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Vol. V p_ ILARIO RINIERI

LA DIPLOMAZIA PONTIFICIA

NEL SECOLO XIX

RICONCILIAZIONE DEL TALLEYMND E DE' PRETI DI SECOND' ORDINE

IL CONGRESSO DI LIONE

CONCORDATO TRA LA S. SEDE E LA REPUBBLICA ITALIANA

ANNO 1802-1805

DA DOCUMENTI INEDITI DELL' ARCHIVIO VATICANO

Volume Secondo

EOMA

UFFICIO DELLA CIVILTÀ CATTOLICA 19 0 2

L'Autore aveticlo soddisfatto a tutte le prescrizioni della legge, intende di valersi dei diritti che per essa gli competono circa le riproduzioni e le traduzioni di quest' oj)era.

IMPEIMATUR

Prato, Maggio 1902. Can. Arcid. G. Gori, Vie, Gen.

Prato, tip. Giachetti, Figlio e C.

HAf^OLD 8. LEE

PROVO. UTAH

INDICE DEI CAPITOLI

Al Lettore Pag. vn

PARTE PRIMA

La Santa Sede e la nuoya Chiesa Gallicana.

Gap. I. Allocuzione del Pontefice Pio VII sul Concor- dato e sugli articoli organici (24 maggio 1802). » 1 » II. La riconciliazione dei preti costituzionali . . » 21 ■» III. La riconciliazione colla Chiesa dell'antico Ve- scovo di Autun Carlo di Talleyrand Péri- gord » 55

PARTE SECONDA Congresso di Lione.

» IV. Il Congresso di Lione ...» 79

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PARTE TERZA

Concordato con la Repubblica Italiana.

» V. Prime trattative e primi disegni di concordato. » 141 » VI. La conclusione delle trattative per il Concor- dato tra la S. Sede e la Repubblica italiana. » 170 » VII. Gli articoli organici del Concordato tra la

Santa Sede e la Repubblica italiana ...» 202

Epilogo ....:,... » 225

PARTE QUARTA

Appendice di documenti inediti.

DocuM. I. Voto del card. Antonelli sulle decisioni da pi- gliarsi dal S. Padre intorno alla pubblica- zione degli articoli organici, fatta dal governo francese contemporaneamente con la pubbli- cazione del Concordato » 229

IV INDICE DEI CAPITOLI

DocuM. IL Voto del card. Gerdil Pag. 229

» III. Pro-Memoria sulla pubblicazione della

Convenzione fra la Santità di N. S. ed il Governo Francese, segnata li 15 lu- glio 1801 e pubblicata in Parigi li 18 aprile dell'anno corrente (1802) . » 230

» IV. Lettera in cifra del card. Consalvi ai

Nunzii, 25 maggio 1802 » 240

V. Altra de' 5-9 giugno 1802 » 242

» VI. Lettera del consigliere di Stato, Por- talis, al Cacault ministro francese in Roma (20 prairial, an X), 9 giu- gno 1802 » 244

» VII. Lettera del card. Caprara al Consalvi,

80 maggio 1802 » 245

» VIII. Lettera Portalis a Caprara (19 prairial,

an X) 8 giugno 1802 » 251

» IX. Lettera Caprara a Portalis, 8 giu- gno 1802 » 252

» X. Lettera Portalis a Caprara (20 prairial,

an X) 9 giugno 1802 » 253

» XI. Risposta del Caprara al Portalis, 9 giu- gno 1802 » 256

» XII. Lettera Caprara al Pancemont, 9 giu- gno 1802 » ivi

» XIII. Disegno di circolare del card. Caprara. » 257

» XIV. Lettera Pancemont a! Caprara, 10 giu- gno 1802 » ivi

» XV. Circolare a' vescovi del card. Caprara,

10 giugno 1802 » 258

» XVI. Formola di riconciliazione per i preti

costituzionali » ivi

» XVII. Lettera in cifra del Consalvi ai Nunzii,

1 luglio 1802 » 259

» XVIII. Lettera del Caprara al Consalvi, 4 ago- sto 1802 » 260

* XIX. Altra dello stesso allo stesso, 29 novem- bre 1802 » 262

» XX. Nota trasmessa da Parigi, la quale dava

ragione della domanda del Talleyrand

INDICE DEI ©APITOLI

intorno la sua pretensione di potersi

ammogliare Pag. 263

DocuM. XXI. Copia del Breve, scritto a Talleyrand

già Vescovo d'Autun, col quale vien riconciliato colla Chiesa cattolica. . . » 265 Memorie sul congresso di lione, te- nuto in gennaro 1802 dai deputati Cisalpini (scritte dall'abbate Benedetto Conventi di Bologna) » 267

» XXII. Osservazioni sopra li IX articoli del Concordato proposto dalla republica italica » 294

» XXIII. Projet d' arrèté concernant les attribu- tions du Ministre de la république italienne, chargé de la partie du eulte. » 299

» XXIV. Projet d' arrété sur le mode d' exécution des lois organiques de Lyon, concer- nant le clergé de la république ita- lienne 300

» XXV. Projet de convention entre Sa Sainteté le Pape Pie VII et la république ita- lienne » 302

» XXVI. Sunto de' voti de' Cardinali (del Bertaz- zoli, elemosiniere del Papa, segretario della Congregazione de' 12 Cardinali). » 304

» XXVII. Esame del Concordato italico, fatto dal card. Antonelli per ordine del S. Pa- dre, 2 ottobre 1803 » 306

» XXVIII. Processo verbale sullo scambio delle

ratificazioni del Concordato italico . » 314

» XXIX. Testo del Concordato italico, con la ra- tificazione di Pio VII » 315

Indice analìtico delle persone e delle cose principali, onde

si fa memoria in questo volume » 325

AL LETTOEE

Questo secondo volume compie le negoziazioni del Bona- parte, per ciò che riguarda i concordati, concimisi colla S. Sede.

Nella prima parte .si tratta della riconciliazione del clero francese, detto di second' ordine. Come fu fatto per i ve- scovi costitiisionali, ossia come fu loro impedita per parte del governo repiMlicano di Francia, una puhMica ahiura e formale della costituzione civile del clero, da essi giurata ; così incontrò a' preti costituzionali. Il governo della repuh- hlica francese non volle, che il suo clero fedele commettesse fumili azione di dichiarare solennemente, che nel giurare la costituzione civile, condannata si può dire dogmatica- mente dal Pontefice Pio VI, esso aveva commesso un errore, e si era cacciato in un vero scisma da Roma, e dalla Chiesa cattolica.

La maniera poi, con cui tutto questo negozio fu condotto dal Bonaparte, dal Talleyrand, e dal Portalis, era finora del tutto sconosciuta. La narrazione del Jauffret è insuf- ficientissima ; quella del P. Theiner è non solamente ine- satta^ ma esposta con pregiudizio, e falsata addirittura.

La seconda parte versa intorno ad un grave avvenir mento, che interessò, più di quello che non si crede dalla comune degli storici, tanto la Francia come e sopratutto r Italia de^ primi anni del secolo XIX.

vili AL LETTORE

Il Congresso di Lione, decemdre 1801-gennaio 1802, segna la prima ìnossa deW Italia verso F unità nasionale, di cui, fino aW apparizione deW astro naiwleOnico, non era sorta Videa se non nella mente di qualche lìensatore o sognatore ])olitico.

S' ingannereMe però chi s' immaginasse, che il Bonaparte avesse mirato in quel congresso ad un tal concetto favore- vole aW Italia, Ivi egli ehhe in vista princixìalmente Vam^ dizione propria e la propria grandezza, e il vantaggio della Francia. Per parte de' quattrocento cinquanta due maggio- renti italiani, coìivenuti per ìina dieta nazionale, in terra straniera e sotto la direzione di stranieri comandanti, si può dire, ch'essi non fecero se non confermare V antico detto della serva Italia o vincitrice o vinta. Infatti i patri otti ita- liani Melzi, Marescalchi, Aldini, Serdelloni, Vicini... con- corsero generosamente alV opera di dare alla loro patria un sovrano straniero !

Ma se per questa parte il congresso di Lione non offre nulla di nuovo, non è così per ciò che si riferisce alla parte politico-religiosa. In quel congresso convenne e prese parte una eletta del clero italiano; arcivescovi, vescovi, e preti vi trattarono, al cospetto del Primo Console francese e de' deputati italiani, per la maggior parte patriotti ossia avversi alla chiesa ed amici singolari de' heni ecclesiastici, vi trattarono dico gV interessi della religione e della patria.

Botto questo rispetto si può dire, che quanto è qui nar- rato del congresso di Lione, è cosa pure inedita e nuova. Gli autori, che ne hanno trattato, come il Botta, il Thiers, il Theiner, il Cantù, lo Zanolini, il Malamani, V Oderici..., 0 non si sono occupati se non della sola parte j^olitica, o hanno travisato assai con insinuazioni, inesattezze, e fal- sità la parte della religione e degli uomini del clero, che in quell'assemblea fu trattata, la quale fu pure grande e importante.

AL LETTORE IX

Ivi propriamente furono deposti i primi germi di un concordato religioso, che assestasse la cosa ecclesia sticaj scon- volta e depauperata dalle rapine de^ patriotti francesi e ita- liani^ e mettesse in armonia gV interessi jmlitici della nuova repul)hlica e nuovo regno italico con quelli della religione e del clero, a hene della comune patria italiana, allora sorgente.

Del quale concordato, come delle sue poco durevoli for- tune, si occupa la terza parte di questo volume.

Nella composisione del quale, ho seguito il criterio sto- rico, che mi ha guidato nel primo di questa serie. Ossia mi sono tenuto alla norma, unica e vera, de' documenti cavati dagli archivii, o dalle memorie di uomini, che furono non solamente presenti agli avvenimenti che narravo, ma ne fecero parte.

In questa maniera, e tralasciando il modo classico d'in- venzione, e certe piacevolesse di descrizione più o meno sog- gettive, ho avuto cura di presentare al Lettore la pura storica verità.

Koma, 18 Maggio 1902.

PARTE FRIiydlA.

LA SANTA SEDE E LA NUOVA CHIESA GALLICANA

CAPITOLO PEIMO

Allocuzione del Pontefice Pio VII sul (Concordato e sugli articoli organici

(24 maggio 1802)

SOMMARIO:

I. Grande rammarico prodotto in Roma dalla notizia dell'essersi insieme col Concordato pubblicati gli articoli organici.

II. Congregazione de' Cardinali a ciò deputata. Famosa allocuzione del S. Padre, recitata nel Concistoro de' 24 maggio 1802 ; sua lettera al Primo Console.

III. Risentimento del Primo Console per l'allocuzione del Papa ; ne la presentare lamentanza al Cacault per mezzo del Portalis ; sua lettera al Papa.

IV. Come i vescovi costituzionali accolsero male 1' allocuzione pontifìcia. Loro lamentanze giudicate in Roma.

I.

Dal 18 aprile, giorno delP accaduta promulgazione del Concordato in Francia, fino agli 8 di maggio dello stesso anno 1802 (1), non erano arrivate in Koma se non le notizie

(1) Agli 8 di maggio il Consalvi scriveva a'Nunzii: «... Sono final- mente giunte le tanto aspettate e tanto temute lettere del sig. Card. Le-

BiNiERi. La Diplomazia Pontificia nel secolo XIX. Voi. II. 1

CAPITOLO PRIMO

del fatto. Mancaudo tuttora i ragguagli del come si erano passate le cose, fu grande la apprensione del S. Padre e del card. Consalvi. Laonde questi scrivendone a' Nunzi, così li in- formava a' 30 di aprile:

«... Si sta in sommo pensiero, non avendosi in tanti giorni dal di di Pasqua in qua nuova alcuna sulla funzione di detto giorno nella Chiesa di notre Dame. Si trema che le cose sieno andate si male, che il Legato non siasi creduto nel caso di farle sapere più presto con un corriere. Spaventa l' affare degli Intrusi, cioè della , formola della sommissione per la loro riconciliazione, su di che Dio faccia che niuna sorpresa, niun equivoco, niun timore abbia fatto dipartirsi il Legato dalle prescritte istruzioni avute, il che se fosse. Ella vede che ne risulterebbe. Questo affare, e per quello che già si è colà recentemente fatto, e per quello che temiamo che siasi fatto in seguito, è veramente amarissimo (1). »

Quando si ebbe esatta conoscenza di ogni cosa, fu grande il rammarico provato da Pio VII, dal Consalvi, e da tutto il sacro collegio. Buona parte de' costituzionali, voluti nominare dal Primo Console alle nuove sedi, avevano ricevuto V isti- tuzione canonica con un atto simulato di sommissione alle ingiunzioni richieste dal Capo della Chiesa; al cardinal Legato si era fatto prestare un giuramento, col quale lo impegnavano a patrocinare le libertà gallicane ; al Concordato pattuito eransi aggiunti articoli organici, distruggitori in buona parte

gato. Esse sono de' 10... e 18 di adirile. .. » A' 24 dello stesso mese il Caprara^ rimandando a' pubblici fogli i ragguagli della gran festa del giorno di Pasqua, dava scarse notizie delle cose. Ed in una particolare, data nello stesso giorno, diceva così : « Per non rinnovar le piaghe aper- tesi nel mio cuore per 1' avvenuto il giorno di venerdì santo, tocco sol- tanto di volo coir odierno mio dispaccio il passato. Dirò solo, che avendosi potuto riuscire in ciò che il S. Padre e V. Emza hanno desiderato, ed a che io avevo dirette unicamente tutte le mie premure, il passato giorno di Pasqua sarebbe stato giorno di completa esultanza. » Quell'avendosi jmtnto riuscire equivale nella lingua del Caprara a dire : se fossi potuto riuscire.

(1) Archiv. Vatic, Cifre a' Nunzìì, Princìpi, voi. 276.

ALLOCUZIONE DI PIO VII SUL CONCORDATO

del bene sperato dal primo; e ad « ambedue essendosi data la denominazione di contratto (1) », poteva facilmente credersi dal pubblico, che quelP aggiunta fosse stata fatta dMntesa con Koma. Erano altrettanti motivi, i quali impedirono al Papa la piena gioia di contentezza, che provava nel vedere dopo lunghi e procellosi anni rimessa nella nazione francese Pan- tica religione. Ed una tale disdetta sentiva il Papa tanto mag- giormente, in quanto tutte quelle cose si erano operate con astuzia e con violenza dalla parte del governo, con manca- mento alle combinazioni prese insieme, e con determinazioni ignorate dalla Santa Sede.

Per le quali cose tutte, trovavasi la Santa Sede in una condizione assai delicata : per una i^arte non poteva approvare la legislazione degli articoli regolatori della convenzione ap- provata e firmata dal Papa, e molto meno tollerare anche il solo sospetto di una intesa diretta o indiretta intorno a quegli articoli, dal Papa non conosciuti, nonché mai approvati ; e dalP altra non poteva, senza pericolo di irritare il governo ; consolare, esprimere un biasimo solenne di quelP opera gal- licana. Il partito migliore, che la prudenza potesse dettare.

(1) A queste parole, scritte dal Consalvi al Card. Cai)rara, il De l,a Meurthe (Docum. Concord.f V, 581) fa 1' osservazione che segue : « Por- talis n' a point dit que les articles organiques du eulte catholiqne étai- eut un contrat fait avec le St. Siége. Il a dit,... que ces articles jpar- ticijjent à la nature cV un contrat entre frangais. » Il eh. uomo si sbagli.-i, avendo il Portalis recitate nel suo discorso queste precise parole : « La convention avec le Pape, et les articles organiques de cette convention, j)ar- ticipent à la nature des traités diplomatiques , e' est-à-dire à la nature d^m véritable contrat. » Evidentemente la natura de' trattati diploma- tici è di ben diversa specie dalla natura di un contratto sociale, che il De la Meurthe vorrebbe mettere in capo al Portalis. Quindi la idea di contratto, affacciata dal Portalis nel suo discorso, non può se non rife- rirsi ad un contratto passato col Papa, e non con la nazione. È vero, che 1' oratore francese non intendeva di dire, che gli articoli organici fossero stati intesi col Papa: è vero però, che la sua espressione lo dava ad intendere : e questo appunto affermava il Consalvi, e non altro.

CAPITOLO PRIMO

era quello di significare entrambe quelle due cose in maniera abbastanza chiara per non offendere il mondo cristiano, e velata abbastanza da non destare le ire di un Bonaparte. E così fece il Papa dopo matura consultazione.

« Le dirò, scriveva il Consalvi a' Nunzii (15 maggio 1802), che

il di 18 del corrente si terrà innanzi a N". S. la Congregazione dei

12 Cardinali che è stata sempre consultata in questo affare di

Francia, ed in essa si proporrà l'esame della direzione da tenersi

in si difficile frangente, in cui nella necessità di far conoscere che

specialmente alle leggi organiche non si è avuta dal Papa alcuna parte, e che anzi (e questo è il più arduo a dirsi) le disapprova,

si farà in modo che combini insieme il farsi intendere dal mondo e il non rovinare tutto in Francia, mentre bene Ella vede, che di- chiarando tale sentenza potrà temere il Governo che gli si metta la discordia e la refrazione in casa; ond'è facile immaginare a quali passi potrebbe condursi. Fra questi pensieri sommamente si af- fligge il S. Padre, e può Ella immaginare quanto io ancora ne sia trafitto (1). »

Quanto si discusse, e quanto venne deciso in quello, congre- gazione, è assai importante a sapere. Nelle lettere che il Con- salvi scriveva al card. Caprara, egli non poteva aprire piena- mente Pauimo suo, e manifestare al vecchio Cardinale in tutta la sua ampiezza lo scontento provato in Roma dal Papa e dal sacro collegio, per la maniera onde si erano passate le cose a Parigi. E ciò naturalmente aveva per motivo sia il non ama- reggiare soverchio il Legato pontificio, che si era adoperato del suo meglio, sia il non voler afiìdare alla posta i sentimenti secreti di Koma^ la cui conoscenza giunta alP orecchio del Primo Console avrebbe potuto cagionare sconcerti, che si volevano evitati. Ma neMispacci, che inviava ai Nunzii pontificii residenti nelle varie Corti cattoliche, il Consalvi descriveva le cose comperano veramente. In uno dunque di questi, in data de^22 di maggio, egli così narra le determinazioni con-

ci) Archiv. Vatic, Cifre a' Nunzii, voi. 276.

ALLOCUZIONE DI PIO VII SUL CONCORDATO

sigliate e prese in quelP adunanza de' cardinali consultori. È la seguente cifra (1) ;

« Il di 18 si tenne la Congregazione dei 12 Cardinali, deputati per gli affari di Francia, dinanzi al Papa, de' quali N. S. ha voluto sentire il parere, prima di parlare nel Concistoro di lunedì prossimo della pubblicazione del Concordato. Il risultato fa questo, che non poteva non essere amarissimo ciò che risguarda l'affare degli arti- coli organici, i quali si è riconosciuto contenere cose contrarie del tutto alle massime della Chiesa e sovversive intieramente della di- sciplina. E lo stesso e più ancora si disse sul discorso di Portalis. Si concluse parimenti essere dolorosissimo l'accaduto intorno agli Intrusi, si nell' esser cadute le nomine su di essi, si nel non essersi essi prestati pienamente a ciò, che N. S. aveva esatto nel pessimo caso che la nomina di alcuni di essi fosse inevitabile, lo che si era procurato di scansare ad ogni costo. E finalmente si convenne an- cora sul disgustoso incidente, che il Sig. Card. Legato si lasciasse indurre a fare oltre il complimento francese anche la lettura di quella carta latina, in cui se non esiste (come non esiste veramente) la promessa sulla osservanza delle libertà Gallicane, esiste però quella del servaturum statuta et consuetudines Reipuhlicae (2).

« Si convenne però, che tutto ciò non ostante trattandosi di cose fatte, non era possibile di dare indietro, senza esporre la religione a conseguenze funestissime, irritando un Governo ed un corpo nu- merosissimo di Magistratura, che tutto ha partecipato nel fatto. Quindi si fini per dire che circa la promessa del Card. I^egato con- veniva metter facoltà vera, che per una parte ci libera dalla fal- sità toccante le libertà Gallicane, e che solo esige il doversi pro- curare di dare una spiegazione al senso, in cui si deve intendere il servaturum statuto.^ cioè che nell' esercizio della sua legazione non attenterebbe contro i statuti, come di fatti dice il contempo- raneo discorso francese, che egli fece. E quanto agli Intrusi nomi- nati si concluse doversi far conoscere, che essi si sono effettivamente riconciliati con la Chiesa, producendo insieme con le loro lettere (in cui benché dicano solamente di abbandonare la costituzione civile,

(1) Nel margine della minuta, che qui diamo, è scritto dalla mano medesima del Consalvi V avviso ai copiatori, di non farne copia per il Cardinal Carrara.

(2) Vedi voi. I, p. 153.

6 CAPITOLO PRIMO

pure implicitamente potrebbe intendersi, che abbandonandola accet- tano i giudizi! della S. Sede che l'ha condannata, e la riprovano e se ne dolgono) nonché il decreto di assoluzione di censura, da essi accettato, in cui sebbene essi non siansi sottoscritti, pure il Vescovo di Orléans attesta che avendo l'ordine di loro non conse- gnarlo, se non avessero prima adempite le cose in esso prescritte, lo ha consegnato, perchè attestassero che le hanno adempite, cioè hanno accettato espressamente i giudicj della S. Sede, e resipiscentiae si- gna dederunt (1).

« Quanto poi alle leggi organiche si concluse, che N. S. dovesse almeno dire apertamente che non vi ha avuto alcuna parte e che le disapprova. Ma su questa ultima espressione, si riflettè che una forte maniera di dirlo potrebbe gittare un incendio in Francia ed altamente infierire il governo, che quasi temerebbe che gli si eccitasse contro i cattolici, senza parlare della cattiva figura che gli si farebbe fare. Onde in vista dei temibili mali che se ne pos- sono temere, si disse che il Papa bastava che dicesse che tali leggi erano di tal natura, che egli non poteva non desiderarne le oppor- portune modificazioni e cambiamenti (dunque non le approva), e che ciò implorerebbe dal governo francese.

« E si concluse infine, che il Papa poteva benissimo cantare il Te Deum (la di cui omissione sarebbe dispiacentissima al Governo Francese, e sommamente pericolosa), purché facesse conoscere, che il ringraziamento a Dio cadeva sulla pubblicazione del suo Concordato e non sul resto.

« Tutto ciò si farà nella allocuzione che il Papa farà nel con- cistoro, la quale si stamperà con gli atti del Concordato e della Legazione, nei quali non inserendo le leggi organiche, sempre più risulterà non essere del Papa. Non è però che non si sia in un'an- goscia di morte, ben vedendo N. S. la delicatezza estrema di tali oggetti, e quanto sia quasi impossibile di parlare in modo, che ap- parisca innanzi al mondo cattolico la disapprovazione del Papa, e non si offenda il governo francese. Dio faccia che ci si riesca, ma se ne trema (2). »

(1) Vedi voi. I, p. 473, 576.

(2) Arcliiv. Vatic, Cifre a' Nunzii, Principi, voi. 276. Anche in questa congregazione i Cardinali furono pregati di portare in iscritto i loro pa- reri. Quelli del card. Antonelli e Gerdil vedili nell'Appendice (Docum. 1, II). Quivi pure è da considerarsi il Pro-Memoria sulla pubblicazione della Convenzione..., che si riferisce a questa circostanza (Docum. III).

ALLOCUZIONE DI PIO VII SUL CONCORDATO

II.

Molto agitata per diversità di^areri fu certamente quella congregazione, e non tatti i cardinali consigliarono quella linea di condotta, che nel precedente dispaccio vedesi trac- ciata con mirabile chiarezza dal card. Oonsalvi. Alcuni cardinali avrebbero desiderato, che il S. Padre alzasse alto la voce e ri- provasse con piiì zelo che senno^ quanto negli articoli organici e nella soverchieria, usata al card. Legato per la presentazione del giuramento e per V abiura de' costituzionali, scorge vasi di riprovevole (1).

Invece Fautore del Pro-memoria^ citato (2), confutando co- testi consigli, mette innanzi alcune considerazioni, che poi fu- rono seguite dal S. Padre, a fine di scusare per piìi rispetti la condotta, se non l'opera del governo francese. Egli osserva, che leggi forse peggiori degli articoli organici esistevano in Francia prima della rivoluzione, per questo la religione cattolica in Francia fu reputata distrutta. Perchè dunque, dice egli, « non dovrà credersi ora ristabilita almeno come era, non ' ostante la pubblicazione degli articoli indicati ? Si abbia infine un paziente riflesso al modo, al tempo, ed alle circostanze, nelle quali gli articoli sono emanati. Si avverta che sono stati letti almeno in compendio al Cardinale Legato; che alcuni a suo suggerimento, come egli riferisce (3), sono stati modificati, al-

(1) Archiv. Vatic, Cifre a' Nunsii, voi. 276.

(2) Vedi la nota superiore ; e voi. I, p. 432.

(3) Questa notizia, che qui incontro per la prima volta, è gravissima ; e deve necessariamente esser vera, avendo 1' autore di questo Pro-Me- moria avuto in mano le lettere del Caprara, con 1' altro incartamento dato ai cardinali della Congregazione. Siccome le lettere del Caprara non le ho trovate nelP Archivio Vaticano, almeno tutte, non è maravi- glia che tra quelle che mancano, vi sieno appunto le qui mentovate, nelle quali il Cardinale riferiva di aver letto gli articoli organici. Es- sendo così, non si potrà mai deplorare tanto che basti la poca influenza

8 CAPITOLO PRIMO

cuni tolti j dal che se ne dedurrà, clie lia mostrato di tolle- rare almeno quelli che sono rimasti. Si avverta quante difficoltà ha dovute superare il Primo Console istesso, per dare ese- cuzione alla Convenzione, e quanti beni, non ostante gli articoli organici, ha questa già prodotti. Si mediti infine seriamente quali sarebbero le conseguenze, se contrariato il Primo Console da una pubblica clamorosa riprovazione degli articoli organici (che produrre non potrebbe in Francia, che X un pericoloso fermento) opponesse la previa esistenza di al- trettante leggi a questi consimili, ed esigesse non solo che i vescovi ne giurassero l'osservanza, ma giungesse anco forse a chiederne alla Santa Sede V impossibile sanzione. »

Dopo tali osservazioni tanto assennate quanto calzanti, questo cardinale consigliere suggerisce la maniera pratica, con cui il Papa deve parlare al mondo cattolico. « Xon può cer- tamente, così continua, guardare il S. Padre in silenzio^ anzi deve parlare; ma perchè non può annunziar al Sacro Collegio de' cardinali la pubblicazione della Convenzione nel modo che è stata fatta, e tutti i beni che ne sono derivati, e con una ben tessuta allocuzione da rendersi pubblica colle stampe . dichiarare, che improvvisi gli son giunti gli articoli organici pubblicati insieme alla Convenzione^ che Egli ne i suoi Ministri vi hanno avuta veruna parte, e che non lascerà di reclamare al Primo Console un sollecito riparo alle massime fatte ora rivivere in Francia, contro le quali i Pontefici suoi Predecessori hanno sempre reclamato? (1) »

del Legato, nel non essere riuscito ad impedire la sopraggiunta di que- gli articoli, che sono stati il fomite originale d' onde deriva da un se- colo V infermità del governo francese, e il danno della nazione, in ma- teria religiosa. Si noti sempre, che tutta l' importanza del ristabilimento della religione, come l'intendeva la S. Sede, consisteva in una ristau- razione perfetta, che fosse sgombra delle antiche pastoie, con le quali r antico regime legando al suo trono la religione e separandola dalla unità e dal centro, di Koma, rovinò se stesso e la religione. Ora, cogli articoli organici tutta, questa importanza fu distrutta! (1) Pro-Memoria, cit. {Docum. III).

ALLOCUZIONE DI PIO VII SUL CONCORDATO 9

Secondo le norme di una direzione così assennata, il Con- salvi fece comporre la celebre Allocuzione « Quam luctuosam », €he il S. Padre recitò dinanzi al sacro collegio adunato so- lennemente a^24 di maggio.

In essa il Sommo Pontefice accenna imprima a' guasti orrendi dalla rivoluzione arrecati alla Chiesa e alla religione, ^ rileva quindi i meriti del Primo Console, il quale prevenne la Santa Sede nel desiderio arrecarvi riparo. Espone le trattative clie riuscirono a esito felice il 15 luglio 1801, e 11 successivo invio del card. Legato per il compimento delPopera, ^ presenta ai cardinali, stampata per suo ordine, la serie degli atti autentici, che alla lunga trattativa si riferiscono.

Colla presentazione di questi attiy ne^ quali la formola del giuramento del card, Caprara è restituita al suo tenore genuino^ e gli articoli organici non vi figurano, il Papa dichiarava in maniera indiretta, ma chiara ed efficace, egli non aveva avuto nessuna parte dato approvazione alcuna «' detti articoli, e scolpava il suo Legato di quanto nella formola del suo giura- mento, pubblicata dal Moniteur, gli era attribuito.

Annunzia in seguito la pomposa promulgazione, data al Concordato nel giorno di Pasqua, menzionando i soli 17 arti- coli della convenzione, e tacendo affatto de' 77 articoli organici. Dopo ciò esprime la gioia di soddisfazione, che per un tanto avvenimento sente tutta la Chiesa, ed Egli in special maniera •che di tutta la Chiesa è il Capo.

E soggiunge di presente : « Non è però tanta la letizia « cui ci sentiamo penetrati, che non ci si pari innanzi una « qualche cosa, la quale non istimolì la nostra sollecitudine « e non esiga le nostre cure. Ma una tal sollecitudine Noi « confidiamo di venir liberati dalla sapienza e dalla religione « del Primo Console e della nazione francese^ la quale per « tanti secoli fu tanto benemerita di quella religione cattolica, « cui ora essa riabbraccia e raccoglie con amore nel suo seno. « Osserviamo infatti, che insieme con la convenzione nostra

10 CAPITOLO PRIMO

« sono stati promulgati alcuni articoli, a noi ignoti; dei quah\ « nel seguire che noi facciamo le orme de' nostri predecessori, « non possiamo non richiedere le necessarie modificazioni e i « cambiamenti dovuti. Noi ci adopereremo certamente con « ogni studio presso il Primo Console, affinchè una tal cosa « ci sia dalla sua religione conceduta. Ed abbiamo fiducia di « conseguirla da lui e dal popolo francese. Imperocché il « governo francese, nel ristabilire la religione e nel ricono- « scerne la santità e Futilità, non può non volere che quanto «la santissima costituzione di lei esige, venga eseguito, e si « mantenga in armonia con quella salutare disciplina, che è « stabilita dalle leggi della Chiesa. »

Con ciò si protesta il Santo Pontefice di non avere in mira se non gF interessi spirituali della Chiesa, ed esorta i nuovi vescovi a non ingerirsi in cose che alla loro dignità e mini- stero si disconvengono.

E qui appunto si occupa de' nuovi vescovi. Loda con grandi parole l'obbedienza degli antichi e l'unione da loro mantenuta colla Santa Sede; dichiara i meriti di santa vita de' novella- mente inalzati alla dignità vescovile; però non dimentica quelli, che negli ultimi sconvolgimenti occuparono le sedi episcopali, ponendosi fuori delV unione con la Chiesa e con la Sede apo- stolica : la quale anche ad essi non ristette tuttavia dallo sten- dere maternamente le braccia.

Come si vede, l'argomento qui trattato era delicatissimo : il S. Padre pure si esprime ne' seguenti termini precisi : « Non « vi sgomentate. Venerabili Fratelli: la costoro istituzione negli « officii de' legittimi pastori delle nuove diocesi loro affidate, « fu preceduta dalla loro riconciliazione con quella Apostolica « Sede. Dagli atti, che vi presentiamo a leggere, intenderete « che quegli uomini feos virosj compirono colla Chiesa un tal « debito necessario (1). » Per le quali cose trova il S. Padre

(1) Il testo intiero si può leggere nel Bullarii Romani continuatio (Eo- mae, 1846), XI, 355; Theiner, Histoire des deux Concordats, Pièces justi- ficatives, pag. 117 ; Boulay de la Meurthe, Docum. Concord., V, n. 1273.

ALLOCUZIONE DI PIO VII SUL CONCORDATO 11

motivo a bene sperare, che i nuovi pastori adempiranno nella nuova diocesi i propri doveri.

Termina colP implorare da Dio la grazia fecondatrice del bene già iniziato, affinchè da essa venga condotto al felice desiderato compimento.

Questa allocuzione di Pio VII è un vero monumento di sapienza pontifìcia; in essa spiccano per una parte la verità^ e per V altra la prudenza. La prima era dovuta al mondo cattolico, il quale dalla Santa Sede, che s^ intitola cattedra della verità, aspettava un criterio giusto per giudicare gli articoli organici e P accettazione de^ vescovi costituzionali; la seconda esprimeva veramente una chiara disapprovazione,, ma insieme la disapprovazione ricopriva col velo della speranza e attutiva con parole di preghiera. Per siffatta guisa quell'atta di Pio VII presenta la forma e la sostanza di un vero capa d'arte, di una diplomazia accorta, ma insieme santa, e soa- vemente imperterrita (1).

Il Consalvi si affrettò di comunicarne (25 maggio) il con- tenuto al ministro francese in Eoma, signor Gacault, affinchè ne riferisse al suo governo il vero senso, conforme lo avevana dettato le circostanze (2). E subito spedì a tutte le nunziature

(1) Nel Cracas, o Diario (di Roma) ordinario, n. 146, 26 maggio 1822, non si leggeva, intorno al grande avvenimento, se non il seguente an- nunzio :

« Lunedì mattina, 24 maggio, la Sant. di Nostro Signore tenne nel suo Palazzo Apostolico Quirinale il Concistoro segreto, ed in esso la Santità Sua

Chiuse la bocca secondo il costume agli Emi Sigg. Cardinali Carlo Crivelli e Giuseppe Spina.

Quindi con una Allocuzioìie partecipò al Sagro Collegio la pubblicazione fatta in Parigi della Bolla contenente i 17 Articoli del Concordato fra la San- tità Sua, e il Governo francese (p. 11). »

(2) Questa notificazione è riferita dall' Artaud, Storia della vita

di Pio VII (traduz. ital., 1844) I, 249. Ivi trovasi pure la risposta a voce fatta dal Cacault, come anche nel Theiner, I, 434 ; e nel Iager,. Misioire de V Église catholique en France, XX, 435.

12 CAPITOLO PRIMO

insieme col testo delP allocuzione, le traduzioni in francese e in italiano, e vi aggiunse tutti i documenti in prova delle verità che in essa si contenevano. Il testo o le traduzioni degli altri documenti dovevano i Nunzii far pubblicare nelle gazzette 5 degli altri documenti si dovevano servire nelle rela- zioni diplomatiche colle varie corti (1).

« È da sperarsi, scriveva poi a tutti, che questa allocuzione appaghi il mondo, e insieme non urti in Francia, essendosi fatta con tanta saviezza e circospezione. Ohe se accadesse il contrario, altro non ci è da dire se non che rassegnarsi alla disposizione di Dio (2). »

Insomma, a iìne di prevenire e spianare in anticipato le asprezze che un tal linguaggio, proferito in maniera aperta « chiara, al cospetto del mondo, avrebbe cagionato nelPanimo del Primo (Jonsole, lo stesso Pio VII gli rivolse una lettera a' 2 7 di maggio. Nella quale il Santo Padre esprimeva piti in breve, ma in una maniera paterna e confidenziale, gli stessi sentimenti già fatti conoscere nelP allocuzione: ossia lo lodava per il bene operato, lo scusava del non averlo potuto operare compiutamente per cagione delle circostanze ; sperava però dalla sapienza e religione del primo rappresentante della cat- tolica Francia, ch^egli per il bene appunto della religione pel vantaggio del popolo, supplirebbe in un miglior tempo a ciò che cagionò al Capo della Chiesa non piccola amarezza. Il perchè, conchiudeva : « Noi vi supplichiamo caldamente di

(1) Nello inviare quegli atti, il Consalvi scriveva (Cifre a' Numii, 25 maggio 1802): « ... Si desidererebbe che Ella facesse inserire (V allocu- zione) nelle Gazzette, a scanso del pericolo che i Gazzettieri vi inseriscano altre traduzioni non esatte, il che deve in delicata materia assoluta- mente evitarsi. Nel procurare Ella la inserzione di tal pezza nelle gazzette^ veda di farlo come da sé, e anche (potendo) per altrui mezzo, senza aver l'aria di farlo per commissione, ma ad ogni modo procuri che tale in- serzione succeda. »

(2) Vedasi intiera questa lettera nell'Appendice {Docum. IV).

ALLOCUZIONE DI PIO VII SUL CONCORDATO IS

fare in modo, che gli articoli organici, che ci erano ignoti, ricevano le dovute modificazioni (l). »

Non erano inutili coteste precauzioni ; perchè, veramente in Francia, quale che ne fosse il secreto intendimento, vari fatti davano a vedere che il governo francese gabellava in pubblico il Concordato e gli articoli organici, come una merce ottenuta di comune intesa con Koma. E dalPaltra parte, es- sendosi sparsa la notizia della sommissione ed abiura de^ ve- scovi costituzionali, questi ne menavano fiero scalpore, dando ad intendere colle parole e cogli scritti tutto ciò essere una invenzione. Informato di tutte queste cose, il card. Consalvi era in gran timore, che non accadesse qualche nuova tempesta, quando V allocuzione pontificia fosse venuta in Francia a notizia di tutti (2).

Tuttavia la prima impressione, sentita in Francia nelle sfere governative dalle parole del Papa, fu buona, e diede occasioue a sperar bene. « In sostanza, scriveva il Consalvi, si è che la cosa (se in seguito i sempre forti nemici della reli- gione non giungono a guastarla) è andata bene. L^allocuzione è stata comendata, e P hanno ritrovata vera, savia, delicata, tenera, e che salvando le massime non poteva non essere al tempo stesso di edificazione insieme e di soddisfazione... Ne sia sempre ringraziato il Signore (3)! »

HI.

Se non che di a pochi giorni, le notizie ricevute dal card. Caprara, le quali informavano il S. Padre di una udienza accordata al Legato dal Primo Console, cambiarono le prime speranze in forti timori.

(1) Theiner, op. e voi. cit., p. 433; Iager, op. e voi. cit., p. 433.

(2) Vedi Ci/re Consalvi a' Nunzii, 5, 9 giugno 1802 (Docum. V).

(3) Archiv. Vatic, Cifra a' Nunzii, Principi, 15 giugno 1802.

14 CAPITOLO PRIMO

Ed infatti seppe assai reo al Primo Console, che il Papa avesse avuto Fardimento di pronunziare un biasimo sebbene garbato su gli articoli organici; e quindi volle egli pure alla sua volta significare al S. Padre Pio YII la sua disapprova- zione delle parole papali. Incaricò pertanto il ministro Portalis, direttore de^ culti, di far conoscere a Eoma qualmente un linguaggio, di quella fatta, usato dal Papa in un concistoro solenne, passava i limiti della convenienza. Insistendo su ciò, che « le proteste del Capo della Chiesa contro atti della so- vranità governativa non dovevano farsi con V uso di forme così solenni, essendovi pericolo che arrechino qualche incer- tezza nelle anime, e riescano di Ostacolo al bene (1). » Inoltre rilevò il silenzio serbato dal Papa su i vescovi emigrati, con- servatisi ribelli alP invito e alPordine pontificio di dimettersi, fronte al biasimo usato dal S. Padre verso i vescovi costi- tuzionali.

A questo ammonimento indiretto aggiunse qualche altro mezzo, onde impedire nel pubblico quelP effetto che appunto il Papa intendeva di conseguire con la sua allocuzione. Egli

(1) D'Haussonville, 1j^ Église romaine et le premier empire, I, 252. Questo autore però non arreca la data precisa, e si contenta di scrivere a pie di pagina : « Dépèche à M. Cacault, 1802 ». D'un tal dispaccio si trova un ac- cenno più lungo nel Jauffret, Mémoires Insto rìques..., I, 72 ; e siccome le parole di costui sono riferite tra virgolette dal x^rimo, lio sospetto che il primo abbia copiato il secondo, senza aver consultato il documento clie deve trovarsi neìV Arcliivio del ministero degli Esteri di Parigi. Il De la Meurthe (DocMm. Concord... V, nota 2 a pag. 593) scrive che Portalis incaricò il Cacault di far sapere a lioma, che « dans des imprimés de cette nature, le Pape ne doit jamais se permettre de blàmer publique- nient des choses qui peuvent porter du trouble, surtout dans une église naissante. » In quanto al P. Theiner, impegnato com'era a far l'apologia religiosa del Bonaparte, di tutto ciò non tìata una sillaba. Eppure scri- veva per confutare il Card. Consalvi e il conte d'Hausson ville ! Cf. Mé- moires du Card. Consalvi (1866) II, 386. Il vero si è, che l'autore di questo dispaccio è il Portalis, il quale lo indirizzò al Cacault. Vedilo nel Do- €um. VI.

ALLOCUZIONE DI PIO VII SUL CONCORDATO 15

nel giorno stesso di Pasqua aveva fatto pubblicare un grosso volume, col titolo Concordai. Xelle prime pagine vi aveva inserito i diciassette articoli, stipulati con Roma, togliendovi la firma del card. Consalvi, e nel rimanente volume diede posto e svolgimento a' settantasette articoli organici: la com- prensione di cose tanto diverse sotto un medesimo titolo svelava evidentemente il pensiero di una comune origine degli articoli organici e del Concordato, che si voleva dare ad in- tendere (1). Inoltre, non potendo tener celata ufficialmente ^allocuzione del Papa, che era una promulgazione del trattato, fatta dalP altra parte contraente, le diede veramente pub- blicazione nel Moniteur de' 19 pratile (8 giugno 1802), met- tendo di fronte al testo latino il francese. Vi fece però ag- giungere in nota, che il contegno del Papa e il suo linguaggio intorno agli articoli organici non era se non P antica disap- provazione delle libertà gallicane^ cosa tradizionale nella corte Romana. E di più nella traduzione francese di alcuni testi latini si fecero delle aggiunte e delle omissioni non indiffe- renti (2).

Egli però nel rispondere alla lettera del S. Padre si seppe temperare, dissimulando in parte la propria scontentezza, ed

(1) Mémoires du Consalvi^ II, 386; D'Haussonville, I, 250.

(2) Mons. Di Pietro (17 maggio 1802), inviava al Consalvi « quelle inesattezze, che ha trovate nella traduzione in lingua francese delle Bolle apostoliche : Pag. 20 : « Illustrem virum penes quem = (p. 21) : « De P homme célèbre et juste qui exerce... »

Pag. 48 : « Quarum singulis possent ad prima nominari = pag. 51 : « Le Premier Consul doit. »

Pag. 52 : « Audito concilio plurìum Venerabilium Fratrum nostrorum : « C est pourquoi de V avis de nos vénérables frères (omessa intieramente « la parola de plusieurs). »

Pag. 56 : « Quod idem decerni mus relate ad eas Metropolitanas et cathedrales ecclesias, quas supra nominatim suppressimus et extinximus si eae forte partem aliquam suarum dioecesium haberent extra fines actua- lis territorii Gallicanae reipublicae. » Nella traduzione ciò è omesso interamente. » (Archiv. Vatic, Francia Appendice Epoca Napoleonica, vo- lume XIV). Cf. D'Haussonville, op. e voi. cit., p. 254.

16 CAPITOLO PRIMO

in parte dando corda alle speranze pontificie. Non era ancora giunto il tempo delle strepitose sfuriate, e de^ comandi impe- riosi, acquali dal 1805 in giù intendeva dMmporre al Vicario ; di Gesù Cristo obbligo di sottomettersi, come se fosse un fantaccino della sua guardia.

« Santissimo Padre, scrivevagli a' 14 giugno (25 pratile, an. X), ho ricevuto la vostra lettera del 25 (27) maggio.

« Ho fatto conoscere al cardinal legato, che le circostanze della religione esigevano che si facesse per questa Chiesa tutto quello che si può; che non bisognava ricordarsi del passato, ma badare all'avvenire: la continuazione di uno scisma non potendo avere se non la cattiva conseguenza di accrescere il numero de^ calvinisti, e arrecare alla Chiesa di Francia un danno irreparabile. Il card. Legato ha intorno a se alcuni teologi, i quali non hanno vedute abbastanza lunghe. I vescovi sono accolti da tutte le parti con edificazione e con onore. Si sono prese nuove provvidenze per migliorarne resistenza temporale. Ho fatto dotare tutti i vicarii generali, i canonici, e i seminarli. Tutti i preti e monaci, anche gli antichi con- dannati, hanno pensioni e quindi vita onorevole... (1). »

Con questa lettera il Primo Console alludeva alla maniera, scaltra ancora e violenta, con cui aveva fatto a suo talento regolare dal card. Caprara la riconciliazione de' preti, detti di second^ ordine. Prima di trattarne, deve conoscersi come si risentirono i vescovi costituzionali delP allocuzione del Papa,

IV.

Questi, prima eziandio che il Papa avesse fatto sentire la

sua voce, avevano dato di e della loro conversione prova

Z non solo dubbia ma cattiva, in private conversazioni ed in

(1) Correspondance de Napoìéon /er^ yn^ n, 6130. Gli originali delle lettere del Bouaparte a Pio VII, ossia 32 lettere (1802-1806) firmate di sua mano, si trovano nell'Arcliiv. Yatic, Francia Appendice Epoca Napo- leonica, voi. Vili, Fascio B.

ALLOCUZIONE DI PIO VII SUL CONCORDATO 17

pubblico per la stampa (1). Ma dopo pubblicata in Francia l'allocuzione pontificia non servarono piìi misura. Laonde in Eoma si pensò seriamente se non fosse quello il caso di farli deporre dalle sedi, che occupavano con tanto scandalo; e si diede ^incarico a Monsignor Bertazzoli, arcivescovo di Edessa e limosiniere del Papa, di raccogliere i documenti necessari e di riferirne allo stesso Pontefice. Ed egli nella sua relazione, che dovette comporre nel giugno di quest'anno 1802, fra le altre cose osservava:

« Tutti questi documenti... non giungono forse, come stanno, a formare una prova legale. Si rileva però in essi quanto basta al- l'oggetto presente, che: Le Coz arcivescovo di B esamone, Eeymond vescovo di Dijon, e La Conibe vescovo d'Angoulème sono tuttavia apertamente contumaci nel loro attaccamento agli erronei principj della Costituzione civile del Clero, nel non volersi assoggettare ai giudizj delia S. Sede sopra la medesima e sopra gli affari eccle- siastici di Francia, ad onta di ciò che annunziò S. S^» nel conci- storo segreto delli 24 maggio 1802...

« La Combe nella sua lettera al Prete Binos protesta espressa- mente, e con una impudenza che fa fremere, d'avere amate e ri- spettate le disposizioni della Costituzione civile del clero, e di segui- tare tuttora a rispettarle e ad amarle; che lungi dal biasimarsi per j- avervi ubbidito, giudica anzi questi atti come i migliori della sua vita; e nega quindi apertamente d'aver mai ritrattato e d'aver ri- -^ cevuto decreto veruno d' assoluzione.

« Altrettanto dice Le Coz in un estratto di lettera fatto stampare da Silvain Cadet, giudice del tribunale di Fcennes, come si può scorgere da vari documenti... e da due lettere scritte da lui stesso all'Emo Legato (2). Fra le quali la seconda, delli 14 giugno 1802...

(1) Vedi voi. I, p. 474 segg. Per esempio la lettera di Dominique La- coììibe évèque (V Angoulème au rév. Charles Brault... ha la data de' 22 mag- gio 1802.

(2) Dalla diocesi di Besanzone così scrivevasi al card. Legato, contro il Le Coz arcivescovo: « ... Ils (i costituzionali) disent hautement qii' ils out gagné leur cause, et que le schisme et tout le tort est dii coté de ceux qui ne les ont pas imités. Cependaut ees derniers sont au nonihre de 2000 cantre 300 ; ils ont toujours suivi et suivent les Brefs des Papes

BisriERi. La Diplomazia Pontificia nel secolo XIX. Voi. II. 2

38 CAPITOLO PRIMO

è veramente detestabile per l'impudenza, con cui nega sfrontata- mente, che fossero fuori dell'unità i vescovi costituzionali, suoi pari, per non aver ricevuto l'istituzione di Pio VI (1). E finalmente in una sua pastorale degli 11 giugno 1S02, che da.ì piccoli estì'attì che se ne hanno, lo manifesta per quel pessimo mobile, ch'egli è. « Lo stesso finalmente dice Reymond in una sua lettera, di cui i' si ha copia, scritta da Parigi li 16 aprile 1802 a M.^" Le Maitre, curato costituzionale di Grenoble, dove Reymond era stato vescovo intruso...; e lo stesso ripete da una pastorale di lui stampata, nella quale al riferire dell'Emo Legato, che non ne ha trasmesso copia, dice d'essere stato chiamato per la seconda volta al vescovato. »

Gli altri vescovi, che dai documenti che si hanno, restano piti o meno gravati di contumacia, sono:

Primat, arcivescovo di Tolosa; Bel mas, vescovo di Cambrai, e Saurime vescovo di Strasburgo. Oltre ai quali resta qualche sospetto sopra: Beaulieu, vescovo di Soissons; Perrier vescovo eli Avignone.

Fa quindi delle gravissime considerazioni. Essi, dice, met- tono fuori il solito ritornello di tutti gli eretici: di avere la medesima fede della Chiesa. Ma la Chiesa non ha mai ricevuto i eretici nel suo seno, se non esplicitamente anatematizzassero i l^ loro errori. Poi prosegue:

« Il governo, che non ha in vista che la pace... ha creduto di conseguirla con appoggiare la contumacia di costoro. Ma si disin- ganni. Non può aversi la pace che nella verità e nell'ordine: onde

Pie VI e Pie VII, et Diontrent à l'égard des premiers ime cliarit<^. \'Tai' uient <5yaiigclique. Cette coiulnite des Constitutioniiels produit le plus luauvais eiìet x)aTmi le i)euple. »

A' 14 giugno il Le Coz scriveva al Legato: « ... On a osé faìve dire à S. Saiiiteté que des dvèques étaient hors de V unite de l'Eglise catho- lique, parce qu' ils n'avaient eu V institution de Pie VI. *

Nella pastorale de' 22 pratile (11 giugno) esordiva così : « La divine Providence, M. T. C. F., par Porgane du Premier Consul de notre ré- publique m' a cominandé de venir vers vons... »

(1) E riferita in appendice alla relazione del Bertazzoli, insieme con altri parecchi documenti a ciò relativi.

ALLOCrZIOSE DI PIO VII SCL COSCOKDATO 19

findié vi sarà divinone di teniimeatìL^ £nehè vi sarà ìnsobordì- nazione fra le membra ed il o^qu^ la pace bob n oMenà. »

E e" é ditwme, Lol S, Sede, con coi convengctio toite le Chiese, inclusive alle Chiese ài Francia, ha parlato ed ha dedso il loro giuramento ear prinrjpng coalegeere ah ìioeresi profeetìs. adeoqijut in j)ÌMr9jU9 dioretU haf^etiaxm e^te et eathoUeo dognutti advenari: in aliist vero iacriUjpj/n, dviciplinae arai veUri tum wjtae cantra- riarn. nr/a cUio deaique cr/rmdUo t^xogitatura, rtisi ad cathoUcarn reli- gionern prarsug abolendam (1), Cosà, la questioiie non è pàù d'opimonL

< serre il dire, che i gindiip della S. Sede non sodo stati pubblicati, e ricevuti in Francia nelle solite ferme.

« Suppongasi per un momento, die il govono di Francia divenisse maomettano: non si pnbblichiavbbero certamente i»à in qnd vasto impero, nelle solite ferme, veron giudizio verona ordinazkne sia essa della Chiesa o del suo Capo il romano pootefioe^. Poveri Chiesa, se sempre richieste si fessero queste ferme!...

« Si lusingano ogni giorno i governi di una, scurezza ;iaggiore. quanto più tengono schiava ed in catene la Chiesa e gli eedesia- sticL Ma questa è anzi la maniou di perdace ogni ìcfro risorsa. Tosto che i popoli vengano ad aocorgrarsì, che la Chiesa e g^ ec- clesiastici dipendono dal govomo intieramente, rovescaranno, ve- nendo il caso, l'uno e l'altra, più al torrente vi sarà riparo.»

Venendo in ultimo a suggerire un qualche provvedimento da pigliarsi dal S. Padre^ egli è di parere « che i .sei vescovi soprannominati, se vogliono avere la comunione di Sua .San- tità, non basta che chieggano le bolle confirmatorie della loro istituzione, come debbono fare dentro sei mesi, ma uopo è che facciano la dichiarazione, con cui pìenam o almeno reram obedienUam et ^ubmis^ionem profiteantur etc. (2). >

Laonde que' vescovi pertinaci furono considerati dal Papa si può dire come relapsi. Ed il Consalvi avvisava, che < circa

(1) Litterae Apostolicae Pii TI « Qnod aliqnaiitaiii » 10 marzo 1791^ « Cbarìta^ ». 13 aprile 1791. Vedi BmTlarii Bomaui eomtimmatw... IX, 11, in cui la prima lettera non è registrata.

i'2) Beìaziome di Mom^guor BertazzoU, ardrtM/eoro di Edesem, ornilo wtmU» àé eoftituzionalif dopo la loro i^tituziome emmamicn. ArehiT. Yatie.. Francia Appendice Epoca Sapoìeonica, toI. Ij Fascio C.

20 CAPITOLO PRIMO

la condotta de* costituzionali (nominati alle nuove Sedi in numero di 11), cinque di essi sono quelli che possono con- siderarsi veri relapsi, cioè Privat, Le Coz, Delmas, De Beaulieu, Keymond, i quali e in y(»cc e in iscritto osano di negare gli atti da loro fatti per la riconciliazione. Il S. Padre, se essi continueranno in tale condotta, negherà loro le Bolle defini- tive, che sono obbligati a chiedere ne' 6 mesi, inviando le lettere patenti per via del card. Legato (1). »

Di fatto quella pìenam submissionem, che si richiedeva per aver da Roma le bolle confermatone della loro istituzione, i <^ cinque vescovi costituzionali non la fecero: essendo quindi - passati i sei mesi, furono considerati a dirittura come ricaduti. La loro vera riconciliazione non si fece se non nel decembre _del_lS04, dinanzi allo stesso Pio VII, alla cui presenza fu combinato di farli venire da" cardinali che avevano accompa- gnato il Papa a Parigi e dal Portalis. Il Papa parlò loro da padre, li commosse, e li strinse al suo seno. Tutti si sotto- misero allora pienamente e con amore, alla riserva del solo Le Coz, il quale ebbe V ardimento di uscire al cospetto del Papa in isproloquii teologici. Alla fine i)erò, pregato e sup- plicato dal Portalis. anch' egli si arrese ali- amorevolezza del Santo Pontefice, e cosi tutti i vescovi di Francia si trovarono "^ allora in piena unione ed armonia col Capo della Chiesa.

(1) Cifra a' Shu-H. 15 giugno. Ed a' 3 luglio dava loro le seguenti disposizioni : « Le aperte falsità, con cui alcuno dei vescovi costituzio- nali empie i pubblici fogli di negative di aver fiatto alcuna ritratta- zione » ci obbligano a rispondere. Quindi il S. Padre comanda che si pubblichino « le due i»ezze. francese e latina, della jjromessa fatta dal card. Legato innanzi al Primo Console : la lettera dei costituzionali al Papa ; e specialmente il decreto di assoluzione dalle censure dato ad essi «lai card. Legato sotto la condizione di sottomettersi ai giudizii ema- nati dalla S. .Sede sulle cose ecclesiastiche di Francia, e del dover dare segni di resipiscenza : alle quali due condizioni attesta con giuramento essersi essi sottomessi il Vescovo di Orléans, Mons. Bemier, il quale era incaricato di dar loro un tal decreto, solo dopo eseguite tali condizioni CArchiv. Vatic, Principi, voi. 276) ». Vedi voi. I. p. 475.

CAPITOLO SECOXDO La riconciliazione dei preti costituzionali

(maggio-gingno 1802).

SOMMARIO :

I. Forinola per la riconciliazione de' preti del secondo ordine, acconsen-

tita prima e jwi rigettata dal Portalis, perchè non volata dal Primo Console,

II. Formnla repntata dal Primo Console come nect9saria e SMfficiemte. ed imposta al card. Caprara in una celebre udienza concessagli a' di 8 di maggio '1802, al quale rimprovera le sofisticherie teologiche. Come si circonviene il card. Legato con lettere ed intimazioni minacciose.

III. n Talleyrand. l'arcivescovo di Aix. il vescovo di Vannes fanno so- nare agli orecchi del Cardinale il ritornello : o cedere o rovinare ogni cosa. Il Cardinale cede.

IV. Ricapitolazione delle soperchierie usategli nello spazio di tre giorni. Circolare del Portalis a* vescovi gallicani. Falsità storiche del P. Theiner.

V. Come in Roma fu disapprovata l'opera del card. Legato. TI. Propria difesa del card. Caprara.

Eiconciliati i vescovi costituzioDali e rientrati neir unione col Capo della Chiesa, nella maniera che abbiamo veduto più sopra, doveva fare pure lo stesso l'altro clero, detto di secondo ordine, il quale, dietro le orme de* suoi pastori, aveva del pari giurato la costituzione civile, imposta a tutti i preti dalla costituente del 1791, sotto pena di multa o di sfratto dalla patria. L^ opera di cotesta riconciliazione fu per parte del governo francese, o del Primo Console nel quale esso governo s' impersonava, più scaltra e più riroìuzionaria che non fosse stata quella eziandio che si usò yet la riconciliazione dei ve- scovi; x)er parte del card. Caprara fu di grande umiliazione.

22 CAPITOLO SECONDO

e di debolezza maggiore ; ed alla Santa Sede riuscì dolorosa soprammaniera.

I vescovi, che non erano dello stampo de' La Oombe e dei Le Coz, prima di partirsi da Parigi alla volta delle loro diocesi, avevano chiesto al card. Legato istruzioni e norme a fine di rimettere nella comunicazione colla Santa Sede quei preti della loro diocesi, eh' erano stati giuratori. Il Caprara, conformandosi agli ammaestramenti romani e seguendo Puso costante nella Chiesa, di non accogliere mai scismatici pub- blici senza una abiura in qualche modo pubblica decloro errori, aveva dettato loro una formola, cui i preti scismatici dove- vano ammettere per essere riconciliati. Quella formola, molto moderata, esigeva che rinunziassero al benefizio da loro oc- cupato senza istituzione canonica; che accettassero i giudizii della Santa Sede sulle cose ecclesiastiche di Francia, profes- sandosi obbedienti al Sommo Pontefice e al loro vescovo legittimo (1).

(1) È la seguente ; fu inviata a Roma dal Caprara nella sua lettera de' 26 maggio, notandola con la lettera A.

« J' ahandonne le Béuéjice que f avois ocmpé sans V instHution canonique. Je me soumets eiitièrement aux jur/emeuts portés par le S. Siége sur les affaires ecclésiastiques de France, et je professe une vraie et sincère obéissance au Souverain Pontìfe, et à mon Ecéque légititiie.

« Après la signature de cette formule, les Evèques devront donner le dócret d'absolution des censures, et la dispense de V irrégularité. »

Questa formola, come si vede è officiale. Ecco come è j)resentata dal P. Theiner :

« Cette formule était congue ^9?«s on moìns dans les termes que x^rescri-

vaient ces Brefs (di Pio VI, 19 marzo, 13 giugno 1792, intorno alle facoltà

concesse a' vescovi francesi). Ces prètres, s' ils désiraient revenir à l'unito

de l'Eglise, et obtenir eusuite charge d' àmes, devaient condamner par

: écrit les erreurs contenues dans la Coustitution civile du clergé, abju-

' rer en general le scliisme, demander le décret d'absolution des censures

j et la dispense des irrégularités qn'ils avaient encourues, faire la pro-

i fessi on de foi et le serment de fidélité à l'évèque, et entin adhérer aux

jugements du Saint-Siége sur les affaires ecclésiastiques de France; et

tont cela en présence de temoins, bien entendu ecclésiastiques^ désignés

par l'évèque (I, 155). »

LA RICONCILIAZIONE DEI PRETI COSTITUZIONALI 23

Se non che una tal forinola non incontrò probabilmente Papprovazione de' vescovi, giuratori essi stessi^ e certamente -*<*■ non andò avversi al consigliere Portalis. Il quale infatti nella mattina de' 26 di maggio, inviò un certo signor Peine « capo, come scrive il Caprara, del dipartimento degli affari concer- nenti i culti », per manifestargli, che « molti vescovi si tro- vavano costernati, per il come poter riconciliare gli ecclesia- stici del second' ordine. » Il motivo consisteva in ciò, che questi vescovi, s'intende costituzionali, trovavano la formola indetta dal Cardinale per i preti diversa da quella, ossia dalla lettera ch'essi avevano sottoscritta di sommissione al Papa; la qual lettera, come abbiamo visto, era stata composta dal Beruier. Si dimenticavano però que' vescovi della dichiarazione da essi fatta a voce, nella quale supplivano a ciò, che per vo- ? lontà propria e protezione del governo, non avevano voluto dichiarare in iscritto.

L'affare dunque si riduceva, fino dal principio, a far che non si esigesse per i preti quello che non si era ottenuto dai vescovi, ossia a fare rientrare nell'ovile anche i primi per le lìnestre e non per la porta, come avevano fatto i secondi.

Il card. Gaprara risponde all'inviato del ministro de'culti, dichiarando che con quanti vescovi si era egli intesò, tutti erano convenuti nel doversi esigere quelle condizioni che si contene- vano nella formola; e che se qualche vescovo dissentiva, lo ri- mettessero pure a lui. Insistendo il messo governativo per fargli cambiar parere, il Cardinale gli suggiunse: « Ed Ella, ed il governo saranno persuasi, che per il bene della pace ho cer- cato di agevolare la riunione degli animi nel modo che poteva. Ma ne Ella, ne verun altro potranno mai credere, che io oltrepassi di una linea ciò, che non è compatibile coi doveri di coscienza, e che non è compatibile colle facoltà di cui posso far uso. »

Vedremo fra breve, come il baon Caprara oltrepassasse non solo di una linea, ma di tutto il fosso, quanto ora reputava non compatibile co' doveri di coscienza e colle facoltà ricevute.

24 CAPITOLO SECONDO

Tornato il Peine dal Portalis riferì, non si saprebbe dire perchè ne come, che il Cardinale acconsentiva ad esigere per la riconciliazione de' preti la sola formola sottoscritta dai vescovi. Il Pancemont, vescovo di Vannes, che si trovava presente, non ebbe difficoltà ad osservare che il Peine aveva frainteso, constando a lui delle intenzioni contrarie del Legato. Ed infatti andato egli stesso dal Cardinale, ne riferì le in- tenzioni al Portalis, con una lettera, nella qjiale gli diceva, il Cardinale riconoscersi obbligato a richiedere da' preti tali condizioni per la loro riconciliazione, perchè i vescovi costitu- zionali vanno spacciando non avere essi prestato nessun atto di sommissione alla Chiesa. E ciò si diceva, dopoché tutti i detti vescovi avevano dichiarato al Bernier di aver adempiuto le tre condizioni richieste nel decreto di assoluzione loro con- cesso, conforme il Bernier attestò con giuramento. Egli quindi, per non indurre i fedeli in errore, sentirsi costretto in co- scienza a un tal modo di conciliazione, il quale poi non è se non la formola addolcita della dichiarazione acconsentita dai vescovi, di cui egli stesso ha veduto gli originali.

In questo medesimo senso il card. Legato scrisse al Portalis, il quale, se crediamo a quanto il Cardinale ne riferì al Con- salvi nella sua lettera de' 30 maggio, fu colpito della giustezza e necessità delle misure prese dal Caprara, e ne parve con- vinto egli stesso.

Se non che, recatosi il Portalis a la Malmaison per in- formarne il Primo Console, questi dichiarò a lui, e fece in- tendere al card. Caprara non voler egli « altra formola che quella approvata dal governo (1). »

(l) Caprara a Consalvi, 30 maggio 1802. ArchW. Yatic., Francia Ap- pentUce Epoca Napoleonica, voi. I, Fascio C, e voi. XIV. Yed. la lettera intiera nell'Appendice (Docum. VII), con le aggiunte ivi citate B. C. D. ; l'A. si trova citata qui sopra. Di tutto quanto qui è riferito, il Theiner non fiata una sillaba, e si capisce perchè.

LA RICONCILIAZIONE DEI PRETI COSTITUZIONALI 25

II.

La maniera, con cui il Portalis, aiutato da vescovi e da ministri e capitanato dal Primo Console, riuscì a estorcere dal card. Oaprara quella formola di sommissione de' preti costituzionali che piacesse al governo, ha quasi del comico, se la rilevanza della materia e V alta dignità delle pèrsone che entrarono in quella scena, permettessero V uso di una tal parola. L'apparato delle persone e degli argomenti, e il gioco delle lettere incrociatesi quinci e quindi nello spazio di due soli giorni, fu addirittura straordinario : e tutto questo ar- meggìo veniva diretto ad espugnare la resistenza del vecchio Cardinale, il quale erasi questa volta trincerato nella cerchia sacra della coscienza, i cui penetrali credeva rispettabili anche da gente, che la propria coscienza aveva rivestita e penetrata delle massime severe del rigido giansenismo, se non almeno di quelle tanto decantate dell' onestà naturale e dell'onore.

Di che tempera fosse composta l'indole del card. Caprara, abbiamo già avuto occasione di conoscere nella prestazione di un giuramento, le cui parole contenevano obblighi eh' egli assolutamente non poteva contrarre ; e in quel memorabile congresso, in cui una mezza misura, si può dire carpitagli, per la riconciliazione de' vescovi costituzionali, accrebbe di questi l'audacia, ed appena mise in salvo la dignità del Le- gato della Santa Sede. In questi cimenti, e in qualche altro rammentato piti sopra, il Caprara lasciò scoprire soverchia- mente il lato debole dell' armatura : il timore cioè, che col- l'eseguire fedelmente gli ordini e le norme datigli da Eoma, egli rovinasse il ristabilimento della religione, facendolo nau- fragare nello stesso porto.

Di quell' apertura di corazza si giovarono egregiamente gli scaltri avversarli, i quali col mettergli innanzi il quadro fosco d'infinite rovine, la cui responsabilità veramente avrebbe

26 CAPITOLO SECONDO

gravato loro e non lui, indussero il Cardinale a loro conce- dere quanto ebbero voluto.

Siccome V argomento è grave quanto delicato, per non iscrivere due volte in un volume una stessa cosa, servando alP appendice i documenti allegati, riferirò qui la lunga let- tera in cui il Caprara espone fedelmente egli stesso le sover- chianti intimidazioni_, onde fu assalito e come a dire costretto a concedere a' preti, condannati già dal Pontefice Pio VI come pubblici professori di scisma, il rientrare nelP unione della Chiesa romana, senza pubblica confessione del loro errore. Egli dunque così racconta quanto gli avvenne in questa faccenda, nella seguente lettera al card. Consalvi de' 13 giugno 1802:

Caprara a Consalvi, 13 giugno 1802 (n. 305).

Tutto ciò, che ha relazione all'oggetto della riconciliazione degli ecclesiastici del secondo ordine, V. Emza già lo conosce dai pre- cedenti miei Dispacci, incominciando da quello dei 15 dello scorso Maggio, Conosce pure esattamente come da me siasi su tale affare proceduto, in virtù di quali motivi, e con qual fine : e ciò dagli ultimi due miei Dispacci dei 30 Maggio, e 5 corrente (1).

Rimanevano le cose nello stato, in cui descrissi coi mentovati Dispacci a tutto il Lunedì mattina 7 andante, quando alle ore 4 dopo il mezzogiorno mi si presentò un ufiSziale spedito espressa- mente dal Primo Console, che trovasi a Malmaison, dicendomi che esso Primo Console mi avrebbe veduto la sera stessa a ore \) pre- cise, per il che aveva già dati ordini, che una delle due mute a quattro cavalli si trovasse alla mia abitazione, prima delle ore 8. Quantunque spossato affatto di forze fisiche, e quindi non troppo capace ad espormi a lunghi e importanti discorsi, non esitai un un momento a dire, che all'ora indicatpvmi avrei avuto 1' onore di essere dal Primo Console.

Parti l'Uffiziale colla mia risposta, che data gli avevo di voce, e due ore dopo circa tornò nuovamente a dirmi, che il Primo Con- sole voleva che in mia compagnia si trovasse Monsignor Sala, al che pure replicai che il Primo Console sarebbe stato servito.

(1) Questo dispaccio del 5 non si è trovato.

LA RICONCILIAZIONE DEI PRETI COSTITUZIONALI 27

La ragione di avermi fatto prendere in compagnia Monsig. Sala, immaginai fosse quella di sapersi da esso Primo Console, che io non stavo bene, e che perciò non avrei potuto reggere ad un lungo abboccamento se mai il medesimo fosse occorso.

Qualche poco prima delle 9 mi trovai con Monsignor Sala a Mal- maison. Passai io prima solo dal Primo Console, il quale immedia- tamente mi disse, che per la riconciliazione dei Preti bastava : che questi abbandonassero la Costituzione civile del Clero, e che pro- mettessero obbedienza al loro legittimo Vescovo ; che Vesiggere di jnù era superfluo ed inùtile, ed, aggiunse, anco un tratto di superbia per parte di Roma. Disse, che in vista anco delle difficoltà sover- chie, che si facevano per parte mia in tale affare, venivano angu- stiati i Vescovi pusillanimi, ed i popoli ; e che per tal motivo molte migliaia di cattolici facevano istanza per passare al Prote- stantismo.

Io mi studiai nel miglior modo possibile di persuaderlo, che i fattili rapporti non combinavano colla condotta da me tenuta, coi principj che avevo esternato ai Vescovi, ed a qualunque degli Ecclesiastici si era affacciato da me per essere riconciliato, come era in molti avvenuto con reciproca soddisfazione; che al pari d'ogn'altro, per non dire superiormente, desideravo si componesse questo interessantissimo affare della riconciliazione dei Preti, ma che, in ordine a questa, in coscienza io non potevo prescindere da quello, che oltre il prescritto dai Sacri Canoni, per sentimento della stessa Chiesa di Francia, debbesi indeclinabilmente esiggere in circostanze eguali alla presente.

Egli m' interruppe parlando lungamente secondo i proprj prin- cipj, vedendo pericoli per la quiete pubblica, che distruggevano, diceva esso, V opera del ristabilimento della Religione, che tanto gli aveva costato.

Io ripresi l'interrotto filo del discorso, e dissi quel che uma- namente potevo : ma esso cedette alle mie rimostranze, in minimo mostrò di persuadersi, che io non potevo dipartirmi dai principj 0 massime che avevo manifestate, e disse :

. Già so, che questo è il sentimento dei vostri Preti, che a forza di sofisticherie teologiche, invece di accomodare guastano gli affari.

Risposi anco a questo, che le massime degli Ecclesiastici, che meco avevo, erano pienamente conformi alle mie : ma questa uni- formità se fatalmente era contraria a quanto ad esso poteva essere

28 CAPITOLO SECONDO

stato esposto, non da altro nasceva, se non da che ognuno di noi era convinto in coscienza di non potere tenere nn linguaggio di- verso, né adottare massime, o principj contrarj alle massime o prin- cipi cattolici, e che questi unicamente, e niun 'altra veduta, avevano regolato e regolerebbero la condotta mia, e di tutti gli Ecclesia- stici, che meco avevo.

Qui fu, che il Primo Console fece venire in terzo Monsig. Sala, cui ripetè all'incirca quello stesso, che aveva detto a me sull'affare in quistione. Al che esso Monsignore rispose in modo conveniente e tendente a sminuzzare tutto ciò, che poteva contribuire a per- suadere il Primo Console, ed a fargli conoscere, che anzi di met- tere in campo cose, che potessero allontanare il mezzo della ricon- ciliazione degli Ecclesiastici, si era studiato di trovare la maniera e via più dolce, che togliesse ogni ostacolo e conducesse al bramato fine. Le (gli) si mostrò quindi copia di quella modula, che io pri- vatamente avevo fatta vedere ad alcuni Vescovi da potersi usare per la riconciliazione degli ecclesiastici (1). Se gli notò contempo- raneamente, che l'espressioni contenute in essa non potevano essere più miti.

Il discorso andò molto in lungo, giacché fummo tenuti dal Primo Console di da due ore, senzacché esso, noi recedessimo dal primo sentimento, di che Egli grandemente impazientato, disse:

Dunque se voi sostenete di non poter far ciò, che io credo in- dispensabile, necessario, ed idile al bene della Religione e del popolo francese, di cui una gran parte è in allarme e quasi sommossa^ è superfluo che vi trattenghiate ulteriormente in Francia. Rimangono ancora^ continuò, undici Vescovi da nominarsi^ e questi saranno, in conseguenza delle sofisticherìe romane e teologiche^ tanti Costituzio- nali. — Cosi disse il Primo Console e ci pose in libertà.

Tralascio di riferire qui qualche altra quistione, che con del ca- lore fu trattata, essendovi in quarto il Consigliere Portalis, chia- mato dal Primo Console; perché sono in necessità di darlene rag- guaglio nei precisi termini, che con nota Ministeriale fummi esposta, la susseguente mattina di martedì 8 corrente.

E dirò solo, che il Primo Console avendo per incidenza, durante la conversazione, parlato della lettera ricevuta da N.^^ Sig.^®, e di fuga anco dell'allocuzione in Concistoro, si espresse con umore :

(1) È la riferita sopra.

LA RICONCILIAZIONE DEI PRETI COSTITUZIONALI 29

E bene, cosa ha il Papa contro le leggi Organiche, delle quali mi dice nella risposta (1) che voi mi parlerete f

Io allora soggiunsi, che realmente N.^® SigJ® aveva creduto suo indispensabile dovere il commettermi di sottoporre ad esso Primo Console varie osservazioni relativamente alle mentovate leggi orga- niche, ma che mi riservavo di potergliele esporre in altra occasione, stanteché fino allora la mia salute non aveva permesso di appli- carvi sopra, per farmi padrone della materia in modo da essere in stato di rendergliene conto ancora di bocca.

Come però egli insistette per sentire da me cosa ne pensassi, io risposi brevemente: « Piango nel riflettere a simili leggi, poiché « trovo in esse un totale calpestamento de' principj e massime ca- « noniche. E rilevo, che con ciò viene a porsi la Chiesa e Suoi Mini- « stri in una vera schiavitù. » Il primo Console allora rispose :

La base di esse leggi è formata dalle antiche leggi della I Chiesa di Francia. Onde non so come esserne rimproverato. Quanto al resto poi., ed il Papa, ed ogni altro deve sapermi buon grado y. che io abbia fatto moltissimo di piii di quello, chs mi ero obbligato di fare.

La mattina del martedì venne da me Monsig. di Pancemont Vescovo di Vannes per portarmi la lettera, di cui compiego copia con foglio di lettera A (2); e mi disse di voce, che tutto era in combustione : che il Console era irritatissimo al punto, che niuno aveva coraggio di proporre cosa diversa da quella, che Esso aveva adottata, e conchiuse : « Tutti i Vescovi diventeranno la vit- tima della volontà del Governo, e per quanto buone e rette pos- sano essere le intenzioni di questi, nulla mai potrassi fare di bene, perchè in tutte le azioni contrariati dal Governo medesimo : non dirò, soggiunse, cosa parlisi del Legato, della legazione, e di Roma tutta, perchè io medesimo tremo nel ripensarvi. »

Ripetei a tutto questo, nel modo che V. E. può supporre ; ma in quel momento conveniva occuparsi del modo di replicare alla lettera, e senza compromettersi, procurare di estinguere, e non ac- cendere il fuoco, che d'altronde mi constava essere già ad un punto^ da riguardarlo per assai serio e funesto sotto tutti gli aspetti.

(1) È la lettera de' 27 di maggio, scritta da Pio VII al Bonaparto, a fine di attenuare il biasimo che il S. Padre aveva fatto nella sua al- locuzione de' 24 del detto mese. Vedi cap. 1, j). 12.

(2) Ved. Docum, Vili.

30 CAPITOLO SECONDO

Fatte dunque quelle mature riflessioni, che V animo agitato e l'angustia del tempo assegnatomi a rispondere potevano permettere, combinai la risposta alla lettera ricevuta, che lo stesso Monsig. di Vannes portò al Consigliere Portalis: V. E. ne ha qui la copia in foglio di lettera B (1).

È una lettera del tenore, che TE. V. osserverà, e del cui con- tenuto in gran parte mi ero succhiato i rimproveri si del Primo Console, che dello stesso Consigliere Portalis a Malmajson, come ho accennato di sopra.

III.

Interrompo qui la narrazione del Caprara, per dar con- tezza della lettera del Portalis e della risposta fattagli dal Cardinale; delle quali, per essere scritte in francese e trovarsi unite a dieci documenti annessi, riserbo il testo nelPappendice.

Il Consigliere di Stato Portalis, incaricato del ministero de' culti, abbiamo visto come rimanesse appagato e quasi con- vinto della condotta e delle ragioni seguite dal card. Legato. egli poteva ignorare la lettera circolare dal Caprara in- viata, dopo loro richiesta, a' vescovi di Francia, colla quale il card. Legato continuava loro quelle facoltà, che Pio VI co' suoi j Brevi de' 19 marzo e 13 aprile 1792 aveva concesso e rinno- vato a' vescovi francesi, per cagione degli sconvolgimenti, onde j il pubblico ordine e l'antico regime erano già scossi allora nella Francia fino da' fondamenti. Nella qual lettera appunto il Legato aveva prescritta la formola, che abbiamo già citata, di riconciliazione per i preti.

Si fu solo dopo l' abboccamento avuto col Primo Console, che il Portalis cambiò sentimenti, e solo allora si avvide, che ^ quel documento del Legato non era rivestito del placito go- vernativo !

Contuttociò egli così ne fa rimprovero al Cardinale, in

(1) Veci. Docum. IX.

LA RICONCILIAZIONE DEI PRETI COSTITUZIONALI 31

V

questa sua degli 8 giugno: « Voi pur sapevate, scriveva, che secondo il decreto consolare verificatore de' vostri poteri, nessun atto vostro o di Roma non può essere spedito nelle diocesi, aver corso in Francia per via diretta o indiretta, senza il placito del governo. »

Ma forse quell'atto del Oaprara, del quale conoscevasi V in- dole per verità non pericolosa per la repubblica ne per i colei consoli, non premeva tanto al governo, quanto la memoria di Pio VI, de' cui giudizii sulla costituzione civile, il Legato aveva fatto menzione : non avendo egli badato quanto la memoria di quel Pontefice, la cui morte era stata opera della vendetta della repubblica, ne bruciasse tuttavia i nuovi reg- gitori come un rimprovero di fiamma !

« Come mai, esclama il Portalis, avete potuto spedire un decreto, il quale comanda 1' esecuzione di giudizii, che non sono mai stati presentati al governo, che erano espressi in forme contrarie a tutte le nostre leggi, e le cui disposizioni fondamentali non sono conciliabili con la dignità nazionale co' diritti di nessun governo? » E conchiude:

«. Le nostre leggi particolari, i iDrincipii del diritto delle genti e quelli della stessa religione esigono, in un tanto frangente, che voi disdiciate subito il vostro decreto con tutte le sue sequele. I vescovi e gli ecclesiastici che obbedissero a un tal decreto, sarebbero rei di Stato, e voi vi assumereste la terribile responsabilità de' mali che ne potessero conse- guire (1). »

(1) Veramente il Portalis aveva la memoria corta. I brevi di Pio VI erano entrati in Francia e giunti alla conoscenza di tutti i vescovi, i quali li avevano chiesti essi stessi. Il pretendere poi che fa il Portalis, che que' brevi fossero stati presentati alla Costituente, della quale come di una nemica accanita della Chiesa i giudizii del Papa sentenziavano la condanna, è una vera ingenuità nella bocca di un magistrato anche gallicano. In ultimo che le disposizioni delle bolle pontificie, le quali insomma giudicavano essere scismatica o eretica una proposizione o una legge, non sieno conciliabili co' diritti di nessun governo, o è un'eresia

32

CAPITOLO SECONDO

Quando Pio VII fu informato di queste cose, egli che era così mite, così umile, così candido, non si potè temperare di esprimere al rappresentante del terribilissimo Bonaparte la vergogna fui per dire, che provava per lo stato a cui vedeva ridotta la nazione primogenita della Chiesa. E sfogandosi col ministro Cacault, unico forse tra i rappresentanti della re- pubblica Consolare, schiettamente cattolico, così gli disse : « Ah! noi non abbiamo pur troppo vera pace e vera quiete, « se non nel governo di que^ cattolici che sono sudditi degli « infedeli e degli eretici! I cattolici di Russia, d'Inghilterra, « di Prussia e di Levante non ci cagionano alcun dispiacere. « Ci domandano essi le Bolle, e le direzioni di cui abbiso- « guano, e con ciò procedono nella loro condotta nel modo « pili tranquillo e conforme alle leggi ecclesiastiche... (1). »

Alla lettera del Portalis, veramente più degna del ministro

o è semplicemente ima menzogna. Ma mi sembra certo, die cotesto pa- role venivano dal Talley ranci inìi che dal Portalis.

Del resto a cotesta necessità del sindacato governativo in materia spirituale, aveva già risposto Pio VI, nella sua Eiprovazione della costi- tuzione civile del Clero, di cui ecco le parole importantissime : « X' altra fraudolenta fallacia e finzione degV intrusi appartiene al difetto d'una certa forma civile nella pubblicazione delle nostre lettere. Imperciocché sanno essi benissimo, e non può essere ignoto ad alcuno, che non poteva usarsi una forma siffatta nel presente stato delle cose di Francia : di maniera che coloro, che questa forma ricercano, ìiiuna cosa pia ardentemente desiderano, se non se che lo scisma e V intrusione vada impunemente serpendo. Non è ignoto altresì, clic questa forma civile non è necessaria, massime allorché si tratta di causa maggiore, la quale e spetta a Noi ed è stata portata a Nostra cognizione per mezzo de' Vescovi; verità confessata da tutti i cattolici e dichiai'ata da Va- lentiniano Augusto... E la riconol)he lo stesso clero gallicano, allorché si trattò di pubblicare V enciclica di Benedetto XIV, dicendo: Non avete voi alcun bi- sogno dell'autorità del re, per pubblicare come regola di condotta una risposta della sede apostolica in una materia puramente spirituale {Pro- cesso verbale delV assemblea generale del clero di Francia delV anno 1765, sess. XV, p. 11). » Bnllarii Eomani continuatio, IX, 175.

(1) Cacault à Talleyrand, 9 termidor an X (28 luglio 1802). Artaud, Storia di Pio VII (ediz. 1845)^ I, 270 ; D'Haussonville, UEglise de Rome et le premier empire, 1, 267.

LA RICONCILIAZIONE DEI PRETI COSTITUZIONALI 35

di un Sultano che di un regno cattolico, il card. Capraia rispose tuttavia e di presente ne^ seguenti termini:

« È vero, che col mio ultimo decreto degli 8 maggio ho prorogato a' vescovi per sei mesi le facoltà staordinarie, di cui gli amministratori delle diocesi già godevano, come tutti sanno... Mi basta di sapere, Cittadino Consigliere, che il governo può essere urtato ed offeso dalla spedizione di cotali atti, perchè io mi aftretti di appagare la domanda, ch'esso mi fa per il vostro mezzo. In conseguenza ritiro il decreto e la formola, considerandoli come non spediti ; e scriverò subito a' vescovi, dicendo loro che ritiro i poteri nel decreto conte- nuti... » Così il Caprara.

Fin qui il governo aveva disfatto P opera del card. Legato; ora dobbiamo vedere come si maneggiò per imporre al Legato la propria volontà, di non acconsentire cioè nessun atto di sommissione, richiesto dalla Santa Sede e dal più semplice senso comune cristiano, per la riconciliazione del clero costi- tuzionale detto di second' ordine.

Eipigliamo quindi il filo interrotto della storica lettera del card. Caprara.

Parlando, continua il card. Legato, di questione trattata con ca- lore, non poteva che essere il foriero di un urto più forte, il quale 0 compromettesse la Legazione, o obbligasse il Legato a delle con- discendenze per il meno, meno pericolose. Purtroppo il mio pre- sagio si è verificato, come V. E. sentirà in appresso.

Prima però di scendere alla narrativa del fatto, debbo premettere che nel giorno medesimo di martedì (8 giugno) verso la sera, com- parve da me il Sig. de Talleyrand, Ministro degli affari esteri, il quale pateticamente mi disse :

« Vengo da Lei per manifestargli, che siamo al momento di « vedere perdute tutte le cure impiegate nel ristabilimento della « Religione: ne il Primo Console, veruno del Governo vogliono « sentire, che si esigga dai preti costituzionali quel che da lei si è « esatto finora, e che ha suggerito ai Vescovi di esiggere. Se i « Vescovi lo tentano, passeranno guai senza fine. I popoli sono per « questo in tumulto. I cattolici disgustati dell'austerità^ con cui vo-

RiNiERi. La Diplomazia Pontifìcia nel secolo XIX. Voi. II. 3

34 CAPITOLO SECONDO

« gliono trattarsi i preti per parte della Corte di Roma, tentano di À « passare al Protestantesimo, ove dicono di trovare quella carità, che « non trovano nel cattolicismo. In una parola, conchiuse, tutto an- « derà a fuoco e fiamma, e Roma e Lei saranno debitori di avere « rovesciata la Religione, per non avere in si luttuose circostanze « voluto condiscendere a condizioni di conciliazione. »

Comecché ogni ragionamento da me fatto non servi a per- suadere il Ministro, a farlo smontare un apice dalle massime manifestatemi, gli dissi : « Signore, il bene dell'unità e della pace mi stanno a cuore, quanto a chiunque; ma io non posso procurarlo se non nei modi, che offendano la mia coscienza, mi rendano prevaricatore. »

Il Ministro soggiunse : « Ella ha inteso la mente del Console e « del Governo. Ella sa, che stabilita una massima, quella si vuole ; « onde rifletta alla situazione, in cui sono le cose e calcoli le con- « seguenze, che ne deriveranno dal rovescio totale religioso della « Francia, e da quello che potrà avere ogni altro Stato, o limitrofo, « 0 con lei congiunto. Procuri pertanto di conciliare le cose in modo, « che faccia cessare la tempesta che insorge, e pensi, che da ciò « unicamente dipende o la conservazione, o il rovescio della Reli- « gione e della Chiesa. »

V. Emza capirà agevolmente quali angustie si aggiunges- sero al mio spirito, che d'altronde era bastantemente abbattuto, e da quanto aveva sofferto nell'abboccamento col Console, e da ciò che era passato la mattina medesima in seguito della citata let- tera del Consigliere Portalis.

La mattina del immediato mercoldi venne da me 1' antico le- ^ gittimo Arcivescovo di Bordeaux, ora Arcivescovo di Aix, e tutto tremante ed afflitto: « Eccoci, mi disse, ridotti in uno stato « si deplorabile, che io stesso inorridisco a pensarvi. » E qui mi ripetè quanto io sapevo ed avevo inteso dalla bocca del Ministro degli affari esteri: « Conviene, continuò il Prelato, che Ella scriva « una circolare ai Vescovi, in cui dichiari essere sufficiente, per la « riconciliazione dei Preti Costituzionali, il protestare che aderi- « scono al Concordato, e che obbediscono al Vescovo canonicamente « istituito per mezzo del Papa ; e ciò finché sia dalla Santa Sede « deciso, se questa dichiarazione basti, o no. Senza di questo, tutto « va a fuoco e fiamme. »

A progetto di tal natura é facile il persuadersi, come non mi conveniva in modo alcuno di aderire. Manifestai quindi al Prelato

LA RICONCILIAZIONE DEI PRETI COSTITUZIONALI 35

i miei seDtìmenti, e per quanto egli insistesse, e tentasse di per- suadermi, non potei venire d' accordo con esso ; non perchè non vedessi la necessità indeclinabile di trovare qualche temperamento, ma perchè una riconciliazione, allegata a condizione futura, è con- traria alle regole; perchè tal condizione veniva ad impegnare po- sitivamente la Santa Sede, dal che io ho la massima di decli- nare ; e perchè finalmente dal Governo non sarebbe stata permessa! Appena partito l'Arcivescovo d'Aix, venne Monsig. Vescovo di Vannes colla lettera di cui accludo copia con foglio di lettera 0 (1) 6 mi disse:

« Eminenza, alla decisione e risoluzione che Ella prenderà, « sta attaccata o l'esistenza o la perdita totale della Religione Cat- « tolica sia in Francia, sia altrove, non meno che la pace politica « e civile dei popoli. Non le parlo di noi Vescovi, perchè, come « Ella stessa conosce, mai ci siamo trovati in più critica situazione. < Io ho commissione di non ritornare dal Consigliere Portalis, se « non colla risposta. »

Momenti più duri, chi può immaginarli? Dovevo dare una risposta, e non si voleva differita. Mi posi dunque a riflettere, che una mia negativa comprometteva la Santa Sede, i Vescovi della

(1) In questa lettera il consigliere Portalis è tutto nel dimostrare, che col Concordato la rinconciliazione è fatta : ogni imposizione di clau- sole, che sappiano di penitenza cristiana, non solo riescono inutili,, ma tornano a disonore per que' preti, i quali soli portarono ne' giorni ^ della rivoluzione il peso della giornata e del calore, ed essi soli manten- y nero nelle popolazioni le reliquie della religione esulante e persegui- tata. D'altra parte le leggi di onore, fortunatamente vigenti nella na ì zione^ non acconsentono alcun atto di umiliazione : una cosa sola s'impone j sopra tutte le altre: ed è la .dimenticanza delle cose passate. Il perchè, ; la sola dichiarazione da richiedersi ai preti costituzionali, la quale sol una il governo può riconoscere, dev'essere espressa ne' seguenti ter- mini : Aderisco al Concordato, e sono in comunicazione col mio vescovo no- minato dal Primo Console e istituito dal Papa. Si esagera poi a lungo il Portalis nel provare qualmente col tenore di cotesta formola, la so- stanza delle pretensioni romane è implicita e salva ; e sentenzia inoltre, che : la suffisance de cette declaration est evidente. La quale evidenza in- fatti era così luminosa, che tutti i teologi della Legazione, e tutti i Cardinali incaricati di esaminarla, alla riserva del solo cardinal Borgia, dichiararono insufficiente quella dichiarazione, come vedremo in breve ora. Vedi la lettera nel Docum. X.

36 CAPITOLO SECONDO

Francia, e tutto il Cattolicismo. Mi feci presente che le misure più severe, che prende la Chiesa nell'incominciamento e progresso dello scisma, devono restare moderate al momento, in cui si tratta di ^\ fargli fine; che nella riconciliazione di moltitudine, non si possono 1 esiggere quelle rigorose ed eguali condizioni, che si esiggono nella riconciliazione di pochi; che, se per evitare un pubblico scandalo, per ottenere la publica pace/ e per ovviare il pericolo del peggio- ramento nei censurati, possono questi restare assoluti, benché in- viti; finalmente riflettendo, che dalla mia decisione dipendeva o la conservazione o il rovescio totale della Religione e della Chiesa; e che altresì l'una e l'altra di queste cose produceva o la calma, a la tempesta publica : risolvetti di non oppormi alla decisa volontà del Governo, adattandomi alla formula espressa nella lettera del Consigliere Portalis di Lettera C ; formula da esibirsi dai preti costituzionali per la di loro riconciliazione al proprio legittimo Ve- scovo, da cui in seguito si dirà a ciascun riconciliando, che prov- vedano alla propria coscienza, come V. E. rileva dal foglio di mia replica al sudetto Consigliere Portalis, segnato di Lettera D (1).

10 mi astengo dal raziocinare intorno a tal misura da me presa per il bene dell'unità e della pace, restringendomi ad accennare, che deve essere ponderata in tutte le parti nella massima saviezza. Neppure voglio entrare a calcolare l' immensità dei mali, che sa- rebbe derivata dal mio rifiuto. Non posso però dissimulare, che in questa occasione mi sono io personalmente caricato, non solamente per esimere dall'imbarazzo il Santo Padre, ma moltoppiù per il ri- flesso, che il mio giudizio ed il mìo operato essendo riformabile,.

/ qualora la Santa Sede lo crederà tale, potrà allora venirne alla ri- forma; 0 se non potrà riformarlo, resterà nello stato di tolleranza^ senza vedere compromessa la propria dignità, e senza esserne re- sponsabile.

11 foglio, che sopra di lettera D (2), fa da me inviato jper mezzo

(1) Vedilo qui sotto riferito in nota, e nel Docum. XI.

(2) Per essere breve, do qui voltata in italiano questa lettera del Cardinale, è la seguente (8 giugno 1802) :

« Ho ricevuto la vostra lettera in data di oggi. Vi lio fatto sopra quelle considerazioni, clie lio pesato con tutta la saggezza di cui sono capace ; ed ecco il partito, a cui mi appiglierò : lio speranza che il governo ne sarà soddisfatto. Dirò scrivendo a tutti i vescovi, che i preti costituzionali clie hanno volontà di riconciliarsi colla Chiesa, fa-

LA RICONCILIAZIONE DEI PRETI COSTITUZIONALI 37

dello stesso Monsig. Vescovo di Vaiines al Consigliere Portalis (1). Esso Prelato di gran riputazione per la pietà, è pienamente nel mio sentimento; e stacciata, come suoi dirsi, con il medesimo la materia, mi assicurò Egli pure, che questo era 1' unico mezzo di evitare il rovescio della Religione, e di liberare i Vescovi dalle vessazioni.

Può TE. V. ben supporre, che la mia risoluzione è stata guidata da rettitudine d'intenzione e dalla credenza di non ledere la mia coscienza. Se mai sfortunatamente mi fossi ingannato, supplico la benignità Pontificia a volere traquillizzare il mio spirito, ed a per- suadersi, che non da altro scopo sono stato indotto a simil passo, che per il bene dell'unità, e della pubblica pace.

Portatasi da Mons. di Vannes al Consigliere Portalis la citata mia risposta di lettera D., mi fece scrivere nei termini, che l'È. V. rileva dal foglio di lettera E (2); ciò, che poi nella mattina del

ranno la seguente dichiarazione: Aderisco al Concordato, e sono nella co- munione del mio vescovo nominato dal Primo Console e instituito dal Papa. « Sottoscritta questa dicliiarazione^ i vescovi aggiungeranno, che prov- veggano alla loro coscienza. » Ved. Docum. XI.

(1) Il lettore si accorgerà, che in questa frase il senso non scorre. Nelle tre copie di questa lettera del Caprara, che ho confrontate nell'archivio Vati- cano, mancano le lìarole seguenti che sono riferite dal Theiner (I, 465) e dal d'Haussonville (I, 530) in francese : (Dopo la parola responsaMle) « Mgr Sala, Mgr Mazio et V ahhé Bubhi ne partagèrent pas mon avis ; ils n^ approuvèrent ni la maxime, ni V arrangement. Malgré cette opposilion, je ne crus pas de- voir clianger de sentiment, et en présence des circostances iìnpérieuses oii nous nous trouvions, f envoyai ina lettre au conseiller Portalis par monseigneur Vévèque de Vannes, le prélat... »

Il card. Legato nel leggere questo dispaccio deve aver dato ordine, che si togliesse il periodo qui riferito: evidentemente l'impressione di queste parole sarebbe stata in Roma per lui assai sfavorevole. Infatti mancano nelle tre copie, che si conservano tuttora nelP archivio Vati- cano {Nunziatura di Francia, voi. 599 ; Francia Appendice Epoca Napo- leonica, voi. I, Fascio C ; voi. XIV). Le parti riferite di questo dispaccio importantissimo dal Theiner e dal d'Haussonville non sono intiere originali. Entrambi questi scrittori lo hanno avuto dagli archivii parigini.

(2) La lettera E del vescovo di Vannes annunziava al Caprara la gioia e la consolazione, che il Portalis aveva provato jDcr la vittoria/ ottenuta compiutamente. E questa arrecavagli tale soddisfazione, che aveva subito spedito corriere alla Malmaison a fine di renderne informato il Primo Console. Ved. Docum. XII.

38 CAPITOLO SECONDO

giovedì seguente, dopo che 1' affare era già stato conosciuto dal Primo Console, mi fu confermato di voce dal mentovato Consigliere, insinuandomi, che senza dilazione io facessi dar corso alle lettere per i Vescovi.

Prima però che il Consigliere Portalis venisse da me, era vi stato Monsig. Vescovo di Vannes, il quale mi disse essere occorso un equivoco nella circolare combinata il giorno innanzi, quale io tra- smetto con foglio di lettera P (1); e per mezzo di suo Biglietto segnato di lettera Gr dimandò, che riformata la lettera ai Vescovi, lo che si fece colla nuova di lettera H, che spedissi immediata- mente a ciascun Vescovo col foglio di lettera I, il quale in so- stanza altro non è che una copia di quanto vedesi nel foglio di let- tera D, con cui risposi al Consigliere Portalis (2).

(Parole cancellate): Alli nove fogli qui compiegati dall' A fino all'I, aggiungo copia della lettera scritta a N. S. dal fu intruso di Avignone La Rovere, il cui originale conservasi presso di me, ed in seguito della quale esso intruso è stato assoluto e rispettivamente dispensato. Nel giorno del passato venerdì il Consigliere Portalis era andato espressamente a Malmaison, per convenire col Primo Console sulle nomine dei residuali vescovi. Ma siccome contempora- neamente giunse un corriere spedito dal generale Le Clerk, colla notizia della totale conquista dell'isola di S. Domingo, successa colla presa dello stesso Toussaint l'Ouverture, il travaglio che voleva farsi circa le nomine fu differito ; io a tutt' oggi conosco quando il medesimo sarà ultimato.

(1) Questo allegato F contiene una lettera dello stesso vescovo di Vannes^ assai significativa. Essa informa il Cardinale, del non essere intenzione del Portalis l'impedirgli la comunicazione a' vescovi di quella parte del decreto, clie riguardava la prorogazione delle facoltà, da Pio VI concesse a' vescovi di Francia nel 1792. Dunque l'opposizione delle leggi francesi e del diritto delle genti a quei famosi brevi di Pio VI, tanto decantata dal Portalis il giorno innanzi, ora che il Caprara aveva di- sdetto la formola di riconciliazione che il Primo Console non A^oleva, era caduta come per un incanto nel solo spazio di ore ventiquattro. Ep- pure non quella formula, si bene la proroga delle facoltà contenevasi ne' brevi di Pio VI. Si vede che la logica di quel Consigliere, incari- cato de' culti per la repubblica francese, era uguale alla sua memoria! (2) Vedi {Docum. XIV-XVI).

