disadornatezza del lin- guaggio ne accresce il colorito e la forza, afferma più

352 Zacharias Werner

vigorosamente i caratteri del mondo in cui i personaggi vivono; imprime al realismo dell'insieme una forza lirica, che ne centuplica l'impressione.

11 Werner celebrò qui realmente il trionfo della sua inclinazione al sinistro, al patologico, alle visioni di pec- cato e di sangue. Ciò che con Hildegunde attraversava l'azione dello Attila costituisce qui il colorito generale del dramma; colorito fosco, uguale, rischiarato soltanto nel momento dopo la catastrofe : colorito la cui cupezza s'accresce sempre più col procedere del dramma.

Il 24 Febbraio è così la miglior riprova di quello che noi fin dapprincipio affermammo sulla natura e sulle tendenze del dramma werneriano; in questo trionfo del patologico e del sinistro avviene per la prima e per l'ul- tima volta la fusione completa delle due tendenze op- poste a cui il Werner obbedisce componendo i suoi drammi.

Lo Schubart narra che in Weimar gli uditori perdettero il fiato per lo sgomento (39). Non è solo la conseguenza dei truci fatti narrati ; è specialmente la conseguenza del- l'arte con cui il Werner li ha rappresentati. 11 24 Feb- braio presenta in un lungo atto un parricidio; ma il delitto riempie soltanto l'ultima pagina. Il Werner ha concentrato tutto il dramma sopra la lenta preparazione di esso: sopra un quadro di anime turbate. Vi è fin dal principio con l'idea generale di una fatalità gra- vante sui personaggi, idea che poi si vien sempre più a poco a poco specificando una visione sinistra che mi-

(39) « Schnorrs Archiv», 1877. loc. cit. E cfr. anche MADAME DE Stael, De l'Allemagne, II, cap. XXIV.

La « Schicksalstragòdie » 353

naccia; e il Werner mostra il crescere della minaccia. Sentite fin dalla prima pagina la catastrofe terribilmente vicina; eppure quella catastrofe non curiva mai. Vivete sotto un incubo come i personaggi del dramma. Vi sentite come soffocati sotto quelF incubo e sotto quella visione, e l'ansia si accresce con il veramente mirabile accrescersi del pathos e della passione nel dranmia. È colta Fazione nella sua crisi finale, ma è rappresentata la crisi con una verità minuta che vi fa rabbrividire. È un metodo di com- posizione che si potrebbe chiamare sinfonico: un tema unico che si sviluppa coerentemente in una serie di parti- colari con una intensità progressiva. Quando Kuntz pianta la falce nel petto di Kurt, non rabbrividite più, tirate un respiro. Eppure è arte anch'essa questa, che indugia sull'orlo dell'abisso e vi fa scrutare dove il vostro occhio di per se non ardirebbe di arrestarsi.

G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 23

CAPITOLO SESTO Il dramma cattolico.

Se nel 24. Februar rintendimento mistico vien sub- ordinato air intendimento artistico e il Werner stesso lo riconosceva (1) , il 24. Februar non significa però che nel Werner l'interesse religioso si sia momentanea- mente affievolito e che il predicatore ceda finalmente il posto al poeta.

Al contrario, il predicatore acquista sempre più terreno nella sua anima e nella sua vita interiore. 11 9 luglio di questo stesso anno il Werner noterà nel suo Tage- buch (2) : (( Die gute Madame von der Heyden ermahnt mich die albeme Theaterschreiberei fahren zu lassen und mich ganz dem religiosen Fache zu widmen. Ich ver- «preche es und denke, es wills Gott, bald zu halten ». E io credo che qualcosa di vero vi fosse nella voce che, giunta all'orecchio del già maldisposto Goethe, lo faceva anche più imbronciare di quanto già non fosse, avere il

(1) Teichmann, x:it., p. 319.

(2) Ausg. Schr., XIV. p. 686.

356 Zacharias Werner

Werner detto (3) : a II 24 Febbraio è il mio peggior lavoro e Goethe me lo fa rappresentare; i miei migliori lavori invece vengon lasciati da parte ». 11 Werner in una let- tera al Goethe protesta che si tratta di menzogne, che egli è convinto essere il 24 Febbraio l'unico (( gelungenes dramatisches Stiick» che egli ha scritto, che gli altri drammi eran nulla, tentativi falliti, etc. ; ma la cosa non è affatto inverosimile e le due affermazioni non si contraddicono che in apparenza. Se la poesia non è stata mai per lui altro che un (( veicolo » della predica mistica, essa lo è| specialmente ora, nel tempo in cui il suo misticismo si intensifica così da alienargli definitivamente l'afFetto del Goethe, già disgustato della fine che vedeva fare dai giovani romantici, un tempo protetti e sostenuti, precipi- tantisi tutti, chi pili chi meno, Friedrich Schlegel alla testa, in seno della Santa Madre Chiesa. Niente quindi di più naturale che il Werner, pur riconoscendo la maggiore unità e organicità dell'ultima sua creazione, la consi- derasse come cosa da meno che le altre sue, le quali delle sue idee e del suo spirito religioso più erano ripiene.

Abbonda ora nel suo Tagebuch, nelle sue lettere e nelle sue poesie anche più di prima la tinta religiosa. Prima egli si era bensì dedicato alla predicazione di quella che egli considerava la verità, ma la aveva vissuta egli stesso con tanta impurità che aveva potuto insozzarla con la difesa di fatti che non si posson difendere; oramai invece egli si va così identificando con la sua missione che egli veramente vede e sente le cose attraverso di essa.

(3) Goethe uni die Romantik, hrsgg. v. WalZEL und SchOdde KOPF, clt., p. 54.

// dramma cattolico 357

la dissolutezza morale, in cui egli seguita a vivere, è un segno contrario a questa affermazione, perchè quella dissolutezza in una natura così contrastante come è la sua, pare ora scindersi interamente dalla vita interiore vera e propria, dalla vita spirituale, e rappresentare quasi uno sfogo sensuale, a cui egli non pone nessun ostacolo, uno sfogo, a cui si abbandona quasi senza pensarci, per quella abulia patologica, a cui egli è in preda (4). Egli sente ora della sua missione anche la purità.

Son passati i giorni in cui egli proclamava di cercar Dio negli amorazzi da trivio; ora egli sente che Dio ha assai poco da fare con quegli (( esperimenti erotici )), e, quando pensa un istante a certi lati della sua vita, vi pensa non senza un brivido di ripugnanza e di penti- mento (5).

Talora lo coglie una tristezza profonda senza ragione precisa, un sentimento vago della lontananza sua da quel fine che egli pur predica assegnato agli uomini; un senti- mento grave del vuoto che lo circonda (6). (( Schòner Blick auf den Ziiricher See si legge ad esempio nel suo Tagebuch; Gang in den Garten. Weinen bei den Blumen an der kleinen Fontaine. Das hundertste Teil dieser Herrlichkeit in meinem Besitz bàtte mich vor fiinf Jahren beseligt ; jetzt ist es zu spàt » . Incomincia a sentir finalmente il peso delle sue <( Schwachen und iiberfìr-

(4) Solo in tal modo è possibile infatti spiegarsi come in un sol giorno il Tagebuch contenga segnate le azioni più contradditorie.

(5) Cfr. Tagebuch, passim, e VlERLlNG, op. cit., Appendice, pa- gina 18 e segg.

(6) Ausg. Schr., XIV. p. 101. E V. anche p. 103: «die Erde ist herrlich ùberall, wo der Mensch nicht hinkommt mit seiner Qual».

358 Zacharias Werner

miste Torheitéh » (7). Se il tema suo rimane la diviniz- ràzióne della uihanità per mezzo dell'amore, egli aggiunge però subito, scrivendo alla sua buona amica di giovinezza Johanna Rink (8) ; (( Den Kommentar dariiber kònnen ihré Freundinnen nùr ih einem wohlgeordneten Ehestande erhalten, w^enn sie ihn mit glaubigem, ruhigem und reinem Herzen antreten)). Riconosce che la purità del- l'amore è in lui possibile soltanto in una (( Sehnsuclit )) che non abbia appagamento, riconosce che egli non può amare veramente e che perciò non è fatto neppure per quello stato matrimoniale, che, idealmente concepito, gli par sempre la forma più alta della vita -^ (( das Paradies der Liebé ist mir auf immer verschlosseri » (9) : rico- nosce le sue cadute e la profondità di esse. Una fanciulla, Friederike, amica di Johanna Rink, si innamora di lui lèggendo i suoi scritti : egli sente di non doverla ingan- nare, di non poterle dare la felicità che essa si immagina, è disposto a farle credere di essere un mascalzone per liberarla dall'illusione pericolosa, e le sérive una lettera, di cui (( jede Sylbe » è (( buchstablich wahr », una lettera in cui dipinge tutta la sua (( Jàmmerlichkeit » : (( So v^ahr ich von Gottes Versòhnung meine Schuld hoffe, so wahr ist dieser Brief , und jede Zeile desselben nicht etwa bloss

(7) VlERLING, op. cit., Append., p. 17.

(8) Ibid.. p. 19.

(9) Ausg. Schr., XIV, p. 156. Queste parole sono scritte a pro- posito dì Friederike Werrlich : « ein bliihendes, gescheutes, an Leib und Seele gesundes Madchen von 18 Jahren, eine vvahre Rosenknospe, Voli Unschuld und Reinheit, die ich lieben und heiraten und mit ihr elngeschrànkt leben wQrde sogleich, ware das Paradies der Liebe mir nicK auf immer verschlossen » .

// dramma cattolico 359

zur Beruhigung eines kranken Madchens, sondern aus dem Innersten meines zerrissenen Herzens geschrieben » ! (IO).

Il Werner sente così che la liberazione dal suo male è ormai solo possibile, in quanto egli si lasci tutto assorbire dall'ascetismo. E la religione pervade in realtà tutti i suoi sentimenti.

Le impressioni del viaggio attraverso alla Svizzera, il sentimento della natura ne vengono condizionati. Scrive allo Scheffner (11): (( Vorlaiifìg iiber die Schweiz nur so viel : der Eintritt ist, wie in das selige Land der abge- schiedenen Seele, eine Freistatt des Friedens; die Ge- wàsser entschleiern alle Geheimnisse der ewigen Liebe, von der im Rheinfall zu Schaffhausen ausgesprochenen hòchsten tàndelnden Wollust an, bis zu der im diamantinen Staubbach zu Lauterbrunnen symbol isirtén Verfliessung zweier Liebenden in Gott; die Ufer der Seen, namentlich des Zùricher, die Tàler, namentlich das Hasslital sind Krànze des ewigen Friedens, die Seen, die Berge, mehr oder minder Erhebungen des sich in der Ende abbilden- den )). Il Tagebuch porta la data (12) « 15. Au- gust 1808. Besehen des gòttlichen Staubbachs im schonsten Morgenglanze mit den beiden Zirkelformigen Regenbogen, des schonsten Symbols der Liebe so wie der Rheinfall bei Schaffhausen das der Wollust und der Gletscher bei Grindelwald zwischen dem Wetterschreck- horn und Mattenberge das der ewigen jungfràulich klò- sterlichen Entsagung, und der Rigi das des Wittwenstandes ist». (( 12 Oktober. Nochmaliger Anblick der Fissa vache

(10) VlERLING. op. cit., Append., p. 17.

(11) «Blàtter f. 1. U.». 1834, p. 1346.

(12) Ausg. Schr., XIV. p. 107. 135.

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aber ohne Sonnenschein. Sie hat Aehnlichkeit mit dem Staubbach im Betreff ihres kràuselnden Staube ahnlichen Gewàssers, nur dass jener nur bei seinem Ursprung zwei- getheilt und dann zusammenfliesst ; diese ungleich gròs- sere Quelle aber in sieben zwar nahe beisammenflies- sende aber auch geteilt bleibende Strahlen zerfàllt; eine Ròhre a,us dem Bache leitet einer kleinen davor lie- genden Sonnenhiitte Wasser zu, so dass mir diese Pissa- vache ein eben so treffendes Bild der christlichen Kirche als der Staubbach eines vom Sakrament des Torus er- schien ». Questo smarrimento dolce di nel senso della natura e di Dio gli resterà. Nel 1811 scriveva a Ca- roline von Humboldt (13): (( Ich schwelge im Genusse der schònen Natur, die der Vorhof, und der viel schò- neren Andacht, die der Tempel Gottes ist... Ich habe mir nur noch vor ein paar Tagen den Exzess erlaubt in einer gottlichen Vollmondnacht, die ganze Nacht im Capuziner Garten herumzulaufen, und habe, ohne schlafen zu gehen, die Sonne unter den Mond auf gehen gesehen; eine Schwelgerei deren Innigkeit zu beschreiben ich keine Worte fìnde )). Malgrado il riflesso che vedemmo nei Sòhne des Tales della poesia romantica della natura, il Werner non aveva avuto per tal genere di poesia molto tempo; quel che allora era riflesso letterario diventa ora espres- sione di sentimenti provati. La mistica gli ha schiuso il dramma, la nuova fede gli schiude la poesia della natura. Le sue impressioni naturali ora si determinano in questo senso, e, determinandosi, danno origine a un grande nu- mero di poesie : la cascata del Reno, il Rigi, lo Staubbach,

(13) Leitzmann, neir«Euphorion», 1909. p. 347.

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il paesaggio italiano vengono celebrati nell'estate del 1808 con una serie di liriche, basate tutte su questa religiosa interpretazione dello spettacolo che si offre ai suoi occhi (14). Durante la sua dimora in Italia questo genere di poesia si moltiplicherà (15).

Incomincia così a risvegliarsi nel Werner un forte bisogno di preghiera. Incontrate sempre più spesso nel suo Tagebuch la parola ((Gebet». Visita la tomba di Rous- seau e prega ; visita il quadro dell'Adorazione dei Magi in Colonia e prega ; vi visita il Duomo e prega : (( Ich bete von 11 bis 12 Uhr unter Gewitter vor einem kleinen mit Blumen geschmùckten wàchsernen Marienbildchen und dem Kinde, worunter geschrieben steht : (( Consolatrix afflictorum » : Tròsterin der Betrùbten. Als die Domuhr zwòlfe brummt, ende ich das andachtsvolle Gebet )). Quanto più nel Tagebuch si procede, tanto più queste annotazioni abbondano e tanto più abbonda l'elogio della devozione, della a Andacht » (16).

Si delinea sempre più sicuro e sempre più risoluto il processo di conversione. E, quanto più si esamina questa conversione da v vicino, con animo spassionato e con occhio sereno, tanto più si riconosce la giustezza delle parole di Caroline von Humboldt, che ne fu testimone (17): ((II m'a souvent fait entendre que cette religion seule guéris- sait les blessures de son àme... la manière comme il a changé de religion n'a rien de repoussant pour moi. je

(14) Ausg. Schr., I. 164-188.

(15) Ibid., I, 198 e segg., II: «Ich erinnere mich nicht seit meinen Kinderjahren so wohl gewesen zu sein». « Euphorion » , 1910, p. 96.

(16) Ausg. Schr., XIV. 152 e segg.

(17) LeitzmanN, neir a Euphorion, 1910, p. 428.

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suis persuadée quii n'a pas pensé à suivre la mode qui s*est iiitroduite dans ces sentiments comme dans les cou- tumes; il a changé par conviction; il passe des heures entières dans le plus profond recueillement et il en est devenu plus patient, plus modeste».

La conversione fu per il Werner una purificazione e nacque sopratutto dal bisogno prepotente che di tale puri- ficazione egli stesso sentiva (18). Sentiva d'affondare ed ha qualcosa di tragico la sua invocazione di aiuto :

Jesus Christus, Heiland, lass mich trinken Aus dem Lebensborrn, doch nicht versinken.

Lass mir schauen In der Erden Schone, Aber, Meister, lass mich sinken nicht (19).

Così si produsse la crisi : il Werner avvertì che non vi era per lui se non quella via che sopra abbiamo veduto aprirsi. Ormai le sole esaltazioni ascetiche più non potevano bastare a trasformare la sua anima ; occorreva rinunciare a ciò cui ancora in questa invocazione credeva: rinunciare alla vita per esser puro. Il Werner racconta, in una lettera al Goethe, che loccasione della sua conversione furono

(18) Sulla conversione cfr. P. FRIEDRICH, Ueber romantische Keli- giositài, «Gegenwart», LXXI, p. 71; E. REINHARD, Zar Biographie Z. Werners, «Gral», II, p. 450 e segg. oltre le opere generali sul Werner. V. in Italia anche un articolo di E. NencIONI, nella Nuova An- tologia del 1885 : l'articolo è ispirato completamente dalla biografìa del Werner fatta dal CarlYLE e dal saggio sul Werner, che il MAZZINI premise alla trad. italiana del 24 Febbraio. Il VlERLING, op, cit., cap. VII e Vili, riassume i Tagebucher senza chiarire in nessun modo il problema.

(19) Ausg. Schr., I, 181.

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le Wahlverwandtschaften (20) ; ora il passo , che lo avrebbe così profondamente colpito da indurlo alla risolu- zione decisa e sicura, è il seguente: « Ottilie batte sich in der Tiefe ibres Herzens nur unter der Bedingung des vòlligen Entsagens verzieben, und diese Bedingung war fiir alle Zukunft unerlàsslicb ». Ancb'egli aveva bisogno di f( Verzeibung fùr entsetzlicb vieles fast Unverzeibli- cbes )) . Ancbe per lui non poteva esistere altra via di sal- vezza cbe quella cbe Ottilie aveva scelto. Dice la lettera al Goetbe : a Diese von Gottes Geist Ibnen in die Feder diktirten Worte und, als icb sie zuerst, vor Ibrer Herrlicb- keit erstarrend, las, von Gottes Blitz, auf der nebmlicben Stelle an der icb jetzt scbreibe, illuminirten ewigen Worte, sie sind es was aucb der deutscbe Pòbel iiber micb liigen mag sie, diese Wortè (und nicbt der Sinnentand, die Pbantasterey, die Gaukeley, womit man alles Heilige und aucb die Kircbe, die ewige, iiberkleistert bat) sind es, die micb katboliscb gemacbt baben, und micb zwingen, es mag aucb iiber micb ergeben, mag aucb dabey von mir zu Grunde geben was da wolle, es lebenslang und ewiglicb zu bleiben » .

(20) Goethe und die Romanfik, hrsgg. v. WalZEL u. SchudDE- KOPF, n, p. 47. E cfr. anche lo « Abschied von Rom», Ausg. Schr., Il, p. 83:

Da Hess der Herr den Blitz ergliihn :

Nur der Entsagung wird verzieh n,

Sprach Gott im Blitzesschimmer.

Ottiliens erstarrter Schmerz

Schoss wie ein Blitz ins Herz,

Und ich entsagt' fiir immer.

e il sonetto a Die Wahlverwandtschaften», Ausg. Schr., II. p. 24.

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II Werner, che si sforza con questa lettera di mitigare r avversione che sapeva dover sorgere nel Goethe al ricevere una tal notizia, esagerò l'influsso della lettura; la sua conversione fu il risultato finale necessario di una lunga crisi e non una conversione improvvisa. Qualcosa però vi si deve riconoscere di vero in quanto che quell'esempio, che gli mostrava chiaramente formulato e praticato il pen- siero che la sua voce interna gli veniva da tanto tempo suggerendo, dovette fargli una forte impressione e mutare in decisione risoluta il vecchio proposito.

L'importanza del citato brano consiste quindi non tanto nella esattezza nell'interpretazione dell'avvenimento, quanto nel rilievo dato alla ragione principale che Io de- terminò al suo passo.

Questa ragione principale era, dicemmo, un vecchio pensiero e un vecchio proposito. Già essa vi compare nel canto con cui salutava l'Italia, la prima volta che vi metteva piede nell'estate del 1808:

Ihi kommt zu spat, ihr ewig jungen Lauben :

Ach ! hàtt' ich friiher Euer Griin geschauet,

Als noch des Lebens Morgen mir gegrauet !

Ich kann nicht leben mehr, Ich kann nur glauben (21).

Già allora appariva la rinunzia alla vita come unica salvezza, come nel 1810 gli confermerà l'esempio di Ottilie. Perchè si ostinava a perseguire la antica illusione ? I suoi tentativi non erano che un vano correr di errore in errore. Il suo <( Wandern » era senza scopo. E la stan-

(21) Ausg. Schr., I, p. 172.

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ittolico

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chezza lo vinceva : (( Ich bin des Wanderns miide » (22). Passa quella stanchezza nel « Pilgers Abschiedslied » con cui egli pigliò congedo da Weimar in primavera del 1 808 :

Der Pilger zieht Stadt ein, Stadt aus, Rs treibt ihn fort und fort, Und nirgends heimisch und zu Haus, Sucht er den Gnadenort (23).

Ed è con una specie di disperazione che annuncia la sua partenza per Roma. (( Es zieht mich unùberrwindliche Sehnsucht nach dem hochgeliebten Lande Italia ; vielleicht ist es mein Schicksal das mir v^inkt, vielleicht will es mich heilen oder mit mir enden ? Ich will, ich muss diese Sehnsucht stillen » (24).

Dedizione sempre più completa alla vita contemplativa, smanimento completo di nella devozione : ecco quindi il miraggio che lo attira, il fermo proposito che in questo istante egli formula. Ne vedete la riprova nel Tagebuch. Lettura di libri sacri, meditazione religiosa, studio della teologia cristiana, preghiera, devozioni: ecco tutta la sua vita, dopo che ha segnato in Roma nel suo Tagebuch r ultimo «peccato». E sono le prime ore di pace, le ore in cui confessa di sentirsi felice come non si era sentito mai. Ne vedete un'altra riprova nel fatto che, convertitosi, non rimase a mezza via, ma prese gli ordini religiosi, e si ritirò, pur non appartenendo alla Congrega- zione, presso i Redentoristi. Il convento aveva esercitato

(22) Goethe tmd die Romantik, hrsgg. v. WaLZEL u. SchOddekopf, cit., p. 46.

(23) Au5g. Schr., I. p. 157.

(24) (Goethe und die Romantik», cit., p. 46 e segg.

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SU di lui un gran fascino sempre, anche in Roma, e, se non vi entrò, fu perchè credette di poter meglio servire come prete libero alla sua missione. Ne vedete anche un'ultima riprova nelle sue preghiere entusiastiche : si buttava prono davanti all'altare, quando la chiesa era vuota, e vi stava delle ore intere, disteso, a pregare (25).

Altre ragioni naturalmente si aggiunsero. 11 pietismo e il misticismo protestante mostrano che per compier tal rinuncia e tal mutamento non era necessario passare alla religione cattolica. Ma necessario era per un tempera- mento come quello del Werner. In primo luogo egli trovava in seno del Cattolicismo quella relativa separazione del sentimento religioso dalle altre forme di vita, verso di cui egli aspirava, mentre il Protestantesimo lo mescolava nella vita e lo fondeva colla morale ; in secondo luogo egli trovava nella fede, nei dogmi, nelle cerimonie religiose, nei riti, nelle feste, nel culto multiforme e ricco un nuovo mondo, un mondo fantastico ma definito e preciso, che gli sostituiva il mondo a cui rinunciava. E questa era per lui, per la sua continua esaltazione una condizione indispen- sabile.

