. STORIA GENERALE DEL PENSIERO SCIENTIFICO DALLE ORIGINI A TUTTO IL SECOLO XVII ALDO MIELI LE SCUOLE IONICA PYTHAGORICA ED ELEATA ΠΕ PREARISTOTELICI. 1) ἐδιζησάμην ἐμεωυτόν FIRENZE LIBRERIA DELLA VOCE 1916 ΕΠ ΒΕ a Le) i Ὑ È PISTA Dello stesso autore : Vannoccio Birincuccio, De la pirotechnia. Edizione critica con prefazione e note. Vol. I. [Op. 23. N. 1] Bari; 5. T. EB 1914. e ea Lavoisier (nella collezione Profili di A. F. »... [Op:"29]-Genova; αϑιῦ o ee I, Catalogo ragionato per una go di GIR cai Storia delle Scienze [Op. 37, N. 1] Milano, Fede- raz. delle Biblioteche Popolari. . . 0,50 Programma del corso di storia della hit tenuto Li V Università di Roma durante |’ anno 1913-14. Chiusi, 1914. Programma del corso di storia della chimica tenuto al- VP Università di Roma durante 1° anno 1914-1915. Firenze, ΤΟΙ ς. In corso di stampa o in avanzata preparazione : Vannoccio Birincuccio, De la pirotechnia. Vol, 11. e HI, LO prose Νοῦς, 9) AristoTELES, La meteorologia tradotta ed annotata, con pre- fazione. [Op. 44. N. 1]. RoserT BoyLE, Il Chemista Scepticus tradotto ed annotato, con uno studio su R. Boyle. Lo sviluppo della scienza dalle origini fino ad oggi in otto lezioni popolari [Op. 43]. Memorie, articoli, note e recensioni in: (Gazzetta Chimica, Isis, Rendiconti Accademia dei Lincei, Rivista di Filosofia, Rivista scientifico-industriale, Rivista ‘di storia critica delle scienze mediche e naturali, Roma letteraria, Scientia, Sup- plemento annuale alla Enciclopedia di chimica, etc. etc. Storia del pensiero scientifico dalle origini a tutto il secolo XVIII I prearistotelici. [Op. 34] I. La scuola ionica. Il. La scuola pythagorica. HI. La scuola eleaia. -- Heraklettos. IV. Carattere dello sviluppo della scienza greca nei primi due secoli. Empedokles. Anaxagoras. V. I medici e la raccolta degli scritti hippokratici. VI. Gli atomisti. VII. Lo sviluppo della matematica preeukleidea. VII. Lo sviluppo dell’ astronomia prearistotelica. Il calendario. Cronologia. IX. I sophisti e le scienze dello spirito. X. Platone sua posizione nello sviluppo del pensiero scientifico. Appendici ed Aggiunte. Indice alfabetico generale. ALDO MIELI I PREARISTOTELICI. I. La scuola ionica. II. La scuola pythagorica. III. La scuola eleata. - Herakleitos. FIRENZE LIBRERIA DELLA VOCE 1916 CEDO=NM EEE BACSCIENZA GRECA MEREARISTOTELICI STORIA GENERALE DEL PENSIERO SCIENTIFICO DALLE ORIGINI A TUTTO IL SECOLO XVIII > , > , ἐδιζησάμην ἐμεωυτόν FIRENZE LIBRERIA DELLA VOCE PROPRIETÀ LETTERARIA RISER Ci i p TA fa | ᾿ : geo 4 2 DEA Ἱὰ 7 τι Ἷ sa: Py ‘ 1. Ἢ "TÈ x ᾿ 4 NT ATA Stabilimento Tipografico Aldino — Firenze - ν᾿ . Ἶ i “ὦ ρα À — PER L’EROICA SUA PATRIA, PER IL SUO ESILIO DOLOROSO, RIAFFERMANDO SU QUESTE PAGINE SES DISTUDI SERENI | ONDANNA DELL'ANTICA RINNOVATA FOLLIA : A LA GUERRA 14 ottobre 1915. direte Ci] FEO e Cr Mot fesa) ἐδιζησάμην ἐμεωυτόν (HERAKLEITOS, fr. τοι]. Comporre la serie di studî che si inizia con questo volume è stato per me un bisogno. Negli ultimi anni di liceo, quando per le cognizioni acquistate uno può azzar- darsi a stabilire un indirizzo di studî e di ricerche, si impadronì di me un acuto, irrefrenabile desiderio di co- noscere e di spiegare l’ insieme di tutto il mondo. La ten- denza del mio spirito era quella di potere, con l’aiuto di poche premesse, arrivare a collegare fra di loro e ὁ 0 m- prendere tutti i fenomeni fisici e sociali, artistici e filosofici. E mi detti (1899) con ardore alle matematiche, sperando di potere in tal modo arrivare a possedere quella via per la quale, presumibilmente, fosse poi possibile la dimostra- zione di tutto. Ma mentre il calcolo infinitesi- male mi rivelava tutte le sue bellezze, ed il fondamento di esso mi appariva chiaro ed attraente, per merito questo di chi, forse, è senza pari nella passione e nel metodo dell’ inse- gnamento, di ULisse DINI, una grave delusione, intima s’ intende, provai iniziandomi e proseguendo gli studî in quella meccanica razionale ed in quella fisica matematica, che, pensavo, dovessero dischiudermi final- mente quella visione che ardentemente attendevo. Invero la spiegazione non poteva venire da queste, nè dalla mate- matica in genere, per quanto esse fossero un poderoso stru- mento di lavoro. A corpo perduto mi gettai allora (1902) nello studio della chimica. Gli antichi alchimisti devono forse avere provato e desiderato quello che provai e desi- derai io: vicercare nelle più intime manifestazioni della materia la ragione delle cose e compiere il miracolo : arri- vare alla comprensione, e conseguentemente alla domina- zione, della natura e del mondo. Ma anche la chimica, per quanto attraenti ed importanti fossero i suoi risultati, per quanto con la pratica sperimentale mi rivelasse un campo diverso da quello razionale della matematica, non poteva arrivare a dare la spiegazione delle cose. Fu allora che, negli intervalli fra V esperimento fisico e la lettura del libro VIII matematico, io cominciai a rivolgere la mia attenzione a problemi più generali, di filosofia delle scienze, di teoria della conoscenza. Ed allora (1905) un’ influenza veramente grande e capitale, debbo riconoscerlo, esercitarono su me gli scritti di ERNST MACH, ed, în modo molto su- bordinato, quelli di WiLHELM OsTtwaLD. Ma dalla filo- sofia breve fu il passo alla storia. Dopo una crisi di scetticismo, determinata dal dogmatismo di scien- ziati e filosofi moderni che ὁ costruivano sistemi presun- tuosamente universali su pochi dati positivi, o pretende- vano elevare a verità indiscusse alcune ipotesi, utili, è vero, ma non per ciò meno arbitrarie ; dopo avere dubitato di tutta la scienza e di tutte le sue idee fondamentali, vinun- ciai alla ricerca della spiegazione razionale 0 sperimen- tale del mondo, sia per mezzo della matematica, o delle scienze fisiche e biologiche, 0, infine della speculazione me- tafisica, per trovare in esse stesse l’ intima ragione della nostra scienza e della nostra filosofia. Come creazioni dello spirito esse si devono rivelare a noi nella loro origine e nel loro sviluppo. Nella storia ci si rende mamaifesta la loro essenza, la loro direzione futura. E da questo pro- fondo sentimento, dalla ricerca assidua di comprendere lo sviluppo del pensiero scientifico, dalla mancanza infine di una 0 più opere che soddisfacessero questo mio desiderio e bisogno, è nata quest’ opera, che, a parte anche imperfe- zioni particolari, non è l opera di sintesi agognata e in- traveduta, ma una raccolta ordinata e predisposta per po- terv arrivare. Essa, per lo meno, cerca di permettere a me di aspirare ad una visione d' insieme: dello sviluppo del pensiero scientifico, e di arrivare ad una soddisfacente comprensione e valutazione della scienza e della filosofia contemporanea. L'eventuale lettore scuserà se, considerando il mio come un bisogno di molti, ho comin- ciato a licenziare per le stampe questo mio lavoro. La Foce, 15 novembre 1915. ALDo MIELI. PREFAZIONE εἰ δή τὶς ἐξ ἀρχὴς τὰ πράγματα φυόμενα βλέψειν ὥσπερ ἐν τοῖς ἄλ- λοις χαὶ ἐν τούτοις, κάλλιστ᾽ ἂν οὕτω θεωρήσειεν. (ΔΕΙΒΤΟΤΕΙΈΒ. Polit. I, 2). Col presente volume inizio una serie di studî, che, nel loro complesso, dovrebbero formare una storia gene- rale del pensiero scientifico. Non mi dissimulo le diffi- coltà di una tale impresa, e comprendo che l’opera mia, anche se potrò portarla a compimento, si ridurrà piut- tosto ad un complesso di studî preparatorî che ad una organica storia delle scienze, quale idealmente si può ora immaginare, e che, forse, in grado più o meno approssi- mato, sarà dato alle future generazioni di possedere. Ciò nonostante mi sono dato a questo lavoro col massimo entusiasmo, rendendomi ben ragione che per poter ten- tare un giorno l’ opera ideale, era necessario questo la- voro preparatorio. E questo deve consistere nel cercare di fondere l’ esame della storia delle singole scienze, nelle diverse epoche, con le tendenze generali dello spirito, con 1 risultati del pensiero filosofico, non si sa perchè ora esaminato a parte ed in modo unilaterale, ed anche, fino ad un certo punto, con le manifestazioni dell’ arte e con gli avvenimenti della storia politica. Mi siano permesse poche parole intorno ai criteri ed al metodo seguito in questa opera. L’opera deve anzitutto avere il carattere di sin- x Prefazione tesi. Per questo ho utilizzato tutto il materiale buono ed adatto che era già pronto, e che si troverà annotato negli appunti bibliografici che si trovano in fine di ogni capitolo o nelle note ai piedi delle pagine. Se ho agito in questo senso per non lasciare possibilmente inutiliz- zato il lavoro intellettuale compiuto da altri, ho cercato però di riporre la base fondamentale del mio lavoro nel- l'esame e nello studio diretto dei testi rimastici. Solo in questa maniera si può avere l'impressione viva 6 vera di qualunque manifestazione dello spirito in una data epoca; e tanto più necessario si rileva l’ utilità dell’ attenersi a questo metodo nell’ esame del pensiero scientifico, perchè in questo campo, più che in altri, ab- bondano i lavori costruiti sul sentito dire dagli altri, e- che travisano in tal modo i fatti che cercano di esporre o di spiegare. Lo studio dei testi originali, in quel grado nel quale essi sono oggi accessibili, non ha offerto per ora difficoltà speciali. Quando dovrò studiare lo sviluppo delle scienze nell’Oriente asiatico, o quello degli antichi imperi, o altre i documenti delle quali sono redatte in lingue a me ignote, allora, notandolo sempre espressa- mente, cercherò di limitare l’ inconveniente ricorrendo alle traduzioni, ove esistano, e nel caso peggiore alle citazioni altrui. Per queste parti, del resto, ho già av- viato pratiche per compiere l’ opera in collaborazione con persone competenti. E la collaborazione, sempre cer- cando io di mantenere l’ indirizzo generale prefisso del lavoro, potrà venire ricercata anche per altre parti del- l’opera, quando a ciò la vastità del lavoro e le possibi- lità pratiche me lo consiglino e permettano. - Essendo, come ho detto, l’ opera mia un’ opera di sintesi, ed essendo essa già di per sò estremamente va- sta, non era opportuno allargare ancora il suo campo di azione. Sarà esclusa perciò la ricerca speciale, a meno che essa abbia una portata generale ; e l’ esame, più o. meno approfondito, dei testi, non si estenderà, salvo casi particolari, alla ricerca dei manoscritti, etc., ma si limiterà alle opere ora accessibili con non troppe diffi- coltà. Per i testi stessi mi servirò, citandole espressa- mente, delle migliori edizioni critiche, e non entrerò di ‘ To è Lf, agi i oa o ΘΙ ga Prefazione XI regola in discussioni filologiche. Anche ristretto così il campo d’ azione, questo, come il lettore può facilmente intuire, rimane smisuratamente vasto, e occorrerà sce- gliere con tatto ed accorgimento entro la gran massa dei fatti. Inoltre preferisco citare a lungo le opere originali, consigliando nello stesso tempo il lettore a ricorrere a queste, nella loro intierezza, quando ciò gli sia possi- bile. Dato che le quattro lingue moderne internazionali devono essere comprese da tutti, cito direttamente in queste lingue ; lo stesso faccio per i testi latini. Per quelli greci ho qualche volta riportato oltre l'originale anche una versione. Una tal cosa, però, è stata fatta esclusivamente per facilitare la lettura corrente ; intendo perciò di riferirmi sempre, e senza eccezione, al testo originale, e considero la traduzione solamente come un accenno, che ha il solo scopo di facilitare una rapida scorsa a quest’ opera e non ha alcuna pretesa di tra- duzione letteraria. Il piano dell’opera si dovrebbe limitare allo svol- gimento del pensiero scientifico dalle sue origini a tutto il sec. XVIII. Ho escluso il sec. XIX per varie ragioni. Non. solamente in questo secolo la ricerca specializzata e lo sviluppo delle singole discipline raggiungono pro- porzioni colossali, già mai viste; e quindi impossibile riesce, almeno per ora, seguirle in tutte le loro mani- festazioni di una certa importanza ; ma il sec. XIX è a noi ancora troppo vicino, ed i problemi sollevati da esso sono troppo ancora questioni di attualità : insuperabili difficoltà si oppongono quindi per scorgere e distinguere chiaramente le manifestazioni principali da quelle se- condarie, e per permettere così di fare in modo oppor- tuno quella selezione e quella scelta dalle quali, in prima linea, dipende il successo ed il valore di un'opera storica come questa. Ciò premesso il lavoro che intenderei svolgere si XII Prefazione dovrebbe dividere nei capi seguenti, di lunghezza e va- lore differenti : A. — L’ origine delle scienze e le civiltà degli antichi grandi imperi. B. — La scienza greca (compresa la romana). €. — La scienza nell’ India e nell’ Estremo Onente. D. — La scienza araba. E. — La scienza medioevale in Europa. F. — Il Rinascimento (fino a Galileo). G. — I secoli XVII e XVIII. Non è mia intenzione di redigere metodicamente e successivamente queste diverse parti; varie ragioni mi consigliano a ciò, non esclusa quella dell’ importanza dei singoli argomenti, della possibilità di lavorare più fa- cilmente e celermente in uno che in un altro ; dell’ iso- lamento che la scienza di una data epoca e regione ha rispetto al movimento generale etc. etc. Perciò, pure raccogliendo fin d’ora il materiale per l’opera completa, ho incominciato a svolgere la parte relativa alla scienza greca, e mi riprometto di seguire ben presto con quella del medioevo europeo e del Rinascimento. La pubblicazione della storia del pensiero scientifico avverrà sotto la forma di grosse monografie successive, indipendenti, in un certo senso, ma che naturalmente si susseguono e si integrano, seguendo un piano prestabi- lito. Le prime tre monografie, delle quali oggi la prima si pubblica e le altre due sono quasi completamente ter- minate, si occupano dell’ epoca prearistotelica. Esse trattano rispettivamente : A. — Le scuole ionica, pythagorica, eleata. B. — EmpedoRles, Anaxagoras. I medici. Gli atomisti. C. — La formazione dell’ antica matematica ed astrono- mia greca. I sofisti. Platon. I tre volumi saranno chiusi da un ‘indice accurato. Ho trascurato in questa parte quasi tutto quello che si riferisce ai rapporti della scienza greca con le scienze Prefazione XII degli imperi asiatici e dell’ Egitto, perchè una tale que- stione dovrà essere trattata altrove, e perchè lo sviluppo della scienza greca è perfettamente comprensibile anche senza avere prima esaminato questo argomento. Una seconda parte esaminerà con gran cura l’ opera di ARISTOTELES, e nello stesso tempo scenderà ad un esame particolareggiato dell’ intiera scienza greca della sua epoca. In tal modo alcuni accenni dati nella prima parte potranno venire ripresi e notevolmente ampliati. Il lavoro relativo è sufficientemente avanzato. Una terza e quarta parte esauriranno poi l’ argo- mento della scienza greca. L’opera intrapresa offre tante e tali difficoltà che il lettore, spero, non sarà troppo severo se scoprirà qual- che inevitabile inesattezza o qualche errore. L’ indole, anzi, del lavoro al quale mi sono accinto è tale che esso dovrà sempre venire sottoposto ad una continua revi- sione e correzione. L’ esperienza, poi, che andrò continuamente acqui- stando con la prosecuzione dell’ opera, la renderà, spero, sempre più rispondente al suo scopo, e se avrò la for- tuna di poterne fare una seconda edizione od una edi- zione in un’ altra lingua, profittando di tutte le osser- vazioni che mi verranno fatte, della pratica maggiore, e di ulteriori nozioni, potrò forse presentare allora un’opera meno imperfetta e più organica nelle diverse sue parti. L’ esposizione dei criterî seguiti nel trattare le sin- gole parti, le discussioni sulle fonti, sui lavori antecedenti, troverà il suo posto nelle Appendici ai varî capitoli. Queste mi porgeranno anche occasione di esaminare volta a volta lo stato della storia delle scienze nelle sue di- verse parti. Prima di chiudere e di licenziare questo primo ve- lume al pubblico, bisogna che ricordi uno sforzo analogo compiuto da GEORGE SARTON che nel primo fascicolo di XIV Prefazione «Isis » (*), annunciava con parole lusinghiere il mio la- voro del quale aveva avuto da me qualche accenno. Il SARrTON, fondando la sua bella rivista, ha com- piuto opera altamente proficua e che merita di essere vivamente secondata e favorita. « Isis», nel suo com- plesso, sebbene sotto tutt’ altra forma, e in modo forse più vivo e più accessibile, fra i suoi scopi ne ha uno che combina con quello del mio stesso lavoro ; preparare, cioè, la possibilità futura di una storia organica del pen- siero scientifico che, sorpassando il particolarismo delle varie discipline, cerchi di dare una visione integrale dello svolgimento della scienza in tutte le sue manifestazioni. Questa comunanza di idee, maturatasi indipenden- temente nella preparazione della rivista « Isis » e nell’ ini- zio dell’opera mia, era forse utile rammentare quì, per mostrare come varî indizî mostrino che il tempo è ma- turo per un impresa di tal genere (*). (*#) «Isis», Wondelgem-lez-Gand (Belgique), I (1913), p. 98 (fasc. 19). “gua in carattere latino. Per 11 τ la corrispon- -- BbT_-vy.g — ὃ, α — E, --ζ, 2 - ne | CCA CRI pr_-o,s—-7T,t— v,y (edu nei pi ph_ychT— Ψ, sat È h. i ne proprio ho usato due o tre forme solamente “quando P au- o soleva usarle indifferentemente, oppure quando una entava 11 vero nome, Τ᾿ altra una trascrizione usata dal- e nelle sue opere letterarie. Così dirò indifferentemente tes e Cartesius. Per 1 nomi di estese regioni o nazioni, ) Ἢ nella « Rivista Ital. di Storia Critica delle τὺ: Με. e e Naturali» VI (1915), Ρ. 384. Mentre per le lettere greche è ovvia la trascrizione da adot- avi difficoltà si riscontrano invece nel trascrivere i carat- ati in altre lingue. Anche astraendo da alcune specialità ifiche, come il non uso delle vocali in alcune lingue (arabo, eto.), rimane il fatto che le trascrizioni usate sono attual-- ἶ mol tissime, e si differenziano, in generale, secondo il popolo XVI Avvertenza o di lunghi fiumi, che possono essere stati correntemente e lo- calmente denominate in diverse maniere, ho usato indifferente- mente le varie denominazioni, cercando però di uniformarmi volta per volta a quella che più si addiceva al momento. Così, anche, partendo da un punto di vista greco, e nelle relazioni con 1 greci, ho usato denominare col nome greco, allora usato, alcuni DIRSI così, ad es., ho scritto Kyros, invece di ri- cercare “ἢ effettivo nome persiano. che le usa, in parte attenendosi alla fonia della lingua di esso. Ora, 1ο credo, andrebbe stabilita invece un’unica trascrizione letterale, e che potesse servire universalmente. Sarebbe opportuno raggiungere su tale questione un’ intesa internazionale, mettendosi su crò in ac- cordo anche con ὁ tentativi analoghi fatti da geografi, e discussi in congressi internazionali di geografia. Appunto per queste ul- time ragioni ho qui trascurato di accennare ad una possibile tra- scrizione, sperando che, quando mi occorrerà usarla, un’ intesa în proposito potrà, se non raggiunta, essere almeno avviata. Ma A πὰ 3 Meo VALI, sE. STILE. Τρ τς SGF I GRECI DELL'ASIA MINORE. LORO RELAZIONI CON 1, EGITTO. La terra che su di se vide nascere i carmi dell’ epo- pea omerica fu pure quella che assistè al primo sviluppo del pensiero scientifico dei greci. Fu infatti sulle coste dell Asia Minore che, nei più antichi secoli, la gente greca ebbe il suo massimo sviluppo, e questo fatto si avverò in specie nella parte occupata dalla gente del ramo ionico e che comprendeva le celebri città di Miletos e di Ephesos, le isole di Samos e di Chios. I greci dell’ Asia, posti in un territorio più fertile di quello dei greci dell’ Hellas propriamente detta, avevano un vasto hinterland occupato da popoli di un’ antica civiltà, popoli che però, allora, non riuscirono, come più tardi l'impero persiano fondato da KyRos, a vincerli ed a sotto- metterli. Si può calcolare che dal XII secolo fino al VII i greci dell’Asia conducessero una vita libera nelle loro città indipendenti, nelle quali all’ antico reggimento mo- narchico era subentrato quello vivace, e spesse volte tumultuoso delle democrazie e delle tirannidi. Se il con- tatto immediato con gli antichi popoli dell’ Asia, come i Lydi ed i Fenici, porgeva a loro l'occasione di assimilare in parte la civiltà da quelli già acquistata (I), (1) Confronta i versi di XENOPHANES (Fr. 3): ἃ βροσύνας δὲ μαθόντες ἀνωφελέας παρὰ Λυδῶν, ὅφρα τυραννίης ἦσαν ἄνευ στυγερῆς, ἤεσαν εἰς ἀγορὴν παναλουργέαα φάρε᾽ ἔχοντες, οὐ μείους ὥσπερ χίλιοι εἰς ἐπίπαν αὐχαλέοι, χαίτῃσιν ἀγαλλόμενοι εὐπρεπέεσσιν ; ἀσκητοῖσ᾽ ὀδμὴν χρίμασι δευόμενοι. 4 Psammetik L80098 lo sviluppo di questa gente greca è dovuto sopratutto al commercio marittimo che li mise rapidamente in con- tatto con i popoli più diversi e più lontani. E questa missione di popoli commercianti e navigatori si addiceva bene ai greci che popolavano allora, oltre le rive occi- dentali dell’ Asia Minore, la Grecia propriamente detta e le isole dell’Egeo, anche la Sicilia e la parte meridionale dell’Italia, e si estende- vano fino alla lontana Massilia ed alle barbare co- ste del Pontos Euxeinos. E rivali furono in questo e ben presto anche superiori ai Fenici, il gran popolo commerciante dell’ antichità, dal quale proba- bilmente le schiatte ioniche dell’Asia minore avevano ben presto appreso l’arte del navigare, i rudimenti della geografia e dell’ astronomia nautica e l’ alfa- beto. E furono appunto gli ioni dell'Asia minore che primi raggiunsero un alto sviluppo nella mari- neria. Ma nel VII secolo avvenne un fatto nuovo, che ebbe la massima importanza per l’ ulteriore sviluppo della cultura delle città ioniche dell’Asia minore, in par- ticolare, ed in complesso per quello di tutta la civiltà greca. Dopo lo splendido periodo della civiltà tebana dell’ antico Egitto (XVIII, XIX e XX dinastia) cominciò per quella regione un periodo oscuro di turbo- lenze e di agitazioni durate più di quattro secoli e che condusse ad una dominazione etiopica ed. assira. Liberatosi da queste, l’ Egitto rimase diviso in venti piccoli reami, dodici dei quali, stanziati nel Delta, ave- vano formato una Dodecarchia, o governo di dodici, fra i quali prevaleva un certo PSAMMETIK. Ma fra questi varî reami numerosi erano gli attriti e le guerre (Essi (gli ionî dell’Asia) fino a tanto che eran rimasti liberi dalla dolorosa tirannide avevano appreso dai Lydi un lusso non necessario. Essi incedevano nell’agora rivestiti di abiti tutti di vera porpora, continuamente millantandosi, compiacendosi della ben acconciata capigliatura, e cosparsi dell’ odore di olii artificialmente preparati). Lr St. I greci in Egitto 5 civili, finchè nel 656 PSAMMETIK rimase solo padrone del- l’ Egitto, fondando così nuovamente un regno unico e dando origini alla XXVI dinastia. Fino ad allora l’ Egitto era rimasto un paese chiuso per i greci. Gli egiziani sprezzavano e respingevano questi ed altri darbari che apparivano al più come predatori (e memoria di questo ci viene conservata in antichissimi monumenti), nè mai alcun greco aveva potuto fare lunga dimora nella terra fecondata dal Nilo, nè un com- mercio attivo con essa erasi potuto stabilire. Le cose cambiarono nel periodo di turbolenze che precedette Τ᾿ ascensione al trono di PSsAMMETIK. In quel tempo in- fatti quei di Miletos, forse richiesti d’ aiuto, invia- rono alle bocche del Nilo trenta navi, e vi si stabilirono piantando un campo fortificato. Mescolatisi così alle guerre intestine dell’ Egitto, aiutarono PSAMMETIK e gli agevolarono la via per giungere al trono. Grato del loro aiuto, PSAMMETIK, non appena fu solo re dell'Egitto, aprì le porte ai greci che numerosi si stabilirono nel regno, mentre nel tempo stesso veniva iniziato un attivo commercio fra questo e le città greche. Un tale fatto ebbe la conseguenza importantissima di portare i greci a contatto di una grande ed antica civiltà ad essi prima sconosciuta, e così dare ad essi la prima spinta ed i primi dati per il loro meraviglioso suc- cessivo sviluppo. Nè questo favore verso i greci fu passeggero ; esso continuò infatti anche sotto i suc- cessori di PSAMMETIK, cioè NEcHO II (617-601), PSAM- METIK II (601-595), APRIES (595-570) ed AMASI (570- 526), i quali, oltre a favorirne il commercio, si servi- rono dei greci stessi sia come mercenari nelle loro guerre civili (2), sia per i grandi lavori pubblici che in- trapresero (3) nel loro regno. (2) Ad es. fra AprIES ed Αμάβι. (3) Ad es. il tentativo di mettere in comunicazione (come già sotto un re della XII dinastia) il Mar Rosso col Mediterraneo, per mezzo del ramo orientale del Delta. 6 Greci, egiziani e lydî I. -S 1. Dai tempi di PSAMMETIK comincia quindi per i greci la conoscenza esatta dei fatti e delle vicende del regno dei faraoni. Mentre le cose più antiche però rima- nevano loro celate, e solo potevano apprenderle per quello che volevano o potevano loro fare sapere i sacer- doti, quelle più recenti vengono ad essere da loro cono- sciute assai e per testimonianze oculari. Così è, ad esem- pio, dal principio della XXVI dinastia che HERODOTOS e DIODOROS cominciano a conoscere con sufficiente esat- tezza la storia dell’ Egitto. Nè mancarono i rapporti di amicizia e di alleanza fra l’ Egitto ed alcune città greche; così AMASI fu al- leato di POLIKRATES, tiranno di Samos, mentre questi corrispondeva col primo (Herod. III, 39) e così AMASI stesso inviò doni a Sparta (id. III, 47), ed offerte a templi greci (id. III, 182). L'influenza dell’ Egitto sembra sia stata quella pre- ponderante sugli antichi Helleni, ma non certamente de- vesi trascurare quella della Babylonia o della Chaldea che si esercitò sopratutto attraverso il po- polo assimilatore e volgarizzatore dei Lydi (4) e nella grande capitale di essi, Sardeis, dove da ogni parte convenivano i mercanti ed i filosofi greci (5). Nella grande città i greci, curiosi ed investigatori, potevano incontrare alcuni uomini esperti nelle discipline coltivate nei grandi ed antichi imperi orientali, potevano ammirare più da (4) Confr. Raper George, La Lydie et le mond grec au temps des Memnades (687-546), Paris, 1893, e spec. il capi- tolo VI: La civilisation lydienne. — In questo libro molto interessante però, è forse, per amore della tesi, lievemente esagerata l’ importanza della civiltà lydica nei suoi rapporti con quella primitiva hellenica. (5) Herod. I, 29: κατεστραμμένων δὲ τούτων καὶ προ- σεπιχτωμένου Κροίσου Λυδοῖσι, ἀπικνέονται ἐς Σάρδις ἀκμαζούσας πλούτῳ ἄλλοι τε οἱ πάντες ἐκ τῆς Ἔλ- λάδος σοφισταί, οἱ τοῦτον τὸν χρόνον ἐτύγχανον ἐόντες, ὡς ἕκαστος αὐτῶν ἀπικνέοιτο, καὶ δὴ χαὶ Σόλων ἀνὴρ ᾿Αθηναῖος.... [ἘΞ «τὶ Greci e lydi 7 vicino i risultati ed i manufatti di quelle grandi civiltà, ed acquistare quelle nozioni fondamentali che dovevano fecondare il geniale spirito hellenico (6). (6) Qui bastino questi brevi cenni sui rapporti degli Helleni con le antiche civiltà asiatiche ed egiziana. Come ho già accennato nella introduzione di questo lavoro io dedi- cherò in seguito un volume della Storia del pensiero scientifico a queste antiche civiltà ed ai loro rapporti col pensiero greco. Per questa ragione, ovunque non sia assolutamente necessa- ‘rio, io, presentemente, accenno appena l’esistenza di tali rapporti od anche ne taccio ove questo fatto non pregiu- dichi la comprensione dello sviluppo storico fra i greci. $ 2. THALES DI MILETOS E LE SUE PREVISIONI METEOROLOGICHE ED ASTRONOMICHE. È sul suolo dell'Asia minore e nelle città degli ioni che germogliarono le prime idee veramente scientifiche dei greci e che troviamo la patria’ di coloro che furono da questi ricordati come i loro primi fisici e filosofi naturalisti. Ed è precisamente a Miletos, «in quella città che porse aiuto a PSAMMETIK, che troviamo il primo di essi ed i principali suoi successori e che furono compresi nella denominazione di filosofi della scuola ionica antica, sebbene tra essi non interceda quel legame di insegnamento e di fissità di certe dottrine che saranno caratteristiche per alcune scuole posteriori. Il più antico fisico è nello stesso tempo uno dei così detti sette sapienti (1), anzi l’ultimo ed il più grande (1) La lista dei sette sapienti era diversa se- condo i varî autori. Ad es. PLaToN ci dice (Protag. 343 A) τούτων ἦν καὶ Θαλῆς 6 Μιλήσιος καὶ Πιτταχὸς ὃ Μυτιληναῖος καὶ Βίας ὁ Πριηνεὺς καὶ Σόλων ὁ ἡμέτε- ρος χαὶ Κλεόβουλος ὁ Λίνδιος καὶ Μύσων ὁ Χηνεύς, καὶ ἕβδομος ἐν τούτοις ἐλέγετο Λακεδαιμόνιος Χίλων. I soli che si trovano in tutte le liste sono Thales, Pittakos, Bias e Solon. In complesso però abbiamo 22 nomi che entrano nelle varie liste (vedi anche Diog. ΤῸ Ὁ: ΕἸΣ: I sette sapienti non ci si mostrano invero come un corpo di rappresentanti un pensiero qualunque scientifico. Essi ci si manifestano invece come enunciatori della cosìdetta sa- -σ Ϊ,...5 2. Thales e i sette sapienti 9 di essi: THaLES di Miletos. Ma più che come-uno scienziato o filosofo nel senso moderno della parola, THALES ci apparisce come un abile commerciante, che nei suoi viaggi e nelle sue intraprese, molte volte fortu- nate, aveva acquistato una messe di nuove cognizioni, specialmente presso i popoli di grande antica civiltà, appena allora apertisi ai greci, e che, giovandosi di que- ste, aveva acquistato grande riputazione presso i suoi compatriotti. In tal modo esso veniva anche richiesto di consigli negli affari politici e pratici della propria patria; ed era anche stimato ed onorato nelle altre città dell'Asia. E la fama di THALES crebbe ancora quando, pienza moralizzante popolare, e, storicamente, come uomini pratici della vita e che hanno attivamente agito come uomini politici e come legislatori. La comprensione di Tuares in una tale lista fa risaltare sempre più quel suo carattere pra- tico che abbiamo rilevato nel testo. Non credo inutile ripor- tare i detti attributi a THALES e che si trovano in Sto- baros ΕΠ 1 (Diels. II 73°. 3. d): Θαλῆς ᾿Εξαμύου Μιλήσιος ἔφη. ἐγγύα, πάρα δ᾽ ἄτα. — φίλων παρόντων χαὶ ἀπόντων μέμνησο. -- μὴ τὴν ὄψιν καλλωπίζου, ἀλλ᾽ ἐν τοῖς ἐπιτη- δεύμασιν ἴσθι καλός. — μὴ πλούτει κακῶς. — μή σε διαβαλλέτω λόγος πρὸς τοὺς πίστεως χεκοινωνηκότας. -- χολαχεύειν γονεῖς μὴ ὄχνει. — μὴ πατρὸς δέχου τὸ φαῦλον. -- οἵους ἂν ἐράνους ἐνέγχῃς τοῖς γονεῦσι, τοιού- τοὺς αὐτὸς ἐν τῷ γήρᾳ παρὰ τῶν τέκνων προσδέχου. — χαλεπὸν τὸ ἑαυτὸν γνῶνα. - ὀ Ἀσἥἥδιστον οὗ ἐπιθυμεῖς τυχεῖν. --- ἀνιαρὸν ἀργία. βλαβερὸν ἀχρασία. --- βαρὺ ἀπαιδευσία. --- δίδασκε χαὶ μάνθανε τὸ ἄμεινον. --- ἀργὸς μὴ ἴσθι, μηδ᾽ ἂν πλουτῇς. — χαχὰ ἐν οἴκῳ χρύπτε. — φθονοῦ μᾶλλον 7) οἰκτίρου. — μέτρῳ χρῶ. --- μὴ πᾶσι πίστευςε. — ἄρχων χόσμει σεαυτόν. Le sentenze suddette ci mostrano chiaramente il loro carattere moralizzante e completamente indipendente dal- l’opera veramente scientifica attribuita a Tuares. Le sen- tenze attribuite ad altri di questi sapienti sono dello stesso precisissimo ordine. 10 Spirito commerciale di Thales Ι. -$ 2: già in età avanzata, riposandosi dalle fatiche sostenute, egli potè, come raccontano le nostre testimonianze, fare partecipi gli altri delle conoscenze che aveva acquistato. Che THALES fosse un uomo essenzialmente pra- tico risulta da tutte le testimonianze antiche che lo ri- guardano (2), e come tale anche bene gli si addice di es- sere classificato fra i sette sapienti, uomini che ottennero questo titolo per le loro pratiche benemerenze nella vita pubblica. La storiella della sua previsione di una annata eccezionalmente buona nella raccolta delle olive, e del conseguente accaparramento di numerosi frantoi per concludere un duon affare, caratterizza alla perfezione l’uomo ; ed altri racconti pure ci confermano in questa opinione. Come abbiamo detto THALES (3) viaggiò molto, e, (2) Aristot. Polit. I, II, 4: πᾶντα Yap λα ταῦτ᾽ ἐστὶ τοῖς τιμῶσι τὴν χρηματιστικήν, οἷον καὶ τὸ Θαλέω τοῦ Μιλησίου. τοῦτο γάρ ἐστι κατανόημά τι χρηματιστικόν" ἀλλ᾽ ἐκείνῳ μὲν διὰ τὴν σοφίαν προσάπτουσι, τυγχάνει δὲ καθόλου τι ὄν. ὀνειδιζόντων γὰρ αὐτῷ διὰ τὴν πενίαν ὡς ἀνωφελοῦς τῆς φιλοσοφίας οὔσης, κατανοήσαντά φασιν αὐτὸν ἐλαιῶν φορὰν ἐσομένην ἐκ τῆς ἀστρολογίας, ἔτι χειμῶνος ὄντος εὐπορήσαντα χρημάτων ὀλίγων ἀρραβῶνας διαδοῦναι τῶν ἐλαιουργείων τῶν τ᾽ ἐν Μιλήτῳ χαὶ Χίῳ πάντων, ὀλίγου μισθωσάμενον ἅτ᾽ οὐδενὸς ἐπιβάλλοντος. ἐπειδὴ δ᾽ ὁ χαιρὸς ἧκε, πολλῶν ζητουμένων ἅμα χαὶ ἐξαίφνης, ἐκμισθοῦντα ὃν τρόπον ἠβούλετο, πολλὰ χρή- ματα συλλέξαντα ἐπιδεῖξαι, ὅτι ῥαίδιόν ἐστι πλουτεῖν τοῖς φιλοσόφοις, ἂν βούλωνται, ἀλλ᾽ οὐ τοῦτ᾽ ἔστι περὶ ὃ σπουδάζουσιν. evidente che col tempo la tradizione dello spirito com- merciale di THaLEs si era andata trasformando in senso mo- ralizzante. Così troviamo in ARISTOTELES riprodotta la fa- vola che THaLESs, povero, volle mostrare coll’ accaparramento opportuno e previdente di numerosi frantoi, che il sapiente, se vuole, può anche arricchirsi usando della sua scienza. (3) Sembra che nascesse verso il 624 e morisse verso il 548. Un'altra tradizione gli fa raggiungere un’età avanzatis- D+: I παραπήγματα II certamente, a scopo commerciale. Si trattenne a lungo in Egitto, fu a Sardeis; alcuni suppongono che si recasse anche a Babylonia. Ovunque era spinto dalla curiosità a conoscere le teorie, le credenze, le opinioni dei popoli che visitava, e a farne tesoro per le sue co- noscenze pratiche. Queste si riferivano poi specialmente alle conoscenze astronomiche e meteoro- logiche ed alla previsione del tempo, co- noscenze che sono appunto quelle che più interessano un attivo popolo di marinai e di agricoltori. Conoscenze di tal genere in Grecia erano allora affidate, e lo furono anche posteriormente, ai παραπήγματα, i calendari bar- banera di quei tempi ; questi dovevano contenere numerose indicazioni sulle stagioni, sulle costellazioni che porge- vano aiuto ai naviganti per orientarsi in mare ed annun- ziavano col loro sorgere e tramontare heliaco (4), sia a questi come agli agricoltori, l’avvicendarsi delle stagioni, e l’ avvicinarsi delle epoche tempestose o quelle da dedi- carsi a determinate faccende campestri; dovevano in- fine prevedere, come oggi stesso si pretende dai lunari popolari, i fatti più importanti dell’ annata, la pioggia ed il bel tempo. Nulla di più naturale del fatto di cre- dere che un uomo riputato saggio, quale THALES, debba avere, e più volte, compilato o cooperato a com- pletare tali παραπήγματα. Le notizie infatti che abbiamo su THALES sono tali da rendere del tutto certa una tale opinione. Si racconta infatti che THALES aveva adottato l’anno di 365 giorni (quello degli egiziani) ed il mese di 30 giorni, mentre l’ antico mese greco, che poi fu re- ligiosamente conservato, era quello lunare (5). Ma, per sima. Vedi in proposito l’ Appendice sulla Cronologia dei preari- stotelici che si troverà in fine alla trattazione sui prearistotelici. (4) Dicesi levare heliaco di una stella il suo sor- gere in modo visibile immediatamente avanti il levare del sole. (5) Sul calendario greco e le sue trasformazioni parlerò nel volume che seguirà immediatamente il presente, in quella parte che tratterà della matematica ed astronomia prearistotelica. 12 Indicazioni astronomiche ΓΞ ΝΒ 2: quanto riguarda il calendario, a questo non si era limi- tata l’ opera di THaLES. Da PLINIUS (6) sappiamo che l’ antico filosofo di Miletos avrebbe fissato il levare. heliaco delle Pleiadi 25 giorni dopo l’equinozio di primavera. Questo, mentre ci fa sempre più conoscere il genere di occupazione di THALES, ci dice ancora di più; la cifra riportata infatti è valevole per un paese molto più meridionale di Miletos; essa ci mostra adunque come THALES si fosse attenuto troppo lettera- mente a quello che aveva sentito dire in Egitto e non avesse considerato le variazioni che con sè portava la diversa latitudine ; la cifra infatti fu dovuta subito dopo correggere a 29 da ANAXIMANDROS, e, per Athenai, a 44 da EUTEMON (contemporaneo di METON) e a 48 da EuDOXOS. A THALES vengono attribuiti altri dati di questo genere ; si attribuisce ad esempio a lui l’ affermazione che il diametro del sole è 1/720 del diametro del cerchio che percorre (notisi che KLEOMEDES ci indica il modo elementare che serviva agli egiziani per queste misure) (7), che l’Orsa Minore indica più esatta- (6) XVIII, 213: occasum matutinum Vergiliarum He- siodus tradidit fieri cum aequinoctium autumni confice- retur, Thales XXV die ab aequinoctio. (7) La cifra ὁ data da Dioc.. 1... 1. 24: πρῶτος τὸ τοῦ ἡλίου μέγεδος [tod ἡλιακοῦ κύκλου ὥσπερ καὶ τὸ τῆς σελήνης μέγεδος] (completato da Diels) τοῦ σεληναίου ἑπταχκοσιοστὸν καὶ εἰκοστὸν μέρος ἀπεφήνατο κατά τινας. Il senso di questo periodo è stato completato rife- rendosi ad un passo di ApuLerus (Florida, 18) che è in- teressante riportare per intiero come caratteristico per le cose più tardi attribuite a THarESs, per quanto poco valore storico effettivo esso abbia : « Thales Milesius ex septem illis sapientiae memoratis viris facile praecipuus (enim geometriae penes Graios primus repertor et naturae certissimus explorator et astrorum peri- tissimus contemplator) maximas res parvis lineis repperit : temporum ambitus, ventorum flatus, stellarum meatus, to- bat Car: 3 3 IE ἊΝ ᾿ Ἂν γ γι" ? LORIA n) DARI, Da Sit ANA ει LÀ; ea la pae MAIDA ᾿ Ι. - 9 2. Il diametro del sole 13 mente il settentrione della Maggiore (fatto nel quale — KALLIMACHOS vedeva una conoscenza presa dai fe- nici), etc. etc. Molti di questi dati però possono essere stati tolti da una Astrologia nautica che più tardi andava in giro sotto il nome falso di THALES (secondo altri di PHokos di Samos) e quindi essergli stati a torto attri- nitruum sonora miracula, siderum obliqua curricula, solis annua reverticula ; idem lunae vel nascentis incrementa vel senescentis dispendia vel delinquentis obstiticula. idem sane iam proclivi senectute divinam rationem de sole commentus est, quam equidem non didici modo, verum etiam expe- riundo comprobavi, quoties sol magnitudine sua circulum quem permeat metiatur. id a se recens inventum Thales memoratur edocuisse Mandrolytum Prienensem, qui nova et inopinata cognitione impendio delectatus optare iussit quantam vellet mercedem sibi pro tanto documento rependi: « satis » inquit « mihi fuerit mercedis » Thales sapiens « si id quod a me didicisti cum proferre ad quosdam coeperis, tibi non adsciveris, sed eius inventi me potius quam alium repertorem praedicaris ». Non occorre rammentare che le opinioni espresse non possono combinare con la teoria di Tuares, che non sup- poneva che il sole (e la luna) compiessero un intiero cerchio intorno alla terra. In ogni modo è interessante notare, sia che la tradizione della ricerca e del risultato siano da at- tribuirsi al primo filosofo ionico, sia ad uno scienziato po- steriore, che metodo e cifra provengono direttamente dai babylonesi o dagli egiziani (confr. HeaTH, 1]. c. p. 22). KLEOMEDES ci racconta infatti (de motu circulari corpo- rum libri duo; II, 1; 75) il metodo seguito dagli e gi- ziani peruna tale misura: essi osservarono quanta acqua scorreva da una clepsidra durante il tempo impiegato dal sole a mostrarsi completamente nella sua levata, e la compararono a quella defluita nell’ intiera giornata; otten- nero così il rapporto 1:750: ᾿Ελέγχεται δὲ καὶ διὰ τῶν ὑδρολογίων .......... δείκνυται γὰρ δι ᾿αὐτῶν, ὅτι, dv ἢ ποδιαῖος ὁ ἥλιος, δεήσει τὸν μέγιστον τοῦ οὐρανοῦ χύκλον ἑπταχοσίων πεντήκοντα ποδῶν εἶναι. διὰ γὰρ τῶν ὑδρολο- 14 Misura di Aristarchos Les buiti. Ma ciò che di gran lunga contribuì a rendere grande la fama di THALES in tutta l’ antichità fu la previsione di un’ eclisse di sole, che oltre che come feno- meno di per sè, ebbe anche un’ importanza storica non indifferente in quanto che, come racconta Herodotos, contribuì a fare cessare la guerra fra i medî ed i γίων καταμετρούμενος ebploxetar μέρος ἑπτακχοσιοστὸν καὶ πεντηχοστὸν τοῦ οἰκείου xbxAov. ᾿Εὰν γάρ, ἐν © αὐτὸς ἀνέρχεται πᾶς ἐκ τοῦ ὁρίζοντος ὁ ἥλιος, χύαθος, φέρε εἰπεῖν, ῥεύσῃ, τὸ ὕδωρ ἀφεθὲν ὅλῃ τῇ ἡμέρᾳ καὶ νυχτὶ ῥεῖν εὑρίσκεται κυάθους ἔχον ἑπταχοσίους χαὶ πεντήκοντα. λέγεται δ᾽ ἣ τοιαύτη ἔφοδος ὑπὸ πρώτων τῶν Αἰγυπτίων ἐπινοηθῆναι. D'altra parte fu osservato che i babylonesi sedici secoli avanti l’era volgare sapevano che il sole impiegava a levarsi 1/30 di ora, che, supposta l’ora equinoziale (1/24 del- l’ intiero giorno e notte), viene a dare appunto il valore di 1/720. [Confr. i seguenti passi, citati da HEATH : HuLTSscH, Poseidonios iber die Grosse und Entfernung der Sonne, 1897, pp. 41, 42. (H. cita AcHitres, Zsagoge in Arati phaen. 18); BranpIS, Manz- Mass- und Gewichtswesen in Vorderasien, 17; Birrincer, Die babylonische Doppelstunde, Stuttgart, 1888, p. 21. — Il passo di AcHWÙItLESs è riportato per esteso in BirrincER.] Però qui vi è una grave difficoltà se sup- poniamo che la misura (ὅρος) babilonese si riferisca, come è probabile, alla loro ora doppia. Per quello che riguarda una misura di tal genere fatta da THares o da qualche altro antico astronomo greco, si noti che AristARcHos aveva stimato dapprima (erronea- mente) la sua grandezza a 2° (invece di 0°,5), mentre poi trovò giustamente il valore di 1/720 del circolo descritto dal sole. Infatti in un primo periodo, quello nel quale scrisse il suo trattato sulle grandezze e distanze del sole e della luna, ARIstARcHOS presuppone questo valore di 2° (= 1/15 di un segno dello zodiaco) — come risulta dalla ipo- tesi 6: τὴν σελήνην ὑποτείνειν ὑπὸ πεντεκαιδέκατον μέρος ζῳδίου; e dalla proposizione 8: ὅταν ὁ ἥλιος ἐκλείπῃ ὅλος, τότε ὁ αὐτὸς κῶνος περιλαμβάνει τόν τε ἥλιον καὶ τὴν ΤΞ φῶ: L’eclisse predetto da Thales 15 lydî (8). Sembra accertato che questa eclisse sia stata quella che gli astronomi calcolano essere avvenuta il 28 maggio 585 (9). È stata dibattuta la questione del modo come THALES avesse potuto fare questa pre- dizione. Quello che è assolutamente sicuro è il fatto che mancavano ad esso completamente tutti gli elementi σελήνην, τὴν κορυφὴν ἔχων πρὸς τῇ ἡμετέρᾳ diver — invece in un periodo posteriore egli giunse al risultato Re come risulta dal passo di ARrcHIMEDES (Ἑαμμίτης, I 3 10): τοῦτο δὲ ὑποτίθεμαι ᾿Αριστάρχου μὲν εὑρηχότος τοῦ χύκλου τῶν ζῳδίων τὸν ἅλιον φαινόμενον ὡς τὸ εἰκοστὸν καὶ ἑπτακοσιοστόν, αὐτὸς δὲ ἐπισχεψάμενος τόνδε τὸν τρόπον ἐπειράθην ὀργανικῶς λαβεῖν τὰν γωνίαν, εἰς ἂν ὁ ἅλιος ἐναρμόζει τὰν χορυφὰν ἔχουσαν ποτὶ τᾷ ὄψει. (Nella seconda parte di questo passo, e nel seguito, è in- teressante vedere come ArcHimenEs abbia predisposta Vesperienza). Ora i fatti citati ci autorizzano a cre- dere che non solo da parte di THaLes, ma nemmeno di altri antichi greci, si sia potuto ricercare scientificamente e trovare la misura citata. (8) Herop. 1, 74: μετὰ δὲ ταῦτα, οὐ γὰρ δὴ ὁ ᾿Αλυάτ- τῆς ἐξεδίδου τοὺς Σκύθας ἐξαιτέοντι Κυαξάρῃ, πόλεμος τοῖσι Λυδοῖσι καὶ τοῖσι Μήδοισι ἐγεγόνεε ἐπ᾽ ἔτεα πέντε.... διαφέρουσι δὲ σφι ἐπὶ ἴσης τὸν πόλεμον τῷ ἕχτῳ ἔτει συμ- βολῆς γενομένης συνήνεικε ὥστε τῆς μάχης συνεστεώσης τὴν ἡμέρην ἐξαπίνης νύχτα γενέσθαι. τὴν δὲ μεταλλαγὴν ταύτην τῆς ἡμήρης Θιαλης ὁ Μιχήσεος τοῦσι Ἴωσι προηγόρευσε ἔσεσθαι, οὖρον προθέμενος ἐνιαυ- τὸν τοῦτον ἐν τῷ δὴ καὶ ἐγένετο ἣ μεταβολή. οἱ δὲ Λυδοί te χαὶ οἱ Μῆδοι ἐπείτε εἶδον νύκτα ἀντὶ ἡμέρης γενομένην, τῆς μάχης τε ἐπαύσαντο καὶ μᾶλλόν τι ἔσπευσαν καὶ ἀμφό- τεροι εἰρήνην ἑωυτοῖσι γενέσθαι. (9) La data prevalentemente accettata per l’ avveni- mento è il 28 maggio 585 (calendario giuliano). Però non tutti sono d’ accordo su di essa, tanto più che le eclissi avvenute in quel tempo, e calcolate dai moderni astronomi, sono, oltre quella citata, quelle del 30 settembre 610 ἘΦΉΕΙ 21 luglio 597. 16 La data delPeclisse I.-$ 2. necessari per poter fare un calcolo di questo genere. Se però ci ricordiamo del periodo delle 223 lunazioni tro- vato dai chaldei e delle altre conoscenze astronomiche dei babylonesi, conoscenze delle quali parleremo a suo Riportiamo anzitutto, su questa data alcune referenze antiche. CLEMENTE d°’ Alexandria (Strom. I, 65) ci dice che εἰσὶ δὲ oi χρόνον ἀμφὶ τὴν ν ὀλυμπιάδα. Ora la κοῦ olympiade corrisponde agli anni 580-577. La data, sbagliata, si avvicina a quella ora ammessa. Rispondente di più al vero troviamo il passo di Prinius il quale (II, 53) narra come il fenomeno delle eclissi « apud Graecos autem investigavit primus omnium Thales Milesius olym- piadis XLVIII anno quarto (corrispondente appunto al 585) praedicto solis defectu qui Alyatte rege factus est urbis con- ditae CLXX ». In Hieronymus leggiamo poi: « solis facta defectio, cum futuram eam Thales ante dixisset. Alyat- tes et Astyages dimicaverunt a. Abr. 1432» (appunto 585). Altre date sono completamente erronee. Premesso ciò notiamo come la data del 597 sia senz’ al- tro da scartarsi. L’ eclisse infatti avvenne alla levata del sole e quindi 1’ avvenimento non combina con quello descritto da Heroporos. Per la data del 585 (vedi HeaTH, Aristar- chus οἱ Samos, Oxford, 1913, p. 15) esisterebbe una grave difficoltà se seguiamo la cronologia di HeRropotos. Secondo essa Kyaxares avrebbe regnato dal 635 al 595. Ma sembra invece che debba ritenersi che Kyaxares abbia regnato dal 624 al 584, e Astyages dal 584 al 550 (Hie- ronymus rammenta appunto Astyages), e che i dati di Heroporos debbano correggersi in questo senso (Ep. MEvER in Pauly-Wissowas Real-Encyclopidie II, 1896, p. 1865; ci- tato dall’ HeaTH). Allora la data del 585 tornerebbe bene con i fatti. Essa è ammessa anche dal GinzeL (Handbuch der mathematischen und technischen Chronologie, vol. II, 1911, p. 525). PauL TannERY (Pour l’histoire de la science helléne, 1887) propendeva per la data del 610. Sembra però che que- st’eclisse, sebbene totale in Armenia, non fosse che parziale in Kappadokia, dove la battaglia avrebbe dovuto avvenire. .-$ 2. Periodi astronomici dei chaldet 17 luogo (10), possiamo facilmente inferire che THALES avesse, in qualche suo viaggio, appreso da qualche s a- cerdote chaldeo alcune date nelle quali era pro- babile un’eclisse, e che, dopo averne sperimentate per ° (to) I chaldei avevano mediante l’ osservazione ricono- sciuto il periodo di 223 lunazioni — 6585,33 giorni = 18 anni, 10,33 giorni. Questo periodo secondo un’ indicazione di Suipas, che forse è errata, era detto saros. Durante esso si ripetono regolarmente le eclissi di luna (almeno in modo approssimativo). Mediante la conoscenza di esso si può anche prevedere, con qualche probabilità di successo, l avvenimento di un eclisse di sole. Lo stato delle conoscenze in proposito si può ben rilevare da un passo tradotto da una tavoletta in caratteri cuneiformi e che fu tradotto da G. SMITH (Assyrian Discoveries) che ultimamente è citato dall’ HraTH (1. c.) e che io riporto nella versione che già ne dette lo ScHIa- PARELLI nel suo articolo 7 primordi dell’ astronomia presso 1 babilonesi (Scientia, 11 (1908), p. 244): «Al re mio Signore, il tuo servo Abil-Istar. Pace al re mio Signore, Nabù e Marduk gli siano propizî : lunghi giorni, salute di corpo, e gioia di cuore concedano i grandi Iddìi al re mio Signore. Relativamente all’ eclisse di Luna, sul quale il re mi ha mandato, nelle città di Accad, di Borsippa e di Nippur furono fatte osservazioni.... e 1’ eclisse ha avuto luogo.... Ma per ciò che concerne l’eclisse di Sole, noi abbiamo osservato, ed essa non ha avuto luogo. Mando al re ciò che ho veduto coi miei occhi. L’ eclisse di Luna che è avvenuta, riguarda le nazioni e le loro divinità tutte: la Siria, la Fe- nicia, gli Hethei, e il popolo della Caldea ; ma al re mio Si- gnore produrrà pace; secondo l’ osservazione le disgrazie non 81 estenderanno fino al mio Signore ». A proposito della denominazione saros SyNKELLOS ci dice (30,6): ἀλλ μὲν Βηρωσσὸς διὰ σάρων καὶ νήρων χαι σώσσων ἀνεγράψατο᾽ ὧν ὁ μὲν σάρος τρισχιλίων καὶ ἐξακχοσίων ἐτῶν χρόνον σημαίνει, ὁ δὲ νῆρος ἐτῶν ἐξαχοσίων, ὁ δὲ σῶσσος ἑξήκοντα. [Berossos o Brerosos, di origine babilonese e sacer- MIELI 2 18 II Saros chaldeo ASA conto suo, si sia spinto a rendere nota una sua previsione, che, per puro caso, coincidette con un’eclisse totale. Invece che da un sacerdote babilonese la notizia potrebbe essergli stata data anche da un sacerdote egiziano, perchè abbiamo elementi abbastanza fondati per sup- porre che nel VII sec. avanti l’ era volgare, al tempo del re astronomo Necepso, ed in seguito alle ar- mate vittoriose di Assum-Akkè-Idin e di As- sur-Ben-Habal, penetrassero a Tebe anche le conoscenze astronomiche dei Chaldei. dote di Bel, scrisse un libro su Babylonia, dedicato ad AntiocHos I Sorer (281/0 - 2621). GinzeL [(Handbuch der matbematischen und technischen Chronologie, 1 p. 129) dice in proposito : « Man hat friiher geglaubt, dass Saros, Neros, Sossos nur als Zeitràume ins- besondere als Mondperioden (223 synod. Mondmonate) aufzufassen seien; andere haben hierin aber Tage gesehen, und es hat sich eine ziemliche Reihe von Meinungen und mancherlei Literatur hieribber angesammelt. Durch das Stu- dium der Inschriften .... ist bald klar geworden, dass ...... (sie) nur Zahlen an und fiir sich sind, ohne jede Beziehung auf Zeitmessung. Der Sossos (sussu) ist die Grundzahl des bei den Babyloniern ilber das ganze Masswesen sich er- streckenden Sexagesimalsystems, nimlich sechzig. Ner (neru) bedeutet « Fiihrer, Leiter », die Filhrerzahl 600 ; sar bedeutet etwa «alles was gross ist » « Schaar, Masse » « Massen- zahl oder Vollzahl » nimlich 3600. Urspriinglich bedeutete sussu = 3; das Ideogramm dafiir ist der Kreissextant im Gegensatz zu sar, dessen Ideogramm durch einen Vollkreis ausgedriickt wird. Insofern wiirde sar also auch die Be- deutung « Kreis, Zyklus, Periode » (z. B. der Zeit, der Jahre) rechtfertigen »]. Ritornerò del resto sulle osservazioni astronomiche dei babylonesi, oltre che nel volume che tratterà delle civiltà degli antichi imperi dell’Asia occidentale e dell’ Egitto, an- che nel prossimo, già citato, quando tratterò in generale della matematica ed astronomia prearistotelica. Ι. - 5 2. Come Thales fece la previsione 19 Si può però escludere del tutto che THALES, oltre la conoscenza avuta così per caso di alcune date, avesse avuto anche quella del periodo delle lunazioni, perchè di un tale elemento per lungo tempo non si fece uso nel- l’ astronomia greca (II). Il fatto però della predizione fortunata dell’ eclisse fece salire THALES in grande considerazione presso i suoi concittadini, e, per la sua fama, valse assai più di tutte le altre numerose conoscenze positive che portò in patria dall’ estero, e che dovevano poi così meravigliosamente germogliare e portare benefici frutti nel popolo greco. I primi tentativi di THALES furono seguiti da molti e si confezionarono numerosi calendari, si istituirono previ- sioni del tempo, si distinsero le costellazioni del cielo. Non solamente ANAXIMANDROS ed ANAXIMENES, dei quali parleremo ben presto, dovettero occuparsene, ma anche (11) È stato variamente discusso sul modo come THALES abbia potuto predire l’ eclisse solare. In modo troppo radi- cale MARTIN (Revue Archéologique, IX (1864) p. 181) giunse a negare perfin la realtà storica di questo fatto. Se invero THa- LES avesse potuto conoscere e rendersi ragione della causa delle eclissi, non si potrebbe spiegare come i fisici posteriori non avessero fatto tesoro delle sue conoscenze ed avessero er- rato in dottrine arbitrarie, fino a che ANAXAGORAS non ri- conobbe la causa vera (Τ᾽ interposizione della luna davanti al sole) e HrpparcHos non riconobbe la parallasse. Invece noi non conosciamo, negli antichi tempi, se non la predizione di THALEs e quella che HeLikon di Kyzikos (Ploutarchos, Vita di Dion, 19), quando Praton era in Sicilia, predisse al tiranno Dronvysros (probabilmente 1’ eclisse del 12 mag- gio 361). Ma, lasciando da parte quest’ultima previsione, av- venuta in tempi molto più recenti, non si possono riguardo a Tuares sottoscrivere le idee del MARTIN, ma insieme ἃ PauL TANNERY ed a tutti i moderni scrittori bisogna am- mettere che la predizione avvenne realmente, e ricorrere, per spiegarla, ad una informazione fortuita avuta da qualche sacerdote che conosceva il cosidetto saros chaldeo (vedi TANNERY, Pour l’histoire de la science helléne). 20 Altri astrologi ionici ΤΕ ΞΘ 2» molti personaggi secondarî, specialmente eoli, e come tali ci vengono citati KLEOsTRATOS di Tenedos e MATRI- KETAS di Methymna (12). Contro questi ultimi, forse, erano anzi dirette le osservazioni di ANAXIMENES che, ripudiando l’ influenza delle stelle sui cambiamenti del tempo, affermava che di questi sola cagione era il sole (13). (12) KLEostRAaTos di Tenedos e MATRIKETAS di Methymna erano appunto degli astrologi (sul signifi- cato della parola vedi P. TannERY, Etudes sur l astronomie ancienne, p. 2 e segg., e, nel mio prossimo volume, il capitolo sulla matematica ed astronomia prearistotelica), compilatori di calendari, sui quali ritornerò nel volume ora citato. Qui credo utile riportare un passo di THEoPHRASsTOS (de sign. 4) nel quale si parla dei due : διὸ χαὶ ἀγαθοὶ γεγένηνται κατὰ τόπους τινὰς ἀστρο- νόμοι ἔνιοι οἷον Ματρικέτας ἐν Μηθύμνῃ ἀπὸ τοῦ Λεπετύμνου xa Κλεόστρατος ἐν Τενέδῳ ἀπὸ τῆς Ἴδης καὶ Φαεινὸς ᾿Αθήνησιν ἀπὸ τοῦ Λυχαβηττοῦ τὰ περὶ τὰς τροπὰς συνεῖδε, παρ᾽ οὗ Μέτων ἀκούσας τὸν τῶν ἑνὸς δεόντων εἴχοσιν « ἐτῶν» ἐνιαυτὸν συνέταξεν. ΚΙΕΟΒΤΒΑΤΟΒ aveva, come si dice di THALES, e come già dapprima Hesiopos, scritto delle poesie astrologiche. πολλοὶ γάρ dice Aratos (V, 2, 5), καὶ ἄλλοι Φαινόμενα ἔγραψαν καὶ Κλεόστρατος χαὶ Σμίνθης χαὶ ᾿Αλέ- ξανδρος ὁ Αίτωλος, εἴς. Vedi in proposito Diels, Vorsokra- res IL 70; (13) A et. II 13. .τὸ: Πλάτων, τὰς, ἐπίσημος τάς τε θερινὰς καὶ τὰς χειμερινὰς κατὰ τὰς τῶν ἄστρων ἐπιτολάς τε χαὶ δυσμὰς γίνεσθαι. ᾿Αναξιμένης δὲ διὰ μὲν ταῦτα μηδὲν τούτουν, διὰ δὲ τὸν ἥλιον μόνον. $ 3. L’ INTRODUZIONE DELLA MATEMATICA IN GRECIA. Θαλῆς δὲ πρῶτον εἰς Αἴγυπτον͵ ἐλθὼν μετήγαγεν εἰς τὴν “Ελλάδα τὴν θεωρίαν ταὐτην. xai πολλὰ μὲν αὐτὸς εὗρεν, πολλῶν δὲ τὰς ἀρχὰς τοῖς μετ᾽ αὐτὸν ὑφηγήσατο, τοῖς μὲν καθολικώτερον ἐπιβάλλων, τοῖς δὲ αἰσθητικώτερον (1). Così ci dice il frammento di EuDEMOS conservatoci nel commento di ProKLos. In questo paragrafo dobbiamo appunto esaminare le nozioni matematiche che THALES ha portato dall’ Egitto, e quelle che forse egli ha ag- giunto di suo. Secondo ProkLos (2), THALES ha asserito che : a) Gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono simili (eguali). (1) Procli Diadochi in primum Euclidis elementorum [1- brum commentarii : Prologus Il; ed. Friedlein, Lip- siae, 1873, pag. 65. Il passo è tolto da un frammento che probabilmente ProKLos prese mediatamente dalla Γεωμετριχὴ ἱστορία di Eupemos. Vedi in proposito il volume prossimo dove parlo della matematica prearistotelica. (2) Ecco i passi relativi di ProkLos: 4) Nel commento alla 5® prop. d’Eukleides (dei triangoli isoceli) PROKLOS eidice (ed. cit. p. 250) : τῷ μὲν odv Θαλῇ τῷ παλαιῷ πολλῶν τε ἄλλων εὑρέσεως ἕνεκα καὶ τοῦδε τοῦ θεωρήματος χάρις. λέγεται γὰρ δὴ πρῶτος ἐχεῖνος ἐπιστῆσαι καὶ εἰπεῖν, ὡς ἄρα παντὸς ἰσοσχελοῦς αἱ πρὸς τῇ βάσει γωνίαι ἴσαι εἰσίν, ἀρχαικώτερον δὲ τὰς « ἴσας » ὁμοίας προσειρηχέναι. -- ὦ) Nel comm. alla prop. 158 (pag. 299): τοῦτο τοίνυν τὸ θεώρημα δείκνυσιν, ὅτι δύο εὐθειῶν ἀλλήλας τεμνουσῶν αἱ κατὰ χορυφὴν γωνίαι ἴσαι εἰσίν, εὑρημένον μέν, ὥς φησιν 22 Teoremi conosciuti da Thales L= 665 8) Due rette che si tagliano hanno uguali gli angoli opposti. c) Un triangolo è determinato da un suo lato e dai due angoli adiacenti. d) Il cerchio viene diviso per metà da un suo diametro. PAMPHILE (3) inoltre gli attribuisce il fatto di avere per primo : e) Iscritto il triangolo nel cerchio (4). Εὔδημος, ὑπὸ Θαλοῦ πρώτου, τῆς δὲ ἐπιστημονικῆς ἀποδείξεως ἠξιωμένον παρὰ τῷ στοιχειωτῇ. -- c) Nel comm. alla prop. 26: (ἐὰν δύο τρίγωνα δύο γωνίας δύο γωνίαις ἴσας ἔχῃ, ἑκατέραν ἑκατέρᾳ, ἔχῃ δὲ καὶ μίαν πλευρὰς μιᾷ πλευρᾷ ἴσην, ἤτοι τὴν πρὸς ταὶς ἴσαις γωνίαις 7) τὴν ὑποτείνουσαν ὑπὸ μίαν τῶν ἴσων γωνιῶν, καὶ τὰς λοιπὰς πλευρὰς ταῖς λοιπαῖς πλευραῖς ἴσας ἕξει καὶ τὴν λοιπὴν γωνίαν τῇ λοιπῇ γωνίᾳ ἴσην ἕξει) ProKLos ci dice (pag. 352): Εὔδημος δὲ ἐν ταῖς γεωμετρικαῖς ἱστορίαις εἰς Θαλῆν τοῦτο ἀνάγει τὸ θεώρημα" τὴν γὰρ τῶν ἐν θαλάττῃ πλοίων ἀπόστασιν δι᾿ οὗ τρόπου φασὶν αὐτὸν δεικνύναι, τούτῳ προσχρῆσθαί φησιν ἀναγκαῖον. --- 4) Infine a proposito della def. 17 ProKLOos ci dice (pag. 157): τὸ μὲν οὖν διχοτομεῖσθαι τὸν κύκλον ὑπὸ τῆς διαμέτρου πρῶτον Θαλῆν ἐχεῖνον ἀποδεῖξαί φασιν, αἰτία δὲ τῆς διχοτομίας ἣ τῆς εὐθείας ἀπαρέγκλιτος διὰ τοῦ χέντρου χώρησις. (3) Diog. L. I, 24: παρά τε Αἰγυπτίων γεωμετρεῖν μαθόντα φησὶ Παμφίλη πρῶτον καταγράψαι κύκλου τὸ τρίγωνον ὀρθογώνιον καὶ θῦσαι βοῦν. Questa PampuHiLE (vedi Fragm. bist. graec., Paris, Di- dot, vol. III) fu una feconda scrittrice del primo secolo del- ’ era volgare che godè di molta fama. [Suidas: Παμφίλη, ᾿Επιδαυρία, σοφή, θυγάτηρ Σωτηρίδου. — Photios: Ai- γυγτία δὲ τὸ γένος ἣ Παμφίλη, ἤκμασε δὲ καθ᾽ odg χρόνους Νέρων ὁ Ῥωμαίων ἤκμαζεν αὐτοκράτωρ. ] (4) In occasione di questa scoperta egli avrebbe sa- crificato un ariete (vedi n. 3). Diog. L. stesso avverte però che da altri questa scoperta è attribuita ai pytha- gorici. iron o La misura delle piramidi 23 Infine a THALES si attribuisce il merito di avere per primo : f) Usato la cosidetta misura delle. ombre. Esaminiamo queste varie parti dell’ opera matema- tica di THALES. Vedremo nel seguito di questi studî le conoscenze matematiche che si ebbero nell’ antico Egitto ed il punto al quale presso di essi era arrivata la misu- razione dei campi e potremo allora confrontare quelle conoscenze con quelle greche primitive. E certo però che la maggior parte delle proposizioni attribuite dall’ anti- chità a THALES erano già praticamente in uso presso gli egiziani. Tutto al più si può ammettere che mentre in Egitto si consideravano dal lato pratico, senza arrivare a generalizzazioni, esse fossero espresse da THALES in modo più generale seguendo in ciò il carattere specifico del genio greco, speculatore e generalizzatore. L'ultima proposizione, quella della misura delle om- bre, è accennata più fortemente come opera di THALES; anzi si racconta che fu questi che insegnò ai sacerdoti egi- ziani a calcolare l'altezza delle piramidi misurandone Τ᾿ ombra nel momento nel quale la lunghezza dell’ ombra di un bastone, tenuto verticalmente, era uguale a quella del bastone stesso. E da dubitare però anche dell’ ori- ginalità di questo racconto, e di chi fosse anche qui il maestro e lo scolaro (5). (5) I documenti che possediamo ci raccontano i fatti seguenti. Diog. Laert. I, 27: ὃ St Ἱερώνυμος (da Rhodos, discepolo d’ARISTOTELES) καὶ ἐκμετρῆσαί φησιν αὐτὸν τὰς πυραμίδας ἐκ τῆς σχιᾶς, παρατηρήσαντα ὃτε ἡμῖν ἰσομεγέθης ἐστίν. La misura sarebbe quindi avvenuta ap- profittando del momento nel quale le ombre sono uguali al corpo che le proietta. Il racconto di PLouTARCcHOS (convivium VII sap. 2, p. 147) ha una portata alquanto differente: τὴν βακτηρίαν στήσας ἐπὶ τῷ πέρατι τῆς σχιᾶς ἣν ἣ πυρα- |. μὶς ἔποίει, γενομένων τῇ ἐπαφῇ τῆς ἀχτῖνος δυοῖν τριγώνων ἔδειξας, ὃν ἣ σχιὰ πρὸς τὴν σκιὰν λόγον εἶχε, τὴν πυραμίδα πρὸς τὴν βαχτηρίαν ἔχουσαν. : Come osserva Gino Loria (Le scienze esatte nell’ antica 24 Misura della distanza di una nave L.go Certamente però l’uso tanto di questa come delle altre proposizioni servivano a THALES per scopi pratici, e pra- ticamente esse furono usate dai primi greci ai quali furono insegnate. Così oltre la possibilità di misurare l’ altezza di una piramide, d’ una torre o di un altro oggetto ina- cessibile, si poteva, dalla proposizione c), misurare, e la cosa ci è stata riportata espressamente, la distanza di un bastimento dalla costa (6). In fondo ambedue ripo- savano su ben note proprietà del triangolo rettangolo. Dalle cose che ci sono state riportate come cono- Grecia, Milano, 1914, p. 20) al racconto di PLouTARCHOS non si può dare troppa fede e per la poca esattezza storica di questo autore e per la lontananza dei tempi. Invece sem- bra che il metodo di THALES (imparato dagli egiziani, forse, piuttosto che ad essi insegnato) sia quello accennato da Hie- ἘΟΝΥΜΟΒ. È stato notato che in Egitto per la bassa latitu- dine l’ ombra non poteva uscire dal piede della piramide (perchè ?!), e si è detto quindi che non per le piramidi ser- viva questa misura, ma per gli obelischi, per edifici a pareti verticali, etc. È certo che una tale operazione poteva essere usata in tutti questi casi, ma che essa presenta un interesse spe- ciale per il caso della piramide nel quale era impossibile ese- guire la misura diretta. L’ inaccessibilità del piede della per- pendicolare tirata dal vertice della piramide poteva, del re- sto, essere compensata disegnando sul terreno una base uguale a quella della piramide ed eseguendo su essa le misure oppor- tune con metodi allora ben noti agli egiziani. Non è da esclu- dere poi che, senza riconoscere il principio generale della similitudine, THALES o gli egiziani avessero osservato e notato che quando l’ ombra del bastone era di una lunghezza doppia del bastone stesso tutte le altre ombre erano doppie dell’ altezza dell’ oggetto che le produceva, e che così, con la misura di ombre più lunghe, facilitassero il compito della misura speciale della piramide. (6) Il metodo pratico per misurare la distanza di una nave dalla costa era probabilmente il seguente che si trova usato più tardi dagli agrimensori romani. (Questa ipotesi è stata emessa da P. TannERY (Géom. grecque, p. 90); vedi iS. Somma degli angoli di un triangolo 25 sciute da THALES si è voluto anche trovare per illazione quelle altre che THALES doveva necessariamente cono- scere (7). In particolare si è agitata la questione se THA- LES avesse o no conosciuto la proposizione che dice che: la somma degli angoli di un triangolo è uguale a due retti. Un tal fatto però è da escludersi senz’ altro (vedi G. Lo- RIA: Le scienze esatte nell’ antica Grecia. 1914, p. 17). Essa si fonda più che altro su un passo di GEMINOS (8) dove questi racconta che gli antichi usavano dimostrare il teorema della somma degli angoli di un triangolo separatamente per ciascuna specie di triangolo mentre quelli posteriori dimostrarono il teorema in generale. Ora in proposito anche G. Loria (1. c. pag. 19).) Sia N la nave, A un punto della costa. Tiriamo in A la perpendicolare alla AN e da un punto B tiriamo la retta nella direzione NB. Dal punto A' poi, situato sulla AB ad una distanza da A doppia N di quella di B, tiriamo la perpendicolare alla A'A. Il seg- mento A'N’ determinato dal punto N' d’ incontro della detta perpendicolare con la NB pro- lungata, ci dà la misura della lunghezza AN, ossia della di- stanza cercata. Non è proba- bile, invece, che la distanza fosse calcolata misurando l’al- tezza di una torre e gli angoli che con la perpendicolare face- vano le rette che partendo dalla base e dalla sommità della torre stessa avevano la dire- zione verso il punto dove si N' trovava la nave. (7) Oltre il Loria vedi i volumi (citati più ampiamente nell’Appendice agli ionici ed ai pythagorici) di CAnToR, BRET- SCHNEIDER, ALLMANN, etc. etc. (8) Conservatoci in EuToKIos. 26 Mancanza di matematici ionici Ι, - 2. quegli antichi può ben riferirsi, non a THALES, ma a ma- tematici più recenti (9). Da quanto abbiamo già detto risulta quindi chia- ramente che il carattere principale di THALES è quello di avere portato e diffuso fra i greci cognizioni che allora si trovavano solamente presso altri popoli. Ciò vale specialmente per la parte matematica ; anzi sembra che in questa tale sia stato il suo carattere esclusivo. E non solamente in essa, come anche per le altre sue cognizioni, non ha lasciato nulla di scritto, ma nemmeno ha segnato nella scuola che si usa mettergli in stretto rap- porto, una traccia feconda di questa disciplina. Nè ANAXI- MANDROS di Miletos, infatti, si occupò di matematica (ΤΟ), nè ANAXIMENES. Fra i filosofi naturalisti dell’Ionia dal catalogo citato di EUDEMOS viene rammentato, dopo THALES, solamente un tale MAMERKOS, fratello del poeta STESICHOROS, come un noto geometra. Non sappiamo però nulla di questi, e nulla nemmeno di un tal MANDRO- LYTOS citato da APULEIUS (II). (9) Non mi dilungo in questo paragrafo sulla parte ma- tematica perchè essa sarà trattata più ampiamente parlando dei pythagorici, e poi nel prossimo volume della ma- tematica prearistotelica. (10) L’indicazione di Suipas: γνώμονά τε εἰσήγαγε (Ana- ximandros) καὶ ὅλως γεωμετρίας ὑποτύπωσιν ἔδειξεν, è indecifrabile nella sua seconda parte, e forse riposa su qualche malinteso. (11) O Manpriatos. Vedi ὃ 2, n. 7. δ 4. LE SPECULAZIONI DEI FILOSOFI IONICI SULL’ ELEMENTO PRIMORDIALE. Insieme alle speculazioni meteorologiche e matema- tiche delle quali abbiamo parlato, e di quelle astrono- miche e geografiche delle quali accenneremo più sotto, si svilupparono nell’ Ionia, nel principio del VI secolo, le prime speculazioni intorno alle incessanti variazioni che presentano i corpi e le sostanze, intorno alle loro cause, ed intorno a quello che nell’ eterno avvicendarsi delle cose poteva supporsi nella sua essenza fisso ed immutabile ; abbiamo così le dottrine sull’ele mento o sugli elementi primordiali (1). Come per altre teorie così anche quì una certa influenza dovettero esercitare le cosmogonie orientali, ed è appunto nel primo che riportò le notizie scientifi- che dagli antichi imperi, cioè in THALES, che troviamo la prima soluzione che in proposito fosse data nel x mondo greco : il principio di tutte le cose è l’acqua (2). (1) Mi sono diffuso maggiormente sull’ origini della teo- ria degli elementi presso i greci in un articolo La teoria delle sostanze nei presokratici greci (I. Dalle prime speculazioni a Empedokle ; II. Anaxagora e gli atomisti) pubblicato in «Scientia » 14 (1913) p. 165 e 329. (2) Ecco il passo di Aerios nel quale questo doxo- grafo riporta le opinioni dei diversi filosofi ionici compreso HrFRAKLEITOS). (Aetios I, 3; 2, 3, 4 II): Θαλῆς ἀρχὴ τῶν ὄντων ἀπεφήνατο τὸ ὕδωρ, Ex ὕδατος γάρ φησι πάντα εἶναι καὶ εἰς ὕδωρ πάντα ἀναλύεσθαι — Αναξίμανδρος.... φησὶ τῶἷὖν ὄντων ἀρχὴν εἶναι τὸ ἄπει- 28 L’acqua come elemento primordiale IS Le diverse sostanze non sono quindi che le varie forme e le diverse apparenze di questa sola. Come può THALES essere giunto a stabilire una tale teoria ? ARISTOTELES ci accenna (3), in modo puramente congetturale, all’ ordine di idee che possono averlo spinto a questa affermazione : la nutrizione delle piante e degli animali è umida, il calore della vita viene dal- l’ umidità, i semi delle piante e degli animali sono com- posti di elementi umidi, etc.; dunque l’umido, ossia l’acqua, è l'origine di tutte le cose. E su questa opi- nione influirono certamente anche le dottrine cosmogo- niche di THALES, che facevano galleggiare la terra su un’ immensa superficie acquea, e varie simili opinioni sorte fra i popoli orientali e gli egiziani (4). ρον “ἐκ γὰρ τούτου πάντα γίγνεσθαι xai εἰς τοῦτο πάντα φθείρεσθαι. διὸ καὶ γεννᾶσθαι ἀπείρους κόσμους καὶ πάλιν φθείρεσθαι εἰς τὸ ἐξ οὗ γίγνεσθαι. — ᾽Ανα ξιμέν ἢ ς.... ἀρχὴν τῶν ὄντων ἀέρα ἀπεφήνατο, ἐκ γὰρ τούτου πάντα γίγνεσθαι καὶ εἰς αὐτὸν πάλιν ἀναλύεσθαι ---- Ἡ ράκλειτος.... ἀρχὴν τῶν ἀπάντων τὸ πῦρ. ἐκ πυρὸς γὰρ τὰ πάντα γίνεσθαι καὶ εἰς TÙp πάντα τελευτᾶν λέγουσι. (3) Arist. Metapb. I. 3: Θαλῆς μὲν ὃ τῆς τοιαύτης ἀρχηγὸς φιλοσοφίας ὕδωρ εἶναί φησιν (διὸ καὶ τὴν γῆν ἐφ᾽ ὕδατος ἀπεφαίνετο εἶναι), λαβὼν ἴσως τὴν ὑπόληψιν ταύτην ἐκ τοῦ πάντων ὁρᾶν τὴν τροφὴν ὑγρὰν οὖσαν καὶ αὐτὸ τὸ θερμὸν ἐκ τούτου γιγνόμενον xai τούτῳ ζῶν (τὸ δ᾽ ἐξ οὗ γίγνεται, τοῦτ᾽ ἐστὶν ἀρχὴ πάντων), διά τε δὴ τοῦτο τὴν ὑπόληψιν λαβὼν ταύτην χαὶ διὰ τὸ πάντων τὰ σπέρ- ματα τὴν φύσιν ὑγρὰν ἔχειν ᾿ τὸ δ᾽ ὕδωρ ἀρχὴ τῆς φύσεώς ἐστι τοῖς ὑγροῖς. (4) Confronta l’ opinione di THALES con la seguente con- cezione egiziana che, se forse era già stata abbandonata dai sacerdoti, conservava credito, ai tempi dei quali parliamo, presso il popolo. Ecco la traduzione fattane dal MasPERO (Histoire ancienne des PECpe de P'Orient, pag. 27-30) da un papiro egiziano : «Au commencement était le Now, masse liquide primor- ᾿Ξ Sx L'unità fondamentale della materia 29 Queste opinioni già diffuse, e questi ragionamenti, possono avere però determinato in THALES solamente la scelta dell’ acqua come elemento primordiale. Ma oltre questo fatto specifico, la dottrina thaletica in- clude un principio ancora più profondo e generale: la possibilità della trasformazione di tutte le so- stanze fra di loro; o, come si usa anche dire con una frase meno precisa, l’unità fondamentale della materia (5). Questa convinzione si radicò cer- tamente, negli antichi filosofi ionici, per un’ incessante osservazione dei fatti meteorologici e geo- grafici che allora formavano il loro solo osserva- torio chimico. Ora lo svolgersi di tali fatti naturali è tale che può facilmente condurre all’ opinione sopra rammentata. Non si osserva forse che l’ acqua esposta diale dans les profondeurs infinies de laquelle flottaient con- fondus les germes des choses. Lorsque le soleil commenca a briller la terre fut aplanie, et les eaux séparées en deux masses distinctes. L’une donna naissance aux fleuves et ἃ P’Océan ; l’autre suspendue dans les airs, forma la voùte du ciel, les eaux d’en haut, sur lesquelles les astres et les dieux entrainés par un courant éternel, se mirent à flotter. Debout dans la cabine de sa barque sacrée, la bonne barque des millions d’années, le soleil glisse lentement, guidé et suivi par une armée de dieux secondaires, les Akhimiou-Ordou (pla- nétes) et les Akhimiou-Sekou (fixes) ». Questo passo è importante anche per raffrontarlo con le idee cosmogoniche di THaLes, idee delle quali parleremo nel prossimo paragrafo. (5) La parola materia è una di quelle che per l im- precisione e l’ incertezza del suo significato non servono ad altro che a confondere le idee ed a fare stabilire dei con- cetti sbagliati. Ottimamente quindi OsrwaLp (vedi ad es. il suo Grundriss der anorganischen Chemie, Leipzig, 1900, e numerosi altri suoi scritti) agisce ripudiando completamente la parola dalla terminologia scientifica. In questa la parola sostanza designa già un complesso di proprietà specifiche, fra le quali esiste quella del possedere una massa, che go- 30 Il problema delelemento primordiale 1. - $ 4. all’ aria svapora lentamente, ossia si trasforma nell’aria stessa, mentre questa poi ricade dal cielo come pioggia, come nebbia, come rugiada ἢ Ed i grandi depositi che fanno i fiumi alla loro foce (e l’ Egitto era anche allora conosciuto come generato dal Nilo) non testimoniano della trasformazione dell’ acqua in terra, fatto che in più piccolo si può riconoscere nel residuo che lascia nel recipiente che la conteneva, l’acqua bollita fino a sec- chezza (6), mentre le numerosi fonti che sgorgano dalla terra mostrano il processo inverso ?_Ed il fuoco stesso non è un'aria resa più mobile, più viva, più leggera ? Radicatasi questa convinzione dell’ assoluta trasfor- mabilità delle sostanze, restava allora il secondo problema della determinazione della sostanza origine di tutte le altre, e su questo possono aver certamente influito le opinioni sopra ricordate. Per noi, adesso, il problema è vuoto di senso : ammessa infatti l’assoluta trasformabilità, è affatto indifferente scegliere poi come sostanza primor- diale una delle tante o infinite sostanze esistenti. Ma questo dono alcuni luoghi dello spazio. Intendere per materia quello che rimane (che cosa 2) quando dalla sostanza si tolgono tutte le proprietà direttamente od indirettamente sensibili, è il non senso più curioso che si possa stabilire. Tolte queste infatti cosa rimane se non il nulla ? L'idea metafisica poi di un quid al quale si attacchino (!) le diverse proprietà, se può essere stata seguita da un pensiero infantile, non deve per questo essere mantenuto quando si sia riconosciuta l’inat- tendibilità del concetto stesso. La ὕλη degli antichi, del resto, era qualcosa di diverso dal concetto che adesso alcuni hanno di materia e, come anche esamineremo, ha un fondamento nelle teorie e nelle concezioni del tempo. (6) 1; opinione che l’ acqua evaporando lasci un resi- duo terroso, del resto, si è mantenuta fino ai tempi di La- voisier. È ben noto infatti come il primo lavoro scientifico importante (1770) del grande chimico francese tratti ap- punto di una tale questione, e combatta col sussidio di misure quantitative, l’opinione, ancora assai sparsa, di una effettiva trasformazione. ΔΑ Te τ" I. -S 4. Gli ionici ed i quattro elementi 3I concetto estremamente relativo era prematuro in un pe- riodo come quello nel quale si cominciavano quasi inco- scientemente a gettare le basi della scienza moderna, e le menti dei pensatori seguirono invece la via di specifi- care materialmente un tale elemento. Ma se i filosofi ionici concordarono nell’ordine di idee citato (7), le opi- nioni si diversificarono nello specificare 1’ elemento stesso. Nell’ assumere così diversi elementi primordiali si andò preparando il terreno per una teoria successiva opposta: quella di varî elementi coesistenti e non trasformabili fra loro, e che si stabilì quando il pensiero greco subì una prima e profonda sua crisi (δ). Υ ἘΣ x * Dopo THaLEs colui che in questa materia ed in molte altre speculò con maggiore arditezza e maggiore (7) Vi sono molti che stimano (confr. GiLBeRT, Die meteorologischen Theorien der Griechen) che i filosofi ionici ammettessero i soliti quattro elementi dei tempi posteriori (oppure tre soli, come per HERAKLEITOS) e che poi elevassero uno di essi o qualcosa di estraneo (1 ἄπει- ρον di AnaxIMANDROS) a elemento generatore di tutti gli altri. Io credo sbagliato questo modo di vedere. La confu- sione avviene perchè si scambia la concezione dell’ elemento, o degli elementi fondamentali di tutte le sostanze, dalle quali queste hanno origine, con la conoscenza pratica, che certo esi- steva fino dai tempi primitivi, delle varie forme nelle quali le sostanze ci si presentano (solida, liquida, gas- sosa). Solamente più tardi, come vedremo, l’assunzione di diversi elementi corrispondenti a queste diverse forme, con in più il fuoco, ad elementi primordiali, condusse ad un parallelismo fra le diverse forme ed i diversi elementi, e si generò così quella identificazione che troviamo negli scrittori posteriori, i quali, appunto per averne fatto un elemento essenziale del loro pensiero, misconobbero le antiche teorie. (8) Vedi i capitoli sulla scuola d’Elea, e su Em- PEDOKLES ed ANAXAGORAS. 32 Anaximandros e 1° ἄπειρον ΠΕΡ ΕΙΣ sentimento scientifico fu ANAXIMANDROS pure di M i- letos (9), che molti degli antichi considerano come discepolo di THALES, ma che in ogni modo, anche tolta questa designazione che corrisponde ad abitudini di se- coli ulteriori, si riconnette alle dottrine del suo prede- cessore. Della sua importanza grandissima per l’astro- nomia, la geografia, etc. parlerò più innanzi. Nella teoria degli elementi, egli, pure ammettendo con THALES un elemento primordiale unico, ma seguendo forse un me- todo più scientifico, non osò pronunciarsi su un elemento effettivo, ma lo lasciò indefinito (ἄπειρον) (10), po- nendo così a base di tutto qualche cosa di non conosciuto che, secondo la sua momentanea affezione (πάθη), ge- nera l’ una o l’altra sostanza. Ma questa indetermina- tezza fu ripudiata da ANAXIMENES che, tornando al vec- chio modo di pensare, proclamò l’aria (ἀήρ) come il principio di ogni cosa. (9) ANAXIMANDROS, figlio di Praxiades, sembra nato nel 610 e morto nel 545. Egli pubblicò il primo trattato scien- tifico scritto in greco ed in prosa, e che raccoglieva 1’ insieme delle sue dottrine. Ben presto però questo trattato dal titolo (originario ὃ) περὶ φύσεως andò perduto. DioGENES, seguendo ApoLLoporos, dice che AnAxIMANDROS lo scrisse di 64 anni (II, 2): ((Απολλόδωρός φησιν) ἐν τοῖς Χρονικοῖς τῷ δευτέρῳ ἔτει τῆς πεντηκοστῆς ὀγδόης ὀλυμπιάδος (cioè nel 547/6) ἐτῶν εἶναι ἑξήκοντα τεττάρων xa μετ᾽ ὀλίγον τελευτῆσαι. (10) Simpl. pbys. 24, 13: τῶν δὲ ἕν χαὶ χνοῦς" μενον χαὶ ἄπειρον λεγόντων ᾿Αναξίμανδρος μὲν Πραξιάδου Μιλήσιος Θαλοῦ γενόμενος διάδοχος καὶ μαθητὴς ἀρ χ ἣν τε καὶ στοιχεῖον elpexe τῶν ὄντων τὸ ἄπειρον, πρῶτος τοῦτο τοὔνομα χομίσας τῆς ἀρχῆς. λέγει δ᾽ αὐτὴν unte ὕδωρ μήτε ἄλλο τι τῶν χαλουμένων εἶναι στοιχείων, ἀλλ᾽ ἑτέραν τινὰ φύσιν ἄπειρον, ἐξ ἧς ἅπαντας γίνεσθαι τοὺς οὐρανοὺς καὶ τοὺς ἐν αὐτοῖς κόσμους «ἐξ ὧν δὲ N γένεσίς ἐστι τοῖς οὖσι, καὶ τὴν φθορὰν εἰς ταῦτα γίνεσθαι κατὰ τὸ χρεών διδόναι γὰρ αὐτὰ δίκην καὶ τίσιν. ἀλλήλοις τῆς ἀδικίας χατὰ τὴν τὸν ESS. Anaximenes e ? aria 53 ANAXIMENES pure di Miletos, fu il terzo grande, filosofo naturalista della così detta scuola ioni- ca (II); dai posteri egli fu designato come scolaro di ANAXIMANDROS. Anche ANAXIMENES non si occupò di matematica, mentre in altri campi in parte sviluppò, in parte modificò le idee di quello che fu riputato suo maestro. I dati che ci sono rimasti sulla teoria di ANAXIMENES ci permettono di riconoscere che anche questi immagi- nava l’ origine di tutte le sostanze da un elemento pri- mordiale ben definito che, come ho detto, in questo caso è l’aria (12). Ma in che modo avvengono poi le varia- zioni da una ad un’altra sostanza? Bisogna anzitutto notare, che così THALES come gli altri filosofi ionici, riconoscevano nella sostanza stessa il potere innato delle proprie trasformazioni ; in altri termini la concepivano come qualcosa di a n i- χρόνου τάξιν», ποιητικωτέροις οὕτως ὀνόμασιν αὐτὰ λέγων. (Ed in ciò da cui hanno avuto origine le cose vanno anche necessariamente a perire. Poichè esse pagano l’un l’altra la punizione per l’ ingiustizia secondo la successione del tem- po). — La parte spazieggiata è da Diets considerata come un frammento dell’ opera di AnAxIMANDROS. BuRNET, in- vece e HeATH fanno cominciare il frammento da χατὰ τὸ χρέων. --- Per il modo delle trasformazioni vedi anche ὃ 9, n. 5. (11) ANAXIMENES sembra nato nel 568 o nel 570 e morto nel 479 (12) AeTIos (I, 3, 4) esponendo il fondamento della teo- ria di ANAXIMENESs riporta un passo che Diers reputa es- sere un frammento dell’ antico filosofo (esso è spazieggiato nel brano che segue): ᾿Αναξιμένης Εὐρυστράτου Μιλήσιος ἀρχὴν τῶν ὄντων ἀέρα ἀπεφήνατο᾽ ἐκ γὰρ τούτου πάντα γίγνεσθαι καὶ εἰς αὐτὸν πάλιν ἀναλύεσθαι.’ « οἷον ἣ ψυχή, φησίν, ἣ ἡμετέρα ἀὴρ οὖσα σνγχρατεῖ ἡμᾶς, καὶ ὅλον τὸν χκόσμον πνεῦμα καὶ ἀὴρ περιέχει». (Così come la nostra anima è aria e perciò conserva noi stessi, così tutto il cosmo è circondato dall’aria). λέγεται δὲ συνωνύμως ἀὴρ καὶ πνεῦμα. ἁμαρτάνει δὲ MIELI 3 34 Ylozoismo ΤΣ ΗΝ mato e di divino (ylozoismo) (13). È questa una concezione che troviamo assai sparsa nei varî popoli ai primordî delle loro civiltà. La potenza quindi delle variazioni si trovava nell’ elemento primordiale stesso ; però noi non troviamo indicazioni, nelle referenze rela- tive ai due più antichi filosofi, sul modo nel quale queste trasformazioni avrebbero dovuto avvenire. Le referenze in- vece che abbiamo su ANAXIMENES ci rendono noto che egli stimava le altre sostanze formarsi dall’ aria per pro- καὶ οὗτος ἐξ ἁπλοῦ xat μονοειδοῦς ἀέρος καὶ πνεύματος δοκῶν συνεστάναι τὰ ζῷα, ἀδύνατον γὰρ ἀρχὴν μίαν τὴν ὕλην τῶν ὄντων ὑποστῆναι, ἀλλὰ χαὶ τὸ ποιοῦν αἴτιον χρὴ ὑποτιθέναι: οἷον ἄργυρος οὐκ ἀρχεῖ πρὸς τὸ ἔχπωμα γενέσθαι, ἐὰν μὴ τὸ ποιοῦν ἧ, τουτέστιν ὁ ἀργυροκόπος᾽ ὁμοίως καὶ ἐπὶ τοῦ χαλκοῦ καὶ τοῦ ξύλου καὶ τῆς ἄλλης ὕλης. In quest’ultima parte ΔΈΤΙΟΒ, o meglio la sua prima fonte, oltrepassa di gran lunga il pensiero di ANAXIMENES. È certo però che nel ritenere l’aria il principio di tutte le cose, e nel ravvicinare questa all’anima, il filosofo ionico intendeva inconsciamente di includere nella sua ἀρχή quel ποιοῦν che doveva, secondo i principî dell’ ylozoismo, dare ad essa stessa il potere, quasi intelligente, delle sue trasfor- mazioni. (13) Come testimonianza di questo fatto riportiamo i passi seguenti (dove però Cicero erra nel porre un dio esterno all’ acqua): Cicer. De Natura Deorum I, 10, 25: «Thales enim Milesius qui primus de talibus rebus quaesivit, aquam dixit initium rerum, deum autem eam mentem, quae ex aqua cuncta fingeret... Anaximandri autem opinio est nativos esse d e o s longis intervallis orientis occidentisque eosque innumerabilis esse mundos.... Post Anaximenes aera deum statuit, eumque gigni esseque immensum et infinitum et semper in motu ». Aet. 1, 7, 11: Θαλῆς νοῦν τοῦ κόσμου τὸν θεόν, τὸ δὲ πᾶν ἔμψυχον ἅμα καὶ δαιμόνων πλῆρες" διήχειν δὲ καὶ διὰ τοῦ στοιχειώδους ὑγροῦ δύναμιν θείαν κινητικὴν αὐτοῦ. tod. I modi delle trasformazioni 35 cessi di rarefazione e di condensazione (μάνωσις e πύχνωσις) (14). Del resto non molto diverse dovevano essere le concezioni su questo punto degli altri filosofi ionici e vedremo fra poco, trattando di un antico scritto sul numero sette, che quasi certamente una tale dottrina fu emessa già da ANAXIMANDROS. Certamente però ANAXIMENES ha dovuto in modo ben chiaro ed esplicito esprimere questa teoria, il fondamento della quale si è mantenuto a lungo e si mantiene tuttora, sotto certi riguardi, nella scienza moderna. Associato all’ elemento primordiale ed alle sue tra- sformazioni che avvengono continuamente, si trova unito, ma come πάθη, il concetto di caldo e freddo (θερμόν e Ψυχρόν). La prima idea di questo ci apparisce in ANAXI- MANDROS, poi in ANAXIMENES. Bisogna però rammen- tare che esse non sono potenze indipendenti dalle sostanze, come ad esempio il νεῖκος e la φιλία di EMPEDOKLES, ma sono invece proprietà che con le sostanze stesse va- riano (15). In ogni modo è ora a noi impossibile, con i documenti rimastici, esporre quali erano in modo par- ticolareggiato le opinioni di questi antichi filosofi ionici intorno alle trasformazioni delle sostanze, e probabil- mente anche le idee che essi avevano non erano così (14) Hermias trris. 7: τὸ πᾶν ἐστιν ὁ ἀήρ, καὶ οὗτος πυχνούμενος καὶ συνιστάμενος ὕδωρ καὶ γῆ γίνεται, ἀραιούμενος δὲ χαὶ διαχεόμενος αἰθὴρ καὶ πῦρ, εἰς δὲ τὴν αὑτοῦ φύσιν ἐπανιὼν ἀήῆρ᾽ ἀραιωθεὶς δὲ καὶ πυχνωθείς, φησίν (᾿Αναξιμένης) ἐξαλλάσσεται. Theophr. (in Simpl. Phys. 24, 26): L’aria — ἀραιού- μενον μὲν πῦρ γίνεσθαι, πυκνούμενον δὲ ἄνεμον, εἶτα νέφος, ἔτι δὲ μᾶλλον ὕδωρ, εἶτα γῆν, εἶτα λίθους, τὰ δὲ ἄλλα ἐκ τούτων. Vedi in $ 5, n. 18 il passo di PLouTAR- cHos Strom. che si riferisce ad ANAXIMENES. Anche $ 9, n. 4. (15) Plout. De primo frigore, 7,947, F: ἢ καθάπερ *Ava- ξιμένης ὁ παλαιὸς ᾧετο, μήτε τὸ ψυχρὸν ἐν οὐσίαι punte τὸ θερμὸν ἀπολείπωμεν, ἀλλὰ πάθη κοινὰ τῆς 36 Hippon, Idaios e Diogenes 1; ΞΕ 8040 chiare e ben distinte come vogliono farle apparire alcuni che cercano di darne una esposizione che non pecchi in nulla, nemmeno di poco sviluppo o di contraddizioni. 304 Gli altri naturalisti dell’Ionia seguono, nella teo- ria dell'elemento primordiale, chi l’uno chi Τ᾿ altro dei tre maggiori rammentati, oppure HERAKLEI- TOS, che ammetteva come origine di tutte le cose il fuoco. Di HERAKLEITOS, per ragioni cronologiche e di dottrina, parleremo più innanzi. Rammenterò, invece, sebbene vissuti nel secolo seguente, come agli ionici si riannodino in queste spe- culazioni, HipPon (Ἵππων) (secondo terzo del V secolo), che seguì Thales assumendo come elemento pri- mordiale l’acqua o meglio l’umido (ὑγρόν), ed IpAIOS (Ἰδαῖος), che si attiene ad ANAXIMENES am- mettendo l’aria come principio di ogni cosa. Ad ANAXIMENES si riannoda anche DIOGENES (Διογένης) d’Apollonia (verso il 430), che ammette che tutto sia trasformazione (ἑτεροίωσις) dell’aria e che ciò avvenga per rarefazione o condensazione, o, ciò. che è lo stesso, per riscaldamento o raf- freddamento. Per dimostrare ciò egli fa il se- guente ragionamento : la sostanza origine di tutte le cose deve essere una, perchè altrimenti non si spie- gherebbero le mescolanze e le trasformazioni; d’ altra parte questa sostanza deve essere intelligente e pensante; essa non può essere quindi che l’aria che penetra ovunque e che negli animali (come anima) è cagione di vita, movimento e pensiero (16). ὕλης ἐπιγιγνόμενα ταῖς μεταβολαῖς τὸ γὰρ συστελλόμενον αὐτῆς καὶ πυχνούμενον ψυχρὸν εἶναί φησι, τὸ δ᾽ ἀραιὸν χκαὶ τὸ χαλαρὸν (οὕτω πως ὀνομάσας xai τῷ ῥήματι) θερμόν. Perciò il respiro è freddo se ἣ πνοὴ πιεσθεῖσα καὶ πυχνωθεῖσα τοῖς χείλεσιν, è invece caldo se ἀνειμένου dè τοῦ στόματος ἐχπίπτουσα γίγνεται θερμὸν ὑπὸ μανότητος. (16) Su Iparos, Ηιρρὸν e Diocenes d’Apollònia, RIDI L’animismo negli ionici 27 * * * Abbiamo più sopra accennato come la scuola ionica riconoscesse tutte le cose come animate e aventi in sè stesse le forze di trasformazione e di movimento. Questo carattere, che si riannoda ad antiche superstizioni, si ri- conosce specialmente in THaLes. Egli riguarda quindi come divine, ossia come aventi un’ anima, le stelle, il sole, la luna; ed in generale stima che tutti i corpi siano come pieni di dei. In occasione dell’ esposizione di queste vedute ve- diamo rammentata, come conosciuta da THALES, la pietra magnetica. Questa osservazione rimane però isolata, nè, per allora, portò a conseguenze scienti- fiche o pratiche (17). ed in particolare sui ragionamenti di quest’ ultimo intorno all’ elemento primordiale ed alle qualità dell’aria vedi il $ 9 di questo capitolo. (17) Sull’ animismo di THÙares e sulla sua conoscenza della pietra magnetica riporto le seguenti citazioni: Plat. leg. X 899 B: ἄστρων δὲ δὴ πέρι πάντων καὶ σελήνης ἐνιαυτῶν τε καὶ μηνῶν χαὶ πασῶν ὡρῶν πέρι τίνα ἄλλον λόγον ἐροῦμεν, ἢ τὸν αὐτὸν τοῦτον, ὡς ἐπειδὴ ψυχὴ μὲν ἢ ψυχαὶ πάντων τούτων αἴτιαι ἐφάνησαν, ἀγαθαὶ δὲ πᾶσαν ἀρετήν, θεοὺς αὐτὰς εἶναι φήσομεν; εἴτε ἐν σώμα- σιν ἐνοῦσαι, ζῷα ὄντα, χοσμοῦσι πάντα οὐρανόν εἴτε ὅπῃ τε καὶ ὅπως; ἔσθ᾽ ὅστις ταῦτα ὁμολογῶν, ὑπομενεῖ μὴ θεῶν εἶναι πλήρη πάντα; I concetti qui espressi sono senza dubbio quelli che dobbiamo attribuire a Thales, ed, in parte, ai suoi suc- cessori. Arist. de anima I. 5: χαὶ ἐν τῷ ὅλῳ δέ τινες αὐτὴν {sc. τὴν ψυχήν] μεμεῖχθαί φασιν, ὅθεν ἴσως καὶ Θαλῆς φήθη πάντα πλήρη θεῶν εἶναι. Id. I. 2: Ξοῖχε ὃὲ καὶ Θαλῆς, EE ὧν ἀπομνημονεύ- ουσι χινητικόν τι τὴν ψυχὴν ὑπολαβεῖν, εἴπερ τὸν λίθον (la pietra magnetica) ἔφη ψυχὴν ἔχειν, ὅτι τὸν σίδηρον κινεῖ. 8.5. IDEE ASTRONOMICHE E COSMOGONICHE NELLA SCUOLA IONICA. Le idee astronomiche e cosmogoniche di THALES sono assai primitive. La terra non è altro che un disco piatto che galleggia sull'acqua, mentre so- pra di essa si eleva la volta celeste, dove si muovono il sole, la luna e le stelle. Anche sotto questo rapporto può dirsi che le sue idee non siano altro che quelle che negli antichi imperi orientali erano rimaste allo stadio di scienza popolare. Un passo assai maggiore compì ANAXIMANDROS presso il quale, come abbiamo notato, si manifesta un indirizzo più scientifico e positivo. ANAXIMANDROS ha conosciuto uno strumento, an- che esso proveniente dagli imperi orientali (1), il πόλος. Esso consisteva, come il gnomone, in un asse posto (1) HeRopoTos dice espressamente che i greci presero dai babylonesi, il gnomone, il polo, e la divisione del giorno in dodici ore. II, 109: πόλον μὲν Yap xa yvopova xa, τὰ δυώδεκα μέρεα τῆς ἡμέρης παρὰ Βαβυλωνίων ἔμαθον οἱ “Ἑλληνες. Droc. L. attribuisce ad AnAxIMANDROS l’ invenzione del gnomone, e narra come impiantasse un orologio solare in Sparta (II, 1): εὖρεν δὲ καὶ γνώμονα πρῶτος καὶ ἔστησεν ἐπὶ τῶν σχιοθήρων ἐν Λαχεδαίμονι, καθά φησι Φαβωρῖνος ἐν Παντοδαπῇ ἱστορίᾳ, τροπάς τε χαὶ ἰσημερίας σημαί- vovta χαὶ ὡροσχοπεῖα χατασχεύασε. — DieLs stima che questo passo sia dovuto ad un’ errore di collocazione della notizia, dovuto a DiocGENES o ad una delle sue I.-$ 5 Anaximandros 39 verticalmente ; ma l’asse invece di essere grande e di proiettare la sua ombra su un piano, era di piccole di- mensioni e veniva fissato in una semisfera,in modo che la sua estremità superiore ne formava il centro. Ogni giorno l’ ombra dell’ estremità dello stilo descriveva en- tro la semisfera un arco di cerchio parallelo all’ equa- tore. Facile era dividere questo in parti uguali e così stabilire la durata delle ore. Ma mentre in Bsabylo- nia tutto il parallelo era diviso in dodici parti, onde le ore erano sempre uguali, i greci divisero in dodici ore solamente l’ arco diurno. Le ore in tal modo varia- vano col variare delle stagioni e delle latitudini. Queste ore vennero poi designate come variabili (καιρικαί) fonti (Yorsokr. I, 2, A, 1). Altre referenze, infatti attri- buiscono il fatto ad AnAxIMENESs. Così Prinivs (II, 187) ci narra: «umbrarum hanc rationem et quam vocant gnomoni- cen invenit Anaximenes Milesius, Anaximandri.... di- scipulus, primusque horologium quod appellant sciothericon Lacedaemone ostendit ». — Il fatto al quale accenna PLInIUS in principio è : «sic fit ut vario lucis incremento in Meroe lon- gissimus dies XII horas aequinoetialis et octo partis unius horae colligat, Alexandriae vero XIV horas, in Italia XV, in Britannia XVII ». Della costruzione del gnomone e degli orologi solari tratta Vitruvius nel IX libro del De architectura. Nel cap. 8 VirruvIus ci dà un accenno sugli inventori dei diversi oro- logi solari, ma le sue indicazioni non sono troppo esatte: « hemicyclium excavatum ex quadrato ad enclimaque suc- cisum (cioé 11] πόλος) Berosus Chaldeus dicitur invenisse : scaphen sive hemisphaerium Aristarchus Samius : idem etiam discum in planitia : arachnen Eudoxus astrologus; nonnulli dicunt Apollonium. plinthium sive lacunar, quod etiam in Circo Flaminio est positum, Scopinas Syracusius; πρὸς τὰ ἱστορούμενα Parmenion; πρὸς πᾶν χλῖμα Theodosius et Andreas: Patrocles pelecinon, Dionysodorus conum, Apollo- nius pharetram: aliaque genere et qui supra scripti sunt et alii plures inventa relinquerunt, uti conarchenen, encona- tum, plinthium, antiboraeum ». 40 II gnomone ed il polos I -.$ 5. per distinguerle da quelle fisse. o equinoziali. I πόλοι rimasero in uso in Grecia per parecchio tempo, poi, nonostante l’ opera che vi avevano speso ANAXI- MANDROS e più tardi DEMOKRITOS, sparirono dinnanzi ai quadranti piani. Il primo di questi, come vedremo, fu trovato da ARISTARCHOS di Samos. Col πόλος, come con il gnomone, ANAXIMANDROS poteva seguire il corso del sole ed esaminare più esat- tamente le cose già note sullo spostamento di esso nel cielo, sugli equinozi, sui solstizi, etc. In particolare egli potè riconoscere così l’ inclinazione sull’orizzonte del corso del sole e degli astri. Ma, come vedremo meglio nel pa- ragrafo che tratterà della geografia ionica, non arrivò Il WoepPcKE nel volume sotto citato discute intorno alla conformazione degli orologî solari ricordati da VirRuvius (]. PrestEL nel suo Zebn Biicher iber Architertur des Marcus Vitru- vius Pollio iibersetzt und erliutert von F. Pr. 2 vol. Strassburg, 1913-14, non fa che riportare in breve quello già detto dal precedente autore): Il primo (l’hemicyelium excavatum e qua- drato ad enclimaque succisum) corrisponde appunto al πόλος. Di questi se ne sono trovati nello scavo di una villa sul monte Tusculano, ed altri due, sempre vicino a Roma, a Castel- nuovo ed a Rignano. G. BiLFincER stima (Die Zeitmesser der antiken Vol ker, p. 21) chei πόλοι ed i gnomoni servissero agli ionici solo per misure astronomiche, mentre l’ uso di essi e di altri stru- menti simili per la misura delle ore si stabilisse solo nell’ epoca alexandrina. Questa opinione contrasta però col passo citato di Heroporos nel quale si accenna alle dodici parti del giorno. [Sugli strumenti di misura del tempo vedi Fr. WoEPCKE, Disquisitiones archeologico-mathematicae circa solaria veterum. Berolini, 1842 — ed i varî scritti di Gustav BiLFincER: Die antike Stundenzablung, Stuttgart, 1883; Die Zeittmesser der antiken Vòlker, Stuttg., 1886; Die antiken Stundenangaben, Stuttg., 1888; Die Babylonische Doppelstunde, Stuttg., 1888 ; Die mittelalterlichen Horen und die modernen Stunden, Stuttg., 1892]. iS La terra sospesa nello spazio 41 a riconoscere la terra come sferica, poichè egli seguì ancora l’ opinione che essa fosse piana o leggermente incurvata. Una conseguenza di ciò è che essa non po- teva possedere che un solo orizzonte. Se in questo ordine di idee non giunse a compiere il passo che vedremo fatto dalla scuola pythagorica, ne compì uno grandissimo nei rapporti fra la terra ed il cielo. Abbandonando l’ ipotesi primitiva di THALES e prolungando arditamente il corso diurno degli astri, al- largò l’ emisfero celeste fino ad una sfera compiuta, rac- chiudente nel suo centro la terra. Questa veniva così a trovarsi isolata e sospesa nel mezzo allo spazio, e la pos- sibilità di questo. fatto veniva da lui dimostrata, ed in modo da attirarsi più tardi il motteggio di A RISTOTELES (2), col dire che essendo la terra lontana ugualmente da (2) Arist. De coelo. II, 13: Εἰσὶ Sé τινες o διὰ τὴν ὁμοιότητά φασιν αὐτὴν μένειν, ὥσπερ τῶν ἀρχαίων ᾿Αναξίμανδρος. μᾶλλον μὲν γὰρ οὐθὲν ἄνω ἣ κάτω ἢ εἰς τὰ πλάγια φέρεσθαι προσήκει τὸ ἐπὶ τοῦ μέσου idpu- μένον χαὶ ὁμοίως πρὸς τὰ ἔσχατα ἔχον᾽ ἅμα δ᾽ ἀδύνατον εἰς τἀναντία ποιεῖσθαι τὴν κίνησιν, ὥστ᾽ ἐξ ἀνάγκης μένειν. τοῦτο δὲ λέγεται χομψῶς μέν, οὐκ ἀληθῶς de κατὰ γὰρ τοῦτον τὸν λόγον ἀναγκαῖον ἅπαν, ὅ τι ἂν τεθῇ ἐπὶ τοῦ μέσου, μένειν..... καὶ τοῦ πεινῶντος χαὶ διψῶντος σφόδρα μὲν ὁμοίως δὲ xai τῶν ἐδωδίμων καὶ ποτῶν ἴσον ἀπέχοντος (καὶ γὰρ τοῦτον ἠρεμεῖν ἀναγκαῖον). Il paragone con l’uomo affamato ed asse- tato che si trova circondato ad eguale distanza dai cibi e dalle bevande e perciò, non potendo muoversi a preferenza verso l’ una o verso l’altra, è costretto a rimanere fermo, è il primo accenno a quell’ argomento molto comune e fa- moso nei tempi scolastici e che è conosciuto col nome di asino di Buridano. Non è fuori luogo ricordare però come le accurate ricerche fatte da Pierre DuneM (£tudes sur Léonard de Vinci, 3.me série. Paris, 1913, pag. 16) negli scritti di Jean ΒΌΒΙΡΑΝ (metà del sec. XIV) non siano riu- scite a scoprire in alcuna parte di essi l’ esempio citato. L’appellativo di Buridano quindi non è storicamente esatto. 42 La terra piatta sorretta dall'aria ΤῸ ΞΘ ΘΗΝ tutti i punti del cielo, non vi era alcuna ragione per la quale essa si muovesse in un senso piuttosto che in un altro (3). Questa ardita e feconda opinione, affermante la terra sospesa in mezzo allo spazio, fu abbandonata anche essa dal suo meno spregiudicato successore, ANAXIMENES, il ‘quale, pur mantenendo la sfericità del cielo, fece posare la terra sopra l’aria, supponendo forse, a quanto ne possiamo giudicare, l’ emisfero inferiore pieno di aria compressa e separato completamente, per mezzo della terra, dall'emisfero superiore (4). * xk Tornando al sistema di ANAXIMANDROS esaminiamo brevemente le sue idee intorno al sole, alla luna, ed alle stelle. ANAXIMANDROS, supponendo anzitutto il mondo infinito ed illimitato, ed affermando che in esso è eterno ed indistruttibile il moto, non poteva ammettere, come il suo successore, una volta solida che lo limitasse (5). (3) Questo genere di ragionamenti che sono tutt’ altro che rigorosamente scientifici, non sono solamente frequen- tissimi, ma hanno anche avuto capitale importanza nello sviluppo delle varie teorie. Esempi numerosissimi ne vedremo nel corso di questa storia. (4) Artisti De celo; ΤΠ τ: ΤΑ να δι εν ἢ τ καὶ ᾿Αναξαγόρας xa Δημόκριτος τὸ πλάτος αἴτιον εἶναί φασι τοῦ μένειν αὐτήν. οὐ γὰρ τέμνειν ἀλλ᾽ ἐπιπωματίζειν τὸν ἀέρα τὸν κάτωθεν, ὅπερ φαίνεται τὰ πλάτος ἔχοντα τῶν σωμάτων ποιεῖν: ταῦτα γὰρ καὶ πρὸς τοὺς ἀνέμους ἔχει δυσκινήτως διὰ τὴν ἀντέρεισιν. ταὐτὸ δὴ τοῦτο ποιεῖν τῷ πλάτει φασὶ τὴν γῆν πρὸς τὸν ὑποχείμενον ἀέρα: τὸν δ᾽ οὐκ ἔχοντα μεταστῆναι τόπον ἱκανὸν ἀθρόον τῷ κάτωθεν ἠρεμεῖν, ὥσπερ τὸ ἐν ταῖς χλε- ψύδραις ὕδωρ. ὅτι δὲ δύναται πολὺ βάρος φέρειν ἀπολαμ- βανόμενος καὶ μένων ὁ ἀήρ, τεκμήρια πολλὰ λέγουσιν. (5) Sebbene ciò abbia una minore importanza dal lato scientifico, è opportuno accennare qualche cosa sugli infiniti 7. ΞΘ ανΕ, La questione dell’ infinità dei mondi 43 Invece, riferendosi all’ esperienza, continuamente sotto i suoi occhi, del movimento delle ruote dei carri, egli per spiegare i fenomeni celesti, immaginò qualche cosa di analogo. Tre grandi ruote, pensa ANAXIMANDROS, che hanno la terra come proprio centro, girano intorno ad essa, mentre il loro piano è variamente inclinato sul piano della terra. Le ruote si sono formate quando il mondi ammessi da Anaximanpros. È utile perciò riportare le diverse fonti che ci danno informazioni in proposito. Leggiamo in Cicero (de nat. deor. I, 10): cAnaxi- mandri autem opinio est nativos esse deos longis in- tervallis orientis occidentisque, eosque innumerabilis esse mun- dos ». Più chiaramente Aucustinus (Civ. dei, VIII, 2), pur facendo confusione fra 1’ ἄπειρον originario ed i mondi infi- ἩΠῚ οἱ ΠΟ: «Non enim ex una. re sicut Thales ex umore, sed ex suis propriis principiis quasque res nasci pu- tavit. Quae rerum principia singularum esse credidit infinita, et innumerabiles mundos gignere et quaecumque in eis oriun- tur; eosque mundos modo dissolvi modo iterum gigni existi- mavit, quanta quisque aetate sua manere potuerit, nec ipse aliquid divinae menti in his rerum operibus tribuens ». Per questo ANAXIMANDROS è insieme ad altri considerato sosteni- tore dell’ ipotesi di infiniti mondi. Leggiamo infatti in ΔΈΤΙΟΒ (II. 1, 3): «᾿Αναξίμαν δρος, ᾿Αναξιμένης, ᾿Αρχέλαος, Ξενοφάνης, Διογένης, Λεύκιππος, Δημόχριτος, ᾿Επίχουρος ἀπείρους κόσμους ἐν τῷ ἀπείρῳ κατὰ πᾶσαν περιαγωγήν [γίνεσθαι καὶ φθείρεσθαι] » mentre (II. 1, 2): « Θαλῆς, Πυθαγόρας, ᾿Εμπεδοκλῆς, Ἕκφαντος, Παρμενίδης, Μέλισσος, Ἡράχλειτος, ᾿Αναξα- γόρας, Πλάτων, ᾿Αριστοτέλης. Ζήνων ἕνα τὸν χόσ- ον ». Ed altrove ancora AETIOs (I, 7, 12) ci dice che ᾽Α. ἀπεφήνατο τοὺς ἀπείρους οὐρανοὺς θεούς. Così SIMPLIKIOS ci narra (de celo, 615, 13) che ’A. δὲ Θαλοῦ πολίτης χαὶ ἑταῖρος... ἄπειρον δὲ πρῶτος ὑπέθετο, ἵνα ἔχῃ χρῆσθαι πρὸς τὰς γενέσεις, ἀφθόνως" καὶ κόσμους δὲ ἀπεί- ρους οὗτος καὶ ἕχαστον τῶν κόσμων ἐξ ἀπείρου τοῦ τοιούτου στοιχείου ὑπέθετο ὡς δωχεῖ. Ed altrove lo stesso 44 Infinità nel tempo e nello spazio I. - S 5. fuoco (πῦρ) (6), che prima circondava tutta quanta la terra, si squarciò, in seguito all’ eterno movimento del cielo, rimanendo inviluppato nelle tre grandi guaine circolari di aria che ruotano intorno a noi facendo un giro nel corso circa di una giornata. Queste tre grandi ruote sono, per ordine di grandezza crescente del loro diametro, e quindi di lontananza dalla terra, quelle del- commentatore ci dice (phys. 1121, 5): οἱ μὲν γὰρ ἀπεί- ρους τῷ πλήθει τοὺς κόσμους ὑποθέμενοι, ὡς oi περὶ “A v a- ξίμανδρον καὶ Λεύκιππον χαὶ Δημόχριτον καὶ ὕστερον οἱ περὶ ι᾿ιΕπίκουρον, γινομένους αὐτοὺς καὶ φθειρομένους ὑπέθεντο ἐπ᾽ ἄπειρον, ἄλλων μὲν ἀεὶ γινομένων ἄλλων δὲ φθειρομένων καὶ τὴν κίνησιν ἀίδιον ἔλεγον᾽ ἄνευ γὰρ κινήσεως οὐκ ἔστι γένεσις ἢ φθορά. 12 ul- tima parte, va notato, non credo che si possa riferire direttamente alle nti di ANAXIMANDROS; essa deriva da quelle degli atomisti. Ma come è stata interpretata attualmente la dottrina dell’ infinità dei mondi di ANAXIMANDROS ? ZELLER inter- preta questa infinità nel tempo, supponendo una inter- minabile serie di mondi che si seguono a grandi intervalli. Ma J. BurNET mostra che ciò non è giusto, e che i mondi devono considerarsi coesistenti ed a grandi intervalli di distanza fra di loro. È giusto quindi (NeuHAusER, Anaxi- mander Milesius) considerare in due sensi questo infinito, ed immaginare una serie indeterminata di mondi che si tro- vano, ciascuno per suo conto, in uno stato continuo di na- scita e di morte. Le teorie astronomiche poi di ANAXIMAN- DROS si riferiscono al nostro mondo, composto della terra e dei grandi cerchi stellari. (6) È da notare che gli antichi fisici greci con πῦρ non intendevano un fuoco nel senso propriamente ristretto e come una sostanza che emette luce e calore; essi piuttosto lo ri- guardavano come una sostanza che mentre allo stato nor- male è della natura dell’ aria, in casi particolari, come in seguito ad un movimento veloce ed improvviso, od all’ u- scita ed all’attrito attraverso fori, etc., può dare l’ impres- sione luminosa e calorifica del fuoco. Ι. -ς 5. Le ruote celesti di Anaximandros 45 l’anello stellare (zodiaco), del cerchio lu- nare e del cerchio solare (7). Noi però non vediamo tre ruote di fuoco ma singoli fuochi celesti, e questo perchè le tre grandi guaine d’aria hanno dei fori attraverso ai quali passa continuamente e con vio- lenza il πῦρ che per questo suo movimento diviene luminoso in quei punti, e può così diffondere luce e-*calore (8). Questa teoria permetteva non solo di spiegare facil- mente le eclissi, ammettendo che queste avvenissero quando per una ragione o per un’altra, il foro si ottu- rava, ma anche le fasi della luna, riferendosi alla conti- nua e periodica variazione della forma del foro esistente sulla ruota corrispondente. Alcuni ammettono anche che ANAXIMANDROS in- segnasse che durante la notte, pure rivolgendosi la ruota corrispondente in senso inverso a quello seguito durante il giorno, il sole non si vedesse perchè il foro si rivolgeva allora dalla parte opposta alla terra (9). La cagione per la quale è stata fatta questa ipotesi ri- (7) Hippol. 1, 6, 4: τὰ δὲ ἄστρα γίγνεσθαι χύκλον πυρός, ἀποχριθέντα τοῦ χατὰ τὸν κόσμον πυρός, περι- ληφθέντα δ᾽ ὑπὸ ἀέρος. ἐκπνοὰς δ᾽ ὑπάρξαι πόρους τινὰς αὐλώδεις, καθ᾽ οὗς φαίνεται τὰ ἄστρα᾽ διὸ καὶ ἐπιφρασσομένων τῶν ἐχπνοῶν τὰς ἐχλείψεις γίνεσθαι. --- Vedi anche $ 10, n. 8. (8) Si possono interpretare le fonti rimasteci anche nel senso che il πῦρ fosse continuamente luminoso e riparato ovunque dalla guaina d’aria eccettuato i luoghi nei quali, attraverso i fori, esso si poteva mostrare. Ma questa inter- pretazione è infirmata dalla obiezione assai ovvia, e che ANA- XIMANDROS non può avere trascurato, che oppone il fatto che allora le ruote più vicine avrebbero dovuto occultare, almeno in parte, quelle più lontane. Volere ammettere che pure occultando il fuoco interno le guaine di aria fossero trasparenti per le ruote posteriori è cosa inconcepibile. Sulla stessa origine per i fulmini e lampi parlerò trat- tando della meteorologia di ARISTOTELES. (9) Confr. Gilbert, Die meteor. Theor. 46 Misure celesti di Anaximandros 1.*-U6 57 siede nel fatto, allora ammesso dall’ opinione comune, che cioè la parte inferiore del cosmo dovesse essere av- volta in un’ eterna oscurità. ANAXIMANDROS arrivò ancora ad enunciare dei dati che non sappiamo bene su quale fondamento potessero essere basati. Essi ci avrebbero dovuto rappresentare i diametri delle ruote celesti riferiti al diametro della terra. Così il diametro della ruota del sole sarebbe stato esternamente 28 volte, internamente 27 volte il diame- tro della terra; quello lunare rispettivamente 19 e τὸ; infine quello stellare (o dello zodiaco, o della via lattea) ancora minore, forse di 10 e 9. (10). Per completare l’ esposizione del sistema cosmico di (10) Aet. II, 20, 1:°A.tòy ἥλιον κύχκλον εἶναι ὀκτωκαι- ειἰκοσαπλασίονα τῆς γῆς, ἁρματείῳ τροχῷ παραπλήσιον, τὴν ἁψῖδα ἔχοντα χοίλην, πλήρη πυρός, κατά τι μέρος ἐχφαί- νουσᾶν διὰ στομίου τὸ πῦρ ὥσπερ διὰ πρηστῆρος αὐλοῦ. xai τοῦτ᾽ εἶναι τὸν ἥλιον. II. 21,1: ᾽Α. τὸν μὲν ἥλιον ἴσον εἶναι τῇ γῇ; τὸν δὲ χύχλον, ἀφ᾽ οὗ τὴν ἐκπνοὴν ἔχει καὶ ὑφ᾽ οὗ περιφέρεται, ἑπτακαιεικοσαπλασίω τῆς γῆς. II. 25, 1: τὴνο σελήνην κύκλον εἶναι ἐννεακαι- δεκαπλασιόνα τῆς γῆς, ὅμοιον ἁρματείῳ « τροχῷ > χοίλην ἔχοντι τὴν ἁψῖδα xat πυρὸς πλήρη. 1,13,7: τὰ ἄστρα εἶναι πιλήματα ἀέρος τροχοειδῇ, πυρὸς ἔμπλεα, χατά τι μέρος ἀπὸ στομίων ἐκπνέοντα φλόγας. Senza alcun dubbio le cifre date da ANAxIMANDROS non derivano da misure e neanche da valutazioni approssi- mative, ma da quella mistica dei numeri che eserciterà tanta influenza nella scuola pythagorica. ANAxIMANDROS suppone lo zodiaco, la luna ed il sole (o meglio il diametro delle loro guaine) della stessa grandezza della terra, e suppone inoltre che le loro distanze dalla terra (dal lato interno della guaina) siano rispettivamente 9, 18 e 27 ossia 3° (dove 3 è il numero sacro che figura come tale anche in HomEROS), 2:32: 5:3}. Proiettandolo in un piano il mondo di ANAXIMANDROS Io 915. Diametro delle ruote celesti 47 ANAXIMANDROS diremo come egli ammetta che la terra, che come si è detto egli ritiene libera nello spazio, sia nel centro del mondo, abbia la forma di un tronco di colonna, ossia di un cilindro limitato da due basi piane, nella quale il rapporto del diametro all’ altezza doveva essere di 31:1 (II) (12). potrebbe quindi raffigurarsi come nella figura qui accanto (nella quale per comodità di disegno, non è serbata la pro- porzione 1:9 fra le dimensioni della terra e delle stelle e le distanze fra di esse, e non sono completati i cerchi). SOLE (be Hwpp: ref. 1,00, 3: τὴν δὲ γὴν εἶναι μετέωρον ὑπὸ μηδενὸς χρατουμένην, ULI μένουσαν δὲ διὰ τὴν ὁμοίαν na , Ψ , \ x πάντων ἀπόστασιν. τὸ δὲ σχῆμα αὐτῆς γυρόν, / STELLE στρογγύλον, κίονι λίθῳ | παραπλήσιον" τῶν δὲ | O TERRA ἐπιπέδων ᾧ μὲν ἐπιβεβήκα- ὶ μεν, ὅ δὲ ἀντίθετον ὑπάρχει. ἘΣ: (12) Siopina che alcuni pas- si di ARISTOTELES (Meteorol. tte ΠΡ 2): (εἶναι γὰρ τὸ πρῶτον ὑγρὸν ἅπαντα τὸν περὶ τὴν γὴν τόπον, ὑπὸ δὲ τοῦ ἡλίου ξηραινόμενον τὸ μὲν διατμίσαν πνεύματα καὶ τροπὰς ἡλίου καὶ σελήνης φασὶ ποιεῖν, τὸ δὲ λειφθὲν θάλατταν εἶναι" διὸ καὶ ἐλάττω γίνεσθαι ξηραινομένην οἴονται καὶ τέλος ἔσεσθαί ποτε πᾶσαν ξηράν) si riferiscano ad ANAXIMANDROS. Ciò viene attestato da ALFxANDROS che si riferisce in questo all’autorità di THEoPHRAsTOs (Alex. 67, 3: ταύτης τῆς δόξης ἐγένετο, ὡς ἱστορεῖ Θεόφραστος, Αναξίμανδρός τε καὶ Διογένης). Anche Αεξτιοβ (III, 16,1) ci conferma che ANAXIMANDROS suppone il mare attuale un residuo del mare primitivo. Fig. 2. 48 I προπαί del sole Lx * * * ANAXIMENES non accettò la maggior parte delle idee astronomiche del suo predecessore. Abbiamo visto come non mantenesse l’ ipotesi della terra librantesi nello spa- zio. Egli, invece, datale la forma di una tavola (τρα- tetoe.dn), la faceva riposare su uno strato di aria. Egli Per quello che si riferisce al vento generato dal- l’acqua evaporatasi, rimando più oltre, specialmente a quando trattando dei venti secondo ARISTOTELES considererò anche le opinioni dei suoi predecessori. Per quello poi che riguarda i tporat del sole (e della luna) è sorta viva discussione in pro- posito. Molti, e questa credo l’opi- nione più plausi- bile, hanno stima- to che la parola τροπῇ non signi- ficasse qui che il movimento circo- lare dei detti astri. Altri invece le han- no attribuito il si- gnificato assunto più tardi di rivol- gimento del sole ai solstizî nel suo cammino verso un polo, per tornare ad approssimarsi all’ altro. NEUHAUSER (Anaximander Milesius, p. 405) ha perciò immaginato che la fascia del sole sia mobile intorno ad un asse (A A) che passa per la terra perpendicolarmente alla linea che congiunge i poli ΝΟ; (vedi fig. 3 che ho tolto dal volume citato dell’ HraTH). Il sole piglierebbe così (ai solstizi) le posizioni estreme SS e S' S'. Il suo movimento Fig. 3. de: 3. Idee astronomiche di Anaximenes 49 abbandonò anche l'ipotesi dell’ infinità del mondo e quella delle tre ruote rappresentanti il sole, la luna, le stelle. All’ estremità del mondo l’aria si rapprende in una massa cristallina (χρυσταλλοειδές) ; non di ghiaccio, ben inteso, come intendono alcuni, ma simile ad esso; e su di quella sono infitte le stelle (13) che non sono altro che sottili superfici luminose (per sè o anche riflettenti la luce del fuoco celeste ?). Questa sfera cristallina è durante il giorno animata da un movimento da oriente ad occidente. Il sole e la luna, invece, non sono solidamente infitte in questa volta, ma, sembra, solamente ad essa aderenti. In tal modo si spiega il loro spostamento ri- spetto alla volta celeste. Gli astri inoltre sono di natura ignea e gal- leggiano quasi sull’aria. Quando nel loro’ giro quotidiano giungono all’orizzonte essi non percorrono, come supponeva ANAXIMANDROS, la parte inferiore della sfera (che secondo ANAXIMENES non esiste), ma per- corrono da un lato la terra galleggiando sull’ oceano, fino a raggiungere il punto nel quale devono nuovamente levarsi. In questo viaggio la vista del sole e delle stelle, si rivolterebbe a cagione dei venti sollevantisi rispettivamente dal Mediterraneo e dal Mar Nero, o dall’ Oceano meridio- nale, quando il sole culmina su di essi. L’ opinione però è poco sostenibile. SarTORIUS poi (Die Entwicklung der Astronomie bei den Griechen bis Anaxagoras und Empedokles, p. 29) dando anche un significato reale alle misure riportate per la grandezza del sole e della sua distanza attribuisce ad ANAXIMANDROS un sistema (analogo ad alcuni posteriori) nel quale il sole si muove nel tempo di un anno intorno ad un centro, che gira a sua volta in ventiquattro ore intorno alla terra. L’ ipotesi di SARTORIUS non si basa però su alcun fondamento storico. (Per notizie più particolareggiate vedi Heath. l. c. 32). (13) Aetios. II, 14,3: ᾿᾿Αναξιμένης ἥλων δίκην καταπεπηγέναι τὰ ἄστρα τῷ χρυσταλλοειδεῖ. MIELI 4 50 Anaximenes ed 1 pianeti ΡΈΕΙ 80058 che sembra facciano la stessa via, è impedita agli abi- tanti dell’ οἰκουμένη dalle alte montagne che si ele- vano verso settentrione (14). Se in tutte queste idee astronomiche si scorge un evidente regresso rispetto a quelle di ANAXIMANDROS, in un punto ANAXIMENES ha invece introdotto un concetto che ben presto doveva portare frutti copiosi. Per spiegare le eclissi egli immaginò l’ esistenza di corpi (14) Hippol. ref. I,7,4: τὴν δὲ γῆν πλατεῖαν εἶναι ἐπ᾿ ἀέρος ὀχουμένην, ὁμοίως δὲ καὶ ἥλιον καὶ σελήνην xat τὰ ἄλλα ἄστρα πάντα πύρινα ὄντα ἐποχεῖσθαι τῷ ἀέρι διὰ πλάτος. id. I, 7, 6: οὐ χινεῖσθαι δὲ ὑπὸ γῆν τὰ ἄστρα λέγει, καθὼς ἕτεροι ὑπειλήφασιν, ἀλλὰ περὶ γῆν, ὡσπερεὶ περὶ τὴν ἡμετέραν χεφαλὴν στρέφεται τὸ πιλίον. κρύπτεσθαί τε τὸν ἥλιον οὐχ ὑπὸ γῆν γενόμενον, ἀλλ᾽ ὑπὸ τῶν τῆς γῆς ὑψηλοτέρων μερῶν -σχεπόμενον καὶ διὰ τὴν πλείονα ἡμῶν αὐτοῦ γενομένην ἀπόστασιν. Vedi anche Aristoteles, Meteor. II, 1: πολλοὺς πεισθῆναι τῶν ἀρχαίων μετεωβολόνων τὸν ἥλιον μὴ φέ- ρεσθαι ὑπὸ γῆν ἀλλὰ περὶ τὴν γῆν καὶ τὸν τόπον τοῦτον. ἀφανίζεσθαι δὲ καὶ ποιεῖν νύχτα διὰ τὸ ὑψηλὴν εἶναι πρὸς ἄρχτον τὴν γῆν. Come è possibile che le stelle siano fissate nella volta cristallina e che poi, arrivate all’orizzonte, passino, girando dalla parte superiore del piano terrestre, alla parte donde si devono levare ὃ Le contradizioni che vi sono nelle varie opinioni attribuite ad AnAxIMENES hanno dato luogo a molte discussioni (di ScHAUBAcCH, OETTINGER, ZELLER, MARTIN, TEIcHMiLLER, ed altri; vedi Heath, l. c.) senza che potes- sero venire chiarite. La contradizione, forse si trova nel pensiero stesso del filosofo greco. Più importante è l’ osservazione che si può fare osser- vando il primo passo citato di HippoLyTos, dove dice che ἥλιον καὶ σελήνην xat τὰ ἄλλα ἄστρα... ἐποχεῖ- σθαι τῷ ἀέρι διὰ πλάτος. Questo passo messo in relazione con l’altro di Aetios (II, 23, 1): A. ὑπὸ πεπυκχνωμένου ἀέρος καὶ Erin 5. I corpi celesti oscuri e le eclissi 5I oscuri aventi la natura della terra (15). Questi corpi si muovono sul cielo e quando passano davanti al sole ed alla luna essi li celano a noi. Questa teoria, alla quale il TANNERY riconosce ampiamente un grande merito (16), mostrò poi la sua piena utilità quando si arrivò ad am- mettere la esistenza dei mondi oscuri ed illuminati per luce riflessa, e quando si accoppiò il nocciolo solido del- ἀντιτύπου ἐξωθούμενα τὰ ἄστρα τὰς τροπὰς ποιεῖσθαι, ha fatto pensare che nel nominare qui τὰ ἄστρα ANAXIMENES non volesse indicare le stelle fisse, ma quelle erranti, τὰ πλανώμενα, che nel numero di sette furono fra i greci scoperte ed indicate per i primi dai pythagorici. In Anaxr MENES 81 sarebbe così trovato presso i greci la prima indica- zione, od una delle prime, contemporanea a quelle dei primi pythagorici, dei pianeti. Nel passo di AretIos, infatti, τὰς τροπάς (come in un passo analogo, sopra citato, che si riferisce ad ANAxIMANDROS) non indica i solstizî, ma il corso di quelle date stelle (diverso da quello di tutte le altre stelle fissate nella volta cristallina). Queste stelle dunque sono ritardate nel loro cammino dalla resistenza dell’ aria, e, come il sole e la luna si librano su di essa. Si noti ancora come, rivoltando il sistema di ANAXIMAN- DROS, ANAXIMENES mentre suppone il mondo limitato dalla volta cristallina alla quale sono infitte le stelle (fisse), viene così necessariamente a porre queste alla maggior distanza della terra, come risulta anche da un passo di AEtIos (II, 11, 1): ᾿Αναξιμένης χαὶ Παρμενίδης τὴν περιφορὰν τὴν ἐξωτάτω τῆς γῆς εἶναι τὸν οὐρανόν. (15) Aetios. II, 13, 10: ᾽Α. πυρίνην μὲν τὴν φύσιν τῶν ἄστρων, περιέχειν δέ ‘tiva καὶ γεώδη σώματα συμπεριφερόμενα τούτοις ἀόρατα. Hippol. Ref. 1, 7, 5: εἶναι δὲ καὶ γεώδεις φύσεις ἐν τῷ τόπῳ τῶν ἀστέρων συμπεριφερομένας ἐκείνοις. (16) Pour l’histoire de la science hellène, p. 153: « Qu’on se souvienne qu’Anaxagore, après avoir trouvé la vérita- ble cause des éclipses, trouvant cependant que sa théorie était insuffisante pour rendre compte de tous les phéno- 52 Origine terrena degli astri I, - S 5. l’ astro alla sua superficie luminosa. Ma ANAXIMENES non fece certamente questo passo (17). Si deve infine notare come ANAXIMENES riportasse alla terra l'origine di tutti gli astri. L’ umidità della terra, vaporizzandosi e dilatandosi, genera del fuoco che mènes, concevait d’autres astres obscurs comme pouvant nous derober la vue de la lune; qu’on se rappelle que les Pythagoriens attribuèrent le méme ròle ἃ leur antichione ; on n’hésitera pas sans doute, en retrouvant la mention d’astres obscurs dans la doxographie d’Anaximéne, ἃ lui attribuer l’origine de ces croyances postérieures........ Cette conception apparaît dès lors comme un stade nécessaire dans l’invention de la vérité; le progrès scientifique qu’elle marque consiste surtout en ce que les phénomènes sont reconnus comme périodiques et susceptibles de prédiction..... Mais 1’ hypothèse d’Anaximène devait naturellement conduire ἃ la véritable explication. Car, si l’on se demandait com- ment ces corps obscurs n’étaient point vus, la question de leur éclairement par le soleil se posait..... L’ hypothèse d’Anaximène presentait donc un veritable caractère scienti- fique ; elle constitue pour lui un titre de gloire d’autant plus précieux qu’elle paraît absolument originale, tandis que les autres opinions du physicien n’ont, en général, pas le méme cachet ». (17) Il passo di THeòN di Smyrne, (p. 198, 14 Hill; Diels, 16) nel quale ΑΝΑΧΙΜΕΝῈΒ avrebbe detto che la luna riceve la luce dal sole: Εὔδημος ἱστορεῖ ἐν ταῖς ᾿Αστρολο- γιαῖς ὅτι Οὐἰνοπίδοης εὗρε, πρῶτος..... Avattpe- νης δὲ ὅτι ἣ σελήνη ἐκ τοῦ ἡλίου ἔχεν τὸ φῶς xat τίνα ἐχλείπει τρόπον, è stato certamente trasmesso male. Invece di ANAXIMENES devesi ivi certamente leggere ANAXAGORAS. Confr. anche il'passo (di ‘A eti os: II, 25, 2 Aviano πυρίνην τὴν σελήνην. Potrebbe darsi che, come più tardi HERAKLEITOS, anche ANAXIMENES supponesse unita la faccia luminosa con il corpo oscuro, e che le eclissi fossero dovute ad un rivoltamento del corpo celeste. In questo campo però non possiamo emet- tere che ipotesi vaghe. I. -S 5. Origine terrena degli astri 53 inalzatosi verso il cielo genera appunto gli astri (18). Questa teoria si accoppia con quella assai più sparsa che il sole, la luna e le stelle si nutrissero dell’ acqua terrena, e che, come vedremo, ha importanza per varie teorie meteorologiche. Delle teorie astronomiche di ANAXIMENES, quella che si conservò a lungo e dette molti ed utili frutti, fu quella della solidità della sfera celeste. Vedremo infatti che una tale idea domina fino al rinascimento, e forma la base di molte utili e proficue costruzioni teoriche e pra- tiche. Ho dato qui una esposizione sommaria e frammen- taria; nè altrimenti può farsi per le teorie astronomiche dei filosofi ionici antichi. In posteriori capitoli, esa- minando lo sviluppo delle varie idee astronomiche, colle- gheremo il sorgere delle nuove teorie coll’ influenza delle credenze antiche e faremo alcune considerazioni di ordine generale che qui, mancando la conoscenza dei fatti posteriori, sarebbero state, sotto un certo aspetto, fuori di luogo. (18) Hippol. ref. I, 7,5: γεγονέναι δὲ τὰ ἄστρα ἐκ γῆς διὰ τὸ τὴν ἰκμάδα Ex ταύτης ἀνίστασθαι, ἧς ἀραιουμέ- νης, τὸ πῦρ γίνεσθαι, ἐκ δὲ τοῦ πυρὸς μετεωριζομένου τοὺς ἀστέρας συνίστασθαι. In PLourarcHos (Strom. 3), si trova un passo che mostra chiaramente come per la dottrina di ANAXIMENES dall’ aria si formasse la terra che abitiamo e poi da questa si generas- sero gli astri: ᾿Αναξιμένην δέ φασι τὴν τῶν ὅλων ἀρχὴν τὸν ἀέρα εἰπεῖν καὶ τοῦτον εἶναι τῷ μὲν μεγέθει ἄπειρον, ταῖς δὲ περὶ αὐτὸν ποιότησιν ὡρισμένον’ γεννᾶσθαί τε πάντα χατά τινα πύκνωσιν τούτου καὶ πάλιν ἀραίωσιν. τὴν γε unv κίνησιν ἐξ αἰῶνος ὑπάρχειν᾽ πιλουμένου δὲ τοῦ ἀέρος πρώτην γεγενῆσθαι λέγει τὴν γὴν πλα- τεῖαν paia: διὸ καὶ κατὰ λόγον αὐτὴν ἐποχεῖσθαι τῷ ἀέρι" καὶ τὸν ἥλιον καὶ τὴν σελήνην χαὶ τὰ λοιπὰ ἄστρα τὴν ἀρχὴν τῆς “γενέσεως ἔχειν ἐχ δὰ Ue ἀποφαίνεται γοῦν τὸν ἥλιον γῆν, διὰ δὲ τὴν ὀξεῖαν χίνησιν καὶ μάλ᾽ ixa- νῶς θερμὴν ταύτην καῦσιν λαβεῖν. $ 6. TEORIE GEOLOGICHE, BIOGENETICHE ED ANTROPOGENETI- CHE DEI FILOSOFI DELLA SCUOLA IONICA. Rivolgendo la propria attenzione dal cielo alla terra molti altri fatti si presentavano agli antichi naturalisti ionici, e stimolavano in essi il desiderio di trovare una spiegazione. Potentissimo fra essi quello che poneva le spinose questioni: Quale è l'origine dei mari e delle terre; come si sono generati gli or- ganismi viventi; come è nato infine l’uomo? Ad ANAXIMANDROS forse non era ignoto, come non lo fu a molti scrittori della prima antichità, che anche sulle alte montagne, nei luoghi più distanti dal mare, 51. ‘trovano. conchiglie e resti*dai%ataaGnare marini. Se ammettiamo in lui questa conoscenza riesce assai agevole comprendere la sua dottrina se- condo la quale la terra era una volta tutta ricoperta dal mare. Ma poi il calore del sole facendo a poco a poco evaporare gran parte dell’ acqua marina, portò nel grande ed unico mare un ristringimento tale che poterono emer- gere le terre. Il mare attuale non è quindi che il residuo del mare antico, ed il processo continua anche oggidì e continuerà fino ad esaurimento dell’ acqua sulla terra (1). (1) Vedi il commento sul secondo libro della meteorologia di AristoTELESs fatto da ALEXANDROS (67, 3): oi μὲν γὰρ αὐτῶν ὑπόλειμμα λέγουσιν εἶναι τὴν θάλασσαν τῆς πρώτης ὑγρό- τῆτος" ὑγροῦ γὰρ ὄντος τοῦ περὶ τὴν γῆν τόπου κἄπειτα τὸ μέν τι τῆς ὑγρότητος ὑπὸ τοῦ ἡλίου ἐξατμίζεσθαι καὶ γίνεσθαι πνεύματά τε ἐξ αὐτοῦ καὶ τροπὰς ἡλίου τε καὶ σελήνης ὡς διὰ τὰς ἀτμίδας ταύτας χαὶ τὰς ἀναθυμιάσεις χἀχείνων Ret δὲ La salsedine del mare 55 Forse, anche per ANAXIMANDROS, il sole bruciando l’acqua del mare ne cagionava il sapore salato. Certa- mente questa era l’ opinione di un tardo epigono della scuola ionica, DIOGENES di Apollonia, che, in questa parte come in molte altre, si era mantenuto fedele ora alla teoria di ANAXIMANDROS, ora a quella di ANAXIMENES (2). E nel mare stesso, sempre secondo ANAXIMANDROS, ebbe la sua prima origine la vita (3). τὰς τροπὰς ποιουμένων, ἔνθα ἢ ταύτης αὐτοῖς χορηγία γίνεται, περὶ ταῦτα τρεπομένων τὸ δέ τι αὐτῆς ὑπολειφθὲν ἐν τοῖς κοίλοις τῆς γῆς τόποις θάλασσαν εἶναι" διὸ καὶ ἐλάττω γίνεσθαι ξηραινομένην ἐκάστοτε ὑπὸ τοῦ ἡλίου καὶ τέλος ἔσεσθαί ποτε ξηράν. ταύτης τῆς δόξης ἐγένετο, ὡς ἱστορεῖ Θεόφραστος, ᾿Αναξίμανδρός τε καὶ Διογένης. Sull’ origine dei venti, come sull’ azione dei vapori sul ritorno indietro del sole (τρόπος) dopo raggiunto il tropico parlo più innanzi quando, esponendo le teorie di ARISTOTELES, esaminerò nel loro complesso lo svolgimento delle varie teo- rie sui fatti meteorologici. (Vedi anche S ς n. 12). Per quello che riguarda le conchiglie fossili, ed il loro riconoscimento come avanzi di animali marini, vedi il Cap. III, S 2, nel quale tratto di XENoPHANES. Sembra appunto che questi abbia chiaramente riconosciuto una tal cosa e |’ ab- bia affermata nei suoi versi. (2) Alex. 67, I: Διογένης δὲ xa τῆς ἁλμυρότητος ταύτην αἰτίαν λέγει, ὅτι ἀνάγοντος τοῦ ἡλίου τὸ γλυχὺ τὸ καταλειπόμενον χαὶ ὑπομένον ἁλμυρὸν εἶναι συμβαίνει. È difficile però ammettere che DriocENES, per quanto poste- riore assai, avesse un’idea così completa come appare da questa tarda referenza. Che ANAXIMANDROS stesso ammet- tesse il cambiamento di sapore dell’ acqua dovuto al sole potrebbe risultare dal passo seguente di Aet. III, τό, 1: A. τὴν θάλασσάν φησιν εἶναι τῆς πρώτης ὑγρασίας λείψα- νον, ἧς τὸ μὲν πλεῖον μέρος ἀνεξήρανε τὸ πῦρ, τὸ δὲ ὑπο- λειφθὲν διὰ τὴν ἐκκαύσιν μετέβαλεν. (3) Hippol. ref. 1, 6, 6: τὰ ζῷα γίνεσθαι « ἐξ ὑγροῦ» ἐξατμιζομένου ὑπὸ τοῦ ἡλίου. τὸν δὲ ἄνθρωπον ἑτέρῳ ζῴῳ γεγονέναι, τουτέστι ἰχθύι, παραπλήσιον κατ᾽ ἀρχάς. 