ìprcsentet) to

Ztbe Xibrari?

of tbc

'mnivereiti? of Toronto

Pn.

t\^

A

\

1

U I

V

LETTERATURE MODERNE

Studi diretti da A-RTUTRO F" ARINEl^I^I

Volume II.

Digitized by the Internet Archive

in 2011 with funding from

University of Toronto

http://www.archive.org/details/lavitaunsogno02fari

5

ARTURO FARINELLI

LA VITA È UN SOGNO

Parte Seconda

I.

La vita e il mondo nel pensiero di Calderon.

II. il dramma.

\\

TORINO FRATELLI BOCCA, EDITORI

MILANO - ROMA I916

Proprietà Letteraria

Torino Tipografia Vincenzo Bona (12811).

A' MIEI CARI AMICI

FRANCISCO RODRIGUEZ MARIN

ANTONIO RUBIÓ Y LLUCH

JOSÉ A. DE TRIAS

■^K

LA VITA E IL MONDO

NEL

PENSIERO DI CALDERON

Cultura e dottrina. Fissità del pensiero calderoniano.

Pensoso e raccolto in se attraversa il cammino della vita il poeta della « Vita è un sogno ». Quella serietà, che era a tratti nel Milton e nel Vondel, era in lui costante, invincibile; appariva nei lineamenti austeri del viso, nella fronte solcata dal pensiero e dall'interno tra- vaglio. « Te he visto sin alegria; | profunda melancolia| en tu sembiante se ve » il poeta rileva alquanto del suo Cipriano, che il demonio vorrebbe distrarre da tanta gravità, e avviare per la china del godimento e del piacere. Nessun segno di leggerezza mai; tutto si sommette all'im- perativo del dovere; l'arte stessa appena allieta; la co- scienza l'impone come obbligo, non come trastullo o pas- satempo. Debbono domarsi gl'istinti ; deve vigilarsi ognora il sentimento. L'espansione del cuore è contenuta. « Todo ha de ser para ti | austeridad y rigor? » dice « Her- mosura » alla tiranna « Discr^ción » nelF « auto » « El gran teatro del mundo » « No ha de haver plazer un dia? » E sospira e geme il povero cuore, coi ripetuti « para qué? », « para qué ? » Perchè Iddio ha creato così bello questo mondo? E tante meraviglie ci mise, coi fiori, e l'erbe, e monti, e valli, e sole, e cielo? Si chiude-

A. pARIKEtLI, La vita è un sogno. II. I

La vita e un sogno

ranno gli occhi ad ogni incanto ? Davvero sembra ingra- titudine « no gozar | las maravillas de Dios » .

Ma Dio ci ha provveduti di discernimento e di ra- gione per toglierci al gaudio folle che perturba e macchia Tanima, per frenare ogni agire inconsiderato, e uccidere in noi l'ingenuità, l'immediatezza, la candida ignoranza, l'incoscienza del fanciullo. Si nasce, si aprono gli occhi alla luce appena, e già stimola e cuoce il desiderio di sapere che mai significa la vita, il passaggio dal non essere all'essere. La coscienza inizia i soliloqui tormen- tosi ; anela alla luce, al riconoscimento ; e si tortura : « No mas que no saber | que soy, que sere y que fui ». E, come neir« auto » « La vida es sueiio » (I), l'in- gegno umano nell' « auto » « A Dios por razon de estado » chiede a se medesimo angoscioso : « que soy, y que es y que vale una vida? » D'un tratto vorrebbesi dischiudere la porta che rinserra i maggiori misteri; e si esigon mi- racoli dalla logica, dalla dialettica, dalla sapienza, che discorrono ed operano instancabili nelle rappresentazioni sacre e simboliche calderoniane.

Liberatrice dell'uomo dalla colpa e dal peccato è la scienza. Chi concede la scienza, dice il poeta nel dramma « La estatua de Prometeo », voce alla terra e luce al- j'anima. E la smania di sapere che nobilita e solleva l'uomo, e lo rende degno della grazia divina : « Este anhelo de saber, | ... es el que al hombre le ilustra, | mas que otro alguno ». Naturale quindi nel poeta l'impegno di far primeggiare su tutto la ragione onnipossente, che umilia la fantasia, tronca ogni volo ardito, sopprime ogni impeto. La creazione fulminea appare vinta dalla foga e dalla voluttà del ragionare, del ponderare e del discutere. Bisogna, ancora in fresca età, provvedersi, e in abbondanza,

Cultura e dottrina. Fissità del perìsiero calderoniano

di lettere divine e di lettere umane, squadernare i libri « verdi » e gli « azzurri », « investigando ingenioso | aquella causa primera | de todas las otras causas », e tentare con essi di vedere un po' addentro le secrete cose di questo universo che ci circonda (2). Col suo Salomone del dramma « La Sibila del Oriente », il poeta invoca da Dio « ciencias | con que me pueda regir »; e celebra il poter magico della speculazione. Eppure, con tanto af- fannarsi per acquistar dottrina, e competere coi sommi, e prodigar sentenze nelle opere, egli, già sulla china degli anni, i capelli già imbianchiti, dava ancora spettacolo d'ignoranza, per certo suo sorridere delle regole della drammatica, ad un francese venuto ad inchinarlo come « le plus grand Poète et le plus bel esprit » che vantava allora la Spagna: « à sa conversation je vis bien qu'il ne sgavoit pas grand' chose, quoy qu' il soit déjà tout blanc » (3).

Il poeta, che un « romance », non certo di fattura cal- deroniana Carta a una dama »), raffigura gravida ognora di pensiero la fronte, « sin llegar al parto nunca », voleva ricacciato entro il mondo della sua scienza tutto il mondo della sua fantasia; e, a viva forza, intiepidiva la bella e ricca immaginazione coi distilli della riflessione. Si cele- brarono per secoli le sublimi esaltazioni, gli arditissimi voli, gli slanci eroici e sovrumani; si parlò di foga, di esuberanza orientale; in realtà, tutti gli entusiasmi, i furori e i fervori cedono al gelo e al piombo della ragione. Veramente, Calderon ci appare come il poeta del più gran senno, come già riconosceva Goethe. Le sfre- natezze inconsulte non si annunciano che nella dizione poetica, capricciosa e viziata anche in omaggio alle esi- genze del tempo. In tutta l'opera è palese la meditazione

La cita è un sogno

accorta, la scelta, il calcolo, la misura. La virtuosità dia- lettica è grande e veramente meravigliosissima, assai supe- riore a quella che osserviamo nel Corneille. Ne so quale poeta e creatore di drammi lo eguagli nella disposizione al definire, al dimostrare, al sillogizzare. La genialità sta appunto nel serbare la concretezza ed evidenza dell'arte laddove trionfano i concetti astratti, nelle abili e continue personificazioni ch'egli tenta entro il regno dell'incorporeo, nell'estrema pieghevolezza e arrendevolezza al pensiero che l'invade, e tutto lo domina, senza frangere ed atterrare le figure ed i fantasmi. Che ci stanchi, tuttavia, e ci assideri la gran virtù del ragionamento, e ci sorprenda questo muoversi ostinato del poeta entro le lande inaridite e squallide, battute dalla ragione soggiogatrice, sempre arbitra dei de- stini umani, ben si comprende.

Non si tratta di costrurre con forze gagliarde e titaniche un mondo nuovo, alla luce di un sol nuovo, che balena nella visione interiore; ma occorre serbare intatto, inalterato il mondo antico che gli avi rispettarono ed amarono; puntellarlo qua e là, dove ha bisogno di sostegno. Ogni offesa alle norme, alle leggi e prescrizioni, che diedero ordine e assetto a questo mondo, appar fatale. La fede è cristallizzata nei dommi, verità invulnerabili, inconcusse. La missione del poeta sarà di spiegare e chiarire queste verità solenni e renderle afferrabili ai sensi nelle rappresentazioni sceniche, in op- portuni colloqui e soliloqui. Necessariamente dovrà chie- dere scienza e soccorso ai teologi e ai giuristi, e avere sempre innanzi, cogli editti sacri, le sacre scritture e i canoni infrangibili della Chiesa, un codice dell'onore e del costume, una legislazione compatta e forte, che porrà freno ad ogni fremito del cuore e terrà le briglie all'in- domata fantasia. E tutti i personaggi, che agiscono su

Cultura e dottrina. Fissità del perìsiero calderoniano 5

questo gran teatro del mondo, s'armano di logica, si prov- vedono di sottili argomentazioni scolastiche, si eserci- tano alla disputa, gettano su ogni fiamma del senti- mento la fredda doccia del discorso accorto e sensato. Anche gli uomini delle sfere più basse ragionano da maestri, con dialettica consumata; distillano concetti; e stringono il discorso con un: « pués », « luego », « pero », « claro està », « eso yo lo explicaré ». Il disordinato ap- petito del ragionamento è in tutti. Ma nella Spagna, ai tempi di Calderon, non appariva infermità mentale, e signi- ficava al contrario robustezza e salute. Il povero Clarin del dramma « La vida es sueno » è ferito a morte ; e, quando esala lo spirito, raccoglie le forze e infilza le sue sentenze morali; ragiona sull'ultima sciagura toccatagli: « Chi cerca di evitar la morte si offre primo ai suoi colpi... In mezzo alle armi e al fuoco vi stringono meno pericoli che tia le montagne meglio difese. Poiché non vi è cammino che valga a proteggerci contro la forza del destino e l'incle- menza del fato ».

Pensate a un Escobar, alle valenti disquisizioni giu- ridiche di quel raffinato teologo; e siete mossi ad escla- mare con la Luna dell' « auto » « EI verdadero Dios Pan » : « Los argumentos j dexad para las escuelas ». La psicologia è vana; penetrare nei secreti dell'anima, errare tra oscuri labirinti è un perditempo ; quel che importa è saper leggere e a fondo nei decreti di Dio e di natura, interpretare bene i testi sacri e inviolabili, piegare il cervello alla ginnastica del pensiero. Si scio- glieranno così i misteri, e si avrà pace nel cuore. Abbon- dano nel teatro calderoniano i Faust in embrione, benché assolutamente incapaci di sviluppo e di vere e profonde torture allo spirito. Il dubbio si annuncia appena, e già

La vita e un sogno

piove dall'alto la grazia illuminatrice. Si risolvono gli enimmi e gl'indovinelli al primo operare della virtù spe- culativa. I dotti, curvi sulle carte sibilline, le epistole e sentenze dei profeti e degli apostoli: Eugenia El Josef de las mujeres »), Cipriano El màgico prodi- gioso »), Crisanto Los dos amantes del cielo »), il gran principe di Fez vedono per poco, nell'ansia del decifrare e del comprendere, offuscato il loro intendi- mento; e, quando assedia il demonio, il più ribaldo e raffinato dei logici, sillogizzatore espertissimo, munito di tutti i cavilli e raggiri, e d'arroganza grande ricor- diamo il tentatore di Cipriano « que a la catedra de prima | me opuse y pensé llevarla », a meraviglia si ribattono i colpi audaci, e trovasi incrollabile il sostegno nell'unica fede che conduce, fuori di ogni tenebra, a Dio. Alla glorificazione di questa fede è rivolta la parte più cospicua dell'opera calderoniana, poco comprensibile oggidì, nel nostro ambiente di cultura e di vita. E, finche ha respiro, il poeta prodiga gli « autos », personifica sulle scene i vizi e le virtù, pone in lotta ed in contrasto gli spiriti del bene e del male, dialoghizza imperterrito, con una casistica degna dei teologi più accreditati e più te- muti. Non lo spaventano difficoltà; ai concetti più aridi ed astrusi egli si aggrappa; tenta vivificare col suo soffio anche le cose più morte e rimorte. E il pubblico lo seguiva, cullato dal ritmo dolce e insinuante, capiva, godeva, si appassionava a quelle discussioni, a quella dialettica sui secreti divini ed i misteri eucaristici, che nessuno, amante di spettacoli e di scene, nei nostri aurei tempi, saprebbe tollerare (4).

Cultura e dottrina. Fissità del pensiero calderoniano

* * *

Vaga il poeta sulla sua terra, ma, direste, con lo sguardo sempre rivolto al cielo. L*al di lo soggioga, insoddisfatto come la sua Sibilla dell'Oriente : « tu que el concepto obscuro | a decifrar te atreves » . Quaggiù appena si annunciano i destini umani ; li risolviamo, trasmigrando, morendo a noi medesimi. Guai se ci obliamo nel momento fuggevole. Una voce grida in noi instancabile : « acudamos a lo eterno ». Calderon si sol- leva istintivamente dal particolare all'universale ; un pal- pito di vita lo conduce alla vita intera; l'uomo è per lui l'umanità; il tipo sostituisce il carattere, l'individuo. In quella tendenza spiccatissima a non riconoscere che i valori assoluti, non legati al tempo e allo spazio, il dramma umano appare come trasfigurato, senza il tremito della nostra particolar vita, convulsa e instabile; quasi ci ritroviamo in altra sfera, non più in quella che ci ingloba, e ci avvince alle passioni furenti. Il simbolico diviene natura. Si definisce l'indefinibile; si esprime l'inesprimi- bile. L'allegoria spadroneggia per necessità. E ripensiamo ai romantici che sentenziavano nell' « Athenaeum » (III; 1 ; 1 07) : « Le cose più alte, appunto perchè inesprimi- bili, non si posson dire che per allegoria ».

In questo poeta, creatore e amministratore di spettacoli, orditore di intrighi drammatici per le delizie di una corte e del volgo, tutto deve metter capo ad una pensata serietà e compostezza dell'anima. Giammai potrebbe am- mettere un lasciar fare, un lasciar vivere, il molle e pla- cido abbandono al destino che si annoda, fuor di ogni stimolo e rigoroso procedimento. Anche il riso ha non

8 La vita e un sogno

SO che di forzato e di imposto, ed è talora indizio di tristezza più che la lagrima. Ogni vena di natura si com- prime. II comico nei drammi calderoniani è un contrap- posto voluto al serio, quando non ne è la risoluta parodia.

I pensieri dominanti sempre debbono torreggiare ; sempre sono presenti allo spirito che opera e plasma, per dovere, non per capriccio. Tutto è fìsso, quindi immutabile, de- terminato per eterno consiglio. Ci affligge la rigidità e inflessibilità dell'idea, per elevata e grandiosa che appaia. E noi pur preme e punge un desiderio di evolverci ad ogni corrente di vita ; aneliamo alle sorprese, ai nuovi accorgimenti, passando di attività in attività. Come con- cepire l'infinito, se tutto si crea dall'inizio come finito? Non è fiaccata così la nostra energia del volere, con- sunta la virtù dell'aspirare? Scopo della vita non è la vita medesima, che perpetuamente si rinnova nel fluire dei tempi? Nessuna traccia in Calderon della mobilità ed elasticità prodigiosa dello spirito, del trasformarsi ed adat- tarsi progressivo, ad ogni seguito di eventi, particolare a Goethe, che chiamava le opere proprie « Lebensspuren », e considerava il suo tragitto terreno come una educazione incessante, la sua « Bildung ». Come è negato ogni vero svolgimento in questa fissità dei decreti divini ingiunti agli uomini, è similmente escluso ogni tacito maturare e assurgere dell'anima, il vivere se stesso, temprandosi al dolore, fortificandosi ad ogni esperienza. A tutto ha già provveduto il buon Dio nel suo sublime assorbimento. Che t'arroghi, povero mortale, di conquistare, di mutare, o trasfondere? I problemi ti si affacciano; ma la soluzione non sta nel tuo potere; riposa in grembo del sovranna- turale; e si determina dal consiglio supremo, inaccessibile.

Lungi dal vedere unità che non si frange nelle mani-

Cultura e dottrina. Fissità del pensiero calderoniano 9

festazioni svariatissime e mutevolissime della vita, l'eterno calato nel momento fuggevole, Calderon considera la vita umana come passaggio da un'esistenza effimera sulla terra d'esilio all'esistenza reale nell'oltretomba. Quaggiù un'ombra appena dell'essere; prosciolti dalla fascia corporea, tutto l'essere nella sua sostanza verace. Allude infinite volte il poeta all'instabilità della vita, al rapidissimo transitare dall'una all'altra sponda, al trasformarsi di tutto « de todo mudanza veo » (5) ; ma giammai il suo pensiero si posa sul necessario divenire dell'uomo, e sul rifarsi e riplasmarsi continuo nel succedersi velocissimo dei tempi e nella fuga delle apparizioni. Nella fantasmagoria del- l'universo l'uomo non significa nulla; non è più del po- vero fiore, che passa i suoi giorni rapidi nella sua vana pompa di smeraldo; solo gli sono concessi brevi tratti di respiro, che puoi chiamare i fiori fuggenti della sua anima La sembra del Sefior »).

Certamente deve sorvegliarsi, fissare su di se gli occhi ognora; ma non per svilupparsi via via, e rifare gradata- mente, attento ad ogni palpito di vita, la sua sostanza umana, bensì per non deviare dal cammino prestabilito, con leggi e norme fisse, per non dare in capricci e biz- zarrie, che gli macchierebbero l'anima, e offenderebbero l'eterno ordine delle cose imposto da Dio. A questa concezione della vita e del mondo risponde, per neces- sità, il dramma calderoniano, dramma del divenuto e non del divenire, che non apre breccia nel futuro, ma tutto riposa sul passato, e, avvinto a rigidi precetti, hmitatis- simo potere concede all'uomo, al libero sviluppo delle proprie energie (6).

Prima di concentrare il pensiero in questa stabilità di leggi che vigilano sul corso fugacissimo della vita umana,

La vita e un sogno

e concepire inalterabile l'idea sua dell'equilibrio e dell'ar- monia dell'universo, come organismo vivente di un soffio, bene il poeta avrà avuto, come altri sommi, come Lope, Cervantes, Schiller, Shelley, il suo periodo di febbrile agitazione e di interiore travaglio e tormento, passioni focose, il fermento, l'impeto, lo spasimo, le divine ed infernali ebbrezze, le smanie di conquistarsi un mondo, particolari alla gioventù. A burrasche sedate, scende dal cielo la calma, opera il senno e la serena contemplazione. Un'accensione tumultuosa e rapida dei fantasmi poetici, nel bollore del sentimento, avrà preceduto il meditare e sentenziare accorto col consiglio di tutte le scienze teo- logali e le esortazioni saviissime della Chiesa che non falla. La terra avrà pur dato i suoi allettamenti ; non si commiserano e imprecano le vanità mondane, senza prima aver goduto o assaporato dei piaceri che offrono. Dissa- pori, disinganni crudi, acerbi dissidi, ambasce e torture d'amore non saranno mancate al poeta, che succede a Lope nell'impero del teatro della sua nazione, e imma- gina gl'infiniti inganni e le illusioni della vita con cui anima centinaia di drammi (7).

In verità, nulla sappiamo dello « Sturm und Drang » giovanile di Calderon ; le notizie pervenuteci sulle avven- ture e le esperienze dei primi anni, i viaggi, gli amori, le pugne combattute in Fiandra e altrove, « comò muy honrado, valiente ca vallerò », sono monche e mal sicure. Non ci figureremo un improvviso trapasso dalla fanciul- lezza all'età del retto giudizio e dei seri proponimenti, senza un rumoreggiar dei flutti della vita, e le violenze degli stimoli all'azione, una gioventù soppressa, per l'in- clinazione naturale al grave e all'austero, e la spensieratezza prontamente domata dalla riflessione e dal gran buon senso.

Cultura e dottrina. Fissità del pensiero calderoniano 1 1

Ma non possiamo errar molto, supponendo il rifugio cer- cato dal poeta cinquantenne tra* devoti e salmeggianti della Chiesa, non per desiderio di appartarsi dai turbini, dalle procelle e sregolatezze prodotte dai supposti « arden- tisimos impulsos militares », ma per vocazione di natura, tardi seguita, senz'ombra di rimpianto o di sacrificio. Il sacerdote viveva in lui da gran tempo, prima che egli ne vestisse l'abito e si acconciasse agli uffizi divini.

Come nel suo pensiero si estingueva l'individualità spic- cata, indipendente e forte, poco teneva alla propria perso- nalità ; e, se lo allettava la gloria, se gli piaceva il successo, e si deliziava all'arte, non per questo amava e accarezzava con voluttà il suo io; stentava anzi a riconoscerlo, e non l'affermava mai con quello schietto compiacimento che rivela Lope, per peccatore ch'ei fosse e si sentisse, non rassegnato ad umiliarsi a Dio, con eccesso di devozione, sino a ridursi al nulla. Con candore e malizia ad un tempo Lope ritraeva se stesso nella « Dorotea » e in altre opere; narrava le sue avventure; offriva i primi spunti per una storia dell'anima e del carattere. Calderon non interroga se stesso ; non scruta i suoi secreti ; e punto si preoccupa dei documenti interiori della sua anima. Che potevano importare alla verità dell'universo a cui aspirava? Non ricordi e memorie, non diari, appena qualche mi- nimo, insignificantissimo accenno al poetare suo nei drammi, qualche rara epistola perduta tra i documenti di devo- zione, nessun grido del cuore. Le sue confessioni sono quelle di un peccatore genuflesso dinanzi al tribunale del- l'Eterno, lagrime che attestano la contrizione e il penti- mento, un « Miserere » prolungato, che s'intona tra preci e salmi, a sgravio e ristoro della coscienza (8).

12 La vita è un sogno

* * *

Le scuole, di nessuna efficacia per molti poeti ed artisti, determinavano in Calderon la tendenza al ragionare e al discutere, e concedevano un primo fondo di scienza dom- matica, che andò poi man mano arricchendosi nella soli- tudine della meditazione. Avviato su di una china, con un particolare indirizzo di pensiero, difficile mutare strada, votarsi a nuovi ideali. Ai precettori e maestri dei primi anni il poeta guarda con affetto e riconoscenza. Da loro deriva buona parte del suo corredo filosofico. Esalta più volte nei drammi i padri gesuiti, che insegnavano a Sa- lamanca, facendo concorrenza all'università (9); nell'uni- versità stessa prosegue gli studi di filosofia, di teologia e di diritto; domina il caos di scienze sacre e profane par- ticolare ai dottori magni della Babilonia salmantina. Due matricole che lo registrano studente alla « Facultad de Cànones », dal 1 61 6 al 1 61 9, si rinvennero ai nostri (10). « Felicisimas edades » dovevano essere quelle, in cui si stringevano le prime amicizie, baldanzosamente si entrava in arringo coi maestri, si stupiva con la facilità e freschezza del genio creatore e assimiìatore, battagliavasi con le tesi e controtesi, e si intrecciavano e componevano <' comedias », per svago, con la foga dell'anima inesperta, ma audace!

Il teologo, casista e giurista dei tardi anni non smen- tisce in nulla la scienza dialettica sorbita negli anni di noviziato a Salamanca. Era scienza prevalentemente to- mistica e agostiniana, quella medesima a cui professava gran devozione il dottore e poeta Mira de Amescua, uno dei favoriti di Calderon. La tradizione scolastica era ben salda, resisteva ai colpi degli avversari, e soggiogava gli

Cultura e dottrina. Fissità del pensiero calderoniano 13

spiriti anche nel '600 avanzato. Legioni di teologi offrono commenti della « Summa » di San Tommaso. In 6 tomi dilaga le sue elucubrazioni tomistiche il dottor Francisco de Araujo, successore del famoso Fedro de Herrera, quando Calderon è alle prime dispute studentesche a Sa- lamanca. Otto volumi ne pubblicherà Vicente Ferre, an- cora nel 1 669. E una ginnastica della mente che si riteneva salutare, e si raccomandava con calore e sacro zelo dai dottori sommi: Melchor Cano, Domingo de Soto, Fedro Sotomayor, Domingo Banez, e particolarmente dal maggior lumineu'e della divina scienza di quei tempi, Francisco de Vitoria, grazie al quale la teologia riesce ad abbracciare lo scibile intero, si distende maestosa e serena per tutti i campi, e assorbe in se, con singolare sollecitudine e amore, le scienze giuridiche.

A Salamanca appunto, « donde todos los buenos estudios florecian », compivasi il più alacre lavorio dei tomisti. E dalla scienza dei chiosatori di San Tommaso scendeva pur copiosa la dottrina neoplatonica agostiniana, famigliarissima e graditissima al poeta della « Vita è un sogno ». Innumerevoli scrittori agostiniani sono all'opera per diffondere il vangelo del loro venerato dottore (11). La « Ciudad de Dios », i « Soliloquios », le « Con- fesiones », altre versioni castigliane, si divulgano in stampe del primo '600, sicuramente lette da Calderon (12). Della cerchia agostiniana erano gli amici più intimi del poeta; e la « congregación » stessa « de los Presbiteros natu- rales » di Madrid, a cui si ascrisse, era satura delle dot- trine del Santo (13).

Una cultura tutta poggiata sulle scienze sacre, ancella della fede e del misticismo, favorisce necessariamente la flessibilità e variazione perenne di pochi pensieri fonda-

14 La vita è un sogno

mentali, più che non dia sviluppo e incremento a idee nuove e originali. Del mondo antico qualche sprazzo di luce veniva a Calderon attraverso i commenti e le chiose degli scolastici. Qualche riflesso delle opere latine di Ovidio, Virgilio, Plinio, Seneca, nei drammi e negli « autos » ; in generale era comun voga l'attingere dai grandi amalgami e zibaldoni di scienza, dalle enciclopedie, dai tesori e compendi. Scrittori minimi, in farraginose compilazioni, descrivevano a fondo l'Olimpo de' Pagani; informavano ampiamente e confusamente sulla Mitologia degli antichi. Ma i Santi Padri, San Basilio e San Crisostomo in par- ticolar modo, i Profeti e Dottori, i Vangeli del vecchio e del nuovo Testamento, alcuni scrittori della bassa lati- nità, come Tertulliano, Teodosio, erano sempre tenuti in gran pregio dal poeta, e lo movevano alle meditazioni più assorte e profonde.

Ne stupisce certo interesse per le scienze occulte, la magia e la negromanzia, tollerate ancora dalla Chiesa, perchè a volte, col loro ausilio, apparissero più gravidi di mistero gli alti intendimenti di Dio. Della scienza degli astrologhi Calderon era più che intinto; gH era famigliare la Magia naturale del Porta, che rimembra neir « Astrologo fìngido » Llegué a Nàpoles, a donde | por mi dicha conoci a Porta »), e che pur Lope de Vega leggeva (14). Non per questo offuscava con tenebre e caligini il pensiero, ch'ebbe sempre lim- pido e trasparente, e si abbandonava all'enimmatico e al misterioso. Anche quando affronta i problemi più astrusi, e sottilizza nel discorso, egli è esatto, chiaro e perspicace; ama le distinzioni nette e precise; ostenta una termino- logia scientifica, estranea ad altri poeti. Muovesi tra pal- lide larve ed astrazioni, sempre guidato dalla sua visione

Cultura e dottrina. Fissità del pensiero calderoniano 1 5

plastica e concreta, con quella facoltà miracolosa, solo concessa da natura ai sommi poeti, di dare all'incorporeo corpo e figura, ad ogni forma evanescente contorni mar- cati e sicuri.

*

Poeta riflessivo, amantissimo del ragionamento, ma in- fine poeta, e solo d'occasione filosofo, e, più che filosofo, teologo. Accoglie in copia idee di Platone e di Aristo- tele; ma è dubbio assai ch'egli risalisse direttamente ai grandi maestri e duci del pensiero, e piacesse a lui come a Carlos, figlio del duca di Mantova, l'eroe della « co- media » sua « De una causa dos efectos », avvezzo a cercar nei libri « medicina » alla « gran melancolia », rimanersi « todo el dia | encerrado con Platon | y Ari- stótiles, que son [ luz de la filosofia » (15). S'acquetava ai commenti degli scolastici, e vedeva il pensiero del gran maestro riflesso nel pensiero del gran discepolo, come vo- levano gli aristotelici della sua Spagna, fedeli ancora alla tradizione antica degli interpreti ebrei e mussulmani. Traeva da essi quella psicologia dei sensi, che ripetute volte espone e chiarisce negli « autos », l'immagine del corpo umano come città o fortezza, in cui l'anima risiede. Alcune velleità di fede panteistica, che sorprendono nel poeta, così saldamente stretto al rigido dommatismo cat- tolico, erano suggerite dai neoplatonici, coi quali amavano talora identificarsi i teologi più risoluti. Dall'esemplare della sua idea deve aver cavato Iddio l'universo. L'idea è l'unica causa dell'apparizione. Sono gli occhi « ven- tanas del pecho », o « puertas del alma », corte del alma » è la bocca « La hija del aire »). Di esistente

16 La vita è un sogno

unicamente sono le apparenze. Quello che appare è l'eterno. E Feterno è sempre se stesso.

Sant'Agostino determina la dottrina delle potenze del- l'anima, e insegna come la vita dello spirito si sommette alla memoria, all'intelletto e alla volontà. L'« ingegno » umano, come è definito dal poeta, coincide con la « mente » di Sant'Agostino; appare come ragione sopran- naturale : « el ingenio humano busca a Dios en si, en el cielo, en la tierra, en Ics mares, en el fuego, en el viento » («A Dios por razon de estado »). In fondo, San Tom- maso è per Calderon il dottore per eccellenza, il saggio dei saggi. Ed è, in sostanza, tutta scienza tomistica quella a cui attinge per definire l'anima, per indicare le intelli- genze dei cieli, e spiegare la grazia, il libero arbitrio. A quella scienza, il vangelo filosofico più ascoltato e rispet- tato nella Spagna, ancora ai tempi di Calderon (16), risalgono le definizioni e argomentazioni prodigate negli « autos », negli intermezzi, nelle « loas », e introdotte troppe volte nelle « comedias ». « Tomas dijo »; e datevi pace. Non desiderate oltre; l'intera rivelazione è avvenuta (1 7).

Più che rispetto, Calderon ha amore, passione al domma. Il domma suscita i suoi entusiasmi, accende la sua fantasia, apre le porte del suo Eliso, gli suggerisce un'azione drammatica concitata e viva, che giovi alla sua affermazione ed esaltazione. Il domma apre il corso a tutti i rivi della sua sapienza teologica. Non vi è dis- sidio che non plachi il divin verbo della Chiesa. Ed è particolare nel poeta il bisogno immenso, irresistibile, di catechizzare, di inculcare la verità dei Misteri divini, e gridaire le glorie eccelse di Dio. « Falta antes | catequi- zarte, y ponerte | en los Mysterios y avisos | que hacer y guardar debes » El Corderò de Isaias »). Intende la

Cultura e dottrina. Fissità del pensiero calderoniano \7

poesia nel senso di Herder: infiammare i petti di sacro ardore « Flammen schòpfen aus heiligem Feuer » ; sollevare a Dio con inni e cantici. « Hymnos entonas, Ritmos ! compones » La Fàbula de Orfeo »). La mis- sione del poeta, quella più nobile ed elevata, si copre con la sacra missione del teologo. Bisogna esaltare, bi- sogna condurre all'assoluto trionfo la fede divina: « La de Dios a engrandecer venimos ; | suyo sera el honor, suya la gloria » El Principe constante »). Quando la Teologia anima alle discussioni tutte le altre scienze, la sua superiorità intellettuale nel trovare le ragioni più ovvie e calzanti alla celebrazione dei misteri altissimi, subito si palesa; e le scienze debbono umiliarsi di fronte ad essa, debbon venerarla come maestra. Sterili e vani rimarreb- bero tutti gli argomenti dell'accorta « Jurisprudencia », senza il suo consiglio provvidenziale.

Abbondano quindi nel teatro calderoniano gli addot- trinatori alla Barlaamo, che fanno dei loro pupilli i can- didati più perfetti alla beatitudine celeste, e operano prontissime e meravigliosissime conversioni, con la tenacità e ardenza della loro fede e la vigoria del ragionamento. Al giovane Crisanto Los dos amantes del cielo ») scioglie tutti i dubbi il vecchio Carpoforo, maestro cele- berrimo in ogni scienza, dottissimo in teologia; e lo avvia sicuro alla redenzione: « Yo te bautizaré | depués que catequizado | te haya, Crisanto ». Anche i più umili, i più semplici ed ignoranti seggono alla mensa dei teologi. E vi sono pastori e pastorelle che prendono parte attiva alle dispute dei sacri misteri, e aguzzano fenomenalmente l'intelligenza, per intendere quanto è occulto e arcano ai più sapienti. Strabiliante è la dottrina della « Labradora » nella « loa » che precede !'« auto » « La segunda Esposa

A. Farinelli, La vita è un sogno. IL 2

18 La vita è un sogno

y trionfar muriendo ». Donde piovve a lei tanta luce? « Doctor pareceis, Villana », le dice meravigliato il pastore; « pero quando los Doctores | saben mas que las Mugeres ? » .

Più che a raffigurare nella sintesi del dramma le am- basce ed i conflitti del cuore, Iddio destinava il poeta evidentemente ad essere l'araldo della sua Chiesa, a secondare la parola ispirata dei suoi apostoli e profeti, a vestire, con l'incanto dell'arte, la legge divina nuda e scarna. Su nuove tavole il nuovo Mosè incideva le massime sagge che l'Eterno suggeriva. Non ebbe la mano un tremito. Non patì mai la mente un'esitazione, un tentennamento. Le incongruenze, che talora osserviamo, derivano tutte dalla natura stessa delle argomentazioni teologiche, costrette a giovarsi con poco saldo sostegno dei più sottili cavilli della scolastica. E vaneggia chi suppone in Calderon un dissidio tra il pensiero filosofico e quello teologico (18). L'assorbimento operato dalla teologia era completo e de- cisivo per la vita intera. Così non vi potè esser mai lotta e nemmeno un distacco sensibile fra il sacro e il profano. Poiché tutto in Calderon correva, al sacro, con vena spontanea e naturale.

Nemmeno il Dio dei Cristiani usava violenza per attrarre alle sue sfere le divinità del mondo antico, stanche del lungo ozio e dell'oblio imposto loro dalle nuove civiltà. Alla nuova luce s'apre, con vita insolita, l'Olimpo. E i Gentili, con le loro fiabe, e i miti, e le belle menzogne, si tro- vano preannunciare, con embrioni di verità, la verità intera, che è la fede di Cristo (19). Non vissero invano, non invano mossero l'immaginazione dei poeti, e diedero anima e figura alle larve d'amore sospirate dall'umanità che si travaglia e si consuma. Ora, consapevoli della pa-

Cultura e dottrina. Fissità del pensiero calderoniano 19

rentela spirituale con l'unico Iddio, si sommettono a lui devoti, vengono in ausilio alla sua Chiesa, offrono al simbolismo cristiano i simboli loro, i miti, le favole, le leggende.

Ci avvolgevano un tempo le tenebre ; ora usciamo alla luce, e inneggiamo pur noi al trionfo del Redentore. Le età antiche si ricongiungono, serene e placide, nell'uni- versale concordia, alle età moderne. La mitologia pagana serve di scorta ai santissimi Vangeli. Dice della « Gen- tilidad » il Principe delle tenebre nell' « auto » « El divino Orfeo »': « Temendo de las Verdades | lexanas noticias, piensa | que a falsos Dioses , y Ninfas, | atribuya las

inmensas | obras de un Dios solo | Quantas vezes se

veran | los Poetas y Profetas | acordes, donde se rozen| verdades en sombra embueltas? | Y desta misma ma- nera I avrà infìnitos lugares | que por repetidos dexa | mi voz, en que se confronten | Divinas y Humanas letras, | en la consonancia amigas, | y en la Religion opuestas ». Chiedesi il Giudaismo nell' « auto » « El Sacro Parnaso »: « Como puede ser que funden | barbaras Gentilidades | en mi verdad sus mentiras ? ». « Como puede ser », ag- giunge la « Gentilidad », « que anden | juntas mentirà y verdad, | contradictorias distantes, | tanto comò luz y sombra ? ». E risponde la Fede : « Oyendo | los prodigios singulares | de sus mysterios, fìngiste | fabulosas vanida- des. I ..... Bien veis cuanto en sus principios | hebrea y latina frase | convienen, simbolizadas | fàbulas y rea- lidades ».

Direste che con rimpianto nostalgico il poeta aneli alla unificazione del mondo delle fiabe antiche, e voglia, a maggior gloria della Fede trionfante, tutte ancor ripren- derle, per trasformarle « a lo divino ». Procede alle sue

20 La vita è un sogno

metamorfosi per impulso dell'anima, con lo zelo di apo- stolo; e, devotamente, pone a sedere alla mensa eucari- stica una tribù di eroi dell'antichità pagana. Il Parnaso divien « sacro ». Si allegorizza la favola di Orfeo « a està universal Redempción ». Ritroviamo Andromeda, ri- plasmata ormai come figura simbolica della natura umana; e accorre a lei Perseo, non altri che l'amor divino, per toglierla dai lacci che l'avvincono alla colpa. Euridice anch'essa si acconcia al simbolo della natura umana ; e scende a redimerla all'Averno, dove si consuma nella colpa, Orfeo, che è Cristo, s'intende. L'amore mistico è entrato nel cuore del « verdadero Dios Pan » ; e il vero Pan è Gesù. Il Redentore, nella figura di Cupido, re- dime Psiche, che è la peccatrice contrita. Circe deve raf- figurare il demonio tentatore e soggiogatore di Ulisse, che è ancor lui la natura umana esposta agli « Encantos de la Culpa ».

Occorre, oltre alla gagliardia della fede, una fermezza di volontà, capace di affrontare, senza mai flettere, gli ostacoli più gravi, per compiere entro le forme concrete dell'arte queste singolarissime trasformazioni, senza profa- nare l'antico cogli eccessi della sacra unzione cattolica, e senza cadere in puerili e ridicoli travestimenti. Non Lope, che pur volle sbizzarrirsi, scrivendo non si sa ben quante commedie mitologiche, ma Calderon è il vero gran si- gnore e costruttore di tali drammi fastosi e simbolici, ri- volti pur essi alla glorificazione delle verità e dei misteri cristiani (20). Apollo e Dafne, Venere e Adone, Cefalo e Procri rivivono nel mondo rifatto, a immagine dell'unico Dio nei cieli, e vegliano al suo trionfo, strumenti anch'essi della volontà divina. Nulla rimane di profano. Lo spirito di Dio parla per bocca della figlia del sole, la Sibilla

Cultura e dottrina. Fissità del pensiero calderoniano 21

deirOriente, che profetizza l'avvento di Cristo, e annuncia il miracolo della croce («a mi docto desvelo | nada le encubre ni le oculta el cielo »). I popoli miscredenti pas- sano devoti e contriti alla nuova fede ; ne può dolere il sacrificio della religione degli avi, ancor barbara, ma con- tenente in se i germi non fecondati del Cristianesimo. Dal sonno letargico si esce alla vita attiva (21).

* *

Così, tutto invaso dal suo Dio, pienamente persuaso che Tarte dovesse essere una sol cosa con la religione, il poeta procedeva alle sue creazioni. Comprendiamo come Tinchinassero ed amassero i romantici della Ger- mania, che ammettevano, con lo Schleiermacher, nei discorsi famosi, l'unità ha religione ed arte, e fantasticavano di una « kiinstlerische Religion » e di una « religiose Kunst ». Solo la religione, dirà il Novalis Die Christenheit oder Europa »), può destare dal suo sonno l'Europa, e conci- liare i popoli. « Il cristianesimo deve rifarsi vivo e attivo, deve fondare nuovamente una Chiesa visibile, capace di accogliere tutte le anime che hanno sete dell'infinito ». Nel pensiero di Calderon, veramente, la Chiesa riuniva in se tutti i poteri ; fiaccava coH'acciaio della sua fortezza inespugnabile tutti gli assalti che i nemici suoi le move- vano; rispondeva a tutti i bisogni e a tutte le aspirazioni dei credenti. 11 regno di Dio, veramente, aveva in terra la sua magistratura e giurisdizione.

Alla serietà naturale rispondeva la voce solenne e grave dei Profeti e dei Santissimi Padri. Che altro pote- vano essere gli « autos », le rappresentazioni della « my-

22 La vita è un sogno

stica lid » fra i due opposti, il caduco e l'eterno, la ma- teria e lo spirito, che una esaltazione continua, un com- mento perpetuo alle massime e sentenze del vecchio e del nuovo Testamento? « Siempre yo he sido aficionada y me han recogido mas las palahras de los Evangelios que se salieron por aquella sacratisima boca, ansi comò las decia, que libros muy bien concertados », diceva Santa Teresa nel « Camino de perfección ». Non minor devozione aveva il poeta per i « soberanos testos », « los Evangelios Santos », che il dottor Carpoforo Los dos amantes del cielo ») bacia con trasporto, e pone « sobre la frente ». Su quei misteri, la Genesi e l'Apocalisse, il cantico di Salomone, i salmi di Davide, di Geremia, di Isaia, le epistole di San Paolo, raccoglie l'anima, condensa il pensiero. La fronte gli s'illumina ; l'immaginazione è spronata; l'accesa parola è desta. Quante volte le imma- gini bibliche lo assediano, lo percotono! Come Lope, tra- duce interi passi del Cantico dei Cantici ; riproduce il principio del Vangelo di San Giovanni e di San Matteo ; parafrasa i Salmi, le epistole di San Paolo; ripete ge- mendo il « no ay dolor, que a mi dolor iguale » (22). Tutto il pessimismo biblico è passato alla sua Musa, che non si distende in lamenti, in imprecazioni od in- vettive, ma ripete con recise e forti espressioni, e con im- maginoso linguaggio, quanto aspra debba essere la « mi- litia hominis super terram » « Que mucho, pues, que tal vez I digan Sacras Escrituras \ que me peso de aver hecho I al Hombre », esclama il Potere neir« auto » « La vida es sueno ». Neil' « Ano santo de Roma » si ricor- dano d'un fiato: « Job en sus Lamentaciones ; | Geremias

en sus Threnos ; | David en sus Psalmos; | Salomon

en sus Proverbios ». Ma è al libro di Giobbe, letto e

Cultura e dottrina. Fissità del pensiero calderoniano 23

commentato in Ispagna con grande ardore, nel '500 e nel '600, sempre gradito ai maggiori poeti, che Calderon torna con singolare insistenza. Con un « digaio Job » Suenos ay que verdad son »), « comò Job muestra » Los Mysterios de la Misa »), « segun Job, y segun David » El diablo mudo »), ama appoggiarsi alla suprema autorità. Dal libro di Giobbe giungono a lui ine- sauste le immagini di fugacità, le sentenze sulla miseria e la pochezza dell'uomo. « Tambien el dia que nace| dixo Job, que era maldito », mormora il Peccato, nel- r « auto » « La segunda Esposa », « y David lloró, el que fuesse | en Pecado concebido ». Pur forte del suo Giobbe, diceva già Mira de Amescua, neir«auto» « Prue- bas de Cristo », che l'uomo nacque « para el trabajo », destinato ad esser « centro de miserias sumas ». Basilio, nel dramma « La vida es suefio », ha un malinconico ri- cordo al trapasso della sposa Clorilene, che muore dando alla luce il figlio infelice: i cieli allora « se agotaron de prodigios, I antes que a la luz hermosa | le diese el se- pulcro vivo I de un vientre, porque el nager | y el morir son parecidos » (23). La Colpa, neir« auto » « Las Ordenes militares », è inquieta e triste, perchè non bene intende i sacri dettami di Giobbe, il quale, « despuel de aver hecho I a las miserias del hombre | tantos lamentosos versos, | desde que en culpa enjendrado | basta que, en ceniza enbuelto, | espera su mutacion, | carea los dos estremos | del na^er y del morir, | el ser y el no ser, di- ciendo | que la humana vida es | el rato que dura en medio | de cuna y sepulcro, una | milicia llena de en- cuentros, | batallas y ^edi^iones ». E Giobbe, neir«auto» medesimo, tornato in vita, come neir« auto » « La hidalga del valle », scioglie il cantico alle miserie umane, bene-

24 La vita e un sogno

dicendo il nome di Dio, e prodiga le immagini, per si- gnificare la nullità di questa infelicissima schiatta umana:

Que fué flor a la manana Y arista a la tarde fué,

Que es hoja que el viento mueve, Luz que corno sombra pasa, Vaso de terrestre masa, Cusano de vida breve,

Y esa con tantas la^erias, Ansias y calamidades, Desdichas y enfermedades, Que es un todo de miserias,

Y que de muger nacido El hombre repita en mi : Perezca el dia en que fui En pecado concevido

Para una vida prestada, Que es el turbion de un verano, Fior, hoja, sombra, gusano. Aire, humo, polvo y nada (24).

Pure neir« auto » « La semilla y la zizafia » Giobbe deve sentenziare esser l'umana vita « nave, que ligera| al dia sus ornatos desluzia ». Della pazienza di Giobbe armasi il « Principe Constante », per soffrire il lungo e straziante martirio. Ma gli è caro alfine il supplizio; non una voce gli sorge dal cuore ad accusare il mondo triste e la sorte iniqua ; loda Iddio e benedice il giorno : « yo

bendigo el dia o inmenso, o dulce Seiior » ; gli

sembra naturale che « cada hermoso arrebol, | y cada rayo del sol » sia « lengua de fuego », che recherà all'alto gl'inni e i cantici (25).

Cultura e dottrina. Fissità del pensiero calderoniano 25

Vero è che al mondo si arriva con il segno del

peccato e della colpa Job, el dia maldecia | por

el pecado | en que habia sido engendrado »); ma non può esser vita senza lotta e milizia. Per obliare e can- cellare la colpa, bisogna tuffarsi in Lete, e implorare da Dio la redenzione. Ed è il fervore della fede, unica- mente, che placa il fato avverso ed apre le porte del cielo. La milizia s*annuncia ; e subito si risolve nelFasso- luto arrendimento ai voleri di Dio. Nulla è più dissimile dalla vera lotta, che è affermazione e impiego delle energie dell'anima, per togliersi da ogni laccio, e conquistarsi il suo mondo di attività, salendo e salendo, sviluppando sempre l'io interiore, di questa resistenza allo spirito malvagio, annidatosi in noi dalla nascita, che si compie, restando contriti, genuflessi, oranti dinanzi all'altare dell'Altissimo.

Fervevano all'alba ancora delle creazioni calderoniane le polemiche sulla predestinazione e la grazia ; e vi pren- devan parte teologi di tutte le scuole, frati di tutti gli ordini ; si assisteva ad un gran duello di parole fra i dotti dell'università di Coimbra e quelli di Salamanca; si accendevan le discòrdie nei petti, per determinare la con- cordia suprema fra la volontà umana e la giustizia e mi- sericordia divina. Il forte dramma « El Condenado por desconfìado » usciva da queste dispute, passate dal do- minio dei teologi a quello dei poeti. Dai decreti divini, impossibili ad alterare, erano fìssi in terra gli umani de- stini (26). Più che dai buoni istinti, la vittoria sulla colpa dannatrice sembrava risultare dal formalismo più rigido, dalla strettissima pratica ed osservanza religiosa. Ma più della pratica medesima, giovava a volte un pentimento

26 La vita è un sogno

fulmineo. Una luce . improvvisa, che ti colpisce il cuore, dissipa tutte le tenebre di un passato torbido e burra- scoso. D'un tratto la vita più disperata trova appoggio nella speranza più salda. E il simbolo più rozzo della grazia divina un tronco di legno ; due travi incrociate riconosciuto con un tremito dal malfattore, opera il gran ca- povolgimento della natura umana, concede l'eterna salute.

Un istante di sublime concentramento avvicina a Dio ; uccide le furie e i demoni che si agitano in noi. Or perchè ci affanniamo a dettar leggi di morale, e ci imponiamo una disciplina della volontà, che può macerarci, consumarci per lunghi anni ? Calderon si compiace di condurre di fallo in fallo, sino all'orlo del precipizio, le pecorelle smarrite, per poi arrestarle di colpo, e ridarle, mansuetis- sime, all'ovile di Dio. 1 più scellerati e reietti dagli uo- mini, che hanno morta la coscienza, passano talora, per virtù della grazia trasfiguratrice, all'altra sponda della vita, con un sorriso del cielo e il bacio più fervido di Dio. j

Tutta la potenza del naturale può essere soppressa o annientata con un soffio dall'onnipotenza del sovrannatu- rale. Tutto il seme umano si guastò dalla maledetta « ofensa primera », l' « impio feudo » di Adamo. L'inno- cenza della più bella età andò irrevocabilmente smar- rita (27). Tanti prodigi avvengono, senza prodursi mai quello di una nascita fuori della colpa e del perverti- mento d'origine. Dio, redimimi dall'onta fatale, dovrebbe essere il primo grido dell'uomo, venuto alla conoscenza dell'essere suo. Poiché, con le sue forze unicamente, non giunge alla salute dello spirito ; si dibatte qual naufrago tra le onde infide delle passioni ; gli si ottenebra lo sguardo ; il porto d'approdo gli sfugge. Occorre una forza estranea, dominatrice dell'arbitrio umano, una luce che

Cultura e dottrina. Fissità del pensiero calderoniano 27

splenda entro la fitta oscurità. Nella grazia, discesa dal cielo, trovi quella forza, lo splendore di quella luce che vivifica. Con la grazia spegni in te l'inclinazione di na- tura al male e consegui il bene (28). Chi sdegna la grazia e non implora il suo intervento corre alla dannazione inesorabile. Di questa sua ancella, soccorritrice e reden- trice vigile dell'uomo, macchiato anzi la nascita (29), ben doveva compiacersi Iddio ; e doveva trovare in lei conforto d'aver fatto così infelice e imperfetta la sua creatura.

Al divino approda tutto l'umano. Nulla saresti, nulla opereresti, senza il volere di Dio. Puoi figurarti una na- tura forte, in lotta o in opposizione contro il suo Fattore supremo, capace sia pure d'iniziare un'opera che Dio avrebbe condotto a compimento ? E non è sentenza ancor fallace quella sfuggita alla Pandora goethiana, al suo staccarsi dalla terra : « Cross beginnet ihr Titanen ; aber leiten | zu dem ew^ig Guten, ew^ig Schònen, | ist der Gòtter Werk. Die lasst gewàhren » ? La gloria divina frange e riduce al nulla tutte le vanaglorie umane. Tutti i conflitti nel cuore dell'uomo si debbono sciogliere nel- l'ascesi.

Sembra doversi così instaurare in terra il regno della pace ; eppure assistiamo, in realtà, al dominio dell'estrema violenza. Non di grado in grado, ma con un urto repen- tino avviene il sollevamento dello spirito (30). E sempre fuori di ogni forza attiva per proprio impulso si rivela il trascendentale e il divino. Deve sorprenderci l'agire di forze impensate e occulte, non sorte e non mosse dall'in- teriore, quando ancora non è calma in noi stessi, e non è nemmeno supposta l'armonia, non si è ritrovato nella co- scienza il centro dell'azione e del pensiero. Il trionfo eterno di Dio è veramente il trionfo eterno del prodigio.

28 La vita è un sogno

« No hay instante sin milagro » questo titolo d'un « auto » conviene alla vita dell'uomo intera. Mediante un miracolo Cipriano è tolto agli artigli del demonio. Col miracolo gli eroi del dramma umano escono di colpa, e acquetano, raccolgono l'anima in grembo a Dio. Non si prepara e nemmeno si medita la conversione; l'uomo la subisce istantanea e intera, con una spinta arcana, im- provvisa, fatale, che lo soggioga, e di cui non sa render conto (31).

Il poeta s'illudeva di riconoscere una indipendenza spi- rituale nell'uomo, pur proclamando l'inflessibilità degli editti divini ; e discorreva dell' ordine delle cose di quaggiù, che doveva rispondere in parte all'ordine delle cose eterne; immaginava di tratto in tratto ribellioni salu- tari al male tentatore, intermittenze di franco e libero volere, che contrastano oppur secondano il miracolo. E veniva come giustificando la Grazia, ammettendo certa disposizione ad ottenerla in tutto lo sfavillare della sua luce, nella fragile e peccatrice natura umana, la quale, non potendo avere in se tutto Dio, racchiude almeno qualche particella divina nel suo fondo « en la porcion del alma ! con él conviene en lo eterno »; mostra traccie del sangue e del « corpo vivo » di Dio, capaci di renderla robusta e forte, da resistere al vigore della Grazia. Come poi operino questi frammenti minimi del- l'infusa divinità non riesci a vedere. La riconciliazione degli opposti mondi dovrebbe avvenire per virtù di amore; e si effettua invece con forze estranee all'anima. Cadono inerti le divine scintille. E l'uomo e troppe volte preda ad una meccanicità di vita, che offende e mortifica lo spi- rito, quando non l'uccide addirittura.

Una storia vera non è concepibile quando non si am-

Cultura e dottrina. Fissità del perìsiero calderoTìiano 29

mette rimmanenza di Dio. L'opera della Chiesa deve per necessità sostituire nel pensiero calderoniano l'opera del carattere e della coscienza. Gli eventi umani debbono dipendere dai giuochi del caso, dai capricci e dalle biz- zarrie della fortuna. Il inondo procede per scosse, con moti rapidi e sussultori ; ed ha l'aria, per ogni sbalzo, di mu- tare d'aspetto e di sostanza. Comprendiamo come l'eroismo maggiore riconosciuto dal poeta fosse l'eroismo della fede, e come lo spingesse natura a drammatizzare con amore intenso le leggende devote, rinunciando ai santi diritti dell'artista di crearsi di suo arbitrio una sua storia, di mutare o trasfigurare la tradizione per acconciarla alle esi- genze dell'arte (32). Dinanzi ai suoi eroi egli piega le gi- nocchia, e adora ; poi si fa cuore, e procede alle sue celebrazioni ed esaltazioni.

Dal furore teologico, di cui più del Milton e di ogni altro poeta il Calderon era invaso, e dalla tendenza, ac- centuatasi sempre più, a render piccolo e nullo l'uomo, di fronte alla sterminata grandezza di Dio, esce infiacchito e languido lo spirito del Cristianesimo antico. Un tempo il vangelo di Cristo era scuola di energie interiori, affer- mazione possente di vita ; ora la sacra parola suona umi- liazione dell'umano, depressione e negazione dell'indi- viduo. Non devesi aver coscienza che della propria impotenza. Altra libertà si va cercando di quella antica; e si anela all'intero distacco dal mondo delle vane ap- parenze, allo scioglimento dai legami del corpo, ad annul- larsi in terra, per esser degno della misericordia di Dio nei cieli. Tornavasi, senz'avvedersene, ad un vangelo dell'estinzione dell'essere. La Bibbia, i Profeti, i Santi Padri, i sapientissimi Dottori della Chiesa giovavano a disporre l'anima all'ascesi più austera, non dissimile dal-

30 La vita è un sogno

l'ascesi buddhistica. La gioia del vivere fugge e dilegua. Unico regno destinato agli uomini è quello del dolore e del pianto.

Si aggiunga la fede nella dipendenza assoluta dei de- stini umani dalle prescrizioni divine, nell'inesorabilità del fato, che incombe sui miseri mortali che tragittano, l'ar- denza con cui il poeta propugnava le proprie credenze; e non si stupirà che da moltissimi, persino da Goethe, si credesse seriamente ad uno spiccato orientalismo nelle aspirazioni e nella cultura di Calderon, « der scine ara- bische Bildung nicht verleugnet » (33). Dalle fantasie dei romantici, in parte variate da Philarète Chasles, che chia- mava il mondo di Calderon « un monde à demi afri- cain » (34), dai capricci del Low^ell, che, in un soliloquio immaginato, poneva come caratteristica del « suo » Calderon un'« Arab soul in Spanish feathers » (35), si giunge ai vaniloqui e deliri del sig. Dieulafoy, il quale, ignaro per- fettamente d'ogni indirizzo del pensiero del poeta, deter- minato dal pensiero dei teologi maggiori del suo tempo, si costruisce ad arbitrio un'anima calderoniana, tutta imbevuta di civiltà arabica e persiana, ossequiosa al vangelo dei mus- sulmani; ed offre la prova irrefutabile che la civiltà degli Arabi, rovesciatasi dalla Spagna, « avait atteint jusqu'à la conscience, et que l'àme de l'Espagne avait passe elle aussi par un long stage mudejar » (36).

L'universo e l'uonio. Destino umano e Provvidenza del Cielo.

Non si dava gran pensiero il poeta per comprendere come Tonnipossente Iddio dal nulla potesse cavare il tutto, e dalFesemplare della sua idea togliesse il mondo « de la prisión del no ser a ser ». Il mistero della creazione gli si rivelava chiarissimo. Non pativa le titubanze e in- certezze che assalgono alcuni eroi dei suoi drammi : Ci- priano, oppure Crisanto Los dos amantes del cielo »), ridotto costui, dopo tanti anni di meditazione e di studio, a confessare: « No le alcanzo ni le entiendo ». Bastava ch'egli aprisse la Genesi per aver luce. E, placidamente, riproduce la cosmogonia biblica, quando spiega il mira- colo neir « auto » « La Cena del Rey Baltasar » :

Estaba el mundo gozando £n tranquìla edad segura La pompa de su armonia, La paz de su compostura, Considerando entre Qua de una masa confusa, Que ha llamado la poesia

32 La vita è un sogno

Caos, y nada la Escritura, Salió a ver la (az serena De està azul campana pura.

Dividiendo y apartando Las cosas, que cada una Son un mucho de por si Y eran nada todas juntas.

Il Poter divino, l'Amore, la Scienza, la « Naturaleza », hanno dato assetto e vita a questo meravigliosissimo e compi es si ssimo universo ; la divina « Sabiduria » ha spar- tito terra ed acqua, con grande accorgimento, distinguendo gli elementi, popolando gli spazi, e tutto sommettendo alle leggi eccelse, immutabili. Come il mondo morale, il mondo fisico ha la sua stabilità ; e non ci dobbiamo dis- trarre, pensando al perpetuo fluire di nuove vite nel mare infinito dell'essere, all'Eternità che si muove pieghevolis- sima nel Tutto. Ammiriamo piuttosto l'opera del divino Amore, che seconda la mano provvida, creatrice e ordi- natrice del Sommo Potere, ed orna ed abbellisce le cose create, e infonde soavità, dove penetra col suo soffio animatore.

Fuori d'ogni cruccio, il Signore altissimo aveva com- piuto questo primo atto della sua suprema volontà. Sembra anzi avesse letizia in cuore, poiché su questa sua Terra, ove dovranno dolorare le genti, distese un vivido raggio di luce, e sparse il suo riso, come per significare che il caos cessava, e le tenebre e le caligini eran tolte. Ordinò allora che fulgessero gli astri nel firmamento ; e provvide ad animar la terra : « Sol que radiante | al dia presida ; luna | que ya llena y menguante | alegre a la

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 33

noche ; estrellas | que brillen; fuentes que banen; | frutas que fertiles crezcan; | flores que hermosas se esmalten; | aves que ligeras vuelen; | peces que veloces naden; | lìeras que vagas discurran... ».

Nel sesto giorno di piacevol fatica, con maggiore sforzo lo que a Dios mayor estudio debe »), esce dalla mano eterna, « ultima obra », l'uomo. E, siccome nella divina creazione non si era insinuata ancora la colpa fatale, Dio non poteva dolersi di avere sprecate le forze per dar vita ad un essere che dovrà pur riconoscersi, prontamente, sciagurato e imperfetto. Lo fece adunque un po' a sua somiglianza, pieno di audacia, « colmo di vita », come dice Inno all'uomo » del Prati, centro dell'universo, signore dell'universo, un microcosmo, anzi un Dio lui stesso, benché solo in miniatura. Esultante di tale pro- digio, ben doveva mandare la Terra un grido dalle sue viscere, dall'immenso lido del mare doveva levarsi un fremito ; e doveva l'angelica coorte inneggiare e prosternarsi, e brillare un ineffabile « sulle celesti porte ». Meno commosso del Prati, Calderon insiste, e sa Iddio quante volte, sul potere concesso all'uomo dall'Altissimo, ideato e plasmato appunto perchè utilizzasse e godesse le me- raviglie del mondo. Rivolto al sommo Potere, Amore, neir « auto » « La vida es sueno », gli ricorda la fatica dei sei giorni : « Si todo este sumptuoso | aparato, en quien admiro | en el Fuego lo brillante, | en el Ayie lo lucido, I en el Mar lo prodigioso, | comò en la Tierra lo rico, I para el hombre lo criaste » (37).

Per l'uomo, che destinasi al godimento, aperti gli occhi alla luce più fulgida, ricchissimo, potentissimo, e che dovrà pur essere misero eroe della sofferenza e della rinunzia! Dalle sue altezze quanto al basso dovrà precipitare il

A. Farinelli, La vita è un sogno. IL z

34 La vita è un sogno

dominatore delForbe, l'uomo che è compendio del mondo, come instancabilmente avverte il poeta, « breve mundo », « mundo abreviado », « pequeno mundo» « Rey | de todo el pequeno mundo | de si mismo » El Jardin de Falerina ») (38) ! Non teme Calderon di contraddirsi, forte come egli è sempre della sua scienza teologica ; da una parte egli magnifica la sublime creazione di Dio, con- cretata nella sua fattura umana, dall'altra egli la deprime e la annienta, mostrandone la sua estrema impotenza e nullità. Fa apparire l'uomo come un mazzo dei fiori più vari e prescelti, legato insieme dalla mano di Dio El arbol del mejor fruto »). Il divino Orfeo prende consiglio per accordargli i maggiori privilegi ; osserva specchiata nella sua natura quell'armonia che si manifesta in tutte le parti del Creato; riconosce come abbia comune con Dio l'im- mortalità. Ch'egli sia « el mas noble, el mas generoso, el mas perfecto | objeto de Dios », lo afferma spontanea la Ragione naturale Los Alimentos del hombre »). Per virtù dell'anima può ritenersi « poco ménos que angel », destinato a salire alle stelle. « Veras, que de sus pur- pureas | esferas desciende el Alma | hermosa, perfecta, y pura | a casarse con el cuerpo » El Pleyto matri- moniai »). Vive in terra, ma egli è nato per il cielo, nato per accrescer gloria alle alture, per salire « a ser luminosa Estrella | en esas Esferas altas ». Or chi non com- prende, dice il vero Dio Pan, che Dio fece l'anima, « para que... | a él suba a ser Astro »?

E, tuttavia, all'uomo stesso, a questo piccolo mondo lan- ciato nel gran mondo, convengono tutte le immagini di caducità. Egli è fango, polvere, nulla, « pequeno mundo de lodo » No hay mas Fortuna que Dios »). La sua vanità è follia. Presume di aver potere e grandezza, e

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 35

dimentica che è di Dio quanto ricevette. « Si lo re- cibe, de que | se ha de gloriar ? Pues es cierta | cosa, que no es nada suyo, | todo es de Dios » El Jardin de Falerina »). Nulla di autonomo in lui. Tutto ha per riflesso. In verità, nulla possiede, nulla crea. E non è perduta tutta la divinità che si volle infusa in lui col soffio creatore? Quanto frale e quanto misera questa creatura angelica! Perchè la magnifìchi, o Signore? chiede il Prin- cipe delle tenebre, memore dell'S^ salmo, commiserando la natura umana, e il vacillare « torpe » dei primi passi La vida es sueno »):

Quien es el hombre, Sefior, Que tanto le magnifìcas ? Pues aunque en barro le diste Primer materia, si toco Lo inmortai del alma, poco Ménos que el Angel le hiziste. Y aun en mas le sublimaste.

En tu terrenal esfera, Desde el ave basta la fiera Todo se rinde à sus pies.

Il « Magico » va almanaccando pur lui che mai possa essere Tuomo; e pensa che Iddio labbia costrutto a ca- priccio, in momenti di grande abbattimento : « Cuerpo de su fantasia | el hombre debió de ser, | que su gran melancolia j le supo formar y hacer | de los atomos del dia ».

In conformità e in armonia con la scienza dei suoi dot- tori, il poeta stabilisce l'ordine morale e materiale del-

36 La cita e un sogno

l'universo ; definisce e ritrae il mondo dei sensi e dello spirito; ammette le sue gerarchie di ordini superiori e di ordini inferiori; offre tutta una psicologia, poggiata inte- ramente, come ormai sappiamo, su idee agostiniane. I sensi, che sono pure all'uomo strumento di percezione, si rivelano opera dell'inganno e della frode, e obbediscono a diabolici stimoli e tentazioni. Per suo scampo e fortuna, l'uomo ha il privilegio dell'anima, postagli da Dio ospite entro il corpo, con la sua aspirazione continua verso l'alto, tendente ognora al cielo, e una attività che nemmeno il sonno e nemmeno la morte interrompono. Dispone l'anima delle sue potenze che determinano la vita: grazia, bel- lezza, ingegno, intendimento, memoria, volontà. L'« in- genio », per esempio, appare come la potenza maggiore dell'anima, « lo supremo de aquella divinidad del alma », vera quintessenza spirituale, « divinidad destillada » ; e spetta all' « ingenio » il governo di tutto. In fondo del- l'anima, in un piccol centro, ma con una smania indomita di allargarsi e stendersi per l'universo, sta il cuore. Lo muove, lo gonfia Amore. Ma che mai consegue in questa vana e tormentosa aspirazione dell'uomo alla felicità ? « Quien es aquel que cabiendo | en corta abrasada esfera, | quiere que quepa en él todo | el àmbito de la tierra? | ... El humano corazon | que vive en carcel estrecha, | y el mayor Reyno, por mas que le ocupe, no le llena » Suenos hay que verdad son »).

Il pensiero che vibra nella mente è per sua natura im- mortale, luce che non si estingue, « el primer crisol en que toca la Fortuna ». E la ragione, che l'afferra, costi- tuisce la forza dell'uomo più possente per disporlo al bene e all'eterna salute. La volontà frena gl'istinti e determina la libertà: « Soy la que en libertad poner las acciones

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 37

fio » El Pleyto matrimoniai »). E contrastata ben so- vente, per sciagura dell'uomo, dall'umano « albedrio », capricciosissimo signore, talora anche vanitosissimo el que siempre canta la fuerza y la espontaneidad »), mu- tevole per ogni guisa, da significare talvolta il volere medesimo, e tale altra opposizione recisa all' « ingenio » e all' « entendimiento ». Gli talenta un giorno sbarazzarsi della ragione, buttandola giù da una rupe; e allora ca- giona all'uomo l'assalto di tutti i mali; lo rende schiavo del demonio, sofferente in dura prigione; finche, pentito, umiliato, r « albedrio » ritrova il senno e la scorta del potere intellettivo vituperato, impossibile ad inabissarsi dalle furie degli smemorati e dementi.

Distinzioni che nelle scene sacre si fanno con una sot- tigliezza sorprendente di concetti, e suscettibili di poche oscillazioni. La logica del poeta appariva ben salda, ed arieggiava ad un sistema. Ma la tenacia del filosofo man- cava a Calderon, e, con la tenacia, il metodo. Di suo, ve- ramente, nel mondo del pensiero non riesce a costrurre nulla. Opera con poche idee fondamentali che ritrova già pensate e già svolte. L'astratta scienza sorbita do- veva disporre alle allegorie, ai simboli che dissanguano il dramma della vita, e muovono ombre agitantisi con l'apparenza di figure concrete. Anche il poeta, come il suo eccelso Iddio, sciupa la sua bella crccizione. Vi ap- pare come uomo che su di un'erta scoscesa rotoli grandi macigni per un edificio da costruirsi sulle alture ; le pietre resistono ribelli, e minacciano di ricadere al basso; e di nuovo l'audace le spinge e risospinge. Vorrebbe il poeta da un lato non infirmare l'uomo nei suoi diritti di natura, concedergli, con le accese scintille della divinità, libertà di azione, assoluta determinatezza del suo imperativo

38 La vita e un sogno

categorico ; dall'altra, fedele al grido possente dell'asceta, pone in ceppi, sviluppato appena, il libero volere; e me- dita e propone continui fieni agl'istinti. Iddio vigila sulla creatura sua ; decreta nelle sue sfere eterne i suoi destini ; e voi disperate di vedere attivo, veramente, il principio di vita che ha in se le sue forze. Sempre vi colpisce la sentenza schilleriana : « Der Mensch ist frei und ist in Ketten geboren ». La libertà vantata è libertà fittizia. E poteva tenersela il buon Dio, che opera il bene nei suoi cieli e nella sua terra, con fini occulti e leggi imper- scrutabili, risparmiando ai poveri mortali la maggiore delle illusioni.

A torto Goethe pone in cuofe al suo eroe la mas- sima confortevolissima, che lo spinge, senza flettere, di attività in attività : « Der Mensch in seinem dunkien Drange | ist sich des rechten Weges w^ohl bewusst ». Quel « dunkler Drang » risponde alla perversa natura degl'istinti, e induce l'uomo, brancolante fra le tenebre, al peccato. Dategli, per amor del cielo, e sollecitamente, tutta la luce della ragione, perchè non devii, camminando alla cieca su di una china precipitosa. Sappia moderare la smoderata volontà; minacciato dal pericolo, fugga il male, scortato dalla Penitenza, nella « Inmunidad del Sagrado ». Maturo di esperienza, egli dovrà poi ricono- scere con Alessandro Darlo todo y no dar nada »): « la mas alta | Victoria eis vencerse a si ».

*

L'individualità, affermatasi appena, con le foi-ze auto- nome di vita, dovrebbe così riconoscere la sua impotenza, e negcu*e se stessa. Quale storia potrà produrre l'uomo.

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 39

munito dal suo Fattore di tanta grazia e virtù, provvisto di « entendimiento » e « sabiduria », di ragione e vo- lontà? Alle sue mani davvero sarà affidata la spola che fila gli eventi di quaggiù ? Di quale luce brilleranno le stelle che Dio volle fulgessero nel suo interiore?

Certo non poteva rassegnarsi il poeta a ridurre Tuomo a semplice marionetta, legata inesorabilmente a un filo, e condotta or qua or dal Fato celeste invisibile. Accorda- tosi coi suoi maestri della Scolastica, proclama nell'uomo l'indipendenza della volontà, quel libero arbitrio che do- vrebbe trionfare d'ogni forza premente su di lui, e sul quale moltissimi campioni della Chiesa, ben avanti Sant'Ago- stino, avevano discusso, e si scervellarono teologi e dot- tori per tutta l'Età Media e il Rinascimento. Per lo Schopenhauer medesimo il libero arbitrio costituiva un problema capitale, attorno a cui aggiravasi la filosofia con- temporanea. Calderon ne fa come il cardine del suo van- gelo filosofico; fissa credenza, che acqueta e ammorza ogni dubbio e tormento del pensiero. Gli eroi dei suoi drammi la proclamano come fortezza interiore che non si espugna e non cede a nessuna tentazione : « Sabiendome yo ayudar | del libre albedrio mio » « no fuera libre albedrio | si se dejara forzar » El Màgico prodigioso »).

importava al poeta che questa fermezza e ga- gliardia risultasse assai più da una coerenza di dottrina, appresa dal freddo intelletto, che dal vigore del senti- mento. Nemmeno parevagli bene insistere su quel germe di immanenza, tacitamente ammesso da San Tommaso, e che, portato a maturità, con maggiore scioltezza di pen- siero e minore sommissione al rigido dommatismo della Chiesa, avrebbe certo prodotto i più salutari effetti. Ba- stavagli non dissentire dai suoi inspiratori, ripeterne ad

40 La vita e un sogno

Ogni occorrenza la dignitosa dottrina, ostinandosi sempre nelFammettere che all'atto della volontà dovesse prece- dere Tatto intellettivo. Così veniva insinuandosi nella fede fatalistica, senza giunger mai a perfetta armonia, un con- cetto antifatalistico ; alle inclinazioni determinate dal cielo si aggiungevano le deliberazioni umane, suggerite dalla coscienza del suo essere e dalla ragione ; immaginavasi un accordo tra i decreti fìssi all'uomo nelle stelle e l'im- perativo che risultava dalla spontanea virtù morale del libero arbitrio.

Il gran mentore del poeta era pur sempre Sant'Ago- stino, da cui San Tommaso medesimo derivava la dottrina della grazia e della predestinazione. Stolti sono coloro « qui sine Dei voluntate decernere opinantur sidera quid agamus »; e s'affidavano così al cieco fato, ritenendo ve- rità inconfutabili tutti gli oracoli degli astrologhi. L'in- flusso celeste non è tirannico da spegnere nell'uomo il discernimento e la volontà. Vincendo gli appetiti in- considerati, reprimendo le irruenze delle passioni, ben può l'uomo, con risoluto volere, dominare le stelle, ammoniva già il « De sortibus » del dottore angelico : « ex stellarum dispositione nulla necessitas inducitur homini ad agendum, sed quaedam inclinatio sola, quam sapientes moderando refraenant ». Sappiamo come Dante ascoltasse i sugge- rimenti del suo dottore. Il pensiero di Calderon non è per nulla progredito sul pensiero di Dante. Nei densi versi della « Commedia » è tutta, senza nessuna aridità dommatica, vestita di tutti gl'incanti del ritmo, luminosis- sima, concreta e solenne, la dottrina tomistica del libero arbitrio, esposta negli « autos » e nei drammi caldero- niani. Ponete nei cieli un inizio dei movimenti di quaggiù ; ma non ritenete gli astri arbitri della volontà umana, si-

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 41

gnori despotici deHintelletto. Ammettete non più di quella « inclinatio » veduta da San Tommaso ; fate che trionfi il libero volere che Iddio vi concesse:

Lo maggior don che Dio per sua larghezza

Fesse creando, ed alla sua boutade

Più conformato, e quel ch'ei più apprezza, Fu della volontà la libertade

Di che le creature intelligenti

E tutte e sole furo e son dotate (39).

Dio ce l'ha posta in cuore cotesta libertà; e, benché tutto distilli da Dio, e non si muova « la sua imprenta, quand'ella sigilla » la mondana cera | a suo modo tempera e suggella »), benché dai suoi cieli piovano i suoi influssi, e si vedano dall'alto accesi questi e questi altri appetiti, innata è nell'uomo la virtù che consiglia. « Libero, sano e dritto è tuo arbitrio ». Hai facoltà di discernere il bene dal male, di tutto valutare e ponderare.

Lo cielo i vostri movimenti inizia, Non dico tutti ; ma posto ch'io il dica, Lume v'è dato a bene ed a malizia,

E libero voler, che, se fatica

Nelle prime battaglie col ciel dura,

Poi vince tutto, se ben si nutrica.

(«Purg. », XVI).

Dall'uso inconsulto di questo dono di Dio, dal primeg- giare dell'istinto, che spinge al male in opposizione con le tendenze dell'anima verso il sommo bene, resa schiava e debole la volontà umana, deriva ogni agire torto e pec- caminoso. In voi è la colpa, se il mondo si corrompe e

42 La vita e un sogno

si copre di malizia; piangete la vostra follia, e risparmiate al cielo le accuse.

Voi che vivete ogni cagion recate

Pur suso al ciel, così come se tutto

Movesse il cielo di necessitate. Se così fosse, in voi fora distrutto

Libero arbitrio, e non fora giustizia,

Per ben letizia e per male aver lutto.

Purg. », XVI).

La libertà non opera che il bene, poiché libertà, ve- ramente, è forza morale che agisce conforme ai voleri del cielo, e combatte gli stimoli perversi, sorti nel cuore per fiacchezza e non per influsso degli astri. Dio propone e dispone. L'uomo badi a foggiarsi col libero arbitrio i suoi destini, noti, s'intende, alla prescienza divina, non per- mettendosi che il contrario avvenga di quanto Talta prov- videnza prestabilisce. Al seguito delle cose umane l'in- tuito divino non reca perturbamento.

La contingenza che fuor del quaderno

Della vostra materia non si stende.

Tutta è dipinta nel cospetto eterno. Necessità però quindi non prende.

Se non come del viso in che si specchia.

Nave che per corrente giù discende.

Parad. », XVII).

Operando la volontà suprema omnisciente, non discorde dal nostro volere, soccorre, invece di ostacolare il libero arbitrio. La nostra sommissione ha pure il respiro della libertà. « Liberi soggiacete », « a maggior forza ed a

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 43

miglior natura » Purg. », XVl). Così, alle vicende in terra, si collega il fato nei cieli. E quanto appare ca- priccio del destino risponde all'ordine inalterabile della Provvidenza. Assistiamo all'» opra delle rote magne | che drizzan ciascun seme a ciascun fine | secondo che le stelle son compagne » Purg. », XXX) (40).

* * *

Dacché l'uomo sollevò lo sguardo al cielo, e vide fiam- meggiare negli spazi immensi le stelle, dovette con un tremito chiedersi il perchè di quello splendere e del ta- cito roteare, sentire come un'attrazione verso quei corpi di lassù, che certo influivano sull'intreccio degli umani destini.

Was haben diese Sterne droben Fur ein Recht an mich, Dass sie mich begaffen ?

E si sviluppò via via, in conformità con le prime cre- denze religiose, la scienza astrologica, rispettata e temuta. Ebbero questa scienza gli Elleni dai Caldei (4 1 ). E, dal pensiero ellenico, dalla cosmogonia immaginata da Pla- tone nel « Timeo », che determinava il muoversi delle sfere estreme, spinte da una forza spirituale sempre viva, l'anima del mondo, e il moto in senso opposto delle sfere più basse, dalla fisica aristotelica, che rifoggia il mondo pla- tonico, senza travolgere e snaturare il pensiero del maestro, e chiarisce l'azione delle potenze superiori e delle potenze inferiori, discende il pensiero dei popoli nuovi, rifatto, rivivificato in perpetuo sull'antico, variato, insensibilmente, a

44 La vita è un sogno

seconda del variare delle fonti di trasmissione, in grcin parte orientali, dell'aristotelismo dominante. La fede cri- stiana rispetta così e continua la credenza pagana. Ra- gionano così, concordi, i Padri della Chiesa, i dottori so- vrani della scolastica, Platonici, Neoplatonici, Plotiniani, Averroisti, sulle potenze motrici delle intelligenze celesti. Fazione delle cause superne impresse sulle inferiori, e il piovere di cielo in cielo degli influssi prodotti dall'intel- ligenza creata da Dio; vedono dipendere dal cielo la terra, avvinta la debole creatura umana con solidi legami al suo Fattore (42).

Certo le argomentazioni nuove aggiunte alla tradizione antica si aggiravano particolarmente sulla maggiore o mi- nore responsabilità e libertà dell'uomo di fronte al volere di Dio. San Tommaso, pur ritenendo gli astri organi della Provvidenza divina, avversava l'astrologia dei suoi tempi, e limitava alla materia l'influsso disceso dalle stelle, non esteso all'inclinazione morale, libera e indipendente nell'uomo. Ma dagli animi non potevasi sgombrare l'in- quietudine per il prevalere delle potenze astrali occulte, che indarno i dotti tentavano di afferrare. Or più, or meno, si acuiva il contrasto drammatico tra la fede nelle forze libere trasmesse all'uomo dalla sua coscienza inte- riore, e quella, inseparabile, nei destini dettati da Dio e fìssati con leggi inviolabili nei suoi cieli ad ogni sua creatura. Anche chi apertamente chiamava vani e folli gli oracoli dell'astrologia, e bollava quella scienza come su- perstizione che offuscava la fede verace, aderiva ad essa nel secreto del cuore, e si preoccupava, sgomento talora, dei suoi verdetti. « E so da tal giudizio non s'appella », diceva Cino da Pistoia.

Quindi il favore continuamente accordato all'astrologia

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 45

così detta giudiziaria, la divinazione proseguita col rispetto dovuto alla più alta e più nobile delle arti divine, con- trapposta talora alla scienza diabolica dei maghi e delle streghe, che conduceva alla notte più oscura e tenebrosa, l'amoreggiare, or palese, or occulto, dei teologi cogli in- terpreti ed espositori della scienza delle stelle, che im- baldanzisce l'uomo, avvicinandolo agli dei, come affermerà il re Seleuco nel dramma calderoniano « Los tres Afectos de Amor » :

Pude entregarme a las letras, LIevàndome, entre otras varias Facultades, mas que todas Curiosa la judiciaria. Està estudié con tan grande Carino a ciencia tan alta, Como frisar con los Dioses, Pues lo futuro adelantan, Que no kubo en todo ese Delineado globo a mapas, Astro, ni errante ni fìjo. De cuantos su azul campana A imàgenes iluminan Y a caractéres esmaltan, Que obedientes al precepto De lineas, compases, tablas. Astro labios y cuadrantes No registrase las causas En los influjos que inclinan De los afectos que aguardan.

Appunto per amore alla divina scienza, quale l'espo- nevano i suoi dottori. Dante inveisce contro chi l'abbassa

46 L,a vita e un sogno

e deturpa con volgari e scempie divinazioni ; e frusta a sangue il matto presumere degli indovini ; pone giù coi ma- liardi e le streghe, nelle bolgie infernali, il povero Michele Scoto. Invece di avanzare, leggendo negli eterni misteri di Dio, vanno a ritroso gl'infelici, e si acciecan nelle tenebre. Con maggiore insistenza batte sugli indovini e sugli astro- loghi in genere, seguaci, quanto i medici, d'una scienza ciarlatanesca e mendace, il Petrarca. Ma che dalle costel- zioni dipendessero i destini umani, credeva pur lui, riso- lutamente; concorde in ciò col Boccaccio, che legavasi d'amicizia a Andalone del Negro, a Paolo de' Dagomani, e sentenziava nel suo verso, molle e dolce: « Sua ven- tura ha ciascun dal di che nasce ».

La Chiesa più ortodossa lasciava che cadessero le predizioni e gli oracoli degli astrologhi; non disapprovava; non approvava; solo insorgeva nei casi estremi, quando il folle arbitrio degli indovini offendeva la maestà e san- tità del Vangelo. Ne pareva sconvenisse l'abito sa- cerdotale ad alcuni che facevano professione di fede astrologica. Il sagacissimo arciprete de Hita accoglie nella sua terrestre commedia « de buen Amor », la « buena sabien^ia » degli astrologhi: « Qu'el ome, quando nas^e, luego en su na^engia | el signo en que nas^e le juzgan por sentenzia » De la Constelagion e de la pianeta en que los omes nas^en »). Bisognava che ben delirassero i divinatori e gli annunciatori dei destini segnati nelle stelle, e minacciassero spegnere ogni fede nella propria volontà, ogni impulso ad agire coll'imperativo morale della coscienza, perchè sorgessero irati i sermoneggiatori, e dan- nassero nelle prediche gli stolti e i prevaricatori delle leggi divine. Malvagi addirittura chiama Fra Giordano da Pisa, quando appunto Dante ideava la sua Commedia,

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 47

coloro che credevano nel potere delle stelle. Questa cre- denza è « pessimo errore e cecità, imperocché ella è contro Dio, contro la natura, contro le stelle medesime... E contro le stelle stesse, perchè la scienza astrologica ci insegna per bocca di quel sommo maestro in quelFarte, ch'ebbe nome Tolomeo, che lo spirito umano non è di natura sub celestiale, e nulla ha a che fare cogli astri; e ciò conferma il più savio uomo, il maggior filosofo mondano che in questo mondo mai venne, Aristotele » (43). Gli attacchi, ancorché formidabili, non escludono che si aderisse in massima ai principi astrologici banditi in coro dai Neoplatonici. Le conciliazioni tentate fra la dottrina degli influssi stellari e la libera volontà umana accrescevano la perplessità. Dove terminano gli influssi fatali, e dove comincia la vita morale autonoma? Imma- gina Bacone un tacito accordo fra cielo e stelle e il libero arbitrio nel suo « Speculum astronomiae »; e cade pur lui nelle più manifeste contraddizioni e incon- gruenze (44). Ne, alla distanza di due e più secoli, ap- paiono più forti gli argomenti addotti dal Ficino, per congiungere in armonico connubio Provvidenza e Fato e Libertà, rispondendo ad una domanda fattagli dal Bonin- contri («Opera», Basilea, 1576, II, 750): « Defers ad nos iudicium inter numina tria gravissimum, inter Provi- dentiam videlicet et Fatum et Liberiatem. Audisti ad Paridem quondam iudicium inter tres deas fuisse delatum. Ego autem discrimine tanto offendere numina nolim ». Sono ragioni sentimentali, che rifuggono dalla logica e da ogni tenace pensiero, come quelle addotte da Matteo Palmieri nella « Città di Vita ». Frequentissime le dispute nel secolo degli umanisti. E, mentre il Valla umilia la volontà umana nel « De libero arbitrio », che dovrà im-

48 La vita e un sogno

porsi anche a Lutero, il Pomponazzi si pur preda, impugnando il suo Aristotele, ad un fatalismo di concetti che impoverisce e dissangua la cultura e la vita ; e accorda pieno sfogo agl'influssi astrali che determinano, or con intensa, or con lenta virtù, le vicende del mondo, e rego- lano i destini degli imperi; or promuovono, or isterihscono le arti e le reUgioni (45). Pochi secondano il Pico nel- l'infierire contro gli astrologhi; ne tarderà il Bellantius a combattere, col suo groviglio di dottrina sacra e profana, tutti i libri del trattato « Adversus astrologos ». I poemi astrologici, calcati sulle orme del poema di Manilio, si seguono con fastidiosa prolissità (46).

Gli animi tremavano per i guai e le sciagure che do- vevan piovere dagli astti ; e si correva agli indovini, agli interpreti dei misteriosi segni celesti; si teneva con certa infallibilità agh oroscopi; si rispettavano le norme del- l'astrologia giudiziaria. La gran scienza allignava partico- larmente nelle corti; interessava, animava, sgomentava i principi; aveva parte cospicua in tutte le deliberazioni; preannunciava vittorie o sconfìtte. Lodovico il Moro gio- vavasi, come altri principi, de^a scienza degli indovini, benché credesse convenirgli il motto: « Vir sapiens do- minabitur astris » ; e asseriva di rivolgersi a Dio con le preghiere, prima di interrogare le stelle, come seconde cause per saper mitigare il male e seguitare il bene (47). Ma i terrori erano pur sempre seminati qua e dalle minaccie degli astrologhi. E poco giovava che dalla can- celleria ducale partisse un bando per henare i deliri di « quegU astrologhi temerari] et legeri li quali mettono suo studio in divinare et fantasticare de le cose occulte re- servate in arbitrio solo de Dio». Rimase invincibile il bisogno di studiar le stelle, e di provvedersi di vaticini

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 49

per il futuro. Coi segni dall'alto e le divinazioni astro- logiche si aiutavano Carlo V e Francesco I nelle loro guerre. Migravano indovini e astrologhi italiani alla corte di Francia; e davano suggerimenti a Caterina de' Medici, prima che fruttassero le « Centurie » famose di Michel de Notredame, e si moltiplicassero le predizioni e profezie del saggio, le quali, s'intende, non risultavano fallaci, non smentivano i fatti, e concordavano pienamente con la verità (48).

11 Rinascimento, che era scuola di energie interiori, e faceva dell'uomo, disfatto e annichilito nell'Età Media, il centro dell'universo, con un Dio attivo nella sua co- scienza, mentre da un lato favoriva l'autonomia dello spirito, in perfetta opposizione con le tendenze astrologiche, spingeva dall'altra, con la smania non mai soddisfatta del ri- conoscere e dell'indagare, verso l'esplorazione dei mondi ar- cani, e chiedeva consiglio all'occultismo e alla magia, perchè si allargasse la cerchia di vita e di pensiero. Tutte le curio- sità, tutti gli appetiti eran desti. Immaginatevi se si poteva rinunciare a scrutare la natura degli astri ed a studiare gl'influssi che piovevano dall'alto! Umanisti e riformatori, infatti, cattolici e protestanti, poeti e filosofi, lungi dal ripu- diare come scuola di stranezze e di errori la scienza degli astrologhi, la rispettano, la coltivano; cercano di conva- lidarla con nuove esperienze. Anche i più illuminati non si sottraggono al suo magico potere. Non credeva il Cam- panella medesimo all'influsso dei pianeti e delle costella- zioni sulla nascita degli uomini ? E a coteste costellazioni, che riflettevano il potere divino, e sotto il cui dominio venivasi alla luce, non attribuiva il Cardano la natura particolare del suo intelletto e delle sue incHnazioni?

Placidi scioglieva gr« Inni » suoi il Marullo, seguendo

A. Farinelli^ La vita è un sogno. II. 4

50 La vita è un sogno

le orme deir« Urania » pontaniana, persuaso che l'uomo dovesse senza ribellioni soggiacere alle stelle, e dirigere la vita secondo Fazione dell'astro fatale che brillava al suo nascere (49). I trattati di astrologia accompagnavano Astrologiae defensio » e le « questioni » « De Astro- logica Veritate » del matematico e fisico senese Lucio Bellantio (50) sin ben addentro il secolo di Calderon. E si accendevano acerbe lotte prò e contro il determi- nismo, il libero o il servo volere di fronte al fato e gli influssi delle stelle, di cui memoranda è rimasta quella tra Erasmo e Lutero (51). L'esegesi stessa della Bibbia, nel suo testo genuino, come la concepiva il Melanchthon, pur negando la necessità fatalistica, facevasi forte all'oc- correnza della scienza astrologica, per accreditare la po- tenza di Dio e dei cieli. Nemmeno la sdegnava chi pur credeva nell'immanenza dello spirito. Tra gli astronomi, ferventissimo seguace della scienza degli influssi astrali era Tycho Brahe, che vivamente ebbe a difenderla in un celebre discorso all'università di Kopenhagen (1 579); e Kepler stesso ed anche Galileo l'ammettevano come ancella alle loro più alte elucubrazioni.

Rimase così rispettata per secoli (52), una delle forze maggiori della vita, vittoriosa d'ogni ostacolo, collegata talvolta con la Chiesa stessa; e sembrava arbitra dei destini umani, per mendaci e fantastici che apparissero i suoi verdetti. Negare l'influsso delle stelle equivaleva non riconoscere l'ordine del mondo prestabilito da Dio e la divina Provvidenza, voler sopprimere i rapporti intimi, strettissimi, continui tra l'uomo e Dio « Astra regunt homines, sed regit astra deus ». Ai venti si perde- vano le esortazioni degli avversari, che chiamavano diabolica la scienza pretesa divina, le beffe che degli astrologi fa-

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 5 1

cevano gli spiriti più indipendenti e scettici, le burle mordaci del Folengo, le invettive del Bandelle, che bol- lava l'astrologia come pazzia funesta, fatta solo per trava- gliare e affliggere il corpo e l'anima dell'uomo (53). Francisco Sanchez è mosso pur lui a difendere la volontà umana da ogni potere fatalistico; e, nel « Carmen de Co- meta », pur riconoscendo le leggi che reggono stabili nella natura, non ammette leggi fìsse per lo spirito, che ha facoltà di tutto crearsi di suo arbitrio, e non è vincolato a nessuna stella:

Religio moresque animi sunt libera nostri

Velie opera : imperium quod habent in libera coeli ?

Quisve est consensus menti cum sidere nostrae

Crinito ? In mentem coelo concessa facultas

Nulla est, nulla queant praedicere fata bonorum

Sidera, non quidquam portendere libera possit

Acta hominum : queat ergo minus crinitus ocellus.

Similmente, il Montaigne, che concorda spesso con le idee del Sanchez, ride dei credenti negli oracoli degli indovini e leggitori delle stelle, come di folle superstizione Essais », I, 11): «Et encore qu'il reste entre nous quelques moyens de divination és astres, és esprits, és fìgures du corps, és songes, és ailleurs : notable exemple de la forcenée curiosité de nostre nature, s'amusant à préoccuper les choses futures comme si elle n'avoit pas assez affaire à digérer les présentes ».

Al chiudersi del '500, la credenza negli influssi delle stelle era mitigata alquanto, anche mercè il sermoneggiare pertinace dei sapientissimi teologi, sui quali tanto poteva lo spirito e la dottrina di San Tommaso (54). Si invo- cava un accordo tra le due forze : celeste e terrestre ;

52 La vita è un sogno

si faceva un inchino all'astrologia, e un altro al libero ar- bitrio ; per amore degli altissimi decreti, ritenuti pur sempre fissi all'uomo dalla Provvidenza divina, si abbassava un po' il valore della coscienza umana. Ora lo spirito ac- quistava ali al libero volo, ora si caricava di catene. Si restava così indecisi, scombussolati, con fede dimezzata. Ci crediamo? Non ci crediamo? Son bugiardi gli oracoli consultati? Parla la verità per loro bocca? « Pareciàles que andaban rodeados de adivinangas, y metidos basta el alma en la judiciaria astrologia, que, a no ser acre- ditada con la experiencia, con dificultad le dieran crédito » bene additava il Cervantes questa perplessità nel « Per- siles » (III, 19). I più svegli e accorti, nella loro limitata adesione alla scienza degli influssi celesti, davano aspre rampogne agli indovini, che si ritenevano onniscienti e profetizzavano, con ciarlatanesca spavalderia e arroganza, il cader dei regni, delle repubbliche e degli imperi. Certo a costoro non apriva natura i suoi secreti, e sde- gnava Iddio di palesare le sue intenzioni occulte. Usas- sero almeno moderazione e misura i « profesores desta ciencia » astrologica, e dichiarassero la loro ignoranza alla porta del mistero!

Datevi pace; non prestate cieca fede alle sentenze degli indovini ; non preoccupatevi del futuro ; e badate a vivere come la coscienza vuole, ammonisce Agustin de Rojas, nel « Buen Republico » ; v'è rimedio agl'influssi degli astri, come alle infermità che abbattono l'uomo: « Ni tampoco han de desconfiar los que no fueren muy justos, por lo que los Astrologos de las influencias celestes adivinan, pues no haziendo comò no hazen demonstracion cierta y segura, quando fuera conocida la ciencia, y la experiencia manifiesta, han de entender que no por esto

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 53

quita que con la sabiduria y prudencia que Dios ha dado a los hombres, le dexen de mantener las republicas bien

ordenadas en sus estados Porque se ha descubierto

que la fuei^a de los Astros, tenida por algunos de ine- vitable, se puede desviar, y que los sabios médicos han hallado medios para mudar las enfermedades » (55). E rimanda al Santo Uffizio « comò vanas y supersticiosas » le fantasie degli indovini, contrarie alla legge evangelica. Ma poi mostra pur di riconciliarsi con le dottrine degli influssi fatali: « no seria justo no confesar los maravillosos efectos de los cuerpos celestes en todas las cosas natu- rales y en el aire en lo qual el inmenso poder de Dios se muestra admirable » ; non nega che gli astri « reynan,

influyen é inclinan a los hombres , tendran la verdad

que Dios fuere servido » ; e azzarda egli stesso, allegra- mente, i suoi pronostici, suggeriti dai segni significantissimi degli astri in cielo.

Astrologhi e cultori delle scienze occulte, alchimistiche, diaboliche arte ahumada y melan colica ») appaiono accomunati nel « Pasagero » di Cristoval Suàrez de Fi- gueroa; e non è meraviglia che vi si prodighino le sfer- zate contro i miserabili speculatori della dabbenaggine delle genti, che acciecano, ingannano e corrompono, e che « se tienen por mas astutas, por ser oprimidas del gusto que les ocasiona la inteiigencia de lo porvenir ». Lasciate a Dio la cura di quello che avverrà; e non presumete di svelare i misteri divini. E, tuttavia, anche qui l'Astrologia è inchinata, come « ciencia excelenti- sima », e ritenuta « verdadera, comò se comprehende por muchos efetos ». Purché non degeneri nella « giudiziaria », e non si ritengano oracoli i vani e fallaci pronostici di chi la professa. Da tale superstizione sono mossi alcuni,

54 La vita è un sogno

« de tal manera, que no saben comprar, vender, cal^arse unos ^apatos o hazer otra qualquiera menudencia, sin especular el Astrolabio, permitiendo Dios les salga todo al reves de lo que intentan y desean » (36). Più acii e mordenti erano le invettive lanciate dal Quevedo agli astrologhi e divinatori, posti in un fascio coi maghi e i fattucchieri nelle « Zahurdas de Pluton », cultori di una scienza mendace e vanissima, quanto quella praticata un tempo da Cecco d'Ascoli e, in seguito, da Cornelio Agrippa. Quale stoltizia preoccuparsi delle stelle e dell'orbita loro La Cuna y la Sepultura ») ! « Quien te dio a ti cui- dado de las estrellas y puso a tu cargo sus caminos? » Lascia che regga e imperi la Provvidenza divina ; « por mas que te fatigues en entender los secretos del cielo, no has de saber mas de lo que tu inventares y sonares... Que locura mayor que verte tratar de la divinacion, y presurpir de llegar con la ciencia a los dias antes que ellos lleguen, y de salir a recibir los sucesos y deter- minaciones del cielo, siendo imposible saberlas, y cosa justamente negada a todos? Las estrellas. pi ensas que te han de parlar lo que no saben; y dando crédito a las complexiones y humores, olvidas la razon ó la fuerza que todo lo puede mudar ».

Alle affermazioni e agli oracoli della astrologia giudi- ziaria scoteva il capo Mira de Amescua. A Lope de Vega sembrava intollerabile che l'uomo, dotato di propria volontà morale, fortissimo del suo libero arbitrio, dovesse soggiacere all'impero delle stelle inesorabili e al vangelo fatalistico del « siempre fué lo que ha de ser | por mas que el hombre se guarde ». Ben deve sapersi dominar l'uomo, ed essere « senor de las estrellas ». Dei vaticini degli astrologhi il poeta rideva, quando non s'accendeva

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 55

di sdegno, per gl'inganni e le demenze prodotte. In una sua « comedia » fa che un indovino mal capitato finisca sulle forche. Del fato, delle prime e seconde cause, delle « influencias celestiales, debajo de las quales es conce- bido, y nace qualquiera de nosotros », della forza che « determina, regula y necesita todos los efectos inferiores, Buenos ó malos, que vienen a los hombres », ragiona nel « Peregrino en su patria »; e si sbizzarrisce, lettore cu- riosissimo e assiduo com'era, a sfoggiar dottrina; cita le sue brave autorità, tra cui primeggiano Sant'Agostino e Boezio; ricorda come dei fati astrali disputasse « docti- simamente justo Lipsio en su prime;© libro de civil Doc- trina » ; rimembra Platone, San Tommaso, San Bonaven- tura, e, coi Padri della scolastica, anche il medico e filosofo olandese cinquecentista Levinio Lemnio « en su libro De vera y falsa Astrologia », accreditato assai ai tempi di Lope (57)- Ma, in fondo, la scienza sublime gli pare assurda, un seguito di « desvarios » ; e risoluta- mente afferma essere errore dei Priscilianisti « creer que las Almas y cuerpos humanos estuviesen, de necesidad, sujetos a las Estrellas, de donde han nacido tantos er- rores y la opinion de los Astrólogos » (58).

* * *

La disciplina tomistica calderoniana applicata all'a- strologia è più rigida, evidentemente, della scienza di San Tommaso medesimo. Il travaglio profondo e quindi la scorrevolezza e duttilità del pensiero cedono alla forza dialettica dei contrasti e alla casistica del ragionamento. Ritrovi, con leggere alterazioni, 1' « inclinati© » che assegna alle stelle il loro influsso sul complesso degU elementi,

56 La vita e un sogno

la « ratio » che determina il lume naturale, e la « dispo- sitio » divina che presiede ai destini del mondo e della vita. Ogni dottrina passava, per l'abito mentale del poeta, all'assolutezza del domma e del vangelo, ed estingueva nella fede i fermenti del dubbio; soffocava ogni voce di ribellione che avvertiva le contraddizioni nel domma stesso. Non sappiamo se più che Lope curasse le discussioni astrologiche, i trattati, le accuse, le difese; è presumibile ch'egli leggesse o consultasse l'operone del Bellantio, i cinque libri « In Astrologos coniectores » del gesuita spo- letano Alessandro de Angelis (Roma e Lione, 1615), raccomandati anche in Ispagna, per temperare le afferma- zioni degl' indovini onniscienti (59). Già notammo la curiosità che lo moveva a sfogliare libri occultistici e di magia, perchè più forte sentisse il fascino degli arcani della natura e del cielo (60). Sappiamo il rispetto che il poeta aveva per la scienza di Giambattista Porta, cele- bratissimo, esaltatissimo dal Marino, che, nella « Galleria », lo chiama, con una sua mortale freddura, « porta, che chiude r immortai tesoro | ond' esce luce, eh' ogni luce abbaglia ».

Ma, quanto in Lope era distrazione e passatempo, di- viene per Calderon seria, continua, insistentissima preoc- cupazione, e tocca il centro delle sue credenze. Mai lo abbandona il pensiero delle stelle e degli influssi celesti. Vi ritorna si può dire in ogni dramma, in ogni « auto ». Immagina con esso il congiungimento indispensabile fra terra e cielo siendo terreno, te unes al celeste » « La Nave del Mercader »), l'accordo fra la volontà divina e la volontà umana. E, instancabilmente, senza timore di infastidire e di riuscir monotono, ripete la mas- sima inconfutabile, ch'egli chiama « proverbio » : « Astra

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 57

inclinant, non necessitant ». Tra le due volontà, l'impe- rativo divino e l'imperativo umano, può impegnarsi una lotta, svilupparsi il dramma, un dramma che potrebbe ferire a sangue il cuore, e sconvolgere nelle viscere la coscienza. In realtà, la lotta mille volte s'accenna, per frangersi im- provvisa allo scoglio dell'ascesi. La necessità della som- missione al poter delle stelle è gridata, quanto il bisogno di ribellarsi ad un dominio tirannico dall'alto, per imporre il dominio dell'io, il regno della libertà morale umana. Ma quel vangelo di vita si risolve in un soggiacere doppio e simultaneo alle due forze dominanti, smussando ogni audacia vera, spegnendo ogni ardore indomito di azione. La conciliazione ideata e predicata, per fuggire la fatalità cieca e la letargia dell'anima, ti ricaccia nel dominio dei destini inappellabili, ti tramuta in quietudine remissiva ogni baldanza spirituale. La « militia hominis » diventa placida rassegnazione.

Si ha l'impressione di un vangelo tonante da un per- gamo altissimo, che deve imporsi, sdegnando il sussidio della serena e profonda meditazione. Accontentatevi, o mortali; non indagate oltre; risparmiatevi il tormento del pensiero. Per quanto mirabile, sicura e estesa la dottrina, mancano ovunque i saldi appoggi. I concetti rimangono vaghi. Le astrazioni fanno ressa, e invadono il dominio del concreto. Che intende veramente il poeta per Fato, Fortuna e Necessità? Ora appaiono strumenti della Prov- videnza divina, si confondono con essa, ripetono gli editti eterni dell'unico Dio dei Cristiani; ora ostacolano la fede verace, come rovine di credenze pagane. Nel « Tetrarca » calderoniano sembrano disprezzarsi « los contingentes de- lirios I del bado y de la fortuna ». « No entero crédito di I a mi infeliz judiciaria », deve pur confessare Admeto

58 La vita e un sogno

Apolo y Climene »), ch*era pur maestro nella « sabia Astrologia », e tanti strani segni delle alte sfere sapeva interpretare. Sapremo mai in che consista il potere degli astri di « inclinare », quali limiti assegni Iddio all'influsso delle stelle, a qual punto le deliberazioni dell'uomo deb- bano subentrare all'azione che i cieli decretano e deter- minano ?

Sacra missione dovrebbe essere quella di inter- pretare i voleri del cielo, leggendo negli astri. Gli astrologhi, invece di leggere, fantasticano, delirano (61). Comunemente sono ebrei, come quel « doctisimo judi- ciario », che tanta inquietudine e affanno cagiona all'animo di Erode, e che avanza tutti nel predire « los futuros contingentes ». Ma chi presterà mai cieca fede ai loro pronostici? « Pues qué astrologo acertó | en cosa alguna? » El Astrologo fingido »). Erode tentenna; vorrebbe ri- bellarsi alla « dudosa ciencia »:

Dar crédito no conviene

A los secretos que encierra ;

Que es ciencia, que tanto yerra

Que en un punto solamente

Mayores distancias miente

Que hay desde el cielo a la tierra.

Abili nell'annunciare le cose tristi che verranno, si vedono frante le forze quando s'arrogano di rivelare i segni divini che Iddio volle imprimere nelle stelle del firma- mento.

Era semplice, d'altronde, la cosmogonia ammessa dal poeta; e ritraeva dalla mistica platonica agostiniana, come dalla conoscenza del sistema di Tolomeo, non ancora ri- creato dalla scienza del Kepler e del Galilei. Solidi erano

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 59

i pianeti; fisse erano le stelle (62). Lassù, nella gran volta che s'inarca su di noi, i destini delle anime si in- trecciano, e lassù si chiudono, risalendo agli astri, da cui ebbero l'impronta. « Ha del celeste Zafiro | en quien del Alma los dotes | tienen su sagrado* Archivo » La Nave del Mercader »). Guardi in su con un tremito; parte della tua terra è rimasta, per voler dell'Altissimo, nel cielo. Questo cielo si scinde, come già voleva l'astro- nomia alfonsina, in undici sfere (63): « once globos trans- parentes » « once gradas de zafir » collegate tia loro, come fogli di un libro sacro, che il poeta chiama ad ora ad ora: « dorado libro », « libro inmortai », « ce- lestial volumen », « encuadernado volumen », « corónica inmortai de un Dios eterno » (64). E chiudono gli ar- chivi celesti degli umani secreti ; portano scritti in lettere d'oro, « su azul tabla », dalla mano di Dio, tutte le verità (65).

Come vi avvicinerete a questi segni arcani? Permetterà Iddio che poniate gli occhi audaci entro il suo gran libro? Tutti ormai sanno che una stella benigna o maligna pre- siede alla loro nascita. Tutti ne sentono il potere secreto, terribile, che li assoggetta, e determina la loro buona o mala ventura. « Todo con su estrella nace, | todo con su inclinación » La Sibila del Oriente »). « Los afectos humanos... | viven atentos a una estrella | que superior ilustra y predomina ». Ma non il seme umano, unica- mente, gettò Dio in terra, scortandolo delle sue faci che sfavillano in cielo, arbitre dell'umana fortuna ; le fiere, le piante stesse, anche le disanimate cose hanno all'alto la stella loro che determina i loro destini. « Tambien un bruto nace | con mala ó con buena estrella » («El Me- dico de su honra ») « Hasta un tronco, basta un

60 La vita e un sogno

madero | nace con su estrella?... Si » La Sibila del Oriente »). « Hasta las mentiras tienen | buena 6 mala estrella » No bay cosa corno callar »). Come Dio pre- scrisse, annodano le stelle le vicende in terra, premono sugli istinti, perseguitano, flagellano, aprono il cuore dell'uomo al pianto, talora ancbe al riso, mandano guai e sciagure, fastidi, tormenti e affanni ; e, quando a loro talenta, con- cedono ancbe gioia e tripudio. Si avanza a stenti, trepi- danti, con un peso fatale cbe incombe. E si trae un respiro appena, poicbè ancbe il respiro è vigilato ed ordinato lassù. Non si parla della propria sventura, ma della « desdicba de mi estrella ». Del « fatai influjo » cbe si ba in sorte non è cbi non debba gemere e muovere lamento. Guardasi all'alto con occbi supplicbevoli ; cer- casi invano nel labirinto di stelle, cbe vive fiammeggiano, quella attenta ai propri destini.

Hermosas luces, en quien miro atento El numero infinito de mis males,

Cual de vosotras, cual, desde su asiento, Es la que influye en mis desdichas tales? Cual de vosotras, astros celestiales, A su cargo tomo mi sufrimiento ? (66).

Ancbe i malvagi sanno cbe da un impulso fatale sono spinti alle scelleratezze e ai delitti; accusano il potere degli astri, l'inclemenza del cielo. Come agire altrimenti? Non li volle il destino così sciagurati ? Decisamente, alle stelle cbe « benevolas inducen », si aggiungon quelle cbe « retrogradas arrastran ». « Todos siete planetas », esclama l'eroe cbe sfiderà gli orrori del Purgatorio di San Pa-

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 61

trizio, « turbados y descompuestos, | asistieron desiguales | a mi infeliz nacimiento ». E il Tetrarca di Gerusalemme, che si conturba agli oracoli sollecitati, e si affanna per prevenire il contingente, ha raccapriccio e orrore della propria stella. Potesse egli estinguerla, sconficcarla dal cielo! « Pues si pudiera apagarla | boy con el ultimo aliento, | lo hiciera, porque faltara >| del cielo, y otro nin^ guno I en su gracia 6 su desgracia | no naciera, comò yo » .

Alla sua culla, adunque, l'uomo trova questa forza elementare, primitiva, che lo muove e lo domina, e de- termina i suoi istinti di natura. Ministra del cielo, ese- cutrice delle eterne sentenze. L'inclinazione è legge che impera risoluta e inesorabile. All'inizio, coli' accendersi della luce vitale, s'afferma così la volontà del Signore. Agirà in seguito l'altra forza che è nell'uomo, indipen- dente dalla forza delle stelle; e sarà all'opera la ragione; dovrà affermarsi, con la sua solennità e santità, il libero arbitrio. Il teologo tomista sottintende un accordo, im- possibile a trovarsi dalla logica più rigorosa ; e concede alla libera sanzione dell'uomo, per tutte le azioni di cui è lui stesso responsabile, il suo tacito consenso. Guai a chi non riconosce il primo impulso, e, alla volontà espressa da Dio nei segni celesti, oppone, a capriccio, con temerario ar- bitrio, una volontà sua, intesa a produrre gli effetti con- trari. Irato, Iddio gli frange il potere che si arroga, e punisce, col trionfo assoluto dell'inclinazione decretata, e coi mezzi stessi scelti per impedirne l'opera inesorabile, il ribelle prevaricatore. « Habra algun hombre en el mundo | que desenganado quiera, | o que quiera aborre- cido I porfiar contra su estrella? », chiedesi il re in « Saber del mal y del bien ».