Egli protestava, anni dopo, che la (( asthetische Pomp des katholischen Rythus » non solo non era stato il mo- vente della sua conversione, ma, « insofern es nur Form sei )), gli ripugnava (26). Occorre quindi intendersi sul valore che si deve dare alla sua asserzione. L'asserzione è documentata dai suoi sfoghi del tempo in cui la con-

(25) Cfr. specialmente il Tagebuch dal 1810 in poi. Aug. Schr., XV e le lettere a Caroline von Humboldt, «Euphorion», 1909, loc. cit., il GUBITZ, Erlebnisse, cit., I, 280.

(26) Ausg. Schr., XII. Prefaz. alla Mutier der Makhbàer.

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versione si veniva in lui preparando. (( Sagen Sie es wem Sie wollen scriveva a Johanna Rink hauptsàchlich aber den Narren unter meinen Bewunderern und Gegnem, denn unter beiden gibt es Ncinen, die mich, den Feind ailer grillenhaften Schwàrmerei, Duckmauserei, Geheim- niskràmerei, fiir einen Cryptonarren und Lùgenpro- pheten halten, weil sie selber Schafkòpfe sind und hòchstens eine formelle Narrheit mit der anderen vertau- schen woHen, wàhrend ich, ohne zu untersuchen was 5chlin- gel und Esel auf Conzilien oder Synoden fiir Narrheiten getrieben haben, es von jedem, der mit mir in Verhàlt- nissen steht, fordre dass er die Vernunft, die mit der Liebe das Heiligste ist, nicht wie ein Tor mit Fiissen trete, sondern anbete und ihrem Lichte folge » (27). Ciò che il Werner condanna come « pompa vana » sono certe ceri- monie religiose che hanno in qualcosa di teatrale, ceri- monie che sono un necessario sfogo della vita religiosa presso nature ricche di ardori sentimentali e di fantasia, cerimonie che egli stesso venne poi solo più tardi accet- tando. Ciò però, che io sopra intendevo con la mia afferma- zione, è qualcosa d'altro : è il patrimonio di leggende sacre, di misteri e di credenze che sono parte sostanziale della reli- gione cattolica e possono costituire, come dicevo, un mondo nuovo per la fantasia, un mondo in cui Tuomo inte- ramente devoto si può rifugiare : è la pratica religiosa tutta basata sopra misteri come la liberazione dalle colpe nella confessione, o la unione mistica con Dio nella Comunione, o la Consecrazione nella messa ; è la fede nel miracolo e l'entusiasmo del fedele che negli atti della sua vita reli-

(27) VlERLING, op. cit., Appendice, cit., p. 23.

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giosa sente realmente uno avvicinamento a Dio, e per così dire un immediato contatto con lui. Il Protestan- tesimo aveva spogliato la religione di questo elemento, riducendo perchè non comprensibili dalla ragione queste pratiche a cerimonie simboliche ; e questo elemento è ciò che al Werner abbisognava.

A dimostrare che così fosse basterebbe il fatto che il Werner si farà prete cattolico, appunto perchè, voi tosi per questa via, non potrà resistere alla brama di compier tutti quanti questi atti religiosi, anche quelli che solo in un prete secondo le credenze cattoliche -^ sono pos- sibili. Ma si getti uno sguardo nel suo Tagebuch e se ne troveranno altre cento più particolari riprove. Quando egli va in San Pietro, il grande tempio gli sembra veramente (( der eigentliche Pallast Gottes » ed egli sente veramente una uuTimittelbare Beruhrung und Gegenwart Gottes )) (28). Se, dopo di aver lasciato la vita mondana, egli sente tante messe e visita tante chiese, è perchè egli vi porta ora questo animo e si crea tutta una nuova vita, a para- gone della quale l'altra vita gli pare un nulla. Il più chiaro esempio si può avere dalla lettura della notizia segnata nel suo Tagebuch dopo di aver assistito in Napoli al miracolo di San Gennaro (29). Tutto quel popolo che ra- dunato nella chiesa prega e grida ad alta voce mutando la preghiera quasi in uno schiamazzo, lo turba dapprima per quella teatralità e esteriorità che vedemmo da lui con- dannate : riconosce che la scena è « unendlich riihrend » ed (( herzenzerreissend )), riconosce che non ha mai ve-

(28) Ausg. Schr., XV, p. 8 e segg.

(29) Ibid,, XV. p. 61 e segg.

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duto pregare con tanta e così generale (( Inbrunst » , ma gli par che quello sia un vero (( peruanischer Gòtzen- dienst » . Non bisogna lasciarsi spaventar dalla parola : solo lo schiamazzo lo turba: la cosa in lo infiamma e lo entusiasma: egli vive realmente la cerimonia del miracolo: u Ich w^ar ergriffen... ich betete, in der un- beschreiblichen Angst meines Herzens, dass das Wunder geschehen mòge. Umsonst ! Endlich, fast einer Ohnmacht nahe, betete ich mit noch tieferer Inbrunst: Gott, wenn ich durch deinen Geist getrieben an diesem griinen Donnerstage den gròssten und entscheidendsten Schritt meines Lebens tat, vsrenn wirklich dieser Glaube der einzige alleinselig- machende ist, so gieb mir durch Fliissigwendung des Blutes deines Heiìigen davon ein untriigliches Zeichen, und ende die Angst und Zweifel meiner Seele, gieb mir ein Zei- chen dass ich recht getan habe ! Kaum batte ich das gebetet, so Dank sei dir, ewig allwaltende, mit unsern kindlichen Unarten barmherzige Gnade ! so in dem- selben Augenblick schrien Priester und Volk auf : das Blut fliesst !... Ich werde diesen Moment des Wunders, womit Gott mich begnàdigte, nie vergessen... Ewig unver- gesslich sei dieser Tag ! Halleluja ! )).

Il Werner lascia così a poco a poco tutte quelle restri- zioni che ancora nel 1809 lo facevano incerto (30): tutto il suo passato gli pare ora un continuo errore. E se ne pente e lo conferma apertamente. Egli abbisognava dice di perdono. « Diese Verzeihung war das Gift, das an meinem Markt zehrte, und als Gegengift brauchte ich was ? Eine alberne Mystik, ein verriicktes aus plato-

(30) ViERLlNG, op. cit., Append., cit., p. 25.

G. GabeTTI, // dramma di Z. Werner. 24

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nisch scholastischen (nicht diesem wiirdigen Namen, nur mir gilt mein Hohn) Fetzen zusammengeflicktes Lum- pensystem, das ich auf nichts als auf leere Traiime be- griindet, mit dem Namen eines Systems der Liebe (von dei ich eigentlich so wenig verstand) taufte, welches die viel zu gutmiitigen Deutschen viel zu nachsichtig auf- nahmen, und welches aufs bitterste zu verhòhnen ich jetzt der erste seyn wiirde, wenn ich es nicht viel bitter er noch beweinen miisste » (31). La conseguenza logica e natu- rale di questo cambiamento poiché egli riteneva di aver fatto del male con le sue opere e con il suo esempio e ri- teneva di dover con un nuovo esempio e con una nuova predica rimediare fu quella Weihe der Unkraft, che gli sollevò contro tante ire da parte dei suoi vecchi amici protestanti e che pare non essergli stata perdonata neppure ora dai Protestanti di oggi. Sentiva di trovarsi agli antipodi, e scrisse con sincerità la palinodia : sconfessò i (( reli- gióse und sittliche Irrtumer)), che ora trovava di aver commessi e di dover sconfessare. Con sincerità. Il fatto che r opera ha un valor poetico assolutamente negativo e che i versi sono spesso miserabili, il fatto che il Werner salta in questo scritto di palo in frasca e discorre della guerra di liberazione e di Dante e di Sant'Agostino e di Friedrich Spee, e di Tommaso da Kempis e di sua madre, non giustificano la domanda che fu posta: « Was ist hier Ejrnst und was ist Spass, was Wahrheit und was Heuchelei, was Physionomie und was Grimasse ? )) (32).

(31) GUBITZ, ErUbnisse, loc. cit.

(32) Minor, Die Schicksolsiragòdie, cit.. p. 83 e v. anche la sua introduzione al volume Schicksalsdrama, cit.

(-

n

// dramma cattolico 371

Questo è un applicare allo spirito ciò che si riferisce alla forma: ben si rileva talora nella forma stessa uno spi- rito che contraddice alle cose che sono state esposte; ma questa supposizione urta qui contro tutte quelle altre prove che un esame della sua vita in quel tempo facilmente offre. Qualcosa come di un attore ben si trovava nel suo carattere sempre malsicuro e sempre inclinante ad una ostentazione di estremi : ma la prima vittima della illusione era egli medesimo. La Weihe der IJnkraft è una (( causerie » con- fusa e talora inconcludente : ciò che fece far torto al suo autore fu semplicemente il tono in cui essa è scritta.

Che il processo di conversione del Werner sia stato realmente quello che ora abbiamo segnato conferma anche Taperta confessione di lui medesimo. Egli stesso soleva mettere in stretto rapporto i due elementi fondamentali di cui abbiamo discorso, e considerava il primo come prima fonte. Nel 1813 diceva al principe von Dalberg: ((Die Reue iiber eine Anzahl friiherer Verinungen und Ver- gehungen und die Leere, die ich nach einem lebenslangli- chen Tagen nach leeren Geniissen in meinem Innneren empfunden, gesellt zu dem fìir jeden consequenten Men- schen Unbefriedigenden des Protestantismus und Deismus, welchen ich wie die Geniisse in seinen meisten Formen erschòpft und dabei um so griindlicher zu verachten ge- lemt, haben... mich fiir die Gnade empfànglich ge- macht » (33). Mentee qui i due elementi sono riuniti sol- tanto, un rapporto di derivazione è chiaramente segnato nella Weihe der Unkraft:

(33) «Euphorion», 1909, p. 464.

372 Zacharias Werner

Durch falsche Lust verlocket und duich das Spici der Sinne,

Doch wissend dass aus Liebe der Quell der Wesen rinne,

Setzt* ich der kranken Wollust Bild keck auf der Liebe Tron,

Und durch dies Gaukelblendwerk sprach ich der Wahrheit Hohn

Als ob das was den Weisen erleuchtet, spornt den Held,

Zerbricht der Vòlker Ketten, besat das Sternenfeld,

Was aus des Frommen Busen sich empor zu Gott erhebet,

Aus Schmerz- und Scherz-Getandel sey der niedern Lust gewebet!

Und weil solch eitel Goetzenbild auf krummen Fiissen stand,

Das nicht nur anzubeten ich mich tdricht unterwand,

Dem ich auch Tempel bauen wollt' mit meiner schwachen Hand,

So kam *s, dass es zu hiillen ich manch Himgespinst erfand (34).

Importa ora, ricapitolando, segnar con precisione quali concrete differenze esistano fra quello « Urkatholizismus » Werneriano di cui tante volte ci toccò parlare e il Catto- licismo posteriore alla conversione.

La differenza ci una nuova riprova di quanto fi- nora abbiamo asserito. Essa sta infatti sostanzialmente in ciò che quanto prima era simbolo, è diventato ora per il fedele credente realtà assoluta. Sul Sacramento posano tutte e due le concezioni : ma, mentre nella prima il Sacramento era una comunicazione del finito con T in- finito per via di un simbolo, ora essa è comunicazione diretta nel pieno e intero senso della parola. 11 primo era Cattolicismo estetico, il secondo Cattolicismo dogma- tico, cioè, dal punto di vista storico, Cattolicismo vero. L'abisso che li separa dipende precisamente dal diverso atteggiamento che le due concezioni mostrano di fronte

(34) La ristampò il MlNOR nel volume Schicksalsdrama, cit. p. 515 e segg.

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alla vita. La prima vuol fondere la religione nella vita e far che la vita sia religione in tutte le sue forme : il se- condo invece esclude la vita sollevando l'uomo in un altro mondo. La prima è monistica e la seconda è dualistica. La prima colma l'abisso che vi è fra l'umano e il divino: la seconda scava l'abisso quanto più profondo può, strappa l'uomo all'umano, lo conduce al divino. La prima umanizza per così dire Dio, la seconda spoglia l'uomo di ciò che è terreno e lo divinizza in quanto lo fa comunic2u:e con Dio. Ora voi portate entro la prima forma la rinuncia alla vita e il passaggio alla seconda forma avverrà facilmente e fatalmente, come la storia delle numerose conversioni romantiche dimostra. La prima rappresenta anzi quasi sempre una specie di preparazione alla seconda, verso di cui necessariamente aspira, in quanto che la seconda rap- presenta una elevazione religiosa più grande, cancellando l'umano per lasciare il divino, e l'aspirazione verso l'ele- vazione religiosa è l'anima di tutte e due le forme. Il caso è nel Werner evidente : (( Lassen vfìi diceva al Gubitz nel 1814 die Moder des Staubes sich im Kreislauf abmiiden und wiinschen wir jedem, dass ihm aus dem un- wermeidlichen Schmerzen des Irrtums die Kraft erwachse, vom Weltlichen alles hinzugeben um durch Glauben und Ahnung das Reich der Unschuld zuriickzuempfangen wie es einst die Menscheit in dem Paradiese war » (35). E soleva confessare il fatto : quando lo Herlossohn lo visitò

Inel 1823, ed egli s'aperse con lui al rimpianto dei suoi passati errori e a una considerazione elegiaca della vita, usava le stesse parole e lo invitava a entrare in un chiostro. (35)

(35) Gubitz, Edebnisse, cit., I, 233.

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Questo sarà anche uno dei motivi ritornanti delle sue pre- diche (36).

Se il passaggio, malgrado l'esistenza di queste condizioni, talora non avviene, ciò è perchè lo spirito avvezzo a una considerazione razionale della vita e delle cose si può rifiu- tare ad accettare certe credenze che la ragione non com- prende: o vi è un mondo solo a cui noi apparteniamo o ve ne son due e noi non possiamo conoscere il mondo che non è il nostro. In tal caso l'uomo, ripudiata la vita, si evolve da un panteismo mistico verso un panteismo ascetico e finisce in questo. Ma l'ostacolo non esisteva nel Werner. Fin dal tempo dei Sòhne des Tales trovate in lui la fede nel « Mittler », nell'intarmediario fra l'uomo e Dio, senza di cui diceva non poter esistere la religione che pur può esistere senza Dio. Già allora era un avvicinamento alla fede in Cristo. La credenza nei miracoli e nel sopran- naturale si può arguire facilmente dai suoi drammi in cui ne è fatto cosi largo uso: ne si tratta come potrebbe essere e come era ad esempio nel Tieck di una pura credenza poetica, di quella credenza che nell'ora della creazione ogni poeta ha e deve avere di fronte ai fantasmi di cui rappresenta la storia. Egli ci credeva veramente. Anche nella Germania protestante, in cui gli scritti di Pa- racelsus e di Schw^edenborg hanno larga diffusione verso la fine del secolo decimottavo, la credenza era diffusa, fa- vorita dall'influsso della massoneria e delle società segrete. Una volta che qualcuno si permise di ridere della credenza che il Werner confessava, il Werner scattò in un urlo: « Heten gibt'es ! )) e per molto tempo non si lasciò più ve-

(36) «Gesellschafter». 1826. r. 24.

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dere in quella famiglia (37). Questa tendenza del suo spi- rito si sviluppò con gli anni sempre più. Nel 1806 scrive a Chamisso che la credenza in Cristo è cosa desiderabile, nel 1808 scrive a Johanna Rink, sottolineando doppiamente le parole : « Christus und sein Suhnungsamt ist wahr, wie wohl die meisten kirchlichen Anordnungen von Prote- stanten und Katholiken Fratzen sind » (38). Che poi, in generale, la credenza nel mistero non solo non gli ripu- gnasse, ma lo attirasse, mostra tutta la evoluzione del suo spirito e della sua opera che sin qui siamo venuti seguendo. La stessa evoluzione dimostra che neppure la necessaria sommissione alla autorità della Chiesa poteva essere per lui un ostacolo.

Queste considerazioni valgono per il caso particolare del Werner, Un'altra considerazione vale anche per altre conversioni romantiche. Il compatto organismo della dot- trina cattolica ha per spiriti disarmonici, turbati, pieni di fermento e di aspirazioni, inquieti, una seduzione in- negabile: è qualcosa di fermo, solido, concreto che facil- mente riesce ad imporsi a chi va errando con grandi in- tenzioni, ma con forze che con quelle intenzioni son disuguali. A segregarsi dalla vita e vivere di estasi asce- tiche, guidati soltanto dalla voce della propria ragione, traendo tutto dalla propria individualità psichica, ba- sando tutto su di essa, occorre una maturità e un'armonia interiore, che di rado esiste negli spiriti, che, inclinando al misticismo, per ciò stesso sono in squilibrio con stessi. Nel caso del Werner questa considerazione ha un valore

(37) GUBITZ. Erlebnùse, l, 237.

(38) VlERLING, op. cit.. Append., p. 22.

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particolare. Quanta confusione e quanto intrico vi fosse nelle sue idee, vedemmo, il che ci costrinse a cercar l'ori- gine delle concezioni singole assai più in influssi storici, in fantastica elaborazione propria di germi fornitigli da altri, che non in un libero sviluppo logico di convinzioni formulate come principio. Le facoltà speculative necessarie per crearsi da stesso un proprio mondo e organizzarlo gli mancavano. La rapida evoluzione delle sue idee mostra come facilmente egli depose idee professate, per ripren- derle di nuovo, e fonderle, mutate, con altre idee. Un tal uomo deve sentirsi spesso mancare il terreno sotto i piedi. La parola vuoto a Leere » ritorna nelle frasi che sopra ab- biamo citato continuamente. E la parola (( Leere )) abbonda nelle sue lettere e nel suo Tagehuch. Una volta superato quell'ostacolo che lo tratteneva, una volta deposta l'illu- sione che Fumano e il Divino potessero fondersi, una volta avvicinatosi alla fede cattolica con lo spirito credente, l'insieme delle credenze cattoliche così compatto e deter- minato dovette comparirgli come un porto tranquillo, in cui le burrasche che aveva attraversato non potevano giungere più. Era la (( Stiitze )) di cui abbisognava. Ben lo avvertì la Staèl, e, protestante com'essa era, avversa alle conver- sioni, fedele alla religione professata dagli avi, non cercò di trattenerlo nell'ora della maggiore crisi, ma gli diede l'ultima spinta, e lo convinse a recarsi in Italia, nel centro del cattolicismo, a Roma. Quando gli altri condan- narono poi quel suo passo definitivo, essa lo difese. Lo difese, perchè lo aveva capito (39).

(39) Sul rapporti del Werner con Madame de Staci v. il II voi., 2* parte, del mio studio : Deuischlarìd in Madame de Staéls litera- rischem Schafen, ora in corso di stampa.

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Il prete Werner non fu soggetto soltanto alle critiche e agli attacchi dei Protestanti, ma anche dei Cattolici. Assai presto gli venne anche lanciata l'accusa di non essere un vero cattolico. Già nel 1827 un anonimo scriveva con intendimento apologetico, un opuscolo : Zacharìas Wer- ner, k^in Katholik, discutendo un giudizio che venne in seguito ripetuto spesso. Uno studio delle prediche mostrerebbe in realtà non solamente la continuità di certe forme della sua vita interiore, non solamente quel senso voluttuoso che egli portò dappertutto con nella vita come nell'opera, nel misticismo massonico come nel cat- tolicismo estetico, nell'erotismo mistico come nel cat- tolicismo dogmatico, senso che turba spesso la purità delle emozioni religiose da lui vissute e da lui predicate, non so- lamente quello sbizzarrirsi della fantasia che gli cono- sciamo, ma anche molti pensieri antichi che colla sua nuova fede si posson difficilmente conciliare (40). Dato l'influsso che le prediche hanno esercitato sopra il va- stissimo uditorio che accorreva ad udir la parola infiam- mata del penitente celebre, un tale studio spiegherebbe il diffondersi di certe forme ambigue di vita e di sentimen- talità romantica nella letteratura viennese del Vormarz; un tale studio mostrerebbe però ancora che il mutamento so- stanziale, che nel Werner è avvenuto, è stato tale, che con ragione la Chiesa non solo non lo sconfessò mai, ma lo lodò e lo approvò sempre. Poiché, se nella dilucidazione della nuova dottrina e specialmente nella traduzione di essa in

(40) Cfr. anche IsiDORIUS RegiomonTANUS : G eistesfunken aufge- fangen im Umgang mit Zacharias Werner, Wien, 1826. Il titolo dell'opuscolo cit. è : Z. W., k^in Katholik, oder vom Wahren Katholi- zismus und falscken Proiestantismas. Gottingen, 1825.

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descrizioni ed in esempi, in metafore e sfoghi lirici, il Werner falsò a suo modo il pensiero che intendeva esporre, in fondo però la essenza della dottrina rimase intatta; po- tranno essere acattoliche molte parti della predica, la con- clusione della predica è cattolica.

Questa crisi religiosa volse naturalmente T occhio suo dalla poesia verso altri problemi. Diceva nel 1814 al Gubiz: (( Vielfach hab'ich gesiindigt... Ich flnde nun im Kindesglauben die bessere, die feinere Erhebung und das armselige Crucifìx erfiillt mich mit tieferer Andacht als das geprieseste w^eltliche Kunstw^erk» (41). Pure ciò non bastò a soffocare in lui le forti inclinazioni naturali. Compose in questo tempo due drammi e molte liriche, sebbene la crisi di conversione dapprima e la predicazione poi ne lo trattenessero e ne lo trattenesse il molto tempo speso in meditazione religiosa.

Che questa poesia dovesse risentire del mutamento è naturale ; mutato lo stato d'animo, muta essa sempre, anche nelle sue forme. Il poeta vien sospinto per altre vie e intona altro canto.

Prima di tutto avvertite il mutamento nella scelta degli argomenti. Tutti gli influssi esteriori continuano a volgerlo verso il dramma storico. L'influsso dell'Iffland che rompe con lui quasi i rapporti un tempo tanto cordiali, rice- vendo la Wanda (42), l'influsso specialmente del Goethe, il suo (( Helios )), il suo (( Apollos », il suo a Se- midio )) , verso di cui egli guarda con una venerazione tre- pidante — , la possibilità di ottenere per tal via e solo per

(41) GUBITZ. Erlebnisse, I, 243.

(42) Cfr. infatti il Teichmann, op. cit., p. 223-30.

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tal via la rappresentazione sul teatro, tutto concorre a sti- molarlo (43). Ed egli vuol sempre decidersi in tal senso e concepisce piani su piani. Ma non sa risolversi; pensa nel 1808 a una tragedia sui Nibelunghi, chiede un tema al Goethe e consulta storie politiche generali, ma non ne ricava nulla e si volge per disperazione nella sua incertezza a una rappresentazione umoristica del Rattenfànger aus Hameln : (( Was meine dramatische Wirksamkeit be- trifft, vergebens suche ich nach einem Stoffe herum, und mir ist Gott verzeihs mir sogar der Rattenfànger am Hameln als Stoff zu einer Posse mit Gesang einge- fallen » (44). Nel 1809 si rinnova la stessa incertezza, la stessa impossibilità di completamente appropriarsi il tema scelto. Pensa a un tema tratto dalla storia di Napoli ; pensa a un nuovo dramma su Faust; verosimilmente per influsso dantesco (Dante diventa per il Werner, dopo l'av- vicinamento al cattolicismo, il sommo duce, il modello incurrivabile che scaccia Goethe dal suo seggio, e vi si assiede; la Divina Commedia diventa uno dei libri che il Werner legge ogni giorno cercandovi una guida spirituale e un esempio per ; paragoni fra e Danle ripete il Werner continuamente, pur sempre restando conscio della smisurata distanza che da quel colosso lo separa (45) ), gli si affacciano i fantasmi dei re svevi venuti a trovar la

(43) «Goethe und die Romantik», II, Introd. del WaLZEL.