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IV.

Fin qui il Cardinale. Ora ricapitolando le cose descritte alquanto alla scucita in questa lunga lettera del Oaprara, si scorge evidentemente il disegno tracciato e seguito di una vera macchinazione, montata a fine di ottenere dal card. Legato, quanto questi aveva dichiarato alP arci vescovo di Aix di non poter concedere in coscienza. La scena ha tre parti: vale il pregio di studiarle.

Nella sera de^ sette giugno, il Primo Console rimprovera acerbamente al Cardinale il suo decreto de' 10 maggio; chiama sofisticherie le decisioni canoniche di Eoma; ed affaccia P in- timazione minaccievole della partenza del Legato. Alla dimane, giorno 8 di giugno, il Pancemont arreca lettera del Portalis, con la quale si esigeva che il Legato ritirasse la sua circo- lare ai vescovi, cosa che il Caprara adempì. È la prima parte della macchinazione : far ritirare al Cardinale il suo Decreto.

La seconda parte più grave ancora, di fargli cioè accet- tare una nuova formula, è aperta dal Talleyrand, il quale si reca, verso la sera del medesimo giorno 8, dal card. Caprara, e gli rappresenta i grandi rumori sollevati di nuovo scisma, con minacce generali di uno sconvolgimento in tutta la Francia. Dormì aff'annoso il Cardinale in quella notte ; e nella mattina del 9, sopraggiunto improvviso l'arcivescovo di Aix annunzia e fuoco e fiamma, qualora il Legato non eseguisca i voleri del Primo Console, col non esigere dai preti se non una formola, la quale non contenesse ritrattazione di nessuna sorte. E poco dopo, eccoti il vescovo di Vannes, che arreca la formola de- terminata: o il Cardinale Faccetta, e subito; o gli immensi mali, che sovrastano alla religione, saranno imputati a lui. Era troppo! il vecchio Caprara perde il lume; e, non ostante la disapprovazione di tutti i teologi della Legazione, cede e capitola.

40 CAPITOLO SECONDO

r^^K

La terza parte si apre e si termina colla gioia del Portalis, significata al card. Legato per lettera recatagli dal vescovo di Vannes!

Il non vedere, e il non ammettere in tutto questo andi- rivieni di uomini e di lettere una soperchieria preparata e condotta a bello studio, è cosa impossibile.

Il che è tanto vero, si era così sicuri di ottenere dal vecchio rappresentante pontificio quanto si voleva da lai, che nel giorno stesso, nella cui sera il Caprara fu chiamato dal Primo Con- sole, già il Prefetto di polizia spediva a tutti i prefetti delle province della repubblica una lettera, con la quale comandava di badare a ciò;, che non si esigesse da' preti nessuna dichia- razione contraria ai principii della chiesa gallicana (1). E ciò per ordine del Primo Console, il quale appunto in quel me- desimo giorno 7, prima certamente di abboccarsi col Cardinale, ne aveva dato F ordine preciso al Chaptal^ ministro per le cose interne (2); e nello stesso giorno aveva fatto scrivere per il

(1) Lettre du ministre de la police géuérale_, concernant la déclara- tion des prétres. Paris, le 18 x>rairial an X de la République (7 giu- gno 1802).

« . . . Je Y0118 recomande de veiller attentivement à ce qii' on n' exige des pretrés aucune déclaration contraire aux principes de liberté de j l'église gallicane, et au serment qui lie le citoyen à l'Etat.

« Vous devez porter une égale attentiou à ce qu'aucun des partis qui , ont divise 1' église, n' exige aucune espèce de rétractation. Je vous ai I déjà fait connaitre la volonté du gouvernement à cet égard ; ou ne 1 peut, sans la méconnaltre, demander aux prètres, ni serment, ni for- mule, autre q la déclaration qu'ils adhèrent au concordat. . . » (Archiv. Vatic, Francia Appendice Epoca Napoleonica^ voi. I, Fascio C).

(2) « Je vous prie, citoyen Ministre d'écrire une circulaire à tous les préfets, i)our leur faire connaitre qu' on ne doit exiger aucune rétracta- tion ni des évèques constitutionnels, ni des autres. Le passe est passe, et les évèques et les préfets ne doivent exiger des prètres d'autre déclaration que celle qu' ils adhèrent aux loia organiqnes, qu' ils sont dans la communion de 1' évèque nommé par le Premier Consul et insti- tué par le Pape. » {Correspondance, VII, n. 6122).

Si notino le seguenti fal8Ìtà_, qui accumulate dal Theiner in j)oche

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vescovo di Kancy una lettera iusolentissima sul medesimo ar- gomento.

Facevagli dire essere egli sopramaniera scontento delle ritrattazioni, che il vescovo esige; i preti costituzionali non aver a fare nessuna ritrattazione, essere questa contraria alla politica ed alla carità. Alla politica, perchè costituzione civile ed articoli organici fioriscono da identici principii, i quali danno al sovrano il diritto di ingerirsi nelle materie ecclesiastiche: il disdire la prima significa dare a Eoma pretesto di esigere lo stesso per i secondi. Alla carità, con ciò sia che quelle cose, le quali non sono di diritto divino e di necessità stretta per la salute delle anime, non si debbano comandare, allorché ar- recano disturbi.

Soggiunge quindi queste testuali parole: « Enfin il sait parfaitement que les évéques qui ont confesse et exercé sans Vinstitution du Saint-SiégCj n^ont pas fait eux-mémes la rétra- ctation; et que le Gouvernementy regardant un liomme qui se <-

rétracte comme un liomme déshonoré, n^eut certes pas confié Vad- - > ministration d'un diocèse à un homme qui sefiìt rétracte.., (1) ».

Informandosi a cotesti principii, i quali se uscivano dalla penna di un Bonaparte non furono mai quelli che insegnò Gesù Cristo, il consigliere Portalis mandava nel giorno se- guente, 8 giugno, una lettera enciclica a tutti i vescovi della Repubblica, colla quale ammaestravali de' loro doveri pasto- rali. Esorta vali ad estinguere ogni reliquia dello scisma che aveva diviso il clero; e come vincolo di concordia ordinava

linee : 1) Fa dare questo ordine, dopo V udienza del Cardinale ; 2) la circolare, la fa dirigere dal Portalis ; 3) a tutti i vescoyi e prelati ; 4) in- vece delle parole « anx loie organiques », adopera « au Concordat », cosa molto diversa ! 5) fa andare nella mattina degli 8 il Portalis in casa del Ca^irara, e proporre quegli e negare questi la nuova formula per i preti....: cose tutte, che non si sa d'onde il Theiner le abbia cavate (Histoire des deux Concordats, 1, 457). (1) Corresyondance , VII, n. 6121.

42 CAPITOLO SECONDO

che intimassero a' loro preti, per la costoro riconciliazione, non già la formola volata dal Papa, ma quella comandata dal Primo Console. « Il giorno di Pasqua, scriveva egli, è stato il trionfo della religione, non quello di un partito; nessun partito deve quindi trionfare, quello de' fuorusciti ne quello de' costi- tuzionali. > Parole, che erano evidentemente smentite dal fatto della nuova formola: poiché Fuso di questa dava vittoria a' preti giuratori !

Dava quindi varie disposizioni, alcune delle quali furono reputate a Roma gravissime. Ogni vescovo scelga per uno de' suoi gran vicari, un prete costituzionale : nella distribu- zione delle parrocchie e de' canonicati, i preti costituzionali entrino per la terza parte, e gli ortodossi per la quarta : le ' eccezioni a questo provvedimento debbona essere significate al Primo Console. I preti rimpatriati, prima della loro nomina sieno messi in prova per un anno; il governo considerandoli come sospetti, per il loro pertinace rifiuto di sottomettersi alle ìeggi^ non permette che sieno preferiti a quelli che hanno dato il primo esempio delia fedeltà.

Li ammonisce poi intorno alla pratica del divorzio, il quale è permesso dalla legge; i parroci ed i vescovi si devono accon- ciare a queste nuove disposizioni, se non col benedire 1 di- vorziati, almeno col tacere. Si trattino bene i preti ammogliati, - i quali « ne doivent point ètre écart^s par des mesures tiétris- santes. »

Hichiama una attenzione speciale sulle cappelle private, perchè il loit) uso è dannoso alle parrocchie, e perchè P espe- rienza le ha additate siccome combriccole avversanti il go- verno. Per la facoltà di averne, si ricorra al governo, « à qui Seul il appartient de permettre ou de ne pas permettre ces sortes d'ctablissemeuts. » In quanto alla dottrina e alla mo- rale, e alla maniera di ammaestrare il popolo, porge buoni consigli: si lascino le questioni oziose e sottili, e si stia alla semplicità e schiettezza del vangelo. Però, da buon settario

LA RICONCILIAZIONE DEI PRETI COSTITUZIONALI 43

giansenista, esorta il clero a risalire alle prime origini del * cristi anesimX), ed a modellare su quei tempi la disciplina ec- --^ clesiastica, per qnanto venga acconsentito da' tempi nuovi. In breve, disimpegnino i loro doveri sacerdotali, conformandosi sopratutto alle massime e regole consacrate nel prezioso deposito —- delle libertà gallicane.

Infine soggiunge: « L' abuso delle minacce spirituali per temporali cagioni va prevenuto; percbè, secondo T espressione del giudizioso abbate de Fleury, le censure ecclesiastiche non sono reputate siccome pene, se non da quelli che ne hanno paura: gli uomini lìotenti le tengono in non cale impunita- mente (1). »

Tale si era il tenore di questa famosa enciclica, che destò tanta ammirazione ne' vescovi di Francia. Ma ogni maraviglia cesserà, o meglio crescerà di molto, quando si sappia che il Portalis, nel farla, obbedì al Primo Console; che il Primo Con- , sole ne ricevette l'idea, il senso e quasi le parole da Carlo Maurizio Talleyrand ; e che il Talleyraod scriveva cotali cose.

(1) «... Vous ne devez ni pouvez exiger aucune rétractation de la part des prètres constitutionnels, pas plus que les évéques constitution- nels ne pourraient exiger de nouvelles déclarations des autres prètres. La seule chose à exiger est la déclaration: qu^ lìs adhèrent au Concordata et qu^ils sont dans la Communion de V Ecéque nomine par le Premier Consul et institué par le Pape...

« L' intention du Premier Consul est que pour réaliser un système d'impartialité équitable, yous clioisissiez un de yos grands Vicaires panni les éeclésiastiques du second ordre qui ont appartenu à ce qu'on appe- lait le Clergé Constitutionnel, et que les éeclésiastiques de la méme classe soient appelés dans une proportion du tiers au quart à remplir les fonctions de curés, de chanoines et de desservants. Quand les cir- constances locales ne permettront pas que cette proportion soit exacte- ment gardée, vous voudrez bien me mettre à portée, citoyen Evéque, de justifier auprès du Premier Consul les exceptions que vous aurez jugées^ indispensables... » Le conseiller d' Etat cliargé de ioutes les affai res concer- nant les eultes... Au citoyen Evéque. Paris le 19 Prairial an X de la Ré- publique (8 giugno 1802). Arcbiv. Vatic, Francia Appendice Epoca Napo- Iconica, Yol. XIV).

44 CAPITOLO SECONDO

quando appunto stava chiedendo a Roma la sua secolarizza- zione e facoltà di pigliare moglie^ e che infine il Primo Con- cole e il card. Legato scrivevano, che il già vescovo Talleyrand si era adoperato assai a favore della religione! Farsi una idea di tanta impudenza, è veramente difficile (1) !

Forse di tutte le battaglie, nelle quali il diritto della Chiesa, che sMmpersonava nella persona di un cardinale rappresentante del Sommo Pontelìce, nel far fronte alP astuzia e alla violenza, le quali nella persona del Portalis e del Bonaparte maschera- vano i rappresentanti della rivoluzione, ossia della guerra alla Chiesa cattolica^ di tutte queste battaglie, quella in cui il Le- gato del Papa toccò maggiore sconfìtta, fu P opera della ri- conciliazione dei preti scismatici, accaduta nella maniera che abbiamo veduto. Veramente è cosa inaudita, che un governo, il quale si diceva protettore della religione (senza però pro- fessare religione alcuna), esigesse che a sacerdoti della Chiesa cattolica non si applicassero quelle leggi, cui la Chiesa cat- tolica ha sempre imposto a pubblici prevaricatori.il perchè, difficilmente si può esprimere il sentimento di disgusto, onde fu amareggiata Panima del S. Padre Pio VII e del card. Con- salvi, quando loro ne fu giunta la notizia.

« Due gravi disgusti, scriveva il Consalvi a' rappresentanti pontificii in tutte le corti di Europa, e di imbarazzo tale da non saper come uscirne, ci recano le lettere di Francia giunte oggi... Consiste il secondo nelP aliare della riconciliazione degli ecclesiastici costituzionali del second' ordine. » E dopo aver loro descritto come la cosa fosse andata, e riferito la formola

(1) La relazione del Talleyrand al Primo Console, consegnata verso gli ultimi di febbraio 1802, lia per titolo : Ohservations de Talleyrand sur le rapport de Portalis {Docum. Concord., V. n. 1164). E il Primo Con- sole scriveva al Portalis, a' 3 giugno : « Je vous prie, Citoyen Conseiller d'Etat, de me faire remettre demain la circulaire que vous devez écrire aux évèques, et doni je vous ai envoyé le canevas (Correspondance , VII, n. 6112). »

LA RICONCILIAZIONE DEI PRETI COSTITUZIONALI 45

dal card. Legato approvata per forza, esclama: <^ Una formola di tal natura sarà qui ora presa in esame; ma oh! Dio, qual ■- prognostico farne? Come si farà a condannare P operato dal . Legato, o ad approvarlo? Lascio immaginare a Y. E., in quale mortale angoscia si trovi N. S., e noi tutti. Bisogna chinare ) ) il capo ai giudizj di Dio, che ci visita ogni giorno con nuove ' i e terribili tribolazioni. Io assicuro V. E., che la natura ormai pili non regge a tali scosse (1). »

Oontuttociò il P. Theiner non si perita di asserire, che il card. Caprara fu altamente lodato a Roma! E, falsando ad- dirittura una lettera del Oonsalvi, gli fa scrivere alla volta del Caprara le seguenti espressioni: che « S. Santità è con- tentissima della formola, aggiustata dal card. Legato, e che ha visto colla massima soddisfazione, qualmente essa formola contiene quanto si richiede indispensabilmente allo scopo che s'intende... (2) »

Il Theiner ha preso qui un abbaglio incredibile: egli cita una lettera del Consalvi, nella quale questi dice veramente che il Papa è contento della formola combinata dal Legato j ma la formola a cui si riferisce, è appunto quella che fu sfa- tata dal governo_, e acremente biasimata dal Bonaparte e dal -j. suo consigliere incaricato de' culti I Quando il Consalvi scri- veva quella lettera lodatrice dell'opera del Caprara, ossia a' 23 di giugno, le lettere del Legato, le quali arrecavano l'amara no- | tizia dell'imposizione delP altra formola, non erano ancora ar- rivate a Roma! Inquanto poi alla corruzione del testo fatta dal Theiner di questa medesima lettera, basta a confrontare

(1) Archivio Vaticano, Cifre a^ Nunzii, Principi, voi. 276 ; 3 luglio 1802. Ved. la lettera intiera nel Bocum. XVII.

(2) « Heiireusement, à Rome, on avait bien compris la gravite de cette affaire, et le cardiual-légat, au lieu d'étre désapprouvé, comme il le craignait, flit liautement Ione i^our l'avoir conduite à un terme si lieureux (Theinfjr, Histoìre dcs denx Concordais , 1, 466). »

46

CAPITOLO SECONDO

la versione francese cbe ne ha fatto egli, od altri, colP ori- ginale clie sottopongo in nota (1).

Ma questa parte della riconciliazione del clero di secon- da ordine, siccome quella in cui veramente trasparisce lo spi- rito del Primo Console e de^ suoi consiglieri, più chiaramente

(1) Lettera del card. Consalvi al card. Caprara, 23 giugno 1802.

TESTO AUTENTIOC :

« Dal dispaccio di V. E. 7i. 128 Sua Santità avendo rilevata e la formola combinata da V. E. i)er la riconciliazione degli ecclesiastici di secondo ordine, e le traccie da lei tenute per portarla alla pratica, è stata . contenta e di quella e di que- ste. Ha la Santità Sua veduto colla maggior soddisfazione, che la for- mola contiene ciò clie era indisi)en- sabile all' oggetto ; e questo basta al S. Padre, il quale non cerca niun' altra cosa, fuori di quello che è puramente necessario. In conse- guenza di che, la medesima San- tità Sua approva la suddetta for- mula ; e commenda la prudente e savia condotta, dalPE. V. usata in questo difficile affare con buon successo. » Archiv. Vatic, Nunzia- tura di Francia, voi. 599.

VERSIONE DEL THEINER :

« Sa Sainteté a vu aree heaucoup d'intérét la dépèche de Votre Emi- nence, du 13 de ce mois, et y a troìivé jointe la formule arrangée par vous, i^our la réconciliation du clergé constitutionnel du second ordre ; de méme elle est très - con- tente de la manière dont cette for- nmle doit ètre mise en pratique. Sa Sainteté a vu avec la plus grande satisfaction, que cette for- mule contient ce qui est indispen- sablement requis pour obtenir ce but, et cela lui suffit, puisqu' elle ne veut que ce qui est de néces- sité absolue. C est pour ce motif que le Saint-Pére approuve cette formule en loiiant aussi la sage con- duite que Votre Eminence a tenue dans cette difficile affaire, avec un si bon succès. » (Theiner, Hist. des deux Conc, I, 466).

Come si scorge a occhio, le jiarole « du 13 de ce mois » sono una vera invenzione del Theiner. Nel testo genuino, il dispaccio, il cui con- tenuto è lodato dal Consalvi, ha il n. 128; e questo numero indica la, lettera del Carrara de' 30 maggio, che abbiamo sopra arrecata. Il dispaccio du 13 de ce mois porta il n. 135; e non fu ricevuto a Roma se non al primo di luglio. Oltre la testimonianza formale del Consalvi, che dico tutto ciò nella cifra circa soj)ra riferita del 1 luglio, si sa che il corriere ordinario non poteva portare a Roma al 23 giugno lettere da Parigi scritte a' 13 dello stesso mese. In dieci giorni si poteva fare il viaggio da Parigi a Roma, solamente con corrieri straordinari!.

LA RICONCILIAZIONE DEI PRETI COSTITUZIONALI 47

antiromano clie altrove, il Theiner si adopera con un' arte mal dissimulata a nascondere il vero e a scusare V opera del Bo- naparte, rilevando P impossibilità di fare altrimenti. Egli im- prima tesse quasi una certa apologia de' preti costituzionali, col mostrarne il numero, la potenza, e i non pochi meriti verso la religione. E ad intendere, che « V abbandonare un tal clero, disingannato e rinvenuto oramai de' suoi passati errori (il che era falso, come si è visto), lo escluderlo dalla nuova ricostituzione della Chiesa e della gerarchia, o lasciarlo diso- norare dalle censure e dalle severità della disciplina ecclesia- stica, sarebbe considerato siccome una offesa ed un'ingiuria per la stessa nazione. » Osservazioni tutte errate: che non si trattava allora di escludere il clero costituzionale, ma di obbligarlo a disdire i suoi errori. Questo era il punto vero della questione, e dal Primo Console non voluto in nessuna maniera : che poi la confessione del proprio errore sia un di- sonorare un sacerdote, è massima novissima nella penna non dirò di un religioso, ma di uno scrittore semplicemente cri- stiano.

Si fa quindi a descrivere, qualmente non appena fu cono- sciuta da' preti costituzionali la formola di riconciliazione pro- posta loro dal card. Legato, e subito, scrive il P. Theiner, « risonò un grido di sgomento in tutte le diocesi della Francia. » Del che spaventato, il Primo Console si studiò di dissipare la nuova tempesta che stava per ingombrare l'orizzonte (1).

Il voler dare per motivo del non volere nessuna ritratta- zione di scisma, il grido di sgomento che risuonò in tutte le diocesi della Francia, sarebbe un motivo plausibile che scu- serebbe in un certo senso il Primo Console dell'aver fatto quello che fece. Ma un cotal grido si fece sentire in una sola

(1) « Un cri d'alarme se fìt entendre aussitót dans tous les diocèses de France. Bonaparte, à peine informe de ce qui se passait au sujet des constitutionnels, s'empressa de conjurer la tempéte (I, 455-56). »

48 CAPITOLO SECONDO

diocesi, quella di Nancy! Di tutte le altre diocesi della Francia il P. Theiner non ci fa sentire nessuna lamentanza! C'è quindi assai ragione di credere, che un cotal grido non sia se non un grido retorico.

In quella vece una voce, mossa quasi da tutte le province della Francia, fu rivolta al card. Legato: ed era la voce di sacerdoti numerosi, di vescovi, o di vicarii generali, che chie- devano al rappresentante del Papa, se potevano tuta conscientia dare cura di anime a que' preti, i quali, scismatici pubblici una volta, non avevano fatto altra abiura del loro errore, al- P infuori della sottoscrizione della formola loro acconsentita dal governo. NelP archivio Vaticano si conservano piii di venti lettere originali, scritte in questo senso da' seguenti paesi : Clermont, Sedan, Pamiers, Toulouse, Ambre, Mende, Coblentz, Yendée, Périgueux, Rouen, Besan^on, Angoulème, Bordeaux, Bourges, Agen (Lot et Garonne et Normandie), Laudes^ Dijon, ecc. (1)!

Y.

Ma a Roma veramente il giudizio, portato sulP opera del cardinal Legato, fu ben diverso da quello che declama il P. Theiner. E quanto dispiacere vi producesse nell'animo del S. Padre la notizia che vi giunse verso i primi di luglio, si può dedurre dal malinconico dispaccio, che il card. Consalvi spediva a tutti i I^unzii subito dopo:

« L'amaro dolore, cosi il ministro di Pio VII, provato da N. S. per l'affare della formola di riconciliazione degli ecclesiastici del second' ordine, che proposta dal governo il Sig. Card. Legato ha cre- duto di dover adottare, a riparo degli estremi mali, dai quali era minacciata la religione, e la Chiesa, (e che forma ora il soggetto degli esami, che qui se ne fanno), è stato accresciuto con V altro colpo

(1) Archiv. Vatic, Francia Appendice,.., voi. I, Fascio A.

LA RICONCILIAZIONE DEI PRETI COSTITUZIONALI 49

della circolare diretta a' vescovi dal Sig. Portalis, che per la mol- tiplicità e natura degli oggetti che contiene, e per le dottrine che vi s'insegnano, non può non farsi rimarcare al maggior segno.

« Un terzo oggetto di immenso dolore è pure la condotta di molti de' vescovi già costituzionali, che non potendo negare il decreto di assoluzione dalle censure, dato dal Card, Legato, ora danno una mentita a M. Bernier circa l'averlo essi accettato. E dicono anzi di averlo foulé aux pieds.

« Come farà N. S. a poter permettere, che questi seguitino ad esser pastori, perseverando cosi nell' errore, e dando tanto scandalo ? Questo è il suo cruccio di giorno e di notte, per le terribili conseguenze, che da ogni partito, che si prenda, ne ridondano (1). »

Il S. Padre diede ad esaminare a quattro teologi la formola riconciliativa de' preti, che il Legato ebbe approvata, sebbene sforzatamente. E non contento ancora del giudizio de' teologi, la presentò allo studio di una congregazione di cardinali, affinchè dessero il loro parere e sulla sufficienza della formola e sulla maniera di portarvi rimedio. Lo studio e V esame degli uni e degli altri si fecero ne' mesi di luglio-settembre di questo anno 1802. Quale ne fosse l'esito, ci è indicato dalla seguente

Relazione al S. Padre del voto di quattro teologi e di alcuni car- dinali^ intorno alla formola di sommissione de' preti costituzionali j usata e permessa dal Card. Legato.

Dopo aver descritta e narrata la parte storica, come è stato detto, e dopo riferite le due formole, delle quali la prima del Card. Legato fu esclusa dal governo, e la seconda dallo stesso governo coman- data, l'autore della relazione cosi prosegue (2):

(1) Archiv. Vatic, Cifre ai Nwnziì, Principi, voi. 276, 10 luglio 1802.

(2) È bene, che si abbiano sott' occhio le due formole. Quella del Le- gato, ossia V ordinata dal S. Padre diceva :

« Je me soumets entièrement aux jugemcnts portés par le S. Sie'ge sur les afaii'es ecclésiastiques de France, et je proteste une vraie et sincère ohéissancc mi Souveraiìi Pontife et à mon éveque légitime. »

L'imperata dal Primo Console era la seguente:

« J^ adhère au Concordata et je suis dans la communion de mon éveque

RiNiEKi. La Diplomazia Pontificia nel secolo XIX. Voi. II. 4

50 CAPITOLO SECONDO

« Diede in seguito il Card. Legato contezza dell' accaduto, sfor- zandosi nei suoi Dispacci di giustificare il suo operato, e di dimo- strare la sufficienza dell' annessa dichiarazione. Questa notizia penetrò del più grande dolore l' animo della S. V. Quindi pensando al riparo, credè di dover prendere nella più seria riflessione tutto l'affare. Ordinò pertanto a quattro Teologi, cioè a Monsig.^ Arcivescovo di Sida ora Cardinale Caselli, a Mons. Bertazzoli arcivescovo di Edessa, a Monsig.^ Patriarca di Gerusalemme ora Cardinal Di Pietro, e al P. Fontana Barnabita Consultore del S. Offizio, di stendere ciascuno sulla materia un voto. Nel disimpegnare questi l'addossata loro incumbenza, convennero tutti nel dichiarare insufficiente la formola ammessa dal Cardinale Legato. Ed in seguito, assegnando i mezzi onde riparare il disordine nato da questa debolezza del Legato, Mons.^ Caselli suggerì una Lettera al Primo Console, per prevenirlo che la S. V. non può tacere, ed un Breve al Legato di disappro- vazione del suo operato, e di esortazione a riparare il mal fatto; qual Breve si possa, se sarà necessario, pubblicare in appresso colle stampe. Monsig. Bertazzoli, di adoperare, o presso il Primo Console o presso chi si crederà opportuno, dei mezzi di mansuetudine e di dolcezza, che possano convertire ì traviati ; e quando questi si ren- dano inutili, dichiarare pubblicamente insufficiente la suddetta for- mola. Monsig.^ Di Pietro e il P. Fontana due Brevi, uno al Primo Console e l' altro al Cardinale Legato, per disapprovare la condotta del Legato, e far sentire che la S. V. non può sulla medesima tacere.

« Questi quattro voti insieme coli' altre carte relative all' affare volle eziandio la S. V. che si comunicassero ad alcuni SS^^^ Cardi- nali, che si degnò consultare; ed avendo i medesimi dopo la più seria deliberazione manifestato i loro sentimenti, io ne umilio alla S. V. il risultato.

nomine par le Premier Consnl et institué par le Pape. » Alla quale fu aggiunto dal Caprara : « Les e'véques leur ajoiiteront de pourvoir à leur con- science. »

Crederei di non errare nelP asserire, che uno de' motivi impellenti il Bonaparte a non ammettere la formola romana, fu il non avervi letto il suo nome ! Il motivo è psicologo, anzicliè storico ; ma lo reputo vero.

la riconciliazione dei preti costituzionali 51

Quesito

« Se per la riconciliazione alla Chiesa degli ecclesiastici intrusi di secondo ordine, debba aversi per sufficiente la dichiarazione am- messa dal Cardinal Legato.

« I SS. ri Cardinali, interpellati dalla S. V., rispondono comune- mente, che la formola ammessa dal Sig. Card. Legato, è insufficiente per la riconciliazione degli Ecclesiastici intrusi di secondo ordine. Si deve eccettuare il Sig. Card. Borgia, il quale crede la sudd. for- mola tollerabile, si perchè reputa, che non costi, che i Costituzio- nali siano Eretici o Scismatici, come anche perchè crede che la me- desima indichi una communione indiretta colla S. Sede.

^ Quesito 11°

« Stante V insufficienza della dichiarazione approvata dalVEmo Legato per la riconciliazione alla Chiesa de' preti intrusi, qual par- tito dovrà pì'endersi ?

« 11 Sig. Cardinale Decano (Albani), e quasi tutti gli altri SS.^* Car- dinali convengono nel progetto di scrivere due Brevi di disapprova- zione, uno al Cardinale Legato, l'altro al Primo Console. Sono però un poco divisi sulla forma dei medesimi, e sopra varie altre circostanze. Il Sig. Cardinale Decano vuole, che il Breve diretto al Cardinale Legato sia in termini forti, e che gli s'ingiunga che consulat con- scientiae suae^ e che al contrario umile sia il Breve da scriversi al Primo Console, e che si faccia forza nel medesimo sulla tranquil- lità pubblica, la quale può, e deve temer molto dai falsi Cattolici; da quelli cioè, che chiamandosi tali, non vogliono fare ciò che da loro esige la Chiesa. Il Sig. Card. Caraffa aggiunge: 1.° che s'in- giunga al Legato, di non dipartirsi mai più in avvenire dalle istru- zioni che gli saranno date; 2.o che colla riforma dei costumi si procuri di placare lo sdegno di Dio, e con ferventi preghiere si procuri di ottenere dall' Altissimo la grazia necessaria a rischiarare le menti, e ad ammollire i cuori di quelli, da cui dipende l'esito o infelice o fortunato delle premure della Santità Vostra.

« Il Sig. Cardinale Carandini vuole che l' oggetto de' Brevi sia, oltre la disapprovazione dell' operato del Cardinal Legato, l' indurre gli Ecclesiastici di secondo ordine a fare una dichiarazione, con cui protestino, che adoperando la formola, di cui si parla, hanno inteso

52 CAPITOLO SECONDO

di rinunziare alla Costituzione Civile del Clero, e di aderire al giu- dizio della Chiesa, e della S. Sede sulla medesima. In caso che que- sti Brevi non producano il loro effetto, vuole che si renda pubblica la disapprovazione della S.*^ V.

« Questa medesima pubblica disapprovazione, nel caso che i Brevi da scriversi non producano l'effetto bramato, consigliano i SS.^^ Car- dinali Roverella e De Lorenzana. Il Sig. Cardinale Della Somaglia trova plausibile la modula dei due Brevi, che suggerisce nel vota Monsignor Caselli; e come necessario a togliere lo scandalo, il richiama del Cardinal Legato, credendo sufficiente a prevenir qualunque rot- tura col governo francese il mandare in Francia un' altra Persona,, rivestita di un carattere di nuova apparenza.

« Il Sig. Cardinal Consalvi suggerisce di scrivere due Brevi, una esortatorio al Primo Console, l' altro di riprensione al Card. Legato, per avere permessa la si mal concepita protesta de' Ministri del secondo ordine, con una seria intimazione perchè procuri, nel modo che gli verrà indicato, di riparare il mal fatto. Vuole, che si usi neir apprestare questo riparo, la maggior benignità possibile; e perciò propone di contentarsi di una particolare dichiarazione da rendersi in seguito pubblica (di cui anche presenta una modula) da farsi dai suddetti Ministri del secondo ordine, in cui siano salvi ed intatti questi due articoli : di recedere e di riparare la civile costitu- zione del Clero; 2^ di sottomettersi con sincera ubbidienza alla Sede Apostolica.

« Il Card. Di Pietro crede, che ai Brevi minutati secondo la modula suggerita nel suo voto, e in quello del P. Fontana, si debbano ag- giungere due memorie, una al Cardinal Legato, l'altra al Consi- glier Portalis ; V oggetto delle quali debba essere il dimostrare l' ir- regolarità dell'operato del Card. Legato, e delle pretensioni del Governo, ed il ribattere le ragioni, che il Cardinale e Consigliere suddetto recano nelle respettive loro memorie.

« Ho detto, che quasi tutti i SS.^^ Cardinali convenivano nel pro- getto dei due Brevi. Non è però in questo numero il Sig. Cardinal Borgia, il quale credendo tollerabile la suddetta formola adoperata,, non vuole, che si scriva in disapprovazione della medesima. Sug- gerisce invece di scrivere una istruzione ai Vescovi della Francia, relativa all'assoluzione dalle Censure, in cui sono incorsi gl'Intrusi; di richiamare chi (a di lui sentimento) tanto male assiste il Cardinal Legato neir agire e nello scrivere; e di ammonire seriamente il med.^ cardinale delle tante prevaricazioni finora commesse.

LA RICONCILIAZIONE DEI PRETI COSTITUZIONALI 53

« Il Sig. Card. Antonelli suggerisce, come Egli dice, un colpo d'au- torità. Vuole adunque, che si uniscano insieme tutti i disordini che "/ attualmente opprimono la religione in Francia, e che si aspetti a parlarne, allorché saranno spirati i sei mesi determinati ai nuovi Vescovi per domandare alla S. V. le Bolle. A quell'epoca prenden- dosi occasione della disobbedienza di quelli, che non avranno do- mandato le Bolle suddette, propone, che si scrivano un Breve al Primo Console, un altro ai Vescovi già Costituzionali nominati alla nuova Circoscrizione, che si mostrano refrattarii, ed una Enciclica a tutti i Vescovi ed Arcivescovi della Francia per disapprovare tutti gli accennati disordini, e fra questi la riconciliazione de' Preti Co- stituzionali coir insufficiente Formola di cui si questiona. Crede, che il primo ad essere spedito debba essere il Breve per il Primo Con- sole, e che si potrà sospendere per qualche tempo la pubblicazione delle altre due carte, per aspettare se questo produce il suo effetto.

« Quando poi questo si renda inutile, vuole che si mandino, ovun- que si potrà, le copie stampate dell'altro Breve, o dell'Enciclica, procurando di farle penetrare in Francia.

« E da osservarsi, che il Sig. Cardinal Decano (Card. Albani), benché sia del sentimento di sopra indicato, pure aggiunge di non dissentire dal sentimento di unire questo alle altre rappresentanze da farsi al Primo Console, purché sia questa una discreta dilazione •che non ritardi di molto la troppo necessaria disapprovazione della \ <5ondotta del Legato (1). »

VI.

Il card. Oonsalvi, scrivendo in nome del Papa, aveva si- gnificato delicatamente ed in maniera indiretta al Caprara la disapprovazione, che in Eoma erasi fatta delP operato da lui in questa faccenda. Il Capraia da parte sua insisteva per sapere chiaramente il giudizio del Papa e de' cardinali, e lamentavasi del silenzio serbato nelle lettere del Consalvi su <30sa che gli premeva assai, mentre intanto rispondeva alle osservazioni fattegli da Roma, difendendo Peperà sua, come meglio si potesse (2). Ma con sua lettera de^ 29 ottobre, il

(1) Arcliiv. Vatic, Francia Appendice Epoca Napoleonica, voi. I, Fa- scio C.

(2) Ved. lettera del Caprara al Consalvi, 4 agosto 1802 (Docum. XVIII).

54 CAPITOLO SECONDO

Oonsalvi gli manifestò « senza ambiguità, che il S. Padre alcuni dei signori Cardinali componenti la congregazione sugli affari di Francia, avevano trovata ammissibile la formola in questione (1). »

A propria difesa il card. Legato spedì allora a Roma, per mezzo del Canova, che vi ritornava da Parigi, una memoria nella quale esponeva le ragioni che lo avevano consigliato ^ pregando il Consalvi di farla conoscere al S. Padre ed ai Cardinali della congregazione per le cose francesi. Così al Caprara, come alP autore di quella memoria sembrava di aver compiuto, almeno indirettamente, quanto si esige dalle leggi canoniche circa la ritrattazione pubblica di pubblici errori^ coir aver imposto ai preti riconciliandi la clausola di prov- vedere alla propria coscienza. La qual cosa, scrive il Caprara^ gli attirò rimproveri dal Primo Console, il quale « arrivò per- sino a dirmi, che per permettere P aggiunta di provvedere alla propria coscienza nella formola di riconciliazione, non ci voleva che uno stordito come il Portalis, il quale non ebbe tanta capacità da distinguere il peso e la forza delP aggiunta pre- detta (2). »

Ma anche un tale scritto fu giudicato inefficace. « Benché steso con riflessione, così il card. Di Pietro informandone il Consalvi, non basta a mio sentimento a dimostrare la suffi- cienza della formola proposta, principalmente perchè, ad onta degli sforzi del di lui autore, non si potrà mai dimostrare, che nella medesima si contenga una condanna degli errori de^ costituzionali vera, chiara, non equivoca, e tale finalmente quale la Chiesa ha sempre ricercato ed è obbligata di ricer- care dagli eretici e scismatici, che si vogliono riconciliare con lei (3). »

(1) Consalvi a Caprara, 29 novembre 1802. Ved. lettera intiera nel Docum. XI.

(2) Lett. cit.

(3) Di Pietro a Consalvi, dicembre 1802. Archiv. Vatic. Francia Ap- jaendiec.f voi. I, Fascio C.

CAPITOLO TEEZO

La riconciliazione colla Chiesa dell'antico Ve- scovo di Autun Carlo di Talleyrand Perigord.

SOMMARIO :

I. Tratti storici della sua vita: educazione, sacerdozio e vescovado senza vocazione. Sua apostasia ; sue geste infami ; è ammonito da Pio VI nei suoi celebri brevi contro la costituzione del clero e i giuratori di essa.

II. Suoi maneggi a fine di ottenere da Roma l'essere ridotto a vita se- colare. Primo breve a ciò, inviato da Roma, ma non accolto ne pre- sentatogli.

III. Il Primo Console s' interpone, e chiede per lui altro breve, con una nota, nella quale intendeva di provare la licenza del matrimonio per il Talleyrand, con esempi storici. Questi sono trovati essere falsi. Si concede al Talleyrand la riduzione alla comunione laica, con un breve pontificio.

IV. Il Talleyrand si ammoglia sacrilegamente, intendendo d' ingannare la pubblica opinione. Il card. Consalvi si adopera a fine di fargli dare la mentita.

I.

Non si può chiudere la narrazione della riconciliazione del clero costituzionale, tralasciando quella del già vescovo di Autun, poi costituzionale^ poi convenzionale, poi emigrato, ed ora ministro delle relazioni estere del governo consolare della Eepubblica. Il quale ebbe P ordine di rivolgersi in questo anno 1802 al card. Oonsalvi e a Pio VII a fine di ottenere assoluzione, secolarizzazione, facoltà di ammogliarsi. Prima di esporre la condotta e Pesito di co tali domande, è bene che diamo qualche contezza storica delP uomo, per vedere i meriti che ne dovevano suffragare la riuscita.

Questo celebre Ahbé malgrc lui, dopo essere stato educato nel seminario di S. Sulpizio e poi alla Sorbona, fu creato

56 CAPITOLO TERZO

vescovo di Autun a'30 di settembre del 1788, essendo indegno,

^ sk cagione della sua vita più che galante e della sua filosofìa

addirittura volterriana, di occupare una carica così alta e così

santa. Eletto dal baliagio della sua diocesi a far parte dell' as-

- semblea dei notabili, nel luglio di quest'anno perorò dalla tri-

- buna per la uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi agP impieghi ' della nazione. Nel_1789 jl2 ottobre) propone l'incameramento

o la vendita de' beni del clero a sollievo dell'erario nazionale, e l'alienazione, allo stesso scopo, delle argenterie delle chiese.

- Nel gennaio del 1790 fa dare la cittadinanza agli ebrei; e nel , luglio propone e fa passare la costituzione civile del clero.

A' preti della sua diocesi, che di quest'atto gli porsero lamen- tanza, rispose invitandoli a seguire l'esempio del loro pastore, / « non vi essendo nel giuramento della costituzione civile nulla I che debba inquietare la piti timorosa coscienza. » Ed intanto a' 14 di luglio, adunatisi nel campo di Marte i deputati di tutti gli ordini civili e militari e religiosi con il re alla testa, a fine di commemorare la presa della Bastiglia e giurare la difesa della costituzione, il vescovo Talleyrand celebrava pon- tificalmente la messa suU' altare della patria. Nel gennaio ^del 1791 prestò il giuramento civico, e nel febbraio consacrò i nuovi vescovi costituzionali, quindi, rinunziando al vesco- vado, entrò nella vita secolaresca.

Era costui un essere veramente singolare! Con maniere che risentivano l'aristocratico sibarita, con un ingegno pieno di accorgimenti. Paride ed Ulisse nel medesimo tempo, egli celava un'anima spaventosamente malvagia: compiva gli atti y più sacrileghi con tale una riposatezza di pensiero, che non si incontrò neppure nel cinico di Ferney. Dal 1791 al 1800 passò la vita tra gli amorazzi e i giuochi di danaro, guizzando come un' anguilla in mezzo al fango, al sangue, ed a' pericoli di quegli anni : ambasciatore a Londra nel 1792, condannato all' ostracismo nell' anno seguente, espulso dall' Inghilterra rifuggì negli Stati Uniti nel 1794. Per intrighi della signora

LA RICONCILIAZIONE COLLA CHIESA DEL VESCOVO DI AUTDN 57

di Stael, famosa figlia del famoso Necker, rimpatriò nelPanno seguente mei 1797 dirigeva gli affari come ministro per l'estero, ■e caduto d'impiego nel 1799 vi fu rimesso dopo il 18 brumaio dal Bonaparte, il cui astro già sorto egli salutò ed accompagnò fino all'apogeo.

La notizia delle sue geste sacrileghe commosse assai il vec- chio pontefice Pio VI, il quale nella celebre Bolla « Oharitas » de' 13 aprile 1791, denunziando al mondo cristiano i pochis- simi vescovi spergiuri, che si erano prestati alla consecrazione di vescovi scismatici eletti dalla Costituente, menzionò appo- sitamente il Talleyrand in questi termini : Tra quelli che si ì lasciarono vincere dalV altrui malizia e frode^ figura in capo di \ lista Carlo vescovo di Autun, acerrimo fautore della Costituzione, '\ Questi già macchiato del delitto di spergiuro^ e reo di tradimento^ per avere di propria autorità e dinanzi a laici abbandonato la \ mia Chiesa e il suo clero, nel giorno 24 febbraio , assistito da due altri vescovi, ebbe V ardire d^ imporre le mani sacrileghe , in Parigi^ nella Chiesa de' preti delV Oratorio, senza facoltà delV Or- dinario, senza mandato della Sede Apostolica.,, violando e cal- pestando tutte le leggi,..

Quindi, insieme con gli altri due che lo avevano assistito, il S. Padre Pio VI dichiarò sospeso da ogni esercizio delV Ordine episcopale il sacrilego consacratore, Carlo vescovo di Autun (1).

(1) « Hos inter aliorum malitia et fraude devictos x)rimus extitit Ca- rolus ej)iscoinis augustoduuensis, constitutionis fantor acerrimus... Illa die (24 febr.) Lutetiae Parisiorum Augustadunensis episcopiis, iam per- iurii crimine infectus, et reus defectionis ob dimissam auctoritate pro- pria et coram laicis Ecclesiam... ausus est in ecclesia presbyterorum Oratorii, irrequisito ordinario, sacrilegas manus imponere... sine ullo Apo- stolicae Sedis mandato... cunctisque praeterea legibus neglectis, violatis, pessumdatis... Declaramus... suspensum esse ab omni exercitio episcopalis ordinis Carolum episcoj)um augustadunensem... Si fiet unquam ut Nostrae paternae monitiones... in irritum sint recasurae... sibi certo persuadeant se per Nos anatbemati subiectum iri, Nosque illos anatbemate perculsos denunciaturos Ecclesiae universae, tamquam scliismaticos, a communione ecclesiae Nostraque segregatos. » Bullarii romani continuatio, Vili, 13, 17, 18.

58 CAPITOLO TERZO

K'on però gastigavalo di pena maggiore, ma lo avvisava cìie^ qualora egli avesse ricevuto invano la paterna ammonizione ponti- ficittf sarebbe colpito di anatema, e così colpito di anatema verrebbe proclamato dinanzi a tutta la Chiesa siccome scismatico e segre- gato dalla comunione della Chiesa e della Santa Sede (1).

Colla sua lettera apostolica de' 19 marzo 1792, scritta in italiano al clero di Francia, Pio VI si asteneva ancora « dal fulminare la sentenza di scomunica... ammonendo i sacrileglii consecratori de' vescovi intrusi (nominando pel primo) Carlo Maurizio vescovo di Autun... con perentoria monizione, con cui assegnamo sessanta giorni da correre dal della data di queste lettere per la seconda, ed altri sessanta giorni im- mediati per la terza ammonizione (2). »

Passati i quattro mesi interposti dal Papa per il loro ravvedimento, non mi consta che nessuno destre vescovi conse- cratori minacciati abbia dato segno alcuno di resipiscenza: del pari non trovo nessun documento, col quale apparisca, che il Papa abbia poi fulminato di fatto quella scomunica. Kel breve dei 13 giugno 1792, col quale ampliava le facoltà concesse al- l'episcopato di Francia a cagione de' tempi scellerati in cui vivevano, il Papa riserva a se la facoltà di assolvere i vescovi e gli arcivescovi o consecratori od intrusi: ma di scomunica yc nominale non si parla più. Questa dunque non credo che sia stata mai scagliata formalmente a tenore della fatta minaccia»

(1) Ibid., p. 176. Nella pagina seguente ripete: « Questi, tutti così ammoniti, se a Noi non costerà che dentro lo spazio stabilito... abbiano soddisfatto ciascuno al suo debito colla dovuta ammenda alla Chiesa, al- lora... non ci affligeremo per modo... che cioè non fulminiamo contro- di loro la sentenza di scomunica. »

(2) Ibid.

LA RICONCILIAZIONE COLLA CHIESA DEL VESCOVO DI AUTUN 5i>

IL

Tale si era Puomo e tale il già vescovo, il quale nel febbraio di quest'anno 1802 si adoperò col card. Legato a fine di ot- tenere dal Vicario di Gesti Cristo e il perdono delle sue colpe^ e la sua riconciliazione con la Chiesa, e la propria restituzione alla vita secolare in tal guisa, che gli fosse lecito di legittimare dinanzi alla legge civile e dinanzi alla Chiesa, da lui ripu- diata, la sua unione con una donna, con la quale conviveva da cinque anni sacrilegamente, disonestamente, e adulteri- namente (1).

Per riuscire nel suo intento, egli si maneggiò imprima presso il card. Caprara con grande accortezza, manifestando- glisi pentito delle gravissime colpe commesse, e pronto a rientrare nel seno della S. Madre Chiesa. Il Caprara, solle- citato strettamente dalle insistenze del Talleyrand e dalle raccomandazioni dello stesso Primo Console, prese la cosa a petto, e nel febbraio del 1802 ne scrisse a Eoma partecipando le intenzioni dell'antico vescovo, ed il colui pentimento, ed in- sieme mettendo in rilievo l'importanza del personaggio e la sua influenza^ che veramente era grande allora, presso il Primo Console. Lo stesso Talleyrand scriveva una letterina al car- dinal Consalvi, raccomandando questo affare alla discrezione di lui a titolo di amicizia che gli professava, ed incaricandolo di presentare al S. Padre la supplica che gì' inviava scritta in latino per la sua riconciliazione (2).

(1) Vedi più innanzi.

(2) La lettera del Caprara è de' 7 febbraio; di questa come della let- tera e della supplica del Talleyrand al Consalvi non s' è rinvenuto il testo. Il Consalvi rispondeva al Caprara (3 marzo 1802) dicendogli : « Vostra Emza ed il ministro (Talleyrand) possono assicurarsi, che io metterò in questo affare tutto quello impegno e zelo di cui sono capace, perchè la cosa sia nel più gran secreto trattata con la maggior solleci-

60 CAPITOLO TERZO

Quale fosse il tenore di questa supplica del Talleyrand, ci è appalesato dalla nota seguente, che il Di Pietro, incaricato delP esame di quella faccenda, spediva al Oonsalvi verso gli ultimi di febbraio :

« Non pare, diceva il Di Pietro, che si possa esser contenti della supplica, che viene presentata a S. S.tà da Carlo Maurizio Tal- leyrand. Non vi è in essa alcuna espressione, dalla quale senza equivoco risulti che egli detesta le massime eretiche, scismatiche della costituzione civile del clero, alle quali à egli aderito colla pre- sentazione del civico giuramento. La confessione che egli fa de er- roribus gravissimis a se commissis nelle passate vicende della Francia, de' quali errori domanda perdono al S. Padre, non denota bastan- temente la suddetta detestazione delle massime suddette, potendosi comodamente riferire alla condotta sommamente biasimevole, che à ■egli in detta epoca tenuta.

« Neppure si può riguardare come una detestazione delle malvagie massime suddette, la protesta e dichiarazione eh' egli fa : se religioni catholicae apostolicae romanae fìrmiter adhaerere, ac Sedi Apostolicae filiali prorsus óbsequio et obedientia piene suhiectum esse; giacché questa contiene una protesta o dichiarazione generale, tutto al più analoga a quella, che si legge nella professione di fede di Pio IV: Sanctam catholicam et apostolicam Romanam JEcclesiani omnium Ecclesiarum matrenfi etmagisiram agnosco: Romano Pontifici B. Petri ■apostoloruni Principis successori ac lesu Christi Vicario veram óbedientiam spondeo ac iuro.

« In secondo luogo, dagli intrusi il S. Padre à esatto che espres- samente professino óbedientiam et submissionem Romano Pontifici; « dichiarino iudiciis Sedis Apostolicae super ecclesiasticis Galliarum

j negotiis emanatis sincero et obsequenti animo adhaerere ac piene sub-

\ iectos esse. Ora il supplicante non è intruso; ma circa F adesione alle perverse massime si è certamente più segnalato degli intrusi medesimi, essendo stato dichiarato dalla S. Mem. di Pio VI, nel

.' breve Charitas, come Constitutionis f autor aceì'rimuSj e come quello

' «he schismati culmen imposuit.

tudine possibile, e perchè abbia il miglior successo. Io farò ogni sforzo per provare al ministro, che non sono indegno dei riguardi di amicizia, de' quali ba dimostrato a Vostra Emza di onorarmi (Docìim. Concord., V, n. 1136). »

LA RICONCILIAZIONE COLLA CHIESA DEL VESCOVO DI AUTUN 61

« Par dunque, che dal ricorrente debba esigersi almeno la mede- sima dichiarazione o protesta. Si è detto « almeno » , avendo la Chiesa costantemente usato maggior rigore con gli autori o capi dello scisma, quale appunto è stato l'oratore, che non i semplici fautori.

« Nella lettera confidenziale che scrive Caprara a V. Emza, ri- ferisce avergli detto il ricorrente, che data aveva legalmente e ma- terialmente la sua dimissione. Se in questi ultimi tempi à il ricor- rente data nelle debite forme la dimissione della sua Chiesa, niente si trova a ridire; ma qualora alludesse a quella data nel principio dello scisma, l'espressione sarebbe molto riprensibile... (1). »

E riferisce il biasimo di riprovazione datogli da Pio VI^ appunto per quella defezione della sua Chiesa, come abbiama veduto piti sopra.

Tenendo ragione di tali osservazioni giuste quanto delicate, il card. Antonelli compose un breve di riconciliazione pel già vescovo Talleyrand, e la S. Penitenzieria una lettera originale,, con la quale si proscioglieva Pantico giuratore della costitu- zione civile, di questo e di altri peccati, ed insieme gli si asse- gnavano le dovute penitenze (2).

(1) Archiv. Vatic, Francia Appendice Epoca Napoleonica, voi. I, Fa- scio B.

(2) La prima comijosizione del breve sembra lavoro del Di Pietro, conforme cor ne chiarisce il seguente biglietto che a lui mandava il P. Ca- selli da S. Marcello, 2 marzo 1802 : « Al corto mio intendimento sembra, che il breve stia benissimo, poicbè la delicatezza dell'affare non permette y di estendersi di più. Il Card. Legato potrà in iscritto o in voce snjìplire

a quelle esortazioni, clie per giuste ragioni si crede doversi omettere. Intanto per la felice estensione sinceramente mi congratulo seco lei. »

D'altra parte il card. Antonelli, il card. Consalvi e Mgr Spina vi fecero alcune modificazioni, secondo la seguente letterina che l' Antonelli rivolgeva al Consalvi a' 13 di marzo :

« Spedisce il Card. Antonelli la minuta del breve e la lettera origi- nale della S. Penitenzieria per M^' de Talleyrand. L'uno e l'altra sono stati emendati appuntino, secondo le giustissime riflessioni di Vostra Emza e di Mgr Spina.

« Ma mi è venuto anche un altro pensiero, che se sarà ardimentoso, potrà perdonarmelo per la buona volontà, per cui l'ho eseguito. Ho stefso lina breve istruzione per il sig. Card. Legato, la quale potrà esser messa

€2 CAPITOLO TERZO

Nel detto breve, il S. Padre esprimeva la contentezza del buon pastore, che vede tornare alPovile la pecora smarrita j di- <3liiara le disposizioni del Talleyrand, manifestategli nella costui supplica, ossia le gravissime colpe passate e il presente penti- mento, e si esclama: « O sanctum profecto ac beatum pudorem, numquam satis praedicandum ! »

Quindi lo avvisa delle facoltà trasmesse dal Papa al suo Legato a latere, di assolverlo cioè da tutte le censure ond' era ohhligatOy di restituirlo aW unità della Chiesa^ serbate le dovute condizioni, e, rimessolo alla comunione laica^ di dargli licenza d^ indossare vesti secolari e di attendere agli ufficii della repub- blica. Lo esorta infine a rifare colla parola e colle opere il danno, già da lui arrecato alla Chiesa.

Procedendosi nel foro interno^ ossia nel tribunale della pe- nitenza, il Talleyrand doveva insieme con l'assoluzione sacra- mentale ricevere T assoluzione dalle censure « ed individual- mente dalla scomunica », e quindi sentirsi intimare le dovute penitenze.

Se poi non ricorreva se non al foro esterno, doveva sottoscri- vere « iuratam declarationem sese Bomanae CatJiolicae Ecclesiae tanquam obsequentissimum filium subiectum esse, eiusque iudicio adìiaererCf abdicatis erroribus quibus quomodocumque hue usque adhaesit. » Quindi verrebbe assolto « dalle censure ed indi-

in cifra o lasciata in piano, come a lei piacerà. Ho inteso così di ri- sparmiarle qualche fatìga, tra le tante che dee subire ; e ho inteso ancora di prevenire l'obiezione, che faceva ier sera Mgr Spina tra le assoluzioni •che si danno pel solo foro esterno, e le altre pel foro della coscienza ; e finalmente ho inteso d' istruire il sig. Card. Legato, e abilitarlo in qua- lunque maniera a contentare il ministro Talleyrand suddetto. »

Infine pochi giorni dopo, il Di Pietro scriveva la seguente lepida no- ticina: « Insomma vuole (il Consalvi) che tutto (nel breve) si lasci come sta nella minuta di Antonelli, eccetto i piccoli cambiamenti... Absit di mandarlo noi a sottoscrivere a Marotti ; si deve mandare Serculi, il quale chiamerà Marotti, e gli farà dare il giuramento de secreto servando (Archiv. Vatic, 1. e). »

LA RICONCILIAZIONE COLLA CHIESA DEL VESCOVO DI AUTUN 63

vidualmente dalla scomunica, avvalendosi delle orazioni o preci «he sono prescritte nel rituale romano, faceadogli ad un tempo bene intendere, clie con tale assoluzione Foratore restituitur oommunioni et unitati fidelium, et sanctis Fxclesiae sacramentis », lasciandolo in libertà, quando Iddio gli toccherà il cuore, di ricorrere ad un confessore per ricevere nel sagramento della penitenza P assoluzione.

Così dunque, seguendo questa seconda via del foro esterno, Pex-vescovo scismatico Talleyrand veniva restituito alla comu- nione della Chiesa ; ma rientrava nella comunità de^ fedeli ^ siccome un membro putrido, ossia conservava nelP anima le ) immense colpe che la macchiarono.

Se non che tutto questo corredo di norme tanto paterne, quanto sapientissime, tracciate dalla mano del card. Antonelli, -andò a vuoto. Perchè il Caprara, dopo letto il breve, non si sentì P animo di darlo al Talleyrand: infatti, in quelle forme in cui era scritto, avrebbe destato il riso di quel profondamente pervertito^ e degli altri che gli stavano attorno (1).

III.

Questo affare della riconciliazione dormi dal marzo al seguente giugno di quest' anno 1802, per cagione de' gravi avvenimenti religiosi e politici, ne' quali furono occupati il Primo Console, il Talleyrand, ed il card. Legato. Ma appena terminata la faccenda del Concordato, il Primo Console stesso se ne occupò di proposito, inviando a Eoma nientemeno che un corriere straordinario^ che giunse in questa città a' 9 di giu-

(1) In una nota storica, che si conserva nell'Archi v. Vatic, insieme con altri documenti relativi a questa materia, trovo la seguente notizia : « Non fu dal Card. Legato neppur presentato questo breve al ministro (Talleyrand), avendo il Legato avuta contezza dagli amici del medesimo, che lo avrebbe sicuramente disgustato. »

64 CAPITOLO TERZO

gno. Tanto sappiamo dalla seguente cifra, che il Consalvi spe- diva a^Nunzii nel seguente giorno, 10 dello stesso mese:

« Ieri giunse un Capo di Battaglione, spedito come straordinaria dal P. Console a N. S. con una sua lettera. Annunzia la evacuazione di Ancona. Dice qualche parola in giustificazione della necessità, in cui ha creduto di essere, di nominare alcuni Costituzionali. Ma l'og- getto principale della lettera è un nuovo affare doloroso per N. S. Prende il Primo Console un personale interesse, che M. Tallej^rand ^ sia autorizzato a prender moglie. In una nota, che annette, cita varii esempii di vari secoli di simili dispense, e porta le ragioni di pub- blico bene della Religione, e dice infine che tale affare gli è a cuore personalmente. E inoltre nelle espressioni del Breve di ri- conciliazione e piena secolarizzazione, chiede che si usino forme ac- cettabili nelle circostanze attuali in Francia, che vuol dire che non

\ si parli di perdono, di pentimento, di delitti commessi, di resipi-

\ scenze, le quali frasi sempre in addietro usate in simili cose, ora

I assolutamente non si vogliono più sentire.

« V. E. vede in qual nuovo terribile incastro va a ritrovarsi il S. P., se il dovere venisse a costringerlo a disgustare non solamente il Console, ma il Ministro, che bisogna confessare essere stato , ed essere K" il solo che colà ha assistito il Console e sostenuti gli affari della Re- ligione per quanto ha potuto, la qual cosa è conosciuta iìi Parigi (1). Ed è anche certo, che tutto il buono che si è fatto in Lione per la Hepubblica Italiana, tutto si deve dopo il Console a lui, come tutti i y/ V^escovi che colà furono, ne fanno fede. Sicché l' irritare un tal uomo, egli è vero che può essere alla Religione di danno grande. Si prenderà in esame la materia, e si riscontreranno gli esempii, i quali si dubita che in parte non sieno di Vescovi ma di Preti, e che nemmeno siano adducibili, essendo stati in caso di persone Regie; e di più si ri- flette qui alla circostanza di fare una si gran grazia a chi ha avuto si ffrandi torti con la Chiesa. Sua Santità fa fare delle orazioni,

i per ottenere lume e assistenza dal Signore in questi continui amari

i! frangenti.

(1) Queste parole del Consalvi sono assai notabili. Da (xuanto i)erò si è visto nel corso delle trattative pel Concordato, è mestieri dare a questa notizia un senso del tutto cUpìomaiico ; non potendo ammettere un va- lore storico. Ciò vuol dire, clie i Nunzii dovevano pensare e forse parlare alle Corti, nel senso indicato. Ved. voi. I, p. 170-171.

LA RICONCILIAZIONE COLLA CHIESA DEL VESCOVO DI AUTUN 65

« Invio a V. E. la traduzione francese anche della Bolla di ra- tifica del Concordato, acciocché si degni di procurare di farla in- serire per mezzi indiretti in cotesta Gazzetta, mentre è una pezza interessantissima, e che nei fogli di Francia è stata mal tradotta: ed interessa che sia conosciuta nel suo vero e fedele tenore. Spero che sarà riuscito all'È. V. di fare inserire l'allocuzione; e desidero di sapere cosa ne abbia detto il publico.

« P. S. Quanto le ho indicato con questa cifra su M. Talleyrand, dovrà esser da lei tenuto sotto il più alto segreto, dovendo servire a sola di lei notizia (1). »

Quanto dice il Con salvi iutorno alP essere stato solo il Talleyrand, iielPaver assistito il Primo Console e sostenuto gli affari della religione^ sarà vero in nn qualche senso; inquanto cioè il Talleyrandj uomo moderato e pacifico, avrà trattenuto V impetuoso Bonaparte dalP esorbitare nelle sue pretensioni. Ma è cosa provata, essere stato P antico vescovo augustodu- nense colui, che diede al Primo Console il mal consiglio della creazione degli articoli organici ; è certo inoltre, eh' egli fu Fautore e il primo suggeritore del non doversi esigere dagli * antichi costituzionali nessuna ritrattazione di errori. La qual cosa, oltre la prova del fatto, era motivata in lui dalP identità di circostanze, nelle quali colloca vaio la sua condizione di vescovo giuratore, aggravata di quella di consacratore ille- gittimo.

Ma egli si trovava nella condizione di vescovo concubi- nario, il che non saprei se si avverò di altri vescovi costi- tuzionali. E d' altra parte, la sua frequenza alla corte del nuovo governo per cagione delPalta carica che disimpeguava con innegabile valentia, lo costringeva, dopo la conclusione del Concordato massimamente, a dare alla sua vita pubblica di ministro del governo, ed alla privata di uomo di onore, un'apparenza di persona ammogliata legittimamente, almeno \ secondo le leggi dello Stato. Egli però pretese di legittimare

(1) Archiv. Vatic, Cifre a^ Nuuzii, Pr'uìciin, voi. 276. RiNiERi. La Diplomazia Pontifìcia nel secolo XIX. Voi. II.

66 CAPITOLO TERZO

la sua vita maritale eziandio dinanzi alla Chiesa: il perchè, raccomandatosi strettamente al Primo Console, questi vi prese tutto quelP interesse, che abbiamo visto dalla lettera citata del Consalvi (1).

Una raccomandazione del Primo Console, in quelle circo- stanze, piti che un suggerimento o l'espressione di un desi- derio era un impero. Al quale tuttavia essendosi sottratta la coscienza, se non F estrema potenza del Papa, il Talleyrand, che nella mente feconda aveva lacciuoli a gran dovizia, supplì con P inganno alla negazione delle sue richieste, come vedremo.

Intanto trattandosi, dice la nota storica già citata, di una I istanza straordinaria, prima di tutto si ordinò a Monsignor Ma- rini, archivista del Vaticano, di verificare gli esempi addotti dalla nota che accompagnava la lettera del Primo Console; e al Di Pietro di stendere una relazione sulP istanza medesima. Il Marini provò in uno scritto assai erudito, che di tutti quegli esempi di dispense arrecati nella nota del Primo Con- sole, neppure uno era vero, inquanto si riferiva a vescovi (2).

(1) Il Primo Console terminava la sua lettera a Pio VII (24 mag- gio 1802) dicendo : « J'envoie à Votre Sainteté une note qui m'est remise, relative à une domande d'un bref de sécularisation pour le citoyen Tal- leyrand. Cette demande m'est particuUèrement agréable (Correspondance. VII, n. 6099). » La nota è riferita in parte dal Theiner (I^ -Ai^l), e intiera dal Lecestre, Lettres inédites de Napoléon I. voi. I, p. 36. Vedila nell'Appen- dice (Doeum. XX).

(2) Gli esempi citati erano i seguenti :

Le Card. Pampliili, fut séctdarisé et mournt laiqne Fatto car- dinale da Innocenzo X suo zio (21 gennaio 1647)^ fu sciolto del giura- mento, e sx)osò Olimpia Aldobrandini nipote di Clemente Vili ; ma « non era legato da impedimento alcuno di ordine sacro. »

Cesar Borgia^ arclteréque de Valence, due de Valence, éponsa une prin- cesse de ìa maison d' Alhret, et mourut ìaique. Da giovane il famoso Ce- sare, tanto caro al Machiavelli, ebbe dal P. Alessandro VI Vamministra- zione di alcune diocesi e la dignità cardinalizia. Ne fu sciolto nel concistoro del 1498 : ma non era ne prete, vescovo. Apparteneva all'ordine de' diaconi, ed ottenne la disx)ensa di quest'ordine, per contrar matrimonio.

LA RICONCILIAZIONE COLLA CHIESA DEL VESCOVO DI AUTUN 67

E il Di Pietro da parte sua dimostrò in una lunga sa- pientissima dissertazione, qualmente una tale facoltà non abbia riscontro nella storia di tutta la Chiesa. Il celibato essere stato istituito fino dalle prime origini della Chiesa, non su documenti scritti ma sulPesempio degli Apostoli. La stessa Chiesa Orientale, sebbene per la mollezza de^suoi ecclesiastici permetta la continuazione del matrimonio a ministri che lo avessero contratto precedentemente alla loro ordinazione^ si è però mantenuta uniforme alla Chiesa latina nel negare la licenza di prender moglie do]^o essere stati ordinati^ e nel ne- gare altresì ai vescovi non meno la facoltà di prenderla^ ma pur anco il permesso di ritenere quella che prima avessero. »

Ferdinaudo di Gonzaga, cardinale, divenuto di Mantova : non aveva ordine sacro. Fu liberato del giuramento cardinalizio nel concistoro dei 16 novembre 1615.

Maurizio di Savoia, dispensato dal cardinalato (23 aprile 1643) « non era costituito in verun ordine sacro, ma soltanto aveva gli ordini minori. »

De' quattro cardinali Borboni, che furono scardinalati, «nessuno tornò allo stato laicale, e nessuno contrasse matrimonio. »

Di Casimiro, da monaco fatto re di Polonia (1040) e sciolto dei voti monastici da Benedetto IX, si dicliiara : 1°) Non è questa se non una tradizione popolare (Mabillon, Ann. Bened. IV, 1. 58, u. 4) ; 2") è certo clie non fu mai vescovo.

Di Casimiro, tiglio a Sigismondo III, è certo non esser stato mai vescovo. Fu gesuita x)er soli 6 anni, e fu dis^iensato de' voti semplici nel 1649 ; e del 1'^ grado di affinità, per potere sposare la vedova regina sua cognata.

Il card. Arrigo, Arcivescovo di Lisbona, successe nel trono al nepote Sebastiano nel 1578. A istanza de' grandi del regno, sebbene di QQ anni, sg: chiese a Gregorio XIII la facoltà di ammogliarsi, ma gli fu negata.

Il card. Nicola Francesco di Lorena, fratello di Carlo IV, contrasse matrimonio con Claudia sua cugina nel 1634. Ebbe la necessaria dispensa dalla S. Sede ; ma non aveva mai ricevuto nessun ordine sacro, non che quello di vescovo.

Pertanto da tutta la esposta narrazione di fatti, risulta non aver mai la Sede apostolica accordato dispensa, affinchè persona insignita del carat- tere vescovile potesse contrarre legittimo matrimonio {Estratto dal lavoro del Marini, Archiv. Vatic, Francia Appendice..., voi. I, fascio B).

68 CAPITOLO TERZO

Fermo così esseudo Puso della Chiesa iu tale disciplina, modellata siilP esempio degli Apostoli, così prosegue:

« Onde quante volte per ottenere il ristabilimento della cattolica religione in un qualche dominio, la Sede Apostolica ha creduto di usare sulP oggetto una straordinaria condiscen- denza, si è sempre limitata alla convalidazione di matrimonii già nullamente contratti dai preti, diaconi e suddiaconi, non mai si è prestata alla convalidazione di quelli (matrimonii) attentati dai V escori. Questa fu precisamente la condotta tenuta da Giulio III, nella sua bolla dell! 8 marzo 1554, che incomincia Dudum cum carissima, e colla quale dando al card. Reginaldo Polo potestatem Ecclesiae Bomanae reuniendae, gli concedette fra le altre facoltà quella di rivalidare i ma- trimonii contratti di fatto dai chierici secolari, cioè preti, dia- conif e suddiaconi con alcune opportunissime cautele. »

Viene quindi alle seguenti conclusioni :

Dagli schiarimenti contenuti negli annessi fogli si rileva, essere affatto insussistenti gli addotti esempii di pretesa dispensa per contrarre legittimo matrimonio concessa dalla S. Sede a persone insignite del carattere vescovile.

Il celibato dei sagri ministri è venuto a noi sino dagli Apostoli; e riguardo ai soggetti, ordinati vescovi, è stato pre- scritto ed osservato nella Chiesa tanto Occidentale quanto Orientale, benché in questa sia stato permesso di ritenere la moglie ai semxMci sacerdoti^ che P avevano innanzi alla loro ordinazione.

Quando in alcuni casi straordinarii hanno creduto i Sommi Pontefici di estendere P apostolica indulgenza di Santa Chiesa ad abilitare a legittimo matrimonio persone legate da ordine sacro, si sono sempre astenuti dallo ampliarla a persone insi- gnite del vescovile carattere.

a concedere una tale dispensa a chi dianzi era stato ordinato vescovo, si è mai indotta la Sede Apostolica neppure in quei casi, nei quali si trattava di provvedere alla tran-

LA RICONCILIAZIONE COLLA CHIESA DEL VESCOVO DI AUTUN 69

quillità di un regno col procurare la successione della fa- miglia reale, che andava ad estinguersi.

Da tutto ciò chiaramente si deduce^ non dovere per nessun patto S. Santità concedere una tal dispensa in favore di Carlo Maurizio Talleyrand, antico vescovo scismatico di Augusto- duno (1).

Fu tenuta quindi, verso i 20 di giugno, per ordine del Papa una congregazione particolare, composta de' cardinali Antonelli, Spina, Consalvi, e de' monsignori Bertazzoli teologo del Papa, e Di Pietro segretario. Nella quale si decise d'in- viare al Primo Console le ragioni in iscritto, in forza delle quali il S. Padre non poteva acconsentire ad una richiesta di quella fatta. E « finalmente si convenne, che dal S. Padre si scrivesse un nuovo Breve al suddetto Talleyrand (2) », se- condo il quale egli veniva restituito alla semplice comunione laica, dandosi al card. Legato amplissime facoltà « ut te No- biscum et cum Ecclesia reconciliet, quemadmodum a te po- stulatum est (3). »

(1) Arcliiv. Vatic, Francia Appendice, voi. I, fiiscio B. Nella posizione Talìeyrand, collocata in questo volume, i due lavori sopirà citati hanno le indicazioni seguenti : Di Pietro : Fogli di riflessioni tendenti a far cono- scere non potersi dal S. Padre annuire a simile istanza, segnati lettera E. Mgr Marini : Fogli di schiarimenti diretti a far conoscere V insussistenza, \)er il divisato oggetto, degli esempii qua trasmessi nelV accennata nota di Parigi, segnati lettera F. Tutti questi scritti furono spediti al Card. Legato a Parigi, il 30 giugno 1802.

(2) Nota storica citata (Archiv. Vatic, loc. e).

(3) Nella posizione citata (Arcliiv. Vatic, Francia Appendice..., voi. I, Fascio B) si trovano due copie del breve composto per il Talleyrand. Quella (;lie è riferita dal Theiner a p. 198 (Pièces justificatives) è a])punto la copia che non fu consegnata. Invece delle parole da noi citate, vi si leggono le seguenti : « plenitudine potestatis nostrae te ahsolvimns ah omni rinculo excommunicationis, quo adhuc quocumque modo obstrictus fueris... » Vedasi il breve nell'apx)endice (Docum. XXI).

Il seguente lepido biglietto del Card. Consalvi a Mons. Di Pietro a comprendere le varie mani, che furono adoperate alla composizione del detto Breve.

70 CAPITOLO TERZO

Intanto il Consalvi fino da' 15 giugno avvisava per cifra i vari Nunzii della soluzione di questo affare, scrivendo loro :

« Si manda la risposta negativa air istanza di M. Talleyrand, ap- poggiata dal Primo Console, rapporto al pigliar moglie, non essendosi \ trovato nessun esempio vero nella Chiesa ; e riducendolo alla comu- I nione laica, e ciò (nella maniera più delicata, e con le frasi più dolci possibili salvando le massime), giacché pur troppo al giorno d'oggi non si vuol dire sentirsi dire che si ha errato. » E a' 19 dello stesso mese :

« Le più impegnate ricerche, per vedere se veramente sussiste alcun esempio di dispensa data ad un vescovo consacrato di prender moglie, hanno dimostrato l'insussistenza del supposto. Quindi si é nella necessità di non poter contentare chi ciò desidera, chi 1 ha approvata la dimanda. Questa combinazione è disgraziata, per non potersi certamente non prevedere, che il dispiacere che ciò ar- recherà, sarà di danno; ma dal P altro canto N. S. non vede esser possibile di fare altrimenti, benché ciò gli sia molto sensibile. »

lY.

Insieme con la spedizione del Breve al Talleyrand, Pio VII inviava una sua lettera al Primo Console, nella quale gli espri- meva le ragioni del rifiuto ch'era costretto a fare alla domanda

Consalvi a Di Pietro, 34 giugno 1802 :

« Ne sutor ultra crepidas. lo ho riflettuto, che non è mio mestiere il fare un breve e specialmente un breve come questo. Dunque appena mi alzo dal letto, per non |)iti prolungare questo aifare, le scrivo queste righe e le rimando il breve da lei già schizzato, unendovi quello di Mgr Bertazzoli e dell' Emo Spina, pregandola a porre subito mano al- l'opera, a formare il breve nel senso che fu convenuto ieri sera. La prego di tutta quella sollecitudine che può, tralasciando tutt 'altro, e la prego ancora di avere dinanzi agli occhi la negativa che gli si circa la mo- glie, l' interesse che ci prende il Primo Console, e la fatale disgrazia che certe frasi non se le vogliono assolutamente sentir dire.

« Subito che Ella mi avrà inviato il suo lavoro, lo passerò a Marotti. Resto... » Su questo breve, e su ciò che ne riguarda le conseguenze, vedi L. Bastide, Vie reUgieiise et politique de Talleyrand, p. 237; Me'moires dn Priìice du Talìeymnd, I, 284 ; Artaup, Storia di Pio VII {eàìz. cit.) I, 262-63.

LA RICONCILIAZIONE COLLA CHIESA DEL VESCOVO DI AUTUN 71

appoggiata da lui a favore del suo ministro delle relazioni estere (1): sono appunto le ragioni esposte sopra.

Non si era però senza un qualche timore in Roma, intorno al come sarebbero accettate dal Bonaparfce e dal Talleyrand le sofisticherie romane^ conforme essi chiamavano le ragioni \r^ fortissime della teologia e della storia ecclesiastica. « Circa la risposta di Talleyrand, così il Cousalvi scriveva a'Nunzii, non è ancor giunta; ma si crede che sarà di disgusto, mentre scrive il card. Legato che pretende fil Talleyrand) che anche senza esempio, il suo caso sia tale, che possa e debba essere il primo, e così pensa anche il Primo Console (2). »

Ma poco appresso ebbe ricevuto lettere del card. Legato, nelle quali questi dicevagli che tanto il Primo Console come il Talleyrand erano soddisfatti delle facoltà concesse e delle \ garbate maniere, onde queste erano state scritte (3).

Se non che la soddisfazione, arrecata al Papa per una tale notizia, fu di poca durata. Infatti il Primo Console aveva, per decreto governativo pubblicato nel giornale officiale di Parigi ed inserito nel bollettino delle leggi, dato esecuzione a modo suo al breve ponti tìcio (4).

(1) Si trova in francese nel Theineb, I, 447.

(2) Arcliiv. Vatic, Cifra a^ Ntnizii, 24 luglio 1802, Principi, voi. 276.

(3) A' 4 di agosto il Consalvi soggiungeva a' Nunzii : «L'affare flel 8Ìg. Talleyrand ha avuto un esito felice. Ha avuto corso il Breve, con cui è stato autorizzato il Card. Legato a riconciliarlo alla Chiesa, con tradurlo alla comunione laica. Non si è fatta più altra parola sopra la negata concessione di ammogliarsi, onde giova sperare che non si pensi a far nuove istanze su di ciò, ne che egli ne abbia concepito dell'umore (Ibid.). »

(4) A' 3 fruttidoro anno X (21 agosto 1802), il Primo Console scriveva al cittadino Abrial, ministro per la giustizia: « J'ai l'honnenr de vous adresser, Citoyen Ministre, une.expédition de Parrete portant que le bref du Pape qui rend à la vie séculière et laique le citoyen Charles-Maurice Talleyrand, aura son plein et entier eff'et. Je vous invite à vouloir bien le faire insérer au Bulletin des lois^ quoiqu'il ne porte pas cette disposition.

72

CAPITOLO TERZO

La qual cosa era dal card. Cousalvi annunziata a' rappre- sentanti pontificii nelle varie corti, ne' termini che seguono:

« Ella avrà veduto nei fogli francesi il decreto consolare, in cui si dice che con un Breve del S. Padre il ministro Talleyrand è / stato reso alla vita secolare laica. Questa esj)ressione, che io mi contenterò di chiamare inesatta, e che devo credere che siasi usur- pata per voler dire ridotto alla comunione laica, ha fornito una occasione incredibile di scandalo al pubblico, avendone tutti inferito che sia stato, direm cosi, spretato e disvescovato, e abilitato a pren- der moglie. Sarebbe necessarissimo di formare un articolo di gazzetta I con la data di Parigi, e farlo inserire con naturalezza in. codesti fogli forastieri, dicendo che V essersi ridotto il Sig. Talleyrand alla vita secolare laica altro non è, secondo il Breve, se non che essere ridotto alla comunione laica, rimanendo privo dell'esercizio dei suoi il ordini sacerdotali e pontificali: fermo però restando il voto di ca- ij stità, e partecipando soltando dei Sacramenti come i laici che sono ii tornati in comunione con la Chiesa (1).»

Pur oidre du Premier Consul {Correspondance , Vili, ii. 6261). » La de- <;isione consolare era la seguente :

Ade du G Oliver nement. Arnie du 2 fructidor, an X (20 agosto 1802).

Les Consuls de la JRépuhlique : vu le href du Pape Pie VII donne à S. Pierre de Pome le 29 juin 1802 :

iSur le rapport du Conseiller d' Eiat chargé de tontes les afaires concernant les cultes :

Le Conseil W État entendu:

Arrétent :

Le href du Pape Pie VII donne à S. Pierre de Pome, le 29 juin 1802, par leqiiel le citoyen Charles-Maurice de Talleyrand, ministre des relations extérieures de France, est rendu à la vie sévulière et laique, aura son plein et entier effct.

Le Premier Consul, Bonaparte Le secrétaire d'État, H.-B. Maket

{Mémoires du Prince de Talleyrand, I, 284).

(1) Cifra a^ Nunzii, 11 setteml)re 1802 (Archiv. Vatic.^ voi. cit.). E l'ac- corto uomo, considerando la delicatezza della cosa, scrisse egli stesso il tenore della nota che doveva essere inserita nella gazzetta. È la seguente, inviata in cifra :

Per mezzo di un hreve pontificio, dal Card. Legato è stato riconciliato

LA RICONCILIAZIONE COLLA CHIESA DEL VESCOVO DI AUTUN 73

Se nou che, dopo la pubblicazioiie e legalizzazione di un breve del S. Padre, cosa del tutto straordinaria nella repub- blica francese, il cardinal Consalvi intuì di presente dove a,ndava a parare la novità di un tal fatto, e si rese subito ra- gione della contentezza significata da Parigi per quel breve di secolarizzazione. Il Talleyrand intendeva di farsi un man- tello di quel breve papale, a fine di procedere con tal veste a <)ontrarre legittimamente, o meglio a darlo ad intendere a tutta P Europa, il matrimonio con una donna non sua per soprassello, al qual fine veramente erano state dirette tutte le istanze e tutte le macchinazioni che abbiamo veduto.

La lettera seguente, scritta in cifra a tutti i Nunzi i, ci appalesa tutte queste cose:

« Benché non ufficialmente, si ha però la notizia, che sia già se- guito, 0 almeno sul punto di seguire il matrimonio del Signor di Talleyrand con mad. Grand (1). US. P. nel gemerne nel suo cuore,

nlla Chiesa il cittadino Talleyrand, ministro delle relazioni estere, con essere ridotto alla comunione dei laici, fermo rimanendo il voto, da cui rimase legato dopo la sua ordinazione. (Ibid.).

(1) Era costei una creola, ossia nata nelle Indie da un parente eu- ropeo. Secondo la signora di Remusat^ egli la conobbe a Parigi nel 1797 essendo ministro degli esteri, quando essa gli chiese il passaporto per Pln- ghilterra, dove doveva ritrovare il suo marito cbe abitava colà. Era una donna bellissima, ma sciocca, e battagliera un al modo della Xantippe del filosofo Socrate. Presa in casa dal Talleyrand, essa vi faceva gli onori.

Ma incontrò naturalmente, che le mogli degli ambasciatori si ricu- sarono a ricevere gli onori della casa del ministro, da una donna di quella fatta. La cosa giunse agli oreccchi del Primo Console, il quale intimò al Talleyrand di spedirla fuori di casa. Ma la Grand, saputolo, corse dalla Giuseppina, e la pregò con lacrime di ottenerle un abbocca- mento col Primo Console. Ricevuta da costui, se gli buttò ginocchioni e gli chiese piangendo di rivocare quel baiulo che la colpiva. Egli vi ac- consentì col patto tuttavia, che il Talleyrand la sposasse, e che essa ne portasse il nome : tutto doveva decidersi nello spazio di 24 ore. Si dice, che lo facesse per nflétrir il ministro degli esteri! »

Il Talleyrand acconsentì, si appartò nel paesello di Montmorency, dove trovò un prete che lo benedisse sposo !

74

CAPITOLO TERZO

vuol pur lusingarsi, che non si abbia il coraggio di celebrarlo in faccia la Chiesa dopo celebrato innanzi alla Municipalità, facendosi dare dal Parroco la benedizione nuziale. Il S. P. vede tutta la tela di questo amaro affare, e comprende oggi vieppiù come nel monitore si inseri (1) quel Decreto contenente una espressione tanto lontana da quella del Breve di S. Santità, che lo riduce solamente alla comu- nióne dei laici, e lo priva dell'esercizio degli ordini, permettendogli di vestire da secolare, e servire negli impieghi secolareschi; ma non mai gli accordò di prender moglie, il che anzi gli fu detto anche nella lettera a lui scritta, (non meno che in quella scritta dal Papa al P. Console stesso), che assolutamente gli si ricusava.

« Il S. P. ha procurato, per toglier lo scandalo, che in Italia tutte le Gazzette inserissero un articolo in data di Parigi, con naturalezza, da cui si rilevasse la verità della cosa, cioè in che veramente consiste il Breve; e ci si è riuscito. Desidera il S. P. che lo stesso si faccia nel miglior modo possibile in codeste Gazzette, secondo la piccola formola che io già le trasmisi; onde ora più che mai raccomando alla di lei attenzione e diligenza, di farlo eseguire (senza però com- parire direttamente), se mai non fosse ancora eseguito, rendendosi

Il signor Grand, il quale minacciava di far rumore su quel matrimo- nio, pare clie ricevesse delle grandi somme di denaro.

Dopo MM tal pateraccliio, il Talleyraud divenne la favola di tutti, e nelP interiore fu infelicissimo, pieno di pentimenti e di disgusti. Sembrava che avesse paura di trovarsi riposatamente presente a se stesso. Tutta la giornata la passava in udienze e in circoli, e la sera a giocare ; e non pigliava il sonno, se non quaìido la fatica lo costringeva a cliiudere jjjli occhi ! Mémoires de Madame de Rémusat, II, 174-181.

Secondo il Pasquier, quel matrimonio nascondeva un (/ran secreto ; si fu un certo signor de Mouville, che aggiustò la cosa col })arroco del pae- sello di Epinay nella valle di Montmorency : quel signore nel 1815 fu fatto pari Francia {Mémoires, I, 2.50-251). Il Thiébault scrive, che la signora Grand conosceva tal secreto, da fare andare il Talleyraud sul ])alco; laonde essagli intimò: Si vons ne m'épousez pas, je rous fais rac- courcir d^ un pied {Mémoires, V, 335). In questi ragguagli convengono sot- tosopra : Bastide, op. cit., p. 239; Michaud, Histoire politique et privée..., 30, segg.; H. L. Bulwer, Historical Characters... TaUeyrand, p. 137 segg., 341 segg. ; questo autore dice che il TaUeyrand condusse seco dall'Ame- rica la signora Grand ; Cf. Lady Blennehasset, Madame de Stael et son temps, II, 340.

(1) Nel margine : A tutti fuori che al Caprara.

LA RICONCILIAZIONE COLLA CHIESA DRL VESCOVO DI AUTUN iO

troppo necessario. In Francia è il peggior male, non essendo ciò riuscibile, e se ne scrive al Signor Cardinale Legato, acciò almeno Io sparga con la voce, perchè tal falsa credenza riesce al S. P. ve- ramente sensibilissima.

Al Card. Capraia:

« Da varie lettere di Francia si è saputo clie è accaduto, o sta per accadere il matrimonio del Sig. Talleyrand, e quel che più duole al S. P. è, che si crede per tutta la Francia, come indicano le let- tere suddette, che ciò è per sua dispensa. Dice Sua Santità che gli è impossibile di dar questo scandalo alla Chiesa, che abbia egli data una dispensa mai data in 18 secoli. Non arriva a intendere come, dopo essersene scritto si chiaramente da lui al P. Console, e da me al Signor Talleyrand, si possa da questo fare un passo si- mile. Ma l'interesse del S. P. si limita almeno, che non si creda che ci è il suo consenso, e vuole anche lusingarsi che non siasi contratto in faccia alla Chiesa un tal matrimonio (1).

« Non posso non dire a V. E., che, avendo rilevato il Papa si da Mgr Erskine, che dalle lettere scritte a varii dal Cav. Azara, e da altri, che tutti credono che ci sia il permesso della S. Sede, gli ha fatto specie che da V. Emza non siasi detto nemmeno a questi più confidenti una parola a disinganno di ciò, arguendone che V. E. ne ha tenuto molto più con altri un rigorosissimo silenzio, il quale non smentendo in niun modo la voce publica, l' autorizza. Ciò duole molto a Sua Santità, che desidera che V. E., nei modi che le sono possibili, faccia trapelare, che non ci è stato il permesso della S. Sede ; il che si crede dal Papa necessario a reprimere lo scandalo, che dopo tutto se ne concepisce. Non avendo V. E. scritta mai una riga di tal matrimonio, di cui parlano tutte le lettere, la cosa è giunta al S. Padre tanto più improvvisa, e inaspettata. »

Come si scorge da questa lettera in cifra del Coiisalvi, lo scandalo del matrimonio di un vescovo, che anche ridotto alla convivenza laica il Talleyrand era sempre vescovo, e di un ma- trimonio contratto dinanzi alla Chiesa da un personaggio già celebre in tutta Europa, lo scandalo dico era immenso. Né, dall'altra parte, poteva il Papa opporvi il rimedio radicale,

■-y^

(1) Vedi nota superiore.

76 CAPITOLO TERZO

pnbblicaudo cioè il breve stesso di secolarizzazione concesso e mandato al Talleyrand; perchè questi nel chiederlo aveva >/ raccomandato un alto secreto, e di un tal secreto aveva otte- nuto da Roma parola, e la parola di Eoma si osserva sicu- ramente, anche quando è impegnata a fine di favorire un indegno che ne abusa con detrimento di Eoma stessa. Tale era appunto il caso del Talleyrand.

« Non crede Nostro Signore, cosi sfogavasi il Consalvi informando i Nanzii, non crede di pubblicare il Breve, perchè sarebbe un ir- ritarlo all'eccesso con danno della religione, essendoglisi data pa- rola di non pubblicarlo, quando egli lo chiese, facendo conoscere allora che ciò esigeva un certo suo decoro in Francia, sebbene il Breve fosse moderatissimo, appunto avendogli un tal riguardo giac- ché gli si negava la moglie.

« Debbo prevenirla, che siccome il Breve corrisponde al memoriale che fece (il Talleyrand), in cui non faceva istanza di pigliar moglie ma solo di essere riconciliato alla Chiesa, e di potere ritenere gì' im- pieghi secolareschi, non più esercitando gli ordini ; cosi il Breve non parla di moglie ne in bene in male, come suol dirsi; e que- sto basta per dimostrare che non può farlo, perchè non esiste la concessione (1).

Ma contemporaneamente al Breve, fu a lui trasmessa una let- tera ed una al Primo Console, anche responsiva alla istanza trasmessa dal Primo Console al Papa con una sua lettera, in cui dimandava per esso Sig. Talleyrand la grazia anche della moglie; ed in am- bedue le lettere (2) fu risposto negativamente a chiarissime note, ed adducendo i più forti argomenti con una nota in scritto che li con- teneva. Del resto ora si capisce il perché chiese allora, che il Breve non si pubblicasse.

« Ancora noi qui non sappiamo se il matrimonio lo abbia vera-

(1) Il testo della sux)plica del Talleyrand non V ho jiotiito rinvenire intiero ; va notato però, che nell' istanza presentata dal Bonaparte con- tenevasl appnnto la richiesta della moglie. E se nel breve diretto al Talleyrand non si faceva motto di moglie, ne in senso negativo ne po- sitivo, se ne faceva però allusione e parola nella lettera di risposta del Papa al Primo Console.

(2) Della lettera al Talleyrand non ho rinvenuto nulla. Probabilmente dovett'essere scritta dal Consalvi.

LA RICONCILIAZIONE COLLA CHIESA DEL VESCOVO DI AUTUN 77

mente contratto anche in faccia alla Chiesa. Si è scritto più volte fortemente su di ciò al Card. Legato ; ma egli ha risposto una volta [[ sola in cifra due righe, dicendo che con un poco di pazienza si conoscerà da tutti il vero^ senza nostro danno. Ecco tutto (1). » \

Ed insieme scriveva al card. Capraia, il quale non si era fatto per nulla vivo in una faccenda che pure tanto amareg- giava il Papa, chiedendo notizie in questi termini:

« S. Santità è sommamente amareggiata dell'affare del matrimonio del Sig. Talleyrand, di cui sono pieni tutti i pubblici fogli; e lo scandalo che se ne concepisce contro la S. Sede è generale ed urta sommamente la coscienza della Santità Sua. V. Emza ha risposto due sole righe nel suo foglio a colonna de' 3 ottobre, dicendo che col tempo si conoscerà il vero, senza nostro danno.

Il S. Padre vorrebbe, che V. E. dicesse precisamente se il ma- trimonio è seguito, e molto più se e seguito in faccia anche alla Chiesa, il che il S. Padre non può mai arrivare a supporre, essendo costà V. E. e dopo la sua lettera si chiara al Primo Console, e la mia al Sig. Talleyrand medesimo. V. E. è pregata a dare sfogo a questi desiderii espressamente ingiuntimi dalla Santità Sua (2). »

Ohe cosa rispondesse il card. Legato a questa lettera se- verissima del secretarlo di Stato di Pio VII^ non saprei : come ho già osservato altre volte, mancano nelP archivio Vaticano la maggior parte delle lettere del card. Caprara. Il Talleyrand però si sposò veramente dinanzi alP autorità ci- vile, e, per quanto sembra, riuscì a carpire eziandio la bene- dizione di un prete al suo pubblico pateracchio.

(1) Cifra rt' Nunzii, 23 ottobre 1802 (Arcliiv. e voi. citati).

(2) Cifra a Caiu-ara, 23 ottobre 1802 (Ibid.). Al card. Casoni, die era Nunzio pontificio in Madrid, soggiungeva nella sua cifra de'15 novembre : « È dolorosissimo tutto ciò che Vostra Emza dice nella sua cifra de' 24 ot- tobre, sul non potersi costì smentire la falsa opinione della concessione della S. Sede sul matrimonio del sig. Talleyrand. Bisognerebbe pure elle Vostra Emza, in termini decenti e savi lo dicesse ancora a quanti può, e vedesse anche di trovare un modo di farlo conoscere dal jnibblico, essendo lo scandalo troppo grande (Ibid.). »

CAPITOLO TERZO

V

Ma di un tal uomo tanto basti per ora. Ne ho voluto qui discorrere alquanto alla ragguagliata, tra perchè P argomento stesso e la celebrità del personaggio lo richiedevano, e perchè di lui ritornerà necessariamente il discorso, mentre nel con- gresso di Vienna lo vedremo imprima contrastare e poi mer- canteggiare la restituzione alla S. Sede de^ principati di Be- nevento e di Pontecorvo (1).

(1) La letteratura intorno a quest' uomo è addirittura imiuensii. Diluì si sono occupati abbastanza distesamente, oltre gli autori citati nella nota superiore: Boukkienne, Mémoires, (ediz. cit.) IV, 254, 282; V, 134; X, 371, 378 ; Roederer, Oenvres, II, 314 segg. ; Sainte Beuve, Nonveaux Liindis, XII, 28 segg. ; Louis Blanc, Histoire de dix ana, II, 91 segg. ; Achille de Vaubabelle, Chute de l'empire, Histoire dee deux restaurations , I, 217 i^Qg^. ; GuizoT, Mémoires, I, 37 ; Iager, Histoire de V Église catholiqne en Franee, XIX, 122, 295, 328; Gosselin, Vie de M. Emery, I, 255 segg. ; Las Cases, Mémorial de Saint- He'leine (1824), II, 73 segg., ecc. ecc. Se fosse esatto quanto riferisce il Las Cases (loc. cit.) i)are che Bonaparte nel 1802 avesse idea di x)roporre il Talleyrand come Cardinale : in tutti i docu- menti dell' Arcliiv. Vatic. non ho rinvenuto traccia di una tal cosa.

Il Bastide riferisce intorno a lui le seguenti parole, c(mie dette da Napoleone a S. Elena : « Le triomphe de Talleyrand, est le triomj)he de 1' immoralité : un prétre marie à la fenime d'un autre, et qui a donne une forte somme d'argent à son mari pour qu' il permette à sa femme de rester avec lui ; un homme qmi a tout vendu, trahi tout le monde et tous les partisi J'ai défendu l'entrée de ma cour à sa femme, première- ment parce que sa réputation était décriée, et parce quej'ai découvert que quelques marchands génois lui avaient payc quatre cent mille francs dans l'espérance d'obtenir par l'entremise de son mari quelques faveurs (;()nnuerciales. Elle était très belle femme, des Indes Orientales, mais sotte et de la xdus grande ignorance (o]ì. cit., jì. 242). »

Intanto però il Bonaparte dimentica, che la grandezza del Talleyraiul è dovuta a lui, e che prima di partire per l'Egitto ne aveva ricevuto la somma di 100 mila franchi (M.me de Bémusat, I, 109). Delle somme favolose, ricevute da lui dall' Inghilterra, dall'Austria, dal Papa, da Na- poli... per conclusioni di i^ace, si trova l'elenco nel Bastide (p. 216): l'accusa sarà quindi esagerata, ma non priva di fondamento. Le seguenti espressioni sulla viltà dell'uomo, sono del Mirabeau : « C'est de la bone et de 1' argent qu' il lui faut ; j)0ur de l'argent, il a vendu son honneur et son ami; pour de l'argent, il vendrait son àme, et il aurait raison, car il troqnerait san fnmier contre de V or. » Vaulabelle, op. cit., II, 149, nota.

PARTE SECONDA.

CONGRESSO DI LIONE

CAPITOLO QUAETO Il Congresso di Lione

(11 dicembre 1801-26 gennaio 1802).

SOMMARIO :

I. Costituzione dettata dal generale Bonaparte alla rejiubblica Cisal-

l)ina nel 1797. Deliberazioni per il cambiamento di essa, pas- sate tra il Primo Console, Talleyrand, e Melzi.

II. Coìtf/resso di Lione : atteggiamento prudente del Papa dinanzi a

quella assemblea ; imprudenza del card. Legato.

III. Memorie sul congresso scritte da MgT. Gazola, vescovo di Cervia,

che vi assistè come uno de'dei)utati del clero cisalijino. Prima dell' arrivo del Primo Console. Grande parlata del vescovo a fa- vore della religione.

IV. Arringa stringata, colla quale il Gazola in nome del popolo sovrano

chiede che la religione cattolica sia dichiarata religione dello Stato. Grande dibattimento col j)residente Aldini.

V. Dopo V arriro del Primo Console. Questi vUole, che la religione cat-

tolica sia dichiarata religione della Repubblica.

VI. Quesiti proposti dal Primo Console al Comitato ecclesiastico sullo

stato delle chiese e sulle relazioni ecclesiastico-politiche della rex)ubblica cisalpina (15 gennaio 1802). Risposta del vescovo di Cervia. Il Primo Console detta le leggi organiche per la re- pubblica.

VII. Aggiunta alle memorie del vescovo di Cervia. Il perchè di quelle

leggi organiche.

VIII. Continuazione delle memorie del Gazola : leggi organiche votate.

80 CAPITOLO QUARTO

IX. Elezione del Boiiaparte ii presidente della rei)nbblica cisalpina !

X. Nota del vescovo, di Cervia ; «na vita anteriore : nemico a'Fraìicesi

e a' frammassoni. Colloqnio col Primo Console; aneddoti.

1.

Nel luglio del 1797 Napoleone Bonaparte riposava le glo- riose membra nella villa e campagna di Mombello, vicino a Vercelli. Da^ primi di gennaio al mezzo di aprile aveva con rapide vittorie sterminato gli austriaci dalle terre lombardo- venete^ ed aperto le prime trattative di pace in Leoben. Ora, spartendo gli ozii tra le amorevolezze della sua madre e delle sorelle e i plausi de^ suoi ammiratori, volse la mente ad as- sestare le cose dell'Italia, creando una nuova repubblica nel milanese, cui volle dare il nome di Eepubblica Cisalpina, com- ponendola deHerritorii di Bergamo, Brescia, Crema... antiche appartenenze della repubblica veneta^ e di quelli di Mantova, Modena, Massa e Carrara: alle quali città, pochi mesi innanzi aveva congiunto le legazioni di Bologna, Ferrara e Eavenna,^ rapinate al Papa e alla Chiesa colla famosa ladreria del trat- tato di Tolentino (19 febbraio 1797).