Chi pur vorrà ostinarsi a lottare contro le stelle, dovrà

62 La vita e un sogno

arrendersi alfine, e confesserà, sconfitto, la sua estrema impotenza. In generale, i pochi eroi di Calderon, che, ammoniti dall'oracolo invocato, deliberano di opporsi alla virtù dell'astro fatale, dispongono di regni e di imperi, e piegano poi, sconfortatissimi e derelitti, il capo, come BasiHo, il padre di Sigismondo son diligencias vanas | del hombre, quantas dispone | contra mayor fuer^a y causa »), come il Tetrarca, che ai venti lanciava la sua sfida: « mienten las estrellas..., triunfar quiero dellas ». Ma anche a Liriope Eco y Narciso »), che invoca valore « con que enmiende | los amagos, antes que | las ejecuciones lleguen », toccherà l'esperienza di Basilio: « sentencia del cielo fué | por mas que quiso estorbarla I él no pudo » « cumplió el hado su amenaza | valien- dose de los medios | que para estorbarlo puse » (67). Anche Violante Las tres Justicias en una ») dovrà confermare « que no se pueden vencer » , come la morte, « el hado y el cielo ». Anche Assalonne, vinto dal fato e stese le armi, dovrà gemere: « ay, que en vano me opongo I de mi estrella a los influjos » Los Cabellos de Absalon »). « A fuerza del hado j no hay humana resistencia », sospira Manuel nel dramma « Luis Perez el Gallego ».

Chi professa la scienza astrologica, e attende alle pre- dizioni e agli oroscopi, di fronte ai lottatori inermi contro il destino, vanta a cuor leggero il suo sapere, e grida infallibili le sue sentenze: « Es en vano | que un desdi- chado porfie | contra su estrella ». Come potrebbe egli medesimo deviare il corso degli eventi prescritti dalle stelle ? « No pude torcer yo | lo que dispusieron ellas » El Astrologo fingido »). La più rigorosa segregazione dal mondo e dalla vita, le solitudini più squallide, in un

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 63

deserto, in un chiostro, entro una grotta, nel carcere più buio e tetro, non tolgono l'uomo ai destini che Dio gli impose. Tosto o tardi Io vedrete ripiombare nel corso fatalissimo di vita che immaginavasi fuggire. « Lo que niegan estrellas, | industria no lo concede » Judas Ma- cabeo ») > ^ solenne echeggia la sentenza nel dramma « La vida es sueno » : « Lo que està determinado | del cielo... I nunca engana, nunca miente ». Eppure, vi è mezzo, con una sommissione devota al fato che si an- nuncia in cielo, di attenuarne il rigore, di deviare e declinare alquanto l'inclinazione prestabilita. Quello che vietasi all'arroganza e alla presunzione, concedesi al tol- lerare paziente e alla santa rassegnazione. Dovrà appren- derlo Basilio dalla miracolosa sapienza del figlio: « La fortuna no se vence | con injusticia y venganga, | porque antes se incita mas, | y asi, quien vencer aguarda | a su fortuna, ha de ser con prudencia y con templanga ».

Ne sono poche, in verità, le umiliazioni che si inflig- gono al fato onnipossente nel breve tragitto umano, « el corto discurso nuestro ». Trovasi rimedio all'irrimediabile; si corregge l'incorreggibile. Quanto vagheggiavasi nel « Principe Don Carlos » dell'Enciso : « procurando en- mendar, | si es posible, al primer yerro », può riuscire, a meraviglia, con disposizione saggia e volontà tenace. Menon può confortare Semiramide La hija del aire ») : « aunque en ti previno | el bado tantos sucesos, | tu doctamente has dicho | que puede el juicio enmen- darlos ». Le minacciate asprezze e violenze del destino si mitigano; si rallentano, docili a nuovi impulsi, le forze fatali; e Dio permette che di tempo in tempo si som- mergano tacite nel mare dell'oblio le sue severissime deliberazioni.

64 La vita è un sogno

Al « nunca, nunca », così risoluto e fermo, si oppone, con palese contraddizione, un « no siempre » che apre il varco al respiro soffocato : « no siempre su palabra| cumple el bado » Los tres Afectos de Amor ») (68). E, veramente, nel pensiero del poeta riesce a frangersi, a fiaccarsi il potere, dei fati. 11 vassallo si erge signore a sua volta el cielo no avasalló | la elección de nuestro juicio » « La hija del aire »); e proclama, con la li- bertà ricuperata, un volere suo proprio, che vuole im- porre. Subentra lui al dominio delle stelle. Un inchino riverente ali* « inclinazione » che gli è data in sorte, e poi un coraggioso affermare : Il vincitore e trionfatore sono io. Non ci è forza che valga quella del mio arbi- trio. Con le mani mie proprie verrò tessendo la tela del mio destino. Nella commedia « En el suefio està la muerte », il Guedeja proclamava con fierezza questa in- dipendenza e sovranità ; « El albedrio es hidalgo, | nunca sujeto se ha visto | porque es senor soberano ». Il poeta della « Vita è un sogno » pone in bocca al suo vero « Dios Pan » la gran sentenza, « el Proverbio que de- clara [ que domina en las estrellas | el Sabio » ; e s'ac- corda con l'esperienza e la saggezza dell* « Oràculo » di Baltasar Graciàn : « el discreto, de todo sale con Victoria, basta de las estrellas ».

Il vangelo del cuore umano si opporrebbe al vangelo delle stelle. Occorrono gran senno, gran prudenza, grande fermezza di volontà, per riuscire a signoreggiare, a domi- nare : « El prudente | sobre las estrellas manda », ap- prende Rosarda dal padre Seleuco ; « pues sabes, 1 que puede el entendimiento \ predominar en los astros » Los tres Afectos de Amor »). In altri drammi proclamasi la ragione addirittura come « monarca » di tutti gl'influssi

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 65

Apolo y Climene »). Si fanno proponimenti baldan- zosi di trionfare su tutte le violenze, le insidie e gli ag- guati tesi dalle stelle, di vincere il fato, di umiliar le stelle. « Venceras las estrellas | porque es posible ven- cellas I a un magnànimo varon ». Si dichiara errore pen- sare che le stelle abbiano il maggiore influsso nella vita, che il libero arbitrio debba soggiacere al predominio degli astri (69). Una disposizione al male può essere, con savio accorgimento, volta a produrre il bene :

Pues senor de las estrellas, Por leyes de su albedrio, Previniendose a los riesgos, Puede hacer virtud del vicio.

El mayor Monstruo los celos »).

Segue così all'annuncio solenne della forza arcana che impera sugli uomini dal cielo, la condanna esplicita a quella forza stessa, che è pur atto della divina volontà ; si abbassa la debolissima creatura di Dio, per poi risol- levarla, ahimè a parole, sino alle sue stelle. Dal guai ! ter- rificante, gridato all'audace che delibera di lottare contro le stelle, si passa all'esortazione di non fidarsi del potere delle figlie tiranne del cielo, e di giovarsi unicamente del proprio potere e volere (70). Ed avviene agli eroi di Calderon di chiedere dall'alto forza di volontà e d'in- gegno, per sconfiggere gl'influssi fatali: « averiguemos al cielo, I si tiene el ingenio fuerzas ! contra el poder de sus hados », dice Tótis a Achille El Monstruo de los jardines ») ; e cantasi e ricantasi a Ulisse soavemente : « Veamos si sus hados | vence ». Avvertita Semiramide dei fati che l'attendono, insorge risoluta, con un « sabre

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. 5

66 La vita è un sogno

vencerlos » ; non vorrà il cielo contrastarle la libera ele- zione del suo giudizio. Tenetevi i regni e gl'imperi, e lasciatemi « el reino de mi albedrio | sin mas ambicion », esclama Eraclio, l'eroe del dramma « En està vida todo es verdad y todo mentirà ». Che altro può occorrermi perchè proceda, senza torcere dalla retta via, ai miei destini? (71).

Quando non se ne proclama l'assoluta vittoria e il predo- minio, in mille guise si ripete che ben possono pre- mere gli astri cogli influssi loro ; ma sforzare e distrug- gere la volontà umana, non lo concede loro Iddio. Riodi infinite volte negli « autos » e nei drammi calderoniani la massima lanciata da Basilio nella « Gran columna fo- gosa » di Lope: « No se fuerza el albedrio » « El « albedrio inclina, pero no fuerza » « no fuergan, si inclinan los astros » « el hado impio no fuerza el libre albedrio » « la inclinacion mas violenta, | el pianeta mas impio, | solo el albedrio inclinan, i no fuer^an el al- bedrio » « no fuera libre albedrio | si se dejara forzar » (72). « Alvedrio teneis ya », dice Iddio, l'attore sovrano, ai suoi commedianti, che rappresentano sul gran teatro del mondo la misteriosa commedia della vita (73). Coraggio. Non verrete meno allo scopo che vi prefiggete. Ma questa preoccupazione insistente di riu- scire, malgrado il potere delle stelle, suppone il timore incessante che si fallisca nella lotta, che le forze di cui dispone la volontà individuale sieno pur deboli, che oc- corra, per non flettere, per reggersi di fronte al fato, gri- dare a se medesimo, ad ogni respiro, l'imperativo catego- rico più risoluto, un fermo e rigido : tu devi. Opera. Provvedi. Riattiva la tua volontà. Accendi tutte le luci del tuo intelletto. Evita i pericoli, le cadute. Da te di-

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 67

pende la vita che trascini. « Dueno tu de tu albedrio| guardate tu vida tu », così nel « Tetrarca », a sollievo dei guai minacciati, la pigra volontà e il dovere che s'oblia sono stimolati all'azione.

Huye tu de tu peligro, Hazte tu tu duración, Labiate tu tus designios, Guantate tu tus alientos.

L'azione decisiva, che dovrebbe recare all'uomo il suo trionfo morale, si condensa tutta nella resistenza al pec- cato e alle tentazioni diaboliche ; ed è in sostanza oppo- sizione alla forza che spinge al male, insita nell'uomo stesso, avvinta ai sensi, agl'istinti. Non cedere. Non la- sciarti trascinare dai ciechi influssi. Conserva il dominio di te medesimo. « No te rindas a ti mismo » « Im- perio tiene j el hombre sobre si propio » Los Cabellos de Absalon ») (74). Non vi ha vittoria maggiore di quella riportata sull'io ribelle e altero. Messo il mondo in stu- pore con tanta e insperata assennatezza, Sigismondo compie un maggior miracolo ancora, e vagheggia la mag- giore vittoria : « oy ha de ser la mas alta | vencerme a mi ».

Poiché alla vigilanza perpetua dei propri stimoli di na- tura attendono le forze più tenaci della volontà, quali altre forze, ci chiediamo sorpresi, rimarranno all'uomo, perchè possa costruirsi il suo mondo, determinarsi il suo regno o impero, ben sapendo che i destini suoi, impostigli da Dio, da lui unicamente dipendono « pues està en tu mano todo » Décimas a la muerte ») ? Rifletteva veramente il Potere sovrano alle forze attive infuse nel-

68 La vita è un sogno

l'anima della sua nuova creatura quando lanciava la sentenza :

Nazca el hombre, y sepa el hombre , Que aqueste Imperio y Empireo,

Por mismo ha de ganarle O perderle por mismo (75) ?

Udiva il poeta l'ammonimento di Sant'Agostino : non dover cercare l'uomo altra verità che in se stesso : « Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas » ?

Grande Vcirco dovrebbe aprirsi all'azione autonoma del- l'uomo, di cui egli stesso assume l'intera responsabilità mo- rale. Parrebbe doversi soddisfcire l'anelito alla libertà, che è in tutto. Libertà è infatti il sommo bene che Dio largì alle sue creature terrene, capaci di elevare l'istinto a di- scernimento :

Y pues en lugar de Instinto

Elevò Dios su talento

A distinto, con que puede

Entre lo malo y lo bueno

Elegir con Albedrio

Para su merecimiento

Lo mejor, piedad fué suma

iLa libertad de su genio.

Los Alimentos del hombre »).

« Quitar la libertad » è l'offesa maggiore di cui l'uomo possa dolersi. Umiliata, messa in ceppi la ragione, franta o soppressa la volontà, la vita s'ammorza nella letargia più profonda ; il cielo si chiude ; la terra si converte in car-

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 69

cere buio e tetro ; è tolta Taria, che è pur concessa al libero volo degli uccelli. Libertà, libertà va gridando il teologo poeta, pur strettamente avvinto ai dommi della Chiesa, che impone come editti divini. Libertà invoca Tinfelicissima e fortissima « Nina » di Gomez Arias, che si dibatte fra gli artigli del tiranno malvagio, che la se- duce e possiede. Benché Tamore mi abbia fatta schiava, sono pur libera : « Libre soy, libre naci » .

* * *

Immaginiamo così una sembianza di regno della indi- pendenza e libertà individuale instaurato in terra; e pen- siamo che l'uomo possa agire con l'imperativo della co- scienza, rispettoso di Dio, grato di quanto Dio dispose per l'intreccio dei suoi destini, il « patrimonio que el cielo I al que nacido en la tierra » Eco y Narciso »), ma non supinamente sommesso; deciso, con la scorta e benedizione dall'alto, ad usare d'ogni vigore e gagliardia interiore, per correre alla vita, per farsi lui la sua vita, come voleva la « Pandora » di Goethe : « Fromm erflehet Segen euch von oben, | aber Hilfe schafft euch tàtig wirkend | selber ». Dobbiamo premere la molla del vo- lere che è nell'anima, per procedere oltre, e sollevarci, purificare, nobilitare la nostra natura, onde recarla digni- tosa e forte, a tragitto compiuto, a Dio. In realtà, il li- bero volere, posto dal poeta nell' « albedrio » domatore e trionfatore, è limitatissimo, e confina, se ben si guarda, con la sommissione stessa. E forza che agisce in con- trasto con lo spirito del male, insidiatore tiranno e per- tinace, operosissimo, smanioso di volgere l'uomo per la china del peccato, e fargli ingoiare polvere e fango. Ma

70 La vita e un sogno

questa forza tutta si riduce alla fede illuminata della Chiesa, al timor di Dio, alla dedizione assoluta al vo- lere dell'Altissimo. Lo spirito del bene non agisce che con l'assistenza divina ; anzi è Dio stesso, che subentra all'uomo, per parare, come conviensi, i colpi del demonio ribelle, e frustrarlo a sua volta, e sconfìggerlo.

A Dio adunque, non veramente all'uomo, spettano le vittorie vantate dal libero arbitrio. Quanto operino il cuore e la coscienza non sai. L'inno alla potenza dell'uomo si converte in inno all'onnipotenza di Dio. « L'homme s'agite, Dieu le mene », così sembrava anche al Bossuet dovessero svolgersi gli umani destini. Nei frangenti estremi, Dio si pone al lato di Giustina. Che sarebbe dell'infelice, come resisterebbe alle diaboliche tentazioni e seduzioni, senza il suo intervento ? Ben riconosce la donna l'aiuto che le si presta: « Mi defensa en Dios consiste ». Quale argine riuscirebbe a porre la mano del- l'uomo all'onda invadente del male, se non la sorreggesse la mano occulta di Dio? Come si creerà e plasmerà l'in- dividuo il mondo che gli spetta ? Che gl'importa il suo interiore, la sua coscienza, se ogni forza a cui deve at- tingere ubbidisce alla spinta di una volontà suprema che è fuori di lui e riposa in Dio ? Eroe e lottatore inerme, doppiamente posseduto dal suo divino Fattore, che gli detta nei cieli gli irrepugnabili decreti, affida alle stelle le armi del destino, e lo guida, lo regge, lo domina in terra ancora, in ogni opera tentata rivolta al bene, mo- vendogli a suo talento l'anima e l'intelletto. Veramente, il congiungimento armonico dell'umano col divino, del ter- restre col celeste, che il poeta stesso ha pur vantato, non ha senso, poiché l'umano è tutto assorbito nel divino, il terrestre tutto è trasfuso nel celeste. La libertà è trasfu-

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 71

gata all'alto, sua unica dimora ; agire al basso non sa- prebbe ; sotto l'ala di Dio trova ricovero ; col bacio di Dio ha il suo respiro, il soffio che anima e rasserena.

Entro la fede si annega l'intelletto; entro l'amore si estingue la volontà. I trionfi, che si acclamano e festeg- giano, sono trionfi della Fede, vittorie della Chiesa, san- zione suprema concessa ai dommi santissimi che rinchiu- dono le verità eterne e l'unico vangelo di vita. Sembrava dovessimo toglierci alla tirannide di un fato, che opprime e schiaccia col suo peso inesorabile ; così fortemente gri- davasi in terra ai mortali contristati la parola sacra, ri- storatrice e redentrice di Cristo; in realtà, ancora rica- diamo sotto il dominio di una forza arcana, che annienta ogni forza dell'uomo, e che, in altra forma, ci ripresenta, terribile, formidabile, invincibile, il fato degli antichi.

Il poeta, avvezzo a trasfondere il profano nel sacro, espertissimo nel rimaneggiare le antiche leggende, i miti, le tradizioni, sempre disposto ad accordare, generoso, alle divinità pagane un posto eletto nell'Olimpo dei cre- denti in Cristo, cristianeggia audacemente anche la cre- denza nella fatalità ; pone il destino in grembo alla Prov- videnza divina ; e, aspetta, genuflesso all'altare di Dio, che i decreti divini imperscrutabili si compiano. Ta- lora l'alta Provvidenza si compiace di offrire un secreto indizio della sua potenza alle creature in terra ; risulta strumento di salvazione, quando si riconosce in tempo opportuno. Che sarebbe di Eusebio e di Giulia, gli eroi della « Devoción de la Cruz », macchiati di colpa, cor- renti pazzamente di delirio in delirio, se non fossero nati col segno della croce impresso nel petto ? Ma, provatevi a cozzare col fato, che Dio si appropria e si assoggetta col suo volere fermissimo, e vi troverete in un baleno a

72 La vita è un sogno

forze frante ed esauste. Cade trafìtto il povero Clarin ; e Basilio ragiona innanzi al cadavere dell'infelice, che gli insegna come vane risultino le « diligencias... del hombre, quantas dispone contra mayor fuerga y causa ».

* * *

Certo può scuotervi la tragedia del fato, che impera, e fila a suo arbitrio la spola degli eventi umani. Sentirvi nel cuore una volontà indomita di agire; proporvi una meta, e seguitarla, determinati a non flettere; tentare lo sviluppo di tutte le energie morali, e incedere insangui- nandovi il piede per questa via di spine, trafiggendovi Fanima percossa dagli strali della sventura ; e ridere delle ombre nere che vi avvolgono, o non curarle ; alla neces- sità del fato opporre, finche duran le forze, l'obbligo della vostra risolutissima coscienza ; immaginare di salire e salire, benché si cada e si cada ; e alfin soccombere, vinti, ma non prostrati, alla sorte ! Questo flagellare dall'alto non può togliervi la vostra dignità e grandezza. E non indarno entro le tenebre dell'esistenza vibraste la luce dell'anima vostra, prima che vi colga la morte e vi precipiti negli ultimi abissi il destino. Che importa non saper nulla di quanto avverrà, procedendo nei labirinti della vita, e la- sciare che tutta la scienza e la prescienza riposino in grembo a Dio ? Lottate impavidi e imperturbabili, e, pie- gato il capo appena alla sciagura che vi piomba dal cielo, per orribile e spaventevole che risulti, ergetelo all'alto ancora. La vostra responsabilità morale è salva. E può esservi di conforto che si compiano stragi e delitti contro ogni voler vostro. Voi pur non pensaste che a sollevare ed a nobilitare quest'essere, miseramente percosso dai

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 73

turbini e dalle procelle ; e non mendicate felicità, ben sapendo che felicità non può darsi in terra, e che unico retaggio alFuomo sono i rovesci continui di fortuna, le miserie, le delusioni perpetue.

La tragedia di Sofocle vi pone così in cuore una infi- nita pietà. Di fronte al fato avverso che atterra e fulmina inesorabile, e annienta tutti gli sforzi, e torce per vie oc- culte ogni agir retto, vedete robusta e forte, sana e ga- gliarda la fibra umana. Son compressi i gemiti, i lamenti per l'annullarsi di tutto e il correr funesto alla rovina e alla morte. Avvenga quello che dovrà avvenire. Sia pur tesa all'alto la mano che maledice ognora, mai non in- durrà un pensiero temerario a insorgere, per afferrarla, tremante o sdegnoso, perchè si arresti nel suo minacciar fatale. Proponevasi Schiller di ritrarre l'arcano potere della tragedia antica ; e poneva i fremiti di vita e le sen- tenze solenni nel coro della « Braut von Messina ». Ogni ribellione contro il fato si vendica per necessità; affretta gl'ineluttabili destini chi insorge per evitarli, o distoglierli:

Noch Niemand entfloh dem verhangten Geschick, Und wer sich vermisst, es kliiglich zu wenden, Der muss es selber erbauend vollenden.

E l'esperienza di Basilio appunto, nella « Vida es sueno » calderoniana, che vedeva distrutte le « diligencias vanas del hombre » (76).

E naturale che la curiosità sia desta, per veder entro^ sia pure da un minimo spiraglio, il mondo degli arcani, che reggono e innaspano le vicende degli uomini ; e si tenti di avvicinare il gravissimo mistero. Ben ci imponiamo di accontentarci al « quia » ; ma il riconoscibile, l'afferra-

74 La vita è un sogno

bile non ci soddisfano appieno; l'ignoto, l'occulto ci attrag- gono e soggiogano. Entriamo nella vita come in una selva di secreti. E vediamo franta, oscurata ad ogni tratto, la luce che piove dall'alto. Se un filo trovassimo per gui- darci entro il labirinto intricato ! Ad una viva inquietu- dine non sappiamo sottrarci. E i maggiori poeti, quelli massimamente che portano sulle scene i drammi della vita, l'esprimono, punti loro stessi dalle ambasce e torture del mistero. 11 sogno, l'assopimento del corpo, che l'anima vegli, libera, con intensificato potere, produrrebbe il mi- racolo di addentrarci nel mondo delle grandi meraviglie che si sottrae all'azione dei sensi, per quanto acuiti sino allo spasimo?

Una visione ancor rapida, fugacissima, del fluido che chcola entro il cuore dell'universo, ottenuta con una rive- lazione suprema delle scienze più raffinate e accorte, ci conforterebbe, dovessimo anche impallidire della forza fa- tale a cui soggiaciamo. Il sovrannaturale, che si espelle, torna ad affacciarsi insistente, mostrando l'infinita impotenza nell'intreccio che il cuore si arroga degli umani destini. Se tra l'invisibile e il visibile si effettuasse un accordo! Ci sorreggesse la magìa nell'indagare e scrutare irresisti- bile per aver luce e un simulacro di pace ! Kleist, che pur faceva risultare la vita e l'assetto morale del mondo dal più rigido imperativo della coscienza individuale, e, prima di Hebbel, che tanto l'ammirava, aveva fede che il destino sorgesse « einzig der menschlichen Brust », è pur tormentatissimo dal bisogno di spingere lo sguardo entro gli spazi occulti di un mondo che si frappone ad ogni umano agire e deliberare ; più avanza nella vita, più è sedotto dalle scienze che investigano gli arcani della natura e si ricollegano agli arcani della vita ; maggior fede

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 75

presta ai segni celesti (77) e alle previsioni dei veggenti. L'arte sua concreta, limpida, determinatissima, ama vivi- ficare entro un'atmosfera di sogno e le ombre del mistero. Solleva la superstizione a salda credenza. I suoi eroi pre- diletti sono sonnambuli, accesi di mistico ardore; e per- cepiscono, intuiscono con meravigliosa chiarezza e pron- tezza, dotati direste di una seconda vista, negata agli uomini comuni. Passa così di burrasca in burrasca, vitto- riosa di tutti gli ostacoli, invulnerabile a tutti gli attacchi, pronta ad ogni sacrificio, l'adorabile Kàthchen, che ritrova nel sogno e nell'estasi la vita più intensa, la forza mira- colosa d'amore, la fede incrollabile nella missione che Dio le affida, nel destino che dovrà compiersi, malgrado i mille inferni suscitati (78).

Con un soffio vivificatore dall'alto anela allargarsi lo spirito. Troppa è la responsabilità ch'esso deve assumersi, operando col suo unico imperativo. E amerebbe togliersi dalle ambasce più opprimenti con l'aiuto del cielo. Vedi come le previsioni che si azzardano falliscono, come si succedono capricciosi i destini umani, come all'agitar del vento passano le stirpi. Pur, se nelle stelle ti affissi, con un oblìo della tua volontà propria, una letargia mortale ti minaccia ; ti cadon le forze ad ogni decisione che im- prendi. Le stelle non mentono, e posson sorreggerti solo quando rimani fedele alla tua natura, quando agisci con la fermezza del tuo volere. Bada di accenderle entro il tuo petto, perchè sfavillino di tutta la luce « In deiner Brust sind deines Schicksals Sterne », ammonisce Pic- colomini nella tragedia schilleriana. E Wallenstein, più avanza, più crolla il capo agli oracoli invocati ; si avvede della passività che lo consuma ; la sua credenza e scossa ; a poco a poco scompaion le stelle, estinte nei loro cieli,

76 La vita e un sogno

inabili a guidare i destini di quaggiù. Alla soggezione d'un tempo l'anima si è ribellata, e grida la sua indipen- denza. Spettano all'anima le deliberazioni umane decisive e ferme :

Des Menschen Thaten und Gedanken, wisst', Sind nichts wie Meeres blindbewegte Wellen ; Die inn're Welt, sein Mikrokosmus, ist Der tiefe Schacht, aus dem sie ewig quellen.

Sentenza che perfettamente si accorda con la fede umana di Shakespeare, sempre mosso a ricacciar nel cuore il destino, che inquieto tendeva a vagare negli spazi altissimi, e a cercar dimora nelle stelle. Doveva ascoltare Bruto l'ammonimento solenne nella tragedia di Cesare :

The fault, dear Brutus, is not in our stars, But in ourselves that we are underlings.

In noi stessi. E immanente la forza arcana che produce la vita. Come opera non sai; ignori quel che produce; annaspi tu stesso, per tua spontanea volontà, e senz'av- vedertene, la tela degli eventi, che ti sorprendono, ti ac- casciano, ti esaltano, ti distruggono e ti fortificano. Non s'inquietano le potenze celesti per quanto avviene in terra; non si scomodano per venire in aiuto ai grandi e agli umili, a tutti i miserelli che errano, dolorano e sospirano quaggiù. 11 naturale e pur costretto ad assorbire in se il sovran- naturale ; il sovrumano si adagia nell'umano ; la terra si chiude e si sottrae al dominio dei cieli. Nomini Iddio ; accusi il fato ; chi vuoi che fabbrichi i tuoi pensieri, e svegli il tuo intelletto, e ti induca ad agire ? Il re dei commedianti, sollecitato a rappresentare la povera tra-

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 77

gedia della vita dinanzi a Amleto, non è a corto di espe- rienza :

Our wills and fates do so contrary run,

That our devices stili are overthrown;

Our thoughts are ours, their ends not of our own.

uQando ancora si discorre di una forza occulta che so- vrasta agli uomini, e di un cieco destino a cui è follia voler sottrarsi, dimentichiamo che tutte le enormità e mal- vagità minacciate non sono potenze per loro stesse, al co- mando di una perversa divinità che impera fuori di noi, ma emancizioni e manifestazioni elementarissime della na- tura umana medesima ; sono forze insite nel carattere. Non sopprimi gl'istinti della belva che si dimena entro le selve della vita. Bisogna che infuri selvaggia ed operi le sue carneficine.

Il trascendentale è chimera. E ognuno nel suo andar fatale porta con se i suoi paradisi e i suoi inferni. Quale aberrazione pensare, nei rovesci di fortuna, prodotti dalla intemperanza delle nostre azioni, che di ciò abbiano colpa gli astri in cielo, dice il bastardo Edmund nel « Re Lear » (I, 2) : « This is the excellent foppery of the world, that when we are sick in fortune (often the surfeit of our own behaviour), we make guilty of our disasters the sun, the moon and the stars: as if we were villains by necessity; fools by heavenly compulsion ; knaves, thieves and trea- chers, by spherical predominance ; drunkards, liars and adulterers, by an enforced obedience of planetary in- fluence ; and ali that we are evil in, by a divine thrusting on ». Occasione meravigliosa per il miserabile di met- tere a carico delle stelle la sua ribalda natura... : « My father compounded with my mother under the dragon's

78 La vita è un sogno

r

tail, and my nativity was under ' ursa major ' : so that it follows I am rough and lecherous. Fut! I should have been that ì am, had the maidenliest star in the firma- ment twinkled on my bastardising ».

Via adunque con questi ingombri di superstiziose cre- denze; nulla ha di comune l'uomo con gli astri. Contem- plandoli, può soddisfare la sua curiosità di scienziato, senza vaneggiare, immaginando il piovere degl'influssi. Eppure, il mistero che si scaccia, per inneggiare al libero e incon- trastato sviluppo della natura umana, torna invadente nel- l'anima, quando più ti affidi all'impero della ragione e del buon senso. Eliminarlo è vano. S'affaccia alle porte che socchiudi con violenza ; e le apre tacito ; e te lo vedi innanzi, tremante. Evidente segno dell'umana imperfezione, e del torbido nostro aspirare. Lo spirito, che da se agisce, in se attinge ogni energia, e si crea il suo destino, sde- gnoso d'ogni cooperazione estrinseca, nei frangenti estremi e nelle maggiori calamità, freme e vacilla; un sostegno gli occorre ; non regge all'inquietudine ; e sente allora te- mibile una divinità, o spirito superiore, che si agita ed opera e avvince, batte, frusta e dilania la coscienza. A Macbeth è intollerabile il peso del delitto commesso; sprona le forze che minaccian frangersi; e vede con raccapriccio tesa la mano ferrea del giudice supremo che alle sue labbra appresta la coppa del veleno da lei stessa pre- parata. Tornano a fulgere, attente ai destini umani, le stelle impallidite ; e decretan vendetta alle ingiurie e offese : « This shows you are above, | you justicers, that these our nether crimes ! so speedely can venge » (79). Torna a imperare il fato, che abbatte e solleva; e si sommette l'uomo al suo volere : « Fate, show thy force : ourselves we do not owe ; 1 wrhat is decreed must be, and be this so »

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 79

Twelfth Night »). Enrico IV parla di un libro del de- stino, che ognuno avrebbe orrore di aprire, per leggervi i mutamenti e gli sconvolgimenti decretati.

O heaven ! that one might read the book of fate, And see the revolutions of the times,

how chances mock.

And changes fili the cup of alteration

With divers liquors ! O, if this were seen,

The happiest youth, viewing his progress through,

What perìls past, what crosses to ensue,

Would shut the book, and sit him down and die.

Quale verità maggiore può riconoscere Amleto alla fine della sua giornata tormentosa che sapere l'uomo sommesso alle circostanze e contingenze della vita*, più forti' d*ogni suo ardire, trionfatrici d'ogni suo pensiero scrutatore, e l'individuo infinitamente piccolo di fronte al complesso dell'umanità che procede, calpestandolo a capriccio?

* *

Ogni lotta acerba del cuore è risparmiata dal poeta teologo, che mai non^si attenta a svolgere intera l'indivi- dualità umana ; e a quel Dio che risolve ogni dubbio (80), che placa ogni angoscioso dissidio, ogni anelito verso il trascendente, impossibile ad afferrarsi, rimette devoto la forza morale più attiva dell'uomo. La tragedia si annuncia; ma al suo fremito maggiore, come al suo compimento, non si giunge, poiché non lo vuole e non lo tollera Iddio. G)sì, più che sorte dall'impulso dell'anima, dedotte dalla logica ragionatrice, appaiono le massime sagge, prodigate

80 La vita è un sogno

ad ogni occorrenza, sulla libertà umana, l'arbitrio, il vo- lere, il dovere. Come seguirle non sai. Non risulterebbe vana ogni tensione dello spirito, l'affermare veramente ed unicamente la sua autonomia ? O poeta, tenetevi i vostri concetti sulla vita, e dateci la vita essa medesima. Si debbono soffocare i gridi più possenti e strazianti del- l'anima; si debbono sedare all'improvviso le procelle su- scitate. Ad ogni ferita trovasi un pronto e provvido ri- medio. Ed è la mano di Dio che medica, sana e ristora. Ben sapeva Carpoforo quale farmaco più convenisse ai derelitti che ha in cura Los dos amantes del cielo ») : « Os he de curar por », dice risoluto e franco. Del- l'infallibilità di tale rimedio chi mai vorrà dubitare ? « Pues de mi | tomad aquesta lección: | la en todas cosas fué I la que mas facilito | la diflcultad ».

Dai casi fortuiti, da un seguito di circostanze e di eventi che si succedono, piovuti dal cielo, risulta il dramma della vita. Dramma di situazioni, e non di carattere, per necessità. Non può gettarsi lo scandaglio negli abissi dell'anima; o, piuttosto, l'anima è concepita senza abissi e vere profondità (81). Se pur le si impone la lotta e il sacrifìcio, non può temprarsi a grado a grado, o trasfor- marsi. Le esperienze non la piegano e non l'affinano. Ri- mane, come vuole Iddio, decisivamente buona, o decisi- vamente malvagia. Era quindi inevitabile certa uniformità e monotonia nella pittura dei caratteri. Si riproducono con frequenza, e con leggere varianti, sempre docili e ar- rendevoli alle idee del poeta. E tutti li riconosci, non appena si manifestano, e danno segno di vita. Ammiri la fermezza dei principi, quel procedere dritto sulla via bat- tuta, senz'altre esitanze e turbamenti che l'ondeggiare del discorso e la dialettica dei soliloqui prolungati, quel non

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 8f

fallire nello scopo impostosi ; ma, tacitamente, desideri che alquanto li ammollisca l'onda degli affetti e del senti- mento, e si dibattano entro il turbine delle passioni e le tempeste della vita. Dal demonio a Dio v'è lunga scala per assorgere ; ed ameremmo assistere al faticare e an- simare, al vacillare, prima di aver saldo e spedito il piede. L'uomo infine, con le sue debolezze eterne e i continui smarrimenti, ci interessa più del tipo, uscito, armato di tutto punto e inflessibile, dalla perfettissima ragione.

Più che a variare i personaggi che pone sulle scene, seguendo il nascere, il progredire fino all'incendiarsi delle passioni, il poeta doveva tendere ad immaginare abili in- trecci e situazioni, a riprodurre, coll'evidenza e limpidezza dell'arte sua, i capricci e le sorprese del caso. Poiché dal caso, di cui è arbitra l'invisibile Provvidenza, non dal comando interiore, risultano gli eventi. Come gli talenta, colla mobilità del vento che or soffia qua, or là, annoda, disgiunge, accorda, spezza, getta al basso, solleva all'alto, provvede allo svolgersi di quest'esistenza umana, immersa nel mistero dalla culla alla tomba. E vi meravigliate che il poeta, ritenuto sempre assorto tra i Vangeli della sua santissima Chiesa e le carte dei suoi dottori, appartato dal mondo, getti pure in questo mondo, con tanta perti- nacia, uno sguardo così curioso e penetrante, quasi amasse viverci dentro intimamente, e, con tanto pianto nell'anima, sapesse atteggiarsi al riso, per seguire tanta serie e complessità di commedie, di intrighi, di errori, e di in- ganni, gli « empenos », le bizzarrie della sorte, che sole- vano palesarsi nella società degli « Hidalgos », dei cava- lieri e delle dame ove viveva, spassandosi, o soffrendo, nella sua Spagna (82).

In fondo, malgrado il cozzar degli eventi, l'asprezza

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. 6

82 La vita e un sogno

delle contese, i fieri combattimenti, e il dimenar fre- quente di gran colpi nei duelli, sono idilli che si svolgono, funestati a volte dal dolore. Alle grandi risoluzioni e alle conquiste, che si vagheggiano, corrisponde una decisa po- vertà di azione. Ne importa che i maggiori eroi compiano miracoli di audacia e di fermezza. Mancano i Titani nel teatro di Calderon ; e li suppliscono i martiri, gli eroi del patimento, non delibazione. Sappiamo come frangesse Iddio d'un colpo ogni insorgere temerario e ribelle. Pro- meteo è ben morto ; e, se ancora gli accordassero re- spiro gli Dei, se tornasse a minacciar Giove, presumendo di rapirgli le scintille divine, di creare, soffiando lui la vita, lo atterrerebbe in un baleno il fulmine dell'ira sovrana» 1 più spavaldi e fieri, che agiscono con indomati istinti, selvaggiamente ancora, sgomentano, più che coi fatti, con le parole minacciose. Certo non è solo nel tollerare che il poeta raffigura la grandezza morale dell'uomo ; v'è chi sa imporre il proprio volere fermissimo ; sull'offensore della figlia si solleva quell'umile, più possente di un monarca, che è r « alcalde » di Zalamea, capace di amministrare lui, rigorosissima, senza flettere, la sua giustizia; ma l'im- perativo della sua coscienza, robusta e forte, gli è dettato dal codice dell'onore, che deve imporsi a tutti, come legge suprema ; ed è un atto di obbedienza infine la morte che decreta, « el garrote mas bien dado ».

Per rispetto a quel codice, come rapida e decisa corre la mano alla spada, quante vite si spengono, a quali effe- ratezze trascinasi il misero vendicatore ! Eppure, hai l'im- pressione che il dramma non possa svolgersi a profonda tragedia. Nell'eroismo più austero è pur riposta tanta passività. Tanto travaglio del pensiero è pur disceso a logorare le fibre del cuore. La sofferenza non si acuisce

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 83

fino allo strazio e allo schianto. Gli uragani veri deiranima non li esperimenti. E nemmeno si spremono le lagrime vere delle cose. Dio regge e sorregge, prima che Tanima sbigottita, entro la voragine del dolore, nell'ansia mortale « aus tiefer Noth » gridi, invochi dall'alto soccorso. Ben può esclamare « Quien vió tragedia tan grande », chi si conturba agli orrori del « Pintor de su deshonra » ; e s'ode gemere nel dramma « Tambien hay duelo en las damas » : « Habrà cielos, | hombre, a quien en una noche | asalten tantos sucesos, | todos infelices, todos | trà- gicos, todos adversos » ; un cumulo di avversità, di guai e di sciagure che precipitano entro la vita comune, e per un tratto la sconvolgono, non fanno ancora la grande tra- gedia, non producono le grandi catastrofi. Non s'indovi- nano le orrende ambasce che dice soffrire il re d'Irlanda El Purgatorio de San Patri ciò »): « todo el tormento

eterno | de las sedientes furias del infierno | todo su

horror y su tormento | en mi pecho se encierra ».

Il dramma s'apre, annuncia un conflitto, che prontissi- mamente si scioglie, senza svolgimenti. Di tutta la pa- zienza, di tutta la perizia dei psicologi più esperti il poeta della « Vita è un sogno » non saprebbe che farne. Non con- sidera sua missione porre e risolvere problemi dell'anima. Si offrono talvolta alla sua mente conflitti gravissimi si pensi ai drammi « El postrer duelo de Espana », « Antes qua todo es mi dama », « Las tres justicias en una » ; e, s'egli insistesse nello studio del cuore, ritraendo intera la lotta interiore, potrebbe commuoverci, scuoterci nelle vi- scere. Quale tragica situazione nel dramma « Con quien vengo, vengo » : un figlio che combatte per impegno di onore un rivale, e trovasi di fronte nel campo avversario il padre ; il padre che deve pur lottare contro il figlio ;

64 La vita un sogno

immaginatevi i tremiti e le ansie nel cuor di entrambi. Su tanto dolore il pensiero versa la sua doccia glaciale. E il figlio entra in lizza, ragionando: « Si él rinere, he de renir ; haré paces, si hace paces; | que yo con quien vengo, vengo, | y aqui no conozco a nadie ». Come ri- gido, brusco e tronco risulta il dramma combattuto nel cuore di Polemius Los dos amantes del cielo »), che dice di amare e di adorare più degli Dei stessi il figlio voltatosi alla nuova fede, e che rinchiude nondimeno in un carcere, senza pietà, l'infelice a cui diede vita, e decreta a lui e alla donna che ama il martirio, spegnendo in se in un baleno gli affetti più sacri ! Quante passioni fervono entro l'anima di re Enrico Vili, al prodursi della « Cisma de Inglaterra » ; e quante altre si scatenano nel cuore dell'ambiziosissimo cardinale che lo serve I Qui è l'inte- riore veramente che dovrebbe creare la tragedia ; ma della tragedia non abbiamo che gli spunti, le prime mosse ; non sappiamo come il cuore patisca le sue crudeli am- basce e torture ; dei palpiti suoi appena una debol traccia; la passione si risolve in capriccio o puntiglio, che spinge all'azione malvagia e crudele ; e gli eventi si seguono, precipitano, strozzando il dramma nel suo primo sviluppo. La vita verace ride di tutta la filosofia della vita e dei principi ammessi ; ma nella tragedia calderoniana la scon- fitta deve per necessità decretarsi a quanto si oppone a quella filosofia e a quei principi. La punizione spetta al malvagio, il premio al buono. Tutti i turbamenti che avvengono, ingigantiti talora da mostruose iniquità e da feroci delitti, si sedano per legge di natura, e si ristabi- lisce l'equiHbrio, senza che nell'anima si scavi il minimo abisso. Breve è il delirio degli uomini in terra. E, infine, anche il più folle, il più gravato di colpa, e apparente-

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 85

mente il più ribelle, riconosce contrito la sua follia; e si ricongiunge al coro che inneggia alle eterne armonie dei cieli. Inevitabile che la religione e il domma avessero la parte preponderante nel teatro del poeta, e che a com- medie divine si riducessero in ultima analisi le commedie umane ideate. La natura, così meravigliosamente varia e complessa, si semplifica e si restringe ; riduce a breve bo- scaglia il gran labirinto delle passioni ; ammette a prefe- renza i più elementari conflitti tra il bisogno di fede, di acquietamento in Dio, e le seduzioni dei sensi, gli allet- tamenti mondani. Talora il dissidio scelto ad animare il dramma è tra due fedi opposte, il paganesimo e il cristianesimo, oppure tra l'assoluta miscredenza, Tateismo così detto, bollato dal poeta con le ire più sante e con grande ostinazione, e la sommissione devota all'unico Dio, invariabilmente destinata a trionfare. Sempre due mondi in opposizione, finche i due poli contrari, avvicinati a viva forza, si confondono (83). Sempre è battuta la sferza sugli stimoli al godimento inconsiderato e peccaminoso, la libi- dine della volontà mal retta, « inordenada », che addor- menta lo spirito, cagione di stragi nefaste (84). Ai crucci divini non reggono gran tempo gli istinti ribelli ; ed è legge di natura che debbono blandirsi e attutirsi, e che tutto corra all'ultimo approdo, dove è silenzio e pace.

Il dramma risulta così strumento efficacissimo alla glo- rificazione del vangelo di Cristo, che l'universo o tosto o tardi dovrà pur accogliere; e si esalta col simbolo della Croce, arra di pace agli uomini « el madero sobe- rano I iris de paz, que se puso | entre las iras del cielo | y los delitos del mundo », come è poeticamente detto nella « Exaltación de la Cruz ». Perchè trionfi il simbolo della redenzione, si sfidano i maggiori pericoli; si tollerano i

66 La vita e un sogno

maggiori aggravi e insulti; si spengono nel cuore tutti gli affetti umani ; si fa sacrifìcio della donna amata. Tutto getta in un vortice Eraclio, per correre alla difesa del santo legno, e sollevarlo dove più splende al sole: « Sa-

grado leno | qué mucho, qué mucho | que todo el

mundo aventure | por quien salió a todo el mundo ? ». Convertesi talora la tragedia in un martirio dei santissimi eroi, forti ad ogni persecuzione, beati di ogni sofferenza che aggiunga vantaggio e onore alla fede invulnerabile, e innalzati via via sino alla finale apoteosi e alla libertà rag- giunta con la morte.

Perchè la lotta impegnatasi fra lo spirito del bene e quello del male, la luce e le tenebre, il giorno e la notte, riuscisse drammatica, il poeta non disdegna togliere il de- monio al suo Tartaro, e farlo agire ripetute volte in per- sona sulle scene. Facilmente ti accorgi che è pur lui crea- tura voluta da Dio vengo de la licencia a usar que de Dios tengo »), perchè tentasse, aizzasse, spronasse al male, giovando al maggior trionfo del bene e dell'amore divino, che redime e trasfigura. Insidia e patteggia, pro- mettendo il godimento e possesso delle Circi allettatrici ; avvedutissimo e sottilissimo dialettico, infaticabile ragiona- tore — « el demonio, comò opuesto | a las verdades de Dios, I habla apoderado en pechos | tiranamente opri- midos » Los Cabellos de Absalón ») ; conduce le sue vittime al varco del peccato, per lasciare la preda vagheggiata quando s'è mosso Iddio ad operare la neces- saria salvazione. L'uomo stesso è, nel più dei casi, zim- bello inerme dei suoi capricci; e s'aiuta con le preghiere e le ardenti invocazioni. Malgrado il potere tirannico e l'ampiezza della magistratura, che moltiplica in terra gli « schiavi del demonio », l'infelice, che nega, e seduce al

L'universo e l'uomo. Destino umano e Provvidenza del Cielo 87

peccato, è pur prontamente e facilmente sconfitto ; non si capisce com'egli in ogni esperimento si rassegni ad aver sempre la peggio, e nessun'anima sappia veramente gher- mire e trascinare nei suoi abissi.

Quando più gli arride la vittoria, il suo potere si frange. L*anima sbigottita si svincola dai suoi lacci per correre all'amplesso del Signore. Ne occorre il lagrimare sui falli commessi e le larve seguite (85), la virtù purificatrice del pentimento intimo e profondo, perchè la conversione av- venga; la Grazia, che non dovrebbe intervenire, come avverte il poeta medesimo, « sin que el hombre se arre- piente », è istantaneamente mossa ad un cenno dell'Eterno; lava d'un tratto ogni colpa ; muta, trasforma e redime in un baleno. Già si disse come operava il miracolo nel pensiero e nell'opera di Calderon. Dovunque tu volga lo sguardo, vedi indizi del cielo, manifeste prove dell'inter- vento divino in ogni opera umana, « Es todo el cielo un presagio | y es todo el mundo un prodigio », dice un eroe del dramma « La vida es sueno »; in altro dramma, « Saber del mal y del bien », Alvsuo sentenzia simil- mente :

El mundo todo es presagios, El cielo todo es avisos, El tietnpo todo mudanzas, Y la fortuna prodigios (86).

Perchè si tolleri la vita e non si spenga in cuore la speranza conviene essere proni ed umili al miracolo. Eu- genia converte immediatamente alla sua fede un popolo di infedeli coi prodigi prodotti dall'ira che Dio accende in lei El José de las mujeres »). Un altro popolo ri-

88 La vita e un sogno

nuncia di botto all'idolatria, e si vota al Dio dei Cri- stiani, quando vede abbracciati a due legni due giovani che nessuna forza può disgiungere La Aurora de Co- pacavana »). Il miracolo sconvolge per necessità e capo- volge Tessere primitivo. I ravvedimenti della coscienza sono bruschi, istantanei ; non ammettono suggerimenti dalla riflessione. L'azione di Dio, più che da blandizia, è det- tata dalla violenza (87). E le creature sue ne provano l'impeto ; agiscono come a sbalzi, con impreveduti sus- sulti ; sanno che la salute dello spirito solo si acquista mediante una trasformazione improvvisa e completa della natura loro ; immaginano una seconda nascita, che annulla la prima, sciagurata e invisa a Dio : « Ven a que se- gunda I vez nazca del duro seno | de aquesta roca », esclama Guascar nella « Aurora de Copacavana », Sente la virtù del prodigio il gran peccatore del « Purgatorio de San Patricio », uscito alla luce nuova di una nuova vita; « Hoy empiezo a ser otro, | y que nazco nuevamente ». E Basilio, nel dramma sul sogno della vita, esalta il figlio, miracolosamente rifatto agli occhi suoi: « Hijo, que tan noble accion j otra vez en mis entranas | te engendra ».

Amore e Natura.

Di tutte le forze che il sommo Potere dispone per tener congiunto in intimo accordo il creato e vivificarlo col calore del suo respiro, nessuna eguaglia la virtù d'amore. Nell'amore si scioglie il mistero dell'essere. L'universo non ha che un palpito, ed è il palpito d'amore. Muove questa secreta forza ogni cosa in terra ; muove gli astri in cielo; e tutto può, tutto opera, tutto accende. « No hay cosa I que no penetre amor, que amor no emprenda, | desde el empireo al cerco de la luna, | y desde el fuego elemental y puro, | al eterno castigo de las almas », così magnificava l'onnipossente amore un personaggio di Lope La gran columna fogosa de San Basilio ») (88). Cal- deron vede il raggiar d'amore in ogni manifestazione di vita. L'amore è somma di tutte le scienze: « no hay ciencia... | que amor no contenga en si » De una causa dos efectos »); è scienza delle stelle; è la santissima scienza di Dio : « tambien es Dios el amor » . Chiedetevi con Giustina qual sia la gloria maggiore di questa vita, e innumerevoli voci vi risponderanno in coro: Amore - amore - amore.

Poiché si confonde con la divina verità e la divina intelligenza, necessariamente dovrà durare oltre il consu- marsi e il perire d'ogni cosa terrena. Tutto ha termine:

90 La vita e un sogno

« €sto solo no se acaba ». Il vero immortale è Tamore Una fiamma rimane nell'estinguersi di tutto entro la voragine del tempo; ed è una fiamma interiore, l'ardenza dell'anima. Amore ed anima sono una cosa sola, quante volte l'ha pur ripetuto il poeta! Premeva ad Ottavio di inculcare questo vangelo, nel dramma « Con quien vengo, vengo » :

No se apartan jamas Entendimiento y amor. £s amor una pasion Del alma, tan firme en ella, Que a duración de una estrella Se mide su duración ; Un caràcter ó impresión Fija, que Ueva la palma Al tiempo, una dulce calma Que al alma suspensa tiene, Tan alma suya, que viene A ser el alma del alma.

Asi amor y alma en rigor, Juntandose en una calma, O el amor ha de ser alma, O el alma ha de ser amor.

« Amor es alma, y las almas | reinas, no vasallas son ». Jupangui, la regina di un popolo selvaggio La Au- rora en Copacavana »), sa quale indistruttibil forza con- giunga l'amato all'amante : « el que ama y lo amado I son solo una cosa mesma »; e grida pur essa l'eternità dell'affetto che le muove il cuore: « alma del alma, y vida de la vida ». L'amore vi accompagna, tragittando

Amore e Natura 91

all'altra sponda della vita ; e se di qua infunarono le tem- peste, se i desideri cocenti vi sconvolsero e consunsero il cuore, l'amore vivrà al di purificato. Confortasi il misero Tetrarca, determinato, per aver pace alla sua pas- sione struggente, a toglier di vita la donna idolatrata: « si ella a otra vida pasa, | no muere el amor, sin duda, | puesto que no muere el alma. | El no nace de una estrella I ya propicia, 6 ya contraria? | Pues comò faltarà amor, | mientras la estrella no falta? ». Come l'anima stessa, non discende l'amore dalle stelle, e alle stelle non dovrà quindi risalire? Si offende la santità di questa forza di- vina, considerandola attiva unicamente entro gli argini della vita terrena; e non ama veramente chi immagina debba spegnersi la sacra fiamma del cuore oltre la tomba « pues solo amar sabe el que ama | aùn mas alla de la muerte » El Laurei de Apolo »). Di un amor tenace, « después de la muerte », doveva dare solenne esempio il Tuzani delle Alpujarras. E l'infelice Clara trova nella morte il linguaggio della vera passione: « Sola una voz, ay bien mio! | pudo nuevo aliento darme, | pudo hacer feliz mi muerte. | Deja, deja que te abraze, | muera en tus brazos y muera » (89). Tutto assorbe in se infine l'amor divino; tutti i poveri affetti in terra ricadono in seno alla misericordia dell' Eterno. E Dio stesso, « la presenza di Dio in noi », come diranno i romantici della Germania, è il nostro amore che ci anima e che trionfa, come Dio stesso, « de todos despices » La Banda y la Fior »). « Es Dios », grida attonito il mago Cipriano. Ritrovate adunque nell'amore la fonte universale di vita, impossibile ad inaridire nei secoli. E tutta la crea- zione, il mondo animale come il mondo vegetale, rico- nosce l'altissimo potere divino che si esercita su tutto. Il

92 La vita e un sogno

soffio vivificatore d'amore è nel riso di natura, nel verde dei prati, nell'azzurro del cielo, nell'olezzar dei fiori; e dolcemente Diana intende punire pei suoi peccati d'amore la vezzosa ninfa Aura, trasformandola in alata messaggera di gemiti e di sospiri, ispiratrice zelante di affetti soavi e gentili. Quando l'uomo sente spirare in se amore, ritrova il sostegno di Dio più valido; la luce più fulgida gli percote la fronte; afferma allora possente il suo io; egli è signore di se: « dueno de mi mismo ». Chi im- magina trastullarsi con l'amore, dovrà subirne opprimente il dominio. Come burlarsi di questa forza che trascende ogni umano potere?

Di nuovo, con la signoria d'amore, come la concepiva il poeta, si ricade nell'arbitrio divino, che subentra col suo volere fermissimo alla volontà umana. L'amor vero è possesso della divinità, accensione dello spirito in Dio; ed ha pietà del corpo, del gaudio e tripudio dei sensi. Cade l'uomo nel peccato e nell'onta, vinto dalla Lascivia; e allora accorre Amore per liberarlo dalle catene che lo avvincono e ricondurlo alla ragione e a Dio. Il simbolo dell' « auto » « La vida es sueno » torna con frequenza nell'opera calderoniana. Vive come smarrita in terra questa potenza arcana che ha sua vera dimora in cielo; e quando s'agita nel cuore dell'uomo, sempre gli deve ricordare, sollecita, che dall'alto spira l'ardore, che è fiamma sacra quella che accende improvvisa e forte, che son vani i brividi, le frenesie e le estasi, gl'inferni e i paradisi degli amanti, obliati nella loro terra, non essendovi altra salute che in Dio e nell'ascesi. E il grido di Carpoforo: "*« alma, busca al que murió | enamorado por ti », si rin- nova al destarsi di ogni fremito della carne ; umilia, trafuga ogni vana concupiscenza (90).

Amore e Natura 93

Certo, anche fuori di quest'ardenza spirituale, si dibat- tono e si torturano gli eroi di Calderon tra le spire del- l'amore che li avvince. Cuoce talora la gelosia più cupa e demente; delira talora, con impeti di voluttà, e sfrenati, ebbri desideri, l'uomo per la donna, la donna per l'uomo ; tollerano alcuni con fermezza d'animo un lungo martirio; e passano di pena in pena, di disinganno in disinganno, pur di giungere alla vagheggiata unione con la donna amata. Così, dopo lunghe ambasce, volge a se Don Carlos l'amata Leonora, nel dramma « No siempre lo peor es cierto » : « a mas quejas, mas amor, | a mas agravios, mas ansias, | a mas traición, mas fìrmeza ». Si celebrano a dovizia le vittorie e i trionfi d'amore, ottenuti, sia pure avanzando per vie tortuose, con miracoli di avvedutezza e di scaltrezza, persuasi che, imperando amore, ogni altra forza deve cedere e abbandonare il cuore: « quien llega a estar | enamorada, no deja | lugar para otro cuidado | en el alma » El mayor encanto amor »). Ma, alla fusione e trasfusione vera delle anime, che, nel supremo anelito d'amore, dalle Furie e da Dio sferzate, entro i vortici della passione, dimenticano e terra e cielo e Dio e il demonio, restringono a loro unicamente l'universo intero, precipitano l'eternità nel loro palpito struggente, a questo sublime congiungimento il poeta giammai ci conduce.

In fondo, il vincolo d'amore risponde ad un contratto che l'uomo stringe con la donna, ed ha la sua ultima sanzione nelle leggi giuridiche prima di averla nel cuore. Guai a chi frange quel contratto, o minaccia scioglierlo. Tutte le ire solleva su di se. Traevasi così con violenza nei domini dell'anima una forza esteriore, che soggioga, e non tollera ribellioni. II poeta rispetta e riproduce i costumi, le tradizioni, il codice d'amore de' suoi tempi;

94 La vita è un sogno

e non cura, quando il cuore sanguina esigendo la legge sua, di rivendicarne i legittimi diritti. L'imperativo divino gli si confonde con le esigenze della società cortigiana; ac- canto al trono di Dio scorge la reggia del suo monarca. Il suo decalogo è fìsso, e non ammette nuove credenze. Invariabili quindi anche i contratti d'amore che stringono i personaggi dei suoi drammi e li obbligano all'osservanza più rigida del dovere imposto, provocano, per le avversità che sorgono, gli ostacoli frapposti all'unione definitiva, e il battere d'altri cuori che si debbono acquetare alfine, le complicazioni, le lotte, i dibattiti, le sfide, i travesti- menti, i sotterfugi, le fughe, che danno vita alle scene. E siccome trionfa Iddio, per logica necessità, di tutte le vicende umane, lo scompiglio nell'ordine morale presta- bilito è di breve durata; e trionfa il codice, sia pure frangendo o soffocando il cuore.

Il linguaggio della passione, fervido, irruente, tempestoso, interrotto da gridi, e parole tronche, dai silenzi profondi, cede alla scelta e ornata parola dei galanti corteggiatori e cavalieri (91). E imposto il più scrupoloso sistema di vigilanza e di sorveglianza ; ed è obbligo di insorgere al minimo indizio o sospetto di traviamento, di sguainar la spada, e menar colpi, per l'esecuzione di una legge d'onore che non transige. Un'offesa leggerissima, uno svago incon- sulto che si concede il povero cuore, tiranneggiato, può determinare una vendetta crudele e sanguinosa. Si solle- vano talvolta donne e donzelle; s'armano, nuove Marfise e Clorinde; e vanno qua e errabonde, accese nell'a- nima, per selve e pianure ed aspri monti; ma non è la passione fremebonda, irresistibile, che le muove, non l'eb- brezza d'amore, non il bisogno di ritrovar l'amante, si celasse egli pure nel Tartaro, per aver pace. L'audacia è

Imore e

Natura 95

determinata dal desiderio pungente di vendicare l'oltraggio patito, di imporre l'unione che si promise, si concesse e si franse.

*

Qualcosa di sovrannaturale si suppone nella natura della donna; e dovrebbe destinarsi all'elevazione morale del- l'umanità sofferente, servire come di mediatrice fra la terra e il cielo. Spande dolcezza e soavità il femminino eterno; nobilita e trasfigura la vita. Giovasi Iddio della donna per le sue rivelazioni altissime, e il compimento dei suoi miracoli. Al « breve mundo », rappresentato dall'uomo, quante volte il poeta oppone il « breve cielo », il « pe- queno cielo », la « esfera breve », che raffigura la donna (92) ! Si ammansa all'improvviso Sigismondo quando la scorge; e da fiera selvaggia si fa cortegiano. « Mujer, que aqueste nombre | es el mejor requiebro para el hombre, | quien eres? que sin verte, | adoración me debes? ». Dinanzi a lei, come a creatura sovrumana, piegano le ginocchia. Di tutte le meraviglie del mondo non è la donna la mag- giore? « Entre cuantos adornos | ay en el mundo exqui- sitos, I que hermosas son las mujeres! | Los milagros son del siglo » La segunda Esposa »).

Quest'essere, dotato di tanta vaghezza e perfezione di forme, che abbaglia l'uomo ferendolo della sua viva luce, che gli spasimanti e adoratori celebrano con ogni raffi- natezza del dire, rinchiude in se un mondo di affetti e di sentimenti, poco esplorato dal poeta. La sua uma- nità si dissolve troppe volte nel simbolo ; l'individua- lità, più che per l'uomo ancora, è sacrificata al tipo. An- gelo o demonio di bellezza, Venere o Vergine, Beatrice

96 La cita e un sogno

o Fiammetta ha, per voler del cielo, la perfezione, e quindi la rigidezza d'ogni cosa finita; resiste ai nembi e alle bufere; s'esalta, soffre, geme, spera, delira, senza evolversi alle esperienze subite (93). Manca la madre nel teatro del fervente inneggiatore delle glorie di Maria. E se Eraclio, nel dramma « En està vida todo es verdad y todo mentirà », al solo risuonare del nome di donna, diceva sentirsi un'onda di soavità e tenerezza nel cuore la ca- ricia y la terneza | con que su nombre se escucha »), noi pur stentiamo a intenerirci a tutte le opere di pietà e di amore di queste Dee, per cui l'uomo si accende.

E ben vero che una di esse, risoluta e forte, vantata come « bello prodigio », assicura le compagne trovarsi nell'anima la valentia verace ; « y no es | hombre ni mujer el alma » Afectos de. odio y amor »). Combattuta la donna da contrari affetti, cederà a lungo andare l'odio all'amore: « es el amor él que vence ». Vince talora l'uomo nella fermezza e tenacia de' propositi; affronta im- pavida mille ostacoli; all'inesauribil tesoro di dedizione e d'amore aggiunge, quando occorre, un tesoro spettacoloso di sottili inganni, di astuzie e di accorgimenti; ed è miracolo se fallisce nelle imprese tentate. Da schiava, sorvegliatis- sima in ogni moto, bisogna che assurga a libertà, e sappia dominare, dopo lunga obbedienza. L'aiuta la grazia, l'in- canto femminile; ma più ancora la sorregge la scaltrezza. Stentate a riconoscerla talvolta ; la giudicate « agua mansa » ; ma, quando la sbattono le procelle della vita, allora vedrete Clara muoversi come onda tempestosa, e palesarsi la sua natura verace ; ammirerete il suo coraggio virile, troverete « valor é ingenio » sufficiente per confondere e deludere l'audacia dei Don Toribio intraprendenti. Una vezzosa innamorata sbalordisce, come « mujer diablo » e

Amore e Natura 97

« dama duende », folleggiando, comparendo e scompa- rendo, simile a spirito, forte di un suo meraviglioso na- scondiglio.

Pieghevoli ai capricci e alle bizzarrie che guidano l'amore alla vittoria, sono tuttavia nell'anima inflessibili, e resistono ai colpi più gravi della sciagura e del destino, non tocche dalle insidie e malvagie accuse, non mai sgo- mente, o avvilite, come la fortissima Leonora del dramma « No siempre lo peor es cierto ». Stoffa di eroine, sul cui capo il poeta ama porre talora la corona del martirio. Nessuna conquista vera, senza tolleranza e patimento. Ma la povera Caterina, donna santissima, si rinchiude tacita in se, senza soffocare la sacra fiamma d'amore che l'ac- cende; e sen va alla morte, ripudiata dallo sposo, che soggiace al fascino di Anna Bolena. Con infinita rasse- gnazione, ed una pazienza, che supera quella di tutte le Griselde dei drammi e delle novelle, la povera « Nina de Gomez Arias » tollera il martirio inflittole dal cru- delissimo e barbarissimo uomo ch'ella ama. Vive come trasognata, tutta smarrita entro il suo immenso amore. A tutti gl'inferni andrebbe, tutte le torture patirebbe, se un solo sospiro di pietà le venisse da quel suo spietatissimo carnefice, che la strappa ai suoi cari, e, furente, la trascina, la vitupera, la calpesta, l'abbandona, la vende, e ch'ella adora pur sempre, e chiama, infelice: « mi bien », « mi esposo », « mi cielo! » Donde trasse il poeta tanta virtù di ritrarre viva questa fanciulla soavissima e mansuetissima, get- tata così nei vortici della passione più selvaggia e dell'ab- brutimento umano più ripugnante ? Mite e soave, abbandona il suo culto, in un popol selvaggio, la sacerdotessa dell'India Guacolda, rassegnata a tutto soffrire, pur di tener viva la sacra fiamma che l'accende; e fortifica così l'amante con

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. 7

98 La vita è un sogno

la sua stessa fortezza dell'anima ; lo trasfigura, solle van-< dosi con lui alla dottrina vera, a quell'unica fede che ri- posa nel Dio dei Cristiani.

Alcune velleità di ribellione al vassallaggio imposto dall'uomo, immaginate dall'una o dall'altra Amazzone, i pensieri temerari e folli di porre il mondo a girare su altri cardini, presto si frangono, per tornare a quell'ordine e a quell'assetto delle cose, voluto dalla Provvidenza, lasciando « el mundo comò se estaba ». Cristerna, regina di Svezia, ordina e dispone piani di battaglia; si pone alla testa delle schiere belligere; promulga nuove leggi nei suoi stati; e vorrebbe addestrata la donna al maneggio delle armi, piegata allo studio delle lettere, «tomando àhora | la espada, y ahora la piuma » « pues lidien y estudien », da aspirare come l' uomo stesso ai posti pubblici, usando di non minor senno e valentia; ma riconosce alfine, vinta dall'amore onnipossente, la va- nità degli sforzi tentati e delle riforme vagheggiate (94). Che possono giovare a Circe i prodigi di scienza acqui- stata (« asombros de... estudios »), con la convinzione ferma poter la donna, sol volendo, ecceder l'uomo nelle lettere e nelle armi (95) ? Unica virtù conquistatrice è l'amore : « el mayor encanto, amor ». E a che approdano i va- neggiamenti di Coriolano, l'eroe così poco virile del folle dramma « Las armas de la Hermosura » ? Mosso dai lamenti della sposa Veturia, si fa paladino delle donne romane, e dinanzi al Senato ne difende i privilegi ; esige siano tolte da schiavitù, e lasciate agli studi e alle cariche virili, non dovendosi negar loro « ni el manejo de los libros, | ni el uso de los arneses, | sino que sean capaces, | ó ya lidien, 6 ya aleguen, | en los estrados de togas, | y en las lides de laureles », sino a rimettere « todo el honor de

Amore e Natura 99

los hombres | al arbitrio de las mujeres ». Missione della donna è spandere amore, ed essere vinta d'amore. Le armi sue più valide sono i sospiri e le lagrime ; piangendo tutto raggiungono ; placano tutti gli sdegni : « poderoso | afecto es del alma el llanto » « si de amor vencida estàs, I mujer, llora, y venceras ».

Il teologo, sempre attivo a fianco del poeta, tempera e affievolisce il culto per la donna ; ritiene qualcosa del- l'acerbità dei moralisti e sermoneggiatori medievali. Tanto conturba e guasta il terreno l'eterna bellezza, non più atta a raffigurare, pome dovrebbe, l'immagine divina ! Da strumento ch'essa era di Dio, passa, ahimè, con l'accen- sione inevitabile dei sensi, ad essere strumento dello spi- rito del male. Vedete la donna secondare or questo, or quest'altro capriccio, muoversi, cedendo ad ogni soffio di vento, mutar d'aspetto ad ogni tratto. « Mujer es, puesto que hacer | tantas mudanzas la miro », dice Carlos di Diana nella « comedia » « De una causa dos efectos ». Campaspe medesima è costretta ad esclamare, di fronte al suo pittore : « Buen aire es el que no admite | mu- danzas en las mujeres » Darlo todo y no dar nada ») (96). Donna, non smentirai mai la tua natura, dice sgomento Don Carlos all'amante che lo abbandpna, sedotta da una corona che le offre il re dei Britanni La cisma de Inglaterra »).

Sul cammino della vita, già seminato di rovi e di spine, s'aggiungono le Circi tentatrici, perchè lo stento nel pro- cedere sia maggiore, e la meta lontana non più rifulga di tutta la sua luce. Dal fascino muliebre, che ammalia e soggioga, appena ti liberi. Invochi Iddio perchè tu fugga le mille tentazioni : « Donde podrà el cielo | librarnos de una mujer | con belleza y con ingenio? ». Perchè creasti.

100 La vita è un sogno

o Dio, le tue figure così piacenti, e le vestisti di forme così venuste ? L'attrazione che esercitano è fatale ; e sor- gono guai infiniti al raggiar di tanta bellezza. « Hermosura » devasta la terra, corrompe le anime, quanto il peccato e la colpa, allontana dall'amor vero, appare l'ostacolo mag- giore alla conquista dell'eterna salute e beatitudine. « No te previne, Crisanto, | que habian de contrastarte | del deleite los vaivenes | y del amor los combates ? | ... Te rendiste al agradable | hechizo de una hermosura »; così ammonisce Carpoforo, il saggio duce che avvia gli amanti al cielo. L'asceta distrugge quanto il poeta edifica. E l'es- sere divino, che sembrava dover dare al cuore la sua vita, il tremito dell'infinito, l'aspirazione all'eterno, sublimando questa misera e bassa esistenza, ancor ci pone illangui- diti, fuor di speranza, nella polvere. Certo la creazione di Dio fu abbellita dalla donna ; ma ebbe pur con lei il tarlo che rode e consuma. La Fede l'attesta neir« auto » « El sacro Parnaso », ricordando la gran fatica dell'Al- tissimo e il plasmar ch'egli fece dell'uomo, « que todo lo goce », e della donna, « que todo lo dana ».

Tra il dovere e il fascino della bellezza non è mai acerbo conflitto ; naturale risultava al poeta il pronto e assoluto trionfo dell'impegno morale, che l'uomo assume di fronte a Dio, e la sconfitta di ogni seduzione pecca- minosa. Ne era possibile per Calderon drammatizzare soggetti analoghi a quelli svolti da Lope de Vega nelle « Paces de los Reyes », dal Grillparzer nella « Judin von Toledo », e dallo Hebbel nella « Agnes Bernauer ». Che è mai l'individuo, quando è minacciata la felicità di un popolo ? Che può significare per un principe e reggitore di popoli il sacrificio di un'amante, per meravigliosa e divina che sia la sua bellezza, immacolata la sua coscienza?

Amore e Natura 101

E non si dovrà, a cuore leggero, decretare l'eccidio di una donna infelice, che distrae ed ammalia, e suscita guai e sciagure in uno stato, se già Joab, nel dramma « Los Ca- bellos de Absalon », sentenziava:

Ménos importa una vida

Aun de un prìncipe heredero,

Que la comun inquietud

De lo restante del reino ?

*

* *

Dio non tollera una scompagine nell'ordine di questa « fàbrica gallarda del universo », che riflette le ar- monie de' suoi cieli, manifesta i suoi prodigi e i misteri d'amore. Con saggio consiglio aveva provveduto alla crea- zione della natura, prima che alla creazione dell'uomo, spartite le acque dai monti, distese le pianure e gli oceani, accese le stelle. L'informe caos ebbe struttura e vita, l'impronta della bellezza eterna. A tanto miracolo, sempre stupiva il poeta ; e, ne' suoi sacri misteri, non si stanca di narrarlo e di esaltarlo. Ma, al godimento ingenuo della natura, così possentemente animata, egli non si con- cede; non si oblia in lei con ebbrezza e dolcezza del cuore (97). Anela alla luce, osserva rapido, con limpido sguardo, ogni spettacolo, ogni fenomeno (98), e ritrae la sua pronta e nitida visione, senza penetrare veramente oltre la superficie del superbo ammanto della divinità, considerato da lui una superba decorazione. Non è follia pensare che la natura abbia cuore, ed abbia viscere, e tremi e frema al nostro palpito? E non è l'uomo infine il mago capace di dare dell'anima sua, il suo affetto e

102 La vita è un sogno

sentimento, il suo respiro alla natura disanimata che lo circonda, continuando così, per suo ristoro e conforto, l'opera di vivificazione prodotta da Dio ?

Grande torto faremmo tuttavia a Calderon, rinfaccian- dogli povertà o freddezza di sentimento. Quando spon- taneo gli sorge il verso, e sdegna i lambicchi della ri- flessione, attesta la commozione interiore, la musica dell'anima ridata nella parola armoniosa e soavissima. Ama tuttavia possedersi ; e la misura degli affetti è caratteristica di questo poeta, ritenuto comunemente esuberante e gonfio. Bene riesce a spronare la fantasia, perchè ritragga gli Elisi più festosi, i giardini più lussureggianti ; ma frena gl'impeti inconsulti; e non è in lui l'inaudita e morbosa sensibilità ch'era nel Petrarca ; non l'infantile abbandono, l'intima freschezza e giocondità che Lope serbava in mezzo ai più crudi disinganni ; non mai la pienezza degli affetti che ri- gurgita e straripa.

Veste a bruno il pensiero; e addita instancabile il pronto vanire di tutto, l'inanità di tutti gli sforzi umani, pur conservando allo spirito vigore e salute, quell'equi- librio che risparmia al cuore le acerbe trafitture, i sussulti febbrili e gli spasimi, e che male assai qualificheremmo come gelo o impassibilità. Giunge il poeta persino a scorgere nella natura, così sapientemente disposta, certa consonanza con l'anima umana. Ognuno di noi dovrebbe ritrovarvi l'immagine di quanto lo muove al di dentro : « Asi en el harmonia | de la naturaleza | saca el triste tristeza | y el alegre alegria », esclama Diana, nella « co- media » « La criada y la seriora ». E l'uomo s' illude di scoprire fuori di lui una partecipazione gioiosa o accorata al suo gaudio e al suo dolore. Chiama infinite volte a rac- colta le stelle, il sole, la luna, gli uccelli, le piante, i pesci,

Amore e Natura 103

i bruti, cielo e terra, la natura intera, per udire Tintimo suo sfogo, e accogliere gl'inni o i gemiti: « Digan, vean y publiquen, | oigan, miren, noten, sepan » Muger, llora, y venceras ») « Tened làstima de mi » « Sedme testigos » « Mirad mis làgrimas » « Venid todos a llorar » « Repetid con mis lamentos » « Clamad todos impacientes | viendo los agravios mios » (98^). Una solitudine inerte e senza verde, senza suono, obliata nel silenzio più austero, accascia e appare intollerabile : « en los miseros retiros | del Mundo el hombre se ve | abatido y desdichado » La inmunidad del Sagrado »). Triste, oppresso dalla colpa, l'uomo (in quest' « auto ») chiede alla vergine natura ricovero e conforto, la sua protezione benefica :

Troncos, dulces Para mi un tiempo, y ya amargos ; Moradas Flores y Azules, Para mi un tiempo suaves, Y ya ariscas, pues producen Vuestros matizes espinas, Que mas que alhaguen, injurien. Si vuestras redes me amparan, Si vuestras hoias me encubren, Feliz sere aquel instante Que hasta encontrarme, me busque Los ministros de Justicia, Que tras mi el Jardìn discurren. Dadme, pues, en vuestro centro Retirado albergue, ilustre Verde hospedaje, en que pueda Esconderme.

104 La Otta è un sogno

Non può prodursi, per infuriare che faccia il destino, l'abbandono al vuoto e allo squallore, che scava i grandi abissi nell'anima. Corre e serpeggia il rio di balza in balza : « del deseo que me incita, | y del gozo que me mueve I debió aprender sin duda | lo presuroso y lo alegre » El Corderò de Isaias »). Se è turbata la coscienza, se ti preme e ti morde la colpa, vedrai nell'oscurità delle selve, nella tristezza dei prati, nel buio del cielo riflesse le tue « ciegas inquietudes » La inmunidad del Sa- grado' »). Ci è pure un bisogno che ti spinge a confidare le interne ambasce, conversando con gli uccelli che at- traversano l'aria, popolando le solitudini :

Qué alegre y desvanecido

Cantas dulces ruisenor,

Las venturas de tu amor,

Olvidado de tu olvido !

En ti, de ti entretenido,

Al ver cuàn ufano estàs,

O cuanta pena me das

Publicando tus favores !

Pero no ; que si cantas amores,

Tu tendras celos, y tu lloraràs.

(«Los dos amantes del cielo»).

Anche l'accusa di indifferenza alla natura, il con- trasto osservato tra la primavera ridente al di fuori e la tristezza, il pianto dell'anima, anche il gemito che trai, il

lamento : « Que importa « Que importa que

hermosa | borde la primavera | la alfombra lisonjera | de jcizmin y clavel, de nieve y rosa », e mormori con tanta soa- vità e fragranza il vento tutto deve recar sollievo al-

Amore e Natura 105

Taffanno patito, e lenire il dolore alla povera Diana che dispera: « Todo es pesar en mi, todo es tristeza » La criada y la sefiora »).

E non è vero che ai destini prementi sull'uomo debba assistere imperturbabile e serena la natura. S'inquieta anch'essa ; è anch'essa ministra degli alti voleri di Dio (99) ; presagisce, con segni evidentissimi, le sciagure e cala- mità che avverranno. Caduto l'uomo nel peccato, e av- viato a delinquere, la natura annuncia il suo fremito. E si coprono le stelle ; corrono nembi per il cielo : « cali- ginosos y espesos | cometas el ayre vano | cruzan, paxaros de fuego, | bramidos de dolor, | prenada nube gi- miendo, | pareze que està de parto » La Cena de Baltasar »). Cielo e terra si conturbano, minacciano, irati, al manifestarsi di nascite prodigiose che sconvolgeranno i regni e gl'imperi. La prima luce che colpisce Sigismondo coincide col maggiore, « el mas borrendo | eclipse que ha padecido | el sol » « el sol, en su sangre tinto, | entraba sanudamente ! con la luna en desafio... los Cielos se escurecieron, | temblaron los edificios, | llovieron pie- dras las nubes, | corrieron sangre los rios ». Un eclisse spettacoloso, foriero di grandi sciagure, accompagna, simil- mente, la nascita di Rosarda, l'eroina del dramma « Los tres afectos de amor ». Al vacillare dell'impero di Ba- silio, dopo l'insorgere del figlio, « el sol se turba, y se embara^a el viento ; | cada piedra una piramide levanta, | y cada fior construye un monumento; | cada edifìcio es un sepulcro altivo; | cada soldado un esquel etro vivo ». Eusebio, serbato al gran miracolo della « Devoción de la Cruz », deve pur scorgere, cacciando per le fìtte selve, i segni arcani delle sue atrocità e de' suoi delitti : « Se cubrió I el cielo de nubes negras, ì y publicando con

M vita e un sogno

truenos, | al mundo espantosa guerra, | lanzas arrojaba en agua, I balas disparaba en piedra ». Veleggiano sui mari, con le squadre armate, Enrique e il « Principe con- stante » Fernando ; e non segno di letizia il cielo ; certo al di la sventura e la morte attendono. Giunti al polo berberesco, Enrique osserva come il sole:

Amorta jado en nubes, la dorada Faz escondió, y el mar sanudo y fiero Deshizo con tormentas nuestra armada. Si miro al mar, mil sombras considero ; Si al cielo miro, sangre me parece Su velo azul ; si al aire lisonjero, Aves nocturnas son las que me ofrece ; Si a la tierra, sepulcros represento Donde mìsero yo caiga y tropiece.

Decisamente, Calderon va in cerca di una natura capace di dare risalto alle figure dei suoi drammi, so- stegno ai sentimenti, ai timori, alle ansie che riproduce. Sceglie, pondera, immagina, crea all'uopo i suoi contorni, le scene più adatte (100). L'organismo vivente è per lui sfondo al quadro, col necessario seguito di luce e d'ombra. Non ci avverte il Novalis stesso essere « ogni paesaggio un corpo ideale per un particolare stato dell'anima » ? Bisogna che la natura attragga o alletti, turbi o sgomenti ; non può amarla il poeta per se stessa ; deve essa conce- dersi ai suoi scopi, piegarsi al suo arbitrio, soffrire, pa- zientissima, i più capricciosi rimaneggiamenti e adattamenti, vestirsi in gran festa, prender gramaglie, secondo le cir- costanze, e come talenta al suo domatore.

Mancando l'attrazione viva e spontanea, e il godimento ingenuo (101), non è meraviglia che difettino pure la

Amore e Natura 107

semplicità e la naturalezza nelle descrizioni offerte, e si sostituisca alla visione diretta l'esaltazione fantastica, col suo corredo di immagini e di similitudini bislacche, coi fregi e gli addobbi, e il vivacissimo colorito. Entro il lusso decorativo, fra tante perle e filigrane e smeraldi e rubini e zaffiri e topazi, e fiori pomposi, smagliantissimi, stenti a ritrovare il fondo vero, l'anima di questa biz- zarra e ricca creazione del cielo ; desideri quel tocco profondo, delicato e tenero che ti vivo innanzi il pae- saggio, vivificato dal respiro dell'anima dell'artista, e che pur ritrovava lo Shelley, fresco della prima lettura di alcuni drammi calderoniani (102). Tanta era la luce prodigata dal poeta, iguEiro delle nebbie e delle brume del settentrione, con tanto impegno traevasi, « vestida de fìesta y gala | toda la Naturaleza », che Goethe medesimo ne rimaneva abbagliato, sedotto. Dal « Màgico prodigioso », dal « Se- creto a voces », che gli offriva tradotti il Gries, facevasi una immagine ben singolare della Spagna, come di un « herrliches, meerumflossenes, blumen- und fruchtreiches, von klaren Gestirnen beschienenes Land » (lettera del 29 maggio 1810). E i romantici andarono poi a gara ad esaltare le meraviglie descritte, dipinte dal loro eccelso, adoratissimo poeta, che carpiva alla terra e al cielo le gemme più fulgide, per cesellarne il verso; e ritraeva i Paradisi più vaghi, con la fantasia orientale più accesa, la « glùhende Pracht », la « Gefiihlsw^àrme » (103).

Veramente, per i bisogni decorativi del poeta, debbono rifiorire e rinverdire eterne le primavere; deve vestire ogni incanto il « Mayo gentil » ; e noi restiamo attoniti a tanta gagliardia di natura uscita appena dal verno cru- dele; gli occhi si empion del verde, che ovunque si ma- nifesta — « la verde es color primera | del mundo »

108 La vita e un sogno

La Banda y la Fior ») , che colorisce di fino sme- raldo i prati, e brilla sulle fronde, si stende molle tap- peto sui monti, prepara « la verde prision ufana | de la rosa cuando avisa, | que ya sus jardines pisa Abril ^^ Eco y Narciso »), ingentilisce i fiori, nati « de varios colores | en cuna verde » (104). La pompa e il fasto, lo splendore e l'abbigliamento solenne, di cui tanto compia- cevasi il poeta per gli addobbi immaginati, e le scene dei drammi, tradiscono, la preoccupazione, e svisano in parte le tendenze di natura, che, infine, accostavano più all'idillio che alla grandezza chiassosa, più al raccoglimento che all'espansione.

Avvinto alla corte, magnificatore della potenza del suo monarca, Calderon anelava pure alla sua « amena soledad » , a quel tranquillo romitaggio, sospirato da Lope con infinita ardenza dell'anima, invocato nei torbidi della vita da Fray Luis de Leon qué descansada vida | la del que huye el mondanal ruido | y sigue la escondida | senda por donde an ido | los pocos sabios que en el mundo a avido »). E cantava pur lui il « Beatus ille », stanco del rumor mondano, seccato d'ogni splendore e scintillìo. Suggeriva alla sua Polonia del dramma « El Purgatorio de San Patricio » il : « mas precio ver la salva | del dia, cuando llora | blando aljófar la aurora | en los brazos del al va, I y el sol hermoso en ellas | sale con vanidad bor- rando estrellas ». Poneva nel cuore d'una regina infelice, che si distacca dal trono, il lamento : « Ay palacio pro- celoso, I mar de enganos y desdichas, | ataud con panos de oro, | bóveda donde se aguarda | la majestad envuelta en polvo. I ... Ay, enti erro para vivos, \ ay corte » La cisma de ìnglaterra »). Si celava agli uomini allora, si concedeva alle tacite contemplazioni ; e un'insolita tene-

Amore e Natura 109

rezza gl'invadeva il cuore. Alla lira che impugna affida il suo palpito verace. Canta le scene più soavi, gli « ef- fetti » più miti « de la gran naturaleza ». « No has visto providente y oliciosa | mover el aire iluminada abeja, | que, hasta beber la purpura a la rosa, | ya se acerca cobarde, y ya se aleja? | No has visto enamorada mari- posa I dar cercos a la luz...? » La cisma »). Rivive l'Ar- cadia del suo dramma « Eco y Narciso ». Vede un giorno, canta nel dolce e molle verso, calato un uccello nel suo « verde nido | hecho de pajas y yerbas ; | unos po- lluelos tenia, | a quien con su boca mesma | mantenia, en cuanto estaban | desnudos de piuma. Apenas | vestidos Ics vió, y con alas, | cuando, las piedades vueltas | en rigores, los echó | del nido ». I monti, i greggi, le zolle verdeggianti incantano i suoi pastori ; e incantano pur lui l'austero poeta ; e si commuove, giuoca, scherza, apre grandi occhi alle piccole scene ; gli sorgono spontanee le immagini : « Bella selva de Arcadia, que florida j siempre estàs de màtices guarnecida, | ... siendo el Mayo corona de tu esfera, | y tu edad todo el ano primavera ». « Alto monte de Arcadia, que eminente | al cielo em- pinas la elevada frente, | cuya grande eminencia tanto sube, I que empieza monte, y se remata nube, | siendo de tu copete y de tus huellas | las alfombras rosas, y el dosel estrellas ». « Ganados, que en el monte di- vididos I musica sois de esquilas y balidos, | y en la màrgen de aquese arroyo breve | càndidos trozos de cuajadanieve ». | « Pàjaros, que en el ayre fugitivos, | sois matizados ramilletes vivos, | y anadiendo colores a co- lores, I en los arboles sois parleras flores ». « Pàjaro destas montanas, | que con suaves acentos | tan sonora- mente eres 1 dulce confusion del viento ». « Esos

1 10 La vita è un sogno

pàjaros que escucho, | forman tan extraiia y nueva | mu- sica para mi oido, | que arrebatado me llevan | tras sus acentos. Jamas | voces escuché tan tiernas, | aunque escuché tantas veces | las aves, que ai sol despiertan » (1 05). Così, tra il martellare del pensier grave, veniva in- tenerendosi alle armonie misteriose che sussurravano nella solitudine delle sue valli amene, dei prati, dei giardini e delle selve ; ascoltava come « tiernamente murmuran los cristales » delle fonti e dei rivi; ammirava « el de- tenido arroyuelo, | que el murmurar mas suave | aun entre dientes no sabe ». Se gli uccelli « con canciones mas suaves | pasmados tienen a su voz los vientos », le aure stesse soffiano e spirano dolci e arcane melodie ; « al compàs de instrumentos », s*ode il « dulze mètrico idioma de los vientos » (106). Ha un'anima, ha vita e distintissima favella tutto il mondo vegetale ; vivon le piante, i fiori gettati entro la gran valle « de làgrimas y tormentos ».

AIH el sìlencio de la noche fria,

El jazmin, que en las redes se enle^aba,

£1 cristal de la fuente, que corria,

El arroyo, que a solas murmuraba,

El viento que en las hojas se movia,

El aura, que en las flores respiraba,

Todo era amor. Qué mucho, si en tal calma

Aves, fuentes y flores tienen alma?

La cisma de Inglaterra »).

E il poeta sorprende il misterioso linguaggio, le dispute vivaci, la « nueva lid » dello spino, dell'olivo, del cedro, della quercia, dell'alloro, del mandorlo, della vite; e le riproduce nell' « auto » « La humildad coronada de las plantas » (107). Apriva a volte tacita una vena del

Amore e Natura 1 1 I

cuore che sembrava dovesse stagnare, e teneva lungi quello sfolgorìo di immagini e lussureggiar di tropi che ingombrava la fantasia, e sciupava ogni schiettezza e natu- ralezza dell'espressione. Certo non trova egli ancora, e nem- meno ricerca la via che conduce all'interiore, nel peregrinare tra' labirinti e meandri della natura. Non approfondisce il sentimento ; e si tien pago troppe volte di una descrizione vaghissima, o di un'aridissima nomenclatura, o di un'enu- merazione asciutta, che sfiora le cose, o le confonde tra loro. Si oscura la limpida visione entro « lo intricado del monte », « lo intricado de las penas duras » (108), il « be- llisimo laberinto de arboles ». I suoi fiori, i narcisi, i gel- somini — « lyrios », « rosas », « claveles », « alhelies », « azucenas », « almendros », che ingemmano tanta parte della creazione divina, non hanno vita che quando languono, per significare il trapassar rapido di questa vita. Stancano i cieli sempre tersi e azzurri, le albe sempre rosee, i tramonti sempre infiammati. Non esitate, o poeta, a gettare ha tanti splendori le ombre dell'anima vostra. Ma noi dobbiamo pure avvezzarci a rimirar le stelle che sono fiori, i fiori che sono stelle. « Si estrellas del dia son las flores, | flores son de la noche las estrellas » Mejor està que estaba ») (109). Tolleriamo l'intreccio di tante gelide immagini, quel personificare e umanizzare pertinace dell'astratto, il diluviare dei simboli. 1 ruscelli si fanno serpi e serpentelli. Vanta Sigismondo le « Cortes bellas I de la inquieta Republica de estrellas » La vida es sueno », ove è pur memoria della « Republica in- quieta de las aves »; « republica de flores » è detto il giardino nella « Cisma de Inglaterra »). La luna e le stelle, fulgenti neir« alcàzar azul », o neir« azul viril », appaiono quali « abrasadas vireijias | de la majestad del sol » El

] 1 2 La vita e un sogno

Galan fantasma » ; « del cadaver del sol », dirà il poeta ancora, « cenizas son las estrellas » « Amigo, amante y leal »). Il sole, pianeta « siempre hermoso, siempre vivo », « monarca de los planetas », « vida de frutos y flores | y alma de montes y selvas », « aliento de la tierra » La estatua de Prometeo »), quando non è il « corazon del cielo » El Màgico prodigioso ») è il « mayorazgo en fin |de luz » Lances de amor y fortuna »); discende impalli- dendo appena al morir del giorno, nel letto dorato che l'attende. Al suo « diadema » risponde la « ghirlanda » della luna La divina Philotea »), pallido e turgido astro, « pianeta mozàrabe del dia » El castigo sin ven- ganza »), « tremulo Faról i de la Noche, astro incon- stante » El veneno y la triaca »), che risplende in cielo quale « viva imagen de un alma », e dell'anima, come della « humana Naturaleza », riflette le « mudangas » El verdadero Dios Pan ») (1 IO), immagine, altresì, « mas clara ! de la Noche mas hermosa, | pura, limpia, tersa y bianca ».

Una debole traccia appena del sentimento romantico in questo cantore delle glorie del cielo e dello splendore delle stelle, che pur fu l'idolo dei romantici più appas- sionati e devoti; appena qualche cenno fugace agli spazi immensi, ove naufraga il pensiero e si dibatte tremando l'anima (1 I I); non mai la « Sehnsucht » romantica, quella tensione spasmodica verso l'infinito, l'aspirare verso un ignoto al di là, e i lontanissimi lidi, dove cesseranno i desideri e le ansie. Placasi ogni secreta inquietudine; il mistero si scioglie nella assoluta credenza e nel pieno e incontrastato abbandono in Dio.

4

Amore e Natura 1 1 3

*

Lungi dall' invocare l'addensarsi delle ombre, perchè più raccolta e romita l'anima attenda al suo sogno, Cal- deron si turba d'ogni luce mancata, d'ogni nube corrente nei cieli; e sembra intristire allo spegnersi dei raggi del sole, al calar della notte, allor che un velo oscuro in- volge la natura, « luto que ya por la muerte | del sol entapiza el viento » El Purgatorio de San Patricio »). Quel « negro velo », o « manto negro », che si allarga e si allarga, in offesa della luce, « horror del dia, | funesto albergue de la noche fria », quel battere dell'ala notturna « haciendo sombra a la vida », gli mette paura (112). Così poco lieto il suo pensiero, e così sospiroso del se- reno e dell'azzurro dei cieli ! Altri vedono nella notte trionfare lo spirito, obliarsi la caducità umana; egli accosta la notte, nata nel seno degli angeli caduti, « ladrona infame de la media vida » El verdadero Dios Pan »), alla morte, alla colpa, al caos primitivo, al regno delle tenebre eterne ; or la chiama « sirena que aduerme los sentidos », ora « injuria del Oriente », ora « madre de la culpa », ora « aborto del profundo Abismo y sombra del pecado »; e immagina fantasmi tetri che s'aggirano entro le sue ombre nere. Ti assidera la notte, e hai tanto bisogno di calore ! Ti turba, anzi ti annienta la percezione, la facoltà del riconoscere. Non vaneggia chi ritiene avviare la notte alla sublimazione dell'essere, e aprire tacita le porte del- l'assoluto? ,

Per tollerarla, conviene che si illumini pur essa, e che

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. 8

1 1 4 La vita è un sogno

accenda fulgide all'alto le stelle. Allora smette gli orrori e scioglie il gelo; fugate le ombre, scortata dalla candida luna, rivelasi « emula hermosa de la luz del dia » La gran Cenobia »); e tranquillizza, rasserena l'anima « noche hermosa, que con solo | un lucerò resplandeces| mas que el dia con el sol ». Non l'invoca ancora in quella sua pienezza di luce, perchè l'avvolga e protegga; e non immagina che nel labirinto del petto umano ponga la' notte soavi affetti, arcani presentimenti « FuUe der Nacht, umgieb mich, fasse mich, leite mich »; il grido di Stella non è gettato al deserto e ai venti? Rarissime volte gli afflitti e sconsolati la fanno confidente delle loro pene e dell'interno travaglio; e non ha altre compagne Violante, l'eroina del dramma « Gustos y disgustos son no mas que imaginación », che vorrebbe celarsi al giorno, e trovare sfogo nella notte al pianto e al gemito del- l'anima: « pues la noche obscura y fria | es a mi dulce querella | mas que el dia hermosa y bella ».

Questo figlio della luminosa Spagna, che tanto anelava al sole, e avrebbe ritenuto demenza ogni imprecazione alla luce, era pure pronto a rannuvolarsi all'interiore, vedeva rapidi oscurarsi gli astri in cielo, piegare e avvizzire dopo un soffio i fiori più belli in terra, nes- suna posa alla corsa fulminea alla morte. Tutto si dis- solve quaggiù, « al menos soplo ligero | del Aura », dowà sentenziare Sigismondo, al termine del suo sogno verace. E l'immagine del fiore del mandorlo, sbocciato presto, per cadere scolorito al primo trionfo della primavera, dovrà rinnovarsi ognora, come innanzi vedremo, nella mente del poeta. A che tanta festa di colori e di luce, tanto scintillio di gemme? Non è tutto splendore vano di vana bellezza? Le pompe passeranno; e nulla resiste al

Amore e Natura 1 1 5

crollo inesorabile del tempo. Ma è pur forza raddolcire il pensiero amaro e tormentoso, o tenerlo a bada. E il poeta si concede alla fantasmagoria dell'universo; accarezza i suoi poveri sogni; pone entro la luce più radiante e il sorriso della natura le figure della sua fantasia ; e imma- gina onori e grandezze e pompe e spettacoli, per ingan- nare la vita, questa mascherata tragica, o commedia mi- steriosa.

Il problema della conoscenza

e Tidealismo calderoniano.

11 mondo delle apparenze e delle illusioni.

Non si sono stancati i critici di rilevare la gran por- tata filosofica dei drammi calderoniani, che s*annunciano talora come tesi immaginate su questo o quest'altro mi- stero della vita ; e si trovò che il poeta, guidato dal suo pensiero profondo, eccedeva nel concettuale, usurpando il dominio concesso al fantastico, appesantiva le scene col gran pondo della riflessione. Si scoprì non so che dell* « alma germànica» nell'anima calderoniana ; si raffi- gurò il poeta come filosofo originalissimo, elevatissimo, for- tissimo, maestoso, grandioso e solenne, tutto guizzi, tutto sprazzi e balenio di idee. Accanto a Shakespeare lo poneva lo Shelley, sorpreso dalla « depth of thought and subtility of imagination » (1 13) ; « plus haut que Shakespeare » lo disse il Verlaine (114); costruttore di un gran duomo d'idee lo ritenne il Lorinser, traduttore e illustratore degli « autos » (115); « profundo, filosofico observador de la sociedad en que vivia » lo chiamò Patricio de la Esco- sura ; lo Schack, leggendolo, vedeva aprirsi le profon- dità maggiori del pensiero: « schwindelerregende Tiefen des Denkens thun sich auf » (116); ed un compaesano

1 1 8 La vita è un sogno

del Grillparzer, non tenero in verità per la « comedia » spagnuola, Ernst von Feuchtersleben, giudicava la « Hija del aire » frutto di una « ungeheure Conception » (117); Menéndez y Pelayo, al solito ragionevole e penetrante, trova prodigiosa l'allegoria del Calderon, comparabile solo all'allegoria di Dante ; nessuno l'eguaglia nella « gran- deza de las ideas », nel « vigor sintetico y comprensivo » « Y en concepción de mas sublime ongen ... en la expresion sublime del mundo suprasensible e no es Cal- deron, a pesar de los defectos de su manera, el mas legitimo heredero de la musa católica de Dante? » (1 18).

Alla fortezza del pensiero risponde la mirabile coesione e unità, l'armonico intreccio del reale e dell'ideale, del visibile e dell'invisibile, della terra e del cielo.

Veramente, l'occhio mio non scorge queste vertigi- nose altezze e profondità nel poeta della « Vita è un sogno ». E mi chiedo, se il piacere del ragionare, la dia- lettica virtuosità, lo slancio, l'impeto, con cui si espongono le sentenze e gli aforismi della vita, la tendenza al grave, l'amore per i problemi di natura filosofica, l'ampio di- scutere e il sottilizzare pertinace non si sieno scambiati con l'acume, la destrezza e la profondità del vero filosofo. Si vantano in coro le sintesi poderose offerte dal Calderon. Ma sintesi non è, in sostanza, capacità di sviluppo, lo svolgimento esso medesimo, il pensiero maturo, veduto, seguito in ogni sua fase? Tutti gli aforismi, le massime filosofiche non vi danno ancora la filosofia. Bene riesce il poeta a condensare nella parola sua il pensiero altrui; e lo espone con apparente originalità; ma non inventa; e, sopratutto, non spreme i succhi di idee che quel pen- siero involge. Spunta in lui l'idea, e subito è recisa, get- tata lungi; la steriHtà subentra, coperta a stento da, un

n problema della conoscenza e l'idealismo calderoniano 1 1 9

ragionar sottile, che a volte infastidisce. Sicché V idea stessa, per quanto ammirevole e gagliarda, riesce infrut- tuosa. Questa incapacità di svolgimento, riconosciuta da taluni, ma scusata colla foga eccessiva e coll'incuria ge- niale del poeta, è, in realtà, difetto di natura, ed, ahimè, la negazione della profondità stessa. Tanto ha valore la duttilità e flessibilità del pensiero espresso quanto la sua energia iniziale. Or vedete come il pensiero nel Calderon si rinchiude e cristallizza nella sentenza e nel proverbio, simile al baco che si raggomitola nel suo bozzolo, per quivi posare e morire. Le affermazioni sono tronche, recise, assolute, specie di oracoli o di vangeli, ai quali è follia volersi ribellare ; ed hanno maggior risalto ancora dalle negazioni, pure assolute, che si sogliono contrapporre. Il dibattito è tra gli enunciati estremi. E poco s'invoglia il pensiero a percorrere tutta la scala di esitazioni e di dubbi che conduce all'esplorazione del vero, che noi ci illudiamo sia una conquista. Già si disse quale tregua ai maceramenti dell' intelletto imponesse la gran sentenza espressa nel titolo del dramma « La vita è un sogno ». Davvero debbono risolversi prontamente gli enimmi della vita?

Un'idea seduce per quel fermento che ha in se, ge- neratore di altre idee. Un problema risolto, che non si ricolleghi allo scioglimento d'altri e sempre nuovi pro- blemi, appena soddisfa. Bisogna che la curiosità nostra sia sempre desta, che sia stimolata sempre l'aspirazione al vero, e sia continuo, tenace, progressivo il nostro sol- levamento alla luce. La lode che l'acutissimo Friedrich Schlegel intendeva dare al suo divino maestro e poeta Calderon, d'avere cioè non solo espresso, ma anche risolto il mistero della vita, ha, in verità, poco 'senso. Non è

120 La vita e un sogno

nelle forze umane il risolvere l'insolubil mistero ; possiam solo investigarlo, affrontare per ogni lato il problema gra- vissimo, e via via trasmettere il nostro pensiero, che altri riprenderanno e svolgeranno ancora, persuasi che la sola verità concessaci è l'anelito verso questa verità medesima. Determinare, fissare per tutti i giri dei tempi, è compito divino, non umano. Con deliberazione violenta, Calderon trasferiva in cielo i drammi della vita terrena ; e moveva Dio instancabile a soccorso delle sue erranti creature. Quando spunta il dubbio, la prima manifestazione della conoscenza, subito il domma l'assale; lo conquista, quando non lo distrugge. Diceva benissimo il Menéndez : « El escepticismo està en el camino y el dogmatismo en el termino de la jornada ». Poteva sorgere, è vero, un se- creto timore, che avanzando per la via del dubbio, e logorando un po' delle forze attive, interiori, quella via si torcesse, e si annebbiasse l'intendimento da fallire in ogni suo intento; ma sappiamo il poeta presto avvezzo all'impero assoluto della sua credenza, e disposto, per virtù di questa fede, ad ammettere l'intervento incessante del miracolo, che soppianta l'opera della ragione.

Come strozza talora il dramma, quando più si adden- sano le sciagure, e più è acuta la lotta del cuore, taglia similmente il nerbo più vigoroso al pensiero, quando vi aspettate la sua vibrazione o creazione più intensa. S'il- ludeva così il poeta di far avanzar l'uomo, hanco e spe- dito, correndo al suo fine prestabiHto, non incespicando ad ogni tratto, appoggiandosi su stentatissime gruccie. Se un ostacolo appare, subito lo rimuove Iddio. Ma non è Dio stesso, o poeta credentissimo, che fate così precipitare ad ogni tentennare o vacillare dell'uomo, un ostacolo gravis- simo al suo sviluppo autonomo, e al suo procedere dalle

// problema della conoscenza e l'idealismo calderoniano 121

tenebre verso la luce e il sole? L* ascensione facilitata, ponendoci dolcemente affidati, stretti alla groppa del buon Dio, è essa vera ascensione?

Riteniamo ancora quella fissità e rigidezza e incroUa- bilità di principi che già rilevammo come particolare al poeta : i concetti chiariti d'avanzo, determinatissimi, e quindi finiti, che s'impongono al suo filosofare, la tagliente argomentazione scolastica a cui indulge; e comprende- remo come difficilmente egli potesse giungere ad una profonda sintesi filosofica, e dovesse essere negato a riprodurre il divenire, il trasformarsi via via del pensiero che colpisce la mente umana, che è appunto la sua storia, il suo svolgimento. Ammiriamo, se ci piace, la grandezza o grandiosità iniziale, l'elevato concetto che si annunzia all'aprirsi del dramma filosofico o religioso o simboHco calderoniano; ma doppiamente amara sarà la nostra delusione al vedere miseramente e rapidamente illanguidire l'idea che ci appariva così robusta, e iste- rilire la vita del pensiero trasfusa nella vita del dramma e della fede.

Sappiamo come Goethe stesso non lesinasse un tempo gli elogi al Calderon, che tutti allora incensavano; letto il « Màgico prodigioso », nella versione del Gries, scriveva al Knebel, nell' ottobre del 1812: « Es ist das Sujet vom Doktor Faust, mit einer unglaublichen Grossheit behandelt » (I 19). Ma a che approda questa grandiosità, lo slancio del poeta, che sembrava audace e indoma- bile ? Prestissimo cadiamo nel solito dibattito, sostenuto con apparenza di vittoria, e risolto alfine in vergognosa sconfitta dalla dialettica dello spirito del male ; il gran dramma filosofico mutasi all'improvviso in una commedia di costumi (120). E il degenerare o precipitar fatale che

122 La vita e un sogno

avvertiremo pure nel dramma « La vita è un sogno », annunciatosi così formidabilmente serio e misteriosamente solenne, e che, a giudizio dei più, deve aver toccato le profondità maggiori del pensiero.

Ne giova, come si suol fare talora, ricercare le ragioni delle attitudini individuali di un poeta od artista nelle disposizioni particolari ad una nazione, o nei suggerimenti dell'ambiente, quasi rispondessero i singoli cervelli umani ad un modello che Dio plasma per intere tribù e le società collettive. Nelle sue grandi virtù, come nei suoi difetti, Calderon dovrebbe specchiare e l'amico mio . Menéndez che pur lo sosteneva le qualità dell' in- gegno spagnuolo : grandezza iniziale, facilità e limpidezza meravigliose per sorprendere le idee, poca calma, poca pazienza per svilupparle. E convien dire che altri diedero un giudizio non dissimile dell' « ingegno » particolare a chi crebbe sulle terre di Spagna : rapido e forte nel con- cepire, svogliato e stanco nell'eseguire. Ricordo l'arguto Graciàn, che viveva lui stesso di rapidi guizzi e lampi di pensieri, smanioso di tutto condensare fenomenalmente in oracoli, aforismi, epigrammi e sentenze : Vi sono alcuni, diceva, buoni solo per cominciare, ma incapaci di con- durre qualsiasi cosa a compimento. Inventano, ma non continuano, grande è l'incostanza del loro spirito; l'at- tività di costoro è costretta a spezzarsi. Altri cedono alla loro impazienza, ed è il difetto degU spagnuoli. Sudano finche vincono la difficoltà, ma poi si tengono paghi di averla vinta ; non sanno trarre profitto dalla loro vittoria ; mostrano di potere, ma non di volere. Se il disegno è buono, perchè restare al solo abbozzo? (121).

Per gl'indolenti e genialoidi, di attività tutta frammen- ^ taria, questo giudizio può confermarsi. Ma è follia esten-

// problema della conoscenza e l'idealismo calderoniano 123

derlo al complesso degli « ingegni » di Spagna che real- mente produssero e crearono. L'accusa di languore e di inerzia nel volere non colpirebbe l'attività intera dello spirito? Lasciamo le masse ai loro destini ; e proviamoci a studiare l'individuo che ha il suo mondo a se. Non mi sembra che l'accensione rapida dei fantasmi nel Calderon escludesse la pazienza e la calma, quella misura, quel « sosiego » che si esigono per riprodurre intera la visione balenata, e in pieno ordine il seguito dei pensieri ram- pollati nella mente. La foga struggente non era nella natura del poeta. Ed è irriverente accusare di improvvisi languori e stanchezza l'uomo che instancabile attendeva alla rivelazione del suo sogno poetico, e del suo fanta- sticare e immaginare mai non si saziava, godendo di pie- gare un medesimo pensiero alle più svariate espressioni, frangendolo in mille particolari, con cui anima le sue scene drammatiche, le sue allegorie. Questi pazientissimi e perseverantissimi ritorni alle idee dominanti, questa singolarissima ricchezza di addobbi e di arabeschi fanta- stici, aggiunti alle sentenze gravi sul sogno della vita, sulla farsa triste che gli uomini rappresentano, sugl'inganni perpetui della immaginazione, sulla debolezza dei sensi che induce ad identificare l'essere col non essere, sulla vanità d'ogni sforzo umano, sul rapido volo e perire di tutto, sul rifugio unico che deve cercarsi in grembo a Dio, questo insistere perenne sui concetti favoriti, messi a base delle azioni svolte, la ginnastica della riflessione rinnovatasi con freschezza di forze ognora, non ci veramente l'idea di spossatezza volitiva, o di una precipitata liberazione da un turbine d'idee che invadono la mente e più non si riaf- ferrano per distendersi ed evolversi nella pacata e tacita concentrazione.

124 La vita e un sogno

Distratti così da un preconcetto fallace, si svisò la ten- denza vera del genio del poeta ; e si ammise, comune- mente, una profondità fantastica, « asombrosa », ed una non meno immaginaria ricchezza ed originalità di idee, da stupirci che ancora non si sia pensato a mettere in luce ed a riassumere il particolare sistema filosofico calderoniano , strettamente compatto dalle radici alla sommità. Ma, dopo tutto, che male sarebbe confes- sare con franchezza che Calderon, malgrado la gravità delle sue sentenze, è poeta meno filosofico di Lope e di Cervantes, e in nessun modo comparabile a Goethe? (1 22). Perchè ostinarci a ritrovare il filosofo, con succhi nuovi e possenti di pensiero, nel poeta, che infine ha per mis- sione di plasmare le sue figure nel concreto e non nel- l'astratto; e, signore del mondo fantastico, male riesce a dominare il mondo logico? Alla profondità, che è nemica del vacuo e del superficiale, non aspira il poeta quanto il filosofo, riproducendo appunto, con limpidezza cristal- lina, vera, sincera, intera la sua visione ?

* *

Al bisogno di luce risponde un desiderio di conoscenza, di acquistar dottrina, di meditare sui misteri della crea- zione. Paralizzare l'intendimento è da bruto. Se il maggior dono che Dio ci concesse è la ragione, chi non l'usa e cede al cieco dominio dei sensi, offende la sua natura, non vive veramente la vita. Assoluto quietismo, indiffe- rentismo, e ateismo si equivalgono nel concetto del Cal- deron, pronto a battere la sferza sui gaudenti che, senza un pensiero alle cause prime della vita infusa all'universo yo no hize mas que nacer, | sin saber a que nacia, |

// problema della conoscenza e l'idealismo calderoniano 125

corno, ni quando » « A Dios por razón de estado »), libano da ogni calice del piacere, si danno ai pazzi, fu- gacissimi diletti, gridando il doman morremo « ma- nana moriremos » (123). Pensare è amare Dio, farsi degno della sua volontà sapientissima e della sua misericordia. Fuggiamo l'inerzia, solleviamoci dal letargo, non acquie- tiamoci ai primi raggi che ci colpiscono ; dubitare può essere talora un bene, salute del pensiero, indizio di vero ingegno. « La razon de dudar | solo le es dada al In- genio, I el dia que duda, a fin de saber » A Dios por razón de estado »); purché non si ecceda in questa disciplina della ragione ; e si rimetta a Dio lo sciogli- mento degli ultimi dubbi.