(44) Ibid.. p. 35.

(45) Cfr. specialmente la Kunegunde, la Mutter der Makk<ibder, e più ancora le liriche (Ausg. Schr., II). Taluna delle liriche ha anche Dante come soggetto: LI, p. 12, 71 etc. Sul Werner e Dante v. la Ree. di A. Farinelli al Dante und Goethe del SuLGER - Gebing, < Bollettino dantesco », 1910.

380 Zacharias Werner

tomba in Italia : pensa a una tragedia su Corradino, poi al- larga il piano, concepisce una trilogia sulla Casa di Svevia» destinata a rappresentare la morte di Federico, la breve storia di Manfredi e la storia anche più breve di Corradino, e lascia il progetto. Si volge ad altri argomenti : gli par di trovare un tema tragico nella morte della regina Giovanna, ma il fantasma di lei è cacciato da quello di Cristina di Svezia nei suoi rapporti con Monaldeschi. Per breve tempo. Gli pare eccellente l'idea di compone un dramma su (( Gunther von Schwarzburg », ma la storia della rela- zione di Maria Stuart con il cantore Rizio, la storia di Mohamedjche dopo la presa di Costantinopoli, dietro il de- siderio espresso dall'esercito, uccide la sua amata Irene, lo seducono, d'altra parte, ugualmente. E pensa anche a una (( Rosamunde », a una (( Agnes Bernauer )). Torna all'idea prima della trilogia, che lo seduce per la sua grandiosità; chiede al Goethe consiglio e non scrive di nulla neppure un rigo (46).

Tra gli altri temi compaiono ora per la prima volta anche due personaggi offertigli dalla Bibbia : (( Kònig Saul », che egli lascia perchè non vi è implicato alcun (( rechtes Frauenzimmer » , e la figlia di Jephta. Le due sole tragedie che scrive realmente sono la Kunegunde e la Mutter der Mokkahaer, cioè la storia del martirio di due sante; la storia di due persone tolte a quel mondo di cui sopra abbiamo parlato e in cui egli si va sempre più rifu- giando. Santi comparivano anche nelle sue tragedie ante- riori ; santi erano, se si vuole, i suoi personaggi principali: Molay, Malgona, Lutero, Attila; ma erano santi della

(46) «Goethe und die Romantik », hrsgg. v. WaLZEL u. SchOddE- KOPF, cit., p. 68.

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sua religione; i santi della religione cattolica, sant'Adal- berto e san Leone, erano trasformati in modo da diventare irriconoscibili, e, oltracciò, essi intervenivano bensì nel- l'azione, e anche come personaggi principali, ma il dramma non posava sopra un'azione che svolgesse l'es- senza della santità loro.

La Kunegunde e la Mutter der Maìikahder sono invece rappresentazioni drammatiche della santità e, in modo particolare, della santità cattolica.

Risultò da questo rinnovamento una nuova tendenza che condusse il Werner ad una più vasta rinnovazione del dramma.

Facendo una rappresentazione della santità, questo non può dimostrare più un divenire, ma deve esplicare e svolt gere uno stato di cose sussistente ; non può essere più un (( Bildungsdrama » , ma deve essere un dramma basato sulla azione di caratteri già maturati.

La differenza è essenziale. Il problema drammatico dei Sòhne des Tales, del Kreutz an der Ostsee, del Lutero, dell' Attila era se i Templari, i cavalieri cristiani, Lu- tero, Attila, Wanda giungevano alla suprema eleva- zione religiosa finale, e nello svolgimento verso questa meta. Il problema drammatico della Kunegunde e della Mutter der Makhflhàer sarà invece se Kunegunde e se Salomè subiranno o no il martirio finale e fra quali vi- cende e con quale animo problema interamente storico e psicologico, in cui il pensiero si smarrisce diventando una pura e semplice descrizione di sentimenti. È la impo- stazione stessa del dramma che vien mutata e tutto il dramma tende perciò a trasformarsi in conformità di essa.

Mutata infatti la concezione della vita, abbandonate le antiche utopie, cambiata la materia, i personaggi

382 Zacharias Werner

avranno nel dramma un'indole diversa da quelle che sinora incontrammo e diverso sarà l'intrico dell'azione. I perso- naggi non son più (( Griibler », che si affannano in cerca di una verità che loro sfugge : abbandonata l'infusione del divino nel terreno, vi sarà fra terreno e divino un abisso e non si passerà più dall'uno all'altro elemento se non at- traverso una concezione più vasta che li contenga tutti e due in sé.

Ma non è possibile segnare ulteriormente, in prece- denza i caratteri di quest'ultima forma del dramma de! Werner, perchè le due opere che vi appartengono furono composte da lui in tempi troppo diversi, e, mentre il primo mostra la forma in divenire, il secondo la mostra già attuata. Occorre quindi accostarsi al primo Kune- gunde (46 his).

I.

E prima di tutto devo spiegare perchè io tiri in questo ultimo periodo la Kunegunde, mentre la conversione del Werner avvenne solo il 19 Aprile 1810 (47).

Io credo la composizione della Kunegunde posteriore al Marzo 1809, in cui il Werner compose il 24 Feb- braio. Questo per ragioni esterne che subito esporrò, e per ragioni interne che metterò in rilievo addentrandomi nell'esame della struttura del dramma.

(46 bis) Anche il Werner la considerava dopo la conversione come un dramma cattolico ed è per questo che mentre condannava i drammi anteriori scriveva : a Bessere Tragodien als die Kunegunde bin ich zu schreiben nicht im stande». «Euphorion», 1910, p. 426.

(47) Sulla Kunegunde v. oltre il MlNOR, op. cit., p. 69 e segg., il DOnTZER, op. cit., p. 155. È questa colla Wanda l'unica tragedia werneriana che non fu ancor oggetto di speciale indagine.

// dramma cattolico 383

La prima idea della Kunegunde balenò al Werner nel- l'Ottobre del 1808, quando si trovava presso la Staél che gli imprestò le Ausfiihmngen zur Geschichte des deutschen Reiches del Passow e la Deutsche Geschichte del Tittel, perchè ne potesse estrarre le notizie che gli occorrevano (48). Lo Schlegel gli offrì lo Heldenhuch di Pantaleone e gli dimostrò che la santa di cui egli voleva drammatizzare la storia era la moglie di Enrico II duca di Baviera e imperatore (49). Nel novembre egli si recò a Parigi dove raccolse altre fonti e dove non diede però principio alla composizione perchè la novità della città, le relazioni con conoscenti tedeschi e con personalità let- terarie francesi, le divagazioni lirico-erotiche in quella che era già allora la vera metropoli di tali divagazioni, ne lo distrassero (50). Durante il viaggio del ritorno scriveva al Goethe alla fine di Novembre esponendogli, com'egli si esprime, il a nudo canovaccio » (( den nackten Ca- nevas » (51), e così lontano era ancora dalla composizione che le stesse linee generali dell'azione, linee risultanti da una fantastica elaborazione della materia offertagli dalla storia, non erano ancora fissate, e nella lettera al Goetìie gli elementi forniti dalla storia non presentano ancora alcun mutamento. Egli scrive al Goethe che prima di

(48) Cfr. il Tagebuch in Ausg. Schr., XIV, p. 137 e segg., passim; nel testo è stampato Pfeffel, ma una storia di tale autore su questo argomento non esiste, e non può trattarsi se non del TlTTEL. Leipzig, 1794. Il Passow (nel testo è stampato Masco w) è stampato Leipzig, 1774 e segg, È comparsa ora sulle fonti storiche del Werner una diss. del DlEKMANN, che mi fu impassibile esaminare.

(49) Cfr. Tagebuch, loc. cit.

(50) a Goethe und die Romantik » , cit., lettera al Goethe, p. 51 e segg.

(51) Ibid., p. 57.

384 Zacharias Werner

mettersi al lavoro desiderava consultarsi con lui sul piano generale; poi, dice, si getterà a capofitto nella composi- zione, e, se la sua fantasia non si è addormentata, corrobo- rato dallo incitamento e dalla assistenza del suo Helios, scriverà rapidamente la tragedia, in modo che essa sia pronta per il 31 Gennaio. Al principio di Dicembre il Werner è a Weimar (52), i rapporti col Goethe non son più quelli d*un tempo; il Goethe sentendo di non poterlo trarre dal misticismo e dal cattolicismo in cui egli sempre più affonda, si ritrae. nelle lettere del Werner, ne nei Tagebiìcher e nelle lettere del Goethe, nei racconti di coloro che partecipavano alla vita del mondo letterario di Weimar in quell'inverno compare alcun accenno alla Ku- negunde: e, data la forma che la materia storica assunse nella fantasia del Werner, data l'azione generale del dramma quale noi lo possediamo, non é ingiustificata la supposizione che da parte del Goethe il Werner non abbia avuto incitamento, assistenza, interessamento, ma assai più probabilmente un brusco consiglio di desistere dall'opera. Vedete ora infatti il Goethe staccarsi da lui sempre più e solo mostrar disposizioni migliori, quando gli pare di vedere il Werner abbandonare i suoi propo- siti ed avviarsi per quella direzione che a lui sembrava l'unica giusta. Il Werner cede e compone nel Febbraio- Marzo il 24 Febbraio. Alla Kunegunde non può in questo tempo aver pensato. Mandando la Wanda allo Iffland il 20 Marzo, gli parla lungamente già del 24. Fe- bruar ma non ricorda affatto la Kunegunde (53). Anzi,

(52) «Blàtter f. 1. U. ». 1834. p. 1345.

(53) Teichmann, op. cit., p. 319.

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dopo la lettera al Goethe sopra ricordata, fino al mese di Giugno non si trova più notizia alcuna su di essa. Alla data IO Giugno si leggono finalmente nel Tagebuch le parole seguenti (54): « Vorlesen der Kunegunde. Unend- liche Riihrung Aller. Die Furstin wiinscht es tausendmal zu hòren. Souper mit der fiirstlichen Familie im Schlosse. Ich erzàhle Kunegundens Geschichte )) . Fu questa nota spe- cialmente che ha condotto prima il Diintzer e poi il Minor alla conclusione che la Kunegunde sia stata composta nel 1808. Conclusione errata. Anche il Minor e il Diintzer ammettono che durante il soggiorno a Weimau: il Werner difficilmente potè attendere a questa composizione; onde essa cadrebbe negli ultimi giorni di Novembre, ciò che la citata lettera al Goethe esclude.

Il Minor e il Diintzer ritengono però anche che pei mesi di Aprile e Maggio la composizione debba essere esclusa per la stessa ragione che vale per i mesi di Gen- naio e Febbraio; il che è errato, perchè in questo tempo avvenne la rottura più grave con il Goethe, rottura che se- parò i due uomini completamente e che si compose soltanto il giorno in cui il Werner partì e il Goethe gli concesse di scrivergli (55). La composizione cade, secondo me, in questo periodo in cui il Werner non avvicinò il Goethe, ed essa non fu, secondo me, compiuta. È ben vero che il Werner dice : (( Vorlesen der Kunegunde )) , non (( Ver- lesen aus der Kunegunde » , ma in primo luogo le due

(54) Ausg. Schr., XIV, p. 158.

(55) Cfr. su questa rottura le lettere al Goethe in « Goethe und die Romantik». cit. e le sue relative note del SCHUDDEKOPF, il Tagebuch del Werner, e le espressioni del Goethe in Goethes Gesprache, ed. BlE- DERMANN, voi. II, Leipzig, 1909, passim.

G. GaBETTI, // dramma di Z. Werner. 25

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espressioni sono scambiate spesso dal Werner nel suo Ta- gebuch per ragioni di brevità si veda, ad es., a p. 140: (( Vogt deklamirt Minna von Bamhelm n ; ibid., giorno se- guente : (( Vogt deklamirt Minna von Barnhelm » etc. cosicché non ci si può su di essa basare ; in secondo luogo, se si considera tutto ciò che il Werner ha segnato nel suo Tagebuch sotto il giorno IO Giugno, non si può trovare tempo per una così lunga lettura come sarebbe quella della intera Kunegunde ; in terzo luogo le parole (( ich erzàhle Kunegundens Geschichte )), che seguono alla lettura, mostrano chiaramente che la storia di Kunegunde non si era svolta per intero davanti ai suoi uditori ; in queurto luogo, dal carteggio della principessa di Schwarzburg- Rudolfstadt con Caroline von Humboldt par risultare che la principessa, presso di cui la lettura fu fatta, conosceva solo il terzo atto. La tragedia fu quindi probabilmente condotta a compimento nell'estate del 1809, forse durante i mesi che il Werner passò nuovamente a Coppet presso Madama di Staél.

La composizione della Kunegunde cade quindi, per così dire, alla vigilia della conversione. Il 1809 è infatti Tanno in cui quel riavvicinamento al Cattolicismo, che abbiamo seguito nei suoi diversi momenti, si compie. Molti ne sono i segni.

Già sogna ora (( Rom zu sehen und zu sterben » (56), già annunzia di aver rinunciato non alla ((heilige àchte Mystik» ma ad ogni (( mystisches Wortgeklingel )) (57), già indugia volentieri nelle diverse chiese che visita e assiste spesso

(56) V. VlERLlNG, op. cit.. Cap. V, e cfr. il Tagebuch, p. 150 e segg., passim, e le lettere al Goethe, loc. cit.

(57) ViERLiNG, op. cit., Append. cit., p. 18.

// dramma cattolico

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alla messa, già condanna la (( Schwàrmerei » basata sopra una sentimentalità individuale e aspira a un forte concreto solido sostegno, già si sente peccatore e chiede preghiere, già va formulando i suoi propositi (58). Fin dall'Ottobre 1 808 ha con lo Schlegel e con la Staél degli (( interessanti discorsi sopra il Cattolicismo » (59). Wilhelm Schlegel attraversava anch' egli una crisi cattolicizzante sotto l'in- flusso della conversione di suo fratello Friedrich (60); la recensione di Friedrich alla Kirchengeschichte dello Stol- berg lo occupa per parecchi giorni (61). Continuano le discussioni a Weimar con il Goethe che se ne secca e chiama la Vergine Maria col Bambino (( eine gewisse Amme n (62) e deve avergli risposto più volte le pa- role che qualche mese dopo gli scrisse : (63) « Enthalten Sie sich ja nur Fussnageln aus der Dornenkrone vor meine Schritte hinzustreuen. Lassen sie mich den Pfad, den ich mir selbst gebahnt und gekehrt, ruhig hin- und w^iederspa- zieren, und begleiten Sie mich insofem es Gelegenheit gibt » . Quando finalmente il Werner nel Novembre scende in Italia, già scende con il desiderio chiaro di convertirsi. Basta leggere le poesie composte durante il viaggio; poesie pervase dall'ansia di arrivare a Roma, dal presen- timento ben distinto che una gran rinnovazione in lui si compirà. L'adorazione della Vergine, dei Santi, le pra-

(58) Ibid. e cfr. Ausg. Schr., XIV, p. 150 e segg.

(59) Ausg. Schr., XIV. p. 142 e segg.

(60) Su questa crisi cfr. il mio studio Deutschland in Madame de Staèls literarischem Schaffen, voi. II.

(61) Ausg. Schr., XIV, p. 142 e segg.

(62) Cfr. Goethes Tagebiicher in Werl^e, ed. di Weimar, III Parte, voi. IV, e anche l'epistolario fra il Goethe e il Werner, loc. cit.

(63) a Goethe und die Romantik», cit., p. 47.

388 Zacharias Werner

tiche religiose condivide ormai già pienamente con i cattolici ; legge vite di Santi e studia San Tommaso, a cui Dante lo riconduce (64).

La Kunegunde nasce quindi in mezzo a questo ger- mogliare della sua conversione, in un tempo in cui egli non ha ancora deposte definitivamente tutte le sue utopie erotico-mistiche, ma si va accostando già alla nuova fede. Coesistono infatti in questo momento nel Werner delle idee opposte; è un periodo di crisi e di transizione più che non siano stati gli altri momenti della sua vita. E la Kunegunde porta tutte le traccie di questa crisi.

La materia prima gli si o£Ferse, vedemmo, nella storia durante il suo soggiorno a Coppet. Nel Tittel e nel Passow, nello Heldenbuch di Pantaleone e nelle altre antiche Cro- nache consultate a Parigi il Werner trovò il racconto del- l'imperatore Enrico che, sceso in Italia, combatteva contro la insurrezione capitanata da Arduino; Arduino, richiesta invano una contea, si arrendeva e si ritirava spontanea- mente in convento. Lo Heldenbuch di Pantaleone mostrava accanto alla figura dell'imperatore, che il Tittel designa: (( kein Geistesheld aber auch kein Schwachling », la figura della imperatrice vergine Kunegunde, sua moglie, come lui santificata dalla Chiesa ; e le Cronache narravano come Enrico e Kunegunde fossero insieme vissuti senza aver avuto rapporti coniugali. Tra i motivi addotti da Enrico per la fondazione del Vescovato di Bamberg era anche questo : (( ob recompensationem futuram Christum hae-

(64) Ausg. Schr., XV, passim.

Per il piano di un Faust cfr. HiTZIG, Lebensabriss E. T. A. Ho0- manns, cit., p. 332.

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redem elegi, quia in sobole acquirenda nulla spes remaneat mihi » ; tra i motivi della canonizzazione era anche questo che (( imperatori fuit matrimonialiter copulata, sed ab eo non fuit carnaliter cognita». Morendo, Enrico aveva rac- comandata sua moglie ai presenti con queste parole : « Hanc ecce mihi a vobis immo per Christum consignatam ipsi Christo nostro et vobis resigno virginem vestram ». Le cronache narravano ancora che l'imperatore sospettò una volta di lei e credette che essa accordasse ad un giovane ufficiale del suo esercito ciò che a lui rifiutava; Kunegunde si sottopose alla prova del fuoco (( Te enim testem esclamando et judicem invoco quia nec hunc praesentem Heinricum nec alterum quenquam virum car- naliter commistione unquam cognovi » e camminò per quindici metri sui carboni ardenti a piedi nudi senza scottarsi. Il re la ripristinò nella sua posizione e nei suoi onori. Quando poi l'imperatore morì, essa si ritirò nel convento di Kaufungen da essa medesima fondato (64 bis). Ancora nel novembre del 1808 il piano della tragedia

{64 bis) Cfr. la Vita Heinrici imperatoris di Adalberto nei Monum. Germ. Hist. 1* ed. Scriptores Tom. IV, p. 792 e segg. e V. ibid. la Vita SancttB Cunegundis, p. 821 e segg.

Fin dal Medio Evo la vita di Santa Cunegonda fu oggetto di poemi. Cfr., ad es., lo Heinrich und Kunegunde edito dal BechSTEIN (Quedlinburg und Leipzig, 1840) e da lui attribuito al monaco Eber- nando di Erfurt. Naturalmente il poema del monaco insiste sul voto di castità fatto dai due personaggi imperiali : solo che presso Ebernando il primo a volersi conservare vergine è l'imperatore stesso. Cfr. il carat- teristico canto XVI li : « Wi keiser Heinrich unde vrouwe Konegunt bi ein ander slifen unde kuschheit behilden unde or lebit bi koni- glichir spise mit geringer spise henezogin » e nel canto XIX la causa del sospetto deiriraf>eratore spiegata come un intrigo del diavolo : « Wi sich der tufel warf in ein gestalt eins ritters unde gink von der koniginne dri morgin sichtiglich als ob er bi or geslafìn batte ».

390 Zacharias Werner

era a questo punto. Il Werner ne scriveva infatti al Goethe in questi termini : « Ich habe den Pian einer àchtdeutschen Tragedie auf dem Korn, zu der ich aber erst in der hiesigen keyserlichen Bibliothek die nòtigen Data sammeln muss und mich also noch nicht dariiber auslassen kann. Er ist aus der Geschichte Kaisers Heinrich des Il.ten und seiner Gemahlin Kunegunde, die nach ihrem Tode heilig gesprochen und zu Bamberg begraben sind. Der Keyser hielt seine Gemahlin in einem falschlichem Verdacht; ein Gottes Gericht (Ordalie) solite iiber ihre Schuld oder Unschuld entscheiden. Ein junger Ritter verteidigte sie im Zweikampf, rettele sie, indem er den Verteumder Kunigundens erlegte, starb aber selbst an den erbai tenen Wunden. So weit der nackte Canevas. Heinrichs Kriege gegen Arduin, angemaassten Kònig von Italien, geben mir, da ihr Schauplatz gerade die von mir gereiste Gegend der Lombardei ist, Veranlassung, das was ich sah an das Spiel meiner Phantasie (das Reale an das Phantastische) anzukniipfen. Ich denke iibrigens es im àcht altdeutschen Colorite, so populàr als mòglich, ohne mystiche Geistererscheinungen pp. zu machen n (65).

Desiderando come appar da questa lettera trar partito dalle sue impressioni d'Italia, il Werner si trovò poi nella necessità di far coincidere la storia intima di Enrico e di Kunegunde con la guerra contro Arduino, non solo, ma di mettere le due azioni in rapporto, in modo che l'una si riverberasse nell'altra e il dramma ottenesse organicità in una grande azione complessa ma unica.

(65) Goethe und die Romantik, II. p. 53.

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Ed egli si valse di un motivo usato già da altri poeti : per giustificare la gelosia e il sospetto di Enrico suppose che di notte spinta dal desiderio di riuscire nell'intento senza che una guerra spargesse sangue Kunegunde si sia recata nel campo di Arduino per indurlo a desistere dalla sua ingiusta intrapresa e a dare al sovrano quanto al sovrano apparteneva. Così si spiegava il fatto dal Wer- ner trovato nella storia, che Arduino spontaneamente rinunciò al trono a cui già aveva proclamato di pretendere. Il Werner suppone che l'orgoglio di Arduino abbia fatto giurare alla imperatrice di tacere quanto fra lei e lui era avvenuto. Così il sospetto del re veniva giustificato e si formava la crisi dell'azione.

Ma alla composizione di un dramma ciò non bastava ancora. La figura di Kunegunde una santa era in se stessa poco tragica. Occorreva mettere un germe di tra- gedia anche nella sua anima con un sentimento che non contraddicesse ma rispondesse alla sua natura.

Una sua propria esperienza sentimentale fu io credo che suggerì al Werner l'espediente che trasformò Ku- negunde in una di quelle creature femminili malate e isteriche, in cui il Werner continua a compiacersi (66). Per tutta la vita il Werner aveva desiderato invano ardente- mente un figlio, e già nei Sòhne des Tales aveva messo in bocca a Molay il suo proprio amaro lamento, a Molay,

Der nie am Fleisch von seinem Fleische

Das wunde Herz, die matte Brust gedriìckt.