56 L’ origine degli animali I.-$ 6. Lo sviluppo degli animali avviene nell’ acqua sotto l’ influenza del calore ; questo ultimo esercita un’ azione che fa ravvolgere l’ umido di elemento terreno circon- dandolo come con una corteccia spinosa. I primi animali nati in tal modo furono i pesci ed occorse un lungo periodo di sviluppo acciocchè gli organismi si potessero adattare a vivere sulla terra. Una specie di evolu - zione presiede lo sviluppo di tutti gli animali, e così giungiamo finalmente all’ uomo, il quale, per il lungo tempo di allevamento che richiede, non può essersi ge- nerato improvvisamente (4). Saltano subito agli occhi le strettissime analogie di una simile teoria, per quanto ancora rozza, con quelle modernissime dell’ evoluzione. Ma le coincidenze non si arrestano qui poichè un ulte- riore punto di contatto fra di esse si ritrova nella asser- zione di ANAXIMANDROS che riconosce una testimonianza del lungo sviluppo nel tempo dell’ uomo, dalla lunghezza dello sviluppo dell'embrione (5) asserzione che prelude, anche qui, la teoria che riconosce un paral- lelismo fra l’ontogenia e la filogenia. Ed infine deve ancora notarsi come il caso abbia voluto che ancora si potesse stabilire un ulteriore punto di contatto fra le teo- (4) Confr. anche CENSORINUS 4, 7: «ex aqua terraque calefactis exortos esse sive pisces seu piscibus simillima ani- malia ; in his homines concrevisse fetusque ad pubertatem intus retentos; tunc demum ruptis illis viros mulieresque qui iam se alere possent processisse ». Ed:.anche il passo di \Alet.V;; 10,4 CAEN γενηθῆναι τὰ πρῶτα ζῷα φλοιοῖς περιεχόμενα ἀκανθώ- δεσι. προβαινούσης δὲ τῆς ἡλικίας ἀποβαίνειν ἐπὶ τὸ En- οότερον καὶ περιρρηγνυμένου τοῦ φλοιοῦ ἐπ᾽ ὀλίγον χρόνον μεταβιῶναι nel quale si accenna alla trasformazione di vita che avviene col tempo. (5) Plut. 7 Strom. 2: ['A] ἔτι φησίν, ὅτι κατ᾽ ἀρχὰς ἐξ ἀλλοειδῶν ζῴων ὁ ἄνθρωπος ἐγεννήθη ἐκ τοῦ τὰ μὲν ἀλλα δι’ ἑαυτῶν ταχὺ νέμεσθαι, μόνον δὲ τὸν ἄνθρωπον πολυ- χρονίου δεῖσθαι τιθηνήσεως᾽ διὸ καὶ κατ᾽ ἀρχὰς οὐκ ἄν ποτε τοιοῦτον ὄντα διασωθῆναι. I.-S 6. I progenitori dell’ uomo 57 rie dell’antico scienziato di Miletos e quelle dei moderni. I pesci dai quali ANAXIMANDROS faceva deri- vare gli uomini erano specialmente i yaAeot (pesci della famiglia degli squali) (6) ed appunto uno dei più ripu- tati, per quanto molte volte fantasioso rappresentante della teoria evoluzionistica, ammette questi pesci fra gli antenati degli uomini (7). (6) AristoreLES in Mist. an. III, 1, distingue questa specie di pesci dagli altri riguardo al modo della generazione : ὅσα δὲ τῶν ἀπόδων εἰς τὸ φανερὸν μὲν ζῳοτοχεῖ, ἐν αὐτοῖς δ᾽ ὠοτοχεῖ, οἷον οἵ τε γαλεοὶ καὶ τἄλλα τὰ χαλού- μενα σελάχη...... τούτων δὴ δικρόα μὲν ἣ ὑστέρα x. τ. λ. Sotto l’ aspetto della derivazione dell’ uomo dai pesci è interessantissimo un passo di PLourarcHos, Symp. VIII, 8, 4: οἱ δ᾽ ἀφ’ “Ἕλληνος τοῦ παλαιοῦ xa, πατρογενείῳ ITocet- δῶνι θύουσιν, ἐκ τῆς ὑγρᾶς τὸν ἄνθρωπον οὐσίας φῦναι δόξαντες ὡς χαὶ Σύροι * διὸ καὶ σέβονται τὸν ἰχθῦν ὡς ὁμογενῆ xai σύντροφον ἐπιεικέστερον ᾿Αναξιμάνδρου φι- λοσοφοῦντες * οὐ γὰρ ἐν τοῖς αὐτοῖς ἐχεῖνος ἰχθῦς καὶ ἀνθρώπους, ἀλλ᾽ ἐν ἰχθύσιν ἐγγενέσθαι τὸ πρῶτον ἀνθρώπους ἀποφαίνεται καὶ τραφέντας, ὥσπερ οἱ γαλεοί, χαὶ γενομένους ἱκανοὺς ἑαυτοῖς βοηθεῖν ἐκβῆναι τηνικαῦτα καὶ γῆς λαβέσθαι. καθάπερ οὖν τὸ πῦρ τὴν ὕλην, ἐξ ἧς ἀνήφθη, μητέρα χαὶ πατέρα οὖσαν ἤσθιεν, ὡς ὁ τὸν Κύήυχος γάμον εἰς τὰ Ἡσιόδου παρεμβαλὼν εἴρηκεν, οὕτως ὁ ᾿Αναξίμανδρος τῶν ἀνθρώπων πατέρα καὶ μητέρα χοινὸν ἀποφήνας τὸν ἰχθῦν διέβαλε πρὸς τὴν βρῶσιν. Naturalmente il concetto di evoluzione è presso questi antichi ben diverso da quello moderno, se anche il caso ci ha fatto imbattere in curiose coincidenze. Inoltre la genera- zione dell’ uomo avviene piuttosto entro i pesci che dai pa- sci, e ciò è una differenza essenziale. Su questo e su analoghi punti non credo nemmeno che occorra insistere. (7) Haeckel. Antropogenie, 2 Aufl. 1874, pag. 434. Vedi anche nella Storia della Creazione Naturale dello stesso autore (versione italiana, Torino, 1892, pag. 412) il punto dove enumerando per filo e per segno e con la massima sicurezza 58 Teoria dei terremoti ΤΑ ΟΣ * * >* Per completare l’ accenno alla teoria degli antichi ionici rispetto a fatti di fisica terrestre rammenteremo (8) ancora come ANAXIMENES avesse ideato una teoria per spiegare i terremoti. Già THALES aveva emessa la teoria che la terra, galleggiante sull’ acqua, si muoveva su di essa come un bastimento, ma questa spiegazione non era sufficiente per spiegare i terremoti locali. ANAXI- MENES invece riporta il fenomeno alla siccità ed alle inondazioni (9). Queste cagionano nel terreno spacchi e tutta la serie dei progenitori dell’ uomo — dal primo grado la monera, al 24°, il pitecantropo — pone al 129 grado pre- ciso (nè uno più nè uno meno) dei nostri progenitori, vis- suti nel siluriano, dei pesci affini ai selaci (squali). (8) La favola del terremoto predetto da Ana- XIMANDROS evidentemente non merita attenzione, e sorse forse in conseguenza della memoria della predizione di THa- LES. Vedi Cicero, de div. I, 50, 112: «ab Anaximandro physico moniti Lacedaemonii sunt, ut urbem et tecta linque- rent, armatique in agro excubarent quod terrae motus insta- ret, tum cum et urbis tota corruit et monte Taygeto extrema montis quasi puppis avulsa est ». Su una teoria erroneamente attribuita allo stesso vedi la nota seguente. (9) Vedi in proposito AristoTELES, Meteor. II, 7: ° Ava- ξιμένης dé φησι βρεχομένην τὴν γὴν καὶ ξηραινομένην ῥήγνυσθαι ὑπὸ τούτων τῶν ἀπορρηγνυμένων χολωνῶν ἐμπιπτόντων σείεσθαι - διὸ καὶ γίγνεσθαι τοὺς σεισμοὺς ἔν τε τοῖς αὐχμοῖς καὶ πάλιν ἐν ταῖς ὑπερομβρίαις * ἔν τε γὰρ τοῖς αὐχμοῖς, ὥσπερ εἴρηται, ξηραινομένην ῥήγνυσθαι, καὶ ὑπὸ τῶν ὑδάτων ὑπερυγραινομένην διαπίπτειν. Questa teoria di ANAXIMENES si trova ampiamente espo- sta da SENECA nel sesto (VI) libro, c. 10, delle Naturalium Quaestionum l VIII: «A. ait terram ipsam sibi causam esse motus, nec extrinsecus incurrere quod illam impellat, sed intra ipsam et ex ipsa: quasdam enim partes eius de- cidere, quas aut umor resolverit aut ignis exederit aut spi- τ τ 0, L’ invecchiamento della terra 59 vuoti che, determinando cadute di terra, cagionano i terremoti. Secondo alcune delle fonti rimasteci è l’ aria che entrando nelle cavità determina le cadute. Una delle cagioni principali degli spacchi, dei vuoti, e delle cadute deve però riconoscersi nell’invecchiamento della terra. ritus violentia excusserit. sed his quoque cessantibus non deesse, propter quod aliquid abscedat aut revellatur; nam primum omnia vetustate labuntur nec quicquam tutum a senectute est, haec solida quoque et magni roboris carpit : itaque quemadmodum in aedificiis veteribus quaedam non percussa tamen decidunt, cum plus ponderis habuere quam virium, ita in hoc universo terrae corpore evenit, ut partes eius vetustate solvantur, solutae cadant et tremorem su- perioribus afferant, primum, dum abscedunt (nihil enim uti- que magnum sine motu eius, cui haesit, absciditur); deinde, cum deciderunt, solido exceptae resiliunt pilae more (quae cum cecidit, exultat ac saepius pellitur, totiens a solo in no- vum impetum missa); si vero in stagnantibus aquis delatae sunt, hic ipse casus vicina concutit fluctu, quem subitum vastumque illisum ex alto pondus eiecit ». In Ammianus (XVII, 7; Diels, 2, A, 28) troviamo delle teorie presso a poco analoghe attribuite (certo per er- rore del tardo storico ἢ) ad AnaxIMmanDROs: « Anaximander alt crescentem nimia aestuum siccitate aut post madores imbrium terram rimas pandere grandiores, quas penetrat supernus aer violentus et nimius, ac per eas vehementi spi- ritu quassatam cieri propriis sedibus. qua de causa tremores huius modi vaporatis temporibus aut nimia aquarum. cae- lestium superfusione contingunt ». δ: LO SVILUPPO DELLA GEOGRAFIA IONICA. Abbiamo già accennato al grado florido cui nel com- mercio e nella navigazione erano giunti gli Ioni del- l'Asia minore. Questo stato di cose li portava natural- mente ad acquistare sempre maggiori cognizioni g e o- grafiche ed etnografiche e ad esercitare la mente con tutti quei numerosi problemi che si affacciano a coloro che sono abituati ad osservare una gran varietà nelle cose e negli uomini. L’ allargamento delle cogni- zioni geografiche, così in questo come in altri casi, ha sempre cooperato potentemente allo sviluppo generale della cultura ; possiamo dire, invero, che gran parte delle questioni che agitarono gli antichi pensatori non sareb- bero neppure state poste senza che l’ occasione fosse loro fornita da osservazioni fatte nei numerosi viaggi. Basti pensare, pur trascurando le relazioni avute con i popoli lontani, all’ impressione che dovevano fare sugli antichi saggi la notizia oppure il riconoscimento oculare del fatto della variazione della posizione delle stelle col variare di luogo, dell’ esistenza di enormi fiumi dei quali non si conoscevano le sorgenti, di quella infine di re- gioni aride, secche e caldissime, e di altre invece, fredde e nebbiose, coperte quasi continuamente di neve. Ora tutte queste impressioni acuivano naturalmente il desi- derio di trovare la ragione dei varî fatti osservati e davano così una spinta poderosa alle prime ricerche astrono- miche, fisiche, geologiche, di alcune delle quali abbiamo avuto qualche saggio nelle teorie precedentemente esposte. Nello stesso tempo gli sforzi per descrivere ed anche per raffigurare le varie terre conosciute insieme alle loro me- raviglie favorirono lo svilupparsi di una scienza IE L’ origine della scienza geografica 61 geografica indipendente. Ed oltre il puro interesse scientifico è chiaro che ad uno sviluppo razionale della geografia contribuì potentemente il bisogno pratico, sen- tito dai navigatori, di una guida sicura per poter com- piere i lunghi viaggi attraverso mari poco conosciuti, guida che indicasse loro in modo indubbio il cammino da fare ed i pericoli che dovevano essere evitati. La vera scienza geografica sorse, insieme alle altre scienze, nella fortunata Miletos, e per opera degli stessi filosofi naturalisti che abbiamo già visto speculare sul principio di tutte le cose e sulla conformazione del- Τ᾿ intiero mondo. Era infatti ben naturale che quegli antichi pen- satori che discutevano sulla natura del sole, del cielo, delle stelle, e che indagavano i problemi della generazione dei mari, degli animali e dell'uomo, si domandassero anche, e cercassero di conoscere, come è conformata questa terra sulla quale viviamo, quanta è la sua grandezza, quali sono i confini che la limitano, quali sono le parti abitate di essa ed, in- fine, come sono in essa distribuiti i mari, le monsgagmne, le isole. 1 popoli, i prodotti naturali. Ma essi fecero ancora un altro passo gi- gantesco nella scienza cercando di tracciare la prima carta generale dell’ οἰκουμένη, cioè della terra abi- tata. Prima che ANAXIMANDROS stabilisse la sua carta non esistevano altre rappresentazioni generali della terra conosciuta. Non devono infatti considerarsi come tali alcune piccole carte descriventi qualche piccolo ed isolato distretto che sono state trovate o citate. At- tualmente possediamo due di queste carte di origine egiziana (I) e sappiamo che negli imperi orientali, come (1) V. Erman, Aegypten und aegyptisches Leben, pa- gina 619. — Le due carte, una delle quali riprodotta dal- l ErmANn, si riferiscono ai famosi distretti auriferi. Una di esse. rappresenta la regione del monte Bechen, ed ap- partiene all’ epoca di Ramses II (Ra‘mese) (XIII sec.). 62 Le antiche carte geografiche δ τσ ad esempio in Lydia (2), esistevano delle indicazioni schematiche di vie reali, con le indicazioni successive dei popoli, delle città, e delle particolarità che si trovano su di esse. Queste carte, come è facile capire, non risol- vevano il problema in tutta la sua generalità. Si deve dunque credere che proprio ad ANAXIMANDROS sia dovuta la risoluzione di questo problema di importanza capitale. Gli antichi non ci raccontano che ANAXIMANDROS compisse lunghi viaggi, come fecero THALES, PYTHAGO- ras e molti altri antichi filosofi; la mancanza di notizie non ci impedisce però di supporre che egli pure possa avere visitato molte di quelle regioni alle quali i suoi compatriotti affluivano in modo speciale. In ogni modo nell’ operosa città marittima non potevano man- cargli dati e notizie da informatori che con i propri occhi avevano visto e visitate le più lontane regioni. Combi- nando queste notizie alle idee prestabilite che egli aveva sulla forma della terra, egli si accinse così alla grande opera quella cioè del disegnare la prima carta geo- grafica della terra abitata (3). (2)/Contr.Rapet (litio pag:0283: (3) STRABON, riferendosi ad ERATOSTHENES, infatti ci narra (I, 1, II): τοὺς πρῶτος μεθ᾽ “Ὅμηρον δύο φησὶν ’Eparo- σθένης, ᾿Αναξίμανδρόν τε, Θαλοῦ γεγονότα γνώριμον καὶ πολίτην, καὶ Ἑκαταῖον τὸν Μιλήσιον * τὸν μὲν οὖν ἐκδοῦναι πρῶτον γεωγραφικὸν πίνακα, τὸν δὲ ‘Exatatoy χαταλιπεῖν γράμμα πιστούμενον ἐχείνου εἶναι Ex τῆς ἄλλης αὐτοῦ γραφῆς. — Inoltre Diog. II, 2: [A]... καὶ γῆς καὶ θαλάσσης περίμετρον πρῶτος ἔγραψεν, ἀλλὰ χαὶ σφαῖραν χατεοχεύασε. — Vedi la citazione di AcarHEMEROS nella n. 9. Anche questo passo deriva da ERATOSTHENES. [Le fonti della Γεωγραφία di AGATHEMEROS si possono riconoscere in ErATOSTHENES, in ArtEMIDOROS e MENIPPOS (specialmente per le misure, e citati in A.) ed in altre buone fonti. L’ epoca della redazione di quest’opera, più tardi tanto utilizzata, non è precisabile. (Confr. BercER in Paulys Wis- sowa Enc.). Essa può stimarsi quella dei primi secoli dopo Chr.]. L= 8 La carta di Anaximandros 63 Della carta di ANAXIMANDROS, delle imitazioni di essa, di quelle fatte in tempi posteriori, ma se- condo i suoi principî, poco sappiamo e nulla ci è pre- sentemente pervenuto. Per immaginarsi il modo nel quale esse erano composte e le cognizioni e le ipotesi che in sè racchiudevano bisogna contentarsi perciò di pochi accenni qua e là tolti; e di obbiezioni o disdegni mossi da scrittori posteriori, specialmente da HERODOTOS, e che, o di fatto o per presunzione nostra, si riferiscono alletcarte.Loniche (4). Queste carte erano grandi e in metallo. ARISTA- GORAS, quando si recò a Sparta a chiedere aiuto contro i persiani, ne aveva una seco; in essa, come dice HERODOTOS, si vedevano i confini della terra e tutto il mare e tutti 1 fiumi (5). Esse erano piatte e rotonde; rotondi erano i confini dell’ οἰκουμένη, ed un mare esterno li ba- gnava da tutte le parti, mentre nel centro si aveva il grande bacino del Mediterraneo. Centro della carta era il mondo greco e, sembra, precisamente ὁ l’Ionia o Delphoi (6). (4) In questa esposizione mi riferisco in gran parte alla ricostruzione teorica esposta da Huco BercER: Geschichte der wissentschaflichen Erdkunde der Griechen. Leipzig, 1903 (vedi in proposito l’ Appendice). (5) Herod. V, 49: ᾿Απικνέεται δ᾽ ὧν ὁ ᾿Αρισταγόρης ὁ Μιλήτου τύραννος ἐς τὴν Σπάρτην Κλεομένεος ἔχοντος τὴν ἀρχήν: τῷ δὴ ἐς λόγους ἤιε, ὡς Λακεδαιμόνιοι λέ- γουσι, ἔχων χάλκεον πίνακα ἐν τῷ γῆς ἁπάσης περίοδος ἐνετέτμητο χαὶ θάλασσά τε πᾶσα καὶ ποταμοὶ πάντες. (6) Agathem, geogr. I, 2 ci dice infatti: Οἱ μὲν οὖν παλαιοὶ τὴν οἰκουμένην ἔγραφον στρογγύλην, μέσην δέ χεῖσθαι τὴν “Ελλάδα, καὶ ταύτης Δελφούς τὸν ομφαλὸν γὰρ ἔχειν τῆς γῆς. La prima indicazione conosciuta che designa D ε]- phoi come ὄμφαλος Ye è di ΕΡΙΜΕΝΙΡΕΒ (verso il 500 av. Chr.) (citato da PLourarcHOS, De defectu orac, 1): * Aetobòg τινας 7) χύχνους, ὦ Tepévrie IIpioxe, μυθολογοῦσιν ἀπὸ 64 Caratteri delle carte ioniche ΤΡ ΩΣ Di queste carte ne esistevano certamente molte e dovute anche ad autori successivi che le tenevano al corrente delle nuove scoperte. Questo fatto si può rile- vare anche da un passo di HERODOTOS nel quale questo x τῶν ἄχρων τῆς γῆς ἐπὶ τὸ μέσον φερομένους εἰς ταὐτὸ συμπεσεῖν Πυθοῖ, περὶ τὸν καλούμενον ὀμφαλόν " ὕστερον δὲ χρόνῳ τὸν Φαίστιον ᾿Ε πιμενίδην ἐλέγχοντα τὸν μῦθον ἐπὶ τοῦ θεοῦ, χαὶ λαβόντα χρησμὸν ἀσαφὴ χαὶ ἀμφίβολον, εἰπεῖν i Οὔτε γὰρ ἦν γαίης μέσος ὄμφαλὸς οὔτε θαλάσσης ᾿ εἰ δέ τις ἐστί, θεοῖς δῆλος, θνητοῖσι δ᾽ ἄφαντος. ᾽᾿Εκχεῖνον μὲν οὖν εἰκότως ὁ θεὸς ἠμύνατο, μύθου παλαιοῦ καθάπερ ζωγραφήματος ἁφῇ ἀποπειρώμενον. Dopo troviamo spessissimo questa indicazione, ad es. in Pinparos (Pyth 6, 1; 4, 6; 4, 73; 8, 62; τὸ 9; Nem. 7033; 7 ΝΣ BAKCHYLIDES (4, 4); ArscHyLos (Sept. a. Th. 745; Choeph. 1034; Eumenid, 39; 166); SoPHoKkLES (ΘΕ τοὶ πο: 897) cere sete): "Ὄμφαλος indicava il centro di una regione o della in- tiera terra [per tutto questo argomento vedi la monografia Omphalos, eine pbilolog.-archéol.-volkskundl. Abb. ii. d. Vorstellungen der Griechen und anderer Vòlker vom « Na- bel der Erde » di WirHELM HreinrIcH RoscHER, in « Abh. der philol.-hist. Klasse d. kg. sichs. Gesellsch. der Wiss». XXIX (1913) n. IX], ed indicava anche il simbolo, accolto nei tem- pli, e che, per un’analogia con il corpo umano, indicava que- sta proprietà. Dato questo fatto è da credere che nell’ antica carta ionica non Delphoi rappresentasse l’ ὄμφαλος γῆς, ma 1᾽ 1 ο- nia, e precisamente l’ oracolo d’ApoLton a Bragchi- dai (Bpayytdat) che per lungo tempo fu rivale di quello di Delphoi. Una prova di ciò si ha nello scritto περὶ ἑβδομάδων del quale parlerò nel $ 10, dove 1° Ionia è denominata φρένες della terra (dove φρένες ed ὄμφαλος possono quasi essere considerati come sinonimi). Oltre questa vi sono però altre ed.evidenti testimonianze di questo fatto e che son riportate nella monografia citata del RoscHER. Dopo la caduta di TAO Αδ'.8 x 3, ὴ ἘΞ 7 SAI I περίοδοι 65 avversario dei geografi ionici deride l’opera dei di- versi compilatori di carte (περίοδοι) (7) (8). Accenneremo nel prossimo paragrafo alle conoscenze geografiche nel VI e V secolo ed alle divisioni dell’oîxov- μένη fatte dai geografi ionici. Qui, spingendoci alquanto anche in tempi più recenti, darò anche pochi cenni sul rappresentante maggiore della geografia ionica, cioè su HeKaTAIOS di Miletos e citerò i nomi di alcuni altri (9). Miletos ed il saccheggio di questa e di Bragchidai (494) cadde naturalmente l’importanza della città mari- nara e del già tanto ricco oracolo, e la qualità di ombellico del mondo, rimase indisturbata a Delphoi. (7) Herod. IV, 36: γελῴ δὲ ὁρέων γῆς περιό- δους γράψαντας πολλοὺς ἤδη xat οὐδένα νόον ἐχόντως ἐξηγησάμενον. οἵ ᾽ὩΩ κεανόν τε ῥέοντα γράφουσι πέριξ τὴν γῆν, ἐοῦσαν κυχλοτερέα ὡς ἀπὸ τόρνου. (8) Il nome περίοδος, che etimologicamente significa via intorno, e quindi circuito e circonferenza, fu adoperato in senso geografico per designare queste carte di forma cir- colare e la descrizione della terra (secondo la concezione ionica). Più tardi si formarono anche i termini περίπλους e περιήγησις, il primo per designare la descrizione geografica di un tratto di costa fatta basandosi in particolar modo sul criterio dei giorni di navigazione per i diversi tratti, e su altre particolarità pratiche (sul tipo dei posteriori portolani), il secondo invece per indicare le descrizioni geografiche com- plete di una data regione. In questo senso, ad es., STRABON usa l’ espressione περιήγησις per designare alcune parti della sua opera. (9) Agath. geogr. I, 1. Riporto tutto il paragrafo di AGATHEMEROS, interessante per gli accenni storici che esso contiene: ’Avaégtuavdpoc ὁ. Μιλήστιος, ἀἄχου- στὴς Θάλεωυι, πρῶτος ἐτόλμησε τὴν οἰκουμένην ἐν πί- vaxo γραψοι usò ὃν ‘Exatatoc è Μιλήσιος, ἀνὴρ πολυπλανῆς, διηκρίβωσεν ὥστε θαυμασθῆναι τὸ πρᾶγ- μα. Ἑ λλάνικος γὰρ ὁ Λέσβιος, ἀνὴρ πολυίστωρ, MIELI 5 66 Hckataios di Miletos I, (607% * * * ANAXIMANDROS dunque, come abbiamo detto, fu il primo a disegnare effettivamente una carta della terra, alla quale, secondo la tradizione, era di com- plemento la prima carta celeste (10). Lo sviluppo che, dopo questi ebbe la geografia fu certamente grande se pensiamo che verso la fine del secolo nella stessa M i- letos fiorì uno scienziato del valore di HEKATAIOS ((Exaratoc) che congiunse una dettagliata trattazione geografica agli inizî della scienza storica è cronologica. HEKATAI0S, fiorito verso il 500, fu un grande viag- giatore. Egli percorse l'Egitto, la Persia, il Pon- tos, da -:Thrakia,-da Grecia, «l'Italia αἱ 1 {ΠΡ ovunque, come più tardi HERODOTOS, cercando e riu- nendo materiali per le sue opere. Nè la sua attività di viaggiatore gli impedì di prendere parte alle vicende politiche della sua patria allora impegnata nell’ ultima sua epica lotta contro il re persiano. Le opere che egli scrisse furono due: una cronologica, della quale ἀπλάστως παρέδωχε τὴν ἱστορίαν. Εἶτα Δαμάστης ὁ Σιγειεὺς τὰ πλεῖστα ἐκ τῶν Ἑ καταίου μετα- γράψας περίπλουν ἔγραψεν ἑξῆς Δημόκριτος καὶ Εὔδοξος καὶ ἄλλοι τινὲς γῆς περιόδους καὶ περίπλους ἐπραγματεύσαντο. (10) DrocENEs (vedi il passo citato nella n. 2) dice che ANAXIMANDROS σφαῖραν κατεσκεύασε; una stessa indica- zione ci dà Suipas: ἔγραψε Περὶ φύσεως, Tg περίοδον xa Περὶ τῶν ἀπλανῶν xa Σφαῖραν xa ἄλλα τινά. (Si vede agevolmente come Suipas dia indicazioni confuse ed errate). È stato supposto che con σφαῖρα si sia voluto indicare una carta celeste disegnata su una sfera. Non vi è nulla in contrario, anzi, ad ammettere che ANAXIMANDROS alla sua carta terrestre abbia voluto contrapporre una carta celeste. Però nella tradizione dei doxographi σφαῖρα avrebbe potuto originariamente significare anche il πόλος, che Ana- ximandros prese dai babylonesi (vedi ὃ 5 n. 1). Too 807: Altri geografi sonici 67 avremo occasione di trattare parlando dei principii della scienza storica, la TevexXoyia, l’altra geografica e dal titolo Περίοδος τῆς γῆς. Di queste ci rimangono miserabili frammenti, mentre nulla è rimasto della sua carta. Sembra che questa, pure essendo immutata nella concezione generale, segnasse in confronto a quella di ANAXIMANDROS un grande progresso per la esattezza e per la quantità dei particolari. Il suo lavoro geografico poi ricevette lodi grandissime (11) per essere stato por- tato fino a meravigliosa esattezza. Ciò ci fa credere, in- sieme al BERGER, che HEKATAI0S, senza trascurare la parte scientifica, dovuta ad ANAXIMANDROS, ne sviluppasse assai il carattere pratico, riuscendo così anche maggior- mente accessibile ed utile ai più. Che ciò nonostante il suo indirizzo generale si mantenesse altamente scientifico ci è sicuramente attestato dal giudizio di ERATOSTHENES che, come geografo, gli assegna il posto di onore fra ANAXIMANDROS e DEMOKRITOS. Dopo HEKATAIOS possiamo considerare come geo- grafi ionici, HELLANIKos di Lesbos, che trattò di geografia senza però disegnare una carta, e DAMASTES di Sigeon, che molto si attenne ad HEKATAIOS (12). Nonostante lo svilupparsi di una nuova teoria geogra- fica in contrasto insanabile con quella ionica, cioè quella teoria che poneva come sua base la sfericità della terra, la carta e la geografia ionica si mantennero a lungo in uso, specialmente per scopi pratici, tanto che anche ai tempi di ARISTOTELES si trovavano numerose carte di (11) Vedi la nota 9. Il περίοδος γῆς era diviso in due libri, il primo conside- rava l’Edp@rm, il secondo l’*Actn (e la Λιβύη). Di Hexa- TAIOS ci son rimaste circa 380 frammenti dei quali 37 si ri- feriscono alle ‘Totopiar o Γενεαλογίαι e gli altri al Περίοδος γῆς. (Krausen. Hec. Milesit fragm. Berlin, 1831). — [Sulla vita e sulle speciali conoscenze geografiche di HrxatAros vedi il lungo articolo (2667-2750) in Pauly-Wissowa's Real Encyclopàdie der class. Altertumwiss, Vol. VII, 1912]. (12) Vedi la n. 0. 68 Durata della geografia ionica Lire tale specie. Come vedremo anche HIiPPOKRATES di Kòs, il cosidetto padre della medicina, nella sua teoria dei climi resterà, dal lato geografico, nell’ ambito della scuola ionica, e pure alla teoria geografica degli ionici si atterranno molti di quei filosofi presokratici che, in questo campo, non subiranno l’ influenza della scuola pythagorica ; e cito fra questi ANAXAGORAS e gli atomisti (13). (13) DemoxgrITos ed altri si limitarono a cambiare la forma della terra (piana) da circolare ad oblunga. Con- fronta AcaTHEMERos I, 2 (seguito del passo citato alla n. 6): πρῶτος δὲ Δημόκριτος, πολύπειρος ἀνὴρ, συνεῖδεν, ὅτι προμήκης ἐστὶν ἣ γῆ, ἡμιόλιον τὸ μῆκος τοῦ πλά- τοὺς ἔχουσα * συνήνεσε τούτῳ χαὶ Δικαίαρχος 6 Περιπα- τητικός - Εὔδοξος δὲ τὸ μῆκος διπλοῦν τοῦ πλάτους, è δὲ ᾿Ερατοσθένης πλεῖον τοῦ διπλοῦ Κράτης δὲ ὡς ἣμι- χύκλιον, Ἵππαρχος δὲ τραπεζοειδῆ, ἄλλοι οὐροειδῇ, Ποσει- δώνιος δὲ ὁ Στωικὸς σφενδονοειδὴ χαὶ μεσόπλατον ἀπὸ νότου εἰς βορρᾶν, στενὴν δὲ πρὸς ἕω καὶ δύσιν, τὰ πρὸς εὖρον δ᾽ ὅμως πλατύτερα τὰ πρὸς τὴν ᾿Ϊνδικήν. Natural mente dopo gli atomisti la terra è supposta sferica e e indicazioni sulla sua forma si riferiscono alla parte abi- tata della terra, considerata sulla superficie sferica. Ho riportate però tutte le indicazioni, raccogliendo così in questa nota e nelle note 6 e 9, l’intiero e breve accenno storico datoci da AGATHEMEROS. $ 8. CARATTERI E PARTICOLARITÀ DELLA TERRA ABITATA, NELLA GEOGRAFIA IONICA. Secondo i geografi ionici la terra abitata era tonda e piana (1); il Mediterraneo formava il grande bacino interno intorno al quale giaceva l’orRoumene, questa poi a sua volta era circondata dall'oceano. L’O- ceano degli ionici non è più il fiume Ofeanos di Ho- MEROS col quale non ha nulla di comune eccettuato il nome; l’Oceano degli ionici è un vero mare, del quale essi avevano udito notizie, in parte vere,in parte esagerate, e che avevano la loro origine dai ricordi dei viag- gi dei fenici e dei persiani. L’Oceano occidentale era noto come quel mare, esterno alle colonne di Herakles, che, sebbene periglioso, era gia stato na- vigato. Le relazioni con gli egiziani ed i persiani ave- vano portato poi ad acquistare alcune notizie sul mare Erythreo e sul mare Indiano. Vaghe notizie si avevano inoltre di un oceano a nord dei monti R i- pei (il Baltico ?), mentre infine in Oriente il Caspio fu per lungo tempo considerato come un golfo del- (1) Il BercER nel volume citato discute a lungo le va- rie dottrine della geografia ionica ed esamina il modo col quale esse, o traverso gli scrittori posteriori che le combat- tono e le dileggiano, o da accenni di poeti contemporanei o anche di tardi scrittori che vi hanno attinto, siano indiret- tamente giunte a noi. Rimando a questa opera coloro che desiderano acquistare una conoscenza più particolareggiata di tutto ciò. In questo paragrafo, in generale, a meno di in- dicazione contraria, mi attengo alle conclusioni del Berger. 70 L’ Oceano esterno I. ΥΩ l'Oceano orientale. Ciò può chiaramente rile- varsi da un passo di HERODOTOS nel quale questi, con- trapponendosi certo ai geografi ionici, afferma con forza che il Caspio è un mare che fa parte da sè. Questa sua affermazione doveva essere certamente basata su alcuni fatti che solamente allora dovevano essere stati ricono- sciuti, o meglio ancora presunti (2). Traccie dell'Oceano esterno dunque si tro- vano da tutte le parti dell’ οἰκουμένη. Ma formava esso veramente un tutto unico ? Alcuni racconti, che pure non essendo verosimili alla lettera, avevano invece nel loro complesso un fondamento di verità nelle lunghe e perigliose navigazioni compiute specialmente dai fenici, porgevano i necessari elementi per assumere l’unità dell'Oceano esterno come un fatto sperimentale, almeno per una gran parte dell’ Oceano stesso. Tre rac- conti di questo genere ci sono stati trasmessi da H e- rodotos in tre capitoli successivi (3), e certamente alcuni di essi dovevano essere non solo diffusi ma anche generalmente ritenuti veridici. Il re d’ Egitto Neko (617-601), figlio di Psa m- metik, dopo avere abbandonato i lavori per scavare il canale che doveva congiungere il Mediter- raneo attraverso il Nilo col mare Rosso, lavori nei quali aveva perduto centoventimila operai, (2) Herod. I, 202 e 203: ἣ δὲ Κασπίη θάλασσά ἐστι ἐπ᾿ muto, οὐ συμμίσγουσα τῇ ἑτέρῃ θαλάσσῃ. τὴν μὲν γὰρ Ἕλληνες ναυτίλλονται πᾶσαν καὶ ἣ ἔξω στηλέων θάλασσα ἣ Ατλαντὶς καλεομένη καὶ ἣ ᾿Ερυθρὴ μία ἐοῦσα τυγχάνει. ἣ δὲ Κασπίη ἐστι ἑτέρη ἐπ᾽ ἑωυτῆς, ἐοῦσα μῆκος μὲν πλόου εἰρεσίῃ χρεωμένῳ πεντεκαίδεκα ἡμερέων, εὖρος δέ, τῇ εὐρυτάτη ἐστὶ αὐτὴ ἑωυτῆς, ὀχτὼ ἡμερέων. La questione sulla natura del mare Caspio era però sempre viva ai tempi di ArexanpRros il grande, e, come vedremo, anche in tempi posteriori molte volte esso si trova considerato come un golfo del mare esterno. (3) Herod:>IEV; 42, 43,0 445 I.- $ 8. Circumnavigazione dell? Affrica 71 volle provare se fosse stato possibile rinvenire un’ al- tra via per la quale navigando si potesse giungere dal- l'uno all’ altro mare. Per queste ricerche ei dette ad alcuni fenici l’incarico di partire dal Mar Rosso e, costeggiando la terra a mano dritta, ricercare se in fine potessero ritrovarsi nel Mediterraneo. I fenici partirono e dopo tre anni di navigazione, durante i quali si erano fermati tre volte per seminare e racco- gliere il grano necessario per la loro alimentazione (!), ritornarono in Egitto per la nuova via. Cosa notevole essi raccontavano che navigando verso occidente avevano avuto il sole alla loro de- stra. Ma questa ultima, osserva HERODOTOS, è una cosa che non può essere. Pure attribuendo un carattere fantastico al racconto, ed in particolare all’ avvenuta circumnaviga- zione dell’Affrica, dobbiamo riconoscere che essa ci attesta la conoscenza assai spinta che avevano 1 fenici dei mari del sud, sia dalla parte dell'A tla n- tico, sia da quella del mar Rosso. In particolare l'indicazione del sole visto alla destra, ossia verso set- tentrione, ci serve a riconoscere come le prime sorgenti del racconto siano basate su fatti sperimentali (4). Il secondo racconto riportato da HeRoDOTOS ci (4) Il passaggio del sole allo zenit doveva essere ben noto agli egiziani, e per la cura con la quale veniva osservato il regime delle ombre nelle loro costruzioni sacre, e per le numerose spedizioni fatte contro gli Etiopi, nelle quali veniva necessariamente oltrepassato il tropico. La meraviglia do- veva quindi generarsi solamente nei greci, ancora ignari del fatto. Secondo poi la teoria dovuta al fondatore della geo- grafia scientifica, cioè ANAXIMANDROS, che riteneva la terra piccola, librata in mezzo allo spazio e piana nella sua parte abitata, si poteva facilmente arguire che il cerchio del sole dovesse sempre vedersi in essa dalla parte meridionale. Ciò spiega anche la poca fede in un fatto che, se vero, avrebbe dovuto scuotere alcune idee astronomiche fondamentali ed allora assai radicate in gran parte dei greci. 72 Viaggi di Satapses e di Skylax I -$8. narra come ai tempi del re persiano XERXES (485-465) un nobile persiano, SATAPSES, condannato a morte, ot- tenesse la remissione della pena con la condizione però di compiere la circumnavigazione della ΤῈ bya (5). SATAPSES, andato in Egitto, si accinse a par- tire uscendo dalle colonne di Herakles e te- nendo a mano sinistra. Dopo molti mesi egli giunse in un luogo dove abitavano dei nani, che, appena egli ap- prodò, fuggirono sulle montagne. SATAPSES però per le difficoltà della navigazione dovette tornare indietro. XERXES, non prestando fede al racconto fattogli dal- l’ infelice navigatore, credendo che questi lo volesse ingannare, lo fece morire (6). Il terzo racconto si riferisce ad un’ epoca anteriore a quella del secondo. Il re DARIOS (521-485) volendo ve- dere in che mare si versava l’Indo, che era il solo fiume, dopo il Nilo, nel quale esistessero dei coccodrilli, inviò molte persone, fra le quali SkyLAx di Karyan- da, per esplorare il mare nel quale esso sbocca. La spe- dizione partì da Kaspatyras, nel paese dei Paktî, situata sull’Indo, e prima percorse il fiume, poi il mare. Dopo trenta mesi arrivò al luogo da dove era par- tita la spedizione inviata da NEKO, provando così la congiunzione del mare Indiano col mar Ros- SOLI7): (5) Questo racconto, (Herod. IV, 43) qualunque sia la sua veridicità, ci mostra però come allora la circumnaviga- zione della Libya, in seguito forse al racconto della spedi- zione di Neko, fosse una cosa generalmente ritenuta pos- sibile, per quanto irta di difficoltà. (6) La fonte di HeRroportos, ce lo dice questi stesso, fu un eunuco di SATAPSEs che, fuggendo con molte ricchezze del padrone, erasi riparato a Samos. ἨΈΒΟΡΟΤΟΒ, pur conoscen- dolo, non crede però utile rilevare il nome di colui in mano del quale erano andate a finire queste ricchezze. (7) Questo SkyLAax non si deve confondere con quel presunto SkyLAx al quale si intitola un periplo del IV secolo e che esamineremo a suo tempo. — ARISTOTELES (Poltt. μὴ," Ri Ro Ι. - ὶ 8. Circumnavigazione dell’ Arabia 73 x Il racconto della spedizione di SATAPSES è pro- babilmente inventato. Ma esso, avendo forse un’ ori- gine tutt’ altro che persiana, ci può indicare chiaramente i varî tentativi dei fenici e cartaginesi per spingersi più a sud che fosse possibile sulla costa atlantica della Libya. In quanto alla spedizione di SKYLAX si può credere che esistesse anticamente un persiano di questo nome il quale aveva scritto un libro sull’India. Certo HE- RODOTOS, anche se questo libro esisteva, non può averlo letto, ed ha scritto il suo racconto solamente per sen- tito dire. Però alcune difficoltà esistono per accettare senz'altro la spedizione che partita dalle foci dell'Indo dovrebbe esser passata da quelle dell'Eufrate, ed alla quale dovrebbe avere partecipato questo SKYLAx. E queste consistono nel fatto che la natura geografica dell’attuale golfo Persico nonera allora affatto conosciuta. I greci stessi poi che vivevano in Persia, in tempi posteriori, KTESIAS per esempio, non sapevano nulla di questa spedi- zione. Ed in tempi ancora più recenti, in quelli di ALE- xANDROS, NEARCHOS compì dopo lunga tergiversazione la detta traversata della foce dell’Indo a quella del- l'Eufrate, mentre secondo ARRHIANOS (δ), nessun ri- cordo si aveva di una spedizione anteriore. Comunque sia, e senza addentrarmi in una questione così dibattuta e che non ha che un interesse secondario VII, 13), dicendo ὥσπερ ἐν ᾿ΙΪνδοῖς φησὶ Σκύλαξ ci accenna ad un libro sull’India scritto forse da questo autore. Questi è rammentato anche da TzeTzEs, Hist. VII, v. 629: Καρυανδέως Σχύλακος ὑπάρχει τι βιβλίον περὶ τὴν ᾿Ινδικὴν γράφον ἀνθρώπους πεφυκέναι, οὕσπερ φασὶ Σκιάποδας καί γε τοὺς ᾿Ωτολίκνους * εἴς. (8) ArrHIANOS cominciando nel cap. XIX della sua Ἰνδική la narrazione del viaggio di NEARCcHOS non ricorda nè SkyLaAx nè la memoria di un viaggio come quello che si accinge a narrare, cioè quello ὃν Νέαρχος σὺν τῷ στόλῳ παρέ- πλωσεν ἀπὸ τοῦ ᾿Ϊνδοῦ τῶν ἐκβολέων ὁρμηθεὶς κατὰ τὴν θάλασσαν τὴν μεγάλην ἔστε ἐπὶ τὸν κόλπον τὸν Ilepot- κόν, ἣν δὴ ᾿Ερυθρὴν θάλασσαν μετεξέτεροι καλέουσι. 74 I continenti Ι. - ὶ 8. per il nostro scopo, sta il fatto che i geografi ionici, ba- sandosi sulle narrazioni dei viaggiatori, potevano al loro tempo ammettere di buon diritto, e come cosa provata in gran parte, che l’ οἰκουμένη era tutta circondata da un solo e grande oceano. Inoltre è da ritenere che per tutto il V sec. av. Chr. voci e narrazioni di viaggi simili fossero assai comuni. * * * Dopo il problema dell’ oceano esterno la geografia ionica aveva un altro problema fondamentale e cioè quello della divisione delle parti abitate del mondo. Per quello che si riferisce alle denominazioni prese più tardi dai continenti sembra che Asia ed Europa designassero anticamente nel linguaggio marinaresco le coste orientali ed occidentali dell’ Egeo. Col tempo venne, e da parte degli egiziani, la denominazione di Libya per le terre al sud e più tardi anche quella di Thrakia che, alcune volte, indicava quelle al nord. Questi termini pratici furono poi in parte accolti dai geografi scientifici in quanto le due o tre parti del mondo furono denominati Europa ed Asia o Europa, Asia Je Libyan). (9) Si hanno svariate opinioni sull’ origine dei nomi Asia ed Europa (vedi H. BerceRr, ed anche le voci A. ed E. nel Paulys Real-Encyclopédie der classischen Alter- tumswissenschaft herausgegeben von Georg Wissowa. Stuttgart, 1896....). Molti fanno derivare i vocaboli da pa- role d’ origini semitica (fenicia, assira, ebraica). In assiro infatti ἀρ significa levata (del sole), γ᾽ o ereb invece oscuro (e quindi anche il tramonto). Questi vocaboli in termine marinaresco (fenicio) potevano quindi indicare la naviga- zione verso oriente o verso occidente, e quindi essere unite vagamente a nomi di località. Ma anche altre etimologie sono state ricercate, ed, in particolare, greche. Così BAuUNAcH pone in rapporto il nome Asia con la radice doca = acqua; l’Asia sarebbe IRE A Sul nome dei continenti 75 Ambedue queste divisioni si trovano ammesse nella geografia antica. Nella prima la denominazione Europa indicava le terre settentrionali, Asia quelle meridionali (10); la sepa- razione naturale fra di esse era il Mediterraneo con la sua continuazione, il Pontos Euxeinos. La separazione fra Asia ed Europa era nei primi tempi creduta completa, supponendosi che il Pontos Euxeinos ad oriente si aprisse sull'Oceano; più tardi, ricono- sciuta l’inattendibilità di questa opinione, si cercò un così il continente circondato dal mare (?). Alcune supposi- zioni etimologiche furono fatte anche in antico, così: ° Acta dà τὴν dypaotav * doc γὰρ λέγεται ἣ ὑγρασία (Schol. Dion. per. 10 (Geogr. gr. min. 11, 431); vedi anche il passo di AGATHAMEROS riportato in fine alla nota. Ma più che altro questi nomi, come quelli di Libya e Thrake sono messi in rapporto con leggende. Così HesIopos (Theog. 357, 359) rammenta E. ed A. come figlie di Okeanos e The- tys, senza che i nomi accennino a designare parti terrestri. Anpron di Halikarnassos fa aver ad Okeanos per figlie, Libya ed Asia da Pompholyge, Europe ene da Parthenope (fr. 1. Frag. bist. gr. II, 349) ; etc. etc. Ma molti fra gli antichi stessi, come ad es. Heroporos (IV, 45), dicono che non sanno come questi nomi possano esser derivati. (Vedi la n. 15). Ecco, infine, il passo citato di AcATHEMEROS I, 4 (Geogr. gr. min., II, 472): ᾿Εκλήθησαν δὲ ἤπειροι ,ἄπειροί τινες οὖσαι δι ἄγνοιαν. ᾿Ασία δὲ ἀπὸ τοῦ ἄσσον εἶναι τοῖς ἀπ᾿’ Εὐρώ- πῆς ἀπιοῦσι καὶ πεζῇ καὶ νήσοις στιχηδὸν χειμέναις, ὧν Εὔβοια, Ανδρος, Τῆνος, Μύχονος, ᾿Ικαρία, Σάμος, Μυ- κάλη * ἣ δὲ Εὐρώπη ἀπὸ τοῦ εὔρους ὠνομάσθη: Λι- βύη δὲ ὑφ᾽ Ἑλλήνων ἦν ἄγνωστος πάνυ, ἀπὸ δὲ ἔθνους ἐπισήμου Φοινικῶς ὠνομάσθησαν [Λίβυες, τουτέστι] λέον- τες. ᾿Ωχεανὸς δὲ διὰ τὸ ὠχέως ἀνύειν χύκλῳ τὴν γῆν. (10) Su questa divisione e sulle molteplici ragioni astro- nomiche, climatiche, etc. etc. che la suffragavano dovremo tornare parlando di HipPoKRatEs, seguace della geografia ionica, e degli altri medici, 76 Sulla divisione in continenti Ia 818% altro criterio di divisione per quelle terre poste verso l’ estremo oriente. Il fatto che secondo le nostre mo- derne vedute, o anche quelle di qualche secolo posteriore, . ad esempio di ERATOSTHENES, l’ Asia, nella divisione binaria, veniva oltre che il suo mezzo cerchio meridio- nale ad occupare, verso oriente, anche parte notevole del semicerchio settentrionale, non urtava affatto i primi ionici che non avevano del resto un'idea molto esatta della posizione geografica dei varî paesi, e che anche nelle divisioni e nei con- torni geografici cercavano più che altro di trovare degli schemi geometrici. Nella divisione in tre invece, il cerchio terre- stre era diviso quasi in tre settori dei quali uno occupato dall’ Europa, uno dall'Asia, uno dalla Libya. Le tre parti del mondo venivano così ad essere circa uguali. Che questa opinione avesse anche acquistato credito Fig. 4. è provato dal passo di HeRropDoTos nel quale questi deride e riprende coloro che stimano uguali le tre parti del mondo (11). I confini fra queste furono lungo tempo incerti anche perchè varî erano i principî sui quali si cercava di fondarsi per arrivare alla divisione. Alcuni dei primi geografi cercarono di dividere le parti del mondo per mezzo dei fiumi; il Tanais (11) Nel principio del cap. 42 del libro IV delle Istorie egli infatti scrive: θωμάζω ὧν τῶν διουρισάντων καὶ διελόντων Λιβύην τε χαὶ ᾿Ασίην καὶ Βὐρώ πην ᾿ οὐ γὰρ σμικρὰ τὰ διαφέροντα αὐτέων ἐστί * μήκει μὲν γὰρ παρ᾽ ἀμφοτέρας παρήχει ἣ Εὐρώπη, εὔρεος δὲ πέρι οὐδὲ συμβάλλειν ἀξίη φαίνεταί μοι εἶναι. (Vedi anche la n. 15). 1:.Ξ S- 8. La divisione secondo i fiumi cha; (Don) ed il Nilo erano allora in generale i confini rispettivi fra l Europa e l'Asia e fra questa e la Libya (12). Questa divisione urtava però in difficoltà, special- mente per il Nilo. Infatti assumendo il Nilo come confine fra la Libya e l’Asia si veniva a dividere in due l'Egitto (13), mentre d'altra parte si venivano (12) Il passo seguente di STRABON (I, 4, 7), pure essendo scritto solamente a scopo polemico, dicendoci che coloro che dividevano le parti del mondo per mezzo dei fiumi le chiamavano isole, ci mostra chiaramente anche la ragione per la quale per queste divisioni venivano usati i fiumi: Ἕξῃῆς δὲ περὶ τῶν ἠπείρων εἰπὼν (ERATOSTHENES) γεγο- νέναι πολὺν λόγον, καὶ τοὺς μὲν τοῖς ποταμοῖς διαι- ρεῖν αὐτάς, τῷ τε Νείλῳ χαὶ τῷ Ταναίδι, νήσους ἀποφαίνοντας, τοὺς δὲ τοῖς ἰσθμοῖς, τῷ τε μεταξὺ τῆς Κασ- πίας χαὶ τῆς Ποντικῆς θαλάσσης καὶ τῷ μεταξὺ τὴς πρυθρᾶς xa, τοῦ ’Exphnypatoc, τούτους δὲ χερρονήσους αὐτὰς λέγειν. La divisione per mezzo del Tanais e del Nilo è anche bene indicata da ARRHIANOS (Anab. III. 30,8 e 9), certo ispirato da antiche fonti ioniche (forse per mezzo di ERATOSTHENES) : χαὶ τὸν Τάναϊν τοῦτον εἰσὶν οἵ ὅρον ποιοῦσι τῆς ᾿Ασίας χαὶ τὴς Εὐρώπης, οἷς δὴ ἀπὸ τοῦ μυχοῦ τοῦ πόντου τοῦ Εὐξείνου ἣ λίμνη τε ἣ Μαιῶτις καὶ ὁ ἐς ταύ- τὴν ἐξιεὶς ποταμὸς ὁ Τ ἄν αἷς οὗτος διείργει τὴν ᾿Ασίαν τε χαὶ τὴ Εὐρώπην, χαθάπερ ἣ κατὰ Γάδειρ ά τε χαὶ τοὺς ἀντιπέραν Γαδείρων Λίβυας τοὺς Νο- μάδας θάλασσα τὴν Λιβύην αὖ καὶ τὴν Εὐρώπην διείργει, οἷς γε δὴ ἣ Λιβύη ἀπὸ τῆς ᾿Ασίας τῆς ἄλλης τῷ Νείλῳ ποταμῷ διαχέχριται. (13) Strab. I, 2, 25: καὶ μὴν οἵ γε ἐπιτιμῶντες τοῖς τὰς ἠπείρους τῷ ποταμῷ διαιροῦσι τῶν ἐγκλημάτων τοῦτο μέγιστον προφέρουσιν αὐτοῖς, ὅτι τὴν Αἴγυπτον καὶ τὴν Αἰθιοπίαν διασπῶσι καὶ ποιοῦσι τὸ μέν τι μέρος ἑχατέρας αὐτῶν Λιβυκόν, τὸ δ᾽ ᾿Ασιατικόν᾽ ἣ εἰ μὴ βούλονται τοῦτο, ἢ οὐ διαιροῦσι τὰς ἠπείρους ἣ οὐ τῷ ποταμῷ. 78 La divisione secondo gli istmi Ι.. - 98. ad avere lunghe zone di territori senza divisione al- cuna (14). Si pensò allora di dividere i continenti per mezzo degli istmi: uno di questi era quello fra il mare Rosso ed il Mediterraneo, l’altro quello fra il Pon- tos Euxeinos ed il Caspio. Essendo quest'ultimo mare ritenuto un golfo del mare esterno la divisione in tal modo era perfetta. Però accanto a questa teoria, della quale non sappiamo veramente gli autori, ma che risale certo ai tempi dell’ antica scuola ionica, si man- tenne in vigore quella della divisione secondo i fiumi, specialmente per quello che riguarda la divisione del- l'Europa dall'Asia. È da notare ancora che la divisione fra l'Europa e l'Asia per mezzo 6811 15 Ὁ mo: fra L'Euxetmas ed il Caspio combina nel suo tratto principale con quella per mezzo del Phasis, che troviamo in PIN- DAROS ed in AiscHyLos e che è anche rammentata in HERODOTOS (15). (14) Strab. I, 2, 28: χαθάπερ οὖν oi χαριέστεροι τῶν διαιρούνυντων τὴν ᾿Ασίαν ἀπὸ τῆς Ang ὅρον εὐφυέστερον ἡγοῦνται τοῦτον τῶν ἠπείρων ἀμφοῖν τὸν κόλ- πον ἣ τὸν Νεῖλον: τὸν μὲν γὰρ διήκειν παρ᾽ ὀλίγον παντε- λῶς ἀπὸ θαλάττης ἐπὶ θάλατταν, τὸν δὲ Νεῖλον πολλα- πλάσιον ἀπὸ τοῦ ὠκεανοῦ διέχειν, ὥστε μὴ διαιρεῖν τὴν ᾿Ασίαν πᾶσαν ἀπὸ τῆς Λιβύης. : Lo stesso I, 4, 8: ἄλλως φατέον διαιρεῖσθαι τὰς ἠπείρους κατὰ μέγαν διορισμὸν καὶ πρὸς τὴν οἰκουμένην ὅλην ἀναφερόμενον: καθ᾽ ὃν οὐδὲ τούτου φροντιστέον, εἰ οἱ τοῖς ποταμοῖς διορίσαντες ἀπολείπουσί τινα χωρία ἀδιό- ριστα, τῶν ποταμῶν μὴ μέχρι τοῦ ὠκεανοῦ διηκόντων, τὰς μηδὲ νήσους ὡς ἀληθῶς ἀπολειπόντων τὰς ἠπείρους. (15) Pind. Olymp. III, 44; Nem. III, 20 Istbm. II, 41, III, 30 etc.; Aischil. framm. del Prom., in Arrhian; Herodot. IV, 45. — In questo passo HeropotTos si ma- raviglia come una regione tutta unita, sia stata divisa in tre, ed abbia avuto il nome di tre donne: οὐδ᾽ ἔχω συμ- βαλέσθαι ἐπ’ ὅτευ μιῇ ἐούσῃ γῇ οὐνόματα τριφάσια 1 τὸ ὃ; Particolarità della carta ionica 79 In questi casi il Phasis viene anche posto simmetricamente come confine orientale incontro alle colonne di Herakles che si trovano in oc- cidente. Con HiPPOKRATES troviamo però già ammesso stabilmente come confine il Tanais. * * * In quanto alle particolarità interne della carta io- nica pochissimo sappiamo, e questo poco è tale da non permettere affatto una ricostruzione di essa se non si vuole dare libero corso alla fantasia. Accenno alle poche cose che conosciamo con qualche certezza. Come ho già detto il centro della carta era in ul- timo Delphoi, l ὄμφαλος dell’ οἰκουμένη. La cono- scenza delle tre penisole sudeuropee e di quella dell’ Asia minore si doveva essere già formata. ΠΡ νος Euxeinos:e la Palude Meotide dovevano essere immaginate assai più grandi del natu- rale, ed inclinate verso sud dalla parte orientale. Ab- biamo anche qualche indicazione sull’ orientamento di varie coste e sull’ asse longitudinale di alcune isole. Così xéetat, ἐπωνυμίας ἔχοντα γυναικῶν, xai οὐρίσματα αὐτῇ Νεῖλός τε ὁ Αἰγύπτιος ποταμὸς ἐτέθη καὶ Φᾶσις ὁ Κόλχος (οἱ δὲ Τάναϊν ποταμὸν τὸν Μαιήτην καὶ Πορῦ- una τὰ Κιμμέρια λέγουσι), οὐδὲ τῶν διουρισάντων τὰ οὐνόματα πυθέσθαι, καὶ ὅθεν ἔθεντο τὰς ἐπωνυμίας. I nomi delle diverse parti si sarebbero poi originati nel modo seguente: ἤδη γὰρ Λιβύη μὲν ἐπὶ Λιβύης λέγεται ὑπὸ τῶν πολλῶν Ἑλλήνων ἔχειν τὸ οὔνομα γυναικὸς αὐτό- χθονος, ἣ δὲ ᾿Ασίη ἐπὶ τῆς Προμηθέος γυναικὸς τὴν ἐπωνυμίην. καὶ τούτου μὲν μεταλαμβάνονται τοῦ οὐνόματος Λυδοί, φάμενοι ἐπὶ ᾿Ασίεω τοῦ Κότυος τοῦ Μάνεω ὑπ τὶ σθαι τὴν ᾿Ασίην, ἀλλ᾽ οὐκ ἐπὶ τῆς Προμηθέος °Actns'.. ἣ δὲ δὴ Εὐρώπη οὔτε εἰ περίρρυτός ἐστι γινώσκεται πρὸς οὐδαμῶν ἀνθρώπων, οὔτε ὁκόθεν τὸ οὔνομα ἔλαβε τοῦτο, οὔτε ὅστις οἱ ἦν ὃ θέμενος φαίνεται, εἰ μὴ ἀπὸ τῆς Τυρίης φήσομεν Εὐρώπης λαβεῖν τὸ οὕνομα τὴν χώρην᾽ εἴς. etc. 80 Particolarità della carta ionica L= 878; una osservazione di STRABON ci mostra che gli ionici (DAMASTES) avevano falsamente indicato l’ asse longi- tudinale di Kypros ponendolo nella direzione nord-sud. Le grandezze delle coste dovevano essere disegnate pro- porzionalmente ai giorni di navigazione occorrenti a per- correrle. Ma dati sicuri di quei tempi non ci sono rimasti. A settentrione si elevavano i monti Rhipei ed in essi nascevano i fiumi del paese degli Skyti, in particolare l’Ister ed il Tanais. Il Nilo aveva origine nei monti Aithiopici, ma esisteva già an- che l’ opinione che esso provenisse dall’ Oceano M e- ridionale. Poche altre notizie positive abbiamo; per una più dettagliata esposizione delle quali rimando al libro del BERGER. $ 9. GLI EPIGONI DELLA SCUOLA IONICA. Appena pochi cenni in questo paragrafo sugli e p i- goni della scuola ionica. (In questa non comprendiamo HERAKLEITOS, che, pure avvicinandosi ad essa per al- cune singole teorie, va per una via diversa e ben sua). I nomi di questi epigoni li ho già rammentati (1). HiPPon, un fisico dell’ età di PERIKLES è uno di questi epigoni. Esso è probabilmente nativo di Samos (2). Per la dottrina sembra che segua THALES nell’ammet- tere l’acqua o meglio l’umido come elemento pri- mordiale. Pure l’anima egli la suppone formata dal- l’acqua. Troviamo che ad ΗἸΡΡΟΝ è spesso fatto rim- provero di ateismo; non sappiamo però su che cosa questa accusa sia fondata. Si rammentano anche alcune sue opinioni sulla generazione (3). (αν ἢ is gin fine:(p. 36): (2) IamBLIcHos (Zita Pythag.) nel catalogo dei pythagorici (vedi Cap. II, 3) lo dice di Samos. — Censorinus. De die natali. 5, 2: Hipponi vero Meta- pontino sive ut Aristoxenus auctor est Sa mio... Hippol. I, 16: Ἵππων δὲ è Ῥηγῖνος ἀρχὰς ἔφη ψυχρὸν τὸ ὕδωρ χκαὶ θερμὸν τὸ πῦρ. — Sympl. phys. 23, 22: Θαλῆ ς.... χαὶ Ἵππων ὁὃς δοχεῖ καῖ ἄθεος γεγονέναι, ὕδωρ ἔλεγον τὴν ἀρχὴν. --- Arist. metapb. I, 3, dopo THÒaLes Ἵππωνα γὰρ οὐκ ἄν τις ἀξιώσειε θεῖναι μετὰ τούτων διὰ τὴν εὐτέλειαν αὐτοῦ τῆς διανοίας. (3) In particolare in CeEnsorInus. (Vedi anche Diels, I, 26) ci riporta parecchie referenze in proposito (5, 2): « Hip- poni... ex medullis profluere semen videtur idque eo pro- MIELI 6 32 Hippon — Idatos T.:- 6-9: Di Hippon ci rimane un solo frammento che riguarda le acque potabili e che si estende ad alcune considerazioni generali. Credo interessante riportarlo (4) : «Poichè tutta l’ acqua potabile viene dal mare. Perchè se i pozzi giacessero più bassi allora il mare non sarebbe la sorgente dalla quale beviamo. Perchè allora l’ acqua non verrebbe dal mare, ma d'’altrove. Ora il mare è più profondo delle acque. Dunque tutto ciò che si trova sopra il fondo del mare viene da questo ». * * * Altro epigono della scuola ionica è IDAIOS, del quale non sappiamo altro che seguì ANAXIMENES nell’ ammet- tere l’aria come elemento primordiale (5). bari, quod post admissionem pecudum, si quis mares inte- rimat, medullas utpote exhaustas non reperiat.» — (6, 4): «ex seminibus autem tenuioribus feminas, ex densioribus ma- res fieri H. adfirmat. » — (6, 1): «H. vero caput, in quo est animi principale [primum crescere]. » — (9, 2): «H. qui die- bus LX infantem scribit formari et quarto mense carnem fieri concretam quinto ungues capillumve nasci septimo iam hominem esse perfectum. » — (6, 3): «Diogenes et Hi p- pon existimarunt esse in alvo prominens quiddam, quod infans ore adprehendat et ex eo alimentum ita trahat, ut, cum editus est, ex matris uberibus. » (4) (Diels) fr. 1: τὰ γὰρ ὕδατα πινόμενα πάντα ἐκ τῆς θαλάσσης ἐστί οὐ γὰρ δή που, «εἰ > τὰ φρέατα βαθύτερα ἦν, θάλασσά ἐστι ἐξ ἧς πίνομεν: οὕτω γὰρ οὐκ «ἂν» ἐκ τῆς θαλάσσης τὸ ὕδωρ εἴη, ἀλλ᾽ ἄλλοθέν ποθεν. νῦν δὲ ἣ θάλασσα βαθυτέρα ἐστὶ τῶν ὑδάτων. ὅσα οὖν καθύπερθεν τῆς θαλάσσης ἐστί, πάντα ἀπ᾽ αὐτῆς ἐστιν. (5) Conosciamo IpaAros solamente attraverso un passo di Sexrus EmpiriIcus (adversus math. IX, 360): ᾿Αναξιμένης δὲ xa ᾿Ιδαῖος ὁ Ἱμεραῖος καὶ Διογένης ὁ ᾿Απολλω- νιάτης καὶ ᾿Αρχέλαος ὁ ᾿Αθηναῖος Σωκράτους δὲ καθη- MOIS ἀέρα [πάντων εἶναι ἀρχὴν καὶ στοιχεῖον]. Diers suppone che il nome di Iparos debba collegarsi I. -S 09. I filosofi del μεταξύ 83 * * * Molte notizie abbiamo invece intorno alle teorie di DroGENES di Apollonia. Questi era un contempo- con quello dei filosofi del μεταξύ. ArIstoTELES ed i com- mentatori parlano di antichi filosofi che ammettevano come elemento primordiale qualche cosa di mezzo (μεταξύ) fra l’acqua e l’aria (altri fra l’ aria ed il fuoco). Gli elementi si genererebbero per condensazione e rarefazione. È certo che questi filosofi devono cercarsi fra i più recenti fisiologi io- nici, che subirono anche l’ influenza di pensatori posteriori. (E da escludere del tutto, invece, che l’ ἄπειρον di ANnAXI- MANDROS possa essere considerato come una tale cosa μεταξύ). Arist. metaph., I, 7: oi μὲν γὰρ ὡς ὕλην τὴν ἀρχὴν λέγουσιν...... οὗτοί τε δὴ πάντες τῆς τοιαύτης αἰτίας ἡμμένοι εἰσί, καὶ ἔτι ὅσοι ἀέρα ἣ πὺρ ἣ ὕδωρ, ἣ πυρὸς μὲν πυκνότερον ἀέρος δὲ λεπτότερον, καὶ γὰρ τοιοῦτόν τινες εἰρήκασιν εἶναι τὸ πρῶτον στοιχεῖον. E nel de coelo, IV, 5: ἔνιοι γὰρ ἕν μόνον ὑποτίθενται καὶ τοῦτο oi μὲν ὕδωρ, οἱ δ᾽ ἀέρα οἱ δὲ πῦρ, οἱ δ’ ὕδατος μὲν λεπτότερον ἀέρος δὲ πυκχνότερον. Questi am- mettono inoltre che ἐκ τούτου πυκνότητι χαὶ μανότητι τἄλλα γεννῶσιν. — Vedi anche il passo di SIimPLIKIOS (phys., 149, 5) citato appunto da Diers nel capitolo che ri- guarda Iparos (I, 50). Nel passo citato SimPLIKIos rammenta che ALEXANDROS riferiva il μεταξύ ad AnAxIMANDROS, ma che questo riferi- mento non può essere giusto perchè i filosofi del μεταξύ ave- vano per principio « τὰ ἄλλα γεννῶσι μανότητι καὶ πυκνότητι » mentre ANAXIMANDROS, ὡς αὐτός φησι, μὴ οὕτως γεννῶντος, ἀλλὰ κατὰ ἔκκρισιν τὴν ἀπὸ ἀπείρου. Questo passo tocca una questione che è stata a lungo dibattuta, sebbene io credo che debba risolversi nel senso esposto nel testo (8 4). È stato supposto che ANAXIMANDROS concepisse il suo ἄπειρον non come qualche cosa di inde- finito che prende le diverse forme concrete a seconda delle 84 L’ ἄπειρον di Anaximandros 1L-S. 9 raneo di ANAXAGORAS e quindi un tardissimo succes- sore degli antichi fisici di Miletos. Sebbene tenda a mantenere inalterata la dottrina antica, pure traspare in esso potente l'influenza sia di ANAXAGORAS sia di varie condizioni, ma come un μῖγμα dal quale per separa- zione (Exxptotc) si originassero le diverse sostanze. Ora, come è stato anche fortemente sostenuto dallo ZELLER, ciò non è giusto, e l’ origine di questa opinione si deve attribuire ad uno scambio dei nomi così simili di ANAXIMANDROS e di AnAxAGORAS. Appartiene infatti a quest’ ultimo pensa- tore, come vedremo, una teoria che presupponendo l’ esìi- stenza in atto di tutte le (infinite) sostanze, immagina che in uno spazio per quanto piccolo esista sempre una quantità per quanto piccola di ognuna di esse. Le proprietà presentate dal dato spazio sono date dalle sostanze che in esse prepon- derano. ANAXIMANDROS non può essere considerato in questo senso come un precursore di Anaxacoras. L’ ἄπειρον piut- tosto rammenta l’ antico chaos dei mythografi. Anche ArISTOTELES (astraendo da eventuali errori di trasmissione) non era informato in modo del tutto sicuro su questa dot- trina di ANAXIMANDROS, e così si spiegano in parte le sue contradizioni in proposito. Così il passo (phys., I, 4) : οἱ δ᾽ ἐκ τοῦ ἑνὸς ἐνούσας τὰς ἐναντιότητας ἐχκχρίνεσθαι [λέγουσιν], ὥσπερ ᾿Αναξίμανδρός φησι καὶ ὅσοι δ᾽ ἕν καὶ πολλά φασιν εἶναι, ὥσπερ ᾿Εμπεδοκλῇῆς καὶ ᾿Αναξαγόρας * ἐκ τοῦ μείγματος γὰρ καὶ οὗτοι ἐχκχρίνουσι τἄλλα, nel quale questi si contrappongono ad ΑΝΑΧΙΜΕΝΕΒ ed agli altri fisio- logi, non coglie certamente il giusto, e potrebbe, nei ri- guardi di ANAXIMANDROS, essere stato interpolato. Lo stesso dicasi di un passo nella Metbaphysica (XII, 2). Non si deve dunque confondere ANAXIMANDROS nè coi filosofi del μεταξύ nè con Anaxacoras. Probabilmente AnA- xIMANDROos ha lasciato indefinito il suo ἄπειρον così come indefinito era il χάος di Hesiopos. Tutt’ al più, come accen- neremo anche nel ὃ 10, ANAXIMANDROS potrebbe (e con molta probabilità) avere aderito all’ opinione delle trasformazioni per condensazione e per rarefazione. I - 5.9. Diogenes d’ Apollonia 85 EMPEDOKLES. Lo rammento qui perchè per la poca originalità delle sue teorie non vale la pena di ricordarlo a parte più avanti (6). DIOGENES si accorda con gli ionici continuando ad ammettere, come abbiamo visto, un elemento pri- mordiale unico, che in questo caso è l’aria. Affer- mando fortemente questo fatto, egli, che conosceva la teoria dei quattro elementi di EMPEDOKLES e che poteva certamente avere osservato come essa rapi- damente acquistasse terreno, è costretto a mostrare come i così detti quattro elementi debbano avere invece una natura comune ; se così non fosse infatti, egli dice, essi non potrebbero mescolarsi fra di loro, nè potrebbero esercitare alcuna azione l’ uno sull’ altro (7). Questo passo è importante perchè ci mostra in modo ben netto come il concetto dei quattro elementi fosse estraneo ai primi ionici, e come DIOGENES, volendo ad essi attenersi, è costretto a cercare di modificare nel senso da lui vo- luto le nuove teorie che già prendevano piede. Ἢ (6) Diog. ΙΧ, 57: Διογένης ᾿Απολλοθέμιδος πολλωνιάτης, ἄν ρ φυσικὸς καὶ ἀγὰᾶν ἐλλόγιμος. frovoe δέ, φησὶν ᾿Αντισθένης, ᾿Αναξιμένους. ἣν δὲ τοῖς χρόνοις κατ ᾿Αναξαγόρᾶν. Ι, ἀκμὴ di DroceNEs dovrebbe porsi verso il 423 (confr. Diers, Leuk. und Diog.). Egli è contemporaneo di Hippon. (7) (Diels)fr. 2: ἐμοὶ δὲ δοκεῖ τὸ μὲν ξύμπαν εἰπεῖν πάντα τὰ ὄντα ἀπὸ τοῦ αὐτοῦ ἐτεροιοῦσθαι καὶ τὸ αὐτὸ εἶναι. καὶ τοῦτο εὔδηλον" εἰ γὰρ τὰ ἐν τῷδε τῷ κόσμῳ ἐόντα νῦν, γῆ καὶ ὕδωρ καὶ ἀὴρ καὶ πῦρ καὶ τὰ ἄλλα ὅσα φαίνε- ται ἐν τῷδε τῷ χόσμῳ ἐόντα, εἰ τούτων τι ἦν ἕτερον τοῦ ἑτέρου, ἕτερον ὃν τῇ ἰδίᾳ φύσει, καὶ μὴ τὸ αὐτὸ ἐὸν μετέ- πιπτε πολλαχῶς καὶ ἑτεροιοῦτο, οὐδαμῇ οὔτε μίσγεσθαι ἀλλήλοις ἠδύνατο, οὔτε ὠφέλησις τῷ ἑτέρῳ γενέσθαι ἀπὸ τοῦ ἑτέρου οὔτε βλάβη, οὐδ᾽ ἂν οὔτε φυτὸν ἐκ τῆς γῆς φῦναι οὔτε ζῷον οὔτε ἄλλο γενέσθαι οὐδέν, εἰ μὴ οὕτω συνίστατο ὥστε ταὐτὸ εἶναι. ἀλλὰ πάντα ταῦτα ἐκ τοῦ αὐτοῦ ἕτεροι- οὐμενα ἄλλοτε ἀλλοῖα γίνεται καὶ εἰς τὸ αὐτὸ ἀναχωρεῖ. (Per esporre subito la cosa nella sua totalità dirò che 86 L’aria come elemento primordiale e pensante I. - $ 9. Abbiamo detto che, attenendosi ad ANAXIMENES, DIoGENES afferma che l'elemento primordiale è l’aria. Ma anche in tale specificazione vediamo che egli è in- fluenzato dalle dottrine di ANAXAGORAS, dottrine che svolgeremo in seguito. Qui basti accennare come Dio- GENES attribuisca all’ aria, il corpo più sottile e che penetra da per tutto, un certo raziocinio che fa sì che essa regoli le trasformazioni del mondo, che sono poi le sue proprie, e che consente agli esseri che la ispi- rano, ad esempio agli uomini, di essere ragionevoli (8). stimo che tutte le cose siano trasformazioni di uno stesso [elemento primordiale] e che esse siano la stessa identica cosa. E questo è manifesto. Infatti se le cose esistenti in que- sto mondo, la terra, l’ acqua, 1’ aria ed il fuoco, e tutte le altre cose che appariscono esistenti in questo mondo fossero differenti 1’ una dall’ altra, differenti [ben inteso] nella loro propria natura, e se non rimanessero tali nei frequenti cam- biamenti e nelle trasformazioni, nè mai esse potrebbero me- scolarsi l’ un 1’ altra, nè 1’ un l’ altra cagionarsi utile o dan- no, nè le piante potrebbero germogliare dalla terra, nè ge- nerarsi gli animali o altre cose, (se le cose non fossero tali da essere tutte la stessa cosa). Tutte le cose invece proven- gono dallo stesso [elemento primordiale], si trasformano |’ una nell’ altra, ed infine divengono di nuovo questo stesso [ele- mento]). (8) (Diels) fr. 3: οὐ γὰρ ἂν οἷόν Te ἣν odbtTw εδάσθαι ἄνευ νοήσιος, ὥστε πάντων μέτρα ἔχειν, χειμῶνός τε καὶ θέρους καὶ νυχτὸς καὶ ἡμέρας καὶ ὑετῶν χαὶ ἀνέμων χαὶ εὐδιῶν: καὶ τὰ ἄλλα, εἴ τις βούλεται ἐννοεῖσθαι, sbpioxor ἂν οὕτω διαχείμενα ὡς ἀνυστὸν χάλ- λιστα. (Poichè senza una forza di pensiero non sarebbe possi- bile [una tal spartizione della sostanza primordiale] in modo da essere in giusta ed adatta misura in tutte le cose : l’ in- verno e l’ estate, la notte ed il giorno, la pioggia, il vento ed il bel tempo. E se vogliamo rifletterci sopra troviamo che anche tutte le altre cose sono disposte nel miglior modo pos- sibile). ἘΞ τ Ὁ. Diogenes e l'elemento aria 87 Nelle diverse sue asserzioni che riguardano i varî . fenomeni naturali DIOGENES si mostra chiaramente come un continuatore della scuola ionica. Se in alcuni casi però egli sviluppa maggiormente alcune particolarità ciò avviene perchè egli risente delle dottrine e delle osservazioni più re- centi; deve affermarsi però anche qui che nel suo insieme egli non presenta una originalità propria e quindi offre poco Fr. 4: ἔτι δὲ πρὸς τούτοις καὶ τάδε μεγάλα σημεῖα. ἄνθρωποι γὰρ καὶ τὰ ἄλλα ζῷα ἀναπνέοντα ζώει τῷ ἀέρι. καὶ τοῦτο΄ αὐτοῖς καὶ ψυχή ἐστι καὶ νόησις, ὡς δεδηλώσεται ἐν τῇδε τῇ συγγραφῇ ἐμφανῶς, καὶ ἐὰν τοῦτο ἀπαλλάχθῃ. ἀποθνήσκει καὶ ἣ νόησις ἐπιλείπει. (Oltre le già ricordate si hanno anche le seguenti im- portanti prove. Gli uomini e gli altri animali vivono respi- rando l’ aria. E questa è per essi l’ anima e la forza del pen- siero, come si mostrerà ancora chiaramente in questo scritto ; e quando se ne separa, allora essi muoiono e la forza del pen- siero svanisce). Nel seguente lungo frammento (fr. 5) DiocENES poi, dopo avere magnificato l’aria come un dio, onnipresente, onnipotente, che tutto guida e tutto comanda, distingue le diverse specie di arie che esistono: xat μοι δοχεῖ τὸ τὴν νόησιν ἔχον εἶναι ὁ ἀὴρ καλούμενος ὑπὸ τῶν ἀνθρώπων, καὶ ὑπὸ τούτου πάντας χαὶ κυβερνᾶσθαι χαὶ πάντων xpatetv αὐτὸ γάρ μοι τοῦτο θεὸς δοχεῖ εἶναι καὶ ἐπὶ πᾶν ἀφῖχθαι χαὶ πάντα διατιθέναι χαὶ ἐν παντὶ ἐνεῖναι. χαὶ ἔστιν οὐδὲ ἕν ὅ τι μὴ μετέχει τούτου με- τέχει δὲ οὐδὲ ἕν ὁμοίως τὸ ἕτερον τῷ ἑτέρῳ, ἀλλὰ πολλοὶ τρόποι χαὶ αὐτοῦ τοῦ ἀέρος καὶ τῆς νοήσιός εἰσιν᾽ ἔστι γὰρ πολύτροπος καὶ θερμότερος καὶ ψυχρότερος καὶ ξηρότερος χαὶ ὑγρότερος χαὶ στασιμώτερος καὶ ὀξυτέρην κίνησιν ἔχων, καὶ ἄλλα πολλαὶ ἑτεροιώσιες ἔνεισι καὶ ἡδονῆς καὶ χροιῆς ἄπειροι. καὶ πάντων τῶν ζῴων δὲ ἣ ψυχή τὸ αὐτό ἐστιν, ἀὴρ θερμότερος μὲν τοῦ ἔξω ἐν ᾧ ἐσμεν, τοῦ μέντοι παρὰ τῷ ἡλίῳ πολλὸν ψυχρότερος. ὅμοιον δὲ τοῦτο τὸ θερμὸν οὐδενὸς τῶν ζῴων ἐστίν (ἐπεὶ οὐδὲ τῶν ἀνθρώπων ἀλλήλοις), ἀλλὰ διαφέρει μέγα μὲν οὔ, ἀλλ᾽ ὥστε παρα- πλήσια εἶναι. οὐ μέντοι γε ἀτρεκέως γε ὅμοιον οὐδὲν οἷόν 88 L’aria e la psyche I..- (89 interesse. Credo perciò che non sia opportuno esporre tutte le sue dottrine; solamente ci serviremo più avanti, ove occorra, di alcuni suoi detti quando raffronteremo le diverse opinioni che sui varî fenomeni fisici e meteo- rologici si erano fatte i greci più antichi, e ne osserve- remo la sistemazione nell’ opera d’ ARISTOTELES. Qui ri- te γενέσθαι τῶν ἑτεροιουμένων ἕτερον τῷ ἑτέρῳ, πρὶν τὸ αὐτὸ γένηται. ἅτε οὖν πολυτρόπου ἐούσης τῆς ἑτεροιώσιος πολύτροπα καὶ τὰ ζῷα χαὶ πολλὰ καὶ οὔτε ἰδέαν ἀλλήλοις ἐοικότα οὔτε δίαιταν οὔτε νόησιν ὑπὸ τοῦ πλήθεος τῶν ἑτεροιώσεων. ὅμως δὲ πάντα τῷ αὐτῷ καὶ ζῇ καὶ ὁρᾷ καὶ ἀκούει, καὶ τὴν ἄλλην νόησιν ἔχει ἀπὸ τοῦ αὐτοῦ πάντα. (Ed a me sembra che questo [elemento primordiale] che possiede la facoltà di pensare sia ciò che fra gli uomini è detto aria. Da questa ogni cosa è guidata; questa impera su tutto. E mi sembra appunto che essa sia Dio, e che ar- rivi ovunque, regoli tutto e sia presente in ogni cosa. Nulla esiste a che essa non abbia parte. Questa partecipazione però non è la stessa per tutte le cose, ma vi sono molte va- rietà di aria stessa e della facoltà di pensare. Essa si pre- senza infatti in molte varietà, ora più calda ora più fredda, ora più secca ora più umida, ora più in quiete ora più vee- mentemente mossa. E vi sono anche numerose altre varietà e infinite [sorta] di sapore e di colore. Presso tutti gli animali poi la psyche è di una sola specie, ed è cioè aria più calda di quella nella quale ci tro- viamo, ma molto più fredda di quella vicino al sole. Questo calore però non è [perfettamente] identico per tutti gli ani- mali (poichè nemmeno esso lo è per tutti gli uomini) ma pre- senta differenze, non grandi però, ed in modo che rimane simile [per tutti). E francamente è impossibile che una cosa soggetta a variazione possa divenire esattamente simile ad un’ altra senza divenire la cosa stessa. Essendo dunque di- verse le varietà [di aria], diverse sono anche le varietà di animali, ed in seguito alle diversità essi non sono simili nè per aspetto, nè per tenore di vita, nè per mentalità. Ciò no- nostante per la stessa cosa tutti vivono, vedono, odono, ed anche l’ intelligenza tutti l’ hanno dalla stessa cosa). ΕΞ 9 Le dottrine di Diogenes d’ Apollonia 89 corderò ancora solamente le sue accurate descrizioni anatomiche e fisiologiche, specialmente per quanto riguarda lo sperma e la generazione; di queste ci rimane appunto un lungo frammento. Tutto ciò però, più che formare un suo merito speciale, ci mostra la dipendenza di DIOGENES da EMPEDOKLES e dai numerosi medici che al suo tempo meraviglio- samente fiorivano sul suolo hellenico. APPENDICE. — LA DESCRIZIONE TOPOGRAFICA DELLE VENE DI DIioGENES D’APOLLONIA. Come appendice al precedente paragrafo riporto in nota nel testo originale (1) ed in traduzione italiana la descri- zione fatta da Diogenes delle vene del corpo umano. Essa è. notevole come una delle antiche descrizioni anatomiche. Ritornerò su di essa, e ne valuteremo allora l’ originalità e l’importanza, parlando dei Medici nel cap. V. « Nell’ uomo per quello che riguarda le vene si hanno i fatti seguenti: Vi sono due grandi vene ; esse si estendono nella cavità addominale lungo la spina dorsale, l’ una a destra, l’altra a sinistra, ciascuna fino alla relativa coscia, ed in alto fino alla testa passando attraverso la clavicola ed il collo. Da queste [due grandi vene] si diramano per tutto il corpo vene [minori] ; da quella destra per la parte destra del corpo, da quella sinistra per la parte sinistra. Due notevolmente grosse (1) Riportato da DIELS come fr. 6 e tolto da ARISTO- TELES (hist. anim. III, 2); [Διογένης δ᾽ è ᾿Απολλωνιάτης τάδε λέγει αἱ δὲ φλέβες ἐν τῷ ἀνθρώπῳ ὧδ᾽ ἔχουσιν " sist δύο μέγισται " αὗται τείνουσι διὰ τῆς χοιλίας παρὰ τὴν νωτιαίαν ἄχανθαν, ἢ μὲν ἐπὶ δεξιά, ἡ δ᾽ ἐπ᾽ ἀριστερά, εἰς τὰ σχέλη ἑχατέρα τὰ παρ᾽ ἑαυτῇ χαὶ ἄνω εἰς τὴν χεφαλήν παρὰ τὰς χλεῖδας διὰ τῶν σφαγῶν. ἀπὸ δὲ τούτων xa da tr τῷ ; SR oi ara Di SRI Ag DAI ct ἅπαν τὸ σῶμα φλέβες διατείνουσιν, ἀπὸ μὲν τῆς δεξιᾶς εἰς τὰ δεξιά, ἀπὸ di τῆς 90 Descrizione topografica delle vene 1. -$ 9, App. poi si dipartono dalla vicinanza della spina dorsale per il cuore, altre due, alquanto più in alto, passando attraverso il petto sotto la spalla, arrivano ciascuna alla rispettiva mano.* Entrambe in cima si suddividono in una parte che raggiunge il dito grosso, ed in un’ altra che passa nel tarso donde par- tono piccole vene con numerose ramificazioni per il restante della mano e per le dita. Dalle due [grandi] vene [princi- pali] prima rammentate [e più in basso] partono poi due più piccole; di queste quella a destra va al fegato, quella a sinistra alla milza ed ai reni. L’ una si chiama [perciò] sple- nite (vena della milza), 1’ altra epatite (vena del fegato). Le due vene che arrivano alla coscia si suddividono in due là dove si distaccano le due gambe, e passano poi at- traverso tutta la coscia. La vena maggiore passa dalla parte posteriore della coscia ed ivi appare turgida ; l’ altra di mi- nore grossezza passa dalla parte interna della coscia. [Queste vene] poi sorpassano il ginocchio e si prolungano nella gamba e nel piede nel modo stesso [che sopra abbiamo esposto] per le mani. In tal modo raggiungono il tarso del piede ed ivi si diramano per le dita. ἀριστερᾶς εἰς τὰ ἀριστερά, μέγισται μὲν δύο εἰς τὴν καρδίαν περὶ αὑτὴν τὴν νωτιαίαν ἄκανθαν, ἕτεραι δ᾽ ὀλίγον ἀνωτέρω dà τῶν στηθῶν ὑπὸ τὴν μασχάλην εἰς ἑχατέραν τὴν χεῖρα τὴν παρ᾽ ἑαυτῇ, Ἔ σχίζεται δ᾽ αὐτῶν ἄχρα ἑκατέρα, ἡ μὲν ἐπὶ τὸν μέγαν δάχτυλον, ἡ δ᾽ ἐπὶ τὸν ταρσόν, ἀπὸ δὲ τούτων λεπταὶ χαὶ πολύοξοι ἐπὶ τὴν ἄλλην χεῖρα καὶ δαχτύλους. ἕτεραι δὲ λεπτότεραι ἀπὸ τῶν πρώτων φλεβῶν τείνουσιν, ἀπὸ μὲν τῆς δεξιᾶς εἰς τὸ ἧπαρ, ἀπὸ δὲ τῆς ἀριστερᾶς εἰς τὸν σπλῆνα καὶ τοὺς νεφρούς" χαὶ χαλεῖται ἡ μὲν σπληνῖτις, ἡ δὲ ἡπατῖτις, ὅ αἱ δὲ εἰς τὰ σχέλη τείνουσαι σχίζονται χατὰ τήν πρόσφυσιν, καὶ διὰ παντὸς τοῦ μηροῦ τείνουσιν. ἢ δὲ μεγίστη αὐτῶν ὄπισθεν τείνει τοῦ μηροῦ χαὶ ἐχφαίνεται παχεῖα | ἑτέρα δὲ εἴσω τοῦ μηροῦ μιχρὸν ἧττον παχεῖα ἐχείνης. ἔπειτα παρὰ τὸ γόνυ τείνουσιν εἰς τὴν χνήμην τε χαὶ τὸν πόδα χαθάπερ χαὶ εἰς τὰς χεῖρας. χαὶ ἐπὶ τὸν ταρσὸν τοῦ ποδὸς χαθήχουτι καὶ ἐντεῦθεν ἐπὶ τοὺς δαχτύλους δια- τείνουσιν. ‘+ Quest'ultima proposizione nei testi d’AristoTELES ed in quello datoci dal Diers si trova al posto segnato dall’asterisco (*). Esso si trovava però evidentemente fuori di posto e va collocato come nel testo che io riporto. “ὩΣ I.- 6.0, App. Descrizione topografica delle vene QI Dalle due grandi vene si diramano poi ancora molte al- tre piccole vene nella cavità addominale e nei fianchi. Quelle vene che arrivano alla testa attraverso il collo appariscono notevolmente [alla superficie] alla gola. Dal ter- mine di esse si diramano nella testa molte altre vene [mi- nori]; ed invero quelle provenienti da destra si spargono nella parte sinistra, quelle provenienti da sinistra, nella parte destra. Entrambe [le due vene maggiori] terminano presso gli orecchi. Nel collo presso ciascuna delle vene maggiori esiste una vena minore, alquanto più piccola di quella, nella quale con- corre la maggior parte delle vene che provengono dalla testa. Queste [due vene minori] passano attraverso la gola dalla parte interna e stendendosi sotto l’ osso piatto della spalla arrivano fino alle mani. Anche vicino alla splenite ed all’ epatite compariscono altre vene alquanto più piccole. E queste vengono aperte [per fare un salasso] quando si ha un dolore sotto la pelle ; quando invece il dolore è nel ventre allora si aprono l’ epa- tite e la splenite. Da queste se ne diramano altre fin sotto alle mammelle. Vi sono anche altre vene che partono da entrambe [le due grosse vene] e passando attraverso il mi- dollo spinale arrivano ai testicoli. Altre ancora sotto la pelle σχίζονται δὲ χαὶ ἐπὶ τὴν χοιλίαν xa τὸ πλευρὸν πολλαὶ ἀπ᾽ αὐτῶν rat λεπταὶ φλέβες. αἱ δ᾽ εἰς τήν χεφαλήν τείνουσαι διὰ τῶν σφαγῶν φαίνονται ἐν τῷ οὐχένι μεγάλαι " ἀφ᾽ ἑχατέρας δ᾽ αὐτῶν, ἢ τελευταῖ, σχίξονται εἰς τὴν χεφαλὴν πολλαί, e x » - - » x 5 , e » > ΕΣ 5 pa . ‘ PIE αἱ μὲν èx τῶν δεξιῶν εἰς τὰ ἀριστερά, αἱ δ᾽ ἐχ τῶν ἀριστερῶν εἰς τὰ δεξιά τελευτῶσι δὲ παρὰ τὸ οὖς ἑκάτεραι. ” DIEIZO ‘x 2 > , x . ," e 5 Tate ἔστι δ᾽ ἑτέρα φλὲψ ἐν τῷ τραχήλῳ παρὰ τὴν μεγάλην ἑκατέρωθεν, ἐλάττων ἐχείνης ὀλίγον, εἰς ἣν αἱ πλεῖσται ἐκ τῆς χεφαλῆς συνέχουτιν αὐτῆς vai αὗται τείνουτι διὰ τῶν σφαγῶν εἴσω χαὶ ἀπ᾽ αὐτῶν ἑχατέρας ὑπὸ τὴν ὠμοπλάτην τείνουσι καὶ εἰς τὰς χεῖρας. καὶ φαίνονται παρά τε τὴν σπληνῖτιν val τὴν ἡπατῖτιν ἕτεραι ὀλίγον ἐλάττους. ἃς ἀποσχῶσιν ὅταν τι ὑπὸ τὸ δέρμα λυπῆ" ἂν δέ τι περὶ τὴν κοιλίαν, τήν ἡπατῖτιν χαὶ τήν σπληνῖτιν. τείνουσι δὲ χαὶ ὑπὸ τοὺς μαστοὺς ἀπὸ τούτων ἕτεραι, ἕτεραι δ᾽ εἰσὶν αἱ ἀπὸ ἑκατέρας τείνουσαι διὰ τοῦ νωτιαίου μυελοῦ εἰς τοὺς ὄρχεις λεπταί " ἕτεραι δ᾽ ὑπὸ τὸ δέρμα καὶ διὰ τῆς σαρχὸς τείνουσιν εἰς τοὺς νεφροὺς χαὶ 92 Descrizione topografica delle vene 1. - ὃ 9, App. ed attraverso alla carne giungono ai reni e terminano ai te- sticoli negli uomini, all’ utero nelle donne. (Le prime vene che vengono dall’ addome sono più larghe, in seguito si vanno assottigliando, fino a che quelle di destra passano a sinistra e quelle di sinistra a destra).tt Queste vene si dicono sper- matiche. Il sangue più denso viene [qui] assorbito dalle parti carnose ; oltrepassando però queste esso diviene fine, caldo e schiumoso » (2). τελευτῶσιν εἰς τοὺς ὄρχεις τοῖς ἀνδράσι, ταῖς δὲ γυναιξὶν εἰς τὰς ὑστέρας. (ai δὲ φλέβες αἱ μὲν πρῶται tx τῆς χοιλίας εὑρύτεραί εἰσιν, ἔπειτα λεπτότεραι γίγνονται, ἕως ἂν μεταβάλλωσιν ἐκ τῶν δεξιῶν εἰς τὰ ἀριστερὰ καὶ ἐχ τούτων εἰς τὰ δεξιά.) ΤΊ αὗται δὲ σπερματίτιδες καλοῦνται, τὸ δ᾽ αἷμα τὸ μὲν παχύτατον ὑπὸ τῶν σαρκωδῶν ἰχπίνεται * ὑπερβάλλον δὲ εἰς τοὺς τόπους τούτους λεπτὸν χαὶ θερμὸν χαὶ ἀφρῶδες γίνεται. (2) A questo proposito vedi il passo riportato dal Diers (1, 51, B. 6): Vindician. q. f. 1. ff. [Μ. Wellmann Fr.d. gr. Arzte I, 208, 21: «Alexander Amator veri [cioè Φιλαλήθης] ap- pellatus, discipulus Asclepiadis libro primo de semine s p u- mam sanguinis eius essentiam, dixit Diogenis placitis consentiens...... (3) Diogenes autem Apolloniates essentiam [seminis] similiter spuman sanguinis dixit libro physico: etemin spiratione adductus spiritus sanguinem suspendit, cuius alia pars carne bibitur alia superans in seminales cadit vias et semen facit quod non] est aliud quam spuma sanguinis spiritu col- lisi. »— Confr. anche Cle m. paedag. I, 6, 48. (Diels, I, 51, A, 24): τινὲς δὲ καὶ τὸ σπέρμα τοῦ ξῴου ἀφρὸν εἶναι τοῦ αἵματος xar’odetav ὑποτίθενται, 6 δὴ τῇ ἐμφύτῳ τοῦ ἄρρενος θέρμη παρὰ τὰς συμπλοχὰς ἐχταραχθὲν ἐχριπιξόμενον ἐξαφροῦται ay ταῖς σπερματίσιν παρατίθεται φλεψίν " ἐντεῦθεν γὰρ ὃ ᾿Απολλωνιάτης Διογένης τὰ ἀφροδίσια γεχλῆσθαι βούλεται, ΤΥ Diets nota per la parte fra parentesi; « nicht hierhòr gehòriger Zusatz » Kalb- Peisch. $ IO. I PRIMI UNDICI PARAGRAFI DEL LIBRO περὶ ἑβδομάδων DELLA COLLEZIONE HIPPOKRATICA. Nei paragrafi che precedono abbiamo parlato delle teorie di tutti quei pensatori ionici che, come tali, sono anche riconosciuti dall’ antichità e che possono atte- starci l’ alto grado di sviluppo scientifico al quale nel VI sec. arrivò il pensiero nell’ Ionia. Purtroppo dei più antichi filosofi, e veramente grandi, non ci è giunto nulla direttamente ; ed i numerosi frammenti di un tardo epigono come DIioGENES di Apollonia non pos- sono nemmeno lontanamente compensare la perdita di scritti così antichi e preziosi. Ma se la sorte ci ha pri- vato dei lavori dei sommi, sembra che invece ci abbia voluto preservare dall’ oblio, almeno in varie traduzioni, uno scritto ionico non certamente posteriore all’ epoca di 0ANAXIMANDROS, se non anche più antico; scritto che, se non rivela nel suo movente uno spirito vera- mente scientifico, è di un interesse grandissimo perchè ci mostra alcune caratteristiche del pensiero dell’ epoca ed, indirettamente, alcune cognizioni che in essa si ave- vano e che si potevano credere acquistate più tardi. Noi dovremo in un futuro capitolo parlare diffusa- mente della grande collezione hippokratica. Essa è la raccolta di un numero molto ragguardevole di scritti preziosissimi di indole prevalentemente medica, tutti anteriori al quinto secolo, che ci sono stati tra- mandati sotto il nome del grande medico di K os. Non bisogna però credere che gli scritti appartengano al solo HiPPOKRATES od almeno alla sua scuola ; essi presentano invece fra loro delle divergenze notevolissime e tali da fare assegnare i vari scritti alle epoche più diverse ed 94 Il περὶ ἑβδομάδων I. - ξ 10. alle scuole più opposte, col solo limite di tempo già so- pra accennato. Se nella raccolta prevalgono poi gli scritti della scuola di Kos, assai numerosi vi sono an- cora quelli della scuola knidica, che è più an- tica della precedente e ad essa opposta in alcune cose; frammiste a questi poi si trovano anche non pochi scritti di sophisti, che non erano medici, ed ancora altri di ispirazione herakleitea, o che rivelano altre ten- denze o rammentano altre scuole. Non è il caso di esporre in questo luogo quello che più innanzi dovrà essere da noi esaminato con gran cura. Ci basta accennare che di questa collezione fa parte uno scritto, περὶ ἑβδομάδων, il principio del quale sembra che appartenga ad uno scrittore ionico del tempo fra THALES ed ANAXIMAN- DROS. La questione non è definitivamente risolta, ma un recentissimo lavoro di W. H. RoscHER sembra ac- certare definitivamente la cosa (I). Purtroppo, come per tanti altri testi greci, il περὶ ἑβδομάδων non ci è giunto nel suo testo originale. Pos- sediamo solamente un frammento conservato nel codice N. 2142 della Bibliothèque Nationale in Paris ; questo però si estende solamente ai capitoli 1-5 ed in buona parte è illeggibile. Due traduzioni, in un latino assai barbaro e spesso non comprensibile, si hanno nei codici Ambrosta- nus (G. 108) e Parisinus (latin. 7027) ambedue del X sec. ; essi sono stati pubblicati dal LiTTRÉ nella sua edizione delle opere di HipPOKRATES. Ultimamente poi, per cura di CHR. HARDER, è stata tradotta in tedesco, e commen- tata (2), una versione araba dei primi 17 capitoli di que- sto scritto, conservata, insieme al commento di GALE- NOS, nel Codex Monacensis, 802 dell’ XI sec. Mentre le due versioni latine sono oscure ed indecifrabili in-alcune parti, la traduzione araba ci permette di farci un’ idea ‘ (1) W. H. Roscner: Ueber Alter, Ursprung und Be- deutung der hippokratischen Schrift von der Siebenzabl. Leipzig, Teubner, 1911. (Estr. dal XXVIII vol. delle Abhandl. der Philol.-hist. Klasse der Kgl. Sachs. Ges. d. Wiss.). (2) Rhein. Museum. 48 (1893) p. 434. MES TO. II numero sette 95 assai esatta dello scritto primitivo, specialmente se la confrontiamo e la completiamo con le prime. Credo utile perciò di aggiungere, come appendice a questo para- grafo, la traduzione italiana dei primi II capitoli del- l’opera, insieme ad alcune delle note di GaLENOS. La traduzione è stata condotta su quella tedesca di HARDER. Mi è stato però impossibile fare confrontare direttamente la mia con l’originale arabo. Alla lettura più superficiale si riconosce che i pr i- mi undici capitoli, per il loro carattere total- mente diverso a quello dei rimanenti, appartengono ad un autore differente e vissuto in un’altra epoca di quello che ha scritto i capitoli successivi. E mentre ancora nella prima parte il soggetto corrisponde al titolo περὶ ἑβδομάδων, in quanto si fa continuamente rilevare l’ im- portanza del numero sette nella natura, nella se- conda, salvo alcuni accenni ebdomatici relativi ai giorni critici, si tratta esclusivamente delle malattie, in modo che bene le si addice un secondo titolo sotto il quale l’ opera era anche conosciuta nell’ antichità, cioè quello di τὸ πρῶτον περὶ νούσων τὸ μιχρότερον. La storia dello scritto deve stimarsi la seguente : Un medico della scuola knidica nel comporre un suo trattato intorno alle malattie, ha voluto premet- tere alcune osservazioni sull'importanza, nella natura, del numero sette. Per fare ciò egli ha, seguendo un uso non raro negli antichi, preso pari pari un frammento di uno scrittore anteriore che trat- tava questo soggetto, e, senza curarsi troppo di colle- garlo con quello che seguiva, lo ha messo in capo alla sua trattazione. Quello che a noi ora interessa è appunto quel fram- mento che varie ragioni, seguendo in ciò ROSCHER, ci fanno credere compilato quando la scuola ionica si tro- vava nella sua prima fioritura. Rimando alla memoria citata del suddetto autore per l’ esposizione completa delle varie ragioni. Qui accennerò solamente alle prin- cipali. Anzitutto dalla divisione geografica set- tenaria messa in parallelo col corpo umano pos- 96 I φρένες sede dell’ intelligenza I. -S το, siamo osservare più fatti notevoli. (Confronta nell’ ap- pendice la versione al cap. II). Anzitutto il posto di onore, quello corrispondente ai φρένες cioè alla sede della intelligenza e della cultura (3), è riserbato all’ I o- nia. Le altre parti geografiche della terra rammentate sono in gran prevalenza quelle nelle quali principalmente si svolgeva il territorio coloniale e commerciale del- (3) Nei tempi più antichi della cultura ionica sulle coste dell'Asia minore i 6% p EVEG erano considerati come la sede dell’ intelligenza e del pensiero (confr. ciò che dice GALE- Nos, περὶ φιλοσ. ἱστορίας XIX 315 Κα: τὸ ἡγεμονικὸν.... χαθίζουσι.... οἱ δὲ ἐν τῷ διαφράγματι, τῶν δὲ νεωτέρων τινες ἀπὸ χεφαλῆς μέχρι τοῦ διαφράγματος). Il vocabolo rimase poi, in senso metaforico, ad indicare appunto la mente ed il senno anche dopo che 1’ ἡγεμονικόν piuttosto che nel diaframma o nel cuore, fu con- siderato come avente la sua sede nel cervello. [Vedi: WinpiscH, Ueber den Sitz der denkenden Seele, besonders bet den Indern und Griechen. Sichs. Ber. philol. hist. KI. 43 (1897) p. 195]. Nello scritto kippokratico περὶ ἱερῆς νούσου, nel quale si rivela uno scritto molto vicino al pensiero di HrpPoKRATES stesso, si polemizza appunto contro le antiche opinioni. Giova ricordare che i filosofi antichi più conosciuti ammisero va- riamente che il pensiero aveva la sua sede o nel dia- framma, o nel cuore, o nel cervello. Un’ idea di ciò ci può essere fornita dal capitolo di AetIos che tratta περὶ τοῦ ἡγεμονικοῦ (IV, 5): Πλάτων Δημόκριτος ἐν ὅλῃ τῇ χεφαλῇ. Στράτων ἐν μεσοφρύῳ. ᾿Ερασίστρατος περὶ τὴν μήνιγγα τοῦ ἐγκεφάλου, ἣν ἐπικρανίδα λέγει. “Ηρόφιλος ἐν τῇ τοῦ ἐγκεφάλου κοιλίᾳ, ἥτις ἐστὶ καὶ βάσις. Παρμενίδης χαὶ ᾿Επίχκουρος ἐν ὅλῳ τῷ θώρακι. Οἱ Στωικοὶ πάντες ἐν ὅλῃ τῇ καρδίᾳ ἢ τῷ περὶ τὴν καρδίαν rvevpart. Διογένης ἐν τῇ ἀρτηριαχῇ κοιλία τῆς καρδίας, ἥτις ἐστὶ πνευματική. Ἐμπεδοκλῆς ἐν τῇ τοῦ αἵματος συστάσει. οἱ δὲ ἐν τῷ τραχήλῳ τῆς χαρδίας, οἱ δὲ ἐν τῷ περικαρδίῳ ὑμένι, οἱ δὲ ἐν τῷ διαφράγματι. τῶν νεωτέρων τινὲς διήκειν ἀπὸ I. - $ το. La sede dell’ anima. Hippokrates 97 lIonia, e specialmente quello di Miletos, cioè l’ Hellespontos, il Bosphoros thrakico e kimme- rico, il Pontos Euxeinos e la Maiotide ed infine l’ Egitto. Invece non sono affatto rammen- tate la Sicilia e la Magna Grecia, regioni con le quali quei di Miletos avevano poco a che fare. Caratteristico ancora, per la determinazione del tempo χεφαλῆς μέχρι τοῦ διαφράγματος. Πυθαγόρας τὸ μὲν ζωτικὸν περὶ τὴν καρδίαν, τὸ δὲ λογικὸν καὶ νοερὸν περὶ τὴν χεφαλὴν. Πυθαγόρας, ᾿Αναξαγόρας, Πλάτων, Ξενοχράτης, Κλεάνθης θύραθεν εἰςκρίνεσθαι τὸν νοῦν. Παρμενίδης χαὶ Ἐμπεδοκλῆς χαὶ An- μόκριτος ταὐτὸν νοῦν καὶ ψυχήν, χαθ᾽ οὺς οὐθὲν ἂν εἴη ζῷον ἄλογον κυρίως. Un’altra esposizione di varie teorie su questo soggetto, sempre derivata dagli antichi Placita, si ha in Cicero nelle Tusculanae Disput. I, 9. Qui non si arresta la varietà delle opinioni in propo- sito. Sebbene AristoTELES non si esprima chiaramente, sembra che egli propenda a porre la sede della ψυχή nel cuore, cosa che ci è confermata più volte da Garenos. Gli Stoiki seguivano in massa questa opinione. Gli hippokratici invece sostengono che la sede dell’ anima è il cervello. Importante è il passo già ricordato del περὶ ἱερῆς νούσου dove viene riportata al cervello la causa della malattia sacra (l'epilessia): Καὶ ταῦτα πάσχομεν ἀπὸ τοῦ ἐγκεφάλου πάντα, ὅταν οὗτος μὴ ὑγιαίνῃ ἀλλ᾽ ἣ θερμότερος τῆς φύσιος γένηται ἣ ψυχρότερος ἣ ὑγρότερος ἢ ξηρότερος ἤ τι ἄλλο πεπόνθῃ πάθος παρὰ τὴν φύσιν ὃ μὴ ἐώθει. καὶ μαινόμεθα μὲν ὑπὸ ὑγρότητος ὁχόταν γὰρ ὑγρότερος τῆς φύσιος ἔῃ, ἀνάγκη κινέεσθαι, xivevpévov δὲ μήτε τὴν ὄψιν ἀτρεμίζειν μήτε τὴν ἀχοὴν, ἀλλ᾽ ἄλλοτε ἄλλο ὁρᾶν καὶ ἀκούειν, τὴν τε γλῶσσαν τοιαῦτα διαλέγεσθαι οἷα ἂν βλέπῃ τε χαὶ ἀκούῃ ἑκαστότε. ὁκόσον δ᾽ ἂν ἀτρεμίσῃ ὃ ἐγχέφαλος χρόνον, τοσοῦτον καὶ φρονέει ὁ ἄνθρωπος. γίγνεται δὲ ἣ διαφθορὴ τοῦ ἐγχεφάλου ὑπὸ φλέγματος καὶ χολῆς χ. τ. λ. MIELI 7 98 La sede dell’ anima. Galenos Ι. - ξ το. nel quale fu compilata questa divisione settenaria del mondo, è la speciale menzione del Peloponnesos dove predominava Sparta, e dell’Isthmos dove era posta Korinthos. Completamente tralasciata è Athenai e così pure non si fa affatto menzione della Persia. Ora ciò mostra chiaramente che il tempo nel quale la divisione fu stabilita coincideva col pe- Il più forte assertore nell’antichità della sede dell’anima nel cervello è GaALENOS. Egli si basa su fatti anatomici. Nel primo libro De Placitis Hippocratis et Platonis egli pone i due principî fondamentali : 1.0 ὅπου τῶν νεύρων ἣ ἀρχὴ ἐνταῦθα χαὶ τὸ τῆς ψυχῆς ἡγεμονικόν. 2.9 ἣ ἀρχὴ τῶν νεύρων ἐν τῷ ἐγχεφάλῳ. Sul primo principio sono tutti d’accordo, sul secondo no, essendovi alcuni che stimano essere nel cuore l’ origine dei nervi. E ciò è combattuto da Gatrenos. Questa, del resto si pone dal punto di vista di HippogratEs e di PLATON (De locis affectis III): τὰς μὲν οὖν ἀποδείξεις ἐν τοῖς ὑπο- μνήμασιν εἶπον ἐν οἷς ἔγραψα περὶ τῶν Ἱπποκράτους καὶ Πλάτωνος δογμάτων: ὅτι δὲ χαὶ πᾶσιν ἀνθρώποις πεπί- στευται, τὸ μὲν λογιζόμενον ἐν ἐγκεφάλῳ καθιδρύσθαι, τὸ δ᾽ ἀνδρεῖόν τε καὶ θυμοειδὲς ἐν καρδίᾳ, τὸ δ᾽ ἐπιθυμητικὸν ἐν ἥπατι, μαθεῖν ἔστιν ὁσημέραι λεγόντων αὐτῶν ἀκούοντα, πρὸς μὲν τὸν ἀνόητον, ὡς ἐγκέφαλον οὐχ ἔχει, πρὸς δὲ τὸν ἄτολμον χαὶ δειλὸς, ὡς ἀκάρδιος εἴη. τοῦ Τιτυοῦ δ᾽ ὑπ᾽ ἀετοῦ τὸ ἧπαρ ἐσθιόμενον οὐ μόνον ἐν ποιήμασι λεγόντων, ἀλλὰ καὶ πλαττόντων τε καὶ γραφόντων. Simili svariatissime opinioni si ebbero anche in tempi più moderni e presso altri popoli. Anche in CEsALPINO (1519- 1603) nelle Quaest. peripat. (XV, 3) troviamo espressa l’opi- nione del cuore origine dei nervi. Tutto ciò può rendere interessante il passo del filosofo scettico e mistico HENRIcUS CorNELIUS AGRIPPA, (1487-1535) dove questi tratta delle varie opinioni sulla sede dell’anima (cap. 72, De Anima dell’opera De incertitudine et vanitate omnium scientiarum et artium; cito dalla ediz. Francoforti et Lipsiae, 1714): « En videtis de animae essentia quam I. -S το. Conoscenze geografiche nel περὶ ἑβδομάδων 99 riodo nel quale era ancora vivo il ricordo del grande splendore di Korinthos sotto PERIANDROS, e non era pur anche sorta la potenza di Athenai, mentre nella penisola hellenica un assoluto predominio era esercitato da SPARTA (4). È chiaro che la dimenticanza di Athenai non sarebbe stata possibile nell'epoca di HIPPOKRATES e di DEMOKRITOS, quando quest’ultimo si lamenta: ἦλθον inter se dissident, nec minus ridicule de eius sede inter se variant: nam Hippocrates et Hierophilus in cerebri venticulis illam ponunt, Democritus in toto corpore, Erasistratus circa membranam epicranidem. Strabo in superciliorum interstitio, Epicurus in toto pectore, Diogenes in corde arteriato ven- triculo, Stoici cum Chrysippo in toto corde ac spiritu circa cor versante, Empedocles in sanguine, cui adstipulatur Moyses, idcirco prohibens vesci sanguine, quia animalis anima sit in illo. Plato et Aristoteles et reliqui nobiliores Philosophi, in toto corpore, Galenus autem in quavis corpori particula, suam esse animam putat, sic enim ait in libro de partium utili- tate........ ). Interessanti osservazioni su questo soggetto, specialmente dal punto di vista di DescARTES, si trovano nell’ articolo Le mécanisme cartesien et la physiologie au XVII siéele di Auc. GeorcEs-BERTHIER, pubblicato in « Isis », Wondelgem- lez-Gand, II, 1914, p. 37. Su questo soggetto dovremo ri- tornare nel corso della nostra storia. Notiamo infine che all’ antica credenza della sede del pensiero nel diaframma si collega la denominazione di φρενῖτις per quelle malattie che alterando, secondo le antiche opinioni, questa parte del corpo ed i visceri adiacenti, pro- ducevano squilibri nello stato psichico di un individuo. (4) Assai frequente è l’uso di rammentare i Pele- ponnesiaci per indicare i Lakaidemoni. Questo fatto si ritrova, ad es. in THouKyDIDES: τὸν πόλεμον τῶν iii ποννησίων xaù Αθηναίων (I, I), e nel discorso di PERIKLES (1, 141): αὐτουργοί τε γάρ εἰσι , Πελοποννήσιοι xa. οὔτε ἰδίᾳ οὔτ᾽ ἐν χοινῷ χρήματά ἐστιν αὐτοῖς.... μάχῃ μὲν γὰρ μιᾷ πρὸς ἅπαντας “Ἑλληνας δυνατοὶ Πελοποννήσιοι καὶ οἱ ξύμμαχοι ἀντίσχειν, εἴς. 100 Il Peloponnesos paragonato al capo I. - $ 10. εἰς ᾿Αθήνας xa οὔ τίς με ἔγνωχεν (5). Bisogna notare però, come rileva ROScHER, che la traduzione di HAR- DER dall'arabo : « Peloponnes, der Wohnsitz hochgesinnter Menschen » doveva corrispondere nell’ originale ad un epiteto come μεγάθυμοι. La nota di GALENOS (v. App. n. 28) è imbevuta della opinione posteriore che attri- buisce al ca po la sede del pensiero. Quindi il para- gone del Peloponnesos con il capo, sede della ra- gione, appartiene a GALENOS, non all’ antico scrittore. Il riconosciuto predominio di Sparta nella penisola hellenica, quindi, viene ad essere subordinata alla effet- tiva supremazia dell’Ionia (6). (Die Ls, ἘΠ τό: (6) ΝΥ. H. RoscHER in un articolo recente [Das Alter der Weltkarte in « Hippokrates » περὶ ἑβδομάδων und die Reichskarte des Darius Hystapsis, Philologus 70 (1911) p. 529] esaminando la descrizione di paesi posta sul monumento di Dareros HystasPEs ({ 486) conclude che anche da questa si può arguire che quella del περὶ ἑβδομάδων è assai an- teriore. In particolare le conclusioni del RoscHER, per quello che qui ci riguarda sono le seguenti: a) Tanto la carta dell’ impero di DarEIos, che com- prende gli « ionî », e che ha avuto origine fra il 500 edil 486, quanto quella del mondo di HexKaTAIOs, sono assai più complete, e quindi più recenti, del περίοδος γῆς che doveva guidare l’autore del περὶ ἑβδομάδων. 3) Con grande probabilità la carta di DAREI0s aveva lo stesso contenuto del περίοδος γῆς di HeKatAIOS, ed è stata utilizzata da questi nella sua opera, come possono indicare le cifre delle « parasanghe ». c) Se la carta ufficiale dei popoli e dei paesi dell’ im- pero di DarEIos, nell’epoca intorno al 500 av. Chr. e la circa contemporanea carta di HexKaATAIOS presuppongono cognizioni geografiche tanto più progredite di quelle che do- vevano trovarsi nel περίοδος γῆς utilizzato dall’autore del περὶ ἑβδομάδων, sembra improbabile, anzi del tutto impos- sibile, che questo scritto possa essere opera di un medico che viveva in una importante città marittima dell’ Ionia all’epoca della guerra peloponnesiaca. I.-S 10. Za geografia sul monumento di Daretos IOI Ma oltre queste ragioni geografiche molte altre vi sono che fanno decisamente attribuire al periodo ionico antico lo scritto περὶ ἑβδομάδων. Come avrebbe potuto un autore posteriore, andato alla ricerca di tutte le cose ordinate secondo il numero sette, ignorare o tacere le sette note musicali, rilevate dai pythagorici,edi sette astri mobili (i cinque pianeti Mercurio, Venere, Giove, Marte, Saturno, e la Luna ed il Sole) che pare furono cominciati a riconoscere ed a distinguere anche essi nel mondo elle- nico appunto dai filosofi italici ? (7). E non si può nem- Riporto, come è tradotta nel RoscHER, quella parte di iscrizione che si riferisce ai popoli dell’ impero di DAREIos: « És spricht Darius der Kénig: Nach dem Willen Ahura- mazdas (waren es) diese Lander, die ich (in Besitz) nahm ausserhalb von Persien; ich herrschte iiber sie; mein Ge- setz hielt sie (in Schranken): Medien, Huuaga [= Elam], Parthien, Areia, Baktrien, Sogdiana, Chorasmien, Drangiana, Arachosien, Sattagydien, Gandara, Indusland, die amyrgische Saken, die Saken mit spitzen Miitzen, Babylonien, Assyrien, Arabien, Aegypten, Armenien, Kappadokien, Sparda [= Sar- des, Lydien], Jonien [= Kleinasien], die Saken jenseits des [schwarzen] Meeres, Skudra, die Schilde [d. i. schildar- tige Kopfbedeckungen, d. i. καυσίαι, πέτασοι] auf den Kòpfen tragenden Jonier [gemeint sind die Hellenen in den Kolonien am schwarzen Meere, in Thrakien, Makedonien, etc.], Pùt, Kos, Makua, Karka [4 afrikanische Stimme] ». È da notare che in queste citazioni viene seguito un ordine geo- grafico: prima i paesi vicini di Media ed Elam, poi quelli ad oriente verso l’ India; i num. 16-19 sono un gruppo a NW di Elam. Col num. 20 la lista passando ad occidente della Media, passa all’Asia Minore, 1’ Ionia, la penisola bal- canica. Gli ultimi sono popoli affricani. (7) Come vedremo nel seguente capitolo i pytha- gorici ordinarono il cosmo secondo il numero dieci; ciò non toglie però che, prescindendo dall’antiterra, invi- sibile, dalla terra, da molti supposta fissa, e dal cielo delle stelle fisse, non rimanessero i sette pia- neti mobili (fra i quali era compreso anche il sole). 102 La mistica dei numeri 1.800, meno, per spiegare una tale ignoranza, supporre che dalla lontana Italia non fossero ancora giunta sulle coste dell'Asia Minore le dottrine dei filosofi e dei medici py- thagorici e siculi. E ben nota infatti, per molteplici ri- prove, la celerità grande colla quale attraverso tutto il mondo hellenico in quei primissimi tempi si sparge- vano le nuove d’arte, di filosofia e di scienza. E comune era il fatto che pensatori contemporanei, ma situati in luoghi lontani fra di loro, giudicassero-e combattessero vicendevolmente le loro opinioni. Ammesso quindi senz’ altro che il breve scritto ri- mastoci sia dei tempi di THALES e di ANAXIMANDROS, vediamo quali conseguenze ciò possa portare per la sto- ria del pensiero scientifico. Anzitutto possiamo notare come esso ci riveli una tendenza che, oltrepassando i poeti e favoleggiatori, cer- cava di infiltrarsi nella scienza hellenica, e che poi do- veva svilupparsi nel modo più estremo entro la scuola pythagorica: la mistica dei numeri. Lo scritto περὶ ἑβδομάδων, anteriore a PYyTHAGORAS, ed indice del metodo del tempo, ci mostrerebbe quindi come, con tutta probabilità, dalla nativa Samos questo filosofo portasse in Occidente questo metodo caratteristico della sua scuola. Ma oltre questa tendenza generale e di metodo, pos- siamo trovare nello scritto in questione alcuni dati che ci possono sorprendere. Abbiamo già mostrato come la scuola ionica ammettesse la terra piatta, o almeno piatta in tutta la parte dell’ οἰκουμένη. Sopra di essa, a forma di semisfera, si estendeva la volta celeste che poi, comple- tandosi con la parte inferiore, si ridusse ad una sfera completa, mentre la terra veniva così a trovarsi nel cen- . tro del mondo. Nel cap. 2 del nostro scritto, troviamo appunto bene delineata ed anzi esplicitamente enunciata la dottrina della terra sospesa nel mezzo dello spazio (ed in uno stato di assoluta immobilità). Abbiamo già visto come questa dottrina sia stata esposta da ANAXI- MANDROS. Ma quello che non troviamo in questi è un chiaro accenno alla sfericità della terra. Ri- porto per maggiore chiarezza il testo greco (che si potrà : μων ΡΥ ΟΕ 7 RT E ΨΥ ΡΥ DE, ETTI SETTA I.- Sto. La sfericità della terra 103 completare colla traduzione nell’appendice) nel punto nel quale, dopo accenni anteriori, esso espone con maggiore chiarezza questa dottrina : Κατὰ μέσον δὲ τὸν κόσμον ἣ γῆ χειμένη καὶ ἔςχουσα» ἐν ἑωυτῇ καὶ ὑφ᾽ ἑωυτῇ τὰ ὑγρὰ ἐν τῷ ἠέρι ὀχέεται, ὥστε τοῖσι κάτω τὰ [δὲ] puòv[ror] ἄνω κάτω τὰ δὲ κάτω ἄνω < Littré : εἶναι» οὕτω τε δὴ ἔχειν τά τε ἐκ δεξιῆς καὶ τὰ ἐξ ἀριστερῆς. καὶ περὶ πᾶσαν τὴν οὕτως ἔχει. Il fatto che la dottrina della sfericità della terra si troverebbe per la prima volta presso i greci esposta nel nostro incognito autore è certo tale da inge- nerare molti dubbi e commenti. Ma contro una tale ammissione non è certo valido argomento la testimo- nianza di THeoPHRASTOS secondo il quale πρῶτος δὲ οὗτος (PARMENIDES) τὴν γὴν ἀπέφαινε ocparposrò καὶ ἐν μέσῳ χεῖσθαι, perchè è ben noto che già al tempo di PLATON il περὶ ἑβδομάδων era ritenuto opera genuina di HiPPOKRATES. Bisogna forse ritenere quindi che, pa- rallelamente alla dottrina popolare della terra piatta, ed a quella simile, ma più scientifica, della scienza ionica ufficiale, si venisse anche formando una dottrina della terra sferica, generalizzazione forse questa della sfera celeste ammessa da ANAXIMANDROS ; i pensatori più ri- gorosi però non si azzardarono ancora ad ammetterla senza altro, mentre ciò venne fatto da alcuni che avevano meno scrupoli scientifici, e che, allo stato della scienza d’ allora, seguivano più facilmente idee preconcette piut- tosto che i risultati dell’ osservazione, sia pure inconscia- mente sbagliata. Così si possono spiegare anche gli ac- cenni che intorno alla terra sferica si trovano in XENO- PHANES (8) e che poi si trasmisero nella dottrina di PAR- MENIDES, e gli altri vaghi accenni intorno ad una simile dottrina emessa dai primi pythagorici e da PYTHAGORAS stesso. Notiamo ancora come il nostro autore abbia poi ricavato giustamente le conseguenze di questa sua prima ammissione. Mentre in questa opinione lo scrittore del περὶ ἑβδο- (8) Vedi il Bercer, Sachs. Ber. 46 (1894) p. 63. 104 Le sette costellazioni Ι. - 9 το. μάδων si trova in uno stadio più avanzato di ANAXI- MANDROS, il fatto inverso avviene rispetto ad alcuni altri fenomeni celesti. Mentre il terzo filosofo di Miletos e forse anche il secondo distinguevano i pianeti dalle stelle fisse (9), non vi è nel nostro alcun accenno ad una cognizione di tal genere. Le sette stelle rammentate (10) sono fisse ed indicano semplice- mente con la loro levata heliaca le varie stagioni (II). Gli accenni alle trasformazioni delle sostanze, che si trovano nel nostro scritto, sono poi particolarmente im- portanti. Quando si parla (cap. 1) dello splendore delle (9) Vedi il S 5, n. 14. — A questo proposito è anche da notare che, contrariamente ad ANAXIMANDROS, il nostro ammette in ordine di lontananza decrescente dalla terra, il cielo stellato; ‘il sole, la. luna; Si rcontrona quanto si è già detto al S 5 (pag. 46) ed inoltre i se- guenti passi: Aet. II, 15. 6: ᾽᾿Ααναξιμάνδρος καὶ Μητρόδωρος ὁ Χῖος xa Κράτης ἀνωτάτω μὲν πάντων τὸν ἥλιον τετάχθαι, μετ᾽ αὐτὸν δὲ τὴν σελήνην, ὑπὸ δὲ αὐτοὺς τὰ ἀπλανὴ τῶν ἄστρων καὶ τοῦς πλάνητας. Sympl., de coel. 471, 1: χκαὶ γὰρ ἐκεῖ (nel περὶ ἀστρολογ. di ARISTOTELES) περὶ τῆς τάξεως τῶν πλανωμένων χαὶ περὶ μεγεθῶν καὶ ἀποστημάτων ἀποδέδεικται ᾿Αναξι- μάνδρου πρώτου τὸν περὶ μεγεθῶν καὶ ἀποστημάτων λόγον εὑρηκότος. ὡς Εὔδημος ἱστορεῖ, τὴν τῆς θέσεως τάξιν εἰς τοὺς Πυθαγορείους πρώτους ἀναφέρων. — Vedi anche il $ 8. (10) Invece di sette ne sono rammentate otto ordinate in quattro paia: Luna e Sole, Arktos e Arkturo, Pleiadi e Hyadi, Syrio. ed Orione. Pero, come accenna RoscHER, citando anche un’ opinione di Ginzet, la Luna deve andare esclusa dalle stelle che originano o me- glio indicano le stagioni, e, piuttosto, deve considerarsi come un tutto insieme con il Sole. (11) Tolgo i seguenti dati dalla memoria di RoscHER, p. 77 : Per Athenai intorno al 600 av. Chr. le date del levare heliaco delle stelle rammentate erano le seguenti : I.-S Io. Le trasformazioni delle sostanze 105 stelle che rende più rarefatto e più fine, ci troviamo in presenza di parole caratteristiche della scuola ionica. Il testo greco dice infatti: δευτέραν δὲ τάξιν τὴν τῶν ἄστρων ἀνταυγίαν καὶ μάνωσις χκαὶ.... τάτην (9) καὶ ἀραιωτάτην, τ.... φύσιος λαμπηδόνα. Le parole riferite sono quelle tecniche che troviamo in ANAXIMENES, e che, come abbiamo già detto, dove- vano forse trovarsi anche in ANAXIMANDROS (12). Ed alle dottrine di questi e di altri ionici ci riporta poco dopo il τοῦ ἠέρος σύστασις che produce le pioggie, e gli altri fenomeni meteorologici, e 1’ espressione della terra che è nata dall'acqua (ἣ γῆ --....... ἐξ ὕδατος ἐοῦσα). Non mi dilungo a fare altre osservazioni (13) che il let- Orione 29 giugno; Syrio 28 luglio; Arkturo 17 settembre; il suo levare heliaco segnava presso i greci il principio dell'autunno. L’Arktos (l’Orsa maggiore), naturalmente, per Athenai, non tramontava mai, la fine della coda però si trova sopra Arkturo, e così si spiega la correlazione che viene stabilita. È da notarsi che la posi- zione dell'Orsa veniva osservata dagli antichi greci per riconoscere le stagioni (0dyss. 270) e che osservazioni simili si trovano citate in antiche o pere cinesi. — Pleiadi, 20 maggio; Hyadi, 5 giugno. Forse nella trasmissione del testo è avvenuto uno scambio fra i nomi delle due ultime costellazioni. (12) Confr. S 4 ed inoltre $ 9, n. 5. (13) Recentemente W.H. RoscHER ha pubblicatoin volume tutti i varî testi delle traduzioni del περὶ ἑβδομάδων ed i frammenti greci rimastici. (Vedi l’Appendice III, I N. ς a questo capitolo). Ai testi seguono numerose considerazioni storiche e filologiche dell’autore, note ed appendici. Sono prese in considerazione varie obbiezioni mosse al RoscHER, special- mente dal Drers (Deutsche Literaturzeitung del 29 Juli 1911), e sono controribattute. Ho potuto avere visione di questo volume solamente correggendo le bozze (fine di maggio 1915) e non ho potuto quindi utilizzarlo. Da una rapida scorsa non mi pare però che porti nulla di nuovo e che richieda variazioni nel testo. 106 περὶ ἑβδομάδων, cap. I I.-.$ το. tore può fare da sè; intorno poi ad alcune opinioni come quelle embriologiche (il feto dopo sette giorni presenta già il suo aspetto completo) o come quelle ca- ratteristiche della scuola knidica, che mettono in rapporto strettissimo il macrocosmo con il microcosmo, il corpo umano, dovremo tornare in seguito. APPENDICE. — VERSIONE DEI PRIMI II CAPITOLI DEL περὶ ἑβδομάδων SECONDO IL CODICE (ARABO) MONACENSE. (Versione fatta sulla traduzione di Harder). I. — La forma della totalità del mondo e di tutte le sin- gole parti di esso [fin dall’ eternità] sono ordinate nella maniera seguente: Ogni cosa deve nella sua forma e nella sua classificazione esprimersi secondo il numero sette: così anche l’ embrione prende la sua forma dopo sette giorni e 81 mostra come essere umano (1). Lo stesso numero domina l’ andamento delle malattie e tutto ciò che nel corpo tende a distruggersi. Così anche tutte le altre cose pos- siedono una natura [interna] ed una forma ed una com- piutezza [esterna] ordinate secondo il ‘numero sette. Poi- chè questo numero domina tutto il mondo nel suo insieme, così ogni singola parte ha una forma ed una disposizione, che mostra l’ imperare del numero sette: il primo posto fra tutte le cose viene occupato dal mondo non interrotto (1) Riporto in nota anche i commenti di GALENOS, come risultano dalla traduzione del codice arabo. A tali passi ri- portati faccio precedere l’ indicazione Galenos. Galenos: « Di ciò HipPoKRATES parla nel libro Sul l’ embrione. Vedi anche il mio commentario su questo libro ». - ade I. - $ 10, App. περὶ ἑβδομάδων, cap. I 107 e tutto riunito (2), il luogo di passaggio dell’ estate e del- l’ inverno (3); il secondo posto è occupato dallo s ple n- dore delle stelle (4) che rende più rarefatto e più fino, e dal calore che loro appartiene ; il terzo posto è occu- pato dal movimento in qua ed in là del sole che possiede calore; il quarto dall’ accrescimento della luna che sale e che cresce e dal suo diminuire e sparire (5); il quinto dall'aria che si raduna e condensa, e che cagiona piog- gia, fulmini, tuono, neve, grandine etc. (6); il sesto è occu- (2) Galenos: «H. intende con ciò quella parte del mondo che è adiacente all’ estremo limite dei confini celesti; essa è immobile e formata di fuoco assoluto. Essa è al di là di tutto il [restante] mondo e da essa si sono separate le varie parti del mondo. Essa però non è più divisa. Essa si denomina αἰθήρ», (3) Galenos: «Un esempio serva di spiegazione. La terra porta quello che si muove su di essa. Essa però non è la ca- gione di questo movimento. Così anche il circolo celeste è ca- gione dell’ estate e dell’ inverno solamente in quanto lo zodiaco e le stelle, che sono la vera cagione delle stagioni, si trovano in esso ». (4) Galenos: «Le stelle, ricevendo luce dal sole, diven- gono lucenti e quindi visibili. La densità della notte non la- scia passare i nostri sguardi ; essa però viene dissolta dalla luce delle stelle, e così viene concesso all’ occhio di attraversarla ». (5) Galenos: « Quando la luna si allontana dal sole, essa sale e cresce, quando invece si avvicina ad esso si abbassa e diminuisce. Con ragione H. dà alla luna il quarto posto fra le parti dell’ universo ; poichè come il numero 4 forma la metà del numero 7, così la luna sta in mezzo fra le cose celesti e quelle terrestri ». (6) Galenos: «Vapori e nebbia salgono su dalla terra, e specialmente nell’ inverno, dal mare, dagli stagni e dai fiumi, perchè allora la terra è calda. Nell’ aria essi si condensano e si radunano in nuvole. Quando queste si strofinano l’ una con l’al- tra si formano i venti, che, precipitandosi con gran forza attra- verso agli stretti spazî tramezzo, cagionano il tuono. Quindi se- guono le pioggie, specialmente quando l’ aria è fredda, cioè nel- l'inverno »,' 108 περὶ ἑβδομάδων, cap. 1-2. I. - ὃ το, App. pato dall’umido elemento del mare, dei fiumi, dei laghi, delle sorgenti e delle paludi e dal calore ad essi unito e che porta via l’umidità e [così] irriga; il settimo posto è occu- pato insieme agli animali ed alle piante dalla terra, colei che nutre tutti, e che si è formata dall’acqua (7). Così la potenza del numero sette si mostra dominante nel mondo universo. 2. — I mondi che si trovano sotto la terra sono uguali in numero ed in forma a quelli che si trovano al di sopra. Essi si muovono da sè intorno alla terra in circoli che si accordano fra loro per il tempo e per il cammino. Per- ciò la terra e il mondo olympico hanno la proprietà di es- sere immobili ; il restante si trova invece in movimento cir- colare. Nel mezzo del mondo si trova la terra (8) che entro e su di sè porta l’ umido, librata nell’ aria, in modo che ciò che per gli uni è sopra, per gli altri è sotto, e vice- versa, e ciò che per alcuni è destra per gli altri è sinistra. Ciò vale per tutti i luoghi che sono in giro intorno alla terra. La terra quindi che giace nel mezzo [del tutto] ed il mondo olympico che occupa il posto più alto, sono immobili (9). La luna che è sospesa nel mezzo [dei sette singoli mon- di] riunisce armonicamente tutte le altre cose, che vivono (7) Galenos: « Perciò il greco la denomina anche πάντροφος ». (8) Galenos: «La terra assomiglia ad un punto in mezzo al mondo. Essa viene mantenuta in questa posizione dall’ a- zione del circolo celeste che l’ avvolge in modo che essa non si può spostare in alcuna direzione ». (9) Galenos: « Il mondo olympico è un luogo ripieno della sostanza del fuoco assolutamente pura. HomeEROS (5° 42 e segg.) lo rammenta dicendo che da esso non sale vapore, in esso non cade pioggia, e che su esso rimane uno splendore bianco accecante ». I versi citati sono: ἢ μὲν ἄρ᾽ ὥς εἰποῦτ᾽ ἀπέβη γλαυχῷπις ᾿Αθήνη Οὐλυμπόνδ᾽, ὅθι φασὶ θεῶν ἕδος ἀσφαλὲς ἀιεὶ ἔμμεναι, οὔτ᾽ ἀνέμοισι τινάσσεται οὔτε ποτ᾽ ὄμβρῳ δεύεται οὔτε χιὼν ἐπιπίλναται, ἀλλὰ μάλ᾽ αἴϑρη πέπταται ἀνέφελος, λευχὴ δ᾽ ἐπιδέδρομεν αἴγλη. I.- $ 10, App. περὶ ἑβδομάδων, cap. 2:3 109 Τ᾿ una attraverso l’ altra, e si trasformano l’ una nell’ altra (10). Tutto viene [continuamente] e facilmente mosso [da sè stessoe dagli dei ‘eterni]- (11). Le sette stelle ce- lesti hanno l’ufficio di fare seguire l’ una all’ altra le stagioni.... Alla luna segue il sole, al sole la luna, l’Arktos ad Arkturo, come la luna al sole. Le Pleiadi seguono le Hyadi, Syrio segue Orione. Queste stelle si seguono l’ un altra e [per quello che riguarda la levata ed il tramonto] sono opposte l’ un l’ altra, per far seguire l’ una all’ altra le sta- gioni, e condurre il cambio di queste. Esse si muovono però in maniera, che le stelle che passano non prendono tutte una ed una stessa posizione. 3. — Sui venti. Vi sono sette direzioni di venti (12). (ro) Galenos: «Gli elementi si trasformano gli uni negli altri e portano il nome delle sostanze che in essi si trovano in maggior copia. Così nella terra vi è anche acqua, aria e fuoco, ma la terra predomina e dà così il nome all’ elemento. D’ altra parte gli elementi si formano gli uni dagli altri per condensa- zione — fuoco, aria, acqua, terra — Ὁ per rarefazione, secondo la successione inversa ». (11) Queste parole si trovano nel frammento greco: αὐτὴ τὰ ὑφ᾽ ἑωυτῶν χαὶ ὑπὸ τῶν ἀεὶ Ivrwv........ ῥηϊδίως κινεῖται, HARDER sti- ma che debba leggersi: πάντα τε ὑφ᾽ ἑωυτῶν etc. ROSCHER stima invece, ed a ragione, che questa interpretazione non possa as- sumersi ; egli propone di completare il testo nel modo seguente :. ὑπὸ τῶν del πνεόντων ἀνέμων (0 πνευμάτων) ῥηϊδίως χινξιται. (12) Il fatto della mancanza del vento di NW nella lista dei sette venti (se quello vi fosse compreso essi diverrebbero otto) non si deve attribuire senz’ altro al preconcetto di volere ri- condurre tutti al numero sette, ma si spiega anche con le con- dizioni meteorologiche delle coste dell'Asia Minore vicino a Mi- letos. Nella costa occidentale dell’Anatolia infatti mancano quasi completamente i venti del quarto quadrante, come si può anche verificare da una serie di osservazioni che riporto e che furono fatte a Chios dal 1853-56 dal PauLI (citato da A. MoMmMSEN, Griech. Fahreszeiten, e dal RoscHER). Si può credere senza commettere errore che per le regioni limitrofe esistano condizioni analoghe. Le cifre indicano la frequenza del vento. 110 περὶ ἑβδομάδων, cap. 3 IT. - το, App. I venti soffiano con ritorni periodici, si muovono errando qua e là (13) e rappresentano la respirazione e la corrente Inverno Primavera Estate Autunno Anno N 34 35 57 51 177 ΝΕ 5 5 14 9 33 E I 2 I I 5 SE 3 3 o I 7 S 32 34 9 22 97 SW 9 9 3 5 26 W 2 (o) I o 3 NW 2 I 3 2 8 Calme 12 II 12 9 44 Aoszirg Lopes Zepy, : “έφος Anghew τῆς Aeg Lij00g Notog Fig. 5. La rosa dei venti del περὶ ἑβδομάτων si può quindi raffigurare presso a poco nel modo seguente (secondo RoscHER). Sulle di- verse rose dei venti e sulle loro denominazioni dovremo occu- parci a lungo più innanzi. Sia qui notato solamente come in generale il vento del N sia chiamato βορέας e non esista la di- stinzione fra esso e l’ ἀρχτίας. (13) Galenos: «Spesso essi sono deviati dalla loro dire- zione ; alcune volte anche ne prendono una del tutto opposta alla primitiva ». 1.-S Io, App. περὶ ἑβδομάδων, cap. 3-5 III d’ aria che rinforza (14). Il luogo d’ origine del vento è de- terminato dal suo nome; della regione calda viene 1’ A p e- liotes, a questo si aggiunge il Boreas, poi seguono l’A r- tikaskslozZephyro:s; il Lips, il Notos, Euros. Questi venti soffiano secondo una determinata successione di tempo. 4. — Sulle stagioni. Le stagioni sono sette (15). Quelle della sementa, dell’inverno, della pianta- Slo ΠΟΙ primavera, del’estate, dei. frutti del’autunno (16). Le differenze fra queste stagioni sono le seguenti: La semina nell’ estate non porta frutto, nè [si deve] piantare in autunno, nè la fiorita [avviene] in in- verno, o il germogliare in estate, od il maturare in inverno. 5. — Così vi sono anche sette stagioni nella na- tura dell’uomo, che noi denominiamo età della vita. [Secondo esse l’uomo viene denominato] ba m- bino, ragazzo, giovinetto, giovane, uo mo, uomo maturo, vecchio. L’età del bambino arriva (14) Galenos: « H. Immagina il fenomeno del soffiare del vento come simile a quello che avviene quando noi inspiriamo l’aria ; e come per questa inspirazione di aria viene mitigato in maniera benefica quel calore dell’ animale o delle piante che agisce dannosamente, così anche il vento agisce in modo vi- vificante ». (15) Galenos: « H. dà una suddivisione dell’anno, se- condo le variazioni dell’ atmosfera. Poichè le variazioni dell’aria hanno come conseguenza un cambiamento nei venti e nelle sta- gioni ». (16) Questo paragrafo è stato conservato nel testo greco. Siccome è uno dei pochissimi meglio conservati e senza lacune lo riporto per intiero: Περὶ ὡρῶν. “Ὧραι δ᾽ ἐνιαύσιοι ἑπτά. Εἰσὶ δὲ αὐταί. Σπορήτος, χείμων, φυταλιά, ἔαρ, θέρος, ὀπώρα, μετόπωρον. Αὗται ἀλληλέων διαφέρουσι διὰ τάδε. Σπορήτος ἐν θέρει οὗ γόνιμος- Οὐδὲ φύτευσις ἐν μετοπώρῳ. Οὐδὲ ἄνθησις ἐν χειμῶνι. Οὐδὲ βλάστησις ἐν θέρει. Οὐδὲ πέπανσις ἐν χειμῶνι. Viene poi il principio del seguente paragrafo dopo di che il testo greco ci manca completamente : Οὕτω δὲ ἐπ’ ἀνθρώπου φύσιος intà ὥραι εἰσίν, ἃς ἡλικίας χαλέομεν͵ παιδίον, παῖς, μειράχιον, venvisrog, ἀνήρ, πρεσβύτης, γέρων. 112 περὶ ἑβδομάδων, cap. 5-6 1. - 5 το, App. sino a sette anni, l’ anno del cambiamento dei denti; del ragazzo fino a 14, l’ anno della pubertà; del giovinetto fino a 21, l’anno del nascimento della barba; del giovane fino a 28, l’anno del completo sviluppo del ‘corpo; dell’ uomo fino a 49; dell’ uomo maturo fino a 56; da qui innanzi esso viene denominato vecchio. 6. — I corpi e gli alberi [cioè gli animali e le piante] sulla terra hanno una natura che somiglia a quella del tutto. Così anche le loro parti, poichè al tutto corrispon- dono, devono essere composte in modo uguale come le parti del mondo ; esse risultano da parti uguali in numero ed in sostanza a quelle del mondo. La terra è solida e non si muove ; essa assomiglia nelle sue parti sassose e solide alle ossa [degli animali]; in tal modo essa è incapace di movimento e di sofferenza. Ciò che la circonda è solubile come la carne dell’ uomo ; l’ umidità ed il calore della terra sono simili al midollo, al cervello ed allo sperma dell’ uomo; l’acqua nei fiumi corrisponde al sangue nelle vene; quella delle paludi alla vescica ed al longabo (al- Τ᾿ intestino lungo, tenue) ; il mare corrisponde all’umidità nei visceri dell’uomo (17); l’aria corrisponde al re- spiro; la luna alla sede della ragione (18). Il ca- lore così come nel mondo, apparisce nell’ uomo in due luo- ghi. Una parte dei raggi solari si è unita con la terra [cioè con i vapori di essa] essa somiglia al calore dei vi- sceri e delle vene degli uomini; invece il calore delle stelle e del sole nelle più alte regioni del tutto, è simile al ccalore:sotto l'a pelle, “Il calore che ha tlaWsua#sede intorno al corpo con il suo rapido movimento produce i cambiamenti di colore così come colà tu vedi Zeus (19) in simile attività (20). Arkturo ha rapporti con (17) Galenos: «Cioè le secrezioni dell’orecchio, del cer- vello e della bile ». (18) Galenos: «Come la ragione veloce e svelta è simile al fuoco, così è pure la luna ; e come la luna illumina gli oggetti, così il cervello coll’ aiuto dei sensi attraversa gli oggetti ». (19) Il traduttore arabo pone veramente Saturno (zuhal). (20) Galenos: «Con Saturno H. intende il sole, che col I. - $ 10, App. περὶ ἑβδομάδων, cap. 6-9 113 Τ᾿ esplicazione dell’ira dell’ uomo, che proviene dal sole e la nutre (?). Il vuoto infinito che circonda tutto il mondo assomiglia alla pelle esterna, densa, che si è generata per mezzo del freddo (21). Tale è la proprietà del tutto e di ogni singola parte. 7. — Ogni singolo [corpo dell’ uomo] ha sette parti: I. il capo, 2. le mani che servono come strumenti, 3. 1 visceri interni ed il diaframma (φρένες) che li separa, 4.-5. icanali di efflusso delle parti genitali, per l’ orina e per il seme, 6. l’intestino tenue (lon- gabo) per i resti delle vivande, 7. le gambe che servono per il movimento. 8. — La testa stessa [o di nuovo] agisce in sette maniere per mantenere la vita umana. In essa infatti si trova: I. L’aspirazione di aria fredda dove essa trova l’ingresso, 2. ll uscita del calore di tutto il corpo, 3. il riconoscimento degli oggetti per mezzo degli occhi, 4. il potere uditivo, 5. il senso dell’odorato, 6. l'ingresso dei cibi e delle bevande nello stomaco per mezzo del canale dell’ aria (22), 7. il senso del sapore. 9. — Il discorso ha sette vocali (23). suo veloce movimento illumina tutto il mondo, e vivifica le cose che si trovano in esso ». (21) Galenos: « Il cerchio estremo che circonda tutto il mondo e che non si lascia dividere, assomiglia alla pelle che ri- copre il corpo. La solidità di questa pelle dipende dalla tem- peratura fresca che la circonda ». (22) Galenos: « Una parte dei cibi giunge nello stomaco attraverso il palato, un’ altra, attraverso il canale dell’ aria, af- finchè questo non si secchi e non venga così impedito di par- lare. Alcuni degli antichi dicono, del resto, che attraverso il ca- nale dell’ aria non giunge alcun cibo ». (23) Il traduttore arabo le nomina, ma, salvo quelli a/pha e tota, gli altri nomi sono del tutto irriconoscibili. Il fatto che in Athenai le sette vocali furono intro- dotte ufficialmente solo sotto 1’ archontato di EUKLEIDES (403) non deve condurre in errore quando si tratta di stabilire l’ epoca dei primi capitoli del περὶ ἐβδομάτων, Nell’Ionia essi MIELI 8 114 περὶ ἑβδομάδων, cap. τὸ I.-$ 10, App. 10. — Anche l’anima (24) è divisa in sette parti: 1. il calore che in sette giorni determina la forma del- l embrione ; questo calore agisce in maniera del tutto si- mile nella madre [dell uomo] e negli animali (25); 2. il fresco dell’aria che agisce favorevolmente [sul calore che altrimenti agirebbe distruggendo]; 3. l’umido, che è sparso per tutto il corpo; 4. l’ elemento della terra che è rappresentato dal sangue che richiede il nutrimento [con- tinuato]; 5. gli umori amari che generano dolorose malattie, queste durano periodi di sette giorni; 6. ogni n u- trimento dolce [cioè conveniente] che si trasforma in sangue; 7. ogni cosa di natura salina che dimi- nuisce il piacere [dell appetito] (26). Queste sono le sette parti naturali dell’ anima. Se ora l’ uomo è ragionevole tutte queste parti coesistono l’ una appresso l’ altra, senza cagio- nare dolore, e se egli fa tutto conseguentemente, egli può vivere tutta la sua vita forte e di buon umore, e vivere un tempo sufficientemente lungo ; invece per cattive e disordi- nate variazioni di vita si delinque contro sè stessi e si cade in forti malattie e dolori. Così gli uomini, colpevoli per sè infatti sono di molto più antichi (confr. KIRCHHOFF, Gesch. des griechischen Alphabets). Nell’ alfabeto ionico infatti troviamo nel 620 (40 ol.) che l’o sostituisce ancora l’ ὦ, mentre nel 556 (56 ol.) comparisce per la prima volta l’n invece dell’ e. In questo periodo di tempo quindi vennero a stabilirsi così defini- tivamente le sette vocali che poi si imposero a tutto il mondo hellenico. (24) Con queste parole si deve intendere tutto ciò che de- termina, mantiene o disturba nel corpo la vita dell’ uomo. (25) La traduzione qui è incerta, dice HarpER. Il testo latino è incomprensibile. Galenos: « H. non è il solo ad avere l’opinione che l’ anima si divida in sette parti. Anche PLATON ed i suoi seguaci rammentano ciò in diversi scritti. La prima parte dell’ anima è il calore naturale (9) che si ha nei primi tempi del concepimento. Lo sviluppo del seme è uguale per tutte le crea- ture nei primi sette giorni ». (26) Galenos: « Cioè il muco che per la sua proprietà I. - S τὸ, App. περὶ ἑβδομάδων, cap. 10-11 115 stessi, muoiono per l’ approssimarsi di quelle malattie, in quanto che essi sono stati la cagione dei loro dolori (27). 11. — Anche l’intiera terra si divide in sette parti: I. essa ha come testa e faccia il Peloponnesos, il luogo dove abitano gli uomini di nobili sentimenti (28); 2. )VIsthmos corrispondente alla spina dorsale (o al collo ?)j 3. PIonia come diaframma ; 4. l’Hellespontos come le gambe; 5. il Bosphoros thrakico e kimmerico come piedi; 6. 1 Egitto ed il mare egiziano come ven- tre [ossia la parte superiore]; 7. il Pontos Euxeinos e la Maiotide come parte inferiore del ventre ed in- testino (29). salina non nutre il corpo ; esso anzi toglie l’ appetito quando si riunisce in grandi quantità nello stomaco ». (27) Galenos: «Così come i titani si divisero fra di loro e si distrussero ». (28) Galenos: « H. designa il Peloponnesos come abi- tazione di uomini di nobili sentimenti perchè i suoi abitanti sono saggi e valorosi. Perciò egli paragona questo alla testa, la sede della ragione ». (29) Galenos: «Gli abitanti del paese sono sottomessi e vili, e poco utili in battaglia ». SEE: CENNO AI PRINCIPÎ DELLA TECNICA NELL’ IONIA. Come per la filosofia e per la scienza, così per la letteratura e per le arti la prima mera- vigliosa fiorita presso il popolo hellenico si origina sulle coste dell'Asia Minore. Su di esse sorse l’epopea homerica, si sviluppò la lirica (KALLINOS, AR- cHILOCHOS, MIMNERMOS, PHOKYLIDES, SIMONIDES, ANA- KREON, etc.), su di esse ebbe il suo inizio la prosa narrativa e scientifica. I primi lavori lette- rarî dell’ Ionia furono così grandi e importanti che, per lungo tempo, vedremo dominare negli scrittori, anche di altra stirpe, il dialetto ionico. Anche le nuove arti architettoniche e plastiche ebbero una loro prima fioritura nella stessa regione, che veniva così coprendosi di monumenti e di templi. E PAUSANIAS, il grande viaggiatore (ὃ περιης- γητής) del mondo greco, poteva scrivere nel suo libro (I): Ἴωσι δὲ ἔχει μὲν ἐπιτηδειότατα ὡρῶν χράσεως ἣ χώρα, ἔχει δὲ καὶ ἱερὰ οἵα οὐχ ἑτέρωθι. πρῶτον μὲν τὸ τῆς ᾿Εἰφεσίας μεγέθους τε ἕνεκα καὶ ἐπὶ τῷ ἄλλῳ πλούτῳ, δύο δὲ οὐκ ἐξειργασμένα ᾿Απόλλωνος, τό τε ἐν Βραγχίδαις τῆς Man σίας καὶ ἐν Κλάρῳ τῇ Κολοφωνίων. δύο δὲ ἄλλους ἐν ᾿Ιωνίᾳ ναοὺς ἐπέλαβεν ὑπὸ Περσῶν κατακαυθῆναι, τόν τε ἐν Σάμῳ τῆς Ἥρας καὶ ἐν Φωκαίᾳ τῆς ᾿Αθηνᾶς" θαῦμα δὲ ὅμως ἤσαν καὶ ὑπὸ τοῦ πυρὸς λελυμασμένοι. Fra i nomi degli artisti che troviamo rammentati e pregiati (2) sono quelli di RHorkos di Samos e di (1) Περιήγησις τῆς ᾿Ελλάδος, 7, 5, 4: (2) Vedi Brunn, Kinstlergeschichte, I, 34; II, 324. ἘΠ - SII. Glaukos, Rhotkos, Theodoros 117 THEoDOROS pure di Samos (3). Questi artisti lavora- rono anche fuori di patria ; essi furono chiamati ad edi- ficare il Labyrinthos di Lemnos, e THEODOROS edi- ficò lo Skias di Sparte. Altri nomi celebrati sono quelli di GrauKos di Chios, di MELAS di Chios, con altri della sua famiglia, di Brion di Klazomenai o di Chios. Questi artisti non sono da ricordarsi solamente per tale loro qualità, ma anche perchè essi ebbero fama di tecnici pregiati, e perchè, in certo qual modo, può dirsi che per opera loro, e dei loro colleghi, la tecnica prese un grande sviluppo nell’ Ionia. Così GLAUKOS passa per avere trovato il modo di saldare il bronzo ed il ferro (4); inoltre egli avrebbe trovato (5), o meglio perfezionato, l’ arte di rammolire il ferro col fuoco e di indurirlo immergendolo nell’ acqua (preparazione dell’ac- ciaio) (6). Possiamo dire che appunto in questa epoca (3) Vedi Heroporos, I, 51; III 41 dove parla di TÒeo- poros. A RHorikos accenna in III, 60: ᾿Εμήκυνα δὲ περὶ Σαμίων μᾶλλον, ὅτι σφι τρία ἐστὶ μέγιστα ἁπάντων ᾿Ελλή- νων Etepyfacutva........ τρίτον δέ σφι ἐξέργεσται νηὸς υὑέγιστος πάντων νηῶν τῶν ἡμεῖς ἴδμεν, τοῦ ἀρχιτέκτων πρῶτος ἐγένετο «ῬΡοΐκος Φίλεω ἐπιχώριος. (4) Heroporos, I, 25: ᾿Αλυάττης δὲ ὁ Λυδός. ....... ἀνεθ ε..ν...