Ed è pure vera dottrina saper ignorare quanto igno- rare dobbiamo, non varcare i limiti fìssi al nostro intel- letto, rifuggire da ogni stolta presunzione. « No hay sabio que no ignore mas que sepa » Los Mysterios de la Misa »). C'è tutto un mondo la cui esplorazione riesce vanissima all'uomo, e umilia e frange ogni sua forza conoscitiva; c'è il cuore stesso dell'uomo che rimane un profondo mistero ; mistero impenetrabile lo volle l'Al- tissimo; e pare non ne indaghi egli stesso i palpiti ar- cani : « el interior obscura | cifra es, que no alcanne la conjetura | de la Deydad mayor, que intenta en vano| ver lo interior del corazon humano » Mystica y Real Babilonia» (124). Doveva esperimentare il gran magico Cipriano come l'ignoranza crescesse col progredire dello studio : « acà, mientras mas se estudia, | mas se ignora »; doveva sciogliersi miseramente il patto ch'egli stringeva con Satana per penetrare le viscere del mag- giore dei misteri. Tutta la scienza dei Salomoni più ac- corti non vi darà la chiave che disserra i secreti divini,

126 La vita è un sogno

occulti a tutti; un'oncia di fede può confonderla e ren- derla vana e superflua.

Se, di fronte a Dio, che può tutto, poni la creatura umana, che non ha in se energia verace, la facoltà di dar vita al suo mondo col suo alito interiore, fragilissima per necessità e ben meschina deve risultare l'immagine che si ottiene del mondo esteriore. Non riflettiamo che quanto s'agita e vive al di fuori, vive e s'agita entro noi stessi? Coi sensi, indispensabili alla percezione, va congiunta l'anima ; e tutto l'essere nostro, nella sua unità inscindibile, procede al riconoscimento del vero, sembianza di sta- bilità alla visione che afferra. Risolutamente, per non darci alla sfiducia e alla disperazione, e perchè non sia tolta allo spirito la sua attività libera e spedita, dob- biamo ritenere le sfere altissime abbassate alla terra, ricac- ciato Dio entro l'anima; dobbiamo vedere in noi l'universo, la realtà, la vita, il vero. Per la conoscenza non altro occorre che l'impiego di tutte le forze ardenti dell'anima. L'es- sere si riduce al nostro pensiero. Il mondo rientra in noi ; lo definiamo, definendo la nostra natura. E ritroviamo in noi la sostanza di quanto scorgiamo al di fuori ; in noi la somma dell'esistenza.

Certo il compito supremo serbato al pensiero consiste nel conoscere noi stessi con ogni energia del volere. Se ci staccassimo dall'individualità, in cui s'impronta la vita, per concederci remissivi e languidi al volere di una forza arcana che dovrebbe imperare su tutte le vite dell'uni- verso, porremmo in grembo a Dio una larva disfatta di noi medesimi; e vedremmo sfasciato, discolorito, esanime il mondo. In questa nostra individualità s'intreccia e si trasfonde il fenomeno osservato all'esteriore. Com'essa si rivela, tale risulta la conoscenza. Nella coscienza d'ogni

// problema della conoscenza e l'idealismo calderoniano 127

essere è l'immagine anticipata del mondo entro cui legge ognuno le sue massime particolari e scorge le sue parti- colari rivelazioni. Diceva Goethe con profondo intuito : « Hàtte ich nicht die Welt durch Antizipation bereits in mir getragen, ich vv^àre mit sehenden Augen blind ge- blieben, und alle Erforschung und Erfahrung wàre nichts gewesen als ein ganz todes und vergebliches Bemiihen ».

War nicht das Auge sonnenhaft, Die Sonne kònnt'es nie erblicken ; Lag nicht in uns des Gottes eigne Kraft, Wie konnt'uns Gottliches entzUcken?

Chimerica quindi e assolutamente indistinguibile risulta ogni realtà non calata nel riconoscimento umano me- desimo. Calderon, che faceva legge del disprezzo della vita, spegneva le forze attive individuali, perchè suben- trassero ad esse le forze decisive, onnipossenti di Dio, e metteva un abisso invalicabile tra l'interiore dell'uomo e l'esteriore del mondo, correva con affanno dietro i fan- tasmi del vero ; e si meravigliava, e si doleva, e si ras- segnava infine di approdare sempre al vuoto, all'insostan- ziale e all'effimero, di trovare tutto impalpabile e inconcreto, non mai la minima evidenza del fenomeno sensibile. L'irreale dovrà scacciar di seggio il reale. Un tessuto di apparenze e di ombre sarà il mondo intero.

Torna insistente il pauroso regno delle ombre notturne a questo poeta, portato dal cuore alla luce viva dei pieni meriggi; l'arte sua gl'impone di plasmare nel concreto; e il pensiero gli porge, tiranno e spietato, le immagini vaghe, oscillanti e sempre evanescenti dell' incorporeo ; muove a squadre attorno a lui il popolo smunto e pallido delle astrazioni ; l'induce ad un fluttuar perpetuo tra l'essere

128 La vita e un sogno

e il non essere. Non doveva essere tra le meraviglie del- l'intendimento divino la creazione dei sensi umani, tutti imperfettissimi, e bisognosi di gran freno e gran vigilanza, per non condurre, con l'arbitrio loro proprio, alle pazzie più estreme e irrimediabili, allontanandoci miseramente dalla verità ambita, ingolfandoci ancor più nel labirinto delle illusioni. La ragione attende pavida il risultato della percezione dei sensi (125), per gridare turbatissima : Non mi fido; voi m'ingannate a capriccio.

Quante volte negli « autos » calderoniani la volontà vedesi costretta ad operare in opposizione immediata ai sensi prevaricatori I Non rallentate le briglie, per amor del cielo; sappiate dominare quei ribelli: « No irte tu tras tus sentidos | sino obligalos a que | ellos se vengan tras ti », esorta la Grazia, nell' « auto » « El Jardin de Fa- lerina»; e consola l'uomo che geme: « Si mis sentidos me llevan | tras si, que puedo yo hazer? ». Se perdura in noi assopita la ragione, lo smarrimento di tutto l'essere nostro sarà inevitabile. Mite e conciliante ognora Goethe sentenziava : « Den Sinnen hast du dann zu trauen, | kein Falsches lassen sie dich schauen, | wenn dein Verstand dich wach erhàlt ». L' « intendimento » calderoniano ha un bel confessare: « sin los sentidos no puedo | actos de razon hacer » Los encantos de la Culpa »), dolendosi di non disporre senz'essi che di visioni confuse : « todo es ti- niebla y sombras | para mi el mundo »; in fondo, essa ha per questi suoi vassalli, che la sorreggono nella conoscenza, il più cordiale abborrimento ; e il poeta, assediato dagli scrupoli, non si perita di dichiarare ai sensi la bancarotta più completa.

Una condanna di portata ben maggiore dello scetticismo kantiano, che additava l' irrealità delle rappresentazioni

// problema della conoscenza e l'idealismo calderoniano 129

umane, l'inganno dei sensi, l'impossibilità di avere certezza sulla forma degli oggetti, e la loro sostanza verace (126); poiché, ben oltre il pensiero di Kant, giungevàsi alla nega- zione di ogni virtù di riconoscimento, e si recideva ogni nerbo vitale al pensiero creatore, umiliando, abbattendo l'io, fino a sopprimerlo, soffocando i germi dell'unica verità con- seguibile, unicamente attivi appunto in noi. Doppiamente infelice e impotente l'uomo, che si vede da un lato pre- clusa la via alla ricerca del trascendentale imperscrutabile, che è dominio di Dio unicamente, e dall'altro, nel mondo delle realtà finite e terrestri, vibra con infinita esitanza e grandissimo sconforto il pensiero, incapace di scoprire e toccare la realtà delle cose, fuorviato in eterno dalle appa- renze, dibattentesi, senza rimedio, tra ombre e spettri e mi- raggi vani, sino ad approdare, a vita cessata, all'altra sponda. Del fallace aspirare dell'uomo, che troppo alta al cielo ergeva la fronte, il poeta intendeva offrire un gran sim- bolo neir « auto » « La Torre de Babilonia » ; doveva toccare il memorando castigo a « todos quantos sobervios ] con osada presumpcion | pretenden examinar secretos | que guarda Dios ». E quante altre volte rinnovasi la lezione morale, e s'invita a spegnere in cuore le stolte brame, dovendo pur bastare l'ammirare quei prodigi della divina sapienza che pur vorremmo investigare ! « En tan sagradas materias, | el confesar ignorarlas, | ya es empezar a sa- berlas », dice la « Sabiduria » nell' « auto » « Quien hallarà muger fuerte? ». S'acqueta così Cipriano, e, dal fervore delle sue concupiscenze, dal desiderio di tutto com- prendere, passa alla santa rassegnazione ; insegna lui stesso, prostrandosi all'unico Dio, « que ninguno | se atre va con ciego error | mas que admirar sus secretos, | pero a exa- minarlos no ». Dagli antri del Purgatorio di San Patrizio

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. 9

130 La vita è un sogno

torna Ludovico Enio contrito e rifatto ; gl'istinti selvaggi alfine son domi; neiraffidamento in Dio è raggiunta la pace: « no deseo de saber | secretos, que guarda Dios ». Della verità che è in noi stessi, e che peregrina con noi, erranti per il mondo, si sono perdute le tracce. E non è il poeta nostro sicuramente che incuora a ritrovarle. Va- gabondi fuori del dominio che ci spetta, quale meraviglia se ogni luce che irradia dallo spirito si ottenebra, se ci aggrappiamo alle ombre, e più non ci sovveniamo che la percezione nostra, esclusiva, è l'unica realtà dataci in sorte ?

*

Quella verità, a cui si piegano riverenti le astrazioni personificate degli « autos » calderoniani « iban cayendo a los pies de la Verdad las invenciones de las herejias, las maldiciones de las culpas, ecc. » , è verità evan- gelica, imposta dal domma, riflesso della fede, che tutto assorbe in se, ed è estranea al reale delle nostre rappre- sentazioni. Simbolo che non si. afferra e che non lice indagare come alta manifestazione divina. Tenebrosa pur essa, avvolta in fittissimo velo, la sfinge, che indarno in- terroghi, impone i suoi oracoli. L'adori così, inflessibile e austera dea, che non è mai discesa, e non si è mai mescolata agli uomini, e non si è mai immedesimata in una coscienza. Quell'altra verità umana che si copre con le apparenze è vano fantasma; e sprechi la vita se ti affanni a ricercarla. Nel concetto del cristiano devoto r identificazione tra valore e realtà è un assurdo ; e as- surdo parimenti è volere che l'oggetto coincida col sog- getto, che l'esteriore tutto cali nell'interiore, che il bene rinserri in se il male, il vero si fonda col falso, il celeste

// problema della conoscenza e l'idealismo calderoniano 131

col terrestre, e che l'intera creazione infine non sia che un tutto organico con un sol centro di vita.

Il rifugio nel così detto « mundo de las ideas puras » è scelto appunto per Finsofferenza di un pensiero che si tormenti sul visibile ed il reale, per la sfiducia che cagiona la terra, la propria terra, da cui scaturiscono tutte le gioie e tutti i dolori. Si immagina un volo nelle alte regioni, dove più vicina dovrebbe battere l'ala di Dio, e più luce si concederebbe all'anima ; con un inganno maggiore si tenta deludere il complesso degl'inganni che sembra es- sere la vita intera. Cada su questa vita un velo che tutta la ricopra; e non s'attenti nessuno a squarciarlo, per non inorridire e per risparmiarsi lo schianto. « Frommt's den Schleier aufzuheben, | wo das nahe Schreckniss droht?| Nur der Irrtum ist das Leben, | und das Wissen ist der Tod », così toglievasi al crudo vero la Cassandra schil- leriana.

Nimm, o nimm die traur'ge Klarheit Mir vom Aug' den blut'gen Schein. Schrecklich ist es, deiner Wahrheit Sterbliches Gefass zu sein.

Il vero è crudo ; la realtà è ignobile e plebea ; sulla terra non corrono che fantasmi ed ombre ; apriamoci con l'immaginazione grande varco al cielo. Trasfugate nel celeste, le ansie si placano : e può rinverdire ancora al- l'uom mortale la speranza. Ci avvedremo un giorno che la comoda distinzione tra reale e ideale non ha ragione d'essere, e che la realtà più schietta, serena o torbida, ha pure in se assimilato V idealismo più puro ; ma noi continueremo pur sempre a classificare e distinguere per pigrizia di pensiero e virtù di tradizione, come più ci talenta. S' intende che Calderon subito si noverò tra i

132 La vita è un sogno

maggiori e più alti idealisti; e si pensò che dalla terra immonda egli appartasse, con senso fine e delicato, col- Torrore istintivo per il brutto, le scorie e le sozzure, e la ritraesse purificata, con apparenza di cielo più che di terra (127). Anche si disse ch'egli i^ndesse il reale vestendolo della luce più fulgida ; e lo trasfigurasse, lo sublimasse così (128). Conosciamo infatti l'amore del poeta per le belle e spettacolose decorazioni, la smania di abbellire e di esaltare, la sua ripugnanza a riprodurre i torbidi, gli sconvolgimenti, i deliri, gl'inferni maggiori delle passioni. Il principio del male opera nelle tragedie più del male stesso. Lo scellerato è una concezione d'uomo, ma non uomo vero. Sulle nefandezze si sorvola, per cor- rere alle azioni nobili e generose, degne di rilievo e di esaltazione. Ai selvaggi stessi, come a Sigismondo, escon di bocca pcirole d'oro, sentenze solenni, tutto l'ornatissimo grandiloquio dei cortigiani. Non c'è da temere troppo del loro infuriare ; rapido è il passaggio alla mansuetudine e alla blandizia. Le favole e le belle invenzioni dei drammi s'intrecciano negli Elisi della fantasia; si rispetta il codice dell'onore e della galanteria; ma con una ten- denza spiccata a rialzarne i pregi vantati, e a togliere dalla vita degli eletti le macchie che la deturpano e l'avviliscono. Vi figurate il poeta toccar terra appena, per subito risollevarsi. Goethe poteva rassegnarsi ad avere della vita il « farbiger Abglanz »; una vita nuova doveva immaginare Calderon, e sdegnare i riflessi della vita verace. Nell'aria fingesi Cipriano il suo idolo di bellezza; e l'accarezza, l'adora nei suoi sogni ardenti ; ma gli è negata la figura concreta; e quando pensa di avvicinarla alfine, il vento la dissolve ; e deve esclameire sorpreso : « pues solo fantasmas hallo 1 adonde hermosuras busco ».

// problema della conoscenza e l'idealismo calderoniano 133

I miracoli compiuti dalla idealizzazione vi creano a piacere le figure aeree e angeliche, non contaminate dal terreno e dal corporeo. Le ammiriamo estatici; ma che possono giovarci, o nobile poeta, se mai le potremo strin- gere al nostro cuore, e fredde rimangono ai nostri palpiti, agl'impeti e ai desideri struggenti? Chiamate l'universo che vi circonda una ridda di fantasmi e un oscillar delle ombre ; ma su nei vostri cieli i fantasmi hanno minor con- sistenza ancora; e ci obbligate a naufragar nei regni del- l'impalpabile e dell'etereo. Chi idealizza così, necessaria- mente eccede nel concettuoso, e mena l'arte ad un forzato diporto nel campo intellettualistico. Il mistero, 1' « auto » prendono il sopravvento sul dramma. Le astrazioni fanno ressa ; e fremono la vita non gli uomini, ma i Vizi e le Virtù e le occulte potenze dei Tartari e dei Cieli. Come ineffabilmente strana e fuori d'ogni cognizione dell'arte del Calderon è la fantasia del de Musset, che pareggiava il poeta della « Vita è un sogno » al Mérimée, e li oppo- neva entrambi al Racine e allo Shakespeare, segnando le due vie battute dall'artista!

Par deux chemins suivis il peut sortir vainqueur :

L'un comme Calderon et comme Mérimée, '

Incruste un plomb brùlant sur la réalité,

Découpe à son flambeau la silhouette humaine,

En emporte le moule et iette sur la scène

Le platre de la vie avec sa nudité.

Pas un coup de ciseau sur la sombre effigie,

Rien qu'un masque d'airain tei que Dieu fa fondu.

Cherchez-vous la morale et la philosophie ?

Révez, si vous voulez, voilà ce qu'il a vu (129).

Una bronzea figura così plasmata col metallo incande-

134 La vita è un sogno

scente gettato sul reale! Ma non è naturale che appaia alFuno l'ideale in sembianza di perfetta realtà, e alFaltro il reale vivissimo ritratto dell'ideale più eccelso? Vera- mente, Calderon si tien pago dei suoi rapidi tocchi o assaggi; dalle sue esperienze e osservazioni gli rampol- lano le immagini di vita; e sceglie ancora tra queste immagini le più acconcie ai quadri vagheggiati. Così de- pura; e ti l'illusione di poeta che libera l'uomo dal fango delle bassure, stimolandolo alle eterne ascensioni (1 30). E non ci accorgiamo che all'uomo è subentrata l'umanità, alla figura concreta il pensiero astratto.

Uno sguardo di grande commiserazione è gettato su questa terra, su cui tragittiamo, ospiti di un giorno, esiliati dalla patria vera che è lassù. L'anima sospira la sua prima dimora; e vorrebbe ali per salire. Entro la « Nave del Mercader », che solca i flutti della vita, la Colpa s'avvede come, salendo l'uomo a Dio, ed abbas- sandosi Dio all'uomo, si effettua la mistica unione che redime dal peccato: « a un tiempo mismo | seran en un lazo de hermandad unidos, | divino el humano, y humano el divino ». Dal Corpo, a cui discende, che nulla è, e nulla sarà mai nada soy, nada sere »), ben saprà svincolcirsi l'Anima, consapevole de' suoi destini El Pleyto matrimoniai »):

Patria hermosa en que naci,

Forzada a la tierra voy ;

Pero en qualquier parte soy

La que en mi principio fui.

No ha de haber mudanza en mi.

Que aunque Dios me hizo de nada.

Me hizo eterna ; y desterrada

// problema della conoscenza e l'idealismo calderoniano 135

De està celestial esfera,

Al Esposo que me espera

Protesto que voy forzada.

Protesto que en la prision

Del cuerpo en que he de asistir,

Siempre desearé salir,

Por volver a mi region.

* * *

Attorno airuomo si muove la gran fantasmagoria del- l'universo. E chi l'osserva non solo nulla di stabile vi percepisce, come già un tempo Eraclio, ma vi trova tutto abbaglio, tutto apparenza, tutto inganno. « Las cosas no pasan por lo que son, si no por lo que parecen », av- vertiva Graciàn nell' « Oràculo ». Ogni visione ottenuta oscilla ; i giudizi si perturbano ; e non esci dalla più cru- dele perplessità. « Todo es tiniebla y sombra para, mi el mundo » Los encantos de la Culpa ») (131). E il poeta lo ripete instancabile nelle opere; ne fa come un CEirdine della sua credenza negativa. Commedie degli inganni, degli errori e delle false apparenze sono i drammi che intreccia.

Come sottrarci a questo babilonesco regno della con- fusione, e determinare se sia figura o fantasma, corpo od ombra, vibrazione di luce o ingannevole riflesso, realtà od immaginazione, quanto i sensi percepiscono? La Sibilla dell'Oriente, che è pur fìgHa del sole, e dicesi sferzata dalla collera dell'astro implacabile, deplora tanta ardenza di luce sprecata nei suoi deserti dell'Asia : « adustos todos, | cuando al sol estan, no aciertan | cual es la sombra 6 el cuerpo, I que es todo una cosa mesma ». Non sai a che

136 La vita e un sogno

possano giovare gli occhi che pur affissi nell'azzurro dei cieli. Che discerni? La visione che afferri non è illusione mendace? Pronunci appena un: rimani, e l'apparizione fugacissima è vanita. Empiono gli spazi di questo misero mondo e si agitano invano le « fingidas sombras », che, nel dramma di Eraclio, diconsi sin vida, sin alma y cuerpo ».

Giulia, al vedersi improvvisamente innanzi Eusebio La Devoción de la Cruz »), si chiede sgomenta: « Qué quieres, forma fìngida, | de la idea repetida, | solo a la vista aparente? | Eres para pena mia, | voz de la imagi- nación? | retrato de la ilusion? | cuerpo de la fantasia?] fcintasma de la noche fria? ». Ma è la donna che si ama l'immagine più soggetta a vestir sembianze fallaci e appa- renza di beltà, prontissima a disciogliersi al muoversi di un soffio: « pues en el viento confusas | figuras se repre- sentan, | cuerpos en la fantasia, | y fantasmas en la idea » El Alcaide de si mismo »). Son pur viva, è costretta ad esclamare taluna ; eccomi corpo vero, non ombra : « Federico, no es fingida | està forma que te asienta, | que aun mi sombra, siendo mia, | ni enganara ni fingiera » El Alcaide... »). E Violante, nel dramma « Las tres Justicias en una » : « Mal pudiera, | si yo ilusion, Lope, fuera, | tener alma, cuerpo y voz ». Il dubbio persiste. Dobbiamo scuotere il capo, incerti ed esitanti, ad ogni fantasma che s'avanza. « Tu fingido sembiante no me admira, | aunque tomases forma » , grida Ludovico a Polonia El Purgatorio de San Patricio »). « Idos, sombras, que fingis ( hoy a mis sentidos muertos, | cuerpo y voz, siendo verdad | que ni teneis voz ni cuerpo » La vida es sueno ») (132).

Al demonio tentatore sommamente facile riesce muo-

// problema della conoscenza e l'idealismo calderoniano 137

vere a capriccio, per l'accensione dei sensi di chi vuol ghermire, le Veneri e le Circi, che appaiono in tutta la venustà delle forme, discese anch'esse dalla donna me- dievale, raffigurante il mondo coi suoi allettamenti vani, e, come l'anziana femmina « balba », destinate, al primo sguardo, a perder le carni e le membra belle, per risol- versi in polvere ed ombra. Chi meglio di loro poteva prestarsi al trionfo delle illusioni su quésta scena curiosa e folle della vita? Scomparse, o dileguate, ad orror mag- giore del misero che le insegue con desiderio ardente, lasciano, non già il bel velo, non l'ombra pallida che Paride si trae di Elena nel dramma di Euripide, ma lo scheletro sghignazzante che insulta la bellezza adorata, « un yerto cadaver nudo », « funebre sombra », « un trasunto de la muerte » El Magico prodigioso »). Già il dottore, teo- logo e poeta Mira de Amescua scoteva e impauriva gli animi coi prodigi delle funebri trasfigurazioni; SI suo « schiavo del demonio », dopo tanto aspirare, trovasi in- nanzi la donna sua ridotta a scheletro : « tumba de huesos, cubierta | con un pano de brocado ». Calderon ama ripe- tere il miracolo terrificante, nei drammi e negli « autos », per aggiungere il memento solenne ai delusi e traditi, il piombo delle gravi sentenze : « Asi, Cipriano, son | todas las glorias del mundo ». La bella fabbrica del- l'universo, tanto invocata dall' uomo, nell' « auto » « El Ano santo de Roma », precipita tra vampe di fuoco; e la « Lascivia » sorride e mormora : « Pues estas son, porque asi | pasan las glorias del Mundo ». Tutto traesi seco « el viento » « todo era ilusión | quanto te ofreció aparente ». Si disfanno così le pompe. Nelle ombre funeree si discioglie la bellezza: « Tal vez un ca- daver veas I yendo a ver una Hermosura », dice la Grazia

138 La vita è un sogno

alla « Naturaleza », neir« auto » « El Pintor de su des- honra » « Las humanas glorias son | polvo, humo, ceniza y viento ». Loquace, e compreso della sua dignità e potenza, lo scheletro, nell' « auto » « No hay mas Fortuna que Dios », grida il suo: « Humo, | polvo, nada y viento » ; e moralizza con quel residuo raccapric- ciante della Bellezza, che raffigura : « Sacar de donde cae una I Hermosura, un Esqueleto, | en cuyas manos mirais, | que van a dar comò a centro, | desde al Baculo, al Baston ; | y desde la Azada, al Cetro ; | y pues al espejo suyo I a todos sirve de espejo, | temed, Mortales, temed » (133). Infine, anche l'uomo stesso, che cammina sicuro, e fiero dell'essere suo, può, a tratti, quando a Dio piace, vedersi innanzi la sua effigie verace, comune ai mortali, e sapersi dissanguato e spoglio, larva di morte che occulta un'anima. L'orribile visione colpisce Enio, l'eroe del « Purgatorio de San Patricio » : « Quien eres, yerto cadàver | ... deshecho en humo y polvo? » E gli risponde quell'immagine di lui stesso : « No te conoces ? | Este es tu retrato propio ».

In ogni affermazione della conoscenza umana penetra, a minarla e distruggerla, la negazione. Sei tu veramente, o non rappresenti che un fantasma? (134) « Yo estoy de suerte, | que aun quien soy creo que dudo », meravigliasi Clarin, che ha fumi di saggezza del suo padrone Cipriano. Non vedi distacco tra l'essere e il sembrare, tra la verità e l'apparenza : « tan unas son | la Apariencia y la Verdad » El Santo Rey Don Fernando ») « no hay humano bien | que no parezca verdad | con duda de que lo es »; « no hay humano sentido | que ser men- tirà 6 verdad | pueda afirmar » il dramma di Eraclio si è posta questa sconfortevolissima massima in cuore. La

// problema della conoscenza e l'idealismo calderonìano 139

sola verità che ci persuade è quella del fluttuare e oscil- lare di tutto, che nulla è afferrabile, nulla può durare, nulla è concesso al tuo godimento. Ti ritrovi dolente coi tuoi sogni e gì' inganni ameni, il « corpo » delle tue « illusioni » ; e incolpi la tua immaginazione dei fanta- smi suscitati : « Y vosotras ideas, | que en fantastic(5s cuerpos, | representais, comò en Retratos vivos, | ansias y gozos, a sentidos inciertos » Suerios hay que verdad son »). Don Juan, nella « comedia » « No hay cosa comò callar », contempla resa al sonno l'amata Leonora; e ragiona tra l'ansia e il dubbio: « Ignorada deidad mia,} si eres en està ocasion | el cuerpo de mi ilusion, ! el alma de mi fantasia, | si sombra, que helada y fria | mi imaginación formo? | Como hizo en quien no te amo | mi imaginación efeto? | Luego no eres mi conceto ». Sarà sogno, sarà realtà quanto vede e può toccare?

Davvero vien voglia di supporre un tremito' fatale nella mano di Dio all'atto della gran creazione. O si concesse l'Eterno, ordinando tale cumulo di cose insostanziali, con apparenza di vera sostanza, tale barcollante babilonia, misteriosa, inafferrabile, indistinguibile all'uomo, il più delirante dei capricci? Le povere creature si dibattono senza speranza entro l' incertezza che annebbia e an- nulla l'intendimento, e chiedono alle potenze celesti e anche alle infernali un segno per distinguere, un raggio di luce per squarciar le tenebre : « Dame una senal de que I no es delirio, asombro ó sueno | de mi loca fan- tasia, ! lo que estoy tocando y viendo » allo spirito del male Irene rivolge la sua supplica Las cadenas del Demonio »). Trasecola Lisias a sua volta nel dramma « Peor està que estaba » : « Dejame desenganar, | dejame recònocer, | si es verdad, si es ilusión. | Mas quien en el

140 La vita e un sogno

mundo cree, | que senas, que han de matar, | mentiras pudiesen ser? » La via aìla simulazione e all'inganno, entro il mondo delle illusioni e delle apparenze fallaci, era aperta coscientemente da Dio medesimo ; e non c'era bisogno in verità che il demonio ancora le intorbidasse queste già torbidissime faccende umane, e aumentassero gl'intrighi dell'intricatissima vita le astutissime dame e don- zelle, sempre prodighe di sotterfugi e di malizie; nem- meno occorreva, in tanta tenebrosità e misteriosità di cose, quaggiù in terra, nel correre universale delle ombre, che si abbuiassero ancor più stanze e corridoi, spegnendo candele e rovesciando lumi, e si cercassero nascondigli con tanto affanno, e si coprissero così sollecite di veli le belle signore, senza riflettere che : « tapado es todo el mundo » (135).

sì* ■■'fi i'fi

Quella (( wunderbare Wirrung )) vista nel mondo dal poeta del ((Faust», quell'apparente disarmonia 'delle cose, che si risolve in sapiente armonia (( O Welt... voli Geist der Ordnung, tràger Irrung, j du Kettenrmg von Wonn'und Wehe » ((( Der ewige Jude ») era pur sem- pre confusione assoluta nel concetto calderoniano, voluta così da Dio, e non rimediabile con la infinita s<iggezza divina. Dovunque volgi lo sguardo, nel mondo fisico, nel mondo morale, la menzogna ti colpisce; e, tacitamente, nell'universale inganno, devi pur illuderti di abbracciare il vero (( O qual anda el Mundo entie [ la Mentirà y la Verdad ! » ((( El laberinto del Mundo »). Come in- gannano le ombre, inganna la luce altresì; mentono le acque limpide e chiare; frangono l'immagine del bastone

// problema della conoscenza e l'idealismo calderoniano 141

che vi immergi ((( Mariana sera otro dia»); una continua menzogna è il cielo medesimo; l'azzurro che ammiri è pura finzione: a azul verdad, que miente cristalma», oppure (( mentirà que verdad dice aparente )) ((( Lo que va del hombre a Dios))); (( ese es color aparente, | que la vista para objeto | finge ; que el cielo en efeto ) color ninguno consiente, \ con azul fingido miente | la hermosura de su esfera )) ((( La Banda y la Fior ))). Con siffatta (( mentirà azul de las gentes » (136) il cielo si fa (( hipó- crita de sus galas | pues no son lo que parecen » (137). Bugiarda la luce del giorno; bugiardo il cielo, che real- mente non è cielo, (( siendo... un objeto no mas | de la vista, a quien jamas | su color hallo el desvelo » ; bugiardo quanto splende al sole, quanto su di noi s'inarca, (( pues si a ese darò azul velo 1 no hay verdad, que le acom- pafie... I que habrà, que no nos engafie, \ enganandonos el cielo?» (138). La menzogna infatti è universale, e si estende dal cielo alla terra; intacca e corrompe tutta la creazione; è posta nel cuore della natura, come nel cuore dell'uomo. 1 sensi appaiono l'organo di questo prodigioso inganno. Ingenuo si chiede Aureliano, nel dramma (( La gran Cenobia » : (( Pueden mentir los oidos ? | Pueden en- ganar los ojos ? » ; ed aveva pure, nella sua solitudine sel- vaggia, uscito come Sigismondo dalle tenebre al sole, ri- volto il suo mesto sguardo all'ombra che gli sfuggiva in- nanzi : (( pàlida imàgen de mi fantasia, | ilusión animada, ] en aparentes bultos dilatada », e invocato che pur restasse e non dileguasse : (( no te consuma el viento I si eres fan- tasma de mi pensamiento » .

Il tempo che si consuma non è menzogna anch'esso ? Non è officina di perpetui inganni il nostro vago imma- ginare ? (( Miente mi discurso, miente ] mi imagina-

142 La vita è un sogno

ción ». (( Mienten las voces que formo, [ mienten los suefios que creo, 1 y las fantasmas que ignoro » ((( For- tunas de Andromeda y Perseo »). Tutto l'agire del mondo è menzogna, è la morale evidentissima che risulta dalla « Gran Cenobia » (139). Concedersi alla vita signi- fica concedersi all'orgia della menzogna. Riuscirà quindi certamente più a imporsi, in questa meravigliosa e verti- ginosa danza di illusioni, chi piìi saprà dissimulare e usare di sottili infingimenti. Trionfa così della passione dello sposo la regina, nel dramma (( Gustos y disgustos son no mas que imaginación » ; con un abile gmoco di apparenze la bellissima Violante subentra alla rivale, medica una piaga del cuore, e persuade il re che una semplice « men- tirà )) sollevò in lui (( tanta pasion )), che fu capriccio della fantasia il nuovo e folle amore : « quien creyera | que una imaginación haga ] que se aborrezca de dia [ lo que de noche se ama ? )) ; e si assicura con maliziosa grazia il suo stabile possesso : (( mirad que sera defecto I de una real condición, j el que pueda la mentirà [ mas que la verdad con vos ». Tanta e intima è d'altronde l'affinità tra la menzogna e il vero, da mancarti ogni forza e ogni mezzo per distinguerli tra loro « no hay humano sentido | que ser mentirà ó verdad | pueda afirmar » .

Su questo scambio o confusione vicendevole, che è nell'anima della vita stessa, volgesi, tra errori e inganni fatali, l'azione del dramma di Eraclio, annunciata nella sentenza del titolo : (( En està vida todo es verdad y todo mentirà ». Il coro non so che di solenne e di tragico a questa commedia delle apparenze fallaci e delle delu- sioni e titubanze eterne, e, coli onda delle sentenze, ac- compagna i deliri e i tremiti degli eroi, che si dibattono nella tormentosa incertezza : a Mientras que la duda

// problema della conoscenza e l'idealismo calderoniano 143

I calla, sean sus dichas 1 verdad y mentirà ». Esortasi così a proseguire nell'inganno; poiché ci è negato distinguere e percepire veramente : (( fingimos lo que no somos» [ seamos lo que no somos » ; agitiamo a piacere la gran mescolanza delle umane fantasmagorie ; e culliamoci entro esse. Se chiudiamo, se apriamo gli occhi al sogno della vita, se reale o effimera l'intera nostra esistenza, che importa ? Focas stesso, che muove nel dramma la mac- china maggiore degli incantesimi, e produce gli effetti strani e fantastici, la « apariencia tan rara )), perde la co- gnizione delle cose, e tanto si assopisce da ritenere pur lui verità la gran menzogna (140). Le idee si perturbano; l'atmosfera del sogno è quella che più conviene agli eroi del nuovo dramma. Placasi nell'incosciente la coscienza alfine, rassegnata a procedere entro le irrealità perenni della vita. La perplessità, come ogni altro tormento o dissidio, non ci getta, crudele, entro gli abissi del dolore; ci avvezziamo ad essa, come ad una condizione norma- lissima delle vicende di quaggiù ; e placidi ondeggiamo entro la turba dei misteri. Placido è il lamento di Clotaldo, che straluna all'improvvisa apparizione della figlia Rosaura : no determinarme | si tales sucesos son I ilusiones o verdades » ; e non si tortura Sigismondo, che raddoppia, in breve tratto di vita, le esperienze del suo mentore, e assiste attonito alla confusione estrema dei due mondi:

Pues, tan parecidas A los suenos son las glorias, Que las vercladeras son Tenidas por mentirosas, Y las fingidas por ciertas? Tan poco ay de unas a otras,

144 La vita è un sogno

Que ay question sobre saber

•Si lo que se ve y se goza

Es mentirà, ó es verdad ? (141).

Purché risolutamente si trasportino nella vita di i desideri, gli affetti e le speranze che ci animano nella vita terrena fugacissima. La meraviglia di Aureliano ((( La gran Cenobia »), indeciso se innanzi gli passa un fantasma o un corpo reale, se dorme egli stesso, o ri- mane sveglio, SI placa, e muore nel freddo ragionamento:

Pero que es esto, cielo } En tantas confusiones duermo ó velo, Aunque en mi ya es lo mismo, Cuando en tan ciego, en tan obscuro abismo De un discurso incierto. Lo que dormido vi, sueno despierto.

Calato su tutte le immagini di vita il fìtto velo dell'il- lusione, brancolanti i poveri mortali nel vago e nell'inde- terminato, avanzano trasognati. Vivono essi realmente la vita ? Siamo, non siamo ? Quante volte la dubbiosa do- manda deve sorprenderci ! A tratti, abbiam l'aria di toc- carci, di palparci febbrilmente, per convincerci di aver carni e membra vere. Può darsi che entro il regno delle ombre ci frustino i sensi mendaci, piegandoci ai loro in- ganni. In un ((auto)), (( El nuevo Palacio del Retiro», questi reietti di Dio e nemici dello spirito, il gusto, la vista, il tatto, l'olfatto, si accorgono di non reggere alle funzioni che si arrogano e che impongono despotici : (( Yo no gusto lo que gusto Yo no veo Io que veo Yo no toco lo que toco Yo no huelo lo que huelo )> (142).

// problema della conoscenza e l'idealismo calderoniano 145

Dateci allora, o Dio infinitamente misericordioso, organi nuovi per la percezione, che ci è pure indispensabile, e il discernimento, che ci tolga dalla follia o dalla dispe- razione.

Ma gli eroi del Calderon hanno sfogo e conforto nelle spontanee manifestazioni del loro stupore ; e si danno pace, affermando e negando ad un tempo; meno affranti assai del dormente risveglio che, a trasformazione compiuta, dispera del suo stato e della sua natura, (c Como, puesto que no fuiste 1 tu el que me hablaste y me viste, | fuiste el que yo vi y no hablé ? )), chiede sorpresa Climene ad Apollo. E Aurelia svegliasi, fissando trasecolata il fratello che ha innanzi ((( Afectos de odio y amor ))) : (( Que oigo y miro ? 1 Sueno ó velo 7 Casimiro, ] cielos ! no es està E Casimiro si distrae, ravvivandole il dub- bio : (( No y SI » . (( No y si ? » lo comprenderà Aurelia } (( Como puede ser ] que seas y que no seas ? | Si no es que en sombras me veas E il fratello soggiunge : (( no siendo | y siendo yo )) « siendo yo ) no siendo yo )) (143). Così, fuori d'ogni acerbità e cavernosa tristezza amletiana, con profonda calma e con soave accento, si espongono gli enimmi tormentosi e gravi della vita : dormite o vegliare vivere o morire essere o non essere.

Di una sol cosa puoi avere certezza : non dureresti nella vita, privandoti del potere dell'immaginazione, spogliando le cose del verde che le adorna e allieta. Poiché questa vita è un accozzarsi di parvenze e di ombre, ed ha in unica sostanza quella del sogno we are such stuff ] as dreams are made of )) -— ((( Hombre que mas me

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. io

146 La vita e un sogno

pareces, | sombra, ilusión ó fantasma», dice Leonora a Don Diego, nel dramma « No siempre lo peor es cierto »), per reggerci, converrà agitare a piacer nostro la turba dei fantasmi, produrre tal giuoco di illusioni da render tollerabile almeno l'inganno. (( To sweeten the imagì- nation )) quest'è il grande problema. Da quella piega particolare che può prendere il nostro fantasticar vago, dalle larve o chimere suscitate nei nostri sogni dipende l'esistenza stessa, il succedersi dei nostri affetti e delle sensazioni. Di quale altra felicità dispone l'uomo, sen- tenzia il coro nell'a Edipo )), se non di quella ch'egli immagina possedere? (144). Piaceri, dispiaceri (( son [ no mas que una leve imaginación » . Anticipasi così la (( ré- verie », consigliata e assaporata da Jean-Jacques Rous- seau. (( Le monde réel a ses bornes, le monde imaginaire est infìni », insegna l'u Émile » : (( Ce sont les chimères qui ornent les objets réels; et si l'imagination n'ajoute un charme à ce qui nous frappe, le stèrile plaisir qu'on y prend se borne à l'organe, et laisse toujoursle coeur froid )). Ha ragione il demonio, di fronte a Giustina, che si ri- tiene forte, perchè ancor non volle quanto ha immaginato: (( Llevo la imaginación | pero no el consentimiento )) « En haberlo imaginado ] hecha tienes la mitad » .

Moltiplichiamo le chimere, e figuriamoci, sien pure ombre fuggenti, di stringerle al cuore. (( Pues que la vida es tan corta, | sonemos, alma, sonemos | ...; sonemos dichas ahora ! que despues seran pesares » ((( La vida es suefio ))). Chissà che i fantasmi suscitati appaiano men vani delle cose stesse reali, se veramente riuscissimo ad affer- rarli — « Et je vous aime, ombre des choses, | plus que les choses bien souvent » , così un poeta che ancor vive e sogna (145). Anima di questo mondo fantasmagorico,

// problema della conoscenza e l'idealismo calderoniano 147

perpetuamente ondeggiante, indeterminato e vago, do- vrebb' essere la più indeterminata e vaga delle arti, la musica. Col dileguare dei contorni delle cose, le linee si ammorzano in leggere sfumature. E ti concedi all'onda soave dei suoni, che or qua or sospinge il tenue peso delle immagini ; desideri sempre nuovi e dolci accenti che, con magica suggestione, destino i sogni ed i fantasmi, e li muovano entro il mondo nostro dell'incosciente. Seduce infatti il verso del poeta (146) ed accarezza questo pro- dursi delle lievi immagini, degl'inganni e delle menzogne della vita ; tanta è la dolcezza musicale infusa ; così soa- vemente risponde l'espressione alla voluta allucinazione. L'effetto è ancora cresciuto cogli accordi della Sirena dolcissima ed i cori musicali che si aggiungono con fre- quenza alla gran commedia dell'esistenza umana, e ne accompagnano i viluppi dell'azione, esortando, intimo- rendo, confortando, abbattendo, sollevando, con l'armo- niosa cadenza del coro antico (147).

Passano così, battute dal molle ritmo, le massime gravi che il poeta scande sugli umani destini. Nemmeno chi le esprime ci vede l'amaro e lo sgomente vole nel fondo; s'inebria della musica della parola propria; e dimentica il dolore. Dolce è il sentenziare, quanto dolce è l'imma- ginare. Riconosciamo che è pura farsa quella che svolgiamo in terra col nome di vita; e comportiamoci da bravi attori. (( Es la Vida un girasol 1 que tiene hermosura concierto », dice Alvaro nella (( comedia » (( Saber del mal y del bien » . Con insistenza ben maggiore deve colpirci l'immagine del giuoco, del teatro, di una tribuna, di una scena d'inganni e di apparenze : (c ali the world's a stage | and ali the men and women merely players )). Con lo Shakespeare s'accorda, per necessità, il Calderoni (( en el teatro del

148 La vita e un sogno

mundo | todos son representantes » ((( Saber del mal y del bien»); e l'uomo, nell'istante (( que dura el pape!, es dueno 1 de todas las voluntades » ; e sen va poi al comun regno che eguaglia tutti, a commedia finita. (( Toda la vida humana representaciones es » . Riceve ognuno dai gran reggitore della scena terrestre che è Dio, determinato a muovere la capricciosa azione dell'» auto» « El gran Teatro del Mundo » , a el papel que le convenga » e che raffigurerà, (( con estilo oportuno )) ((( y pues cada uno en su estado ] representa su papel )) (( No hay mas For- tuna que Dios ))). E ci alletta e ci invita la voce dell'attore sovrano :

Venid Mortales, venid A adornaros cada uno Para que representels En el teatro del mundo.

La commedia sarà breve : poco più di un semplice e spedito entrare in iscena, per poi uscirne a parte compiuta, e smettere gli abiti e le gale che si vestirono all'iniziarsi del giuoco fantastico e veloce. Senza più porpora e trono e scettro anche i re, tornati, come gli uomini tutti, alla pol- vere e al nulla, la primitiva sostanza universale. Se in questa farsa, o (( comedia tan mysteriosa » o (( còmica tra- gedia», entro le scene del ((teatro... donde importuna ! representa tragedias la fortuna », (( que a la vista repre- senta I viva muerte, y muerta vida » (148), meglio con- venga gettarvi la lagrima, o gettarvi il riso, non sai ; ma non ti può crucciare la scelta. E nemmeno deve ferire il cuore l'instabilità che è nella natura delle cose, il confondersi di tutti i valori sulla mobile scena dell'universo.

Rinuncia alla felicità che ti promettono i sensi, ed avrai

// problema della conoscenza e l'idealismo calderoniano 149

pace al cuore. La (( bange Wahl )) (( zwischen Sinnengluck und Seelenf rieden )) non ha ragion d'essere. Pensa che tutto è sogno, e tutto giuoco di vane apparenze, che, in realtà, non vi sono sventure come non vi sono lieti eventi, e si equivalgono i (( gustos » ai (( disgustos )) (( porque hasta la muerte | no hay dicha, ó desdicha )) « no hay, miradas sin antojos, ! dichas, ni desdichas » ((( No hay mas Fortuna que Dios »). Cadono persino i contrasti più spiccati, che ammetti nel mondo fisico come nel mondo morale, e dai quali togli le norme di vita, la virtù del- l'esperienza. Si confondono nella mascherata della vita le fisionomie più diverse, gli aspetti più dissimili e con- trari ; e risulta vano il giudizio del (( celebrado ingenio », che ammetteva in ogni cosa (( dos semblantes, ] uno malo y otro bueno )) , persuaso « que a la luz que le miran ( pa- recen bien )) ((( La senora y la criada »). Tutto, senza ri- lievo, posasi su di una medesima linea. E, se ben ritenesti il male diametralmente opposto al bene, se la « Justicia », neir((auto» a No hay mas Fortuna que Dios», è mossa a sentenziare: ce pues hay desde el Bien al Mal, | por juntos que anden, remotos | terminos, con mas distancia | que hay desde un Polo a otro Polo » , nel seguito delle vicende umane osservi peregrinar l'uno con sembianze del- l'avversario: (( el mal con capa del bien», « el bien con capa del mal »; e non ci vien fatto di distinguerli, tanto meschina è la tua conoscenza : (( Ni el Bien, es Bien en la vida, | ni el Mal, Mal; y siendo a si | que no dexan conocerse I uno, ni otro hasta morir » .

La morte segna adunque il netto distacco fra la vita apparente e quella reale e duratura, sottratta alle illusioni dei sensi, e tutta rientrata nei domini del divino e del- Tetemo; la morte pon fine alla commedia folle, che l'uomo

130 La vita e un sogno

rappresenta, per riempiere il tempo assegnato al suo tra- gitto. Non doletevi dei pallidi riflessi che sostituiscono la vibrazione intensa della luce, e del turbinare dei fantasmi e delle ombre, succedute alla fuga delle piacenti e con- crete figure reali. E non immaginate di essere svegli, di toccar con mano l'uno o l'altro ordigno di questa misterio- sissima macchina mondana. La vita è sonno, assopimento nel teneno, entro cui trema un'anima che anela al celeste. Le fantasmagorie infine, gli spettacoli, le trasfigurazioni, il carnevale delle false sembianze, aiuteranno a fuggire l'estremo languore, la passività dello spirito. Senza le povere nostre chimere come nutrire la poesia del cuore ? A chi si doleva degl'inganni e delle ombre mosse entro il (( Sogno di una notte d'estate », Puck porgeva il suo conforto :

li we shadows bave ofFended Think but this (and ali is mended), That you have but slumber'd bere, Wbile tbese vlsìons did appear, And tbis weak and idle tbeme, No more yielding but a dream.

TI sogno e la vita.

Come l'ondeggiar molle, la misteriosa indeterminatezza dell'arte dei suoni sembra l'espressione più acconcia al fluttuare dei fantasmi, all'arcano sussurrare delle voci della natura che ci circonda, nel sogno, similmente, par debba adagiarsi l'intera vita umana, ondeggiante in perpetuo tra l'essere e il non essere. Al dormente spetta l'impero delle illusioni, delle immagini aeree, pronte a formarsi e pronte a disciogliersi. Desti, cogli occhi aperti sul mondo reale, quante volte gli eroi calderoniani, perplessi, atto- niti, si ritengono resi al sonno ancora, invasi ancora e ac- ciecati dalle ombre ! Al « chissà, che ancor dorma », con cu? Clotaldo sorprende Sigismondo (( Porqué quizà estas sonando, 1 aunque ves que estas despierto » , segue la risposta del prmcipe, persuaso d'essere realmente avvinto al sonno, pur parlando e operando come uomo sveglio: (( Pues veo estando dormido [ que sueno estando de- spierto » . Come sonnambuli si avanza ; e si ha timore di uscire dal mondo dell'incoscienza. Si inseguono i leggeri fantasmi; si stringono le ombre dei desideri, le ombre dei pensieri. L'a Entendimiento » stesso, nel « Pleyto matri- moniai » , si accorge di errare al buio di ogni luce : « sin saber adonde voy, | voy trasuna negra sombra ». Maggiore,

I 52 La vita e un sogno

s'intende, è la meraviglia degli uomini veri, che hanno corpo, sangue e carni, e che delle ombre non si soddisfano, e anelano toccare vera sostanza. (( Ojos, otra vez mirais j sombras en el aire vano ? » , chiedesi in sussulto il re nella (( Cisma de Inglaterra ».

Nell'inquietudine a cui sono in preda poco godono i dormenti il beneficio del sogno. Ma è veramente un be- neficio il sogno, che, in tempi remoti, dicevasi concesso unicamente da Dio agli eletti, e negato con ostinazione a chi non aveva fede, lealtà e coscienza ? Il sogno ci im- merge ancora tra i disinganni e le amarezze della vita; non ci distacca dal mondo triste; non rasserena l'anima; e non concede riposo e pace, l'oblio della prosa giornaliera, il trasmigrare leggero in altri mondi, fuori d'affanno e di colpa; serba in i fermenti dannosi; e, come addensa le ombre, muove la paura, i secreti timori nel cuore. U poeta fa del sogno un simbolo ora della vanità, or della colpa, or della letargia morale, or della vita, or della morte. Delirio e frenesia e respiro angoscioso dell'anima nel più dei casi, rarissime volte indizio della volontà di- vina, messaggio di luce per l'avvenire. Opprime e do- vrebbe sollevare, fiaccati e tramortiti i sensi ingannatori nel sonno profondo ; dovrebbe dare ali allo spirito per il libero volo al cielo, pacificare e intensificare la vita. Il sogno in- vece non ha logica, e sorge in offesa della ragione. Il poeta, che lo raffigura e lo personifica instancabile, rispetta l'illogi- cità e l'incoerenza, e non rifugge dalle contraddizioni più palesi. Oscilla e delira lui pure, abitualmente così av- vinto all'idea che lo domiha, ossequioso ai suoi principi; e gli pare rendere chiara la naturalezza, piegando l'imma- gine del sogno a tutti i simboli, adattandola a tutti i significati. E, come il sogno non s'oblia nel suo vago fan-

// sogno e la vita 153

tasticare, e non si pasce di dolcezza, il poeta non si con- cede- in dolce abbandono alla sua creazione ; ai tessuti eterei della fantasia sostituisce troppe volte il lavorio sten- tato e greve della riflessione ; perdura nel concettuoso e nell'astratto, lambiccando il pensiero, aguzzando le sentenze, coniando, fuori del cuore, parole e immagini. Volontariamente aggiunge del piombo all'anima; e l'intri- stisce così, l'intorbida, facendola solo atta a concepire del sogno, che ha pure le sue oasi verdeggianti e i suoi Elisi, i deserti squallidi ed i sepolcri.

La saggezza del poeta ci affligge ; riteniam vane le sottigliezze del suo ragionamento, sprecata la grande dot- trina. Non mendichiamo scienza; ci è ccura la nostra po- vera semplicità, cara anche l'ignoranza stessa; e non ci arroghiamo forza bastevole per risolvere i misteri della vita. S'eran pur maledetti i sensi; or vedesi, con pena e dolore, il potere del sonno, che (( los sentidos embarga », e, privcui- doci delle sensazioni, ci prostra e distrugge, produce (( un letargo, un delirio, | un pasmo, un frenesi » ((( El jardin de Falerina ))) (149). Resi così all'assopimento estremo, ogni attività è morta; non funziona l'intelletto; non opera il vo- lere. Il sonno, la a lisonja e injuria del sueiio » ((( E! tesoro escondido ») merita la condanna che s'infligge ai ladri più rapaci e agli assassini medesimi, poiché ci toglie metà della vita ((( ladrón de la media vida » (( ladrón de casa » «medio ladrón de la vida») (150). Chiamatelo, senza ambagi, omicida prezzolato, (( prestado omicida )) che si insinua in voi, (( con nombre de reposo )), e vi am- mazza senza pietà (151).

Milita con la morte ; reca, sfrontato, i messaggi di morte; anzi si confonde con la morte medesima, e la soppianta nei suoi uffici. Ci è già vicina la morte nascendo, quando

154 La vita e un sogno

gettiamo il primo grido, quando salutiamo la vita col primo pianto. Venire alla luce e uscirne è tutt'una cosa (( pues son a entrada y salida | nazer y morir iguales )) No hay mas Fortuna que Dios »). Similmente, dalla morte non possiamo disgiungere il sonno, « pues son muerte y suefio I una cosa misma )) ((( Darlo todo y no dar nada »). Lo vuole staccato dalla vita il poeta, che pur chiama sogno la vita ({ No es de la vida ni del alma dueno » La Sibila del Oriente ») ; e, quando lo muove sulla scena, conscio del suo potere, in panni da villano, fa che si annunci con enfasi: (( Soy aquel, | que a cobrar va de la humana j vida el tributo primero | que ofrece a la muerte en parias » ((( La Siembra del Senor »). Che altro significa dormire ogni giorno, che soggiacere ad una morte tempo- ranea per rinnovarla ognora ? Non corrisponde il morire e il nascere al dormire e allo svegliarsi ((( La Cena de Baltasar ») ? Il santo Re don Fernando ode il grave ammo- nimento: (( Por real que seas, repara, ) que si no mueres, no vives ] quando piensas que descansas » . Sta per addor- mentarsi Alcuzcuz, con un pensiero alla povera Clara, e ragiona ((( Amar despues de la muerte ») : « Esto es dormer ó morer ? | Mas todo diz que es el mesmo ; | y ser verdad, pues no 1 si me muero, ó si me duermo )).

Lo dicon tutti (152); lo ripetono anche i più umili. Dai libri sacri derivava anche questo vangelo; bisogna consi- derare il sonno come immagine della morte scimmia della morte, dicesi rudemente nello (( Cymbeline » dello Shakespeare (153). (( Mientras la vida | durare, tambien el sueno I de la muerte no sera | otra imagen » , insegna Va auto » « La vida es sueno ». Quale « palida imagen de la muerte » deve pur ricordarlo la Sibilla dell'Oriente al sapientissimo Salomone. E vi sono infelici che, nel sonno.

// sogno e la dia 1 55

vedono raddoppiata l'immagine fatale, e trem.ano per l'ul- tima morte che li minaccia. La povera (( nina » di Gomez Ariaz rabbrividisce di un sogno, che a imagen dos veces fué i de la muerte » ; e geme il (( Pintor de su deshonra » , quando vede resa al sonno la donna sua : (( ay de mi que su sueno I es de dos muertes imagen )) . In pieno accordo con la morte, apre anche il sonno il suo avello all'uomo; ed entro vi pone il cadavere dell'addormentato, un cadavere vivo, come piace esprimersi al poeta, che discorre pla- cido degli umani trapassi, e insiste così sereno sulle im- magini funebri, prodigate e ripetute a suo talento. Vi addita come nei notturni silenzi si costruiscano ai mortali 1 (( breves sepulcros del sueiìo )) ((( El Purgatorio de San Patricio ))) ; come il sonno a deja vivo cadaver | a un hombre » ; (( alberga vivo un cadaver » ((( Darlo todo y no dar nada ))) (154).

L'assopimento d'ogni energia del corpo, la prigionia dei sensi, lungi dallo sviluppare le energie dell'anima, addormentano bene lo spirito, e lo piegano al peccato. Dormire significa languire, morire anche moralmente. Il letargo è fatale. Quando il sonno s'annuncia, nell'a auto » (( La Siembra del Senor », dice risolutamente esser lui (( semejanca de la Muerte y de la Culpa )). Come ci toglie alla luce del giorno, ci spegne la face che arde all'inte- riore ; si fa alleato, servo, ministro della Colpa (( las letales sombras mias ] govierna, dispensa y manda » . Piace talora al poeta segnare un insensibile distacco fra queste dispensatrici delle tenebre (( si de sombra pasé a sueno [ si de sueno a culpa, y della 1 a muerte )) ; così nell'cc auto » « La vida es sueno » ; al dolce canto delle Sirene allettatrici e addormentatrici avanza il corteo dei vizi; facilmente l'uomo si arrende, e dorme: (( el

136 La vita e. un sogno

encanto de mi voz [ se le sabrà adormezer ». Dorme l'uomo profondamente nel mistero simbolico aggiunto al dramma sul sogno della vita ; ma ancor ragiona ; ancor si duole del suo letargo e del delirio funesto, del peccato che col sonno lo avvince : (( que mucho. . . 1 que en bragos de letal sueno 1 negra sombra de la culpa, 1 pues dexó a la muerte viva [ dexe a la vida difunta » (155).

Il peccato maggiore, nel concetto del poeta teologo, è la mancanza di fede o la negazione della fede, l'ateismo, che ama corteggiare col gregge d'Epicuro; ed è naturale che disponga di una abbondantissima dose di veleno so- porifìco, perchè si piombi e si perduri nella letargia piìi profonda e nella assoluta dimenticanza di Dio; naturale ch'esso appaia il nemico sul quale più deve l'uomo in- veire e assestar colpi, e più sia soggetto allo zelo degli apostoli che tuonano il risveglio dal sonno fatale : (( Ay de ti, pueblo infelice, ] ay de ti, misera Hibernia » El Purgatorio de San Patricio »).

Quando ancora era involto nel caos e nel nulla, il mondo dormiva: e si destò solo allorché, alzatasi la mano di Dio, raggiò la luce, e si effettuò la divma creazione. Associasi adunque il sonno alla confusione e alle tenebre ; e va con le ombre e coi fantasmi, immagine pur esso del- l'inganno e dell'irrealtà. Aiuta a produrre le illusioni più vane e più stolte. II suo tessuto è tenue, spregevole. In un attimo si spezza. Dileguano all'aer puro le visioni sorte col sonno :

Mira, que hay que hazer apreclo De ilusiones, que dìbuxa El sueno en el ayre, pues Como imagenes caducas,

// sogno e la vita 157

Si con angustias molestati, O con delicias adulan, En llegando a despertar, Ni son delicias, ni angustias.

(«El Tesoro escondido»).

Con un soffio l'anima, che non dorme (156), può sgom- brare le ombre prodotte, sciogliere e distruggere le appa- renze mendaci, le (( fantasmas... ligeras | del sueno, que introduce esas quimeras | al alma y al sentldo )) . Imma- gina così Lisbia di tranquillizzare il re impaurito dai sogni, nel dramma (( El Purgatorio de San Patricio » . E altri ancora dovranno attendere conforto e sollievo, turbati dalle visioni notturne, tremanti per i guai minacciati : Non badate ai sogni ; ridete di queste vanissime e pallidissime chimere.

Trust not deceptious visions ; dreames are fables

Adulterate Sceanes of Anticke forgeries Playd upon idle braines.

Se con tale dispregio per i sogni Ettore placa i terrori di Andromaca nel dramma di Thomas Heyw^ood (( The Iron Age » (157), l'accorto cardinale che muove le trame del dramma a La cisma de Inglaterra )) toglie gli scru- poli al suo re : (( No haga la imaginación [ desos discursos empeno, ] que las quimeras del sueno [ sombras y fìguras son». Nel cuore dell' ce auto » stesso, (( Suenos hay que verdad son », non gridasi ai mortai? ancora: (( De los suenos J no hay que hacer caso » ?

156 La vita è un sogno

* 5Ì!

Eppure, mentre la ragione da una parte vitupera queste povere chimere, dall'altra le considera partecipi del mi- stero della vita ; le respinge e le accoglie ad un tempK>. Se il mondo terreno altro non è che fantasmagoria vana, lanciata fuori del reale, oscillante e fuggente al nostro sguardo, da non concederci veramente di nulla affencure, i vaneggiamenti del sogno debbono pur far parte del corpo opaco delle ombre e delle immagini, che ondeggia, ine- soluto e effimero attorno a noi. Il poeta della « Vita è un sogno » non è certo tra coloro che amano conside- rare il sogno come la manifestazione e rivelazione più possente dell'anima, fervido respiro della creazione umana nel raccoglimento dello spirito. L'anima, nel suo concetto, appena è tocca dal sogno : il sogno « no es de la vida ni del alma dueno», aveva fatto sentenziare alla sua Sibilla. E non importa che, per amore del contrasto, egli abbia pur voluto significare, ad un punto della (( comedia » <( No hay cosa comò callar », come (( de ser inmortai ! el alma, es clara senal | el sueno » ; questi chiari indizi, egli o non li avverte, o non li cura. Come del pensiero scolastico me- dievale, di cui ha pur fatto il suo vangelo filosofico, troppi residui delle credenze e superstizioni delle età remote egli trascina, per accordarsi con le aspirazioni e le brame ardenti dei romantici, gli ammiratori e incensatori suoi più devoti e fervidi, che nel sogno appunto vedevano la vita più intensa, quella solo degna d'esser vissuta, nel sogno s'immergevano, e vi cercavano le rivelazioni più su- blimi del loro Dio interiore, l'annuncio e la chiave dei misteri maggiori dell'essere, la virtù più attiva per la

// sogno e la cita 159

poesia e per l'arte. « Glaubt mir, des Menschen wahrster Wahn I wird ihm im Traume auf getan )) , pensava Ri- chard Wagner, che nell'atmosfera del sogno e dell'estasi ideava le creazioni più possenti.

Già il Guarini cantava nel molle verso il destarsi vivo dell'anima quando il corpo prostravasi al sonno:

Non è sempre co' sensi

L'anima addormentata.

Anzi, tanto è più desta

Quanto men traviata

Da le fallaci forme

Del senso, allor che dorme.

« Nessuno giunge più vicino alia verità che il sogna- tore » (( Chi piange in sogno è giunto a ciò che vuole ( è giunto alfine a ciò che implora invano», così, ai nostri, sentenziava il più tenero e sinceramente afflitto dei poeti sognatori. Ne credo sapesse il Pascoli la vita costante ordita nel sogno dai romantici del buon tempo, il perpetuo intreccio immaginato tra fantasia e realtà, ({ dass man ertràumte Thaten sich fiir getane anrechnet und Stolz ist auf das, was man sein oder thun mòchte, als ware man es schon oder hàtte es schon getan ». Il Bren- tano, a cui sfugge questa confessione, stringe vasi con ansia febbrile ai sogni, vedeva dileguare come nebbia al vento ogni realtà, e s'accordava col fantasticare bizzarro della sorella Bettina : (( Ich thue meine grossen Thaten alle im Traume. Und dies ist w^as mich oft erschreckt, dass ich im Lande der Phantasie mir eine grosse Rolle auserwàhlt habe, die ich zwar ohne Gefahr spiele, die aber nicht die Wirkìichkeit beriihrt». La fiaba è il dramma di vita che più voluttuosamente pregustano i sognatori pertinaci.

160 La cita è un sogno

cullati dalle onde del misticismo che li invade. Morta ramante, rinasce a vera vita nel sogno. L'anima la scorge vicinissima a sé; e l'accarezza, non più come fantasma, ma come figura reale. Il soliloquio mutasi in colloquio ardente. Viva si affacciava la sposa defunta al Novalis, negli alti silenzi della notte; la visione lo rapisce, lo solleva al cielo, sublima tutto l'essere suo: (( Ich weiss nur, dass der Welt Getììmmel | seitdem mir wie em Traum verv^eht, ] und ein unnenbar sùsser Himmel | mir ew^ig imGemiithe steht ». Non certo per nostra maledizione Dio ci concesse la facoltà di suscitar fantasmi nel sogno; e bisognerà che in un modo o nell'altro i sogni si accordino coi palpiti ed i sospiri del cuore, ed entrino nel reale dell'esistenza stessa. Quanto noi esperimentiamo nel sogno, diceva il Nietzsche, fa parte del patrimonio complessivo della nostra anima, ap- punto come le cose veramente vissute. Quanti poeti e artisti e quanti scienziati ancora riconobbero nei moti e nelle vibrazioni arcane della vita del sogno le forze meo- scienti più decisive e vigorose per la creazione od inven- zione vagheggiata ! Dalle scosse profonde avute nel sogno ci moviamo talora ad una vita nuova, con la coscienza ri- fatta, avvertita dei nuovi doveri. Poteva così Hebbel con- siderare il sogno come (( die Pforte des Werdenden zum Seienden », e determinare le sue erome alle azioni più risolute, dopo gli indizi avuti nelle visioni notturne. Guai a chi li disprezza, esclama la sua Giuditta. E Genoveffa riconosce come il sogno, sognato nella notte fatale, le abbia rivelato il secreto dell'anima sua, e messo a nudo (( mem Innerstes » (158). Il frate tolstoiano Fjodor Kusmitsch os- servava trovarsi meno inganno nel sogno che nella vita ad occhi aperti : (( Quand'io sono desto, mi posso troppo bene illudere figurandomi quello che sono; il sogno invece mi

// sogno e la vita 161

offre la giusta misura per il grado di perfezione morale che intendo raggiungere ».

Spesso Calderon addita ai mortali il potere magico del sogno, per determinarli a mutar vita e costumi, più che per confortarli col sollievo dei dolci inganni e del vago immaginare. Qualche rara volta i suoi eroi, stanchi e oppressi dalle dure esperienze del giorno, salutano il (( dulce sueno » liberatore, che li assorbe e li apparta dalle miserie e nequizie del mondo. La povera Serafina del (( Pintor de su deshonra » lo invoca con un tremito del- l'anima, come Desdemona: (( O sueno, ven ] a dar alivio a mis males » (159). Ahimè, il sogno è foriero di sciagura, e getta i brividi nel cuore. Nemmeno curava il poeta di trarre dal sogno suggerimento per il suo fantasticare. Non era per lui il sogno, come per Jean Paul Richter, (( unwill- kiirliche Dichtung » ((( Vorschule der Aesthetik »). Dei sogni capricciosissimi e fantasticissimi alla Hoffmann avrebbe sorriso (160). Accenna speditamente alle visioni e ai sogni ottenuti ; ma non ama intrecciare casi ed eventi nell'atmosfera prescelta del sogno. Dormono davvero i suoi dormenti ; e non si scorgono le azioni che diconsi compiute fuori della veglia. Il sogno doveva essere una vita per il Grillparzer; la vita doveva essere sogno per il Calderon. Vi saranno veramente^ « gar lebend'ge Traume » , come voleva Bertha nella « Ahnfrau »? E a quali fantasie poetiche, svolte nell'ambiente del sogno, pensava mai il Tieck, qucindo, nei primi fervori ispanici, vantava (( die entzùckenden Traume des Calderon » ? (161). Don Juan, nella « comedia » (( No hay cosa comò callar », è solo a inneggiare alle illusioni e ai deliri del sogno; e l'ode l'amante, la (( hermosa deidad » sua. Sogniamo, poiché non VI può essere altra felicità che nel sogno : (( Y puesto que

A. FarixELLI, La vita è un sogno. II. II

162 La vita è un sogno

suenos son | las dichas y los contentos, j sonemoslos de una vez )). Nutrire il sogno, come facevano gli eroi del Cervantes, e come praticava il loro poeta ((( pasese en suenos las noches y los dias »), non era nelle intenzioni* del Calderon, che esercitava d'abitudine sui sogni stessi la più scrupolosa vigilanza, e scandeva, con gran serietà, i detti memorabili e le sentenze sul sogno della vita, che lan- ciava al suo pubblico. « If life be but a dream )), diceva Washington Irving, avvezzo a nascondere la lagrima sotto il fine sorriso, « happy is he v^ho can make the most of the illusion » (162).

* *

Bisognava che i poet? della Spagna si chinassero a rac- cogliere i detti comuni, correnti tra il volgo, e li ripetessero nei drammi, ch'erano pure spettacolo per il volgo. I sogni son sogni « Suenos hay que verdad son )) (( Si los suenos son mentiras, suenos hay ecc. » ((( El Pleyto matrimoniai ») (163). Entro queste chimere evanescenti cade talora la luce del vero; indizi vi porgono i sogni, che è follia voler trascurare. Il poeta s'avvede di aver troppo depresso il potere di queste larve e apparenze, che chiamò stolti o futili deliri ; e rimedia ai suoi giudizi ; induce Iddio a muovere i sogni, perchè ricostruggano quello che prima distrussero:

Y vosotras ideas,

Que en fantasticos cuerpos

Representais, corno en retratos vivos.

Ansias y gozos, a sentidos muertos,

Ved, que Dios conmovido

De una virtud al ruego

En terminos nos manda que las ruinas

Que el sueno destruye restaure el sueno.

// sogno e la vita 163

Così si canta neir(( auto » sui sogni che raffigurano ve- rità. E talora si accenna agli occulti secreti che pur piacque a Dio rinchiudere nei sogni. « Dormici, dormid mor- tales... I pero atentos a ver, que es lo que quiere \ en vue- stras sombras revelar el cielo ». Dal servizio della colpa passano questi reietti, frutto dell'assopimento dei sensi, al servizio di Dio. Può vestire da villano il Sogno, che parla e gesticola neWn auto » (( La Siembra del Senor )) ; ma ha pur lui l'alta sua missione da compiere ; e vi converrà guardarlo con rispetto e tacito timore : (( Soy... aquel, pues, que siendo siempre | sombras, delirios, fantasmas, [ tal vez suelen ser Mysterios, | que ni se entienden, ni al- canzan » .

« Tal vez )) in via di concessioni, il poeta laugheg- gia; e insiste su questo arcano potere. Deve colpirci ripe- tute volte la sentenza : (( en suenos ha revelado ] Dios infinitos secretos ». Sta a voi l'interrogarli, con racó^ogli- mento, con senno e dottrina a El suefio siempre fué obscuro pasmo del Entendimiento » . Non è consigliabile quindi l'esercizio del pensiero per giungere alla verità ascosa. Gl'interpreti dei sogni, quando non delirano cogli astrologhi, possono giovare a rimetterci sulla dritta via, e ci salvano dai pericoli. Chi avrà cuore di sprezzare gli indizi che manda il Cielo 7 « Oye lo que he sofiado, | oye el suefio que he tenido )). Aiutami tu che hai fior di sapienza; e dimmi che significa, che s'aspetta da me (( Porque, comò sabia, quiero que le interpretes » ((( La Piel de Gedeon ))). Certo qualcosa è ordinato dall'alto ; nel turbamento del sogno è una mossa sapiente di Dio, che provvede così alla salute delle sue deboli creature, e fa che anteveggano, nelle circostanze -più solenni, 1 destini a cui si avviano. (( Cosas grandes [ siempre, gran

164 La vita è un sogno

senor, truxeron | anuncios; y esto seria j si lo sonaste pri- mero » ; ode Sigismondo l'avvertimento, e risponde : (( Dizes bien, anuncio fué ))•—(( A algun Misterio en el sueno I Dios me quiere revelar » ((( La Torre de Ba- bilonia ») (164) . Ma perchè lassù nei cieli non parlasi con maggior chiarezza ? perchè si vuole che tra caligini pervengano ai mortali i segni più manifesti dell'intelligenza divina ?

Deve rimanere nell'uomo l'inquietudine e l'apprensione pei giorni che venanno. Solo nella morte le ombre fug- gono e il mistero si scioglie. Cogli oscuri presagi (165) e gli oracoli invocati, il sogno, a cui Dio affida i suoi secreti, non apre che breve spiraglio nel futuro. Pare <ìì non reg- gere talora alle visioni notturne opprimenti. Sentesi altre volte con un tremito la virtù profetica del sogno; e, con la minaccia che sovrasta ognora, mossi e tiranneggiati dalla voce che gridò all'improvviso tra le tenebre, si procede, e si attende il compimento dei destini decretati. Reso al sonno il gran Principe di Fez vede in sogno vacillare e fendersi il suo trono, porgere la donna sua la mano al rivale, e cadere a pezzi la sua statua, sicuro indizio ch'egli dovrà cercare (( reino mejor » e (( mejor compania » . Sogni preannunciano nell'ci Aurora de Copacavana » il messo che dovrà abbattere il dominio antico e instaurare nella fede nuova il nuovo regno.

Non rimuove tuttavia il sogno le ombre tenene che ac- cerchiano l'esule che peregrina quaggiù, per quanto im- portino gli indizi della volontà divina che rinserra; e in- tensifica e complica l'enimma della vita; accresce la f>erplessità che è nella natura dell'uomo, l'incertezza della percezione, il dubbio se si afferri il vero, o solo la folle e vana sua parvenza. Al vacillare fatale tra l'essere e

// sogno e la vita 165

il non essere nuove e fiere scosse aggiunge il sogno. Le immagini che offre non si differenziano punto dalle imma- gini ottenute nella veglia ; eguali gli eventi che si inna- spano ; egualmente fallace e instabile la visione degli uomini e delle cose ; eguale il dibattito fra la verità desiderata e la menzogna che sempre ci è a fianco. Non si esce dall'in- ganno; e, più avanziamo, più ci avventuriamo nel pelago delle illusioni. L'ignoranza è irrimediabile ; e nemmeno sappiamo, pur credendo di vedere e di distinguere, se sieno aperti o chiusi gli occhi nostri alla luce. Siamo desti ? Dormiamo ? La vita non si svolge illusoria e fanta- stica, tanto per il dormiente come per chi veglia e imma- gina avere scosso il sonno ? Stropicciamoci bene e a fondo gli occhi dopo il lungo sbadiglio; apriamoli con forza, per rassicurarci che i sensi più non languono assopiti. Ma poco o niun vantaggio trarremo dalla visione e dalla cono- scenza del vero; e ci paurrà di continuare ancora il sogno notturno ; i fantasmi d'ora si confondono coi fantasmi sorti innanzi. « Pesada imaginación j fué la que en missuenos tuve )), esclama Ulisse, nel dramma (( El mayor encanto amor » ; (( pero aunque sonada, es bien ! que la crea, y no la dude )) (166).

Imperativo cotesto che presto si frange nel cuore degli eroi, male rassegnati alla dubbiezza perenne, al tentennar fatale tra il e il no. Solo quando toccasi il fantasma della felicità, che pur dovrà disfarsi al vento, non sembra debba importare se realmente si dorma o si rimanga svegli. Di- vaga così Enrico, nel dramma (( El medico de su honra », pascendosi delle povere illusioni : « Pues consultando con- migo I estoy, si despierto sueno, | ó si dormido discurro; | pues a un tiempo duermo y velo. | Pero para qué ave- riguo, I poniendo a mayores riesgos \ la verdad ? Nunca

166 La vita e un sogno

despierte, | si es verdad, que ahora duermo; \ y nunca duerma en mi vida, | si es verdad, que estoy despierto ». II dubbio, che si culla entro il debole ragionamento, appena sii allevia, e lascia spazio ancora al tormento dell'anima. E si lotta invano, per uscire dall'incertezza angosciosa. Si gettano ai venti le esclamazioni di sorpresa e di meraviglia. Si rinnovano le domande : Sogno o non sogno 7 (( Mas despierto ó dormido | no soy ? . . . En tantas confusiones duermo ó velo ? )) (( Duermo ó velo } sueno ó vivo ? » ((Vi, pues no si vi : [ sofie ; no si sofie | que ni ver ni sonar fué, | bien que sonar y ver si » (( Si he visto lo que he sofiado ! Si he sonado lo que he visto! » (167).

Certo, in tanto smarrimento, i trasognati non disperano ; la ragione opera ancora in loro, per arrestare la follia, e foggiar discorsi, e moralizzare, con un pensiero sempre desto all'avvenire, per cui dalla perplessità stessa traggono ammaestramento. Un linguaggio spezzato, sconnesso, do- vrebb' essere l'espressione naturale di questa incertezza folle e sgomentevole. Il dormente risveglio dell'Holberg, Jeppe von Berge, non sa piìi chi egli sia, desto appena dall'assopimento fatale ; e delira davvero, con parole tronche : ce Ma che diavolo sarà mai } Non sogno, non sono desto, non sono morto, non sono vivo, non sono pazzo, non sono savio, sono Jeppe von Berge, e non lo sono, sono povero, sono ricco, sono un miserabile contadino, sono un imperatore ah, ah, ah... Aiuto! Aiuto! Aiuto! )) (168).

Non implora soccorso Sigismondo ; e nemmeno può de- siderarlo, tanto lo sonegge nei capovolgimenti del suo stato, tra l'uno e l'altro sonno, l'intelletto limpido e acuto, adde- strato, non sai per quale miracolo, al ragionare e al ponde- rare pili sottile. Qualche atto di sorpresa: (( que veo? ] ... que miro ? ] con poco espanto lo admiro, ! con mucha duda

// sogno e la cita 167

lo creo » ; un lieve gemito : (( ay de mi ! » ; nessuna scon- nessione nelle domande ch'egli muove : (( Que quizà sonando estoy | aunque despierto me veo } \ No sueno, pues toco y creo | lo que he sido y lo que soy » « Soy yo por ventura? » | (169) .E, prontamente, un sobbar- carsi docile a questa commedia dei fantasmi umani, la ras- segnazione piena, nutrita dalla profonda saggezza dottrinale del poeta, suo creatore: a Vàlgame Dios | que de cosas he sofiado... Toda via estoy durmiendo; y no estoy muy enganado; | porque si ha sido sofiado 1 lo que vi palpabie y cierto, (lo que veo sera incierto; | y no es mucho que, rendido, ] pues veo estando dormido, | que suene estando despierto )) . Un turbamento lievissimo ancora quando ap- prende ch'era pur verità quanto riteneva semplice sogno, un'esclamazione temperata; ((Cielos!... Vàlgame Dios... Suspendedme la memoria... No es posible que quepan en un sueno tantas cosas... Quien supiera, \ 6 saber salir de todas, ì ó no pensar en ninguna ? | Quien vió penas tan dudosas ? » Ma subito è a galla ancora ; riacquista la calma, l'intera saggezza; e spande fiumi di morale austera, elevatissima, che onorerebbe il candidato del cielo più distaccato dagli uomini e pili accetto a Dio. Quale tra- gedia potrebbe sorgere al sapersi l'uomo così derelitto, so- speso tra due abissi, incerto, disperato dell'essere suo, battuto dalle ombre che gli soffocano l'anelito alla luce e al vero, smanioso di muoversi, di correre o salire, e avvinto da catene invisibili, prostrato, affranto, senza sapere se veramente è sveglio, o se veramente dorme! (170).

*

Quel chiederci dubbiosi : siamo ? non siamo ? siam desti ? dormiamo ? non ha più ragion d'essere, se ricac-

168 La vita è un sogno

ciamo il mondo e la vita neHeffimero e nell'illusorio. Ne- ghiamo con coraggio; e avremo pace. Al « quizà estas sonando)), sostituisci, senz'ambagi, un: sogni davvero, « Todos suenan lo que son, ] aunque ninguno lo en- tiende )). Bisogna fare di una credenza timida e incerta un vangelo assoluto. Vi aiuterà il poeta, avvezzo a dar forma grave e solenne al verso, a restringere, a condensare in brevi sentenze una ricca esperienza, la sostanza delle filosofìe più varie. Accogliete come immutabili, fissi per i secoli, gli oracoli che gli cadono di bocca. E seduce, conquista, trascina il ritmo, la cadenza musicale che è nella parola, vibrata con tanta solennità (( siendo (a quien no le asombra !) [ la vida breve una caduca sombra » chi non sente risuonare ognora la sentenza inculcata nel dramma (( El Purgatorio de San Patricio )) > Pensate al canto di Goethe che, udito una volta, più non vi può abbandonare : (( Seele des Menschen 1 wie gleichst du dem Wasser ! | Schicksal des Menschen, | wie gleichst du dem Wind ! )). Ora è assurdo, veramente, supporre grande originalità o profondità di pensiero, una concezione grandiosa e nuova nella massima lapidaria, tronca, risolutissima, che deter- mina l'azione del dramma e dell' (( auto )) «La vida es sueno)). Calderon stesso avrebbe sorriso dell'ingenuità dei suoi incensatori, dimentichi della sentenza millenaria, ri- petuta via via dovunque, m ogni fase di coltura e di vita, comodissima al poeta per incarnarvi la immaginata com- media degli inganni umani, e svolgere il mistero s mbolico sul fugace trapasso dell'esistenza terrena. Quante altre volte Calderon si appropria i detti popolari più correnti, le mass me, i « proverbi )), che pone nel titolo ed anche nel cuore dei suoi drammi ! gli piace occultare le fonti così provvidenziali della sua sapienza ; le accenna lui stesso,

// sogno e la vita 169

esplicitamente, con franchezza: ((Guardate del agua mansa, | dijo un antiguo proverbio » (( Con que corriente I queda el refran, que las blancas manos no agravian, mas duelen » (( Porque, si en trances de honor, ] dice un discreto proverbio, | no bay cosa comò callar )) (( Moza de cantaro, ya [ dijo no que proverbio » (( el pro- verbio I del tanto monta )) ((( Darlo todo y no dar nada ») (( No bay mal que por bien no venga I dicen adagios vulgares » ((( La dama duende ))) (( Desdichado del enfermo, | donde chapines no hubiere | dice un divino proverbio » ((( Peor està que estaba ») (( El proverbio que declara [ que domina en las estrellas | el sabio )) ((( El verdadero Dios Pan ))) (( Si dijo algun proverbio | antes que todo es mi Dama )) ((( El postrer duelo de Espana ») - (( El que lloro comò oprobio | se canta comò proverbio » (pure nel (( Postrer duelo ») (171). Ed è superfluo indicare gli adagi e le sentenze del popolo trascelti dal poeta, fedele alla tradizione ammessa da Tirso, da Lope, da Alarcon, da altri, come battesimo alle cento (( commedie )), Avevano allora quei detti comuni, quei giudizi tronchi un fascmo, un potere magico, che appena riusciamo a com- prendere oggidì, portati come siamo da altre esperienze, guidati da altre luci nei labirinti della vita. Quando batte- vano alla mente i non v'era forza che li scacciasse. Fog- giata pure come (( proverbio » , e dichiarata tale da Cal- deron medesimo, già lo vedemmo, era la massima gra- vissima e brevissima sul sogno della vita, che adattava ai casi suoi Coriolano, nel dramma, pili demente che fan- tastico, ((Las armas de la hermosura )), affinchè, diceva quell'eroe, poco romano, paladino delle donne ribella- tesi alla tirannia degli uomini, (( se acnsole en mi | ser verdad aquel proverbio \ de que es un sueno la vida )).

170 La vita e un sogno

Ad un sogno, adunque, riducesi il dramma fatale della vita. Chi ha voce in petto, segga egli al basso, o sollevato su eccelsa tribuna, lo gridi alle genti, perdute tra le fole e gl'inganni di un mondo, che non ha anima, non ha so- stanza, e non ha senso. Il poeta, per suo conto, imposses- satosi della sentenza, più non se ne distacca; e la piega a tutte le esigenze del pensiero ; la adatta a tutte le mo- venze ritmiche del verso, che agita nel cuore e nella mente ; vi ricama su un dramma, un (( auto )) ; la ripete in molte altre commedie degli errori e degl'inganni, ora, involgendo nel sogno la vita in tutte le sue manifestazioni, ora, staccando da questa povera vita quelle apparenze più fastose che più allettano e seducono, e indicandole al disprezzo e alla pietà, come parti del sogno universale: chimere, ombre, frenesie, deliri, finzioni, sogni di un sogno (172).

Talora rinforza la sentenza con l'autorità di Giobbe, di Davide e dei Salmisti ; l'accende alla fiamma sacra delle sacre Scritture, non mal a corto di vituperi sulla nul- lità e meschinità della vita. Negli (( autos » può a piacere vibrare le massime della sua morale austera, tra i diverbi, i colloqui e gli alterchi dei vizi e delle virtù che perso- nifica; porre il Sogno al lato della Morte, «con ropa talar )) , come accade nel <( Pleyto matrimoniai » , e acca- sciare, impaurire l'anima, che sospira: (( Cielos ! que es esto » , col ritornello cantabile : (( Esto es 1 ser toda la vida un sueno ». Un (( toda » che esplode e rimbomba, e che, nella sua rotondità, tutto davvero comprende, rin- chiude ed accerchia. Risuona maestoso e forte nel dramma e neir» auto )) tessuti sulla gran sentenza: « Toda la vida es sueno » (( Todos suenan lo que son » (( Todos los que viven suenan ». E si alternano le varianti del vangelo fondamentale : « El vivir solo es sonar » « El

// sogno e la cita 171

hombre que vive suena ! lo que es, hasta despertar )) (( Pues quanto vives suefias, [ porque al fin la vida es suefio )) (( Quanto ha pasado, (corno fué bien del mundo, I fué sonado » . Si aggiungono, simili a rintocchi di campana che echeggiano poderosi, con un distendere e rinforzare insistente del primo battito, i ripetuti (( suefia » del gran monologo : (( (( suefia el rico en su riqueza )) (( suefia el pobre que padece )) « suefia el que a medrar empiema » « suena el que afana y pretende » (( suefia el que agravia y ofende ».

E il poeta si concede a quel vibrar di suoni ; intenerisce il sentimento; e stempera nell'onda musicale il rigido pen- siero. Era come il Petrarca portato a considerare il va- nire d'ogni lieta e bella immagine di vita ; e certo ancor meno teneva a quelle immagmi del dolce e appassionato poeta dei « Trionfi » , non mai strettamente avvinto al- l'ascesi, mosso a maledire con la ragione quanto secreta- mente benediceva col cuore. Nelle a commedie » sul sogno della vita Calderon doveva far posto ai suoi (( trionfi » sul crollare degli imperi, e il cadere d'ogni gloria e grandezza terrena, sciogliere l'inno all'eterno, che disdegna ogni cosa mortale e caduca. Può sorprendervi l'enfasi di quelle sue condanne e esaltazioni ; ma era pur voce sincera, scop- piata dalla sua natura. Ed era natura, similmente, la dol- cezza insinuante del verso, che, mentre descrive la polvere che ricopre tutte le cose umane, te le ricrea e ravviva come per incanto ancora (( no hay polvo que no se desvanezca en suspiros». Dorme il Mondo; ma lo desta pure, a tratti, un canto soavissimo ((( Las Ordenes militares ))) che lo ristora e consola di tanto letargo : a Que dulces, so- noros ecos | del suefio al Mundo despiertan, | en que le tema el olvido I en sombras su vida envuelta ! )).

172 La Otta è un sogno

Chi sta più in alto, più dolorosamente deve assistere al crollo delle grandezze illusorie. ((Al cabo de todo... los imperios son sonados » , deve esclamare Aureliano nella (( Gran Cenobia )). Le porpore che si vestono, come pron- tamente debbono svestirsi, come precipitano e si ridu- cono al nulla le maestà tanto vantate ! (( Que ver las magestades [ con sobervia servidas | siempre desvaneci- das I con locas vanidades » ((( El Purgatorio de San Pa- tricio ))). Minaccia appena di sollevarsi Sigismondo, e Rosaura subito l'abbassa e l'umilia: (( fué la pompa 1 de tu Magestad un suefio, | un fantasma, una sombra » (173). Così è frustato dall' (( Entendimiento » neir((auto)) sim- bolico il vano insuperbire dell'uomo: (c Mira | que quizà al ayre fundas | altas torres, y que suelen ì ser sonadas las venturas )).

Sogno, entro cui s'annida distruggitrice costante e im- placabile la morte, è la storia intera dell'uomo trasfugata m terra; e l'avvenire è un sogno, quanto è sogno il passato, e sogno il presente. Tutti gli Elisi vagheggiati portano la morte in cuore. Vale la pena di sognarli, di accarezzarli nella nostra povera immaginazione ? (( Porque si la vida es ] sueno», pensa non a torto l'uomo neir((auto)) sim- bolico (( La vida es suefio )), (( no es fuerza despues | que duerma està triste vida 1 que a mejor vida despierte ». Quale bizzarria della potenza divina creare una natura ed una vita all'umanità, ed esigere che sien considerate effìmere e morte, finché l'anima approda agli eterni lidi ! Perchè non sopprimere il letargo che ha nome vita, e non ideare la valle di lagrime, attraversata dormendo dal- l'uomo, per serbare intera l'energia creatrice, plasmando esseri, soffiando anime, decretando destini unicamente dove la vita non è inganno, ma vita verace ?

// sogno e la vita 1 73

Il poeta, che pur ragiona con miracoli di sottigliezza, ama schierarsi coi moralisti ed i santissimi uomini che prima distruggono questa povera esistenza umana, e poi la ricreano, languida e fluttuante entro le astrazioni, do- vendola pur considerare come saggio di una attività dello spirito immortale (a Solo el no dormir el alma [ debe a su inmortalidad )) (( El Pleyto matrimoniai ))), indi- spensabile per distinguere il buono dal malvagio, per evi- tare l'anarchia della beatitudine o della dannazione nei regni indistruttibili di Dio. Entro il sogno o la morte della vita, immaginano una fiaccola, che s'accenda, per tener desto il pensiero al giudizio estremo, nell'estremo tragitto, e, desta pure, un'attività morale, che ci apparti dalle brutture del peccato, e ci permetta di salire, scevri di colpa, a Dio. Comprendiamo come il poeta, nei misteri che svolge sulle scene, canti il suo (( Recuerde el alma dormida », com'egli, con una movenza medesima del verso e la medesima solenne intonazione, or esorti a dormire, ora a scuotere il sonno : (( Dormid, dormid Mortales 1 dormid, dormid al son | de mi musico acento | que mudas conso- nancias de la vida | son tambien las quietudes del silencio » {{( Suenos hay que verdad son ») (( Despertad a la vida, Mortales, ! despertad, despertad a la vida » ((( No hay mas Fortuna que Dios ») (( Despertad. . . | del pàlido suefio en que ociosos dormis, 1 no perezosos os tenga el descanso, 1 mirad que os espera una Patria feliz » ((( La Serpiente de metal »).

Ma noi ci dogliamo che troppe volte dorma il poeta, quando l'asceta è desto e squilla sonoro nella tuba che impugna. Del dualismo inevitabile tra il bisogno di dar vita ai fantasmi e lo stimolo pungentissimo di dettare dot- trina morale Calderon non ebbe, sembra, a soffrire. Coa-

174 La vita e un sogno

servò gagliarde e intatte le forze per il sogno non breve della sua vita. Dall' efficacia dei sermoni e delle sentenze parve anzi trarre indizio per l'efficacia dell'arte. Quale miglior luce e miglior cielo alla fantasia, che la luce e il cielo dello spirito acceso in Dio ? Certo, coli 'avanzare degli anni, il poeta era mosso a catechizzare con gravità sempre crescente; ma, giovane ancora, e nel vigore delle forze, già è spronato a sciorinare mementi ed a sermoneg- giare le turbe ; già detta norme e precetti al dormente per il gran risveglio e il gran passaggio (( del no sei | al ser )) ; già gli rivela l'infinita miseria, la nullità di quel suo sem- brare e simulare nella parte della commedia della vita che gli spetta, dovendo egli pur rendere al Signor suo (( todo el poder prestado » ; l'esorta, cullato come è nel sogno, ad aprire gli occhi solo sui beni di Dio, non vani e transitori, a reprimere gl'impeti, gli (( aneliti eroici », ad abbassare il volo audace e folle. La Grazia, nel mistero sul sogno della vita, ha innanzi l'uomo, rifatto, dopo la prigionia sofferta, e certo determinato a non pili disfarsi della ragione, che lo guida e lo illumina; ma pur lo am- maestra ancora ; e ancora gli grida il suo memento :

No otra vez tanto bien pierdas. Porque volveràs a verte Aun en prision mas estrecha Si con culpa en el letal Ultimo sueno despiertas.

È una ben misera cosa un sogno; ma chi può negare ch'esso abbia una grande virtù educativa, e giovi a ri- cordare il vero destino dell'uomo a quanti vanno quaggiù errando e brancolando fra le tenebre ? Teneva evidente-

// sogno e la vita 175

mente Calderon alla pedagogia salutare del sogno; e ne faceva un caposaldo del dramma di Sigismondo, che dal- l'immaginato letargo della vita trae la miracolosa espe- rienza e saggezza della vita, da uomo d'istinti passa al dominio riflesso di medesimo e al governo provvido di un regno, e confessa ai suoi fidi e al mondo : (( Fué mi maestro un suefio » (174). Similmente, il sogno con- cede l'intera padronanza sull'arbitrio folle all'eroe del- l'((auto» sulla ((Vida es suefio », e, con essa, l'intera libertà dello spirito, che invano avrebbe raggiunto per altra via: (( Pero que me desconfia, j presumir que suefio fué, ! si por lo menos saqué j del, segun mi fantasia | sa- ber quien soy ». Sapere che si è nulla al mondo, e che è presunzione vanissima ritenersi qualcosa; non obliare che dai fallaci beni terreni il pensiero si deve distogliere ognora, per fissarsi nei beni eterni ; e rimanere all'erta sempre (( estad siempre prevenidos » perchè non si ricaschi nella colpa e nell'inganno demente. Sogni di un sogno, i poveri episodi della vita umana ; brividi di morte ; ma sogni altresì e vaneggiamenti della logica del poeta, che nega da un lato la vita e nega la volontà di vivere, e, dall'altra, vuol pur riaccesa questa volontà entro la letargia e l'assopimento del sogno; e, pur deprimendo l'in- dividuo fino ad annullarlo al cospetto di Dio, immagina di rialzarne i pregi e la dignità morale ; pone attiva la co- scienza entro il regno dell'incoscienza; e consiglia: (( no el suefio el uso os impida | de los Bienes y los Males » ((( No hay mas fortuna que Dios ») ; tuona un (( obrar bien » al dormente, che solo può intenderlo, rompendo il sonno, ergendo serena la fronte al cielo, correndo con ogni energia alla vita.

Il simbolo nella vita - Goethe e Calderon.

Ben si può ridere della logica e del buon senso, quando si considera come simbolo ogni azione, ogni sogno umano, la vita intera e il mondo, che pur si dovranno ridurre a sogno (( Alles Vergàngliche ist nur ein Gleichniss » . Il significato comune delle cose non basta al poeta; oltre l'esprimibile gli occorre un senso ultimo, che non si esprime e non si definisce. Non ha forse una vita quanto non riesci ad afferrare e a mdagare ? Fissi dei limiti, per l'incapacità tua di natura di comprendere gli spazi illi- mitati. E non è agevole immaginare e sentire il palpito dell'infinito in ogni cosa finita. Un breve cerchio recinge quest'esistenza umana. Ma è nella facoltà nostra allargarlo sempre più, estendendolo oltre i confini del percettibile, al di della terra, su cui' si dolora e si spera. Il sogno cederebbe alla concretezza del reale ; al raggiare di una viva luce si dissiperebbero le ombre.

Entro un primo fenomeno che colpisce debbono pur celarsi altri fenomeni che si sottraggono allo sguardo. Illu- diamoci di possedere una seconda vista ; e mtuiamo al- meno quello che non ci è dato di nettamente discernere. La sensibilità grandissima del vero poeta affretta o rea- lizza le visioni e le percezioni più miracolose. Da un cenno, da un tocco, da una minima manifestazione della

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. 12

178 La vita e un sogno

vita, balza d'un tratto, sia pure entro l'eterna atmosfera del sogno, la rivelazione di mondi arcani, impreveduti, che abbracciano il complesso della vita. L'immobile ac- quista moto; l'anima spande dovunque il suo respiro vi- vificatore. Solo considerando simbolo la grande fantasma- goria dell'universo, simbolo l'esistenza fuggevole, si riesce a concepire il mondo, così scisso, vario e ingannevole nei suoi aspetti, come un insieme organico, in cui ogni sin- gola parte armonizza col tutto.

Era pur costante nel Calderon la preoccupazione di sol- levare l'uomo dal fango terreno, per porlo sulle alture. La sua poesia, la sua arte, i drammi, gli (( autos )) dovevano effettuare questo innalzamento fuori dell'immondo e del turpe, e sgombrare l'anima dal peccato e dall'onta. Una poesia che non fosse (( Hindeutung auf das Hòhere, unendliche Hieroglyphen der einen ewrigen Liebe », nel senso del Novalis, risultava vanissima, trastullo per gli oziosi e gli sfaccendati. Sempre sacra appariva al Calderon la missione ch'era tenuto a compiere. Deviare dal cam- mino impostosi, rinunciare a far dell'arte il vangelo delle sue credenze, il sostegno dei suoi ideali, condurla tra i bac- canali e i carnevali del mondo dei gaudenti, sarebbe ap- parso a lui delitto. Anche nei giuochi della fantasia più liberi, nei bizzarri intrighi delle commedie che immagina, non smentisce la sua natura di sacerdote dell'Altissimo. Ora, nobilitare, sollevare, significa uscire dall'ambito della vita comune, e, dalla sfera angusta, portarsi alla sfera ampia, ove batte il cuore degli eletti. può aspirare a vera grandezza e perfezione l'artista che si tien pago di un fedele ritratto della natura, e non vi pone un riflesso del suo spirito, non l'adatta alla sua visione interiore, non la considera infine come simbolo.

// simbolo nella vita. Goethe e Calderon 179

Certo era eccessiva la sommissione della natura all'ar- bitrio del poeta della (( Vita è un sogno » ; e si prestava troppe volte, come vedemmo, allo sfarzo e alla decora- zione. Impoveriva così Calderon la vita, invece di intensi- ficarla, offuscando e annullando il simbolo. Quante volte anche i sommi, intenti ad abbellire la loro creazione, l'of- fendono e la frangono ! Nella mente del poeta i destini del- l'uomo si confondevano coi destini dell'umanità intera; ap- pena traluceva il carattere, la persona, l'individuo. Era in- vincibile il bisogno di solennizzare la vita, profondendo gli oracoli della sapienza, generalizzando, laddove altri poeti non escono dalle timide esperienze. E non sembra avver- tisse in lui stesso quella tendenza al simbolico, palesemente confessata de^ Goethe : (( Ich habe ali mein Wirken und Leisten immer nur symbolisch angesehen )) (175).

Il mondo delle meraviglie e dei misteri è pur quello che più sembra corrispondere alle aspirazioni secrete del cuore. Ci stanca e ci tedia l'ordinario della vita, che facilmente avvertiamo; e comprendiamo il sospiro di Max Piccolo- mini nella tragedia schilleriana :

Nicht bloss der Stolz des Menschen fiillt den Raum

Mit Geistem, mit geheimnissvollen Kraften,

Auch fur ein liebend Herz ist die gemeine

Natur zu eng, und tiefere Bedeutung

Liegt in denti Marchen meiner Kinderjahre

Als in der Wahrheit, die das Leben lehrt.

Die heitre Welt der Wunder ist's allein,

Die dem entziìckten Herzen Antwort gibt.

Instintivamente gli eroi calderoniani vedono presagi, av- visi e misteri in quanto accade o si manifesta intorno a loro.

180 La vita e un sogno

Che sarà mai sotto le apparenze del visibile ? Quale se- creta verità si asconde entro le immagini fluttuanti del vero che ci colpiscono ? Un enimma, che s'avverte, trae seco, a turbe, altri enimmi, impossibili a decifrsure. Quanti ne celano i sacramenti simbolici della Chiesa, che il poeta trae all'ammirazione universale ! Dicesi nell'cc auto » « Los Mysterios de la Misa » :

No ay voz, no ay palabra en ella, v

No ay Ceremonia, no ay Vestidura, que no tenga Un Mysterio en cada acclón, Un Secreto en cada Letta.

E non vi sono misteri in ogni indizio che ci giunge da Dio, in ogni segno della natura ? Non ci portiamo sempre più addentro nella selva dei misteri ad ogni passo che avan- ziamo ? Particolare a Calderon era il simbolismo mistico, che alla mente di Goethe solo si affaccia al cadere degli anni, e risponde al cresciuto raccoglimento e alla religiosità acuita. Chiudeva Goethe allora la sua grande commedia divina e umana ; inarcava il suo cielo sulla sua terra, da cui unicamente un tempo pareva dovessero scaturire e gioie e dolori; e sollevava, inneggiante al Dio dei Cristiani e alla Vergine che redime e trasfigura, il Coro mistico. Le virtù teologali, ignote a Goethe, premono ognora sulle virtù poetiche, quando Calderon è attivo alla sua crea- zione; e, quando varca la metà del cammino della vita, rendono tiranno e despotico il loro potere. Bisognava che si rinnovasse all'infinito la commedia dell'anima combattuta dal male e tendente al bene, e si moltiplicassero i misteri sulla caduta dell'uomo e la sua redenzione (176).

// simbolo nella vita. Goethe e Calderon 181

Davvero può apparire superfluo il travasamento del- l'azione del dramma sul sogno della vita neWa auto » sim- bolico, che gli corrisponde filo per filo, e ripete il concetto fondamentale e le idee accessorie, sino a sorprendere ta- lora con l'eguaglianza perfetta del verso e la consonanza piena del ritmo. Nemmeno si comprende la ripetizione del titolo stesso : « La vida es suefio )), che, in verità, non con- viene all' «auto», per quanto possa importare il memento finale aggiunto in omaggio alla sentenza del dramma. In fondo, si svolge qui la storia simbolica dell'uomo, che al primo fruire de' sensi soggiace ai falsi allettamenti, cade nella colpa, perde la libertà, geme nei ceppi, finche lo soc- corre, lo svincola dalle catene, gli rida la ragione, e lo redime la Grazia, lo riconduce in grembo al divino Amore. Quanti altri misteri si aggirano su quella storia stessa, e mostrano, come nel « Jardin de Falerina )) , incatenato l'uomo, e delirante, sino al sopraggiungere della Grazia impietosita, che toglie l'infelice ai suoi inferni morali, e l'avvia, meravigliato e contrito, alla beatitudine celeste ! (( Quien, cobrando mis sentidos 1 rompió la bruta cadena I de la prision en que estava ? )) Ritrovate l'uomo, posto dalla Malizia sulla precipitosa china del peccato, nella (( Inmunidad del Sagrado )) , messo ancora una volta in catene, destituito dal «divino amparo», l'uomo che, « en mortai pesadumbre |, ...llora, girne, padeze, suspira y sufre )) . La Grazia è in pena per quel derelitto : « Que harà en la carcel ahora | el hombre infelize E interviene sollecita, e ridona la libertà e la salute allo spirito affranto.

Ma il simbolo soggioga e conquista. E piìi grava l'età al poeta, che pur mai non flette e mai isterilisce la fantasia e la mente, più è indotto a sublimare entro il divino quanto prima gli piacque raffigurare entro l'umano; e gè-

J82 La vita è un sogno

neralizza quanto osservò nel particolare ; scioglie il cor- poreo nello spirituale, il dranìma nel mistero; allarga l'idea a simbolo universale; spolpa le carni di molte sue (( comedias » , per ridurle ad (( autos » , col minor peso di materia concepibile, col sacro fervore e Funzione che poneva lo Handel, rifoggiando, nella tarda età, ad oratori molte creazioni profane degli anni migliori (177). E tutto questo, piegando, con meravigliosa tenacità e ostinazione, ridea che lo domina e gl'mvade l'intelletto all'arte sua, pur così concreta e plastica, vestendo ancora di quel corpo, di quella figura, da cui traeva svincolata l'idea, le sue pallide astrazioni, dando ancora all'impersonale sembianza di persona.

Non si corra per questo a ritenere simboliche unica- mente, semplici incarnazioni di concetti, spoglie d'ogni realtà le figure dei suoi drammi ; e si smetta la smania di vedere significati areconditi, profondi, astrusi, dove il poeta non intende rivelare piiì di quello che chiarissima- mente esprime. Caduto tra gl'interpreti, avidi di simboli, non minaccia il (( Don Quijote » di offrire solo un tessuto d'indovinelli e di enimmi ? Notammo la tendenza ad al- largare l'uomo a tipo, il particolare all'universale; e certo gli eroi del dramma « La vida es suefio » riflettono questa innata tendenza del poeta ; ma non direi che si sollevino, fuori del concreto, a rappresentanti dell'intera umanità; ed è follia pensare raffigurino nel dramma, interamente ed esattamente, quello che raffigurano neH'aauto» i perso- naggi trascelti per la storia della rigenerazione umana ; e $fgniifichi così Basilio il divino « Poder », Clotaldo r intelligenza, Clarin la volontà o l'arbitrio, i servi i sensi ecc. (178). Non pone il poeta gran cura allo studio dei caratteri ; non offre intera e straziante la tragedia degli

// simbolo nella vita. Goethe e Calderon 183

umani destini ; ma è pur plasmato nel concreto e nel vivo il dramma che immagina. Serba gli schemi per gli (( autos » ; ed agita creature viventi, uomini del tempo suo, della società sua, nelle scene delle (( comedias » . Quanta pas- sione in lui per la chiarezza, il limpido e marcato rilievo, sopravvissuta all'orgia del pensiero alle eterne irrealtà, alle ombre, alle larve evanescenti, e all'oscillcire nell'in- determinatezza perpetua della gran macchina del mondo !

Quest'uomo che consiglia instancabile il disdegno per il temporaneo, e rimanda all'eterno, non ama naufragare entro il mare che non ha approdi e lidi ; e si attiene al finito. Nel finito circoscrive il suo Dio e il suo mondo; finite sono le sue opere, non mai concepite e composte a frammenti, non mai distese entro il fantastico e l'indeter- minato. Nulla in lui, pur incline al mistero, che riveli disposizione alla fiaba misteriosa, al «Marchen)), tenue e leggiadro tessuto dei sogni romantici del buon tempo, esteso a grado a grado anche al romanzo, alla novella, al dramma. Allegorizza eroicamente, col suo amore per il concreto, foggiandosi entro il pensiero astratto le figure che umanizza e delinea con tanta precisione, con inten- dimenti sicuri, risoluti, sempre remoto dal nebuloso e dal vago.

Vi sono concetti, a cui nemmeno Dante riuscirebbe a dar forma e viva figura, e che il poeta di Spagna tenta pur di piegare alle personificazioni volute. Anche l'Eucaristia, anche la Trinità, tutti i dommi della Chiesa, anche il Tempo,, la Preghiera, la Natura divina, la Natura umana, la Luce, il Sogno e l'Ombra dovevano acquistare sem- bianze, corpo e favella umana. L'assurdo non sgomenta il fermissimo proponimento; non iscote l'imperativo dell'al- legorizzare pertinace. E noi restiamo attoniti dinanzi alle

184 La vita è un sogno

fatiche compiute, agli ostacoli affrontati con tanta temerità, eppure con tanta naturalezza, e, direbbesi, senza stento. Goethe conosceva appena i misteri, gli (( autos )) caldero- niani; e solo in minima parte gli si era rivelata la follia allegorizzatrice del grande idolo dei romantici ; ma, già nei drammi che leggeva, vedeva l'assurdo che tenta vasi solle- vare alla dignità dell* arte ; e deplorava il poeta, prono agli altari della Chiesa, vissuto in tempi torbidi, costretto « dem diisteren Wahne zu fròhnen und dem Unverstand eine Kunstvemunft zu verleihen, wesshalb vv^ir denn mit dem Dichter selbst in widerwàrtingen Zwiespalt ge- rathen, da der Stoff beleidigt, indes die Behandlung ent- zuckt» (179).

Non un rimpianto, non un lamento per l'ardua prova e il dubbio risultato dalla vivificazione prodotta, nel poeta, che pur presta un gemito alla Colpa, neir((auto)) ((Las Ordenes militares » :

O, nunca hubiese mi idea Asentado aquel principio De que en mistica apariencia De representable objeto Anticipar tiempos pueda La imaginacion ! O nunca Reducido ai de mi ! kubiera Alegóricos sentidos A pràticas experiencias ! (180).

Continuò imperterrito, sempre ossequioso al ((tu devi », squillante nella coscienza, persuaso che non mai riuscisse la allegoria a soffocare il simbolo. E dell' (( alegórica idea », espressa (( en mistico sentido » (181), si valse,

// simbolo nella vita. Goethe e Calderon 185

come dell'immagine concreta balenatagli alla fantasia, per adempiere il suo apostolato, e celebrare le glorie di Dio, i trionfi della Chiesa, spronando l'uomo a togliersi dagli smarrimenti terreni.

Pare si trasmuti ai suoi occhi il mondo in una gran scuola di sacra pedagogia. Ma il suo fervore di maestro non mira all'educazione progressiva, ad un fortificarsi interiore, di tappa in tappa, di esperienza in espe- rienza. — (( Wer weiss, ob nicht der ganze Mensch wieder nur ein Wurf nach einem hòheren Ziele ist », chiedevasi Goethe. Per il poeta della « Vita è un sogno )) sappiamo come non ci fosse un divenite. C'è un essere o un non essere, facilmente e fatalmente scam- biabili fra loro. Ed era forza che così fosse, nel concetto di chi, imperiosamente attratto da quegli unici veri de- stini che si svolgono oltre il mondo e la vita sensibile, sopprimeva, speditissimo, il distacco tra la nascita e la morte ; chiamava (( el nacer y el morir | . . . dos acciones tan una, j que no son mas que pasai | desde una Tumba a otra Tumba» El Pleyto matrimoniai»); e, con un giuoco di parole, che può rimembrarci il «vida... ida » di Lope, notava che (( de inspirar a espirar | no hay mas que solo un acento ».

Simbolo l'esistenza umana, simbolo tutto l'affaticare dei singoli individui, simbolo che non intende aprirci la visione di una realtà più attiva, pm intensa e profonda nelle gene- razioni che verranno, per toccar terra e transitare dove Dio le attende. Il pensiero di Calderon non si posa sul destino delle stirpi, e annienta l'uomo in seno all'umanità. (( Das Geschlecht ist ewig, [ das einzle Leben eines Schattens Traum», sentenzia un poeta modernissimo, Paul Heyse, nel dramma « Hadrian ». Alla nullità del-

186 La vita e un sogno

l'essere nostro, alla tragedia che è già insita nella nascita convien rassegnarci. Come foglie stanche, che cadono ad un soffio dall'albero intristito, cadiamo noi pure, ad uno ad uno. Anche dal cuore dei forti e sereni, i più attivi a organizzare la vita come unità inscindibile nel creato, non mai in dissonanza con le eterne armonie, si sprigiona il canto al precipitare rapido e all'inabissarsi inesorabile dell'umana vita: « Uns hebt die Welle, | verschlingt die Welle, [ und Wix versinken». E Goethe vede muo- versi l'onde verso r(( ewiger Strom». Non possono po- sare; debbono così inghiottire e travolgere. Giù per scogli e scogli, come acqua che per balzi giù e giù si rovescia, e cone e cone, non si sa verso qual fine, certo per non aver pace mai, immagina l'infelice Hòlderlin precipitino alla cieca gli uomini : « Es schwinden, es f alien | die leidenden Menschen | blindlings von einer | Stunde zur andern, | wie Wasser von Klippe zu Klippe geworfen, I jahrlang ins Ungewisse hinab ». Placido all'alto, nel sereno dei cieli, mentre così cadono e così si inseguono travolti i mortali, sfolgora il sole.