Quindi diede ordine a un comitato di uomini scelti di raf- fazzonare, dentro lo spazio di un mese, la costituzione e le , . leggi organiche della nuova repubblica (1) : de' quali lo studio j affrettato diede la Costituzione cisalpinaj che fu una copia piìi y o meno brutta della costituzione francese del 1790. j Quella nuova legislazione, al cui stampo dovevano model- larsi improvvisamente i popoli dell'Italia settentrionale, come

(1) « Je fais rediger ici, par qnatre comités difterents, tontes los lois militaires, civiles^ linancières et administratives qui doivent accompa- gner la Constitntion... J^ espère que le bieti inestimahle de la libert e don- nera à ce peuple une energie nouvelle, et le niettra dans le cas d'aider pnissamment la République francai se dans Ics guerres futures que nous pourrions avoir (Correspondauce (8 mai 1797), III, n. 1780). » Con queste parole, solite sempre a dirsi da' conquistatori, il Bonajiarte intendeva di dichiarare l'alta Italia preda francese, e niente altro.

IL CONGRESSO DI LIOXE 81

se fossero altrettanti fantocci eli cera, cagionò inuumerabili guasti in tutti gli ordini della cittadinanza; generò grande confusione in ogni ordine di cose; mise sottosopra quanto era stato stabilito dall'opera di lunghi secoli; e non fruttò utile alcuno se non ai mestatori, i quali nel torbido ascendono dal fondo a galleggiare nelPalto(l). Se non che al Bonaparte, e molto meno ai cinque tiranni del direttorio della Senna, del bene delP Italia premeva poco o nulla: alPItalia davano paro- loni, onde si trastullavano o meglio sMmpinguavano ebrei e patriotti, mentre le carpivano milioni di monete sonanti, di ori e di argenti, di cai^i d'arte d'inestimabile valore!

La corte romana vide subito il veleno, che in quella co- stituzione si nascondeva. Tra i vari studi che se ne fecero allora, credo che valga il pregio di citare qui una relazione, la quale in breve dichiarava di che tenore si fosse quella le- gislazione, che era stata scomx^icciata in un mese a fine di governare i popoli italiani in fatto di religione e di morale.

Esame della Costituzione Cisalpina.

La Costituzione Cisalpina in varii Articoli combina con la no- tissima Dichiarazione dei diritti dell' uomo, fatta dalla prima As- semblea nazionale, contro la qual dichiarazione ha già pronunziato il suo supremo giudizio il defonto Sommo Pontefice d' immortai me- r moria in due suoi brevi, in quello cioè dei 10 Marzo 1791 e in quello dei 13 Aprile di detto Anno, ma specialmente nel primo. Si anderà adunque facendo qualche riflessione sopra alcuni degli Ar- ticoli contenuti nella Costituzione Cisalpina, seguendo qualora sia possibile le traccie del prelodato Breve.

Nella dichiarazione dei diritti e dei doveri dell' uomo e del Cittadino, che si premette alla menzionata Costituzione Cisalpina, si la seguente nozione della Libertà nell'Art. II : La libertà consiste in poter far ciò che non nuoce ai diritti altrui. In confor-\

(1) « La costitnzione cisalpina, magro rimpasto delhi francese del- c^ 1' anno III, era per nulla adatta all' indole ed ai bisogni dei ])opoli lom- bardi. » CusAXi, Storia di Milano, V, 139.

RiNiERi. La Diplomazia Pontificia nel secolo XIX. Voi. II. 6

82 CAPITOLO QUARTO

mità di una tal massima, nell'Articolo 354 generalmente si stabi- le lisce che: A nessuno può essei'e impedito dire, scrìvere, stampare i SUGI pensieri^ vi si aggiunge alcuna limitazione circa gli og- getti relativi alla Religione.

Or circa queste due massime, prese unitamente in considerazione,

ecco come si esprime il prelodato Pontefice nel menzionato Breve :

\ « Eo Consilio decernitur, in iure positum esse, ut homo in societate

! « constitutus omnimoda gaudeat libertate, ut turbavi scìlicet circa

« Religionem non debeat, in eiusque arbitrio sit de ipsius Relìgionis

« argumento, quidquìd velit, opinari, loquì, scribere, ac typis etiam

« evulgare. Quae sane monstra ab illa hominum inter se aequali-

; « tate, naturaeque libertate derivari ac emanare declaravit. »

bell'accennata dichiarazione dei diritti, e dei doveri dell'uomo, e del cittadino nell'articolo 17 si stabilisce, che : La sovranità ri- siede essenzialmente 'nella universalità dei cittadini. Ove poi s' in- comincia a riportare la costituzione della Repubblica Cisalpina, sotto il n. 2 si stabilisce che La universalità del Cittadini della Repub- blica Cisalpina è il sovrano. Su di questa seconda asserzione con- siderata da sé, ossia isolatamente non si troverebbe a ridire, giacché in linea di fatto può esser vero verissimo, che l'universalità dei citta- dini di un luogo sia il sovrano. Ma non si può tollerar detta asser- zione, se si prende in considerazione come ogni ragion vuole, uni- tamente all'altra massima poc'anzi riferita, che la sovranità risiede essenzialmente nella Universalità dei Cittadini. La parola essenzial- mente appalesa più che a sufficienza la pravità di una tal massima, e va direttamente a distruggere qualsivoglia forma di governo o Monarchico o Aristocratico. La cosa parla da e perciò non è duopo diffondervisi.

Nella summenzionata dichiarazione, allorché si riportano i doveri dell'uomo, e del cittadino, nell'Art. II si stabilisce che : Tutti i do- /^veri dell'uomo e del Cittadino derivano da questi due principii scolpiti dalla natura in tutti i cuori: Non fate agli altri ciò che non vor- reste fatto a Voi; fate costantemente agli altri il bene, che vorreste riceverne.

Notinsi attentamente quelle parole tutti i doveri; notisi inoltre, che nell'accennato articolo si enunziarono tutti i doveri non solo del cittadino, ma anche dell' Uomo. Dunque non ha l'uomo in virtù dell'articolo suddetto verun dovere verso Dio. Dunque non ha verun dovere verro se stesso. L'empietà salta agli occhi di chicchessia; empietà che si rende vieppiù manifesta e palpabile, giacché in tutta

IL CONGRESSO DI LIONE 83

la Costituzione Cisalpina non vi è una minima parola con la quale, o si eccitino o si ricordino ai sudditi della Repubblica Cisalpina i doveri verso Dio e verso se stessi; quello poi che reca maggior ammirazione si è, che sotto il titolo 10, concernente V istruzione puh- hlicaf si suggeriscono varie avvertenze per l' istruzione della gio- ventù, ma si usa nello stesso tempo una troppo affettata diligenza, per non dir neppure una parola dell' istruzione della gioventù nei rudimenti della Religione Cattolica. Si prescrive, è vero, nell'arti- '^ colo 294, che i Governi siano istruiti sui loro doveri per mezzo di un Catechismo, ma questo Catechismo qual' è? È il Catechismo i Civico.

Nell'articolo 353 si stabilisce quanto segue : La legge non rico- nosce alcuna obbligazione contraria ai diritti dell'uomo in società. La legge determina gii effetti dei voti religiosi già fatti. Non s' in- ^ dica in quest'articolo quali sieno le obbligazioni contrarie ai diritti dell'uomo in società, che la legge non riconosce; è peraltro facilis- simo congetturare, che vogliano sott' intendere i voti Religiosi, i quali dai Filosofi, o sia dai Libertini dei nostri giorni si vogliono far passare come contrari ai diritti dell'uomo in Società, giacché dai medesimi s' insegna che nuocono alla popolazione, e che sono direttamente contrari alla pubblica felicità. Sia per altro come si vuole, certa cosa è che non può in verun conto tollerarsi quel tratto del surriferito articolo, in cui si dice: « La legge determina gli ef- fetti de' Voti Religiosi già fatti. » Se questa massima prende piede, si sentiranno quanto prima nelle provincie, ove sarà di nuovo pub- blicata questa Costituzione, sciolti dalla podestà laicale, dai voti so- lenni già fatti, tutti quei Religiosi i quali malcontenti dello stato religioso, che hanno professato, avran piacere di vivere nel secolo, e anche di unirsi in figura e forma di matrimonio con qualche donna.

Nell'Art. 354 leggesi quanto segue: A nessuno può essere impe- \ dito di dire, scrivere, stampare i suoi pensieri. Gli scritti non pos- 1 sono essere sottomessi ad alcuna censura prima della loro pubbli- f cazione. Nessuno può essei'e responsabile di quanto ha scritto, o pubblicato^ se non nei casi preveduti dalla legge. \

E stata questa massima già di sopra riportata per un altro in- tento, per far conoscere cioè fin dove si estende la libertà, che viene accordata dalla Costituzione Cisalpina. La massima suddetta peraltro esige, che sia presa in considerazione anche da per se stessa, giacché prout iacet ossia tu obvio verborum sensu può essere la ca-

84

CAPITOLO QUARTO

gione delle più funeste, e lagrimevoli conseguenze. L'articolo adun- que 354, nei termini con i quali è concepito, è lesivo dell' autorità della Chiesa, la quale ha fatto varie provvide leggi, per porre qualche freno alla libertà della stampa, come apparisce dal V Concilio di Laterano, celebrato sotto Leone X, Sess. X. Il qual concilio vietò, che si stam})assero libri di qualunque argomento trattassero o sagro o profano, se non fossero stati prima approvati dall'autorità eccle- siastica. Ed in seguito il Concilio di Trento, Sess. IV, in Decreto « De Editione et usu sacrorum librorum » , vietò espressamente la stampa di libri che trattano de rebus sacris, nisl primum exami- nati, prabatique f aerini ab Ordinario. Nulli liceat imprimere vel imprimi facere quosvis libros de rebus sacris, sine nomine auctoris, neque illos in faturum vendere, aut etiam apud se retinere, nisi pri- , mum examinati probatique f aerini ab Ordinario, sub poena anaihe- matis,etpecuniae in canone Conciliì novissimi Lateranensis apposita. Inoltre la libertà suddetta può essere oltremodo nociva non solo alla Religione, ma anche al Principato secolare. può tale effre- nata libertà rimaner giustificata, in vista della modificazione o cor- rettivo che tosto si soggiunge « di esser cioè responsabile di quanto ha scritto pubblicato nei casi previsti dalla legge. » Giacché in primo luogo, quali sono i casi preveduti dalla legge, nei quali sarà uno responsabile di quanto ha scritto e pubblicato? Nella Costitu- zione Cisalpina certame ate non si accenna neppur uno di questi casi, nei quali l'Autore sia responsabile di quanto ha scritto e pub- blicato. Inoltre come si rimedierà ai danni spirituali gravissimi, che potranno derivare ai Fedeli dall' accennata libertà, se questi danni s' ignorano e in realtà ignorar devonsi, poiché consistono pri- mariamente e principalmente nella persuasione? Questa riflessione se in ogni tempo ha avuto gran forza, molto maggiore deve averla presentemente, attesa V arte sopraffina della quale si valgono gh empi autori, per insinuare nell'animo di chi legge l'incredulità, il libertinaggio. Una cercaria di semplicità e di franchezza, lenocinlo di espressioni, uno zelo affettato dell'umana felicità, obiezioni esposte con forza, e confutate con debolezza, dubbii su la religione seminati a proposito, declamazioni patetiche contro del sacerdozio, formano in sostanza il tessuto degli empi volumi, i quali da molti avida- mente si leggono, 0 per amore di novità, o per darsi aria di bella spirito. In leggendoli beono incautamente il veleno, e non han finito di leggere, che han già finito di essere e timorati e cristiani. Tal sorta di libri venivano una volta solamente di dai monti; ma^

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in oggi in seno dell'Italia stessa e si scrivono e si stampano e tro- vano nel centro della Cattolica Chiesa avidità nel leggerli, mania di spargerli e pubblicarli, fanatismo a proteggerli e difenderli.

Non è tutto ciò una pura immaginazione. Iddio volesse, che la nostra Italia, che la età nostra non fosse anche troppo lagrimevol- mente feconda di somiglianti esempi. Or persuaso che sia 1' uomo, imbevuto di perverse massime per la lettura che ha fatta di qualche perverso libro, (lo che sarà facilissimo ad accadere in se- quela dell'articolo, in cui viene decretata la libertà della stampa) qual prò che risponder debba l'Autore di quanto ha scritto, e pub- blicato nei casi preveduti dalla legge? Con la modificazione adunque o correttivo che si soggiunge alla libertà della stampa, accordata nel trascritto articolo, o non si previene il male che può derivare dalla lettura di libri malvagi, ma si procura soltanto di dare ad esso riparo, quando di già è seguito; o al più si procura di preve- nirlo, ma in una maniera molto debole ed insufficiente all'intento.

Nell'articolo 355 si dispone che: A nmno può essere impedito V esercitai'e, conformandosi alle leggi, il culto che ha scelto. Il pò- ) tere esecutivo... impedisce V esercizio delle loro funzioni a quei mi- nistri di qualunque culto, che hanno demeritata la confidenza del governo. Ninno può esser forzato a contribuire alle spese di qua- lunque culto.

Con il tratto riportato in primo luogo, si ammette la tolleranza di qualunque culto anche pubblico. Ora, e chi non comprende quanto una tal massima sia opposta a quei sodissimi riflessi della religione cattolica contro la tolleranza di qualunque culto anche pubblico, nei luoghi particolarmente, nei quali la sola religione cattolica è la re- ligione dominante?

Con il tratto riportato in 2^ luogo (per lasciar da parte tutte le altre sode riflessioni, che subito si appresentano), il potere ese- cutivo si tiene aperta la strada per impedire ai ministri della re- ligione cattolica l'esercizio delle loro funzioni. Per impedire l'esercizio sudetto, basta che i ministri di qualunque culto abbiano demeritata la confidenza del governo. Or chi non vede quanto facil cosa sia il trovare o fingere un pretesto per dire, che i ministri del culto cattolico hanno demeritato la confidenza del governo, onde il potere esecutivo sia autorizzato ad impedirgli l'esercizio delle loro funzioni?

Si sa benissimo, che la religione cattolica non piace agli autori, promulgatori, fautori della Costituzione Subalpina. Si sa di più, che abborriscono sommamente e detestano la religione suddetta e tutti

86 CAPITOLO QUARTO

quegli che la professano. Quindi niente più facile ad accadere, che si trovi un qualche mendicato pretesto per asserire, che i ministri del culto cattolico hanno demeritata la confidenza del governo, e ciò per ottenere l' intento che il potere esecutivo gì' impedisce l'eser- cizio delle loro funzioni.

Circa il tratto riportato in terzo luogo, è evidente il torto, che si fa ai ministri della religione cattolica, di esser cioè mantenuta dai fedeli in mancanza di rendite fisse. , Neil' articolo 373 si dice che : La Costituzione adotta negli atti pubblici Véra francese^ che comincia ai 22 settembre 1792, epoca della fondazione di quella repubblica.

Merita di essere ben rimarcata l'espressione « negli atti pub- blici. » Negli atti pubblici adunque vuole abolita 1' èra cristiana. Una si stravagante maniera di pensare e di agire non ad altro è diretta, se non a far si che vengano a confondersi i mesi, le setti- mane, le domeniche e i giorni secondo il calendario ecclesiastico, e con ciò rimangano confuse e col tempo obliterate le feste e le solen- nità di nostra santa religione, le vigilie, l'astinenza quaresimale, ecc. Che questo in verità sia l' intento degli autori e fautori della pre- sente Costituzione, si deduce dall'osservare la mutazione, che hanno indotta nei giorni, nelle settimane, mesi ecc., come ognuno sa be- nissimo.

Sono questi non già tutti gli articoli contenuti nella Costituzione Subalpina, che meritino riprensione, censura teologica; ma sono bensì i principali, quegli cioè dei quali può dirsi essere la sorgente di alcuni altri errori nella medesima contenuti. Or gli accennati articoli della Costituzione Cisalpina, non possono non detestarsi dal Capo della Chiesa, se non vuol vedere interamente perduta la re- ligione cattolica nei luoghi ove si pubblica, e ove ne vuole che si giuri obbedienza alla medesima (1).

Fin qui la relazione sulla Costituzione cisalpina, le cui ten- denze verso r emancipazione da ogni morale e da ogni legge religiosa, sono esposte in maniera chiara ed elementare.

(1) Archiv. Vatic._, Italia Ajyjyendice Epoca Napoleonica, voi. IX, Fa- scio G. Questo lavoro, di notabile im2)ortanza come ognun vede, dev' es- sere stato composto verso il 1802_, quando cioè le nuove circostanze ebbero chiamato lo studio e l'attenzione della S. Sede verso la nuova repubblica milanese.

IL CONGRESSO DI LIONE 87

Ma la repubblica cisalpina, come le altre repubbliche figliate dalla francese che si diceva loro madre, si squagliò nel giugno del 1799 dinanzi alle schiere austro-russe capitanate _. dal Souvarof. L'Austria allora ricuperò la Lombardia, e potè ammirare le rovine vandaliche, onde giacobini e patriotti italo-galli avevano segnato le loro orme, non ancora cancel- late, massimamente nelle chiese e ne' monasteri, comecché Parte e P antichità rendessero venerabili que' monumenti. Ma la fatale battaglia di Marengo, combattuta dal Bonaparte re- duce fortunato dall'Egitto, e vinta nelle campagne piemon- tesi a' 14 giugno 1800, distrusse con un colpo maestro le conquiste austriache, e ridiede una tal quale nuova vita alla repubblica cisalpina. In Milano, ov'era entrato vittorioso a' 16 di giugno, il Bonaparte già Primo Console le diede un assetto provvisorio. Non facendo piti conto dell' abborracciata costituzione del 1797, creò una consulta di cinquanta cittadini per la parte legislativa; ad una commissione straordinaria di nove membri confidò il potere esecutivo; e le impose a pre- j sidente il francese Petiet. Quindi nel seguente anno, 24 set- tembre 1801, per ordine suo tutti i poteri furono ridotti ad un triumvirato, nominato da lui nelle persone del marchese Visconti, e degli avvocati Ruga e Sommariva.

In questo tempo il Primo Console, che meditava già di cingere al suo capo la corona de' re lombardi o meglio quella di Carlomagno, pensò alla maniera onde dare esecuzione al suo disegno. La cosa non era facile per motivi interni alla stessa cosa pubblica, allora sommamente scomx)igiiata nella Lom- bardia (1); e d'altra parte bisognava salvare le apparenze di-

(1) All'avvocato Aldini, inviato a Parigi (13 giugno 1801) a fine di far invocare il decreto, con cui la madre repubblica comandava alla figlia l'allestimento di un esercito cisalpino regolare {Correspondaìice, VII, n. 5590) il Bonaparte disse: « Di tante cose che feci in mia vita, ninna mi si presentò cosi ardua quanto il creare una costituzione adatta al vostro paese. » Intanto però questo paese doveva, per il mantenimento dell' eser-

88 CAPITOLO QUARTO

naiizi alP Italia e dinanzi alle potenze, colle quali si andavano già dibattendo le trattative della pace europea, che si cou- chiuse in Amiens a' 25 di marzo 1802.

Ma il Bonaparte in fatto di scaltrezza e di raggiri, non era secondo a nessun conquistatore antico e moderno. Laonde il suo giuoco in questa faccenda dovea essere quel medesimo, che fu usato in antico dal Console Marcello co' Siracusani, e consisteva nel farsi pregare ad accettar la conquista del loro paese. Aiutatore e consigliere nella preparazione del colpo ^li fu il Talleyrand, al quale si aggiunse in breve il conte Melzi, fatto chiamare a posta a Parigi in nome del Primo Console da Saragozza, dove il patrizio milanese erasi ritirato " in casa di sua sorella contessa di Palafox per non essere spet- tatore dello sconquasso della sua patria (1).

Tra il Talleyrand e il Melzi si discussero propriamente i prossimi destini della Cisalpina. Discordi ne' mezzi, entrambi concordavano nel fine: il primo propose una confederazione degli Stati lombardi e limitrofi, P altro affacciò idee unitarie. Ma entrambi convenivano, che siccome capo della Cisalpina^ o confederata o unita in repubblica, Puomo indicato era il Primo Console della Repubblica francese: e ciò era appunto

cito gallo, spendere* ogni auiio la somma di 72 milioni di franchi; nel- l'agosto del 1801 erano assegnati al Mnrat, per convenzione provvisoria, 2,750,000 franchi al mese per il mantenimento di quell'esercito: «La Cisalpine, (V après mi ahonnement nomeUement conelu, doit verser par mois, <lans la caisse de l'armée, 2,750,000 francs {Con'espondance, VII, n. 5740) »; dal Petiet, ministro francese governatore della repubblica, uomo che dal Thiers viene reputato homme suge, e dal Cicognara fu detto « ladro di tre cotte » {Memorie, I, 191), erano stati alienati « diversi cospicui la- tifondi per lenocinlo di una sua bella » (così il Cicognara, weWArcliiv. renet., 1871, I, 240) ; al Massena, nel partirsi da Milano, il municipio fu costretto a sborsare 300,000 lire, e così via (Cubani, VI, 6, 70). In- tanto le gravezze pubbliche s' imjìonevano coli' enorme pondo di 180 mi- lioni ! Vedi più innanzi la rimostranza del popolo cisalpino, letta al Primo Console in Lione, a' 14 gennaio del 1802. (1) V. Cantù, Cronistoria, I, 255.

IL CONGRESSO DI LIONE 89

quanto voleva e quanto, probabilissimamente, il Bonaparte aveva in anticipato stabilito col Talleyrand suo ministro degli tester! (1).

Il Bonaparte era massimamente uomo d'ordine (2), e cal- colatore soprammaniera. Quindi per venire al termine de' suoi lontani divisamenti, egli volle imprima assestata seriamente la repubblica milanese nella parte amministrativa e politica; ed in secondo luogo intendeva di darle un assetto religioso tale, elle assicurasse a' popoli il patrimonio delle sue avite credenze, ed insieme porgesse al Capo della cristianità come una solenne malleveria della conservazione e tutela delP antica religione. Per la prima di queste cose chiamò nella città di Lione a solenne assemblea i maggiorenti di tutta la repub- blica cisalpina, come per consultarli ed avere il loro parere intorno alla forma con cui si dovessero governare, il che ac- cadde verso il decembre del 1801. E per la seconda, divisò di \ fare col Papa per la cisalpina un Concordato religioso, sic- come aveva proposto e stava allora compiendo per la repub- j blica francese. DelP uno e dell'altra ci dobbiamo necessaria- / mente occupare.

II.

Una circolare della Consulta legislativa (1.2 novembre 1801 ) convocava per gli 11 del mese di decembre un'assemblea .straordinaria de' maggiorenti di tutti gli ordini della Cisal-

.(1) CusANi, VI, 71 segg. ; G. Melzi, Francesco Meìzi cV Eril duca Lodi, Memorie-documenti, I, 265-273.

(2) In mia udienza diceva all'Aldini, e questi riferiva al Pancaldi mi- nistro per gì' interni della Cisalpina : « A Milano le cose vanno male ; non si commettono che bestialità ; si ruba a precipizio, e non faceste elle sciocchezze. » E insistendo sul pessimo andamento della cosa pubblica, l)er essersi sostituito agli onesti la canaglia, esclamò : « Questa genia, nata in bassa condizione, si è fitta in testa di straricchirc nei posti che occupò; ma andrò laggiù e punirò severamente i ladri (cit. dal Cusani, VI, 70). »

90 CAPITOLO QUARTO

pina, la quale dovevasi riunire nella città di Lione in Francia. Lo scopo era di concorrere coi lumi e coi pareri di tutti ad aiutare il Primo Console nelP opera di fissare le basi e le leggi organiche della nuova costituzione da darsi in maniera defi- nitiva ai popoli cisalpini. E così verso il mezzo del detto mese trovavansi adunati in Lione magistrati, professori, vescovi, preti, artisti: ossia tutto il fiore degli uomini della Lombar- dia, nel numero di 452 (1).

Per quanto sappia, non consta che per ciò che riguar- dasse rinvio di tanto clero a pigliar parte di quella novis- sima dieta, il Papa fosse consultato direttamente, e fosse direttamente invitato ad inviare un qualche suo rappresen- tante. E la faccenda era assai delicata, perchè tra i convocati figuravano i vescovi delle legazioni di Bologna, di Ferrara, e di Ravenna; ed inoltre il vescovado d^ Imola, conservatosi dal Papa, era governato da un suo vicario. Per tanto una partecipazione del Papa nelP invio de' deputati di quelle città avrebbe dato un' apparenza di approvazione al trattato di To- lentino; cosa che Pio VII e il card. Oonsalvi evitarono con ogni studio, riguardando essi quel trattato siccome nullo in se stesso, per essere stato imposto dalla forza armata, e poi annullato dagli stessi francesi, che ne ruppero il patto col- F invasione del territorio e della città di Roma.

(1) Questo mimerò di 452 è dato dal Melzi, Memorie-documenti , 1, 283, il quale a pag. 542 riferisce i nomi di tutti i convocati ; Theixek, II, 8 ; BouLAY DE LA Meukthe^ DocHm. Coìicord., V, 18, u. 1 ; Odorici, Storie Bresciane, X, 142; Thiers, Hist. dn Cons. et de V Emp. (1851), I;, 695; Malamani, Memorie dei conte Leopoldo Cicognara, 1, ?Aó.

Ne danno solamente 450 : Eotta, Storia d'Italia (1789-1814) (Italia 1834), pag. 451; Cantìt, Cronistoria. I, 246.

I convocati erano veramente 452, ma all' ax)pello nominale, fatto al- l'arrivo del Primo Console, non risposero se non 450 (Thiers, a^oI. c, X). 696). Infatti all'appello mancarono tre: il Visconti e l'Arauco, morti a Lione ; e il Coddè di Mantova, morto in viaggio (Cubani, VI, 78-79) : dunque i jìresenti al congresso non poterono essere se non 449.

IL CONGRESSO DI LIONE 91

A Ogni modo due cose sono certe in questa materia; vale a dire, che veramente il Primo Console avrebbe desiderato Ja partecipazione officiale del Papa a quel congresso, coli' in- viarvi un qualche suo rappresentante. Ma nessuna apertura diplomatica fa fatta in maniera diretta. Ed in secondo luogo^ il card. Dugnani, il quale amministrava la chiesa di Cesena ' in nome del Papa che si era conservato quel vescovado, non andò a Lione come rappresentante del Papa, ne come vicario del già card. Chiaramonte vescovo d'Imola (1).

I vescovi deputati significarono naturalmente al Pontefice la loro andata a Lione, e ne ottennero in risposta parole di esortazione e di zelo per il bene delle loro chiese. Ma a di- sturbare le intenzioni della corte di Roma in questa delicata materia, occorse P opera dello stesso card. Caprara, il quale colla sua importuna e soverchia premura di andare ai versi Y del Primo Console, fu causa di dispiaceri non piccoli per la S. Sede, anche in cose come questa che non riguardavano le sue attribuzioni di Legato.

Come andasse la faccenda, ci è narrato dal Consalvi, in un suo dispaccio diretto a'Nunzii a' 23 gennaio 1802, il quale è di non piccola importanza e ci porge i seguenti ragguagli.

Cifra Consalvi a' Nunziiy 23 Gennaio 1802,

Confidentissimamente, e solo per sua istruzione, se Fuso e le circostanze lo esigeranno, comunico a V. E. quanto siegue. Una grande amarezza ha provato N. S. per una svista commessa a Pa- rigi. Convien sapere, che il Vicario di N. S. in Imola (il qual Ve- scovado ha ritenuto) essendo stato invitato da Milano, per andare come gli altri al Congresso di Lione, o mandarvi un Deputato, ed avendo egli su di ciò scritto a N. S., questi che non voleva in conto alcuno avere alcuna parte a ciò che colà si facesse, prese il partito \ di farmi rispondere al detto Vicario una lettera assai breve ed osten-

(1) Grande sbaglio si legge nelle Memorie-documenti del Melzi : «Vistesso pontefice inviava rappresentante il cardinale Dugnani (I, 284). » Queste pa- role errate sono ivi riferite, siccome parole del Verri (Ibid.).

92 CAPITOLO QUARTO

sibile, in cui si diceva che essendo giunta al S. P. la lettera al 1^ di decembre, ed essendo il Congresso intimato agli 11, Sua San- tità vedendo essere fuori di tempo, credeva inutile di occuparsi dell'affare.

Questa risposta inviata d al Vicario al Governo di Milano per- suase, e tutto andò benissimo. Intanto se ne diede di qui notizia contemporanea al Card. Legato, perchè se mai gliene parlassero, si regolasse sullo stesso tenore ; e se non gliene parlassero, non ne fa- cesse parola. Egli rispose che ancora non gliene avevano parlato; e che se lo facessero in seguito, avrebbe esattamente eseguite le istruzioni. Quand' ecco che, con la lettera da lui scritta ai 2 Gen- naro e qui ricevuta jeri l'altro, si sente con dolore infinito, che in una udienza datagli dal P. Console, questo sul fine gli parlò della mancanza della rappresentanza della Chiesa d' Imola al Congresso di Lione, non essendovi andato il Vicario di N. S. ; al che avendo il Card. Legato risposto come si era da me scritto al Vicario, il P. Console si tacque e fini V udienza.

E per vero dire, qualunque segno di dispiacere potesse avere il Card. Legato scorto in tal silenzio, sempre era da rimanerne soddisfatto, per quanto la natura della cosa portava, non potendosi pretendere che egli dicesse : ha fatto bene / e non essendo poco di esserne usciti senza che o facesse querela, o anche dicesse espres- samente di scrivere a Roma, che si destinasse qualcuno, essendoci ancora un certo tempo. Subito che il P. Console aveva avuto il riguardo e la delicatezza di nulla dire, pareva che la cosa fosse andata in fondo non male. Ma il Card. Legato scrive che tornato a casa, e pensando fra che gli pareva di non essere in ciò stato ^ felice (sono le sue parole) si risolvè a far sapere al P. Console il rincrescimento che ne provava, e a chiedergli il permesso di autoriz- zare in nome di N. S. il Card. Bellisomi a colà rappresentarlo; al che il P. Console avendo assai applaudito, egli scrisse subito subito al Card, predetto, autorizzandolo a ciò ; e, quel che è più, disse nella lettera di averne avuto F espresso comando da N. S., ben conoscendo forse che le sue facoltà di Legato non si estendevano a ciò, che non aveva a che fare con le cose ecclesiastiche di Francia.

Egli trasmette la copia di questa lettera, ed implora di tutto questo l'approvazione pontificia. Io non so dire abbastanza quanto questo fatto abbia trafitto il Papa, che vede la difficoltà, e dirò anche V impossibilità di le désavouer, e vede insieme le conseguenze che seco porta. Lascio andare la difficoltà minore, (che pure è gran-

ii

IL CONGRESSO DI LIONE 93

dissima), qual'è quella di non essere del nostro interesse lo sere- y^ ditare in Parigi stesso, non che altrove, il Legato, sopra di un simile arbitrio che si è preso. Dico solamente, come si può andare incontro ad un irritamento terribilissimo del P. Console, col pro- cedere a manifestargli tale disapprovazione, anche in privato? E che sarebbe poi, facendola in modo che la conoscesse il pubblico coi cattivi effetti procedenti da una tal rappresentanza del Papa in Lione (benché come Vescovo d' Imola) ? Una pronta disapprovazione a nulla gioverebbe. Questi ed altri riflessi che tralascio, dimostrano- la difficoltà, e forse la impossibilità di far nulla in contrario.

Dall'altro cant(', quali conseguenze seco non porta una tal rap- presentanza in Lione? Senza parlare di cose ecclesiastiche (questo è da credersi, che i Vescovi colà non si presteranno a cose che offendessero gli interessi della Religione, lo permetterà lo stessa P. Console) io parlo delle viste temporali, cioè della approvazione della Costituzione Cisalpina, e della comprensione nel territorio Ci- salpino delle Legazioni, per cui ecco che si pretenderà d' inferirne^ che il Papa presente abbia con ciò fatto un atto positivo, analoga al trattato di Tolentino, dopo tanto studio e fatiche fatte finora per astenersene, e dopo il coraggio mio, ed il rischio di avere su di ciò parlato lealmente e francamente allo stesso P. Console, e dettogli alla sua presenza in si delicato tasto, che il Papa non in- tendeva di stare a quel trattato, rotto almeno dai stessi Francesi, e che mai farebbe atto, o direbbe parola, che ne portasse l'appro- vazione, anzi si condurrebbe sempre nel contrario senso, sperando anche nella di lui magnanimità etc.

Nell'imbarazzo e nel dolore, in cui si trova il Papa in questo momento, mi ordina però di informarne V. E. in gran segretezza, perchè possa tale notizia servirle di lume, onde con prudenza rego- larsi nei casi che si dessero, per evitare ogni danno che ne venisse alla S. Sede dalla opione che ci fosse stata veramente l' autorizza- zione di qui, sebbene la sua gran bontà non inferirebbe forse di reclamare (1).

Nello stesso tenore fu scritto al card. Legato, rimprove- randogli soavemente, ma chiaramente il passo imprudentissimo da lui mosso senza necessità e senza autorizzazione. In quanto

(1) Archiv. Vatic, Cifre a' XunsU. Principi, voi. 276.

94 CAPITOLO QUARTO

a dar pubblicità alla disapprovazione delPoperato dal card. Oa- prara, « si aspetterà, soggiungeva il Gonsalvi,. di sapere Pesito del congresso; ed il tempo darà lumi e consiglio per la ma- niera di rimediare nel modo che sarà possibile » (1). In se- guito poij la cosa fu lasciata cadere (2).

III.

Trattenuto a Parigi per il grande affare della pace di Amiens e per la pubblicazione non lontana del Concordato, il Primo Console inviò a Lione i due ministri Talleyrand e Marescalchi a fine di avviare il congresso, e dare uu^ appa- renza di discussione a ciò che già era stato determinato dallo stesso Primo Console, prima ch^egli di persona venisse a co- gliere il frutto già maturo della presidenza della repubblica italiana. Infatti a' 3 di settembre 1801 fa presentare due dise- gni di costituzione, per essere riveduti secretamente da Melzi, Marescalchi, Aldini, e Serbelloni ; a' 20 dello stesso mese mo- difica il numero de^ corpi elettorali della repubblica, che do- vevano essere tre: de' possidenti, decotti, e de' commercianti; a' 29 si attribuisce le prime nomine a tutti gli impieghi, e fa inviare il disegno della costituzione a Milano, affinchè sia approvata dalla consulta di governo; a' 14 di ottobre ha da Milano ogni approvazione, e fa egli stesso la minuta del decreto, con cui il presidente della Cisalpina, Petiet, doveva convo- care i notabili a Lione; ed infine a' 31 dello stesso mese an- nunzia al governo cisalpino, ch'egli farà bensì le nomine dei

(1) Coiisalvi a Caprara, 27 gennaio 1802 (Docnm. Concord., Y, u. 1122).

(2) Il Bonaparte però, o chi lo serviva, diede a credere o finse, che veramente il card. Bellisonii rappresentasse il Papa nel congresso di Lione. Infatti il Moniieur de' 12 gennaio annunziava : « Le card. Bellin- zona (sic), envoyé dn Pape à la Consulta, et député à la méme Consulta comme évèque de Cesène, a dine hier (12 gennaio, corrisiìondenza da Lìoìie) civec le P. Consul. » E a' 2 di febbraio riferiva, che « le P. Consul, avant de quitter Lyon, a fait reconnaltre par le Préfet dn palais, au card. Bel- lisomi, que le Pape avait envoyé au congrès de Lyon, une tabatière sur laquelle se trouve son portrait... »

IL CONGRESSO DI LIONE 95

uuovi impieghi governativi, ma che per ciò è necessaria la sua presenza nel mezzo delle persone, che potranno convenire a Lione (1).

Per conseguenza di tutte queste cose, la discussione po- litica nel congresso non fu se non di apparenza. Invece il congresso riuscì di qualche vantaggio per il lato religioso della costituzione: e ciò fu dovuto alla presenza e alP efficacia del clero, che colà operò colla voce e colP esempio.

Di quanto colà fu trattato relativamente a questa parte, si conservano nelP archivio Vaticano, due documenti di prim^ or- dine. Sono le memorie che ne scrissero Mgr. Gazola, ve- scovo di Cervia, poi cardinale; e un tal Benedetto Conventi, provicario capitolare di Bologna. Premetto qui solo alcune notizie storiche di quest'ultimo, lasciando Pintiero documento alP appendice. Stimo però conveniente di riferire intiera la memoria del vescovo di Cervia, tra perchè il Gazola ebbe gran parte nelle discussioni religiose, e perchè mettendoci in meclHs rebus, nelle quali egli fu attore senza paura, ce ne pre- senta le scene e i personaggi nel loro colorito u aturale. Le citazioni che farò delle memorie di Benedetto Conventi, saranno indicate con MC.

MEMORIE SUL CONaRESSO DI LIONE TENUTO IN GENNARO 1802 DAI DEPUTATI CISALPINI

Memorie deW Ordine tenuto nel Congresso Cisalpino di Lione. (DelPabb. Benedetto Conventi)

« A 28 di decembre del 1801 essendo già arrivati a Lione tutti i deputati Cisalpini, per la Consulta straordinaria nominati nella nota stampata del Ministro Marescalchi, giunse da Parigi Monsieur Talleyrand Ministro delle relazioni estere, che fissò la sua dimora alP Hotel d'Europe.

(1) Correspondance, VII, mi. 5728, 5758, 5771, 5807, 5846, 5853. Cf. CUSANI, VI, 71.

96 CAPITOLO QUARTO

« Nel gioruo 29 detto, raduuatisi i Cisalpini (senza prece- dente invito) presso il Ministro 3[arescalclii furono condotti al detto Hotel, e presentati al Ministro Talleyrand divisi in cinque truppe dette sezioni secondo gli antichi governi, ai quali appartenevano i Paesi Cisalpini prima della rivoluzione. La prima Sezione era di ex-Austriaci: La seconda di ex-Pon- tificii: La terza di ex- Veneti: La quarta di ex-Estensi: La quinta di ex-Piemontesi con alcuni Valtellinesi. Tutti furono presentati ad uno ad uno, previo P appello nominale fatto da INrarescalchi al predetto IVrinistro.

« Nel giorno M) cominciarono a darsi pranzi di formalità dal Ministro suddetto (1). Ma il primo pranzo cominciò con un successo ben tristo, perchè sul bel principio 1- Arcivescovo Filippo Visconti di Milano, appena mangiata la minestra, fu sorpreso da un fierissimo colpo di apojdessia, e spirò quasi al momento sulle braccia dello stesso ^Ministro che gli sedeva accanto (2).

(1) Ossia dal Talleyrand. Axtonu) /andmxi. deputato al itarlamenro. scrive iiiveee che Serbelloni e Marescalchi banchettavano a rutto spiano. « imbandendo pranzi quotidiani di trenta v p'ni convitati. » Antonio Aldini id i snoi tempi (1864-1867), I. li>5. V. le Memorie del Convknti. in- tiere. t\eir ap])endice (Docnm. XXII).

(2) Passava uli ottant'anni : e si mosse a valicare le Alpi nel tempo rigido del verno/ a tìiu^ di arrecare alla reliiiione il bene che j»otesse majjgiore, conforme egli stesso scrivevamo al 8. Padre, a "21 novembre di quell'anno (7>()('«m. Convord.. dalPArchiv. Vatic. V. n. 1090). Mgr De Gre- gorio. pro-Xun/io in Firenze, scriveva (16 gennaio 1802) al Consalvi, di- cendo che « ad un colpo simile il Talleyrand non potè resistere, e ritirò lasciamlo i suoi connueiisali a tavola. Nel gii>rno a])presso, si trovò car- atelli) soi)ra la porta della cavsa da lui abitata: e' <>/ nn avix dn del...

(Arobiv. Vatic, yun:iatnra di Firenj:e).»ln\eeo il Gaprara scriveva al Con- salvi (10 genn. 1802) : « la morte spaventò tutti in iimdo che si alzarono da tavola. ( ìofieiato mìo J/. Tallet/rand. ciascuno ritirossi alle proprie case {Domm. Coneord.. IV. n. 1071). »

11 P. Theiuer fa morire l'arcivescovo di Milano « le matin de ce mcme jour ». ossia a '26 di gennaio 1802 {Histoire dett denx Coneordata. II, 9). Questo scrittore, nelle poche pagine in cui discorre «lei congresso di Lione, è addirittura pieno di inesjUtezze di fatto e di giudizii errati.

à

IL CONGRESSO DI LIONE 97

« Ne' primi quattro giorni delPaiino (1802), il cadavere del suddetto Arcivescovo fu esposto in cassa nella casa di sua abitazione, dove in tre altari si celebrarono molte messe dai sacerdoti Cisalpini, che vi accorsero spontaneamente.

« Nel giorno 5 di gennaro, essendo stato trasportato di notte e privatamente nell'Oratorio interno del Collegio, già dei Gesuiti, destinato alle sedute del Congresso, vi fu cele- brata la gran messa di requiem dalPEmo card. Bellisomi colP assistenza di nove vescovi, quattro de' quali fecero le assoluzioni secondo il rito Eomano, e monsignore Bonsignori, Teologo della Cattedrale di Milano, vi recitò P orazione fu- nebre. 11 dottor Parisi, Parroco di Bologna, fu il Cerimoniere a questa funzione. »

Così il Conventi in questo principio delle sue memorie. Ed ora lasceremo parlare il vescovo di Cervia, il quale a mano a mano clie descrive e racconta quanto vide e fece, presenterà a noi eziandio il ritratto di un uomo imperterrito, che si rende anche a' nostri giorni assai commendevole non dirò per eleganza di scrittore, ma, che monta più assai, per fortezza di carattere. Sono le seguenti:

MEMORIE STORICHE SUL CONGRESSO DI LIONE

TENUTOSI IL GENNAIO DEL 1802, RELATIVAMENTE AGLI AR- TICOLI DELLA Costituzione civile, che proponeva il Primo Console alla repubblica cisalpina per la sua

accettazione, e RISaUARDANTI LA RELIGIONE CATTOLICA, apostolica, romana, le LEGGI ORGANICHE, E LI STABILI- MENTI ECCLESIASTICI, CHE AL CLERO IVI RADUNATO SI PRO- PONEVANO DALLO STESSO PRIMO CONSOLE PER LA LORO ACCETTAZIONE E OSSERVANZA.

Stese e di propria mano scritte da me Fr. Bonaventura (Gazola) vescovo di Cervia, mentre era in Lione sul finire del dicembre 1801, e principio del 1802, e colà chiamato dal Primo

RiNiERi. La Diplomazia Pontificia nel secolo XIX. VoL II, 7

98 CAPITOLO QUARTO

Console Bonaparte^ con particolare suo invito^ mentre io risie- deva in Roma presso la Santità Sua, e con suo permesso per non dir comando a quella volta messomi in viaggio^ il 3 di- cembre 1801^ e a Lione giuntovi il di San Stefano martire^ per essermi fermato più giorni nelle principali città; sentendo die Bonaparte non vi era ancora arrivato.

Fr. Bonaventura (1).

PRIMA dell'arrivo DEL PRIMO CONSOLE

Voto del vescovo di Cervia: la religione dev'essere la base della costituzione cisalpina.

Gennaro (1802J.

Dopo l'arrivo del Ministro degli affari esteri, d'ordine suo per lettera comunicata alla Consulta di Lione, incominciarono le as- semblee.

La prima fu la lettura della Constituzione Cisalpina, mandata dal Primo Console Bona Parte (2) dopo la battaglia di Marengo alla Consulta provvisoria di Milano e da questa già approvata (3). Fu letta in ciascheduna sessione; giacché la Consulta Cisalpina di Lione era divisa in varie sessioni : v. g. gli ex-Papalini ne forma- vano una; gli ex-Milanesi un'altra ecc. Fu letta questa costituzione.

(1) Neil' archivio Vaticano si conservano due esemplari di qneste nie- mone. Snl frontispizio dell'originale leggesi qnesta nota. «L'Emo Ga- zola, in quel tempo vescovo di Cervia, raccolse queste memorie, scriven- dole di sua mano ; e me ne fece poi dono, unitamente alla copia netta. » Chi ricevette questo dono, probabilmente è il Bertazzoli : le parole qui soprascritte sono di sua mano. Tuttavia, nel dosso di (]uesto foglio, nella ])iegatura interiore si legge: All' 111. mo Sigr Mongr Giuseppe Sala, Segre- tario della Gap. Doni, (cappella domestica f) (Archiv. Vatic, Italia Ap- pendice..., voi. XX).

Gli antecedenti della vita del vescovo di Cervia sono descritti da lui medesimo in una sua nota, aggiunta in fine di queste Memorie.

(2) E caratteristica la maniera, con cui il Gazola scrive il nome di Napoleone : o con un B seguito da Parte, o separando Parte da Buona. E certo, cbe il Bonaparte ne i giacobini francesi o x>atriotti andavano a sangue al vescovo di Cervia.

(3) Vedi il detto sopra al n. III. Questa costituzione è posteriore di un anno alla battaglia di Marengo.

IL CONGRESSO DI LIONE 99

(1) Autonio Aldini, avvocato bolognese, ebbe nella sua vita pubblica ima doppia caratteristica: avversione al Papa, suo sovrano legittimo^ e servitù al Bouaparte, ingiusto conquistatore dell'Italia. Questa servitù reselo però padrone di danari parecchi ; cbè siccome secretarlo di Stato del regno italico sfruttavasi V annuo stipendio di 120 mila franchi, con lire 100 m. di Milano per ispese di segretario, e lire 200 m. ricevute in principio a titolo di spese straordinarie. Egli era gran settario, amico de' piaceri, del denaro, e gran fautore di ribellioni, dopo il tramonto dell'astro napoleonico.

tr'

affinchè ognuno ne dasse poi in iscritto il suo sentimento, sotto- scritto col proprio nome. Cosi disse alla nostra Sezione ex-papalina il Presidente della medesima Avv. dott. Aldini (1) di Bologna, pre- venendo però li Notabili Cisalpini, che questa costituzione era già stata approvata ed accettata dalla Consulta straordinaria di Milano, eretta dal detto Primo Console dopo la Battaglia di Marengo; e dopo la quale, come dopo avere parlato ai Parrochi e clero Mila- nese, in favore della religione Cattolica Apostolica, Romana, dichia- ' rande che la voleva dominante etc. e in vigore, com'era nel 1796, inviò alla prelodata Consulta la costituzione sudetta, senza in essa ^ ^^^^

far mai parola, di Dio, di questa Religione, ma solo del culto cattolico nell'articolo 98, dove si dice potersi esso solo esercitare pubblicamente, lasciando però ad ogni cittadino il potere esercitare liberamente il suo culto. Ogn' uno nello spazio brevissimo di un giorno 0 due, diede il richiesto suo sentimento. Quel del Vescovo di Cervia è questo e porta per titolo:

Rimostranza Cattolica del Vescovo di Cervia sulla costituzione civile, proposta alla Consulta straordinaria della Repubblica Cisal- pina radunata in Lione, per la sua accettazione, previe le rifles- sioni di ogn' uno e sentimeuto sugli articoli che la compongono / e a ricevere le riflessioni e sentimento de' Notabili, fu nominata dagli stessi Notabili una Deputazione Lione 6 Gen^ 1802.

Alla Cisalpina Consulta radunata in Lione per V accettazione della nuova Costituzione Civile ecc. ecc.

Sentimento del Vescovo di Cervia, Fr. Bonaventura Gazola:

« Un Governo, uno Stato, un Regno, una Nazione, una Repub- « blica, un Popolo che per base fondamentale del Codice delle sue « leggi civili e politiche non abbia la Religione de' suoi Padri, che - >- « professa, in cui é nato ed educato, e a cui é sinceramente at- « taccato, non è mai stato, non è, sarà mai pacifico, dure-

100 CAPITOLO QUARTO

« vole, florido, felice ; e gl'individui che lo compongono, non « l'ameranno giammai sinceramente, vi saranno mai attaccati di « cuore e di genio, mancandogli la base e la fonte della loro fe- « licita. La Keligion, vi dirò anch'io, Cittadini, con un dotto Fran- « cese (Etrennes religieuses pour Van de grdce mil huìt cent un) est ^«pour un Cìtoyen le plus grand des biens. Cosi le storie sacre e « profane a prova di fatto ci contestano questa incontrastabile « verità.

« Non avendo pertanto la detta costituzione per base la Religione « cattolica, apostolica e romana, la sua dottrina, morale e disci- « plina, io non posso, debbo ammettere ed accettare questa Co- « stituzione, che jeri il Presidente alla nostra Sessione ci fece leg- « gere, affinché ogn'uno dei Notabili Cisalpini che la compongono « vi facessero le loro sagge e mature riflessioni, e manifestassero in « iscritto ancora liberamente li loro sentimenti; essendo questa la « voluntà dell'Eroe guerriero del secolo e del Pacificatore dell'Europa,. « Bona Parte, Generale P.<^ Console del Governo Francese.

« Eccovi, Cittadini, la ragione, per cui io in coscienza posso,. » debbo ammetterla^ approvarla, accettarla ; e del mio sentimento « sarà qualunque buon Cattolico, che l'ama, che la desidera di cuore « e la vuole salva, e dominante nell'attuale Governo.

« E a questa Costituzione, dovere) di voler per base fonda- « mentale la Religione Cattolica Apostolica, Romana, che tranne « pochissimi di altro culto e sono li soli Ebrei, noi tutti quanti qui « siamo r abbiamo professata, nel santo battesimo e ci gloriamo « santamente di professarla, come l' anno professata e si gloriano « santamente di professarla gli altri nostri Cattolici cisalpini, ri- « masti nel Cisalpino suolo e Republica, e de' quali noi vescovi e « con noi li Parrochi qua radunati portiamo, rapporto alla Reli- « gione, la loro decisa e costante volontà : ne abbiam noi e 1' anno « anch'essi il diritto, come noi di volerla salva, pura e intatta quale « ce l'anno conservata, e a noi tramandata li nostri Padri. E non « solo perché siamo la Dio mercé cattolici apostolici e Romani, ma « ancora per le replicate promesse fatte al Cattolico Popolo Cisalpino « dal Primo Console Bona Parte, per le quali promesse, molto più « pel cattolicismo che noi professiamo, abbiamo il dovere e il diritto « di professare publicamente questa santa religione, di attenerci « alla sua divina dottrina, morale e disciplina ecclesiastica, e di « esercitare publicamente il suo divino cattolico culto, senza che « alcuno ce lo contrasti, impedisca o derida; come li nostri Padri

IL CONGRESSO DI LIONE 101

« anno sempre professata questa santa Religione per tanti e tanti « secoli pacificamente, ed esercitato publicamente il suo divino culto. »

« Mancando pertanto alla Costituzione propostaci la sua base fon- « damentale, che per noi cattolici è la nostra santa religione cattolica « apostolica romana, e chi non vede, che proponendocela perchè l'ac- « cettiamo, dobbiam rispondere, che accettar non la possiamo, quale « ce la proponete, senza mai nominar Dio e del suo unigenito figliuolo « la Religione? Dove trovate voi società su questa terra, il cui co- « dice non abbia cominciato da Dio o da una qualunque siasi Re- « ligione? dacché l'uomo vive sulla terra, non Tho ancora veduto « letto.

« E chi non sa, e a chi di noi e a tutto il mondo non é noto, « avere il non mai abbastanza encomiato Primo Console, tutte le « volte che in Italia e tra noi vittorioso ci é comparso, promessoci « e assicurati tutti e singoli gl'individui cattolici cisalpini, clero e « Popolo, che la Religione de' nostri Padri sarebbe lor rimasta salva ; « che non soffrirebbe nel nuovo politico Governo Repubblicano verun « cangiamento ; che il di lei culto sarebbesi da noi come prima publi- « camente e liberamente esercitato? E di tanto per di lui espresso « comando il clero del primo e secondo ordine ne anno assicurati « li popoli alla loro cura spirituale soggetti.

« Promessa ella é questa da lui solennemente ratificata, e sot- « scritta di proprio pugno relativamente a noi delle tre provincie « di Bologna, Ferrara e Romagna nel trattato di Tolentino. E il « Generale Berthier, dietro le istruzioni del Primo Console, dopo la « battaglia di Marengo ha di bel nuovo solennemente promesso al « Popolo Cisalpino, che la Republique Cisalpine sera organisée sur « les bases fixes de la Religion. In seguela di ciò l' amministrazione « provvisoria di Milano si é detta autorizzata a publicare, che il « libero esercizio della Religione Cattolica sarà conservato nel me- « desimo Stato, che era nel 1796, all' epoca della prima conquista « d'Italia. Qui vi é tra Notabili più d'uno, che ha seco questo pro- « clama.

« Ora questa promessa si solenne e si reiterata, fattaci dal « Primo Console fondatore della Cisalpina Repubblica, non può avere, « avrà mai il suo pieno e vero effetto, qual'ora la Costituzione « nostra che ci si vuol dare, non abbia per base e fondamento la « nostra santa Religione Cattolica, Apostolica, Romana: come non « la praticherem mai liberamente secondo la sua divina dottrina, « qual' ora sopra basi fisse della medesima non venga formata la

102 CAPITOLO QUARTO

civile nostra costituzione, ossia il codice delle civili future nostre * leggi.

« L' accadutoci fin'ora in materia di nostra santa Religione e « del cattolico suo culto, quasi vicini a veder mancarci quella e to- « glierci affatto questo, dacché è mai derivato ? Appunto da ciò, che « tutte le costituzioni, che ci sono state date, non anno mai avuta « questa base, verun articolo che le assicurasse la protezione e « l'onoranza del Governo. Per la qual cosa, a ciò riflettendo il pre- « lodato Primo Console rinnovò 1' ultima volta che fu in Milano « questa promessa al Popolo Cisalpino.

« L'articolo 98 della propostaci Costituzione, che é il solo che « parli in termini permissivi anziché assoluti e precettivi del cat- « tolico culto, non forma può formare la base della Costituzione « civile per una nazione, che è tutta cattolica, che ha sempre avuta « la sola e la dominante Religione Cattolica, Apostolica, Romana, « e nel cui seno e cattolicismo è nata la Republica Cisalpina, e la « si vuole organizzare con un nuovo codice di leggi.

« Tant' è ! Questo articolo : Ogni cittadino può esercitare libera- « mente il suo culto, ma il solo Cattolico è il solo che può eserci- « tai'si puhlicamente, senz'altri (articoli) che assicurino ai Cattolici « Cisalpini la lor Religione e in quanto ai suoi dommi e in quanto « alla sua dottrina, alla sua morale e disciplina, e impediscano qua- « lunque innovazione, o cangiamento in essa, non é bastevole ad <' acquietare le coscienze dei Cattolici, e a salvarci, quale l'abbiamo « sempre professata pura e immacolata, la nostra santa Religione « Cattolica, Apostolica, Romana. E tanto più, quantocché accordando « quest'articolo la libertà ad ogn' uno di esercitare liberamente il « proprio particolare culto, oltre l'essere il disprezzo di tutti li culti, « è un pretesto che si prende, per disfarsene di quello che una na- « zione professa ed ha sempre solo professato. Ciò è si chiaro, che « non abbisogna di prova. E chi la desiderasse, volga il pensiero « su quel che si é fatto e ordinato fin' ora contro la Religion dei « nostri Padri, e l'avrà incontrastabile (1).

(1) Gli eccessi, i guasti, le empie e oscene pazzie de'patriotti cisal- pini furono simili a quelle de' giacobini in Francia, e degli altri patri otti in Roma, Napoli, e altra Italia. Basti questo solo saggio : nel circolo de- mocratico, aperto nella chiesa della Rosa, de' Domenicani, furoreggiavano i Porro, Sacco, Ranza, Pellegata, Sangiorgio. In una tornata sali in bi- goncia la figlia di questo demagogo Sangiorgio; ed accesa di inverecondo

IL CONGRESSO DI LIONE 103

« Non avendo per tanto, torniamolo a dire, la propostasi Costi- fi tuzione per base la Religione Cattolica, Apostolica, Romana ; e « quanto le si spetta per diritto divino, ed ecclesiastico e ancora « civile non essendo salvo in questa costituzione: non posso debbo « accettarla, acconsentire in coscienza, che la si dia al cattolico « popolo Cisalpino. Non posso debbo accettarla, acconsentire « che la si dia ai miei confratelli cittadini, come Vescovo cattolico : « che m' incombe per espresso comando divino conservare intatto, « puro, immacolato il deposito della fede di Gesù Cristo nel mio « gregge e nella mia chiesa, a regger la quale mi ha posto lo Spi- « rito Santo. Non posso debbo accettarla etc, anche conside- « ratomi come semplice cattolico cittadino, e membro di questa Re- fi publica: perché conosco evidentemente, che non avendo per base fi la indicata Costituzione la nostra santa Religione, non può feli- « citare, feliciterà mai la Republica, li suoi cittadini ; « pacifico potrà mai essere o sarà il di lei civile politico governo; fi e il popolo Cisalpino mai sarà attaccato a questo governo, ma fi sempre desidererà l'antico.

fi Verità ella è questa che conosciutasi e rilevata dai fatti stei&i fi che alla Republica di G-enova sono accaduti, dacché si é voluto fi far cangiamenti dai rivoluzionari alla Religione dei suoi Padri, fi ha Ella voluto per base della sua Costituzione la Religione su- fi detta e la sua libertà, siccome sempre aveale promesso il Gene- fi rale Primo Console Bonaparte. E verità ugualmente conosciuta, e fi rilevata (e qual' é mai, Dio immortale ! quel popolo colto e reli- « gioso, che non l'abbia conosciuta e rilevata?) dall'Elvetico corpo fi legislativo, il quale nella nuova ultima loro Costituzione decretò fi anche un particolare articolo che qui sotto riferirò, il quale for- fi masse la base della loro Costituzione. Il quale articolo si desidera « e si vuole dal cattolico popolo Cisalpino tra li molti che si desi- fi derano espressi nella nuova nostra Costituzione, onde poter dire

odio, inuominalbile in una donna, promise la sua mano e il suo corpo a chi gii avesse portata la testa del Papa ! L' infame proi)osta fu accolta (la plausi, ma verameute i plausi furono accompagnati da tìschi. Forse la cosa sarebbe finita male, quando un le^jitlo vecchio gridò ridendo : « Sei tro^ìpo brutta x^erchè alcuno ti voglia per moglie. » Il riso ammollì le gare, e V energumena Sangiorgio ne stette colla peggiore ferita, di cui possa essere colpita una donna (Cubani, V, 203). Cf. Baldassari, Pio TI (I, 265 segg.).

104 CAPITOLO QUARTO

« e lasciar nelle storie inserito a lode della Cattolica nazione Cisal- « pina, che noi ora qui rappresentiamo, vale adire: che ha voluto « che nella sua Costituzione vi si esponga e vi si esprima per sua « base la professata sua Religione Cattolica, Apostolica, Romana, « non che la sua Cattolica Apostolica, Romana dottrina espressa nei « sacrosanti ecumenici Concili, e rinovata da chiesa santa, specifì- « cata e spiegata nell'ultimo concilio di Trento, tanto rapporto al « domma, che alla morale ed ecclesiastica disciplina. Concilio che « noi tutti abbiamo accettato ed ammesso, e da cui senza le apo- « stoliche facoltà non ci possiamo alloctanare neppure in cose di « pura ecclesiastica disciplina.

« Eccovi l'articolo Elvetico, che mei riporta il già citato autore « diQ\V Etrennes Religieuses pour Fan de grdce mil huit cent un : « La « Religion des chrétiens, selon la profession catholique et reformée « (Noi cattolici alla parola riformata sostituiamo queste due: Apo- « stolica Romana) deìneure intacte et libre pour chacun, ainsi que « leurs cultes et exercices religieux. Elle jouit de la protection dio « gouvernement. » Protezione troppo necessaria, perchè non soffra « quegli urti e quel disprezzo, che dall'empietà e dai filosofi del se- « colo, atei ed increduli, ha sofferto anche tra noi finora. E voi vel « sapete, ottimi cittadini cattolici, e lo sa il Primo Console, e però « vuole, e questa stia volontà nessuno di noi la può ignorare, che « la nostra santa Religione Cattolica, Apostolica, Romana, sia la « base del civile politico nostro governo ; e la nostra Republica « venga organizzata sopra basi fisse della predetta nostra santa « Religione.

« Cittadini ornatissimi, vi dirò anch' io, e vel ripeterò spesso, quello « che in simile circostanza disse l' Elvetico Messaggio al Consiglio « legislativo, radunato per istendere e formare la nuova Elvetica « Costituzione e lo stabilimento dei Tribunali dei costumi cristiani « in ogni Parrocchia della loro Repubblica : fogni) tribunale com- « posto di un curato, di un Ministro della Repubblica e di sei citta- « dini, li quali si avrebbon a unire ogni quindici giorni, la domenica « dopo il divino servizio. Il loro oggetto primario di lor competenza « sono gli atti Esteriori, che feriscono il rispetto dovuto al culto re- « ligioso; in secondo luogo, la mancanza ai doveri e diritti paterni.

« Un simile articolo o decreto quanto mai sarebbe necessario alla « nostra Costituzione civile ! Lo vi si chiede con tutto il calore, e « voi di per voi stessi ne vedete l' importanza e il bene, che ne avver- se rebbe da un tale tribunale al pubblico e al privato. Se volete sapere

IL CONGRESSO DI LIONE 105

* quello che nel suo Messaggio al corpo legislativo, intento a formare « la nuova Costituzione, denunziò la commissione esecutiva, dopo « aver rilevata la strage, che la rigenerazione filosofica avea fatta « nei pubblici costumi, affinchè sollecitasse il ristabilimento dei tri- « bunali dei costumi, lo vi dirò : « Citoyens ReprésentanSy il est temps ^ « cUahandonner ces théories funestes, qui veulent mettre un mur de sé- « paration entre Dieu et V homme, entre la religion et la loi. Fovtifiez j< celle-ci de toute la puissance de celle-là. » E non solamente questo « saggio Elvetico Consiglio legislativo assicurò la libertà della co- « scienza in cose della sua Religione alla Elvetica nazione; non solo « le promise che non avrebbe ricevuto mai alcun urto ; non solo, che « dal Governo sarebbe stata protetta, ma di più onorata. Questo è « ben voler salva la Religion de' loro Padri, libero e sicuro l'esercizio « del suo culto, onorato e rispettato come questo, cosi la Religione « stessa che lo determina, lo vuole e lo comanda.

« E qui non si fermò il corpo legislativo dell' Elvetica Repub- « blica ; credette di aver provveduto abbastanza agi' interessi < dellf^. sua Religione con ciò che vi ho riferito. Volse il pensiero « e le sue cure ancora sopra li ministri della sua Religione, e sopra « gì' institutori della sua gioventù; e se ne formò un oggetto della « sua attenzione. Ammaestrato questo Elvetico corpo legislativo dai « mali, che sono venuti gravissimi alla nazion Elvetica persegui- « tando li ministri del loro culto religioso; e che la Religione non « può esistere senza ministri, e questi senza un decente decoroso « mantenimento, li anno assicurati, che saranno indennizzati dei « danni, che in passato anno sofferto, e avranno in avvenire onde « vivere decorosamente; e si è occupato tutto anche in questo im- « portantissimo afìfare con tutto il calore e l' impegno, come nell' altro, <f che risguarda gì' istitutori della loro gioventù.

« Cose tutte son queste, che mancano alla propostaci Costituzione, « e che li Cattolici Cisalpini desiderano e pregano caldamente la « rispettabile adunanza ad inserirle nella medesima, come la pregano « caldamente a voler togliere, ora che è il tempo veramente oppor- « tuno, 1' empia massima invalsa nei tempi rivoluzionari, inventata « e predicata dai sedicenti filosofi del secol nostro, per poter agli « occhi del volgo ignorante rapire impunemente le ecclesiastiche « proprietà: cioè di tenere ed insegnare, che le proprietà dei beni « si mobili che immobili della Chiesa, Vescovati, Capitoli, Seminari « e de' corpi religiosi ecc. ecc., non sieno, sieno mai state vere pro- « prietà loro, ma della nazione, a cui solo appartengono. Errore di

106 CAPITOLO QUARTO

« Lutero, Marsiglio e di altri innovatori e sedicenti riformatori della « Chiesa, condannato dalla Santa Sede e anatematizzato dalla stessa « Madre Chiesa, di cui noi tutti, la Dio mercè, siamo, eccettuati « pochi Ebrei, figli suoi carissimi e sudditi amatissimi; e senza ri- « e usar pace, unità, comunione con lei, e con il suo capo visibile, non

< possiamo disubbidirle, e violare li suoi comandi, e le sue leggi.

« Notabile quest'empia ereticale massima, che la filosofia sedicente « regeneratrice dell' uman genere ha sparsa, dettata, predicata e posta « per base delle sue rapine alla Chiesa e ai suoi Ministri: coli' andar

< del tempo, se non la distruggete presto, neppur le vostre sostanze, « le proprietà vostre, li vostri beni, che ora legittimamente e legal- « mente possedete quai veri e legittimi padroni de' medesimi, saranno « salvi ne vostri. Ma si diranno e si vorranno della Nazione, o da « questa vi si rapiranno. Difatti se li titoli di eredità, di donazione, « e di compera legalmente e canonicamente fatta, non hanno salvati « li beni e le proprietà della chiesa, titoli che soli di una cosa ci « rendono veri padroni e proprietari, non salveranno mai le vostre, « E quando mai la nazione intiera ha dati alla chiesa e agli eccle- « siastici, ai conventi, vescovati, capitoli, li beni tutti che ha dichia- « rati suoi ? E dove il Principato ha dati alla Chiesa, ai capitoli, ai «vescovati, ai conventi beni e case: ov'è la clausola in tutte le « cose date, donate lasciate per testamento ai medesimi, la riserva « (cioè) di riprendersele a solo beli' agio ?

« Ricordatevi, Cittadini, che siam tutti cattolici, e siam cattolici « prima di essere stati fatti e dichiarati Republicani, e che nel « seno del più puro e pretto cattolicismo è stata formata la Cisal- « pina Republica. Impegnatevi dunque perchè sia nella nostra « Republica, come lo era nel passato governo, salva la nostra santa « religione, sia difesa, sia sempre protetta dal nostro governo e da « governati nostri onorata; e non soffra mai più verun cangiamento « la Religione dei nostri padri, che è appunto la cattolica aposto- « lica, romana. E ciò avverrà senza meno, se la base della nuova « nostra Costituzione sarà questa nostra sacrosanta Religione, che « sola può salvarci eternamente ; sarà la sua dottrina divina, sarà « la sua celeste morale, che sola può felicitare la nostra Republica

< e rendere durevole e pacifico il republicano nostro Governo: la « qual dottrina e morale è di essa, che ci vieta di approvare legale « e canonica la vendita e la compera dei beni ecclesiastici, fatte « senza il beneplacito apostolico, o con lesione di contratto a danno « del terzo.

IL CONGRESSO DI LIONE 107

« Nulla vi dico sugli onorarj fissati nella costituzione al Pre- « sidente e ai consiglieri: perchè so, che altri su quest'articolo, « come sopra moltissimi altri, ve ne faranno parola. Ricordatevi però, « e spesso ricordatevelo, che la Republica Cisalpina non ha ora che « nella Costituzione il suo tesoro. L' erario publico e de' partico- « lari cittadini ha un assoluto deficit (1). Quando la Republica « avrà pieno il suo erario col prodotto delle sue finanze; e li par- « ticolari si saranno sollevati dalla miseria, in cui son caduti per « divenir ricchi e felici : allora si potrà allargar la mano.

« Questo è quello che ho creduto mio dovere di esporvi, ricer- « cato del mio sentimento sulla propostaci costituzione, e come ve- « scovo cattolico, apostolico romano, e come cattolico e apostolico « cittadino. »

Aggiunta dello stesso vescovo di Cervia.

Se si avesse il sentimento e il voto degli altri ecclesiastici di primo e secondo ordine, qui si trascriverebbe; e ai medesimi farebbe onore presso chiunque lo leggesse. Tutti però, chi più, chi meno dif- fusamente anno battuta questa stessa via. Il Vescovo di Lodi, Mon- signor Beretta, parlò molto sulla usurpazione dei beni ecclesiastici, sulle vendite e compere fatte da medesimi senza beneplacito della Santa Sede etc. Sull'articolo che riguarda le compere de' detti beni, usurpazioni etc. nessuno della sessione dei Papalini fece parola in tribuna, perchè l'Avv.o Aldini disse, che avrebbe la Republica fatto come la Francia anch'essa un concordato colla Santa Sede; e tanto più non si montò in tribuna per arringare contro quest'articolo, quando lo si lesse, in quanto che l'arcivescovo di Ravenna, giunto il lettore a quest' articolo, chiedette all' Avv.® Aldini Presidente cosi : « Già su di ciò mi avete detto, che farete un Concordato colla Santa Sede. Non è vero E Aldini rispose : « Cosi è. » « Non occorre altro » , ripigliò l' arcivescovo. In tal guisa essendo ciò, ogn'uno si credette dover tacere su detto articolo.

Questo voto come quelli degli altri ecclesiastici. Vicari generali e parroci delle tre Legazioni, fu consegnato a Monsignor Arcivescovo di Ravenna, affinchè alla nostra sezione degli ex-Papalini venisse riferito e comunicato, essendo (V arcivescovo) uno degli eletti Depu- tati a ricevere e riferire questi voti e sentimenti.

(1) « Quanto alle attività, risultò (1801) una mancanza annua di circa trenta milioni (Cusani, VI, 67). » Vedi quanto abbiamo detto sopra.

108 CAPITOLO QUARTO

Anche le altre sezioni avevano fatte simili deputazioni a que- st'oggetto. E qui è da avvertirsi, che tutta la consulta di Lione fu divisa in varie sezioni: ognuna delle quali avea la sua sala nel collegio degli ex- Gesuiti, avea il suo presidente, avea li suoi secre- tarli e redattore (1). La cabala massonica e patriotica era ben or- dinata per riuscire in ciò, che già li principali ambiziosi e i reli- gionari aveano stabilito anche prima, che li notabili si radunassero in assemblee particolari e generali ; le quali assemblee non potevano essere, per li buoni ecclesiastici e per tutta la nazione Cisalpina e Italiana, più umilianti. Ma si sperava deluse le loro mire dalla Re- ligione del Primo Console e dal cattolicismo spiegato nei suoi proclami.

ly.

A nome del poj>olo sovrano della Cisalpina^ rappresentato dal

olerò nel congresso, il vescovo di Cervia esige che la religione

^ cattolica^ apostolica, romana sia dichiarata religione dello Stato.

Radunata la Sezione degli ex-Papalini li 8 Gennaio 1804 nella solita sala, come si radunaron le altre nelle loro rispettive sale del

(1) La prima sezione era dei Lombardi, presidente Melzi ; la seconda degli ex-pontilicii o Bolognesi e Romagnoli, presidente Aldini ; la terza comprendeva i Modenesi, presidente Paradisi ; la quarta i Veneti del di qua dell'Adige, presidente Bargnani ; e la quinta dei Novaresi e Valtelli- nesi, presidente Bernardi.

Ogni sezione. aveva eletto, a pluralità di voti, una commissione in- caricata di ricevere, riferire, ed esaminare i A^oti e le sentenze de' de- putati. La commissione eletta dalla sezione seconda, ossia degli ex-Stati pontifìcii, componevasi de' seguenti notabili^ eletti in numero di cinque per ogni dipartimento :

Diiìartimento del Beno: Luigi Valeriani, professore; Salina, avvocato; Vicini, avvocato; Bologna Sebastiano, possidente; Dalfìume Filijìpo, l>ossidente.

jDijiartirnento del Bnbicone : Felici, ex-ministro; Galeppini Tommaso; Mgr Codronchi, arcivescovo di Ravenna; Lovatelli Ix)polito ; Strocchi Dionigi.

Dipartimento del Basso Po : Cicognara Leopoldo ; Costabili Contadini; Facci Giudice; Rangoni Giuseppe; Bentivoglio Carlo.

Cotesta commissione, dopo esaminati i voti de' deputati, formava le proposizioni, e le riferiva alla sezione ; la quale le approvava o rigettava pluralità di voci.

IL CONGRESSO DI LIONE 10f>

detto Collegio, affine di comunicare a tutte le rispettive Sessioni i riflessi e li sentimenti e voti de' rispettivi Notabili sulla propostaci costituzione civile dal Primo Console, giunta la lettura de' senti- menti, riflessioni etc. sull'articolo 98, che riguardava il culto catto- lico, sentendo Mgr Arcivescovo, che il Redattore Vicini di Bologna preteriva li voti e sentimenti de' Vescovi e Curati su tale articolo, e per fino quello, che si era stabilito nel Congresso particolare della nominata Deputazione, di levar via dal detto articolo il « può eser- citarsi » ; e a queste due parole sostituirvi questa « conserva » ; e di .aggiungere al « Cattolico » anche 1' « Apostolico e Romano » : Si alzò in piedi, e disse al Presidente Avv." Dott. Aldini, che quel che riferiva il Redattore Vicini^ non era quello^ che si era convenuto. A ciò rispose il Presidente cosi : « Cittadino, se volete qualche cosa, andate in Tribuna. » E vi andò difatti; e oltre il lagnarsi di vedersi cosi sfacciatamente mutar le carte e violare il convenuto, disse quelle ragioni teologiche e cattoliche, che potevano e dir si dovevano da un Vescovo, che vedeva malmenata la Religione cattolica^ apostolica, romana e assolutamente dispreggiata dagli empi filosofi republicani patrioti e increduli. Ma a queste mostraron costoro di non volersi arrendere, anzi le disprezzarono e le derisero, forti a volere 1' ar- ticolo 98 tal quale l'avea mandato Bona Parte, e accettato con il resto della Costituzione dalla Consulta Provisoria di Milano.

Ciò sentendo il Vescovo di Cervia, calato dalla Tribuna Mgr Ar- civescovo, si rivolse al Presidente, e gli disse: « Domando anch'io, Presidente, la parola. » Cui egli rispose : « Servitevi cittadino. » Montò in tribuna (il vescovo di Cervia) ; e lasciati gli argomenti teologici, cattolici e politici già da lui espressi nel suo voto, cosi si fece a ragionare, pieno di zelo non men che di quel fuoco, che gli è proprio, e naturale:

« Il Popolo cattolico Cisalpino, rispondetemi Cittadini, è ancora *> «_si 0 no, Sovrano ? »

A questa interrogazione, si ammutolì e s' imbruti la sezione, non sapendo potendo prevedere dove andasse a ferire e terminare. Nessuno rispondendo alla interrogazione, ripigliò il Vescovo di Cervia il discorso in questi precisi termini:

«Bene. Il vostro silenzio mei ancora e mei dichiara Sovrano; « e la stessa Costituzione mei conferma tale ancora. Noi Vescovi -- « non siam già qua venuti per trattare gli affari politici, ma sibbene -"^ « quelli che riguardano la nostra santa Religione Cattolica Aposto- « lica Romana, la sua dottrina, la sua morale e la sua disciplina. ^

110 CAPITOLO QUARTO

« Qui venuti siamo per sostenerla e difenderla, quando vi fosse uopo « col dare sangue e vita etc. Qua siam venuti a portarvi e mani- « festarvi la volontà del Sovrano popolo cattolico Cisalpino, che noi « spiritualmente reggiamo ; e dirvi quel che egli vuole in materia « di Religione. Questo popol dunque Sovrano vuole, che la Religione « Cattolica,* Apostolica, Romana, la sua dottrina, la sua morale e « disciplina ecclesiastica, il di lei divino culto apostolico e romano; « in una parola questo Popolo vuole, che la Religion de'suoi Padri, « che è appunto la Cattolica Religione Apostolica, Romana, sia nella « Cisalpina la sola dominante Religione, e vengagli mantenuta ne'' « suoi diritti. Vuole professarla e praticarla e liberamente, come la « professava e praticava prima della rivoluzione. Vuole, che questa « sacrosanta Religione sia protetta e onorata come prima, anche dal « republicano governo.

« Non si oppone questo Popolo alla tolleranza degli Ebrei, che « sono li soli Cisalpini che abbian culto diverso dal nostro cattolico. « A.bbian pure le loro scuole, le loro Sinagoghe e i loro Ghetti, come « li aveano prima sotto il Papa.

« Vuole, che la civile costituzione abbia per base la religione « cattolica apostolica romana, e che sopra basi fisse di questa santa « Religione sia organizzata la Republica Cisalpina: che è appunto « quello che il Generale Primo Console Bona Parte gli ha promesso « le pur tante volte, e ratificatagli costantemente questa promessa « coi public! proclami del governo, e con nostre lettere circolari d' or- « dine e suo e del Governo. Vuole, che la sua dottrina e morale « siagli predicata dai ministri dell'altare liberamente e publicamente, «e vuole in pieno vigore la disciplina ecclesiastica e quanto c'in- « segna e ci prescrive e comanda Chiesa santa nel sacrosanto ecu- « menico Concilio di Trento congregata.

« Cittadini ecclesiastici del P." e secondo Ordine, Cardinale Bel- « lisomi, Arcivescovo di Ravenna, Vicarj Generali, Curati, tutti « quanti siete qui congregati e che qua siete venuti a portare la « parola .de' rispettivi popoli che reggete spiritualmente, e a mani- « festare la decisa loro voluntà in materia di religione : alzatevi in « piedi, e dite alla Sessione qual sia la volontà del Popolo, che cosa « vuole e pretende in materia della nostra sacrosanta Religione ? » Qui si alzarono tutti in piedi, e confermarono quanto già avea detto il Vescovo di Cervia.

Avuta Egli questa contestazione pubblica della precisa volontà del popolo circa la nostra sacrosanta Religione; ripigliò e fini così

IL CONGRESSO DI LIONE IH

i 1 detto Vescovo di Cervia il suo arringo in favor della Religione Cattolica, Apostolica, Romana:

« Il Popolo dunque Cisalpino Cattolico è il Sovrano della nostra «Republica; Popolo, che si può dire il solo ed è, tranne pocliis- « simi Ebrei, che compone questa Republica Cisalpina. Questo « popolo vuole che la nostra santa Religione Cattolica, Apostolica, « Romana, sia la dominante ; e sopra basi fìsse di questa Religione, « della sua dottrina, morale e disciplina, sia organnizzata la detta « nostra Republica, abbia il primo luogo la Religione Cattolica, « Apostolica Romana nella propostaci Costituzione, aggiungendo alle « parole « culto cattolico » , anche « l'apostolico e Romano » . Rispet- « tate adunque, o Cittadini, la volontà del Popolo Sovrano, e ubbe- « ditegli. »

Qui fini l'arringo del Vescovo di Cervia.

Calato egli dalla Tribuna, prese la parola anche il Canonico Zoilo di Rimini, deputato come suo Vicario, dal Vescovo di quella città; e parlò egli pure e arringò in favore della Religione, esigendo espresso e unito al « culto cattolico » queste due parole « apostolico, Romano » ; cosa che assolutamente non volevano li notabili ex-Pa- palini.

Calato dalla Tribuna il detto Sig. Canonico, la montò il Redat- tore Vicini di Bologna, e disse: «che il patto sociale dell' uomo era il primo che avesse ad osservarsi tra lui e il Dio della Natura; e > che nella Costituzione civile non si dovea cercar altro. » A queste bestemmie ed errori ne disse e ne pronunziò degli altri senza or- dine, raziocinio e criterio. Solo la sua empietà fece comparsa nel suo discorso.

Domandò la parola dopo il cittadino Vicini anche il Vescovo di Comacchio, e disse che si poteva benissimo conciliar tutto. E che bastava esprimere la Religione colla parola « cattolica » ; mentre la Religione l' abbiamo nel cuore e nella mente, e qui la dobbiam con- servare : « A me pare fconchiuse), che sia sufficientemente espresso l'articolo 98: colla sola parola Cattolico. » Ciò detto, calò il Vescovo di Comacchio; e nel calare, li notabili secolari gli batterono le mani palma a palma!

Nota (ossia altra aggiunta del Vescovo di Cervia)

Il Vescovo di Cervia, udito questo discorso del Vescovo di Co-j^ macchio, che lo conosceva diretto a favorire chi contrastava e ri- cusava il mettere per Religione dominante la sola cattolica, e alla

112 CAPITOLO QUARTO

parola cattolica unirvi anche le altre due Apostolica^ Romana, giacché tutti gli Eretici pretendono e si dicono Cattolici anch'essi; disse, rivoltatosi all' Arcivescovo di Ravenna : « Avete intese le bestialità -^ del Cappuccino ? Io il credeva un teologo ; ma noi veggo neppur nelle espressioni Cattolico, giacché di cuore e d'intelletto lo credo tale. » E l'Arcivescovo rispose al Vescovo di Cervia: « State buono; che mi credeva di peggio. »

Per altro, ne' giorni susseguenti, discorrendo sulla contrarietà dei secolari notabili ex-papalini alla Religione cattolica nel volerla do- minante etc, andava dicendo: « Questa sola deve essere la dominante,^ e deve essere la Cattolica Apostolica, Romana. » E alle risposte ai quesiti del P. Console fatti al Clero, mostrava di avere espresso an- che l'apostolica e la romana cattolica religione.

Dopo il Vescovo di Comacchio, prese la parola il Vicario Gene- rale di Sarsina, e arringò in favore della Religione, dicendo che in realtà non bastava l'articolo 98, tal quale veniva espresso nella Co- stituzione.

Ma forti gli ex-Papalini a non voler mutarlo, aggiungervi cosa alcuna; e il Presidente Aldini, che già avea spiegata contra- rietà al clero del primo e second' ordine e alla Religione stessa, alla sua Cattolica apostolica Romana dottrina e a suoi ministri, propose di mandar all'ordine l'art. 98, tal quale stava espresso nella Costi- tuzione.

Ciò sentendo il Vescovo di Cervia, e temendo che, mandato al- l'ordine, passasse e sarebbe stato approvato sicuramente, considerata l'approvazione in ragion de' voti, che erano numerosissimi relativa- mente agli opponenti al detto articolo, ch'erano li soli pochi eccle- siastici, domandò un'altra volta la parola, e montò in Tribuna. Pre- mettendo al nuovo suo arringo in favor della Religione Cattolica, che non facesse specie a veruno il fuoco, con cui egli arringava in favor della Religione, perché gli è naturale, ed é stato sempre cosi assuefatto, argumentando nelle cose di Religione; e che non attri- buissero li Notabili questo suo calore a mancanza di rispetto alPas- semblea: credette di dover ciò premettere, imperocché il Presidente nel concedergli la parola gli disse : « Cittadino Vescovo, men fuoco. » Cui però rispose francamente il Vescovo di Cervia : « Trattandosi di sostenere e difendere la Religion di Cristo e li diritti della 8. Madre Chiesa^ non ho tanto fuoco che basti. »

Montato in tribuna, cosi si fece di nuovo a parlare : « Cittadini, « siete si 0 no cattolici ? Volete dare a tutta l' Europa e alla pò-

IL CONGRESSO DI LIONE 113

« sterità tutta una vergognosa memoria di voi e di questa sessione? « Possibile, che non veggiate l' eterno obbrobrio che vi tirereste « addosso, quando si dirà, o si leggerà nelle storie, che un'adunanza « di cittadini cattolici, chiamati dal P. Console in Lione ad esami- « nare la Costituzione civile, ossia il codice delle leggi che anno a « reggere la Republica Cisalpina, e che ora qui noi rappresentiamo, « non anno voluto per base della lor Costituzione e del lor governo « la Religione cattolica, apostolica, romana, che anno professata « nel S. Battesimo e professano; essere organizzata sopra basi « fisse di questa santa religione la sua Republica ; e nemmeno « aggiungervi all'articolo 98 queste due sole parole « apostolico, « romano » , per cui il vero cattolico si distingue da qualunque altro « culto de'settarj, cristiani sì, ma non mai cattolici, apostolici romani? « Ma giacché voi non volete rispettare la volontà del Popolo, « manifestatavi dal clero del primo e secondo ordine, e a voce e in « iscritto; io propongo, che sia rimesso quest'articolo, e tutti li pro- « cessi verbali su d'esso, al Primo Console. Il quale, persuadete vene, « vuole per base della Costituzione la Religione cattolica, apostolica « romana; e vuole organizzata la nostra Republica sopra basi fisse « di questa Religione. »

Qui interruppe il presidente Aldini il discorso al Vescovo di Cervia cosi: « Che volete riportare al P. Console li processi verbali « e la decisione di questo articolo, se debba o no lasciarsi cosi, se « egli ha data questa Costituzione Ma, rispose subito il Vescovo di Cervia dalla Tribuna al presidente Aldini: « E perchè voialtri « fate tante mutazioni agli altri articoli? Solo non se n'ha a fare « veruna all'articolo 98, che riguarda la nostra santa Religione ? « Si rimetta almeno l'articolo, e li sentimenti del Clero, e le sue « petizioni, che sono del Popolo, al Primo Console. »

Il Presidente però non si attenne alla proposta del Vescovo; ma volle mandare all'ordine l'articolo, tal quale era nella Costitu- zione, e lo si disse, appena mandatovelo, passato già dalla sessione. E come passato? Ecco il modo che si teneva nel mandare all'ordine le cose, che si proponevano: Chi le approva, diceva il Presidente, si alzi in piedi. E chi non si alzava in piedi, alzava la mano o il cappello. Indi il Secretarlo Belmonti usciva dal tavolino, quando dal suo posto non scorgeva tutti li Notabili, e contava quelli ch'erano in piedi, E il più delle volte, appena contati alcuni, quando l'affare premeva loro, diceva: è passato, approvato. Altra volta si dava per approvato, allo sbattere delle mani di alcuni. Cosi si aggiornavana

RmiERi. La Diplomazia Pontifìcia nel secolo XIX. ~ Voi. II. 8

114 CAPITOLO QUARTO

e si approvavano gli articoli della Costituzione, e le riflessioni che vi si facevano (1).

Nella seconda assemblea, radunata con lettera del Ministro degli affari esteri, si propose dal Presidente ai Notabili di pensare a no- minare li soggetti per la Consulta di Stato pel corpo legisla- tivo etc. etc. E dispensò alcune schede per notarvi li soggetti, che si giudicavano li più atti per le cariche e uffici principali e im- pieghi della Republica. S' indicò ancora il numero dei soggetti per i dipartimenti; e mancando a questi qualch'uno, si dessero in li- bertà dei Notabili di proporne altri degli altri dipartimenti. Segnati li nominati nella scheda, si consegnarono piegati al Presidente, che uniti insieme fece sigillare il piego per portarlo al Ministro sudetto Talleyrand. Cosi fini questa sessione.

Y.

DOPO l'arrivo del primo console

Parlata del Primo Console al clero: vuole che la religione della Cisalpina sia la cattolica apostolica romana.

Arrivato Bonaparte (2), furono avvisati li Notabili tutti dalli rispettivi loro Presidenti, a ritrovarsi tutti nella gran sala della

(1) Praticando il metodo di votazione qui descritto dal vescovo di Cervia, fu proiìosta alle voci la forinola seguente, da esprimersi nel- l'art. 98: La religione cattolica esercita il suo culto jpuhMicameute. Sarà però libero ad ogni cittadino esercitarne privatamente qualunque altro. Passò con voti 37 contro 12. Vedi docum. MC.

(2) « La sera delli 11 gennaro a ore 9 giunse da Parigi a Lione il gran Console Bonaparte, circondato da pressoché tutti li Cisalpini. » Così il Conventi (Ved. Docum. MC) ; Cf. Melzi, Memorie, I, 283. Partito da Parigi a' 9 di gennaio, dopo il lento e trionfale viaggio di ore 60 arrivò a Lione il giorno 11 alle nove di sera {Correspondance , VII, n. 5916^ 5917). Secondo un dispaccio del Cobenzl a Colleredo (9 gennaio 1802), «e' est ce matin que ce départ a eu lieu, après avoir été dilféré d'nn jour à l'autre » (Arcliiv. Vienna, nei Docum. Concord., IV, n. 1070). Infatti, cal- colando le 60 ore di viaggio, dal suo arrivo a Lione alle 9 della sera dell' 11, egli partì da Parigi il giorno 9 alle ore 9 del mattino. Dunque la sua partenza, da lui annunziata al fratello Giuseppe (7 gennaio) per la dimane a mezza notte (Je pars demain, à mìnuit, pour Lyon. Corresp.,

IL CONGRESSO DI LIONE 115

Maison comììiune (1), ov'egli abitava con un treno da Monarcha, alle due e mezzo dopo mezzodì, per esser presentati da loro al Primo Console; e ciò accade alli (12) gennaro 1802 corrente (2).

Entrati sezione per sezione li Notabili nella sala, dov'egli ri- ceveva e dava udienza (3); e a lui avvicinatisi specialmente li Ve- scovi e il Card. Bellisomi e il clero della nostra Sezione, ch'entrò dopo la prima degli Ex-austriaci; rivoltatosi egli a noi, cosi ci si fece a parlare:

« State certi, che la Religion Cattolica Apostolica Romana dovrà

« essere e sarà la Religione della Republica Cisalpina; ed avrà

« luogo nel primo articolo della Costituzione. » Qui li Vescovi e

il Clero ringraziarono Bona Parte; e gli diedero lodi e benedizioni.

11. 5916) fu sbagliata di nove ore. Tuttavia il Theiner (II, 8) lo fa arri- vare a Lione le 13 janvier 1802! Ha probabilmente copiato il Wouters, il quale nella Histoire chronologique de la Ee'p. et de Vemp., assegna il « 12 janvier (22 iiivose) » pel giorno, in cui il Primo Console quitte Paris et prend la route de Lyon, dove lo fa arrivare a' 13 (p. 325). A. Thiers lo fa partire da Parigi « le 8 janvier (18 nivose). » Consult. et Emp. (1851), I, 688.

(1) Ossia il palazzo di città, o del governo.

(2) « I deputati ricevettero un viglietto, che servisse di contrasegno per entrare nel iialazzo del governo, indi a ore quattro e messo andarono a far visita in corpo al Primo Console (MC). »

(3) Nota dello stesso vescovo di Cervia : Alli Notabili secolari (Notabili, cosi chiamavansi gì' invitati al Congresso di Lione dal Primo Console) fece sapere Bona Parte : che li voleva all'udienza con abito nero, e co- dino : e li venuti già a Lione erano tutti vestiti alla Cisalxìina, tosati alla Brutta! bisognò che alcuni, impotenti a farselo a proprie spese, ricorressero ai Preti che v'intervenivano in sottana, per avere un abito ^ nero.

Al caffè poi degli Italiani e prima dell'udienza, ma assai più dopo

la medesima, sentiti gli elogi ai Vescovi e al ceto ecclesiastico, e a loro

acri rimiiroveri, che non dissero di male contro Bona Parte, e contro i

Preti? Bona Parte, B. F. etc. Imi)Ostore etc, che era venuto a Lione

per fare il Missionario etc, li Preti che l'avevano vinta etc. etc. E

tante bestemmie contro Bona Parte e i Preti dissero li riscaldati Notabili,

Republicani, e Massoni^ filosofi etc. rexiublicani, cbe scandalizzarono tutti

<. i buoni Lionesi. Bona Parte non ne fece caso; perchè li temeva, e di '

l loro si abbisognava nella esecuzione delle sue empie idee e massime di

I distruggere col tenix)o e il trono e l'altare: dimenticatosi, cbe vi è Dio

che veglia alla loro conservazione.

116 CAPITOLO QUARTO

E il vescovo di Comacchio, credendo di dir molto e secondare il di- scorso del Primo Console aggiunse : « State certo, che la nostra santa « Religione favorisce la libertà : » E Bonaparte replicò con qual- che calore : « Ma non quella che spoglia le altrui proprietà e favo « risce il libertinaggio, e se la prende con la Religione e co' suoi « Ministri eccetera eccetera. »

Dopo ciò si rivolse ai Notabili secolari e disse loro : « Come vo- « lete, che i Preti amino questo governo, se voi li strapazzate con- « tinuamente, e lor portate via tutto? Bisogna rispettar la Religione « e li Ministri; e questi il Governo. »

E poi conchiuse: « che il Groverno ha di bisogno della Religione « e dei Ministri per l'influenza, che ha quella sul Governo, e questi « sui popoli, che li devono rendere affezionati al medesimo, e tanto « più ora con impegno, quanto che gli antichi nostri Sovrani ci « aveano rinunziato. »

Questo discorso che fece agli Ex-Papalini, lo fece ancora alle altre Sezioni. Dimandò conto del Card. Mattei, del Vescovo di Ber- tinoro, e degli altri Vescovi che non erano intervenuti.

E gli fu risposto come conveniva e in lor favore dai vescovi e curati e vicarj rispettivi.

Si ebbe il giorno susseguente dal Ministro Marescalchi altro invito di presentarsi all'indomani prima di mezzogiorno al detto P. Console, ma separatamente: v. gr. gli Ecclesiastici tutti da per sé; li Militari da per sé; etc. etc.

Ci recassimo dunque Noi ecclesiastici all'ora prefissa al Palazzo Publico; e, poco dopo giuntivi, fossimo introdotti da lui all'udienza^ presente Murat, il Ministro degli affari esteri, Marescalchi, il Pre- fetto du Palais, e credo anche Aldini. Qui replicò, che la Religione Cattolica Apostolica Romana dovea essere la Religione dello Stato. Si discorse dei Capitoli, delle Catedrali e delle Collegiate, delle Monache e dei frati; e dai Vescovi si tentò di far rivivere tutti, mostrando la necessità e l'importanza di avere li detti Capitoli e Collegiate; nonché la esistenza dei Religiosi, di cui ne han sempre li Vescovi colla Chiesa conosciuta la necessità e l' utilità. Ma ora che il numero de' preti è divenuto si scarso, maggiormente ne anno di bisogno. Le monache ancora per la educazione cristiana e civile delle fanciulle. Si mostrò al Primo Console^ che alla Religione era ì di necessità l'avere degli asili, com'erano le Religioni claustrali, si "i per gli uomini che per le femmine, onde potersi osservare da chi ' volevasi li consigli evangelici.

IL CONGRESSO DI LIONE 117

Ma Bona Parte si mostrò pe' frati e monache renitente a rimet tere i loro soppressi conventi ; al più quelli ch'erano rimasti coi loro Religiosi e Monache, finché vivono. E poi soggiunse: « Li frati sono li sbirretti del Papa ! Mi guardo avanti dai Cappuccini, e dietro spalle ho li Recolletti, che mi danno una schioppettata. » E qui l'Arcivescovo di Ravenna rivoltatosi al Vescovo di Cervia: « Sta a lei, come regolare, a difendere la causa dei frati. » Ed egli in ristretto fece vedere il bene anche temporale, che avean fatto li monachi e li frati. Non solo nello scientifico, e nel morale, ma anche nell'economico: le paludi asciuttate, li terreni incolti renduti fertilissimi, molte arti inventate, molti luoghi pii eretti, soccorsi prestati ai regni e alle provincie ne' loro più pressanti bisogni ecc. ecc.

Inteso tutto ciò^ e le premure de' Vescovi di riavere i loro Capitoli le loro Collegiate, li loro Seminari, li frati e le monache, ci fece sperare molto di ciò, che chiedevamo ed anco la indennizzazione dei beni venduti ai Capitoli e Seminarj, e Vescovati con altri beni ec- clesiastici, rimasti in Cisalpina invenduti.

Come l'ora si faceva tardi, pose fine a questa udienza col dire, che noi facessimo una deputazione di ecclesiastici di sei, o nove persone, presidente però il Cardinale Beliisomi ; le quali riferissero a lui li nostri sentimenti e petizioni ; e a noi le sue risposte e de- terminazioni. Indi voltatosi a Marescalchi, dissegli : « Assegnate loro una sala, acciò faccian questa deputazione. E stasera si pre- senterà a me dopo le 10 (1). »

10 j

(1) Nell'arrivo del Primo Console a Lione, i Notabili Cisalpini gli presentarono il seguente indirizzo, che qui va riferito. È un monumento, che fa sangue : tanto mostra al vivo le rovine accumulate nella ricchissima Lombardia da quella mano di pubblici ladroni, che si diedero il nome di patriotti ! È il seguente, e fu esteso dall'avvocato Salina.

Bimostransa a nome della commissione delli così detti Notabili della Ci- salpina fatta al Primo Console B. Parte, appena giunto a Lione. 14 gen- naio 1802 alle ore 12.

Cittadino Primo Console,

La commissione de' Notabili tradirebbe se stessa e la Patria, se in faccia al Primo Console della Repubblica francese guardasse un reo silenzio sulle spaventose miserie della Cisalpina. Nel volgere di dieciotto mesi enorme è stato il carico delle imposizioni, barbaro non rare volte il modo di eseguirlo. Lo \ scutato salito a cento denari, le anticipazioni percette di mesi sei, i prestiti for- zati, le tasse sul commercio, le azioni le imposte indirette montano a cento ot-

^

118 CAPITOLO QUARTO

YI.

Quesiti proposti dal Primo Console al Gomitato ecclesia- stico^ sullo stato delle chiese e sulle relazioni ecclesiastico-poli- fiche della Bepuhhlica Cisalpina (lo gennaio 1802),

adunassimo nella sala assegnataci, e per schede si elessero tre Vescovi, tre Vicari Generali e tre curati, e si procurò di pren- derne da tutti li dipartimenti. Li Vescovi eletti furono l'Arcive- scovo di Ravenna, il Vescovo di Lodi e quello di Cremona. Li Vicari Generali: l'Avv"* Conventi di Bologna, il Vicario di Brescia Ab. Canonico Caprioli, l'altro Vicario non mi sovviene, come non mi sovvengono li tre Curati (1).

TANTA MILIONI DI LIRE MILANESI. -S'amnMO.DUCENTO ED ASSAI PIÙ, se Cal- colano i residui prezzi di ÌB(eni) N(azionali) e le infinite ì^equislzioni non compen- sate. Qual peso enorme per uno Stato già afflitto per antecedenti contribuzioni, avvolto iudi fra gli orrori a un tempo stesso d' inondazioni, di epizoozia, di carestia, di guerra ! Alti sei maggiori Estimati d'' ogni dipartimento si diede

V immediato soddisfacimento delV arretrato scudato. Piombano azioni forzate ogni giorno su i più creduti facoltosi. Contro degli uni e degli altri, che esausti di denaro offrono mobili e campi, si usa la forza armata. Il momento stesso, in cui Notabili Cisalpini passano per vostro invito le Alpi nevose, in- vadon soldati le loro case, avvolgendone i figli e le spose in disperazione ed in pianto !

Comune è poi V angustia per la somministrazione degli alloggi militari, e

V affanno per le non pagate pensioni, ad onta delle apposite tasse, agV indi- vidui delle corporazioni soppresse, il fremito finalmente generale alV aspetto d' infiniti impiegati senza patria, senza talenti, senza morale.

Si cancelli la dura legge che percuote i sei maggiori Estimati. Si porti fine a tante insopportabili tasse ed azioni. Non si adoperi la mano militare a turbare li asili domestici e violare la proprietà.