Quante volte ripetè il lamento dopo d'allora e con che

(66) GoLDSMiTH, Das Leben des Geheimrats Kunth, Berlin, 1856, p. 470 e segg.

392 Zacharias Werner

passione descrisse l'amore paterno in Philipp, in Agaphia, in Hans Luther, in Attila stesso che nelle ore di stanchezza si consola trastullandosi col suo Irnak ! È un motivo costante che si riverbera in tutti i drammi dalla psiche stessa del poeta. Una gravidanza dell'ultima moglie finì in un aborto. (( Mir war als solite mir das Herz brechen, ich sah das Fenster an mit einer fast uniiberwindlichen Lust hinunterzuspringen und mein trauriges Leben zu enden. Alle meine seligsten Hoffnungen auf Vaterschaft und Frieden w^aren vernichtet ! o Gott, ich biisse schwer ! » (67). Tutte le volte che una felicità domestica gli compare innanzi segna il quadro del suo Tagebuch con tacita invidia. I versi posti in bocca di Molay gli ritor- nano spesso alla memoria dandogli una ebbrezza amara; quando assiste in Coppet alla rappresentazione della Su- namite della Staèl, gli si gonfiano gli occhi dinnanzi allo spettacolo della gioia e della superbia materna della punita madre : « Ich zerfloss fast in bitter-siissen Trànen bei dem Gefiihl dass ich nie an Fleisch von meinem Flei- sche das matte Herz gedriickt ! » (68). Ora, quando nel 1808, alcuni mesi prima della concezione della Kune- gunde, gli giunse la notizia che sua moglie aveva avuto da Kunth una bambina, egli esultò di gioia come se la figlia fosse sua propria. E questo non è una similitudine, ma una anormale esaltazione psicologica che si espresse in poesie e in salmi da lui mandati a sua moglie come risposta della notizia ricevuta, e lo condusse alla promessa di la- sciarle il proprio patrimonio in eredità, promessa non man-

(67) «Blatter f. 1. U. ». 1834, cit.. p. 1338-40.

(68) Ausg. Schr., XIV. p. 147.

// dramma cattolico 393

tenuta poi, perchè Kunth si rifiutò al desiderio di educare la bambina nella religione cattolica. Nella poesia in po- lacco, da lui tradotta in tedesco, si dice fra altro :

Ich habe vor Freude geweint, Als ich horte dass du Mutter warest : Sei gliicklich mit deinem Manne, Gott segne euch.

Deine Tochter wird auch die meinige sein ; Sie ist das Kleinod meines Herzens. Zufrieden werde ich zum Tode gehen, Wenn Gott euch segnet (69),

Fin qui egli resta ancora nel senso esatto della realtà ; ma l'esaltazione lo travolge poi, ed egli afferma quella bambina esser davvero sua, sua davanti a Dio, mandata da Dio a lui per confortarlo nella sua vita errante e mise- randa : « Gott der Herr segne das geliebte Kind der treffi- chen Mutter, die Hoffnung und letzte Prende meines einsamen Lebens, wrelches ich fiir das meinige in reinem frommen Sinne betrachte... Das w^iinscht der einsame der... bei dem Empfange des freudebringenden Briefes Freude- trànen geweint hat )) (70).

Fantasie malate di un malato, ma quanto sfrenata sia la sua immaginazione basterebbe a mostrare accanto a questo fatto la specie di presentimento che lo colse assistendo alla sopraricordata rappresentazione della Sunamite : che non la Staèl, ma Dio stesso attraverso di lei avesse scritto il dramma, e che Dio forse voleva per questa via « die

(69) GOLDSMITH, op. cit., p. 48.

(70) Ibid., p. 50.

394 Zacharias Werner

Bekehrung einer eitlen Mutter durch den Tod ihrer To- chter )) (71) ricondurla a sé!

Il Werner riversò il suo proprio sentimento in tutta la tra- gedia. La pittura delKamor paterno ne è Tanima. Arduino non vive, non lotta, non agisce se non nel pensiero con- tinuo di suo figlio Florestano. Enrico si tortura nel pen- siero della impossibilità di divenire padre :

Gottes reiner Wille, Durch ihren Mund gesprochen, ist, dass ich kinderlos, Allein zieh' an den Vatern in Aller Mutter Schoss. Drum hab' ich fast beschlossen der Krone zu entsagen ! Nur wer des Hauses Valer, kann cine Krone erlragen.

Per Arduino il Werner ripete il tema della Sunamite: le ricordate parole del Tagebuch non lasciano dubbio che di qui l'idea gli sia venuta , fa convertire Arduino facendogli morire il figlio. Annunciano ad Arduino che suo figlio è morto: che cosa gli importa più la corona, ìa vita ? (( Es zieht zu Grabe meine Kraft ». Vi è una pa- rola sconsolata, la più sconsolata di tutte le parole, che toglie ogni luce e ogni bellezza al mondo : (( Kinderlos ! » .

Ma colei, in cui questo sentimento assume la forma pa- tologica che esso nel Werner ha assunta, è, dicemmo, Kunegunde. Essa ha fatto voto di castità a Dio e lo ha mantenuto; ma la « Sehnsucht » verso un figlio, sangue del suo sangue, non le lascia tregua, le turba continuamente la fantasia.

Wenn auch zu Gott schwebt die Seele der Frommen, Schmachtet ihr Herz doch voli sehnenden Harm. Darum herzt sie so schmerzhaft die Kleinen, Den Eid bejammernd, den heilig sie schwur.

(71) Ausg. Schr., XIV, p. 148.

// dramma cattolico 395

E in verità l'idea del bambino assedia la sua imma- ginazione : è primavera ed essa dice :

Wenn ich so heute tu' um mich schauen

Die Pracht des Lenzes, den Schmelz der Auen,

Ist mir 's als hab' sie der Herr sich vermahlt,

Und sich zu Lieblingskindern die Bliiten auserwahlt.

Parla dei suoi sogni e dice : a Lieb waren mir die Ge- danken wie Kinder ! » Quando si decide ad andar da Arduino lo fa perchè pensa di mostrarsi come a Mutter des Volkes » :

Ein reines Mutterwerk einmal in meinem Leben Zu tun!

Quando prega, il Signore le appare come Ta ewiger Vater » ; quando annunciano ad Arduino la morte di suo figlio, gli dice: « Uns Kinderlosen Frieden ! ». Non solo; ma il Werner conduce Kunegunde ad una vera esal- tazione.

Kunegunde si immagina, quando ode l'annuncio della morte del figlio di Arduino, che Iddio ascolti e appaghi il suo desiderio e che il figlio di Arduino, il quale morendo riconduce sulla retta via il padre, diventi, in certo modo, spiritualmente suo proprio figlio. Il figlio d'Arduino è colui che rende efficace la sua intrapresa: egli è anche il figlio suo proprio. Egli le appare :

Der goldne Jiìngling am Rubinentron,

Ist das, o Herr, mein lang ersehnter Sohn?

Ed essa vaneggia : (( Er làchelt mir ! Mein Sohn ist es, den mein Glaub'errang ! ». Quando ritorna in dalla sua manìa, ha di nuovo la visione chiara della realtà.

3% Zacharias Werner

Ich arme durfte nie ais iMutter mich erfreu'n,

Kein Sohn begrabt, beweint mein schlummerncies Gebein,

Ich kinderlose sterb' allein !

Ma la manìa la riprende : rivede il fantasma :

Also sah den Jiingling ich im Strahle glùhn,

Ich des Greisen Sohn einst mlr als Sohn entbliihn.

Il figlio di Arduino è il biondo giovinetto Florestano e Kunegunde nella sua allucinazione lo vede come egli è realmente. Il caso ha dei riscontri patologici che forse il Werner ebbe presenti quando concepiva il caso suo.

E Kunegunde poiché Florestano non è morto esclama, quando si rivede innanzi vivente il fantasma che le apparve nella visione:

Bist du 's, schoner Jiingling, ihm und mir verwandt, Der im Morgendammer liebend mich umwand? Du Harduins Sohn mein Einziger?

In questo modo Kunegunde finisce con diventare una malata ossessa da un vano desiderio di maternità : di- venta con ciò una figura tragica, ma è percorsa nella sua malattia da brividi di voluttà fantastica, che sono ab- bastanza singolari in una santa.

E voi già nella figura stessa di Kunegunde ve- dete confluire le due tendenze opposte, che dicemmo al- ternarsi nel dramma.

Anche altri particolari mostrano come il Werner abbia acconsentito ora al nuovo indirizzo cattolico e ora invece all'antico indirizzo erotico-mistico.

Del suo nuovo Cattolicismo le traccie nel dramma sono molto numerose. Prima di tutto la santità di Kunegunde

// dramma cattolico 397

e dell'imperatore Enrico: santità che data dal principio stesso della tragedia. La storia nuova che si svolge in loro, produrrà nuove decisioni e nuove azioni, non pro- durrà nella loro anima un sostanziale mutamento. Fin dal primo atto essi sono due creature che alla causa di Dio han sacrificato la loro vita e i loro desideri : la causa di Dio è la sola fonte di tutta loro condotta.

La guerra di Enrico contro Arduino non è la guerra di un re contro un ribelle, non è una questione di conquista, ma una quistione di trionfo della fede cattolica contro l'empietà perchè Arduino pretende di ignorare Dio e di infischiarsene. Fede cattolica: il Dio di Kunegunde non è più l'Essere supremo, universale, infinito, inafferra- bile alla nostra corta mente, fonte di tutta la vita, ma è un Dio personale, il Dio dei Cattolici. E la religione sua è la vera religione di Cristo. Cristo non è più un simbolo, o un «Mittler», ma Dio fatto uomo, che per l'uomo ha patito e sofferto. Ed è circondato di Santi. E i Santi non sono più allegorie di una virtù, ma crea- ture terrene un tempo, che s'elevarono verso Dio in vita e dalla fede cattolica furon sollevati in cielo. E nel dramma continuamente si parla di Santa Madre Chiesa, di papi e di vescovi, di conventi e di chiese, di ostie e di comu- nioni, di crocefissi e di messe e di cerimonie sacre. Si prega e non più il Dio indefinito di un tempo , ma Cristo nella sua Chiesa durante la messa ; si prepara il (( Todesamt )) , non più come nella Weìhe der Kraft, ma secondo il rito cattolico.

Il Cattolicismo si riverbera necessariamente anche nella struttura dell'azione.

Io ho insistito come causa della libertà con cui il Werner tratta la materia storica sopra il sentimento

398 Zacharias Werner

cattolico da cui egli era diretto e ispirato. Nel pensiero cattolico è infatti il movente vero che rende necessaria la complicazione degli avvenimenti che sopra abbiamo nella loro genesi ricostruiti.

La ragione che spinge Kunegunde a recarsi da Arduino è il pensiero che Arduino è diventato empio, che non solo non riconosce più nessun principio di giustizia, ma neppure Dio. Ed essa spera di convertirlo. È per questa speranza che essa si decide a un passo così pericoloso. Quando essa gli si presenta, vede gli altari rovinati e ab- battuti ed è colpita da (( Entsétzen » : (( Zertrìimmert dein Aitar ? )) Essa vede d'un tratto Inferno e Paradiso innanzi a spalancati nell'altro mondo; « Der Meineid schiirt die Flammen der ewigen Qual ! » grida ad Arduino che sta per spergiurare. Fa il segno della croce scongiurando: (( Entweiche, Hòllenmacht ! )). E prega per Arduino pec- catore, prega Cristo morto in croce per redimere gli uomini, prega Maria Vergine Addolorata: ((Bei deinen Klagen, Mutter Gottes, am Kreuz, erette ihn ».

Non soltanto il suo Cattolicismo la conduce ad Ar- duino: il suo Cattolicismo fa che il voto di castità, che essa fece, le resti malgrado il pentimento, malgrado l'amore, infrangibile. Ha fatto quel voto con libertà e nessuno più lo può sciogliere: essa deve resteurgli fedele. È quindi il nodo stesso da cui tutta l'azione deriva, che ha nel nuovo cattolicismo del Werner la sua origine.

E cattolico sarà anche l'epilogo della storia. Arduino finisce in un convento, l'imperatore Enrico desidererebbe di fare altrettanto. Nel chiostro da lei fondato si ritira Kunegunde, sebbene la storia nani che essa compì tale passo solo dopo la morte del marito. La risoluzione che essa prende di lasciare per il chiostro suo marito non può

// dramma cattolico

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spiegarsi altrimenti che partendo dalla sua concezione cat- tolica della vita: cioè dall'idea che la vita del chiostro, interamente sottratta al mondo, sia la più pura, e sia cioè quella sola a cui Kunegunde, una santa, è adatta. Natu- ralmente il Werner cerca di dare all'azione una motiva- zione psicologica e con ciò una poetica verità ; ma i par- ticolari dell'azione furono suggeriti prima dal pensiero cattolico, e poi motivati psicologicamente in seguito. Così i personaggi son cattolici e il dramma intero posa in certo modo sopra un pensiero cattolico.

A questo Cattolicismo si accompagna però, come prima avvertimmo, l'erotismo mistico in molti altri particolari. Il Werner infatti fa innamorare anche Kunegunde una donna non innamorata è per la fantasia del Werner un assurdo e, trattandosi di una santa che non può mac- chiarsi di colpa, la fa innamorare di quell'amor vero che rappresenta la suprema elevazione spirituale.

Colui di cui essa si rivelerà innamorata è il figlio di Ar- duino, Florestano. La sensualità voluttuosa della sua osses- sione di maternità, la sensualità voluttuosa di quella sua allucinazione che il figlio di Arduino sia diventato suo figlio eromperà in quello scoppio finale di passione amorosa.

Kunegunde è stata riconosciuta mentre andava al campo di Arduino : il fatto è stato riferito al re che naturalmente pensa che sua moglie conceda ad altri quanto a lui nega; Kunegunde non può confessare la verità perchè è legata dal giuramento fatto ad Arduino; tutte le apparenze sono contro di lei non rimane che il giudizio di Dio. Vien bandito il torneo. Nessuno si presenta a difender la purità della regina, tutti si mostran vili di fronte al guerriero te- muto che ne sostiene la colpa. Vonebbe scendere il re nell'arena, perchè, malgrado tutto, egli come marito

400 Zacharias Werner

non può persuadersi che sua moglie sia colpevole, ma le leggi lo vietano. Finalmente si presenta un biondo giovi- netto imberbe, bellissimo come un angelo: è Florestano, il figlio di Arduino, di cui era stata annunciata ad Arduino falsamente la morte. Egli si è innamorato della regina, che ha visto passare nella notte mentre egli montava di guardia ed ella si recava da Arduino. Egli si presenta e vince. Ma sconta la sua vittoria e muore della ferita riportata. Kunegunde assiste al torneo ed è tutta sconvolta quando vede che quel giovinetto eroe corrisponde perfettamente alla figura del fanciullo che le apparve nelle sue visioni. E, com'egli combatte e vince, quel sentimento che era prima apparso come un riverbero della sua brama di ma- ternità, incomincia a rivelarsi per quel che era: amore. E com'egli muore, e la pietà s'aggiunge per il giovinetto morto per lei, la passione scoppia irrefrenabile nella sua anima ancor vergine:

Er mein Geliebter war *s Ja, jetzt ist *s Ehebruch!

Tutto quanto il misticismo erotico w^erneriano si ritrova qui, dalla teoria della predestinazione a quella del raggiun- gimento dell'amore nella morte.

Il ripetersi della teoria d'amore produce il ripetersi dalla figura del (( Mittler » che la enuncia. La figura di Adalbert, di Therese e Theobald, di Libussa, di Leone ri- torna in Romuald, il santo monaco eremita che vive nella solitudine ed ha una misteriosa sapienza, una diretta ispira- zione da Dio, e fa quindi, anch' egli, come tutti i suoi prede- cessori, il mezzano, essendo che l'essenza divina della vita consista nell'amore. È lui che ha custodito Florestano, lui che sa che Kunegunde si reca nel campo avversario

// dramma cattolico

401

perchè vi si rechi, lui che annuncia ad Arduino la falsa notizia della morte del figlio per indurlo a cedere all'in- vito di Kunegunde, lui che ha il presagio delle grandi cose che stanno per compiersi, lui che manda Florestano a tempo opportuno nel campo dell'imperatore Enrico, perchè egli possa compiere l'azione eroica, lui quindi che provoca lo scoppio della passione di amore, ed è natural- mente lui ancora, che, alla fine, quando tutto si è così complicato che non trovate più dal punto di vista umano nessuna via di uscita, risolve l'intrico, che egli, come diretto inviato di Dio, ha prodotto.

Romuald darà anche alla fine del dramma la spiegazione mistica delle vicende a cui l'uditore ha assistito. Romuald annuncia infatti a Enrico che Dio gli rivelò in sogno tutto quanto succede.

Predestinazione e fatalità s'adattavano al dramma cat- tolico e il Werner riproduce qui la fatalità del 24 Feb- braio, personificandola in Romuald e rendendola così at- tiva e così formatrice che l'indagine psicologica diventa quasi superflua e sprecata. Romuald è più attivo per il dramma che sant'Adalberto medesimo : sant'Adalberto, essendosi formata la crisi, interveniva a risolverla, Ro- mualdo la forma e la risolve.

Questa così grande parte che Romuald ha nell'azione dipese dal fatto che il Werner cercò con questo mezzo di far rientrar con forza il suo pensiero erotico-mistico nello spirito cattolico dell'opera. Egli stesso avvertì la contraddizione esistente fra le due tendenze a cui il suo dramma era ispirato, ma invece di conciliarle le imbrogliò in tal modo anche maggiormente.

L'urto infatti fra le due tendenze è continuo. Prima <ii tutto come conciliare la sensualità erotica di Kune-

G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 26

402 Zacharias Werner

gunde con lo spirito di santa, che il Werner in lei vuole rappresentare ? Come conciliare la santificazione del- Tamor suo adultero con l'indissolubilità del matrimonio che la Chiesa predica ? Se poi togliete all'avventura amorosa di Kunegunde ogni ombra di colpa, sopprimete anche la base della tragedia. Perchè allora Kunegunde stessa nel- l'ultimo atto decide di ritirarsi in un chiostro ad espiare > Se essa si sentisse pura, perchè dovrebbe espiare ? E non è strano che quel Dio medesimo che l'ha predestinata a santa l'abbia pur predestinata all'amor di Florestano e le faccia compiere quell'adulterio spirituale ?

L'inconciliabilità si fa poi tanto piìì sentire, inquantochè le due tendenze nella costruzione dell'azione continua- mente si intersecano, e si motivano vicendevolmente. Il Werner fa innamorar Kunegunde, perchè, gittata in lei un'ombra di colpa, se ne sviluppi la situazione tragica e la soluzione finale del chiostro. Ma, essendo d'altra parte Kunegunde una santa cattolica, il Werner deve riconere a quella anormale complicazione psicologica di amor ma- terno ed amor sessuale : una santa cattolica sa il suo do- vere e custodisce stessa: come potrebbe altrimenti sor- gere in lei l'amore ? E vi sentite più urtati dal fatto, in quanto che la storia di amore appare una superfetazione non necessaria, perchè bastava l'andata misteriosa di Ku- negunde al campo di Arduino per provocar nell'animo del re quel tumulto di passioni, che conduceva al giudizio di Dio. Il dramma è farraginoso in tutti i trapassi dall'uno al- l'altro dei due elementi su cui esso è combinato, la verità poetica e l'unità intima della tragedia sono distrutte.

Quando la materia di un'opera è ancor così contraddi- toria e disorganica e informe, quando nell'anima del poeta non vi è quell'unità di coscienza in cui solo la materia

// dramma cattolico 403

I

può organizzarsi e unificarsi, il poeta non può essere com- pletamente preso dalla sua opera e non può neppur espli- carvi il suo talento e la sua personalità. Così il Werner fallì con questo dramma anche dal punto di vista tecnico. Egli ora, incerto e malsicuro, si ripose nuovamente sulle orme del Tieck. La Genovefa gli stava presente quando componeva. La figura di S. Genovefa è il pro- totipo di Kunegunde. Vi è in lei la stessa rassegna- zione, lo stesso spirito di dolcezza, di abnegazione, la stessa immersione di tutti i sentimenti in un bagno di reli- giosità cattolica, la stessa natura passiva ed elegiaca. Ge- novefa — dice Kunegunde è la sua « Bas'am Rheine », e si fa leggere dalla sua nipote tutta la storia di lei.

Als nun Genovefa in der Wiiste sass, Nackend und in Tranen sie da Wurzeln ass, Preiste Gott den Herrn doch ohne Unterlass, etc.

L* addio che Enrico le ha dato prima di recarsi in guerra ricorda assai davvicino l'addio dato a Genovefa dal suo marito e signore. Tutti e due lodano la purità angelica, la fedeltà, l'amore incondizionato e incontaminato della loro moglie : tutti e due la celebrano come un essere su- periore sceso dal cielo sulla terra a diffondere sorriso e luce e serenità. Tutti e due si trovano tornando spinti a sospettare della sua fedeltà, tutti e due sono scon- volti internamente cosicché non sanno quasi più quel che si fanno. Tutti e due riconoscono alfine la verità. E il contegno di Kunegunde ricorda quello di Genovefa : tutte e due si consolano nella loro purità, nel godimento reli- gioso, riposano nella loro elegiaca a Stimmung )). Andranno in seguito le loro vie per direzione diversa, ma il ricordo del Tieck è indiscutibile.

404 Zacharias Werner

La differenza fra il Tieck e lui è in fondo questa : che il Werner aveva davanti al suo quadro cattolico una cre- denza per molta parte assoluta. La differenza è profonda, ma dal punto di vista estetico, di effetto nullo: inquanto- chè la condizione essenziale è la credenza del poeta; se essa scaturisca da una vivacità di fantasia d* artista, o da fede nel senso vero della parola, non importa.

11 Werner ripetè quindi il Tieck anche nella forma: condotto dalla nuova tendenza alla ricerca di una forma nuova, non riuscendo a raggiungerla per la sua interna in- certezza, si volse a quella che il dramma cattolico del Tieck gli offriva già concretata e stabilita. Egli era riu- scito nella serie dei suoi tentativi di drammi a far domi- nare l'azione sopra gli (( Stimmungsbilder » . L'azione in- gigantiva e travolgeva tutti i momenti che il Werner pre- sentava. Era come un soffio veemente che trascinava e che nel 24 Febbraio si affermò con tutta pienezza. L'a- zione ora procede invece di nuovo in una serie di quadri staccati come una serie di episodi, e il quadro è riempito di materia superflua.

Vi è nell'opera anche dal punto di vista della sceneg- giatura una vera disgregazione (72).

(72) Accanto alla influenza romantica rifattasi più forte e più deci- siva è pure da rilevare un nuovo risorgere di influssi Calderoniani, che dopo il Kreutz an der Ostsee si erano affievoliti e che solo ancora nella fantastica grandiosità della concezione deìV Attila e nel tono realistico che il 24. Februar ha comune con la Devoción de la Cruz (si confronti anche qualche particolare: ad es., il segno d'ascia sul braccio di Kurt e nel C. la croce sul petto di Julia) si erano rin- novati. È un po' alle letture del Calderon fatte a Coppet in com- pagnia dello Schlegel e di Madame de Staèl che devono esser attri- buiti il carattere quasi di dramma di intreccio che la Kunegurtde è venuta assumendo e la libertà, anzi confusione tecnica, nello allacciar gli episodi, che qui lamentiamo.