*

* *

Non badavano molto i romantici alla virtù simbolica della poesia calderoniana, prontissimi a levare al cielo quelle tendenze dello spiritò: l'esaltazione dell'onore ca- valleresco, il culto per gli intercessori nell'Olimpo catto- lico, la Vergine e i Santi, il bisogno di sollevare l'uomo alle alte sfere, la trasfusione del terrestre nel celeste, che s'accordavano mirabilmente con la nuova fede pro- fessata. Né mai pensarono che il grande idolo incensato,

// simbolo nella cita. Goethe e Calderon 187

incapace di smarrirsi neirinfinito, orante all'altare di un Dio, non immanente nell'uomo, esulato dal cuore e dalla coscienza, senza lo stimolo pungente e il travaglio della (( Sehnsucht », potesse pur ritenersi, nel fondo della natura sua, antiromantico. Al simbolismo del Calderon, che le versioni e le lezioni dello Schlegel mettevano in voga, teneva invece assai Goethe ; e non importa ch'egli tutto lo ricreasse e ravvivasse con le fiamme del suo spirito. L'attrazione subita alle prime letture, passata ormai l'età dei massimi fervori, crebbe via via, col progredire del- l'opera dei traduttori, e non illanguidì che un decennio prima della morte. Apriamo una parentesi nell'opera nostra, e consideriamo questo fascino singolarissimo, eser- citato fuori d'ogni parentela e, osiamo dire, fuori d'ogni affinità spirituale. Offre talora la storia esempi di vincoli, di amicizie e di suggestioni, che la fredda ragione non riesce a concepire, e sulle quali si sbizzarriscono i critici, offrendo or questa or quest'altra soluzione all'indovinello psicologico.

Risolutamente ci opponiamo al giudizio di coloro che non pongono divario fra il simbolismo dell'uno e dell'altro poeta, e fantasticano di una forza (( demoniaca )), che Goethe avrebbe avuto in comune con Calderon, e che li obbliga entrambi a trincerarsi entro una figura grandiosa, quando appariva indomabile il tumulto interiore, occor- rendo pur dare espressione all'inesprimibile, rilievo e forma all'inafferrabile. Non fu certo Goethe a scoprire nel poeta della Spagna la virtù del {< Damonisches )) , che era certo in lui, apparentemente di inalterabile serenità olimpica, ed era nello Shakespeare, come in Michelan- gelo ed in Beethoven, ma che, nella gioventù stessa, do- veva esulare dall' anitno del Calderon (182), prontissimo a

188 La vita è un sogno

sedare le furie, a placare i dissidi, i dubbi e le ansie ed ogni violento ardore, col sostegno della fede sua, intera e incrol- labile, e il fulmineo intercedere del suo Dio, senza mai la possibilità di foggiarsi nel cuore gl'impeti titanici di ri- bellione, le passioni irruenti, il diabolico, che nemmeno si accorda ai diavoli stessi, posti ad agire sulle scene, e a tutti i ministri del male, operanti contro il trionfo del bene, destinati alle eterne sconfitte (183).

Non è concepibile la vita di Goethe senza l'insaziabile bisogno di immergersi in ogni corrente di pensiero e di azione, per fortificarsi e temprarsi, a grado a grado, per seguire e completare quella « Bildung », a cui tende lui, e tendevano gli eroi creati dal poeta, posti sul cammino del perpetuo ascendere nell'unità infrangibile della vita. Alla curiosità, desta appena, segue irresistibile l'impeto del cuore. Sapeva di non riuscire mai a vedere la Spagna; non per questo egli rassegnavasi ad escludere la nobile na- zione del Mezzodì dalla sua cerchia di studi. Debbono informarlo gli amici, quei fortunati, i (( scharfsinnigen Reiseden », che potevano vagare laggiù, dove l'immagi- nazione nordica soleva crearsi i suoi Elisi. Certo sul cielo di Spagna splendevano più fulgide le stelle ; certo non gravavano sugli uomini le nubi plumbee del Settentrione ; e libera e intensa diffondevasi la luce;. non intristivano le genti ; scorreva a flutti il sangue nelle vene e nei polsi : (( Man bedarf etwas Erfrischendes in diesem Leben » , scriveva al Knebel, grande amico di Goethe, la sorella, che pur scaldava o rinfrescava la fantasia coi racconti di viaggi compiuti in remote contrade. E al Knebel stesso. Ietta appena, nella versione schlegeliana, « La Banda yla Fior » , sembrava aver acquistato più libero respiro : •( Man denkt sich in einer wàrmeren und wohlthatigeren Luft zu

// simbolo nella vita. Goethe e Calderon 189

athmen, als hier der rauhe Màrz uns giebt )>. Molti anni dopo, i drammi calderoniani produnanno ancora a Goethe la visione di un paese lambito dal mare dolcemente, inon- dato di luce vivissima, ricco di fiori, fertilissimo. Prima che spuntasse l'alba del nuovo secolo, lo confortano le missive di Wilhelm von Humboldt (184); e non lo colse, sprovveduto di notizie sui poeti maggiori della Spagna, la febbre ispanica, manifestatasi nel Tieck e nei due Schlegel, propagatasi, contagiosa alquanto, per più tempo, tra gli scrittori e i sognatori della Germania, coi deliri e le estasi di tutte le febbri, le grandi vampate che incen- diano la fantasia e il cuore.

Parvero una rivelazione di un mondo nuovo i primi drammi di Calderon, tradotti dallo zelantissimo portavoce del vangelo romantico e germanizzatore dello Shakespeare. Era generale la sorpresa. Decisamente si aprivano ina- spettate fonti di vita alla poesia e all'arte. Goethe non manca di infervorarsi ; vagheggia allora una (( Weltlite- ratur » , destinata ad allargare i confini della letteratura nazionale, ad affratellare i popoli, a dare rapida e libe- rissima diffusione alle idee. Debbono penetrare le voci piìj discordi nell'armonico concento della sinfonia uni- versale. L'Oriente deve congiungersi in laccio d'amore all'Occidente. La passione per i poeti della Persia e dell'India, riflessa nel «Divan», coincide con l'ammira- zione pili spontanea e viva per il Calderon. Un fuoco che alfine riscalda, una luminosità di cielo che rassicura, e scaccia ogni torpore. (( Im Orient miissen wir das hòchst Romantische suchen)), diceva Friedrich Schlegel, (( und wenn wir erst aus der Quelle schopfen kònnen, so w^ird uns vielleicht der Anschein von sùdlicher Glut, der uns jetzt in der spanischen Poesie so reizend ist, w^ieder nur

190 La vita e un sogno

abendiànderisch und sparsam erscheinen )). Non seguirà Goethe i romantici nei folli entusiasmi e nelle esaltazioni ; ma si metterà pur lui per ogni via aperta alle conquiste dello spirito; guarderà ad ogni faro di luce che si solleva. Calderon sembrerà pure a lui, come un tempo al Voss e al Gries, il poeta nazionale per eccellenza; leggendolo, avrà la visione viva della Spagna lontana; i drammi sa- ranno il commento migliore alle descrizioni dei viaggi nelle terre benedette dei cavalieri e degli eroi (185).

Un po' della grazia e vivacità meridionale, la (( spa- nische Anmuth », avrebbe giovato al rigido tedesco, « dem stanen Deutschen » , per riporlo, pili espansivo e più duttile, nella corrente della vita. Ben vengano le versioni degli spettacoli novelli ; Goethe sarà il primo a salutarle ; e non lesinerà gli elogi ai traduttori. Si distranà, talora, leggendo a stento scene dell'uno e dell'altro dramma nella lingua, ispanica originale, che assai imperfettamente cono- sceva. Calderoneggerà lui pure, in un frammento di tra- gedia cristiana, prestissimo abbandonata, semplice esercizio, fuori della natura vera del suo ingegno, addestramento alla tecnica sovrapposta all'anima dell'arte. Sollecitato a sten- dere un suo giudizio sul poeta, universalmente vantato, senza bisogno di approfondire i primi studi e di vagliiU'e le prime impressioni, eccitato dalla lettura della (( Hija del aire», di cui immagina un simbolismo particolare, elevatissimo, scrive un breve saggio, che il Voss chia- mava (( herrlich » (a Ueber Kunst und Altertum», 1822, III voi., 3 fase), e che è in verità mediocre, non superiore al frammento su Dante. Dove era uno spunto di tra- gedia, prontamente vedeva lui, col meraviglioso intuito, la tragedia intera, e pieno drammatico sviluppo. Si com- moveva fino alle lacrime allora; e sorgevano, inaspettati,

// simbolo nella vita. Goethe e Calderon 191

in tumultuosa ressa, i propri fantasmi. Johanna Scho- penhauer, l'intelligentissima madre del filosofo, che assiste, nel 1807, ad una sua lettura calderonlana, narra come creasse lui ad ogni tratto entro la creazione che esponeva : (( dann unterbricht er sich bei jeder Zeile, und tausend herr- liche Ideen entstehen und stromen in iippiger Fiille ». Sog- giaceva lui pure al fascino musicale ( 1 86) ; e si concedeva liberamente al fantasticare soave mosso dalle onde dei suoni. Si inchinava al genio di Calderon, meteora splen- dente, apparsagli all'improvviso nei cieli dell'irte; ma, nell'intimo del cuore, sentiva il profondo distacco ch'era fra la natura del poeta della Spagna e la sua. L'ammira- zione spontanea, vivissima, non generava l'amore. Sempre rimaneva non so che di esotico, impossibile a godersi nel- l'intimità, ribelle ad ogni tentata assimilazione.

(( Henlich » è il grido sorpresa che scoppia più volte nel cuore di Goethe, senza sollevare l'onda degli affetti, senza avvicinar mai, accedendo alle sue sfere lon- tane, il genio che così si acclama ((( Der herrli'che Calde- ron » quale « herrliches Stiick )) vantasi una volta il dramma sul sogno della vita). E largamente encomiava di Calderon il (( grande », lo (( straordinario talento )), Va alto spirito», la «chiara mente». Tu assennatezza imper- turbabile » (u die ganze Besonnenheit des Meisters »), la (( fecondità prodigiosa » ((( die unendliche Produktivitat. . . , die Leichtigkeit des Gusses, wie wenn man Bleisoldaten oder Kugeln giésse »), l'abilità nel mitigare, (( mit anmu- thiger Ironie», l'acerbità della tragedia, (( eine furchtbar drohende Tragedie », certi fini tratti, quelle (( feine Nuan- cen in den leisesten Ziigen », che sorprendono, « als vs^enn man der kùnstlerischen Spinne fliichtige Fàdchen belauscht, die das ganze Luftrad zusammen halten » , la grandezza e

192 La vita e un sogno

vigoria di alcune concezioni in alcuni drammi, come nella (( Gran Cenobia » e nella (( Hija del aire », la « teatralità » così detta delle opere, che vivificavano le scene, e tene- vano desto e sospeso il pubblico, stanco ormai dei drammi fossilizzati, inerti, premuti entro libri (187). Ma Goethe pur teneva a dichiarare che il (( meraviglioso )) poeta non ebbe su di lui alcuna efficacia; e confessò, sette anni prima che la morte lo cogliesse : (( Per grande ch'egli sia, e per quanto io l'ammiri, Calderon non ha avuto su di me nessun influsso, ne in bene, in male». Forse non avvertiva qualche scintilla inconsapevolmente accesa nei tempi del massimo fervore, quando a turbe correvano i poeti a scaldarsi al gran sole, che lo Schlegel celebrava quale (( Sonnenstrahl der Geister » ; ma, come vegliava assiduamente al suo sviluppo interiore, sapeva che alle tendenze del suo spirito la fede e l'arte di Calderon nulla potevano aggiungere, e non determinavano in lui nessuna particolare attività. Lo preoccupava invece la ricettività poco guardinga dello Schiller; e fu pur lui ad osservare che l'influsso di Calderon sarebbe riuscito fatale all'amico, se la morte non fosse sopravvenuta prima della diffusione maggiore dei drammi che i romantici divinizzavano (188). A quanti, tiranneggiati dal genio possente dello Sha- kespeare, vedeva turbata la mente, abbattute le ali, tese al volo audace ! Quando reggeva i destini del teatro di Weimar, più che ad appagare i capricci propri e le sue particolari predilezioni, tendeva ad educare il pubblico; (( bilden » è la perpetua preoccupazione del poeta ; e la scelta delle opere da rappresentarsi rispondeva a questo ideale pedagogico, che non sempre poteva coincidere con l'ideale estetico. Dalla soddisfazione dei bassi istinti, e dall'inerzia mentale, il pubblico, avido di scene e di spet-

// simbolo nella vita. Goethe e Calderon \ 93

tacoli, doveva sollevarsi ad un godimento che irrobustisse la coscienza, doveva piegare la mente alle esigenze più nobili della vita e del pensiero. E il direttore spirituale voleva un effetto sicuro, prontissimo, « unmittelbare Wir- kung)). Erano allora impoverite le scene, a tal punto da temere si approdasse (( auf den Sandbànken der neuesten dramatischen Literatur » . Provvidenziali apparivano i drammi di Calderon. Un attore come Pius Alexander Wolf sembrava come venuto dal cielo per rappresentare sulla terra classica di Weimar le parti eroiche del (( Prin- cipe constante », dramma destinato « im stillen unaufhalt- sam fortzuw^irken » (189).

Tutte le esigenze del teatro erano soddisfatte dal poeta della Spagna, vantato da Goethe persino come (( bret- terhaft » . Poesia e prosa armonizzavano tra loro in omaggio alla pratica della vita. Restava il (( convenzio- nalismo », a cui Calderon indulgeva, come d'altronde in- dulgevan tutti gli scrittori di «comedias», Fa etichetta » teatrale, che dava alla concezione poetica aspetto estra- neo, e, come non ne agevolava l'intendimento, oscurava il gran talento del poeta (190). Ma, infine, ben altre difficoltà si potevan vincere. E le prove dei drammi' tra- scelti erano guidate con cura così meticolosa tanto po- teva inquietare il serenissimo Goethe l'inopportunità di un gesto, la cadenza non rispettata di una parola, la mi- nima offesa al ritmo musicale da non lasciar dubbio sulla riuscita del gran tentativo. E Calderon attrasse, avvinse per molte sere ; suscitò veri deliri di entusiasmo ; accese la fantasia d'altri poeti. E, per gran tempo, non illanguidì il ricordo alle rappresentazioni w^eimariane, poggiate sulle traduzioni dello Schlegel, dell'Einsiedel e del Gries. Solo l'ultima, la (( Gran Cenobia », venuta in ritardo, nel 1815,

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. 15

194 La vita è un sogno

lasciò alquanto freddi gli animi, e non si potè rinno- vare (191).

Era pure il Riickert, giovane allora, tra la folla ac- corsa, nella primavera del 1812, allo spettacolo della « Vita è un sogno » ; e ne rimase scosso e turbato, con la fantasia esaltata, a tal segno, da allontanarsi a precipizio dal teatro, per declamare nel ri'tmo calderoniano, correndo su e giù al libero cielo, una sua canzone sacra improvvisata, di cui si smarrirono le traccie. Calderon lo domina, lo esalta, lo tiranneggia per anni. (( Der Calderon hat mich wie ein wahrer Teufel beim Strick », scrive nel dicembre del 1814 all'amico Schubart; e stende, coi versi del dramma sul sogno della vita, che sempre gli martellano in capo, e con nessuna esperienza, schemi di drammi, e drammi interi: (( Des Kònigs Pilgergang » (in cinque atti), che cal- deroneggia mirabilmente, come il poeta medesimo avver- tiva ; « Das Schloss Rauneck » , variante della « Vita è un sogno », dóve spariscono uomini e figure, per far posto alle ombre, che si inseguono, e che hanno pure spasimi d'amore e sospiri e gemiti. Poi la gran febbre passò; e delle frenesie patite non rimase nel poeta ed abilissimo verseggiatore che il ricordo e il pentimento (192).

* * *

Non prevedeva certo Goethe le crisi calderoniane che avrebbe prodotto nell'animo dei giovani fantastici; e urtava talora, troppo esclusivo nella sua scelta, troppo incline a favorire la virtuosità teatrale del grande idolo romantico, la suscettibilità di altri poeti, a cui rifiutava il soccorso invocato. Della durezza di Goethe amaramente si dolse il povero Kleist, a cui il gran Nume, non si sa ancor bene

// simbolo nella vita. Goethe e Calderon 195

per quale capriccio, scriveva, nel 1808: (( Auf jedem Jahrmarkt getraue ich mich, auf Bohlen iiber Fasser ge- richtet, mit Calderons Stiicken mutatis mutandis der ge- bildeten und ungeblldeten Masse das hòchste Vergniigen zu machen». E fu ventura che di tale abilità costruttiva il poeta della povera (c Kàthchen )) , ripudiata, non si sia mai valso, ventura che seguisse, anche nei frangenti estremi, e nel maggior abbandono, unicamente l'imperativo del suo cuore. Doveva tuttavia infastidire Goethe l'amoreggiare dei romantici con le esaltazioni religiose di Calderon; e la- sclava delusi chi pur pensava si decidesse a porre sulle scene la (( Devoción de la Cruz », tanto vantata anche dal- l'Hoffmann (lettera all'Hippel ; aprile 1812), dramma di cui riconosceva la grandezza, travolta nella assurdità del cieco culto impostosi. Il risorgimento, la (( christliche Ver- klàrung der Phantasie )) , che salutava il dommatizzatore dei romantici, Friedrich Schlegel (193), era' agli occhi suoi (( diisterer Wahn ». Tra le sue memorie, abbondantissime, non vedo un ricordo agli (( autos », che probabilmente igno- rava nel loro complesso. In compenso, concede l'intero suo plauso al martirio sublime del Principe Don Fernando; quest'unico dramma avrebbe bastato, agli occhi suoi, per ristabilire la poesia, se mai dovesse sparire dalla terra. Non esita a paragonare Calderon a Sofocle, a Shakespecure ; e avversa pili l'ambiente cattolico e bigotto in cui visse il poeta della Spagna, che il fanatismo stesso, a cui Calderon, (( der hoch- und freisinnige Calderon », era trascinato per sua spontanea inclinazione. Immaginatevi uno Shakespeare vissuto a Madrid ; quante catene avrebbero avvinto il bar- baro geniale ; quale altro aspetto avrebbero offerto i drammi audaci, esuberanti di vita !

Mancano i giudizi di Goethe sul dramma dell'umana

196 La vita e un sogno

(( Vergànglichkeit )), a cui tante cure aveva pur rivolto per l'efficace rappresentazione nella sua reggia. Il simbolo, non nuovo certamente, lo colpisce; muove il suo pensiero, ma in senso opposto a quello a cui tendeva il pensiero di Calderon. La negazione della vita gli si trasmuta in recisa e incrollabile affermazione. A quel dramma ripensava in- dubbiamente negli ozi di Kaurlsbad, nell'estate del 1812, quando ancor rivedeva Wilhelm von Humboldt; e paive rivelasse allora all'amico di preferire Calderon allo Sha- kespeare medesiVno, che pur tante e salutari tempeste aveva suscitato nel suo cuore (194).

Torna dieci anni dopo al paragone con lo Shakespeare ; ma quanto è mutato il suo giudizio! Quale distacco pone tra le due individualità, da cui scaturisce un'eurte sostanzial- mente diversa: raffinata, distillata, raddolcita in Calderon, perfettamente naturale, non tocca da nessun filtro nello Shakespeare ! (( Shakespeare ci offre il grappolo tolto alla vite, pieno e maturo; ognuno può a suo piacere gustarne gli acini, spremerli, pigiarli, fame del mosto, berne, sor- birne il vino fermentato ; sempre egli se ne sentirà rinvigo- rito. Calderon invece non lascia nessuna scelta e nessuna volontà allo spettatore ; da lui riceviamo il vino, pienamente distillato a spirito, affinato con droghe acconcie, tempe- rato con dolciumi; e noi dobbiamo sorbire la bevanda come ci è offerta, quale eccitante gustoso e delizioso, o rifiutarla affatto. Il poeta trovasi alla soglia una cul- tura spinta all'eccesso (195); egli offre una quintessenza dell'umanità ». Con tale scelta è fatta violenza alla natura. Lasci sfuggire la vita, per aggrapparti a quelle manifesta- zioni che più ti convengono e pili ti giovano, come eccita- mento ai tuoi desideri. Ti cacci ad arbitrio entro il turbine delle vicende umane; ordini, comandi, disponi quello che

// simbolo nella vita. Goethe e Calderon 197

a te pare debba avvenire. L'umiliazione inflitta agli istinti, acuita a vera carneficina, doveva pur sorprendere Goethe, e cagionargli alfine un sentimento di rivolta. La natura ride delle intenzioni degli uomini e di tutti i prudentissimi sistemi di sorveglianza ; e muove a capriccio l'eterno suo fluido di vita.

Le divagazioni sulla « Hija del aire » passano, e la- sciano debole solco. Il simbolismo vantato non si allarga alla concezione della totalità delia vita. Ora Goethe s'av- vede come difettasse a Calderon quella, pieghevolezza be- nefica, l'elasticità dello spirito, la virtù dell'adattamento perenne ad ogni seguito di eventi, che voleva sviluppate in lui stesso, per reggersi ad ogni burrasca, per afferrare, nelle discordanze continue, il ritm.o degli eterni palpiti e delle eterne armonie dell'universo. Un pensiero, che ristagna e immobilizza la vita, esclude in se ogni germe fecondo. E non è vera saggezza quella che impone di sciogliere, invece di meditare e di scrutare per ogni lato, gli enimmi che ci involgono, i problemi dell'esistenza che ci si affacciano. (( Der Mensch », diceva Goethe, (( ist nicht geboren die Probleme der Welt zu losen, wohì aber zu suchen wo das Problem angeht » .

Quella determinatezza de' principi, la fissità de' concetti, che esclude un progressivo divenire, non è indizio di ri- gidezza interiore, di facile accontentamento fuori della piena e del tumulto degli affetti ? L'umano si estingue, in tanta e ferma e inalterabile giustizia amministrata al- l'uomo. Comprendiamo come al rispetto profondissimo e all'ammirazione per Calderon s'aggiungesse solo un ti- mido amore, la tiepidezza del sentimento, che non avvi- cina ancora e non congiunge e non fonde insieme i cuori.

Non poteva essere tenero Goethe per i saggi di-amma-

198 La vita k un sogno

tlci calderoneggjanti del Platen; e, vegliardo fatto ormai, li giudica con un pensiero al Calderon; vi trova mancare certa « Fiille des Innern » . Galleggiano così alla super- ficie, simile a sughero; non toccano che leggermente le corde del nostro interiore. si creda che Goethe inten- desse dolersi della mancanza di profonde catastrofi, di gravi ed acerbi dissidi, che aprono varco al disperato do- lore. Soleva medicare lui stesso, con mano delicata e pie- tosa, le ferite del cuore ; mitigava e levigava ogni asprezza ; riconosceva spontaneamente che alla sua natura, mite e conciliante, era negata la rappresentazione di crudi e tra- gici conflitti. (( Ich bin nicht zum tragischen Dichter geboren, weil meine Natur konziliant ist », scrive nel 1830 allo Zelter. a Daher kann der rein tragische Fall mich nicht interessieren, welcher eigentlich von Haus aus un- verànderlich sein muss, und in dieser im ubrigen so àusserst platten Welt kommt mir das Unversòhnliche ganz absurd vor ». Sottrae vasi così il dramma di Calderon, nel lato suo più vulnerabile, alle critiche di Goethe; e poco sembrava importare che da fattori puramente esteriori fosse determinata la conciliazione. Pure un vuoto restava, un vuoto entro cui si smarriva l'anima, la mancanza di conte- nuto specifico, che rilevammo, notando la condanna in- flitta ad ogni realtà percettibile, vista come simulacro del vero e non come il vero medesimo, lo scomparire della terra, mentre alla terra pur togliamo ogni succo di vita.

Il vuoto colpiva già il Kòrner alla prima lettura delle prime versioni dei drammi calderoniani ; e, senz'ambagi, scrive allo Schiller che lo ritiene difetto di sentimento: (( Was man Gemiith nennt schemt ihm zu fehlen » (196). Più rudemente assai lo Hebbel, in una sua missiva del 1860, diretta ad un pastore d'anime: a Es fehlt ihm eben

// simbolo nella vita. Goethe e Calderon 199

das Beste, wenn man ihm in Herz und Nieren priift )). In quei suoi drammi religiosi è sempre il miracolo rozzo che si compie, l'estasi più supina che si soddisfa. Il cuore è assente. Nemmeno vi trovate idee, schietta umanità. Hebbel commisera particolarmente la (( Aurora de Copa- cavana )) e la a Sibila del Oriente)), vantatissimi dal von der Malsburg; e chiama quegli spettacoli, ahimè, triviali addirittura. Ben può la poesia appropriarsi i misteri della Chiesa; ma è dover suo di sviscerarli, di umaniz- zarla. A che prò* derivare un prodigio dall'altro, paga- nizzare così grossolanamente il cristianesimo? (197).

* * *

Spinti all'estremo, anche in virtù di certa antipatia, sorta dal contrasto fierissimo e vivamente sentito nelle aspirazioni e nelle tendenze, ritroviamo nel forte poeta dell'età nostra i giudizi che Goethe sommessamente e de- licatamente esprimeva. Invano Goethe cercava nel Cal- deron la piena interiorità, la (( stille Entwickelung aus dem Innern )). Chi ha per missione di scendere nell'anima, per ricreare la vita, non tema di indugiarvisi, sostando, immergendosi con voluttà nei labirinti arcani ; e non si affanni a prontamente risollevarsi, dov'è quiete e silenzio altissimo. Attorno a noi il destino scava i suoi abissi (( doch der in unserm Herzen ist der tiefste 1 und reizend ist es, sich hinabzustiirzen ». L'amore per le povere e travagliatissime creature umane cedeva invece alla com passione. Gettate così sulla dura terra, che non è la patria loro, sospirose d'uscirne, per scuotere la polvere, e lasciar le ombre, e cominciare entro il concreto immor- tale la vita, quale fiducia riporre nella virtù delle proprie

200 La vita e un sogno

forze, dove attingere le energie dell'anima ? Vale la pena di iniziare quaggiù una pratica nuova, sviluppando un'attività interiore che non conduce all'ascesi ? Tutto il sereno destinasi per i cieli ; tutto il torbido si raccoglie nella terra. Riconosca l'individuo la sua fragilità e non la sua forza; non si arroghi di foggiarsi lui un suo destino, un suo mondo ; ma si pieghi al suo ufficio di servo di Dio umilissimo; operi per il Dio che l'attende, e che al ter- mine della breve giornata gli darà o premio o castigo.

Il mistero di quest'esistenza umana è considerato dai due poeti con pensieri ed intendimenti opposti, inconci- liabili. Per l'uno significa libertà quello che per l'altro schiavitù. E guarda Calderon con ansia trepida ad un astro lucente che brilla all'alto, mentre Goethe osserva luminosissima la sua stella, accesa entro il petto umano. Umana è la commedia della vita per l'uno, divina invece, esclusivamente, per l'altro. La vita è buona in se ; il mondo è bello, comunque si svolgano i nostri destini; e, d'istante in istante, d'esperienza in esperienza, possiamo rafforzarci, tendere ad un nuovo e maggiore sviluppo, accrescere l'amore e la speranza. In noi è tutto il fondo è l'inesauribile ricchezza e molteplicità delle energie. L'attività, chiusa dal poeta teologo, è riaperta, estesa al- l'infinito, entro gli spazi che non hanno limiti ; e si con- fonde con la natura immortale. Ed è il tremito dell'eterno in ogni battito d'azione, in ogni mossa e fuga di tempo. Chi consiglia e delibera e la spinta all'operare è il cuore. (( Hilfe schatft euch tàtig w^irkend selber)). Da noi stessi, senza intromissione violenta di una divinità esteriore, voglia essa benedire, o maledire il nostro arbitrio.

È caratteristico che solo al demonio, che milita contro

// simbolo nella vita. Goethe e Calderon 201

Dio, con la voluttà e il mondo per compagni, nell'cc auto » « La divina Filotea » , scappi detto : (( persuadido a que al obrar j importa mas que el nacer » . Che può giovare il raggio carpito a Dio dal Prometeo calderoniano, deter- minato a lasciar (( la tierra dura | por escalar el viento », la vita infusa nella statua della ragione eterna, che, al primo respiro, accende con fosca luce le discordie, e sprigiona dall'urna aperta il rancore e l'odi'o, il fumo cali- ginoso, che involge la stirpe umana, movendola alla guena e alle devastazioni ? Bisognerà che intervenga Apollo, per sedeure i tumulti, per convertire, impietosito dalle sup- pliche di Minerva, il fumo in luce sfolgorante, per rido- nare Tamore al pianeta sconvolto, e troncare il malefico sortilegio: « hechizos, que en humo i la Discordia dio | en rayo de luces 1 harà un esplendor » . Come prontamente si umiliano, e dal folle orgoglio passano alla mansuetudine più remissiva gli eroi che vantano le forze erculee, e gridano di saper sollevarsi giganti, di sconfigger le stelle, di conquistare il cielo ! Un Sigismondo che immagina terrificare chi lo ripone in ceppi, perchè insorgerebbe audacissimo (( para quebrar al Sol . . . pusiera montes de jaspe )) e che alla testa dell'esercito ribelle annuncia i miracoli del suo ardire : (( Si este dia me viera | Roma en los triunfos de su edad primera, [ Oh cuanto se alegrara, I viendo lograr una ocasion tan rara f de tener una fiera | que sus grandes exercitos rigiera, | a cuyo altivo alfento I fuera poca conquista el Firmamento! » Domati gl'istinti della (( fiera », l'audacia scompare; le braccia si stringono inerti al petto; e nessun 'altra voce ode la coscienza placata fuori di quella che impone l'imperativo delle sfere altissime.

Certo anche nel cuore di Goethe, passati i bollori della

202 La vita e un sogno

gioventù, cessano le smanie titaniche, le sfide al cielo e agli Dei ; l'azione è pensata e vigilata ; si misura alle forze che concesse natura; si adatta alle circostanze e ai tempi mutevoli. Deve portare alla totalità della vita ognora, tendere alla perfezione e all'armonia dell'esi- stenza. Ogni sosta nell'agore si vendica; e, dove il vuoto si forma, precipita lo sconforto, strazia l'affanno. Al- l'intero esercizio e svolgimento delle forze individuali porta la vita; e quando, senza più posare, procedi a con- quistare, palmo per palmo, la tua terra, quando compi il cammino prescritto alla tua attività, il regno dei cieli ti è assicurato. Guarda dove l'occhio può penetrare e distin- guere — (( nach driiben ist die Aussicht uns verrannt » . A chi si doleva che il poeta tenesse così in nessun conto Dio e l'eterno e l'ai di che aspetta i mortali, tranquillamente poteva rispondere, testimoniando la reli- giosità schietta, profondissima, dell'anima sua, additando Dio, immedesimato con la sua coscienza, l'eterno che sen- tiva vibrare in ogni cosa creata ((( das Ew^ige regt sich fort in Allem »), l'ai di là, come continuazione neces- Scuria dell'attività svolta al di qua, a cui avrebbe provve- duto la natura benigna, depurandola, sublimandola, esten- dendola a quello cui la vita terrena tendeva con le dispo- sizioni dello spirito, senza poter raggiungere.

(( Und so bleiben vv^ir wegen der Zukunft unbekiim- mert», scrive all'afflitta Stolberg, che tremava per lui. Il presente si trae con se il futuro e tutte le età passate. Scorre in esso il grande e perenne fluido della vita. Per esso occorre l'impiego di tutte le forze ed energie morali. Purché non si trascini tra il fango del volgare, e si tenda all'alto, senza flettere e senza infiacchire. Guarda in sereno il poeta ; (( bei allem irdischen Treiben » egli ha

// simbolo nella oila. Goethe e Calderon 203

sempre (( aufs Hòchste hmgeblickt ». Innanzi adunque, coll'indomito e risoluto agire, finché è giorno per noi; per gli altri non mancherà di splendere il sole ; e alla sua luce avanzeranno (( und uns indessen ein helleres Licht er- leuchten ». Vivere è un rassegnarsi al trapassare di tutto, per tutto trasfondersi e rinnovarsi. E passeranno gli uomini che amasti, quelli che odiasti, e quelli a te indifferenti; passeranno i regni ; cadranno le capitali ; si abbatteranno le selve, gli alberi, che tu stesso giovinetto piantasti. (( Wir iiberleben uns selbst und erkennen durchaus noch dankbar, vsrenn uns auch nur einige Gaben des Leibes und Geistes iibrig bleiben )) . Tramonti e passi quello che è destinato a tramontcìre ed a passare ; in ogni fuggevol momento avremo per sempre presente l'eterno. Non piangeremo le ingiurie del tempo che appena ci toccano.

Entro la realtà attuale, come entro la coscienza del- l'uomo, è venuto a trasfondersi Iddio. Invece di vitupe- rarla questa natura che l'asceta rinnega, benedicila; in- vece di fuggirlo questo mondo che chiami malvagio, stanza del demonio, che vi semina le colpe, i disinganni ed i martiri, avvicinalo; percorrilo per ogni verso; fanne te- soro per la tua conoscenza. (( Wonach soli man am Ende trachten ? Die Welt zu kennen und nicht zu verachten » . E beati Io sguardo delle visioni ottenute, debban pur esse dileguare ad un soffio. Così, dallo spettacolo delle morti perpetue e delle rovine che si ammucchiano, Goethe si solleva alla contemplazione della vita eterna, senza rim- pianti dolorosi e senza struggimenti. Non lo commuovono le palmodie calderoniane alla fugacità del viver nostro; e nemmeno le ricorda. Sentenzia al rovescio del poeta della ((Vita è un sogno», additando l'eterno, dove Cal- deron riponeva il temporaneo, il reale e il vero, dove mo-

204 La vita è un sogno

vevansi i fantasmi e le apparenze, l'attività più desta, dov'era sogno, giorno, dov'era notte, vita infine, dov'era morte (198).

Dovremmo disperarci, se sotto i rottami di morte non vedessimo scaturire le fonti di vita, impossibili a stagnare, cadessero anche, precipitassero tutti i mondi. Schiller passava; e l'amico, già cadente negl? anni, ripensando a quelle spoglie terrene, votate al dissolvimento, inneggia ancora alla natura divina, la (( Gottnatur » , che vi rima- neva infusa e le spiritualizzava :

Wìe sie das Feste làsst zu Geist verrinnen, Wie sie das Gelsterzeugte fest bewahrt

Als ob ein Lebensquell dem Tod entsprange.

ftrte e Rassegnazione.

Mialinconìa calderoniana. Il canto

alle umane vanità.

Di tutti i sogni di cui è tessuta la vita, il sogno dell'arte è decisamente il più intenso e il più seducente. Chi grida le umane e le terrene vanità ha pur piacere della creazione che può lanciare entro il regno delle ombre, dei fantasmi ch'egli può fissare nelle forme concrete. Ad una ad una l'implacabile ragione distrugge le povere chimere; e il cuore tacito tacito te le fa risorgere, e le vivifica, e le muove. Nell'irrealtà dell'universo scopre il suo reale; nel mondo delle menzogne trova il suo vero ; nel disgregamento e dissolvimento di tutto, la sua unità. Doveva il pensier grave, nutrito dell'ascesi teologica, immiserire quest'esi- stenza fugacissima, la corsa dei mortali alla morte; ma lui stesso il poeta, inconsciamente, dava esempio memorando dell'impeto irresistibile di creazione ch'è nella natura. Bene sapeva uscire dal sonno letargico, decretato agli uomini in terra, con una foga di lavoro sempre ardente, con un'energia di volontà, intollerante di languori. Compiange la vita, qual mare che ristagna al gelido soffio della morte ; ed egli s'immerge pure tra quei flutti ; e vi ristora ognora, vi rinnova le forze. Ammannisce, senza mai segni di stan-

206 La vita e un sogno

chezza, al pubblico e al grande stuolo dei candidati del cielo, i suoi spettacoli terrestri, le feste, le pompose, pro- fane e sacre rappresentazioni ; prodiga il fasto e gli ad- dobbi ; intreccia entro la commedia del mondo le commedie della sua fantasia ; al trionfo delle illusioni oppone il trionfo dell'arte.

Occoneva a quest'arte una scelta ponderata, la misura, li freno che doma ogni istinto selvaggio. Si rifa la natura ad arbitrio; e, coi miracoli della raffinatezza, la si tra- disce. Se ne avvedeva Goethe ; e allo Zelter scriveva non essersi trovata mai più intimamente congiunta la natura e la poesia come nello Shakespeare, (( so die hòchste Kultur und Poesie nie inniger als bei Calderon » . Ma è pure singolarissimo che, in tanta smania di teoretizzare e di dommatizzare, di distinguere e di scindere, con insupera- bile virtù dialettica, Calderon non abbia sentito mai il bi- sogno di ragionare sulla natura della poesia e dell'arte. (( EI precepto la hermosura no aumenta » , dice nella (( Hija del aire » (199). Nulla offre allo storico delle idee este- tiche che si svolsero nella Spagna (200). Lope che, fan- ciullo eterno, si concede alla sua natura, e crea con eterna freschezza e candore, non si rifiuta al piacere di discutere e di dettar leggi sull'arte e la bellezza ; polemizza con risentimento, quando si offende, o si travolge il suo con- cetto. Di una (( Apologia de la Comedia » , che si pretende abbia scritto Calderon, non vi è testimonianza alcuna, de- gna di fede, che ne assicuri la composizione, smarrita, dicesi, impossibile a ritrovare (201). mai potrò rasse- gnarmi a ritenere di fattura calderoniana certa (( Depo- sición en favor de la Pintura » , che figura col nome del poeta in un dibattito o (( pleito », riprodotto, in pieno '700, nel (( Cajon de sastre )) del bizzarrissimo Nifo. Ivi si esalta

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità 207

la pittura come l'arte di tutte le arti, che domina sovrana, asservendo le sorelle men fortunate, disposte a renderle tributo (202). E forse in secreto Calderon dava la palma alla musica, di cui sentiva il fascino possente, e ai cui incanti, alle dolcezze sovrumane, alle melodie soavissime, che mtenerivan l'anima e trasfiguravano, sublimavano la vita, tutto concedevasi, sempre pronto a muovere al canto delle Sirene allettatrici l'azione dei suoi drammi.

Si esaltano, è vero, i miracoli di Apelle, nella (( co- media )) « Darlo todo y no dar nada )> ; con tanta vivezza di tratti riusci vasi a rendere nel dipinto le sembianze umane, a a duplicar )> la (( hermosura » ; ma pure vi si osserva come i secreti più occulti « de la gran naturaleza )) sfuggono anche al pittore più geniale, e non si sviscerano dal più gran saggio e dal maggior filosofo. Alessandro, che tanto do- minio conquista, deve pure scuotere pensoso il capo al- l'impotenza dell'uomo; il saggio, che presume riprodurre un flore naturale, si vede con forze frante: (( nuestro poder no basta | a hacer una inùtil yerba » ; il filosofo riconosce la vanità delle sue astrazioni ; sempre deluso è chi studia (( las desenganadas ciencias » ; ponga l'artista, se può, co- piando le figure umane, quella fiamma spirituale che s'agita entro la fascia del corpo, il fermento dell'idea che è entro la forma, immobile e fissa.

Evidentemente, l'estetica del poeta è tutta dominata dal concetto intellettualistico. Dal raggiar dell'idea deve sca- turire la bellezza; la forza dell'intuito cede al potere della ragione. La ragione organizza, dispone sapientemente, unifica. Invincibile, come la passione per il discutere e il sentenziare, è in Calderon il bisogno di enuncicure ovunque la sua concezione del mondo e della vita. Sappiamo come generalizzare, sollevare il particolare all'importanza del-

208 La vita e un sogno

l'universale, l'uomo a rappresentante dell'umanità, fosse in lui abito di natura. L'allegoria, perchè non affannosamente ricercata, perde della sua astrusità, acquista inusitata chia- rezza e somiglianza di figura concreta. Ma è pur sempre meraviglioso come il fantastico e rapido accenditore di immagihi poetiche corresse a sottoporsi al giogo perenne della ragione, e rispettasse, seguisse, docilissimo, il con- siglio della forza sovrana dominatrice.

Può sovvenirci ancora il giudizio di Goethe, che chia- mava Calderon « dasjenige Genie vv^as zugleich den gròssten Verstand hatte », e riconosceva la misura, il calcolo, l'in- tenzione, il vagliare e il ponderare pertinace nei drammi del poeta : « kein Zug, der nicht fiir die beabsichtigte Wir- kung calculiert wàre » (203). Una preoccupazione anche dei minimi particolari e delle inezie altresì, che contrasta profondamente col vangelo diffuso dell'estrema nullità della vita. Dove mai vedeva il Voltaire nelle opere del Cal- deron « la nature pure )), (( la nature abandonnée à elle- méme )) ? (204). Non poteva esserci abbandono, oblio, incuria, ingenuità nel poeia della Spagna, che ha per la tecnica dell'arte rispetto quanto mai seppero rivelarne altri poeti nella patria sua; ed è scrupoloso talvolta, sino a riuscire meccanico; si giova, nelle situazioni più op- portune, di elementi già trovati «e già messi a profìtto nelle opere anteriori, che riproduce e innesta nelle nuove scene dei nuovi drammi, quasi lavorasse a mosaico con pezzi trascelti. E prontamente riconosciamo il fare suo, lo stile, l'accorto immaginare e intrecciare, dai contrasti vo- luti, dalle antitesi accumulate, dalle ripetizioni delle figure, dai monologhi che si prolungano all'infinito, dagli episodi aggiunti all'azione principale (205).

Vivamente possiamo deplorare lo strazio inflitto dalla

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità 209

riflessione alle opere, che sdegnano il lavoro a fresco, con- citato, a grandi sprazzi di luce ed a grandi ombre, il so- vraccarico degli orpelli ed ornamenti, lo snocciolare dei versi come di filigrane, l'arte che non esplode dal cuore, ma s'adatta ai capricci del cervello, le sentenze fatte, i dommi fissi, la soppressione d'ogni vero sviluppo, e, con essa, la mancata universalità; ma è pur sempre stupefa- cente come la tirannide esercitata sulla fantasia non sia valsa a fiaccare ed a frangere le forze di questa liberissima figlia del cielo, che, umiliata, sempre si risolleva, col suo innato ardore e vigore, e procede, robustissima e serena, alla sua creazione. Sembra non avvedersene il poeta, che tanto teneva alla virtù della scienza, e alla destrezza e te- nacia dell' mtelletto; la fantasia è pur sempre il suo mag- gior sostegno, il suo Nume benefico, che mai lo abban- dona, e gli sveglia tutte le energie interiori, gli concede le forze per l'inesausto immaginare e inventare, e provvede al suo contmuo rinnovamento.

Ammirate in Calderon la saldezza e interezza dei primi- tivi, che il dubbio, e tutte le tristi considerazioni, e tutte le amare esperienze, e i dolori, e i disinganni non sanno intaccare, e portare ad un sintomo di consunzione. Non nato per piegarsi ad altri imperativi che a quelli della sua fede ardente, delle sue credenze e convinzioni. Quel- l'inflessibilità dell'anima, in tanta arrendevolezza della fantasia creatrice, costituisce la sua grandezza e la sua salute. E ci chiediamo per qual miracolo, in acerba e continua condanna delle infermità umane, possa palesarsi tanto e sano vigore dello spirito; in tanto sconforto del mondo, tanto sollievo e tanta fiducia nell'arte; tanta compostezza e chiarezza e nitido rilievo delle forme entro il regno dell'informe, dell'universale scompiglio e

A. Farinelli, La vita è un sogno. IL 14

210 La vita è un sogno

delle tenebre ; e penetri il sogno della vita il tremito con- tinuo dell' uom desto, che non sa concedersi a nessun le- targo. Vuole annientare il poeta ogni scopo della vita ter- rena, eppure te ne rialza i pregi, te ne consolida gli ideali; determina tutta una nazione a specchiarsi in lui, come sin- tesi delle più nobili aspirazioni (206) ; si impone alle genti nuove, che venerano in lui il rappresentante più schietto, più genuino, più ardentemente inspirato del romanticismo, che significa, infine, allargamento e intensificazione di vita; ed è ss^lutato dallo Schopenhauer medesitno come il poeta romantico per eccellenza (207).

Accesa la sua forte immaginazione, i fantasmi sorgono e anelano alla vita. Non abbandona il poeta il piacere al fa- voleggiare di casi e di avventure; e al suo eremo afflui- scono sempre copiosi quei racconti ch'egli dice sorgere a preferenza nella ridente Sevilla (208). Può essere angusto il suo orizzonte di idee, possono sorprendere le ripetizioni frequentissime dei concetti fondamentali, può offendere la rigidezza delle massime, risolute e tronche, che annuncia, sempre dovremo stupire della ricchezza strabocchevole delle scene, a cui adatta, in varianti infinite, i suoi pensieri, i concetti e le sentenze, stupire della costanza con cui rifa il cammino tracciato per giungere alla sua luce. Una virtù magica fa sorgere dall'antico il nuovo perenne, da una nota dominante un concerto sinfonico maestoso e solenne. Pro- vatevi a pK>etizzare la sublime scienza teologica, e, al primo frangersi delle forze, ribelli a vivificare l'astratto con immagini di vita concreta, comprenderete i prodigi compiuti dall'araldo zelantissimo di Dio negli (cautos», recando ai sacri lavacri dell'arte i sacri dommi, che ap- pena sanno animare i sermoni e le omelie, facendo drammi o colloqui drammatici delle parabole, delle profezie, dei

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità 211

vangeli del vecchio e del nuovo Testamento, dei sacramenti imposti dalla Chiesa, tracciando la sua storia degli Elisi perduti e dei Paradisi riconquistati, piegando il racconto della colpa d'origine e della caduta dell'uomo ai mille trionfi della volontà divina e alle mille storie della reden- zione dell'anima.

Laddove la fantasia di un poeta comune, affezionan- dosi a quei soggetti, si ripiegherebbe stanca, affranta, alle prime prove, la fantasia di Calderon sembra accrescere di vigore e di slancio ad ogni incorporamento del mistero tentato ; e moltiplica le immagini e le figure ; suggerisce situazioni e motivi sempre nuovi (209); inesauribile nella sua fecondità. Qui davvero, in questo regno dei misteri simbolici, le ombre fanno ressa; e avanza il corteo delle larve pallide e smunte, invocanti il vestito di carni e di sangue. Non sembra attraversasse la mente del poeta un pensiero alle difficoltà enormi da superarsi nel dare, luce, corpo, anima e parola a quelle ombre er- ranti (210). Eira per lui naturale che procedesse, in omaggio al suo Dio, a quelle trasfigurazioni, e accrescesse il gregge degli uomini, spaziante in terra, con la tribù delle umane sfingi astratte, umanizzate. Toglie ad altri poeti della Spagna, al meravigliosissimo Lope in particolar modo, il secreto di quell'arte vivificatrice, che l'aiuta nelle compo- sizioni più ardite, e determina una virtuosità poetica, conce- pibile appena ; e muore con quel secreto in cuore che nes- suno più ha ritrovato (211).

* * *

Noi non sentiamo più quell'arte raffinata e prodigiosa, capace di commuovere i contemporanei ; e vediamo solo

212 La vita è un sogno

l'assurdo estetico nell'a auto », posto dai beati secentisti ancora all'apice delle glorie letterarie, sacra palestra a cui amavano addestrarsi i poeti. Nemmeno ci rimane una scintilla dell'esaltazione calderoniana dei romantici; e forse è ardore insuflìcente nella nostra povera anima, guasta e contaminata; forse è diminuita d'assai e resa imperfettissima la nostra percezione artistica; e ci man- cherà sa Iddio quale organo sensitivo che gli avi nostri pos- sedevano. Ammiravano costoro anche l'umore fino, la co- micità nel poeta. Ritenevano vena spontanea quello che a noi sembra effetto voluto, riso o sorriso comandato dalla riflessione (212). Si dilettavano alle scene bizzarre delle commedie, ai giuochi di parole che vi ricorrevano, ab- bondantissimi, alle scaltrezze dei servi, delle domestiche e delle dame stesse, ai raggiri orditi con prontezza di spi- rito ed apparente ilarità, per raggiungere lo scopo ambito, per deludere chi meritava d'essere deluso. Il folleggisire della ((Dama duende », o dama fantasma, o dama de- monio, il suo apparire e disparire, le meravigliose sor- prese che reca all'amante e al valletto pauroso pos- sono attrarre e divertirci anche oggidì. So di rappresen- tazioni della fantastica commedia in terra germanica che passavano tra scrosci di risa. La comicità più spiccata neir agire e nel parlare, gli scherzi, le facezie, i motteggi più capricciosi e salaci si riservavano, per amore del pub- blico e della tradizione, al folle, al buffone, che agli spa- gnuoli piacque chiamare ((gracioso». Poteva Calderon dare un'anima ed una fisionomia particolare a questa figura, che risorge instancabile quale fenice dalle sue ce- neri, e si rinnovella in tutti i drammi, ed ha per legge di divertire col sale dei suoi discorsi ?

V'è chi ancora l'afferma, e si fa forte del giudizio di

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane Vanità 213

Goethe, che chiamò un giorno Calderon, forse per distra- zione, (( Meister dieses Faches)), abile vivificatore di una figura, che nelle commedie comuni appare stereoti- pata (213). Ma il costruttore, innegabilmente, scaccia di seggio il creatore; e lavora con ritorte, e lambicchi, e distilli. Il contrasto comico è voluto; non scoppia dalla natura delle cose. Dove tutto respira serietà, scrupolosa ob- bedienza ad un ordine prestabilito, assolutezza e interezza di fede dommatica, l'umore a stento alligna; il riso è una smorfia; e tradisce lo sforzo, la violenza; abbuia più che non rischiari. E, come entro il nesso dell'azione le scene comiche immaginate, che si prolungano talora sino a invadere il dramma intero, appaiono sbandate, e nulla determinano, perchè non fuse coll'organismo vitale del- l'opera, non discende, similmente, l'anima del poeta entro il mondo comico aggiunto via via al mondo tragico. Come poteva sfuggire a Goethe questo sensibilissimo ed eviden- tissimo distacco ì>

Il poeta ha un bel variare, con la consueta destrezza inventiva, la natura e l'indole dei suoi buffoni ; or fatti confidenti intimi dei loro magnifici signori ; or mossi a pcurodiare l'azione seria e grave che svolgono i genti- luomini e le gentildonne nelle alte sfere, con un accom- pagnamento di note basse e dimesse, alle note acute, al- tissime, lanciate dagli eletti nella sinfonia della vita; ora chiosatori semplici, col buon senso sanchopanzesco, e con intuitiva penetrazione, degli eventi che li trascinano, del giuoco degli inganni e degli errori che si manifesta; abi- tualmente fedeli, devoti nel cuore ai loro padroni; lin- guacciuti sempre; ora timidi, benché maestri d'astuzia e di raggiri; ora sfrontati, avidi, volubili, venali; pronti a ragionare su tutto, e non mai a corto di scuse e di argo-

2)4 La vita e un sogno

menti. I Clarin, i Pasquin, i Moscon, i Brito, gli Al- cuzcuz, gli Zàbulon, i compagni loro, e le compagne altresì che veston gonnella, non ci sorprendono; li cono- sciamo ai primi motteggi ; sappiamo d'un tratto quanto esporranno, consiglierarmo, derideraimo ed esperimente- ranno. Tutto è preveduto, tutto è calcolato.

Di tutti gl'imperativi quello del ridere è decisamente il più triste e sconfortevole. Se in mezzo alle tue ambasce una voce importuna ti esorta al riso, senti all'interiore scoppiarti il pianto. Ma gli eroi calderoniani tenevano al- l'ufficio dei loro confortatori che facevano professione del riso ((( Hacer reir profesais ; (( En fin sois | hombre, que a cargo teneis la risa (( El mèdico de su honra ))) ; e se li tengono sempre al fianco; li consultano nei frangenti estremi, benché non ammettano altra volontà e decisione che la propria. Il povero Coquin, che è al seguito del medico del suo onore, e si chiama « cofrade del con- tento » (214), si tortura per distrarre il suo signore dal- l'abbattimento profondo ; quella giulleria sua a che può ser- vire ? (( Déme I el cielo, para sacarle | risa, todas las tenazas'l del buen gusto y del donaire». E Pasquin, il buffone del re, nella a Cisma de Inglaterra )), ch'era uomo accorto, ed aveva fumi di sana filosofia pel capo, ragiona con senno sulla dubbia efficacia del suo gramo mestiere : (( Peligroso I alcance sigue el hombre, que es gracioso, 1 pues llega en ocasion donde se enfria, | cuando dice una gracia, y no hay quien ria )).

Dicono che per temprare l'acerbità della tragedia, per mitigare i dolori e gli affanni che il destino prepara, si sia aperto il varco alle distrazioni dei buffoni, solleciti e be- nevolenti. Ma se la tragedia si annuncia appena, come vedemmo, nei drammi di Calderon, e si svolge o piuttosto

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità 215

si tronca, fuori di ogni vero strazio dell* anima, non scavando mai un abisso, che bisogno c*era d: ricorrere ai palliativi provvidenziali di questi amministratori di conforto e di letizia, e porre il diluvio delle loro parole sulle piaghe aperte agli eroi, che, infine, non soffrono nessun crudele martirio? Ai rimedi nelle sciagure, alla conciliazione di ogni dissidio, provvede con meravigliosa prontezza Iddio. E certo dovrà guardare con pietà all'ansimare, tra burle e follie, dei miserelli, che operano nelle basse sfere, iti cui il poeta stesso, sdegnoso della folla e del volgo, trova- vasi a disagio. Piuttosto che a placare la gravità del de- stino che incombe, il poeta dovrebbe tendere a creare vere catastrofi, a raddoppiare i conflitti, senza timore di in- crudelire, di accrescere le dissonanze, che l'arte sovrana compone ad armonia. Debbon vivere i (( graciosos » di un riflesso della vita dei padroni seriissimi, che non abbonda, in verità, di procelle, che non rigurgita di passioni ardenti, e non è ricca di azione ; quale meraviglia se il riflesso, a cui sono tenuti, risulta pallido e fioco, se sfiorano la vita e non la toccano nel fondo, malgrado il senno di natura e l'istintivo accorgimento ?

Bisogna che folleggino, con mentito tripudio, sulle scene del mondo ingannatore « Si no digo lo que quiero, de que me sirve sei loco? », esclama il Pasquin del dramma « La cisma de Inglaterra » . Sono ragionatori instancabili, sillogisti, dialettici consumati ssimi, in grado di offrire la miglior candidatura per una cattedra di logica o di morale. Il bisticcio e la disquisizione li accom- pagnano sino all'ultimo respiro. Alla dignità del « gra- cioso » assorge ben sovente il demonio, che non può in- vidiare l'aalegre humor », condito di tanta amarezza, di quegli umili, ed è buon loico, maestro di malizie e di sot-

2)6 La vita è un sogno

terfugi, dicitore d'inesausta loquacità (215). Ma è nunzio n di tenebre, nemico giurato della luce, buono per anneg£ure I l'allegria nel mare dell'immensa mestizia. Il suo divertire e distrarre è fatale. E l'anima, che anela rischiararsi, ri- dere davvero al riso del cielo, vede attorno a più cupe e minacciose le ombre.

Talora dallo scherzo del buffone si sprigiona la tragica ironia. Le verità più luminose non sono preaimunciate o espresse da quel folle ? Quanta sapienza della vita al- berga nel cuore, forte nella lacera esistenza, il folle del (( Re Lear » ! A quella profondità d'intuito naturale non giunge nessun (( gracioso » (216); ma Pasquin, nella ((Cisma)), esce dalla scuola filosofica, e può impensierire coi discorsi e le riflessioni, la netta visione delle cose. E presto s'accorge che nessuno può ridere, attore o spettatore, della tragicommedia della vita, che l'umore è ben morto su questa terra di stenti, e che cammina ognuno, serio e raccolto in sé, alla tomba che l'aspetta. Immagineire che il ragionare e il sentenziare del (( gracioso » supplisse in certo modo il coro della tragedia antica, come fanno al- cuni (217), pare a me fuori di luogo. Altro spirito anima quegli oracoli, che s'annunciavano come voci del destino inesorabile, e recavano tremito e sussulto all'anima colla misurata e solenne cadenza. Vuol divertire e ridere e alleviare le angustie il povero buffone; e il poeta, vera- mente, presta a lui qualche sua riflessione e un simulacro di vita, gli scherzi innocenti, i consigli, i bisticci, per distrane il pubblico, e sollevare dalla gravità del suo dramma i suoi spettatori.

Arie e Rassegnazione. Il canto alle amane vanità 217

*

* *

Questa comicità obbligata produce all'arte strappi e lesioni inevitabili, e soffoca in cuore altri gridi di natura. Tanto tiene il poeta al gusto e all'opinione del pubblico, con cu? non ama pur mescolarsi, tanto lo turba il rumore di quel mondo ch'egli pur disprezza e condanna ! Se illusione è tutto, illusione è anche l'armonia a cui tende, l'accordo nel supremo ideale delle discordanze avvertite. Sul cammino della spiritualizzazione vagheggiata, che Immaginava percorrere Platone, tutto rischiarandolo della sua gran luce interiore, quanti sviamenti ancora, quante seduzioni del materiale e del corporeo, quale dolce canto delle Sirene frammisto alle voci gravi che cantan l'inno all'eterno! Lo sgombro delle povere chimere che s'a- gitano nel vuoto delle azioni umane non può effettuarsi che nella mente astratta. Non ad un soffio si dileguano le ombre, che pur si addensano e si consolidano a figure vere; si dovrà far posto ad esse, sosteure con loro, o lasciare che passino, riconoscere il loro diritto alla vita, una fisionomia particolare, un destino anche per quelle larve spregiate. La milizia celeste non opera che al seguito della milizia terrena.

Richard Wagner, che pure sofferse in certo periodo la sua febbre calderoniana, intensa e passeggera, vedeva un tragico, profondissimo conflitto nell'esiguità delle forze con- cepite dal poeta per fronteggiare le leggi e le disposizioni del mondo morale. Quelle forze umane dovevano frangersi, fatalmente, e risultare vane. E il musicista geniale e fan- tastico, nutrito del midollo delle dottrine dello Schopen-

218 La vita è un sogno

hauer, ingigantisce a capriccio la lotta sopportata; esalta il principio rigido dell'onore, « in welchem sich das Edelste und zugleich das Schrecklichste zu einer zweiten Religion bestimmt » « das verletzte Mitgefiihl fliichtet sich in eine fast unausgesprochene, aber desto tiefer erfas- sende, erhabene Melancholie, in der wir das Wesen dei Welt als furchtbar und nichtig erkennen » (218).

Che di tale dissidio soffrisse Calderon non vorrei dire. Ai verdetti della ragione egli si rimetteva, anche quando la pratica e la necessità della vita dovevano sconfìggerli, quando il cuore osava lui, col suo arbitrio divino, imporre le sue leggi. Per dolersi delle contraddizioni tragiche, conviene avvertirle, e impaurirsi dei ritorni minacciati, e dello stridore di nuove procelle. Lanciata la sua maledi- zione al mondo esterno che non ha solidità, valore, egli può trincerarsi entro la rocca della sua fede, e ritener sicure le vittorie a tutti gli assalti tentati dal nemico. Dal cuore si espellono i vani desideri. E par debba sedere al lato la pace. È la volontà di Dio che deve essere fatta, non la nostra ; é il pensiero di Dio che vibra attivo nella sua creazione ; il nostro si perde e vanisce disperso nei venti. In tanta e continua offesa alla spontaneità degli istinti naturali, spontanea veramente restava la remissione al volere dell'alto. Giammai si agitano i demoni e le furie entro la rassegnazione blanda e pacata di q*uest*uomo fortissimo.

Ben altra lotta e tensione dell'animo suppone la rasse- gnazione di chi tutte le forze e il potere della volontà ri- caccia all'interiore, ed altri ordini non riconosce che quelli imposti dalla coscienza, in cui Dio si é fuso e si é imme- desimato. Costretto a conquistarsi lui la sua terra, il suo citelo, e fattosi lui centro dell'universo, ripone talora l'ideale

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità 219

dove mai Io porterà il suo ascendere costante di attività in attività; le realtà vissute appena soddisfano i suoi de- sideri immensi ; e debbono cadere le speranze ; deve fre- ncursi il volo audace; al cuore in tumulto deve gridarsi silenzio e pace. Si comprende allora che la rinunzia ha il suo valore morale, accanto alla conquista medesima, e che, nella rinunzia appunto, nel reprimere e ammansare e, se occorre ancora, nello spegnere T ardire titanico, sta il secreto della felicità a cui Tuomo aspira. A chi più innanzi procede sulla via di perfezione, più stringente si fa il bisogno di sedare i desideri e le ansie, di rifiutare come insidiosi i nuovi stimoli ai nuovi domini ; e riterrà ordine di natura, dovere sacro, la privazione e il sacri- ficio (219).

Il destino dell* individuo non ha ragione di svolgersi se non frutta al destino dell'umanità, che di anello in anello si distende nei secoli. Solo dalla virtù del sacrifìcio è ri- schiarata la vita dell'essere singolo. L'esistenza umana non si nobilita e non si trasfigura veramente che con la soffe- renza e con la morte. Irrighiamo di pianto questa terra che ci porta, che ci solleva e ci abbassa; offriamoci in olo- causto, coH'impulso più attivo delle nostre energie, per il benessere delle stirpi, che, nei lontanissimi tempi, con- sumate a mille a mille le vite e le esperienze, si scalderà al raggiare intenso di un nuovo sole. Shakespeare, avvezzo a non veder argine e misura alla liberissima manifesta- zione di tutte le forze innate dell'individuo, ed a riporre nell'anima lo sfavillare della luce del destino; lanciava nel profondo dramma (( Measure for Measure » il suo me- mento alla necessità della rinunzia, senza la quale la nostra missione terrena non può avere scopo e compimento :

220 La vita è un sogno

TKyself and thy belongings Are not thine own so proper, as to waste Thyself upon thy vlrtues, they on thee, Heaven doth with us as we with torches do, Not light them for themselves ; for if our virtues Did not go forth of us, 't were ali alike As if we had them not, Spirits are not finley touch 'd But to fine issues ; nor Nature never lends The smallest scruple of her excellence, But, like a thrifty goddess, she determines Herself the glory of a creditor, Both thanks and use.

Preoccuparsi delle sorti umane nei tempi che venanno doveva sembrare vanissimo al poeta, che distacca l'uomo dal suo Fattore, e non riconosce di proposito nelle forze dell'individuo che l'infinita impotenza. L'eterna rinunzia, più che volontaria, è ordinata da Dio, ed esige illimitata fiducia, intero abbandono all'opera della sua Provvidenza, in cui si assomma la vita e si intrecciano i destini di quaggiù. La remissione scaturisce non dalla lotta, non dal- l'aspirare affannoso, ma dal concetto irremovibile della fede. Da l'uomo non avanza d'un passo (( todos son pasos perdidos ) los que inadvertido | nuestro di- scurso humano | sin impulso divino » ((( El ano santo de Roma ))) . Fummo noi a scegliere la peurte che rap- presentiamo nel teatro dell'universo ? Non è vigilata ogni nostra mossa ? A noi rimane l'obbligo di perdurare, senza un lamento, senza le velleità inutilmente tormentose delle impossibili aspirazioni, nel posto assegnatoci, dominando e umiliando gli istinti che portano alle peccaminose ribel- lioni. Di qualche minima briciola di sapienza concessaci

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane Vanità 221

dair altissimo nel riconoscimento degli eterni misteri che ci avvolgono dobbiamo essere paghi. Si vendicherebbe mi- seramente ogni smania folle di penetrare l'impenetrabile.

La rinunzia è fatta fuori del martirio e senza vero do- lore. Infine, non si hanno impeti ardenti da soffocare, non gioie da distruggere, perché non le desideri, e non le vedi brillare intorno a te; il mondo è spoglio di godimento e di piacere ; e la felicità consiste nel non ambirne alcuna.

Nemmeno comporta lo stemperamento in gemiti e in pianti questa tristezza tutta calata nella forte rassegnazione. Con immutabile consiglio tutto è stabilito e fìsso. E la macchina dell'universo funziona, senza che tu rifletta a provvederla di questo o di quest'altro ordigno. Rimaneva così al poeta, con la gravità naturale, una interezza dell'anima, che pote- vano invidiaurgli i piiì corrivi a considerar la vita come fa- cile missione, realtà concretissima, confortata dal gaudio e dal tripudio. Veramente, il suo Dio era per lui quella (( feste Burg », vantata nel fortissimo canto da Lutero, ch'egli così cordialmente abborriva. Dei benefici che si toccano, come degli onori che si raggiungono, è follia compiacersi ; meglio sarebbe farne gettito, per non rimpiangerli quando svani- scono. (( El mas seguro bien de la fortuna », cantava l'Elr- cilla, neir « Araucana », « es no haberla tenido vez al- guna». La massima hebbeliana, ripetuta in mille varianti nelle opere del poeta moderno del sacrificio e della ri- nunzia: (( Getta quanto jxyssFedi, per non dolerti di smar- rirlo » , è preannunciata nella fiaba simbolica del giglio e del mandorlo che Calderon innesta nel dramma « Hombre pobre todo es trazas » , col ricordo finale :

No llegues a florecer, Porque tener que perder, Solo es tener que sentir.

222 La vita è un sogno

*

Con questa fermezza di rinunzia, lontana da ogni lan- guore, senza delusioni crude e le ferite profonde del cuore, nel mondo ch'egli ritenne pieno d'inganni e di chimere, Calderon svolse la sua lunga e attivissima vita; e vide serena avanzar la morte, prostrato all'altare del suo Dio, (( para hacer voluntaria resignación de mi alma y mi vida en sus piadosas manos )) , come dice nel suo ultimo testa- mento (220). Sempre fuori d'ogni ironia amara e pun- gente levasi il canto alle vanità terrene ; la concezione pes- simistica, che la ragione impone, si tempera e si raddol- cisce; e, senza timore di accasciare l'anima con lo spetta- colo dei crudi destini che incombono a tutti i mortali, poteva ripetere l'invito del suo precursore, l'Argensola, nel prologo al dramma (( Isabella » : (( Venid a ver los trà- gicos lamentos 1 y la fragilidad de vuestra vida » .

Come il Kleist, non stanco mai di accusare il mondo per la (( gebrechliche Einrichtung », a cui invano si pensa dar rimedio, gli eroi calderoniani commiserano la gran ba- racca dell'universo, raffigurata vile neH'aauto» ((La segunda Esposa » , da sembrare un sol sepolcro (( poblado de sepulcros mil )). Affezionarsi ad essa è follia, come è follia desiderare di accrescer terra e dominio. E Diogene può ridere delle grandi conquiste del grande imperatore; può dirgli con fermezza in viso ((( Darlo todo y no dar nada ») : (( Si fuera un hombre \ tan sabio, prudente y cuerdo, [ que llorara, que no habia | otros muchos mundos nuevos ] solo para despreciarlos | mas que para poseerlos » . Venirci qua dentro significa coprirsi d'onta e di sciagura ; poiché (( la primera culpa del hombre | ... cenò las puertas

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane Vanità 223

del cielo )) ((( EI Jardin de Falerina ))). Si nasce coi segni manifesti del peccato; è insito in noi il germe della tra- gedia che svolgiamo; l'origine dell'insania è nell'umana natura medesima (( Y tu eres tu mayor enfermedad » ((( El Principe constante »).

Si veda quanta ragione ha l'uomo d'inorgoglire, non importando nulla quaggiù, sferzato in modo da correre in un baleno dalla vita alla morte, dal primo all'ultimo re- spiro. Anzi, un sol respiro comprende la vita e la morte, « pues a un aliento | una llama vive y muere » (u Saber del mal y del bien ») (221). Poni adunque, risolutamente, la culla al lato della tomba, e, vivendo, immagina di pas- sare speditissimo da un sepolcro all'altro (222). Che sia la culla, dove s'adagia l'uomo nascendo, che sia la tomba, dove è rinchiuso l'uomo uscito di vita, culla essa stessa, in- fine, sol capovolta, l'avverte Don Fernando, il principe costante :

El mundo, cuando nacemos, En senal de que nos busca, En la cuna nos recibe,

Y en ella nos asegura, Boca arriba ; pero cuando, O con desden, ó con (uria. Quiete arrojarnos de si, Vuelve las manos que junta,

Y aquel instrumento mismo Forma està materia muda ; Pues fué cuna boca arriba Lo que boca abajo es tumba. Tan cerca vivimos pues

De nuestra muerte, tan juntas Tenemos, cuando nacemos, El lecho, corno la cuna.

224 La vita è un sogno

Fumo, polvere, vento, nulla è la vita che l'uomo ido- latra (223); polvere è lui stesso generato dalla polvere, destinato a risolversi in polvere (( Soy tierra, polvo y nada » ((( El dtablo mudo ») (( Polvo fuiste, polvo eres y polvo después seràs » (224) ; discendeva dalle sacre Scritture il vangelo sconfortevole che il poeta ricorda so- lenne ai mortali. Il reggitore del (( gran Teatro del mondo » aduna attorno a i suoi commedianti ; ben sa egli come ignobile sia la loro natura, e quale fine, qual dissolvimento li attenda dopo la farsa ideata : (( polvo salgan de mi, pues polvo entraron )) ; lo sanno i giocatori stessi, desti- nati al misero trastullo ; e non se ne dolgono « polvo somos de tus pies sopla aqueste polvo » . Polvere o fumo che si disperde ai venti ; tale la vita ; tale la natura di ogni grandezza terrena. È la filosofia della Cassandra schilleriana :

Rauch ist alles ird'sche Wesen, Wie des Dampfes Sàule wfVit;- Schwinden alle Erdengròssen, Nur die Getter bleiben stehn.

Apri gli occhi piangendo al sole, e piangendo li chiudi. (( Nacemos llorando, | tambien llorando morimos». Quale altro frutto che lagrime può concedere il breve respiro di vita ? « Làgrimas son el primero ] fruto que a la Tierra doy », dice TUomo al Peccato, nell'ccauto» ((La segunda Esposa » . ((Quantos entran al mundo | sin saber a lo que entran i Uoran», sentenzia Febo, nel (( Jardin de Falerina». Vedi se v'ha ragione di rallegrarsi di aver una vita e un'anima e dimora fugace, trista in terra. Alla notte che discende, compagna della solitudine, (( a mis desdi-

Arie e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità 225

chas tregua », Climene confida « la mortai tristeza | de haber nacido a vivir | sin vivir » Apolo y Climene »). Meglio non nascere, restar nulla nel nulla, (( qué dulce- mente en la nada [ durmiera en ocio tranquilo » . Non vi è respiro senza gemito. E non è meraviglia che l'anima più devota e arresa alla contrizione, rivolta al suo Si- gnore, confessi il dolore che la preme : (( Que mucho que a mr me pese [ el haber, Senor, nacido ! » (225).

Ed eccovi eroi ed eroine dei drammi calderoniani ge- menti in coro per la nascita infausta, che chiamiamo colpa, delitto. Il delitto precede già la nascita, e lo trasmise a tutti il peccato del primo uomo: « antes de nacer, la herencia | que tuve del fué un del ito » . Gravame funesto, a cui non v'è altro peso che s'eguagli, come avverte Si- gismondo : (( pues el delito mayor | del hombre es haber nacido». All'invariabile sciagura rispondono i lamenti invariabili che alleviano il cuore degli oppressi : Qual colpa commisi } Non è bastevole sciagura esser venuto al mondo ? (( Qué culpa a un desdichado es nacer, para | que a tus cóleras nazca destinado ? 1 No le basta nacer a un desdichado ? )) « Qué delito cometi | contra vos- otros naciendo, I que fué de un sepulcro a otro | pvasar, no mas ? » a Qué delito cometi | contra vosotros na- ciendo; 1 aunque si naci, ya entiendo | que delito he cometido ? )> (226).

Gl'infelici non sanno che la colpa fatale d'origine per- mette di porre nel cuore dell'uomo gl'istinti più feroci e selvaggi ; e ad alcuni, appcurentemente di nascita privile- giata, figli di principi e di re, prepara il martirio crudele, decreta una sepoltura vivente, anche in virtù degli oracoli e vaticini, che annunciano grandi alterazioni dell'orbe, e sconvolgim.enti di regni e d'imperi, prodotti dalla loro A. Farinelli, La vita è un sogno. II. 15

226 La vita è un sogno

entrata nel mondo. Semiramide, Achille, Irene, Giulia, Narciso, Rosarda, Olimene, Marfìsa, Sigismondo, altri an- cora scontano il delitto della nascita, e consumano fanciul- lezza e gioventù nelle solitudini pili squallide, in un car- cere cieco, entro una grotta, o tra le asprezze più rigide dei monti, o nei sotterranei di una torre, vigilati con rigore crudele, ridotti a bruti, di cui vestono talora le pelli, privi di luce, ignari dell'essere loro e del destino che li attende. Debbono occultarsi agli uomini, non veder mondo e non veder cielo, e preservarsi così dai guai minacciati; e debbono i padri, che pur hanno amore in cuore, straziare così i miseri figli, ordinando che entro un simulacro di morte precipiti la nascita fatale ((( Dispuso mi padre el Rey I que yo muriese en naciendo », geme Irene nel dramma (( Las cadenas del demonio ))). Ma altre forze, mosse dal voler del cielo, intervengono e svegliano i dormenti dal letargo, spezzano e tolgono le catene, e ridonano la libertà.

In tutti quegli oppressi, appartati dalla vita, è pure un desiderio di correre alla vita ; tutti dolorano per le tenebre che li avvolgono, e anelano alla luce ; e piangono entro i sepolcri ; traggono sospiri e lamenti : (( Ay infelice de mi )) (( Ay misero de mi ! ay infelice )) (( Dad pasos a mis suspiros » (( Como no os mueve | la làstima de mis ruegos ? )) (( Hay mas mundo, que estos montes ? | Mas casas, que aquesta cueva ? | Mas gente, que aquestos brutos ? ) Mas poblacion, que estas selvas ? » (a Eco y Narciso »). Quando è fatta violenza alla vita, essa af- ferma i suoi diritti ; rivela il suo palpito, che invano si vuol sopprimere. Spezzate le sue energie, essa impone di rac- coglierle, di riattivarle e consolidarle. Libertà invoca, con desiderio ardente, irreprimibile, chi sempre visse in ceppi,

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità 227

sommesso alla tirannide, e sempre si vide (( negados los fueros del albedrio » (227).

È memoria che Calderon, nel vigore degli anni, quando appunto concepiva il dramma sul sogno della vita, a flòrido, galante, heróico, lìrico, còmico y bizarro Poeta», come lo celebra il Montalvàn, in certo suo elenco o caratteristica degli (( ingenios » di Madrid, stendesse un poema (( ele- gantissimo )) : (( El diluvio general del mundo » (228), di CUI non è ora e forse non si conobbe mai traccia, e che ci ricorda l'immaginato (( Diluvio universale » in versi sciolti di Leopardi fanciullo. Se non è favola questa notizia tra- mandata, possiam figurarci il voluttuoso e dolce canto calde- roniano alle rovine del mondo che scompariva, al vuoto fatto nella creazione, che più non rispondeva alle intenzioni divine e delitava miseramente, quale castigo delle colpe dell'uomo, come l'invocava Noè nella (( Torre de Babilonia » : (( fle- chado un uni versai [ diluvio, que le destruya » (229). Ma della distruzione irrimediabile, del vacuo vero prodottosi nell'universo, inabissate le stirpi, scomparsa la semenza umana, il poeta, che con la ragione fredda tante volte si compiace di negare la vita e di pareggiarla alla morte, avrebbe patito seriissimo sgomento (230). Decisamente più insopportabile della sciagura più orribile e dell'estrema infelicità è il vuoto e il nulla. E Calderon, che va tutto all'anima, per dovere di fede e per amore di Dio, e celebra tutti i trionfi dello spirito e le disfatte della materia, co- priva, per necessità, coli' obbligato disdegno, un tacito affetto o amore per il povero corpo, ridotto a così mal par- tito negli (( autos », allor che, da buon seguace di Orazio, cantava il (( doman morremo », l* a ergo bibamus »: (( de nuestra vida gozemos | el rato que la tenemos | y dure lo que durare » ((( La divina Philothea »). Non significar

228 La vita e un sogno

nulla, non esser nulla, nulla mai in tutti i tempi, annien- tarsi così di fronte all'eterno, quest'è tormento inenarra- bile. Lasciate ch'io sia. E ragiona pur lui il corpo, o piuttosto delira sull'essere e il non essere, attivo nel- l'aauto)) (( El Pleyto matrimoniai»: a Mas ser quiero, que es error 1 no ser, si en mi mano està, | pues peor no ser sera | que siendo, ser lo peor, | y tengo ya tanto amor I al ser ecc. ».

Tutto l'imprecare, quel chiamare a raccolta le mille im- magini di distruzione e di morte lasciano intatto nella sua vitalità inconsumabile questo mondo perverso, ch'è pur bello, che delizia pur lo sguardò, mentre t'affanni a chiuderlo ai suoi vani allettamenti e ti rapisce quando più ti rassicuri di averlo sepolto e obliato. Si rassegna così a malincuore la a Naturaleza », accusata come vil- lana e immonda, nell'» auto » « Las Ordenes militares », a vedersi esclusa da ogni incanto terrestre ; e geme, infe- lice, suir impallidir del sole e l'oscurarsi della luna e delle Sitelle : «por mi sin verdor la oliva, ] ... sin puro cristal la fuente, | sin armoniosa salva | la luz que los montes dora ! | por mi con llanto la aurora [ y por mi sin risa el alba, | el claro espejo manchado, [ el huerto menos florido, ! el cipres desvanecìdo, | el platano deshojado, | el lirio yerto, la fior | mustia, ajada la azucena, | la palma de fruto a Jena ] y con sombras el candor | del rosici er de los dias». E allor che riacquista, col favore della Grazia, onore e purezza, come prontamente muta (( las tristes en- dechas )) in (( festivos hymnos » ; come saluta la luce, lo splendore che ritorna, il riso che si diffonde e mette le le ombre in fuga ! Riavrà (( la aurora su dulce risa, ' la alba sus làgrimas tiernas, 1 su listado iris la rosa, | su bianco albor la azucena, 1 el lirio su enamorado | color,... | la

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane Vanità 229

palma su copa excelsa, I su verdor cipres y oliva, j el espejo su pureza, | sus aguas vivas el pozo, | y en fin la f uente sus perlas » . Spande la Musica le dolci note e gli accenti soavi, che accarezzano le meraviglie di Dio. Si distende sul a verde cielo de flores y rosas » Va azul paraiso de soles y estrellas )) . La (( profunda f àbrica mferior del mundo)), che Diogene vitupera, vince il disprezzo, e si risolleva maestosa allo sguardo dell'uomo, che pur l'ac- clama : (( hermosa fàbrica del universo n Las Ordenes militares »), (( hermosa fàbrica altiva » ((( El diablo mudo »), (( està fàbrica opulenta del universo » ((( La exal- tación de la Cruz ») (231).

* * *

Quella (( dolendi voluptas quaedam » , di cui tanto si compiaceva il Petrarca, era pure nel cuore dell'austero [>oeta di Spagna, e leniva ogni cruda sofferenza. E sic- come non era combattuto come il Petrarca dai contrari affetti, guardando il cielo, mentre in giù lo attirava la terra, cedendo a tutte le lusinghe d'amore e a tutti i pentimenti per l'amore goduto o sognato, quella voluttà della mestizia appariva tranquilla e serena, lontana da ogni eccesso e da ogni profonda alterazione. Meno drammatico era nel Cai- deron che nell'elegiaco cantore il contrasto tra il dovere di negare e il bisogno di affermare la vita. Quando la Sapienza, nell'aauto)) sul sogno della vita, grida aspra- mente all'uomo ch'egli è polvere, l'a Albedrio » è tocco al cuore, e rimprovera la Dea sovrana: ((Para que afli- girle quieres ? » Non si acuisca la riflessione sino al martirio. Ogni strazio recato all'anima è offesa recata a Dio. Era

230 La vita e un sogno

superfluo a Calderon nutrire la sua tristezza, traendo ad uno ad uno alle angosciose meditazioni i disinganni patiti o immaginati, coltivare la propria malinconia, perchè fio- risse tra le spine. Quella « saudade », cara ai migliori poeti del Portogallo (232), che coloriva di mestizia ogni visione della vita, divenne prestissimo abito di natura nel Calde- ron, disposizione deiranima, che escludeva ogni posa, come ogni infingimento.

Come la sua Sibilla, sempre egli si presenta a noi con cert*aria grave e di mistero; la grazia e leggiadria del- l'arte sempre ha bisogno di essere rinsaldata dall'austerità del pensiero; e il pensiero, a sua volta, sempre anela a palesarsi sonetto dalla magia, dal fascino e dalla venustà dell' cirte. La malinconia del tardo autunno discende al suo cuore ; ma egli non ne rivela che i tremiti sommessi ; non lo coglie il brivido. Tocca la corda del dolore, senza lungamente vibrarla: non insiste, mostrandoci il cadere di ogni foglia morta dall'albero della vita; vede e passa, per tornare infinite volte agli spettacoli di squallore, e passar rapido ancora, sempre disposto a ritrovcire il verde entro i (( desiertos de la vida, j toda sobresaltos, toda | fatigas, penas y ansias » ((( El verdadero Dios Pan »). I gemiti sono brevi, e non li preme la piena amaritudine del cuore. Era temperata nel poeta quella profonda malin- conia che affliggeva Tamar nel dramma (( Los cabellos de Absalon», immerso, senza speran/.a di sollievo, nella sua tetraggine (( todo es Iristeza y pesar . )) (233). E facevasi pur luce entro l'anima, assalita dalle ombre, oscurata talora, com.e l'anima di Saba, la Sibilla del- l'Oriente — (( Como es obscura la casa, \ asi el alma, que es su huésped i tienes obscura tambien )).

Più che la (( erhabene Melancholie » , intravveduta da

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane Vanità 231

Richard Wagner nel pensiero di Calderon, è la malin- conia dolce e serena che lo distingue, meno meditabonda, meno gravida df mestizia e di pianto della Dea vestita di lutto, invocata dal Milton nel « Penseroso )) :

Come, pensive nun, devout and pure,

Sober, steadfast, and demure,

AH in a robe of darkest grain,

Flowing with majestic train,

And sable stole of cypress - lawn

Over thy decent shoulders drawn.

Teneramente è avvmto alla sua Dea del mite dolore, che non gli consuma e non gli logora le forze, gli acca- rezza più che non gli ferisca il cuore. Al morbo fatale deirinsanabil mestizia, che avvelenò la vita ai romantici della tarda epoca, Calderon mai non soggiacque. mai gli avvenne di stemperare il sentimento m languida e svenevole sentimentalità. Guarda fermissimo in viso anche alla sua tristezza, e la sommette al giudizio della sua logica, all'arbitrio delle sue distinzioni. Ai suoi tempi la Malinconia, piìi che malattia dello spirito, era conside- rata come infermità del corpo, umor nero, torpidezza del sangue ; e ragionavano e farneticavano su di essa i medici ed i chirurgi (234). Amon, tuttavia, l'eroe del dramma (( Los cabellos de Absalon » , esprime un pensiero che può sorprenderci : « Melancolia y tristeza [ los fìsicos dividieron, ] en que la tristeza es ! efecto de un mal suceso; |pero la melancolia | de naturai sentimiento » (235). Fénix, ch'era pur marocchina, e tanta filosofìa della vita sfoggiava dinanzi al Principe costante, sacrato alla morte, aveva avuto nelle lontane terre di Fez qualche sentore

232 La vita è un sogno

delle esperienze dei medici più valenti. Infelice, im- preca alla bellezza che le è di peso, e geme della me- stizia che fascia il suo povero cuore : (( Pero de la pena mia I no la naturaleza, | que entonces fuera tristeza | lo que hoy es melancolìa ». Tanto vi preoccupate di bene e convenientemente denominare la malattia di cui soffrite, o nobili eroi, tocchi dalla sventura, che certo non può ap- pcu:irvi grave, non vi struggerà, non crescerà a martirio; e facilmente la tollererete. V'è chi, afflitto e triste, si sdegna d'esser ritenuto malinconico; ed accarezza il suo male, che conviene alla sua natura eletta, e non l'hanno gl'ignobili, il volgo, i sarti. Ditemi malato di ipocondria e non di ma- linconia, grida Polidoro, compagno di prigione al Te- trarca. — (( Melancolìa decis?... j ... Hipocondria; | que un Prìncipe comò yo \ no habia de adolecer I vulgarmente, ni tener | mal, que tiene un sastre )) (236).

*

Nei deserti del mondo un eremo restava, perchè vi si chiudesse il poeta, che non ambiva le gioie e i tripudi, a cui tendono i poveri mortali con affanno e tormento. E qui, negli alti silenzi, concedevasi al suo immaginar vago, popolava, animava la solitudine, che concentra l'uomo m sé, e lo fortifica, quella solitudine celebrata dal Cervantes quale « alegre compania de los tristes » (237). Da questo rifugio solleva il cantico alle vanità terrene, all'universale « vanitas vanitatum ». E i mementi dei Salmisti e Pro- feti (238) tornano a riecheggiare nei versi del nuovo araldo di Dio e della Chiesa, spogli della loro gravità accasciante, non pili terribili e temibili.

In questo rammorbidire e raddolcire delle sentenze bi- bliche, nel poetizzare le sacre Scritture è l'originalità

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità 233

maggiore dell'arte di Calderon. La vera grandezza cal- deroniana è nell'elegia sulla vanità delle grandezze umane, nella vita aggiunta ad ogni immagine della distruzione della vita. Il poeta ti vuol condurre tra scheletri e ceneri e tombe e rovine di morte ; intona le esequie ; ma, inavve- dutamente, per una forza magica infusa nel funebre canto, ti apparta da ogni squallore; sicché, giunto al termine pre- fisso, il verde delle cose ancora t'accoglie; e scompaiono gli scheletri, le ceneri, le tombe e le rovine. Entro la valle dei pianti e dei sospiri si raccolgono periate le lagrime dei pellegrini che vi errano e vi dolorano. I lamenti son pregni di desideri ; le accuse, in apparenza rigide e severissime, tradiscono la mitezza e l'indulgenza. E ti riconforta tanta soavità di sconforto e di accoramento. « Vereis cuan dul- cemente I busca en el dafio remedio )>, diceva la Natura umana nell'ccauto» ((Las Ordenes militares )). La dol- cezza del ritmo s'insinua nell'anima, e la distrae dalle con- templazioni funebri, che il pensiero, velato di mestizia, vorrebbe pur suggerire (239). Si distaccano sonori gli ac- centi, vibranti come squille lanciate entro le campagne tacite e deserte. (( Humo, polvo, viento y nada » (( Humo, polvo, sombra y viento )) (( Polvo, humo, ceniza, viento». Come vedere, sentire il vuoto e il nulla all'agitarsi di tali rintocchi ? E ritener vane, veramente, le maestà, gli onori, le pompe che gli uomini ambiscono, atterrate in un baleno, quando il verso che intende colpirle, schivo del semplice, veste appunto le grandezze e le pompe abborrite ? (( Magestades, Pompas, [ Cargos, Ofìcios, Trofeos, ( Dignidades, Senorios, | Honras, Estados, Aumentos, ] no son mas que una ilusión, [ un engano, un devaneo, | vanidad de vanidades, [ que el momento de un momento [ nos los convierte en ceni^as » (240).

234 La vita e. un sogno

Quando il povero Raimund, nel ritornello insistente delle sue ingenue creature, lanciava, con uno scrollar del capo, il suo : (( Ein Aschen )) , sentivasi come lo spegnere vero d'ogni fiamma vitale del mondo, e vedevasi la ce- nere rimasta di tante grandezze. Nessun canto di morte eguaglia i'n potenza quell'unica parola : (( Ein Aschen » . Calderon orna il suo canto ; rinfuoca le ceneri ; veste il nudo cadavere, perchè il suo aspetto non inorridisca. (( Hoy cadaver y ayer fior ». L'immagine del fiore scaccia quella precedente dell'uomo disteso dalla morte, e ci sgrava dal lugubre. Muore il fiore, vissuto in un mattino ; scompaion le rose : (( Cuna y sepulcro en un boton hallaron )) , come dice il canto malinconico del principe Don Fernando; ma quella gemma rimasta lì, residuo della culla e del sepolcro, non è ancor franta, e s'offre ancora per aprirsi e olezzare al sole. Questa fuga delle umane cose si trae seco un corteo di dolcissime note, e rallenta, e attarda il suo andar fatale. Rimembri il Leopardi, che spandeva tanta soavità ed armonia di canto sulle rovine addensate dagli amarissimi pensieri, quel ravvivare, con alito pos- sente e puro, degli affetti spenti, delle ceneri del nostro universo vano, che dovrebbe ricacciarsi nel vuoto e nel nulla.

Anche dal petto di Goethe usciva il lamento al trapassar veloce d'ogni gioia e bellezza terrena, allo sfasciarsi delle povere ghirlande che intrecciamo. (( Schnell entschwin- det's )) rosa o giglio, ti colgo appena a du bist schon dahin )) ; accorata è l'elegia di Epimeteo (( Auch mir bleiben Kranz und Stràusse | nicht beisammen. Alles lost sich». E la vita risulta riflesso vano, imma- gine fugace, presto disciolta nel vacuo. a Bild nur und Schein j fliichtig schwebt's fliesst und zerrinnt». Ancor

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità 235

nella foga degli anni, portato dalla fiumana più ampia e rigogliosa della vita, Goethe preme un ahimè dal cuore. Passa la gioventù, congiunta presto alla vecchiaia ! (( Wie ein beweglicher Traum Gestern und Heute ver- band » ((( Schv^eizeralpe »). Ma, con Tonda musicale medesima da «cui eran portati, si travolgevano e si per- devano rapidi questi lamenti. Più di ogni vanità stessa è vana al poeta del (( Faust » la palinodia sulle stragi mietute dal tempo che passa e vola. Guardi Tuomo innanzi a ognora, e veda trasfuso, vivente, operante il passato nel- l'eterno presente.

In fondo al cuore, da cui si sprigionano le melodie al vanire della vita, non v*era rimpianto, nessun dolore ve- race. Come al Petrarca, il gemito è al Calderon di sollievo ; giova, direste, come rinforzo al respiro. Invidiabile chi può esalare il suo « Ay Dios )) (( Ay de mi » , chi può sciogliere nel soliloquio armonioso il nodo che lo stringe, gettare i dolci lamenti ai venti e al libero cielo. Le sorti di quaggiù mutano rapide ; ma il turbine che trascina e frange le cose e gli affetti, non sembra toccare il poeta, che medita a tuttagio e senza scomporsi, le sue invoca- zioni, sceglie e allinea le belle immagini e le antitesi, muove le sue domande pacate, chiama a raccolta, perchè l'odano, e cielo, e terra, e sole, e fuoco, ed acqua, e fiori, e stelle, ruscelli e piante, uccelli e fiere. Così nell'a auto » (( El veneno y la triaca » :

Hermoso, luciente sol, Que ayer tanta luz me diste, Como oy en pàlida y triste Noche envuelves tu arrebol? Luna, trèmulo farol

236 La vita e un sogno

De la noche, astro inconstante, Que ayer con bianco sembiante Me iluminaste Indente, . Como oy, ecc

Flores, que ayer a mis ojos Blancas, purpureas y bellas, Fuisteis humanas centellas, Como oy todas sois abrojos ? Fieras, que ayer en despojos Me rendisteis mil alhagos,

Como oy todas sois estragos ?

Aves, que auroras y siestas

Erades dulces, y graves

Mùsicas ayer suaves,

Como oy todas sois funestas }

Fuentes, que en estas florestas

Ayer erades espejos,

Como, mirando os estoy

A todais tan turbias oy.

Sin visos y sin reflexos ? (241).

Davvero sarà sconvolto e travolto, fatto (( yerto ca- daver», chi placidamente, con tanta riflessione e mi- sura, ordina il suo gemito ? È afflitta, triste, oppressa dal pensi er grave la povera Diana, nel dramma (( La criada y la sefiora » ; ma come sa dominarsi nel suo dolore, quanta destrezza nell' attingere mestizia, come ella dice, dall'armonia della natura, nello scegliere i fiori, le spine che convengono alla sua passione, e come tranquilla aduna nel lamento ogni soave, ogni dolce accento!

Arie e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità 237

» Qué importa (ay Dios) que hermosa Borde la primavera La alfombra lisonjera De jazmin y clavel, de nieve y rosa,

Qué importa que los vientos.

Con sutil consonancia,

Harmonia y fragrancia

Confundan, sìendo aromas é instrumentos,

Que hacen ruido sonoro.

Con cuerdas de ambar, sobre trastes de oro ?

Que importa que las fuentes,

Cuando yo Ilego a verlas,

Corran deshechas per las,

Que en clàusulas y acentos diferentes,

El compas echen graves

A la musica diestra de las aves.

Si la varia hermosura

En las tejidas flores,

Si los dulces amores,

Si el viento alegre, si la piata pura,

Uniendo su belleza,

Todo es pesar en mi, todo tristeza ?

Nunca has visto una rosa

De verde cielo estrella,

Que, ostentàndose bella,

AI aire desplegó vanagloriosa

Las hojas ciento a ciento,

Ociosa vanidad de su elemento,

Cuya ambicion extrana

Una y otra liberando de su seno

I

A un tiempo, aquella miei, està veneno?

238 La vita è un sogno

artifice cada uno de su suerte, La flor lozana en su pasion convierte.

A meraviglia si prestavano le considerazioni sul fug- gire della vita e di ogni incanto in terra a quel fare sen- tenzioso e solenne che sappiamo particolare a Calderon. Sollevato sul mondo delle chimere, raccolta tutta la gra- vità del pensiero, più vicino ai suoi Profeti, leuicia agli uomini, perduti al basso fra le tenebre, le massime morali e le sentenze. Condensa tutta la sonorità nel verso, perchè l'odano le turbe. Grida la morte, l'eterno, Tu ubi sunt » : (( Qué se hizo ? » (( En qué parò (( Qué fueron ? »

(( lo mas que tu deseas, | es todo un poco de viento »

(( lo que aqui un soplo es, | es alla una eternidad ». Non è più luogo di esitanze e di tentennamenti. Parlano risoluti gli oracoli. Escludono ogni negazione quando affermano. Impossibile opporre un (( non è » all' (( è » , così reciso e inemovibile (( Pues si un dia es el siglo de las flores, | una noche es la edad de las estrellas » « Es el gusto Ilama hermosa, | que la convierte en cenizas | qualquiera viento que sopla ». L'umano lignaggio « es hoja que ei viento mueve, | luz que corno sombra pasa, | vaso de ter- restre masa, | gusano de vida breve » (242).

Benché sinceramente rivolto all'ascesi, non immagina Calderon il lungo seguito dei trionfi del divino sull'umano, dell'eterno sul passeggero; non distende il canto alla fu- gacità in molle e interminabile elegia. Lo spezza, lo alterna con altri inni; e, più che a piangere ed a rammaricarsi, bada a rinvigorire lo spirito con la sostanza morale delle sentenze. Addita il volgersi e rivolgersi incessante della ruota della fortuna ((( no cune, sino vuela » (( La Banda y la Fior »), e il precipitare dei regni ((( a una breve facil

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità 239

vuelta ! se truecan las monarquias ( y los imperios se true- can )) (( La gran Cenobia »). E non so che della solen- nità biblica è talora nel suo verso, forte e musicale ad un tempo. (( Tanto se emprende en termino de un dia )) (( A un allento | una Uama vive y muere » (( Qué du- ración habrà que el hombre espere ? 1 O qué mudanza habrà que no reciba | de astro, que cada noche nace y muere } » (( Tales los hombres sus fortunas vieron, | en un dia nacieron y espiraron, | que pasados los siglos horas fueron » (243).

La ragione esige che sempre sia innanzi alla mente il termine della vita, il malinconico autunno, il gelido in- verno; e il poeta crea e si ricrea, con mirabile costanza, le primavere, per contemplarne il continuo disfiorire. Il fiore, o aperto all'alto sul suo stelo, o reciso e languente, sempre su di esso posasi l'occhio del cantore delle vanità universali. Aduna le sue rose, non per deliziarsi al loro aspetto, e goderne la fragranza, ma per la voluttà del git- tarle, e per dir loro mestamente addio. Spariste; così ancor noi poveri mortali spariremo. E il nostro destino si specchia nel vostro. Tutta la sapienza della vita è nel- l'anima tenera del fiore. Ma un ad una regina infelice, che la sorte calpesta, che il marito ripudia, quando stringe in un mazzo garofani e rose, l'ancella dovrà cantare il triste e dolce canto, che già premeva dal cuore il Góngora : « Aprended, flores, de mi | lo que va de ayer a boy, | que ayer maravilla fui j y boy sombra mia aun no soy » (244). Comunemente, è il fiore che insegna, e l'uomo che ap- prende. Vive, perchè si sveli il mistero della vita, e perchè al poeta suggerisca le belle e memorande sentenze. Non c'è melodia più insinuante di quella che accompagna alla notte o alla tomba i fiori che sen vanno. (( No ay rosa j

240 La vita è un sogno

de bianco ó roxo color, | que a las lisonjas del dia, | qua a los halagos del sol [ saque a deshojar sus hojas, ] que no caduque, pues no } vuelve nmguna a cubrirse 1 dentro del verde boton » (( Estas, que fueron pompa y alegria | despertando al albor de la mariana, \ a la tarde seràn là- stima vana, | durmiendo en brazos de la noche fria » (245).

E via si sciolgono, fuori d'ogni affannoso respiro del- l'anima, i brevi e sentenziosi e solenni cantici al dispa- rire della vita, della bellezza e della gloria : ((A quien mirar no le asombra | ser està vida una fior | que nazca con el albor | y fallezca con la sombra } » (246). (( Porque fior breve se nombra I la gloria del mundo vana, | que apenas vee la mariana ( cuando la noche la asombra )) « Es nuestra vida una fior, ] su j età al mas facil soplo | de los alientos del austro, | de los suspiros del noto, | que en espirando ella, espira | todo cuanto vemos, todo 1 cuanto gozamos » (( Siendo la vida una fior [ que con el sol amanece, | y fallece con el sol » (( Fior, | que se con- suma a SI misma 1 gusano de su boton » « Toda la her- mosura humana | es una temprana fior; | marchitese, pues la noche | ya de su Aurora llegó » (( Aquella copa flo- rida I que hizo sombra a tantos Mayos, [ aquel verdor, cuyos rayos | llama fueron encendida, | ya sin luz, y ya sin vida, | nos asusta, y nos asombra, ) inutil sombra se nombra » (247).

Non s'inebria il fK)eta all'armonia del suo verso? Tra l'avvizzire del fiore, e il consumarsi di tutto, non im- magina egli sopravvivere il dolce ritmo del suo fantasti- care ? Più che altro flore, quello che spunta sul mandorlo al primo riso di primavera, e s'imporpora rapido, per rapi- damente languire e cadere, presta vasi a simboleggiare il pronto fiorire e trapassare della vita. Al (( desvanecer »

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità 241

« en un instante... los primores ( de lo rojo y lo purpureo » accenna Cipriano, il (( Màgico prodigioso », quando gli ca- dono le prime illusioni. Quel rosseggiare tra le prime tenere fronde che verdeggiano non si diparte dalla visione dei poeta. E rivedeva Va almendro » ad ogni primavera evocata nella fantasia. Seguiva quel suo spogliarsi di fiore in fiore, di foglia in foglia, e rinnovava il pensiero all'eterno distrug- gersi in questa fragilissima creazione. Altri poeti di Spagna celebravano il mandorlo, sfuggito al gelo, ridente al primo incanto della bella stagione, Va almendro florido, | que escapando del rigor ] de Mar^o, muestra la fior \ elevacion del sentido » , come lo raffigura Mira de Amescua in un suo dramma (248). Ma in nessuno è il ricordo insistente al « breve fiore », come simbolo di caducità, che ci sorprende nel Calderon (( La vanidad \ es la breve fior de Al- mendro » , sentenziasi nella (( Cena de Baltasar ». E il poeta veste e sfronda e strazia, per amore, il tenero alberello, quando gli piace di riprodurre con particolare vivezza l'im- magine del vano inorgoglire dell'uomo con pompe e splen- dori fallaci, cadenti ad un soffio. Fa che folleggi, spen- sierato nella mistica lotta delle anime vegetali ((( La humil- dad coronada de las plantas ») : a locura me nombro | en f aitando la prudencia ». I rigori del cielo si riversano su quello sciagurato ; soffia impetuoso il vento, (( quedando en esqueleto informe | desnudo y yerto, deshojado y frio », punito acerbamente per le (( tempranas osadias » .

Coir edificio sollevato da Atlante alle sfere eccelse, risolta in polvere a su pretension » al cadere di un raggio, è d'esempio ai superbi nella «Gran Cenobia», «un al- mendro de hojas lleno, | que ufano con ambición, ] a los suspiros del austro [ pompa y vanidad perdio » . Sigismondo esce vittorioso dalle esperienze e dagli inganni patiti ; do-

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. t6

242 La vita è un sogno

mati gl'istinti selvaggi, fa scuola di umiltà e di rinunzia; commisera il mondo delle grandezze e delle pompe (( que ha de deshacer el tiempo )) ; e scorge pur lui il man- dorlo in fiore; immagina un pavoneggiar folle, che più non lo sedurrà ormai, e non piegherà le forze interiori: « No quiero Magestades | fingìdas, pompas no quiero, | fantàsticas ilusiones, | que al soplo menos ligero | del Aura han de deshazerse, | bien comò el florido almendro, 1 que por madrugar sus flores, | sin a viso y sin consejo, | al primer soplo se apagan,] marchitando y desluziendo | de sus rosados capillos, belleza, luz y ornamento ». An- cora moralizza il poeta; indica l'abbassarsi del superbo, il sollevarsi dell'umile, fisso lo sguardo al roseo mandorlo, quando svolge l'azione dell' (( Hombre pobre todo es tra- zas)). Di fronte a un povero giglio, che verdeggia senza desiderare e ostentare grandezza ((( que magestades no quieres »), pone (( un almendro ufano \ de ver, que su pompa era | alba de la primavera 1 y mariana del verano » ; vede •lo sconsigliato l'opera sua vana mossa dal vento; e si esalta alla sua bellezza; amoreggia con se medesimo, nuovo (( Narciso de las flores » ; all'umil giglio pcurla con disde- gno : (( No te desmayas y mueres [ de envidia de verme a mi ? » E il giglio tace ; ma soffia il vento, (( el austro fiero », (( y desvaneció cruel | toda la pompa )) ; quel pro- digio d'albero riducesi « caduco y helado », piangente sul diluvio di fronde sparse a terra, (( seco tronco, inùtil rama I yerto cadaver del prado )) ; e ha ancor forza di guardare l'umil compagno, che resiste a quel turbine e conservasi verde, (( contra la tirania del tiempo » ; e gli parla allora ac- corato e triste. Non giunga mai a fiorire.

Tu vivir solo es vivir;

No llegues a florecer (249).

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità 243

* * *

Così si rinnovava il canto alla fragilità e alla caducità nell'uomo che, pur vedendo scomparire la terra, aveva su di essa saldo il piede, e coltivava la sua mestizia, come arra alla salute dell'anima. All'ombra dei beni umani aveva la sua dimora tranquilla; senza sete di godimento e desi- deri di gioie e di piaceri e concupiscenze vane, filava il suo Idillio, guardava, sospirava il suo cielo. Celebra la morte, lo scioglimento del sensibile, come risveglio dal letargo alla vita verace, passaggio dalle tenebre alla luce ; ma, in fondo, non la desidera. Morte, non tardar più L'invocazione tenera e accorata del Petrarca e dei poeti del dolce stile non sfugge alle sue labbra. È preoc- cupatissimo dei giorni suoi che si faranno eterni, ma non è impaziente di troncar quelli che si consumano nel transi- tare dall'una all'altra sponda; e non immagina, ne pre- gusta il momento in cui i lacci del corpo cadranno, si sfa- sceranno le carni, e il puro spirito avrà ali al volo ambito. Torni pur sempre il mattino ; si alzi pur sempre il sole ; e spanda sulle cime l'oro dei suoi raggi.

Nessuna traccia in Calderon delle grandi infermità spi- rituali, delle estasi morbose, care ai romantici; raccolto nel romitaggio dell'anima, bandisce il vangelo della salute del- l'anima. Nel suo mondo finito e circoscritto distende Io sguardo all'infinito; e gli accarezza molle il volto quel soffio di vita che l'asceta disdegna, pensando al suo tra- mutarsi (( alla )) in « una etemidad » . Bene e con meravi- gliosa costanza péurla della grazia divina, del vero e del reale, solo riconoscibili oltre la morte, delle glorie celesti che annullano ogni meschina vanagloria umana; ma i!

244 La vita e un sogno

« cupio dissolvi » non s'insinua nel suo spirito, ribelle agli struggimenti e smanimenti. Lo seduce pur sempre il con- creto in tanta orgia intellettuale dell'astratto. E i beni stessi dell'anima, che debbono acquistarsi, fuggendo i fa- cili diletti ((( No por deleytar lo breve j lo eterno pier- das ))) (250), senza certa solidità, non sono concepibili; il vero tangibile, afferrabile, invade il mondo trascendente, dove non ci sono più ombre, e non più si sogna, e le (( gran- dezze » più non (( riposano » ; dove (( no duermen las di- chas )) , e dura la (( fama vividora )) .

Gon imperturbabile calma e serenità può additare la morte come principio della vita, centro, scopo della vita, risveglio e non assopimento, uccisione della morte volgare (( aquì està la vida, | puesto que està aqui, | quien mu- riendo, à la Muerte [ ha de destruir » ((( La segunda esposa y triunfar muriendo »). Si entra, morendo, nel porto sicuro che mai non si perdette di mira (( No es morir todo ? » ((( Casa con dos puertas »). La libertà è rag- giunta, e sfolgora piena luce. (( Outside of the range of time », chiede vasi lo Swinburne, (c v^ho knows if haply the shadow of death | may be not the light of lif e ? » . Ma il poeta rifugge da ogni voluttuoso inebriarsi a quella vivissima luce ; e non gli è dolce mai naufragare nel mare dell'eternità. Altri poeti trasfondono nella morte i sogni più fervidi della vita; e s'immaginano nei taciti regni, ove «splendono le anime, intatte, serene», l'ineffabil tri- pudio d'amore, tutti gli Elisi congiunti ((( better than love and lif e | a delicious sv^oon » O' Shaughnessy), una (( Brautnacht » , un (( Geheimniss siisser Mysterien » goduti veramente dal Novalis nei deliri di morte, che gli scio- glievano il lungo « Traum dfer Schmerzen », e lo ponevano « trunken t der Liebe im Schoos». La morte sublima.

Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità 245

trasfigura, scioglie gli enimmi, instaura il regno della pace e della vera grandezza, apre gran varco a tutte le sorgenti della vita di (25 1 ) ; {x>ne in opera tutte le energie ; ac- cende, splendente ({negl'inviolati cieli», le anime ((con un tacito anelito » .

Immagina una volta, è vero, il Calderon un trionfo so- lenne della morte; e fa che, a martirio compiuto, il suo principe Don Fernando condensi fuori della vita terrena il vigore dello spirito, e si sollevi, negli orrori della notte, guidi alla decisiva vittoria le sue schiere, per sentieri che nessuno mai seppe, agitando, fiammeggiante, la sua fiaccola di luce (( con està luciente i antorcha desasida del oriente, | tu ejército arrogante | alumbrando he de ir siempre delante » . Quel trionfo non si disgiunge dai miracoli che opera la fede, e decreta Iddio. Il sermone teologico trema troppe volte in cuore al poeta quando accenna all'e- stremo approdo della vita e allo scioglimento estremo del gran mistero, e soffoca la lirica interiore che sorge spon- tanea e anela alla libera espansione. Si avvezzi l'uomo a guardare in viso la morte, senza timore (252), ed a consi- derarla compagna, amica, confidente benevola d'ogni suo desiderio e d'ogni speranza, trascelta da Dio perchè ci porti alla sponda beata, dove più non tramonta il sole, e più non si chiuderanno gli occhi, liberi dal sonno e aperti all'eterna luce.

, Compiuto il suo cammino, asceso il poeta tra gli spiriti puri, l'avrà salutato Platone, il maestro delle idealità più eccelse, e stretto a sé, e confortato col bacio fraterno. Più felice, in verità, Calderon nel suo tragitto terreno del filosofo degli Elleni, non patì dolore per la scissura dei due mondi; e seguitò, senza scoramenti, senza le scosse e le ferite del dubbio, con interezza della fede e interezza

246 La vita è un sogno

deir anima, la via della spiritualizzazione vagheggiata. Lo reggeva una mano provvida, la mano fermissima di Dio. E le spine si torcevano senza insanguinarlo mai; chiu- devasi ogni precipizio, ogni baratro minacciato. Alla dot- trina divina il poeta volle sommettere Tarte sua ; volle con- giungere alle tesi teologiche i drammi ed i misteri della vita. Dei tradimenti fatti dalla fantasia vigorosa e biz- zarra alla ragione, salda e tenace e despotica, non parve avvedersene. La fantasia gli ricreò quella vita che il domma tiranno distruggeva e annientava; ritenne il bel corpo alle figure che il pensiero astratto scioglieva in larve vane ed ombre e spettri; all'instabile e oscillante diede, nella forma finita, fissità e determinatezza. E, tacitamente, bendando con le fasce sue soavi gli occhi all'asceta, perchè non ve- desse il portento sacrilego, e non si distogliesse dalla con- templazione assorbente dei miracoli della fede, con un raggiar del suo riso divino e un tremito d'amore, trasfigurò la terra, spregiata e vile, e la sollevò al fascino e allo splen- dore del cieli.