Voi, Primo Console, giusto qual siete, ristorate sollecito i nostri mali. Fedeli interpreti dei comuni voti, ve lo chieggono i Notabili della Cisalpina, a cui siccome ad opera vostra, voi stesso dovete un fiorente stato preparare.

(1) Nel giorno 15 i deputati del clero, usciti dall'udienza del Primo Console, si adunarono -per ordine di lui in una sala del Palazzo ; e pre- sidente il card. Bellisomi, elessero un comitato di nove nella maniera detta. Gli eletti furono : Presidente, il card. Bellisomi, vescovo di Ce- sena. Vescovi: Codronchi, arcivescovo di Ravenna; Offredi, vescovo di

IL CONGRESSO DI LIONE 119

Presentatisi questi a Bona Parte all'ora fissatagli, furono accolti con tutta mai la benevolenza e affabilità, e li fece mettere a tavo- lino, dettando egli le seguenti ricerche e discussioni, da comuni- carsi al clero per averne e le risposte e il sentimento (1).

STATO DI CIASCUNA DIOCESI

Far conoscere a quanto ammontavano le rendite di ciascun Vescovo y avanti la Rivoluzione; e quanti beni restano a ciascuno, li quali non siano venduti, appartenenti ad essi.

Quante entrate godevano le fabbriche delle chiese, e quante loro ne restano.

Quante Parrocchie vi siano in ciascuna Diocesi. Quale era il maximum, ed il mini^num delle entrate, che loro erano addette.

Quanti conventi di mendicanti esistono attualmente. Quante abbazie vi erano. Che rendite aveano. E quante vi restano invendute.

Quanti conventi vi erano di Religiose. Quanti ve ne sono ancora. Quanti beni loro restano.

Le discussioni che può avere Vautorità spirituale colla tempo- rale si riducono a ciò che segue:

Domanda Quale autorità nominerà li Vescovi? Risposta Li vescovi non saranno riconosciuti, avanti V istitu- zione della 8. Sede. , B. Quale autorità nominerà li Curati? R. Li Vescovi, dopo aver ottenuta l'approvazione del Governo. D. Se un prete manca alla disciplina ecclesiastica, quale sarà Vautorità che potrà aver il Vescovo per punirlo?

R. Il Vescovo lo interdirà dalle sue funzioni ; e s'egli non

Crema; Beretta, vescovo di Lodi. Vicarii: Oppizzoni, arciprete metro- politano di Milano ; Caprioli, vicario generale di Brescia ; Conventi, pro- vicario capitolare di Bologna. Parrochi : Nava parroco di Milano ; Carena, parroco di Faenza. Secretario, Conventi; sottosecretario, dottor Gozzi, parroco di Faenza, (Ved. MC).

(1) Nella sera del 15 gennaio, il comitato ecclesiastico fu ricevuto dal Primo Console, che lo trattenne, sempre ragionando degli affari eccle- siastici, dalle 10 all'una dopo mezzanotte. Gli articoli qui riferiti furono dettati dal Primo Console al Talleyrand : vedili nelle MC, come furono dettati in francese, al n. 9.

120 * CAPITOLO QUARTO

ubbidirà, il Vescovo reclatnerà alla forza pubblica, che sarà tenuta prestargli soccorso.

D. Se un prete nelle sue funzioni fa qualche cosa di contrario alla tranquillità dello Stato, quale rimedio l'autorità civile avrà per reprimere quest'abuso?

R. Domandare al Vescovo, che lo interdica ; e se il Vescovo non lo punisce, la parte pubblica ha il suo ricorso all'autorità ci- vile ordinaria.

D. Come si faranno li matrimonj ?

R. Si faranno come per il passato avanti ai Curati, che non potranno essere sforzati di amministrare il sacramento del matri- m,onio a chi avesse fatto divorzio. All' incontro, un Curato non può rifiutarsi alla amministrazione de' sacramenti a' cittadini, che non avranno alcuna eccezione, secondo le leggi della Chiesa. Se lo facesse, vi avrebbe luogo il ricorso al Vescovo dalla parte dell'autorità ci- vile; e nel caso che il Vescovo rifiutasse d'accordare al detto citta- dino li sacramenti, vi sarebbe luogo allora ai tribunali di appello, che sarebbono obbligati di giudicare secondo le leggi ecclesiastiche, e non secondo le leggi civili.

Li Preti, 0 ecclesiastici non saranno tenuti ad alcuna funzione tnilitare. Quando un Prete sarà condannato ad una pena infamante, non potrà essere eseguita, se preventivamente non sarà data al Ve- scovo la sentenza del giudicato, che prima a lui infliggerà la pena canonica.

Bisogna regolare il giuramento, che li Vescovi ed altri ecclesiastici devono prestare al Papa, ed all'autorità civile sovrana.

Risposta del vescovo di Cervia ai quesiti del Primo Console.

Comunicate queste ricerclie e discussioni al Clero in Lione, ra- dunato dalla ecclesiastica deputazione, si accinsero a rispondere ai quesiti, e a dire il suo sentimento sulle discussioni. Se si avessero quelle degli altri, qui si riferirebbero, come si sarebbero riferiti i loro voti, e sentimenti sulla Costituzione già indicata (1). Ma non avendo che li fogli del Vescovo di Cervia, di questo solo si tra- scrivono. Il tempo prefisso a rispondere fu di due giorni.

Il Vescovo di Cervia premise al suo foglio, relativamente alle sette domande, che non avendo maneggiata Egli dacché è vescovo l'entrata della sua mensa, ma il suo mastro di casa, e il suo eco-

(1) Vedi nell'appendice, MC.

IL CONGRESSO DI LIONE 121

nomo, non poteva dare una giusta nota dello stato attivo e passivo della detta sua mensa : non ostante, risponde, che prima della rivo- luzione la sua entrata, come che Tavea affidata il suo antecessore Monsignor Donati, passava li quattro mila scudi.

Tutti li beni, che avea prima la Mensa di Cervia, li ha ancora, toltone dae vigne, un podere di 13 torna ture, alcune pezze di prato, e alcune altre tornature di terreno.

Le fabbriche delle chiese di sua diocesi non hanno entrata fìssa: la Cattedrale è a carico della mensa, la quale passa ai Canonici anche la prebenda, come sono a suo carico tutti gli ufficiali.

Le Parrocchie sono undici.

Il loro maximum et minimum delle entrate rispettive non lo sa; ma, presa una per T altra, a duecento scudi il minimum non arriva, e forse neppure il maximum.

Un solo convento dei Minori Osservanti di S. Francesco esiste in Cervia presentemente; vi era un altro de'PP. Agostiniani, ma questo è stato soppresso dalla centrale dell'Emilia, prima che la Romagna fosse unita alla Cisalpina.

Abbazie nessuna; porzione della Entrata dei Monaci e Abbazia ■di classe di Ravenna, detta la tenuta della Ragazzina, esiste ancora invenduta: il restante è venduto.

Nessun convento di monache vi era avanti la rivoluzione; vi erano monache e frati, che in diocesi aveano vistose entrate. Alcuni beni però delle medesime Abbazie, fraterie, monache, sono rimasti ancora invenduti.

Alle discussioni, che può avere l'autorità spirituale colla tem- porale, proposte dal Primo Console al Clero per sentirne, e sulle dimande e risposte relativamente ad esse dettate e comunicate dal Primo Console al Clero, il Vescovo di Cervia cosi ha risposto.

« Sulle discussioni, che può avere l'autorità temporale nell'attuale Ooverno, non può deve il Vescovo di Cervia interloquire. Solo la S. Sede può interloquire, e determinare e decidere li punti pro- posti; alle cui determinazioni, e decisioni si acquieterà sempre lo scrivente Vescovo di Cervia, e vi sarà pienamente sommesso; come è sempre stato, è e sarà sempre sommesso all'autorità civile e tem- porale, e alle sue leggi civili e temporali, e a tutto ciò che è di suo oggetto e pertinenza, e non contrario alle leggi di Dio e della Chiesa.

A regolare il giuramento, che li Vescovi nostri successori e clero- dovranno fare in appresso al Papa, spetta pure alla Santa Sede il

122 CAPITOLO QUARTO

regolarlo, e fissarne la forinola. Noi Vescovi qua presenti l' abbiamo già fatto, come la Santa Sede ce l'ha richiesto, lo possiam ritrat- tare. Il giuramento poi di fedeltà alla civile autorità sovrana, si presterà con quella formola, che il Primo Console ci ha detto avere determinata e approvata il Regnante Sommo Pontefice Pio settimo per la Francia.

Il P." Console discorrendo su questo giuramento, e risponden- dogli li Vescovi come doveano, disse, che ci avrebbe mostrata questa formola e il Breve, o Bolla del Concordato fatto dal Papa con la Francia, non ostante che fosse ancora segreto, perchè fra poco sa- rebbesi pubblicato.

Il Primo Console cambia le sue disposizioni di animo verso il clero ; e invece del già conceduto, detta le leggi organiche per la re- pubblica cisalpina.

Le risposte dei vescovi sulle ricerche del P.<* Console, e li sen- timenti loro sulle discussioni surriferite, furono consegnati al Signor Card. Bellisomi, come presidente della nostra deputazione ecclesiastica, acciò le riferisse al detto P.o Console. Infatti si por- taron dalla deputazione ecclesiastica al P.° Console; e lo trovarono I tutto mutato da quello che si era dato nella altre udienze a cono- scere con noi; anzi pieno di collera negò di aver detto quello che detto aveaci prima, diede dell' impostore a M.'' Oppizzoni, il quale però ci rispose assai bene e con coraggio. E ricusati li foglj sudetti, che non avea tempo di leggerli etc, diede altri quesiti, a' quali vo- leva in poche parole e per l'indomani la risposta. Eccoli: 21 Gennaio 1802.

1^ Quanta era l'entrata del Vescovato, avanti la rivoluzione ? Quanto è stato venduto dalla nazione, e quanto in conseguenza manca per la congrua, fissata a 20000 franchi?

2" Quanti sono i canonici della Cattedrale, quanto prendevano prima, quanto loro resta, ed in conseguenza quanto manca loro per il mantenimento di 16 canonici, comprese le dignità?

3<^ Le entrate del Seminario, prima e dopo la rivoluzione. Quanti alunni comunemente si alimentavano? Quanto mancherebbe al loro sostentamento, supposto che pagassero qualche piccola porzione di dozena?

Quanto, prima e dopo la rivoluzione, possedeva la fabbrica della Chiesa, e quanto manca per supplire alle spese?

Se in alcuna Parrocchia manca al Paroco la congrua?

IL CONGRESSO DI LIONE 123

A tutte queste dimande fu risposto nel più succinto modo, che si potè, dai Vescovi e con quella precisione, che si poteva dare, lontani dalle rispettive diocesi : salvo sempre ogni errore nell' indi- care le entrate, che aveano prima della rivoluzione, ed anno presen- temente, indicando il venduto e il rimasto vendibile (1).

Ma neppur questo ristretto lo contentò, e chiedette un maggiore ristretto e più conciso in questi termini.

Vescovato di Cervia v. g. Rendita libera Lire Mi- lanesi L. 20720

Il Capitolo della Cattedrale ed altri servienti la me- desima » 2373

Pel Seminario (non esiste; ma (essendo) necessario un numero di dodici alunni) ; si ricerca un'entrata di . . » 4200

Per la fabbrica della Cattedrale, cera ed apparati. . » 2520

A questo ristretto si rispose colla detta somma ; prevenendo però, che il preciso non si poteva dare, per le ragioni addotte; ma si ri- cavava dall'ultimo affitto, terminato nell' 1800.

Questo ristretto, con tutte le altre carte presentate al P.*' Console, furon poi consegnate al Card. Bellisomi ; e per quanto s' insistette presso il P.° Console, a voler sanzionare anche F esposto rispettiva ristretto, non vi fu modo; e lasciò l'esame e la sanzione alla futura Commissione, che si farà in Milano sulle rendite e beni ecclesiastici.

VII.

Aggiunta alle memorie del vescovo di Cervia.

Siccome Mgr. Gazola non apparteneva al comitato eccle- siastico, che trattava col Primo Console, perciò tralascia qui qualche cosa di grande importanza, che va supplito con le memorie del Conventi, il quale era segretario di quel comi- tato. Da questo sappiamo, che nel giorno 21 di gennaio, il

(1) Qui assai probabilmente il vescovo di Cervia si sbaglia : gli ar- ticoli ora riferiti appartengono a quelli che furon dettati dal Primo Con- sole al Talleyrand. Le risposte a tutti questi articoli, combinati dal co- mitato ecclesiastico in casa del Bellisomi, sono ben diversi. Li riferisco nel numero seguente.

124 CAPITOLO QUARTO

cardinal Bellisomi con tutta la commissione, di cui era presi- dente, presentò al Primo Console il lavoro composto ne^due giorni precedenti, nel quale figuravano ridotte ad articoli le cose combinate con lo stesso Primo Console. Il qual lavoro essendo poi rigettato da lui^ è necessario che qui sia rife- rito: col elle vedrassi quanto costava poco a quelFuomo il disdire le cose da lui stesso convenute!

Le cose convenute tra lui ed il comitato, sono le seguenti, così esposte dal secretarlo dello stesso comitato ecclesiastico :

inflessioni e petizioni, presentate al primo Console dal comitato Ecclesiastico, 19 Gennaro (1802), colle risposte date dal medesimo a ciaschedun articolo.

Riflessioni e Petizioni umiliate al Primo Console di Francia dal comitato Ecclesiastico Cisalpino.

Si presenta al Primo Console di Francia il comitato ecclesiastico, pieno di fiducia che vorrà accordare alcuni riflessi fatti sui punti dettati, come pure alcune petizioni analoghe al venerato suo de- creto, emanato all'incontro del vittorioso suo ritorno in Italia: il tutto ricavato dalle rispettose memorie delle diocesi Cisalpine.

Intorno al primo punto, circa la nomina dei Vescovi, si rimette il Comitato a quello che sarà concordato colla Santa Sede.

Risposta: Approvato.

Circg, il secondo, si supplica il primo Console a voler sostituire la seguente rioposta: I Parrochi e tutti i sacerdoti in cura d'anime, e gli amministratori di Parrocchie verranno eletti ed istituiti dai Vescovi, come prima della rivoluzione.

Kisposta : Approvato, ma si dovrà aggiugnere « con aggradimento del Governo. »

Nella risposta al S** si desidererebbe, che fra le pene canoniche avesse luogo anche la sospensione de' redditi beneficiali, onde so- stentare l'interinale sostituto.

Risposta: Approvato.

Quanto al 5°, avendo per base della Costituzione Cisalpina la Religione Cattolica Apostolica Romana, sarebbe necessario invece delle parole « a chi avesse fatto divorzio » , sostituire « a chi avesse impedimenti canonici » .

Risposta: Approvato.

IL CONGRESSO DI LIONE 125-

Dove poi, dice, che il parroco non può negare l'amministrazione de' sacramenti, si dica in singolare l' amministrazione di detto sa- cramento; e cosi pure ove si dice « i sagramenti » , si esprima il sagr amento del matrimonio.

Risposta: Approvato.

Rapporto all'appello si desidera, che questo venga limitato al solo matrimonio, e che le appellazioni succedano secondo le forme canoniche.

Risposta: Rigettato. Ma fu però moderato in parte l'articolo proposto.

Quanto all'ultimo paragrafo si brama, che venga sostituita invece della parola « prete » quella di « ecclesiastico » ; e cosi in ogni altro- luogo ; e dove dice « pena infamante » si aggiunge « ed afflittiva. »

Risposta: Approvato.

Ove in detto paragrafo si legge: « Se preventivamente non sarà data al Vescovo la conoscenza del giudicato » , si amerebbe che ve- nisse espresso « se non sarà presentato al Vescovo il processo avanti il giudizio. »

Risposta: Rigettato.

Finalmente dove si dice « infligerà la pena della degradazione » ,. si gradirebbe si sostituisse « ]:)otrà infliggere le pene canoniche. »

Risposta: Approvato.

Petizione

A trionfo della Cattolica, Apostolica, Romana Chiesa, a gloria della gran Nazione, a felicità de' cittadini si accettano con ap- plauso e giubilo le promesse del Primo Console, che sia il primo articolo della Costituzione Cisalpina ne' seguenti termini : « La Re- ligione Cattolica Apostolica Romana, è la Religione della Repub- blica Cisalpina, che sola avrà il suo culto pubblico; e non potrà occupare le prime magistrature chi non la professa. »

Risposta del primo Console: «Il primo articolo della Costitu- zione sarà: « La religione Cattolica Apostolica Romana è la Re- ligione dello Stato, e sarà la sola esercitata pubblicamente nel ter- ritorio della Repubblica. »

Quanto alle diocesi, si amerebbe che ritornassero tutte ai loro confini, che avevano avanti la rivoluzione, senza permetterne alte- razione.

Risposta: Se non vi è stata fatta alcuna mutazione, si lascie- ranno tutte le diocesi come sono al presente ; all' incontro, se già

126 CAPITOLO QUARTO

fossero state fatte delle mutazioni, si ricorrerà al Papa per sistemar tutto in dette diocesi.

Si domanda rispettosamente, che sia libero ai Vescovi, Parrochi e Sacerdoti deputati dai Vescovi e Superiori Ecclesiastici, inse- gnare pubblicamente la morale evangelica.

Risposta: Approvato.

Che vengano rimossi i Parrochi mancanti di Canonica isti- tuzione.

E/isposta: Tutti quelli, che non hanno la Canonica istituzione, e che non ne sono indegni, la carità obbligherà li Vescovi a loro ac- cordarla.

Che i Vescovi assenti possano al più presto ritornare alle loro sedi, e che i Parrochi destituiti possano godere degli effetti del- l' amnistia.

Risposta: Quanto ai Vescovi non vi è alcuna difficoltà; e se mai ve ne fosse, si potrà andare intesi col Papa per appianare tutto. Quanto poi ai Curati, dovrà farsi il caso per ciascuno di essi in particolare.

Che in ogni città della Cisalpina vi sia un tribunale per la revisione delle stampe, che debba essere per metà composto di ec- clesiastici nominati dal Vescovo.

Risposta: Si sostituisca il seguente articolo: Tous les lihelles qui tendroient à avilir la religìon et ses ministres, doivent étre pour- siiivis par les parties puhliques.

Che possano i Vescovi impedire, che ne' pubblici insegna- menti, anche de' Licei, si spargano dottrine contrarie alla Religione Cattolica ed al buon costume.

Risposta: Rigettato.

Che in tutta la Cisalpina siano rimessi ne' loro diritti i Ca- pitoli delle Cattedrali delle Collegiate insigni, e di quelle che hanno a unita cura d'anime, colle loro rendite o con provvedimenti equi- valenti; e che le dignità. Canonici e Beneficiati di ciaschedun Ca- pitolo, debbano essere eletti da chi e nel modo che si teneva avanti la rivoluzione.

Risposta : Vi sarà un Vescovo, la cattedrale col Capitolo, il seminario, la fabbrica; e se vi saranno beni a sufficienza, anche qualche capitolo insigne, dove già fosse prima, ed anche altri Ca- pitoli, se si potrà, ma specialmente in campagna. Ciò in ciascheduna diocesi della Cisalpina.

Nel rimanente l'articolo è approvato.

IL CONGRESSO DI LIONE 127

Che vengano restituite ai Vescovi; ai Capitoli e ai Parrochi e corpi ecclesiastici le canoniche, e locali, che loro fossero stati o in tutto 0 in parte levati, od occupati, e cosi pure gli archivi, e le carte appartenenti ai loro offici.

Risposta: Approvato quanto alle canoniche e locali non venduti. Per tutto il rimanente approvato.

Che siano rimessi i seminari, e che ai medesimi siano restituiti i locali, e gli stabili invenduti ed i provvedimenti, ove fossero ne- cessari, e che siano immediatamente sotto la sola direzione del Vescovo.

E-isposta : Approvato per un seminario solo in ciascuna diocesi.

Che sia libera ai Vescovi la ordinazione de' chierici. E-isposta: Se ne ordineranno quanti saranno necessari per am- ministrare i sagramenti, e per occupare li benefici e le cappellanie.

Siccome i Vescovi dovranno tal volta far uso de'mezzi loro com- petenti, per contenere il clero ne' propri doveri, si domanda, che debbano essere conservate e rimesse le cancellerie ed i ministri vescovili necessari, onde poter formare gli atti, ed anche qualche conveniente luogo di custodia per l'oggetto suddetto.

Risposta: Il luogo di custodia sarà il seminario od un convento come ritiro. Nel rimanente è approvato.

Senza parlare delle seguite alienazioni de' beni della Chiesa, si chiede, che non se ne facciano almeno delle ulteriori, e molto meno che si venga ad altre apprensioni di tali beni posseduti o da corpi o da individui del clero, e che si assicurino con efficaci mezzi le pensioni accordate agli individui dei corpi soppressi.

Risposta: Approvato.

Il Primo Console inoltre promise d' informarsi dell' epoca della vendita di beni, per annullare le vendite fatte dopo la partenza dei deputati Cisalpini per Lione, trattandosi però de' beni de'Vescovi e delle cattedrali.

Che si conservino almeno i conventi e monasteri tanto di uomini che di donne, i quali ancora esistono, colla continuata loro sussi- stenza ; e che alle monache già soppresse si accordino gratis gli antichi locali e chiese annesse, ove vi siano; e in caso diverso, se ne assegnino altri opportuni con facoltà di chiudersi ivi in clausura con abito uniforme, sostentandosi loro vita durante colla stabilita pensione.

Risposta: Approvato.

128 CAPITOLO QUARTO

Che vengano soddisfatte le messe ed i legati pii, fatti da te- statori a loro suffragio.

Risposta : Approvato ; e colle messe e legati potranno provve- dersi i Capitoli.

Che siano rimesse le confraternite del SS.™^ Sagramento, col- l'entrata che avevano prima della rivoluzione, dove o in tutto o in parte fossero state tolte.

Risposta : Approvato; e li beni eh' erano delle confraternite, si applichino ai Capitoli ed alle fabbriche delle cattedrali.

Che il Vescovo sia in ogni diocesi posto alla direzione di Con- servatorii, opere di carità, cumuli di misericordia, ospedali, e di ogni altro luogo pio.

Risposta: Il Vescovo sarà sempre il Presidente del consiglio amministrativo di dette opere.

Che non sia mai precluso ai Vescovi l'adito di communicare col Sommo Pontefice, onde potergli sempre dimandare l'approvazione di tuttociò che potesse eccedere la facoltà episcopale.

Risposta: Approvato per le materie spirituali.

Fin qui il Conventi, nelle sue memorie.

Delle cose contenute in queste riflessioni, il Primo Con- sole chiese un ristretto, come si è visto accennato dallo stesso vescovo di Cervia. E fu ordinato dallo stesso Primo Console, nella sera de^20 gennaio, che questo ristretto nello spazio di 14 ore fosse composto da^ rappresentanti di tutte le diocesi. Fatto il lavoro, e consegnato da'varii gruppi al card. Belli- somi nella mattina del 21, nello stesso giorno fu presentato al Console dal comitato ecclesiastico.

Si fu allora, scrive il Conventi, che il comitato « dovette lungamente dibattersi co^ presidenti secolari delle sezioni sopra nominate, che si opposero vivamente agli articoli già combi- nati ed approvati dallo stesso gran Console, come (si è visto). E di qui nacque, che avendo il Console in varie cose accon- sentito alle loro istigazioni, ed essendosi cogli ecclesiastici disdetto, furono poi stese le leggi organiche del clero, senza varie cose già (dal Primo Console) fissate, e con altre non

IL CONGRESSO DI LIONE 129

poco da quelle variate (1). Anzi convenne molto e lungamente combattere per ottenere, che almeno vi fossero quelle, che ora vi si leggono (2). »

Ed ora è da udire il vescovo di Cervia:

Continuano le memorie del vescovo di Cervia. Leggi organiche pel clero cisalpino.

Rivolse poi (il Primo Console) le sue cure e pensieri alla for- mazione di leggi, da lui dette organiche; e a certi stabilimenti ec- clesiastici, che voleva si dovessero conservar nella Cisalpina. E queste leggi o stabilimenti furono formati dallo stesso Primo Console, dalla Deputazione ecclesiastica, e da alcuni Notabili secolari, tra quali l'avvocato Aldini. Per altro gli ecclesiastici della deputazione, come tutti gli altri ecclesiastici, hanno sempre protestato di non poter essi sottomettersi alle dette leggi e stabilimenti, accettarli, prestarvi il loro consentimento, prima che ai medesimi 1' abbia prestato la S. Sede, che sola può far leggi ecclesiastiche, e mutare la disciplina della Chiesa in vigore e accettata da noi tutti ed espressa nel concilio di Trento.

Il Primo Console non contradisse mai a queste proteste; ma sempre disse, che la intenderebbe Egli col S. Padre; e che noi alla Santità Sua inviassimo lettera su quest'oggetto e affare.

Le leggi e gli stabilimenti sono li seguenti.

Titolo I. Nomine ecclesiastiche.

Art. 1. Li vescovi della Repubblica Cisalpina sono nominati dal Groverno ed instituiti dalla S. Sede, colla quale comunicano li- beramente per gli aifari spirituali.

Arr. 2. I Parochi sono eletti ed instituiti dal Vescovo col- l'aggradimento del Governo. Dal Vescovo sono deputati li Coadiu- tori delle parrocchie vacanti, giusta il bisogno delle diocesi.

(1) Eppure il P. Theiuer è stato cosi ardimeutoso da scrivere, che gli articoli organici del clero cisalpino, dettati dal Bonaparte, furono un « arrangement préalable, pris de comnmu accora avec la députation da clergé cisalinn (II, 15)! »

(2) Memorie (MC), Archiv. Vatic. Vedi sopra i nomi de' presidenti già riferiti.

EiNiKRi. La Diplomazia Pontificia nel secolo XIX. VoL II. 9

130 CAPITOLO QUARTO

È libero al Vescovo di ordinare a titolo di benefizi, cappellanie e legati, solamente quel numero di cherici, che sono necessari alla spirituale assistenza de' popoli.

Titolo II. Stabilimenti ecclesiastici.

Art. 1. I limiti delle diocesi non sono soggetti ad innovazione; e dove ne fossero seguite, si tratti di ordinamento colla Santa Sede.

Art. 2. Ogni diocesi ha il suo Capitolo, o metropolitano o cattedrale, colla corrispondente dotazione.

Art. 3. È conservato ai Vescovi, Capitoli e parrochi il pos- sesso delle canoniche e locali invenduti, che fossero stati o in tutto o in parte presi ed occupati. Si rendono ai medesimi gli archivi e le carte spettanti agli attuali loro possedimenti e rispettivi uffizi.

Art. 4. Ogni cattedrale ha un fondo, sotto il titolo di fab- brica, per le spese di riparazione e del culto nella medesima.

Art. 5. Ogni diocesi ha il suo seminario vescovile, con una dotazione correspettiva, per l'educazione del clero affidato all' auto- rità del Vescovo, secondo le forme canoniche.

Art. 6 I beni e le dotazioni dei vescovi, dei capitoli, del se- minario, e delle fabbriche, sono fissati da una tabella entro tre mesi.

Art. 7. Li conservatorii, ospitali, instituti di carità, ed altre pie fondazioni sono sotto la direzione di un consiglio amministra- tivo di publica beneficenza, di cui il Vescovo è necessariamente il presidente, quando sono stati instituiti dai Vescovi; e quando non fossero di tale instituzione, il Vescovo sarà sempre un membro del- l'amministrazione.

Art. 8 Non ha più luogo la vendita, ed occupazione de' beni, che saranno assegnati dalla legge a dote dei Vescovi, Capitoli, se- minarj, efabriche; e li beni, attualmente posseduti da questi corpi e dai parrochi, saranno invendibili. Si assicura intanto con mezzi efficaci il regolare pagamento delle pensioni, accordate agl'individui dei corpi soppressi.

Titolo IH. Stabilimenti disciplinari.

Art. 1 Sono conservate le cancellerie vescovili coi rispettivi archivi, ed esercitano i loro uffizi i ministri necessarj . a formare gli atti relativi al loro istituto ed alla disciplina.

IL CONGRESSO DI LIONE 131

Art. 2 Può il Vescovo ordinare all'ecclesiastico delinquente un ritiro di penitenza nei seminarj, o in qualche convento; se il reato è rilevante, lo interdica dalle funzioni del suo ministero, ed anche lo sospenda dalla percezione de' redditi beneficiarj, onde sti- pendiare r interinale sostituto, e fare adempiere li pesi annessi al beneficio; qualora al Vescovo ricusi di obbedire, il Vescovo implora il braccio secolare.

Art. 3 Se un ecclesiastico perturba la pubblica tranquillità nell'esercizio delle sue funzioni, è richiesto il Vescovo, perchè lo in- terdica; e se il Vescovo non si presta, si ha ricorso alla civile au- torità ordinaria.

Art. 4 Quando il reato dell' ecclesiastico porta una pena in- famante ed af&ittiva, si da notizia del giudicato al Vescovo, che può premettere all'esecuzione della sentenza, quanto in simili casi è prescritto dalle leggi canoniche.

Art. 5 Il clero è dispensato da qualunque servizio militare.

Art. 6 Tutto ciò che tende a deprimere pubblicamente li buoni costumi ed avvilire il culto ed i suoi ministri, è proibito.

Art. 7 Il parroco non può esser obbligato da alcuna autorità ad amministrare il sagramento del matrimonio a chiunque è vin- colato da impedimento canonico.

IX.

Elezione del Presidente della Repubblica Italiana.

Fu adunata, mentre si formavano ^ queste leggi e questi stabi- limenti, altra adunanza delle sezioni; adunanza però generale di tutte assieme, nella chiesa de' PP. Ex-Gesuiti, ridotta ad anfiteatro avente molti gradini coperti di marocchino verde con suo appoggio di noce; e tutto ciò, fatto a spesa della Cisalpina, alla somma di- cevasi di 14 in 15 milla scudi.

Quest'adunanza, per ordine del Primo Console manifestatosi per lettera dal Ministro degli affari esteri Telleyrand, non avea altro oggetto, che di nominare trenta soggetti, cui venisse commessa la facoltà di nominare trenta persone tra i Notabili le più probe, le quali avessero dagli stessi Notabili le facoltà di eleggere e nominare il Presidente e li soggetti per le prime cariche, secondo prescrive la Costituzione. La nomina delle trenta persone segui con contenta- mento universale della Consulta, e accadde sopra soggetti, creduti comunemente li più probi tra republicani, e li meno fanatici.

132 CAPITOLO QUARTO

Adempirono la loro commissione e nominarono alle cariche di Presidente etc. quei soggetti, che furon da loro creduti li più atti e capaci. Quali fossero però non seppero. Solo s' intese, che non piacquero al Primo Console; quindi fu loro intimato di riunirsi un'altra volta al solito sito, ed eleggerne altri (1).

Si unirono difatti (2) e come intesero che il Primo Console Bona Parte voleva, o dovea essere il Presidente della Cisalpina ; così vennero a questa elezione, facendo uso del considerando republi- cano per averne V approvazione dalla generale Assemblea; cui fu cosi manifestata in altra adunanza, tenutasi il giorno dopo che eb- bero fissato per Presidente della detta Republica Bona Parte (3) :

« Considerando, Cittadini, disse il Ministro Marescalchi, e Presi- « dente della generale Assemblea, che la nostra EiCpublica non ha « soggetti per ora (atti) ad occupare il Presidentato della mede- « sima; che non ha forza di difendersi da dai vicini e potenti

(1) Nel giorno 20 gennaio fu tenuta la prima consulta generale^ ossia di tutti i convenuti. Il Primo Console elesse a presidente il Marescalchi; e questi a suoi secretali gli avvocati Aldini e Strighelli, a fine di eleg- gere dodici deputati, i quali formassero, eleggendo a pluralità di voti, una commissione di trenta Notabili : i quaJi alla loro volta illuminassero il Primo Console nella scelta delle persone per il governo. (I^trenta scelti vedili nelle MC al n. 21).

Questa commissione de' trenta, adunatasi a' 21 del mese, elesse il conte Melzi a presidente, e presentò al Primo Console la dupla degli eletti a ministri ed a legislatori (Ved. MC al n. 22, e 23). Se non che^ il Melzi non avendo accettato la carica di presidente della Repubblica, si dovette pro- cedere ad un'altra elezione.

Da quanto è qui raccontato da testimoni presenti, si scorge quanto si debba gittare di acqua intorno agli entusiasmi iironti e spontanei, coi quali il Thiers ci descrive accaduta la elezione del Primo Console a presidente della repubblica italiana (I, 698, ed. cit.). Il Thiers è stato copiato dal Theiner (II, 10). Veridico invece C. Cantù {Cronistoria I, 257,. u. 19) conta la cosa, ben diversamente. E meglio ancora e x>iìi partico- lareggiatamente se ne discorre neìV Archivio Veneto (1871 I, 237 segg.) ; ivi dalle Memorie del Cicoguara, malamente e con grande confusione e incertezza pubblicate dal Malamani (I, 220 segg.), si ricava che 12, sopra trenta elettori del futuro presidente della repubblica, furono costante- mente avversi alla nomina del Bonaparte.

(2) A' 24 di gennaio, nella solita chiesa de' gesuiti, acconciata ad anfiteatro.

(3) A' 25 del detto mese, in cui fu adunata la seconda consulta generale.

IL CONGRESSO DI LIONE 133

« nemici; che non ha ninno, che la faccia riconoscere dalle altre « potenze; che vari sono ancora e molti li pareri, eccetera...: cre- « dono li trenta eletti a far la scelta del Presidente eccetera... dover « nominare per Presidente della nostra Repubblica il Primo Con- « sole Bona Parte; Cosa ve ne pare? Che ne dite?»

Gli ecclesiastici certamente concorsero volentieri ad approvare questa nomina ed elezione, e alcuni altri; ma non li Patrioti e gli > ambiziosi di un tal posto. Tant' è vero questo, che alcuni di costoro dissero anche a voce intelligibile : « Questi preti e. f. non solo gli danno un voto col alzarsi in piedi, ma di più colla voce e col cappello alzato in aria. »

Terminata cosi questa generale Assemblea, fu riferito tutto al Primo Console, che si degnò di accettare anche questa carica ono- revolissima, che lo costituiva capo e sovrano della Repubblica Ci. salpina.

Intanto si preparava la Costituzione, come si era voluta cor- retta in vari articoli. E per primo articolo della medesima si pose la Religione Cattolica, Apostolica, Romana ; e la si dichiarò la Religione dello Stato. Ma vi fu, chi cosi non la voleva, non ostante che, a cosi esporre detto articolo fosse convenuto col clero il Primo Console; e questi per non con tradire all'avvocato Aldini^ X e a qualchedun altro, avea permesso qualche cangiamento (]).

Fortunatamente vi fu chi avvisò il Signor Canonico Zoilo di Rimini, Vicario a tàone del Vescovo di quella città, di questo nuovo cangiamento. Avuto egli questo avviso, si portò da Monsig. Arcivescovo di Ravenna; e gl'indico, che il primo articolo della Costituzione risguardante la Religione era mutato. Non se ne voleva persuadere l'arcivescovo e a ragione : imperocché fu esso stabilito con consenso dello stesso Bona Parte. Dio però, che voleva bene- dire lo zelo eia costanza del clero radunato in Lione in sostenere la Religione Cattolica Apostolica e Romana, si che il Primo Con- sole scrives se un biglietto all'arcidiacono sudetto, invitandolo a re- carsi da lui la sera stessa. Vi si recò difatti, e con destrezza pro- curò di avere in mano la Costituzione. Dando egli un' occhiata al primo articolo, lo trovò in realtà mutato. Allora si rivoltò al Primo

(1) Queste osservazioni del vescovo di Cervia, intorno agii Aldini e socii, che erano i pianeti giranti intorno al Bonaparte, sono degne di molta ponderazione dinanzi alla storia. Cotestoro erano patriotti, ciò era dire irreligiosi, settarii, nemici della patria, ma amici del loro bene stare.

134 CAPITOLO QUARTO

Console, che tradiiceva dal francese la sua allocuzione da recitarsi da lui in generale assemblea, e disselli: « Primo Console, non è « questo Farticolo che abbiam convenuto doversi porre nella Costi- « tuzione. Io per me protesterò contro; e sentirete gli altri Ve- « scovi. »

Si voleva daU^awocato Aldini sostenere, la mutazione non essere cosa essenziale; ma l'arcivescovo sostenne forte, che come si era con- venuto, cosi dovea restar trascritto. E il ministro degli affari esteri (Talleyrand) vi convenne, e disse al Primo Console e all'Avv. Aldini, che r arcivescovo e il clero avean ragione e diritto di volerlo cosi.

Allora il Primo Console disse : < Se T Arcivescovo sarà dopo di me Foratore, allora si porrà 1* articolo che risguarda la Religione, come vuole lui. » L'Arcivescovo si scusò col dire che non avea co- raggio, che non avea voce e petto, eccetera. Ma Bonaparte non cedette a questi motivi; e insistette perchè l'Arcivescovo parlasse al clero, lette in assemblea generale le leggi organiche, e gli stabilimenti ecclesiastici ma riferiti. Cedette alle istanze di Bona Parte l'Arci- vescovo, e accettò questa commissione.

Accettata che Tebbe, si alzò in piedi dal tavolino Bona Parte, e disse all'Avv. Aldini: < Si rimetta l'articolo primo della Costitu- zione com'era prima, e come vuole l'arcivescovo e il clero. » E eoa fa (1).

Fu di poi intimata Tultima assemblea generale, cui sarebbe in- tervenuto il Primo Console in qualità di Presidente della Repub- blica Cisalpina, e si sarebbe letta la nuova costituzione e tutti li soggetti nominati aUe diverse cariche e impieghi della Repubblica .

Radunata alli 25 di Cennaro l'ultima assemblea generale, com- parve il Primo Console, e prese posto al luogo destinato pel no- vello Presidente di questa Repubblica, accompagnato dai due mi- nistri degli affari interni Chaptal e degli affari esterni Tellejrand, dal generale Murat, dal prefetto del Palazzo, dagli aiutanti di campo, dal generale Jordan, e Cervoni, e da altri francesi.

(1) Lia seaLtrezza bonapartesca^ coadinvata rlalla fredda astazi^l de I TaUejrand, qui si scorge mirabilmente. Premeva oltremodo al Bonaparte una parlata in pubblico delF arcivescovo di Eavenna, in conferma na - tnralmente e quasi in modo di sanzione di qnanto erasi detto ed ox»erato da lui nel ccmgresso ! Il Codronchi però, sebbene n elle sne parole non oltrepassasjiie per nnlla il decoro e la verità, si accorse poscia del passo arriacbiato, in eni erasi lasciato andare^ e n'ebbe pentimento.

IL CONGRESSO DI LIONE 135

In faccia a Bona Parte, sul coretto della Chiesa ben addobbato di damasco, eravi Madama Bona Parte. Al di sotto del Presidente, da un lato eravi Marescalchi co' suoi secretar!, dall'altra parte eravi Aldini co' suoi secretar!. Bona Parte lesse la sua allocuzione, che tendeva a unire gli animi, a far dimenticare li mali sofferti nella rivoluzione, e le reciproche offese; a far vedere il bisogno che ha il Governo della Religione e de' suoi ministri; e a indur questi a rendere li popoli che ne reggono, affezionati al nuovo go- verno, eccetera (1).

Di poi si passò alla lettura della nuova Costituzione cosi:« Co- stituzione della Repubblica Cisal... Ita... » E qui Bona Parte disse / all'assemblea: « Volete Italiana, o Cisalpina? » E alcuni risposero ^^ battendo le mani : « Italiana, Italiana » eccetera.

Allora il lettore della medesima ripigliò la lettura della Costi- tuzione cosi: Costituzione della Repubblica Italiana. Letta la quale, si lessero le leggi organiche del clero e li stabilimenti.

Dopo la qual lettura, Mons. Arcivescovo si alzò in piedi, e lesse anche esso la sua allocuzione al clero, additandogli il rispetto, e la sommessione a chi ci governa temporalmente non propter vindictam^ sed propter conscientiam ; e fece un elogio al Primo Console.

Terminato egli di parlare, riprese la parola il Primo Console, e lodò l'arcivescovo e inculcò di rispettare la Religione o li suoi mi- nistri.

Dopo l'arcivescovo vi fu altro oratore; ma come fu lungo, Bona Parte gli mandò a dire che finisse, e dispensò il quarto oratore dal dire e recitare la sua allocuzione.

E qui finiron gli atti del gran Congresso di Lione. Previa, dopo letta la Costituzione, anche la nomina del Vice- Presidente che il

(1) Il discorso del Primo Console fu da lui recitato in italiano ; la traduzione fraucese è riferita nel voi. VII della Co rrespon dance : un. 5938. 5934. Federico Odorici mette in bocca al Bonaparte questa i>arlata : « Le elezioni dei magistrati le ho fatte io stesso. Quanto al supremo grado, ninno Jio trovato tra di voi che Vahhia meritato, ed acconsento ai desideri vostri : io sosterrò la gran mole delle vostre faccende. Voi non avete ìcijgi, ahitudini nazionali ; ma Dio vi salva, perchè avete po- ])oli numerosi, fertili campi d'esempio francese (^Storie Bresciane, X, 141. » Pare incredibile come sul volgere del secolo XIX si diossano mettere in capo a un Bonaparte i pensieri della propria testa, e scriverli come storia, rilevandone alcuni con carattere corsivo !

136 CAPITOLO QUARTO

Primo Console fece cadere nella persona di Melzi, nomina ed elezione dipendente dal solo Presidente della Repubblica, previa (ancora) la lettura de' soggetti componenti la Consulta di Stato, il Corpo legi- slativo, eccetera, e quello de' Collegi elettorali de' dotti, cioè, dei Possidenti, e de' mercatanti.

X.

Nota (del vescovo di Cervia).

Arrivato a Lione da Parigi, Bona Parte Primo Console della Repubblica francese volle, che alla sua tavola e seco lui ogni giorno vi fossero dodici persone de' più rispettabili Repubblicani, si fran- cesi, che Italiani; e tra essi, sempre un Vescovo della Cisalpina Republica (1).

Il Vescovo di Cervia, fu invitato dal prefato Primo Console con biglietto del ministro degli affari esteri, se non erro, cittadino Ma- rescalchi; e fu la domenica avanti la publicazione della Costitu- zione italiana, toltogli all'atto della publicazione il nome che por- tava ancora di Cisalpina.

Fu l'ultimo il Vescovo di Cervia ad essere invitato alla tavola del Primo Console, perchè li Patriot ti e li Massoni, li compratori de' beni ecclesiastici, li detentori de' medesimi si mobili, che immo- bili, li spogliatori e derubatori de' sacri arredi delle Chiese o Mo- nasteri soppressi, l'aveano contro di detto Vescovo: primo, per aver mandati e imbarcati quanti, li Tedeschi, dei Patrioti e Massoni, aveano arrestati in Rimini, Pesaro, Fano e Sinigaglia, a Venezia, al comandante della marina nell'Adriatico, Cavaliere Quirini; ap- pena giunti tutti in Cervia, con questa direzione: oXV ordine di

(1) Il Zaiiolini, deputato e senatore del nuovo regno italiano, scrivo che « nella officiosità e riverenza al Primo Console prevalsero i vescovi ed i vicari, per la speranza di conservare il temporale (I, 197). »

Cotesto patriotta bolognese, se avesse qualche valore di storico e portasse nell'animo meno livore contro i Papi sovrani di Roma e di Bologna, avrebbe dovuto scrivere, che il Primo Console vinse tutti nello stimare e rispettare vescovi, clero, e religione cattolica nel congresso di Lione. E se non fece per la religione, ossia per la sicurezza politica della reiìubblica italiana^ tutto quello che pensava di fare, la colpa principale è dovuta all'Aldini, ribelle bolognese, e perciò grande uomo e meritamente celebrato come tale dallo Zanolini nel suo zibaldone, che ha per titolo: Antonio Aldini ed i suoi tempi.

IL CONGRESSO DI LIONE 137

Monsignor Vescovo Cervia, Preside della Reggenza Imperiale Secondo, per aver egli, fatto Preside della Reggenza Imperiale, a nome e autorità dell'Imperatore Francesco II, ripresi i beni tutti venduti e non venduti dalla Centrale dell'Emilia, spettanti alla sua mensa vescovile; e autorizzati preti, frati, monache. Capitoli, Com- pagnie, a fare lo stesso, come fecero sollecitamente. Terzo, per avere con sua lettera stampata in Cesena, riveduta prima e approvata dall'Emo Card. Bellisomi (obbligando di più S. Eminenza, nel Con- gresso di Teologi, cui intervenne anche Monsig. Pietro Galeffi, in coscienza a renderla pubblica, come fece) dati per scomunicati tutti 1 venditori e compratori, ritenitori di beui mobili e immobili di Chiese, Monasteri etc.

Bugiardamente poi hanno accusato il Vescovo di Cervia presso 1 ministri Talleyrand e Marescalchi, come nemico dei Francesi e della Repubblica e unito ai briganti (1). Solo vera fu l'accusa contro detto Vescovo datagli presso i Ministri, e si disse anche presso il Primo Console Bona Parte, di avere sovvenuto Pesaro, e il Generale Poths comandante la Marina delPAdriatico, mentre dal Generale Mounier, veniva assediato con 40 (?) mila uomini Pesaro, e questa citta ne sosteneva l'assedio con 1' armata tedesca e 10 mila Briganti che Poths avea chiamati in aiuto della sua piccola armata, non avendo più, come sostenerla, dopo altri tre giorni, mancante di fieno, di vino e di pane.

Ricorse Poths per essere sussidiato al Vescovo di Cervia, pre- venendolo che non sussidiato sollecitamente, era costretto ad aprire le porte della città a Mounier, e consegnargliela in suo potere etc.

Ricevuta per corriere straordinario questa tristissima notizia e dimanda del Generale Poths; prevedendo che, entrato Mounier in Pesaro con la numerosa sua truppa, avrebbe dato il sacco alla città; e quanti cittadini avrebbe uccisi e fatti prigionieri; e dopo Pesaro Rimini, Cesena, e tutta la Romagna messa in armi all'arrivo della piccola truppa Austra-Angla-Russa, e in armi ritrovandola Mounier:

(1) È da notarsi, che i giacobini francesi e i patriotti italiani, allora «oine adesso, chiamayaiio col uomo di hriganti tutti gli uomini che pre- sero le armi (1797-1799) a fine di cacciar dall' Italia ^mco&f/n e patrioti, che da veri briganti avevano invaso terre italiane, saccheggiato e rubato chiese e tesori italiani, e col fuoco e col ferro avevano rovinato e de- vastato ogni cosa italiana. Cotal rovescio nella significazione de' nomi, è veramente infame.

138 CAPITOLO QUARTO

scrisse subito a tutti i Magistrati delle città e terre vicine, e fece conoscere il pericolo, in cui tutti della Romagna erano di vedersi senza difesa alcuna degli Austro-Galli-Russi, già partiti verso la Lombardia, prendendo la strada di Lugo, Ferrara, Modena etc. ; quindi facessero ogni sforzo di sovvenir Pesaro, per quanto ogni uQ poteva di fieno, vino e grano. E il Vescovo di Cervia ne diede l'esempio per terra e per mare. Egli riusci di provvedere Pesaro e renderlo atto a sostener valorosamente la difesa (e tanto valorosa- mente, che Mounier dovette abbandonare l'assedio, e prender cam- mino per Modena, tra Pesaro e Urbino, onde battersi con il Gene- rale Otto, che lo attendeva per la via); a combattere contro Mou- nier con 8 mila uomini, ma sempre in ritirata, non avendo truppa a far fronte a quella di Mounier; come avvenne, e potè il Generale Otto unirsi, con si fatto ritiro, all'armata grossa Austra-Galla-Russa in Piacenza, eccetera.

A tutte queste accuse dei Patrioti e Massoni Romagnoli non fu prestata credenza; o se si ebbero, come erano, vere, pure credettero i ministri francesi e Itali, e per prudenza e per politica e giusti riflessi, a non farne parola ne col Vescovo stesso, con il Primo Console Bona Parte, che non le poteva ignorare. Quindi a pranzo più volte dai Ministri si francesi, che italiani, vi fu invitato cogli altri Vescovi Cisalpini, e col Cardinale Bellisomi, unico Cardinale al Congresso di Lione.

Invitato dunque, con sorpresa e dispiacere de' suoi accusatori, Patrioti e Massoni, alla tavola del Primo Console ; ricevuto da lui, e da tutta la Comitiva con tutto rispetto e famigliare accoglienza; e posto a sedere alla destra di Madama Giuseppina di lui moglie, in faccia alla quale sedeva il marito Bonaparte, tra il Ministro Ma- rescalchi e il Milionario Banchista Regny di Lione, indi alla sinistra della Giuseppina il cittadino Caleppi di Bergamo, vicino al Vescovo di Cervia il Generale Murat, poi il Generale Berthier, eccetera.

A lungo Bona Parte tenne ragionamento col Prefato Banchista Regny; e finito ch'ebbe egli con questo Banchista, rivolse il discorso al Vescovo di Cervia; e cosi gli si fece a parlare: « Monseigneur, je suis bien content du Pape. Il se porte fort bien. » E il Ve- scovo subito gli rispose cosi: « Io posso assicurarvi che il Papa, « meco di voi discorrendo, mi disse, che pregava Dio che vi conser- « vasse a lungo in salute e in vita, sperando col mezzo vostro e per « voi di veder risorta la Religione Cattolica, dove già erasene ita. »

Mentre il Vescovo ne attendeva la risposta, Madama Giusep- pina si rivolse al Vescovo: (e fu causa che Bona Parte non gli

IL CONGRESSO DI LIONE 139

dicesse qualche cosa sul detto asserto, ed era vero : perchè, non ap- provando egli (Mgr Gazala) essendo all'udienza un giorno del Santo Padre, il concordato col Direttorio francese, gli disse, quanto so- pra) — « Mais pour son Epousée (sic), il ne prie pas, le Pape Rispose il Vescovo: « Croyez-vous qu'il ne prie pas pour son Epou- sée? » E Madama Giuseppina, soggiunsegli subito: « Il m'a en- voyé un très riche chapelet. (Il Vescovo lo sapeva, che gliel' avea detto Turlonia: ed era dei più bei carnei, del Museo Pio dementino; e a portarglieli a nome di Sua Santità, Turlonia stesso li consegnò al Generale Murat). Et pourquoi vous ne venez pas à voir Paris? » « Madame, je vous dirai une seule raison, et est de ne pas avoir argent pour faire cette voyage (sic). »

Madama non era ancora legittima sovrana (1), e però non le disse, come dir dovea. Sentita la ragione, per cui non poteva atte- nersi al gentile suo avviso, soggiunse la Giuseppina : Penserò io alle spese di questo viaggio.

Bona Parte, dopo questo breve colloquio della Giuseppina col Vescovo di Cervia, riprese la parola, e gli disse : « Croyez-vous, Monseigneur, que Marescalchi croie en Dieu, et qu'il soit chrétien?» « Je vous répondrai : il sera une heure, qu' il ma demandò, si il étoit dimanche. » Allora Marescalchi, rivoltatosi verso il Vescovo, gli disse : « Monsignore, badate bene a quel che dite, perchè voi ora mi accusate presso il Primo Console. » « No, cittadino Ministro, quando a quell'ora (ed erano forse anche le due della notte, quando si andò in quella Domenica a pranzo) stando col cittadino Melzi in gabinetto soli in lunghi discorsi, mi chiedeste se era festa, io cre- detti, che ciò mi chiedeste per santificar almeno quel poco, che di festa ancor rimaneva. » Si fece una risata.

Finito di pranzare, si andò alla sala del caffè. Al camino vi si portò la Giuseppina, e attorno di essa i ministri e tutti li com- mensali. Il Vescovo t di Cervia col Primo Console restarono fuori del Circolo e lontani dal fuoco. Prendendo il caffè, ebbe campo il Prelato di parlare con libertà al Primo Console sulle cose sue, sui

(1) Noti il lettore queste parole, qui non buttate a caso dal vescovo di Cervia. Sono importantissime, siccome quelle che ci significano l'opi- nione, che allora avevasi nella Corte Romana intorno all' unione del Bo- naparte colla Giuseppina: dalla S. Sede quell'unione, che non era re- putata sacramento, non era reputata valida. E che a Roma dovevasi conoscere l'estensione delle facoltà concesse da Pio VI a' vescovi di Francia, sulla celebrazione delle nozze alla repubblicana !

140 CAPITOLO QUARTO

Visogni della sua diocesi, città di Cervia, saline e salinarii; e lo senti molto volentieri. E lo pregò di un suo passaporto per ritor- narsene a E/Oma, da quella città partito per Lione al di lui invito con permesso della Santità Sua. Gliel promise, e vel trovò a Milano di ritorno da Lione.

Marescalchi, veggendo il Vescovo di Cervia parlare cosi franca- mente col Primo Console, disse alla comitiva : « 0 guardate, come il Vescovo di Cervia tratta bene li suoi affari Il Vescovo gli rispose: « Che vi credete, cittadino, che li minchioni vengano in questo luogo? » Si fece una risata.

E il Primo Console prese per mano il Vescovo di Cervia, e più lontano lo ritirò dalla comitiva. E gli chiedette, cosa voleva e de- siderava il Conte Gregorio Chiaramonti fratello del Papa, avendogli portata una di lui lettera, raccomandata al generale Murat da Mon- signor Caleppi. Risposegli il Vescovo: « Un ordine vostro, onde sia quieta e sicura la sua persona e dimora in Bologna; giacche in tempo, che i Francesi se la battevano con li Tedeschi, fu posto in prigione. » E allora gli chiedette se erano stati i Francesi. » Egli (il vescovo) gli rispose, che noi sapeva. Bien, Bien, soggiunse Bonaparte. Gli domandò conto del Cardinale Mattei, e mostrò dispiacere, che non fosse venuto; e più spiacere, sentendo, che i Ferraresi lo aveano scacciato dopo la battaglia di Marengo; locchè mostrò d' ignorarlo. E fini ogni discorso ; e con la Giuseppina, pre- sasela Bonaparte sotto il braccio, discese le scale, montò in legno con essa e partirono a diporto (1).

(l) Fin qui le memorie del vescovo di Cervia. Come si scorge, non mancano d'interesse storico, e per la originalità del dettato e per la tempera dell'uomo, tutto di un pezzo. Egli si partiva subito da Lione alla volta di Eoma, a fine di recare al Papa le vive notizie di quanto aveva visto ed operato in quella famosa andata, che fece l' Italia in Francia per farvi testimonianza della sua eterna servitù.

Il Bonai)arte ripigliava la volta di Parigi, nel giorno 28 di gennaio alle ore 7 della mattina. E chi avesse voglia di seguirlo nel viaggio, dando carriera alla fantasia, legga la seguente ipotiposi, che ne fa il P. Theiner: « Ce fut une grande journée pour le héros de Marengo. On eùt dit Charlemagne, assistè des évéques, des grands vassaux de l'em- pire, des nobles et des généraux, rédigeant des lois pour l'Egiise et pour l'Etat, aux comìces de Worms, de Mayence et d' Aix-la-Chapelle (II, 10). »

I^^RTE TERZA.

CONCORDATO CON LA REPUBBLICA ITALIANA

CAPITOLO QUINTO Prime trattative e primi disegni di concordato

SOMMARIO :

I. TI Primo Console con corriere S]3eciale intavola le trattative per nn Corcordato tra la Rei)ubblica italiana e la S. Sede. Prime negative del Papa.

II. Ragioni onde il Papa non poteva acconsentire alle richieste del Pre- sidente della repubblica italiana. Lettera di Pio VII e risposta del Primo Console.

III. Decreti antiecclesiastici del Melzi, 23 giugno 1802, non fatti ne pubblicati senza il Presidente Bonaparte. Questi con minacce vuole il Concordato e ne invia un primo disegno. Sgomento e provvidenze della S. Sede.

IV. Si risponde da Roma con 1' invio di un altro schema di concor- dato. Intervento nella faccenda di Mgr Bernier, vescovo di Orléans.

V. Il disegno romano s' incrocia per via con un secondo disegno in- viato da Parigi, alla cui comi)OSÌzione avevano lavorato in un con- gresso il Caprara, il Bernier, il Marescalchi.

I.

Kitornato a Parigi^ il Primo Console si affrettava di far sapere a Pio VII (2 febbraio 1802), che nella grande consulta e ne' decreti di Lione la religione cattolica era stata procla- mata religione della Eepubblica italiana ; eli' egli era stato

142 CAPITOLO QUINTO

1*^

contento della deputazione del clero ivi contenuto. Chiedeva poscia i poteri necessari per il card. Oaprara a fine di aggiu- stare le faccende religiose, che ancora rimanevano a comporre relativamente ai beni ecclesiastici ed ai limiti delle nuove dio- cesi della Repubblica. Quindi con finissima precauzione preoc- cupando una sfavorevole risposta, soggiungeva : « Mi rimane di conoscere col ritorno del mio aiutante di campo, qualmente Vostra Santità sia soddisfatta di tutte le provvidenzej che si sono prese per V accomodamento degli affari ecclesiastici datalia (1). »

Inoltre presentava alcune nomine di vescovi, e di cardinali : chiedeva per Mgr Oodronchi, arcivescovo di Ravenna, il tra- sloco alla sede di Bologna con il cappello di cardinale; e per Mgr Oppizzoni, arciprete di Milano, la sede di Ravenna, oltre la traslazione del card. Oaprara nella chiesa di Milano, già proposta poco tempo dopo la morte delParciv. Visconti.

Di queste notizie, della elezione del Primo Console a pre- sidente della Repubblica italiana, delle leggi organiche vo- tate nel congresso di Lione, e della lettera de' vescovi colà convenuti diretta al Papa, il S. Padre fece parte ad alcuni Cardinali consiglieri e confidenti. Delle quali cose tutte il card. Antonelli scrivendo al Consalvi dicevagli: « sono tutte pezze che fanno arricciare i capelli. » Ed intorno alla costi- tuzione della nuova repubblica discorrendo, dichiarava sen- yJ altro quella costituzione inammissibile dal S. Padre, e sog- giungeva :

« Doversi rigettare da S. Santità, e ciò per lo spirituale, e pel temporale. Il titolo e S^, che concerne gli ecclesiastici, è pessimo

(1) Questa lettera, insieme con un'altra al re di Napoli, era conse- gnata al capitano Lebrun, suo ufficiale di campo, con ordine di rimet- terla in proprie mani. Il biglietto a esso Lebrun, col quale gPindicava l'itinerario da seguire nelFandata e ritorno, può essere citato come uno de' mille capi d'arte del genere, onde le lettere di quel portentoso nomo forniscono veri modelli (Cor resjmn dance, V. n. 5940, 5941).

PRIME TRATTATIVE E PRIMI DISEGNI DI CONCORDATO 143

si per quel che dice, si per quel che tace. E Mgr arciv. di Ra- venna ha avuto il coraggio di arringare in pubblica assemblea, com- . mendando questa costituzione? I vescovi non hanno ribrezzo di pre- sentarla al Papa, acciocché vi dia la sua apostolica benedizione? Il Primo Console pretende, che il sig. card. Caprara vi dia l' ultima mano in nome di Sua S.tà, per fissare i limiti delle diocesi e per terminare ogni differenza. V^ Emza ben vede in quale imbarazzo si vuol mettere l'ottimo Nostro Papa, obbligandolo con un tratto: di penna a sacrificare i diritti spirituali della Chiesa, e i tempo-/ rali del suo Stato. '

« Passo alle nomine. Quella del sig. card. Caprara alla chiesa di Milano, transeat; sebbene la Chiesa di Milano non era di nomina dell'Imperatore. La nomina di Mgr Codronchi al cardinalato si può facilmente differire. Le altre due nomine alla Chiesa di Ravenna e di Bologna, se si ammettono, saranno un sigillo autentico del trattato di Tolentino (1). »

Il S. Padre giudicò dunque le cose della Repubblica ita- liana, degne di ponderata riflessione 5 il perchè volle udire i pareri di alcuni cardinali (2), che adunò in congregazione j) articolare a^ 26 di febbraio (3); e quindi si decise a rispon- dere alla lettera del Primo Console, e ad istruire il card. Le- gato della condotta ch^egli doveva seguire in questo impor- tante affare (4).

(1) Archiv. Vatic, Italia Appendice....) voi. XX.

(2) La congregazione fu tenuta verso gli ultimi di febbraio 1802. Si componeva degli Emi Albani, Antonelli, Gerdil, Gius. Doria, Carandini, Consalvi. Fu imj)osto il solito rigoroso secreto del S. Uffizio, con proibi- zione di « prevalersi di alcun' opera altrui. » (Archiv. Vatican., Ibid.).

(3) Dox)o udita la elezione del Bonaparte a Presidente della Repub- blica italiana, il card. Consalvi ne fu sgomentato. Ed a' 6 di febbraio ne scriveva in cifra a' Nunzii in questi termini :

« Può immaginare V. E. se la nuova, cbe qui si è sparsa, della ele- zione del Primo Console in presidente perpetuo della Repubblica italica, abbia sorpreso. Clie credere ora del ricupero delle Legazioni? Cbe della confermazione della Repubblica suddetta ? 11 tempo i)otrà solo determi- nare fissamente queste idee. » (Archiv. Vatic. ^ Cifre «' Nunzii, Principi, voi. 276).

(4) Vi si discussero, riguardo alla Repubblica italiana i seguenti capi : «...2. Quali cose non ammissibili dalla S. Sede contengansi nelle

144 CAPITOLO QUINTO

Nella sua lunghissima lettera di risposta (7 marzo 1802), il Pontefice Pio VII tributava al Primo Console lodi e feli- citazioni per il bene operato dalP opera sua nel congresso di Lione 5 ma insieme gli dichiarava apertamente non essere pieno il suo gaudio per quella parte di bene mancante tuttavia, che però sperava dalla magnanimità e religione di esso Primo Console, di veder supplita e compiuta in avvenire. Ma il con- tenuto e la maniera di questa lettera pontifìcia sono espressi chiaramente nella seguente circolare, che il card. Consalvi spe- diva a' N^unzii, a fine di tenerli ragguagliati di cotali avve- nimenti secreti (1).

Cifra ai Nimzii 20 marzo 1802.

Eccomi a ragguagliare in breve l'È. V. del tenore delle risolu- zioni, prese da N. S. in seguito d'una segretissima Congregazione di Sig. Cardinali, che si è tenuta relativamente agli affari della Re- pubblica Italica, con farle conoscere a Parigi per mezzo dell'aiutante di campo Lebrun, che parte dimani. Prego però V. E. a tenere tali cose segretissime f servendosene solo per lume nei casi che le si pos- sono dare ; mentre ben vede quanto sia rischioso l' aggiungere, di faccia al P. Console, qualche cagione di mal umore, per la pubbli- cazione del tenore delle nostre risposte, per un sopra più alla im- pressione che possa fargli il tenore stesso delle medesime, che V. E-

leggi organiclie sul clero, trasmesse dai vescovi della Cisalpina; ed in quai termini convengasi sia risposto dal S. Padre alla lettera di tali vescovi.

3. Se si giudi clii necessario il farsi carico dei due articoli conte- nuti nella costituzione, e risguardanti 1' uno V alienazione dei beni ec- clesiastici^ e l'altro la libertà di tutti i culti.

4. In quai termini convenga, clie S. S.tà replichi a ciascun caxio della lettera confidenziale del Primo Console, e quai partito sembri espe- diente di usare intorno alle nomine già da lui fatte.

5. Del cardinale Caprara ad arcivescovo di Milano di mons. Co- droncbi ad arcivescovo di Bologna di mons. Opizzoni ad arcivescovo di Ravenna e del suddetto Mgr Codroncbi al cardinalato (Arcbiv. Va- tic, Italia Aiypendìce. . ., voi. XX). »

(1) La lettera del Papa è riferita intiera dal Theiner (II, 249) ; e dal BouLAY DE LA Meurthe {Docitììi. Coticord. V, n. 1139).

PRIME TRATTATIVE E PRIMI DISEGNI DI CONCORDATO 145

può bene imaginare essersi procurato di vestire della più onesta e delicata forma.

Alla petizione adunque risguardante le leggi organiche sul clero, e anche la costituzione di ciò che risguarda la Religione, si è fatto conoscere la soddisfazione di N. S. per la solenne dichiarazione, che la Religione Cattolica è la Religione dello Stato; ed anche per gli altri vantaggi, che risultano alla Chiesa in conformità della situa- zione in cui si trovavano ridotte. Non si è lasciato però di rilevare quali cose restano ancora da implorare, a compimento dell' opera ; quali, da chi, e dove, che si modifichino. Cosi con dolcezza, ma in- sieme con aperta significazione si è procurato di far conoscere, che cosi si è soddisfatti si delle cose asserite ed omesse, che di varie cose che vi si trovano stabilite.

Alla nomina del Card. Caprara per la chiesa di Milano, non si ^ è fatto difficoltà nelle debite forme. A quella per la (chiesa di Bo- logna e Ravenna non si è fatta difficoltà sopra i soggetti, ma bensì ■-^■ sulle nomine stesse, dicendo delicatamente ma apertamente, che nella speranza di ottenere dalla magnanimità del P. Console la re- stituzione delle Legazioni (1), Sua Santità si lusinga di non essere obbligata a fare atti, che possano in qualche modo pregiudicare agli interessi della Santa Sede. E quanto alla nomina di Mgr Co- dronchi al cardinalato, si è risposto che se intende di farsi come P. Console di Francia a tenore del Concordato, non ci è difficoltà, e si realizzerà alla occasione della promozione delle Corti; se poi s'inteiide diversamente, si è detto che N. S., per soddisfare un de- siderio del P. Console, non avrà difficoltà di farlo (dopo vacati i Cappelli necessari alle Corti); ma che conviene ritirare la nomina, ^ che al Preside della Repubblica Italica non compete. Mi astengo dal dettaglio delle altre proposte e risposte, che meno possono in- teressare il generale degli affari.

Quanto alle risposte ai Vescovi, in se stesse delicatissime, per evitare non meno lo scoglio che si urti il P. Console (quasi che si

(1) Accennando a questa lettera del Papa, lo scaltrissimo dissiuui- latore, ch'era il Bonaparte, nella sua risposta de' 24 maggio non fa motto di questa richiesta, mossagli francamente da Pio VII. Gli dice ^oxò : « Ce n'est pas comme Premier Consul de la Répnbliqne fran9aise que ! j'avais nommé monseignenr Codronchi, mais comme président de la Ré-> pnblique italienne ; c'était dans la méme qualité, que j'avais nommé aux | difterents évéchés (Correspondance^ Y, 6099). »

RiNiERi. La Diplomazia Pontiflcia nel secolo XIX. Voi. II. 10

146 CAPITOLO QUINTO

eccitino i Vescovi a non conformarsi alle massime e ordinazioni del Governo) che le regole della Chiesa non permettono (potendo tutto al più N. S. soffrire alcune cose, ma non sanzionarle), si è tenuto anco di questo lo stesso linguaggio, che ho accennato es- sersi tenuto nello scrivere a Parigi, usando tutta la cautela e de- licatezza e saviezza possibile (1).

Creda però V. E., che si è continuamente nelle più grandi an- gustie di spirito, e che incontrando come suol dirsi ad ogni passo un sasso, anzi per lo più un monte insalibile, il minor male che ne ridonda è una angosciosa continua contenzione dello spirito, che logora la vita, mentre si vede sempre l'assai maggior rischio della rovina, che da un'alterazione di buona armonia può ridondare alla causa della Religione, non che dello Stato; alterazione assai ri- schiosa con chi crede anzi di dovere essere lodato e ringraziato per quel bene che fa, e che essendo solo a farlo a traverso anche d'in- finiti ostacoli, ha ben' anche un diritto di cosi credere. E qui ripeterò, che chi vorrà rettamente giudicare del Concordato, quando si co- noscerà, dovrà arguire qual difficoltà ci sia stata in farlo, quando tanta ne prova di pubblicarlo, quello stesso che pare che abbia tutta la fama (2).

IL

Il Oonsalvi poi avvisava in cifra (10 marzo 1802) il car- dinal Caprara « non essere possibile al S. Padre il dimostrare una piena soddisfazione delle leggi organiche sul clero (italiano),

(1) I vescovi, convocati a Lione, avevano (17 gennaio 1802) inviato al Papa nna lettera, sottoscritta da tntti, colla quale lo informavano sommariamente del come erano andate le cose ; e gli chiedevano e tutte quelle facoltà che vedrà esserci necessarie. » Il S. P. rispondeva a tutti, nella persona del card. Bellisomi, lodando il bene operatosi in quel con- gresso, e sperando un gaudio pieno per quello che il Primo Console farà in avvenire. In quanto alle facoltà da essi richieste, li avvisa che non saranno per mancare « ne' casi che possano occorrere (Dociim. Concord. VI, n. 1116-1144). »

(2) Archiv. Vatic, Cifre ai NnnzU, Principi, voi. 276. Il Concordato, a cui qui accenna il Consalvi, è quello con la Kepubblica francese. Della repubblica italiana, scriveva agli stessi Nunzii (6 marzo 1802) : « Non si lascia però di capire, che si ha veramente la vista di voler fare un Concordato anche per la Repubblica italiana : un atto pubblico non potrà un giorno scansarsi (Ibid.). »

PRIME TRATTATIVE E PRIMI DISEGNI DI CONCORDATO 147

e della costituzione della repubblica italiana, rapporto alle cose ecclesiastiche j » e tra le cose omesse e quelle decretate trovare « motivi insuperabili, che impediscono N. S. dall' approvare, che è differente dal tollerare... » E in sedici altri fogli cifrati {18, 19 marzo) d' istruzioni particolari^ lo premuniva di non lasciarsi indurre in nessuna maniera a intavolar tratti ve per uu Concordato italiano, accampando la ragione fondamentale della nessuna necessità di un tal concordato, non essendo mai in Italia venuta meno la religione. Incaricavalo poi di insistere appo il Primo Console per la correzione di quelli articoli, che « tacitamente sembrano escludere la ordinazione a titolo di patrimonio sacro, l'esistenza delle collegiate, la restituzione delle canoniche ed episcopii, la giurisdizione de' vescovi sulla stampa de' libri in materia di religione, la immunità personale e locale, la conservazione delP esistenza de' regolari dell'uno e dell'altro sesso...

« N. S., soggiungevagli, è in somma angustia 5 e riguarda in sostanza queste leggi organiche come un nuovo concilio di - Trento, che va a fissarsi in Italia per ìa disciplina ecclesia- stica. È spaventata 8. S. non meno dalla natura intrinseca di queste leggi, che dalla stessa origine, cioè dall'arrogarsi la potestà laica il diritto di fare e regolare con esse le cose della Chiesa. » Osserva, che « nemmeno nel Concordato colla Fran- cia si è fatto così, giacché in esso è il Papa che parla... Quindi il Papa non crede di potere in coscienza acconsentire ad ap- provare in conto alcuno tali leggi, e tutto al piìi può tacita- mente tollerare... (1). »

Per verità erano assai spinose e delicatissime cotali incom- benze, per essere trattate dal card. Caprara presso il Primo Console. Tuttavia il vecchio Legato vi si adoperò con zelo, con accorgimento, e con molta industria. Già verso i 10 di questo mese di marzo, abboccatosi col Primo Console in casa di Luciano Bonaparte, questi gli aveva fatto intendere di aver

(1) Docum. Concord., V, n. 1138, e 1237 not. 3.

148 CAPITOLO QUINTO

diritto di nomina a' vescovadi lombardi, essendo sottentrato ai diritti che aveva Giuseppe II in conformità del concor-

'^ dato (del 1784) (1). » E che come presidente della repubblica italiana « si riguardava in diritto di nominare al cardinalato. » In quella occasione il Caprara gli toccò con molta accor- tezza il tasto assai delicato della restituzione delle Legazioni , mettendo ìq campo la estrema miseria, in cui trova vasi il S. Padre, per le rovine passate e le presenti spese, alle quali le poche rendite dello Stato pontificio non gli permettevano di far fronte. « Ha inteso tutto pazientemente, riferisce il Caprara, e mi ha soggiunto, che di mano in mano, come suol dirsi, gli avrebbe fornito di tanto in tanto un miglione... Ha detto, che quando V. Emza venne qui, parlando seco sulle Legazioni, Ella destramente scansò di rispondere apertamente sulla sua espressione relativa al trattato di Tolentino ; ma questo era riconosciuto dalie corti, e che volerlo impugnare, perchè esso abbia lasciato il Papa in pace con quel possiede senza avere voluto da lui condizioni, gli faceva pena. Ha detto queste ultime cose con untarla d^ impazienza. »

A coteste parole gravissime, dette con impazienza dal Bo- naparte, il card. Caprara rispose, che non intendeva di entrare in discussione intorno ad un tale argomento ; e fece bency perchè quella materia non poteva destare neir autore di quel trattato altra memoria se non quella di un commesso ladro-

i cinio e sacrilegio. Tuttavia avendo il Caprara, con un giro veramente^ squisito di diplomazia, osservato che la repubblica italiana, ampliando per altre parti (forse intendeva quelle di Piemonte) le sue possessioni, le tornerebbe profìcuo di resti- tuire al Papa le tre Legazioni, a fine di diminuire le gelosie delle altre potenze.

(1) Ved. RiNiERi, Della rovina di una moìiarchia, p. 63, 65, 528. Con quel Concordato però (clie non fu tale, ma un semplice modus vivendi) i vescovi nominati avevano obbligo della visita a Roma, che il Bonaparte non volle ammettere.

PRIME TRATTATIVE E PRIMI DISEGNI DI CONCORDATO 149

« Mi rispose, soggiunge il Cardinale, della miglior buona grazia: La terra non è stata fabbricata in un giorno^ o, come egli disse f la chiesa di S. Pietro; concludendo: il Papa deve fidarsi di me. E fece capire non voler egli per ora far sospet- tare, elle voglia diminuire la potenza di quella repubblica, che lo ha eletto a presidente (1). »

Intanto però, quando ebbe ricevuto le nuove istruzioni del Oonsalvi, si adoperò il Caprara come potè meglio a line di far giungere al Primo Console e la lettera del Papa e il con- tenuto di quanto il Consalvi avevagli raccomandato. I^on po- tendo allora, per trovarsi tutti nelle grandi occupazioni del Concordato francese, avere udienza dal Primo Console, gli diresse una nota^ nella quale insomma significava brevemente e assai bene quanto il Papa diceva nella sua lettera (2).

(1) Caprara a Consalvi, cifra del 13 maggio 1802 {Docum. Concord., V, n. 1180).

(2) È la seguente, e fu data verso i primi di aprile: « Nell'atto che alla Santità di N. S. furono fatte conoscere e la costituzione e le leggi così dette organiche, stabilite nella dieta di Lione, non potè non esal- tare nel vedere, che la base della costituzione posava su di un articolo, degno veramente del Presidente scelto al governo della Repubblica ita- liana. Per quanto nella lettura dell' una e delle altre abbia ritrovate cose di suo disgusto e rammarico, e come opi)oste alla base medesima della Costituzione, come si è la tolleranza de' culti, ed alla costante di- sciplina della Chiesa universale, ed ai canoni stessi del S. Concilio di Trento, come sono nella massima parte gii articoli delle leggi organiche sul clero, non si è ciò non ostante smarrito, poiché persuaso che gli oggetti in questione sono certamente per inavvertenza usciti di sott'oc- c hio alla saviezza e religione del Presidente. Cogniti essendo pertanto al S. Padre i sentimenti del medesimo, il quale non altro ha voluto con tali stabilimenti, che i^rovvedere all'assoluto bene della religione e della C hiesa in tutta l'estensione della Repubblica, si tiene per certo che jn-esi in matura considerazione gli oggetti, sia della Costituzione sia delle men- t ovate leggi, e trovatili, come lo sono, non conducenti allo sco]io propostosi, esso Presidente, spontaneamente e generosamente, in vista del bene, si degnerà correggere ciò che merita correzione, togliere quel che è lesivo della disciplina ecclesiastica, e finalmente aggiungere quel che in ordine a questa fosse ommesso (Docum. Concord., V, n. 1237, nota 3). »

150 CAPITOLO QUINTO

Indugiò due mesi il Bonaparte a rispondere alla lettera di Pio VII. Quindi in una lettera de' 24 maggio si contentava di far sapere al S. Padre aver egli ricevuto la sua, relativa alla Eepubblica italiana: dicevagli non come Primo Console aver egli chiesto le nomine a Vescovadi, ma siccome presidente della repubblica italiana. In quanto alla restituzione delle Legazioni, egli non fiatò una sillaba (1).

III.

Da quanto gli fu significato e per lettera direttagli dal S. Padre e per altri indizii indiretti, potè il Primo Console intendere, che a Roma non si voleva sentir parlare di concor- dato religioso con la repubblica italiana. Ma nuove circostanze, delle quali non è giudizio temerario attribuire a lui o la causa o almeno una certa connivenza, ne fecero nascere la necessità, anche per la parte della Santa Sede, avendone già egli grande desiderio, divenuto poi una specie di smania, come chiamavala il card. Caprara.

Quelle circostanze furono alcuni decreti in materia eccle- siastica, assai lesivi delP autorità, delP indipendenza, e dei diritti della Chiesa nella nuova repubblica italiana; i quali de- creti erano stati pubblicati con grande solennità dal vice-presi- dente Melzi d'Eril, duca di Lovi. Quest'uomo, cui l'esperienza delle leggi giuseppine avrebbe dovuto rendere accorto del poco frutto, che leggi cosiffatte avevano portato nel regno lombardo-veneto, non api^ena fu insediato nella sua nuova dignità, che subito mise mano a ritentare Fopera di Giuseppe II. Egli, come buona parte degli avvocati della Lombardia, era

(1) « J'ai regu les brefs de Votre Sainteté, doiit un relatif à la Ré- publique italienue. Ce u' est pas cornine Premier Coiisul de la Réjjii- blique fraiifaise que j'avais nommé monseigneur Codronchi, mais comme président de la Républiqne italienne. . . {Correspondance, VII, n. 6099). »

PRIME TRATTATIVE E PRIMI DISEGNI DI CONCORDATO 151

stato formato alle dottrine del Tamburini, famoso abbate gian- senista, bevute alla costui scuola nell'universi di Pavia; le quali dottrine, che erano un buon terreno, sul quale le massime filosofiche germogliarono ed arrecarono il frutto maturato della rivoluzione francese, ossia delP incredulità e del libertinaggio intellettuale, formarono di lui un incredulo se non un empio (1). Egli dunque a^ 23 di giugno 1802 pubblicava il seguente decreto :

Il Vice-Presidente della Repubblica Italiana decreta: I. Il ministero per il Culto è diviso in tre Sezioni.

III. La prima Sezione ha per oggetto le massime, l'istruzione sacra, e de' Seminarj, la disciplina, e polizia del clero e di qualun- que altra corporazione ecclesiastica.

IV. La seconda le materie beneficiarie, gli Istituti di pubblica beneficenza.

V. La terza le rendite delle pie fondazioni, e di cui i beni ap- plicati per dotazione del culto.

Melzi

n consigliere segretario di Stato

GUICCIARDI

E in virtù di cotale disposizione governativa, pubblicava altro decreto in 27 articoli, co' quali la nuova repubblica si arrogava il governo di tutta la disciplina ecclesiastica, det-

(1) Monsignor Codronchi, arcivescovo di Ravenna, che aveva trat- tato familiarmente col Bonaparte e col Melzi a Lione, icario di entrambi^ col nuovo Nunzio di Vienna Mgr Severoli, che incontrò in Milano, in maniera poco favorevole. « Crede l'arcivescovo, così il Nunzio rife- rivane al Consalvi (febbraio 1802), cbe il Bonaparte jiensi al rove- sciamento di tutto il sistema politico dell' Europa. L'arcivescovo ri- sguarda il vice-presidente Melzi come un vero incredulo, da cui nulla vi è a sjierare, e tutto si ha a temere. Lo dicono scolare di Voltaire ^ (Archiv. Vatic, Dociim. Concord., V, n. 1125). » Ved. Cusani, VI, 128 ; Melzi, Memorie-documenti, I, 311 ; Cantù, Cronistoria, I, 255 ; Botta, Storia d' Italia, (ediz. cit.), pag. -459.

152

CAPITOLO QUINTO

tava norme per chiese e per seminarii, per Pinsegnaraento e per le dottrine, ed assoggettava al repubblicano sindacato ogni scritto che venisse da Roma (1).

Ootali decreti, oltre al far cadere le speranze di ristaura- zione religiosa, già concepite nella dieta lionese, gittarono lo

(1) Eccone i jirincipali articoli :

1. Il ministro per il Culto è incaricato degli affari ecclesiastici, della disciplina, e polizia del Clero, delle Corporazioni dirette all'eser- cizio di Religione, degli istituti pii, e degli stabilimenti di pubblica beneficenza.

2. Conosce delle massime, e de' diritti spettanti alla podestà ci- vile ne' suoi essenziali rapporti col ministero ecclesiastico, onde si con- servi quella reciproca armonia, che molto può contribuire alla sicurezza ed alla prosperità della nazione. La Costituzione protegge la religione cattolica, apostolica romana, che è dichiarata religione dello Stato, ed essa nell'esercizio de' sacri suoi doveri cospira al pubblico bene.

3. Invigila sulle dottrine che s'insegnano, o si spargouo in ma- teria di religione, ed ha cura perchè questa parte attiva dell'istruzione ecclesiastica he' seminarj corrisponda adeguatamente ai veri principj di religione, e della morale ordinata a consolidare il sistema dello Stato.

4. Conosce delle pratiche iiubbliche, ed esteriori della religione^ e pone riparo agii abusi, per cui esse più volte sogliono degenerare ne' pregiudizj della superstizione.

5. Tutte le bolle, canoni, brevi, rescritti, e carte di Roma, dei vescovi e delle loro curie ecclesiastiche devono essere j)resentate alla pia- citazione, prima della esterna loro esecuzione nello Stato. Il ministro le esamina, e prima della placitazione, osserva se in esse si contengono articoli, che sieno in qualche opposizione coi diritti della sovranità, e colle legittime costumanze canoniche delle diocesi.

6. Riconosce la convenienza di estendere, concentrare, e limi- tare i confini delle diocesi, e delle i)arrochie, e dove occorre :

10. S' informa delle regole essenziali di qualunque stabilimento e corporazione ecclesiastica, che dirige al servizio spirituale del popolo, ed alla pubblica utilità. Delega per l'assistenza ai capitoli de' regolari, ed approva i loro atti capitolari.

11. La conservazione della discix)lina interessa le sue ispezioni ; epperò determina i casi, ne' quali la potestà civile deve prestare il braccio forte ai voscovi, per richiamare all'ordine le persone ecclesiastiche col- Puso dei mezzi opportuni, qualora siano insufficienti al fine suddetto le ammonizioni, le esortazioni, le pene spirituali riservate ai vescovi.

PRIME TRATTATIVE E PRIMI DISEGNI DI CONCORDATO 153

scompiglio ne' migliori vescovi della repubblica, e diedero a ' temere il ritorno del regno di Giuseppe II. De' ricorsi fatti a Eoma, per averne regola e conforto, basti riferire quanto seri ve vane al card. Oonsalvi il vescovo di Cremona, Mgr Omo- bono, a' 3 di luglio 1803, il quale così annunziavagli l'appa- rizione de' nuovi decreti :

« In conseguenza delle leggi organiche sul culto, proclamate so- lennemente nei Comizj di Lione, e approvate dalla 8. Sede con breve 20 marzo del 1802 (1), le Chiese cattoliche di questa Repubblica Italiana erano nella più dolce lusinga di veder ripristinata l'augu- sta nostra religione, secondo i principj inalterabilmente stabiliti dal Supremo Autore della medesima; ma il qui compiegato editto di- strugge tutte le belle speranze, che si erano nel proposito concepite.

« In un affare di tanta importanza non ho voluto ommettere di consultare la congregazione de' miei teologi. Dopo il più maturo esame, essi hanno concordemente qualificato detto editto, lesivo dei diritti inalienabili dell'episcopato. (Acchiude il voto de' teologi).

« In tale situazione dolorosa altro non mi resta, che rivolgermi alla prima cattedra, al centro dell' unità, al Padre e Maestro di tutti ' i fedeli, implorando dalla di Lei autorevole assistenza una valida | difesa ai diritti dell'episcopato, e una sicura direzione, onde proce- dere ne' casi difficili, che potrebbero da tali promesse emergere, qual figlio irremovibilmente attaccato alla S. Sede, subordinato alla me- desima, i di cui oracoli faranno sempre per me la norma e i pre- cetti della mia condotta.

« Dopo queste sincere proteste della mia insuperabile sommes- sione, ho l'onore (2)... »

Contemporaneamente si può dire alla pubblicazioue di co- tali decreti in Milano, e quasi all'improvviso, il Primo Console dichiarava al card. Legato in Parigi, e faceva conoscere al Santo Padre, ch'egli era deciso a volere un concordato, il quale regolasse le relazioni religiose tra la repubblica italiana

(1) Un tal breve mi è ignoto.

(2) Archiv. Vatic, Italia Appendice..., voi. XIX. Erano iuchiusi i decreti milanesi, e la condanna fattane da' teologi del vescovo.

154 CAPITOLO QUINTO

e la Santa Sede; chiedeva a ciò per pieni poteiiziario del Papa lo stesso card. Capraia, e presentava senz'altro un disegno di concordato già fatto comporre da lui, avendone già concertato e discusso antecedentemente gli articoli con la Consulta di Milano.

Per siffatta maniera noi ci troviamo dinanzi alla quinta insidia, che F aquila grifagna tendeva alla colomba, volteg- giando alla larga prima di calare con volo più o meno violento sopra P inerme preda e ghermirla rapacemente. Dico, fuori d'immagine, che il Melzi non aveva di propria autorità ema- nato que' decreti, non avendo egli a ciò ne potenza ne audacia sufficiente: il Bonaparte li aveva comandati o permessi, a fine d'intimorire Eoma e spingerla ad un Concordato da cui Eoma abborriva.

Infatti, proprio nel mese di giugno, tra il Primo Console e la Consulta milanese si concertava il tenore del concordato da concludersi con la Santa Sede. E verso la fine del mese seguente, lo stesso Bonaparte se per un verso temperava le grandi cupidigie de' nuovi Marcelli milanesi, i quali pensavano di risarcire l'erario, sparnazzato in pazzie e regali giacobine- schi, con lo spogliamento o la riduzione de'vescovadi e delle chiese; per un altro verso li addottrinava in fatto di scaltri- mento, in cui quelli non erano a petto di lui se non scolari novelli.

Essi volevano, che la diminuzione delle sedi vescovili fosse lasciata al loro arbitrio. Ma il Primo Console oppose loro, essere cosa contraria alla religione il sopprimere vescovadi senza il concorso del Papa; bensì con l'assentimento di lui potersene sopprimere quanti se ne vuole. Essi brigavano d'impedire a' vescovi l'andata a Eoma; ed il Primo Console li avvisava di altri mezzi, che riuscirebbero allo stesso scopo, senza in- contrare l'urto col Papa. Circa i beni ecclesiastici, salvati tut- tavia dal naufragio ossia dal latrocinio comune, la Consulta li voleva dichiarare intangibili, a fine di togliere al Papa ogni

PRIME TRATTATIVE E PRIMI DISEGNI DI CONCORDATO 155

inferenza sopra di loro. Il Bonaparte invece ne li dissuadeva^ a fine di avere facilità di alienarli: per lui il frammettervi Pautorità del Papa non era se non un mezzo di riuscirvi con ^ più sicurezza e con istrepito minore. Intorno agli ordini re- golari^ erano di accordo le due repubbliche madre e figlia: conservare a pena que^ monasteri superstiti, e che fossero oc-

cupati alP istruzione e alla beneficenza pubblica. Infine il go-*

verno milanese desiderava un qualche inciso, che confermasse alla Eepubblica le tre Legazioni: il Bonaparte disse bastare il trattato di Tolentino; tornar quindi inutile il far ripetere al Papa la rinunzia a quelle province. Che d'altra parte il Papa a ciò non consentirebbe mai: quando dunque riconosca la Repubblica italiana, con ciò stesso ne acconsente la posses- sione di fatto e di diritto» Il perchè, è necessario sbrigare il negozio di ogni impaccio: imperocché, osservava egli stesso, « negoziare non è far tutto quello che si vuole. Il giorno della signatura del concordato sarà per la repubblica un giorno fausto e un trionfo novello. » Cotali sensi il Bonaparte faceva esprimere alla Consulta repubblicana milanese, a' 27 lu- glio 1802 (1).

Giunse inaspettata a Roma, come fu osservato, la notizia del richiedere che faceva il Primo Console un tal concordato, con le seguele accennate. Fu un vero sgomento : si tenne quindi una congregazione particolare di cardinali, a' 25 di luglio, per decidere e riferire al Santo Padre intorno alla cosa e alla risposta da farsi all'affrettato ed imperioso governatore delle due repubbliche (2). Che cosa vi si fosse deciso, ci viene in-

(1) Tutto ciò fu cavato dagli archivi di Stato di Milano, e si trova nella Correspondance, VII, n. 6212. Il P. Theiner nelle poche linee, in cui ne parla, falsa addirittura il tenore di questa corrispondenza; egli, coli' annerire le tinte a carico de' Milanesi, illumina di gloria religiosa il Primo Console, che pure la sapeva più lunga di tutti {Histoire des denx Concordats, II, 28).

(2) Con questo biglietto il Consalvi faceva avvisare i Cardinali Al- bani, Antonelli, Roverella, Litta, 24 luglio 1802. « Con istraordinaria

156 CAPITOLO QUINTO

dicato dal seguente dispaccio, che il Oonsalvi pochi giorni dopo spediva a'Nunzii.

Consalvi ai Nunzii, cifra 31 agosto 1802.

Una nuova tempesta si è caricata a gran rischio di Roma dalla parte della Francia. Il Card. Legato è stato chiamato dal P. Con- sole a sottoscrivere un Concordato con la Repubblica Italiana sugli afifari di religione. Non avendone egli i poteri, questo stesso ha ec- citato gran malcontento, e gli si è detto di farli venire immedia- tamente da Roma.

Esaminatosi qui l' affare, si è creduto da N. S. di non prestarsi per tre ragioni. Prima, per la preesistenza, al Concordato da farsi, degli articoli organici di Lione, e di quelli recentemente usciti in Milano. Sebbene di tali articoli non si parli nel proposto Concor- dato, pure preesistendo essi, e continuando ancora a sussistere, il mondo crederebbe che N. S. non li disapprovasse ed anzi li ammet- tesse, subito che alla occasione di un Concordato, in cui si ha ra- gione sempre degli interessi reciproci, non ne ottenesse la revoca e cambiamento. In tanto si è potuto fare il Concordato di Francia, in quanto che gli articoli organici colà emanati non preesistevano, ed •essendo usciti dopo, per poter pubblicare il Concordato, si è dovuto dire al Mondo da N. S. ignaris nobis, acciò non si credessero nem- meno contemporanei. La seconda ragione è, perchè manca per la Repubblica Italiana la causa finale di tal Concordato, giacché per la Repubblica Francese si fece per il ristabilimento della religione

sorpresa, il S. Padre lia ricevuto da Parigi l' istanza di bramarsi sta- bilita senza il minimo ritardo una convenzione tra la S. Sede ed il governo della Repubblica Italica ; ed ba insieme ricevuto il progetto di simile convenzione, per cui dal Primo Console si vorrebbe deputato in Plenipotenziario di Sua Santità il Sig. Card. Caprara, affinchè come tale potesse in nome pontificio trattare la faccenda e sottoscrivere la mento- vata convenzione.

« Conoscendo però la S. S. di quale importanza sia un simile affare, desidera cbe il medesimo sia esaminato da una particolar congregazione composta di cinque Cardinali, notati di contro, per indi prender quelle determinazioni che giudicherà piìi convenienti.

« A seconda pertanto della volontà del S. Padre, dovrà simile congre- gazione adunarsi, alle ore 24 in punto della i^rossima domenica, 25 del corrente mese, nelle camere del Card. Pro Vicario (Boverella). » Archivio Vatic, Italia Appendice... ^ voi. XIX.

PRIME TRATTATIVE E PRIMI DISEGNI DI CONCORDATO 157

che si era sbandita; ma nell'Italia ha seguitato a sussistere anche ^ nelle rivoluzioni. Il cambiamento politico non esige un Concordato religioso, potendosi provvedere ai bisogni di qualche provincia parti- colare con Brevi, Decreti, o altro, senza fare un Concordato ; il che porterebbe di farne altri con la Ligure, e con altri Stati dove siano accaduti dei cambiamenti. La terza ragione è stata la inamissibi- lità intrinseca dei stessi articoli proposti, i quali tutto al più pos- sono essere tolerati da N. S., quando è nell'impotenza di rimediarvi: ma non possono essere da lui autorizzati, e sottoscritti.

Si è dunque risposto negativamente; ma non si lascia di pre- vedere F urto grandissimo che ciò produrrà, per la somma efficacia con cui la cosa si vuole; e quindi è da doverne temere le più amare conseguenze.

In genere parlando, può dirsi con verità, che il quadro della situazione attuale della S. Sede non può essere dipinto a più oscuri colori. E quelli, che la servono da 40 o 50 anni, assicurano che mai r hanno vista in situazione più critica, considerando da quante parti, ' e in quali sostanziali materie si trovi ora essa attaccata, senza ap- | parenza alcuna di poterne uscire (1). '

Con queste ultime parole, il Coiisalvi dava un cenno delle traversie che provenivano alla S. Sede per una parte dalle tarlate monarchie cattoliche, e per V altra dalP opera della rivoluzione, rovinatrice profonda e sorda della Chiesa catto- lica per mezzo del Bonaparte, che ne era allora dissimulata- mente il braccio e il genio latente. Infatti la Spagna mandava le ultime fiammate di energia col pretendere dal Papa la suc- cessione al governo di tutti i benefizi! ecclesiastici, e la se- parazione da Roma degli ordini regolari, ossia la costoro distruzione. Napoli continuava nelle antiche pretese, negate per lo spazio di cinquanta anni, dal Tanucci a Giovanni Acton, di far approvare di diritto le rapine ecclesiastiche che quel governo si godeva di fatto. DelP altra Italia^ Piemonte, Gè- 1^

nova, Toscana, Parma, Modena, Piacenza non è a dire nulla, /

/ stando per seguire le tracce della repubblica italiana imprima^

(1) Archiv. Vatic, Cifre a' Nunzii, Principi^ 276.

158 CAPITOLO QUINTO

6 poscia per essere ingoiate dalla Eepubblica madre, divenuta impero.

Della Germania cattolica era appunto in questo tempo sgomentata sopramaniera la Sede Apostolica di Roma. Gli elettori f'enani delF antico Palatinato già stavano compiendo l'opera della secolarizzazione de'beni ecclesiastici. LL4ustria, < ossia V impero che si andava morendo, spargeva piìi che mai e sosteneva le dottrine giuseppine, e stava per pubblicare nella stessa Venezia il codice delle leggi di Giuseppe II!

Solo a contrastare alla cospirazione di tanti potenti si può dire essere stato Pio VII. Lo sforzo del Consalvi, come si manifesta dalla sua corrispondenza di questi anni, ha a di- j rittura delP incredibile : lettere, avvisi, preghiere, minacce, , consulte, tutto quanto la ragione e il diritto potevano sug- gerire fu adoperato per fare aprire gli occhi alla Spagna, al- j Fltalia, alP Austria, alla Baviera, agli altri Stati elettorali. Ma ^ ogni cosa fu opera perduta : la rivoluzione, ossia Femancipa- zioue dalla Chiesa e dal cristianesimo, che per nuova evolu- zione incarnavasi nel Bonaparte, occupava le menti di tutte le corti cattoliche, e per parecchio tempo le abbarbagliò. Ma la tempesta stava per iscatenarsi su i capi di tutti!

Eppure è mestieri confessare, che, per quanto ho potuto scorgere dalle lettere e dalle azioni di questi quattro primi anni del secolo XIX, la corte romana, non escluso Pargutissimo Consalvi, non intese il gioco del Bonaparte per il tempo di tutto il consolato e per il primo anno delF impero napoleonico. Credette veramente e da senno, che il Bonaparte procedesse verso Roma con rispetto e con affezione. E sentiremo non già il card. Caprara, ma lo stesso Consalvi a dire e a ripetere, che il solo uomo che volesse il bene della religione tra i cinque- cento e più legislatori della repubblica italiana, era il Primo Console. Per verità questi vinse tutti siccome in potenza così in iscaltrezza; ma in fatto di tenerezza per la religione non e' era tra le due parti altra differenza se non quella che passa tra il chiaro e F oscuro.

PRIME TRATTATIVE E PRIMI DISEGNI DI CONCORDATO 159

lY.

Tornando alle trattative di- concordato, aperte per una parte e respinte dalP altra come si è visto, il Primo Console alle prime aperture fatte per suo ordine si aspettava una negativa dalla parte di Eoma. Ed una tal negativa egli se Pebbe dallo stesso Pio VII a parole chiarissime. Infatti, rispondendo alla lettera scrittagli dal Primo Console a'4 di agosto, il S. Padre così gli parlava intorno al Concordato propostogli: « ... Un Concordato della natura di quello, di cui sono state proposte le basi da Parigi, darebbe ai fedeli della Eepubblica Italiana una scossa terribile e dolorosa, e spargerebbe in quella con-, tràda, che ha gran bisogno di riposo e di calma, una fer- mentazione religiosa deplorabile. E Noi possiamo assicurarvi che il Papa, che nella qualità di Sommo Pontefice e di Pri- mate d'Italia firmasse un tale Concordato, perderebbe V opi- nione e la fiducia, e si gitterebbe ancora in un abisso di amarezze e di imbarazzi, giacché gli sarebbe impossibile di ricusarsi a fare la stessa cosa con tutte le altre Potenze Cat- toliche (1). »

Capì ilBonaparte. E quindi badò a due cose: in prima a far credere a Roma, ch'egli era il protettore della religione contro i consultori di Milano che Posteggiavano; ed in secondo luogo a rilevare i vantaggi di un concordato per la religione me- desima (2). Di questa maniera, era impossibile che Roma non venisse a capitolazione.

(1) Pio VII al Primo Console, 28 settembre 1802. La lettera intiera lunghissima è riferita dal Theiner, (II, 252;.