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// dramma cattolico 405

I

Vi trovate innanzi non soltanto a una grande imma- turità e confusione di concezione, ma a uno spirito svo- gliato e stanco. Vedemmo quanto poche notizie si ab- biano intorno alla composizione del dramma ; ma anche questo carattere così evidente induce a credere quanto già sostenemmo: non avere stavolta il Werner scritto di un fiato come soleva, ma in tempi diversi, senza un'unità di stato d'animo e senza l'impeto d'ispirazione che gli era proprio.

La nuova profonda crisi religiosa, assorbendo tutta la sua vita interiore, affievoliva la libera attività creatrice della fantasia. Nell'opera di poesia una crisi spirituale può riflettersi, ma risolvendovisi, in quanto il poeta ne diventa conscio, ne trova la soluzione, la obiettiva in una rappre- sentazione esterna e in tal modo se ne libera. Ora invece la crisi era ancora in formazione, lontana dal momento fi- nale. Come dimenticarsi completamente nel mondo del- l'immaginazione con quell'oblìo totale di se stessi che la creazione richiede ?

Persino nel ritrane la vita patologica di Kunegunde riuscì il Werner distratto e fiacco. Preoccupato sopratutto della sua santità cattolica, egli trascurò quella analisi rea- listica della sua malattia, che in altre opere aveva già dato di altre creature. II processo sentimentale, che esponemmo, è segnato infatti saltuariamente in modo diseguale. Che, ad esempio, sia un'allucinazione momen- tanea quella che ha Kunegunde di Florestano è mostrato dal fatto, che essa, acquistata coscienza di sé, considera il fatto come un'illusione; ma il modo come ciò avviene non mostra chiaro questo carattere. Proprio quando annun- ciano ad Arduino la morte di suo figlio, ha Kunegunde la sua visione essa si immagina di acquistare un figlio e lo

406 Zacharias Werner

vede com'è. Il modo come ciò è rappresentato ha più del miracolo che dell'allucinazione.

Momenti felici vi sono ancora: il primo incontro fra Kunegunde e Arduino, lo scoraggiamento di Arduino, la disperazione dell'imperatore, la decisione del Giudizio di Dio, che strappava le lagrime alla principessa di Rudol-, stadt-Schw^arzburg, la desolazione rassegnata di Kune- gunde dopo che il sospetto del re è caduto su di lei. In generale, però, avete anche nei motivi singoli continue ri- petizioni di temi drammatici già incontrati in drammi an- teriori (73).

E come le ripetizioni son lontane dal modello ! Il Werner imita e non raggiunge se stesso. Che differenza, ad es., fra il finale della Wanda e quello della Kunegunde !

(73) Il Werner si ripete nella figura del Markgraf Heinrich von Nordgau, falso e traditore, che assume le parti dell'imperatore nel giudizio di Dio ; si ripete nella scena centrale in cui lo Herzog mette a posto l'imperatore che vuol mettere in carcere Irner e vuole scendere egli stesso in campo per difendere l'onore di Kunegunde, così come il Churfiirst metteva a posto Carlo V che voleva da solo risolvere la quistlone di Lutero l'uno e l'altro personificazioni del diritto e della giustizia ; si ripete nella costruzione della scena in cui si decide il giudizio di Dio con una enumerazione di tutte le forme in cui il caso si può risolvere ; si ripete nella figura di Luitgardis data a compagna di Kunegunde come Melitta di Wanda o come Therese di Kaiharina von Bora ; si ripete nello sfruttamento della cerimonia funebre già usata nel Lutero; si ripete nella calma dello svolgimento finale nell'ultimo atto, ove Kunegunde è così ferma nella sua tristezza e nella sua riso- luzione come Wanda nel suo proposito di morte, e dove la costruzione delle scene s'ispira alla medesima calma. Tra i modi di ottener questa calma, ripete il Werner quello di far raccontare ed annunziare anziché presentar direttamente un'azione. Fa che Kunegunde mandi all'impera- tore una lettera annunciantegli i suoi propositi, invece che rappresentare quella sua prostrazione spirituale che naturalmente succede all'esalta- zione erotica che è su di lei passata ; si ripete facendo che Enrico imperatore accetti rassegnato il suo destino come Molay accettava il suo.

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I

Alles ist gescheh'n!

Jetzt kann ich zur Ruhe geh'n.

Come è lontana la forza drammatica della scena cen- trale da quella raggiunta nel Lutero quando il corteo sfi- lava dinnanzi al riformatore ! Com'è lontana la forza dram- matica della cerimonia funebre, precedente al giudizio di Dio, veduta attraverso le parole di Brigitta, dalla ceri- monia funebre della morta Therese !

Lo (( altdeutscher » colorito, vantato nella lettera al Goethe, si riduce alla declamazione finale di Kunegunde che, per lusingare in nome del poeta l'orgoglio di tutti i protettori passati, presenti e futuri, annuncia le glorie di casa Hohenstaufen, di casa Habsburg e della schiatta di Zollern e di Hessen; le glorie di Maria Teresa, di Pio VII, di Luisa regina di Prussia:

Volk! deutsches Volk ! sei treu! Habsburg und Zollern wacht!

si riduce alla declamazione fatta da Kunegunde sopra la bellezza della Sassonia (( Paradieseshallen » o al motto del lascia-passare :

Trotz dem Teufel die deutsche Frau.

Anche il colorito italico manca o è ridotto a ben poca cosa (74): che differenza vi è fra il caunpo di Arduino e

(74) Un particolare chiarimento esige l'influenza dell'Italia sul Werner. Il Werner nel primo periodo razionalistico fu ostile all'Italia, che considerava sede dell'oscurantismo e dell'ignoranza, così da venirne tratto a condannare senza averlo letto anche il Tasso e a ripudiar Vir- gilio ; in seguito egli passò, per l'influenza deWArdinghello dello Heinse, alla concezione dell'Italia come della patria del godimento sen- suale e della voluttà e cade in questo secondo periodo la traduzione in

408 Zacharias Werner

il campo dell'imperatore ? O vuol dire Italia forse ribel- lione e debolezza ? La eco, che i paesaggi del (( viel ge- lobtes Land )) trovano nella tragedia, è tutta in pochi versi di Kunegunde.

Geht, Kinder, auf Auen und Bergeshoh'n,

Wenn ihr wollt den Herrn in der Gloria seh'n.

tedesco della Biondolina in Gondoleta. Questa sua concezione fu ix>* favorita anche dalla lettura del Viaggio in Italia dell'amico Woida, che egli conobbe a Varsavia. Cfr. Briefe iìber Italien, Warschau, 1802. Cfr. ad es. il voi. Ili, p. 408 e segg. : « Hinter dem lockenden Aussern tobt im heissen Busen der Wollust verzehrend Feuer ; der Ausdruck der Unschuld ist leere Maske, die gròssten Reize des Weiber, Tugend und Sittsamkeit fehlen ganz etc. », ed è naturale che perciò egli non potesse condividere la nostalgia d'Italia dei romantici : nella Weihe der Kraft l'Italia è ancora presentata come la sede della antireligione e della cor- ruzione. Solo la lettura della Corinne di Madame de Staèl gli fece cam- biar opinione, offrendogli nell'Italia un paese dove gli uomini son dotati di vivace sentimento e di vivace fantasia, dove gli uomini sono facili all'entusiasmo e la religione è ad un tempo fede e arte. L'avversione divenne allora amore, anzi un vero e proprio culto, e quando, dopa di aver manifestato il suo atteggiamento nella nuova tragedia Attila, egli venne in Italia nel 1808, egli vi scese come verso la sua vera patria (Cfr. Eintriii in Italien, « Ausg. Schr. », I, 168), e ne nacque il progetto di fare una esaltazione dell'Italia nella Kunegunde, progetto che vedemmo fallire per il prevalere di altri interessi maggiori nel suo spirito.

Col suo progressivo avvicinamento alla conversione l'Italia si trasformò poi a poco a poco in una patria del Cattolicismo, e, quindi, della vera religione. A lungo la sua nuova concezione unilaterale lottò contro l'influenza delle impressioni del soggiorno fra noi dal 1810 al 1813 e contro la duratura influenza del ricordo della Corinne, ma essa si affermò sempre più risolutamente, come si può vedere anche dalle stanze Italien, scritte da lui nell'ottobre del 1810 a Roma (Ausg. Schr., II, p. 1). D'accordo con questa evoluzione è pure il suo atteggiamento verso la nostra letteratura, di cui sopratutto la Divina Commedia e la Gerusalemme liberata vennero da lui celebrate.

Cfr. su questo argomento un mio articolo in corso di stampa : Italien in Zacharias Werners Leben und Dichten.

// dramma cattolico 409

I

Vor allem zu diesem welschen Land Hat er sich gnadigllch gewandt.

In alien Landen stròmt Gottes Liebeswallen, Doch nie, von alien, die ich sah, Als hier in der hehren Italia, Und sia zumai zu schauen im Maien In der Fliisse Crystall sich konterfeien, Wenn die weissen Schlòsser im hoffenden Griin Wie Engel in Traumen voriiberzieh'n. Die, nimmer befriedigt, den Busen uns fiillt. Die liebende Sehnsucht, hier wird sie gestillt.

Anche il linguaggio ha perso la sua forza espressiva. Abbiam veduto derivare alla poesia drammatica del Wer- ner, malgrado le deficienze che presenta, una innegabile forza che le critiche all'organismo generale e alla psico- logia dei personaggi non riescono a distruggere, dal fatto che il Werner creava i suoi fantasmi così precisi e concreti che egli riusciva a veder bene nell'anima loro e ad espri- mere con chiarezza e forza i sentimenti che nelle anime loro passavano. Colorito e ricco è il linguaggio ancora, ma diventa impreciso e decorativo (75). Riferito a The-

(75) Il cattolicesimo della Kunegunde è pur dimostrato dal linguaggio. Come il Werner si era foggiato un linguaggio simbolico apocalittico al tempo delle sue esaltazioni massoniche, come poi aveva mutato il repertorio di frasi e di immagini nel periodo dell'utopia erotico - mistica, così ora egli si forma una maniera nuova attingendo espressioni alla vita religiosa cattolica. In quelle traccie di influenze bibliche, che il DegENHART (op. cit.) elencò senza distribuirle secondo la evoluzione poetica del Werner, si nota in questo tempo un prevalere di influssi del Nuovo Testamento. Ad esse sono da aggiungersi gli influssi del linguaggio della liturgia e le immagini tolte alla vita religiosa cattolica.

410 Zacharias Werner

rese e a Theobald, certo linguaggio etereo caro ai ro- mantici, fatto per esprimere sentimenti ultraterreni, si ac- cordava con il carattere dei personaggi, e faceva pas- sare davanti agli occhi dei lettori dei fantasmi vaghi ed evanescenti, ma esigenti un tale linguaggio. Il Werner riferisce ora quel linguaggio a Kunegunde e agli altri per- sonaggi terreni e proprio in certi momenti di crisi, mostrando che il poeta non è riuscito a vedere affatto nel- l'anima loro e divaga in una cucitura e in un ricamo di frasi vacue. Il difetto rasenta talora il ridicolo.

O Sonnenocean Dreieinigkeit !

Halt' ein! Zu gross ist deine Herrlichkeit !

Il difetto non consiste solo in questo ricorrere a vaghe divagazioni mistiche, che mal suppliscono il reale pro- blema psicologico, ma in un generale dar di cozzo nel declamatorio e in una fredda cerebrale combinazione di frasi. Il soliloquio del Kaiser che al quinto atto si lamenta della sua mala sorte è un contrasto fra la primavera e la tetraggine della sua anima.

Doch in meines Herzens Grunde war es schon am Morgen Nacht Deine Wetter sind verzogen, doch in mir, da blitzt die Qual.

Per ben sei volte nella Kunegunde torna a ogni proposito l'immagine dell'Ostia e nel sonetto scritto in Genova, che fece incollerire il Goethe, è paragonata all'Ostia nientemeno che la Luna! Quando egli scende in Italia, allora nelle sue visioni italiche ogni forma di vita diventa la celebrazione di un mistero religioso : l'Italia è un tempio : le Alpi ne sono le colonne, il cielo ne è la cupola, Roma è il tabernacolo che racchiude il Santissimo, il mare che ne lambe le spiaggie celebra l'eterna cerimonia religiosa a onore dell'Onnipossente. Il più caratteristico è forse per questo rispetto il sonetto FrUhlings- nachtmal, dove il vulcano diventa un prete che dice la messa.

// dramma cattolico 4 1 1

Più decorativo ancora è il finale del quarto atto. Kune- gunde dice le già ricordate parole (( Mein geliebter war es. Ja. Jetzt ist's Ehebruch » , e l'imperatore si copre il viso con le mani, pieno di disperazione : ((Nacht ! », L'incontro di Arduino e dell'imperatore è nello stesso stile. Si presenta Arduino: a Memento mori», e l'impe- ratore : (( Was forderst du ? die Krone 7 Nimm sie zuriick ». Anche la lingua, nel senso stretto della parola, soffre della fiacchezza generale. È spesso involuta e contorta, manca dell'eloquenza fluente che negli altri drammi aveva. Il barocchismo stilistico ricorda il Calderon, ma è nel Werner frutto della mancata ispirazione.

II.

La Kunegunde però mostra il formarsi dell'ultimo tipo di dramma: il dramma cattolico che il Werner comporrà sette anni dopo nella Mutter der Makkahder.

La Mutter der Makkahàer è nata dopo la sua conver- sione e la sua consacrazione a prete, dopo che la crisi e il fermento interiore da cui la crisi era stata accompagnata, si erano composti. Già si era volto alla predicazione. Già aveva compiuto la rinuncia completa alla ragione per accettare le verità evangeliche.

La utopia erotico-mistica è non solo passata definitiva- mente, ma condannata. Il Werner sceglie un argomento in cui l'amore compar solo come episodio e come una debo- lezza, che non sospinge verso il cielo ma lega alla terra, sebbene anche sia suscettibile di purificazione e di eleva- zione. L'argomento è tolto dal secondo libro dei Maccabei, integrato dai commenti di Sant'Antonio, di S. Geroleuno e

412 Zacharias Werner

San Gregorio Nazanzieno (76). È il sacrifìcio di sette figli che una madre fa alla causa di Dio (77).

È la rappresentazione diretta non solo della santità, ma del martirio (78). Chiamammo martiri anche i perso- naggi degli altri drammi ; ma vi è una differenza profonda fra quei drammi e la nuova tragedia, per questo ri- guardo. In quei dranuni la morte era un premio in con- formità delle teorie mistiche su di cui i drammi riposa- vano, nel nuovo invece la morte è ancora un premio, ma è la conseguenza della fede che i martiri professano e che sostengono contro ogni minaccia. Nei primi la morte era cercata, nei nuovi essa è subita a gloria di Dio e della sua Chiesa. Questi ultimi sono i martiri cattolici nel vero e proprio senso della parola.

Il testo sacro raccontava di questa madre che la Chiesa ha fatto santa con i suoi figli e celebra il Agosto col nome dei Maccabei, ma non ne indicava ulteriormente la famiglia e la stirpe. Il Werner, ricorrendo a un espediente che il nome suggeriva, fece della madre, che chiamò Salomè, la sorella di Giuda Maccabeo, il famoso con- duttore dell'esercito ebreo contro i Romani e i Siriaci, contro Demetrio e Antioco, il grande conduttore, la cui

(76) Il Werner medesimo addita le sue fonti. Ausg. Schr., X, p. VII-VIII. Ad esse si deve aggiungere la Geschichte Jesu Christi dello StoLBERG, cit., voi. V, p. 142 e segg.

(77) Per la Mutter der Makk^h'àer, composta nel 1816, è importante la prefazione che vi premise il Werner stesso pubblicandola nel 1820. Amg. Schr., X, p. VII.

(78) Sulla Mutter der Makkabàer, v. oltre il MlNOR, op. cit., p. 104 e il DUNTZER, op. cit., p. 193, anche W. SCHMIDT - ObERLÒSSNITZ, Ludwigs a Mutter der Makkobaer » nebst einem A usblick auf Zacharias Werners Drama, Diss. Leipzig, 1907.

il dramma cattolico

413

figura appariva gigante agli occhi del poeta dal testo sacro e dalla Kirchengeschichte dello Stolberg. Si ele- vava così il tono della tragedia, sollevandosi a una rap- presentazione della tragica fine di una famiglia regale.

In questo primo aperto carattere ci si presenta quella diversità di materia che dicemmo nella introduzione del capitolo distinguere la nuova tragedia werneriana e vedemmo già affacciarsi nella Kunegunde. Il Werner ne era conscio. Nella introduzione alla tragedia egli, ri- spondendo agli attacchi degli antichi amici che non gli potevan perdonare il passo da lui compiuto, scriveva: (( Eben weil ich die Qual langen lebenslàngligen ehrli- chen, jedoch vergebenen Suchens aus eigener schmerz- haften Erfahrung kenne, so bin ich von allem Parteihasse gegen edle Sucher, wess Glaubens und Volks sie auch seyn mògen, aufs w^eiteste entfernt. Ich nehme vielmehr, selbst mit Riicksicht auf meine priesterliche Wurde, gar keinen Anstand, laut zu bekennen dass mir edle, rastlose Sucher des Wahren, die noch nicht dorthin gelangt sind, wo das Gefundene (nicht Erfundene, noch zu Erfindende) alles fernere Suchen zu Torheit, alles Finden zum Lohne der Entsagung macht, zwai, insoferne sie das ew^ig nur zu Findende noch erst erfinden wrollen, je edler sie sind, um so bedauerungswùrdiger, aber auch, insofern sie aus ganzer Seele und mit reinem Herzen suchen, nicht nur unendlich schàtzbarer, sondern sogar dem Ziele nàher erscheinen, als die vielen der gegenwàrtigen Zeit, die das unverdiente und nie zu verdienende Glùck, im Kreise des ew^ig und einzig Wahren, im katholischen Glauben, nàmlich, geboren zu seyn, gedankenlos verkennend, dieses gòtdiche Kleinod bald gemiidos verbilden, bald gefiihllos vergeuden ! . . . Meine ewig treuen Freunde werden es

414 Zacharias Werner

mir mithin wohl auf mein ihnen bekanntes, christliches Wort glauben, dass ich weit entfernt einem von mir entwor- fenen Zeitungszerrbilde, selbst da, wo es geschmeichelt seyn mòchte, zu ahnen, vielmehr immer noch (und vom stets tief dunkeln Grunde meines Innersten abgesehen) derselbe harmlose Mensch bin, als welchen mich jeder kennt, der mich kennt, und dass ich niemals aufhòren werde, nach dem Willen und der Tatkraft (welche, zum Guten vereint, man, mit Riicksicht auf ihrem Ursprung, im christlichen Sinne Gnade nennt) Vernunft und Verstand als die hòch- sten Gaben des Menschen zu schàtzen » (79). Le parole contro lo « Zeitungszerrbild » mostrano l'origine della di- chiarazione ; le parole (( nicht Erfundene noch zu Erfìn- dende )) ne contengono il vero spirito.

Anche un altro carattere che già trovammo, sebbene ancora incerto, e che dicemmo fondamentale alla nuova tragedia, ci compare ora innanzi definitivo e risoluto, come conseguenza del mutato pensiero (80).

La Mutter der Makk^bàer non avendo più nulla del « Bildungsdrama » , presentando puramente un quadro di vita cattolica, non può neppur più offrire alcun progres- sivo ascendere alla conquista di una verità; sparisce lo sfondo di pensiero su cui l'azione si svolgeva assorben- dolo in se.

La conseguenza nella struttura del dramma è molteplice. Prima di tutto, mancando ai personaggi quel travaglio in- teriore che era proprio di Molay, di Robert, di Warmio, di Lutero, di Wanda e di Attila, quel travaglio in cui il

(79) Aasg. Schr., X, p. XVI.

(80) Ibid., X. p. XX.

// dramma cattolico 415

Werner riversava il suo proprio, viene ricostituita nei per- sonaggi quella franta unità di coscienza che solo nella morte solevasi di nuovo raggiungere. Salomè, i suoi figli, Judas Makkabàus sono uomini non più reclini su di se, attenti a modificarsi secondo un astratto ideale che loro sorride, ma uomini di convinzioni decise, sicure, seguenti quelle convinzioni che sono pienamente d'accordo con la interiore voce della loro coscienza. In secondo luogo diventa superflua la figura del (( Mittler » che passava per tutti i drammi werneriani e ancora nella Kunegunde aveva una parte così importante. Salomè rappresenta la voce di Dio, la voce della verità ed influisce sui figli che, ancor giovani, paiono talora tentennare; ma quel tenten- namento è solo apparente, e la discendenza della madre, di cui harmo ereditata la natura, non si negherebbe in essi anche senza il suo influsso : il suo influsso non è dettato quindi, come era il caso nelle opere precedenti, come era il caso in Romualdo, da una specie di intervento di Dio che imponga il da farsi, ma invece dall'affetto materno che non vuole vedere i suoi giovani rampolli inclinare per una via che essa condanna. Non v'è fra di lei e il « Mittler )) nessuna analogia.

Sparendo questi elementi essenziali del dramma, anche il realismo, a cui vedemmo il Werner poeta tendere, si afferma ora, in conformità del mutamento, in una nuova forma. Nella Kunegunde il Werner aveva secondo questa tendenza eliminato i miracoli, riducendo ad allucinazione le fantasie della imperatrice e concentrando tutto il soprannaturale sulla persona di Romualdo, non par- tecipante direttamente all'azione, ma rimasto fuori, specie di primo motore invisibile in cui hanno origine le vi- cende che si vengono svolgendo. In ogni modo era sempre

416 Zacharias Werner

un realismo in cui il Werner cercava di fondere i suoi simboli. Ora il Werner elimina i simboli. Le sue persone sono persone di questo mondo, pure e semplici persone, in cui nessuna idea è personificata, come nessuna idea astratta costituisce più il nodo dell'azione. È un'azione umana quindi.

Il Werner giungerebbe per questa via al dramma rea- listico vero e proprio. Ma il mondo che egli rappre- senta è ora il mondo cattolico. E nel mondo del cre- dente i miracoli avvengono. Non occorrono più giusti- ficazioni psicologiche o giustificazioni simboliche ; non occorrono più (( Mittler » : i miracoli sono realtà che non ha bisogno di spiegazione. Esistono così come esistono gli uomini. Son cancellati i confini fra naturale e sopranna- turale. Il mondo della madre dei Maccabei è un mondo sacro. Presenta tutti i caratteri del mondo della leggenda e dell'epopea, e il poeta crede ai fantasmi perchè l'uomo medesimo crede in essi.