{-ς ἐς Δελφοὺς χρητῆρά τε ἀργύρεον μέγαν καὶ ὑποκχρητηρίδιον σιδήρεον χολλητόν, θέης ἄξιον διὰ πάντων τῶν ἐν Δελφοῖσι ἀναθημάτων, Γλαύχου τοῦ Χίου ποίημα, ὃς μοῦνος δὴ πάντων ἀνθρώπων σιδήρου κόλλησιν ἐξεῦρε. Vedi anche PausanIAS, 10, 16, 1: τῶν δὲ ἀναθη- μάτων, ἃ oi βασιλεῖς ἀπέστειλαν οἱ Λυδῶν, οὐδὲν ἔτι ἣν αὐτῶν εἰ μὴ σιδηροῦν μόνον τὸ ὑπόθημα τοῦ ᾿Αλυάττου κρατῆρος. τοῦτο Τ᾿ λαύκου μέν ἐστιν ἔργον τοῦ Χίου, σιδήρου κόλλησιν ἀνδρὸς εὑρόντος: ἔλασμα δὲ ἕκαστον τοῦ ὑποθήματος ἐλάσματι ἄλλῳ προσεχὲς οὐ περόναις ἐστὶν ἢ κέντροις, μόνη δὲ ἣ κόλλα συχέχει τε καὶ ἔστιν αὕτη τῷ σιδήρῳ δεσμός. (5) DarMsTAEDTER (Handbuch zur Geschichte der Naturwis- senschaft und der Technik) pone un tale avvenimento nel 692. (6) Nell Odysseia, del resto (IX, 391) si rammenta 118 Invenzioni e scoperte tecniche I.-$ Ir. (VII e VI sec. av. Chr.) si ebbe un notevole sviluppo nella metallurgia greca, senza dubbio in seguito alle rela- zioni con i popoli orientali. Infatti vediamo attribuiti a due degli artisti ora ricordati, RHorKos e THEODOROS, la scoperta del modo di fondere-e.pettare.i metalli (7). Tnrene ROS inoltre avrebbe scoperto, o introdotto nel mondo hellenico, e rese di uso pratico, la misura degli ἃ n- goli,.la-1ivetla, al.tornio.e da chiave Insieme a queste scoperte tecniche, non dobbiamo dimenticare come appunto presso gli ionî furono in- trodotti, od ebbero origine, il gnomone, il πόλος, le carte. geografiche edi elobitceel'estese un tale papoesso ὡς δ᾽ ὅτ᾽ ἀνὴρ χαλκεὺς πέλεκυν μέγαν ἠὲσκέπαρνον εἰν ὕδατι ψυχρῷ βάπτῃ μεγάλα ἰάχοντα φαρμάσσων᾽ τὸ γὰρ αὖτε σιδήρου γε χράτος ἐστίν" (7) Pausanias 8, 14, 8: διέχεαν δὲ χαλκὸν πρῶτοι χαὶ ἀγάλματα ἐχωνεύσαντο ‘Porxòc τε Φιλαίου χαὶ Θ εό- δωῶώρος Τηλεχλέους Σάμιοι. Θεοδώρου δὲ ἔργον ἦν χαί ἡ ἐπὶ τοῦ λίθου τῆς σμαράγδου σφραγίς, ἣν Πολυκράτης ὁ Σάμου τυραννήσας ἐφόρει τε τὰ μάλιστα χαὶ ἐπ᾿ αὐτῇ περισσῶς δή τι ἠγάλλετο [confr. HeropoTos, III, 41]. id. 3, 12, IO: ταύτην τὴν Σχιάδα Θεοδώρου τοῦ Σαμίου φασὶν εἶναι ποίημα, dc πρῶτος δια χέαι σίδηρον εὗρε καὶ ἀγάλματα ἀπ᾿ αὐτοῦ πλάσαι. [Vedi anche 9, 41, 1; 10, 38, 6]. — DARMSTAEDTER ([. c.) pone le scoperte di THEopoROS verso il 532. (8) PLinivs, VII, 198: «normam autem et libellam et tornum et clavem Theodorus Samius invenit ». A proposito delle cose già dette confronta anche, dello stesso, XXXVI, 19: « Lemnius (labyrinthus) similis illis, colum- nis tantum centum quinquaginta memorabilior fuit, qua- rum in officina turbines ita librati pependerunt, ut puero circumagente tornarentur. architecti illum fecere Smilis et Rhoecus et Theodorus ». Ed anche XXXIV, 19: « Theodorus, qui labyrinthum fecit Sami, ipse se ex aere fudit.... » I RI TTI iena, io a La tecnica nelP Tonia 119 che presso di essi ebbe origine e sviluppo l'alfabeto greco. Non è il caso di indugiarci qui su questo argomento, che, per quello che riguarda la metallurgia ed altre scienze applicate, troverà il suo sviluppo in ulteriori capitoli, ed, in particolare, in quelli nei quali sarà nostro compito ricercare e riconnettere le conoscenze antiche degli alchimisti con i primordî della metallurgia e della tecnica. Qui basti avere accennato come accanto allo sviluppo delle speculazioni filosofiche e scientifiche nell’ Ionia, accanto all’affermarsi delle grandi scuole mediche di Knidos e di Kòs, sorte sulle coste o sulle isole dell’Asia Minore, sorgessero e rigogliosamente crescessero quelle pratiche che, mettendo l’uomo a con- tatto diretto delle forze della natura e delle trasforma- zioni delle sostanze, dovevano far sorgere in esso nuove conoscenze e nuovi indirizzi per la costituzione della scienza teorica e sperimentale. APPENDICI AL CAPITOLO I ApPpeNDICE I. — LE FONTI SUI PENSATORI PREARISTOTELICI. Prima di accennare alle fonti speciali del presente ca- pitolo è utile dare uno sguardo d’ insieme al modo col quale noi adesso possiamo arrivare a conoscere il pensiero, le teo- rie e le conoscenze dei cosidetti presokratici. Ci atteniamo perciò solamente ai fatti generali, riservandoci, volta per volta, di parlare dei varî documenti speciali, come faremo ad es. per la monumentale raccolta del Corpo degli scritti bippokratici, o per la conservazione dei frammenti degli an- tichi storici della matematica. Le fonti possono distinguersi in due grandi categorie: i documenti originali degli stessi scrittori dei quali consi- deriamo le teorie; le referenze che su di essi e sulle loro opere ci danno gli scrittori posteriori dell’ antichità. Degli scritti originali dei presokratici ben poco è rimasto, e questo riduce per lo più a corti frammenti spesso composti di poche parole. Rari infatti sono i brani più lun- ghi e che possono permetterci di farci un’ idea meno appros- simativa di questi antichissimi pensatori. I frammenti poi sono stati ritrovati sparsi nelle opere posteriori, e dato l’ uso non raro allora di svisare l’ opere più antiche per trovare sostegno nelle proprie teorie e dare loro una veneranda par- venza di antichità, noi non possiamo, senz’altro, riconoscerle come vere e genuine. Fino a non molto tempo fa, per la man- canza assoluta di critica, regnava così su questo argomento una incredibile confusione, e non di rado veniva data fede a do- cumenti certamente spurî. Una prima raccolta che portò un certo ordine nelle idee generali e che per i suoi tempi segnò un notevolissimo progresso, sebbene ora sia completamente antiquata, fu quella di F. W. A. MuLLaca, Fragmenta philo- sophorum Graecorum (Paris, Didot, 3 volumi, 1860-1881). I. - App. I. Frammenti dei presokratici 121 Adesso però essa, per i presokratici, è totalmente sostituita dalla magistrale opera di HerMmANN DieLs, Die Fragmente der Vorsokratiker, 2% ediz., Berlin, 1906-1907 (del τοῖο l’ in- dice compilato da Walter Kranz). Una nuova edi- zione dei due volumi dei testi è del 1912. Con questo pode- roso lavoro abbiamo finalmente una completa raccolta dei frammenti dei presokratici, accuratamente rivista nel testo, e analizzata per la loro genuinità, alla quale, pur non abbando- nando una sempre opportuna abitudine critica, dobbiamo dare completa la nostra fiducia. La raccolta unisce a questo ancora gli altri pregi di premettere ai frammenti dei vari autori una scelta accurata ed abbondante dei passi di scrit- tori posteriori che si riferiscono agli autori in questione, e di dare per quasi tutti i frammenti dei presokratici una tra- duzione (tedesca). I volumi dei Fragmente der Vorsokratiker formano così il libro fondamentale per lo studio di questo periodo della storia del pensiero, e che non può assoluta- mente essere ignorato o trascurato. Nella presente trattazione io ho quindi necessariamente preso questo libro per punto di partenza e mi sono larga- mente servito di esso, sia per i frammenti, sia per la doxo- grafia. E quando ho riportato alcuni passi, se non faccio una esplicita osservazione contraria, è segno che ho adottato senz? altro il testo nel quale è stabilito dal DreLs, oppure ho tenuto conto dei resultati da questi ottenuti. Anche per la interpretazione e traduzione dei frammenti mi sono largamente giovato dell’ opera dell’ insigne filologo tedesco. Questo stato di fatto, purchè, come dicevo, non si ab- bandoni mai un’ opportuna attitudine critica, rende relati- vamente agevole l’ uso e la valutazione del poco materiale originale rimastoci (1). (1) In questo mio lavoro quando indico semplicemente Diels intendo i Fragm. der Vorsokratiker. Il numero attri- buito ai diversi frammenti è quello che si trova in Diels, nel capitolo dedicato al rispettivo autore. In tutte le altre indicazioni che si riferiscono ai Vorsokratiker do il numero del capitolo e del frammento o del documento (costante per tutte le edizioni). 122 Aristoteles I. - App. I. Gli scrittori antichi che ci hanno lasciato notizie in- torno agli antichi pensatori vanno alla lor volta suddivisi in più gruppi. Un primo di questi può essere formato da co- loro che, per essere vissuti in tempi assai vicini ai presokra- tici stessi, hanno certamente potuto avere una diretta conoscenza degli scritti degli autori che prendevano in esame. Ma anche fra questi bisogna distinguere chiara- mente fra coloro che ci danno notizie attendibili e coloro invece dai quali, dal lato storico, non possiamo assolutamente fidarci. Uno di questi ultimi è il grande PLATON (429-348), cui numerosi scritti, meravigliosi per pensiero e per forma, sono intenzionalmente falsati in quasi tutte le concezioni storiche, a cominciare da quella del SokraTtEs platonico, che non è mai stato il SokraTtes della realtà. PLaToNn, dal lato della storia delle scienze, può solamente servire a ca- ratterizzare alcune tendenze di spirito ad esso contempo- ranee o di poco anteriori, ed anche per questo si deve ricor- rere a lui usando una grande prudenza. Sul valore suo pro- prio nella storia del pensiero scientifico parleremo a suo tempo. Come la fonte antica più ampia e migliore per le nostre conoscenze sul periodo che ci interessa dobbiamo conside- rare invece l’opera di ArIsTOTELES (384-322). Questo grandis- simo scienziato antico ha avuto una cura speciale nel ram- mentare in tutti i suoi scritti, quali erano, sui vari soggetti, le opinioni dei suoi predecessori. È vero che in questa sua manifestazione ARISTOTELES non parte da un punto di vi- sta puramente storico, e che le citazioni, da lui fatte a scopo quasi esclusivamente polemico, gli servono principalmente per contrapporre le sue teorie a quelle già da altri ammesse. Si deve perciò anche qui usare un grande riguardo nel sapere sceverare quelle esagerazioni o quelle leggere alterazioni che sono state introdotte dall’ autore che, come dice P. Tan- NERY, faceva della scienza e non della storia. Questo fatto però non toglie in alcun modo il valore immenso delle sue notizie che, oltre essere oltremodo copiose, sono in linea ge- I. - App. I. Theophrastos 123 nerale le sole fra quelle conservate che, oltre il pregio del- Τ᾿ antichità, possiedano quello di essere state scritte da un genio che poteva comprenderle e discuterle. L’ esempio, forse l’ incitamento stesso di ARISTOTELES, sicuramente il bisogno risentito, dopo i primi cenni storici dello Stageirita, di possedere una esposizione compiuta e fedele dell’avvicendarsi delle diverse dottrine, indusse THEO- PHRASTOS (37201 - 28806), il discepolo e l’amico di 12 anni più giovane di ArisroTELES ed il suo successore alla direzione del Likaios, a comporre un’opera che nel catalogo di DriocenEs LAERTIOS si trova indicata come φυσικῶν δοξῶν in 12 libri, o περὶ φυσικῶν in 18. Era questa una vasta opera che, dopo avere presumibilmente esposto la vita ed il carat- tere generale dei vari naturalisti da THaLES a PLATON, pas- sava ad esaminare partitamente le varie dottrine sui sog- getti particolari (2). Purtroppo l’ opera è perduta, e con- tribuì forse a renderla rara o fuori d’ uso nell’ antichità stessa un compendio in due libri che fu ben presto redatto. A noi (2) H. Drels (Doxographi graeci, Berolini, 1879, pag. 103) così caratterizza il lavoro di THEOPHRASTOS : « Physicorum igi- tur Opinionibus philosophorum a Thalete ad Platonem turbam ita recensuit, ut quid de singulis singuli capitibus statuerunt non solum breviter indicaret, sed etiam quid male quid recte quid proprie cogitassent ad Aristoteleam norman deiudicaret. Priusguam vero tam admirabile opus susciperet non solum Ari- stotelis iudicia collegit et anxie respexit, sed ipse quoque ad fontes adiit et nobiliorum philosophorum ut Anaxagorae Ana- ximenis Archelai Diogenis Empedoclis Metrodori Platonis Xe- nocratis, copiosissime Democriti doctrinas peculiaribus libellis examinavit. Sed ex omnibus istis scriptis unum fragmentum exstat ex altero de Anaxagora libro.... Huic materiae undique collectae, quam contuleris cum Aristotelis Politiis, superstruxit amplam Physicorum Opinionum syllogen, quae iam Alexandri- norum aetate in duorum librorum epitomen coacta est περὶ φυσικῶν ἐπιτομῆς «8. Epitomandi usus fortasse iam Aristotelis aetate non inauditus paulo post ita increbuit ut potiorum Pe- ripateticae scholae librorum in usum sive philosophorum sive rhetorum compendia fierent ». 124 Eudemos, Menon, etc. I. - App. I. rimangono soli pochi brevi frammenti genuini dell’ opera pri- mitiva e che ci sono stati conservati specialmente da Sim- PLIKIOS, ed un lungo brano Sulle sensazioni, completo que- sto, € che ci può dare una chiara idea del metodo seguito da THeopPHRasTtos nella sua opera (3). Un altro discepolo di ARISTOTELES, che possedeva una vasta erudizione, e che, secondo la tradizione, avrebbe me- glio di ogni altro compresa l’ opera del maestro, EupEMOS di Rhodos, lasciò una storia sulla geometria, la matematica e l’astronomia antica. Di que- st’ opera, che servì continuamente di base ai compilatori posteriori, parleremo più a lungo trattando della storia della matematica (4). Fra gli altri peripatetici dobbiamo qui anche fugace- mente ricordare ArIstoxENOs per la sua storia sulla musica, e ΜΈΝΟΝ per quella sulla medicina. In un certo senso queste opere, insieme a quella di THEOPHRASTOS, avrebbero dovuto formare per 1’ antichità un completo ed organico corpo di storie della scienza, con un indirizzo pre- valentemente teorico e sistematico. Fra gli antichi, non peripatetici, dai quali furono ricavati maggiori dati storici, ricordo ERATOSTHENES (περὶ τῶν κατὰ φιλοσοφίαν αἱρέσεων, etc.), CHRySIPPOS (περὶ τῶν ἀρχαίων φυσιολόγων), ΡΑΝΑΙΤΙΟΒ (περὶ αἱρέσεων), KLEITOMACHOS (περὶ αἱρέσεων), APOLLODOROS (συναγωγὴ τῶν δογμάτων). Di tutti (3) I frammenti ed il περὶ αἰσθήσεων sono ripubblicati in Diels, Doxogr. gr., p. 473-527. — Una completa tradu- zione francese. del περὶ αἰσθήσεων è stata fatta da PAUL TANNERY e si trova come appendice al suo volume Pour l’histoire de la science hellène. (4) Si racconta che ARISTOTELES poco tempo avanti di morire, interrogato su chi stimava più adatto a succedergli a capo della sua scuola, rispondesse che ottimi erano il vino di Lesbos e cuello di Rhodos, ma che ἡδίων è Λέσβιος. In tal modo egli scelse fra THEoPHRASTOS (di Eresos in Lesbos) ed Eupemos. (A. Gellius, N. A. XIII, 5). È interessante notare come nei più intimi discepoli di ARISTOTELES preponderasse l’ in- dirizzo storico. 1. - Αρρ. 1. Gli scritti doxografici 125 questi scritti però non possediamo, eventualmente, che po- chi frammenti. Con i discepoli immediati di ArIisToTELES, entriamo. in un periodo storico che oltre ad esser sempre più lontano dal periodo presokratico, è caratterizzato da difetti di metodo che, aggravandosi sempre, rendono sempre più insufficienti le notizie di storia delle scienze che in esso ci vengono date. Purtroppo, invece, la perdita quasi completa dei lavori ori- ginali e delle storie più antiche fanno sì che per la massima parte dobbiamo affidarci a lavori siffatti. Già nell’ epoca aristotelica si era andata manifestando una tendenza compilatoria, seguendo la quale si cominciava a preferire alla lettura ed allo studio delle opere originali quello di brevi sunti che, con minor fatica, minor tempo ed ancor minore dispendio, permettevano di acqui- starne un’ idea più o meno precisa. Ma questa tendenza sì andò sempre più aggravando fino a divenire una pericolosa mania, ed a fare trascurare completamente le opere ori- ginali. Dipendentemente da questa si ebbe l’effetto funesto che si cominciarono ad elaborare i materiali di seconda, terza e quarta mano, mentre i compilatori si reclutarono sempre più fra i retori o fra i grammatici incompetenti, i quali, spesso, non arrivavano nemmeno lontanamente a capire quello che raccoglievano. A questo male si aggiunse l’ altro del sorgere e formarsi di numerose leggende intorno a dati uomini e date teorie. La cosa era agevolata dal fatto che molte nuove scuole, come ad es. quella dei neopythagorici, cercavano di riannodare la loro tradizione a dottrine antiche, ed a tale scopo si foggia- vano uno svolgimento storico che corrispondesse alle idee che perseguivano. Molti di coloro, poi, che più che semplici raccoglitori di notizie erano degli storici novellatori, come ad es. Drocenes LAERTIOS, avevano una mentalità così infantile e porgevano orecchio e fede a tali e tante dicerie, che senza alcun riguardo mescolavano dati attendibili con manifeste favole ed anche non sensi. 126 I Placita e Stobaios 5 ἌΡΡΣῚ. Una grande importanza per noi, per quanto essa sia piena di lacune, di difetti e di contradizioni riveste la le t- teratura doxografica, e con questo nome inten- diamo designare quelle raccolte che sono più o meno deri- vate dalle περὶ φυσικῶν δοξῶν di THEoPHRASTOS e che si moltiplicarono, sempre peggiorando, nelle epoche più tarde dell’ impero. L’ origine di questa letteratura si può delineare nel modo seguente: Sorsero da prima dei compendî dell’opera di TueoPHRastos, nei quali la filosofia postplatonica era completata per mezzo delle fonti più svariate. Abbiamo no- tizia appunto, come ho già detto, di un tale compendio in due libri. Quando poi sembrò che un tale compendio non servisse più al suo scopo, vennero create nuove raccolte, compilate dapprima direttamente sull’ opera di THEOPHRA- sTos, mentre venivano di regola trascurate le opere originali, e poi ricopiate più o meno malamente dalle compilazioni precedenti. A noi sono pervenute in modo abbastanza complete due di queste raccolte doxografiche, luna di esse, falsamente attribuita a PLouTARCHOS, è la Πλουτάρχου φιλοσόφου περὶ τῶν ἀρεσκόντων φιλοσόφοις φυσικῶν δογ- μάτων ἐπιτομὴ βιβλία πέντε, e generalmente citata sotto il nome latino di Placita ; l’altra forma il primo libro delle Eclo- gae ((ExXoyat) di Sroparos. Quest'ultimo autore è del V se- colo dopo Christo, i Placita attribuiti a PLouTARCHOS sono invece certamente anteriori al 177 dopo Chr. perchè essi sono stati usati in uno scritto di ATHENAGORAS, redatto ap- punto nell’ anno suddetto, e che consiste in una supplica a favore dei cristiani indirizzata a Marcus Aurelius Antoninus e Lucius Aurelius Commodus. Dei passi ricordati letteralmente dai Placita si trovano più tardi in EusEBIUSs, scrittore del tempo costantiniano (nelle Preparationes Evangelicae, libri XIV e XV); in Tueo- DORETOS, vescovo morto nel 457 (ἑλληνικῶν παθημάτων θεραπευτική = graec. affect. curat.); in KyRiLLOs (contra I. - App. I. Aetios 127 lulian.); nella Historia philosophos, falsamente attribuita a GaLenos; in Laur. Lypos (de mensibus). In modo più libero ne abbiamo citazioni nello pseudo-Iustinus, (Cohortat. ad gentiles) e in AcHILLEUS (περὶ κόσμου). Ad un attento esame risultò che le due riduzioni dei Placita e di SroBaros avevano un fondo comune che risalta subito se si pongono a fronte i passi simili dei due testi. Osservando questo fatto e comparando fra loro i due scritti, e considerando ancora quei passi che derivavano da questo fondo comune, ma che non erano passati attraverso la trafila dei P/acita o di SroBaros e che si trovano spe- cialmente nello scritto già citato di THEODORETOS, nel De nat. hom. di NemEesIus ed altrove, il grande filologo tedesco Hermann DieLs ha potuto, ed in modo veramente mira- bile, ricostituire questo compendio primitivo, e pubblicarlo criticamente nei suoi Doxographi graeci. Da una indicazione di THEoDORETOS, che nomina direttamente la sua fonte, il Drets potè inoltre ristabilire anche il nome stesso dell’ autore di questa compilazione primitiva, e che corri- sponde a quello di AerIos (5). Questo AetIos, d’ altronde sconosciuto, visse certamente nel primo secolo dell’ era vol- gare; sembra che fosse un peripatetico; egli però accetta nel suo lavoro anche idee nettamente stoike ed epikouree. Da questa opera provengono dunque i Placita e le Eclogae di Stosaros. I primi, come ha documentato il lavoro di ri- costruzione, sono copiati quasi letteralmente da AETIOS ὁ tutto al più abbreviati; in STOBAI0S, invece, troviamo spesso (5) Confr. per questo e per tutto quello che riguarda i doxo- grafi i Prolegomena premessi da HERMANN DIiELS al suo volume Doxographi graeci (Berolini, 1879) ed anche il cap. I del Pour l’hist. de la sc. hell. di P. TANNERY. Diels, l. c., pag. 47. Il passo di THEODORETOS è: εἰ δέ τις οἴεται χὰμὲ συχοφαντῆσαι τοὺς ἄνδρας τὴν παμπόλλην αὐτῶν δια- φωνίαν ἐξελέγχοντα ἀναγνώτω μὲν ᾿Αετίου τὴν περὶ ἀρεσχόντων ξυναγωγήν, ἀνα- ἡνώτω δὲ Πλουτάρχου τὴν περὶ τῶν τοῖς φιλοσόφοις δοξάντων ἐπιτομὴν χαὶ Πορφυρίου dì ἡ φιλόσοφος ἱστορία πολλὰ τοιαῦτα διδάσχει ἀπόχρη di χαὶ τὰ Ξενοφῶντος ὧν ἀρτίως ἐμνήσθημεν μαρτυρῆσαι τοῖς παρ᾽ ἡμῶν εἰρημένοις ἀλή- θειαν. 128 Letteratura doxografica I. - Appl. delle interpolazioni dovute ad altre fonti che il Dries non ha mancato di ricercare. Dopo il lavoro monumentale del Diels, ormai, non occorre riferirsi più ai documenti dello pseudo-PrurarcHos o di SroBAIos, ma, come ormai ge- neralmente si usa, conviene citare direttamente il libro, in certo qual modo più originale, di AETIOS. Anche l’ opera di AETIOs, del resto, non è che una pe- dissequa compilazione fatta su un lavoro precedente. Il con- fronto con passi di scrittori che derivano da VarRro (come CensorIinus, De die natali ; Istporus) o da Soranus (TER- TULLIANUS) etc. mostrano che così questi come AETIOS erano ricorsi ancora ad una fonte comune, probabilmente dovuta ad un seguace della scuola stoika di PosEIDONIOS, e che ap- partiene al primo secolo avanti l’ era volgare (gli ultimi pen- satori rammentati in essa sono infatti PoseIDoNIOS ed AsKLE- PIAS). A questa fonte primitiva AetIos avrebbe aggiunto, oltre poche altre cose, le citazioni dirette di ARISTOTELES. Come già è stato detto anche questa fonte a noi incognita non era certamente un’ opera originale, ma, di prima o di seconda mano, era stata compilata sulla primitiva raccolta di THEOPHRASTOS. Concludendo possiamo comprendere la letteratura doxografica che adesso possediamo nell’ elenco se- guente, che è quello dei lavori compresi nei Doxographi graeci del Diets: — a) I frammenti dei Placita di ΔΈΤΙΟΒ in ς libri. δὴ) 1 frammenti dell’ ἐπιτομήὴ di ArEIOS Dipymos, e che si ritrovano specialmente nelle aggiunte fatte da STo- ΒΑΙΟΒ alla raccolta primitiva di AETIOS. c) I frammenti di THeoPHRASTOS, compreso il de sen- sibus. d) Le referenze tolte dal primo libro De deorum natura di Cicero insieme a quelle del primo libro del περὶ εὐσεβείας di PHILODEMOS. e) La raccolta già conosciuta sotto il titolo di Φιλο- σοφούμενα, già attribuita ad ORIGENES, e che è invece stata riconosciuta il primo libro dell’ opera χατὰ πάσων αἰρεσέων del prete HippoLyros (princ. del III sec. era volg.) e che deriva indirettamente, ma per altra via, dalle δοξαί di THEO- PHRASTOS. I. - App. I. Padri della Chiesa 129 ἢ Il passo conservatoci da EusEBEIOs come tolto ἐκ τῶν Πλουτάρχου Στρωματέων, e che tratta brevemente delle opinioni di varî filosofi (THALES, ANAXIMANDROS, ANAXIMENES, XENOPHANES, PARMENIDES, ZENON, DEMOKRI- Tos, EmPEDOKLES, METRODOROS, DIOGENES APOLLONIATES) ma che non appartiene certamente allo scrittore di Cheronea. £) Un compendio assai mal fatto di EPIPHANIOS. h) La φιλόσοφος ἱστορία attribuita a GALENOS e che deriva dai Placita di PLoUTARCHOS. i) Il διασυρμὸς τῶν ἔξω φιλοσόφων (de gentilium philosophorum irrisione) di HERMEIAS. * * * Nell’ intiera letteratura antica ed in opere che non hanno il carattere doxografico delle opere già citate noi troviamo ancora abbondante messe di notizie che, alcune volte hanno anche un valore maggiore. Noteremo qui le più importanti fra di esse. Ricordiamo anzitutto gli scritti di molti fra i padri della Chiesa, nei quali si rammentano le antiche opi- nioni, sia a scopo polemico, sia a scopo apologetico e dogma- tico. Cito fra di essi oltre quelli ricordati come doxografi, Iustinus MaTyrus, CLEMENS ALExaANDRINUS (Trrus FLA- vius CLEMENS), ORIGENES, TERTULLIANUS, AUGUSTINUS etc. Un’ importanza speciale poi, oltre tutti i frammenti de- gli scritti dei filosofi posteriori ai presokratici, hanno gli scritti di Varro (frammenti), Cicero, SENECA, LucretIUs, PLou- TtaRcHOS. Notizie copiose, che però difettano di critica, ci sono date anche da Favorinus, AuLus GeLLIUS, APULEIUS, Luxkianos. Un valore notevole hanno poi gli scritti di Ga- LENOs, SexTus Empiricus, PHILOSTRATOS, ATHENAI0S. Una menzione speciale si deve fare del famoso περὶ βίων δογμάτων xai ἀποφθεγμάτων τῶν ἐν φιλοσοφία εὐδοχιμησάντων βίβλια δέκα di ΤῬΙΟΘΕΝΕῈΒ LAERTIOS (primo terzo del III sec. dell’ era volg.) (6). Questo libro (6) Come scrittori di vite e διαδοχαί di filosofi o scienziati, oltre ERATOSTHENES, si ricordano dagli antichi: NEANTHES di MIELI 9 130 Diogenes Laertios ΓΟ App. per lungo tempo fu considerato senz’ altro come la fonte principale per la storia della filosofia greca. Una tale opinione era però molto esagerata. Se infatti da una parte si poteva spiegare la considerazione alle vite di Dio- cENEs con la grande scarsezza di fonti migliori, ed anche con l’ ignoranza di altre esistenti, dall’ altra non si può negare che essa recasse pregiudizio alla esattezza stessa degli studî sto- rici perchè DioGENES ci rappresenta uno degli scrittori che, come dice il Gomperz (Griechische Denker I, cap, 1), è carat- terizzato da una nullità di pensiero stupefacente. È certo pe- rò, e qui solamente sta il valore del libro quando esso venga preso in esame con uno spirito sufficientemente critico, che esso fu compilato su un materiale abbondantissimo di fonti, fra le quali ve ne erano anche assai buone. USENER crede che DiocENES derivi direttamente e principalmente da un certo Nikias scrittore dei tempi neroniani; in ogni caso questi, a sua volta, derivava in gran parte dalle Diadochiat compilati da Sotion (fine del III sec. av. Chr.) e che formava- no delle accurate storie delle varie scuole scritte in tempi Kyzikos (che viveva alla corte di re AtrtAaLos I a Perga- mon verso il 240) che scrisse μυθιχά, περὶ ἐνδόξων ἀνδρῶν ; ANTI- conos di Karystos (verso il 225); HERMIPPos di Smirnai, verso il 200, che scrisse περὶ τῶν σοφῶν, περὶ μάγων, περὶ Πυθαγόρου, περὶ ᾿Αριστοτέλους, περὶ Θεοφράστου, βίοι: SATYROS, che scrisse dei βίοι sotto ῬΤΟΙΈΜΑΙΟΒ PHILOPATOR (221-204); SOTION, peripa- tetico (verso il 190), che scrisse delle Διαδοχαὶ τῶν φιλοσόφων: HERAKLEIDES LEMBOS (verso il 150); ANTISTHENES (lo stesso di quello di Rhodos citato da PoLyBIos ?); ALEXANDROS PoLyHIsTOR, del tempo di SuLLA che scrisse delle φιλοσόφων διαδοχαί: Iason di Rhodos (ricordato solo da SuIpas) ; PHILODEMOS di Gadara, del quale negli scavi di Ercolano sono stati trovati frammenti sugli akademici e sugli stoiki dalla sua σύνταξι: τῶν φιλοσόφων; SosIKRATES (verso il 130 av. Chr.); NIKIAS di Nikaia (verso il tempo di NERO); HippoBoros e DiokLes di Magnesia (I sec. dell’ era volg.). — (Vedi in proposito Ueberweg- Praechter, $ 7). Di tutti questi scrittori, ai quali si collegano in un modo od in un altro le Vite di DIOoGENES LAERTIOS, non conosciamo che i nomi e solo in pochi casi qualche frammento. x E - App. I. Commentatori, etc. 131 nei quali più facile era ricorrere agli scritti originali od avere informazioni più corrispondenti al vero. Un ultimo genere di fonti, ed anche questo molto impor- tante, ci è dato dai commentatori, e specialmente da quelli di ArisroreLEs. Rammentiamo fra questi ALEXANDROS d’ Aphrodisias (fine del II sec.), SimpLiktos (IV sec.), PHÒiroponos (IV sec.), OLymPIoporos (IV sec.), e, fra i pa- rafrasatori, THEMISTIOS (V sec.). Dell’ importante lavoro φιλόσοφος ἱστορία del neo- platonico PorPHyRIOS (233 — c. 304) non ci è rimasto che qualche scarso frammento. Ci rimane invece la Πυθαγόρου βίος che prima doveva fare parte del I libro dell’ opera ci- tata. Con questa si deve rammentare la vita di Pytha- goras di IamBticHos (princ. del IV sec.). Ambedue com- prendono molte notizie scelte e riportate poco criticamente, ed ambedue ricorrono a fonti simili quali NigomacHos, ApoL- LonIos, AnToNIOS, DiocENES, etc. Di PorPHyRIOs ci sono rimasti però altri scritti quali Zsagoge, tradotta in latino da BoETHIUS, e varî commentari. Uno scrittore ancora più recente che si è occupato dal lato biografico dell’ antica filosofia, ma che per l’ epoca che consideriamo ha un valore assai scarso e trascurabile è Sui- Das (X sec.), il compilatore di un lessico usato assai nei tempi più tardi. Di varî altri scrittori e fonti speciali (PROKLOS, etc.) parleremo a suo luogo trattando delle singole discipline, e di alcuni altri meno importanti sarà accennato nelle note. Ricordiamo infine che abbondanti fonti le troviamo in svariati scrittori, ed in tutti i grandi pensatori, scientifici e filosofici, dell’antichità (EuxkLEeIDES, ARcHIMEDES, PTOLE- Maros, GaLenos, DioskyRipEs, Cicero etc. εἴς). Molti di questi, come ad es. PLinIus, sono di una leggerezza stupe- facente, ma non di rado, usati criticamente, possono darci informazioni preziose, specialmente per i tempi a loro più vicini. Abbondanti notizie possiamo poi avere indirettamente dagli storici politici (HERODOTOS, etc.), dai geografi (STRABON, AcaTHEMEROS, etc.) ed anche dai poeti. Non occorre poi qui ricordare i loro nomi essendo essi troppo conosciuti. In casi speciali si parlerà di essi più ampiamente sia in nota, sia in apposite appendici. 132 Storie delle scienze I. - App. II AppenDICE II. — GLI STUDÎ MODERNI SUL PENSIERO SCIEN= TIFICO PREARISTOTELICO. L’ esame accurato delle diverse storie moderne che si occupano del pensiero greco ci mostra come nel loro complesso i diversi studî presentino gravi e deplorevoli deficienze e lacune. Fatte alcune lodevoli eccezioni, bisogna anzitutto con- statare che la quasi totalità degli scienziati che si sono pre- fissi il compito di scrivere la storia completa di una singola disciplina, non hanno compreso lette- ralmente nulla di nulla della scienza antica, mentre, con quel- la sicurezza che proviene dall’ ignoranza, hanno buttato giù sulle antiche teorie, sullo sviluppo di esse, sullo spirito e sul metodo che le animava, le più grosse sciocchezze. Bisogna pe- rò escludere in massa da questo giudizio i mate matic4 i quali non sono incorsi in tali errori e per l’abito più riflessivo della mente, e per uno spirito storico che si è in essi risve- gliato prima che in altri scienziati, ma sopratutto poi, per il fatto che i fondamenti della matematica attuale e tutta la geometria elementare, in ispecie, non sono che il corpo stesso della matematica greca, rinnovata nell’ espressione, non nella sostanza. Sotto un altro punto di vista una cosa alquanto simile, quantunque in grado assai minore, può dirsi per i medici, sebbene la cagione della loro mag- giore conoscenza delle dottrine antiche non abbia quella medesima ragione che riconosciamo nei matematici. Bisogna perciò abbordare le diverse storie generali con la più grande diffidenza, e cercare, anzi, di farne a meno più che è possibile per non cadere involontariamente in errore. La causa di un tale stato di cose si deve attribuire, oltre che alla quasi comune ignoranza filologica degli scien- ziati, al doppio pregiudizio che la scienza sia cominciata so- lamente nei tempi moderni (con GaLiLeo), e che, anzi, la vera scienza sia solamente quella che oggi ha valore cor- rente. A questi preconcetti se ne devono aggiungere altri va- riabili da caso a caso. Sarebbe anzi interessante, dal lato psicologico, catalogare i diversi tipi di storie delle singole I. - App. II. Storie della filosofia 133 scienze antiche. Molte storie, poi, seguendo forse l’ esempio di alcuni tardi greco-romani, sono romanzi; altre sono ba- sate su pistolotti retorici od apologetici su Monna Scienza, come, ad es., tutta la famigerata collezione storica dell’H6- FER, che pure ha avuto una larga diffusione. A questi storici (!) si contrappongono però alcuni valo- rosi specialisti che si sono occupati di determinate questioni di storia antica. Qui troviamo invece lavori pregevolissimi, che ricorderemo a suo luogo, e che, per lo studio diretto, co- scienzioso e competente delle fonti, formano la base più si- cura che abbiamo, quella anzi indispensabile per tracciare la nuova storia del pensiero scientifico. Ἕ * * Alle storie delle scienze sopra rammentate si devono con- trapporre i lavori degli storici della filosofia. Questi, tutt’ al contrario di quelli prima ricordati, sono nutriti di una cultura filologica sufficiente e non sono portati a de- prezzare l’ antico in confronto al moderno. Il riconoscimento degli eterni e diversi modi di pensiero che agitavano allora gli spiriti, come li agitano nell’ età presente, fanno com- piere ai filosofi quest’ atto di giustizia. Molte volte, anzi, sì può anche notare una esagerazione nell’ esaltamento dell’ antico appetto al moderno. Riconosciuto questo stato di cose è facilmente comprensibile che le storie dei fi- losofi possano, in genere, avere quel valore che si deve senz’ altro negare alla gran maggioranza di quelle degli scien- ziati. Ma, nonostante la perfetta conoscenza dei testi e la loro valutazione serena, le storie dei filosofi presentano un grave difetto. Per comprendere questo bisogna anzitutto domandarci quale linea di confine essi assumano nella separazione da essi fatta fra scienza e filosofia. A parte la questione della effettiva diversità fra scienza e filosofia (1), bisogna ricono- (1) Ho risposto negativamente in un mio articolo Scienza e filosofia (Rivista di filosofia, II, 1910, pag. 599) ed occasio- nalmente in molti altri miei scritti. 134 Scienza e filosofia I. - App. II scere che l’ arbitraria separazione fra le due cosidette diverse discipline è fatta in modo non solamente vago, ma anche variabile da caso a caso, da epoca ad epoca. Così, ad es., nello studio dei presokratici, i filosofi prendono in esame, come cosa a loro appartenente, tutte le teorie che secondo un al- tro punto di vista sono strettamente scientifiche e che si rife- riscono a fenomeni chimici, astronomici, geologici, etc. etc. Osservando un poco più attentamente sembra quasi che i filosofi abbiano voluto ritenere come appartenenti alla loro disciplina tutte le dottrine scientifiche che sono ancora in- formi ed incomplete, e che, per il loro poco rigore, possono sembrare comprensibili anche a quelli assolutamente digiuni di ogni principio o mentalità scientifica. Ma qui appunto sta il grande errore, ed il difetto dei libri di storia della filo- sofia. Essi da una parte entrano in un campo di studî nel quale gli autori non sono sufficientemente preparati; e le incertezze, e confusioni sorte nella storia dei presokratici per l’interpretazione filosofica delle dottrine che si possono perfettamente spiegare in modo naturalistico sono innume- revoli; dall’ altra trascurando alquanto, od anche assai, il movimento strettamente scientifico, essi tolgono dalla sto- ria dello sviluppo del pensiero il suo lato forse più interes- sante, e che, per me, è indissolubilmente legato a quello che oggi si comprende con il nome di filosofico. Desidero che mi si comprenda bene e non mi si voglia attribuire un denigramento per le opere di storia della filo- sofia che esse assolutamente non meritano. E, riferendomi, è vero, principalmente alla storia antica, ma pensando che la cosa si può estendere opportunamente a quella più mo- derna io dico solamente questo: le opere di storia della filosofia sono i primi abbozzi di sto- ria del pensiero che noi possediamo. Esse però non sono complete perchè trascurano quasi totalmente il pensiero veramente scientifico, o non espongono e valutano giustamente e con competenza quella parte più o meno pic- cola che considerano. Esse quindi, pur venendo poste a base degli studî ulteriori, vanno integrate con esame dello sviluppo della scienza. È probabile anzi che data 1’ impor- tanza e la vastità di tutto quello che appunto alla cosidetta scienza si riferisce, che la storia della filosofia debba venire I - App. II. Letteratura di storia della scienza 135 completamente assorbita dalla storia della scienza nel suo più ampio e genuino significato. * * * Corrispondentemente al già detto il mio lavoro oltre essersi servito direttamente dalle fonti ha utilizzato con grande profitto in questi primi studî sul pensiero scientifico greco : selctesi1 di storia della fibosafia, cer- cando di integrarli nel senso su esposto. >) Ilavorispecialisulla scienza (o sulla Eil'osefia).amtica. c) Le storie generali delle varie disci- pline scientifiche per quel pochissimo che potevano offrire. d) Numerose note e memorie speciali. Come appendice ad ogni capitolo darò la bibliografia dei lavori principali che ho consultato, magari con qualche nota critica per alcuni di essi. In questa prima appendice cito anche i lavori generali che mi hanno servito per tutta l’opera o che credevo utile di citare per un certo interesse storico. In questa citazione ricordo però solamente quelle opere generali che si occupano anche del soggetto di questo primo capitolo. Le altre opere verranno introdotte nelle ap- pendici mano a mano che esse possono servire per il sog- getto trattato. Così le storie generali della medicina saranno esaminate nel capitolo dei medici, quelle della chimica quando si cominceranno ad esaminare i primi studi di tal genere, e che non si limitano alle vaghe ipotesi degli ionici, etc. etc. Naturalmente non starò poi a ripetere nelle appendici susseguenti le citazioni già fatte a meno che non abbia a sottoporre ad un esame critico alcune loro parti. Per facilitare le ricerche ed i riferimenti adotto perciò un nu- mero per ogni opera citata, numero che ripeterò quando l’opera viene nuovamente presa in esame. Le note e memorie spe- ciali citate nell’ appendice saranno ridotte al minimo, e quando quelle di alcuni autori sono poi state riunite in vo- lume, cito solamente questo. Le note di interesse partico - 136 Bibliografia Ι, - Αρρ. ΠΙ. larissimo, e riferentisi ad un solo dato soggetto, saranno, quando occorra, segnate in nota al testo al luogo relativo. Credo che una tale bibliografia possa riuscire utile. Essa cercherà in ogni modo di preparare una bibliografia critica di storia delle scienze, della quale è vivamente sentito il bisogno (2). (2) Ho fatto un tentativo di questo genere nella Coltura popolare (V, 1915, p. 132-141), l’ organo della Federazione delle Biblioteche Popolari, collaborando per la parte di storia delle scienze al Catalogo ragionato per una Biblioteca di cultura gene- rale. Questo lavoro però si distingue recisamente dalla biblio- grafia critica alla quale accenno e che dovrebbe servire come manuale per lo studio scientifico, perchè è fatto semplicemente con intenti di volgarizzazione scientifica, e, tacendo così gli studî particolari, per quanto importanti, mette in rilievo le brevi e semplici storie popolari italiane, anche se, come non è caso raro, sono assai scadenti e se è stato necessario citarle solamente per la mancanza di opere migliori e più soddisfacenti. AppenpIcE III. — BIBLIOGRAFIA (I). AVVERTENZA. — Questa bibliografia non pretende di essere completa. Essa deve notare solamente quello che ho letto, e quello che, in un senso od în un altro, ha servito per fare il mio lavoro e per determinare il mio punto di vista. Solamente in casi speciali, ed allora lo nota espressamente, ho segnato opere che non ho po- (1) In questa bibliografia, sia in questo volume come nei successivi, tutte le opere saranno numerate progressivamente, in modo che potrò in avvenire citare so- lamente il numero dell’ opera che voglio ricordare. Quando l’ opera sarà esaminata più volte (occupandomene ad es. in un luogo di un volume e in un altro di un volume successivo, o quando voglio ritornarvi sopra per aggiunte o modificazioni) verrà sem- pre ripetuto il numero originario. I diversi luoghi nei quali un’ opera è stata esa- minata risulterà dagli indici. I. - App. III. Bibliografia 37 tuto consultare. Siccome però ho rivolto tutti i miei sforzi per co- noscere la maggior parte delle cose buone (ed anche alcune delle cattive) che erano state pubblicate, così credo che in un certo senso questa bibliografia debba riguardarsi come abbastanza completa. Sarò grato perciò a chi vorrà indicarmi (*) dimenticanze ed er- rovi, onde poterne tener conto melle successive appendici o in qualche lavoro bibliografico a parte. Noterò ancora come io abbia generalmente trascurato le opere antiche, di nessuno o poco valore, quando esse non abbiano nemmeno un interesse storico, mentre ho citato anche qualche lavoro moderno, utile come opera di volgarizza- zione, ma che di per sè non portava nessun contributo valevole per la scienza. Ad un breve commento ho spesso, per le opere più importanti, aggiunto anche un sommario dei volumi, sia per esteso, sia în com- pendio. Alle volte ciò può dare un’ idea dello spirito nel quale l’opera è stata redatta ; quasi sempre, però, ho pensato che una tal cosa poteva essere di grande utilità agli studiosi che non possono avere una grande biblioteca a loro disposizione. A questo proposito non è anzi mai da tacere che, almeno in Italia, le biblioteche che possano offrire materiali abbastanza completi per la storia delle scienze, sono quasi irreperibili ; e se gli studî nostri, per ragioni evidenti, st presentano relativamente più facili per il periodo dell’ antichità classica, difft- coltà quasi insormontabili si riscontrano per le epoche successive. Ciò dovrebbe determinare le autorità competenti a stabilire che al- meno una delle grandi biblioteche avesse, come sezione speciale, regolata in modo indipendente, un reparto apposito per la storia delle scienze. Le numerose ricerche ed ὁ lunghi giri che ho dovuto fare per mettere insieme la letteratura della storia della scienza, sono il mi- glior fondamento che mi induce a sperare che questa bibliografia debba essere di un’ utilità assai grande agli studiosi. Essa, natu- valmente, non può essere giudicata da questa prima parte, ma deve essere considerata nel suo complesso, tenendo presente le diverse bibliografie che pubblicherò come appendici ad ogni capitolo. Oltre che da numerosi fatti di per sè evidenti, ciò dipende anche dal cri- terio seguito, secondo il quale cito per la prima volta un' opera di carattere generale solamente quando il suo soggetto sì collega (*) Il mio indirizzo fisso è Chianciano per la Foce (prov. di Siena). 138 Bibliografia I. - App. III. strettamente a quello trattato nel capitolo stesso. Ma oltre questo criterio generale, anche per un altro fatto occasionale devo riman- dare il lettore alle successive bibliografie. Ho detto che ho citato opere solamente dopo averle sottoposte ad un esame più o meno minu- zioso a seconda del caso. Ora di molte opere avevo preso solamente qualche breve appunto, di altre avevo notato il solo titolo, col pro- ponimento di esaminarle più a lungo, o di prenderne conoscenza più tardi, al momento della stampa del volume. Lo stato politico dell’ Europa però, travagliata ormai da dodici mesi di una guerra nefasta, mi ha reso materialmente impossibile di eseguire quelle ricerche per le quali avevo progettato un viaggio all’ estero, o che richiedevano qualche scambio internazionale. Varie ovvie ragioni mi hanno anche ostacolato nel lavoro in Italia. Per non ritardare la stampa del volume vimando quindi ulteriori notizie (che del vesto per questo primo capitolo sarebbero pochissime) ad appendici suc- cessive. Je=c<=lasti Non essendoci rimasti scritti dei filosofi della cosidetta scuola ionica, non possiamo evidentemente indicare le loro edizioni. Le poche parole che si possono supporre originali si possono trovare (oltre che nel presente volume) nei VorsokRratiker del DiELS. Rammento come raccolte di frammenti degli antichi filosofi : 1. Fragmenta philosophorum graecorum, raccolti da F. W. A. MutLLacHa. Tre volumi. Paris, F. Didot, 1860-1881. Per i presokratici antiquata e sostituita dall’ opera seguente : 2. Die Fragmente der Vorsokratiker von HerMaNN DieLs. Vedi in proposito l’App. I (p. 121). I frammenti di HeKATAIOS si trovano raccolti in 3. HecateIi MiLesu, Fragmenta, ScyLAcIS CARYANDENSIS, Periplus edit. KLausen, Berolini, 1821. I frammenti si ritrovano anche nella collezione I. - App. III. Bibliografia 139 4. Geografi graeci minores. 2 vol. Paris, Firmin Didot, 1855-61. Lo scritto περὶ ἑβδομάδων [primi II capitoli nelle sue diverse versioni, i pochi frammenti greci, le due versioni latine e la parte rimasta della versione araba. nella traduzione tedesca (vedi ὃ 9)] si trovano riunite nel volume 5. W. H. RoscHER: Die hippokratische Schrift von der Siebenzahl in ibrer vierfachen Ueberlieferung zum erstenmal herausgegeben und erliutert (Studien zur Geschichte und Kultur des Altertums, VI B. H. 3-4). Paderbon, Ferd. Schòningh, 1913, pag. x, 176. che contiene anche un commento ed una parte pole- mica. II. — Lavori STORICI (2) A. STORIE GENERALI DELLA SCIENZA. Le storie generali della scienza si può dire che an cora non esistano e che appena ora comincino ad ap- parire i primi abbozzi e tentativi in proposito. Il lavoro 6. Stecmunp GunTHER: Geschichte der Naturwissenschaften, 2 volumetti. Leipzig, Reclam, 1909. per quanto fatto da un maestro della storia delle scienze, è appena un breve sunto o programma di una storia generale, e per la sua indole si limita più che altro a citare i nomi più importanti e le idee, le scoperte o le esperienze che ad essi si collegano. Assai più estesa è 7. FRIEDRICH DANNEMANN: Grundriss einer Geschichte der Naturwissenschaften. 2 vol. II Aufl. Leipzig, En- gelmann. (2) Per le fonti storiche antiche vedi l’ App. I. La bibliografia dei testi dei singoli autori antichi che hanno importanza scientifica sarà data nel capitolo nel quale di essi di proposito si tratta. 140 Bibliografia I. - App. II. I. Erliuterte Abschnitte aus den Werken hervorra- gender Naturforscher aller Vòlker und Zeiten, 1902. II. Die Entwicklung der Naturwissenschaften, 1903. La prima parte forma come una antologia di passi, riportati in tedesco e commentati, la seconda rappre- senta ancora un tentativo di una storia generale delle scienze naturali (dalla fisica ed astronomia alla biolo- gia). Di questa seconda parte è uscita recentissima- mente una nuova edizione in quattro volumi e col titolo : 8. FRIEDRICH DANNEMANN : Die Naturwissenschaften in ibrer Entwicklung und in ibrem Zusammenbange. Leipzig, Engelmann. I:Von den Anfàngen bis zum Wiederaufleben der Wissenschaften; di pag. viri-374, 1910. II: Von Galilei bis zur Mitte des 18"2 Fabrb., di pag. IV.-434, IQII. III: Das Emporblithen der modernen Naturwis- senschaften bis zur Entdeckung des Energieprinzips, di pag. vi-400, IQII. IV: Das Emporbliben der mod. Naturwiss. seit der Entdeck. des Energieprinz., di pag. x-510, 1913. L’aumento di volume dalla seconda edizione alla nuova forma dell’opera dimostra, in parte, il notevole rimaneggiamento ed ampliamento che essa ha subito. Ma anche dal lato di concetto la nuova edizione è enor- memente migliorata. Quest’ opera deve quindi non solo considerarsi come uno dei pochi tentativi di una sto- ria complessiva delle scienze, ma anche ritenersi opera di valore, sebbene forse il suo modo di origine ap- porti necessariamente con sè manchevolezze ed errori, che però, in una certa misura, si elimineranno in succes- sive edizioni. Io conoscevo da tempo la seconda edi- zione del DANNEMANN ; invece, nonostante ricerche e richieste, non mi era stato possibile di vedere la nuova, ed ho potuto farlo solamente facendomela venire di- rettamente (aprile 1915) quando parte di questo vo- lume era già stampato, mentre il rimanente era in bozze. ῬΨΨῚ ΓΙῸ I. - App. III. Bibliografia [41 Perciò non posso qui parlarne più a lungo. Mi limito ad indicare i capitoli del primo volume : 1. In Asien und Aegypten entstehen die Anfànge der Wissenschaften. — 2. Die Weiterentwicklung der Wissen- schaften bei den Griechen bis zum Zeitalter des Aristo- teles. — 3. Aristoteles und seine Zeit. — 4. Archime- des. — 5. Die erste Bliite der alexandrinischen Schule. — 6. Die Naturwiss. bei den Ròmern. — 7. Die zweite Bliittezeit der alexandrinischen Schule. — 8. Der Ver- fall der Wiss. zu Beginn des Mittelalters. — 09. Das arabische Zeitalter. — 10. Die Wiss. unter dem Einfluss der christlich-germanischen Kultur. — τι. Der Be- ginn des Wiederauflebens der Wiss. — 12. Die Begriin- dung des heliozentr. Weltsystems durch Kopperni- kus. — 13. Die ersten Ansàtze zur Neubegriindung der exp. und der anorg. Naturwiss. — 14. Die ersten Ansàtze zur Neubegr. der organ. Naturwiss. Nell’ ultimo volume si trova anche (p. 470-505) un’ abbondante raccolta di indicazioni bibliografiche, che, però, non vogliono essere nè esaurienti nè com- plete. Per un primo orientamento nella letteratura del- genere possono offrire indubbia utilità. Le indicazioni, però, si riferiscono quasi esclusivamente a libri tedeschi. Anche del primo volume dell’ opera primitiva è uscita una terza edizione sotto il titolo 9. FrieDRICH DANNEMANN : Aus der Werkstatt grosser For- scher. Leipzig, Engelmann, 1908. Ad un tentativo di questo genere può riferirsi anche l’ opera seguente che un tempo godè di grande diffu- sione : 1o. WiLLiam WuHEWELL: History of the inductive Sciences from the earliest to the present time (I ed. 1837); III ed., 3 voll. London, Parker, 1857. x Questa opera è considerata come una introduzione a 11. WiLiam WuHewelL: The Philosophy of the inductive Sciences. 2 vol. London, Parker, 1840. che in edizioni ulteriori fu divisa in tre parti separate 142 Bibliografia I. - App. III « WirLiam WHEWELL: History of scientific Ideas, III ed. 2 vol. London, Parker, 1858. Novum Organum renovatum, III ed. 2 vol. 1858. Philosophy of Discovery, III ed. 2 vol. 1860. L’opera del WHEWELL (1794-1866) rappresenta un notevolissimo tentativo di scrivere una storia generale della scienza. Sotto questo rapporto si può anche dire che l’ opera abbia esercitato una non piccola influenza, e che, considerata l’ epoca della sua redazione, essa è sufficientemente ben fatta. Bisogna riconoscere però che la storia del WHEWELL (dal nostro punto di vista la prima opera è di gran lunga la più importante) si trova troppo sotto l’ influenza di un sistema filosofico pre- concetto, e che lascia molto a desiderare anche nei particolari storici, in modo che oggi non può mante- nere che un valore oggettivo piccolissimo. Un grave difetto nel metodo del WHEWELL è poi quello di trattare successivamente ed indipendentemente della storia delle diverse scienze, secondo una sistematica arbitraria. Questo fatto distrugge completamente quel legame di solidarietà fra le diverse discipline scientifiche che deve essere la guida principale dello storico accu- rato dell’ intiero pensiero scientifico. In ogni modo il WHEWELL può riguardarsi come un precursore delle moderne tendenze di una sintesi generale, storica e teorica, delle varie discipline scientifiche. Le parti principali nelle quali è divisa la prima delle ‘Opere citate sono : I. History of the Greek School of Philosophy, with reference to physical Science. — 2. History of the Phys. Sciences of anc. Greece. — 3. H. of Greek Astro- nomy. — 4. H. of phys. Sc. in the Middle Ages. — 5. H. of formal Astr. after the stationary period. — 6. H. of Mechanics, including Fluid Mechanics. — 7. H. of phys. Astr. — 8. H. of Acoustics. — 9. H. of Optics, formal and physical. — το. H. of Thermotics and Atmology. — II. H. of Electricity. — 12. H. of Magnetism. — 13. H. of Galvanism, or Voltaic Electri- city. — 14. H. of Chemistry. — 15. H. of Minera- logy. — 16. H. of systematic Botany and Zoology. — I. - App. III. Bibliografia 143 17. H. of Physiologic and Comparative Anatomy. — 18. H. of Geology. Allato al WHEWELL non si deve dimenticare di ci- tare una storia che, come quella, ebbe grande diffu- sione, sebbene non solo sia antiquata, ma rientri anche poco nel quadro delle storie della scienza. Cito 1’ edi- zione francese che ho avuto fra mano. 12. [. W. Draper: Mistoire du développement intellectuel de P Europe. Paris, 1887. È necessario citare qui anche un volume che vor- rebbe considerare la storia delle scienze da un lato ancor meno preso in esame, quello dell’insegnamento : 13. Franz Pant: Geschichte des naturwissenschaftlichen und mathematischen Unterrichts. Leipzig, Quelle und Me- yer, 1013, pag. x-368. Credo che sia uno dei primi tentativi di tal genere, e perciò bisogna passare sopra alle mende evidenti [vedi la mia recensione in Rivista critica delle scienze mediche e naturali, VI (1915) pag. 464 (per errore 374).] L’opera è divisa in cinque parti [A/tertum und Mittel- alter — Jahrhundert der Reformation (XVI) — Saecu- lum mathematicum (XVII) — Saec. philosophicum (XVIII) — Saec. historicum (XIX)] ciascuna delle quali consta di due sezioni quasi equivalenti in lunghezza ; la prima fa la storia dellascienza nel periodo considerato, la seconda quella dell’ insegnamento relativo. La prima parte, fatta evidentemente sulle poche, e spesso errate, storie delle scienze, risente di queste tutti i difetti e non è priva di errori. La seconda parte, più originale e meglio trattata, forma il vero nucleo del libro, è più interes- sante e porterebbe in sè i germi di un futuro sviluppo. Però anche qui si possono notare spesso delle superfi- cialità, una tendenza a ridurre tutto l’ insegnamento a quello che si esercitava nei paesi tedeschi, ed a di- sconoscere ciò che veniva fatto fuori. 144 Bibliografia I. - App. ΠῚ. B. STORIE GENERALI DELLA FILOSOFIA O DELLA FILOSOFIA E SCIENZA ANTICA. Fra queste è da citarsi per prima per la sua impor- tanza, il suo valore e la sua vastità 14. EpuarDp ZELLER: Die Philosophie der Griechen in ibrer geschichtlichen Entwicklung. Leipzig. Quest'opera nell’ultima sua forma è divisa in sei parti : I. Allgemeine Einleitung. Vorsokratische Philoso- pbhie. τὸ ed. 1844, 3% ed. 18609, 5 ed. (in due parti), 1892. II. a) Sokrates und die Sokratiker. Plato und die alte Akademie. 1% ed. 1846, 3% ed. 1875, 4% ed. 1889. II. 5) Aristoteles und die alten Peripatetiker. τὰ ed. (con Ila), 3* ed. 1879. III. a) Die nacbharistotelische Philosophie. τῷ ed. 1852, 38 ed. 1880, 48 ed. (herausgegeben von Ep. WELLMANN), 1909. III d) id. II. τῷ ed. (con IIIa), 3% ed. 1881, 48 ed. 1902. Quest’ opera poderosa è unanimemente riconosciuta come fondamentale per la storia di quello che si dice la filosofia greca. Essa infatti ha stabilito su basi for- tissime e sicure una tale storia. Se forse è faticosa alla lettura per la copia enorme di notizie raccolte, è d’ al- tra parte indispensabile come opera di consultazione. Essa però, e ciò sia detto specialmente in riguardo al mio punto di vista, deve venire ampliata ed integrata, ed in modo particolare nella prima narte nella quale sotto il nome di filosofia viene compresa tutta la scienza di allora. Ciò deve farsi esaminando le questioni con criterî scientifici e non con quelli esclusivamenta detti filosofici. Il primo volume, il solo in relazione con il nostro soggetto particolare, si divide come segue : Einleitung. 1. Ueber die Aufgabe, den Umfang und die Methode der vorliegenden Darstellung. — 2. Vom Ursprung der griechischen Philosophie. — 3. Ueber den I. - App. III. Bibliografia 145 MIELI Charakter der gr. Ph. — 4. Die Hauptentwicklungs- periode der gr. Ph. Erste Periode: Die Vorsokratische Philosophie. Einleitung. A. — Die èlteren Jonier, die Pythagoreer und die Eleaten. I. -- Die àlteren Jonier. — 1. Thales. — 2. Anaxi- mander. — 3. Anaximenes. — 4. Die spàteren Anhàn- ger der jonischen Schule — Diogenes von Apollonia. II. -- Die Pythagoreer. — 1. Unsere Quellen fiir die Kenntniss der pythagoreischen Philosophie. — 2. Pytha- goras und die Pythagoreer. — 3. Die pythagorische Philosophie. Die Grundbegriffe derselben, die Zahl und ihre Elemente. — 4. Die systematische Ausfihrung der Zahlenlehre und ihre Anwendung auf die Physik. — 5. Die religiòbsen und ethischen Lehren der Pyth. — 6. Rickblick. Charakter, Ursprung und Alter der py- thagor. Phil. — 7. Der Pythagoreismus in Verbindung mit andern Richtungen. III. - Die Eleaten. — 1. Die Quellen: Die Schrift ὌΡΕΙ Melissus, Xenophanes und Gorgias. — 2. Xeno- phanes. — 3. Parmenides. — 4. Zeno. — 5. Melissus. — 6. Die geschichtliche Stellung und der Charakter der eleat. Sch. B. — Heraklit, Empedokles, die Atomistik, Ana- xagoras. I. — Heraklit. — τ. Der Allgemeine Standpunkt und die Grundbestimmung der herakl. Lehre. — 2. Die Kosmologie. — 3. Der Mensch, sein Erkennen, und sein Thun. — 4. Heraklit's geschichtliche Stellung und Bedeutung. Die Herakliteer. II a) — Empedokles. — 1. Die allgemeine Grundla- gen der emped. Physik. Das Entstehen und Vergehen, die Grundstoffe und die bewegende Krifte. — 2. Die Welt und ihre Theile. — 3. Die religibsen Lehren des Emp. — 4. Der wissenschaftliche Charakter und die geschichtl. Stellung der emped. Lehre. — ὃ) Die Ato- mistik. — τ. Die physik. Grundlehren: die Atome und das Leere. Leucipp und Demokrit. — 2. Die Be- wegung der Atome ; die Weltbildung und das Welt- gebàude ; die unorganische Natur. — 3. Die organi- Io 146 Bibliografia I. - App. II sche Natur, der Mensch, sein Erkennen und sein Han- deln. — 4. Die atomistische Lehre als Ganzes, ihre geschichtl. Stellung und Bedeutung, die spàteren An- hanger dieser Schule. III. - Anaxagoras. — 1. Die Prinzipien des Systems, der Stoff und der Geist. — 2. Die Weltenstehung und das Weltgebaude. — 3. Die organischen Wesen, der Mensch. — 4. Anaxagoras im Verhàltniss zu seinen Vorgangern. Charakter und Entstehung seiner Lehre. Die anaxagorische Schule, Archelaos. C. — Die Sophisten. — 1. Entstehungsgriinde der Sophistik. — 2. Die uns bekannten Sophisten. — 3. Die Sophistik ihrem allg. Char. nach betrachtet. — 4. Die soph. Erkenntnisstheorie und die Eristik. — 5. Die Ansichten der Soph. ùber Tugend und Recht, Staat und Religion, die soph. Rhetorik. — 5. Der Werth und die geschichtl. Bedeutung der Sophistik. Le vedute generali dell’ opera completa si ritrovano in un ristretto compendio dello stesso ZELLER : 15. Epvarp ZELLER: Grundriss der Geschichte der griechi- schen Philosophie. Leipzig, 6% ed., 1901; 9*ed., bearb. von F. LoRtzING, 1908. All’ opera dello ZELLER poi si devono aggiungere le seguenti (3) : 16. Tieonpor Gomperz: Griechische Denker. III Bande, 1% ed. Leipzig, 1893-1909. Les penseurs de la Gréce, traduit par Auc. REvY- MOND. 1ὃ ed. Paris, Alcan, 1904-9. L’opera ha avuto inoltre numerose edizioni. Quest'opera è divisa in tre volumi ; il primo si oc- cupa dei cosidetti presokratici, il secondo di SoKRA- TES, delle varie scuole sokratiche e di PLa- TON, il terzo di ARISTOTELES e di alcuni suoi disce- (3) Le opere di storia della filosofia sono tante, e la letteratura su di esse è così facilmente a portata di mano, che non stimo necessario ricordare nemmeno tutte le principali. Cito quindi solamente quelle che mi hanno maggiormente servito © che credo opportuno rammentare per qualche speciale ragione. 1. Ξ Ἄρρε ΤΙὸὺΣ Bibliografia 147 poli (THEOPHRASTOS, STRATON, etc.). Per il soggetto del presente studio interessa solamente il primo volume. L’ opera del GomPERZ è scritta con grande genialità, ed oltrepassando i ristretti ed angusti confini delle or- dinarie storie della filosofia, considera la questione da un lato più ampio, trattando anche teorie prettamente scientifiche. Essa quindi, e ciò valga in ispecial modo per il primo volume, di gran lunga superiore ai suc- cessivi, è ottima per introdurre il lettore nello studio dell’ antichità hellenica, e per farlo appassionare per questo soggetto. Lo scritto però, così attraente per la sua veste, è non raramente alquanto superficiale, ed i risultati non vanno accettati senz’altro, ma, per uno studio più profondo, devono essere vagliati e controllati. Il primo volume è diviso in tre libri (cito dall’ edi- zione francese) : I. -- Les commencements. — τ. Les philosophes na- turalistes de 1’ Ionie. — 2. Cosmogonies orphiques. — 3. Pythagore et ses disciples. — 4. Développement des doctrines pythagoriciennes. — 5. La doctrine or- phico-pythagoricienne de l’àme. II. De la métaphysique à la science positive. — I. Xénophane — 2. Parménide — 3. Les disciples de Parménide — 4. Anaxagore. — 5. Empedocle. — 6. Les historiens. III. -- L’époque des lumières. — 1. Les medicins. — 2. Les atomistes. — 3. Les réjets de la philosophie de la nature. — 4. Les débuts de la science de l’ésprit. — 5. Les sophistes. — 6. Protagoras. — 7. Gorgias. — 8. L’essor de la science historique. 17. Jonn BurxneT: Early Greek Philosophy. London and Edinburgh, Black, 1892. — 2% ed., London, 1908 (questa edizione non mi è stata accessibile). — Ediz. ted. Leipzig, Teubner, 1913 (id.). Ottima opera che può essere consultata e studiata con grande profitto, e che avrà certamente subîto no- tevoli miglioramenti nelle recenti edizioni. È ben do- cumentata e si occupa sufficientemente della parte veramente scientifica. 148 Bibliografia I. - App. III. Introduction. — I. The Milesian School. — II. Science and Religion. — III. Herakleitos of Ephesos. — IV. Par menides of Elea. — V. Empedokles of Akragas. — VI. Anaxagoras of Klazomenai. — VII. The Pytha- goreans. — VIII. The Vounger Eleatics. — IX. The Revival of Philosophy in Ionia. Ho visto annunciato una nuova stampa sotto nuova forma di questa opera 18. Jonn Burnet, Greek Philosophy I. From Thales to Plato. London, Macmillan, 1914, pag. x-360. Non ho potuto però vedere questa edizione. 19. WirteLm WinpeLBAND: Geschichte der antiken Philo- sophie. III Aufl. bearb. von Ap. BonHorrer. Min- chen, Beck, 1913 (nell’Handbuch der Klassischen Altertumwissenschaften herausgeg. von Iw. von Mùt- LER; Be Vor πὴ 20. Siecmunp GiunTHER: (Geschichte der antiken Naturwis- senschaft and Philosophie) A. Mathematik, Naturwis- senschaft (incl. Medizin) und wissenschaftliche Erdkunde im Altertum. Nòrdlingen, 1888 (nell’Handbuch d. KI. A: Bin τ: 25 Ἐπ: L’opera del αὔΝΤΗΕΕ ὃ una breve esposizione della scienza antica. Fatta da un ottimo conoscitore della storia scienti- fica, che giàho avuto occasione di ricordare (N. 6), essa può servire ottimamente per un primo orientamento. L’edi- zione che adesso possediamo, essendo quella antica (in un solo volume con la 2% ed. del WINDELBAND sopra citato), è sperabile che ben presto sortirà anche di essa una nuova edizione che speriamo notevolmente am- pliata. La storia del WINDELBAND è opera di gran pregio, per le vedute personali dell’ autore e per la sua con- cezione particolare dello sviluppo della filosofia antica. Non è opera di consultazione ordinaria, dato il carat- tere spiccatamente personale, e da usarsi quindi con attitudine critica. Cito dello stesso autore I. - App. III. Bibliografia 149 21. Witnetm WiLpeLBAND: Lebrbuch der Geschichte der 22 FR Philosophie. IV Aufl. Tubingen, 1907. È da notare che nelle sue opere il WINDELBAND in- tende fare non la storia dei filosofi, ma quella della fi- losofia. Molto importante per l'influenza che ha avuto, per le numerose edizioni e per la parte vastissima in essa riserbata alle indicazioni bibliografiche, è UeBERWEG : Grundriss der Geschichte der Philosophie. 1? ed., 1863-66. I. Das Altertum. 88 e 9® ed., cur. da M. Heinze. Berlin, 1894 e 1903. 10% ed. cur. da K. PRACHTER, 1909, di pag. Χνι- 362-178. II. Die mittlere oder die patristiche und scholast. Zeit. 9® ed. cur. da HEINZE, 1905. III. Die Neuzeit bis zum Ende des 18 Fahr. 10% ed. (HEINZE) 1907. IV. Die Philos. mit. Beginn des 19 Fabr. 108 ed. (HEINZE) 1904. La prima parte, che può occorrere sovente consultare, specialmente per dati bibliografici, è divisa in: Einleitung (uber den Begriff, der Methode und die allgemeinen Quellen und Hiilfsmittel der Geschichte der Phil.). — 1. Der Begriff der Ph. — 2. D. B. d. Ge- schichte. — 3. D. Meth. d. Geschichtsbetrachtung. -— 4. D. Quellen u. Hiilfsm. unserer Kenntniss der Gesch. d. Ph. — Die Philosophie des Altertums: 5-6.. Die Philosophie der Griechen. — 7. D. Quell. u. Hiilfsm. uns. Kenntn. de Ph. ἃ. Gr. — 8. D. Anbahnung der Ph. durch die Dichtung u. ἃ, d. ethisch-politische Reflexion. — 9. D. Perioden d. Entwickl. d. gr. Ph.: I. Periode (Die vor- sophistische Phil. oder die Vorherrschaft der Kosmolo- gie) : το. D. 4 Hauptabschn. ἃ. I Per. : I. Die altere ion. Naturphil. — τι. D. dlt. ion. Naturphilosophen ùberh. — 12. Thales u. Hippon. — 13. Anaximander. — 14. Anaximenes u. Diogenes v. Ap. — 15. Heraklit u. Kratylos. — II. Der Pythagoreismus. 16. Pytha- goras und die Pythagoreer. — III. Der Eleatismus. 150 Bibliografia I. - App. III. 17. Die Eleaten iiberh. — 18. Xenophanes. — 19. Par- menides. — 20. Zenon. — 21. Melissos. — IV. Die Jùngere Naturphilos. : 22. Ὁ. j. N. ἅν. — 23. Empe- dokles. — 24. Anaxagoras, Archelaos u. Metrodoros. — 25. Die Atomiker. — II. Periode (Von den Sophisten bis auf die Stoiker, Epikureer und Skeptikev oder die Begriindung und Vorherrschaft dev Anthropologie als der Lehre von dem denkenden und wollenden Subject (Logik und Ethik) unter Wiederaufnahme dev Physik.). — 26-66. — III. Periode (Die Neuplatoniker und ihre Vorgdnger oder die Vorherrschaft dev Theosophie). 67-75. Questa opera, come ho detto, è importante special- mente per le accuratissime ed estese bibliografie (fra le più complete forse). Esse peccano però, naturalmente, di eccessiva considerazione e parzialità per i lavori tedeschi, e difettano in quello che concerne le teorie scientifiche. L’ ultima edizione dovuta al PRAECHTER ha subito notevoli variazioni ed ampliamenti. Anche l’ ordine del libro è stato leggermente modificato col rimandare tutta la bibliografia di opere moderne e gli indici alle ultime 178 pagine (numerate a parte). Cito ancora fra le storie della filosofia greca che hanno avuto importanza. 23. ChrIsTIAN Auc. BranpIs: Handbuch der Gesch. der grie- chisch-ròmischen Philosophie. 5 vol. Berlin, 1835-60. Th. I°: Vorsokr: Ph. —Th. IL 1:Sokratest8NdaNeins seit. Sokratiker u. Plato. — Th. II. 2: Aristoteles. — Th. III. 1: Uebers: ὕ. ἃ. aristot. /Lehrgeb τοτί. d. Lehren sein. nàchst. Nachf. als Ueberg. zu d. III Ent- wicklungsper. d. gr. Ph. Come seguito all’Handbuch furono pubblicate nel 1866 delle 24. — Ausfibrungen. Una trattazione più breve dello stesso soggetto, e nella prima parte quasi un sunto dell’ opera maggiore. Un completamento della prima opera, insieme alle Aus- firhungen citate, si ha nella 1iecAppz IN. Bibliografia I5I 25. — Geschichte der Entwickelungen der griechischen Philo- sophie und 1ibrer Nachwirkungen im ròmischen Reiche. 2 vol. Berlin, 1862 e 1864. Cito ancora come opere recenti di storia della filo- sofia greca, per quanto assai meno importanti, 26. WaLrer KinkeL: Geschichte der Philosophie als Ein- leitung in das System der Philosophie. I.Von Thales bis auf die Sophisten. Pag. 274-76, 1906. II. Von Sokrates bis Plato. Pag. 134-33, 1908. Quest’ opera più che un interesse storico deve avere un interesse teoretico : « Nicht auf dem Historischen in sich liegt hier der Nachdruck, sondern die Geschich- te der Philosophie soll hier durchaus in den Dienst des systematischen Interesses streben ». — L'autore appartiene a quella scuola idealista che fa capo ad H. CoHEn ed a P. NartoRpP. L'interesse teoretico vela manifestamente spesso, e forse talvolta anche altera, il giudizio storico. Ciò nonostante la lettura di questo libro, con i dovuti riguardi, offre interesse. 27.A. Dòrinc: Geschichte der griechischen Philosophie. Ge- meinverstindlich nach den Quellen. Due vol. di pa- gine v11-672 e viri-586. Leipzig, O. R. Reisland, 1903. Libro di facile lettura sebbene fatto scientificamente. Si presenta senza apparati d’ erudizione ed evita le di- scussioni minute. Infine, come opera di carattere speciale, cito 28. H. RirrER et L. PrELLER: Historia philosophia grece. Testimonia auctorum conlegerunt notisque instruxerunt BiRecetb-P. Editio I.: 1838. Ed. VII, quam curaverunt Fr. ScHuLTESS et Ep. WeLLMANN. Gothae, [. Perthes, 1888, p. 598. Ed. VIII, quam cur. Ep. WELLMANN, p. 598, id. 1898. Ed. IX, quam cur. Ep. WELLMANN, p. 606, id. 1913. Questa opera pregevolissima, e che ha esercitato una notevole influenza sugli studî più originali della storia 152 Bibliografia I. - App. III della filosofia greca, consiste in una abbondante scelta di passi antichi, accuratamente ordinati per epoca, autore e soggetto, e che sono collegati da commenti e forniti di note storiche e filologiche. Essa forma quindi un manuale quasi indispensabile a chi voglia ricorrere alle fonti originali senza fare troppe ricerche bibliogra- fiche, ed a chi non abbia a sua disposizione un’ ampia biblioteca (1). Ricordo qui infine ancora i due volumi 2.H. Diets: Die Fragmente der Vorsokratiker. Vol. 1 e II. 3 ed. Berlin, 1912. Indice alla 22 ed. (di W. Kranz) del 1910. 29. — Doxographi graeci. Berolini, 1879. dei quali ho parlato a lungo nell’App. 1. Il primo rac- coglie, come ho detto, la doxografia dei presokratici, ordinati secondo gli autori ai quali si riferisce. (1) Non è qui il caso di fare una storia delle storie della filosofia, e nemmeno di citare tutte quelle storie che hanno avuto, comunque, una certa importanza sto- rica. Mi limito perciò, utilizzando in gran parte l’ opera citata dell’ UEBERWEG e del PRAECHTER, di rammentare qui in nota alcune delle più importanti che abbiano visto la luce. La lista non è ben inteso, nè completa, nè esauriente. THom. STANLEy: The History of Philosophy. London, 1655 (con edizioni successive anche in latino; solamente epoca prechristiana). Jac. THomasit: Schediasma historicum. Lipsiae, 1665. PiERRE BAyLE per gli articoli filosofici nel suo Dictionnaire historique et critique. Rotterdam, 1697. Ὁ. (DESLANDES): Histoire critique de la philosophie. Paris, 1730-36. JoxH. JAK. BRUCKER : Kurze Fragen aus der philosoph. Historie. 7 vol. Ulm, 1731-36. — Historia.critica philosophiae a mundi incunabulis ad nostram usque aetatem de- ducta. 5 vol. Lipsiae, 1742-44; 2% ed. 1766-67. (Ancora primitiva, aneddotica; da un punto di vista christiano e protestante). AGATOPISTO CROMAZIANO (APPIANO BUONAFEDE): Della istoria e della indole di ogni filosofia. Lucca, 1766-81; Venetia, 1782-84. — Della restaurazione di ogni filosofia ne’ secoli XV, XVI, XVII. Ven. 1785-89. DIETR. TIEDEMANN: Geist der spekulativen Philosophie. 7 vol. Marburg, 1791-97. Jon. GortL. BuHLE: Lelrb. der Gesch. d. Philos. 8 vol. Gottingen, 1796-1804. — Gesch. ἃ. neueren Philos. 6 vol. Gòttingen, 1800-05. DEGERANDO : Histoire comparée des systèmes de la philosophie. 3 vol. Paris, 1804. 4 vol. Paris, 1822-23. WiLH. GOTTL. TENNEMANN: Geschichte der Philos., 11 vol. Leipzig, 1798-1819. H. RITTER: Gesch. d. Philos., 12 vol. Hamburg, 1829-53. I primi 4 vol. in 2® ed. 1836-38. (Fino a Kant, escluso). nda bitrate nt stireria I. - App. III. Bibliografia 153 * * * Sull’origine della scienza greca sono da consultarsi specialmente : 30. Gaston MiLHauD: Legons sur les origines de la science grecque. Paris, Alcan, 1893. 31. — Les philosophes gtométres de la Grèce. — Platon et ses prédecesseurs. Paris, Alcan, 1900: 32. — Études sur la pensée scientifique chez les Grecs et chez les modernes. Paris, Alcan, 1906. Queste opere di G. MiLHAUD sono molto notevoli per le questioni generali e di carattere filosofico che l’A. agita, ed in esse troviamo spesse idee originali e feconde. Ottima e gradevolissima lettura per coloro che si vogliono dedicare allo studio della scienza greca ed in particolare alla sua origine. Eccosuccessivamente i titoli dei capitoli delletre opere : a) I.: 1. L’explication scientifique. — 2. Introduction historique. — II.: La part de l’Orient et de l’Egypte SCHLEIERMACHER : Geschichte der Philosophie. Berlin, 1839. (Dai suoi appunti per le lezioni). G. W. F. HecEL : Vorlesungen ùber die Geschichte der Philosophie. 1® ed. Berlin, 1833-36 2® ed. 1840-43. Werke, B. XIII-XV. Victor Cousin: Histoire générale de la philosophie depuis les temps les plus reculés jusqu’à la fin du XVIII siècle. τὸ ed. 1828-29; 128 ed. Paris, 1884. ALFR. WEBER: Histoire de la philos. européenne. 18 ed. Paris, 1874. 6° ed. Paris, 1897. ALFR., FOUILLEE : Hist. de la philos. τῷ ed. Paris, 1874. 38 ed. 1882. Ros. BLaKEy: History of the philosophy. 4 vol. London, 1848. G. H. LewESs: The history of philosophy from Thales to the present day. 4% ed. in 2 vol. London, 1871 (di colore positivista accentuato). W. TuRrNER: Mist. of. philos. London, 1903. R. Bossa : Storia della filosofia rispetto alla conoscenza di Dio da Talete fino ai giorni nostri. 4 vol. Lecce, 1873-74. A. Conti: Storia della filosofia. 1° ed. 1864; 38 ed. Firenze, 1882. 6% ed., 1909. Rispetto poi alla storia della filosofia greca cito anche : Franco FioRENTINO : Saggio storico sulla filosofia greca. Firenze, 1865. R. Bosa: Saggio sulla filosofia greco-romana. Torino, 1881. ReNnouUvIER: Manuel de philosophie ancienne. Paris, 1845. W. A. ButLER: Lectures on the hist. of ancient philos. Cambridge, 1856; ediz. suce. 1866, 1874. A. W. BENN: The Greek philosophers. 2 vol. London, 1882. 154 Bibliografia I. - App. II. dans la science greque: 3. Arithmétique et Géomé- trie. — 4. Les autres connaissances scientifiques. Scien- ce orientale et science grecque. — III. La physique générale au VI.me et au V.me siècle : 5. La physique ionienne. — 6. Pythagoriciens et Eléates. — 7. Les suites de la physique ionienne. Commencement de l’astronomie grecque. — IV.: 8. L’oeuvre des pre- miers mathématiciens grecs. — Conclusion. δὴ) Mathématique et philosophie. — I. Les prédécesseurs de Platon : Introduction. — 1. Les premiers Ioniens. — 2. Les pythagoriciens. — 3. Les eléates. — 4. Ana- xagore et Démocrite. II. Platon : Introduction : La Géometrie au temp de Platon. — Questions préliminaires : Les écrits de Pla- ton ; l’enseignement oral ; la tradition platonicienne. — I. Dogmatisme. — 2. Idéalisme : La connaissance. — 3. Idéalisme : L’ètre. — 4. Mécanisme e Pythagori- sme : La Physique. — 5. Synthétisme : La parteci- pation, le vrai problèéme de l’un et du multiple ; les Idées — Nombres — Comnclusion. c) Introduction: L’idée de science. — 1. La géomé- trie grecque, oeuvre personnelle du génie grec. — 2. Pla- ton : le géométre et le métaphysicien. — 3. Aristote et les mathématiques. — 4. Le hasard chez Aristote et chez Cournot. — 5. La Raison chez Cournot. — 6. Les préocupations scientifiques de Kant. — 7. La connaissance mathématique et l’Idéalisme transcen- dental chez Kant. — 8. Auguste Comte et le progrès de la science. — 9. Science grecque et science moderne. * * * Dal lato dell’ esame delle teorie scientifique, sono del massimo valore le opere di PAUL TANNERY sulla sto- ria della scienza, che per unità di trattazione qui ac- cenno alcompleto, sebbene alcune di esse si riferiscano a scienze speciali. 33.TanneRy PauL: Pour l’histoire de la science bellène. Paris, Alcan, 1887. 34. — La géométrie grecque, comment son histoire nous est I. - App. III. Bibliografia 155 35. 36. parvenue et ce que nous en savons. Première partie : Histoire générale de la géométrie éléementaire. Paris, Gauthier-Villars, 1887. Recherches sur lhistoire de l’astronomie ancienne. Pa- ris, Gauthier-Villars, 1893. Mémoires scientifiques, publiés par J. L. HEIBERG et H. G. ZeutHEN. Sciences exactes dans l antiquite. ΙΕ ΕΣ 1912,:-1013,... I lavori di PAUL TANNERY sono fondamentali per lo studio della scienza antica, e conservano anche ora tutta la loro freschezza ed attualità. Le Mémoires scientifiques, che ora sono state comin- ciate a pubblicare, comprendono i diversi articoli che erano sparsi nelle più svariate pubblicazioni. Esse non comprendono però i lavori già raccolti dall’ A. in vo- lumi organici. Alla fine di ogni capitolo citeremo le memorie che si riferiscono al soggetto trattato ripor- tandoci senz’ altro a questa edizione definitiva. Per il nostro primo volume della storia del pensiero scientifico assume una specialissima importanza il Pour l’histoire de la science hellène. Essa, dopo un’ampia Introduction, contiene i capitoli : I. Les doxographes grecs. — II. La Chronologie des Physiologues. — III. Tha- lès. — IV. Anaximandre. — V. Xénophane. — VI. Ana- ximène. — VII. Héraclite. — VIII. Hippasos et Alc- méon. — IX. Parménide. — X. Zénon. — XI. Mélis- sos. — XII. Anaxagore. — XIII. Empédocle ; e due ap- pendici : I. La traduzione francese del frammento sulle sensazioni di THEoPHRASTOS; II. Sur l’arithmétique pythagorienne. L’Autore esamina il suo soggetto da un sano punto di vista scientifico, ed, indubbiamente. le sue opinioni sono fra le più autorevoli fra quelle che sono state emesse, per quanto si possa alcune volte discordare con le conclusioni dell’ A. La lettura del volume, per chi voglia approfondire il soggetto, è 2n- dispensabile. I volumi sulla Géometrie grecque e sull’Astronomie ancienne si occupano di un soggetto speciale, ma non sono meno importanti. La géometrie grecque, che pur- Bibliografia I. - App. HI. troppo è rimasta incompiuta, racchiude i seguenti capi- toli : Intr.: Le vrai problème de l’histoire des mathé- matiques anciennes. — τ. Proclus et Géminus. — 2. Sur l’époque où vivait Géminus. — 3. Le classement des mathématiques d’après Géminus — 4. Les applica- tions de la géometrie dans l’antiquité. — 5. Le résumé historique de Proclus. — 6. La tradition touchant Pytha- gore. Oenipide et Thalès. — 7. La constitution des Elé- ments. — 8. Hippocrate de Chios. — 9. Démocrite et Archytas. — το. Les géoméètres de l’Académie. — τι. La Technologie des éléments d’Euclide. — 12. Les conti- nuateurs d’Euclide. — 13. Héron sur Euclide. — 14. Les « Définitions » du pseudo-Héron. Le Récherches sur l’histoire de l’astronomie ancienne rientrano solamente per una piccola parte nell’ epoca che noi ora consideriamo. Nonostante, per completare le indicazioni sulle opere fondamentali del TANNERY, ne riporto l’indice : 1. Ce que les Hellènes ont appelé astro- nomie. — 2. Ce que les Hellènes ont appelé astrologie. — 3. Les mathématiciens alexandrins. — 4. Les postulats de l’astronomie d’après Ptolomée et les auteurs élémen- taires. — 5. La sphéricité de la terre et la mesure de sa circonference. — 6. Le mouvement général des pla- nètes. — 7. Les cercles de la sphère. — 8. La longeur de l’année solaire. — 9. Les tables du soleil. — 10. Les périodes d’Hipparque pour les mouvements lunaires. — 11. Les tables de la lune. — 12. Les parallaxes du so- leil et de la lune. — 13. Les prédiction d’éclipses. — 14. La théorie des planètes. — 15. Le catalogue des fixes. — Appendice. Riporto infine l’ indice delle memorie del TANNERY che riguardano la Grecia antica. Nonostante il loro numero ciò è necessario, non solamente per l’ impor- tanza di esse, ma anche perchè, per ragioni di brevità, dovendole citare più volte, le designerò in avvenire so- lamente col loro semplice numero progressivo : Vol. I. (1876-1884): 1. Note sur le système astronomi- que d’Eudoxe. — 2. Le nombre nuptial de Platon. — 3. L’hypothèse géometrique du Ménon de Platon. — 4. Hippocrate de Chios et la quadrature des lunules. — I. - App. III. Bibliografia 157 5. Sur les solutions du problème de Délos par Archytas et par Eudoxe. — 6. À quelle époque vivait Diophante. — 7. L’article de Suidas sur Hypatia. — 8. L’arithmé- tique des Grecs dans Pappus. — 9. Sur l’àge du pytha- goricien Thymaridas. — 10. L’article de Suidas sur le philosophe Isidore. — 11. Sur le problème des boeufs d’Archimède. — 12. Quelque fragments d’Apollonius de Perge. — 13. Les mesures des marbres et des di- vers bois de Didyme d’Alexandrie. — 14. Sur les frag- ments de Héron d’Alexandrie conservés par Proclus. — 15. Sur les fragments d’Eudème de Rhodes rélatifs ἃ l’histoire des mathématiques. — 16. Sur Sporos de Nicée. — 17. Sur l’invention de la preuve par neuf. — 18. L’arithmétique des Grecs dans Héron d’Alexan- drie. — 19. Sur la mésure du cercle d’Archimède. — 20. De la solution géometrique des problèmes du second degré avant Euclide. — 21. Un fragment de Speu- sippe. — 22. Sérénus d’Antissa. — 23. Sur une critique ancienne d’une demonstration d’Archimède. — 24. Se- conde note sur le système astronomique d’Eudoxe. — 25. Le fragment d’Eudème sur la quadrature des lu- nules. — 26. Aristarque de Samos. — 27. Stéréome- trie de Héron d’Alexandrie. — 28. Études héronien- nes. — 29. Sur le «modius castrensis ». Vol. II. (1883-1898) : 30. Pour l’histoire des lignes et surfaces courbes dans l’antiquité. — 31. Sur l’authenti- cité des axiomes d’Euclide. — 32. Sur les manoscrits de Diophante ἃ Paris. — 33. La perte de sept livres de Dio- phante. — 34. Sur la langue mathématique de Pla- ton. — 35. Domninos de Larissa. — 36. Eutocius et ses contemporains. — 37. Questions héroniennes. — 38. Sur l’arithmétique —pythagoricienne. — 39. 1 οὐγχιασμὸς ὕδατος (École héronienne). — 40. Notes critiques sur Domninos. — 41. Sur la représentation des fractions chez les Grecs. — 42. Autolycos de Pitane. — 43. La coudée astronomique et les anciennes divisions du cer- cle. — 44. Rapport sur une mission en Italie. — 45. Scho- lies sur Aristarque de Samos. — 46. Études sur Dio- phante. — 47. La grande année d’Aristarque de Sa- mos. — 48. L’hypothèse géometrique du Ménon de 158 Bibliografia I. - App. III. Platon. — 49. L’art d’Eudoxe. — 50. Les manuscrits de Diophante ἃ l’Escorial. — 51. Sur une épigramme attribué à Diophante. — 52. Sur les épigrammes arithmé- tiques de l’anthologie palatine. — 53. Un fragment des Métriques de Héron. — 54. Sur un fragment iné- dit des Métriques de Héron d’Alexandrie. — 55. Sur Théon de Smyrne. — 56. Sur un passage de Théon de Smyrne. — 56. bis Sur un passage d’Adraste cité par Viète. — 57. Geometria. — 58. L’ inscription astro- nomique de Keskinto. — 59. Sur l’inscription astrono- mique de Keskinto. — 60. Une inscription grecque astronomique. — 61. Sur les subdivisions de l’heure dans l’antiquité. — 62. Sur la réligion des derniers mathé- maticiens de l’antiquité. — 63. Sur la locution ἐξ ἴσου, — 64. Σχούτλωσις et Στροφίολος. --- 65. Sur Carpos d’Antioche (*). C. STORIE GENERALI DI SINGOLE SCIENZE. Qui, come ho detto, troviamo la maggior deficenza, riguardo alla trattazione della scienza greca; e non solo per il numero, ma specialmente per il valore intrinseco delle opere. Rammenterò dapprima alcune storie che, pure presentando adesso molte deficenze ed errori, possono riguardarsi come le prime che abbiano iniziato il movimento di storia delle scienze. 37. J. F. MontucLA : Histoire des Mathématiques. Tome I e II. Paris, An VII. Tome III e IV (a cura di JEROME De LA LANDE). Paris, an X (mai, 1802). Questa storia, che è la seconda edizione di un’opera primitiva in due volumi, edita nel 1758, è l’opera clas- sica della storia delle matematiche. Oggi, naturalmente, le è rimasto quasi esclusivamente un valore storico ; bisogna notare però che tutte le storie posteriori, fino a quella del CANTOR, si sono fondate ed elaborate su (*) Il terzo volume non è ancora uscito, e, dato l'attuale conflitto europeo, tarderà forse alquanto ad essere pubblicato. I. - App. II. Bibliografia 159 di essa, e che da essa hanno preso l’ incitamento e le idee per continuare gli sviluppi e fare le correzioni. Si comprende facilmente che per ricerche moderne essa va usata con cautele specialissime. L’ importanza storica dell’ opera è però tale, che è giusto passare brevemente in esame il suo contenuto, specialmente per la parte che ci riguarda. Do perciò il soggetto delle principali divisioni, e credo che ciò sia tanto più utile in quanto l’ edizione originale manca dell’ indice siste- matico. PREMIÈRE PARTIE. — Contenant l’Histoire des mathématiques, depuis leur naissance jusqu’à la de- struction de l’Empire Grec. — Livre I. Discours pré- liminaires sur la nature, les divisions et l’utilité des Mathématiques. — Livre II. Origine des diverses bran- ches des Mathématiques, et leur histoire, chez les plus anciens peuples du monde (p. 42). — Livre III Qui comprend l’histoire des ces Sciences transplantées dans la Grèce jusqu’è la fondation de l’École d’Ale- xandrie (p. 100). — Livre IV. Qui comprend l’histoire de ces Sciences depuis la fondation de l’École d’Ale- xandrie jusqu’à l’Ère chrétienne (p. 202). — Livre V. Qui comprend le reste de cette histoire depuis l’Ère chrétienne jusqu’à la ruine de l’Empire Grec (p. 289). SECONDE PARTIE. — Contenent l’histoire de ces Sciences chez divers peuples Orientaux, comme les Ara- bes, les Persans, les Juifs, les Indiens, les Chinois. — Livre I. Hist. des Math. chez les Arabes, les Persans et les Turcs (p. 351). — Livre II. Hist. des Math. chez les Hébreux et les Juifs (p. 415). — Livre III. H. d. M. ch. les Indiens (p. 423). — Livre IV. H. d. M. ch. les Chinois (p. 448). TRoIsiBME PARTIE. — Contenant l’histoire de ces Sc. chez les Latins et les peuples Occidentaux, jusqu'au commencement du XVII siècle. — Livre I. État des Mathématiques chez les Romains, et leur progrès en Occident, jusqu’à la fin du XIV siècle (p. 481). — Livre II. H. ἃ. Math. durant le XV siècle (p. 535). — Livre III. Progrès des Math. pures durant la XVI siècle (p. 658). — Livre IV. Qui contient le progrès 160 Bibliografia I. - App. III. de l’Astronomie pendant le XVI siècle (p. 620). — Livre V. Q. cont. le pr. de la Mécanique et de l’Op- tique pend. le XVI siècle (p. 688). — Supplément, Notes, etc. (p. 715-739). Il tomo II contiene la storia durante il XVII se- colo [Libri : I. Geometria e matematiche pure trattate coi metodi antichi. — II. Geometria ed Analisi trat- tate coi metodi di Descartes. — III. Meccanica. — IV. Ottica. — V. Astronomia, nella prima metà del secolo. — VI. Della nascita di nuovi calcoli (differen- ziale ed integrale). — VII. Meccanica. — VIII. Ot- tica. — IX. Astronomia, della seconda metà del secolo]. Segue l’ indice alfabetico delle materie e degli autori trattati nei primi due tomi. Gli ultimi due tomi sono curati ed accresciuti dal LALANDE. Essi sono chiusi dalla Vie de Montucla, det- tata da LALANDE, e dall’ indice alfabetico degli ultimi due volumi. Come si vede la storia del MoNTUCLA non è limitata a quella della pura matematica, ma si estende anche alle scienze astronomiche e fisiche. Ciò si vedrà anche più chiaramente riportando il sommario del libro III della prima parte, e che si riferisce strettamente al- l’ epoca da noi considerata. Esso darà anche un'idea del modo e dello spirito nel quale MoNnTUCLA tratta. il suo soggetto. I. Réflexion sur l’incertitude des progrès des Chal- déens et des Egyptiens dans les mathématiques. — II. Thalès va en Egypte, d’où il rapport des connois- sances de Géometrie et d’Astronomie. Fondation de l’école Jonienne. — III. Progrès que font la Géométrie sous les premiers Philosophes de cette école. — IV. Dog- mes Astronomiques de Thalès. Il predit une éclipse de soleil, et comment. — V. Progrès de l’Astronomie sous Anaximandre. Ce Philosophe imagine la sphère armillaire, et le gnomon. Il mesure l’obliquité de l’éclip- tique. Invention des cartes géographiques et des cadrans solaires. — VI. Défense d’Anaximandre et de divers Philosophes. au sujet des opinions absurdes qu’on leur impute. Origine de ces imputations con- I. - App. III. Bibliografia I6I MIELI firmée par des exemples. Persécution élevée contre les Philosophes, et dont Anaxagore est la victime. Expo- sition de quelques opinion physico-astronomiques de ce Philosophe. — VII. Naissance et travaux de Pytha- gore ; fondation de l’école Pythagoricienne. Progrès que doit la Géométrie à ce Philosophe et à ses disce- ples. — VIII. Connoissances et dogmes astronomiques de Pythagore et des ses sectateurs, sur le mouvement de la Terre, la nature des Comètes, la destination des Planètes et des Étoiles. — IX. Il donnent naissance ἃ l’Arithmétique. On leur attribue quelque chose de semblable au système de notre Arithmétique moderne. Abus qu’ils font des propriétés mysterieuses des nom- bres, etc. — X. Découverte de Pythagore sur les ac- cords de la Musique. Histoire qu’on en fait. Erreur des musiciens Pythagoriciens. Leur Dispute avec les Aristoxeniens discutée. Diverses choses concernant la Musique ancienne. — XI. Histoire de plusieurs Mathé- maticiens sortis de la secte Italique, Empedocle, Phi- lolais, Archytas, Démocrite, Hippocrate de Chios, etc. — XII. Histoire du Calendrier Grec. Diverses périodes imaginées avant celle de Méton ; invention de ce der- nier, perfectionnée par Callippe et Hipparque. Autres travaux de Méton. Traits singuliers sur cet Astronome. — XIII. Fondation de l’école Platonicienne. Obbliga- tions que lui a la Géométrie, invention de l’Analyse Géométrique expliquée et éclaircie. — XIV. Découver- tes des sections coniques. Leur génération et quelques- unes de leurs propriétés élémentaires. — XV. Inven- tion des lieux géométriques. Esprit de la méthode qui le applique ἃ la résolution des problèmes déterminés. Leurs divisions, etc. — XVI. Histoire du problème de la duplication du cube ; solutions données par Mé- nechme ; de celui de la trisection de l’angle. — XVII. Di- vers Géomètres Platoniciens et leur travaux. — XVIII. Progrès peu considerables des Mathématiques mixtes sous les Platoniciens, et quelle en fut la raison. Hypo- thèse Astronomique d’Eudoxe, et ses defauts mon- strueux. Ébauche de l’Optique. Conjectures puériles des Platoniciens sur la vision. — XIX. Les Mathématiques II 162 Bibliografia I. - App. HI. continuent ἃ étre cultivées dans le Lycée après la mort de Platon. Géomètres qui paroissent en étre sor- tis. — XX. Les Mathématiques sont aussi estimées dans l’école d’Aristote; mais elles y prennent peu d’acroissemens. Premiers traits de l’Optique et de la Mécanique dans les écrits de ce Philosophe. Leur im- perfection extréme. — XXI. Divers Mathématiciens et Géomètres qui remplissent l’intervalle entre Aristote et la fondation de l’école d’Alexandrie. — XXII. De Pythéas. Son observation de l’obliquité de l’écliptique et les conséquences qu’on en tire discutées. — XXIII. Précis du progrès des Mathématiques depuis Thalès jusqu’à Alexandre. 38. M. DeLAMBRE : Histoire de l Astronomie ancienne. 2 vol. Paris, 1817. DELAMBRE è l’autore di una serie poderosa di opere sulla storia dell’ astronomia (antica, medioevale, mo- derna) che è da considerarsi fondamentale per questa scienza nello stesso senso di quella di MoNTUCLA per la matematica. A questa grande storia tutti gli storici po- steriori hanno attinto, modificando ed aggiungendo, e ad essa, sebbene adesso quasi non più servibile, compete storicamente una importanza notevole. I due volumi per l’ astronomia antica, in formato grande, di circa 1200 pagine complessive, sono così suddivisi dopo un Discours préliminaire : Livre I. — 1. Notions generales. Astronomie tradi- tionelle. — 2. Ouvrage d’Autolycus. — 3. Euclide. — 4. Aratus. — 5. Aristarque. — 6. Manéthon. — 7. Era- tosthèéne. — ὃ. Empédocle. — 9. Archimède. — το. Hip- parque. — II. Géminus. Achille Tatius. — 12. Cleo- méde. Lucrèce. — 13. Théodose Ménélaus. Hypsicles. — 14. Manilus, Strabon, Poseidonius, Cicéron. — 15. Hy- gin, Senèque, Pline. — 16. Écrivains postérieurs ἃ Ptolémée : Censorinus, Macrobe, Simplicius, Martia- nus Capella, Proclus, Diadochus, Arrien, Isidore, Cas- siodore, Théon l’ancien, Firmicus, Thius, Barlaam, Béède. — 17. Virgile, Ovide, Hesiode, Homère, Horace, Lucain. LCA pp. II. Bibliografia 163 Livre II. — 1. Des Chinois. — 2. Des Indiens. — 3. De leur astronomie d’après leurs livres originaux. — 4. Pla- nude. Arithmétique des Indiens. — 5. Lilawati. — 6. Bija Ganita. Livre III. — 1. Arithmétique des Grecs. — 2. Con- struction de la Table des cordes. — 3. Trigonometrie rectiligne. — 4. Trigonometrie sphérique. Livre IV. — 1-13. Livres I-XIII de la Syntaxe de Ptolémée. — 14. Optique de Ptolémée. — 15. Pla- nisphère de Ptolémée. — 16. Analemme de Ptolémée. — 17. Cadrans d’Athènes de Phaedre, et Cadrans divers. — 18. Géographie de Ptolémée, — 19. Astrologie. Livre V. — Commentaire sur la composition mathé- matique de Ptolémée par Théon d’ Alexandrie — Ta- bles manuels -- Ephémérides — Théon de Smyrne - Psellus. H. MARTIN (Etudes sur le Timée de Platon) ha dato sul DELAMBRE il giudizio che esso è più una raccolta di materiali per la storia dell’ astronomia antica che una vera storia. Il giudizio in gran parte è giusto. 39. Prerre Simon DE LAPLACE : Précis de l’histoire de Vastro- nomie. Questa operetta, estremamente interessante, più che per il suo valore storico, per essere stata scritta da LAPLACE, forma il libro V della sua Exposition du système du monde (1% ed., 1796; nel VI vol. delle Oeuvres. Paris, Impr. Royale, 1846). Essa, per quanto breve di mole, va considerata insieme alle grandi opere sto- riche dell’ epoca della Rivoluzione francese. È divisa nei seguenti sei capitoli : De l’astromomie ancienne, jusqu’è la fondation de l’école d’Alexandrie. — De l’a. dep. la fond. d. 1’ 6. d’Al. jusque aux Arabes. — III. De l’a. dep. Ptolé- mée jusqu’à son renouvellement en Europe. — IV. De l'a. dans l'Europe moderne. — V. De la découverte | de la pesanteur universelle. — VI. Considérations sur le systèìme du monde et sur les progrès futurs de l’astro- nomie. 164 Bibliografia I, - App. HI. Come un’ opera che precedette nel tempo quelle ora nominate, ed anzi come uno dei primi tentativi di storia delle scienze in genere e dell’ astronomia in ispe- cie, si deve citare l’opera di BAILLY (1736-1793), il primo maire di Paris, allo scoppio della grande Rivoluzione. Quest’ opera che, considerata l’ epoca nella quale essa fu scritta, ARAGO giudicava ammirabile, consta degli scritti seguenti : 40. JEAN SyLvain BaiLLvY: Histoire de Vastronomie ancienne depuis son origine jusque ἃ l’établissement de ’école d’ Alexandrie. Paris, 1775. Hist. de l’astr. moderne depuis la fondation de l'école d’ Alexandrie jusqua l’époque de 1730. 3 vol. Paris, 1779-1782. Queste due opere ebbero numerose traduzioni in lingue straniere. 41. JEAN ϑύυναιν BarLLv: Lettres sur l'origine des sciences 42. — et sur celles des peuples de PAsie. Londres et Paris, 1777. Lettres sur l'Atlantide de Platon et sur lancienne histoire de l’'Asie pour servir de suite aux Letters sur l’origine des sciences. Paris, 1779. Traité de l’astronomie indienne et orientale, oeuvre qui peut servir de suite è l’ Histoire de Dastr. ancienne. Paris, 1787. Le lettere sull’ origine delle scienze ed il trattato sull’astronomia indiana contengono spesso fatti, più che scientifici, romanzeschi, ed in essi si segue un indirizzo spesse volte fantastico. Serva per tutte la sua idea di un popolo antichissimo dell'Asia dal quale sarebbero derivate le varie astronomie. Un’ altra opera storica che si deve raggruppare per l’ epoca e per il luogo dove l’autore scriveva, alle due precedenti, e che fa parte di tutto quel movimento I. - App. III Bibliografia 165 storico poderoso ma primitivo che accompagna e segue la rivoluzione francese è 44. M. Gossetin: Géographie des grecs analysée ; ou les sy- stémes d’Eratosthénes, de Strabon et de Piolimée com- parés entre eux et avec nos connoissances modernes. A Paris, de l’Impr. de Didot l’Aîné MDCCLXXXX. 45. Μ. GosseLLIin: Recherches sur la Géographie systéma- tique et positive des Anciens; pour servir de base ἃ lhistoire de la ghopraphie ancienne. Deux tomes. A Paris, de l’Impr. de la République, an VI. La prima di queste due opere è divisa nel modo seguente : Introduction. — I Eratosthenes. — Pythéas, Hipparque, Posidonius. — II. Strabo n, Pline, Marin de Tyr. — III Ptolémée. Essa contiene inoltre otto tavole (di longitudini e latitudini) e dieci carte. L’ altra opera contiene gli studî seguenti : Recherches sur le système géographique d’Hippar- que. — Recherches sue les connoissances géographiques des Anciens le long des còtes occidentales de l’Afrique. — id. le long de còtes orientales de l’Afrique. — Examen des principales autorités d'après lesquelles on pense communement que les Anciens ont fait le tour de l’Afri- que. — Recherches sur le système géographique de Polybe. — id. de Marin de Tyr. — Recherches sur les connoissances géogr. des Anc. dans le golfe Ara- bique. Oltre accurati indici quest’ opera contiene quindici carte. Si può in un certo senso, per l'epoca nella quale fu concepita, e per essere stata uno dei primi tentativi di storie delle scienze naturali, aggiungere alle prece- denti : 46. Georce CuviER: Histoire des sciences naturelles, depuis, leur origine jusqu’à nos jours, chez tous les peuples connus, professée au Collìge de France, par G. Ὁ. 166 Bibliografia I. - App. III. completée, rédigée, annotée et pubbliée par M. Mac- DALEINE De Saint-Acy. V tomes. Paris, 1841. Il I vol. comprende la storia fino al sec. XVI (escluso). Questa storia è stata pubblicata nel 1841 da MaGcp. DE SAINT-AGy, nove anni dopo la morte del famoso na- turalista (G. CUVvIER visse dal 1769 al 1832) ed è ba- sata su appunti presi alle lezioni del CuviER stesso. Per quanto l’ opera possa interessare per questa sua prima paternità, non si può negare che nei particolari essa non può rispecchiare e non rispecchia completamente il pensiero del professore al Collège de France. Per quello che riguarda l’ antica storia greca essa non esce dall’ ordinario, dai luoghi comuni e dai co- muni errori. Come saggio cito il passo seguente (I, pag. 86) : «La plus ancienne est l’école ionienne, qui fut fondée en Ionie par Thalès, vers l’an 600 avant Jésus-Christ. Thalès avait un grand nombre de secta- teurs qui habitaient les villes importantes de l’Asie mineure, telles que Milet, Ephéèse, etc. Anaxagore, le plus celèbre de ces sectateurs, fut forcé par les con- quétes des Perses d’abandonner sa patrie; il se ré- fugia ἃ Athène vers l’an 500, et y enseigna après les avoir modifiés, les principes de son maître ». Per le epoche più recenti invece questastoria acquista, sotto alcuni aspetti, un interesse notevole. Ma di ciò riparleremo a suo luogo. L’ edizione fatta con divisioni senza sommari, mal provvista di indici, etc., lascia molto a desiderare per perspicuità e per chiarezza. * * * Passo ora ad esaminare i varî volumi di un’ impor- tante collezione, i quali però, eccettuato il WoLF e specialmente l’ importantissima storia del GERLAND, presentano varie gravissime deficenze per l’epoca greca : Collezione «Geschichte der Wissenscha- tenin Deutschland». Minchen, Oldenbourg. Notiamo anzitutto che il titolo della collezione non corrisponde al contenuto. Salvo infatti qualche rara I. - App. III. Bibliografia 167 opera che si occupa appunto della scienza în Germania, la maggior parte di esse trattano della scienza in gene- rale, che, come tale, non è mai stata il privilegio di un popolo, e, tantomeno, di quello tedesco. Le condizioni stesse delle cose, quindi, hanno portato gli autori a fare in generale delle opere pregevolissime, almeno per la parte relativa alla scienza moderna, e che non ri- sentono dell’ errore del titolo originario : 47.0. PescHeL : Geschichte der Erdkunde. 2 Aufl. herausgeg. von SopH. Ruce, 1887. Si occupa in un centinaio di pagine della storia della geografia antica. Abbastanza curata per i suoi tempi, ed adesso completamente sostituita da lavori speciali più recenti, come quello citato del BERGER. Vedi N. 88. 48.I. Vicror Carus: Geschichte der Zoologie, 1872. Si occupa dell’ intiera antichità in circa 80 pagine. Serve appena appena a darne una pallida idea. Anti- quata. Inservibile per un’ utilizzazione in lavori po- steriori. 49. RupoLr οι: Geschichte der Astronomie, 1877. Per i suoi tempi ben fatta; è stata poi continuamente citata quasi come fosse l’unica fonte per la storia dell’a- stronomia. Si occupa dell’ antichità in 220 pagine. Può ancora servire in piccola parte. so. KARL ALFRED von ΖΊΤΤΕΙ, : Gesch. der Geologie und Pa- liontologie, 1889. Questa storia, buona e moderna nel suo complesso, se la cava per l’ antichità con dodici pagine ! 51. Ernst GERLAND : Gesch. der Physik bis Leibniz, 1913. Di tutta la collezione Geschichte der Wissenschaften in Deutschland la sola opera (se in parte si eccettua il Wolf) che si occupi competentemente, in modo sufficiente- mente diffuso e con criteri moderni dell’ antichità (130 pagg.). Ben fatto, con indicazioni delle fonti e della letteratura, può servire per studi ulteriori. Qual- che volta leggermente deficiente, ma non nel senso di 168 Bibliografia I. - App. π᾿ quasi tutte le storie generali delle scienze che si occ4a- pano della scienza greca (eccettuata la matematica) e che sono scritti da scienziati. Si può vedere in pro- posito di questo libro la mia recensione in Scientia XIV (1913) p. 119. La storia del GERLAND unitamente a 52. GerLanD und TEICHMULLER: Geschischte der physikali- schen Experimentierkunst, Leipzig, Engelmann, 1889, pag. XVI-442. forma per il tempo che tratta, la migliore e più mo- derna storia della fisica. 53. Aucust Hirscn: Geschichte der medizinischen Wissen- schaften, 1893. Se la cava in dieci pagine di tutta la medicina an- tica !! Gli altri volumi scientifici 54. Fr. v. KoBeELL: Gesch. der Mineralogie (von 1650-1860). 1864. 55.K. KarMmaRscH: Gesch. der Technologie, 1872. 56. ]. SacHs: Gesch. der Botanik, 1875. non trattano affatto di scienza greca | * * * Trattano in particolare della storia della mate- mia tica: 57. Moritz Cantor: Vorlesungen iber Geschichte der Mathe- matik. I Band. Von den diltesten Zeiten bis zum Fahre 1200. x. Ch. Leipzig, Teubner. 2% ed., 1894, pa- gine 884; 38 ed. 1907. È l’opera ora fondamentale per la storia della ma- tematica. I lavori recenti hanno portato certamente ampliamenti e modificazioni alle notizie ed alle opi- nioni ivi espresse [vedi in particolare il lavoro di Gino Loria (N. 64), e le numerose note sulla storia del CANTOR, pubblicate dall’ENESTROM nella Bibliotheca Ma- i METE TATE I. - App. III Bibliografia 169 thematica] però nel suo complesso essa rimane ancora la base di tutti gli studî sulle storia della matematica. Riporto l’indice dei capitoli : Einleitung. — I. Aegypter. — 1. Die Aegypter, Arithmetisches. — 2. Geometrisches. II. Babylonier. — 3. Die Babylonier. III. Griechen. — 4. Die Griechen. Zahlzeichen. Fingerrechnen. Rechenbrett. — 5. Thales und die 8]- teste griechische Geometrie. — 6. Pythagoras und die Pythagoràer Arithmetik. — 7. Geometrie. — 8. Mathe- matiker ausserhalb der Pyhagoràischen Schule. — 9. Mathem. auss. der pyth. Sch. Hippokrates von Chios. — το. Platon. — Ir. Die Akademie. Aristote- les. — 12. Alexandria. Die Elemente des Euklid. — 13. Die iibrigen Schriften des Euklid — 14. Archi- medes und seine geometrische Leistungen. — 15. Die iibr. Leist. des Archimedes. — 16. Eratosthenes. Apol- lonius von Perga. — 17. Die Epigonen der grossen Mathematiker. — 18-19. Heron von Alexandria. — 20. Geometrie und Trigonometrie bis zu Ptolemàus. — 21. Neupythagoràische Arithmetiker. Nikomachus. Theon. — 22. Sextus Julius Africanus. Pappus von Alexandria. — 23. Die Neuplatoniker. Diophantus von Alexandria. — 24. Die griechische Mathematik in ihrer Entartung. IV. Ròomer. — 25. Aelteste Rechenkunst und Feld- messung. — 26. Die Blithezeit der romischen Geome- trie. Die Agrimensoren. — 27. Die spàtere mathem. Liter. der Ròmer. V. Inder. — 28. Einleitendes. Elementare Re- chenkunst. — 29. Hòhere Rechenkunst. Algebra. — 30. Geometrie und Trigonometrie. VI. Chinesen. — 31. Die Mathem. der Chi- nesen. VII. Araber. — 32. Einleitendes. Arabische Ue- bersetzer. — 33. Arabische Zahlzeichen. Muhammed ibn Mùsà Alchwarizmî. — 34. Die Mathematiker un- ter den Abbasiden. Die Geometer unter den Bujiden. — 35. Zahlentheoretiker, ‘Rechner, geometrische Alge- braiker von 950 etwa bis 1100. — 36. Der Niedergang 170 Bibliografia I. - App. III der ostarabischen Mathem. Aegyptische Mathemati- ker. — 37. Die Mathem. der Westaraber. VIII. Klostergelehrsamkeit des Mit- telalters. — 38. Klostergelehrsamkeit bis zum Ausgange des X. Jahrhunderts. — 39. Gerbert. — 40. Abacisten und Algorithmiker. 58.H. G. ZeurtHEN: Die Mathematik im Altertum und im Mittelalter. Leipzig, Teubner, 1912. (III, 2, 1 di Kultur der Gegenwart). Ottimo libro, dovuto ad uno dei più eminenti cultori della storia della matematica antica. Data però l’indole della pubblicazione, l’autore non può dare nelle 95 pagg. di testo se non uno sguardo generale allo sviluppo sto- rico della matematica, occupandosi in buona parte del- l'origine e dello sviluppo dei numeri e della pratica del contare. Le parti nelle quali è divisa l’ opera sono le seguenti : I. Entstehung und Entwickelung dev Zahlen und des Rechnens. — τ. Primitive Zahlenbildung. Zahlensy- stem. — 2. Primitives und mechanisches Rechnen. — 3. Schriftliche Wiedergabe der ganzen Zahlen und Briiche und deren Benutzung zum Rechnen. — 4. An- wendung des Zahlenrechnens. II. Entstehung der Geometrie ; die Mathematik der Griechen. — 1. Wahrnehmungsgeometrie. — 2. Von der Enstehung des elementargeometrischen Systems der Griechen. — 3. Angewandte Mathematik bei den Grie- chen. — 4. Die Blitezeit der alexandrinischen Mathe- matik. Mathematik und Astronomie, Trigonometrie. III. Verfall und Wiederaufnahme der griechischen Ma- thematik. — Verfall der griechischen Mathematik. — 2. Die jungere indische und die chinesische Math. — 3. Die arabische Math. — 4. Westeuropàische Math. im Mittelalter. Dello stesso autore abbiamo anche una 59. — Histoire de la mathématique dans l’antiquité et le moyen- age. Paris, Gauthier-Villard, 1902. che era stata preceduta da una edizione danese (1893) e da una traduzione tedesca (1895) della stessa. Ι. - Αρρ. IL. Bibliografia ΤῊΣ Quest'opera si differenzia nettamente dalla prima. Pure essendo un breve ma ottimo e succoso manuale (di 296 pag.) esso è assai più esteso ed esauriente nella parte che riguarda matematica greca, mentre 51 occupa solo incidentalmente e di passaggio dell’ origine della matematica. 60. HanKkEL: Geschichte der Mathematik im Altertum und im Mattelalter. Leipzig, 1874. Non ho potuto vedere questa storia assai citata, ma che, del resto, comincia ad essere ormai già vecchia e sorpassata. 61. Max Simon: Geschichte der Mathematik im Altertum in Verbindung mit antiker Kulturgeschichte. Berlin, Br. Cassirer, 1909. Questa storia della matematica antica, studiata in rap- porto allastoria della cultura, si differenzia nettamente da tutte le altre storie della matematica per il modo come è trattata, per l'indole dell’ esposizione, sempre con- cettosa e sintetica, ed anche per molte vedute origi- nali, più o meno soggette a discussione, ma che certo apportano al libro un grande interesse (confr. ad es. la parte nella quale Simon mette in stretta relazione di derivazione la matematica pythagorica con quella indiana ad essa anteriore). Uno studio accurato e nuovo, in parte, è quello della matematica egiziana e baby- lonese. L’opera è divisa come segue : Einleitung. — I. Ae- gypten (p. 1). — 2. Babylonien, Assyrien (p. 56). — 3. Hellas (p. 119). — 4. Nachwort (p. 374). — 5. Au- toren Register (p. 388). Un grave difetto formale di essa è di essere inconse- guentemente suddivisa. La parte che tratta dell’ Egitto è infatti suddivisa in modo opportuno in paragrafi che portano ciascuno un titolo. Poi la narrazione si fa ad un tratto continua stancando e confondendo il lettore. La mancanza (!!) poi di un indice sistematico rende assai malagevole la consultazione dell’ opera. 172 Bibliografia I. - App. III. 62. W. W. Rouse BaLL: A short account of the History of « 63. Mathematics, 5% ed., pag. Χχιν- 522. London, Mac- millon, 1912. Breve compendio di storia delle matematiche. Vers. dall’ inglese con note aggiunte e modificazioni di Dionisio GamBIoLI e GiuLio PULITI, riveduta e corretta da Gino Loria. Bologna, Zanichelli. — Vol. I. Le matematiche dall'antichità al Rinascimento, 1903. — Vol. II. Le matematiche moderne, sino ad oggi, 1904. È una storia compendiosa, che può essere utile al principiante e servire a chi necessita di rapida con- sultazione. Generalmente ben fatta, ha però una forma troppo biografica. Non conosco l’ originale inglese. Il primo volume che qui più c’interessa è così di- viso: I. Matematiche egizie e fenice. — II. La scuolaionica e pitagorica. — III. Le scuole di Atene e di Cizico. — IV. La prima scuola alessandrina. — V. La seconda scuola alessandrina. — VI. La scuola bizantina. — VII. Sistema di numerazione ed aritmetica primitiva. — VIII. Il sorgere della scienza nell’ Europa occiden- tale. — IX. Le matematiche degli arabi. — X. Intro- duzione in Europa delle opere arabe. — XI. Svolgi- mento dell’ aritmetica. — XII. Le matematiche del Rinascimento. — XIII. La fine del Rinascimento. Alcune notizie di carattere storico si possono tro- vare anche in un altro volume dello stesso autore : Ricreazioni e problemi matematici dei tempi anticht e moderni (Versione di D. GamBioLI). Bologna, Za- nichelli, 1910. 64. Gino Loria: Le scienze esatte nell'antica Grecia. Milano, Hoepli, 1914, pag. 976, in-16. È la seconda edizione di un’opera originariamente inserita nelle Memorie dell’Accademia di Modena (1393- 1902), ma ora completamente riveduta ed ampliata. È la migliore, più diffusa, più esatta e più recente storia delle matematiche greche e delle scienze affini. ΡΥ ΡΝ I. - App. III. Bibliografia 173 Vedi la mia recensione in Isis I (1914) pag. 714 alla quale rimando per un giudizio più diffuso. Libro I. — I geometri precursori d' Euclide. — 1. Sguardo generale sulla geometria greca preeuclidea. — 2. Ta- lete e la Scuola jonica. — 3. Pitagora e la Scuola ita- lica. — 4. Eleati, atomisti. — 5. Pitagora e i pitago- risti. — 6. Da Socrate ad Euclide. — Libro II. I/ pe- riodo aureo della Geometria greca. — τ. Euclide. — 2. I pretesi continuatori degli elementi di Euclide. — 3. Ar- chimede. — 4. Eratostene. — 5. Apollonio. — 6. I geo- metri minori del periodo greco-alessandrino. — Li- bro III. Il substrato matematico della filosofia naturale dei greci. — τ. Ipotesi cosmologiche e misurazioni astronomiche anteriori ad Ipparco. — 2. La sferica. — 3. L’ apogeo dell’ Astronomia greca. — 4. Gli albori della Fisica matematica. — 5. Erone d'Alessandria. — 6. I geodeti minori dell’ antica Grecia. — Libro IV. Il periodo argenteo della Geometria greca. — τ. Gemino da Rodi. — 2. Teone da Smirne. — 3. Pappo d’Alessan- dria. — 4. Il Neo-Platonismo. — 5. Eutocio. — 6. Se- reno. — Libro V. L’Aritmetica dei Greci. — τ. La logistica greca. — 2. L’aritmetica nella scuola di Pita- gora. — 3. L’ aritmetica nell’ Accademia. — 4. L’aritme- tica mistica. — 5. La teoria dei numeri. — 6. Ricrea- zioni aritmetiche dei Greci. Il volume è chiuso da un accurato indice dei nomi. Cito dello stesso autore, per quanto il soggetto del libro si riannodi appena in qualche punto con quello che ora trattiamo, l’ importantissima opera 65. Gino Loria : Il passato ed il presente delle principali teo- rie geometriche. 2% ed. Torino, C. Clausen, 1896. Si devon poi citare i seguenti lavori che si sono oc- cupati in modo particolare della storia della matematica da THaLes ad EuKLEIDES e che, con il loro succes- sivo apparire e le loro discussioni hanno servito a de- terminare in modo preponderante le attuali nostre cognizioni ed opinioni su questo soggetto : 66. DilLinc: De Graecis Mathematicis, Mathematico-histo- rica Commentatio. Berolini, 1831. 174 Bibliografia I. - App. III 67. Fincer: De primordiis geometriae apud Graecos. Heidel- bergae, 1831. [Cito questi due scritti (non avendoli visti diretta- mente) dall’ opera del LorIa, il quale afferma che, per quanto gli consta, essi sono i primi lavori di rac- colta, confronto ed elaborazione dei materiali che si riferiscono all’ antica geometria greca.) 68. C. A. BrETScHNEIDER: Die Geometrie und die Geometer vor Euklides. Leipzig. Teubner, 1870. 69. Georce JoHNsTON ALLMANN : Greek Geometry from Tha- les to Euclid. Dublin, 1889. Di carattere più filosofico, ma veramente notevole e da leggersi con interesse è l’ opera 70. Léon BrunscHvicc: Les étapes de la philosophie mathé- matique. Paris, Alcan, 1912. Questo è un ottimo libro di filosofia scientifica. Non posso qui soffermarmi a farne la critica; rimando per- ciò all’ articolo di PreERRE BouTRoUx nella Revue de méthaphysique et de morale XXI (1913) (p. 107) ed alle note di G. SARTON (p. 577) ed alla recensione di E. TURRIÈRE (p. 721) in «Zsîs» I (1914) e di P. Bou- TROUX in Scientia XIII (1913) p. 98. Ne riporto, però abbreviato, l’ indice : PÉRIODES DE CONSTITUTIONs. — I. Arithmé- tique. 1. L’éthnographie et les premières opéra- tions numériques. — 2. Le calcul égyptien. — 3. L’arith- métisme des pythagoriciens. — II. Géométrie. 4. Le mathématisme des platoniciens. — 5. La nais- sance de la logique formelle. — 6. La géométrie eucli- dienne. — 7. La géométrie analytique. — 8. La phi- losophie mathématique des cartesiens. — III. Ana- lyse infinitésimale. 9. La découverte du calcul infinitésimale. — το. La philosophie mathéma- tique de Leibniz. — τα. L’idéalité mathématique et le réalisme méthaphysique. — PÉRIODE MODERNE. — IV. La philosophie critigueret le posritivisme: 12. La philosophie mathématique de Kant. — 13. La I. - App. III. Bibliografia 175 philosophie mathématique d’Auguste Comte. — 14. Transformation des bases scientifiques. — V. L’ ἐ- volution de l’arithmétisme. 15. Le dogma- tisme du nombre. — 16. Le nominalisme arithmétique. — NE” emouvement lo gistigmue.; 17: For- mation de la philosophie logistique des mathémati- ques. — 18. Dissolution de la philosophie logistique. — 19. L’idée de la deduction absolue. — VII. L’in- telligence mathématique et la verité. 20. La notion moderne de l’intuition — 21. Les racines de la vérité arithmétique. — 22. Les racines de la vérité géométrique. — 23. Les racines de la vé- rité algebrique. — 24. La réaction contre le mathé- matisme. x Cito infine, solamente perchè è italiana, un’ opera di indole completamente elementare e popolare, e che quindi non aggiunge nulla di per sè: 71. Gaetano Fazzari: Breve storia della Matematica. Dat tempi antichi al Medio Evo. Palermo, Sandron (senza data !) pag. 268. * * * Per quello che riguarda l’astronomia cito in modo particolare (oltre i volumi eventualmente ri- cordati : 72. Sir THomas Hratn: Aristarchus of Samos, the ancient Copernicus. A History of Greek astronomy to Ari- starchus together with Aristarchus°s treatise on the Sizes and Distances ot the Sun and Moon, a new Greek Text with Translation and Notes. Oxford Clarendon Press, 1913, pag. 426. Lavoro fondamentale sulla storia dell’ antica astro- nomia e che raccoglie e completa gli scritti precedenti. Esso si trova quindi fra le opere che, sebbene com- parse ultimissimamente, sono state da me fra le più consultate. Intorno all’ opera vedi la mia recensione in Scientia, XV (1915) pag. 261. 176 Bibliografia I. - App. III. L'opera è divisa come segue : I. Greek astronomy to ‘Aristarchus of Samos, 1. Sources of the History — 2. Homer and Hesiod. — 3. Thales. — 4. Anaximander, — 5. Ana- ximenes. — 6. Pythagoras. — 7. Xenophanes. — 8. He- raclitus. — 9. Parmenides. — 10. Anaxagoras. — 11. Empedocles. — 12. The Pythagoreans. — 13. The Atomists, Leucipus and Democritus. — 14. Oenopides. --- 15. Plato. — 16. The Theory of Concentric Spheres- Eudoxus, Callipus, and Aristotle. — 17. Aristotle (continued). — 18. Heraclidos of Pontus. — 19. Greek Months, Years, and Cycles. II, Aristarchus on the sizes aaa sd: stances of the Sun and Moon. r. Ari starchus of Samos. — 2. The Treatise on Sizes and Distances — History of the Text and Editions. — 3. Content of the Treatise. — 4. Later Improvements on Aristarchus’s Calculations. Greek Text, Translation, and Notes. Index. 73. Dunem Pierre : Le système du Monde. Histoire des doctri- nes cosmologiques de Platon ἃ Copernic. Tome I. La cosmologie bellèenique. Paris, Hermann, 1913, pag. 512. Opera di grande valore. [Per un giudizio più com- piuto su di essa vedi la mia recensione in Scientia, XVII (1915) p. 461]. Essa cominciando però da PLaToN non si riferisce strettamente all’ argomento che esamino in questo volume. Perciò avrò agio di parlarne altra volta. Si trova però in essa un breve accenno all’astro- nomia pythagorica (pag. 5-27). L'importanza del lavoro, il modo nuovo col quale l'argomento è trattato, ed il fatto che dovrò citarlo moltissime volte, mi consigliano a riportarne subito l'indice con tutti i suoi dettagli. Si potrà in tal modo farsi un'idea, non solo dei soggetti trattati dall'autore, ma anche dell’ ampiezza di vedute del medesimo, che fa sì che l’opera presente si distingue nettamente, an- che in questo, dagli ordinarî trattati di storia dell' astro- nomia. I, - App. III. Bibliografia 177 Mieti I. L’astronomie pythagoricienne. I. Pour l’histoire des hypothèses astronomiques, il n’est pas de commencement absolu. L’intelligence des doctrines de Platon requiert l’étude de l’Astronomie pythagoricienne, — 2. Ce que l’on soupconne des doctri- nes astronomiques de Pythagore. — 3. Le système astronomique de Philolaus. — 4. Hicétas et Ecphantus. IlolL'a\Cosmologie de Platon. 1. Les quatre elements et leurs idées. — 2. Le plein et le vide selon les atomistes. — 3. La théorie de l’espace et la constitution géométrique des elements selon Platon. — 4. Archytas de Tarente et sa théorie de l'espace. — 5. La cinquième essence selon l’Epinomide. — 6. La pésanteur. — 7. L’Astronomie de Platon. La forme de l’Univers. et les deux mouvements princi- paux. — 8. L’Astr. de PI. (suite). Les mouvements des astres errants. — 9. L’Astr. de PI. (suite). L’allé- gorie du fuseau de la Nécessité. — τὸ. L’astr, de PI. (suite). La Grande Année. La périodicité du Monde selon les philosophies antiques. — II. La position et l'immobilité de la Terre. — 12. Le feu pythagoricien et l’Ame du Monde platonicienne. — 13. L'objet de l’Astronomie selon Platon. IH. Les Spheres Homocentriques, I. Le problèéme astronomique au temps de Platon. — 2. Où en était la solution du problème astronomique dans les Dialogues de Platon. — 3. Les sphères ho- mocentriques d’Eudoxe. — 4 Les sph. hom. d’Eud. (suite) Théorie de la Lune. — 5. Les sph. hom. d’Eud. (suite) Théorie du Soleil. — 6. Les sph. hom. d’Eud. (suite) Théorie des planétes. — 7. La réforme de Ca- lippe. — 8. Les sphères compensatrices d’Aristote. IV°La. Phuysique d’Aristote. 1. La science selon Aristote. — 2. La Physique et ses rapports avec la mathématique et la Métaphysi- que. — 3. L’acte et la puissance. — 4. La matière, la forme et la privation. — 5. Le mouvement et les mou- vements. La suprematie du mouvement local. La pé- riodicité de l’Univers. — 6. La substance céleste et ses mouvements. — 7. Les deux infinis. — 8. Le temps. — 12 178 Bibliografia I. - App. III. 9. L’éspace et le vide. — Io. La Dynamique péripa- téticienne et l’impossibilité du vide. — τι. La théo- rie du lieu (A. Ce qu’Aristote, en ses Categories, dit - du lieu. B. Ce qu’Aristote, en sa Physique, dit du lieu). — 12. Le grave et le léger. — 13. La figure de la Terre et des mers. — 14. Le centre de la Terre et le centre du Monde. — 15. L’immobilité de la Terre. — 16. La pluralité des mondes. — 17. La pluralité des mondes selon Simplicius et selon Averroes. V. Les Théories du temps, du lieu et d'u.\ivide capréesiAristote. I. La physique péripatéticienne après Aristote. — 2. La théorie du temps chez les Péripatéticiens. — 3. Les théories néo-platoniciennes du temps: Plotin, Porphyre, Apulée, Jamblique, Proclus. — 4. La théo- rie du temps selon Damascius et Simplicius. — 5. La théorie du temps selon la Théologie d’Aristote. — 6. La Grande Année chez les Grecs et les Latins après Aristote. A. Les Stoiciens. — 7. id. B. Les Néo-plato- niciennes. — 8. La théorie du lieu dans l’École péri- patéticienne. — 9. La Physique stoicienne et la com- pénétration des corps. — το. Le lieu et le vide selon les prémiers Stoiciens. — II. Le lieu et le vide selon Cléomède. — 12. Le lieu et le vide selon Jean Philo- pon. — 13. Le vide selon les mécaniciens: Philon de Byzance et Héron d’ Aléxandrie. — 14. L’impossibi- lité du vide et l’experience. Les Mécaniciens. Aristote et ses commentateurs Hellèénes. — 15. Le lieu selon Jamblique et selon Syrianus. — 16. Le lieu selon Proclus. — 17. Le lieu selon Damascius et Sim- plicius. VI. La Dynamique. dies: Helléène:sta près Aristote. 