(2) A' 14 agosto, cosi il Consalvi informava i Nuuzii : «... Oltre l'in- teresse particolare clie prende a ciò il Primo Console, si la combi- nazione che egli sostiene una vivissima guerra da Milano per tal progetto di Concordato, come vantaggiosissimo (dicono essi) alla S. Sede ; onde al Primo Console riuscirà più sensibile, che qui siasi ricusato. Questo affare si prevede poter riuscire molto doloroso (Archiv. e 1. ce). »

160 CAPITOLO QUINTO

A

« Il Signore Iddio, scriveva il Consalvi, ha fatto che il no detto di qui, non ha prodotto urto, benché abbia fatto gran dispiacere. Il Primo Console ha detto, che egli rimetteva questo affare al card. Legato per trattarne col ministro ita- lico (1) : che se riusciva di conciliar le cose, egli avrebbe conti- nuato ad essere il protettore di Roma, anche per gli affari di religione nella Repubblica Italiana; ina che se non riusciva, il Papa si avvedrebbe fra un anno, che gli affari della religione ritornerebbero in Italia in assai men buona condizione che in Francia (2). »

Lo stesso Primo Console, a' 4 di agosto, aveva scritto a Pio VII: « ... Il me parait convenable, pour Pintérét de la religion, qua Votre Sainteté donne au cardinal-légat les pou- voirs nécessaires pour conclure et signer. J'ai pris en consi- dération les observations du cardinal, et je lui ai fait remettre un projet très avantageux au Saint-Siége^ mais sur lequel on fait beaucoup d^ objections à Milan ; il me parait donc impor- tant definir promptement (Correspondance, VII, 6231). »

A sollecitare e stimolare meglio la faccenda, il Primo Con- sole oltre il Marescalchi mise attorno al card. Legato lo stesso Bernier, che aveva avuta tanta parte nella stipulazione del Concordato Francese. Questi si adoperò con la solita facondia a voce presso il Caprara, e con lettere (3) e memorie al card. Con-

(1) Conte Ferdinando Marescalchi, bolognese ; il quale nell'armistizio di Bologna (1796) servì male il suo sovrano Pio VI ; e passò al servizio de' francesi. Ora era ministro degli esteri della repubblica italiana, e dimorava in Parigi presse/ Bonaparte. Il Theiner, nonostante meriti sto- rici cosiffatti, non si perita di denominar Marescalchi « honmie généreux, dévoué à l'Église (II, 43)! »

(2) Cifra a' Nunzii, 11 settembre 1802 (Archiv. e 1. ce).

(3) Come saggio, valga il seguente brano della lettera de' 24 set- tembre 1802 : «... Les événements pressent, tonte deliberati on prolongée

•devient nuisible. On se lasse ici, on s'impatiente des refus et des retards. L'anarchie religieuse s'accroit de jour en jour dans le République Ita- jlienne. Bientót ce pays n' aura plus rien à vous reprocher. Le torrent [dévastateur se grossit à vue d'oeil. Encore quelques jours et personne

PRIME TRATTATIVE E PRIMI DISEGNI DI CONCORDATO 16 1

salvi, mettendo in campo i soliti motivi della volontà del Primo Console, de' grandi danni provenienti dal resistere a quella onnipotenza, e deWantaggi di un concordato rimediatore e preservatore. E soggiungeva, che il mezzo migliore per Pas- secuzione di cotali vantaggi, era quello di un concordato, e da usarsi di preferenza alla via di brevi o rescritti pontificii (1),. che già il Primo Console aveva fìnto di accettare (2).

ne pourra calcnler jusqu'oh les ravages s'étendront. Le Coiicordat est la seule digiie. , . » Della lettera intiera si conservano, con l'originale, varie copie a mano e stampate, come anche delle memorie inviate, ne' volumi XIX e XX delPArchiv. Vatic, Italia Appendice Epoca Napoleonica.

(1) Con la lettera de' 24 settembre inviava una lunga memoria, di cui ecco il titolo ed il principio :

« Mémoire sur le projet de Concordat entre Sa Sainteté et la Répu- blique italienne.

« Le projet de Concordat, que 1' on adresse à Sa Sainteté, pour la République Italienne, doit, sous tous les rapports, mériter son appro- bation. Il ne renferme aucun iirincipe que l' Egiise ne puisse recon- naitre, il sauve du naufrage commun une x>artie considérable des biens ecclésiastiques, il assure les revenus des évèques, ceux des curés, des cbapitres, des seminaires et autres établissements ; il garantit leur exi- stence, lenrs droits et leur durée; il les arracbe à 1' incertitude crucile qui les agite; il leur adoucit le présent, et leur offre pour 1' avenir une prospective plus attrayante. En un mot, il redonne à la religion dans la République Italienne, ce crédit, cette intìuence, ce caractère de respect et de vénération, dont elle a besoin pour le salut et le bonheur des peuples.

«En vain dira-t-on qu'il n'y apaspour la République Italienne les mé- mes raisons pour établir un Concordat, que pour la République Frangaise ; que la religion existe encore dans la première, tandis qu'elle etait mé- connue dans la seconde. Cette raison ne peut ètre alléguée. Elle sup- poserait que l'on acquiert des droits aux bienfaits i)ar 1' excès du mal, -, et que Sa Sainteté ne doit accorder tout qu'à ceux qui ont tout méconnu. Un pareil motif porterait au mal un gouvernement irreligieux, loin de l'en détourner; il pourrait dire avec une apparence de vérité : detruisons la religion, puisque nous n'obtiendrons l'accomplissemeut de nos voeux. V que quand il sera vrai de dire qu'elle n'existe plus. . . (Ibid.)- »

La via de' brevi la dice malsicura, perchè per quella via non contrae obbligazione se non la sola S. Sede.

(2) Rispondendo alla lettera del Papa de' 28 settembre, il Primo Con- sole gii riscriveva: «Le bien de la religion me fait paraìtre instant

EmiERi. La Diplomazia Pontifìcia nel secolo XIX. Voi. II. 11

162 CAPITOLO QUINTO

Da lettere del card. Oaprara e da quelle del vescovo di Orléans si conobbe in Roma, che il concordato volevasi dal Primo Console assolutamente; anzi se ne era inviato da Parigi un secondo diseguo, non però accettabile in nessuna ma- niera (1). Perciò trovossi il S. Padre in un momento di grande incertezza. « La situazione delle cose, scriveva il Oonsalvi, re- lativamente alla religione, è assolutamente da far spavento. E ^ chi è dentro agli affari e vede il fondo, ha di che sentirsi tra- figgere fino ad divisionem animae et spiritus. È terribile la po- sizione del Santo Padre, se accorda e se non accorda le ri- chieste. Si assicuri che sono due cimenti, dei quali non si vede il fondo; e di essi è forse piti profondo quello del non accordare, secondo che dimostrano gli indizii che di fuori si ricevono.

« Veramente la tempesta non è stata mai per la Chiesa più burrascosa, e ci è un bisogno estremo che Iddio ci aiuti. Io ne ho Panima trafitta alPeccesso, e quasi ho perduto tutto il coraggio (2). »

Visto dunque il partito fermato dal Primo Console di voler a ogni costo un concordato tra la nuova repubblica italica e la Santa Sede; e non avendo giudicato accettabili un primo schema ne un secondo trasmessi da Parigi, il card. Secretarlo di Stato indisse una congregazione de' 12 cardinali deputati

qu' on iìxe l'organisation religieuse de la République italienne, soit par un concordat, soit par des drefs {Correspondance, Vili, u. 6371). » Che queste ultime x>arole fossero una finzione^ si scorge dalle istanze del Bernier presso il Consalvi, e sopratutto dalle sollecitudini furiose, fatte da lui stesso a voce presso il card. Caprara, come vedremo j>iù innanzi.

(1) « Da Parigi ci si fa sapere, che si vuole onninamente un Con- cordato con la Eepubblica Italiana^ ciò che N. S. voleva onninamente evitare. E si vuole in sostanza quel Concordato che ci fu inviato, mentre sebbene ora ci sia trasmesso un altro foglio che si chiama emendato, in sostanza però le variazioni sono di poco momento, e non toccano i prin- cipali punti (Consalvi in Cifra a^ Nanzii, 16 ottobre 1852, Archiv. e 1. ce). »

(2) Cifra a' Niinzii, 23 ottobre 1802 (Ibid.).

PRIME TRATTATIVE E PRIMI DISEGNI DI CONCORDATO 163

a ciò, da tenersi per il 16 di novembre. E li avvisava, che: « non potendosi ammettere il progetto ne' termini qua tra- smessi da Parigi, ha creduto la Santità di Nostro Signore espediente di ordinare la formazione qui di un nuovo prò- '-^^ getto in termini convenienti..., e questo venga sottoposto al- - Pesame della congregazione. »

Terminato il lavoro a'27 di novembre, il S. Padre ne an- nunziava le decisioni al Primo Console, con una sua del primo decembre. Nella quale avvisavalo de' poteri conferiti al car- dinal Caprara, per abilitarlo a trattare il concordato italiano; gli diceva essere stato spedito al detto Cardinale un disegno di convenzione composto a Eoma, i cui termini non potere essere oltrepassati dalla Santa Sede. Ed aggiungeva queste parole testuali, che quanto furono specchio de' sentimenti del- l'anima candida di Pio Yll, altrettanto rimasero dai non lon- tani avvenimenti smentite.

« Ben voi conoscete, scriveva Pio VII, la Nostra maniera di pensare. Pieni di una vera e costante fiducia in Voi, abban- doniamo nelle vostre mani i temporali interessi della Sede Apo- stolica, e ci prendiamo cura di assicurare quelli spirituali della Chiesa. IN'oi non avremo mai a pentirci d^ aver preso con voi v questo partito (1). »

Il Consalvi da parte sua informava di ogni cosa il card. Le- gato, e lo rendeva avvisato di un punto preliminare, ed assai importante in questa faccenda, scrivendogli (1 decembre 1802): « ... Non può il Santo Padre fare un Concordato con la Re- pubblica italiana, finche esistano quelle leggi, contro le quali ha reclamato già ne'fogli precedenti, e che sono in opposizione con le massime della religione e con le leggi della Chiesa.

« La loro abolizione è perciò indispensabilmente necessaria, almeno contemporaneamente al Concordato. »

Non essendo poi giudicati accettabili gli articoli del 1^ e

(1) Tutta la lettera trovasi nel Theiner, (II, 261).

164 CAPITOLO QUINTO

disegno venuto da Parigi, gli s^invia da Roma un nuovo schema in 21 articoli con un proemio (1). E soggiungeva : qualora « questi siano accettati nella sostanza e ne^ termini, il Legato ha facoltà di sottoscrivere. » Nel caso contrario, deve « infor- mare la Santità Sua^ la quale in grave materia vorrebbe prendere da se medesima in esame i cambiamenti proposti. »

lY.

Ora il corriere, che portava a Parigi tutto i] corredo del la- voro romano, s'incrociava per via con il corriere, che appunto da Parigi spedito dal card. Legato arrecava a Roma per una parte domande, alle quali si soddisfaceva con le lettere con- tenute nel lavoro romano, e per P altra apportava materia per nuovi tormenti e nuovi tormentati. In breve, il Caprara annunziava: non aver egli potuto evitare conferenze col Bernier e col Marescalchi intorno al concordato italico, voluto con ismania dal Primo Console; 2^ dopo aver egli dichiarato le ragioni venutegli da Roma, e quelli le ragioni venute da Milano, essersi dal Primo Console pensato a temperare i de- creti milanesi del 23 giugno passato; e quindi da' negoziatori essersi composto un terzo disegno di concordato, che si spe- diva a Roma, chiedendo al Santo Padre facoltà di trattare e

(1) Il j)roemio era espresso in questi termini : Il governo della Bepuh- hlica Italiana, volendo che con Vantorità del supremo Capo della Chiesa sia fissato uno stahile regolamento di ciò, che spetta alle cose ecclesiastiche, abo- lite tutte le leggi, decreti, e ordinazioni emanate finora dalla Bepuhhlica sopra oggetti, che risguardano la Beligione e la disciplina ecclesiastica, è convenuto con la Santità di Pio VII ne' seguenti articoli. (Archiv. Yatic., Italia Ap. 'pendice, .., Yo\. XX).

Non j)reme di tener conto degli altri articoli, perchè non furono oggetto di grande contrasto. Il punto arduo a sux)erare stava in questo proemio ; vedremo^ che questo in un terzo disegno francese divenne il secondo articolo, ed in un quarto, che fu il definitivo, occuj)ò il posto dell' articolo ventunesimo.

PRIME TRATTATIVE E PRIMI DISEGNI DI CONCORDATO 165

di sottoscrivere per il card. Caprara. Le quali cose tutte, in- sieme coli i documenti annessi, il card. Legato spediva ed annunziava nella lettera seguente, con la quale si chiusero le trattative delPanno 1802. È la seguente:

Caprara a Consalvi, Parigi 25 novembre 1802.

Con mia a Colonna dei 18 Agosto (1), spedita per corriere stra- ordinario diretto a Napoli, ragguagliai V. E. di ciò clie il Primo Console aveva manifestato, in ordine alla nota convenzione colla Repubblica Italiana.

Le riferii pure con altra dei cinque corrente (2), che esso Primo Console mi aveva fatto intendere, che circa gli articoli della me- desima convenzione, dovevo intendermela prima col vescovo di Or- léans, e quindi venire a lingua simultaneamente con Marescalchi.

Tanto l'uno quanto l'altro cominciarono ad insistere meco, dicen- domi che il Primo Console voleva assolutamente, o che si conchiu- desse, 0 che io dichiarassi decisivamente rotta la convenzione da lui proposta (su di che, come le accennai colla citata, mi parlò il medesimo durante il pranzo in tuono deciso, e senza darmi campo X d'interloquire). Onde io mi trovai in necessità di loro manifestare, quali erano i sentimenti di nostro Signore, in ordine a simile con- venzione; ed anzi, per convincerli delle sode ragioni, che la Santa Sede aveva di desiderare, che si prescindesse da ogni concordato, t) che si procurasse di provedere all' occorrente per altre vie, ine- rendo alle stesse insinuazioni di V. E., messi sotto i loro occhi le carte ostensibili da lei trasmessemi, incominciando da quelle che io ricevei nel passato mese di marzo, relative alle leggi organiche fatte in Lione, e proseguendo colle consecutive, sia sul progetto della convenzione stesa dal Primo Console, sia sul decreto di attri- buzioni al ministro per il Culto, ultimamente publicato in Milano.

La lettura di esse carte, per parte di Monsignor Bernier produsse quei tre fogli di riflessioni, che io spedii a V. E. colla più volte citata dei 5 andante; e la vista di esse riflessioni partorì il foglio di Marescalchi, che pure le inviai insieme coi tre mentovati fogli (3).

(1) Non si è trovata.

(2) Manca del j^ari.

(3) Di questi documenti non ho rinvenuta traccia, se si eccettua la memoria del Bernier, di cui sopra ho dato notizia.

166 CAPITOLO QUINTO

Non era difficile, come V. E. avrà rilevato, di combattere i ra- gionamenti contenuti nei quattro fogli nominati. Difficile fa però di declinare dal venire a lingua sugli articoli del Concordato, perchè il Primo Console cosi voleva; ed ogni volta che vedeva o Mons. Bernier^ 0 Marescalchi, dimandava se il Concordato fosse stato conchiuso.

Posto dunque in un bivio indeclinabile, o di ricusare ogni trat- tativa (cosa che per tutti i riflessi non conveniva), o d'intrapren- derla per riferire tutto a nostro Signore, ed attenderne la sua de- cisione, dichiarai, che se così il Primo Console voleva, io mi sarei prestato ad un congresso da tenersi ; ma premessi, che le due lettere ultimamente scritte da Nostro Signore al Primo Console (1), e le carte, che loro avevo comunicate, chiaramente davano a conoscere, che era assolutamente impossibile di potersi combinare nella nota convenzione : sia per la preesistenza delle leggi organiche di Lione, e per le attribuzioni al ministro per il Culto; sia per la natura, ed espressioni di varj articoli del proposto Concordato.

Si venne dunque nelli scorsi giorni a congresso, ed io nell'aper- tura del medesimo ripetei le stesse cose ; ed insistei, che prima di procedere all'esame degli articoli della convenzione, si esaminassero le due nominate leggi preesistenti, ed a ciascuno degli articoli delle medesime, opposi le osservazioni, che V. E. mi aveva trasmesse (2).

Per dire tutto in poco, non mi si negò, che, rispetto alle attri- buzioni per il ministro del culto in Milano, si era sommamente ec- ceduto: ma nel tempo stesso mi si fece sentire, essere un diman- dare r impossibile, che il decreto fosse rivocato. Tanto più, che da Milano si è rappresentato qui, die le attribuzioni, date al ministro per il culto, non erano cosa nuova ; che esistevano fino dal tempo di Maria Teresa ; ed anzi hanno qua trasmesso le carte, che da me stesso sono state lette (3).

(1) Del 7 marzo e del 28 settembre, sopra accennate, e riferite in- tiere dal Theiuer (II, 249 segg.).

(2) Vedile nel Dociim. XXII, (Lettera F).

(3) Quanto qui il card. Caprara dice di cotali attribuzioni, trovasi stampato in un opuscolo anonimo, clie aveva per titolo: Teofilo a Cal- listo. Milano 1802. Anno I. Presso Federico Agnelli.

Forse l'autore era lo stesso ministro de' culti della Repubblica, citta- dino Bovara, che per 20 anni aveva insegnato diritto canonico nell'uni- versità di Pavia. Il P. Fontana, che poi fu cardinale, presentava al card. Consalvi (23 agosto 1803) alcune considerazioni intorno ai contenuto di quell'opuscolo, clie si possono ridurre alle seguenti :

PRIME TRATTATIVE E PRIMI DISEGNI DI CONCORDATO 167

Altrettanto fammi detto, in ordine alle leggi organiche di Lione. Ma finalmente a forza di disputare da una parte e dall'altra, fui assicurato, che sarebbesi preso un temperamento, che ponesse freno si agli attributi del ministro per il culto, si alle leggi organiche di Lione. Il temperamento progettato, e quale, secondo le promesse, sarà posto in esecuzione, se avrà luogo il Concordato. V. E. lo vede dai due qui uniti fogli di lettura A e B (1).

Fatto ciò, si procedette all'esame di ciascuno articolo del Concor- dato; ed io ad ognuno di essi opposi quanto da V. E. mi era stato comandato, e che tanto Monsig. Bernier, quanto Marescalchi ave- vano sotto gli occhi (2).

Il libretto è inteso a giustificare gli attributi, arrogatisi dal governo repubblicano^ nel governare le materie ecclesiastiche, secondo i regola- menti « già introdotti nella Lombardia dal cessato governo austriaco, in esecuzione di certe scerete istruzioni, date dall'imperatrice Maria Te- resa a quella giunta ecclesiastica. » Si osserva :

1*^ Furono introdotti clandestinamente negli ultimi anni di Maria Teresa, ed apertamente e con clamore da Giuseppe II. Erano una in- frazione delle convenzioni, passate già fra Benedetto XIV e il governo austriaco della Lombardia.

2*^ Non avevano forza Mlaterale. Ciò essere tanto vero, clie Giu- seppe II invocò ed ottenne un modus vivendi con Pio VI nel 1784.

30 Quei regolamenti gittarono lo scompiglio nel i)opolo e nel clero, i quali veneravano gli statuti della Chiesa di Milano, composti da S. Carlo Borromeo secondo lo spirito di antichità apostolica e le leggi del con- cilio ecumenico di Trento. Il perchè, il governo austriaco introdusse le innovazioni, come si fa di una merce oberata ; Nelle istruzioni scerete del- V Imperatrice Maria Teresa per la Giunta economale di Milano dell'anno 1768, si raccomandava un secreto geloso, ed una cauta applicazione !

4" La Chiesa reclamò contro tali innovazioni, che poi esorbitarono con Giuseppe II. E gli arcivescovi Pozzobonelli, e Visconti alzarono Toce di protesta, ed il popolo se ne sdegnò. Protestò il Papa VI, ed è co- nosciuto lo scambio di lettere tra il Garampi, nunzio in Vienna, ed il principe di Kannitz su tal negozio.

5*^ Pio VI le condannò, rinnovando il breve dogmatico Sn2)er va- Uditate, col quale si sfolgoravano le massime regaliste, per esenip. quest.a : Pontifices nihil posse in aliena dioecesi, praeterquam extraordinario casu. ^

6^^ Confrontando poi insomma le istruzioni austriache con i decreti melziani, si dimostra essere questi informati di uno sjiirito anche peggiore dei primi. Cf. Rinieri, Della rovina di una monarchia. . ., p. 63, 65, 528»

(1) Ved. Documenti, XXIII, XXIV.

(2) Queste osservazioni si trovano nel Docnm. XXII.

168 CAPITOLO QUINTO

Sarebbe troppo lungo il riferire a V. E. quel che hinc inde fu ■detto, e segnatamente per parte mia, sulla mutazione di ciò, che ri- guarda il quadro dei Vescovati, citato nell'articolo di progetto del ■Concordato, che io trasmessi a V. E.

Esso articolo, com'ella osserverà dal foglio di lettera C (1) (che contiene il nuovo Progetto del Concordato) è onninamente cambiato ; ed io perciò mi limitai a dire, che essendo questo un oggetto to- talmente nuovo, dovevo, potevo interloquirci. Vidi ocular- mente le carte della Consulta di Milano, fatte presentare al Primo Console col progetto di sopprimere dieci Vescovati, con un ammasso di motivi per persuadere della convenienza e necessità di devenire alla soppressione, con altrettanti per mostrare, che ciò poteva farsi indipendentemente dall'autorità ecclesiastica, e con infiniti altri ri- trovati, che fanno pena (2).

Non ostante le indicate mie dichiarazioni ed altre simili, ambidue i nominati e destinati a trattare continuarono a sostenere l'imma- ginata novità. E non sapendo darmi torto, si limitarono a dirmi che il Primo Console, il quale contro il sentimento di tutti i compo- nenti il Governo di Milano, voleva il Concordato, potesse sperarsi, che invece della soppressione di dieci Vescovati, si contentasse di cinque; e quindi senza che io annuissi, o negassi, perchè dissi sem- pre: « giacché cosi si vuole, io riferirò tutto alla Santità di Nostro Signore » , fu esteso V articolo II nei termini, che V. E. vedrà.

Varie altre variazioni ed aggiunte furono fatte, come avrà luogo di rilevare dal foglio citato di lettera C (3) ; cui unisco anche altro foglio di lettera D che sono le osservazioni, state fatte da Mon- signor Bernier coli' idea di persuadere, che gli articoli del Concor- dato non debbono ammettere difficoltà per parte della S. Sede.

E inutile, che io dica a V. E. quanto mi studiassi per persua- derli ad indurre il Primo Console a contentarsi di qualunque altro espediente e via, fuori di quella del Concordato. Ma essi sempre mi ripeterono : « Il Primo Console lo vuole, e questo è l' unico mezzo « per comporre gli affari di Religione ed ecclesiastici nella Repub- « blica Italiana; dove, in caso diverso, si vedrà succedere cose molto « peggiori di quelle accadute in Francia. »

(1) Docum. XXV.

(2) Cotali motivi certamente uou poterono essere legittimati con l'autorità di Maria Teresa, di Giuseppe II ; ma con quella sola dei consultori della Consulta milanese, e del loro vice-presidente Melzi.

(3) Vedilo nel Docum. XXV.

PRIME TRATTATIVE E PRIMI DISEGNI DI CONCORDATO 169

Nostro Signore nella sua saviezza peserà questo nuovo progetto e deciderà. Io per me, non posso non confessare, che in seguito delle cognizioni, che ho su tutto questo intero affare, vedo indispensabile di venire ad un Concordato colla Repubblica Italiana ; e che il non farlo, produrrà certamente degli effetti i più funesti, sotto qualunque aspetto voglia o possa prendersi la cosa. Il Governo di Milano non

10 vorrebbe; e non lo vorrebbe appunto, per avere le mani libere.

11 Primo Console, all' opposto, non ascolta ragioni in contrario, per parte di chi si è studiato di farlo declinare da tale idea. Le conse- guenze dunque, che ne possono risultare, non sfuggono certamente alla saviezza di Nostro Signore, alla penetrazione di V. E.

Qualora pertanto, come desidero, per il bene della pace, della religione, e della Chiesa, nella Repubblica Italiana, Nostro Signore <ìondiscenda al Concordato, degnisi V. E. farmi munire di quelle facoltà, che giudicherà opportune per la segnatura e conclusione del medesimo : cosa, di cui sinceramente il Primo Console é in vera smania...

Ho veduto e pesato nel suo intiero, quanto Ella mi accenna sopra i sentimenti che manifesta il... (sic). Ne sono afflitto, e se il Primo Console per un effetto di mal' umore ci lascia colà in balia della volontà di quelli, succederanno contro la religione cose lacri- mevoli (1).

(1) Archiv. Yatic, Nunziatura di Francia, voi. 589; Italia Appen- dice. . ., voi. XIX, XX. Probabilmente si accenna, con queste ultime pa- role del Caprara, a quanto l' arcivescovo di Eavenna, Mgr Codronchi, disse al Severoli, e questi riferì al Consalvi intorno i sentimenti del vice-presidente Melzi. Vedi il capitolo sul Congresso di Lione.

CAPITOLO SESTO

La conclusione delle trattative per il Concordato tra la S. Sede e la Repubblica italiana

SOMMARIO :

I. Contestazioni tra il card. Legato e il Marescalchi : convengono in

nn quarto disegno di concordato, che è spedito a Roma siccome un nltimatum.

II. Esaminato iu Roma questo quarto disegno, se ne esigono alcune

modificazioni. E si compone un secondo schema romano, che si spedisce al Caprara con istruzioni speciali.

III. Congresso tenuto da' negoziatori a' 29 di agosto 1803, e nuovo

schema in cui convengono. Il Primo Console sconfessa l'operato del suo negoziatore ; ed egli stesso detta il tenore di due articoli più controversi : imbarazzo del card. Caprara.

IV. Composto un quinto disegno di convenzione, è sottoscritto da' nego-

ziatori a' 16 di settembre 1803.

V. Esame fattone in Roma dalla congregazione de' Cardinali.

VI. Scambio delle ratificazioni a' 16 di novembre, e 2 di decembre 1803.

I.

Col nuovo anno 1803, o die le grandi occupazioni del Primo Console lo trattenessero, o perchè carteggiasse con il vicepresidente della Consulta milanese per brighe e contesta- zioni sorte in Milano tra alcuni consultori e il Murat (1), o

(1) Voglio dire della pretesa congiura di Giulio Ceroni, democratico veronese, poeta discepolo del Cesarotti- Il quale verso la fine del 1805 compose alcuni versi sciolti, col titolo : AlV amico suo Cicognara. In quella poesia egli declamava poeticamente contro la serva Italia ! Murat esagerò la cosa ; ne scrisse al Bonaparte, questi andò in furia. Nel marzo-aprile 1803, il Cicognara, e il Teulié, che in lettere private avevano lodato i versi e il Ceroni autore, furono condannati all'esilio! Ved. Cusani, VI, 109 segg.; Cantù, Cronistoria^ I, 263 segg. ; Botta, Storia d'Italia (ediz. cit.), p. 453; Archivio Veneto, I, 259 ,* Malamani, Memorie del conte Leopoldo Cicognara .-

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 171

per checclie altro si fosse^ sul concordato italico non ci fu- rono novità, salvo le solite conferenze tra il Caprara e il Marescalchi, le quali approdarono a poco.

Tuttavia a^22 di gennaio il card. Consalvi scrivendone con- fidenzialmente al Severoli, nunzio in Vienna, gli ritesseva « i dolorosi riscontri, clie si hanno da Parigi del niente buon esito deirimmenso travaglio, qui fatto e colà trasmesso, sopra i due affari dei vescovadi del Piemonte (1), e del Concordato ita-

questo autore tra coloro che brigarono in quel losco affare comprende « il general Lecchi, birbone matricolato, uno de' capisaldi dell' anarchia in Italia (I, 233) »; Zanol:^^!, Antonio Aldini e i suoi 'temjJÌ, I, 325 ; Cor- respondance de Napoléon I, Vili, n. 6622. Questa lettera al Melzi, tutta intorno alla faccenda Ceroni^ è citata dal Theiner come riferentesi al concordato (II, 40) !

(1) L'affare della contestazione jjer i vescovadi e beni ecclesiastici del Piemonte, è così narrata dal Consalvi nella sua cifra a'Nunzii, 19 feb- braio 1803 (quando scriveva la lettera citata, si era nel forte delle trat- tatile) :

« Un corriere straordinario ha recato le risposte di Parigi le più ferme e decisive sull'affare della riduzione de' vescovadi del Piemonte. Ella sa, che in principio il Primo Console da 17 voleva ridurli a 4. A forza di resistenze fatte da qui, si indusse a conservarne non 4 ma 6. Ora per effetto delle nuove resistenze del S. Padre, si è indotto a ri- durlj a 8 : ma non è più sperabile di farlo avanzare di una linea. Se cede, ci possiamo consolare di aver guadagnato 4 sul numero, che egli aveva stabilito in principio.

«Oltre tutte le ragioni, che egli adduce non meno politiche e di Stato,^ che toccanti anche il regime ecclesiastico, pretendendo secondo i prin- cipii consueti, che ciò non toccando il dogma e non essendo nemmeno soppressioni, ma unioni, ci ha tutta la parte anche l'autorità del sovran<v del luogo (avendo su di ciò trasmessa una memoria gagliardissima).

« Finisce in sostanza con questo dilemma : « o il Papa accetta tal ri- « duzione, ed io non faccio pubblicare in Piemonte le leggi organiche, e « così resteranno alla Chiesa tutti i beni fondi dei vescovadi, capitoli, « fabbriche, seminari ; o il Papa non l'accorda, ed io le faccio pubblicare « subito, e così le chiese del Piemonte saranno ridotte al salario, come « tutte le altre della Francia. »

« Il Papa può dunque ora riguardar l' affare sotto il punto di vista: se per allontanare il gravissimo danno che risulta dal ridurre ai salariati la chiesa e i suoi ministri, gli convenga di compiacere il go-

172 CAPITOLO SESTO

liane. La resistenza di Nostro Signore urta sommamente il Primo Console, non avvezzo a contradizioni de' più potenti principi di Europa, che tutti piegano. I principii, coi quali si -cammina, sono troppo diversi nelle due parti contendenti; e in tal caso Ella ben capisce, che non vi è argomento che convinca. « Si fa sentire di là, che si procederà da se a cose fortissime su tali oggetti, e dalle quali ridonderà alla religione immenso ■danno. La disposizione è, che fatalmente è vero che colà fra i potenti uno solo è quello che vuole la religione, benché disgraziatamente la voglia a suo modo,, ma pur la vuole, ed è il Primo Console: di tutti gli altri pur troppo colà ninno la vuole. Ed Ella imagini se profittano del di lui maPumore per inasprirlo. Il card. Legato scrive lettere di sangue, per ot- tenere di andare al suo vescovado ; e dice, che non può reg- gere più a battersi ogni giorno e in tal sorta di conflitto, €he Ella può experto credere essere superiore ad ogni imma- ginazione. So, che colà si è malissimo contenti di tutti noi.

verno francese, diminuendo il numero dei vescovadi del Piemonte, dove a vero dire ce ne sono molti di recentissima erezione, e più piccolissimi, «ome a tutti è noto. »

A' 17 si tenne congresso di 12 cardinali in casa del Consalvi intorno a questa faccenda; ed a' 5 di marzo così lo stesso Consalvi ne informava il Nunzio di Vienna: « La Congregazione ha deciso di aderire... con due condizioni. Una è, che ci sia la volontaria dimissione de' vescovi di piti <lel numero, che il P.^pa non vuol forzare, anzi nemmeno ufficiare ne ri- cercare. L'altra, che ne' vescovadi che si conservano si concentrino tutti i beni di vescovadi da sopprimersi, e così di capitali, fabbriche e semi- narli. La difficoltà consiste nel trovar la causa da esprimersi nella bolla. . .

« Creda pure, Mgr mio, che per queste ed altre simili cose veramente «i provano i veri dolores mortis, e gli effetti di quelle acque che intra- verunt usque ad animam. (Archiv. Vatic, 1. cit.). »

Le condizioni furono poi accettate dal Primo Console. Rifletta però il lettore, che tutte le cedevolezze del Primo Console di questi anni in materia ecclesiastica, non furono se non precarie. Nel 180.5, già impera- tore, egli pretese di stendere a tutta l'Italia il concordato francese, con le leggi organiche, a fine di pareggiare tutti i paesi conquistati nelle condizioni religiose e politiche del suo grande imiterò. . . efimero.

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 17.^

per le resistenze continue che qui si fanno. (Eppure ci sona quelli che credono, che alla Francia si dica sempre di sì, non pensando che la prudenza esige, che dicendo di no non ne fa- remmo niente; e ciò che ci regge è la sola particolare amore- volezza del Primo Qonsole alla persona di Nostro Signore, per cui ha tenerezza e stima (1). »

Qui è da notare di passata, che veramente la tenerezza e la stima del Primo Console verso Pio VII, era poca in parole e ne' fatti eziandio meno poca. Brevissimo nelle sue lettere al Papa, il Bouaparte si mostrava, in quel tempo, veramente rispettoso, ma non usava mai di quelle parole, con le quali tutti i fedeli cristiani signiiìcauo affetto, o almeno riverenza,. -; se non venerazione per P augusto Capo della cristianità. In quanto poi ai fatti, la generosità del Primo Console verso il Papa si ridusse al regalo di un rocchetto di seta inviato dalla Giuseppina, ed a due brigantini armati, il S. Pietro e il S. Paolo, regalati e fatti condurre a Civitavecchia dal Boua- parte (2). Ma da questi piccoli doni e interessati, alle dona-

(1) Arcliiv. Yatic, Nunziatura di Vienna; Cifre a' Nunzii^ Principi, voi. 276 A.

(2) Sul dono de' due Ibrick, il Consalvi dava ai Nuuzii, 14 di ago- sto 1802, le seguenti interessanti notizie : « Poclii giorni sono, questo mi- nistro di Francia (Cacault) partecipò una offerta del P. Console a N. S., di un corpo di cavalleria, uno d'infanteria, e uno di artiglieria leggiera a tutte spese della Francia, ad oggetto di oj)porsi alle incursioni e sbar- chi dei Barbareschi, dai quali si rischia di avere per tutta Italia la peste, oltre gli altri danni che producono. È stato risposto ringraziando e dimostrando che tal misura a nulla gioverebbe, giacché nella estate, in cui i Barbareschi si presentano, V aria pestifera vieta alle trup^ie lo stare alla spiaggia, e si è dimostrato che non una forza di terra, ma di mare è a ciò necessaria: del che si è detto che N, S. si occupa.

« Ci ò luogo a credere, che questa risposta non sarà mal presa, perchè otto giorni dopo tale offerta, si è ricevuta una nuova diversa ; ed è, che il Primo Console fa un regalo al Papa di due brick, coi necessari at- trezzi a tal uopo, da equipaggiarsi dal Papa, avendo probabilmente co- nosciuto da sé, che non era luogo a quella prima idea, di cui in questa seconda più non si parla. Si accetta questa seconda, e si ringrazia come

174 CAPITOLO SESTO

zioni di un Oarlomagno, ed a quanto fece Pio VII per lui, quanto ci corre!

ITe^ seguenti mesi vennero più volte a congresso il Capraia ed il Marescalchi; ma costretti com'erano, il primo dagli or- dini di Eoma, il secondo da quelli del^Primo Console, non poterono venire ad una intesa. Il Caprara, nel darne conto alla sua Corte, scriveva (16 aprile 1803) di avere avuto « ...di- versi abboccamenti con questo ministro Marescalchi incaricato dal primo Console di tale affare. Non abbiamo in molte sedute "potuto^ non dirò combinare^ ma neppure avvicinarci^ stante che ripeteva egli, che ciò che si chiedeva da Eoma era inammis- sibile, ed io d'altronde sostenevo sempre che il Papa aderendo al Concordato, con gli articoli mandati da Eoma già faceva sacrilìzii e concessioni. »

Soggiungeva quindi al card. Consalvi : « Oggi non è stato possibile di avvicinarsi maggiormente di quello, ch'Ella vedrà dal qui unito progetto C, fatto in un congresso col Marescal- chi. Il quale assolutamente ha voluto, che si usino quelle frasi, che Y. E. vede, quali gustate dal Primo Console, aveva scritte in margine del progetto qui annesso con lettera B (1). »

•è dovere per questa graziosa attenzione. Circa la prima offerta è meglio •che Ella non ne parli, fuori del caso di essere interpellato (Archiv. Vatic., Cifre a' Nunzii, Princìpi, voi. 276). »

Del rocchetto così parla a' 28 di gennaio 1804 :

« E giunto un uffiziale della guardia consolare, spedito dal Primo "Console^ recando a S. S.tà il rocchetto, clie gli regala Madama Bona- parte, che lo commise in Bruxelles all'occasione del suo viaggio. Il detto rocchetto è bellissimo. N. S. ne farà uso per camice, fiacche Ella sa che il rocchetto che porta il Papa è differente ; ne questo potrebbe a ciò adattarsi (Ibid., voi. 276 A). »

(1) Il progetto (lettera C), voluto dal Marescalchi, è già il terzo fran- cese ; non si differenzia guari dal definitivo, che vedremo poscia. Quello di lettera B era un nuovo disegno^ combinato e composto dal Caprara su quello inviato da Roma. Le note marginali di questo, dice il Ca^^rara, riferiscono le frasi volute dal Primo Console. Ne citerò alcune nelle note seguenti .

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 175

La grande contesa fu agitata intorno al proemio del disegno romano sulla abolizione delle leggi, decreti... eccetera della Eepubblica italiana: « non si. è voluto assolutamente, così il card. Legato, ammettermi la cosa semplice..., ma unicamente colle espressioni, che si veggono nel citato progetto di let- tera C, dicendomi: con tali espressioni tolleriamo l'articolo, ma senza di queste non lo vogliamo in modo alcuno (1). »

Grande contrasto ci fu in secondo luogo intorno a' rego- lari: gli articoli 10 e 11 del disegno francese li dichiaravano soppressi! « Piti tosto, dice il Caprara, che porsi il sigillo alla soppressione nella dichiarazione che in essi articoli si legge, ho creduto minor male il proporre che di tale affare non se ne parli (2).

(1) È il seguente: Proemio. « La Santità di Nostro Signore Papa Fio VII ed il Presidente della Reimhhliea Italiana, animati da eguale desiderio, che in detta Bepuhhlica sia fissato uno stabile regolamento di quanto spetta alle cose ecclesiastiche, sono convenuti ne' seguenti articoli. »

Seguono 22 articoli. Il primo dice : La religione cattolica apostolica Romana, continua ad essere la Religione della Repubblica Italiana. Ed il ijecondo : Le leggi, decreti, ed ordinazioni emanate finora dalla Repubblica Italiana sopra oggetti ecclesiastici o di religione, rimangono, per tutto quello che per essi si oppone alla costante disciplina della Chiesa, rivocate e abolite.

Nel margine di questo Progetto del Caprara erano scritte le seguenti modificazioni, gustate dal Primo Console, sebbene poi dovettero essere cambiate esse pure : Sa Sainteté et le Président de la République Italienne également animés du désir de mettile ordre dans la dite République à plusieurs objets de discipline e'ccle'siastique, et d' y établir à cet e'gard un système ré- gulier et uniforme, sont convenus des dispositions suivantes:

Art. Premier : La religion catholique apostoliqne et romaine est la reli- gion de la République Italienne Art. 2 : Toutes lois, ordonnances, décrets qui auraient été rendus jnsqu' au moment actuel par les différentes autorités qui ont gouverné la République Italienne, sont rapportés en tout ce qui serait contraire aux présentes stipulations .

(2) Art. 10 : La République Italienne maintimit les Ordrcs religieux qui servent à Vinstruction publique et aux hójntaux, Les religieux apparte-i nani à d' autres Ordres pourront rester dans des couvents soumis à leurs rè- I gles, et auront le droii de porter leurs habits jusqu' à ce qu' ils s' éteignent. Art. 11 : Il sera nécessairement conserve dans la R. P. un nomb sujffisant de couvents de Religieuses. Chacun de cts couvents sera temi de re- cevoir des pensionnaires, et resterà soumis à la règie de son Ordre.

ìt.y re I

176 CAPITOLO SESTO

« Dissi, continua, che mi sono sfiatato sul punto Regolari ! Ma quello è stato un nulla in confronto di ciò che ho detto, rispetto agli acquirenti di beni ecclesiastici; perchè non è stato possibile di fare intendere, che questa straordinaria in- dulgenza pontificia doveva fissarsi ad un'epoca. Impossibile bene è stato di ottenere una sillaba di più di quello che vede nel progetto lettera G (1). »

Con ciò chiede il Caprara facoltà di sottoscrivere un tale disegno. « Altrimenti, prosegue, prevedo pur troppo, che in- felicemente veritìcherassi ciò, che molte volte mi ha detto il Primo Console: che se non si conviene nel Concordato, gli affari della religione e della Chiesa nella Repubblica Italiana (per il modo di pensare delle Autorità costituite sia in Milano sia neMipartimenti) si ridurranno in peggiore stato di quel che erano in Francia. »

Soggiunge in fine, che le trattative sono tenute nascoste alla legazione italiana, a cagione delle opposizioni da questa manifestate: la quale in una « memoria ha dichiarato espli- citamente, che non doveva condursi P affare, senza prima sen- tirne il primo tribunale della Repubblica Italiana (2). »

(1) Art. 16 : Attese le straordinarie vicende dei passati tempi, e gli eletti die ne sono derivati, e principalmente in vista della ntililà che da questo Concordato ridonda alle cose concernenti la religione, ed anche per lo oggetto di provvedere alla tranquillità pnhhlica, Sua Santità dichiara che egli i romani pontefici suoi successori recheranno alcuna molestia a quelli, che hanno acquistato dei beni di Chiesa alienati; ed in conseguenza la pro- prietà degli stessi beni, le rendite, e i diritti a quelli annessi saranno immu- tabili presso dei medesimi, e di quelli che hanno causa da loro.

(2) Coiicliinde : « Nel dare il progetto, ho preso il mezzo termine di usare la lingua italiana, perchè la latina non conveniva a loro, e la francese non conveniva a me. » Archiv. Vatic, Italia Appendice, voi. XX.

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 177

IL

Con queste ultime parole 11 card. Legato annunziava, che il nuovo disegno spedito a Roma, ossia il quarto, doveva es- sere reputato siccome un iiltwiatum. E a Roma così fu inteso veramente (1).

Fu quindi indetta una congregazione deModici cardinali, deputati allo studio di questo concordato. La quale però, a fine di non destar sospetti per cagione del veder concorrere Cardinali in gran numero nella casa del segretario di Stato, non fu adunata; ma furono tutti invitati a trasmettere i loro pareri in iscritto a Monsignor Bertazzoli, secretarlo della con- gregazione (2).

Quasi alPananimità gli Eminentissimi Cardinali sconsiglia- rono il Santo Padre dalP accettare intiero il nuovo schema francese di Concordato, cui il Caprara con sua lettera dei 16 aprile chiedeva come abbiamo veduto licenza e pregava di sottoscrivere di presente (3). Ma daMoro voti, esaminati

(1) Infatti, a' 4 di giugno, il Consalvi informava i Nunzii in questi termini :

« Torna a rivivere l'affare del Concordato con la Repubblica italiana, che fin qui erasi riuscito di tener sopito. Si sta esaminando il i3rogetto, che è stato trasmesso da Parigi come un Ultimatum. E può V. E. im- maginare, che si cammina per un sentiero pieno di triboli e spine. Vo- glia il Cielo, che se ne jjossa uscire il meno male che si possa (Archiv. Vatic, Cifre a' Nunzii, Principi, voi. 276 A. »

(2) I Cardinali comi)onenti la congregazione destinata all' esame di questo Concordato, erano gli Emi: Albani, Antonelli, Carafa di Tra- vetto, Giuseppe Doria, Borgia, Roverella, Della Somaglia, Di Pietro, Ca- selli, Braschi, Carandini, Consalvi.

(3) Per dare un' idea della maniera di pensare dei Cardinali, basti citare una parte del voto di uno di essi. Il card. Della Somaglia cosi esprimevasi nella sua al S. Padre :

Di casa, 5 giugno 1803 .

« I timori del S. Cardinal Legato, espressi nel suo dispaccio dei 16 d'aprile, nel caso che non si ammetta da S. S. il progetto segnato

RiNiERi. La Diplomazia Pontificia nel secolo XIX. VoL II. 12

178 CAPITOLO SESTO

da una cougregazione particolare di quattro cardinali, si de- dusse clie Paccomodamento era vicino; e non mancava se non l'ottenere la modificazione di pochi articoli (1). Quindi fu for- mato un altro disegno, che conteneva alcune variazioni sopra alcuni articoli dello schema francese; e di coteste variazioni il card. Oonsalvi cosi avvisava ed iscaltriva il card. Legato: « Le variazioni di alcuni articoli, nella redazione dei quali Sua Santità ha trovato un ostacolo nei sacri doveri del suo ministero a poter convenire, sono appoggiate dalle ragioni espresse nelle osservazioni marginali: V. E. ne vedrà a colpo d'occhio la necessità e P importanza (2). »

Queste osservazioni marginali erano scritte a lato del di- segno spedito da Eoma; e versavano massimamente intorno

lett. C, quando anche fossero (di clie ho motivo di dubitare) ben fon- dati, non dovrebbero a parer mio, influir nella risoluzione da prendersi. Se gli affari di S. Chiesa si avessero a trattare con le sole viste della

I comune politica, se gli effetti delle risoluzioni ecclesiastiche si ristrin- gessero a un breve tempo, se fossero per un solo determinato jiojiolo o j nazione^ vorrei ancor io esaminare il fondamento dei timori del Legato, ' e forse entrerei a parte dei medesimi ; ma negli interessi della religione e della Chiesa non si verificano le condizioni indicate, e quindi parmi che questi medesimi interessi debbano riguardarsi sott'altro aspetto. » Detto de' Concordati in genere, che riuscirono sempre fatali alle pre- rogative della S. Sede, come versanti solo intorno a materia beneficiaria y o di giurisdizione, venendo a questo soggiunge : « Comunque sia, ha cre- duto la S. Sede, prò hono pacis, di offrire il Concordato F (ossia, lo schema romano) : stiamo dunque fermi a quello stesso ; e se viene ricusato, benché ridondante di grazie e di sacrifizi^ si ringrazi la Divina Provvidenza r che, nell' altrui pertinacia, faccia nascere l'impedimento. »

Egli ammette qualche modificazione accidentalissima ; « ma ben molto importa che non si adotti, come è steso, l'art. 20 del progetto C, di cui vsi esige la sottoscrizione ad verhum (Le leggi etc, sopra citato). »

(1) Questa piccola congregazione componevasi de' Cardinali Antonelli, Di Pietro, Caselli, Consalvi e di Mgr Bertazzoli secretario. Fu tenuta ai 26 di giugno nella casa dell' Antonelli. Vedine il conclusum nel curio- sissimo Docum. XXVI.

(2) Consalvi a Caprara, 3 agosto 1803 (Archiv. Vatic, Italia Appen- dice..., voi. XX)-

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 179

alParticolo, contrastatissimo per una parte e per P altra, col quale si dicliiaravaiio abolite le passate leggi della Consulta milanese in materia religiosa. Perchè questo punto sia bene inteso ed a vista d'occhio, come si esprime il Consalvi, pongo qui in confronto il diverso tenore de^due articoli:

Art. Il» Francese

Le leggi, decreti ed ordina- zioni emanate finora dalla Re- pubblica Italiana sopra oggetti ■ecclesiastici, o di religione, ri- mangono, per tutto quello che per esse si oppone alla costante disciplina della Chiesa, rivocate ed abolite.

Art. IP Romano

Le leggi, decreti, e ordinazioni emanate dalla Repubblica Ita- liane sopra oggetti di religione o di disciplina della Chiesa^ ri- mangono, per tutto quello che si oppone alla medesima religione 0 disciplina della Chiesa, revo- cate ed abolite.

Nelle osservazioni marginali, dichiarava il Consalvi non potersi ammettere la formula francese, per « due ragioni rile- vantissime: La prima^ perchè non si fa in essa menzione della revoca delle leggi, decreti, ed ordinazioni che si oppongono alla religione. » Che queste realmente si trovino da quella re- pubblica emanate, il S. Padre già lo ha dimostrato sino alV evi- denza: e se nella circostanza di un Concordato non ne esigesse la rivocazione, verrebbe a legittimare resistenza di leggi op- poste alla religione. può il governo incontrarvi difficoltà : giacché, dichiarata nel articolo religione dello Stato la re- ligione cattolica...: « qual difficoltà può esservi di abolire ciò che si oppone ad essa! »

Accenna quindi alle concessioni delle nomine a' vescovadi, fatte dal S. Padre al Presidente della repubblica, ed alla soppressione di una qualche sede vescovile in tempo di sede piena, per accondiscendere aMesiderii del Primo Console. Poi prosegue :

« Inoltre Sua Sa^itità..., viene a condiscendere al generale sacrifizio di tutti i beni ecclesiastici alienati finora, senza re-

180 CAPITOLO SESTO

stringerlo alla limitazione sino al gennaro 1802, come erasi proposto. Siccome un tal sacrifizio, a differenza del concordato colla Francia, non è fondato sulla estinzione di uno scisma (che nella Eepubblica Italiana non esiste), sul ristabili- mento della cattolica religione (che nella Repubblica Italiana non ha sofferto le vicende, che ha sofferte nella francese in occasione della rivoluzione): cosi non potendo tal sacrifizio aver altro fondamento, che la revoca delle leggi emanate nella repubblica italiana per ciò che si oppone alla religione e I disciplina^ quindi Sua Santità si trova nella necessità assoluta ì di esigere, che questa revoca sia vera e reale : ciò che non si verificherebbe ne^termini delParticolo 11 spedito da Parigi. » L' altra ragione si riferiva a^ termini delParticolo : leggi op- poste alla costante disciplina della Chiesa. Cotali termini sono evidentemente equivoci, e presteranno nelP incontro delle dif- ficoltà pratiche occasioni a contese, potendo il governo cisalpino pretendere come costante disciplina della Chiesa le leggi giusep- pine e i decreti pistoiesi, insegnati nelle università lombarde.

Insieme col nuovo disegno romano, il card. Oonsalvi spediva al Caprara i due seguenti dispacci in cifra.

Consalvi a Caprara^ 3 agosto 1803.

Inserto in questa cifra TE. V. troverà altro foglio pure in cifra, il quale però s'intende che possa da V. E. mostrarsi scifrato, se il caso porterà che vi si trovasse astretto. Mi spiego : Siccome dalle variazioni del progetto di Concordato che le trasmetto, con quello (lettera C) che mi trasmise 1' E. V.^ alcune sono messe da S. Santità come indispensabili et sine quibus non; altre poi desi- dera, che siano adottate, e le crede utili, convenienti, e buone e decorose, ma non però tali da dover rompere non attenendovisi. Cosi siccome era necessario di additare a V. E. in foglio a parte sotto cifra quali sieno quelle, sulle quali in caso di assoluta negativa si rilascia, si è qui riflettuto, che volendosi costà che da tali varia- zioni V. E. in alcune dopo lunga discussione verrà a rilasciarsi, potrebbero da ciò desumere che come ha facoltà di farlo in alcune, cosi possa farlo per tutte.

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 181

Quindi si è creduto necessario di fornire V. E. di un docu- mento, di cui possa farsi scudo, e produrlo a un caso estremo, e dire : « Ecco, io mostro le mie istruzioni scifrate, ed espongo tutto 1 « con sincerità. Sulle tali e tali variazioni ho la facoltà di rila- « sciarmi, se non giungo ad ottenerle : ed ecco perchè in questo « cedo. Ma sulle tali e tali il cedere mi si vieta assolutamente e « mi manca la facoltà; e se non mi accordano queste, il Concordato « non ha luogo. »

Un tal documento dunque lo fornisco a V. E. con 1' annesso foglio in cifra in cui io spiego in margine tal distinzione; e noto quale può V. E. rilasciare, quale no decisamente, secondo la deci- sione di S. Santità.

Le istruzioni, che ridotto alle strette 11 card. Oaprara po- teva mostrare e far leggere alla parte avversaria, secondo il tenore di questa lettera del Consalvi, sono le seguenti:

Istruzioni scerete al Big. Card. Legato^ 3 agosto 1803.

« Sua Santità mi ordina di scrivere a V. E. questo foglio di ■segreta istruzione, che deve servirle di norma nella trattazione del- l' Ultimatum del Concordato con la Repubblica Italiana. In caso che occorra, V. E. è autorizzata a mostrarlo, acciò niun dubbio possa nascere sulla precisa volontà di Sua Beatitudine su tale oggetto. »

Erano quindi passati in rassegna i vari articoli alla spic- ciolata. Intorno al secondo, distruzione era del seguente tenore :

Articolo II.

La variazione in questo articolo consiste nell'avere aggiunto^ che i decreti devono rivocarsì anche in ciò che si oppone alla re- ligione; e nelVaver tolto la parola « costante » innanzi alla « di- sciplina » . Da questa variazione^ la quale è essenzialissima per le ragioni addotte nell'osservazione in margine del progetto di concor- dato che contemporaneamente si trasmette^ S. S. non permette in <ionto cdcuno di recedere.

182 CAPITOLO SESTO

III.

Munito così di nuove istruzioni, ed espresse in maniera così ragguagliata, per parte sua il card. Caprara si adoperava strenuamente a Parigi col Marescalchi e con gli altri socii italiani, a fine di adempiere come meglio poteva le prescrizioni chiare ed aperte del S. Padre. Ma le difficoltà che incontrava a far accettare a' suoi contrastatori la piccola variazione del- l' articolo secondo, commessagli strettamente da Poma, erano grandissime. « Le difficoltà, scriveva egli da Parigi (28 ago- sto 1803), che insorgono, non sono poche indifierentij e le nuvole che oscurano il cielo sono molto spesse e procellose.. Vedremo quale ne sarà il risultato. »

E il risultato per verità non poteva essere di difficile in- dovinazione : il card. Oaprara, stanco di combattere, e pauroso ^ delle conseguenze fatali alla religione, secondo il solito bucina- tegli a grandi voci dal Primo Console, dal Marescalchi, dal Bernier e dalla x^ropria prudente paura, se non i)Otè conseguire la sottoscrizione semplice e pura del disegno venuto da Roma, ottenne però in un nuovo disegno, composto da ambe le parti contendenti, tali vantaggi da potersene dire abbastanza sod- disfatto.

Intorno al successo questa negoziazione, a cui avevano mano Roma, Milano, Parigi, è mestieri udire lo stesso card. CJaprara, il quale tre giorni dopo il lungo dibattimento e la conclusione delPultimo disegno da lui sottoscritto, ne riferiva a Roma colla lettera seguente, che va citata intiera:

Dispaccio del Sig. Card. Legato al Sig. Card. Segretario di Stato.

Parigi 2 Settembre 1808.

Con mia precedente dei 28 dello scorso Agosto, dissi a V. E., che rapporto al Concordato italiano, le difficoltà, che insorgevano non erano poche indifferenti, e che le nuvole che comparivano

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 183-

erano spesse e procellose. Eccomi oggi ad annunziarle l' intero stato della cosa, e il risultato dei congressi, che per ordine del Prima Console, il quale aveva comunicato le sue ultime intenzioni al Mi- nistro Marescalchi, sono stati tenuti sino al presente giorno.

Il Concordato Italiano, unicamente voluto dal Primo Console (e per quanto asserisce in ogni circostanza, immaginato per sostenere la Religione nella Repubblica Italiana, ove senza di esso Concor- dato, le cose vanno più oltre di quello che è avvenuto in Francia) è stato, ed è tuttora occasione di contrasti fra il capo della Re- pubblica ed i membri, ed oggetto insieme di critica e di censure le più sanguinose, anche per parte di alcuni, che non appartengono alla Repubblica Italiana, e che in scritto hanno preteso di far ve- dere al Primo Console l' inconvenienza, e il poco suo decoro nel prestarsi (soffra, che io usi li stessi termini) alle proposizioni di Soggetti, che col fatto dimostrano di essere se non suoi nemici al- meno indisposti di animo contro di lui, perchè attaccati non alla sostanza delle cose, ma alle parole, le quali cambiano per solo spi- rito di contradizione e non perchè sostanzialmente meritino di esser cambiate.

Tali scritti non han lasciato di fare impressione all'animo del Primo Console, il quale annoiato anche dal ritardo delle risposte di Roma sul progetto ultimamente inviato, più volte si è espresso con diversi in queste parole: « Gran dire, che il Papa sia consi- « gliato da persone, che non prevedono le conseguenze della loro ' « durezza, che non conoscono le circostanze, i tempi, e che > « finalmente non piegano se non minacciati, e quindi fanno perdere j « il merito al Papa medesimo, quando si presta alle altrui istanze (1). »

Con questi antecedenti, che io già infelicemente conoscevo, può V. E. bene immaginare, con quale animo ed aspettativa, io mi ac-

(1) Tutto questo preambulo è pieno di riflessioni, che reputo esage- rate. In quest'anno 1803 non trovo documenti, che mostrino opposizione al concordato dalla parte della consulta milanese. Le ox^posizioni, o i ditterii provenienti da un Aldini, dovevano far poca impressione nella mente del Primo Console, che ne conosceva P animo venale: e sapeva inoltre, che l'Aldini era nemico dichiarato di Melzi, e di Marescalchi, e che quest'ultimo valeva più di lui. L'Aldini apparteneva inoltre alla fazione che avversava la Francia; e durò in questi sentimenti, finché Bonaparte, divenuto imperatore, accolse l'offerta della servitù di lui^V piagandolo con fortissimo salario.

184 CAPITOLO SESTO

cinsi alla conferenza, che era stata fissata nel giorno di lunedi 29 Agosto.

Tanto il Primo Console quanto i da lui incaricati delF affare del Concordato, conoscevano le carte comunicabili da V. E. trasmessemi in data dei 3 Agosto; ed io, per quanto conoscessi ciò che natu- ralmente si sarebbe opposto alle osservazioni e cambiamenti in esse carte tracciati mi facevo forte colle armi, colle quali ero munito da V. E. (1).

Si aperse dunque il Congresso nelle mie Camere, la mattina di lunedi 29 Agosto, cui intervenne il Ministro Marescalchi e Mon- sieur Jacobi, Capo della divisione degli affari Esteri della Repub- blica Italiana (2).

Sarebbe paruto naturale, che siccome dal progetto antecedente- mente concordato, non differivano le variazioni fatte costi, che su sei articoli, questi soli dovessero essere considerati, e, rese le ra- gioni Mnc inde^ vedere di trovare i mezzi da venire d' accordo. Ma no! Dovette passarsi in rivista ciascuno articolo (effetto come sopra accennai delle rappresentanze e critiche fatte in scritto sul progetto medesimo), e poco meno, che ad ogni espressione, tutto fu forza pas- sare in rivista, e quasi direi mettere in bilancia.

La prima battaglia, che fu sostenuta da ambe le parti col mas- simo calore, fu il contenuto del secondo articolo. La revoca delle leggi non si voleva più nei termini concertati; e in quei venuti / da Roma, assolutamente si escludeva (3). Adducevano per ragione, che supponendosi nelP articolo, da loro antecedentemente offerto, la revoca delle leggi etc. in quanto che si opponevano alla disciplina della Chiesa, non credevano vero un tal supposto, perchè gli oggetti delle leggi erano di pertinenza anche della Potestà Civile (4).

Molto ci volle per far deporre questa falsa idea, per sostenere la quale, erano muniti di riflessioni politiche, conformi alle massime che infelicemente corrono.

(1) Intendi le istruzioni del Consalvi, riferite sopra.

(2) Quale si fosse questo Jacobi, non ho potuto rinvenire in nessun documento.

(3) Vedi più sopra questo articolo con il parallelo romano.

(4) È veramente notabile codesto cambiamento di parere dei depu- tati italiani : nelP agosto non concedevano più quanto avevano concesso due mesi prima! Dinanzi a un tale atteggiamento, avrebbe potuto il car-

^ dinal Caprara alzare la voce fortemente.

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 185

Maggiori difficoltà poi s'incontrarono contro l'articolo venuto •da costi, in cui si parlava della revoca delle leggi, in quanto che ^rano contrarie anche alla Religione. Uno impugnava tale opposi- zione alla Religione, e tutti due convenivano nel sentimento, che simile espressione fosse troppo ingiuriosa, e non esigibile in un trat- tato, che devesi rendere pubblico, e che si spera perpetuo.

Io non detti quartiere a tali assertive, asserendo costantemente che dalle leggi emanate era attaccata anche la Religione, ciò che loro provai. *

Nel bollore della questione, ebbi occasione di prevedere, che l'abolizione delle leggi etc, in quanto che si opponevano alla Re- ligione e alla disciplina, ben lungi di produrre il sospirato effetto, avrebbe piutosto aperta la strada a nuove contese, perchè si sarebbe da loro sempre impugnato, che tale, o tal' altra legge, fosse opposta n alla Religione, e disciplina, conseguentemente non rivocata ed abo- lita; e cosi l'articolo nulla avrebbe definito: Penetrato da questa riflessione, mi prestai all'esame di un nuovo articolo, esibito in questi termini: Le présent Concordai devant servir dès à présent et pour Vavenir^ de base aux règlements relatifs à la Religion; tout •ce qui est émané Jusqu'à ce jour de la République Italienne sur la^ Religion et la Discipline Ecclésiastique, est oboli.

Accortomi subito della erroneità del predicato di « base » che si dava al Concordato, rapporto al regolamento della Religione e della disciplina, gli dimostrai, che la Religione ed il suo regolamento relativo al domma, non conosce altra base, se non la divina scrit- tura e la tradizione della Chiesa, e non già un atto umano; cosi anche, che la disciplina ha per base originaria l'autorità della Chiesa, e per prossima le leggi da essa emanate.

Ebbi la soddisfazione di vedere tutti colpiti, ma non affatto ri- mossi dalla determinazione di fare qualche uso della medesima pa- rola base. Stabilito però di salvare la massima coerente ai sopra esposti principii, si convenne nei termini, che V. E. trova nell'Ar- ticolo II, da cui ella rileverà la forza dell'espressione taniquam basis (1).

(1) Art. II. Cum praesens conventio ah hac die in posterum inservire débeat tamquam hasis ad immutabilem constituendum ordinem rerum, quae ecclesiastica ohjecta respicinnt : leges omnes, decreta et ordinationes ah italica repuhlica eiusque nomine hactenus emanatae, religionem et ecclesiasticam di- ^sciplinam spectantes, revocantnr et aholentnr.

186 CAPITOLO SESTO

Salvata cosi la massima intorno all' uso di tal parola, si venne alla revoca. Io non mi contentai, che si dicesse tuttociò, ma volli r elle si esprimessero le « Leggi, Editti, e Ordinazioni. » Volli, che fossero rivocate non solo le riguardanti la disciplina, ma anche la Religione; e mi riusci ancora di farvi comprendere non solo le emanate dalla Repubblica, ma anche le promulgate a nome della Repubblica, a scanso di ogni equivoco. Ed in tal guisa fu compito il secondo importante articolo, come apparisce dalla qui unita copia (1),

E vero, che in quest'articolo non si aboliscono le leggi per 1 tutto quello che si oppone alla Religione, o disciplina. Ma io trovai Itale omissione più vantaggiosa alla Chiesa: si perchè in tal ma- rniera abolendosi tutte, non rimaneva luogo a disputa, quali fossero ^contrarie alla Religione, o disciplina, come di sopra ho fatto riflet- tere; si perchè abolendosi tutte, restavano abolite non solo per la opposizione alla Religione e alla disciplina, ma anche per l'incom- petenza della emanazione. E di questa revoca finalmente in tali termini, io dovevo essere contento, perchè 1' articolo è pienamente concepito nei termini, coi quali venivano rivocate le leggi nel proemio del primo progetto di Concordato, trasmessomi da V. E.: e dall'altra parte non s'incontrava la disgustosa espressione, che ho di sopra accennata.

Dato fine in tal guisa al secondo articolo, e non trovatasi dif- ficoltà sul terzo, si passò al quarto, di cui non volevasi ammettere l'ultimo periodo: ma quale, fra bene e male riusci di poterlo la- sciare intatto.

Sull'articolo V insorsero delle dispute accanite (2). Non si volle più sentire, che in esso si tornasse a citare l'articolo II; perchè, come essi dicevano, non si mostrasse di farne un trionfo! E di più accusando di non esatta la traduzione latina, in cui dicevasi: con- cedit privilegium, vollero, che l'articolo fosse ridotto senza il pri- vilegium, al che fu sostituito « concedit ut nominare possit. »

L'articolo VI e VII passò senza ' difficoltà. Qualcuna però ne

(1) Non credo riferirla nei documenti, perchè fu poi moditìcata.

(2) Art. V. Attenta utilitate, quae ex Jiac conventione manat in ea, quae ad res Ecclesiae et religionis pertinent, Sanctitas Sua concedit, ut Praeses EeipuMicae italicae nominare possit ad omnes archiepiscopatus et episcopatns eiusdem Beipuhlicae, et ecclesiasticis viris ah eodem Praeside nominatis, iis dotibus praeditis quas sacri canones reqiiirunt, eadem Sanctitas Sua canoni- cani institntionem dàbit iuxta formas constitutas.

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 187

incontrò r articolo Vili, sulle parole «né il Governo civile frap- porrà veruno impedimento » , come da essi riguardate ingiuriose ; ed unicamente fu potuto conservare colla semplice parola: Ahsque ullo impedimento (1). Avverto di più, che (senza cambiamento nella seconda parte) fu questo articolo diviso in due.

Il IX, che ora diventa X, non sofferse cambiamento. Il consecu- tivo riusci di farlo adottare, all' incirca, nei termini del progetta ritornato di costi, coli' aggiunta cioè delV lìisegnamento. Dissi al- l'incirca, perchè unicamente fu tolto « sono raccomandati. »

L'articolo XI, ora XII, fu soggetto a vari contrasti. Ma final- mente si convenne, che, in luogo di parlare di diritto (parola, che insieme colle altre « Autorità, e Privilegio » non volevano in modo alcuno, che si usassero in tutto il Concordato) si prescindesse da tale espressione, alla quale si surrogò l' altra del « liberum erit » (2).

Nell'articolo XII ora XIII, fu preteso che non essendovi, al parere loro, tutta la chiarezza, vi si contenesse una qualche novità. Io potei facilmente disingannarli, citandoli la disposizione del Con- cilio di Trento. Onde diviso ciò, che in detto articolo andava unito^ ed aggiuntovi poche parole del Concilio di Trento, potè farsi ces- sare la questione, e fu stabilito nel modo che V. E. vedrà (3).

Gli articoli XIII e XIV ora XIV e XV furono lasciati tali quali.

Gran contrasto però insorse sull' articolo XV, ora XVI (4), sulla parola « senza l'Autorità della S. Sede. » Già dissi poc' anzi, che la parola « autorità » non voleva intendersi, e qui molto meno.

(1) Art. Vili. Cnilihet episcopo lìherum semper erit, super rebus omni- htis spirittialibus atque negociis ecclesiasticis, absque ullo impedimento cum Sancta Sede communicare.

(2) L'art. XII versa intorno alle Opere pie. Vi si diceva, che a go- vernarle si nominerà una congregazione composta di ecclesiastici e di secolari in numero eguale, i primi da eleggersi dai vescovi, i secondi dal governo. Praeses congregationis semper erit Episcopus ; cui liberum erit vi- sitare ea loca, quae legitime a laicis administrahuntur.

(3) Art. XIII. I vescovi conferiranno le j)arroccliie, quelle di libera collazione, con previo il concorso, ai giudicati migliori ; quelle di pa- dronato ecclesiastico, agli approvati dopo concorso, e presentati dai pa- droni ecclesiastici ; quelle di padronato laicale, ai presentati che dop» esame sieno giudicati idonei. In tutte le dette presentazioni, si abbia ragione del gradimento del governo.

(4) Art. XVI. Nulla suppressio fundationum ecclesiastica rum quarum- cumque absque Apostolicae Sedis auctoritatis interventu j^aL

188 CAPITOLO SESTO

Il contrasto arrivò al punto di fare sciogliere la conferenza e separarsi. Vi fu chi propose di sostituire « Absque Apostolicae Se- dis auctoritatis interventu. » Io mi ci opposi con tutta la forza, e dissi quanto seppi ; ma più tosto, che vedere sciolta la tratti va, mi prestai ad ammetterlo, purché soggetto alla ratifica di Nostro Si- gnore.

L' articolo XVI, ora XVII, non poteva per parte loro incontrare opposizione. Validissima però l' incontrò il susseguente, già XVII, sulla inalienabilità dei Beni Ecclesiastici (1).

Questo articolo nei termini venuti da Homa, fu onninamente rigettato. E V. E. potrà facilmente immaginare i motivi. Io dal- l'altra parte non doveva, ne ero autorizzato ad ammettere il loro. Il dibattimento fu lunghissimo, ed arrivò al punto, che si sciolse la conferenza, avendo dovuto soffrire anche il rimprovero : che per te- nere dietro a quel che non ha, si avrà mai, si abbandoni ciò che è sostanziale che è la Religione; aggiungendomisi di più che: sapendosi ciò da chi conviene, non può prevedersi quel che avverrà, ed a quali peHpezìe saranno esposti in tutta la Repubblica Ita- liana i Ministri stessi della Chiesa.

Nei successivi giorni si è nuovamente fatto insistere, per parte del Ministro Marescalchi, sull'ammissione dell'articolo XVII, nei termini, che di qui era stato mandato a Roma. La massima, che veniva lesa, è stata la ragione, per cui io costantemente mi ci sono ricusato ; e dall' altra parte pure si è continuato a rifiutare l' arti- colo venuto di costi.

Le cose adunque erano ridotte al punto di rompere la tratta- tiva, con sicuro disgusto del Primo Console, e colla certezza di ve- dere rovesciato affatto ogni ordine religioso e disciplinare nella Kepubblica Italiana.

In questa trista posizione mi posi a riflettere, se l'omissione di un simile articolo potesse essere di pregiudizio. Considerai, che li beni ecclesiastici, avendo intrinsecamente e per tante leggi, la qua- lità di essere inalienabili, non avevano bisogno di una nuova san- zione. Considerai ancora, che 1' omissione di tale articolo nulla po-

(1) Art. XVII. « ... declarat Sanctitay Sua: eoa, qui bona Ecclesiae alienata acquisiverunt, molesti am nullam habitnros, neque a se neque a ronianis Pontifìcibus successoribns suis ; ac consequenter proprietas eo- rundem bonorum, reditus et iiira iis inbaerentia, immutabilia penes ipsos erunt, atque ab ipsis causam babentes. »

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 181>

neva in essere a favore della Repubblica, ed in pregiudizio della Chiesa. E dietro queste riflessioni, venni a concludere fra me, che simile omissione non portava alcun pregiudizio.

Prima però di ciò esternare, feci proporre per terza persona, un articolo, il quale in generale salvava la massima ed era: Bona Ecclesiastica non poterunt alienavi, neque ullam mutationem subire sine auctoritate Sedis Apostolicae ; ma questo egualmente fu rigettato.

Fu allora dunque che io mi proposi, se in coscienza potessi per- mettere una rottura, o più tosto, salvando ciò che è di sostanza in virtù degli articoli convenuti, ammettere quello in questione. E mi decisi, che il bene della Religione esigeva una tale pretenzione, la quale, come dissi, non ledeva la qualità dei beni ecclesiastici, e nulla accordava alla Repubblica. Quindi è, che ne feci fare la pro-fV" posizione, la quale dopo molta ripugnanza, fu adottata.

Venuti in tal guisa d' accordo, hanno dimandato, che si proceda alla sottoscrizione, alla quale io mi sono determinato (1), e in vista delle esposte ragioni, e per la riflessione della ratifica, che deve farsene da Nostro Signore. Esso nella sua saviezza peserà quel che conviene. Vostra Eminenza si è trovata in simili circostanze, onde mi saprà compatire. Concludo però, che avrei creduto, altrimenti, di tradire la mia coscienza, e di malamente servire la Santa Sede.

P. S. Venuto in cognizione, che sta per partire a cotesta volta un corriere di questo Signore Ambasciatore di Napoli, io ne pro- fitto, trasmettendo a V. E. insieme con questo dispaccio una esatta copia latina del Concordato stabilito, alla qual copia corrisponderà di parola in parola la traduzione italiana, giacché l' una e l' altra insieme si sottoscriveranno etc.

(1) Va. notato_, che non vsi era ancora giunti all'atto di sottoscrivere questo disegno di convenzione, convenuta dai negoziatori ; essendo che il Marescalclii non ne aveva ancora il potere. La stessa facoltà di sola- mente trattare non gli fu data officialmente dal Primo Console, se non ai 5 di settembre, ossia otto giorni dopo il congresso qui descritto dal card. Caprara. Infatti così scriveva il Boiiaparte « au citoyen Marescal- chi », Saint Cloud, 18 fructidor an XI (5 settembre 1803) :

« Je vous envoie, Citoyen Ministre, des pouvoirs ponr négocier le concordat de la République italieuue. Vous entamerez une n(^gociatioii sur l'article 2 ( siilV abolizioìie delle lef/gi, decreti... di Melzi), et vous ne signerez rien jusqu' à ce que je vous aie fait connaìtre nies intentions défi- nitives sur cet article (Corresiìondanee. Vili, n. 7076). »

190 CAPITOLO SESTO

Dalla descrizione del congresso co^ negoziatori italiani, fatta dal Caprara in questa sua lettera, si vede clie il plenipotenziario pontificio si era condotto benissimo: aveva dato prova di ac- cortezza, di sapienza, e di fedeltà alle istruzioni particolareg- giate, inviategli da Eoma. Egli dunque poteva dirsi contento in massima parte, e soddisfatto delP esito ottenuto.

Ma quando il Primo Console, ossia il Presidente della italiana repubblica, ebbe letto gli articoli convenuti, se ne mostrò scontento assai, e fece intendere la sua disapprovazione. A.quelPuomo superbissimo non accomodava punto il dover di- "Chiarare abolite quelle leggi, ch'egli stesso, come ho già ac- •cennato, aveva approvate, se pure non le aveva comandate addirittura alla Consulta repubblicana di Milano. Protestò dunque in iscritto al Marescalchi, ed a voce al card. Caprara, <3h'egli non poteva acconsentire alFarticolo secondo del Con- cordato. E quindi egli stesso di questo articolo mandò il te- nore al Marescalchi, ossia un cambiamento tale, che se non ne alterava in un certo modo la sostanza, ne diversificava moltissimo la forma, oscurandola e rendendola equivoca som- mamente.

Ecco come di questo e di alcuni altri articoli, il Bonaparte, presidente della repubblica italiana, comunicava il nuovo testo al Marescalchi, dalla Malmaison, 25 fructidor an XI (12 septem- bre 1803):

« J'approuve la rédaction de l'article 2 de la manière salvante: Art. 2. Le présent concordai est substitué à toutes les lois, ordon- nances et règlements émanés Jusqu^à ce jour de la République ita- lienne sur les matières de religion.

Art. 7. On veut bien consentir à ce qne les administrateurs des hòpitaux, qui étaient jusqu'à présent composés d'ecclésiastiques, soient composés moitié civils, moitié ecclésiastiques; mais il fau- drait qu'ils fussent nommés par le Président de la République, sur la présentation de l'évèque.

Art. 8. Il faudrait bien exprimer que les évéques ne pourront

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 191

nommer les curés et les mettre en possession, avant d'avoir l'at- taché du gouvernement.

Et je vous autorise à signer avec ces modifica tions (1). »

Si può intendere facilmente in quale imbarazzo una co- municazione cosiffatta metteva il card. Oaprara, ed insieme il Papa e la S. Sede, a cui il Legato aveva già dato notizia di quanto erasi stabilito e concertato nel congresso: non sospet- tando mai, ch'egli dovesse trovarsi nelP obbligo di dovere '>y annunziare siccome disfatto o sospeso il già conchiuso !

Egli dunque si affrettò di informar subito il Papa delle mutazioni sopraggiunte, col seguente importante dispaccio^ dato in Parigi agli 11 di settembre 1803 :

« A mezzo il decorso sabbato^S del corrente, erano le cose re- lative al Concordato italiano nello stato e modo, che da me fu de- scritto a V. E. con mia del giorno innanzi. Ed io non mi aspet- tavo che di essere richiesto per la segnatura ; al quale effetto, avendo io fatto vedere il Breve credenziale con le facoltà che mi ci auto- rizzavano, non rimaneva se non che il Ministro Marescalchi fosse nelle debite forme rivestito dal Primo Console dei pieni poteri alla segnatura medesima. La mattina di Domenica (4 agosto), io vidi il Primo Console; ma non mi fece parola alcuna di Concordato, io giudicai bene di promuoverne discorso. Nella sera stessa però, in seguito di qualche discorso fattomi, ebbi luogo di dubitare, che il Primo Console non era soddisfatto di quel che erasi concluso fra Marescalchi e me; e che in quei termini non avrebbe acconsentito, che in suo nome fosse il Concordato sottoscritto.

« Un tal dubbio diventò evidenza per me il giorno seguente, quando io stesso vidi avere scritto di proprio pugno il Primo Con- sole, che assolutamente non poteva doveva ammettere T articolo secondo, nei termini convenuti, e da esso letti; giacché gli era stato posto sottocchio l'intero Concordato modificato nel modo, che V. E. ha veduto, mediante la citata mia dei 2 corrente.

« Quale io mi rimanessi a tale notizia, lascio a V. E. l' immagi- narlo. In tutto il corso della passata settimana ho fatto quanto umanamente era possibile per garantire l'Articolo predetto. Ho ri-

(1) Correspondance, Vili, n. 7099.

192 CAPITOLO SESTO

petuto mille volte l' impedimento assoluto di fare il Concordato senza di quello articolo; ed ho procurato per tutte le vie, che il Primo Console si degnasse di ammetterlo. Tutto però è stato inutile. Egli, benché disposto a proteggere la Religione, trova di non poter am- inettere l'articolo in questione; perchè non ha l'autorità di abolire le leggi, ordinanze emanate dalla Repubblica. E se lo facesse, in-

; frangerebbe la Costituzione; perchè è certo, che la Consulta non lo passerebbe; perchè non vuole fare un atto cosi arbitrario, special- mente nelle convulsioni, in cui è quella Repubblica ; e perchè final- mente gli è di troppo sgradevole, vuole autorizzare innanzi al

. mondo, con l' ammissione di tale articolo, di aver permesso delle I leggi, che meritano di essere rìvocate.

« Io continuo a pratticare le possibili diligenze; ma resto fino a questo momento afflitto per le difficoltà che affaccia il Primo Con- sole, e più per il passo, che ha dato scrivendo al Ministro Mare- scalchi di non potere ammettere il nominato articolo. A questa afflizione si aggiunge l' altra, che mi la previsione, per non dire certezza, delle più triste, e per la Religione e per la Chiesa troppo funeste conseguenze, che deriveranno dalla non conclusione del Con- cordato. »

IV.

Come si può intendere di leggieri, il Concordato già sta- bilito nella conferenza de' 29 di agosto dovette rifare il cam- mino a ritroso; e gli articoli, la cui modificazione fu dettata dal Primo Console, più che accettati, furono imposti neces- sariamente. Ne, d^ altra j)arte, il Caprara era uomo da tener testa al Bonaparte; quindi il buon Cardinale, messo alle strette o di ammettere il Concordato con la modificazione degli articoli voluta dal Primo Console, o di rompere le trattative con la sequela degP infiniti mali datigli a vedere in prospettiva foschi e vicini, dopo alquanto di supplichevole insistenza più che di combattimento, diede le mani vinte: e a' 16 di settembre sot- toscrisse il Concordato nella sua quinta forma o. definitiva.

I ragguagli di questo ultimo atto, che terminò le lunghe e laboriose negoziazioni di due intieri anni, sono descritti in

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 193^

una lettera in cifra che il card. Legato spediva al Consalvi y due giorni dopo la sottoscrizione. Da questa lettera, dalle circostanze del tempo e soprattutto delle persone, dalla stessa sostanza degli articoli approvati e sottoscritti, da' giudizii che intorno a questo concordato furono portati dai cardinali e soprattutto dal Consalvi, ed infine da quanto poi in maniera addirittura fedifraga fu operato dalla Consulta milanese contro di esso, si è costretti a giudicare che il card. Caprara nel sot- toscrivere quel Concordato operò giudiziosamente. Egli seppe essere pieghevole, e se si vuole anche corrivo nello stare alle istruzioni ricevute da Eoma, le quali non gli acconsentivano variazione alcuna di momento sulParticolo secondo. Ma egli, candido e schietto, non seppe vedere differenza di sostanza in queste due maniere di elocuzione: le leggi contrarie alla religione soìio abolite da questo Concordato; oppure: questo Con- cordato è sostituito alle leggi passate. La videro grande alcuni cardinali della cougregazione deputata alP esame di quegli ar- ticoli, e la rilevarono con assai accorgimento. Ma fu vera prov- videnza, così almeno ne sembra, che il card. Caprara fosse stato scelto a quelPopera : se invece di lui si fosse trovato il card. Di Pietro, Dio sa se gli avvenimenti avrebbero permesso, che di a non poco Pio VII deponesse, insieme col crisma, il paludamento imperiale sulle spalle del Bonaparte.

Ora odasi il Caprara a raccontare quanto fece nel giorno 16 settembre del 1803.

Cifra del Sig. Card. Legato al Sig. Card. Segretario di Stato.

Parigi 18 Settembre 1803.

La resistenza per parte del Primo Console nel non volere am- mettere r articolo II, nei termini conosciuti da V. E. per mezzo della copia di Concordato da me inviatale in data dei 2 corrente, anziché diminuire si è resa maggiore, ed è giunta alla decisiva di- chiarazione di non volerne intendere parlare.

Con mia antecedente degli 11 descrissi a V. E. le ragioni, per le quali esso Primo Console si ricupera dal prestarvisi. Seguitò poi

RxNiERi. La Diplomazia Pontificia nel secolo XIX. VoL II. 13

^

194 CAPITOLO SESTO

il medesimo con chi ne ha seco parlato ad esprimersi, che il ten- tare solo di persuaderlo è una patente ingiuria; come è una mas- sima ingiustizia di pretendersi che esso segni un atto cosi umi- liante: cosa a cui il mondo intero non potrà mai indurlo.

« Io, prosiegue a dire (il Primo Console)^ ho avuto bisogno di « impiegare tutta la mia autorità per indurre tutti i componenti la « Consulta a condiscendere, che si faccia un Concordato, quale però '< ho sempre detto, che, se deve porre un ordine stabile nelle cose « ecclesiastiche, non deve però in modo alcuno essere ingiurioso, « umiliante, insultante : e tale sarebbe il Concordato col se- « condo articolo. Se il Santo Padre, e chi agisce per esso vogliono « conoscere e procurare il vero bene per la^^ Religione, si contentino « di temperamenti che salvino loro, e non disonorino la Repubblica. « Questi sono, conclude, i sentimenti che nudrisco, e dai quali non « mi dipartirò giammai. »

Obbligato a conoscere e la fermezza del Primo Console, e lo stato infelice della Repubblica Italiana, ove certamente l'esempio della Baviera sarebbe seguito e oltrepassato, se non ha luogo il Concordato; mi sono studiato di scoprire quali fossero quei tem- peramenti, che potrebbero riguardarsi di comune convenienza. Mi è stato allora replicato: « tutto quello che suona direttamente o revoca, « 0 abolizione di leggi, decreti ecc., é impossibile che si ammetta « dal Console. Egli stesso, si é continuato a dirmi, non per altro « fine desiderando il Concordato, che per proteggere la religione « nella Repubblica Italiana, e mettere in salvo i suoi Ministri, ha « steso un articolo con cui, senza dirlo, vengonsi ad abolire le leggi « e decreti, precedentemente emanati in materie religiose, poiché « a tali leggi, e decreti sostituisce il Concordato: in tal guisa Roma, « continuossi a dirmi, non può più dire che la preesistenza di tali « leggi la mette fuori di stato di fare convenzioni, può dolersi « che le leggi sostituite non sieno secondo i principii di disciplina; « e sfido chiunque, dice il Primo Console, che in questi tempi « faccia un Concordato con articoli della natura di quelli, che pos- « sono concretarsi nella convenzione di cui si tratta. »

A tale proposizione io dissi allora : « desidero che il Primo Con- « sole si degni persuadersi, che tanto Nostro Signore, quanto chi « agisce per lui, nulla più bramano se non che esso Primo Console « continui a proteggere la religione, e la Chiesa; che ben cono- « scono il gran sbilancio che ad esse ne risulterebbe, se egli si po- « nesse solo nello stato d' indifferenza ; e che io stesso principal-

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 195

« mente, incaricato della trattativa del Concordato, alle condizioni « da esso Primo Console conosciute dalle stesse mie particolari istru- « zioni, mi sarei fatto carico di sottoporre alla decisione di Sua San- « tità il nuovo articolo da esso imaginato per surrogarsi a quello, « che sfortunatamente Egli crede di non potere ammettere. »

« Questo è appunto, mi fu risposto, ciò che il Primo Console « non vuole; dicendo che appunto per aver veduto le mie istru- « zioni, io non mi posso tirare indietro dal sottoscrivere il Concor- « dato; perchè, se il nuovo articolo differisce nelle parole, salva la « intera sostanza^ e conduce allo scopo che Roma si era prefisso, « senza che manchisi alle convenienza di chicchessia. »

Facilmente V. E. imaginerà, che ridotte le cose allo stato fin qui descritto, e vedendo Fimpossibilità di rimuovere il Primo Con- sole dalla presa risoluzione, tutto il mio studio ha consistito nel- l'ottenere, che mi si permettesse di rimettere al giudizio del S. Padre un oggetto si sostanziale, e di tanta importanza, ed essere dispen- sato dal segnare il Concordato fino all'arrivo delle risposte.

Questo ancora mi è stato negato, dicendomisi che ciò è un sut- terfugio di mia parte, che non fa che maggiormente irritare il Primo Console, e confermarlo nella idea, che tutti quelli che tengono alla Corte di Roma non vogliono che quello che vogliono ; e che col prender tempo si lusingano di trovar mezzi da cambiare le cose. Mi è stato aggiunto, che universalmente si è detto al Primo Con- sole, che io non posso ricusare ragionevolmente di prestarmi alla segnatura nei termini da esso progettati; poiché dicono non potersi trovare espediente più savio; il quale metta a coperto le parti con- traenti. E finalmente mi è stato concluso, che dalla segnatura da farsi ora del Concordato concepito nei termini da esso Console pro- gettati, sia rispetto al secondo articolo che ora diviene XXI, sia in ordine alle variazioni, dal medesimo pure volute nei due arti- coli XI e XII, dipendeva o la esistenza della religione cattolica e la conservazione dei suoi ministri nella Repubblica Italiana, o il rovescio totale dell'una e degli altri: di che sarò responsabile col- l'ostinarmi.

Ho messo in opera tutti i mezzi per trarmene fuori, ma inu- tilmente; e non trovando modo da impedire il rovescio minacciato, e quale purtroppo avrebbe luogo; facendomi presente, che il Primo Console cosi vuole; che il non prestarcisi lo allontana affatto dai sentimenti chenudre in favore della religione e della Chiesa; che un tale allontanamento produce delle conseguenze troppo orribili e funeste

196 CAPITOLO SESTO

in tutti i sensi e rapporti ; ho creduto di prestarmi, come ho fatto avanti ieri, alla segnatura del Concordato, il quale se da N. S. sarà giudicato nella sua saviezza di ratificare, avrà il suo effetto : in caso diverso la mia segnatura non porrà niente in essere.

Non debbo pero in coscienza lasciare di far osservare, che per parte del Primo Console il partito è preso ; e che per parte della Eepubblica Italiana tutto è da aspettarsi con celerità e precipizio. Quindi assolutamente diminuiti i Vescovati, le Parrocchie ridotte a quel numero che Dio vorrà; i parrochi condotti alla miseria; ab- bandonato in mano dei secolari ogni esercizio di giurisdizione ec- clesiastica; illaqueate cosi sommamente le coscienze de' Vescovi, e generalmente dei parrochi, con quel di più che può vaticinarsi da una sovversione di tal natura.

V.

Saputosi in Roma Pavvenuto cambiamento, e conosciuta la sottoscrizione del nuovo Concordato, fatta dal Oaprara nella maniera e nelle circostanze, che vengono riferite nella sua let- tera de' 18 settembre, si diede conoscenza di ogni cosa a' car- dinali della congregazione. Furono loro consegnati gli ultimi atti di tutta la trattativa, stampati a bella posta, tra i quali un foglio conteneva gli articoli modificati posti in confronto degli approvati prima. Questi si riducevano a tre: L^XI relativo alle persone da eleggersi alla direzione delle opere pie ; il XII che regolava le nomine alle parrocchie; e il XXI, che versava sul punto capitale della rivocazione delle leggi e decreti con- trarli alla religione (1). Intorno alP approvazione di cotesti articoli, chiedevasi a' dodici cardinali della congregazione il loro parere in iscritto.

Si può dire, che tutti in somma approvarono e gli articoli e Poperato dal card. Legato. Molti cardinali però fecero delle gravi osservazioni intorno al tenore massimamente delParti-

(1) Vedine sopra il teucre.

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 197

colo Xi, e intorno alla maniera scaltra sempre e violenta, colla quale il Bonaparte veniva a capo de' suoi voleri.

Kiservo all'appendice de' documenti il voto grave, riposato, eruditissimo del card. Antonelli; il quale, dopo avere esposte storicamente le vicende delle trattative durate lo spazio di due anni; e dopo aver dichiarato, che negli articoli XI e XII il governo si piglia una dominazione, che non gli compete, sulle nomine de'parrochi e de' preposti alle congregazioni per le opere pie, i quali articoli egli dice che il S. Padre se non li approva, li può tollerare, passa all'esame dell'articolo XXI, «ol quale alla soppressione delle leggi antiecclesiastiche si sur- roga la sostituzione del nuovo Concordato.

« Questo, dice l'Antonelli, è tutto il nodo della presente disputa. Sostiene il Primo Console, che con questo nuovo ar- ticolo di sostituzione o surrogazione vengasi ad abolire le leggi, y^ e decreti precedentemente emanati in materie religiose: poiché a tali leggi e decreti si sostituisce il Concordato. Ora io penso altrimenti; e credo, che oltre l'incoerenza..., non vi sia nel progettato articolo XXI ne la verità dell'abolizione ricercata, ne la dignità del Papa se l'accettasse, la pubblica edifica- zionCj e riparazione dello scandalo, se fosse eseguito (1). »

E come FAntonelli, sottosopra giudicarono quasi tutti i Cardinali: è da sentire il voto di alcuni, che furono rimessi al S. Padre colla data de' 2 ottobre 1803.

Il card. Della Somaglia esordisce con queste considerazioni, degne di essere riferite: « Grand' è la pena e la indignazione che provar debbono nell'interno dell'animo loro le persone dabbene, alla vista della ingiusta e violenta condotta, che si tiene col venerando Capo della Chiesa nell'affare dell'italico Concordato. di siffatta ingiustizia e violenza occorre ad- ditamele prove, poiché ad evidenza risultano dalla serie istorica de' fatti precedenti e concomitanti il trattato infelice.

(1) Vedi l'intero testo nel Docum. XXVII.

198 CAPITOLO SÈSTO

« Ma questa violenza medesima, che tanto più dee stringere nel luogo ove si tratta l'affare, serve di qualche scusa al card. Le- gato, il quale io non comprendo come abbia riferito senza con- futarlo il detto del Primo Console, che ha preteso dal Legato la soscrizione in vigore delle istruzioni stesse di Eoma, cVei van- tavasi di sapere. Or com'è questo mai? Non toglievano anzi quelle istruzioni al Legato la facoltà di scrivere, quando non si fosse convenuto su due o tre punti, e specialmente sull'ar- ticolo XI nella forma di qua spedita? Se questo è, come il Legato si lascia strappare dalle mani la soscrizione, ed egli stesso riferisce il fatto, nulla rileva in contrario! Io non com- prendo questo mistero; e così pure non intendo perchè il card. Legato, vedendo l'importanza di guadagnar tempo nella crisi attuale, che può aver grande influenza sul futuro Stato d' Italia, non siasi giovato di una opportunità, che la parte medesima contraente gli somministrava. Ma checche sia di ciò, venghiamo più strettamente alle questioni propostB. »

Alle quali rispondendo, il card. Della Somaglia approva poi tutti gli articoli. E del XXI così discorre: « Questo articolo, unito all'antecedente XX, pare anzi mettere sotto quel migliore aspetto, di cui era suscettibile, il medesimo Concordato; il quale coli' essere sostituito a tutte le leggi, ordinazioni, de- creti..., viene a togliere realmente e sostanzialmente di mezzo tutte esse leggi, costituzioni e decreti. »

diversamente giudicava questo stesso articolo il card. Stefano Borgia. Egli dimostra, che nel comandarne il tenore, il Primo Console ha contradetto a se stesso. Infatti, secondo la let- tera del card. Legato (11 settembre 1803), il Bonaparte dichia- rava di non avere autorità di rivocare le leggi della repubblica, anzi d' infrangere la costituzione^ come sembra vagli di fare, se dichiarava abolite quelle leggi votate dalla repubblica italiana contro la religione, secondo il tenore dell'articolo romano da lui non voluto. E poi nell'altra lettera del Legato (18 settembre) lo stesso Bonaparte annunziava, che col nuovo articolo sosti-

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 199

tuito al romano, « senza dirlo, vengonsi ad abolire leggi, ecc., poiché a tali leggi... sostituisce il Concordato. Felicissima in- terpretazione ! esclama il card. Borgia. Ma io non trovo nel codice questa nuova foggia di abolire le leggi, senza dirlo; ^y^ trovo però bene, che la legge si presume vigente, se non si prova- essere andata in desuetudine (lib. I, tit. 17, Leg. I, De veteri iure enucleando); ovvero, se non vi è una legge contraria (Ibid. Leg. 2). Così con tutto il suhstituitur, ci troveremo da un canto colle leggi veglianti contro la religione, e dalP altro avremo il Concordato. Quelle in pieno vigore; questo in piena osservanza, ma in quelle parti che favoriscano la Repubblica ed il suo Presidente. »

Questa riflessione del card. Borgia è assai acuta, ma dava ,->. nel segno. Venuto però al punto di consigliare al Papa P am- missione o no dell'articolo, il Borgia si contiene nel dubbio^ Il segretario della congregazione, Mgr Bertazzoli, così di- scorre intorno a questo medesimo articolo: « Veggo pur troppo,^ che Fabolizione non è espressamente dichiarata (come si era promesso di fare). Veggo ancora, che questa sostituzione ci dice al più implicitamente la cessazione delle leggi, ma non significa che le leggi- sieno cattive, o emanate da illegittima autorità.

« Tuttavia quest^ articolo (sebbene in sostanza ed in non cattivo) resta imperfetto, e non quieta. Quindi non troverei altra strada, che attaccarsi alla promessa e buona fede del Presidente... »

Giudicarono cosi 'tollerabili questi articoli il Di Pietro, il Caselli, Albani, Carandini, Carafa, Consalvi, ecc. Che cosa pen- sasse in maniera piìi esplicita il card. Consalvi di questo Concordato, vedremo tra breve.

^00 CAPITOLO SESTO

VI.

Insieme con la lettera, clie annunziava V avvenimento del concordato sottoscritto, il card. Caprara ne significava la ma- niera della conclusione con un biglietto, dato nello stesso tempo (18 settembre), nel quale diceva:

« Premesse tutte le consuete formalità, nel giorno di venerdì 16 :andante, fu da me segnato il Concordato colla Repubblica Italiana, e dal cittadino Marescalchi in nome e vece del Primo Console, da <5ui ne era stato autorizzato nelle forme debite « consuete.

« I termini coi quali è stato concluso il Concordato, V. E. li vede dalle qui unite carte, che sono le originali, sottoscritte da ambidue, e munite dei respettivi sigilli.

« Come TE. V. osserverà, debbono qui cambiarsi le ratifiche dentro lo spazio di due mesi. Ella dunque, qualora Nostro Signore si degni condiscendere alla ratifica, abbia la bontà di farmela giungere a tempo opportuno (1). »

La ratificazione del S. Padre partì da Eoma a' 6 di no- vembre (2); quella del Primo Console essendo pronta, i due plenipotenziarii se ne cambiarono mutualmente gli esemplari, sottoscritti da' rispettivi sovrani, a' 16 di novembre 1803 in Parigi (3).

E così ebbero termine le trattative per la conclusione di un concordato tra la S. Sede e la Eepubblica italiana. Il quale, per essere stato concepito e generato sotto gli stessi auspicii

(1) Archiv. Yatic, Italia Ajipendice, voi. XIX. In questo volume, e nel XX trovansi tutti i documenti sopra citati. Le carte, di cui qui jjarla il Caprara, comprendono il processo verbale della segnatura; ve- dile nel Docum. XXYIII.

(2) Vedila nel Bocum. XXYIII.

(3) Vedine il processo verbale e il testo delle ratificazioni nel Docu- mento XXVIII. Ai 16 di novembre fu fatto il cambio materiale degli atti ; Sbì 2 decembre, essendo pronte le ratificazioni, fu fatta la reciproca tra- dizione degli strumenti.

CONCLUSIONE DELLE TRATTATIVE PER IL CONCORDATO 201

del suo germano concordato con la Eepubblica francese, fu sottoposto alla stessa fortuna di trovarsi, nel suo stesso na- scere, accompagnato e sopraffatto da aggiunte, le quali col nome di articoli organici, ossia di una vera superfetazione , fecero perdere la significazione genuina del contratto bilate- rale, pattuito tra le due Potenze; e così il concordato divenne discordia.

CAPITOLO SETTIMO

Gli articoli organici del (concordato tra la S. Sede e la Repubblica italiana

SOMMARIO :

I. Soddisfazione provata in Roma per il concordato italiano, conchiuso

e ratificato solennemente.

II. I decreti pubblicati in Milana dal vicepresidente Melzi a' 26 di gen- naio 1804 guastano il concordato, oifendono la S. Sede, clie ne con- sidera come sospesa V obbligazione. Lamentanza del Papa al Primo Console; avvisi e istruzioni del Consalvi al card. Legato.

III. Risposta del Primo Console al Pajia ; e provvedimenti presi in Milano j intorno alle cose ecclesiasticbe coi decreti del 22 maggio e 8 giugno 1805.

Il Papa disapprova quei decreti, come contrari! alla disciplina della Chiesa.