E gli entusiasmi religiosi del Werner lo fanno com- piacere in un largo e grande uso di tali scene. È come se egli sentisse di potersi una buona volta sbizzarrire. E non vi pone freno. Fin dal primo atto compare Io spirito del profeta Eleazar, il padre di Cidli, morto martire per confessare la propria fede ; compare in mezzo alla famiglia raccolta, indicando col tocco di un ramo di palma che, tranne Cidli, tutta quella famiglia andrà a morte. Ne è egli come già avvertimmo un « Mittler » , inquantochè egli non esercita propriamente influsso alcuno sopra i personaggi per mezzo della sua apparizione. Dio e gli uomini sono egualmente personaggi della tragedia e Eleazar è solo lo spirito già redento che consacra alla morte le vittime. Quando Heliodor nel

// dramma cattolico 417

tempio in Gerusalemme intendeva prender con e portare ad Antioco il tesoro, un cavaliere risplendente (( blitzte ihn nieder » : le zampe del cavallo lo calpestarono e due angeli lo frustarono fino a fargli perdere i sensi. Nella notte in cui Tatto primo incomincia, si vede passMe sopra la casa dei Maccabei una processione funebre accom- pagnante nell'aria una bianca bara, con una salma regale, incoronata. Un vecchio il morto Eleazar guidava la processione. Si fermarono sopra la casa e cantarono un canto funebre (( ein dumpfes Grablied raunten )) , di cui solo due parole (( Geduld und Tod » erano intelligi- bili. Come poi essi scomparvero, restò sopra la casa una grande stella sormontata da una croce : la stella si spezzò in sette stelle minori e queste scomparvero insieme con la croce nell'azzurro e dalla croce emanò una voce : (( Antio- chus Epiphanes, du bist gewogen und zu leicht befun- den ! )) Trionfa il soprannaturale nell'atto quinto. Gli occhi di Salomè hanno bagliori e splendori strani che afferrano tutti coloro su cui lo sguardo si posa. L'Oberpriester esclama : « Lass'ab ! Es spriihet dem Auge wie Phòbus* Pfeil so heiss » ! Dietro comando di Antioco, il rinnegato Jason colloca contro la (( Zauberlade » lo scudo sacerdotale che aveva mantenuto, unica insegna della sua deposta qua- lità di sacerdote : un lampo che guizza dalla (( Bundes- lade )) lo fulmina. Tutte le volte che Antioco protesta la sua potenza e chiede chi gli si può opporre, una voce terribile gli risponde : « Gott ! » « Wer macht zu Spott mich ? )) (( Gott ! » E dopo : « Wer kann hier Herr sein ? » (( Gott ! » etc. Antioco è colto da mali di ventre spaven- tosi; è come se tutte le fiamme dell'Inferno gli passassero attraverso il ventre.

G. GabETTI, // dramma di Z. Werner. 27

418 Zacharias Werner

Furiengluten, Rasende feurige zuckende Fluten, Wie ein zum Orkus Verdammter sie fiihlt, Brecnea mìch, zwicken mlch : Ixlons Geier

Nagt mir die Leber.

E {( Gott » cantano invisibili voci soavi mentre egli cade al suolo. Finalmente, dopo che Judas Makkabàus giunge, avendo congiunto le sue forze con quelle di Nicànore e di Lysias insofferenti del giogo del tiranno, lo spirito di Salomè si libra sopra le fiamme ed esclama : « Loschet die Flammen ! )) Le fiamme si spengono. Esclama : (( Stiirze, Bild des Gòtzen ! » e la statua di Giove piomba al suolo in cento pezzi. Ed essa scompare nel cielo dopo d'aver detto a Giuda di sposare Cidli, la fidanzata di Be- noni, a Nicànore e a Lisia di non usurpare il trono ma di lasciarlo al figlio di Antioco. Ma, come Judas ordina di portare al Tabernacolo i resti dei suppliziati, si spalanca il cielo, e sopra una nube compare ancora una volta lo spirito di Salomè , e tiene nella mano una grande croce ; un man- tello purpureo seminato di stelle la avvolge e copre anche i suoi sette figli, che in abiti bianchi risplendenti, ricamati di stole purpuree sono inginocchiati sotto di lei. Otto angeli stanno sopra il loro capo. Ed essi cantano una canzone celeste :

Ein reines Opfer will sicK Gott bereiten,

Durch das wird Er, im reinen Liebesklange

Den Heiden Seinen grossen Namen kiinden (81).

(81) È questo anche il vero atteggiamento calderoniano di fronte al soprannaturale, che il Werner però secondo le sue tendenze esagera. L'influenza calderoniana, rinnovata già nella Kunegunde, continua anche ora, sia per la eco che il dramma del poeta spagnuolo su Giuda Mac-

// dramma cattolico 419

Questa nuova struttura del dramma, in cui il sopranna- turale, per una parte funge come da specchio in cui tras- paiono le vicende umane, e per l'altra parte interviene direttamente, in cui il soprannaturale e il naturale si inte- grano vicendevolmente, trascinò con se un riimovamento che si rivela anche sotto altri aspetti.

Abbiam veduto che il conflitto dell'idea mistica con la realtà e la fusione dell'idea mistica nella vita condusse il Werner a quella a Todessinnlichkeit » , a quel patolo- gico che così riempiva la Wanda, V Attila e il 24. Fé- bruar. Ora, sparendo il conflitto, questa qualità sparisce. La m.orte trionfa in questo dramma, come in nessuno aveva trionfato ancora: tutto quanto il quinto atto non è che un seguito di tormenti materiali e morali che in otto morti si conchiudono. Eppure quel carattere tende a sparire. Dice lo spirito di Salomè alla fine :

Und Millionen Martyrer, erkoren Zu waschen sich im Blut des Opferflammes, Mit uns, den Heiligen, Bliiten eines Stammes, Bliìhn noch am Thron und werden einst geboren.

Qui la morte non è più voluttà, ma sacrifizio; non è più il (( non plus ultra der Wollust » , ma un (( Opfer » . E come a un sacrifizio vanno incontro alla morte i sette

cabeo ebbe sopra di lui e che fu anzi uno degli spunti che forse gli suggerirono la fusione in una unica storia delle vicende della madre martire e del duce condottiero, sia anche e sopratutto per la affinità nella compiacenza di ritrarre scene di martirio e di rassegnazione. In questa madre, che tutto sopporta per la sua fede, con forza serena, è ben passato qualcosa di quello spirito di abbandono che in molti personaggi calderoniani si afferma e che nel Principe Constante ebbe la rappresentazione poetica più efficace.

420 Zacharias Werner

Maccabei, un sacrifìcio che essi compiono volentieri perchè credono esser tale il loro dovere, perchè sanno che vanno in grembo alla felicità; ma un sacrifìcio. Il cuor della madre si spezza pel dolore, sebbene sappia che ella li seguirà. E non predica ebbrezza, ma rammenta il canto di Giobbe :

Ich weiss dass mein Erloser lebt.

I morituri non si stemprano in esclamazioni di voluttà estenuante per la sua forza e per la sua intensità. Cantano la gloria di Dio e la speranza propria :

Ich weiss dass mein Erloser lebt.

Cantano a Er wird seiner Knechte sich erbarmen. Gott lebt in Ewigkeit». Non godono il tormento, Io vincono. Lo vince il giovane Judas che saluta la madre con animo sereno: « Meinst du dass das mich schreckt ? Leb*, Mut- ter, wohi ! Auf baldiges Wiedersehen ! ». Ma è tormento, e la madre trema che uno di essi non ceda. Achas dice ad Antioco : (( Tòde mich ! Ich schiede so gern ! », ma lo dice per irritar con lo scherzo il tiranno; e il tono scherzoso è accresciuto da Salomè : (( Stirb hiibsch verniinftig ! )) Arath aggiunge che Dio punirà il tiranno e il piccolo Jacob lo piglia in giro. E Salomè e Arath e Jacob non sono pieni che del pensiero di Dio morendo : (( Wer ist wie Gott ? » .

Passa per Tatto, con la condanna separata di ciascuno dei fanciulli e la morte lenta, perchè successiva di tutta la famiglia, ancora un brivido sensuale: ma è un bri- vido che il poeta non riporta sui suoi personaggi che lascia puri, un brivido che prova egli perchè il lupo perde il pelo, ma non il vizio, e i suoi sensi si sollevano sempre tempestosi sotto la tonaca che ora veste, un brivido che

// dramma cattolico 421

sempre gli corre per le ossa e gli accende la fantasia quando il suo sguardo scende su ciò che è voluttà od è patologia, un brivido che si manifesta in questo lungo soffermarsi sopra la rappresentazione del martirio, e in alcuni parti- colari, come in quel quadro finale in cui, spente le fiamme del rogo per ordine di Salomè, si vedono ancora i poveri resti mortali dei martiri caduti. Però anche in lui lo stato che prevale di fronte alla contemplazione della morte è quello che mostra nei suoi personaggi: l'accettazione ras- segnata. Uno sguardo alle prediche basta a convincere. Più ancora che nel quinto atto potrebbe passaure un bri- vido sensuale nell'atto primo e nell'atto qucirto, dove a Salomè balena il futuro martirio senza che la sgomenti, mettendole anzi un senso di gioia. Ma la « Todeswollust )) anche non ha parte, perchè è piuttosto orgoglio e gioia religiosa; e quel poco che vi è, non è intonato con il resto del dramma.

E fin dal primo atto si rivela anche un altro mutamento avvenuto nel Werner. Il Werner riverbera nel suo dramma la sua rinuncia alla vita terrena per vivere di estasi asce- tiche. Non vi è più il maturare degli uomini alla re- denzione religiosa attraverso la vita. Bisogna rinunzicure ad essa come il Werner ha fatto. Tutto ciò che è terreno è di impaccio allo spirito. L'amor di Dio sta sopra l'amor terreno: e questo deve soggiacergli. Salomè non teme di turbar le estasi amorose di Benoni e di Cidli nel giorno delle loro nozze. I Maccabei non vivono che per il Si- gnore, non devono vivere che per il Signore. In ciò è la loro grandezza e la loro forza. In quel giorno stesso deve Cidli strapparsi alla sua gioia, moderare i suoi fremiti, dimostrare che l'amore non può occuparla e pervaderla e signoreggiarla a danno di un sentimento più alto. Cidli

422 Zacharias Werner

deve in quel giorno cantare il suo più grande dolore : la morte di Eleazar suo padre per la fede. La vita ha delle oasi, in cui talora ci si può riposare, e l'amore è una di esse. Ma ciò avviene solo perchè si acceda poi freschi alla lotta e al sacrificio allorché la nuova occasione si presenta (82).

Salomè che è l'ideale è così la rinuncia completa alla terra. Non vede che le vie del Signore e di nulla si cura. Minaccia Antioco lo sterminio della sua gente, la distruzione del suo popolo ? II suo cuore ne geme, ma essa prega : (( Chi è come Dio } Chi conosce le sue vie ? ». Non per questo essa si adatterà ad approvare o ad accet- tare un tradimento: non per questo tacerà la verità. Rive- lerà ad Antioco il tradimento che si sta complottando contro di lui e che potrebbe salvare lei e la sua famiglia. Vuol dire la morte questo ? Vuol dire lo sfacelo della sua stirpe ? E che importa ? Non son gli uomini che dirigon le vicende umane. È Dio. Chi dovrà osare di op- porsi a Dio } (( Wer ist wie Gott ? » . Nulla la lega quaggiù. Ha un tesoro, che nei frangenti critici in cui essa e la sua famiglia si trovano, sarebbe preziosissimo. Essa

(82) Il Werner non esalta ora più se non l'amor materno. Il motivo che vedemmo impadronirsi così fortemente della sua anima e della sua fantasia al tempo della composizione della Kunegunde è rimasto pa- drone di lui, consecrandosi in un continuo appassionato ricordo di sua madre. Cfr. RegiomontaNUS, G eistesfunkerì aufgefangen im Vmgang mit Zacharias Werner, cit., p. 167: « Das Hòchste aller irdischen Liebe ist Mutterliebe ; Mutterliebe geht iiber alles. Jede andere irdische Liebe, selbst die edelste, reinste, ist wenig oder gar nichts gegen die kostliche henliche, hohe und herrliche Mutterliebe». Cfr. anche le frequenti invocazioni alla Vergine, madre del Salvatore e madre di tutti gli uomini, nelle sue prediche: Ausg. Schr., XI-XIII, passim.

// dramma cattolico 423

ordina di spartirlo fra il popolo che soffre la fame. La sua famiglia propria va incontro alla fame e alle sofferenze ? Dio provvedere. I suoi figli son degni della corona del meirtirio perchè son come lei. Essi approvan pienamente il suo operato. Essi la seguono dappertutto. Essi giungeranno all'apoteosi celeste. Tre persone nel suo ambiente non han compiuta la rinuncia : Jonathas, legato interamente alla tena, Cidli legata all'amore, Judas legato all'amor del suo popolo e al suo orgoglio di (( Feldhen » . Essi coneranno il travaglio, senza accedere al fine supremo. Jonathas è curestato quando ritorna indietro alla casa dei Maccabei per riprendersi il suo Biindel. Cidli giunge dopo acerbe lotte interne a lasciar che il suo sposo Benoni vada incontro alla morte e alla palma della vittoria. Judas Makkabaus non giunge in tempo a salvare la sorella e i nipoti. Resterà in vita con la missione grave e pesante di reggere e di- fendere il popolo di Israele.

La nuova struttura e la nuova indole del dramma, per quanto si affermassero così come conseguenza necessaria dello svolgimento interiore del Werner, non rispondevano però a quella che vedemmo essere la dote predominante della sua fantasia.

Spostato tutto l'interesse sul problema religioso, il con- flitto fra religione e vita, che pur costituisce il pernio del dramma, non vien più approfondito. La vita nei suoi aspetti sensuali, malati, nelle sue crisi di aspirazioni inappagate essendo esclusa, la fantasia del Werner ben s'accenderà ancora nei momenti più drammatici e darà ancor bagliori e lampi improvvisi, ma tosto si riaddormenterà. Troppe scene restarono aride e vuote. L'individuazione dei figli di Salomè non è più curata : ciò che al Werner importava non era più se non la loro fede e la loro forza di sacrifizio. Sa-

424 Zacharias Werner

lomè è un essere etereo : una sibilla quasi fuor dell'umano. Antiochus è un fantoccio messo sul trono e ciò che dice è o quel tanto che è necessario perchè s'intenda il proceder degli avvenimenti, o un cianciar vano in cui l'essenza del suo carattere non si riveja. Jason, il prete rinnegato, Va O- berpriester » pagano, Nicanor, Lysias non son segnati con chiarezza e precisione: ruote meccaniche anch'esse dell'a- zione generale. E Judas stesso, l'eroe, racconta, racconta, ma nell'ora dell'azione non è messo sufi&cientemente in rilievo.

E, mancato l'interesse, mancata la creazione dei perso- naggi, manca la forza di evocazione a cui pur il Werner già un tempo ci aveva abituati. Una freddezza arida in- combe sulle scene e sulla loro successione. Non siete più attirati dal quadro vivente nel mondo fantastico che il poeta presenta. Assistete freddi allo svolgersi delle varie vicende e sentite sempre la mano del poeta che le spinge e le spinge verso la soluzione finale.

Manca la concatenazione motivata, manca l'organismo serrato che congiungendo le scene e gli atti vi tenga sospesi e vi agiti, facendovi sentire, nella situazione vibrante che vi vien presentata, l'urgere della situazione nuova che se ne sprigionerà. Inaridite le fonti della vita, il soprannaturale stesso che si mescola alla storia terrena, diventa coreo- grafico. Passa ben talor nel verso l'eco della emozione credente del poeta, ma come Dante stesso si fa esteriore nella evocazione del Paradiso fatta da Benoni !

Sterne, Was slnd sie gegen jene Wonnenferne Den Strahlenozean I O wàr' ich schon Wo alle Sterne knien am Sonnentron!

// dramma cattolico 425

L'apoteosi finale ha qualcosa, peggio che di opera, di operetta.

La ferma e recisa tendenza del dramma ottiene però che la rappresentazione del mcirtirio sia fatta con efficacia e con forza. Tutto il dramma è costruito per quella rappresen- tazione in cui esso si risolve. Ve lo indica la stessa lun- ghezza del quint'atto. Occupa da solo 50 pagine su 168: un terzo dell'insieme. Il resto è dato dalla preparazione.

È preparazione il primo atto, in cui il riverbero dell'atto finale è pur tale che quasi lo pensereste scritto sotto l'in- cubo di quella visione che immane sulla fantasia del poeta.

È il giorno di nozze di Cidli e Benoni. Salomè pensa che

Erst muss die Brust zum Grasslichen sicb stahlen. Eh' Lieb* und Sieg auf ewig sich vermàhlen!

E Salomè leva il bicchiere al ricordo del morto Eleazar. Ne fa rievocar le imprese compiute, la morte gloriosa per il Dio d'Israele, ne fa cantar da Cidli medesima la lode. Compare intanto il fantasma di lui e consacra le vittime alla morte, con un ramo di palma. Giunge Jonathas andato a di- stribuir il tesoro : racconta la visione del (( Leichenzug » , fa sapere ai figli di Salomè l'azione che egli per ordine di lei ha compiuto. Giunge alla fine anche Judas, invitando tutti a subito fuggire perchè l'ora urge e il nemico è vi- cino. Voi osservate l'accorgimento di troncar così l'atto per tener desta l'attenzione dello spettatore ; ma riconoscete l'artifizio dal suo comparire solo nelle ultime parole del- l'atto. Il quale atto è bensì prefazione, ma non prepara- zione del conflitto che dovranno svolgere i tre atti seguenti : esso prelude soltanto allo spirito che dilagherà poi nel- l'atto ultimo.

426 Zacharias Werner

Il second'atto lascia subito emergere la costruzione fa- ticosa e fredda. V'è nell'organismo suo stesso una sconnes- sione che nessuno sforzo riesce a mascherare. Salomè, i suoi figli, Judas si dispongono a partire, ma non è mo- strata in loro l'emozione che li deve riempire. Si discute invece, si attende. Giunge Jonathas e Salomè gli rac- conta per disteso, il pencolo onde son minacciati e la deci- sione presa. Partono, e Jonathas toma indietro a ripren- dere il suo ((Biindel)). È colto dagli sgherri di Antioco che credono di anestare in lui Judas e lo portan prigioniero ad Antioco. Si cambia scena e son presentati Antioco e la sua corte con Nicanor e Va Oberpriester )) e il <( Bùr- germeister » e Jason. Antioco affida a Nicanor l'incarico di imprigionare Judas.

Il terz'atto mostra Jonathas che, minacciato di morte, deve condur Nicanor e i soldati di Antioco al nascon- diglio dei Maccabei. Nicanor svela in soliloquio i suoi progetti. Una nuova scena presenta invece i Maccabei. Judas racconta tutte le sue imprese e spiega a Salomè il complotto ordito: Salomè lo biasima, finché Judas le con- fessa di non poter retrocedere perchè ha giurato. Allora essa si rassegna.

Du schwurst? O Gott ! Dann trennt sich unsre Bahn I

Giungono, guidati da Jonathas, Nicanor e i suoi. Salomè fa lasciar libero Jonathas traditore, che Judas vor- rebbe punire. Salomè se ne andrà al castello di Nicanor con sei dei suoi figli. Abir segue Judas in battaglia.

Quart'atto. Nicanor e Judas si preparano alla loro im- presa. Giunge un messo e narra che Jason con alcuni sgherri fece prigionieri Salomè ed i suoi figli. Jason aveva lo scudo del sacerdote ebreo e i Maccabei non si difesero contro di lui, ma caddero in ginocchio davanti allo scudo

// dramma cattolico 427

in adorazione. Abir corre a liberarli. Judas si decide a precipitar l'impresa contro Antioco. Seconda scena: la corte di Antioco. Un messo di Nicanor che racconta che Nicanor arriverà in giornata, e porterà Judas prigio- niero. Ma il messo si imbroglia; Antioco dubita, lo fa incarcercure, affida a Lysias di impadronirsi di Nicanor e di Judas. Lysias parte ; anch' egli è congiurato ; vuol ven- dicarsi di Antioco che gli uccise il fratello. Giunge Jason e gli conduce Salomè. Conflitto di Salomè con Antioco. Salomè gli rivela il complotto. Antioco decide di pre-r parsirsi alla lotta; decide che Salomè e i suoi figli faccian parte del corteo trionfale. Terza scena: corteo trionfale. Ripetizione coreografica e vuota del corteo nella Weihe der Kraft.

E si arriva al quinto atto, in cui finalmente passione e fantasia si integrano nel poeta conducendolo alla creazione di una scena vivente. Prima cerimonia pagana di sacri- fizio con segni funesti, poi la morte di Jason, dopo che ha rinnegato ufficialmente la sua fede e deposto lo scudo contro il tabernacolo.

Antioco è dominato da una vera febbre di vanità, di orgoglio e di trionfo. Pare ebbro della sua potenza :

Besteige meinen Thron und teile

Mlt mir, Mutter, meiner Krone Pracht.

Il Werner sa trarre gran partito dal contrasto fra An- tioco e Salomè, e riesce per un istante a trarre da quel pupazzo di imperatore un fremito caratteristico, segnando nella sua anima il conflitto fra l'ebbrezza di sé, che lo esalta, e la forza di fascino di quella donna, che gli sta dinnanzi, rappresentatrice di un altro mondo, infinitamente superiore. Ma tosto la sua mano diventa incerta, quando ha

428 Zacharias Werner

da mostrare il sorgere in lui della incrollabile decisione di condannare al martirio Salomè e i suoi figli, se non consentono ad abiurare la loro religione. Ben si vede che il movente non può essere altro che il sentimento che egli prova : essere quello il supremo segno della sua potenza, e l'esasperazione di veder quest'ultimo segno sfuggirgli. Anche passa talora in lui un brivido perverso: la voluttà acre del tiranno che gode di veder scorrere il sangue. Ma tutto ciò s'intravede a mala pena.

Ciò che a quest'atto la sua forza innegabile è l'curte con cui il Werner riesce a prolungar variandola la rappre- sentazione del martirio, l'indugio nella pittura degli stréizii che provano quelli che restano, mentre a uno a uno i giovani eroi vanno incontro alla morte. Era l'unico aspetto in cui la tendenza della fantasia del Werner poteva accor- darsi colla nuova materia. L'esperienza del 24. Februar ha insegnato al Werner a sostenere a lungo una situazione uniforme, lasciando che si risolva con una gran lentezza verso la finale catastrofe, tenendo sospesa sempre e lasciando cadere a poco a poco la spada che pende sul capo delle vittime e che ad una ad una tutte le trapasserà. E il Werner ritrova la sua arte.

Antioco non è riuscito alle buone a decider Salomè all'abiura; essa gli ha risposto:

Dir naht in Eile Der Todesstunde finstre Nacht.