II.

IL DRAMMA

TI dramma.

È ben saldo e invariabile nel poeta il pensiero sui de- stini dell'uomo quando compone il dramma sul Sogno della vita. Non può sorprendere orma?; e, poiché dell'arte si giova come di un portavoce possente del pensiero che lo domina, idea le sue rappresentazioni sceniche, laddove altri, igncuri della pratica e della tecnica del teatro, imma- ginerebbero un trc^ttato filosofico. Ancora una volta una tesi era imposta ; e conveniva chiarirla con un'ampia ed esau- riente dimostrazione. Una tesi tronca, recisa, incrollabile, un estratto della sapienza della vita, condensato in un (( pro- verbio )), il risultato dell'esperienza umana, suggerito ad un dramma, dai cui contrasti, come dalle lotte del cuore com- battute e superate, dovrebbe appunto scaturire quest'espe- rienza. Ma dove la soluzione del mistero è comandata, può davvero effettuarsi uno svolgimento drammatico 7

Il poeta teologo, anche creando di fantasia, non ri- nuncia ai suoi dommi e alle fermissime convinzioni. Il suo teatro è una professione di fede ininterrotta. Gl'idoli della Chiesa trasmigrano per necessità sulle scene, e non tol- lerano che il profano vinca sul sacro ; esigono piena som- missione, l'incenso e l'inno del credente. La tragedia dei

250 La vita e. un sogno

destini dell' individuo si converte in commedia della re- denzione dell'anima; l'uomo si svincola dal peccato, per accedere alla Grazia; l'orgoglio è abbattuto, e la man- suetudine trionfa; si domano gl'istinti; si soffocano gli stimoli di ribellione e di sollevamento; e, di vittoria in vit- toria, si passa al pieno dominio di medesimo, alla ri- nunzia intera del cuore, a cui si ordina il palpito nuovo, tacito, moderatissimo, ordinatissimo> l'estinzione delle pas sioni e dei desideri. E il trono d'un principe, umiliato, convinto della nullità d'ogni grandezza, del bisogno di annegare nell'ascesi ogni concupiscenza vana, e di consi- derare la vita come sogno fugace, si sommette alla volontà sapiente di D^o; annulla il terreno; e si colloca, schivo d'ogni rumore mondano, alla soglia dei cieli.

Sulla foga del plasmare, vince la smania di dimostraure, di enunciare una gran verità, che, ignorata, condurrebbe la coscienza ad un fatale smarrimento. Non si è a corto mai di precetti, di massime sagge. Il mentore di Sigismondo catechizza il suo alunno con mirabile zelo e pertinacia; e all'infelice, che ha gl'istinti feroci di belva, rimasto nell'i- solamento pieno e selvaggio che gli si decreta, fuori di ogni pratica della vita, amministra la sua scienza ; lo prov- vede abbondantemente della santa dottrina cattolica; lo prepara alla rinunzia, prima ancora che abbia assaporato i beni di questo mondo ingannatore; e, sveglio com'è, lo vuole dormente ; gli grida che la vita è un sogno, che sono sognati tutti i domini e gl'imperi.

Al riconoscimento della verità evangelica occorre buona disposizione di natura; si giunge ad esso per vie piane, senza aspri tormenti dell'anima, fuori d'ogni acerbo con- flitto e d'ogni catastrofe interiore. La conversione del peccatore deve essere prontissima, improvvisa, trionfante,

// dramma 231

come la luce divina che scoppia entro le tenebre del demonio. Non ci sono passaggi graduati, ma approdi de- cisivi. Motivare le deliberazioni che prende il cuore, col- pito dalla parola dell'Altissimo, non è un perditempo ? Può esserci veramente un tentennare, un esitare ? Si è o non si è, risolutamente. Così, della rigidezza del domma dovevano risentire i caratteri che agiscono nei drammi im- maginati della vita ; e si sceglievano appunto come sostegno delle idee, vissuti dopo le idee stesse, destinati ad aver sangue e vene, non già dalla natura che crea e vivifica a capriccio, ma dal poeta stesso, costruttore e grande artefice. Le complesse e misteriose manifestazioni dello spirito umano non hanno ragion d'essere; e l'anima perde i suoi intricati labirinti, le paurose profondità. La storia sua è semplice, o piuttosto appena è storia ; risponde alle esigenze della fede ; rispecchia il miracolo.

Ma al gran problema che si annuncia, e di cui si offre la soluzione immediata, inconfutabile, assiste il gran pub- blico. E il poeta non può scordarlo, mentre affatica il cer- vello e scalda la fantasia nel suo tranquillo eremitaggio; sempre se lo vede innanzi. Odiatore del volgo com'egli era, non disposto a discendere alle sfere più basse, si assog- getta tuttavia alle esigenze dei suoi spettatori ; rispetta i loro gusti, le bizzarrie, le tradizioni e i costumi; ama vez- zeggiarli, pur prodigando loro i memento solenni. Era leggera a lui e sopportabilissima la doppia tirannide del pensiero e del pubblico, che ad altri avrebbe fiaccato le maggiori energie. Dice il re a Clarindo, neir(( Infanzon de Illescas » : « Sappiate piacere al popolo e agirete con senno » . Questi zelantissimi facitori e amministratori di spettacoli, che pur vantano d'essere usciti dalla schiavitù posta da secoli sui poeti ossequiosi alle regole, si caricano

252 La vita e un sosno

ancora volontariamente di nuove catene, e, liberatisi dai precetti che mettono sotto chiave, corrono al giogo che il pubblico esigeva (I). Anche Calderon, così sostenuto, così grave, così austero^ si adatta alle convenienze ; rispetta le prescrizioni dei suol giudici. Le chiassose voci gli tron- cano il soliloquio della coscienza; scrive pur lui, alquanto, (( por el arte que inventaron ] los que el vulgar aplauso pretendieron », come confessava di fare, per norma, Lope de V^ega ((( Arte nuevo de hacer comedias »); sa di dover distrarre non movendo mai a turbine le passioni e i sen- timenti, blandendo, raddolcendo le sciagure e gli affanni, risparmiando al cuore la lotta, la tragedia verace (2), at- tento a congiungere, a dramma compiuto, le coppie di- sgiunte. II poeta, che grida essere solo sogno la vita, è pur desto, e tanto si preoccupa d'ogni squilla che suona o echeggia attorno a lui.

* * *

Poco può importare il sapere donde trasse la storia del dormente risveglio. Certamente ai primissimi del '600 era raccolta da Agustin de Rojas, nel (( Viaje )>, famoso, divertente ((( entretenido ») davvero, ben noto agli autori di (( comedias » del tempo. Probabile che altre varianti esistessero allora, derivate odal « Conde Lucanor », o dal- Tepistola del Vives, correnti tra il popolo, e appena tra- scritte. Di aneddoti e racconti era ben ghiotto il Calderon; e li raccoglieva qua e con passione; quando recavano una brava chiusa morale, e finivano in lezione, facilitavano a lui quel sermoneggiare e sentenziare che aveva come nel sangue, retaggio di natura. Comunicava alla sua Rosaura, nella (( Vida es sueiio », questa sua sapienza aneddotica (3).

// dramma 253

Non peire risalisse al (( Milione » di Marco Polo, come alcuni hanno pur supposto, o all'apologo orientale addi- rittura. La fiaba non dava che una prima spinta alla crea- zione; suggeriva un intreccio, un giuoco d'inganni e di trasformazioni ; e, siccome Calderon aveva ben altro in- gegno del pastor d'anime Hollonius, e non tollerava gof- faggini, altro profitto trae dalle sacre Scritture che aveva famigliarissime, altre voci accoglie dai Profeti e Salmisti. Idea, costruisce, vivifica un dramma attorno alla memo- randa sentenza sul sogno della vita ; inventa un'azione nuova; non scinde e non stempera in dialogo lagrimevole l'antico racconto.

Ch'egli volgesse al tragico quella storia che prima di lui tendeva al comico, è giudizio infondato, che sempre odo ripetere (4). Potevano farne strazio, argomento di risa, di spasso e di volgare trastullo i raccoglitori e ma- nipolatori di beffe e facezie; in fondo, essa era ben triste, e doveva muovere al pianto chi rifletteva su quel giuoco di apparenze, sulla. fragilità e pochezza dei sensi umani e del- l'umano riconoscimento, sul confondersi miserevole dell'es- sere col non essere. E forse da quell'esempio delle eterne illusioni, minore tragedia derivava il Calderon placando l'anima dell'eroe, persuadendolo non essere che sogno la vita, togliendogli lo slancio, gl'impeti, i furori, e conceden- dogli pace alfine, l'incontrastata quietudine, di quella che gli autori comici toglievano all'invenzione primitiva, ma- scherandola di sorriso e di letizia. Abitualmente era un povero diavolo, della schiatta più umile, che s'obbligava al sogno fastoso, e, per un tratto, si inchinava come principe; ora è un principe, costretto ai vaneggiamenti e ai deliri del sogno, che vede precipitare e ridursi al nulla le grandezze assaporate appena. La lezione è più solenne, perchè tocca

234 La aita è un sogno

l'uomo che sta in alto e dispone di una reggia, e implica, come avveniva per Giosafatte, la conversione. Anche gli eroi d'altre leggende, come Cipriano, sono sollevati dal poeta dalla sfera degli umili alla sfera degli eletti, perchè tornino ad umiltà, e insegnmo che ogni insuperbire e gran- deggiare è vano, che l'uomo è nulla, alfine, polvere desti- nata a mescersi con la polvere.

Oziosi anche i paragoni con lo Shakespeare, che dram- matizzava la fiaba con certa aria sua di svago e di spasso, così gravida di serietà, e poneva un piccolo giuoco d'in- ganni entro il gran giuoco della vita, una commedia brev^ entro la commedia universale (5). Ogni moralizzare in questa farsa è superfluo. Non si guzurda al futuro; non si addita l'eterno; nemmeno si riflette su quel che passa, su quel che dura, sul vivere, sul morire. Goda l'acconcia- caldaie il frutto della sua povera illusione. Immagini di essere desto, o di sognare ancora. E filate ancor voi, che assistete al giuoco innocente, i vostri sogni ; mgannate così la vita.

1 principi si prestavano a meraviglia per riattivare gli oroscopi e i vaticini degli astronomi e degli astrologhi sag- gissimi. Dovevano nascere taluni col triste privilegio di guai e di sciagure, minacciate al loro apparire, e prean- nunziare grandi torbidi, sconvolgimenti, ribellioni, rivo- luzioni. E taluni eran posti a languire m antri oscuri, nelle solitudini piìi squallide, perchè non si avverassero i destini fatali; ma uscivano alfine dalle tenebre alla luce, e quetavano i fati avversi. Nessun dubbio che facesse impressione su Calderon il Barlaamo di Lope, catechiz- zatore valentissimo del principe Giosafatte, occultato dal padre nei luoghi più secreti ((( en naciendo me obligó > a que naciese escondido »), e che trovasse in questa e in

// dramma 255

altre (( commedie )) del geniale precursore spunti ed ele- menti per il nuovo dramma. Prestissimo, e per virtù divma, il convertito passa al disprezzo delle pompe, al disprezzo del mondo, ((del polvo en que nacimos», al disprezzo dell'individualità propria, della donna, che gli era pur apparsa miracolo della creazione ; e ritrova le (( alte filo- sofie )) della vita, che consistono appunto nel riconoscerla vana questa vita, immersa tutta nel sogno. E si affligge e si tortura il padre, che vede tal fede nel figlio, determinato a volgere le spalle ai (( reinos de la tierra » ; riconosce la estrema inutilità dei maestri che impiegò, (( con tantos libros » , la vana educazione tentata (( en la mas secreta parte ', que posible a un rey ha sido )) , e il temerario op- porsi ai decreti del cielo : (( a los hados forzosos resiste en vano el deseo )) .

Altro maestro di Calderon è il dottore, teologo e poeta Mira de Amescua (6). Ed erano letti, meditati tutti i drammi che recavano le conversioni spettacolose, le grandi rinunzie ai beni mondani, le sconfitte del demonio, i trionfi di Dio. Particolarmente la conversione della (( Monja de Portugal )) , (( tan conocida en Espana » , colpiva il poeta della « Vita è un sogno » (7). Ma fu un bene che non si risolvesse il Calderon a riprodurre quella mescolanza forsennata del sovrannaturale e del naturale gradita assai dall' Amescua, e restasse saldo sulla sua terra, stretto al visibile, nel dramma, che risolve nel sogno il mistero della vita, e vuole all'uomo trafugata la terra, perchè non si di- stragga dalla contemplazione del cielo.

Indubitabile che altri spunti prendesse da altri poeti : dall' Enciso, da Tirso, da Luis Velez de Guevara, da Guillen de Castro, dall'Alarcon (8). Una (( comedia » rappresentata era patrimonio comune, specie d'invenzione

236 L.a vita è un sogno

messa al mercato; ed era naturale provvedersi di quanto più sembrava convenire per l'opera novella. Il plagio non impensieriva, perchè correntissimo ; si riteneva obbligo allora togliersi tutta dall'interiore la creazione drammatica, raggrupparla attorno ad un unico centro di vita. Si sceglievano scene, episodi, piccoli quadri, immagini, e si aggiungevano al quadro o all'azione prin- cipale, senza preoccuparsi gran fatto dell'armonica fusione dell'insieme. Quando non si improvvisava genialmente e spensieratamente, come troppe volte soleva far Lope, si componeva a mosaico. C'erano frasi fatte che si applica- vano qua e come arie in un'opera cantabile. Era lecito a Calderon ricacciare entro il suo dramma d'Absalonne scene intere di un dramma di Tirso. E non stupiremo di vederlo ripetere motivi, situazioni, casi e inganni della fortuna, per non darsi la briga o il tormento di cavarsi dal capo, in momenti di stanchezza, nuove invenzioni.

Il fatto straordmario, che narravasi nel dramma sul sogno della vita, esigeva la scelta di un ambiente remoto che sapesse di favola e di mistero. Il paesaggio nordico, che tanta parte aveva nel (( Persiles » , eccitava le fantasie. Altre novelle intrecciavano capricciose avventure di cava- lieri e di donzelle erranti nelle steppe, nelle selve, (( las espesuras y asperezas de los bosques » della Russia e della Polonia; e Calderon certamente si distraeva alla lettura della favolosissima (( Historia moscovita » di Enrique Suàrez de Mendoza. Forse egli pur conosceva Tuna o l'altra delle relazioni sul paese del gran principe delle Russie, che precedettero quella, assai estesa, del duca di Liria, e di cui ora non è rimasta memoria (9). Sapeva come tramontavano i regni conquistati ed usurpati dal falso De- metrio, già fantastica materia di drammi nella sua Spagna,

// dramma 257

soggetto del « Gran Duque de Moscovia )) di Lope, in cui il gran duca Basilio si ritraeva sgomento dinanzi al- l'agire del figlio: « monstruo de naturaleza, 1 hijo en mal punto engendrado, | indigno de la grandeza » ; e agiva (( el rey de Polonia Sigismundo » (10). Sigismondo era nome imponente, ampio e sonoro, che Calderon ritro- vava nel dramma di Lope, negli annali della Russia e della Polonia (un (( principe de Polonia » figura nella (( Hermosa fea )) di Lope), nei sommari e nelle enciclo- pedie che consultava (11); e bene conveniva all'eroe che annunciava alle genti sonnacchiose il vangelo solenne della vita del dormente. Un po' del colorito esotico bastava al poeta; ed è risibile la preoccupazione e lo smarrimento di alcuni che ritengono stravaganze gli errori di storia e di geografia nei drammi calderoniani (12), e li commi- serano, quasi fosse tenuto il poeta a fungere da cronista, e non dovesse creare lui la sua storia, foggiarsi lui il mondo più conveniente alle figure della sua fantasia, decretare lui i destini degli uomini e delle stirpi. L'arbitrio del fK)eta, purché risponda alle esigenze e all'imperativo del- l'interiore che ricrea, è legge più ferma e provvida d'ogni più rispettabil norma della logica e del buon senso. A chi plasma anime, che possono importare i calcoli comuni, la. misura comune del tempo e dello spazio, ed anche la vita, la morte comune ? I critici pigmei riprendevano gli anacronismi folli; ma il Kleist non smetteva i sublimi deliri, e dava la sua centuplicata vita a Pentesilea, che vedeva risorgere, per rinnovato suo strazio o conforto, la compagna infelice, già da lei colpita con lo strale di morte !

Nel dramma di Sigismondo è il destino dell'eroe che deve assorbire ogni nostra attenzione e curiosità. Di fronte

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. 17

258 La vita è un sogno

a quest*uomo, che non sa se sogna o se è desto, scom- pare chi ancora con lui agisce sulla scena del mondo. E nessuno sovviene della Polonia, e dei suoi principi, e della successione del regno, e degli eserciti che pu- gnano, vittor^iosi o vinti. È un bene che Calderon non abbia insistito sui contorni del dramma e delle scene. Bi- sognava generalizzare con coraggio ; ogni accessorio avrebbe sciupato il simbolo. Dove il poeta è più parco di indicazioni e di parole raggiunge l'efficacia maggiore. L'esecuzione più accurata e minuta non vale l'abbozzo rapido e geniale. Pensate alla divina semplicità e natu- ralezza degli Elleni, a quelle linee sobrie, spedite, nitide, tracciate direbbesi per l'eternità. In quella appairente po- vertà e rigida compostezza, quale piena rigurgitante di affetti !

Dove Calderon eccede, tiranneggiato dalla sua natura, è nell'abuso della riflessione. La misura del genio confina con l'esuberanza del manierista. 11 costruttore meccanico toglie la mano all'inventore. Entro la palestra della vita il poeta apre la sua diletta tribuna del teologo e casista ; e ragiona e distingue e profonde i lambicchi del pen- siero. T'immagini di posare su alta vetta, dove alita il mistero, e dbve aneli raccoglierti, per meditare negli alti silenzi ; e ti sorprende un vociferare importuno, la dia- lettica chiassosa delle sottili argomentazioni e dimostra- zioni. Tutte le persone del dramma hanno assai più bisogno di spandere giudizi e sentenze, che di effondersi, aprendo la vena del cuore. E non si contengono, non occultano il calcolo che fanno e l'accorto ponderare. Basilio delibera di togliere il figlio dallo squallore selvaggio a cui lo dan- nava la sua scienza astrologica ; e ragiona sul vantaggio di quella decisione : (( pues con aquesto consigo | tres cosas

n dramma 259

con que respondo | a las otras tres que he dicho: | es la primera ... | es la segunda ... | es la tercera ... » (13). Potrà accasciarlo veramente il peso delle sciagure mi- nacciate ? Lo sgomenterà mai la gravità dell'inganno im- posto, facendo ritener sogno la vita vissuta a chi ha sangue del suo sangue ? E si concede ancora il poeta all'orgia del calcolo e delle sagge ponderazioni ; immagina il pro- fitto d'ogni sua scena, l'effetto d'ogni discorso, la bontà d'ogni soliloquio. La sua abilità tecnica non può smen- tirsi ; il teatro e il pubblico mai non gli sfuggono ; mai egli si dimentica nell'anima delle sue creature; dispone con sapienza le scene ; idea e accentua i momenti drammatici pili decisivi; provvede per le opportune sospensioni (14).

*

Pensò sopratutto, concepito appena il dì^amma, ad estendere ed a complicar l'azione che s'aggirava attorno al- l'esperienza del dormente risveglio. era male si desse anima e vita al mondo in cui dovevasi immergere il prin- cipe, per sollevarsi poi, a rinunzia compiuta, e ritenere vano quel mondo tessuto di apparenze vane. Inventi pure il poeta a piacere, aggiunga alla fiaba centrale altre fiabe, intrecci alla storia del protagonista altre storie d'altri in- dividui — quante ne intrecciava in un breve dramma Io Shakespeare ! purché raggiunga la fusione armonica di tutte le parti, e campeggi ognora, irradiata della massima luce, l'idea animatrice dell'insieme. Scenda Rosaura al regno di Polonia, e vi cerchi riparo all'oltraggio sofferto. Quale ironia che debba Sigismondo appunto rimetterle in pieno assetto il suo mondo in scompiglio, provvedere alla disciplina morale piti rigida, allor ch'egli acquista co-

260 La vita è un sogno

scienza deirinutilità d'ogni sforzo umano, della vanità d'ogni bene e d'ogni terrestre aspirazione ! Ma il dramma di Rosaura non urti solo il dramma di Sigismondo; lo penetri ; si fonda e confonda con esso ; non obblighi il poeta ad interrompere affannosamente una trama, per cor- rere dietro ad altra trama parallela, e ripigliar poi il filo abbandonato, per troncarlo di nuovo, e sbandarsi via via, sino a raccogliere le forze estreme, per chiuder l'opera, ed occultare alla meglio le scissure inevitabili.

Presto si avvezza Calderon a seguire con l'attenzione medesima entro un sol dramma diversissimi viluppi di azione: intrighi d'amore, impegni d'onore, separati dal nesso centrale. Distrae, quando più gli abbisognan le forze per condensare e rinsaldare; largheggia cogli episodi; li distende con cura soverchia; ed infiacchisce l'organismo dell'opera, pur immaginando di rinvigorirla e di arricchirla. Pensate agli amori di Muley e di Fenix nel (( Principe constante », di Tolomeo e di Libia nel (( Mayor mon- struo los celos » , agli intrighi orditi entro il dramma del mago Cipriano, al dilagare degli episodi in altri drammi : (( La Aurora de Copacavana » , (( Las cadenas del de- monio » , (( La Sibila del Oriente » , « La Devocion de la Cruz». Il Carducci, nell'aspra sua censura al dramma ((La vita è un sogno», condanna senza pietà l'intrigo che si sovrappone alla favola principale, r(( imbroglio che si accavalca a una favola semplice di per se ed austera, come edera che opprime ed insulta co '1 suo verde stri- dente il verde cupo e severo di antica quercia » (15). Im- poverisce Calderon il dramma di Sigismondo a spese del dramma di Rosaura. E noi ci meravigliamo della esiguità delle esperienze toccate all'eroe, della lotta interiore man- cata in lui, e di quel suo fulmineo votarsi al sacro vangelo

// dramma 261

Imposto dal poeta, prima ch'egli conoscesse davvero la vita oltre i precetti del suo mentore, e ne godesse qualche frammento, e avesse agio di sviluppare i sentimenti umani, quando doma e vince gl'istinti di belva.

Clotaldo stesso, attento alla custodia di Sigismondo, sorpreso dai casi di Rosaura, non sa dove dar di capo; e la ragione gli si offusca : (( confuso laberinto 1 es este, donde no puede | hallar la razon el hilo » ; gli si apre in- nanzi un ((confuso abismo)). E mentre T intreccio si complica, il carattere di Sigismondo magnificamente conce- pito in origine, si semplifica; perde il sacro suggello della personalità; e s*inigidisce a tipo. Suona a gran distesa e con solennità la campana che annuncia la soluzione del gran mistero della vita; ma il dramma, che Tascolta, am- mutolisce e ristagna. Chi ben guarda, scorge anche sdop- piata la tesi che il poeta si propone di svolgere, o con- giunte piuttosto due tesi, con artificio e violenza : la vita è nulla, Taffaticarsi dell'uomo è vano, la verità è ir- raggiungibile, poiché tutto oscilla entro la fantasmagoria dell'universo, tutto è sogno, il dormente non si distingue dall'uomo sveglio ma la vita ha pure uno scopo e la sua entità, è preparazione all'eterno, offre un primo svi- luppo ai germi insiti nell'anima, esige una vigilanza accorta, un operar bene. Lo scetticismo iniziale si converte in asce- tica aspirazione. Sul tronco della più risoluta negazione è posta a, fiorire l'affermazione.

* * *

È adunque difetto del pensiero iniziale, che sempre si suppone originalissimo e profondo, non debolezza di esecuzione (16), o languore sopraggiunto al primo fervido

262 La vita è un sogno

immaginare, la disarmonia che notiamo nel dramma sul sogno della vita. Le incongruenze della passione e del sentimento che sorgono dai conflitti interiori e denotano lo spasimo, il sanguinar del cuore accelerano il palpito del dramma; ma le scissure del pensiero si vendicano, e gettan seri ingombri entro il corso della vita. L'esecuzione, infine, non dovrebbe risolversi in perpetua, incessante in- venzione, in un assorbimento tenace di lavoro di primo get- tito e di continuo gettito ? Quando la vena interiore è esausta, commcia il lavoro di intarsio, l'accorta combina- zione, che sorprende e offende anche in Calderon.

Le persone che agiscono hanno idee determinate e fisse da manifestare, una parte che rappresentano, per ordine di Dio e del poeta, sulle scene del gran teatro del mondo, in cui tutto anche le sorprese che dovranno avvenire è saviamente prestabilito. Chi meno gode del beneficio delle idee infuse è costretto all'inazione; e giova come riempitivo, perchè le combinazioni vagheggiate avven- gano. Giovan così le pallide e scialbe figure di Astolfo e di Estrella, che amano e tramano e discorrono a freddo, e ricascano, lente ed esanimi, entro l'orbita dei destini del protagonista.

Basilio, (( el gran Basilio», che, nei prolissi discorsi, si corona da (( dotto )), e celebra la sua scienza degli astri, le (( matematicas sutiles », mercè le quali egli può leggere nei secreti del cielo, scorgere presenti (( las nove- dades 1 de los venideros siglos » , e predire i fati avversi e i benigni, poteva far sacrificio di questo saper fatale, o non applicarlo almeno per istrazio delle carni e dello spi- rito del figlio. Pare abbia coscienza del delitto enorme ch'egli compie, quando lamenta non abbian rapito lui le ire del cielo, prima che sciupasse l'ingegno nel commen-

// dramma 263

tarne i segni misteriosi. Egli è pur vittima di quell'incerto pensiero riguardo agli astri, che pur notammo nel poeta medesimo. Crede egli al loro potere, e seguita gli studi, che Io pongono tra gl'indovmi infallibili; ma quando lassù vede decretati i destini, che interessan lui particolarmente e l'avvenire del suo regno, allora il suo mondo gli vacilla, gli s'intorbida la fede. Alle forze dell'alto, ritenute onni- possenti, oppone le forze proprie; e s'impegna in una lotta folle, stimolando, tra ansie e timori, la speranza, che si possano sconfìggere le stelle, che il voler dell'uomo ri- porti vittoria sul voler del fato, che l'inclinazione astrale si ritragga o scompaia di fronte all'imperativo del libero arbitrio.

A questa credenza nuova, tutta pervasa dal dubbio, sommette gli esperimenti tentati. E il dramma si muta in un assaggio della bontà o della fallacia della scienza astro- logica. Dovrà occultarsi agli uomini il figlio, dovrà languire i migliori anni nel CcU'cere di una solitudine selvaggia, e subire poi, quando talenta al padre, oppresso dagli scrupoli, (( vacilante y discursivo )), « entre una y otra causa », Tin- ganno inflitto al dormente risveglio, per ripassare pronta- mente al carcere, manifestando nel furore degl'istinti la virtù ancor trionfatrice del cielo. E ne uscirà, per volere del popolo, a dispetto del padi'e, rimasto sconfitto in ogni sua deliberazione, persuaso ormai d'aver intrigato con suo danno nelle faccende del destino, che non si pro- voca e non si stuzzica, e si compiace di colpire con mag- gior sollecitudine chi pretende sottrarsi al suo dominio: (( quien piensa que huye el riesgo, al riesgo viene » ; « son diligencias vanas ! del hombre, quantas dispone | contra mayor fuerza y causa ». Anche la morte del povero Clarin, che sorprende l'infelice quando più s'affanna a preser-

264 La vita e. un sogno

vaisi dalle sue minacele, aggiunge credito allamara con- vinzione, che pur acquista Admeto, nel dramma (( Apolo y Olimene » , dopo il vano tentativo di (( enmendar de las estrellas [ los influjos » : (( pues los medios | que pone para impedirlos | le sirven para atraerlos )) (17); quella con- vinzione che s'annuncia al seguito di orrendi guai, come solenne esperienza, nella « Braut von Messina » schille- riana: (( Wer das Schicksal aufhalten will, beschleunigt seinen Schritt » .

E ancor mite e clemente lo colpisce il fato offeso. Poiché, in realtà, delle mille sciagure e (( tragedie » mi- nacciate, degli orribili sconvolgimenti che si preannun- ciano, nulla si avvera e nulla si compie. E i cieli, che (( giammai mentono », smentiscono questa volta gli editti funesti, anche per amore del sistema tragico, conciliantis- simo, sprovveduto di vere catastrofi, a cui il poeta indul- geva. Ma forse la maggior colpa di Basilio era l'ignoranza della vita, gettata a coprire la vana dottrina degli astri. Offende e calpesta la natura umana, perchè, già cadente negli anni, ancora non la conosce. Sotto la sua vernice di coltura ritrovate un barbaro, più bruto del figlio cresciuto tra le fiere, e infinitamente meno del figlio accorto e aperto. Di sopprimere addirittura Sigismondo, saputa la minaccia dall'alto, scegliendo il mezzo più radicale e sicuro per opporsi al fato, non ha cuore ; e decreta quella mezza se- poltura, atrocissima, disumanissima, (( por ver si el sabio tenia ] en las estrellas dominio )), in realtà, per aver campo a sperare ancora, e tentare un'educazione, che avrebbe sop- presso gl'istinti malvagi nella (( fiera » che gli era nata. II (( saggio )) è di una imbecillità stupefacente ; e sceglie il peggior male come avviamento alla salute ; imbestia- lisce nella segregazione più tetra il figlio, che, rinsavito

// dramma 265

miiaracolosamente, dovrà rinfacciargli con santa ragione : (( quando yo | por mi nobleza gallarda, 1 ... huviera nacido docil I y humilde, solo bastara | tal genero de vivir, ( tal linage de crian^a 1 a hazer fìeras mis costumbres » . Ri- manga orso Sigismondo ; ma orso addomesticato, col consi- glio e r addestramento a tutte le scienze del mentore che gli è posto a fianco. Pretendere poi che, recato a palazzo, si spogli ad un tratto di tutte le abitudini selvagge, e palesi, con la moderazione degl'istinti, il fiore delle virtù dei cortigiani, è estrema follia, inaudita leggerezza di quel monarca, indegno di aver trono e sudditi e prole.

Davvero, senza Tesperimento che interrompe l'iniqua prigionia, ed offre a Sigismondo un primo e fugacissimo saggio di libertà e di dominio, subito ricacciato tra le fantasie e i deliri del sogno, non si sa a quale simulacro di vita sia serbato l'eroe che sconta il fallo della nascita. Durare così tra quelle mura, in quella tomba ! La morte del padre non poteva significare scarceramento e reden- zione, o riabilitazione del figlio; il regno sarebbe passato ai nipoti di Basilio, Alfonso e Estrella, ambiziosissimi pretendenti, che stanno all'agguato, come i due cugini del padre d'Irene, nel dramma (( Las cadenas del demonio ». Si dovevano consumare ad una ad una tutte le fibre ga- gliardissime dell'infelice ; e lento a sopraggiungere sarebbe apparso il disfacimento estremo, l'estinguersi nel nulla. Perchè non abbreviare il martirio, e non tronceur subito quest'esistenza misera e dannata ?

Allo snaturato genitore non si risparmia il tormento del- l'eterna indecisione. Vorrebbe sconfitte le potenze celesti; e; a quelle potenze egli pur s'inginocchia tremante; mor- mora un : (( non è possibile sia bugiardo il cielo » ; ma se- cretamente dice : Se tu pur mentissi , se a vuoto andassero

266 La vita è un sogno

tutti i vaticini ! Maschera, come i deboli fanno, il suo tentativo di ribellione, con atti umili di sommissione; e ancora s'attacca alle rovine della fede caduta ; e va per la sua terra cercando cogli occhi la luce temuta delle sue stelle. Ben ardua e disperata è l'impresa che tenta. Som- mette il figlio al grande esperimento; e un brivido lo prende, pensando non gli riesca il dominio sull'influsso fatale: « quizà no le venceràs )). Gli basta una porzione di sonno, somministrata con l'accorgimento dell'antico califfo, per procurarsi, con lo spettacolo delle follie del suo dor- mente risveglio, la più completa e decisiva delle delusioni. E bisogna si affretti a riaddormentare di nuovo l'infelice, e a riporlo tra pelli e catene ; bisogna ch'egli rinunci a vederlo (( advertido, | de hados y estrellas triunf andò » .

Ma le stelle all'alto non curano le ingiurie dei miseri mortali, e sembrano aver pietà dei destini a cui s'avvia il povero Basilio. Blandiscono le ite, mutano le sentenze, frangono la scienza di chi pretende svelare i secreti che occultano (18), e ridanno alla luce che sfolgora il principe, rifatto, riplasmato, non sai bene per quale prodigiosa virtù. Basilio, che presumeva dare lezioni al cielo, subisce ora la lezione morale del figlio (( El cielo te desengana ». Sappia che non si cozza rudemente col fato, che non si vince la fortuna con propositi di vendetta e di sdégno ; oc- cone vezzeggiare, non combattere, chi tanto può, per vo- lere di Dio:

Y asì, quien vencer aguarda

A su fortuna, ha de ser

Con prudencia y con tempia n^a.

Lealissimo servo del suo signore è il precettore e in- volontario carnefice di Sigismondo, di cui il debole mo-

// dramma 267

narca si giova per le vane esperienze, docile ad ogni co- mando dall'alto, e, suo malgrado, (( instrumento del mayor I suceso que el mundo ha visto)), come Basilio gli dice. Vive come riflesso dell'individualità altrui, vuotata l'anima di energie, (( prudente varon que madura edad alcanna », con un sapere tutto d'accatto, e massime fisse nel cervello, delle quali il discepolo dovrebbe profittare, per assopirsi bene nel sonno della vita. Inetto a concepire un dramma, l'ambascia d'un conflitto interiore, la ribellione di uno spirito oppresso, ragiona, discute, insegna, catechizza, rim- piccolito Carpoforo, e stende sulla fiera umana che ha in custodia, sulle pelli ferine che la coprono, il manto su- perbo della cultura. Sigismondo lascia ch'egli faccia, e dimentica, a tratti, alla nenia che gli canta il gran mentore, l'inferno che gli bolle in cuore; sorbisce la dottrina che gli si prodiga, le scienze del cielo, le scienze della terra ; e, selvaggio com'egli è e deve rimanere, acquista pratica nel misurare i circoli delle alte sfere, cari e famigliari al padre; legge pur lui nelle stelle, senza per altro ritrovarvi il suo destino sciagurato ; sa di uma.ne lettere ; alla divina scuola della (( muda naturaleza » apprende la (( retorica » degli uccelli e delle fiere. Particolarmente doveva insistere il maestro sul vangelo di Cristo, la (( ley catolica», base e sostegno d'ogni dottrina, e certo indispensabile a quel reietto dalla società e dal mondo, che languiva tra ceppi, in oltraggio a Cristo e ai sacri Vangeli. Ne doveva trascu- rare Sigismondo di fissare il pensiero nei principi della morale ascetica che Clotaldo gli somministra, e che sa- ranno cardine alla nuova fede nel giorno della redenzione e della solenne rinunzia.

L'attività maggiore di Clotaldo doveva spendersi, d'al- tronde, nello spargere silenzio, mistero e tenebre attorno

268 La vita è un sogno

alla prigione di Sigismondo, nell' accorta sorveglianza, or stringendo, or rallentando le catene al giovine, che anela alla luce, al sole, e freme libertà, e non si sa perchè non insorga, e non dia un crollo al giogo imposto, e, con un ruggito, da fiera ch'egli è, non metta in fuga la sua perla di precettore, per correre, sotto l'ampio cielo, alla vita. Ma- gnifico maestro di dignità morale e di cristiana sommissione l'uomo calato in Polonia dalle sue steppe di (( Moscovia », che abbandona l'amante, a cui toglie il cuore per donarle una spada, che certo a lui, vile d'animo, non conveniva serbare ! Trasecola quando ha innanzi la figlia ; e la prov- vede di parole e di freddi ragionamenti quando sa l'insulto che ella patì, l'errare di pena in pena, onde rintracciare l'offensore e aver riparo all'onore vilipeso. A dramma compiuto, reclama la nobiltà del suo casato, che eguaglia quella d'Astolfo; ma è nobiltà passiva, sterilissima, vuota dii virili propositi ; ed è ventura che la figlia, degna di vestir armi e corazza, risoluta quanto Lisarda, l'eroina del dramma (( Las manos blancas no ofenden » ((( tan varonil, que la espada | rijo y el bridon manejo »), dimostri quella fermezza che a lui è negata, e vada dritta al suo scopo, e trovi sostegno, lungi dal padre, nel generoso agire di Sigi- smondo. Quando un conflitto s'annuncia, un conflitto che poteva svilupparsi a dramma, Clotaldo tronca il dibattito interiore e la perplessità, trincerandosi dietro quell'unico sentimento che deve reggerlo: la lealtà al sovrano, su- periore alla vita e ajll 'onore. Con un « pues » soffoca i dubbi ; e condurrebbe a sicura morte la figlia, se un nuovo capriccio di Basilio non sopraggiungesse in buon punto a sospendere il decreto crudele. Sempre al sorgere di nuove minaccie, (( entre los dos partido, ( el afeto y el cuidado », sa ben lui (( a que parte acudir )) ; e non sanguinerà mai

// dramma 269

quel suo cuore d'i stoppa o di sasso. Intricatissimi sono i labirinti a cui conduce la storia dell'offesa inflitta a Ro- saura; ma ben si guarda Clotaldo dall' avventurarvisi ; e si affida al buon Dio : (( descubra el cielo camino » .

Eja costui l'eroe destinato ad essere oracolo di sapienza e di moderazione a Sigismondo. Eppure sentenzia con gravità ; sa come si reggono i destini del mondo ; si trascina un lembo della scienza astrologica basiliana; ripete al principe il (( vincerai le stelle » , a porque es posible ven- cellas J a un magnànimo varon » ; e al suo padrone tremante ricorda ancora, nel frangente estremo, come all'ira del fato riesca a sottrarsi l'uomo accorto : (( el prudente varon | vi- toria del bado alcanna ». Piìi sorprendente l'impegno con cui incita al retto operare, scandendo la massima sul sogno della vita. Già stupisce Basilio, che, dall'inganno ordi- nato, perchè apparisse sogno il primo prodursi del figlio nella reggia, si solleva a considerare la vita come sogno continuo e sogno universale, e sentenzia che tutti i beni del mondo sono sognati, che sognan tutti (( los que viven ». Ma il sentenziare di Clotaldo, fuori d'ogni diretta espe- rienza della vita, con una coscienza vacua, fa pena. Si- gismondo l'ascolta; e non cura che il suo guardiano è semplice recitatore della scienza del padre ; e quando giunge all'ultimo trionfo, vittorioso di tutti, si sovviene di lui ancora, di lui che invocava entro il sogno sognato dal nuovo sovrano l'opera buona compiuta in suo vantaggio: (( en sueno fuera bien | . . .honrar a quien te crió en tantos empenos » (19).

270 La vita è un sogno

* *

Figuriamoci quale impeto di vita avrebbe mfuso Shake- speare ad un carattere come Sigismondo, concepito nel pieno vigore di natura, con le energie condensate nel più assoluto isolamento, tutto rivolto in se, tutto staccato dal mondo, tutto istinti, e come lenta e tormentosa il grande poeta avrebbe fatto sorgere in quel leone in ceppi, neces- sariamente selvaggissimo, l'opera della ragione e della riflessione! Calderon vivifica l'idea più che l'uomo; tutta la sua creazione drammatica grida la mortificazione degli istinti. Quando muove le furie entro l'anima di Sigismondo, ha già il pensiero rivolto alla coltura, alla saviezza e do- mestichezza di quel bruto ; e violenta un po' la sua natura e quella del suo eroe. Non gli occoneva rivelarsi psicologo profondo, foggiare una individualità complessa ; gli bastava non sommettere il carattere del principe, che poteva de- lineare con schietta semplicità, alla tesi del dramma. Ma la tesi doveva trionfale; l'eroe doveva perdere del suo sangue, agire, più attento alla filosofia del poeta che fe- dele all'indole sua propria.

Quando nasce Sigismondo, con grande cruccio ed ira dei cieli, e minaccie di prossime alterazioni dell'orbe, e scompigli di regni, egli erompe alla luce, dando morte alla madre, (( vibora humana del siglo», come facevano altri sciagurati: la « Hija del aire », Rosarda, l'eroina del dramma (( Los tres afectos de amor )) (20). Allo sgomento che arreca, risponde l'acerbità della condanna, la clausura sepolcrale, (( el rustico desierto )), la (( rustica prision », la (( prision obscura, que es de un vivo cadaver sepultura », decretata con sollecitudine paurosa ai poveri Prometei cai-

U dramma 271

deroniani, invisi a Dio e alle stelle. Lo deve ignorare il mondo. Ben può dirsi morte la sua misera vita : « Antes de nacer moriste | por ley del cielo )) (21). E geme lui di* tanta tristizia del fato; lo commisera, gemendo, Clotaldo; lo commisera il padre : (( Ay Principe desdichado | y en triste punto nacido! ». Fosse l'infelice ignorante almeno dell'essere suo e del suo destino ! Ma, in quel carcere, entro la torre, fra rupi e scogli (22), « donde apenas | la luz ha hallado cammo », sa ch'egli sconta il fallo della nascita, che dal cielo gli piovvero le sue sventure. Clotaldo gli ricorda espressamente il freno e le redini che si dovettero porre alle sue (( furias arrogantes » . Grida e rugge Sigi- smondo il suo: (( Se que soy ». Lo si volle un bruto, un mostro; e agli mumani desideri egli ha pur corrisposto: « y se que soy | un compuesto de hombre y fiera » « soy un hombre de las fieras, | y una fiera de los hombres » (23). Fiera nel sentimento, rocca nel dolore lo chiama Rosaura., Quando, già avviato alla redenzione, guida l'esercito dei ribelli alla vittoria, s'immagina, nel- l'ultima millanteria, che Roma stessa avrebbe gioito di avere una (( fiera » come lui alla testa delle sue schiere belligere. Ma, in realtà, quella coscienza stessa ch'egli ha della sua natura lo apparta dal gregge delle belve ; della belva egli non ha che una leggerissima sembianza; appena direste che lottano in lui le due anime dell'uomo e del selvaggio, scarse sono nell'agir suo le irruenze bestiali : un lampeggiare improvviso nel buio, che subito si estingue. Nemmeno, a dirozzare la fiera, occorreva il pascolo della coltura, che gli somministra Clotaldo, la nozione delle scienze, lo studio della (( Politica ». Sigismondo è un cor- tigiano nato, e parla nella sua spelonca come palerebbe nella reggia, con gran lusso d'immagini e di parole, ed

272 La vita e un sogno

uno sciupio meravigliosissimo di eleganze. L'austera soli- tudine sembra togliesse l'ardenza alle passioni, e desse un tacito sviluppo al pensiero. Vede entro se e fuori di con tranquillità e chiarezza ; il suo soliloquio è penetrato di logica e di buon senso; e v'è tanta misura nel suo dol<Mre, tanta destrezza nel suo ragionamento; di tanta soavità s'im- pregna la sua malinconica elegia ! Quel suo espandersi in discorsi e chiedersi : Che feci ? Che commisi ? In che peccai ? deve lenirgli il tormento. Si compara bene, lui in ceppi, cogli uccelli e i bruti e i pesci e i rivi, godenti tutti la piena indipendenza ; ordina con sapienza e simmetria di frasi il suo lamento; e solo dimentica che l'ode il deserto (veramente l'ode Rosaura nascosta), che nessuno ammira in lui, infelice, il vibrare e il ripetere dolce e sonoro di accenti « Nace nace nace nace » . Possibile parli ancora di un turbine di passione che lo coglie, anzi di un vulcano, di un Etna, e dica ancora di voler (( sacar del pecho | pedafos del cora- 9on )) ? (24).

E dobbiamo meravigliarci ch'egli sia sensibile alla bel- lezza, e lo attragga possentemente la donna, al primo sguardo che cade su di lei ? Un selvaggio, al vedersi in- nanzi quel portento di forme umane che mai lo colpì negli antri oscuri da lui abitati, al fremito insolito della carne che lo sorprende, si comporterà davvero come Sigismondo, con l'enfasi dei galanti che spasimano e scelgono e ada^t- tano parole e distillano concetti e bisticci ? Nessuno pensa alla fiaba dell'Oriente, che il Boccaccio riprese, e inspirò lo Shakespeare, e che ancor traluce nel « Monstruo de los jardines » calderoniano ; e tutti si chiedono come mai la più raffinata cultura sia penetrata in quei deserti, e produca pur colà i suoi miracoli. Chi sei ? è il solo accento na-

// dramma 273

turale che sfugge a Sigismondo, turbato e scosso, che non conobbe mondo a tan poco del mundo se » e giam- mai vide altri uomini fuori di Clotaldo, che gli sta a fianco, e gì' insegnò a misurare i circoli degli astri (( soavi », senza mai far cenno della soavità della donna terrestre (25).

Da una belva ammansata, quand'anche sia scossa da qualche guizzo di schietta animalità, le donzelle erranti non debbono troppo temere ; e non feroci certamente saranno le aggressioni tentate. Sigismondo può smettere le sue pelli di orsaccio, e vestire da principe già nella sua tana, non sorbita ancora la bevanda « apacible », addormentatrice, che gli aprirà la reggia del padre. L'esperienza deve co- gliere il (( bruto » nel maggior fermento di vita, a forze esuberanti, e lasciar « abierta al dafio la puerta », come s'esprime Basilio, facendo credere all'occorrenza all'infe- lice che ancor gli dura il sonno, che (( fué sonado | quanto vió » . Ed eccovi derivare da un enorme inganno il me- mento più solenne della vita. In verità, appena si sogna nel dramma; e tutti agiscono ad occhi aperti, nella veglia più intensa, benché talvolta da stralunati. Nemmeno si ricorre alle fantasmagorie e alle magiche trasformazioni con cui si opera nel dramma « En està vida todo es verdad y todo mentirà )). Un solo accenno ad un fervore di rivolta nell'anima di Sigismondo, entro un vero delirio del sogno, compiuta la prima esperienza : (( piadoso Principe es ( el que castiga tiranos » ; e subito si chiude il breve spiraglio aperto nel mondo dell'incosciente.

L'aprirsi improvviso del sepolcro, il passaggio dalle te- nebre alla luce, non turba gran fatto il sonno del dormente risveglio, che presto si raccoglie dopo le prime mera- viglie (26), sa di esser desto: « dezir que es sueiio es engafio». S'acqueta e s'adatta al nuovo stato, fuori af- A. Farinelli, La vita è jan sogno, II. i8

274 La vita è un sogno

fatto dalla (( grande confusion » supposta da Clotaldo ; avvenga quello che dovrà avvenire. Maggiore è T ansia e la trepidazione dello spettatore, che, a quel trapasso di Sigismondo dalla tomba alla reggia, si chiede: Che farà costui ? Agirà da belva o da uomo ? Bisogna che il poeta faccia uno sforzo supremo per far primeggiare nel suo eroe quelle poche forze elementari degl* istinti, non an- cora fiaccate e consunte dalla ragione. Il capriccio sarà^ legge. Il (( gusto » istantaneo, fiaccola della giustizia. Si agitino ora i demoni ; si scatenmo le furie. L'uomo, neir (( auto )) sul sogno della vita, al primo respiro di libertà, vuole si tremi al suo comando: (( Nadie a mi furia se oponga, | ó teman todos mi furia ». Cose grandi, azioni straordinarie, stupefacenti, dovrà compiere Si- gismondo, or che, non più contenuto, libero e a flutti gli può scorrere il sangue nelle vene. Sente lui stesso di essere (( muy inclinado | a vencer lo imposible )). Ma, sulle nuove scene della vita, a cui vedesi lanciato, (( en tan nuevos mundos » , appena ha occasione di mostrare i grandi ardimenti, gli eroici furori. È poco quanto esperimenta. Tutto il suo agire, tranne lo scaraventare un servo da un balcone (27), rinfacciatogli dal padre come (( grave ho- micidio», si riduce ad un perpetuo minacciare. Certo, quando non complimenta e esalta i due portenti della grazia femminile, che lo inchinano signore, il suo fare è tronco, spedito, brusco, sdegnoso. (( Vii, infame y traidor », ((caduco, loco, barbaro, enemigo)), ode chia- marsi Clc^taldo. E un desiderio preme 11 nuovo despota di disfarsi degli importuni, di sollevarsi arrogante e altero su tutti. Le tenerezze per Rosaura aprono varco alla vio- lenza. Realmente un po' di scompiglio è prodotto nella corte di Basilio, e, j>er un tratto, lo spirito di Sigismondo

// dramma 275

tace, e tripudiano i sensi; non operano i freni, le briglie. Ma, in tutto il seguito delle avventure, è la debolezza che vince, non la forza erculea, non l'impeto, lo sdegno, la furia, l'inuenza del Titano. Nessuno slancio vero, nessun vero sollevamento sul comune. Le parole spec- chiano l'orgoglio cieco e folle; ma sono parole; e non si intra vvedono i fatti. Quell' atteggiarsi di Sigismondo a gigante è posa sconveniente, e abbassa l'eroe al livello di un semplice millantatore. Sorridiamo di quel voler fen- dere il sole, il vantare ch'egli ancor farà, già disposto a ritener sogno la vita, il suo (( inmenso valor », (( este valor sin segundo )) , che si paleserà (( a la anchurosa plaza | del gran teatro del mundo», l'aaltivo aliento», più che ba- stevole per la conquista dei cieli (28).

* * *

Basilio si contrista; ritien fallito l'esperimento, e, per mettersi al riparo di nuovi pericoli, riaddormenta il figlio e lo rimanda alla sua torre. Clotaldo lo segue, ridotto al suo misero stato; e sta per dsurgli nuove lezioni, quando, miiracolo di tutti i miracoli, riceve lui stesso dall'eroe, che si sveglia ad una luce pienamente nuova della vita, i più solenni ammonimenti. La conversione di Sigismondo, come tutte le conversioni nei drammi calderoniani, avviene im- provvisa, con un mutamento istantaneo, inaspettato, del- l'intera sostanza spirituale. Da un prodigio di fierezza si passa ad un prodigio d'i mansuetudine. Decisamente, torna a muoversi Iddio nelle sue sfere; Iddio che risparmia al reprobo la lotta interiore, il pentimento, le lacrime del- l'anima, e lo rifa, lo riplasma d'un colpo, lo pone sulla via retta, fuor d'ambagi e fuor di pena. Correva Sigismondo

276 La dita è un sogno

al comando, al destarsi del primo assopimento; ora, rin- novata Fazione del filtro, corre alla rinunzia e alla più devota sommissione. Che sia avvenuto in lui, dormente, nel trasporto dal trono alle catene, non sai. Immagini gli sia discesa tacita dal cielo la Grazia che illumina e trasfi- gura. Tutte le virtù dell'operare per proprio impulso, che l'amore, neH'wauto» simbolico sul sogno della vita, esi- geva dall'uomo per le sue conquiste: (( sepa el hombre | que aqueste Imperio y Empireo | por si mismo ha de ganarle | ó perderle por si mismo», si occultano. Un breve sospiro : (( ay de mi » ; la sorpresa di un momento : (( soy yo por ventura ? )) ; e nessun altro dubbio, nessuna esi- tanza. Fu un sogno il suo dominio: ((que de cosas he sonado ! » . Il rovescio perfetto della coscienza acquistata al primo risveglio alla reggia : (( bien que despierto estoy » .

Clotaldo nutre l'inganno; lungo a dismisura è stato il sonno; e, sognando, il deluso immaginò d'essere principe, di regnare, d'amare, di vendicarsi dei maltrattamenti in- flittigli dai suoi oppressori. Fugge voi sogno di un impero precipitato! A quel sogno Clotaldo riattacca un precetto di morale ; e Sigismondo esplode in un : (( Es verdad » , che è un capovolgimento repentino, strabiliante, della sua natura. (( Es verdad ! » Più innanzi appoggia il suo illimitato consentire con un : (( Dizes bien » ; e noi ci chie- diamo se egli è pur quel medesimo che tempestava d'in- giurie lo sciagurato esecutore della condanna del padre, e lo avrebbe stretto con rabbia nelle braccia membrute, e condotto a morte speditamente. I filtri magici delle antiche età non producevano trasformazioni più radicali di quella operata dalla seconda bevanda che Sigismondo sorbisce. Ed è appunto questo insinuarsi improvviso del sovrumano

// dramma 277

entro l'umano, che ci offende nel dramma, questo troncare inesorabile d'ogni indizio di sviluppo nel carattere del pro- tagonista, la noncuranza della natura, il porre lo spirito al servizio più remissivo di una tesi, di una sentenza (29).

La sventura della nascita è compensata ad usura dal privilegio che si accorda al principe di acquistare d'un tratto l'assoluta perfezione. Tutte le smanie sono cadute; tutti i desideri sono repressi; l'immenso orgoglio è abbat- tuto, e l'umiltà trionfa. Qualche scatto ancora, di tempo in tempo, guizzi e balenìi dell'antica passione, una voce che esorta al godere : approfitta del tempo che fugge, cogli la rosa che rapida disfiorisce, e, poiché tutto è sogno, bada a sognare (( dichas agora [ que después seran pesares » voce che suona invano entro la coscienza fermissima, trin- cerata ad ogni assalto, e che prontamente si soffoca. Anche Telegia sorge dal cuore, che ostentava tanta asprezza e durezza ; e un improvviso intenerimento sorprende l'eroe : {( solo a una muger amaba )) . Fra tante menzogne que- st'amore è pur verità. Tutto ha termine, (( y esto solo no se acaba » .

Decisamente, l'oracolo è smentito; gli astri sono scon- fitti; e Basilio trionferebbe, se vedesse nel cuore del figlio, e sapesse la miracolosa trasformazione avvenuta. Fu con- siglio, deliberazione presa dall'alto; e non si è attesa l'opera del ((prudente varon », destinata a procacciargli il dominio delle stelle. Immaturo a tutto, ora Sigismondo rivela maturità piena di senno, drittura e fermezza assoluta di spirito. Trovasi di colpo all'apice della saggezza; e può a piacere soddisfare il bisogno del sentenziare, che aveva un po' nel sangue altero, e punge vaio già quand'era fiera tra le fiere. Il mondo è cosa ben buffa, (( tan sin- gular )) ; vivere significa sognare : (( el vivir solo es sonar » .

278 La vita e un sogno

Vittima di un inganno, Sigismondo parla invece di un*(( esperienza », che l'ammaestra e gli quella convin- zione del sogno esteso a tutta la vita, entrato nell'anima dell'universo. Basilio, assorto nelle sue cure del regno e della successione, aveva lanciata la massima; e l'aveva ripresa Clotaldo, che tranquillamente provvedeva alla crea- zione di una sembianza di sogno ; e mentiva a medesimo ; mentiva innanzi al principe; ripeteva il: bada bene, chissà non sia sogno. Sigismondo fa di quella massima, che non vibrava nella coscienza e non poteva esser fede, il van- gelo della sua nuova credenza, tenace e salda. Ormai tutti sapranno da lui che sia realmente il mondo, che sia la vita, il tessuto delle nostre povere illusioni. Immaginiamo di aver aperti gli occhi alla luce, ma, in verità, li abbiamo chiusi; e si agitano solo fantasmi innanzi a noi; anche gli oggetti che vediamo chiari, ben distinti, determinatissimi, palpabili, si risolvono nel sogno. Può esserci posto ancora per l'uomo di agire fuori del sonno, in un beato momento di veglia ? Non converrebbe sopprimere addirittura, come assurdo, il concetto dell'essere desto ? Rosaura, che narra al principe le avventure del suo brevissimo impero, non affatto sognate, potrebbe convincerlo che la sua fede è chimera pur essa, e rivelargli la frode su cui si fonda il magnifico edifìcio del sogno. Quel racconto lo lascia invece solo un istante perplesso; gli strappa un'escla- mazione : (( Luego fué verdad, no sueno», che si perde nel venti. Lungi dal crollare, la fede si consolida; si adatta a non porre distinzione tra le forme vere e le forme fìnte, tra l'originale e la copia, il reale e l'immaginano; assume il colore particolare della filosofìa calderoniana.

I sensi ottusi si preparano a patire il massimo languore, sino a ritenersi estinti. E il principe, che aveva pur robu-

// dramma 279

stissime le forze, si compiace de' suoi (( sentidos muertos » ; passeranno innanzi ad essi le ombre vane che fìngon corpo e fingon voce; passeranno le maestà, le pompe, le gran- dezze. Nessuna fatica più gli può costare la repressione del volo all'alto. Lo dominava la superbia, peccato gra- vissimo, origine al mondo dei guai maggiori. (( Et entre todas las cosas del mundo vos guardat de sobervia », era un ammonimento che ponevasi in fronte ad un capitolo del (( Conde Lucanor » (30). Fossi io nato (( docil y humilde », dice Sigismondo nell'ultima sua grande arringa. Ma l'or- goglio era istintivo, e rivelavasi ad ogni occasione. Ap- pena gli rallentan le catene, grida di voler mostrare (( desde oy I mi soberbia y mi poder ». Dalla superbia del figlio nasceva appunto il timore spaventevole di Basilio. « Soberbio, osado, atrevido», (( soberbio, barbaro y ti- rano», irrita chi l'avvicina. E son atti di superbia i suoi atti di governo. (( Mira... que seas humilde », gli dovrà dire il padre ; (( ay de ti ] que soberbia vas mostrando, | sin saber que estas sonando », gli dice sgomento Clotaldo; e quando vuol prepararlo nella torre all'impresa sollecitata dal padre, gli solleva lo spirito, narrandogli il volo del- l'aquila, che dalle regioni del vento passa alle regioni del fuodo : (( encareci el vuelo altivo )) , (( en tocando està materia | de la Magestad, discurre | con ambicion y so- berbia ». Se dalla bocca del buffone udiamo essere l'umiltà e la superbia personaggi « que han movido y removido [ mil Autos sacramentales » , tra le infinite (( commedie » che svolsero il tema dell'orgoglio abbattuto e dell'umiltà sollevata possiamo liberamente annoverare il dramma sul sogno della vita. (( Pues oy su soberbia acaba i donde em- peg.6 », sentenzia Clotaldo, additando il precipitar del regno del principe che ha in cura (31).

280 La vita e un sogno

Quel sommergersi delle glorie ambite solleva lo spirito ad un'altezza morale non mai pensata. Or sa Sigismondo che (( el humano poder | nace humilde y vive atento ». E a tutte le vanaglorie umane dice» senza un rimpianto, addio. (( OS conozco, os conozco )) (32). Gli si apre il cielo, a CUI non sembra volgesse innanzi il pensiero, mal- grado la dottrina cristiana impartitagli da Clotaldo ; e vede lassù le glorie divine. Che può offrirgli ancora la terra ? Che può valere un trono ? L* anima ha già tutte comprese e ripudiate le vanità del mondo; e l'eroe, senza (( heroicos anelos » (33), lascia che le onde del popolo sollevate lo trascinino. Bisogna che guidi un esercito ancora, che an- cora combatta, che vinca il padre. Si fa cuore; grida un (( tocad alarma » ; annuncia la sua gran valentia ; presto sarà libero il regno da a estrangera esclavitud » . Ma questi sollevamenti, queste pugne e battaglie, gli assalti, le fughe, i trionfi, le vittorie, appena ci inquietano; seguono blandi, fuori d'ogni vera procella, senza ruggito e fremito, senza urto e scompiglio di masse (34); illustrano l'idea e non animano per nulla il dramma. Nell'immobilità del sogno già aveva raggiunto Sigismondo i trofei maggiori. Tutti gl'istinti erano domi. E quando, cedendo Rosaura ad Astolfo, imponendo al cuore il sacrificio della donna amata, dice di compiere allora la più alta vittoria: (( ven- cerme a mi )) (35), quella vittoria era già conseguita ; non si accedeva che a un grado più sollevato della rinunzia.

Come possa Sigismondo ricordare ad alcuni Amleto non comprendo (36); non concepisco opposizione maggiore di carattere e di tendenze. Ben può la vita ondeggiare tra la verità e la menzogna, il reale e l'apparente, l'essere e il non essere, e può risolutamente figurarsi l'eroe di Cal- deron di sognare mentr'egli è desto, e ritenere sogno

n dramma 281

eterno tutta l'esistenza umana; egli pur procede, dritto, determinatissimo, fuori d'ogni ambascia ed esitanza, per la sua via; si attiene al concreto, come il suo poeta, ad onta del pensiero astratto, saldo, da non temer mai crollo; or- dina, dispone, vigila, rimbrotta (37), educa e sentenzia, novello Salomone; raddrizza i torti, scuote le coscienze, semina ovunque grani della sua sapienza, una sapienza tutta pratica, intesa ai beni durevoli, anche quando filo- sofeggia sul (( vanitas vanitatum » ; e depone o annega la sua fede scettica nel mare immenso della fede ortodossa. Vengono a lui, or che li commisera, gli onori e le gran- dezze, povere illusioni, povere fronde, fiori del man- dorlo che si stringono avvizziti e discoloriti al primo soffio, or che riconosce esser (( prestado » (( todo el poder », « y ha de volverse a su dueno » . Ha rinunciato a tutto ; ha imposto silenzio al cuore; si deciderà davvero ad impu- gnare lo scettro che gli offrono ed a dominare un popolo } Nessuna cosa può allettare in terra ; e già lo sguardo è ri- volto all'altra sponda. Sigismondo è maturo all'ascesi, come il prmcipe Giosafatte di Lope, che fugge la reggia e sospira il deserto : (( En viendo cierta la muerte | que valen reinos del mundo ? » . Ode Sigismondo quel grido, ed a lo ripete quando è tra catene ancora : (( Que hay quien intente reinar | viendo que ha de despertar | en el sueiio de la muerte ? )), Ma poi, al giro inatteso della for- tuna, benché cadute, frante, smarrite tutte le ambizioni, va risoluto al suo trono: (( A reinar, fortuna, vamos ». Al suono marziale del verso pare gli si rinfranchi e gli si acceleri il passo. Esitava invece il suo fratello spirituale Eraclio a recingere (( el sagrado laurei » (38), più scosso al pensiero dell'eterna caducità, che riduce in polvere ogni ((porpora reale », dell'eterno inganno in cui si culla

262 La vita e un sogno

il mondo, non potendosi distinguere mai la verità dalla menzogna :

Que mas lustre no me des, Que dejarme en mi retiro A vivir comò vivi, Destas montanas vecino, Destos brutos compaiiero.

Certo non è Sigismondo stoffa da anacoreta e penitente ; non nato per struggersi nell' ascesi. Quella sua bella e pronta intelligenza, quel suo volere fermissimo non dove- vano sciuparsi in un inerte abbandono. Chi possente- mente grida esser sogno la vita, non si adatta a sognare ve- ramente; e, del sognatore, distratto, calato, assorto, obliato nell'estasi, non ha la minima disposizione. E non come naufrago della vita terrena egli si aggrappa all'eterno; an- cora lo stringono saldi legami a quella vita; ancora fanno ressa attorno a lui le larve umane, che immagina dissipate e disciolte. Sogna, o almeno pretende sognare; e vuol pure accordare lo stato della piena incoscienza col mondo co- sciente, lo smarrimento d'ogni volontà individuale con l'opera vigile e accorta. L* ((obrar bien » dev'essere sua divisa. In questa commedia terrestre conviene trarre pro- fìtto da tutto, anche dal santissimo amor di Dio, e dalla spinta all'ascesi; e Sigismondo baderà ad accaparrar beni, come sicura garanzia della (( fama vividora » della beati- tudine celeste, che non si estingue ; tranà vantaggio del sogno della (( dicha humana », (( el tiempo que me du- rare )), se non altro, (( por ganar amigos I para quando de- spertemos )) (39). Sopiti o morti i sensi, com'egli afferma, Dio l'aiuterà a tenersi in guardia contro ogni tentazione

R dramma 283

minacciata, a vivere (( atento » (40), usando d'ogni accor- gimento, e tentando di aprir bene gli occhi su tutto, benché si dicano chiusi al sonno : (( Sonemos alma, sonemos » ; (( sofiemos I ...con atencion y consejo ».

* * *

Sognare e operare ad un tempo, porre nel sogno la vigi- lanza ed accortezza dell'uomo desto, quest'è un assurdo, di cui ride la logica del poeta, al solito chiara e ferma. Ma quest'assurdo è pur necessaria conseguenza della sovrapposizione delle due tesi, che s'annunciano e appena si svolgono nel dramma, quella scettica, e quella religiosa. La condanna delle vanità mondane e del gioco delle apparenze e delle illusioni conduce al nirvana bud- dhistico. Ma il mondo disciolto bisognava pur ricostruirlo, ricrearlo a immagine di Dio. Col vuoto e il nulla in cuore non si accede al trono dell'Altissimo. Generalizzando il sogno, come il poeta faceva, riusciva egli veramente a sol- levare, colle opere buone, il nuovo edificio al suo Dio ? Possibile non si rendesse conto della nessuna responsabilità morale che l'uomo ha nel sogno ? (41). Sorprendiamo in lui uno scrupolo quando aggiunge un (( aun entre suenos » all'cc obrar bien » : (( aun en suenos | no se pierde el hazer bien )) ; ma più oltre non insiste; placa la ragione, che doveva ribellarsi alla supposizione di una coscienza, attiva entro la negazione d'ogni coscienza ; e grida fortissimo il nuovo vangelo. Il dormente, che solo dopo morte festeggia il risveglio, come può maturare una concezione solida del- l'universo e della vita ? Se la vita è sogno, sogno intera- mente, allora anche il reale è sogno, è sogno anche la

284 La vita e un sogno

verità, sogno ogni atto volitivo, sogno anche Iddio; « dann geht das Ewige gleichfalls in den Traum auf » , osservava nell'operone suo (XI, 2, 455). Se pur fosse realizzabile Tagire nel sogno, a che prò' agire, se tutto è destinato a ri- maner sogno ?

Dalle strette della logica il poeta poteva salvasi, am- mettendo un sognare particolarissimo, non compreso dal sognar comune, una specie di «sonar despierto», a cui è un'allusione fugace nell' (( auto ». Le distinzioni avreb- bero certo infastidito e appesantito il dramma. E Calderon preferì evitarle, non darsi cruccio o tormento per le idee lanciate, mancassero pure di fondo e di sostegno. Più do- veva stargli a cuore la bontà della dottrina che la con- gruenza dell'opera sua d'arte e di fantasia. Insensibil- mente e gradatamente il dramma sul sogno della vita era sdrucciolato nel mistero. E il mistero comporta il sermone, addormenta la logica, sopprime il verosimile; il meravi- glioso e l'incomprensibile sono sua natura. Tutta la verità riposa nel simbolo. Al suo eroe il poeta può comunicare la sua ascesi, e porgli, in bocca e in cuore, tra l'infilzare delle sentenze, la massima santa dell'agir bene. « Per me si sale, ben oprando, al ciel ». Non l'avevano scordata i teologi e i poeti della sua Spagna (42). Iberio, nel- r(( Inobediente », stampato tra le opere di Lope (III, 350), gridava il (( No se pierde el hacer bien » . Ad una sua (( comedia », anteriore di più decenni alla (( Vida es sueno». Felice de Càceres dava il battesimo solenne: (( Hacer bien nunca se pierde » (43). Sentenza che Muley non si perita di ricordare a Don Fernando, l'esemplaris- simo (( Principe Constante )) . Debbon ripeterla gli « autos » , sostenuti e gravi, e adattarla al loro insegnamento morale: (( Obrar bien que Dios es Dios )) , canta la « Ley de Gracia »

// dramma 285

nel « Gran Teatro del mundo » ; e il « Mondo » stesso annuncia la sua convinzione : (( No te puedo quitar las buenas obras ; | estas solas del mundo se han sacado » .

Il dramma, che si disse sgomentevolmente serio e di vertiginosa profondità, offre gli strappi più vivi ad ogni seria e profonda riflessione. Corra il pensiero da una pcu:te, e cona dall'altra l'azione drammatica, il poeta non se ne preoccupa. Ditegli che nel mondo del sogno e del- l'illusione deve porsi anche l'onore, ed egli si ribellerà al vostro e al suo proprio giudizio. Nulla di chiaro riesce a veder l'uomo nell'universale fantasmagoria, anzi non vede punto; gli si confonde ogni cosa nell'indistinto del sogno; e Calderon obbliga tuttavia a chiaramente distin- guere il raggiar dell'onore nella vita morale degl'individui e della società. E, in conclusione, trasmuta il dramma del sogno della vita nel dramma dell'onore restaurato. L'apre col lamento e la sorpresa di Rosaura, venuta nella terra di Sigismondo a vendicarsi dell'oltraggio subito; e lo chiude col trionfo della causa santa di Rosaura e la ripa- razione del torto, la salvezza dell'onore. Debbon disfarsi al soffio più tenue le maestà e le pompe ; e non v'è soffio, non v'è sogno che valga a dissolvere l'onore (44). Onore, lealtà, fedele sommissione al sovrano, gentilezza, cortesia, convenienza sociale, ordine, compattezza di vincoli nella famiglia e nello stato, misura, vedete quanto si salva dal complesso delle larve vane che costituiscono il mondo e la vita terrena. Nell'oscillar di tutto, ammirate tanta sta- bilità di principi. Se il mondo scompare, rimane la legge.

C'è un ordine, c'è una base ferma, incrollabile a tutte le azioni umane. Guai a chi s'attenta a rimuoverla, o a scavar sotto, suggerendo la noncuranza e la leggerezza. Come sono inviolabili i dommi della fede, non impune-

286 La vita è un sogno

mente si offendono le norme della società, gli editti ci- vili. Ancor tanto doveva tenere all'etichetta complimen- tosa di corte, così rigida, così servile, e così folle, chi offre al mondo il dramma sul sogno della vita. Le sue credenze ed opinioni sono fìsse; non le divelli dalla mente. E non importa che l'imperativo della coscienza curi troppe volte le forme esteriori, e tralasci le interiori ((( esterno ben » chiamò il Tasso (( questo ch'onor sovente il mondo appella»); quando risuona, è vano il sottrarsi. E lo si segue, tiranneggiati come da una forza fatale che incombe inesorabile sul libero volere e il libero agire. La (( deuda » « de su honor » è quanto rimane a Rosaura del mondo e della vita. Arde una sol face al di dentro, ed è quella dell'onore. La macchia avuta, converrà ad ogni costo lavarla : « yo con la venganja | dexaré mi honor tan limpio » « todo mi honor lo atropella )) . La pietà per il principe, languente nell'oscura prigione, più infelice di lei, non la distoglie dal proseguire, con ogni risolutezza di mezzi e col volere più tenace, l'unico scopo che s'im- pone; e il servizio ch'ella vuol prestare a Sigismondo, combattendo con lui, perchè raggiunga la corona, è su- bordinato al (( rimedio del suo onore », che da lui solo ella può attendere : (( Y asi piensa que si oy | corno à muger me enamoras, | comò varon te dare | la muerte en def ensa honrosa 1 de mi honor » .

Sappiamo come la società della Spagna, a' tempi del Calderon, non transigesse sul punto dell'onore, come, per una minima questione di etichetta o di precedenza, cor- ressero le sfide, e si accoltellassero i cavalieri valenti (45). Il pubblico amava si riproducessero sulle scene quegli incidenti, i dibattiti, i casi dell'onore « Los casos de la honra son mejores, | porque mueven con fuerza à toda

// dramma 267

gente», diceva Lope nelFu Arte nuevo)). Se apri il (( Para todos » del Montai vàn, comparso ali* esordire del de- cennio in cui s'ideò e si diffuse «La vida es sueno» (46), ti meravigli di trovarvi rivolte alle vicende dell* onore buona pcurte delle (( commedie » che vi si accolgono : a La Centinela del Honor » « Como se guarda el Honor )) ({ La Deshonra honrosa » (( No hay vida comò la honra » « Como amante y comò honrado » . Più in su salivasi nei gradi della società, più tene vasi alla ri- gida osservanza di quel principio di vita, più terribili e cruente si meditavano le vendette per gli offensori. Solo il popol basso, benché pur si spandessero i fumi degli (( hidalgos )), non si appassionava troppo a quelle sottili distinzioni: « yo, que soy un pobrete, j que no entiendo del honor 1 las flligranas de allende )>, mormora Patm ((( Mujer, llora, y venceràs »), che non era che (( gracioso ». Materia fragilissima, delicatissima quella dell'onore; appena la afferri ; eppure tanto importa nel seguito delle vicende umane ! (( Cristal puro ' que con un sol soplo se quiebra », definiva Lope Tonore, nell'cc Estrella de Se- villa )) ; (( de materia tan fragil | que con una accion se quiebra | ó se mancha con un aire » , lo chiama Clotaldo nella « Vida es sueno » ; si occulta allo sguardo ; si cela dove freme lo spirito ((( el honor es reservado lugar, donde el alma asiste » (( El medico de su honra »); anzi, allo spirito congiunge : (( es patrimonio del alma, ] y el alma solo es de Dios » ; Va Alcalde )) di Zamalea poteva dare i suoi fieri ammonimenti ai principi, e riparcure lui, come convenivasi, l'ingiuria inflittagli. « Una cosa invisibile | que de sangre se sustenta... una sombra | ima- ginada muy grave, i y en el mundo a quien asombra | la cosa que mas se nombra ] y la que menos se sabe » , defì-

288 La otta e un sogno

nisce Tonore Grimaltos al figlio Montesmos, in un oscuro dramma di Guillen de Castro (47) ; e il dramma del « Cid » esigeva imperiosamente : (( el honor que se lava ] con sangre se ha de lavar » ((( el honor | con sangre senor se lava », così pure nel (( Mèdico de su honra »). A tratti sorprende qualche tacita ribellione a questo cieco idolo; «idolo d'errore, idol d'inganno)), come lo chiama il Guarini; (( ce monstre abominable qui trahit la nature )) , come lo vitupera il Regnier, memore del capitolo del Mauro (( Il disonore dell'onore )) (48). Ma per il poeta della « Vita è un sogno )) l'onore non comporta ribellioni, tran- sizioni, né facili accordi. È legge sgomentevolmente seria, incrollabil principio di vita. Un'ombra, che l'offuschi, esige pronta, risolutissima riparazione. Soffre, geme l'anima con- taminata ; sanguina per aperta ferita, mortale a chi tarda a medicarla. Clotaldo, che provvede miseramente al- l'onore della figlia, non esita a sentenziare: «un hombre bien nacido, ! si està agraviado, no vive » « vida infame no es vida )> (49). L'onta caduta sui « ben nati )> macchia e offende la maestà divina. Offende anche l'onta supposta e non accertata ; strazia il sospetto, il mormorare vaghissimo di impure relazioni ; e, corre veloce la mano alla spada; per amore dell'onore l'uomo si fa mostro, ri- pugnantissimo carnefice (50).

Considerava Sigismondo anche l'infelice che ingiuria, nella sua litania morale sul sogno: « suena el que agravia y ofende)). Ma, vedete di quanta entità era pure questo sogno, quale sollevamento dello spirito, quale agire vio- lento e convulso esigeva. Immaginate maggiore e più ca- parbia solidità di quella sopravvenuta a reggere lo stuolo delle ombre umane ? Dove si scioglieranno, o poeta, e dove dilegueranno ? Da quel terribile e tenacissimo prin-

// dramma 289

cipio di vita era come scossa l'anima di Richard Wagner, che non mancò d'inspirarsi a Calderon, e vedeva in quella esaltazione calderoniana dell'onore l'essenza vera del suo mondo ideale : (( Das Wesen der eigentlichen Welt konnte nie einen schàrferen, blendenderen, beherrschenderen und zugleich vernichtenderen, entsetzlicheren Ausdruck erhalten )) (51). In chi, come Calderon, prostrava l'uomo al- l'altare di Dio, può apparire singolare l'impegno di difen- dere ad ogni costo e tener alta e pura l'umana dignità, il risuonar possente dell'imperativo dell'onore. Con la sua chiara intelligenza il poeta considera la durezza e l'a- sprezza di quella legge, e lancia nei drammi più violenti qualche repent!na maledizione. L'onore è pure inganno despotico dell'uomo. Chi mai fu primo a concepire quella legge che tanto martira ? Legge iniqua, legge barbara, derivata dai Gentili, come la (( tirana ley del duelo; il (( tirano error \ de los hombres » (52) ; « necia ley » , su cui cadono le invettive del poeta nel dramma (( El postrer duelo de Espana )) ; ma infine legge. E, se il cuore la condanna, essa ci è pur imposta; la società l'esige (53).

*

* *

Un regime ferreo di vita, fatto per proteggere l'uomo verme, l'uomo polvere, portato via da un soffio. Una co- scienza dell'essere, attiva dove impera la negazione del- l'essere. Il regno della volontà edificato sul sogno. Scru- polosamente si debbono distinguere e rispettare le caste ; chi è al basso nella scala delle umane gerarchie guardi con umiltà e raggomitolato in ai privilegiati, posti all'alto, che hanno comando e speciale giurisdizione. Le monarchie si sfasciano, gl'imperi cadono; ma il sovrano che concentra

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. io

290 La vita è un sogno

in il vanissimo potere, troneggia pur come un Dio sui sudditi ; e lo accostate con gran riverenza e gran sommis- sione, tremanti. La sua voce è un'eco della voce del mo- narca dei cieli. (( Nadie ha de juzgar [ a los reyes, sino Dios )) ((( Saber del mal y del bien »). si pareggiano i destini degli uommi, correnti, con affanno, dalla vita effi- mera alla vita verace che è la morte. Tra uomo e uomo è un distacco incommensurabile ; alla sfera degli eletti non aspirino gli umili ; non fa storia il popolo, e nemmeno merita di aver nome. Degli innominati, che vivono nel disprezzo e nell'ombra, perchè ci dovremmo curare ?

Non si cura di loro il poeta infatti ;. e quando gli occor- rono le masse, per produrre strepito e tumulto ed un'ap- parenza di ribellione, egli le muove, come avviene nel dramma sul sogno della vita, forsennate e cieche, urlanti con gridi elementarissimi, ripetuti ad ogni attacco o sol- levamento. Clotaldo ha orrore dell' (( exercito numeroso | de vandidos y plebeyos », misera feccia, (( el vulgo, monstruo despenado y ciego » (54), che si schiera con Si- gismondo, per combattere con lui e reintegrarlo nei suoi diritti. Da quelle fiere ben può staccarsi un essere umano, che arringa con parole scelte e ornate, e s'inchina al prin- cipe, presentando l'orda dei suoi, determinata a toglierlo dal servaggio, (( haziendo noble desprecio | de la incle- mencia del hado». Quel duce d'occasione carpisce al poeta, per un tratto, il pensiero e la parola; ma poi scom- pare e s'mabissa; il volgo rimane volgo, per legge di na- tura, folla che non ha un'anima, e non ha cervello; « el vulgo vestido de loco » , buono per i lazzi e i vaneggia- menti del buffone. Puoi farne cera pieghevole ai tuoi capricci ; non desideri in lui sviluppo o manifestazione di una volontà determinata.

// dramma 291

Ed è nel poeta un bisogno irresistibile di sollevarsi dalle bassure, di fuggire il comune, quanto il semplice ed il dimesso. I suoi eroi traggon tutti nobile origine: principi, cavalieri, gentiluomini, chi oserà mai macchiarli nel san- gue } Nel dramma del sogno abbandonano le remote e fa- volose contrade del Settentrione, per discendere al regno non men favoloso di Basilio ; ed errano, ed errano, in cerca di fortuna, di dominio o di pace. Lo spirito avventuriero, donchisciottesco, è nell'anima loro; «de nuestra patria hemos salido { a probar aventuras )) , dice Clcurin a Rosaura ; e Astolfo, che cerca egli mai, vagando fuori (( de Moscovia y de su tierra )) , se non la grande avventura di un regno, non agevole a conquistare, malgrado il nuovo ed opiX)rtu- nissimo amore che intesse } Ed è nel dramma come un sentimento nostalgico verso le imprese, gl'incanti e le eroiche pazzie del mondo tramontato della (( andante ca- balleria )) . Nelle solitudmi piìi selvaggie deve sorgere il castello, la tone che rinchiude Sigismondo, certo popolata da paurose larve e misteri ; giù per balze e dirupi preci4 pita, vola il cavallo, a cui intrepida s'affida Rosaura, ar- mata come novella Marfìsa (55).

Se non opera il meraviglioso, la natura è muta e inerte. Diamo esca all'immaginazione; concediamoci ai nostri in- ganni ameni. Ma la vita del cuore è come spenta. I desi- deri, gli affetti, le ansie, tutto rimane alla superfìcie; poche onde che s'increspano lievi sul mare tacito della vita. È sciupata la grazia femminile; è vana la bel- lezza; vano il primo e divino aspirare alla fusione di due anime in un sol palpito d'amore. E sempre la legge esteriore preme tiranna e despotica sulla legge interiore. L'estasi della passione, che ti fa scordare cielo e terra e tutti i vortici dei tempi, e condensa e restringe l'universo

292 La vita e un sogno

nella persona amata, non dura che un baleno. Subito si affaccia il mondo, la società; Tocchio, sollevato appena, discende dalle sue estatiche contemplazioni, e si smarrisce entro la prosa della vita. Non può esserci oblio di se medesimi, libera concessione, immediatezza, spontaneità. Deve regnare il codice, e deve ubbidire il cuore. Fuori del contratto che si stipula tra uomo e donna, inviolabile e santo, quanto gli editti divini, l'amore non può avere respiro ; le convenienze lo soffocano, lo spengono.

E il poeta rispetta la legge, che rinsalda il contratto e uccide il cuore. Nella parola è il vincolo eterno, tutta la tragica necessità. Entro l'anima di Sigismondo, cacciato tra le fiere, e fiera ancora lui stesso, passa un improvviso tremito d'amore al rivelarsi di Rosaura. Quell'immagine soave e dolce rasserena l'infelice. Pare debba iniziarsi una storia dell'anima a quel primo manifestarsi d'una pas- sione verace. Ma è una prova, un assaggio, una tenta- zione, un mezzo perchè si sviluppi la tesi annunciata. L'eroe farà il suo inchino a Estrella, che celebra quale sole sorto dal seno dei monti : (( que dejas hacer al sol | si OS levantais con el dia? ». Rivedrà Rosaura, altro sole, ancor più fulgido, che congiunge l'Oriente all'Occidente, (( huyendo al primer paso )) ; ma donna alfine, (( el mejor requiebro para el hombre », capace di sciogliere il gelo delle insulse galanterie, e di accendere il cuore. Ma in Sigismondo bisognava che lo spirito tacesse per un tratto, e si svegliassero i più brutali istinti di conquista e di rapina. Domato, reso al suo carcere, miracolosamente convinto che era breve sogno il suo impero, ritrova Rosaura tra le imma- gini fuggenti ; e la trattiene ; vorrebbe trattenerla ; un'onda insolita di affetti Io invade. Ogni dominio è chimera; tutto è sogno; tutto passa; solo l'amore resiste e non ha fine;

// dramma 293

Que fué verdad, creo yo,

En que todo se acabó

Y esto solo no se acaba (56).

Eppure, anche l'amore ha termine, e muore tra le univer- sali vanità. Muore anche l'elegia del poeta, smarrita entro il cuore, che martellano i dommi e le sentenze. Al trionfo della legge risponde uno stagnare improvviso d'ogni ferita del cuore. In verità non vi sono ferite. V'è solo un'appa- renza di rinunzia eroica e di sacrifìcio. Rinsaldato quel mondo che minacciava sfasciarsi, restituito il rispetto e il vigore alle leggi poste a governare lo stato e la famiglia, l'eroe, che annuncia ai popoli il vangelo del sogno della vita, e accede al trono, forte d'ogni saggezza, può, senza un rimpianto, staccarsi da ogni cosa sua più diletta, via dalle memorie e dagli affetti, contrarre l'unione con Estrella, con assoluta indifferenza dell'anima. Vince così, una volta ancora, la dottrina morale, e soccombe il dramma. Si svelle dall'individuo la sua individualità. Veramente, nel cuore di Sigismondo e di Rosaura s'annunciava, con l'amore che incendia, un principio di lotta : una forza ar- cana, irresistibile, divina e diabolica, che congiunge, e l'imperativo del dovere, dignità o onore, che disgiunge. Crudele e inesorabile, il giusto poeta sopprime il contrasto, annienta la passione, muta la tragedia in commedia, danna al silenzio eterno ogni voce di mistero che s'agita nella coscienza. Torna Rosaura remissiva ad Astolfo, che deve pur abbonirla in secreto, se pur è capace di abborrimento quest'uomo freddissimo e a tutto insensibile; e alla fred- dissima Estrella si volge Sigismondo. Dalle sacre tavole non si cancella la legge. Ma l'eternità degli affetti umani è franta, distrutta (57). Vi può essere mai un sentore di eternità in questo giuoco di apparenze che è la vita ?

294 La viia è un sogno

Con vero amore il poeta aveva atteso alla creazione di Rosaura, che staccava dall'idea fondamentale del dramma, e gli riusciva più viva delle contesse e duchesse favolose e fantastiche di Amalfi, di Mantova, di Milano, poste ad agire in altri drammi e commedie. E alquanto accarezzava la risoluta e forte virago, fremente di gio- ventù, l'ideale delle attrici, che sospirano le rappresenta- zioni brillanti, abiti maschili, cavalli, avventure, corse sfrenate, amori, vendette ardenti. Nella sua prima turbi- nosa apparizione, portata dall' (( hipógrifo violento», che precipita giù per balzi e dirupi, e, al fuggir del sole, giunge alla (( encantada torre », ove ascolta impietosita, i lai dell'infelice rinchiuso, e ammansa, affascina il principe selvaggio col raggiare della bellezza e della grazia, questa figura di donna seduce davvero, e non si stacca dalla mente. Ma quell'apparizione è pur tutta la sua storia e tutta la sua vita. Bisogna ch'essa tempri d'acciaio il cuore, e soffochi ogni mitezza, ogni dolcezza e soavità di affetti, per trovare riparo all'oltraggio patito. S'intravvede appena il suo passato, il soggiacere alla prima cieca passione, e l'abbandono del vile che la vinse e tradì. Ormai, nel mondo ch'ella percorre con gran foga, (( sin mas camino I que el que me dan las leyes del destino » , ella solo deve aver di mira la persona che l'offese; nessun'altra azione può concepire che quell'unica, intesa a ridarle il suo onore, quella povera parvenza di dignità, smarrita. lezione di rigido volere al padre, pusillanime, umilmente prostrato al suo sovrano, incapace d'intenderla, e turbatissimo di vedersela innanzi, perturbatrice della sua pace, con quei propositi di vendetta che gettano lo scompiglio nel regno. Se alla sua patria tornasse ! (( Vuelvete a tu patria funesta I y dexa el ardiente brio | que te despena » .

// dramma 295

r-

Fatale la bellezza, che Dio concepì come semenza di sventure e di guai. Rosaura ricorda la madre: (( segun fué desdichada | debió de ser muy hermosa » ; porta, senza flettere, il peso della sua croce; ma, a tratti, si duole del fato avverso ; dice di errare (( ciega y desesperada » ; al gemito di Sigismondo aggiunge il suo lamento ; « muger infelice)), la commisera il principe stesso; e, al ripetersi dei rovesci di fortuna, nel suo peregrinare senza frutto, si chiede se può esserci altri al mondo, (( a quien el cielo inclemente | con mas desdicha combata, | y con mas pe- sares cerque )). Eppure, la missione che s'impone le al- levia quel suo calvario, e rigida la rende, donna di cervello e di calcolo. Entro i turbini del dolore pone il gelo della riflessione. Riceve anch'essa, d'accatto, le massime morali ; le sentenze dei saggi la confortano come medi- cina dell'anima : (( cuentan de un Sabio )) ; (( dezia [ un Sabio )) (58). Tanta famigliarità coi dotti antichi sorprende. Dove mai l'errante donzella potè leggere e meditare Se- neca con la calma del suo poeta } a Bachillera es la senora )), pK)ssono salutarla i suoi fidi, come Celia salutava Flerida, nel dramma « Peor està que estaba)). Innata in lei certa propensione alla galanteria di corte, alla sofistica e alla logica degli affetti ; le corse sfrenate per il nuovo regno di Basilio e di Sigismondo, sul focoso (( bruto que se desboca )), non la tolgono al sicuro dominio di medesima. Le passioni la sfiorano, non la penetrano. E il principe, da cui implora giustizia e la riparazione dell'onore vilipeso, l'ode vantare quella sua natura di donna, capace di vestire l'acciaio della più ferma risolutezza virile, « monstruo de una especie y otra ». (( Muger vengo... y varon vengo )>.

296 La vita è un sogno

*

Il dramma vero è fuori dell'azione che qui si svolge; e si afferma nell'impossibilità di conciliare il vangelo della nullità della vita colle esigenze della vita stessa, il mondo delle ombre col mondo concreto della terra nostra, che ci porta di affanno in affanno, di pena in pena. S'illude la dottrina di trarre a l'esperienza pratica di questa vita che si consuma; s'immedesima anzi con essa; ma l'ar- bitrio che s'arroga è follia; il distacco rimane: un'oppo- sizione recisa, implacabile, resa ancor più sensibile dalle dolcezze e blandizie dell'arte che il poeta vuol prodigare. Cade nel vuoto la sentenza sul sogno universale ; e Cal- deron non se ne avvede ; e muove i suoi fantasmi in questa atmosfera di sogno, fuori del naturale e fuori del vero, e riscalda e accende la sua bella immaginazione. Davvero siamo nel regno della fiaba ; e s'attendono le fate e le ninfe che aggiungano incanto alla ridda di avventure dei cavalieri magnanimi e dei principi.

Il poeta costruisce, architetta, senza un bisogno impel- lente dell'anima. E, come non martira il pensieio, cristal- lizzato nella sua fissità, non sanguina il dramma. La parola sorge dall'asciutto del cuore, non mai immediata, non mai irruente, a precipizio; e sempre si presta alla saggia di- sposizione e all'intenzione dell'artefice. È fuggita la sem- plicità; è imposta la scelta. E si sopprime il comune; si uccide l'istinto; si orna, si decora, si fregia; il poeta scorda il plasmar vivo, di primo gettito. La ricercatezza diviene natura. Mancano le parole eterne in questo dramma sulla eternità degli umani destini. Ci avvezziamo a un gran frastuono di discorsi. E, se da un lato si gettano nel mare

// dramma 297

delle vanità le maestà e le pompe, dall'altro si anela al fastoso, all'esuberanza, all'eleganza solenne e fiorita dell'espressione. Quando apron bocca gli eroi del sogno della vita, temono non sia oro puro nella favella che az- zardano; e si correggono all'uopo: « mejor dire » ; (( mejor dijeras». Ad un tocco magico, a uno sguardo pietoso di donna, il selvaggio si fa cortegiano, e ingemma nel suo discorso le perle piìi fulgide, che giìi gli discendono dalle stelle, dal cielo (59). Dove non regge il freno è unicamente nel temperare la ressa delle immagini, delle metafore, delle antitesi, delle iperboli e delle sonore am- plificazioni (60). Ma quanto offende noi esaltava i con- temporanei del poeta, evidentemente provveduti di senso assai più del nostro raffinato, per la percezione e il gusto dell'arte.

L'enfasi del discorso si accorda con la sottigliezza dia- lettica; un pertinace lavoro di logica raffredda ogni ar- denza della fantasia ; tutto passa per il vaglio della rifles- sione ; e non importa che la rigida disciplina del pensiero umilii e offenda il povero sentimento umano, che stenta a palesarsi ; il poeta calcola, misura, ordina, divide, di- spone ; ha m serbo le sue espressioni favorite, e le applica quando più gli conviene ; le ripete ; si compiace delle sue tripartizioni (61), fedele ad un suo ideale di armonia e di simmetria. Non stancava a' tempi suoi l'uniformità; si era avvezzi alle orgie intellettualistiche; si amava riconoscere, d'un tratto, lo stile particolare a Calderon (62); la mania era legge. Dei propri abusi rideva il poeta stesso, senza mai ombra di pentimento (63); e specchiava il concetto invariabile, determinatissimo, della vita e del mondo nella dizione scelta e meditata, inigidita nelle forme.

Il cervello usurpa i diritti del cuore, e spadroneggia

298 La vita e un sogno

tiranno e despotico. Dovevano particolarmente essere col- piti i traduttori dei drammi calderoniani da questa poca flessuosità del discorso, dalle frequenti ripetizioni, dall'in- tarsio a mosaico di frasi e di parole, praticato con indiffe- renza, direste, per l'opera che si crea e si frange (64). Spettacolosamente ricco per natura, Calderon appariva pure, a volte, povero e mendico per capriccio; e s'adattava alle comode derivazioni, ai plagi più manifesti. Plagiava se stesso nel vigor maggiore delle forze inventive; e non si è ancora avvertita la perfetta corrispondenza, spinta a tratti sino alla ripetizione letterale di interi versi, tra la fine del dramma « Los cabellos de Absalon » e l'ultimo atto della « Vita è un sogno » . In entrambi i drammi un figlio sollevato contro il padre ; un padre che fugge in- seguito dalle orde nemiche ; una ribellione di popolo raf- figurata in modo elementarissimo, coi gridi medesimi, gli entusiasmi medesimi della gazzarra che più non si domina, gli stessi inseguimenti entro fitte ed aspre boscaglie, me- desime moralità lanciate, e attestazioni di lealtà, analoghe peripezie di un (( gracioso » , spinto or qua or tra le due parti dei contendenti (65).

* * *

Poteva, veramente, svilupparsi a dramma l'azione imma- ginata entro il sogno della vita ? Non doveva, per neces- sità, il simbolo assorbire per intero il concreto che si vagheggia, e render languido e vano ogni costrutto, ogni intreccio teatrale ? A che l'involucro di una commedia d'intrighi per l'espressione della gran sentenza ? Alla cima di tutto ponevasi il mistero impenetrabile di questa povera e fugacissima esistenza. Scompariva il particolare entro il

// dramma 299

dominio dell'universale. Il dramma profano appena si de- linea, e l'austera morale e l'assoluto arrendimento a Dio ci spingono taciti entro i sacri meandri della sacra rap- presentazione. A forze intatte, dopo un simulacro vano di ribellione, senza lotta, senza sacrifìcio, senza lamenti e tremiti, fuori d'ogni elegia del cuore, avviene l'abbandono alla sentenza, il rifiuto alla terra, il passaggio all'ascesi.

Dal sogno di un poeta teologo, che celebra il domma, e inneggia ai trionfi della Chiesa, non si corra per altro a immaginare le consunzioni interiori del poeta, interprete a sua volta, si è detto, di uno scadimento spirituale della sua nazione, salmeggiante per fiacchezza e secreto timore, satura ormai del sentimento della vanità di tutte le cose (66). Il fatto stesso di aver concepito un dramma sulla nega- zione delle energie umane e il sogno della vita è indizio di robustezza e di ardire ; e non prostra il poeta languido e inerte di fronte al mistero. Veramente, più facil giuoco dovrà avere chi dal sogno si proverà a trane le fonti oc- culte della vita, e capovolgerà il vangelo ammesso dal Cal- deron: nulla stagna e nulla si estingue, e la vita è un fluire perenne, un tramutarsi incessante di forma in forma.

Se, risolutamente, è fuori del dramma il concetto fon- damentale calderoniano della vita, e si ribella ad ogni tentato svolgimento, a meraviglia converrebbe per una sin- fonia musicale, opposta necessariamente all'eroica beetho- veniana. Sigismondo nei suoi furori di palazzo, s'infasti- disce al canto che attorno a lui sollevano i malaugurati musicisti ; e protesta : a las mùsicas militares | solo he gu- stado de oir » ; ma quei suoni mairziali, recisi e tronchi, troppo discordano dalle armonie secrete dell'anima sua; romperebbero, ripetendosi, il sogno che la estrema sapienza riconosce come sostanza unica della vita. Altri accenti.

300 La vita e un sogno

altre note si esigono (67), Immaginiamo un coro miziale della fugacità terrena, e i gravi e possenti accordi d'una ricca orchestra sapientemente istrumentata. E sogna l'a- nima, mossa dall'onda de? suoni; e la fantasia spazia libera entro il vago e l'indeterminato, dove alita tacito il mistero dei misteri. Sorgono figure e fantasmi, solle- vati' con guizzi di note, le larve erranti delle esteri e dei dolori umani; e la sinfonia procede concitata, rotta da singulti, con un crescendo di clangore, sino alla ripresa del coro che esorta alla rinunzia, all'abbandono di ogni sem- bianza vana di bene. E coro e orchestra intonano solenne il cantico delle universali vanità. Tutto è sogno. Tutto è chimera. Tutto è ombra fuggente. Anton Bruckner dava così, con brevi e possenti accordf sinfonici, espressione al memento del dramma del Grillparzer, suggerito in parte dal Calderon :

Schatten sind des Lebens Giiter, Schatten selner Freuden Schar, Schatten Worte, Wiinsche, Taten; Die Gedanken nur sind wahr (68).

Poi, altri rintocchi gravi, immagini fluttuanti, battute in fuga entro il regno delle ombre, un precipitare nei vuoto, negli abissi del tempo senza fine; un affievolirsi a grado a grado d'ogni motivo e d'ogni accordo sinfonico, come a significare l'estinguersi lento d'ogni traccia di tra- vaglio e di dolore in terra, l'avviarsi verso la pace su- prema e gli altissimi silenzi, l'oblio del mondo e della natura nel sogno di Dio.

NOTE

I. LA VITA E IL MONDO NEL PENSIERO DI CALDERON

I.

La vita e il mondo nel pensiero di Calderon.

( 1 ) Appena accortosi de' sensi posseduti, l'uomo, nell* « auto » La Vida es sueno, non si pace per sapere l'origine sua e la sua natura : « Otra vez vuelva a dudar | y otras mil, quien soy, quien fui | ó quien sere ». Similmente, Andremo, nel Criticón di BALTASAR GRACIÀN, cresciuto nelle asprezze di un monte, nella più selvaggia solitudine, « llegando a cierto termino de crecer y de vivir », vedesi improvvisamente assalito da « tan extraordinario fmpetu de conocimiento », e « tan gran golpe de luz ... que revolviendo sobre mi comencé a reconocerme, haziendo una y otra reflexion sobre mi propio ser. Que es esto?... soy o no soy? Pero pues vivo, pues conozco y advierto, ser tengo. Mas si soy, quien soy yo ? Quien me ha dado este ser, y para qué me lo ha dado ? » Graciàn, che tanta stima aveva per Lope e per Quevedo, non si sovviene mai di Cal- deron; e pare ne ignorasse le opere, che pur tanto dovevano stimolare la sua curiosità, e tante idee potevano somministrargli. Mistero cotesto a cui non badò A. COSTER, nella diligente monografìa: Baltasar Graciàn (1601-1658), New York, Paris, 1913 (estr. dalla « Revue hispanique »).

(2) La logica naturai

Que estaba en el alma infusa.

Sin saber della, ilustrada

De la clara lumbre pura

De la ensenanza, me abrió

Sendas que basta alh' confusas

Pisaba, bien comò ciego,

Que anda tropezando a oscuras;

304 Note al Cap. Fissità del pensiero calderoniano

Y corno puerta de cienciais Se defìne ó se intitula, Una vez abierta, pude Trascender de sus clausuras Por los principios de todas A la profesion de algunas.

{La Estatua de Prometeo, Jorn. 1).

Veramente, è in Dio che ricadono gli arcani della gran scienza filoso- fica — « quien en su criador, no es fuerza | saber todos los principios | de la gran naturaleza? | Luego la filosofia | mas oculta, y mas secreta | en él, comò en centro suyo, | patente està y descubierta » , così catechizza Zacarias, nel dramma La exaltacìón de la cruz. Stupisce Crisanto {Los dos amantes del cielo) di non intendere « los escondidos secretos » di un misterioso libro che ha innanzi ; eppure « ha tantos | anos que estudio y que leo | divinas y humanas letras » .

Alla mania lettrice calderoniana ci riconduce D. Juan nella « comedia » di ROJAS ZORRILLA, No intente el que no es dichoso (Jorn. I):

En Toledo patria mia

Tanto me incline a los libros,

Que en el gusto de leerlos

Desmentia codicioso

Las dilaciones del tiempo.

Y llegué a tratarlos tanto,

Que ya filòsofo ó cuerdo

Amaba la soledad

Por vivir sin mi y con ellos.

(3) La vìsita di Frangois Bertaut al Calderon è del dicembre 1659. Si veda il Journal du voyage d' Espagne ...., Paris, 1669, p. 171.

(4) « Indudablemente grande debia ser la cultura del pueblo que tales dramas comprendia, no solo por la abundancia de nociones teológicas y filosóficas que alli se desarrollan, sino por la manera a veces seca, siempre <lidàctica, con que estàn expuestas, sobre todo en los diàlogos, desprovistos

Note al Cap. Fissità del pensiero calderoniano 305

a veces, en Calderón, de todo color poetico, al cual sustituye el proce- dimiento silogistico àrido y desnudo » M. MENÉNDEZ Y PELAVO, Calderón y su teatro, Madrid, 1884, p. 131 (Un'edizione recente di queste conferenze Madrid, 1910 non aggiunge che poche note, di scarso valore). Già avvertiva F. DE PAULA CANALEJAS, nel di- scorso, Los Autos sacramentales de D. Fedro CalderoTì de la Barca, Madrid, 1 87 1 , p. 34 : « Como nos sorprenderia el mistico gozo de aquellas almas y las serenas alegrias y dulcisimas promesas que los ritmos calde- ronianos despertaban en todos los corazones 1 »

(5) « Toda la vida es mudan^as » {Las espigas de Ruth) « En todo ay mudanga » , sentenzia 1' « Alvedrio » , nell' « auto » El Pìntor de su deshonra.

(6) Ricordo un giudizio di HEBBEL {Vorwort zur «Maria Magda- lena », del 1844, SamtUche Werke, ediz. R. M. Werner, Berlin, 1904, XI, 41): « das Calderon'sche Drama ist allerdings bewunderungsw^iirdig in seiner consequenten Ausbildung, und hat der Literatur der Welt in dem Stucke : das Leben ein Traumi ein unvergangliches Symbol einver- leibt, aber es enthàlt nur Vergangenheit, keine Zukunft, es setzt in seiner starren Abhàngigkeit vom Dogma voraus, was es bev^eisen soli, und nimmt daher, wenn auch tiicht der Form, so doch dem Gehalt nach, nur cine untergeordnete Stellung ein » . Già al primo diffondersi dei ditirambi schle- geliani nelle lezioni famose, il SOLGER, in una sua critica memoranda (dai Wiener Jahrbiìcher, del 1819, passò alla raccolta Nachgelassene Schriften, Leipzig, 1826, 11, 597 sgg.), osservava: « Ueber den Standpunkt von welchem Calderón den Sinn des menschlichen Lebens f asst, iiber die Art seiner Weltbetrachtung, iìber seine Eriìndungen, iiber seine Charakteristik, endlich iiber Composition und Ausfiihrung seiner Stiicke auch nicht ein Wort... Es ist ein feststehendes, bis in das Einzelne ausgebildetes und auf einen ganzen Vorrath besonderer Falle schon im voraus bearbeitetes System iiber diese Begriffe (dell'onore, dell'amore, ecc.), welches schlechthin vorausge- setzt wird, unbedingten Glauben fordert, und sich in alien wesentlichen

Handlungen und Begebenheiten abspiegelt Es kehren immer dieselben

Grundlagen und Verwickelungen von Begriffen wieder ».

(7) In un breve articolo su Calderón, scritto da HERBERT EULEN- BERG in occasione dell'uhimo centenario {Die Zeit, 1 5 settembre 1912,

A. Farinelli, La vita è un sogno. IL 20

306 Note al Cap. Fissità del pensiero calderoniano

N. 3582) e non privo di spirito, si delira a piacere, immaginando le av- venture « de capa y espada » del giovine poeta, « so von der Eitelkeit dieser Welt gekitzelt » , « so voli boser Leidenschaften » , convertito a tempo, dopo le ebbrezze della vita mondana, e dopo di avere « jahrelang zwei Frauen zugleich geliebt ». Lo SCHACK, nella caratteristica tentata di Calderon {Geschichte der dramatischen Literatur und Kunst in Spa- nien, Frankfurt, 1 854, III, 47), a corto di notizie, si chiedeva : « solite Calderon ein Einsiedlerleben gefuhrt, er solite nie ein romantisches Aben- teuer, nie einen Zweikampf bestanden haben ? Die Seligkeit der begliickten, die Pein der verschmàhten Liebe, die Qualen der Eifersucht, alle diese Gefiihle, die er mit so hinreissender Wahrheit zu schildern weiss, sollten ihm nur aus dichterischer Intuition, nicht aus eigener Erfahrung bekannt gewesen sein? »

(8) Ho già ricordato in una nota del voi., pag. 312, le strofe salmeg- gianti Afectos de un Pecador arrepentìdo hablando con Dios en forma de confesion, attribuite a Calderon in una stampa del 1732.

(9) Si veda il cap. La concurrence de la Compagnie, nel volumetto di G. REYNIER, La vie universitaire dans l'ancienne Espagne, Paris, Toulouse, 1 902, pp. 1 70 sgg. Una Historia del colegio Imperiai de Madrid de la Compania de Jesus, di JOSÉ MARIA DE EGUREN, ideata in 5 volumi, non è mai progredita oltre il (Madrid, 1869), dedicato ai prolegomeni dell'opera. E agli esordi, similmente, l'opera vasta e prolissa di E. ESPERABÉ ARTEAGA, Historia de la Uni- versidad de Salamanca (voi. I : La Universidad de Salamanca y los Reyes), Salamanca, 1914.

(10) Le ricorda BLANCA DE LOS RlOS LAMPEREZ, nella confe- renza, De Calderon y de su ohra, Madrid, 1915, p. 19.

(11) Due centinaia e più ne ricorda la Biblioteca di NICOLAS AN- TONIO. — Si vedano le aggiunte al CRUSENIUS di T. LOPEZ BARDON

{Monastici Augustiniani ah anno 1620 usque ad 1700, voi.,

Valladolid, 1 903) ; e i compendi recenti : di A. BLANCO, Biblioteca Bibliogràfica Agustiniana del Colegio de Valladolid, Valladolid, 1 909 ; di G. DE Santiago Vela, Ensayo de una biblioteca ibero-amerì- cana de la Orden de San Agustin, Madrid, 1913 (1° voi.); il Catà- logo de escritores agustinos espaholes, portugueses y americanos, com-

Note al Cap. Fissità del pensiero Calder oniano 307

pilato dal P. BONIFACIO DEL MORAL, in « Ciudad de Dios » , 1 894 sgg. ; e il Nomenclator Literarius (Theologiae catholicae...) dell' HURTER, 2^ ediz.. Innsbruck, 1892.

(12) « Sea I exemplar mi vida a quantos | mis Retrataciones lean, | y lean mis Confesiones, | quanto mejora en su enmienda » , dice Sant'Ago- stino medesimo, nell' « auto » No hay instante sin Mìlagro ; e canta qui, con innocente candore, il coro musicale : « De Logica de Agustino, | del

Ingenio de Agustino | Libranos Senor». Si ricordano i Salmi di

Davide, nell' « auto » El Pleyto matrimoniai, « y Agustin, haziendo | el Comento ». « La autoridad la valga de Agustin » (^El diahlo mudo).

(13) N. MARGRAFF, nella tesi Der Mensch und sein Seelenlehen

in den Autos Sacramentales des D. Fedro Calderon , Bonn, 1912,

p. Ili, ritiene, un po' a capriccio, « dass es ein Verband von Sakular- priestern war, die sich zur Pflege platonisch-augustinischer Gedankenwelt zusammengef unden haben » .

(14) « De los quales con la sola, y pura Magia Naturai, han hecho muchos en nuestros dias, el Porta, y el Rogerio » El Peregrino en su patria, ediz. di Madrid, 1733, Lib. I, p. 47.

( 1 5) Erano apparsi i Triumphos del amor de Dios di JUAN DE LOS ANGELES, il Tratado de la Hermosura de Dios del NiEREMBERG, il Discurso sohre la hermosura y el amor di BERNARDINO DE REBO- LLEDO, ultime manifestazioni del neoplatonismo spagnuolo, su cui si veda il saggio del MENÉNDEZ Y PELAVO, De las vicisitudes de la Filosofia platonica en Espana, negli Ensayos de critica filosofica, Madrid, 1897, pp. 121 sgg.

(16) Un po' sommariamente è trattato il Néo-thomisme espagnol nel- l'opera del DE WULF, Histoire de la philosophie medievale, Louvain, 1 900. Una enumerazione coscienziosa degli studi, delle opere e dei com- menti de' tomisti della Spagna trovi nella monografìa del dotto L. G. ALONSO GETINO, El Maestro Fr. Francisco de Vitoria y el Renacimiento filo- sofico teològico del siglo XVI, Madrid, 1914. Lo studio delle dottrine del Vitoria, ritenuto come «creador de la Escolàstica espanola », non vi è pur troppo approfondito; ed è stupefacente certa apprensione confes- sata dall'autore (p, IV) : « el temor de que un personaje comò Vitoria

308 Noie al Cap. Fissità del pensiero calderoniano

fuese estudiado por algùn extran jero antes que por nosotros... » era mo- tivo sufficiente « para que nos hubiesemos tornado el trabajo de presentarle en La Ciencia Tomista ».

(17) « Y no con menor sentencia | que de Thomas » , dice la « Gracia » nella « loa » El ano santo de Roma.

(18) Si veda nella Deutsche Literaturzeitung, XVIIl, 1294 sg., una recensione sensata del LAUCHERT alla tesi, già ricordata nel 1 ° voi., deirORTIZ, Die IVeltanschauung Calderons, Bern, 1897.