IV. Il concordato italiano fu il primo germe della dissensione tra Na- poleone e Pio VII in materia ecclesiastica.

V. Epilogo.

I.

Tra tutte le opere politico-religiose, nelle quali il Bona- parte ebbe messo la mano, il Concordato tra la Santa Sede e la repubblica francese, e in ispecie quello conchiuso con la lepubblica italiana, fu Fopera che riscosse maggiore approva- zione dai buoni, e dalla stessa Sede Apostolica. « Si è fatto, scriveva il Oonsalvi ' dandone notizia a' rappresentanti pon- titicii nelle varie corti europee, si è fatto il concordato ec- clesiastico con la repubblica italiana; e nella posizione delle cose in quella repubblica, e nel secolo in cui viviamo, credo ^che ci sia da esserne contenti non poco (1). »

(1) Cifra a' Nunzìi, 15 ottobre 1803 (Archiv. Vatic, voi. cit.).

GLI ARTICOLI ORGANICI DEL CONCORDATO 203

Entrando più ne^ particolari e nello spirito, onde fu com- posta questa convenzione tra le due potestà governatrici dei popoli, così ne scriveva lo stesso Oonsalvi dopo lo scambio delle ratificazioni, cioè quando poteva comunicare a^ Nunzii i ragguagli sicuri del tenore e delP importanza delle cose, che erano state conchiuse in quel concordato a vantaggio della religione.

Cifra a' Nunzii^ 16 Gennaio 1804.

Tutte le relazioni mi portano che la Republica Italiana, e per essa il corpo legislativo, è rimasta assai mal soddisfatta dal nuovo - /

Concordato, dicendo che E-oma vi sta assai meglio che ai tempi di Giuseppe II. Io mi lusingo, eh' Ella ravviserà in questo Concor- dato, riflettendo alle circostanze dei tempi, un vero trionfo della Religione.

La revoca di tutte le leggi fatte in materia di religione dalla Repubblica Italiana è una cosa, che ha del miracoloso che siasi ot- /^ tenuta, se ben ci si riflette. L'altro articolo che fissa, che in tutto ciò che non è espressamente stabilito nel Concordato, si proceda con le regole della Chiesa, è pure un altro punto che ha un prezzo ve- ramente infinito. Tanti altri articoli disciplinari sono di un merito impareggiabile, fissando massime, che da qualche tempo sono pur j troppo attaccate e violate in quasi tutti gli Stati, non che nella | Republica suddetta. I sacrifizi che si sono fatti delle nomine ai Vescovadi, e nel rilascio dei beni alienati nella rivoluzione, oltreché nelle circostanze erano indispensabili, hanno un abbondante com- penso in quel che si è guadagnato ; e cosi la cessione delle nomine alle Parrocchie. Due soli piccoli Vescovadi si sono soppressi, e sal- vati i loro Beni. Insomma mi sembra, che ci sia di che veramente rallegrarsi di un Concordato simile in si fatti tempi, e averne buon grado alla religione e ragionevolezza del Primo Console.

Devo su di ciò avvertirla, che nella copia ratificata dal Primo Console si scorge una alterazione, che qui è sommamente dispia- ciuta; ed è che in ogni articolo, in cui si nomina il Papa e il Pre- sidente, si è inverso l'ordine, e data a questo la pi-eferenza contro la dignità del Capo della Chiesa, e lo stile antichissimo di tutti ,^_ i Sovrani. Si ha luogo a credere, che ciò sia stato alterato in Mi- lano. Ella lo sappia per distruggere lo scandalo, e forse il fatale

^04 CAPITOLO SETTIMO

esempio che possono prendere altri; e dica pure, che gli originali sono diversi, avendo ìq essi il Papa e il suo plenipotenziario la preferenza (1).

I vantaggi, de' quali il Oonsalvi rialza V importanza per la religione in questo concordato, vanno considerati in rela- zione delle circostanze, in mezzo alle quali fu conchiuso. In- fatti essendosi la repubblica cisalpina, o giacobina, che fa lo stesso, impossessata di tutti i beni ecclesiastici; avendo di- strutto gli ordini religiosi, e perseguitato tutto il clero che non avesse benedetto gli alberi della libertà, o chiuso occhi e bocca dinanzi alle ladrerie ed alle empietà di ogni fatta commesse da' nuovi governatori de' popoli ; e, per dire tutto in poco, dopoché la repubblica cisalpina si era arrogato il pieno governo delle chiese e del clero, fu una vera benedizione -che la repubblica italiana di un cotal pieno governo cedesse la metà al Papa ed ai vescovi : questo è il lato giusto, dal -quale il Consalvi considerava il concordato teste conchiuso, e ne dichiarava 1 vantaggi.

Ed in oltre, a considerarlo come norma che stabiliva l'ac- <}ordo tra le due potestà, in quel trattato si trovavano molte «ose, che a' nostri giorni si desidererebbero assai. Per addi- tarne alcune, l'articolo XI esigeva che le opere pie fossero governate da un egual numero di ecclesiastici e di secolari. L'articolo XVII diceva : Eesta severamente proibito tutto ciò, <ìhe o colle parole o col fatto o in iscritto tenda a corrompere i

(1) Quest' alterazione si può scorgere, confrontando il testo come è riferito nell'Appendice di questo volume {Documento XXIX) con quello ri- ferito dal Theiner (II, 270). In fatti nel testo di questo autore si legge: « Il Presidente della Repubblica Italiana, Primo Console della Repub- blica Francese, e Sua Santità il Sommo Pontefice Pio VII, hanno re- spettivamente nominato : il Presidente della Repubblica Francese il Cittadino Ferdinando Marescalchi.. . Sua Santità l' Eminentissimo Si- gnor D. Giovanni Battista Caprara » Un tale stile, non mai adoperato

dagli imperatori ne dai re delle stirpi passate, dimostra nel Bona- parte il lato debole del parvenu.

GLI ARTICOLI ORGANICI DEL CONCORDATO 205-

buoni costumi^ o al disj^rezzo della religione cattolica e de' suoi ministri. E Particelo XVIII : Il clero sarà esente da ogni sorta di servizio militare. E' nel XX si dichiarava, che gli Oggetti ecclesiastici non compresi nel Concordato, sarebbero trattati a tenore della vigilante disciplina della chiesa; e che le difficoltà, possibili a sorgere, sarebbero concertate tra il Papa e il capo del governo. Cose tutte, della cui assenza tal governo che si dice liberale si adorna e si glorifica!

IL

Ma la concordia, che doveva portare alla nuova repubblica frutti di prosperità duratura, e brillare dinanzi a' popoli come stella di pace e ara di cittadina sicurezza, morì quasi nel suo stesso nascere per colpa insigne di coloro medesimi, che ave- vano concorso alla sua faticosa apparizione alla luce del ciela repubblicano. Se il Primo Console ebbe il primo merito nella conclusione di quel concordato, non gli si può negare il bia- simo di avere acconsentito alLi pubblicazione contemporanea di quegli articoli, i quali per opera della Consulta milanese ne accompagnarono la promulgazione e ne guastarono fino dal principio P efficacia riparatrice.

Infatti sino dagli ultimi del decembre del 1803 si ebbero notizie in Eoma, che il governo di Milano non era contento del trattato, ma che il Prino Console aveva resistito e richie- stone l'approvazione solenne:

« Si hanno sicure notizie, scriveva il Consalvi (17 decembre 1803) dal Card. Legato, che la Consulta legislativa di Milano siasi prote- stata a Parigi, ne' più solenni termini, di non volere ammettere nella massima parte il Concordato fatto con la Repubblica Italiana, sti- mandolo troppo vantaggioso a Roma e contrario alle correnti mas- sime del secolo; ma il Primo Console ha tenuto fermo; e malgrado tutto ciò lo ha ratificato, sicché fra pochi giorni si dovevano con- signare e cambiare le rispettive ratifiche.

« Questa contrarietà del corpo legislativo di Milano, che deve poi

206 CAPITOLO SETTIMO

darne la sanzione, non so se produrrà che il Concordato tardi a pubblicarsi, finché il Primo Console lo creda opportuno, come ac- cadde di quello con la Francia... Tanto è vero, che è al solo Primo Console che si deve tutto il bene della religione in detti luoghi. Ella su questa opposizione del Corpo legislativo di Milano osservi il più profondo silenzio (1). »

Ora, fìao da^ 30 di settembre, nel qual giorno il Melzi in- viava a Parigi la confermazione del concordato, fatta dalla Consulta con atto formale, lo stesso Melzi nel ringraziar che faceva il Primo Console della pace conchiusa con Eoma, ^ià pensava alla maniera di supplire, con una aggiunta posteriore, a molte cose^ sulle quali era allora necessario di chiudere gli oc^ chi ; ed accennava ad una promessa del Primo Console, che un tal supplemento differiva al tempo delV esecuzione del Concordato. Del rimanente rammenta vagli, siccome massima non discara al Bonaparte, che cioè nel comporre il concordato, oltre che le finanze non bastavano a compiere i desiderii dé'preti, non potevasi non tener conto e ragione de' diritti della sovranità (2).

(1) Arcliiv. Vatic.^ Cifre a' Niinzii, Principi, voi. 276 A.

(2) « J'ai l' lionneiir^ così il Melzi al Primo Console, de voiis euvoyer Vacte formel d' aplìrobatioii de la Consulte d'Etat ponr le Concordata

i accompagné des expressions de la jusie et profonde reconnaissance que lui ' insj)ire ce nonvean hienfait, que la Nation Italienne vons doit. J' adhère et partage ces sentiments de tonte mon àme, sentant profondément Pinipor- tance d'ètre eu paix avec Rome.

« Vons avez senti, dans votre sngesse, combien ponr obtenir cette paix il était nécessaire de fermer Ics yettx sur hien des clioses, et vous avez ren- voyé à V exécution le comiìlément de votre ouvrage. C^ est ponr cette exécution que j'invoqne votre ax)x>ni, je dirai mème votre sévérité. »

E più sotto il motivo della necessità di un tale aiuto : « Sans prendre des mesnres convenaMes, nos finances ne pourraient suffire à rem- pìir les voeux des prétres. » Conchiude poi con queste parole: « J' espère que vous appronverez que ma condiiite soit dono régiée sur le principe que l'on n' a pii ni voulu, dans le Concordai^ déranger ni diminuer en rien le droit de la sonveraineté (Melzi, Lettere-Documenti, 11^ 189). » '^

L' atto della ratificazione del Concordato, decretata dalla consulta milanese è riferito dal Theinek (II, 277). Porta la data de' 27 settem- bre 1803.

GLI ARTICOLI ORGANICI DEL CONCORDATO 207

Più esplicitamente poi iii un'altra lettera al Primo Con- sole (15 decembre 1803), il Melzi avvisavalo della neces- sità di accompagnare la pubblicazione del concordato con quelle regole di esecuzione, le quali ne dovevano determinare il vero senso. E ne accennava come pretesto Pavere già la corte romana divulgato colla stampa il testo del concordato, come per preoccupare lo spirito del pubblico e cattivarsene Popinione in anticipato (1). Quando invece è per me cosa certa, che da Koma non si diede ordine di una tale pubblicazione, prima del mezzo di gennaio 1804 (2).

Il Melzi compì quanto ebbe divisato. io lio trovato nessun vestigio di documento nelPimmensa corrispondenza del Bonaparte, in altri documenti, dal quale risulti che il Primo Console o prima o dopo lo abbia mai dissuaso o disapprovato. Sopra di lui dunque, come sopra il duca di Lodi, ricade il guasto di un'opera ben fatta e la cagione delP immenso do- lore che ne risentì il Pontefice Pio YIII

Quelle che il Melzi chiamava regole di esecuzione del con- cordato, le quali ne dovevano accompagnare la pubblicazione

(1) « Je suis convaincu... que poiir P olbtenir (1m paix des couscien- €68) d'une manière sùre il faudra, à Pacte de la piiblication du Con- cordat, publier aussi les règles d' exécution qui en expliquent le véri- table sens en le fìxant ; car Rome, par une divulgation prématurée dans tonte l'Italie, a déjà pris le devant pour gagiier l'opinion dans la di- rection qu'elle voudrait me donner (Ibid., p. 291). » f

Da tutto il carteggio del Consalvi, che lio «corso accuratamente, posso dire con sicurezza, che in quella x)ubl)licazione anticix)ata Roma non ebbe nessuna parte. E che la direzione, che il Melzi giudicava volergli esser data da Roma, è una sua invenzione.

(2) Così il Consalvi dispacciava ai Nunzii (13 gennaio 1804): « Il Primo Console... ha spedito a Roma il tìglio del (Marescalchi) a recare la sua ratifica del Concordato fra la S. Sede e il medesimo, approvata già anche dalla Consulta di Milano. Si è quindi fatto luogo a puhììlicarìo : e mi affretto ad accludergliene un esemiìlare, desiderando anche che Ella lo faccia inserire in codeste gazzette (Archiv. Vatic, Cifre «' Nnnzii, voi. 276 A). »

208 CAPITOLO SETTIMO

a fine di spiegarne il vero senso ai popoli lombardi, sono 12 articoli, cui franca veramente la spesa di riferire intieri, come uscirono alla luce in Milano a'26 di gennaio 1804, anno III della Repubblica italiana. Senza aver bisogno di chiose, ogni lettore vi scorgerà la quintessenza dello spirito regalista, come s^iusegnava nelFuniversità di Pisa^ come fu praticato ed im- posto da Giuseppe II, denominato V imperatore sacri stano. Eppure si era in tempo di repubblica, la quale era nata a" distruggere le opere della tirannia! Tutte parole : per la Chiesa non furono distrutte coteste opere della tirannia; in quella vece furono conservate le antiche, e se le ne imposero delle nuove. I seguenti decreti lo dimostrano: secondo i quali, per un esem- pio, un cittadino non si poteva vestire da frate, senz^ averne prima ottenuto il beneplacito del Melzi, vice-presidente della Repubblica italiana !

Decreto del Vice- Presidente della Repubblica Italiana circa il Concor- dato colla Santa Sede. Repubblica Italiana. Milano 26 Gen- naio 1804 anno III. Il Vice-Presidente della Repubblica.

Visto il Concordato conchiuso tra la Republica Italiana e la Santa Sede Aplica col mezzo dei rispettivi Plenipotenziarj, e firmato a Parigi li 26 Settembre 1803. Anno II.

Veduto l'atto del cambio delle rispettive ratìfiche, seguito in Parigi nel di 26 di novembre 1803.

Veduta e considerata la serie delle trattative, precedute alla con- clusione del Concordato; sentita la Consulta di Stato, decreta:

Art. 1.

Le leggi, gli ordini, i decreti della Repub. Italiana cessano di aver forza, e vigore, laddove il Concordato altrimenti provvede.

Art. 2.

Il Presidente succeduto agli Imperatori Duchi di Milano, usa nella Repub.^ dei relativi diritti e privilegj, a termini delle leggi e convenzioni precedenti.

Art. 3.

Il Presidente dichiara e determina i capitoli piii insigni da notarsi.

GLI ARTICOLI ORGANICI DEL CONCORDATO 209

Art. 4.

La legge mette a disposizione del Governo i fondi necessarj alle dotazioni contemplate nel Concordato.

Art. 5.

Fermo stante, che nessuna Fondazione Ecclesiastica si possa de- finitivamente sopprimere senza il concorso della Santa Sede, la fa- coltà di vestire, e di ammettere alla Professione Religiosa è ristretta agli Ordini, Conventi, Collegi, Monasterj, applicati per Istituto al- l' istruzione, all'educazione, alla cura degli Infermi, o ad altri simili Oificj di speciale publica utilità.

Art. 6.

Per la vestizione, e Professione Religiosa individuale, e per la promozione agli Ordini Sagri si richiede la placitazione del Groverno.

Art. 7.

La libera comunicazione dei Vescovi colla Santa Sede non im- porta devoluzione di cause da trattarsi in via contenziosa avanti Tribunali, dipendenza alcuna dall'Autorità Spirituale negli og- getti di privativa competenza della Temporale Sovranità.

Art. 8.

Le Bolle, i Brevi, e Rescritti della Corte di Roma non possono emettersi in uso esteriore e pubblico, senza la placitazione Gover- nativa. "

Art. 9.

Sotto la denominazione di Clero esente dal servizio Militare si comprendono i Sacerdoti, gli iniziati agli Ordini Sagri, i Chierici ammessi nei Seminarj Vescovili, ed i vestiti, o professi negli Ordini Religiosi.

Art. 10.

Il Governo informato appoggia le disposizioni Canoniche corre- zionali dell'Autorità Ecclesiastica per tutti gli etfetti esterni, e non assiste i reclamanti da esse, se non se in caso di manifesto abuso, osservati sempre i confini ed i modi della rispettiva competenza.

Risieri. La Diplomazia Pontificia nel secolo XIX, Voi. II. 1^

210 CAPITOLO SETTIMO

Art. 11.

La vigente Disciplina della Chiesa è mantenuta nella sua atti- vità, salvo il diritto della tutela, e giurisdizione politica.

Art. 12.

Il Ministro per il Culto è incaricato dell'osservanza, ed esecu- zione del presente Decreto.

Melzi

Il Consigliere Segr. di Stato L. Vaccari

III.

II dolore provato ìd Roma dalla pubblicazione di cotesti decreti organici, fatta in maniera quanto inaspettata altret- tanto ingiuriosa alla fede di un pubblico trattato, fu così si- gnificato a tutti i Nunzii pontifìcii dal card. Oonsalvi (11 di febbraio 1804):

« Il decreto pubblicato dal Vice-presidente Melzi contempora- neamente alla pubblicazione del Concordato con la Repubblica Ita- liana, venendo a distruggere in gran parte la disposizione del Con- cordato stesso in favore della Santa Sede e della causa della Chiesa, il Santo Padre ne ha risentito un inesprimibile rammarico; si aspettava (ma tale è la condizione de' tempi) una infrazione del Con- cordato stesso nell'atto che si rendeva palese. » Reclamerà al Primo Console, non potendo supporre lui conscio di una tale mancanza ai trattati (1). »

Il Santo Padre fece quindi quel tanto che poteva fare, scri- verne cioè lamentandosi al Primo Console di una tanta man-

(1) Ed a Mgr Morozzo, nunzio in Firenze, soggiungeva :

« Undique angustiae! Il Vice-presidente... ha riunito un decreto, che

Tiene in sostanza a gettare a terra le più utili disposizioni della S. Sede.

Il S. Padre ne è stato stomacatissimo. Dio faccia che il Primo Console ne

si-a stato ignaro. Ma dicono alcuni: è egli da supporsi che Melzi ahhia da

<sè osato tanto f (Archiv. e loc. cit., voi. 276 A). »

GLI ARTICOLI ORGANICI DEL CONCORDATO 211

canza ad un pubblico contratto e internazionale, fatta in ma- niera così solenne e tanto indecorosa al Capo di tutta la cristia- nità. Il Papa dunque diresse al Bonaparte, come a Presidente della repubblica italiana,, le sue lamentauze in una lunga e ragionatissima lettera (29 febbraio 1804), nella quale signi- ficava la sua maraviglia per la pubblicazione di un decreto, uscito inaspettatamente siccome regola del concordato, e il suo dolore per essere da quel decreto lo stesso concordato si può dire distrutto. E faceva al Primo Console il seguente discorso:

« La vostra perspicacia e la vostra rettitudine non hanno bi- sogno di dettagliate dimostrazioni, per intendere che ninna aggiunta e niuna alterazione poteva permettersi il Vice-presidente nel de- creto, senza ledere non meno la natura del Concordato, che la spe- ciale convenzione contenuta nell'articolo XX del medesimo. Secondo l'uno e secondo l'altro, o le formole del Concordato erano chiare (e lo sono in sostanza in ogni parte, perchè pesate con tanta maturità prima di stipularle), e non potevansi cambiare in alcun modo; o includevano qualche difficoltà o interpretazione, ed allora non po- teva il Vice-presidente dichiararne niente di suo arbitrio; ma do- veva aspettare la dichiarazione, che nel caso di difficoltà si era nel suddetto articolo XX riservato al concerto della Santa Sede e del Presidente. »

Così Pio VII, il quale aveva già premesso, non potere egli persuadersi che il Primo Console avesse avuto notizia di cotale rottura della convenzione j ma ne attribuiva tutta Topera « alle occulte trame » degli osteggiatori del concor- dato. « Eglino, dice il buon Pio VII, (ne siamo convinti), si studiano però invano di coprire con le arti delP astuzia... le infrazioni del piti sacro di tutti i trattati... Koi conosciamo troppo la vostra lealtà^ per non dubitare nemmeno un istantey -che artifizi ^^^^ opposti alla scliiettezza e alla magnanimità con cui voi accompagnate e sostenete gli impegni che avete contratti^ non potranno meritare die il vostro sdegno e la vostra disappro- vazione... »

212 CAPITOLO SETTIMO

Non c'è dubbio, cbe qui Pio VII usava una figura di ret- torica, con la quale si accenna di non credere ad una cosa, mentre vi si crede pur troppo!

A ogni modo si protestava il Santo Padre, che, sussistendo un tal decreto, egli per parte sua alzerebbe la voce, e non reputerebbe più sussistente lo stesso Concordato. Si rivolgeva dunque al Primo Console affiucliè ciò non si avverasse, e lo esortava a rivendicare V osservanza del trattato, leso da quel decreto, di cui doveva togliersi di mezzo resistenza e Pap- plicazione (1).

Questa lettera del Papa doveva essere officialmente conse- - guata allo stesso Primo Console dal card. Legato. Di ciò il Con- salvi nello stesso tempo scriveva al Caprara, e glie ne dava Pordine formale, aggiungendogli di far con la voce quelle rappresentazioni che potesse maggiori. E da parte sua sfogava lo sdegnoso dolore che P animo nobile del Consalvi risentiva per Folìesa recata al Santo Padre e per Pingiuria, onde si mancava pubblicamente astrattati e al diritto delle genti. Così infatti scrivevagli (29 febbraio 1804) :

Non saprei esprimere abbastanza all'Emza Vostra qual sensa- zione abbia prodotto nel Santo Padre la inaspettata comparsa di ^ un decreto del Vice-Presidente Melzi, relativo al Concordato con la Repubblica Italiana, col quale decreto viene ad infrangere il Con- cordato medesimo nel suo stesso nascere, e si fa rivivere ciò che < col Concordato si era tolto di mezzo. La sensazione, prodotta nel- l'animo del Santo Padre, è stata accompagnata da quella prodotta negli animi di tutti i buoni, venendo generalmente da tutte le parti alla Santità Sua le più conformi e analoghe rimostranze sull'oggetto.

Il Santo Padre nel suo profondo dolore per tale non atteso av- venimento, si è determinato a rivolgersi al Primo Console con l'an-

(1) Insieme con questa lettera inviava una memoria, nella quale si dimostrarono, in un confronta, le ojiposizioni degli articoli Melzi ani agli articoli del Concordato. Lettera e memoria dovevano essere presentate al Primo Console dal Card. Legato. Si trovano intiere nello Archivio Vaticano, Italia Appendice.,., voi. XIX, e nel Theinek, II, 281.

GLI ARTICOLI ORGANICI DEL CONCORDATO 213

nessa lettera, in cui è anche inserta una dimostrazione della oppo- sizione al Concordato del decreto, di cui si querela. E troppo sicura la Santità Sua, che il Primo Console, di cui pienamente conosce la religione, la lealtà e la magnanimità, è affatto estraneo a un tal decreto, che nemmeno ne porta il nome, V approvazione, e rav- visa chiaramente in esso la operazione di quelle vive opposizioni al Concordato, che nelle trattative del medesimo si sono speri- mentate dalla parte di Milano, e che il solo Primo Console ha po- tuto vincere.

Una manifesta infrazione dalla parte della Republica Italiana del Concordato stesso, dice il Santo Padre, che metterebbe, come ben vede TEmza Vostra, anch'esso nella dispiacevole necessità della non esecuzione del medesimo dal canto suo. Anche il decoro del Santo Padre, nonché gli interessi della religione, ne resta grande- mente compromesso in faccia al mondo. Purtroppo non mancano le osservazioni ed i rilievi di quelli, che opposti sempre alla condotta, tenuta dalla Santità Sua nelle accadute vicende, traggono da tali infrazioni delle stesse convenzioni solennemente stabilite, forte mo- tivo di condanna. Ciò che non lascia di fare un assai cattivo effetto nel pubblico, e nuoce ben anche agli stessi interessi dei Stati, non- ché a quelli della religione, se bene vi si rifletta.

Il Santo Padre è nelP intima persuasione, che la sua coscienza, il suo decoro gli permettono di tacere su questo inatteso avve- nimento, a cui se non si provvedesse, dice che si vedrebbe nella necessità di riparare dal canto suo in una maniera, che fosse co- nosciuta.

Quindi mi ordina espressamente di scrivere su di ciò a Vostra Emza ne' più efficaci e premurosi termini, e le commette che pre- sentata la sua lettera al Primo Console, V. E. coadiuvi presso il medesimo con 1' efficacia della viva voce^ e con le più calde pre- ghiere, perché voglia sollecitamente provvedere all'oggetto in un modo, che n'empia e nella sostanza e nell'apparenza le indicate giustissime viste della Santità Sua.

E nella stessa sua doppia qualità di suo Legato e di arcive- scovo di Milano ha luogo di trovare i più forti stimoli ad assumerne con efficacia il più vivo impegno, giacché in questa seconda quali- fica si troverebbe assai imbarazzata nell' esercizione del suo mini- stero, qualora il decreto, di cui si querela, dovesse sussistere.

Ma la religione e la sapienza del Primo Console rassicurano l'animo di Sua Beatitudine, la di cui giusta rimostranza è garantita

214 CAPITOLO SETTIxMO

dalla santità iuerente per natura a tutti i trattati; santità, che il Primo Console stesso con tanta energia dimostra quanto Egli voglia che sia inalterata, e intatta.

Il Santo Padre è nella più viva impazienza de' riscontri, che suir oggetto attende dall' Emza Vostra, a cui rinnovando il mio più profondo ossequio passo a baciare umilissimamente le mani (l).

Il Primo Console tardò a rispondere alla lettera del Santo Padre: era allora occupato alP allestimento della grande ar- mata per la leggendaria discesa nelPInghilterra, al processo per V attentato di Giorgio Cadoudal^ alla cattura, processo e morte del duca di Enghien, alla sua nomina ad imperatole de' francesi, ed infine disponeva le cose per essere coronato, consacrato ed unto imperatore dalla mano del Papa, siccome Carlomagno.

Tuttavia a^ 22 di aprile rispose al Papa, e gli diede buone parole! Non vedeva, così scrivevagli, altro rimedio da ap- porre al già fatto se non il richiamare a se la direzione di tutti gli affari, che avessero relazione con il concordato ita- liano e di far venire a Parigi il ministro milanese de' culti. Egli poi vedrebbe maniera di terminare il negozio col card. Ca- prara, al quale intanto pregava Sua Santità di conferire i pieni poteri necessari a quel fine (2)!

(1) Arcliiv. Vatic, Italia Appendice..., yo\. X, Fascio C. Veramente il Card. Caprara non aveva aspettato gli ordini di Roma, i)er fare al Primo Console grandi e nobili proteste in nome dei S. Padre. Composo egli pure una memoria, in cui faceva il confronto delle differenze fra gli articoli del concordato e quelli del decreto di Melzi. La consegnò al Marescalchi, per essere rimessa al Primo Console. Di tanto avvisava il Consalvi ai 26 febbraio 1804, inviandogli copia di questa sua me- moria la quale si trova nel voi. XX, Italia Appendice..., Archiv. Vatic.

(2) « ...Pour sortir de l'embarras mejettent les observations que Votre Sainteté a faites sur les affaires de Milan, j'ai ]>ris le parti d'at- tirer directement à moi tout ce qui est relatif au concordat de hi Ré- publique italienne, et j'ai ordonné que celui qui est cbargé de ces affaires à Milan, se rendit à Paris. Je verrai à les terminer avec le card. Lé- gat. Je prie donc Votre Sainteté de lui donner tous ses pouvoirs à cet effet. Elle sait le plaisir que j'épreuve à faire quelque chose qui lui soit agréable {Correspondance, IX, n. 7708). »

GLI ARTICOLI ORGANICI DEL CONCORDATO 215

Con ciò si aveva aria di voler come a dire contrattare per un nuovo Concordato! Se non che era questo un dichiarare, che il decreto del Melzi non * solo non veniva abolito, ma neppure sospeso. Altrettali parole diede al card. Caprara; ma, ciò che più monta, nulla da lui fu scritto al Vice-presidente della Repubblica italiana^ per rimprovero per disappro-j ; vazione di quanto, del rimanente, costui aveva decretato dMn- | tesa col Primo Console della Repubblica francese.

lY.

Per tutto Panno 1804 il concordato Italo-romano rimase dun- que come sospeso, almeno dalla parte di Roma, per ciò che ri- guardava la nuova aggiunta de' decreti melziani, da Roma non voluti potuti accettare.

Un certo cambiamento accadde solo nel maggio del 1805, quando già il Bonaparte da Primo Console di repubblica fu divenuto imperatore de' francesi. In quel tempo egli lasciò, per invito e per viltà de' servi italiani, eziandio il titolo di presi- dente dell'italiana repubblica, e in quella vece si fece nominare re d'Italia : per siffatta maniera finì la commedia, il cui primo atto erasi rappresentato ne' comizi di Lione, un tre anni innanzi.

In quell' epoca e con quell'avvenimento ebbe pure una so- luzione il grosso negozio del concordato italiano, che in quei comizi propriamente aveva incontrato il suo primo nascere.

Se non che, la risoluzione ivi presa non fu la fine, ma se- gnò il principio di quelle divergenze religiose, le quali dove- vano segnare nella storia della religione e della politica l' im- pronta più memorabile, che si ricordi ne' fasti de' popoli moderni.

Egli nell'aprile di quest'anno 1805 trovavasi nel Piemonte, incamminato alla volta di Milano, per cingervi la corona degli imperatori d'occidente. Si fu in quella circostanza, che tro- vandosi ne' campi di Marengo, volle dare una mostra guer-

216 Capitolo settimo

resca, col rifare alla testa delle milizie che vi si trovavano, quelle medesime evoluzioni tattiche, che. in quella famosa gior- nata, un cinque anni prima, gli avevano fruttato la celeberrima vittoria di quel nome. Per ciò aveva fatto venire da Parigi il cappello e Pabito, che aveva vestito nel giorno di quella memoranda battaglia. Ma i vermi, che non rispettano ne gli abiti i corpi degli uomini anche grandi, avevano tarlato

,f quegli abiti: eppure con indosso quegli abiti tarlati, si fece

^ alla parata militare (1)!

Giunto in Milano agli otto di maggio 1805, nello spazio deMue primi giorni compose il consiglio di Stato italiano, di cui per la parte politica fece il Melzi gran cancelliere, e della parte religiosa incaricò il card. Oaprara col titolo di cappellano maggiore (grand-aumonier). A' 13 del mese fu adu- nata la sezione del Consiglio di Stato religiosa e finanziaria, e con Napoleone alla testa si regolò il bilancio per le cose ecclesiastiche: venuero fissate le pensioni ai dignitari della chiesa, e stanziate le doti alle mense episcopali, alle fabbriche, a' seminari, a' capitoli.

A' 22 di maggio fu pubblicato un decreto, il quale doveva assestare definitivamente le relazioni in materia religiosa tra la Santa Sede e il nuovo regno italico, ossia dar vigore a quel concordato, al quale Pitaliana repubblica aveva dato la morte insieme colla prima vita. Il decreto diceva : « Il Concordato conchiuso a' 16 settembre del 1803, avrà il suo pieno adem-

V pimento al primo di giugno (2). »

La notizia di un tal decreto, che doveva riuscire certa- mente assai gradita al Papa, siccome di un decreto rivoca- tore di quello di Melzi, fu data al Santo Padre dallo stesso imperatore in una lettera, che questi gli spedì da Milano (24 di maggio): « Una delle mie prime cure, dice vagli, dopo il mio

(1) BouRRiENNE, Mémoires, VI, 280.

(2) Bollettino delle leggi del Kegno d'Italia, au. 1805, n. 35.

GLI ARTICOLI ORGANICI DEL CONCORDATO 217

arrivo a Milano, è stata quella di dare con un decreto esecu- zione al concordato. Vostra Santità può fare lo stesso a Roma senza nessun dubbio. Ecco dunque le cose terminate in una maniera decente (1). »

Se una tale notizia potè dare speranza al Papa di vedere una volta proceder concordi politica e religione, contenendosi ciascheduna nelle linee tracciate da un concordato convenuto solennemente tra le due autorità, quella speranza andò delusa dopo due soli giorni j quando cioè giunse a Roma conoscenza di un altro decreto, portato dalP imperatore e re a' 8 di giugno, col quale Napoleone governava le cose ecclesiasticbe, come se egli fosse il Capo della Chiesa.

Quel decreto delPS giugno era composto con molta accor- tezza; e non si può negare, che conteneva molte cose buone e di vantaggio al clero ed alla religione, massimamente avuto rigurdo allo sperpero, che dal giacobinismo erasi fatto dal 1790 nel milanese de' beni ecclesiastici e delle persone sacre. Il nuovo re d'Italia fece restituire a' vescovi buona i)arte delle antiche rendite, facendo stanziare per Crema lire 16000; per Forlì, 15100; Modena, 15100; Rimini, 12000; Cesena, 12400; Comacchio, 10000; Como, 11900; Faenza, 11856; Bre- scia, 30000 (essendole stati venduti i beni della mensa nel 1797); Milano, 157013; Ferrara, 56000; Bologna, 51000; Raven- na, 40000; Vigevano, 42404; Mantova, 27700; Novara, 26500; Cremona, 23100; Lodi, 20000 ; Cervia, 20000; Bergamo, 19700; Verona, 19000; Pavia, 17100, con un supplemento di L. 500; Reggio, 16000 con un supplemento di L. 10902 dall'abbazia di Nonantola.

Dotò i capitoli delle chiese cattedrali con somma comples- siva di L. 555000 per tutto il regno. I seminari conservarono

(1) « Un de mes preuiiers soins, à mon arrivée ici, a été de prendre mi décret pour la mise à exécution du concordat. Votre Sainteté peut douc le faire à Rome, sans aiicuiie espèce de doute. Ainsi toutes Ics choses sont arrangées d'ime manière couvenable {Correspoiuìance , X, n. 8781). »

218 CAPITOLO SETTIMO

^

le rendite^ delle quali si trovavano in attuale godimento^ reinte- graudo quelli che le avessero perdute o in totalità o in parte^ fino alla somma di annue lire settantaduemila. Le fabbriche delle cattedrali conservarono il loro attuale patrimonio, con un risarcimento di quattro a novemila lire, se danneggiate.

Di ordini religiosi conservò i Barnabiti, i Somaschi, gli Sco- lopi, gii Ospitalieri, i Filippini, i Crociferi, i Preti della mis- sione; ridusse le loro case a minor numero, ma ne rispettò i beni. I mendicanti di tutto il regno furono ridotti e riuniti in ottantotto conventi : nessun convento doveva contare meno di ventiquattro sacerdoti, e di un numero di laici proporzionato.

Delle monache ritenne le Salesiane, le Orsoline, e altre con- gregazioni insegnanti. Gli altri ordini femminili divise in qua- ranta monasteri di prima classe, con assegnamento nelle rendite dello Stato di lire diecimila, ed una pensione vitalizia di lire trecento per ogni monaca; ed in altri quaranta monasteri di seconda classe, con la sola pensione di lire seicento alle pro- fesse, e cinquecento alle converse.

L'età per la professione religiosa fu fissata ai ventun'anni pei religiosi, ai diciotto per le monache. I beni dei conventi e de' monasteri soppressi furono addetti al demanio come beni nazionali, e ne fu versato il prezzo di vendita nel monte Na- poleone, per estinguere il debito pubblico (1).

Come si vede, i vantaggi da questo decreto arrecati alla religione, chi li commisuri a' tempi procellosi degli anni teste passati^ non erano piccoli. Quindi se si ha a credere al P. Theiner, che qui è panegirista esultante, tutto il clero del regno italico ne salutò Fautore con entusiasmo, considerando Napoleone come il suo massimo benefattore, e come il ristau- ratore della Chiesa.

«J^j?i^re, esclama egli dopo poche linee e non senza una punta di propria scontentezza, a Roma il decreto dell' 8 giugno fu

(1) CusA^^I, Storia di Milano VI, 185-186.

GLI ARTICOLI ORGANICI DEL CONCORDATO 219

giudicato in ben diversa maniera (1)! » La sola ragione, veris- sima però, clie questo autore ne accenna, si è che le disposi- zioni di quel decreto erano opposte alP articolo XX^ del Concordato, secondo il quale le provvidenze intorno a cose ecclesiastiche dovevano pigliarsi con previa intesa delle due -^ potestà contraenti.

Ma il Papa, il Consalvi e il sacro collegio videro in quel decreto qualche cosa di più, che non iscorse il P. Theiner. Ci videro cioè sottosopra le stesse cose che si contenevano nel decreto del Melzi dell'anno scorso; con la differenza del- Pesterno apparato di generosità vistosa, con la quale, retri- buendo grandi somme ad una parte del clero e trattandolo con mostre pubbliche di onore, Napoleone copriva Peperà sua dominatrice della Chiesa, ossia mascherava una vera usurpa- zione. Né tengo conto della soppressione di ordini religiosi^ delPincameramento de' beni ecclesiastici, della loro disposi- zione a suo talento, come se i lasciti e le donazioni e la pro- prietà de' cittadini, quali che si fossero monaci o altro clero, non contassero per nulla ne' diritti sociali.

Il card. Consalvi, d'ordine del Santo Padre, manifestava quindi in una nota officiale, diretta al ministro dell' impero francese in Koma, card. Fesch, quanto un tal decreto fosse contrario alla disciplina della chiesa, come offendeva i diritti del Capo della cristianità, ed era contrario al concordato stesso^ cui poco innanzi erasi voluto rimettere in vigore. La nota è del tenore seguente:

Nota del card. Consalvi al card. Fesche ministro plenipotenziario di S. M. l'Imperatore de^ francesi e re d'Italia. Dalle stanze del Quirinale, SO luglio 1805.

Il cardinale Segretario di Stato ha ricevuto l'ordine di Sua San- tità di significare a V. Emza, che la consolazione che aveva pro- vato il suo cuore per il decreto emanato in Milano da S. M. I. e

(l) « ...Son dccret le fìt saluer 2)ar le clergé italien avec eiithousia- sme comme son lAns grand biciifaiteur, corame le restaurateur de PEglise... A Rome, le décret du 8 ^uin f ut urtant Men autrement jugé (LI, 340, 342). »

220 CAPITOLO SETTIMO

Keale nel 22 Maggio, ia cui si ordinava che il Concordato Italiano dovesse avere il suo pieno adempimento, dal 1 Giugno in poi, è stata seguita dalla più viva afflizione, per essere pervenuti nelle sue mani i decreti pubblicati in data degli 8 e 22 Giugno decorso, decreti, che la Santità Sua trova in totale opposizione col decreto anzidetto, contenendo varie ordinazioni le quali, lungi dall' esser conformi al Concordato, il di cui pieno adempimento in detto de- creto si prescrive, sono anzi in una piena opposizione col Concordato medesimo. Nelle indicate ordinazioni ravvisa anzi la Santità Sua lo stesso spirito del decreto già pubblicato dall' ex Vice-Presidente Melzi, sul quale aveva presentato più volte a S. M. I. e R. i suoi giusti reclami, e le sue osservazioni che non lasciarono di fare nel- l'animo di S. M. le più forti impressioni, come ne fu direttamente assicurato il Santo Padre dalla lodata M. S. non meno con Lettera dei 22 Aprile dell'anno scorso, che ripetutamente con la viva voce della stessa M. Sua in Parigi.

Le speranze, che S. M. fece concepire al Santo Padre con detta lettera, le aveva sentite con infinita consolazione graziosamente rea- lizzate.

Il primo graditissimo annunzio lo aveva Sua Santità ricevuto da V. E. per organo di Mons. Isoard (1), il quale sotto il di 31 mag- gio significò al Cardinale scrivente, che VEmo Sig. Cardinale Fesch, appena giunto a Milano, si è occupato delle domande da farsi a 8 M. I. e R., conformemente ai desiderii di Sua Santità, e che S- M. in conseguenza di queste dimande si era degnata pronunziare l'abolizione delle leggi organiche^ promulgate dal Governo Italiano, in seguito del Concordato fatto colla Santa Sede^ di modo che questo Concordato sarà eseguito in tutta la sua integrità.

Di questo annunzio ricevè poi il Santo Padre le assicurazioni direttamente da S. M. con graziosa lettera, inviatagli nel mese pas- sato (2), in cui gli partecipò la emanazione del suo decreto dei 22 maggio per il pieno adempimento del Concordato dal 1 giugno in poi, assicurandolo, che poteva pubblicarlo senza alcun dubbio.

Con meraviglia e dolore ha visto il Santo Padre un opuscolo stampato in Bologna, e che ha per titolo: Decreto della riduzione e respettiva soppressione dei monasteri attuali nel Regno d' Italia.

(1) Monsignor Isoard era nditore francese della Rota romana, assai sti- mato in Roma.

(2) Dei 24 del detto mese, citata più addietro.

GLI ARTICOLI ORGANICI DEL CONCORDATO 221

Nel qual'opuscolo è riportato il Concordato fra la Santa Sede ed il Governo Italiano ; e immediatamente dopo il medesimo, alla pag. 30 il Decreto dell' Ex-Vice-Presidente Melzi circa la esecuzione del Concordato. Ciò ha dimostrato a Sua Santità, che nel regno ita- liano, sia per T espressioni forse troppo generiche del decreto dei 22 maggio, sia per le ordinazioni posteriori, analoghe allo spirito del decreto dell' Ex- Vice-Presidente Melzi, si considera questo anzi che revocato, tuttora in vigore.

Ma il fondamento del cordoglio del Santo Padre è nella decisa opposizione, in cui sono per se stesse le ordinazioni, contenute nei decreti delli 8 e 22 giugno col Concordato stesso, come si è detto di sopra. V. Emza se ne convincerà alla sola lettura delli inserti fogli, nei quali troverà un saggio dei principali oggetti, in cui le ordinazioni suddette ledono essenzialmente il Concordato.

Sua Beatitudine non lascia di manifestare con Sua lettera a S. M, I. e R. il suo cordoglio, trasmettendole il saggio anzidetto, e confidando che la M. S., dopo di averne ponderato il confronto e i rilievi, non soffrirà che rimangano delusi i suoi gloriosi proponi- menti, e che sia lesa in questi oggetti, dei quali ha finor cogni- zione, la fede e la inalterabilità di una Convenzione Sacra ed in- violabile in tutti i rapporti.

Non ha potuto neppure Sua Santità dispensarsi dal far cono- scere a S. M., quanto sia stata profonda la sua afflizione nel sen- tire la distruzione di tante parrocchie succedute nel regno italiano, e senz'alcuna intelligenza colla Sede Apostolica.

Dopo una si grande diminuzione di regolari, che pur erano ausi- liatori dei parrochi, la ulteriore restrizione di questi produrrà ne- cessariamente la mancanza dei ministri per l'amministrazione dei sacramenti, e per la istruzione del popolo.

I pochi parrochi che rimangono impossibilitati a sostenere per soli il peso delle anime, tanto maggiormente accresciuto, affidate alla loro cura, restano altresì privi dei mezzi, onde supplire col- l'opera dei vicarii ai bisogni delle parrocchie, durante la vita dei parrochi esclusi dall'esercizio, perchè le rendite delle parrocchie sop- presse non si accrescono ai primi, cioè ai parrochi conservati, se non dopo la morte dei secondi, cioè dei Parrochi delle soppresse, e la Religione sarà quella, che dovrà risentirne un danno infinito.

Finalmente Sua Santità gli rappresenterà il dolore cagionatogli dalle innovazioni fatte in materia d' istituzioni religiose, anche negli Stati di Parma e Piacenza, dopo la loro aggregazione all' Impero francese.

222 CAPITOLO SETTIMO

Se le passate vicende non hanno permesso nella Francia di rie- dificare quelle ecclesiastiche istituzioni, che si trovano estinte, ri- flette Sua Santità che ciò non si verificava nei Stati d'Italia, per distruggere nei medesimi quelle, che hanno conservata lo loro esi- stenza.

Sebbene il Santo Padre scriva direttamente a Sua Maestà su questi oggetti, ciò nondimeno le tante riprove che ha dello zelo di V. E. per il bene della cattolica religione, e la certezza, in cui è, che la di Lei mediazione può giovare all' oggetto presso la M. S., l'hanno determinata ad ordinare allo scrivente di portare alla co- gnizione di V. E. questi oggetti di suo profondo cordoglio; pregan- dola ad interporre presso di S. M. I. e E. la sua mediazione, onde siano le citate ordinazioni degli 8 e 22 giugno rettificate, secondo lo spirito e la lettera del Concordato, ed apprestato al resto un conveniente riparo nei modi, che la penetrazione e la rettitudine di S. M. giudicherà più opportuni.

Questa è la commissione, che il sottoscritto ha ricevuto dal Santo Padre: e mentre si l'onore di eseguirla con V. E., si ancora quello di rinnovarle nel suo particolare le assicurazioni del profondo ossequio, con cui le bacia umilissimamente le mani (1).

In questa lettera al card. Fesch erano inclusi alcuni fogli in essa accennati, ossia:

Saggio dei principali oggetti, ne' quali le ordinazioni di Mi- lano delVS giugno ledono essenzialmente il Concordato.

(Mi sembra in queste leggi stampato tutto il veleno del Decreto di Melzi (2).

Il § 26, 27 e 28 dell'art. 6 del decreto pubblicato in Milano li 8 giugno 1805, come anche il 31 e il 32 dello stesso articolo sono in perfetta analogia con l'art. 5 del decreto di Melzi, e perciò in con tradizione coll'art. 15 del Concordato, come si mostrò nelle os- servazioni fatte contro il Decreto. Nei §§ anzidetti non solo si ri- chiede la placitazione per l'ingresso nella religione, ma si alterano persino le leggi Canoniche sull'età ricevuta dalle medesime.

(1) Archi V. Vatic, Nunziatura di Francia, voi. 600.

(2) Le parole in parentesi sono dell'estensore, il quale dirigeva al Oonsalvi la mìnufa di queste considerazioni.

GLI ARTICOLI ORGANICI DEL CONCORDATO 223

Nel § 10 dell'art. 1 si parla di Capitolo Generale, da congre- garsi nel Regno per i Barnabiti, e per i Somaschi. Questo è contro l'attuale disciplina, ed in conseguenza, contro Tart. 20 del Concor- dato; perchè porta il distacco di questi due ordini di Chierici Re- golari dal Corpo della Religione. Neppure nel decreto Melzi eravi vestigio di questa separazione.

Il § 33 e 34 dell'art. 6, nei quali si prescrive 1' aggregazione al demanio Nazionale dei beni appartenuti ai conventi non conser- vati, è in diretta opposizione con il Concordato, ossia con la vigente disciplina della Chiesa. Questa stessa non conservazione è una vera soppressione, fatta in contradizione dell'art. 15 del Concordato.

In ultimo tutta la legislazione del tit. I presentandosi come fatta dal solo Imperatore, contradice agli articoli del Concordato, nei quali si rìserhano i stabilimenti da farsi di concerto, e contradice molto più alla disciplina ecclesiastica.

Questa osservazione ha molto più luogo nell'art. 2, in cui com- parendo le dotazioni dei Vescovati, Capitoli, Seminari, Fabbriche, fatte colla sola autorità dell' Imperatore, senza parlarsi mai di Sede Apostolica, e senza che questa vi abbia avuto alcuna parte, si con- tradice letteralmente all'art. 9 del Concordato, in cui si dice che tali dotazioni si faranno di concerto fra la Santa Sede e il Groverno, e si seguono le traccie insidiose dell'art. 4 del Decreto Melzi.

Dal § 39 fino al § 46 apparisce, che o ninno o un solo Capi- tolo di Chiesa Collegiata insigne viene conservato, in opposizione del suddetto art. 9 del Concordato, ed in adesione alla insidiosa espressione dell'art. 3 del decreto Melzi, in cui artificiosamente si ristringe la qualità d' insigne ai Capitoli delle catedrali (1).

Queste sono le osservazioni, che una rapida lettura delle leggi presenta a prima vista. Forse i fatti intermedii ignoti a chi scrive, ed il dettaglio individuale a lui niente cognito, potranno sugge- rirne delle altre. Oh fides quando te aspiciamf

Queste medesime considerazioni Pio VII scrisse alPimpera- tore Napoleone, in una lettera de^Sl luglio, che questi ricevè nel campo di Bologna a mare, dove allestiva gli apparecchi di guerra per la espugnazione dell'Inghilterra. Di Pimpe-

(1) Quanto segue è cancellato.

h

224 CAPITOLO SETTIMO

rato re Napoleone rispose con una lettera veramente singolare: e^li non la rompe ancora col Papa, anzi in parte si difende con buone ragioni, in parte manifesta lo spirito forse sincero di voler compiacere al Santo Padre, e qua e contiene qualche verità, di cui in Eoma si sarebbe per avventura dovuto te- nere più ragione e piìi conto.

In quella sua lettera esordisce dicendo aver egli, nelPas- sestamento del suo reame d^Italia, inteso di fare il meglio. Il Santo Padre non sembra di volerci credere; ma, meglio istruito delle condizioni del regno, si accorgerà cbe tutto egli ha ope- rato per il bene della religione. « Santissimo Padre, Tho detto qualche volta a Vostra Santità, la corte di Eoma è troppo lenta, e seguita una politica, la quale, se era buona in altri secoli, non è più adattata al secolo in cui viviamo. » Espone quindi le cose buone che ha fatte in Milano : dotazioni di mense, di cattedrali, di seminarli ecc.; e si difende delPaver mancato al concordato. « Un solo rimprovero, soggiunge, ho meritato, di avere cioè fatto queste cose, senza il concorso della Santa Sede. Ma non avendo trovato in Milano persona incaricata de' suoi poteri, sapendo per esperienza, che la Santa Sede metterebbe tre o quattro anni per finire gli affari eccle- siastici d'Italia; e giudicando, che sarebbero andati a male qualora non ci avessi rimediato, ho pensato che per ciò appunto Vostra Santità non baderebbe a cotali disposizioni. » A ogni modo incarichi S. Santità una persona, che tratti col card. Fesch di queste cose : egli è disposto a concedere tutte quelle mo- dificazioni che potrà, perchè in cima alla sua volontà sta quella di piacere a Sua Beatitudine, e di non darle nessun motivo di scontentezza.

Se non che, aggiunse subito: « Osservi però V. S., che alcuni principii da Giuseppe II in qua sono talmente anco- rati negli spiriti a Milano, che riuscirebbe impossibile di farli rinvenire. » Ripete il suo desiderio di veder contento il Santo Padre, e la sua intenzione di non dargli motivo alcuno di scon-

GLI ARTICOLI ORGANICI DEL CONCORDATO 225

tentezza. « E con ciò, conchiude, prego Iddio clie vi conservi, Santissimo Padre, per lunghi anni al regime e al governo di nostra madre la Santa Chiesa (1). »

V.

EPILOGO

Voler qui registrare le lettere scritte e riscritte intorno a questa prima vertenza tra Pio VII e Napoleone I, sarebbe un volere andare nell'un via uno : d^ altra parte ho inteso di voler qui fare un codice diplomatico, che registri gli atti deMue governi. La conclusione intorno a questo concordato mi è suggerita dagli stessi avvenimenti, che dalla campagna e dalle vittorie di quest'anno 1805 precipitarono Padempimento de' grandi disegni del nuovo imperatore di occidente.

Col trattato di Presburgo (26 dicembre 1805), Napoleone divenne padrone di tutta P Italia; ed allora egli applicò a una parte dZItalia, come a paese conquistato e parte dell'impero francese, lo stesso concordato onde V impero francese si re- golava; ed estese a Lucca, a Parma e a Piacenza il concor- dato italiano. Ora ciò egli non poteva fare, senza una nuova convenzione col Papa; perchè il concordato francese era stato fatto per la sola Francia, e le condizioni che in quel paese lo avevano renduto necessario, non militavano in Italia; e così pure il concordato italiano era stato con chiuso per il solo regno, detto italico. D'altra parte ragioni di uuità e di uniformità amministrativa e politica spingevano l' imperatore a volerne la stessa uniformità nel sistema di governo religioso in tutte le parti, onde componevansi l'impero francese e il regno italico.

Pio VII alzò la voce con molte lettere di protesta. Napo- leone si sdegnò e rivolse amare rampogne al Papa, nel genere

(1) Correspondance, XI, 9092.

Risieri. La Diplomazia Pontifica nel uccio XIX. Voi. II. 16

226 CAPITOLO SETTIMO

di quelle che Eiirico III d' Inghilterra dirigeva alParci vescovo di Cantorbery.

Anzi sino dalPautunuo del 1805, si può dire, che le consi- derazioni di rispetto, conservate fino allora dal nuovo conqui- statore verso il Successore di S. Pietro, erano terminate. In quel tempo, mentre Napoleone lanciava nelPAlemagna la grande armata che doveva assalire PAustria e distruggerla, commise lo sbaglio di fare occupare dal generale S. Oyr la città di Ancona. Il Papa con sua lettera di pngno de^ 13 no- vembre se ne lamentò dolcemente a Napoleone. E questi con

f la sua de' 6 gennaio 1806, trattò addirittura il Papa come un

vassallo! Ed in un'altra de'13 febbraio dello stesso anno chiese

a Pio VII; che lo riconoscesse nettamente come imperatore

di Eoma; e disse a S. Santità: « Elle est souverain de Rome,

\ mais j'en suis Pempereur. »

Si fu allora, che Pio YII gli riscrisse quella famosissima let- tera, nella quale ebbe la forza di dire a Napoleone, ebbro della più grande vittoria onde sino allora si gloriasse un capitano

y nel mondo intiero, le seguenti parole: « Sire, si tolga il velo! »

E il velo Napoleone se lo tolse a poco a poco, iniino a

tanto che nell'anno 1809, colPespellere da Roma il suo so-

X- vrano e pontefice, mostrò senza velo il volto della persona ch^ egli era !

APPENDICE

DOCUMENTI INEDITI

I

'^^^

APPENDICE

DOCUMENTO I (pag. 6) (1).

Voto del card. Antonelli sulle decisioni da pigliarsi dal 8. Padre intorno alla pubblicazione degli articoli organici^ fatta dal go- verno francese contemporaneamente con la pubblicazione del Concordato.

Questo documento contiene le stesse idee e gli stessi consigli, ■che si trovano nel Documento III. Vedilo a p. 230.

DOCUMENTO II (pag. 6).

(Francia Appendice Epoca Napoleonica, voi. X, Fascio B).

- . . Dubbio 30. Se Sua Santità debba subito manifestare la sua disapprovazione, ed in quale forma,' oppure se debba prima dare un passo relativamente a queste col Primo Console.

Non può negarsi, che il mondo cattolico non sia stato grande- mente offeso dalle dottrine contenute negli Articoli detti Organici, espressione mondana, che non ha mai avuto luogo nelle ordinazioni concernenti l'ecclesiastica polizia: tantoppiù, che nel modo in cui furono prodotti colle stampe, si sono uniti agli articoli della Con- venzione, quasicchè dovessero aversi come altrettante conseguenze della medesima. Riflesso, che sembra esigere la più pronta disap- provazione del S. Padre, per togliere dalla mente dei fedeli una

(1) La fonte de' documenti è V Archivio Vaticano. Il numero, posto in parentesi accanto alla parola « Documento », indica le pagine del pre- sente volume, dove è fatta menzione del documento.

230 APPENDICE

credulità, che ridonderebbe in pregiudizio della S. Sede ; e quanta al modo, convengo in quello che hanno concordemente abbracciato i Signori Cardinali, consultati nel risultato del Congresso (ved. voi. I^ pag. 533 segg.).

DOCUMENTO III (pag. 6, 8). {Francia Appendice Epoca Napoleonica, voi. X, Fascio E).

Pro-Memoria sulla pubblicazione della Convenzione fra la San- tità di N. S. ed il Governo Francese, segnata li 15 luglio 1801 e pubblicata in Parigi li 18 aprile dell'anno corrente (1802).

Descrizione dello stato religioso della Francia, prima del concordato. Confronto con lo stato presente. Esposizione, ed esame, delle oppo- sizioni al concordato per parte del governo. Condotta da seguirsi verso i vescovi costituzionali, non sottomessi. Riflessioni sul discorso del Portalis, e sugli articoli organici. Condotta da tenersi dal S. Padre»

Descrizione dello stato religioso della Francia prima del concordato.

Perchè dar si possa un retto giudizio di tutto ciò, che è accaduto in Francia in seguito della convenzione stipulata fra Sua Santità, ed il Groverno Francese, e perchè si possa determinare quali misure prender si debbano da Sua Santità sopra i diversi oggetti, che ne hanno accompagnata la pubblicazione, richiamar conviene alla me- moria lo Stato, nel quale si è trovata la Cattolica Religione in Francia, dopo l'epoca infausta della Rivoluzione di quel Regno fina air epoca presente, quali beni dalla convenzione già ne siano derivati, se altri ne restino ancora a sperare ; conviene insomma esaminare tut- tociò che l' ha preceduta, che l' ha accompagnata, e che vi succede in tutta r estensione de' rapporti, de' tempi, de' luoghi, e del Governa istesso, che l' ha pubblicata.

Senza rimontare ai tempi dolorosissimi delle crudeli persecuzioni esercitate in Francia contro i Ministri del Culto Cattolico, e richia- mare alla mente la Catastrofe dei mali accaduti dopo la pubblica- zione della cosi detta Costituzione Civile del Clero, si dia per un momento un'occhiata allo Stato della Religione nel tempo che dal S. P. fu spedito in Francia un Ministro per trattare col Prima Console del ristabilimento della medesima. Sessanta e più Vescovi Costituzionali occupavano ancora pacificamente le usurpate Sedi^

DOCUMENTO III. 231

ed istituivano nuovi Intrusi alle vacanti, e col favore se non di- rettamente del Governo almeno de suoi Ministri si andavano già riu- nendo in pseudo Sinodi Diocesani, o Provinciali per imporre poi semf)re più per mezzo di un Concilio Nazionale all' ignorante volgo, e consolidare con questo mezzo la loro autorità. Si studiavano dai Vescovi legittimi, emigrati dalla Francia, tutti i mezzi per prov- vedere al Governo delle loro Diocesi, ma scarsi erano i Ministri, e quelli che non si prestavano alla riprovata promessa di fedeltà alla Costituzione non potevano che di nascosto pascere un ben ristretto numero di Fedeli della Divina parola, e amministrare a questi i Sacramenti. Quegli istessi, che in forza della promessa fatta godevano di una maggior libertà, non perciò esercitar potevano pubblicamente il Culto Cattolico. Perseguitati dagl' Intrusi spesso si vedevano ob- bligati di cedere a questi il luogo nelle poche Chiese ancora esi- stenti. Si profanava pubblicamente il Luogo Santo dai Teofilantropi. I Tempj dedicati al culto di Dio portavano ancora nella facciata le profane iscrizioni :=^ Al Genio = Alla Vittoria = AW Imeneo = e simili. Non un Tempio, non un luogo vi era nella Francia, ove esternamente alzato si vedesse il segno della nostra Redenzione. La Decade ancora esistente rendeva incerti al popolo singolarmente delle campagne i giorni più solenni. Non accadeva la vacanza di una Sede Vescovile, che infinite querele non insorgessero nel Clero, e cosi r incertezza sulla legitimità de' Ministri, la scarsezza de' me- desimi, la mancanza de' mezzi, e la difficoltà d'istruire i popoli dei principii, e delle massime fondamentali della santa nostra Religione, rendeva questi, se non dirò increduli del tutto, almeno per questa molto indifferenti.

Confronto con lo stato presente.

Questo era lo stato della Religione in tempi reputati per la Francia dopo la Rivoluzione i più felici. Si faccia ora di questo un rapido paragone col tempo presente. Un Cardinale Legato della S. Sede spiega pubblicamente in Parigi, se non con tutta quella pompa proporzionata alla sua dignità, almeno con quella, che è proporzionata al tempo, al luogo, ed al suo Carattere. A sessanta Vescovi intrusi succedono sessanta legittimi Pastori tutti canoni- camente istituiti dalla S. Sede. Legitimi per conseguenza vanno ad essere tutti i Parrochi, che da questi esser devono istituiti. Non è a questi interdetta la comunicazione col Capo dellla Chiesa. Si ri- stabilisce nel Clero 1' Ecclesiastica Gerarchia, liberi sono resi i Tempj

232 APPENDICE

necessari al culto di Dio, e vietata in questi la promiscuità di altri culti. Le Decade è abolita^ e il Card. Legato con Apostolica autorità ristringe il numero delle feste, e determina quello delle feste mobili. Un Giubileo a nome del Santo Padre si publica dal Cardinal Legato in tutta la Francia. Publico è il culto cattolico, libero l'insegna- mento, e la predicazione. Alla promessa di fedeltà alla Costituzione altra ne è surrogata, sanzionata dalla S. Sede, ed è estesa non solo agli ecclesiastici, ma a tutti gli emigrati. Si annunzia con tutta solennità, e si sanziona dalla pubblica autorità il ristabilimento della Cattolica Religione, e non già chi compone il Governo in forza della particolare privata sua professione di Cattolicismo, ma il Governo istesso con tutti i membri che lo compongono, e con tutto quello sfarzo, e splendore, che gli può convenire in una pubblica rappre- sentanza va al Tempio del Signore, e con un solenne Te Deum gli rende grazie e della conchiusa pace, e del ristabilimento della Cat- tolica Religione.

Esposizione ed esame delle opposizioni al concordato per parte del governo.

Ma non è che pur troppo vero, che giorni cosi belli stati sono offuscati da densa nebbia per non dire da dense tenebre, che riempir devono di amarezza il paterno Cuòre del S. P. Mentre che per un articolo espresso del Concordato si conviene di una nuova formola di promessa di fedeltà al Governo, e si toglie cosi di mezzo la pro- messa di fedeltà alla Costituzione, si estorce publicamente e vio- lentemente ancora dal Cardinale Legato una formola di promessa, che pare, che a questa si avvicini, e si pubblica anzi nel giornale officiale più ampia, e con espressioni più forti ed estese, di quelle che dal Cardinale Legato furono pronunciate.

Si sopprimono le Sedi degl' Intrusi, e se ne esige da questi l'ab- bandono, ma frattanto nove già se ne nominano alle Sedi della nuova Circoscrizione, e si vogliono sottratti da quella solenne ritrattazione, e da quegli atti di sommissione, che esige il S. P. per prova del loro ravvedimento.

Si sanziona in fine la convenzi(Jne, si proclama il pubblico eser- cizio della Cattolica Religione, ma per mezzo di un discorso del- l'oratore del Governo, pieno di errori scandalosi, d'ingiurie alla S. Sede, e di massime ereticali, se ne deturpa l' interpretazione, e si ammette alla convenzione un indigesto annesso di Articoli Organici

DOCUMENTO III. 233

per r esecuzione della medesima, i quali offendono la Primazia del Capo della Chiesa, ne sconvolgono per cosi dire la disciplina, in- ceppano l'autorità dei Pastori, e rendono servile affatto l'esercizio della Cattolica Religione, e non senza uno scandalo insopportabile si giunge a voler far credere, che siano tali articoli autorizzati o dal Capo della Chiesa che stipolò la convenzione, o almeno dai suoi Ministri.

Esaminiamo d' appresso questi atti, che meritano tutta la Pastorale sollecitudine del S. P.

Non può negarsi, che il Cardinal Legato ecceduti abbia i confini delle sue istruzioni, anco colla semplice lettura della formola latina di promessa fatta al Governo; come non può negarsi, che con mala fede siasi presentata questa formola, dopo che una diversa era stata •col Governo istesso convenuta. Ma ormai la formula è letta. È im- possibile che ottener si possa l' aggiunta di qualche apostilla nel registro della medesima, che ne limiti il significato alle cose civili^ ■e politiche^ come da alcuno veniva suggerito. Oltre di che la promessa di osservare la Costituzione nelle cose civili, che vuol dire altro, che osservarla negli articoli, che riguardano la alienazione dei beni ecclesiastici, e di quelli degli emigrati? Si può dare però un'in- terpretazione più ristretta alla formola latina, che è stata letta. Il maggior male sta nell'estensione data alla medesima nel giornale officiale al di delle frasi lette dal Sig. Card. Legato. Pare adunque, che il rimedio più proporzionato all'accaduto disordine sia quello di parlarne meno che sia possibile, e di fare inserire in altre gaz- zette, che la formola latina riportata nel Monitore non è quella letta dal Card. Legato, senza entrare in altri dettagli, e di inculcare al Card, medesimo di fare tutti i sforzi per ottenere, che nelle Gazzette, o in qualche foglio periodico di Francia si riferisca lo stesso.

La nuova formola di giuramento adottata dal Governo farà cessare in Francia tutte le questioni relativamente alla promessa, siccome andate sono in oblivione tutte le precedenti relative ad altri giu- ramenti, che esatti si sono in diverse epoche dagli ecclesiastici.

Condotta da seguirsi verso i vescovi costituzionali, non sottomessi.

Grave certamente è l'ispezione, che merita l'istituzione data dal Sig. Card. Legato ai nove Vescovi Costituzionali, nominati dal Primo Console ad altrettante Sedi della nuova circoscrizione. Si può pre- scindere da due, perchè già fatta avevano una solenne, e piena

234 APPENDICE

ritrattazione dei loro errori. Sarei coraggioso nel supplicare il S. P. di offrire a tutti i Costituzionali, i capi soli del passato scisma ec- cettuati, una Sede Vescovile, se essi veramente confessando di avere errato ritrattassero di cuore, e d'anima i passati errori, e l'esempio de' PP. Africani, e l'indulgenza usata da Griulio III coi Vescovi eretici d'Inghilterra giustificherebbe il mio coraggio: ma che pos- siamo sperare da gente, che non ha voluto confessare espressamente al Capo della Chiesa di aver errato, e che ha ricevuta bensì con sommissione, e ci si dice con aria di pentimento l'assoluzione dalle censure, e dall'irregolarità, ma che nemmeno l'ha voluta chiedere? Non mancheranno certamente nell' Istoria Ecclesiastica degli esempj, che a questi molto si approssimano; e nel duro cimento, nel quale si è trovato il Card. Legato o di tutto perdere, o di adottare il partito, che ha preso, non deve Sua Santità, che compatirlo, e non potrà ricusarsi alla conferma dell'istituzione già data ai Costituzionali. Ma perchè riparato venga al gravissimo scandalo, che questa pro- durrebbe, se i Costituzionali non si mostrassero al pubblico ravveduti, non solo è necessario, che si renda pubblico il decreto della di loro assoluzione, ma inculcare si deve al Card. Legato, che invigili sulla condotta di essi, e faccia tutti i sforzi per ottenere almeno, che nella prima pastorale parlino ai popoli alla di loro cura affidati in modo da far conoscere, che detestano i passati errori, e che sono di cuore, e d' anima uniti al Capo della Chiesa, e sottomessi ai suoi Decreti.

Siccome poi il contesto della lettera del Card. Legato fa ancora presumere, che i Costituzionali già nominati, nel costume e nelle qualità morali non sono dei meno redarguibili, cosi pare, che inculcar se gli debba di esser su di ciò vigilante nel caso di. nuove nomine, e di ricusare decisamente la Canonica Istituzione a chi non solo per lo passato scisma, ma ancora per il mal costume ne fosse indegno : l' affare è della massima delicatezza ed importanza, e deve porsi ogni studio non solo per giustificare e render meno pregiudizievole il già fatto, ma per riparare ancora all'avvenire.

Riflessioni sul discoì'so del Portalis, e sugli articoli organici.

Che si dovrà dire in fine del discorso del Consiglier Portalis, e degli Articoli Organici, che hanno accompagnata la pubblicazione della Convenzione, e in conformità soltanto dei quali si permette in Francia l'esercizio della Cattolica Religione? Se si esaminerà la

DOCUMENTO III. 235

cosa pacatamente, e senza prevenzione, se ne vedranno derivare dagliv Articoli Organici de' mali certamente gravi, ma forse men gravi, e più sopportabili di quel-li, che derivar possono dalla scelta dell' Intrusi alle nuove Sedi.

E prima di tutto separare si deve affatto il discorso di Portalis dalla convenzione, e cosi il suo rapporto sulli Articoli Organici dagli articoli istessi. È il Consigliere Portalis un'Oratore del Go- verno, è vero, ma non ne viene in conseguenza che tutto ciò, che egli dice, sia sentimento di chi governa. Destinato egli a sostenere la convenzione in faccia al Corpo Legislativo, e ad ottenere la sanzione, come destinati erano dal Tribunato per l' istesso oggetto Luciano Bona parte, e Simeone, e considerando che parlava ad un ceto misto di miscredenti, di atei, e di qualche protestante, vo- lendo dileguare tutte le difficoltà, che erano già nel Tribunato state suscitate da chi aveva furiosamente declamato contro, ha preteso di tessere un discorso filosofico, che si adattasse a tutte le opinioni, che persuadesse tutte le menti dei Legislatori, e cosi diminuendo anco studiatamente l' influenza, che aver può, non dico la conven- zione, ma la Religione istessa nello Stato, non senza molta contra- dizione ha spinto il suo ragionamento fino all' eresia, e a comparire egli stesso un eretico. Pare adunque, che a un tal discorso dar si debba l' istesso peso, che si a quello degli oratori del Tribunato, riguardarlo cioè come un privato sentimento, che dar non può alla convenzione, agli articoli, che l'accompagnano, alcuna legale interpretazione. Potrà Sua Santità, se crede, che lo scandalo lo esiga, condannarlo separatamente.

Tutta la disamina adunque cader deve sugli Articoli Organici. Guardimi il Cielo, che io pretenda di voler scusare, o giustificare li errori che in essi si contengono, e le massime scandalose, ed ingiu- riose all'ecclesiastica autorità, che in essi si stabiliscono. Ma mentre ognun conviene che non si contiene in essi alcuna espressa eresia, si deve ancora con infinito dolore, ma con altrettanta verità rimarcare, che, analizzati gli Articoli, non vi è pressoché una massima, non vi è una regola, che prescritta non fosse in Francia nel Governo dei Regi, o dai Monarchi istessi, o dai Parlamenti in nome sovrano.

Opera sarebbe assai lunga, se si volessero ad uno ad uno pa- ragonare li Articoli Organici colle antiche ordinanze di Francia; e per bene eseguirla vi vorrebbe il soccorso, e di tempo e di molti libri, ma basterà per provare l'assunto il riandare li articoli principali, e paragonarli coi più noti editti, che in Francia sono stati dai Re pubblicati.

236 APPENDICE

Il primo, e terzo Articolo è lesivo dell'Autorità della Chiesa, che libera esser deve ne' suoi insegnamenti. Le Bolle dogmatiche esser non possono soggette all'esame, alla sanzione della Potestà civile. Tutto ciò è vero, ma é vero altresì, che da antico tempo si trova sta- bilita in Francia la massima che niuna Bolla, o Breve di Roma, possa avere esecuzione, se non è dal Governo placitata, e per tacere delle antiche ordinanze su tale oggetto emanate, basta il rammentare quella di Luigi XV del 1754, registrata dal Parlamento di Parigi, colla quale mentre si accorda alla Chiesa il diritto di insegnare, e di determinare ciò che si deve credere sans que la puissance tenipo- relle puisse en aucun cas prononcer su?' lesdogmes, si aggiunge ancora, che la Potestà temporale avant cC autoriser la puhlication des dé- cretSj Bulles etc. a le droit d' examiner la forme des ces décrets, leur conformité avec les maximes du Royaume en tout ce qui dans leur puhlication peut altérer, ou intéresser la tranquìllité puhlique. Si veda se il primo, e terzo Articolo in questione sono perfettamente simili a questa dichiarazione, e si richiami ancora ad esame ciò che si osserva in altri Stati su tali materie, e s'osserverà, che quasi ge- neralmente si osservano ristesse massime, e se pure qualche volta si astengano i Sovrani dall' apporre V Exequatur nelle Bolle dogma- tiche, non s' astengono però dal voler esaminare prima della publi- cazione se riguardano semplicemente il dogma, o se abbiano ancora rapporto con qualche punto di disciplina.

Succede a questi il sesto Articolo, che ha meritati sempre, e me- rita i reclami de' Vescovi, e molto più del Capo della Chiesa; ma però non si ha che da dare una scorsa al notissimo editto di Luigi XIV del 1695, per vedere che mentre si lascia libera agli Ecclesiastici la cognizione delle cause concernant les Sacraments, les voeux de Re- ligione V Office divin, la discipline ecclésiastique etc. e s' interdice ai giudici laici d'ingerirsene, s'aggiunge però: Si ce n' est pas qu'i y eut un appel comme d' abus interjeté en nos dites Cours des quel- ques jugements, ordonnances, ou procédures faites sur ce sujet par les juges de V Eglise.

Nell'Articolo 16 e 17 si prescrive l'età de' novelli Vescovi, e che presentar debbano al Groverno un attestato di buoni costumi. L' istesso fu già prescritto da Enrico III, nell' adunanza detta di Blois del 1579.

L' Articolo 24 fa veramente fremere di un santo sdegno, e se mai vi fu tempo nel quale V istesso Governo Francese doveva inte- ressarsi, perchè la dichiarazione del Clero Gallicano eliminata fosse

DOCUMENTO III. 237

dalle scuole, è il presente. Ma disgraziatamente aveva ben altra ampiezza l'editto di Luigi XIV, emanato sulP istesso oggetto. Pro- mise egli ai reclami d'Innocenzo XI « qu'il n' auroìt pas de suite, » ma il seguito lo ebbe pur troppo, e fino ai giorni nostri si faceva dalla Sorbona giurare dai laureandi l'osservanza della dichiara- zione. E mentre i Monarchi istessi giuravano nella loro coronazione di osservare la libertà della Chiesa Gallicana, che altro volevano intendere, che di fare osservare ancora la riprovata sempre dalla S. Sede dichiarazione del Clero? Non permette la ristrettezza del tempo di rintracciare se dall' antico Governo Francese fosse prescritta ciò che si prescrive ora nell'Articolo 26, cioè che i Vescovi sottometter debbano al Governo la nota degli ordinandi. È certo però, che ciò si è praticato in Toscana in tempo del Gran Duca Leopoldo, e si è pra- ticato in altri Stati ancora, nei quali non poteva il Vescovo ammettere al chiericato alcun soggetto, se non aveva questi riportato dal Go- verno l'assenso.

Egualmente per l'Articolo 52 non si può asseverantemente as- serire, se nell' antico Governo prescritto fosse ai parrochi di astenersi nelle istruzioni da qualunque incolpazione contro le persone degli eretici, o dei protestanti. Converrebbe aver sotto gli occhi V editto- di Luigi XVI, emanato a favore dei medesimi. Se però i Metro- politani e per conseguenza i loro Suffraganei, e ordinatamente i parrochi a tenore dell' Articolo XIV devono invigilare alla con- servazione della Fede, e della Disciplina, ne viene per conseguenza, che esser debba libero ad essi il predicare ed istruire i popoli non solo contro il vizio, ma contro ancora 1' eresia.

Un Articolo, che è ben degno di grave, e seria ispezione, è l'Ar- ticolo 54, relativo ai matrimonii. Pare, secondo questo, che si faccia consistere il matrimonio nel solo contratto, che si celebra avanti la Potestà civile, e si voglia, che questo basti per farlo essere vero matrimonio. Tale diviene l' interpretazione di questo Articolo, se si un' occhiata all' ammasso di errori che si pronunciano dal Dottor Por- talis nel suo Rapporto. Per altro non vi è alcuna imposta ai par- rochi, che ne trasgrediranno l'osservanza, e nemeno si dichiara nullo il matrimonio contratto avanti il solo parroco. Pur troppo infelice- mente alcuni ecclesiastici di Parigi, benché di sanissima dottrina, hanno creduto, che convenisse far questa legge, per riparare cosi allo scandalo, che nasceva nel veder separati de' matrimonii contratti solamente in faccia della Chiesa, per la sola ragione, che mancava il contratto avanti la Potestà civile; e l'esempio dell'Olanda, e

238 APPENDICE

molto più quello ripetuto tante volte dai Re di Francia di dichiarare irriti, ed invalidi i matrimonii mancanti di alcuna delle solennità prescritte nelle loro ordinanze, può aver spinto ora ancora il Governo Francese a stabilire l'Articolo in questione. L' ordinanza di Enrico III, detta di Blois del 1579, l'Editto di Enrico IV del 1605, e il succes- sivo del 1680 di Luigi XIV, sono gli esempi, dei quali si è inteso di far menzione. Chi non vede finalmente, che nell'Articolo 73 ri- chiamate sono tacitamente le funeste leggi delle manimorte, contro le quali hanno giustamente in tutti i tempi, ma non con gran pro- fitto reclamato i Romani Pontefici?

Condotta da tenersi dal S. Padre.

Questi sono gli Articoli Organici più rimarchevoli, e più degni di censura, e non fuor di proposito si è creduto di far questa com- parazione fra essi e le leggi veglianti nell'antico Governo di Francia relativamente all' esercizio della Cattolica Religione, per poter deter- minare cosa convenga di fare al Capo della Chiesa in seguito della ^pubblicazione dei medesimi. La risposta a questo quesito sembra che debba essere, che faccia Sua Santità ciò, che han fatto in simili casi i suoi Predecessori. Lodare, e render grazie per il bene. Far co- noscere gli errori, e chieder riparo al male.

Ma ciò non basta, avverte alcuno animato da giusto zelo per la Cattolica Religione. Le ferite, che si fanno a questa negli Articoli Organici, sono gravissime. Derivano questi da fonti ereticali. Al duro prezzo di conformarsi ai medesimi si è permesso in Francia il culto cattolico. Ma gli Articoli non son Cattolici ; cattolica non è adunque la Religione, che ora in Francia si permette, e si giunge di più alla scandalosa impudenza di far credere complice di tanti errori la Santa Sede, che non è che maestra di Verità. Convien dunque, si aggiunge, che alto gridi il Capo della Chiesa, e alzando come tromba la sua voce annunzi Populo suo scelera eorum.

Lodo infinitamente lo zelo di chi cosi argomenta, ma non credo giusto 1' argomento, applicabile al caso il rimedio che si pro- pone. Sian pure derivanti da fonti ereticali gli Articoli in questione, e conducenti eziamdio all'eresìa, sia pure da questi vincolato l'eser- cizio della Cattolica Religione nell' integrità della sua disciplina. Con tutto ciò se leggi simili (se non peggiori degli Articoli ora publicati) esistevano in Franpia prima della Rivoluzione, e non si è non ostante mai creduto, che estinta fosse la Religione Cattolica

DOCUMENTO IH. 239

in quelle contrade, perchè non dovrà credersi ora stabilita almeno come era, nonostante la publicazione degli Articoli indicati? Si abbia infine un paziente riflesso al modo, al tempo, ed alle circostanze, nelle quali gli Articoli sono emanati. Si avverta, che sono stati letti almeno in compendio al Cardinale Legato, che alcuni a suo sugge- rimento, come egli riferisce, sono stati modificati, alcuni tolti, dal che se ne dedurrà, che ha mostrato di tollerare almeno quelli che sono rimasti. Si avverta quante difficoltà ha dovute superare il Primo Console istesso per dare esecuzione alla Convenzione, e quanti beni, nonostante gli Articoli Organici, ha questa già prodotti. Si mediti infine seriamente quali sarebbero le conseguenze, se contrariato il Primo Console da una publica clamorosa riprovazione degli Articoli Organici (che produrre non potrebbe in Francia, che un pericoloso fermento) opponesse la previa esistenza di altrettante leggi a questi consimili, ed esiggesse non solo che Vescovi ne giurassero l'osser- vanza, ma giungesse anco forse a chiederne alla S. Sede l' impossibile sanzione.

Non può certamente guardare il Santo Padre il silenzio, anzi deve parlare: ma perchè non può annunziare al Sac. Collegio dei Cardinali la pubblicazione della convenzione nel modo, che è stata fatta, e tutti i beni che ne sono derivati, e con una ben tessuta Allocuzione da rendersi publica colle stampe dichiarare, che improvvisi gli son giunti gli Articoli Organici publicati insieme alla convenzione, che Egli i suoi Ministri vi hanno avuta veruna parte, e che non lascierà di reclamare al Primo Console un sollecito riparo alle mas- sime fatte ora rivivere in Francia, contro le quali i Pontefici suoi Predecessori hanno sempre reclamato? Un Breve in seguito del- l' istessa natura diretto al Primo Console, e modellato con quelle tenere e paterne espressioni, colle quali per cause non meno gravi diretti si sono tante volte agi' Imperatori da tanti Santi Pontefici, esser potrebbe il mezzo per ottenere, se non in tutto, almeno per molta parte il bramato fine.

Non è difficile l' immaginare, che chi scorge nella pubblicazione ed esecuzione della convenzione tanti vantaggi, quanti da principio di questa memoria ne ho enumerati, ne rende nel cuore suo grazie all' Altissimo, e che crede perciò giusto, che le medesime rese siano publicamente con un solenne Te Deum. Non dovrebbe però da questo andar disgiunta una publica preghiera, per ottenere da Dio il riparo ai mali, che minorano il bene, e che affliggono tutt' ora la Chiesa. Un pubblico Giubileo fu prescritto dopo la riconciliazione del Regno

240 APPENDICE

d' Inghilterra. Saviamente è stato ora publicato in Francia. Utilis- simo potrebbe essere ripetuto in Roma, e l' ottava della Pentecoste offre appunto un tempo oportuno per un' opera cosi salutare (1).

DOCUMENTO IV (pag. 12). {Cifre ai Nmizìi, Principi, voi. 276).

Consalvi ai Nunzii 25 maggio 1802.

Espone le cose dette dal S. Padre nella sua allocuzione de' 24 maggio. Mette in rilievo la delicatezza e la difficoltà dell'argomento ; e come credCj che si sieno dette le cose chiaramente, ed insieme si sia usato grande riguardo. Il perchè del non avere dato alle stampe il breve per la riconciliazione de' vescovi^ tanto costitu- zionali come legittimi.

Leggendo attentamente l'allocuzione di N. S. fatta jeri nel Con- cistoro, vedrà V. E. come si è procurato di uscire (se pur ci sarà riuscito felicemente) dal terribile labirinto, in cui ci troviamo. Si è fatto il quadro dello stato della religione in Francia prima, e dopo il Concordato, per rilevarne la differenza, e cosi avere in faccia al mondo un giusto motivo del canto del Te Deum, che senza un urto grandissimo con la Francia non si sarebbe potuto omettere. Si è procurato di far capire chiarissimamente, che il 7'e Deum cade sulla publicazione dei soli 17 articoli del Concordato^ e Bolla che li con- tiene, e per i vantaggi risultanti dai medesimi, e non sopra qua- lunque altra cosa. Si è procurato di far conoscere che essi soli sono opera di Roma, e che solo in essi si è da noi avuta parte. Il che si è detto a chiare note nella allocuzione, e risulta anche dalla stampa qui fatta di tutti gli atti nostri, nella quale stampa gli arti- coli organici non si trovano. Si è detto, che questi sono giunti al Papa improvisi.

Quanto poi al disapprovarli, si è detto, (sembra a me) tanto chiaramente quanto mai si poteva, mentre si dice nella allocuzione,, che il Papa caminando sulle traccie de' suoi Predecessori non può non dimandare che essi articoli ricevano le opportune e necessarie modificazioni, e mutazioni, e che per ottenerle si rivolgerà al P. Con-

(1) Nel fascio F di questo medesimo volume X deW Appendice... si trova la minuta di questo documento, che sembra del card. Antonelli.

DOCUMENTO IV. 241

sole, e che ha fondamento di sperare di conseguirlo, non potendo il Governo Francese nel ristabilire la Religione Cattolica, e nel co- noscere i spirituali e temporali vantaggi, non volere che le cose, che la divina costituzione della Chiesa stabilisce, siano eseguite, e che tutto sia conforme con quella disciplina che hanno prescritto le leggi della Chiesa.

Tutto questo sembra sufficiente a far conoscere la non approva- zione, e il dispiacere, perchè ciò che si approva, e che piace, non si desidera e richiede che si muti. Il dire di più poteva essere assai pericoloso, e N. S. vuol confidare che la saviezza del Governo Fran- cese comprenda, che quello che egli ha detto, gli era d'altronde impossibile di non dirlo.

Si è parlato anche della ammissione della nomina degli intrusi^ e si è fatto vedere che in fondo si sono prima riconciliati con la Chiesa, e che se si è usata nella forma di essa riconciliazione una certa indulgenza, lo richiedeva il gran bene di estinguere lo scisma, le efficaci istanze del Governo, V amor della pace, e gli esempii anche anteriori, come quei di S. Melchiade, di Giulio III, e di altri Papi.

E circa la promessa fatta dal Legato, oltre il venirsi a mostrare che non sussiste la parte che riguarda la libertà Gallicana, si è fatto conoscere, che l'altra parte, che riguarda le consuetudini e i statuti della Republica, in sostanza altro non porta, se non che nelV esercizio della legazione niente promettersi^ niente attentare contro le medesime consuetudini^ e statuti, e dritti del Governo, come dice il discorso francese fatto dal Cardinale Legato, di modo che il latino, fatto nello stesso momento dalla stessa persona, non può non avere la stessa intelligenza.

È da sperarsi che questa allocuzione appaghi il mondo, e insieme non urti in Francia, essendosi fatta con tanta saviezza, e circospe- zione. Che se accadesse il contrario, altro non ci è da dire, se non che rassegnarsi alla disposizione di Dio.

Le trasmetto la collezione degli atti, in cui mancano veramente il Breve di invito ai Vescovi legitimi per dimettersi, e quello a Monsignor Spina per procurare che gli illegitimi si ravvedessero, e tornassero alla unità della Chiesa. Siccome questo, che prima ap- provato dal Governo Francese, poi per le opposizioni dei Costitu- zionali, che non si volevano sentir dire fuori della Chiesa, non fu avoiié dal Governo stesso, non si poteva imprimere nella raccolta per giusti riguardi, cosi ad oggetto che il tralasciar questo solo non fosse quasi un'argomento che anche noi non lo riconoscessimo per

RiNiERi. La Diplomazia Pontificia nel secolo XIX. Voi. II. 16

242 APPENDICE

vero, come i costituzionali hanno sparso dopo che Monsignor Spina lo pubblicò in Francia, si è pensato di non imprimere nemmeno quello ai Vescovi legitimi, con che si toglie tutta la l'orza all'argo- mento tratto dalla omissione. Che se taluno dicesse perchè in tale collezione non stanno quei due Brevi, si potrà rispondere, che già si trovavano publicati. Certo bisogna saltar qualche fosso. Il fin qui detto potrà servirle di lume nelle occasioni, nelle quali ella si potrà trovare, per regolarsi con la sua solita circospezione, e prudenza.

DOCUMENTO V (pag. 13).

{Cifre a' Nìinzn, Principi, yoI. 276).

Consalvi ai Nxmzii ò-9 giugno 1802.

Li informa del dispiacere^ cagionato al governo francese ed ai costituzionali^ dalla pubblicazione delV allocuzione del Papa. I costituzionali, protetti dal governo, pretendono di negare di es- sersi mai sottomessi.

Dai riscontri che si hanno di Francia, apparisce evidentemente non meno la decisa contrarietà degli Intrusi a far trasparire di aver fatto la minima sommessione alla S. Sede (stampando anzi espressamente di non averla fatta), che il farsi credere dal Governo che gli articoli organici (1) ancora entrino nel Concordato al segno che si tenta, che ciò si accenni anche nella risposta data dal Primo Console al re di Etruria, nella quale sebbene non l'obblighi a ri- tirare l'editto, pure gli mostra di non approvarlo, ed esaltando le leggi di Leopoldo le dice appoggiate dalla esperienza, dall'averle seguite anche le altre Potenze cattoliche, e dall'essere ora consa- crate dal Papa nel Concordato con la Francia : ciò che non può ri- ferirsi che alle leggi organiche (2).

(1) Qui nel margine si legge, della stessa mano volante del Consalvi : « A Caprara no »; cioè non s' invii quanto segue.

(2) In quest'anno il nuovo re di Etruria aveva esso pure fatto una specie di concordato religioso con la S. Sede. In esso, più che negli altri concordati, si lasciava gran libertà alla potestà spirituale. Siccome però il re era già infermo (alcuni lo dicevano pazzo) e morì in breve, e il reame di Etruria fu tosto distrutto, non vale il pregio di occuparsi di quel concordato. Cf. Correspondance, VII, n. 6065, 6092, 6098.

DOCUMENTO V. 24B

In questo stato di cose è sempre più da prevedersi, che la pu- blicazione fatta qui delle pezze della sommissione degli Intrusi, e l'essersi fatto conoscere che le ìe^gi organiche erano ignote al Papa e che ne chiederà il cambiamento, non potranno non dispiacere; e resta solo a desiderarsi, che la cosa resti nella linea di sola dispia- cenza senza altre conseguenze, sebbene N. S. sia rassegnato a tutto, dicendo di aver fatto il suo dovere (1), e riconoscendo anzi nelle anzidette cose sempre più la necessità di fare ciò che ha fatto.

9 giugno 1802.

Può Ella immaginare se si stia in attenzione, intorno a ciò, delle nuove di Parigi. Siccome i Costituzionali (che sono sostenuti da persone potentissime) non solo hanno nascosto di essersi sottomessi, ma anzi hanno al contrario perfino stampato di non avere fatto al- cuna sommissione, cosi è da aspettarsi di tutto per loro parte, e anche a loro istigazione, per la pubblicazione qui fatta segnata- mente del decreto di assoluzione, in cui espressamente si parla di accettazione dei giudizii emanati dalla S. Sede sulle cose di Francia, e disegni di resipiscenza. Onde conviene prepararsi a nuove ama- rezze, che certamente non lasceranno di affliggere al sommo il S. P., il quale però non dubita che almeno il mondo crederà più alla sua assertiva, che a quante altre negative essi avanzeranno. Lo stesso timore è da concepirsi intorno all'essersi detto chiaramente, che le leggi organiche erano ignote al Papa, e che non le approva, subito che si vede con quanto interesse per mezzo del Monitore e per cento altri modi si cerca di far credere, che tutto ciò sia stato fatto di concerto. Onde non si potrà non essere sensibili al detto da noi. Ma se non si faceva cosi, era impossibile di poter approvare il fatto colà, e il pubblicar qui il Concordato, ed il cantare il Te Deum. E dall'altra parte si è detto con tanta delicatezza, che, se non si vuole essere ingiusti, non si potrà non convenirne da chicchessia.

In questo punto ricevo lettere dal card. Legato, che la condotta «he si tiene dalla maggior parte de' costituzionali, mostra aperta- mente che molti di essi non hanno sinceramente rinunziato allo scisma. Egli dice, che a motivo delle potentissime protezioni di cui godono, non lascerà mezzo intentato per far giungere, se è possi- bile, la verità nell'orecchio del Primo Console.

(1) In questa parola e' è ima croco ; è il segno di avviso all'estensore delle lettere, clie da qui in giù può scrivere anche pel Caprara.

244 APPENDICE

DOCUMENTO VI (pag. 14). {Francia Appendice..., voi. XIV)

Portalis a Cacaidt

Biasima la pubblicità, con la quale il Papa ha disapprovato gli articoli organici. Invece quelli articoli non sono se non l'espres- sione delle libertà della chiesa gallicana, secondo le quali il clero è stato sempre sotto la dipendenza governativa. Di più, sono un vero favore, concesso al clero dalla repubblica. Invet- tiva contro i vescovi legittimi, e biasimo del silenzio, dal Papa serbato nella sua allocuzione verso di essi.

Conseil d' Etat. Paris le 20 Prairial an de la République (9 giu- gno 1802).

Le conseiller d'Etat chargé de toutes les aiFaires concernant les cultes.

Au citoyen Cacault, Ministre Plénipotentiaire de la République Prancaise à Rome.

Je suis chargé par le Premier Consul, citoyen Ministre, de vous faire part des observations qui se présentent naturellement à la lecture de Fallocution da Pape. La partie de cette allocution rela- tive aux articles organiques semble annoncer qu' au moins quelques uns de ces articles comporteraient des modifications. Un tei langage dans un discours solennel est peu convenable, si Ton pense surtout que ce langage est dirige contre une loi. lies représentations du Chef de la chrétienneté contre des actes de souveraineté nationale ne sauraient comporter une publicité capable de jetter des inquié- tudes dans les esprits, et de mettre obstacle au bien.

Dans la lettre de Sa Sainteté au Premier Consul, le Pape se réfère aux explications qui seront données par M. Le Card. Légat. Le Cardinal Légat invite à s'expliquer a observé vaguement que les articles organiques paraissaient imposer une trop grande gène au Ministère ecclésiastique. Ces articles, citoyen Ministre, ne sont qu'un recueil des textes consacrés dans le dépot de nos libertés, et le rappel des dispositions des anciennes ordonnances d' Orléans et de Blois. Ils ne renferment aucune disposition nouvelle. Or cer- tainement la France ne peut faire, et ne fera jamais Pabandon des franchises, qui constituent son droit public ecclésiastique. Les sou-

DOCUMENTO VI. 245

verains fran9ais se sont toujours regardés comme les Evéques du de- horSj et ils ont toujours exercé un pouvoir Constant et règie sur les matières de discipline, sur la police du eulte, et sur la conduite des Ministres. Ce qui est à remarquer c'est qua les articles organi- ques sont Vexécution fidèle de la convention passée entre le gouver- nement et le Pape, et que ces articles sont plus favordbles à VÉglise que la convention méme, car le gouverneinent ne s' était point engagé à salarier les grands vicaires, les chapitres, et autres étahlissements, tandis que par le fait tous ces établissements se trouvent salarie's.

Le Gouvernement protégera toujours avec force la Religion: mais il défendra aussi ses maximes, parce qu'elles sont la sauve- garde des droits essentiels à la souveraineté.

La seconde observation que l' allocution du Pape fait maitre est relative au silence profondément gardé sur la conduite des évèques non démissionaires. Puisque l' on parlait des Evéques constitution- nels, et de l'indulgence dont on usait à leur égard: pourquoi ne pas blàmer la conduite des Evéques non démissionaires qui ne mé- ritent aucune indulgence, qui résistent avec tant de scandale à la voix du Chef de la chrétienté, et qui foulent aux pieds tout ce qu'ils doivent à leur Patrie? La conduite haineuse, indocile, et en- tètée de ces hommes, qui sacrifieraient la religion et l' Etat à leur passion, méritait d'étre remarquée.

Le Premier Consul, citoyen Ministre, n' est anime que du désir du bien. Il connoit la sagesse du Pape, et il maintiendra les insti- tutions religieuses d' après les principes qui ont toujours règi l' église gallicane, et dans la mesure à la fois convenable au bien de la re- ligion et à celui de l'Etat.

Recevez, citoyen Ministre, les assurances de mon inviolable at- tachement.

DOCUMENTO VII (pag. 24). (Francia Appendice..., voi. I, Fascio C).

Caprara a Consalvi 30 maggio 1802.

Con mia precedente in piano dei 26 cadente, spedita per mezzo di corriere straordinario inviato costi dal Primo Console, riferii a V. E., che le contestazioni, che qui si hanno, sono continue, e che le ripulse, che sono obbligato di dare su varj oggetti, che per me sono sostanziali, e qui si disprezzano, sono quotidiane. Eccolene una pruova di fatto, accaduto nello stesso giorno in cui scrissi la citata.

246 APPENDICE

Pertossi da me certo Sig.^'® Peine, capo del dipartimento degli affari concernenti i culti, ai quali, come V. E. sa, presiede il Con- sigliere Portalis, e manifestommi, che molti Vescovi si trovavano costernati, per il come poter riconciliare gli ecclesiastici del se- cond' ordine, atteso che la modula di ritrattazione approvata dal Governo (che è quella, che io trasmisi in copia a V. E. con mia dei 15, additandone anco il compilatore (1), non combinava colle facoltà, che da me eransi comunicate su tal proposito ai Vescovi. E soggiunse quindi, che conveniva dar fine a questa collisione e, recedendo dalle prescrizioni contenute nei Brevi Piani, rimettere alla prudenza dei Vescovi l'ultimazione di questo affare; senza di che, conchiuse, non vi sarà mai pace, ed i Vescovi saranno soggetti a infinite vessazioni per parte degli Ecclesiastici renitenti, che rivol- geranno le loro querele al Governo.

10 rispondendo al Sig.^® Peine dissi: che molti Vescovi, coi quali avevo trattato dell'affare in questione, erano venuti piena- mente d'accordo con me, e che avevano dichiarato che credevano costantemente di non potere in coscienza diportarsi differentemente dalle prescrizioni della Chiesa in casi simili. E soggiunsi, che fa- cessero il piacere di passare da me quei Vescovi, che trovavansi costernati, sperando, che con essi pure sarei venuto d' accordo, come coi primi, dei quali avevo parlato. Ripigliai poi, che quanto al resto io non potevo rimettere l'ultimazione dell'affare alla prudenza dei Vescovi, senza taccia di prevaricazione approvare come sufficiente la modula, di cui esso parlavami, poiché mancante di tutti gli altri atti e dichiarazioni, fatte dai Vescovi Costituzionali nell'atto della loro riconciliazione.

11 Sig.^® Peine senza ostinarsi nella dimanda, poiché senza adu- lazione ha carattere anche esteriore di probità, continuò a tentare di persuadermi, perchè io cambiassi di massima. Io a questa nuova istanza replicai laconicamente; Ed Ella, ed il Governo saranno persuasi, che per il bene della pace ho cercato di agevolare la riu- nione degli animi nel modo, che potevo; ma Ella verun' altro potranno mai credere, che io oltrepassi di una linea ciò, che non è compatibile coi doveri di coscienza, e ciò che insieme non è combi- nabile colle facoltà, di cui posso far' uso.

(1) Vedila a pag. 22.

DOCUMENTO VII. 247

Qui fu ove tre persone della Legazione, quali avevo voluti pre- senti a questa conversazione interloquirono, e procurarono in det- taglio di persuadere il Sig. Peine, che quanto egli domandava non poteva da me accordarsi, e ripeterono: « Vengano dal Sig.^® Cardi- nale Legato quei Vescovi, che, come Ella dice, trovansi costernati, quali speriamo, che ad imitazione degli altri si tranquillizzeranno, e procederanno alle riconciliazioni degli ecclesiastici a norma delle istruzioni stateli date. »

Conviene credere, che il Sig.^^ Peine, che parti dalla Legazione apparentemente persuaso, o male intendesse, o desse una interpre- tazione diversa alle espressioni, che i Vescovi venissero alla Lega- zione, ove si sarebbero tranquillizzati ; giacché ritornato dal Sig.^® Con- sigliere Portalis riferi, che io ero contento della conosciuta modula, e che i Vescovi contentandosi di quella dichiarassero riconciliati gli ecclesiastici.