Proverà nei figli. Primo è Benoni. Cidli gli si avvinghia al collo e non sa decidersi a staccarsi da lui, a rinunziare alla sua felicità. La nuova concezione dell'amore del Werner balza fuori ora dalla scena con evidenza : si esprime con chiarezza nelle parole di Salomè angustiata:

// dramma cattolico 429

Durch den gliihendsten der Himmelstrìebe Wild Hoir auch oft in unsrer Brust entziìndet

Cidli compie la rinunzia e Benoni è condannato al rogo. Cidli invoca sul tiranno la vendetta del da lui martirizzato padre suo Eleazar e il tiranno allibisce. Benoni le porge la mano e si allontana. Vien la volta di Abir. Egli giunge a liberar la madre e i suoi fratelli, e si scaglia su Antioco annunciandogli che la sua potenza crolla e sguainando la spada. Heliodor e le guardie si avventano su di lui. Sa- lomè si inframmette e gli ordina di consegnar la spada. Anch*egli rifiuta di abiurare e vien condotto al patibolo insieme a Machir, che resiste e non piega. Salomè assi- sterà al martirio dei suoi figli maggiori. Il cuor le si spezza, ma la preghiera e il pensiero di Dio la confortano, mentre i tre martiri muoiono cantando le lodi del Signore:

Lob sei dem Herrn ; der Herr ist gut !

Il Werner ritrae il martirio per le parole di Salomè che assiste e il tanto usato procedimento tecnico acquista dalla situazione nuova forza. Il quarto Maccabeo, Judas, compie con tranquillità quasi indifferente il suo rifiuto e raggiunge i fratelli. Ad Abir son tagliati i piedi, prima che gli taglino anche il capo. Salomè prega Dio.

Achas si mostra degno della sua schiatta e invita An- tioco a pentirsi, e lo benedice; Arath canta la gloria e la bontà del suo Dio. Antioco ordina che gli sia tagliata la lingua. Gli sgherri afferrano anche il piccolo Jacob, che esclama : « Ich will noch leben ! » Ma il piccolo martire voleva solo prendere in giro il tiranno. E Salomè se lo piglia in braccio e va con lui al rogo.

Aggiunge forza alla scena il canto di versetti biblici in-

430 Zacharias Werner

tonati da Jonathas per dar coraggio ai morenti, mentre essi soggiacciono agli infiniti strazii. Anche la terribile voce che suona sul capo dei presenti : (( Gott » , ripetuta ogni volta che Antioco si irrigidisce nel pensiero della sua po- tenza, non stona nella scena, ma ne accresce la forza. Le furie che tormentano moralmente e fisicamente An- tioco dopo che la scena di crudeltà si è compiuta, e il suo grido disperato, il riconoscimento della sua impotenza, sgorgano restando alla tragica altezza dallo spirito dell'insieme :

Der erwiirgten Millionen Wirbeltanz

Umkreist mich beim Furienfackeltanz !

Eleazar das Makkabàerweib

Durchwiihlen làchelnd das Hirn mir, das Herz und den Leib !

O Zebaoth, du hast gesiegt.

E l'implorazione di pietà, la vigliaccheria del tiranno che si credeva onnipotente e non sa neppur morire con dignità: (( Beten will ich beten!... Und Zebaoths, meines Besiegers Gevs^alt verkiindigen, preisen », l'e- spressione suprema della debolezza sua e della sua va- cuità: (( Ich w^ill ein Jude werden », suggellano la scena, mostrando di nuovo per un istante il vecchio artista creatore.

Ma sopravviene il finale di operetta. Giunge Judas Makkabàus con Nicanor, vincitore; la sua disperazione, l'apparizione dello spirito di Salomè sopra il rogo che si è spento al suono della sua voce : (( Loschet die Flam- men » degenerano in vuota coreografia, che, per giunta, divien ributtante pel fatto che, aprendosi nello sfondo il velario che lascia scorger la scena del supplizio, vi se ne vedono gli strumenti accanto agli ultimi resti mortali dei suppliziati. Cidli sta inginocchiata accanto all'enorme cai-

// dramma cattolico 431

daia, in cui Benoni fu torturato, e vi fissa lo sguardo con occhi vitrei immobili.

Lo sciupìo del dramma ottiene la consecrazione nell'a- poteosi di Salomè e dei suoi figli e nell'ordine dato dalla santa a Judas Makkabàus ed a Cidli di sposarsi. Judas porge la mano a Cidli e così tien la predica al popolo presente ! Lo spirito di Salomè fa ancora un'ultima predica.

Così, ancora una volta, con un'ultima risurrezione della sua morbosità e della sua tendenza didattica, chiude il Werner il suo dramma.

È questo l'opera tarda di una fantasia ormai esausta, in- capace per la sua natura e per la sua stanchezza di sfruttar le risorse virtuali, che il nuovo tipo di dramma offriva. Sempre, quanto più la vita è ebbra e vertiginosa, tanto più rapido e precoce è l'esaurimento.

CONCLUSIONE

Un'osservazione conclusiva si offre ora spontanea a chi abbia seguito la storia del lungo sforzo d'surte, che sinora abbiamo minutamente tracciato : tutta la forza creatrice del Werner, e, ad un tempo, tutta la sua organica debolezza dipendono egualmente da un fatto solo, da quella tumul- tuaria e incomposta agitazione del suo spirito, da cui mo- vemmo in questa nostra indagine.

Il Werner, condannato dalla sua natura disgraziata a non raggiungere mai una visione ferma di ed un, sia pur momentaneo, ma totale consolidamento della sua vita in- teriore, andò errando sempre secondo T alternato prevsJere delle sue tendenze contradditorie; e a tutte le sue opere mancò quella unità vitale, che solo poteva nascere da una ben sicura e determinata unità interiore dell'anima del p>oeta. Quella relativa unità di atteggiamento, che egli conseguì nel «24. Februar», fu infatti ottenuta da lui col sacrifìcio d'una paiìe sostanziale di sé.

Questa vita interna informe e confusa concretò però anche dinnanzi alla sua fantasia un mondo tutto suo pro- prio: il mondo delle eccitazioni torbide e incerte, in cui la vita spirituale non si é ancora sprigionata, chiarifìcan-

G. GabeTTI, // dramma di Z. Werner. 28

434 Zacharias Werner

dosi, dalle vampe della accensione sensuale : un mondo di notte che s'inalba con luci varie e strane senza che il sole vi sorga mai e vi splenda sereno. Egli comprese e seppe ridare con forza espressiva gli urti di una vita ele- mentare, ancora dominata dall'impeto degli istinti di na- tura; vide con chiarezza e seppe rappresentare, nella sua grandiosità malata, la degenerazione di uomini che, ten- tando con la massima intensità di sforzo supreme ele- vazioni, restarono vittime della loro sensualità esasperata e sconvolta. Non diede, e, per tante ragioni che espo- nemmo, non poteva dare altro che frammenti ; ma la cri- tica ricostruttrice, che, rilevando in un'opera la disorga- nicità e le crepe profonde della interna struttura, crede di poterne derivare l'assenza completa di ogni poesia, è cri- tica fallace, che scaturisce da una mancata adesione fra l'anima di colui che sentenzia e l'opera da lui esaminata. In questi frammenti egli fu poeta.

In questi frammenti, che costituiscono la pcu:te vera- mente personale della sua opera, sta anche la sua vera importanza storica. Per tutto il resto egli può essere considerato quale un abile scolare dello Schiller o quale un esperto sfruttatore teatrale dei romantici, come finora sempre si fece (I); in questi frammenti invece, che, essendo la sua sola produzione caratteristica e vitale, sono anche la vera opera da cui egli deve essere giudi- cato, egli si staccò nitidamente tanto dal primo quanto dai secondi, e fu quel che nelle prime pagine di questo libro dicemmo essere egli stato: un precursore.

Il dramma tedesco del secolo decimonono dal Kleist fino allo Hebbel aderì infatti alla sua tendenza ad orga-

(I) Cfr. Minor, op. clt. ; Poppenberg, op. cit. ; Frankel, op. cit.

Conclusione 435

nizzare drammaticamente una personale concezione tragica della vita; non solo, ma ricercò le origini più profonde e intime delle tragedie umane in quello stesso caos inconscio e tumultuoso, in cui egli credette di dover ricerccure le su- preme forze dominatrici dello spirito umano.

Caduto, con il primo Romanticismo, il sogno di un se- reno dominio della coscienza su tutte le forme della vita nostra, il movimento, che tendeva a dare all'cc Inconscio » una parte preminente nella concezione della vita, prese nella poesia tedesca una sempre maggior consistenza. 1 drammi del Werner trovarono presso i suoi contemporanei una vasta eco appunto perciò che intomo a lui il nuovo indirizzo si andava preparando. Quel senso di stupore e di sgomento, che la rappresentazione realistica del mor- boso connubio di amore e morte desta oggi in noi, non doveva ad esempio prodursi in quei tempi, in cui già ve- demmo anche il Kleist comporre la (( Pentesilea » e in cui lo Schubert nelle popolari (( Nachtseiten der Naturwis- senschaft » scriveva ; « Und dieser ist der alte Weihege- sang der Mysterien, ein Brautlied und ein Lied der Gràber. = Wer hat dich heraufgefiihrt, hoher Frieden, wer hat dich uns gezeigt, ev^ige Wonne ? Als unsere Seele sich erhob dich zu erfassen, starbst du in der Glut deines Sehnens ! Der Kranz der Liebe sank auf Gràber. Dein eigenes Streben hat mich heraufgefiihrt, in deinem eigenen noch hòheren Streben bin ich untergegangen ! Eile hinaus zu immer hoherem Ziele... Der Winter eilet schnell voriiber, die Stunde des Todes und der Liebe kommt nahe, etc. )) (2). Lo Hoffmann, pur allontanandosi

(2) Schubert, op. cit., p. 80. E cfr. F. R. Merkel, Dct Natur- philosoph Schubert und die deutsche Romantik, Diss. Strassburg, 1913.

436 Zacharias Werner

dal Werner, perchè non poteva accoglierne le credenze mistiche, si sentiva però soggiogato da quest'aspetto della sua natura, e, parlando di lui, ne esaltava le (( henlichste Anlagen » , i (( geniale Ziige )) ed evocava nelle novelle mi- racolosamente la singolare vita dell'uomo nei crepuscolari fondi della subcoscienza (3); lo Amim dopo di aver tro- vato i suoi drammi (( hundertmal besser als was so tàglich erscheint», dopo di aver esaltato l'inizio del 24. Februar ^ (( im Anfang henlich mystisch der schauerlichste Tragòdieneingang » , si accendeva di sempre più caldo entusiasmo per lui, così da giungere a dire di rivivere in se i suoi drammi come se vi avesse collaborato (( als bàtte ich selbst daran mitgearbeitet )) ; W. Grimm rile- vava come egli sempre progredisse verso sempre più ri- solute affermazioni di se (( Werner wird immer freier jeder Manier, und sein System in ihm lebendiger » (4) ; e vedemmo già come il Goethe medesimo soggiacesse per lungo tempo al suo fascino.

La corrente, di cui il Werner era tra i primi esponenti, si rinforzò rapidamente negli anni che seguirono il pe- riodo della sua più intensa attività. Se il secondo roman- ticismo si andò estenuando in una melodiosità lirica e sen- timentale, la grande inclinazione all' idealismo, che i primi romantici avevano potentemente ravvivato, non si spense quando molte delle idee, che questi avevano pro- pugnato, vennero ripudiate o trascurate ; ma continuò a

(3) Cfr. Briefwechsel, hrsgg. v, H. v. MOLLER, passim ; Serapions- briider, loc. cit, ; HiTZIG, Aus HoffmaTtrìs Lehen und Nachlass, Berlin. 1823. I. p. 294. 324, etc.

(4) V. R. Steig, a. V. Amim und CI. Brentano, Stuttgart. 1894. p. 182, 212. 288. etc.

Conclusione 437

restale uno dei bisogni spirituali più vivi della coscienza tedesca, e culminò anzi nelle costruzioni filosofiche dello Hegel e dello Schopenhauer. La poesia, fiorendo accanto al gigantesco sforzo di pensiero che si veniva compiendo, non poteva non sentirne il riflesso. E i grandi poeti drammatici di questa epoca, pur sentendo la necessità di opporre all'indeterminatezza lirica dei romantici un ri- soluto realismo della rappresentazione artistica, furono tra- scinati a portare nelle loro opere i travagli di pensiero che affaticavano gli spiriti, le conquiste che la filosofia faceva.

La concezione della poesia come di un simbolo di ve- rità supreme, come di una rivelazione dell'infinito, con- tinuò a domincire anche presso molti di essi. E si affacciò loro un problema in parte analogo a quello a cui il Werner si era trovato di fronte : creare una vita vissuta idealisti- camente ; creare dei personaggi, nella cui anima si sentisse percotere il ritmo della vita universa; creare dei conflitti, dietro di cui si sentisse palpitare il cuore immenso della umanità; tradurre in una realtà concreta, che offrisse una in- tensità massima di sentimenti, le affermazioni teoriche del pensiero intomo alle questioni essenziali che la vita umana presenta. E anche la poesia che ne nacque offre molte qualità analoghe a quelle che nel Werner ci toccò di ri- levare : tendenza delle situazioni a dilatarsi in comples- sità grandiose, eccezionalità dei personaggi in cui qualche aspetto dell'anima umana si manifesta con una forza ele- mentare e titanica, prevalenza del mondo primordiale degli istinti che si agitano con una potenza indomabile: esaltazione dionisiaca per una parte e per l'altra parte un dilagare e traboccare della vita in forme morbose.

Su questa corrente di poesia T influenza del Werner potè essere feconda. Si suol considerare sempre l'influenza

438 Zacharias Werner

del Werner come l'imitata alla (( Schicksalstragòdie » : ma le opere che ne nacquero furono di valore scarso e più ancora che sul (( 24. Februar » furono plasmate sulle composizioni del Miillner e dello Houwald, che, avendo esagerato gli elementi formali esteriori di tale maniera letteraria, potevano servir meglio di modello (5). L'in- fluenza più meritevole di ricordo fu invece quella che il Werner esercitò sul Kleist e sul Grabbe, sul Brentano e sul Fouqué, sul Grillparzer, sul Ludw^ig e persino sullo Hebbel : su poeti veri e spiriti profondi, capaci di vera creazione (6).

All'analogia fra il problema psicologico della ((Wanda» e quello della (( Penthesilea » abbiamo già accennato al- trove ; ed anche della parziale affinità di temperamento dei due poeti abbiamo già altrove toccato. Il Kleist ebbe tutte quelle qualità che al Werner mancavano: per quanto anch'egli fosse internamente sconvolto da dissidi profondi e da tormenti inguaribili, la sua fantasia, unendo ad una intensità quasi allucinante di visione una forza organiz- zatrice stupefacente, obietti va va i suoi stati d'animo in tra- gedie che offrono una unità di impostazione e di svolgi- mento tale da sembrar blocchi massicci, creati così dalla natura. Malato anch' egli però, come il Werner era, non può stupire che egli si sia avvicinato alla sua opera e ne sia stato colpito e talora sedotto : il (( Prinz von Homburg » mostra una influenza evidente dei (( Sòhne des Tales », e il (( Kathchen von Heilbronn » , svolgendo una teoria an- droginica sull'amore uguale a quella offerta del Werner

(5) V. Minor, op. cit. ; Wendriner, op. cit.

(6) S'intende che dell'influenza del Werner non do qui se non qualche cenno: l'argomento merita un'indagine che condurrebbe a risul- tati interessanti : io stesso mi propongo di trattarne a parte.

Conclusione 439

nei drammi del suo terzo periodo, presenta situazioni e spiegazioni psicologiche, che hanno nella (( Weihe der Kraft», nella «Wanda», nell' « Attila » e nella (( Ku- negunde » il loro precedente (7).

E malato come il Werner fu anche il Brentano, an- ch'egli agitato da una lotta diuturna fra la sua sensualità e le sue tendenze mistiche, fra le più alte aspirazioni ideali e gli enori della vita. Già il suo romanzo (( Godwi » offre l'esaltazione mistico-romantica dell'ebbrezza sensuale che del Werner fu peculiare e la compiacenza di enunciar le verità profeticamente raggruppate in trinità, come il Werner amò sempre fare : n In drei Haufen standen die Edeln am Ufer des Weltmeeres... Von dem einen Haufen hòrte man unaufhòrlich die Worte: Kraft, ideale Natur, Notwendigkeit ; von dem anderen die Worte: Streben in sich zuriick, Selbsterkenntnis, Tiefe; und von dem dritten hòrte man: Lebensgenuss, Zuriickreissen der Natur in sich selbst, Verindividualisirung » etc. Tutti e due si formarono in parte sotto l'influenza dei primi romantici, e il giudizio del Brentano sul valore della storia nella poesia esprime le idee stesse del Werner : « Alles Historische ist vergànglich und nur Materie; es muss etwas sich in uns entziinden, das... Fanatismus,... dichterische Begeisterung bis zur Verziickung... hervonuft». E quando la scelta del Brentano cadde sopra un tema che il Werner aveva sfiorato : Libussa, egli modellò in paite la sua nuova opera sopra la (( Wanda )) (8).

(7) Sul Kleist e il Werner cfr. Kayka, op. cit. ; RoBBELING, op. cit. ; O. Fischer, Mimische Studien zu H. V. Kleist in «Euph. » XVI. p. 415. Cfr. oltracciò le grandi monografie sul Kleist.

(8) Cfr. Steig, op. cit. ; Brechler, Introd. cit. alla ed. crit. della Gmndung Prags.

440 Zacharias Werner

L*influenza del Werner sul Fouqué è pure innega- bile, per quanto il temperamento del fantasioso evocatore del Medioevo fosse disforme da quello di lui. Traccie varie se ne trovano in molte delle sue opere, e pla- smata su Hildegunde è la figura di Rosmunda, dopo l'ar- rivo dei Longobardi in Italia (9). Tutta la tragedia anzi è ispirata dall' (( Attila » Werneriano: Alboino ha molti tratti tolti al re Unno, Flavia riproduce la dolcezza eterea di Honoria, Longinus la imbelle e verbosa vanità bizantina dell'Esarca di Ravenna. Il popolo che vien descritto è come quel del Werner, misto di ferocia beurbcura e di umanità naturale : (( Aus solchem Volk wird kein Ver- standig klug » : la battaglia di Asfeld è presentata con la complessità grandiosa della battaglia nel « Kreutz an der Ostsee ». Rosmunda, tra i truci orrori della guerra e le voluttà della lotta sanguinosa, passa dapprima gentile e mite come Ludmilla, cantando e (( aspirando tutti i pro- fumi della primavera italica » ; poi, quando Alboino nella ebbrezza della vittoria la obbliga a bere nel cranio di Cunimondo, essendo risorti tutti i suoi istinti barbari, essa si trasmuta e non vive più che nel pensiero della vendetta. S'addensa allora sul dramma l'atmosfera calda e morbosa che grava. suir(( Attila )) Werneriano, e una ebbrezza di sangue travolge tutti. Anche i particolari, in cui le situa- zioni drammaticamente si concretano e si sviluppano, ri- chiamano r(( Attila» continuamente.

Più disforme ancora dal Werner che non il Fouqué era il Grillparzer, disforme nell'animo come nell'ingegno.

(9) V. Alboin, der Langobardenkonig, Ein Heldenspiel in 6 Aben- teuern von Fr. Baron DE LA MoTTE FoUQUÉ. Leipzig, 1813.

Conclusione 44 1

Uomo tutto raccolto nel suo mondo intimo, spirito critico e sereno, alieno da ogni esaltazione vertiginosa, non pene che in Vienna abbia avvicinato il predicatore famoso : il Sauer credette anzi che le sue poesie italiche siano state concepite in contraddizione alle numerose poesie su Roma che questi aveva composto. Ma il Grillparzer non fu ca- pace di avversiioni sistematiche : conservava innanzi a tutto ed a tutti la sua intelligenza equa e serena: se qualcuno gli ripugnava, se ne teneva lontano senza disconoscere quanto vi fosse in lui di buono. E quando il Werner morì, gli dedicò una commossa ode :

Du, Armer, hast die Ruhe nie gekannt,

Dein Streben nahm sie dir, und strebtest doch um Ruhe !

Tutta la sua prima atticità era stata in parte foggiata dalle impressioni ricevute dalle opere di lui. Le lesse e le ri- lesse: le sue carte ci conservano osservazioni acute sulla (( Mutter der Makkabàer » , sui « Sòhne des Tales )) , sul (( Kreutz an der Ostsee » : il Brackmann, pubblicando un ampio commento all'edizione critica del (( Goldenes Vlies )), rilevò reminiscenze di frasi e di immagini nume- rosissime. Ed anche sulle concezioni stesse, nei loro ele- menti essenziali, l'influsso fu forte e tenace. Non solo f>er la (( Ahnfrau », ma anche per la (( Sappho » e per la (( Medea )), La figura di Melitta, così armoniosa e fresca nella sua delicatezza di sentimenti, ricorda assai davvicino Ludmilla e sopratutto l'atto della morte di Saffo è ispirato intimamente dall'ultimo atto della (( Wanda ». Vi è nelle due eroine il medesimo senso di superiorità morale nella deliberata volontà di morte, la stessa calma e serenità tra- gica ; e nell'un dramma e nell'altro, mentre con la regolare

442 Zacharias Werner

compostezza di ciò che è ineluttabile la fine si avvicina, impera la stessa rassegnazione quasi religiosa. Nel (( Gol- denes Vlies», poi, dove il Grillparzer si trovò dinnanzi a forme di vita più simili a quelle che dominano nelle tragedie Wemeriane, l'influsso fu anche più vasto e più profondo. La barbara Medea, chiusa nella sua tone, errante cupa nei suoi boschi in preda al presentimento dei fati che incombono sulla sua casa regale che si è macchiata di grave colpa, rimugina in se pensieri cupi e foschi, in cui già si inebriò Hildegunde; e, come le eroine Wemeriane, si innamora anche Medea di Giasone a un tratto, appena lo ha veduto, quasi per una arcana forza di predestina- zione. La concezione dell'amore come di una potenza su- perna, mistica, divina, sulla quale riposa la psicologia dell'amore di Medea, è quella Wemeriana. E simile alla Werneriana Hildegunde è Medea %ncora nel terzo dramma della trilogia quando tutta ^i abbandona alla sinistra osses- sione della vendetta, e di quella sola ossessione vive, finche orrendamente l'ha compiuta (10).

Il Kleist ed il Brentano, il Fouqué ed il Grillparzer vissero in un tempo in cui i drammi del Werner erano lar- gamente discussi, in un tempo in cui la sua personalità appassionava gli animi; e ciò spiega come l'influsso che essi ne subirono sia stato più intimo e più vivo. Dopo il '20, anche presso il Grillparzer, le reminiscenze, se s'incontrano ancora nel (( Traum ein Leben )) e nella (( Li- bussa», si fanno sempre più rare.

(10) Sul Werner e il Grillparzer cfr. A. Sauer, Prohen eina Kommeniars zu Grillparzers Gedichten, « Jahrb. der Grillparzergesell- schaft», IX, p. 45 e segg. E v. pure le note del BraCKMANN alla ed. viennese delle opere del Grillparzer.

Conclusione 443

Il Grabbe, il Ludwig e lo Hebbel, venuti più tardi, quando già la vita letteraria era concentrata sopra altre opere ed altri poeti e il Werner apparteneva ormai al passato, provarono per lui un interesse vivo sì, ma limitato ad alcune opere, la cui fama si era conservata più univer- sale, o il cui soggetto offriva analogia con i disegni di tra- gedie che occupavano la loro immaginazione. La lettura però delle opere, che essi conobbero, non passò su di loro invano.