1. Les principes de la Dynamique péripatéticienne et le mouvement dans le vide. — 2. Tous les corps tombent-ils, dans le vide avec la méme vitesse ? Ré- ponses diverses données a cette question dans l'Anti- quité. — 3. Le mouvement des projectiles. La théorie d’Aristote. — 4. id. La théorie d’Aristote et l'École péripatéticienne. — 5. id. La théorie de Jean Philo- I. - App. III. Bibliografia 179 pon. — 6. id. Jean Philipon a-t-il eu des précurseurs ? — 7. La chùte accélerée des graves. Les Astronomies Héliocentriques. I. Que l’astronomie des sphères homocentriques ne saurait sauver les phenomènes. — 2. Héraclide du Pont et la rotation de la Terre. — 3. Héraclide du Pont et les mouvements de Venus et de Mercure. — 4. Héraclide du Pont a-t-il admis la circulation de la Terre autour du Soleil ἡ — 5. Le systhème héliocen- trique d’Aristarchus de Samos. — 6. Seleucus. — 7. L'a- bandon du système héliocentrique. VIII. L'Astronomie des Excentriques et.dies Epicycles. 1. L’origine du système des excentriques et des épi- cycles. — 2. De l’équivalence entre l’hypothèse de l’excentrique et l’hypothèse de l’épicycle. — 3. Le système des épicycles et des excentriques et le système héliocentrique. — 4. Hipparque. — 5. D’Hipparque ἃ Ptolomée. L’ordre des planètes. La détermination de leurs absides. — 6. La Composition mathématique de Claude Ptolomée. — 7. Les postulats physiques de l’Astronomie chez les prédécesseurs de Ptolomée. — 8. L’Almagèste et les postulats physiques de l’Astro- nomie. — 9. L’immobilité de la Terre selon Ptolomée. — 1o, Les principes de l’Astronomie mathématique selon Ptolomée. — τι. Le système astronomique de Pto- lomée. Sebbene relativamente antica si può citare anche : 74. Sir Georce CornevaLL Lewis: An bistorical survey of the Astronomy of the Ancients. London, Parker, 1862, pag. 527. Sufficientemente estesa. Ma invecchiata. Capitoli : Primitive Astronomy of the Greeks and Romans — Philosophical Astronomy of the Greeks from the time of Thales to that of Democritus — Scientific Astr. of. the Gr. from Plato to Eratostenes — Sc. Astr. of the Gr. and Romans from Hipparchus to Ptolemy — Astr. of the Babylonians and Egyptians — Early Hi- 180 Bibliografia I. - App. II. story and Crhonology of the Egyptians — Early Hist. and Chron. of the Assyrians — Navigation of the Phoe- nicians. 75.ArtHUR Berry: Compendio di storia dell’ Astronomia. Tradotto dall’ inglese da Dionisio GamBIoLI Roma, Albrighi, 1907, pag. 612. Volume assai compendioso ; per cultura generale. La storia dell’ antichità è trattata in poche pagine (1-90). Fra gli altri innumerevoli (e non sempre buoni) trat- tati elementari e popolari di storia dell’ astronomia cito : 76. JuLes SAGERET: Ze systéeme du Monde, des Chaldéens à Newton. Paris, Alcan, 1913, pag. 280. Inoltre, per l’ interesse che offre l’ autore, l’ illustre chimico svedese che ha legato il suo nome alla teoria della dissociazione elettrolitica, e che ultimamente si è attivamente occupato di teorie cosmogoniche, è da citare : 77. Svante ARRHENIUS : Die Vorstellung vom Weltgebaiide im 78. H. Wandel der Zeiten. Leipzig, Akad. Verlagsges., 1909, pag. 192. Di altre storie generali dell’ astronomia, ed in parti- colare degli strumenti usati in astronomia, parlerò in successivi capitoli. L’ opera Fave: Sur lorigine du monde. Théories cosmogoni- ques des anciens et des modernes. Paris, Gauthier- Villars, 4.me éd. 1907. è un libro interessante e del tutto scientifico per quanto di facile lettura. Come dice il titolo, tratta dello svi- luppo delle idee cosmogoniche (ebrei, antichi, moderni, XIX sec.), e si estende specialmente ai tempi recenti. Vi sono però alcuni errori storici. Ne cito uno (p. 35): « Le méme Pythagore qui enseignait publi- quement la rondeur de la Terre et les mouvements du ciel étoilé montrait ensuite à ses disciples, dans l’intimité de l’École, que ces mou- Σ ie MR I. - App. III. Bibliografia I8I vements journaliers des astres autour de la Terre étaient une simple apparence due ἃ la rotation de notre globe. Il disait que la Terre n’était pas au centre du monde; cette place était occupée par le Soleil.... ». Poche volte si racchiudono più errori storici in così poche parole. [Vedi in proposito l’ esposizione dei sistemi astronomici dei pythagorici, nel cap. II di quest’ opera]. * * * Come storie della fisica cito qui solamente le seguenti, riserbandomi di ricordare parecchie altre quando si esamineranno i primi principî della fisica moderna : 79. Aucust HeLLer: Geschichte der Physik von Aristoteles bis auf die neueste Zeit. Stuttgart, Enke. Band. 1. Von Aristoteles bis Galilei, pag. 412, 1882. Band. 2. Von Descartes bis Robert Mayer, pag. 754, 1884. È una buona e diffusa storia della fisica per quanto assai invecchiata. Questo si risente non solo nella con- cezione generale, ma in ispecial modo nella parte che tratta della fisica dell’ antichità, che gli studî più re- centi hanno messo in nuova luce. Sebbene dal titolo si parli della storia della fisica da ARISTOTELES in poi, sono esaminati con discreta diffusione anche i così detti presokratici e PLATON. Il primo volume comprende tre libri : I. DAs ALTERTUM: Von der Zeit der Entstehung wis- senschaftlichev Meinungen bis zur Zerstorung Alexan- dria’s im Jahre 642 n. Chr. (p. 7-157). — 2. Das MITTELALTER: Von der Zerstòorung Alexandria's bis zur Aufrichtung des coppernicanischen Weltsystem (632-1543) (p. 158-253). — 3. Die NEUZEIT: Das Zettalter der Renaissance. Von dev Aufrichtung des coppernicanischen Weltsystem bis zur Entdechung der Dynamik. (1543-1642) (P. 352-404). Il primo libro, poi, dopo una introduzione sui preso- kratici, è diviso nei capitoli : Platon — Avistoteles — Eudoxos — Archimedes — 182 Bibliografia I. - App. III Aristarchos — Die Alexandriner — Eukleides — Era- tosthenes — Aratos — Hipparchos — Ktesibios und He- ron — Poseidonius — Ptolemaios ; Pappos ; Theon von Alexandria ; Hypatia. — Riichblich : Das Weltsystem ; Die Erscheinungen des Luftkreises ; Die + allgemeinen Gesetze dev Mechanik ; Die Optih ; Die Akustih ; Die Wdarmelehre, Elektricitàt und Magnetismus. 80. Froriano Casori: Storia della fisica elementare. Trad. da Dionisio GamgzioLI. Bologna, Zanichelli, 1909. Storia molto, troppo succinta. I greci sono trascu- rati (p. 1-13)! 81. RinaLpo Pironi: Storia della fisica. Torino, 5. Τὶ E. N. 1913. Breve e succinto volume che cito qui perchè ita- liano. La storia della fisica greca, sebbene relativamente ampia (p. 9-53), non è vista da un punto giusto. Vedi le mie recensioni e Isis I (1914) p. 742 e Scientia, XV (1914) p. 263. ἈΚ * ἃ Per la storia della zoologia si può avere una buona veduta d’ insieme nel brevissimo manualetto. 82. Run. BurckHarRDT: Geschichte der Zoologie. Leipzig, Sammlung Gòschen, 1907 di pag. 156. Alla stessa collezione appartiene : 83. KonraD KRETSCHMER : Geschichte der Geographie, Leipzig, Sammlung Gòschen, 1912, di pag. 163. L’ opera 84.S. GinrTHER: Geschichte der Erdkunde. Leipzig-Wien. non mi è stata fino ad ora accessibile. 1,’ autore, però, è uno storico ben riputato (vedi N. 6 e N. 20). Invece 85. ALsert ForBicER: Handbuch der alten Geographie aus den Quellen bearbeitet. Leipzig, Mayer, 1842-1848. ire pira canini dr ric inni rt. I. - App. III. Bibliografia 183 86. E. 87; H: B. I. Histor. Einleitung und mathem. und phys. Geographie der Alten. — B. II ἃ. III Politische Geographie der Alten. mi sembra un’opera per quanto vasta e minuziosa, assai prolissa ed affastellata. Non ho potuto vedere l’ opera v. LasauLx: Die Geologie der Griechen und Ròmer. Miinchen. che ho visto varie volte citata, ed alcune altre storie simili più antiche. Ne darò notizie non appena avrò potuto vederle. Allo stesso titolo ricordo O. Lenz: Zoologie, Botanik, Mineralogie der Grie- chen und Romer. 3 B. de 1856-1861. Un’ importanza speciale deve attribuirsi invece alle due opere sotto citate, che sono dovute a ricerche ori- ginali e dirette sui testi greci, e che perciò differiscono notevolmente da molte di quelle prima rammentate. Noterò qui che ambedue mi sono state di grandis- sima utilità nel perseguire i miei studî. 88. Huco BerceER. Geschichte der wissenschaftlichen Erdkunde der Griechen. 2% ed. Leipzig, von Veit, 1903. Ampio trattato sulla geografia greca ; esso contiene un’ accuratissima documentazione e citazioni biblio- grafiche. Di importanza fondamentale per il soggetto che tratta. I. Die Geographie der Jonier. — τ. Die aAussere Begrenzung der jonischen Erdkarte. — 2. Ueber die Einteilung der Oikumene. — 3. Der innere Kar- tenbild. — 4. Spuren der physischen Geographie. — II. Die Vorbereitung filr die Geogra- phie der Erdkugel. — 1. Die Lehre von der Kugelgestalt der Erde und ihre ersten Folgen. — 2. Bear- . beitung einzelner Teile der Erdkunde. — 3. Vorar- beiten der Mathematik und Physik {τ die allgemeine Kenntniss der Erdkugel. — 4. Vorstellungen von der Beschaffenheit der Erdoberflàche. — III. Die Geo- Bibliografia I..- App.-Hl graphie der Erdkugel. — 1. Anregung und neue Hilfsmittel. Pytheas. — 2. Dikaarch. — 3. Eratosthenes. — 4. Das Bild der Erdoberflàche nach Krates Mallotes. — 5. Die Kritik und die Pline Hipparchs. — IV. Der Einfluss der Ròmer. — 1. Die Reaktion gegen die mathematische Geographie. Polybius. — 2. Die Nachfolger Polybius. — 3. Wiederaufnahme der Geographie der Erdkugel. Posidonius. — 4. Marinus von Tyrus. — 5. Ptolomàus. 89. Orto GiLBERT: Die meteorologischen Theorien des grie- 90. chischen Altertums. Leipzig, Teubner, 1907. È un’ opera ottima e completa su questo argomento ; per la cura con la quale è stata preparata e l’ abbon- dante documentazione può riguardarsi come fonda- mentale, anche se non si possono condividere tutte le idee dell’ autore. Einleitung. Elemente und Meteore. — Allgemeiner Teil. Elementenlehre. — 1. Volks- anschaung. — 2. Die Jonier. — 3. Die Pythagoreer. — 4. Die Eleaten. — 5. Empedokles. — 6. Die Atomisten. — 7. Plato. — 8. Aristoteles. — 9. Epi- kur. — το. Die Stoiker.—Schluss. Stoffwandel. — Spe- zieller Teil. Meteorologie. — I. Der Erdkòrper. — 2. Das Erdelement. — 3. Das Wasser. — 4. Die. tellurischen Ausscheidungen. — 5. Atmosphàre und atmosphàrische Niederschlige. — 6. Windgenese. — 7. Windsysteme. — 8. Atmosphàrische Spiegelungen. — 9. Das atmosphàarische Feuer. — το. Das àtherische Feuer. — Schluss. Elemente und Gottheit. Cito dello stesso autore un’altra opera, che però non riguarda direttamente il nostro soggetto : Grieshische Religionsphilosophie. Leipzig, Engelmann, 1012. Al soggetto trattato da GILBERT si ricollega lo stu- dio delle trasformazioni delle sostanze che è accolto nelle storie della chimica. Cito qui solamente la più importante : 91. Hermann Kopp: Geschichte der Chemie. 4 vol. Braun- schweig, 1843-1847. opt IA et diana ta RT, E I. - App. III. Bibliografia 185 92. — Beitràage zur Geschichte der Chemie. 3 vol. Braunschweig, 1869-1875. 93. — Geschichte der Alchemie, 2 vol. 1886. È il lavoro fondamentale per la storia della chimica. Però ben poco vi si trova che riguardi i presokratici, benchè un grande sviluppo abbia la trattazione dei posteriori alchimisti greci. Perciò ne parlerò più a lungo a suo luogo, insieme agli altri importanti lavori di storia della chimica. Indicherò allora anche la di- visione delle opere. A problemi analoghi, cioè a quelli relativi agli e le- menti presokratici ed alle trasformazioni delle so- stanze, considerati però principalmente da un lato filo- sofico, si riferisce il libro, molto importante, 94. ALBERT Rivaunp: Le probléme du devenir et la notion de la matière dans la philosophie grecque depuis les origines jusquà Théophraste. Paris, Alcan, 1906. Ritornerò a parlare di questo volume. Esso è di- viso in 4 parti : I. Les origines —- II. L’élaboration ra- tionelle du mythe. — III. a) Platon — III. bd) Aristote. Un volume che non ho potuto vedere, per quanto sembri importante e sia spesso citato, è 95. Cremens BaEUMKER: Problem der Materie. Miinster, 1890. In ultimo voglio citare ancora, e non a titolo di lode : 96. FERDINAND HòrER: Mistoîre de la Chimie. 28 ed. 2 vol. Paris, Didot, 1866-69 (1® ed. 1842). Storia, per quanto abbondante di notizie, male con- cepita, che spesso travisa i fatti e che non può nem- meno essere posta in paragone con quella del Kopp. L’HOFER, così per la storia della chimica come per quella delle altre scienze, è partito da preconcetti, non ha discernimento critico, ed abbonda in retorica ed anche in errori, Perciò questa storia deve essere, nel caso, consultata con grandi precauzioni. Il primo vo- lume tratta della antichità e della chimica ed alchi- mia posteriore fino al secolo XVI; il secondo poi ar- riva ai tempi di LAVOISIER. 186 Bibliografia I. - App. III. Un giudizio anche più severo si deve riportare su una collana di scritti dello stesso autore, pubblicati dallo Hachette (Paris) e che sono brevi com- pendî di storia di varie scienze. 97. — Histoire de l’Astronomie, 1873. 98. — Histoire de la botanique, mineralogie, et géologie, 1873. 99. — Histoire de la physique et de la chimie, 1872. 100. — Histoire de la zoologie, 1873. 101. — Histoire des mathématiques, 1879. ed a 102. — La chimie enseigné par la biographie de ses fonda- teurs. Paris, Hachette, 1865. Estremamente a desiderare, sotto tutti i rapporti, lascia anche la voluminosa storia 103. MaximiLien MARIE: Mistoire des sciences mathémati- ques et physiques, 12 volumi, Paris, Gauthier-Vil- lars, 1883-88. D. — OPERE RELATIVE AI PRESOKRATICI IN GENERALE ED AGLI IONICI IN PARTICOLARE. Le opere seguenti si occupano di scienza o di filo- sofia presokratica : 104. S. A. Byk: Die vorsokratische Philosophie der Griechen in tbrer organischen Gliederung. — 1 Theil: Die Dualisten (cioè gli ionici, i pythagorici, Empedokles, Anaxagoras), pag. 270 in-8. — II Th.: Die Moni- sten (cioè gli eleati, Herakleitos, gli atomisti, i sophi- sti), pag. 240 in-8. — Leipzig, M. Schîfer, 1876-77. Nella prefazione al secondo volume d'autore dice «dass < er > mit Dualisten diejenigen Philosophen be- I. - App. III. Bibliografia 187 zeichne, die einen stofflichen Urgrund und ein neben demselben vorhandenes mit ihm in keinem begrifflichen Zusammenbange stehendes Princip der Bewegung, un- ter Monisten aber solche, die entweder nur ein ab- solutes Princip oder ein neben dem absoluten Urgrunde zwar vorhandenes, jedoch im Begriffe desselbe liegen- des bewegendes Princip angenommen haben ». Inu- tile aggiungere che questa classificazione, fatta forse per amore di novità, non solo si palesa poco utile, ma è fatta praticamente dall’ autore nel modo più errato. Così gli ionici sono posti fra i dualisti ! ed i tre sistemi analoghi di EMPEDOKLES, di ANAXAGORAS e degli ato- misti sono classificati in parte fra i sistemi monisti, in parte fra quelli dualisti ! 105. Guirr. BréTON : Essai sur la poésie philosophique en Gréce. Paris, 1852. 106. K. JoéL: Der Ursprung der Naturphilosophie. Jena, 1906. Non ho potuto vedere quest’opera. Le seguenti opere considerano esclusivamente la scuola ionica. 107. Joserkus NevHAEUSER (J. NeuHAUSER): Anaximander Milesius sive vetustissima quaedam ‘rerum universi- tatis conceptio restituta. Bonnae, Cohen, 1883, pa- gine 428, in-8. 108. HernrIcH RirTER: Geschichte der ionischen Philosophie. Berlin, Trautwein, 1821, pag. 528, in-8. Tratta anche di HERAKLEITOS e di ANAXAGORAsS. Li- bro abbastanza importante per la sua epoca ; ora è del tutto invecchiato. Esso poi è stato assorbito nella sto- ria generale del RITTER. 188 | Bibliografia I. - App. III. E. — MANUALI DI CONSULTAZIONE. (*) a) di carattere scientifico storico. 109. ]. C. PocceNDoREF: Biographisch-literarisches Hand- worterbuch zur Geschichte der exakten Wissenschaften Leipzig, J. A. Barth, dal 1863. In parte già antiquato. 110. F. M. FeLpHaus: Lexikon der Erfindungen und Entdeckun- gen auf den Gebieten der Naturwissenschaften und Technik. Heidelberg, Winter, 1904. È ordinato per anni. Molto breve. Cita solamente alcuni fatti principali. Pure ordinato per anni ma assai più esteso ed esauriente è 111. Lupwic DarmstAEDTER: Handbuch der Geschichte der Naturwissenschaften und der Technik, in chronolo- gischer Darstellung. 2® ed. Berlin, Springer, 1908, pag. 1264. Assai breve nella sua parte antica si estende invece molto nella parte moderna e specialmente nella con- temporanea. Raccoglie un’ enorme messe di fatti; ap- punto per questo però, per l’uso, questi devono venire controllati. Si riscontra una certa parzialità per le cose tedesche. Con altri criterî, invece, ed ordinato alfabeticamente secondo la materia è 112. F. M. FeLpHaus: Die Technik der Vorzett, der geschicht- lichen Zeit und der Naturvòlker. Leipzig, Engelmann, 1014, pag. XVI-700. , Anche quest’ opera è partecipe dei difetti ricordati (Ὁ) Cito qui solamente le opere speciali, mentre non ricordo le Enciclopedie ge- nerali, alle quali tutti sanno come ricorrere. In queste Enciclopedie, del resto, salvo che per articoli lunghi e firmati da buoni autori specialisti, come in alcuni casi si possono trovare ad es. nella Enciclopaedia Britannica o nella Grande Encyclopédie, poco più si trova di notizie affastellate e senza critica, che se possono offrire soddistazione ad una momentanea curiosità, non possono mai, senza revisione e studio ulteriore, servire a scopi scientifici. 167 sa Mie it lei rn dà I. - App. III. Bibliografia 189 per la precedente ; essa offre però indubbiamente anche varî pregi, come quella di dare su ogni soggetto no- tizie storiche, che per un primo tentativo, possono dirsi assai accurate. b) di carattere filologico. 113. PauLv°s Realencyclopedie der classischen Altertumswis- senschajt. Neue Bearbeitung, begonnen von GEorc Wissowa, unter Mitwirkungzahlreicher Fachgenossen, herausgegeben von WiLueLm KroLL. — Stuttgart, J.-Bi Metzler. Opera monumentale iniziata nel 1893, ordinata al- fabeticamente, e giunta (1914), in nove grossi volumi, alla parola Imperator. Nel 1914 si è cominciato a pubbli- care il primo volume di una seconda serie che comincia dalla parola Ra. Pubblicati anche dei Βα ΡΡΙΘΠΙΘΠΕ: 114. Handbucbh der klassischen Altertumswis- senschafjten herausgegeben von Iw. von MitLER. Miinchen. Anche questa è un’opera monumentale divisa in volumi, ognuno dei quali tratta un determinato sog- getto. Per noi interessano specialmente quelli del Win- DELBAND e del GiNntTHER citati già rispettivamente sotto i numeri 19 e 20. Altre opere di questa col- lezione (storie delle letterature, della religione etc. etc.) saranno citate in nota quando se ne presenterà l’oc- casione. c) Varia. 115. F. K. GinzeL: Handbuch der mathematischen und techni- schen Chronologie. 3 vol. Leipzig, 1906-1914. che ormai sostituisce completamente l’ antica opera 116. Lupwic IpELER: Handbuch der mathematischen und techni- schen Chronologie, 2 vol. Berlin, 1825. e 117. — Lebrbuch der Chronologie. Berlin, 1831. 190 Bibliografia I. - App. III F. — RivISTE. (1) a) di storia delle scienze. Delle varie riviste che si occupano di storia delle scienze ha diffusamente e compiutamente trattato GEORGE SARTON in un articolo, Soîrante-deux revues et collections velatives ἃ l’Histoire des Sciences, pubblicato in «Isis» (II, (1914), p. 132-161). Ri- mando coloro che vogliono notizie più particolari all’ articolo originale. Qui ricordo brevemente alcune delle più importanti per il periodo che ci riguarda. Isis, revue consacrée ἃ lhistoire et ἃ l’organisation de la science publiée par Georce SARTON, Wondelgem-lez-Gand (Bel- gique). (Isis). La più importante e la più compiuta delle riviste di sto- ria delle scienze. Si può dire anzi che sia la prima vera ri- vista di storia della scienza. Dotata di una accuratissima bibliografia analitica, indispensabile agli studiosi della detta disciplina. «Isis » si è pubblicata nel 1913 e nel 1914. La brutale aggressione del Belgio, che ha costretto anche all'esilio il direttore della rivista, ha sospeso, non troncato, questa pub- blicazione. Nessun dubbio che essa risorgerà a pace com- piuta, per l’ opera infaticabile del SARTON, uno dei più be- nemeriti dei nostri storici delle scienze, e con l’ appoggio degli scienziati .di tutto il mondo civile. Bulleitino di Bibliografia e di Storta delle Scienze Matematiche e Fisiche, pubblicato da BaLpAssaRRE BoncomPacnI. Roma, dal 1868 al 1887 (20 volumi). (Bull. Bonc.). È stata una delle riviste più importanti del genere. Si trovano pubblicati in essa i più notevoli articoli del- l’ epoca. Abbandlungen zur Geschichte der mathematischen Wissenschaften mit Einschluss ibrer Anwendungen, begr. von MORITZ (1) Per ogni singola rivista indico fra parentesi l'abbreviazione con la quale essa sarà citata nei futuri capitoli. I. - App. III. Bibliografia I9I Cantor. Leipzig, Teubner. Dal 1877, in fascicoli ape- riodici. (Abh. Gesch. Math.). Comprende notevoli studî in forma di volumi che, volta a volta saranno citati singolarmente nella bibliografia. Bibliotheca matbematica, Leipzig, pubbl. da GusrAr ENESTROM dal 1884. (Bibl. math.). La rivista più importante di storia della matematica. Bollettino di bibliografia e storia delle scienze matematiche, Torino, pubbl. per cura di Gino Loria dal 1898. (Boll. Loria). Zoologische Annalen. Zeitschrift [7 Geschichte der Zoologie, herausg. von M. Braun. Wiirzburg, dal 1904. (Zool. Ann.). Archiv fiir die Geschichte der Medizin, herausg. von der Pusch- mann-Stiftung. Leipzig, Barth, dal 1907. (Arch. Gesch. Med.). Mitteilungen zur Geschichte der Medizin und der Naturwis- senschaften. Hamburg und Leipzig, Voss. dal 1902. (Mitt. Gesch. M. u. N.). Pubblicata dalla Gesellschaft fiir Gesch. ἃ. Medizin u, d. Naturwissensch. Archiv ἐγ die Geschichte der Naturwissenschaften und der Technik herausg. von K. von BucHxa, H. STADLER, K. SupHoFr. Leipzig, Vogel. Dal 1908. (Arch. Gesch. Nat.). È un complemento delle Mitteilungen. Mentre quest’ ul- time si occupano principalmente di recensioni, notizie e bibliografie, l’Archiv è dedicato ad articoli originali. Rivista di Storia critica delle Scienze Mediche e Natural. Dal iIgro. (Riv. st. cr.). Pubblicazione della Soc. di Storia crit. d. Scienze Mediche e Naturali. b) di filologia antica o greca. Cito di queste solamente le principali, e che accolgono regolarmente articoli di storia delle scienze e della filosofia (*). Revue des Etudes grecque. Paris (dal 1888). (Ét. gr.). Hermes. Berlin (dal 1866). (Herm.). (*) Delle Riviste qui citate ho per intenti bibliografici, scorso completamente gli indici. 192 Bibliografia TI. - App. III. Philologus. Leipzig (dal 1846). (Phil.). Rheinisches Museum fiir Philologie. Frankfurt am Main (dal 1827). (Rh. M.). Classical Philology. Chicago (dal 1906). (CI. Philol.). Fournal of Hellenic Studies. (J. Hell. St.). Bibliotheca philologica classica (Index librorum, periodicorum, dissertationum, commentationum, vel scorsum vel in perio- dicis expressarum, recensionum in Fabresbericht iiber die Fortschritte der klassischen Altertumswissenschaft (dal 1873). (Jahrb. Fort. kl. Alt.). Notevole specialmente per citazioni bibliografiche molto accurate e abbastanza complete. The Fournal οὐ philology. London (dal 1882). (J. phil.). Rivista di filologia ed istruzione classica. Torino (dal 1873). (Riv. filol.). Wiener Studien. Wien. (Wien. St.). c) di storia della filosofia. Rivista di filosofa. Genova (dal 1908). (Riv. filos.). Archiv fiir Geschichte der Philosophie. (dal 1888) Berlin. (Arch. Gesch. Phil.). The Monist. Chicago (dal 1891). (Monist). Importante anche per varî articoli di storia delle scienze. Revue de Métaphysique et de Morale. Paris (dal 1883). (Rev. Mét.). Vierteljabrsschrift fiir wissenchaftliche Philosophie und So- ziologie. Leipzig (dal 1877). (Viert. wiss. Phil.). Aggiungo qui anche Scientia (Rivista di Scienza). Organo internazionale di sintesi scientifica. Bologna (dal 1907). (Scientia). che pubblica gli articoli indifferentemente nelle quattro lingue internazionali. Dedicata principalmente, come dice il suo sottotitolo, alla sintesi scientifica, comprende anche alcuni articoli e recensioni di storia della scienza. Non sto qui a ricordare le altre innumerevoli riviste generali, o gli atti accademici che spesso possono riportare articoli di tal genere. I. - App. IV. Bibliografia 193 AppenDICE IV. — CITAZIONI BIBLIOGRAFICHE DI ARTICOLI ED OPUSCOLI. (ἢ A. ARTICOLI ED OPUSCOLI DI CARATTERE GENERALE MA CHE CONSIDERANO ANCHE LA SCUOLA IONICA, Aress. CuiappeLLi: Gli elementi egizii nella Cosmogonia di Talete, in «Atti del Congresso Storico Internazionale », Roma, 1903. — L’Oriente e le Origini della Filosofia Greca. « Arch. Gesch. Philos. », XXVIII (1915) p. 199. Il Chiappelli fa una distinzione insostenibile fra filosofia e scienza. E. AmeLineAU: Za Cosmogonie de Thalès et les doctrines de PEgypte. « Annales du Musée Guimet ». Paris, 1910. Ernst ArnDT: Das Verhdltnis der Verstandeserkenntniss zur sinnlichen in der vorsokratischen Philosophie. Abhandl. zur Philos. u. ihrer Gesch. Halle a S., 1908. BiLrincer Gustav: Die antike Stundenzahlungen. Progr. Stuttgart, 1883. — Die Zeitmesser der antiken Véòlker. Stuttgart, 1886. — Die Babylonische Doppelstunde. Stuttgart, 1888. — Die antiken Studenangaben, Stuttgart, 1888. — Die mittelatterlichen Horen und die modernen Stunden. Stut- tgart, 1892. Importante, insieme all’opera del Woepcke, per la questione delle divisioni ora- rie nell’antichità. (vedi p. 40). F. W. Bissinc: Aegyptische Weisheit und griechische Wis- senschaft. Neue Jahrb. f.'d. Klass. Allertum, 1912, p. 82. WiLHELMm CapeLLe: Zur meteorologischen Literatur der Grie- chen. Hermes. 48 (1011) p. 321. — Gesch. der griech. Botanik. Philologus. 66 (1910) p. 264. (Ἔ) In queste citazioni bibliografiche non ripeto il titolo di quegli articoli che sono stati raccolti in volume, quando questi volumi sono stati rammentati a parte nella Bibliografia e ne è stato dato 1᾽ indice. Anche per queste citazioni valgono le stesse cose che ho detto per le bibliografie dei volumi. In particolare le condizioni attuali mi hanno impedito di aggiungere alcune indicazioni che, però; troveranno il loro posto, nelle successive bibliografie. MIELI 13 194 Bibliografia ΤΙ A ppi Ὁ — Aus der Vorgeschichte einer Fachwissenschaft (Meteorologie). «Archiv. f. Kulturgeschischte », Χ (1912) 1. — Μετέωρος- μετεωρολογία. Philol. 71 (1912) p. 414. L. CÒÙatELAIN, Théories d’auteurs anciens sur les tremblements de terre. Mélanges d’arch. et d’hist. XXIX (1908) p. 87. G. Danporo: L'anima nelle tre prime scuole filosofiche della Grecia. « Riv. filos. scient. », X (1891) p. 257. H. Driets: Chronologische Untersuchungen i. Apollodors Chronika. « Rhein. M.», XXXI (1870) p. 15. ._ Di importanza fondamentale per la cronologia dei presokratici. — Uber die dltesten Philosophenschulen d. Griechen. In « Philos. Aufs.» Ed. Zeller gewidmet. Leipzig. p. 239. A. FarrBAnKS: The first philosophers of Greece. London, 1898. (non l’ ho visto). An. GaLasso : Le idee nelle scuole filosofiche prima di Pla- tone. Napoli, 1886. Avc. GLapiscn: Die vorsokr. Philosophie. « Jahrb. f. Phi- lol»; τον. 721: Questo A. ha (esageratamente) fatto derivare la filosofia greca dalle varie filoso- fie orientali, ed istituiti varî confronti fra queste differenti filosofie. Ricordo i seguenti studî dei quali quello già citato forma quasi la sintesi: Die Pythagoreer und die Schinesen. Posen, 1841. — Dse Eleaten und die Indier. Posen, 1844. — Die Re- ligion und die Philosophie sn ihrer weltgeschichtlichen Entwicklung. Breslau, 1852. — Empedokles und die Aegypter. Leipzig, 1858. — Anaxagoras und die Israeliten. Leipzig, 1864. — Die Hyperboreer und die alten Schinesen. Leipzig, 1866. A. E. Haas: Aesthetische und teleologische Gesichtspunkte in der antiken Physik. Arch. Gesch. Phil, XXII (1908) . 90. το Antite Lichbtheorien id. XX (1907) p. 20. — Die Physik und der kosmologische Problem, id. XX. (1907) LIST: _ Cso der antiken Dynamik. Arch. Gesch, Nat I. (1908). W. A. HepeL: On certain fragments of the Presocratics. « Proc. of. the American Acad. ‘of Arts a. Sciences ». XLVIII (1913) p. 681. — Qualitative change in presocr. phil. « Arch. Gesch. Philos. ». XII (1899) p. 333. — The problem of ἀλλοίωσις în presocr. phil. « Proc. Amer. Philol Assoc. », XXXV p. 681. Epm. Hopper: Das antike Weltbild. « Arch. Gesch. Nat. », V (1913) Ρ- 13. I. - App. IV. Bibliografia 195 A. Hromapa: Die vorsokr. Naturphilosophie der Griechen u. d. moderne Naturwissenschaft. « Oberrealsch-Progr. » Prag., 1878. (non ho potuto vederlo). K. JoiL: Zur Gesch. der Zablenprinzipien in d. griech. Phi los. Monismus u. Antitetik b. d. dlteren Ioniern u. Py- thagoreern. «Ztschr. f. Philos. u. ph. Kr.» 97 (1890) 0 cina Antike Windrosen. « Hermes» XX (1885) p. 579. Apo Mieti: Le teorie delle sostanze nei presokratici greci. « Scientia », XIV (1913) p. 165 e p. 329. — I periodi della storia della chimica. «Rend. della Soc. Chim.Ie>y=VI, 1914; p. 219. Bernu. Munz: Die Keime der Erkenninistheorie in der vor- sophist. Per. der griech. Philos. », Wien. 1880. — Die vorsokr. Ethik. « Zeitschr. f. Philos. » 81 (1882) p. 245. P. Narorp: Zur Pbilos. u. Wissensch. der Vorsokratiker. « Philos. Monatshefte ». XXV (1889) p. 204. Friepr. Nierzscne: Die Philos. im tragisch. Zeitalter der Griechen. In « Werke», vol. X, p. 1-156. E. Cur. Prirumann: Die Naturphilosophie vor Sokrates. «Arch. Gesch. Philos.» XV (1902) p. 214 e 308. M. SarroriIus: Die Entwickelung der Astronomie dei den Grie- chen bis Anaxagoras und Empedokles. Breslau, 1883. M. ScunemEWIN: Ueder die Keime erkenninistheoret. u. ethi- scher Philosopheme bei den vorsokr. Denkern. « Philos. Monatsh. », II (1869). N. Turcni: La dottrina del Logos nei presocratici. Riv. sto- rico-critica delle scienze teologiche », Roma, 1910. C. Wappineton, Tableau historique de la philos. grecque av. Socrate. ὦ Compte r. de l’Ac. d. sc. mor. et polit. ». Paris, 1900. WoePcKkE: Disquisitiones arch.-math. circa solaria veterum. Berlin, 1842. Tu. ZiecLer: Anfànge einer wissenschaftl. Ethik bei den Gr., «Progr. Tub.», 1879. B. ARTICOLI RELATIVI ALLA SCUOLA IONICA, C. BareuMmKER: Vermeintliche aristotelische Zeugnisse iiber Ana- ximanders ἄπειρον « Jahr. f. klass. Philol. », 131, p. 827. 196 | Bibliografia I° '- AppiosVi BursceENn: Ueber das ἄπειρον dss Anaximanders. G.-Pr. Wie- sbaden, 1867. W. CapeLLe : Auf Spuren alter φυσικοί. Hermes, 45 (1910) 321: A. CÒiappeLLi: Zu Pythagoras und Anaximenes. «Arch. Gesch. Philos. », I (1888) p. 582. F. DeckER: De Thalete Milestio, in « Diss. », Halle, 1865. H. Dirts: Thales ein Semite ? « Arch. f. Gesch. d. Ph.», II (1889) p. 165. — Ueber Anaximanders Kosmos. « Arch. Gesch. Philos.», X (1897) p. 22. È — Leukippos und Diogenes von Ap. « Rhein. Mus. » 42 (1887) p. 1. Polemica con Natorp (vedi più oltre). — Herodotos und Hekatatos. «Hermes», 22 (1887) p. 411. 1. DoerFrLER: Die Rkosmogonischen Elemente in der Natur- pbilosophie des Thales. « Arch. Gesch. Philos.», XVIII 30h ον Thales.'«Zyschr.' £.. Ph. τι ph.» 109.179: — Zur Kosmogonie Anaximanders, id. 114 p. 201. G. GriL: Die schriftstellerische Tdàtigkeit des Diogenes v. Ap. « Philos. Monatsh » 26 (1890) p. 257. H. GeLzER: Das Zeitalter des Gyges. « Rhein. Mus.» XXX (1875) p. 264. A proposito dell’anno dell’ eclisse di Thales. O. GiLsert: Fonier und Eleaten. «Rhein. Mus.» 64 (1909) p. 185. GinzeL: Spezieller Kanon der Sonnen- und Mondfinsternisse f. 4. Landergeb. d. klass. Altertumswiss. Berlin, 1899. >» Guyor: Sur Γἄπειρον d’Anaximandre. « Rev. de philos. », IV, . 708. Hi Zur pseudohippokratischen Schrift περὶ ἑβδομάδων. «Rhein. Mus. », 48 (1893) p. 433. Heine: On Anaximander. « CI. Philol. », XXX (1912). H. Hormann : Die Sonnenfinsternis des Thales. « Gymn. Pr. », Triest, 1870. O. ImmiscHn: Zu Thales Abkunft. « Arch. Gesch. Philos. », II (1889) p. 515. KircHHorr: Studien zur Gesch. des griechichen Alphabets. Berlin, 28 ed. 1867. x I. - App. IV. Bibliografia 197 A. KoerBEL: Bettr. z. Gesch. d. ion. Naturphilosophie mit bes. Betonung d. Quellen in den Werken des Aristoteles. Brux., 1903. (non ho potuto vederlo). Ernst Krause: Diogenes v. Ap. I. Beil. zum Jahresber. d. Gymn. z. Gnesen », Posen, 1908. (non ho potuto vederlo). F. Luetze : Ueber das ἄπειρον des Anaximanders. Leipzig, 1878. Tn. Henri MartINn: Sur quelques prédictions d’eclipses men- tionnées par des auteurs anciens. « Revue Archéolog. », IX (1864) p. 170. F. MicHeLIs: De Anaximandri infinito, « Ind. lect. Braunsb. », 1374. P. Natorp: Ueber das Prinzip der Kosmologie Anaximandros. « Philos. Monatsh. », XX (1884) p. 367. — Diogenes von Ap. « Rhein. Mus. », 41 (1886) p. 350. — Diogenes und Leukippos., id. 42 (1887) p. 374. F. PanzerBIETER: De Diogenis A. vita οἰ scriptis. « Meinin- gae ». 1823. W. H. Roscuer: Ueber Alter, Ursprung und Bedeutung der hippokratischen Schrift von der Stebenzabl. « Abhandl. d. Kel. Sachs. Ges. d. Wissensch. Phil.-hist. KI. », XXVIII (1911). — Omphalos, id., XXIX (1913). — Die Hebdomadenlebre der griechischen Philosophen und Aertze. Leipzig, 1906. — Das Alter der Weltkarte in « Hippokrates » περὶ ἑβδομάδων und die Reichskarte des Darius Hystapsis. « Philologus », 70 (1911) p. 529. L. ScHLAcHTER : Altes u. Neues ii. d. Sonnenfinsternis des Tha- les u. d. Schlacht am Halys. Progr. Bern. 1898. (non visto). SCHLEIERMACHER: Ueber Anaximandros. « Abh. Berl. Akad. ». Berlin, 1815 (Werke, V. III 2, p. 171, Berlin, 1835). — Untersuchung i. d. Philosophen Hippon; letto il 14 febb. 1820 alla Berl. Akad. (Werke, V. III 3, Ρ- 493). — Ueber Diogenes v. Ap. « Abh. Berl. Akad. » 1814 (Werke, III 2, p. 149). Gui. ScHorn. : Anaxagorae Claz. et Diogenis Apoll. fragmenta. Bonn., 1828. P. ScHustER: Thales ein Phonizier ? «Acta Phil. Lips. », IV (1875) p. 328. 198 Bibliografia I. - App. IV; Rup. SevpEL: Der Fortschritt der Metaphysik innerhalb der Schule des tonischen Hylozoismus ». Leipzig, 1860. G. SpickER: De dicto quodam Anaximandri philosophi. « Ind. lect. », Munster, 1883. H. SpirzeR: Ueber Ursprung und Bedeutung des Hylozoismus. Graz, 1881. K. STEINHART : LZonische Schule in « Allg. Enzyklop. der Kiinste u. Wissensch. Sekt.», II, V. 22, p. 457. (non visto). — Diogenes v. Ap. id. I, V. 25, p. 296. (id.). Wiru. UnRrIG: De Hippone atheo, Giessae, 1848. J. WeLLS: The genuiness of the γῆς περίοδος of Hecateus. « J. Hell. Stud. », 29 (1903) p. 4I. : L’A. così riassume le sue conclusioni: « To sum up the whole question. For the genuinemes of the fragments we have the evidence of Eratosthenes, a really great name. Against it we have the fact that no one refers to Hecateus as a geographer till the third century, we have the contempt of Heraclitus, the silence of Aristotle, and the decisive verdict of Callimachus [ATHENAIOS II 70; Exatatog 6 Μιλήσιος ἐν Ασίας περιηγήσει, εἰ γνήσιον τοῦ συγγραφέως τὸ βιβ)ίον. Καλλίμαχος γὰρ Νησιώτου ἀναγράφει]; we must consider too that their genuineness seems to many to involve a serious condemnation οὗ Herodotus; and we have to explain the extraordinary unimportance of the fragments, if they really represent a sixth-century work of epoch-making im- portance. Surely the comulative weight of these arguments is convincing; singly they might well be said to leave the case an open one, but collectively they go far to prove the theory of forgery. » WeyvcoLDT Diog. v. Ap., «Arch. Gesch. Philos.», I (1888) p.101. E. WinpiscH: Ueber den Sitz der denkenden Seele, besonders bei den Indern und Griechen. « Verh. saàchs. Gesellsch. d. Wissensch. Philol.-hist. Cl.», 43 (1891) p. 155. Tu. ZieGLER : Ein Wort von Anaximander. « Arch. Gesch. Phi- - los.», I (1888) p. 16. INDICE DEI PASSI RIPORTATI FRAMMENTI DI FILOSOFI PRESOKRATICI. ANAXIMANDROS. — Sulla generazione e distruzione : ὃ 4, n. το. ANAXIMENES. — Sull’aria e l’anima: $ 4, n. 12. Hippon. — Origine di tutte le acque dal mare (fr 1): $ 9, D. A DioGENES d’Apollonia. — Sull’ elemento primordiale e sull’ori- gine da esso dei quattro elementi (fr. 2): $ 9, n. 7. — La forza dello spirito e l’ elemento primordiale (fr. 3): ὃ 9, n. 8. — L'aria e l’ anima degli uomini (fr. 4) : ὃ 9, n. 8. — L’aria come dio ; varie specie di aria (fr. 5): ὃ 9, n. 8. — Descrizione anatomica delle vene nell'uomo (fr. 6): ὃ 9, App., n. 1. 3 ΠΕΡῚ ‘EBAOMAAQN. Cap. 1-11: Traduzione italiana di questi ca- pitoli seguendo il codice (arabo) monacense (versione fatta sulla tedesca di Harder). Inoltre : alcune parti dei fram- menti greci rimastici, alcune note di GALENOS al περὶ ἑβδομάδων dal testo arabo citato. $ 10 App. XENOPHANES. — Relazioni fra gli ioni ed i lydi (fr. 3): $ 1, n.1 (4) CITAZIONI E DOCUMENTI. (*) CHALDEI, — Predizione di un eclisse, trovata in una tavoletta in caratteri cuneiformi : $ 2, n, 10. EGIZIANI. — Origini del mondo secondo un papiro eg. : ὃ 4, ἢ, 4. “ - (+) Nella traduzione di questo passo, a pag. 4 nel rigo 3 delle note, dopo la parola Essî, sono state tralasciate per errore le parole: «in non meno di mille alla volta, ». (*) Sono rammentati qui solamente i brani più lunghi e più importanti. 200 Indice delle citazioni 1.2 f PERSIANI. — Da un'iscrizione sulla tomba di Dareios Istapses : SIMO τ Θὲ OpvssEIA. — Il mondo olympico (VII, 42): $ το, App. n. 9. — La tempra dell’acciaio (IX, 391): ὃ τι, n. 6. Heropotos. — Glaukos di Chios (I, 25): ὃ τι, n. 4. — Lydi e greci (I, 29): $ 1, n. 5. — Sulla predizione dell’eclisse di Thales (I, 74): $ 2, n. 8. — Sulla natura del Caspio (I, 203): $ 8, n. 2. — Sull’introduzione presso i greci del πόλος, del gnomone e delle dodici parti del giorno (II, τοῦ): $ 5, n. 1. — L’architetto Rhoikos di Samos (III, 60): ὃ τι, n. 3. — Derisione di coloro che segnano l’ oceano tutto intorno alla terra (IV, 36): $ 7, n. 7. — Derisione della divisione in Europa, Asia e Lybia (IV, 42): $ 8, n. 11. — Ancora sulla divisione ternaria (IV, 45): $ 8, n. 15. — Arrivo a Sparte di Aristagoras, tiranno di Miletos, con una carta del mondo in metallo (V, 49): $ 7, n. 5. THOUKYDIDES. — Sui peloponnesiaci (1, 1 e 141}: ὃ Io, n. 4. HiPPOKRATES. — La causa della malattia sacra risiede nel cer- vello (de morb. sacr.): ὃ το, n. 3. PLATON. — I sette sapienti (Protag. 343, A): $ 2, n. 1. — Sul- l’animismo di Thales (Leg. X, 899 B): ὃ 4, n. 17. ARISTOTELES. — Ragioni per le quali Thales ammette come elemento primordiale l’acqua (Metaph. I, 3): ὃ. 4, n. 3. — Su Hippon (id. I, 3): ὃ 9, n. 1. — Sui filosofi del μεταξύ (id. I, 7): $ 9, n. 5. — Sull'origine delle sostanze per ἔχχρισις (phys. I, 4): $9, n. 5. — Le ragioni per le quali, se- condo Anaximandros, la terra si mantiene sospesa nello spa- zio e loro confutazione (De coelo, II, 13): $ 5. n. 2. — L'opinione di Anaximenes, Anaxagoras e Demokritos in- torno alla terra sostenuta nello spazio dall’aria (ἰά., II, 13) : ὃ 5, n. 4. — Sul disseccamento del mare e sui τροπαί del sole (Meteorol. II, 1): ὃ 5, n. 12. — Sulla via seguita dal sole di notte secondo alcuni filosofi (id. II, 1): ὃ 5, n. 14. — I terremoti secondo Anaximenes (id. II, 7): $ 6, n. 9. — I yadeoi (Hist. anim. 111, 1): ὃ 6, n. 6. — Sul- l’animismo di Thales (De anima I, 2 e I, 5): ὶ 4, n. 17. — Intorno allo spirito commerciale di Thales (Pot. I, 11): δι. 2/01 1023 THEOPHRASTOS. — Sui compilatori ionici di calendarî (de sign., 4) : . RA I Indice delle citazioni 201 $ 2, n. 12. — Sul modo di trasformazione delle sostanze secondo Anaximenes (in Simpl. phys. 24): $ 4, n. 14. ARISTARCHOS. — Sul diametro apparente del sole (de magnitu- dinibus et distantiis solis et lunae): ὃ 2, n. 7. ARrcHIMEDES. — Sul diametro apparente del sole (Arenarius, estro): 18028 1.07. Aratos. — Su Kleostratos, etc. (V. 2, 5): $ 2, n. 12. KLEoMEDES. — Sulla misura del diametro del sole (de motu civ- culari corpum, II, 1; 75): S 2, n. 7. Cicero. — Sulle opinioni dei filosofi ionici (de matura deorum. I, 10): $ 4, n. 13. — Terremoto predetto da Anaximan- dros (de divin., I, 50): $ 6. n. 8. VITRUVIUS. — Sugli orologi solari (De archit. IX, 8): ὃ 5, n. 1. SENECA. — La teoria di Anaximenes sui terremoti (Nat. quaest. Nd το): 8. 6: ἢ: ὁ; PLINIUS. — 1 eclisse di Thales (II, 53): $ 2, n. 9. — Sul gno- mone (II, 187): $ 5, n, 1. — Invenzioni di Theodoros di Samos (VII, 198): ὃ 11, n. ὃ, — Il levare heliaco delle Pieiadi (XVIII, 213): $ 2, n. 6. — Theodoros fonde la sua statua (XXXIV, 19): ὃ II, n. 8. — Le colonne del Labyrinthos di Lemnos (XXXVI, 19): $ τι, n. 8. PLouUTARCHOS (e pseudo-Pl.; per i P/acita vedi AETIOS). — Sulla misura dell’ altezza delle piramidi da parte di Thales (Convivium VII, 2): $ 3, n. 5. — Anaximandros e lo sviluppo degli animali (id. VIII, 8): $ 6, n. 6. — Su varie opinioni di Anaximenes (De primo frigore, 7) :$ 4, n. 15. — Citazione di EPIMENIDES, e dell’ ὄμφαλος γῆς (de defectu orac. 1): ὃ 7, n. 6. — Origine dell’ uomo secondo Anaximandros (Strom., 2) : $ 6, n. 5. — Origine delle cose dall’ aria, secondo Anaximenes, e successiva formazione degli astri dalla Terra (id. 3): $ 5, n. 18. ARRHIaNOS. — Sulla divisione in continenti (Amnab., III, 30): $ 8, n. 12. — Sul viaggio di Nearchos (Indife, 19): $ 8, n. 8. STRABON. — L'opera di Anaximandros e di Hekataios come disegnatori di carte geografiche (I, 1, 11): $ 7, n. 3. — Su varî criteri per la divisione in continenti (I, 4, 7; I, 2025; ΠΣ, 281, 4,08): $_8, n. 12-14. AGATHEMEROS. — Su varî geografi ionici (geogr., I, 1ὴ : ὃ 7, ἢ. 9. — Sulle carte degli antichi ionici e sui varî geografi greci. 202 Indice delle citazioni L (id4., I, 2): $ 7, n. 6 e $ 7, n. 13. — Origini dei nomi Asia, Europe, Libya, Okeanos (id., I, 4): $ 8, n. 9. AeTtIOS. — Le opinioni dei filosofici ionici sull’ elemento primor- diale (I, 3): $ 4, n. 2. — Sulle opinioni di Anaximenes intorno all’ aria ed all’ anima (I, 3): ὃ 4, n. 12. — Sul dio di Thales (I, 7): $ 4, n. 13. — Sui filosofi che ammet- tevano l’ infinità dei mondi e su quelli che non l’ ammet- tevano (II, τὴ: $ 5, n. 5. — Sull’influenza del sole secondo Anaximenes (II, 13) : $ 2, n. 13. — Sui corpi terrosi vaganti negli spazî celesti, secondo Anaximenes (II, 13): $ 5, n. 15. — Sugli astri secondo Anaximenes (II, 14): $ 5, n. 13. — Distanze dei varî astri secondo Anaximandros (II, 15): $ 10, n. 9. — Idee astronomiche di Anaximan- dros (II, 20, 21, 25, 13): ὃ 5, n. 10. — Cenno ai pianeti (?) da parte di Anaximenes (II, 23): $ 5, n. 14. — Anaxi- mandros e la salsedine del mare (III, 16): $ 6, n. 2. — Sulla sede dell’ ἡγεμονικόν (IV, 5): $ το, n. 3.— Origini degli animali secondo Anaximandros (V, 19): $ 6, n. 4. PaAUSANIAS. — Invenzioni di Thedoros di Samos (3, 12, 10): δ. τὰ, n.:7. — 1 templi dell’ Ionia (7, 5, 4): ἡ τὰ π΄ τ΄ — Sulla fusione del bronzo (8, 14, 8): $ 11 n. 7. — Su Glaukos {τὸ τὸ. τὴ: $i mo: THEON. — Sulla luce della luna (rerum math. p. 198): ὃ. 5, n. 17. GALENOS. — La sede dell’ ἡγεμονικόν (philos. hist. 19); id. (de placitis Hippocr. et Plat.); id. (de locis affectis 3): ὃ 10, n. 3. — Note al περὶ ἑβδομάδων : Vedi ὃ 10 App. SexTUus EMPIRICUS. — Citazione d’Idaios (adversus mathem., IX 300):48 Ὁ, Mb. APULEIUS. — Su Thales (Florida, 18): ὃ 2, n. 7. DioGENES LaAERTIOS. — Sulla misura della grandezza del sole da parte di Thales (I, 24): ὃ 2, n. 7. — Su Pampbhile (I, 24): $ 3. n. 3. — Sulla misura dell’ altezza delle pira- midi da parte di Thales (I, 27): ὃ 3, n. 5. — L'inven- zione del gnomone (II, 1): ὃ 5, n. 1. — Su Anaximan- dros (II, 2): $ 4, n. 9. — Su Diogenes d’Apollonia (IX, στ 9 ΠΥ: AMMIANUS MARcELLINUS. — Sulle cause dei terremoti (Rerum gestarum XVII): ὃ 6, n. 9. CENSORINUS : Origine degli animali e degli uomini secondo Ana- I. Indice delle citazioni 203 ximandros (de die nat. 4, 7): $ 6, n. 4. — Idee di Hippon sulla generazione (5; 6; 9.): $ 9, n. 3. StosaIOS. — Detti attributi a Thales (III, 1): $2,n. 1. — (Per la doxografia vedi AETIOS). VINDICIANUS. (*) — Idee di Diogenes d’ A. intorno alla genera- zione : $ 9. App., n. 2. Commentatori di Aristoteles : ALEXANDROS. — Diogenes d’Apollonia e le salsedine del mare (in. meteor., 67, 1): ὃ 6, n. 2. — Sul prosciugamento dei mari secondo Anaximandros e Diogenes (24. 67, 3) :$ 6, n. I. SIimPLIKI0S. — Sulle teorie di Anaximandros (in phys, 24, 13): $ 4, n. 10. — Sulle trasformazioni delle sostanze secondo Anaximandros (id. 149, 5): ὃ 9, n. 5. — Sulla infinità o non infinità dei mondi (id., 1121, 5): $ 5, n. 5. — Sulla lontananza dei diversi astri secondo Anaximandros (in de coelo, 471): ὃ το, n. 9. — Sulla infinità o non infinità dei mondi (id., 615, 13): $ 5, n. 5. ProKkLos. — Thales introduce la matematica fra i greci (In. 1 I. Eucl.; Prol. II): $ 3, n. τ. — Su quattro teoremi tro- vati da Thales (îd.): $ 3, n. 2. KLEMES. (Clemens Alexandrinus). — Lo sperma secondo Dio- genes d’A. (paedag., I, 6): $ 9, App, n. 3. HippoLyTos. — Sulla forma della terra secondo Anaximandros (refut. 1, 6, 3): $ 5, n. 11. — Sulle ruote celesti di Anaxi- mandros (id. τ, 6, 4): $ 5, n. 7. — L'origine degli ani- mali e degli uomini secondo Anaximandros (id., 1, 6, 6): $ 6. n. 3. — Varie opinioni di Anaximenes intorno agli astri (i4., 1, 7): $ 5, n. 14; n. 15; n. 18. — Su Hippon des τοὶ τ Gg, i I. HeERMEIAS. — Sul modo di trasformazione delle sostanze secondo Anaximenes (7715, 7): ὃ 4, n. 14. (ἢ « Bei Augustin wird ein Arzt mit Namen Vindicianus rithmend erwahnt; er nennt ihn einen scharfsinnigen Mann. Dessen Schiiler war Theodorus Priscianus. Von Vindicianus sind uns einige Ueberreste seiner schriftstellerischen Tatigkeit erhalten...» Wichtig.... ist ein doxographisches Fragment; der erste Teil behandelt die Ansichten iiber die Natur des menschlichen Samens, im zweiten Teil erschient eine Reihe von embryolo- gisch-gynakologischen, physiologischen und àtiologischen Theorien ». (M. SCHANTZ. Gesc/. d. ròm. Litt., Minchen, 1914. p. 203). 204 Indice delle citazioni L THEODORETOS. — Citazione di Aetios: App. I, n. 5. Hieronymus. — ἵν᾿ eclisse di Thales: ὃ 2, n. 9. AugustINUs. — Sull’ ἄπειρον di Anaximandros (Civ. dei, VIII, 2): $5 Dn 5 SyNKELLOS. — Sul saros chaldeo (30. 6): ὃ 2, n. 10. TzETZES. — Il libro sull’India di Skylax. (Hist. VII, 629) : $ 8, n. 7. HenR. Corn AcriIppa. — Sulla sede dell’ anima (De incert. et vanit. omnium scient., 72): $ 10, n. 3. HERMANN DieLs. — Caratterizzazione del lavoro doxografico, ora perduto di Theophrastos (Dox. gr.) : App. I, n. 2. F, Κι. Ginzet. — Sul saros chaldeo (Handbuch etc. [vedi N. 115]). E Kp3tT20: PAUL TANNERY. — Importanza dell'ipotesi di Anaximenes del- l’ esistenza di corpi terrosi oscuri negli spazî celesti (Pour Vhyst: p: 53): $i 5, n. τὸ: J. WeLLS. — Giudizio sulla genuinità del περίοδος γῆς di Heka- taios : App. IV, B. INDICE DEL CAPITOLO I (LA SCUOLA IONICA) 1. — I greci dell’Asia Minore. Loro relazioni con l'Egitto, con Babylonia e con la L y- dig: Ὑ 5. τς ΔΥΝΆ e NATI SITL 2. — THaLEs di Mi Ι Ε ἔτ ἘΠῚ previsioni meteorolo- giche ed astronomiche. 1 παραπήγματα. L’ eclisse di s le del 28 maggio 585. Altri confezionatori ionici d’ almanacchi . RR I ARTT Dar 3. — L'introduzione della matematica in Grecia. — THaLES e le sue relazioni con l Egitto. Teoremi attribuiti a THALES. EE OE 4. — Le speculazioni dei filosofi ionici sull’ ele- mento primordiale. THaLES e l’acqua. — Le ra- gioni che portarono ad ammettere 1᾿ illimitata tra- sformabilità delle sostanze. — Τ ἄπειρον di ANA- XIMANDROS. — ANAXIMENES ed il suo principio, l’aria. Modalità delle trasformazioni delle sostan- ze. — Le opinioni di Hippon, IDAIOS, DIOGENES D’APOLLONIA. — THALES e la pietra magnetica . 5. — Idee astronomiche e cosmogoniche nella scuola i on ica. ANAXIMANDROS ed il πόλος. --- L'ipo- tesi della terra librantesi nello spazio. Regresso compiuto da ANAXIMENES. — Il sistema cosmico secondo ANAXIMANDROS : le ruote del sole, della luna e dello zodiaco. Misure date e loro valore.— La sfera cristallina di ANAXIMENES. ANAXIMENES ha conosciuto scientificamente i pianeti ? — ANA- XIMENES e la teoria delle eclissi. ; 6. — Teozie geologiche, biogenetiche ed ἘΠ tiche dei filosofi della scuola i o ἢ ic a. ANA- 21 27 38 206 $ τὸ, — Indice del Cap. I XIMANDROS ed i fossili. ANAXIMANDROS quale. pre- cursore della teoria dell’ evoluzione. L’ origine de- gli uomini dai pesci. — I terremoti e le teorie relative di THALES e di ANAXIMENES . . Pag. Lo sviluppo della geografia i o nic a. — Con- dizioni favorevoli per essa. Carte parziali di origine egiziana e babylonese. — La prima carta del mondo disegnata da ANAXIMANDROS. — HeE- KATAIOS di Miletos. — La sua opera geo- grafica. — Vitalità della teoria ionica della terra piana ; suo necessario abbandono in seguito al ri- conoscimento della sfericità della terra Caratteri e particolarità della terra abitata, nella geografia i o n ic a. — L’oceano esterno. — Prove della sua esistenza. — La supposta cir- cumnavigazione dell’A f frica per opera dei f e- nici. Il viaggio di SATAPSES e quello di SKy- LAx. La divisione dipartita o tripartita dell’oikou- mene. Criterî di divisione: i fiumi (Nilo e Tanais), gli istmi. Particolarità interne della carta ionica e πη τ τ. -00- Gli epigoni della scuola i o n ic a. Hippon. IpAIOS. DioGENES d’ Apollonia. L’aria am- messa da quest’ ultimo come elemento primor- diale ; combinazione di questa ipotesi con quella dei quattro elementi di EMPEDOKLES. Osservazioni anatomiche e fisiologiche. Opinioni sullo sperma e sulla generazione . i Appendice : Frammento di Do ἀ᾽ EG I- lonia sulle vene e sulla loro distribuzione nel corpo dell’ uomo I primi undici oso del ua περὶ ᾿ ἐβδομάδων della collezione hippokratica. Questi pa- ragrafi formano un frammento di origine ionica, ed il tempo nel quale furono redatti rimonta all’ epoca fra THALES ed ANAXIMANDROS. Ra- gioni a sostegno di questa tesi secondo W. H. Ro- scHER. Contenuto dello scritto e sua importanza per la scienza ionica LS, cal FERA RO RARE Appendice : Versione dei primi II capitoli 54 60 69 81 89 93 A : Indice del Cap. I del περὶ ἑβδομάδων secondo il codice arabo (mona- cense). (Versione fatta sulla tedesca di HARDER), insieme ai commenti relativi di GALENOS. . Pag. $ 11. — Cenno ai principî della tecnica nell’Ionia. GLAUKOS di Chios. RHorKkos e THEopoRos di Samos etc. La preparazione dell’ acciaio; la saldatura del ferro; la fusione ed il getto dei metalli ; etc. 3 Appendice I. — Le fonti sui pensatori prea- ristotelici. — Frammenti di presokratici. Re- ferenze degli scrittori più antichi (PLATON, ARISTO- TELES). Le raccolte gososrafiche: Altre fonti an- tiche Nano È ; ν App. II. i lotta pen skeronserentifico prearistotelico, — Le storie delle singole scienze. Le storie della filo- sofia App. III. — Bibliografia i coi ono πος ionica ed alla storia della scienza . Pagliesta II. Lavori storici : A. — Storie generali della scienza ς B. — Storie generali della filosofia o della sfusi (e scienza) antica . C. — Storie generali di AO scienze e mente a quelle che considerano anche la scuola ionica) : D. — Opere di ai ez di ἘΠ ionici . E — Manuali di consultazione . RO a end aa App. IV. — Citazioni bibliografiche di varî articoli ed opuscoli : A. — Di carattere generale . B. — Speciali per la scuola ionica . Indice dei frammenti citati . 5 Indice delle citazioni e dei documenti peri : Indice analitico del capitolo sulla scuola ionica . 106 IIO CAPITOLO II LA SCUOLA PYTHAGORICA sul πάντα γα μὰν τὰ γιχνωσχόμενα ἀριθμὸν ἔχοντι " οὐ γὰρ οἷόν τε οὐδὲν οὔτε νοηθῆμεν οὗτε γνωσθῆμεν ἄνευ τούτου. (PHILOLAOS fr. 4). MIELI I4 SF ΤῸ SPARGERSI DEL PENSIERO SCIENTIFICO FRA TUTTI I GRECI. Nel capitolo precedente abbiamo visto come la na- scita della filosofia e delle scienze fra la stirpe hellenica avvenisse sul fortunato suolo dell’Ionia, nell'Asia mi- nore, e come su di esso dessero rigogliosi frutti molte delle discipline che poi dovevano dallo spirito greco es- sere portate ad una altezza incomparabile. E ricono- scemmo ancora come le condizioni geografiche commer- ciali e politiche della regione fossero fra i coefficienti più forti di questo stato di cose. Ma lo svolgersi ulte- riore dei fatti storici doveva essere fatale alla vita libera delle città asiatiche ed allo sviluppo in esse della scienza. I tempi che avevano vista sorgere la scienza. con THALES, ANAXIMANDROS e ANAXIMENES, che avevano visto fiorire nella poesia ALKAIOS, SAPPHOS ed ANA- KREÒN, che avevano visto nascere, nella loro veste in dialetto ionico, l’ antiche collezioni di favole che vanno sotto il nome di AIsopos, volgevano rapidamente al tra- monto. Un forte popolo barbarico si avanzava da Oriente e rapidamente minacciava e soggiogava le culle di questa primavera hellenica, mentre spingeva e costringeva al- Τ᾿ esodo i suoi fiori e i suoi semi. Il regno persiano fondato nel 559 da KyRos si era rapidamente ingran- dito; nel 546 era caduta in suo potere la Lydia; nel 538 sotto i suoi colpi veniva distrutto il terzo impero d'Assiria; nel 525 l Egitto, infine, era conquistato da KAMByYSES, il figlio del fondatore dell’ impero persiano. Se le lotte per la successione di KAMBYSES ferma- rono per un momento i progressi del gran re nell'Asia greca, la sorte delle città di questa regione non era meno 212 Le conquiste persiane 7.» No predestinata. A quella della dipendenza, più che altro nominale, che i soli greci di terraferma avevano ai tempi di KRoisos, ne succedette, colla conquista persiana, una più rigorosa, sebbene ancora in varie parti si mante- nesse una certa indipendenza; ma ben presto, special- mente dopo la rivolta contro la Persia fomentata da ARISTAGORAS, si stabilì un’ oppressione forte e diretta. Dopo la battaglia navale di Lada, Miletos, capo della guerra, venne presa (494) e la sua sorte ben presto fu condivisa dalle isole di Chios e di Lesbos (493), che si arresero senza resistere, e da quasi tutti i greci dell'Asia, eccettuata Sa mos, che si mantenne libera e potente, anche quando le armi persiane si spinsero fino nel cuore della Grecia stessa, tentando di farne una pro- vincia dell’ impero. Ma se la penisola in un supremo ed eroico sforzo dei suoi figli potè mantenere ed affermare la propria libertà, la storia politica è per i greci dell’Asia minore da allora finita, e con essa la direttiva del pen- siero scientifico hellenico ; e un tale stato di cose si manterrà fino a che un nuovo mondo greco cosmopolita, con una nuova civiltà, si stabilirà su tutte le coste del Mediterraneo orientale. Già nel secolo VI durante le prime conquiste per- siané, succedute alla caduta di KRoIsos, molti greci, fuggenti innanzi all’ avanzata persiana o alle prepotenze dei tiranni favorite dal barbaro conquistatore, si spar- pagliarono per il Mediterraneo ed andarono a stabilirsi nelle varie e fiorenti colonie che, dall’antica patria, spar- sero per il vasto mondo greco e nei lidi più lontani il seme delle nuove dottrine. 2 E non è privo di significato storico il fatto che tre dei futuri focolari del pensiero greco ebbero appunto l'origine dai greci dell'Asia minore. Ene- gendo i persiani, gli abitanti di Theos s'imbarcarono sulle loro navi, e, sbarcati nella parte settentrionale del mare Egeo, fondarono quella Abderas che doveva più tardi illustrarsi con i nomi di LEuKIPPOS (I) e di (1) Che una tradizione fa nativo della stessa Miletos. II° - S 1 L’ emigrazione dall’ Asia Minore 213 DEMORKRITOS ; gli abitanti di Phòkaia fondarono in Italia la città di Elea, e ad essa, proveniente da K ο- lophòn, riparò XENOPHANES, il famoso cosidetto fon- datore della scuola eleata; da Samos infine, fuggendo, come si dice, la tirannia di POLIKRATES, Py- THAGORAS, dopo lunghi viaggi, approdò nella Magna Grecia, dove in molte città esercitò l’attività sua religiosa, politica e scientifica insieme, e fondò quella celebre scuola pythagorica che tanta impor- tanza assume nella storia del pensiero antico. 82: PYTHAGORAS ED I PYTHAGORICI. PYTHAGORAS è sopratutto una figura leggendaria. Fondatore e capo di una scuola, che si sviluppò come una setta politico-religiosa, con proprî sim- boli e costumanze, ed imbevuta di un misticismo accentuato e di un oscuro simbolismo, egli ben presto, dopo la sua scomparsa, potè divenire un perso- naggio misterioso e sovrumano anche per i suoi stessi diretti seguaci. Si aggiunga a tutto ciò anche l’ antica abitudine della scuola di mantenersi chiusa in sè stessa, e di non dividere fra tutti il merito delle scoperte fatte, ma di attribuire queste invece all’ antico capo di essa. Da ciò non solamente una incertezza grande negli antichi scritti per 1 fatti che si riferiscono a PyYTHAGORAS, ma anche l'impossibilità di riconoscere, per i primi tempi almeno, l’ origine delle varie idee scientifiche nella scuola stessa, ed il loro sviluppo nel tempo; cosa questa che ora si può fare solamente per presunzione e basandosi su alcuni pensatori ai quali accenneremo più sotto. Gli scrittori più recenti, poi, si impadronirono della persona di Py- THAGORAS, intessendo intorno ad essa le favole più di- sparate e cervellotiche, tanto che le opere di questi, quali ad esempio le vite di Pythagoras di PORPHYRIOS e di IAMBLICHOS, non meritano che poca fede e possono qualificarsi tutto al più come romanzi storici. In questi cenni sulla vita di PyTHAGORAS, sulla sua scuola e sulla sua dottrina, ci atteniamo perciò alle fonti più antiche, ed a ciò che ragionevolmente può attribuirsi all’ antico saggio ed ai suoi fedeli discepoli. PyTHAGORAS (Πυθάγορας) figlio di MNESARCHOS, do- vrebbe essere nato fra il 590 ed il 570 nell'isola di H..= ΟΣ Pythagoras; Pherekydes 215 Samos (I). Una tradizione ne fa il discepolo di PHE- REKYDES (Φερεκύδης) di Syros, il favoleggiatore che cerca nel mito la sua cosmogonia (2). L’ indicazione è vaga e ri- posa al più su alcune analogie delle idee religiose di PYTHAGORAS, come ad esempio la sopravvivenza delle anime, con quelle dell’antico mythografo. Esistono poi anche altre favole che non mette conto di esaminare. Ben presto però PvTHAGORAS lasciò la sua patria. I suoi viaggi, in gran parte leggendarî, sono famosi nell’ antichità. Bisogna del resto riconoscere che essi erano (1) ArISTOxENOS, THEoPoMmPos e AristaRcHOSs lo fanno nascere a Lemnos. Durante la sua infanzia però la sua famiglia si sarebbe stabilita a Samos, essendo stata Lemnos occupata dagli Atheniesi, ed essendone stati scacciati gli abitanti. Questa storia però è poco creduta anche nell’antichità. (2) PHEREKyYDES, dell’ isola di Syros, è un contem- poraneo più giovane di Anaxrmanpros. È da considerarsi come uno dei mythographi greci. La sua caratteristica con- siste però, non solo nell’avere scritto per primo in prosa su questo soggetto, ma, sembra, nell’ avere cercato di accor- dare fra loro il mito e la nuova fisica ionica (Di o g. L., I, 116: Φερεκύδης Βάβυος Σύριος...... τοῦτόν φησι Θεόπομπος πρῶτον περὶ φύσεως καὶ θεῶν γράψαι.). Il principio del suo libro (Ἐπτάμυχος od anche Πεντέμυχος, forse dalle parti nelle quali era diviso) ci è conservato da DiocenEs LAERTIOS e mostra chiaramente il carattere dell’ opera: « Ζὰς μὲν xat Χρόνος ἦσαν ἀεὶ καὶ Χθονίη: Χθονίῃ δὲ ὄνομα ἐγέ- vero Γῆ, ἐπειδὴ αὐτῇ Ζὰς γὴν γέρας διδοῖ. » (Diels Fr. 1). — Le relazioni fra i suoi miti e le teorie ioniche sono messe in rilievo da doxographi. Ad es. HERMEIAS ([77., 12) ci dice: D. μὲν ἀρχὰς εἶναι λέγων Ζῆνα καὶ Χθονίην χαὶ Κρόνον᾽ Ζῆνα μὲν τὸν αἰθήρα, Χθονίην. δὲ τὴν γῆν, Κρόνον δὲ τὸν “χρόνον, ὁ μὲν αἰθὴρ τὸ ποιοῦν, ἣ δὲ γἣ τὸ πάσχον, ὃ δὲ χρόνος ἐν ᾧ τὰ γινόμενα. ζηλοτυπία τοίνυν τῶν γερόντων πρὸς ἀλλήλους. --- Si noti ancora (Diog. 1. c.): ἀνιμηθέντος ἐκ φρέατος ὕδατος πιόντα προειπεῖν, ὡς εἰς τρίτην ἡμέραν ἔσοιτο σεισμός, καὶ γενέσθαι. Secondo altri il fatto è attribuito a PyTHAGORAS stesso. 216 I viaggi di Pythagoras IH, - Sat di uso generale in quel tempo fra i filosofi ed i nova- tori, come ci attestano i racconti o le testimonianze analoghe che abbiamo per tanti altri come THALES, HEKATAIOS, DEMOKRITOS etc. etc. Certamente egli visitò l’Egitto (3) ed apprese molto dai sacerdoti del paese, cosa della quale, come vedremo, si rilevano le traccie nell’ opera sua e della sua scuola; più incerto è il suo viaggio a Babylonia. Dopo un lungo periodo di peregrinazioni, dopo aver forse cercato invano di fondare una confraternita del tipo da lui vagheggiato a Samos o nell’Ionia (4), PyYTHAGORAS, allontanandosi definitivamente dalla sua Un frammento, interessante per mostrare il tipo del suo scritto, ci è conservato da un papiro (Grenfell-Hunt Greek Papyr., Ser. AI, n. 1,'p:,23; Diels, ἘΠ᾽ 2). Una prima/pame di esso dice: αὐτῷ ποιοῦσιν τὰ οἰκία πολλά τε καὶ μεγάλα. ἐπεὶ δὲ ταῦτα ἐξετέλεσαν πάντα χαὶ χρήματα καὶ θερά- Tovtac χαὶ θεραπαίνας xa τἄλλα ὅσα δεῖ πάντα, ἐπεὶ δὴ | πάντα ἑτοῖμα γίγνεται, τὸν γάμον ποιεῦσιν. κἀπειδὴ τρίτη ἡμέρη γίγνεται τῷ γάμῳ, τότε Ζὰς ποιεῖ φᾶρος μέγα τε χαὶ χαλὸν xai ἐν ἀυτῷ ποικίλλει Ty χαὶ ᾿Ωγηνὸν καὶ τὰ ᾿Ωγηνοῦ δώματα... ... Intorno al fatto che PHeREKypEs abbia ammesso la metempsicosi, abbiamo la sola testimonianza (poco autorevole) di SuIDAs: πρῶτον τὸν περὶ τῆς μετεμψυχώσεως λόγον εἰση- γήσασθαι. Da Cicero, ad es., non sappiamo altro PHEREKYDES disse che l’anima era immortale (Tusc. I, 16, 38): «Itaque credo equidem etiam alios tot saeculis, sed, quod litteris exstet, Pherecydes Syrius primum dixit animos esse hominum sempiternos, antiquus sane; fuit enim meo re- gnante gentili » (cioé Servius TuLLIus, 578-535). (3) Sulla questione della sua permanenza in Egitto e sulla fede da attribuirsi al passo di IsokRaTES che ri- guarda questo punto della vita di PyrHAGORAS vedi ZELLER I, 259 nota 1 e CANTOR, I, 138 e seg. (4) Questa opinione è seguita dallo ZELLER che stima che a questo fatto fosse dovuta la conoscenza ed il conse- guente disprezzo che gli antichi filosofi ionici, quali I. - αὶ 2. La confraternita pythagorica 217 patria, si stabilì nella Magna Grecia, dove a K o- trén fondò saldamente la sua scuola. Non sappiamo poi nulla di lui, nemmeno se si tro- vava presente, o almeno in vita, all’ epoca della distru- zione della scuola di Kotrîn, fatta durante una sollevazione popolare (500 o 470 9). Sembra probabile però che a quell’ epoca egli fosse morto ; altri vogliono invece appunto che perisse nell’ avvenuto incendio dei locali dell’ associazione ; altri ancora lo fanno altrove in quel tempo. Una tradizione lo fa morire a Meta- pontion (5). In quanto all'associazione pythagorica, HeraKLEITOS, e forse anche XENOPHANES, avevano per Py- THAGORAS e per la sua dottrina ; e che trova poi eco nei rac- conti di HeRropoTOs. (5) ArisroTELEs, oltre parlarci più volte negli scritti conservatisi delle dottrine dei pythagorici, aveva scritto un libro speciale Περὶ τῶν Πυθαγορείων. Purtroppo questo è perduto. Dai pochissimi frammenti rimastici si vede però come già all’ epoca di ArIstoTELES si andava formando la leggenda intorno a PyrHacoras. Così in un frammento con- servatoci in ApoLLonios (mir., 6) (vedi Diels, 4, A, 7) leg- giamo : τούτοις (EPiMENIDES, ArIsTEAS, HERMOTIMOS, ABARIS, ῬΗΕΒΕΚΥΡΕΒ) δὲ ἐπιγενόμενος Πυθαγόρας Μνησάρχου υἱὸς τὸ μὲν πρῶτον διεπονεῖτο περὶ τὰ μαθήματα χαὶ τοὺς ἀριθμούς, ὕστερον δέ ποτε xai τῆς Φερεκύδου τερατοποιίας οὐκ ἀπέστη. καὶ γὰρ «ἐν» Μεταποντίῳ πλοίου εἰσερχομένου φορτίον ἔχοντος καὶ τῶν παρατυχόντων εὐχομένων σωστὸν χατελθεῖν διὰ τὸν φόρτον, ἑστῶτα τοῦτον εἰπεῖν “νεκρὸν τοίνυν φανήσεται ὑμῖν σῶμα ἄγον τὸ πλοῖον τοῦτο᾽. πάλιν δ᾽ ἐν Καυλωνίᾳ, ὥς φησιν ᾿Αριστοτέλης « προυσήμηνς τὴν λευκὴν ἄρχτον. καὶ ὁ αὐτὸς ᾿Αριστοτέλης» γράφων περὶ αὐτοῦ πολλὰ μὲν χαὶ ἄλλα λέγει καὶ τὸν ἐν Τυρρηνίᾳ, φησίν, δάχνοντα θανάσιμον ὄφιν αὐτὸς δάκνων ἀπέχτεινεν᾽. χαὶ τὴν γενομένην δὲ στάσιν τοῖς Πυθαγορείοις προειπεῖν. διὸ καὶ εἰς Μεταπόντιον ἀπῆρεν ὑπὸ μηδενὸς θεωρηθείς, χαὶ ὑπὸ τοῦ Κάσα ποταμοῦ διαβαίνων σὺν ἄλλοις ἤκουσε φωνὴν μεγάλην ὑπὲρ ἄνθρωπον Πυθαγόρα, χαῖρε. τοὺς 218 Carattere della setta 1: St associazione di carattere aristocratico, i membri della quale erano scelti con grande cura e severità, e che aveva raggiunto un’ alta influenza politica in varie città della Magna Grecia, essa subì un forte colpo per la sol- levazione che abbiamo rammentato, colpo che si riper- cosse anche fuori di Kotron. La scuola però per- sistè, spingendosi anche fuori dell’ Italia, e nel mentre perdeva il suo accentuato carattere politico, manteneva invece la sua caratteristica di confraternita re- ligl'osa, etica e scientitroa. E ΘΙ τοι infatti che si svilupparono e, come ho già detto, in modo anonimo, le dottrine che poi furono tutte riportate alla persona del saggio fondatore, e che anche allora, forse, gli erano attribuite per dare ad esse maggior valore ed autorità. Il violento annientamento della potenza politica della setta, ed il rapido svilupparsi di questa sotto la nuova forma, condusse anche ad un diffondersi in circoli più larghi delle teorie da essa professate. E mentre dapprima il vincolo del segreto intorno ad esse era rigorosa- mente serbato, col procedere del tempo esso si allentò sempre più. E così avvenne che mentre le prime indiscre- zioni sollevarono scandalo, e cito quella attribuita ad HyP- PASOS, che, come racconta la tradizione, ne fu punito dagli dei, perendo in un naufragio, più tardi invece si incomin- ciassea battere moneta (6) insegnando alcune teo- rie secondarie, ed infine si arrivasse anche a pubblicare degli scritti che, più che le teorie comuni però, rappresenta- vano quelle individuali o quelle di una parte dei pythagorici. δὲ παρόντας περιδεεῖς γενέσθαι. ἐφάνη δέ ποτε χαὶ ἐν Κρότωνι χαὶ ἐν Μεταποντίῳ τῇ αὐτῇ ἡμέρα χαὶ ὥρα. ἐν θεάτρῳ δὲ κχκαθήμενός ποτε ἐξανίστατο, ὥς φησιν ᾿Αριστοτέλης, καὶ τὸν ἴδιον μηρὸν παρέφηνε τοῖς καθημένοις ὡς χρυσοῦν. (6) Iambl. Vit. Pytb., 88. λέγουσι δὲ οἱ Πυθαγό- pevot ἐξενηνέχθαι γεωμετρίαν οὕτως ἀποβαλεῖν τινὰ τὴν οὐσίαν τῶν Πυθαγορείων, ὡς δὲ τοῦτ᾽ ἠτύχησε, δοδῆναι αὐτῷ χρηματίσασθαι ἀπὸ γεωμετρίας. RO Hippasos, Philolaos, etc. 219 Oltre Hippasos, già rammentato, fra i più anti- chi pythagorici devono ricordarsi i nomi (e poco più dei nomi conosciamo) di KERKOPS, PETRÒN, BRON- TINOS, PARMISKOS, e quelli dei medici KALLIPHON e DEMOKEDES (7). Si crede che il primo vero pythagorico che pubbli- casse i proprî scritti sia stato PHILOLAOS. Dico vero py- thagorico perchè ALKMAION, HIpPASOS, e più tardi PARMENIDÈS ed EMPEDOKLÉS, possono riguardarsi o come pythagorici espulsi dalla setta, oppure come pensatori che, pur conoscendo a fondo gran parte delle teorie di essa ed essendone potentemente influenzati, le elabora- rono poi indipendentemente. Contemporanei di PHILOLAOS devono essere stati an- che quel Lysis che fu a Thebe nel secondo decennio del quarto secolo, e quel Timaros di Lokris, dal quale si intitola un dialogo famoso di PLATÒN. Come discepolo di PHILOLAOS è conosciuto EuRYTOS, non sap- piamo se di Taranto o di Kotr6òn. Gli scolari di EuRrYyTos sono detti da ARISTOXENOS gli ultimi (7) KerKoPs dovrebbe essere 1’ autore di alcune poesie attribuite a PyrHacoras. Cicero, de nat. deorum, I, 38, 107 : «Orpheum poetam docet Aristoteles numquam fuisse et hoc Orphicum carmen Pythagorei ferunt cuiusdam fuisse C e r- co pis». PETRON è da ricordare per una curiosa concezione cosmo- gonica. Secondo questi vi erano 3 + (60X3) universi, or- dinatamente situati agli angoli e lungo i lati di un triangolo equilatero. PLourARCHOS, de defect. or., 22 (Diels, 6): τρεῖς καὶ ὀγδοήκοντα xa ἑχατὸν εἶναι συντεταγμένους κατὰ σχῆμα τριγωνοειδές, οὗ πλευρὰν ἑκάστην ἑξήχοντα χόσμους ἔχειν. τριῶν δὲ τῶν λοιπῶν ἕκαστον ἱδρῦσθαι χατὰ γωνίαν, ἅπτεσθαι δὲ τοὺς ἐφεξῆς ἀλλήλων ἀτρέμα περιιόντας ὥσπερ ἐν χορείαι. BrontINos o ΒΕΟΤΙΝΟΒ era in relazione con ALKMAION Esso è infatti ricordato al principio dello scritto del medico krotoniate. Vedi S II, n. 12. 220 Archytas II. - S 2. pythagorici; e con essi si estinse la scuola (circa verso la metà del quarto secolo) (8). Ai precedenti dobbiamo ancora aggiungere KLI- NIAS di Taranto (dell’epoca circa di PHILOLAOS), e nella prima metà del quarto secolo il famoso ARCHY- TAS della stessa città. Di tutti gli altri pythagorici ab- biamo solamente i nomi, che si ritrovano in quell’ af- fastellato e poco critico catalogo di IAMBLICHOS (9) © anche in altri scritti. Prima di chiudere aggiungo appena qualche cenno sulla vita dei due più celebri pythagorici: PHILOLAOS ed ARCHYTAS. PHILOLAOS è detto ora di Kotròn ora di Taranto; molti lo fanno scolaro diretto di PYTHAGORAS, cosa as- surda. Sappiamo che fu a Thebe nell’ ultimo decen- nio del quinto secolo; alcuni lo fanno ucciso a Kotròn in seguito a movimenti politici. ARCHYTAS nacque a Taranto; fu contemporaneo di PLATON, probabilmente, in rapporti con. questi (10). Ebbe fama di grande uomo politico, di matematico, di (8) Presso PÒÙiLoLaos ed EuryTos, secondo DIioGENES LaeRTIOSs, si recò PLATON, quando venne in Italia (III, 6): (Πλάτων) ἔπειτα γενόμενος ὀχτὼ xa εἴκοσιν ἐτῶν, καθά φησιν ᾿ΕἙρμόδωρος, εἰς Μέγαρα πρὸς Εὐκλείδην σὺν καὶ ἄλλοις τισὶ Σωχρατιχοῖς ὑπεχώρησεν. ἔπειτα εἰς Κυρήνην ἀπῆλθε πρὸς Θεόδωρον τὸν μαθηματικόν, χἀκεῖθεν εἰς ᾿Ιταλίαν πρὸς τοὺς Πυθαγορικοὺς Φιλόλαον καὶ Εὔρυτον. (9) Vit. Pyth., 267. — Il passo è riportato in Diels 45, A. Credo inutile riportare il lungo elenco di nomi nel quale esso consiste. L’elenco comprende 218 nomi di uomini e 17 di donne. Sono elencati come pythagorici ᾿Αλκχμαίων, ’ Eure- δοχλῆς, Παρμενίδης, Φιλόλαος, ᾿Αρχύτας, Ἵππασος, Τίμαιος, Θυμαρίδας, Μέλισσος, Ἵππων, Θεόδωρος ( Κυρηναῖος). (10) Cicero (de rep., 1, 10, 16) riferendosi ai numerosi accenni contenuti nelle epistole apocrife di PLATON ci dice: «audisse te credo, Tubero, Platonem, So- crate mortuo, primum in Aegyptum discendi causa, post in Italiam et in Siciliam contendisse, ut P y- Ha ΣΖ, Archytas 221 meccanico, di armonico. Può darsi che morisse in nau- fragio; un tale racconto determinò quell’ ode di Ho- RATIUS che appunto a lui si riferisce (II). Degli scritti e delle speciali teorie di PHILOLAOS thagorae inventa perdisceret, eumque et cum Ar- chyta Tarentino et cum Timaeo Locro multum fuisse et Philolao commentarios esse nanctum, cumque eo tempore in iis locis Pythagorae nomen vigeret, illum se et hominibus Pythagoreis et studiis illis dedisse ». (11) È interessante riportare l ode di Horarius (I, 28) anche per quello che, pungendola con la satira, il poeta dice della metempsicosi : Un marinaio approda, sembra, al punto dove ο᾽ era la tomba di ArcHvTASs, perito in un naufragio. O te, esclama egli, che misurasti persino tutti i granelli di sabbia della spiaggia, quanta poca terra ora ti copre! Nè ti giova con la tua immaginazione aver percorse le vie del cosmo ed indagato le sfere celesti! Ed è morto anche il tuo PyrHacoras (Panthoiden) che prima aveva animato il corpo di EupneRBOs figlio di PANTHOS, che combattè nella guerra troiana ! Tutti moriamo, caro mio, solamente varia il genere di morte! A questo punto l’ ombra insepolta di un naufrago, interrompendo i pensieri e l’invocazione del marinaio, chiede per mercè un pugno di sabbia che lo rico- pra e gli permetta di godere alfine di un riposo negato alle anime degli insepolti : Te maris et terrae numeroque carentis arenae mensorem cohibent, Archyta, pulveris exigui prope litus parva Matinum munera, nec quicquam tibi prodest aerias temptasse domos animoque rotundum percurrisse polum morituro. Occidit et Pelopis genitor, conviva deorum, Tithonusque remotus in auras et Iovis arcanis Minos admissus, habentque Tartara Panthoiden iterum Orco demissum, quamvis clipeo Troiana refixo tempora testabus nihil ultra 222 Archytas II, - 652: e di ARCHYTAS parleremo più avanti (12). Ora, dopo esposto il carattere generale delle teorie e della filosofia pytha- gorica, esporremo in modo generale le scoperte fatte in seno alla scuola, per esaminare poi a parte ciò che hanno compiuto alcuni suoi membri, o quello che abbiamo po- nervos atque cutem morti concesserat atrae, iudice te non sordidus auctor naturae verique. Sed omnes una manet nox et calcanda semel via leti. Dant alios Furiae torvo spectacula Marti, exitiost avidum mare nautis ; mixta senum ac iuvenum desentur funerea, nullum saeva caput Proserpina fugit : me quoque devexi rabidus comes Orionis Illyricis Notus obruit undis. At tu, nauta, vagae ne parce malignus arenae ossibus et capiti inhumato particulam dare : sic, quodcumque minabitur Eurus iluctibus Hesperiis, Venusinae plectantur silvae te sospite, multaque merces, ande potest, tibi defluat aequo ab Iove Neptunoque sacri custode Tarenti. Neglegis inmeritis nocitarum postmodo te natis fraudem conmitere ? Fors et debita iura vicesque superbae te maneant ipsum : precibus non linquar inultis teque piacula nulla resolvent. Quamquam festinas, non est mora longa ; licebit ìniecto ter pulvere curras. (12) Una vita di ArcHyTAs dovuta ad un nostro cin- quecentista è quella di BernARDINO BALDI (1553-1617). Essa si trova in una raccolta dello stesso autore di Vite di Mate- matici italiani.[Vedila Bibliografia nell’Appendice]. Questa Κ 116, naturalmente, è interessante in quanto che è scritta nel periodo del nostro rinnovamento delle scienze. Dal lato sto- rico particolare, relativo direttamente ad. ARcHYTAS, essa poco ci offre di sicuro, mentre abbonda di favole. II. - ὃ 2. Za scuola pythagorica nella scienza greca 223 tuto rilevare da scrittori estranei che hanno risentito una forte influenza dalle dottrine suddette (13) (14). (13) Verso la fine di questo capitolo parlo delle dottrine di ALKMAI©N (ὃ 11). La dottrina cosmogonica detta di P ἢ i- lolaos è esposta nel $ 9; alcune delle altre teorie di PHiLoLaos ed ArcHvras, nel $ 12. Quelle riguardanti le teorie musicali saranno accennate nell’appendice I. Intorno a quello che c’ è di pythagorico in ParMmENIDES ed in Em- PEDOKLES tratto rispettivamente nel capitolo degli Eleati (Cap. III) ed in quello successivo (Cap. IV). (14) Prima di procedere oltre bisogna che esponga le ragioni per le quali ho preso in esame nello stesso capitolo PyrHacoras e l'antica scuola pythagorica, seb- bene le opinioni attuali sui rapporti fra il primo e la seconda, per quello che riguarda le cognizioni scientifiche, siano molto varie, e sebbene la scuola si estenda fino ad un’ epoca molto posteriore a quella della maggior parte dei pensatori dei quali dovremo occuparci nei capitoli immediatamente successivi. Per molte valide ragioni, quindi, nei tempi moderni molti storici (cito in particolare il WinpeLBAND) hanno comin- ciato a considerare a parte PyTHAGORAS, ed a trattare della scuola pythagorica dopo avere esaminato l’ opera di HeraKLEITOs, della scuola di Elea, di EmpEDpoKLES e di Anaxacoras. Pur riconoscendo come sotto un certo punto di vista questo nuovo uso sia ben giustificato, ho pre- ferito trattare della scuola pythagorica subito dopo la scuola ionica, e ciò per le seguenti ragioni. Il movimento scientifico iniziato da PyTHAGORAS, per quanto eventualmente possa essere piccolo il contributo per- sonale del fondatore della confraternita, si svolge con con- tinuità in tutto quel lungo periodo che dall’ antico saggio arriva fino ai tempi di PHiLoLaos e di ArcHyTASs, cioè a quelli di Praron. Le idee che troviamo svolte nei due py- thagorici ora rammentati non ci rappresentano in gran parte se non la somma del lento accrescersi delle conoscenze nei filosofiitalici. Inoltre dobbiamo considerare Par- MENIDES, EmpepoKLES ed altri pensatori notevoli come di- pendenti in parte non piccola dalla scuola pythagorica. Per 224 La scuola pythagorica nella scienza greca 11. - $ 2. questa ragione è bene conoscere dapprima il carattere gene- rale della scuola per potere di poi valutare nel modo più giu- sto possibile, dato il materiale del quale disponiamo, la mi- sura nella quale i pensatori ne dipendono e se ne discostano. Per quello che si riferisce al sistema astronomico detto di PHÙiroLaos, io credo che esso abbia un’ origine più remota di quello che si potrebbe arguire attribuendolo senz’ altro al pensatore del quale esso porta il nome. Se stimiano che esso si trovasse ai suoi primi inizî nell’ epoca circa di Par- MENIDES, e se osserviamo che esso non ha avuto influenza su altri pensatori presokratici, possiamo senza alcun incon- veniente trattarne sia avanti che dopo la scuola di Elea, EmpeDokLES ed Anaxacoras. Bisogna pensare appunto che entro la scuola e nei circoli ad essa vicini, non solo le teo- rie astronomiche, ma tutte le altre si sviluppassero per varî indirizzi paralleli, in modo che nell’ esame di questo svi- luppo è impossibile, dato anche che i documenti lo permet- tessero, tenere un rigoroso ordine cronologico. Per non spez- zettare poi troppo la narrazione ho riferito qui anche quello che si riferisce agli ultimi pythagorici, come ad esempio AR- cuyras. Ma anche per questo ho rimandato alcuni teoremi matematici al capitolo nel quale prendo in esame lo sviluppo completo della matematica prearistotelica. Per tutte queste ragioni e perchè, come ho anche detto, è impossibile seguire in questi tempi un puro criterio crono- logico, ho preferito trattare subito dei py thagorici, esponendo così lo svolgimento di una parte speciale del pen- siero scientifico, parte però che, conosciuta, può portare molta luce nell’ esame dell’ altra svoltasi contemporaneamente. Salvo poi qualche breve accenno, tratterò dell’ antica medicina, anche se se ne trovano accenni in pytha- gorici, nel capitolo a questa destinato. $ 3. IL FONDAMENTO MISTICO, ETICO, RELIGIOSO, DELLA CONFRA- TERNITA PYTHAGORICA. — METEMPSICOSI, TEORIA DEI NUMERI, E TABELLE DI OPPOSIZIONI. La confraternita pythagorica, come abbia- mo visto, aveva nel suoi primi tempi uno scopo p 0- litico; essa tendeva di fare giungere la setta al go- verno delle varie città della Magna Grecia, ed a dare a queste una costituzione di carattere nettamente aristocratico. Ma oltre questo scopo essa aveva un fon- damento religioso e mistico che si accentuò fortemente sia per la natura del suo fondatore, sia an- che per i rovesci subiti dalla comunità pythagorica nella sua azione politica. Le influenze che, oltre il carattere e l’ azione perso- nale del fondatore, giunsero a dare uno speciale carat- tere alla confraternita pythagorica sono molteplici. Dob- biamo anzitutto ricordare le società orphiche, che erano sorte numerose nel mondo hellenico, e che ave- vano molti punti di contatto colla confraternita pytha- gorica, quali i misteri, la celebrazione segreta di certi sacrifici simbolici, le regole di vita imposte agli adepti e le prescrizioni riguardanti i cibi e le bevande (1). I se- guaci della setta pythagorica, specialmente nei primi tempi, nei quali più forte agivano su di essa i sentimenti religioso ed etico, facevano vita comune, sedevano alla stessa mensa, praticavano la comunione dei beni. Le regole, sembra, non erano imposte ai fratelli, ma prati- (1) Vedi in particolare il Gomperz, Grieschische Den- ker, I, libr. I, Cap. 2-5. MIELI I un 226 Influenze orphiche, indiane, etc. IL. 902) cate solamente da volontarî. Solamente con grandi dif- ficoltà e con una scelta accurata erano nella confrater- nita ammessi i neofiti, e sulle cose interne era serbato il più rigoroso segreto; questo si estendeva anche ad alcune dottrine scientifiche. Anche i misteri egiziani ed orientali che 51 incominciavano a conoscere meglio in quei tempi in Grecia, e che influirono pure sul pensiero del solitario saggio di Ephesos, HERAKLEITOS, devono avere con- tribuito potentemente a formare l’ animo del fondatore e dei suoi primi adepti, e non sono nemmeno da esclu- dersi a priori alcune influenze indiane, sia su Py- THAGORAS stesso, sia sul mondo hellenico di allora, e che avrebbero contribuito a dare alla setta, oltre minori dot- trine, una delle credenze per essa fondamentali, cioè quella nella metempsicosi (2). Secondo questa l’anima umana solo temporaneamente è legata al proprio corpo ; prima di nascere e dopo la morte essa è stata e sarà legata ad al- tri corpi (3) sia di animali, sia di piante, e ciò secondo i meriti od i demeriti acquistati nella vita precedente. Lo stadio finale sarà la liberazione completa dai corpi, (2) Sulla questione delle influenze orientali, ed indiane in particolare, sulle dottrine pythagoriche sarà trattato a lungo in un volume a parte, come risulta dal mio programma di lavoro esposto nell’ Introduzione. (3) Testimonianza antichissima sulla teoria della τὰ e- tempsicosi presso i pythagorici sono alcuni versi sa- tirici di XenopHANES (vedi Cap. III, $ 1). PrILoLAOS dice espressamente (Diels, fr. 14) in un passo riportato da KLE- MES d’Alexandria (Strom. III, 17), che gli antichi teologi affermano che l’ anima è congiunta col corpo come per pu- nizione e legata a lui come in una tomba: μαρτυρέονται δὲ καὶ οἱ παλαιοὶ θεολόγοι τε καὶ μάντιες, ὡς διά τινὰς τιμωρίας ἃ ψυχὰ τῷ σώματι συνέζευκται καὶ καθάπερ ἐν σώματι τούτῳ τέθαπται — e PLatoN nel Gorgias (493), ci conferma la stessa cosa. ArRistorELES ci parla della m e - tempsicosi come di cosa dei pythagorici (de 115 φῦ τὶ La metempsicosi 227 stadio che essa non può raggiungere che mediante una vita buona e cara agli dèi. Da questa credenza fonda- mentale derivano, sia parecchie conseguenze pratiche ri- guardanti proibizioni varie, come quella di uccidere gli animali e di mangiarne la carne (4), sia quelle che con- siderano necessario lo stabilire una rigida morale pratica che serva a condurre celermente l’anima alla sua com- pleta liberazione. I comandamenti di questa morale furon raccolti in una serie di precetti che la posterità volle poi vedere espressi in quei versi d’oro (χρυσᾷ παραγ- γέλματα) che furono per lungo tempo e senza il minimo dubbio in proposito attribuiti a PYTHAGORAS (5). Ma non è quì il caso però di addentrarsi in tali que- stioni che non hanno direttamente che fare col pen- siero scientifico. La credenza religiosa nella metempsi- cosi, pure essendo la base fondamentale del pythagorismo, come religione, non ebbe peraltro influenze notevoli sulle rimanenti dottrine che rivestivano un carattere scienti- fico. Queste invece furono potentemente influenzate dalla così detta feoria dei numeri, che passo brevemente ad esporre. an. I, 3): ot δὲ μόνον ἐπιχειροῦσι λέγειν ποῖόν τι ἣ ψυχῆ, περὶ δὲ τοῦ δεξομένου σώματος οὐθὲν ἔτι προσδιορίζουσιν, ὥσπερ ἐνδεχόμενον κατὰ τοὺς Πυθαγορικοὺς μύθους τὴν τυχοῦσαν ψυχὴν εἰς τὸ τυχὸν ἐνδύεσθαι σῶμα. Tutte le testimonianze antiche più recenti concordano indiscutibilmente nell’attribuire a PyrHAGORAS ed ai py- thagorici la dottrina della metempsicosi. (Vedi anche l’ ode di Horarivs citata nel paragrafo precedente (n. 11) a proposito di ARcHYTAS). (4) E che ritroveremo in EmPEDOKLES. (5) S. Girolamo, C. Rufum: «Cuius anima sunt illa χρυσᾶ παραγγέλματα Nonne Pythagorae?» — Le massime certo hanno però un substrato che deriva dalla scuola pythagorica, o da imitazioni poste- riori. 228 Il numero IL SE i Il fondamento di tutta la dottrina pythagorica ri- posa su questa affermazione: IL NUMERO È L'ES- SENZA DI TUTTE LE COSE. La testimonianza di ARISTO- TELES (6) su questo argomento è chiara e categorica, e tutte le antiche fonti ce lo ripetono ; la dottrina intiera istessa si vede dominata da questa idea. Un frammento ri- mastoci di PHILoLAOS ci dà ancora la più antica asserzione di questo modo di sentire (7): « Tutto ciò che si può conoscere ha un numero. Senza di questo nulla si può comprendere o conoscere ». A questo punto, però, sorge una questione : come si deve intendere l’ affermazione precedente ? Sono i nu- meri gli elementi ultimi che formano le diverse sostanze, i diversi corpi, che quindi sono composti dai numeri stessi, oppure i fenomeni naturali, tutte le cose che vediamo, sono ordinati secondo certi rapporti che quindi possono espri- mersi con numeri ? Ambedue le opinioni sono state emesse, (6) Arist., metaph. 1, 5: ἐν dè τούτοις καὶ πρὸ τούτων oi καλούμενοι Πυθαγόρειοι τῶν μαθημάτων ἁψάμενοι πρῶτοι ταῦτα προήγαγον, καὶ ἐντραφέντες ἐν αὐτοῖς τὰς τούτων ἀρχὰς τῶν ὄντων ἀρχὰς φήθησαν εἶναι πάντων. ἐπεὶ δὲ τούτων οἱ ἀριθμοὶ φύσει πρῶτοι, ἐν δὲ τοῖς ἀριθμοῖς ἐδόκουν θεωρεῖν ὁμοιώματα πολλὰ τοῖς οὖσι καὶ γιγνομένοις, μᾶλλον 7) ἐν πυρὶ καὶ γῇ καὶ ὕδατι, ὅτι τὸ μὲν τοιονδὲ τῶν ἀριθμῶν πάθος δικαιοσύνη, τὸ δὲ τοιονδὶ ψυχὴ καὶ νοῦς, ἕτερον δὲ καιρὸς καὶ τῶν ἄλλων ὡς εἰπεῖν ἕκαστον ὁμοίως ᾿ ἔτι δὲ τῶν ἁρμονιῶν ἐν ἀριθ- μοῖς ὁρῶντες τὰ πάθη καὶ τοὺς λόγους, ἐπειδὴ τὰ μὲν ἄλλα τοῖς ἀριθμοῖς ἐφαίνετο τὴν φύσιν ἀφωμοιῶσθαι πᾶσαν, οἱ δ᾽ ἀριθμοὶ πᾶσης τῆς φύσεως πρῶτοι, τὰ τῶν ἀριθμῶν στοιχεῖα τῶν ὄντων στοιχεῖα πάντων εἶναι ὑπέλαβον, καὶ τὸν ὅλον οὐρανὸν ἁρμονίαν εἶναι καὶ ἀριθμόν. (7) (Diels, fr. 4): καὶ πάντα Ya μὰν τὰ γιγνωσχό- μενα ἀριθμὸν ἔχοντι ᾿ οὐ γὰρ οἷόν τε οὐδὲν οὔτε νοηθῆμεν οὔτε γνωσθῆμεν ἄνευ τούτου. Il. - $ 3. Zpythagorici e le loro teorie sut numeri 229 e già a partire dall'antichità. Anche ARISTOTELES ci espri- me su questo punto le opinioni più diverse ; egli in alcuni passi ci afferma che secondo i pythagorici i numeri sono proprio le ultime cose che compongono i corpi, mentre non lo sono il fuoco, la terra, l’acqua (8) e nello stesso tempo ci dice che i numeri sono componenti delle cose anche dal lato formale (9). Il frammento sopra ri- portato di PHIiLoLAOoS, mi sembra, concorda esso pure con questa asserzione. In altri passi ARISTOTELES ci dice invece che i pythagorici, avendo osservato la 50- miglianza fra le cose ed i numeri, ritennero che quelle fossero fatte a somiglianza di questi (ΤΟ). A me sembra anzitutto, che in tal modo la que- stione non è bene posta, e che, prima di cercare di ri- solverla, si debba invece domandarsi se è possibile, ri- ferendosi ai fondatori della dottrina pythagorica, porre la questione stessa coll’ intenzione di risolverla netta- mente. Per rispondere a questa nuova domanda dob- biamo fare alcune brevi considerazioni. Come vedremo nei prossimi paragrafi, tanto il mezzo leggendario fondatore della scuola, quanto i suoi primi e più intimi adepti, si occuparono a fondo di matematica, (8) Vedi la nota 6. Anche metaph. XIII, 6: καὶ οἱ ΠΠυθαγόρειο! δ᾽ ἕνα, τὸν μαθηματικὸν [ἀριθμὸν], πλὴν οὐ κεχωρισμένον ἀλλ᾽ ἐκ τούτου τὰς αἰσθητὰς οὐσίας συνεστάνα! φάσιν. τὸν γὰρ ὅλον οὐρανὸν κατασκευάζουσιν ἐξ ἀριθμῶν, πλὴν οὐ μοναδικῶν, ἀλλὰ τὰς μονάδας ὑπολαμβάνουσιν ἔχειν μέγεθος * ὅπως δὲ τὸ πρῶτον ἕν συνέστη ἔχον μέγεθος, ἀπορεῖν ἐοίκασιν. — XIII, 8: τὸ δὲ τὰ σώματα ἐξ ἀριθμῶν εἶναι συγκείμενα καὶ τὸν ἀριθμὸν τοῦτον εἶναι μαθηματικὸν, ἀδύνατόν ἐστιν. etc. Confr. anche XIV, 3. (9) Metaph. I, 5: φαίνονται δὴ καὶ οὔτοι τὸν ἀριθμὸν νομίζοντες ἀρχὴν εἶναι καὶ ὡς ὕλην τοῖς οὖσι καὶ ὡς πάθη τε καὶ ἕξεις. (10) Metaph., I, 6: τὴν δὲ μέδεξιν (la partecipazione delle cose alle idee, secondo PLATON) τοὔνομα μόνον μετέ- βαλεν * οἱ μὲν γὰρ Πυθαγόρειοι μιμήσει τὰ ὄντα φασὶν εἶναι τῶν ἀριθμῶν, Πλάτων δὲ μεθέξει. 230 Inumeri quali essenza 0 quali modello delle cose 1]. -$ 3. delle diverse proprietà e qualità dei numeri, e dei pro- blemi geometrici più complicati per quell’ età. Può darsi che PyTHAGORAS prendesse l’ ispirazione dalle prime conoscenze portate in Ionia da THALFS, e che raffor- zasse le sue conoscenze nei suoi numerosi viaggi presso i popoli di una civiltà più antica, e presso i quali, sap- piamo, notevoli problemi matematici erano già stati risolti. le diverse proprietà misteriose dei numeri, che si po- tevano sempre aumentare di quantità e d’ altra parte dividere continuamente senza che si potesse vedere se e dove la loro aumentabilità o la loro divisibilità avreb- bero potuto cessare ; la risolubilità delle varie figure in punti, numerabili insieme ed innumerevoli, e l’ovvia per quanto falsa opinione che con questo mezzo si po- tessero ricostruire le figure stesse ; le regole belle, sem- plici ed eleganti, infine, per mezzo delle quali si ottene- vano effetti e risultati quasi meravigliosi, devono aver spinto questi uomini, dal carattere altamente mistico ed immaginoso, ed in un periodo nel quale in questo campo non potevano esistere idee nette e chiare, a sentire un' af- finità profonda fra i numeri e le figure geometriche e fra questi anche e la bellezza, l’ordine del crea- to (II); fra i numeri infine e le cose stesse. Alcuni fatti, come quelli osservati sulle corde armoniche, possono avere potentemente influito a rafforzare questo sentimento che si affermava poi in altre teorie di carattere puramente sentimentale ed estremamente indeciso. Da principio, così, non poteva dirsi quale fosse, razionalmente, il le- game che veniva stabilito fra le varie cose o fenomeni. Ma questo legame, col procedere degli studî, sempre più si riaffermava, in quanto che qualunque fossero i punti di vista sotto i quali i fenomeni venivano esaminati, si trovavano sempre da esprimere delle regole numeriche. 1 punti, o le unità che avevano una posizione nello spazio, e che, pur non avendo una massa ne dovevano, (11) La parola κόσμος, ornamento, nel significato di mondo, fu probabilmente introdotta dai pythagorici nel linguaggio astronomico. Π.- 5.32. Znumeri quali essenza 0 quali modello delle cose 231 per le conseguenze che ne traevano, possedere una (con- tradizione questa che allora non solo non era percepita dai pythagorici, ma che, nei primi tempi, forse, non era nemmeno percepibile ; contradizione però che ve- niva così a minare nelle sue basi la dottrina tutta, come ci viene sicuramente attestato dai logo? famosi di ZENON), i punti, dico, che potevano formare mediante una loro opportuna disposizione le figure ed i corpi geo- metrici, formavano evidentemente anche i corpi fisici ; quindi l unità è l’ essenza di ogni cosa. Anzi i più sem- plici corpi geometrici, cioè le prime riunioni dell’ unità, non erano che gli elementi primordiali con i quali poi a loro volta erano formati i corpi ordinarî. Così, a suo tempo, si arrivò all’identificazione dei quattro poliedri rego- lari conosciuti con i quattro elementi, e più tardi a quella del quinto con l’etere. Così le corde armoni- che dividendosi secondo la successione dei numeri, da- vano i suoni grati all’ udito, sia nella loro successione che nel loro eventuale accordo. £ evidente quindi che i fenomeni sono regolati dai numeri, e che essi stessi non sono che numeri. Ed i numeri si devono cercare in tutto ; nello stu- dio della distanza dei pianeti, e nell’ esame delle compo- sizioni musicali, nella fisica e nell’ etica. È ben noto come sia cosa oltremodo comune presso tutti 1 popoli primitivi, ed anche quelli civilizzati, di tro- vare proprietà recondite in dati numeri che o compa- riscono più di frequente o si ritrovano in certi fenomeni singolari e quindi più facilmente possono essere notati. Tutti sanno che i numeri 3 e 9 ed il numero 7 hanno avuto attribuzioni particolari e singolari. Nella magia, nel misteri, poi, ed in tutte quelle operazioni che devono serbare alcunchè di arcano e di sopranaturale, l’ oscura influenza dei numeri non è mai mancata. PYTHAGORAS ed i pythagorici, quindi, a dire il vero, non hanno portato nulla di essenzialmente nuovo con la loro teoria, essi hanno solamente sviluppato al più alto grado questa mistica ; e così, oltre attribuire un significato speciale alle opposizioni che possono trovarsi nel numero 2 (cop- pie di opposizioni), hanno tra l’altro attribuito al nu- 232 La potenza del numero dieci IL. 67g: mero Io speciali e portentose proprietà, come si può anche riconoscere dal passo seguente, mistico ed ispi- rato, che si ritrova in un altro frammento di PHILOLAOS che ci è stato conservato (12): «L'azione e la natura del numero bisogna osser- varla nella forza che è riposta nel numero dieci; essa infatti è grande, tale da portare tutto a compimento, ed a fare qualunque opera, e principio e guida di ogni vita divina, celeste ed umana. Essa prende parte #*** la forza del numero dieci. Senza di questo tutto sarebbe indefinito, indeterminato ed oscuro. Poichè la natura del numero fa conoscere, conduce ed ammaestra in ogni e qualunque cosa che sia dubbia o sconosciuta. Poichè nulla delle cose sarebbe chiaro ad alcuno, nè in rapporto a sè stessa, nè in rapporto alle altre, se non ci fosse il numero e la sua essenza. Così invece essa nella psiche rende tutte le cose in armonia con ciò che percepiamo con i sensi e le rende conoscibili ed in correlazione l’ una a l’ altra secondo la natura del gnomone, in quanto che essa dà loro corpo, e divide i rapporti delle cose finite ed infinite. Tu puoi vedere in azione la natura del numero e la (12) Diels, fr. 11): θεωρεῖν δεῖ τὰ ἔργα xat τὴν οὐσίαν τῶ ἀριθμῶ καττὰν δύναμιν ἅτις ἐστὶν ἐν τά δεκάδι: μεγάλα γὰρ καὶ παντελὴς καὶ παντοεργὸς καὶ θείω καὶ οὐρανίω βίω καὶ ἀνθρωπίνω ἀρχὰ καὶ ἁγεμὼν χοινωνοῦσα ##* δύναμις καὶ τᾶς δεκάδος. ἀνέυ δὲ τούτας πάντ᾽ ἄπειρα χαὶ ἄδηλα καὶ ἀφανῆ. γνωμικὰ γὰρ ἁ φύσις ἁ τῶ ἀριθμῶ καὶ ἡγεμονικὰ χαὶ διδασκαλικὰ τῷ ἀπορουμένω παντὸς καὶ ἀγνοουμένω παντί. οὐ γὰρ ἧς δῆλον οὐδενὶ οὐδὲν τῶν πραγμάτων οὔτε αὐτῶν ποθ᾽ αὑτὰ οὔτε ἄλλω πρὸς ἄλλο, εἰ μὴ ἧς ἀριθμὸς καὶ d τούτω οὐσία. νῦν δὲ οὗτος καττὰν ψυχὰν ἁρμόζων αἰσθήσει πάντα γνωστὰ καὶ ποτάγορα ἀλλάλοις κατὰ γνώμονος φύσιν ἀπεργάζεται σωματῶν καὶ σχίζων τοὺς λόγους χωρὶς ἑκάστους τῶν πραγμάτων τῶν τε ἀπείρων καὶ τῶν περαινόντων. ἴδοις δὲ xa οὐ μόνον ἐν τοῖς δαιμονίοις καὶ θείοις 1R=S- 3: Philolaos e la potenza dei numeri 233 sua forza, non solamente nelle cose demoniche e divine, ma anche in tutte le opere ed in tutti i ragionamenti degli uomini, ed in tutte le pratiche applicazioni e nella musica. La natura del numero e l’ armonia non possono ac- cogliere in sè alcunchè di falso. Poichè in questo non può essere insito il numero. Il falso e l'invidia ap- partengono alla natura dell’ infinito, dell’ inconcepibile, dell’ irragionevole. Ma il falso non penetra mai nel numero, poichè alla natura di questo il falso è irriconciliabile nemico. La Verità, invece, è per nascita familiare al numero e cre- sciuta insieme a lui». Premesso tutto ciò, e resici ragione della parte che i numeri hanno esercitato nelle dottrine pythagoriche, io credo che sia inutile, assurdo anzi, volere discutere se i numeri erano per esse l'essenza od i modelli delle cose. Essi erano l’ una e gli altri ; e il movente che li spingeva ad ammettere ciò, non era qualche cosa di vo- .luto in seguito ad una serie di ragionamenti e di osser- vazioni, ma una parte del loro sentimento mistico, de- terminato forse e rafforzato certamente, da alcune coin- cidenze singolari. Ai tempi successivi spettava analiz- zare questo sentimento, e distinguendo, scegliendo e ri- gettando, contribuire al progresso del pensiero nel senso dell’ applicazione della matematica ai fenomeni. Del resto vedremo assai spesso formarsi teorie, e progredire conseguentemente la scienza, in seguito ad πράγμασι τὰν τῶ ἀριθμῶ φύσιν καὶ τὰν δύναμιν ἰσχύουσαν, ἀλλὰ καὶ ἐν τοῖς ἀνθρωπιχοῖς ἔργοις καὶ λόγοις πᾶσι παντὰ χαὶ κατὰ τὰς δημιουργίας τὰς τεχνικὰς πάσας καὶ κατὰ τὰν μουσικάν. Ψεῦδος δὲ οὐδὲν δέχεται ἃ τῶ ἀριθμῶ φύσις οὐδὲ ἁρμονία * οὐ γὰρ οἰκεῖον αὐτοῖς ἐστι. τᾶς τῶ ἀπείρω καὶ ἀνοήτω καὶ ἀλόγω φύσιος τὸ ψεύδος καὶ ὁ φθόνος ἐστί. ψεῦδος δὲ οὐδαμῶς ἐς ἀριθμὸν ἐπιπνεῖ * πολέμιον γὰρ καὶ ἐχθρὸν τὰ φύσει τὸ ψεῦδος, ἁ δ᾽ ἀλήθεια οἰκεῖον καὶ σύμφυτον τὰ τῶ ἀρυθμῶ γενεᾷ. 234 Criterî ordinativi numerici Il: = ΟΣ idee vaghe ed a sentimenti metafisici o religiosi. La forma così raggiunta, al contatto della realtà, con l’ osserva- zione e la previsione, si modifica e si rettifica, e spesso raggiunge la maggiore certezza alla quale possiamo arri- vare, sia sotto la cosidetta forma di legge empi- rica, immediatamente desunta dai fatti, sia sotto quella di legge naturale e generale che regola un insie- me grande di fenomeni, e che solo indirettamente viene verificata. Addentrarci nella mistica pythagorica dei numeri non è qui conveniente. Anzitutto troppe cose vaghe e senza alcun fondamento si sono dette sul conto di questa dot- trina, sia dagli antichi svisati nei loro giudizî dai n e ο- pythagorici e dai neoplatonici, sia da molti moderni che, pur non avendo la benchè minima base per poterla in alcun modo ricostruire, hanno cercato di esporla in tutti i suoi più minuti particolari. Quella parte poi che eventualmente ha influito sulle singole dottrine scientifiche, sarà rilevata nei paragrafi seguenti. Prima di chiudere queste considerazioni rammen- tiamo quì ancora una volta, rimandando per un ulteriore sviluppo della questione a più innanzi, come nella scuola pythagorica uno dei criterî ordinativi princi- pali fosse quello di stabilire, nelle cose osservate, delle coppie nelle quali i due membri fossero in contrasto fra di loro. Queste coppie, in numero indefinito dapprima, per la mistica del numero dieci vennero più tardi a formare ta- belle di opposizioni composte da dieci coppie di elementi contrarî e nelle quali tutti i membri da una parte e tutti quelli dell’ altra presi insieme dovevano avere legami di affinità ; affinità questa che, in conseguenza dell’ indirizzo fondamentale mistico, poteva anche significare identità. Nel prossimo paragrafo riporto una di queste tabelle quale ci è stata tramandata da ARISTOTELES ; dobbiamo credere però che ne dovessero esistere diverse di tal genere, ed anche abbastanza differenti fra di loro. Il. - $S 3. Le triadi di Ion i 235 Notiamo infine come del resto questo ordinamento per coppie o secondo altri aggruppamenti non è raro nei sistemi primitivi. Fra i pythagorici stessi si possono osservare anche gruppi ternarî (triagmi d’ EPIGENES e di Ion di Chios) (13), che si ritrovano ancora fra i bardi della Cambria; gruppi qua- ternarî (undici in THEON di Smyrnai), come si tro- vano nei Proverbo di SALOMONE. Si citano ancora gruppi formati da un numero maggiore di membri (14). (13) Ἴων Χῖος, ci racconta Suipas, τραγικὸς καὶ λυρικὸς χαὶ φιλόσοφος, υἱὸς ᾿Ορθομένους, ἐπίκλησιν δὲ Ξούθου. ἤρξατο δὲ τὰς τραγῳδίας διδάσχειν ἐπὶ τῆς πβ΄ ὀλυμπιάδος [452-449]. δράματα δὲ αὐτοῦ ιβ΄, οἱ δὲ λ΄, ἄλλοι δὲ μ' φασίν. HarpogratIoN (un platonico eclettico del II sec. d. Chr.) parlando αἱ Iòxn (vedi Diels, 25 A, I ‘e B, 1) e ricordando il suo scritto Tprayw6vy, ce ne ri- porta un frammento importante : ἀρχὴ δέ por τοῦ λόγου " πάντα τρία καὶ οὐδὲν πλέον ἢ ἔλασσον τούτων τῶν τριῶν * ἑνὸς ἑκάστου ἀρετὴ τριάς * σύνεσις καὶ χράτος καὶ τύχη. Ion nei Triagmoi ricollegava PyTHAGORAS ad Or- PHEOS (Diog. VIII, 8): Ἴων δὲ ὁ Χῖος ἐν τοῖς Τριαγμοῖ φησιν αὐτὸν [PyrHAGORAS] ἔνια ποιήσαντα ἀνενεγχεῖν e ᾽Ορφέα. Per la sua predilezione per le triadi venne detto che ΤῸΝ riconoscesse tre elementi (PHILOPONOS in de gen. et corr. Ρ. 207): πὺρ μὲν καὶ γὴν Παρμενίδης ὑπέθετο, ταὐτὰ δὲ μετὰ τοῦ ἀέρος Ἴων ὁ Χῖος ὁ τραγῳδοποιός, "Ep rredoxA fc δὲ τὰ τέσσαρα ὑπέθετο. (14) Per quello che riguarda i gruppi settenari in un antico scritto ionico vedi il Cap. I, $ 10. 8.4. SVILUPPO DI CONCETTI ARITMETICI NELLA SCUOLA PYTHA- GORICA. DIVERSE SPECIE DI NUMERI. Dopo aver tratteggiato i fondamenti mistici della scuola pythagorica, passiamo ad esaminare bre- vemente il lavoro ad essa attribuito nel campo scienti- fico cominciando dalle matematiche. Dato lo stato attuale delle nostre conoscenze e considerato anche il carattere peculiare della confraternita, non possiamo, salvo casi particolari, attribuire a date persone le sin- gole scoperte o proposizioni, ma dovremo considerare Τ᾿ insieme delle conoscenze che sono state attribuite alla scuola pythagorica, e che si sono sviluppate in essa dal- l’ origine fino ai tempi di PLATON. Se nel fare ciò siamo costretti a parlare di cose avvenute in tempo successivo a quello di altri pensatori che dovremo considerare nel seguito di quest’ opera, l’ inconveniente non sarà troppo grave, data l’ impossibilità di scindere le varie fasi della scuola pythagorica, e la forma di scuola chiusa e per- fettamente differenziata dall’ esterno che essa mantenne fino all’ epoca su rammentata. Credo poi conveniente di esporre dapprima l’ insieme delle teorie che possono es- sere attribuite agli antichi pythagorici e che rilevano bene le caratteristiche della scuola. Più avanti poi esa- mineremo in particolare quelle di alcuni speciali pen- satori che possono darci alquanta luce, benchè assai piccola, sull’ evoluzione del pensiero pythagorico. Dello svolgimento delle teorie matematiche nel loro complesso fino a PLATON parleremo nel volume successivo. Abbiamo già mostrato come, dato il carattere mi- stico della scuola, il simbolismo dei numeri fosse probabilmente dovuto agli studî matematici; è certo ie La tabella delle opposizioni 237 poi che, per un insieme di fattori, l’ attenzione della scuola doveva essere in modo speciale portata ad esa- minare la natura dei numeri stessi e le caratteristiche di alcune delle classi che essi formano. La ben nota tabella citata da ARISTOTELES (I) ci mostra chiaramente fino a quale punto essi giungessero in questo esame. Prima di procedere oltre riporto integralmente la tabella dei contrarî pythagorici, quale appunto ci venne tramandata dallo Stageirita : I πέρας καὶ ἄπειρον limitato e illimitato 2 περιττὸν xal ἄρτιον dispari e pari ρ a x ΕΞ 5 3 ἕν xat πλῆθος uno e molteplice 4 δεξιὸν καὶ ἀριστερόν destro e sinistro 5 ἄρρεν καὶ θῆλυ maschio e femmina 6 ἠρεμοῦν καὶ κινούμενον inriposo e mosso di εὐθὺ καὶ καμπύλον dritto e curvo e 8 φῶς xa σκότος luminoso e oscuro 9 ἀγαθὸν καὶ κακόν buono e cattivo Ιοτετράγωνον χαὶ ἑτερόμηκες quadrato e heteromeko Possiamo agevolmente osservare come fra questi contrarî molti abbiano un carattere matematico, e, sia esclusivamente arit metico, sia anche geo- metrico. E da notarsi però, come sarà agevole os- servare in avvenire, che non solamente nella scuola pythagorica, ma anche in generale in tutta la ma- tematica greca, tutti i concetti aritmetici ci vengono quasi sempre presentati sotto una veste geometrica. Il gruppo 2 ci mostra intanto il contrasto fra i nu- meri ἄρτιοι ed i reptocot (2). Questa distinzione non era sfuggita agli egiziani; essa poi al tempo di (1) Methaph. I, 5. Vedi anche il $ ΤῚ n. 13 di questo capitolo nel quale il passo è riportato per intiero. (2) Questo fatto, come pure gli altri che rammenterò più innanzi, non si rilevano solamente dalla citata tabella dei contrari, ma da copiose antiche testimonianze. Per la distinzione fra pari e dispari abbiamo anche un frammento di PHiroraos (Diels, fr. 5): « ὅ ya μὰν ἀριθμὸς ἔχει. 238 Numeri pari e dispari II. - $ 4. PLATON era così immedesimata nelle idee comuni da es- sere già in uso il giuoco di «pari e dispari » (3). Ma i pythagorici non 51 limitarono a considerare senz’ altro queste due specie di numeri, ma, secondo la testimonianza di THEON (4), intrapresero con esse a formare delle serie limitate ed a considerarne la somma. Per queste serie essi usavano la parola ἔχκθεσις, mentre con ὅροι designavano i membri di essa. Fu- rono così considerate le serie di tutti i numeri intieri a cominciare dall’ unità fino ad un dato numero, quelle dei numeri dispari, e quelle dei numeri pari. La prima serie, con notazione moderna I nnt 1 1 -ἰ-2 -- 3 -ἰ- ο--------. n] δύο μὲν ἴδια εἴδη, περισσὸν καὶ ἄρτιον, τρίτον δὲ ἀπ᾽ ἀμφοτέρων μειχθέντων ἀρτιοπέριττον᾽ ἑκατέρω δὲ τῶ εἴδεος πολλαὶ μορφαί, ἃς ἕκαστον αὐταυτὸ σημαίνει ». A suo tempo riparleremo del concetto di numero pari- dispari. (3) Plat., Zysis, III: οἱ μὲν οὖν πολλοὶ ἐν τῇ αυλῇ ἔπαιζον ἔξω, οἱ δέ τινες τοῦ ἀποδυτηρίου ἐν γωνίᾳ ἠρτίαζον ἀστραγάλοις παμπόλλοις, ἐκ φορμίσκων τινῶν προαιρούμενοι. (4) Vedi l’opera di TuÙron nell’ edizione Teubner di Leipzig, curata dall’ HiLLER, pag. 27-37. In essa si parla a lungo delle varie specie di numeri, della loro formazione, etc. Essendo troppo lunga l’intiera citazione rimando al testo suddetto. Ivi si potrà, con molto interesse, esaminare il modo col quale i greci, elementarmente, trattavano certe que- stioni. Qui cito le sole frasi che si riferiscono ai numeri triangolari, quadrati ed heteromeki: γεννῶνται δὲ οἱ τρίγωνοι τὸν τρόπον τοῦτον | [ὥσπερ] οἱ ἐφεξῆς ἄρτιοι ἀλλήλοις ἐπισυντιθέμενοι κατὰ τὸ ἑξῆς ἑτερομήκεις ἀριθμοὺς ποιοῦσιν. - πάλιν δὲ οἱ ἑξῆς περισσοὶ ἀλλήλοις ἐπισυντιθέμενοι τετραγώνους ποιοῦσιν ἀριθμούς. — κατὰ ταὐτὰ δὲ ἂν μὴ μόνον τοῦς ἐφεξῆς ἀρτίον μηδὲ μόνον τοὺς ἐφεξῆς περισσούς ἀλλὰ xal ἀρτίους καὶ περισσοὺς ἀλλήλοις ἐπισυντιθῶμεν, τρίγωνοι ἡμῖν ἀριθμοὶ γεγήσονται. Il. - αὶ 4. Numeri triangolari, quadrati ed heteromeki 239 fornì loro colla sua somma i cosidetti numeri tria n- golari (ἀριθμοὶ ropryovor). L’ origine del nome è dato dal fatto che, disponendo come figura geometrica le singole unità che li formano, si può sempre ottenere un triangolo equilatero, e si può passare sempre dal triangolo che rappresenta uno di questi numeri a quello successivo aggiungendo al lato considerato come base una riga di unità (x) compren- dente un’ unità in più della base primitiva : I 3 6 IO IS [24 x (74 x x x XU x x x «x Co x x x x a x x x ΘΕ δὲ ΘΟ ua x aa cdAaAXAA Una origine analoga ha il nome dei numeri quadrati (τετράγωνοι) e quello degli heteromeki (ἑτερόμηκχκες) che definiamo più sotto; la cosa è dimo- strata in modo assai chiaro dagli schemi seguenti : I 4 9 16 25 x x x aaa α ἃ ἃ ἃ x XXX ἃ x x Aa XxX A aAaAAA caaaxaa a x x xaAAA A ALA XA a x XA x x da XX δὲ δῖ. X 2 12 20 30 x x axaXxA α δα α ἃ κααακχαᾶ κα χαακααᾶαδ κα a x «χα A cCAALAAA x XKOodXxOo Xx caAAA “ὠὰ A ἐ ἃ ἃ ἃ ἃ A xXAA κα caAXAXAÀAA “α κα ἃ ἃ Queste due specie di numeri erano fornite αἱ py- thagorici dalla serie dei numeri dispari e da quella dei numerì pari RI +n—-1)=n? dop +t2n=n(n+1) come è facile confrontare senz’ altro. I primi si possono infatti considerare come il prodotto di due numeri uguali 240 Numeri, punti e figure 1 ποὺς (area di un quadrato) gli ultimi come quello di due nu- meri che differiscono fra loro di un’ unità (area di ret- tangoli). L’ opposizione dei quadrati e degli heteromeki, come abbiamo visto, forma la decima coppia della ta- vola delle categorie. Prima di passare ad esaminare altre qualità di nu- meri conosciuti dai pythagorici, dobbiamo qui notare quale era forse la ragione per la quale questi antichi pensatori erano condotti nell’ esame di certe particola- rità dei numeri a considerare gli schemi geometrici che ci si presentano nei tipi dei numeri triangolari, di quelli quadrati e di quelli heteromeki. Come viene rilevato con molto acume dal TANNERY (5), questo fatto ha la sua origine nella credenza per la quale si riteneva che il mondo fosse come composto di numeri, ed ancora per la falsa concezione dell’ unità come di qualcosa che ha, in ultima analisi, un’ esistenza corporale. Secondo questa opinione il punto, che non era che l’ unità che aveva una posizione, veniva ad essere un elemento che formava i corpi ; facile quindi era pensare a certe disposiziomi spe- ciali di singole unità in modo da formare delle figure geo- metriche, che, secondo il pensiero primitivo, non ancora troppo sviluppato, si identificavano ben presto coi corpi fisici. Questo modo di vedere dette però luogo a delle contradizioni ben sensibili. Ed invero nè il punto ma- tematico può venire considerato come qualcosa che occupi lo spazio, nè le linee, le superficî o le figure solide si pos- sono ritenere come formati di punti. Ammettendo dun- que questi ultimi fatti si produsse necessariamente nelle idee una confusione che in tempi posteriori portò ad una disputa, che certamente durò a lungo, e nella quale la fase risolutiva è rappresentata dai famosi /ogo? di ZENON contro il movimento, e che esamineremo nel ca- pitolo degli Eleati (6). Si deve notare appunto che la (5) Pour la science bellène, (N. 34) p. 250. (6) Vedi il Cap. 3 di quest’opera. I logoî di ZENON sono una delle testimonianze più belle del fatto che i pytha- Il. - 4 Varie serie di numeri 241 4 concezione della geometria che primitivamente avevano i pythagorici, portava necessariamente con sè l’ incom- prensibilità delle quantità incommensurabili; ma queste, essendo state riconosciute ben presto dai py- thagorici, appunto per questo rimasero per lungo tempo nel sistema quale un impedimento ed un vero scandalo logico. > >» I pythagorici non si limitarono alle considerazioni aritmetiche sopra rammentate. Essi presero anche a for- mare nuove serie, ad es. quelle dei numeri quadrati. Sebbene la cosa sia implicita nella formula per la serie dei numeri dispari (7) è utile notare come disponendo sotto questa serie quella dei numeri dispari, comincian- dola da 3, si ottenevano, sommando rispettivamente i termini sovrapposti, i numeri quadrati successivi a quelli gorici avevano sul punto e sulle figure le idee che sopra ho affermato. (7) Una tale somma equivale ad aggiungere ad una somma ottenute con la serie dei numeri dispari, terminata ad un dato termine, il termine successivo, che veniva ad essere il gnomone (vedi appresso) del numero antecedente. Infatti Π 3:5. + (2η-- τὴ Ὁ (et) = + (rp) τορι} 1)" In tal senso ΤΉΕΟΝ di Smyrnai (p. 32) ci espone la regola: πάλιν δὲ οἱ ἑξῆς περισσοὶ ἀλλήλοις ἐπισυν- τιθέμενοι τετραγώνους ποιοῦσιν ἀριθμούς .......... οἷον τὸ ἕν πρῶτον τετράγωνον © ἔστι γὰρ ἅπαξ ἕν ἕν. εἶτα περισσὸς ὁ γ΄. τοῦτον ἂν προσθῇς τὸν γνώ μονα τῷ ἑνί, ποιήσεις τετράγωνον ἰσάκις ἴσον * ἔσται γὰρ κατὰ uNhxos B' χαὶ χατὰ πλάτος β΄. ἐφεξῆς περισσὸς è ε΄ " τοῦτον ἂν περισθῇς τὸν γνώμονα τῷ d' τετραγώνῳ, γενή- σεται πάλιν τετράγωνος ὁ θ΄, καὶ κατὰ μῆκος ἔχων Y πὰ ταν πλᾶτος γ᾽. “.........Ψ ὁ δὲ αὐτὸς λόγος μέχρις ἀπείρου. MIELI 16 242 Significato della parola gnomone I.-S4 che entravano nella somma fatta. In simboli moderni cIOè : I 4 9 IO -.------.-. n? 3 5 7 9 arr τος Ἐ Ὁ ΚΤῸΞ 2n+1 we 25 A NIiKoMACHOS, ci ha conservato un altro esempio di somme del medesimo tipo (8). Ma ritornando alle prime somme dei numeri qua- drati con quelli dispari si deve notare come queste ab- biano concorso a determinare una antica definizione. Infatti il numero dispari che, nel confronto delle due serie, ha lo stesso ordine del numero quadrato al quale si somma secondo la nomenclatura antica venne detto il suo gnomone (γνώμων). Questa parola, γνώμων, ha avuto presso i greci varî significati. Noi l’ abbiamo già trovata, ed appunto con altro significato, presso gli ionici. Diamo qui una scorsa a questi diversi si- gnificati. Il γνώμων, il riconoscitore, significava da principio semplicemente un’ asta perpendicolare che ser- viva specialmente a perseguire, colla sua ombra, il cam- mino del sole. Questo è il gnomone usato da ANA- XIMANDROS (0). Dall’ astronomia la parola passò alla geometria; con γνώμων allora si indicò semplicemente la perpendicolare. Ma ben presto però il significato si estese ed in un senso meccanico; gnomone stette allora ad indicare la squadra, l’ apparecchio cioè che ci permette appunto di tirare facilmente rette perpen- dicolari. Ma l’ evoluzione nel significato della parola non 51 arrestò qui, perchè ben presto essa venne ad indicare ciò che rimaneva di un quadrato quando da un angolo (8) Ogni numero triangolare sommato col numero trian- golare successivo dà un quadrato (Eisagog. aritbm. II, 12). Infatti (n — 1) n n(n+ 1) 2 εἴ 2 (9) Vedi Cap. 1, $ 5 (pag. 38). = n3 Il. - $ 4. // gnomone #2 Eukleides ed in Heron 243 se ne toglieva un quadrato minore (nella fig. 11 nel $ 6 a pag. 276 AGKDEB viene ad essere il gnomone di ABEF). È evidente che questa parte aveva appunto la figura di una squadra. Dato quest’ ultimo significato è ben comprensibile il fatto che 1 numeri dispari venissero considerati come gnomoni. Essi infatti, sommati ad un numero quadrato, formano il numero quadrato successivo. Col tempo poi la parola gnomone subì ancora un’ estensione nel suo significato (10). EUKLEIDES in- fatti definisce il gnomone nella maniera seguente (II): Se da un punto (F) (fig. 6) della diagonale di un paral- A__G Ξ lelogramma (ABCD) si ti- Tano le due parallele ai lati, 51 ottengono due parallelo- grammi e due triangoli (dati da AGFHCD). Queste quat- tro figure formano il gno- Ὁ C mone. Come si vede Eu- Fig. 6 KLEIDES estende la defini- Ξ zione di gnomone dal quadrato al parallelogramma. Nella collezione delle definizioni geometriche attri- buite ad HERON di Alexandria (12) troviamo una (10) È da notare che si mantiene il concetto che ag- giungendo un gnomone ad una figura, questa varia di grandezza, ma non di forma. Ciò è già rilevato da Aristo- TELES, Categ. XI, 4: ἀλλ᾽ ἔστι τινὰ αὐξανόμενα, ἃ οὐκ ἀλλοιοῦται, οἷον τὸ τετράγωνον, γνώμονος περιτεθέντος, ηὔξηται μέν, ἀλλοιότερον δὲ οὐδὲν γεγένηται — e troverà poi la sua piena espressione nella definizione data da ΗΈΒΟΝ. (11) Elem, II, Def. 2: παντὸς δὲ παραλληλογράμμου χωρίου τῶν περὶ τὴν διάμετρον αὐτοῦ παραλληλογράμμων ἕν ὁποιονοῦν σὺν τοὶς δυσὶ παραπληρώμασι γνώμων καλείσθω. L’interpretazione seguita nel testo è quella data da CANTOR. (12) Heron (ed. Heiberg, Opera omnia, Vol. IV, Lipsiae, 1912) dopo aver risposto alla domanda più particolare (def. 57) ‘e simile a quella citata di EukLEIDES: τὶς ὁ ἐν παραλλη- 244 Numeri primi Il. - $4 definizione ancora più generale della parola gnomone : «Tutto ciò che aggiunto ad un numero o ad una figura rende il tutto simile a quello a cui fu aggiunto si dice gnomone». * CREO Ma ritorniamo al nostro soggetto speciale della ma- tematica pythagorica. Nella tavola delle categorie la terza coppia. (ἕν καὶ πλῆθος) è fornita anche essa da concetti matematici. Si traduce, a4 litteram, πὸ ed il molteplice. Ma questa espressione va intesa con grande larghezza. Limitandoci qui al puro significato matematico, si deve infatti comprendere in essa anche la distinzione fra i numeri primi e quelli non primi. IAMBLICHOS (13) attri- buisce a THyMARIDAS di Paros la distinzione dei numeri PIA La denominazione di essi quali nu meri lineari (rettilinei, εὐθυγραμμικοί) ha origine dalla di- stinzione di essi dagli altri che si possono considerare come prodotti di più fattori. Quelli, che si componevano di due fattori erano così detti ἐπίπεδοι, quelli di tre στερεοί. In questo fatto riconosciamo ancora la ten- denza dei matematici greci di considerare sempre geo- λογράμμῳ γνώμων; [la risposta è: παντὸς δὲ παραλλη- λογράμμου τῶν περὶ τὴν διάμετρον αὐτῷ παραλληλογράμ.- μὼν ἕν ὁποιονοῦν σὺν τοῖς δυσὶ παραπληρώμασι γνώμων καλεῖται] risponde alla seguente (def. 58) più generale: τί ἐστι γνώμων χοινῶς; — Καθόλου δὲ γνώμων ἐστὶν πᾶν, ὃ προσλαβὸν ὁτιοῦν, ἀριθμὸς ἢ σχῆμα, ποιεῖ τὸ ὅλον ὅμοιον, ᾧ προσείληφεν. (13) Tambl. (in Nicom. Ed. Pistelli, Lipsiae 36): τοῦ δὲ πε- οισσοῦ ἀριθμοῦ πάλιν καθ᾽ ὑποδιαίρεσιν τὸ μέν ἐστι πρῶτον καὶ ἀσύνθετον, τὸ δὲ δεύτερον καὶ σύνθετον.... πρῶτος μὲν οὖν καὶ ἀσύνθετος ἀριθμός ἐστι περισσὸς ὃς ὑπὸ μόνης μονάδος πληρούντως μετρεῖται, οὐκέτι δὲ καὶ ὑπ᾽ ἄλλου τινὸς μέρους χαὶ ἐπὶ μίαν δὲ διάστασιν προβήσεται ὁ τοιοῦτος. διὰ Π. - 4. Scomposizione di un numero nei suoi fattori 245 metricamente i numeri. Questo antico modo di concepire ha così prodotto delle conseguenze gli effetti delle quali sono ancora riconoscibili nella nostra moderna termi- nologia. Sebbene in senso alquanto più ristretto noi in- fatti parliamo ancora di numeri quadrati e di numeri cubici. Parlando delle proporzioni vedremo come i ter- mini ora rammentati, sotto l’ evidente influenza della scuola pythagorica, vengano usati da PLATON. Ma le distinzioni fatte dai pythagorici fra i diversi numeri non si arrestano a quelle che possiamo trovare nella tabella dei contrari riportata da ARISTO- TELES. Altre ancora ve ne furono, ed alcune corrispon- denti in ancor maggior grado al carattere mistico e sim- bolico della scuola. Molte però furono attribuite agli antichi dalle nuove scuole pythagorizzanti, e non è fa- cile fare una distinzione fra le idee più antiche e quelle più recenti. Un segno della loro antichità si ha però sem- pre quando se ne trova l’ indicazione in ARISTOTELES, od in EUKLEIDES o in altri antichi scrittori. Alcune di queste distinzioni erano basate sulla pos- sibile scomposizione di un numero in fattori che lo pos- sano riprodurre sia per addizione che per prodotto. τοῦτο δὲ αὐτὸν καὶ εὐθυμετρικόν τινες καλοῦσι, Θυμαρίδας δὲ xat εὐθυγραμμικός ἀπλατὴς γὰρ ἐν τῇ ἐκθέσει ἐφ᾽ ἕν μόνον διιστάμενος. Quando è vissuto questo THymaARIDAS ? ed è egli ve- ramente di Paros? Egli fu dapprima stimato da CANTOR, un discepolo immediato di: PyrHacoras; H. MartIN invece lo identificò con un TuymarIipas di Paros, che potrebbe essere vissuto nel II sec. dell’era volgare. Ma P. TANNERY, studiando la questione (1881) Mém. scient. Vol. I, n. 9) lo ritenne un pythagorico antico, mantenendo l’ indicazione per la sua patria. Questa opinione è oggi generalmente accettata. (Vedi Loria, Sc. esatt., p. 807). 246 Numeri amicabili e numeri perfetti II. - $ 4. Numeri amicabili (14) (φίλοι ἀριθμοί) sono quelle coppie di numeri nelle quali l’ uno è uguale alla somma di tutti i divisori dell’ altro. Tali sono ad esempio 220 e 284. Si ha infatti che 14 2+44+5+ 10411204 224 44 + 55+ 110 = 284 1+2+4+714+142= 220 dove i termini delle due somme sono rispettivamente tutti i divisori di 220 e 284. Numeri perfetti sono quelli che sono uguali alla somma di tutti i loro divisori. Tali sono quindi ὃ ον τῷ 5: 3 28. τ τ. τ 7 7 τ τῇ 4906 Ξε 1 τ-[|2-- 4-8 -Ἡ τὸ -Ἡ 31 -Ἑ 52 + 124 + 248 THEON di Smyrnai basandosi su questa defini- zione distingue i numeri in &pt9puot TEéAXELOL, ὑπερτέλειοι ed ἐλλιπεῖς a seconda che la somma di tutti i loro divisori è uguale, maggiore o minore del numero stesso (15). Forse questa distinzione risale ai (14) IamBLIcHOS (in Nicom. aritbm., 47-48) riporta a PyrHacoras la distinzione di questi numeri: παρακηκχόασσι δὲ οἱ καὶ φιλίαν τὸν αὐτὸν νομίζοντες αὐτοὺς λέγειν διὰ τὴν τῶν διαφερόντων σύνοδον ἐν αὐτῷ χαὶ φίλωσιν " ἄλλους γάρ τινας ἄντικρυς φίλους ἀριθμοὺς χαλοῦσιν ἐν τῷ προσ- οἰχειοῦν τάς τε ἀρετὰς xai τὰς ἀστείας ἕξεις τοῖς ἀριθμοῖς, οἷον τὸν σπδ΄' χαὶ τὸν cx ᾿ γεννητικὰ γὰρ ἀλλήλων τὰ ἐκατέρου αὐτῶν μέρη κατὰ τὸν τῆς φιλίας λόγον, ὡς Πυθαγόρας ἀπεφήνατο “ ἐρομένου γάρ τινος τί ἐστι φίλος εἶπεν ᾿ “ἕτερος ἐγώ᾽ ὅπερ ἐπὶ τούτων τῶν ἀριθμῶν δείκνυται. (15) THeon (ed. Hiller, Lipsiae) p. 45. [Credo oppor- tuno riportare l’ intiero passo di Tueon, anche per dare un esempio del linguaggio matematico greco e del modo nel quale alcune questioni erano trattate] : ἔτι τε τῶν ἀριθμῶν οἱ μέν τινες τέλειοι λέγονται, οἱ δ᾽ ὑπερτέλειοι, οἱ δ᾽ ἐλλιπεῖς. καὶ τέλειοι μέν εἶσιν οἱ τοῖς ἐν.: «Sar paga νῶν ee 1. - 84. Numeri perfetti, iperperfetti ed ellittici 247 pythagorici stessi. Ma un dubbio si può sollevare in pro- posito in quanto che gli antichi pythagorici, come ab- biamo visto, stimavano il numero dieci come un nu- mero di carattere speciale al quale non raramente viene attribuito l’ epiteto di perfetto, epiteto che in questo αὑτῶν μέρεσιν ἴσοι, ὡς ὁ τῶν ς΄ μέρη γὰρ αὐτοῦ ἥμισυ γ΄, τρίτον β΄, ἕκτον α΄, ἅτινα συντιθέμενα ποιεῖ τὸν ς΄. γεννῶνται δὲ οἱ τέλειοι τοῦτον τὸν τρόπον. ἐὰν ἐκθώμεθα τοὺς ἀπὸ μονάδος διπλασίους καὶ συντιθῶμεν αὐτούς, μέχρις οὗ ἂν γένηται πρῶτος χαὶ ἀσύνθετος ἀριθμός, καὶ τὸν ἐκ τῆς συνθέσεως ἐπὶ τὸν ἔσχατον τῶν συντιθεμένων πολλαπλασιάσωμεν, ὁ ἀπογεννηθεὶς ἔσται τέλειος. οἷον ἐκχείσθωσαν διπλάσιοι α΄ β΄ δ΄ η΄ te. συνθῶμεν οὖν σ΄ χαὶ β΄" γίνεται γ᾽ καὶ τὸν γ΄ ἐπὶ τὸν ὕστερον τὸν ἐκ τῆς συνθέσεως πολλαπλασιάσωμεν, τουτέστιν ἐπὶ τὸν β΄ γίνε- ται ς΄, ὅς ἐστι πρῶτος τέλειος. ἂν πάλιν τρεῖς τοὺς ΣΊΣΕΙΣ διπλασίους συνθῶμεν, α΄ καὶ β΄ καὶ δ΄, ἔσται ζ΄ χαὶ τοῦτον ἐπὶ τὸν ἔσχατον τῶν τῆς συνθέσεως πολλαπλασιά- σωμεν, τὸν ζ΄ ἐπὶ τὸν d'' ἔσται ὃ xy, ὅς ἐστι δεύτερος τέλειος ᾿ σύγχειται ἐκ τοῦ ἡμίσεος τὸῦ ιδ΄, τετάρτου τοῦ ζ΄, ἑβδόμου τοῦ δ΄, τεσσαρακαιδεκάτου τοῦ β΄, εἰκοστοῦ ὀγδόου τοῦ α΄. ὑπερτέλειοι δέ εἰσιν ὧν τὰ μέρη συντεθέντα μείζονά ἐστι τῶν ὅλων, οἷον ὁ τῶν LB" τούτον γὰρ ἥμισύ ἐστι ς΄, τρίτον δ΄, τέταρτον γ΄, ἕχτον β΄, δωδέκατον α΄, ἅτινα συντεθέντα γίνεται to”, ὅς ἐστι μείζων τοῦ ἐξ ἀρχῆς, τουτ- ἐστι τῶν ιβ΄. ἐλλιπεῖς δέ εἰσιν ὧν τὰ μέρη συντεθέντα ἐλάττονα τὸν ἀριθμὸν ποιεῖ τοῦ ἐξ ἀρχὴς προτεθέντος ἀριθμοῦ. οἷον ὁ τῶν ἯΙ τούτου γὰρ ἥμισυ δ΄, τετάρτον β΄, ὄγδοον ἕν. τὸ αὐτὸ δὲ χαὶ τῷ L συμβέβηκεν, ὃν χαθ᾽ ἕτερον λόγον τέλειον ἔφεσαν οἱ Πυθαγορικοί, περὶ οἷ χατὰ τὴν οἰκείαν χώραν ἀποδώσομεν. λέγεται δὲ καὶ ὃ γ' τέλειος, ἐπειδὴ πρῶτος ἀρχὴν χαὶ μέσα καὶ πέρας ἔχει © ὁ δ᾽ αὐτὸς xa γραμμὴ ἐστι καὶ ἐπίπεδον, τρίγωνον γὰρ ἰσ ὀπλευρον ἑκάστην πλευρὰν δυεῖν μονάδων ἔχον, καὶ πρῶτος δεσμὸς καὶ στερεοῦ δύναμις * ἐν γὰρ τρισὶ διαστάσεσι τὸ στερεὸν νοεῖσθαι. - 248 I numeri perfetti secondo Eukleides Il. Ἐπ ΤῊΣ caso non collimerebbe, nel senso, a quello che si do- vrebbe attribuirgli secondo la definizione precedente. Si aggiunga che anche PLATON in un suo passo (16) intende in modo del tutto differente l’ espressione di numero perfetto. Anche ARISTOTELES, parlando delle teorie py- thagoriche ricorda come perfetto il numero dieci (17). Ma queste ragioni, d’altra parte, non hanno un va- lore assoluto; infatti ai tempi di EUKLEIDES la nozione di numero perfetto doveva essere già da lungo tempo conosciuta, ed il fatto ci viene confermato dal modo dettagliato col quale il grande geometra se ne occupa (18). In un suo teorema EuKLEIDES dà anche una regola per trovare dei numeri perfetti. Egli infatti dimostra la seguente proprietà (appena accennata nel passo di THEON che sopra ho riportato) (10) : «Se facciamo la somma di tutti i numeri che otte- niamo partendo dall’ unità e raddoppiando continua- mente, ed otteniamo una somma totale rappresentata da un numero primo, moltiplicando questa per l’ ultimo numero che ha concorso a formarlo otteniamo un nu- mero perfetto ». In simboli moderni la proposizione si può esprimere nel modo seguente: Se facciamo la somma (16) Republ. VIII, 546. (17) Vedi il passo citato nel $ 9, n. 4. (18) La definizione di EuxkLeIDES è (δὶ. VII, def. 22): τέλειος ἀριθμός ἐστιν ὁ τοῖς ἑαυτοῦ μέρεσιν ἴσος ὦν. (19) Elem., IX, 36: ᾿Εὰν ἀπὸ μονάδος ὁποσοιοῦν ἀριθ- μοὶ ἑξῆς ἐχτεθῶσιν ἐν τῇ διπλασίονι ἀναλογίᾳ, ἕως οὗ ὁ σύμπας συντεθεὶς πρῶτος γένηται, καὶ ὁ σύμπας ἐπὶ τὸν ἔσχατον πολλαπλασιασθεὶς ποιῇ τινα, ὁ γενόμενος τέλειος ἔσται. I=St4: La ricerca del pitmene 249 e questa è rappresentata da un numero prima, allora il numero (2?