Trovossi presente a questa relazione Monsig.^® Pancemont nuovo Vescovo di Vannes, che fa le veci di Monsig.^® Bernier finché sta assente, il quale senza esitare disse : « In questo fatto vi è del ma- l' inteso; giacché a me costa, che tanto il Card. Legato, quanto tutti i membri della Legazione hanno sempre e parlato ed operato al- l'opposto di quanto ora si asserisce. » La fermezza di Monsig. di Vannes in cosi dire fece impressione al Consigliere Portalis, il quale condiscese che il Vescovo venisse alla Legazione ad appurare il fatto. Venne egli dunque e facilmente rimase convinto dello sbaglio. Disse per altro, che conveniva assolutamente prendere un qualche mezzo termine da salvare la coscienza, di liberare i Vescovi dalle vessa" zioni, che sicuramente si preparavano contro i medesimi, e da porre in stato i preti costituzionali di riunirsi al centro dell' unità.

Fu in tale circostanza ripetuto al medesimo, che tali erano i desiderj del Legato, e della Legazione; che a questo scopo avevano teso, e tendevano le mie premure; e per convincernelo, gli si mostra- rono le diverse suppliche, e rispettive proviste date dalla Legazione per la riconciliazione dei preti costituzionali. Egli prese memoria di tutto, e pertossi dal Consigliere Portalis, quale riusci di persua- dere dell'equivoco preso dal Sig.^® Peine; soggiungendo, che asso- lutamente il Legato non poteva accudire alla dimanda, e che per finire ogni disputa, e salvare la coscienza del Legato, dei Vescovi, dei preti e del governo, era indispensabile lasciare ai Vescovi la libertà di agire a norma delle istruzioni avute dal Legato medesimo. Quali siano le istruzioni e modula sul proposito, che varj Vescovi

248 APPENDICE

hanno copiate da loro stessi in Legazione, V. E. le vede qui segnate nel Foglio di Lett. A (1).

L'abboccamento, che in seguito ebbe il Prelato col nominato Consigliere, parve che facesse breccia nell'animo del medesimo, e quindi tanto Monsig.^® Pancemont, quanto io eravamo quasi entrati nella lusinga, che l'affare si sarebbe composto, e che il Governo avrebbe appoggiata la modula da me insinuata o per finire cosi il cotanto imbarazzante affare della riconciliazione dei preti costitu- zionali.

La cosa però è andata diversamente, giacché portatosi a Mal- maison il Consigliere Portalis per manifestare tutto al Primo Con- sole, la risposta, che ne riportò, e quale partecipò al Vescovo di Vannes, che venne a riferirmela la mattina di Giovedì 27 andante, fu, che non si voleva altra formula, che quella approvata dal Go, verno; che tanto il Primo Console, quanto ogni altro si maravigliava- €ome io avessi cambiato di sentimento, supponendo, come dicono essi, che avessi dichiarato di esser contento di simile formula, e conchiudendo, non comprendersi da chicchessia, come io pretendessi di più per la riconciliazione dei preti costituzionali, di quello che avevo esatto dai Vescovi, che avevano appartenuto alla Costituzione : dimentichi sempre^ o non curanti gli atti, che avevano accompagnato la lettera a N.^<^ 8igS^ per parte dei Vescovi menzionati (2).

Per quanto la conversazione, che io ebbi con il Vescovo di Vannes alla presenza di tutti li membri della Legazione, fosse lunga e con- tenesse tutti i dettagli ed i fatti relativi allo scopo, fu per altro pacifica. E V. Em.za, senza essere da me soverchiamente annoiata su tal proposito, ne vede il risultato dal foglio lett. B, che è la copia del Biglietto, con cui il Prelato diede conto dell'abbocca- mento al Consigliere Portalis. Questi rispose al Vescovo di Vannes, nei termini, che Ella osserverà dal foglio di lett. C, il contenuto del quale communicatomisi nella sera stessa di Giovedì, mi fece prendere la risoluzione di porre in scritto per esser presentato al Consigliere Portalis, quanto l' E. V. vede nel foglio di lett. D.

La modula, di cui parlo in esso scritto, è quella, di cui ho par- lato sopra segnata di lett. A.

(1) Già citata a pag. 22.

(2) Vedi voi. I, pag. 471.

DOCUMENTO VII. 249

Allegato A. È riferito nel testo a pag. 22.

Allegato B. Copie de la lettre de Monseig. V Evéque de Vannes à M. Portalis Conseiller d' Etat. Paris, le 7 prairial, an X (27 77iaggio 1802).

Je sors à l' instant de chez son Eminence. Je lui ai propose tout ce dont nous étions convenus, pour arriver au but tant désiré de la paix dans le mode d'union des prètres dits constitutionnels. La conférence a été très longue, et néanmoins très pacifique de sa part et de la mienne: en voici le résultat.

Son Eminence pense et dit que si les circonstances étaient au. jourdhui ce qu'elles étaient il y a un mois, c'est à dire si les Evé- ques qui ont appartenu à la constitution ne s' obstinaient pas de répéter partout qu'ils n'ont nullement satisfait à l'Eglise, Elle n'exigerait pas pour les prétres un mode autre que celui qui a en lieu par rapport aux Evéques, quoique tous les Evéques constitu- tionnels ayent déclaré verbalement devant l'Evéque d'Orléans s'étre soumis et conformés à la teneur et aux trois conditions exprimées dans le décret, par le quel ils ont été unis et absons ; ce qui a été attesté par l'évéque d'Orléans sur la foi du serment et des saints Evangiles.

Mais comme Son Eminence recoit tous les jours une multitude de lettres de tous les départemens, qui lui apprennent que ce scandale devient general, Elle dit qu'elle est obligée en conscience de fixer le mode de réconciliation qui prévienne tonte surprise, et tonte erreur de la part des fidèles.

Ne vous affarouchez pas, Monsieur, de ce mot d'Union; il ne sera que l'extrait adouci de la déclaration consentie par les Evé- ques Constitutionnels, et signée par PEvéque d'Orléans. J'ai vu moi méme les originaux; et la formule dont je vous ai parie avant hier en est l'extrait mitigé. Vous sentez aussi bien que moi, re- spectable Ministre, combien il est essentiel que cette affaire soit terminée promptement, et dans la journée, si la chose est possible.

J'ai dit à Monsieur le Légat, que je le reverrai cet après midi. Recevez, Monsieur, l'assurance de mon respectueux dévouement, et de mon zèle à défendre et les intérèts de la religion et les intérèts de ma patrie.

250 APPENDICE

Allegato C. Copie de la lettre de Monsieur Portalis à Monsig. L'Evéque de Vannes 7 Prairial an X (27 maggio 1802).

Il est bien important, Monsieur l'Evéque, de mettre bientòt fin aux réclamations qui arrivent de toute part au sujet de la récon- ciliation des prètres constitutionnels. Vous sentez que si quelque éclat, peut-étre très prochain, appellait l' intervention du Gouver- nement, il en résulterait certainement des mesures funestes pour la religion méme, et je ne vous cacherai pas que toutes ces tra- casseries tendent à amener incessamment ce résultat.

C'est donc dans des considérations prises dans l'intérèt de la religion, que Son Eminence doit puiser les motifs de sa conduite.

On m'avoit assuré qu'Elle abandonnait cette affaire à la pru- dence de MM. les Evèques.

Je compte sur votre sagesse et votre zèle pour la religion, pour faire sentir à Son Eminence que chaque jour rend plus pressant le besoin et le retour de la paix ; et que la plus grande responsa- bilité peserà sur les personnes qui par des mesures et des préten- tions exagérées perpétueraient le trouble et la division.

J'ai l'honneur de vous saluer.

Allegato D. Copie de la lettre de Son Eminence à M. Portalis. Paris le 27 mai 1802.

D'après la communication que vient de me faire Monsieur TEvé- que de Vannes sur le mode de la réconciliation des prètres con- stitutionnels, je dois vous assurer premièrement que je n'ai jamais approuvé la formule présentée par les constitutionnels, la quelle consiste à déclarer, qu'on abandonne volontiers la Constitution Ci- vile du Clergé, qu'on Se soumet au Concordat, et que l'on promet obéissance au Pape, et à son Evéque légitime. Que si les Evèques qui ont appartenu à la Constitution ont signé cette formule, ce n'est pas uniquement en vertu de cette signature qu'ils ont été unis à r Eglise, mais e' est en vertu de V acte par le quel ils ont déclaré verbalement en présence de TEvèque d'Orléans, suivant l'accord et la délégation que ce Prélat en avoit re9ue de moi, qu'ils se soumettaient et se conformaient aux trois conditions exprimées dans le décret cy-joint, dont je vous envoye la copie exacte; par le quel décret ils ont été absons des censures, et relevés des irre- gularités. Ce que l' Evéque d'Orléans a attesté par écrit à la suite

DOCUMENTO VII. 251

du décret, et ce qu'il a encore confirmé avec serment dans les procès verbaux (ved. voi. /, p. 410 e segg.).

Je dois vous ajouter en second lieu, que jamais je n'ai assuré que j'abandonnais l'affaire de la réconciliation des prétres consti- tutionnels à la prudence de MM. les Evèques.

Enfin je finis pour vous affirmer, que dans la formule que j'ai tracée, et que j'ai approuvée, dont je vous envoye la copie et que beaucoup de prétres et mème un Evéque ont signée chez moi avec satisfaction, j'ai atteint le dernier terme de Tindulgence, au-delà du quel l'Eglise ne trouverait qu'une prévarication : c'est ce dont je suis bien éloigné.

Il m'est impossible de ne pas vous représenter ces principes et ces faits nécessaires pour l'éclaircissement de cette affaire. Vous verrez par vous mème que la formule que j'ai tracée, n'est que l'extrait adouci de l'acte, que j'avois exigé pour la réconciliation des Evèques Constitutionnels, et croyez, Monsieur, que c'est seu- lement l'attachement à la vérité qui peut procurer la paix des consciences.

DOCUMENTO Vili (pag. 29). (Francia Appendice... , voi. XIV).

Allegato A Le Conseiller d'Etat charge de toutes les affaires con- cernant les cultes A Son Eminence le Cardinal Caprara. Paris le 19 Prairial an X de la Repuhlique (8 giugno 1802).

Il Circule, Monsieur le Cardinal, dans le diocèse de Nancy, et dans d'autres diocèses, une formule de rétractation par vous re- mise aux Evèques, et que ceux-ci sont chargés d' exiger des prétres constitutionnels. Vous savez que d' après l' arrèté des consuls portant vérification de vos pouvoirs, aucun acte émanant de vous ou de Rome ne peut ètre envoyé dans les diocèses ni autrement circuler en France par voie directe ou indirecte sans l' annexe du gouvernement.

La circulaire de la formule dont il s' agit est une infraction ma- nifeste des conditions, sous lesquelles vous avez été re9u et dont vous avez solennellement promis V observance par un serment de coeur. Une telle infraction tend à compromettre et à égarer les èvéques et les autres ecclésiastiques qui connaìtraient assez peu leurs devoirs pour exécuter des Brefs, Bulles venant de Home, ou de votre Légation, sans avoir préalablement été admis ou sanctionnés par la Puissance publique. •-

252 APPENDICE

Je sais que si quelques évèques vous ont demandé une formule de réconciliation, vous les y àvez induits par l' envoi que vous leur avez fait de votre décret du 10 mai dernier portant exécution des Brefs de Pie VI sur les affaires ecclésiastiques de France. Comment avez- vous pu faire l' envoi d' un décret qui ordonne l' exécution de jugements qui n' ont jamais été présentés au gouvernement, qui sont intervenus dans des formes contraires à toutes nos lois, et dont les dispositions foncières sont inconciliables avec la dignité nationale et avec les droits de tout gouvernement?

Nos lois particulières, les principes du droit des gens, et ceux de la religion exigent de vous dans une aussi grave occurrence que vous retiriez tout de suite votre décret, et tout ce qui l' a suivi. Les évéques et les ecclésiastiques qui obtempéreraient à ce décret, seraient criminels d' Etat, et vous awiez la terrihle responsabilité des maux qui en seraient la suite, et qui auraient pour principe la violation formelle que vous auriez faite des conditions sous la foi des quelles on a reconnu vos pouvoirs.

Recevez, Monsieur le Cardinal....

DOCUMENTO IX (pag. 30). (Francia Appendice..., voi. XIV e XXV).

Allegato B Le card. Caprara à M. le Conseiller d^ Etat, Por- talis Le 8 juin 1802.

Citoyen Conseiller d'Etat.

Il est vrai que par mon décret du 8 mai dernier, j'ai prorogé aux Evéques pour six mois les facultés extraordinaires, que les admi- nistrateurs des diocèses avaient, et dont ils jouissaient de notoriété.

J' avais (yru pouvoir leur accorder cette prorogation des facultés pour leur faciliter T exercice de leurs fonctions ; et comme plusieurs évèques m' avaient consulte sur le mode d' exercer ces pouvoirs pour la réconciliation des prétres, je leur ai propose en particulier une formule que j'ai cru appropriée aux circonstances.

Il me suffit de savoir, Citoyen Conseiller, que le gouvernement peut étre choqué et offensé de 1' émission de ces pièces, pour m' em- presser de satisfaire à la domande qu' il me fait par votre ergane.

En conséquence je re tir e le décret et la proposition de la formule, les regardant comme non avenus, etje vais ecrire aux évéques, que je retire les pouvoirs contenus dans le décret en question.

DOCUMENTO IX. 25S

Soyez persuade, Citoyen Conseiller, du désir que j'ai, et que j'aurai toujours de concourir autant qu' il est en moi au maintien de la religion et de la paix.

Recevez, citoyen Conseiller...

DOCUMENTO X (pag. 35). (Francia Appendice..., voi. XIV).

Allegato C Le conseiller d'Etat chargé de toutes les affaires con- cernant les cultes. Paris le 20 prairial an X (9 giugno 1802) .

A M. le Cardinal Légat.

La rétablissement de la paix religieuse, Monsieur le Cardinal, a été le but du Gouvernement Francais, et celui du S* Siége. Ce but serait-manqué, si par de fausses mesures on aigrissait les esprits, on éloignait les coeurs, et on perpétuait les querelles. La convention passée entre le Gouvernement et le Pape opere le retour au dernier état de la discipline generale. Par ce retour le principe de l' unite ne peut plus recevoir aucune atteinte: les Evéques, les curés, et les desservans, et généralement tous les ecclésiastiques recoivent un nouveau titre.

L' adhésion aux principes de la convention ; la reconnaissance pour Seul et légitime Pasteur de FEvéque institué dans chaque diocèse par le Pape sur la nomination du premier Consul; les nouveaux titres que les ecclésiastiques recoivent de leur Evéque, supposent nécessairement tout ce qui est de règie et de substance dans la di- scipline par rapport aux objets qui avaient jusqu'icy divise les opinions.

Vous voulez le bien, Monsieur le Cardinal, il ne peut s'opérer que par la paix. Vous voudrez donc, en conservant tout ce qui est de règie et de substance, écarter des énonciations ou des mots qui ne sont pas la religion, et qui peuvent la compromettre. Le Gou- vernement doit s'opposer à tout ce qui contrarierait les maximes de r Etat. Il ne peut reconnaìtre des jugements qu' il n' a jamais san- ctionnés, dont il n' a jamais autorisé la publication, et qui sont in- tervenus dans une forme contraire à toutes nos formes nationales.

Le Gouvernement peut encore moins reconnaìtre les peines et les censures portées par ces jugements, et encourues par le seul fait, puisque dans nos maximes pareilles peines et pareilles censures se-

254 APPENDICE

raient un attentai à nos libertés, et un renversement absolu de notre droit canonique francais. Il faut donc au lieu de chercher à concilier des choses inconciliables aller au resultai qui a le doublé avantage de conserver la véritable doctrine, et de maintenir la tranquillité.

La seule déclaration, Monsieur le Cardinal, que l' on doit exiger

des prètres constitutionneis, et que le Gouvernement peut avouer,

droit étre concue en ces termes: « J'adhère au Concordai, et je suis

« dans la communion de mon Evéque nommé par le Premier Consul,

« et institué par le Pape. »

La suffisance de cette déclaration est evidente par elle méme. Car on ne peut déclarer étre en communion avec son Evéque institué par le Pape, sans reconnaiire qu' on ne seroit poini dans l' unite de l'Eglise si r on se conduisaii autrement, et sans abandonner ioni ce qui peut étre coniraire à cet ordre de chosts. Le fond de la doctrine est donc maintenu, protégé, conserve: des quesiions de mots, des for- mules variables qui réveilleraieni touies les haines sans changer les opinions, ne soni pas faites pour une aussi grave occurrence que celle-ci.

Le caracière francais, les idées d' honneur qui soni si heureuse- meni répandues dans la nailon ne comporient aucune tournure qui puisse indisposer ou avilir: veui-on terminer les querelles? Il faut les condamner à roubli. Le passe n'est plus; le préseni a besoin de la paix, et on ne peut rien craindre pour l' avenir : car tous les troubles tenaient à des insiituiions qui ont cesse d'exisier, et à des opinions passagères qui ne peuveni plus se reproduire, et qui finis- seni avec les hommes qui les avaieni propagées.

Il ne faut poini oublier que dans la plus pari des dépariemens, et dans les iemps les plus difficiles ce soni les prètres constitu- tionneis qui ont parte le poids du jour et de la chaleur^ qui ont mentre un aitacliement courageux à leur patrie, et qui ont conserve les dernières traces de religion que l'on a retrouvées. Il ne faut poini oublier que pour f'aire cesser tous les partis, il ne faut en opprimer aucun. Le jour de Pàques a été le triomphe de la religion, et non celui d' aucun parti. L'amour propre blessé se change en fureur, et la fureur arme touies les passions qu' il est indispensable d' éieindre. Au milieu du scandalo des dissensions V impieté prévaut, elle profite de toutes les fautes et de tous les troubles, pour s' ac- croìtre et se foriifier. Le ridicule devient son auxiliaire fidèle, l' im- poriunité, le dégout des tracasseries, l' ennui des querelles de mots

DOCUMENTO X. 255

fatiguent les hommes les plus sages, irritent les ennemis de tout eulte, et aliènent tous les esprits et tous les coeurs. Les indifFérents méme sortent de leur léthargie pour se déclarer contre les indi- scrétions et les controverses qui éteignent la piété, et perpétuent le mal sans aucune sorte de retour au bien. Les indiscrétions et les imprudences ont plus ébranlè l'Eglise dans tous les temps que les hérésies.

Le Concordat n' a pu étre fait, consenti, et promulgué que comme la fin de toutes les querelles et de tous les troubles : s' il en étoit autrement, on n'auroit pas eu besoin d'une mesure qui seroit de- venue un nouveau principe de divisions, an lieu de terminer tout par une paix absolue et universelle.

Le Seul besoin qu' ayent 1' Eglise et 1' Etat est celui de la paix, et tandis que V Etat n' exige rien des ministres qui rentrent en France, et qui lui ont été plus ou moins suspects, il serait inoui et souverainement injuste, que 1' Eglise qui doit se conduire d' une manière bien plus douce et bien plus miséricordieuse que les gou- vernemens temporels, exigeàt avec dureté des formules inutiles, et que les circonstances rendent évidemment dangereuses.

L'univers entier a les yeux sur la conduite du gouvernement francais et sur celle de la cour de E-ome. 11 n'entrerà point dans de vaines querelles théologiques. Il jugera par des faits publics et extérieurs comme le fera un jour la postérité. Il verrà que le gou- vernement fran9ais a voulu le retour de la religion; que ce retour ne pouvoit s'opérer que par la paix; que la paix ne pouvoit étre rotabile que par Toubli du passe; et que conséquemment la poli- tique d'accord avec la religion exigeoient les mesares de sagesse proposées par le gouvernement. Quelle idée se formerait-on de la cour de Rome, si elle n'opposait que des obstacles, des difficultés, des formules!

C est donc, Monsieur le Cardinal, l' intérét de l' Eglise, celui du S* Siége autant et plus que celui de la France qui commande im- périeusement qu'on ne se livre plas à des recherches, et à des con- troverses qui ne peuvent plus réparer le passe, qui troubleraient le présent, et qui perdraient tout pour l'avenir.

Agréez, Monseigneur le Cardinal, les nouvelles assurances de ma haute considération.

256 APPENDICE

DOCUMENTO XI (pag. 36, 54).

(Francia Appendice..., voi. XIX).

Allegato D. Copie de la réponse adressée par 8on Éminence à M. Portalis, au sujet de sa lettre en date du 20 prairial art X (9 giugno 1802).

Monsieur le Conseiller d'Etat.

J'ai re9ii votre lettre en date d'aujourdhui, et d'après les réfle- xions que j'ai pesées dans toute la sagesse dout je suis capable^ voici le parti que je prendrai, et j'ai lieu d'éspérer que le gouver- nement sera satisfait.

Je vais écrire à tous les évéques, que les prétres constitutionnels voulant se réconcilier avec l'Eglise feront la déclaration suivante :

« J'adhère au Concordat, et je suis dans la communion de mon « Evèque nommé par le Premier Oonsul et institué par le Pape. »

Cette déclaration souscrite, les Evéques leur ajouteront de pour- voir à leur conscience.

Vous devez juger, Monsieur le Conseiller, que je sens aussi pro- fondément que vous mème la nécessité de la paix.

Recevez...

P. S. Il parait, Monsieur le Conseiller, que d'après cette pré- sente lettre que je vais envoyer à tous les Evéques, la circulaire dont j'étais convenu avec vous hier devient inutile et sans effet. Si cependant, Monsieur le Conseiller jugeait autrement, j'en verrai également la circulaire.

DOCUMENTO XII (pag. 37).

(Nunziatura di Francia, voi. 589). I

Allegato E. Copie de la lettre adressée a Son Éminence par

Monseianeur VEvéoue de Vannes en date du 9 luin 1802. ]

i

Monseigneur VEvéque de Vannes en date du 9 luin 1802. Éminence

Je suis chargé de la part de Monsieur le Conseiller d'Etat Por- talis, de vous témoigner toute la joye dont il est pénétré. Il doit vous écrire lui-mème demain. Il a fait partir sur le champ un courrier pour le Premier Consul. Il vous prie d'agréer l'assurance des sentiments respectueux, qu'il a toujours eus pour votre personne.

DOCUMENTO XII. 257

Il m'a supplié de vous dire qu'il désiroit que vous fissiez éga- lement l'envoi de votre circulaire d'hier à tous les Evéques ; il m'a aussi ajouté qu'en reconnaissance'il feroit tout ce qui seroit en lui, pour que vous fussiez pleinement satisfait des nominations.

Quant à moi, Eminence, j'espère que vous ne douterez jamais du respect, de l'affection, et de la confiance la plus entière que je vous ai voués, non plus que du tendre attachement que je dois à toutes les personnes qui composent la Légation.

Recevez, Eminence, Thommage du profond respect avec le quel je suis.

Mongeigneur

Votre très humble et très obéissant Serviteur * A. X. Ev. DE Vannes.

DOCUMENTO XIII (pag. 38).

Allegato F. Copie de la Circulaire projeitée, mais qui n^a point èie envoyée par Son Eminence.

Monseigneur

Je vous ai adressé le... un décret portant prorogation pour six mois des facultés extraordinaires, accordées par le Souverain Pontife Pie VI aux Evèques et aux Administrateurs des diocèses.

D'après la demande que m'en a faite le Gouvernement, je retire les pouvoirs que je vous avois accordés par le présent décret, et vous voudrez bien le regarder comme non avenu.

Je vous prie d'étre assuré des sentimens de mon estime re- spectueuse.

Paris 9 Juin 1802.

DOCUMENTO XIV (pag. 38). {Nunziatura di Francia, voi. .589).

Allegato G. Copie d^une lettre adressée à Son Eminence par Monseigneur VEvéque de Vannes en date du 10 Juin 1802.

Monseigneur

Je suis chargé de la part de M. Portalis Conseiller d'Etat, de vous dire que quand il a demandò à Votre Eminence de retirer les pouvoirs que Vous aviez accordés aux Evèques par votre décret

RiNiERi. La Diplomazia Pontificia nel secolo XIX. - Voi. II. J"?

258 APPENDICE

du 10 mai dernier, il n'entend vous demander de retirer que l' ar- ticle qui peut concerner l'affaire de la réconciliation des prètres, puisque vous tracez aux Evéques un mode particulier; mais qu'il n'entend point que vous retiriez les autres pouvoirs qui peuvent concerner tous autres objets.

Recevez, Monseigneur, les assurances du profond respect avec le quel je suis votre très humble et obéissant serviteur.

* A. X. EvÉQUE DE VaNNES.

DOCUMENTO XV (pag. 38). {Nunziatura di Francia^ voi. 589).

Allegato H, Copie de la Circulaire adressée par Son Eminence aux Archevéques et Evéques de Franca.

Monseigneur

Je vous ai adressé le... un décret portant proroga tion pour six mois des facultés extraordinaires accordées par le Souverain Pon- tife Pie VI aux Evéques et aux Administrateurs des diocèses.

D'après la demande que m'en a faite le Gouvernemet, et pour le plus grand bien de la paix, quant à la partie des pouvoirs qui concerne la réconciliation des prètres constitutionnels, vous Texer- cerez suivant le mode que je vous trace, et que je vous envoye cy-joint. Vous regarderez en conséquence^ ce qui concerne dans ce décret le mode de la réconciliation des prètres, comme non avenu.

Je vous prie d'étre assuré des sentimens de mon estime re- spectueuse.

Paris le 10 Juin 1802.

DOCUMENTO XVI (pag. 38). (Nunziatura di Francia, voi. 589).

Allegato I. Copie de la formule de réconciliation pour les prètres constitutionnels f adressée par Son Eminence à tous les Arche- véques et Evéques de France.

Monseigneur

Les prètres constitutionnels voulant se réconcilier avec l'Eglise feront la déclaration suivante:

J'adhère au Concordat, et je suis dans la Communion de mon Evèque nommé par le Premier Consul et institué par le Pape.

DOCUMENTO XVI. 259

Cette déclaration étant souscrite par les prétres consti tu tion- nels, les Evèques leur ajouteront de pourvoir à leur conscience. J'ai l'honneur d'ètre avec respect...

Paris le 10 Juin 1802.

DOCUMENTO XVII (pag. 45). {Cifre ai Nunzii, Frincipi, voi. 276).

Consalvi ai Nimzii 1 luglio 1802.

Accenna alla disapprovazione che il governo francese ha fatto del- Vallocuzione del Papa, ed alla propria difesa dello stesso governo sugli articoli organici. Non sa poi come si farà a biasimare la condotta del card. Legato, per il modo seguito nella riconcilia- zione del clero di second' ordine.

Sempre si è nel doloroso caso di ricevere nuove angustie e grandi amarezze, sebbene paia che dopo usciti or da uno or dall'altro pro- fondo fosso in cui ci troviamo gettati ogni tanto, non ci possa essere il caso di trovarsi in guai nuovi.

Due gravi disgusti, e di imbarazzo tale da non saper come uscirne, ci recano le lettere di Francia, giunte oggi. Consiste il primo nel sentimento di disgusto, che manifesta il Governo per quella parte dell'allocuzione di N. S. che riguarda le leggi organiche. Si vede che la prima buona impressione che l'allocuzione aveva fatta, (se non per produrre il desiderato effetto, almeno per convenire che N. S. non poteva non dire quello che con tanta delicatezza ha detto) è stata distrutta dai sempre potenti nemici della S. Sede e della Religione. Dice il Governo, che tali leggi organiche non contengono niente di nuovo, e che le stesse cose esistevano prima in Francia, riguardanti solo le libertà Gallicane (ciò che però si può vedere a colpo d' occhio quanto si verifichi in fatto); ed inoltre dice, che tali leggi orga- niche essendo una Ugge, non si doveva dal Capo della Religione con la disapprovazione pubblica attentare all'esercizio dei diritti della sovranità che ha fatto la legge, e che ne ha il diritto, soste- nendo in cosi dire la massima, che il Sovrano è il Vescovo esteriore; e tutte le altre, che sono in questi tempi in voga; e questo è da rimarcarsi, però che il Governo Francese su questo primo punto esprime il suo sentimento di sostenere tali leggi, e la sua querela nell' essersi pubblicamente disapprovate; ma non commette di far qui alcuna dimanda insinuazione, onde la cosa si lascierà pen- dente cosi.

260 APPENDICE

Consiste il secondo nell'affare della riconciliazione degli ecclesia- stici costituzionali del second' ordine, intorno a cui dopo una terribile battaglia, sofferta dal Cardinal Legato non meno con tutte le diverse autorità costituite, che col Primo Console medesimo, avendo veduto, come egli scrive, che tutto andavano a foco e fiamma, ed essendo- glisi già intimata la partenza, e osservando che sovrastavano alla Eeligione e alla Chiesa le più grandi sciagure, si è lasciato piegare a ritirare il decreto e la formula, che aveva pubblicata di concerto coi Vescovi per tale riconciliazione, e ne ha data fuori un'altra, in cui niente altro si dice, se non che: io aderisco al Concordato^ e prometto obbedienza al Vescovo nominato dal P. Console, e istituito dalla 8. Sede, Una formula di tal natura sarà qui ora presa in esame : ma oh! Dio, qual prognostico farne? E quali effetti sono da pre- vedersi 0 in un senso, o nell' altro dalla risoluzione, che ne sarà presa? Come si farà a condannare l'operato del Legato, o ad appro- varlo? Lascio immaginare a V. E. in quale mortale angoscia si trovi N. S. e noi tutti. Bisogna chinare il capo ai giudizi di Dio, che ci visita ogni giorno con nuove e si terribili tribolazioni. Io assicuro V. E., che la natura ormai più non regge a tali scosse.

DOCUMENTO XVIII (pag. 53). {Nunziatura di Francia, voi. 589).

Caprara a Consalvi 4 agosto 1802.

le ragioni del perchè non coìnmise ai vescovi V affare della riconciliazione de' preti.

Dalla ultima sua a colonna in data de' 14 dello scorso luglio, ri- levo il vivo desiderio, che si avrebbe avuto costi, che io nella ne- cessità in cui mi trovai di ritirare il decreto dei 10 Maggio, re- lativamente alla riconciliazione dei preti, avessi rimesso l'affare ai Vescovi e mi fossi astenuto dal pronunziare, poiché una mia pro- nunziazione produce quelli effetti, che V. E. annunzia colla citata sua^

Su tal particolare non solo dico, che io non l' ho ceduta a qual- sivoglia in tal desiderio; che feci di tutto, perchè potesse avere effetto; ma oso dire, che avrei avuto vergogna di non pensare a simile misura. Ogni mio sforzo però si rese infruttuoso e rispetto al Governo e rispetto alli stessi Vescovi, che assolutamente dichia- rarono a me medesimo che non volevano caricarsi di ciò, e che in. tale guisa venivano ad essere esposti senza rimedio. V. E. degnisi

DOCUMENTO XVIII. 261

di non chiedermi, perchè io alla presenza del Primo Console nel- l'occasione, che era meco Mons. Sala, non contestassi ciò, che prece- dentemente era stato convenuto col Governo, rispetto alla formula di riconciliazione. Non nego che lo avrei potuto, ma come il farlo non avrebbe prodotto il bene, che la mia formula fosse preferita a quella già stabilita e pubblicata dal Governo, per delicatezza verso qualcheduno (1) m'astenni dall'affacciarlo. Il Governo, come V. Emza ha avuto luogo di rilevare dal mio dispaccio di N. 135 in data de' 13 Giugno, mi obbligò a pronunziare: li motivi, che mi indussero a farlo, sono pure riportati nell'anzidetto dispaccio, e da esso pure apparisce, che io non contento di quanto si proponeva, feci aggiungere alla formula prescritta (ciò che forma il sostanziale della riconciliazione): che ad ogni riconciliando, dopo la dichiara- zione voluta dal Governo e fatta in mano del Vescovo, il Prelato gli dicesse di pensare a provvedere alla propria coscienza. Ninno meglio di V. Emza conosce e la forza e l'estensione di tale aggiunta (sia per ragione della notorietà delle obligazioni che corrono ad ogni riconciliando ; sia per la prescrizione da me fatta fino a quell'epoca ai riconciliandi a me ricorsi: obligazioni, che se non riusci a me espressamente prescrivere, furono in tale maniera tacitamente esatte), la quale appunto, perchè in seguito conosciuta qui, mi ha attirato dei rimproveri, che ho dovuto succhiarmi, ma che ho succhiato vo- lentieri, perchè nella dura necessità, in cui mi trovai in allora, non vi era da potere scansare la taccia di prevaricatore, che con quel mezzo.

Rispetto alla mia pronunziazione su tale articolo, ben pochi sono stati quelli, che abbiano dubitato della non sufficienza della formula con l'aggiunta da me appostavi. Tutti poi si sono uniti a dichia- rarla sufficientissima, ma dopo che non so da chi, ma credo da un Vescovo^ è stato dato fuori uno scritto che ormai credo alla cogni- zione poco meno che di tutti, di cui ho procurata averne copia, che trasmetto qui unita.

(1) Questo quaìchechmo non potendo essere il Card. Consalvi, credo che sia il Portalis. Infatti questi aveva già approvato la forniola romana.

262 APPENDICE

DOCUMENTO XIX (1) (pag. 54). ~^ (Nunziatura di Francia, voi. 589 J.

Capibara a Consalvi 29 novembre 1802.

Procura di difendere la sufficienza della formola di riconciliazione j da lui concessa al clero di second' ordine ', e ciò, dopo aver sa- puto, dalla lettera del Consalvi (27 ottobre 1802), che il sacro collegio V aveva disapprovata.

Quando trattossi di dover procedere alla riconciliazione degli ecclesiastici del secondo ordine, di che diedi conto a suo tempo a Vostra Eminenza, non lasciai certamente di fare esaminare la cosa da persone di probità, di capacità, e sottomesse di buona fede al Capo della Chiesa. Oltre l'avere discusso vocalmente la questione sotto tutti gli aspetti, ne volli avere un voto in scritto, quale però mi guardai bene di far conoscere, perchè conosciutosi, sicuramente dal Gro verno non si sarebbe permesso, che dai Vescovi s'intimasse ai riconciliandi quel che da me fu loro prescritto in simile occasione.

Non avendo fatto conoscere all'È. V. un tal voto nello spazio di alcuni mesi, che sono passati da che segui la riconciliazione dei mentovati ecclesiastici, più certamente non avrei pensato tampoco a rileggerlo io stesso, se non ne fossi stato consigliato dal veneratissimo di lei dispaccio dei 27 del passato Ottobre, col quale V E. V., senza ambiguità mi mostrò, che il Santo Padre, alcuni dei Signori Cardinali componenti la Congregazione sugli affari di Francia, ave- vano trovata ammissibile la formula in questione.

Dal voto, che io qui unisco in quattro diversi fogli, prevalen- domi del mezzo del Sig. Canova, che costà fa ritorno, V. E. potrà rilevare i fondamenti di ragioni, per i quali io mi determinai alla risoluzione a lei cognita, e che prego V. Eminenza di far conoscere non solo alla Santità di Nostro Signore, ma anche agli stessi Emi- nentissimi dell'anzidetta Congregazione.

All'analisi, che si fa nei quattro citati fogli della formola pro- posta, ha generalmente corrisposto l' esecuzione per parte dei Vescovi^

(1) Questo documento nel testo, pag. 54, nota (1), è indicato per er- rore col n. XI, come ne souo sbagliati il titolo e la data della lettera del Consalvi, che è de' 27 (non 29) di ottobre ; è accennata in questa autodifesa del Caprara. Sul voto, a cui si accenna in questa lettera^ ved. p. 54.

DOCUMENTO XIX. 263

giacché molti l'hanno cosi analizzata; altri sono stati da me verbal- mente istruiti, e da altri essendo stato interpellato, ho loro spiegato' il senso canonico.

In tali precisi sensi è stata interpretata la formula dal Governo ; ed io, come V. E. ha saputo, all'opportunità ho dovuto succhiarmi dei rimproveri dalla bocca del Primo Console, che arrivò persino a dirmi, che per permettere l' aggiunta di provvedere alla propria coscienza nella formula di riconciliazione, non vi voleva che uno stordito come Portalis, il quale non ebbe tanta capacità, da distin- guere il peso e la forza dell'aggiunta predetta.

La forza ed il peso di simili parole è stato ben compreso dai Costituzionali, e quindi ne nacque in Carcassone quel tumulto, di cui le diedi conto con mia dei 14 Novembre di n. 232.

Rinnuovo in questa circostanza all'È. V. le proteste del mio profondo ossequio, e le bacio umilissimamente le mani.

Di vostra Eminenza

Parigi 29 Novembre 1802.

Umil.mo oss.mo servitore vera G. B. Card. Caprara

DOCUMENTO XX (pag. m), {Francia Appendice..., voi. I, Fascio B).

Nota trasmessa da Parigi^ la quale dava ragione della domanda del Talleyrand intorno la sua pretensione di potersi ammogliare.

C'est une chose convenable à la dignité du gouvernement de la France, et utile à la discipline de FEglise que d'accorder un bref de sécularisation au citoyen Talleyrand.

Ce ministre a renda de grands services à 1' Eglise et à V Etat. Il a publiquement et irrévocablement renoncé aux fonctions et aux dignités de la cléricature. Il désire que cette renonciation soit consacrée par un aveu formel du Chef suprème de la religion, il me- rite d'ailleurs cette faveur speciale.

Sous le rapport de la politique, lorsque la France redevient une nation catholique, il ne convient pas qu'un ministre, qui a une part principale dans la confiance du Gouvernement, soit un objet d'incertitude, et de controverse relati vement à son ancien état.

Sous le rapport des efforts qu'il a fait pour rallier T Eglise et le Gouvernement, il faut qu'il puisse recueillir par l'expression

264 APPENDICE

libre de la gratitude de tous les amis de la Eeligion le prix du zèle qu'il a montré pour son rétablissement.

D'autres grandes considérations atteindront aussitót la bienveil- lance et la j astice du S. Pére. On ne parlerà pas des formes re- quises pour un tei acte: il choisira la plus convenable et la plus complète. Quant aux exemples du passe, le S. Pére en trouvera de fréquents dans l'histoire.

Aux dix-septième siècle sous Innocent X, Camille Pamphili, Car- dinal et neveu du Souverain Pontife, fut sécularisé, et mourut laique.

An 15°^^ Cesar Borgia archevèque de Valence, devint due de Valentinois, épousa une Princesse de la Maison d'Albret, et mou- rut laique.

Ferdinand de Gonzague d'abord ecclésiastique, et ensuite Due de Mantoue; Maurice de Savoye qui se maria en 1642, aprés avoir été ordonné ; les deux cardinaux de Bourbon, onde et neveu, l'un et l'autre archevèques de Lyon, après avoir abdiqué, du consen- tement du S. Siége, les dignités ecclésiastiques, moururent laìques.

Deux Casimirs Roys de Pologne, l'un par succession, au 11 me gjè- cle, Tautre par élection, au 17°^^^ furent affranchis non seulement des liens de l'état clérical, mais encore du serment monastique : le premier avoit été bénédectin, le second jésuite; et celui-ci, outre le laicat, obtint des licences pour épouser sa belle-soeur.

Henri de Portugal archevèque de Lisbonne, et successeur à la couronne de Sébastien en 1588, mourut roy et laique.

Francois de Lorraine cessionnaire des Etats de son frère Char- les IV en 1634; et ensuite pére de Léopold, passa de l'état du sa- cerdoce au laicat, et resta fidéle à l'Eglise.

Tous ces exemples sont pris des tems, le S. Siége jouissait de la plénitude de son autorité. L'usage que les Prédécesseurs de Pie VII en firent alors leur fut indiqué par des motifs d'utilité, pour le bien de l'Eglise: ces motifs existent aujourd'hui, et je doute qu'à aucune de ces époques la mème demande ait été fondée sur d'aussi fortes considérations.

DOCUMENTO XXI. 265

DOCUMENTO XXI (pag. 69). (Francia Appendice..'., voi. I, Fascio B).

Copia del primo Bi-eve, scritto a Talleyrand già Vescovo d^Autun, ministro degli affari esteri in Paingi, col quale vien riconciliato colla Chiesa Cattolica Apostolica Romana, in virtù di facoltà comunicate al Card. Caprara Legato in data de' 29 giugno 1802 y mandato al Card. Legato^ acciò opportunamente ne facesse uso, o di questo o dell' altro f che segue in appresso.

Dilecto filio Carolo Maurilio de Talleyrand Pius PP. VII.

Dilecte Fili Saluterà et Apostolicam Benedictionem. Gravissimas inter sollicitudines Apostolatus Nostri, maximo gaudio afFecti sumus cum de ardenti desiderio quo flagras, Te Nobiscum ac cum Ecclesia Catliolica reconciliandi, ad Nos est relatum. Gommo verunt etiam vehementer animum Nostrum ea omnia, quae Nobis tuo nomine ac de Te scripsit dilectus Filius Noster Johannes Baptista Cardinalis Caprara, Noster apud Primum Consulem Legatus. Animi tui sensus quales Nos optabamus, et quos, uti decet modo aperis Nobis, submis- sio, ac piena obedientia quam profiteris huic Apostolicae Sedi; con- stans studium, quod ex tua parte ad magnum opus perficiendum restitutionis catholicae Religionis in Gallia contulisti; testimonium zeli tui in eadem catholica religione tuenda ac promovenda, quod dederunt Nobis etiam W. Fratres, qui ex Italiae sedi bus profecti conventui Lugdunensi interfuere; propositum denique animi tui, curaturum Te minimum in posterum, quantum per Te fieri poterit, ut Religionis atque Ecclesiae commodis et utilitatibus consulatur, non modo ad gaudendum in Domino excitant, Nos verum etiam persuadent, ut Te benigno favore prosequamur, utamurque in Te singulari indulgentia Nostra. Dilatantes itaque, Dilecte Fili, erga Te viscera Paternae Caritatis, nulla interposita mora, amplissimas facultates eidem Cardinali Legato Nostro damus, ut Nostro Nomine debitis modis, ad explenda tua desideria, Te Nobiscum ac cum Ec- clesia reconciliet, quemadmodum a Te postulatum est. Cum vero Tua Augustodunensis Ecclesiae dimissio (quam Nos ratam habuimus), Tuaque, multis abbine annis, ab omni Episcopali munere et a quavis ecclesiastica functione alienatio eo rem adduxeriut, ut Tu Te ipse, uti decuit. ad simplicem laicam communionem a Nobis traduci pò-

266 APPENDICE

stules, Nos, postquam debitis ut sapra modis tua reconciliatio per- acta faerit, Tibi potestatem facimus in veste laicali incedendi, ac saecularia officia gerendi, sive in eodem isto ministerii munere per- manere volueris, quod Tibi a Gubernio demandatum est, sive alia obire, ad quae idem Te gubernium provexerit, ita tamen ut nullam amplius in posterum functionem sive episcopalem, sive ecclesiasticam exerceas, solaque communione laica perfruaris. Cogitandum vero, Dilecte Fili, Tibi est etiam in medio curarum politicarum quantum tibi onus incumbat Dei gloriae et Catholicae Religioni bene stu- dendi, eaque ob oculos habendi semper quae huic tantae rei con- ferre possunt. Ad quae ut Te vehementius excitemus, S. Leoni s Praedecessoris Nostri verbis utemur : « Qaod superest, Te exhorta- « mur... ut nunc Sedi Apostolicae collabores; Victoria enim quam « Christus Dominus Noster suae donavit Ecclesiae... licet fiduciam « majorem tribuat, non tamen in totum sollicitudinem perimit, nec « ut dormiamus donata est sed ut suavius laboremus, unde in hoc « quoque Tuae vigilantiae soUicitudine volumus adjudicari. » Excita igitur zelum tuum, exere atque adhibe omnem vim animi, ut Catho- lica Religio altius in dies radices agat in regionibus istis, vete- remque illum splendorem recipiat, quo semper Natio ista potens prae caeteris est illustrata. Hoc si feceris, prospicies simul verae paci ac tranquillitati istius Reipublicae, ac singularem Dei mi- sericordiam Tibi conciliabis. Nos interea assiduis precibus Deum obsecrantes, ut Divinae suae gratiae lumine adsit Tibi, in coele- stis benedictionis auspicium, Apostolicam Benedictionem Tibi pera- manter impertimur.

Datum Romae apud sanctum Petrum, sub annulo Piscatoris^ Die XXIX lunii MDCCCII, Pontificatus Nostri Anno Tertio (1).

(1) Fu sottoscritto questo Breve da Mous. Marotti, segretario de' Brevi à' Principi.

CONGRESSO DI LIONE 267

CONGRESSO DI LIONE (pag. 97). {Italia Appendice...., voi. XX).

Memorie sul congresso di Lione, tenuto in gennaro 1802 dai deputati Cisalpini (scritte dall'abbate Benedetto Conventi di Bologna).

1^ Consulta nella 2* Sezione

.... (1). Terminatala funzione, fZeese^me^er Z'amvesi;oi;o Vi- sconti), si tenne la prima Consulta, divisa però nelle cinque suddette Sezioni. I Presidenti di queste furono nominati dal Ministro Tal- leyrand secondo le istruzioni del primo Console, e furono della prima Melzi, della seconda l' avvocato Aldini, della terza Bergnani, della quarta Paradisi, della quinta Bernardi.

Ciascuno di questi elesse due Segre tarj. Nella seconda i segretarj furono Belmonti e Rangoni, ma poi essendosi Rangoni ammalato per qualche giorno, gli fu sostituito Cicognara dal Presidente.

Nella prima Consulta si lesse tutta la Costituzione per esteso, quale già era stata preparata ed approvata dalla Consulta di Milano, fino dal giorno 15 Vendemiale, ma non ancora stampata.

S' invitarono i deputati a fare in iscritto le loro riflessioni sulla Costituzione, ed a proporre modificazioni, e per schede segrete fu nominata una Commissione di cinque per ciascheduno de' tre dipar- timenti, avendo ciascuno nominati soltanto cinque nel proprio dipar- timento. Ciò s'intenda della 2^ Sezione.

La scheda segreta da me data per d.» commissione è al Nu- mero 1° de' documenti aggiunti a questi fogli.

La nota de' 15, che formarono detta Commissione, è al N** 2°.

Le riflessioni, date in iscritto sopra l' articolo della Religione per la diocesi di Bologna, sono al N. 3°.

Le osservazioni sopra l'articolo, che riguarda i beni nazionali, sono al N^ 5°.

2^ Consulta nella 2^ Sezione

La seconda Consulta si tenne a di 8 Gennaro. Nella sezione 2^ fu- rono lette le riflessioni e proposte fatte dai deputati in iscritto, ridotte però, ed accomodate dalla Commissione con modificazioni, ag- giunte, alterazioni, e si posero a partito col fallace mezzo di alzarsi per il si, e di restar seduti per il no.

(1) Quello che i puntini indicano mancante si trova a p. 95-97.

268 APPENDICE

Qui fu dove si ebbe un lungo dibattimento sull'articolo della Eeligione, sul quale erano state esibite N. 15 memorie in iscritto, e molti Ecclesiastici parlarono dalla Tribuna, fra i quali l'Arcive- scovo di Eavenna, il Vescovo di Cervia, il Vescovo di Oomacchio, ma tutti senza prò.

Qual fosse l'espressione adottata nella Sezione 2*, con N. 12 voti contro 37 si veda al numero 4o.

3^ Consulta nella 2^ Sezione

La terza consulta si tenne a di 9 Gennaro. Nella Sezione Seconda si occuparono i deputati circa 4 ore ad udire varie basi di Leggi organiche, preparate dalla suddetta Commissione dei 15, senza che a dir vero apparisse, che giammai a questa fosse stata data una tale incombenza, ed il potere a questa corrispondente. Si ebbe per detto spazio di 4 ore il lungo incomodo di alzarsi e di sedere ad ogni pro- posta per approvare e disapprovare dette basi, e cosi pure qualche altro Articolo che si progettò di aggiungnere alla Costituzione, sempre a dettatura, per non dire a capriccio, della commissione suddetta.

4^ Consulta della 2^ Sezione

La quarta consulta si tenne il di 10 Gfennaro. Nella seconda sezione non si fece altro, che nominare in una scheda vari soggetti da pro- porsi al gran Console^ per esser messi in governo. Ciò si fece con una lista dupla, detta di confidenza. La nota da me esibita è re- gistrata al Numero 6.

La sera delli 11 Gennaro a ore 9 giunse da Parigi a Lione il gran Console Bonaparte, incontrato da pressoché tutti li Cisalpini.

A 12 Gennaro si radunarono nella salla della Sezione i deputati, riscossero n. 300 franchi ciascuno a conto della indenniz- zazione da stabilirsi per la consulta straordinaria, ricevettero un viglietto, che servisse di contrassegno per entrare nel palazzo del Governo, indi a ore 4 1^2 tutti andarono a far visita in corpo al Primo Console, essendo stati ricevuti per Sezioni secondo 1' ordine delle medesime.

5^ Consulta della 2* Sezione.

La quinta Consulta si tenne nella seconda sezione li 13 di Gen- naro. In questa il Presidente da ed a suo arbitrio nominò una commissione di 10 deputati della Sezione riportata al n. 2, i quali,

à

CONGRESSO DI LIONE 26^

per quanto disse, dovessero dare al Primo Console dei lumi per la formazione de' collegi elettorali.

Avendo Pavazzi parlato delle indennizzazioni da fissarsi, a tenore del proclama emanato per convocar la Consulta, fu fatta per questo effetto la deputazione de' Cittadini Dottor Miccoli, Cavriani e Pa- vazzi per la 2^ Sezione, ai quali si unirono altri deputati nominati da' respettivi Presidenti delle altre sezioni, che formarono per que- sto effetto una particolare commissione.

Fu distribuito a tutti li deputati un viglietto, per andare la sera alla festa di ballo fatta in onore del Primo Console. Ciò si fece con l'appello nominale, avendo però tutti gli Ecclesiastici rinunciato detto viglietto.

Nel giorno 15 Gennaio, dietro l' invito del gran Console fatto a ciascheduno in particolare, tutti gli Ecclesiastici Cisalpini si reca- rono in corpo alla sua udienza, e si trattennero con lui circa tre quarti d'ora.

Commissione Ecclesiastica.

Sortiti dalla udienza, per ordine dello stesso gran Console si adunarono in uria sala del palazzo del Governo, per formare un comitato Ecclesiastico di nove soggetti con schede segrete, essendo già stato proclamato Presidente oltre li 9 l'Emo Bellisomi, ed es- sendosi convenuto, che il comitato fosse composto di tre Vescovi, di tre Vicari, e di tre Parrochi. La scheda da me data per questo ef- fetto, è al numero 8; ed al numero 9 si riportano i nomi degli eletti a formare il comitato suddetto.

La sera dello stesso giorno 15 Gennaro, il comitato a ore 10 fu dal gran Console, e vi si trattenne per tre ore continue. Si parlò- sempre di affari di Religione, e lo stesso Primo Console dettò al Ministro Talleyrand alcuni quesiti ed articoli, che sono trascritti al numero 10, i quali furono comunicati a tutti i Vescovi e Vicari delle diocesi Cisalpine. Il Congresso terminò circa ad un ora dopo la mezza notte.

Per ciascuna risposta, fu data risposta ai quesiti in iscritto ; e furono anche fatte petizioni particolari, a tenore de' rispettivi biso- gni delle medesime, ed anche delle osservazioni sulle risposte det- tate da Primo Console; e queste in termine di due giorni furona date al Presidente, e da lui passate al Segretario, che in poche ore dovette farne lo spoglio per presentarne al Primo Console un estratto.

Le risposte e petizioni date per la diocesi di Bologna sono ri-

270 APPENDICE

portate alli numeri Ile 12, e fortunatamente furono lette per esteso dal Priino Console, alla presenza della commissione Ecclesiastica, la sera delli 19 dello stesso mese di Gennaro.

Frattanto gli Ecclesiastici del Comitato si erano adunati in casa dell'Emo Bellisomi, le sere delli 16 e delli 17 di Gennaro; ed erano stati in assemblea dalle ore 6 fino alle 10 in ambidue le sere, ad og- getto di preparare le materie da trattarsi col Primo Console. Si erano quindi stese le riflessioni e petizioni dal segretario; e nella sera delli 19 detto, avuto l'accesso al gran Console, dopo avergli la com- missione Ecclesiastica esibiti li fogli delle diocesi Cisalpine, che dal medesimo furono trascorsi ad uno per uno, gli furono lette le ri- flessioni e petizioni già concertate precedentemente nel comitato, e se ne riportarono le analoghe risposte ad articolo per articolo. Que- ste, unite alle proposte e domande, possono vedersi al numero 16. Il congresso col Primo Console durò 4 ore continue, cioè dalle 9 1/2 della sera fino alle ore 2 1|2 dopo mezzanotte, e gli Ecclesiastici della commissione furono trattati a rinfresco.

Terminato il congresso, il gran Console propose di esibirgli sol- lecitamente un piano per ciascheduna diocesi, che riguardasse sol- tanto le rendite da fissarsi ai Vescovi, ai capitoli delle Cattedrali, alla fabbrica delle medesime, ai Seminari, ed alle Parrocchie che fossero state spogliate in tutto o in parte, durante la rivoluzione.

Nella mattina del seguente giorno, 20 Gennaro, si radunarono gli Ecclesiastici della commissione, in casa di Mons. Arcivescovo di Ra- venna, dove fissate le massime generali, ciascuno o almeno molti de' membri della medesima si distribuirono le diocesi per formarne il rispettivo piano. Il comparto delle diocesi, fatto in tale occasione, è riportato al numero 17. Così pure il piano presentato per la dio- cesi di Bologna è al numero 13.

La sera del medesimo giorno, 20 Gennaro, si tenne l'adunanza della commissione alle ore 6 presso l'Emo Card. Bellisomi, per ri- durre ad articoli di Leggi tutto quello ch'era stato dal Primo Con- sole accordato, a tenore di quello che si rileva dal numero 16; di poi alle ore 10 si portò la commissione stessa dal Console, dove ebbe udienza di circa due ore. Questo ordinò di dare più in ristretto uno specchio delle annue rendite da assegnarsi a ciascheduna dio- cesi, e ciò entro lo spazio di ore 14. Furono pertanto dal Cardinale Presidente invitati tutti gli Ecclesiastici Cisalpini con viglietti par- ticolari alla sua casa a ore 10 della mattina delli 21 ; ed ivi ciascuno diede all'istante lo specchio richiesto.

CONGRESSO DI LIONE 271

Quello che si presentò per la diocesi di Bologna, può vedersi al numero 14. E ben da sapersi, ch'essendosi messo nel piano ri- portato al numero 13, che all' Arcivescovado di Bologna converrebbe assegnar almeno una rendita di 70 mila lire di Milano, il Primo Console, all' udirlo leggere da Mons. Arcivescovo di Ravenna, lo ri- provò; e disse, che sarebbero state anche troppe 50 mila. Perciò nel replicare lo specchio, si prese il temperamento di mettere almeno 60 mila.

Siccome poi più volte disse il Primo Console, che non voleva che il solo capitolo della Cattedrale in ciascuna diocesi, ed essendosi fatte vive premure dallo scrivente, perchè almeno la perinsigne Ba- silica di S. Petronio fosse conservata, non ostante replicò sempre costantemente lo stesso in termini, che davano poco luogo a sperare di vederlo rimosso; perciò ad oggetto, che potesse sempre avere sotto rocchio il voto del Clero Bolognese per la conservazione di quel capitolo si cospicuo, fu aggiunto ed esibito al primo Console in foglio a parte lo specchio della rendita annua da assegnarsi al me- desimo, come al numero 15.

Nello stesso giorno 21 il comitato Ecclesiastico si presentò al gran Console collo specchio richiesto, ed ivi dovette lungamente dibattersi coi Presidenti secolari delle sezioni sopra nominate, che si opposero vivamente agli articoli già combinati ed approvati dallo stesso gran Console, come al numero 16. E di qui nacque, che avendo il Console in varie cose acconsentito alle loro istigazioni, ed essen- dosi cogli Ecclesiastici disdetto, furono poi stese le leggi Organiche del Clero, senza varie cose in detto numero 16 già fissate, e con altre non poco da quelle variate; anzi convenne molto e lungamente combattere per ottenere, che almeno vi fossero quelle, che ora vi si leggono.

Grli articoli qui non si riportano, perchè già dovranno stamparsi ; e cosi saranno colla Costituzione in mano di tutti.

Mentre le cose passavano come si è detto, non mancò lo scri- vente di rivolgersi all'ambasciadore del Papa a Parigi, l'Emo Car- dinal Caprara, per avere lumi ed aiuti presso il gran Console sugli affari di Religione.

La risposta di questo giunse a cose già terminate, ed è affatto inconcludente, come può vedersi al numero 19.

272 APPENDICE

Commissione de'iiotahili.

Contemporaneamente ai Congressi della Commissione ecclesia- stica, si adoperò presso il Primo Console la commissione de' Notabili, per rappresentargli le miserie e le vessazioni, che soffre la Cisalpina, e per dimandare un pronto riparo. E degna di essere letta e conser- vata la memoria stesa dall'avv. Salina, e presentata al Primo Console per tale oggetto. Questa è al numero 18.

1^ Consulta generale.

Impigliando ora gli affari di tutto il corpo della consulta straor- dinaria, conviene riferire, che finalmente nel giorno 20 Gennaro alle 2 pomeridiane si adunò nella gran sala del collegio (già Chiesa dei Gesuiti) dispendiosamente preparata ed ornata, la Consulta generale di tutti li deputati Cisalpini, nella quale per distinzione del Primo Console fa presidente Ferdinando Marescalchi, che fece suoi segre- tari r Avv. Vicini e Strighelli. In questa consulta dopo l'appello nominale, non si fece altro che nominare con schede segrete 12 sog- getti, per formare a pluralità di voti una commissione di 30, che dassero lumi al Primo Console sui soggetti da scegliersi per il Go- verno. Questa operazione protrasse la Consulta fino alle ore 12 e mezzo.

Quali soggetti fossero da me nominati, può vedersi al n. 20.

Con quanti voti e di quali soggetti fosse composta la Commis- sione dei 30, è appresso al numero 21.

La Commissione dei 30 si uni la mattina del seguente giorno 21 Gennaro in una delle camere del collegio, scelse per presidente della Repubblica Cisalpina Melzi, diede al Primo Console la dupla per il corpo legislativo, e la dupla pel ministero, e questi si ri- portano ai numeri 22 e 23. Ma nella prima non vi sono che quelli nominati per il dipartimento del Reno.

Per il giorno 24 Gennaro era intimata la Consulta alle ore 7 della sera, ma due ore prima fu affisso al caffè detto degl'Italiani il disintimo. È da sapersi, che questo era il mezzo col quale Ma- rescalchi avvisava i deputati.

Intanto avendo Melzi ricusata la carica di presidente, la com- missione dei 30 dopo lunga deliberazione creò presidente della Re- pubblica Cisalpina, che poi fu detta Italiana, indi Italica, lo stesso Primo Console della Francia Bonaparte, e nominò Vice-Presidente Melzi, ed ambedue accettarono, ma il primo con sommo gradimento.

CONGRESSO DI LIONE 27S

2^ Consulta generale

A di 25 Gennaro si tenne la seconda Consulta generale nella stessa gran sala, alle ore 11 della mattina. In questa fu letto un artificiato foglio, che riferiva la determinazione dei 30, che riguar- dava Bonaparte, e fu accettata a pluralità di voti, espressi coll'atto di alzarsi in piedi. Non si è potuto aver copia per verun conto di detto foglio. Si parlò quindi sull'affare della indennizzazione da farsi, per i deputati della consulta straordinaria, e fu stabilita a voti unanimi in lire 3500 di Milano per ciascheduno, oltre il pagamento de' viaggi oltre Milano fino al capoluogo dei rispettivi dipartimenti.

3^ ed ultima Consulta generale

Nel giorno 26 Gennaro, ad un'ora dopo mezzo giorno, si tenne la terza ed ultima, ma solenne Consulta alla presenza del gran Console seguito da tutti i Ministri, Prefetti, Consiglieri, Guardie. Cominciò questa da un' applauditissima parlata del medesimo Con- sole, colla quale dichiarò di accettare la carica di presidente. Fu quindi letta per intero la costituzione della Repubblica Italica dal Dott. Brunetti. Dopo tale lettura, Marliani parlò lungamente sopra la costituzione. Si passò a leggere le leggi organiche per il Clero, dopo le quali parlò acconciamente Mons. Arcivescovo di Ravenna, sull'utile che deve attendersi nella Repubblica dall'essere la Reli- gione cattolica la Religione dello Stato, e sullo stesso argomento parlò lo stesso Bonaparte, inculcando, che si tenesse questa Reli- gione che conduce gli uomini ad esser buoni cittadini, non per timore delle pene, ma per intima persuasione. Queste leggi organiche sul Clero quali furono lette nella suddetta Assemblea generale, sono riportate per esteso al n. 24.

Si lessero poi tutti li soggetti nominati al Governo. Il Vice- Presidente andò all'abbraccio di Bonaparte, e dopo molti applausi, Xeina fece una breve parlata di ringraziamento; e fra gli evviva terminò la consulta, e rimasero i deputati in libertà.

A ciascun deputato furono date due medaglie di argento, una cioè del Gran Console, l'altra del Governo di Milano, e più di lire 862 di Francia per ciascheduno, a conto della indennizzazione già come sopra stabilita.

La mattina del giorno 28 alle ore 7 il gran Console parti da Lione, e ripigliò la strada di Parigi.

RiNiERi. La Diplomazia Pontificia nel secolo XIX Voi. II. l'^

274 APPENDICE

Non si riporta qui la Costituzione, si danno i nomi de'nuovi soggetti destinati al Governo, perchè tutto sarà al più presto pub- blico colle stampe.

EACCOLTA DI DOCUMENTI RIGUAEDANTI IL CONGRESSO DI LIONE

tenuto in gennaro del 1802.

Documenti richiamati nella relazione degli atti della con- sulta STRAORDINARIA CISALPINA TENUTA IN LyON DI FRANCIA.

Num. 1.

Scheda segreta per la nomina della commissione stabilita per le riflessioni da farsi sulla costituzione per il solo dipartimento del Meno, esibita al presidente li 5 gennaro 1802 da me :

Luigi Valeriani, professore Salina avvocato Guastavillani Gio. Batta Cospi Giorgio Aldini, Presidente.

Num. 2.

Commissione stabilita pel suddetto oggetto il 5 gennaro a pluralità di voti, di 5 per ciascheduno de' tre dipartimenti ex-ponti ficj , che fanno la 2^ sezione.

Pel dipartimento del Reno : Luigi Valeriani, professore Sa- lina, avvocato Vicini, avvocato Bologna Sebastiano Dal- fiume Filippo.

Pel Rubicone: Felici, ex-ministro Galeppini Tommaso Mgr Oodronchi, arcivescovo di Ravenna Lovatelli Ippolito Strocchi Dionigi.

Pel Basso Pò: Cicognara Leopoldo Costabili Containi Facci Giudice Rangoni Giuseppe Bentivoglio Carlo.

Tra questi l'avvocato Vicini fu eletto segretario e redattore.

Num. 3.

Memoria esibita alla sudetta commissione de' 15 per gli ecclesiastici di Bologna li 6 gennaro 1801 Riflessione sulV articolo 98 della Costituzione, che riguarda la religione.

Sembra, che questo articolo, limitandosi a dire soltanto, che potrà esercitarsi pubblicamente il culto cattolico, abbia un senso troppo ristretto e coercitivo di quella religione, che sempre si è li- beramente professata, ed esercitata in Italia. Sarebbe pertanto de-

CONGRESSO DI LIONE 275

siderabile, che si esprimesse nella costituzione l'articolo come qui appresso :

« La Religione Cattolica Apostolica di communione col Romano Pontefice è la Religione della Repubblica Cisalpina, che avrà il suo culto pieno e libero ad esclusione di ogni altra, come lo ha avuto prima della rivoluzione. »

Espresso poi che fosse in tal modo 1' articolo, sembra che do- vrebbe aver luogo sul principio e fra le basi fondamentali della Costituzione; e sarebbe altresì conveniente, che la Repubblica pren- desse cura de' ministri della Religione medesima.

I motivi, che inducono a questo sentimento sono, che la popo- lazione Cisalpina è composta in tutto di cattolici di communione col Romano Pontefice, a riserva di pochi Ebrei tollerati in alcune città. Ora questa popolazione Cattolica, che certamente è raguarde- vole, nel suo voto nulla più desidera, nulla più cerca che di vedere nella Costituzione deciso, stabilito ed assicurato che la Cattolica Re- ligione non sarà mai in veruna parte pregiudicata, ma che sarà sempre la Religione dello Stato.

I popoli già si tengono in diritto di avere questa sicurezza dalla Costituzione, sul fondamento delle reiterate promesse ben note del gran Console conquistator dell'Italia, che fecero parte del trattato di Tolentino, e che furono poi dal medesimo ripetute nel proclama pubblicato in tutta la Cisalpina, al momento che vi rientrarono in trionfo le truppe Repubblicane. Nel primo gli assicurò che ninna innovazione si sarebbe mai fatta nelle ex-Legazioni Pontificie, in tutto quello che riguarda la Religione. Nel secondo disse, che in tutta la Cisalpina la Religione si sarebbe sempre conservata qual era nell'aprile del 1796.

La Religione Cattolica Apostolica di communione col Romano Pontefice era la Religione di tutta l' Italia, ad esclusione di ogni altra, e questa infatti è la Religione, che si professa anch'oggi e si vuole decisamente dal popolo, nel quale secondo la Costituzione ri- siede la sovranità: è giusto perciò, che l'articolo sulla Religione si esprima nel modo sopra enunciato; dal che poi siegue come neces- saria conseguenza, che Particelo sia il primo della Costituzione, e che sia posto come la prima base fondamentale della medesima, e cosi pure che la Repubblica debba prendersi cura de' ministri della Cattolica Religione, siccome quella, che veramente è, ed è ricono- sciuta per la sola Religione dello Stato.

Hanno li sottoscritti tutto il fondamento di asserire, che quanto

276 APPENDICE

rispettosamente hanno esposto è il voto di tutto il Clero della dio- cesi di Bologna, del quale hanno l'onore di essere rappresentanti alla Consulta straordinaria, e col dovuto rispetto. Salute e considerazione.

Benedetto Conventi, Pro-Vicario Capitolare di Bologna. Fabiano Parisi, Parroco di S. Pietro di Bologna. Antonio Pozzi, Parroco di S. Donato di Bologna.

Num. 4.

Espressione adottata nella seconda sezione a pluralità di voti sul- l'articolo della Religione^ già combinata precedentemente dalla commissione dei quindici.

Art. 98. La Religione Cattolica esercita il suo culto pubblica- mente. Sarà però libero ad ogni cittadino esercitarne privatamente qualunque altro.

L'articolo fu approvato in questi termini nella 2* Sezione a pluralità di voti, contro le istanze degli Ecclesiastici. Ciò segui li 8 Gennaro 1802, e tosto io ne scrissi al Card. Caprara, per avere lumi ed aiuto.

Num. 5.

Osservazione sulV Articolo ultimo della Costituzione^ che riguarda la sicurezza che si ai compratori di beni Ecclesiastici sulle compre da essi legalmente fatte^ approvato a pluralità di voti il 8 Gennaro.

Sarebbe degno di considerazione questo articolo, avrebbero tra- scurato gli Ecclesiastici di avanzare anche su questo le loro rifles- sioni. Ma siccome fu detto pubblicamente dal presidente Aldini nella seconda sezione^ essersi già fatto un concordato col Santo Padre, nel quale si parla anche della vendita già eseguita de' beni Eccle- siastici della Cisalpina, perciò gli Ecclesiastici della sezione sud- detta hanno protestato, che si rimettono in tutto a quello, che sarà dalla Santa Sede deciso in quel Concordato, e questo si è poi ri- petuto ne' fogli presentati al primo Console dal Comitato Ecclesia- stico, ai quali etc.

CONGRESSO DI LIONE 277

Num. 6.

Nomina fatta per scheda segreta, da aversi poi in vista dal Primo Console, che insieme colle altre si chiuse e si mandò al ministro delle relazioni estere, li 10 detto.

Nel dipartimento dell'Agogna: Rabaglietti vie. gen. di Novara

Morandini avvocato Della Croce Giovanni Fusi Antonio. Nel dipartimento del Crostolo : Paradisi, presidente della 4* se- zione — Lamberti Giacomo Nobili Euffini Torrelli Carlo

Re Antonio.

Nel Basso Po: Conti Gio. Batta.

Nell'Alto Po: Albertoni Carlo.

Nel dipartimento del Mella: Caprioli, vie. generale di Brescia.

Nel Panaro : Vaccari Luigi Pellicciari di Carpi Valdrighi ; avvocato Testi Carlo Bavelli Zerbini, vie. generale di Modena.

Nel dipartimento del Lazio: Volta Alessandro Martignoni Ignazio Melzi Luigi Reina di Como, il primogenito Raimondi Raffaele Rovelli Giuseppe Riva Pietro Odescalchi Tomaso.

Nel dipartimento d' Olona : Castiglioni Luigi Bazzetta, ex- consigliere — Castiglione Alfonso Battaglia, avvocato Nava, prevosto Melzi, presidente della I^ Sezione Bellinzaghi Litta Modignani Pedroli, ex-consigliere Gira Alessandro Maestri, avvocato Villa^ ex-consigliere Squadrelli, avvocato

Ottolini Giulio Litta Alberto Bosi, ex-marchese.

Del dipartimento del Reno: Salina, avvocato Monti, ex-sena- tore — Segni, ex-senatore Ugolini, avvocato Valeriani, pro- fessore — Bignami Lorenzo Bersani, avvocato Fava Nicolò

Contri Paolo Brizzi, avvocato Ruatti, Dott. Petronio Guastavillani Gio. Batta Amorini Antonio Venturoli, pro- fessore.

Num. 7.

Commissione di 10 soggetti della 2^ sezione^ nominati ad arbitrio del presidente Aldini^ li 12 Gennaro, ad oggetto di dare al Primo Console de lumi sulle persone da nominarsi we' collegi degli Elettori.

Dallavida Samuelle, ebreo di Ferrara Magnani, avvocato di Bologna Strocchi Dionisio di Faenza Bologna Sebastiano di Bologna Caprara Carlo di Bologna Balcani Dottor Luigi pi

278 APPENDICE

Bologna Felici, ex-ministro del Rubicone Costabili Containi di Ferrara Massari Vincenzo di Ferrara Faci Giudice di Ferrara.

Num. 8.

Scheda secreta da me data colla nomina di 3 vicari, che devono entrare nel comitato ecclesiastico , li 15 Gennaro.

Mons. Zerbini; vicario generale di Modena Mons. Zollio, pro- vic. di Rimini Mons. Oppizzoni, arcip. metropolitano di Milano^ considerato come vie. generale, per voto uniforme del Clero Cisal- pino di Lione.

Num. 9.

Comitato Ecclesiastico, fatto per schede segrete d^ordine del Primo Console, il di 15 Gennaro, da tutti gli Ecclesiastici ^ diviso in tre classi^ di Vescovi, di Vicari Generali, e di Parrochi, essendosi da ciascuno nominati tre della propria classe.

Presidente Emo Sig. Card. Bellisomi, vescovo di Cesena Ve- scovi: Mons. Codronchi, arcivescovo di Ravenna. Mons. Oifredi, ve- scovo di Crema, Mons. Beretta, vescovo di Lodi Vicari: Oppiz- zoni, arciprete metropolitano di Milano. Caprioli, vicario generale di Brescia. Conventi, provicario capitolare di Bologna Parrochi : Nava parroco di Milano, Carena parroco di Faenza.

Fra questi fu eletto per segretario Conventi, e gli fu dato per aiutante il dottor Gozzi, parroco di Bologna.

Il medesimo Conventi fu anche incombenzato di fare l'estensione e redazione di tutto.

Num. 10.

Copia di alcuni quesiti, dettati dal Primo Console al Ministro degli affari esteri M. Talleyrand, nel comitato Ecclesiastico, tenuto alla di lui presenza li 15 di Gennaro, ad effetto di distribuirli a tutti li capi delle diocesi Cisalpine, invitandoli a rispondervi ed a fare le loro riflessioni.

Faire faire autant de tableaux, qu'il y a de diocèses.

Faire connaìtre à quoi montaient les revenus de chaque Evéque avant la revolution, et combien il reste à chacun de biens qui ne soient pas vendus.

Combien y avait-il de Chapitres avant la revolution? à quoi montaient leurs biens? combien en reste-t-il?

CONGRESSO DI LIONE 279

Combien de revenus y avait-il d'affectés aux fabriques? com- bien en reste-t-il ?

Combien de séminaires y avait-il dans chaque diocèse? quels étaient les revenus des séminaires? et combien y a-t-il de biens à eux appartenants qui ne soyent pas vendus ?

Combien de paroisses y avait-il dans chaque diocèse?

Quel était le mg-ximum et le minimum des curés avant la re- volution ?

Combien d'Eglises succursales y avait-il dans chaque diocèse? quel était le maximum et le minimum des revenus qui leur étaient attachés ?

Combien y a-t-il de couvents mendiants qui existent actuelle- ment?

Combien y avait-il d'Abbayes? quels revenus avaient-elles? et combien en reste-t-il?

Combien y avait-il de couvents de religieuses, et combien y en a-t-il encore? quels biens leur reste-t-il?

Les discussions que peut avoir l'autorité spirituelle avec l'au- torité temporelle, se réduisent a ce qui suit :

Quelle autorité nommera les Evéques? Réponse: Les Evè- ques ne seront reconnus que lorsque ils auront l' institution du S.^ Siége.

2** Quelle autorité nommera les curés? Réponse: Les Evé- ques, après avoir obtenu l'approbation du gouvernement.

Si un prétre manque à la discipline ecclésiastique, quelle sera l'autorité que pourrait avoir l'Evéque pour le punir? Réponse: L'Evéque l'interdirà de ses fonctions, et s'il n'obtempère pas, il re- clamerà la force publique qui sera tenue de lui préter secours.

Si un prétre dans ses fonctions fait quelque chose de contraire à la tranquillité de l'Etat, quel remède l'autorité civile aura-t-elle pour reprimer cet abus? Réponse: demander à l'Evéque qu'il l'in- terdise, et si l'Evéque ne le punit pas, la partie publique a son recours à l'autorité civile ordinaire.

Comment se feront les mariages? Réponse: Ils se feront comme pour le passe devant les curés, qui ne pourront pas étre forcés d'administrer le sacrement de mariage à des divorcés.

Par contre un cure ne peut pas se refuser à administrer les sacrements à des citoyens, qui ne seraient pas dans les exceptions de FEglise. S' il le fesait, le recours aurait lieu de la part de l'auto- rité civile à l'Evéque, de l'évéque au Métropolitain, et dans le cas

280 APPENDICE

que le Métropolitain ne soit pas dans la Cisalpine, au plus ancien Evèque de la Province, et dans le cas ce dernier s'y refuserait aussi, le recours aurait lieu alors aux tribunaux d'appel, qui se- rònt tenus de juger d'après les lois ecclésiastiques et non d'après les lois civiles.

Les prétres ou ecclésiastiques ne seront tenus à aucune fon- ction militaire.

Quand un prètre sera condamné à une peine infamante, la sen- tence ne pourra étre exécutée, qu'au préalable la connaissance du jugement n'ait été donnée à l'Evéque, qui préalablement lui infli- gera la dégradation canonique.

Il faut régler le sermenti que les Evéques et autres ecclésia- stiques doivent préter au Pape, et à Fautorité civile souveraine.

Num. 11.

Risposta ai primi quesiti, presentata al primo Console per la dio- cesi di Bologna li 19 Gennaro 1802, e da tutti letta per esteso ad alta voce avanti il comitato ecclesiastico.

La diocesi di Bologna è composta di anime n. 308. 530.

L'Arcivescovado di Bologna aveva in addietro l'annua rendita di franchi 75 mila di Francia, che sono circa L. 70 mila di Bo- logna. Ora si sono venduti dopo la rivoluzione molti fondi frutti- feri, che gli appartenevano. Ma se gli venissero lasciati li canoni, le decime, e qualche fondo che rimane invenduto, i frutti e red- diti delle quali cose si percepiscono attualmente dalla nazione, gli rimarrebbe all' incirca l'annua rendita di franchi 35 mila, se pure non sono stati venduti altri fondi di quell'Arcivescovado, dacché la deputazione Cisalpina è partita per la Consulta straordinaria di Lione, secondo che ne è precorsa la voce.

Prima della rivoluzione erano in Bologna:

Il Capitolo della Metropolitana con cura d'anime di quattro di- gnità e sedici Canonici. Il Capitolo della Insigne Basilica di S. Pe- tronio, con sei dignità e venti Canonici. Il Capitolo di S. Maria Maggiore con cura d'anime con quattro dignità e dodici Canonici. Il Capitolo della città di Cento con cura d'anime. Il Capitolo di S. Giovanni in Persiceto con cura d'anime. Il Capitolo della Pieve di Cento con cura d'anime.

La rendita de' Canonici della Metropolitana di S. Pietro era di franchi mille e seicento cinquanta, che corrispondono all' incirca a 1500 lire di Bologna per ciascheduno.

CONGRESSO DI LIONE 281

Quella dei Canonici di S. Petronio era di franchi 880 circa, che corrispondono all' incirca a 800 lire di Bologna per ciascheduno.

Quella de' Canonici di S. Maria Maggiore era di franchi 600 per ciascheduno, considerati l'uno per l'altro, che sono 540 lire di Bologna.

Quella degli altri 3 Capitoli sopra nominati era di franchi 440 a,nnui all' incirca, che sono L. 400 per ciaschedun Canonico, raggua- gliate a moneta di Bologna.

In tutti i suddetti Capitoli oltre i Canonici vi erano Beneficiati Mansionari, addetti al coro, i quali percepivano all' incirca la metà di quello, che si è qui sopra assegnato di rendita a ciaschedun Ca- nonico rispettivamente.

I fondi de' suddetti Capitoli sono stati in gran parte venduti, e li Canonici, Mansionari e Beneficiati non hanno presentemente che una mensuale pensione, la quale molte volte vien loro ritardata più e più mesi, benché la nazione esiga dai possidenti una tassa imposta per pagare le pensioni agi' individui delle soppresse Cor- porazioni.

Si noti, che nel Capitolo di San Pietro la qualità di Primicero, ed un Canonicato in quello di S. Petronio, non che uno in quello di S. Maria Maggiore sono di iuspadronato laicale ; ed i beni di questi beneficj si amministrano separatamente dai rispettivi Bene- ficiati.

Nella diocesi di Bologna vi erano due seminari arcivescovili, uno cioè nella città di Bologna e l'altro nella città di Cento.

I beni del seminario di Bologna davano una rendita di circa 21 mila franchi, che sono L. 12600 di Bologna.

Questi beni ancora sussistono, ma aflfittati ed alquanto deteriorati.

E anche da notarsi, che la provenienza di questi beni in gran parte si deve a Benedetto Papa quartodecimo, che uni al seminario vari collegi di particolari istituzioni, già fondati per la istruzione, di giovani Bolognesi, ma però senza l'obbligo di determinarsi allo stato ecclesiastico.

II seminario di Cento dopo la rivoluzione è stato affatto sop- presso; ed i beni, che gli erano stati assegnati dalla felice memoria del Card. Malvezzi, sono stati in gran parte e forse tutti venduti.

Varie Chiese della diocesi di Bologna avevano una entrata per la fabbrica, fra queste le più grandi e di più spesa sono la Metro- politana di S. Pietro, la Basilica di S. Petronio, la Chiesa della B. V. di S. Luca sul monte della guardia anche per la manuten-

282 APPENDICE

zione de' Portici, ed oltre a queste ve ne sono altre molte, delle quali sarebbe impossibile fare un preciso dettaglio.

I beni ch'erano affetti alla fabbrica della Metropolitana di S. Pie- tro, parte si amministravano dall'Arcivescovo, ed erano per la ren- dita di circa L. 5000 annue di Bologna, che sono di Francia 5500 franchi, e parte si amministravano dal Capitolo, e questi rendevano circa L. 4000 annue di Bologna, che sono franchi 4400 di Francia. I primi ancora sussistono, ma sono in mano del Governo; e le ren- dite in gran parte si applicano ad altri usi. I secondi sono stati quasi tutti venduti.

La fabbrica di S. Petronio aveva una rendita annua di L. 14000 di Bologna che sono franchi 15400 di Francia, quale rendita risultava parte da fondi fruttiferi, parte da luoghi di Monte, e parte dal provento di lire cinque bolognesi per ogni testamento. Restano ora dette rendite nella somma di lire 8000 annue, che sono di Francia 8800. Ma queste non bastano per continuare le spese, che prima si facevano, e che sarebbe pur necessario che si continuas- sero. Che però sarebbe assolutamente indispensabile ripristinare la prima somma s addetta di annue L. 14000 bolognesi.

La fabbrica della B. V. di S. Luca coi portici aveva la rendita annua di circa L. 14000 di Bologna, che sono di Francia L. 15400. I beni, dai quali risultava questa entrata, sono stati quasi tutti venduti.

Ma senza una sola rendita, ovvero l'equi valente^ è impossibile mantenere quella fabbrica, che si estende oltre ad una lega di Francia.

Le entrate, ch'erano assegnate per la fabbrica delle altre chiese, sono state in gran parte incassate dalle amministrazioni governa- tive, 0 dalle rispettive Municipalità de' Luoghi ; e nulla, o quasi nulla, più resta alle Chiese.

Cosi pure le rendite di varie parrocchie della città e della cam- pagna, 0 sono state sospese, se le parrocchie dovevano riscuoterle dalla nazione, o sono state in tutto o in parte apprese dalla na- zione, se consistevano in fondi fruttiferi; e ciò anche ad onta di es- sere state in origine tali rendite, per istituzione espressa de' testa- tori, destinate a sovvenire infermi o dotare zitelle o soccorrere i cittadini più miserabili.

Le parrocchie della diocesi Bolognese erano prima della rivolu- zione e sono tuttavia n. 404, cioè 53 nella città di Bologna, e 351 in campagna.

CONGRESSO DI LIONE 283

Il maximum delle rendite annuali delle dette Parrocchie prima della rivoluzione era all'incirca tre mila franchi, che sono 2700 di Bologna all' incirca.

Ma queste erano assai poche, e queste poche nella massima parte erano di iuspadronato laicale, e spettavano a famiglie particolari. Fra le altre poi, che si conferivano dall'Arcivescovo ai concorrenti, alcune sono gravate di annua pensione a favore di parrochi poveri della medesima diocesi.

Il minimum era ed è di franchi cento cinquanta, che sono di Bologna L. 135. Tali sono anche al presente la parrocchia dei Santi Filippo e Giacomo de Tiatesi, quella di S. Michele del Mercato di Mezzo, quella di S. Arcangelo del Ponticello, e la più parte delle parrocchie della città di Bologna; e cosi quella di Santa Giustina di Piano di Setta, di Guzzano sotto Pianaro, e di molte altre nella campagna. Trenta circa sono le chiese sussidiali nella diocesi di Bologna, i Vicari di queste chiese sono mantenuti o dal parroco della Matrice, alla quale servono di sussidio, o dalle oblazioni con- suetudinarie de' popoli, che però sono ora assai diminuite. Il maxi- mum delle sussidiali è di franchi 500 circa, che sono L. 450 di Bo- logna. Il minimum è di franchi annui 200, che sono L. 180 di Bologna. Restano nella diocesi di Bologna n. 7 conventi di frati mendicanti, quattro de' quali sono assai piccoli, cioè uno a Cento, uno a Persi- ceto, uno a Budrio, ed uno a Loiano; oltre n. 3 Conventi grandi, che sono presso Bologna.

Nella diocesi di Bologna vi erano n. 12 Abbazie regolari, che sono state tutte soppresse, le rendite delle quali erano a un di presso le seguenti :

Quella del SS. Salvatore era di L. annue bolognesi 65 mila, com- presevi le Abbazie di Sala e di Eeno. Quella di S. Giov. in Monte era di L. 25 mila di Bologna, compresavi l'Abbazia di S. Vittore. Quella di S. Procolo era di L. 30 mila. Quella de' Celestini era di L. 20 mila. Quella di S. Barbaziano era di L. 5 mila. Quella di S. Michele in Bosco era di 50 mila. Quella di S. Bernardo di 46 mila. Quella della Riccardina era di L. 6 mila. Quella di Scarica- lasino era di L. 12 mila. Quella di Pontecchio era di L. 15 mila. Quella della Croara di L. 3 mila.

I beni di queste Abbazie sono stati nella massima parte ven- duti, e restano soltanto i più sterili, i più incomodi, i più difficili a vendersi.

Varie Abbazie secolari erano nella diocesi Bolognese, che si con-

AFPtMiHCB

CONGRESSO DI LIONE

285

glieli, i Conservatori di putti e di zittelle, e tutte le opere pie, che erano state dagl' Istitutori affidate all'Arcivescovo prò tempore, ed erano sotto la di lui direzione all'epoca della rivoluzione, ma sono ora in mano dell'amministrazione governativa colla totale esclusione del superiore ecclesiastico.

30 Che si provveggano i parrochi della città e della campagna di un congruo mantenimento, giacché la maggior parte ne manca specialmente dopo le tasse imposte.

4*^ Che tutte le parrocchie o almeno le più numerose vengano provvedute di Vicari 0 Cappellani, Curati, che aiutano il parroco nella cura d'anime, e che sia a questi assegnato un congruo man- tenimento, qualora ne manchino.

50 Che l'entrate delle Parrocchie, Monasteri, Chiese, Sagre- stie, Fabbriche, e Luoghi Pii, che si dovrebbero percepire dall'era- rio pubblico o per credito in luoghi di Monte, 0 per censi, 0 per qualunque altro titolo, vengano puntualmente pagate, trovandosi già da più anni sospesi tali pagamenti, senza che detti luoghi più abbiano altronde alcun compenso.

Che i parrochi della campagna abbiano azione in giudizio per potere obbligare i debitori a pagare le primizie, come l'avevano avanti alla rivoluzione: e ciò nella precisa quota già stabilita dal- l'uso, senza di che non potrebbero vivere, giacché molti non hanno altro capo di entrata fuori delle suddette primizie. Cosi potrebbe anche dirsi de' diritti di stola, già stabiliti in una assai discreta tassa, in detta diocesi sia in città, sia in campagna.

Che sia libera all' Arcivescovo la collazione e nomina ai Benefici residenziali, eccettuati soltanto quelli di juspadronato; e che se ne lascino al medesimo anche de' semplici, sicché possa alle oc- casioni premiare ed incoraggiare li chierici.

Che le Chiese una volta di Regolari e di Monache ed ora nazionali, che servono al popolo, benché non vi sia cura d'anime, siano mantenute ed officiate a spese del Governo stesso, come prima della rivoluzione.

Che nelle Chiese parrocchiali, che erano di Regolari e di Monache, si stabiliscano canonicamente i parrochi, previa la intel- ligenza ed approvazione della S. Sede.

10 Che si rimettano i Chierici ne' Seminari in abito e ton- sura, che si contengano nella disciplina Ecclesiastica, e siano total- mente diretti e dipendenti dal solo superiore ecclesiastico, come prima della rivoluzione.

i

284 APPENDICE

ferivano dal Papa per lo più a Cardinali. L'abbazia di S. Stefano già goduta dal Card. Corsini, ora vacante, di circa 15 mila lire di Bologna di annua rendita, che sono franchi 11500, i fondi della quale sono stati in massima parte venduti.

L'Abbazia di S. Siro in S. Gregorio, che ha 11 mila lire di Bologna, già conferita al Card. Carandini.

L'Abbazia di S. Maria delle Grazie si crede goduta dall' Emo Caprara, ambasciatore di sua Santità a Parigi, della quale però vari effetti sono stati assegnati ad azionisti.

I conventi di religione nella diocesi di Bologna erano n. 32, ora ne rimangono cinque nella città di Bologna, ed uno nella città di Cento. L^no di questi che è il più numeroso, vive in tutto di elemosine. Gli altri hanno rendite tenuissime, che non basterebbero a pagare le pensioni agi' individui, se si sopprimessero, e fu questo appunto il motivo, per cui non furono soppressi.

Oltre a questi vi sono alcune case di donne, unite senza clau- sura, che possono dirsi corpi operosi. Questi hanno ninna o pochis- sima rendita, vivono col travaglio delle proprie mani, e si occupano della educazione delle fanciulle. Questi corpi operosi sono otto nella città di Bologna, e sarebbe molto utile che si sistemassero e si moltiplicassero anche nelle terre, e ne' villaggi della diocesi.

Queste sono le notizie, che per mancanza di dati certi e precisi si danno per approssimazione, potendo ad ogni modo servire di qualche regola nelle presenti circostanze. 19 Gennaro 1802.

Benedetto Conventi, Provicario Capitolare di Bologna. Fabiano Parisi, Parroco di S. Pietro di Bologna. Antonio Gozzi, Parroco di S. Donato di Bologna.

Num. 12.

Petizioni particolari per la diocesi di Bologna, presentate al Primo Console la sera delli 19 Gennaro, e da lui lette ad alta voce per esteso alla presenza del comitato ecclesiastico.

Molti sarebbero i bisogni di questa diocesi. I più pressanti sono : Che si solleciti quanto più sia possibile la elezione ed istallazione di un Arcivescovo, che sempre suol essere Bolognese.

Che si rimettano a disposizione dell'Arcivescovo, per la li- bera amministrazione, il cumulo detto della Misericordia, 1' opera della Carità, V opera degli agonizzanti, gli ospedali, l' eredità Du-

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glieli, i Conservatori di putti e di zittelle, e tutte le opere pie, che erano state dagl' Istitutori affidate all'Arcivescovo prò tempore, ed erano sotto la di lui direzione all'epoca della rivoluzione, ma sono ora in mano dell'amministrazione governativa colla totale esclusione del superiore ecclesiastico.

30 Che si provveggano i parrochi della città e della campagna di un congruo mantenimento, giacché la maggior parte ne manca specialmente dopo le tasse imposte.

Che tutte le parrocchie o almeno le più numerose vengano provvedute di Vicari o Cappellani, Curati, che aiutano il parroco nella cura d'anime, e che sia a questi assegnato un congruo man- tenimento, qualora ne manchino.

50 Che l'entrate delle Parrocchie, Monasteri, Chiese, Sagre- stie, Fabbriche, e Luoghi Pii, che si dovrebbero percepire dall'era- rio pubblico 0 per credito in luoghi di Monte, 0 per censi, 0 per qualunque altro titolo, vengano puntualmente pagate, trovandosi già da più anni sospesi tali pagamenti, senza che detti luoghi più abbiano altronde alcun compenso.

Che i parrochi della campagna abbiano azione in giudizio per potere obbligare i debitori a pagare le primizie, come l'avevano avanti alla rivoluzione; e ciò nella precisa quota già stabilita dal- l'uso, senza di che non potrebbero vivere, giacché molti non hanno altro capo di entrata fuori delle suddette primizie. Così potrebbe anche dirsi de' diritti di stola, già stabiliti in una assai discreta tassa, in detta diocesi sia in città, sia in campagna.

Che sia libera all' Arcivescovo la collazione e nomina ai Benefici residenziali, eccettuati soltanto quelli di juspadronato ; e che se ne lascino al medesimo anche de' semplici, sicché possa alle oc- casioni premiare ed incoraggiare li chierici.

80 Che le Chiese una volta di Regolari e di Monache ed ora nazionali, che servono al popolo, benché non vi sia cura d'anime, siano mantenute ed officiate a spese del Governo stesso, come prima della rivoluzione.

Che nelle Chiese parrocchiali, che erano di Regolari e di Monache, si stabiliscano canonicamente i parrochi, previa la intel- ligenza ed approvazione della S. Sede.

10® Che si rimettano i Chierici ne' Seminari in abito e ton- sura, che si contengano nella disciplina Ecclesiastica, e siano total- mente diretti e dipendenti dal solo superiore ecclesiastico, come prima della rivoluzione.

286 APPENDICE

11° Che vengano ripristinati gli orfanotrofi, e li conservatori di zitelle in quelle case ed in quel metodo di educazione, che ave- vano avanti la rivoluzione.

12° Che si richiamino e si rimettano i chierici ministri degli infermi di S. Camillo di Lellis, per assistere gratuitamente i mo- ribondi.

13^ Che si richiamino i frati Ospedalieri di S. Gio. di Dio, per medicare gli ammalati.

14o Che si stabiliscano le donne della carità, per medicare ed assistere le donne inferme.

15° Che in generale siano moderate le tasse; ma specialmente per quelli che hanno piccolo patrimonio, cosicché non abbiano più a mancare, come ora mancano, del necessario sostentamento.

Num. 13.

Piano presentato al Primo Console li 21 Gennaro 1802 per la dio- cesi di Bologna^ sopra li cinque oggetti dal medesimo proposti^ e letto ad alta voce alla di lui presenza nel comitato ecclesia- stico, la sera suddetta, da Monsig. Arcivescovo di Ravenna.

Arcivescovado. L'Arcivescovado di Bologna coi beni rimasti in- venduti e colle annue corrisposte di decime, canoni, che prima ri- scuoteva e che ora si è appropriata la nazione, potrebbe avere circa 30 mila franchi di Francia di rendita annua che sono 37600 lire di Milano all' incirca.

Questa non basta agi' impegni di quel vasto Arcivescovado, che abbonda di poveri, e eh' è posto in una città assai dispendiosa per un Arcivescovo. Io penso, che almeno converrebbe assegnargli una rendita di annue lire 50 mila di Bologna, che sono lire 70 mila circa di Milano, purché però gli restino nette da ogni aggravio.

Metropolitana. Ventiquattro canonici sarebbero necessari per la Metropolitana di Bologna, ma non ve ne sono che venti, cioè quattro dignità e sedici canonici. Se però in tutte le Metropolitane della Cisalpina, secondo l'ottimo pensiero esternato dal Primo Console, nel comitato ecclesiastico, si stabilirà il numero di 24 canonici per si- stema generale, dovranno questi anche in Bologna aumentarsi; ed è desiderabile che si aumentino fino a detto numero, e che vengano eletti i Canonici dall'Ordinario come in passato.

La rendita di ciascun canonico potrebbe fissarsi in lire di Bo- logna 1500 per ciascheduno, che sono L. 2150 circa di Milano.

CONGRESSO DI LIONE 287

Ai Be^;ieficiati e Mansionari potrebbe assegnarsi almeno la metà di quello, che si è fissato ai Canonici, salvi quelli di juspadronato da lasciarsi quali sono.

I beni del Capitolo della Metropolitana sono stati venduti per più di due terzi, ma corrispondevano ad una rendita alquanto mag- giore di quella, che si è qui sopra assegnata; e però basterebbe ora aggiungere almeno li due terzi suddetti, in tanti beni fruttiferi.

Capitolo di San Petronio. Il Capitolo di S. Petronio, Basilica insigne di Bologna per esservi le sagre spoglie del sud. principal Protettore, è di n. 26 fra dignità e canonici, de' quali un solo è di juspadronato laicale.

Questo capitolo converrebbe sostenerlo; e, senza fermare il nu- mero suddetto, trattandosi di una Chiesa si vasta e si cospicua, non che si frequentata dal popolo, onde sarà per lo meno neces- sario un tal numero di canonici per officiarla.

La rendita di questi canonici può fissarsi in lire 1000 annue di Bologna per ciaschedun canonico, che sono L. 1420 circa di Milano.

La metà di detta rendita può fissarsi ai Mansionari, come sopra si è detto parlando della Metropolitana.

I fondi di questa insigne Collegiata sono stati venduti quasi tutti; ma è di somma importanza, che questo Capitolo si mantenga.

Capitolo di 8. Maria Maggiore. Poco o nulla resta invenduto del Capitolo di S. Maria Maggiore, altra Basilica e forse la più antica di Bologna dopo quella di S. Pietro. Se mai si potesse ri- pristinare anche il Capitolo suddetto, converrebbe assegnare a cia- scun Canonico l'annua rendita di lire 60Ò di Bologna, che sono lire 850 circa di Milano, e sarebbero 12 canonicati con 6 Man- sionari.

Capitolo di Cento della Pieve e di Persicelo. Un Capitolo era nella città di Cento, e due ne' villaggi di Persiceto e della Pieve, che tutti sarebbero molto utili.

Questi potrebbero mettersi secondo le regole generali, che si stabiliranno nel ripristinare le Collegiate di campagna, riflettendo che poco 0 nulla rimane invenduto de' beni, che ad esse spettavano prima della Rivoluzione.

Fabbrica delle chiese. Sarebbe ottima cosa assegnare qualche annua rendita per la fabbrica di ogni Chiesa Collegiata e parroc- chiale, la quale si amministrasse distintamente dalle rendite capi- tolari e parrocchiali. Queste converrebbe fissarle secondo la varia estensione, situazione e qualità degli edifizi, non che delle spese

288 APPENDICE

per le funzioni del culto, richiamando alla considerazione anche altri riguardi, che saranno rispettivi per ciascuna chiesa, e però non può fissarsi una entrata per tutte eguale.

In Bologna tre Chiese specialmente abbisognano di una rendita fissa e vistosa per la loro vastità, e sono la Metropolitana di S. Pietro^ la Basilica di S. Petronio, e la Chiesa della B. Vergine di S. Luca coi Portici, che vi fanno strada per tre miglia circa.

Fabbrica di S. Pietro. Per la fabbrica di S. Pietro abbisognano un anno per l'altro lire bolognesi 10000, che sono di Milano L. 14280 circa.

Restano de' beni invenduti già affetti a detta fabbrica, che danno l'annua rendita di L. 300 circa, che sono di Milano circa L. 430. Ma sono ad altro applicati dalla nazione. Il rimanente, che manca alla predetta somma di L. 10000 converrebbe supplirlo con altri fondi fruttiferi.

Fabbrica di S. Petronio. La fabbrica di S. Petronio aveva l'annua rendita di L. 14000 di Bologna, che sono lire 20000 circa di Mi- lano, e questa rendita rimane ancora in essere per circa lire 8000 Bolognesi, che sono di Milano circa lire 11420, computando anche i proventi che rimangono per i testamenti. Ma se si volessero colla detta somma rimasta continuare le spese, che in passato si face- vano a carico di detta rendita di fabbrica, non sarebbe questa suf- ficiente, e sarebbe necessario ripristinarla nella predetta somma di lire 20000 di Milano.