Lo « Herzog Theodor von Gothland », in cui il Grabbe accumulò gli orrori e le voluttà malate, che davano eb- brezza alla sua fantasia giovanile turbolenta e intempe- rante, è pieno di spunti tolti al (( Kreutz an der Ostsee », allo (( Attila )) e alla (( Kunegunde )) : egli stesso ricono- sceva più tardi di aver artificiosamente a pepato » egli dice : (( eingesalzt )) la sua opera con tutti gli espe- dienti che i drammi del Werner gli avevano offerto : l'im- perversare stesso di un fato inesorabile che vi addensa sciagure su sciagure con sempre più nera tetraggine risale al (( 24. Februar )). E non nascose anche negli anni della sua più feconda attività le impressioni profonde, che taluni frammenti in lui sempre destavano : « Die Nachtwache des Fùrsten um des Kaisers Zelt hat etwas erhaben Sym- bolisches » . Nella tragedia su Napoleone il carattere del- l'eroe e molte situazioni furono da lui impostate e svolte avendo presente l'cc Attila » Werneriano (11).

Il Ludwig mosse dal Werner direttamente nella conce- zione dei suoi (( Makkabaer » . Accolse l'identificazione della martire madre di sette figli con la Maccabea Salomè :

(11) Cfr. Grabbes Sammtliche Werke, ed. NiETEN, I, 15, 24, 102, etc.

444 Zacharias Werner

rinnovò bensì in parte la storia secondo i suoi intendimenti meno cattolici e più realistici, ma, pur ricreando nei suo spirito i vari personaggi, non si staccò mai fondamental- mente dalla psicologia che il Werner ne aveva dato. Il risoluto e deciso realismo, in cui il Ludw^ig ritrovò la sua vera personalità e la sua maggior forza, è bensì l'elemento più caratteristico, in cui egli supera il Werner e si stacca da lui ; ma anche per questo rispetto, per la (( Schreckens- macht » di cui ampiamente si serve, per la (( Todessinn- lichkeit )) in cui approfondisce psicologicamente la scena del martirio, i drammi del Werner e sopratutto il (( 24. Fe- bruar » ebbero su di lui un influsso considerevole (12).

Nel perpetuo fermento del giovane Hebbel, i germi che la lettura del Werner vi lasciò, non potevano esser nume- rosi. Lettore indefesso, attirato vertiginosamente verso gli spiriti più profondi e i genii più vasti e comprensivi, uomo di una individualità possente, m cui tutto ciò che af- fluiva dal d'i fuori veniva instancabilmente rimuginato e riplasmato secondo la sua personale maniera di sentire, lo Hebbel non poteva toglier da lui se non spunti a sue proprie nuove creazioni. Egli cita infatti il Werner qua e nelle lettere e nei saggi critici, ma il nome di lui va smarrito nella agitazione grandiosa, che il suo spirito fino all'epoca della sua maturità ci offre. E al Werner rimandano non solo qualcuno dei drammi peggiori, come (( Das Trauerspiel in Sizillen », ma la (( Judith )) e il (( Mo- loch ». Holofemes è uomo attivo, come Attila, maschio, eroico, ma teatrale e amante delle grandi frasi ; è, come At- tila, debole zimbello nelle mani di una donna; Judith è,

(12) Sul Werner e sul Ludwig cfr. ScHMIDT - ObERLÒSSNITZ, loc. cit.

Conclusione 445

come Hildegunde, soggetta al fascino di Holofernes e di- battuta fra l'amore e la volontà di vendetta ; il problema ses- suale, che fu nel centro della vita del Werner e che fu per un decennio il centro della vita interiore dello Hebbel, sta a base della tragedia. Il frammento su « Moloch )) riprende ridea che era a base del « Kreutz an der Ostsee » nella sua concezione totale: l'idea della religione, che sorgendo, ingigantisce e schiaccia colui, che, dopo di averla creata, vorrebbe frenarla secondo i suoi intendimenti. Neil' un dramma e nell'altro Io Hebbel riuscì a concretar la con- cezione grandiosa, che nel Werner si era disciolta in una indeterminatezza senza contorni ; ma i fantasmi che lo Hebbel suscitò a vita di poesia, son quelli stessi che al Werner erano balenati (13).

I fatti, che qui abbiamo rapidamente accennati, mo- strano che quanto di un poeta resta attivo presso la po- sterità è anche quanto la sua opera contiene di vitale, indipendentemente dal giudizio che i critici fanno di lui, dalla immagine che di lui nella storia letteraria si può per ragioni varie venir fissando. Essi bastano a darci una riprova di quanto nel corso di questo libro affermammo.

Questi fatti hanno però ancora un altro valore significa- tivo. Non solo illuminano il poeta, ma riabilitano in parte anche l'uomo.

La poesia sgorga sempre dall'intimo del cuore del poeta, e il poeta materia sempre la sua opera con frammenti della sua propria storia. Tutto ciò che nell'opera del Werner

(13) Cfr. la monografia di R. M. WERNER e le osservazioni che Io stesso R. M. Werner, nella ediz, crit. dello Hebbel da lui curata, fa a proposito dei singoli drammi.

446 Zacharias Werner

è vivo e fu, come vedemmo, germe fecondo di nuova vita, non è se non un riflesso della tragedia, che il Werner visse. E la tragedia, purificando, nobilita. Non chi non errò è l'uomo superiore, ma chi errando imparò a diventare migliore. Tutta la misera umanità che il Werner mostrò talora, tutta la volgarità in cui cadde, son compensate dalla sua volontà persistente di una interna elevazione morale, dalla tragedia che visse.

E in verità non si può immaginare tragedia più deso- lante. Cercando pace dovette immolare inesorabilmente stesso. E, anche quando il sacrificio fu compiuto ed egli fu disposto a non veder più nel passato suo che mi- seria e peccato, anche allora l'armonia con se stesso gli mancò. Un verso prosaico ed amaro, scritto dal Werner in Firenze nel '13, riassume tutta la sua vita e tutto il suo stato d'animo:

Du bist wahrhaftig wie der ewige Jude.

INDICE

Capitolo Primo.

Zacharias Werner: la sua personalità e le sue teorie mistiche Pag.

Il Werner e il suo dramma La personalità del Werner : conflitto fra sensualità ed intellettualismo, morbosità Le idee del Werner: l'influenza della « Auf klàrung » , l'in- fluenza di Rousseau, l'iscrizione alla Massoneria ; il destarsi della religiosità e dell'interesse per la filosofia, l'influenza di Kant, l'influenza di Schiller, la vittoria delle tendenze mi- stiche ; l'entusiasmo massonico Le idee del Werner e le idee del Mnioch : la « Humanitàtsidee » , ragione e sensi nella vita umana, l'educazione estetica e la moralità ; l'uomo e il sentimento di Dio, la religione come sentimento, la pu- rificazione religiosa dello spirito nella morte, l'esaltazione ; della morte ; la celebrazione dell'ascetismo medioevale, la ebbrezza mistica del Werner Il Werner e il Romanti- cismo : giudizio del Werner sui Romantici, affinità di spirito, reazione al razionalismo, idealismo monistico La defor- mazione Wemeriana delle teorie romantiche : fantasie sim- boliche del Werner sulla natura e la incoerenza organica del suo pensiero Religione e morale : le idee dello Schleier- macher e la subordinazione che il Werner fa della morale alla religione ; la morale come legge pratica della vita ; la re- ligione come puro sentimento base dell'esistenza Il misti- cismo del Werner e l'influenza di Jacob Bòhme : la condanna della vita corporea e la venerazione della morte come scopo

448 Indice

della vita, la vita come una serie di morti volontarie che noi operiamo entro di noi, la « Wehmut » e la « Sehnsucht » come sintomi dell'aspirazione alla morte, la « Entkorperung » come ideale dell'uomo, la « Verwesung » come suprema vo- luttà religiosa La sensualità del Werner e le sue teorie sull'amore : l'amore come solo aspetto religioso della vita umana, l'amore come rinunzia all'egoismo e smarrimento della personalità, l'amore di Dio nella creatura terrena, il ca- rattere sacro del godimento erotico, la voluttà come dissol- vimento dell'uomo nel senso di Dio ; l'ebbrezza morbosa di amore e morte come vertigine di estasi religiosa L'arte come simbolo di alte verità : l'arte come rivelazione della divinità, l'indole religiosa della poesia, la necessità dell'ispi- razione mistica, l'abbandono cieco dell'artista all'entusiasmo creatore Conclusione.

Capitolo Secondo. TI dramma Pag. 71

Sensualità e morbosità del mondo poetico del Werner L'ori- gine schiettamente lirica delle sue tragedie : la poesia come veicolo delle idee ; esaltazione e conflitti nella vita interiore del Werner come causa della sua tendenza al dramma Influenza delle teorie mistiche del Werner sulla organizza- zione dei suoi drammi : libertà di fantasia e individualismo, il dramma come simbolo di verità mistiche, il dominio della Provvidenza sulle umane vicende, il sentimento fata- listico della vita, la passività dei personaggi, il sermoneggia- mento dei personaggi spiritualmente superiori ; le idee del Werner e la materia delle sue tragedie : Medio Evo, Cat- tolicismo, subordinazione della verità storica all'intendimento religioso della composizione, uso del Soprannaturale ; com- plessità dei drammi del Werner e suoi sforzi di portarvi unità : unità di azione, unità di ispirazione lirica L'influenza dello Schiller sulla concezione Werneriana del dramma ; l'indipendenza che il Werner conservò ; l'influenza dei ro- mantici : concezione dell'arte come di una creazione orga- nica, tendenza all'espansione lirica, tendenza al pittoresco.

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esaltazione della pittura e ricerca di effetti musicali, varietà di metri ; la reazione contro i romantici ; senso della teatralità, purità di svolgimento dell'azione, esclusione della prosa, esclusione del comico, rispetto delle leggi di unità; l'influenza dello Shakespeare e del Calderon Incertezza del Werner nel dar realtà al dramma vagheggiato : le tendenze reali- stiche della sua fantasia, il bisogno di ritrar la vita nelle sue manifestazioni sensuali, la sonorità materiale del suo senso musicale della lingua ; il contrasto di tali tendenze con la materia religiosa dei suoi drammi Conclusione.

Capitolo Terzo. Il dramma deirutopia settaria Pag. 127

Il primo periodo dell'attività poetica del Werner Il dominio della idea massonica sulle teorie che egli assimila dai roman- tici : l'uomo religioso concepito come evangelizzatore, la ne- cessità della setta, la esaltazione della Chiesa Cattolica, l'in- fluenza del Mayr.

I. I «Sohne des Tales » come dramma massonico La diffe- renza fra la « Weltanschauung » della prima parte e quella della seconda parte : le idee a cui la prima parte è informata sono soltanto quelle comuni alla massoneria del tempo e l'Or- dine dei Templari deve sciogliersi perchè è corrotto ; le idee a cui la seconda parte si ispira sono quelle dei romantici e l'Ordine deve morire perchè predica un falso Vangelo : spie- gazione del contrasto con l'influenza romantica che cade fra la composizione dei due drammi Il contrasto nelle tendenze formali delle due parti La prima parte come dramma storico sul modello dello Schiller : psicologia realistica dei personaggi, ricerca della situazione drammatica, ricerca dell'effetto tea- trale — La forma romantica della seconda parte : necessità di svolgere delle idee astratte e l'esempio del « Nathan der Weise», mancata fusione delle idee nella azione, sovrap- posizione di prediche teoriche a un dramma storico realistico, contrasto, disorganismo, artificiosità di innesti lirici e ro- mantici, la ballata del « Ritter von Sidon » e la leggenda simbolica di Phosphoros. G. GabETTI, // dramma di Z. Werner. 29

450 Indice

II. Il « Kreutz an der Ostsee » Rinunzia all'idea della setta e predicazione dell'» Urkatholizismus » al mondo: il «Kreutz an der Ostsee » come rappresentazione della vittoria del Cat- tolicesimo primitivo sul Paganesimo e sul falso Cristianesimo ; adattamento del soggetto a forma di dramma : l'idea del- l'amore come forza organizzatrice ; la vittoria del Cattoli- cismo come vittoria della religione dell'amore sulla religione della forza e della corruzione ; trionfo dell'amore nella morte ; unità organica della concezione Il Werner acquista netta coscienza della sua posizione di fronte allo Schiller e di fronte ai romantici : dominio maggiore che egli ha del suo argomento ; sapienza tecnica della costruzione della tragedia ; gli « Stimmungsbilder » come preparazione della situazione tragica : lo svolgimento progressivo dell'azione L'uso del soprannaturale e il contrasto di esso con l'impostazione del dramma : disorganicità che ne nasce ; influenza del Calderon ; Sant'Adalberto e il crollo del mondo poetico che il Werner aveva creato Il disegno della seconda parte : ricostru- zione di esso nelle sue grandi linee ; lo smarrimento nella in- determinata grandiosità dell'idea.

Capitolo Quarto. Il dramma deirutopia erotico-mistica . . . Pag. 219

La fine dell'utopia settaria ; l'arte sostituita alla setta come mezzo di evangelizzazione ; evoluzione delle idee del Werner : l'idea dell'amore diventata centro del suo sistema ; confronto fra la prima e la seconda edizione dei « Sòhne des Tales » sotto tale punto di vista ; l'amore come idea dominante nei nuovi drammi ; conseguenze formali ; tendenza a rappresen- tare la vita erotico-mistica nelle sue manifestazioni morbose ; avvicinamento del dramma werneriano al realismo ; tentativo di adattare le idee mistiche alla rappresentazione della realtà della vita umana.

I. « Die Weihe der Kraft » Lutero come ristauratore della religione in senso erotico-mistico : la forza in Lutero e la sua capacità di elevazione ; la purità di spirito e l'educazione di Lutero compiuta da Elisabeth ; la chiamata divina nella morte

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di Alexius ; la missione di Lutero : l'arte che gli ravviva l'animo e lo fa vivere nel senso continuo di Dio, la fede che lo tiene a contatto con la suprema fonte della vita, l'arte e la fede in lotta con il dubbio, l'arte e la fede rinate dal dubbio fuse nell'amore, la consecrazione di Lutero nel raggiungimento dell'amore ; l'amore come coronamento della vita La psicologia dell'amore di Lutero e di Katharina : predestinazione, irrimediabilità, origine divina, dissolvimento di ogni lotta e raggiungimento di una completa armonia inte- riore : la psicologia della fede e dell'arte in Lutero con la storia simbolica di Therese e di Theobald ; la struttura in- terna del dramma Tentata fusione della storia esterna di Lutero in questa storia intima : fusione fallita ; mancata cor- rispondenza fra i momenti progressivi delle due storie ; sovrap- posizione di un dramma romantico a un dramma storico ; il realismo della storia di Lutero e il romanticismo simbolico della storia di Theobald e Therese ; contrasto formale fra i diversi elementi del dramma ; la debolezza organica del fi- nale e la vitalità di alcune parti. IL «Attila, Konig der Hunnen » La più risoluta imposta- zione realistica dell* « Attila » , la trascuranza della storia esterna dell'eroe e il piìi forte lirismo dell'opera : la mag- giore unità L'idea del dramma : la rinascita dalla morte attraverso la consecrazione dell'amore : la corruzione di Roma e la necessità che cada la sua potenza, Attila come stru- mento di Dio e come suo profeta presso la umanità ; la psi- cologia di Attila secondo l'idea del dramma : la sua forza primigenia e sacra, la dirittura umana ho. inesorabile del suo sentimento, il suo senso profetico e la sua religiosità ; la colpa di Attila : la mancanza in lui dell'amore, la sua colpa verso Hildegunde e verso l'amore, Hildegunde e la vendetta del- l'amore offeso, la voluttuosa ed ebbra voluttà di vendetta di Hildegunde che ha l'amore ma profano e non purificato da uno spirito divino, la nobiltà morale e la religiosità di Attila che lo rende degno di raggiungere l'amore mistico in Honoria, la necessità che egli muoia perchè si compia in lui l'estrema purificazione, la consecrazione dell'amore nella morte Il trionfo della gioia di morire e dell'amore mistico come trionfo

452 Indice

del vero Cristianesimo : l'influenza di papa Leone sopra At- tila, l'influenza di papa Leone su Hildegunde ; la figura di pap>a Leone, il suo valore simbolico, la sua realtà storica ; il contrasto di realtà e soprannaturale in papa Leone, e il crollo della architettura del dramma che esso provoca 11 sempre più reciso realismo nello sviluppo delle situazioni; il superamento del dissidio che era nella « Weihe der Kraft » ; la vita spirituale e mistica rappresentata nei suoi caratteri patologici ; le figure di Hildegunde e di Attila ; la voluttà della tenebra e del peccato e la sua espressione lirica. III. «Wanda, Konigin der Sarmaten» Unione di amore e morte nei drammi precedenti : amore e morte come problema fondamentale e come centrale argomento del nuovo dramma ; verismo nell'impostazione della storia e nello svolgimento di essa ; l'intervento soprannaturale relegato nello sfondo ; l'amore come istinto indomabile e sacro ; l'amore come conseguenza dell' origine androginica dell' uomo ; 1' amore nella morte come voluttà sensuale ; la psicologia di Rii- diger e Wanda e la psicologia di Achille e Pentesilea ; il carattere religioso della voluttà sensuale e la calma sacra e solenne di Wanda che muove deliberatamente alla morte, dopo di aver ucciso in ebbrezza mistica il suo amato Rii- diger ; la naturale ripugnanza umana di fronte a tali fatti e il valore artistico del dramma L'esclusione di ogni ele- mento episodico dalla tragedia, l'influenza della tragedia francese, gli innesti lirici come accompagnamento sinfonico dell'azione, il giudizio del Goethe.

Capitolo Quinto. La Schicksalstragòdie Pag. 307

L'idea del fato nella letteratura tedesca sul volger del secolo e le correnti che ne favorirono l'affermazione; l'idea del fato e la poesia romantica ; l'idea del fato nella poesia del Werner ; il crescere del sentimento fatalistico nel succedersi dei suoi drammi ; espedienti a cui il Werner ricorre per dare ai suoi drammi un colorito fatalistico : la frequente manife- stazione diretta del suo pensiero, i presentimenti del futuro.

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i presagi sacri, le visioni, i sogni, la partecipazione della na- tura inanimata alle vicende dell'azione Il 24. Februar come epilogo naturale di questa tendenza ; identità di pen- siero con gli altri drammi : la purificazione della colpa nella sciagura e nella morte ; diversità dagli altri drammi : la rap- presentazione del male sostituita alla rappresentazione della redenzione nella morte ; l'unità di intonazione che la tragedia riceve per l'accordo delle tendenze realistiche del Werner e la materia scelta a trattare ; il realismo del 24. Februar e il realismo degli altri drammi ; la potenza del fato mostrata in un mondo volgare nella vita quotidiana fra gente del po- polo — La genesi del dramma : il suggerimento del Goethe, la notizia di giornale, la rapidità di concezione e di compo- sizione ; organismo del dramma : uno stato d'animo solo rap- presentato sinfonicamente con un crescendo continuo di or- rore per l'intensificarsi della tragicità delle situazioni L'arte del Werner nel 24. Februar.

Capitolo Sesto. Il dramma cattolico Pag. 355

La crisi religiosa : il senso della vanità di tutto di fronte al bisogno religioso ; il senso del fallimento di tutti gli sforzi per raggiungere la verità ; la nausea di stesso ; la tristezza per gli errori della vita ; l'oblio nella preghiera ; la conver- sione — Il processo di conversione : il riconoscimento della necessità di rinunziare totalmente alla vita mondana per esser puro ; l'esempio di Ottilie e l'influenza delle pratiche reli- giose ; l'avvicinamento al Cattolicismo Romano, che offre nelle cerimonie, nei dogmi e nelle leggende un mondo nuovo che sostituisce quello a cui il Werner sente di dover rinun- ciare ; l'entusiasmo del Werner per il contatto immediato e diretto con Dio nella Comunione e nella Messa ; la sua de- cisione di farsi prete ; la a Weihe der Unkraft » e la sua accettazione di tutti i dogmi della fede cattolica; la diffe- renza tra il suo nuovo Cattolicismo e il suo anteriore « Urkatholizismus » ; l'organismo compatto della dottrina cat- tolica come fermo sostegno, che al Werner finalmente

454 Indice

un senso di solidità e di sicurezza ; la conversione del Werner come processo di purificazione ; l'armonia inte- riore raggiunta dal Werner con la decisione di convertirsi Influenza del nuovo mutamento di convinzioni sul dramma del Werner : suo indebolito interesse per la poesia e sua scarsa attività ; gli unici disegni di tragedia presso cui si arresta sono tolti alla leggenda cattolica e alla Bibbia ; la soppressione del « Bildungsproblem » dal dramma ; il dramma come svolgimento di avvenimenti sacri.

I. La « Kunegunde » La data della sua composizione ; con- temporaneità di essa con la più intensa e decisiva crisi reli- giosa ; la materia del dramma nelle fonti a cui fu attinta ; la elaborazione di essa e la creazione di un dramma nell'anima di Kunegunde che è dettato da una sua esperienza personale di esasperata e vana nostalgia paterna Dissidio nelle idee del Werner che si riproduce nel pensiero informatore della tragedia ; il Cattolicismo di taluni elementi : la santità di Kunegunde e di Heinrich, il concetto ispirato dalla fede cattolica che spinge Kunegunde a recarsi al campo di Ar- duino, il pensiero cattolico che domina la soluzione finale; l'erotismo mistico che si afferma in altri elementi : l'amore predestinato in Kunegunde e Florestano, la personalità del « Mittler » Romualdo La congestionata confusione che tale dissidio ha provocato nello svolgimento dell'azione ; la disorganicità formale, la stanchezza con la quale il Werner ha composto il suo dramma ; oscurità, vacuità, indetermina- tezza del linguaggio ; la frammentarietà della parte viva del- l'opera.

II. La « Mutter der Makkabàer » Il dramma come rappre- sentazione di un martirio ; la santità dei personaggi già formata con l'inizio del dramma ; eliminazione di ogni intendimento simbolistico ; il soprannaturale non è più simbolo ma è realtà come la vita stessa ; dominante ascetismo nel carattere degli eroi e loro incuranza di quanto è terreno ; la vita nel con- tinuo pensiero di Dio L'organismo del dramma : la scena del martirio nell'ultimo atto, vero argomento della tragedia ; i primi quattro atti come semplice preparazione di quest'ul- timo — Il trionfo della tendenza della fantasia del Werner

Indice 455

alla morbosità nella scena del martirio ; la aridità e secchezza di tutto il resto ; la operettistica coreografia del finale ; sin- tomi di esaurimento.

Conclusione -P^^- 433

La forza e la debolezza del Werner come poeta e l'origine del- l'una e dell'altra nel suo temperamento anormale e malato ; frammentarietà della parte vitale della sua opera ; il carat- tere di precursore che il Werner ha in tali frammenti ; in- fluenza che essi esercitarono sul Kleist, sul Brentano, sul Fouqué, sul Grillparzer, sul Ludwig, sul Grabbe, sullo Hebbel ; conclusione sul poeta e sull'uomo.

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