— 1) 22—-'! è un numero perfetto (20). * * * PLOUTARCHOS attribuisce ai pythagorici l’os- servazione che 16 e 18 sono due numeri che godono la proprietà di poter misurare insieme l’area ed il peri- metro di un rettangolo. Non si sa però se riconosces- sero che essi erano anche i soli (21). Inoltre si sono volute attribuire ai pythago- rici, o meglio al fondatore della scuola, delle pratiche oroscopiche nelle quali essi ricercavano il pitmene dei nu- meri (22). Questa operazione consisteva nel considerare i numeri (o il numero rappresentato dalle lettere di una parola) come formati da un certo numero di unità, die- cine, centinaia, migliaia, etc. ; nel sommare tutte queste cifre, nel ripetere l’ operazione se del caso, e nel tro- (20) I numeri perfetti conosciuti da NiccoLò TARTAGLIA (j 1557) nel suo commento all’ EugLEIDES sono 1, 6, 38, 496, 8128. Se ne conobbero poi ancora i seguenti: 33.550.336; 8.589.869.056; 137.438.691.328; 2.305.843.008.139.952.128; ed infine quello che è dato da (2%—1) 2%, (21) Vedi G. Loria, (5:50. N. 64), p. 800. — La dimo- strazione che 16 e 18 sono i soli numeri che godono di tale proprietà si riconosce stabilendo l’ equazione indeter- minata xy=2 (+9) e riconoscendo che le sue due coppie di soluzioni sono e_3 6. u (22) Vedi in proposito il Loria, ἰ. c., p. 795. Confr. an- che P. TannERY, Sur linvention de la preuve par neuf, in Mem. scient. (N. 36) I, n. 17 (1882). Dello stesso, per |’ a- ritmetica pythagorica, può consultarsi utilmente l’articolo Sur larithmétique pythagoricienne, 1. c. II, n. 38 (1885). 250 La ricerca del pitmene II. -$ 4. vare così, come pitmene, una cifra fra I e g (il resto della divisione per 9, dove, quando il resto è o, si pone il nu- mero 9). Si usava prendere anche il pitmene per 7. La questione qui riportata sarebbe importante per- chè ci rappresenterebbe l’ origine della prova per 9, che è stata attribuita agli indiani e che dovrebbe esserci stata trasmessa dagli arabi. Però a questo proposito esistono gravi difficoltà derivanti dal sistema greco di scrivere i numeri. Qui basta l’ accenno, perchè torneremo sul- Τ᾽ argomento più avanti. Per ora rimandiamo in pro- posito alle trattazioni degli autori citati nella nota pre- cedente (23); non vogliamo tacere però che un’ opi- nione assai accreditata non fa risalire la numerazione greca per mezzo delle lettere se non all’ epoca di PTo- LEMAIOS PHÒirapeLPHos (III sec. av. Chr.) (24). Se un tal fatto venisse accertato l’ origine pythagorica della ricerca del pitmene sarebbe addirittura insostenibile (25). (23) L'attribuzione ai pythagorici della regola dei pitmeni si trova in HippoLyros (Ref. omm. haer.). Questi nella sua confutazione degli indovini che si servivano di questi metodi mostra come la regola si applichi ai nomi “Extwp (pitmene 1) e Il&rpoxAog (pitmene 7), e come da ciò si ricavasse che Pa- TROKLOS doveva necessariamente vincere HEKTOR. (24) Vedi Loria, ἰ. c., pag. 753-754. (25) In questo paragrafo ho trattato dei concetti aritmetici, dando a questa parola il significato che noi mo- derni le attribuiamo. Non bisogna credere però che il con- cetto antico, e quello specialmente dei pythagorici, combi- nasse con quello moderno. Sembra anzi che i pythagorici, comprendessero nell’aritmetica la fisica, letica e la teologia. Secondo il loro concetto mistico, infatti, le proprietà dei numeri, ed in particolare di quelli della prima decade, ave- vano un significato naturale, morale, divino. Ma del concetto antico di aritmetica, ed anzi in generale della antica sud- divisione delle matematiche (aritmetica, geometria, musica, sferica) parlerò nel capitolo apposito. $ 5. PROGRESSIONI E RICERCHE DI INCOGNITE. Una parte importante nella aritmetica dei p y- thagorici è occupata dallo studio delle tre pr ο- Ὁ ΞΘ ΘΙ. aritmetica, geometrica ed ar- monica. ARCHYTAs di Taranto in un frammento conservatoci (1) ci dà addirittura la definizione delle tre progressioni : «Vi sono tre progressioni nella musica: la prima è l’ aritmetica, in secondo luogo viene la geome- (1) Riportato da PorPHyRIos nel Ptol. harm. p. 267. — Diels, fr. 2: (καὶ ἄλλοι δὲ πολλοὶ τῶν παλαιῶν οὕτω φέρονται χαθάπερ χαὶ Λιονύσιος ὁ ᾿Αλικαρνασσεὺς xa. ρας ἐν τῷ Περὶ τῆς μουσικῆς. ....- ᾿Αῤχύτας δὲ περὶ τῶν μεσοτήτων λέγων γράφει ταῦυταῦ) μέσαι δέ ἐντι τρῖς τᾷ μουσικᾷ, μία μὲν ἀριθμητικά, δευτέρα δὲ γαμετριχκά, τρίτα δ᾽ ὑπεναντία, dv χαλέοντι ἄρμονι- xav. ἀριθμητικὰ μέν, ὅχκκα ἔωντι τρεῖς ὅροι χατὰ τὰν τοίαν ὑπεροχὰν ἀνὰ λόγον ᾧ πρῶτος δευτέρου ὑπερέχει, τωὐτῷ δεύτερος τρίτου ὑπερέχει. καὶ ἐν ταύτα «τᾷ» ἀναλογίᾳ συμπίπτει εἶμεν τὸ τῶν μειζόνων ὅρων δίαστημα μεῖον, τὸ δὲ τῶν μειόνων μεῖζον. γαμετρικὰ δέ, ὅκκα ἔωντι οἷος 6 πρῶτος ποτὶ τὸν δεύτερον, καὶ ὁ δεύτερος ποτὶ τὸν τρίτον. τούτων δὲ οἱ μείζονες ὅροι ἴσον ποιοῦνται τὸ διάστημα καὶ οἱ μείους. d δὲ ὑπεναντία, ἃν καλοῦμεν ἁρμονικάν, ὅκκα ἔωντι « τοῖοι * ᾧ > ὁ πρῶτος ὅρος ὑπερ- ἐχει τοῦ δευτέρου, αὐταύτου μέρει, τωὐτῷ ὁ μέσος τοῦ τρίτου ὑπερέχει τοῦ τρίτου μέρει. γίνεται δὲ ἐν Tabta Td ἀναλογίᾳ τὸ τῶν μειζόνων ὅρων διάστημα μεῖζον, τὸ δὲ τῶν μειόνων μεῖον. 252 Le proporzioni aritmetica, geometrica e armonica 11. - $ 5. trica, ed in terzo infine quella opposta che viene detta armonica. Si ha quella aritmetica quando i tre numeri mostrano fra loro una analoga differenza suc- cessiva : di quanto il primo supera il secondo, di tanto il secondo supera il terzo. In questa analogia si ha che il rapporto dei termini maggiori è minore, quello dei minori è maggiore. Quella geometrica quando il primo (numero) sta al secondo come il secondo al terzo. Allora i (termini) maggiori hanno lo stesso rapporto dei minori. Quella opposta, detta armonica, quando (i numeri) si comportano così: di quanta parte di sè stesso il primo termine supera il secondo, di tanta parte del terzo il termine medio supera il terzo. In questa ‘analogia il rapporto dei numeri maggiori è maggiore, quello dei minori è minore ». Nel passo di ARCHYTAS, ora citato, si vede che le pro- gressioni aritmetiche e geometriche sono definite nel modo stesso che ora è usato da noi ; la definizione della progressione armonica in simboli moderni invece corri- sponde a a c a=b+ — bac+- m m ma è facile ricavare di qui a — ὃ a ΓΞ c € ca — οὔ = ab — ac e quindi la definizione moderna che ci dice che tre nu- meri 4, ὦ, c, sono in progressione armonica quando In un altro passo (2) troviamo attribuite a PHILO- (2) Nicom. aritb. II, 26, 2: τινὲς δὲ αὐτὴν (cioè τὴν υεσότητα) ἁρμονιχὴν xoreiodar νομίζουσιν ἀκολούθως Φ ι- TRS Ei Il problema dei medi proporzionali 253 LAos alcune considerazioni sulle progressioni armoniche. Questi, studiando i corpi regolari solidi, attribuiva al cubo un posto d'onore; esso rappresentava infatti l'armonia geometrica e non solamente perchè tutte le sue misure sono uguali fra loro, ma anche perchè il nu- mero degli spigoli, degli angoli e delle facce stanno fra loro in progressione armonica (12: ὃ: 0). L’ origine delle progressioni è dai greci posteriori attri- buita ai babylonesi (3); da questi, essi raccontano, le conobbe PYTHAGORAS, il quale poi le divulgò presso il Siorpopolo: Certo è che 1 pythagorici si occu- parono molto delle progressioni e non solo con un indi- rizzo di matematica pura, ma anche collegandole a fatti provati sperimentalmente (come quelli del monocordo), o dandosi in balia ad una speculazione più o meno mistica, a seconda del caso. Dal lato puramente matematico essi si occuparono sicuramente del problema di trovare i medî aritme- tici o geometrici od armonici fra due numeri dati. Ma nella risoluzione di questo problema, così come in altri, essi si trovarono di fronte a gravi difficoltà, che prove- nivano da un fatto da essi dapprima non previsto, e col quale anzi l’intiera loro concezione era in pieno con- trasto : l’esistenza cioè degli irrazionali. λολάῳ ἀπὸ τοῦ παρέπεσθαι. πάσῃ γεωμετριχῇ ἁρμονί γεωμετρικὴν δὲ ἁρμονίαν φασὶ τὸν κύβον ἀπὸ τοῦ χατ τὰ τρία διαστήματα ἡρμόσθαι ἰσάκις ἴσα ἰσάκις * ἐν Y παντὶ κύβῳ ἧδε ἣ μεσότης ἐνοπτρίζεται, πλευραὶ μὲν Y παντὸς χύβου ἐισὶν ιβ΄, γωνίαι δὲ η΄, ἐπίπεδα de ς΄ μεσότης ἄρα ὃ n τῶν ς΄ καὶ τῶν ιβ΄ χατὰ τὴν ἅρμο- νικήν. (3) Confr. JamBLIcHOs in Nicom. 118, 23: εὕρημα δ᾽ αυτὴν (della progressione) φᾶσιν εἶναι Βαβυλωνίων καὶ διὰ Πυθαγόρου πρώτου εἰς Ἕλληνας ἐλθεῖν, εὑρίσκονται γοῦν πολλοὶ τῶν Πυθαγορείων. αὐτῇ χεχρημένοι ὥσπερ ᾿Αρισταῖος ὃ Κροτωνιάτης καὶ Τίμαιος ὁ Λοχρὸς χαὶ Φιλολάος καὶ ᾿Αρχύτας οἱ Ταραντῖνοι χαὶ ἄλλοι πλείους xat μετὰ ταῦτα Πλάτων ἐν τῷ Τιμαίῳ. 254 Impossibilità di trovare certi medi proporzionali Il.-S 5. In questo paragrafo (il fatto sarà svolto più am- piamente altrove) limitiamoci ad osservare come essi arrivassero a riconoscere che in certi casi non è possi- bile trovare un numero che risponda alle esigenze richie- ste. E la cosa si deduce chiaramente da un passo di PLA- TON nel quale questi, in occasione di alcune sue elucu- brazioni, accenna chiaramente alla possibilità o meno di potere stabilire fra due numeri dei medî geometrici. In questo passo il grande filosofo segue certamente cogni- zioni che già erano di uso corrente frai pythagorici. Il suddetto passo si trova nel Timaios ed è di per sè tanto interessante che credo utile riferire ampiamente su di esso. PLATON, adunque, comincia a considerare il fatto, già correntemente ammesso, che fra gli elementi estremi, il fuoco e la terra, si trovano intercalati due altri elementi di carattere intermedio, l’aria e l’acqua, formando così l’ insieme ben noto dei quattro elementi. Perchè avviene ciò ? e perchè gli elementi estremi non sono invece fra loro collegati da un solo termine inter- medio ? PLATON in questo punto, mettendosi comple- tamente dal punto di vista dei pythagorici, almeno nel modo di procedere, crede di potere ridurre la questione ad una questione di aritmetica e ragiona nel modo seguente (4): La terra, il fuoco, l’aria e l’acqua sono (4), Pllat. Tim. 21.622. ὃύο der poro io ξυνίστασθαι τρίτου χωρὶς οὐ δυνατόν" δεσμὸν γὰρ ἐν μέσῳ δεῖ τινὰ ἀμφοῖν ξυναγωγὸν γίγνεσθαι. δεσμῶν δὲ κάλλιστος ὃς ἂν αὑτὸν καὶ τά ξυνδούμενα ὅτι μάλιστα ἕν ποιῇ. τοῦτο δὲ πέφυκεν ἀναλογία κάλλιστα ἀποτελεῖν. ὁπόταν γὰρ ἀριθμῶν τριῶν εἴτε ὄγκων εἴτε δυνάμεων ὡντινωνοῦν ἣ τὸ μέσον, ὅτιπερ τὸ πρῶτον πρὸς αὐτὸ, τοῦτο αὐτὸ πρὸς τὸ ἔσχατον, καὶ πάλιν αὖθις ὅτι τὸ ἔσχατον πρὸς τὸ μέσον, τὸ μέσον πρὸς τὸ πρῶτον, τότε τὸ μέσον μέν πρῶτον καὶ ἔσχατον γιγνόμενον, τὸ δ᾽ ἔσχατον χαὶ τὸ πρῶτον αὖ μέσα ἀμφότερα, πάνθ᾽ οὕτως ἐξ ἀνάγκης τὰ αὐτὰ εἶναι ξυμβήσεται, τὰ αὐτὰ δὲ γενόμενα ἀλλήλοις ἕν πάντα ἔσται. εἰ μὲν οὖν ἐπίπεδον μὲν, βάθος δὲ μηδὲν ἔχον ἔδει γίγνε- σθαι τὸ τοῦ παντὸς σῶμα, μία μεσότης ἂν ἐξήρκει τά τε Il.-$5. Come Platon collega fra loro il fuoco e la terra 255 corpi, la terra ed il fuoco sono i corpi estremi. (Si ram- menti a questo punto che numeri ἐπιπέδοι erano i nu- meri formati da due fattori, στέροι quelli formati da tre). Ora, continua PLATON con un audace volo del pen- siero, il migliore modo di unione ed il più bello, è quello che corrisponde alla proporzione (geometrica), quindi la terra ed il fuoco saranno collegati fra loro da una tale proporzione, dove, si noti, la terra ed il fuoco sono corpi (cioè numeri formati da tre fattori; ma veramente, per trovarsi d’ accordo con i risultati aritmetici occorreva dire da tre fattori tutti eguali fra loro, ossia quelli che noi ora diciamo elevati al cubo). Ora se terra e fuoco (cielo) fossero superficî (ossia numeri quadrati), os- sia senza nessuna profondità, allora per fare da elemento intermedio fra di essi basterebbe un solo elemento. Ma la terra ed il fuoco sono corpi, quindi per unirli ce ne vogliono due, ed ecco la ragione per la quale esistono i quattro elementi che, formando un tutto ben saldo ed omogeneo, danno origine a tutte le cose del mondo. Quale è il ragionamento matematico che con un traslato temerario serve a spiegare il supposto fatto fisico ? Mi esprimo, adesso, con simboli moderni. Si ab- biano i due numeri piani (ἐπιπέδοι) ΄ e 9°; noi po- tremo allora formare sempre la proporzione dida = dq : 45 μεθ᾽ ἑαυτῆς ξυνδεῖν καὶ ἑαυτὴν νῦν δὲ στερεοειδῇὴ γὰρ αὐτὸν προσῆχεν εἶναι, τὰ δὲ στερεὰ μία μὲν οὐδέποτε, δύο δὲ ἀεὶ μεσότητες ξυναρμόττουσιν: οὕτω δὴ πυρός τε καὶ γῆς ὕδωρ ἀέρα τε ὃ θεὸς ἐν μέσῳ θεὶς καὶ πρὸς ἄλληλα καθόσον ἦν δύνατον ἀνὰ τὸν αὐτὸν λόγον ἀπεργασάμενος ὅτιπερ πὺρ πρὸς ἀέρα, τοῦτο ἀέρα πρὸς ὕδωρ, χκαὶ ὅτι ἀὴρ πρὸς ὕδωρ, ὕδωρ πρὸς γῆν, ξυνέδησε καὶ ξυνεστήσατο οὐρα- γὸν ὁρατὸν καὶ ἁπτόν. καὶ διὰ ταῦτα Ex τε δὴ τούτων τοιού- τῶν καὶ τὸν ἀριθμὸν τεττάρων τὸ τοῦ κόσμου σῶμα ἐγεν- νήθη δι’ ἀναλογίας ὁμολογῆσαν, φιλίαν τε ἔσχεν ἐκ τού- των, ὥστ᾽ εἰς ταὐτὸν αὑτῷ ξυνελθὸν ἄλυτον ὑπὸ τοῦ ἄλλου πλὴν ὑπὸ τοῦ ξυνδήσαντος γενέσθαι. τῶν δὲ δὴ τεττάρων ἕν ὅλον ἕκαστον εἴληφεν ἣ τοῦ κόσμου ξύστασις. 256 La conoscenza dell’ irrazionale _ RE Questo non è possibile per due numeri corporei (στέροι) 93 e 45. Infatti allora la loro media geome- trica }.ϑ,ᾷ24ι«Κῥ $ non è generalmente razionale. Si possono invece stabilire delle proporzioni razionali intercalando due termini; si possono così costruire le due serie pro- porzionali espresse da L’ impossibilità di intercalare fra due numeri cubici un medio geometrico, riconosciuta da PLATON, ci testi- monia autorevolmente che presso i pythagorici questa cosa era già riconosciuta, e che anche per questa via si era giunti ad una relativa conoscenza dell’ irrazio- nale. 1, irrazionale però sul principio, fu stimato dai pythagorici come un fatto scandaloso ed in contrasto col bello ordinamento della natura. Perciò a lungo esso fu tenuto nascosto nel più intimo segreto della confra- ternita. Ma l’irrazionale non proveniva solamente da questo problema; vedremo nel prossimo paragrafo come ad esso conducesse direttamente quel teorema geometrico che anche oggi è conosciuto sotto il nome di teorema di Pythagoras. Ci riserbiamo quindi di parlare più ampiamente di questo soggetto nel prossimo pa- ragrafo. In quanto poi a PLATON notiamo ancora che la sua dipendenza in fatto di matematica della scuola pytha- gorica sarà analizzata e discussa nel capitolo che ri- guarda questo filosofo. * *_* Prima di chiudere questo paragrafo conviene accen- nare ancora come sia stato attribuito agli antichi p y- thagorici, la risoluzione di un problema di carattere eminentemente algebrico. Ci viene narrato che THyMA- RIDAS di Paros, quello che abbiamo visto già distin- guere dagli altri i numeri primi, possedesse un metodo Mid II. - $S 5. L’ epanthema di Thymaridas 257 (ἔφοδος) per mezzo del quale risolveva un problema di tal genere. Parlando appunto 461 ἐπανθήμα di Thy- maridas, JAMBLICHOS ci espone come tale il seguente problema (5): « Se delle grandezze conosciute (ὡρισμένα) ed altre sconosciute (ἀόριστα) si dividono in una data, e si unisce ciascuna di esse con ognuna delle altre in una somma, allora le somme di tutte queste coppie, dopo sottratta la somma primitiva, dà, per tre numeri quella aggiunta alla prima, per quattro la metà di essa, per cinque il terzo, per sei il quarto e così di seguito » (6). Con notazione ed espressioni moderne l’epantema di (5) Iambl. in Nicom. arith. introd. 88: ἐντεῦθεν vai ἢ ἔφοδος τοῦ Θυμαριδείου ἐπανθήματος ἐλήφθη. ὡρισμένων γὰρ ἢ ἀορίστων μερισαμένων ὡρισμένον τι χαὶ ἑνὸς οὑτινοσοῦν τοῖς λοιποῖς καθ᾽ ἕκαστον συντεθέντος, τὸ ἐκ πάντων ἀθροισθὲν πλῆθος * μετὰ τὴν ἐξ ἀρχῆς ὁρισθεῖσαν ποσότητα «ἀφαιρέθεισαν», ἐπὶ μὲν τριῶν ὅλον τῷ καθ᾽ ἕκαστον τῶν λοιπῶν συγχριθέντι προσνέμεται, * ἐπὶ δὲ τεσσάρων τὸ ἥμισυ καὶ ἐπὶ πέντε τὸ τρίτον καὶ ἐπὶ ἕξ τὸ τέταρτον καὶ ἀεὶ ἀκολούθως, δυάδος, κἀνταῦθα δια- φορᾶς ἐπιφαινομένης πρός τε τὴν ποσότητα τῶν μεριζομένων καὶ πρὸς τὴν τοῦ μορίου χλῆσιν. Così secondo la lezione NisseLMANN (Lipsiae). L’ edi- zione del PisreLLi ha la seguente variante fra i due asteri- schi : ἐπὶ μὲν τριῶν μετὰ τὴν ἐξ di ἀρχῆς δρισθεῖσαν ποσότητα ὅλον τῷ συγχριθέντι προσνέμει τ᾽ ἀφ᾽ οὗ τὸ λεῖπον καθ΄ ἕκαστον τῶν λοιπῶν ἀφαιρεθήσεται. (6) Versione e commento di Cantor, Vorles. I. p. 148. — Vedi anche Loria l. c. p. 807. — Come nota quest’ul- timo, IamBLIcHos applica questo metodo alla ricerca delle soluzioni dei due sistemi indeterminati: ripa (ata), artaroglarta), talent) e ᾿ 3 Ξ ΣΕ AS IG) 5 PERI xa 3 (43), cpr + (ata), ta È (474-413) 2 3 4 non possiamo però asserire che a THyMARIDAS sia dovuta MIELI 17 258 L’ epanthema di Thymaridas TE: - Ses THyMARIDAS, secondo CANTOR, significherebbe questo : Se si hanno » incognite XL h 225) 5 T3 Me ECO 0 Kn ed oltre la somma si conoscono le somme parziali di x: con ciascuna delle altre x; CA 0 pic 1 ΞΕ, τ I pea iM PSR cene Xi Ἢ 4n= dn allora si ha che una tale applicazione. Il LoriA mostra come, ad es., il primo sistema si risolva ponendo Xtr°.+43t+4,=5S donde ᾿ 2 3 x i 4 At SM SIAE Applicando qui 1’ ἐπανθήμα di ΤΗΥΜΑΒΙΡΑΒ. abbiamo τ, = BE AI STO @ quindi 7: 17 - 23.5 To i —- Tal Sl l'arco XxX, = —— 2 120 #3 TIA. 120 e la soluzione minima, che corrisponde a s= 120 è Xy=7 DI 5 Xg=7 3 Xg=17 ; xy= 23 $ 6. LA GEOMETRIA NELLA SCUOLA PYTHAGORICA. Anche nella geometria i risultati ai quali giunse la scuola pythagorica sono veramente importanti. Questi studî si riferiscono in gran parte ai poligoni ed ai poliedri regolari. Importantissimo poi, sia per sè stesso, sia per la luce che gittò sulla questione degli irrazionali, è il teorema che anche ora è conosciuto sotto il nome di Pythagoras e che ci dimostra come in un triangolo rettangolo la somma dei quadrati sui cateti è uguale al quadrato sulla ipotenusa. Dei cinque poliedri regolari, il tetraedro, il cubo, l ottaedro, l’icosaedro ed il dodecae- dro regolare, alcuni erano certamente conosciuti anche prima dai popoli orientali; il dodecaedro rego- lare fu invece sicuramente trovato più tardi (1). Questo fatto si rileva da molteplici argomenti. IAMBLICHOS così (1) Intendo, ben inteso, che ben più tardi il dodecae- dro fu conosciuto come figura geometrica e poliedro rego- lare. La conoscenza pratica del dodecaedro può rimontare invece anche a tempi assai antichi. Esistono infatti molti oggetti antichi di origine celtica ed etrusca che hanno questa forma [vedi G. Loria, Le scienze esatte etc., p. 39; e le memorie da questi citate: L. Huco, Note sur deux dodecaèdre antiques du Musée du Louvre. Comptes rendus, 63 (1873), p. 420, ed altre comunicazioni, 67 (1875) p. 433 € 472; 81 (1879) p. 332; F. LinpeMann, Zur Geschichte der Polyeder und der Zablzeichen. Sitz. der K. Bayer. Akad. der Wiss. 26 (1896)]. In particolare si cita un dodecaedro di origine etrusca 260 Poliedri regolari ΤΠ ΕΞ ΟΣ ci racconta (2) come Hippasos fosse colui che per primo iscrisse il pentagono dodecaedro nella sfera, e come, per avere divulgato ciò, fosse punito dalla divinità che lo fece naufragare e perire in mare. Questo racconto ci at- testa dunque in modo diretto come nell’ antichità si ri- tenesse che la scoperta di questo corpo regolare fosse avvenuta durante il corso della scuola pythagorica ; ma noi possediamo un altro indizio che sta a dimostrarci come in realtà le cose siano avvenute in tal modo. Dal Timaios di PLATON rileviamo come nella scuola pythagorica dei suoi tempi, ed anche in quelli immediatamente precedenti, i cinque corpi regolari fos- sero denominati corpi cosmici, e ciò perchè ognuno di essi rappresentava uno degli elementi componenti il mondo, o, anche, perchè la forma di ciascuno degli ele- menti era quello di un determinato corpo regolare. Ora, come vedremo in appresso, fu con EMPEDOKLES che sì stabilì saldamente la dottrina dei quattro elementi: sul quale stanno incise cifre arabiche e che fu trovato nel 1885 sul Monte Loffa (Coll. Euganei). 1, epoca di esso è incerta, ma è stato supposto che appartenga alla prima metà del millennio avanti Christo. G. Loria crede che la scoperta del pentagono dodecae- dro sia avvenuta per quella via che poi condusse a stabilire che i poliedri regolari sono solamente cinque (vedi n. 4). In- torno alla costruzione del pentagono regolare vedi la fine di questo paragrafo. (2) Iambl. Vit. Pyth.88: Περὶ δ᾽ ‘Inmdoov λέγουσιν, μάλιστα ὡς ἣν μὲν Πυθαγορείων, διὰ δὲ τὸ ἐξενεγκεῖν καὶ γράψασθαι πρῶτος σφαῖραν τὴν ἐκ τῶν δώδεκα πεντα- γώνων, ἀπόλοιτο κατὰ θάλατταν ὡς ἀσεβήσας, δόξαν δὲ λάβοι ὡς εὑρών, εἶναι δὲ πάντα ᾿ἐκχείνου τοῦ ἀνδρός᾽. προσαγορεούσι γὰρ οὕτω τὸν Πυθαγόραν καὶ οὐ καλοῦσιν ὀνόματι. Espongo subito nel testo la ragione per la quale credo che la scoperta, o almeno la divulgazione del pentagono do- decaedro, debba riferirsi ad un’ epoca posteriore a quella nella quale EmPeDoKLES fissò la sua teoria dei quattro elementi. II. τὴς 6. Elementi e poliedri regolari 261 fuoco, acqua, aria e terra, elementi che do- vevano, con i loro miscugli, formare tutte le sostanze esistenti nel mondo. Solo più tardi, ed a fatica, vediamo introdursi, ed in modo assai vago e caduco, un quinto elemento ; elemento che più tardi, in ARISTOTELES, verrà ad essere l’ e t e r e, il componente di tutte le parti extra- terrene del cosmo. Non dobbiamo fermarci qui a fare delle considerazioni su queste dottrine ; si deve invece notare come, dato lo spirito della scuola, fosse ben naturale stabilire un parallelismo od anche l’identità fra i soli quattro corpi regolari già conosciuti, ed i quat- tro elementi che venivano ammessi, e che quindi è estremamente probabile che, veramente, al sorgere ed all’ affermarsi della teoria dei quattro elementi, i corpi regolari conosciuti fossero solamente quattro. Più tardi, invece, la scoperta del pentagono dodecaedro portò una discrepanza, che si cercò di colmare forzando la teoria ed ammettendo un quinto elemento ultraterreno. Un chiaro accenno ai cinque elementi lo troviamo, infatti, solamente con PHILOLAOS (posteriore ad Em- PEDOKLES) che, in un suo frammento, si esprime nel modo seguente (3): «E invero vi sono nella sfera (del mondo) cinque elementi; nella sfera (terrestre) il fuoco, l’ acqua, (3) Diels, fr. 12: xal τὰ μὲν τᾶς σφαίρας σώματα πέντε ἐντί, τὰ ἐν TA σφαίρᾳ πῦρ «καὶ» ὕδωρ καὶ γᾶ καὶ ἀήρ, καὶ ὃ τᾶς σφαίρας ὁλκάς, πέμπτον. Alcuni hanno interpretato ὃ τὰἂς σφαίρας ὁλκάς come ciò che racchiude la sfera, ossia la corteccia o meglio la forma della corteccia del mondo, è il quinto ossia un dodecaedro. La cosa non regge per le ipotesi astronomiche di tutti i py- thagorici che considerano il mondo (se finito) come una sfera, e per il fatto che l’ altro, il quinto elemento, non poteva es- sere una forma. Non potendo però esso esistere sulla terra per le teorie, già ammesse, di EMPEDOKLES, esso viene quindi relegato in cielo. 262 Poliedri regolari IT 870. la terra e l’aria, ciò che regge la sfera poi è il quinto ». Bisogna poi escludere assolutamente che i pytha- gorici fossero arrivati a riconoscere l'impossibilità di un sesto corpo regolare (4). * *_* Strettamente collegato a quello dei corpi regolari è lo studio delle figure piane che le terminano, ossia (4) La dimostrazione dell’ impossibilità di sei polie- dri regolari, quella che ancora si usa oggidì, la tro- viamo in EuxgLeIipes (XIII, 18). Credo utile riportare la dimostrazione che si basa sulla somma degli angoli piani che concorrono in ogni vertice. Λέγω δὴ ὅτι παρὰ τὰ εἰρημένα πέντε σχήματα οὐ συσταθήσεται ἕτερον σχῆηα περιεχόμενον ὑπὸ ἰσοπλεύρων τε καὶ ἰσογωνίων ἴσων ἀλλήλοις. “Ὑπὸ μὲν γὰρ δύο τριγώνων 7) ὅλως ἐπιπέδων στερεὰ γωνία οὐ συνίσταται. ὑπὸ δὲ τριῶν τριγῶνων ἣ τῆς πυρα- μίδος, ὑπὸ δὲ τεσσάρων ἣ τοῦ ὀχταέδρου, ὑπὸ δὲ πέντε i τοῦ εἰκοσαέδρου: ὑπὸ δὲ ἕξ τριγώνων ἰσοπλεύρων τε xal ἰσογωνίων πρὸς ἑνὶ σημείῳ συνισταμένων οὐκ ἔσται στερεὰ γωνία: οὔσης γὰρ τῆς τοῦ ἰσοπλεύρου τριγώνου γωνίας διμοίρου ὀρθῇς ἔσονται αἱ ἕξ τέσσαρσιν ὀρθαῖς ἴσαι: ὅπερ ἀδύνατον" ἅπασα γὰρ στερεὰ γωνία ὑπὸ ἐλασσόνων 7) τεσσάρων ὀρθῶν περιέχεται. διὰ τὰ αὐτὰ δὴ οὐδὲ ὑπὸ πλειόνων ἣ ἐξ γωνιῶν ἐπιπέδων στερεὰ γωνία συνίσταται. ὑπὸ δὲ τετραγώνων τριῶν ἣ τοῦ κύβου γωνία περιέχεται: ὑπὸ δὲ τεσσάρων ἀδύ- vatov: ἔσονται γὰρ πάλιν τέσσαρες ὀρθαί. ὑπὸ δὲ πενταγώ- νων ἰσοπλεύρων καὶ ἰσογωνίων, ὑπὸ μὲν τριῶν ἣ τοῦ δωδε- καέδρου. ὑπὸ δὲ τεσσάρων ἀδύνατον: οὔσης γὰρ τῆς τοῦ πενταγώνου ἰσοπλεύρου γωνίας ὀρθῆς καὶ πέμπτον" ἔσονται ai τέσσαρες γωνίαι τεσσάρων ὀρθῶν μείζους" ὅπερ ἀδύνατον. οὐδὲ μὴν ὑπὸ πολυγώνων ἑτέρων σχημάτων περισχεθήσεται στερεὰ γωνία διὰ τὸ αὐτὸ ἄτοπον. οὐκ ἄρα παρὰ τὰ εἰρημένα πέντε σχήματα ἕτερον σχῆμα στερεὸν συσταθήσεται ὑπὸ ἰσοπλεύρων τε καὶ ἰσογω- νίων περιεχόμενον" ὅπερ ἔδει δεῖξαι, TR, Scomposizione dei poligoni 263 quello dei triangoli, quadrilateri e pentagoni regolari. Alcuni echi delle teorie pythagoriche su questo sog- getto li troviamo ancora nel Timaios platonico (5) dove si parla dell'origine dei triangoli equilateri e dei quadrati, ed in PRoKLOS (6) dove si afferma che è un teorema py- thagorico quello che dice che un piano intorno ad un punto può venire completamente riempito o da sei trian- goli equilateri o da quattro quadrati o da tre esagoni regolari. Usata certamente dai pythagorici, come ci dimo- strano le teorie di PLATON, era la scomposizione del quadrato in due e quattro triangoli, e del [reca triangolo equilatero in due e sei i (vedi figura 7) triangoli; trian- δ MAE goli in parte rettangoli ed iso- celi, in parte rettangoli ed aventi un’ ipotenusa di lunghezza dop- / \ pia di uno dei cateti. Questi "—_P È Β triangoli erano in certa guisa considerati come i generatori Eigo7: dei poligoni regolari suddetti. Ma in qual modo i pythagorici usavano scomporre (5) Cap. 20. (6) In Proktos, nel commento al primo libro di Eu- KLEIDES (ed. Friedlein, p. 304), 8 si legge: τοῦτο δὲ τὸ πόρισμα, περὶ οὗ πρόκειται λέγειν, διδάσκον ἡμᾶς ὅτι ὁ περὶ ἕν σημεῖον τόπος εἰς τέτρασιν ὀρθαῖς ἴσας γωνίας διανέμεται, παρέσχεν ἀφορμὴν χἀχείνῳ τῷ παραδόξῳ θεω- ρήματι τῷ δεικνύντι μόνα τρία ταῦτα πολύγωνα πληροῦν δυνάμενα τὸν περὶ ἕν σημεῖον. ὅλον τόπον, τὸ ἰσόπλευρον τρίγωνον χαὶ τὸ τετράγωνον καὶ τὸ ξξάγωνον τὸ ἰσόπλευρον καὶ ἰσογώνιον. ἀλλὰ τὸ μὲν ἰσόπλευρον τρίγωνον ἑξάκις παραληφθέν — ῴἕξ γὰρ δίμοιρα ποιήσει τὰς τέσσαρας. ὀρθάς -- τὸ δὲ ἑξάγωνον τρὶς γενόμενον — ἑχάστη “γὰρ ἑξαγωνικὴ γωνία. ἴση ἐστὶ μιᾷ ὀρθῇ καὶ τρίτῳ --- τὸ δὲ τετράγωνον τετράκις -- ἑκάστη γὰρ τετραγωνικὴ γωνία / 264 Pentagono regolare II - $ ὁ. il pentagono regolare ? Come dice CANTOR (7) è facile arguirlo tenendo presenti le affermazioni di PLOUTAR- cHos (8) e di Arkinous (9). Il primo di questi ci dice che le facce del dodecaedro possono ciascuna es- sere scomposte in trenta triangoli elementari e quindi in totale in trecentosessanta triangoli, il secondo ci parla dei trecentosessanta elementi del pentagono dodecaedro. Mettendo queste notizie in τὰ rapporto col fatto che il i pentagrammo era sim- bolo dei pythagorici, pos- siamo facilmente venire in chiaro su questa scomposi- zione e vedere come da essa risaltasse fuori il sim- bolo suddetto. La figura ὃ infatti ci mostra chiara- mente quale doveva essere la via seguita dai pytha- È gorici. Fig. 8. Queste osservazioni, che corrispondono ad una ten- denza generale dei geometri greci, poco potrebbero in- teressarci di per sè all’ infuori del loro uso nelle varie teorie cosmogoniche. Ma esse ci possono dare anche va- rie interessanti indicazioni che ci permettono di rico- ὀρθὴ ἐστιν. ἐξ οὖν ἰσόπλευρα τρίγωνα συννεύσαντα κατὰ τὰς γωνίας τὰς τέσσαρας ὀρθὰς συμπληροῖ χαὶ τρία ἑξάγωνα καὶ τετράγωνα τέσσαρα. χαὶ ἕκαστον δὲ τῶν ἄλλων πο- λυγώνων ὁπωσοῦν ἐπισυντιθέμενον κατὰ τὰς γωνίας ἢ ἐλλείπει τῶν τεσσάρων ὀρθῶν ἣ πλεονάζει" μόνα δὲ ταῦτα κατὰ τοῦς εἰρημένους ἀριθμοὺς ἐξισοῦται ταῖς τέτρασιν ὀρθαῖς xat ἐστι τὸ dcopnpa τοῦτο IHuv0a- γόρειον. GCantosd-100 (8) Quaest. Platon. V. (9) Alkinous. De doctrina Platonis (ed. Lambrus). Paris, 1567. Cap. 11. IH. -$S 6. Misura delle aree 265 struire, per illazione, il metodo seguito nella costruzione del pentagono regolare, costruzione che, data la men- talità della scuola e l’importanza in essa del poligono suddetto, doveva essere fatta razionalmente, e non per approssimazione. Ad una di queste costruzioni, supposta dal LORIA (/. c., pag. 40), accenno verso la fine di questo paragrafo (pag. 279), quando l’ esposizione di altre dot- trine ci permetteranno di prenderla in piena conside- razione. * * * La misura delle aree piane era pure accuratamente considerata dai pythagorici, come ci viene attestato da ProKLos che ci afferma ciò in termini espliciti (10). Ma. il teorema che, in quest’ ordine di idee più ci mostra lo sviluppo della matematica pythagorica, è quello ora generalmente conosciuto col nome di PYTHAGORAS, e che in EuKLEIDES (I. prop. 47) è formulato così : Ἔν τοῖς ὀρθογωνίοις τριγώνοις τὸ ἀπὸ τῆς τὴν ὀρθὴν γωνίαν ὑποτεινούσης πλευρᾶς τετράγωνον ἴσον ἐστὶ τοῖς ἀπὸ τῶν τὴν ὀρθὴν γωνίαν περιεχουσῶν πλευρῶν τετραγώνοις. (Nei triangoli rettangoli il quadrato 511] ipotenusa è uguale alla somma dei quadrati sui cateti). Questo teorema ed il suo inverso (II) da tutta l’ antichità vengono concordemente attribuiti allo stesso PyTHAGORAS, che per festeggiare questa scoperta, avrebbe anche sacrificato un bue (vedi la n. 12). La dimostra- zione però che del teorema stesso troviamo in EUKLEIDES, (10) A proposito del teor. del libro I, prop. 44 di Eu- KLEIDES: Παρὰ τὴν δοθεῖσαν εὐθεῖαν τῷ δοθέντι τριγώνῳ ἴσον παραλληλόγραμμον παραβαλεῖν ἐν τῇ δοθείσῃ γωνίᾳ εὐθυγράμμῳ. Vedi in proposito la nota 17. (11) ’Edv τριγώνου τὸ ἀπὸ μιᾶς τῶν πλευρῶν τε- πράγωνον ἴσον ἢ τοῖς ἀπὸ τῶν λοιπῶν τοῦ τριγώνου δύο πλευρῶν τετραγώνοις, ἣ περιεχομένη γωνία ὑπὸ τῶν λοιπῶν τοῦ τριγώνου δύο πλευρῶν ὀρθή ἐστιν. 266 Il teorema di Pythagoras II. - S 6. e che oggi si continua ad usare nei trattati, appartiene ad EUKLEIDES stesso (12) od almeno ai suoi tempi; noi invece non sappiamo affatto, nonostante le varie e più o meno fondate supposizioni di varî matematici odierni, quale fosse la via seguita da PyTHAGORAS. Non credo opportuno riportare le varie dimostra- zioni immaginate in proposito in tempi recenti e che non possono avere in sè alcun valore storico. Quello però che è certo, è che il fatto doveva essere stato rico- nosciuto in alcuni casi più semplici, e che poi la dimo- strazione deve essere stata condotta innanzi assai labo- riosamente e distinguendo un numero assai grande di sottocasi. Così il triangolo che ha per lati le lunghezze nel A rapporto 3, 4, 5 può avere determinato la ricerca della dimostrazione generale; così uno dei casi che, con assai B C grande probabilità, sarà stato dimostrato fra i primi, è quello del triangolo rettangolo isocele (vedi fig. 9) nel quale la di- mostrazione del teorema risalta a colpo d'occhio. Fig. 9. Ma la dimostrazione del teorema di Pythago- ras, oltre che per il suo valore stesso, è veramente notevole perchè essa portò con sè come conseguenza (12) Nel suo commento infatti sulla citata proposizione di EuxkLEIDES, PROKLOS (ed. cit. p. 426) ci dice: τῶν μὲν ἱστορεῖν τὰ ἀρχαῖα βουλομένων ἀκούοντας τὸ θεώρημα τοῦτο sic Πυθα- γόραν ἀναπεμπόντων ἐστὶν εὑρεῖν καὶ βουθύτην λεγόντων αὐτὸν ἐπὶ τῇ εὑρέσει. Ma, soggiunge, ἐγὼ δὲ θαυμάζω μὲν χαὶ τοὺς πρώτους ἐπιστάντας τῇ τοῦδε τοῦ θεωρή- ματος ἀληθείᾳ, μειζόνως δὲ ἄγαμαι τὸν στοιχειωτὴν οὗ μόνον ὅτι δι ἀποδειξέως ἐναργεστάτης τοῦτο κατεδήσατο, ἀλλ᾽ ὅτι χαὶ τὸ καθολικώτερον αὐτοῦ τοῖς ἀναλέγκτοις λόγοις τῆς ἐπιστήμης ἐπίεσιν ἐν τῷ ἕκτῳ βιβλίῳ. Il. - 5 6. Triangoli rettangoli a lati razionali 207 una delle scoperte capitali della matematica e, in ge- nerale, della scienza umana, scoperta che mettendo in luce un fenomeno che quasi ripugna al buon senso co- mune, fu, per lungo tempo stimata una cosa scandalosa e da tenersi occulta : la scoperta cioè delle quantità incommensurabilio dell’irrazionale, fatto del quale, in avvenire, dovremo occuparci a lungo. La conoscenza del triangolo rettangolo coi lati come 3, 4, 5 e che abbiamo fondate ragioni per ritenere co- nosciuto per il primo, non solamente dai greci, ma anche da altri popoli, doveva incitare alla ricerca dei rapporti fra i lati negli altri triangoli rettangoli. Notiamo subito che i pythagorici ne trovarono una serie, e pre- cisamente, come dice PRroKLOS (13), quella che com- prende i triangoli aventi per i lati le lunghezze 20+I (numero dispari), 24°+24 e 24"..24-1. Ma il fatto stesso della ricerca di casi particolari, mostra che essi, ben presto, avevano chiaramente ri- conosciuto che la soluzione non poteva trovarsi in gene- rale. È probabile che il primo incontro con il problema (13) Proklos, pag. 428: παραδέδονται δὲ καὶ μέθοθοί τινες τῆς εὑρέσεως τῶν τοιούτων τριγώνων, ὧν τὴν μὲν εἰς Πλάτωνα ἀναπέμπουσι, τὴν δὲ εἰς Πυθαγόραν. [καὶ n μὲν Πυθαγορική] ἀπὸ τῶν περιττῶν ἐστιν ἀριθμῶν. τίθησι γὰρ τὸν δοθέντα περιττὸν ὡς ἐλάσσονα τῶν περὶ τὴν ὀρθήν, xa λαβοῦσα τὸν ἀπ᾿ αὐτοῦ τετράγωνον καὶ τούτου μονάδα ἀφελοῦσα τοῦ λοιποῦ τὸ ἥμισυ τίθησι τῶν περὶ τὴν ὀρθὴν τὸν μείζονα προσθεῖσα δὲ καὶ τούτῳ μονάδα τὴν λοιπὴν ποιεῖ τὴν ὑποτείνουσαν. .... ἣ δὲ Πλατωνικὴ ἀπὸ τῶν ἀρτίων ἐπιχειρεῖ. λαβοῦσα γὰρ τὸν δοθέντα ἄρτιον τίθησιν αὐτὸν ὡς μίαν πλευρὰν τῶν περὶ τὴν ὀρθήν, xal τοῦτον διελοῦσα δίχα καὶ τετραγωνίσασα τὸ ἥμισύ, μονάδα μὲν τῷ τετραγώνῳ προσθεῖσα ποιεῖ τὴν ὑποτείνουσαν, μονάδα δὲ ἀφελοῦσα τοῦ τετραγώνου ποιεῖ τὴν ἑτέραν τῶν περὶ τὴν ὀρθήν. Il cosidetto metodo di PLATON, quindi, consiste nel partire da 24 come cateto, e nel formare 4°+1 come lato dell’ipotenusa, e 4°—1 come l’ altro cateto. 268 Scoperta di quantità irrazionali II. -$ 6. degli irrazionali, 0, per parlare più esattamente, secondo il modo di concepire dei pythagorici e dei successivi matematici greci, con casi nei quali due grandezze non possono venire ambedue misurate con una stessa unità (σύμμετρα), sia avvenuto nella ricerca per determi- nare la lunghezza dell’ ipotenusa nel triangolo rettan- golo che ha i due cateti uguali ad uno. Le prime ed in- fruttuose ricerche dovettero essere messe da parte quando, non sappiamo secondo quali contingenze di fatto, i py- thagorici si trovarono ad avere dimostrato che supporre misurabile una tale ipotenusa era una cosa logicamente impossibile. La dimostrazione seguita può essere rico- struita facilmente appoggiandoci ad ARISTOTELES e ad EUKLEIDES. ARISTOTELES, parlando nelle prime analy- tiche delle varie specie di sillogismi, viene a trattare delle dimostrazioni per assurdo (14). Di tale specie, egli dice, è il caso nel quale ammettendo che il diametro del quadrato sia commensurabile con i lati, si viene alla conclusione che dei numeri possono essere insieme pari e dispari. In questo caso, dalla conclusione assurda, si de- duce che una delle premesse è insostenibile. ARISTOTE- 1Ὲ5, nel passo citato, accenna appena alla questione. Essa doveva quindi essere bene conosciuta ai suoi tempi. Ora una dimostrazione di tal genere la troviamo in Eu- KLEIDES; essa non doveva solamente risalire ai tempi di ARISTOTELES, ma essere forse quella stessa usata da (14) Aristot. Analyt. prot. I, 23: ὅτο pèv oùv oi δειστικοὶ (σιλλογισμοὶ) πάντες περαίνονται διὰ τῶν Tpo- εἰρημένων σχημάτων, φανερόν" ὅτι δὲ χαὶ οἱ εἰς τὸ ἀδύνατον, δῆλον ἔσται διὰ τούτων. πάντες γὰρ οἱ διὰ τοῦ ἀδυνάτου περαίνοντες τὸ μὲν ψεῦδος συλλογίζονται, τὸ δ᾽ ἐξ ἀρχῆς ἐξ ὑποθέσεως δεικνύουσιν, ὅταν ἀδύνατόν τι συμβαίνῃ τῆς ἀντιφάσεως τεθείσης, οἷον ὅτι ἀσύμμετρος ἣ διάμετρος διὰ τὸ γίνεσθαι τὰ περιττὰ ἴσα τοῖς ἀρτίοις συμμέτρον τεθείσης. τὸ μὲν οὖν ἴσα γίνεσθαι τὰ περιττὰ τοῖς ἀρτίοις συλλογίζεται, τὸ δ΄ ἀσύμμετρον εἶναι τὴν διάμετρον ἐξ ὑποθέσεως δείκνυσιν, ἐπεὶ ψεῦδος συμβαίνει διὰ τὴν ἀντίφασιν. πῶ 46 ΣΟ II. - $ 6. Irrazionalità di }/ 2 269 quei pythagorici, che, con loro grande meravi- glia, 51 imbatterono per primi nell’irrazionale. In mancanza di un documento diretto che ci affermi ciò, la cosa può venire assolutamente creduta e per la semplicità della dimostrazione, per il suo uso comune al tempo dello Stageirita, e per il fatto infine che altre dimostrazioni non erano allora conosciute. La dimostrazione che troviamo in EugKLEIDES ha una tale importanza storica che credo opportuno riportarla per intiero nell'originale, in nota. Nel teste seguo la stessa dimostrazione semplificandola nel senso che uso i simboli moderni e la notazione let- terale, e invece che di rette, come facevano i greci, parlo di numeri (15). Si abbia il triangolo rettangolo isocele 1 cui cateti hanno la lunghezza uno. Supponiamo che l’ ipotenusa sia commensurabile con i cateti, ossia che esista una unità di misura, per quanto piccola, che sia contenuta un numero intiero di volte sia nei cateti, sia nell’ ipotenusa. Se ciò avviene, siano a e ὃ i numeri che secondo questa (15) Eukl. X Append. 27 (Ad. libr. X prop. 115). (Ed. Heiberg, Lipsiae): Προχείσθω ἡμῖν δεῖξαι, ὅτι ἐπὶ τῶν τετραγώνων σχημάτων ἀσύμμετρός ἐστιν ἣ διάμετρος τῇ πλευρᾷ μήκει. "Eotw τετράγωνον τὸ ΑΒΓΔ, διάμετρος δὲ αὐτοῦ ἣ AT: λέγω, ὅτι ἣ TA ἀσύμμετρός ἐστι τῇ ΑΒ μήκει. εἰ γὰρ δυνατόν, ἔστω σύμμετρος᾽ λέγω, ὅτι συμβήσεται τὸν αὐτὸν ἀριθμὸν ἄρτιον εἶναι καὶ περισσόν. φανερὸν μὲν οὖν, ὅτι τὸ ἀπὸ τῆς AT (= il quadrato costruito su AT) διπλάσιον τοῦ ἀπὸ τῆς AB. xaù ἐπεί σύμμετρός ἐστιν n ΓΑ τῇ AB, ἡ TA ἄρα πρὸς τὴν ΑΒ λόγον ἔχει, ὃν ἀριθμὸς πρὸς ἀριθμόν. ἐχέτω, ὃν ὁ ΕΖ πρὸς H, χαὶ ἔστωσαν oi ΕΖ, Η ἐλάχιστοι τῶν τὸν αὐτὸν λόγον ἐχόντων αὐτοῖς" οὐκ ἄρα μονάς ἐστιν ὁ ΕΖ. εἰ γὰρ ἔσται μονὰς ὁ EZ, ἔχει δὲ λόγον πρὸς τὸν H, ὃν ἔχει ἣ AT πρὸς τὴν ΑΒ, καὶ μείζων n ΑΓ τῆς ΑΒ, μείζων ἄρα καὶ ἣ ΕΖ τοῦ Η ἀριθμοῦ ὅπερ ἄτοπον. οὐκ ἄρα μονάς ἐστιν ὁ EZ: ἀριθμὸς ἄρα. καὶ ἐπεί. ἐστιν ὡς ἣ ΓΑ πρὸς τὴν ΑΒ, οὕτως ὁ ΕΖ πρὸς τὸν Η, καὶ ὡς ἄρα τὸ ἀπὸ τῆς ΓΑ πρὸς τὸ ἀπὸ τῆς ΑΒ, οὕτως ὁ ἀπὸ 270 Irrazionalità di V/ 2 II. -$ 6. unità misurano rispettivamente i cateti e l’ ipotenusa ; supponiamo ancora, cosa che si può sempre fare, che a e ὃ siano primi fra loro, ossia che il rapporto a :d sia stato ridotto alla sua più semplice espressione. Eviden- temente, allora, se uno dei due numeri è pari, l’ altro è necessariamente dispari, perchè altrimenti essi avreb- bero a fattore comune 2, e non sarebbero stati ridotti alla più semplice espressione. Ammesso ciò avremo per il teorema di. Pythagoras. che. 206 bai quindi è pari. Ma allora anche ὁ è pari, perchè, eviden- temente, un quadrato pari deve avere per fattore 1] valore 2°. Possiamo allora porre ὦ = 2c; sarà allora ὃ" = 405 e 2 a° = 40° donde si ricava a? = 2c°.a° dun- que è pari; ma allora anche a è pari, ciò che è assurdo. L’assurdo non si può togliere se non si ammette che non si possano mai trovare due numeri il rapporto dei quali esprima quello del cateto del triangolo rettangolo iso- cele all’ipotenusa (10). τοῦ ΕΖ πρὸς τὸν ἀπὸ τοῦ H. διπλάσιον δὲ τὸ ἀπὸ τῆς ΓΑ τοῦ » v “ a , DU i Cd 3 x n” RI. \ .- ἀπὸ τῆς ΑΒ ᾿ διπλάσιον ἄρα καὶ ὁ ἀπὸ τοῦ EZ τοῦ ἀπὸ τοῦ Η’ ἄρτιος ἄρα ἐστὶν ὁ ἀπὸ τοῦ ΕΖ ὥστε καὶ αὐτὸς ὁ EZ ἄρτιός ἐστιν. εἰ γὰρ ἣν περισσός, καὶ ὁ ἀπ᾽ αὐτοῦ τετράγωνος περισσὸς ἦν, ἐπειδήπερ, ἐὰν περισσοὶ ἀριθμοὶ ὁποσοιοῦν συντεθῶσιν, τὸ δὲ πλῆθος αὐτῶν περισσὸν ἧ, ὁ ὅλος πε- 5 LA x , 3 , , x ρισσός ἐστιν ὁ ΕΖ ἄρα ἄρτιός ἐστιν. τετμήσθω δίχα κατὰ x x > x e » , “ n) n LI > τὸ Θ. καὶ ἐπεὶ oi ΕΖ, H ἐλάχιστοί εἰσι τῶν τὸν αὐτὸν λόγον ἐχόντων [αὐτοῖς], πρῶτοι πρὸς ἀλλήλους εἰσίν. καὶ € PIA x > Ν € > \ > , LI ὁ ΕΖ ἄρτιος" περισσὸς ἄρα ἐστὶν ὁ H. εἰ γὰρ ἦν ἄρτιος, τοὺς ΕΖ, H δυὰς ἐμέτρι: πᾶς γὰρ ἄρτιος ἔχει μέρος ἥμισυ" πρώ- τοὺς ὄντας πρὸς ἀλλήλους ὅπερ ἐστὶν ἀδύνατον. οὐκ ἄρα s > € 4 x NiS x , e “ ἄρτιός ἐστιν ὁ H' περισσὸς ἄρα. καὶ ἐπεὶ διπλάσιος ὁ EZ τοῦ ἘΘ, τετραπλάσιος ἄρα ὁ ἀπὸ EZ τοῦ ἀπὸ ΕΘ. διπλάσιος δὲ ὁ ἀπὸ τοῦ ΕΖ τοῦ ἀπὸ τοῦ Η’ διπλάσιος ἄρα ὁ ἀπὸ τοῦ Η τοῦ ἀπὸ ΕΘ. ἄρτιος ἄρα ἐστὶν ὁ ἀπὸ τοῦ Η. ἄρτιος ἄρα INA) \ , , € ει 3 x x da e » \ 9 f διὰ τὰ εἰρημένα ὁ H' ἀλλὰ καὶ περισσός" ὅπερ ἐστὶν ἀδύ- 9 ἢ PSA) e - , Ἂ νατον. οὐκ ἄρα σύμμετρός ἐστιν ἣ TA τῇ ΑΒ μήκει" ὅπερ ἔδει δεῖξαι, (16) La scoperta che le radici di 3, S.... 17 erano irra- πες δὲ Altre radici irrazionali 271 Abbiamo detto che la dimostrazione dell’ esistenza di grandezze incommensurabili suscitò uno scandalo che per lungo tempo si cercò di tenere nascosto. Il fatto colpiva invero al cuore l’intiero sistema matematico pythagorico, e tutte le concezioni che su di esso ripo- savano. Essendo infatti le cose, le lunghezze in parti- colare, un insieme di punti, e la loro grandezza misu- rabile contando i punti stessi (punti che portavano un numero ; punti aventi una certa dimensione), ne veniva zionali, è attribuita a TuHeoporos di Kyrene, un pytha- gorico contemporaneo di SoKRATES e che fu conosciuto da PLATON (vedi $ 2, n. 8 dove si parla dei viaggi di PLATON). Infatti nel Theaztetos (145-148) PrATON ci rammenta que- sta scoperta: XZOKP. λέγε δὴ μοι’ μανθάνεις που παρὰ Θεοδώρου γεωμετρίας ἄττα; QEAIT. ἔγωγε... περὶ δυνάμεών τι ἥμῖν Θεόδωρος ὅδε ἔγραφεν τῆς τε τρίποδος πέρι καὶ πεντέποδος ἀποφαίνων ὅτι μήχει οὐ σύμμετροι τῇ ποδιαίᾳ (cioè alla data superficie, supposta un quadrato, non si poteva attribuire un numero per la lunghezza del lato) χαὶ οὕτω xaTka μίαν ἑκάστην προαιρούμενος μέχρι τῆς ἑπτακαιδεκάποδος.... ὅσαι μὲν γραμμαὶ τὸν ἰσόπλευρον καὶ ἐπίπεδον ἀριθμὸν τετραγωνίζουσι, μῆκος ὡρισάμεθα, ὅσαι δὲ τὸν ἑτερομήχη, δυνάμεις, ὡς μῆχει μὲν οὐ συμμέτρους ἐκείναις τοῖς δ᾽ ἐπιπέδοις ἃ δύνανται. καὶ περὶ τὰ στερεὰ ἄλλο τοιοῦτον. Il LoriA presuppone che per queste dimostrazioni sia stata seguita la stessa via che per }/ 2. Ecco come egli dimostra in generale una tale proprietà per i detti nu- meri. Sia p uno dei numeri 3, 5.... Supponiamo allora che ἄρσις, m 5 . . . . . Vo=; dove m ed n sono intieri e primi fra di loro. Avremo allora m°=pn?, quindi sarà m? e necessariamente anche m divisibile per p. Sarà quindi m=pp ed in conse- guenza m°=p?°p°=pn? ossia n°=p?) quindi n è multiplo di p. Ma ciò è assurdo perchè m ed n per ipotesi sono primi fra di loro. Naturalmente, come ho ripetuto più volte, le dimostrazioni degli antichi greci, non erano algebriche, ma seguivano una via geometrica, che, in pratica, riesce assai più lunga e difficile. 272 L’ irrazionalità e Zenon H.-$ 6. che ammettere una lunghezza che non si poteva esprimere con un numero era cosa veramente inconcepibile. Ma finchè il fatto rimase più o meno nascosto ed isolato, esso potè essere riguardato tutt’ al più come una mostruosa eccezione. Ma con l’ andare del tempo, ed in modo assai sollecito, crebbero i casi nei quali si ritrovava l’ irraziona- lità, mentre, d’altra parte, per i varî tradimenti, contro i quali nulla giovavano le scomuniche e le espulsioni, la nozione di incommensurabilità si andava ognor più di- vulgando. E mentre la nuova dottrina scalzava così dalle sue basi la validità generale della costruzione pythago- rica, i nuovi e formidabili colpi di ZENON di Elea riducevano in frantumi il solo campo matematico nel quale essa cercava ancora mantenersi. Nel seguente ca- pitolo ($ 7), sarà esposta dettagliatamente la polemica del discepolo di PARMENIDES contro l’ ammissione dello spazio e del tempo composti di punti o di tempuscoli adiacenti o susseguenti. La scoperta degli irrazionali e la polemica di ZENON sfasciarono così l’ antica concezione matema- tica dei pythagorici. Ma nello stesso tempo nacque e germogliò rigogliosa quella nuova concezione e quel metodo che, soli, potevano dar vita ad una delle più mirabili costruzioni greche: la geometria. E lo scandalo degli irrazionali ed i ragionamenti di ZENON portarono alla nuova scienza un benefico timore di in- cappare in contradizioni ed illogicità. In tal modo essa procedette a passo di piombo ma sicura. A noi moderni, alle volte, possono sembrare eccessive, pedantesche, le cautele che troviamo in EUKLEIDES o in altri matema- tici dell’ epoca, per essere sicuri del passo che fanno e per esaminare se nulla è stato trascurato che poi possa infirmare l’ andamento logico della dimostrazione. Ma in tal modo la matematica greca, la geometria in parti- colare, si è assisa su basi salde ed incrollabili. Non più il misticismo, non più il sentimento ; il solo ragiona- mento controllato e discusso era posto a base della scienza. Il. -$6. Somma degli angoli interni di un triangolo 273 ἘΠῚ Fra le altre scoperte geometriche attribuite ai p y- thagorici si devono citare il teorema che ci dice che la somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a due retti (17), i problemi che si riferiscono alla co- struzione di figure uguali o simili ad altre figure date, e quelli relativi alla applicazione delle aree. Per l’importanza che in seguito quest’ ultimo pro- blema ebbe anche per la terminologia, in quanto (17) Proxktos (ed. Friedlein, pag. 379) si riferisce alla testi- monianza di EupeMos ed asserisce che il metodo seguito nella dimostrazione era lo stesso di quello che si trova in EukLEIDES I, 32: Εὔδημος δὲ ὁ Περιπατητικὸς εἰς τοὺς Πυθαγορείους ἀναπέμπει τὴν τοῦδε τοῦ θεωρήματος εὕρεσιν, ὅτι τρίγωνον ἅπαν δυσὶν ὀρθαῖς ἴσας ἔχει τὰς ἐντὸς γωνίας καὶ δεικνύναι φησὶν αὐτοὺς οὕτω τὸ rpoxetpevov ἔστω τρίγωνον τὸ ABF, χαὺ χθὼ διὰ too A τῇ ΒΤ παράλληλος ἣ AE. ἐπεὶ οὖν παράλληλοί εἰσιν αἱ ΒΓ AE, καὶ αἱ ἐναλλὰξ ἴσαι εἰσίν᾽ ἴση ἄρα ἣ μὲν ὑπὸ ΔΑΒ τῇ ὑπὸ ABI, ἣ δὲ ὑπὸ EAT τῇ ὑπὸ ΑΓΒ. κοινὴ προσ- χείσθω ἣ «ὑπὸ» BAT. αἱ ἄρα ὑπὸ ΔΑΒ A BAT ΓΑΕ, τουτέστιν αἱ ὑπὸ ΔΑΒ ΒΑΕ, Se τουτέστιν ai δύο ὀρθαὶ ἴσαι εἰσὶ ταῖς τοῦ 1BeTTOÌ ABI τριγώνου τρισὶ γωνίαις. αἱ ἄρα τρεῖς τοῦ τριγώνου δύο ὀρθαῖς εἰσιν ἴσαι. Però EuroKIos, nel commento ad ApoLLonios (Ed. Hei- berg, Lipsiae, vol. II, pag. 170) ci dice che esso fu dimo- strato dapprima per varî casi speciali, e poi in generale : ὥσπερ οὖ τῶν ἀρχαίων ἐπὶ ἕνος ἑκάστου εἴδους τριγώνου θεωρησάντων τὰς δύο ὀρθὰς πρότερον ἐν τῷ ἰσο- πλεύρῳ καὶ πάλιν ἐν τῷ ἰσοσκελεῖ καὶ ὕστερον ἐν τῷ σκαλης- νῷ οἱ μεταγενέστεροι κχαθολικὸν θεώρημα ἀπέ- δειξαν τοιοῦτο᾽ παντὸς τριγώνου αἱ ἔντος τρεῖς γωνίαι δυσὶν ὀρθαῖς ἴσαι εἰσίν. οὕτως καὶ ἐπὶ τῶν τοῦ κώνου το- μῶν.... A A [A MIELI PRI 274 Parabola, iperbole, ellisse IH -6 6. che, sebbene con significato diverso a quello attuale, vi intervengono per la prima volta le espressioni di fara- bola, iperbole ed ellisse, credo opportuno accennarvi bre- vemente, riportando, in parte, alcune considerazioni di PRroKLOS (18). Questi nel suo commento al primo libro di EugLEIDES trattando del problema XLIV, ci dice : «Seguendo l’ opinione di EUDEMOS sono antiche sco- perte, e dovute alla musa dei pythagorici, quelle che si riferiscono alla parabola, alla iperbole ed all’ellisse delle aree. Da questi i geometri più recenti presero i nomi per trasportarli alle cosidette figure coniche che si chiamarono l’ una parabola, un’ altraiperbole, l’ultima ellisse. Invece presso quegli uomini an- tichi e divini la significazione di questi termini si aveva nella costruzione piana delle aree su una retta determi- nata. Se, presa la retta, in tutta essa si fa terminare l’area data, allora ciò vien detto fare la parabola (appli- cazione) di quell’ area; se la lunghezza dell’ area presa è maggiore della retta stessa, allora si dice fare l'ip e r- bole (essere in eccesso), se invece è minore, ed al- lora una parte della retta si trova fuori dell’ area, si (18) ProkLos, pag. 419: [Παρὰ τὴν δοθεῖσαν εὐθεῖαν τῷ δοθέντι τριγώνῳ ἴσον παραλληλόγραμμον παραβαλεῖν ἐν γωνίᾳ, ἥ ἐστιν ἴση τῇ δοθείσῃ γωνίᾳ εὐθυγράμμῳ]. ᾽ x - -- LI € \ \ s/ x ἔστι μὲν ἀρχαῖα, φασὶν οἱ περὶ τὸν Εὔδημον, καὶ τῆς τῶν Πυθαγορείων μούσης εὑρήματα ταῦτα, ἣἥ τε πα- x - , x € € x \ aL »/ > LI paBoXN τῶν χωρίων καὶ ἣ ὑπερβολὴ xa. ἣ ἔλλειψις. ἀπὸ δὲ τούτων καὶ οἱ νεώτεροι τὰ ὀνόματα λαβόντες μετήγαγον αὐτὰ καὶ ἐπὶ τὰς κωνικὰς λεγομένας γραμμάς, καὶ τούτων \ x “ x δὲ e x , \ δὲ τὴν μὲν παραβολὴν, τὴν ds ὑπερβολὴν καλέσαντες, τὴν ἔλλειψιν, ἐκείνων τῶν παλαιῶν καὶ θείων ἀνδρῶν ἐν ἐπιπέδῳ καταγραφῇ χωρίων πρὸς εὐθεῖαν ὡρισμένην τὰ ὑπὸ τούτων σημαινόμενα τῶν ὀνομάτων ὁρώντων. ὅταν γὰρ εὐθείας ἐχχειμένης τὸ δοθὲν χωρίον πάσῃ τῇ εὐθείᾳ συμπαρα- τείνῃς, τότε παραβάλλειν ἐκεῖνο τὸ χωρίον φασίν, ὅτα μεῖζον δὲ ποιήσῃς τοῦ χωρίου τὸ μῆχος αὐτῆς τῆς εὐθείας, τότε ὑπερβάλλειν, ὅταν δὲ ἔλασσον, ὡς τοῦ χωρίου γραφέντος {τοὶ Parabola, iperbole, ellisse 275 dice fare l’ellisse (essere in difetto). È nel sesto libro che EUKLEIDES rammenta l’iperbole e l’ellisse; qui aveva bisogno della parabola per applicare su una data retta un'area equivalente ad un triangolo dato. Così non abbiamo solamente la costruzione di un parallelogrammo uguale ad un triangolo dato [riferita nella prop. 42], ma possiamo anche averne la parabola su una retta determinata. Così se diamo un triangolo che ha un area di dodici piedi, e la retta data ne ha quat- tro, otteniamo un’ area uguale al triangolo, applicata alla retta, se prendendo l’ intiera lunghezza di quattro piedi, cerchiamo di quanti piedi deve essere la larghezza del parallelogrammo affinchè esso divenga equivalente al triangolo. Avendo trovato, in questo caso, una larghezza di tre piedi, supposto retto l’ angolo dato, moltiplicando la lunghezza per la larghezza otteniamo l’ area. Ecco ciò che significa fare la parabola, secondo la tradizione ve- nuta dai pythagorici». necessario spiegare maggiormente il significato di questo passo di PROKLOS, anche se ciò ci costringerà a ricordare dettagliatamente alcune proposizioni mate- εἶναί τι τῆς εὐθείας ἐκτός, τότε ἐλλείπειν. καὶ οὕτως ἐν τῷ ἕκτῳ βιβλίῳ καὶ τὴς ὑπερβολῆς ὁ Εὐχλείδης μνημονεύει καὶ τῆς ἐλλείψεως, ἐνταῦθα δὲ τῆς παραβολῆς ἐδεήθη τῷ δοθέντι τριγώνῳ παρὰ τὴν δοθεῖσαν εὐθεῖαν ἴσαν ἐθέλων παραβαλεῖν [παραλληλόγραμμον], ἵνα μὴ μόνον σύστασιν ἔχωμεν παραλληλογράμμου τῷ δοθέντι τριγώνῳ ἴσον΄ αλλὰ χαὶ παρ᾽ εὐθεῖαν ὡρισμένην παραβολήν οἷον τριγώνου δοθέντος τὸ ἐμβαδὸν ἔχοντος δώδεκα ποδῶν, εὐθείας δὲ ἐχκχειμένης, ἧς τὸ μῆκός ἐστι τεττάρων ποδῶν, τὸ ἴσον τῷ τριγώνῳ παρὰ τὴν εὐθείαν παραβάλλομεν, εἰ λαβόντες τὸ μῆχος ὅλων τῶν τεττάρων ποδῶν εὕρομεν, πόσων εἶναι δεῖ ποδῶν τὸ πλάτος, ἵνα τῷ τριγώνῳ τὸ παραλληλόγραμ- μὸν ἴσον γένηται. εὑρόντες γοῦν εἰ τύχοι πλάτος τριῶν ποδῶν καὶ ποιήσαντες τὸ μῆκος ἐπὶ τὸ πλάτος, τοῦτο δὲ ὀρθῆς οὔσης τῆς ἐχχειμένης γωνίας, ἕξομεν τὸ χωρίον. τοιοῦτον μὲν δή τι τὸ παραβάλλειν ἐστὶν ἄνωθεν ὑπὸ τῶν Πυθαγορείων παραδεδομένον. 276 Applicazione semplice Π. - ς 6. matiche nella forma ricevuta da EuxkLEIDES. Nelle se- guenti osservazioni seguo il commento fatto da G. Lo- RIA nell’ opera più volte citata (19). Il problema dell’ applicazione semplice consiste nei costruire un rettangolo di area conosciuta e che ha per lato un dato segmento. Una tale costruzione si eseguisce applicando il teorema del gnomone. (EUKLEIDES, I 44; qui risolto in generale costruendo un parallelogramma di area data e con dato angolo). Sia AB il lato dato (fig. 11). L’ area data si trasforma in un rettangolo (BCDE) del quale un lato (BC) si pone in continuazione alla retta AB. Si prolunghi DE fino ad F (dove la AF è parallela alla BE) e si prolunghi la diagonale FB fino al suo incontro con la DC in K. Si tiri la KG parallela ad AC, e si prolunghi la EB fino ad A. La ABGH risolve il problema. Infatti ABF=FBE; BHK=KCB; FGK=FEKD,; quindi ABHG=BEDC. Il problema dell’ applicazione in eccesso nella sua forma più semplice consiste, data una retta (a=AB) ed un’ area (0°), nel costruire un rettangolo che abbia ἃ per lato e che sia tale che la sua area 91% quella del qua- drato costruito sul lato ancora incognito, equivalga l’area data. Cioè, con locuzione moderna, che Fig. II. DAL Quello dell’ applicazione in difetto invece considera il caso correlativo contrario, cioè data una retta ed un’ a- rea, costruire un rettangolo che abbia la retta (a) per lato, e che sia tale che la sua area meno quella del qua- drato costruito sul lato ancora incognito, equivalga l’area data (δ). Cioè, con simboli moderni : axT—x° = δ (19) Le scienze esatte nell’ antica Grecia, p. 42. — La questione si trova trattata con maggiori dettagli da P. TAN- nERY nell’ articolo De la solution géometrique des problémes du second degré avant Euclide (1882) [N. 36, I, 20]. II. - 5. 6. Apflicazione per eccesso e per difetto 277 Notiamo che questi due problemi equivalgono a trovare i lati di un rettangolo del quale conosciamo l’ area e la differenza dei lati. Infatti se δ᾽ è l’ area, x ed y sono i lati incogniti (y>x), ed y—x=a, avremo che x (x+a)=B?, se prendiamo come incognita il lato minore, ed y (y—a) = δ᾽, se prendiamo come incognita il lato maggiore ; abbiamo cioè i due casi dell’ applicazione o parabola per iperbole e di quella per ellisse. Se poi conosciamo l’area e la somma dei lati (x--y=a) allora avremo il caso x (χ---αὐτοῦξ ον (y—a)=b?, e quindi ritorniamo al se- condo problema. Nell’ antichità, presso EUKLEIDES la via seguita per trovare la soluzione è quella espressa algebricamente dal sommare nel primo caso ai due membri dell’ equa- a zione la quantità (-)’ e di toglierla nel secondo. Si ha allora DE donde si ricava subito x, ed in un sol modo, dovendo x essere sempre positivo. Noci troviamo dunque il pro- blema risolto nel modo seguente (20). Data la retta AB=a, dove C è il punto di mezzo (20) I problemi di secondo grado si trovano già intro- dotti in EukLeipes nel secondo libro degli Elementi. In particolare le figure che ora riportiamo (12 e 13) 81 rilevano dalle proposizioni 5 e 6: , > \ > “-“ x ς Ὁ 3 ΝΜ \ x ὴ ε΄. ᾽Εὰν εὐθεῖα γραμμὴ τμηθῇ εἰς ἴσα καὶ ἄνισα, τὸ > -Ὁ e > πὸ τῶν ἀνίσων τῆς ὅλης τμημάτων περιεχόμενον ὀρθο- - “- - - LA γώνιον μετὰ τοῦ ἀπὸ τῆς μεταξὺ τῶν τομῶν τετραγώνου ἴσον ἐστὶ τῷ ἀπὸ τῆς ἡμισείας τετραγώνῳ. SI - - FÀ ; ς΄. ᾿Εἰὰν εὐθεῖα γραμμὴ τμηθῇ δίχα, προστεθῇ δέ τις αὐτῇ εὐθεῖα ἐπ᾽ εὐθείας, τὸ ὑπὸ τῆς ὅλης σὺν τῇ προσ- Ca 278 Applicazioni per eccesso e per difetto I. - $ 6. di essa, costruiamo il quadrato su CB e che ha un’area a (1)°; sia esso CBFE. Si tratta ora di costruire nell’ an- golo CEF un quadrato che abbia per area δ᾽. Suppo- niamo di aver fatta una tale costruzione e sia FHIL il quadrato cercato; sia al- lora D il punto di incontro di CB con HI, che a se- conda dei casi (applicazio- ne per eccesso, fig. 12, od applicazione per difetto, fig. 13) cadrà fuori o dentro il Fig. 12. segmento CB. Si vede fa- cilmente allora che se po- niamo BD (—BM)=x, avreno FHDB-LCBM —S%x%e che essendo ABMK=-ax sarà nel primo caso ADIK=ax+x?, nel secondo ADIK=ax—x?. Tutto si riduce quindi a sapere costruire un quadrato che abbia un’ area data. Il problema in EUKLEIDES è risolto nel modo 3 seguente (II, 14): L'area è data Fig. 13. (per il problema della parabola) sotto forma di rettangolo (ADIK) (fig. 14). Si prolunga AD fino a B facendo DB=DI. Con AB come diametro si costruisce un cerchio che in- contra la /D prolungata in E. DE è il lato del quadrato che si cerca. Infatti per il teorema dell’ ellisse sappiamo χειμένῃ καὶ τῆς προσχειμένης περιεχόμενον ὀρθογώνιον μετὰ τοῦ ἀπὸ τῆς ἡμισείας τετραγώνου ἴσον ἐστὶ τῷ ἀπὸ τῆς συγκειμένης ἔκ τε τῆς ἡμισείας καὶ τῆς προσχειμένης τετραγώνῳ. Il problema generale delle applicazioni in difetto ed in eccesso è invece esplicitamente considerato da EuKkLEIDES solo dopo avere introdotto la nozione di rapporto, ed avere anche dato alcune soluzioni particolari, nel libro VI nelle proposizioni 28 e 29: USS Costruzioni geometriche varie 279 che ADIK=BC° — CD’, ed essendo per il teorema di Pythagoras CE —CD° = DE° avremoche ADIK=DE"°. Mi sono dilungato in que- sta esposizione, non solo per E mostrare ciò che secondo PRO- KLOS era conosciuto dai p y- thagorici, ma anche perchè le nozioni ricordate erano neces- A B sarie per una costruzione razio- nale del pentagono, quella figura cioè che veniva usata come segno K distintivo dei pythagorici, e che serviva di base alla costruzione Fig. 14. del quinto poliedro regolare. Una tale costruzione infatti (EvkLEIDES, IV, II) si basa su quella di un triangolo isocele (ACD) i cui angoli alla base (CD) sono doppi di quello al vertice (EUKLEIDES, IV, 10). Supponiamo di aver fatto ciò (fig. 15). e di- vidiamo allora uno dei due angoli alla base per metà con la CF, avremo allora che ACF, CDF e FCA sono tutti isoceli, ed i primi due anche simili fra di loro. Di qui AC:CD = CD:DF, cioè, essendo CD=CF=AF ed AC=AD, avremo AD.DF=AF°. Per costruire un detto triangolo basta quindi, dato un lato, dividere que- sto in due parti tali che il rettangolo di una di queste col lato dato eguagli il quadrato dell’ altra. Ciò fatto risulta immediata la costruzione del pentagono regolare. In altri termini posto AD=I e DF=x, dobbiamo tro- «x. Παρὰ τὴν δοθεῖσαν εὐθεῖαν τῷ δοθέντι εὐθυγράμμῳ ἴσον παραλληλόγραμμον παραβαλεῖν ἐλλεῖπον εἴδει παραλ- ληλογράμμῳ ὁμοίῳ τῷ δοθέντι . δεῖ δὲ τὸ διδόμενον εὐθύγραμμον [ᾧ δεῖ ἴσον παραβαλεῖν) μὴ μεῖζον εἶναι τοῦ ἀπὸ τῆς ἡμισείας ἀναγραφομένου ὁμοίου τῷ ἐλλείματι [τοῦ te ATò τῆς ἡμισείας xai ᾧ δεῖ ὅμοιον ἐλλείπειν]. κθ΄. Παρὰ τὴν δοθεῖσαν εὐθεῖαν τῷ δοθέντι εὐθυ- γράμμῳ ἴσον παραλληλόγραμμον παραβαλεῖν ὑπερβάλλον εἴδει παραλληλογράμμῳ ὁμοίῳ τῷ δοθέντι. 280 Geometria pythagorica Il "- ‘Sb. vare x in modo che /x=(/—x)? ossia 3 la—x?=/?, e questo si risolve con una parabola per ellisse. è 7? A Il LORIA (/. c.) crede che | le conoscenze alle quali ab- biamo accennato brevemente possano essere state in gran parte riportate, almeno in germe, a PYTHAGORAS stesso. Ho detto invece che io credo che molte delle scoperte attri- buite al fondatore della scuola, e accentuo ciò specialmente per quello”che riguarda il penta- gono dodecaedro ed i problemi Fig το: a questo connessi, siano molto posteriori nel tempo. In ogni modo esse formavano il patrimonio dei pythagorici di età posteriore, di quelli cioè contemporanei ad HiIPPOKRATES di Chios, ad EMPEDOKLES, a PHiLoLAOS. Così il famoso teorema di ARCHYTAS, che esamineremo in un capitolo poste- riore, ci mostra una geometria tanto progredita da sup- porre che i teoremi ora rammentati fossero allora già risolti da un pezzo. In ogni modo in questo paragrafo ho cercato semplicemente di tratteggiare il carattere generale della matematica della scuola pythagorica; un esame più particolareggiato invece dello svolgimento delle antiche teorie matematiche si troverà nel capitolo sulla matematica prearistotelica, ed a questo capitolo rimando per ulteriori particolari (21). (21) Nel detto capitolo ritornerò anche su molte que- stioni relative alla attribuzione o meno di date conoscenze ai pythagorici. Ed ivi darò anche una bibliografia relativa- mente completa intorno agli studî che si riferiscono all’ an- ‘tica matematica greca (che appunto per un tal fatto trascuro nell’appendice di questo capitolo). In questo capitolo, come ho detto nel testo, non intendevo tanto esaminare questo sviluppo quanto lumeggiare sotto questo e tutti gli altri aspetti co- nosciuti, il carattere e l’azione della tanto interessante scuola pythagorica. $ 7. I PRINCIPI DELL’ ACUSTICA. LE CORDE VIBRANTI E LE NOTE MUSICALI. «Haec igitur maxime causa fuit, cur relicto aurium iudicio Pythagoras ad regularum momenta mi- graverit, qui nullis humanis auribus credens, quae par- tim natura, partim etiam exstrinsecus accidentibus per- mutantur, partim ipsis variantur aetatibus, nullis etiam deditus instrumentis, penes quae saepe multa varietas atque inconstantia nasceretur, dum nunc quidem si nervos velis aspicere vel aer umidior pulsus obtunderet vel siccior excitaret vel magnitudo chordae graviorem redderet so- num vel acumen subtilior tenuaret vel alio quodam modo statum prioris constantiae permutaret, et cum idem esset in ceteris instrumentis, omnia haec inconsulta mi- nimaeque aestimans fidei. diuque aestuans inquirebat, quanam ratione firmiter et constanter consonantiarum momenta perdisceret. Cum interea divino quodam nutu praeteriens fabrorum officinas pulsos malleos exaudit ex diversis sonis unam quodam modo concinentiam perso- nare. Ita igitur ad id, quod diu inquirebat, adtonitus accessit ad opus diuque considerans arbitratus est di- versitatem sonorum ferientium vires efficere, atque ut id apertius conliqueret, mutare inter se malleos impe- ravit. Sed sonorum proprietas non in hominum lacertis haerebat, sed mutatos malleos comitabatur. Ubi id igitur animadvertit, malleorum pondus examinat, et cum quin- que essent forte mallei, dupli reperti sunt pondere qui sibi secundum diapason consonantiam respondebant. Eun- dem etiam, qui duplus esset alio, sesquitertium alterius conprehendit, ad quem scilicet diatessaron sonabat (I). (1) diatessaron = quarta; diapente = quinta. 282 Leggenda su Pythagoras e l’officina del fabbro 1]. - 5 7. Ad alium vero quendam, qui eidem diapente consonantia iungebatur, eundem superioris duplum repperit esse ses- qualterum. Duo vero hi, ad quos superior duplex sesqui- tertius et sesqualter esse probatus est, ad se invicem sesquioctavam proportionem perpensi sunt custodire. Quintus vero est reiectus, qui cunctis erat inconsonans. Cum igitur ante Pythagoram consonantiae musicae par- tim diapason, partim diapente, partim diatessaron, quae est consonantia minima, vocarentur, primus Pytha- goras hoc modo repperit, qua proportione sibimet haec sonorum concordia iungeretur. Et ut sit clarius quod dictum est, sint verbi gratia malleorum quattuor pondera, quae subter scriptis numeris contineantur : XII, IX, VIII, VI. Hi igitur mallei qui XII et VI ponderi- bus vergebantur, diapason in duplo concinentiam perso- nabant. Malleus vero XII ponderum ad malleum IX et malleus VIII ponderum ad malleum VI ponderum secun- dum epitritam proportionem diatessaron consonantia iun- gebatur. IX vero ponderum ad VI et XII ad VIII dia- pente consonantiam permiscebant. IX vero ad VIII in sesquioctava proportione resonabant tonum ». In questo modo BoEtIUS (2), favoleggiando, ci racconta la via seguendo la quale PyTHAGORAS sarebbe giunto a stabilire le relazioni fisiche e numeriche fra i varî suoni ; lo stesso aneddoto dell’ officina del fabbro e dei martelli ci raccontano molti altri tardi autori dell’ antichità. Le note che venivano emesse erano in rapporto col peso dei martelli, e, precisamente, supposti i pesi come 12, 9, 8, 6, i suoni emessi, secondo i nostri autori, avrebbero dovuto essere, con denominazione moderna, la fonda- mentale, la quarta, la quinta e Τ᾽ ottava. I rapporti sono evidentemente : 14, — 4, — 5, — ?/, Ma, sempre secondo quello che Ss ‘racconta BoE- TIUS (3), PYTHAGORAS non si fermò a questo punto. Il (2) Boetii, de institutione musica. I, 10. — Confr. anche Iambl. In Nicom. arithm., Introd. 171; Nikom. Harm. I, 10;Ia mbl. Vit. Pyth. 26 — che raccontano tutti, con maggiori o minori particolarità, l’ identico aneddoto. {7}. 1: ΣΡ ΕΙΙ. IL SER Esperienze sulle corde vibranti 283 nostro acuto sperimentatore passò infatti subito ad esa- minare se le stesse regole valevano per le corde vibranti, sia che venissero tese con pesi proporzionali a quelli già detti, sia che se ne variasse la lunghezza se- condo un rapporto analogo : «Hinc igitur domum reversus, varia examinatione perpendit, an in his proportionibus ratio symphoniarum tota consisteret. Nunc quidam aequa pondera nervis aptans eorumque consonantias aure diiudicans, nunc vero in longitudinem calamorum duplicitatem medietatemque restituens ceterasque proportiones aptans integerrimam fidem diversa experientia capiebat. Saepe etiam pro mensurarum modo cyathos aequorum ponderum aceta- bulis inmittens; saepe ipsa quoque acetabula diversis for- mata ponderibus virga vel aerea ferreaque percutiens nihil sese diversum invenisse laetatus est. Hinc etiam dictus longitudinem crassitudinemque chordarum ut exa- minaret adgressus est. Itaque invenit regulam, de qua posterius loquemur, quae ex re vocabulum sumpsit, non quod regula sit lignea, per quam magnitudines chorda- rum sonumque metimur, sed quod regula quaedam sit huiusmodi inspectio fixa firmaque, ut nullum inquiren- tem dubio fallat iudicio ». Ho voluto riportare per disteso il lungo racconto di BoEtIUs, perchè esso, nonostante il lato favoloso dell’ aneddoto, nonostante gli errori d’acustica che esso, come tutti i racconti simili, contiene, ci porge un ma- gnifico esempio di un’ esperienza istituita in modo asso- lutamente perfetta nella più alta antichità, e che varrebbe da sola (e gli altri esempi sono numerosi) a sfatare la leggenda che presso gli antichi greci ed i romani non esistesse la scienza sperimentale. Dal rac- conto di BoetIus e dagli altri simili che in parte lo completano, vediamo infatti svolgersi tutte le diverse fasi di un'esperienza bene condotta: τὸ l’ osserva- zione di un fenomeno che varia secondo condizioni ancora incognite (i diversi suoni prodotti nell’officina del fabbro); 2° l eliminazione dei fenomeni che non sono in relazione col fenomeno studiato (la prova se il suono diverso dipendeva dalla diversa forza con la quale il 284 Esperienze sulle corde vibranti ΠΡ "og martello era battuto) e la conseguente semplicizzazione del problema che si riduce ai soli fenomeni che variano contemporaneamente o, come diciamo adesso, in fun- zione uno dall’ altro; 39 la misura, prima qualitativa, poi quantitativa, delle variazioni che subisce un feno- meno in funzione della variazione di un altro fenomeno ad esso collegato (Τ᾿ osservazione che ai martelli più leggeri corrispondeva un suono più acuto, e la misura del peso dei martelli che corrisponde ad intervalli di suoni determinati che, si noti, 1 greci conoscevano già ad orecchio); 4° l estensione dello studio a casì simili, e l'esame per ricercare se le regole applicate si pos- sono trasportare integralmente o con qualche varia- zione al nuovo caso (l’ esame di corde di uguale na- tura, grossezza e lunghezza e tirate da pesi differenti, oppure di uguale natura e grossezza ma di differente lunghezza). Nonostante che questi racconti siano relativamente recenti, e che BoETtIUS sia una fonte molto sospetta, pure è certo che l’ esperimento nella sua essenza fu fatto dai primissimi pythagorici, se non da PYTHAGORAS stesso. Vedremo che i frammenti di PHILOLAOS e di ARCHYTAS ci attestano chiaramente che la relazione fra la lun- ghezza delle corde ed i suoni era già bene stabilita ai loro tempi e che quindi essa risaliva a parecchio tempo innanzi. L'influenza poi che una tale scoperta può avere eserci- tato sulla mistica dei numeri, ci può rendere non solo verosimile, ma anche estremamente probabile, che la sco- perta e l'esperimento siano dovuti al fondatore stesso della scuola, e che questi, anzi, fossero uno dei titoli mag- giori per il quale, oltre che per le sue pratiche religiose e l'influenza politica, egli si sia potuto imporre ai suoi adepti. Ho detto che l’ andamento dell’ esperimento deve essersi svolto nelle sue linee generali secondo il racconto riportato dif BoetIus. Però favole posteriori ai primi pythagorici devono avere falsato il racconto in modo che i semplici poligrafi dell’ età posteriori, poligrafi che non erano scienziati e tanto meno sperimentatori, in- corsero negli errori più grossolani. ΠΠ Ξε Corde diversamente tese 28; Accenniamo alla seconda esperienza di PYTHAGORAS (4) relativa alle corde, uguali in qualità, grossezza e lar- ghezza e tese diversamente secondo pesi che stavano fra loro secondo le proporzioni '/, — 4 — 5 — */- I suoni che esse emettevano erano, secondo la tradizione, la fondamentale, la quarta, la quinta e l’ ottava. Ora sappiamo dalle moderne esperienze che questo non è giusto. Infatti il numero delle vibrazioni di una corda tesa, varia secondo la radice quadrata del peso che la tende, ee pi dove c è un fattore di proporzionalità che dipende dalla natura della corda, dalla sua grossezza, lunghezza etc. εἰς. (4) Tambl. Vit. Pyih. 26: ἄσμενος dl, ὡς: κατὰ θεὸν ἀνυομένης αὐτῷ τῆς προθέσεως, εἰσέδραμεν εἰς τὸ χαλχεῖον, καὶ ποικίλαις πείραις παρὰ τὸν ἐν τοῖς ῥὁαιστῆρσιν ὄγκον εὑρὼν τὴν διαφορὰν τοῦ ἤχου, ἀλλ᾽ οὐ παρὰ τὴν τῶν ῥαιόντων βίαν, οὔτε παρὰ τὰ σχήματα τῶν σφυρῶν, οὐδὲ παρὰ τὴν τοῦ ἐλαυνομένου σιδήρου μετάθεσιν, σηκώ-- ματα ἀχριβῶς ἐκλαβὼν καὶ ῥοπὰς ἰσαιτάτας τῶν ῥαιστή- ρων πρὸς ἑαυτὸν ἀπηλλάγη, καὶ ἀπό τινος ἑνὸς πασσάλου διαγωνίου ἐμπεπηγότος τοῖς τοίχοις, ἵνα μὴ κἀκ τούτου δια- φορά τις ὑποφαίνηται ἣ ὅλως ὑπονοῆται πασσάλων ἰδιαζόντων παραλλαγή, ἀπαρτήσας τέσσαρας χορδὰς ὁμούλους χαὶ ἰσο- κώλους, ἰσοπαχεῖς τε χαὶ ἰσοστρόφους, ἑκάστην ἐφ᾽ ἑκάστης ἐξήρτησεν, ὁλκὴν προσδήσας ἐκ τοῦ κάτωθεν μέρουσι τὰ δὲ μήκη τῶν χορδῶν μηχανησάμενος ἐκ παντὸς ἰσαίτατα. εἶτα χρούων ἀνὰ δύο ἅμα χορδὰς ἐναλλὰξ συμφωνίας εὕρισχε τὰς προλεχθείσας, ἄλλην ἐν ἄλλῃ συζυγίᾳ. τὴν μὲν γὰρ ὑπὸ τοῦ μεγίστου ἐξαρτήματος τεινομένην πρὸς τὴν ὑπὸ τοῦ μιχροτάτου διὰ πασῶν φθεγγομένην κατελάμβανεν" ἦν δὲ ἢ μὲν δώδεκα τινῶν ὁλκῶν, ἣ δὲ ἕξ, ἐν διπλασίῳ δὲ λόγῳ ἀπέφαινε τὴν διὰ πασῶν, ὅπερ xai αὐτὰ τὰ βάρη ὑπέφαινε᾽ τὴν δ᾽ αὖ μεγίστην πρὸς τὴν παρὰ τὴν μικροτάτην, οὖσαν ὀχτὼ ὁλκῶν, διὰ πέντε συμφωνοῦσαν, ἔνθεν ταύτην ἀπέφαινεν ἐ ἐν ἡμιολίῳ λόγῳ, ἐν ᾧπερ χαὶ αἱ ὁλκαὶ ὑπῆρχον πρὸς ἀλλήλας" κχ.τ.λ. 286 Corde diversamente lunghe ILS= 98 D’ altra parte la quarta, la quinta e l'ottava di un suono fondamentale si hanno quando i numeri delle vibrazioni sono rispettivamente 4/, — 3/, — ?*/, di quello delle vibrazioni del suono fondamentale ; ne viene quindi che ponendo 1 il numero delle vibrazioni del suono fon- damentale e ponendo pure c = 1,1 diversi pesi P', P" e P'” per la sua quarta, quinta ed ottava si troveranno rispettivamente dalle equazioni È ; == iv P ’ d'onde si ricava 9 Vea 0 (S) ]υ9 pil SS 4 a |Jo e non p'’ stre 2 5: ana ida 78}; DE come risulterebbe dall’ esperienza attribuita a PyTHA- GORAS. Anche l’ esperienza relativa ai pesi dei martelli è fondamentalmente errata. Dove invece l’ esperienza è assolutamente esatta è nella ΠΑ μὴν delle corde. Quì effettivamente lunghezze come 2, 3/3, 4/2, 1 danno il suono fondamentale, la quarta, la quinta e l'ottava. Il procedimento di PYTHAGORAS può quì essersi svolto nel modo seguente. Presa una corda egli avrà osservato che prendendone successiva- mente tutta la lunghezza o lunghezze rispettivamente 1/0, ila. 5a ils, il: Si avevano dei suoni corrispondenti alla fondamentale, all’ ottava, alla dodicesima, alla sedi- cesima, alla diciottesima ed alla ventesima. Per rendere più chiara la cosa, supponendo come suono fondamen- tale il do (=c) avremo per le varie lunghezze I ΝΕ 4/3 tl, 1/5 ils Ὁ Ci δι lo Sp 52 Probabilmente PyTHAGORAS è arrivato solamente fino alla quarta parte della corda in modo da potere TESS Intervalli anticamente conosciuti 287 stabilire gli intervalli di ottava, quinta, quarta e se- conda. Osservando infatti come la lunghezza doppia cor- rispondeva all’ ottava inferiore, può avere abbassato di un’ ottava il g, ottenendo la serie c, g, c, con i rapporti I, ?/,, if, e quindi, partendo come 1 dall’ ottava supe- riore: 2, è, 1. L'intervallo g— οὐ di quarta gli offriva poi subito il rapporto = : τ = "i e partendo come I dal e quello 4/,. Invece di prendere la quarta del g, si poteva prenderla del c; si otteneva così l’ f. 1. inter- vallo f-g, dava poi subito il tono per il quale si trovava il rapporto (partendo dall’ alto) °/s. Si hanno così gli intervalli che consideravano gli antichissimi pythagorici, e sui quali poi si basò tutta 1’ antica teoria musicale greca. Nell’ Appendice I accenneremo come la teoria musicale si trovi svolta in scritti attribuiti a PHILOLAOS e ad ARcHYTAS. Ora frattanto passando ad esporre le idee cosmogoniche dei pythagorici potremo notare in esse una potente influenza delle teorie musicali ora ri- cordate. δ ὃ. IDEE ASTRONOMICHE. LA SFERICITÀ DELLA TERRA. Alla scuola pythagorica è dovuto un grande sviluppo e rivolgimento nelle idee astronomiche e geografiche. I punti principali nei quali si ma- nifestò questa influenza dei pythagorici sono i seguenti : 1° L'abbandono della ipotesi della terra piatta e l ammissione del globo terrestre sferico. 20 L'elaborazione di varî fruttuosi sistemi astro- nomici. Uno di essi, spostando la terra dal centro dell’universo, aprirà la via al sistema posteriore di ARISTARCHOS, basato sui principî che in tempi moderni si dissero copernicani. Un altro sistema poi, pur mantenendo la terra nel centro, la dota di un movimento di rotazione intorno ad un suo asse. 30 Lo studio e la fissazione più o meno arbitra- ria della distanza dei pianetie della durata d'ella»loro.rtivolazione. Esaminiamo brevemente l’ origine e lo sviluppo di queste tre questioni astronomiche, e le varie forme che esse assunsero nel periodo che va da PyTHAGORAS fino a PHILOLAOS. Secondo alcuni il fatto della sfericità della terra (σχῆμα σφαιροειδές) è riconosciuto dai pythago- rici fino dai tempi più antichi. THEOPHRASTOS, e già prima PLATON, riconoscono invece in PARMENIDES il primo che abbia enunciato una simile teoria. In ogni caso, come vedremo, questa sarebbe una nozione che II. - $ 8. Prove della sfericità della terra 289 già aleggiava fra gli antichi pythagorici e forse in Py- THAGORAS stesso (1). Nemmeno sappiamo se questa teo- ria, come tante altre, fosse stata portata dall’ Oriente oppure se si svolgesse indipendentemente nelle menti degli antichi greci. Certo è che la concezione dei corpi celesti quali sfere, della terra pure come sfera, e dei loro movimenti circolari ed eterni, trovava bene il suo posto entro il misticismo scientifico dell’ an- tica scuola italica. È più facile anzi che l’idea sia sorta appunto da questi preconcetti, piuttosto che da vere osservazioni, e dalla loro elaborazione mentale. Vediamo infatti, fra le prove (effettive) portate da ARISTOTE- LES per sostenere la sfericità della terra, ricordati so- limentedfduendfatti.: l'attrazione di. tutte le sdisiempicisi@enti verso il centro dell'uni- verso, dalla quale, per le leggi dell’idrostatica ve- niva immediatamente la forma sferica, e la variazione dell’ orizzonte per il cambiamento di latitudine (2). Ora è evidente che se i pythagorici avessero emesso alcune altre prove sicure per sostenere la sfericità della terra, ARISTOTELES le avrebbe citate in appoggio alla sua teoria. Alcuni fatti però, benchè non specificati chiara- mente, possono avere influito potentemente sull’ insieme della dottrina : e così un insieme di osservazioni astro- nomiche, che dovevano essere ben note ai naviganti (1) Dei concetti simili si devono anche essere svolti nell’ Ionia, parallelamente a quelli della terra piana. Ciò si rileva dallo scritto περὶ ἑβδομάδων, quando si voglia at- tribuire ai primi 11 capitoli di esso un’ antichità pari a quella di AnaximanDROos. Vedi in proposito il Cap. I, $ τὸ e più particolarmente a pag. 103 e 108 (cap. 2). (2) Arist., de coel. II, 14, 8: Σχῆμα È ἔχειν cpuat- ροειδὲς ἀναγκαῖον αὐτήν. ἕκαστον γὰρ τῶν μορίων βάρος ἔχει μέχρι πρὸς τὸ μέσον xai τὸ ἔλαττον ὑπὸ τοῦ μείζονος ὠθούμενον οὐχ οἷόν τε χυμαίνειν, ἀλλὰ συμπιέζε- σθαι υᾶλλον, καὶ συγχωρεῖν ἕτερον ἑτέρῳ, ἕως ἂν ἔλθῃ 5 x , ἐπὶ τὸ μέσον. id. II, 14, 14: Ἔτι δὲ διὰ τῆς τῶν ἄστρων φαν- MIELI 19 200 I pythagorici e la dottrina della sfericità 11. - $ 8. e che si trovano citate in ARISTOTELES (vedi n. 2), che cioè la culminazione inferiore dell’ Orsa aveva una ben diversa altezza sull’ orizzonte quando veniva osser- vata in Egitto o al Borystenes, che Cassiopea tra- montava al Borystenes, e che in Egitto si vedevano stelle invisibili al Nord, doveva rivelarsi ben presto inconci- liabile con la teoria di una terra piatta quale era quella ideata dagli ionici. Anche il fatto della conoscenza abbastanza antica della cagione delle eclissi lunari, e l'ombra circolare che appare su essa, doveva por- tare a supporre sferica la forma della terra (3). D’ altra parte sappiamo come presso i pythagorici la sfera era ritenuta come la forma perfetta e che il perfetto movimento era quello circolare. Tutte queste considera- zioni possono evidentemente avere influito, ognuna per suo conto, in modo da fare adottare la concezione che abbiamo detto, e questa via può essere stata quella se- guita effettivamente, sia che l’ origine completa della τασίας οὐ μόνον φανερόν ὅτι περιφερής, ἀλλὰ χαὶ τὸ μέ- γεθος οὐκ οὖσα μεγάλη; μικρᾶς, γὰρ γιγνομένης μεταστά- σεως ἡμῖν πρὸς μεσημβρίαν καὶ ἄρχτον ἐπιδήλως ἕτερος i ταὶ ὁ ὁρίζων χύχλος, ὥστε τὰ ὑπὲρ χεφαλῆς ἄστρα μεγάλην ἔχειν τὴν μεταβολήν, καὶ μὴ ταὐτὰ φαίνεσθαι πρὸς ἄρχτον τε καὶ μεσημβρίαν μεταβαίνουσιν. ἔνιοι γὰρ ἐν Αἰγύπτῳ μὲν ἀστέρες ὁρῶνται καὶ περὶ Κύπρον, ἐν τοῖς πρὸς ἄρχτον δὲ χωρίοις οὐχ ὁρῶνται, καὶ τὰ διὰ παντὸς ἐν τοῖς πρὸς doxtov φαινόμενα τῶν ἄστρων ἐν ἐχείνοις τοῖς τόποις ποιεῖται δύσιν. ὥστ᾽ οὐ μόνον ἐκ τούτων δῆλον περιφερές ὃν τὸ σχῆμα τῆς γῆς, ἀλλὰ καὶ σφαίρας οὐ (3) Arist., de coel. II, 14, 13: "Et δὲ χον διὰ τῶν φαινομένων κατὰ τὴν αἴσθησιν" οὔτε γὰρ ἂν αἱ τῆς σελήνης ἐχλείψεις τοιαύτας ἂν εἶχον ἀποτομὰς" νῦν γὰρ ἐν μέν τοῖς κατὰ μῆνα σχηματισμοῖς πάσας λαμβάνει τὰς διαιρέσεις, xai γὰρ εὐθεῖα γίνεται καὶ ἀμφίκυρτος καὶ κοιλή, περὶ δὲ τὰς ἐχλείψεις ἀεὶ κυρτὴν ἔχει τὴν διορίζουσαν γραμμήν. ὥστ᾽ ἐ- πείπερ διὰ τὴν τῆς γῆς ἐπιπρόσθησις, ἣ τῆς γῆς ἂν εἴη περιφέρεια τοῦ σχήματος αἰτία σφαιροειδὴς οὖσα. II. -S 8. La sfericità della terra 2091 dottrina sia da ricercarsi nel seno stesso della scuola, sia invece che ad essa abbiano contribuite notizie vaghe, od anche più precise, giunte dal misterioso Oriente. Co- munque sia, vediamo che tutta una parte di pytha- gorici sostiene fermamente questa teoria, mentre, e per lungo tempo ancora, la teoria ionica della terra piatta continua a mantenere il favore in una larga corrente di scienziati dell’ Oriente greco. Fra questi do- vremo rammentare ANAXAGORAS ed anche DEMORKRI- Tos che pure ebbe fama di grande geografo (4). Solamente in tempi più recenti la teoria della terra sferica viene pienamente accettata da tutti. Torne- remo sulla questione presente, insieme alla teoria delle zone di PARMENIDES, quando tratteremo, nel capitolo degli Ele ati, di questo pensatore che, sotto il rapporto ora considerato, non è che un esponente del pensiero della scuola pythagorica (5). (4) Arist., de coel. II, 13, 10. — ’Avatbtpevne δὲ καὶ ᾿Αναξαγόρας καὶ Δημόκριτος τὸ πλάτος αἴτιον εἶναί φασι τοῦ μένειν αὐτὴν. οὐ γὰρ τέμνειν ἀλλ᾽ ἐ- πιπωματίζειν τὸν αἔρα τὸν χκάτωθεν.... τὸν δ᾽ οὐκ ἔχοντα μεταστῆναι τόπον ἱκανόν, ἀθρόον τῷ κάτωθεν ἠρεμεῖν ὥσπερ τὸ ἐν ταῖς χλεψύδραις ὕδυρ. Confronta lo stesso, cap. II. — Vedi inoltre quello che ho detto in proposito nel Cap. τ: (5) HEATH (N. 72, p. 49) è propenso ad attribuire allo stesso PyrHacoras la dottrina della sfericità della terra ed anche quella delle zone (vedi nel Cap. III dove tratto di PaR- MENIDES). La via che PyrHacoRAs seguì per giungervi è indicata secondo H. da un passo di DrocenEs L. (VIII, 35) — χαὶ τῶν σχημάτων τὸ κάλλιστον σφαῖραν εἶναι τῶν τερεῶν, τῶν δ᾽ ἐπιπέδων κύκλον — ed anche dalla atten- dibilità del fatto che PyrHAcoras cercasse di estendere alla terra la sfericità ormai ammessa per il cielo. δ 9. I MOVIMENTI DEGLI ASTRI E DELLA TERRA. — I SISTEMI DI PHILOLAOS E DI ALTRI ANTICHI PYTHAGORICI. Ma oltre che alla terra, l’attenzione dei pytha- gorici era rivolta anche al cielo. In questo caso però è quasi certo che i pythagorici non solo subirono in- fluenze orientali, ma che anche da questi popoli di più antica civiltà derivarono molta copia di dati. Nella sua generalità questo problema sarà discusso quando, in un’ al- tra parte dell’ opera che intendiamo compiere, parle- remo diffusamente delle antiche civiltà orientali; quì vogliamo solo esaminare le conoscenze e le concezioni che presero forma di dottrina nella scuola che esami- niamo. In questa si dovette certamente riconoscere per prima cosa una certa regolarità nel movimento dei pianeti, ri- conosciuti come stelle erranti; così pure ben presto si cbbe l’ identificazione di Hesperos e Phospho- ros, la stella della sera e quella della mattina, che non erano, in fondo, che lo stesso pianeta visto in ore dif- ferenti (1). Ma i pythagorici non ebbero solamente tali cognizioni staccate; essi specularono anche, ed in modo conseguente, sulla distanze dei pianeti e del cielo, e sui loro movimenti. In tal modo essi giunsero a stabilire varî sistemi, dei quali quello che conservò maggiore fama (1) Diog. L. VIII. 14: xa. πρῶτον (PyrrHacoras) εἰς τοὺς Ἕλληνας μέτρα καὶ σταθμὰ εἰσηγήσασθαι, καθά φησιν ᾿Αριστόξενος ὁ μουσικός" πρῶτον δ᾽ Ἕσπερον χαὶ Φωσφόρον τὸν αὐτὸν εἰπεῖν, οἱ δέ φασι Παρμενίδην. II. - $ 9. Probabili idee astronomiche di Pythagoras 293 è quello attribuito a PHIiLoLaos. In questo paragrafo dob- biamo considerare appunto questi varî sistemi ed esa- minarne lo svolgimento. a Dobbiamo notare anzitutto la grande diversità nei due principali sistemi che si svilupparono entro lascuola pythagorica. Una corrente, che forse si riattacca più direttamente a PYTHAGORAS stesso ed ai suoi primi discepoli, conserva alla terra il posto centrale nell’ uni- verso e la mantiene immobile. L'altra invece, o sposta senz’ altro la terra dalla sua posizione centrale, o, per lo meno, riconduce alcuni dei movimenti apparenti degli astri ad un movimento della terra. Quali siano state precisamente le idee di PyTHA- GORAS e dei suoi discepoli immediati è difficile dire. Si può asserire, senz'altro, che secondo il fondatore della scuola, la terra è posta, immobile, al centro dell’ uni- verso. È più arduo riconoscere le sue opinioni sui m o- vimenti degli astri. Sembra che egli sia arrivato a decomporre in due movimenti il movimento apparente del sole. Mentre infatti, secondo l’ astronomia ionica, il sole girava intorno alla terra spostandosi in un anno da settentrione a mezzogiorno e ritornando poi a set- tentrione, sembra che PYyTHAGORAS scomponesse un tale movimento in due: uno, diurno, da oriente ad occi- dente, simile a quello delle stelle fisse, in un piano pa- rallelo a quello dell’ equatore, l’ altro, annuale, da occi- dente ad oriente nel quale il sole descrive un cerchio in un piano (dell’eclittica) inclinato sul piano del- l’equatore (2). Concetti simili egli avrà forse applicati alla luna ed ai pianeti. (2) Questa è l’ opinione di Pierre DuHEM (Le systéme du monde. I, pag. 7-10). Egli si basa in gran parte sul passo di Aettos (II, 12) (Πυθαγόρας πρῶτος ἐπινενοηκέναι λέγεται τὴν λόξωσιν τοῦ ζῳδιακοῦ κύκλου, ἥντινα Οἰνοπίδης ὃ Χῖος ὡς ἰδίαν ἐπίνοιαν σφετερίζεται) e deduce che PyrHa- 294 Probabili idee astronomiche di Pythagoras I. - $ 9. In ogni modo, come notano il MARTIN ed il DUHEM (3), anche se PyrTrHAGORAS ha solamente, ma in modo ben chiaro, fissato il concetto della sfericità della terra e quello dei movimenti indipendenti degli astri mobili, egli ha senza dubbio potuto dare un forteimpulso alla scienza astronomica. * x» * Concetti ben diversi noi troviamo sviluppati nella teoria che ARISTOTELES attribuisce ai così detti pytha- x gorici, e che è conosciuto dalla posterità come il s i- GORAS stesso abbia applicato questa sua teoria per il sole anche alla luna ed ai pianeti, dal fatto che nella doxographia di ALKkmaron (vedi $ II, n. 5) si trova indicato il movi mento dei pianeti da occidente ad oriente. Questa opinione, data la poca importanza del medico ArKkmMaron come astronomo, dovrebbe rappresentare l° opinione di PyrHaco- rAS. Del resto, come nota TH. HeaTH (A4ristarchus, p. 50), 1 in- dicazione del movimento dei pianeti in circoli indipendenti si trova in un passo di Turon di Smirnai (7%. Sm. philo- sophi platonici Expositio rerum matbematicarum ad legendum Platonem utilium; ed Hiller, Lipsiae, p.I 50): ἣ δὲ ποικίλη τῆς φορᾶς τῶν πλανωμένων φαντασία γίνεται διὰ τὸ κατ᾽ ἰδίων τινῶν χύχλων καὶ ἐν ἰδίαις σφαίραις ἐνδεδεμένα χαὶ δι’ ἐκείνων χινούμενα δοχεῖν ἡμῖν φέρεσθαι διὰ τῶν ζῳδίων, καθὰ πρῶτος ἐνόησε Πυθαγόρας, τῇ χατὰ ταὐτὰ τεταγμένῃ ἁπλῇ καὶ ὁμαλῇ αὐτῶν φορᾷ xatà συμβεβηκὸς ἐπιγινομένης τινὸς ποικίλης καὶ ἀνωμάλου κινήσεως. (3) Ta. H. Martin, Hypothése astronomique de Pythagore (Bullet. di Bigliogr. e di Storia delle Scienze matem. e fis., V (1872), p. 126) (citato dal DuÒem, ἰ. c., p. 10): «En intro- duisant en Grèce la notion de la sphéricité de la Terre et des mouvement propres du Soleil, de la Lune et des planètes, d’Occident en Orient, suivant des cercles obliques ἃ l’équa- teur céleste, Pythagore et ses premiers disciples ont fait faire un grand pas aux notions astronomiques des Grecs. Cette gloire leur appartient; on ne pourrait que la compromettre en leur attribuant des inventions et des mérites qui ne leur appartient pas ». II. - $ 9. Il cosidetto sistema di Philolaos 295 stema di Philolaos (4). Noi esporremo subito questo sistema, quale ci risulta dai documenti e dagli studî fatti su di esso. Dopo cercheremo di conoscere le ragioni che concorsero a formarlo. Esaminarne invece il lento sviluppo è cosa impossibile allo stato dei docu- menti che attualmente possediamo (5). PÒÙiroLaos sposta la terra dal centro del mondo. In questo invece si trova il fuoco centrale, l'elemento più nobile, intorno al quale ruotano tutti gli altri corpi celesti, eccettuata, forse, la sfera delle stelle fisse. I corpi celesti, compresa quest’ultima, sono dieci, e precisamen- te, in ordine di distanza decrescente dal fuoco cen- trale: Stelle fisse, Saturno, Giove, Marte, Ve- mere Mercurio, Sole, Luna, Terra ed An- titerra. La terra ruota intorno al fuoco centrale vol- gendo ad esso sempre una sua faccia, in modo simile a quello che sappiamo ora avvenire della luna rispetto alla terra. È per questo che noi, nell’ emisfero nel quale ci troviamo, non vediamo mai il fuoco centrale, e nem- meno l’ antiterra che ruota intorno ad esso e ad una di- stanza minore di quella della nostra terra. La rivolu- zione della terra intorno al fuoco centrale è la cagione per la quale noi osserviamo il moto diurno del cielo delle stelle fisse, mentre il moto che noi possiamo osser- vare nei varî pianeti, il sole compreso, è composto dal moto apparente determinato dalla rotazione della terra, più un moto circolare ed effettivo dei pianeti intorno al fuoco centrale. Il movimento dei pianeti avviene per ognuno di essi in un determinato periodo, e questo pe- (4) Confr. in proposito lo studio più importante su questo soggetto, dovuto a G. V. ScHIAPARELLI, / precursori di Coper- nico nell antichità. Memorie dell’ Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, XII (1873) p. 381 e segg. e le altre opere di questo autore citate nell’Appendice bibliografico di questo capitolo. (5) Dirò sempre per brevità sistema di Phlhilo- laos, e, per quello che riguarda questo argomento, parlerò di PuitoLaos senza per questo volere attribuir direttamente a questi la piena paternità delle dottrine che ora esporremo. 296 I! grande anno ed i dati di Philolaos 1]. - $ 9. riodo è stato calcolato dallo SCHIAPARELLI, il quale, dai dati rimastici, ha cercato di ricostruire appieno il pen- siero di PHiLoLAos. È interessante riportare il suo ra- gionamento e le sue conclusioni. Presupposto fisso ed invariabile il cielo delle stelle fisse, cosa della quale parleremo più innanzi, possiamo dedurre il periodo di rivoluzione ammesso da PHILO- LAOS fra i diversi pianeti, da un passo riportato da CEN- SORINUS (6). Questi ci dice (cap. 18) : « est Philolai phythagorici annus ex annis quinquaginta novem, in quo sunt menses intercalares viginti et unus», e più oltre (cap. 19): «Philolaus annum naturalem dies habere prodidit CCCLXIV et dimidiatum ». Ora il grande anno, secondo gli antichi, era una durata di tempo che comprendeva in sè come minimo comune multiplo tutte le durate -delle singole rivoluzioni celesti; in capo quindi ad un tale anno tutte le posizioni dei corpi celesti sareb- bero dovute tornare ad essere identiche. Se noi dunque moltiplichiamo 364,5 per 59 otteniamo una cifra di giorni 21,505,5 nella quale si contengono abbastanza esatta- mente 2 rivoluzioni di Saturno, 5 di Giove, 31 di Marte, 59 del Sole, di Mercurio e di Venere, e 729 della Luna. Ora i dati che così si ottengono concordano in modo veramente soddisfacente con i dati odierni; la cosa si può osservare esaminando il seguente specchietto ripor- tato dallo SCHIAPARELLI : O Rivoluzione in giorni PIANETA secondo PHILOLAOS secondo i moderni Saturno 1075275 10759,22 Giove 4301,10 4332,58 Marte 693,71 686,98 Venere Mercurio 364,50 365,26 Sole Luna 29,50 29,53 (6) De die natali. Questi calcoli dello ScHIAPARELLI, del resto, sono assai azzardati, e possono soddisfare piuttosto una curiosità scientifica che indicare un fatto storicamente esatto. Hier 9, I! sistema di Philolaos 297 A questo proposito nota lo SCHIAPARELLI : «In questo confronto è da osservare, che per Marte il numero 693,71 è incerto, ma sembra sicuro che FILOLAO contasse 31 rivoluzioni di questo pianeta nella durata del suo grande anno. Per Mercurio e per Venere abbiamo ritenuto la rivoluzione geocentrica come si con- viene nel sistema filolaico. Tutte le rivoluzioni sono si- derali, eccetto quella della Luna, per cui è assegnata la rivoluzione sinodica. Nessuno dei numeri di FILOLAO è in errore di più di un centesimo del suo valore ». Una conoscenza così esatta dei periodi di rivolu- zione dei varî pianeti non può essere pervenuta ai py- thagorici che da comunicazione dei risultati ottenuti dalle secolari osservazioni degli egiziane e dei babylo- nesi. Ma di ciò, come abbiamo detto, non dobbiamo oc- cuparci ora in modo particolare. Seguitiamo quindi a volgere la nostra attenzione alle particolarità del sistema che porta il nome di PHILOLAOS (7). (7) Il documento più ampio sul sistema philolaico il seguente dovuto ad ArISTOTELES (de coelo, II, 13, 1-4): περὶ μὲν οὖν τῆς θέσεως οὐ τὴν αὐτὴν ἅπαντες ἔχουσι δό- ἕαν, ἀλλὰ τῶν πλείστων ἐπὶ τοῦ μέσου χεῖσθαι λεγόν- τῶν, ὅσο. τὸν ὅλον οὐρανὸν πεπερασμένον εἶναί φασιν, ἐναντίως οἱ περὶ τὴν Ἰταλίαν, καλούμενοι δὲ Πυθαγόρειοι λέγουσιν: ἐπὶ μέν γὰρ τοῦ μέσου πῦρ εἶναί φασι, τὴν δὲ γῆν ἕν τῶν ἄστρων οὖσαν, κύκλῳ φερο- μένην περὶ τὸ μέσον νύκτα τε καὶ ἡμέραν ποιεῖν. ἔτι δ᾽ ἐναν- τίαν ἄλλην ταύτῃ κατασκευάζουσι γῆν, ἣν ἀντίχθονα ὄνομα καλοῦσιν, οὐ πρὸς τὰ φαινόμενα τοὺς λόγους καὶ τὰς αἰτίας ζητοῦντες, ἀλλὰ πρός τινας λόγους χαὶ δόξας αὑτῶν τὰ φαινόμενα προσέλκοντες καὶ πειρώμενοι συγχοσ- μεῖν. πολλοῖς δ᾽ ἂν καὶ ἑτέροις συνδόξειε μὴ δεῖν τῇ γῇ τὴν τοῦ μέσου χώραν ἀποδιδόναι, τὸ πιστὸν οὐκ ἐκ τῶν φαινομένων ἀθροῦσιν ἀλλὰ μᾶλλων ἐκ τῶν λόγων. τῷ γὰρ τιμιωτάτῳ οἴονται προσήκειν τὴν τιμιωτάτην ὑπάρχειν χώραν, εἶναι δὲ πῦρ μὲν γῆς τιμιώτερον, τὸ δὲ πέρας τῶν μεταξύ, τὸ δ᾽ ἔσχατον καὶ τὸ μέσον πέρας᾽ ὥστ᾽ ἐκ τούτων ἀναλογιζό- μενοι οὐκ οἴονται ἐπὶ τοῦ μέσου χεῖσθαι τῆς σφαίρας αὐτήν, De 298 Il sistema di Philolaos II: + $ gl Per completare l’ esposizione del sistema phi- lolaico occorre fare ancora le seguenti osservazioni. Il movimento della terra (e dell’ antiterra ?) intorno al fuoco centrale avviene nel piano dell'equatore celeste; il movimento di tutti i pianeti, invece, com- preso il sole, avviene in un piano a questo inclinato, nel piano dell'eclittica. In tal modo si potevano spiegare i ben noti fenomeni celesti. Inoltre lo sposta- mento della terra intorno al fuoco centrale poteva fare arguire che varî pianeti e lo stesso cielo delle stelle fisse si sarebbero dovuti vedere a distanze variabili a se- ἀλλὰ μᾶλλον τὸ πῦρ. δ᾽ où γε Πυθαγόρει οι καὶ διὰ τὸ μάλιστα προσήχειν φυλάττεσθαι τὸ χυριώτ UTOV τοῦ παν- τόδ TÒ δὲ μέσον εἶναι τοιοῦτον: ὃ Διὸ ὃς φυλαχὴν ὀνομάζουσι, τὸ ταὐτὴν ἔχον τὴν χώραν πῦρ, ὥσπερ τὸ μέσον ἁπλῶς λεγόμενον, xai τὸ τοῦ μεγέθους μέσον καὶ τοῦ πράγ- ματος ὃν μέσον καὶ τὴν storno προ περὶ “μὲν οὖν τοῦ τόπου τῆς γῆς ταύτην ἔχουσί τινε ς τὴν δόξαν, ὁμοίως δὲ καὶ περὶ μονῆς καὶ χινήσεως" οὐ γὰρ τὸν αὐτὸν τρόπον ἅπαντες ὑπολαμβάνουσιν, ἀλλ᾽ ὅσοι μὲν μηδ᾽ ἐπὶ τοῦ μέσου χεῖσθαί φασιν αὐτὴν, χινεῖσθαι χύχλῳ περὶ τὸ μέσον, οὐ μόνον δὲ ταύτην, ἀλλὰ χαὶ τὴν ἀντίχθονα, καθάπερ εἴπομεν πρότερον. ἐνίοις δὲ δοχεῖ καὶ πλείω σώματα τοιαῦτα ἐνδέχεσθαι φέρεσθα! το, τὸ μέσον, ἡμῖν δὲ ἄδηλα διὰ τὴν Wii τῆς γῆς. διὸ καὶ τὰς τῆς σε λήνης ἐχλε tue iaia τοῦ MAitov γὴν Mr τῶν γὰρ φερομένων ἕχαστον EV agiata αὐτήν, ἀλλ᾽ οὐ μόνον τὴν γῆν. ἐπεὶ γὰρ οὐχ ἔστιν ἣ γὴἣ κέντρον, αλλ᾽ ἀπέχει τὸ ἡμισφαίριον αὐτῆς ὅλον, οὐθὲν κωλύειν οἴονται τὰ φαι- νόμενα συμβαίνειν ὁμοίως μὴ κατοικοῦσιν ἡμῖν ἐπὶ τοῦ χέν- τρου, ὥσπερ xiv εὐ Et to μέσο υ ἣν ἣ yi οὐθὲν γὰρ οὐδὲ νῦν ποιεῖν ἐπίδηλον τὴν ἡμίσειαν ἀπέχοντας ἡμᾶς διάμετρον. ἔνιοι δὲ χαὶ χειμένην ἐπὶ τοῦ χέντρου φασὶν αὐτὴν ἴλλεσθαι καὶ κινεῖσθαι περὶ τὸν διὰ παντὸς τετα- μένον πόλον, ὥσπερ ἐν τῷ Τιμαίῳ γέγραπται. Importante anche, a questo riguardo, è il commento di δ1Μ- PLIKI0s al luogo citato (ed. Berolini 1894, p. 511), nel quale il commentatore riporta un passo dello scritto aristotelico intorno IL.'-890. Il sistema di Philolaos 299 conda della loro posizione, cosa che non avviene. Per ovviare a questo inconveniente occorreva ripudiare l’ im- magine di un universo ristretto e piccolo ; ed infatto i pythagorici, coll’ ammettere che per l’ enorme di- stanza totale dei pianeti le piccole variazioni in essa che dipendevano dalla rotazione della terra non erano percepibili, introdussero la concezione importantissima di un universo di dimensioni sterminate rispetto alla terra da noi abitata e alla distanza stessa della terra dal fuoco centrale (δ). * »*_>* Esposto così nel suo complesso il sistema che va sotto il nome di PHiLoLAOS, cerchiamo di indagare come ai pythagorici: αἀντιφάσχουσι δὲ οἱ ΠΠυθαγόρεοι" τοῦτο γὰρ σημαίνει τὸ ἐναντίως" οὐ περὶ τὸ μέσον λέγοντες αὐτήν, ἀλλ᾽ ἐν μὲν τῷ μέσῳ τοῦ παντὸς πὺρ εἶναί φασι, περὶ δὲ τὸ μέσον τὴν ἀντίχθονα φέρεσθαί φασι γῆν οὖσαν καὶ αὐτήν, ἀντίχθονα δὲ χαλουμένην διὰ τὸ ἐξ ἐναντίας τῇδε τῇ YN εἶναι, μετὰ δὲ τὴν ἀντίχθονα ἣ γὴ ἥδε φερομένη καὶ αὐτὴ περὶ τὸ μέσον, μετὰ δὲ τὴν γὴν ἣ σελήνη" οὕτω γὰρ αὐτὸς ἐν τῷ Περὶ τῶν Πυθαγορικῶν ioto- ρεῖ «τὴν δὲ γῆν ὡς ἕν τῶν ἄστρων οὖσαν χινουμένην περὶ τὸ μέσον κατὰ τὴν πρὸς τὸν ἥλιον σχέσιν νύκτα χαὶ ἡμέραν ποιεῖν ἣ δὲ ἀντίχθων κινουμένη περὶ τὸ μέσον καὶ ἑπομένη τῇ γῇ ταῦτῃ οὐχ ὁρᾶται ὑφ᾽ ἡμῶν διὰ τὸ ἐπιπροσθεῖν ἡμῖν ἀεὶ τὸ τῆς γῆς σῶμα. ταῦτα δέ, φησί, λέγουσιν οὐ πρὸς τὰ ἐναργὴ πράγματα, τοὺς λόγους χαὶ τὰς αἰτίας ἀρμοδίως ζητοῦντες, ἀλλὰ πρός τινας ἑαυτῶν δόξας καὶ λόγους τὰ φαινόμενα πράγματα προσέλκοντες καὶ πειρώμενοι ἐκείνοις ταῦτα συναρμόττειν, ὅπερ ἐστὶν ἀτοπώτατον" τέλειον γὰρ ἀριθμὸν ὑποθέμενοι τὴν δεκάδα ἐβούλοντο χαὶ τῶν κυκλοφορητικῶν σωμάτων τὸν ἀριθμὸν εἰς δεκάδα συνάγειν. θέντες οὖν, φησί, τὴν ἀπλανὴ μίαν καὶ τὰς πλανωμένας ἑπτὰ καὶ τὴν γῆν ταύτην τῇ ἀντίχθονι τὴν δεκάδα συνεπλήρωσαν ». (Vedi il seguito di questo passo alla n. 16). (8) Vedi la fine del passo di ArisToTELES citato nella nota 300 Sistemi geo- e pyrocentrici II. -$ 0. e quando esso possa essere sorto in seno alla scuola pythagorica. È certo che esso non può essere che in piccola parte, se anche lo è, l’ opera del pensatore contemporaneo di SoKRATES e di DEMOKRITOS. Il si- stema detto di PHILOLAOS si è invece svolto lentamente in seno alla scuola e secondo la tendenza generale di essa. Ma se si può affermare questo senza alcun dubbio, è invece difficile dire quando cominciasse fra i pytha- gorici a pronunciarsi la tendenza di spostare la terra dal centro del mondo. Nei primi tempi pare che si fosse ancora mantenuta la teoria della terra centrale. Però alla forza delle opinioni comuni ed esterne, doveva con- trapporsi fortemente, nei pythagorici, il misticismo che altrove abbiamo già tratteggiato. E siccome, come ab- biamo visto, presso di essi il fuoco era riputato come Τ᾿ elemento più nobile e come più nobile era stimato il posto centrale, così è ben naturale che si sviluppasse ben presto una tendenza che cercava di spostare dal luogo più nobile la terra per far posto al fuoco. Questo spostamento non soddisfaceva solamente come ho detto la tendenza mistica della confraternita ; esso, credo, rispondeva ad un sentimento ed una osserva- zione naturale che, solamente per il peso e l’ autorità di qualche grande genio scientifico in tempi posteriori sono rimasti soffocati per lunghi secoli. L' infinità am- messa per lo spazio e l’ enorme grandezza e le distanze dei corpi celesti, intuite e cercate di spiegare dai pytha- gorici, dovevano condurre necessariamente alla doman- da: è possibile che tutta questo spazio immenso e tutti questi corpi ruotino nel volgere di un solo giorno in- torno alla terra nostra? E la complicazione dei varî movimenti e delle stelle e dei pianeti, che dovevano far pensare per ognuno di essi ad una ruota o ad una sfera precedente. Per questo fatto perdono molto valore certe misure attribuite da PLourarcHos e da altri ai pythagorici, nelle quali le distanze non corrispondevano ai requisiti qui richiesti (vedi ξ το, n. 2). Non è da escludere però che anche fra le varie teorie vi fossero stridenti contrasti. Il. - $ 9. L’ ipotesi dell’ antiterra 301 che si muovesse indipendentemente da tutte le altre, doveva portare ad un meccanismo quasi inconcepibile ed incomprensibile in quei primi tempi. La soluzione, del resto, si presentava relativamente facile : pur man- tenendo immutato il movimento particolare di ogni pia- neta per spiegare il movimento suo proprio rispetto alle stelle fisse, fare invece ruotare la sola terra per spiegare il movimento diurno. Come era possibile fare ciò ἢ Og- gidì noi facciamo ruotare la terra intorno al proprio asse. Sembra che i primi pythagorici non ricorressero subito a questa ipotesi più semplice, ma che invece facessero ruotare la terra intorno ad un centro (il fuoco centrale) facendo volgere continuamente verso di questo la stessa faccia. Nel sistema detto philolaico, noi tro- viamo appunto svolto questo secondo concetto. Si noti, però, che il concetto era capace di svilupparsi appunto per l'ipotesi dell’Antiterra. Questo corpo celeste, opposto al nostro, che ruotava come esso, poteva quasi essere concepito come l’altro emisfero del nostro globo stesso. Terra ed Antiterra, congiungendosi, veni- vano così a circondare e ricingere il fuoco centrale. E questa idea ha indiscussamente dominato per lungo tempo, facendo supporre che la terra racchiudesse nel suo seno un fuoco eterno, fuoco al quale, in tempi po- steriori sarà adibito il compito di bruciare per l’ eternità le anime dei dannati. Il fatto però della congiunzione della terra con l’ an- titerra, mentre segnava da un canto un notevole pro- gresso, da un altro faceva perdere di vista un risultato notevole. Da una parte infatti si veniva naturalmente per spiegare il movimento diurno del cielo al- l’ ipotesi più semplice della terra che gira intorno ad un proprio asse, dall’ altro invece si tornava all'ipotesi geocentrica, e la terra, tornata al centro dell’ uni- Verso, per un ovvio processo psicologico, tornava com- pletamente a riacquistare tutti quei privilegi e quegli onori che i secoli posteriori le attribuirono. Pare che nella scuola pythagorica fosse professata tanto l’ una quanto l’ altra delle due teorie che ora abbiamo rammentato. Vedremo infatti più avanti, 302 Origine mistica dell’ ipotesi dell’antiterra 11. - 5 09. in questo stesso capitolo, come ai nomi dei pythago- rici EKPHANTOS ed ΗΙΚΕΤΑΒ si colleghi l’ ipotesi della semplice rotazione della terra intorno al proprio asse. Dal lato storico non possiamo in alcun modo stabilire se 1 pensatori nominati vivessero prima o dopo di PHILOLA0S, 0 fossero a questi contemporanei. Perciò, basandosi su dati di fatto, non si può asserire senz'altro la precedenza di una delle due ipotesi, oppure l’ origine indipendente di esse. Sembra però che i pythagorici non ricorressero subito, per spiegare il movimento diurno degli astri, all’ ipotesi della terra che girava intorno al proprio asse. Per asse- rire ciò mi baso sulla grande verosimiglianza del fatto che la concezione dell’antiterra sia dovuta, non ad uno sdoppiamento dei due emisferi terrestri per lasciare libero posto al nobile fuoco centrale, ma piuttosto ad una conseguenza del ben noto misticismo numerico della confraternita. I corpo celesti che gli antichi p y- thagorici conoscevano e facevano ruotare in cielo erano il cielo delle Stelle fisse (9), Θ᾽ πῆ Ὁ. Giove, Marte, Venere, Mercurio, il Sole, la Luna e la Terra. Il numero di questi corpi è nove. Ma secondo i pythagorici nove non è un nu- mero abbastanza nobile per avere una sì grande impor- tanza nella classificazione, e quindi nell’ essenza, del cosmo ; dieci invece è il numero perfetto per eccel- lenza, quel dieci che abbiamo visto anche tanto enfa- ticamente lodato in un frammento di PHILOLAOS (10). Nulla di più naturale, quindi, per i pythagorici s'intende, che di portare a dieci il numero dei corpi celesti immaginando un nuovo corpo, l’Antiterra, che per speciali condizioni noi non possiamo percepire. Se poi questa Antiterra può servire a spiegare, o meglio a tentare di spiegare, qualche altra cosa, per esempio il numero maggiore delle eclissi di luna in confronto a quelle di sole, tanto meglio ; l'ipotesi, per dirla con pa- (9) Sul movimento del cielo delle stelle fisse vedi più avanti. (10) Vedi; κ΄ 4. naz: I. -$ 0. Il numero dieci e Vantiterra 303 rola di senso assai più moderno, viene tanto maggior- mente avvalorata. In tal modo sorge adunque la teoria dell’Antiterra, ed ARISTOTELES stesso, certo buon conoscitore delle dottrine pythagoriche, ci afferma reci- samente che il fatto si svolse nella maniera ora accen- nata (II). Alcune brevi osservazioni completeranno l’ esposi- zione del sistema di Philolaos. Notiamo anzitutto che una parte almeno di pythagorici non ammetteva nel sole una luce propria. Il sole era come una gran lente che raccoglieva i raggi che gli venivano inviati dal fuoco centrale e li rifletteva poi nello spazio illuminando così l’ emisfero nostro quando que- sto gli rivolgeva la sua faccia (12). (11) Metaph. I, 5: xdv εἴ τί mov διέλιπε, προσεγλί- χοντο [oi Πυθαγόρεοι] τοῦ συνειρομένην πᾶσαν αὐτοῖς εἶναι τὴν πραγματείαν. λέγω δ᾽ οἷον, ἐπειδὴ τέλειον ἣ δεχάς εἶναί δοκεῖ καὶ πᾶσαν περιειληφέναι τὴν τῶν ἀριθμῶν φύσιν, καὶ τὰ φερόμενα χατὰ τὸν οὐρανὸν δέκα uèv siva φασιν, ὄντων δὲ ἐννέα μόνον τῶν φανερῶν διὰ τοῦτο δεκάτην τὴν αντίχθονα ποιοῦσιν. Ed ArexANDROS nel commento a questo passo: αὐτίκα γοῦν τέλειον ἀριθμὸν ἡγούμενοι τὴν δεκάδα, ὁρῶντες δὲ ἐν τοῖς φαινομένοις ἐννέα τὰς χινουμένας σφαίρας, ἑπτὰ μὲν ,τὰς τῶν πλανωμένων, ὀγδόην δὲ τὴν τῶν ἀπλανῶν, ἐννάτην δὲ τὴν γῆν καὶ γὰρ καὶ ταύτην ἠγοῦντο χινεῖσθαι χύκλῳ περὶ μένουσαν τὴν ἑστίαν, ὅ πῦρ ἐστὶ κατ᾽ αυτούς" αὐτοὶ προσέθεσαν ἐν τοῖς δόγμασι καὶ τὴν ἀντίχθονά τινα, ἣν ἀντικινεῖσθαι ὑπέθεντο τῇ γῇ καὶ διὰ τοῦτο τοῖς ἐπὶ τῆς γῆς ἀόρατον εἶναι λέγει δὲ [᾿Αριστοτέλης] περὶ τούτων καὶ ἐν τοῖς περὶ οὐρανοῦ μὲν καὶ ἐν ταῖς τῶν Πυθα- γοριχῶν δόξαις ἀχριβέστερον. (12) Confr. Arerios. II, 20: Φιχόλαος ὃ Πὺυ: θαγόρειος, ὑαλοειδὴ τὸν ἥλιον, δεχόμενον μὲν τοῦ ἐν τῷ χόσμῳ πυρὸς τὴν ἀνταύγειαν, διηθοῦντα δὲ πρὸς ἡμᾶς τό τε φῶς xai τὴν ἀλέαν, ὥστε τρόπον τινὰ διττοὺς ἡλίους γίνεσθαι, τό τε ἐν τῷ οὐρανῷ πυρῶδες χαὶ τὸ ἀπ᾽ αὐτοῦ πυροειδὲς κατὰ τὸ ἐσοπτροειδές, εἰ μή τις καὶ τρίτον λέξει 304 Sulla mobilità della sfera delle fisse 1]. - δὶ 0. Assai più importante è una questione che Οἱ rimane ancora da esaminare per comprendere perfettamente il sistema philolaico. La sfera delle stelle fisse si muove pure essa, oppure rimane immobile ? Dalle conside- razioni sul grande anno di PHILOLAOS, lo SCHIAPARELLI è in- dotto a credere che essi ritenessero fissa la sfera suddetta, e la cosa potrebbe essere attendibile. Certamente però una tale sfera viene anche classificata insieme ai corpi che si muovono nel cielo (13), ed, in tale senso, anche ad essa dovrebbe attribuirsi un movimento, ma non sappiamo quale. Tolto il moto diurno per il cielo delle stelle fisse ed attribuitolo alla terra, è noto a noi moderni quel mo- vimento che conosciamo quale causa della prece s- τὴν ἀπὸ τοῦ ἐνόπτρου κατ᾽ ἀνάκλασιν διασπειρομένην πρὸς ἡμᾶς αὐγήν καὶ γὰρ ταύτην προσονομάζομεν ἥλιον οἱονεὶ εἴδωλον εἰδώλου. Confronta anche AcHiLLEUS (Eisagoge) che sembra ci dia la versione che più si avvicina a quelle originali: Φιλόλαος δὲ (τὸν ἥλιόν φησι) τὸ πυρῶδες καὶ διαυγὲς λαμβάνοντα ἄνωθεν ἀπὸ τοῦ αἰθερίου πυρὸς πρὸς ἡμᾶς πέμπειν τὴν αὐγὴν διά τινων ἀραιωμάτον, ὥστε κατ᾽ αὐτὸν τρισσὸν εἶναι τὸν ἥλιον, τὸ μὲν ἀπὸ τοῦ αἰθερίου πυρός, τὸ δὲ ἀπ᾽ ἐκείνου πεμπόμενον ἐπὶ τὸν ὑελοειδὴ ὑπ᾽ αὐτοῦ λεγόμενον ἥλιον, τὸ δὲ ἀπὸ τοῦ τοιούτου ἡλίου πρὸς ἡμᾶς πεμπόμενον. (13) Il concetto del movimento del cielo delle stelle fisse, ossia della sua comprensione nei dieci corpi mobili, risulta da tutte le citazioni relative ai pythagorici ed a Ρηι- LoLaos. Qui ricordo ancora il passo di AeTIos (II, 7,7) (in- tegrato da Diets (32, A, 16) per mezzo di ALEXANDROS) che probabilmente è preso da THEOoPRASTOS per mezzo di PoseiponIos. Questo passo è notevole anche per altre no- tizie che ci fornisce : Φιλόλαος πὺρ ἐν μέσῳ περὶ τὸ κέντρον ὅπερ ἑστίαν τοῦ πάντος καλεῖ [Il frammento 7 di Puio- LAOS dice appunto: τὸ πρᾶτον ἃ p μοσθέν, πὸ Ἐν: ἐν τῷ μέσῳ τὰς σφαῖρας ἑστία καλεῖν αἱ (ciò che per primo si riunì, l’Uno, nel mezzo della sfera, 81 de- nomina ἑστία, cioè focolare sacro= Vesta)] καὶ Ἅΐ οἱ χον χαὶ μητέρα θεῶν βωμόν τε καὶ συνοχὴν καὶ μέτρον φύσεως. καὶ πάλιν πὺρ ἕτερον ἀνωτάτω τὸ πε- 11. - 8 9. La precessione degli equinozi 305 sione degli equinozî. Questo movimento è tale da fare compiere al cielo un giro completo in 26.000 anni circa. Ora è assolutamente da escludersi che PuI- LOLAOS 0 i pythagorici conoscessero questo len- tissimo movimento. Come vedremo, abbiamo motivi fon- datissimi per dubitare che esso fosse conosciuto nella più remota antichità perfino da quei pazienti e secolari | osservatori che furono gli egiziani ed i babylo- nesi. Ora se escludiamo che questi potessero avere una tale conoscenza, a maggior ragione potremo affer- mare che i pythagorici non potevano avere di ciò notizia di seconda mano e tanto meno diretta, perchè per stabilire ciò, nè la qualità, nè la durata delle loro οϑ- servazioni erano sufficienti. Dobbiamo quindi ritenere che, preyov. πρῶτον δ᾽ εἶναι φύσει τὸ μέσον, περὶ δὲ τοῦτο δέχ α σώματα θεῖα χορεύειν, [οὐρανόν], « μετὰ τὴν τῶν ἀπλανῶν σφαῖραν» τοὺς ε΄ πλανήτας, μεθ᾽ og ἥλιον, Se ᾧ σελήνην, ὑφ᾽ ἧ τὴν γῆν, ὑφ᾽ ἣ τὴν ἀντίχθονα, μεθ᾽ ἃ σύμ- - παντα τὸ πῦρ ἑστίας περὶ τὰ κέντρα τάξιν ἐπέχον. τὸ μὲν οὖν ἀνωτάτω μέρος τοῦ περιέχοντος, ἐν ᾧ τὴν ciàt- χρίνειαν εἶναι τῶν στοιχείων, ὄλυμπον καλεῖ, τὰ δὲ ὑπὸ τὴν τοῦ ὀλύμπου φοράν, ἐν ᾧ “ποὺς πέντε πλανῆς τας μεδ᾽ ἡλίου καὶ σελήνης τετάχθαι, κόσμον, τὸ δ᾽ ὑπὸ τούτοις ὑποσέληνόν τε καὶ περίγειον μέρος, ἐν © τὰ τῆς Οιχομεταβόλου γενέσεως, odpavòv. Oltre i nomi sacri qui dati al fuoco centrale da PuÙiro- LAOS, che troviamo citati anche in molte altre fonti, è da notarsi in questo passo la suddivisione dell’ universo nell’0lym- pos dove gli elementi sono in tutta la loro purezza, nel Kosmos, ed infine nel mondo sublunare, sottoposto ai fenomeni di ge- nerazione e distruzione (γενέσεως xat φθοράς). Ora questi concetti sono evidentemente presi dal sistema di ARISTOTE- LES e non si può attribuirli senz? altro a PHiLoLAOos od ai pythagorici. Certamente però, così come può rilevarsi anche dal framm. 12 (vedi $ 6, n. 3), vediamo in PHiLoLaos iniziarsi sotto forma scientifica quella separazione sostanziale fra terra e cielo, che assumerà la massima importanza in ARISTOTELES e dominerà tutto il medio evo. MIELI 20 306 Mobilità della sfera delle fisse II. -$ 9 come è assai probabile, se la sfera più lontana fu rite- nuta dotata di un lentissimo movimento, ciò fu dovuto più che altro per mantenere la regolarità nel movimento di tutti i corpi celesti, e senza che il movimento stesso fosse richiesto da qualche fatto di osservazione (14). I pythagorici, poi, che conservando la terra nel centro dell’ universo la fecero muovere intorno a sè stessa, mantennero un tale lentissimo movimento del cielo delle stelle fisse, movimento che, più tardi, venne a confon- (14) HEATH (Aristarchus, pag. 103) così discute le pos- sibilità rispetto ad un movimento delle stelle fisse ammesso dai pythagorici: «Now, if the Pythagoreans gave a movement of rotation to the sphere of the fixed stars, there are three possibilities. The first is that they may have assumed the universe as a whole to share in the rota- tion of the sphere of the fixed stars, while indipendent revo- lutions of the earth, sun, moon, and planets were all in addi- tion to their rotation as part of the universe ». Questa suppo- sizione non porterebbe alcuna alterazione nei fenomeni come sono osservati, eccettuato per uno spettatore che stesse nel fuoco centrale e non prendesse parte al movimento generale. Essa sembra quindi senza scopo. « The second possibility is only slightly different. The sphere of the fixed stars might have a movement of rotation and carry with it all the hea- venly bodies except the earth (and of course its inseparable companion, the counter-earth). The effect would be that the earth.... would complete an actual revolution round the cen- tral fire in a period greater or less than 24 hours.... This al- ternative is more complicated than the first, and is open to the same or stronger objections. The third possibility is that the sun, moon, planets, earth, and counter-earth have their own special movements only, and that the sphere of the fixed stars moves very slowly, so slowly that is movement is imperceptible. This is the view of Martin (Hypothése astronom. de Philolaus) and of Apelt (Untersuchungen ib. d. Philosophie und Physik der Alten), and it amounts to assuming that Phi- lolaus gave a movement to the sphere of the fixed stars which, though it is not the precession of the equinoxes, is something I1.-$09. La teoria eliocentrica ed Aristarchos 307 dersi con quello che determinava la precessione degli equinozi (15). - * x Prima di lasciare la teoria philolaica credo opportuno fare alcune considerazioni sulla sua importanza storica e sulla sua portata. 3 È stato detto che dalla teoria dei pythagorici facenti capo a PHILOLAOS derivasse poi il sistema di ARISTARCHOS, che, come è ben noto, si può dire il s i- sitema co pernicano dell’antichità. Ora è chiaro, specialmente per le vedute moderne, ed a parte alcune considerazioni fisiche che allora non entravano in very like it. If this is right, we must suppose that Philolaus gave the sphere of the fixed stars a merely nominal rotation for the sake of uni- formity and nothing else; and perhaps, as Martin says, to assume an imperceptible motion would not be a greater difficulty for Philolaus than it was to postulate an invisible planet or to maintain that the enormous paral- laxes which would be produced by the daily revolution of the earth about the central fire are negligible ». (15) DunEM ricorda a proposito di ciò un passo di Pro- LEMAIOS (Syntax:s mathematica. I, 7; ed. Heiberg, I, p. 24 nel quale questi cita sia l'ammissione di un solo movimento della terra intorno al suo asse, sia quella di due movimenti, quello. della terra e quello del cielo, la combinazione dei quali viene a soddisfare le apparenze. È probabile che tali indicazioni si riferiscano alla scuola pythagorica: ἥδη δέ τινες, ὡς Y οἴονται, πιθανώτερον, τούτοις μὲν οὐκ ἔχοντες, 8, τι ἀντείποιεν, συγκατατίθενται, δοκοῦσι δὲ οὐδὲν αὐτοῖς ἀντι- μαρτυρήσειν, εἰ τὸν μὲν οὐρανὸν ἀκίνητον ὑποστήσαιντο λόγου χάριν, τὴν δὲ γὴν περὶ τὸν αὐτὸν ἄξονα στρεφομένην ἀπὸ δυσμῶν ἐπ᾽ ἀνατολὰς ἑκάστης ἡμέρας μίαν ἔγγιστα περιστροφήῆν, Î χαὶ ἀμφότερα κινοῖεν ὁσονδήποτε, μόνον περὶ τε τὸν αὐτὸν ἄξονα, ὡς ἔφαμεν, καὶ συμμέτρως τῇ πρὸς ἄλληλα περικαταλήψει. 308 La questione del centro del mondo I:==#9307 campo, che l’ immaginare il centro del mondo nel sole, oppure immaginarlo nella terra, è una questione non di principio, ma semplicemente di metodo in quanto varia, a seconda dei due casi, il centro degli assi coordinati di riferimento. Con le moderne concezioni e coi metodi mo- derni, tutto un insieme di dati e di formule riferite ad un centro, possono, usando le ben note formule di tra- sformazione di coordinate, trasformarsi immediatamente, in dati e formule riferite all’ altro centro, senza che, sostanzialmente, nulla sia mutato nell’ insieme delle no- stre conoscenze o si sia trovato qualche cosa di nuovo. Il solo vantaggio può trovarsi in quello pratico delle for- mule più semplici o più chiare che uno dei due casi può offrirci a preferenza dell’altro. Nei secoli dei quali ora stu- diamo la storia e anche, e forse più, in quelli della rivolu- zione di KOoPPERNIGK (COPERNICUS) e di GALILEO, la questione del centro dell’ universo o del centro degli assi coordinati, assumeva invece, per cause affatto se- condarie, ed in realtà falsamente posate, ma che figura- vano come fondamentali, una importanza capitale. A parte il fatto che non essendosi stabilitiin modo chiaro i concetti dello spazio e del tempo relativi, si poteva logica- mente richiedere quale fosse il centro dello spazio assoluto, a parte anche che i sistemi primitivi coll’ammettere, non per comodo di descrizione, ma come effettivamente esistenti, varie sfere concentriche, implicavano l’ esistenza di un centro, esisteva il fatto che le idee scientifiche erano al- lora così dominate da idee mistiche e metafisiche che il supporre la terra in un posto oltremodo singolare op- pure in uno affatto secondario e comune, assumeva un’ im- portanza reale grandissima. Nel tempo del quale ora trattiamo, la scienza era ancora così infantile che poca importanza aveva per la semplice descrizione del cielo l'una o l’altra ammissione. Ma supporre la terra nel centro dell’ universo era farne un essere privilegiato, avente onori speciali, e che quindi doveva avere una natura sua propria, differente da tutto il resto del mondo. Questa teoria la vedremo sviluppata al suo grado più alto in ARISTOTELES. Spostarla invece, e farla ruotare insieme agli altri pianeti, era come parificarla a questi ulti- Ι. - ὃ 9. Koppernigk ed i pythagorici 309 mi, ed anche degradare l’ uomo che è infine il suo abi- tatore. I pythagorici della scuola di PHIiLoLAOS eb- bero appunto il merito di iniziare un movimento di idee per il quale si poteva cominciare a considerare anche il caso dello spostamento della terra dal posto centrale. Ma essi non procedettero oltre. Il sistema infatti non è eliocentrico, come quello posteriore di ARISTARCHOS. Come vedremo, questo, fondato in tempi nei quali l’ astrono- mia aveva fatto molti maggiori progressi, si basava su dati, fatti e descrizioni sicure, e non poteva quindi man- tenere l’ ipotetico fuoco centrale ; esso poteva giungere solamente ad una concezione analoga a quella adottata in tempi posteriori da KoPPERNIGK (16). In questo senso dunque i due sistemi sono ben diversi ; ma il fatto fonda- (16) È da notare che KoPPERNIGK cita due volte PHi- LoLAos come autore le cui dottrine gli hanno suggerito il nuovo sistema del mondo. Negli stessi passi egli cita NIicETAS (cioè Hrkeras), EKkPHANTOS, HERAKLEIDES ed ARISTARCHOS. Il primo passo si trova nella prefazione della sua grande opera (Nicolai Copernici Torinensis De revolutionibus orbium coelestium libri VI) [cito dalla edizione di Basilea, 1566], e cioè nella dedica ad Sanctissimum Dominum Paulum III pon- teficem maximum: «Quare hanc mihi operam sumpsi, ut omnium philosophorum, quos habere possem, libros relege- rem: indagaturus, an ne ullus ungquam opinatus esset, alios esse motus sphaerarum mundi, quam illi ponerent, qui in scholis Mathemata profiterentur. Ac reperi quidem apud Ci- ceronem primum Nicetum sensisse terram moveri. Postea et apud Plutarchum inveni quosdam alio in ea fuisse opinione, cuius verba, ut sint omnibus obvia, placuit hic asscribere : οἱ μὲν ἄλλοι μένειν τὴν γῆν Φιλόλαος δὲ Πυθαγό- ρειος χύκλῳ περιφέρεθαι περὶ τὸ πῦρ χατὰ χύκλον λοξὸν ὅμοιοτρόπως ἡλίῳ χαὶ σελήνῃ. ‘HpaxXet8 Ng ὁ Πον- τικὸς καὶ "Ἔ κφαντος ὁ Πυθαγόρειος κινοῦσι μὲν τὴν γῆν, οὐ μήν γε μεταβατικῶς [ἀλλὰ τρεπτικῶς] τροχοῦ δίκην ἐνηξονισμένην ἀπὸ δυσμῶν ἐπὶ ἀνατολὰς, περὶ τὸ ἴδιον αὐτῆς κέντρον. [Vedi AetIos, III, 13. Ho qui ripor- 310 Astronomia greca posteriore II. -$ 9. mentale per l’ evoluzione del pensiero scientifico, con- siste sempre nello spostamento della terra, ed in questo appunto i seguaci della scuola philolaica fu- rono invero i precursori e determinatori della teoria tato il testo corretto]. Inde igitur occasionem nactus, coepi et ego de terrae mobilitate cogitare. Et quamvis absurda opinio videbatur: tamen quia sciebam aliis ante me con- cessam libertatem, ut quoslibet fingerent circulos ad demo- strandum phaenomena astrorum. Existimavi mihi quoque facile permitti, ut experirer, an posito terrae aliquo motu firmiores demonstrationes, quam illorum essent, inveniri in revolutione orbium coelestium possent ». Il secondo passo (I, 5) è il seguente : « Erant sane huius sententiae Heraclides et Ecphantus Pythagorici, ac Nicetas Syracusanus apud Ciceronem, in medio mundi terram volventes. Existimabant enim stellas obiectu terrae occidere, easque cessione illius oriri. Quo assumpto sequitur et alia, nec minor de loco terrae dubitatio, quamvis iam ab omnibus fere receptum creditumque sit, medium mundi esse terram. Quoniam sì quis neget medium sive centrum mundi terram obtinere, nec tamen fateatur tantam esse distantiam, quae ad non errantium stellarum sphaeram comparabilis fuerit, sed insignem ac evidentem ad Solis aliorumque syde- rum orbes, putetque propterea motum illorum apparere di- versum, tanquam ad aliud sint regulata centrum, quam si centrum terrae, non ineptam forsitan poterit diversi. mo- tus apparentes rationem affere. Quod enim errantia sidera propinquiora terrae, et eadem remotiora cernuntur, neces- sario arguit centrum terrae, non esse illorum circulorum centrum. Quo minus etiam constat, terra ne illis, an illa ter- rae annuant et abnuant. Nec adeo mirum fuerit, si quis prae- ter illam cotidianam revolutionem, alium quendam terrae motum opinaretur, nempe terram volui, atque etiam plu- ribus motibus vagantem, et unam esse ex astris Phil o- laus Pythagoricus sensisse fertur, Mathematicus non vul- garis, utpote cuius visendi gratia Plato non distulit Italiam petere, quemadmodum qui vitam Platonis scripsere, tradunt. Multi vero existimaverunt Geometrica ratione demonstrari I.- $ 9. Ekphantos ed Hthetas 3II posteriore. Però in Grecia, sotto l’ influenza di molte teorie filosofiche, prevalse invece l’ opinione che ricono- sceva alla terra una posizione speciale, e che immaginava l’uomo sul corpo centrale dell’ universo. E allora, do- vendosi stabilire una teoria che potesse descrivere esat- tamente i fatti ed i movimenti osservati, dopo lunga elaborazione, si formò e si fissò quel sistema che ebbe il suo magnifico coronamento nel sistema ptole- maico. A suo tempo esamineremo questa elabora- zione, e le cagioni che più particolarmente condussero allo stabilirsi della nuova dottrina geocentrica. x Abbiamo detto che parallelamente o successivamente al sistema di PHILOLAOS si era stabilito presso ai pytha- gorici un altro sistema che poneva al centro del mondo la terra, ma attribuiva l’ apparente moto diurno delle stelle ad una rivoluzione della terra intorno ad un pro- prio asse. Questa teoria è collegata ai nomi di EKPHAN- TOS e di HIKETAS. Ben poco sappiamo di questi due pythagorici, e nemmeno conosciamo esattamente il tempo nel quale vissero (17). E stato supposto anzi da taluni che essi posse, terram esse in medio mundi, et ad immensitatem coeli instar puncti, centri vicem obtinere, ac eam ob causam im- mobilem esse, quod moto universo centrum maneat immo- tium, et quae proxima sunt centro tardissime ferantur ». Le citazioni fatte da KoPPERNIGK di PHIiLoLAOS por- tarono alcuni moderni a fare erroneamente di questo pytha- gorico il fondatore della teoria eliocentrica. Secondo DuHEM fu Gassenpi nella Vie de Copernic a dare corso a questa leg- genda ; questa fu poi notevolmente rafforzata dal libro Astro- nomia philolaica (1645) di Ismarr Bovirtaun. Un tale er- rore si trova ripetuto in RiccioLi, WeIipLER, MonTUCLA, BaiLLy, DELAMBRE ! (17) Intorno ad Higeras abbiamo un passo di AETIO8s (III, 9) nel quale questi mette in contrasto il suo si- stema astronomico con quello di THÒares (e quello di 312 Hiketas ed Ekphantos I.