(19) Dice il TRENCH, nel suo buon saggio On the Life and Genius of Calderon, London, 1880^, p. 102: « These religions were to him the vestibules'through which the nations had been guided, till they reached the tempie of the absolute religion » .

(20) \J Athenaum dei romantici (III; 1; 101) sentenziava: « Was ist jede schone Mythologie anders als ein hieroglyphischer Ausdruck der um- gebenden Natur in dieser Verklàrung von Phantasie und Liebe? » Sempre notevole lo studio di L. SCHMIDT, Ueber Calderon' s Behandlung antik^r Mythen, Rheinisches Museum fiir Philologie, del 1855. Si vedano altri brevi e scarni lavori di J. ABERT, Drei griechische Mythen in Calderon' s Sakramentsspielen (progr.), Passau, 1882; R. GOLDREICH, Die drei Psychedramen Calderons (prog.), Pian, 1906-1907. Non conosco una dissertazione ajnericana di O. STAAF (del 1914?) dell'uni- versità di Yale, annunciatami dall'amico Henry R. Lang, che studia le immagini calderoniane tolte dalla mitologia antica. Fugacissimi ac- cenni a Calderon trovi nell'indagine di R. SCHEVILL, Ooid and the Re- nascence in Spain University of California Publications in Modem Philology», voi. IV). Berkeley, 1913, pp. 222 sgg.

(21) Ricordo alcune osservazioni di FR. G. OTTO VON DER MALS- BURG, premesse alla sua versione della Aurora de Copacahana {Schau- spiele oon D. P. Calderon de la Barca, ubersetzt, IV voi., Leipzig, 1821, p. XXn), ove accenna ad un unico mezzo per rendere tollerabile la conversione di un popolo, vinto alla nuova religione : « Jenes sogenannte Mittel konnte.... nur darin bestehen, dass die dem besiegten Volke bisher angehorig gewesene, nun von ihm verlassene Religion nur angesehen wird gleichsam als die Hiille, die Knospe, in welcher die neue schon unbewusst geschlummert hat, so dass es nur auf deren Erweckung aus ihrem Schlafe

Note al Cap. Fissità del pensiero calderoniano 309

ankam, wie die des Schmetterlings aus dem Gespinnst und der Hulse, die denselben umschliesst » .

(22) Rileva i passi biblici imitati o tradotti il LORINSER, nelle note

aggiunte alla versione degli Autos : Calderon's geistUche Festspi'ele

2^ ediz. (in 18 volumetti), Regensburg, 1882-1887. Quante volte dal cuore degli eroi degli « autos » calderoniani esce il gemito : « Padre mio, Padre mio | por qué me desamparaste? » {La semilla y la cizaha

La siembra del Sehor El divino Orfeo).

(23) « Oh cuanto el nacer, oh cuanto | al morir es parecido ! » Ld- grimas que vierte un alma arrepeniida.

(24) Con alcune leggerissime modificazioni alla grafia, riproduco il testo dell' « auto » Las Ordenes militares offerto da E. WALBERG, nel « Bulletin hispanique » (1903-1904), p. 63 dell'estratto. « Pues es la vida ba- talla, I segun alla Job lo dixo, | de quanto importa que estemos | habiles, y prevenidos | para qualquier accidente » « Loa » premessa all' « auto » La Vida es sueho.

(25) «Un Job semejas », dice neir«auto» El printer refugio del hombre il Demonio al « Genere umano » , il quale impreca : « Perezca Senor el dia I en qué a este Mundo naci; | perezca la noche fria j en que con- cebido fui i para tanta pena mia » « alto Don, comò Job muestra » (Qui'en hallarà Muger fuerte P) « Job mil vezes bendixo | el Pan que vendra del Cielo » {La Humildad coronada de las Plantas) « Job en sus Lamentaciones, j de mil miserias cubierto, | considerando a su alma, j con tantos impedimentos, | dize, que es inquieto Mar, | cercado, cenido y preso | de las màrgenes de arena » {El Pleyto matrimoniai).

All' « auto » sulla Paciencia de Job, già si è accennato nel 1 ° voi. di quest'opera (per altri misteri e rappresentazioni si vedano le note del ROUANET, aggiunte alla Colección de Autos, Farsas y Coloquios, Bar- celona, Madrid, 1901, IV, 365 sgg.).

(26) A queste dispute teologiche accenna con la consueta dottrina R. MENÉNDEZ PlDAL, El condenado por desconfiado de Tirso de Molina Discursos leidos ante la R. Academia espanola »), Madrid, 1902, pp. 48 sgg.

(27) Non dubitq^ che Calderon conoscesse 1' « auto » di Lope La creacion del mundo y culpa del primer hombre. Si veda anche X Aucto

310 Note al Cap. Fissità del pensiero calderoniano

^el Peccado de Adan, nella Coleccìón de Aulos, Farsas y Coloquios del ROUANET ricordata, II, 133 sgg.

(28) Non discordava gran fatto il pensiero del poeta sulla Grazia, indi- spensabile alla salvezza dell' anima, dal pensiero de' Giansenisti, al quale pure il Pascal s'acquetava (Les Provinciales, I) : « C'est ainsi que Dieu dispose de la volonté de l'homme sans lui imposer de nécessité, et que le libre arbitre, qui peut toujours resister à la gràce, mais qu'il ne le veut pas toujours, se porte aussi iibrement qu'infailliblement à Dieu, lorsqu'il veut l'attirer par la douceur de ses inspirations efficaces » . Anche il Racine, da buon discepolo dei Giansenisti, poneva la volontà umana nelle mani di Dio « Dieu, de nos volontés arbitre souverain, | le cceur des rois est ainsi dans ta main », così nell'^^sZ/jer (li, 9); e della stessa dottrina tutta la Phedre risente (troppo recisa e talora non giustificata è l'opposizione fra il pensiero del Corneille e quello del Racine nella tesi di H. SCHONHARL, Dos Prohlem der Gnade und Willensfreìheit bei Corneille, Racine, Voltaire, Marburg, 1913 Si veda particolarmente il cap., pp. 77 sgg.).

(29) Non fuori di senno le arlecchinate italiane bandivano il dramma di Calderon, La Vida es sueUo, rimaneggiato e trasfigurato, col titolo: L'uomo condannato prima di nascere. Si veda la 3* parte di quest'opera.

(30) « Violentas enfermedades [ quieren violentos remedios » {La Cura y la Enfermedad).

(31) Sovveniamoci del Polyeucte corneliano: « De pareils changements ne vont point sans miracle » (V, 6).

(32) Ch'egli si sia concesso poche alterazioni, ed abbia sempre con- servato i tratti fondamentali delle leggende che drammatizza, affermo anch'io, risolutamente, con A. LUDWIG, che rettifica un giudizio del Lorinser, nell'articolo Zu Calderons dramatischer Technikl in « Studien zur ver- gleichenden Literaturgeschichte », I, 308 sgg,

(33) In una lettera al Gries, del maggio 1816, Goethe esprimeva la sua ammirazione per Calderon, e soggiungeva : « Noch Eins fiige ich hinzu, dass mein Aufenthalt im Orient mir den trefflichen Calderon, der seine arabische Bildung nicht verleugnet, nur noch Werther macht, w^ie man edle Stammvàter in wurdigen Enkeln gern vviederfindet und bewundert ». Ed è notissima la sentenza di GOETHE, nel Divan : « Herrlich ist der Orient 1 uebers Mittelmeer gedrungen; | nur w^er Hafis liebt und

Note al Cap. Fissità del pensiero calderoniano 311

kennt, | weiss, was Calderon gesungen ». Giudizio che soleva ripetersi mentre durava il maggiore entusiasmo romantico calderoniano: « Es braucht wohl nur hingeworfen zu werden, dass, so viel climatisch die Spanier den heissen Sonnenlandern nàher sind, so auch ihr gròsster Dichter das orientalische Element, jedoch sanft uberfliessend in die mildere abendlan- dische Gemuthlichkeit in sich tragt » OTTO V. DER MALSBURG, Schauspiele von D. P. Calderon ... voi. I (Leipzig, 1819), prefazione, p. IX. Ferdinand WOLF, sempre dotto ed equilibrato, faceva le sue riserve nelle sue critiche, Studien zar Geschichte der spanischen und portugiesischen Natìonalliteratur, Berlin, 1859, p. 523 : « Selbst der gewòhnlich so hervorgehobene Orientalismus der Gongoristen und spà- terer Dramatiker, wie z. B. Calderon's, ist nur eine Entwicklung und Po- tenzierung indigener Elemente, wozu die Pramissen schon im Cancionero general und bei Torres Naharro zu finden sind » .

(34) Etudes sur l'Espagne et sur les influences de la Uttérature espa^ gnole en France et en Italie, Paris, 1847, p. 34. Il giudizio dello Chasles (già divulgato prima del 1845) era contagioso, e suggeriva quello di GIA- CINTO Battaglia {Teatro spagnuolo Mosaico, saggi diversi di critica drammatica, Milano, 1845, a proposito del dramma A secreto agraoio secreta venganza, p. 204) : « La vendetta sarà orribile ; sarà degna di quella natura mezzo africana che Calderon prestar suole ai personaggi di cui popola i suoi drammi » . (Troppo onore fa al Battaglia G. MUONI, nel saggio / drammi dello Shakespeare e la critica romantica italiana ì 81 5-1 845 , Firenze, 1908, pp. 5, 19 sgg. La sua penetrazione è ben scarsa, e dipende dagli stranieri la sua critica. Vuol combattere A. W. Schlegel, eppure lo copia). Forse alla « natura africana » del Calderon pensava il PRATI, quando si sbizzarriva nelle folli rime Ad un classico ( « Messaggiere Torinese » , 4 marzo 1 843) :

Lasciam da parte quel duro e diro Barbaro nome di Sackespiro : Schiller e Goethe? son di Lamagna Non di cuccagna. E Calderone? ne facciam senza. Porta nel nome la sua sentenza; Sempre di sangue bolle l'atroce. Ma niente coce.

312 Note al Cap. Fissità del pensiero calderoniano

Prudentissimo, G. U. PAGANI CESA, nelle « Considerazioni » Sovra il Teatro tragico italiarìo, Venezia, 1826 {La tragedia in Ispagna), trascrive una frase dello Schlegel sul Calderon, e soggiunge (p. 6) : « Io, per non ingannarmi nel giudicare del Teatro Spagnuolo, non parlerò di Lopez de Vega, di Calderon » .

Ricorda anche il QUINET {Des littéraiures et des institutions comparées de V Espagne et de l'Italie, saggio aggiunto alle divagazioni Mes vacances en Espagne, Paris, 1 846, p. 435) la « gravite orientale dans Calderon » ; e afferma del teatro spagnuolo in genere : « Ce qu'il y a d'émotion con- tenue dans le christianisme s'éclate librement sur cette scéne africaine; Tardeur et le sang de l'Arabie pénétrent jusque dans les abstractions per- sonnifìées du christianisme ».

(35) O Music of ali moods and climes

Vengeful, forgiving, sensuous, saintly, Where stili between the Christian chimes

The Moorish cymbal tinkles faintly. O life borne lightly in the band,

For friend or foe with grace Castilian, O valley safe in Fancy's land,

Not tramped the mud yet by the million. Bird of to-day, thy songs are stale

To his, my singer of ali weathers, . My Calderon, my nightingale,

My Arab soul in Spanish feathers.

Si veda il saggio citato del TRENCH, p. 69. Da queste e da altre esaltazioni rifuggiva il Fitzgerald, incapace di scorgere in Calderon arabe soul», come osserva A. C. BENSON, Edward Fitzgerald English Men of Letters »), London, 1905, p. 125.

(36) M. DiEULAFOY, La prédestination, la prescience et le libre arbitre dans les tragiques espagnols et dans le Coran ( « Séances et travaux de l'Académie des sciences morales et politiques », febbraio e maggio

del 1908, pp. 525 sgg.): «Calderon ne s'exprime pas autrement que

le prophète et que les dòcteurs de la loi islamique... Calderon avait sans doute vu de beaux manuscrits du Coran ; il lui suHìsait d'étre Tinter-

Note al Cap. Fissità del pensiero calderoniano 313

prète des sentimenls et des croyances de ses concitoyens, pour écrire des drames quaurait pu signer un docteur de l'Islam » . Analoghe divaga- zioni e aberrazioni del DiEULAFOY sulle origini persiane di tutta l'arte spagnuola dell'Età Media nel libro recente Ars una species mille Histoire generale de l'ari Espagne et Portugal, Paris, Hachette, 1913 (Forse la prima spinta a queste follie critiche venne al Dieulafoy da una affermazione di L. VlEL-CASTEL, nel saggio De Vhonneur comme ressort

dramatique dans les pièces de Calderon , nella « Revue des Deux

Mondes » , del 1 84 1 (XXV, 4 1 8) : « Il semblerait que, par l'effet du long séjour des Maures, quelque chose des idées de l'Orient mahométan s'y était mele aux idées de l'Occident chrétien, dans la manière de concevoir l'existence des femmes et leurs rapports sociaux ». Ma già il SAINT- EVREMOND, nella divagazione Sur les Comédies (Euvres mèlées, Paris, 1693, II, 249 , affermava: « tonte la galanterie des Espagnols est venne des Maures, il en reste je ne sgay quel goust de 1* Afrique, étranger aux autres Nations »). Più volte nei miei studi giovanili mi avveniva di ricordare le fantasie sulla profonda corrispondenza tra 1' « anima » germanica e quella spagnuola. Vi credeva anche F. W. VALENTIN SCHMIDT, che, preludendo agli appunti sui drammi calderoniani : Die Schauspiele Cai' derons dargestellt und erldutert (editi da LEOP. SCHMIDT), Elberfeld, 1857, p. XXI, si chiedeva: «-Solite aber in der leisen Sympatie fiir den nach Wahrheit ringenden Zweifel, die hierin sich ausspricht und die woh! kaum in etwas Nationalem wurzelt, nicht ein Beriihrungspunkt seines in- neren Fuhiens mit der deutschen Geistesart liegen, der es vielleicht mit erklaren kann, dass er trotz der grossen Fremdartigkeit seiner Form und seiner Gedankenv^^elt gerade unter uns Boden gefunden hat ? » .

314 Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo

(37) Prometteva non so bene quale ampia indagine il sacerdote JOH. ABERT, nel suo « programma » Gedank^n iìher Goti, Welt und Men-

schenleben in den Autos sacramentales des Don Pedro Calderon ,

Passau, 1874-75, ma non andò più in dei preliminari insignificanti. altro frutto poteva dare il suo ingegno. A pag. 36, l'Abert si professa grato ad un parroco, che doveva essere buon intenditore di cose spagnuole: J. Heinrich Russwurm Stadtpfarrer von Landau »), professore a Augsburg, Dillingen e Passau, « eines làngst verstorbenen hochachtbaren Mannes, der seine kostbaren spanischen BUcher der hiesigen Bibliothek (Passau) ver- macht batte » . Sensata è la memoria di F. PlCATOSTE (scritta per il centenario), Concepto de la naturaleza deducido de las obras de D. Pedro Calderon. . . , Madrid, 1 88 1 . Già più volte ricordai la tesi del MARGRAFF, Der Mensch und sein Seelenleben in den Autos, ecc., Bonn, 1912.

(38) Anche Sigismondo, l'eroe del dramma La Vida es sueho, legge un giorno « en los libros que tenia » , che l'uomo è un « mundo breve » .

Avverte esplicitamente il « Poder », nell' « auto » omonimo, aver creato l'uomo, « que de todo el mundo dueno | sea otro mundo pequeno » .

« Pequeno mundo soy, y en este fundo j que en ser senor de mi, lo soy del mundo » {La gran Cenobio) « Pequeno mundo soy » ; « pues el hombre | es todo un mundo pequeno » {El pleyto matrimoniai) « Pequeno mundo la Philosophia | llamó al hombre » {El gran Teatro del Mundo) « Pues si has oido decir | que es pequeno mundo el hombre » {Hombre pobre todo es trazas) « Si el hombre es pequeno mundo | la muger pequeno cielo » {No hay mas Fortuna que Dios ; similmente in Nadie fie su secreto : « Pues si el hombre es breve mundo j la muger es breve cielo » ) « Dando a él el Entendimiento | con tantas prerogativas | para ser mundo pequeno » {Los Alimentos del hombre) « El Hombre, a quien hiziste, | ó supremo Criador, del Orbe dueno, ] siendo mundo pequeno, j a quien mas noble ser que a todos diste » « Las Fieras y Brutos | de especies diversas, | por pequeno mundo | al Hombre respetan » («Loa» premessa aWAno santo de Roma) « El hombre es pequeno mundo | asi lo dize el Proverbio » ; « Luego | si es pequeno mundo el Hombre » {El diablo mudo) « Todo aquesle pe-

Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo 315

queno | mundo del Hombre » {A Maria el Coracon) « Y siendo el hombre en el suelo | breve mundo en su azul cielo » {En està Vida todo es verdad y todo mentirà). Un'analoga concezione dell'uomo nei teologi cari al Calderon. Così LORENZO DE ZAMORA, nella Monarchia mi- stica della Chiesa (che io consulto nella versione italiana di P. FOSCA - RINI, Venezia, 1619, libro III, disp, L, Delle prerogative della Natura umana): « lo fece un picciol Dio nel mondo ».

(39) Paradiso, V, 19-24. Similmente nel De Monarchia (I. 14): « Haec libertas, sive principium hoc totius libertatis nostrae, est maximum donum humanae naturae a Deo collatum ». Che il pensiero di Dante si accordasse pure strettamente col pensiero di Boezio mostra, con solida dottrina, R. MURARI, Dante e Boezio {Contributo allo studio delle fonti dantesche), Bologna, 1905, VI e VII cap. La fortuna e il fato La teoria del libero arbitrio. Si vedano le indagini di E. MOORE, The astronomy of Dante, in Studies in Dantes, III* serie, Oxford, 1903, PP- ^ sgg- ■' ^ l'opuscolo di R. Piccoli, Astrologia dantesca, Fi- renze, 1909.

(40) Non era dissimile il pensiero di ARATO, espresso ne' Phaeno' mena, ch'io qui cito, in una versione latina (De coelestium rerum na- tura), schietta e fedele (si veda l'edizione del poema originale curata da E. MAASS, Berlin, 1893, p. 4, vv. Il sgg.) :

Ille quidem coelo defìxit signa supremo, Partitis astris stellas providit in annum, Quae tempestates homines, et signa docerent, Ut firma in terris essent certo ordine cuncta. Hinc primos illi extremosque adhibemus honores.

(41) Rimando alle ricerche, dotte, minute e fondamentali, di A. BOUCHÉ- LECLERCQ, Histoire de la divination dans l'antiquité, Paris, 1879-82; e L'Astrologie grecque, Paris, 1899. Appaiono un po' semplificati { problemi di complessa natura, e non sempre esposti con esattezza, nel- l'opera dello scandinavo TROELS-LUND, ch'io leggo nella versione te- desca di Leo Bloch, HimmelsbUd und Weltanschauung im Wandel der Zeiten, Leipzig, 1899. Si veda anche il Hbro del dotto e sagace ricercatore dell'astronomia di Tolomeo F. BOLL, Sphaera. Neue grie-

316 Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo

chische Texte und Untersuchungen zur Geschichte der Sternbilder, Leipzig, 1 903 {Astrologie des Christentums, pp. 396 sgg. ; Astrologie der Renaissance, pp. 449 sgg.).

(42) Alcune giudiziosissime osservazioni in proposito nelle lezioni del Gentile, / problemi della Scolastica e il pensiero italiano, Bari, 1913, pp. 193 sgg.; e nell'opera del DE WULF, Histoire de la philosophie medievale, Louvain, 1900, pp. 318 sgg. (che si tradusse or non è molto in italiano, e in tedesco [da R. EiSLER, Tubingen, 1 9 1 3]).

(43) Si veda lo studio di A. GALLETTI, Fra Giordano da Pisa, predicatore del secolo XIV (estr. dal « Giornale storico della letteratura italiana», voi. XXXI), Torino, 1899, p. MI. Curiosissima l'epistola provenzale del tol osano N'AT DE MONS, diretta « al bon rey de Ca- stela » Alfonso X, sul potere delle stelle nell'intreccio degli umani destini, specie di « partimen » fra un sostenitore della predestinazione assoluta So qu'es predestinat | o fadat per natura, | si com e l'escriptura | dels astronomias | par, qu'es astres sertas, | que no-s pot cambiar; | e segon aiso par, | c'astrez destinatz es | donatz a totas res | de lor comensamen ] tro a lur fenimen... ») e un difensore del libero arbitrio Tautra partz va enan | per astre contradir, | dizens: on mais albir, | qu'es astres, mens

le ere | francx es lo volers j d'ome e la razos ... | cascus sen | en se

l'entendemen | de sa razo tot frane »). Il re stesso, in una risposta im- maginata, avrebbe risolto il dibattito con un suo compromesso:

Don nos dizem aisi, Jutjan a la perfi, C'omz es en part destinatz, E totz en aventura ; E dizem, per drechura Jutjan, que bes e pros Ve del un o dels dos E de totz tres als mais, E mais als bos per l'als Centra si ; mas per cai A cascus be o mal No sap homz per lunh sen.

Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo 317

Si veda l'edizione curata da W. BERNHARDT, Die Werke des Trobadors N' At de Mons Altfranzosische Bibliothek », voi. XI), Heilbronn, 1887, pp. 1-55.

(44) Le rileva il MANDONNET, Roger Bacon et le « Speculum Astronomìae » , nella « Revue Néo-Scolastique », del 1910, pp. 313 sgg. («Il ne voit pas que, si la science divine ne détermine peis le libre arbitre, e' est parce qu'elle est d'un ordre transcendant. Tandis que, si Dleu a détermine les événements futurs dans les signes du del, qui sont d'ordre physique, ces événements doivent se produire nécessairement ou tromper la Providence »). Troppo recisamente però il Mandonnet afferma (p, 328): « Les théologiens, quelle que soit la direction à laquelle ils se rattachent, sont tous ennemis de l'astrologie et des sciences superstitieuses ».

(45) F. Fiorentino, Pietro Pomponazzi, Firenze, 1 868, pp. 416 sgg. Il trattato del Pomponazzi De fato, de libero arbitrio et de predestina- tione era letto anche dagli spagnuoli; lo troviamo, manoscritto, tra i libri di Diego Hurtado de Mendoza. Si veda C. PEREZ PASTOR, Noticias y documentos relativos a la Historia y Literatura espanola Memorias de la Academia espanola», voi. X), Madrid, 1910, I, 185. Sulla diffusione della credenza astrologica in Italia vedi ancora F. GABOTTO, L' astrologia nel (Quattrocento in rapporto colla civiltà, in « Riv. di filosofìa scient. », serie 2, voi. VIII, pp. 377 sgg.; e Nuove ricerche e docu- menti sull'astrologia alla corte degli Estensi e degli Sforza, Torino 1891 La Letteratura », VI, 2-3); B. ZUMBINI, L'astrologia e la mitologia nel Pantano e nel Folengo, in « Rass. crit. d. letter. ital. », 1897, II, 1, sgg. Sempre preziose le osservazioni del BURCKHARDT (trad. del VALBUSA), La civiltà del Rinascimento in Italia (2* ed.), II, 220 sgg. Sulle credenze astrologiche dopo il '500 si vedano le note bibliografiche di A. BELLONI, aggiunte al capitolo introduttivo del suo Seicento («Storia letteraria d'Italia »), p. 468,

(46) F. Boll, Sphaera, p. 379; B. SOLDATI, La poesia astrolo- gica nel Quattrocento, Firenze, 1 906 (reca una buona e lucida introduzione).

(47) F. MALAGUZZI Valeri, La corte di Lodovico il Moro, I, La vita privata, Milano, 1913, p. 364. Ivi altre curiose osservazioni sull'at- tività di Ambrogio da Rosate e il potere tirannico dell'astrologia come uno dei perni delle imprese politiche dei tempi.

318 Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo

(48) Si vedano le indagini di E. DEFRANCE, Catherine de Médicis, ses astrologues et ses magiciens-envoùteurs Documents inédits sur la dìplomatie et les sciences occultes au XVI ^ siede, 2* ed., Paris, 1911 (cap. 11, pp, 47 sgg, su Luca Gaurico e il Nostradamo). A Caterina de' Medici OGER FERRIER dedicava i Jugements astronomiques sur les natioités, Lyon, 1545. Di un Pronostico astrologico que de Felipe II hizo el doctor Matias Haco, matematico e dottore in medicina, attivo verso il 1 550, notizia A. RODRIGUEZ, nella « Ciudad de Dios » , 1914, 20 febbraio, 5 maggio, 5 giugno, 20 giugno (pp. 283 sgg.).

(49) P. S. Ciceri, Michele Marullo e i suoi « Hymni naturales », nel « Giorn. stor. d. letter. ital. », LXIV, 317 sgg.

(50) Assai letti i due libri di ENRICO RANTZAU ; Tractatus astrolo- gicus, di cui conosco una stampa di Francoforte del 1 593, e il trattato De Astronomia di GUIDONE BONATI (Basilea, 1550).

(51) La lettura dei trattati De libero arbitrio De servo arbitrio può agevolare l'intendimento del pensiero di Calderon. Sulle polemiche di Lu- tero con Erasmo vedi l'opera del GRISAR, Luther (cap. XIV-XXIV), 2* ed., Freiburg, i. B., 1911, 1, 545 sgg. ; gli studi di F. KATTEN- BUSCH, Luthers Lehre vom unfreien Willen und von der Pradestination, Gòttingen, 1875 (e 1905); K. ZlCKENDRAHT, Der Streit zwischen Erasmus und Luther iìber die Willensfreiheit, Leipzig, 1909; e l'edi- zione del De Libero Arbitrio erasmiano, curata da JOH. V. WALTER, - « Quellenschriften zur Geschichte des Protestantismus », hrg. v. J. KUNZE u. C. STANGE, voi. Vili, Leipzig, 1910, dove si notano in Erasmo alcune involontarie ricadute nella scienza degli scolastici (p. XXXI : « Der alte Gegner der Scholastik hat den Boden der scholastischen Theologie an entscheidenden Punkten doch nicht zu verlassen vermocht »).

(52) Dei Discorsi astrologici bolognesi del secolo XVII tratta E. LO- VARìNI, nel Secolo XX, aprile, 1912, pp. 327 sgg.

(53) Nel Labirynthe de fortune, JEAN BOUCHET dedica un capitolo alla Predestinazione (nell'ediz. del 1 522, 1 parte, cap. XXXI) : Veritable doctrine respond et parie des constellations et combien sont incertains les iugemens des astrologues avec reprobation des songes et aultres superstitions et que lame nest aulcunememt subgecte a toutes ces choses. Conchiude coi versi :

Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo 319

Je concluz donc pour la fin et le reste De ce propos que lame aucunement Subgecte nest a aucun corps celeste Farce quelle a vouloir entendement Et chose nest en tout le firmament Dont elle nest (si elle veult) maistresse.

(54) Si veda, p. es., l'opera assai letta del Padre HENRIQUE DE VlLLA- LOBOS, Suma de la Teologia moral y canònica (undecima ristampa), Madrid, 1658, II, 638 (cap. De la Superstición y Magia): «Quanto a la judiciaria... ay mucha superstición aquf, y ansi se ponen a juzgar los Astrologos, comò si no baviera libre alvedrio en el mundo, de donde se echa de ver la grande vanidad y falsedad que bay en esto ». Il P. Eusebio NIEREMBERG inveiva in certe sue Lettere spirituali (cb'io leggo in una versione italiana stampata a Venezia nel 1669, p. 419), e cbiamava l'astrologia scienza degli ignoranti, « essendo contr'ogni Filosofia e Teologia; e se pure accerta, è con il maggior errore, cbe possa fare, cbe è per arte del demonio ».

(55) Già ricordai, nel I voi. di quest'opera, El huen Repùblico di AGUSTIN DE ROJAS VlLLANDRANDO, nella rarissima stampa di Sa- lamanca, 1611. Si veda p. 36, e il cap. Quan falsa sea la opinion que los Astrologos tienen cerca de la declinación y ruyna de algunas Re- pùblicas, pp. 90 sgg. : « y ansi no se puede dexar de responder a los que con tanta fuer^a bazen en las causas naturales, que dizen tienen dependencia de las causas celestes, infiriendo dellas los sucesos de las coseis, en lo por- venir lo que Dios tiene para si reservado. Con lo qual los profesores destas artes no solo desacreditan sus buenos ingenios, mas dan nota a sus obras, y a si mismos de poca firmeza en la fé... Hanse desvelado los profesores de està ciencia en querer sacar de madre los secretos de natura... y nunca pueden asegurar cosa: porque predominando en todo la voluntad de Dios que dando lugar al libre alvedrio, el senor de las causas primeras, y se- gundas, las difiere, y dispone a su voluntad ».

(56) Passagero. Advertencias utilisimas a la Vida fiumana, nella ristampa curata dalla « Sociedad de Bibliófilos Espanoles », Madrid, 1914, pp. 533 sgg.

320 Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo

(57) De Astrologia Lìher unus, in quo obiter ìndicatur quid illa veri, quid fidi falsique habeat, et quatenus arti sit habenda fides. Forse Lope leggeva il trattato nell'edizione di Anversa, 1 554 (altre edizioni : Jena, 1587; Francoforte, 1608, 1626; Leyden, 1638). « Exempeln der rechten Astrologie in vielen Dingen » infilza a piacere LEVIN LEMNIUS in altro trattato (ediz. tedesca) : Occulta naturae miracula, Frankfurt, Hamburg, 1 672.

(58) Peregrino en su patria, nell'edizione già altrove citata, Lib. II, pp. 108 sgg. (Non era certo ignota a Calderon quest'opera di Lope. Dice Amore, nell' « auto » El ano santo de Roma : « Estame atento | que es el Hombre Peregrino | en su patria »). Ricordo anche uno sfogo di Antonio Lopez de VEGA, nei suoi curiosi « discorsi » El perfecto Sehor. Sueho politico, Madrid, 1 626 (altra ediz. 1 652) : « No solo es ignorancia, mas miseria suma, dar entero credito a pronosticos de Arte tan falible: porque ó es prospero, ó adverso lo que se pronostica. Si adverso, adivinandole, y sucediendo, se viene a sentir dos vezes, y a estar primero el mal en tu animo, que en el sucesso : y no sucediendo, ya tuviste el dano en el sentimiento prevenido. Si prospero, siendo falso se siente el faltar lo que se tenia por cierto, corno si se perdiera; y siendo verdadero, se siguen dos males ; que mientras el bien no llega, fatiga el ansia de la suspension con que se espera » (f . 20) : « En la Astrologia, no ay para que afectar tanta noticia... Procure solo alcan^ar en ella lo que le ensene a reirse de las vanas observaciones y aspectos de los Planetas, y de los vanisimos juizios de futures contlngentes ; pudiendo su bien governado alvedn'o dominar a todo el cielo » .

(59) « El demasiado curioso vea al eruditisimo varon el padre Alexandre de los Angeles, prefecto de los Estudios del Colegio Romano de la Com- pania de Jesus, en el libro que intituló contra los Astrólogos, en Leon de Francia » A. LlNAN Y VERDUGO, Guia y Avtsos de Forasteros, Madrid, 1620, fol. 94 (Vidi e consultai l'edizione romana del 1615 Notevoli i capitoli : Liberum Arbitrium ex omnium gentium consensu ; Providentia divina eludit Astrologorum praedicta). Assai imperfetta- mente conosco i trattati e le dispute astrologiche stampate in Ispagna ; e non so quale profitto potesse cavarne il Calderon. luEnsayo del GA- LLARDO (II, 539, 553) registra, tra i libri posseduti dal figlio di Cristo- foro Colombo, un Tractado en catalan de la Vida de los hombres, segon

Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo 321

los sinos y planetas ( « Costò 6 maravedìs en Lérida ano de 1 5 1 2 » ), un Libro en espahol de mano llamado de los secretos de Astrologia, compuesto por el infante D. Enrique de Portugal (acquistato a Salamanca nel 1525). Un libro entero de Espera, en castellano (manoscr.) è pur ricordato neir£nsai/o (IV, 1 504), tra i libri del duca di Guzman, coi 4 libri di FRANCISCO FERNANDEZ RASCO, De los Cometas y sus prodigiosos portentos, Madrid, 1 578, Sappiamo quanto gradisse il Calderon il Magnum Theatrum Vitae Humanae del teologo e canonico d'Anversa LAURENTIO BEYERLINCK (2^ ediz., l'unica da me consul- tata, Lugduni, 1678); vi si ammassavano, un po' alla rinfusa, raccolte da ogni parte, le notizie sull'astrologia naturale e giudiziaria (l, 561 sgg): « Astrologiae judiciariae, quae proprie Astromantia... Eius detestationis

causae Eius vanitatis et falsitatis exempla historica » « Neque enim

quod aliquando Astrologi futura praedixerint, quorum veritatem eventus comprobavit, idcirco divinatricem scientiam illis affingere debemus : nam quamvis nonnunquam cum praedictionibus illis eventa congruant, tamen prò

maiori parte vanae illae sunt » «... Nihilominus vanam istiusmodi co-

niecturam, quae de fortunis, moribus et complexione fit ex horoscopo, et observata constellatione quae fuerit tempore nativitatis, aut futura est vita durante, ex Sacra Scriptura colligitur quae monet, ecc. »... « Bene itaque Ptolomeus in Centiloq. Sapiens dominabitur astris. Et quidam alius:

Quam falso accusant superos stultique queruntur Mortales. Etenim nostrorum causa malorum Nos sumus, et sua quemque magis vecordia laedit » .

Nel cap. Detestationis huiusmodi causae è citata l'autorità di San Ba- silio. «Et sane si Deus pravas inclinationes per sidera tanquam instru- menta operatur, quomodo non subsequentium malorum auctor et peccati incentor habendus. . . » . Col Pico, il Beyerlinck assevera che i pronostici non sono che deUri ; ed offre un cap. Exempla historica Vanitatis et Falsitatis Prognosticae. Non è improbabile che del BEYERLINCK il Calderon conoscesse pure la raccolta Apophthegmata Christianorum, Antverpiae, 1631 (2* ediz., p. 286 : Gloriae vanae contemptus; p. 547: Somniorum interpretatio).

(60) « No saves que tu padre se deleita de la nigromancia, tiene espi- A. Farinelli, La vita è un sogno. II. 21

322 Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo

ritus familiares, Irata y Kabla con ellos, cosa que no solamente la Iglesia, mas el mismo Dios la defiende » Diàlogo entre Caronte y el ànima de Fedro Luis Farnesio, ediz. A. MOREL-FATIO, nel « Bulletin italien», 1914, p, 126. All'occultismo però è tolto ogni valore di scienza nella disputa fra Zacarias e Anastasio del dramma calderoniano La Exal- tación de la Cruz. « Anast. : Donde la màgica està | y las que producen de ella j hasta la Nigromancia, | que ni las nombras, ni mientas, ( ni dices que estàn en Dios? Zacar. : Como no estàn en Dios esas, | ni esas son ciencias » .

(61) « Con que la Astrologia, | acondicionada ciencia, | (en quien es de mas descanso | el dudarla, que el saberla) | melancolica discurra, j amenazando con guerras, | con hambres, con mortandades, | pestes, ruinas y tragedias, | yo he de creer que son piedades, | para quien las apro- vecha, | viendo que Dios ofendido | de la dormida pereza | en que vivimos, piadoso | con sus ruidos nos despierta » El Corderò de Isaias.

(62) « Pues sabre destachonar | la clavazon de los orbes » Màgico prodigioso, II, 8. Buone osservazioni in proposito nella memoria citata del PlCATOSTE, Concepto de la naturaleza deducido de las ohras de D. Fedro Calderon, pp. 58 sgg.

(63) « Naturai soy de un Imperio | que todo el ambito incluye | del cielo, cuyas Provincias | son onze » così Luzero, nell' « auto » La Cura y la Enfermedad.

(64) Nel manoscritto originale del Màgico prodigioso (ed. A. MOREL- FATIO, Heilbronn, 1877, p. 230), Cipriano diceva: «Para mis estudios j un libro fué todo el cielo, | encuadernado volumen | de once hojas, con luceros | y estrellas escrito... ». Il poeta accenna con spettacolosa frequenza ai cieli legati in un volume, variando di poco la sua terminologia : « no bay I en todo ese azul zàlìro, | encuadernado volumen [ de quien el sol es registro » {La vida es sueno ; « encuadernado volumen » anche nel- r « auto » ) « Ese libro inmortai | en once hojas de cristal | nuestros di- scursos contiene » {El mayor monstruo los celos ; qui pure l'espressione : «e Es encuadernado libro | donde estan nuestros alientos | asentados por registro » ; e ancora : « Si del mundo el mayor monstruo | me està ame- nazando en ese j encuadernado volumen | mentirà azul de las gentes »)

Noie al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo 323

« Sagrado volumen, que de doradas | letras encuaderna el sol » {Los tres afectos de amor) « Si estremecido confunde j toda su fàbrica her- mosa I ese ceiestial volumen » {Apolo y Climene) « Son de tus estudios locos I libros esas once esferas | encuadernados a globos » {Los tres mayores pTodigios) « En aqueste cuaderno, j corónica inmortai de un Dios eterno » {El Arhol del mejor Fruto) (Nella Puerile de Mantihle trovi l'espres- sione : « està cuchilla cava | que es del libro de la muerte | desencuadernada hoja»). Ricordiamo come Dante vedesse nell'Empireo «legato con amore in un volume j ciò che per l'universo si squaderna » {Par., XXXIII).

(65) « Tantos papeles azules j que adornan letras doradas » {La vida es suefio) « En làminas leyendo de diamante | caràcteres de estrellas » {El mayor monslruo Ics celos ; e qui pure : « todo el cielo escribe | mis des- dichas I que en el grabado vive | en papel de cristal con letra de oro » ) «Que letras son del Cielo las estrellas» {La Sibila del Oriente) «Ca- ràcteres que lee nuestra fortuna | siendo sus desiguales | Astros, Padron de bienes y de males » {Lo que va del hombre a Dios) « No te digo, que los astros, j bien errantes, ó bien fìjos | en ese papel az\i\ | son mis

letras | pues son imprenta, en que el cielo | estampa raros avisos »

{El mayor encanto amor).

(66) Muger, llora y venceràs. « Estrella injusta, | por que a mi no me dictaste | la vanidad, que perjura | me condena ? » {Fortunas de Andromeda y Perseo) « Su estrella ha impedido | el logro de tanta » ; « No hay estrella donde hay gusto. | Si hay ; que, si la estrella es I arbitro de la fortuna, | y desde ese azul dosel, j repitiendo los in- flujos I con soberano poder | a mi me hizo esclava vuestra... » ; «Mi estrella es la que me aparta de vos » {Gustos y disgustos son no mas que imaginación) « Aquella | deidad en quien los astros se miraron | para hacerla tan fuerte comò bella » {La gran Cenobia) « Con muy favorable estrella, | Bolena en palacio entrais. | Ruego al cielo que salgais | ... con ella » {La cisma de Inglaterra) « La estrella que enemiga me amenaza | y piadosa me reserva » {La devoción de la Cruz) « Logré | en su estudio la sabia | Astrologia, observando { el punto de tan extranas j senales, las antevi | tan opuestas, tan contrarias | al trascurso de su vida, | que no hubo estrellas de cuantas | ya benevolas inducen, | ya retrogradas arrastran | que no influyese en Climene j infortunios y desgracias » {Apolo

324 Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo

y Climene) « Quien alienta tu querella ? Mi estrella Vencela con tu arrebol Es mi estrella todo el sol » (Las tres justicias en una)

«Mas que duda mi estrella, | si de està voz guiada, | norte es vocal, que me dirà el camino ? » {El ano santo de Roma) « Estrelléis que esto influis, I luceros que esto mirais » {La niha de Gomez Arias) ' « Si nació con estrella tan segura | tu dueno » {La exaltacìón de la Cruz) « Digaio yo (l'Appetito), que naci | en estrella tan impi'a » {El nueoo hospicio de pobres) « Psiquis bella, | no acuses mi amor, acusa | al influjo de tu estrella » ; « Si en estrella tan avara | una Deidad me ofende, otra me ampara » {Ni amor se libra de amor) « Si a Carlos dijo, voy I contra el poder de mi estrella » (De una causa dos efectos)

« De un parto nacimos yo | y Epimeteo ; sin duda | para ejemplar de que puede | haber estrella, que influya | en un punto tan distantes afectos » {La estatua de Prometeo) « O estrella | siempre opuesta ! » ; « si ya no es... I el fatai fin de mi estrella » {Las manos blancas no ofenden)

« Ufana de que no pueda | mi estrella hacerme infeliz, | pues, a pesar de mi estrella, | todo un sol me alumbra »; « nunca hubiera el signo nuestro I en confrontadas estrellas | dominante influjo puesta » {Duelos de amor y lealtad). Un fugace accenno al potere delle stelle trovasi nel breve studio di E. LlNDNER, Die poetische Personifikation in den Jugend- schauspielen Calderons, Leipzig, 1904, pp. 48 sgg.

(67) Similmente in Apolo y Climene :

Cuan en vano solicita El corto discurso nuestro Enmendar de las estrellas Los influjos, pues los medios Que pone para impedirlos. Le sirven para atraerlos!

« Ire a acudir Rosarda, | por si hay en su mal remedio, | al mirar cuanto infalible | en los fatales secretos | cumple su amenaza el bado, | cumple su palabra el cielo » {Los tres Afectos de Amor). Anche Clarin {La vida es sueho), colpito a morte, riuscita vana la fuga ten- tata, sentenzia : « no ay seguro camino | a la f uer^a del destino | y a la inclemencia del h^o » .

Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo 325

(68) Cantano in coro le Ninfe nel Monstruo de los jardines : « Veamos si sus hados | vence, cuando sea | monstruo en los jardines | quien lo fué en las selvas » .

(69) « Qué error tan recidibo | de la opinion commun... ha sido, | decir que las estrellas | de amor terceras son » {El Galan fantasma) « Sobre esos influjos tiene | el albedrio poder », dice il re nel dramma Gustos y disgustos son no mas que imaginación; e la regina rettifica e completa: « Para vencer si; mas no | para dejarse vencer ». Dal pensiero di Calderon e di Lope non discordava punto quello di Alarcon. Dice Dona Ana a Celia, nella « comedia » Las paredes oyen : « Qué impor- tarà que el destino | quiera, si no quiero yo? j Del cielo es la inclina- ción ; I el si ó el no, todo es mio ; | que el bado en el albedrio | no tiene jurisdición » . Piace al re nel dramma El dueho de las estrellas senten- ziare: « Los astrólogos juicios | ni los estimo ni temo; | que siempre he juzgado yo | ilusorios sus agiieros | y cuando la ciencia alcance | alguna evìdencia en ellos, | a la razon justamente | doy mas poderoso imperio; j que ni vuestra virtud puede... [ Y cuando vuestras estrellas | OS inclinasen a efetos | tan injustos, vos sois sabio ; | y el que ha me- recido serio | es dueno de las estrellas » . E Licurgo conferma col sacrificio della sua vita la verità della sentenza : « Vencer puede las estrellas | el sabio, mas no los hados » (Versi pur ricordati da R. MONNER SANS, nelle conferenze : Don Juan Ruiz de Alarcón. El dramaturgo. El mo- ralista. Buenos Ayres, 1915, p. 71).

(70) « No fiar de mi estrella mi cuidado, | sino de mi poder y el valer mìo, [ que ellos los polos son de mi albedrio » {El Galan fantasma). Non erano mancati alla Spagna pensatori valenti che combattevano il rìgido concetto del fato antico ed additavano il fulgore delle stelle nella coscienza. Si pensi al Vives e alla sua difesa del libero volere, su cui vedasi A. BONILLA, Luis Vives y la filosofia del Renacimiento, Madrid, 1903, pp. 314 sgg.

(71) Comprendo come, sedotti da alcune recise affermazioni nei drammi calderoniani, parecchi studiosi del poeta lo dichiarino, senz'altro, anti- fatalista, ostinato avversario dell'astrologia. Così, dai versi deiry4s/ró/o^o fingido : « Pues que astròlogo acertó | en cosa alguna ? » , VALENTIN SCHMIDT {Die Schauspiele Calderons, cit., p. 46) dedusse : « Aus

326 Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo

diesen Worten im Zusammenhange mit vielen andern Andeutungen geht hervor, dass Calderon hier scine eigene Meinung aussprechen làsst und so v\^enig w^ie Dante an die Wirklichkeit einer Astrologie glaubl ». Nel suo sensato articolo su Calderon, MiLÀ Y FONTANALS {Obras, V, 456) avvertiva: « En algunos dramas... se notan... ciertos versos fatidicos en sentencias, predicciones y presagios: punto acerca del cual nos declara su mente, cuando la fuerza de los hados, en apariencia vencedora, queda corno burlada por los libres actos del kumano albedn'o » . Analizzando il dramma La oida es sueho, MENÉNDEZ Y PELAYO {Calderon y su teatro, p. 253 sg.) lo ritiene, un po' lestamente, « antifatalista, con algunas manchas todavìa de superstición astrologica » ; e insiste su questa « con- denación del fatalismo sideral y de la influencia astrologica » . Pure 11 DiEULAFOY {La prédestìnation , la prescience et le libre arhitre, ecc., pp. 5 1 3 sgg.) ricorda le varianti offerte all' « Astra inclinant, non neces- sitant » ; ma conclude, sempre a capriccio : « Un accommodement un peu gauche entre la prédestination, la prescience et le libre arbitre, cette concep- tion particulière d'un fatalisme qui s'arréte au bord de la tombe... , un fatalisme dont la rigueur est atténuée ou exaltée sur la terre par la sou- mission ou la révolte devant les décrets éternels, et par la confìance ou l'incrédulité en la bonté infìnie d'un maitre infìniment puissant, mais aussi infìniment juste, sont les caractéristiques de la religion professée par les disciples de Mahomet » ; i drammi calderoniani debbono risolversi nella « apologie de la doctrine musulmane relative à l'accord du fatalisme avec la prescience divine et de la responsabilité avec la prédestination » . Nella sua tesi, immatura e caotica, G. ORTIZ, Die Weltanschauung Calderons, p. 52, ritiene l'affermazione calderoniana della libertà del vo- lere la base sulla quale il poeta « nicht selten die Hauptmotive seiner Stiicke stijtzt » ; e riaccosta il pensiero del Calderon all'etica dello Spi- noza, che unificava l' intelletto alla volontà. « Calderon brauchte also nur die Freiheit an die Stelle der Notwendigkeit , die weise liebende Vorsehung des persònlichen Gottes an die Stelle des unerbitt- lichen blinden Fatums treten zu lassen, und der ganze Inhalt eines Mythus trat aus dem Gebiete des dàmonisch-physischen Lebens in das des gott- lich-ethischen iiber. Hiedurch ist allerdings nicht eine antike Schicksals- tragòdie gegeben, sondern das menschliche Leben ist mit dem gòttlichen,

Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo 327

das physische mit dem geistigen, das phantastisch-traumerìsche mit dem historisch-wirkiichen in dar Weise vereinigt, dass jedesmal die niedere Ordnung sich als Grundlage, Vorbereitung und Bild zur hòheren verhait. Beide durchdringen sich und schiingen sich ineinander, ohne zusammen- zufliessen» (J. ABERT, Drei griechische Mythen in Calderon's Salerà- mentspielen, p. 39).

(72) « Si de un astro la violencia | a una Deidad me ha inclinado j no me ha forzado » {Los dos Amantes del cielo) « Mas comò la simpatia | incline, ya que no (uerce, | por aquel mandado influjo { que de los astros desciende » {Muger, Ilota y venceràs) « Supuesto que corno quede | el Hombre con albedrio | que incline, ya que no fuerce, j siempre que buelva a pecar | a ser mi cautivo buelve ? » (dice il Peccato neir « auto » La segunda Esposa) « Preguntaselo a los cielos, | a los eistros y a los hados, | que no inclinan mi albedrio » {Guardate del agua mansa) « Y aunque es verdad que no se vencen della j con tal poder, ya que no fuerza, inclina, | que pierdan libertad, discurso y brio | el alma, la razon y el albedrio » {Hombre pohre lodo es trazas) « Qué im- perio es, ay triste! | el de las estrellas, | que aunque solo inclinan, | parecen que fuerzan ? » {El conde Lucanor). Il demonio appare talora mi- nistro del potere che inclina : « inclinarlos podré, si no forzarlos » {El Màgico prodigioso, ma qui pure il demonio che vanta a Justina la grande scienza, si arroga un potere che non gli spetta: « si inclina con tanta fuerza | que fuerza al paso que incHna»). Narra il poeta come Pro- meteo e Epimeteo nascessero ad un parto {La Estatua de Prometeo), senza dubbio :

Para ejemplar, de que puede

Haber estrella, que influya

En un punto tan distantes

Afectos, que sea una cuna

En vez de primer abrigo

Campana de primer lucha.

Opuestos crecimos, no

En la voluntad ....

pero

En la inclinación, que muda

328 Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo

Los genios

Hazon de dudar, que una Estrella, en un mismo instante. Un mismo horóscopo, infunda Dos afectos tan contrarios.

L'oscillare del pensiero e quindi dell'espressione nel poeta era inevitabile: * Si la elección se debe al albedrio, | y la fuerza al impulso de una estrella » {La Dama duendè). Dice 1' « Albedrfo » all'Uomo nel- r « auto » El ano santo de Roma : « el imperio mio j no es forcar, in- clinar si » ; e più esplicitamente : « Llamar no es accion mia, j el mover SI tu afecto y tu cuidado | a ir, ó a no ir adonde te han llamado » . Dicesi di una dama nella « comedia » La Banda y la Fior : « Bien merece ser estrella | si su hermosura y su brio | inclina nuestro albedrfo » . Nella Selva confusa (edizione del NORTHUP, nella « Revue hispa- nique», 1909, voi. XXI, p. 211) si afferma: «La ynclinacion no fué | de la sangre procedida, | que es negada ó concedida | de la estrella » .

(73) Per virtù dell' « Albedrfo », sentenzia il vero Dios Pan, tutti i mortali rimangono arbitri delle loro azioni buone o malvagie. « Sobre el libre albedrfo | no bay conjuros, ni bay encantos » {El Màgico prodi- gioso). — « Porque en mi solo nació [ esciavo el libre albedrio » {Los Cabellos de Absalon).

(74) « Regid los desenfrenados | impetos de vuestro afecto » , diceva re Filippo al figlio don Carlos nel dramma dell'ENClSO (II* Jorn.).

(75) Neil* « auto » La Vida es sueho. E dice ancora il « Poder » : « Pues comò el Amor |ha dicho, | puesta su suerte en sus manos, | el logro, ó el desperdicio, | ó por [sf le avrà ganado, | ó por sf le avrà perdido | ... Servidle basta ver si atento | ... usa bien de su Albedrfo | ó mal de su Entendimiento ». « Nadie vale mas | al hombre, que el hombre mismo », gridasi all'afflitto Costantino nell' «auto» La Lepra de Constan- tino. 11 verdadero Dios Pan sentenzia che l'influsso delle stelle lascia pur sempre « al Albedrfo j en todos los Mortales | arbitro de los bienes y los malos » . E l'uomo, nell* « auto » La inmunidad del Sagrado, gravato di colpa, si fa cuore, e si propone di liberarsi con non altre forze che le proprie dalla « Malicia » che ha in : « No me ayudes | tu à llevarla.

Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo 329

que pues fueron | de ella mis ingralitudes | los eslabones, yo solo | debo llevarla » .

(76) Alla rappresentazione del destino nei drammi di Eschilo accostava un vecchio saggio di HEINRICH BLUEMNER, Ueber die Idee des Schick.- sals in der Tragedie des Aischylos, Leipzig, 1814, pp. 157 sgg., quella raffigurata nella Vida es sueho calderoniana. Erano allora ancora freschi i ricordi della rappresentazione del dramma sulle scene di Weimar (vedi p. 1 59). Buone osservazioni nello studio di A. GRAF, La credenza nella fatalità, Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, Torino, 1892, I, 273 sgg. Risponde ad un saggio di TH. ZIEGLER, Freiheit und Notwendigkeit in Schillers Dramen, nel « Marbach Schillerbuch » del 1905, un ampio lavoro omonimo di R. PETSCH, Munchen, 1905. Incidentalmente (p. 230) si tocca della libertà e necessità nel dramma di Calderon. Insignificantissima è la divagjizione di A. GOERLAND, Die Idee des Schicksals in der Geschichte der Tragódie, Tiihìngen, 1913. I cammini dell'Onnipossente sono contorti e ignoti a te come a me, dice Gunnar ad uno degli eroi di Helgeland, nel dramma di Ibsen ; e Sigurd riconosce che la volontà umana può ben compiere questa e quest'altra opera, ma ch'essa cede al destino la guida per le azioni maggiori. A che risponde la fortissima Hjordis : Certo imperano Nome perverse ; ma il loro potere è limitato quando non trovano aiuto nel nostro petto medesimo. La fortuna arride a chi rivela forza bastevole per sfidare le Nome alla lotta. Poggia così la tragedia ibseniana sul conflitto tra l'ardire dell'uomo e il sovrastare della terribile e ignota potenza del destino che può frangere ogni volere e render vano ogni aspirare. Lungi dal sopprimersi, la milizia umana è stimolata. La mèta non si raggiunge; cedono al crudo disin- ganno la speranze più valide ; e si soccombe al fato. Pur si tempra il carattere, si rinvigorisce la fibra nella lotta e nella corsa alle delusioni e agl'inganni. E come è forza appagarsi del solo anelito verso la verità, sempre velata agli uomini, così, reso impossibile il conseguimento dell'intera libertà morale, dovrà bastarci il tendere con ogni forza al libero nostro dominio che in Dio riposa, o nel destino.

(77) Si veda una lettera del Kleist al Ruhle, del 31 agosto 1806, che ricorda anche H. MEYER BENFEY, nell'operone suo estremamente pro- lisso, ma talvolta acuto, Das Drama Heinrich von Kleists, Gottingen,

330 Note al Cap. Destino umano e Provvidlenz& del Cielo

1913, II, 527 («Kleist scheint auch sp'àter seinen Sternenglauben fesl- gehalten zu haben, wenn auch weniger als religiose Ueberzeugung, wie als freies Spiel der Phantasie »). Per la credenza astrologica di Tieck, qualche osservazione nel saggio di J. RANFTL, Tiecks Genovefa als ro- mantische Dichtung, Graz, 1899, pp. 123 sgg. Sull'idea del destino e il libero volere in Zacharias Werner vedi il libro recente di W. LiEPE, Das Relìgionsprohlem im neueren Drama von Lessi'ng bis zur Romantik, Halle, 1914. Nel dramma Hugo von Rhenberg dell' OEHLEN- SCHLAEGER, lettore assiduo del Calderon, disputano Hugo e Zoroe^ter sulla credenza astrologica : « So glaubst du, dciss die Sterne alles leiten ? Jedwedes Wesen wirkt durch siel Denn wie | die Kreaturen auf der Erde wirken j in ihrer Dualitat, so die Gestirne ! Zu diesem Glauben bin ich sehr geneigt ! | Von einer eisernen Notv^endigkeit | vsàrd alles, von dem Schicksal nur regiert. Die Freiheit ist ein Schein ? » .

(78) Non concedeva natura a Schiller una « stille Entwicklung » dal fondo interiore, come la negava, con maggior risolutezza ancora, a Calderon ; v'era non so che di tormentoso nell'anima che spingeva al contrasto vio- lento, alla intemperanza delle passioni, ai rapidi e improvvisi ravvedi- menti e alle deliberazioni fuori della calma e della quiete del cuore; un secreto timore segnalava nelle forze esteriori un fattore di vita possente, troppe volte in opposizione con la libera volontà individuale, benché tenesse il poeta a dichiarar l'uomo portato ai suoi destini dall'indole sua propria, dal carattere, che si crea, a dispetto degli influssi del di fuori, dal suo mondo morale. Di questa irrequietudine, come dell'attrazione verso il mistero, doveva esser partecipe anche Wallenstein, la cui credenza negli astri non è semplice superstizione, che male si aggiunge all'assennatezza dell'eroe e allo slancio erculeo nella pugna, ma è forza connessa inti- mamente alla fede religiosa, un fatalismo sollevato a norma di azione morale e a simbolo di vita. Senza il meraviglioso che ci involge e l'im- pero dei cieli che taciti trasmettono di sfera in sfera i loro editti, il mondo apparrebbe povero e isterilito. E Goethe medesimo, che faceva del- l'io, svolgentesi libero e fluente, di attività in attività, di esperienza in espe- rienza, il cardine della vita intera, non era alieno dalle credenze astrolo- giche, non discordanti infine coi suoi studi profondi e laboriosi dei misteri e . fenomeni della natura. Volontieri scambia lettere coll'amico in materia astro*

Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo 331

logica-, e spiega la comune superstizione col presentimento oscuro che è nel- l'anima di un enorme complesso di forze arcane attive nella natura. Siccome l'esperienza insegna che gli astri più vicini esercitano un influsso sul clima, sulla vegetJizione, ecc., salendo più in su nella scala della vita si ritrove- ranno per necessità ahri analoghi influssi. « So darf der Mensch im Vor- gefiihl seiner selbst nur immer etwas weiter schreiten und diese Einwirkung aufs Sittliche, auf Gluck und Ungliick. ausdehnen » . Quanto ha valore nel mondo fisico, perchè non l'avrebbe nel mondo morale? Chiamatela follia, chiamatela superstizione cotesta credenza, in fondo essa si ricollega con la nostra natura, e può a buon diritto confondersi con la fede stessa. Anche il poeta del Faust riconosceva una necessità fuori di noi, come una neces- sità in noi, determinata dalla libera scelta e dal dovere morale, un destino che si sovrappone a quello individuale, e che sovente è arbitro della vita, ed esercita imperioso il suo dominio, mentre l'uomo s'illude di guidarlo, affidandosi unicamente allo stimolo del suo interiore. Fra il caso e la ne- cessità che formano la trama di questo mondo, dice io sconosciuto nei « Lehrjahre » , deve porsi la ragione dell'uomo, deliberata a dominarli en- trcunbi, trattando il necessario come base del suo essere, e sapendo aJ- l'uopo piegare, guidare ed usare il caso.

Schiller immagina di nobilitare la credenza astrale, vincolandola ai pro- blemi maggiori che dovevan svolgersi nel dramma, ponendola nel cuore dell'azione, raffigurata « sub specie aeternitatis ». Negheremo la profonda armonia che è nel creato, retta con leggi eterne, determinate da forze scerete, che l'uomo sente completamente in e non saprà mai investigare ? Rispettiamo l'ordine dei cieli, e seguiamo, col rispetto medesimo, l'imperativo della coscienza « Der bestirnte Himmel iiber mir und das moralische Gesetz in mir ». Già insegnava Kant al poeta come si dovesse mitigare la credenza nel fato, appoggiandosi alla legge del dovere, all'obbligo mo- rale della coscienza. Ma è pure attivo entro di noi il senso del mistero e del meravighoso; fuori della prosa tangibile di questo universo, devi pure idealizzare, sollevare, per dar immagine dell'eterno alla vita fuggevole. Rinunciare ad una forza superiore che agisce è impossibile. Il cuore l'esige, il cuore tende ad essa, come per sancire le sue decisioni; dal mondo dei misteri aspetta risposta. Max Piccolomini sente in quest'arcana attrazione, e si pente d'aver schernito la fede del suo signore.

332 Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo

O! nimraer will ich seinen Glauben schelten

An der Geslirne, an der Geister Macht.

Nicht bloss der Stolz des Menschen fiillt den Raum

Mit Geistern, mit geheimnissvollen Kràflen,

Auch fijr ein liebend Herz ist die gemeine

Natur zu eng, und tiefere Bedeutung

Liegt in dem Màrchen meiner Kinderjahre

Als in der Wahrheit, die das Leben lehrt.

Die heitre Welt der Wunder ist's allein,

Die dem entziickten Herzen Antw^ort gibt.

Die ihre ew'gen Raume mir eroffnet,

Mir tausend Zweige reich entgegen streckt,

Worauf der trunkne Geist sich selig wiegt.

(79) King Lear, IV, 2. E Kent sentenzia (IV, 3): « The slars above US govern our condition | else one self mate and mate could not beget ( such different issues » . Vorrebbe far scomparire ogni traccia di fatalità nel dramma shakespeariano B. SlBURG, nel saggio Schick&al und Willens- freiheit bei Shakespeare, dargelegt am « Macbeih » Studien zur en- glischen Philologie », voi. XXVII), Halle, 1906. « Shakespeare ist der erste Dichter, der das Schicksal als etwas Immanentes erkennt », cosi sembrava a F. T. VlSCHER {Shakespeare Vortrdge, voi. I, nella 3* ediz. I, Stuttgart, Berlin, 1912, p. 71), che pur tocca, assai superficialmente, del destino nell'opera di Calderon, attivo « mehr von aussen als von innen ». « Calderons Phantasie steht in Fiihlung zu dem furchlbaren Kismet der Muhamedaner, dem blinden Glauben an das Fatum; und damit verbindet sich nun bei ihm die christliche Zuversicht ».

(80) « Dieser Gluckselige hat sich aus der labyrinthischen Wildniss der Zweifel in die Burgfreiheit des Glaubens gerettet », diceva di Calderon A. W. Schlegel, nelle Vorlesungen iiher drarrìatische Kunst und Li- teratur ( Werke, ed. Bocking, VI, 397). « Este hombre venturoso se habia librado del laberinto y del desierto de la duda en el asilo de la fé, desde donde contempla y pinta, con una serenidad que nada puede turbar, el curso de las tempestades del mundo » , così A. GiL DE ZaRATE, nel Manual de Literatura (1* ed.), Paris, 1844, sempre prezioso.

Note al Caf>. Destino umano e Provvidenza del Cielo 333

(81) Spronato alle lodi e alle esaltazioni, A. F. v. SCHACK {Gesch. d. dram. Liter., Ili, 207) trova in più drammi, particolarmente nel Pintor de su deshonra, « alien Zauber der romantischen Poesie mit ergreifender Tiefe der Seelenschilderungen und eine erschiitternde tragische Wirkung » . Doveva l'illustre uomo, che pur fu provvido di aiuto all'opera mia giova- nile : Grillparzer und Lope de Vega, temperare gli ardori, meditando le critiche calderoniane del TiECK (divagando p. es. sul Deutsches Drama, Kritische Schriften, Leipzig, 1852, IV, 184, il Tieck esce a dire: « In einer Staatsrevolution, dem Untergange eines Konigs oder Reiches suche man ja nicht jene tiefsinnigen und uberzeugenden Motive des Shakspeare, die uns eben so viel Psychologie w^ie Politik entw^ickeln..., sondern die Thatsache wird auf Treu und Glauben angenommen, die Erklarung w^ird schon vorausgesetzt, und die Handlung an Legende und Anekdote, Leidenschaft oder Liebe gekniipft, um sie, nach dem Begriffe des Spaniers, dramatisch und inte- ressant zu machen... Die Leidenschaft hat ebenfalls eine gewisse Norm, und was von der Glut, Heftigkeit, und dem Ueberschwenglichen siìdlicher GefUhle bei Calderon und Anderen gesagt und bemerkt wird, muss mit màssigender Vorsicht geglaubt oder v^iederholt werden, denn Shakespeare und Goethe sind ohne Zweifel inniger und herzlicher »).

(82) Sembrava allo JUSTI, Diego Velazquez und sein Jahrhundert, Bonn, 1 888, 1,7: « in der Lebensweisheit des Dichters des Lebenstraumes und der Andacht zum Kreuz ist mehr Menschenkenntniss und gesunder Menschenverstand, als in manchen, die sich zur Religion der reinen Hu- manitat bekennen ».

(83) Benché ossequioso agli inutilissimi precetti sulla scienza tecnica del dramma banditi dal Freytag, e certo stimolato dalle indagini di W. Bormann sulla « tecnica » dello Shakespeare e dello Schiller, discorre con senno del- l'esiguità e uniformità dei conflitti drammatici nel Calderon, A. LUDWIG, Vergleichende Studien zu Calderons Techm'k besonders in seinen geistli- chen Dramen, II, in « Studien z. vergi. Literaturgeschichte » (1906), VI, pp. 41 sgg.

(84) Negli « autos » queste nerbate sono di particolare veemenza. Si ricordi El valle de la Zarzuela:

Oh tu

Triste, funesto, pavoroso abrigo,

334 Note al Cap. Destino umano e Provvidenza del Cielo

Y adormecido embargo Del mortai, que con timido letargo Yace en su no sensible paraisismo; Oh tu, infausta accesoria del abismo, Prision del susto, càrcel del espanto, Adonde huésped de aposento el Uanto Vive de quejas y alaridos lleno !

Oh tu, si te he de dar tu propio nombre Inordenada voluntad del hombre, "^ Complacido receso

De la primera ley amable exceso,

Que adultero engendró aquel delincuente

Parto de la mujer y la serpiente:

Coloreado delito De la afectada tez del apetito ;

Domestico homicida; Familiar enemigo de la vida ; Oh tu, oh mil veces tu, que no hay entranas,

Que no hay comunes senas Que te vengan mejor, rompe esas penas, Y abortado embrion de sus entranas,

Vean estas campanas, Pues me aclaman su rey, cuanto ligera A la voz del Leon, viene la Fiera

Como vasalla sua

(85) « Puedo alcanzar perdon | cuando arrepentido Uoro », dice Lodo- vico Enio {El Purgatorio de Sari Patricia); ma chi piange veramente non ragiona così a freddo.

(86) Concetti e movenze del verso che il poeta varia a piacere : « Todo, cielos, ha de ser | prodigios en estos valles | de Copacavana » {La Aurora eri Copacavana) « Todo es prodigios mi casa. | Todo es asombros instables » « Todo es Babilonia el pecho, | todo es Troya el corazon »

Note al Cap. Amore e Natura 335

{Los dos Amanfes del Cielo) « Todo Parabolas, lodo | Enigmas, todo Mysterios » {El verdadero Dios Pan).

(87) Di tali violenze sovvenivasi forse ROBERT BROWNING, ricor- dando alla sposa, in una epistola del maggio del 1845, « that wild Drama of Calderon's which frightened Shelley just before bis death » {The Letters of Robert Browning and Elizabeth Barrett Browning, 3* ediz., London, 1899, I, 66). Amaramente assai deplorasi la « Welt- anschauung » calderoniana in un articolo del periodico Die Grenzboten (1854, I, 41 sgg.), anonimo, ma ritengo di fattura di JULIAN SCHMIDT, e si condannano gli sforzi « eine Weltanschauung poetisch zu idealisiren, die durcbaus unmenscblich, barbarisch, verabscheuungswUrdig war ».

(88) Ripetesi anche in Ispagna il semplice e dolce inno all'amore che intonava Y Aminta tassesco, e che variava la leggiadra Raquel di TIRSO {La mujer que manda en casa): « Busco alivio a mis desvelos, j ...Las fuentes, los arrojuelos, | las plantas, las verdes flores, | los alegres ruisenores, I naranjos, vides y yedras, | si en amar fundan sus medras, | con celos tienen temor: | todo es celos, todo amor, | pajaros, flores y piedras! » {Comedias de Tirso de Molina, nella « Nueva Biblioteca de Autores Espaiioles», Madrid, 1906, I, 472 sg.).

(89) Avrebbe dovuto far posto anche al Calderon A. GRAF, nel saggio, L 'amore dopo la morte { « Nuova Antologia », 16 novembre 1 904).

(90) Sembra che il poeta intendesse talora di abbassare l'amore a cosa non spirituale, estranea ai domini dell'anima « El alma, comò es esencia, I siempre a saber aspiro ; | amor, comò es pasion, no » ; così sentenzia Carlos nel dramma De una causa dos efectos, dove pur s'afferma: « la pasion de amor toda es pasiones ».

(91) Osservava finemente il GRILLPARZER {Sdmmtliche ìVerke\ XIII, 227): « Es ist merkwurdig, mit wie viel Galanterie Calderon seine Damen von ihren Rittern behandeln lasst, so lange sie ihnen noch als Geliebte gegeniiber stehen, und wie er sie wegwirft, wenn's zum Heirathen

336 hi ole al Cap. Amore e Natura

geht ; am Ende milssen sie immer nur froh sein, wenn sie iiberhaupt einen Mann bekommen, wenn's auch ein vorher verschmahter, oder wohl gar sie verschmàhender ware » .

(92) Canta l'inno alla donna la « Musica », in No hay mas fortuna que Dios: « Alabese la hermosura j de que si en algun concepto | el hombre es pequeno mundo, | la mujer pequeno cielo, | temendo en nevadaj esphera de fuego | flechados los Rayos | del mas dulze incendio ». E si vedano i drammi : La Vida es sueno En està Vida lodo es Verdad y todo mentirà Hombre pohre todo es trazas Peor està que esiaba auto » El gran teatro del Mundo. Un cenno, incompleto, a quest'espressione favorita del poeta in F. W. V. SCHMIDT, Die Schauspiele Calderons, p. 353.

(93) Voleva l'amico mio dottissimo MENÉNDEZ Y PELAVO tempe- rare il biasimo inflitto a Calderon nelle lezioni giovanili, e scriveva nel Pròlogo ad un libro di BLANCA DE LOS RÌOS DE LAMPÉREZ, Del siglo de oro {Estudios lilerarios), Madrid, 1910, p. XXX : « Dfgase lo que se quiera de la inferioridad de los tipos femeninos; no todas las damas de Calderon son tal altivas, huranas y foscas comò suele decirse. En Guardate del agua mansa, en Cual es mayor perfección ?, en La dama duende, en otras creaciones graciosisimas hay finos màtices que diferencian a la mojigata, a la presumida de cultu, a la hermosa tonta, y a la viuda emprendedera y arriscada » . Con molta fantasia e conoscenza manche- volissima dei drammi di Lope e di Tirso, LEOPOLD SCHMIDT {Ueber die vier bedeutendsten Dramatiker der Spanier : Lope de Vega, Tirso de Molina, Alarcon, Calderon, Bonn, 1858, p. 18) riteneva Calderon « ohne Vergleich viel glucklicher als alle scine Vorganger in der Bildung sehr mannigfaltiger und oft sehr edler weiblicher Naturen..., wahrend er in der scharfen Zeichnung mànnlicher Charaktere und Leidenschaften im ganzen weit hinter Alarcon zuriicksteht ». Lo HARTZENBUSCH, al con- trario, nel breve prologo alla sua edizione calderoniana, asseriva (p. XIV): « sus mujeres no sienten, ó no expresan sus sentimientos corno mujeres, sino corno hombres ; es mas frecuente en ellas la ira que el llanto ».

(94) Ricordo un breve articolo di E. DORER, Die Emanzipaiion der Frauen und der Dichter Calderon, - Nachgelassene Schriften, ed. da F. A. V. SCHACK, voi. Il (Dresden, 1895), pp. 157 sgg.

Note al Cap. Amore e Natura 337

(95) « Es galt, den Hofdamen ein Compliment zu machen » GRILL- PARZER. IVerke \ XIII. 229.

(96) « O inconstancia siempre instable | que aun dormidas las mugeres | no saben decir verdad, | pues basta en el sueno mienten » {La Selva confusa, « Revue bispanique » , XXI, 29 1 ) « Verdad y muger | implicai! contradiccion » {El Laberinto del Mundo) « En efeto | es la fortuna muger » {Judas Macabeo) « Aunque parecen dos cosas| Fortuna y viento, son una » {El gran Principe de Fez). « Quien va a decir muger | empieza a dezir mudanza » {Tamhien hay duelo en las damas, e No hay cosa corno callar) « No bace falta la Culpa | donde queda una muger » {El gran mercado del mundo).

(97) E caratteristico cbe il « Plazer », giocondo ed esultante per le meraviglie della natura, nell' « auto » La hidalga del Valle, assuma l'aspetto del folle. Ai venti si spande il suo giubilo :

... todo el Orbe es Contento, Es Mùsica todo el Viento, Els todo el valle Alegria, Toda la tierra Harmonia, Todas las nubes Colores, Belleza todas las Flores, Risa todos los Cristales, Paz todos los Animales, Todos los Cielos Favores.

(98) Nella solitudine della sua « melancólica espelunca », Prometeo pur si dedica allo studio della natura : « Aqui no solo del sol, | no solo aqui de la luna | las lecciones repasaba | ..., pero de plantas y flores | en la silvestre cultura | naturales cualidades ; | y aun de las aves, que sulcan | el aire, cantos y vuelos, | pues las que a la luz saludan, | y las que a la sombra aplauden, | a mi invocacion anuncian | vaticinios ».

(98*) Queste invocazioni, che ritroviamo in cento drammi ed « autos » ,

minacciavano diventar mania ; e Calderon stesso se ne burla nel Postrer

duelo de Espaha : « Cuando, astros, planetas, signos, | cielo, sol, luna y

estrellas, | con todos los requisitos | de soliloquio furioso, | saldré deste la-

A. Farinelli, La vita è un sogno. IL 22

338 Note al Cap. Amore e Natura

berìnto? ». Non si stancheranno tuttavia i poeti di ripeterli. Ricordo l'addio a Neera di ANDRÉ CHÉNIER:

O cieux, 6 terre, ó mer, prés, montagnes, bocages, Fleurs, bois mélodieux, vallons, grottes sauvages, Rappelez-Iui souvent, rappelez-lui toujours...

(99) Costantino {La Lepra de Constantino) trova nella natura l'im- magine della sua mestizia infinita:

No veo camino, Que enmaranado no esté * De armadas zarzas, y espinos. Voz no escucho en e! viento, Que que no sea bramido De incuha fiera, no sea De funesta ave Caistro. Aun las hojas, los cristales, en las copas, en los riscos, Alternando consonancias De clausulas y gemidos, Hazen que todo sea pasmo, Todo horror, todo prodigio, Todo susto, todo pena, Todo asombro, nada alivio.

(100) Ricordiamo il paesaggio, gli sfondi, i « carri » fantastici, le rupi, le selve, i giardini, le fonti che il poeta idea per i suoi « autos », le Memorias de las Apariencias ch'egli detta per ogni sacra rappresenta- zione, suggerendo tutti i minuti particolari per le pitture e gli scenari (Alle « Memorie » riprodotte dal PEDROSO nella sua scelta Autos

sacramentales ^ , Madrid, 1884, pp. 364 sgg., si aggiungono quelle

scrupolosamente trascritte da M. LATORRE Y BAUDILLO, Representación de los Autos Sacramentales en el periodo de su mayor florectmiento / 620- ì 681 nella « Revista de Archivos, Bibliotecas y Museos » , 1911 e 1912, voi. XV, II, 189 sgg., e voi. XVI, I, 72 sgg.). Or si

Note al Cap. Amore e Natura 339

esige « una montana hermosa, pintada de arboles, fuentes y flores... y en lo eminente de la cumbre un sol entre nubarrones y rayos », ora una rupe, « un peiiasco àspero, y el color de las nubes con sombras oscuras » , op- pure « malezas y espesuras » , fitte boscaglie, grotte, globi, archi, colonne, fontane, giardini, « un jardin con su cenador..., tiestos y flores y demas adornos», una selva «pintada de payses y boscajes », una montagna « bruta pintada de riscos y asperezas » , oppure « de color de cielo quajada toda de rosas y estrellas ». La decorazione pittorica gli sta a cuore; e insiste nel volerla bella e ben riuscita: « lo mas hermoso que se pueda » « lo mas bien adornado que se pueda » « lo mas vistoso que se pueda > ; le roccie avvolte da oscuri nembi, « no por eso dejen de tener hermosura ».

(101) Singolari le recise affermazioni del PlCATOSTE, nella memoria

citata sul Concepto de la naturaleza , p. 36: « La naturaleza y sus

fenomenos hieren mas la imaginacion que el sentimiento de nuestro poeta ; describe mas que siente, pinta mas que canta » ; p. 99 : « CeJderon no con- cibió solo comò poeta la naturaleza. Muy al contrario, rara vez la siente » (non smentiscono un giudizio di Goethe su Calderon : « Eigentliche Na- turanschauung verleiht er keineswegs »). Possibile che in tanto af- fluire di dissertazioni germaniche calderoniane nessuna ve n'abbia ancora sul NatuTgefiihl bei Calderon, o sul tema Die Landschaft in den Dra- men Calderons ? Si sbizzarriva il poeta, immaginando uno sfondo fan- tastico ati suoi drammi, le scene di paesaggio più svariate della sua Spagna, le città del Mezzodì e del Settentrione, Granada, Sevilla, Toledo, Madrid, Zaragoza, Barcelona, i monti delle Alpujarras, i boschi di Salvatierra, le rive dell'Ebro e del Tago, la borgata di Zalamea nell'Estremadura, le città italiane : Parma, Mantova, Verona, Milano, Ferrara, Firenze, Siena, Roma, Gaeta, Napoli, Marsiglia in Francia, Bredà nelle Fiandre, i giar- dini di Sicilia, le boscaglie e i fiumi immaginari della Turingia, Vienna, le coste dell'Irlanda, le spiagge di Sciro, i deserti del Sinai e dell'Ar- menia, della Libia, aspri monti e aspre selve nell'Etiopia, nella Persia, nel Caucaso, e mari, e montagne, e paurosi dirupi altrove, in remotissime contrade.

(102) «The Cabellos de ^ésoZom is full of the deepest and tenderest touches of nature », cosi lo SHELLEY, in una lettera alla Gisbome, del novembre 1819, che pur ricorda il DOWDEN, P. B. Shelley' s Life,

340 Note al Cap. Amore e Natura

London, 1886, II, 276 sgg. Pochi mesi prima il poeta aveva cominciato la lettura di alcuni « ideal dramas of Calderon » , « w^ith inexpressible wonder and delight ». « Calderon, qui est doux et délicat comme un lis. Mais, ce n'est pas un de ces lis que nous voyons souvent dans notre climat tiède, sous nos cieux incolores. C'est un lis indien qui croit sur des Mon- tagnes Bleues. Cette piante dépasse la taille d'un homme et sur sa tige s'épanouissent douze calices profonds et gigantesques ». Così un russo, assai intelligente, CONSTANT BALMONT, di cui solo conosco alcuni pochi giudizi nelle note del mio defunto amico LEO ROUANET alle sue belle versioni, Drames religieux de Calderon, Paris, 1898, p, 130.

(103) Dell'esaltazione dei romantici della Germania per la natura lus- sureggiante, raffigurata da Calderon, toccai io fugacemente nel volume Grill- parzer und Lope de Vega, Berlin, 1894, pp. 9 sgg., e negli Apuntes sobre Calderon y la mùsica en Alemanìa ( « Cultura Espanola » , Madrid, 1906, pp. 18 sgg. dell'estratto). Innumerevoli i deliri nelle rime che inneggiano al poeta prediletto (anche il PLATEN vi soggiaceva, e conge- dava, nel 1819, la « comedia » Con quien vengo, vengo col suo epi- gramma: « Eines Gartens Labyrinthen | gleicht dies Spiel, die hold uns necken; | Rosen tragen alle Hecken, | alle Beete Hyazinthen » IVerkc, ediz. Koch, Petzet, VI, 309). Ricordo ancora i ditirambi nello studio di Johann SCHULZE, suggerito dalle rappresentazioni caldero- niane di Weimar, e dedicato a Caroline von Hopfgarten, Ueber den standhaften Prinzen des Don Pedro Calderon, Weimar, 1811, p. 44 : « wir mochten, um ein Sinnbild fiir seine Dichtung zu w^àhlen, sie als cine lebendig bluhende Landschaft voli Lorbeer - und Palmenbàumen bezeichnen, die sich im Morgenglanze vor den Blicken des Pilgers friedlich entfaltet, dann plotzlich am Mittage in ein Schlachtfeld verwandelt, vom Waffengeklirr zw^eier feindlichen Heere vk^iderhallt, und mit sinkendem Tage nach geendetem Kampfgewiìhle dem gerechten, siegreich gefallenen Helden mit alien ihren Bluten und Blattern zur freundlich umkranzten Todesvi^iege dient, und immer stiller und heiterer wird, wrie sein monder- helltes Grab » . Era OTTO VON DER M ALSBURG tra gli ammiratori più entusiasti dei giardini poetici calderoniani : « Vergleichen vf\x den Urafang seiner Dichtung mit einem in voller Bliithe stehenden Siidgarten, bald von Sonnengluth iiberfunkelt, bald von w^eichem Mondengelb in lauer

Note al Cap. Amore e Natura 341

Sommerluft durchflossen; silberne Springbrunnen rauschen, zu denen mit Goldsand bestreute, zierliche Pfade fuhren, Marmorgebilde stehn iiberall von den milden Schatten mannigfach griiner edelgebildeter Zweige um- schmiegt, die schònsten Blumen spiegeln sich in anmuthigen Seen, Orangen hauchen iiberall ihre Diifte aus, Granateli brennen aus dunkler UmdacKung, die buntesten Vògel fliegen in der Luft und wiegen sich in den Aesten,

Liebesgesange schmetternd Nun, als dienender Gàrtner, wiinschte ich

meine Fremden in alien Theilen dieses Eldorado umherzufiihren ecc. » {Schauspiele Con D. Pedro Calderon de la Barca..., voi. I, Leipzig, 1819, pp. XLVII sgg.). Altra magnificazione, nell'opera sempre pre- gevole del conte V. SCHACK {Geschichie der dramatischen Literatur..., Ili, 67) : « Alle Erscheinungen der Welt, das Kleinste wie das Grosste, das Lebende wie das Unbelebte, das Ferne wie das Nahe, werden von der heiligen Begeisterung des Dichters, welche in der Natur das Abbild und den Schatten eines hoheren Geistes feiert, zu einem Blumenschmuck versam- melt, in dessen Tauperlen sich die ewige Schonheit des Jenseits spiegelt. Mit schwarmerischem Naturgefiihle wandelt Calderon umher in dem bunten Zaubergarten der Schopfung, wo ihm jede Bliite, die ihren Kelch sehn- siichtig dem Lichte aufschliesst, der Gesang jedes Vogels, das Rauschen jedes Blattes das ewige Mysterium der Liebe verkiindigt. Und so versetzt uns seine Dichtersprache mit dem Schmelz und der Weichheit und zugleich der von innerer Glut leuchtenden Kraft ihrer Bilder in eine siidliche Landschaft, unter Palmen und Cypressenhaine, Uberwòlbt von dem tiefen Blau eines ewig reinen Himmels ; Lauben von Rosen und jasmin prangen im ersten heiligen Schmucke des Friihlings ; aus dem dunkien Griin glanzen goldene Friichte hervor ; im Hintergrunde aber wogt das unendliche Meer und wiegt mit dem Steigen und Fallen seiner Wellen den Geist in sehnsiichtige Traume ein ». E, altrove, si ricordano le esaltazioni di FRIE- DRICH ZlMMERMANN {Zur Geschichie der Poesie, Darmstadt, 1847), gli elogi al poeta che sapeva, « bald mit der siissen Schwarmerei eines behaglich traumenden, bald mit dem erhabenen Ernste eines tiefsinnigen Mannes oder Greises diese gliihende Pracht des Tag- und Nachthim- mels, wo die Sterne unverwelkliche Blumen sind, diese von Farbe bren- nenden, von Duft berauschenden Bliithen, die verganglichen Sterne der Erde, die in Purpur getauchten Buchten, diese (urchtbar schonen Stiirme

342 Note al Cap. Amore e Natura

zu belacheln, oder als Offenbarungen des Hòchsten zu belauschen » . Giudizi e impressioni analoghe nel libro di R. BAUMSTARCK, Mein Ausftug nach Spanienim Fruhling 1867, Regensburg, 1868, pp. 479 sgg. (letteralmente ripetute nel debol saggio Die spanìsche National- Literatur im Zeitalter der habsburgischen Konige « 111^ Vereinsschrift der Gorres Gesellschaf t » , Kòln, 1877, p. 56): « Wie heilige Orgeltone rauscht die Sprache dieses Dichters uns entgegen » ; e si esaltano « seine tiefe Betrach- tung und zaubervolle Schilderung der Natur. Die Pracht des spanischen Sternhimmels , der gl'ànzende Reichtum der siìdlichen Pflanzenwelt, der stolze Wuchs der Palme und der dunkle Schatten der Cypresse, das

Raiischen des heiligen Meers, der Jubelgesang der Nachtigallen Alles

jBndet seine begeisterte, von dem Gott in der Natur durchdrungene Schil- derung. Ueber Sterne und Blumen kann die sinnigste Frauenseele nichts Schòneres empfìnden, als was Calderon dariiber gesagt hat » . Lo stesso SCHUCHARDT, amico e maestro mio, così equilibrato e sagace, si concedeva un tempo alle sue fantastiche divagazioni calderoniane {Liebesmetaphem, nel voi. Romanisches und Keltisches, Berlin, 1 886, pp. 254 sg.) : « Ueber jder Lekture Calderons wàchst vor unseren Augen ein tropischer Urwald empor: Riesenfacher schiessen aus dem Boden auf, schlanke Stengel, knor- rige Stamme, stachlige Kakteen drangen sich zwischen ihnen durch, Blume um Blume òffnet ihren Kelch, in alien Farben und Formen, mit betau- benden Geriichen die Luft durchwUrzend, saftige Trauben quellen von dem griinen Baldachin herab an dessen Saulen, sie zu erdriicken, ungestiime Schlingpflanzen hinanklettern ». Per contrasto ricorderò un giudizio, opposto ad ogni esaltazione romantica, della STAEGEMANN, schietta- mente espresso (nel settembre del 1815), dopo una lettura dello « spa- nisches Theater von Calderon, ubersetzt von Gries und Schlegel »: « Ich batte dieselbe Empfìndung da ich diese Komòdien von Calderon las, als da ich aus unsern frischduftenden Tannenwàldern in die ewigen Wein- berge kam, die weder Schatten, noch muntem Vogelgesang, noch wiirzigen Duft gewàhren » (H. ABEKEN, Hedwig v. Olfers geh. v. Staegemann, 1799-1891. Ein Lebenslauf, voi. IJugend, 1799'I8Ì5, Berlin, 1908. p. 383).

( 1 04) Altrove, il poeta fantastica di « verdes laberìntos » (De una causa dos efectos), e esalta un giardino come « verde cielo » {^Los tres

Note al Cap. Amore e Natura 343

mayores prodigios), descrive la notte che veste « de sombras pardas » « sus verdes troncos » {La estatua de Prometeo), l'agitarsi delle onde del mare, « la inconstancia de las olas, | de las ojas la violencia, | que en verdes golfos y a^ules | unas con otras se encuentran » {Los yerros de Naturaleza, ediz. del NORTHUP, nella « Romanie Review », I, 415), l'alloro « que conserva eternos | todo el ano sus verdores » , il popolarsi delle piante che Dio pose nella sua « verde esphera » {La humildad coTonada de lai plantas), i « verdes pabellones | de las palmas y los cedros » , il « verde y florido hospedaje » concesso alla regina Saba {La Sibila del Oriente). Celebra la << Gentilidad » i campi Elisi, come « verde Alcazar de mis Dioses » {El sacro Parnaso). « EI verdor » delle montagne inspira « no qué impulso » {El tesoro escondido). « Pasarà la primavera | y en joven edad ardiente | el estio su esme- ralda j veràs que en oro guarnece » {El Laurei de Apolo). « Gi- gantes de esmeralda » son detti i monti, nell' « auto » El Veneno y la triaca. Solleva il suo canto alla festa di colori e di fiori la « Musica», neir « auto » Las Ordenes militares : « Verde campo de flores y rosas, | azul paraiso de soles y estrellas »... « Verde cielo de rosas y flores, » ecc. La predilezione per il verde era generale d'altronde ; e Calderon voleva che negli occhi smerzddini delle donne si specchiasse il cielo. Nel 1637 veniva in luce a Madrid un libercolo del capitano VlLLAREAL, Color verde, ch'io mai non vidi.

(105) Sensibile particolarmente per i suoni, celebra il canto degli uc- celli che si congiunge al mormorar del rio e al fletter lieve delle (ronde : « La harmonia de las aves, | no en balde fuentes y arroyos, | entonando sus cristales, | van glosando el contrapunto | de las copas de los sauces, ( siendo, al movimiento leve | de los templados embates, | la humiliación de las flores | reverencia que te hacen » {Los dos amantes del cielo).

(106) El lirio y la azucena « Es mùsica todo el viento » {La hidalgo del Valle) « Mùsica de Dios » son dette |le « dulces làgrimas tiernas», nell' « auto » El diahlo mudo,

(107) «Que conceplos suaves j son oy metrica envidia de las aves?» I « Que dulzes ruysenores [ oy son blandos clarines de las flores ? » esclamano l'alloro e l'olivo. Piange sangue il cedro abbattuto {La Sibila del Oriente), e Saba avverte : « No le ves, que con el alma | vegetativa que tiene j al amago

344 Note al Cap. Amore e Natura

ha parecido, | que se encoge y se estremece ? » . Ci sorprendono talora nei drammi le immagini delicate. Felix, YAmìgo, Amante y Leal, stretto d'affanni, desidera esulare « donde | del sol las madejas rubias, | las perlas que el alba llora | sobre las flores no enjugan » . Ride l'aurora « su dulce risa ^, piange l'alba « sus lagrimas tiernas », nell' « auto » Las Ordenes mili- tares. Or la natura, rianimata, esulta, or langue : « Selvas y bosques del mundo, | en cuyos olmos y fresnos | aun viven tristes memorias ( de un antiguo tronco vuestro, | por lo que os tiene agraviados | os ruega le esteis atentos ; | y vereis cuan dulcemente | busca en el dano el reme- dio, I cuando de un arbol en otro j reparado diga el viento ».

(108) Oppure immagina i monti cosi eccelsi da toccare il cielo e ser- vire d'appoggio alla luna. Tale è il gigante che serve di difesa a Luis Perez el Gallego : « Este monte eminente, | cuyo arrugado ceno, cuya frente | es dorica coluna, | en quien descansa el orbe de la luna | con magestad inmensa » . Chiama Prometeo, uscito dal suo eremo {La estatua de Prometeo), i « Moradores de las altas | cumbres del Caucaso, en cuya | cerviz inculta descansa | todo el orbe de la luna ». Un « monte eminente | que arruga al sol el ceno de su frente » appar visi- bile nella Vida es sueno. Malgrado le iperboli, che nel Calderon sono natura, è pur sentita e efficace l'apostrofe agli alti monti che il poeta pone in bocca a « Luzero » , nell' « auto » El veneno y la triaca :

Altos montes, que al cielo,

Gigantes de esmeralda,

Alzais con ceno la arrugada frente.

Ajando el claro velo,

Que en la nevada espalda

Asegura su fabrica eminente.

Donde la transparente

Selva, que en lùzes bellas,

Al sol causa desmayos,

Equivocando rayos,

De rosas, y de estrellas

Tanta noticia pierde,

Que trueca en nube azul el monte verde.

Note al Cap. Amore e Natura 345

Asi privilegiados, Siempre alegres y hermosos Dureis, siendo del sol bellos Phaetontes, Tanto, que aunque anegados En abismos undosos,

Con montes de agua, y pielagos de montes, Atentos Horizontes Ve2ànos os respeten Las injurias del Hado, Y al cielo coronado De espumas se sujeten, Levantando los yelos, Murallas de cristal, hasta los cielos.

(109) « Cada fior es una estrella, | y cada estrella una fior » (^Quien hallara muger fuerte?) « Esas centellas | ... flores nocturnas son» {El Principe constante) « Aquel Cenador cuya eminencia | es verde cielo, a quien sirven plantas y flores de estrellas » {Gustos y disgustos son no mas que imaginación) « Ha de las altas penas, | que, confundiendo equivocas las senas | de luces y verdores, | una vez sois estrellas y otras flores I » {La exaltación de la Cruz) « Oh tu, de tantas estrellas | pri- mavera fugitiva » {El alcalde de Zalamea) « Hermosa noche, cuyas luzes bellas | en varios resplandores, | auites que el monte cielo sea de flores, I te guarnezen a ti jardin de estrellas » {El verdadero Dios Pan)

« Estrellas | siendo en sus permutados esplendores | del campo

estrellais, y del cielo flores » {El dia mayor de los dias). Ode pie- toso la voce della « naturaleza umana » il cielo, « en cuyo azul pensil, | es cada rosa estrella carmesi » {El diablo mudo). Calderon sorride lui medesimo delle sue poetiche bizzarrie, e fa che esclami la « Zarzuela » nel Laurei de Apolo : « Y aun de otras flores, dijera, | y estrellas, si no enojara | ya esto de flores y estrellas » . Torna tuttavia ai vaghi in- trecci, suggerendo le Memorias de las apariencias. Così, per 1' « auto » Quien hallara muger fuerte ? : « El tercer carro ha da ser en su juntura de nubarrones, cuajados de estrellas y rosas » (nella scelta del PEDROSO, p. 403).; per 1' « auto » Los alimentos del hombre : « La pintura de esle

346 Noie al Cap. Amore e Natura

carro ha de ser de nubes con flores y estrellas » Rev. de Arch., Bib!. y Museos », XVI, I, 252). Intrecci e comparazioni particolarmente gradite ai romantici tedeschi. Il TiECK cantava :

Sind die Blumen nicht wie Sterne In deis griine Gras gesunken ì Locken sie den Blick nicht trunken Nach dem lichten Brande geme ?

Si veda il saggio di W. STEINERT, Dos F arbenempfinden Ludwig Tiecks, Bonn, 1907, p. 97. Ma al CARDUCCI medesimo piacque un tempo chiamare le stelle « fiori eterni del cielo » {Fuori alla Certosa di Bologrìà). Del simbolismo dei fiori già si compiaceva lo Shakespeare. E certo Calderon conosceva certe comparazioni ardite del dottore MIRA DE AMESCUA; leggeva il soliloquio della Infanta nel dramma Exami- narse de rey :

Las flores son aves Inmobiles y graves, Y los pajaros son los ramilletes Que en rùsticas canzones y motetes Suelen dezir bolantes: Aunque atomos de plumas tambien Somos amantes.

Stelle e fiori s'intrecciano nei canti del po(>olo : « Al collo ci portate cose belle | due rose, tre viole, quattro stelle » « Credevo fosse un giglio, era una stella » (H. SCHUCHARDT, Ritornell und Terzine, Halle, 1875, pp. 38 sgg.) « E forse la luna il fiore d'un albero del cielo? » così un motto dell'India, che raccoglie O. BOHTLING, Indische Spriiche, S* Petersburg, 1870, N. 6547. Mentre attendeva alla composi- zione del Kosmos, ALEXANDER VON HUMBOLDT scriveva al Tieck, « dem tiefsten Forscher aller dramatischen Literatur », chiedendogli notizie sul « Naturgefuhl » nei poeti di Spagna e in particolar modo nel Calderon, di cui troppo vagamente e inesattamente ricordava quanto nella Vida es sueho esprimevasi « wunderschòn en boca de Segismundo : ... Los peces y las aves que gozan de la libertad son corno rayos de un

Note al Cap. Amore e Natura 347

astro oscurecido! » (HOLTEI, Briefe an Tieck, II. 27 la lettera non reca data). Il giudizio su Calderon nel Kosmos (1* ediz., voi. Il, pp. 62 sgg.), confessa l'Humboldt, « habe ich aus einem ungedruckten an mich gerichteten Briefe von Ludwig Tieck entlehnt » particolare che non trascura J.-J. A. BERTRAND, nella dotta tesi Tieck et le théatre espagnol, Paris, 1914. p. 117.

(110) « Es transcendente la mutabilidad de la Luna, termino de la per- manencia, y mas las cosas que dependen de humana voluntad que es quebradiza » (GRACIAN, Oràculo manual). « En viento y agua, que de la fortuna | son girasoles, y ella en su mudanza | condicional imàgen de la luna » (El gran Principe Je Fez).

(Ili) 11 mare serve comunemente di tomba, « pequena tumba » , al sole « Siendo monumento | todo el mar a todo el sol | cuando llegase a su centro » (Con quien vengo , vengo) « Antes que las negras som- bras ( sepulten los rayos de oro | entre verdinegras ondas » {La Vida es sueho). Il mare, « ese monstruo de cristal, | siempre escamado de espuma » {El mayor encanto amor), « esa inconstante selva | de espuma y sai » {Luis Perez el Gallego), è pur simbolo « en el mystico sentido », come volevano le sacre Scritture, della instabilità umana e delle umane sofferenze. « Tribulacion no son | en la Escritura las Aguas? » {Los en-

cantos de la culpa). « Si el real Profeta | en sus sacras canciones, |

a las aguas llamó tribulaciones » {La redencion de cautivos). Al mare turbatissimo della vita sempre corre il pensiero : « Y asf, cuando surcava, | esas salobres campanas | del mar de la vida » {La inmunidad del Sa- grado) « Si es de la humana vida | symbolo el mar, quien duda, com- batida | de embates, ser el que sus ondas yerra, | symbolo de la muerte el tomar tierra? » {La redencion de cautivos). Sul mare infido, « siempre mundo, se corre tormenta » {Psiquis y Cupido). 11 poeta se lo im- magina mosso dai venti e dalle furie, minaccioso ai naufraghi. Le sue onde s'intorbidano, si accavallano, si sollevano al cielo : « Parece que sus ondas j van a apagar las estrellas » {La gran Cenobio) « Y el mar, Nembrot de los aires, | montes puso sobre montes » {El mayor monstruo los celos) « Montana fué que subir | intento al cielo a apagarle | la luz de su azul virel«» {Troya abrasada, edizione del NORTHUP, in «Revue hispanique », XXXIX, 289) « Los mares rebosen, | haziendo que la

348 Note al Cap. Problema della conoscenza e idealismo calderon.

sobervia j de sus fluxos y refluxos | montes y edifìcios sienlan » {El corderò de haias). Infuria la tempesta nel Màgico prodigioso : « De nubes todo el cielo se corona, | y, prefiado de horrores, no perdona | el rizado copete

deste monte | ... Niebla el sol, humo el aire, fuego el cielo | Hasta

el mar sobre nubes se imagina | desesperada ruina, | pues crespo sobre el viento en leves plumas, | le pasa por pavesas las espumas ».

(112) « Ya la noche en sombra f ria | su manto va recogiendo, | y co- bardemente huyendo | de la hermosa luz del dia » {El mèdico de su honra) « Y comò la noche ya | extiende sus alas | negras » {Los yerros^ de Naluraleza) « Y pues ya la noche | extiende sus negras alas | cu- briendo el mundo de horrores » {La exallacìón de la Cruz) « La tremula noche negra | de sus tupidas arrugas | desdobla el manto, cubierta I de asombro, de horror y miedo » {Ni amor se libra de amor) « Oh noche, sombra f uerte | del temor, del asombro y de la muerte ! j Oh ! noche oscura, manto j del horror, del asombro y del espanto I | Si empe- ratrìz del sueno, | de ciprés coronada y de beleiio, | tiene la adusta frente I en el lobrego imperio de occidente, | triunfe tu hueste Umbria » {Mejor està que estaba).

(113) Lettera dello Shelley al Peacock del settembre 1819. Aveva al- lora letto lo Shelley una dozzina circa di drammi calderoniani.

(114) CEuvres completes de PAUL VERLAINE, Paris, 1899, voi. II, p. 61, A propos d'un centenaire de Calderon (1881): «A José Maria de Heredia » :

Ce poète lerrible et divinement doux, Plus large que Corneille et plus haut que Shakespeare; Grand comme Eschyle, avec ce soufflé qui l'inspire. Ce Calderon mystique et mytique est à nous.

Note al Cap. Problema della conoscenza e idealismo calderon. 349

(115) Al Lorinser faceva eco il BAUMSTARK, in una sua ampia re- censione: Calderon s Autos sacramentales ( « Historisch-politische Blàtter», Miinchen, 1873, LXXI, 948 sgg.), meravigliato della gran copia di «per- sonìfìcirte Begriffswesen, und dass er (Calderon) sie die aller schònsteti Dinge, die tiefsten und wunderbarsten Gedanken aussprechen lasst » (qui, a p. 952, è memoria del « Professor Bock », morto a Friburgo nel 1870, che avrebbe detto grandi cose sugli « autos » calderoniani, specie sul « Ver- haltniss von Gnade und Freiheit ». Trattasi evidentemente del noto dan- tista Cornelius Peter Bock, che aveva cattedra acclamatissima all'università di Friburgo).

(116) Geschichte Jer dramatischen Lileratur und Kunst in Spanìen, II, 398 sg. (parla degli « autos »): « Es ist als ob dàmonische Machie un^

in fìnsterem Sturme davontriigen , wunderbar-rathselhafte Gestalten ent-

steigen der Finsterniss, und die dunkelrothe Fiamme der Mystik leuchtet in den geheimnissvollen Born hinein, aus dem alle Dinge entspringen. Aber die Nebel zertheilen sich und man sieht sich iiber die Schranken des Ir- dischen hinaus, jenseits von Raum und Zeit, in déis Reich des Unermess-

lichen und Ew^igen gerissen Hier sind alle Wesen in die Anschauung

des Ewigen versenkt und blicken staunend in die unergriindlichen Tiefen der gòttlichen Liebe » . Preludendo ali* analisi citata : Drei griechische Mythen in Calderons Sakramentsspielen, il teologo J. ABERT (p. 3) esaltava nei miti calderoniani : « ein fiir die innersten Vorgange in der Natur und fiir die innersten Regungen des Menschenherzens empfangliches Gemiit, ein die Griinde und Wirkungen der Ereignisse erfassender, bis zu den tiefsten Quellen der Erkenntnis, zum letzten Grunde alles Seienden liindurchdringender Geist » . Recentemente L.-P. THOMAS, nel breve saggio. La genese de la philosophie et le symholìsme dans « la Vie est un songe » de Calderon (cit. nel 1 ° voi. di quest'opera), p. 34 dell'estr., asseriva che il poeta « avait, en créant le caractère de Sigismond et de ceux qui Pen- tourent, une lumineuse conscience des idées philosophiques qu'il y déve- loppait et dont la profondeur n'a été qu'imparfaitement comprise».

(117) Ernst FREIH. V. FEUCHTERSLEBEN, Aus Briefen 1826- 1834..., Wien, 1909, p. 73 (lettera del 21 novembre 1833). Non tenero per il Calderon, CHR. GOTTFR. KÒRNER, nelle sue confidenze con lo Schiller, faceva pure le sue concessioni all'audacia delle idee caldero-

350 Noie al Cap. Problema delia conoscenza e idealismo calderon.

niane, e, fresco della lettura della « Vita è un sogno » ( « Vorjetzt hat mich besonders ein Stiìck interessirt : Das Leben ein Traum » ), scriveva, neU l'ottobre del 1«07, al Tieck (HOLTEJ. Briefe an Tieci^, II, 204): «Ue- berhaupt finde ich in den Comedias oft eine gewisse Fluchtigkeit der Be- handlung, aber die Kuhnheit der Ideen hat einen grossen Reiz. Shake- speare scheint mehr mit Liebe gedichtet zu haben, und bei Calderon mehr die Kraft zu pravaliren. Er trotzt alien Forderungen von Wahrscheinlichkeit und schaltet unumschrànkt in seiner Welt ». La « profondità » di Cal- deron è iodata in coro dai crìtici spagnuoii migliori. Ricordo il LISTA {Ensayos literarios, Sevilla, 1 844, II, 88) che esaita il « magnifico pian » svolto nella « Vita è un sogno », « con todo ei genio de un gran poeta y con loda la profundidad de un gran filosofo » ; GiL DE ZÀRATE (nei Manuel citato, che è pure dei 1 844) : « Sobresaien en Calderon ias ideas subiimes, ias imàgenes atrevidas, mas bien que ios rasgos de pasion y sensibilidad » ; MANUEL DE LA REVILLA (in un suo parallelo Cal- deron y Shakespeare, Obras, Madrid, 1883): Shakespeare e Calderon si rassomigliano « tambien ... en que su inspiración se elevaba a ias mas aitas regiones del ideai, y no contentos con retratar en la escena Ios hechos y caracteres de ios hombres, remontabanse a mayor altura y desarrollaban en sus producciones ios mas trascendentaies probiemas fìiosófìcos, y en- carnaban en sus personajes ios aspectos mas originales y grandiosos de la naturaleza humana ». Un anonimo inglese, che leggeva alcuni drammi di Calderon nella scelta El Teatro espahol, stampata a Londra dai ] 8 1 7 ai 1 82 1 , scrìveva un curioso articolo nella « Quarterly Review », voi. XXV, pp. I sgg., plaudendo alle critiche del de Sismondi, e combattendo lo Schlegel, « deeply enamoured » dei suo Calderon. Osservava tra altro (p. 1 4) : « an ostentation of philosophic depth flatters the indolent and unwary reader into an easy acquiescence in the truth of the Mrhole, but is far from satisfying those v/ho hesitate to subscribe to what they do not entirely

understand ... there is much labour to eiscrìbe profound and philosophic

views to an author who probably never dreamed of any such thing

... Ti»e genius of Calderon is an extravagant meteor, most lofty indeed in bis course, but entirely eccentrìc in bis motions; most brìiliant, but airy and unsubstantiai » . (Sono zissai spiacente di non conoscere, nemmeno per mezzo dell'ottimo mio amico Fitzmaurìce-Kelly, le Notes on the National

Noie al Cap. Problema della conoscenza e idealismo calderon. 351

Drama of Spain di J. R. CHORLEY, nel « Fraser's Magazine », del 1859, maggio-ottobre). H. ULRICI, di cui tutti ormai dimenticano un no- tevolissimo saggio: Ueber Shakespeare' s dramatische Kunst und sein Verhdltniss zu Calderon und Goethe, Halle, 1839 (presto tradotto anche in inglese: Shakespeare' s dramatic art and his relation ecc., London, 1846), calmava gli ardori dei calderoniani fanatici, e diceva, senz'am- bagi (pp. 531 sgg.), non potersi affatto misurare «Calderon trotz seiner m'àchtigen Phantasie und seiner gew^andten Reflexion, doch mit dem

Ideenreichtum Shakspeare's Die Grundideen in den Calderon 'schen

Dramen (bewegen sich) in einem verhàltnissmassig engen Kreise Man

sieht dass Calderon's Ideen nicht immer sehr lief geschopft sind, und

oh an einer bescKrankten Einseitigkeit leiden Jene fixirte Objecktivitat

entzieht dem Leben off enbar seine Beweglichkeit und Elastizitat » . Aspra- mente giudicherà poi del pensiero di Calderon il KLEIN, nella nota sua Geschichte des Dramas, X!, I e 2 (Leipzig, 1874-75),

(118) Non è dissimile il giudizio espresso dal compianto e geniale cri- tico nelle conferenze calderoniane (p. 378) da quello riprodotto nel Pro- logo al volumetto Del siglo de oro di BLANCA DE LOS RiOS, Madrid, 1910, pp. XXXI sgg. : « El pensamiento es casi siempre superior en él

k la ejecucion hay tambien representaciones vivas de potencias espirì-

tuales, simbolos de grande efìcacia estética, y un esfuerzo continuo, aunque a veces frustrado para abarcar en grandiosa sintesis el orden visible y el invisible, la ley de la Naturaleza y la ley de la Gracia » . « Las grandes ideas no le abandonan nunca, ni siquiera en las larguisimas relaciones que pone en boca de sus personajes », aveva detto nella 3* conferenza (p. 134 dell'ediz. citata). Negli ultimi anni il Menéndez deplorava la « petu- lancia juvenil » delle sue pagine calderoniane, si doleva di essere stato « censor extremado y ligero de muchas cosas que hoy me parecen buenas ó tolerables », e confessava: « el verdadero libro sobre Calderon no le he esento todavia » {Prologo cit., p. XXVII).

(119) Quest'affermazione di Goethe aperse la stura ai paragoni tra il Mà- gico e il Faust (ROSENKRANZ, ecc.), non stagnanti ancora dopo le diva- gazioni del SANCHEZ-MOGUEL. In una lettera a Lotte Schiller, il KNEBEL ribellavasi ai confronti tra il Magico, il Faust e il Manfred del Byron: «Goe- ihe's Faust ist cine grosse Welt- und Menschenansicht, Manfred cine tiefe

352 Noie al Cap. Problema della conoscenza e idealismo calderon.

Geislesansicht, und Calderon (voleva dire il Màgico) cine Liebesgeschichte, mit elwas metaphysischem Geschv/atz und Zauberwerk vermischt» {Charlotte von Schiller und ihre Freunde hrg. v. L. URUCHS, Stuttgart, 1 860, III, 385). Scriveva DOROTHEA SCHLEGEL a Friedrich Schlegel, nel 1808: « Fausts Monolog iiber die ersten Worte des Evangeliums Johannis... ist zwar recht schòn, aber Calderon hat in seinem Monolog iiber denselben Gegenstand (allude alla prima scena del dramma Los dos amantes del cielo) viel mehr Tiefe und Reichtum » J. M. RAICH, Dorothea Schlegel...., Mainz, 1881, I, 244). Il dotto e sagace MlLÀ Y FONTANALS rite- neva addirittura, in un articolo del Diario de Barcelona del 1858 (ora in Obras, V, 74), che il dramma calderoniano era origine, « segùn opinion probable, de algunas escenas del Fausto » . Al Mila era pur giunto il soffio delle lezioni schlegeliane ; ammirava nel Principe constante il « gran pen- samiento » ; nella Estatua de Prometeo la « interpretación filosofica y pro- funda » del mito antico.

( 1 20) Dietro il Menéndez y Pelayo, notava questo immiserire della concezione del Màgico prodigioso E. GORRA, nel saggio // dramma reli- gioso di Calderon de la Barca {Fra drammi e poemi, Milano, 1900, p. 381).