La fabbrica di 8. Luca aveva circa 14 mila lire di rendita, che sono di Milano lire 20000. I beni che spettavano a detta fab- brica sono stati quasi tutti venduti, ma sarà necessario rimettere l'equivalente, perchè la fabbrica dei Portici e della Chiesa non si potrà mantenere senza questa rendita.

Colle rendite di fabbrica delle due chiese di S. Pietro e di S. Petronio si sogliono anche fare in gran parte le spese del culto ,^ alle quali, senza dette rendite nella quantità sopra descritta, non potrebbe altronde supplirsi.

Le chiese che erano de' conventi soppressi, erano mantenute colle entrate de' Religiosi, e però dovrebbero ora stare a tutto ca- rico della nazione, che ne ha apprese le rendite.

Seminario. Il seminario ancora esiste co' suoi fondi, che danno una rendita di lire 12 mila di Bologna, che sono lire 18 mila circa di Milano. Siccome sarebbe necessario aumentare il numero degli alunni, converebbe perciò applicargli qualche altro fondo, tanto

CONGRESSO DI LIONE 289

più che i beni del seminario sono deteriorati, e la rendita, che era tenue, si è anche diminuita. Dissi necessario aumentare il numero, perchè ora mancano i Regolari.

Le cure della città di Bologna, che ora sono 53, secondo V ul- troneo divisamente del Primo Console esternato nel comitato eccle- siastico, potrebbe ridursi a 30, previe le necessarie facoltà da impetrarsi dalla Santa Sede, e cosi se ne sopprimerebbero 23. Biso- gnerebbe assegnare la congrua di L. 2000 di Milano almeno a cia- scun parroco, e la metà a ciascun coadiutore o sia Cappellano delle medesime.

Nella campagna di Bologna, poca o ninna mutazione può occor- rere quanto al numero delle parrocchie. Ma molte abbisognerebbero di una congrua, poiché mancano quasi affatto di rendita, e non è conveniente che i ministri del culto siano nella mendicità.

Indicazione de' mezzi per V esecuzione del Piano Per fornire i fondi necessari agli oggetti sopra descritti, potrebbero servire i beni, che già erano delle Chiese e Monasteri soppressi, e che riman- gono tuttora invenduti, i livelli, censi, risposte, canoni, decime che alle medesime appartenevano e che ora si riscuotono dalla nazione, i locali de'monasteri soppressi ed i locali delle parrocchie, che ve- nissero soppresse, i quali potrebbero affittarsi, e penso, che in questi capi qui nominati si troverebbe soprabbondantemente come avere le necessarie entrate. Sarebbe poi giusto il prendere anche de' beni invenduti, de' quali è ora in possesso la nazione, perchè siccome rimettendosi i Capitoli, questa si libererebbe dal peso di pagare ai Canonici, Beneficiati e Mansionari la pensione annua di L. 800 di Milano, che sono circa L. 560 di Bologna per ciasche- duno, cosi nulla perderebbe assegnando ai rispettivi Capitoli in tanti fondi una rendita corrispondente al risparmio.

Bensi converrebbe stabilire in ciascuna diocesi un comitato od un commissario ecclesiastico, munito dal Primo Console e Presidente della Repubblica Italiana, di tutti i poteri ed istruzioni necessarie ed opportune per sistemare gli affari ecclesiastici e norma del piano, che ora si va a stabilire, ad onta di qualunque opposizione.

Benedetto Conventi, Pro- Vicario capitolare di Bologna. Fabiano Parisi, Parroco di 8. Pietro di Bologna. Antonio Gozzi, Parroco di S. Donato di Bologna.

RiNiERi. La Diplomazia Pontificia nel secolo XIX. Voi. II. 1^

290 APPENDICE

Num. 14.

Specchio, ^richiesto dal Primo Console li 23 Gennaro 1802, delle annue rendite da assegnarsi nella diocesi di Bologna alV Arci- vescovado^ alla Metropolitana, alla fabbrica della medesima ed al seminario, presentato al medesimo nel giorno suddetto.

Per la diocesi di Bologna. All' Arcivescovado almeno L. 60 mila di Milano, nette da ogni aggravio (si era detto prima L. 70 mila, ma il Primo Console non ammise tal somma).

Al capitolo della Metropolitana, compresi li cantori ed inservienti al coro, L. 20 mila di Milano. Al seminario, L. 30 mila di Milano. Alla fabbrica della Metropolitana, L. 20 mila di Milano. Sono in tutto L. 175000.

Per supplemento ai parrochi che mancano di congrua, L. 20000 di Milano.

Benedetto Conventi, Pro-Vicario Capitolare di Bologna.

Num. 15.

Foglio aggiunto per la Collegiata di S. Petronio, lo stesso giorno 23 Gennaro, e presentato al Primo Console, dopo ch^ egli di- chiarò al comitato ecclesiastico di non voler conservare che le sole Cattedrali.

Per il Capitolo della per insigne Basilica di S. Petronio di Bo- logna, militando per conservarlo le ragioni esposte nel piano esibito al Primo Console li 21 Gennaro, come al n. 13.

Per il suddetto Capitolo, Mansionari, Ministri ed inservienti al coro, annue L. 60000 di Milano. Per la fabbrica e spese del culto L. 20000 di Milano.

Benedetto Conventi^ Pro- FzcaWo Capitolare di Bologna. Fabiano Parisi, Parroco di Bologna. Antonio Gozzi, Parroco di Bologna.

Num. 16 (vedilo nel testo a pag. 118).

CONGRESSO DI LIONE 291

Num. 17.

Comparto di fogli delie diocesi per dare al Pnmo Console lo specchio delle medesime.

Coìnparto delle diocesi della Cisalpina^ fatto fra i membri del comi- tato Ecclesiastico per fare lo specchio delle medesime, da pre- sentarsi al Primo Console, la sera delti 20 Gennaro 1802.

All'Emo Bellisomi i fogli delle diocesi di Cesana, Imola, Forlì, Cervia, Pavia. A Mons. Arcivescovo di Ravenna i fogli di Ravenna, Rimini, Bertinoro, Montefeltro, Faenza. A Mons. Vescovo di Cre- mona ed al di lui Parroco Mons. Carena i fogli di Cremona, Crema, Bergamo, Novara, Mantova, Vigevano. A Mons. Vescovo di Lodi il foglio della diocesi di Lodi. A Mons. Oppizzoni ed al Prevosto Mava i fogli di Milano, Modena^ Reggio, Como. Al Provicario Ca- pitolare di Bologna i fogli di Bologna, Ferrara, Carpi, Comacchio, Sarsina, Adria. A Mons. Vicario Grenerale di Brescia i fogli di Brescia, Verona, Asola.

Num. 18.

Memoria presentata dal comitato di Notabili al Primo Console. (Vedila nel testo, a pag. 117, nota).

Num. 19.

Copia di lettera dell'Emo Capr ara, scritta da Parigi in risposta ad una delti 8 Gennaro ed aitila delti 13, scrittagli a nome del Clero Cisalpino radunato a Lione, per avere de' lumi sugli af- fari, e per chiedergli, che facesse qualche officio presso il Primo Console, affinchè proteggesse la Religione nella Repubblica Ci- salpina. Questa risposta fu ricevuta li 27 Gennaro, quando gli affari del congresso già erano terminati.

Illmo Signore

Il contenuto della sua lettera delli 13 andante può essere ben «erto quanto mi sia stato grato, come lo fu quello della precedente, sebbene di diverso calibro. Io gliene sono riconoscente, e gradirei di potere corrispondere ai desideri, che mi mostra in nome proprio, ed altrui. Ma fino alla pubblicazione del concordato non posso sod- disfarla, senza mancare alla espressa volontà del Papa e di questo

292 APPENDICE

Groverno. Altrettanto debbo dirle in ordine alle facoltà che mi ha dimandate per varii di codesti ecclesiastici, giacché un esercizio di facoltà di tal natura fin ora non mi è permesso. Ella però assicuri gli ecclesiastici, de' quali mi ha trasmessa la nota, che immanca- bilmente riceveranno il conveniente rescritto a tempo opportuno. Profitto intanto di questo incontro per ripetermi con vera stima e sincero attaccamento di V. S. Illma.

Parigi 19 Gennaro J802.

a Mons. l'Abbé Benoit Conventi a Lione

afF.mo per servirla G. B. Card. Caprara

Num. 20.

Nomina fatta da me di 12 soggetti^ che a pluralità di voti dove- vano formare la commissione dei 30 j dalla quale doveva orga- nizzarsi la Repubblica di concerto col Primo Console. Questa nomina fu esibita in foglio segnato li 20 Gennaro nelV Assem- blea Generale.

Mons. Codronchi, arciv. di Ravenna, Mons. Zollio provicario di Rimini, Mons. Oppizzoni, arciprete metropolitano di Milano, D. Montanari, parroco di Faenza, Avvocato Salina, Felici del Rubi- cone, Rosaspina, Palo Contri, Gio. Batta Guasta villani, dott. Fab- bri di Bologna, Giorgio Caspi, Mons. Carena, vicario generale di Cremona.

Num. 21.

Commissione dei 30 fatta secondo la pluralità di voti il giorno 20 Gennaro 1802.

Melzi di Milano voti 256, Antonio Aldini, avv. di Bologna voti 183, Bargrani ex Veneto 170, Guicciardi di Como 153, Para- disi di Reggio 120, Containi Costabili di Ferrara 107, Ben ti voglio di Ferrara 86, Stocchi di Faenza 84, Testi di Modena 82, Caprara di Bologna 81, Gambara di Brescia 80, Longo di Brescia 79, Bernardi della Consulta 76, Aricci di Brescia QQ^ Feneroli di Bre- scia 65, Giovio della Consulta 64, Serbellonì di Milano 63, Mare- scalchi di Bologna 59, Smancini della Consulta 53, Lamberti di Reggio 52, Codronchi arciv. di Ravenna 47, Salina avvocato di

CONGRESSO DI LIONE 293

Bologna 47, Bertieri, vescovo di Pavia 41, Cicognara di Ferrara 38, Martinengo Ettore di Brescia 37, Oppizzoni, arciprete metropoli- tano di Milano 37, Luosi della Consulta 36, Vertua di Bergamo 36, Felici di Ravenna 35, Arrivabene di Mantova 32.

Num. 22.

Lista dupla per il co7yo legislativo data li 23 Gennaro dalla com- missione dei SO al Primo Console per il dipartimento del Reno,

Giovanni Aldini, Vincenzo Brunetti, Alamano Isolani, Fran- -cesco Monti, Carlo Caprara, Ferdinando Marescalchi, Ignazio avvo- cato Magnani, Filippo dal Fiume.

Antonio avv. Aldini, Gio. Batta Guastavillani, Sebastiano Bo- logna, Luigi avv. Salina, Lodovico Savioli, Luigi Valeriani e Giu- seppe dott. Fabri con voti eguali.

Num. 23.

Lista dupla data dai 30 al Primo Console per fare i Ministri li 23 Gennaro.

Per Ministro della Guerra: Birago Gio. Batt. Guastavillani. Per Ministro di Giustizia : Luosi Magnani avv. e Gallino con voti eguali.

Per Ministro dell'interno: Guicciardi Nobili. Per Ministro di finanze: Lambertenghi Felici. Guardasigìllo : Peregalli Calzoli. Tesoriere: Veneri Mazzuchelli.

Num. 24.

Leggi organiche sul clero^ lette nella consulta generale delti 26 Gen- naro alla presenza del Presidente Bonaparte^ e spedite al Sommo Pontefice per chiedergliene V approvazione prima di pubblicarle, uìiitamente ad una lettera sottoscritta dai Vescovi che erano al congresso in data delli 27 detto (Vedile a pag. 129).

294 APPENDICE

DOCUMENTO XXII (pag. 166). (Italia Appendice... voi. XIX).

Osservazioni sopra li IX Articoli del Concordato proposto dalla Repuhlica Italica

Art. ].

La Religion Catholique Apostolique et Romaine est la Religion de la Répuhlique Italienne.

Nella Italia la Cattolica Religione è sempre stata fin' ora Do- minante, cosicché ognun vede facilmente, che la Sede Apostolica è in obbligo di procurare per quanto è da sé, che tale continui ad essere anche in avvenire.

Non può quindi sottoscrivere cambiamento verano su questo principalissimo oggetto per la Italia, dove non sussistono le ragioni, che indussero al Concordato per la Francia, in cui si trattava di ottenere il ristabilimento della Cattolica Religione, e il ritorno della Unità.

Se il Sommo Pontefice sottoscrivesse il proposto Articolo, mo- strerebbe di dar mano ad un notabile degradamento della stessa Religione, mentre in seguito di altri Articoli posti nelle Leggi organiche in unione con l'Articolo sopraccennato (dichiarandone per tal modo l'intelligenza) invece di continuare la medesima Religione Cattolica ad essere la sola Religione dell'Italia, verrebbe nella stessa Italia ad insinuarsi la toleranza delle molte false religioni con pre- giudizio incalcolabile della Religione vera, e con dare occasione di grave scandalo per un tale esempio a tutto il cattolicismo.

Onde lontana Sua Santità dal potersi prestare del canto suo al tenore del proposto Articolo, trovasi anzi obbligata a reclamare, quanto è per parte sua, contro le esistenti Leggi Organiche sul Clero pubblicate nel Congresso di Lione, e contro i successivi De- creti di attribuzioni al Ministero del Culto pubblicati in Milano, e concomitanti il Progetto dell'anzidetto Concordato, affinché dalla giustizia, e religione del Primo Console, e Presidente di detta Re- publica se ne ottenga la revoca conveniente.

DOCUMENTO XXII. 295

Art. 2.

Les Aìxhéveche's, et Evéchés éeront organisés conformément au Tableau cì-joint.

Quantunque non vengano dal Governo manifestate le sode ra- gioni, per le quali desidera un cambiamento di suffraganei del Gius Metropolitico dell'uno a quello di un altro Arcivescovo, e insieme la soggezione ad un Metropolitano di alcune Chiese, stat^ fino al di d'oggi soggette immediatamente alla Sede Apostolica, nulladi- meno su questo Articolo il Santo Padre non difficulterà prestarsi dal canto suo per la parte ^che risguarda la perdita della soggezione immediata di alcuni Vescovadi alla Santa Sede, e per domandare i soliti respettivi consensi degli altri Metropolitani, per indi proce- dere ad un simile novello stabilimento.

Art. 3.

Le Président de la Répuhlique Italienne nommera aiix Aìxhevéchés, et Evéche's les Ecclésiastiques ayant les moeuvs, et les qualités exige's par les Saints Canons.

Per quelle Chiese (come sono quelle del Ducato di Milano), nella provvista delle quali i passati Sovrani hanno goduto in addietro del privilegio di nomina accordato loro dalla Santa Sede, non farà il S. Padre difficoltà ad accordare il medesimo privilegio a favore del Presidente della Republica Italica, alle cui premure egli sarà pronto sempre ad aver riguardo, per quanto possa, anche rispetto ai soggetti da proporsi alle altre Chiese (come sono quelle degli Stati aggiunti ora alla antica Lombardia), nei quali Stati la nomina non si godeva dai passati Sovrani, ma era della Santa Sede, sopra di che rammenterassi facilmente il lodato Presidente non essere stato accordato il privilegio di nomina nemmeno alla Maestà del- l'Imperatore per quelle Chiese dell'ex-Dominio Veneto, la nomina delle quali apparteneva alla Santa Sede, e non a quella Republica. Su questo Articolo Sua Santità si concerterà volentieri con il Pre- sidente della Republica.

296 APPENDICE

Art. 4.

Ils préteront le serment entre les mains du Président de la Répu- hlique dans la formule suivante (ici le serment).

Se dai Vescovi della Republica Italica bramasse il Governo di esigere un giuramento con formola interamente conforme a quella stabilita per i Vescovi della Republica di Francia, si indurrebbe Sua Santità ad acconsentirvi, quantunque non in tutti gli Stati d'Italia siasi introdotto l'uso di prestare simili giuramenti. Ma poiché nella formola proposta per l'Italia oltre qualche espressione, che non può non recare amarezza, si contiene 1' obbligo espresso dell'osservanza delle leggi dello stesso Grò verno, molte delle quali sono inammissibili, trovasi la Santità sua affatto inabilitata a per- mettere agli Ecclesiastici un giuramento di tal natura, come per simil causa avvenne rapporto al giuramento, che prima si esigeva in Francia di fedeltà alla Costituzione, o sia alla legge; il quale nel Concordato fu cambiato con quello di fedeltà al Governo.

Art. 5.

Les biens qui en conséquence de la loi organique de Lyon sont af- fectés à la dotation des Evéchés, Archevéchés, Chapitres, Sémi- naires, et pour la fabrique des Eglises, ne pourront etre aliénés, ni subir aucun chaìigement, que d'accord avec l' Eglise.

Secondo le massime della cattolica religione tutti i beni conse- crati a Dio sono inalienabili. Quindi, posto ancora che potesse aver luogo un Concordato (il che peraltro oltre le generali ragioni esposte non potrebbe aver luogo, dove tutti gli articoli non contengono cose, che ridondino parte a vantaggio della Santa Sede, e parte in utilità del Governo, come suole avvenire per lo stabilimento di qualunque Concordato fra due parti contraenti; ma contengono uni- camente altrettanti artifizi, che vorrebbero soltanto dalla Sede Apostolica) non può il Santo Padre allontanarsi dal canto suo dalle stesse massime, col dichiarare di essere inalienabili quei soli fra i beni ecclesiastici, i quali si vogliono conservati per applicarli ai Vescovadi, Seminari etc.

Non si lascia nemmeno di rimarcare su questo articolo, che la inalienabilità fissata puramente, e semplicemente dalle leggi orga- niche, di Lione rapporto ai beni non alienati, in quest' articolo

DOCUMENTO XXII. 297

viene a soffrire un discapito, supponendosi che in alcuni casi deb- bano essi alienarsi, benché di consenso della Santa Sede, onde l'articolo è anche esso a danno della Chiesa.

Ciò nonostante, ciò che, ridotte le cose in buon sistema, potrebbe praticarsi dalla condiscendenza di Sua Santità, sarebbe, che cono- sciute le precise provenienze, qualità, e quantità dei respettivi beni in questione, si prestasse, abbisognando, a derogare alle precedenti fondazioni, ed ad applicargli agli altri ecclesiastici oggetti desiderati.

Art. 6.

Les Ordres Religieux, qui servent à F instruction publique, aux Hò- pitauXf seront maintenus. Tous les Religieux appartenant à d'autres Ordres devront rester dans des Couvents soumis à leur Règie, et auront le droit de porter leurs habits, Jusqu' à ce qu'ils s' éteignent.

Il supremo Capo della Chiesa è quello appunto, che deve soste- nere e proteggere dal canto suo nel miglior modo possibile gli or- dini Regolari fondati a vantaggio della Religione, e dei cattolici; onde ognuno si persuaderà assai facilmente, che lo stesso Capo della Chiesa non deve contribuire col suo assenso all'abolizione della massima parte degli stessi Ordini, che viene ad essere contenuta in queste articolo.

Art. 7.

Il sera conserve nécessaire ment dans la Rèpublique Italienne un Couvent de Religieuses par Département. Chacun de ces Cou- vents sera tenu de recevoir des Pensionnaires, et rester ont soumis à la Règie de son Ordre.

L'istesse ragioni militano per procurare la sussistenza dei Mo- nasteri ancora di Religiose, cosicché non potrebbe il Romano Pon- tefice col consentire specificatamente alla conservazione di un solo Monastero in ogni Ripartimento, dar motivo a supporre, che egli venisse insieme a consentire indirettamente alla soppressione di tutti gli altri Monasteri.

IC per quello concerne il bramato collocamento di donne nei Mo- nasteri, non è certamente oggetto, che esigga un Concordato, essendo una facoltà, che a richiesta dei Vescovi suole dalla Santa Sede ac- cordarsi loro communemente.

298 APPENDICE

Art. 8.

Sa Sainteté pour le bien de la paix déclare, que ni elle, ni se.9 Successeurs, ne troubleront en aucune manière les acquéreurs des bieìis Ecclésiastiques aliénés, et qvJ en conséquence la pro- priété de ces mémes biens, les droits, et revenus y attache's de- meureront incommutables entre leurs mainSy ou celles de leurs ayant cause.

Senza qui dilungarsi a rilevare le moltissime ragioni, che pos- sono addursi per far conoscere questo articolo inammissibile dalla Santa Sede per l'Italia, basterà far riflettere al principalissimo motivo del ristabilimento della Cattolica Religione, il quale fu la Causa finale^ che indusse Sua Santità a condiscendere a simile ar- ticolo per i beni ecclesiastici della Francia, secondo che fu espres- samente enunciato nell'articolo XIII di quella Convenzione. La Re- ligione Cattolica non avendo bisogno di essere ristabilita nella E-epublica Italiana, dove si è sempre mantenuta, manca al Santo Padre, che è per sua essenza il Custode dei beni della Chiesa con- secrati a Dio, un titolo per farne il grande e vasto Sacrifizio nella Republica Italiana, come lo ha fatto nella francese.

Se si revocassero le Leggi, e Decreti, ed Ordini, che sono stati fino ad ora emanati dal Governo della Republica Italica in danno della Heligione, e della Chiesa, in pregiudizio dei di lei Sagri Mi- nistri, e contro la disciplina Ecclesiastica da gran tempo vigente ; se si confermasse in dominante la religione, come lo era antece- dentemente ; e se si togliessero gì' impedimenti nell' esercizio del- l'Autorità della Chiesa in modo tale da poterne assicurare un per- manente vantaggio alla Chiesa stessa, potrebbe nella correspettività di tutto ciò trovare il Santo Padre un titolo per una straordinaria indulgenza della Sede Apostolica sul proposito dei beni in questione, come lo trovò per la Francia nel ristabilimento in essa della Reli- gione, che n'era bandita.

Art. 9.

Sa Sainteté reconnait dans le Président de la RépubUque Italienne les mémes droits^ dont jouissait VEmpereur comme Due de Milan.

Quei diritti e privilegi, che dianzi legittimamente godeva l' Im- peratore nell' accennata qualità, non avrà la Santità Sua difficoltà di riconoscere trasferiti nella medesima forma in persona del Pre- sidente della Republica Italica.

DOCUMENTO XXIII. 299

DOCUMENTO XXIII (pag. 167). (Italia Appendice..., voi. XIX).

Allegato A. Projet d' Avrete concernant les attributions du Mini- stre de la Répuhlique Italienne chargé de la partie du Culte. 25 Settembre 1802.

Le Président de la République Italienne.

Vu le Décret du premier Mai dernier, Considérant qu'il est in- dispensable de déterminer d'une manière précise quelles sont les attributions du Ministre chargé de la partie du Culte et créé par ce méme Décret.

Arrété ce qui suit:

Art. le^.

Le Ministere chargé de la partie du Culte est divise en trois Sections.

La première a pour objet le rapport de la puissance civile avec le Ministere Ecclésiastique, dans l'ordre de la police et de la tran- quillité publique.

La seconde embrasse toutes les matières appellées bénéficiaires et les institutions de bienfaisance publique.

La troisième comprend les revenus des fondations pieuses, et de tous les biens servant à la dotation des Ministres de la Religion.

Art. 2.

Le Ministre est chargé de présenter les projets de lois, décrets, règlemens, arrétés, et décisions touchant les matières du Culte dans ses rapports avec l'ordre civil.

Art. 3.

11 propose au président de la République les sujets propres à remplir les places ecclésiastiques qui sont à sa nomination.

Art. 4.

Il examine avant leur publication tous les rescrits, bulles et brefs de la Cour de Rome qui peuvent intéresser le tranquillité publique.

Art. 5.

Il entretient toute espèce de correspondance intérieure relative à ces divers obiets.

300 APPENDICE

Art. 6.

Le ministre chargé de la partie du eulte veillera à rexécution du présent arrété qui sera imprimé et publié.

DOCUMENTO XXIV (pag. 167). (Italia Appendice..., voi. XIX).

Allegato B. Projet d^ Arrété sur le mode d' exécution des Loix Organiques de Lyon, concernant le Clergé de la Mépublique Italienne. 25 Settembre 1802.

Le Président de la République Italienne.

Vu les articles organiques, concernant le Clergé, décrétés à Lyon.

Vu aussi la Convention signée à Paris entre le saint Siége et le Gouvernement de la République Italienne.

Voulant établir dans l'exécution de ces deux actes le plus par- fait accord.

Arrèté ce qui suit :

Art. lei\

Les Evéques de la République Italienne nommeront aux cures. Leur choix ne pourra tomber que sur des personnes agréées par le Gfouvernement.

Art. 2.

Ils pourront ordonner le nombre de prétres qui est nécessaire pour les besoins spirituels de leur diocèse.

Art. 3.

Il y aura dans chaque diocèse, au moins un chapitre suffisam- ment dote.

Art. 4.

Dans le cas les maisons réservées par Farticle 3 du titre 2 des Lois organiques pour le logement des Evéques, Curés, et Gha- noines seroient vendues ou détruites, elles seront remplacées par autre logement convenable et décent.

Art. 5.

Les biens affectés à la dotation des Eglises et de leurs mini- stres seront désignés par le président de la République Italienne

DOCUMENTO XXIV. 301

de concert avec le Saint Siége, sur les renseignemens que sera tenu de lui donner le ministre de cette République résidant à Paris.

Art. 6.

Les chancelleries des Evéques sont conservées avec leurs ar- chives, et les officiers de ces chancelleries continuent d'exercer leurs fonctions dans tous les actes qui appartìennent à cette insti- tution.

Art. 7.

Les Evéques pourront, indépendamment des peines canoniques^ ordonner à un ecclésiastique qui s'est rendu coupable, de se retirer pendant un temps determinò dans un séminaire, ou dans un cou- vent, en punition de sa faute.

Art. 8.

Si un ecclésiastique trouble la tranquillité publique dans Fexer- cice de ses fonctions, l'Evèque diocésain sera requis de l' interdire^ sauf à Tautorité civile à prendre, en cas de refus de la part de VEvéque, les mesures qu'exigerait le maintien du bon ordre.

Art. 9.

Tout ce qui tend à corrompre les moeurs, à avilir le eulte et ses ministres est absolument défendu.

Art. 10.

Il sera libre aux Achevéques, Evéques, et toutes autres Digni- tés Ecclésiastiques, d'ajouter à leur nom les titres d'usage.

Art. 11.

Le ministre des relations extérieures de la République Ita- Henne résidant à Paris, le ministre de Finterieur, le ministre des finances, et le ministre specialement chargé de la partie du eulte ^ veilleront, chacun en ce qui les concerne, à l'exécution du présent arrété qui sera imprimé et publié.

302

APPENDICE

DOCUMENTO XXV (pag. 168). (Italia Appendice...^ voi. XIX)

Allegato C Projet de Convention Entre Sa Sainteté le Pape Pie VII et la Repuhlique Italienne. 25 Settembre 1802.

Art. lei'.

La République Italienne déclare que la Religion Catholique, Apostolique et Romaine continue d'étre la Religion de la Répu- blique.

Art. 2.

Il y aura dans la République Italienne quatre Archevèchés: et vingt Evécliés.

Les Arclievècliés seront ceux de Milan, Bologne, Ravenne, et Ferrare.

Les Evéchés seront ceux de Brescia, Bergame, Pavie, Como, Crema, Novarre, Vigevano, Cremona, et Lodi, sous la Métropole de Milan.

De Modène, Reggio, et Imola, sous la Métropole de Bologne.

De Cesène, Forlì. Faenza, et Rimini sous la Métropole de Ra- venne.

De Mantoue, Commachio, Verone, et Adria, sous la Métropole de Ferrare.

Art. 3.

Les biens et revenus des Evèchés supprimés feront partie de la dotation des Evéchés conservés, des séminaires, et autres éta- blissemens ecclésiastiques.

La repartition de ces biens, et celle du territoire des Evéchés supprimés sera faite d'accord avec le Saint Siége.

Art. 4.

Les Titulaires actuels des Evéchés supprimés seront nommés à ceux des Evéchés conservés qui sont aujourd'hui vacants.

Art. 5.

Le président de la République Italienne nommera aux Evéchés et Archévechés, des ecclésiastiques ayant les moeurs et les qua- li tés exigées par les saints canons. Sa Sainteté conférera l'institu- tion canonique dans les formes établies.

DOCUMENTO XXV. 303

Art. 6.

Les Archevèques et les Evéques prèteront le serment de fidelité entre les mains du président de la République, dans la forme suivante :

Je jure et promets à Dieu sur les Saints Evangiles de garder obéissance et fidelité au Gouvernement étàblì par la Constitution de la Répuhlique Italienne. Je promets aussi de n'avoìr aucune intel- ligence, de n'assister à aucun conseil, de n'entretenir aucune ligue, soit au dedans, soit au dehors, qui soit contraire à la tranquillité publique, et si, dans mon Dioce'se, ou aillews, f apprends qu'il se trame quelque cJiose au préjudice de VEtat, je le ferai savoir au Gouvernement.

Art. 7.

Les curés prèteront le méme serment, entre les mains des au- torités civiles désignées par le Président de la République.

Art. 8.

Les biens qui sont affectés à la dotation des Evèchés, Arche- véchés, Curés, Chapitres, Séminaires, et pcur les fabriques des Eglises et autres établissemens ecclésiastiques continueront à ne pouvoir pas étre aliénés, ni subir aucun changement que d'accord avec le Saint Siége.

Art. 9.

La République Italienne maintient les Ordres religieux qui servent à l'instruction publique et aux hòpitaux.

Tous les religieux appartenant à d'autres Ordres devront re- ster dans des couvens soumis à leur règie, et auront le droit de porter leurs habits jusqu'à ce qu'ils s'éteignent.

Art. 10.

Il sera nécessairement conserve dans la République Italienne un nombre suffisant de couvens de Religieuses. Chacun de ces couvens sera tenu de recevoir des pensionnaires, et resterà soumis à la règie de son ordre.

Art. IL

Les Evèques, prétres, et tous autres ecclésiastiques sont di- spensés du service militaire.

304 APPENDICE

Art. 12.

Sa Sainteté, pour le bien de la paix, déclare que ni Elle, ni ses Successeurs, ne troubleront en aucune manière les acquéreurs des biens ecclésiastiques aliénés, et qu'en conséquence la propriété de ces mémes biens, les droits revenus y attachés demeureront incommutables entre leurs mains, ou celle de leurs ayant cause.

Art. 13.

Sa Sainteté reconnoit dans le président de la République Ita- lienne les mémes droits dont jouissoit l'Empereur, comme Due de Milan.

Nota. Le commencement de rarticle 9 pourra étre redige comme il est ci-dessus, ou de la manière suivante:

Les Ordres religieux qui servent à l'instruction publique et aux hòpitaux seront maintenus etc. etc.

Le choix de ces deux rédactions dépend entièrement des par- ties contraetantes.

DOCUMENTO XXVI (pag. 178). (Italia Appendice..., voi. XX).

Sunto de' voti de^ Cardinali (del BertazzoU, elemosiniere del Papa^ segretario della congregazione de' 12 Cardinali).

Lia, sera dei 26 giugno 1803, alle ore 24 italiane, si tenne in casa di Sua Emza il Sig. Cardinale Antonelli una Congregazione, in cui intervennero gli Emi Signori Cardinali, coll'enunciato Sig. Cardinale:

Antonelli, De Pietro, Caselli, Consalvi Segretario di Stato, ed io Segretario della Congregazione degli Affari Ecclesiastici.

L' oggetto di detta Congregazione fu di esaminare V estratto dei voti fatti dagli Emi Signori Cardinali Albani, Antonelli, Caraffa, Trajetto, Giuseppe Doria, Borgia, Roverella, De Pietro, Caselli, Braschi, Carandini, Consalvi Segretario di Stato, i quali voti con- cernevano r esame di un progetto di Concordato tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana spedito da Parigi, e già dispensato con altre stampe segnato Lett. C ai lodati dodici Emi Signori Cardinali.

L'estratto fu compilato da me Segretario, e presentato e letto a mano a mano, alla suddetta Congregazione dei quattro Emi Si- gnori Cardinali, articolo per articolo.

DOCUMENTO XXVI. 805-

Gli stessi Signori Cardinali ponderando attentamente tanto l'Estratto quanto nuovamente il Progetto Parigino, e tutt' altro ri- guardante un si grave affare, vennero nel seguente sentimento da me Segretario in loro presenza esattamante segnato, e che riferisco nell'ordine preciso, con cui fu da loro emanato.

Proemio Fu approvato dagli Emi Signori Cardinali Antonelli,. Caselli, Consalvi Segretario di Stato. Fu contrario l' Emo Sig. Car- dinale De Pietro.

Art. I. Fu approvato da tutti quattro. Li Signori Cardinali An- tonelli, Caselli, Consalvi Segretario di Stato furono di sentimento, che nell'ultimo sia espresso nei seguenti termini: In tutto quello che si oppone alla medesima Religione e Disciplina.

Il Sig. Cardinale De Pietro non fu contento di questa emenda, perchè gli sembra che almeno tacitamente la Santità Vostra venga a riconoscere nel Governo laico una potestà di emanare Leggi sulle cose ecclesiastiche rispetto a quelle leggi, che già emanò la Repubblica sovra tali materie, e che qui non restarono abolite.

Art. III. Fu approvato.

Art. IV. Furono di sentimento tutti gli Emi Signori Congregati, che in ultimo si apponga ottenute nelle convenienti forme le ri- nunzie dei detti Vescovi ed Abbati.

Art. V. Approvato.

Art. VI. Approvato.

Art. VII. Approvato.

Art. Vili. Approvato.

Art. IX. Approvato.

Art. X. Fu approvato coli' aggiunta della parola Insegna- mento, — e fu soggiunto che in fine si apponga questa espressione secondo le forme canoniche.

Art. XI. Fu approvato. Si disse però che nella Istruzione al Sig. Cardinale Legato, se gli facesse sentire che si riservi il diritto di Visita, se pur sarà possibile.

Art. XII. In vece della parola Trasmettte (la quale sembra non riconoscere nella Santità Vostra trasmittente l'originaria Suprema Potestà) si dica Accorda. Si aggiunga Loro risulteranno.

Art. XIII. Approvato.

Art. XIV. Approvato.

Art. XV. Approvato.

Art. XVI. Approvato.

Art. XVII. Invece dell'art. XVII qui esposto come sta nel pro-

RiNiERi. La Diploviazia Poiitiflcm nel secolo XIX. Voi. II. 20

306 APPENDICE

getto Parigino Leti. C, che si giudicò da tutti quattro, dopo seria riflessione, almeno indirettamente, lesivo dei diritti della Chiesa per le ragioni allegate nell' estratto dei Voti ; si determinò che si sosti- tuisse l'art. XVII del nostro progetto spedito a Parigi, concepito nei seguenti tennini I Beni Ecclesiastici non compresi nel prece- dente articolo continuano ad essere inalienàbili, ne potranno distrarsi o soffrire alcun cambiamento senza V autorità della Sede Apostolica,

Art. XVIII. Tollerato.

Art. XIX. Approvato.

Art. XX. Approvato.

Art. XXI. Approvato.

Art. XXII. Approvato.

Dopo ciò si lesse da me Segretario agli Emi Signori Congregati un estratto dei sentimenti di tutti dodici i suddetti Signori Cardinali, espresso nei loro rispettivi voti, circa 1' articolo, che riguardava la conservazione dei E-egolari, inserito nel nostro progetto sotto il n. 14 j il quale articolo è stato omesso di pianta nel progetto parigino se- gnato hett. C.

Da questo estratto risulta, che la pluralità dei nominati Emi Signori dodici Cardinali combina potersi tollerare la omissione dello stesso articolo, per non romperla col Governo ; poiché questa omis- sione viene, almeno nella sostanza, sanata nell'articolo XV del Pro- getto Parigino, in cui si dice Non si farà alcuna soppressione di Fondazioni Ecclesiastiche qualunque esse siano, senza autorità della Sede Apostolica.

Nello stesso sentimento vennero i quattro Emi Signori Cardinali della stretta Congregazione, la quale terminò dopo questi ultimi riflessi. Francesco Arcivescovo d'Edessa, Limosiniere di Sua Santità, e Segretario della Congregazione.

DOCUMENTO XXVII (pag. 197). (Italia Appendice..., yoI. XX; Francia Appendice..., voi. X, Fascio F).

Esame del concordato italico, fatto dal Card. Antonelli per ordine del S. Padre. 2 ottobre 1803.

Non voglio rilevar qui alcune leggiere variazioni sul testo latino del Concordato trasmesso e sottoscritto dal Sig. Card. Caprara, e nettampoco alcune inesattezze della traduzione italiana. Vengo subito all' esame delle variazioni descritte nello specchio fog.o num. V a tenor del comando, che n'è stato dato.

^k

DOCUMENTO XXVII. 307

PROEMIO

Nulla importa, che il Presidente della Republica Italica abbia qui assunto anche il nome di Primo Console della Republica Francese: neppur faccio conto, che siasi aggiunto il periodo volentesque ut relìgio catholica apostolica Romana in siiis dogmatibus integra ser- vetur. Comprendo benissimo, che qui vi si nasconde qualche materia, ma non è qui luogo a rilevarla, avendo connessione, per quanto mi sembra, coli' articolo II, di cui si dee in ultimo ragionare. Nel suo semplice, e nudo aspetto non può quell'aggiunta riprendersi; anzi dovremmo noi vergognarci, se censurar volessimo il comun desiderio di Sua Santità, e del Primo Console di conservar intatti i dogmi di nostra santa Religione.

Art. XI.

Si era concertato, che i Luoghi pii governati dagli ecclesiastici •dovessero in avvenire regolarsi da una Congregazione composta in egual numero di ecclesiastici, e di laici: i primi dovevano esser eletti dal Vescovo, i secondi dal Governo. Si è ora cambiato, e vuoisi, che tutti sieno eletti dal Presidente della Republica, salvo bensì che per gli ecclesiastici eliget eas personas, quas eidem episcopus praesen- tabit. È questa una servitù più grave, non rimanendo ai Vescovi il libero diritto di scelta, ma di mera nomina e di presentazione. Può nondimeno tollerarsi, mentre l'effetto è quasi lo stesso e non sarebbe stato sperabile, che il Vescovo potesse ammettere tra membri di dette <ìongregazioni quegli ecclesiastici, che non fossero graditi al Governo. Vi è altronde anche un compenso, stimando io meglio che le nomine de' membri secolari si facciano piuttosto dal Presidente della Repu- blica, che dal Governo.

Art. XII.

Il cambiamento di questo articolo riguarda la scelta de'Parochi. Prima dicevasi, che i vescovi avrebbono avuto riguardo di sceglier quelli, qui sint Gubernio accepti; ora si è voluto dire, episcopi per- sonas non seligent, nisi Gubernio acceptas. Veggo quanto è più stretto il vincolo, che s'impose ai Vescovi nella scelta de'Parochi, ma non crederei per questa maggior durezza di espressioni di rompere il Trattato. Pur troppo i Vescovi, sin' a tanto che dura un irreligioso Governo, dovranno accomodarsi a scegliere quei Parochi, che forse non sono i migliori, in previdenza che i migliori sarebbono dal Go-

308 APPENDICE

verno ricusati. La necessità non ha legge; le Parocchie non possona stare senza pastore, e non potendosi avere i più degni, bisogna con- tentarsi di scegliere i meno degni, purché non abbiano tali eccezioni,. per cui sieno affatto indegni ed incapaci.

Art. II.

Fin qui abbiam condotta la nave tra sirti e scogli, che possona facilmente superarsi: ma ora se ne presenta uno, innanzi al quale io temo il naufragio di questa cosi lunga e molestissima trattativa^

Per essere coerenti nelle massime, bisogna rimontare al suo prin- cipio. Fin dal mese di luglio dell'anno scorso giunse l'istanza da Parigi, che volevasi fare un Concordato tra la S. Sede e la E,epu- blica Italica, e ne fu anche trasmesso il Progetto. Esaminatosi questi il di 25 luglio in una Congregazione di cinque Cardinali nelle stanze dell'Emo Pro-Datario, fu risposto, che non si potea fare in alcun modo, e la principal ragione fu, che innanzi a tuW altro il Governo rìvocar clovea quelle qualunque leggio decreti, e stabilimenti publicati in addietro a danno della Religione etc.

Più e più volte fu replicata e sostenuta questa negativa, e fu sempre affacciata la stessa ragione. Fu riassunto l' esame di questa materia in un' altra Congregazione dei 1 9 ottobre dello stesso anno,, e furono esaminati alcuni progetti stesi da M.r Bernier, nei quali veni vasi in qualche modo, ma non in tutto, a correggere l'esorbitanza delle leggi organiche di Lione, delle altre emanate dalla republica italica, e specialmente quelle sulle attribuzioni del ministro del eulta di Milano. Tutti questi progetti furono ricusati, e fu dichiarato, che S. Santità era nell' indispensabile necessità di chiedere, che o pre- cedentemente 0 almeno contemporaneamente al concordato^ si aggiunga un articolo, per cui venga con parole espresse dichiarata tolta ogni osservanza delle precedenti leggi organiche di Lione, e decreti di Milano sulle attribuzioni del Ministro del culto, e che si abbiano per conseguenza come non più, esistenti.

Per facilitare un qualche mezzo, onde compiacere il Primo Console e Presidente della Republica Italica, che insisteva per questo Con- cordato, comandò Nostro Signore che si tenesse una Congregazione,, e si esaminassero varj articoli di un nuovo Progetto in termini convenienti da formarsi in E-oma, e trasmettersi a Parigi. Questo esame fu fatto in una Congregazione dei 12 novembre 1802, e fu- rono proposte varie module, per concepire un articolo concernente la tanto bramata revoca sudetta. Tra tante module fu proposta anche

DOCUMENTO XXVII. 309

la seguente Tutte le leggi, Decreti e Ordinazioni finora emanate dalla Eepublica in ordine al culto, saranno riguardate come non av- venute. — Questa modula fu unanimemente rigettata, e si convenne -che dovesse esigersi una chiara e specifica abolizione delle leggi nel Proemio, e ne fu trasmesso il piano a Parigi.

La forza delle ragioni persuasero finalmente il Primo Console di cedere, e acconsentire a questa abolizione delle leggi; e in una lettera, che scrisse nel Decembre a S. Santità si dichiarò Che l'esistenza di tali leggi non doveva trattenerlo dal Concordato, essendo facile il rimedio: e che coir abolizione di dette leggi il Concordato non sarebbe punto gratuito. E quindi non essendosi voluto ammettere il pro- getto mandato da Roma, ne fu da Parigi surrogato un altro, che è il notissimo contrassegnato colla lettera C, in cui con articolo se- parato si dichiarava, che le leggi, Decreti etc. ^^e?' tutto quello che per essi si oppone alla costante disciplina della Chiesa, sieno rivocati ed aboliti. Su questo articolo furon sentiti i soliti Signori Cardinali, diedero il loro voto in iscritto, cii'ca la metà dello scorso mese, senza adunanza di Congregazione. Non incontrossi veruna difficoltà per accettar questo articolo, per quanto apparteneva al punto della revoca e abolizione di dette leggi, anzi piacque che venisse questa proposta in luogo del Proemio in un articolo separato. Quali fossero le diffi- coltà allora proposte, quali le osservazioni mandate a Parigi al Sig. Card. Legato, quale il successivo esame dell'altro piano tra- smesso da S. Emza, ed esaminato dalla Congregazione avanti S. San- tità nella domenica scorsa 23 Settembre, è superfluo di qui rammen- tarlo, perchè n' è recentissima la memoria.

Da questo breve epilogo della serie, e delle varie vicende di questo trattato, io vengo a ragionare cosi: Il Papa ha ricusato sempre di prestarsi ad ammetter discorso di Concordato, per la gra- vissima ragione delP esistenza delle dette leggi ; si è dichiarato, che ne voleva una o previa, o almeno contemporanea abolizione; ha piantato per ragione di questa domanda, che esistendo quelle leggi, tradiva il suo apostolico Ministero; è stato su questo punto ineso- rabile, e finalmente colla sua costanza ha vinto la ritrosia del Primo Console, il quale ha solennemente promesso, che quelle leggi sarebbono state abolite. Fissato questo punto, si è disputato sopra i varj articoli, ma suir abolizione delle leggi non si è mossa più controversia. Ora in quale incoerenza di massime noi cadremmo, se abbandonati i termini essenzialissimi di revoca e abolizione, ci contentassimo ora degli altri di sostituzione, e surrogazione, che si propongono nell'art. XXI del

310 APPENDICE

Progetto sottoscritto dal Sig. Card. Caprara, e dal Ministero della Repubblica? Fu rigettata col voto unanime di tutti i Signori Car- dinali la modula, in cui dice vasi, che quelle leggi si avessero come non avvenute, coi quali termini non potè vasi pur intendere, che quelle leggi più non sussistessero ; e vogliam noi esser cosi da bene di credere, che una simile intelligenza debba darsi alle parole di surrogazione e sostituzione?

Questo è tutto il nodo della presente disputa. Sostiene il Primo Console, che con questo nuovo articolo di sostituzione o surrogazione, vengonsi ad abolire le leggi e decreti, precedentemente emanati in materie religiose, poiché a tali leggi e decreti si sostituisce il Con- cordato, cosi al foglio num. III. Ora io penso altrimenti, e credo, che oltre l'incoerenza, di cui ho sopra parlato, non vi sia nel pro- gettato articolo XXI ne la verità dell' abolizione ricercata, ne la dignità del Papa se l'accettasse, la pubblica edificazione, e ri- parazione dello scandalo, se fosse eseguito.

Incomincio dalla verità suhrogatio legis censetur fieri cum omnibus qualitatibus, et conditionibus eius, in cuius locum fìt. Cosi il Pagnano nel Tit. de Praebendi, cap. Episcopus num.o 45. La surrogazione dunque del Concordato sarà fatta con tutte le qualità, e condizioni delle leggi, in di cui luogo é il Concordato sostituito. Dunque non è vero, che le leggi sieno abolite. Tutto al più ne sarà sospeso r effetto ; ma essendo pur questo riposto nell'arbitrio e nella potestà de' legislatori Repubblicani, noi non possiamo esser certi, anzi dobbiamo entrare in molto sospetto, che l'effetto della surro- gazione non sia ampio ed esteso, come sarebbe l' effetto dell' abolizione.

La legge abolita non è più legge; e siccome per noi la principal causa, per cui avevamo chiesta l' abolizione, era V incompetenza del legislatore, e l' ingiustizia della legge, che sebbene non era espressa nell'articolo II del Concordato da noi proposto, era però sottintesa, e vi era pure esplicitamente indotta quell'altra di fissare un retto e stabile ordine sugli oggetti ecclesiastici, cosi non facendosi più parola di abolizione, ma semplicemente di surrogazione, noi otteniamo l'effetto dell'abolizione, emendiamo il vizio della legislazione e delle leggi, che avevamo inteso di correggere coll'abolizione medesima. Anzi io dico che pur troppo abolite anche le leggi, noi temevamo, che per la prepotenza de' magistrati secolari si sarebbon pur troppo ese- guite quelle leggi, che pur si conveniva nel Concordato, che fossero abolite: ma non essendo in poter nostro d'impedire questi abusi di prepotenza, ci contentavamo almeno di poter sempre affacciar la

DOCUMENTO XX VII. 311

ragione, che le leggi eran abolite, e il rimetterle in osservanza era un' infrazione del trattato. Questo non si potrà dire nel caso di una semplice surrogazione, o sostituzione, imperocché come dissi 1' effetto della sostituzione non è lo stesso che quello dell'abolizione; e il legislatore che sostituisce conserva sempre la potestà di far nuove leggi, come certamente le faranno i Repubblicani, non ostante il Concordato. La legge abolita per patto non può più reviviscere essa, altra di simil natura; ma all'opposto ad una legge sostituita può sostituirsene un' altra, questa nuova sostituzione è proibita nell'articolo XXI, ora inserito nel Piano venuto da Parigi.

Dico in secondo luogo, che non vi é neppure la. Dignità del Papa

Subrogatum sapit naturam rei, cujus loco suhrogatur. Cosi lo stesso Fagnano; anzi secondo Ulpiano nel lib. regularum tit.

Lex subrogari dicitur, cum ei aliquid adjicìtur. Subrogatus, sive subrogatum sapit naturam, et omnes qualitates illius in cuius locum subrogatur. (Fasan. in § Fuerat num.<^ 4 etc. Institut. de actionibus. Grazian. Disceptat. Forens. cap. 989 num.° 22. Barbosa de axiomat, luris, axiomate 213. per totum, et aliis etc).

Posto questo assioma legale, ne viene in conseguenza, che il Papa debba confessare almeno tacitamente, che le leggi nuove del Concor- dato sono dell' istessa natura di quelle, a cui queste si sostituiscono. E chi non ne vede la mostruosità ? Come può ammettersi mai la surrogazione di leggi giuste e savie a leggi empie, irreligiose, e temerarie ?

Inoltre la sostituzione suppone un'egual potestà del legislatore nella promulgazione tanto delle leggi sostituite, quanto delle altre a cui le nuove si sostituiscono. Il Papa dunque confessa con ammettere questa surrogazione, che le passate leggi repubblicane sono emanate da una competente potestà; dissimula, e forse anche è connivente a far credere, che in esse non vi sia alcun vizio d'ingiustizia e di empietà; e acconsente alla surrogazione delle nuove, come forse più utili e più conducenti all'oggetto proposto, e anzi da a divedere, che le antiche e le nuove leggi coincidono nel medesimo fine, e sono del- l'istessa natura; che le nuove sono un'aggiunta alle antiche; e, come il nuovo pone in disuso l'antico, cosi le nuove leggi del concordato non correggono le antiche repubblicane, ma solo le mettono in disuso e nell'inosservanza.

Conviene ripeterlo per chiarezza dell' argomento Subrogatum sapit naturam eius, cuius loco subrogatur Lex subrogari dicitur, cum ei aliquid adijcitur. Or questo il Papa non può farlo in

312 APPENDICE

verun conto, innocente sarebbe qualunque anche menoma conni- venza, da cui apparisse, eh.' Egli ammetta o la potestà dei legislatori repubblicani, o la giustizia, e rettitudine delle loro leggi Error^ cui non resistitur, approhatur, diceva S. Innocenzo I. E S. Celestino diceva ancora Timeo, ne connivere sit, hoc tacere. Timeo, ne magis ipsi loquantur, qui permittunt ilLis taliter loqui. In talibus causis non caret suspicione taciturnitas, quia occurreret veritas, si falsitas displiceret.

E pur troppo io temo, che parleranno molti e per questo nostro connivente linguaggio di surrogazione e sostituzione non saremo di edificazione ai fedeli, e non sarà riparato lo scandalo, che dalle leggi repubblicane n' è derivato alla Chiesa. Rammentiamoci ciò, che abbiamo sempre detto in questa causa; ripigliamo alle mani i nostri scritti, e le stesse lettere di Sua Santità al Primo Console. Ci Siam sempre protestati, che l'abolizione delle leggi era una con- dizione sine qua non, per venire a un Concordato; che queste leggi avean recato un pubblico scandalo, che offendevano la religione, e la disciplina ecclesiastica, che il Papa non potea tollerarle senza tradire il suo apostolico Ministero. Che dirà dunque il pubblico, ve- dendo che ora noi abbiam mutato linguaggio, e ci contentiamo di una semplice surrogazione?

Ci convinceranno col fatto e colle parole stesse del Primo Console. Egli ha detto (come dal foglio n. Ili) che tutto quello, che suona di- rettamente 0 revoca, o abolizione di leggi etc. è impossibile, che da lui si ammetta. Francesco I Re di Francia non ebbe rossore : abre- nunciare Pragmaticae Sanctioni... ac mandatis apostolicis, quae a Sede Apostolica prò tempore emanarent, parere, ac obedire. Questa Pragmatica sanzione era stata annullata dai Papi predecessori di Leone X, e Luigi X con sue lettere Patenti l'aveva cassata ed abro- gata. Luigi XIV non arrossi di dichiarare a Innocenzo XII, che tutto ciò, che si era fatto nei Comizi Gallicani del 1682, si avesse come per non avvenuto. Dunque egli conosce, che vi passa una gran discrepanza tra l'intelligenza della parola abolire, e l'altra sostituire' Ha veduto, che nella parola abolire si ferisce l'autorità della repu- blica, e riman salva colla parola sostituire.

Ma per l'istessa ragione noi crediamo, che colla parola sosti- tuire si vilipende l'autorità della Chiesa, laddove si salva colla pa- rola abolire. Quest'esempio di connivenza e di taciturnità ci toglierà l'arme per combattere le tante leggi, che pure oggidì si promul- gano contro la religione, e contro l'autorità ecclesiastica. E massima

DOCUMENTO XXVII. 313

inconcussa e sagrosanta, che la potestà secolare non può lare tal sorta di leggi; e questa massima resterà vulnerata e debilitata, sempre che i Principi facendo di- tali leggi, potranno sostenerne il diritto e la competenza, pel fatto nostro medesimo, che ci siam con- tentati di sostituire altre leggi, ma non di abolire le precedenti.

Il signor Card. Legato nella sua cifra n. Ili ci fa vedere V in- ferno aperto, se non si conchiude questo Concordato (1), e perciò egli inavvedutamente si è indotto a sottoscriverlo. Sarà quel che Iddio vuole; ma non sarà mai. che il Papa, in vista di un disordine che non può impedire, o tradisca la verità, o avvilisca l'autorità, e dia scandalo al pubblico.

Conchiudo dunque il mio sentimento, e confesso che non mi l'animo di consigliare Sua Santità a ratificare questo nuovo XXI ar- ticolo del Concordato, almeno prout jacet.

Se vi si potesse aggiungere qualche altra espressione che sal- vasse la massima, come per esempio, se dopo la parola « a Repu- hlica Italica » si aggiungesse « circa res religionis, ac disciplinae ec- Kilesiasticae hucusque latis, quae imposter am nunquam vim ac róbur haberi poterunt » , allora non avrei tanto ribrezzo di acconsentire a questo articolo surrogato.

Io vi ho aggiunta la parola disciplinae ecclesiasticae, e qui mi •cade in acconcio di ripigliare ciò che dissi da principio, parlando del Proemio, della maliziosa aggiunta che si era fatta, di serbare intera la religione in suis dogmatihus. Collima, ad accrescere il sospetto di questa malizia, la parola di questo articolo XXI res religionis.

Tutto pare diretto a far cessare l'effetto degli editti, che con- ■cernono il dogma, e che direttamente risguardano res religionis. E della disciplina? Non se ne vuol fare neppure motto. Potrebbe scu- sarsi questo silenzio, perchè nel Proemio si dice stabilis ordo con- stituatur in iis, quae ad res ecclesiasticas pertinente ma il Proemio non è un patto, non è un articolo; laddove nell'articolo XXI, che è il principale, e si può dire il cardine, su cui poggia tutto il Con- cordato, della disciplina non si fa parola; e noi dobbiamo essere sommamente solleciti, affinchè cessi ogni valore e ogni efficacia tanto delle leggi, che concernono il dogma, quanto di quelle, che risguardano la disciplina.

Colle parole da me imaginate, che in posterian nunquam vim ac robur hahere poterunt, pur mi pare, (ma il dico con trepidazione soggettando il mio all'altrui più illuminato giudizio) che per equi-

(1) Vedi la cifra a i)ag. 193, e le paure del Capraia a pag. 196.

314 APPENDICE

pollenza vi si comprende l'abolizione delle leggi : perocché può con- siderarsi per abolita quella legge, che non può mai più in avvenire avere veruna forza e vigore. Cosi etc. Salvo etc.

Roma, questo di 2 ottobre 1803.

L. Card. Antonellt

DOCUMENTO XXVIII (pag. 200). {Italia Appendice, voi. XIX).

Processo verbale.

Riunitisi secondo il concertato alle ore due pomeridiane del pre- sente giorno nella casa Richelieu Trousac, Faubourg Honoré, di questa città di Parigi.

Sua Eminenza Rma il Sig. Card. Grio. Batta Caprara, Legato a latere della Santa Sede apostolica presso il Primo Console della Repubblica francese Presidente della Repubblica Italiana, ed Arci- vescovo di Milano ;

Ed il cittadino Marescalchi, Consultore di Stato, Ministro delle Relazioni estere della Republica Italiana, residente presso il Primo Console e Presidente:

In qualità l'uno di ministro plenipotenziario di N. S. Papa Pio VII, l'altro di ministro plenipotenziario del Presidente della Repubblica Italiana, nominati espressamente all' infrascritto singolare effetto.

Riunitisi, come si è detto sopra, per segnare 1' atto di conven- zione già concertato e stabilito fra detti due Plenipotenziarii, a norma delle istruziani avute e facoltà loro compartite dai loro ri- spettivi Committenti, premessa la lettura delle due copie da con- traccambiarsi, e ritrovatele in tutto perfettamente conformi e con- cordi, le hanno segnate di loro proprio pugno e carattere, apponendovi i loro rispettivi sigilli, e contraccambiandosele reciprocamente.

In fede di che...

Parigi, 16 novembre 1803. Essi approvano le postille (1) messe in calce, riguardanti l'articolo nono.

L. ^ sigilli Emo

G. B. Card. Caprara Legato.

L. y^ sigilli Sig. Cit.no

Ferdinando Marescalchi.

(1) Quelle postille riguardavano uno sbaglio di scrittura.

DOCUMENTO XXIX.

315

DOCUMENTO XXIX (pag. 200, 204). Testo del Concordato italico con la ratificazione di Pio VII.

Inspecfca a Nobis, et mature perpensa conventione Parisiis inita et die XVI «eptembris MDCCCIII subscripta a Nostro Plenipo- tentiario Rmo Johanne Baptista Tituli Santi Honuphrii S. R. E. Presbytero Cardinali Caprara Archiepiscopo Mediolanensi ac Nostro et Sedis Apostolicae Legato a Latere in Galliis, simulque a Di- lecto Filio Plenipotentiario Gubernii Reipublicae Italicae Ferdi- nando Marescalchi Consultore Status et exterarum Relationum Ad- ministro apud Primum Consulem Reipublicae Gallicanae praesidem ipsius Italicae Reipublicae ; cuius quidem conventionis tenor est qui sequitur :

CONVENTIO

CONCORDATO

SANCTITATEM SUAM PIUM VII

ET

REMPUBLICAM ITALICAM

Sanctitas Sua Summus Ponti- fex Pius VII, atque Praeses Reipublicae Italicae, Primus Gallicanae Reipublicae Consul in suos respective Plenipotentia- rios nominarunt

Sanctitas Sua Erhum D. Joan- nem Baptistam Caprara S. R. E. Tituli S. Honuphrii Presbyte- rum Cardinalem, Archiepiscopum Mediolanensem, et Sanctitatis Suae et Sanctae Sedis in Galliis de Latere Legatum, munitum fa- cultatibus in bona et debita forma,

Praeses Reipublicae Italicae, Primus Gallicanae Reipublicae Consul Civem Ferdinandum Ma- rescalchi, Consultorem Status, et Exterarum Relationum Admini- strum apud Ipsum Residentem, plenis facultatibus munitum.

SUA SANTITÀ PIO VII

E

LA REPUBLICA ITALIANA

Sua Santità il Sommo Pontefice Pio VII, ed il Presidente della Republica Italiana Primo Console della Republica Francese, hanno respetti vamente per loro Pieni - potenzìarj nominato

Sua Santità r Emo Signor D. Gio. Battista Caprara della S. R. Chiesa del Titolo di S. Onofrio Prete Cardinale Arcivescovo di Milano, e della Santità Sua, e della S. Sede Legato a Latere in Francia, munito di facoltà in buona e dovuta forma.

Il Presidente della Republica Francese il Cittadino Ferdinando Marescalchi Consultore di Stato, e Ministro delle Relazioni Estere presso Lui Residente, munito di piene facoltà.

316

APPENDICE

Qui, post sibi mutuo tradita respectivae Plenipotentiae In- strumenta, de iis, quae sequun- tur convenerunt.

PROEMIUM

Sanctitas Sua Summus Pon- tifex Pius VII, et Praeses Rei- publicae Italicae Primus Galli- canae Reipublicae Corisul, pari studio cupientes ut in eadem Hepublica certus stabilisque Ordo, in iis, quae ad res Eccle- siasticas pertinent, constituatur; volentesque, ut Religio Catholica Apostolica Romana in suis Dog- matibus integra servetur, in se- quentes Articulos convenerunt.

Art. I.

Religio Catholica Apostolica Romana esse pergit Religio Rei- publicae.

Art. II.

Sanctitas Sua debitis formis subiiciet juri Metropolitico Ec- clesiarum Archiepiscopalium Me- diolanensis, Bononiensis, Raven- natensis, Ferrariensis infrascri- ptas Ecclesias Episcopales, nimi- rum Brixiensem, Bergomensem, Papiensem, Novocomensem, Cre- mensem, Novariensem, Vigeva- uensem, Cremonensem, Lauden- sem Archiepiscopatui Mediola- nensi, cujus Suffraganeae erunt.

Ecclesiae vero Mutinensis,

Li quali, dopo essersi scambie- volmente consegnati V Istromenti della respettiva Plenipotenza, hanno convenuto delle cose, che sieguono.

PROEMIO

La Santità di Nostro Signore Papa Pio VII, e il Presidente della Republica Italiana Primo Console della Republica Francese, animati da egual desiderio, che in detta Republica sia fissato uno stabile regolamento di quanto spetta alle cose Ecclesiastiche, e volendo, che la Religione Aposto- lica Romana sia conservata in- tatta nei suoi Dogmi, sono con- venuti nei seguenti Articoli.

Art. L

La Religion Cattolica Aposto- lica Romana continua ad essere la Religione della Republica Ita- liana.

Art. IL

Sua Santità nelle debite forme assoggetterà alla giurisdizione Metropolitana delle Chiese Arci- vescovili di Milano, di Bologna, di Ravenna, e di Ferrara le in- frascritte Chiese Vescovili, cioè quelle di Brescia, di Bergamo, di Pavia, di Como, di Crema, di Novara, di Vigevano, di Cremona, e di Lodi all'Arcivescovato di Mi- lano, di cui saranno Suifraganee.

Le Chiese di Modena, di Reg-

DOCUMENTO XXIX.

317

Eihegiensis, Imolensis, Carpensis Suffruganeae erunt Archiepisco- patus Bononiensis.

Caesenatensis, Forlivensis, Fa- ventina, Ariminensis, Cerviensis Suifraganeae erunt Archiepisco- patus Ravennatensis.

Mantuana, Comaclensis, Adri- ensis, Veronensis a parte Italica Suifraganeae erunt Archiepisco- patus Ferrariensis.

Art. III.

Sanctitas Sua ad instantiam Praesidis Heipublìcae Italicae in- dulget suppressioni duarum Epi- scopalium Ecclesiarum, nimirum Sarsinae, et Brictinori, et duarum Abbatiarum Nullius, nimirum Asulae, et Nonantulae, ea tamen conditione, ut et respectivae Dioe- ceses, collatis cum Praeside ejus- dem Reipublicae consiliis, aliis proximis Dioecesibus uniantur, et Episcopi, atque Abbates, nisi forte translati, aut transferendi sint ad alias Sedes, juste compen- sentur prò cessione Jurisdictionis et Congruae, quibus antea frue- bantur, et debitis formis ab iisdem resignationes respectiva rum Ecclesiarum obtineantur. Bona, redditusque supradictarum Ecclesiarum, et Abbatiarum, quae in Bepublica Italica continentur, ab eadem Sanctitate Sua, collatis cum Gubernio consiliis, aliis Ec- clesiasticis Fundationibus distri- buentur.

gio, d' Imola, e di Carpi saranno Suffraganee dell' Arcivescovato di Bologna.

Quelle di Cesena, di Forlì, di Faenza, di Rimino, e di Cervia saranno Suffraganee dell' Arcive- scovato di Ravenna.

Quelle di Mantova, di Comac- chio, di Adria, e di Verona dalla parte della Repubblica Italiana saranno Suffraganee dell'Arcive- scovato di Ferrara.

Art. III.

Il Santo Padre alle istanze del Presidente della Republica Ita- liana condiscende alla soppres> sione delle due Chiese Vescovili 1 di Sar.sina, e di Bertinoro, e delle ì due Abbazie Nullius di Asola, e di Nonantola, a -condizione, che le rispettive Diocesi siano riunite di comune concerto ad altre Dio- cesi vicine, e gli attuali Vescovi,, ed Abbati, qualora non fossero trasferite ad altre Sedi, ricevano un' adequato compenso alla ces- sione della Giurisdizione, e Con- grua, delle quali godevano, ot- tenute nelle convenienti forme le rinuncie dei detti Vescovi, ed Ab- bati. I beni, e le rendite delle suddette Chiese ed Abbazie, si- tuati nella Republica Italiana, saranno dalla medesima Santità Sua ripartiti, ed incorporati ad altre Fondazioni Ecclesiastiche di concerto col Governo.

ai8

APPENDICE

Art. IV.

Attenta utilitate quae ex hac conventione manat, in ea, quae ad res Ecclesiae, et Religionis pertinent, Sanctitas Sua conce- dit, ut Praeses Reipublicae Ita- licae nominare possit ad omnes Archiepiscopatus, et Episcopatus ejusdem Reipublicae; etEcclesia- sticis Viris ab eodem Praeside nominatis, iis dotibus praeditis, quas Sacri Oanones requirunt, eadem Sanctitas Sua Canonicam Insti tutionem dabit juxta formas consuetas.

Art. V.

Archiepiscopi, et Episcopi emit- tent Juramentum fidelitatis in manibus Praesidis Reipublicae iuxta infrascriptam formulam : « Ego j uro, et promitto ad Sancta « Dei Evangelia obedientiam, et « fidelitatem Gubernio Italicae « Reipublicae. Item promitto me « nullam communicationem habi- « turum, nulli Consilio interfutu- « rum, nullamquesuspectamunio- ^ nem ncque intra, ncque extra « conservaturum, quae tranquil- « litati publicae noceat; et si « tamin Dioecesi mea, quam alibi « noverim aliquid in Status dam- « num tractari, Gubernio mani- « festabo, »

Art. VI.

Parochi idem Juramentum emittent coram Potestatibus Ci-

Art. IV.

In considerazione dell'utilità, che dal presente Concordato ri- donda agli interessi della Chiesa, e della Religione, Sua Santità accorda al Presidente della Re- publica Italiana la nomina di tutti gli Arcivescovati, e Vesco- vati della Republica Italiana me- desima; ed agli Ecclesiastici da esso Presidente nominati, forniti delle doti volute dai Sacri Ca- noni, Sua Santità darà la Canonica Istituzione, secondo le forme sta- bilite.

Art. V.

Gli Arcivescovi, e Vescovi pre- steranno il Giuramento di fedeltà nelle mani del Presidente della Republica secondo la infrascritta formola « Io giuro, e prometto su « i Santi Evangelj ubbidienza, e « fedeltà al Governo della Repu- « blica Italiana. Similmente pro- « metto, che non terrò alcuna in- « telligenza, non interverrò in « alcun consiglio, e non prenderò « parte in alcuna unione sospetta « 0 dentro, o fuori della Repu- « blica, che sia pregiudizievole « alla publica tranquillità, e ma- « nifesterò al Governo, ciò, che io « sappia trattarsi o nella mia Dio- « cesi, 0 altrove, in pregiudizio « dello Stato. »

Art. VI. Il medesimo Giuramento pre- steranno i Parrochi alla presenza

DOCUMENTO XXIX.

319

vilibus a Reipublicae Praeside constitutis.

Art. VII.

Cuilibet Episcopo liberum sem- pier erit, super rebus omnibus spiritualibus, atque negotiis Ec- clesiasticis, absque ullo impedi- mento, cum Sancta Sede commu- nicare.

Art. Vili.

Liberum pariter erit Episcopis Clericos constituere, atque ad Ordines promovere titulo Bene- ficii, Cappellaniae, Legati Pii, Patrimoni], aut cujusvis alterius legifcimae assignationis, eos om- nes, quos necessarios, utque utiles esse respectivis Ecclesiis, acDioe- cesibus existimaverint.

Art. IX.

Servabuntur Capitula Ecclesia- rum Metropolitanarum, et Cathe- dralium, itemque Collegiatarum, saltem insigniorum, eaque conve- nienti Bonorum Dotatione fruen- tur. Convenienti item Bonorum Dotatione fruentur Mensae Ar- chiepiscopales, et Episcopales, Se- minaria, Fabricae Ecclesiarum Metropolitanarum, Cathedralium, et Collegiatarum, saltem insignio- rum, et Paroeciae.

Hae Dotationes quam citius fieri poterit a Sanctitate Sua col- latis cum Gubernio consiliis con- stituentur.

delle Autorità Civili costituite dal Presidente della Hepublica.

Art. VII.

Sarà sempre libero a qualunque Vescovo di communicare, senza verun' ostacolo, con la S. Sede sopra tutte le materie Spirituali, e gli oggetti Ecclesiastici.

Art. Vili.

Parimenti sarà libero ai Ve- scovi l'ascrivere tra i Chierici, e promuovere agli Ordini a titolo di Beneficio, di Cappellania, di Legato Pio, di Patrimonio, o di altra legittima assegnazione tutti quelli che giudicheranno essere necessarj, ed utili alle respettive Chiese, e Diocesi.

Art. IX.

Si conserveranno i Capitoli delle Chiese Metropolitane, e Cattedrali, e similmente quelli delle Collegiate, almeno più in- signi, e tali Capitoli goderanno di una conveniente dotazione di Beni. Similmente goderanno di una conveniente dotazione di Beni le Mense Arcivescovili, e Vesco- vili, li Seminarj, le Fabbriche delle Chiese Metropolitane, delle Cattedrali almeno più insigni, e le Parrocchie.

Tali dotazioni saranno stabilite dentro il più breve spazio di tempo di concerto tra la Santità Sua, e il Presidente della Republica.

320

APPENDICE

Art. X.

Doctrinae, ac Disciplinae In- sti tu tio, educatio, et administra- tio Seminariorum Episcopalium subjiciuntur auctoritati Episco- porum respectivorumjuxta formas (^anonicas.

Art. XI.

Conservatoria, Hospitalia, Fun- dationes Charitatis, et alia huius- modi Pia Loca, quae antea a solis Ecclesiasticis Personis regeban- tur, regentur deinceps in singulis Dioecesibus a Congregatone pari numero Ecclesiasticorum, et Sae- cularium constituta. Reipublicae Praeses eliget Saeculares Perso- nas ; Ecclesiasticas vero eas, quas Episcopus eidem praesentabit.

Congregationibus praesidebit semper Episcopus, cui etiam li- berum erit visitare ea loca, quae legitime a laicis administrabun- tur.

Art. XII.

Sanctitas Sua concedit Epi- scopis ius conferendi Paroecias, quae quovis anni tempore erunt vacaturae; iique, praevio con- cursu, Paroecias liberae collatio- nis conferent iis, quos ipsi dignio- res iudicabunt. In Paroeciis vero iuris patronatus Ecclesiastici in- stituent eos, quos, praevio pari- ter concursu, tamquam digniores

Art. X.

L'insegnamento, la disciplina,, educazione, ed amministrazione dei Seminarj Vescovili sono sog- getti all' Autorità de' Vescovi re- spettivi secondo le forme Cano- niche.

Art. XI.

I Conservatori, gli Ospedali,, le Fondazioni di Carità, ed altri consimili Luoghi Pii, in addietro governati da sole Persone Eccle- siastiche, saranno per l'avvenire amministrati in ciascuna Diocesi da una Congregazione di Persone per metà Ecclesiastiche, e per l'altra metà Secolari. Il Presi- dente della Republica sceglierà le Persone Secolari, come le Ec- clesiastiche, che dal Vescovo gli verrano proposte.

Alle Congregazioni presiederà sempre il Vescovo, cui altresì sarà libero di visitare quei luoghi,, che legittimamente sono ammini- strati dai Laici.

Art. XII.

Sua Santità accorda ai Vescovi il diritto di conferire le Parroc- chie, che verranno a vacare in ogni tempo. Premesso il concorso nelle Parrochie di libera colla- zione, i Vescovi le conferiranno ai soggetti, che eglino giudiche- ranno i più degni. Nelle Parroc- chie poi di giuspadronato Eccle- siastico, premesso pure il con-

DOCUMENTO XXIX.

321

inter approbatos ab Examinatc- ribus, Patronus Ecclesiasticus praesentabit: in Paroeciis vero- Laici patronatus, praesentatos instituent, dummodo, praemisso examine, idonei fuerint inventi. In omnibus autem praedictis casibus Episcopi Personas non seligeut, nisi Gubernio acceptas.

Art. XIII.

Episcopus, praeter caeteras ca- nonicas poenas, poterit in Eccle- siasticos culpabiles animadver- tere, eos etiam claudendo in Se- minariis, et in Domibus Regu- larium.

Art. XIV.

Nemo ex Parochis adigi pot- erit ad administrandum Sacra- mentum Matrimonii cuipiam, qui obstrictus sit aliquo ex canonicis impedimentis.

Art. XV.

Nulla suppressio Fundationum Ecclesiasticarum quarumcumque absque Apostolicae Sedis aucto- ritatis interventu fiet.

Art. XVI.

Attenti» extraordinariis prae- teritorum temporum vicibus, et efFectibus, qui eas sunt conse- quuti, et potissimum attenta uti-

KiNiERi, La Diplomazia Pontificia nel

corso, daranno l' istituzione a quelli, che il Patrono Ecclesia- stico presenterà come i più degni fra gli approvati dagli Esami- natori: Finalmente nelle Par- rocchie di Giuspadronato Laico il Vescovo istituirà il Presentato, purché nell'esame sia rinvenuto idoneo. In tutti però i sopradetti casi, i Vescovi non sceglieranno se non Persone accette al Go- verno.

Art. XIII.

Il Vescovo, oltre le altre pene Canoniche, potrà punire gli Ec- clesiastici colpevoli, anche col rinchiuderli nei Seminari, e nelle Case dei Regolari.

Art. XIV.

Nessun Parroco potrà esser astretto ad amministrare il Sa- cramento del Matrimonio a chiunque sia legato da qualche- duno degl' impedimenti Canonici.

Art. XV.

Non si farà alcuna soppres- sione di Fondazioni Ecclesiasti- che, qualunque esse siano, senza intervento dell'autorità della Sede Apostolica.

Art. XVL

Attese le straordinarie vicende dei passati tempi, e gli effetti, che ne sono derivati, e princi- palmente in vista della utilità,

secolo XIX. Voi. II. 21

322

APPENDICE

litate, quae ex hac conventione manat in ea, quae ad res Reli- gionis pertinent, atque ut etiam publicae tranquillitati consula- tur, declarat Sanctitas Sua, eos, qui Bona Ecclesiae alienata ac- quisiverunt, molestiam nullam habituros neque a Se, neque a Romanis Pontificibus Successo - ribus suis; ac consequenter pro- prietas eorumdem Bonorum, red- ditus, et iura iis inhaerentia im- mutabilia penes ipsos erunt, atque ab ipsis causam habentes.

Art. XVII.

Districte prohibetur quidquid sive verbo, sive factis, sive scrì- ptis tendit ad bonos mores cor- rumpendos, et ad contemptum Catholicae Religionis, eiusque Ministrorum.

Art. XVIir.

Clerus a quolibet servitio Mi- litari exemptus erit.

Art. XIX.

Sanctitas Sua agnoscit in Prae- side Reipublicae Italicae eadem iura, ac privilegia, quae in Maie- state imperatoris uti Duce Me- diolani agnoscebat.

Art. XX.

Quoad caetera vero res Eccle- siasticas spectantia, quorum nulla expressa mentio in his Articulis facta est, manebunt omnia, et administrabuntur iuxta vigentem

che da questo Concordato ridonda alle cose concernenti laBeligione, ed anche per l'oggetto di prov- vedere alla tranquillità pubblica. Sua Santità dichiara, che quelli, i quali hanno acquistato dei Beni Ecclesiastici alienati, 'non a vranno alcuna molestia ne da Sé, dai Romani Pontefici suoi Successori, ed in conseguenza la proprietà degli stessi Beni, le rendite, e i diritti a quelli annessi saranno immutabili presso i medesimi, e quelli che hanno causa da loro.

Art. XVII.

Resta severamente proibito tutto ciò, che 0 colle parole, o col fatto, 0 in iscritto tende a corrompere i buoni costumi, o al disprezzo della Religione Catto- lica, e de' suoi Ministri.

Art. XVIII.

Il Clero sarà esente da ogni sorta di servizio Militare.

Art. XIX.

Sua Santità riconosce nel Pre- sidente della Repubblica Italiana gV istessi diritti, e privilegi, che riconosceva nella Maestà dell'Im- peratore come Duca di Milano.

Art. XX.

Quanto agli altri oggetti Eccle- siastici, dei quali non è stata fatta espressa menzione nei presenti Articoli, le cose rimarranno, e saranno regolate a tenore della

DOCUMENTO XXIX.

323

Ecclesiae Disciplinam. Si qua vero supervenerit difficultas, Sanctitas Sua, et Praeses Rei- publicae secum conferre sibi re- servant.

Art. XXI.

Praesens Conventio substitui- tur omnibus Legibus, ordinatio- nibus, et Decretis a Republica Italica circa res Religionis huc usque latis.

Art. XXII.

Utraque contrahentium Pars spondet, se, Successoresque suos omnia, de quibus in bis Articulis utrinque conventum est, sancte esse servaturos.

Ratificationum traditio fiet Parisiis intra duorum mensium spatium.

Datum Parisiis, die decima sexta Septembris, anno millesimo octingentesimo tertio.

L. y^ S. J. B. Card. Caprara Legat.

L. ^i S. Ferdinandus Mare- scalchi.

vegliante Disciplina della Chiesa ; e sopravvenendo qualche diffi- coltà, il Santo Padre, e il Presi- dente della Republica si riser- vano di concertarsi fra loro.

Art. XXI.

Il presente Concordato è so- stituito a tutte le Leggi, Ordi- nazioni, e Decreti emanati fin'ora dalla Republica sopra materie di Religione.

Art. XXII.

Ambedue le Parti contraenti promettono, che tanto esse, quan- to i loro Successori osserveranno religiosamente tutte le cose, delle quali si è convenuto per l'una parte, e per l'altra nei presenti Articoli.

Il cambio delle ratifiche sarà fatto in Parigi dentro lo spazio di due mesi.

Fatto in Parigi, il giorno se- dici di Settembre, dell'anno mille ottocento tre.

L. ^H S. G. B. Card. Caprara Legato.

L. >^ S. Ferdinando Mare- scalchi.

Praedictam Conventionem cum omnibus articulis in ea contentis, a Plenipotentiariis Nostro et Gubernii Reipublicae Italicae Parisiis subscriptam, die XVI septembris huius anni, ratificamus, approba- mus, confirmamus, ac prò ratificata, approbata, et confirmata haberi volumus. In quorum fidem hanc ratificationem, approbatam, confir- matam Manu nostra sabscripsimus, nostroque Sigillo muniri man- davinus. Datum Romae apud S. Mariam Maiorem die... octobris anno Incarnationis Dominicae millesimo octingentesimo tertio.

INDICE ANALITICO

DELLE PERSONE E DELLE COSE PRINCIPALI

ONDE SI FA MKMOKIA IN QUESTO VOLUME

Albani, cardinal decano, 51, 143, 155, 177.

Aldini, avvocato bolognese, 87, ' 89 ; cenno biografico, 99 ; è capo della sezione ex-papalina^ nel congresso di Lione, 99, 107, ]09; contrario al clero e alla religione, 112, 113, 116, 133, 134, 136; servo fedele de' domi- natori stranieri dell'Italia, 99.

Allocuzione pontificia (24 mag- gio 1802), in cui Pio VII loda il buono del Concordato fran- cese, e ne biasima le aggiunte, 9-11, 230.

Antonelli, cardinale, suo voto sulla condotta del card. Le- gato per la riconciliazione del clero di second'ordine, 53; com- pone un breve per la riconci- liazione del Talleyrand, 61; come giudica le richieste del Bonaparte per nomine a di- gnità ecclesiastiche, e per il Concordato italico, 142; suo voto sopra il Concordato italico, conchiuso a Parigi dal Ca- praia e dal Marescalchi (16 set- tembre 1803), 197, 306.

xIrrigo, arcivescovo di Lisbona e re di Portogallo, 67.

Articoli organici del Concordato italico, 202 segg. ; testo, 208.

Bellisomi, cardinale, deputato al congresso di Lione, 94, 118, 122, 123, 128, 138.

Belmas, vescovo costituzionale pertinace, 18. (Vedi costitu- zionali).

Beretta, vescovo di Lodi, de- putato al congresso di Lione, 107, 119.

Bernier, vescovo di Orléans, sollecita la conclusione di un concordato religioso con la Ci- salpina, 160, 161, 164.

Bertazzoli, monsignore limosi- niere e secretarlo, roccoglie documenti contro i costituzio- nali vescovi pertinaci, 17, 50; riferisce sulle congregazioni per il Concordato italico, 177, 304.

Bonaparte, Primo Console, bia- sima l'allocuzione di Pio VII, che disapprovava gli articoli organici, 14; sue lettere ori- ginali al Papa, 16; come usa

*

326

INDICE ANALITICO

l'astuzia e la forza per la ri- conciliazione de' preti costitu- zionali, senza che ne facciano abiura, 25 segg.; denomina so- fisticherie teologiche le opposi- zioni di Roma a^ suoi voleri, 27; chiede la secolarizzazione del Talleyrand, 64; sua nota a Roma, di esempi simili a quello del Talleyrand, 66, 263; fa pubblicare nel bollettino delle leggi lo stato libero del Talleyrand, 71, 72. Fonda la repubblica cisalpina, e le una prima costituzione (1797) abborracciata ed insufficiente. 80 segg. ; si maneggia per es- sere nominato presidente della nuova repubblica, 88; convoca i maggiorenti della repubblica, in numero di 452, a un con- gresso in Lione, 89, 90; suo arrivo al congresso di Lione, 114; epiteti ivi regalatigli dai patriotti cisalpini, 115, 133 ; sua avversione agli ordini re- ligiosi, 117; aduna il comitato ecclesiastico, e discute gì' in- teress-i religiosi con domande e risposte, 118 segg. ; negale concessioni promesse, e del- l'impostore all' Oppizzoni, che gli tenne testa, 122, 124; detta allora ed impone le leggi or- ganiche pel clero cisalpino, 128 segg.; si fa proclamare presi- dente della repubblica cisal- pina, 135. Informa Pio VII, delle cose del congresso di Lione, e propone nomine per

la Cisalpina, 141, 146; ha vera smania di un concordato reli- gioso, 150; e ne chiede le trat- tative al card. Caprara, dopo intesa e concerto con la Con- sulta di Milano, 153, 154 ; nuova insidia del Bonaparte, maestro d'infingimenti a' diret- tori della Cisalpina, 154-155; regala due brick a Pio VII, detta le condizioni che vuole, per la conclusione del Concor- dato italico, 190 ; se non mo- tore, è fautore della pubblica- zione degli articoli organici, che guastarono il Concordato italico, 206; la redingote di Marengo, tarlata dai vermi, 216; largheggia ingenerosità per le chiese del regno italico^ 217; vuol dominare nelle cose di religione, 219 segg. : la rompe col Papa, 225.

Borgia Cesare, già cardinale, duca del Valentino, 66.

Borgia Stefano, cardinale, 50, 51, 52; suo voto sul Concor- dato italico, 198.

BouLAY DE LA Meurthe, come intende il senso di contratto, dato dal Portalis al Concor- dato francese, 3, 14; passùn.

Cacault, 11, 14, 173, 244.

Caleppi, monsignore, nunzio in Firenze poi in Portogallo, e quindi cardinale, 140.

Caprara, cardinale Legato a la- tere, sembra che avesse letto gli articoli organici, prima che fossero pubblicati, 6, 7; ai

INDICE ANALITICO

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preti costituzionali le norme della loro riconciliazione, 22 ; la quale non è accettata dal go- verno, 23; suoi dibattimenti col Portalis, e con altri impie- gati del governo, 23 segg.; sua cedevolezza, 25 segg.; celebre colloquio col Primo Console, 27 ; si arrende alle soperchie- rie del Portalis per la ricon- ciliazione, 35 segg.; è disap- provato dal sacro collegio, 45, 51; sua lettera di difesa, 54, 262; suo sbaglio nel promet- tere al Primo Console di chie- dere al Papa un rappresen- tante al congresso di Lione, 91; chiede al Primo Console la restituzione al Papa delle Legazioni, 148; gli notifica la disapprovazione per parte del Papa delle leggi organiche per la costituzione cisalpina, 149; concerta un disegno di concor- dato col Marescalchi, 164; con- chiude, 182 segg.; ed è costretto a modificare il concluso per intimazione del Bonaparte, 190 segg.; scambia le ratificazioni col plenipotenziario del Bona- parte, 230, 314.

Caprioli, vicario generale di Brescia, deputato al congresso di Lione, 119.

Caraffa, cardinale, 51.

Carandini, cardinale, 51, 143,

li i.

Carena, parroco di Faenza, depu- tato al congresso di Lione, 119. Caselli, cardinale, 50, 61, 177.

Casimiro, re di Polonia da mo- naco, 67.

Casimiro, già gesuita poi re di Polonia, 67.

Ceroni Giulio, soldato e poeta, sua pretesa congiura, e con- danna, 170, 171.

Chiaramonti, conte Francesco, fratello del Papa Pio VII, 140.

CicoGNARA, 88, 108, 170, 171.

Cisalpina repubblica, sua costi- tuzione del 1797, danni da lei arrecati, 80, 81; sua trasfor- mazione (nel 1801-1802), 87, 88, 133; vedi Congresso di Lione,

CoDRONCHi, arcivescovo di Ea- venna, deputato al congresso di Lione, 109, 118, 122, 128, 133, 134, 135, 142; suo giu- dizio su Melzi duca di Lodi, 151, 169.

Concordato francese^ se ne aspetta in Roma la pubblicazione con ansia ; conosciuto non vi ar- recò troppa contentezza, 1-3 ; fu detto un contratto insieme con gli artìcoli organici, 3 ; pubblicazione in Parigi di atti sul Concordato, 15.

Concordato italico, chiesto dal Primo Console a Pio VII per la repubblica cisalpina, 141; è proposto al Cardinal Caprara, 153-155; è negato da Roma, 159; primo disegno, inviato da Parigi, 154; secondo, 162; di- segno romano, 3 63; terzo di- segno concertato dal Caprara e dal Marescalchi, 164; quarto

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disegno, ultimatum. 111; con- clusione, 170 segg. ; ratifica- zione, e testo, 315; vedi arti- coli organici, 202; sue for- tune, 216.

Congregazione de' cardinali per l'allocuzione del Papa sul con- cordato francese, 7; per il giu- dizio sulla formola di riconcilia- zione de' preti costituzionali, concessa dal Legato, 49 ; per i vescovadi di Piemonte, 172; pel concordato italico, 143, 163 ; per il disegno ultimatum di quel concordato, 177; per il testo conchiuso, 196, 197, 305.

Congresso di Lione, cap. IV, 90 segg.; 267 segg. ; sezioni e pre- sidenti, secondo la cabala set- taria, 108; deputati e comitato del clero, 118; vi si proclama la religione cattolica apostolica romana, religione dello Stato, 133; Bonaparte, presidente, 135; e Melzi, vice presidente della Cisalpina, 136.

Consalvi, come annunzia a' mi- nistri pontificii nelle varie corti, la pubblicazione del Con- cordato francese, e la condotta pericolosa della S. Sede, 4-6 ; avvisa e sollecita i Nunzii, a pubblicare l'allocuzione ponti- ficia de' 24 maggio 1802, 12, 240 ; li informa della male riu- scita riconciliazione de' preti costituzionali, 44, 259 ; suo voto sulla formola concessa dal Caprara per la riconcilia- zione de' preti costituzionali,

52; si adopera per la secola- rizzazione del Talleyrand, 59 segg. ; fa smentire le costui notizie sulla facoltà di ammo- gliarsi, ottenuta da Roma, 73 segg.; perchè non acconsenti all'invio di un rappresentante pontificio al congresso di Lione 90, 91 ; informa i Nunzii dello stato delle cose in Italia dopo il congresso di Lione, 145; av- visa il Caprara a badare di non consentire a trattar di concor- dato per la Cisalpina, 147 ; an- nunzia nuova tempesta per quel concordato, 156; dichiara al Caprara, esser necessaria^ per trattare il concordato, la revoca anteriore de' decreti e leggi del Melzi, 163; gl'in via istruzioni per il concordato ita- lico, delle quali raccomanda strettamente 1' osservazione', 180 segg. ; esprime il vantag- gio spirituale che risulta dalla conclusione di quel concordato, 202 seg. ; suo disgusto per gli articoli organici del concordato italico, 210 segg.

Conventi Benedetto, sue memo- rie sul congresso di Lione, 95 segg.; 117, 118, 267.

Costituzionali vescovi, biasimati dal Papa nella sua solenne allo- cuzione sul Concordato francese, 10 ; si tratta in Roma, se sia il caso di deperii dalle loro sedi, 16-19; furono conside- rati dal Papa come relapsi e decaduti, 19; negano di essersi

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mai sommessi, 49; loro tarda riconciliazione nel 1805, 19.

Costituzionali preti, ricevono dal card. Caprara la formola ca- nonica della loro riconciliazio- ne, 22; ultima formola, loro imposta e voluta dal governo, 37, 256..

Costituzione della repubblica ci- salpina (1797) esaminata in Roma, 81 segg. (vedi Cisal- pina).

CVacas, diario di JRoma, 11.

De Gregorio, pro-nunzio in Fi- renze, 96.

Di Pietro, monsignore poi car- dinale, 15, 50, 52 ; disapprova la supplica di secolarizzazione del Talleyrand, 60; dimostra non esserci esempio di conces- sione di matrimonio ad un ve- scovo, 67, 69, 70, 177.

DuGNANi, cardinale, vescovo am- ministratore d'Imola, non rap- presentò il Papa al congresso di Lione, 91.

Fontana, barnabita, poi cardi- nale, 50, 52; suo esame e giu- dizio sul!' opuscolo Teofilo a Callisto^ di autore e sapore giuseppinesco, 166.

Gazola, vescovo di Cervia, sue. memorie sul congresso di Lio- ne, 95, 97 segg. ; suo discorso per la religione, 99 ; invoca il diritto religioso del popolo so- vrano, 109-110; altra arringa, e bega colFavvocato Aldini, 113; cenni auto-biografici, curiosi aneddoti in Lione, 166 segg.

Giuseppe II, suo concordato con Pio VI (nel 1784), 148, 150, 153, 158, 166, 168, 224.

Giuseppina (Beauharnais\ sposa civile del Bonaparte, 139.

Gonzaga (Ferdinando di), cardi- nale, secolarizzato, 67.

Gozzi, parroco di Faenza, depu- tato al congresso di Lione, 119.

Grand, signora, già moglie di altri, che fu sposata dal Tal- leyrand sacrilegamente, 73 seg.

H A ussoN ville (contede), 14,37.

Jauffret, 14.

La Combe, vescovo costituzio- nale pertinace, 17 (vedi Co- stituzionali).

Lebrun, capitano aiutante del Primo Console, 142, 144.

Lecchi, generale, « birbone ma- tricolato », 171.

Le Coz, vescovo costituzionale pertinace, 17 (vedi Costituzio- nali).

Legazioni, il Primo Console dis- simula il suo pensiero in quanto a restituirle al S. Padre, 148.

Libertà, suo concetto secondo la costituzione della Cisalpina (del 1797), 81, 82.

Libertà di culto religioso^ secondo la medesima, 85.

Libertà di stampa, secondo la medesima, 83.

Malamani, editore a modo suo delle Memorie del Cicognara, 132.

Marescalchi , ministro degli esteri della Cisalpina; suoi la- vori al congresso di Lione, 94,

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95, 116; presidente di quell'as- semblea, 132 ; propone il Bo- naparte a presidente della re- pubblica cisalpina, 132, 133, 135; negozia, come incaricato dal Bonaparte, il Concordato italico col card. Caprara, 164, 171, 173, 183; aneddoto col vescovo di Cervia, 139.

Maria Teresa, 167, 168.

Marini, archivista del Vaticano, 66.

Marotti, secretarlo de' brevi ad principeSy 62.

Massoni^ 136, 138 (vedi jpa- tì'iotti).

Mattei, cardinale, 140.

Maurizio di Savoia, cardinale secolarizzato, 67.

Ma ZIO, ceremoniere e teologo del card. Caprara, 37.

Melzi, attende col Talleyrand alla trasformazione della Ci- salpina, 88; è nominato vice- presidente della Cisalpina, 136; cenni biografici, sua educa- zione alla giuseppinesca, 151; decreti (23 giugno 1802) av- versi alla libertà della Chiesa, 139, 151, 152; pubblica gli articoli organici^ come aggiunta al Concordato italico, 207 segg.

(vedi CODRONCHl).

Monnier, generale francese, 137.

Massena, uno de' grandi sfrutta- tori della ricchezza italiana, 88.

MuRAT, 88, 145 (vedi Ceroni).

Nava, parroco di Milano, depu- tato al congresso di Lione, 119.

Nicola Francesco, di Lorena, cardinale secolarizzato, 67.

Odorici Federico, sua orazione su Bonaparte, 135.

Offredi, vescovo di Crema, de- putato al congresso di Lione, 118.

Omobono, vescovo di Cremona, chiede norme per i decreti mel- ziani e leggi organiche, 153.

Oppizzoni, arciprete di Milano, deputato al congresso di Lione, 119; tiene testa alle insolenze del Bonaparte, 122.

Pamphili, cardinale secolariz- zato, 66.

Pancaldi, 89.

Pancemont, vescovo di Vannes, è adoperato dal Portalis per la riconciliazione de' preti co- stituzionali, 24.

Patriotti, 115, 133, 136,137,138.

Peine, impiegato arcuiti, tratta col Caprara per la riconcilia- zione de' preti costituzionali, 23.

Petiet, capo della Consulta mi- lanese, « ladro di tre cotte » , 88.

Piemonte, questione sulla ridu- zione de' vescovati nel 1803, 171.

Pio vi, sua riprovazione della costituzione civile del clero, 32 ; e della dichiarazione dei diritti dell'uomo, 81, 167; mo- nitorio, brevi e condanne del Talleyrand e di altri vescovi giuratori, 57 segg.

Pio VII, imbarazzo in cui lo mette la pubblicazione del Concordato francese, e perchè, 3 ; biasima gli articoli or^antW solennemen- te, 9 (vedi allocuzione]] non

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trova pace pe'cattolici nel regno cristianissimo, e la trova ne're- gni eterodossi, 32; non inviò rappresentanti al congresso di Lione, 90; ricusa al Primo Con- sole la facoltà per il Talley- rand di ammogliarsi, 71 ; non crede necessario un Concordato con la Cisalpina, 147; e fa significare la sua disapprova- zione delle leggi organiche^ vo- tate in Lione, 149; espone al Primo Console le ragioni, per cui non crede conveniente un Concordato religioso con la Ci- salpina, 159; poteri al Ca- prara per trattarne, 163 ; si- gnifica al Bonaparte il suo do- lore per gli articoli organici sopraggiunti al concordato ita- lico, 211 ; espone all'impera- tore le mancanze arrecate al Concordato italico, 223; ed in- fine gli dichiara, che si « tolga il velo » , 226. Porta Lis, denomina « contratto »

il Concordato e gli articoli or- ganici, 3; lettera a Cacault, contro l'allocuzione pontificia, 14, 244 ; sue grandi brighe per la riconciliazione de' preti costituzionali, 23 segg. ; sue strane pretese relativamente al sindacato de' brevi pontificii di Pio VI, 31, 38 ; che cosa esiga da' preti costituzionali, 35, 41, 253; sua contentezza per aver soperchiato il card. Caprara, 37, 257; sua circo- lare a' vescovi, 40 segg.

Primat, vescovo costituzionale pertinace, 18 ; (vedi costitu- zionali).

Organiche, leggi dettate dal Bo- naparte a Lione per la nuova costituzione della Cisalpina, 129, 143, 146, 149.

Religione^ quadro dello stato re- ligioso in Europa nel 1802, 157, 158.

Reymond, vescovo costituzionale pertinace, 17 ; (vedi costituzio- nali).

KuBBi, teologo del card. Capra- ra, 37.

Sala, monsignore, teologo del Legato in Parigi, 27, 28, 37.

Salina, avvocato, deputato al congresso di Lione ; legge al Bonaparte gli aggravamenti della Cisalpina, 117.

Sangiorgio, signorina demagoga milanese cisalpina, che offre la sua mano a chi le porterà la testa del Papa, 102 (nota).

SerbellonIjUuo de'revisori della costituzione cisalpina, 94.

Severoli, nunzio in Vienna, 15 J.

Somaglia, cardinale della, suo voto sul Concordato italico, 197.

Spina, monsignore poi cardina- le, 69.

Stael, signora di, 57.

Talleyrand, antico vescovo di Autun, cenni biografici, 55 segg. ; ammonito da Pio VI per sue sconcezze sacrileghe, 57 ; chiede la secolarizzazione 59 ; primo breve concessogli, 62 ; non accettato, rimesso-

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gli, 63 ; suoi meriti affacciati, 65 ; ottiene un altro breve che lo restituisce alla comunione laica, senza abilitarlo ad am- mogliarsi, 69, 265; egli se ne serve come di pretesto per le- gittimare la sua unione sacri- lega con la signora Grand, 73 segg. ; lavora alla riforma della costituzione cisalpina, 88 segg. ; è presente alla morte dell'ar- civescovo Visconti in Lione, 96, passim. Theiner, suo silenzio in cose di momento, 14 ; esagerazioni sulla formola di riconciliazione per i preti, 22 ; suo grande abba- glio, e scambio di una lettera

di biasimo con quella di lode, 45 segg.; esagerazioni ed er- rori, 47, 96, 115, 129, 132, 140, 155, 171.

Vicini, deputato bolognese al congresso di Lione, relatore non esatto, 109 ; ammette il dio massonico. 111.

Vaccari, consigliere di Stato della repubblica cisalpina, 210.

Visconti, arcivescovo di Milano, morto a Lione al principio del congresso, 90, 96.

Zanolini, storico di Antonio Al- dini, 136 (nota).

Zoilo, canonico di Rimini, de- putato al congresso di Lione, 111, 133.

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