-$9. non siano nemmeno esistiti, ma una tale opinione non può essere accettata, data la testimonianza di THEOPHRA- sTos e quelle di altre fonti. Del resto sembra assai con- PÒÙiroLaos): Θαλῆς xa. οἱ ἀπ᾽ αὐτοῦ μίαν εἶναι τὴν γῆν, ἱκέτης ὁ Πυθαγόρειος « μίαν, Φιλόλαος ὃ Πυθαγόρειος > δύο, ταῦτην χαὶ τὴν ἀντίχθονα. [Abbia- mo completato il passo entro < >» seguendo in ciò il Dunem]. Più esplicito nell’ esposizione è Cicero (Quaest. Acad. Pr., II, 39): «Hicetas Syracusius, ut ait The o- phrastus, caelum solem lunam stellas, supera denique omnia stare censet neque praeter terram rem ullam in mundo moveri : quae cum circum axem se summa celeritate con- vertat et torqueat, eadem effici omnia quae si stante terra caelum moveretur ». Qui Cicero, che non è uno ‘scienziato, deve avere ampliato retoricamente il passo di THEOPHRASTOS (confr. DuHEM) aggiungendo solem e lunam ed i pianeti ai supera omnia. Togliendo queste amplificazioni che rendono assurdo il sistema, il concetto rimane chiaro e si accorda in certa maniera con quello che ci dice DrocenEs LAERTIOS (VIII, 85) il quale ci narra di PHILoLAOS: καὶ τὴν γῆν κινεῖσθαι κατὰ χύχλον πρῶτον εἰπεῖν, οἱ δ᾽ Ἱκέταν «τὸν» Συραχούσιόν φασιν. Poco più sappiamo di Εἰκρηάντοβ, il quale, in parte, dovè aderire ai concetti degli ato misti ed anche ad alcune idee di Anaxacoras. Infatti AetIios dice (II, 3): Ἔν κφαντος ἐκ μὲν τῶν ἀτόμων συνεστάναι τὸν κόσμον, διοικεῖσθαι δὲ ὑπὸ προνοίας. E altrove (I, 3): °E. Συρα- κούσιος, εἷς τῶν Πυθαγορείων, πάντων τὰ ἀδιαίρετα σώματα καὶ τὸ χενόν [ἀρχὰς εἶναι] τὰς γὰρ Πυθαγορικὰς μονάδας οὗτος πρῶτος ἀπεφήνατο σωματικάς. Per la questione che ci interessa sono notevoli il passo di HrpPoLyTos (refut. I 15) : "Expavtòog τίς Συρακούσιος ἔφη.. τὴν γῆν μέσον κόσμου χινεῖσθαι περὶ τὸ αὑτῆς κέντρον. ὡς πρὸς ἀνατολήν [o, completando, ἀπὸ δυσμῶν ἐπ᾽ ἀνατολήν] e quello ancora più esplicito di AetIos (III, 13) nel quale EkPHANTOS è messo in rapporto con HeragLEIDEs: Ηρακλείδης ὁ IIov- τικὸς χαὶ "Ex pavtoc ὁ Πυθαγόρειος χινοῦσι μὲν τὴν γῆν, οὐ μὴν γε uetaBatix bag, ἀλλὰ Tpertt II - $ Ὁ. Dubbi sul? esistenza di H. e E. 313 forme allo svolgimento del pensiero presso i pythago- rici che si stabilisse ben presto una tale teoria presso quella di PHiLoLaos. È probabile anche, come ho già x ὥς τροχοῦ δίκην ἐνηξονισμένην, ἀπὸ δυσμῶν ἐπ᾽ ava- τολὰς περὶ τὸ ἴδιον αὑτῆς κέντρον. — Paur TANNERY ha messo in dubbio l’ esistenza di Hr- KETAS e di EkpHanTOS (Pseudonymes anciens in « Revue des Etudes grecques ». In uno studio successivo (Sur Héraclide du Pont) il TAnNERyY riassume come segue la sua attitudine (Ét. gr., XII, p. 305): « J'ai cherché ἃ revendiquer pour Héraclide du Pont l’honneur d’avoir congu le pre- mier deux systèmes astronomiques célèbres, comme aussi de les avoir exposés le premier dans ses Dialogues. L’un de ces systèmes, qu’il mit sous le nom d’ Hicétas, est connu sous celui de Philolaos, par suite du plagiat d’un faus- saire postérieur. La terre circule, comme les sept planètes, autour d’un foyer toujours caché à nos yeux, de méme que l’est également un neuvième corps 1’ antichtone. Le mouve- ment diurne, de la sphère céleste n’est qu’une illusion, causée par le déplacement de la terre. En fait, on ne peut voir dans ce système qu’une brillante fantaisie d’un auteur génial; il ne pouvait étre scientifiquement défendu. Le second système, quHéraclide mit sous le nom d’Ecphante, a une toute autre valeur, et l’auteur réel s’y attacha assez sérieu- sement pour que la tradition doxographique permette de ré- tablir ses droits. Le système n’est autre que celui que devait renouveler Tycho-Brahé avec cette différence toutefois que l’ astronome danois laissait. la terre complètement immobile, tandis qu’Héra clide la faisait tourner au- tour de son axe et expliquait ainsi le mouvement diur- ne ». [Degli pseudonimi antichi, secondo il TANNERY, furono 1 tre nomi di LEuKIPPOS, HixETAS ed ExPHANTOS]. Delle simili opinioni, ma meno esplicite, e senza esporre par- titamente le ragioni, furono sostenute da Orto Voss (De Heraclidis Pontici vita et scriptis. Rostock, 1896). [Vedi an- che in proposito HeatH (Aristarchus, p. 187, 251 e 28I)]. Ora noi crediamo di doverci opporre recisamente alle opi- nioni espresse dal TAnNERY, e che contrastano sia con i do- 314 Rivoluzione della terra intorno a sè stessa 1]. - ὃ 9. detto, che fra questa e la prima si stabilisse un legame di filiazione. E questo ci viene appunto asserito da uno cumenti, sia con una veduta razionale dello sviluppo storico dell’ epoca [TANNERY nel passo sopra citato di AETIOS (III, 9) legge: ‘Ixémng ὁ Πυθαγόρειος δύο, ταῦτην καὶ τὴν avriyBova]. L’opinione della effettiva esistenza di HigEras e di EkPHANTOS e delle teorie relative è anche sostenuta da sto- rici moderni. Così il Diers (vedi ZYorsokratiker, III ed.; I, pag. 340) dice: « Unméglich (le opinioni di TANNERY e di Voss), da THÙeopHRast, der allein Zeuge ist, heraklidische Fiktionen nicht in sein doxograph. Werk eingetragen ha- ben wirde. Vgl. ibrigens BoeckH, K/. Schr. III, 272». An- che P. DuHEM sostiene l’ esistenza di HikEeras e di ExPHAN- Tos e stima che le loro teorie siano quali sono state esposte nel testo. In appoggio a ciò egli cita due passi, uno di Sim- PLIKIOs, | altro di uno scholiaste: Il passo di SimpLIKIos (che fa seguito a quello già citato nella nota 7) è il seguente: xat οὕτω μὲν αὐτὸς τὰ τῶν Πυθαγορείων ἀπεδέξατο: οἱ δὲ γνησιώτερον ad- τῶν μετασχόντες πὺρ μὲν ἐν τῷ μέσῳ λέγουσι. τὴν δημιουργικὴν δύναμιν τὴν ἐκ μέσου πᾶσαν τὴν γῆν ζῳογονοῦσαν καὶ τὸ ἀπεψυγμένον αὐτῆς ἀναθάλπουσαν᾽ διὸ οἱ μὲν Ζηνὸς πύργον αὐτὸ καλοῦσιν, ὡς αὐτὸς ἐν τοῖς Πυθα- γορικοῖς ἱστόρησεν, οἱ δὲ Διὸς φυλακήν, ὡς ἐν τούτοις, οἱ δὲ Διὸς θρόνον, ὡς ἄλλοι φασίν. ἄστρον δὲ τὴν γὴν ἔλεγον ὡς ὄργανον καὶ αὐτὴν χρόνου: ἡμερῶν γάρ ἐστιν αὕτη καὶ νυχτῶν αἰτία: ἡμέραν μὲν γὰρ ποιεῖ τὸ πρὸς τῷ ἡλίῳ μέρος καταλαμπομένη, νύκτα δὲ κατὰ τὸν κῶνον τῆς γινομένης ἀπ᾿ αὐτῆς σκιᾶς. ἀντίχθονα δὲ τὴν σελήνην ἐκάλουν οἱ Πυθαγόρειοι, ὥσπερ χαὶ « αἰθερίαν γῆς », καὶ ὡς ἄντι- φράττουσαν τῷ ἡλιακῷ φωτί, ὅπερ ἴἔδιον γῆν, καὶ ὡς ἀποπερατοῦσαν τὰ οὐράνια, καθάπερ ἡ γῆ τὸ ὑπὸ σελήνην. Questi pythagorici che acquistarono una conoscenza più esatta delle cose, sono evidentemente quelli che abban- donarono il sistema di PHÙiLoLAos per quella teoria geocen- trica nella quale la terra, ruotando intorno a sè stessa, mi- sura e fa il tempo. II. -$ 9. /pythagorici e lo sviluppo dell'astronomia 315 dei più acuti studiosi dell’ astronomia degli antichi py- thagorici, GIOVANNI SCHIAPARELLI (18). « Rettamente è stato osservato, che la rotazione diurna della Terra intorno al proprio asse, e la rivolu- zione diurna della medesima intorno al fuoco centrale, come fu supposta da Filolao, sono idee intimamente fra loro connesse, e che probabilmente la prima è derivata dalla seconda. Quando infatti, per le navigazioni di An- none fuori delle colonne di Ercole, e per le relazioni col- l’Asia cominciò ad allargarsi l’ orizzonte geografico, la supposizione di un’Antiterra, invisibile nel nostro emi- sfero, e visibile soltanto nella parte incognita del globo, divenne sempre più inverosimile e pericolosa a soste- nere. Il moto traslatorio della Terra intorno al centro dell’ Universo dovea produrre una sensibile parallasse nella Luna, e questa parallasse sfuggiva tuttora alle Il passo dello scholiaste (Aristotelis opera, ed. Ac. Borussica. Vol. IV. Scholia in Aristotelem, curata da BraNDIS, pag. 504) rafforza le opinioni ora citate di SimPLIKIOS, e riconferma la posizione del fuoco nel centro della terra, e l’identificazione dell’ antiterra con la luna : ἔλεγον οἱ Πυθαγόρειοι πῦρ εἶναι ᾿δημιουργικὸν περὶ τὸ μέσον τε καὶ χέντρον τῆς γῆς τὸ ἀναθάλπον τὴν γῆν καὶ ζωοποιοῦν, καὶ τὴν περὶ αὐτὴν φυλάττον διακόσμεσις" ἄστρον δὲ τὴν γῆν ὡς ὄργανον χαὶ αὐτὴν οὖσαν. ἣ δὲ ἀντί- χθων αὐτοῖς τὴν σελήνην ἐδήλου" αἰθρία ἣ δὲ γῇ προσηγορεύετο καὶ τὸ τὴν εἰς ιβ΄ τομὴν τοῦ παντός, ἐν ἢ τρία τὰ στοιχεῖα παρελάμβανον. τοῦτο δὲ τὸ ἄστρον φερόμενον νύχτα καὶ τὴν ἡμέραν ποιεῖν διὰ τὸ τὸν ἀπὸ τῆς σκιᾶς αὐτῆς κῶνον εἶναι νύχτα, ἡμέραν δὲ τὸ καταλαμπόμενον αὐτῆς ἐν ἡλίῳ. διὸ καὶ Διὸς πύργον καὶ φυλακὴν αὐτὸ [τὸ πὺρ] ἀπεφή- ναντο. ἐκάλουν δὲ αὐτὸ καὶ Ἑστίας οἶκον χαὶ Διὸς θρόνον, vai τὰς φρουρητικὰς δυνάμεις τούτων τῶν θεῶν δεχομένου τοῦ χέντρου καὶ συνοχῆς ὄντος τῷ παντὶ αἰτίου. Questo passo, evidentemente, ricorre alla stessa fonte di SimPLIKI05, e cioè, senza alcun dubbio, allo stesso libro, ora perduto, di ARISTOTELES. (18) Z precursori di Copernico nell’ Antichità, 1. c., p. 495. 316 I pythagorici e lo sviluppo dell'astronomia 11. - $ 9. osservazioni. Queste considerazioni, e forse anche il de- siderio di non scostarsi troppo dalle volgari apparenze del cielo, che a quei tempi sembravano con forza par- lare in favor della posizione centrale della Terra, indussero probabilmente gli ultimi Pitagorici a mutare alquanto lo schema di Filolao, adattandolo meglio all’opinione più di- vulgata, senza nulla però sacrificare dei principî fisici della scuola. Fu dunque conservata al fuoco centrale la sua po- sizione e la sua missione vivificatrice ; ma della Terra e dell’Antiterra si composero due emisferi di un astro u- nico, al cui centro, immobile ed identico col centro del mondo, fu posto il focolare dell’ Universo » (10). (19) Oltre che nei varî paragrafi nei quali parlo delle idee astronomiche dei pensatori prearistotelici, la storia del- Τ᾽ antica astronomia greca sarà ripresa in esame, nel suo complesso e nel suo sviluppo, nel capitolo apposito, al quale rimando. E ciò sarà fatto in modo analogo a quello indi- cato per lo sviluppo della matematica preeukleidea. $ τῷ. LE DISTANZE DEI PIANETI E 1, ARMONIA DELLE SFERE. — NATURA DEI CORPI CELESTI. Tutto l’insieme del mondo, del x όσμος, come per primi lo chiamarono i pythagorici, doveva essere bello ed ordinato, ed il numero doveva reggere tutto. quindi naturale che i pythagorici abbiamo speculato sulle distanze dei pianeti fra di loro, e che abbiano ricercato a riportare queste a qualche loro teoria nu- merica ed in particolare alle leggi musicali ed armoniche. Già abbiamo visto come ANAXIMANDROS avesse spe- culato su alcune distanze celesti; presso i pythago- rici, però, la dottrina prese un aspetto più completo e razionale. Come accenna lo SCHIAPARELLI (I), eccettuato per il sole e per la luna, nei quali le eclissi e le fasi mostrano chiaramente quale sia la distanza maggiore, si ha che fino a KoPPERNIGK non si ebbe veramente al- cun criterio rigoroso per stabilire l’ ordine delle sfere planetarie, e questo potè solo stabilirsi sulla congettura che attribuiva una maggiore orbita, e quindi maggiore distanza, a quel pianeta che rispetto alla terra aveva una rivoluzione più lunga. Certo è che in quest’or- dine di idee i pythagorici dovettero entrare o da sè o da informazioni avute dall’ oriente ; essi seppero poi applicarlo correttamente, perchè, come abbiamo già visto, l’ ordine delle distanze, se si eccettua Merc u- rio e Venere che offrivano difficoltà speciali, è de- signato giustamente. Dove però si abbandonano alle più (1) Memorie dell’ Istituto Lombardo di scienze e let- tereyges' ser. vol.. X. 318 Distanze dei pianeti II. - $ 10. ardite e fantastiche speculazioni, è nel fissare queste di- stanze, sia in numeri assoluti, sia nei loro rapporti. Le varie fonti che abbiamo ci riportano poi cifre ben di- verse; sembra quindi che varie fossero su questo punto le opinioni e numerose le correzioni apportate in tempi posteriori. Può darsi che nel sistema philolaiîico qual- cuno ammettesse (2) che le orbite dei pianeti avevano i diametri che crescevano in progressione geometrica a partire dal centro e con ragione 3. Così se l’anti- (2) PLouraRcHos, de animae procreatione in Timaco, cap. 31 (Moralia, ed. Bernardakis, Lipsiae, 1895, vol. VI): πολλοὶ δὲ καὶ τὰ Πυθαγορικὰ δεῦρο μεταφέρουσιν, ἀπὸ τοῦ μέσου τὰς τῶν σωμάτων ἀποστάσεις τριπλασιάζοντες" γίγνεται δὲ τοῦτο κατὰ μὲν τὸ πὺρ μονάδος τιθεμένης, κατὰ δ᾽ ἀντίχθωνα τριῶν, κατὰ δὲ γῆν ἐννέα, καὶ κατὰ σελήνην εἰχησιεπτά, χαὶ χατὰ τὸν “Ἑρμοῦ μιᾶς χαὶ ὀγδοήκοντα, χατὰ δὲ Φωσφόρον τριῶν καὶ μ' χκαὶ σ΄, κατ᾽ αὐτὸν δὲ τὸν ἥλιον 0' καὶ x χαὶ ψ', ὅστις ἅμα τετράγωνός τε καὶ κύβος ἐστί: διὸ καὶ τὸν ἥλιον ἔστιν ὅτε τετράγωνον καὶ χύβον προσαγορεύουσιν. οὕτωω δὲ χκαὶ τοὺς ἄλλους ἐπα- VAYOLVOL τοῖς τριπλασιασίμοῖς. τ το Vedi in propo- sito il S 9, n. 8. HeaTtH (Aristarchus, p. 106) nota che queste indicazioni non solamente contrastano con 1 fatti per i gravi errori di parallasse che porterebbero, ma rileva anche che la fonte di PLouTARcHOS non può ricercarsi negli antichi pythagorici per l'ordine adottato nelle distanze dei pianeti. Infatti 1’ ordine Luna, Mercurio, Ve- nere, Sole, Marte, Giove, Saturno [così come indica anche ProLemaros (Syntaxis, IX, 1) con la designazione: i più antichi astronomi] è quello dovuto ai Chaldei, che non si introdusse in Grecia avanti lo stoiko Diocenes di B a- bylonia (II sec. av. Chr.). Presso i greci più antichi, ad es. AnAxAGORAS, Praron (vedi il mito di Er, riportato dove tratto di PARMENIDES, Cap. III, $ 6) e poi ARISTOTELES, etc., pongono il sole subito dopo la luna, in ordine di distanza dalla terra. Questa osservazione si può ripetere per le referenze di PLiNIUS e di Censorinus. In tutte queste il sole occupa una II. - $ Io. Distanze dei pianeti 319 chthon aveva una distanza 3, ne venivano per gli altri pianeti le cifre seguenti: Terra 9, Luna 27, Mercurio 81, Venere 243, Sole 729, Marte 2187, Giove 6561, Saturno 19.683, Fisse 59.049. L'unità scelta non era determinata. Secondo PLINIUS (3), PyTHAGORAS avrebbe sostenuto che dalla terra alla luna correvano 126.000 stadî, dalla luna al sole due volte tanto, dal sole alle fisse «tre volte tanto. Abbiamo notizie di tre altre concezioni tutte basate posizione centrale nella serie dei diversi mondi. Queste teorie si presta bene per mantenere al fuoco una posizione onorifica. Inoltre nel paragone con la scala musicale una tale posi- zione opportunamente divide gli astri inferiori dai superiori, così, come nella teoria musicale, la quinta separa la parte inferiore della scala da quella superiore. (3) Hist. nat. II, 21, 22: «Intervalla quoque siderum a terra multi indagare temptarunt, et solem abesse a luna undeviginti partes quantum lunam ipsam a terra prodiderunt. Pyt ἢ a- goras vero, vir sagacis animi, a terra ad lunam CXXVI stadiorum esse collegit, ad solem ad ea duplum, inde ad duo- decim signa triplicatum. in qua sententia Gallus Sul- picius fuit noster. — Sed Pythagoras interdum et musica ratione appellat tonum quantum absit a terra luna, ab ea ad Mercurium dimidii spatii, et ab eo ad Vene- ris, a quo ad solem sescuplum, a sole ad Martem tonum [id est quantum ad lunam a terra], ab eo ad Iovem dimi- dium et ab eo ad Saturni, et inde sescuplum ad signife- rum; ita septem (?) tonos efficit quam διὰ πασῶν ἁρμονίαν vocant, hoc est universitatem concentus; in ea Saturnum Dorio moveri phthongo, Iovem Phrigio et in reliquis similia, iucunda magis quam necessaria subtilitate ». Si noti che la cifra di 126.000 stadî è precisamente la metà esatta di quella di 252.000 stadî che, secondo ERraTOSTHENES, misura la cir- conferenza della terra. Una tale coincidenza non è certo oc- casionale, e, pure anche se la cifra data da PLinius è ba- sata su un errore (vedi HraTH, Aristarchus, p. 114), mostra la sua origine recente. 320 Distanze dei pianeti Il - $ Io. su teorie musicali. Da CENSORINUS (De die natali, XIII) (4), da PLINIUS (Hist. nat., II, 22) e da HyGInos (Poeticon Astronomicon, IV) riporto i valori delle varie distanze nella seguente tabella : DISTANZE CENSORINUS PLINIUS HyGINOS Terra-Luna I tono I tono I tono Luna-Mercurio o» o» 1 » Mercurio- Venere o » o » 1.» Venere-Sole 13%.» 1% » ΤΟΥ » Sole-Marte I » I » 5» Marte-Giove o» 1%» % » Giove-Saturno o» % I )» Saturno-Fisse ὙΠΟ τὸ 1% » ιν (4) Cens. XIII: «Ad haec accedit quod Pythago- ras prodidit hunc totum mundum musica factum ratione, septemque stellas inter coelum et terram vagas, quae mor- tallum geneses moderantur, motum habere eurythmon et intervalla musicis diastematis congrua, sonitusque varios red- dere pro sua quaque altitudine ita concordes, ut dulcissimam quidem concinant melodiam, sed nobis inaudibilem propter vocis magnitudinem quam capere aurium nostrarum angu- stiae non possint. nam ut Erastosthenes geometrica ratione collegit maximum terrae citcuitum esse stadiorum ducentum quinquaginta duum milium, ita Pythagoras quot stadia inter terram et singulas stellas essent indicavit.... igitur ab terra ad lunam Pythagoras putavit esse stadiorum circiter cen- tum viginti sex milia, idque esse toni intervallum; a luna autem ad Mercuri stellam, quae stilbon vocatur, dimidium eius, velut hemitonion; hinc ad phosphoron, quae est Veneris stella, fere tantundem, hoc est aliud hemitonion ; inde porro ad solem ter tantum, quasi tonum et dimidium. itaque so- lis astrum abesse a terra tonos tres et dimidium quod voca- tur dia pente, a luna autem duos et dimidium, quod est dia tessaron. a sole vero ad stellam Martis, cui nomen est pyrois, tantumdem intervalli esse quantum a terra ad lunam, idque facere tonum; hinc ad Iovis stellam, quae phaethon appel- latur, dimidium eius, quod faciat hemitonion ; inde ad sum- II. - $ το. L’armonia delle sfere 321 Vediamo che nel computo di tali distanze è adot- tata l'ipotesi geocentrica, seguita come abbiamo detto, da numerosi pythagorici. La concezione che dà origine a queste distanze espresse in toni è la seguente. I pianeti, percorrendo nello spazio le loro orbite, danno vibrazioni all’ am- biente nel quale si muovono; cagionano cioè dei suoni (5). Ora il cosmo, così bello ed armonico come è, mum coelum, ubi signa sunt, perinde hemitonion. itaque a coelo summo ad solem diastema esse dia tessaron, id est duo- rum tonorum et dimidi, ad terrae autem summitatem ab eodem coelo tonos esse sex, in quibus sit dia pason sympho- nia. praeterea multa quae musicis tractant ad alias rettulit stellas et hunc omnem mundum enarmonion esse ostendit. quare Dorylaus scripsit esse mundum organum dei; alii ad- diderunt esse id ἑπτάχορδον, quia septem sint vagae stellae, quae plurimum moveantur ». (5) Arist., de coelo, II, 9: φανερὸν δ᾽ ἐκ τούτων ὅτι καὶ τὸ φάναι γίνεσθαι φερομένων ἁρμονίαν, ὡς συμφώ- νων γινομένων τῶν ψόφων, χομψῶς μὲν εἴρηται xal πε- ροιττῶς ὑπὸ τῶν εἰπόντων, οὐ μὴν οὕτως ἔχει τἀληθές. δοκεῖ γάρ τισιν ἀναγκαῖον εἶναι τηλικούτων φερομένων σωμάτων γίγνεσθαι ψόφον, ἐπεὶ καὶ τῶν παρ᾽ ἡμῖν οὔτε τοὺς ὄγχους ἐχόντων ἴσους οὔτε τοιούτῳ τάχει φερομένων' ἡλίου δὲ καὶ σελήνης, ἔτι τε τοσούτων τὸ πλῆθος ἄστρων καὶ τὸ μέγεθος φερομένων τῷ τάχει τοιαύτην φορὰν ἀδύ- vatov μὴ γίγνεσθαι ψόφον ἀμήχανόν τινα τὸ μέγεθος. ὑπο- θέμενοι δὲ ταῦτα καὶ τὰς ταχυτῆτας ἐκ τῶν ἀποστάσεων ἔχειν τοὺς τῶν συμφωνιῶν λόγους, ἐναρμόνιόν φασι γίνεσθαι τὴν φωνὴν φερομένων xbxiw τῶν ἄστρων. ἐπεὶ δ᾽ ἄλογον ἐδόκει τὸ μὴ συναχούειν ἡμᾶς τῆς φωνῆς ταύτης, αἴτιον τούτου φασὶν εἶναι τὸ γιγνομένοις εὐδὺς ὑπάρχειν τὸν ψόφον, ὥστε μὴ διάδηλον εἶναι πρὸς τὴν ἐναντίαν σιγήν πρὸς ἄλληλα γὰρ φωνῆς χαὶ σιγῆς εἶναι τὴν διάγνωσιν, ὥστε καθάπερ τοῖς χαλχοτύποις διὰ συνήθειαν οὐθὲν δοκεῖ δια- φέρειν, χαὶ τοῖς ἀνθρώποις ταὐτὸ συμβαίνειν. ταῦτα δή, καθάπερ εἴρηται πρότερον, ἐμμελῶς μὲν λέγεται καὶ μου- σικῶς, ἀδύνατον δὲ τοῦτον ἔχειν τὸν τρόπον. MIELI 21 322 L’armonia delle sfere II. - $ ro. non può dare origine a suoni sgraditi, non armonici ; esi- ste quindi una regolarità nei diversi suoni, regolarità che trova la sua espressione nelle leggi valevoli per la musica, e che trova la sua estrinsecazione nell’ armonia delle sfere, espressione, questa, dovuta ai pythagorici e rimasta, in senso poetico, fino ai giorni nostri. In che modo poi le cifre date dalle tabelle sopra riportate po- tessero dare luogo ad una armonia, è cosa che ora noi non possiamo comprendere in alcun modo. Ma rimaneva una difficoltà. Come mai non sentiamo noi questi suoni? La spiegazione data dai pythagorici ci è riportata da ARISTOTELES nel passo citato nella nota 5. «Il rumore non si sente se non vi è il silenzio. È solamente per il rapporto dell’ uno all’ altro che noi percepiamo il silenzio ed il rumore : così gli operai delle fucine, abituati sempre al medesimo rumore, arrivano a non sentirlo più» (6). Non credo opportuno entrare in maggiori dettagli relativi a queste distanze, e nemmeno nelle lunghe di- scussioni che sono state sollevate a proposito dei rap- porti fra le distanze ed i toni musicali, ed in particolare al senso nel quale l’altezza dei toni varia col variare della distanza (7). Infatti tali questioni, nelle loro particola- rità, vengono a perdere qualunque interesse dal lato dello sviluppo del pensiero scientifico, per limitarsi ad essere più che altro una raccolta di curiosità. Inoltre le varie versioni che abbiamo, l’ incertezza dei dati, e 1᾿ evidente infiltrazione di dottrine posteriori nelle referenze che possediamo, ci impediscono anche le più semplici, ma fondate, considerazioni sul sorgere e sullo svilupparsi presso i pythagorici di queste idee. L’ unica cosa im- portante da notare è che si era in tal modo posto im- (6) Si noti che HreraKLEITos dà un’ altra spiegazione del fatto: per la grande distanza dei corpi celesti il rumore si perde. (7) In proposito si può consultare 1’ HratH (Aristar- chus, p. 105-118) che discute a lungo la cosa e riporta varie opinioni. II. - $ 10. L’ infinito ed il vuoto 323 periosamente il problema della ricerca delle distanze relative ed assolute degli astri. * * * A proposito delle distanze esistenti nel cosmo no- tiamo ancora che i pythagorici ammettevano es- sere il mondo come infinito nello spazio. Al di là delle fisse esiste quindi il vuoto, ed è appunto respi- rando questo vuoto, che questo penetra nel cosmo e produce le delimitazione fra i varî oggetti. È da notarsi però che ai tempi dell’ antica scuola pythago- rica i concetti di infinito e di vuoto non erano ancora nè chiari nè ben definiti. Il vuoto più che altro era quasi un pieno d’ aria, l’ infinito era un concetto del tutto nebuloso, e che nei suoi principî potè appena concepirsi come infinito matematico (come nell’ espressione : due rette parallele prolungate sino all’ infinito non si incon- trano mai). Del resto, in generale, non dobbiamo meravigliarci della confusione o delle contradizioni che ora sono pa- tenti in molte teorie pythagoriche e specialmente nelle conseguenze che da esse derivano. Molti hanno, ed a lungo, discusso intorno ai varî punti della dottrina fon- dando la loro opinione sulle conseguenze logiche che venivano dall’ ammissione di certi fatti o di altri. Questo, per me, è un metodo sbagliato, perchè allora, agli inizî del pensiero scientifico, certe contradizioni non potevano essere avvertite, o se, a caso, lo erano, non sembravano poter portare nocumento all’ insieme delle dottrine, es- sendo le idee troppo vaghe o imprecise. Il movimento o il riposo della sfera delle fisse, l’ infinità del mondo, le proprietà singolari di dati numeri o di dati aggruppa- menti di essi, sono concetti assai incerti per gli stessi pythagorici, e nulla vi è di strano che negli stessi indi- vidui esistessero, come vaghi sentimenti, le dottrine più opposte, emergendo volta a volta quelle che nel caso specifico meglio rispondevano all’ insieme dei fenomeni naturali e dei preconcetti degli speculatori. 324 Natura degli astri II. - $ το. * * x* Poche parole ancora su alcune opinioni sulla natura degli astri, e che di per sè, hanno poca importanza. Ho già detto come si attribuisce a PHILOLAOS l’ ipo- tesi che il sole è una massa trasparente che riflette a noi la luce del fuoco centrale (8). Per la luna sem- bra che essi stimassero la sua natura come terrena, e vi ponessero abitanti (9). Sulla via lattea essi espressero varie opinioni ; stimarono che essa fosse l’ an- tica via percorsa dal sole, e poi abbandonata al tempo dell'avventura di PHAETHON, o che risultasse da una com- bustione della regione, o, infine, che fosse un fenomento di riflessione della luce del sole (10). (8) Vedi $ 0, n. 12. (9) Aet. II 30: τῶν Πυθαγορείων τινὲς μέν, ὧν ἐστι Φιλόλαος, γεώδη φαίνεσθαι τὴν σελήνην διὰ τὸ περιοιχεῖσθαι αὐτὴν καθάπερ τὴν παρ᾽ ἡμῖν γῆν ζῴοις καὶ φυτοῖς μείζοσι καὶ καλλίοσιν᾽ εἶναι γὰρ πεντεκαιδεκαπλάσια τὰ ἐπ᾽ αὐτῆς ζῷα τῇ δυνάμει μηδὲν περιττωματικὸν ἀποκρί- νοντα καὶ τὴν ἡμέραν τοσαύτην τῷ μήκει. Il fatto della forza 15 volte maggiore degli animali e delle piante della luna rispetto a quelli della terra, sembra essere stata messa in rapporto col fatto che il giorno lunare è di molto maggiore (29 + volte) di quello terrestre. L’ in- dicazione quindici può dare luogo a discussione; il giorno (distinto dalla notte) lunare è lungo circa quindici volte il giorno (compresa la notte) terrestre. Conoscevano dunque i pythagorici il fatto che per la luna una lunazione corrisponde ad un giorno, oppure gliene facevano corrispondere due ? Forse il testo stesso fu alterato nelle compilazioni successive. (10) Aet. III, 1: τῶν Πυθαγορείων οἱ μὲν ἔφασαν [la via lattea] ἀστέρος εἶναι διάκαυσιν ἐκπεσόντος μὲν ἀπὸ τῆς ἰδίας ἕδρας, δι’ οὗ δὲ περιέδραμε χωρίου κυκλο- τερῶς σὐτὸ περιφλέ ἕαντος ἐπὶ τοῦ κατὰ Φαέθοντα ἐμπρησ- μοῦ" οἱ δὲ τὸν ἡλιακὸν ταύτῃ φασὶ κατ᾽ ἀρχὰς γεγονέναι fdt ile Sd $ το. La via lattea 325 δρόμον. τινὲς δὲ κατοπτριχκὴν εἶναι φαντασίαν τοῦ ἡλίου τὰς αὐγὰς πρὸς τὸν οὐρανὸν ἀναχλῶντος, ὅπερ κἀπὶ τῆς ἴριδος ἐπὶ τῶν νεφῶν συμβαίνει. — Confr. anche Αβι- storELES (meteorol. I, 8): τῶν μέν οὖν χαλουμένων Πυθα- γορείων φασί τινες ὁδὸν εἶναι ταύτην οἱ μὲν τῶν ἐχπε- σόντων τινὸς ἄστρων χατὰ τὴν λεγομένην ἐπὶ Φαέθοντος φθοράν, οἱ δὲ τὸν ἥλιον τοῦτον τὸν χύχκλον φέρεσθαί ποτέ φᾶσιν, οἷον οὖν διαχεκαῦσθαι τὸν τόπον τοῦτον ἤ τι τοιοῦτον ἄλλο πεπονθέναι πάθος ὑπὸ τὴς φορᾶς [Diels pone φθορᾶς] αὐτοῦ. Questa opinione è attribuita in ACHILLEUS (Eisag. 24) [derivata da Poserponios] ad OrnopipEs di Chios: ἕτεροι δέ φασιν, ὧν ἐστι καὶ Οἰνοπίδης ὁ Χῖος, ὅτι πρότερον διὰ τούτου ἐφέρετο ὁ ἥλιος, διὰ δὲ τὰ Θυέστεια δεῖπνα ἀπεστράφη καὶ τὴν ἐναντίαν τούτῳ πεποίηται περιφοράν, ν νῦν περιγράφει ὁ ζῳδιακχκός. [Questo AcHiLLeus, dal quale è stato riportato il passo che precede, è uno dei numerosi commentatori di ΑΒΑΤΟΒ. Da Surpas egli fu confuso con AcHiLLeus Tatros (V sec.), il noto autore di un romanzo erotico. Perciò spesso anche all’autore dell’ εἰσαγωγὴ εἰς τὰ ᾿Αράτου φαινόμενα viene er- roneamente aggiunto 1’ appellativo Tatios. Il commentatore AcÒÙicLeus visse verso la fine del II sec., o il principio del III sec. dell’era volgare (E. RoHDE e Driets), o anche più tardi, cioè verso il 300 (GuENTHER). In ogni modo egli è citato da IuLius Firmicus (nel 4° decennio del IV secolo).] SETE HipPASOS ED ALKMAION. SVILUPPO DI ALCUNI CONCETTI SCIENTIFICI IN SENO ALLA SCUOLA PYTHAGORICA. Nei paragrafi precedenti abbiamo esposto l’ insieme delle antiche teorie pythagoriche. Ma la no- stra esposizione, invero, non può all’ incirca rispecchiare che lo stadio nel quale l’ insieme delle teorie era giunto verso l’ epoca di PHILOLAOS, cioè dopo circa un secolo di esistenza della scuola. Non sarà male perciò di esami- nare ancora se sia possibile scoprire alcune delle tappe dello svolgimento della teoria, e se si possono avere dei dati che ci permettano di riconoscere gli stadî più an- tichi della dottrina, e l’ influenza che essa, prima di PHI- LOLAOS, esercitò su altri pensatori. Come possiamo constatare dal catalogo di IAMBLICHOS, varî filosofi, considerati di altre scuole, sono compresi nella lista dei pythagorici. In particolare rammentiamo fra questi PARMENIDES ed EMPEDOKLES. Per ragioni in- trinseche, assai più importanti di quelle della loro accet- tazione nel tardo catalogo, possiamo ritenere che ambe- due questi pensatori, che pure mostrarono grandi carat- teri di originalità, nel principio della loro carriera scien- tifica fossero discepoli o almeno fortemente impregnati della dottrina della scuola, e che una influenza sensi- bilissima di questa si rendesse palese nei loro scritti e nei pensieri dell’ età più matura. Essendo essi ante- riori Ο quasi contemporanei a PHILOLAOS, si può in questa maniera tentare la ricostruzione di alcune antiche idee pythagoriche. La cosa certamente non è facile, ed il carattere di questo libro non consente che di ciò venga quì diffusamente trattato. Però quello che si può desumere dalle teorie di PARMENIDES e di EMPEDOKLES ΄ I. τὸν τ Hippasos 327 sarà considerato nei capitoli ad essi riservati. Quì vo- gliamo invece accennare solamente alle dottrine di due antichi pythagorici, che però vengono considerati l’ uno come estraneo, per quanto aderente, alla scuola, l’ altro come un’ espulso dalla scuola stessa : ALKMAION ed Hippasos. Questi due pythagorici sono assai più antichi di PARMENIDES e di EMPEDOKLES; l’ espressione delle loro idee, interessanti di per sè, può inoltre illuminarci alquanto sulla questione che prima abbiamo delineato. ta Di Hrppasos di Metaponto (o di Kotrone?) sappiamo pochissimo. I doxografi posteriori aggiungono il suo nome a quello di HERAKLEITOS quando accennano al carattere primordiale che questi avrebbe attribuito al fuoco (1). Non sembra però che vi debba essere alcuna relazione fra i due, e in Hippasos, tutto al più, dob- biamo riconoscere, come in molti pythagorici, quella maggiore reverenza per la nobiltà del fuoco per la quale più tardi si costituì il sistema philolaico. Questo molto lontano punto di contatto servì nella tarda antichità ad attribuire, ma falsamente, ad HippAasos molte idee di HERAKLEITOS. Un’ altra leggenda ci rappresenta questo antico pen- satore come un’ individuo espulso dalla scuola per es- sersi attribuito la scoperta della costruzione del ἃ o- decaedro regolare, oppure quella della dottrina degli irrazionali, mentre, secondo la tradizione, ogni ainsi Metaph.iI, 3: Tr mtacoic de do ὃ Μεταποντῖνος καὶ Ἡράκλειτος ὁ ᾿Εφέσιος. Simpl, phys., 23, 33: “I. sì è Metar. καὶ. Ηρ. ὃ Ἔφ. ἕν καὶ οὗτοι καὶ χινούμενον καὶ πεπερασμένον, ἀλλὰ πῦρ ἐποίησαν τὴν ἀρχὴν καὶ ἐκ πυρὸς ποιοῦσι τὰ ὄντα πυχνώσει καὶ μα- γνώσει καὶ διαλύουσι πάλιν εἰς πῦρ ὡς ταύτης μιὰς οὔσης, φύσεως τῆς ὑποχειμένης. — Ae t. I, 5. 5: “I. δὲ è Mer. xat ‘Hp. ὁ Βλύσωνος è “Eq. ἕν εἶναι τὸ πᾶν ἀεικίνητον καὶ πεπερασμένον, ἀρχὴν δὲ τὸ πὺρ ἐσχηκέναι. emi 328 Alkmaion H.- $ II cosa doveva appartenere a PyTHAGORAS (2). In seguito all'espulsione egli fondò, sembra, una setta scismatica, detta akousmatica (3), setta che però, dato il segreto rigoroso mantenuto dalla setta ortodossa, divenuto più rigoroso ancora in seguito alle indiscrezioni di ΗΙΡΡΑ- sos stesso, non poteva in fondo avere che una conoscenza imperfetta della parte più gelosa della dottrina genuina. Una leggenda fa perire HippAsos in un naufragio e ciò come per punizione venutagli dagli dei per la avvenuta rivelazione del segreto. Come appartenenti ad Hippasos vengono anche ri- ferite alcune opinioni musicali. da Molto più importante di Hippasos è il medico k r o- toniate ALKMAION, conosciuto come discepolo di- retto di PYTHAGORAS (4) e come il primo physiologo italiano. I doxographi ci riportano le opinioni di ALK- MAION su diverse parti della scienza allora esistente, e così conosciamo di esso alcune idee cosmologiche e fisio- logiche. Le poche idee cosmologiche attribuite ad ALKMAION sono le seguenti (5) : Egli riconosce ai pianeti il mo- vimento da occidente. verso, τε ΠΟ: (2) Accenno nel $ 6 al fatto, assai probabile, che la sco- perta del pentagono dodecaedro si deve repu- tare posteriore ad EMPEDOKLES. (3) Ja mbl., 7. Pytb., 81: δύο Yap ἦν yin καὶ τῶν μεταχειριζομένων αὐτήν, οἱ μὲν ἀκουσματικοί. οἱ δὲ μαθηματιχοί. τουτωνὶ δὲ οἱ μὲν μαθηματικοὶ ὡμολογοῦντο Πυθαγόρειοι εἶναι ὑπὸ τῶν ἑτέρων, τοὺς δὲ ἀχουσματικοὺς οὗτοι οὐχ ὡμολόγουν, οὐδὲ τὴν πραγματείαν αὐτῶν siva Πυθαγόρου, ἀλλ᾽ Ἱππάσου. (4) Arist., metaph. I, 5: καὶ γὰρ ἐγένετο τὴν MA κίαν ᾿Αλκμαίων « νέος» ἐπὶ γέροντι Πυθαγόρᾳ. (5) Aet. IL 16, 2, 3: τῶν μαθηματικῶν τίνες τοὺς πλανήτας τοῖς ἀπλανέσιν ἀπὸ δυσμῶν ἐπ᾽ ἀνατολὰς ἀντι- Π. - 8. τι. Dottrine varie di Alkmaton 329 egli stima il sole un disco piatto; egli infine, come HERAKLEITOS ed ANTHIPHON, crede che le fasi della luna dipendano dal fatto che essa è come un bacino, da una parte luminoso e dall’altra oscuro, e che il bacino stesso si rivolta e si inclina in diverse maniere. Inoltre abbiamo testimonianze che ci asseri- scono che ALKMAION attribuiva divinità agli astri così come all’ anima (6). Fra queste opinioni antichissime della scuola italica e le più infantili della scuola ionica, quali potevano essere amesse da THALES o da HERA- KLEITOS, vediamo una stretta dipendenza, ma, cosa as- sai notevole, troviamo fra esse la prima osservazione sul movimento proprio dei pianeti da occidente ad oriente. Questa osservazione avrà poi il suo svolgimento e comple- tamento nella successiva astronomia pythagorica. Di questo già abbiamo parlato nei precedenti paragrafi. Ma dobbiamo noi credere che la dottrina d’ALKMAION rappresenti proprio quella primitiva pythagorica, e che quindi anche PyTHAGORAS stesso credesse piatti il sole φέρεσθαι. τούτῳ δὲ συνομολογεῖ xat ᾿Αλχμαίων. — II, 22, 4: τ΄ πλατὺν εἶναι τὸν ἥλιον. — II 29, 12: "A, Ἡράκλειτος, ᾿Αντιφῶν κατὰ τὴν τοῦ σκαφοειδοῦς στροφὴν καὶ τὰς περιχλίσεις [ἐκλείπειν τὴν σελήνην]. (6) Aet. IV, 2. 2: ’A. φύσιν αὐτοκίνητον κατ᾽ ἀίδιον χίνησιν χαὶ διὰ τοῦτο ἀθάνατον αὐτὴν χαὶ προσεμφερῆ τοῖς θεοῖς ὑπολαμβάνει. — Klem. Protr., 66: ὃ γάρ τοι Κροτωνιάτης “A. θεοὺς ᾧετο τοὺς ἀστέρας εἶναι ἐμψύχους ὄντας. — Cicer., de natura deorum. I, 11, 27: « Croto- niates autem Alcmaeon qui soli et lunae reliquisque si- deribus omnibus animoque praeterea divinitatem dedit, non sensit sese mortalibus rebus immortalitatem dare ». — Arist. de anima., 1 2: παραπλησίως δὲ τούτοις [cioè ΤΉΑΙΕΒ, DioceNEs, HERAKLEITOS] χαὶ ᾿Αλκμαίων ἔοικεν ὑπολα- βεῖν περὶ ψυχῆς, φησὶ γὰρ αὐτὴν ἀθάνατον εἶναι διὰ τὸ ἐοικέναι τοῖς ἀθανάτοις" τοῦτο δ᾽ ὑπάρχειν αὐτῇ ὡς ἀεὶ χινουμένῃ" κινεῖσθαι γὰρ καὶ τὰ θεῖα πάντα συνεχῶς ἀεί, σελήνην, ἥλιον, τοὺς ἀστέρας καὶ τὸν οὐρανὸν ὅλον. 330 Dottrine fisiologiche di Alkmaton 11: τ 615 e la luna e, quindi, presumibilmente, anche la terra ? Una risposta qui è difficile a darsi, perchè la posizione di ALKMAION, che dicono fuori della scuola, per quanto, potremmo dire, simpatizzante ad essa, poteva impedir- gli di conoscere alcune particolarità riservate ai soli ini- ziati, come quella, forse già ammessa, della sfericità della terra. Ma nulla di strano vi può essere nella prima opinione, e le varie referenze che attribuiscono ora a PyTHAGORAS ora a PARMENIDES la dottrina della sfe- ricità, può farci dubitare fortemente sull’ attribuzione al fondatore della scuola della dottrina che più tardi da tutti fu accettata. Mentre le idee cosmologiche di ALKMAION sono assai infantili e di secondaria importanza, di grande interesse per la loro antichità e portata, sono invece le sue (ΠΟ πε τ τι ΠΕ, τον ἢ ΘΙ ΤΟΥ} ΤΟ. gie [πὶ (9): Sembra che la scuola pythagorica, al suo nascere, contasse fra gli aderenti molti medici; nel seguito invece questi studî vengono trascurati dai membri della setta, mentre, come vedremo, essi segui- tano a svolgersi in un campo più vasto e indipendente. Troveremo così in molti antichi pythagorizzanti l’ esame di questioni fisiologiche ed antropologiche ; vedremo ap- punto verificarsi ciò anche in PARMENIDES, e poi, in alto grado, in EmPEDOKLES. In ALKMAION vediamo già deli- nearsi l’ esame di due delle questioni che più interessa- rono l’ antichità : quella delle sensazioni e quella della generazione. Per quello che riguarda le sensazioni abbiamo, fra le altre indicazioni, due paragrafi di THEOPHRASTOS che trattano appunto della teoria di ALKMAION. Avendo già distinto prima due categorie di opinioni, quelle che fanno produrre la sensazione per mezzo della somiglianza e quelle che le fanno per mezzo del contrario (7), (7) Non si capirebbe, dice il TANnNERY, come Turo- PHRASTOS potesse stabilire una opposizione fra ALKMAION e PARMENIDES ed EmPEDOKLES, se non 8] rammentasse che il discepolo di ArisrorELES si riferisce solamente alla distin- Π. - 6 αἰ. Le sensazioni secondo Alkmaton 331 THEOPHRASTOS così continua (δ) : «Fra quelli che non attribuiscono la sensazione al simile vi è ALKMAION. Questi comincia a definire la dif- ferenza riguardo agli animali. L'uomo, egli dice, ne diffe- risce perchè è il solo che sia intelligente; gli animali hanno la sensazione, ma non hanno l’ intelligenza; il pensiero quindi è distinto dalla sensazione e non è la stessa cosa, come in EMPEDOKLES. Poi egli parla di ogni senso in particolare; noi udiamo, egli dice, in forza del vuoto che c’ è nelle orecchie e che risuona ; nella stessa maniera, parlando in un vuoto, l’aria ci risuona entro. Noi odoriamo per mezzo delle narici, respirando e facendo così andare il soffio al cervello. La lingua di- stingue isa pori; tiepida e di poca resistenza, il calore la rammollisce, fatta di un tessuto debole e delicato, essa riceve i succhi e li distribuisce. Gli occhi vedono attraverso l’acqua che ne forma la periferia ; ma è chiaro che essi contengono fuoco, un colpo sull’ occhio lo fa scaturire. La vista dipende zione stabilita da ALKkMAION fra sensazione ed intelligenza. THeoPHRASTOS deduce da ciò una distinzione fra νοῦς e ψυχή, l’una materiale e composta degli stessi elementi dei corpi sensibili, 1’ altra formata da un principio differente. (8) Theophr, de sens 25 e 26: τῶν δὲ μὴ τῷ ὁμοίῳ ποιούντων τὴν αἴσθησιν ᾿Αλκμαίων μὲν πρῶτον ἀφο- piCeL τὴν πρὸς τὰ ζῷα διαφοράν. « ἄνθρωπον γάρ» φησι «τῶν ἄλλων διαφέρειν ὅτι μόνον ξυνίησι, τὰ δ᾽ ἄλλα αἰσθάνεται μέν, οὐ ξυνίησι δέ [Diels, fr. 1 a.] », ὡς ἕτερον ὃν τὸ φρονεῖν καὶ αἰσθάνεσθαι, καὶ οὔ, καθάπερ ᾿Εμπεδοκλῆς, ταὐτόν' ἔπειτα περὶ ἑκάστης λέγει. ἀχούειν μὲν οὖν φησι τοῖς ὠσίν, διότι κενὸν ἐν αὐτοῖς ἐνυπάρχει" τοῦτο γὰρ ἡχεῖν (φθέγγεσθαι δὲ τῷ κοίλῳ), τὸν ἀέρα δ᾽ ἀντηχεῖν. ὀσφραίνε- σθαι δὲ ῥισὶν ἅμα τῷ ἀναπνεῖν ἀνάγοντα τὸ πνεῦμα πρὸς τὸν ἐγχέφαλον. γλώττῃ δὲ τοὺς χυμοὺς χρίνειν᾽ χλιαρὰν γὰρ οὖσαν καὶ μαλακὴν τήχειν τῇ θερμότητι. δέχεσθαι δὲ καὶ δια- διδόναι διὰ τὴν μανότητα καὶ ἁπαλότητα. ὀφθαλμοὺς δὲ ὁρᾶν διὰ τοῦ πέριξ ὕδατος. ὅτι δ᾽ ἔχει πῦρ δῆλον εἶναι: πληγέντος γὰρ ἐκλάμπειν. ὁρᾶν δὲ τῷ στίλβοντι καὶ τῷ 332 Le sensazioni secondo Alkmaion 911; dallo splendore e dalla trasparenza di questo fuoco, che ripercuote la luce, tanto meglio quanto più è puro. Tutti i sensi in qualche maniera sono sospesi al cervello, che, per mezzo di movimenti o di spostamenti, può an- nullarli, chiudendo i pori attraverso i quali si formano le sensazioni. In quanto al tasto egli non ha detto nè come nè per mezzo di quale intermediario esso si produce. Su tale argomento questo dunque sentenziò ALKMAION ». Vedremo più avanti che la teoria analoga di Em- PEDOKLES deriva da questa di ALKMAION, e allora ap- punto faremo su questo soggetto più ampie riflessioni. Ricordiamo qui esplicitamente che ALKMAION è classifi- cato fra quelli che riconoscono 1᾿ ἡγεμονικόν nel cervello (9). Con lo stesso proposito do qui semplicemente un ac- cenno alla teoria di ALKMAION sulla generazione (10). διαφανεῖ, ὅταν ἀντιφαίνῃ, χαὶ ὅσον ἂν καθαρώτερον ἧ μᾶλλον. ἁπάσας δὲ τὰς αἰσθήσεις συνηρτῆσθαί πως πρὸς τὸν ἐγχέφαλον᾽ διὸ καὶ πηροῦσθαι κινουμένου καὶ μεταλλάττοντος τὴν χώραν᾽ ἐπιλαμβάνειν γὰρ τοὺς πόρους, δι’ ὧν αἱ αἰσθή- σεις. περὶ δὲ ἁφῆς οὐκ εἴρηκεν οὔτε πῶς οὔτε τίνι γίνεται. ᾿Αλκμαίων μέν οὖν ἐπὶ τοσοῦτον ἀφώρικεν. (9) Aet. IV, 17, 1. — ’A. ἐν τῷ ἐγχεφάλῳ εἶναι τὸ ἡγεμονικόν: τούτῳ οὖν ὀσφραίνεσθαι ἕλκοντι διὰ τῶν ἀναπνοῶν τὰς ὀσμάς. — Vedi a proposito della sede del pensiero e dell’ anima il Cap. I, ὃ το, n. 3. (10) Aet. V, 3, 3: ᾿Αλκμαίων ἐγχεφάλου μέρος (εἶναι τὸ σπέρμα). — Censor, 5, 2: sed hanc opinio- nem [e medullis semen profluere] nonnulli refellunt, ut Anaxagoras, Democritus et Alcmaeon Croto- niates: hi enim post gregum contentionem non medullis modo, verum et adipe multaque carne mares exhaurire re- spondent. illud quoque ambiguam facit inter auctores opi- nionem, utrumne ex patris tantummodo semine partus na- scatur, ut Diogenes et Hippon Stoicique scrip- serunt, an etiam ex matris, quod Anaxagorae et Alc- maeoni nec non Parmenidi Empedoclique et Epicuro visum est. de conformatione autem partus nihilo H. «δ τι. La generazione secondo Alkmaion 333 Lo sperma, secondo ALKMAION, viene dal c e r- vello, ed il cervello stesso è il luogo dove risiede τ principato. La testa poi è la parte del corpo che, nel seno alle madri, si forma la prima (?). Il feto si nu- tre per tutto il suo corpo assorbendo le parti nutritive degli alimenti come una spugna (!). Imulisonoin- fecondi, i maschi perchè il loro sperma è leggero ed umido, le femmine perchè le loro matrici non si apro- no (ἢ). Il sonno dipende dal fatto che il sangue si ritira nelle vene; quando esso si sparge nuovamente si ha il risveglio ; se il ritiro è totale si ha la morte. Ma la parte più interessante della dottrina biologica di ALKMAION è quella che si riferisce alle condizioni della salute e delle malattie (rr). La salute, dice 1] minus definite se scire Alcmaeon confessus est, ratus ne- minem posse perspicere quid primum in infante formetur. — Invece Aet. V, 17, 3:°A. τὴν χεφαλήν, ἐν ἧ ἐστι τὸ ἡγενομικόν [πρῶτον τελεσιουργεῖσθαι ἐν τῇ γαστρί]. — In quanto al sesso del nascituro, Censor. 6, 4: ex quo parente seminis amplius fuit, eius sexum repraesentari dixit Alcmaeon. — La questione sarà ripresa e trattata da PARMENIDES, vedi Cap. IV, $ 5. — Sull’affermazione che il feto assorbe il nutrimento a guisa di spugna, Aet., V, 16, 3: "A. δὲ ὅλον τοῦ σώματος τρέφεσθαι [τὰ ἔμβρυα] ἀναλαμβάνειν γὰρ αὐτῷ ὥσπερ σπογγιαῖ τὰ ἀπὸ τῆς τροφῆς θρεπτικά. — Invece Rurus in OriBastos III, 156, (Diels, dA 17) ci dice : ἔνεστι περίττωμα τοῖς τηλικούτοις ἐν τῷ ἐντέρῳ ὃ χρὴ ἐξάγειν, οὐχ ὥσπερ ᾿Αλκμαίων οἴεται ὅτι ἐν ταῖς μήτραις ὃν τὸ παιδίον ἤσθιεν στόματι" τοῦτο γὰρ οὐδένα τρόπον δυνατόν. — Sul sangue che durante il sonno si ritira par- zialmente nelle vene, e che si ritira totalmente in seguito a morte, Aet., V, 24, 1: ’A. ἀναχωρήσει τοῦ αἵματος εἰς τὰς αἱμόρρους φλέβας ὕπνον γίνεσθαί φησι, τὴν δὲ ἐξέγερσιν διάχυσιν, τὴν δὲ παντελὴ ἀναχώρησιν θάνατον. (11) Ecco il passo di ΔΈΤΙΟΒ. nel quale questi, esponendo la dottrina di ALKMAION, tratta della cagione delle mala t- tie. Sembra che in questo passo alcune parole (fra due virgolette) siano di ALKMAION stesso; il Dies comprende quindi 334 Dottrina generale biologica JI, - 90 nostro antico medico, viene conservata dall’ e quili- brio ‘delle’ potenze: umido e secco tre ddone caldo;amaroedolce, etc. La pre dominanza di una di esse cagiona la malattia. Anche delle cause esterne possono produrre delle malattie, ad es. la qualità delle acque, il clima del paese, le fatiche ecces- sive, etc. In questa dottrina noi vediamo già in germe la teoria umorale che sarà il caposaldo del 5 i- stema hippokratico, e lo studio delle relazioni fra l’ uomo sano e le malattie da cui è affetto, e l’am- biente che esso abita. Ma anche su questo ritorneremo nel capitolo consacrato ai medici ed allo studio degli scritti del Corpus Hippocraticum. * * * Ma oltre le opinioni cosmologiche ar- retrate, che forse non ci indicano che quelle delle gene- ralità dei pythagorici del suo tempo, mentre la scuola più ristretta aveva forse fatto un notevole passo in- nanzi introducendo la teoria sferica per la terra ed i pianeti, oltre quelle fisiologiche, importantissime, che preludono il grande corpo di antica medicina greca, conosciuta sotto il nome di HIiPPOKRATES, due tratti di ALKMAION hanno grande importanza per noi, nel senso dello sviluppo del pensiero nella scuola pythagorica. DioGENES LAERTIOS ci ha conservato un fram- questo passo nella raccolta dei frammenti (fr. 4). Aet., V, 30, 1: A. τὴς μὲν ὑγείας εἶναι συνεχκτικὴν τὴν « ἰσονομίαν » τῶν δυνάμεων, ὑγροῦ, ξηροῦ, ψυχροῦ, θερμοῦ, πικροῦ, γλυκέος καὶ τῶν λοιπῶν, τὴν δ᾽ ἐν αὐτοῖς € μοναρχίαν» νόσου πονητικήν᾽ φθοροποιὸν “γὰρ ἑκατέρου μοναρχίαν. καὶ νόσον συμπίπτειν ὡς μὲν ὑφ᾽ οὗ ὑπερβολῇ θερμότητος ἣ ψυχρό- τητος, ὡς δὲ ἐξ οὗ διὰ πλῆθος σίτων ἣ ἔνδειαν, ὡς δ᾽ ἐν οἷς 7 «ipa ἢ μυελὸν ἣ ἐγκέφαλον. ἐγγίνεσθαι δὲ τούτοις ποτὲ χὰκ τῶν ἔξωθεν αἰτιῶν, ὑδάτων ποιῶν 7 χώρας ἣ κόπων ἢ ἀνάγκης ἢ τῶν τοῦτοις παραπλησίων. τὴν δὲ ὑγείαν τὴν σύμμετρον τῶν ποιῶν χρᾶσιν. I. - $1t. Teorie varie di Alkmaion 335 mento che formava il principio del libro scritto da ALKMAION (12): « Sulle cose invisibili e sulle cose mortali gli dei hanno una chiara visione; agli uomini non resta invece se non ‘ da fare delle supposizioni basandosi su determinati indizî ». Questa asserzione si deve ritenere che fosse comune allora nella scuola pythagorica. Ora mentre ciò ci prova che anche in questo punto PARMENIDES, come vedremo, si riannoda alla scuola pythagorica, ci mostra anche come fino dai primordi di essa, si fos- sero bene distinte le verità assolutamente vere, quelle cioè suscettibili di dimostrazione, e quelle solamente con- getturali. Lo spirito eminentemente matematico che οἱ è in questa distinzione, può farci anche credere che un tale indirizzo possa provenire direttamente da PYTHAGORAS. Il secondo fatto, rapportatoci da ARISTOTELES, ci mostra come fino dai primi tempi della scuola si stabi- lisse quel dualismo, che si schematizzò più tardi nella tabella dei contrarî che abbiamo riportato nel $ 4. ARISTOTELES, dopo avere riportato la tabella ora rammentata, prosegue (13): « Questa [l'opinione dei dieci contrarî riportata] sembra essere stata all’ incirca l’ opi- nione di ALKMAION di Krotone, sia che egli l' ab- bia presa da essi [da alcuni pythagorici] sia che essi 1᾿ ab- biano presa da lui. Ed invero ALKMAION era uomo fatto quando PyTHAGORAS era vecchio, e sembra che seguisse (12) (Diels., fr. 1): ’AXxpuatoyv Κροτωννήτης τὔἄδε ἔλεξε Πειρίθου υἱὸς Bporivo καὶ Λέοντι καὶ Βαθύλλῳ᾽ περὶ τῶν ἀφανέων, περὶ τῶν θνητῶν σαφήνειαν μὲν θεοὶ ἔχοντι, ὡς δὲ ἀνθρώποις τεχμαίρεσθαι. (13) Arist., metaph., I, 5: ἕτεροι δὲ τῶν αὐτῶν τούτων τὰς ἀρχὰς δέκα λέγουσιν εἶναι τὰς κατὰ συστοιχίαν λεγομένας, πέρας xai ἄπειρον, πέριττον καὶ ἄρτιον, ἕν xal πλῆθος, δεξιὸν καὶ ἄριστερόν, ἄρρεν καὶ θῆλυ, ἠρεμοῦν καὶ κινούμενον, εὐθὺ xai καμπύλον, φῶς χαὶ σκότος, ἀγαθὸν χαὶ χακὸν, τετράγωνον χαὶ ἑτερόμηχες. ὅνπερ τρόπον ἔοιχε καὶ ᾿Αλκμαίων ὁ Κροτωνιάτης ὑπολαβεῖν: καὶ ἤτοι οὗτος a 9 map ἐχείνων 7) ἐκείνοι παρὰ τούτου παρέλαβον τὸν λόγον 336 Le opposizioni pythagoriche IH. = ear: l'opinione di quelli; comunque sia, egli si esprime in maniera analoga, quando dice che la maggior parte delle cose umane sono due; egli non le sceglie però come opposizioni determinate, ma le prende a caso, come bianco e nero, dolce e amaro, buono e cattivo, grande e piccolo. Le altre egli le lascia indefinite, mentre i pythagorici hanno precisato quante siano le op- posizioni e quali esse siano. Da entrambi però si deve dedurre soltanto che i principî delle cose sono contrap- posti gli uni agli altri ». Questo passo di ARISTOTELES ci conduce ad attri- buire ai primi tempi del pythagorismo, a PYTHAGORAS stesso forse, il criterio ordinativo fatto per opposizioni. Queste opposizioni erano qualsiasi ; solamente si erano cominciati a distinguere due gruppi, l'uno formato da tutti i primi termini, che dovevano in certo modo presentare qualcosa di analogo, l’ altro dei loro contrari. Ammesso questo è da notare che fra le opposizioni più antiche riconosciute, pare, anche da PyYTHAGORAS stesso, vi era quella fra il limitato e l’illimitato (πέρας xa ἄπειρον), ed al primo era attribuito il posto di onore, il posto più perfetto ; il secondo era riputato come imperfetto. Ma, e quì seguo una supposizione del TANNERY (14), fra le altre opposi- zioni vi poteva essere quella fra l’ elemento fluido e sot- tile, indefinito e mobile, e Τ᾽ elemento solido, oscuro e di forma bene definita. Nella classificazione questo si raggruppava necessariamente sotto la rubrica del πέρας, τοῦτον. καὶ γὰρ ἐγένετο τὴν ἡλικίαν ᾿Αλκμαίων «νέος» ἐπὶ γέροντι Πυθαγόρᾳ, ἀπεφήνατο δὲ παραπλησίως τοῦ- τοις φησὶ γὰρ εἶναι δύο τὰ πολλὰ τῶν ἀνθρωπίνων, λέγων τὰς ἐναντιότητας οὐχ ὥσπερ οὗτοι διωρισμένας ἀλλὰ τὰς τυχούσας, οἷον λευκὸν μέλαν, γλυχὺ πικρόν, ἀγαθὸν κα- κόν, μέγα μικρόν. οὗτος μὲν οὖν ἀδιορίστως ἀπέρριψε περὶ τῶν λοιπῶν, οἱ δὲ Πυθαγόρειοι καὶ πόσαι καὶ τίνες αἱ ἐναντιώσεις ἀπεφήναντο. παρὰ μὲν οὖν τούτων ἀμφοῖν τοσοῦτον ἔστι λαβεῖν, ὅτι τἀναντία ἀρχαὶ τῶν ὄντων. (14) Pour la science helléne. II - $ Ir. Le opposizioni pythagoriche 337 quello sotto quella dell’ ἄπειρον ; all’ elemento solido spettava quindi il posto di onore e quello più perfetto, rispetto a quello fluido e sottile. Ma appartenendo certa- mente il fuoco a quest’ultimo, non esisteva una forte contradizione interna in coloro che dovevano ammettere ciò, e nello stesso tempo stimavano che il fuoco doveva nel mondo occupare il posto di onore, e, magari essere il generatore di tutto ? Il TANNERY suppone che Hip- PASOS fosse costretto da questo suo sentimento a fare setta nella scuola, e figurare così come un pythagorico rinnegato ed espulso dalla congrega. Col tempo però il vincolo delle autorità si allentò, e mentre PHILOLAOS entro la scuola stessa, PARMENIDES fuori, potevano as- segnare senza opposizioni al fuoco un posto di onore, si sviluppò, io credo, in seno alla scuola stessa una forte tendenza a ridurre il metodo indefinito di ordinamento per contrarî, ad una serie fissa, ordinata e dogmatica di opposizioni che, in seguito alla speciale venerazione del numero dieci, doveva formare una tabella deca- dica. In questa tabella furono così cercati di raggrup- pare i contrasti il valore dei quali più era riconosciuto nella scuola; la maggioranza di essi assunse quindi quel carattere matematico che si può rilevare a prima vista esaminando la tabella che già abbiamo riportata. (15). (15) Vedi pag. 237. MIELI 22 δ. 12. ALCUNE TEORIE SECONDARIE DI PHILOLAOS E DI ARCHYTAS. In questo paragrafo, per completare l’ esame delle teorie scientifiche dei pythagorici, esamineremo alcune delle teorie di PHILOLAOS e di ARCHYTAS, alle quali prima non ho avuto occasione di accennare. Di PHitoLAos abbiamo alcune opinioni riportate da MENON (I), e che si riferiscono alla natura del nostro corpo, agli elementi dei quali è composto; ed alle cause delle malattie. Siccome parleremo delle teorie generali intorno alle suddette questioni nel capitolo dei medici, mi limito quì a riportare in nota il passo di ΜΈΝΟΝ, rimandando per le opportune osser- (1) Menon., Anonymi Londin. 18,8, p.31 (Diels. 32 A 27): Φιλόλ αος δὲ Κροτωνιάτης συνεστάναι φησὶν τὰ ἡμέτερα σώματα ἐχκ θερμοῦ. ἀμέτοχα γὰρ αὐτὰ εἶναι ψυχροῦ, ὑπο- μιμνήσκων ἀπό τινων τοιούτων τὸ σπέρμα. εἶναι θερμόν, χκατασχευαστικὸν δὲ τοῦτο τοῦ ζῷου" xat ὁ τόπος δέ, εἰς ὃν ἣ καταβολῇῆ (μήτρα δὲ αὕτη), ἐστὶν θερμοτέρα χαὶ ἐοικυῖα ἐκείνῳ: τὸ δὲ ἐοικός τινι τἀτὸ δύναται ᾧ ἔοικεν" ἐπεὶ δὲ τὸ χατασχευάζον ἀμέτοχόν ἐστιν ψυχροῦ χαὶ ὁ τό- πος δέ, ἐν © ἣ καταβολή, ἀμέτοχός ἐστιν ψυχροῦ δῆλον ὅτι καὶ τὸ χατασχευαζόμενον ζῷον τοιοῦτον γίνεται. εἰς δὲ τούτου τὴν κατασκευὴν ὑπομνήσει προσχρῆται τοιαύτῃ" μετὰ γὰρ τὴν ἔκτεξιν εὐθέως τὸ ζῷον ἐπισπᾶται τὸ ἐχτὸς πνεῦμα Ψυχρὸν ὄν: εἶτα πάλιν καθαπερεὶ χρέος ἐχπέμπει αὐτό. διὰ τοῦτο δὴ καὶ ὄρεξις τοῦ ἐχτὸς πνεύματος, ἵνα τὴ ἐπει- σάχτῳ τοῦ πνεύματος ὁλκὴ θερμότερα ὑπάρχοντα τὰ ἡμέτερα σώματα πρὸς αὐτοῦ χαταψύχηται. χαὶ τὴν μὲν σύστασιν τῶν ἡμετέρων σωμάτων ἐν τούτοις φησίν. λέγει : ἱ ᾿ II. - $ 12. Dottrine biologiche di Philolaos . 339 vazioni al luogo indicato. Rammentiamo però come un frammento originale che ci è rimasto, ci mostra PHILO- LAOS occupato anche in altri problemi biologici. Abbiamo già accennato, e meglio vedremo in seguito, come i diversi elementi primordiali degli ionici si trasfor- massero nei quattro elementi fondamentali fuo- co, aria, acqua e terra. Questa dottrina, che forse ebbe la sua oscura origine fra i pythagorici che cerca- rono di identificare i quattro corpi geometrici con i quat- tro elementi, era anche accettata da PHILOLAOS, che immaginò anche un quinto elemento ultraterreno, per trovare l’ elemento corrispondente al quinto corpo rego- lare da poco scoperto. Comunque sia relativamente al quinto elemento, la dottrina dei quattro elementi, re- centemente affermatasi, influì potentemente sui pytha- gorici e sui pythagorizzanti, per il numero loro, e così vediamo EMPEDOKLES ed i medici affannarsi per trovare altri quattro elementi primitivi che potessero entrare nella composizione del corpo umano, sia che lo si considerasse come formato di umori, sia come di membra, etc. Nel frammento che abbiamo rammentato, vediamo appunto PHILOLAOS seguire questo indirizzo, ed affermare che quattro sono i principî (ἀρχαί) degli δὲ γίνεσθαι τὰς νόσους διά τε χολὴν καὶ αἷμα καὶ φλέγμα, ἀρχὴν δὲ γίνεσθαι τῶν νόσων ταῦτα. ἀποτελεῖσθαι δέ φησιν τὸ μὲν αἷμα παχὺ μὲν ἔσω παραθλιβομένης τῆς σαρχός, λεπτὸν δὲ γίνεσθαι διαιρουμένων τῶν ἐν τῇ σαρχὶ ἀγγείων᾽ τὸ δὲ φλέγμα συνίστασθαι ἀπὸ τῶν ὄμβρων φησίν. λέγει δὲ τὴν χολὴν ἰχῶρα εἶναι τῆς σαρκός. παράδοξόν τε αὑτὸς ἀνὴρ ἐπὶ τούτου χεινεῖ᾽ λέγει γὰρ μηδὲ τετάχθαι ἐπὶ τῷ ἥπατι χολήν, ἰχῶρα μέντοι τῆς σαρκὸς εἶναι τὴν χολήν. τό τ᾽ αὖ φλέγμα τῶν πλείστων ψυχρὸν εἶναι “λεγόντων αὐτὸς θερμὸν τῇ φύσει ὑποτίθεται. ἀπὸ γὰρ τοῦ φλέγειν φλέγμα εἰρῆσθαι" ταύτῃ δὲ xa τὰ φλεγμαίνοντα μετοχῇ τοῦ φλέγματος φλεγμαίνει: καὶ ταῦτα μὲν δὴ ἀρχὰς τῶν νόσων ὑποτίθεται, συνεργὰ δὲ ὑπερβολάς τε θερμασίας, τροφῆς, καταψύξεως χαὶ ἐνδείας «τούτων ἢ > τῶν τούτοις παραπλησίων. 340 Dottrine biologiche di Philolaos 11. τῷ Ὁ ὋΣ; organismi: il cervello, il cuore, ll ombellico ed i genitali (2). «Il cervello è il principio del pensiero, il cuore quello dell'anima e della sensazione, l’ombellico quello dove prende radice e cresce l'embrione, i genitali quello dello sperma e dove si origina il principio e viene determinata la fecon- dazione. Il cervello però [designa in particolar modo] il principio dell’uomo, il cuore quello degli animali, l'ombiell'ico quello delle@phriataee genitali infine quello di tutti quanti; tutti infatti fioriscono e si sviluppano ». Ma su problemi di questo genere, dovendoci intrat- tenere più tardi, rimandiamo il lettore al seguito del- l’ opera. * * ἧς Di ARCHYTAS (3), oltre quello che abbiamo già detto, abbiamo numerosi accenni a lavori matematici, ed ab- biamo, in particolare, una delle risoluzioni per il così- detto problema di Delos. Riguardo a que- st’ ultimo rimandiamo il lettore al capitolo dove, trat- tando'‘..dello sviluppo della’ imate magica (2) Diels, fr. 13: ἐγκέφαλος μὲν véov, x ap- δία δὲ ; ψυχῆς καὶ αἰσθήσιος, ò μφαλ ός δὲ oo σιος καὶ ἀναφύσιος τοῦ πρώτου, αἰ dotoy δὲ σπέρματος [καὶ] καταβολᾶς τε καὶ γεννήσιος. ἐγκέφαλος δὲ τὰν ἀνθρώπω ἀρχάν, καρδία δὲ τὰν ζῴου, ὀμφαλὸς δὲ τὰν φυτοῦ, at δ οῖον δὲ τὰν ξυναπάντων᾽ πάντα γὰρ καὶ θάλλουσι καὶ βλαστάνουσιν. (3) Ad ArcHvyTAs sono stati attribuiti nell’ antichità molti scritti specialmente di carattere morale, che proba- bilmente mai ha composto, e sono stati regalati molti fram- menti evidentemente spurî. Non potendo qui discutere su questo soggetto, io mi rimetto, relativamente ai frammenti, ed anche alla doxografia, a quello che il DreLs ha ammesso come originale o degno di fede nei suoi Vorsokratiker. [N. 2]. II. - $ 12. Costruzioni meccaniche di Archytas 341 greca fino ai tempi di PLATON, astrazione fatta di quello che abbiamo già quì accennato per la scuola pythagorica in generale, sarà esaminata la solu- zione di ARCHYTAS in rapporto alle altre soluzioni pro- poste, ed agli altri due problemi fondamentali che lun- gamente affaticarono i greci, gli arabi e gli uomini del Rina- scimento (quadratura del cerchio e trisezione degli angoli). Appartengono poi certamente ad ARCHYTAS alcune riflessioni sulla infinità o non infinità del mondo. Limi- tandomi qui a citare in nota la sua domanda (4), che riguarda un problema ancora di carattere oscuro ed in- deciso nei primi tempi del pythagorismo, e che poi a mano a mano è andato delineandosi in modo più chiaro, e per opera di altri filosofi anteriori ad ARCHYTAS e dei quali dobbiamo ancora trattare, rimando anche qui il lettore al luogo ove potremo trattare la questione in tutta la sua ampiezza. Infine dobbiamo ancora rammentare come ARCHY- TAS si occupasse attivamente e con fortuna di me c- canica pratica. AULUS GELLIUS ci racconta (5) infatti che lo scienziato tarantino aveva costruito una colomba che volava. Molti vogliono identificare la fab- (@esEBud'emos, fr. 30 (Diels, 35 A, 24): ἐν τῷ ἐσχάτῳ οἷον τῷ ἀπλανεῖ οὐρανῷ γενόμενος πότερον ἐκχτεί- ναιμι ἂν τὴν χεῖρα ἣ τὴν ῥάβδον εἰς τὸ ἔξω ἣ οὔ ; (5) Gell. X, 12, 8: «sed id, quod Archytam Py- thagoricum commentum esse atque fecisse traditur, neque minus admirabile neque tamen vanum aeque videri debet. nam et plerique nobilium Graecorum et Favorinus phi- losophus, memoriarum antiquarum exsequentissimus, affir- matissime scripserunt simulacrum columbae e ligno ab Ar- chyta ratione quadam disciplinaque mechanica factum vo- lasse; ita erat scilicet libramentis suspensum et aura spi- ritus inclusa atque occulta concitum. libet hercle super re tam abhorrenti a fide ipsius Favorini verba ponere : ᾿Αρχύτας Ταραντῖνος τὰ ἄλλα καὶ μηχανικὸς ὧν ἐποίη- σεν περιστερὰν ξυλίνην πετομένην, «ἣν» ὀπότε καθίσειεν, οὐχέτι ἀνίστατο μέχρι γὰρ τούτου * * *» Il TannERY vuole attribuire questa costruzione ad un 342 La colomba volante di Archytas II. - $ 12 bricazione di questa con la scoperta del cervo vo- lante. altro ARCHYTAs, visto che dovevano esserci stati parecchi uomini eminenti che avevano portato questo nome, [Dio g., L., VIII : γεγόνασι dì ᾿Αρχῦται τέτταρες" πρῶτος αὐτὸς οὗτος, δεύτε- ρος Μιτυληναῖος μουσικός, τρίτος [Περὶ γεωργίας συγ- γεγραφώς, τέταρτος ἐπιγραμματοποίος. ἔνιοι καὶ πέμππον ἀρχιτέκτονά φασιν, οὗ φέρεται βιβλίον περὶ μηχανῆς ἀρχὴν ἔχον ταύτην’ τάδε περὶ Τεύκρου Καρχηδονίον διήκουσα ᾽.] Però allo stato delle conoscenze attuali non vi è alcuna ra- gione seria per attenersi a questa opinione; tutto anzi porta a credere che l’ invenzione, o la favola dell’ invenzione, sia stata attribuita al vero e grande ArcHyTAS, che con la sua soluzione del problema di Delos (duplicazione del cubo) ha mostrato bene di essere un gran meccanico. DARMSTAEDTER (N. III) pone alla data approssimativa 390 l’ invenzione di ArcHyTas, consi- derata come cervo volante. Secondo FELDHAUS (N. 112; col. 650) l'invenzione del cervo volante è di origine cinese e dovuta ad un generale Hau-s1 (260 av. Chr.); riguardo all’ inven- zione di ArcHvyTAs il fatto di una tale ammissione sarebbe «eine weitverbreitete irrige Meinung (col. 46) .... Man kann nur an einen primitiven Automaten denken, der die Bewe- gungen einer Taube nachahmte ». DieLs poi accenna in nota (35 A 10a): « Ueber die Konstruktion der Taube schrieb der verstorbene Wilh. Schmidt aus Helmstedt 22. 1. 1903 an- deutend, er denke sich die Taube von Ast zu Ast eines Baumes emporfliegend, dessen Stamm das libramentum (Ge- gengewicht) verdecke. Zur Aufwartsbewegung sei die Druck- luft (aura spiritus inclusa) in dem hohlen Kérper der Taube benutzt worden, die er sich durch einen verborgenen Schlauch zugefihrt und verdichtet denkt. Sobald nun ein Ventil der Taube geòffnet wurde, habe die ausstròmende Druckluft die Fligel in Bewegung gesetzt und durch Verminderung des Ge- wichtes die Taube etwas leichter gemacht als das durch Rollen und Schniren mit der Taube in Verbindung stehende Gegengewicht. Dadurch sei die Taube in die Hohe geflogen une dort sitzen geblieben. Er vergleicht den olympischen Adler, Paus. VI 207, und den Hirsch des Kanachos, Plin. XXXV, 75. APPENDICI AL CAPITOLO II APPENDICE I. — IL PRINCIPIO DELLA TEORIA MUSICALE SCIEN- TIFICA PRESSO I GRECI ED I FRAMMENTI RELATIVI DI PHILOLAOS E DI ARCHYTAS. Abbiamo già accennato come con PyTHAGORAS si co- minciassero a stabilire le prime leggi dell’acustica. Con lo sviluppo della scuola pythagorica la parte teorica della musica andò acquistando un’ importanza sempre mag- giore. Questa parola però non si limitava, come oggigiorno, a significare un campo dell’ arte, ma comprendeva in sè la teoria scientifica dell’ acustica e della musica, numerose ap- plicazioni matematiche e fisiche, ed infine anche la pratica dell’ arte. Un’ idea di questo esteso significato della parola si può ricavare da una tabella che il GEvARERT (1) ha costruito basandosi su un passo di ARrIsTIDES QUINTILIANUS (2): (1) Auc. Fr. GEVAERT: Histoire et théorie de la musique de l’antiquité. I. Gand, 1875, P. 73. (2) Arist. Quint. I, 5 (Edizione Jahnius, Berolini, 1882): τῆς δὲ πάτης μουσικῆς τὸ μέν τι θεωρητικὸν καλεῖται͵ τὸ δὲ πραχτιχόν' χαὶ θεω- Ρρητιχὸν μέν ἐστι τό τε τοὺς τεχνιχοὺς λόγους αὐτῆς καὶ τὰ κεφάλαια καὶ τὰ τούτων μέρη διαγιγνῶσχον, χαὶ ἔτι τὰς ἄνωθεν ἀρχὰς χαὶ φυσιχὰς αἰτίας χαὶ πρὸς τὰ ὄντα συμφωνίας ἐπισχεπτόμενον, πραχτιχὸν δὲ τὸ χατὰ τοὺς τεχνιχοὺς ἐνεργοῦν λόγους χαὶ τὸν σχοπὸν μεταδιῶχον, ὃ δὴ χαὶ παιδευτιχὸν καλεῖται. τὸ μὲν οὖν θεωρητικὸν εἴς te τὸ φυσιχὸν χαὶ τεχνιχὸν διαιρεῖται " ὧν τοῦ μὲν φυτιχοῦ τὸ μέν ἔστιν ἀριθμητικόν, τὸ δὲ ὁμώνυμον τῷ γένει, ὃ χαὶ περὶ τῶν ὄντων διαλέγεται" τοῦ δὲ τεχνιχοῦ μέρη τρία, ἁρμονικόν, ῥυθμικόν, μετριχόν. τὸ δὲ πραχτιχὸν εἷς τε τὸ χρηστιχὸν τῶν προειρημένων τέμνεται χαὶ τὸ τούτων ἐξαγγελτιχόν " χαὶ τοῦ μὲν χρηστιχοῦ μέρη μελοποιία, ῥυθμοποιία͵ ποίησις, τοῦ δὲ ἐξαγγελτιχοῦ ὀργανιχόν, ὠδιχόν, ὑποχριτιχόν, ἐν ᾧ λοιπὸν καὶ σωματιχαὶ χινήσεις ὁμόλογοι τοῖς ὑποχειμένοις μέλεσι πειραλαμβάνονται, 344 La musica greca II. = App. A) Sezione doi a) Aritmetica (ἀριθμητική) I: (o scientifica) Parte specu- (φυσικόν) [ 8) Fisica (φυσική) lativa : : : ; o teorica 8) ϑεοζίομε ἐβοπίοαί 0) Armonica (ἁρμονιχή) (θεωρητικόν) (o speciale) d) Ritmica (ῥυθμική) (τεχνικόν) e) Metrica (μετριχή) C) Sezione della\f) Composizione melodica (μελοποιίο) IH. composizione ς g) » ritmica (ῥυθμοποιία) PROD (χρηστιχόν) ἢ 1) Poesia (ποίησις) educativa (πραχτικόν D) Sezione della) î) Suono degli strumenti (ὀργανιχή) = παιδευτιχόν) esecuzione (9) Canto (φδιχή) Lia) Δ) Azione drammatica (ὑποχριτική) Non è nostro compito entrare nei dettagli della musica come arte. Però quella parte che riguarda il φυσικόν ci interessa da vicino anche in questo capitolo, non solo per- chè con i pythagorici prese piede la teoria scien- tifica della musica, ma anche perchè possediamo alcuni frammenti di tal genere attribuiti a PuHiLoLaos ed ArcHvyTAs. Però se è indubbio il fatto di questo antichissimo sviluppo della teoria musicale, assai incerte e mal sicure sono le notizie in proposito. In questa appendice, rimettendo ad altra volta un esame compiuto dello sviluppo delle idee mu- sicali, in quanto hanno rapporto con la teoria fisica, mi limito a riportare due frammenti di pythagorici ed a fare poche, brevissime osservazioni in proposito. * * * Un importante frammento di indole musicale ci è conservato da SroBaros e da NrkomacHos (harm., 9, 252) che si completano a vicenda (3). Esso è attribuito a PHILoLA0os e, come tale, viene riportato dal Diets: περὶ δὲ φύσιος καὶ ἁρμονίας ὧδε Eye ἁ μὲν ἐστὼ τῶν πραγμάτων ἀίδιος ἔσσα καὶ αὐτὰ μὲν ἁ φύσις θείαν γα (3) Diels, Philolaos, Fr. 6: « Così stanno le cose per quello che riguarda la natura e l’armonia : Per avere una conoscenza Il. - App. I. Frammento musicale di Philolaos 345 καὶ οὐκ ἀνθρωπίνην ἐνδέχεται γνῶσιν πλέον Ya ἢ ὅτι οὐχ οἷόν τ᾽ ἦν οὐθὲν τῶν ἐόντων χαὶ γιγνωσχόμενον ὑφ᾽ ἁμῶν ya γενέσθαι μὴ ὑπαρχούσας τᾶς ἐστοὺς τῶν πραγμάτων, ἐξ ὧν συνέστα ὁ κόσμος, καὶ τῶν περαινόντων χαὶ τῶν ἀπείρων. ἐπεὶ δὲ ταὶ ἀρχαὶ ὑπᾶρχον οὐχ ὁμοῖαι οὐδ᾽ ὁμόφυλοι ἔσσαι, ἤδη ἀδύνατον ἧς κα αὐταῖς “χοσμηθῆναι, εἰ μὴ ἅρμο- νία ἐπεγένετο ᾧτινιῶν ἅδε τρόπῳ ἐγένετο. τὰ μὲν ὧν ὁμοῖα καὶ ὁμόφυλα ἁρμονίας οὐδὲν ἐπεδέοντο, τὰ δὲ ἀνόμοια μηδὲ ὁμόφυλα μηδὲ ἰσοταγὴ ἀνάγκα τᾷ τοιαύταᾳ ἀρμονίᾳ συγχεκχλεῖσθαι, οἵαι μέλλοντι ἐν κόσμῳ κχατέχεσθαι. ἁρμονίας (7) δὲ μέγεθός ἐστι συλλαβὰ καὶ δι᾽ ὀξειᾶν᾽ τὸ δὲ dr ὀξειᾶν μεῖζον τὰς συλλαβᾶς ἐπογδόῳ. ἔστι γὰρ ἀπὸ ὑπάτας ἐπὶ μέσσαν συλλαβά, ἀπὸ δὲ μέσσας ἐπὶ νεά- ταν δι᾽ ὀξειᾶν, ἀπὸ δὲ νέατας ἐς τρίταν συλλαβά, ἀπὸ δὲ τρίτας ἐς ὑπάταν δι᾽ ὀξειᾶν: τό δ᾽ ἐν μέσῳ μέσσας καὶ τρίτας ἐπόγδοον᾽ ἁ δὲ συλλαβὰ ἐπίτριτον, τὸ δὲ δι᾽ ὀξειᾶν ἡμιόλιον, τὸ διὰ πασᾶν δὲ διπλόον. οὕτως ἁρμονία πέντε x dell’essenza delle cose, che è eterna, e della loro natura, è ne- cessaria una comprensione divina e non umana ; inoltre nessuna delle cose che esistono potrebbe essere conosciuta da noi, se non ponessimo come fondamento la natura stessa delle cose, sia limitate che illimitate, delle quali il cosmo è composto. Ma poichè i [due] principî [1 e 2 < Die/s >] che sono posti a fondamento non sono eguali nè della stessa qualità, sarebbe impossibile formare con essi un ordine del cosmo, se non vi si aggiungesse l’ armo- nia, come invero ciò sempre accade. Infatti le cose eguali fra di loro o di egual specie, non hanno necessità di essere riunite fra di loro da una tale armonia ; ne hanno necessità invece le cose che non sono nè di eguale qualità nè di eguale specie, per es- sere riunite nell’ordine del cosmo. L’ estensione (7) dell'ottava comprende una quarta ed una quinta. La quinta supera la quarta di un tono intiero. Dal- l’ hypate [e] alla mese [a] vi è una quarta, dalla mese [a] alla nete [ej] una quinta, dalla nete [e] alla trite [ἡ] una quarta, dalla trite [4] all’hypate [e] una quinta. Fra mese [a]e trite [1] vi è un tono. La quarta ha il rapporto 3 : 4, la quinta 2 : 3, l’ ottava (+) « Dies Fragment scheint mit dem Vorhergehenden nicht zusammenzu- hingen (Diels) 346 Frammento musicale di Archytas Il. - App. I. ἐπόγδοα xal δύο διέσιες, du ὀξειᾶν δὲ τρία ἐπόγδοα καὶ δίεσις, συλλαβὰ δὲ δύ᾽ ἐπόγδοα καὶ δίεσις (4). Se, come è assai probabile, il frammento è di PuÙito- LAOS, esso mostra che al suo tempo le teorie della musica relative alla divisione della scala avevano raggiunto un alto grado di sviluppo. Ma anche importanti speculazioni sulla natura del suono e delle altezze si avrebbero in un frammento che da PorpHy- rIOS (in Ptolem. Harm., p. 236) è attribuita ad ArcHyTAS: (παραχείσθω δὲ καὶ νῦν τὰ ᾿Αρχύτα tod Πυθαγορείου, οὗ μάλιστα καὶ γνήσια λέγεται εἶναι τὰ συγγράμματα: λέγει δὲ ἐν τῷ Περὶ μαθηματικῆς εὐθὺς ἐναρχόμενος τοῦ λόγου τάδε") « Καλῶς (5) μοι δοχοῦντι τοὶ περὶ τὰ μαθήματα διαγνώμεναι, καὶ οὐδὲν ἄτοπον ὀρθῶς αὐτούς, οἷά ἐντι, περὶ ἑκάστων φρονέειν: περὶ γὰρ τᾶς τῶν ὅλων φύσιος καλῶς διαγνόντες ἔμελλον xal περὶ τῶν κατὰ μέρος, 1:2. Così l'ottava comprende cinque toni intieri e due diesis, la quinta tre toni intieri ed un diesis, la quarta due toni intieri ed un diesis ». (4) Confronta anche quanto ci dice BoETHIUS (inst. mus. III, 8): « Philolaus igitur haec atque his minora spatia talibus definitionibus includit : diesis, inquit, est spatium quo maior est sesquitertia proportio duobus tonis. comma vero est spatium quo maior est sesquioctava proportio duabus diesibus. id est duobis semitoniis minoribus. schisma est dimidium commatis, diaschisma vero dimidium dieseos, id est semitonii minoris ». Sulla questione del valore di queste espressioni considerate nella scala naturale, e su alcune questioni relative, già sorte nel- l’ antichità, torneremo più avanti parlando di ARISTOXENOS e di altri musicisti teorici del mondo antico. Ciò valga, in parti- colare, per il significato di diesis e di mezzo tono. Del resto, a suo luogo, molte indicazioni musicali, anche relative ai pytha- gorici, saranno riprese. (5) Diels. Archytas. Fr. 1: «A me sembra che coloro che si occupano di matematica si siano formati delle opinioni in modo assai buono, e che perciò non è strano che essi sappiano giudicare giustamente sulle proprietà delle singole cose. Es- sendosi infatti formate le opinioni in modo assai buono, essi po- Il. - App. I. Frammento musicale di Archytas 347 οἷά ἐντι, καλῶς ὀψεῖσθαι. περὶ τε δὴ τᾶς τῶν ἄστρων ταχυ- τᾶτος καὶ ἐπιτολᾶν χαὶ δυσίων παρέδωκαν ἄμμιν σαφῆ διάγνωσιν καὶ περὶ γαμετρίας καὶ ἀριθμῶν χαὶ σφαιρικᾶς καὶ οὐχ ἥκιστα περὶ μωσικᾶς. ταῦτα γὰρ τὰ μαθήματα δοκοῦντι ἦμεν ἀδελφεά: περὶ γὰρ ἀδελφεὰ τὰ τοῦ ὄντος πρώτιστα δύο εἴδεα τὰν ἀναστροφὸν ἔχει. πρᾶτον μὲν ὧν ἐσχέψαντο, ὅτι οὐ δυνατόν ἐστιν ἦμεν ψόφον μὴ γενη- θείσας πληγᾶς τινων ποτ᾽ ἄλλαλα. πλαγὰν δὲ ἔφαν γίνε- σθαι, ὅχχα τὰ φερόμενα ἀπαντιάξαντα ἀλλάλοις συμπέτῃ" τὰ μὲν οὖν ἀντίαν φορὰν φερόμενα ἀπαντιάζοντα, αὐτὰ αὐτοῖς συγχαλᾶντα, «τὰ» δ᾽ ὁμοίως φερόμενα, μὴ ἴσῳ δὲ τάχει, περικαταλαμβανόμενα παρὰ τῶν ἐπιφερομένων τυπτό- ueva ποιεῖν ψόφον. πολλοὺς μὲν δὴ αὐτῶν οὐχ εἶναι ἁμῶν τὰ φύσει οἵους τε γινώσκεσθαι, τοὺς μὲν διὰ τὰν ἀσθένειαν τᾶς πλαγᾶς, τοὺς δὲ καὶ διὰ τὸ μᾶκος τᾶς ἀφ᾽ ἁμῶν ἀπο- στάσιος, τινὰς δὲ καὶ διὰ τὰν ὑπερβολὰν τοῦ μεγέθεος᾽ οὐ γὰρ παραδύεσθαι ἐς τὰν ἀκοὰν ἁμῖν τὼς μεγάλως τῶν ψόφων, ὥσπερ οὐδ᾽ ἐς τὰ σύστομα τῶν τευχέων, ὅκκα πολύ τις terono anche conseguire delle vedute giuste sulle proprietà delle singole cose. Così essi hanno acquistate conoscenze sulla velo- cità degli astri e sul loro levare e tramontare ; ed inoltre sulla geometria, sull’ aritmetica e sulla musica. Queste scienze in- fatti sembrano sorelle ; perchè esse si occupano dei due prin- cipî delle cose [cioè numero e grandezza]. « Essi dapprima osservarono che non è possibile avere un suono senza un urto scambievole. Ma un urto, essi dissero, si ottiene solamente quando dei corpi in movimento incontrandosi vengono a cozzare. Quei corpi pertanto che muovendosi in di- rezione contraria vengono ad incontrarsi [originano suono] ca- gionando impedimento 1᾿ un l’altro; quelli invece che si muo- vono nella stessa direzione, ma con diversa velocità, originano suono in quanto che [quello antecedente] è raggiunto ed urtato dal susseguente. Molti di questi suoni, data la nostra natura, non possono venire uditi da noi, essendo per alcuni troppo de- bole l’urto, essendo altri troppo distanti da noi, altri infine es- sendo di una forza straordinaria. I suoni troppo grandi infatti non possono entrare nel nostro orecchio, così come nei vasi che hanno la bocca troppo stretta non entra niente se vi si vuole 348 Frammento musicale di Archytas 11. - App. I. ἐγχέῃ, οὐδὲν ἐγχεῖται. τὰ μὲν οὖν TOTLTITTOVTA ποτὶ τὰν αἴσθησιν ἃ μὲν ἀπὸ τᾶν πλαγᾶν ταχὺ παραγίνεται xal «ἰσχυρῶς», ὀξέα φαίνεται, τὰ δὲ βραδέως καὶ ἀσθενῶς, βαρέα, δοκοῦντι ἦμεν. αἱ γάρ τις ῥάβδον λαβὼν κινοῖ νωθρῶς τε χαὶ ἀσθενέως, τὰ πλαγὰ βαρὺν ποιήσει τὸν ψόφον’ αἱ δέ κα ταχύ τε χαὶ ἰσχυρῶς, ὀξύν. οὐ μόνον δέ κα τούτῳ γνοίημεν, ἀλλὰ καὶ ὅχκκα ἄμμες ἣ λέγοντες ἣ ἀείδοντες χρήζομές τι μέγα φθέγξασθαι καὶ ὀξύ, σφοδρῷ τῷ πνεύ- ματι φθεγγόμενοι *x%* ἔτι δὲ χαὶ τοῦτο συμβαίνει ὥσπερ ἐπὶ βελῶν" τὰ μὲν ἰσχυρῶς ἀφιέμενα. πρόσω φέρεται, τὰ δὲ ἀσθενέως, ἐγγύς. τοῖς γὰρ ἰσχυρῶς φερομένοις μᾶλλον ὑπακούει ὁ ἀήρ᾽ τοῖς δὲ ἀσθενέως, ἧσσον. τωὐτὸ δὴ καὶ ταῖς φωναῖς συμβήσεται. τὰ μὲν ὑπὸ [τῶ] ἰσχυρῶ τῶ πνεύματος φερομέναι μεγάλαι τε ἦμεν καὶ ὀξέαι, τὰ δέ ὑπὸ ἀσθενέος urxxd τε καὶ βαρέαι. ἀλλὰ μὰν χαὶ τούτῳ γά xa ἴδοιμες ἰσχυροτάτῳ σαμείῳ, ὅτι τῶ αὐτῶ φθεγξα- μένω μέγα μὲν πόρσωθέν χ᾽ ἀχούσαιμες" μικκὸν δέ, οὐδὲ ἐγγύθεν. ἀλλὰ μὰν καὶ ἔν γα τοῖς αὐλοῖς τὸ ἐκ TO στόματος versare [tutta insieme] troppa roba. Dei suoni che possiamo udire, quelli che dall’ urto vengono a noi veloci e forti, sembrano acuti, invece sembrano profondi quelli lenti e deboli. Infatti se uno prende una verga e la muove lentamente e debolmente, essa con l’urto produce un suono profondo ; se la muove con velocità e forza, ne produce uno acuto. Ma non solamente così possiamo riconoscere una tal cosa, ma anche {nel modo seguente]: Se par- lando o cantando vogliamo fare risuonare forte ed alto, allora adoperando un fiato forte [arriviamo al nostro scopo; se in- vece vogliamo parlare piano e basso, allora adoperiamo poco fiato (Diels).] Una cosa dello stesso genere si osserva nel lancio dei proiettili. Quelli lanciati con forza volano lontani, quelli debolmente vicini. E ciò perchè l’aria cede più facilmente a quelli fortemente lanciati che a quelli lanciati debolmente. La stessa cosa avviene anche nei suoni (musicali). Un suono prodotto con molto fiato è forte ed acuto ; con un fiato debole invece, debole e basso. La cosa può vedersi anche a questo ottimo esempio : lo stesso oratore viene Ceo da noi in lontananza se parla forte, mentre se parla piano non è udito nemmeno da vicino. La stessa cosa [avviene] nei flauti: se l’aria soffiata dalla bocca passa II. - App. I. Frammento musicale di Archytas 349 φερόμενον πνεῦμα ἐς μεν τὰ ἐγγὺς τῶ στόματος τρυπήματα ἐμπῖπτον διὰ τὰν ἰσχὺν τὰν σφοδρὸν ὀξύτερον ἄχον ἀφίησιν, ἐς δὲ τὰ πόρσω, βαρύτερον᾽ ὥστε δῆλον ὅτι ἁ ταχέα χίνησις ὀξὺν ποιεῖ, ἁ δὲ βραδέα: βαρὺν τὸν ἄχον. ἀλλὰ μὰν καὶ τοῖς ῥόμβοις τοῖς ἐν ταῖς τελεταῖς κινουμένοις τὸ αὐτὸ συμβαίνει: dovya μὲν χινούμενοι βαρὺν ἀφιέντι ἄχον, ἰσχυ- ρῶς δέ, ὀξύν. ἀλλὰ μὰν καὶ ὅ γα χάλαμος, αἴ χά τις αὐτῶ τὸ χάτω μέρος ἀποφράξας ἐμφυσῇ, ἀφήσει «βαρέαν» τινὰ ἁμὶν φωνάν᾽ αἱ δέ xa ἐς τὸ ἥμισυ ἣ ὁπόστον «ὧν» “μέρος αὐτῶ, ὀξὺ φθεγξεῖται. τὸ γὰρ αὐτὸ πνεῦμα διὰ μὲν τῷ μακρῷῶ τόπω ἀσθενὲς ἐκφέρεται, διὰ δὲ τῷ μείονος σφο- δρόν. » (εἰπὼν δὲ καὶ ἄλλα περὶ τοῦ διαστηματικὴν εἶναι τὴν τῆς uve χίνησιν συγχεφαλαιοῦται τὸν λόγον ὡς") « ὅτι μὲν δὴ τοὶ ὀξεῖς φθόγγοι τάχινο χινέονται, οἱ δὲ βαρεῖς βράδιον, φανερὸν ἁμὶν ἐκ πολλῶν γέγονεν. » Questi frammenti, come è facile vedere, ci mostrano chiaramente due cose. Primo, che ai tempi di PuHiLoLaos erano state già conosciute e denominate le diverse note mu- sicali (6) e si erano perfettamente determinati i rapporti numerici (di lunghezza di corde o di canna sonora, o, diremmo oggi, di frequenza di vibrazioni) che ad esse corrispondono. per i buchi a questa più vicini, allora per la maggior violenza il suono è più acuto ; se [l' aria invece passa] per i buchi situati più lontani, allora il suono è più basso. Si vede di qui chiara- mente che un movimento celere produce un suono acuto, uno lento, invece, un suono profondo. Ed anche una stessa cosa si verifica nei rhombi [sorta di tamburi] agitati nelle cerimonie d’ iniziazione ai misteri. Mossi lentamente essi danno un suono profondo, violentemente invece, uno acuto. Ed anche la canna, se si chiude la sua parte inferiore con un tappo, e si soffia, dà un suono profondo ; mentre se se ne prende la metà od una parte qualsiasi, si ha un suono acuto. E ciò perchè la stessa aria in uno spazio allungato scorre più lentamente, più violentemente invece in uno più corto ». «Da molti esempi abbiamo visto chiaramente come i suoni più acuti si muovano più velocemente, quelli più profondi, in modo più lento ». (6) Nel suo pieno sviluppo la teoria musicale dei greci era 350 La musica greca II. - App. I. Secondo, che ai tempi di ArcHyTAs era stata in certo qual modo stabilita una relazione fra l’ altezza del suono e la fre- quenza delle vibrazioni, per quanto quest’ ultimo concetto non apparisse, naturalmente, nè chiaro, nè sempre rappre- sentato in modo giusto. Questi risultati possono dirsi asso- lutamente sicuri. I tardi scrittori, invece, come PoRPHvy- rios, ῬΤΟΙΈΜΑΙΟΒ, BoetIus, ci narrano molte altre parti- colarità intorno alle teorie musicali dei pythagorici, ed in modo speciale, di quelle appunto di PHILoLAos e di ArcHy- TAS (7). Come ho già però più volte avvertito è d’uopo acco- basata su una scala di quindici note, analoga alla nostra di /a minore e formata da varî tetracordiì : I 2019 PRA OO Θ᾽. ον 12 IS ΤῊ ὙΠ πΞ ἜΝ ἐδ εν RE a di ΜΔ ΟἿΣ E e le diverse note portavano i seguenti nomi: 1. προσλαμβανόμενος' (nota aggiunta più tardi) — 2, ὑπάτη ὑπάτων ---- 3. παρυπάτη ὑπάτων --- 4. λίχανος ὑπάτων ---- 5. ὑπάτη μέσων ---- 6, παρυπάτη μέσων — 7. λίχανος μέσων — 8. μέση — Ο. παραμέση — ΤΟ. τρίτη διεζευγμένων ---- II. παρανήτη διεξευγμένων — 12. νήτη διεξευγμένων ---- 13. τρίτη ὑπερβολέων ---- 14, παρανήτη ὑπερβολέων ---- Τῷ. νήτη ὑπερβολέων, [Confr. 1. ComsariEu,: Histoire de la Musique, vol. I, Pa- ris, 1013; il GEVAERT, già citato; ed, in generale, sulla musica greca : JoH. FRIEDR. BELLERMANN: Die Tonleitern und Musik- noten dev Griechen (1847), gli scritti di RUDOLF WESTPHAL, e l’ Handbuch dev Musikgeschichte di HuGo RIEMANN]. (7) ProLEMAIOS, ad es., (Harmon., I, 13) narra che ARcHy- TAS ricercò accuratamente i rapporti nei tre diversi modi [dei quali parleremo in occasione della teoria generale della musica presso i greci] e che trovò per essi le cifre e F δ a modo enarmonico 28/27 36/35 5/4 » cromatico 28/27 243/242 32/27 » diatonico 28/27 8/7 0/8 Confr. l'articolo Archytas nel Pauly-Wissova (Bibl. N. 113) e l’opera ivi citata del WESTPHAL. N a ἈᾺ rat E Mis ssa restii » + * È I. - App. I. La musica greca. Lasos 351 gliere con grande riserva queste notizie, il più delle volte non corrispondente alla verità storica. Lo stesso deve dirsi per i numerosi frammenti spurî, citati come scritti dei due citati pythagorici (8). (8) A proposito dello sviluppo della musica greca è da no- tare che verso il 500, Lasos di Hermion (Argolis), sottopose ad un’accurata verificazione sperimentale le varie regole sui rapporti numerici fra i varî suoni. THEON Sm. (ed. Hiller, p. 59) : ταύτας δὲ τὰς συμφωνίας oi μὲν ἀπὸ βαρῶν ἠξίουν λαμβάνειν, οἱ di ἀπὸ μεγεθῶν, οἱ ὃὲ ἀπὸ χινήτεων [χαὶ ἀριθμῶν], οἱ di ἀπὸ ἀγγείων [χαὶ μεγεθῶν]. Λᾶσος δὲ 6 “Ἑρμιονεύς, ὥς φασι, χαὶ οἱ περὶ τὸν Μεταποντῖνον “Inmazoy Πυθαγοριχὸν ἄνδρα συνέπεσθαι τῶν χινήσεων τὰ τάχη rad τὰς βραδυτῆτας, δ ὧν αἱ συμφωνίαι.... È da notare la conclusione di Lasos, e cioè che per i suoni musicali vi è (nei rapporti numerici) una certa latitudine. Questo LAsos, secondo Suipas avrebbe scritto il primo libro teorico sulla musica ; esso è ricordato anche come maestro di PinDAROS, e gli è stata attribuita l’ invenzione di alcuni nuovi ritmi, etc. etc. APPENDICE II. — BiBLio ;RAFIA. Io Testi. Per quello che riguarda le raccolte di antichi frammenti vedi la Bibliografia nell’Appendice III al Cap. I (pag. 138) ed in particolare i N. 1 e N. 2. — Varie opere particolari compren- dono i frammenti veri e supposti di PHILOLAOS e di ARCHYTAS; essendo queste però accompagnate da una parte storica e da commenti li cito più innanzi, sotto la rubrica dei Lavori storici, o, se ne è il caso, nella bibliografia relativa agli articoli ed opuscoli. 352 Bibliografia II. - App. IL TI. — Lavori sTORICI. A. STORIE GENERALI E RACCOLTE DI ARTICOLI, Prima di passare ai lavori speciali che riguardano stretta- mente i pythagorici, debbo rammentare ancora alcuni altri la- vori di indole generale, ed alcune raccolte di scritti varî che rac- chiudono articoli che quì ci interessano. 118. Franz StrUNZ: Die Vergangenbeit der Naturforschung. Ein Beitrag zur Geschichte des menschlichen Geistes. Verlegt bei Eugen Diederichs in Jena, 1913. Un vol. di pag. xili-198, con XII tavole. FRANZ STRUNZ è uno scrittore veramente interes- sante, che si è dato con passione e competenza allo studio di numerose questioni che si riferiscono alla storia generale delle scienze, prendendo in esame in particolar modo quello che collega questo studio al- l’ esame cello sviluppo totale del pensiero umano. L’au- tore si di tingue, ed in modo simpatico, dagli altri stu- diosi del xenere, perchè più che l’ erudito, che del re- sto non ἢ anca, si palesa nei suoi scritti l’ uomo che vive e che sente. Per questo le sue opere ci palesano una forte originalità, e le idee espresse, anche se pos- sono qua c là venire contradette, offrono sempre os- servazioni notevoli e ci palesano un pensiero vera- mente vissi to. Anche lo stile è vivo, piacevole e ben diverso da quello degli ordinarî trattati. Nel volume ora citato sono raccolti diversi studî, alcuni dei quali lunghi ed importanti. I primi tre [I. Die Vergangenhett dev. Naturforschung. Eine Einleitung; II. Naturgefùhl und Naturerkenntnis ; III. Die Anfinge der Alchemie] ci interessano qui direttamente, accennando l’autore ne- cessariamente anche ai prearistotelici. Gli altri [IV. Eine Naturforschevin des Mittelalters ; V. Die Chemie der Ava- bey ; VI. Biochemische Theorien bei Comenius ; VII. J. B. van Helmont als Chemiker und Naturphilosoph ; VIII. Die Erfindung des europdischen Porzellans ; IX. Rousseau und die Natur] si riferiscono a tempi più recenti. pu Bir II. - App. II. Bibliografia 353 Lo StRuNnz, oltre quello citato, ha compiuto parec- chi lavori e studî intorno alla storia delle scienze, in modo che bisogna classificarlo fra i più attivi studiosi contemporanei di questa disciplina. Rammenterò più avanti i suoi studî su PARACELSUS, e la ristampa di alcune opere (Paragranum e Paramirum) del bizzarro e profondo chimico e medico del Rinascimento (*); e più oltre sarà anche ricordata la sua traduzione con note (fatte in collaborazione con EMMA KALLIWODA) di un’opera del BeRTHELOT sulla chimica antica e mediovale. Accenno quì anche solo brevemente la collezione che nel 1914 era appena iniziata dei K/ass?- κὸν der Naturwissenschaft und Technik (Jena, Diede- richs) nella quale doveva uscire un suo volume su GOETHE, e mi limito a ricordare le seguenti opere, sulle quali avrò agio in avvenire di intrattenermi più lungamente : 119. — Vorgeschichte und Anfinge der Chemie. Leipzig und Hamburg, Voss, 1906. 120. — Beitràge zur Geschichte der Naturwissenschaften. Leipzig und Hamburg, Voss, 1909. Il volume è formato da una raccolta di articoli, già pubblicati in varie riviste, e che, in questa ristampa hanno subito modificazioni più o meno sentite. Gli argomenti dei varî articoli sono i seguenti: Die Ent- wickelung dev Alchemie. — Chemisches bei Platon. — Ein Beitrag zur Geschichte der alchemistischen Poesie. — Theophrastus Paracelsus. — Paracelsus in Oesterreich. — Die Wiener Paracelsus Handschriften. — Chemie und Mineralogie ber Joh. Amos Comenius. — Die Lehre vom Menschen in des Physica des Comenius. — Otto von Guericke. — Johann Kunkel. — Georg W. A. Kahlbaum (*) Stampato ad Jena, Verlag von Eugen Diederichs, 1903-4 (2 volumi) ; inoltre un volume di studî : Theophrastus Paracelsus, sein Leben und seine Persònlichkeit. Un altro iatrochimico, più recente, ma che in molte cose può collegarsi a PARAcELSUS, ad esempio per il misticismo che abbonda nei suoi scritti, è stato studiato dallo StrUNZ nel volume Johann Baptist van Helmont. Ein Beitrag zur Geschichte der Na- iurwissenschaften. Leipzig und Wien, Deuticke, 1907. Mii 23 354 Bibliografia II. - App. II. als Historiker. — Eine naturwissenschafiliche Geschichts- theorie. — Naturgefihl und Naturerkenniniss bei H. D. Thoreau. — Uebev Maeterlinks « Intelligenz dev Blumen ». 121. — Geschichte der Naturwissenschaften im Mittelalter, Stuttgart, Enke, Igio. Ricordo infine un’ opera il soggetto della quale. si collega strettamente al soggetto ora trattato : 122. — Naturbetrachtung und Naturerkenninis im Altertum, 123. — Eine Entwicklungsgeschichte der antiken Naturwissen- schaften. Hamburg und Leipzig, 1904. Purtroppo non ho potuto vedere quest’ ultimo vo- lume e le condizioni politiche presenti (settembre 1915) mi hanno assolutamente impedito di prenderne visione. Ne riparlerò però non appena avrò potuto farlo. Qui riporto solamente l’ indice : Vorwort. I. Einlei- tung. II Die theovetischen Grundlagen dev Naturbetrach- tung der ovrientalischen Vòolkrev. III Die praktische Na- turforschung der orient. V. IV Die Naturbetrachtung und- Philosophie dev Rlassischen Antike : a) Griechenland und Rom. Ὁ) Synkretismus und Verfallzeit. V Die naturwis- senschaftliche Praxis der klassischen Antike und ihves Ausganges. VI Schlusswort. Ricordo poi qui un’operetta italiana di carattere generale : Giuseppe LeLio ArRIGHI: La storia della matema- tica in relazione con lo sviluppo del pensiero. Torino, Paravia, 1905. Un vol. di pag. xiv-134. Brevissimo scorcio sulla storia delle matematiche, non troppo considerate però in relazione con lo sviluppo del pensiero, e che, dettato da un ottimo intendimento, ed anche da buoni principî teorici, non raramente fallisce nell’ esecuzione. Abbondano idee retoriche e catastrofiche ; ad es. le prime parole del libro: « Ad un momento della vita del cosmo avvenne un gran cataclisma e sull’ orizzonte dell’ essere sorse un nuovo sole, il più fulgido : Il Pensiero ». dere ste pei) II. - App. II. Bibliografia 355 Fra le raccolte di scritti varî dedicati alla storia delle scienze ricordo quì : 124. Giovanni Varrati: Scritti. Leipzig e Firenze, IQII. Un vol. di pag. 974. Gli scritti di VAILATI (1863-1909) sono assai impor- tanti sotto il doppio aspetto della filosofia e della storia delle scienze. Il VAILATI era un acuto spirito anali- tico, al quale molto dobbiamo per nuove, geniali 0s- servazioni e ricerche, e, sopra tutto, per l’ incitamento e la pratica del lavoro filosofico e storico nel campo delle scienze. La maggior parte dell’ opera del Var- LATI, però, consiste nelle numerosissime recensioni, che hanno un valore ben superiore a quello che ordinaria- mente si può attribuire a questo genere di letteratura. Ma per questo enorme sminuzzamento delle sue idee, che rispondeva del resto al suo temperamento, è con difficoltà che possiamo fare una sintesi del suo pen- siero generale. Accenno qui solamente ad alcuni arti- coli più lunghi che si riferiscono direttamente alla sto- ria della scienza. 19. Sull’ importanza delle ricerche relative alla storia delle Scienze. — 20. Del concetto di centro di gravità nella statica di Archimede. — 21. Il principio dei la- vori virtuali da Avistotele a Evone d’ Alessandria. — 25. Di una dimostrazione del principio della leva, attri- buita ad Euclide. — 28. Fisonomie criminali ed Ari- stotele. — 30. Le speculazioni di Giovanni Benedetti sul moto dei gravi. — 34. Programma di un corso libero sulla storia della meccanica. — 38. Alcune osservazioni sulle questioni di parole nella storta della scienza e della cultura. — 52. Nota su: Tannery, Pseudonymes anti- ques — Sur Heéraclide du Pont — Ecphante de Syva- cuse. — 74. Des difficultés qui s’opposenit ἃ une classifi- cation vationelle des sciences. — 97. Scienza e filosofia. — 106. Sull’ applicabilità dei concetti di causa e di effetto nelle scienze storiche. — 109. Di un’ opera dimenticata del. P. Gerolamo Saccheri. — 110. La teoria aristotelica della definizione. — 111. La dimostrazione del princi- pio della leva data da Archimede “21 libro primo sull’ e- 356 | Bibliografia IT;:=App. IL quilibrio delle figure piane. — 115, A proposito di un passo del Teeteto e di una dimostrazione di Euclide. — 116. La più vecente definizione della matematica. —122. In- torno al significato della differenza tra gli assiomi ed ἡ po- stulati nella geometria greca. — 123 e 124. Ròle du para- doxe dans la philosophie. — 137. 1, influenza della matematica sulla teovia della conoscenza mella filosofia moderna. — 138. Sul carattere del contributo appor- tato da Leibniz allo sviluppo della logica formale. — 155. La teoria del definire e del classificare in Platone e 1 vapporti di essa colla teoria delle idee. — 175. De quelques cavactèves du movement philosophique contem- porain en Italie. — 184. Le vedute di Platone e di Avi- stotele sugli inconvemienti di un insegnamento prema- turo della filosofia. — 187. La scoperta delle condizioni di equilibrio d'un grave scorrevole lungo un piano incli- nato. — 190 A proposito di una recente pubblicazione sulla storia della statica (Duhem). — 202. Sullo sviluppo storico della distinzione tra peso e massa. — 210. Le origini e l’ idea fondamentale del pragmatismo. 125. EpuARD ZELLER : Vortrige und Abbandlungen. II.te Aufl. Leipzig, Fues’s Verlag, 1875, pag. x-556. Contiene alcuni articoli del ben noto storico della filosofia greca (vedi N. 14). Per il soggetto di questo ca- pitolo ci interessano i due articoli : 1. Die Entwicklung des Monotheismus bei den Griechen. — 2. Pythagoras und die Pythagorassage. Dello stesso autore abbiamo : 126. Epuarp ZELLER: Kleine Schriften. Berlin, 1910. + che contiene : 1. Die Gesch. dev alten Philosophie in den letztverflossenen 50 Jahren (1843). — 5. Avistoteles und Philolaos (1876). — 7. Der Streit Theophrasts gegen Zeno ber die Ewigkeit der Welt (1876). — 9. Betty. zur Kenntniss des Stoihers Pandtius (1877). — το. Ueb. d. Benitzung der avistot. Metaph. in d. Schriften der dilteven Peripatet. (1877). — 12. Zur Gesch. dev plat. und avistot. Schriften (1880). — 15. Ueb. di Lehve des Ari- stoteles von der Ewigk des Geistes (1882). — τό. Ueb. II. - App. II. Bibliografia 357 Antisthenes aus Rhodos (1883). — 18. Ueb. den Urspr. der Schrift. von der Welt (1885). — 22. Die Gesch. der Philos., ihre Ziele und Wege. (1888). — 25. Ueb. die vicht. Auffass. einiger aristot. Zitate (1888). — 27. Ueb. die diltest. Zeugnisse zur Gesch. des Pythagoras (1889). — 28. Die Abfassungzeit des platon. Thedteet (1891). — 29. Plato’s Mitteilungen ib. friihere und gleichzeitige Philosophen (1892). — 35. Zu Anmnaxagoras (1895). — 38. Zu Leukippos (1912). 73. Pierre DuHEeM: Le systeme du monde. 'T. II, Paris, Hermann, 1914, p. 522. Di questa opera ho già parlato avanti (pag. 176) e ne ho riportato l’ indice del Τὶ I. Qui riporto l’ indice del T. II per la sola parte che si riferisce a /a cosmolo- «gie hellénique. (Nel resto del volume (da p. 393) si in- comincia a studiare /l’astronomie latine au moyen dge, trattando de La cosmologie des pères de l’église). TX. Les dimensions du monde. I. La mesure de la Terre. Eratosthène. — 2. La musique céleste et la distance des astres à la Terre. — 3. La grandeur et la distance du Soleil et de la Lune. Aristarque de Samos. — 4. Le problème de la paral- laxe lunaire. Hipparque et Ptolémée. — 5. Les orbes célestes et les distances des astres à la Terre. ΠῚ ΕΠ ΘΙ ΟΙ ΘΠ 5 et astronomes. I. Les Hellénes. 1. L’antagonisme entre la Physique d’Aristote et l’Astronomie de Ptolémée. Sosigène. Xénarque et Sim- plicius. — 2. Les opinions antér. ἃ Ptolémée sur la valeur des hypothèses astronomiques. — 3. Les opin. de Ptolemée sur la val. d. hyp. astr. A. La Grande Syntaxe mathématique. — 4. id. B. Les Hypothèses des planètes. — 5. Les opin. des Néo-platoniciens sur la val. d. hyp. astr. Syrianus et Proclus. — 6. La val. d. hyp. astr.. selon Jean Philopon et Simplicius. Dilwebib'visictens.iet astronomes.-II Les Sémites. I. Le réalisme des Arabes. Les sphéères de ThAbit ben Kourrah. — 2. Le Résumée d’Astronomie d’Ibn 358 Bibliografia II. - App. IL al Haitam. — 3. Les adversaires arabes du système de Ptolémée. Ibn Bàdja et Ibn Tofail. — 4. id. Aver- roès. — 5. Moise Maîmonide. — 6. La Théorie des pla- nètes d’Al Bitrogi. — 7. Les précurseurs grecs, latins et arabes d’Al Bitrogi. — 8. Les Newuf livres d’ Astro- nomie de Diéber ben Aflah. XII. La: précession:des équinoxes: I. Les travaux d’Hipparque. — 2. Les travaux de Ptolémée. — 3. La précession des equinoxes chez les Grecs et les Latin après Ptolémée. L’hypothéèse de l’accès et du γερὸς. La neuvième sphère. — 4. Les pre- miers recherches des Arabes sur la précession des équi- noxes. Masciallah. Al Fergani. Le mouvement de l’apo- gée solaire. — 5. La Grande Année et la précession des équinoxes. — 6. Introd. de la théorie de l’accès et du γερὸς chez les astronomes indiens et arabes. Le Li- ber de elementis. Al Battani. — 7. De la théorie par laquelle Ptolémée explique les mouvements de l’épi- cycle par rapport ἃ l’excentrique. — 8. La théorie du mouvement de la huitièìme sphère attribué ἃ Thabit ben Kourrah. — 9. Al Karkali et les Tables de To- lede. — το. Les Tables Alphonsines. XIII. La théorie-des.maréeste Assia: logie. τ. Les premières connaissances des Hellènes sur le phenomène des marées. — 2. L’influence de la Lune sur les marées. Eratosthène. Séleucus. — 3. L’École stoicienne et les marées. Posidonius et ses disciples. — 4. Les principes de l’Astrologie après Posidonius. Claude Ptolémée. — 5. id. Les partisans de la contingence. Plutarque. Alexandre d’Aphrodisias. — 6. id. Le fa- talisme immanent. Marcus Manilius. — 7. id. Les astres ne sont pas des causes, mais des signes. Plotin. — 8. id. La matière première et le principe du mal. Les Gnostiques, Plotin. — 9. id. Les astres sont causes secondes des événements sublunaires. Julius. Firmicus. Proclus. La Théologie d’ Avistote. — το. id. Comment l’àame humaine échappe au destin marqué par les astres. — 11. id. L’Astrologie et l’Alchimie. — 12. id. La nature de la Lune, selon ‘Plutarque. Les actions II. - App. II. Bibliografia 359 physiologiques de la Lune. — 13. id. L’Astrologie et le Médicine. — 14. La théorie des marées selon les Arabes. Abou Masor. — 15. Le Liber de elementis. Aver- roès. Moiîse Maimonide. Uno studio accurato e fondamentale sui sistemi astro- nomici greci, e specialmente su quelli che si ricollegano all’ idea eliocentrica copernicana, è stato fatto da GIo- VANNI VIRGINIO SCHIAPARELLI. La maggior parte dei suoi studî in questo senso è compreso sotto forma di articoli; ma per raggrupparli tutti insieme, e per es- sere stati alcuni di essi pubblicati in volume in tra- duzioni, preferisco ricordarli qui : 127. Giovanni Vircinio ScHIAPARELLI: Studi cosmologici. I. Opinioni degli antichi, Memorie del Regio Istit. Lombardo, X (1867). — II. Relaz. fra comete, stelle cadenti, etc., id. XII (1873) p. 145. I precursori di Copernico, id. XII (1873) p. 381. Le sfere omocentriche di Eudosso, di Callippo e di Aristotele, id. XIII (1874) p. 789, e 1877 p. 117. Origini del sistema planetario eliocentrico presso 1 greci, id. XVIII (1898) p. 61: Inoltre a soggetti analoghi si riferiscono gli articoli 128. — 7 primordi dell’ astronomia presso i babylonesi ed I progressi dell astronomia presso i babylonesi. «Scientia », VI (1908) p. 216 e VII (1908) p. 24 ed il volume 129. — L’ astronomia nell'Antico Testamento. Milano, Hoe- pli, 1908, pag. vili-196. Come risulta anche dal testo, i lavori dello ScHIA- PARELLI sono stati della massima importanza per lo studio della storia dell’ astromomia antica. Dell’ astro- nomia pythagorica si occupa in parte un articolo con- tenuto nel seguente volume, che è interessante anche per altri riguardi 130. THEopor BercKk: Funf Abbandlungen zur Geschichte der grieschischen Philosophie und Astronomie, he- 360 13I. 1:32: 127. 134. 1367 Bibliografia II. - App. II rausgeg. v. Gustav HinricHs. Leipzig, Fues’s Ver- " lag, 1883, pag. 190. Le cinque memorie sono: Wann ist Platos Theaetet abgefasst ? — Platos Gesetze. — Ueber die Echtheit der. Διαλέξεις. — Avistarch von Samos. — Die Philostrate. OPERE RELATIVE AI PRESOKRATICI E PARTICOLARMENTE AI PYTHAGORICI. Fra gli studi preparatorî sui frammenti rimastici di pythagorici o attribuiti a pythagorici, e che hanno per- messo le sintesi successive cito : Aucust ΒΟΕΟΚΗ : Philolaus des Pythagoreers Lehren nebst den Bruchstiicken seines Werkes, Berlin, Voss’sche Buchh », 1819, di pag. 200. . HarTENsTEIN: De Archytae Tar. fragmentis philoso- pbicis. Lips, 1833. ScHaarRscHMIDT: Die angebliche Schriftstellerei des Philolaus und die Bruchstiicke der ibm zugeschriebene Biicher. Bonn. 1864. Su questo soggetto vedi inoltre la Bibliografia III. . F. Gruppe: Ueber die Fragmente des Archytas una der dlteren Pythagoreer. Berlin, 1840. Vedi inoltre i lavori di BECKMANN e di BLASS, ci- tati nell’Appendice III. . RirtER: Geschichte der pythagoreischen Philosophie. Hamburg, 1826. Vedi N. 108; del quale quest’ opera è quasi un se- guito. Queste storie separate poi furono riunite nella storia generale citata a pag. 152. Ep. CHaicnet: Pythbagore et la philosophie pytha- goricienne. II.me ed. Paris, Didier, 1874. Due vol. di pag. xxvili-354 6 394. È questo uno dei più notevoli studî d’insieme su PyvrHacoras e sulla scuola pythagorica. Il II. - App: II. Bibliografia 361 tara: carattere fondamentale dell’ opera è filosofico, e le conclusioni non sono sempre accettabili senz’altro ; in generale però il libro è ben fatto. Esso è diviso : I. Preface. — 1. Caractère général de la doctrine de Pythagore. — Examen critique des sources indirectes. — Vie de Pythagore. — L’ ordre pythagoricien. Son orga- nisation, sa constitution, ses règlemenis, son caractère. — II. L’école philosophique. — Les écvrits pythagoriciens. Considérations générales sur l’authenticité de ces écrits. — Les fragmenis de Philolaiis. — Les fragments d’ Archytas. [Di questi frammenti dei due tardi pythagorici, compresa la lunga serie di quelli da reputarsi senz’ altro spurî, l’autore ci dà una traduzione ed un commento). II. 11. Exposition de la doctrine philosophique : Le nombre — les élements du nombre — le monde — le sy- stème des mondes dans le monde — l’harmonie — l’har- monie céleste — la vie du monde, les éléments, l'espace, le temps — l’ame, la science, la movale, l'art. — Iv. Hi- stoire. — v. Critique. Table. Per lo studio delle teorie della scuola pytha- gorica sono particolarmente interessanti i lavori che esaminano la genesi e lo sviluppo del pensiero platonico, in quella parte che si riferisce più par- ticolarmente alla cosmologia. Cito fra queste un’ opera che ha avuto un'importanza veramente notevole e la serba tutt'ora. Henry Martin: Études sur le Timée de Platon. Paris, Ladrange, 1841. Due vol. di pag. xii-428 e 462. Contiene, dopo l’ esposizione dell’ argomento ed al- cune notizie, il testo del dialogo platonico, con a fronte una traduzione francese (I, p. 53-242). Ma, per quanto pregevole, non è questa la parte più importante del- l’opera. Questa si ha nelle copiose Notes sur le Timée, che riempiono le rimanenti pagine del primo volume e tutto il secondo. Queste mote, salvo alcune brevissime, devono piuttosto considerarsi come accurate e detta- gliate dissertazioni intorno ad argomenti considerati da PLATON, ed intorno alla filosofia ed alla scienza 362 Bibliografia II. - App. 1]. a questi anteriore e contemporanea. In tal senso il MARTIN ha compiuto veramente un’opera importante e rimasta fondamentale per gli studî successivi. I ti- toli di alcune di queste dissertazioni sono (cito a ca- so): Dissertation sur l’Atlantide. — Formation de l’ame du monde. — Musique ancienne. — Des systèmes astro- nomiques dans l’ antiquité. — Théologie platonique. — De l'origine du monde etc. etc. — Alcune memorie posteriori dello stesso autore, pubblicate in varie ri- viste, possono servire a seguire il pensiero dell’ autore in quelle parti nelle quali esso in epoca posteriore si era completato o modificato. Dati gli stretti legami che corrono fra la filosofia pla- tonica e la scienza pythagorica, il MARTIN ha spessis- simo occasione non solo di ricordare 1 risultati di quest’ ul- tima, ma di fare su di essa estesi studî. Quest’ opera andava quindi assolutamente ricordata in questo ca- pitolo. Per questa stessa ultima ragione deve essere ricordato 138. PLatonEe: /l Timeo, tradotto da Gruseppe FRacca- roLI. Torino, Bocca, 1906. Un vol. di pag. xvi-426. densissimo di note, e dotate di 119 pagine di Prole- gomeni, nonchè di un’Appendice: Dante e il Timeo. Sui rapporti fra le dottrine pythagoriche e quelle dei popoli orientali è da segnalare 139. L. v. ScHroEDER: Pythbagoras und die Inder. Leipzig, 1884. In questo volume si è fatto uno dei più accentuati tentativi per collegare il pythagoreismo con la filosofia indiana. Esso però, per quanto non dimostri completamente la tesi assunta, è più se- rio e misurato dei tentativi analoghi di GLADISCH (vedi pag. 194) 0 di ROTH (Gesch. unserer abendlindlischen Philosophie. Mannheim, 1858). Più estesa per soggetto delle opere sopra citate è 140. WoLFANG ScuuLtz: Studien zur antiken Kultur. 1. Py- thagoras und Heraklt, Leipzig und Wien, Akad. II. - App. II. Bibliografia 363 Verlag. 1905, pag. 118. — II. Altfonische Mysttk, id., 1907, pag. 356. Si occupa di una serie di questioni sui presokratici. Non mi pare però che apporti nulla di essenzialmente nuovo e importante. Di tutti i presokratici ma specialmente dei filosofi greci d’ Italia si occupa anche un’ opera dal titolo al- quanto strano 141. Giuseppe SeRrcI: Usiologia ovvero Scienza dell’ Essenza, Rinnovamento dell’ antichissima filosofia italiana. Di pag. xxxii-120. Noto, 1868. che è interessante ricordare perchè indica un lavoro ita- liano, di quel tempo, che, per quanto facilmente critica- bile sotto molti rapporti, offre uno studio interessante intorno alla filosofia antica insieme ad una tentata rico- struzione e prosecuzione di essa. In quest’ ultimo senso non mancano poi varî tentativi, anche pazzeschi, che non giova ricordare, fatti in diversi tempi, rivolti spe- cialmente a riallacciare con teorie moderne antiche idee attribuite a PYTHAGORAS. Su PyrHacoRasesullasua scuola inoltre sono apparsi numerosissimi scritti moderni che lo storico può quasi completamente trascurare. Alcuni tratteggiano romanze- scamente la figura del fondatore e dei suoi adepti, altri pretendendo continuarlo, fanno dire all’antico saggio, le idee più strampalate, o, per lo meno, le più lontane di quelle che egli poteva avere veramente. È inutile quindi addentrarci in una tale letteratura. Quì cito solamente 142. MarIA BoBBA: Pitagora, i suoi tempi e il suo istituto. Conferenza. Torino, 1887. Un vol. di pag. 64. Di nessun valore speciale. In fondo annunzia una sua opera Pitagora e le sue dottrine pedagogiche e morali. Inoltre, in relazione con la figura di ARCHYTAS ricordo 143. BernaRDINO BaLDI: Vite inedite di Matematici italiani. Pubblicate in «Bull. Bonc.», 19 (1886) alle pa- gine 335, 383, 437 € 521. Cito queste Vite di un nostro ben noto scrittore cin- 364 Bibliografia Il. - App. III. quecentista per l’ interesse che esse possono offrire sia dal lato letterario, sia da quello dello studio dell’ epoca nella quale furono scritte. Naturalmente il loro effet- tivo valore storico per i matematici considerati, special- mente se questi sono antichi, e la loro vita è circondata da leggende (come per ARCHYTAS), è assai piccolo. La pubblicazione contiene le vite di: Aychita, Eurito, Filippo Mandeo, Avistosseno, Dicearco, Archimede, P. Ni- gidio Figulo, Vitruvio. L. Avruntio, Agrippa, Gemino, Giulio Firmico, Boetio Severino, Dionigi Romano, Guido Monaco, Campano, Guido Bonato, Barlaamo, Pavolo Geometra, Giovanni Blanchino, Nicolò Burtio, Battista Piasio, G. Giordano Pontano, Luca Ga»vico, Pietro Pi- tato, Alessandro Piccolomini, Gioseffo Zarlino. Inoltre dello stesso autore abbiamo una Vita di Pita- gora pubblicata ancora nella stessa Rivista [20 (1887) p. 197] da ἕνεκ. Narpucci, il quale vi aggiunse al- cune note. Naturalmente anche in questa Vita ab- bonda e sovrabbonda il materiale favoloso e difetta la critica. | ApPpenDpIicE III. — (CITAZIONI BIBLIOGRAFICHE DI ARTICOLI ED OPUSCOLI (7). S. GinTtHER: * Beobachtung und Experiment im Altertum. Bayerische Industrie-und Gewerbeblatt, 1887. J. MiLLer: Ueber das Experiment in den physikalischen Studien der Griechen. Berichte des naturw.-mediz. Ve- reins in Innsbruck, XXIII (1896-97), p. 33. E. WiepEMAnN: Ueber das Experiment im Altertum und Mittelalter. Unterrichtsblàtter fiir Mathem. τι. Natur- wiss. 1906. N. 4-6. Queste due ultime importanti memorie si occupano diffusamente, ed in particolar modo la seconda, delle esperienze nella scienza antica. Le cito qui essendo le prime esperienze ben condotte conosciute sulla storia greca, quella di PyTHAGORAS sulle corde vibranti. (+) Premetto un * al titolo degli scritti che per varie speciali ragioni non ho potuto vedere o consultare IRC Appr ILL Bibliogra fia 365 Come articolo che si occupa di questioni generali sulla storia della scienza greca vedi anche Apo Mirri: La scienza greca e le caratteristiche del suo svi- luppo. « Scientia », XVIII (1915), p. 225. * * * E. F. ApeLt: Parmenidis et Empedoclis doctrina de mundi structura. Jenae, 1857. — * Untersuchungen tiber die Philosophie und Physik der Alten «Abhandl. der Fries’schen Schule ». Leipzig, 1848. Win. Bauer: * Der dltere Pythagoreismus. Bern., 1897. Franz BECKMANN: Quaest. de Pythagoreorum reliquiis, Ber- lin, 1850. F. BLass : * De Archytae Tarentini fragm. math. « Mél. Graux ». Pans-r1894)-p- 573. Auc. BoekH: Disp. de Platonico systemate coelestium globorum ‘et de vera indole astronomiae Philolaice. Heidelb., 1810. Fr. Bor: * Pythagoreer und Astrologie. « Neue Jahrb. f. d. klass. Altert.», 21 (1908) p. 1109. C. G. Coser: Observationes criticae et paleograficae ad Iam- blichi vitam Pythagorae. « Mnemosyne », 5 (1877) p. 338. S. CocneTTI ΡῈ MartuISs: L° istituto pd «Atti Acc. Torino », 24 (1888) p. 208 e 270. A. Dérinc: Wandlungen in der pyth. Lebre. « Arch. Gesch. Philos. » 5 (1892) p. 503. S. FERRARI: ὃν scuola e la filosofa pythagoriche. « Riv. it. di filos.», 5 (1890), I p. 53, 184, 280; II p. 59, 196. La monografia del FERRARI è divisa nei capitoli: I. Difficoltà di una storia. La venuta di Pitagora a Crotone. Fatti e leggende. Fonti. — II. Vita e scuola di P. La morte del maestro e la dispersione del sodalizio. Principali seguaci. Libri apocrif. — III. La tesi fondamentale. Valore ed elementi del numero. Controversie sulle idee teologiche. — IV. Le dottrine fisiche. Le psicologiche e morali. La metempsicosi. Il taglione. — V. Antecedenti delle dottrine pit. Ciò che v’ ha di originale. Breve critica. — VI. Azioni del Pitagorismo. Confronto con altre scuole antiche. — VII. Innovazioni e perfezionamenti nelle teorie pitag. Filolao. — VIIl. Relazione colle scuole greche posteriori. Meriti scientifici dei Pitag: — IX. Neo-pitagorismo e moderni pitagoreggianti. La scuola antica e la storia della filosofia. L. FERRI: Sguardo retrospettivo alle opinioni degli italiani in- torno alle origini del pitagorismo. « Rend. Acc. Lincei », 15 giugno 1890. ea e ὦ ΓΞ e ΠΕ ΠΟΙ ὑψ᾿ i 366 Bibliografia II - App. III. P. FriepLaENDER: Die Anfinge der Erdkugelgeographie. Jahrb. d. deutsch. Arch. Inst.», XXIX p. 98. ALserto GianoLA: Pitagora e le sue dottrine negli scrittori latini del primo secolo a. C. « Ultra », Roma, 1911 e 1912. Orto GILBERT: Aristoteles und die Vorsokratiker. « Philol. », 68 (1909) p. 368. — Aristoteles Urteile iiber die pythagoreische Lehre, « Arch. Gesch. Philos.», 22 (1909) p. 28. Ave. GrapiscH: Die dgypt. Entstellung des PSA, « Phi- lol.», 39 (1879) p. 113. Vedi anche pag. 194. G. GunpERMANN: Pbilolaos iber das fiinfte Element, « Rh. Mus.» 59 (1904) p. 145. W. A. HeipEL.: πέρας and ἄπειρον in the Pythagorean pbi- losophy. « Arch. Gesch. Phil.» 14 (1901) p. 384. Ars. HreInze : * Die methaphysischen Grundlebren der dlteren Pytbagoreer. « Diss. », Leipzig, 1871. Run. HirzeL: Zur Philosophie des Alkmaeon. « Hermes», 11 (1876) p. 240. Lupw. IpeLER: * Ueber d. Verhdltn. des Kopernikus zum Altertum. « Mus. f. d. Altertumwiss.», 2 (1810) p. 393. Carr v. JAN. : Die Harmonie der Spharen. « Philol. », 52 (1893) ag: G. Je : * Vann haben die Griechen das Irrationale entdeckt ? « Novae Symbolae Joachimae » Halle a S. 1907. H. KeLLER: Die Astronomie der Pythagoreer. « Das Welthall. », Ip Di pura volgarizzazione. Anc. Bernn.. KrIscHE: * De societatis a Pythagora in urbe Crotoniatarum conditae scopo politico commentatio. Got- tingae, 1830. A. MarrE : Théoréeme du carré de l’hypothénuse. « Bull. Bone », 20. (1887) p. 404. In questo articolo ed in quello sotto citato del TREUTLEIN, si hanno al- cune delle più cospicue congetture sull'origine e la forma primitiva del teo. rema di Pythagoras. «€ Loria >. ΤῊ. H. Martin: Hypothése astronomique de Pythagore. « Bull. Bonc. », 5 (1872) p. 99. — Hypothése asttonomique de Philolaiis. «Bull. Bonc», 5 (1872) pi 127: £ È È Da Ae de Fai taellenbana Pa Γ pri at: rds: pa 7 ἐν πῇ a ; - L' ΠΡ ΑΥ, ἐϑὺς Ν apre LAT Gi È II. - App. III. Bibliografia 367 — Le précession des équinoxes a-telle été connue des Egyptiens ou de quelque autre peuple avant Hipparque « Mém. Acad. Inscript. et Belles-lettres », 8 (1869) p. 1. Nelle « Mémoires de l’Académie des Inscriptions et Belles Lettres » 30 (1881) il MARTIN ha poi pubblicato (vedi anche Bibl. Na 137) una lunga monografia che in avvenire dovremo riconsiderare insieme anche ad altre. — Mémoires sur l’histoire des bypothéses astronomiques chez les Grecs et les Romains. Première partie: Hypothése astronomiques des Grecs avant l’époque Alexandrine. G. Mitnaun: Le concept du nombre chez les Pythag. et les Eleates. «Rev. Mét.», 1893, p. 148. R. O. Moon: The influence of Pythagoras on greek medicine. XVII Int. Congress of. Medic. Section, XXIII, 55. Lon- don, 1914. H. A. ΝΑΒΕΚ: * Das Theorem des Pythagoras, wiederbergestellt in seiner ursprunglichen Form und betrachtet als Grundlage der ganzen Pythagorischen Philosophie. Haarlem, 1908. Citato da G. LorIA come un esempio dei tanti ravvicinamenti fanta- stici fra teorie pythagoriche e pseudopythagoriche ed idee spesso mistiche, ed alle volte pazzesche. R. Newsotp : Philolaos. « Arch. Gesch. Phil. 19 (1906) p. 176. K. PraEcHTER: Metopos, Theages und Archytas bei Stobaeus. « Philol. », 50 (1891), p. 49. L. Prowe: * Ueber di Abbangigkeit des Kopernikus von den Gedanken griechischer Philosophen und Astronomen. Thorn, 1865. ΤῊ. Retnach: La musique des sphére. « Ét. gr.», 13 (1900) P. 432. Erw. RoupE: Die Quellen des Famblichus in seiner Biogra- phie des Pythagoras. « Rhein. M.», 26 (1871) p. 554 e 20872) (p- 23: — Zu Famblichus de vita Pythagorica. « Rhein M. », 35 (1879) p. 260. Rohde conclude che IAMmBLICHOS ha adoperato per il suo lavoro le sole due biografie pythagoriche dovute a NIiKOMACHOS e ad APOLLONIOS. A. Ronr: * De Pbilolai Pythagorici fragmento ποιψυχὴῆς. Berl., 1874. A. RorHenBiicHER: * Das System der Pythagoreer nach den Angaben des Aristoteles. Berlin, 1867. Sopnus Ruce: * Der Chaldaer Seleukos. Dresden, 1865. 368 Bibliografia ΤΠ ΞΡΑΡΡ.: 1Π: 1. SAnpER: * Alkmaion von Kr. « Progr. ». Wittenberg, 1893. M. ScHanz: Zu der sogenannt. Dialéxeis. « Hermes », 19 (1884) p.. 200. G. V. ScniapaRELLI : Vedi Bibliografia. N. 130 e 131 (pag. 359). Wotrranc Scnurrz: Πυθάγορας. « Arch. Gesch. Philos. ». 21 (1908) p. 240. SoBczyK: * Das pythagoreische System in seinen Grundge- i danken entwickelt. Diss. Leipzig, 1878. Pau Tanneryv: Sur les intervalles de la musique grecque. «Ét. gr.», 15 (1902) p. 336. — À propos des fragments philolaiques sur la musique. « Rev. de philol. », 28 (1904) p. 235. Non ancora compresi nei volumi pubblicati delle Mémoires (N. 36). ALserT FrEIHERR von Tuimus: * Die barmonikale Symbo- lik des Altertums, « Kòln», I Abt., 1868; II Abt. 1876. P. TREUTLEIN: Ein Beitrag zur Gesch. der griechischen Geo- metrie. «Zeitschrs f. Math. ἃ. Phys.», 1883, Hist. lit. Abb., p: 200. G. F. UncER: Zur Geschichte der Pythagoreer. « Sitz. der phi- los.-philol. Kl. Minchen. Ak.», 1893, p. 40. UsenER: Dreibeit. Rh. Mus.» (1904) p. 4. H. νοοῦν: Die Entdeckungsgeschichte des Irrationalen nach Plato und anderen Quellen des 4.ten Fabrh. « Bibl. math. », IO (1610) p. 97. — Osservazioni storiche sopra la scoperta degli irrazionali. «Boll ona»), XIV {ΠΟ 2) 0.5.) — Zur Entdeckungsgeschichte der Irrationalen, « Bibl, math.» XIV (1914) pag. 9. WaAcHTLER: * De Alemacone Crotoniata. Leipzig, 1896. . G. ZeurHEN: * Praecisionsmathematikens Tilbliven fra Pythagoras till Euclid. « Beretning om den 2 skandi- naviske Mathematikerskongress i Kj6benhavn», 1911, p. 3. — Sur la constitution des Livres arithbmétiques des Eléments d’ Euclide et leur rapport ἃ la question de l’irrationalite. «Bull. Acc. Dan», 1910. — * Sur les connaissances géométriques des Grecs avant la réforme platonicienne. « Oversigt over det Kgl. Danske Videnskabernes Selskabs Forth. », 1913, p. 431. — Le théorème de Pythagore, origine de la geometrie scientifique. « Comptes-rendus du II Congr. intern. de philos. », 1904. Lia INDICE DEI PASSI RIPORTATI FRAMMENTI DI FILOSOFI PRESOKRATICI. PHEREKyDES. — Antiche genealogie (fr. 1): ὃ 2, n. 2. — An- ἘΠΟ Τ᾽ ΤΠΤΕῚ {{{π|..ΧΑ2ωώ). $'2, n.2. ALKMAION. — Principio della sua opera (fr. 1): ὃ τι, n. 12. — L'uomo e l’intelligenza (fr. 1 a): ὃ 11. n. 8. — AI- cuni termini usati da A. (fr. 4; vedi AEtIos, V, 30): SETTI ΣΤΥ, PHÒiLoLaos. — Importanza del numero (fr. 4): $ 3, n. 7. — Pari e dispari (fr. 5): $ 4, n. 2. — Su varî concetti musicali (iron App: I, τ 3... —. 1 fuoco* centrale. (fr. (7): $ 9, n. 13. — La natura del numero ed il numero dieci (fr. 11): $ 3, n. 12. — Sugli elementi e sulla sfera del mondo (fr. 12): ὃ 6, n. 3. — Parti del corpo e loro funzioni ; prin- cipî varî del corpo umano (fr. 13): $ 12, n. 2. — Sulla metempsicosi (fr. 14): $ 3, n. 3. ArcHytas. — Sui suoni (fr. 1): App. I, n. 5. — Le tre progres- ἘΠΟΠΙ {ν᾿ 2). 8.5, Di I. CITAZIONI E DOCUMENTI. PLATON. — Sul giuoco a pari e dispari (Lysiîs, III): $ 4, n. 3. — Sulle scoperte di Theodoros di Kyrene (Theait, 145,148) : $ 6, n. 16. — I quattro elementi e la progressione geo- metrica che li unisce (Timaios, 31): ὃ 5, n. 4. ARISTOTELES. — L’aggiunta del gnomone altera la grandezza non la natura della figura (categ. XI, 4): ὃ 4, n. το. — Delle dimostrazioni per assurdo (anal. prot. I, 23): ὃ 6, n. 14. — Su Hippasos (metaph. I, 3): ὃ rr, n. 1. — La natura dei numeri secondo i pythagorici (i4., I, 3): $ 3, MIELI 24 370 Indice delle citazioni ΤΙ. n. 6. — id. (id., I, 5): $ 3, n. 9. — Origine della teoria dell’ antiterra (id., I, 5): $. 9, n. 11. — La dottrina delle opposizioni nei pythagorici ed in Alkmaion (id., I, 5): $ II, n. 13. — I numeri e le cose (id., I, 6): $ 3, n. 10. — I numeri secondo i pythagorici (id., XIII, 6): $ 3, n. 8. — L’ armonia delle sfere (de coelo, II, 9): $ 10, n. 5. — L’ astronomia dei pythagorici (id., II, 13): $ 9, n. 7. — Sulla ipotesi della terra piatta (id., II, 13): ὃ 8, n. 4. — La sfericità della terra (id., II, 14): ὃ 8, n. 2. — Sull’ombra terrestre nelle» eclissi di luna (id. II, 14): $ 8 ,n. 3. — La natura della via lattea (meteor, I, 8): $ 10, n. 10. — Teo- rie di Alkmaion intorno all’ anima (de anima, I, 2): $ 11, n. 6. — Sulla metempsicosi (id. I, 3): ὃ 3, n. 3. — Leg- gende intorno a Pythagoras (de pythag., fr.): $ 2, n. 5. THEOPRASTOS. — Dottrina di Alkmaion intorno alle sensazioni (de‘sensu; 25, 26): CS 11) n 8: ΜΈΝΟΝ. — Varie teorie mediche di Philolaos (fr. Amon. Lond.) : δ.»2; Ἢ: EupeEMos. — Questione di Archytas sull’ infinità del mondo {Ὁ ΞΟ) Sang EuKLEIDES. — Il teorema di Pythagoras ed il suo inverso (Stoick., I, 47 e 48): $ 6, p. 265e n. 11. — Def. di gnomone (II, def. 2): $ 4, n. II. — Su alcuni problemi di secondo grado (II, 5 e 6): ὃ 6, n. 20. — Sull’applicazione per ellisse e per iperbole (VI, 28 e 209): $ 6, n. 20. — Sui numeri perfetti, ? defin. (VII, def. 22): $ 4, n. 18. — id. Modo di trovarli (IX, 36): $ 4, n. 19. — Sull’ incommensurabilità del dia- metro del quadrato con i lati (X, App. 27): $ 6, n. 15. — I cinque corpi regolari e l’ impossibilità di un sesto (XIII, 18): Θ᾽ Heron. --- Definizione di gnomone (def. geom., n. 57 e 58; ed. Ilelbeng; 1012} 8 (gp ΠῚ 12; M. T. Cicero. — Su Pherekydes (Tusc. I, 16, 38): ὃ 2, n. 2. --- Alkmaion attribuisce un’ anima agli astri (de nat. deor., I, 11): $ 11, n. 6. — Su Kerkops (id., 38): $ 2, n. 7. — Platon in Italia (de rep., I, 10): ὃ 2, n. 10. — Su Hiketas (quaest. acad., II, 39): $ 9, n. 17. Q. Horatius Fraccus. — Archytas (Carm., I, 28): $ 2, n. II. C. Prinius SEcUNDUS. — Distanze dei pianeti (II, 21, 22): δ. ΤῸ, ΠῚ ΗΒ, 3 SE II. Indice delle citazioni 371 NikomacHos. — Sulle progressioni armoniche (Fis. ar., 26): ὃ 5, n. 2. PLouTARCHOS. — Su alcune concezioni cosmogoniche di Petron (de def. oracl, 22) : $ 2. n. 7. — Sulle distanze degli astri (de anim. procr., 31): ὃ το, n. 2. A. GeLLIUS. — La colomba volante di Archytas (X, 12) : ὃ 12, n. 5. AetIos. — Su Ekpantos (I, 3; II, 3 e III, 13): ὃ8 9, n. 17. — Su Hippasos (I, 5) ὃ 5, n. 1. — Il sistema di Philolaos (II, 7): $ 9, n. 13. — Pythagoras e l'inclinazione dello zodiaco (II, 12): $ 9, n. 2. — Opinioni astronomiche di Alkmaion (II, 16, 22, 20): ὃ II, n. 5. — Il sole e la luna secondo i py- thagorici (II, 20) : ὃ 9. n. 12. — id. (II, 30): $Io,n.9.—La via lattea secondo i pythag. (III, 1): $ 10, n. 10. — Su Hike- tas (III, 9): $ 9, n. 17. — Divinità degli astri secondo Al- kmaion (IV, 2): ὃ τι, n. 6. — Alkmaion e 1᾿ ἡγεμονιχόν (I17): $ 11, n. 9. — Varie teorie sulla generazione, etc. di Al- kmaion (V, 3; 16; 17; 24): ὃ 11, n. 10. — Teorie della sa- lute e delle malattie secondo Alkmaion (V, 30): $ 11, n. 11. THEON. — Numeri triangolari, quadrati, heteromeki (ed. Hil- ler, p. 27-30): ὃ 4, n. 4. — Numeri quadrati e loro gnomoni (iîd., p. 32): ὃ 4, n. 7. — Numeri perfetti, iper- perfetti ed ellittici (id., p. 45): $ 4, n. 15. — Sulle ricerche acustiche di Lasos (24., p, 59): App. I n. 8. — Il sistema astronomico di Pythagoras (id., p. 150) : ὃ 9, n. 2 ProLEMAIOS. — Su antichi sistemi astronomici (synt. I, 7): Sg, αἰ. το. DioGENEs LAERTIOS. — Notizie su Pherekydes (I, 116): ὃ 2, n. 2. — Viaggi di Platon (III, 6): $ 2 , n. 8. — Scoperte astronomiche di Pythagoras (VIII, 14): ὃ 09, n. i. — La sfera è la più bella figura (VIII, 35,): ὃ 8, n. 5. — I diversi Archytas (VIII, 76): $ 12, n. 5. — Su Hiketas (VIII, 85): ὃ. 9, n. 17. CENSORINUS. — Lo sperma secondo Alkmaion (de die nat., 5) : $ ΤΙ, n. Io. — Il mondo fatto con ordine armonico (1Τά., 13) : ὃ 10, n. 4. — Sul grande anno di Philolaos (id., 18 edo) #$ 9; n. 6. HARPOKRATION. — Su Ion di Chios: $ 3, n. 13. Commentatori di Aristoteles : ALEXANDROS. — Origine della teoria dell’ antiterra (in metapà., IR Ὁ $ 9, n. II. 372 Indice delle citazioni II. SIMPLIKIOS. — Hippasos (în phys., 23, 33): ὃ 11, n. 1. — Sul sistema astronomico dei pythagorici (in de coelo, 511, 20) 860,700, 7. PHiLoPonos. — Sul numero degli elementi (in de gen. et com., 207}: dg, ΠΤ Scholia in Aristotelem. — Sul sistema astron. dei pytha- gorici (ed. Brandis, p. 504): $ 9, n. 17. IamBLICHOS. — Pythagoras e le sue esperienze sulle corde vi- branti (Vit. Pyth., 26): $ 7, n. 4. — Le due sette pytha- goriche (id., 81): ὃ II, n. 3. — I pythagorici batton mo- neta con la geometria (id., 88) : ὃ 2, n. 6. — Su Hippasos (id., 88): $ 6, n. 2. — Sui numeri primi (in Nic., 36): $ 4, n. 13. — Numeri amicali (id., 47) : ὃ 4, n. 14. — L'epan- thema di Thymaridas (id., 88): ὃ 5, n. 5. — Origine delle progressioni (îd., 118): $ 5, n. 3. PRroKLOS. — Sulla scomposizione dei poligoni (in Eucl., in Po- risma p. Prop. 15): ὃ 6, n. 6. — Sul teorema della somma degli angoli interni di un triangolo (id., in Prop. I, 32): $ 6, n. 17. — Sull’ origine delle espressioni parabola, el- lisse e iperbole e primitivo loro significato (id., in Prop. I, 44): $ 6, n. 18. — Sul teorema di Pythagoras (id., in Prop. 1, 47): ὃ 6, n. 12. — Sui triangoli rettangoli a lati razionali (id., in Prop. I, 47): 8 6, n. 13. EuTOKIos. — Sulla scoperta progressiva del teorema generale della somma degli angoli interni di un triangolo (Comm. in Conica Apoll. In 1. I., ed. Heiberg, II, 170): καὶ 6, ΠΡ τ. KLEMES. --- Anima e corpo (Strom., III, 17): $ 3, n. 3. — Gli astri animati secondo Alkmaion (Protr., 66): $ ΤΙ, Hub: HippoLyTos. — Su Ekphantos (ref. I, 15): ὃ 9, n. 17. HERMEIAS. — Su Pherekydes (irr., 12): ὃ 2, n. 2. ARISTIDES QUINTILIANUS. — Delle parti della musica (De mu- sica Ie) App naar: ACHILLEUS. — Il sole secondo i pythagorici (Eis.): $ 9, n. 12. — La via lattea secondo Oinipides (id., 24): ὃ 10, INTO, OrIBASIOS. — Sul feto secondo Alkmaion : (in RuFus, III, 156): δ᾽ Τ᾿ CIO, BoETIUS. — Sulle scoperte musicali di Pythagoras (de inst. mus., II, Indice delle citazsoni 373 I, 10): $ 7, n. 2. — id. (d., I, 11): $ 7, n. 3. — Sulle teo- rie musicali di Philolaos (i4., III, 8): App. I, n. 4. Surpas. — Ion di Chios: ὃ 3, n. 13. KoPPERNIGK. — Citazioni di Philolaos, Hiketas, etc. (De re- volutionibus, Intr. e I, 5): $ 9, n. 16. TH. H. MARTIN. — Importanza, per l'astronomia, di Pythagoras e dei primi pythagorici: $ Ὁ, n. 3. G. V. SCHIAPARELLI. — Sulla rivoluzione dei pianeti secondo Philolaos : $ 9, p. 297. — Il passaggio dal sistema phi- lolaico a quello della terra centrale che ruota intorno al proprio asse: $ 9, n. 18. PauL TANNERvY. — Sull’esistenza o meno di Hiketas e di Ek- phantos : $ 9, n. 17. TH. HEATH. — Sul movimento delle stelle fisse, secondo i pytha- gorici (Aristarch.) : $ 9, n. 14. H. Driels. — La colomba volante di Archytas (Vors., 35. A. 10 a): δΓ12, Ὡ: 5. τ, ΤῊΝ 8 INDICE DEL CAPITOLO II (LA SCUOLA PYTHAGORICA) 1. — Lo spargersi del pensiero scientifico fra tutti i 2. 