(121) A quanti dovette imporsi il sentenziare arguto del Graciàn nel- VOràculo manuali Con critica poco riflessa, immaginavo io pure di ca- ratterizzare « das schaffende Genie des Sudens », nell'opera giovanile Grill' parzer und Lope de Vega, Berlin, 1 894, p. 239, e mi sovvenivo di una di- vagazione del conte VON SCHACK {Geschichte der dramatischen Lite- ratur und Kunst in Spanien, II, 246): «Die Spanier besitzen eine Schnellkraft, Reizbarkeit und Bew^eglichkeit der Seelenvermògen, wie der Nordlander sie nicht ahnt ; ihr Streben und Wollen ist iiberall im hochsten Grade decidirt ; ihre Leidenschaftlichkeit eben so entschieden und beharr- lich in Verfolgung ihres Zieles, als bereit, sich, sobald dies Ziel als uner- reichbar erscheint, dem Gebot der Vernunft zu fiigen. Die Gefuhle schlagen bei ihnen in ihr Gegentheil um, ohne erst lange Reihen von Mit-

telstufen zu durchiaufen, wie bei uns ». Generalizzavo anche fuori di

misura quanto il GRILLPARZER, nel 1 842, osservava sulla natura dell'ingegno di Lope de Vega: « Was bei ihm absurd erscheint, ist es nur dadurch, dass die Mittelglieder der Entwicklung ubersprungen werden und das

Note al Cap. Problema della conoseenza e idealisnio calderon. 353

Faktum, der Gemiitszustand schroff und abgeschnltten hingestellt wird, ohne verbindende Fàden des Pragmatismus » .

(122) Al GRILLPARZER(I^eri^e'', XIII, 13) sfuggiva questo giudizio: « Schiller und Calderon scheinen philosophische Schriftsteller, Goethe und Lope de Vega sind es. Jene scheinen vorzugsweise zu sein, weil sie die philosophische Diskussion geben, diese haben nur die Resultate ». diversamente pensava HEBBEL {IVerl^e, XI, 141): «Schiller hat seiner ganzen Anlage nach mit keinem Dichter weniger Verwandtschaft, wie mit Shakespeare, mit dem man ihn friiher so oft verglich, und mit keinem mehr, als mit Calderon, mit dem man ihn, so weit ich mich erinnere, noch nie parallelisirte ; er iibertrifFt diesen jedoch.... unendlich durch die hohe Be- geisterung, die ihm inne wohnt » . Nel marzo del 1 862 Hebbel scri- veva: « Das Schiller-Calderon-Racinesche Drama verhalt sich zum Sha- kespeareschen, wie Vocal-Musik zu InstrumentìJ-Musik » .

(123) Sollecita l'uomo !'« Appetito» neir«auto» El diahlo mudo'. « Comamos oy , y bebamos, | humana Naturaleza, | que mariana moriremos » .

(124) Tanto umilia il poeta l'arroganza umana, da ammettere persino, neir « auto » El Arhol del mejor Fruto: «tal vez... sabe el instinto del Bruto, I mas que del hombre el ingenio » .

(125) « El sentido j absorto, atender procura, ) por si ilusión que se vee, ] es ilusión que se escuche » {Suenos hay que verdad son).

(126) « Dagegen ist der transcendentale Begriff der Erscheinungen im Raume keine kritische Erinnerung, dass uberaus nichts, v^^as im Raume angeschaut wird, eine Sache an sich, noch dass der Raum eine Form dar Dinge sei, die ihnen etwa an sich selbst eigen ware, sondern dass uns die Gegensfànde an sich gar nicht bekannt sind, und v/as wir aussere Ge- genstànde nennen, nichts anders als blosse Vorstellungen unserer Sinn- lichkeit sind, deren Form der Raum ist, deren wahres Correlatum aber, d. i. das Ding an sich selbst, dadurch gar nicht erkannt werden kann » F. PAULSEN, Kants Verhaltm'ss zur Metaphysìk, Berlin, 1900.

(127) Inutile ricordare i giudizi dei romantici e i ditirambi dei due Schlegel. Dice di Calderon MILA Y FONTANALS, nel suo breve e buon discorso {Obras, V, 457): «no cabe duda que el mayor distintivo

de su ingenio es una decidida propension idealizadora ; todos los ele-

mentos pasaron àtomo tras àtomo, por el crisol de la idealidad No

A. Farinelli, La vita è un sogno, TI. 25

354 Note al Cap. Problema della conoscenza e idealismo calderon.

toma de Io exterior sino lo extrictamente necesarìo, y las sombras son

en él, mas que en los otros, tenues é impalpables ... Mas aquellos restos depurados, estas imagenes, lejanas de la vida, guardan lo inàs significativo y eficaz de los modelos ». Ricorda questo giudizio l'osservazione del suo discepolo geniale MENÉNDEZ Y PELAYO, nel « Prologo » al libro cit. della sig.* Bianca de los Rios (p. XXX) : « Es Calderon un poeta idealista, que muchas veces se contenta con una sombra tenue é im[>al- pable de la realidad ». Analoghi, benché più deboli giudizi, trovi presso tutti gli altri critici della Spagna in coro. Dall'idealismo calderoniano era colpito lo SHELLEY, che avrebbe voluto tradurre nella lingua sua i drammi migliori, e scriveva nel novembre del 1 8 1 9 : « some of the ideal dramas of Calderon.... are perpetually tempting me to throwr over their perfect and glowing forms the grey veil of my own vv^ords ». Qualcosa di Calderon leggeva pure nei giovani anni il DE SANCTIS; e qualche accenno agH « autos » è pure nella genialissima Storia. In altre Lezioni desanctisiane Sullo stile, or ora esumate dal CROCE La Critica » , 20 luglio 1915, pp. 278 sgg.), fra le considerazioni sulle varie letterature moderne con- trapponevcisi Io Shakespeare al Calderon : « Shakespeare ci rappre- senta in tutta la spaventosa realtà la vita umana; entra nei più profondi abissi del cuore, ci presenta gl'inviluppi e contrasti degli affetti; insomma ci pone sott'occhio l'enigma dell'esistenza senza risolverlo : egli è stato detto il poeta delle ricordanze, e Calderon il poeta delle speranze. Ci mostra Skakespeare l'uomo in tutto il reale della vita; Calderon nella sua alta destinazione ». All'eccessiva smania di vedere tutto idealismo, ri- pugnanza della terra e sollevamento al cielo negH scrittori e poeti della Spagna mi opposi io risolutamente, preludendo all'ultimo capit. del I ° voi. di quest'opera (pp, 193 sgg.). Indubbiamente il De Sanctis moveva dalle lezioni famose schlegeliane, che leggeva con diffidenza e combatteva con senno e risolutezza. La critica italiana le aveva accolte senza grandi en- tusiasmi e col correttivo suggerito dal DE SlSMONDI, nella Littérature du midi, che pure il PELLICO ammetteva Quando lessi la Letteratura del Mezzogiorno del Sismondi e il Corso drammatico di Schlegel, mi riaccesi dello stesso foco che Shakespeare e Schiller m'avevano messo nel cuore. Lessi tutte le critiche francesi contro Schlegel e Sismondi, e ne scopersi con isdegno i sofismi» lettera del dicembre 1815, in I. RlNIERI,

Note al Cap. Problema della conoscenza e idealismo calderon. 355

Della vita e delle opere di Silvio Pellico, Torino, 1898, I, 145. Non era allora ancor comparso L' Anti-Romantique del VISCONTE DE Saint CHAMAND [Paris, 1816], che ferocemente inveiva contro la cri- tica tedesca, scherniva « les .monstrueux enfantements de Shakespeare et de Calderon » , e chiudeva coU'avvertimento [p. 302] : « notre intention

n'est pas de convertir l'AIIemagne ; nous Tabandonnons à son malheu-

reux sort, à la dangereuse contagion et à tout l'ennui de la nouvelle école, pourvu qu'on fasse faire quarantaine aux frontières de France, à tout ce qui vient des lieux !e mal exerce ses ravages. Notre seul espoir est d'empécher que ce fléau ne se propage en France » ). Il Gherardini ag- giungeva alla sua versione le sue note e i suoi commenti. Ma di Calderon, prima che uscisse l'opera del BOZZELLI, Della imitazione tragica presso gli antichi e presso i moderni (Lugano, 1837, tre voi. una seconda edizione, alquanto accresciuta, apparve a Firenze nel 1 86 1 ), appena si pi- spigliava in Italia (GIUSEPPE CARPANI, che ci lasciò una commedia in cinque atti: L'Alcalde di Zalamea, ricordava il Calderon già negli anni in cui i romantici della Germania soffrivano le prime febbri calderoniane. Leg- giamo nelle Rossiniane ossia lettere musico-teatrali, Padova, 1 824, p. 1 3, alla data deir8 dicembre 1 804 : « Non per questo, direte voi, avremo in copia i Terenzii, i Plauti, i Calderoni », ecc.). Non era più che un nome per il Giordani, che consigliava come opportune e necessarie le tradu- zioni dalle lingue straniere (Si veda E. CLERICI, // « Conciliatore », Pisa, 1903, p. 79), e animava Pietro Monti alle sue versioni; per il PECCHIO (ricorda gli « autos » calderoniani nella Storia della poesia inglese, IV, 194 e 207, e pone il Calderon in un elenco di poeti spagnuoli nella Vita di Ugo Foscolo, Lugano, 1830, p. 81); per Io ZAIOTTI, sempre pronto a vantare le sue conoscenze di letterature stra- niere, ed a fantasticare di una letteratura universale (recensendo l'Adelchi, nella « Biblioteca » dell'Acerbi e dei suoi padroni, XXXIII, 355, ha un accenno alla « Sibilla dell'Oriente » e promette di dire «e alcuna cosa sopra Calderon de la Barca » quando gli « cadesse in acconcio » si vedano anche le Memorie della vita e degli studi di Paride Zaiottì, pre- messe al discorso Della letteratura giovanile, Trieste, 1 844, pp. XXX sgg.); per il MARONCELLI, che leggeva assiduamente il suo Schlegel e il Bou- terwek (ha un ricordo vaghissimo al Cald&ron nelle Addizioni alle

336 Note al Cap. Problema della conoscenza e idealismo calderon.

Mie prigioni edite nelle Prose di Silvio Pellico, Firenze, 1856, pp. 217; 234 sgg.) ; per il BALBO (lo cita con Lope e Cervantes nelle Lettere, dirette ad Amedeo Peyron, Della letteratura negli XI primi se- coli dell'era cristiana, Torino, 1836, Lett. I, p. 125); per il CANTU (ricordo una sua traduzione di un articolo sul Teatro spagnuolo fatta per r « Indicatore lombardo » del 1 83 1 , e il saggio Di Vittore Hugo e del romanticismo in Francia, Milano, 1833, p. 42, dove Calderon figura con Dante e con lo Shakespeare). E singolare come il BERCHET, sostando in Germania, dal 1832 in poi, praticando lo Schelling, il Tieck e altri più o meno fervidi cultori del Calderon, non riaccendesse l'amore per le lettere spagnuole e non curasse l'idolo dei romantici (si vedano gli estratti del carteggio con Costanza Arconati offerti dal LUZIO, Profili biogra- fici e bozzetti storici...., Milano, 1896, pp. 23 sgg.; quando ricorda la con- tinuazione del Faust immaginata dal Rosenkranz, esce in un « Che Cal- deron I » , cioè che pasticcio I). Diffusamente, in un centinaio di pagine, ma con poca originalità, e sempre in tono superlativo, il BOZZELLI, nell'o- pera sua, parla di molti drammi calderoniani, chiama le commedie « oltremodo bellissime » , « drammatici portenti » , e chiude con un esame della Vita è un sogno. Dell'idealismo di Calderon immenso fra tutti i poeti di Spagna ») non è mai parola, ma si fantastica delle « morali e psicologiche finezze » , si insiste sulla fatalità, lo « scontro di umane volontà fra loro cozzanti » , e si immagina una stretta parentela con la tragedia greca: « per quanto ne' voli della sua immaginazione i vari personaggi si sforzino a promuo- vere con destrezza e dominar con efficacia un avvenimento, questo vi scoppia sempre in un senso interamente opposto al desiderato, e vi si svolge in guisa da rendere impossibile che altri gl'imprima una direzione diversa : tal che ad essi non è dato se non di resistergli affannosamente, quasi scorgendolo sostenuto da una oscura, indomita ed irrefrenabile fata- lità: e tutto divien gioco d'impreveduti e fortuiti eventi, che qua e balzando e ribalzando alla ventura, inviluppano della lor capricciosa ra- pina uomini e cose indisturbatamente ». « Sigismondo è nel concetto del Bozzelli « l'Edipo della Polonia». Già si è ricordato il BATTAGLIA, troppo ligio alla critica fantastica del Philarète Chasles. Il BROFFERIO, che del Battaglia era amico, e accoglieva qualche scritto nel « Messag- giere Torinese », scriveva al Tommaseo, nel 1837 (/ miei tempi, nella

Note al Cap. Problema della conoscenza e idealismo calderon. 357

3* ediz., Torino, 1904, VII, 534), d'essersi innamorato della letteratura spagnuola, « particolarmente della drammatica, che è miniera ricchissima e pressoché a noi sconosciuta » , e annunciava di aver tradotto e accomo- dato « alle esigenze della scena italiana un sei o sette commedie e drammi » che sommamente gli piacevano, quegli stessi che apparvero poi nella scelta di G. LA CECILIA, nella « Nuova Biblioteca Popolare » (^Teatro scelto spagnuolo antico e moderno, Torino, 1857-60), ricca di drammi calderoniani (quattro drammi apparvero nel III voi., in cui La vita e un sogno, con la data del 1628, si attribuisce a Lope [pp. 157 sgg.], due nel IV; si veda il Discorso premesso dal Brofferio al I voi. pp. 7 sgg., pur esso inspirato dallo Schlegel, e poverissimo di osservazioni sul Cal- deron — due pagine insulse su Calderon precedono « il capolavoro del Teatro spagnuolo »: la Devozione della Croce, voi. Ili, pp. 253 sgg.). Sempre mi parvero fiacche assai le traduzioni di PIETRO MONTI e superficialissime le osservazioni premesse ai drammi calderoniani, lestamente e prosaicamente italianizzati (Milano, 1838-41), («il Calderon, tenendo sempre d'occhio la natura, ossia la realtà, ci presentò una schietta imma- gine della vita » , così per es. nel Teatro scelto di P. Calderon, Milano, 1855, voi. I, p, XIII). Il Monti s'era imposto al Carducci, e corrispon- deva con frequenza col sagace e dottissimo Ferdinand Wolf (si veda il necrologio del Monti in F. WOLF, Kleinere Schriften, edite dallo STENGEL, Marburg, 1890, pp. 259 sgg.). Nel Discorso dell'imita- zione dell'arte drammatica, il NlCCOLINI {Opere, III, 212 sgg.) tace Calderon, e divaga sullo i Shakespeare, sedotto dalla « bella vita che del poeta britannico scrisse l'immortale storico della civiltà europea », il Guizot (il Calderon è però messo dal Niccolini in un fascio con Dante, Petrarca, Goethe e Schiller, nella Vita di Giorgio Lord Byron, Milano, 1835, ili, 70), Nulla più del nome, anche nel GIOBERTI, tanto nel Primato, quanto nel saggio Del Buono e del Bello, ove è un ricordo ai roman- tici « anglo-tedeschi », persuasi che « genio ancor più libero e sdegnoso di regole » dello Shakespeare fosse « l'autore degli Autos, il cattolico spagnuolo Calderon: e chi l'aveva detto era stato proprio il loro pontefice, Guglielmo Schlegel » (si vedano i Pensieri e giudizi di Vincenzo Gio- berti sulla letteratura italiana e s/raniera-' raccolti da F. UGOLINI, Fi- renze, 1892). Come un tempo il Di BREME, che immaginava nel

358 Note al Cap. Problema della conoscenza e idealismo calderoa.

« Bersagliere » ampi studi sulla drammatica straniera, « profondi com- menti dell'Alfieri, paragone di esso con Schiller, Shakespeare, Calderon de la Barca », anche il MAZZINI vagheggiò, già nel 1836, di arricchire l'Italia con una collana di opere cleissiche straniere, una « biblioteca dram- matica », « una rivista filosofica della scuola di letteratura, oggi spenta o morente un riassunto di quanto ha insegnato di vero, perchè l'in- telletto italiano potesse trarne suo prò, e fondare una letteratura europea per l'intento e pel pensiero, italiana per le forme » {Epistolario, I, 1 90, sg. ; A. LUZIO, G. Mazzini, Conferenza, Milano, 1905, p. 24; Scritti editi ed inediti di G. M., Milano, 1 862, II, 262); avrebbe seguito le fasi del dramma religioso sino all' « inevitabile materialismo cattolico di Calderon », a cui pure accenna nel saggio sul Dramma storico. Divagando sulla Fa- talità considerata come elemento drammatico (Scritti letterari d'un ita- liano vivente, Lugano, 1847, II, 25), il Mazzini si opponeva all' « ammi- razione fanatica profusa (da Federico Schlegel) al teatro spagnuolo, e a Calderon. Le ispirazioni del teatro spagnuolo son nazionali; Calderon è un ingegno potente; ma l'uno, l'altro riproducono intera la vita d'un popolo, o d'un'epoca o d'un principio ». Il TARI, in un suo articolo della « Rivista europea » del 1 846, immaginava che la letteratura lugubre e orribile derivasse dallo Shakespeare, dal Byron e dal Calderon; molti anni dopo, criticando a Gennaro Greco un suo romanzo Amalia (stampato a Napoli nel 1 87 1 ), ne ammirava particolarmente « l'ultima scena tragica, tirata giù alla Calderon, cioè con fuoco di azione rapida e senza rettori- cume di diverbii » (Si veda « La Critica » del CROCE, Vili, 1 52). Nella sua Storia della letteratura italiana (I, 105; 1* ediz.) il SET- TEMBRINI poneva uno spunto di parallelo fra Dante e Calderon, e mo- strava discreta conoscenza degli autos spagnuoli. U. A. CANELLO, nella divagazione : Classicismo e romanticismo nella storia universale delle lettere {Saggi di critica letteraria, Bologna, 1877, p. 76), metteva in un fascio Lope e Calderon, meravigliosi per la « fecondità poetica », e riteneva i loro drammi « per lo più raffazzonamenti di antichi mi- steri ». « Egli é questo un dramma rudimentale, in cui il poeta affastella

quanto possa produrre un effetto ; non sa creare i caratteri ; in

Ispagna vero drarhma non c'è, perchè il mondo è ancora governato da una capricciosa Provvidenza ».

Noie al Cap. Problema della conoscenza e idealismo calderon. 359

(128) Alludo ad un giudizio del mio carissimo SCHUCHARDT, che lodava in un suo ottimo articolo calderoniano {Romanisches und Kelti- sches ..., Berlin, 1886, Zu CaUerons Juhelfeìer, p. 112) l'idealismo del poeta, « welcher uns das Wirkliche in prachtigster Luftspiegelung vorfiihrt », illudendosi così che Calderon si rivelasse « mehr Spanier denn die Ue- brigen » (p, 1 08). « Ja, ich balte Calderon fiir den spanischsten, den wenigst modernen Dramatiker ». « Lo Schlegel esalta il Calderon, nazionalissimo spagnuolo », così il DE SANCTIS, nelle Lezioni ora esu- mate {La Critica, XIV, 32).

(129) Versi (y4 Mérimée, 1832) sovente stampati, e riprodotti in Alfred de Musset Correspondance (1 827-t 857) recueìllie et annotée par L. Séché, Paris, 1907, p. 33. Leggendoli, scoteva il capo il SAINTE- BEUVE, e, nel saggio su Alfred de Musset (JPortraits contemporains, nouv. ed., Paris, 1882, 11, 196), scriveva: « Nous avons peu pratiqué Cal- deron ; mais nous en avons éissez entrevu pour ne jamais rapprocber ce grand dramatiste catholique, presque canonisé par les Schlegel, du talent fort médiocrement spiritualiste de notre énergique et sobre contemporain. Les comédies de cape et d'épée, par lesquelles il peut coudoyer un mo- ment Mérimée, ne sont qu'une portion secondaire de son oeuvre ».

(130) Sovveniamoci anche della fantastica Vision of Poets della Browning : « w^hile devotion I in bis wild eyes fantastic showe | under the tonsure blown upon | by airs celestial, Calderon » {A selection front the Poetry of Elizabeth Barrett Browning, 2* ser., London, 1 882^, p. 84).

(131) « Erscheinung nur und Wahn ist Alles nur; ( es wirft das Licht, das innere, dort hinaus | auf ausgespannte Nacht die Bilder hin, | ein leerer Widerschein des eignen Ich », così sentenziasi nel Faust dello CHAMISSO. e il Nietzsche, che chiamava l'inganno « Vater des Le- bendigen » : « Schein ist fiir mich das Wirkende und Lebende selber, das soweit in seiner Selbstverspottung geht, mich fiìhlen zu lassen, dass hier Schein und Irrlicht und Geistertanz ». Si veda K. JOEL, Nietzsche und die Romantik,, Jena, Leipzig, 1905, p. 97.

(132) E Fauno a Lindabridis {El Castillo de Lindabridis) : «Ado- rare una sombra | en ti, que viva admira, y muerta asombra ... | Y asi, sombras fìngidas, | que a trueco os dais las muertes y las vidas, | confusas ilusiones, j que os prestais las bellezas y blasones, | huyendo os venceré ».

360 Note al Cap. Problema della conoscenza e idealismo calderon.

(133) Malizioso il Demonio ride di quel sermone: « Qué mucho, si atienden | a quanto predica un Muerto » ; ma il « Poder » si stringe in pien di sgomento: « Aquella rara Hermosura | que adorò mi vanidad, | ya es ceniza, ya es fealdad ». In una imitazione alquanto goffa del- VEsclavo del demonio, messa insieme da MATOS, CANCER e MORETO : Caer para levantar (atto III, scena 9), Don Gii crede di avere al suo lato l'amata Leonora, ma cade ad un tratto il bel velo, sogghigna la morte, e il peccatore inorridisce : « Cielo ! que esto que miro ! | Que asombro tan formidable! j Apaurta, helado cadaver. | Esto era Leonora? ».

(134) « Qué es lo que miro? Ay de mi! | Es fantasma, es ilusion | del alma este celestial | objeto? », così Cassandra ad Elena, nel dramma di Calderon e ZABALETA, Troya abrasada Revue hispanique », XXIX, 294).

(135) Peor està que estaba « Valgate Dios por novela! | En qué ha de parar tu enredo? » chiedesi Turin, nel dramma Afectos de odio y amor.

(136) Menzogna che già aveva suggerito una lirica Yo os quiero confesar ») a LUPERCIO LEONARDO ARGENSOLA, certo nota al Cal- deron :

Qué mucho que yo perdido ande Por un engano tal, pues que sabemos Que nos engana asi naturaleza?

Porque ese cielo azul que todos vemos. Ni es cielo, ni es azul. Làstima grande Que no sea verdad tanta belleza I

(137) Ricorda lo SCHUCHARDT {Goethe und Calderorì, - Rom. u. Kelt., pp. 1 3 1 sgg.) quest'accusa alla menzogna del cielo, per conchiudere : « So viel steht fest, in diesem Falle spielt Calderon um poetischer Zw^ecke willen den Rationalisten ». Bagnarsi nel sangue « con fìngido esmalte rojo » è espressione che pure sorprende nella « comedia » La Banda y la Fior. In No hay burlas con el amor la fenice è detta « suegra men- tirà de Arabia ».

(138) Mahana sera otro dia. Dice Paris, nel dramma Troya abra-

Note al Cap. Problema della conoscenza e idealismo calderon. 361

sada Revue hispanique », XXIX, 297): « Mira ese celeste globo | que en el color significa | estos mortales enojos, | desde aqui no te parece [ que un ^firo luminoso | le rodea? pues, si acercas ! a la experiencia el an- tojo, I veràs que alli no ay ^afiro | ni otro cuerpo que haya estorbo, | y que este a^ul que miraste | un poco de ayre que solo ] por tener color de celos | es uno y parece otro ». E la « Gentilidad » , nell* « auto » La lepra de Constantino, non è a corto di esperienze : « exalaciones ] saben burlar aparentes, | dando formas diferentes | sus faciles impresiones. [ Quien en arreboles, que j transmontan los Orizontes, | tal vez ciudade5, tal montes, | no se persuade que vée ? | Tal ondas del mar, en cuyo | boreal objeto, tal vez, | finje el monstruo, el ave, el pez » . Geme Ro- samunda, nel dramma El conde Lucanor : « Ay, verdades, que en amor I siempre fuisteis desdichadas! | ... Buen ejemplo son las mias, \ pues con mentiras se pagan ».

( 1 39) Ricordo un giudizio che da vasi del dramma nella Zeitung fiir die elegante Welt, del 1815 (N. 38-40: Ueber die grosse Zenobia, Schauspiel von Calderon, und dessen Auffiihrung auf dem Weimarischen Hoftheater) p. 3 1 1 : « wie Calderon ein anderes seiner unvergesslichen Schauspiele : das Leben ein Traum betitelt hat, kònnte man dieses wohl : Das Thun der Welt eine LUge benennen. Aber wie in jener erhabensten Dichtung neben dem Traum des Lebens sich eine herrliche Wahrheit in dem Walten der Vorsehung und in der Tugend des Menschen offenbart,

so gehen neben jener Liige in dem Schauspiele wahrer Adel der

menschlichen Natur, und vor allem die ewig wahre Gerechtigkeit ihren grossen, ruhigen Gang ».

( 1 40) Aveva pur poca conoscenza del pensiero e dell'arte del Calderon il VlGUlER, al solito così acuto, quando osservava nella sua critica del dramma calderoniano {Anecdotes littéraires, del 1 846 ; poi in Fragments et correspondance, del 1875; e ancora in testa all'edizione òeW Héraclius del CORNEILLE, in Grands Ecrivains, voi. V, p. 1 28) : « le palais de vérité- mensonge s'évanouit. Cette chimère est la partie amusante et ingénieuse de l'ouvrage, mais rien n'explique si c'est tout le monde qui est enfermé dans ce réve, ou seulement les deux jeunes gens, tandis que les autres per- sonnages, dùment avertis, resteraient éveillés et complices du magicien. Cal- deron laisse tout indécis dans cet essai pénible et negligé en méme temps » .

362 Note al Cap. Problema della conoscenza e idealismo calderon,

(141) Meraviglie che pur talora debbon farsi i poeti più avvezzi a plasmare nel concreto l'immagine ottenuta :

Kann das natiirlicK geschehen? ìst es Schatten? ist's Wirklichkeit ?

{Faust, I* parte, v. 1248 sg.).

E il GRILLPARZER, nel atto della Ahnfrau :

Es ist klar, ich hab' getraumt ! Wenn sich gleich die Sinne strauben, Das Gedachtnis es verneint; Doch ist's so; ich hab' getraumt! Kann der Schein sich aìso hiillen Ins Gewand der Wirklichkeit?

(142) Col contrapposto nell' « auto » La Vida es sueho Tengo ojos y no ven; | tengo oidos y no escuchan; | tengo manos y no tocan; | tengo pies y no se mueven »), questi versi si ricordano pure nella tesi citata delio ORTIZ, Die Welianschauung Calderons, p. 49.

(143) Al pittore che la ritrae con tanta naturalezza Campaspe dice {Darlo lodo y no dar nada): « Soy yo aquella, ó soy yo yo? ».

(144) «The best in this kind are but shadows: and the worst are no MTorse, if imagination amend them », osserva Teseo, nel Midsummer Night' s Dream dello SHAKESPEARE (atto V):

The lunatic, the lover, and the poet,

Are of imagination ali compact :

One sees more devils than vast hell can hold;

the lover, ali as frantic,

Sees Helen's beauty in a brow^ of Egypt :

The poet's eye in a fine frenzy rolling,

Doth glance from heaven to earth, from earlh to heaven ;

And, as imagination bodies forth

The forms of things unknow^n, the poet's pen

Turn them to shapes, and gives to airy nothing

A locai habitation, and a name.

Note al Cap. Problema della conoscenza e idealismo calderon. 363

Such tricks hath strong imagination, Thal, if it would but apprehend some joy, It comprehends some bringer of thal joy : Or in the night, imagining some fear, How easy is a bush suppos'd a bear?

(145) E. ROSTAND, Les Musardises {n\io\a ediz.), Paris, 1911, p. 229.

(146) Afifascinava il PLATEN : « Welche Zauberwildnis fesselt Ohr und Blick? I Blume jedes Bildnis, jedes Wort Musik » (Epigramma su Eco y Narciso, Werke, ediz. Koch, Petzet, VI, 307). Lo SHELLEY in una sua epistola poetica a Maria Gisborne, del 1820, vantava « that majestic tongue | which Calderon over the desert flung | of ages and of nations ; and which found | an echo in our hearts, and with the sound I startled oblivion » {The complete poetical Works of Shelley, ediz, T. Hutchinson, Oxford, 1904, p. 362).

(147) Qualche minima osservazione sul fascino della musica in Cal- deron, nel mio saggio, alquanto fugace ed arido, Calderon y la musica en Alemania, nella Cultura espanola del 1907. Converrebbe approfondire quant'io tocco leggermente.

(148) Dramma ed « auto » La Vida es suefio. Dice Decio ad Au- reliano, nella Gran Cenobia : « A Roma llegas a tiempo j de ver la mayor tragedia \ que en el teatro del mundo [ la fortuna representa » « la farsa de nfi vida, ( todo es pasos al revés » {Fineza cantra fineza). E Liriope in Eco y Narciso: « Yo, que al teatro del mundo | comica tragedia fui ». « Es el mundo una comedia al revés : en las que se representan estan parados los oyentes, y van saliendo unas fìguras entrando otras. La va- riedad està en la representacion del teatro, no en los miradores. Pero la vida es comedia al contrario, no se muda el teatro, ni las cosas del, lo que fué eso sera » (PEDRO DE VEGA, Declaracion de los siete psalmos penitenciales, Zaragoza, 1606, voi. II, f. 51).

364 Note al Cap. Il sogno e la vita.

(149) Posso ora giovarmi del diligente spoglio offerto àa J. ABERT, Schlaf und Traum bei Calderon, nella Festschrift /tir L. Urlichs, Wiirz- burg, 1880, pp. 163 sgg. E rimando alle osservazioni sul sogno in altri poeti, particolarmente in Lope, sparse nel volume di quest'opera. Avrei dovuto ricordare il frammento. Del Sueho, aggiunto a un curioso libercolo di JOAN DE ARANDA, Lugares comunes de conceptos, di'chcs y sen- tencias en diversas materias, Sevilla, 1595, pp. 116 sgg. V'erano tra i contemporanei di Calderon uomini nutriti delle sacre Scritture che consideravano il sogno unicamente quale semplice funzione fìsica, cagionata da particolari « humores » e « vapores », come indicava FR. Miguel de la FUENTE, in un suo indigesto Libro de las tres Vidas del hombre, corporei, racìonal, y espiritual, Toledo, 1623 (Pro- logo: « dase en el doctrina acomodada para todos estados sacada de

la divina Escritura, y Santos Padres »), f. 105 sg. : «Se suena de noche... Està es una cosa ordinaria y naturai : y ay muchas personas espirituales que hazen gran caudal de cosa's semejantes, y piensan (que es lo peor) que bay en ellas grandes mysterios, y engananse por cierto ».

(150) Immagine cara ai teologi. Ricordo JUAN DE TORRES, Philo- sophi'a moral de Principes para su buena crianca y govierno, Burgos, 1602, Lib. XII, cap. Vili, p. 534: « el sueno, uno de los mayores la- drones disimulados que bay en el mundo » ; p. 547 : « y no es mucbo llamemos muerte al sueno, y al sueno muerte : pues aun la misma vida es tal, que la Ilama S. Juan Chrysostomo un breve sueno : en la qual corno entre suenos se desvanecen los bombres con vanas imaginaciones y deva- neos fantasticos: no aviendo en ellos mas sustancia que en el que duerme, y se suena a vezes rico, a vezes Rey, y a la manana se balla pobre, y miserable comò primero » . Commenta e parafrasa a lungo il « Dies mei sicut umbra declinaverunt » PEDRO DE VEGA, nella Declaracion de los siete psalmos penitenciales, Zaragoza, 1606, voi. II, disc. Ili (De la brevedad de la vida), f. 53 sg., e cita, con Giobbe e San Gre- gorio, anche il Petrarca («morte fura | prima i migliori »): « Ladrona del hombre, quiso dezir, que no solo roba nuestros bienes, sino tambien nos roba a nosotros mismos, y nos priva del ser hombres ».

Note al Cap. Il sogno e la vita. 365

(151) Così neir « auto » La Pici de Gedeon ; ma altrove l'accusa è al- leggerita, e il sonno convertesi in « breve homicida » (La Cena de Bal- tasar) « Si no entero homicida, [ medio ladrón de la vida, | media imàgen de la muerte » {El Santo Rey Don Fernando).

(152) « El sueno no es otra cosa que breve muerte» così il

Pasajero di CRISTOBAL SUAREZ DE FlGUEROA (p. 455), più volte citato nel mio I ° volume. « Entre la vida y la muerte | muere, pensando que vive, j vive, pensando que muere » {Mejor està que estaba) « En los brazos del sueno | a un tiempo muere y vive » (^La gran Cenobio). Dice la Morte all'uomo, nell' « auto » La segunda Esposa y triunfar muriendo : « Mira comò mi crueldad | mata desde el primer dia | con el sueno, imagen mia | de essa antorcha una miiad » « Flora es por quien dormida | es ya ymagen de la vida j quien de !a muerte es trofeo », così Fadrique, nella Selva confusa Revue hispanique » , XXI, 233), Diceva il Duca a Claudio {Measure for Measure, III, 1 ) : « Thy best of rect is sleep, | and that thou oft provok'st ; yet grossly fear'st j thy death, which is no more ».

(153) Or ricordo un'effusione lirica («a colloquy with God ») di Thomas BROWNE, aggiunta alla Religio Medici, stampata nel 1642 {Works, ed. S. Wilken, London, 1833, II. 113):

Sleep is a death ; O make me try, By sleeping, what it is to die I And cis gently lay my head On my grave, as now my bed. Howe'er I rest, great God, let me Awake again at last with thee. And thus assur'd, behold I lie Secureley, or to vv^ake or die. These are my drawsy days; in vain I do now wake to sleep again: O come that hour, when I shall never Sleep again, but wake for ever !

(p. 1 12): « We term sleep a death: and yet it is waking that kills us, and destroys those spirits that are the house of life » (p. Ili): « And surely it is not a melancholy conceit to think we are ali asleep in this world, and that the conceils of this life are as mere dreams, to those of

366 Note al Cap. II sogno e la vita.

the next, as the phantasms of the night, to the concert of the day. There is an equal delusion in both, and the one doth but seem to be the emblem or picture of the other. We are somewhat more than our- selves in our sleep ; and the slumber of the body seems to be the waking of the soul » . Anche oggidì nelle parlate popolari si suole paragonare la morte al sonno « dormir le grand sommeil » ; « s'endormir tout de bon » (L. GAUCHAT, La Trilogie de la vie « Articles spécimens du Glossaire des Patois de la Suisse romande », Lausanne, 1915, p. 82).

( 1 54) « Sepulcro breve | de un vivo cadaver » è detto il sonno nel dramma Mejor està que estaba; e qui pure trovi l'espressione bizzarra: « yace en el sepulcro del sueno | toda mi casa cadaver » .

(155) Neil' « auto » La segunda Esposa l'uomo si duole d'essere av- vinto alla colpa : « Es muy prolijo | el lazo de esa cadena, | a quien se sigue un delirio, | un letargo que amenaza | con ultimos parasismos | mi Vida». Un mistico senese del'aOO, GIOVANNI COLOMBINI, voleva scuotere dal letargo della colpa i devoti, e scriveva {Lettere, pubbl. da A. Bartoli, Lucca, 1856, p. 87): « pregovi e contortovi ... che voi e noi ci destiamo da questo nocevole, oscuro sonno, e isveglianci e spigarianci, disfanghiamo del fango misaro del mondo, nel quale sotto molti vari e falsi inganni ispesso ci poniamo a sedere e a giacere con dormigliosi e pericolosi sonni ».

( 1 56) « Pues los suenos | cuantas figuras engendran | son discursos de aquella alma | que no duerme, y comò quedan | entonces de los sentidos | las acciones imperfectas, | imperfectamente forman | los discursos, y por està j razon sueiia el hombre cosas | que entre si no se conciertan » {El Pur- gatorio de San Patricia).

(157) E sovveniamoci del Polyeucte del CORNEILLE (P atto):

Je sais ce qu'est un songe, et le peu de croyance Qu'un homme doit donner à son extravagance, Qui d'un amas confus des vapeurs de la nuit Forme de vains objets que le réveil détruit.

« Entre suenos los hombres se desvanecen con vanas imaginaciones y fantasticos devaneos » , così il gesuita PEDRO DE GUZMAN, Bienes del honesto trabajo y danos de la ociosidad, Madrid, 1614, Dis-

Noie al Cap. II sogno e la vita. 367

curso, 3, § 2. « Was sind wohi Tràuma ? | Phantastische und leere Hirn- gespinste, | bedeutungsios und ohne Grund und Sinn » , sentenzia Manlius nel Catilina giovanile dell'lBSEN (versione tedesca di ELIAS e SCHLENTHER). ( 1 58) Notizie diffuse : Die Trdume F. Hebbels, nei capitoli XV-XX dell'opera freudiana di W. STEKEL (citata nel voi.), Die Trdume der Dichter. Bine vergleichende Untersuchung der unbewussten Trieb- kjafte bei Dichtern, Neurotiken und Verbrechern, Wiesbaden, 1912, pp. 195 sgg. (utile soltanto per le citazioni copiose dei poeti di tutti i tempi. Non ci vedo ricordata una chiacchierata di R. HAMERLING, Vom Traumen, Prosa Skizzen, Gedenì^blatter und Studien, N. F., Ham- burg, 1891, I, 165 sgg. : « Man begeht im Traume Schandthaten, deren man im Wachen nicht fàhig v^^are ... Vielleicht ist mancher geneigt zu denken, dass der Traum doch vielleicht Recht habe, und dass er die wahre Natur des Menschen enthiille »). Poteva consultare lo Stekel con qualche profitto la divagazione erudita : Traum, nel Grosses Universal Lexikon dello ZEDLER, voi. 45, Leipzig, Halle, 1743.

(159) Scende il dolce sonno ad Egmont, l'eroe di GOETHE, che scaccia nel carcere i terrori della morte minacciata : « Siisser Schlaf I Du kommst wie ein reines Gliìck ungebeten, unerfleht am willigsten. Du Iòsest die Knoten der strengsten Gedanken, vermischest alle Bilder der Freude und des Schmerzens, ungehindert fliesst der Kreis innerer Har- monien, und eingehiillt in gefalligen Wahnsinn, versinken wir, und hòren auf zu sein ».

(160) S. BERMUDEZ de Castro immaginava un suo confronto tra E. T. a. Hoffmann e il Calderon, nel « folletin » del « Piloto » del 1 7 marzo 1 839.

(161) Nel VI voi. delle opere, Schriften (Berlin, 1828, p. XVIII) del TIECK, che ricorda anche il valente mio collega O. F. WALZEL, Deutsche Romantik, Leipzig, 1908, p. 95. Un ricordo delle letture tieckiane della «Vita è un sogno» (verso il 1837) ci è trasmesso dal CLARUS (W. VOLK), Wanderungen und Heimkehr einer christlichen Forschers, Miinchen, 1862, li, 419: « Was Tieck betrlfft, so hat er uns neu- lich auch wieder einmal Das Leben ein Traum vorgelesen, und ich

bin abermals in wahrer Andacht bei diesem Werke verweilt ! Hàtte

man von Calderon nur obiges Stiick und noch einige andere seiner besten,

368 Note al Cap. Il sogno e la vita.

und ebenso auch von anderen immer nur das Beste, mir deucht, es ware gesunder, concentrischer und begeisternder ».

(162) Salmagundi (1807), nell'ediz. del 1860, XIV, 328.

(163) Era corrente il motto Suenos hay que verdad son ', e l'aggiun- geva LOPE DE VEGA come sottotitolo all' « auto » Trabajos de Jacob (Parte XXII; e nella grande edizione delle Obras, voi. Ili), erroneamente attribuito a Calderon in alcune « sueltas » , come avvertì il RESTORl, nella Zeitschrift fiir romanische Philologie, del 1894 (p. 21 dell'estratto delle note all'edizione del Menéndez). E ancora manoscritto, se non erro, un « auto sacramentai » di JOSÉ PEREZ DE MONTORO, Suenos hay que verdad son, scritto, nel 1701, «para los acólitos de la catedral de Càdiz », e registrato dal PAZ Y MÉLIA, nel prezioso Catà- logo de las piezas de teatro..., Madrid, 1899, p. 485, N. 3190.

( 1 64) « Algunas vezes embia Dios los suenos, y corno se conjetura si es de Dios » , diceva F. HENRIQUE DE VlLLALOBOS, nella Suma de la Teologìa moral y canonica, 1 l '^ ristampa, Madrid, 1658, II, 639 {Si es licito pronosticar por suenos). Dice ancora Candazes, nell' « auto » calderoniano El Corderò de Isaias : « El Dios de Israel, usando | de su suma Providencia, | por senales nos avisa | aquella linea postrera | en que de nuestros talentos | avemos de darle cuenta | ... Dios ofendido | de la dormida pereza | en que vivimos, piadoso | con sus ruidos nos de- spierta, | para que nos prevengamos » .

(165) Sempre provvidenziali ai poeti per l'effetto drammatico che va- gheggiano. Ricorderò qui altri ditirambi dello SCHULZE (parroco e cri- stiano ferventissimo, precursore del buon Lorinser), a proposito degli oscuri presagi nel Principe Constante {Ueber den standhaften Prinzen des Don P. Calderon ..., p.A5): « Was aber dieser Dichtung einen v^under- baren Zauber giebt und auf eine ganz eigenthumliche*Weise die Ge- miither fesselt und zw^ingt mit der sich entwickelnden Handlung fortzu- schreiten, ist das Prophetische, Ahnungsvolle, gleich beim Beginn des Trauerspiels wie ein Komet hingestellt, dessen verhàngnissvolles Anfangs dunkel und allmàhlich heller gluhendes Schwerdt wahrend der ganzen Nacht des Dramas am Himmel uber der untern, im wilden Streite ban- genden Welt ruht, um wie von der Gottheit selber ausgesteckt aul die Alles entwirrende Zukunft hinzuw^eisen und endlich ganz zu verschwin-

Note al Cap. Il sogno e la vita. 369

den ...» ; (p. 50): « Irren wir nicht so wollte der fromme Dichter, dessen Begeisterung, eben so tiefsinnig und besonnen, als klar und lebendig, einzig und allein aus seinem acht christlichen GefUhle fiir das Ewige hervor- bliihte, und himmelan strebte, wie des christlichen Domes sich hoch und hòher hebende Saule, durch jenes Ahnungsvolle, in sofern es den handelnden Personen ein unbewusstes ist, in den von Ferdinando's Ungliick und Leiden erschiitterten Gemiithern der Zuschauer, die gerechte Trauer mildern ».

(166) Nel dramma Las tres justicias en una, Don Lope dubita e ra- giona : « Es verdad ; pero creyendo | conmigo acà vacilando, | que ahora estaba sonando | aùn dudo lo que estoy viendo » .

(167) La gran Cenobia El Castillo de Lindahridis El Sanio Rey Don Fernando En està Vida todo es verdad y todo mentirà. « A los asombros de un sueno | concurris tan sucesivos, | que todavfa aun no [ si estoy despierto ó dormido » (Los hijos de la Fortuna).

(168) Della commedia del dormente risveglio dell'Holberg, ora riedita, e recentemente studiata da O, J. CAMPBELL, The comedies of Holberg, Cambridge, 1914 («Harvard Studies in Comparative Literature »), di- scorrerò nel volume di quest'opera.

(169) Maggiore è la sorpresa e il turbamento dell'eroe nel mistero sim- bolico La Vida es sueno : « Quien me dirà qual ha sido | en mis mu- dangas mas cierto, | lo que alla soné despierto | ó lo que aquì veo dormido ? » .

(170) La tragedia che sanguina è nella Penthesilea di HEINRICH VON KLEIST. Nella tensione delle forze, compiuta l'uccisione atroce del- l'amante, l'Amazzone s'addormenta, e, svegliatasi, ritiene sogno spavente- vole quello che realmente avvenne ; gioisce della luce che dissiperà le ombre e l'avvicinerà a quel reale che la pietà della fida ancella le de- scrive, e che è misero sogno, a cui per poco l'infelice si concede.

(171) « Todo ocioso cortesano, | dice un adagio, que tenga | una dama de respeto, que, | sin estorbar, divierte » (No hay cosa corno callar) « El hombre es pequeno mundo, j asi lo dize el proverbio » « Quando es sagrado proverbio, | contra mi es quien no es conmigo » (El diahlo mudo) « Si ay proverbio que dize, que el que llora | sus pesares mejora; | si ay proverbio que dize, que el que canta | sus pesares espanta »

A. Farinelli, La vita è un sogno. IL 24

370 Note al Cap. Il sogno e la vita,

(El Tesoro escondido) «Por dar luego dos vezes | doy, corno dize el proverbio » « A falla de buenos, dize | el refran, que el ruin es Rey » (La humildad coronada de las plantas) « El proverbio, en que pregunta | quien avrà, que a ballar se atreva | muger fuerte? » « Debora es la muger fuerle, | que en los proverbios buscò | la gran Sabiduria » (Quien hallara muger fuerte?) « De un adagillo, que a Espana [ aiiadió Lope, se infiere ... j Qué? Quien piensa que no quiere, ] el ser querido le engana » (Cuàl es mayor perfección) « Que tarde se puede hacer ) de buen Moro buen Cristiano ( comun proverbio no fué? » (El gran Principe de Fez) « Que si dice vulgarmente | un adagio castellano | que hacen palacio los Reyes, | las Auroras haràn cielos » (A migo, amante y leal) « En Castilla el refran dice 1 que el caballo ... | lleva la siila» (El Alcalde de Zalamea) « Tam- bien hay duelo en las damas \ quede al mundo por proverbio » « Un adagio decir suele : | Consejo el prudente muda » (Las manos blancas no ofenden) « Sacar fuerzas de flaqueza | llama un prudente pro- verbio » (Hado y divisa de Leónido y Marfisa) « Yo haré verdad el refran | de : un poco te quiero Ines » (No siempre lo peor es cierto, e Cada uno para si) « A perro viejo no hay ] tus, tus, dice | alla un proverbio » (La hija del aire) « Aunque el refran por el nadar se dijo » (La gala del nadar, Los empenos de un acaso, e El Alcalde de Zalamea). Non più di un breve spunto di una ricerca offre l'indice: Spriìchwòrter und sprtichwdrtliche Redensarten dell'in- dagine dello SCHMIDT, Die Schauspiele Calderons..., p. 542. Sap- piamo come pure lo SHAKESPEARE ricorresse agli oracoli della sapienza popolare. Dice Puck nel Midsummer Night' s Dream (III atto):

And the country proverb known, That every man should take his own, In your waking shall be shown.

(172) Lysander sentenzia nel Midsummer Night' s Dream (I atto):

... If there were a sympathy in choice, War, death, or sickness did lay siege to it, Making it momentary as a sound.

Note al Cap. Il sogno e la vita. 371

Swift as a shadow, short as any dream,

Brief as the lightning in the coilied night,

That, in a spleen, unfolds both heaven and earth.

And ere a man hath power to say Behold I

The jaws of darkness do devour it up :

So quick brighi things come to confusion.

(173) Geme l'uomo nell* « auto » La tìida es sueho :

Que se hizieron, ay de mi. La magestad, la altivez, El obsequio, el aparato, Las mùsicas, los olores, Plumas, cristales y flores; Y en fin, el subKme ornato

De Reales ropas

Vàlgame el Cielo I

Que de cosas he sonado !

Dice Don Juan a Leonora, nella « comedia » del dottor JERONIMO VI- LLA YZAN, Sufrir mas por querer mas (già stampata nel 1632): « Yo estoy satisfecho | ...de que fué fior mi esperan^a, | de que fué mi vida sombra, I de que fué mi dicha engano, | de que fué mi gloria sueno j ...Al cabo no (uè mentirà, | fior, engano, sueno y sombra ? » .

(174) Una commedia tradotta da M. A. IGUAL, Suehos hay que leccìones son, è ricordata dal MENÉNDEZ Y PELAVO, nell'ampia in- troduzione al l*' voi. dell'opera Ortgenes de la novela, p. XCII. Sul Desengaho en un sueno del DUQUE DE RlVAS si veda l'appendice al mio libro Grillparzer und Lope de Vega, pp. 327 sgg.

372 Noie al Cap. Il simbolo nella vita. Goethe e Calderon.

(175) « Ist ja doch alle Symbolik nur Verbrauch des Wirklichen in einem hòhern Sinne, in einer allgemeinen Bedeutung... Alle poelischen Per- sonen sind symbolische Wesen und haben als poetische Gestalten immer das Allgemeine der Menschheit darzustellen und auszusprechen » RIEMER, Mittheilungen uber Goethe, Berlin, 1841, 1, 202.

( I 76) Dovremo attribuire a Calderon anche 1' « auto » La conquista del alma, di cui conservasi un manoscritto alla Municipale di Madrid, ed una « suelta » di Salamanca, ch'io ricordai nelle Dìvagaciones hìhlio- graficas calderoYiianas (p. 1 1 dell'estratto)?

(177) Osservazione quest'ultima già stata fatta dal KRENKEL, Cal- deron's Auto «Das Leben ein Traum», Prolestantische Monatshefte (1890), IV, 26, ove però si analizza il mistero calderoniano senza ombra di originalità, e assai elementarmente, da far desiderare an- cora l'analisi e le relative esaltazioni di OTTO VON DER MALSBURG, nella Vorrede al 1 ° voi. delle versioni : Schauspiele con D. Pedro Cal- deron, Leipzig, 1819, pp. XHl-XXV, ove chiamasi 1* « auto » « eine von den reinsten Glorienlichtern umfunkelte Krone ». Non convince l'ar- gomentazione di W. MEYER, che, nel dotto studio, Ueber Calderon' s Sibylle des Orients, Munchen, 1879, pp. 1 1 sgg., 21 e 27, suppone il dramma calderoniano rifatto sull' « auto » El arbol del mejor fruto, ove si svolge simbolicamente l'azione medesima Viel spater arbeitete er das Auto vom Baum der besseren Frucht zu einem Drama religiòsen Inhalts) ». Nuovo Calvario, ma assai meno ripugnante, soffre nel rinnovamento simbolico El Pintor de su deshonra, trasfigurato nella persona del Reden- tore, che scende agli uomini per lavare col suo sangue la colpa fatale.

( 1 78) A tale aberrazione è stato trascinato L. THOMAS (nello studio citato. La genese de la philosophìe et le symbolisme dans « La vie est un songe » de Calderon, pp. 25 sgg.) da alcuni avventati giudizi del Krenkel, « qui marche ici encore à l'avant-garde des Caldéroniens » I. Facciamoci cuore, e, nell'indagine della genesi delle creazioni calderoniane, dopo lo strazio fattone da mille critici, consideriamo che è ormai tempo di cam- minare guidati dal discernimento proprio, non più sulle gruccie altrui.

(179) Più crudamente deplorava il «convenzionale» e allegorico » nella creazione calderoniana il SOLGER (recensione citata alle Vorlesungen di A. W. Schlegel, Nachgelassene Schriften, II, 604 sgg.): « Aber

Note al Cap. Il simbolo nella vita. Goethe e Calderon. 373

es ist doch nicht diejenige Phantasie, welche die Ideen selbst aus ihrem Innersten heraus zu gestalten weiss, sonderà sie muss immer erst durcK die Mittelregion der Abstraction hindurchgehen. Auch fixiren sich deshalb leicht die Bedeutungen der wirklichen Erscheinungen fiir die Begriffe, und sobald dieses geschehen ist wird das ganze Verfahren zur Manier » . Rileva più innanzi la necessità per il poeta di rappresentare « das Allgemeinste

immer in der begrenzten Beziehung So ist es bald der Begriff des

Rechtes und der Tugend, bald die Nichtigkeit und frevelhafte Anmassung in der menschlichen Weisheit, bald der Widerspruch zwischen dem Heil, das uns die Religion bringt, und der tiefen Verderbniss und Bestimmung zum Bosen, an welche sie sich mit ihren Gaben wendet, bald irgend ein anderes abgesondertes Thema, woran die Poesie den eigentlichen Sinn

des Drama entwickelt Deshalb muss er immer ein abstractes System

zu Grunde legen, ohne dessen Annahme und Voraussetzung es gar nicht mòglich wàre das volle menschliche Leben in einer so begrenzten Richtung

zu verfolgen Wo alles so in aussere Erscheinung und begrenztes Ver-

haltniss ubergegangen ist, wie im Calderon, w^o das Bedeutende und das Bedeutete sich so bestimmt von einander sondern, da uberwiegt offenbar die Allegorie». E, rispondendo, nel gennaio del 1819, ad una missiva del Tieck (HOLTEI, Briefe an Tieck, Breslau, 1 864) : « Calderon ist auch in dieser auflòsenden Allegorie begriffen, und eben desv^egen w^ird er so sehr Manierist. Ich kenne nicht genug von ihm, um ihn ganz zu beur- theilen... Aber das scheint mir gewriss, dass er nie ein Ràthsel aufstellt, ohne das Wort dabei zu haben, und seinen Text immer sehr bestimmt neben der Ausfuhrung liegen hat. Daher ist auch die Ausfuhrung immer so musi- visch gearbeitet, und er kann dieselben Materialien, nur anders zusam- mengesetzt, immer wieder gebrauchen ».

( 1 80) Definisce Tallegorìa, nell' « auto » El verdadero Dios Pan :

La Alegoria no es mas,

Que un Espejo que traslada

Lo que es, con lo que no es;

Y està toda su elegancia

En que salga parecida

Tanto la copia en la tabla,

Que el que està mirando à una

Piense que està viendo à entrambas.

374 Note al Cap. Il simbolo nella vita. Goethe e Calderon.

(181) « Pues pasando la Scena | va de historia a alegorìa » (El diahlo mudo) « Pues lo historial dexemos | y al mystico alegorico | tor- nemos » (La inmunìdad del Sagrado).

(182) A meno di considerare forza demoniaca la foga precipitata, la violenza, la demenza, come faceva l' ElCHENDORFF, giudicando il Cal- deron nella sua originale ed attraente Geschichte der poetischen Literatur Deutschlands, Paderborn, 1857; e Zur Geschichte des Dramas^, Pa- derborn, 1866 (si veda qui, a p. 47 sg., un giudizio sulla Devoción de la

Cruz : « Es ist die volle damonische Gewalt der Leidenschaft, die

unaufhaltsam fortreisst Hier erscheint die Sunde mit alien Entsetzen

der Holle im Herzen. Aber eben diese, wenngleich in ihrer Verirrung da- monische Kraft hat immerdar den Muth zur Umkehr und, wie sie die Hòlle stiirmt, auch die Macht, dem Himmel Gev^alt anzuthun, der um ihretwillen gern Gew^alt erleidet »).

(183) Il « Damonisches » nel Calderon, che corrisponderebbe al « Dà- monisches » di Goethe, è una trovata illusoria del mio geniale amico SCHUCHARDT, esposta, non senza acume, nell'articolo, Goethe und Cal- deron (« Romanisches und Keltisches », pp. 139 sgg.), ben sollevato sui paralleli immaginati dal SANCHEZ MOGUEL, dal DORER e da altri. Chi lo seguì ricordo ora THERFORD, On Goethe and Calderon, « Publica- tions of the English Goethe Society», London, 1886, pp. 57 sgg. non aggiunse la minima motivazione al giudizio ammesso, e ripetuto via via, fuori d'ogni conoscenza dell'anima calderoniana. Si moltiplicarono così, non si sa con quale vantaggio, gli studi su Goethe e Calderon ; ed uno ultimamente ne offerse ancora KARL WOLLF, Goethe und Calderon, nel « Goethe Jahrbuch » (1913), XXXI V, 118 sgg., tutto esteriore, malgrado i suggerimenti schuchardtiani che accoglie (p. 1 38 : « Dass auch

das Leben ein Traum eine geradezu vorbildliche dramatische Ge-

staltung damonischer Verkettung von Ereignissen ist bedarf keiner

besonderen Begriindung »). Non intendo io qui ripetere cose note a sa- zietà e riprodurre giudizi già raccolti e ordinati dal FREIH. VON BlEDERMANN (Goethe Forschungen) e da altri; mi attengo alle idee generali e alle direttive seguite nella caratteristica da me tentata del pen- siero di Calderon.

(184) Si veda l'appendice Goethe et V Espagne al libro mio, Guil-

Note al Cap. Il simbolo nella vita. Goethe e Calderon. 375

laume de Humboldt et V Espagne (Paris, 1896); lavoro giovanile, sepolto neir8° voi. della « Revue hispanique ». Era insignificantis- simo quello che dicevo di Calderon nel saggio suU' Humboldt ; ma pro- mettevo pure, sulla base di studi compiuti, l'ampia indagine su « Calderon in Germania » , che ancor tarda a venire in luce, benché preparata da un ventennio (si veda anche la mia recensione alla Bibliografia infelice del BREYMANN, Die Calderon- Literatur, Munchen, Berlin, 1905, nella Cultura Espahola , 1907). A questa mia indagine non pensarono punto : H. SCHNEIDER, Friedrich Halm und das spanische Drama, Berlin, 1 909 (buon lavoro, d'altronde) ; E. MUNNIG, Calderon und die altere deutsche Romantik, Berlin, 1913 (una prima parte, superficialis- sima, Calderon und A. W. Schlegel, apparve come dissertazione a Mo- naco nel 1912); W. SCHWARTZ, A. W. Schlegels Verhdltniss zur spanischen und porlugiesischen Literatur Romanistische Arbeiten » hrg. V. C. Voretzsch, voi. Ili), Halle, 1914. J.-J. A. BERTRAND, Ludwig Tieck et le Théatre espagnol, Paris, 1914, non sdegnò il mio consiglio, ed io debbo essergli grato del suo ricordo.

( 1 85) « Calderon ist einer der nationalsten Dichter, die ich kenne, und durch ihn schon in sein gesegnetes Vaterland zu blicken und dieses in

der Verklarung seines Gemiithes zu schauen ist eine Wonne Darum

ist es mir nicht w^eniger ergòtzlich, zumai wenn ich Schilderungen der Nation von spanischen Reisebeschreibern gleichsam als Commentar daneben balte » (Briefe von Heinrich Voss an Christian von Truchsess, Hei- delberg, 1812, pp. 32 sg.). Tutti poi esaltarono in coro lo spirito emi- nentemente nazionale del Calderon. « Calderon es el poeta que refleja mejor las ideas, creencias y costumbres de los espanoles », così F. GON- ZALO MORON, nel 1 843 « ese espiritu esencialmente espanol » , GiL DE ZaRATE, nel 1844 « Calderon est, dans le théatre espagnol, la plus haute, la plus eclatante, la plus parfaite personnification de l'Espagne », A. DE LATOUR, CEuVres dramatiques de Calderon'^, Paris, 1875, voi. I, p. LV, ecc.

(186) Altrove l'avvertii: negH Apuntes sohre Calderon y la mùsica en Alemania, La Cultura espahola, Madrid, 1907, p. 19.

(187) «Calderon ist durchaus theatralisch, ja bretterhaft » ; «Calderon ist unendlich gross im Technischen und Theatralischen » . Anche nella

376 Note al Cap. Il simbolo nella vita. Goethe e Calderon.

patria del poeta si è riconosciuta questa stupefacente virtuosità. Scri- veva GiL DE ZaRATE, nel Manual, più volte ricordato : « La per- spectiva teatral es a sus ojos la parte esencial del arte ; pero està vista, cerrada para otros, Uega a ser positiva para el : no conozco ningun autor dramàtico que haya sabido corno él poetizar el efecto, y que le haya hecho obrar tan poderosamente sobre los sentidos, haciendolo al mismo tiempo tan aereo ». Non poteva mancare lo SCHACK di esaltare in Calderon « das gewaltigste theatralische Leben » {Geschìchte der dra-

matischen Literatur Ili, 153, a proposito del Postrer duelo de

Espana).

(188) Da quale fonte trasse H. LANDSBERG {Calderon in Deutsch- land , nella « Sonntagsbeilage der Vossischen Zeitung » del 1910 N. 24-25, p. 1 99), la notizia che lo Schiller « batte auch w^ohl durch die Vermittlung Goethes das Manuskript des Standhaften Prinzen und der Briicke von Mantible erhalten, die als Schlussband des deutschen Calderon erst 1 809 veroffentlicht wurden »? Non so in quale anno Goethe scri- vesse la nota che si legge nell'edizione delle sue opere di Weimar (voi. XL della I parte, p. 185: Einzelnes): « Shakespeare und Calderon haben sol- chen Vorlesungen (dello Schlegel) einen glànzenden Eingang gewahrt ; jedoch bedenke man immer dabei, ob nicht hier gerade das imposante Fremde, das bis zum Unw^ahren gesteigerte Talent der deutschen Ausbildung schadlich werden miisse ».

(189) Goethe aveva affidata la parte di Sigismondo allo Oels e non al Wolf , che solo potè assumere la parte eroica a Berlino, nel 1818, nella riduzione allestita dallo Schreyvogel. Si veda una buona monografia di M. MARTERSTEIG, Pius Alexander Wolf, Leipzig, 1879, pp. 129sgg.

(190) «Der herrliche Calderon hat so viel Conventionelles, dass einem redlichen Beobachter schwer v^ird, das grosse Talent des Dichters, durch die Theateretikette durch zu erkennen. Und bringt man so etwas irgend einem Publikum, so setzt man bei demselben immer guten Willen voraus, dass es geneigt sei, auch das Weltfremde zuzugeben, sich an auslandischem Sinn, Ton und Rhythmus zu ergotzen, und aus dem, was ihm eigentlich gem'àss ist, cine Zeitlang herauszugehen » {Sdmtl. Werl^e, nell'edizione di Weimar, 1^ parte, XL, 186).

(191) La storia istruttivissima di coteste rappresentazioni, di cui vi sono

Note al Cap. Il simbolo nella vita. Goethe e Calderon. 377

preziosi accenni negli scritti e nelle memorie del tempo, è ancora da farsi. Cercherò d'offrire il mio contributo nell'introduzione alla stampa che prer paro dell'unico manoscritto della versione : Das Leben ist ei'n Traum, allestita dall'ElNSIEDEL e dal RiEMER, trascelta e in parte corretta da Goethe, che io acquistai a Lipsia, temendo varceisse gli oceani e appro- dasse in America. « Dass Calderon auf unsere Buhne kommt, das beweist den Schwindel, der unsere Kòpfe alle umfangt. Nachstens w^erden die alten Klosterkomòdien v^ieder aufgefiihrt », così scriveva THERESE HUBER, madre di un valente ispanofìlo, a Emil von Herder, nel gennaio del 1812 (L. Geiger, Therese Huber... Leben und Briefe eìner deutschen Frau, Stuttgart, 1 90 1 , p. 306).

( 1 92) Al RUckert non pensano i ricercatori della così detta fortuna di Cal- deron. E converrà rimandare alle lettere e confessioni del poeta, esposte e stu- diate da C. BEYER, Neue Mittheìlungen iìber Friedrich Ruckert Kri- lische Gange und Studien, I Theil, Leipzig, 1 873, pp. 1 29 sgg. ; e Nachge- lassene Gedichte Friedrich Riickerts und neue Beitrdge zu dessen Leben und Schriften, Wien, 1877, pp. 87 sgg. (si vedano anche le indagini di

R. BOXBERGER, Ruckert- Studien Gotha, 1898, cap. F. Ruckert's

Aufenthalt in Hanau und Selbstbel^entnisse , pp. 280 sgg.). Nel marzo del 1813 calderoneggiava febbrilmente, e scriveva allo Stockmar (p. 137): « Ich schwimme in Meeren von Entwurfen ; Lustspiele und Trauerspiele, Sonette und Vaterlandsgesange fluthen durcheinander » ; e, alludendo al- l'amica Ricke Heim : « Was du mir von ihr iiber Calderon schreibst, entziickt mich... Von den vielen aus ihm durch meine Schuld gehobenen Schatzen mochte ich mir ein Schatzchen ausbitten, um es an gutem warmem Orte zu behalten. Doch muss die Ausbeute aus den 2 Theilen

nicht so Ubermassig gewesen sein, da ich aus guter Hand weiss, dass

sie nach einem dritten begehrt. Sage ihr, wenn sie Verlangens danach hat, soli sie dich bitten, dass du mir das spanische Theater von Norwich und ein spanisches Lexikon in Coburg auftreibst, so will ich iibersetzen, Stiicke, denen der Standhafte und das Kreuz selbst die Hand soUen kiissen miissen, als z. B. « las Cadenas del Demonio » , die Ketten des Teufels, wo Bartolomeo, der Apostel mit so f urchtbarem . Anstande Penitencia, Pe- nitencia ruft, dass die verstockteste Siinderin ihre Freude daran haben miisste » . Si spensero rapide queste fiamme d'entusiasmo ; e doveva poi

378 Note al Cap. II simbolo nella vita. Goethe e Calderon.

il Riickert condannare, in prosaicissimi versi, il bigottismo del poeta e le versioni calderoniane che l'infastidivano (Calderon und seine Bearbeiter):

Calderon mit seiner steifen Formenpracht kann ich begreifen, Auch an seinem immer neuen Farbenschmelz mein Aug' erfreuen, Selbst Phantome seiner kraissen KIoster-Hofluft gelten lassen. Aber wer ihn heut noch gelten Machen w^ill, den muss ich schelten. Wo er stehn will auf den Brettern, Wird die Zeit herab ihn schmettern. Die mit Fiirstenknecht und Pfaffen Kiinftig nichts mehr hat zu schaifen.

(Ancora non lessi un voi. recente di L. MAGON, Der junge Riickert, Halle, 1914). Anche l' UH LAND sembra aver avuto la. sua leg- gera febbre calderoniana, e stimolo a fantasticare nuovi drammi, dopo aver assistito alla recita della Vita è un sogno, a Stuttgart, nell'aprile del 1819 (si vedano gli appunti di A. LUDWIG, Ein Dramenentwurf Ludwig Uhlands und seine spanische Quelle, nell' « Archiv fiir das Stu- dium der neueren Sprachen ... », CXIX, 22).

( 1 93) Nelle Vorlesungen del 1 8 1 2 : « In Calderon, als dem letzten Nachklange w^ie im strahlenden Abendroth des katholischen Mittelalters, hat eben jene Wiedergeburt oder christliche Verklarung der Phantasie den vollen Gipfel ihrer Verherrlichung erreicht » . Or ricordo che il Salpi, nella continuazione della Histoire littéraire del GlNGUENÉ (voi. XIl, Paris, 1834, p. 499), inspirato dal de Sismondi, aggiungeva questa rifles- sione: «Calderon excite une sorte d'indignation, malgré son genie

dramatique En lisant ses drames sans prévention, vous diriez qu'il a

voulu faire servir son talent uniquement à conflrmer les préjugés et les superstitions les plus ridicules de sa nation ».

(194) Profondamente mi stupisce la lettera che WILHELM VON HUM- BOLDT indirizzò da Karlsbad alla moglie Caroline, il 1 5 giugno del 1812

Note al Cap. Il simbolo nella vita. Goethe e Calderon. 379

( Wilhelm und Caroline von Humboldt in ìhren Briefen hrg. v. A. SYDOW, 4** voi., Berlin, 1911, p. 6): « Ich habe mit Goethe sehr viele interes- sante Gesprache gehabt, vorzuglich iiber Shakespeare, iiber den er ganz neue und sehr interessante Ideen hat, auch iiber Calderon, von dem er noch mehr halt, dann iiber tausend andere Gegenstande » . Che pure del dramma « La vita è un sogno » discorressero i due amici, può dedursi dal brano antecedente della lettera : « Ja ! liebe Seele, lass uns fest an Rom halten. Wir haben Vieles und Grosses genossen, wir sind nie von etwas wie von einem Wahn oder Traum zuriickgekommen, wir haben gleich das Einfach-Wahre ergriffen, wir miissen das Ende des Lebens nicht herab- sinken lassen ». Erano profondamente a noia a HEINRICH VOSS i confronti tra il Calderon e lo Shakespeare ; nell'ottobre del 1817 scriveva a Jean Paul {Briefwechsel zwischen Heinrich Voss und Jean Paul, Heidelberg, 1833, p, 20): « die thun... sehr Unrecht, die ihn (Calderon), ... einem Shakespeare an die Seite stellen, ja ein Frevel ist es mir... Man solite nicht vergleichen ».

(195) Kunst und Altertum (1822) «Calderon nimmt die kiinstliche Verbildung seiner Zeit zum Ausgangspunkt » , notavasi il GRILLPARZER. ( Werke\ XIII, I 5). Osservava il VIEL-CASTEL, parlando del dramma spagnuolo e calderoniano, nella « Revue des Deux Mondes », novembre 1 840, p. 3 1 3 : « La poesie est mal à l'aise lorsqu'elle a à représenter les éléments compliqués d'une civilisation aussi avancée que celle qui existait alors en Espagne ; elle s'entend mal à interpréter les calculs de la politique, les profondes combinaisons et les grandes luttes de l'ambition... Il lui faut quelque chose de plus simple, de plus saisissant, qui parie d'une manière plus directe aux imaginations » .

(196) Ritroviamo la stessa affermazione nell'anonimo recensente della « Quarterly Review » , del 1 82 1 , XXV, 1 4 : « In short : the language of the heart is entirely abandoned from that of the fancy » ; che ri- pete lo HALLAM, nella Introduction lo the Literature of Europe... (cap. VI, On the Italian and Spanish Drama), Paris, 1839 (2* ediz., Londra, 1882), III, 283 sgg. Confessava tuttavia lo Hallam lealmente di poco conoscere il Calderon (p. 305) : « I shouid speak perhaps with more re- serve of an author, very few of whose plays I bave read, and with whose language I am very imperfectly acquainted » .

380 Note al Cap. Il simbolo nella vita. Goethe e Calderon.

(197) Dal 1845 datano questi ed altri giudizi di HEBBEL, raccolti nei TagebUcher, nell'edizione classica del WERNER, III, 7 sgg. (Della esal- tazione religiosa nella Aurora de CopacaVana si doleva HEINRICH VOSS con Jean Paul, nel 1 8 1 7 : « mir indess ist diese Katholikerei ein wahrer Greuel » Briefwechsel citato, p. 22). Tocca lo Hebbel della prefa- zione esuberante del traduttore : « er weiss den Tiefsinn dieser Dramen nicht genug zu bev^undern. Ich erinnere mich nicht, von einer seit Jahrhun- derten einregistrirten Unsterblichkeit je solche Trivialitaten gesehen zu

haben Ich stelle mich, wie sich von selbst verstehet, bei Beurtheilung

dieser Stiicke, auf den christlichen und christkatholischen Standpunkt, da sie auf jedem anderen gar nicht in den Kreis der Betrachtung fallen. Aber auch von diesem aus scheinen sie mir vollig nichtig und gehaltlos, denn die Poesie, wenn sie sich mit dem Mysterium zu schaffen macht, soli diess zu begriinden, d. h. zu vermenschlichen suchen, sie soli sich aber kei- neswegs einbilden, ètwas zu thun, wenn sie es- gewissermassen w^ie einen Zauber-Ring an den Finger steckt und aus dem Wunder wieder Wunder ableitet. Die vorliegenden Stiicke geben freilich zu solchen Gedanken nicht einmal im negativen Sinn einen Anlass, denn die darin niedergelegte An- schauung des Christenthums ist so heidnisch-roh, so vollig ideenlos, dass man nicht weiss, ob man sie als fratzenhaft bei Seite schieben, oder als unsittlich zuchtigen soli ». H. LANDSBERG {Calderon in Deutschland), nella « Vossische Zeitung », del 1910, N. 25, immagina che quasi contem- poraneamente airimmermann, « etwa zu gleicher Zeit empfangt Hebbel von Calderon deutliche Einwirkungen, die gewiss weiter zu verfolgen waren » (Si vedano le mie lezioni, Hebbel e i suoi drammi, Bari, 1911, p, 1 02)i

(198) Mosso da altre considerazioni, il PLATEN, intemperantissimo nelle sue letture giovaniH, sentenziava, nel dicembre del 1819: «Goethe... hat keinen Funken von Calderon » . E divagava poi, chiosando altri giudizi : « Dass Wagner (Johann Jacob Wagner, professore a Wurzburg), Goethe Schillern wie Wein dem Branntwein entgegensetzt ist richtig, und es gilt auch vollkommen von Shakespeare und Calderon, und von einer etwas einseitigen Ansicht ausgegangen steht Shakespeare eben so hoch iiber CaJ- deron, als Goethe iiber Schiller steht » (Die TagebUcher des Crafen Au- gust von Platen, hrg. v. G. V. LAUBMANN und L. V. SCHEFFLER, Stuttgart, 1900, II, 347). Queste distribuzioni di grado, così fallaci e in-

Note al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità. 381

sulse, hanno tormentato e tormenteranno anche i sommi, sa Iddio fino a quali secoli. Ricordano un po' la scala dei valori imposta alla « cultura » dei popoli, che frutta tante insanie e sventure inenarrabili.

( 1 99) E la « Zarzuela » , nel Laurei de Apolo : « hay bellezas, que no 1 quieren mas que ser bellezas; | y hacen bien, porque no hay mas | que ser, que ser ellas mesmas ».

(200) La bella e ricchissima opera del MENÉNDEZ Y PELAVO (si veda il cap. X del tomo, quanto è detto di Tirso, di Lope, di Gra- ciàn) è muta infatti, per necessità, per quello che riguarda l'estetica cal- deroniana. Forse qualche frammento di idea sul bello e la sua natura si sarebbe potuto rintracciare nei drammi.

(201) Non ne fa parola il COTARELO, nella Bibliografia de las con- iroversias sobre la licitud del teatro en Espana, Madrid, 1904.

(202) Riferita una fiaba sulla origine di questa privilegiata tra le arti, la Deposicion prosegue : « de modo que para argumento de ser la Pin- tura inspirado Numen de sobrenatural aliento, baste saber, que fuese su prirtier taller la luz, su primer bosquejo la sombra, su primer làmina la arena, su primer pincel el dedo, y su primer Artéfice la joven trave- sura de un acaso » . Vi si ricordano pontefici, artisti (tra altri Michelangelo e Raffaello), dottori e professori dell'arte della pittura, in grande abbon- danza. Il complesso mi ha l'aria di una goffa mistificazione, immaginata con tutta probabilità dallo stesso Nifo {Cajon de sastre literato, voi. IV, Madrid, 1781, pp. 24-43): «En quanto à los adelantamientos que sobre las tres Bellas Artes hicieron nuestros pasados lea el curioso el Tratado de la Pintura de Palomino ; y para formar alguna idea del merito que alcanzó la Pintura en Espana lease la siguiente Deposiciorì de Don Pedro Calderon de la Barca en favor de los Profesores de la Pintura, en el Pleito con el Procurador general de està Corte, sobre pretender este se le hìciese repartimientos de soldados ... En la Villa de Madrid ... 8 de Julio de 1677 afios Parte de los Profesores del Arte de la Pintura

382 Note al Cap. Arte e Rassegnazione. 11 canto alle umane vanità.

de està Corte presentan por testigo Don Fedro Calderon y a la

segunda pregunta dixo » (p. 42) : « Y todo lo que lleva dicho este

testigo lo sabe por lo mucho que ha leido asi en históricos, corno en otros

escritos curiosos en que se aiìrma Don Fedro Calderon de la

Barca Ante mi Garcia Coronel ». Tace perfettamente di quest'apo- logia M. MENÉNDEZ Y FELAYO, chiudendo, con un cenno sommario sui precettisti del '600 e del '700, l'ampio discorso: Tratadistas de Bellas Artes en el Renacimiento espanol, ora in « Estudios de critica literaria», serie, Madrid, 1907, pp. 471 sgg. Lo JUSTI, Diego Velazquez, I, 7, dice tuttavia di Calderon : « Dieser Vertheidiger des Adels der Ma- lerei sagt auch die Maler seien weiter nichts als Nachahmer der grossen Natur » .

(203) E bene ricordare questo giudizio a chi ancor crede alle improv- visazioni brillantissime e fulminee di Calderon. Anche il TRENCH no- tava, nel suo buon saggio, On the Life and Genius of Calderon (p. 64 della 1 ^ ediz.), « a certain excess of the intellectual faculty in the dispo- sition and carrying out of his plots. They are calculated overmuch; there is so accurate and premeditated a balancing of part against part, so fine and curious a dovetailing, that, ingenious as it ever, marvellous as it some- times is, stili there is felt to be much in it of calculation, too little of passion. It has degenerated sometimes into that v^hich almost looks like trick. The symmetrical is attained, but attained by means w^hich He too plainly on the surf ace ; it is the symmetry of artifice » . Mostrasi preoc- cupatissimo il poeta dell'opinione altrui e delle « pùblicas censuras » ; cor- regge e ricorregge, abbozza, distrugge, accoglie, rifiuta i suoi « borradores » : « asi corno un ingenio | cuidadoso se desvela, | cuando a pùblicas cen- suras I dar algun estudio piensa, | que, hecho fiscal de si mismo, | un pliego rasga, otro quema; | y mal contento de todo, | esto borra, aquello enmienda, | basta que ya satisfecho | del cuidado que le cuesta, | da el borrador al traslado, j y da el traslado a la imprenta » (No hay cosa corno callar) « Ay, vulgo, | con qué facilidad piensas | que una fiesta

se dispone! | Quien te mete en apurar | lo que a quien la escribe

cuesta? » (La pùrpura de la rosa « loa ») « Imagino | que haces al- guna comedia, | y vas, de miedo del silbo, | descartando borradores » (Para vencer a amor, querer vencerle).

Note al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità. 383

(204) Non mai bizzarramente giudicava il TiECK (lettera al Solger, del novembre 1818, Nachgelassene Schriften, I, 683): « Dieser Geist ist cine der sonderbarsten Erscheinungen ; kaum eine Spur von der grossen Vernunft, die den Shakespeare so himmlisch und acht human macht ; nichts mehr von jener grossen Naivetat, die ich immer an Lope bewun- dern muss ». E conveniamo che tanto della « Natura » quanto della «Ver- nunft » si continueranno a dare qua e nel mondo dei critici e dei ra- gionatori le definizioni più capricciose ed arbitrarie, mutevoli ad ogni sofBo di pensiero.

(205) Ho ricordato gli studi di ALBERT LUDWIG sulla tecnica del Calderon, tiranneggiati pur troppo dai dommi estetici del Freytag. Pur riguardano la tecnica calderoniana le indagini di E. LlNDNER, Die poetische Personifif^aUon in den Jugendschauspt'elen Calderons, Leipzig, 1904; e le divagazioni (alquanto modellate sullo studio di R. FRANZ, Der Monolog und Ibsen, Halle, 1908) di O. KEIDITSCH, Der Monolog bei Calderon, Jena, 1911 (a p. 109 una buona osservazione sull'irrompere della riflessione nei monologhi così detti lirici).

(206) In una sua orazione, un po' verbosa, ma nobilmente ispirata, ADELARDO LOPEZ DE AYALA {Discurso acerca del teatro de Cal- deron, tenuto air « Academia espanola»,il 25 marzo del 1870, ristam- pato nel VII voi. delle Obras, Madrid, 1885, pp. 302 sgg.) vantava il Calderon come « el mas legitimo representante de su indole y tendencia... ; ingenio milagroso que jamàs dudó, y cuya fijeza de creencias y miras arti- sticas presta a sus obras la severa unidad que tanto contrìbuye a la honda impresion que causa su conjunto » ; e chiamava il teatro calderoniano « sin- tesis de la nacionalidad » .

(207) Nelle lezioni schlegeliane famose Calderon appariva come « der letzte Gipfel der romantischen Poesie ». « Schopenhauer verwarf den Missbrauch, der mit dem Worte Romantik getrieben v^ird. Die Hegelianer, sagt er, haben dem Wort Romantik einen ganz anderen Sinn gegeben, als es urspriìnglich, im Gegensatze zum Klassischen, Antiken hat. Strauss nennt z. B. Julian den Abtriinnigen einen Romantiker, wahrend dieser doch gerade das Antike, Klassische wieder zuriickfuhren woUte. Die Romantik ist ein Produkt des Christenthums : uberschw'àngliche Religio- sità!, phantastische Weiberverehrung und ritterliche Tapferkeit, also Gott,

384 Note al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità.

die Dame und der Degen, das sind die Kennzeichen des Romantischen. Calderon ist eia Romantiker» E. GRISEBACH, Schopenhauer' s Ge- sprdche und Selbstgesprdche, Berlin, 1898, p. 30. Amava il com- pianto mio amico LEOPOLDO CUETO (MARQUÉS DE VALMAR), nel saggio, Sentido moral del teatro (del 1 868, ora in Estudios de Historia y de critica literaria, Madrid, 1900, p. 325), contrapporre allo « heróico, histórico, realista, humano y popular en las obras de Lope y de Tirso » el « caballeresco y fantàstico en las de Calderon » .

(208) « Es lugar | donde cada noche salen | cuentos nuevos » (El me- dico de su honra). Con poca cura, in verità, è allestita la raccolta di M. JlMÉNEZ HURTADO, Cuentos espanoles contenidos en las produc- ciones dramdticas de Calderon..., Tirso de Molina, Alarcón y Moreto, Sevilla, Madrid, 1881.

(209) Le ripetizioni erano inevitabili ; e il poeta le giustifica in un suo prologo (dell'ediz. degli Autos, curata dal PANDO Y MIER, Madrid, 1 7 1 7) : «*Avrà quìen haga fastidioso reparo de ver, que en los mas de estos Autos estàn introducidos unos mismos Personages ... Hallaranse parecidos algunos passos; tambien en la naturaleza se hallan algunos rostros pare- cidos; y aunque està razon salve este defecto, se anade a ella, que este genero de representación se haze una vez al ano ».

(210) Per giudicare della virtù poetica di Calderon nulla di più istrut- tivo che comparare l'uno o l'altro dei suoi « autos » alle rappresenta- zioni religiose che li precedettero, e che raffigurano, col trionfo di Dio e dell'ascesi, l'eterna lotta fra la carne e lo spirito. Or ricordo un goffissimo aborto di certo GIOVANNI STOCHMAR, « medico allemanno » , comple- tamente italianizzatosi, ritengo, nel Veneto : La maravigliosa rappresenta- zione spirituale non meno utile e Vaga che curiosa e sentenziosa. Nella quale si tratta della Miseria, Vita e fine de genere humano , Ve- nezia, 1610, dove interloquiscono la Provvidenza, la Natura, la Prudenza, la Carne, la Morte, il Mondo, un Astrologo, il Diavolo, il Tempo (che petrarcheggia : « Pace non trovo e non ho da far guerra » ecc.) ; misere- vole centone di versi e di giaculatorie sulla fragilità e la nullità della vita («sei un vaso di sterco... li tuoi giorni sono un'ombra, che passa si come il fior dell'arbore... O ben nati color, che avvolti in fasce chiuser le luci in sempiterno sonno », ecc.), messo insieme da un cervello demente quanto

Note al Cap. Arte e Rassegnazione. II canto alle umane vanità. 385

presuntuoso, per « lodar Iddio » , e far « che '1 peccator si converta a penitenza » (Indica asciuttamente il titolo di questa rappresentazione il Quadrio, Storia e ragione d'ogni poesia, Milano, 1757, VII, 206).

Erano fatica sprecata gli « autos » calderoniani per LOUIS RACINE, che li ricorda (riassume La Torre de Babilonia) nelle note della sua ver- sione al Paradise Lost del MILTON (CEuyres, 1 808, IV, 402) : « Telles étaient ces pièces qu'admiroit l'Espagne, lorsqu'elle n'étoit pas si éclairée qu'elle l'est aujourd'hui » .

(211) Ancora una volta accenno alle lodi ed esaltazioni dei critici germanici (gli unici ad appassionarsi veramente per il Calderon il calde- ronismo è malattia essenzialmente ed esclusivamente germanica), e ri- cordo un giudizio di K. HASE, Das geistliche Schauspiel, Leipzig, 1 858, p. 151: « Calderon hat mit dem zarten Sinnen und kiihnen Schwunge zahlreiche Autos Sacramentales gedichtet, ebenso atherisch als sinnlich reizend, nach deutschem Urteil zwischen Tiefe und Grundlosigkeit, zw^schen Erhabenheit und Plattheit schwankend. Er hat doch, ein anderer Pygmalion, scine Arme um diese Schattenwelt von Begriffen geschlungen, bis er ein klopfendes Herz in ihr fUhlte und diese allegorischen Figuren aus dem Dufte der Weihrauchwolken, wie lebendige, menschliche Anteil- nahme fordernde Wesen hervorschreiten, die seltsamste Mischung von en- thusiastischer Andacht, bliitenreicher Poesie und scholastischer Subtilitat, dazu die volkstumlichste Einmischung des Komischen in das Erhabene »

La ricchezza inesauribile delle varianti calderoniane alle concezioni fon- damentali sacre e profane sorprendeva il LOWELL, che trovava il Cal- deron « the most delightful of poets » : « there is endless variety too, and if his horizon be not of the widest, heat-lightnings of fancy are for aver winking round the edges of it ... His mind is a kaledeoscope, at every turn making a new^ image of the same bits of coloured glass... cheap ma- terial enough...» {Letters of James Russel Lowell, edited by CH. ELIOT Norton, London, 1894, II, 463 sgg. - agosto 1890). Anche lo Shelley s'era affezionato agli « autos » calderoniani, che ricorda fuga- cemente nella Defence of Poetry : «Calderon in his religious Autos has attempted to fulfil some of the high conditions of dramatic representation neglected by Shakespeare such as the establishing a relation between the drama and religion... ; but he omits the observation of conditions stili more

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. 25

366 Note al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità.

important, and more is lost than gained by the substitution o( the rigidly- defìned. and ever-repeated idealisms of a disturbed superstition for the living impersonations of the truth of human passions » .

(212) E singolare come I'ULRICI, nel suo saggio, troppo presto obliato nella stessa Germania (non lo scordava il CARRIERE in ogni suo giudizio su Calderon, nell'opera Die Kunst in Zusammenhang der Kulturent' Wicklung . . . , IV, 506 sgg., p. es., e nell'articolo Calderons Arzt seiner Ehre und Shakcspeares Othello, in « Nord und Siid » , voi. XVII , pp. 235 sgg.), Ucber Shakespeare' s dramatische Kunst und sein Ver- hàltniss zu Calderon und Goethe, Halle, 1839, p. 533 sgg., dopo aver detto di Calderon : « die Komòdie ist scine St'àrke, darìn entfaltet sein acht poetischer Genius scine ganze Kraf t » , neghi in lui la comicità vera, l'umore : « Jene Reflexion der komischen Weltanschauung in die in- nerste Tiefe der Subjektivitat, durch die das Komische hindurchgegangen, mit potenzirter Kraft sich aussert, jenes frohlockende Bewusstsein des mensch- lichen Geistes von seiner innern, wesentlichen Erhabenheit iiber alle Zu- stande seines irdischen Daseins und die daraus hervorquellende Lust an der Erbàrmlichkeit und Kleinlichkeit, an Leiden und Untergang desselben, kann ofifenbar keinen Platz finden in einer Weltanschauung, nach der das menschliche Leben schon an sich durchaus nichtig ist, und in der die Subjektivitat des Menschen so entschieden gegen die Herrschaft der objek- tiven Machte deif Welt zuriicktritt. Darum fehlt denn auch durchaus jene feine, durchsichtige Ironie, mit der Shakespeare liberali die ernsthaften Par- tien seiner Komòdien behandelt und die gleichsam der Lebensathem aller seiner komischen Dichtungen ist ». Il critico anonimo della « Quarterly Review » (1821), XXV, 22 sgg., trovava poca potenza tragica nel teatro calderoniano, e lodava in compenso, ed a capriccio, « his great comic powers. Intrusive, and often misplaced as they are, there is a vivacity and readiness in his Graciosos ; a broad and humorous vein about his more vulgar characters, which ... is frequently irresistible » .

(213) Udita dal grande poeta la parola d'ordine, altri più umiH mor- tali si affrettavano ad invaghirsi dei motteggi del divertentissimo « gracioso » . Ricordo qui un cenno a questa comica figura che si occulta nelle lezioni, ormai obliate, di un amico del Platen, assiduo lettore del Calderon, NEES von ESENBECK, Naturgeschichte des magnetischen Schlafes und

Noie al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità. 387

Traumes, Bonn, 1820, p. 101 : « ParaceUus trug seinen Dàmon in einer

Fiasche, in seiner Degenscheide Man wird hiebei an den Gracioso

des spanischen Theaters erinnert, der das tragische Leiden und Treiben der Hauptpersonen in sich zur ToUheit lautert, ohne darum von dem grossen Verhangniss, das iiber dem Ganzen liegt, frei zu werden, z. B. Calderon in La vìda es sueno ». Nel settembre del 1819, lo Shelley, in una sua lettera al Peacock, vantava nel Calderon, oltre la profondità del pensiero e la « subtlety of imagination » , « the rare power of interweaving delicate and powerful comic traits with the most tragical situations, without diminishing their interest ». E il LOWELL, nel settembre del 1873, comunicava a C. Eliot Norton i suoi entusiasmi cal- deroniani : « Such fertility, such a gilding of the surfaces of things with fancy, or infusion of them with the more potent fires of imagination, such lightsomeness of humour 1 Even his tragedies somehow are noi tragic to me, though terrible enough sometimes, for everybody has such a talent for being consoled, and that out of band. Life with him is too short and too uncertain for sorrow to last longer than to the end of the scene, if so long. As Ate makes her exit she hands ber torch to Hymen, who dances in brandishing it with an Io ! » {Letters of James Russell Lowell, cit,, II, 167 sg. Che la critica del Lowell, priva di fondamento filosofico, si accendesse troppo sovente ai facili entusiasmi, ammette anche J. J. REILLY, nel saggio, /. R. Lowell as a critic, New York, 1915).

(214) E il suo collega Pernia, De una causa dos efectos : « Ya cuan peligroso | el olìcio es del contento, | pues ha menester llegar siempre à ocasion ». QUEVEDO, in certa parte del suo inferno sognato, trema di freddo per il gelo prodotto dagli scherzi dei buffoni che vi conveni- vano: « este frio es de que en està parte estan recogidos los bufones, truhanes y juglares chocarreros, hombres por de mas y que sobran en el mundo, que estan aqui retirados, porque si anduvieran por el infìerno sueltos, su frìaldad^es tanta, que templaria el dolor del fuego » (Las Zahurdas de Pluton).

(2 1 5) 11 diavolo calderoniano ha i suoi precursori. Si veda : PATRICIO DE LA ESCOSURA, El Demonio corno figura dramàtica en el teatro de Calderon, nella «Revista de Espana» del 1875; due articoli recenti di J. P. WICKERSHAM CRAWFORD, The Devil as a dramatic figure

388 Note al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità.

in the Spanish religious drama before Lope de Vega The Pastor and Boho in the Spanish religious drama of the sixteenth Century, nella «Romanie Review», 1, 302 sgg., 374 sgg., II, N. 4, ottobre-dicembre; i due ultimi capitoli sul diavolo come figura comica nell'indagine di E. J. HASLINGHUIS, De Duivel in het drama der middeleeuwen, Leide, 1912, che però non considera la Spagna, l'Italia; e il libro recente di M, J. RUDWIN, Der Teufel in den deutschen geistlichen Spielen des Mittelalters und der Reformationszeit, Gòttingen, 1915.

(216) Le follie del « gracioso » Brito, nel dramma El Principe con- stante, producevano nello ZiMMERMANN {Zar Geschichte der Poesie, Darmstadt, 1847, p. 68) « einen v^ahrhaft erhabenen Eindruck tragischer

Erschiitterung ». « Mich hat der Humor..,. des Gracioso ... immer an

Lears Narren erinnert » . E l'ungherese G. HUSZÀR, nel saggio, P. Cor- neille et le théatre espagnol, Paris, 1903, p. 200 : « Le gracioso de la

Cisma de Inglaterra de Calderon atteint presque à la hauteur des fous

sages de Shakespeare » .

(217) M. MENÉNDEZ Y Pelavo avvertiva nelle sue conferenze, che il « gracioso » « viene a hacer en nuestro teatro un efecto algo parecido al del coro de la tragedia griega » ; e forse ricordava un giudizio di L. DE VIEL-CASTEL {Essai sur le Théatre espagnol, Paris, 1882, ristampa): « Le Gracioso est, sauf la forme bouffonne, le chceur des tragédies an- tiques. Gomme le chceur il représente, pour ainsi dire, le public, dont il exprime souvent les sentiments et les impressions probables » . Del Pasquin, il buffone della Cisma de Inglaterra, VALENTIN SCHMIDT, negli appunti citati. Die Schauspiele Calderons, p. 396, osservava : « Auch in die gè- heimsten Falten der Seele schaut er, und ist so der einzig Wissende und Reflectirende im Schauspiel, der Chor, der, ohne selbst fiir sich etwas zu woUen oder zu beabsichtigen, die Absichten der Ubrigen erkennt und ihnen in komisch verdrehten Worten einen freilich verzogenen Spiegel ihres Innern vorhalt » .

(218) Nel magro mio saggio, Apuntes sobre Calderon y la mùsica, pp. 40 sgg,, ricordo questi ed altri giudizi, significantissimi, di Richard Wagner, che a nessuno piace di rilevare. Vedi, tuttavia, una nota fugace nell'opera biografica di M. KOCH, Richard Wagner, li (1842-1859), Berlin, 1913, p. 522. « Die Dramen Calderon's» , osservava M. ENK VON

Note al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità. 389

DER BURG, negli « Jahrbucher dar Literatur », Wien, 1839, LXXXVIIl, 77, « spiegeln die tragische Weltanschauung durch die Darstellung der Nichtigkeit menschlicher Kraft im Widerspruche mit den Gesetzen einer sittlichen Weltordnung nicht bloss im Allgemeinen ab; sondern sie fassen uberall zunachst die Unzulanglichkeit menschlicher Einsicht und Voraus- sicht ins Auge » .

(2 1 9) Per la rassegnazione in Goethe, 1' « Entbehren » , l* « Entsagen » che il poeta s'imponeva, si veda l'opera, fortemente e saldamente conce- pita, tutta raccolta e condensata entro un pensiero dominante, di G. SlMMEL, Goethe, Leipzig, 1913, pp. 179 sgg. : « Er musste sich dauernd iiber- winden, damit die Intensitat, die unmittelbare, selig-unselige Stròmung

seines Lebens gegenstandlich werden konnte Auch sein Verhàltniss zur

Natur mit seinem treuen Eifer und enthusiastischen Eindringen und dem gleichzeitigen Haltmachen vor den letzten Geheimnissen, der Ueberzeu- gung, dass ein Unerforscherliches da sei, das sich uns versage, ist die Le- benseinheit von Hingebung und Resignation » . A 33 anni Goethe confessava : « So viel kann ich Sie versichern, dass ich mitten im Gliick in einem enthaltenden Entsagen lebe und taglich bei aller Muhe und Ar- beit sehe, dass nicht mein Wille, sondern der Wille einer hòheren Macht geschieht, deren Gedanken nicht meine Gedanken sind ».

(220) C. Perez PASTOR, Documentos para la biografia de D. Fedro Calderón de la Barca..., Madrid, 1905, tom. I, p. 374.

(221) Ricordo ancora alcune giaculatorie di ANTONIO LOPEZ DE VEGA, raccolte nella Fama posthuma a la Vida y Muerte del Doctor Fray Lope Felix de Vega Carpio, Madrid, 1 636, f . 36 : « Quan en- ganoso es su deleite (della vita)... | antes nada es la vida, sino Muerte [ dada a bever en reluziente vaso | ...Ya es morir el nacer, si bien se advierte ». E il MONTALVÀN stesso, nel Para todos, Madrid, 1635, f. 148 (Dia QuiTìto):

Solo porque naciste comò muerto,

Quemandote los huesos ser recibes,

Pues te alimenta tu calor incierto. O engano de la vida, que conci bes !

Quando comien?as a vivir, has muerto,

Y que morir no pienses quando vives ?

390 Note al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità.

Non sa l'uomo « si vive ó muere, porque | todo se hace de un camino » Làgrimas que vierte un alma arrepentida. « No es otro el vivir que un ir cada dia muriendo», così il GRACIÀN, nell* Oracu/o; e qui pure : « Guai puede ser una vida que comienza entre los gritos de la madre que la da, y los lloros del hijo que la recibe ? » .

(222) « Breve, pues quando naze [ de ansias el Hombre, y de miserias lleno, I desde un seno a otro seno, | trànsito es el que haze | con vida tem escasa, | que de un sepulcro a otro sepulcro pasa ». (El ano santo de Roma). Dicesi dell'uomo nel Principe constante : « cada paso que da I es sobre su sepultura ». « Nacer a vivir muriendo, | hombre no es haber nacido, | sino de cadaver muerto | pasar a cadaver vivo » (La Nave del Mercader).

(223) « Aquella Vida, que Fior | fué del Mundo idolatrada, | humo, polvo, viento, y nada } es, sin lustre y sin verdor, | solo el suspiro menor | de la Muerte | la convierte en pavesa : O triste suerte ! | Y ay Mortai, que serio olvida, | y que estimando està Vida, | no le estremezca està Muerte ! » {No hay mas fortuna que Dios). E Giobbe, nel- l'«auto» Las Ordenes militares, torna a sentenziare sulla vita, «que es al turbion de un verano, | fior, hoja, sombra, gusano | aire, humo, polvo y nada » . Analoghe consideraizioni e sentenze sull'universale dominio della morte nel Poema de la Pintura di PABLO DE CÉSPEDES, scritto intorno al 1604: « Humo envuelto en las nieblas, sombra vana | somos, que aùn no bien vista, desparece » . Commenti ed oreizioni sul « pulvis es et in pulverem reverteris » , nelle Cincuenta oraciones funerales en que se considera la Vida y sus miserias, la muerte y sus provechos del pre- dicatore Luis DE REBOLLEDO, Zaragoza, 1608, or. Ili, f. 21 sgg. Or. XXII, 17: « En que se considera que el comengar a vivir es a co- menjar a morir » , ecc.

(224) Così umilia l' « Entendimiento » l'uomo, nell' « auto » La vida es sueho, che insuperbisce del suo onore e della sua dignità. La Morte grida similmente al Re, perduto dietro la Vanità e l'Idolatria, nella Cena de Baltasar : « Polvo eres | y polvo otra vez seràs ». « Polvo, humo, ceniza, viento » , non altro debbono apparire le vane glorie umane al « Màgico prodigioso ». « No hay polvo que no | se desvanezca en su- spiros », sentenziasi nel dramma En està Vida todo es verdad y todo mentirà.

Note al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità. 391

(225) Làgrimas que vierte un alma arrepentida, E Liriope (Eco y Narciso) : « Pluguiese a ese azul virel | que tumba y no cuna hubiese | sido entonces para mi ».

(226) Cintia Està oida todo es verdad y todo mentirà ; Irene Las cadenas del demonio; Sigismondo, nella Vida es sueho. E Ce- sare — La manos hlancas no ofenden : « En està soledad, y este | reliro fué mi crianza | del delito de nacer | una prision voluntaria ».

(227) Marfisa Hado y divisa. Ai lamenti di Sigismondo ri- spondono quelli assai men noti, e ricordati appena, di Rosarda, tenera- mente amata dal padre (Los tres afectos de amor) :

Nacf, en tan mala Estrella, que fué mi dicha Vispera de mi desgracia. Digaio lo que vosotras Misma sentis, pues en tanta Soledad vivis conmigo La austeridad deste alcàzar, En cuyos pàramos presa Desde mi primera infancia Me ha tenido mi desdicha Sin que yo sepa la causa ; Pues solo sé, que vi apenas Del dia las luces claras, Cuando mi padre dispuso, Que fuese aqui mi crianza, Con tan corta esfera, que Al pie destas penas alias

Solo permite que llegue

. . . en sola la libertad, Todo lo demàs me falta ...

Racional bàrbara vivo,

Tan hija destas montanas, ecc.

392 Note al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità.

(228) MoNTALvXn, Indice de los Ingenios de Madrid, Para todos. Madrid, 1635, f. 290: «Don Fedro Calderon, Florido... Poeta ha escrito muchas Comedias, Autos y Obras sueltas, con aceptacion ge- neral de los doctos. En las Academias ha tenido el lugar primero. En los Certamenes ha ganado los mejores premios, y en los Teatros la opinion mas segura ; y tiene tambien empefado a escrivir para dar a la estampa un elegantisimo poema, que llama el Diluvio general del mundo». È singolare come di tante opere Tunica di cui si ri- cordi il titolo nella breve notizia sia appunto quella del diluvio, pro- babilmente solo abbozzata dal poeta e poi abbandonata.

(229) « Borra la Naturaleza ! de la memoria del Mundo, [ no segundo Adan, segundo diluvio!» (Las Ordenes militares).

(230) « La seule fin vraie à laquelle l'esprit arriva sur-le-champ, en pénétrant tout au fond de chaque perspective, c'est le néant de tout. Gioire, amour, bonheur, rien de tout cela n'est complètement. Donc, pour écrire des pensées sur un sujet quelconque, et dans quelque forme que ce soit, nous sommes forcés de commencer par nous mentir à nous-mémes, en nous fìgurant que quelque chose existe, et en créant un fantóme pour ensuite l'adorer ou le profaner, le grandir ou le dé- truire. Ainsi, nous sommes des Don Quichottes perpétuels et moins excu- sables que le héros de Cervantes, car nous savons que nos géants sont des moulins et nous nous enivrons pour les voir géants » ; queste ma- linconiche considerazioni faceva ALFRED DE VlGNY, Du Néant des Lettres, Journal d'un Poète, Paris, 1839, p. 141.

(231) «La fàbrica del mundo comparada I con la celeste màquina en su punto, ) y la gloria del hombre, es un trasunto 1 de la angelica impresa derribada » MiRA DE AmESCUA, El EsclaVo del Demonio.

(232) Si veda un saggio recente della mia intelligentissima amica Carolina Michaélis de Vasconcellos, A Saudade Portuguesa. Di- VagacÒes filológicas e Uterar-históricas..., Porto, 1914.

(233) « Todo es pesar en mi, todo es tristeza?», chiedesi Diana nel suo sconforto (La criada y la sehora). Il PhilarÈLTE ChaSLES, che molti dissero acuto, immaginavasi Calderon tutto letizia e spensie- ratezza e vigor di vita : « Jamais il n'est triste ; la mélancolie aux ailes grises ne piane jamais sur sa scène ; les demi-teintes de la réverie sont

Note al Cap. Arte e Rassegnazione. II canto alle umane vanità. 393

inconnues à sa palette cu dédaignées de son pinceau. II est gai, flam- boyant ; la vie déborde dans ses ceuvres. Il crée sans beaucoup ré- fléchir » Études sur l'Espagne..., Paris, 1847, p. 26 Fantasticava già M.me DE Stael, contrapponendo Calderon allo Shakespeare, coi suggerimenti del suo mentore A. W. Schlegel (De l'Allemagne - (Euvres, XI, 136): « autant l'auteur anglais est profond et sombre dans la con- naissance du cceur humain, autant le poète espagnol s'abandonne avec douceur et charme à la beante de la vie ecc.». « Auch wohiinder heitern Ansicht des Lebens mòchte ich ihn (Calderon) dem Shake- speare vorziehen », scriveva il Gries all'amico Johannes Rist, nel giugno del 1814 {Aus dem Leben tìon Johann Diederich Gries, di Elise Campe, 1385, p. 105). Leggiamo nell'anonimo articolo su Calderon della « Quarterly Review » del 1821 (XXV, 24): « Of the golden keys, which are the inheritance of the true poet, Calderon has received but one, he can unclose to us the gates of joy ; he amuses us without ceasing ; but within that of horror and thrilling fear, he cannot admit us, and the sacred source of sympathetic tears flows not at his command». Altri vi sono che amano raffigurarsi Calderon in- neggiante alla gioia e al tripudio, e dell'umore dello Schiller, quando scioglieva, libando nei lieti calici, l'inno : « Freude, Freude treibt die Ràder | in der grossen Weltenuhr». «Su poesia », diceva del Calderon GiL DE ZaRATE, « es un himno infatigable de gozo sobre la magnifì- cencia de la creacion ». E ritiene sul serio I'Abert {Drei griechische Mythen in Calderon s Sal^ramentsspielen cit., p. 15), che la nota fon- damentale dell' «auto» El divino Orfeo fosse la gioia. « Diesem hellen Licht der Freude, dem in der Natur der àusseren Welt das Licht und die Schonheit korrespondirt, steht als furchtbarer Gegensatz das ewige Leid der fìnsteren Màchte gegenùber und bildet den Schatten, der die hellen Farben des Bildes noch mehr hervorhebt». Certo al fondo del- l'anima del poeta non era la gioia, ma il mite dolore e la calma della rassegnazione ; e non doveva considerare cattivo consiglio quello che dava lo spirito del male nell'tcauto» El verdadero Dios Pan: «Para divertir | el pesar, es menester J ayudarse del piacer ». Singolare come lo JuSTI {Diego Velazquez, II, 270) disapprovasse il noto ritratto del Calderon dipinto dall'Alfaro : « In der rohen und nachlàssigen Ma-

394 Note al Cap. Arte e Rassegnazione. 11 canto alle umane vanità.

lerei dieses gràmlich bittern Greisenkopfs ist keine Spur von dem Geist des heitern und gedankenreiclien Dichters ; man mòchte wiinschen, dass es eine untergeschobene Kopie sei » .

(234) Ho in animo di compiere un'indagine, ora appena comin- ciata, suir evoluzione del concetto Malinconia attraverso i secoli. I lettori ricorderanno alcune note al volume di quest'opera mia sulla Vita è un sogno, pp. 283 sgg. Alcune distinzioni immaginate da Cal- deron figurano negli appunti di VALENTIN SCHMIDT, Die Schauspiele Calder ons..., p. 269.

(235) « Toda melancolìa | nace sin ocasion ; y asi es la mia, | que aquesta distincion naturaleza | dio a la melancolìa y la tristeza » (No hay cosa corno callar).

(236) L'ipocondria, a cui si accenna nel dramma Et mayor monsiruo los celos, doveva essere malattia nuovissima, a giudicare da un lamento del « gracioso » Coquin, nel Mèdico de su honra (HI): « Hipocondria... [ es una enfermedad, que no la habia | habrà dos afios ni en el mundo era. [ Usóse poco ha...». Bizzarria di poeta, sicuramente. « Pasion se- vera » è detta la malinconia (De una causa dos efectos) Melan- colìa y tristeza ì pasiones siempre infelices», così nel Principe constante. Ruggero, nel Melancólico di TlRSO, sentenzia : « Toda melancolìa | ingeniosa, es un ramo de mania, [ y non hay sabio que un poco, ] si a Platon damos fé, no toque en loco » {Comedias, ed. CoTARELO, Madrid, 1906, I, 71).

(237) S'acqueta e s'ammansa nella sua solitaria grotta il Prometeo calderoniano (La estatua de Prometeo) :

A vivir conmiao en està

Melancólica espelunca

Me reduje ; que no hay

Compania mas segura

Que la soledad a quien

No encuentra con lo que gusta.

(238) Ne sono pieni i trattati devoti, i commenti alle sacre Scritture, le omelie di quell'età, fertili di teologi e di sermoneggiatori. Leggo,

Note al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità. 395

o consulto piuttosto, la Monarchia mistica della Chiesa, di LORENZO DE ZamORA (versione italiana, Venezia, 1619); ai discorsi. Delle miserie della vita humana, seguono tre altri discorsi (XXXIV e segg. del Libro III) : Della brevità grande della vita humana Dell'immensa velocità con la quale passa la nostra vita Della brevità indicibile di questa vita nostra; e vi si diluiscon le chiose alle sentenze sul sogno della vita. Anche Pindaro è citato (p. 326). La vita è « un sogno di un'ombra, una cosa più. vana, pili rimota e lontana dalla stabilità e fer- mezza che l'ombra medesima. Tale è la vita humana, un soffio..., un'orma impressa non in terra, ma nell'aria, ecc. » Lunghi commenti e digressioni sul « Velut somnium avolans » di Giobbe, nella Philosophia moral de Principes del gesuita JUAN DE ToRRES (1602), Lib. XII, pp. 547 sg. ; cap. De la templanQa en el dormir. Sul motto di Pindaro, nel Disc. De la brevedad de la Vida, della Declaracion de los siete psalmos di Pedro DE Vega (f . 53) : « Sombra sofiada, temió que ,era darle mas que se deve, llamarle sombra verdadera ... Luego la sombra sonada menos es que la sombra en misma ». (Disc. II, Que la Vida posa comò humo). « Perciò vita breve fu da Homero alle foglie paragonata, ...da Platone ad un sogno d'occhi vegghianti, da Filenio, ecc. » (EUSEBIO NieREMBERG, versione italiana del trattato De la diferencia entre lo Temporal y Eterno, stampata a Cuneo, nel 1674, p. 117). Assai probabilmente Calderon leggeva l'ampio commento ad Isaia, di ETTORE PlNTO lusitano (Lugduni, 1567), famigliare a Lope de Vega, e ricolmo di osservazioni sulla fugacità della vita.

(239) Calderon non varcava ancora la trentina quando Lope, nel Laurei de Apolo (Silva VII), celebrava la dolcezza del suo canto : « En estilo poetico y dulzura | sube del monte a la suprema altura » .

(240) El ano santo de Roma « Porqué que es toda esa [ Ma- jestad y ostentacion ] vanidad de vanidades » (Las cadenas del demonio). Alla « Fortuna, que vuelve ( en polvo las monarquias 1 mas altivas y excelentes », pure si accenna nel Sitio de Bredà.