3: greci. Conquiste persiane nell’Asia Minore. Ca- duta di Miletos. L’ emigrazione dall’ Asia Minore. Abderast:ed' Elea: ... SLI SIA Pythagoras ed i ΠΕ τς Vita di Pythagoras. Storia e leggenda. Relazioni fra Pherekydes e Pythagoras. I viaggi di Pythagoras. La confraternita pythagorica ; suoi caratteri religiosi, etici, scientifici. Il segreto. Cenno a varî pythagorici. Hippasos. Philo- laos. Archytas. La scuola pythagorica e lo svolgimento contemporaneo del pensiero scien- tifico greco . RT POLI RCA Dorant carte IP fondamento mistico, etico; rieli- gioso, della confraternita pythago- rica. Influenze orphiche, indiane. La metempsicosi. Precetti morali. La teo- ria dei numeri. La potenza dei numeri. I numeri essenza e modello delle cose. II numero dieci. Criterî ordinativi numerici. Opposi- σι οὐ τ tradi, etc, ΘΟ IE e tn Sviluppo di CRETE arit metici nella scuola pythagorica. La tabella delle o ppo- sizioni, e le opposizioni aritmetiche. Numeri Diambpile-‘dis.pari; triangolari, quia drati ed heteromeki. Numeri, punti e figure. Serie di numeri. Significato della parola gnomone. Numeri primi, amicabili e 2II 214 225 376 $ 5 — $ 6. — $27.= $ 8 — $ 9. — Indice del Cap. II perfetti. Numeri perfetti, iperperfetti ed el- littici. Il pitmene e la sua' ricerca Progressioni. Le tre specie di progres- sioni: aritmetica, geometrica δα ἂσ- monica. I medî proporzionali. Possibilità di trovarli come numeri (razionali). Il collegamento fra gli elementi fuoco e terra per mezzo dell'aria e dell’ acqua (due medî) dimostrato da Platon per mezzo di considerazioni sulle progressioni, e certamente sulla traccia di ragionamenti di py- thagorici. — La ricerca di incognite e l’epanthema di Thymaridas : La geometria nella scuola pythagorica. P ο- liedriregolari e corpi cosmici. L’ etere ed il pentagono dodecaedro. Poligoni e loro scomposizione. Il pentagrammo. Misura delle aree. Il teorema di Pythagoras. Trian- goli rettangoli a lati razionali. Incommensura- bilità rispetto ai lati del diametro del quadrato. Irrazionalità di }/2 e di altre radici (Theo- doros di Kyrene). Influenza della scoperta del- l’ irrazionale. Somma degli angoli interni di un triangolo. Applicazione (parabola) sem- plice, e per eccesso (iperbole) e per difetto (el. lisse), Risoluzioni di varî problemi geometrici : costruzione di un quadrato di area data; del pentagono regolare. Considerazioni generali . I principî dell’acustica. L’aneddoto di Py- thagoras nella bottega del fabbro. Esperienze sulle corde vibranti di uguale lunghezza e diversamente tese, o ugualmente tese e di di- verse lunghezza. Intervalli riconosciuti. Idee astronomiche nella scuola pytha- gorica. La sfericità della terra. Attribu- zione a Pythagoras del riconoscimento di questo fatto. Prove addotte per dimostrarlo . I movimenti degli astri e della terra. Riconoscimento dei diversi astri e dei loro mo- vimenti, e scomposizione di questi ultimi. La posizione della terra. Presumibili conoscenze di IL: 236 251 259 281 288 II. $ 10. — $ II, — $ 12. — Indice del Cap. II Pythagoras. Le teorie astronomiche attri- buite da Aristoteles ai pythagorici ed il cosidetto sistema di Philolaos. Il fuoco centrale e la rotazione della terra. L’antiterra ed i dieci corpi mobili. Durata della rivoluzione dei varî pia- neti. Ragioni mistiche e di fatto sulle quali riposa il sistema philolaico. Considerazioni sui sistemi geo-, pyro- ed eliocentrici. Ancora sull’ ipotesi dell’ antiterra e sulla mistica del numero dieci. La mobilità della sfera delle fisse ; ipotesi arbi- traria e non riconoscimento della precessione de- gli equinozi. Considerazioni generali sulla que- stione del centro del mondo. Relazioni fra le teo- rie dei pythagorici e quelli di Aristarchos e di Koppernigk. Riferimenti di quest’ ultimo alle antiche teorie pythagoriche. — Altri sistemi astro- nomici presso i pythagorici. La teoria della terra nel centro, ma dotata di un movimento di rota- zione intorno ad un proprio asse. Hiketas ed Ekphantos. Dubbi emessi sulla loro esi- stenza. Relazioni fra il sistema philolaico e quello di Hiketas e di Ekphantos. Opinione dello Schiaparelli. Le distanze dei pianeti. Varie opinioni e criterî seguiti per stabilirle. Distanze plane- tarie e teorie musicali : l'armonia delle sfere I concetti di vuoto e di infinito. La natura de- DI ESS INA a TARA ἀκ ς re ah Sviluppo di alcuni concetti scientifici in seno alla scuola pythagorica. Hippasos; lo scis- ma degli akousmatici. Alkmaion. Sue idee cosmologiche arretrate. Sue dottrine fisiologiche. Teoria delle sensazioni. Teorie sulla generazione. Dottrina generale sulla salute e sulle malattie. La conoscenza secondo Alkmaion. Suo criterio ordi- nativo per opposizioni. Considerazioni varie . Teorie mediche e biologiche di Philolaos. Origine della teoria biologica dei quattro umori e delle quattro parti del corpo. Varie dottrine e scoperte di Archytas. Il problema di Delos; l’ infinità del mondo ; la colomba volante 377 292 317 326 338 378 Indice del Cap. II Appendice I. — Il principio della teoria musicale scientifica presso i greci, ed i frammenti rela- tivi di Philolaos e di Archytas. . App. II. — Bibliografia critica : I°; Tesut= Cate II. Lavori storici. A. Storie generali e raccolte di articoli . B. Opere relative ai O e agi τ ai pythagorici 7 App. III. — Citazioni an dr varî τὰ ed opuscoli : ; Indice dei frammenti di ii ua Indice delle citazioni e dei documenti riportati . Indice analitico del capitolo sulla scuola pythagorica. XL: 343 351 352 360 364 369 ivi 375 CAPITOLO III LA SCUOLA DI ELEA HERAKLEITOS εἰ μὴ χλωρὸν ἔφυσε θεὸς μέλι, πολλὸν ἔφασγχον γλύσσονα σῦχα πέλεσθαι. (ΧΕΝΟΡΗΑΝΕΒ, fr. 38). ποταμοῖς τοῖς αὐτοῖς ἐμβαίνομέν τε val οὐχ ΕΣ ᾿ bd , x ΕῚ - ἐμβαίνομεν, cipiy te χαὶ οὐχ εἶμεν. (HERAKLEITOS, fr. 49 4). τῷ πάντ᾽ ὄνομα ἔσται ὅσσα βροτοὶ χατέθεντο πεποιθότες εἴναι ἀληθῆ, 7, , ᾿ ΜᾺ Δ bd , \ 3 , γίγνεσθαί τε xal ὄλλυσθαι, sivai τε χαὶ οὐχί, χαὶ τόπον ἀλλάσσειν διά τε χρόα φανὸν ἀμείβειν, (PARMENIDES, ff. 8). SI. XENOPHANES. IL POETA; LA LOTTA CONTRO LE IDEE RELIGIOSE COMUNI; IL CONCETTO DELLA DIVINITÀ. Anche XENOPHANES, il singolare poeta e filosofo, che viene generalmente considerato come il fondatore della scuola eleata, è originario delle coste dell'Asia Minore, e, precisamente, di Kolophon. Sembra che egli nascesse nella prima metà del VI secolo e che fosse circa contemporaneo di ANAXIMANDROS. Dall’età di 25 anni la sua vita è un continuo pellegrinaggio ; egli passa di luogo in luogo, quale poeta giravago, ed ovunque, dove egli spera di essere bene accolto, egli canta le gesta della sua patria o ingaggia la sua lotta contro le favole che avevano raccontato HoMERoS ed HEsIoDos e che il popolo, nella sua ingenuità, credeva. Nè il genere di vita da lui condotto cessa coll’ avanzarsi della vecchiaia (1) Er. 8 MDiels): ἤδη δ᾽ ἑπτά τ᾽ ἔασι χαὶ ἑξήκοντ᾽ ἑνιαυτοὶ βληστρίζοντες ἐμὴν φροντίδ᾽ dv Ελλάδα γῆν᾽ ἐκ γενετῆς δὲ Tot ἦσαν ἐείκοσι πέντε τε πρὸς τοῖς, εἴπερ ἐγὼ περὶ τῶνδ᾽ οἶδα λέγειν ἐτύμως. (Sono già sessantasette anni che conducono le mie pene su e giù per la terra hellenica; ma allora erano venticinque dalla mia nascita, se bene so riferire su queste cose). Se, come è assai probabile, XENoPHANESs lasciò 1’ Ionia quando essa divenne una provincia persiana (545), ne risulta dai dati autobiografici che egli sarebbe nato nel 570, e che Τ᾿ epoca nella quale fu composto il frammento sopra citato è il 472. L’epoca così desunta per la sua vita viene a trovarsi 382 Vita di Xenophanes Ts e solo la morte, che lo raggiunse, sembra, centenario (2), potè dargli riposo. Nei lunghi suoi viaggi egli percorse quasi tutto il mondo greco, vedendo ed osservando, ma la più lunga dimora la fece in Sicilia e nella Ma- gna Grecia; fra le città ove si fermò maggior- mente sono rammentate Zankles, Katana ed Elea. Si racconta che, come poeta, fosse compositore di numerose opere che egli stesso, secondo l’uso an- tico, recitava al pubblico andando in giro per le varie città. Egli dovrebbe avere cantato la caduta della sua madrepatria, ed, in 2000 esametri, la fondazione di Elea; la posterità lo ha poi fatto autore di diverse poesie epiche, elegiache, iambiche, etc., ed anche tragi- che (3). A noi però non sono rimasti che alcuni frammenti delle Elegie [9], dei Silloi [13] ed alcune del poema περὶ φύσεως [19]; la maggior parte dei quali anche in concordanza con l’ indicazione dello storico Timaros, rac- colta da KLemes d’Alexandria (Strom., I, 64), secondo la quale XENoPHANEs visse all’ epoca di Hieron I, tiranno di Syrakousa (478-467). — Per la cronologia di XENOPHANES è utile ricordare che egli rammenta PyrHacoRAS (vedi ὃ 2, n. 7) e che viene attaccato da HerAKLEITOS (vedi $ 9, n. 4). Invece, sempre secondo l’ indicazione di KLeMES [τῆἧς δὲ ᾿Ελεατικῆς ἀγωγῆς Ξενοφάνης ὁ Κολοφώνιος κατάρχει, ὅν φησι Τίμαιος κατὰ ᾿ἹἹέρωνα τὸν Σιχελίας δυνάστην καὶ ᾿Επίχαρμον τὸν ποιητὴν γεγονέναι, ᾿Απολλόδωρος δὲ κατὰ τὴν τεσσαραχοστὴν ὀλυμπιάδα [620-617] γενόμενον παρᾶτε- ταχέναι ἄχρι Δαρείου τε καὶ Κύρου χρόνων.], la data for- nitaci da ApoLLoporos, lo farebbe rimontare a tempi troppo antichi. Driocenes LaERTIOS ci dà [ἢ indicazione (IX, 20) ἤχμαζε κατὰ τὴν ἑξηκοστὴν ὀλυμπιάδα [540-537]. (2) [Luxranos] MaKRoBIos, 20: E. ὁ Δεξίνου μὲν υἱός, ᾿Αρχελάου δὲ τοῦ φυσικοῦ μαθητὴς ἐβίωσεν ἔτη ἕν καὶ ἐνενήκοντα ; CENSORINUS, 15, 3: « X. Colophonius maior annorum centum fuit ». (3) Diog. L. IX 20: "ἐποίησε. δὲ xa. RKoXoegdvog χτίσιν χαὶ τὸν εἰς ᾿λέαν τῆς ᾿Ιταλίας ἀποικισμὸν ἔπη δισχίλια. II. - S 1. ἢ principio religioso di Xenophanes 383 composti di un solo verso. Se poco possono darci questi resti manchevoli, ci troviamo, ciò nonostante, in condi- zioni assai migliori di quelle nelle quali ci trovavamo ri- spetto agli ionici antichi od ai primi pythagorici, dei quali non ci resta quasi letteralmente nulla. * * * La caratteristica principale di XENOPHANES è il suo atteggiamento violento contro le favole che raccontavano gli antichi poeti. E come tale è anche stato riconosciuto dall’ antichità : γέγραφε δὲ, ci racconta DIOGENES (4) ἐν ἔπεσι xa ἐλεγείας χαὶ ἰάμβους χαθ᾽ Ἡσιόθου καὶ Ὃ μήρου, ἐπικόπτων αὐτῶν τὰ περὶ θεῶν εἰρημένα. ΠῚ questa sua attitudine numerosi troviamo gli esempî nei versi rimastici. Così un frammento dice : «Homeros ed Hesiodos hanno attribuito agli dèi tutto ciò che presso gli uomini è vergogna e danno : rubare, commettere adulterî, ed ingannarsi l’ un l’ altro » (ὩΣ Un altro dice ancora: «come essi raccontano molte opere scellerate degli dèi : rubare, commettere adulterî ed ingannarsi l’ un l’altro» (6). Nè XENOPHANES stigmatizza solamente questo fatto ; egli riconosce pure come sia una caratteristica, ed una brutta caratteristica, della mentalità umana, il formarsi una concezione antropomorfa dei proprî dèi. Di questa sua convinzione abbiamo chiari esempî in tre frammenti conservatici da KLEMES d’Alexandria (Strom.), nei quali XENOPHANES si esprime nel modo seguente : (4) IX, 18. (aber (Di): πάντα, θεῖοσ᾽ ἀνέθηκαν “Ομερός θ᾽ ‘Hotodéc τε, ὅσσα Tap ἀνθρώποισιν ὀνείδεα καὶ ψόγος ἐστίν, κλέπτειν μοιχεύειν τε xal ἀλλήλους ἀπατεύειν. (6) -Fr-12-(D.); ὡς πλεῖστ(α) ἐφθέγξαντο θεῶν ἀθεμίστια ἔργα κλέπτειν μοιχεύειν τε καὶ ἀλλήλους ἀπατεύειν. 384 Il principio religioso di Xenophanes II. - ς 1. «Ma i mortali considerano che gli dèi siano nati, e che come essi portino vesti, ed abbiano voce e forma » (7). «Se i buoi, [i cavalli] ed i leoni avessero delle mani o potessero, come gli uomini, dipingere colle loro mani o formare opere, allora i cavalli dipingerebbero e scolpirebbero l’ immagine dei loro dèi quali cavalli, i buoi quali buoi, e [ogni specie le riprodurrebbe] preci- samente secondo la propria immagine » (8). «Gli Etiopi [stimano che i loro dèi] siano neri e col naso schiacciato, i Thrakî invece [se li rappresentano] con gli occhi azzurri ed i capelli rossi» (9). Contrapponendosi a questa veduta antropomorfa, XENOPHANES ammette invece «un solo Dio, il più grande fra gli dèi e gli uomini, che non assomiglia ai mortali nè per la forma, nè per il pensiero » (10). Come si vede, per la storia delle religioni, XENOPHANES ha importanza grandissima ; e, certo, la sua feroce lotta contro il politeismo, quanto la procla- mazione enfatica di un Dio universale, hanno avuto influenza notevole sullo sviluppo teologico ulteriore della filosofia. Anzi in questa lotta ed in questa proclamazione si deve riconoscere la vera importanza, nella storia, del poeta di Kolophon. {χ) ἘΣ τ (DIE ἀλλ᾽ οἱ βροτοὶ δοκέουσι γεννᾶσθαι θεούς, τὴν σφετέρην δ᾽ ἐσθῆτα ἔχειν φωνήν τε δέμας τε. (TRE (9): ἀλλ᾽ εἰ χεῖρας ἔχον βόες «ἵπποι τ᾽» ἠὲ λέοντες ἢ γράψαι χείρεσσι καὶ ἔργα τελεῖν ἅπερ ἄνδρες, ἵπποι μέν θ᾽ ἵπποισι βόες δέ τε βουσὶν ὁμοίας καί «χε» θεῶν ἰδέας ἔγραφον καὶ σώματ᾽ ἐποίουν τοιαῦθ᾽ οἷόν περ καὐτοὶ δέμας εἶχον «ἕκαστοι ». (0) ἜΠΡῚ τό ΠΣ Αἰθίοπές τε «θεοὺς σφετέρους» σιμοὺς μέλανάς τε Θρῇχκές τε γλαυχοὺς καὶ πυρρούς «φασι πέλεσθαι». (10) Εὖ: 25. (De εἴς θεός, ἔν τε θεοῖσι καὶ ἀνθρώποισι μέγιστος, οὔτι δέμας θνητοῖσιν ὁμοίιος οὐδὲ νόημα. IM. Ξε τ 1: La divinità di Xenophanes 335 Ma XENOPHANES non si limita solamente a procla- mare il solo dio universale. Egli vuole conoscere questo Dio, ed in tal modo lo identifica con la totalità del mondo, che, come tale, deve essere, oltre che cosciente ed onni- sciente, anche infinito (11) ed immobile (12). Questa sua concezione, evidentemente, come non lo faceva essere d’ accordo con HomEeRros ed HEesionpos, così lo poneva pure in lotta con gli antichi fisici. E ciò in par- ticolar modo col suo quasi contemporaneo ANAXIMANDROS, che aveva detto che il mondo era nato e che sarebbe pe- rito, asserzione questa in pieno disaccordo con la conce- zione xenophanesca della divinità. Ma, pure ripudiando queste teorie dei fisiologi ionici, in molte altre questioni egli doveva seguire le loro orme, ed in particolare in quelle concezioni naturalistiche che cercavano di dare una spiegazione di varî fenomeni facilmente osservabili e che non avevano una portata universale. (11) A proposito di infinità e del concetto, dapprima vago, che la parola racchiudeva in sè, concetto che mano a mano venne affermandosi e chiarendosi in modo più ri- goroso, e ciò in particolare per l’ infinito matematico, trat- terò in modo diffuso più avanti quando sarà possibile dare sulla questione uno sguardo d’ assieme. (12) Da alcuni frammenti di XENOPHANES possiamo age- volmente riconoscere gli attributi che egli dava al suo con- cetto di divinità : Erszgi (ΠῚ: οὗλος ὁρᾷ, οὖλος δὲ νοεῖ, odioc δέ τ᾽ αχούει. (tutto occhio, tutto mente, tutto orecchio) ΒΕ 2 εν (Di): 3 sug LA , , Lo , N , ἀλλ᾽ ἀπάνευθε πόνοιο νόου φρενὶ πάντα χραδαίνει. (ma senza fatica, colla potenza della mente, egli agita il tutto) τ 26 {9}: DEN LAS. 3 n , LA > La αἰεὶ δ᾽ ἐν ταὐτῷ μίμνει χινούμενος οὐδέν > x I , 9 , 2 BLA οὐδὲ μετέρχεσθαί μιν ἐπιπρέπει ἄλλοτε ἄλλῃ. (e rimane sempre fisso nello stesso posto, senza mai muoversi, nè gli è conveniente errare in quà ed in là). MIELI N σι 386 Xenophanes e la scuola d° Elea Π| ΞΕ πὶ Nel seguente paragrafo, esaminando le varie opinioni scientifiche, o emesse da XENOPHANES, o ad esso attri- buite, vedremo come, invero, nelle poche cose che sem- brerebbero sue originali, egli non fa appunto che ricor- dare o magari anche sviluppare alcune teorie già propu- gnate da ANAXIMANDROS (13). Frattanto, per terminare qui quello che riguarda la sua concezione della divinità, diremo ancora come questo suo personificarla con l’ insieme del mondo, do- vette certamente avere grande influenza sul suo pre- sunto scolaro PARMENIDES, e determinare così indiret- tamente il nuovo punto di vista della scuola eleata. In questo senso, e non in quello di creatore di teorie trasmesse ai suoi successori, XENOPHANES può a ragione considerarsi come il fondatore della scuola che porta il nome della italica città di Elea (14). (13) Alcuni scrittori antichi fanno infatti di XENOoPHA- NES un discepolo di AnAxIMANDROS. Ad es. DioceNES LAER- ΤΙΟΒ ci dice (IX, 21): τοῦτον (cioè XENOPHANES) Θεό- φραστος ἐν τῇ ᾿Επιτομῇ ᾿Αναξιμάνδρου φησὶν ἀχοῦσαι. (14) Per il carattere di XENOPHANES è interessante no- tare come egli tenda a diminuire le glorie brutali conqui- state con la forza e la violenza, appetto a quelle ottenute con l’ intelletto. In ciò egli si oppone ad una tendenza fino allora quasi generale fra i greci. Testimonianza di ciò ci è un lungo frammento (fr. 2, Diels). Colui che vince alla corsa, egli dice, o alla lotta, o alla corsa dei carri, viene stimato più di me. Eppure la nostra sapienza è migliore della forza degli uomini e dei cavalli. Ciò è ingiusto. Ed è ingiusto perchè non la forza, ma la sapienza può tenere bene ordinato ed in modo profi- cuo il governo delle città. — Datane la lunghezza (22 versi) non sto qui a riportare il frammento, del resto bello e interessante, per quanto certamente non di carattere scien- tifico. dI; LE IDEE SCIENTIFICHE IN XENOPHANES. Nei versi di XENOPHANES troviamo espresse alcune idee di indole scientifica ; e molte più ne conosciamo da documenti posteriori dei doxografi, che trattano delle concezioni del nostro aedo girovago. È interessante esa- minarle brevemente. Queste idee non hanno il carat- tere di un sistema emesso da un pensatore che fa scuola dopo di sè; esse rivelano piuttosto un uomo. intelli- gente, acuto osservatore, che, avendo udito e veduto assai, esprime le sue osservazioni, spesso giuste, sui varî fenomeni osservati e sulle cose che ha sentito dire. In questo senso, certo, non potè mancare la sua influenza specialmente sulla scuola eleata. Un' altra cosa bisogna ben notare occupandosi delle opinioni attribuite a XENOPHANES. Questi è un poeta, in un certo senso, umoristico, che facilmente mette in can- zonatura e deride le opinioni di altri, e che, come tale, può avere ben spesso inteso di parodiare le opinioni di alcuni filosofi, esagerando e mettendo in ridicolo le loro teorie. Ne viene quindi che alcune volte ci troviamo in forse, non sapendo se attribuire alcune sue sentenze a fatti veramente creduti, oppure a suoi tratti di humour. Così quando egli ci parla dell’eclisse di sole che può durare un mese (1), dobbiamo credere che questa sia una bizzarria contro la predizione di THALES, oppure (1) Aet., II, 24, 4: E. κατὰ σβέσιν [τὴν ἔκλειψιν πα ΄ e x 1 w_ 03 > , ἡλίου γίνεσθαι], ἕτερον δὲ πάλιν ταῖς ἀνατολαῖς γίνεσθαι. παριστόρηχε δὲ χαὶ ἔχλειψιν ἡλίου ἐφ᾽ ὅλον μῆνα καὶ πάλιν ἔχλειψιν ἐντελῆ, ὥστε τὴν ἡμέραν νύχτα φανῆναι. 388 1’ umorismo in Xenophanes Π| Ξ 8502 possiamo dedurre da ciò che egli abbia già avuto sen- tore che nei paesi nordici la notte d’inverno è lun- ghissima, e che si può arrivare a luoghi nei quali | in- verno è tutta una lunga notte ? Si noti che, più tardi, HeropoTos ha avuto per fama conoscenza delle lunghe notti iperboree ; ma lo storico d'Alikarnassos ac- coglie la notizia molto scetticamente (2), mentre, d’ al- tra parte, come seguace della geografia ionica, non po- teva certamente spiegarsela in modo razionale. Questa attitudine di HERODOTOS, quindi, è già di per sè un forte argomento per far confermare ancora l'opinione che XE- NOPHANES, come ho detto, accennasse alla lunga eclisse solamente per motteggiare contro THALES. Molte volte, ancora, il linguaggio poetico dell’aedo può averlo tradito presso i posteri e avergli fatto così attri- buire ciò che veramente egli non ha detto. Così AETIOS racconta con piena sicurezza che XENOPHANES ammet- teva più soli e più lune secondo i luoghi (3). Ma questa, che può sembrare una bizzaria, non potrebbe essere in- vece una espressione poetica che esprime quello che in (2) Herod., IV, 25: τὸ δὲ τῶν φαλαχρῶν κατύπερθε οὐδεὶς ἀτρεκέως οἷδε φράσαι: ὄρεα γὰρ ὑψηλὰ ἀποτάμνει ἄβατα χαὶ οὐδείς σφεα ὑπερβαίνει᾽ οἱ δὲ φαλαχροὶ οὗτοι λέγουσι, ἐμοὶ μὲν οὐ πιστὰ λέγοντες, οἰκέειν τὰ ὄρεα αἰγίπο- δας ἄνδρας, ὑπερβάντι δὲ τούτους ἄλλους ἀνθρώπους οἱ τὴν ἑξάμηνον χκατεύδουσι. τοῦτο δὲ οὐκ ἐνδέκομαι [τὴν] ἀρχήν. (3) Aet., II, 24, 9: ἘΠ πολλοὺξ, εἶναι ἡλίους xat ce- λήῆνας χατὰ χλίματα τῆς γῆς καὶ ἀποτομὰς καὶ ζώνας.... BercER (Bibl. N. 88, p. 187 e segg.) collega questa testimo- nianza con un riconoscimento dei diversi orizzonti che presenta la terra quando si ammetta la sua sfericità. [A questo proposito vedi anche il Cap.I, $ 10 a pag. 103]. È difficile dire se veramente XENOPHANES avesse un’idea della sfericità della terra, per quanto in ciò non vi sarebbe nulla di straordinario, in quanto una tale idea, sotto forma assai vaga, era probabilmente già sparsa in alcuni ambienti. Ma io non credo che i passi dai quali sono state tolte le referenze ora citate, siano col- lat aa IM 2 Xenophanes contro Pythagoras 389 linguaggio popolare si dice appunto il sole di un luogo o di un altro, e che ci serve anche oggi ad esprimere di- verse idee più che altro climatiche ? Tenendo allora presente quanto abbiamo detto, non dobbiamo intendere che siano dovute ai suoi beffeggia- menti, oppure a malintesi, anche altre opinioni che gli troviamo attribuite? E cito fra queste quelle sul m o- vimento degli astri, che deve essere rettili- neo, mentre le orbite circolari sono illusioni ottiche (4) ; e quelle che sostengono ‘essere gli astri nubi incan- descenti (5) e mai gli stessi, e ciò perchè quando nella loro marcia passano su regioni disabitate, essi, dive- nendo allora inutili, si spengono senz'altro (6). Per mostrare più chiaramente le tendenze di XENO- PHANES rammentiamo ancora un frammento nel quale il poeta ci dice che « egli (PyTHAGORAS), intendendo la voce di un cane che veniva battuto, gridò pieno di pietà : Non battere più che la sua anima è quella di un amico che ho riconosciuto alla voce » (7). legate ad un tale soggetto; credo piuttosto, come ho detto nel testo, che sia stata male interpretata qualche tratto di humour del nostro poeta-filosofo. (4) Aet., II, 24,9: ὃ δ᾽ αὐτὸς τὸν ἥλιον εἰς ἄπειρον μὲν προϊέναι, δοκεῖν δὲ χυκλεῖσθαι διὰ τὴν ἀπόστασιν. (5) Questa opinione si collega strettamente a quella, che poi vedremo avere una grande importanza nelle teorie po- steriori, che asserisce che il sole, la luna e le stelle si nu- trono dell’ umidità terrestre (ἀτμίς) che, quale emanazione, sale fino ad essi. (6) Aet., II, 24, 9: [ἡλίους καὶ σελήνας] κατὰ de τινα καιρὸν ἐχπίπτειν τὸν δίσκον εἴς τινα ἀποτομὴν τῆς γῆς οὐκ οἰχουμένην ὑφ᾽ ἡμῶν καὶ οὕτως ὥσπερ κενεμβα- τοῦντα ἔχλειψιν ὑποφαίνειν. τ 1 Ἐ 9): καὶ ποτέ μιν στυφελιζομένου σχύλακος παριόντα φασὶν ἐποικτῖραι χαὶ τόδε φάσθαι ἔπος" « παῦσαι μηδὲ part, ἐπεὶ ἢ φίλου ἀνέρος ἐστίν Ψυχή, τὴν ἔγνων φθεγξαμένης ἀίων. » 390 Terra ed acqua in Xenophanes II. -$ 2. Ora questi versi fanno certamente parte-di motteggi rivolti, e forse non questa sola volta, contro la dottrina della metempsicosi. Pure diretta certamente contro i pythagorici è l’altra osservazione (tramandataci da DrogENES LAERTIOS) (8), secondo la quale XENOPHANES, pure attribuendo al mondo coscienza, vista ed intendi- mento, negava che respirasse. Sappiamo infatti che i pythagorici credevano che il mondo respirasse il vuoto esterno (9). * ᾿ς ἧς Nei passi precedentemente citati XENOPHANES non oltrepassa mai i limiti della scienza popolare e dell’ at- titudine di chi, curioso per natura di conoscere le varie opinioni dei fisici, non ha però mai investigato per conto proprio sui fenomeni naturali. Infatti nel complesso dei frammenti rimastici, tutto quello che possiamo riputare come approssimativamente scientifico, si riduce ai se- guenti pochi accenni, che commentiamo aiutandoci anche con quello che ci dicono i doxografi : «Terra ed acqua formano il tutto, ciò che diviene e che cresce» (10) ci dice un frammento, ed un altro rafforza questo concetto : « Perchè tutti noi siamo nati da terra e da acqua» (II). Questi accenni hanno fatto credere a molti, anche moderni, che XENOPHANES avesse emmesso qualche teo- ria originale sull’ele mento o meglio sugli ele- (8) Diog. L., IX, 19: οὐσίαν θεοῦ σφαιροειδῆ, μηδὲν ὅμοιον ἔχουσαν ἀνθρώπῳ᾽ ὅλον δὲ ὁρᾶν καὶ ὅλον ἀκούειν, μὴ μέντοι ἀναπνεῖν: σύμπαντά τε εἶναι νοῦν καὶ φρόνησιν καὶ ἀίδιον. πρῶτός τε ἀπεφήνατο, ὅτι πᾶν τὸ γινόμενον φθαρτόν ἐστι καὶ ἣ ψυχὴ πνεῦμα. (9) Vedi Cap. II, $ τῷ (p. 323). (10) Fr. 29. {9 5): γῆ καὶ ὕδωρ πάντ᾽ ἐσθ᾽ ὅσα γίνοντ(αι) ἠδὲ φύονται. 22. (09: πάντες γὰρ γαίης τε χαὶ ὕδατος ἐχγενόμεσθα. x τ, οἰ Va "ill: -ῖξ 2, Fossili e pietrificazioni 301 menti primordiali. Trascuriamo, come assolu- tamente improbabile, l'opinione di qualcuno che ha vo- luto credere che XENOPHANES ammettesse i qua t- tro elementi (12); cosa questa che ARISTOTELES, buon testimonio in questo, asserisce espressamente es- sere stata fatta per primo da EMPEDOKLES. Da pren- dersi maggiormente in considerazione sarebbe l’ altra supposizione, fatta da molti, secondo la quale XE- NOPHANES, continuando nelle speculazioni dei filosofi ionici, avrebbe supposto che l’ elemento primordiale fosse l’acqua o la terra, oppure anche ambedue questi elementi. In realtà, invece, io credo che, oltre che come accenno ad una pratica delle arti plastiche, i versi riportati, con intenzione ben differente, si riferi- scano invece a quella parte di scienze naturali alla quale XENOPHANES ha portato forse il suo massimo contributo, manifestandosi quì un osservatore acuto e fecondo in risultati; intendo dire alla geologia ed alla pa- leontologia. Abbiamo visto come già ANAXIMANDROS spiegasse l’avanzarsi dei delta dei fiumi, l’elevarsi delle mon- tagne, il continuo disseccarsi del mare e l’origine degli animali. XENOPHANES, facendo forse tesoro delle 0s- servazioni del suo predecessore, va più innanzi; nelle sue numerose peregrinazioni, l’ acuto osservatore aveva certamente, e più volte, visto delle pietrifica- zioni e dei fossili, aveva riconosciuto la loro natura di avanzi di animali (o di piante) una volta viventi nelle acque del mare; aveva osservato anche come spesse volte essi si trovassero in piena terra ferma ed anche su alte montagne, e quindi ben lontani dal loro elemento primitivo. Il mare doveva quindi una volta essere stato lassù. E si poteva anche spiegare il tutto ammettendo che da un liquido fangoso che si disseccava si originasse la terra, insieme all’ uomo, agli animali ed alle piante, e che poi, infine, insieme alla morte di questi (12) Diog., IX, 19: φησὶ δὲ τέτταρα εἶναι. τῶν ὄντων στοιχεῖα. 392 Idee geologiche in Xenophanes 11, usi: organismi, tutto ritornasse nel fango primitivo per dare origine, con nuove creazioni, a nuove terre, insieme a nuovi uomini, animali e piante (13). Questa concezione di XENOPHANES, espressa forse in forma poetica ed oscura, sembra però che generasse la maggior parte dei malintesi che si hanno sulle dot- trine del Kolophoniate. Non aveva egli detto che il mondo era immutabile ed eterno, e non ci afferma egli ancora che, con continua vicenda, da un chaos di acqua e terra si sviluppa un mondo che poi ritorna nel chaos per dare origine ad una nuova creazione ἡ Evi- dentemente nel primo accenno il mondo è tutto l' uni- (13) -Hippiol., 72), E 14:00 (dì Hevopayng dura ἧς γἧς πρὸς τὴν θάλασσαν γίνεσθαι Soxet καὶ τῷ χρόνῳ πὸ τοῦ ὑγροῦ λύεσθαι, φάσκων τοιαύτας ἔχειν ἀποδείξεις, τι ἐν μέσῃ YN καὶ ὄρεσιν εὑρίσκονται κόγχαι, καὶ ἐν Συ- ακούσιας δὲ ἐν ταῖς λατομίαις λέγει εὑρῆσθαι τύπον ἰχθύος καὶ φωκῶν [o φυκῶν 3], ἐν δὲ Πάρῳ τύπον ἀφύης ἐν τῷ βά- θει τοῦ λίθου, ἐν δὲ Μελίτῃ πλάκας συμπάντων θαλασσίων. ταῦτα δέ φησι γενέσθαι, ὅτε πάντα ἐπηλώθησαν πάλαι, τὸν δὲ τύπον ἐν τῷ πηλῷ ξηρανθῆναι. ἀναιρεῖσθαι δὲ τοὺς ἀνθρώπους πάντας, ὅταν ἣ YN κατενεχθεῖσα εἰς τὴν θάλατ- TAV πηλὸς γένηται, εἶτα πάλιν ἄρχεσθαι! τῆς γενέσεως, καὶ ταύτην πᾶσι τοῖς χόσμοις γίνεσθαι μεταβολήν. A questo passo credo conveniente fare seguire una nota riportata da Gomperz (N. 16, ediz. francese; I, p. 175): «Outre Syracuse et Malte, notre source nomme encore Pa- ros. Mais mon collègue, le prof. Su ess, m’a appris ....qu’on n°y trouve pas de pétrifications. Il me fait remarquer que les empreintes de phoques dont parle Hippolyte sont une impossibilité paléontologique, ce qui me conduit à conjecturer qu’ au lieu de φωκῶν il y aurait lieu de lire, par une très legère correction, gvx@y ou φυκίων, fucus. [Variante seguita da Bur- NET e HraTH]. Sur cette conjecture, Suess remarque : ,, Non pas dans les latomies (de Syracuse) elles mémes, mais ἃ une assez faible distance, et sur beaucoup de points de la Sicile, on voit dans un schiste marneux grisàtre, alternant avec la molasse, des empreintes extrémement nettes et frappantes de fucoides, que le profane lui-méme reconnaît pour telles ,, ». "o ὧς ς ἡ US >. Idee geologiche in Xenophanes 393 verso preso nel suo complesso, il dio di XENOPHANES, ‘che, nel suo insieme, è invariabile. Le incessanti varia- zioni invece che appariscono sulla terra, sono cose se- condarie e non modificano il tutto in quanto che le cose, pur trasformandosi e mutando di luogo, rimangono sem- pre comprese nel tutto. Certamente sentiamo un senso di malessere nell’ affermare che il tutto è immutabile mentre le parti sono in continua variazione fra loro, e questo può benissimo avere determinato in PARMENIDES, come vedremo, la distinzione fra le cose veramente esi- stenti, e le apparenze dei nostri sensi; ma la distinzione in XENOPHANES fra il dio universale ed i fenomeni per- ticolari è così netta, che, esaminando le cose spassio- natamente e criticamente, non: possiamo oggi ricadere nella confusione nella quale i commentatori una volta 51 persero. La supposizione delle diverse successive creazioni può avere determinato anche la credenza successiva che XENOPHANES ammettesse infiniti mondi. In realtà ab- biamo solamente questa separazione dell’ elemento liquido primitivo, in terra e mare, ed il loro successivo ricongiungersi ; nulla impedisce poi di pensare che questo fenomeno possa contemporaneamente avvenire in più luoghi. Come abbiamo detto, però, la distinzione su accen- nata, e che esiste veramente nel pensiero di XENOPHA- NES, non fu compresa da molti doxografi, tanto che in uno di essi, che però aveva interesse a discreditare la filo- sofia antica, possiamo leggere dei passi come il seguente : « XENOPHANES figlio di ORTHOMENES, di K o1o- Diliomcapo” della. setta eleata, dice chel uni- verso è uno, sferico, limitato e non generato, ma eterno ed assolutamente immobile. Un’ altra volta, dimenti- cando ciò che aveva detto, dice che tutto è sortito dalla terra » (14). (14) Theodoret, IV, 5: Ξενοφάνης μὲν οὖν ὁ ᾿Ορθο- μένους ὁ Κολοφώνιος ὁ τῆς ᾿Ελεατικῆς αἱρέσεως ἡγησά- μενος ἕν εἶναι τὸ πᾶν ἔφησε σφαιροειδὲς καὶ πεπερασμένον, οὐ γενητὸν ἀλλ᾽ ἀίδιον χαὶ πάμπαν ἀχίνητον. πάλιν δὲ 394 Osservazioni geologiche in Xenophanes II, - $ 2. Basandosi su queste contradizioni i commentatori hanno anche concluso che XENOPHANES avesse asserito che i sensi ingannano. Ora, sebbene si debba ricono- scere un prodondo spirito mordace e spesso anche invo- lontariamente scettico nel nostro poeta (15), non credo affatto che egli potesse giungere ad affermare esplicita- mente questo suo scetticismo ; la piena affermazione di ciò, ed in parte certo per l'influenza esercitata, seb- bene inconsciamente su di lui da XENOPHANES, è do- vuta a PARMENIDES. Tornando alle osservazioni geologiche fatte da XENOPHANES, osserveremo ancora come la dottrina sul sorgere della terra dal mare, dell’ essere cioè quella fango disseccato, sia stata originata dall’osservazione fatta sui fossili. E non solamente egli ha esaminato i soli e veri avanzi effettivi di antichi animali, ma XENOPHANES ha anche certamente asserito di aver visto nella cave di Syrakousa della impronte di pesci e di fuchi, a Paros un'impronta di ἀφύη (?) nel mezzo di una pietra, a Malta altre di ogni sorta di animali ma- rini (16). Queste osservazioni sono abbastanza notevoli e mostrano già un acuto senso di investigazione. È poi facile immaginare come il poeta abbia pensato al ritorno della terra al fango primitivo ; in ciò era stato anche preceduto da ANAXIMANDROS. I fenomeni di erosione e 1 trasporti di terra nei fiumi, possono infatti fare cre- dere facilmente ad una finale e completa erosione e con- sumazione della terra emersa (17). Salvo queste di carattere geologico debbo ricono- scere che nelle altre sue affermazioni scientifiche XENO- αὖ τῶνδε τῶν λόγων ἐπιλαθόμενος ἐκ τῆς γῆς φῦναι ἅπαντα εἴρηκεν: αὐτοῦ γὰρ δὴ τόδε τὸ ἔπος ἐστὶν « ἐκ γῆς γὰρ πάντα χαὶ εἰς γὴν πάντα τελευταῖ. » (15) Sul suo atteggiamento scettico vedi la nota 22. (16) Vedi la nota 13 di questo paragrafo. (17) Ps. Plout. (Strom., 4): ἀποφαίνεται δὲ καὶ τῷ χρόνῳ καταφερομένην συνεχῶς καὶ xa ὀλίγον τὴν γὴἣν ἰς τὴν θάλασσαν χωρεῖν. III. - $S 2. Osservazioni geologiche in Xenophanes 395 x PHANES è meno originale o fortunato, e non raggiunge nemmeno da lontano l’importanza che aveva acqui- stato con quelle. Non è nuova l’ opinione di fare del mare l'origine dei venti, ed inoltre delle tempeste e dell’ acqua, come risulta da un frammento conserva- toci (18). Invece abbastanza bene espressa sarebbe l’ al- tra concezione riportata da AETIOS e che ci afferma : tutti i fenomeni meteorologici provengono, come causa principale, dal calore del sole. Pompando questo Τ᾿ umidità del mare, l’ acqua dolce, per la sua leggerezza, se ne stacca, e, passando attraverso lo stato di nebbia, o forma le nuvole che, condensandosi, fanno cadere la pioggia, oppure si dissipa in vento. Egli dice testual- mente: «Il mare è la sorgente dell’ acqua » (19). Questa teoria, però, è troppo chiara e dettagliata, ed è stata certamente elaborata in tal modo solo più tardi. Un’ altra opinione di XENOPHANES, cioè che la terra al disopra termini con l’aria, mentre al disotto non ha confini (20), ci riporta certamente ad una antica conce- zione ionica. Di varie altre poi, riferite dai doxografi, non vale nemmeno la pena di occuparsene. (18) Fr. 30 (Diels): πηγὴ δ᾽ ἐστὶ θάλασσί(α) ὕδατος, πηγὴ δ᾽ ἀνέμοιο᾽ οὔτε γὰρ ἐν νέφεσιν « πνοιαὶ χ᾽ ἀνέμοιο φύοιντο exrvetovtoc> ἔσωθεν ἄνευ πόντου μεγάλοιο οὔτε ῥοαὶ ποταμῶν οὔτ᾽ αἰθέρος ὄμβριον ὕδωρ, ἀλλὰ μέγας πόντος γενέτωρ νεφέων ἀνέμων τε καὶ ποταμῶν. (19) Aet., III, 4, 4: Εἰ ἀπὸ τῆς τοῦ ἡλίου θερμό- τητος ὡς ἀρχτικῆς αἰτίας τάν τοῖς μεταρσίοις συμβαίνειν. ἀνελκομένου γὰρ ἐκ τῆς θαλάττης τοῦ ὑγροῦ τὸ γλυχὺ διὰ τὴν λεπτομέρειαν διακρινόμενον νέφη τε συνιστάνειν ὁμιχλούμενον καὶ καταστάζειν ὄμβρους ὑπὸ πιλήσεως καὶ διατμίζειν τὰ πνεύματα. γράφει γὰρ διαρρήδην « πηγὴ δ᾽ ἐστὶ θάλασσα ὕδατος. » (20)0Bx.28(Diels): 14 DS) > n γαίης μὲν τόδε πεῖοχλς ὄνω παρὰ ποσσὶν ὁρᾶται 3 for προσπλάζον. τὸ κάτω δ᾽ ἐς ἄπειρον ἱχνεῖται. 9 396 Idee gnoseologiche in Xenophanes TI, 5 2; Per chiudere accennerò solo un’acuta osservazione, che mostra come dal nostro poeta si cominciasse a rico- noscere una certa relatività e fallacia nei nostro sensi, e come, quindi, collo svilupparsi di questo concetto, si potesse venire a negare le testimonianze che essi ci por- gono (PARMENIDES) od a fondare il relativismo sistema- tico di HERAKLEITOS. In un frammento rimastoci infatti XENOPHANES ci dice : « Se dio non avesse creato il giallo miele, si crederebbe che i fichi fossero la cosa più dolce che esiste al mondo» (21). Sotto il rapporto della teoria della conoscenza è in- teressante anche un passo conservatoci da SEXTUS EmM- PIRICUS (adv. math., VII, 49) nel quale XENOPHANES espone dei dubbi sulla possibilità della conoscenza (22) : «E pertanto mai nessuno ha potuto o potrà avere una completa sicurezza intorno agli dèi ed a tutte le cose che 10 dico. E se alcuno a caso anche arrivasse a parlarne compiutamente, egli non lo saprebbe. Su tutte le cose infatti domina l’ apparenza ». (21) ET 4302 (DIE εἰ μὴ χλωρὸν ἔφυσε θεὸς μέλι, πολλὸν ἔφασκον γλύσσονα σῦχα πέλεσθαι. (22) Fr-%ig4: (DI: nai τὸ μὲν οὖν σαφὲς οὔτις ἀνὴρ γένετ᾽ οὐδέ τις ἔσται εἰδὼς ἀμφὶ θεῶν τε xal ἅσσα λέγω περὶ πάντων᾽ εἰ γὰρ χαὶ τὰ μάλιστα τύχοι τετελεσμένον εἰπών, αὐτὸς ὅμως οὐκ οἶδε: δόχος δ᾽ ἐπὶ πᾶσι τέτυκται. Dal lato della teoria della conoscenza confronta anche Τ᾿ altro frammento (fr. 18), nel quale, constata che gli dèi non hanno dato all’ uomo fin da principio una piena cono- scienza, ma che questi lentamente, con la ricerca, se la va aumentando : οὕτοι ἀπ᾽’ dpync πάντα θεοὶ θνητοῖσ’ ὑπέδειξαν, ἀλλὰ χρόνῳ ζητοῦντες ἐφευρίσχουσιν ἄμεινον. $ 3. PARMENIDES E LA SCUOLA D’'ELEA — CARATTERI PRIN- ἀρ ILA VERITÀ E LA TEORIA DELLA CONO- SCENZA — CONSEGUENZE PER LO SVILUPPO DEL PENSIERO SCIENTIFICO. PARMENIDES figlio di Pyres nacque verso il 540 da una ragguardevole famiglia di Elea. In gioventù, se non aderì apertamente alla scuola pythago- rica, certo si trovò con essa in intimi rapporti; così potè essere più tardi classificato fra i pythagorici. Su un errore è basata l’ asserzione che lo fa scolaro di ANAXIMANDROS ; ebbe invece rapporti o meglio subì po- tentemente l’ influenza di XENOPHANES. Della vita di PARMENIDES poco sappiamo. Certamente egli fondò una scuola nella sua città natale dove, raggruppando nume- rosi scolari e seguaci, dette vita a quella corrente di idee che nella storia del pensiero viene denominata della scuola d’ Elea. E assai probabile poi che, appunto per i suoi seguaci, egli immaginasse e scrivesse il poema del quale fra poco parleremo. Si vuole anche che egli desse leggi agli Eleati. Il suo scritto deve datarsi appros- simativamente al 480 (1). (1) Le notizie biografiche più dettagliate intorno a PaR- MENIDES si trovano in DriocenEes LaeRTIos (IX, 21-23): Ξενοφάνους δὲ διήκουσε Παρμενίδης Πύρητος ° Erekmne (τοῦτον Θεόφραστος ἐν τὴ ᾿Κἰπιτομῇ ᾿Αναξιμάνδρου φησὶν ἀχοῦσαι). ὅμως δ᾽ οὖν ἀκούσας xai Ξενοφάνους οὐκ NMxo- λούθησεν αὐτῷ. ἐκοινώνησε δὲ χαὶ ᾿Αμεινίᾳ Διοχαίτα τῷ Πυθαγορικῷ, ὡς ἔφη Σωτίων, ἀνδρὶ πένητι μέν, καλῷ δὲ χαὶ ἀγαθῷ. ᾧ καὶ μᾶλλον ἡκολούθησε καὶ ἀποθανόντος ΙΑ 2 4 RE Die A Ln ΩΣ N x 398 La dottrina di Parmenides. II. - S 3. Il fondamento della dottrina di PARMENIDES, dot- trina che si ritrova ancora più esagerata in alcuni suoi successori, è l’ asserzione che tutto quello che ci mo- strano i sensi è pura apparenza; la verità, invece, trascende i sensi ed è una cosa che per mezzo di essi non sì può raggiungere (2). Quale sia la via per giun- gere ad essi, però, egli non ci dice; egli si limita piut- tosto a stabilire, metafisicamente, ben s'intende, una dottrina della vera essenza della cose, ed a contrapporre ad essa un’ altra dell’ apparenza di esse. L’ esposizione di queste dottrine formano le due parti del suo poema del quale, fortunatamente, si sono conservati numerosi frammenti, e tali da darci un'idea completa dello spi- rito e del pensiero dell’ autore. La concezione di PARMENIDES ha importanza gran- «dissima nella storia generale del pensiero umano, ed in ispecie in quella del pensiero scientifico, poichè, con la sua teoria, furono poste sul tappeto una quantità di questioni che per lungo tempo affaticarono, e che affaticano ancora, le menti umane. Anzitutto un grande problema è stato posto : quello della verità. Poco importa il modo col quale PARMENI- DES ha creduto di risolverlo ; l’ importante è di avere fissato una volta, ed in modo esplicito, il problema stesso. Dapprima, infatti, senza averne chiara coscienza; si se- ἡρῷον ἱδρύσατο γένους τε ὑπάρχων λαμπροῦ καὶ πλούτου, καὶ ὑπ᾿ ᾿Αμεινίου, ἀλλ᾽ οὖχ ὑπὸ Ξενοφάνους εἰς ἡσυχίαν προε- τράπη.... ἤκμαζε δὲ κατὰ τὴν ἐνάτην καὶ ἑξηκοστὴν dAvp- πιάδα [504-501] ...... λέγεται δὲ καὶ νόμους θεῖναι τοῖς πολίταις, ὥς φησι Σπεύσιππος ἐν τῷ Περὶ φιλοσόφων. Probabilmente 1’ anno dell’ ἀκμὴ di PARMENIDES deve combinare con la sua azione politica. — Le indicazioni di PLATON, intorno alla vita di PARMENIDES, quelle ad es. che si riferiscono all’epoca nella quale visse, sono, con ogni pro- babilità, intenzionalmente errate. (2) In questo senso devono così interpretarsi le espres- sioni come (Diog. L., IX, 22): δισσήν τε ἔφη τὴν φιλο- σοφίαν, τὴν μὲν κατὰ ἀλήθειαν, τὴν δὲ κατὰ δόξαν. Ufr= ς 2. La Verità 399 guivano i dati fornitici dai sensi, o si seguiva qualche principio preconcetto, e si parlava senza il menomo dubbio intorno alla vera verità, diciamo così, di quello che si diceva. Dopo PARMENIDES ciò non è più possiì- bile ; chiunque vuole enunciare un principio generale in- torno al mondo o intorno ai fenomeni che in esso av- vengono, deve domandarsi chiaramente se la via per la quale egli si è messo può condurlo a riconoscere la ve- rità. E da questo inizio, poi, coll’ affinarsi dell’ indagine scientifica, è sorta la questione ulteriore che ci spinge a ricercare non solamente se si raggiunge la verità, ma che cosa sia questa verità stessa. E si stabiliranno così delle dottrine sulla verità, e questa potrà essere ricono- sciuta come qualche cosa di trascendente e da intuirsi in qualche maniera più o meno problematica, oppure come una cosa che solamente può venirci fornita da una spe- ciale rivelazione per opera di qualche divinità, oppure, infine, si riconoscerà che questa verità è solamente una cosa relativa, variabile a seconda di chi la percepisce, e che ha il suo solo criterio nei fatti stessi, che dove- vano potere essere fino ad un certo punto PREVEDUTI da una teoria vera. Lo sviluppo, l’incalzarsi e l’ affinarsi di problemi di tale sorta, sarà opera di tempi posteriori; PARME- NiDES, sebbene in modo abbastanza primitivo, viene a stabilire, ripetiamolo, che ciò che percepiamo con i sensi è sola apparenza, e che dietro a questa esiste un’ al- tra verità vera, diversa dall’ immediata percezione. Questo punto di partenza nella investigazione’ scien- tifica, e che è stato quello della gran maggioranza dei pensatori susseguitisi fino ad oggi, ha avuto conseguenze incalcolabili. Trascurando tutti quei casi nei quali la ricerca della verità avviene per vie trascendenti o in seguito ad una creduta rivelazione, riconosciamo che nelle varie teorie scientifiche quasi sempre viene as- sunto come un principio saldamente acquisito il fatto che bisogna arrivare a scoprire dietro i fenomeni falsi ciò che è veramente vero. Ora questa condizione del pensiero scientifico è quella che ha generato tutti i grandi sistemi, più che scientifici, metafisici, e che sono stati 400 I fenomeni sensibili e la Verità {ΠῚ #537 basi ed efficacissimo sprone per alcune scienze e per al- cune grandiose concezioni del mondo. Per citare una, che ancora oggi ha un grande predominio, ci riferiamo a quella che ammette che tutte le qualità che osserviamo nei corpi e nei fenomeni non siano che apparenze : il colore, il sapore, la durezza, non sono che effetto della fallacia dei sensi ; la verità è che non vi sono altro che atomi, o molecole, o elettroni, variamente aggruppati e disposti, e dotati di un incessante movimento. Così se- condo questa teoria, noi avremo trovato la vera verità solamente quando sapremo dire a quale genere di mo- vimento corrisponde il colore giallo dell’ oro, la sua dut- tilità, e la sua fusibilità ad alta temperatura, etc. od il sapore dolce dello zucchero e la proprietà, che esso ha, în potenza, di trasformarsi in alcool ed in acido car- bonico. Non è ora il momento di portare altri esempì ; vedremo che la maggior parte della storia delle scienze non sarà che la storia della creazione di tali schemi ideali immaginarî, e la ricerca di ricondurre ad essi i feno- meni percepiti e misurati con i sensi. Non bisogna poi nemmeno credere che un tale pro- blema, anche se malamente posto, possa avere condotto solamente a cattivi frutti; tutt’ altro. E appunto uno dei compiti della storia delle scienze il mostrare come in generale la grande maggioranza dei problemi. scienti- fici siano dovuti direttamente od indirettamente al per- seguire cose non realizzabili o non ancora realizzate (trasmutazione degli elementi e ricerca della pietra filo- sofale, ricerca del moto perpetuo) o all’ edificazione di sistemi arbitrarî, non sperimentali, spesso metafisici e anche teologici (sistemi atomici, e, in generale, conce- zioni meccaniciste dell’ universo ; figure, luoghi più ono- rifici e mistica dei numeri; impossibilità che Dio, nella sua grande saggezza, crei per poi distruggere ; etc.) od anche ai granchi più colossali presi nelle questioni esa- minate. La scuola eleata, con a capo PARMENIDES, ha dunque il merito di avere sollevato tali questioni e di averle risolte per la prima volta a suo modo. Vedremo Il. - $ 3. Gnoseologia eleata 401 anche che i successori di PARMENIDES, acuendo questo dissidio fra realtà ed apparenza, giunsero al punto di negare non solo la realtà delle nostre sensazioni, ma an- che assolutamente, ed in modo apparentemente logico, le cose che a prima vista ci sembrano le più evidenti e le più naturali. A un tal punto giunse MELISSsOS, ed in tal modo, da molti, anche antichi, è stata spiegata una polemica matematica di ZENON, nella quale si è voluto far negare il moto al discepolo di PARMENIDES, per mezzo della famosa dimostrazione che prova che il piè veloce Achilleus non poteva mai sorpassare nella corsa la tartaruga che lo precedeva per un piccolo tratto. Ora l’acuirsi di un tale dissidio fra la supposta verità e le ap- parenze, o nella sua fase ultima, fra il ragionamento e la pratica immediata, ha contribuito potentemente al- Τ᾽ affinarsi delle scienze dello spirito, ed ailo studio della capacità e della possibilità della mente umana di co- noscere il mondo e di fondare saldamente le scienze. Così accanto alle scienze descrittive, naturalistiche, esterne, direi quasi, che avevano cominciato a delinearsi con i primi ionici e gli antichi pythagorici, si an- davano formando le non meno indispensabili scienze psicologiche, e, con gli eleati, trovava il suo prin- cipiopdlarte orta della conoscenza ola. teo- ria gnoseologica. Senza quest’ultima, è evidente, non possono esistere vere scienze. Senza il controllo della mente su sè stessa, che esamina i suoi metodi, che passa al vaglio i suoi risultati, che riconosce i limiti che può raggiungere, e, nel momento dell'esame, non può sorpassare, tutte le varie scienze non possono essere che raccolte di favole e di miti, o regole pratiche, ma senza valore teorico, che possono, è vero, servire in dati pas- seggeri momenti della vita, ma che non hanno un ef- fettivo valore per il pensiero umano. È per questo, anche, che la storia della gnoseologia forma una delle parti più importanti della storia del pensiero scientifico, e che è assai errato il metodo di coloro che credono fare la storia delle scienze rammentando solamente le date e gli sviluppi di alcune scienze speciali. In tale MIELI 26 402 La gnoseologia nella storia della scienza III. - $ 3. modo si potranno accumulare una serie di fatti, non si potrà mai entrare nello spirito di coloro che hanno ope- rato e che, in un determinato tempo, hanno più o meno potentemente influito sul decorso e sull’ evoluzione del pensiero scientifico. $ 4. IL POEMA DI PARMENIDES — ESAME DELLA SUA TEORIA DELLA CONOSCENZA E DELLA VERITÀ. Esaminiamo ora più dappresso la prima parte del poema di PARMENIDES, quella cioè che tratta della v e- rità e le notizie suppletorie che l’ antichità ci ha la- sciato sul suo pensiero fondamentale. Della prima parte del poema di PARMENIDES abbiamo otto frammenti, ri- spettivamente di 38, 4, 2, 8, I, 9, 2, OI versi. Nell’ ul- timo, col verso cinquantesimo, termina la prima parte del poema e si viene invece a parlare dei fenomeni quali essi ci appariscono. Di questa. seconda parte abbiamo ancora undici frammenti, tutti però assai brevi (uno di essi in una traduzione latina), oltre uno dubbio. Lo stile dell’ autore è poetico e spesso anche oscuro ; e certo non è molto facile entrare nello spirito del filosofo, se prima non ci è formata un'idea chiara della sua dot- trina e dei suoi scopi, aiutandosi, per ciò, con le referenze degli scrittori posteriori. Trasportato su un carro da veloci cavalli, l’autore viene condotto «per la via famosa della divinità che guida per tutte le città l’uomo istruito »; la dea allora lo accoglie benevolmente e così gli parla (1): «O giovane, accompagnato da immortali conduttrici, che ti avvicini alla mia casa sul tuo carro tirato da ca- valli, salute! Non un destino cattivo ti ha condotto su (1) Fr. 1 (Diels) versi 24-32: ὦ xodp ἀθανάτοισι συνάορος ἡνιόχοισιν, ἵπποις ταί σε φέρουσιν ἱκάνων ἡμέτερον δῶ, χαῖρ᾽, ἐπεὶ οὔτι σε μοῖρα κακὴ προὔπεμπε νέεσθαι 404 Il poema di Parmenides II. - S . questa via (essa è ben lontana dal sentiero degli uomini) ma è la legge e la giustizia. Così devi arrivare a conoscere tutto ; ed il cuore fermo della bene arrotondata Verità, e le opinioni dei mortali nelle quali non risiede la vera certezza. (Comunque sia, imparerai anche quello che bi- sognerebbe credere di quelle cose apparenti, quando ve- nissero a fondo esaminate »). E così essa comincia a parlargli delle due vie oppo- ste che sono aperte alla speculazione (2) : «Or dunque io ti dirò, e tu ben cura di udirmi, quali sono le sole vie pensabili per la ricerca ; l’ una è che l’ es- sere esista ed il non essere non esista, e questa è la via della Certezza (essa segue la Verità), l’ altra è che l’ es- sere non esista, e che necessariamente esista il non es- sere, e questa, ti dico, è via del tutto imperseguibile. Poichè tu non puoi conoscere il non essere (de è asso- lutamente impossibile) e nemmeno pensarlo... « Poichè pensare l’ essere ed essere è ὭΣ stessa cosa » (3). Cosa sono l’ essere (τὸ ὄν) che solamente si può τὴνδ᾽ ὁδόν (ἢ γὰρ ἀπ᾽ ἀνθρώπων ἐχτὸς πάτου ἐστίν), ἀλλὰ θέμις τε δίκη τε. χρεὼ δέ σε πάντα πυθέσθαι, ἠμὲν ᾿Αληθείης εὐκυχκλέος ἀτρεμὲς ἧτορ ἠδὲ βροτῶν δόξας, ταῖς οὐκ ἔνι πίστις ἀληθής. « ἀλλ᾽ ἔμπης καὶ ταῦτα μαθήσεαι, ὡς τὰ δοκοῦντα χρῆν δοκιμῶσ᾽ εἶναι διὰ παντὸς πάντα περῶντα. > Ire (Direi) εἰ δ᾽ ἄγ᾽ ἐγὼν ἐρέω, κόμισαι δὲ σὺ “μῦθον ἀκούσας, αἵπερ ὁδοὶ μοῦναι διζησιός εἰσι νοῆσαι" ἢ μὲν ὥπως ἔστιν τε καὶ ὡς οὐκ ἔστι μὴ εἶναι, Πειθοῦς ἐστι κέλευθος (᾿Αληθείῃ γὰρ ὀπηδεῖ), ἣ δ᾽ ὡς οὐχ ἔστιν τε xal ὡς χρεών ἐστι μὴ εἶναι, τὴν δή τοι φράζω παναπευθέα ἔμμεν ἀταρπόν᾽ οὔτε γὰρ ἂν γνοίης τό γε μὴ ἐὸν (οὐ γὰρ ἀνυστόν) οὔτε φράσαις. () οὐ πὴ: δ 9 \ - 3 x si τὸ γὰρ αὐτὸ νοεῖν ἐστίν τε καὶ εἶναι II - $ 4. Il vero Essere e la falsa apparenza 40 conoscere, ed il non essere che non si può nè compren- dere nè esprimere ? Il non essere, secondo PARMENIDES, è il nostro mondo dei fenomeni, sempre variabile, sem- pre diverso, che mai non sta in quiete e che quindi, ap- punto per questo, secondo la sua opinione, non può es- sere oggetto di una vera conoscenza. In questa opinione si vede chiaramente l’ influenza e lo sviluppo della tesi primitiva, di tendenza scettica, di XENOPHANES; e nello stesso tempo nell’ essere, che, come vedremo, ha per qua- lità precipua quella del non mai divenire o variare, si può, in certo qual modo, ravvisare la divinità propugnata dal rapsodo di Kolophon, divinità che quì si tra- sforma nell’ insieme del vero mondo, immobile ed im- mutabile, che sta dietro i falsi fenomeni variabili che appariscono ai nostri sensi. E su questa antinomia. fra l’ essere ed il non essere, PARMENIDES ritorna più volte nel corso della prima parte del suo poema, e lo sotto- linea anche fortemente quando passando alla seconda parte dice (4) : «E così termino il vero discorso e ragionamento intorno alla Verità; apprendi ora le dottrine umane udendone dai miei versi la falsa struttura ». Fissata bene la distinzione fra il vero essere e la falsa apparenza, e per questo sono sufficienti i versi stessi di PARMENIDES, vediamo come egli si immagini il suo τὸ ὄν. Per questo ci serviamo ancora la testimo- nianza stessa dell'autore, e precisamente del frammento ὃ, riportando testualmente l’ intiero brano, anche perchè è sempre più istruttiva una testimonianza diretta, di molte (4) Fr. 8 (Diels) versi 50-52: ἐν τῷ σοι παύω πιστὸν λόγον ἠδὲ νόημα ἀμφὶς ἀληθείης: δόξας δ᾽ απὸ τοῦδε βροτείας μάνθανε κόσμον ἐμῶν ἐπέων ἀπατηλὸν ἀκούων. 406 Caratteri del?’ Essere IN. - 9 4. lunghe chiacchiere esplicative, o dei commenti di tardi eruditi (5). « E così rimane ancora una sola via perseguibile, che l’ essere esista. Ed in favore di ciò vi sono molti segni; come non nato, così pure esso non può perire, forma un tutto, è unigenito, immobile, senza fine. Non era mai, nè sarà, poichè esso nell’ adesso esiste tutto insieme, unico, indivisibile. Quale origine vuoi tu in- fatti trovare di esso ? [7] come, e da dove il suo accresci- mento ? [Esso non può essere stato originato dall’essere, poichè altrimenti esisterebbe un altro essere < Dtels >] nè posso lasciarti dire o pensare che [abbia origine] dal non essere; non si può infatti nè dire, nè pensare ciò che non è. Quale necessità lo avrebbe forzato, infatti, prima o poi, di cominciare a crescere dal nulla? È quindi necessario o che sia sempre continuato ad esistere in tutti i casi, o che non lo sia stato assolutamente mai. [12] Nè la forza della persuasione può convincere che dal non essere possa generarsi altro che non sia il non essere stesso ; perciò la giustizia non ha lasciato liberi dai suoi legami il generarsi e il perire, ma li ri- (5) Fr. 8 (Diels) versi 1-49: μοῦνος δ᾽ ἔτι μῦθος ὁδοῖο λείπεται ὡς ἔστιν. ταύτῃ δ᾽ ἐπὶ σήματ᾽ ἔασι πολλὰ μάλ᾽, ὡς ἀγένητον ἐὸν καὶ ἀνώλεθρόν ἐστιν οὖλον μουνογενές τε καὶ ἀτρεμὲς ἢ δ᾽ ἀτέλεστον" οὐδέ ποτ᾽ ἣν; οὐδ᾽ ἔσται, ἐπεὶ νῦν ἔστιν ὁμοῦ πᾶν, ἕν, συνεχές: τίνα γὰρ γένναν διζήσεαι αὐτοῦ ; πὴ πόθεν αὐξηθέν : * * * οὔτ᾽ ἐκ μὴ ἐόντος ἐάσσω φάσθαι σ᾽ οὐδὲ νοεῖν᾽ οὐ γὰρ φατὸν οὐδὲ νοητόν ἔστιν ὅπως οὐκ ἔστι. τί δ᾽ ἄν μιν καὶ χρέος @poev ὕστερον ἣ πρόσθην, τοῦ μηδενὸς ἀρξάμενον, uv ; οὕτως ἣ πάμπαν πελέναι χρεών ἐστιν ἣ οὐχί. οὐδέ ποτ᾽ ἐκ μὴ ἐόντος ἐφήσει πίστιος ἰσχύς γίγνεσθαί τι παρ᾽ avrò: τοῦ εἵνεκεν οὔτε γενέσθαι οὔτ᾽ ὄλλυσθαν ἀνῆκε δίκη χαλάσασα πέδῃσιν, ἀλλ᾽ ἔχει’ ἣ δὲ χρίσις περὶ τούτων ἐν τῷδ᾽ ἔστιν" ἔστιν ἣ οὐκ ἔστιν κέκριται δ᾽ οὖν, ὥσπερ ἀνάγκη, II. - S 4. Caratteri dell’ Essere 407 tiene saldamente. Ma la soluzione di ciò sta in questo: è oppure non è! In tal modo, necessariamente, vengono distinte e la via da lasciarsi, perchè non pensabile e non esprimibile (essa non è infatti la vera via), e l’altra da considerarsi come esistente e vera. [19] E come potrebbe l'essere una volta venire ad esistere ? come avrebbe mai potuto essere sorto ? che se esso è nato una volta, non è; e non è nemmeno se dovesse una volta nascere. In tal modo svanisce il sor- gere, ed è inintelligibile il perire. [22] E nemmeno esso è divisibile, poichè forma un tutto ovunque simile a sè stesso. Nè esiste in alcun luogo un essere più forte, che possa impedire la sua connes- sione, nè un essere più debole; ma tutto pieno è del- l’ Essere. Ed anche è del tutto continuo ; poichè l’ es- sere sta aderente all’ essere. [26] Inoltre immobile esso giace nei limiti dei grandi legami, ed è senza principio e senza fine, poichè nascere e perire sono stati rimossi lontano, dove li cacciò la vera certezza. E stando come lo stesso sta in sè stesso, esso riposa in sè stesso e sta; poichè la forte Necessità lo ritiene e lo serra nei legami che lo circondano intorno. Perciò l’ essere non deve essere senza confini. Poichè τὴν μὲν ἐᾶν ἀνόητον ἀνώνυμον (οὐ γὰρ ἀληθής ἔστιν ὁδός), τὴν δ᾽ ὥστε πέλειν καὶ ἐτήτυμον εἶναι. πῶς δ᾽ ἂν ἔπειτα πέλοι τὸ ἐόν : πῶς δ᾽ ἄν χε γένοιτο ; εἰ γὰρ ἔγεντ᾽, οὐκ ἔστ(), οὐδ᾽ εἴ ποτε μέλλει ἔσεσθαι. τὼς γένεσις μὲν ἀπέσβεσται καὶ ἄπυστος ὄλεθρος. οὐδὲ διαιρετόν ἐστιν, ἐπεὶ πᾶν ἐστιν ὁμοῖον" οὐδέ τι τῇ μᾶλλον, τό xev εἴργοι μιν; συνέχεσθαι, οὐδέ τι χειρότερον, πᾶν δ᾽ ἔμπλεόν ἐστι ἐόντος. τῷ ξυνεχὲς πᾶν tor: ἐὸν γὰρ ἐόντι πελάζει. αὐτὰρ ἀκίνητον μεγάλων ἐν πείρασι δεσμῶν ἔστιν ἄναρχον ἄπαυστον, ἐπεὶ γένεσις καὶ ὄλεθρος TRAE μάλ᾽ ἐπλάχθησαν, ἀπῶσε δὲ πίστις ἀληθής. ταὐτόν τ᾽ ἐν ταὐτῷ τε μένον καθ᾽ ἑαυτό τε χεῖται χοὔτως ἔμπεδον αὖθι μένει" κρατερὴ γὰρ ᾿Ανάγκη πείρατος ἐν δεσμοῖσιν ἔχει, τό μιν ἀμφὶς ἐέργει 408 Caratteri dell’ Essere II. - $ 4. esso è senza mancanze ; e se questi gli mancassero tutto gli mancherebbe. [34] È una sol cosa il pensare e lo scopo del pensare. Senza l’ essere, nel quale si trova espresso, tu non po- tresti trovare il pensare. Non vi è niente, nè vi sarà nulla al di fuori dell’ essere, giacchè la Sorte lo ha costretto ad essere un tutto immobile. Perciò è tutto un vuoto suono ciò che i mortali, persuasi della loro verità, hanno posto che sia vero: nascere e perire, essere e non es- sere, variare il posto e cambiare il colore lucente. [42] Ma poichè vi è un ultimo confine così l’ essere è limitato da tutte le parti, simile alla massa di una ben rotonda sfera, dal centro uguale verso tutte le parti. Poichè non deve essere o quì o lì più grande o più pic- colo. Poichè non può esservi un niente che possa osta- colare un’ unione; un essere non può essere quì più, quì meno che l’ Essere, poichè esso è tutto invulnera- bile. Poichè [il centro < Diels>] che da tutte le parti è ugualmente distante, tende ugualmente ai confini ». L'Essere adunque, secondo PARMENIDES, non ha x οὕνεχεν οὐκ ἀτελεύτητον τὸ ἐὸν θέμις εἶναι’ ἔστι γὰρ οὐκ ἐπιδευές" [μὴ] ἐὸν δ᾽ ἂν παντὸς ἐδεῖτο. ταὐτὸν δ᾽ ἐστὶ νοεῖν τε καὶ οὕνεκέν ἐστι νόημα. οὐ γὰρ ἄνευ τοῦ ἐόντος, ἐν ᾧ πεφατισμένον ἐστίν, εὑρήσεις τὸ νοεῖν: οὐδὲν γὰρ « ἢ» ἔστιν 7 ἔσται ἄλλο πάρεξ τοῦ ἐόντος, ἐπεὶ τό γε Μοῖρ᾽ ἐπέδησεν οὖλον ἀκίνητόν τ᾽ ἔμεναι" τῷ πάντ᾽ ὄνομ(α) ἔσται ὅσσα βροτοὶ κατέθεντο πεποιθότες εἶναι ἀληθῆ, γίγνεσθαί τε καὶ ὄλλυσθαι, εἶναί τε καὶ οὐχί, καὶ τόπον ἀλλάσσειν διά τε χρόα φανὸν ἀμείβειν. αὐτὰρ ἐπεὶ πεῖρας πύματον, τετελεσμένον ἐστί πάντοθεν, εὐκύκλου σφαίρης ἐναλίγκιον ὄγκῳ, μεσσόθεν ἰσοπαλὲς πάντῃ" τὸ γὰρ οὔτε τι μεῖζον οὔτε τι βαιότερον πελέναι χρεόν ἐστι τῇ ἣ τῇ. οὔτε γὰρ οὔ τεον ἔστι, τό xev παύοι μιν ἱχκνεῖσθαι εἰς ὁμόν, οὔτ᾽ ἐὸν ἔστιν ὅπως εἴη xev ἐόντος τῇ μᾶλλον τῇ δ᾽ ἧσσον, ἐπεὶ πᾶν ἐστιν ἄσυλον᾽ ol γὰρ πάντοθεν ἴσον, ὁμῶς ἐν πείρασι κύορει. HI. - $ 4. L’Essere di Parmenides e la materia 409 avuto principio, nè avrà fine; esso è tutto l’ insieme delle cose e non è divisibile ; in tutte le sue parti esso è omogeneo. Esso non si muove, è tutto chiuso in sè, ed ha la forma sferica, forma che lo rende simile a sè stesso in tutte le sue parti; esso forma quindi un’ unità che è il solo e tutto il vero essere. Il divenire ed il pas- sare, il muoversi, il cambiare delle qualità, tutto quello che è variazione infine, non appartiene all’ Essere, è, come abbiamo detto, semplice apparenza ed illusione. Lo ZELLER (6) crede che oltre il significato letterale col quale PARMENIDES designa il suo essere, questo de- signi anche qualche altra idea. Per lo ZELLER l’ essere di PARMENIDES non è qualche cosa di astratto, ma il pieno (τὸ πλέον) ; cioè ciò che riempie lo spazio, privato di tutte le sue qualità accessorie e transitorie. In altri ter- mini esso sarebbe la sostanza primitiva, la materia, come fu detto più tardi. Esiste solamente l’ essere, va inter- pretato quindi: non possiamo arrivare ad una giusta conoscenza delle cose che astraendo dai diversi e va- riabili fenomeni percepiti, e considerando il loro sub- strato che è unico, indiviso, invariabile. Ora in quanto la conoscenza dell’ essere è solamente possibile mediante una tale astrazione, ne viene che per arrivare alla ve- rità si deve solamente adoperare il discorso razionale (λόγος) e non le sensazioni; queste ci fanno unicamente conoscere le apparenze che, nella loro pluralità e va- riabilità, nascita e morte, sono le cause di tutti gli er- rori. Non ai sensi quindi bisogna fidarsi, ma solamente alla ragione. Io credo che lo ZELLER, interpretando in tal modo, invece di presentarci le dottrine originali di PARMENIDES, ci esponga piuttosto i risultati ulteriori che da tali dottrine provennero, o alcuni lati delle interpretazioni di commentatori vissuti in epoche assai posteriori. Va bene che PARMENIDES accenna espres- samente che è inganno tutto quello che ci forniscono i sensi, e che quindi la sola via per giungere alla (6) Philosophie der Griechen, I, p. 473 e seg. (3 ed.). 410 La gnoseologia di Parmenides nell’antichità II. - ς 4. verità è il ragionamento. Ma della natura di que- st’ ultimo PARMENIDES è assolutamente ignaro, e ne ha solamente una vaga sensazione ed aspirazione. Fare coincidere poi τὸ ὄν col πλέον o col substrato mate- riale di tutto, è un concetto che si può essere formato più tardi, specialmente quando insieme con una dot- trina più sviluppata degli elementi, si giunse veramente in chiaro sul significato delle due parole il pieno ed il vuoto. La sola cosa che, credo, possa dirsi di PAR- MENIDES, è, come ho più volte ripetuto, che, questi, negando qualunque fede alle sensazioni ed a ciò che conosciamo direttamente, abbia opposta alla conoscenza effettiva, fisica direi, una conoscenza trascendente, me- tafisica, e così abbia aperto la via ad una data specie di idealismo ed a tutti i numerosi sistemi di verità trovati col semplice raziocinio (7). (7) La dottrina di ParmeNnIDES sull’ essere e sulla ve- rità era così oscura, che i tardi commentatori ed i doxografi si dilungarono piuttosto sulle false opinioni attribuite ai mortali, che sull’essenza fondamentale del pensiero del filosofo di Elea. Perciò poche indicazioni esatte (salvi i frammenti) abbiamo su questo, e la maggior parte di esse si limita a dire che PARMENIDES ammetteva l’essere, o τὸ πᾶν, come immobile eterno, sferico, etc. Anche le indicazioni di ARISTOTELES sono assai scarse. Nella Metaphysica, dopo avere accennato ai filosofi che ritennero che gli elementi dell’ universo fos- sero molti, AristoTELES passa (I, 5) a parlare di quelli οἱ περὶ τοῦ παντὸς ὡς dv μιᾶς οὔσης φύσεως ἀπεφήναντο — le dottrine di questi, però, variano molto fra di loro. ἐχεῖνοι μὲν γὰρ προστιθέασι κίνησιν, γεννῶντές γε τὸ πᾶν, οὗτοι δὲ ἀκίνητον εἶναί φασιν... Παρμενίδης μὲν γὰρ ἔοικε τοῦ κατὰ τὸν λόγον ἕνος ἅπτεσθαι, Μέλισσος δὲ τοῦ κατὰ τὴν ὕλην [VAILATI traduce : « Parmenide sembra aver concepito la dottrina dell’ unicità della materia in un senso che po- trebbe chiamarsi concettuale, mentre Melisso la con- cepì in senso materiale] " διὸ καὶ ὁ μὲν πεπερασμένον, ὁ δ᾽ ἄπειρόν φησιν εἶναι αὐτό Ξενοφάνης δὲ πρῶτος τούτων ἑνίσας...... οὐθὲν διεσαφήνισεν, οὐδὲ τῆς φύσεως II. - αὶ 4. Za gnoseologia di Parmenides nell'antichità 4I1 τούτων οὐδετέρας ἔοικε θιγεῖν, ἀλλ᾽ εἰς τὸν ὅλον οὐρανὸν ἀποβλέψας τὸ ἕν εἶναί φησι τὸν θεόν. οὗτοι μέν οὖν, καθά- περ εἴπομεν, ἀφετέοι πρὸς τὴν νῦν παροῦσαν ζήτησιν, οἱ μὲν δύο καὶ πάμπαν ὡς ὄντες μικρὸν ἀγροικότερον, E ε- νοφάνης χαὶ Μέλισσος Παρμενίδης δὲ μᾶλ- λον βλέπων ἔοικέ που λέγειν: παρὰ γὰρ τὸ ὃν τὸ μὴ ὃν οὐθὲν ἀξιῶν εἶναι, ἐξ ἀνάγκης ἕν οἴεται εἶναι τὸ ὃν καὶ ἄλλο οὐθέν, περὶ οὗ σαφεστέρως ἐν τοῖς περὶ φύσεως εἰρήκαμεν [vedi appresso]. ἀναγκαζόμενος δ᾽ ἀκολουθεῖν τοῖς φαι- νομένοις, καὶ τὸ ἕν μὲν κατὰ τὸν λόγον, πλείω δὲ κατὰ τὴν αἴσθησιν ὑπολαμβάνων εἶναι, δύο τὰς αἰτίας καὶ δύο τὰς ἀρχὰς πάλιν τίθησι, θερμὸν καὶ ψυχρόν, οἷον πῦρ καὶ γῆν λέγων᾽ τούτων δὲ τὸ μὲν κατὰ τὸ ὃν τὸ θερμὸν τάττει, θάτερον δὲ κατὰ τὸ μὴ ὄν. [Quest ultima afferma- zione di ArISTOTELES non è giusta. Vedi in proposito il paragrafo seguente]. Vedi anche ARISTOTELES, nella physica sopra citata ed inol- tre in de coelo, III, 1, e de gen., I, 8. Nella prima (phys. II, 6) lo Stageirita mostra che PARMENIDES ragionò meglio di Με- LIssos dicendo che il tutto è finito: ὥσπερ δὲ τὸ καθ᾽ ἕκαστον, οὕτω καὶ τὸ κυρίως, οἷον τὸ ὅλον οὗ μηδέν ἐστιν ἔξω * οὗ δ᾽ ἐστὶν ἀπουσία ἔξω, οὐ πᾶν ὅ τι ἂν ἀπῇ. ὅλον δὲ καὶ τέλειον ἢ τὸ αὐτὸ πάμπαν ἢ σύνεγγυς τὴν φύσιν ἐστίν. τέλειον δ᾽ οὐδὲν μὴ ἔχον τέλος τὸ δὲ τέλος πέρας. διὸ βέλτιον οἰητέον Παρμενίδην Μελίσσου εἰρηκέναι ὁ μὲν γὰρ τὸ ἄπειρον ὅλον φησίν, ὁ δὲ τὸ ὅλον πεπεράνθαι « μεσ- σόθεν ἰσοπαλές ». Accenniamo ancora, a proposito di quanto sopra è stato riferito intorno ad un’opinione dello ZELLER, che ad essa in parte si accosta il TAnnERY quando dice (Bibl. N. 33; p. 221): «1 étre de Parmenide, c’ est la substance étendue et objet des sens, c’ est le matière cartésienne ; le non-étre, c'est l'espace pur, le vide absolu, l’ étendue insaisissable aux sens. Avec cette clef, le poème tout entier devient d’une clarté limpide; sans elle, tout reste obscure et incom- préhensible ». Ora è certo che bisogna cercare di dare un significato concreto alle parole di PARMENIDES; ma, ripeto, il volere precisare troppo, ci può condurre ad attribuire al vecchio filosofo d’ Elea concetti molto più recenti. Sr LA FISICA DI PARMENIDES — SUE RELAZIONI CON QUELLA DELLA SCUOLA PYTHAGORICA — LE TEORIE ANTRO- POLOGICHE. Quasi sempre avviene che quando qualche pensa- tore metafisico o trascendente, scendendo dall’altezze della sua speculazione, viene ad occuparsi di qualche pro- blema più speciale, dimentica tutte le belle idee pro- pugnate, ed inciampa nelle conseguenze che derivano dalle aborrite sensazioni. In nessun pensatore questo salto e questa contradizione appariscono chiari come in PARMENIDES. Seguendo logicamente la sua teoria, tutta la conoscenza della verità avrebbe dovuto neces- sariamente limitarsi a quella del suo essere, ed ogni pos- sibile trattazione terminare con la prima parte del suo poema, perchè il resto è zon essere, ed il non essere non può venire nè pensato nè concepito. Ma siano pure un insieme di illusioni, questo benedetto mondo sensibile viene pensato e concepito, e, per essere completo da- vanti ai suoi uditori o lettori, PARMENIDES ha dovuto parlarne. Vendette della realtà contro la speculazione pura ! Ma se dal lato gnoseologico dobbiamo storicamente assegnare a PARMENIDES una grande importanza, dob- biamo invece riconoscere che come fisico, ossia come vero osservatore della natura, e come speculatore sui fenomeni di essa, non deve essere certamente stato molto originale. E da credersi infatti che l’ insieme delle sue teorie non faccia altro che rispecchiare il complesso delle idee di una parte, almeno, dei pythagorici suoi contemporanei. Questo fatto ci viene reso quasi certo dal non essersi sviluppato successivamente fra gli Ele ati ΨΥ RUI HI. -$ 5. La fisica di Parmenides 413 una dottrina fisica indipendente, dall’ essere PARMENI- DES stato sicuramente in stretti rapporti con i pytha- gorici, numerosi allora in tutte le città della Magna Grecia, ed infine, e questa è la ragione più forte, dal muoversi delle sue idee fisiche nell’ ambito ben cono- sciuto delle idee pythagoriche. Però è facilmente presumibile che una mente superiore, come quella di PARMENIDES, possa avere portato alcune modificazioni in parte secondarie ed accessorie della dottrina ; il fondo di esse però è certamente pythagorico. Una tale constatazione non toglie però loro affatto un grande valore storico, tutt’ altro ; esse ci danno anzi uno dei più validi aiuti per la ricostruzione delle idee allora pre- dominanti nell’ ambiente scientifico italico. Trattando di queste dottrine, dunque, quando diremo PARMENIDES, senz’ altro, intenderemo che le idee esposte, oltre e più che a PARMENIDES, appartengono ad una parte almeno dei pythagorici suoi contemporanei. Della seconda parte del περὶ φύσεως, purtroppo, i frammenti conservatici sono pochi e manchevoli. In tutto abbiamo appena una cinquantina di versi e non tutti significativi. Bisogna quindi ricorrere per lo stu- dio delle dottrine da esso espresse ai filosofi posteriori ed ai numerosi doxografi, nei quali, con una non rara ristrettezza di idee, mentre quasi invano cerchiamo de- lucidazioni sul pensiero fondamentale di PARMENIDES, troviamo invece a lungo riportate le dottrine fisiche, del primo pensatore di Elea. DE E WEI Uno dei caratteri che rivela in PARMENIDES il p y- thagorico, è la sua continua ricerca di opposizioni. Abbiamo visto come egli opponga il vero alla par- venza, quello come unico, immutabile, questa come molteplice e continuamente variabile. Ma anche nella fisica abbiamo numerosi esempi di questa tendenza del suo spirito. Cominciando a parlargli delle dottrine stabilite nei 414 Ofposizioni II. - $ 5. loro vaneggiamenti dagli uomini, la Divinità dice in- fatti al poeta e filosofo (I): « Poichè essi hanno supposto di nominare due forme ; delle quali una non è necessaria, ed in ciò sono caduti in errore. Essi le hanno divise ponendole in opposizione e rilevando le loro caratteristiche : quì il fuoco etereo, mite leggerissimo, ovunque simile a sè stesso, diverso però dalle altre cose. E, completamente ad esso opposta, l'oscurità senza luce, corpo denso e pesante ». E più innanzi dice ancora (2): «Ma poichè ogni cosa [singola] fu detta luce ed oscurità, e ad ognuna fu dato questo o quel nome secondo la sua potenza, così il tutto è pieno di luce e nello stesso tempo di invisibile oscurità, ed ambedue si bilanciano. Perchè nessuna delle due ha un vantaggio sull’ altra ». Come si rileva dunque dai frammenti, e come ri- sulta dalle testimonianze posteriori, PARMENIDES nella sua fisica ammette come principi, dpyat, di tutte le cose, due forme in aperta opposizione fra loro, la luce e l'oscurità. Queste poi a loro volta si identificano con un’altra serie di opposizioni; il caldo ed il freddo; il leggero ed il pesante, e, dal lato (1) Fr. 8 (Diels) v. 54-59: μορφὰς γὰρ κατέθεντο δύο γνώμας ὀνομάζειν, τῶν μίαν οὐ χρεών ἐστιν (ἐν ᾧ πεπλανημένοι εἰσίν)" τἀντία δ᾽ Expivavto δέμας καὶ σήματ᾽ ἔθεντο χωρὶς ἀπ᾽ ἀλλήλων, τῇ μὲν φλογὸς αἰθέριον πῦρ, ἤπιον ὄν, μέγ᾽ [ἀραιὸν] ἐλαφρόν, ἑωυτῷ πάντοσε τωὐτόν, τῷ δ᾽ ἑτέρῳ μὴ τωὐτόν᾽ ἀτὰρ κἀκεῖνο κατ᾽ αὐτό τἀντία νύκτ᾽ dda, πυχινὸν δέμας ἐμβριδές τε. (2) Fre9 (Diet αὐτὰρ ἐπειδὴ πάντα φάος xat νὺξ ὀνόμασται καὶ τὰ χατὰ σφετέρας δυνάμεις ἐπὶ τοῖσί τε καὶ τοῖς, πᾶν πλέον ἐστὶν ὁμοῦ φάεος xal νυχτὸς ἀφάντου ἴσων ἀμφοτέρων, ἐπεὶ οὐδετέρῳ μέτα μηδέν. Diers traduce le ultime parole: « Denn keinem kommt ein Anteil am anderen zu ». Via ee ERRO EL Ψ UD= ς 5. Gli elementi 415 materiale, anche con le sostanze poco dense come il fuoco o l’aria,e quelle gravi come la terra (3). Come dicevo, quì la derivazione dalla scuola è ma- nifesta, e precisamente da quella parte di essa che, come si rileva pure in ALKMAION, invece delle dieci codificate dalla parte ortodossa, riconosceva una serie infinita di opposizioni. Invece non si devono, credo, riannodare troppo in- timamente queste speculazioni a quelle sugli elementi primordiali, trattate prima dagli ionici, e poi svolte da EMPEDOKLES, dai medici e da tanti altri pensatori. (3) Queste opinioni espresse da PaRMENIDES hanno por- tato con sè, in tempi posteriori, quando le menti erano im- bevute dalla teoria dei quattro elementi, di fare attribuire al primo filosofo di Elea l’esistenza di due ele- menti primordiali (nel senso empedokleo), la terra ed il Bocog(DilopTL., IN, 21; Klem. prot. 5, 64). Vedi anche Aristot., de gen. et corr., II, 3. Riporto qui la parte di questo passo nella quale AristoTELES dice del modo diverso di procedere dei vari pensatori secondo che essi am- mettono uno, due, tre o quattro elementi primordiali: ἅπαντες γὰρ οἱ τὰ ἁπλᾶ σώματα στοιχεῖα ποιοῦντες oi μὲν ἕν, οἱ δὲ δύο, οἱ δὲ τρία, οἱ δὲ τέτταρα ποιοῦσιν. ὅσοι μὲν οὖν Èv μόνον λέγουσιν, εἶτα πυχνώσει καὶ μανώσει τἄλλα γεν- νῶσι, τούτοις συμβαίνει δύο ποιεῖν τὰς ἀρχάς, τό τε μανὸν καὶ τὸ πυχνὸν ἣ τὸ θερμὸν καὶ τὸ ψυχρόν ταῦτα γὰρ τὰ δημιουργοῦντα, τὸ δ᾽ ἕν ὑπόχειται καθάπερ ὕλη. οἱ δ᾽ εὐθὺς δύο ποιοῦντες, ὥσπερ Il x p μενίδης πῦρ xai γῆν, τὰ μεταξὺ μίγματα ποιοῦσι τούτων, οἷον ἀέρα καὶ ὕδωρ. ὡσαύτως δὲ καὶ οἱ τρία λέγοντες, καθάπερ Πλάτων ἐν ταῖς διαιρέσεσιν. τὸ γὰρ μέσον μῖγμα ποιεῖ. καὶ σχεδὸν ταὐτὰ λέγουσιν ὅι τε δύο καὶ οἱ τρία ποιοῦντες πλὴν οἱ μὲν τέμνουσιν εἰς δύο τὸ μέσον, οἱ δ᾽ ἕν μόνον ποιοῦσιν. ἔνιοι δ᾽ εὐθὺς τέτταρα λέγουσιν, οἷον ᾽Εμπεδοκ λῆς. κ-ιτ.λ. Inutile aggiungere che il modo di vedere di ARISTOTELES corrisponde qui più al suo concetto teorico, che alla realtà storica. 416 La generazione HI. - $ 5. * >» > Venendo ad argomenti più speciali della fisica’ di PARMENIDES, noteremo come le parti più importanti di essa siano quelle che trattano del problema cosm ο- logico e di quello antropologico. Delle prime parleremo nel seguente paragrafo, nel quale svilupperemo anche alcuni concetti che si riferiscono alla teoria delle siflericitàdella’ terra vedvalle 5πῈ ΖΘ ΠΟ ΒΕ 5 seconda dò quì brevi accenni : Sembra che PARMENIDES, in modo abbastanza si- mile a XENOPHANES, ammettesse l’ origine degli uomini dal fango e per. opera. del-ca lore solamesnae che abbia speculato- anche su altri problemi analoghi. Una questione però che, insieme a tanti altri medici, anche quelli affini + scuola pythagorica, lo ha affaticato assai, è quella della generazione dei sessi. Vediamo così posto fino da allora questo in- teressantissimo problema, che in tre: millenni non ha fatto ancora alcun passo sicuro verso la sua soluzione : quali sono le condizioni che portano alla futura n a- s'icitàa’ αἱ un maschio. o di;una fe mamione Un frammento di PARMENIDES in proposito ci è rimasto in una versione latina (5). Eccone il testo : « femina virque simul Veneris cum germina miscent, venis informans diverso ex sanguine virtus temperiem servans bene condita corpora fingit. nam si virtutes permixto semine pugnent nec faciant unam permixto in corpore, dirae nascentem gemino vexabunt semine sexum ». (4) Diog., IX 22: γένεσίν τε ἀνθρώπων ἐξ ἡλίου πρῶτον γενέσθαι. ZeLLER vorrebbe leggere: ἡλίου τε χαὶ ἰλύος. (5) Fr. 18 (Diels). — Cart. AureLIANUS (Mord. chron., IV, 9), che ce lo riporta, testifica che i versi sono una vera traduzione dicendo : «quia graecum est epigramma, et hoc versibus imitabo. latinos enim ut potui simili modo com- posui ne linguarum ratio misceretur ». RE Ν α HI. - 9 5. Sulla determinazione del sesso 417 Questa indicazione si riferisce solamente al caso nel quale il seme viene malamente mescolato ; ma possiamo completare la teoria con diverse referenze antiche che indicano più ampiamente quale doveva essere il pen- siero di PARMENIDES, espresso anche nel verso rima- sto (6): «a destra i maschi, a sinistra le femmine ». Secondo la teoria del filosofo di Elea, la generazione di un maschio o di una femmina era in relazione col posto nel quale si formava od andava a fermarsi lo sper- ma. Se il miscuglio avveniva opportunamente, nasceva un essere di sesso perfettamente determinato, invece uno scambio nelle posizioni relative portava a formare degli esseri intermedî. Quali siano queste parti che deter- minano il sesso maschile o quello femminile si può rile- vare da un passo di CENSORINUS, e tutta la teoria si può poi completare e spiegare meglio con un altro di LACTANTIUS. Riporto in nota questi due passi (7). (O)ErizDiels): δεξιτεροῖσιν μὲν χούρους, λαιοῖσι δὲ xovpuc. (7) CensorINnus (6, 5; 6, 8): « ceterum Parmeni- dis sententia est, cum dexterae partes semina dederint, tunc filios esse patris consimiles, cum laevae, tunc matri.... at inter se certare feminas et maris et penes utrum victoria sit, eius habitum referri auctor est Parmenides». Si- mile deve quì intendersi nel senso di maschio, risp. di fem- mina, a seconda che la similitudine è rispetto al padre o alla madre. — LacrantTIUS (de opif., 12, 12): « disparer quoque naturae hoc modo fieri putantur : cum forte in laevam uteri partem masculinae stirpis semen inciderit, marem quidem gigni opinatio est, sed quia sit in feminina parte conceptus, aliquid in se habere femineum supra quam decus virile pa- tiatur, vel formam insignem vel nimium candorem vel cor- poris levitatem vel artus delicatos vel staturam brevem vel vocem gracilem vel animum imbecillem vel ex his plura. item si partem in dexteram semem feminini generis influxe- rit, feminam quidem procreari, sed quoniam in mascolina parte concepta sit, habere in se aliquid virilitatis ultra quam sexus ratio permittat, aut valida membra aut immodera- Mirti 27 418 Il caldo e la psyche IM. ΕΣ * * * Le altre indicazioni sulle teorie professate da PAR- MENIDES, escluse bene inteso le cosmologiche e geografi- che, sono incerte, poco chiare, e di nessuna importanza. Di qualche teoria specialissima di carattere meteorolo- gico sarà fatta cenno quando esamineremo partitamente le varie teorie di ARISTOTELES. Rammentiamo qui solamente che si è voluto vedere in esso anche qualche accenno all’ anima umana. Il fon- damento della vita e del pensiero, deve ricercarsi, egli dice, nel caldo (8) che, evidentemente, doveva ani- mare la materia, densa, oscura, e ciò in conformità alla sua teoria prima esposta delle due materie, luminosa l'una, oscura l’altra. Però sarebbe errore volere tro- vare quì un contrapposto fra l’ anima ed il corpo. L’opi- nione espressa da PARMENIDES non è che una conse- guenza della sua teoria generale che fa di tutti i corpi un miscuglio delle due materie ora rammentate. Nè certamente in alcun modo egli ha cercato di analizzare Τ᾽ essenza del nostro pensiero o i rapporti di essa con il corpo. In quanto alla teoria delle sensazioni di PAR- MENIDES abbiamo alcune indicazioni in proposito nel lungo frammento, già citato, di THEOPHRASTOS. PARME- x NIDES (9) è insieme ad EMPEDOKLES e PLATON, fra tam longitudinem aut fuscaum colorem aut hispidam faciem aut vultum indecorum aut vocem robustam aut animum audacem aut ex his plura ». — Confronta anche ΔΕΤΙΟΒ (V, 11): II. ὅταν μὲν ἀπὸ τοῦ δεξιοῦ μέρους τῆς μήτρας ὁ γόνος ἀπχριθῇ, τοῖς πατράσιν, ὅταν δὲ ἀπὸ τοῦ ἀριστεροῦ, ταῖς μητράσιν [ὅμοια τὰ τέκνα γίνεσθαι. Diels]. (8) Aetios, IV, 3, 4: Παρμενίδης δὲ καὶ Ἵππασος πυρώδη [τὴν ψυχήν]. Sulla sede dell’ egemonikon, AETIOS, IV, 5, 5: Π. ἐν ὅλῳ τῷ θώρακι τὸ ἡγεμονικόν. (9) THEoPHRASTOS, de sensu, 1: περὶ δ᾽ αἰσθήσεως HI. - $ 5. La teoria delle sensazioni 419 quelli che stimano che le sensazioni si producono per il simile, mentre ad es. i seguaci di ANAXAGORAS e di HERAKLEITOS le attribuiscono al contrario. Del resto le idee attribuite a PARMENIDES non sono molto chiare ; egli, secondo THEOPHRASTOS, non fa che determinare due elementi (il caldo ed il freddo) e fa variare la conoscenza secondo quello che predomina. Così, ad es. il caldo rende migliore e più pura l'intelligenza (διάνοια). THEOPHRASTOS cita in proposito un frammento [fr. 16] di PARMENIDES : « Infatti così come sta in rapporto con la mescolanza dei suoi organi che spesso errano, così il pensiero (νόος) entra in relazione con l uomo. È infatti una cosa iden- tica ciò che pensa negli uomini, in tutti ed in tutto: ν πολλαὶ xa χαθόλου δόξαι δύ᾽ εἰσιν: oi μὲν ᾧ ὁμοί ῳ ποιοῦσιν, οἱ δὲ τῷ ἐναντίῳ. Π αρ- δῆς μὲν καὶ Ἐμπεδοκλῆς χαὶ Πλάτων τῷ ὁμοίῳ, οἱ δὲ περὶ ᾿Αναξα γόραν χαὶ Ἡράκλει- τον τῷ ἐναντίῳ.... ; Il αρμεν ί δ ne μὲν γὰρ ὅλως οὐδὲν ἀφώρικεν ἀλλὰ μόνον, ὅτι δυοῖν ὄντοιν στοιχείον χατὰ τὸ ὑπερβάλλον ἐστὶν ἣ γνῶσις. ἐὰν γὰρ ὑπεραίρῃ τὸ θερμὸν ἣ τὸ ψυχρόν, ἄλλην γίνεσθαι τὴν διάνοιαν, βελτίω δὲ καθαρωτέραν τὴν διὰ τὸ θερμόν" οὐ μὴν ἀλλὰ καὶ ταὐτῇν δεῖσθαί τινος συμμετρίας: « ὡς γὰρ ἑκάστοτε» φησίν «ἔχει κρᾶσιν μελέων πολυπλάγκτων, τὼς νόος ἀνθρώποισι παρίσταται. τὸ γὰρ αὐτό ἔστιν ὅπερ φρονέει μελέων φύσις ἀνθρώποισιν καὶ πᾶσιν καὶ παντί᾽ τὸ γὰρ πλέον ἐστὶ νοήμα » [Fr. 16]. τὸ γὰρ αἰσθάνεσθαι χαὶ τὸ φρονεῖν ὡς ταὐτὸ λέγει" διὸ καὶ τὴν μνήμην καὶ τὴν λήθην ἀπὸ τούτων γίνεσθαι διὰ τῆς χράσεως" ἂν δ᾽ ἰσάζωσι τῇ μίξει, πότερον ἔσται φρονεῖν ἢ οὔ, καὶ τὶς ἣ διάθεσις, οὐδὲν ἔτι διώριχκεν. ὅτι δὲ καὶ τῷ ἐναντίῳ καθ᾽ αὑτὸ ποιεῖ τὴν αἴσθησιν, φανερὸν ἐν οἷς φησι τὸν νεχρὸν φωτὸς μὲν καὶ θερμοῦ καὶ φωνῆς οὐκ αἰσθάνεσθαι διὰ τὴν ἔκλειψιν τοῦ πυρός, ψυχροῦ δὲ καὶ σιωπῆς καὶ τῶν ἐναντίων αἰσθάνεσθαι: καὶ ὅλως δὲ πᾶν τὸ ὃν ἔχειν τινὰ γνῶσιν. οὕτω μὲν οὖν αὐτὸς ἔοικεν ἀποτέμνεσθαι τῇ φάσει τὰ συμβαίνοντα δυσχερὴ διὰ τὴν ὑπόληψιν. 420 La teoria delle sensazioni MESSI la natura dei suoi organi. Poichè è il più che forma il pensiero ». In tal modo, dice THEOPHRASTOS, PARMENIDES confonde τὸ αἰσθάνεσθαι e τὸ φρονεῖν. Riporto in nota l’intierc passo di THEOPHRASTOS; in ogni modo, però, non risulta per PARMENIDES una teoria chiara e con- seguente (10). (10) PARMENIDES, forse, ha anche, come ANAXIMANDROS, emesso qualche opinione sulla questione dell’origine o meno del genere umano, sostenendo che questo è sempre esistito. A credere ciò ci porta un passo di CENSORINUS (4) : « Prima et generalis quaestio inter antiquos sapientiae studiosos ver- sata est, quod, cum constet homines singulos ex parentum seminibus procreatos successione prolis multa saecula pro- pagare, alii semper homines fuisse nec umquam nisi ex hominibus natos adque eorum generi caput exordiumque nullum extitisse arbitrati sunt, alii vero fuisse tempus cum homines non essent, et his ortum aliquem principiumque natura tributum. sed prior illa sententia, qua semper hu- manum genus fuisse creditur, auctores habet Pythagoran Samium et Ocellum Lucanum et Archytan Tarenti- num omnesque adeo Pythagoricos...... Empedocles autem,..... primo membra singula ex terra quasi praegnate passim edita, deinde coisse et effecisse solidi hominis mate- riam igni simul et umori permixtam. cetera quid necesse est persequi, quae non capiant similitudinem veritatis ? haec eadem opinio etiam in Parmenide Veliate fuit pauculis exceptis ab Empedocle dissensis». Sulla teoria di EmpE- pokLEs vedi il Cap. IV; su teorie del genere emesse da AnaxIMANDROS il Cap. I, ὃ 6. PE e o - δος $ 6. LA COSMOLOGIA DI PARMENIDES — LA TEORIA DELLA TERRA SFERICA E QUELLA DELLE ZONE TERRESTRI. «Le corone più strette furono riempite di fuoco non mescolato ; le altre lo furono di notte ; poi riviene a sua volta la fiamma. Nel mezzo a tutte è la divinità che governa tutte le cose; essa ovunque presiede ; ai parti dolorosi ed all’ unione dei sessi, mandando a con- giungersi la femmina col maschio e viceversa il maschio con la femmina» (1). Così canta PARMENIDES, esponendo, bensì in forma poetica, ma invero assai oscura, il suo sistema del mondo. Un barlume di luce su queste corone, su questi mi- scugli di giorno e di notte, e su questa divinità, noi pos- siamo averlo esaminando un passo del lavoro doxogra- fico di AETIOS (2). Esso ci dice testualmente : « PARME- NIDES dice che vi sono delle corone le une involte sulle ἔπ τ ΠΥ 8 1 8}: αἱ γὰρ στεινότεραι πλῆντο πυρὸς ἀχρήτοιο αἱ δ᾽ ἐπὶ ταῖς νυκτὸς, μετὰ δὲ φλογὸς ἵεται αἶσα. ἐν δὲ μέσῳ τούτων δαίμων ἣ πάντα κυβερνᾷ᾽ πάντα γὰρ «ἣ» στυγεροῖο τόχου χαὶ μίξιος ἄρχει πέμπουσ᾽ ἄρσενι θῆλυ μιγῆὴν τό τ᾽ ἐναντίον αὖτις ἄρσεν θηλυτέρῳ. BeRcER (N. 88, p. 204) ritiene che questo frammento 81 riferisca piuttosto alle zone terrestri (infuocata, tempe- rata, etc.). Ciò però non mi sembra giusto. (2) Aet., IL 7, 1: Παρμενίδης στεφάνας εἶναι περι- Ten hey uévac ἐπαλλήλους, τὴν μὲν ἐκ τοῦ ἀραιοῦ τὴν δὲ ἐκ τοῦ πυκνοῦ" μικτὰς δὲ ἄλλας ἐκ φωτὸς καὶ σκότους n 422 Le corone di Parmenides II. - $ 6. x altre; di queste una è formata di materia rarefatta, Τ᾿ altra di materia condensata ; le altre, situate fra que- ste due, sono formate da un miscuglio di luce e di oscu- rità. Quello che circonda tutte è duro come un muro, e sotto ha una corona di fuoco. Ciò che è in mezzo a tutte le corone è solido, e sotto di esso [Diels altre lezioni : intorno ad esso] vi è di nuovo una corona di fuoco: Delle corone di materia mescolata quella centrale è l’ origine di ogni generazione, movimento, divenire ; egli la de- nomina come una divinità reggitrice e coltivatrice, Giu- stizia e Necessità ». Seguono alcune indicazioni (ripor- tate nel testo in nota) che qui ci interessano meno. Per arrivare a comprendere il sistema di PARME- NIDES dai dati che abbiamo ora riportati, conviene ri- cordare altri due sistemi, uno di tempo più remoto, l’al- tro di un tempo più recente. Il primo è quello di ANA- XIMANDROS, del quale abbiamo già parlato. Ricordiamo come in esso comparissero le tre grandi ruote celesti, che venivano a rappresentarci le stelle, la luna ed il sole. Appare a prima vista una certa filiazione di idee fra queste ruote e le corone di PARMENIDES. Ma ancora un rapporto più stretto con queste ha un mito immaginato da PLA- TON, e che, senza alcun dubbio, viene da questi preso ai pythagorici, se non, salvo ampliamenti dovuti a conoscenze posteriori, a PARMENIDES stesso. Prima μεταξὺ τούτων. καὶ τὸ περιέχον δὲ πάσας τείχους δίκην στερεὸν ὑπάρχειν, ὑφ᾽ ᾧ πυρώδης στεφάνη, καὶ τὸ μεσαίτατον πασῶν στερεόν. « ὑφ᾽ ᾧ» [oppure περὶ ὃν] πάλιν πυρώδης. τῶν δὲ συμμιγῶν τὴν μεσαιτάτην ἁπάσαις «ἀρχήν» τε καὶ « αἰτίαν» χινήσεως καὶ γενέσεως ὑπάρχειν, ἥντινα καὶ δαίμονα χυβερνῆτιν καὶ χληροῦχον ἐπονομόζει Δίκην τε χαὶ ᾿Ανάγ- χὴν. καὶ τῆς μὲν γῆς ἀπόχρισιν εἶναι τὸν ἀέρα διὰ τὴν βιαιοτέραν αὐτῆς ἐξατμισθέντα πίλησιν, τοῦ δὲ πυρὸς ἀναπνοὴν, τὸν ἥλιον. καὶ τὸν γαλαξίανΣ χύκλον. συμμιγὴ ò sé, ἀμφοῖν εἶναι. τὴν σελήνην, τοῦ τ᾽ ἀέρος χαὶ τοῦ πυρός. περιστάντος δ᾽ ἀνωτάτω πάντων τοῦ αἰθέρος, ὑπ᾽ αὐτῷ τὸ πυρῶδες ὑποταγῆναι τοῦθ᾽ ὅπερ χεκλήκαμεν οὐρανόν, ὑφ᾽ ᾧ © ἤδη τὰ περίγεια. » ὦ» FA 1 Te “ 11.-ς ὁ. Il fuso della Necessità in Platon 423 di procedere oltre è importante riportare per esteso il passo di PLATON, che si trova nella Republica (X, 616 C), e che cito qui nella traduzione del DUHEM (3), mentre, come al solito, riporto in nota il testo originale. PLATON, dunque, trattando del mito della trasmi- grazione delle anime e del giudizio dei morti, lascia ve- nire alcune anime in un luogo dal quale esse possono vedere tutto l’ insieme dei movimenti celesti. [ν᾿ insieme del mondo viene allora descritto sotto l’ aspetto di un fuso, al quale dà il primo e principale movimento la dea Necessità. Ecco la descrizione di un tale mec- canismo : (4). « Telle est donc la nature de cette gaîne ; par sa figure, elle est telle que celles que l’on voit ἃ nos fuseaux. Mais, d’après ce qu'Er contait, nous devons comprendre que les choses étalent en cette sorte : ἃ l’intérieur d’une première gaîne grande, creuse et évidée, sc trouvait une seconde gaîne plus petite, emboîtée dans la première comme le sont ces vases que l’on peut mettre les uns sur les autres ; il y en avait ensuite une troisième, puis une quatrième èt encore quatre autres; huit gaînes se trouvaient ainsi insérées les unes dans les autres; à la face supérieure de l'ensemble, elles montraient leurs bords, semblables ἃ des anneaux ; leur réunion formait (3) La traduzione si trova in Le systéme du monde (N. 73) I, p. 60. — Nonostante avessi il desiderio di riportare una traduzione moderna italiana, non mi sono azzardato di ri- produrre quella, orribile sotto tutti i rapporti, del ΒΟΝΟΗΙ (Torino, Bocca, 1900, p. 665). (4) Republ., X, 616 c.: τὴν δὲ τοῦ σφονδύλου φύσιν civas τοιάνδε. τὸ μὲν σχῆμα οἵαπερ ἣ τοῦ ἐνθάδε νοΐ σαι δὲ δεῖ ἐξ ὧν ἔλεγεν, τοιόνδε αὐτὸν εἶναι,. ὥσπερ ἂν εἰ ἐν ἑἕνὲ μεγάλῳ σφονδύλῳ χοίλῳ xai ἐξεγλυμμένῳ διαμ- περὲς ἄλλος τοιοῦτος ἐλάττων ἐγχέοιτο ἁρμόττων, καθά- περ οἱ κάδοι οἱ εἰς ἀλλήλους ἁρμόττοντες. καὶ οὕτω δὴ τρίτον ἄλλον xat τέταρτον καὶ ἄλλους τέτταρας. ὀχτὼ γὰρ εἶναι τοὺς σύμπαντας σφονδύλους, ἐν ἀλλήλοις ἐγχειμέ- νους, χκύχλους ἄνωθεν τὰ χείλη φαίνοντας, νῶτον συνεχὲς 424 II fuso della Necessità in Platon 1 dl à la verge du fuseau un moyeu continu; cette verge traver- sait de part en part la huitième gaîne, suivant son axe. L’anneau formé par le bord de la première gaîne, de celle que se trouvait ἃ l’extérieur, était le plus large; ἃ la sixième gaîne correspondait le second anneau dans l'’ordre de la largeur ; le troisièéme en cet ordre était formé par les bords de la quatrième gaîne ; le quatrième, par les bords de la huitiàme gaîne; le cinquieme, par les bords de la septième gaîne ; le sixième, par les bords de la cinquième gaîne ; le septième, par les bords de la troisiéme gaîne ; le huitièéme enfin, par les bords de la seconde gaîne. L’anneau correspondant ἃ la gaîne la plus grande était de diverses couleurs ; l’anneau de la septième était le plus brillant de tous ; l’ anneau de la huitièòme n’avait d’autre couleur que celle dont le teignait l’irradation du septième ; le second et le cinquième, semblables entre eux, avaient une couleur plus fauve que celle des pré- cédents ; le troisième était le plus blanc de tous ; le qua- trième était rougeàtre ; et, dans l’ordre de blancheur le sixièéme tenait le second rang. «Le fuseau tournait tout entier d'un seul et méme mouvement ; mais tandis qu'il éprouvait cette rota- tion d’ensemble, les sept cercles intérieurs tournaient ἑνὸς σφονδύλου ἀπεργαζομένους περὶ τὴν ἠλακάτην᾽ ἐκείνην δὲ διὰ μέσου τοῦ ὀγδόου διαμπερὲς ἐληλάσθαι. τὸν μὲν οὖν πρῶτόν τε καὶ ἐξωτάτω σφόνδυλον πλατύτατον τὸν τοῦ χείλους χύχλον ἔχειν, τὸν δὲ τοῦ ἕκτου δεύτερον, τρίτον δὲ τὸν τοῦ τετάρτου, τέταρτον δὲ τὸν τοῦ ὀγδόου, πέμπτον δὲ τὸν τοῦ ἑβδόμου, ἕκτον δὲ τὸν τοῦ πέμπτου, ἕβδομον δὲ τὸν τοῦ τρίτου, ὄγδοον δὲ τὸν τοῦ δευτέρου. καὶ τὸν μὲν τοῦ μεγίστου ποικίλον,τὸν δὲ τοῦ ἑβδόμου λαμπρότατον, τὸν δὲ τοῦ ὀγδόου τὸ χρῶμα ἀπὸ τοῦ ἑβδόμου ἔχειν προσλάμ- ποντος, τὸν δὲ τοῦ δευτέρου καὶ πέμπτου παραπλήσια ἀλλήλοις, ξανθότερα ἐκείνων, τρίτον δὲ λευκότατον χρῶμα ἔχειν, τέταρτον δὲ ὑπέρυθρον, δεύτερον δὲ λευκότητι τὸν ἕκτον. χυχλεῖσθαι δὲ δὴ στρεφόμενον τὸν ἄτρακτον ὅλον μὲν τὴν αὐτὴν φορόν, ἐν δὲ τῷ ὅλῳ περιφερομένῳ τοὺς μὲν ἐντὸς ife» > III. - S 6. Il fuso della Necessità in Platon 425 lentement d’un mouvement dirigé en sens contraire de la rotation générale ; de tous, le plus rapide était le hui- tièéme; venaient ensuite le septième, le sixieme et le cinquième, tous trois égaux en vitesse; aux compa- gnons d’Er, le quatrièéme cercle parut, par la vitesse de. sa rotation, tenir le troisième rang; il rétrograde {plus que tous les autres]; le quatriòìme rang de vitesse appartient au troisiéme anneau et le cinquièìme rang au second anneau. «Le fuseau tournait entre les genoux de la Néces- sité. Sur chacun des anneaux, une Sirène se tenait as- sise et, tandit qu’ elle était entraînée par la révolution de l'anneau, elle émettait un chant d’une seule note ; et du chant de ces huit Sirènes, l’accord formait une harmonie ». I fatti asseriti nel precedente passo di PLATON 51 possono compendiare e schematizzare nella seguente ta- bella : Ordine i Numero Numero d'ordine ASTRO d’ordine di larghezza (5) COLORE decrescente dei decrescente di velocità del mo- cerchi! calesti corrispondente delle cinture dei varî astri vimento SR retrogrado I Zodiaco I diversi colori = 2 Saturno 8 più fulvo 5 3 Giove 7 più bianco di tutti 4 4 Marte 3 rossastro 3 5 Mercurio 6 iù fulvo 6 Venere 2 20 nell’ ordine di (E bianchezza \ 7 Sole 5 il più brillante ὃ Luna 4 illuminato per ir- I radiazione dal 7° ἑπτὰ χύχλους τὴν ἐναντίαν τῷ ὅλῳ ἠρέμα περιφέρεσθαι, αὐτῶν δὲ τούτων τάχιστα μὲν ἰέναι. τὸν ὄγδοον, δευτέρους δὲ χαὶ ἅμα ἀλλήλοις τόν τε ἕβδομον xal ἕκτον καὶ πέμπτον᾽ [τὸν] τρίτον δὲ φορὰ ἰέναι, ὡς σφίσι φαίνεσθαι, ἐπανα- χυχλούμενον [μάλιστα τῶν ἄλλων] τὸν τέταρτον, τέταρτον δὲ τὸν τρίτον, καὶ πέμπτον τὸν δεύτερον. στρέφεσθαι δὲ αὐτὸν ἐν τοῖς τῆς ᾿Ανάγκης γόνασιν. ἐπὶ δὲ τῶν κύκλων αὐτοῦ ἄνωθεν ἐφ᾽ ἑκάστου βεβηκέναι Σειρῆνα συμπερ'- φερομένην, φωνὴν μίαν ἱεῖσαν, ἕνα τόνον’ ἐκ πασῶν δὲ ὀχτὼ οὐσῶν μίαν ἁρμονίαν συμφωνεῖν. (5) Mentre in tutto il resto l’allegoria platonica del fuso 426 Le corone celesti di Parmenides IIL':- ς 6. Nell’ allegoria platonica, come ho detto, deve rico- noscersi uno sviluppo delle idee di PARMENIDES. Le co- rone di quest’ ultimo ci rappresentano quindi indubbia- mente 1 circoli descritti dallo zodiaco, dai pianeti, dal sole e dalla luna. Più difficile è riconoscere invece che cosa PARME- NIDES intenda con le altre corone, e come egli immagini la loro successione. Quella esterna, più salda di un muro, ci rappresenta evidentemente il limite del cosmo. Ma la cintura di fuoco più interna, che cosa ci rappresenta ? A questo punto crescono l’ incertezza anche le lezioni discordanti del testo. Supporre la corona di fuoco più interna, entro la corona totalmente oscura, cioè la terra (DIiELS), è porre un fuoco centrale che, secondo le vedute generali dei pythagorici, bene si presta ad essere la sede risulta chiara a prima vista, molte discussioni sono sorte intorno al significato della larghezza delle diverse cin- ture. Ora è evidente che, sia questa concezione, sia le parti- colarità sui movimenti e sui colori degli astri, non possono riportarsi a PARMENIDES, ma rappresentano il risultato di molte ulteriori esperienze, durate fino all’ epoca di PLaTon. Anche il fatto che la luna è illuminata del sole può riportarsi con certezza solo ad AnaAxacoras. Non è quindi il caso di occu- parsi partitamente in questo luogo di tali questioni. Per maggiore chiarezza accennerò quì brevemente le opinioni di varî moderni sul significato della larghezza delle cinture, e questo senza entrare in discussioni in merito. Tu. H. Mar- τιν (N. 137), seguito da SCHIAPARELLI, aveva supposto che questa larghezza esprimesse l’escursione in latitudine dei varî astri. Io credo che questa sia l’ opinione più accettabile, per quante difficoltà essa offra, e per quanto contenga errori (vedi in prop. DuxEm, /. c., p. 63). THEON di Smyrnai, in- vece, seguito da alcuni altri, propenderebbe a ravvisare nella citata larghezza la grandezza dei verî astri. Anche qui però si incontra un assurdo : la luna sarebbe più grande del sole. « Il faut, nous semble-t-il» dice il DuHEM « pren- dre beaucoup plus au pied de la lettre le sens de 1° allégorie platonicienne ; la largeur des divers anneaux colorés.... c’est ne ΩΣ III. - $ 6. Le corone celesti di Parmenides 427 della Necessità. Secondo altre opinioni invece (HEATH) Τ᾿ ultima corona di fuoco sarebbe intorno alla terra, e rap- presenterebbe, dal lato interno, la nostra atmosfera (6). Delle obbiezioni ancora più gravi si possono sollevare rispetto a quella indicazione di AETIOS che ci rappresenta la corona centrale, di quelle mescolate, come la più lu- cente e la sede della Necessità. Questo si può interpre- tare anche stimando che al sole sia assegnato il posto centrale nei movimenti dei diversi pianeti, come fu fatto dai pythagorici che seguirono il sistema detto di PHiLoLAos. Ma, nel nostro caso, nel quale indubbiamente alla terra spetta la posizione nel centro del mondo, que- sto fatto porterebbe a dare ai pianeti un ordine diverso a quello allora ordinariamente ammesso (7). Io credo che in questo caso dobbiamo essere di fronte ad errori l’épaisseur des diverses gaînes qui entourent le fuseau de la Nécessité; de méme que ces diverses gaînes représentent les diverses sphères célestes, il est naturel de penser que l’épais- seur de chacune des gaînes représente l’épaisseur de la sphére céleste ». Questa opinione, dopo l'abbandono della primitiva, fu proposte da ΤῊ. H. Martin (Mem. sur les hypothése astro- nomiques chez les Grecs et chez les Romains. Hypothése astr. de Platon, 1881) ed adottata da P. Tawnnery (N. 35, App. $ 5). Per quello che riguarda il significato di queste grossezze si può supporre che esse siano in rapporto con idee musicali, ora a noi affatto sconosciute ed incom- prensibili. (6) Secondo HeatH (N. 72, p. 72), allora, il sistema di PARMENIDES, a parte le ulteriori particolarità relative ai pianeti, sarebbe formato da « (1) the solid envelope like a wall; (2) a band of fire= the aether fire; (3) mixed bands, in which are included the Milky Way, the planets, the sun, and the moon; (4) a band of fire, the inner side of which is our atmosphere, touching the earth; (5) the earth itself; which is Diels’ solution except as regards (4).» (7) Si noti ancora che altre indicazioni aggiungono con- fusione in questo ordine. Vedi sull’ordine dei pianeti il Cap. II, Dro π|| .-2- 428 Parmenides e la teoria della sfericità della terra III. - $ 6. ed a confusioni introdottisi nei lavori dei tardi doxo- grafi, e che sia perciò impossibile volersi basare rigoro- samente su tali indicazioni. Una dimostrazione di ciò si ha anche nell’ infinita varietà di ipotesi fra loro con- trastanti, emesse da coloro che in tempi recenti hanno voluto portare un ordine fra le varie indicazioni (8). Piut- tosto che addentrarci dunque in tali sottilità, infrut- tuose certo, è bene riconoscere e tenere per fermo, che il sistema di PARMENIDES, elaborando, correggendo e portando al livello dei risultati ottenuti dai pythagorici contemporanei il sistema di ANAXIMANDROS, debita- mente rovesciato, si indirizza per quella via che troviamo poi indicata nel mito immaginato da PLATON. * * > PARMENIDES affermava recisamente la sfericità della terra. Il sentimento di questa sfericità era forse sparso anche in tempi più antichi. Abbiamo visto {Cap. I, $ 10) che una tale opinione era espressa in uno scritto che molte indicazioni possono farci ritenere quasi contemporaneo ad ANAXIMANDROS. Nella scuola ionica però si era sparsa ed aveva preso veste scientifica la dottrina della terra piatta. I pythagorici, invece, aderirono alla teoria della sfericità della terra. Noi non possiamo dire sicuramente quando questa adesione prese un aspetto scientifico (confr. Cap. II, $ 8). Alcune cita- zioni antiche, infatti, riportano a PYTHAGORAS stesso una tale dottrina. Tali affermazioni, ‘però, come sappiamo, hanno un assai scarso valore storico. Molte testimonianze invece la riportano a PARMENIDES. Mentre forse è troppo presto attribuirla intieramente a PYTHAGORAS, non si può invece asserire che una tale enunciazione sia do- vuta per primo a PARMENIDES ; la sua teoria delle zone, infatti, mostra che la teoria della sfericità, che da quella è presupposta, doveva essersi già saldamente stabilita. (8) Si vedano in particolare gli scritti di TAnnERY (N. 33- 36), HeatH (N. 72), DuHnem (N. 73), BercER (N. 88). I. - 5. 6, La geografia di Parmenides 429 Forse in PARMENIDES abbiamo una prima enunciazione chiara e categorica della nuova dottrina. Ma un’ altra teoria interessante troviamo sviluppata, e questa, in un certo senso, si può collegare alle dottrine precedentemente esposte. Infatti le teorie ora accennate di PARMENIDES non hanno solamente interesse perchè ci mostrano le idee astro- nomiche che regnavano in una parte della scuola pytha- gorica e che dovevano contrastare a quelle che ven- gono dette philolaiche, ma anche perchè esse ci portano naturalmente all’ origine di un altra parte, e di somma importanza, della cosmologia di Par- MENIDES. Le cinture celesti, cinture che, come abbiamo visto, sono di variabile larghezza secondo 1’ oscillazione che i singoli pianeti presentano sul cielo delle fisse, potevano servire ottimamente a dividere il cielo in zone. In particolare erano state le oscillazioni annuali del sole quelle che avevano maggiormente attirato l’ attenzione per i molteplici e capitali fenomeni ai quali esse danno origine, e che avevano anche portato a suddividere il cielo lungo quelle linee che sembravano porre una barriera insuperabile agli spostamenti dell’ astro luminoso (tropici). I filosofi ionici avevano infatti distinto espres- samente fra i punti dell’ orizzonte le posizioni estreme che il sole occupa, e verso settentrione, e verso mezzo- giorno; nè difficile era congiungere idealmente questi punti con archi di cerchio paralleli al cammino diurno del sole e, più tardi, col πόλος, seguire direttamente questo cammino. Un altro passo però poteva farsi: tra- sportare le suddivisioni celesti sulla terra, e formare di esse una salda base per la scienza geografica. Questo passo, che era impossibile per gli ionici, che nella loro teoria ammettevano la terra piatta, fu invece compiuto certamente dai primi pythagorici che incominciarono ad ammettere la terra sferica; essa ebbe poi la sua prima espressione letteraria, forse, nel poema di PARMENIDES. I documenti che ancora possediamo ci danno, nella loro diversa versione, una testimonianza irrefragabile di questo fatto. Alcuni dicono infatti che queste divisioni κυ ες + οι τε τ asagare. 430 Le zone terrestri in Parmensdes MI. --$ 6. in zone fu pensata per primo da PyTHAGORAS (9); al tri, e sono spesso quelli stessi che attribuiscono a PAR- MENIDES anche la prima dichiarazione della sfericità della terra, dicono che la teoria delle zone terrestri è dovuta al filosofo di Elea. Il fatto certo è che fra le dottrine di PARMENIDES si trova non solamente questa teoria, ma anche l’ opinione, che ebbe grande importanza nel- Τ᾽ antichità, secondo la quale solamente le due zone temperate sarebbero state abitate (10). Infatti, secondo le vedute primitive, le condizioni meteorolo- giche delle zone estreme, cioè quelle ghiacciate e quelle infuocate, dovevano assolutamente impe- dire la vita umana ; solamente con l’ estendersi dei viaggi verso mezzogiorno si potè poi, a mano a mano, riconoscere (9) Aetios III, 14: Πυθαγόρας τὴν γὴν dva λόγως τῇ τοῦ παντὸς «οὐρανοῦ» σφαίρᾳ διῃρῆσθαι εἰς πέντε ζώνας, ἀρκτικὴν ἀνταρχτικὴν θερινὴν χειμερινὴν ἰσημε- οινῆν, ὧν ἣ μέση τὸ μέσον τῆς γῆς ὁρίζει παρ᾽ αὐτὸ τοῦτο δια- UENAV LEVI καλουμένη, ἡ δὲ οἰκητή ἐστιν [ἢ μέση τῆς θερινῆς καὶ χειμερινῆς] εὔκρατός τις οὖσα. -- Sulla divisione confronta Srrason, II, C. III: πεντάζωνον μὲν γὰρ ὑποθέσθαι δεῖ τὸν οὐρανόν, πεντάζωνον δὲ καὶ τὴν γῆν, ὁμωνύμως δὲ καὶ τὰς ζώνας τάς xaTà ταῖς ἄνω. — ὗπο- πίπτει δ᾽ ἑκάστῳ τῶν οὐρανίων κύκλων ὁ ἐπὶ γῆς ὁμώ- γυμος αὐτῷ, καὶ ) ζώνη δὲ ὡσαύτως τῇ ζώνῃ. Bercer (N. 88, p. 79) suppone che l’ indicazîone di STRABON (I C 3) relativo ad HFRAKLEITOS — ἠοῦς καὶ ἑσπέρης τέρματα ἣ ἄρχτος, καὶ ἀντίον τῆς ἄρκτου οὖρος αἰθρίου Διός — si riferisca ad una conoscenza, nel filosofo di Ephesos, dei cerchi artico ed antartico. Credo: che Wi ipo- tesi sia troppo azzardata. Si noti poi che, mentre si stabiliva il concetto, non era sorta ancora la parola ζώνη, che tro- viamo solamente nei tardi scrittori. Anche ARISTOTELES quando parla della sua divisione, (mezeor. II, 5) non adopera la detta parola.. Vedi n. 12. (10) Aetios, III, 11: Iappevtdno πρῶτος ἀφώρισε τῆς γῆς τοὺς οἰχουμένους τόπους ὑπὸ ταῖς δυσὶ ζώναις ταῖς τροπικαῖς. τ Δ] 7 Il. -$ 6. Varie opinioni sulle zone abitate 431 che pure la zona torrida era da considerarsi come abi- tata. Ora da alcuni passi di STRABON (II) possiamo anche riconoscere che PARMENIDES non limitava la sua zona bruciata ai tropici, ma che l’estendeva assai oltre di essi verso 1 poli. Come vedremo, e come risulta dal passo riportato in nota, fu ARISTOTELES quegli che am- mise che la zona bruciata era limitata dai due tropici, mentre invece POSEIDONIOS, in seguito alle nuove sco- perte geografiche, per le quali si era riconosciuto che anche oltre i tropici si trovavano terre abitate, viene a restrin- gere ancora una tale zona. PosEIDONIOS, del resto, cercò di stabilire una divisione della terra basandosi su prin- cipî del tutto diversi da quelli astronomici. Come opportunamente nota il BERGER, il fatto del- l'ampliamento della zona bruciata oltre i tropici, e del conseguente ristringimento della terra abitata, portava come conseguenza la necessità di concepire la terra no- tevolmente ingrandita. Una parte di superficie sferica, infatti, compresa sotto un angolo relativamente ristretto, (it) Strabon., II, 2: φησὶ δὴ è Ποσειδώνιος τῆς εἰς πέντε ζώνας διαιρέσεως ἀρχηγὸν γενέσθαι II « p- μενί δ ν' ἀλλ᾽ ἐχεῖνον μὲν σχεδόν τι διπλασίαν ἀπο- φαίνεν τὸ πλάτος τῆς διακεκαυμένην τῆς μεταξὺ τῶν τροπικῶν, ὑπερπίπτουσαν ἑκατέρων τῶν τροπικῶν εἰς τὸ ἐχτὸς χαὶ πρὸς ταῖς εὐχράτοις. ᾿Αριστοτέλης δὲ αὐτὴν καλεῖν τὴν μεταξὺ τῶν τροπικῶν, [τὰς δὲ μεταξύ τῶν τροπικῶν] καὶ τῶν ἀρχτικῶν εὐκράτους. ἀμφοτέροις δ᾽ ἐπιτιμᾷ δικαίως. διακεκαυμένην γὰρ λέγεσθαι τὸ ἀοίκη- τον διὰ καῦμα τῆς δὲ μεταξὺ τῶν τροπικῶν πλέον ἣ τὸ UA ἥμισυ τοῦ πλάτους [οὐχ] οἰκήσιμόν ἐστιν Ex τῶν ὑπὲρ Αἰγύπτου στοχαζομένοις Αἰθιόπων. E poco più oltre: αὐτὸς δὲ [PosErponIos] διαιρῶν εἰς τὰς ζώνας πέντε μέν φησιν εἶναι χρησίμους πρὸς τὰ οὐράνια © ........ πρὸς δὲ τὰ ἀνθρώ- mera ταύτας τε καὶ δύο ἄλλας στενὰς τὰς ὑπὸ τοῖς τροπι- κοῖς, καθ᾽ ἃς ἥμισύ πως μηνὸς κατὰ χορυφήν ἐστιν ὁ ἥλιος, δίχα διαιρουμένας ὑπὸ τῶν τροπικῶν. Come si vede dal testo citato, StRABON attribuisce di- rettamente a ParmeNIDES la divisione in zone della terra. 432 Varie opinioni sulle zone terrestri II. -S$ 6. doveva contenere, per larghezza, tutto il mondo al- lora conosciuto, cioè il bacino del Mediterraneo con tutti i paesi adiacenti. Questo fatto doveva certamente avere una grande importanza per i primi apprezzamenti che si potevano fare sulla grandezza del diametro ter- restre. Vedremo come nelle prime opinioni espresse su di essa, avvenute prima della misura effettiva fatta da ERATOSTHENES, le opinioni oscillano fortemente fra di loro, e ciò dipendentemente dalla speciale dottrina teo- rica seguita dal proponente ; si hanno così opinioni che considerano la terra più piccola di quello che effettiva- mente sia, altre invece che la rendono di dimensioni più grandi. Per queste ultime non devono. essere state estranee le considerazioni che sopra abbiamo fatto rela- tivamente alle zone terrestri. Non credo però, come ac- cenna il BERGER (/. c.), che PARMENIDES, od un suo con- temporaneo, potesse arrivare ad ammettere per limite della sua zona bruciata quella nella quale il sole ha nei solstizî una inclinazione uguale a quella che ha sui tro- pici durante gli equinozi ; l’ espressione di una tale teo- ria non solamente non è fondata su documenti, ma è ancora di per sè assai difficilmente accettabile, dato lo stato delle scienze a quell’ epoca. (12). (12) Non credo inutile citare parte del passo ricordato (n. 9) di AristoTELES (meteor. II, 5: δύο γὰρ ὄντων τμὴη- μάτων τῆς δυνατῆς οἰκείσθαι χώρας, τῆς μὲν πρὸς τὸν ἄνω πόλον τὸν καθ’ ἥμᾶς, τὴς δὲ πρὸς τὸν ἕτερον καὶ πρὸς μεσημβρίαν, καὶ οὔσης οἷον τυμπάνου * τοιοῦτον γὰρ σχῆμα τῆς γῆς ἐκτέμνουσιν ai ἐκ τοῦ κέντρου αὐτῆς ἀγό- μεναι γραμμαὶ καὶ ποιοῦσι δύο κώνους, τὸν μὲν ἔχοντα βάσιν τὸν τροπικχὸν, τὸν δὲ τὸν διὰ παντὸς φανερὸν, τὴν δὲ κορυφὴν ἐπὶ τοῦ μέσου τῆς γῆς ᾿ τὸν αὐτὸν δὲ τρόπον πρὸς τὸν κάτω πόλον ἕτεροι δύο κῶνοι τῆς γῆς ἐχτμήματα ποιοῦσιν ταῦτα δ᾽ οικεῖσθαι μόνα δυνατὰ, καὶ οὔτ᾽ ἐπέχεινα τῶν τροπῶν" σκιὰ γὰρ οὐκ ἂν ἦν πρὸς ἄρκτον " νῦν δ᾽ ἀοί- unto πρότερον γίνονται oi τρόποι πρὶν ἣ ὑπολείπειν, ἣ μεταβάλλειν τὴν σκιὰν πρὸς μεσημβρίαν © τὰ θ᾽ ὑπὸ τὴν ἄρκτον ὑπὸ ψύχους ἀοίκητα. x. τ. λ. ui. I $ 7: ZENON D’ ELEA E LA LOTTA DA ESSO SOSTENUTA CON- TRO I PYTHAGORICI A PROPOSITO DELLA SUPPOSTA FORMAZIONE DELLO SPAZIO E DEL TEMPO DALLA ADIACENZA O DALLA SUCCESSIONE DI ELEMENTI PRI- MORDIALI. Uno dei discepoli di PARMENIDES fu ZENON, pure di Elea. Secondo una indicazione di PLATON (Parm., 127 B) egli doveva essere di circa venticinque anni più giovane di PARMENIDES. Si può quindi supporre che egli sia nato verso il 495 ed il 490 ; molti lo credono però assai più recente. Egli ebbe certamente relazioni personali con PARMENIDES; PLATON anzi lo pone in intima comu- nione con questi. Sulla sua vita ben poco sappiamo ; solo abbiamo alcune contradittorie notizie sui suoi viaggi, e sulla parte politica da lui presa contro un tiranno. Sembra anche che in tale occasione egli abbia perso la vita (I), (1) Diog. ΤΠ DE 25-29: ὁ δὴ Ζήνων διακήκοε Παρμενί- δου καὶ γέγονεν αὐτοῦ παιδικά. καὶ εὐμήκης ἦν.... φησὶ δ᾽ ᾿Αριστοτέλης εὑρετὴν αὐτὸν γενέσθαι ΠΟ ΕΟ ὥσπερ ᾿Εμπεδοκλέα ῥητορικῆς. γέγονε δ᾽ ἀνὴρ γενναιότατος χαὶ ἐν φιλοσοφίᾳ καὶ ἐν πολιτεία᾽ φέρεται γοῦν αὐτοῦ βιβλία πολλῆς συνέσεως γέμοντα. χαθελεῖν δὲ θελήσας Νέαρχον τὸν τύραννον (οἱ δὲ Διομέδοντα ) συνελήφθη, καθά φησιν Ἡρακλείδης ἐν τῇ Σατύρου ἐπιτομῇ.... γέγονε δὲ τά τε ἄλλα ἀγαθὸς ὁ Ζήνων, ἀλλὰ χαὶ ὑπεροπτιχὸς τῶν μειζόνων κατ᾽ ἴσον Ἣραχλείτῳ' καὶ γὰρ οὗτος τὴν πρότερον μὲν T&A, ὕστερον δὲ ᾿Ελέαν, Φωχαέων οὖσαν ἀποικίαν, αὑτοῦ δὲ πατρίδα, πόλιν εὐτελῇ καὶ μόνον ἄνδρας ἀγαθοὺς τρέφειν ἐπισταμένην ἠγάπησε μᾶλλον τῆς ᾿Αθηναίων με- MIELI 2% 434 Zenon d’ Elea 1 Ξ x Sembra che ZENON abbia lasciato un solo scritto, denominato τὰ Ζήνωνος γράμματα 0 τὰ γράμματα in PLATON ed in SIMPLIKIOS, e che era scritto in prosa, come si rileva da alcuni frammenti conservatici da questo ultimo. L’opera era divisa in parecchi ragionamenti o λόγοι. Solamente scrittori dell’ ultima grecità, e che non meritano alcuna fede, ci parlano di più scritti di ZENON. ΖΈΝΟΝ ha avuto la sorte singolare di essere stato frainteso da molti degli antichi, e completamente poi da quasi tutti i filosofi dell’ epoca moderna. Nell’ argo- mento dei pochi λόγοι che ci sono stati conservati, si è creduto di vedere nell’ autore l’ intento di perseguire fino al suo ultimo grado l’ asserzione di PARMENIDES che il mondo apparente è un totale inganno, e ciò me- diante dei paradossi che dovevano dimostrare l’ inesi- stenza delle cose che più ci sembrano chiare e natu- rali. Mostrerò fra poco come invece 1 suoi logo? siano il γαλαυχίας, οὐκ ἐπιδημήσας πώμαλα πρὸς αὐτούς, αλ- λ᾽ αὐτόθι χαταβιούς. οὗτος καὶ τὸν ᾿Αχιλλέα πρῶτος λόγον ἠρώτησε... . ἀρέσχει δ᾽ αὐτῷ τάδε᾽ κόσμους εἶναι χενόν τε μὴ εἶναι" γεγενῆσθαι δὲ τὴν τῶν πάντων φύσιν ἐκ θερμοῦ καὶ ψυχροῦ xai Expod καὶ ὑγροῦ, λαμβανόντων αὐτῶν εἰς ἄλληλα τὴν μεταβολήν" γένεσίν τε ἀνθρώπων ἐκ γῆς εἶναι, καὶ ψυχὴν κρᾶμα ὑπάρχειν ἐκ τῶν προειρημένων κατὰ μηδενὸς τού- τῶν ἐπιχράτησιν.... ἤκμαζε δὲ οὗτος κατὰ τὴν ἐνάτην « καὶ ἑβδομηχοστὴν» sw pridsa [464-461]. Per le relazioni di ZENON col tiranno NEARCHOS, vedi Droporos, X, 18, 2: ὅτι τυραννουμένης τῆς πατρίδος ὑπὸ Νεάρχου σχληρῶς, ἐπιβουλὴν κατὰ τοῦ τυράννου κατεστή- σατο. καταφανὴς δὲ γενόμενος, καὶ κατὰ τὰς ἐν ταῖς βασάνοις ἀνάγκας διερωτώμενος ὑπὸ τοῦ Νεάρχου τίνες ἦσαν οἱ συνειδότες, “ὥφελον γάρ, ἔφησεν “ ὥσπερ τῆς γλώττης εἰμὶ κύριος, οὕτως ὑπῆρχον καὶ τοῦ σώματος. ᾿ τοῦ δὲ τυράννου πολὺ μᾶλλον ταῖς βασάνοις προσεπιτείναν- τος, ὁ Ζήνων μέχρι μέν τινος διεκαρτέρει * μετὰ δὲ ταῦτα σπεύδων ἀπολυθῆναί ποτε τῆς ἀνάγκης καὶ ἅμα τιμωρή- Mae, Zenon d’ Elea 435 risultato di una viva polemica, ed abbiano per oggetto alcuni fondamentali concetti matematici ; l’ opinione cor- rente è quindi il risultato di uno dei più grossi abbagli che mai siano stati presi nella storia della filosofia. All’ infuori dei suoi famosi λόγοι, di cui sopra, noi non sappiamo altro di ZENON. Probabilmente egli non avrà coltivato con cura particolare quella fisica pytha- gorica che viene svolta nella seconda parte del poema di PARMENIDES, e, come appartenente alla scuola del primo filosofo di Elea, avrà anche continuato a diffon- derne le idee principali sulla verità e sull’ apparenza, e sulle proprietà dell’ essere. Ciò nonostante le sue ridu- zioni all’assurdo, sia per le qualità oggettive, sia per l'influenza capitale avuta nella storia della geometria greca, lo fanno annoverare fra uno dei più importanti pensatori e dialettici che ci abbia dato la matematica e la logica greca. Egli anzi, seguendo ARISTOTELES, è ri- tenuto come il fondatore della dialettica. σασθαι τὸν Νέαρχον, ἐπενοήσατο τι τοιοῦτον. κατὰ τὴν ἐπιτονωτάτην ἐπίτασιν τῆς βασάνου προσποιηθεὶς ἐνδιδόναι τὴν ψυχὴν ταῖς ἀλγηδόσιν ἀνέκραγεν, © ἄνετε, ἐρῶ γὰρ πᾶσαν ἀλήθειαν. ᾿ ὡς δ᾽ ἀνῆκαν, ἠξίωσεν αὐτὸν ἀκοῦσαι κατ᾽ ἰδίαν προσελθόντα * πολλᾶ γὰρ εἶναι τῶν λέγεσθαι μελλόντων ἃ συνοίσει τηρεῖν ἐν ἀπορρήτῳ. τοῦ δὲ τυράννου προσελθόντος ἀσμένως καὶ τὴν ἀκοὴν τῷ στόματι παρα- βαλόντος, ὁ Ζήνων τοῦτε] δυνάστου περιχανὼν τὸ οὖς ἐνέπρισε τοῖς ὀδοῦσι. τῶν δὲ ὑπηρετῶν ταχὺ προσδραμόν- τῶν, καὶ πᾶσαν τῷ βασανιζομένῳ προσφερόντων τιμωρίαν εἰς τὸ χαλάσαι τὸ δῆγμα, πολὺ μᾶλλον προσενεφύετο. τέλος δ᾽ οὐ δυνάμενοι τἀνδρὸς νικῆσαι τὴν εὐψυχίαν, παρε- κάλεσαν αὐτὸν ἵνα διίῃ τοὺς ὀδόντας. καὶ τοιούτῳ τεκνή- μάτι τῶν ἀλγηδόνων ἀπελύθη καὶ παρὰ τοῦ τυράννου τὴν ἐνδεχομένην ἔλαβε τιμωρίαν. i Come in questo caso così in molti altri luoghi, troviamo in Droporos aneddoti relativi a filosofi e scienziati. Fra gli stessi frammenti del libro X (3-11) abbiamo molti raggua- gli intorno a PyrHacoras, la sua scuola, e molti pythagorici. 436 I quattro logoi di Zenon IHS" Seta * * * Per comprendere . appieno l’ importanza di ZENON, esponiamo subito i suoi quattro λόγοι intorno al movi- mento, e riportiamo dapprima la testimonianza di ARI- STOTELES, per cercare di ricostruire poi, nel loro insieme, e l'origine di essi e lo scopo al quale tendevano (2). « [1] ZENON fa un falso ragionamento : se ogni cosa, sia essa in riposo o in movimento, occupa sempre un luogo uguale a sè stessa, anche quando essa si muove, nell’ istante stesso si trova in uno spazio eguale a sè stessa e quindi è in riposo : quindi la freccia in mo- vimento è immobile [2]. Questo è falso perchè il tempo non è composto di istanti adiacenti, così come nessun’ al- tra grandezza. [3] Quattro sonò i ἰοροὶ di ZENON intorno al mo- vimento la soluzione dei quali presenta difficoltà : il primo [dimostra] che non vi è movimento, perchè il mobile deve prima giungere alla metà che alla fine; intorno ad esso abbiamo trattato più sopra. [4] Il secondo è detto l’Achilleus. Esso consiste [nella di- mostrazione] che il più lento in movimento non può mai venire raggiunto dal più veloce, perchè è necessario che l inseguitore raggiunga il punto donde si mosse il fug- (2) Arist., Pbys., VI, 9: Ζήνων δὲ παραλογίζεται" εἰ γὰρ del, φησίν, ἠρεμεῖ πᾶν ἣ κινεῖται, ὅταν È κατὰ τὸ ἴσον, ἔστι δ᾽ ἀεὶ τὸ φερόμενον ἐν τῷ νῦν, ἀκίνητον τὴν φε- ρομένην εἶναι ὀϊστόν. [2] Τοῦτο δ᾽ ἐστὶ ψεῦδος" οὐ γὰρ σύγχε:- ται ὃ χρόνος ἐκ τῶν νῦν ὄντων τῶν ἀδιαιρέτων, ὥσπερ οὐδ᾽ ἄλλο μέγεδος οὐδέν. [3] Τέτταρες δ᾽ εἰσὶ λόγοι περὶ κινήσεως Ζήνωνος" ot παρέχοντες τὰς δυσχολίας τοῖς λύουσι᾽ πρῶτος μὲν ὁ περὶ τοῦ μὴ κινεῖσθαι διὰ τὸ πρότερον εἰς τὸ ἥμισυ δεῖν ἀφικέσθαι τὸ φερόμενον ἢ πρὸς τὸ τέλος περὶ οὗ διείλομεν ἐν τοῖς πρότερον λόγοις. [4] δεύτερος δ᾽ ὁ καλούμενος ᾿Αχιλλεύς" ἔστι δ᾽ οὗτος, ὅτι τὸ βραδύτερον οὐδέποτε καταληφθή- σεται θέον ὑπὸ τοῦ ταχίστου: ἔμπροσθεν γὰρ ἀναγκαῖον » II. --$ 7. I quattro logoi di Zenon 437 gente. Di quì la necessità che il più lento abbia costan- temente una certa precedenza. [5] Questo ragionamento si ricollega a quello della divisione per due e ne differisce [solo] nel non dividere in due la grandezza ottenuta. Dal ragionamento dunque ne consegue che il più lento non viene raggiunto ; ma in fondo è la stessa cosa che la divisione per due (in ambedue infatti si conclude che non si può giungere al termine comunque si suddivida la grandezza. Solamente nell’ ultimo si aggiunge, con più vivezza, che nel suo inseguimento il più veloce non raggiunge mai il più lento). La soluzione nei due ragio- namenti è necessariamente la stessa. Ma l'errore sta nel supporre che ciò che precede non possa venire rag- giunto ; quando invero precede non è raggiunto, sebbene conceda che il finito possa venire percorso. Questi sono dunque i due primi logoi. [6] Il terzo come abbiamo detto ora, è quello che la freccia in movimento sta in riposo; ciò avviene perchè presuppone che il tempo sia formato dalla somma di istanti; se. questo non si suppone, l’ Ano non regge più. [7] Il quarto si riferisce alle masse uguali che si muovono nello ἐλθεῖν τὸ διῶκον, ὅθεν ὥρμησε τὸ φεῦγον" ὥστ᾽ dei τι προέ- χειν ἀναγκαῖον. τὸ βραδύτερον. [5] ἔστι δὲ καὶ οὗτος ὁ αὐτὸς λόγος τῷ διχοτομεῖν, διαφέρει δ᾽ ἐν τῷ διαιρεῖν μὴ δίχα τὸ προσλαμβανόμενον μέγεθος. τὸ μὲν οὖν μὴ κατα- λαμβάνεσθαι τὸ βραδύτερον συμβέβηχεν ἐκ τοῦ λόγου. γίνεται δὲ παρὰ ταὐτὸ τῇ διχοτομίᾳ (ἐν ἀμφοτέροις γὰρ συμβαίνει μὴ ἀφικνεῖσθαι πρὸς τὸ πέρας, διαιρουμένου πως τοῦ μεγέθους" ἀλλὰ πρόσχειται ἐν τούτῳ ὅτι οὐδὲ τὸ τάχιστον τετραγῳδημένον ἐν τῷ διώκειν τὸ βραδύτερον), ὥστ᾽ ἀνάγκη καὶ τὴν λύσιν εἶναι τὴν αὐτήν. τὸ δ᾽ ἀξιοῦν ὅτι τὸ προέχον οὐ καταλαμβάνεται, Ψεῦδος" ὅτε γὰρ προέχει, οὐ καταλαμβάνεται ᾿ ἀλλ᾽ ὅμως καταλαμβάνεται, εἴπερ δώσει διεξιέναι τὴν πεπερασμέ- νην. οὗτοι μὲν οὖν οἱ δύο λόγοι. [6] τρίτος δ᾽ ὁ νῦν ῥηθείς, ὅτ' ἣ ὀϊστὸς φερομένη ἕστηκε. συμβαίνει δὲ παρὰ τὸ λαμβά- νειν τὸν χρόνον συγκεῖσθαι ἐκ τῶν νῦν᾽ μὴ διδομένου γὰρ τούτου, οὐκ ἔσται ὁ συλλογισμός. [7] τέταρτος δ᾽ ὁ περὶ τῶν ἐν τῷ σταδίῳ κινουμένων ἐξ ἐναντίας ἴσων ὄγκων 438 I quattro logoi di Zenon HI. -9 7. stadio in senso contrario ed in simile modo, le une dal- Τ᾽ estremità dello stadio, le altre dal mezzo, e con uguale velocità ; in esso pensa dimostrare che il tempo metà è eguale al tempo doppio. [δ] Vi è paralogismo in questo nello stimare che la stessa grandezza con la stessa ve- licità e nello stesso tempo passi innanzi alla grandezza in movimento e a quella in quiete. Questo è l’ errore. Siano le masse uguali in riposo AA, delle altre masse BB, uguali ad esse per numero e per grandezza, abbiano principio dal centro delle A, altre infine TT, pure eguali per numero e per grandezza e aventi la stessa velocità delle B, abbiano invece principio dall’ estremità. La prima delle B allora arriva all’ estremità insieme alla prima delle I muovendosi esse parallelamente. Quando le PT hanno passato tutte le B, le B non sono che a metà ; quindi anche il tempo è la metà ; esso infatti è eguale da una parte e l’ altra. Ma insieme quando le B hanno passato tutte le I° (la prima T e la prima B sono infatti contemporaneamente alle estremità contrarie) essendo il tempo per ciascuna delle Γ in tutto uguale a quello per passare le A, come egli dice, ambedue arrivano nello stesso tempo a passare le A ». x τω \ > \ ,ὔ τω N/ Ὡ 3 3 \ παρ᾽ ἴσους, τῶν μὲν ἀπὸ τέλους τοῦ σταδίου, τῶν È ἀπὸ τοῦ μέσου, tom τάχει, ἐν ᾧ συμβαίνειν οἴεται ἴσον εἶναι , τ “ x (LA > ἈΝ ΕΝ « \ > χρόνον τῷ διπλασίῳ τὸν ἥμισυν. [8] ἔστι δ᾽ ὁ παραλογισμὸς ἐν τῷ τὸ μὲν παρὰ κινούμενον τὸ δὲ παρ᾽ ἠρεμοῦν τὸ ἴσον μέγεθος ἀξιοῦν τῷ ἴσῳ τάχει τὸν ἴσον φέρεσθαι χρόνον. τοῦτο δ᾽ ἐστὶ ψεῦδος" οἷον ἔστωσαν οἱ ἑστῶτες ἴσο! ὄγκοι, ἐφ᾽ ὧν τὰ AA, οἱ δ᾽ ἐφ’ ὧν τὰ ΒΒ ἀρχόμενοι ἀπὸ τοῦ μέσου τῶν A, ἴσοι τὸν > \ ' s/ \ ἊΝ [ ε SICA SR: X > LI ἀριθμὸν τούτοις ὄντες καὶ τὸ μέγεθος, ὁ δ᾽ ἐφ᾽ ὧν τὰ TT ἀπὸ τοῦ ἐσχάτου, ἴσοι τὸν ἀριθμὸν ὄντες τούτοις καὶ τὸ μέγεθος, καὶ ἰσοταχεῖς τοῖς Β. συμβαίνει δὴ τὸ πρῶτον Β ἅμα ἐπὶ τῷ ἐσχάτῳ εἶναι καὶ τὸ πρῶτον 1", παρ᾽ ἄλληλα κινουμένων. συμ- βαίνει δὴ τὰ T παρὰ πάντα τὰ Β διεξεληλυθέναι" τὰ δὲ B παρὰ τὰ ἡμίση: ὥστε ἥμισυν εἶναι τὸν χρόνον᾽ ἴσον γὰρ ἑκάτερόν ἐστι παρ᾽ ἕκαστον. ἅμα δὲ συμβαίνει τὸ Β παρὰ d 5 -“ πάντα τὰ Τ' παρεληλυθέναι (ἅμα γὰρ ἔσται τὸ πρῶτον T καὶ τὸ πρῶτον Β ἐπὶ τοῖς ἐναντίοις ἐσχάτοις) ἴσον χρόνον ἜΝ ἊΨ IS -.67. Aristoteles ed i logoi di Zenon 439 x Il passo di ARISTOTELES è, invero, alquanto oscuro, e, sopratutto, di una brevità e di una concisione che, se erano facilmente concepibili in un tempo nel quale lo sviluppo dei ‘/ogoi di ZENON era ben noto a tutti, adesso invece sono di un grave ostacolo alla retta compren- sione di essi. Il passo nel quale ARISTOTELES stesso ci rimanda a proposito dal primo logos, poco ci dice rispetto al pensiero vero di ZENON, e non è che un ragionamento per cercare di uscire dalle strette di una contradizione (3). ARISTOTELES ci dice infatti che bisogna distinguere due specie di infiniti, quelli per quantità e quelli per divi- sione. Passare in un tempo finito uno spazio infinito per x quantità è impossibile. Ma si può bene passare in un tap ἕκαστον γινόμενον τῶν T ὅσον περὶ τῶν A, ὥς φησι, διὰ τὸ ἀμφότερα ἴσον χρόνον παρὰ τὰ Β 1 γίγνεσθαι. Vedi anche Sim pl., 1019, 32: ὁ μὲν οὖν λόγος τοιοῦ- τός ἐστιν εὐηθέστατος ὥν, ὥς φησιν Εὔδημος διὰ τὸ προ- φανῇ τὸν παραλογισμὸν ἔχειν.... τὰ γὰρ ἀντικινούμενα ἀλλήλοις ἰσοταχἣ διπλασίαν ἀφίσταται διάστασιν ἐν τῷ αὐτῷ χρόνῳ, ἐν ᾧ τὸ παρὰ ἠρεμοῦν χινούμενον τὸ ἥμισυ διίσταται, χἂν ἰσοταχὲς ἐχείνοις ἧ. La figura data da ALExANDROS è A ὄγχοι ἑστῶτες — B ὄγχοι xivodbuevor ἀπὸ τοῦ A ἐπὶ τὸ E — T | ὄγχοι κινούμενοι ἀπὸ τοῦ | E ἐπὶ τὸ A — Δ ἀρχὴ A|BBBB —» | τοῦ σταδίου — E τέλος TTT Γ᾽ τοῦ σταδίου. | (3) Arist., Phys, MES2E:(0):. διὸ καὶ 6 Fig. 16. Ζήνωνος λόγος Ψεῦδος λαμβάνει τὸ μὴ ἐνδέχεσθα! τὰ ἄπειρα διελθεῖν ἡ ἅψασθαι τῶν ἀπείρων καθ᾽ ἕκαστον ἐν πεπερασμένῳ χρόνῳ. διχῶς γὰρ λέγεται πα Tò μῆχος καὶ ὁ χρόνος ἄπειρον, καὺ ὅλως πᾶν τὸ συνεχές, ἤτοι κατὰ διαίρεσιν ἢ τοῖς ἐσχάτοις. τῶν μὲν οὖν κατὰ ποσὸν ἀπείρων οὐκ ἐνδέχεται ἅψασθαι ἐν πεπερασμένῳ χρόνῳ, τῶν v δὲ κατὰ διαίρεσιν ἐνδέχεται" καὶ γὰρ 440 Aristoteles ed i logoi di Zenon III: = 6072 tempo finito uno spazio infinito per divisione, perchè anche il tempo è infinito per divisione. Questa osserva- zione ci mostra, come vedremo appresso, che ARISTO- TELES non era entrato nello spirito dei ragionamenti di ZENON. Anche i commentatori posteriori di ARISTOTE- LES ci mostrano una grande incertezza, e poca luce ci por- tano su una tale questione. Ormai, infatti, si era stabilito il grande errore intorno alla vera portata dei quattro ragionamenti, e 1᾿ interpretazione di essa quindi si ren- deva sempre più difficile ed assurda. È merito grande di P. TANNERY (4) di avere rimesso a posto la questione, che, del resto, molti metafisici non vogliono ancora conside- rare sotto il suo giusto punto di vista, perchè, in tal modo, non possono fare la storia della filosofia a contrasti e ad esagerazioni, ritenendo i logot di ZENON come l’espres- sione più pura delle conseguenze delle negazioni della scuola eleata. Cerchiamo ora dunque di esporre i quattro logoî come naturalmente si presentano ad una analisi accurata. Bisogna perciò rammentare anzitutto che 1 primi pythagorici ammettevano che le linee, le superficî ed i volumi fossero composti di infiniti elementi ultimi, indivisibili, l'uno all’ altro adiacenti. Abbiamo parlato di ciò trattando dei numeri rettangolari, triangolari, etc. studiati dai py- thagorici. Anche il tempo veniva suddiviso in una suc- cessione di istanti aventi, essi pure, un valore proprio. ZENON, con la sua fine dialettica, che segna un grande αὐτὸς ὁ χρόνος οὕτως ἄπειρος. ὥστε ἐν τῷ ἀπείρῳ καὶ οὐκ ἐν τῷ πεπερασμένῳ συμβαίνει διίεναι τὸ ἄπειρον, καὶ ἅπτεσθαι τῶν ἀπείρων τοῖς ἀπείροις, οὐ τοῖς πεπερασμένοις. οὔτε δὴ τὸ ἄπειρον οἷόν τε ἐν πεπερασμένῳ χρόνῳ διελθεῖν, οὔτ᾽ ἐν ἀπείρῳ τὸ πεπερασμένον: ἀλλ᾽ ἐάν τε ὁ χρόνος ἄπειρος ἣ, καὶ τὸ μέγεθος ἔσται ἄπειρον, ἐάν τε τὸ μέγεθος, LI € r καὶ ὃ χρόνος. (4) P. ΤΑΝΝΕΒΥ : Powr l’histoire de la science hellène. — Nell’ esposizione dei ragionamenti di ZENON mi sono servito molto di quella fatta dall’ autore su citato. ΨΥ Td TOO, LR to HI.-6$7. 2) fondamento matematico dei logoi di Zenon 441 progresso nella storia del raziocinio umano, si propone di combattere queste teorie che avevano già trovato un tarlo roditore nella questione degli irrazionali, ed il me- todo che usa per questo è quello della riduzione all’'assurdo. Poniamo per vero, egli dice, le pre- messe fondamentali dei pythagorici; mostrerò che allora necessariamente si viene a risultati così assurdi che, a meno di volere ammettere cose che 1’ esperienza continua ci mostra assolutamente false, non ci resta altro che ripudiare le premesse suddette. I posteri, non però i contemporanei, si sono appunto ingannati su questo punto fondamentale, ed hanno voluto credere, la cosa era anche graziosa per costruirci sopra degli aned- doti, che ZENON, con tutta serietà, negasse e 1] movimento e l’ estensione dei corpi. A contribuire a quest’ inganno può certamente avere influito il linguaggio che ancora, avanti l’ epoca dei sofisti, di PLATON e di ARISTO- TELES, non poteva essere troppo chiaro per esporre ra- gionamenti così delicati, e, ancora, l’ uso di qualche ter- mine che fu dopo interpretato in modo diverso da quello nel quale fu pensato originariamente. In particolare ciò si deve dire per il termine ὄγκοι, che compare nel quarto logos esposto da ARISTOTELES. Lo stesso Stageirita, in questo caso, è caduto completamente in errore sulla portata delle parole e quindi del /ogos stesso; ὄγκοι, infatti, non deve significare qui una massa nel senso or- dinario della parola, ma invece gli ultimi elementi della materia che possiedono una certa massa, per quanto piccolissima. È da notarsi che la parola, con questo preciso significato, è stata usata tecnicamente dalle scuole derivanti dal pythagorismo (HERAKLEIDES del Pontos, XENOKRATES, etc.). Abbiamo detto dunque che ZENON si rivolgeva con- tro teorie allora di uso corrente fra i pythagorici. Prima però di esaminare il doppio dilemma sul movi- mento, bisogna, anche, come premessa, esaminare la sua negazione della pluralità, che ARISTOTELES certo doveva avere compreso ed ammesso, poichè, rispetto ad essa, non troviamo che delle osservazioni sulla forma usata 442 Lo spazio, il tempo e loro composizione II. - $ 7. che, come dice lo Stageirita,è grossolana (5), e sulla mancanza di una gran cura nel distinguere diversi si- gnificati delle parole uno ed essere, cura che, d’altra parte, vediamo condotta fino all’ estremo da ARISTOTE- LES stesso. Ma dopo ARISTOTELES le opinioni di ZENON vengono travisate anche su questo punto. In SIMPLI- KIOS, ad esempio, vediamo chiaramente la tendenza di attribuire sempre una portata scettica al secondo filosofo di Elea. Ciò non toglie però che dobbiamo rivolgerci agli scritti di questo commentatore per trovare alcuni fram- menti di ZENON, probabilmente abbreviati e lievemente alterati, ma che ci permettono di ricostruire nella loro forma originaria i suoi ragionamenti sulla pluralità (6). ZENON, in conclusione, fa questo ragionamento : Ammettiamo evidente la possibilità della divisione all’ in- finito di una data grandezza, per esempio per successive divisioni per due (dichotomia). Arriveremo così o a un elemento finale rigorosamente nullo (applicazione del principio dei limiti), o ad uno avente una certa gran- dezza per quanto piccola. Nel primo caso la nostra gran- dezza, è composta della somma di infiniti termini nulli e non potrà essere essa stessa che nulla, nel secondo la. somma di infiniti elementi, per quanto piccoli, ci dà una grandezza infinita, e quindi tale deve essere quella che consideriamo. I tardi posteri hanno voluto vedere in questo ragio- namento la dimostrazione che le cose nello stesso tempo sono infinitamente grandi ed infinitamente piccole ; ZE- NON, invece, non dimostrava altro se non che il continuo, cioè il divisibile all’ infinito, non può essere considerato come una somma di infiniti punti, sia senza alcuna gran- dezza, sia aventi una certa grandezza per quanto piccola. (5) Metaph., II, 4, 29: ἀλλ᾽ ἐπειδὴ οὗτος θεωρεῖ φορ- τικῶς... (6) Per i probabili frammenti dell’ opera di Zenon, ri- portati da SimpLIKIos, frammenti che qui non posso ripor- tare, vedi il Diers (Vorsokratiker, 19 B). Vedi qui in par- uicolare ΠΡ τ scuo III. - $S 7. Zlogoi de//a dichotomia e d’Achilleus 443 I logoi sul movimento riaffermeranno questa dimo- strazione all’ assurdo estendendola ancora : Per il primo, se ammettiamo la supposizione com- battuta con il ragionamento di prima, un mobile non può percorrere un dato spazio per esempio da A a 8. Infatti esso deve percorrere tutti gli infiniti punti fra A e B.; ad esempio quello che si trova a metà strada, poi quello a metà della seconda metà, e così via di se- guito ; prima di percorrerli tutti dovrà quindi mettere un tempo infinito ; esso non arriverà quindi mai a δ. 4 e 5, poi, essendo qualunque, ne viene, che, concedute le pre- messe, il movimento è impossibile. Se l’ avversario ri- sponde che gli infiniti punti si sono ottenuti colla di- visione, e che questa richiedendo un certo tempo viene già preceduta dal movimento, allora ZENON contrappone alla sua obbiezione il secondo ragionamento : il piè-ve- loce Achilleus non può mai raggiungere la tarta- ruga che gli si muove pochi passi innanzi. Infatti, sup- posto la tartaruga in A, quando il piè-veloce Achilleus giungerà in questo punto, la tartaruga si troverà in un luogo alquanto più avanti, per esempio in B; quando Achilleus arriverà in B, la tartaruga sarà in un posto €, più avanti ancora, per quanto di poco, e così di seguito. Achilleus così non arriva mai a raggiungere la tartaruga. Ma l’oppositore di ZENON, risalendo ai principî troppo facilmente concessi, e quì è caduto anche ARI- STOTELES, può obbiettare : Va bene, ma anche il tempo non si può dividere in infinite parti? e quindi non si può stabilire una relazione fra le infinite parti del tratto finito, e gli infiniti istanti del tempo finito. A questa obiezione ZENON risponde con il terzo ed il quarto logos. Ecco il terzo: la freccia lanciata dal- Τ᾿ arco occupa una data posizione in un dato istante ; occupare una data posizione è stare in riposo in quel momento ; in quel momento la freccia quindi non si muove, dunque in ogni istante la freccia è in riposo. Ma l'avversario risponde che non intendeva dire questo quando affermava che il tempo era una somma di istanti. Infatti un istante non corrisponde all’ occu- pazione di una data posizione nello spazio, ma al passag- 444 I logoi della freccia e dello stadio Wie ἘΝῚ 72 gio da una posizione a quella successiva. Va bene, ri- sponde ZENON, col quarto ragionamento, se è così, allora 10 vi dimostro che è impossibile considerare la velocità doppia di un’ altra. Immaginiamo tre fila parallele degli ultimi elementi dello spazio, e siano 4, A, 43 A,, B, B,B, B,, C, Cs C3C,. La prima fila è immobile, la seconda e la terza si muovono con velocità uguale, ma in "ΜῈ ΤΟΣ ΤΣ ἢ senso opposto. Il movimento Bi:ByB; Bi PIE di un istante di tempo è Par C, Cs C, C, quello per il quale un ele- mento di spazio passa dalla posizione elementare primi- tiva a quella successiva, ossia quello nel quale un punto elementare (ad es. B,) passa da un punto elemen- AA, Ad tare dello spazio al succes- B,; ΒΒ. B.Bi sivo, (ad. es. da A; ad A,, 16; Eri oppure da C, a C, (vedi la fi- gura 17). Ma mentre δ, passa Fig. 17. da 44 a A,, nello stesso tem- po passa da C, a C,, ossia percorre uno spazio doppio per il quale, date le pre- messe, occorrono due istanti elementari, ossia un tempo doppio. Dunque e, ripeto, date le premesse, che ZENON del resto combatte, la cosa è rigorosamente vera: il tempo metà è uguale al tempo doppio. Per togliere tutti gli assurdi, ai quali si giunge con le quattro parti del doppio dilemma, non rimane altro quindi che di abbandonare la supposizione fatta della composizione del tempo e dello spazio per mezzo di punti adiacenti e di istanti successivi. e Oltre i famosi ragionamenti già riportati e discussi, conosciamo ancora, con maggiore o minore sicurezza, altri tre ragionamenti di ZENON, che è opportuno ri- portare, perchè sempre più ci confermano le opinioni che abbiamo di lui, e ne mostrano la potente ed acuta dia- lettica. Un passo di SrmPLIKIoS, che sembra che sia, o Ceci AE Hi" 67, Il logos sulla pluralità 445 l’ originale, o una riduzione di un frammento di ZENON, ci espone il primo di questi (7). «Se vi è pluralità, è necessario che le cose siano tante quante sono, nè più nè meno. Se le cose sono tante quante esse sono allora esse sono limitate (per nu- mero). Ma se vi è pluralità allora esse sono illimitate ; perchè fra le unità ve ne sono sempre delle altre, e fra queste, altre ancora. In tal modo le cose sono illimitate (per numero) ». chiaro, nella brevità sospetta del testo, quale doveva qui essere l’ intendimento e lo scopo di ZENON. Con pluralità si intende ancora ammettere i corpi come somma di punti. Se si pensa agli inconvenienti che sono apparsi in altra parte per la supposta infinita divisibi- lità, e si crede evitarli ammettendo che i punti sono in numero limitato, questo fatto non salva però la situa- zione. Infatti troveremo che l’ ammissione dei punti come limitati è insostenibile. Infatti fra due punti, per quanto vicini, troviamo sempre come esistenti degli altri punti. I punti quindi sono infiniti, e se li ammettiamo come aventi una certa grandezza, anche i corpi sono infiniti, ciò che non è. Come si vede si ritorna a dimostrare per assurdo l’ impossibilità di dividere lo spazio in tanti punti discreti. Il secondo ragionamento si riferisce allo spazio ed è stato pure per lungo tempo completamente frain- teso (8). Esso non si riferisce più alla serie di problemi che fino ad ora abbiamo trattato, ma, invece, tratta (7) Fr. 3 (Diels): εἰ πολλά ἐστιν, ἀνάγκη τοσαῦτα civat σὰ ἐστὶ καὶ οὔτε πλείονα αὐτῶν οὔτε ἐλάττονα. εἰ δὲ τοσαῦτά ἐστιν ὅσα ἐστί, πεπερασμένα ἂν εἴη. --- εἰ πολλά ἐστιν, ἄπειρα τὰ ὄντα ἐστίν. ἀεὶ γὰρ ἕτερα μεταξὺ τῶν ὄντων ἐστί, καὶ πάλιν ἐχείνων ἕτερα μεταξύ καὶ οὕτως ἄπειρα τά ὄντα ἐστί. Questo frammento sulla pluralità si ricollega strettamente a quelli che abbiamo accennato a pag. 442 e con quelli deve essere considerato. (8) Arist., Pbys., IV, 3: è δὲ Z. ἡπόρει « ὅτι et ἔστι τι ὃ τόπος, ἐν τίνι ἔσται » λύειν οὐ χαλεπόν. 446 II logos sullo spazio IL. - 8 72 di una questione importante della teoria. della cono- scenza : quella sulla relatività dello spazio. Lo spazio (il luogo = ὁ τόπος), ci dice ZENON, non è una cosa. Se fosse una cosa, essa dovrebbe esistere in un altro spazio, e, così via. Il ragionamento 51 ripeterebbe all’ infinito, e non si verrebbe ad alcuna conclusione. Dunque, dice ZENON, lo spazio non è, ossia è una cosa relativa. Partendo dal punto di vista preconcetto che ZENON dovesse negare tutto, si è voluto interpretare questo logos come un ragionamento che doveva dimostrare che nello spazio non può esservi nulla di esistente. L’ultimo ragionamento ci viene accennato da ARISTO- TELES (9), ἠδ il concetto ci viene meglio spiegato da SIMPLIKIOS (10). Questi, raccontandoci un’aneddoto, che IV, 1: ἔτι δὲ καὶ αὐτὸς [ὁ τόπος] εἰ ἔστι τι τῶν ὄντων, ποὺ ἔσται; ἣ γὰρ Ζήνωνος ἀπορία ζητεῖ τινα λόγον᾽ εἰ γὰρ πᾶν τὸ ὃν ἐν τόπῳ, δῆλον ὅτι καὶ τοῦ τόπου τόπος ἔσται, καὶ τοῦτο εἰς ἄπειρον πρόεισιν. Eudem., phys., fr. 42 (Simpl., phys., 563, 17) : ἐπὶ ταὐτὸ δὲ καὶ ἣ Ζήνωνος ἀπορία φαίνεται ἄγειν. ἀξιοῖ γὰρ πᾶν τὸ ὃν ποῦ εἶναι" εἰ δὲ ὁ τόπος τῶν ὄντων, ποῦ ἂν εἴη; οὐ- κοῦν ἐν ἄλλῳ τόπῳ κἀκεῖνος δὴ ἐν ἄλλῳ, καὶ οὕτως εἰς τὸ πρόσω.... πρὸς δὲ “Ζήνωνα φήσομεν πολλαχῶς τὸ ποῦ λέγεσθαι" εἰ μὲν οὖν ἐν τόπῳ ἠξίωχκεν εἶναι τὰ ὄντα, οὐ χαλῶς ἀξιοῖ" οὔτε γὰρ ὑγείαν οὔτε ἀνδρίαν οὔτε ἄλλα μυρία φαίη τις ἂν ἐν τόπῳ εἶναι οὐδὲ δὴ ὁ τόπος τοιοῦτος ὧν οἷος εἴρηται. εἰ δὲ ἄλλως τὸ ποῦ, κἂν ὁ τόπος εἴη ποῦ" τὸ γὰρ τοῦ σώματος πέρας ἐστὶ τοῦ σῶματος ποῦ ἔσχα- τον γὰρ. (9) Pbys., VII, 5: διὰ τοῦτο ὁ Ζήνωνος λόγος οὐκ ἀληθής, ὡς ψοφεῖ τῆς κέγχροῦ ὁτιοῦν μέρος οὐδὲν γὰρ κωλύει μὴ κινεῖν τὸν ἀέρα ἐν μηδενὶ χρόνῳ τοῦτον ὃν ἐκίνησεν πεσὼν ὁ ὅλος μέδιμνος. (10) 1108, 18: διὰ τοῦτο λύει καὶ τὸν Ζήνωνος, τοῦ ᾿Ελεάτου λόγον, ὃν ἤρετο Πρωταγόραν τὸν σοφιστήν. ‘etre γάρ μοι, ἔφη, ὦ Ἡρωταγόρα, ἄρα ὁ εἷς χέγχρος κατα- πεσὼν Ψόφον ποιεῖ ἢ: τὸ μυριοστὸν τοῦ χέγχρου ; τοῦ δὲ εἰπόντος μὴ ποιεῖν © ὁ δὲ μέδιμνος, ἔφη, τῶν χέγχρων 111 τυ: Il logos dello staio di miglio 447 certamente fu inventato di poi, ci espone il problema in un dialogo che finge essere avvenuto fra ZENON e PRroTAGORAS. Perchè, viene domandato, se versiamo a terra uno staio di miglio, grano per grano, non sentiamo rumore, mentre questo è bene sensibile se lo versiamo tutto assieme? La questione qui non è dia- lettica ; essa sì riferisce piuttosto alla fisica sperimentale €; specialmente, alla fisiologia. Si tratta, in altri termini, del passaggio di un fenomeno da uno stadio nel quale non è percepibile dai sensi, ad un altro nel quale questa percezione è possibile. Esso perciò quì non ci può in- teressare gran che. * * * La tesi principale sostenuta da ZENON, quella cioè che nè i corpi, nè il tempo sono formati, rispettiva- mente, da punti adiacenti o da istanti successivi, ebbe nella sua epoca piena vittoria. Se la cosa non ci viene raccontata esplicitamente, essa però si rivela chiaramente del fatto che i matematici greci non usarono più affatto, ‘dopo il tempo di ZENON, l’ipotesi combattuta, e, con- formandosi al loro genio speciale, cercarono, in tutto lo svolgimento della geometria, quella rigorosità estrema che forse ce li fa sembrare, oggi, alquanto meticolosi, ma che servì loro a costruire uno dei monumenti più gloriosi e durevoli che siano dovuti agli antichi abitatori del mondo hellenico. Ma i fini ragionamenti di ZENON, dal- l'apparenza paradossale, dovevano, fuori dei circoli stret- » καταπεσὼν ποιεῖ ψόφον 7 où; τοῦ δὲ ψοφεῖν εἰπόντος τὸν μέδιμνον * τί οὖν, ἔφη ὁ “Ζήνων, οὐκ ἔστι λόγος τοῦ μεδίμνου τῶν κέγχρων πρὸς τὸν ἕνα χαὶ τὸ “Βυριοστὸν τὸ τοῦ ἑνός ; ; ᾿ τοῦ δὲ φήσαντος εἶναι | τὶ οὖν, ἔφη ὁ Ζήνων, οὐ καὶ τῶν ψόφων ἔσονται λόγοι πρὸς ἀλλήλους οἱ αὐτοί : ὡς “γὰρ τὰ ψοφοῦντα, xat οἱ ψόφοι" τούτου δὲ οὕτως ἔχοντος, εἰ ὁ μέδιμνος τοῦ χέγχρου ψοφεῖ, ψοφήσει καὶ ὁ εἷς χέγχρος καὶ τὸ μυριοστὸν τοῦ κέγχρου. ὁ μὲν οὖν Ζήνων οὕτως ἠρώτα τὸν λόγον. 448 I logoi di Zenon nella posterità Mit tamente matematici, essere facilmente fraintesi, e quindi, per la loro logica stringente e sconcertante, essere di- vulgati sotto una falsa versione. A questo fatto contri- buì anche molto l’ essere ZENON il discepolo di PARME- NIDES, che, come abbiamo visto, distingueva con tanta cura il dominio della verità immutabile eterna, da quello delle false opinioni degli uomini, che ci rappresentavano il mondo come variabile, pluralistico, in continuo movi- mento. Se il discepolo seguiva il maestro anche nelle dottrine filosofiche, quale migliore cccasione di quella di servirsi di alcune sue rigorose dimostrazioni di in- dole matematica, per fargli provare, con paradossi troppo evidenti anche per i meno istruiti, che non esisteva il movimento, non esistevano le cose, non esisteva infine tutto il mondo sensibile ? La posterità fu tratta su questa via. Già ARISTOTELES non comprenderà alcuni ragiona- menti del secondo filosofo di Elea; quelli che verranno dopo li comprenderanno ancora meno ; ed infine l'opera di travisamento del pensiero di ZENON sarà compiuta dai tanti filosofi moderni che non hanno alcuna idea scientifica e, magari, disdegnano occuparsi di idee e di fatti scientifici se non a vaghe parole e per inteso dare. Abbiamo visto che fraintendere ZENON, per molte ragioni, era facile; ma una ancora potentissima sì ag- giunge. Un suo contemporaneo, forse condiscepolo, da tutti stimato come appartenente alla scuola eleata, ha esagerato la distinzione di PARMENIDES, arrivando alla negazione assoluta della realtà. Ma, e ciò dovrebbe già mettere in guardia lo storico, egli non usa del metodo fine e dialettico, che, per ben altri scopi, usava il più giovane filosofo dell’ italica Velia; le sue affermazioni sono vaghe ed incerte, nel loro dogmatismo; ben altre esse sarebbero state se alla sua tesi avesse potuto con- tribuire la mente potente del creatore della dialettica. Questo filosofo, del quale passiamo ora ad occuparci è MeLISSOS di Samos. cistica PP SE $ 8 MELISSOS DI SAMOS E LA DISSOLUZIONE DELLA SCUOLA ELEATA. Ben diversi da ZENON, anzi nettamente a lui con- trarî, sono la figura ed il pensiero di MELISSOS di S a- mos, il continuatore della scuola eleata ed il suo ultimo rappresentante. Dopo di esso infatti non viene annoverato più alcun aderente alla scuola stessa, e questa si dissolve nell’esagerazione, per mezzo appunto del filosofo di Samos (1). MELISSOS, invero, continuando e rafforzando la tesi di PARMENIDES, che il solo vero è il suo essere, e che tutte le cose che osserviamo con i sensi non sono che (1) MeLIssos, durante la guerra fra Samos ed Athe- nai, comandava, nel 44Ifo, quella flotta che vinse gli atheniesi comandati da PeRrIKLES. Vedi in proposito PLou- TaRcHOS nella Vita: di Perikles, 26. DioceNEs LAERTIOS ci dà su questo filosofo poche notizie (IX, 24): Μέλισσος ᾿Ιθραιγένους Σάμιος. οὗτος ἤκουσε Iappevidov. (ἀλλὰ xat εἰς λόγους ἦλθεν Ἡρακχκλείτῳ ὅτε χαὶ συνέστησεν αὐτὸν τοῖς ᾿Βφεσίοις ἀγνοοῦσι, κχαθάπερ ᾿ἱἱπποχράτης Δημόκριτον ᾿Αβδηρίταις). γέγονε δὲ καὶ πολιτικὸς ἀνὴρ xat ἀποδοχῆς παρὰ τοῖς πολίταις ἠξιωμένος" ὅθεν ναύαρχος αἱρεθεὶς ἔτι καὶ μᾶλλον ἐθαυμάσθη διὰ τὴν οἰκείαν ἀρετήν. ἐδόκει δὲ αὐτῷ τὸ πᾶν ἄπειρον εἶναι καὶ ἀναλλοίωτον καὶ ἀκίνητον καὶ ἕν ὅμοιον ἑαυτῷ καὶ πλῆρες" χίνησίν τε μὴ εἶναι, δοκεῖν δὲ εἶναι. ἀλλὰ καὶ περὶ θεῶν ἔλεγε μὴ δεῖν ἀπο- È x x 3 DS >_- \ 59 , φαίνεσθαι" μὴ γὰρ εἶναι γνῶσιν αὐτῶν. φησὶ è’ Απολλόδωρος ἠκμακέναι αὐτὸν χατὰ τὴν τετάρτην χαὶ ὀγδοηκοστὴν ὀλυμπιάδα [444-41]. Mi1zLI 29 450 Contrasto fra Zenon e Melissos 1Π. - 8. 8. inganni, si sforza a voler dimostrare che tutto il mondo dei fenomeni è un assoluto non essere. E quì cade in proposito un'osservazione che ha un grande valore storico. Se ZENON, invece di combattere alcune dottrine matematiche, che, come abbiamo mostrato, erano se- guite dai pythagorici, avesse voluto dimostrare con la riduzione all’ assurdo che tutti i fenomeni che crediamo di osservare non esistono, MELISSos avrebbe avuto nel suo antico compagno, del quale era di poco più giovane, il più valido sostegno per le sue idee, e non avrebbe dovuto correre dietro asserzioni fornitegli dal senso comune per arrivare a dimostrare la tesi che si era prefisso. Invece egli non ne fa alcun caso, e, dato il fatto certissimo che egli non poteva ignorare i ragio- namenti di ZENON, perchè nella. Grecia di allora le idee venivano rapidamente diffuse e discusse, e perchè, inol- tre, fra i due dovevano certamente esistere relazioni personali, ciò viene a confermare ancora di più che i logoi di ZENON avevano veramente quella portata che noi più sopra abbiamo loro attribuita. MELISSOS non ha più nulla di scientifico in sè. Basta, perciò, per rendere completa questa esposizione, accen- nare con poche parole alle idee fondamentali che egli emette. L'essere è eterno, senza confini, u- nico, immutabile (2). In questi attributi la teo- ria collima con quella di PARMENIDES, differendone però nel secondo punto. PARMENIDES infatti ammetteva l’ es- cere come finito ed avente la forma di una sfera. Con un caratteristico volo logico, MELISSOS deduce la cagione della mancanza di confini dalla infinità del tempo (3). Notiamo che questo volo, come tutto il pensiero di (2) Vedi in proposito il fr. 7 riportato nella n. 6. (3) Questa asserzione si deduce specialmente dalla pa- rafrasi fatta dal SimpLiKIos (phys., 103, 13) del brano di Me- LIssos, dalla quale sono tolti alcuni dei frammenti rimastici, e che trattava delle idee fondamentali del filosofo di Samos. Per 1’ asserzione che ci interessa: ἀλλ᾽ ἐπειδὴ τὸ γενόμενον II. -S 8. I ragionamenti di Melissos 451 MeELISSOS, è poi stato fortemente criticato da ARISTO- TELES (4). La mancanza di confini dell’ essere porta MeLISsos ad affermare la sua unità, se infatti vi fossero parecchi esseri, essi confinerebbero l’ uno con l’ altro, e l’ essere non sarebbe più senza confini. Del resto anche la pluralità è inconcepibile perchè se esistessero le varie cose esse sarebbero separate dal vuoto ; ma il vuoto non esiste, dunque nemmeno esiste la pluralità (5). In- concepibile è poi il movimento perchè esso è im- possibile se il corpo che si muove non trova il vuoto dove deve andare; ma abbiamo già detto che il vuoto non esiste, quindi la cosa è senz’ altro provata. È assai istruttivo e curioso esaminare il modo di ragionamento di MELISSOS, perciò per terminare il breve ἀρχὴν ἔχει, τὸ μὴ γενόμενον ἀρχὴν οὐκ ἔχει τὸ δὲ ὃν οὐ γέγονεν" οὐκ ἄρ᾽ ἔχει ἀρχήν. ἔτι δὲ τὸ φθειρόμενον τελευτὴν ἔχει. εἰ δέ τί ἐστιν ἄφθαρτον, τελευτὴν οὐκ ἔχει. τὸ ὃν ἄρα ἄφθαρτον ὃν τελευτὴν οὐκ ἔχει. τὸ δὲ μήτε ἀρχὴν ἔχον punte τελευτὴν ἄπειρον τυγχάνε' ὄν. ἄπειρον ἄρα τὸ ὄν. (4) Phys, 1, 3: ἀμφότερον γὰρ ἐριστικῶς συλλο- γίζονται, καὶ Μέλισσος καὶ Παρμενίδης: καὶ γὰρ ψευδῆ λαμβάνουσι καὶ ἀσυλλόγιστοί εἰσιν αὐτῶν οἱ λόγοι. μᾶλ- λον δ᾽ 6 Μελίσσου φορτικὸς καὶ οὐκ ἔχων ἀπορίαν, ἀλλ᾽ ἑνὸς ἀτόπου δοθέντος τἄλλα συμβαίνει: τοῦτο δ᾽ οὐθὲν χαλεπόν. ὅτι μὲν οὖν παραλογίζεται Μέλισσος, δῆλον" οἴεται γὰρ εἰληφέναι, εἰ τὸ γενόμενον ἔχει ἀρχὴν ἅπαν, ὅτι καὶ τὸ μὴ γενόμενον οὐκ ἔχει. εἶτα καὶ τοῦτο ἄτοπον, τὸ παντὸς οἴεσθαι εἶναι ἀρχὴν τοῦ πράγματος καὶ μὴ τοῦ χρόνου, χαὶ γενέσεως μὴ τῆς ἁπλῆς, ἀλλὰ καὶ ἀλλοιώσεως, ὥσπερ οὐκ ἀθρόας γινομένης μεταβολῆς. κ.τ.λ. (5) Sul concetto di vuoto dovremo tornare più avanti, ed allora esporremo anche più dettagliatamente i concetti anteriori ; in particolare la teoria del vuoto sarà esposta e discussa trattando di DemoxRITOS e, più innanzi, di Αβι- STOTELES. Lo stesso si dica dei concetti di finito ed i n- finito che saranno esaminati più accuratamente in luogo ‘opportuno. 452 I ragionamenti di Melissos I. - ὃ 8. paragrafo che lo riguarda, aggiungo la traduzione del fr-7:(6): «[1] Così (Τ᾿ essere) è eterno, senza confini, unico ed omogeneo. [2] Nè mai può perire, nè divenire più grande, nè cambiare d’ aspetto, nè soffrire o sentire do- lore. Se infatti fosse sottoposto a queste cose, esso non sarebbe più un unico. Se infatti variasse, necessaria- mente ciò che è non potrebbe essere omogeneo, ma cià che era prima dovrebbe perire, e nascere ciò che non era. Se quindi anche in diecimila anni variasse di un capello, nell’ eternità dovrebbe tutto perire. [3] Impos- sibile è pure che cambi d’ aspetto ; la disposizione pri- mitiva non può perire, nè la nuova generarsi. Poichè dunque nè mai si genera, nè mai perisce, nè mai può variare, in qual modo potrebbe essere annoverato come essere se cambiasse d’ aspetto ? Poichè solo se potesse variare, potrebbe cambiare d’ aspetto. [4] E nemmeno può soffrire; poichè una cosa che soffre, nè potrebbe I essere un tutto (ciò che soffre non può essere una cosa eterna), nè può avere la stessa forza di un sano. E nem- È meno, se soffrisse, potrebbe essere omogeneo. Se sof- frisse infatti gli verrebbe tolto od aggiunto qualche cosa, e quindi non potrebbe essere omogeneo. [5] Nè ciò che (6) Fr. 7 (Diels): [1] οὕτως οὖν αἴδιόν ἔστι xal ἄπειρον καὶ ἕν καὶ ὅμοιον πᾶν. [2] καὶ οὔτ᾽ ἂν ἀπόλοιτο οὔτε μεῖζον γίνοιτο οὔτε μεταχοσμέοιτο οὔτε ἀλγεῖ οὔτε ἀνιᾶται" εἰ γάρ τι τούτων πάσχοι, οὐκ ἂν ἔτι εἴη. εἰ γὰρ ἑτεροιοῦται, ἀνάγκη τὸ ἐὸν μὴ ὁμοῖον εἶναι, ἀλλὰ ἀπόλ- λυσθαι τὸ πρόσθεν ἐόν, τὸ δὲ οὐκ ἐὸν γίνεσθαι. εἰ τοίνυν 3 τριχὶ μιῇ μυρίοις ἔτεσιν ἑτεροῖον γίνοιτο, ὀλεῖται πᾶν ἐν τῷ παντὶ χρόνῳ. [3] ἀλλ᾽ οὐδὲ μετακοσμηθῆναι ἀνυστόν᾽" : ὁ γὰρ χόσμος ὃ πρόσθεν ἐὼν οὐκ ἀπόλλυται οὔτε ὁ μὴ È ἐὼν γίνεται. ὅτε δὲ μήτε προσγίνεται μηδὲν unta ἀπόλλυται : unte ἑτεροιοῦται, πῶς dv μεταχκοσμηθὲν τῶν ἐόντων εἴη ; εἰ μὲν γάρ τι ἐγίνετο ἑτεροῖον, ἤδη ἂν καὶ μετακοσμηθείη. [4] οὐδὲ ἀλγεῖ" οὐ γὰρ ἂν πᾶν εἴη ἀλγέον᾽ οὐ γὰρ ἂν δύναιτο $ ἀεὶ εἶναι χρῆμα ἀλγέον οὐδὲ ἔχει ἴσην δύναμιν τῷ ὑγιεῖ: οὔδ᾽ ἂν ὁμοῖον εἴη, εἰ ἀλγέοι. ἀπογενομένου γάρ τεὺ ἂν MR, a " ᾿ la ire dei Et e HI. -$8. I ragionamenti di Melissos 453 è sano può sentire dolore, che in tal maniera il sano e ciò che è, perirebbe, mentre ciò che non è diverrebbe. [6] Ed intorno al sentire dolore vale lo stesso ragiona- mento che intorno al soffrire. [7] E nemmeno può esi- stere alcun vuoto. Il vuoto infatti è nulla, e ciò che non è non può mai essere. E nemmeno [l'essere] può muo- versi, poichè da nessuna parte può spostarsi essendo tutto pieno. Se infatti vi fosse il vuoto potrebbe spo- starsi nel vuoto, ma non essendovi il vuoto non ha dove spostarsi. [8] E non possono esistere nemmeno il denso ed il sottile. Il sottile infatti non può essere così denso come il denso, ed in tal modo il sottile diverrebbe qualche cosa di più vuoto del denso. [9] Questa è la distinzione che bisogna fare fra il pieno ed il non pieno : se una cosa prende od assume in sè alcunchè, allora non è piena, se non lo fa, è piena. [10] Quindi necessariamente deve essere piena se non è vuota. Se quindi è piena non si muove ». ἀλγέοι ἢ προσγενομένου, χοὐχ ἂν ἔτι ὁμοῖον εἴη. [5] οὐδ᾽ ἂν ς ἀλγὴ ἦσαι δύναιτο᾽ ἀπὸ γὰρ ἂν ὅλοιτο τὸ ὑγιὲς καὶ ἐόν, τό δὲ οὐκ ἐὸν γένοιτο. [6] καὶ περὶ τοῦ ἀνιᾶσθαι ὡυτὸς λό όγος τῷ ἀλγέοντι. [7] οὐδὲ κενεόν ἐστιν οὐδέν: τὸ γὰρ χενεὸν οὐδέν ἐστιν οὐκ ἂν οὖν εἴη τό γε μηδέν᾽" οὐδὲ χι- νεῖται: ὑποχωρῆσαι γὰρ οὐκ ἔχει οὐδαμῇ, ἀλλὰ πλέων ἐστίν. εἰ μὲν γὰρ χενεὸν ἦν, ὑπεχώρει ἂν εἰς τὸ χενόν᾽ χενοῦ δὲ μὴ ἐόντος οὐκ ἔχει ὅκῃ ὑποχωρήσει. [8] πυκνὸν δὲ καὶ ἀραιὸν οὐκ ἂν εἴη. τὸ γὰρ ἀραιὸν οὐκ ἀνυστὸν πλέων εἶναι ὁμοίως τῷ πυχνῷ, ἀλλ᾽ ἤδη τὸ ἀραιόν γε χενεώτερον γίνεται τοῦ πυχνοῦ. [9] χρίσιν δὲ “ταύτην χρὴ ποιήσασθαι τοῦ πλέω καὶ τοῦ μὴ πλέω᾽ εἰ μὲν οὖν χωρεῖ τι ἣ εἰσδέχεται, οὐ πλέων᾽ εἰ δὲ μήτε χωρεῖ μήτε εἰσδέχεται πλέων. [10] ἀνάγκη τοίνυν πλέων εἶναι, εἰ xevòv μὴ ἔστιν. εἰ τοίνυν πλέων ἐστίν, » n οὐ κινεῖται. $9. HERAKLEITOS θ᾽ EPHESOS — LA LOTTA, IL DIVENIRE E LA RELATIVITÀ. Nella sistematica, spesso infantile, degli ordinarî trat- tati di storia della filosofia, a PARMENIDES che suppone l essere immutabile ed immobile, viene contrapposto il filosofo d’ Ephesos, l'oscuro, di lui alquanto più an- tico, e che suppone che tutto il mondo sia un div e- nire continuo, che tutto nel mondo sia lotta. Questa opposizione è del tutto ingiustificata ; piuttosto dobbiamo avvicinare fra di loro i due filosofi, quello d’Italia e quello dell'Asia Minore, non solamente per- chè l’ epoca nella quale vissero e fiorirono è presso a poco la stessa, ma sopratutto perchè essi, pure dipen- dendo per la teoria scientifica l’ uno dai pythago- rici,.l altro -dalla'antica'scuola lonza: borarono col ragionamento, e spesso col paradosso, nuovi sistemi, sistemi che entrambi agirono nello stesso senso, e che hanno minore valore come espressione di fatti, di quello che non ebbero come generatori di nuove fu- ture forme di pensiero. La distinzione parmenidea fra l’ essenza delle cose e la loro apparenza, o l’asserzione herakleitica del principio di relatività, contenuta nel- Τ᾿ espressione paradossale delle cose che insieme sono e non sono, scossero fortemente le teorie che si erano già stabilite e che andavano prendendo una forma dogma- tica. Ambedue le teorie, quella di PARMENIDES e quella di HERAKLEITOS, richiesero dai futuri pensatori una mag- giore acutezza di indagine scientifica, e nello stesso tempo una cura continua per evitare di battere alcune false strade, indicate come tali dagli autori suddetti. E ve- dremo, infatti, il pensiero del filosofo di Ele a e di quello | i II. - $ ὁ. Herakleitos d’ Ephesos 455 di Ephesos dominare in tutte le dottrine succesive, sia esercitando su di esse un’azione positiva, sia e più spe- cialmente, esercitandone una negativa e di metodo. Un al- tro carattere, sebbene secondario, dei due autori, è quello della loro minore importanza come scienziati partico- lari. La fisica di PARMENIDES ha importanza perchè ci riporta le opinioni di una parte dei pythagorici, ma essa, certamente, contiene in sè ben poco di proprio e di originale; quella di HERAKLEITOS, poi, pure muo- vendosi nell’ ambito dell’ antica teoria naturalistica i 0- nica, salvo alcuni casi particolarissimi, segna su di essa un vero regresso, così che non è raro di riconoscervi spesso un ritorno dall’ acuto pensiero di ANAXIMANDROS a quello più infantile di THALES. Per tutte queste ra- gioni bene si addice di trattare in questo luogo del filo- sofo di Ephesos; le nuove generazioni, poggiate sulla scienza già acquistata, educate la mente dai due citati pensatori, daranno nuova forma e nuovo sviluppo al grande pensiero scientifico greco. * * > Poche notizie abbiamo intorno alla vita dell’oscuro, dell’ aristocratico, disdegnoso e bilioso discendente da re e sacerdoti di Ephesos (1). Nato probabilmente (1) Wrop. Li. IX : Ἣ ράχκλειτος Βλόσωνος ἤ, ὥς τινες, Ἡράκωντος a οὗτος ἤκμαζε μὲν κατὰ τὴν ἐνάτην καὶ ἑξηκοστὴν ὀλυμπιάδα [504- -ξ01]. μεγαλόφρων δὲ γέγονε παρ᾽ ὁντιναοῦν χαὶ ὑπερόπτης.. ... ἀκ μους μενος δὲ καὶ νόμους θεῖναι πρὸς αὐτῶν ὑπερεῖδε διὰ τὸ ἤδη χεχρατῆσθαι ὌΝ πονηρᾷ πολιτείᾳ τὴν πόλιν. ἄἀναχω- ρήσας δὲ εἰς τὸ ἱερὸν τῆς ᾿Αρτέμιδος μετὰ τῶν παίδων στραγάλιζεν: περιστάντων δ᾽ αὐτὸν τῶν ᾿Εφεσίων, “si, ὦ , > DI DS) - - κάχιστοι, θαυμάζετε :᾿᾿ εἴπεν᾽ ἼΗΙ οὐ χρεῖττον τοῦτο ποιεῖν A SIE τ ἣ μεθ “ὑμῶν πολιτεύεσθαι : ᾿ χαὶ τέλος "μισανθρωπήσας καὶ ἐκπατήσας ἐν τοῖς ὄρεσι διῃτᾶτο, πόας σιτούμενος χαὶ βοτάνας. nai μέντοι χαὶ διὰ τοῦτο περιτραπεὶς εἰς ὕδερον κατῆλθεν εἰς ἄστυ χαὶ τῶν ἰατρῶν αἰνιγματωδῶς ἐπυνθά- 456 Carattere di Herakleitos III. .- $ 9. | 3 verso il 535, pare che sia morto intorno al 475. Il suo scritto, però, non può essere anteriore al 478, poichè in esso si trovano accenni ad avvenimenti che ebbero luogo verso quell’ anno (2). Il carattere principale di HERAKLEITOS è il suo mi- santropismo ed il suo disdegno contro tutto e contro tutti, e specialmente contro quelli che più godevano del favore del momento. La democrazia trionfante in E p h e- vero, εἰ δύναιντο ἐξ ἐπομβρίας αὐχμὸν ποιῆσαι τῶν δὲ μὴ συνιέντων, αὑτὸν εἰς βούστασιν κατορύξας τῇ τῶν βο- λίτων ἀλέᾳ ἤλπισεν ἐξατμισθήσεσθαι. οὐδὲν δὲ ἀνύων οὐδ᾽ οὕ- τως ἐτελεύτα βιοὺς ἔτη ἑξήκοντα.... ἤκουσέ τε οὐδενός, ἀλλ᾽ αὑτὸν ἔφη διζήσασθαι καὶ μαθεῖν πάντα παρ᾽ ἑαυτοῦ... τὸ δὲ φερόμενον αὐτοῦ βιβλίον ἐστὶ μὲν ἀπὸ τοῦ συνέχον- τος Περὶ φύσεως, διήρηται δὲ εἰς τρεῖς λόγους, εἴς τε τὸν τοῦ παντὸς καὶ πολιτικὸν καὶ θεολογικόν. ἀνέθηχε δ᾽ αὐτὸ εἰς τὸ τῆς ᾿Αρτέμιδος ἱερόν, ὡς μέν τινες, ἐπιτηδεύσας ἀσαφέστερον γράψαι, ὅπως οἱ δυνάμενοι « μόνοι» προσίοιεν αὐτῷ καὶ μὴ ἐκ τοῦ δημώδους εὐκαταφρόνητον Î.... Θεόφρα- στος δέ φησιν ὑπὸ μελαγχολίας τὰ μὲν ἡμιτελῆ, τὰ δὲ 3 ἄλλοτε ἄλλως ἔχοντα γράψαι. σημεῖον δ᾽ αὐτοῦ τῆς με- i γαλοφροσύνης ᾿Αντισθένης φησὶν ἐν Διαδοχαῖς" ἐκχωρῆσαι γὰρ τἀδελφῷ τῆς βασιλείας. , (2) 1, avvento della democrazia in Ephesos non si É potè verificare prima della liberazione dal dominio persiano. è A questo avvenimento si ricollega la cacciata di HERMODÒROS. Fr. 121: ἄξιον ᾿Εφεσίοις ἡβηδὸν ἀνάγξασθαι πᾶσι χαὶ τοῖς ἀνήβοις τὴν πόλιν καταλιπεῖν, οἵτινες ᾿Ερμόδωρον ἄνδρα ἑωυτῶν ὀνήιστον ἐξέβαλον φάντες᾽ ἡμέων μηδὲ εἷς ὀνήιστος ἔστω, εἰ δὲ μή, ἄλλη τε καὶ μετ᾽ ἄλλων. (Quei di Ephesos bene farebbero ad impiccarsi tutti ed a lasciare la città sotto tutela ai fanciulli, essi che hanno cacciato dalla città HerMmopOROs, l’uomo migliore fra di essi, dicendo : fra noi nessuno deve essere il migliore, o, se lo è, vada altrove e fra altri). Questo Hermopdros, secondo alcuni, dovrebbe essere quello che nel 452 troviamo a Roma per aiutare i decem- viri nel loro compito. Così ὅταβον, (XIV, 25): ἄνδρες II. -$ 9. Dileggio contro poeti e filosofi 457 sos trova nel filosofo il suo più accanito dispregiatore. I frammenti rimastici sono infatti pieni di livore contro il popolaccio, e contro anche la maggior parte delle per- sone (3). Nè, come già presso XENOPHANES, trovano favore presso di lui HoMEROS e HEsIoDOS, od i filosofi che, come PYTHAGORAS e XENOPHANES (4), non appar- tenevano alla scuola ionica. Ed anche fra quelli di quest’ ultima, forse per ragioni politiche, vediamo acer- δ᾽ ἀξιόλογοι γεγόνασιν ἐν αὐτῇ [in Ephesos] τῶν μὲν παλαιῶν Ἡράκλειτός τε ὁ Σκοτεινὸς χαλούμενος καὶ ‘Epuòdopoc, περὶ οὗ ὁ αὐτός φησιν" [il frammento appunto riportato].... δοκεῖ δ᾽ οὗτος ὁ ἀνὴρ νόμους τινὰς Ρωμαίοις συγγράψαι. E Prinius (XXXIV, 21) ce lo rammenta ancora, ricordando una sua statua: « fuit et Hermodori Ephesi [statua] in comitio, legum quas decemviri scribebant inter- pretis, publice dicata ». Varî (ad es. il GompPERZ) accettano questa opinione ; il Diets (12, A, 3a) nega ogni relazione fra questo HerRMopòROs ed i decemviri, e cita in proposito un lavoro di ΒΟΈΒΟΗ, de XII tabulis, Gott. Diss., 1893, p. 58. (3) Fr. 29: αἱρεῦνται γὰρ ἕν ἀντί ἁπάντων οἱ ἄριστοι, χλέος ἀέναον θνητῶν, οἱ δὲ πολλοὶ χεχόρηντα! ὅκωσπερ κτήνεοι. (Vi è una cosa che i buoni sovrappongono a ogni altra cosa, e questa è la buona fama (da preferirsi di gran lunga) alle cose passeggere. I più invece si contentano'di empirsi ben bene la pancia come il bestiame). Fr. 34: ἀξύνετοι ἀκούσαντες κωφοῖσιν ἐοίκασι φάτις αὐτοῖσιν μαρτυρεῖ παρεόντας ἀπεῖναι. (Anche se ascoltano non capiscono come se fossero sordi ; per essi vale il motto: presenti sono assenti). Fr. 104: τίς γὰρ αὐτῶν νόος ἣ φρήν ; δήμων dot- doit πείθονται καὶ διδακάλῳ χρείωνται ὁμίλῳ οὐκ εἰδότες ὅτι | οἱ πολλοὶ κακοὶ, ὀλίγοι δὲ ἀγαθοί. ᾿ (Poichè quale senno mai o giudizio hanno essi ? Cre- dono ai cantori di piazza ed hanno a maestro il popolaccio. E non sanno che i più sono cattivi, mentre i buoni sono pochi). (4) Fr. 40: πολυμαθίη νόον ἔχειν οὐ διδάσκει ᾿ 458 Herakleitos contro Homeros ed Hesiodos 111. - $ 9. bamente maltrattato l’ insigne geografo HEKATAIO0S. Nel carattere di HERAKLEITOS risiede appunto questo su- premo disprezzo per tutti coloro che si erano resi fa- mosi nella Grecia di allora. Ed il suo disprezzo è bene diverso da quello che mostra l’ aedo di Kolophon. In XENOPHANES vi è un concetto fondamentale, che il poeta persegue, e che fa sì che egli combatta strenua- mente coloro che ad esso si verrebbero ad opporre ; in HERAKLEITOS invece il disprezzo è spesso irragionevole ‘Hotodoyv γὰρ dv ἐδίδαξε χαὶ Πυθαγόρην adele τε Ξενοφάνεά τε καὶ Ἑκαταῖον. (Sapere molto non insegna la saggezza; altrimenti la possederebbero Hesropos e PyrHacoras e XENOPHANES ed HEKATAI0S). Fr. 42: τόν τε Ὅμηρον ἄξιον ἐκ τῶν ἀγώνων ἐκβάλλεσθαι χαὶ ῥαπίζεσθαι xat ᾿Αρχίλογχον ὁμοίως. (Homeros meriterebbe di essere cacciato dagli agoni e di venire frustato, e lo stesso si meriterebbe ARcHILOCHOS). Fr. 56: ἐξηπάτηνται οἱ ἄνθρωποι πρὸς τὴν γνῶσιν τῶν φανερῶν παραπλησίως .Ομήρῳ, ὃς ἐγένετο τῶν “Ἑλλήνων σοφώτερος πάντων. ἐχεῖνόν τε γὰρ παῖδες φθεῖ- ρᾶς καταχτείνοντες ἐξηπάτησαν εἰπόντες. ὅσα εἴδομεν xai ἐλάβομεν ταῦτα ἀπολείπομεν, ὅσα δὲ οὔτε εἴδομεν οὔτ᾽ ἐλάβομεν, ταῦτα φέρομεν. (Gli uomini, nella conoscenza delle cose ben manifeste, si lasciano menare per il naso come HomEros, che del resto era il più saggio di tutti quanti i greci. Infatti alcuni ra- gazzi che si stavano schiacciando i pidocchi lo presero in giro dicendogli : noi lasciamo tutto ciò che abbiamo visto e preso, portiamo invece con noi tutto quello che non abbiamo nè visto nè preso). Fr. 57: διδάσκαλος δὲ πλείστων Ἢ σίοσο ς᾽ τοῦτον ἐπίστανται πλεῖσται εἰδέναι, ὅστις ἡμέρην καὶ εὐφρόνην οὐκ ἐγίνωσκεν: ἔστι γὰρ ἕν. (Hesiopos è il maestro dei più. Questi sono persuasi che egli conosce più di ogni altro, egli che non conosceva il giorno e la notte; perchè è una cosa sola). HI. Ξ 9. 9. La lotta 459 e dipende sopratutto da una gran boria e da una ecces- siva stima di sè stesso (5). Il suo carattere stizzoso, che lo portava alla lotta contro tutto e contro tutti, determinò certamente uno dei caratteri principali delle sue dottrine ; l’ importanza che assume in esso la lotta, lotta che non avviene sola- mente fra le cose, ma anche, e sopratutto, fra gli uomini : «La guerra è il padre, il re di ogni cosa; e questi essa fa dèi, questi uomini, questi schiavi e questi li- beri » (6). « Bisogna sapere che la guerra è lo stato ordinario, e che diritto è la lotta, e che tutto si genera per la lotta e la necessità » (7). Vedremo presto, presso EMPEDOKLES, l’ influenza che questo concetto di lotta esercitò sulle teorie cosmogonica e degli elementi di quest’ ultimo. Il pensatore di E phesos, del resto, era imbevuto di pensieri mistici ed orientali, e la sua mentalità era forte- mente' incatenata in preconcetti di ordine religioso, per quanto in conflitto con quelli ortodossi e comuni nei greci. In questo senso, infatti, egli deride coloro che ren- Bgr:o SS (debbio?; τῷ -Diog. Laert., VII = Πυθαγόρης Μνησάρχου ἱστορίην ἤσκησεν ἀνθρώ- πὼν μάλιστα πάντων χαὶ ἐκλεξάμενος ταύτας τὰς συγ- γραφὰς ἐποιήσατο ἑαυτοῦ σοφίην, πολυμαθείην, κακοτεχνίην. (PyrHAcoRAS, figlio di ΜΝΕΒΑΒΟΗΟΒ, si dette allo stu- dio più di tutti gli uomini, e dopo essersi appropriato di tutte queste dottrine, se ne fece una sapienza propria : polymatheia, arte cattiva). (5) Confronta il passo già citato di Diocenes LAERTIOS (vedi n. 1): ἤκουσέ τε οὐδενός, ἀλλ᾽ αὑτὸν ἔφη διζήσασθαι καὶ μαθεῖν πάντα παρ᾽ ἑαυτοῦ. (6) Fr. 53: πόλεμος πάντων μὲν πατήρ ἐστι, πάντων δὲ βασιλεύς, καὶ τοὺς μὲν θεοὺς ἔδειξε τοὺς δὲ ἀνθρώπους, τοὺς μὲν δούλους ἐποίησε τοὺς δὲ ἐλευθέρους. (7) Fr. 80: εἰδέναι δὲ χρὴ τὸν πόλεμον stra ἐόντα ἔξυνόν, καὶ δίκην ἔριν, καὶ γινόμενα πάντα χατ᾽ ἔριν χαὶ χρεώμενα. 460 Il sentimento religioso in Herakleitos MII. - $ g. dono gli dèi simili agli uomini e con i loro vizi, e che ne adorano le statue e le immagini (8). In un tempio, in- fine, in quello di Artemis, l Oscuro depose il ma- noscritto della sua opera, περὶ φύσεως, che, in forma quasi sibillina, racchiudeva i frutti del suo pensiero. Se- condo una tradizione posteriore, forse non esatta, essa era divisa in tre parti: la prima trattava del mondo, la seconda dello stato, la terza era di argomento teologico. Non è il caso di esaminare distesamente il pen- siero religioso di HERAKLEITOS. Accenneremo quì sola- mente come gli appartengano molti precetti morali, al- cuni dei quali assai belli, e che ci mostrano come, teo- ricamente, l autore fosse amante della verità e della nobiltà di animo (9). La sua più bella massima, quella (8) Fr. 128 (dubbio): δαιμόνων ἀγάλμασιν εὔχονται οὐκ ἀκούουσιν, ὥσπερ ἀχούοιεν, οὐκ ἀποδιδοῦσιν, ὥσπερ « ἀποδιδοῖεν», οὐχ « ἀπαιτοῦσιν, ὥσπερ» ἀπαιτοῖεν. (Essi pregano le immagini degli dèi, che non odono, così come se potessero udire, che non possono esaudire, così come se lo potessero, che non richiedono nulla, così come se richiedessero qualche cosa). Vedi anche nel fr. 5: χαὶ τοῖς ἀγάλμασι δὲ τουτέοισιν εὔχονται, Oxotov εἴ τις δόμοισι λεσχηνεύοιτο, οὔ τι γι- γώσχων θεοὺς οὐδ᾽ ἥρωας οἵτινές εἶσι. (E pregano queste immagini di dèi, così come se si potesse discorrere con le costruzioni. Essi non conoscono in- fatti la natura vera degli dèi e degli eroi). Fr. 127 (dubbio): εἰ θεοί εἰσιν, ἵνα τί θρηνεῖτε αὐτούς; εἰ δὲ θρηνεῖτε αὐτούς, μηχέτι τούτους ἡγεῖσθε θεούς. (Se esistono gli dei, perchè li compiangete ? E se li com- piangete non li ritenete quali dei). (9) Fr. 4: Trad. in ALsertus Macnus (de veget., VI, 401, p. 545, Meyer): «H. dixit quod si felicitas esset in delectationibus corporis, boves felices diceremus, cum inve- niant orobum ad comedendum». [« Es ist fraglich, ob die bypotetische Fassung und der ganze Vordersatz autbentisch ist. Vielleicht gehòrt das Fr. zur Relativitàtslehre. < Diels > 5]. ì Na > - ἣν ΔῊΝ I. -$ 9. Il divenire continuo 461 che si collega di più anche all’ uomo che medita e che pensa, è la seguente : « Pensare è la più grande virtù, e la sapienza con- siste nel dire la verità, ed agire secondo la natura se- guendola » (10). Insieme al citato principio della lotta ed a quello del divenire continuo, che è uno dei caposaldi della dottrina del pensatore di Ephesos (11), una delle caratteristiche più importanti di HERAKLEITOS è il prin- cipio di relatività che egli applica, quasi sem- Fr. 49: εἷς ἐμοὶ μύριοι, ἐὰν ἄριστος ἢ. (Uno mi vale diecimila, se esso è il migliore). Fr. 102: τῷ μὲν θεῷ καλὰ πάντα καὶ ἀγαθὰ καὶ δίκαια, ἄνθρωποι δὲ ἃ μὲν ἄδικα ὑπειλήφασιν ἃ δὲ δίκαιοι. (Presso dio tutte le cose sono belle, buone e giuste; gli uomini stimano invece alcune cose giuste, altre ingiuste). Fr. 116: ἀνθρώποισι πᾶσι μέτεστι γινώσκειν ἑωυτοὺς xai φρονεῖν. (A tutti gli uomini è dato di conoscere sè stessi e di es- sere saggi). Fr. 117: ἀνὴρ ὁκόταν μεθυσθῇ, ἄγεται. ὑπὸ παιδὸς ἀνήβου σφαλλόμενος, οὐκ ἐπαΐων ὅχη βαίνει, ὑγρὴν τὴν ψυχὴν ἔχων. (Quando un uomo si ubriaca viene condotto da un pic- colo fanciullo. Egli non capisce come se ne va camminando ; la sua anima infatti è umida). (10) Fr. 112: τὸ φρονεῖν ἀρετὴ μεγίστη, καὶ σοφίῃ LI , dd LA Ὁ x > x , r tov ‘HpaxXetTog ὅτι πάντα χωρεῖ καὶ οὐδὲν μένει xat ποτα μοῦ pon ἀπεικάζων τὰ ὄντα λέγει ε δὶ > LI LI \ LI > "Ὁ > , Ed A PI ὡς δὶς ἐς τὸν αὐτὸν ποταμὸν οὐκ ἂν ἐμβαίης. ETIOS (I, 23, 7): Ἡράκλειτος ἠρεμίαν μὲν χαὶ στάσιν ἐκ τῶν ὅλων ἀνήρει' ἔστι, γὰρ τοῦτο τῶν νεχρῶν᾽ χίνησιν δὲ τοῖς 462 Il relativismo in Heraklettos II. - $ 9. pre, e che, in avvenire, avrà un'importanza capitale nella storia dello sviluppo del pensiero umano. «L'acqua di mare è la più pura e la più impura; potabile e salubre per i pesci, essa è imbevibile e dan- nosa per gli uomini» (12). L’ importanza di questo modo di ragionare non può essere mai rilevata abbastanza. Esso insegna a con- siderare le cose dai varî punti di vista, e giunge spesso a scalzare dogmi stabiliti o concezioni assolute. PROTA- GORAS, certo, nel suo relativismo assoluto, doveva avere subito un’ influenza potente da questi primi tentativi di HERAKLFITOS, ma anche nei pensatori anteriori al so- phista ricordato, troviamo visibili tracce, come accenne- remo a suo luogo, di un tal metodo di pensiero. E queste affermazioni relativistiche nel filosofo di Ephesos non si limitano a poche ed isolate. Esse formano, come ho detto, una vera caratteristica del suo pensiero. In certa guisa egli viene così quasi a preludere alle concezioni medernissime di equilibrio dinamico : πᾶσιν ἀπεδίδου, ἀΐδιον μὲν τοίς ἀιδίοις, φθαρτὴν δὲ τοῖς φθαρτοῖς. Simili accenni si leggono in PLouraARcHos (de E 18) [DreLs considera come fram. g1 le parole spazieggiate]: ποταμῷ γὰρ οὐκ ἔστιν ἐμβῆναι dèdto to αὐτῷ χαθ᾽’ ‘HpaxAettoy οὐδὲ θνητῆς οὐσίας δὶς ἅψασθαι κατὰ ἕξιν «τῆς αὐτῆς» ἀλλ᾽ ὀξύτητι καὶ τάχει μεταβο- λῆς σκίδνησι καὶ πάλιν συνάγει (μᾶλλον δὲ οὐδὲ πάλιν οὐδ᾽ ὕστερον, ἀλλ᾽ ἅμα συνίσταται καὶ ἀπολείπει) καὶ πρόσεισι καὶ ἄπεισι, Del resto accenni a questa concezione dinamica del mondo si hanno anche in molti dei frammenti riportati, e ad essa, ed al relativismo di HERAKLEITOS, sì riferisce il passo di ARISTOTELES (metapb. III, 3): ἀδύνατον γὰρ ὁντινοῦν ταὐτὸν ὑπολαμβάνειν εἶναι na) μὴ εἶναι, καθάπερ τινὲς οἴονται λέγειν Ἡράκλειτον. Vedi anche ὃ 10, n. 4. (12) Fr. 61: θάλασσα ὕδωρ καθαρώτατον καὶ μια- ρώτατον, ἰχθύσι μὲν πότιμον χαὶ σωτήριον, ἀνθρώποις δὲ ἄποτον χαὶ ὀλέθριον. n 2A II. - $ 9. Il relativismo in Heraklestos 463 « Discendiamo negli stessi fiumi e non vi discen- diamo ; noi siamo noi e non siamo noi» (13). Ed anche il fondamento suo di ogni cosa, il fuoco, essere quasi divino, è, come lo stesso dio, ogni cosa ed il contrario nello stesso tempo. «Dio è giorno e notte, inverno ed estate, guerra e pace, ripienezza e fame. Egli si trasforma come il fuoco che, mescolato ai profumi, si denomina secondo la sen- sazione che esso dà » (14). Del resto la morte non è che la vita: il fuoco muore trasformandosi in acqua, ma la sua morte è la vita dell’ acqua, ed il fuoco che è morto, vive sempre in essa: « Immortali muoiono, mortali sono immortali. Essi vivono la loro morte, e muoiono la loro vita» (15). E così i due processi fondamentali della natura, dei quali parleremo nel seguente paragrafo, sono, in fine dei conti, la stessa cosa, pure essendo differenti, anzi opposti : «La via in su e quella in giù, sono una sola ed iden- tica cosa» (16). Anzi è solamente in modo relativo che noi conce- piamo i contrarî : «La malattia rende dolce la salute, il cattivo il buono, la fame la ripienezza, la fatica il riposo» (17) e che essi possono in realtà esistere : (13) Fr. 49 a: ποταμοῖς τοῖς αὐτοῖς ἐμβαίνομέν τε καὶ οὐκ ἐμβαίνομεν, εἶμέν τε καὶ οὐκ εἶμεν. (14) Fr. 67: ὁ θεὸς ἡμέρη εὐφρόνη, χειμὼν θέρος, πόλεμος εἰρήνη, κόρος λιμός. ἀλλοιοῦται δὲ ὅκωσπερ «πῦρ», ὁπόταν συμμιγὴῇ θυώμασιν, ὀνομάζεται χαθ᾽ ἣδο- νὴν ἑκάστου. (15) Fr. 62: ἀθάνατοι θνητοί, θνητοὶ ἀθάνατοι, ζῶντες τὸν ἐχείνων θάνατον, τὸν δὲ ἐκείνων βίον τεθνεῶτες. (16) Fr. 60: ὁδὸς ἄνω κάτω μία καὶ ὧυτή. (17) Fr. 111: νοῦσος ὑγιείην ἐποίησεν ἣδύ, κακὸν ἀγαθόν, λιμὸς κόρον, κάματος ἀνάπαυσιν. 464 Gli Herakleitei, Kratylos II. - ὃ 9. « Il freddo si riscalda, il caldo si raffredda, l’ umido diviene asciutto, l’ asciutto diviene umido ». (18). Questi esempi, presi dai suoi frammenti, ed. altri numerosi ancora (19), troppo ricercati anche, alle volte, ci mostrano in modo ben chiaro l'attitudine relativistica del suo spirito. Come potremo notare più ampiamente in avvenire, questa sua attitudine esercitò una notevole influenza sui pensatori posteriori (20). (18) Fr. 126: τὰ ψυχρὰ θέρεται, θερμὸν Ψύχεται, ὑγρὸν αὐαίνεται, καρφαλέον νοτίζεται. (19) Vedi il fr. 21. ἃ, ποία 2. «ed. 1 ϑερήεπις τ πὸ γναφείῳ ὁδὸς εὐθεῖα καὶ σχολιὴ μία ἐστί. (La via della vite della gualchiera, sia retta che curva, è sempre una sola e la medesima). (20) La dottrina herakleitea trovò numerosi seguaci fra i greci, non solamente nelle scuole più recenti, come gli stoiki, ma anche in pensatori prearistotelici. Questi continuatori di HerAKLEITOS, che, dal πάντα ῥεῖ del pensatore d’ Ephesos, PLaton (Tbheaît, 181 8) denomina ironicamente τοὺς ῥέοντας, ricollegandosi alle teorie filosofiche del maestro, esagerarono la teoria della continua variazione delle cose, fino a ridurla al completo assurdo al quale, con l’ immobilità assoluta, erano arrivati i seguaci degli Eleati. Un seguace di tal genere di HeraxLEITos è quel KraryLos che è ricordato come uno dei maestri di PLaton. Per tale via il poeta dei dialoghi subì, forse, quella potente influenza herakleitea che si riconosce nei suoi scritti, e che si compenetrò con quella degli eleati, fino a che ne sopraggiunse una ulteriore, fortissima, dai py- thagorici. Confr. AristoreLES (metaph., 1, 6): μετὰ δὲ τὰς εἰρημένας φιλοσοφίας n Πλάτωνος ἐπεγένετο πρὰγ- ματεία, τὰ μὲν πολλὰ τούτοις [i pythagorici] ἀκχολου- θοῦσα, τὰ δὲ χαὶ ἴδια παρὰ τὴν τῶν ᾿Ιταλικῶν ἔχουσα φιλοσοφίαν. Ex νέου τε γὰρ συνήθης γενόμενος πρῶτον Κρατύλῳ καὶ ταῖς Ἡρακλειτείοις δόξαις, ὡς ἁπάντων τῶν αἰσθητῶν ἀεὶ ῥεόντων καὶ ἐπιστήμης περὶ αὐτῶν οὐκ οὔσης, ταῦτα μὲν καὶ ὕστερον οὕτως ὑπέλαβεν" Σωχράτους δὲ περὶ μὲν τὰ ἠθικὰ πραγματευομένου, περὶ δὲ τὴς ὅλης φύσεως οὐθέν, ἐν μέντοι τούτοις τὸ καθόλου j ΕΣ » ἢ $ 9. Gli Herakleitei, Kratylos 465 ζητοῦντος καὶ περὶ ὁρισμῶν ἐπιστήσαντος πρώτου τὴν διάνοιαν, ἐχεῖνον ἀποδεξάμενος διὰ τὸ τοιοῦτον ὑπέλαβεν ὡς περὶ ἑτέρων τοῦτο γινόμενον καὶ οὐ τῶν αἰσθητῶν τινός" ἀδύνατον γὰρ εἶναι τὸν χοινὸν ὅρον τῶν αἰσθητῶν τινός, ἀεί γε μεταβαλλόντων. οὕτως μὲν οὖν τὰ τοιαῦτα τῶν ὄντων ἰδέας προσηγόρευσε, τὰ δ᾽ αἰσθητὰ παρὰ ταῦτα καὶ κατὰ ταῦτα λέγεσθαι πάντα᾽ κατὰ μέθεξιν γὰρ εἶναι τὰ πολλὰ τῶν συνωνύμων τοῖς εἴδεσιν. Questo ΚΕΑΤΎΙΟΒ arrivava a tal punto di esagerazione che, riprendendo il concetto espresso nel framm. 49a (n. 13), di- ceva che non solamente non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume, ma nemmeno una volta. Confr. ARISTOTELES (metapb., III, 5): ἔτι δὲ πᾶσαν ὁρῶντες TAUTNY κινουμένην τὴν φύσιν, κατὰ δὲ τοῦ μεταβάλλοντος οὐθὲν ἀληθευόμενον, περί γε τὸ πάντη πάντως μεταβάλλον οὐκ ἐνδέχεσθαι ἀλη- deve ἐκ γὰρ ταύτης τῆς ὑπολήψεως ἐξήνθησεν ἣ ἀχροτάτη δόξα τῶν εἰρημένων, τῇ τῶν φασκόντων ἡρακλειτίζειν, χαὶ οἵαν ΚἈρατύλος εἶχεν, ὃς τὸ τελευταῖον οὐθὲν ᾧετο δεῖν λέγειν ἀλλὰ τὸν δάκτυλον ἐκίνει μόνον, καὶ Ἡρακλείτῳ ἐπετίμα εἰπόντι ὅτι δὶς τῷ αὐτῷ ποταμῷ οὐκ ἔστιν ἐμβῆναι: αὐτὸς γὰρ ᾧετο οὐδ᾽ ἅπαξ. Fra gli herakleitei si ricorda un ANTISTHENES. Spesso, anche nei più antichi scrittori, gli herakleitei sono ri- cordati nel loro complesso. Confr. PLATON (Theatit., 179 dì): οἱ γὰρ τοῦ ‘HpaxAettov ἑταῖροι χορηγοῦσι τούτου τοῦ λόγου μάλα ἐῤῥωμένως [αἴσθησιν καὶ ἐπιστήμην ταὐτὸν εἶναι]. E ARISTOTELES (probl, 23, 30): διὸ καὶ φασί τινες τῶν ἡραχλειτιζόντων ἐκ μὲν τοῦ ποτίμου ξηραινομένου χαὶ πηγνυμένου λίθους γίνεσθαι καὶ γῆς, ἐκ δὲ τῆς θαλάττης τὸν ἥλιον ἀναθυμιᾶσθαι. Uno scritto in parte herakleiteo è quello che nella col- lezione hippokratica è intitolato de victu (vedi in prop. l’App. al $ 10). Accenni di tal genere si hanno anche nel de nutri- mento (vedi lo stesso App.). MIBLI 30 LA FISICA DI HERAKLEITOS. Seguendo le dottrine della scuola ionica HERAKLEI- Tos ammette che tutte le sostanze possono trasformarsi le une nelle altre. Il posto di onore, però, dal pensatore di Ephesos è attribuito al fuoco, a questo elemento, che, secondo tanti filosofi greci, era più nobile degli altri, che in sommo onore era poi presso i vicini persiani, se- guaci nella religione di ZOROASTRO, e che, nella sua continua mobilità, bene si prestava, nella dottrina del pensatore di Ephesos, a fare la parte di elemento primordiale. i « Questo ordine del mondo, lo stesso per tutte le cose, nè fece alcun dio, nè alcun uomo. Esso fu sempre, è, e sempre sarà, fuoco sempre vivente, che ora si in- fuoca, ora si spegne» (1). Ed il fuoco, con tutte le sue trasformazioni, ge- nera tutte le altre cose, e tutte le cose a loro volta si trasformano in fuoco; avviene di essi, quasi, come del- (1) Fr. 30 e 31 (da Klem., Strom., V, 105): κόσμον τόνδε, τὸν αὐτὸν ἁπάντων, οὔτε τις θεῶν οὔτε ἀνθρώπων ἐποίησεν, ἀλλ᾽ ἣν ἀεὶ καὶ ἔστιν xal ἔσται πῦρ ἀείζωον, ἁπτόμενον μέτρα καὶ ἀποσβεννύμενον μέτρα. E ΚΙΕΜΕΒ dice ancora, proseguendo: ὅτι δὲ καὶ γενητὸν καὶ φθαρτὸν εἶναι ἐδογμάτιζεν, μηνύει τὰ ἐπιφερό- μενα « πυρὸς τροπαὶ πρῶτον θάλασσα, θαλάσσης δὲ τὸ μὲν ἥμισυ γῆ, τὸ δὲ ἥμισυ πρηστήρ ». δυνάμει γὰρ λέγει ὅτι τὸ πῦρ ὑπὸ τοῦ διοικοῦντος λόγου καὶ θεοῦ τὰ σύμπαντα δι᾿ ἀέρος τρέπεται εἰς ὑγρὸν τὸ ὡς σπέρμα τῆς dtaxocun- σεως, ὃ καλεὶ θάλασσαν, ἐκ δὲ τούτου αὖθις γίνεται III. - ὃ 10. Le trasformazioni degli elementi 467 l’ oro e delle merci che vengono scambiati fra di loro (2). In queste trasformazioni, però, esiste una certa regola- rità; poichè il fuoco si trasforma in aria, l’aria in acqua, l’acqua in terra. Questa è la via κάτω ὁδός ; ma esiste anche la trasformazione inversa, quella ἄνω ὁδός, per la quale la terra si trasforma in acqua, questa in aria e questa infine nuovamente in fuoco (3). Ma in tutte queste trasformazioni, ed yî καὶ οὐρανὸς καὶ τὰ ἐμπεριεχόμενα. ὅπως δὲ πάλιν ἀναλαμβάνεται καὶ ἐκπυροῦται, σαφῶς διὰ τούτων Indo È «θάλασσα διαχέεται καὶ μετρέεται εἰς τὸν αὐτὸν λόγον, ὁχοῖος πρόσθεν ἦν ἣ γενέσθα: γῆ ». (Le trasformazioni del fuoco: prima mare, metà del mare terra, l’ altra metà prester. — (Il fuoco) si scioglie in mare e mantiene la sua misura nello stesso rapporto come era prima che divenisse terra). (2) Fr. go: πυρός τε ἀνταμοιβὴ τὰ πάντα καὶ πῦρ ἁπάντων ὅκωσπερ χρυσοῦ χρήματα καὶ χρημάτων χρυσός. (3) Fr. 26: ψυχῇσιν θάνατος ὕδωρ γενέσθαι, ὕδατι δὲ θάνατος γὴν γενέσθα!, ἐκ γῆς δὲ ὕδωρ γίνεται, ἐξ ὕδατος δὲ ψυχή. (Per il soffio è morte divenire acqua, per l’acqua divenire terra. Dalla terra però si genera l’acqua, dall’acqua il soffio). Fr. 76 (alterato nell’espressione) : ζῇ πῦρ τὸν γῆς θάνα- τον χαὶ ἀὴρ ζῇ τὸν πυρὸς θάνατον, ὕδωρ ζῇ τὸν ἀέρος θάνατον, YN τὸν ὕδατος. (Il fuoco vive la morte della terre, 1’ aria quella del fuoco, l’acqua quella dell’ aria, la terra quella dell’ acqua). La citazione ultima riportata si trova in MaxImos Tyrios, XII, 4, p. 409; confronta con essa quello che è riportato da PLourarcHos (de E apud Delphos, 18, 392 c) : πυρὸς θάνατος ἀέρι γένεσις, καὶ ἀέρος θάνατος ὕδατι γένεσις e dall’ impe- ratore Marcus AureLIUs AntonInUS (IV, 46): ὅτι γῆς θάνατος ὕδωρ γενέσθαι καὶ ὕδατος θάνατος ἀέρα γενέσθαι, καὶ ἀέρος πῦρ καὶ ἔμπαλιν. Fr. 77 (NumenIos, fr. 35 Thedinga presso PorPHyRI0S, antr. nymph., 10): “H. φάναι" ψυχῇσι τέρψιν 7) θάνατον ὑγρῇσι γενέσθαι. (Alle anime è piacere o morte divenire umide). 468 Il logos di Heraklettos III. - $ το. in tutti i fenomeni naturali, per i quali tutto è in con- tinuo movimento (4). πάντα ῥεῖ, ogni fenomeno deve seguire necessariamente la legge che lo regola (5). «Il sole non oltrepasserà i limiti che gli sono asse- gnati; se lo facesse, lo ritroverebbero bene le Erinni, i satelliti di Dike ». (4) Vedi $ 9, n (5) ἘΠῚ ὍΝ: pui γὰρ οὐχ ὑπερβήσεται μέτρα" εἰ δὲ μή, ᾿Ερινύες μιν Δίκης ἐπίκουροι ἐξευρήσουσιν. A proposito di questo frammento ci si può domandare : Ha supposto HERAKLEITOs l’esistenza di una legge univer- sale che regola nel suo insieme l’andamento di tutto il cosmo αὶ A rispondere affermativamente a questa domanda hanno anche notevolmente influito i fr. 1 e 2 (VII, 132, 133) riportato nell’ Adversus matbematicos di SexTus EMPIRICcUS: τοῦ δὲ λόγου τοῦδ᾽ ἐόντος ἀεὶ ἀξύνετοι γίνονται ἄνθρωποι καὶ πρόσθεν ἢ ἀχοῦσαι χαὶ ἀκούσαντες τὸ πρῶτον" γινομένων γὰρ πάντων κατὰ τὸν λόγον τόνδε ἀπεί- ροῖσιν ἐοίκασι, πειρώμενοι καὶ ἐπέων καὶ ἔργων τοιούτων, ὁκοίων ἐγὼ διηγεῦμαι διαιρέων ἕκαστον κατὰ φύσιν χαὶ φράζων ὅκως ἔχει. τοὺς δὲ ἄλλους ἀνθρώπους λανθάνει ὁκόσα ἐγερθέντες ποιοῦσιν, ὅκωσπερ ὁκόσα εὕδοντες ἐπι- λανθάνονται. (Questo logos, che è eterno, rimane sempre incompreso agli uomini, e prima di averne udito, e quando per la prima volta ne odono. E sebbene tutto avvenga secondo questo logos, sembra che essi non abbiano alcuna esperienza di parole e di fatti, così come io espongo, distinguendo le cose secondo la loro natura e dicendo come esse sono. Ma gli altri uomini non sanno, svegli, quello che fanno, così come si dimenti- cano quello che [fanno] dormendo). διὸ δεῖ ἕπεσθαι τῷ «ξυνῷ (τουτέστι τῷ» κοινῷ" Eu- νὸς γὰρ ὁ χοινός). τοῦ λόγου δ᾽ ἐόντος ξυνοῦ ζώῴουσιν οἱ πολλοὶ ὡς ἰδίαν ἔχοντες φρόνησιν. (Perciò bisogna seguire ciò che è comune a tutti. Ma sebbene il /ogos sia a tutti comune, i più vivono come se avessero proprie vedute). (Vedi anche il fr. 31 nella n. 1). DIMMI TIBZE PALMI ἈΞ rr II. - $ 10. II logos di Heraklettos 469 Te trasformazioni di sostanza avvengono poi, se- condo la teoria già esposta di ANAXIMENES, per il d i- Come è stato interpretato questo concetto herakleiteo di logos? Si è voluto vedere in questo /ogos, la ragione, la legge che guida e regola tutto. In questo, forse, ci si è spinti troppo innanzi, attribuendo, come assai spesso è av- venuto (vedi anche PARMENIDES, ed altri), concetti più re- centi ad antichi pensatori. È indubbio però che, se non quel concetto chiaro, un notevole sforzo verso di esso si deve riconoscere in HeraKLEITOS. Se poco possiamo dire però per quello che riguarda strettamente il pensatore di Ephesos, dobbiamo d’altra parte riconoscere alla parola ed al concetto una singolare fortuna. Non solamente gli stoiki si im- padronirono di essi, e fecero del logos un caposaldo della loro dottrina, ma il concetto di logos giuocò una parte im- portante sulle idee religiose, mistiche, alchimiche, etc. del- l’epoca postchristiana. Dovremo perciò, a suo tempo, occu- parci a lungo di questo argomento, ricercando fino ad HeraK&LErTos le sue origini ed il suo sviluppo. Qui mi limito semplicemente a riportare il passo di Sexrus EmpPiRICUS (VII, 129-131) dal quale sono stati tolti i due frammenti precedenti. In esse lo scettico del II sec. d. Chr. parla del come HeRAKLEITOS concepiva il suo logos per quello che riguarda il pensiero. È inutile accennare che tali indi- cazioni, per quanto di alto interesse storico per altre ra- gioni, non possono riguardare direttamente il nostro antico pensatore. Qui il /ogos, invece, ha già assunto quel carattere, quasi, di materia pensante, che si trova sparsa per il mondo, e che unendosi ai varî corpi, fornisce loro intelligenza e ragione. Come ho detto, dovremo occuparci altrove di tali dottrine: τοῦτον οὖν τὸν θεῖον λόγον καθ᾽ ‘Hpa- χλειτον δι᾽ ἀναπνοῆς σπάσαντες νόεροὶ γινόμεθα, καὶ ἐν μὲν ὕπνοις ληθαῖοι, κατὰ δὲ ἔγερσιν πάλιν Eugpòves ᾿" ἐν γὰρ τοῖς ὕπνοις μυσάντων τῶν αἰσθητικῶν πόρων χωρί- ζεται τῆς πρὸς τὸ περιέχον συμφυΐας ὁ ἐν ἡμῖν νοῦς μόνης τῆς κατὰ ἀναπνοὴν προσφύσεως σῳζομένης οἷυνεί τινὸς ῥίζης, χωρισθείς τε ἀποβάλλει ἣν πρότερον εἶχε μνημονικὴν 470 La dottrina delle emanazioni Π|. - 8 το. latarsi o il condensarsi dell’ elemento origi- nario (6). Fra i particolari nei quali HFRAKLEITOS 51 è esteso a proposito della sua dottrina, notevole è quello che si riferisce alle emanazioni terrestri, perchè que- sta dottrina ebbe notevole influenza sulle teorie analoghe di ARISTOTELES e su quelle di tutti i fisici posteriori. Uno dei fenomeni più importanti*che, secondo HERA- KLEITOS, avvengono in natura è quello della generazione dell’ ἀναθυμίασις ; questa (7) si genera in due maniere, - δύναμιν - ἐν δὲ ἐγρηγόρσει πάλιν διὰ τῶν αἰσθητικῶν πόρων ὥσπηρ διά τινων θυρίδων προκύψας καὶ τῷ περιέ- χοντι συμβαλὼν λογικὴν ἐνδύεται δύναμιν. ὅνπερ οὖν τρόπον οἱ ἄνθραχες πλησιάσαντες τῷ πυρὶ κατ᾽ ἀλλοίωσιν διάπυροι γίνονται, χωρισθέντες δὲ σβέννυνται; οὕτω xai ἣ ἐπιξενωθεῖσα τοῖς ἡμετέροις σώμασιν ἀπὸ τοῦ περιέχοντος μοῖρα κατὰ μὲν τὸν χωρισμὸν σχεδὸν ἄλογος γίνεται, κατὰ δὲ τὴν διὰ τῶν πλείστων πόρων σύμφυσιν ὁμοιοειδὴς τῷ ὅλῳ καθίσταται. τοῦτον δὴ τὸν κοινὸν λόγον χαὶ θεῖόν xat οὗ κατὰ μετόχὴν γινόμεθα Xoyixot, κριτήριον ἀληθείας φησὶν è Ἣ ράκλειτος ᾿" ὅθεν τὸ μὲν κοινῇ πᾶσι φαινόμενον, τοῦτ᾽ εἶναι πιστὸν (τῷ κοινῷ γὰρ καὶ θείῳ λόγῳ λαμβάνεται), τὸ δέ τινε μόνῳ χροσπῖπτον. ἄπιστον ὑπάρχειν διὰ τὴν ἐναντίαν αἰτίαν. (6) Vedi Arist., Metapb., I, 3. Inoltre SimPLIKI08, 15 phys., 23 (da TreoPHRASTOS, Phys. op. fr. τὴ: Ilmraocoo 055 Μεταποντῖνος καὶ Ἡράκλειτος ὁ ᾿Ιυφέσιος ἕν καὶ οὗτοι καὶ κινούμενον καὶ πεπερασμένον, ἀλλὰ πὺρ ἐποίησαν τὴν ἀρχήν, καὶ ἐκ πυρὸς ποιοῦσι τὰ ὄντα πυχνώσει καὶ μανώσει καὶ διαλύουσι πάλιν εἰς πῦρ, ὡς ταύτης μιᾶς οὔσης φύσεως τῆς ὑποχειμένης" πυρὸς γὰρ ἀμοιβὴν εἶναί φησιν ᾿Ἡράχλειτος πάντοι.. ποιεῖ δὲ καὶ τάξιν τινὰ καὶ «χρόνον ὡρισμένον ΤῊΣ τοῦ κόσμου μεταβολῆς κατά τινα εἱμαρμένην ἀνάγκην. — Vedi anche la nota 7. (7) Dio g., IX, 8 e 9, dopo aver trattato delle tra- sformazioni del fuoco, accenna chiaramente all’ ἀναθυμίασις. Riportol’intiero passo: καὶ τὰ ἐπὶ μέρους δὲ αὐτῷ ὧδ᾽ ἔχει τῶν δογμάτων" πὺρ εἶναι στοιχεῖον καὶ πυρὸς ἀμοιβὴν τὰ πάντα II. - $ το. La dottrina delle emanazioni - 1 471 dal mare, cioè, e dalla terra; mentre la prima, 0 56 u- ra, è cagione dell’ umido e delle pioggie, l’altra, chiara e lucente, va ad alimentare il fuoco. Evidentemente la ἀναθυμίασις che si sprigiona dal mare e si converte poi in pioggia, si identifica col vapore acqueo e col- Τ᾿ ἀτμίς di ARISTOTELES. La conoscenza dell’evaporazione dal mare si viene infatti in questi tempi a stabilire ab- bastanza bene nelle sue cause e nei suoi effetti. Già infatti abbiamo visto in XENOPHANES un accenno al- l’acqua che può originarsi dal mare (δ); ma dopo HE- ἀραιώσει καὶ πυχνώσει [τὰ] γινόμενα᾽ σαφῶς δὲ οὐδὲν ἐκτί- θεται. γίνεσθαί τε πάντα κατ᾽ ἐναντιότητα (la cosa espressa in questo modo è più vera per i pythagorici che per Hera- KLEITOS) καὶ ῥεῖν τὰ ὅλα ποταμοῦ δίκην, πεπεράνθαι τε τὸ πᾶν xai ἕνα εἶναι κόσμον γεννᾶσθαί τε αὐτὸν ἐκ πυρὸς καὶ πάλιν ἐκπυροῦσθαι κατά τινὰς περιόδους ἐναλλὰξ τὸν σύμπαντα αἰῶνα, τοῦτο δὲ γίνεσθαι καθ᾽ εἱμαρμένην. τῶν δὲ ἐναντίων τὸ μὲν ἐπὶ τὴν γένεσιν ἄγον καλεῖσθαι πόλεμον καὶ ἔριν, τὸ δ᾽ ἐπὶ τὴν ἐκπύρωσιν ὀμολογίαν καὶ εἰρήνην, καὶ τὴν μεταβολὴν ὁδὸν ἄνω κάτω, τόν τε κόσμον γίνεσθαι κατ᾽ αὐτήν. πυχνούμενον γὰρ τὸ πῦρ ἐξυγραίνεσθαι συνιστά- μενόν τε γίνεσθαι ὕδωρ, πηγνύμενον δὲ τὸ ὕδωρ εἰς γῆν τρέπεσθαι" καὶ ταύτην ὁδὸν ἐπὶ τὸ κάτω εἶναι λέγει. πάλιν τε αὖ τὴν γῆν χεῖσθαι, ἐξ ἧς τὸ ὕδωρ γίνεσθαι, ἐκ δὲ τούτον τὰ λοιπά, σχεδὸν πάντα ἐπὶ τὴν ἀναθυμίασιν ἀνάγων τὴν ἀπὸ τῆς θαλάττης αὕτη δέ ἐστιν ἣ ἐπὶ τὸ ἄνω ὁδός. γίνεσθαι δὲ ἀναθυμιάσεις ἀπό τε γῆς καὶ θαλάττης, ἃς μὲν λαμπρὰς χαὶ καθαράς, ἃς δὲ σχοτεινάς. αὔξεσθαι δὲ τὸ μὲν πῦρ ὑπὸ τῶν λαμπρῶν, τὸ δὲ ὑγρὸν ὑπὸ τῶν ἑτέρων. τὸ δὲ περιέχον ὁποῖόν ἐστιν οὐ δηλοῖ" εἶναι μέντοι ἐν αὐτῷ σκάφας ἐπεστραμμένας κατὰ χοῖλον πρὸς ἡμᾶς, ἐν αἷς ἀθροιζομένας τὰς λαμπρὰς ἀναθυμιάσεις ἀποτελεῖν φλό- γας, ἃς εἶναι τὰ ἄστρα. L’anathymiasis secca forma quindi il nutrimento degli astri. Anche questa opinione, che cioè gli astri ed il sole si nutrono delle emana- zioni terrestri (secche ed umide), avrà gran parte nelle dot- trine posteriori. — Aet, Il, I7, 4: ‘H.... τρέφεσθαι τοὺς ἀστέρας Ex τῆς ἀπὸ γῆς ἀναθυμιάσεως. (8) ἘΠῚ capo ΤῊ 5:2: 472 Il vapore acqueo e le pioggie III. - $ το. RAKLEITOS il processo si trova esposto in tutta la sua chia- rezza in HERODOTOS ed in HipPOKRATES di Kos. Il primo ne parla quando trattando delle inondazioni del Nilo (9) attribuisce al sole, quando vi culmina, il potere di aspi- rargli gran parte dell’acqua, il secondo, nel capitolo 8 del περὶ ἀέρων, τόπων, ὕδατων (10), tratta magistral- mente, e come di cosa già bene acquisita dalla scienza, della teoria delle evaporazioni delle acque terrestri e della formazione delle pioggie. Invece maggiore incertezza regna su quello che HE- RAKLEITOS abbia voluto significare con 1᾽ ἀναθυμίασις secca (9) Herod., II 25: ὡς δὲ ἐν πλέονι λόγῳ δηλῶσαι, ὧδε ἔχει" διεξιὼν τῆς Λιβύης τὰ ἄνω ὁ ἥλιος τάδε ποιέει" τε διὰ παντὸς τοῦ χρόνου αἰθρίου τε ἐόντος τοῦ ἠέρος τοῦ κατὰ ταῦτα τὰ χωρία καὶ ἀλεεινῆς τῆς χώρης ἐούσης, οὐχ ἐόντων ἀνέμων ψυχρῶν, διεξιὼν ποιέει οἷόν περ καὶ τὸ θέρος ἔωθε ποιέειν ἰὼν τὸ μέσον τοῦ οὐρανοῦ. ἕλκει γὰρ ἐπ᾽ ἑωυτὸν τὸ ὕδωρ, ἑλχύσας δὲ ἀπωθέει ἐς τὰ ἄνω χωρία, ὑπολαμβάνοντες δὲ οἱ ἄνεμοι χαὶ διασχιδνάντες τήχουσι" καὶ εἰσὶ οἰκότως οἱ ἀπὸ ταύτης τῆς χώρης πνέοντες, ὅ τε νότος χαὶ ὁ λίψ, ἀνέμων πολλὸν τῶν πάντων ὑετιώτατοι. δοχέει δὲ μοι οὐδὲ πᾶν τὸ ὕδωρ τὸ ἐπέτειον ἑκάστοτε ἀπο- πέμπεσθαι τοῦ Νείλου ὁ ἥλιος, ἀλλὰ xat ὑπολείπεσθαι περὶ ἑωυτόν. πρηὔνομένου δὲ τοῦ χειμῶνος ἀπέρχεται ὁ ἥλιος ἐς μέσον τὸν οὐρανὸν ὀπίσω, καὶ τὸ ἐνθεῦτεν ἤδη ὁμοίως ἀπὸ πάντων Éixet τῶν ποταμῶν. τέως δὲ οἱ μὲν ὀμβρίου ὕδατος συμμισγομένου πολλοῦ αὐτοῖσι, ἅτε ὑομένης τε τῆς χώρης χαὶ χεχαραδρωμένης, ῥέουσι μεγάλοι, τοῦ δὲ θέρεος τῶν τε ὄμβρων ἐπιλειπόντων αὐτοὺς καὶ ὑπὸ τοῦ ἡλίου ἑλκόμενο; ἀσθενέες εἰσί. ὁ δὲ Νεῖλος, ἐὼν ἄνομβρος, ἑλκόμενος δὲ ὑπὸ τοῦ ἡλίου, “μοῦνος ποταμῶν τοῦτον τὸν χρόνον οἰκότως αὐτὸς ἑωυτοῦ ῥέει πολλῷ ὑποδεέστερος ἢ τοῦ θέρεος" τότε μὲν γὰρ μετὰ πάντων τῶν ὑδάτων ἴσον ἕλκεται, τὸν δὲ χειμῶνα μοῦνος πιέζεται. οὕτω τὸν ἥλιον νενόμικα τούτων αἴτιον εἶναι. (10) Vedi il principio del capitolo riportato per intiero nel Capit;s:V; 9.33. Ἕ BI seat Ἢ Là Sa Za ee II. - $ 10. : Cosmologia di Herakleitos 473 che emana dalla terra (11). Il GILBERT stima che con essa HERAKLEITOS abbia voluto intendere, in qualche ma- niera, irraggiamento calorifico dovuto alla terra, unico fenomeno, egli dice, che oggi conosciamo, e che può essere messo in rapporto col fenomeno designato. In ogni modo essa assume un’ importanza speciale nella fisica d’HERAKLEITOS, dove, insieme alla ἀναθυμίασις umida, ha una parte notevole e determinante nei varî fenomeni astronomici e meteorologici. Se in questi ultimi la parte dovuta alle emanazioni è veramente notevole, e in parte anche accettata dagli scienziati moderni, ciò non può dirsi certamente per i fenomeni astronomici, riguardo ai quali HERAKLEITOS espresse delle idee molto infantili. Gli astri, secondo HERAKLEITOS, non sono che sc 0- delle, che rivolgono la loro concavità piena di fuoco verso di noi, e le eclissi, o le fasi della luna; av- vengono quando le scodelle stesse si rivoltano più o meno. Il sole è più grande e più forte perchè è più vicino a noi delle altre stelle ; la luna è invero più vicina, ma essa non dà gran luce e calore perchè attraversa luoghi non puri. La luce che gli astri possiedono è dovuta all’ anathymiasis secca che in essa si raccoglie ; forse, anche, come in fisici posteriori, l’anathymiasis serve di nutrimento alle stelle ed al sole. Oltre questi, altri fenomeni, quali il giorno e la notte, i mesi, le sta- gioni, gli anni, o le pioggie od i venti sono dovuti alle due specie di anathymiasis. Il predominare del- l’anathymiasis secca e lucente è cagione del giorno e dell’estate; quello della umida, della notte, e dell'inverno. Questa, come già abbiamo detto, ca- giona le pioggie, quella alimenta i fuochi ce- lesti (12). È chiaro che una simile teoria, se ne to- {rI1) Confr. GiLBerT (N. 89), pag. 448 e segg. (12) Diog. L., IX, τὸ ε II (seguito alla n. 7): λαμπροτά- τὴν δὲ εἶναι τὴν τοῦ ἡλίου φλόγα xat θερμοτάτην. τὰ μὲν γὰρ ἄλλα ἄστρα πλεῖον ἀπέχειν ἀπὸ γῆς καὶ διὰ τοῦτο ἧττον λάμπειν καὶ θάλπειν, τὴν δὲ σελήνην προσγειοτέραν 474 1 anathymiasis e anima del mondo III. - 6 IO. gliamo l’importanza, cui già abbiamo accennato, per quello che riguarda il concetto delle emanazioni, forma, nella parte astronomica, un regresso notevole sulle teorie precedenti e contemporanee. Ι, ἀναθυμίασις ha una grande parte anche nella dot- trina herakleitea dell'anima. L'anima, infatti, è essa pure una ἀναθυμίασις (13). Come tutto l’ insieme delle anathymiasis forma l’anima nel mondo, così le οὖσαν μὴ διὰ τοῦ καθαροῦ φέρεσθαι τόπου. τὸν μέντοι ἥλιον ἐν διαυγεῖ καὶ ἀμιγεῖ κεῖσθαι καὶ σύμμετρον ἀφ᾽ ἡμῶν ἔχειν διάστημα᾽ τοιγάρτοι μᾶλλον θερμαίνειν τε καὶ φωτίζειν. ἐκλείπειν τε ἥλιον καὶ σελήνην ἄνω στρεφομένων τῶν σκα- φῶν᾽ τούς τε κατὰ μῆνα τῆς σελήνης σχηματισμοὺς γίνεσθαι στρεφομένης ἐν αὐτῇ κατὰ μιχρὸν τῆς σκάφης. ἡμέραν τε χαὶ νύχτα γίνεσθαι καὶ μῆνας χαὶ ὥρας ἐτείους καὶ ἐνιαυτοὺς ὑετούς τε καὶ πνεύματα καὶ τὰ τούτοις ὅμοια κατὰ τὰς διαφόρους ἀναθυμιάσεις. τὴν μὲν γὰρ λαμπρὰν ἀνα- θυμίασιν φλογωθεῖσαν ἐν τῷ κύκλῳ τοῦ ἡλίου ἡμέραν ποιεῖν, τὴν δὲ ἐναντίαν ἐπιχρατήσασαν νύχτ᾽ ἀποτελεῖν καὶ ἐκ μὲν τοῦ λαμπροῦ τὸ θερμὸν αὐξόμενον θέρος ποιεῖν, ἐκ δὲ τοῦ σχοτεινοῦ τὸ ὑγρὸν πλεονάζον χειμῶνα ἀπεργάζεσθαι. ἀκολούθως δὲ τούτοις καὶ περὶ τῶν ἄλλων αἰτιολεγεῖ. (13) Aet., IV, 3, 12: Ἢ. τὴν μὲν τοῦ κόσμου ψυχὴν ἀναθυμίασιν ἐκ τῶν ἐν αὐτῷ ὑγρῶν, τὴν δὲ ἐν τοῖς ζῴοις ἀπὸ τῆς ἐκτὸς καὶ τῆς ἐν αὐτοῖς ἀναθυμιάσεως, ὁμογεγῆ. MacroBius, Somn. Scip., 14, 19: « (animam) Heraclitus physicus scintillam stellaris essentiae.» — Arist., de anima, I, 2: καὶ ‘H. δὲ τὴν ἀρχὴν εἶναί φησι ψυχήν, εἴπερ τὴν ἀναθυμίασιν, ἐξ ἧς τἄλλα συνίστησιν. — Confr. anche il passo di Ἄβειοβ Dipymos, ap. Eus. P. E., (XV, 20): e τὴν ψυχὴν λέγει αἰσθητικὴν ἀναθυμίασιν, καθάπερ βουλόμενος γὰρ ἐμφανίσαι, ὅτι αἱ Ψυχαὶ ἀναθυμιώ- "ἢ νοεραὶ ἀεὶ γίνονται, εἴκασεν αὐτὰς τοῖς ποταμοῖς λέγων οὕτως" « ποταμοῖσι τοῖσιν αὐτοῖσιν ἐμβαίνουσιν ἕτερα χαὶ ἕτερα ὕδατα ἐπιρρεῖ καὶ ψυχαὶ δὲ ἀπὸ τῶν ὑγρῶν ἀναθυμιῶνται ». Quest'ultima parte forma il fr. 12 (Diels) di HERAKLEITOS. HI. - $ 10, Il prester 475 diverse anathymiasis speciali formano tante anime par- ticolari. L’ anima stessa degli animali non è che un ana- thymiasis. Essa è tanto migliore quanto più è secca. L’ uomo ubriaco vale perciò meno, perchè la sua anima diviene umida (14). Prima di lasciare HERAKLFITOS e questo soggetto speciale, dobbiamo anche rammentare una parola che in lui designa un fenomeno importante nel continuo variare delle cose: πρηστήρ. In essa è compresa l’ idea del fuoco e del bruciare, insieme a quella del soffiare e del vento. Sembra quasi che il rpnomnp sia l’ esplica- zione dell’ ἀναθυμίασις nella sua forma più caratte- ristica e di quel fuoco che viene dalla parte esterne del cosmo (15). HERAKLEITOS riconosce il prester nella nuvole estive infuocate (16); sono le nuvole stesse che bruciano e cagionano così il fuoco (apparente) ed il sof- fio caldo che ad esse segue. Dati però i pochi accenni delle fonti, e la poca chiarezza delle stesse, è difficile farsi un’ idea più esatta del fenomeno che il pensatore di Ephesos voleva significare con questa parola, feno- (14) Vedi la n. 3, ed inoltre $ 9, n. 0: (15) In quest’ ultimo senso il prester si trova anche in Hesiopos. (16) Aet. III, 3, 9: Ἡράκλειτος βροντὴν μὲν κατὰ συστροφὰς ἀνέμων καὶ νεφῶν καὶ ἐμπτώσεις πνευμάτων εἰς τὰ νέφη, ἀστραπὰς δὲ κατὰ τὰς τῶν θυμιωμένων, ἐξάψεις, πρηστῆρας δὲ κατὰ νεφῶν ἐμπρήσεις καὶ σβέσεις. E Seneca, Nat. quaest., II, 56: « Heraclitus exstimat ful- gurationem esse velut apud nos incipientium ignium cona- tum et primam flammam incertam, modo intereuntem, modo resurgentem. » GrLBERT (l. c. p. 628) stima che questo passo di Se- NECA si riferisca meglio al prester che al fulmine; crede poi. che i fenomeni citati da Arerios debbano considerarsi in senso inverso, πρηστήρ, ἀστραπή, βροντή, se si vuole ricostruire il vero pensiero di HERAKLEITOS. Questi stesso ha definito però l’ anathymiasis come prester. 476 L’ ἐκπύρωσις + IS ἥλιος ἐπὶ τὸ μαχρότατον rai βραχύτατον. πάντα ταὐτὰ χαὶ οὐ τὰ αὐτά " φάος Ζηνί, σχότος ᾽Αἰδὴ, φάος ᾿Αἰδη, σχότος Ζηνί " φοιτᾷ χεῖνα ὧδε val τάδε χεῖσε, πᾶσαν ὥρην, πᾶσαν χώρην, διώ- πρησσόμενα χεῖνά τε τὰ τῶνδε τάδε τ᾽ αὖ τὰ velvov. rai τὰ μὲν πρήστουσιν, LIRA οἴδασιν, ἃ δὲ οὐ πρήσσουσι, δοχέουσιν εἰδέναι * vai τὰ μὲν δρέουσιν, οὐ γινώσχουσιν, ἀλλ᾽ ὥμως αὐτοῖσι πάντα γίνεται δι’ ἀνάγχην θείην χαὶ ἃ βούλονται χαὶ ἃ μὴ βούλονται. φοιτώντων τε ἐκείνων ὧδε τῶνδέ τε χεῖσε συμμισγομένων πρὸς ἄλληλα, τὴν πεπρωμένην μοῖραν ἕχαστον ἐχπληροῖ xo ἐπὶ τὸ μέξον καὶ ἐπὶ τὸ μεῖον, φθορὴ δὲ πᾶσιν ἀπ᾽ ἀλλήλων, τῷ μέξονι ἀπὸ τοῦ μείονος γαὶ τῷ μείονι ἀπὸ τοῦ μέξονος, αὔξη τε τῷ μέξονι ἀπὸ τοῦ ἐλάσσονος χαὶ τῷ ἐλάσσονι ἀπὸ τοῦ μέξονος. (3) ἀνάγκη δὲ τὰ μέρεα ἔχειν πάντα. τὰ ἐσιόντα " οὗτινος γὰρ μὴ ἐνεῦη * οὗ n μοῖρα ἐξ ἀρχῆς, οὐχ ἂν αὐξηθείη οὔτε πολλῆς τροφῆς ἐπιούσης οὔτε ὀλίγη γὰρ ἔχει τὸ προσαυξόμενον. ἔχον δὲ πάντα αὔξεται ἐν χώρῃ τῇ ἑωυτοῦ ἕχαστον, τροφῆς ἐπιούσης ἀπὸ ὕδατος ξηροῦ χαὶ πυρὸς ὑγροῦ, χαὶ τὰ μὲν ἔσω βιαξομένης τὰ δὲ ἔξω, ὥσπερ οἱ τέχτονες. τὸ ξύλον πρίουσιν ᾿ ὃ μὲν ἕλχει, ὁ ὃ: ὠθεῖ τωὐτὸ ποιοῦντες, γάτω δὲ πιεζόντων ἄνω ἕρπει * οὐ γὰρ ἂν παρὰ « χαιρὸν » δέχοιτο χάτω ἰέναι * ἣν δὲ βιάξηται, παντὸς ἁμαρτήσεται " τοιοῦτον τροφὴ ἀνθρώπου " τὸ x μὲν ἕλχει, τὸ de ὠθεῖ " ἔσω δὲ βιαξομένου ἔξω ἕρπει, ἣν ὃς βιῆται παρὰ χαιρόν, παντὸς ἀποτεύξεται. 478 Il de victu III. - $ 10, App. parti, mentre in altre scava canali. Nel cap. 10, dopo aver mostrato che il fuoco crea nel corpo tutto in modo conforme a sè stesso (4), si paragona la disposizione nel corpo umano con quella del mondo (uno dei tanti e ripetuti avvicinamenti fra il microcosmo ed il macrocosmo). È il fuoco, poi, che forma l’anima, il pensiero, etc. etc. (5). Gli uomini però (cap. II), non sanno comprendere questa somiglianza. Essi imitano, senza volere, le operazioni divine, mentre credono di agire di per sè (6). E così dalla grande varietà delle cose risulta 1’ unità dell’azione. Si direbbe, quasi, che in questo scritto, di imitazione herakleitea, si sia in certo qual modo preconizzato ed esposto il principio fisico e sociale della di- visione del lavoro. Nei cap. 12-24 si portano infatti diversi esempi per mostrare che le arti dell’ uomo non sono che un riflesso delle cose naturali o delle funzioni del corpo vivente, e che in esse tutte, le varietà, anzi le stesse azioni opposte, tendono ad un vnico e medesimo fine. Gli esempi riportati. sono : la divinazione ; la fabbricazione del ferro ; i gualchie- rai; 1 calzolai; i falegnami; i muratori ; i musicisti ed i cuo- chi; i cuoiai ; i tessitori ; gli orefici ; gli scultori; i vasai; la grammatica ed i sensi; il gymnasio, il “mercato, i comme- dianti e gli imbroglioni. (4) ξνὶ de λόγῳ πάντα διεχοσμήσατο χατὰ τρόπον αὐτὸ ἑωυτῷ τὰ. ἐν τῷ τώματι τὸ πῦρ, ἀπομίμησιν τοῦ ὅλου. (5) τὸ θερμότατον καὶ ἰσχυρότατον πῦρ, ὅπερ πάντων χρατεῖ͵ διέπον ἕχαστα x , ” τ λέ ᾿ (Lat 3 " “ατὰ φύσιν ἄθιχτον xo ὄψει χαὶ Ψψαύσει, ἐν τούτῳ Ψυχή, νόος, φρόνησις, χίνησις, εὔξησις, primo, διάλλαξις, ὕπνος, ἔγερσις * τοῦτο πάντα διὰ παντὸς χυβερνᾷ χοὶ τάδε χαὶ ἐχεῖνα οὐδέποτε ἀτρεμίζον. (6) οἱ δὲ ἄνθρωποι îx τῶν φανερῶν τὰ ἀφανέα σχέπτεσθαι οὐχ ἐπίστανται, τέχνησι γὰρ χρεόμενοι ὁμοίησιν ἀνθρωπίνῃ φύσει οὐ γινώσχουσιν. θεῶν γὰρ νόος ἐδίδαξε μιμεῖσθαι τὰ ἑωυτῶν, γινῶσχοντας ἃ ποιοῦσι χαὶ οὐ γινώσχοντας ἃ μιμέον-- ται "πάντα γὰρ ὅμοια ἀνόμοια ἐόντα, χαὶ σύμφορα πάντα διάφορα ἐόντα, διαλε-- γόμενα, ἡνώμην ἔχοντα ἀγνώμονα͵ ὑπεναντίος ὁ τρόπος ἑχάστων ὁμολογεόμενος * γόμος γὰρ χαὶ φύσις, olor πάντα διαπρησσόμεθα, οὐχ ὁμολογεῖται ὁμολογεόμενα. νόμον μὲν ἄνθρωποι ἔθεσαν αὐτοὶ ἑωυτοῖσιν, οὐ γινώσχοντες περὶ ὧν ἔθε ὑ μὸν μὲν ἄνθρ ἔ ᾿ : 7 ς περὶ ὧν ἔθεσαν, φύσιν -.. , DS , 5 x - Μ DI on: τῇ Di δὲ πάντων θεοὶ διεχόσμησαν. τὰ μὲν οὖν ἄνθρωποι διέθεσαν, οὐδέποτε χατὰ τωὐτὸ La E 9 Poi sv Ù ° n lo “ δι SIR nur RAT 9 n " x ἔχει οὔτε ὀρθῶς οὔτε μὴ ὀρθῶς © ὅσα di θεοὶ διέθεσαν, ἀεὶ ὀρθῶς ἔχει καὶ τὰ ὀρθὰ καὶ τὰ μὴ ὀρθά " τοσοῦτον διαφέρει. II. - $ το, App. I! de nutrimento 479 Nel περὶ τροφῆς (7) abbiamo alcuni detti aforistici dei quali quelli di intonazione maggiormente herakleitea sono i seguenti : ΤΟΙ» ἌΝΩ e la forma dell’ alimento sono insieme uno e più....» (8). «Esso [l’ alimento] aumenta e fortifica e dà carne e Soa simile e rende dissimile ciò che è in ogni parte, seguendo la HA delle parti stesse e la sua forza originaria » (9). 8. « È nutriente ciò che nutrisce, ciò che è come se nu- trisse, ciò che dovrà nutrire » (10). 9. «Uno è il principio di tutto, una la fine; e principio e fine sono la stessa cosa» (II). 15. «La natura è sufficiente in tutto per tutti» (12). 17. «Escrezioni secondo la natura, dal ventre, per mezzo dell’ orina, del sudore, della saliva, dei muchi, dalle matrici, dall’ emorroidi, per bottoni, lebbra, tumori, carcinomi, dalle narici, dai polmoni, dal ventre, dal sedere, dal pene, secondo natura e contro natura. Tutte queste si distinguono fra di loro, le une in una maniera le altre in un’ altra ; in un modo e in un altro. Tutto questo è di una stessa natura e non di una stessa natura; queste nature sono molte e una sola » (13). 21. «Il nutrimento non è nutrimento se non può nu- trire; il non nutrimento è nutrimento se può nutrire. Nu- (7) E. LiTTRÉ, Quevres complètes d’'Hippocrate, Vol. IX, p. 98: H. Drers, Vorsokratiker, 12, C. C. (8) 1. τροφὴ καὶ τροφῆς εἴδος pix καὶ moilat...... (9) 2. αὐξει ὃὲ χαὶ ῥώννυσι χαὶ σαρχοῖ χαὶ ὁμοιοῖ χαὶ ἀνομοιοῖ τὸ ἐν ἐχάστοισι χατὰ φύσιν τὴν ἑχάττου καὶ τὴν ἐξ ἀρχῆς δύναμιν. (10) 8. τροφὴ δὲ τὸ τρέφον, τροφή δὲ τὸ οἷον, τροφή di τὸ μέλλον. (II) 9. ἀρχὴ di πάντων μία χαὶ τελευτὴ πάντων μία καὶ ἡ αὐτῇ τελευτὴ χαὶ ἀρχή. (12) 15. φύσις ἐξαρκεῖ πάντα πᾶσιν. (13) 17. ἀποχρίσιες χατὰ φύσιν, χοιλίης, οὔρων͵ ἱδρῶτος, πτυάλου, μύξης, ὑστέρης, καθ᾽ αἱμοῤῥοΐδα, θύμον, λέπρην, φῦμα, χαρχίνωμα, tx ῥινῶν, ἐχ πλεύμονος, Ex χοιλίης, ἐξ ἕδρης, ἐχ καυλοῦ, χατὰ φύσιν χαὶ παρὰ φύσιν " ai διαχρίσιες τούτων ἄλλοισι πρὸς ἄλλον λόγον ἄλλοτε χαὶ ἀλλοίως. μία φύσις ἐστὶ ταῦτα πάντα χαὶ οὐ μία * πολλαὶ φύσιές εἰσι πάντα ταῦτα χαὶ μία. 480 I! de nutrimento III, - $ το, App. trimento di nome non di fatto; nutrimento di fatto, non di nome» (14). 24. «Un grande principio conduce ad una parte estre- ma; da una parte estrema si giunge ad un grande principio La natura è una sola, essere e non essere» (15) (16). (14) 21. τροφὴ οὐ τροφή, ἣν pù δύνηται, «οὐ» τροφὴ τροφή, ἢ [μὴ] οἷόν τε ἢ τρέφειν. οὔνομα τροφή, ἔργον ὃὲ οὐχί * ἔργον τροφή, οὔνομα δὲ οὐχί. (15) 24. ἀρχὴ μεγάλη ἐς ἔσχατον μέρος ἀφικνεῖται, ἐξ ἐσχάτου μέρεος ἐς ἀρχὴν μεγάλην ἀφικνεῖται © pia φύσις εἶναι χαὶ μὴ εἶναι, (16) Oltre i citati DIieLS indica come di imitazione hera- keitea:i num. -12,,14; 19; 25, 40, 42; 45. APPENDICI AL CAPITOLO III APPENDICE I. — SU UNA ANTICA FONTE RELATIVA AGLI ELFATI. Per completare, per quello che riguarda alcuni pensa- tori di Elea, quello che nel Cap. I, App. I (pag. 120) abbiamo detto intorno alle fonti antiche sui pensatori prearistotelici, devo quì accennare allo scritto De Melisso, Xenophane et Gorgia. Sarò però brevissimo, data anche la scarsa impor- tanza dello scritto citato. Nella collezione delle opere di ARISTOTELES era perve- nuto a noi uno scritto, evidentemente apocrifo, che trattava delle teorie di tre antichi pensatori. Nelle collezioni più an- tiche esso era intitolato De Xenophane, Zenone, Gorgia ; so- lamente in tempi più recenti fu riconosciuto che il suo vero titolo deve essere piuttosto De Melisso, Xenophane et Gor- gia (1). Basterebbe il fatto dell’ incertezza per lungo tempo prolungatasi sulla paternità delle dottrine ivi esposte, per mettere senz’ altro in guardia contro il valore storico dello scritto. Questo, come ho detto, non è di ARISTOTELES; però appartiene alla scuola peripatetica. Secondo il DreLs si deve attribuire ad uno scrittore dell’ epoca di AucustuUSs (2). (1) L’ ultima edizione critica di questo scritto è dovuta al DieLs, e si trova pubblicata nelle Abh. ἃ. Akad, d. Wiss., Berlin, 1900. Le parti che si dovrebbero riferire a XENOPHA- NES ed a MELIssos sono ripetute nei Vorsokratiker (Bibl. N. 2.). (2) Dapprima (nei Doxographi graeci, p. 108) il DIieLS aveva supposto che lo scritto dovesse appartenere all’ epoca subito dopo THEOPHRASTOS, ma nel lavoro citato nella nota prece- dente ha dovuto riconoscere che esso invece deve considerarsi dol 1° sec. d.. Chr. MIELI ΔῈ 482 II. - App. I. Dello scritto suddetto si sono occupati recentemente specialmente lo ZeLLer ed il Drers. Ecco alcune conclusioni che si possono ritrarre dai loro studî: l’ ultima parte sì ri- ferisce senza alcun dubbio a Gorcias; è quasi certo, anche, che la prima riguarda ΜΈ. 5805. Maggiori dubbî debbono sollevarsi relativamente alla seconda parte. Sembra che essa debba constare di un antico nucleo primitivo che doveva effettivamente trattare delle dottrine di XENOPHANES; questo nucleo, poi, da un antico compilatore che aveva creduto che si riferisse a ZENON di Elea, deve essere stato ampliato con ulteriori dottrine appartenenti a quest’ ultimo pensatore. Ma, ripetiamolo, come fonte storica, questo scritto, men- tre non ha nessun valore relativamente a XENOPHANES, ne ha uno assai problematico per MELISSsOS. Aprpenpice II. — BIBLIOGRAFIA. le ΠΕ ΘΙ Oltre i testi già citati (Cap. I, App. III, I) ricordo i seguenti speciali per gli Eleati e per HERAKLEITOS. 144. H. Diets : Parmenides Lebrgedicht, grieschisch und deutsch. Berlin, 1897. 145. — -Herakleitos von Ephesos, griechisch und deutsch. Ber- lin, Weidmannsche Buchhandlung, 2. Aufl., 1909. Questi due volumi, in una certa misura (per i testi), οἱ devono considerare assorbiti nei Vorsokratiker (Bibl. N F2): Una traduzione italiana dei frammenti di HERA- KLEITOS (secondo l’ ordine ed il testo del DIELS, e, con le note di questi, oltre altre originali), fornita inol. i i : | HI. - App. II. Bibliografia 483 tre di uno studio critico sul pensatore di Ephesos, e di un’ accurata bibliografia è 146. Emitio Boprero: Eraclito. Torino, Bocca, 1910. Un vol. di pag. xxxil-214. Questo volume contiene inoltre. la traduzione delle epistole pseuderaclitee, comprese in un’altra più antica raccolta dei frammenti di HERAKLEITOS : 147. |. Bvwarer: MHeracliti Ephesit reliquiae. Oxonii, 1877. Una raccolta di versioni inglesi dei frammenti di HERAKLEITOS è 148. G. T. W. Patrik: The fragments of the Work of Hera- kleitos of Ephesos on Nature, translated from the greeck Text of Bywater witch Introduction, historical and critical. Baltimore, 1889. Esiste anche un’ altra versione italiana (che non co- nosco) dei frammenti di HERAKLEITOS, e che fu pub- blicata solo in pochissimi esemplari : 149. TezA: Parole di Eraclito. Padova, 1903. II. — Lavori STORICI. Fra i libri che trattano di una determinata disciplina o at- tività greca nel suo complesso, si deve ricordare un libriccino che solamente ora ho potuto consultare, ma che deve attirare fortemente l’ attenzione dello storico : 150. HERMANN Dies: Antike Technik. Sechs Vortrage, mit so Abbildungen und 9 Tafeln. Leipzig, Teubner, 1914 (di pag. vili-140). Il benemerito filologo, mostrando come le scienze ap- parentemente più aride possano spingere verso risul- tati di grande interesse, anche per la storia della cul- tura, raccoglie alcuni studî che si riferiscono alla te c- nica antica, ad un campo cioè che, come già 484 Bibliografia II. - App. II. ho avuto occasione di ricordare, è uno dei più negletti e trascurati per quanto di importanza capitale per la comprensione della scienza e della vita antica. I ca- pitoli del libro sono i seguenti : Wissenschaft und Technik bei den Hellenen. — Antihe Tiiren una Schlosser. — Dampfmaschine, Automat und Taxameter, — Antihe Telegraphie. — Die antike Avtillerie. — Antike Chemie. Su quest’ opera dovremo tornare in avvenire. Qui mi limito ad accennare come, specialmente nel primo stu- dio, vi siano dati interessanti sull’ antichissima tecnica nell’Ionia, e nel periodo che fino ad ora ab- biamo considerato (1). i (1) Una scorsa al citato libro del Drers mi ha fatto stimare conveniente di ricordare qui subito, e quasi per completamento al $ τί del I capitolo, la costruzione (VI sec.) di una lunga galleria attraverso ad un monte, per l'acquedotto di Samos. Molto più oltre dovremo ritornare sul procedi- mento probabilmente adottato per preparare il progetto ed ese- guire la perforazione, ed allora riporteremo anche una pianta topografica della regione ed una costruzione geometrica di Hr- RON che, per la disposizione delle linee, sembra proprio che debba riferirsi all’ acquedotto di Samos; qui mi limito a ricordare il genere della costruzione e l’ ingegnere che la diresse. Ripor- tiamo perciò il passo di HeRopoTos (III, 60): ὄρεός τε ὑψηλοῦ ἐς πεντήχοντα καὶ ἑχατὸν ὀργυιάς, τούτου ὄρυγμα γάτωθεν " ἀρξάμενον, ἀμφί- στομον. τὸ μὲν μῆχος τοῦ ὀρύγματος ἑπτὰ στάδιοί εἰσι, τὸ dì ὕψος voi εὖρος ὀχτὼ ἑχάτερον πόδες. διὰ παντὸς de αὐτοῦ ἄλλο ὄρυγμα εἰχοσίπηχυ βάθος ὀρώρυχται, τρίπουν δὲ τὸ eUpos, δι᾽ οὗ τὸ ὕδωρ ὀχετευόμενον διὰ σωλήνων παρα- “νεται ἐς τὴν πόλιν ἀγόμενον ἀπὸ μεγάλης πηγῆς. ἀρχιτέχτων δὲ τοῦ ὀρύγματος τούτου ἐγένετο Μεγαρεὺς Εὐπαλῖνος Ναυστρόφου, [Per completare il passo qui riportato e quello citato al Cap. I, ὃ II, n. 3 ag- giungo il periodo che segue il primo e che precede immedia- tamente quest’ ultimo : τοῦτο μὲν δὴ ἕν τῶν τριῶν ἐστι, δεύτερον δὲ περὶ λιμένα χῶμα ἐν θαλάσσῃ, βάθος χαὶ εἴχοτι ὀργυιέων, μῆχος δὲ τοῦ χῶὥῶματος μέξον. δύο σταδίων]. Come nota anche il DieLs, l’importanza scientifica del traforo fatto da EupPoLinos, oltre che nel superamento delle difficoltà tecniche, si deve ritrovare nella sua prepa- δὲ È e: PARE RE O, e ΩΣ ΝΣ ai Il - App. IL Bibliografia 485 Un’ altra opera di carattere generale per la storia della filosofia greca e che ho visto recentemente è 151. CuarLes Wappinoton: La philosophie ancienne et la critique historique (di pag. xvi-388). Paris, Hachette, 1904. Indice : 1. Introduction. — 2. Des idées morales dans l'antigque Egypte. — 3. La philosophie grecque avant Socrate. — 3. De l’authenticité des écrits de Platon. — 5. Le Parménide de Platon. — 6. Quelques points ἃ éclaircivr dans la biographie d’Avistote. — 7. Aristote écrivain et movraliste. — ὃ. Platon et Avistote : leur ac- cord fondamental. — 9. Pyrrhon et le Pyrrhonisme. — 10. La Kabbale. — 11. Le scepticisme après Pyrrhon. — 12. Simplicius. Interessante ora per noi è il cap. 3 nel quale si esamina lo sviluppo della filosofia presocratica fondan- dosi specialmente su considerazioni cronologiche. razione, ed, in particolare, in quell’ insieme di lavori di tria n- golazione che soli potevano permettere di attaccare i fori dalle due parti del monte con la sicurezza che con il progresso del lavoro essi si dovessero incontrare. Il metodo seguito era forse quello indicato da HERON ; esso però presuppone un am- pio sviluppo della geometria teorica e pratica. Della soluzione di HERON tratteremo a suo tempo ; qui riporto semplicemente alcune considerazioni di MERRIAM (The School! of Mines Quar- tely, IV, New York, 1885, p. 275) che tolgo dal citato volume del DieLs : « It is only within a few years that a tunnel of this magnitude and extent would not have been considered an en- gineering work of more than ordinary magnitude, not only in its engineering aspects, but as a financial enterprise.... The methods of excavation in rock must have been slow and te- dious when this tunnel was made, compared with the rapid work of gunpowder and dynamite at the present day, and it would be especially interesting to know all the tunnelling processes employed by the ancients, among these not the least in inte- rest would be the ventilation of th: tunnel during the process of the work without ventilating shafts ». 486 152. CH. Bibliografia II. - App. IL Da leggersi anche con profitto mi sembra un vo- lume che ho visto appena adesso (novembre 1915) al momento di licenziare gli ultimi fogli di questo vo- lume : Huir: La philosophie de la nature chez les anciens (di pag. 584). Paris, Fontemoing, 1901. Nella prima parte (p. 5-158) l'A. esamina principal- mente lo studio della natura nelle sue relazioni col pensiero religioso e col sentimento poetico. Nell’ ul- tima egli l’esamina in relazione alla filosofia e alla scienza, Ritornerò su quest’ opera quando avrò po- tuto scorrerla partitamente. L’A. cita un suo De prio- rum Pythagoreorum doctrina et scriptis. Paris, 1873. Fra le opere che trattano un determinato soggetto che si comincia a sviluppare con gli ultimi pensatori dei quali abbiamo parlato, cito 153. AnatHon AaL: Geschichte der Logosidee in der grie- chischen Philosophie (*) (di pag. xx-252). Leipzig, Reisland, 1896. Questo libro si propone di seguire attentamente l'origine del concetto e lo svolgimento del concetto di logos nella filosofia greca. È naturale che in questo studio una larga parte sia riservata ad HERAKLEITOS. L’AAL si occupa poi a lungo specialmente degli 5 το i- ki, di PHILON e dei neo platonici. Quest' opera è molto interessante, per quanto molti dei giudizî e delle ipotesi emesse dall’AaL non possano essere ac- cettate senz’ altro. In ogni modo l’opera getta una viva luce sia sugli antichi pensatori sia su quelli più recenti. I concetti di questi ultimi, come vedremo, e come specialmente è stato mostrato da Epm. O. von LIPPMANN, in alcuni studî che citeremo più innanzi, (ἢ) Questo volume forma come la prima parte di un’ opera più estesa: Der Lo- gos. Geschichte seiner Entwickelung in der griechischen Philosophie und der christlichen Litteratur. II. - App. II. Bibliografia 487 ebbero una vera importanza anche per la storia del- l'alchimia. Il libro dell’AaL in parte completa, in parte si con- trappone ad uno studio più antico sullo stesso sog- getto, ma, come quello, degno di attenzione, e che poi ha il merito di avere per primo trattato organi- camente un tale argomento : 154. Max Heinze: Die Lebre vom Logos in der griechischen ESA; Philosophie (di pag. xiv-336). Oldenburg, 1872. Suddivisioni : Heraklit — Von Heraklit bis zur Stoa — Die Stotker — Von der Stoa bis zu Philon — Philon — Die Neuplatoniker. Per i soggetti che si riferiscono alla ψυχή, e, in senso lato alla psicologia, si veda poi anche il primo volume dell’opera Ep. CHarcneT: MHistotre de la psychologie des grecs. T. I. La psych. d. gr. avant et aprés Aristote (di pagine xxii-428). Paris, Hachette, 1887. Per quello che riguarda tutte o alcune delle scuole filosofiche presokratiche, uno studio, che prima non avevo visto, ma che è abbastanza interessante, chiaro e ben fatto è 156. AureLIo CovortI: La filosofa nella Magna Grecia e in Sicilia fino a Socrate. Negli « Annali delle Uni- versità Toscane », Pisa, XXIII (1901), in-4 di pa- gine 172. Indice : Introduzione. — I Pitagorici : Fonti. Vita e scuola di Pitagora. Le dottrine avanti Filolao. Le dot- trine αἱ tempi di Filolao. — Gli Eleati : Senofane. Par- menide. Zenone. — Empedocle. Dello stesso noto 157. — Le teorie dello spazio e del tempo nella filosofia greca fino ad Aristotele, di pag. 218. Pisa, 1897. 488 Bibliografia HI. - App. II. Di HERAKLEITOS 51 occupa molto 158. Gustav TricHmiLLeR: Neue Studien zur Geschichte der Begriffe. Gotha, Perthes, 3 vol. 1876-1879. Appunto per ciò credo utile riportare l’ indice dei tre volumi : I. Heft: Heraklertos. I. Heraklt's physische Weltbetrachtung. A. Astrono- maische Vorstellungen. B. Die Elemente und dev Weg nach Oben und nach Unten. — II. Allgemeine Begriffe (Kein Entstehen und Vergehen — Das Sinnliche und das Geistige — Der Fluss dev Dinge — Das Feuer als Prinzip — Die Harmonie — Der Logos — Die Welt- periodeny. — 111. Ueber die Abfassungzeit des Buches de diaeta. II. Heft: Pseudohippokrates de diaeta. — Heraklei- tos als Theolog. (Bekanntschaft dev grieschischen Philo- sophen mit der dgyptischen Cultur. — Die Offen- barung als Erkenntnissquelle. — Allgemeine Ueber- einstimmung in den Grundgedanhen. — Specielle Se- miotik). — Aphorismen. III. Heft: Die praktische Vernunft bei Avistoteles. A questi Neue Studien precede 159. — Studien zur Geschichte der Begriffe (di pag. 667). Ber- lin, Weidmann, 1874. In questo lavoro, che ho potuto ritrovare solo al- l’ultimo momento, lA. ha due lunghi studî, uno sulla dottrina dell’ immortalità dell'anima di PLatoN, ed un ; altro sui rapporti scientifici fra PLATON ed ARISTO- È TELES. Inoltre vi è un esteso studio su ANAXIMANDROS e su ANAXIMENES e XENOPHANES, specialmente in rap- porto alle relazioni che questi ultimi avevano col se- condo pensatore di Miletos. Su HERAKLEITOS, in particolare, abbiamo un’ estesa letteratura. Oltre i volumi citati nella rubrica dei Te- sti, e gli studî più generali sopra rammentati, credo opportuno rammentare solamente le poche opere che MI. - App. IL Bibliografia 489 seguono. Di alcuni volumi sarà poi dato il semplice titolo nell’ App. IIl. 160. FerpinanD Lassatte: Die Philosophie Herakleitos des Dunklen von Ephesos, nach einer neuen Sammlung seiner Bruchstiicke und der Zeugnisse der Alten dar- gestellt. Berlin, Fr. Duncker, 1858. Due vol. di pa- gine xxli-380 e vi-480. Con quest’ opera il simpatico e battagliero socialista tedesco, che per altri scritti ed azioni viene a trovarsi insieme a Marx ed a EncELS nella sacra Trinità del socialismo scientifico, è riuscito a conquistarsi un posto abbastanza importante fra gli studiosi di HERAKLEI- tos. E l’opera, per quanto invecchiata, può anche oggi offrire un certo interesse alla lettura. Suddivi- sioni : Allgemeinev Theil. Einleitung. --- Historischer Theil. Fragmente und Zeugnisse : I. Ontologie ; II. Phy- sth: III. Lehre vom Erkennen; IV. Ethik. 161. G. Scnaerer: Die Philosophie des Heraklit von Ephesus und die moderne Naturforschung. Un vol. di pag. 140. Leipzig und Wien, Fr. Deuticke, 1902. Si occupa partitamente delle varie teorie di H. e degli studî moderni su di essi. AppenpICE III — CITAZIONI BIBLIOGRAFICHE DI ARTICOLI ED OPUSCOLI. Giov. Cesca: La teorica della conoscenza nella filosofia greca, | Verona, Drucker, 1887. S. FerrarI: Gli Eleati. « Atti dell’Accademia dei Lincei », X (1892), p. 57-144. Vedi anche pag. 365. Suddiviso : Generalità. — Senofane : La vita e le poeste. Jì filosofo e il pantieista. L’ uno. La Cosmologia. Pensieri sulla conoscenza. Se- nofane nella storia della filosofia. — Parmenide : Vita e scritti. La dottr. ontologica. IL cosmo ; la conoscenza, Posto e valore della dottr. parm. App. — Zenone : L'uomo e le opere. Gli argomenti contro il molteplice e il moto. — Melisso: Vita e scritti. Le dottrine. — Caratteri e valore della filosofia eleatica. 490 Bibliografia II. - App. HI, P. Narorp: Aristoteles und die Eleaten « Philosoph. Monats- hefte » 26 (1890), p. 1 e p. 147. In questo studio lA. premesso che « eine planmassige Untersuchung iber Aristoteles als ritisker Historiker der Philosophie. iiber das System, nach dem er vorging, und iiber die Folgen, die daraus fiir seine Schatzung der ein- zelnen Vorganger und damit auch ἐγ das Urtheil der von seiner Autoritàt mehr oder minder abhangigen Nachwelt sich ergaben, wiìrde in vieler Hinsicht klà- rend wirken und einen der unentbehrlichsten Beitràge liefern zu einer grundli- cheren Quellenkritik der griechischen Philosophie und zur richtigeren Auffas- sung einiger ihrer gròssten Leistungen », passa a fare un tale studio per quello che riguarda la critica aristotelica degli Eleati. H. BercER: Untersuchungen ib. das kosmische System des Xenophanes. « Κρ]. Sachs Ges. 4. Wiss., phil-hist. Kl », 1894, p. 30. i Tg A. CHiappeLLi: Sopra un’ opinione fisica di Senofane. « Rend. Acc. Lincei», 1884, p. 93. A. Dorinc: * Xenophanes. « Preuss. Jahrbb», 99 (1900), È Ῥ 282. È: J. FreupEnTHAL: * Die Theologie des Xenophanes. Breslau, È 1886. È — Zur Lebre des Xen. « Arch. Gesch. Philos.». I (1888), È Β 122: Ανο. Orvieto : La filosofa di Senofane. Firenze, 1899. A. BaeuMmKER: Die ÉEinheit des Parmenideischen Seienden. « Jahrbb. f. Philol.», 133 (1886), p. 541. H. Diets: Parmenides. « Hermes» (1900). i A. Dòrinc : * Zu Parmenides und Zeno von Elea. « Zeitschr. f. Philos. u. philos. Kritik». 144. — Das Weltsystem des Parmenides. «Zeitschr. f. Philos. ». 104 (1894), p. 162. E. De MarcHI : * L’ontologia e la fenomenologia di Parmenide. Torino, 1905. O. GILBERT: Die δαίμων des Parmenides. « Arch. Gesch. Phi- los. ». 20 (1907), p. 24. A. Patin: Parmenides in Kampje gegen Heraklit. « [ahrb. f. kl. Philos.», 25 (1899), p. 49I. II. - App. III. Bibliografia - 49% H. Sronimsky: * Heraklit und Parmenides. « Philos. Arbei- ten. Giessen», 7 (1912). H. STEIN: * Die si des Parmenides. «Symb. philol. Bonn. in hon. Fr. Ritschel. ». Lipsiae, 1867. Ta. Varke : * Parmenidis Veliensis doctrina. Diss. Berol., 1864. Vicr. BrocHarD: Les arguments de Zenon d’Elée contre le mouvement (1888). — Les prétendus sophismes de Zenon d’Elée (1893). Raccolti nel volume Etudes de philosophie ancienne et de philosophie moderne, curato da V. DeLBos. Paris, Alcan, 1912. C. Dunan: * Zenonis El. argumenta. Thèse. Paris, 1884. G. FronTERA : * Étude sur les arguments de Zénon. Paris, 1891. G. Hecer: in Vorlesungen ii. Gesch. d. Pbilos. I, 302. — beer orkz. XIII, p. 212. G. NoéL: Ze mouvement et les arguments de Zénon d Elée. «Rev. Mét.», 1893, p. 107. B. PerRoNIEVviICcs : Zenons Beweise gegen die Bewegung. « Arch. Gesch. Philos.». 20 (1907), p. 56. E. RaaB : * Die Zenonischen Beweise. Progr. Schweinfurt, 1880. C. E. RoveLLEe: L’ argument d'Achille. « Rev, Philol > FI (1907), p. 105. R. Sarincer: Aants Antinomien und Zenons Beweise gegen die Bewegung. « Arch. Gesch. Philos. » 19 (1906), p. 99. F. ScunEDER: Zeno aus Elea. « Philol. » 35 (1876), p Ep. WELLMANN: ἢ Zenos Beweise gegen die Bewegung u. ihre Wiederlegungen. « Progr. Frankfurt a. O.». (1870). Contiene abbondanti citazioni storiche sulle varie confutazioni degli ar- gomenti di ΖΕΝΟΝ < Windelband. > G. Zuccante : Le opinioni del Cousin e del Tannery intorno agli argomenti di Zenone di Elea. «Rivista filosofica », 1899. (7). O. ApeLt: Melissos bei Ps.Aristoteles. « Jahrb. f. kl. Phi- lol. », 1886, p. 729. (ἢ Non è possibile citare nemmeno una piccola parte delle numerosissime dé- scussioni e dei lavori che si riferiscono agli argomenti di ZENON. Qui mi limito a ci- tare pochi studî che mi sono parsi più interessanti. 492 Bibliografia HI. - App. HI. A. CÙiappeLti: Sui frammenti e sulle dottrine di Melisso. «Rend. Acc. Lincei », 1890. } Aur. Covorti: Melissi Samii reliquiae. « Studî ital. di filol. class.» VI (1898). Fr. Kern: * Zur Wiirdigung des Melissos. Stettin, 1880. (Festschr. 2. 35 Philol. Vers.). M. OrENER: Zur Beurteilung des Melissos. « Arch. Gesch. Philos. », 3 (1890), p. 12. A. Passr: * De Melissi Samii fragmentis. Bonn. 1889. Ernst Arnpr: Zu Heraklit. «Arch. Gesch. Philos.», 26 (1913) p. 370. Tu. Berck : * De Her. sententia apud Aristotelem « de mundo » cap. vi. «Ind. Scol. lib. Hal.», 1861. Jac. Bernays: Gesammelte Abbandl. B. I., herausgeg. v. H. UsenER. 1885. Fra queste gli articoli ‘ Herak!. Studien (ἘΠ. M. 7 (1850) p. 99); Neue Bruckstzicke des H. (id. 9 (1853) p. 241); Die hcrakl. Briefe (Berlin, 1869). A. Briecer: Die Grundziige der her. Physik. « Hermes», 39 (1904), p. 182. — Her. d. Dunkle. « Neue Jahrbb. f. kl. Alt.» (1904), p. 606. A. CniappeLui: Sopra alcuni frammenti delle xi tavole nelle relazioni con Eraclito e Pitagora. « Arch. Giuridico », 35 (1885), p. 111. — Su alcuni framm. di Eracl. « Acc. di Napoli », XXITI 1888. Cur. Cron: Zu Herakleitos. « Philol. », 47 (1880), p. 209, 400 e 509. L. Dauriac: * De Heraclito Ephesio. Paris, 1878. Benv. Donati: /! valore della guerra e la filosofia di Era- clito. « Riv. Filos.», IV (1912), p. 600. Dello stesso autore cito, sebbene per il soggetto si allontani assai da quello che è stato trattato in questo volume : Dottrina pitagorica e aristotelica della giu- stizia. « Riv. filos.» 111] (1911). Jon. Drieske: Patristische Herakl. Spuren. « Arch. Gesch. Philos. » (1891), p. 118. Tn. L. Eicunors: * Disputationes Heracliteae. Mogust, 1824. A. GLapiscH: * Ued. einen Ausspruch des Her. « Zeitschr. f. Alt. », 1846, p. 129 — * Ueb. d. Grundansicht Her. «id.», 1848. II. - App. III. Bibliografia 493 O. Gisert: Her.s Schrift περί φύσιος. « Neues Jahrb. f. kl. Alt.», 23 (1909), p. 16r. Tu. Gomperz: Zu Herakl. Lebre und den Ueberresten seines Werkes. « Ber. Wien. Akad.» 1886-7, p. 997. P. Hucnes: Some current Beliefs in the Lights of Heracles- ἐμ» Doctrin. « Monist », 19 (1909), p. 265. E. Lew: * Her. im Kampfe gegen den Logos. « |ahresber. des Sophiengymn. in Wien», 1908. — Parmenides und Heraklit im Wechselkampfe. « Arch. Gesch., Philos. », 24 (I9I1), p. 314. — Das Fragm. 2 Heraklits. «Arch. Gesch. Philos. », 25 (1912), p. 463. Rare. Marrano : Lassalle e il suo Eraclito. Firenze, Le Mon- nier, 1865. (Un vol. di pag. viii-225). A. MarinéE: * Héraclite d'Ephése. Paris, 1881. GortL. Maver: * Herakl. v. Ephesos und A. Schopenbauer. Heidelberg, 1886. ]J. Monr: * Ueb. d. bist. Stelle Her. v. Eph. Wiirzburg, 1876. — * Herakl. Studien. Programm Wiirzburg, 1886. K. J. Neumann: Meraclitea. « Hermes », 15 (1880), p. 605. W. NestLEe: Heraklit und die Orphiker. « Philol. », 18 (1905), ΟΝ: - Var Heraklit Empiriker ? «Arch. Gesch. Philos.», 25 (1911), p. 275. C. PascaL: Sopra un punto della dottrina eraclitea. « Rend. Ist. Lombardo », 39 (1906), p. 199. At. Patin : * Quellenstudien zu herakl. pseudohippokr. Schriften. « Festschrift f. Urlichs », Wirzburg, 1881. — Her.s Einbheitslebre d. Grundlage seines Systems u. d. Anfang seines Buches. Miinchen, 1885. — * Herakl. Beispiele. Progr. Neuburg, 1892 e 1893. Euc. Petersen: Fin missverstandenes Wort des Her. « Her- mes », 14 (1879), p. 304. Epm. PrLEmERER: Die pseudoherakl. Briefe und ibr Ver- fasser. «ἈΠ. M.», 42 (1887), p. 153. — Die Philosophie des H. v. E. im Lichte der Misterienidee. Berlin, 1, 1896. K. PraEcHTER: Fin unbeachtetes herakl. Fragment. « Philol. », 58 (1890), p. 47. en ὙΠ P. ΒΟΗΌΒΤΕΚ: * Her. v. Epb. Ἐπ 1873 in “Acta, Lips.). « der mit viel Scharfsinn den vornherein ἐπε ΤΣ Versi hat, die vorhandenen, verhaltnismassig sparliche Fragmente FÉ neten Lehrgebiude zu vereinigen ». ΝΑ Ομ ΤΣ κε SI Ì ach, 1878. i Enr. SOULIER: Eraclito Efesio, studio critico. Roi O. SpenGLER: * Der metaphysischen Grundgedank rakl. Philos. Halle, 1904. P. Tannery: Un nouveau fragment d’Heraclite. « a philos. », 9 (1900). S. N. TrusEzko] : * Die Lebre vom Λόγος in der alten Phi in ihrem Zusammenhang mit der Entw. des Idealis Woprosy filos. i. psichol. 1897. I-III. ve oa M. Wunpr: Die Philosophie Her .v. E. im Zusamm mit der Kultur Fontens. « Arch. Gesch. Philos. », 20 Ρ. 431. INDICE DEI PASSI RIPORTATI FRAMMENTI DI FILOSOFE PRESOKRATICI XENOPHANES. — Su Pythagoras (fr. 7): $ 2, n. 7. — Accenno autobiografico (fr. 8): ὃ 1, n. 1. — Contro Homeros ed Hesiodos (fr. 11): $ 1, n. 5. — Contro la concezione an- tropomorfa degli dèi (fr. 12): $ 1, n. 6. — Id. (fr. 14): ἘΠ, 7. — Id. (fr. 15): $i, n. 8. — Id. (fr. 16): 81, n. 9. — Sul modo di arrivare alla conoscenza (fr. 18) : $ 2, n. 22. — Il dio supremo (fr. 23): ὃ 1, n. 10. — Pro- prietà del dio supremo (fr. 24): $ 1, n. 12. — Id. (fr. 25): $ 1, n. 12. — Id. (fr. 26): $ 1, n. 12. — La terra in basso è senza confine (fr. 28): ὃ 2, n. 20. — Tutto si origina da terra ed acqua (fr. 29): $ 2, n. 10. — Il mare è l’ori- gine dei venti (fr. 30): ὃ 2, n. 18. — Tutto si origina da terra ed acqua (fr. 33): $ 2, n. 11. — Sulla conoscenza (fr. 34): $ 2, n. 22. — Osservazione di carattere rela- tivistico su miele e fichi (fr. 38): ὃ. 2, n. 21, PARMENIDES. — Il saluto della divinità (fr. 1): $ 4, n. 1. — Le due vie della conoscenza (fr. 4): $ 4, n. 2. — Il non es- sere è impensabile (fr. 5): $ 4, n. 3. — Caratteri e pro- prietà dell’ Essere (fr. 8, v. 1-49): $ 4, n. 5. — Passag- gio all’ esposizione delle false opinioni dei mortali (fr. ὃ, V. 50-52) : ὃ 4, n. 4. — Il fuoco e l'oscurità (fr. 8, v. 54-59) : $ 5, n. 1. — Id. (fr. 9): $ 5, n. 2. — Sulle corone celesti fr. 12): ὃ 6, n. 1. — Sulle sensazioni (fr. 16) : ὃ 5. n. 9. — Sulla determinazione del sesso (fr. 17): $ 5, n. 6. — Id. ἘΠ ΕΘ), 30 8 5; Il. 5. | Zenon, — Sulla pluralità (fr. 3): $ 7, n. 7. MeLISssos. — Sull’ essere ed il non essere (fr. 7): ὃ 8, n. 6. HERAKLEITOS. — Il /ogos, sue proprietà e potenza (fr. 1): ὃ 10, n. 5. — Id. (fr. 2): ὃ το, n, 5. — Felicità da uomo e fe- 496 Indice delle citazioni II. licità da bestie (fr. 4) : $ 9, n. 9. — Contro Τ᾿ adorazione — delle immagini (fr. 5): ὃ 9, n. 8. — L'anima parago- nata ad un fiume (fr. 12): ὃ το, n. 13. — La buona fama (fr. 209): $ 9, n. 3. — Il fuoco ed il cosmo (fr. 30): ὃ το, n. 1. — Le trasformazioni del fuoco (fr. 31): $ το, n. 1. — Contro il popolaccio (fr. 34): $ 9, n. 3. — Le trasformazioni delle sostanze (fr. 36): $ 10, n. 3. — Contro Hesiodos, Xenophanes, Pytha- goras, Hekataios (fr. 40): $ 9, n. 4. — Contro Ho- meros ed Archilochos (fr. 42): $ 9, n. 4. — Valore del migliore (fr. 49): ὃ 9, n. 9. — Detti relativistici : sul ba- gnarsi due volte nello stesso fiume (fr. 49 a): $ 9, n. 13. — La lotta dominatrice in ogni cosa (fr. 53: $ 9, n. 6. — Contro Homeros (fr. 56): ὃ 9, n. 4. — Contro Hesiodos fr. 57): $ 9, n. 4. — Identità della via diritta della gualchiera e di quella torta (fr. 59) : ὃ 9, n. 10. — Identità della via in sù e di quella in giù (fr. 60) : $ 9, n. 16. — Salubrità ed in- salubrità dell’ acqua del mare (fr. 61): ὃ 9, n. 12. — Con- trasti varî (fr. 62): ὃ 9, n. 15. — Altri contrasti (fr. 67): $ 9, n. 14. — Sulla trasformazione delle sostanze (fr. 76) : $ 10, n. 3. — Effetto dell’ umido sulle anime (fr. 77): ‘$ το, n. 3. — La lotta dominatrice in ogni cosa (fr. 80): $ 9, n. 7. — Le trasformazioni del fuoco paragonate allo scambio dell’ oro e delle merci (fr. 90) : $ 10, n. 2. — Sul continuo divenire (fr. 91): $ 9, n. τι. — Il sole ed i li- miti assegnatigli nel suo cammino dalla legge universale (fr. 94): $ 10, n. 5. — Il buono ed il giusto presso gli dèi e presso gli uomini (fr. 102): ὃ 9, n. 9. — Contro il popolaccio (fr. 104): $ 9, n. 3. — I contrari sono con- cepiti in senso relativo (fr. 111): $ 9, n. 17. — Il pen- siero, la sapienza e l’azione (fr. 112): ὃ 9, n. 10. — Il conoscere sè stessi (fr. 116) : ὃ 9, n. 9. — L’ uomo ubriaco (fr. 117): ὃ 9, n. 9. — Su Hermodoros (fr. 121) : $ 9, n. 2, — I contrarî concepiti in senso relativo (fr. 126) : $ 9, n. 18, — Sugli dèi (fr. 127): ὃ 9, n. 8. — Le immagini degli dèi (fr. 128) : $ 9, n. 8. — Contro Pythagoras (fr. 120) : ὃ 9, n. 4. SCRITTI HIPPOKRATICI © ΠΕΡῚ AIAITH®. — Brani varî di ispirazione herakleitea dei ‘cap’ 1r-24:::$ 10} App, Di 2:53, 4 (5:00: il ἩΠ Indice delle citazioni 497 ΠΕΡῚ ΤΡΟΦΗΣ. — Massime varie di ispirazione heraklei- ea 55 Ὁ, 15, 17, 21, 24): ‘$ 10; App,.n._ 815. CITAZIONI E DOCUMENTI. HeropoTtos. — L’ evaporazione dell’ acqua dal mare e l'ori- gine delle piogge (II, 25): ὃ το, n. 9. — Sul tunnel di Eupolinos a Samos (III 60): App. II, p. 484. — Sui luoghi dove l’ inverno è una lunga notte (IV, 25): ὃ 2, n. 2. PLATON. — Tutto scorre, secondo Herakleitos (Kraty!l. 402) : ὃ 9, n. 11. — Il mito del fuso della Necessità (Polit. X, 616): ὃ 6, n. 4. — Sugli herakleitei (Theait. 179): ὃ 0, n. 20. ARISTOTELES. -— Sulle teorie di Parmenides, ‘Xenophanes e Melissos (τ. I, 5): $ 4, n. 7. — Influenza degli he- rakleitei e di Kratylos su Platon (id. I, 6): ὃ 9, n, 20. — Simultaneità di essere e non essere in Heraklei- tos (id. III, 3): ὃ 9, n. ΤΙ, — Su Kratylos e sul suo detto che è impossibile bagnarsi anche una volta sola nello stesso fiume (id. III, 5): $ 9, n. 20. — Sul modo di ragionare di Melissos (fhys. I, 3): ὃ 8, n. 4. — Sul modo di ragionare di Parmenides e di Melissos (ΤΩ, III, 6) : ὃ 4, n. 7. — Sul /ogos di Zenon relativo allo spazio (id. IV, 1 e 3): $ 7, n. 8: — Sul (primo) /ogos di Zenon relativo alla dichotomia, e sull’ errore contenuto in esso secondo Aristoteles (id. VI, 2): $ 7, n. 3. — I quattro ἰοροὶ di Zenon sul movimento (4. VI, 9): ὃ 7, n. 2. — Sul quarto /ogos di Zenon (relativo al movimento delle masse nello stadio) (4. VII, 5): $ 7, n. 9. — Sulle di- verse dottrine dei pensatori che ammettono uno, due, tre o quattro elementi primordiali (de gen. et corr. II, 3): $ 5, n. 3. — Sulla divisione in zone della superficie ter- restre (meteor. II, 5): $ 6, n. 12. — L’anima secondo Her. (de anima. I, 2): $ 10, n. 13. — Menzione degli he- rakleitei (probl. 23, 30): ὃ 9, n. 20. TuropHRasTtos. — La dottrina delle sensazioni in Parmenides (de sensu), I): $ 5, n. 9. — Le trasformazioni delle so- stanze in Herakleitos (fhys. op., fr. 1): vedi SIMPLIKIOS. — Eupemos. — Sul /ogos di Zenon relativo allo spazio. Vedi Sim- PLIKIOS, ΤΏ phys., 563. MieELI 32 498 Indice delle citazioni i mi Dioporos. — Aneddoto relativo a Zenon ed al tiranno Nearchos (ΒΥ ΘΙ 5. 7, ArEIOS Dipvmos. --- Sulla natura dell'anima secondo Heraklei- tos: (ap: Eus:P. E. XV,‘ 20).;8CI0, Il segi Strapon. — Sulla divisione della terra in zone secondo Par- menides, Aristoteles e Poseidonios (II, 2): $6, n. 11. — Sulla origine della teoria delle zone terrestri (II, τττὴ $ 6, n. 9. — Su Hermodoros (XIV, 25): $ 9, n. 2. SENECA. — Il fulmine secondo Herakleitos (Nat. quaest. II, 56) : δ ΤΟ ΤῊ ΤΟΣ PLIiNnIUS. — Su Hermodoros (XXXIV, 21): $ 9, n. 2. PLouraRcHos (e Pseudo-PL). — Sul continuo divenire di He- rakleitos (de E 18): ὃ 9, n. 11. — Sulle trasforma- zioni delle sostanze in Her. (id., id.) : ὃ το, n. 3. — Os- servazioni geologiche di Xenophanes (S70w., 4): ὃ 2, n. 17. AretIos. — Sul continuo divenire in Herakleitos (I, 23): $ 0, n. τι. — Sulle corone celesti di Parmenides (II, 7): $ 6,. ὌΠ 2. Eclisse di sole che dura un mese sec. Xen. (II, 24): $ 2, n. 1. — Teorie di Xenophanes sul sole e sugli astri . (II, 24): $ 2, n. 3, 4 e 6. — Il tuono ed il fulmine se- condo Herakleitos (III, 3) : $ 10, n. 16. — Il sole cagione dei fatti meteorologici sec. Xen. (III, 4) : $ 2, n. 19. — Sulla divisione in zone della terra (III, 11 e 14): $ 6, n. 9 e το. — L'anima, sec. Her. è un'anathymiasis. (IV, 3): $ 10, n. 13. — Sull’ anima sec. Parmenides (IV, 3.e 5): $ 5, n. 8. — Sulla determinazione del sesso, sec. Par- menmides: (att) (85, Das: Marcus AURELIUS ANTONINUS. — Sulla trasformazione delle so- stanze in Herakleitos (IV, 46): ὃ το, n. 3. SexTus EmPIRIcUS. — Intorno a un concetto di /ogos attribuito ad Herakleitos (adv. math., VII, 129): $ τὸ n. 5. DiocENES LAERTIOS. — Su Herakleitos (IX, 1-6): ὃ 9, n. 1. —. Sulle teorie di Herakleitos (IX, 8-9): 8. το, n. 7. — Id. (IX, 10-11): $ 10, n. 12. — Xenophanes contro Homeros ed Hesiodos (IX, 18): $ 1, n. 4. — Sul Dio di Xenopha- nes (IX, 19): $ 2, n. 8. — Xenophanes ammette quat- tro elementi (IX, 19): $ 2, n. 12. — Sulle composizioni poetiche di Xenophanes (IX, 20): $ 1, n. 3. — Su Par- menides (IX, 21-13): $ 3, n. 1. — Su Melissos (IX, 24): 4 $ 8, n. 1. — Su Zenon (IX, 25, 1:29): $ 7, 00m τς ΤΠ} Indice delle citazioni 499 È CeNSsORINUS. — Sulle antiche opinioni relative all’ origine del- de . l’uomo (De die nat., 4): ὃ 5, n. το. — Sulla determina- È zione del sesso nei nascituri, sec. Parmenides (id., 6): $ 5, n. 7. — Età raggiunta da Xenophanes (id., 15): Maia Commentatori di Aristoteles: SimpLiKIOs. — Le trasformazioni delle sostanze in Herakleitos {anche come TueoPHRASTOS, phys. op. fr. 1] (in phys., 23): ὃ 10, n. 6. — Sulle dottrine di Melissos (2 phys., 103) : ὃ 8, n. 3. — Sul ἰορος αἱ Zenon relativo allo spazio (id., 563) [considerato come EupEMOS, fhys., fr. 42]: ὃ 7, n. 8. — Sul /ogos dello stadio, di Zenon (în phys., 1019). $ 7, n. 2. — Sul /ogos dello staio di miglio, di Zenon (id., 1108) : δον, DIO. CaeL. AURELIANUS. — Versione di un frammento di Parme- nides (fr. 18) sulla determinazione dei sessi (Morb. chron., Wécor-$S sn. 5. ᾿ς MacroBius. — L'anima secondo Herakleitos (Somn. Scip., 14): $ 10, n. 13. — Età raggiunta da Xenophanes (id. 20) [da LugiaNos]: $ 1, n. 2. KLEMES. — Sull’ epoca nella quale visse Xenophanes (Strom., I, 64): $ 1, n. 1. — Sulle trasformazioni del fuoco in Herakleitos (id., V, 105), ὃ τὸ, n. 1. HippoLyTos. — Osservazioni geologiche e paleontologiche di Xenophanes (ref. I, 14): $ 2, n. 13. THEODORETOS. —— Contradizioni di Xenophanes (IV, 5): ὃ 2, Ὧν ΤΆ: TLAcTANTIUS, --- Sulla determinazione del sesso nei nascituri, secondo Parmenides (de opif., 12): ὃ 5, n. 7. TH. Gomperz. — Nota sulle osservazioni paleontologiche di Menophanes (B. N. 16; I): $ 2, n. 13. PauL TANNERv. — Sul significato dell’ Essere di Parmenides ΓΕ 52): 8.4, n. 7. MERRIAM. — Sul tunnel di Eupolinos a Samos: App. II, p. 484. Pierre DuHEM. — Sul significato dell’ allegoria platonica del fuso della Necessità (B. N. 73): ὃ 6, n. 5. Trsomas HeatH. — Sul sistema astronomico di Parmenides ὑΕ Δ 1 72}}} .8. 6; n. 6. δι ἘΝ QUASI INDICE DEL caPITOLO III (LA SCUOLA D’ ELEA. — HERAKLEITOS) $ 1. — Xenophanes. Suo genere di vita e suoi scritti. Caratteristica principale di ‘Xenopha- nes : le sue idee religiose. Sua lotta con- tro le idee antropomorfe degli antichi poeti e le divinità popolari. Il Dio universale di Xeno- phanes. Genere di influenza esercitata da Xe- nophanes sulla Scuola d’ Elea . . . . Pag. 381 $ 2. — Le idee scientifiche in Xenopha- nes e maniera nella quale dobbiamo conside- rarle. Umorismo di Xenophanes. La supposta sua teoria degli elementi e le osservazioni di carattere geologico e paleontolo- gico. Richiamo a teorie analoghe di Anaximan- dros. Fossili e pietrificazioni osservate da Xeno- phanes. Errori dei posteri nel valutare alcune sue dottrine. Altre secondarie opinioni attribuite a Xenophanes. Xenophanes e la teoria della conoscenza ἀπ ΤΟΝ ἘΣ ΡΟ ΕΣ SME RITIRI JO $ 3.- Parmenides di Elea. Sua vita. Carattere principale della sua dottrina. Relazioni con la scuola pythagorica. Sua posizione nella scuola ἃ’ Elea. Importanza di questa per lo sviluppo della teoria della conoscenza. Il problema della verità. Influenza dell’opera di Parmenides sullo sviluppo del pensiero scientifico . . . . 397 $ 4. — Il poema di Parmenides. Prima parte di questo, ed esposizione della teoria della conoscenza e della verità ivi contenuta 403 ta 502 2005. SS 6478: Sio: $ 10, Indice del Cap. III La teoria fisica di Parmenides. Sue strette relazioni con quella dei pythagorici. Le opposizioni. La luce e l’oscurità come ἀρχαί, Dottrine di Parmenides sulla generazione e sulla determinazione dei sessi. Il caldo e la psyche. Teoria delle sensazioni. La cosmologia di Parmenides. Le co- rone celesti. Relazioni di derivazione fra la dottrina di queste e quella del fuso della Necessità, immaginato da Platon nel suo mito di Er (Re- pubbl.). Osservazioni in proposito. — La teoria della sfericità della terra e supposizioni sulla sua origine. Teoria delle zone terrestri. Variazioni successive nelle loro delimitazioni Zenon d' Elea. Carattere dei suoi ragionamenti, ed errori dei posteri nell’ interpretazione della loro portata. Passo di Aristoteles relativo ai quattro ἰοροὶ sul movimento. Osservazioni in pro- posito: Zenon ed i concetti matematici dello spa- zio e del tempo. Esposizione di questi /ogoî : il logos della dichototomia ; il logos di Achilleus ὁ della tartaruga ; il /ogos della freccia; il logos dello stadio. Altri ἰοροὶ di Zenon: i logo? sulla pluralità ; il logos sullo spazio ; il logos dello staio di miglio. Considerazioni generali. VARO Melissos di Samos. L'essere di Melissos. Contrasto fra Zenon e Melissos, e vera portata dei ragionamenti paradossali di Melissos, per giungere alle sue negazioni. Esempio dei suoi ragionamenti ᾿ Eine) Herakleitos d'E δα ον si posizione fra gli antichi pensatori greci. Vita e carattere di Herakleitos. Il suo disprezzo e disdegno con- tro poeti e filosofi. La lotta regola generale del mondo. Il sentimento religioso in Herakleitos. Il continuo divenire. Il ra- lativismo sistematico, Gli Heraklei- test; Rratvlost E. La fisica di iena Ῥρϑισία τὶ pre- valente del fuoco. Le trasformazioni de- 412 421 433 449 454 A i Δ, x tran II. Indice del Cap. III gli elementi: le vie χάτω ὁδός e ἄνω ὁδός, La dot- trina delle emanazioni: l’ emanazione umida e l’ emanazione secca, e loro significato. Il ciclo acqua —» vapore acqueo —» pioggia. Cosmologia di Herakleitos. L'anima del mondo. Il prester. fu .a, Se AF Appendice : Su alcuni scritti di derivazione he- rakleitea esistenti nella collezione hippokratica. Il de victu ed il de nutrimento . Appendice 1. — Su un antico scritto di cea sterco relativo agli Eleati: Il De Xenophane, Melisso, Gorgia seni App. Il. — Bibliografia SE I. — Testi. II. — Lavori use App. ΠῚ. — Citazioni Piegaro di varî an ca opuscoli : : Indice dei frammenti τ ἀϊ filosofi i Indice delle citazioni e dei documenti riportati : Indice analitico del capitolo sulla scuola d’ Elea e su He- rakleitos 503 4606 | FINITO DI STAMPARE IN FIRENZE sa a - LA i ὐ μὰ Pa ἣν ΣΝ ᾿ » ἃ ὁ N ἔν: ἵ P ᾿ Ὧν + ' = A o) a ce y i di VIS 7 SP = x ® Ὗ È ; Dello stesso Autore: VANNOCCIO BIRINGUCCIO (1480-1539) De la Pirotechnia (1540) EDIZIONE CRITICA CONDOTTA SULLA PRIMA EDIZIONE, CORREDATA DI NOTE, PREFAZIONI, APPENDICI ED INDICI, ED ORNATA DALLE RIPRODUZIONI DEL FRONTESPIZIO E DELLE 82 FIGURE ORIGINALI A CURA pi ALDO MIELI Vol. I di pag. lxxxvi-198 - 1914 — Prezzo L. 3 INDICE. Al Lettore " x 4 ‘ ‘ , ς ς ξΞ . pag. CENNO intorno alla vita di Vannoccio Biringuccio ed alla sua opera. $ 1. Vita di Vannoccio Biringuccio Ἶ È : . pag. $ 2. Le edizioni dell’opera ‘‘ De la Pirgteohnia ci ς dr» $ 3. Della presente edizione . i Ξ 4 ᾿ ἢ ΡΝ PROLOGO intorno allo stato, al principio del sec. XVI, ed allo sviluppo di alcune discipline che concorsero a determinare l’essenza ed il carattere dell’opera di Biringuccio. $ 1. L’alchimia; come essa era stimata ai tempi di Biringuccio pag. $ 2. L’evoluzione dell’alchimia . : 3 ; : ΠΕΣ: $ 3. Le teorie dei metalli nel medio evo - pi» $ 4. Il metodo sperimentale . 4 ξ : 5 è La $ 5. Gli scritti tecnici » 8 6. Biringuccio, Agricola e Palissy » | De la Pirotechnia (facsimile del deri della prima ediz.) » TAVOLA i i a LiBro PRIMO — De ue le minere in ΠΡΟ ΜΝ 4 ΐ ἌΡ ΤΣ, Lisro SECONDO — De mezzi minerali . i » XXI XXVII XL XLVI LXI LXXV LXXVIII 1 PE Γι = Mil | Li SZ NS: Fo fr A A ; È O - "ἊΣ = È DE & : A D ΤΕΞΗΝΈΑς: > LIBRI, ΧΟΡΟΥΕ AMPIAMEN τε firratta non folo di ogni forte & di, Sg uerfica di Miniere, ma anchora quan ΠΕΣ) τὸ fi ricerca intornoa la prattica di \ °°] quelle cofe di quel che ἢ appartiene | al’arce de la fufione cuer gitro de me D rallicome d'ogni alerà cola (imile a ES quelta, Compolti per il. S.Vanoce cio Biringuccio Sennefe. - ἐν ὮΙ 3 Con Priuilegio Apoftolico & dela | i dI. Celarea Maefta & del Illuftrifs.Sena ῳ 5 τ - AZZ to Veneto, li Le lra (Facsimile del frontespizio della prima edizione). n E il primo volume della Serie Scientifica, diretta da ALDO MIELI, della Collezione. ‘“ Classici delle Scienze e della Filosofia È Classici delle Scienze e della Filosofia DO DDL? 2 COLLEZIONE ITALIANA ‘diretta da ALDO MIELI ed ERMINIO TROILO DIRI 2 Analoga, ma per molti aspetti più ampia di quella tede- ‘sca dell’OSTWALD, la Collezione italiana « Classici delle Scienze e della Filosofia » edita dalla S.T.E.B., e diretta da ALDO MIELI ed ERMINIO TROILO, con la collaborazione dotta ed autorevole di insigni cultori e valenti « specialisti » delle varie branche, è il primo e più serio strumento per una esatta va- lutazione del complesso delle scienze, quali esse si sono pre- sentate nelle diverse epoche, autori e nazionalità. Del pode- roso svolgimento del pensiero scientifico e filosofico traverso i secoli, essa offre il quadro più esatto, ponendo in modo diretto innanzi allo studioso le opere e gli autori, anche e specialmente in ciò che di essi è stato finora meno conosciuto o non adeguatamente o per nulla valutato, ma che appunto perciò ha una capitale e decisiva importanza per una inve- stigazione non superficiale, per una penetrazione seria, rigo-' rosa e profonda dei molteplici gradi della ricerca scientifica e del sapere. Ciascuna opera e ciascun Autore, poi, sono scru- polosamente curati da uno studioso di vaglia, che ne lumeggia la importanza e ne assegna il posto nella storia del pensiero, con ampie note esplicative e un forte studio introduttivo. Collezione umanistica, dunque, e aristocratica nel senso più puro e degno, se la più alta aristocrazia — ciò che è esattissimo — è quella costituita dalla passione intensa dello studio severo. E tutti gli studiosi migliori dell’Italia e dell’Estero hanno accolto nel modo più lusinghiero questa Collezione; la quale unisce, inoltre, in modo davvero sorprendente, alla sug- gestiva eleganza della veste e correttezza tipografica, un prezzo eccezionalmente modico, alla portata di tutti. Si sono pubblicati della Serie Scientifica, diretta da A. MIELI: VANNOCCIO BIRINGUCCIO — De la Pirotechnia (1540), voli — con fac-simile e illustrazioni — a cura e con introduzione di ALDO MIELI. LAZZARO SPALLANZANI — Saggio sul sistema della genera- zione (1777) — con ritratto ed incisioni — a cura e con prefazione di GINO DE’ ROSSI. i G. B. MORGAGNI — Carteggio inedito con Giovanni Bianchi (Jano Planco) — con due ritratti e fac-simili — con in- troduzione e note di GUGLIELMO BILANCIONI, e un di- scorso di A. BIGNAMI. della Serie Filosofica, diretta da E. TROILO: DOMENICO MAZZONI — L’Educazione filosofica ed altri scritti inediti — a cura e con prefazione di MICHELE LOSACCO. MONTANO ACADEMICO COSENTINO (Sertorio Quattromani) — La Filosofia di Berardino Telesio — con ritratto e fac- simile — a cura e con introduzione di ERMINIO TROILO. DESCARTES R. — / Principii della Filosofia — con ritratto e incisioni — traduzione, introduzione e note di ADRIANO TILGHER. PROTAGORA (vol. I) — Prolegomeni: Vita, opere, stile e dot- trina — a cura di EMILIO BODRERO. PROTAGORA (vol. Il) — Il « Protagora » e il « Teefeto» di Platone, con tutti i testi su Protagora degli antichi autori — tradotti da EMILIO BODRERO. La S.T.E.B. manda gratis, dietro semplice richiesta, Hi Programma e Prospetto completo della nuovissima Collezione, contenente anche i bellissimi giudizi che ne hanno dato le principali riviste e giornali italiani ed. esteri. Gli eleganti volumi dei « Classici delle Scienze e della Fi- - losofia », con copertina antiqua, disegnata a colori, sono messi in vendita al prezzo di I. <> ciascuno. Commissioni e vaglia alla S. T. E. B. - Bari