(241) Queste invocazioni (non originali ne abusavano già altri autori drammatici, come indica lo Stiefel, « Zeitschrift fiir ro- manische Philologie», XXXVI, 442, sgg., a proposito della Espanola de Fiorendo) tornavano spontanee alla mente e al cuore del poeta ;

396 Note al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità.

e pare ch'egli non si accorgesse di ripeterle all'infinito, nei drammi e negli «autos», con poche varianti, or brevi e tronche, ora estese ad una ricca quanto sterile e bizzarra nomenclatura dell'orbe. Ancor semplice è il canto del popolo che sospira : « Oh sol ! oh luna ! oh estrellas ! » (BRAGA, Cantos populares do Archìpelago agoriano, Porto 1869, p. 58). Ricordava questi capricci e intrecci calderoniani il danese J. L. HeibeRG (che si imporrà tra i primi critici dei primi drammi dell'Ibsen), nella tesi, De poeseos dramaticae genere Hispanico et praesertim de Petto Calderone de la Barca, principe dramaticorum, Kopenhagen, 1817, p. 50: «Non auro parcit, non argento, non soli, non lunae, non toti denique coelo. Fulmina, nubes, ...margaritas, adamantes, fontes, ...aves, flores, stellas, uno verbo, totam naturam, ita confundit, ut apud eum mox hortus mare florum evadat, mare vero hortus fiat spumarum, mox flores in terrae stellas, stellae in coeli flores mutentur ». (242) Décimas a la muerte El Principe constante Las Ordenes militares. « Siendo (la vida) | instante tan improvisa | qua llega corno fin, quando 1 se aguarda corno principio » (La Nave del Mercader). Soleva Calderon assimilare alle sue credenze le massime e le sentenze gravi dei Salmisti. Lope le ricorda; si inchina ad esse; e passa rapido ; vive senza fiere scosse la sua fresca e rigogliosa vita. È dottrina per Lope quanto è per Calderon fede. A sufficienza però si sommi- nistrano al Peregrino en su patria (pp. 67 sgg. dell'ediz. citata) le le- zioni morali. Nella 5^ cella delle grotte del Montserrat che visita, l'ere- mita gli prodiga i mementi sul viver misero e fugace : « Quien ay que no nazca llorando, y que desde la ninez no le opriman triste^as y congojas ? Como los rios cayendo de alto, por las dificiles sendas de las penas, descendiendo siempre continuan el sonido, y desde su nacimiento formando voces roncas, se quebrantan y rompen, basta que por los humildes pies de las montanas entran en el mar sobervio : asì el hombre sale del vientre de su madre con dolor y llanto, gime en la cuna, es oprimido en la ninez, afligido en la juventud, y en la vejez, impedido y llorando y gimiendo, pasa sus anos sin quietud y seguridad hasta que acabado el espacio de la vida, entra en el mar de la muerte, donde finalmente van todos los rios, ó grandes, ó pequenos. Estas son palabras de Hector Finto, en el capitulo 38 sobre el quarenta de

Note al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità. 397

Esaias : y el mismo Profeta dice, que toda carne es heno, porque corno el diestro pintor, quando quiere que algun color realce la figura, le opone el contrario, corno al claro el escuro : asì el divino Poeta profetico (dice Joanes Dardeo) para que se conociese la misericordia de Dios, puso junto a ella la miseria del hombre, de donde elegante- mente le compara al heno, y su gloria con las flores del campo. Que cosa ay mas vii que el heno ? Que cosa mas fragil que las flores ? Por eso lloraba Job, que el hombre salia, y se marchitaba comò fior, y huia corno sombra, y le decia a Dios, contra la hoja, que arrebata el viento, muestras tu poderio, y una seroja seca persigues ? Y asì la llama Santiago vapor que apenas parece. Homero compara la vida del hombre a las caducas hojas de los àrboles. Euripides dijo que duraba su felicidad un dia ; pero reprehendiole Demetrio Phalereo de que dijese un dia, debiendo decir solo un instante de tiempo. Y Pindaro llamó el hombre semejante a la sombra. Caso extrano el de nuestros aiios : pues respecto de la inmortalidad, aunque nuestra vida fuera de muchos siglos era corta, y siendo de tan pocos, que ya es viejo un hombre de quarenta, y de cinquenta caduco, y de setenta inutil, apenas consideramos su brevedad, para estimar el tiempo que despues habemos de llorar tan mal perdido ...Que dia carece de temor ? Como dice Seneca, y el Laureado Petrarca, en su prospera y adversa fortuna, ecc. ».

(243) Ricordo i sonetti celebratissimi del Principe constante, e versi del dramma Saber del mal y del bien « Mas qué bien, fundado en aire 1 no se desvanece presto ? » {El monstruo de los jardines).

(224) La cisma de Inglaterra. Dice Faeton a Amaltea (El hijo del Sol Faeton) : « Pues de las flores fruto [ somos los dos, yo al nacer, j y tu al vivir, aprendamos | dellas ... 1 yo, que pueden ser mariana | pompas las que hoy sombras ves ; | y tu, que hoy puedes ver sombras | las que eran pompas ayer » . Spandeva qua e i suoi fiori la povera Ofelia, alla soglia della morte : « I would give you some violets ; but they withered ali, when my father died ».

(245) El gran Teatro del mundo £/ Principe constante. Can- tava mestamente il Tasso: «... Com'aura, o fumo, o come strai re- pente j volan le nostre fame, e ogni onore | sembra languido fiore ».

(246) El gran Teatro del mundo. « Qué breve es la edad del

398 Note al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità.

gozo ! ! Bien dijo quien dijo, que era ] efimera de las flores, j que con el alba despiertan, I y fallecen con la sombra » (Duelos de amor y lealtad). A cuor leggero Calderon poteva ancor ripetersi, con una insignificantissima variante, nel Pleyto matrimoniai : « Es verdad y no me asombra ! ser nuestra vida una fior | que nace con el albor, 1 y fallece con la sombra ».

(247 El ano santo de Roma El mayor monstruo los celos Las cadenas del demonio La gran Cenobia El gran Teatro del Mundo

No hay mas Fortuna que Dios.

(248) La Monja de Portugal, nell'edizione citata nel voi. di quest'opera, p. 192 Has visto hermosa azucena 1 que las hojas quiere abrir, [ ó quiere el Alva reir ] después de noche serena ? [ Has visto almendro florido,...] Pues Alva, azucena, almendro, I no tienen tal bizarria 1 come està Dona Maria » : soavissimi versi, che certo Calderon conosceva e ricordava). Dei suoi sospiri d'amore dice Leonora, nella « comedia » Sufrir mas por querer mas del VlLLAYZAN (contemporaneo del Calderon, autore anche di una « letrilla » « Quien fior de almendro en abril ») : « que comò el viento pregonan ! dicha a tu amor en mis ruegos, I vida al almendro en sus hojas ; j si usare mal de la dicha | tu desvanecida pompa, [ morirà para escarmiento, [ naciendo para lisonjìP».

« Antes moral que almendro » , figura tra i « Proverbi » raccolti dairOUDIN. IVIanca un cenno al mandorlo nei due volumi del JORET, Les plantes dans V antiquité et au Moyen Age, Paris, 1904. Il mandorlo come simbolo del rapido disfiorire della vita ci è noto dal- VEcclesiaste (XII, 7) e da Geremia (I, 11-12). « Veggia la palma eccelsa il poco accorto ] mandorlo aprico, che sovente pianse | tardi i suoi danni)) (ALAMANNI, Coltivazione, l, 19). « Estant l'amandier arbre primerain, aussi sera-t-il mis des premiers en terre » (O. DE SeRRES, Théàtre d'agriculture... 3* ed., Paris, 1665). Nei « requiebros » del popolo di Spagna sovente si ricorda I'k almendro » : «Tu hermosura ava- sai la I todas las flores... | No vale lo que tu vales | la bianca flor del almendro | ni las mananas de Mayo » « Aunque tengas mas amores 1 que flores tiene un almendro, i ninguno te ha de querer [ comò yo te estoy queriendo » {Cantos populares espanoles, ed F. RodrIguez MaRÌN, Sevilla. 1882, II, 76; 274). «E benedisco er fiore de la

Note al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità. 399

mandolina ; | quanno feniscerà la nostra pena, j lora se vedaremo sera e matina » (A. IVE, Canti popolari velletrani, Roma, 1907, p. 56).

(249) Questo sfiorir rapido del mandorlo mi ricorda un curioso giu- dizio di Richard Wagner, espresso nella memoranda lettera al Liszt citata. Troppo improvvisa era la fioritura dei poeti sul suolo ferace della Spagna ; e doveva prodursi « eine unerhorte, unvergleichliche Bliithe, mit solcher Schnelle der Entwicklung, dass sie bald beim Tode der Materie und zar Weltverneinung gelangen musste » .

(250) El Jardin de Falerina E MlRÀ DE Amescua, nell'Esc/aDo del Demonio : « La vida, el mundo, el gusto, y gloria vana | son junto nada, humo, sombra y pena; | del alma que es eterna el bien importa ».

(251) « Ich fiihle des Todes j verjiingende Flut, j zu Balsam und Aether I verwandelt mein Blut», cantava il NoVALIS negli Inni. «In dem dunklen Leben ist keine Wahrheit, und nur im Tode wird jeder Schmerz gesund », così il BRENTANO, nel Godivi. Sulla voluttà di morte nei romantici tedeschi v'è qualche osservazione nel saggio di LuiSE ZuRLlNDEN, Gedanì^en Platos in der deutschen Romantik, Leipzig, 1910. pp. 161 sgg. Zacharias Werner chiamava la morte il « Meisterstiick der ewigen Liebe » . Se la vita significa « der Liebe Ahnung » , la morte ne è « ihr Brautkuss, und die, die mit der Inbrunst eines Gatten im Brautgemach uns vom Gewand entkleidet » . Altre mistiche esal- tazioni nel libro recente del Maeterlink, La Mori, Paris, 1913.

(252) « Oh tu! horror de los Mortales » (El Veneno y la Triaca). L'uomo fugge dal Peccato e s'imbatte nella Morte {La segunda Esposa y triunfar muriendo) : « Ay de mi huyendo encontré | de un horror, otro mas f uerte » « Muerte : nunca al hombre amiga » {A rgenis y Poliarco). Le pagine sulla fugacità della vita nel volume di quest'opera erano scritte prima ch'io conoscessi le divagazioni ascetiche (che assai risentono del sermoneggiare dei Gesuiti) di Fabio Glissenti, Athanatophilia, ossia contro il dispiacere di morire, Venezia, 1595, forse approdate anche sul suolo di Spagna. Vi si dilucida, con un diluvio di parole, e rinvii a Dante, al Petrarca e ad altri poeti, con infinite ripetizioni delle massime fondamentali, il trionfo perpetuo della morte sul cammino della vita « '1 morire nostro è vivere, il vivere nostro è un continuo morire » (f. 30) «Questo è il giardin del mondo, qual

400 Note al Cap. Arte e Rassegnazione. Il canto alle umane vanità.

tanto vago ci pare, li fiori siamo noi, e la vita nostra, come un fiore in un batter d'occhio se ne passa» (f. 13) «Onde dissero alcuni, che la Morte non è altro che un tranquillissimo sonno... E il sonno rispetto a questa humana vita è refrigerio e riposo carissimo » (f. 20) a II miser huomo ...nato che egli è, comincia la sua vita co'l pianto... giace poscia... prigione, e infelicemente ligato delle mani e dei piedi, e di tutto il corpo, e in tale maniera è stretto, che non si può dimenare per un punto, privato al tutto di libertà, non havendo in suo arbitrio altro che 1 pianto... Passa la infelice fanciullezza il miser uomo sino a' sett'anni, nella quale a guisa di bestia inutilmente vive, inferiore però, molto inferiore alle bestie... Passata la fanciullezza, nella quale peggio ch'un brutto animale se n'è vissuto, arriva alla Pueritia, dove cominciano a molestarlo i pensieri della ragione...; i maestri come tiranni gli comandano..., hora con fame stringendolo..,, tenendolo in servitiì schiavo della sua libertà, soggetto ad infinite leggi, e comandamenti, da' quali sono sciolti gli altri animali... Eccolo fatto sfrenato, sprezzatore di maestri, e delle cose che prima teneva in grande stima, si in preda a' vitli, contenta gl'appetiti, e si getta la ragione dietro le spalle. Ha in odio chi il corregge, ha in dispetto chi lo riprende » (f. 37) « ... E che cosa è ella questa nostra vita se non una prigionia dell'anima nel corpo e una carcere d'ambedue nel mondo (f. 11 6). Il 3*^ Dialogo ha per titolo : Eleuthero, cioè libero Arbitrio (f. 153 sg.).

II. IL DRAMMA

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. 26

II.

11 dratntna.

(1) Perchè alquanto meno convenzionale l'Alarcon di Lope e di Tirso, doveva vedere in lui l'amico mio P. A. URENA (nell'opuscolo Don Juan Ruiz de Alarcon, Mexico, ]9\ 4, p. 9) le particolari tendenze dello «spi- rito messicano »?

(2) Sovveniamoci ancora di un giudizio di HEINRICH VOSS, passato da una critica alla 1* parte dello Spanisches Theater dello SCHLEGEL, scritta nel 1803 a Weimar collo Jariges, ad una lettera al Truchsess del 13 dicembre 1812, riprodotta nel carteggio raccolto da ABRAHAM VOSS, Briefe von Heinrich Voss an Christian Don Truchsess, Heidelberg, 1 834, pp. 30 sgg. : « Wenn Shakespeare, gleich einem Philosophen, unbekiim' mert, was sich ergebe, in die letzten Tiefen der menschlichen Natur kiihn hinabsteigt, und mit der Treue eines von keinem Wunsche bestochenen Ergriinders das ans Licht heranschaflt, was sein Seherblick entdeckte ; wenn er das Leben nach alien Richtungen in alien Farben zeigt, und in einer stetigen Reihe der Entwicklung es vom Quellpunkte an bis zu seiner Erloschung, fast wie ein genauer Zergliederer, vor den Augen fiihrt so erscheinen dagegen Calderons Schopfungen wie hinter einem feinen durch- sichtigen Schleier, wie in einem magischen Spiegel; irgend ein Zauber- schein umschwebt sie, sei es ein verborgener allegorischer Sinn, eine mystische Bedeutsamkeit, oder das Phantastische einer abentheuerlichen Stimmung ; selbst in den rein historischen Dramen, bei einer bestimmten Charakteristik liegt etwas verborgen, das die Einbildung mehr ahnet, als schauet, mehr dunkel fiihlt, als sieht. Calderon sucht nicht sowohl die fìedeutung des menschlichen Lebens und Treibens durch Darlegung und Enthullung des Innern zu entziffern, vielmehr stellt er die Erscheinungen

404 Note al Cap. Il dramma.

desselben unmittelbar, und zwar in den auffallendsten und wirksamsten Situationen und schnell voriibergehend dar, so dass wir uns mehr vielseitig bewegt, als eigentlich erschiittert, mehr ergòtzt als mit Gewalt fortgerissen fuhlen. Kurz, Shakespeare fiihrt uns mit der Kuhnheit des nordischen Verstandes in die Tiefen des ihm verwandten Geisterreichs selbst hinein ; Calderon, mit sudHcher Wollust am Dufte der Blume und ihrem Schmelze hangend, lasst uns das in den Erscheinungen verborgene Gift ahnden ».

(3) Si veda MILTON A. BUCHANAN, Short Stories and Anecdots in Spanish Plays, « Modem Language Rewiew », 1909, IV, 179.

(4) « Calderon... hat die Erfindung ... von der ernsten Seite gefasst », così già lo SCHACK, Geschichte der dramatischen Literatur und Kunst in Spanien, III, 145.

(5) Tiranneggiati dallo Shakespeare, avveniva talora ad alcuni artisti va- lenti di rappresentare Sigismondo, interpretandolo a guisa di eroe shake- speariano. Ricorda il Makowski, morto di recente stark genug, um jeden Dichter wirklich ins Shakespearische iibersetzen zu konnen ») J. BaB, in un suo breve articolo, Calderons Menschendarstellung, nella « Schaubiìhne », VI, pp. 931 sg.

(6) Morì (( arcediano » della cattedrale di Guadix, nel 1644. Si ve- dano alcune poche notizie sulla sua vita esteriore esposte da F. SANZ, nel « Boletin de la R. Academia», I, 551 sgg. E noto il ricordo calderoniano alla « lan bien escrita comedia » di Mira de Amescua, nella Dama duende, che pur rileva il RENNERT, nella « Revue hispanique », VII. 124.

(7) Non scordò il BUCHANAN la Vida y muerte de la monja de Por- /u^a/, negli appunti: Segìsmundos Soliloquy on liberty in Calderon' s La Vida es sueho, nelle « Publications of the Modem Language Association of America », voi. XXIII, N. 2, pp. 244 sgg.; ma ai versi che indica altri conveniva aggiungerne (nel III atto, pag. 1 97 dell'edizione citata nel 1** voi. dell'opera mia), benché esprimano altro lamento:

Siente el pez en el agua el fuego ardiente

del amor inclemente;

en su region el ave

canta amores a amor con voz sua ve;

Note al Cap. Il dramma. 405

la fiera mas horrible

conoce del amor el mal terrible.

Si todo del amor siente cruel efeto,

que delito cometi

en querer la hermosura

mayor que el mundo tiene?

(8) Sull'Enciso, a cui per le probabili derivazioni calderoniane già aveva pensato il MACCOLL {Select Plays of Calderon, London, 1888, p. 184), si veda la nota 216, p. 310 del mio l^ voi. Di proposito ac- cenno a qualche derivazione, e non mi sbizzarrisco elencando le fonti cosi dette, sommariamente e saltuariamente indicate dal Menéndez y Pelayo (si veda BLANCA DE LOS RiOS, Menéndez y Pelayo y la dramàtica nacional, nella « Revista de Archivos, Bibliotecas y Museos », voi. X, Madrid, 1912, p. 67 dell'estratto). Che Calderon copiasse, plagiasse più volte, non solo Tirso e Lope e Mira de Amescua e altri, ma anche medesimo, non è ignoto. In un suo frammento del dramma Los yerros de Naturaleza y aciertos de la Fortuna, che scrisse in comunione con Antonio Coello, abbondano le analogie colla Vida es sueho ; ed io, più deciso del collega NORTHUP (si veda un suo articolo nella « Romanie Review » del 1910, 1, 411 sgg.), le riterrei derivate, senz'altro, dal dramma principale sul sogno della vita, già compiuto all'esordire del 1 634.

(9) Diario del viaje a Moscovia del Duque de Liria y Xérica, embajador de Espana en aquella corte (1727-1730), pubblicato dal MARQUÉS de la FUENSALTA e SANCHO RAYON, Madrid, 1889. Il duca stesso allude alle peregrinazioni in Russia de' suoi precursori. Si veda il prologo premesso da A. PAZ Y MÉLIA, e la notizia aggiunta da quel valente erudito alla Conquista de Napoles y Sicilia y relacion de Moscovia del DUQUE DE BERWICK, Madrid, 1890 (la 2 a parte tratta Del nombre, de la extendida, y de los limites del Pais, de su aire y clima y de lo que produce, p. 317: «Hay una inmensa cantidad de bosques » ; « hay poquisimas montanas, pero hay una inmensa cantidad de rios y lagos que hacen el pais hermosisimo para la vista ». Più innanzi (pp. 349 sgg.) si accenna ai regnanti : « 1606 Basilius Juanovlz Schiusky » ; e 1611 Wladislaus Sigismundoviz electus Zar Russiae», ecc.). Un

406 Note al Cap. Il dramma.

ampio capitolo, De la Republica de los Moscovitas, trovi nell'opera del- l'agostiniano HlERONIMO Roman, RepuhUcas del Mando, Salamanca, 1595, III parte, f. 13 sgg. : « Viven los Moscovitas entre Polonia y Tar- taria... Son grandes los desiertos que ay en està tierra... el duque Juan, padre de Basilio, visavuelo de Demetrio... oy senorea aquel senorio... Han sido poderosos estos Principes contra sus vezinos : pero los Polones han que- brantado su furia muchas vezes, por ser mas diestros en la disciplina militar ... Glorianse los Moscovitas de ser ellos los verdaderos Chri- stianos, ecc. ».

(10) Ohras, VI, 601 sgg, Chiedesi qui Basilio, rivolto al figlio: « Qué monstruo 1 vi pintado en mi aposento I la noche que te en- gendré ? » . Dopo il sacrifizio di Lamberto, cadono a Demetrio i sogni di grandezza e di dominio, e invoca la pace e il silenzio del chiostro : « Haced cuenta que estoy muerto | ... No quiero vida, Rufin, | no quiero estado, ni imperio;] sea el reino un monesterio ». Ancora non riuscii a rintracciare una « comedia » , Perderlo lodo en un dia por un ciego y loco amor, y falso Czar de Moscovia, che correva in una stampa del 1786.

(11) Si veda l'indice del Theatrum del BEYERLINCK (e il voi. V, p. 140), ricordato più volte nella 1^ parte di quest'opera. Un « Sigi- smundo » muove l'azione di un dramma di LUIS VELEZ DE GUEVARA, El Capitan prodigioso, principe de Transilvania. « Sigismundo » Principe de Focia ») è attivo nel dramma calderoniano Afectos de odio y amor. Un Sigismondo, che alquanto ritrae dell'eroe della Vida es sueho, ritroviamo nel dramma L.os yerros de naturaleza, che svolge la scena nella corte di Polonia. El Màgico Sigismondo, che vende l'anima al demonio è l'eroe di una « comedia » settecentistica di TOMAS

Bernardo Sanchez.

(12) Per distrazione il MARTINENCHE, nella tesi La Comedia espa- gnole en France de Hardy à Racine, Paris, 1900, p. 133, scorgeva nel- l'imperizia geografica calderoniana, « cette étroitesse », « un signe évident de décadence » . Veramente è eccessivo lo zelo del NORTHUP, che, in una lunga nota («Revue hispanique », XXI, 208 sg.), vuol rivelare la geografìa fantastica dei drammi calderoniani, e si meraviglia che il poeta abbia veduto scorrere anche il Reno, accanto al Po, lungo le fertili pia-

Note al Cap. Il dramma. 407

nure del Settentrione d'Italia De aquesta parte de Italia, | donde en Olimpo gentil, 1 valla de esmeralda y flores, | tiene por espejo el Rin » La iuente de Mantihle. « Aqu{ entre el Rin y el Po tengo | mu- rados de agua y jazmines 1 unos hermosos jardines » ha Selva con- fusa). Ma si tratta del Reno bolognese, che il critico non doveva con- fondere col gran Reno d'oltr'alpe. (Scritta questa nota, m'accorgo che l'amico RESTORI fa la medesima osservazione al Northup, negli appunti Ancora di Genova nel Teatro classico di Spagna, estr. dalla « Rivista ligure di Scienze, Lettere ed Arti », Genova, 1913, dove immagina un capitolo sulla geografia del teatro spagnuolo, « da aggiungersi all'enorme libro intitolato l'Ignoranza umana »). Bonariamente sorride di queste accuse l'autore del fantastico articolo Calderon, « Die Zeit », settembre 1912 Finden Sie nicht, dass Calderons geographische und historische Kenntnisse verboten miserabel waren? »). E quante meraviglie si son fatte perchè Cal- deron, nel dramma La Vida cs suefio, poneva il mare a lambire le terre della Polonia ! Quel mare non era tutto fantasia, e veramente bagnava le terre della Polonia, più vaste un tempo, e piiì felici. Si veda una nota di F. PlCATOSTE, El concepto de la naturaleza..., p. 16.

(13) Medesima accortezza in Rosaura, che, rivolta a Sigismondo, cer- tifica : « Tres vezes son las que | me admiras, tres las que ignoras | quien soy, pues las tres me has visto | en diverso trage y forma. | La prìmera...] La segunda... [ La tercera..., ecc.».

( 1 4) Gli attori d'un tempo badavano alle raffinatezze calderoniane, che oggidì appena ci preoccupano. Si veda quanto osservava FRIEDRICH Ludwig SCHMIDT, nel capitolo: Der Standpunkt des Darstellers auf der Scene, dei Dramaturgische Aphorismen, Hamburg, 1820, pp. 190 sg. : « Dass auf der Biihne ein einziger Schritt, vor oder riickwarts gethan, von bedeutendem Einfluss auf die Handlung seyn kann, ward mir in der Rolle des Clotaldo, in Calderons Leben ein Traum, recht anschaulich, und zwar in der ersten Scene des dritten Actes ( !), wo Clotaldo dem Konige berichtet, dass der von ihm in der Wildniss auferzogene und mit seiner Herkunft unbekannte Prinz bewusstlos in's Schloss gebracht worden sey, jetzt in koniglichen Kleidern auf seidenen Betten ruhe und in jedem Augenblicke erwachen konne. Ein Moment, der die Erwartung des Zu- schauers plotzlich auf die hochste Spitze stellt ; jeder Blick springt gè-'

408 Note al Cap. Il dramma.

scharf t hervor, diese so merkwurdige Verwandlung des Prinzen zu s^nen ; denn er sah ihn im ersten Act im Kerker, auf einem Strohlager, ./unter Wòlfen, unter Baren auferzogen ... Jedermann ist also ungemein gfspannt, zu gewahren, wle slch ein Mensch In dieser wundervollen Lage, die ihm das Leben zum Traum macht, benehmen werde. In diesem Augenblick wird gemeldet, dass der Prinz erwacht sey, und Clotaldo geht ikn zu empfangen... Da tritt ihm, statt der ersehnten Erscheinung, der jetzt lochst uninteressante Diener Clarin in den Weg. Und hier ergibt sich, dais ein Schritt die Spannung der Scene vernichten kann... Ein einziger verkeKrter Schrìtt des Clotaldo an dieser Stelle wird jene Erwartung schon beein- trachtigen. Um diese also ganz ungeschwacht auf der Spitze su erhdlten, muss Clotaldo in der fortschreitenden Stellung verharren, und gleichsam auf dem Sprunge, riickwarts gewandt, den Bericht des Dieners vernehmen und mit Drang und Eile beantworten... ».

( 1 5) Tornerò più innanzi a questo articolo calderoniano del CARDUCCI (che risale al 1 869), e si riprodusse nelle Opere (III, 21 sgg.), e recen- temente si tradusse, non indovino perchè, in castigliano. Accanto ad alcuni giudizi, degni dell'intuito geniale del grande poeta, vi trovi frequenti ine- sattezze, ricordi superflui della Romantische Schule heiniana, la smania irrefrenabile di colpire nel cuore il fanatismo religioso del poeta di Spagna e la critica abborrita, eppur sempre predominante, degli Schlegel. Ad August Wilhelm Schlegel il Carducci, certo sulla fede di Pietro Monti, attribuiva quella versione « in versi tedeschi » della Vida es sueho, « per il teatro di Weimar», che è invece opera dell'Einsiedel.

(16) Penso ai giudizi del mio carissimo MENÉNDEZ Y PELAVO {Calderon, pp. 35 ; 87, ecc.): « la ejecución es el punto débil en el autor de La Vida es suefio » è deplorabile « lo incompleto del desarrollo que procede por intuiciones y relàmpagos » .

(17) « Fuera buena prevencion | en el humano sentido, | para estorbar que se obrase | ese supremo edificio, | acompanarle del fuego? | Fuera acierto conocido, L para excusar que un espejo i no se quiebre, junto a el mismo [ poner piedras en que encuentre ? » {El mayor monstruo los celos).

(18) La traduzione, libera e goffissima, del dramma calderoniano, com- piuta da Raffaele Tauro, e stampata a Napoli, per Novello de Bonis, nel 1669, dedicata « all'illustriss. Sig. D. Stefano Carriglio de Salcedo »,

Note al Cap. Il dramma. 409

recava il titolo La falsa astrologia ovvero il sognar vegghiando. Io la lessi in un esemplare della Casanatense (Comm. 365), meravigliato della sfron- tatezza con cui il Tauro offriva questa sua lacrimevole « comedia» come invenzione sua propria, e della sciatta prosa versata sulla poesia caldero- niana. Rosaura precipita da una rupe, e esclama: « Dissetati con l'acqua del mio pianto crudelissima fortuna, sconvolgi la tua ruota, subissami nel precipitio più profondo, forse col finir della mia vita havrà fine la tua perfìdia; ma tu per maggiormente darmi pena, in vita mi sostieni, acciò ch'ogni momento io provi la morte. Sì, sì, vivrò bersaglio miserabile delle tue saette ; ma dimmi, che spetti ? che pensi ? per te caddi, per te dal- l'altezza de* miei pensieri nel centro delle miserie precipitai; ed bora ha- vendo precipitato il mio destriere, a nuovi, e da me non più provati di- saggi cerchi avvezzarmi. O nemica Polonia così ricevi una peregrina Dama? con questi tragici auguri fai strada alle mie speranze? Pensai provare be- nigno il tuo Clima, men fiero il mio Pianeta, pietosa la mia fortuna, ma qual pietà trovò mai un infelice ? » . Chiede il re a Crotaldo ( « balio di Gismondo »), nel atto: «Ancor dorme Gismondo?». E Crotaldo: « Presto cominciare a sognar vegghiando » . Moralizza allora il re : « Pri- vilegio comune, s'ogniun che vive d'haver sognato s'accorge, è un sogno la vita, son fantasmi i disegni, le speranze son larve, al cader della vita è già sparito il sonno. Ancor'io vegghio sognando ». Gismondo, nel atto : « Ancora dormo, se di vegghiar non credo, e pur credo che il sonno è nemico di luce, e pur vedo di luce i ricchi arredi. Son desto o sogno? così dico vegghiando, e credo di star dormendo, la novità che vedo reca sommi contenti, e 1 contento che godo mi fa desiare il sonno ». L'azione secondaria di Rosaura è qui diventata la principale. Tutto il vi- gore del dramma è caduto. Tutti i simboli sono soppressi in questa vera profanazione, che delira particolarmente verso la fine del 3*^ atto (Nell'in- fantile e caoticissima Calderon-Literatur. Eine hihliographisch-kritische Uehersicht, di H. BREYMANN, Munchen, BerHn, 1905, p. 131, presa ancora sul serio da molti studiosi, la riduzione del Tauro è registrata come versione AqW Astrologo fingido). Da altro rifacimento napoletano de- riva il racconto La vita è un breve sogno, raccolto nella collana Passa- tempo civile ovvero racconti piacevoli e curiosi..., ediz. di Venezia, 1759, I, 30-66, che varia e muta a capriccio l'azione del dramma calderoniano.

410 Note al Cap. Il dramma.

e sopprìme speditamente l'episodio di Rosaura. Alla fine (p. 65) si av- verte : « trovandomi a Napoli, vidi in una Tragedia parte di questo fatto rappresentare, e tanta incontrò laude ed applauso, che fu da quel Popolo per ben più volte fatta replicare ».

(19) Stupefacente il tentativo di caratteristica che offriva PIETRO Monti, nella superficialissima prefazione al dramma La vita e un sogno, che traduceva {Teatro scelto, II, 155): « Clotaldo è un cavaliere spagnuolo dell'età del poeta, la cui vita sta tutta nel punto d'onore, che, offeso, ad altro non anela che alla vendetta, persuaso che l'onore si perde per leg- giera offesa, che perduto non si riacquista che con vendetta di sangue ; quindi quei suoi discorsi con Rosaura, con che cerca tentarne l'indole, e que' suoi occulti, e talvolta male celati fremiti per l'onta fatta a lei, che già riconosce per sua figHa». E riteneva Rosaura (p. 154) « su cavallo indomito, che giù la rapisce per li dirupi di selvaggio monte, imagine sim- bolica della vita, simile alla selva oscura di Dante».

(20) « Vìbora humana yo | rompi aquel seno nativo, [ costandole al cielo ya | mi vida dos homicidios » {La hija del aire) « Humana vì- bora fué, I que, reventando a su madre \ en los montes se ocultó » (£n està Vida todo es verdad y todo mentirà) « Desde el primero | Oriente mio, no fui | vibora, pues, que naciendo | la vida coste a mi madre? » (Las manos hlancas no ofenden) « Naciste tan desde luego | prodi- giosa, que hecha humana | vibora, el materno albergue | de las piadosas entranas, | que te hospedaron, pagaste | inculpablemente ingrata, | dando, en precio de una vida ] una muerte » (Los tres afectos de amor) « La vibora, que mordiendo | sus entranas, poco a poco | se despedaza, sacando | muchas vidas de un aborto » {El mayor monstruo los celos) « En tus entranas [ corno la vibora, traes | à quien te ha de dar la muerte » {La devocion de la Cruz) « Tù..^ | vìbora humana del siglo » {Duelos de amor y lealtad) « Si yo soy vìbora, comò | no me rompo las en- tranas? » (Los encantos de la culpa).

(21) Quindi il titolo di una riduzione italiana della Vida es sueno, che rappresentavasi verso il 1 794 al teatro di San Carlino a Napoli, vista da Leandro Fernàndez de Moratin : L'uomo condannato prima di nascere, con Pulcinella, rivale di Saturno {Obras póstumas, di L. F. DE MORATIN, Madrid, 1867,1,401).

Note al Cap. Il dramma. 411

(22) Lamentasi del suo carcere cieco la figlia del re Seleuco {Los tres afectos de amor), e della misera vita, « entre estas penas ] companero de sus troncos, [ de sus brutos y sus fìeras ». Narciso {Eco y Narciso) vive pur sepolto, « ignorando | quien soy y que modo tengan 1 de vivir los hombres ». In una versione francese, ignota e inedita, della Vida es sueno, compiuta da CHARLES COYPEL, e rappresentata 1' 1 1 di agosto del 1 738 al « Collège des Quatre Nations » , Sigismondo insiste sul suo selvaggio abbandono:

Au milieu des lions, des tigres et des ours J'ai passe jusqu'ici mes déplorables jours.

Si veda la « Revue du dix-huitième siècle », Paris, 1914, avril-juin, pp. 177 sgg.

(23) Similmente, neir«auto» La Vida es sueno: « Ya ya quien 8oy...; competir puedo a mi padre». Esce Joab dalla sua grotta, e rassicura Saba, la Sibilla dell'Oriente: «No soy fiera, aunque me ves I con tantas senas de fiera. [ Hombre soy».

(24) Non sono cessate le meraviglie per il soliloquio famoso e pomposo, sul quale stese una nota erudita l'amico BUCHANAN, nelle « Publications of the Modem Language Association of America », XXIII, N. 2, pp. 240 sgg. Potevasi qui ricordare la ripetizione, pressoché letterale, dei motivi del soliloquio nell' « auto » La Vida es sueno, e qualche altra ri- membranza nella « comedia » Eco y Narciso ( « Pues por qué, madre, me quitas I la libertad, y me niegas | don que a sus hijas conceden { una ave y una fiera, | patrimonio que da el cielo | al que nacido en la tierra? »). Non è improbabile che il GRACIÀN ricordasse nel Crilicón (parte 1 *) il dramma del Calderon, da lui sempre taciuto. Andrenio soffre pur lui, come Sigismondo, di una sepoltura anticipata, e anela alla libertà che non gli può esser concessa: «Grecia cada dia el desco de salir de alli... pero lo que mas me atormentava era ver que aquellos brutos mis companeros con extrana ligereza trepavan por aquellas... paredes, entrando y saliendo li- bremente siempre que querian, y que para mi fuesen inaccesibles, sintiendo con ygual ponderación, que aquel gran don de la Hbertad a mi solo se me negase » . Il motivo del soliloquio non ha nulla a che fare col concetto di Filone Ebreo, tirato inopportunamente in ballo dal Buchanan nella sua

412 Note al Cap. 11 dramma,

indagine, ma certo risale ad una antichità rispettabile. Or ricordo un'ef- fusione lirica di MECHTILD VON MAGDEBURG pur confusa un tempo con la Matilde dantesca {Das fliessende Licht der Gottherf), dalla ridu- zione di Mela ESCHERISCH, Berlin, 1 909, p. 22 :

Der Fisch kann in dem Wasser nit ertrinken,

Der Vogel in der Luft nit versinken,

Das Gold tut in dem Feuer nit verderben.

Es mag sich nun klarer und leuchtender farben.

Gott hat alien Kreaturen das gegeben,

Dass sie ihrer Nature pHegen,

Wie mochte ich meiner Natur widerstehn?

Altri lamenti ricorrono in altre « commedie » di Lope, p. es. in Lo que ha de ser : Alessandro : « Sale coronado el sol | de su diadema dorada ; ] seca las fingidas perlas j que dio a las flores el alba; | y despreciando su cueva, I por las àsperas montanas | el mas feroz animai | libre corre, alegre caza. I Hasta el mas pobre pastor | desampara su cabana, [ y a su gusto y albedrio | lleva sus traviesas cabras; | no hay hombre en ciudad ó aidea, | que a su ejercicio no salga ; 1 los unos van a sus pleitos, [ los otros a sus labranzas ; { y yo no salgo de aquì I | Aqui me balla la manana, | y aqui me busca la noche. | Triste estado 1 Pena extrana. | Para que he na- cido rey ?». Per una probabile derivazione del soliloquio di Sigismondo, avvertita da J. L, ADOLPHUS in una lirica famosa del LOVELACE To- Athea from Prison »), si veda la prefazione di N. MACCOLL ai Select Plays of Cùlderon, London, 1888. Risolutamente, per il motivo del- l'universale amore neW Examinarse de Rey di MlRÀ DE AMESCUA (p. 245) e altrove, doveva rimandarsi a\V Aminta del TASSO (Dafne a Silva : « E non t'accorgi [ come tutte le cose j or sono innamorate... | Amano ancora I gli alberi », ecc.), che lasciò più traccie anche nell'opera drammatica calderoniana.

(25) Similmente, nell'wauto» La vida es sueno, l'uomo nato appena è già un cortigiano perfetto, e profonde le galanterie alla prima donna che gli si affaccia: « Quien eres, bella zagala, | que sobre la Tierra triunfas, | tan dueno de sus caudales, | que para ti los usurpas | ...Y nueva

Note al Cap. Il dramma. 413

Aurora segunda | das a entender, que amaneces | en bella oposicion suya, I compitiendo con las selvas, ] donde las flores madrugan ì » .

(26) Ricordiamo le meraviglie dell'acconciacaldaie nel preludio dello Shakespeare. Qui, per necessità, Calderon s'accosta allo spirito dell'an- tica fiaba Yo en Palacios suntuosos ? | Yo entre telas y brocados ? ] Yo cercado de criados i tan lucidos y briosos? »). E il pubblico lo seguiva deliziandosi, ciò che moveva il poeta a riprodurre le sue esclamazioni, nella « comedia » RI Acaso y el Error, p. es. : « Yo mosicas y yo galas! f Yo dorados paramentos ! | Yo cama blanda y mullida ! | Yo damas ! I Si bien me acuerdo, j parecer quiere este paso | algo de La vida es sueno ». L'uomo, nell'ccauto» simbolico, manifesta Io stupore di Si- gismondo : « Cielos ! que es esto que veo ? | Que es esto, cielos, que miro } I Yo de galas adornado, | de mùsicas aplaudido, | de sentidos guarnecido, | de potencias ilustrado... », Non è improbabile che il Cal- deron ricordasse le declamazioni di sorpresa del « gracioso » Menipo nella Fàbula de Cri'seli'o y Cleón dell' ENCISO, allegoria degli amori giovanili di Filippo IV, riassunta dal COTARELO, Don Diego Jiménez de Enciso y su teatro. Parte II. Bibliografia y critica, nel « Boletin de la R. Aca- demia espanola », I, 383 sg. :

Xo, xol Valgate el diablo

Por mula y mozo ! Que es esto?

Quien de mèdico me ha puesto ?

Como de aforismos hablo?

Yo mozo, mula y gualdrapa ?

Yo guantes ? Yo sortijon ?

Yo licenciado barbon?

Yo doctor en gorra y capa?

Yo mèdico...

Pero todo puede ser.

(27) Cosa non insolita nelle concezioni calderoniane ; e facilmente N. Maccoll, il Krenkel ed altri annotatori della Vida es sueno e stu- diosi del Calderon potevano rimandare ad altri drammi : Peor està que estaba, Mariana sera otro dia, En està vida todo es verdad y todo

414 Note al Cap. 11 dramma.

mentirà, Troya ahrasada, Los yerros de naturaleza « El deseo | se arroja por la ventana » (Los cabellos de Absalon). Rosaura s'ode minacciare da Sigismondo : « cosa es liana | que arrojaré tu honor por la ventana » . Neil* « auto » La Vida es sueho l'uomo un crollo all' « Entendimiento » : « desde ese muro | puedo arrojarte a esas duras penas » ; deve soccorrerlo !'«( Albedrio » in quest'impresa: « Tu a despe- narle me a3aida » . Pare che Goethe, leggendo la Vida es suefio nella versione dell'Einsiedel, si adombrasse della resistenza opposta al principe dal servo temerario, e mutasse a capriccio alcuni versi, ritrovati nel 113° « Paralipomenon » («Was zu hoffen, was zu fiirchten | von dem wilden Geiste sey ». Si veda una nota di M. MORRIS, Ein dramatur- gischer Eìngriff Goethes in cine Dichtung Calderons, nell* « Euphorion » , XIX. 349 sgg).

(28) Davasi così esca e stimolo alle parodie. Vuol umiliare Sigismondo un grande di Spagna che non l'inchina, e gli dice : « quiga no hallareis cabeza | en que se os tenga el sombrero » . Nel dramma La fiera, el rayo y la piedra, Irifìle è minacciata da Anassarte d'essere fatta a pezzi, che, « esparcidos por el viento | suban a esfera tan alta | que en pavesas encendidas ó caigan tarde ó no caigan » . Ricordiamo le millanterie di re Egerio, nel dramma El Purgatorio de San Patricia : « Quereis que suba a derribar violento j ese alcàzar azul, siendo segundo | Nembrot, en cuyos hombros { pueda esca- parse el mundo, | sin que me cause asombros | el ver rasgar los senos | con rayos, con relàmpagos y truenos ? » (Sovveniamoci delle prodezze minac- ciate da Don Fernando, nel Tejedor de Segovia dell' ALARCON: « Si cuantos monstruos | de Egipto beben las aguas | pacen de Hircania los sotos, I se oponen a mi furor, | los haré pedazos todos »). Il CARDUCCI, nell'articolo citato sulla Vita è un sogno, anima con molta fantasia il dramma, quando dice che al atto Sigismondo « è un leone dell'Africa : si leva e guarda intorno e sbadiglia, si raccoglie per meglio prendere le mosse del salto, poi si slancia e abbranca e acceffa, e scrolla e esulta, e bramisce e ruggisce; tutti fuggono ». Il KLEIN {Geschichte des Dramas, voi. XI, 2, p. 461), intemperantissimo e bizzarrissimo sempre nel linguaggio, trova non a torto mancare Dell'agire di Sigismondo l'azione vera, grande e risoluta : « Ein anderer in Ketten aufsturmender Sigìs- mundo, der Prometheus (allude all' eroe dell' Eschilo), als Calderon's

Note al Cap. Il dramma. 413

von Schicksalssternen prophezeites Ungeheuer, dessen Schreckensthaten sich in einem Nothzuchtsversuch und im Hinauswerfen eines Dieners durch's Fenster erschòpfen I » . UEssay on the Life and Genius of Calderon del TRENCH (p. 1 76) mi richiama alla memoria la storia di un trovatello anormale narrata da ANSELM VON FEUERBACH, Kaspar Hauser, Beispiel eines Verhrechens am Seelenlehen des Men- schen (Ansbach, 1832) « whose actual history », dice il Trench, un po' ad arbitrio, « so much resembled that which Calderon has bere ima- gined ». Tolto alla luce quest'infelice, chiuso alla vita, perde la coscienza dell'essere ; la ragione gli s'intorbida e minaccia vanire ; passa nel carcere di sogno in sogno; ma raffrontarlo a Sigismondo, come fa il Feuerbach stesso, parmi inopportuno (p. 5 1 ) : « Ware sogar Kaspar bereits in seinem Kerker zu vollkommen klarem, vernunftigem Selbstbewusstsein erwacht gewesen, batte er in seiner Gruft, v/ie Sigismund in seinem Thurm durch Erziehung und Bildung zur geistigen Reife eines JUnglings gedeihen kònnen, so wUrde er gleichwohl in Folge des plòtzlichen Uebergangs aus engem, dumpfem Kerker in die freie Natur, in Ohnmacht oder in einen hochster Trunkenheit ahnlichen Zustand haben gerathen miissen » (Sulle vicende del povero recluso tesse ai nostri un suo romanzo JAKOB WASSER- MANN, Kaspar Hauser oder die Trdgheit des Herzens, Strassburg, 1 908).

(29) Nella limpida analisi che del dramma offriva ARTURO GE^F {La vita è un sogno, Studi drammatici, Torino, 1 878, pp. 3 sgg.) non si accenna punto a questo inverosimilissimo ed improvviso mutamento del carattere di Sigismondo; e la critica vi è blanda assai, quando non tace addirittura (Per distreizione il Graf osserva, a p. 33, che Sigismondo nel atto del dramma ondeggia tra contrari propositi). L'incongruenza era invece avvertita dal MENÉNDEZ Y PELAYO, nelle conferenze su Calderon citate, p. 262: « En Calderon bay un salto mortai desde el Segismundo siervo y juguete de la pasion, basta el Segismundo tipo del principe perfecto, que aparece en la tercera jornada ».

(30) Nel Viaje entretenido del ROJAS, che certo Calderon conosceva, v'è una tirata contro « la soberbia y vanidad | que a tantos hombres nos ciega » (voi. II, p. 1 54, dell'ediz. citata nel l ° voi. di quest'opera) :

Oh ^rofundo mar, oh abismo Adonde tantos se anegan,

416 Note al Cap. Il dramma.

Con mil propósitos santos

Y mil intenciones buenas. Si acaso los animales,

Si por dicha los planetais Pudieran aprovecharse, Como nosotros, de lenguas, Sin duda que nos quitaran La vanagloria y soberbia Que en mil corazones necios Por nuestras locuras reina. Porque nos podrian decir Las refulgentes estrellas Que en el alto firmamento Se habian criado ellais. El claro sol, que en el cielo Se crió, tambien dijera,

Y las aves, en el aire, Decir lo mismo pudieran. La salamandra en el fuego,

Y los peces en el agua... Pero el hombre triste en tierra, Por muy rico y principal, Por muy senor que uno sea, Jamàs le preguntaremos De que cielo es, que pianeta.

(31) « que vi que la soberbia | te ofendió tanto » sono le prime parole che Rosaura, in atto di umiltà, rivolge a Clotaldo. Dice Astolfo di un astrologo, che prevenne in Sigismondo: « soberbias, desdichas, muerles ». Bolla Basilio il volgo, che insorge e lo minaccia, come « soberbio y atrevido ». E Sigismondo, che anelava veder prostrato a' suoi piedi il padre, appena convertito al vangelo del sogno della vita, s'impone di sof- focare in l'efferata superbia : « està fiera condición, | està furia, està ambición » « el vuelo abatamos | espiritu » « El orguUo reprimamos » ,

Note al Cap. Il dramma. 417

pure neir « auto » La Vida es sueno. Qui il « Poder » avvertiva, toc- cando dei destini dell'uomo : « si procediere altivo, | sobervio, y inobe- diente, | no le conozcais dominio »; e l'uomo insuperbiva: « la mas perfecta j criatura soy...; avrà alguna | criatura, que contra mi, | ni imagine, ni presuma oponerse ? » . Il Lucifero di Calderon si afferma « aquel espi- ritu noble, | que perdio por su superbia | Gracia, patria y hermosura ». Enio, l'eroe del Purgatorio de San Patricia, confessa: « fui yo | ... que a Dios mismo | se atrevió soberbio y loco » ; convertito, si è capovolto l'essere suo : « Que soy monstruo de humildad | si fui de soberbia monstruo » . Nel dramma Eri està vida todo es verdad y todo mentirà la « soberbia » di Leonido è contrapposta alla « templanza » di Eraclio : « ahora conozco ser I de mi soberbia nacido », dice Leonido. « O quan trocado me siento I después que te he conocido! | Ya no bay vanidad en mi | ni so- berbia, ni altivez; | conozco la desnudez | con que a este Mundo naci », così il corpo umano, nel Pleyto matrimoniai, che ad una ad una riacquista tutte le sue doti ed è soccorso dalla Volontà e dall' « Entendimiento » . Si umilia e si prostra la Superbia, nell' « auto » El primer refugio del homhre: « Salud espero | ... de los delirios con que | hize fantastico aprecio | de ser sobervia hermosura, | cuyos locos devaneos \ de mi amor propio, a tu amor | pasando, seran trofeos ». Ama il poeta condan- nare lo stolto insuperbire, opponendo, nei drammi e negli « autos » , la quercia al giunco, il mandorlo al giglio e al rovere. Così in Saier </e/ ma/ y del hien : « Porque el rayo y la fortuna | su mayor efecto hacen | en la eminencia del monte | que en la humildad de los valles; | pues aqui vive seguro | el lino, que humilde nace, | y alli no el roble, que quiso gigante | ser contra el cielo ». E nel Galan fantasma'. « Bien comò aquel geroglifico lo ensena | de la encina y de la cana, | que una fàcil, y otra opuesta ) a las ràfagas del viento, | del raudal a las violencias, | co- ronaron la humildad j a vista de la soberbia » (altri esempi in : La hu' mildad coronada de las plantas. La Virgen del Sagrario, El Segando Scipion, e altrove).

(32) « Adios, adios, vanidades, | que no os quiero mas seguir », così il CASTILLEJO, nel Dialogo o Discurso de la vida de corte. E LUIS DE Leon, nell'ode Noche serena:

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. 27

418 Note al Cap. Il dramma.

Qué mortai desatino

De la verdad aleja asi el sentido,

Que de tu bien divino

Olvidado, perdido

Sigue la vana sombra, el bien fìngido?

£1 hombre està entregado Al sueno

Ay! despertad, mortales

Las almas inmortales,

Hechas a bien tamano,

Podran vivir de sombra y solo engano?

Alle « flatteuses voluptés » dovrà pur dare il suo mesto addio Polyeucte (IV. 2):

Heureux attachements de la chair et du monde,

Que ne me quittez-vous

Allez, honneurs, plaisirs, qui me livrez la guerre.

Monde, pour moi tu n'as plus rien.

(33) Vanta la Colpa la « ambicion heroyca », nell' « auto » La Nave del Mercader.

(34) Singolare nei drammi di Calderon l'uniformità delle pugne de- scritte. Col succedersi di pochi gridi, invariabili: « Al monte, al valle, al llano, a la espesura » « Arma, arma I Guerra, guerra « Al arma, al monte « Al monte ! A la selva ! Al llano ! » si esauri- scono le lotte e le spedizioni guerresche. Solo in un dramma, scritto in collaborazione col Coello, ed ora perduto, ricordato nel 1634 dall'amba- sciatore Serrano a Madrid : Le prodezze del duca di Frisland, si raffi- gurava con animazione il cozzo degli eserciti : « Del Frisland ... parla con gran decoro, mostrandolo formar squadroni, dar ordini militari, batterie, assalti, battaglie, rotte, stragi, et ogni notabile et valoroso successo, vero, o verisimile » (Si veda K. JUSTI, Diego Velazquez und sein Jahrhundert, Bonn, 1888, I, 345).

Note al Cap. li dramma. 4T9

(35) Massima, già qui ricordata (p. 67), che Calderon riproduce, fedele alle sentenze correnti tra i moralisti, i teologi e i poeti della sua Spagna. Diceva GOMEZ MANRIQUE, nel Regimiento de Pnnci'pes {Cancionero, ed. A. Paz y Mélia, II, 186): « Pues vos, Rey y cavallero, | muy exce- lente Senor, | si quereys ser vencedor, | vencereys a vos primero ; | que no mayor Victoria | de todas quantas ley, | nin digna de mayor gloria | para perpetua memoria, | que vencer el onbre a sy ». £ in altre Estrenas (II, 127): « Yo te quiero bien fadar | principe muy soberano | ... pues dete Dios por memoria | una Ioable vitoria | de todos y mas de ti ». R. MONNER SANS, nelle conferenze citate. Don Juan Ruìz de Alarcon..., Buenos Aires, 1914, p. 70, ricorda La gitana melancóUca di GASPAR DE AGUILAR Pontjfice: « Tu saliste vencedor | de todo cuanto em- prendiste, | pues en la guerra de amor | a ti mismo te venciste, { que es la vitoria mayor ». Don Rodrigo, ne* Los pechos prìvilegiados dell' Alarcon, sentenzia : « Perdiendo pues, corazon, | ganemos la mayor gloria, j que es la mas alta Victoria | vencer la propia pasión ». E Don Fernando, nel Tejedor de Segovia: « Rindiendo el cuello | al yugo de la razon, | pues es la hazana mayor ( vencerse a si » .

(36) Il parallelo è in voga, ed ha sedotto anche il CARDUCCI (artic. citato). Opere, III, 35: «Sigismondo è Amleto; un Amleto ridotto, un Amleto abortito, come Io potea fare il poeta dell'inquisizione ; ma il germe c'è ». In un articolo, demente e insulso, della « Westminster Review », luglio, 1903, pp. 84 sgg. , HoW did Calderon know Shakespeare' s Plays, H. READE insisteva sui « soliloquies of ' Hamlet ' which are so strongly echoed by Calderon in bis 'Vida es sueno * » ; (p. 86): « Si- gismundo in ' La vida es sueno ' seems to recali ' Hamlet ', especially in his great soliloquy, ecc. » . Vane considerazioni su Sigismondo e Amleto nell'articolo cit. di M. DE LA REVILLA, Calderon y Shakespeare : « Calderon, ... con intuición no menos poderosa é inspiración no menos grande ... Ilevaba a la escena aquel Segismundo de La Vida es sueno que, abrumado, comò Hamlet, por las desventuras y los desenganos, declaraba que la vida no es mas que un enganoso sueno... Pero Calderon era cató- lieo y Shakespeare protestante, y acaso libre pensador, y el escepticìsmo de Segismundo se detenia ante la cristiana, diferenciandose de Hamlet que, en el colmo de la desesperación, pronunciaba aquellas terribles pa-

420 Note al Cap. Il dramma.

^—

labras: Morir es dormir... y tal vez sonar 1 ». Non conosco un « En- sayo critico » di RlCARDO BLANCO ASENJO, Hamlet y Segìsmundo, che vedo citato da R. GlNARD DE LA ROSA, ne\X Homenage a Cal- deron, Madrid, 1 88 1 , p. 3 1 6, dove pur si delira considerando i due eroi come « hermanos gemelos » , ma pur sostanzialmente differenti (p. 3 1 6) : « Segismundo es un hombre, Hamlet un espectro ».

(37) Basilio, che riceve i suoi meritati rabbuffi, stupisce di quel por- tento : « Tu ingenio a todos admira » « Que discreto y que prudente ! » (passava a lui la saggezza del « gran principe » Giosafatte, di Lope, « cuyo raro entendimiento | admiran todos los sabios | ... A los maestros excede »). Ed ode Io scroscio delle sentenze : « La fortuna no se vence | con inju- sticia y vengan^a | porque antes se incita mas », ecc. Ricordiamo la le- zione morale impartita da Rosarda al padre Seleuco, nel dramma Los tres afectos de amor :

Temeroso de un peligro Con que mi vida amenazan Violentemente los cielos, En estos montes me guardan

Pues qué peligro ó violencia Sera posible que haya Mayor, que la prision mia. Con que el dolor adelantas ? Es bueno, que, porque el hado No ejecute en mi su sana. La ejecutes tu, sin ver, Que, porque el dano no paga, Antes aya que él me matas ? Demas, que razon no es

Que si en un punto disuena, Yerra infìnitas distancias, Sea tan creida, que Una pena imaginada

Note al Cap. Il dramma. 421

Antes que en mi sea precisa, En ti sea voluntaria, Deja que el fracaso venga, Y no al camino le salgas.

(38) Anche ad Eraclio {En està Vida todo es verdad y lodo mentirà) sorgevano e tramontavano i regni in un baleno: « Como ya me vi | en magestad otra vez | y otra vez en un instante j me volvi a mi antigua piel » « una Vida | vale mas que un reino » .

(39) Di questa morale ascetica utilitaria è pur partecipe Eraclio, che fa i suoi saggi proponimenti, « porque | si acaso se desvanece | este no esperado bien, | me coja con una dicha | imposible de perder ».

(40) « Importa que estemos | habiles, y prevenidos | para qualquier accidente », così nella « loa » che precede 1' « auto » La vida es sueho.

(41) In altri tempi, è vero, la scienza si compiacerà di indagare il po- tere della volontà nel sogno. Or ricordo un saggio di HERVEY DE SAINT Denis, Les rèves et les moyens de les diriger, Paris, 1 867 ; un articolo di CH. MOURRE, La Volante dans le rève, nella « Revue philosophique de France et de l'étranger », Paris, 1903, XXVIII, 506 sgg., 634 sgg. Ricerche sprecate su di una immaginata attività dello spirito, retta da leggi immaginarie.

(42) Sull'operar bene in conformità colla Grazia, si veda il trattato del NIEREMBERG (ch'io consulto in una versione italiana). Del prezzo di stima che si deve fare della divina Grazia, Venezia, 1664, lib. IV, cap. I, pp. 204 sgg.

(43) Non la lessi, e la cercai invano nelle biblioteche d'Italia ed al- trove. Fugacemente la ricordano lo SCHAEFFER {Geschichte des spani- schen Nationaldramas, II, 264), e il PAZ Y MÉLIA (Catalogo de las Piezas de teatro... , p. 372). Sembra si divulgasse anche col titolo : El ingrato por amor, 6 nunca el bien hacer se pierde. Più lardi, nella seconda metà del '600, il portoghese L. DE ACEVEDO DE VASCON- CELLOS scriveva la sua « comedia » El Hacer bien nunca se pierde.

(44) Benché nel dramma A secreto agravio secreta venganza si sen- tenzi che, pur essendo diamante l'onore, « puede un fràgil soplo ... | abrasarle y consumirle, | y basta siendo su esplendor | mas que el sol puro, un aliento I sirve de nube a este sol ».

422 Note al Cap. Il dramma.

(45) Si vedano documenti messi in luce dal RODFUGUEZ VILLA, L,a Corte y la Monarquia de Espana en los ahos de 1636 y 37, Madrid, 1 886, e l'introduzione, p. XV ; un curioso libro di DIEGO XARABA, Estado de matrimonio, apariencia de sus placeres, evidencias de sus pesares, Napoli, 1675; gli Avisos di JERÓNIMO DE BARRIO- NUEVO (edizione e note di PAZ Y MÉLIA, 1892-93).

(46) La prima edizione è del 1632. Si vedano le note bibliogralìche nel lavoro di G. W. BACON, The life and dramatic Works of Doctor Juan Perez de Montaloàn Revue hispanique », XXVI), New^ York, Paris. 1912, p. 15.

(47) Questi ed altri versi del Nacimiento de Montesinos di GUILLEN DE Castro si ricordano nella tesi accuratissima di H. MÉJRIMÉE, L'art dramatique à Valencia..., Toulouse, 1914, p. 620. Nella Enemiga fa- vorable di GUILLEN DE CASTRO Laura chiama l'onore « sangre del alma » .

(48) Si veda un articolo di D. C. STUART, Honor in the Spanish drama, nella « Romanie Reviev^ », I, 247 sgg. (Lo precedevano le note di A. W. HERDLER, The sentiment of honor in Calderon's Theatre,

« Modem Language Notes », 1893, marzo, Vili, 154 sgg.). Prova palese dell'influsso mussulmano in Ispagna, séguito delle raffinatezze san- guinarie concepite nell'Oriente, doveva essere l'onore per il DiEULAFOY, Les origines orientales du drame espagnol. L'amour, la jalousie, l'hori' neur, le poìnt d'honneur, « Le Correspondant » (1906), II, 880 sgg. Sono note altre osservazioni sull'onore del PHILARÈTE CHASLES, e del VIEL Castel (Pur ricorda alcuni drammi di Calderon E. TERRAILLON, L'honneur. Sentiment et principe moral, Paris, 1912, pp. 35 sgg.; 95 sgg.).

« Nei principali drammi spagnuoli dell'epoca cavalleresca questo ineso- rabile idolo dell'onore giganteggia come uno spettro che invade il pensiero e Taffetto, e che s'insinua nel dolore e nella gioia », così il BATTAGLIA, Mosaico. Saggi diversi di critica drammatica, Milano, 1 845, p. 211, che attribuiva una natura « mezzo africana » al Calderon, « poeta nato sotto il cielo ardente delle Sierre ». Il GALLARDO, nell'Ensai/o, 111,517, registra un manoscritto di ANTONIO LOPEZ DE VEGA, a me ignoto : Paradojas racionales escritas en forma de diàlogo del genero narrativo, Madrid, 1654, in cui discutesi tra altro: « Sobre que lo que comune-

Note al Cap. Il dramma. 423

mente se Ilama honra es la tirania mas loca ; y al saber despreciarla sera la comodidad mas cuerda » .

(49) « Despues que no le tengo » l'onore, esclama Decio, nella Gran Cenobio, vilipeso da Aureliano, « no Zenobia quien soy » « Tengo honor [ y lloro porque le tengo | ... Que no vive bien quien vive | ni con honor, ni sin el » , geme Fabio in La Banda y la Fior. « Por dar vida a tu honor | diste la muerte a tu hija » {El Alcalde de Zalamea). « Ya mi fama | aqui espiro, a los baldones | del oprobio y de la in- famia: I La vida, pues que no es vida | vida, que es tan desdichada » {Ni amor se libra de amor). Aun vive la honra en los muertos, con questo titolo JUAN DE ZABALETA congedava una sua « comedia ».

(50) « Gallardisimo defecto », chiamò ADELARDO LOPEZ DE AYALA l'esaltazione calderoniana dell'onore, nel discorso citato, del 1 870 {acerca del teatro de Calderon) : « Siempre que la pasion a la honra cae en error ó raya en fanatismo, expone con el vigor que le es propio la verdadera doctrina » ; e gli piace distinguere in Calderon il poeta, « que pinta con entusiasmo y brio », dal filosofo che condanna la « barbara y tirana herencia de los gentiles ». Scusava a sua volta il MARCHESE DI VALMAR (Leopoldo CUETO) quanto appariva ripugnante nelle esagerate vendette dei drammi calderoniani dell'onore (discorso sul Sentido moral del Teatro, del 1868, Estudios de Historia y de Critica lite- raria, p. 359): « hay que considerar que los personajes tipicos del teatro antiguo espanol no son imagen inmediata de la vida pràctica y real ; son simbolos de caràcter, come los del teatro griego, en que todo se engran- dece y extrema para dar mayor fuerza y realce a las nobles creencias y a los altos sentimientos nacionales... Aquel pubHco sentia instintivamente, corno nosotros, y acaso mejor que nosotros, que hay algo ideal y emble- màtico, algo grande y extraordinario en aquellos robustos caracteres que anteponen, denodados é inquebrantables, la noble ilusion del honor a todas las contingencias reales y amargas de la vida », Sempre conserva il suo pregio lo studio giovanile del mio carissimo A. RUBIO Y LLUCH, El sentimiento del honor en el teatro de Calderon, Barcelona, 1 882, che va letto col leggero correttivo suggerito da A. MENÉNDEZ Y PELAYO nel Prologo che lo precede.

(51) Si vedano i miei Appunti fugaci su Calderon y la musica, p. 41.

424 Note al Cap. Il dramma.

« Jene Ehre », diceva l'ElCHENDORFF, tutto infervorato del suo Calderon {Zur Geschichte des Dramas, Paderborn, 1866, p. 42), « ist eigentlìch nur das gesteigerte Gewissen, gleichsam cine empfindliche Sitt- lichkeit, die auf das an sich Gleichgiiltige, Zuf'àllige oder Conventionelle angewendet, diese vergeistigt, mithin die Gegenwart in eine hòhere Region hebt » .

(52) Ricordiamo la sdegnosa condanna dell' ERCILLA, nell'^lraucana (XXX, 1 -8) : « Cualquiera desafio es reprobado | por ley divina y naturai derecho » ; ripugna all'anima, benché l'ammettano i costumi. « Elste falso pundonor todo lo pervierte y falsifica...; està ley diabolica..., siendo contra Cristo, contra la razon, contra el Cielo, contra la Iglesia », così il NiEREMBERG, nell'epistola A un caballero desafiado {Epistolario, ediz. « Clàsicos castellanos » , Madrid, 1915, pp. 69 segg.).

(53) Si sono sbizzarriti alcuni a supporre Shakespeare, vissuto in Ispagna, determinato a concepire i suoi drammi ossequioso alle esigenze della col- tura e delle tradizioni spagnuole ; e si scusarono così le rigidezze sorpren- denti nelle creazioni del Calderon. ADAM OEHLENSCHLaGER celebrava la vittoria riportata dal Calderon sulla « schiefe Bildung » {Meine Lebens- erinnerungen, nell'originale tedesco, Leipzig, 1850, IV, 195): « Selbst bei dem katholischen Calderon uberholte scine gute Natur die schiefe Bil- dung — und aller Vorurtheile, und alles Aberglaubens ungeachtet, schim- mert das echt Humane bei ihm herrlich durch ».

(54) I sensi, su cui troppe volte cade il disprezzo del poeta negli « autos », son detti dal « Cuore », nel Santo Rey D. Fernando, P. I, « el nunca domado vulgo | de sentidos y potencias ».

(55) A questa prima scena romantica si arresta con speciale compia- cimento l'AZORIN, nelle sue poetiche evocazioni Al margen de los clà- sicos, Madrid, 1915, pp. 174 sgg. La escena parece un grabado de Durerò ; hay en ella una ansiedad, un misterio, una melancoHa, una vaga inquietud que nos estremece el espiritu »). E non a torto immagina un indissolubil vincolo di amore tra Rosaura e il principe, gemente nella torre fatale, e sopprime l'unione di convenienza, che muta la tragedia in com- media (Anche l'amico Miguel de Unamuno, che ha aggiunto con geniale intuito le sue fantasie al Quijote del Cervantes, mi comunica di voler di- vagare quanto prima sulla Vida es sueno calderoniana). Ad un delirio

Note al Cap. Il dramma. 425

di ammirazione si concede R. GlNARD DE LA ROSA, commentando e riassumendo il dramma, neW Homcnage a Calderon, Madrid, 1881 {La Vida es sueno. Consideraciones criticas), pp. 289 sgg. Tutto appar per- fetto, tutto sublime, tutto inimitabile. E la fantasia si sbizzarrisce a colorire di fosco l'ambiente in cui cresce occulto agli uomini il selvaggio Sigi- smondo : « Es la bora del crepusculo. Cae luz opaca de los cielos, a trechos cubiertos de fantàsticos nubarrones, sobre vasto anfiteatro de montanas. El sol poniente tine de sombria escarlata los lejanos horizontes de un mar tempestuoso, que se distingue apenas entre los dentellados picos de gra- nito y jaspe... El arco de la luna menguante riela luchando con la luz crepuscular. Todo sombra y misterio en el cielo, todo austeridad y rudeza en la tierra... Dante no babria imaginado nada igual, ecc. ».

(56) Bene contrappone ai versi calderoniani della Vida es sueho il memento del dervis nel Traum ein Leben del GRILLPARZER Scbatten sind des Lebens Giiter j ... Und die Liebe die du fuklest, | und das Gute, das du tust »), S. HOCK, nel saggio Der Traum ein Leben, Stuttgart, Berlin, 1904, p. 24.

(57) Il MILA Y FONTANALS {Obras, V, 84) rimpiange il « desen- lace feliz cuando se temia una funesta catastrofe » . Ricordiamo come nel Postrer duelo de Espaha si rovesci, al chiudersi del dramma, la prosa inesorabile sulla poesia ispirata e si affrettino i matrimoni di convenienza. Don Jerónimo cede Violante a Don Fedro e sposa Serafìna. « Haga la necesidad virtud », e perisca il dramma, soccomba l'arte Ya sabràn vuesas mercedes | que en el punto que se casan | las damas de la comedia j es serial de que se acaba » Saber del mal y del bien ; e già LOPE si permetteva il suo sfogo nella « comedia » Los Ramilletes de Madrid : « Mugeres que a casar tan facilmente | days el oido sin mirar el dano. | Qué OS puede resultar de un hombre extrano? | Como os podeys casar por acidente ? » ).

(58) « Si decia | alla un sabio, que entre el ver j padecer y el padecer I ninguna distancia habia », così Clóris all'esordire della « comedia » Los tres afectos de amor. « Pero si dijo un discreto » {Saber del mal y del bien) « Qué bien aquel | gran cortesano decfa » {El gran Prin- cipe de Fez) « Un cortesano, que era, | decia, el engano la cosa » {Guardate del agua mansa) « Bien un cortesano dijo » {Afectos de

426 Note al Cap. Il dramma.

odio y amor) « Ay, Lisardo, qué bien dijo | un discreto cortesano » {^Antes que lodo es mi dama) « Consejo muda el prudente, | oi deci'r a un discreto » {La hija del aire) « Seneca dijo que era | el Rey palanquin » (Cefalo y Pócris).

(59) Similmente nell* « auto » La primer fior del Carmelo Davide si esalta alla prima apparizione di Abigail :

Pero, qué mucho, de sol vestida, Qué mucho, si de estrellas coronada, Vienes de tantas luces ilustrada*, Vienes de tantos rayos guarnecida?

Cielo y tierra parece que a primores Se compitieron con igual desvelo, Mezcladas sus estrellas y sus flores.

Diceva dello spasimante d'amore calderoniano lo SCHUCHARDT {Ro- mam'sches und Keltisches, p. Ili): « er wirft gleich mit Sonnen, Sternen, Gold, Diamanten, Rosen und Jasmin um sich und lasst als gelehriger Schiller des Luis Góngora und des Baltasar Graciàn seine Geistesgaben im schònsten Feuerwerk leuchten » So ein verliebter Thor verpufft J euch Sonne, Mond und alle Steme | zum Zeitvertreib dem Liebchen in die Luft » , p. 246). Già HEINRICH VOSS temperava gli ardori e gli entusiasmi schlegeliani per le ardite metafore e le perle e le gemme dello stile di Calderon Schlegel ergiesst sich mit elegantem Entzucken iiber das endlose Labyrinth mythischer Bezauberungen im Calderon... »), e trovava monotonia dove altri vedeva ricchezza (JBriefwechsel zwischen Heinrich Voss und Jean Paul, hrg. v. A. VOSS, Heidelberg, 1833, pp. 23 sgg.). « Ma perchè andar poi in visibilio sopra i monologhi e gli a due eterni del Calderon, che sono, a rispetto del Tasso e del Gua- rino, vere Selve ardenti e Tele cangianti? Se non che i fratelli Schlegel, a* bei giorni della santa crociata per il riacquisto del medio evo, giura- rono... che tutti gli Atti sacramentali del Calderon sono grotte di pietre preziose, e ogni giornata una collana di perle, che è l'Atlantide della fantasia cattolica, l'Eldorado della romantica poesia » così il CAR-

Note al Cap. Il dramma. 427

DUCCI, nel saggio Musica e poesia nel mondo elegante italiano del se- colo XIV (1870). Opere. Vili, 327.

(60) Istruttive, ma incompletissime, le note apposte dal KRENKEL alla sua edizione del dramma calderoniano {Klassische Buhnendichtungen der Spanier, voi. I, Leipzig, 1881). Per 1' « hipógrifo violento | que cor- riste parejas con el viento », ricordo ancora: la Sibila del Oriente: « veloz caballo, cuyo aliento | geroglifico ha sido de la guerra, | sierpe del agua, exhalacion del viento, | volcan del fuego, escollo de la tierra, | caos animai... Al viento, | disforme monstruo, te igualas, [ no corres. vuelas sin ala»; La selva confusa (ediz. nella « Revue hispanique », XXI. 215): « Un caballo corria que violento | era en la tierra un ypógrifo alado, | y un aguila sin plumas en el viento » ; El castillo de Lindabridis : « Hi- pógrifo desbocado. | parto disforme del viento, j donde te cupo el aliento, { para haber atravesado, | ya en la carrera, ya a nada, | tanta tierra y tanto mar ? » ; Los tres mayores prodigios : « Hipógrifo de las ondas | pasa a Europa » ; El mèdico de su honra : « Siendo el bruto de la palma | tierra el cuerpo, fuego el alma, | mar la espuma, y todo viento»...; « el bruto... I que altivo y soberbio | engendró con osadia | bizarros alrevi- mientos, | cuando presumiendo de ave, | con relinchos cuerpo a cuerpo | desafìaba los rayos, | después que venció los vientos » ; El Principe con- stante : « Un suelto caballo prende, | tan monstruo, que siendo hijo | del viento, adopción pretende | del fuego ».

(61) Curioso espediente stilistico, che non si suole avvertire. Talvolta il poeta allarga ancora e rinnova a piacere le sue ripetizioni : « Nace el ave ... nace el bruto ... nace el pez ... nace el arroyo » « Suena el rey ... suena el rico ... suena el pobre ... suena el que a medrar em- piema, ecc. » « Tu voz pudo enternecerme, | tu presencia suspen- derme, | y tu respeto turbarme » « Tu has suspendido | la pasion a mis enojos, | la suspension a mis ojos, | la admiración al oido » « Tres cosas con que respondo | a las otras tres que he dicho. | Es la prìmera... I Es la segunda... Es la tercera... » « Tres vezes son las que ya | me admiras, tres las que ignoras j quien soy, pues las tres me has visto | en diverso trage y forma » « Esto comò Rey os mando | esto comò Padre os pido, | esto comò Sabio os ruego, | esto comò Anciano os digo » « Con que respeto te miro, | con que afecto te venero, | con que

428 Note al Cap. Il dramma.

estimacion te asisto » « Soy con el Reino leal, | soy contigo liberal, | con Astolfo agradecido » « Pasemos, pues que no importa | el de- zirlo... I Pasemos que alli Clotaldo | ... Pasemos que aqui me viste » « Quedé triste, quedé loca, j quedé muerta » « Muger vengo a per- suadirte | ... y varon vengo a alentarte | ... Muger vengo a enternecerte I ... y varon vengo a servirle | ... Muger vengo a que me valgas... | y varon vengo a valerte... » « Por mi nobleza gallarda, | por mi sangre generosa, | por mi condicion vizarra ». Per un analogo artificio di stile in Dante si veda un breve articolo di OLIVER M. JOHNSTON, Repetiti'ons of words and phrases al the heginning of consecutive tercets in Dantes Divine Comedy, « Publicalions of the Modem Language Association of America», dicembre 1914, XXIX, 537 sgg.

(62) E anche i critici de* tempi nostri pretendono di scoprire subito in questo o quest'altro dramma le particolarità dello stile calderoniano. Agli esempi addotti dal ROSENBERG {La Espahola de Florencia, Philadelphia,

1 9 11 , pp. XIV sgg.), lo STIEFEL oppone a buon diritto le ripetizioni e il calderonismo dei precursori ( « Zeitschrif t f iir romanische Philologie » , XXXVI, 443 sgg.) ; aggiungerei altre commedie del Mira de Amescua (p. es. la Vida y muerte de la monja de Portugal), ^ed escluderei En- riquez Gomez, che è decisamente un imitatore del Calderon. Per la fantastica attribuzione del Burlador al Calderon, nel saggio di TH. SCHROE- DER, Die dramatischen Bearbeitungen der Don Juan - Sage, Halle,

1912, pp. 41 sgg., veda una mia recensione nella « Deutsche Literatur- zeitung », 1913, N. 35.

(63) Ricorda alcune sue curiose metafore {Lances de amor y fortuna) e ne ride bonariamente nella « comedia » La Banda y la Fior: « Dire que hacian un mapa, | mar la espuma, el cuerpo tierra, | viento el alma, y fuego el pie ? | No ; que es comparacion necia ». « Dejemos | me- tàforas aquf necias, | y vamos a realidades » {Duelos de amor). « Dejo a parte locuciones { poéticas, aunque aqui | pudiera decir que fué | su cabello oro de Ofìr, | su frente campo de nieve, | ... Todo lo puedo decir » {Homhre pohre todo es trazas). « O qué cansados estilos » {Mahanas de abril y mayo). Facilmente assai si prestava La Vida es sueho alle parodie e alle satire. Nelle così dette Piezas de titulos (studiate dal RESTORI, Piezas de titulos de comedias, Messina, 1903;

Note al Cap. II dramma. 429

si veda una mia recensione neir« Archiv fiir das Studium der neueren Sprachen und Literaturen », 1904, CXIII, 233 sgg.); nelle Relaciones burlescas (Una ne ricorda F. WOLF, Studien zur Geschichte der spani' schen und portugiesischen Nationallìteratur, Berlin, 1859, p. 396; si ri- ferisce al discorso di Basilio: « Ya sabeis, estadme atentos »; un'altra sul tema del lamento di Sigismondo : « Ay misero de mi » è ricordata tra le Poesias varìas del siglo XVII, nel Catàlogo de los manuscritos que pertenecieron a Don Pascual de Gayangos, Madrid, 1904, p. 258); in alcune « decime » sfrontate di Don José de Salazar, e altrove. Stam- però quanto prima le Quintillas burlescas en que se contienen las co- medias de las diez partes de D. Fedro Calderon, trascrittemi da un manoscritto posseduto dal Gayangos (N. 779), che esordiscono appunto con la Vida es sueno : « Sirvame pues de dexarte j daros parte con razon, I senora, mas no sin arte | del contenido en la parte | primera de Cal- deron. I Pero no es facil acierte j a escribir en este empeno, | porque de qualquiera suerte, | siendo para mi una muerte, | para vos La Vida es sueno ».

(64) Qualcosa dell'estrema fedeltà delle traduzioni tedesche calderoniane giungeva pure agli orecchi del LEOPARDI; vi accenna nello zibaldone de' suoi Pensieri (29-30 giugno, 1 823, V, 31): « I tedeschi hanno tra- duzioni dal greco, dal latino, dall'italiano di Omero, dell'Ariosto, di

Shakespeare, di Calderon, ecc., le quali non solamente conservano (se- condo che si dice) il carattere dell'autore e del suo stile tutto intero ,

ma rispondono verso per verso, sillaba per sillaba, ai versi, alle costru- zioni, all'ordine preciso delle parole, al numero delle medesime , a tutte

le possibili qualità estrinseche come intrinseche che si ritrovano nell'origi- nale..... ». Non conosco versione più libera della Vida es sueno di quella inglese tentata dal FlTZGERALD (segue a quella del Magico pro- digioso, in Letlers and literary remains of Edward Fitzgerald, London, 1889, ^ol. Ili, pp. 77 sgg.): Such Stuff as Dreams are made of. Al- cune scene, massime verso la fine, si variano a capriccio ; e il dramma si chiude colle sentenze di Sigismondo:

This I know

How dream-wise human glories come and go ;

430

Note al Cap. Il dramma.

Whose momentary tenure not to break, Walking as one who knows he soon may wake So fairly carry the full cup, so well Disorder'd insolence and passion quel], That there be nothing after to upbraid Dreamer or doer in the part he play'd, Whether To-morrow*s dawn shall break the speli. Or the Last Trumpet of the eternai Day, When Dreaming with the Night shall pass away.

L'autóre di un breve articolo : Fìtzgerald and Calderon, « The Aca- demy » , 30 maggio 1 903, p. 356, asseriva : « If the Omar was Fitz Gerald- Omar, the Calderon is Calderon-Fitzgerald ».

(63) Tolleriamo per un tratto la contrapposizione pedantesca di alcuni versi presi qua e nelle ultime scene dei due drammi.

« La Vida es sueno

Todos. Viva d gran Principe nuestrol

2. Viva Segismundo!

Todos. Vivai

Tod

OS,

Danos tus plantas.

Los CABELLOS DE ABSALON ». Unos.

Viva Davidi

David viva I

Viva AbsalonI

Viva y reine!

Jonadah.

Otros.

Jonadah.

Aquitofel.

Dame tus plantas.

I.

Sai, pues; que en ese desierto, Elxercito numeroso De vandidos y plebeyos, Te aclama : ...

... oye sus acent os.

Ensay. Sabràs, que Absalon, juntando Grande nùmero de géntes. Ha entrado por la ciudad, Publicando a voces leves, Todos, que...

Note al Cap. Il dramma.

431

Segismundo. Presto he de verlo a mis plantas.

Clotaldo. A tus reales plantas Ilego, que a morir.

David. Hoy a tus plantas me vieras Humildemente postrado.

Segismundo. Tocad alarma; que presto Vereis mi inmenso valor.

Basilio. Quien... podrà parar prudente La furia de un cavallo desbocado>

Esirella. Veras tu Reino en ondas de escarlata Nadar, entre la purpura tenido De su sangre.

Absalon. Que hoy he de asombrar al mundo.

Absalon. Al arma, soldados mios I Ya los trabados encuentros Cima la tierra oprimida, Brame fatigado el viento.

Absalon. O tu de tierra y de viento Bruto veloz... Monstruo de dos elementos

Desbocado.

Semey. Elscollo es del mar vermejo Ya todo el muro eminente, Pues sobre sangre fundado, Golfo de carmin parece.

Clotaldo. ... el vulgo, monstruo despenadoy ciego,

Estrella. Si tu presencia... no trata De enfrenar el tumulto sucedido Que de uno en otro vando se dilata.

Joab.

la plebe

Monstruo es desbocado ; no ay Prevenciones que la enfrenen, Cuando su mismo furor La obliga a que se despena.

432

Note al Cap. Il dramma.

Basilio. Vencer valiente a un hijo ingrato quieto.

Clarin. £n un veloz cavallo

£n quien un mapa se dibuja atento, Pues el cuerpo es la tierra, El fuego el alma que en el pecho encierra, La espuma el mar, el aire su suspiro, En cuya confusion un caos admiro, Pues en el alma, espuma, cuerpo, aliento, Monstruo es de fuego, tierra, mar y viento; ... en vez de correr buela.

Astolfo. Entre las espesas ramas Deste monte està un cavallo, Veloz aborto del Aura; Huye en él.

Absalon. O tu de tierra y de viento Bruto veloz, que has nacido Monstruo de dos elementos, Corre y vuela

Mas ay de mi I Desbocado, Sin obedecer al freno, Por la espesura se entra De las encinas.

Clotaldo.

Que del Palacio sitiado Sale un esquadron armado.

Absalon.

... AUi un escuadron,

Que el monte tenia encubierto,

Salió de traves.

Dentro unos. Viva nuestro invicto Rey.

Unos.

Absalon viva I

Clarin.

El sitio es oculto y fuerte Entre estas penas...

Salomon.

Esto es, senor, del monte lo mas fuerte.

Adonias. Esto es lo mas secreto y escondido.

Note al Cap. II dramma.

433

Basilio. Ay mas infelice Rey> Ay padre mas perseguido?

David. Ay mi Absalon, y que mal Me pagas Io que me debes I

Astolfo. Los traidores vencedores Quedan.

Basilio. En batallas tales Los que vencen son leales, Los vencidos los traidores.

Basilio. Huyamos, Clotaldo...

Basilio. Mirad que vais a morir, Si està de Dios que murais.

Joab. Los traidores y leales Mezclados confusamente. No se distinguen...

Que en comunidades siempre EI traidor es el vencido, Y el leal es el que vence.

David. O huyamos todos, ó todos Muramos.

Clotaldo. Aunque el bado, senor, sabe Todos los caminos, y balla A quien busca entre Io espeso De las penas, no es Christiana Determinacion dezir Que no ay reparo a su sana. Si ay ; que el prudente varon Vitoria del bado alcanna.

David. ... maldice al bado,

No a mi ; pues que la culpa yo no he $ido Sino el bado.

Basilio. Si està de Dios que yo muera, O si la muerte me aguarda Aqui, oy la quiero buscar, Esperando cara à cara.

Joab. Aqui de los amagos de la muerte. Si no seguro, espera defendido.

David. Que riesgo bay, comò esperar Sin resistencia la muerte >

A. Farinelli, La vita è un togn9% IL

28

434

Note al Cap. II dramma.

Segismundo. En lo intricado del monte, Entre sus espesas ramas, EI Rey se esconde ; seguilde ; No quede en sus cumbres pianta Que no examine el cuidado, Tronco a tronco, y rama a rama.

Absaìon. ... mi padre

Huido penetra y trasciende Las entranas de los montes.

Ensay. EI que hoy a David siguiere en Io encumbrado del monte.

Basilio. estoy. Principe, a tus plantas Sea dellas bianca alfombra E«ta nieve de mis canas.

postra, arrastra Mi decoro y mi respeto ;

Datìid. Desta purpura, estas canas Hoy a tus plantas me vieras Humildemente postrado...

Cumpla el bado su homenage, Cumpla el cielo su palabra.

Teuca. Cumplió su promesa el cielo.

(E Seleuco nel dramma Los tres afectoi de amor: Cumple su amenaza el bado Cumple su palabra el cielo).

Stupisco non abbia avvertito questa singolare corrispondenza il mio caris- simo ROUANET, nelle note alla sua versione Les cheveux d'Absalon (Drames religieux de Calderon, Paris, 1898), ove pur dice (p. 135): « Un parallèle serait facile à établir entre le David et l'Absalon de Cal- deron et le Philippe II et le Don Carlos du poète de Sevilla (Ximenez de Enciso). Certaines scènes de ces deux ceuvres offrent des analogies frappantes ». Il GRIES, ch'io sappia, è il solo a ricordare le ripeti- zioni nei due drammi calderoniani, in una sua lettera indirizzata al Tieck, del 29 maggio 1829 (HOLTEI, Briefe an Tieck, Breslau, 1864, li.

Note al Cap. Il dramma. 435

259 sgg.). Deplorava egli allora nel Calderon, pur da lui tanto esaltato, « den ungeheuern Ueberfluss an gemachten, stehenden Phrasen, die sich bei jeder ahnlichen Gelegenheit wiederholen. Dies geht so weit, dass ich glaube, wenn von den 1 08 Schauspielen Calderon's etwa ^//, ganz auf uns gekommen ware, von den iibrigen aber nur der Pian, so wiirde man aus dem erhaltenen Viertel den ganzen Rest fast wòrtlich w^iederherstellen konnen. So hat z. B. der dritte Akt des Ahsalon in der Hauptsituation die grosste Aehnlichkeit mit dem dritten Akt von La Vida es sueno.., Und so kommt es denn, dass in beiden Stucken die Personen fast wòrt- lich dieselben Redensarten im Munde fuhren ». Lo spunto giungeva al Calderon ancor una volta dalla RueJa de la Fortuna di MIRA DE AMESCUA, ove si descrive il precipitare di Mauricio dalle sue altezze, e la sua fuga : « En el peligro te pones, | escondete... | huye senor de palacio » « La majestad ofendida | de mi Dios me causa asombros I ... si la mudable fortuna ( me derriba » « Salgamos a las mon- tanas », ecc.

(66) « Questo sentimento della vanità di tutto, questa coscienza del- l'ombra e questo raziocinare del sogno è la vita della Spagna nel misero

regno di Filippo IV: il poeta voleva consolare la patria moribonda

col ricantarle su tutti i toni che la vita è un sogno » , così il CARDUCCI, nell'articolo sulla Vita è un sogno (Opere, III, 42). Anche i critici e gli storici della Spagna hanno esagerato raflìgurando una Spagna ai tempi del Calderon tutto sconforto e abbattimento e consunzione di energie. Diceva Juan VALERA {Discursos leidos ante la R. Academia espa- nola, nel 1876): « La tirania... de los reyes de la Casa de Austria, su mal gobierno y la crueldad del Santo Ofìcio no fueron causa de nuestra decadencia; fueron meros sintomas de una enfermedad espantosa que de- voraba el cuerpo social entero. La enfermedad estaba mas honda... Nos Uenamos de desdén y de fanatismo a la judaica. De aqui nuestro divorcio y aislamento del resto de Europa... Nos creimos el nuevo pueblo de Dios ; confundimos la religion con el egoismo patriótico ; nos propusimos el dominio universal, siryiéndonos la cruz de ensena ó de làbaro para al- canzar el imperio ». E CÀNOVAS DEL CASTILLO, nel saggio Del verdadero origen, historia y renacimiento en el siglo presente del genuino teatro espanol {Artes y Letras, Madrid, 1887, pp. 178 sgg.): «Aquellas

436 Noie al Cap. Il dramma.

cualidades históricas (dei drammi calderoniani)... , ya cuando se represen- taron, eran no mas que una reminiscencia melancólica, puro ideal refugiado en el arte, que no realidad viva, pues no se cenia nuestra decadencia a Io politico, sino que abrazaba todo Io moral y social. Unicamente el esp{- ritu de los Autos sacramentales permanecia en la nación integro de todo Io antiguo, bacia la segunda mitad del reinado de Felipe IV... No fué este solo... la postrer resonancia, ó luz mas bien, del radiante crepùsculo de la Edad Media, sino antes que eso, y con mayor exactitud, la puesta del sol de nuestro caràcter antiguo, del peculiarisimo caràcter de aquella gran nacion de Carlos V y Felipe II, por esencia teològica, espirìtualista y verdaderamente heroica, aunque quijotesca y quimérica. Calderon, en tanto, prof nudamente imbuido en tal espirìtu aùn, pintose mas a si propio... que no a los caballeros de la època » . Nella « sfntesis » aggiunta alle sue conferenze calderoniane, MENÉNDEZ Y PELAVO osservava (p. 391): « Calderon es la Espana antigua con toda la mezcla de luz y de sombra, de grandeza y de def ectos ; con toda la pompa aparatosa y las vanidades y sueiios de nuestra decadencia, con el sentimiento del orgullo nacional no vencido ni amilanado por las derrotas; con el sentimiento religioso, con el sentimiento monarquico, con el sentimiento de la justicia y de la libertad patriarcales ; en suma, con toda la mezcla de impulsos que agitaban a la sociedad espanola ». 11 KLEIN non vedeva che scadimento e morte in questa società raffigurata nel teatro calderoniano {Geschichte dea Dramas, XI, 2, p. 670) : « Fort, fort, aus dieser dramatischen Nekro- polis voli glanzender Mausoleen, kunstreicher Aschenkriìge und kostbarer unter dem Moder gef undenen Schmucksachen I Hinweg aus dieser Kirchen- und Kirchhofdramatik, die, aus der Poesie der Todtentanze hervorge- gangen, diese in hòchster Kunstvollendung darstellt! ».

(67) Più volte, anche nel 700 inoltrato, si rappresentava in Ispagna r « auto » calderoniano La oida es^ sueno con un accompagnamento mu- sicale. Il compianto C. PEREZ PASTOR nelle ultime note : Noticias y Documentos relalioos a la Historia y Lileratura Espanola ( « Memorias de la R. Academia Espanola», voi. X), Madrid, 1910, p. 245, ripro- duceva una « Carta de pago a D. José de Nebra de 300 reales, ' que se me dieron por la mùsica que puse nueva para el Auto intitulado La oida es sueno, que se executó en el presente mes de la fecha Madrid 26 de

Note al Cap. 11 dramma. 437

junio de 1 723 ' » . Per la musica aggiunta al dramma e le opere musicali sulla Vita è un sogno si vedano i miei Apuntes sobre Calderón y la mùsica en Alemania, p. 26 sgg.

(68) Un cenno sul coro sinfonico del BRUCKNER è nella « Deutsche Zeitung » di Vienna, del 23 gennaio 1891 (Trdumen und ìVachen... Gedicht V. Grillparzer fiìr Mdnnerchor und Tenor solo, Wien, Th. Rattig, 1891), e nella monografìa di R. LOUIS, Anton Brucf^ner, Miinchen, Leipzig, 1905, p. 182. Spero di poter riprodurre il testo musicale del coro in calce al 3*^ volume di quest'opera.

INDICE

INDICE

I.

LA VITA E IL MONDO NEL PENSIERO DI CALDERON

Cultura e dottrina. Fissità del pensiero caidero- niano Pag.

Gravità del pensiero Espansione del cuore contenuta Vigilanza perpetua del sentimento Mancata ingenuità e imme- diatezza — Stimolo precoce al riconoscimento Virtù della scienza Il poeta del più gran senno Distilli perpetui della riflessione Fede cristallizzata nel domma Sottili argomen- tazioni scolastiche introdotte nel dramma I Faust caldero- niani in embrione, incapaci di sviluppo Dialettica dei misteri eucaristici.

Istintivo assurgere dal particolare al generale, dall'uomo all'umanità Dominio despotico dell'allegoria Serietà e compostezza dell'anima Rigidità e inflessibilità dell'idea Vita considerata come passaggio da un'esistenza effimera all'esi- stenza reale nell'oltretomba Nessun divenire Leggi fisse e immutabili L'ignoto « Sturm und Drang» del poeta Sacerdozio anticipato Mancanza di documenti interiori e di vere confessioni.

Le scuole La dottrina teologica e giuridica acquistata a

442 Indù

ice

Salamanca Tomismo e agostinianismo Saldezza della tra- dizione scolastica Grande diffusione delle opere di S. Ago- stino — Leggeri riflessi delle opere classiche antiche Com- pendi e enciclopedie Profeti e Santi Padri Le scienze occulte tollerate dalla Chiesa.

Teologia che soverchia la filosofìa Platonismo caldero- niano Dottrina agostiniana delle potenze dell'anima To- mismo come vangelo filosofico Bisogno irresistibile di catechiz- zare nel poeta Trionfi decretati alla fede divina La teologia, anima di tutte le scienze Gli addottrinatori alla Barlaamo nel teatro calderoniano Fenomenale intelligenza per la disputa anche negli umili Completo assorbimento ope- rato dalla teologia Nessuna lotta e nessun distacco fra il sacro e il profano I miti dell'antichità conciliati col simbo- lismo cristiano Le trasformazioni tentate « a lo divino » Le commedie mitologiche e le glorificazioni dei misteri cristiani.

Arte che s'immedesima con la religione La lotta mistica fra gli opposti, il caduco e l'eterno Continuo commento alle sentenze del Vecchio e del Nuovo Testamento Pessimismo biblico passato alla Musa calderoniana 11 Libro di Giobbe

Miseria e nullità dell'uomo Giobbe e il « Prìncipe constante ».

Milizia che appena s'annunzia, subito risolta nell'arrendi- mento a Dio Dispute e polemiche sulla predestinazione e la grazia Rigidezza del formalismo Pentimenti fulminei Rozzo simbolo della grazia divina 11 peccato originale Forze estranee dominatrici dell'arbitrio umano Tutto l'umano approda al divino Trionfo eterno del prodigio Istantaneità della conversione Meccanica riconciliazione dei mondi opposti

Opera della Chiesa sostituita all'opera del carattere e della coscienza Eroismo della fede Depressione e negazione dell'individuo Ritorno involontario all'ascesi buddhistica Supposto orientalismo ed arabismo calderoniano.

Indice 443

L'universo e Tuomo. Destino umano e Trovvidenza

del Cielo Pag. 31

Il miracolo della creazione spiegato con la cosmogonia biblica Stabilità del mondo Bsico Dal caos alla luce

L'uomo, centro dell'universo La creazione divina piiì sublime magnificata e annientata ad un tempo Debolezza e miseria dell'uomo Ordine morale e materiale dell'universo

Le potenze dell'anima Nette distinzioni suggerite dalla logica del poeta Libertà fittizia accordata all'uomo.

Indipendenza della volontà proclamata Concetto anti- fatalistico che s'insinua nella fede fatalistica Dottrina ago- stiniana della grazia e della predestinazione San Tommaso e il pensiero di Dante Trionfo decretato al libero volere nella « Commedia » La prescienza divina di nessun ostacolo all'umana libertà.

Il potere delle stelle Gl'influssi pioventi di cielo in cielo San Tommaso e l'astrologia L'astrologia giudiziaria e la divinazione non sdegnata dai teologi e dalla Chiesa Dante e il Petrarca contro il matto presumere degl'indovini L'arciprete de Hita Le invettive di Fra Giordano da Pisa I Neoplatonici Connubio immaginato tra Provvidenza, Fato e Libertà Fatalismo del Pomponazzi Favore accordato all'astrologia nelle corti Inutilità del motto « vir sapiens dominabitur astris » Predizioni e profezie Scienza astro- logica coltivata, rispettata e temuta nel Rinascimento Il Campanella e il Cardano Gl'inni del Marullo e i trattati di astrologia « Astra regunt homines, sed regit astra deus » Vane esortazioni e condanne degli avversari L'accordo invo- cato fra le due forze, la celeste e la terrestre La credenza astrologica negli scrittori della Spagna Cervantes ; Agustin de Rojas ; Suàrez de Figueroa ; Quevedo ; Mira de Amescua ; Lope de Vega.

Rigida disciplina tomistica calderoniana applicata all'astro- logia — Pensiero continuo alle stelle e agl'influssi celesti

444 Indice

Congiungimento indispensabile fra terra e cielo Imperativo divino e imperativo umano Doppio soggiacere alle due forze dominanti Scarsa fiducia del poeta nei pronostici e negli oracoli degli astrologhi Cosmogonia di Calderon conforme alla mistica platonica agostiniana Le undici sfere e il libro degli eterni editti divini Le stelle arbitre dell'umana fortuna

Dagl'influssi fatali nessuno è esente L'inclinazione decre- tata, risoluta e inesorabile Volontà espressa da Dio nei segni celesti Vanità di ogni ribellione e opposizione Sommissione devota al fato che ne attenua il rigore Provvidi rimedi alla inclinazione prestabilita « El Sabio domina en las estrellas »

Il libero potere e volere Riattivazione della volontà umana

Dominio di medesimo La libertà calderoniana.

Limitatissimo potere del libero arbitrio Assistenza divina in tutto Dio subentrato all'uomo Assorbimento della vo- lontà individuale, e trionfi perpetui della Fede e della Chiesa Inevitabile ricaduta nel dominio del fato Destino dell'uomo posto in grembo alla divina Provvidenza.

La tragedia del fato Il flagellare dall'alto e l'umana dignità e grandezza Sofocle La « Braut von Messina » schilleriana Luce invocata entro la selva dei misteri L'ac- cordo tra l'invisibile e il visibile Sogno e mistero nella tragedia del Kleist Lo sfavillare delle stelle entro il cuore umano L'immanenza del destino nella tragedia shakespeariana La fede negl'influssi dichiarata superstizione Tacito ritorno all'im- pero del fato.

Devota remissione a Dio d'ogni forza morale attiva nel- l'uomo — Rimedi prontissimi della fede ad ogni ferita dell'anima

Dramma di situazioni e non di caratteri L'anima umana concepita senza abissi e vere profondità Il turbine delle passioni soppresso Eventi piovuti dal cielo, sottratti al comando inte- riore — Singolare esjjerienza del mondo nel poeta solitario L'idillio al fondo della tragedia calderoniana Gli eroi del patimento, non dell'azione Il codice dell'onore Nessuna procella vera dell'anima, nessuno strazio, nessuno schianto

Indice 445

Conflitti prontamente sciolti, senza svolgimenti Delirio breve degli uomini in terra Dissidi elementari ; le fedi che si oppon- gono tra loro Vittoria infallibile di Dio e trionfo eterno del bene Glorificazioni sempre rinnovate del vangelo di Cristo Il demonio tentatore ; il suo potere ; le sue sconfitte Improvvise conversioni L'opera del miracolo La seconda nascita immaginata.

Amore e Natura Pag. 89

Palpito d'amore nell'universo Amore somma di tutte le scienze L'amore considerato come anima dell'anima Sua vita oltre la morte Tutto assorbe in se l'amore divino Vero amore è possesso della divinità, ardenza spirituale Deliri, impeti, ebbrezze, e non mai trasfusione vera delle anime nel supremo anelito d'amore Vincolo dell'amore terreno ridotto ad un contratto stretto dall'uomo con la donna Imperativo divino abbassato alle esigenze della società cortigiana Trionfo del codice e sconfitta del cuore Le passioni spente e le imprese audaci per conseguire l'unione promessa.

II femminino eterno « Breve cielo » opposto al « breve mondo » Esplorazione manchevole degli affetti muliebri in Calderon La rigidezza delle cose finite e perfette Fermezza e tenacia nella donna, vittoriosa d'ogni ostacolo Grazia e scaltrezza Stoffa d'eroine, forti ad ogni martirio La « nina » di Gomez Ariaz Guacolda Velleità di ribellioni immagi- nate — Studio delle lettere e maneggio delle armi « El mayor encanto, amor » Le armi della bellezza Culto affievolito per la donna e asprezza del teologo e moralista Le Circi allet- tatrici e il loto fatale incanto Nessun conflitto tra il dovere e il fascino della bellezza.

Mancato godimento della natura, benché possentemente animata Misura degli affetti, non freddezza di sentimento Consonanze viste nella natura con l'anima umana Insistente conforto chiesto alla vergine natura e ripetute invocazioni

446 Indice

Non indifferente ai destini umani, ministra dei voleri di Dio Annunzi e presagi Natura e paesaggio scelti a raffigurare un particolare stato dell'anima Esaltazione fantastica sostituita alla visione diretta Lusso eccessivo di decorazione Le primavere eterne Tendenza all'idillio ; il « Beatus ille » calde- roniano Vita delle piante, dei fiori, di tutto il mondo vegetale

La via dell'interiore non ancora ritrovata Bizzarri intrecci e fredde immagini Debole traccia del sentimento romantico nel poeta idolatrato dai romantici.

Turbamento per le ombre, e aspirazione continua alla luce

La notte Conforto notturno mancato agli afflitti Rapido oscurarsi dell'anima nel poeta che anela al sole.

Il problema della conoscenza e l'idealismo calde- roniano. !l mondo delle apparenze e delle illu- sioni Pag. 1 1 7

La pretesa originalità e profondità filosofica Grandezza immaginata delle idee e vigore di sintesi Sterilità subentrata al raggiar dell'idea Incapacità di vero svolgimento Pensiero cristallizzato nelle sentenze e nei proverbi Problemi che si offrono risolti e non s'investigano II dubbio distrutto dal domma Ogni lotta troncata, ogni ostacolo rimosso da Dio Incrol- labile fissità e rigidezza di principi Slancio iniziale subito fiaccato L'ingegno spagnuolo e l'impazienza deplorata Accuse infondate di languore e d'inerzia Perseverantissimi ritorni nel Calderon alle idee dominanti Solennità delle sen- tenze, ma non vera ricchezza filosofica Poesia e filosofia.

Stimolo alla conoscenza Disciplina della ragione Li- miti nell'esplorazione del pensiero Sapienza dell'ignorare La fede che confonde la scienza, dei Salomoni Tutto l'essere nostro attivo al riconoscimento del vero L'universo e la realtà sono in noi Immagine anticipata del mondo nella nostra co- scienza — L'irreale nel pensiero del poeta sostituito al reale II mondo considerato come tessuto di apparenze Irrime-

Indice ^ 447

diabile bancarotta dichiarata ai sensi Scetticismo kantiano e condanne calderoniane Sferzate al folle e vano presumere

Tracce della verità smarrite e non più ritrovate.

La verità ridotta al domma evangelico Coincidenza fra il soggetto e l'oggetto impossibile ad immaginare II velo che ricopre il mondo e la vita li reale e l'ideale Calderon con- siderato come idealista altissimo Trasfigurazione creduta del reale Vita degli eletti sollevata sulle bassure terrene Intellettualismo che invade il campo dell'arte Mistero che soppianta il dramma Fantasia calderoniana di Alfred de Musset Lo scegliere e il depurare di Calderon L'umanità che subentra all'iiomo Sospiro dell'anima alla sua dimora celeste.

La fantasmagoria dell'universo Il regno dell'apparenza, dell'inganno e della confusione Illusione mendace dell'umana visione Le Veneri mosse dal demonio per il trionfo delle illusioni « Asì. . . son todas las glorias del mundo » Nega- zione che mina e distrugge ogni affermazione della conoscenza

L'essere simile al non essere L'eterna incertezza Via aperta da Dio stesso alla simulazione e all'inganno « Tapado es todo el mundo » .

L'inganno universale nel mondo fisico come nel mondo morale La menzogna del cielo II vero che non si disgiunge dal falso « En està vida todo es verdad y todo mentirà » Coscienza placata nell'incosciente Si avanza, brancolando nel vago e nell'indeterminato Dormire o vegliare, vivere o morire, essere o non essere.

Unica certezza : il potere dell'immaginazione Il mondo , delle chimere L'onda soave dei suoni che sospinge il tenue peso delle immagini Le massime gravi raddolcite dal molle verso La commedia della vita e il gran teatro del mondo Contrasti cessati nel confondersi d'ogni sembianza della vita La mascherata chiusa con la morte, e il conforto di Puck nel «Sogno di una notte d'estate».

448 Indù

ICC

Il sogno e la vita Pag. 151

W dominio del sogno e il fluttuare della vita Perplessità e sonnambulismo degli eroi calderoniani Il regno delle ombre

I simboli del sogno Illogicità del sogno e contraddizioni inevitabili nel poeta Squallidi deserti del sogno L'ingiuria, il letargo e il delirio del sonno Messaggio di morte e immagine della morte Cadaveri e sepolcri del sonno Il sonno alleato e ministro della colpa Veleno soporifero di cui dispone l'ateismo Le vane e stolte illusioni prodotte dal sogno Di- sprezzo ostentato per le visioni notturne.

Vaneggiamenti del sogno vituperati d'una parte e dalPaltra ritenuti indizi del mistero che avvolge la vita L'intensa vita veduta nel sogno dai romantici, incensatori del Calderon Richard Wagner e l'atmosfera del sogno e dell'estasi Sentenze del Pascoli Bizzarro fantasticare sulla potenza del sogno di Clemens Brentano e di Bettina Colloqui, visioni e sogni arden- tissimi del Novalis Le esperienze del sogno aggiunte dal Nietzsche al patrimonio dell'anima « Die Pforte des Wer- denden zum Seienden » nel concetto dell'Hebbel Tolstoi e il sogno della vita I mementi del sogno immaginati dal Calderon

Debole virtù del « dulce sueno » Il vago fantasticare del- l'Hoffmann e di Jean Paul estraneo al Calderon Sonno ve- race dei dormenti calderoniani Il sognare del Cervantes e di Washington Irving.

Detti e sentenze comuni del sogno « Suenos hay que verdad son » Sogno che rinnova quanto il sogno distrusse

Sogni che raffigurano verità Dal servizio della colpa al servizio di Dio Secreti rivelati da Dio nel sogno Annunzi e presagi ; antiveggenza del sogno Inquietudine dell'anima e virtù profetica del sogno L'enimma della vita intensificato

Instabilità e fallacia d'ogni visione F'antasmi moltiplicati

Dubbi acuiti Dormo, o son desto? Smarrimento dei

Indice 449

trasognati e moralizzazioni che paralizzano il dolore Ammae- stramento tratto dalla stessa perplessità Meraviglie di Sigi- smondo tra l'uno e Taltro sonno, tormentose e subito placate

Tragedia dell'uomo sospeso tra due abissi, non sentita e non ideata dal Calderon.

Coraggiosa negazione che ridona all'uomo la pace Oracoli calderoniani Seduzione del ritmo e della cadenza musicale « Schiclcsal des Menschen, wie gleichst du dem Wind ! » Risolutissima e tronca sentenza che determina l'azione del dramma e dell' « auto » ha Vida es sueno Massime e proverbi posti nel titolo e nel cuore dei drammi calderoniani Il « proverbio > « de que es un sueno la vida » Sentenza piegata a tutte le esigenze del pensiero, ripetuta in molte commedie degli errori e degli inganni Il ritornello cantabile del Pleyto matrimoniai Continue varianti del vangelo fondamentale Vibrazioni musicali a cui il poeta ama concedersi, togliendo ogni asprezza al pensiero

Trionfi petrarcheschi e commedie calderoniane sul sogno della vita Sincerità d'ogni condanna come di ogni esaltazione

Il precipitare degli imperi sognati L'intera storia dell'uomo, passato, presente e avvenire in balia del sogno Luce accesa entro il sogno e la morte della vita Il « Recuerde el alma dormida j> calderoniano Dualismo tra l'asceta e il poeta sofferto appena da Calderon Sermoneggiamenti alle turbe per il grande risveglio Pedagogia del sogno Logica oscillante del poeta.

11 simbolo nella vita. Goethe e Calderon . . Pag. 177

L'inesprimibile e indefinibile Estensione del breve cerchio che recinge la vita Fantasmagoria dell'universo considerata come simbolo Calderon sempre fedele alla missione impostasi di sa- cerdote dell'Altissimo Bisogno irresistibile di solennizzare e ge- neralizzare la vita Presagi e misteri aggiunti alle apparenze del visibile « Un mysterio en cada acción » Continui ritorni alla commedia dell'anima combattuta dal male e tendente al bene

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. 29

450 Indice

Storia simbolica dell'uomo nell' « auto » che capricciosamente s'intitola La Vida es suefio Altri misteri che svolgono cotesta storia Crescente stimolo ad allargare l'idea al simbolo, il par- ticolare all'universale I simboli immaginati dagl'interpreti dei drammi calderoniani Astrazioni dell' « auto » e persone del dramma Dio e il mondo circoscritti nel finito L'indetermi- natezza dei sogni romantici ignota a Calderon L'eroico allego- rizzare e l'audacia delle personificazioni tentate Mondo conver- tito in scuola di sacra pedagogia Nessun pensiero all'educazione progressiva Tutta l'esistenza umana è un simbolo Tragedia della nascita Onde di morte che inseguono gli uomini e le stirpi.

Virtù simbolica della poesia calderoniana appena avvertita dai romantici Simbolismo di Calderon ricreato da Goethe con le fiamme del proprio spirito Singolarissimo fascino esercitato per molti anni dal poeta della Spagna La virtù del « Damonisches » in Goethe e in Calderon Curiosità insaziabile di Goethe; smania di completare la propria « Bildung » Gli Elisi imma- ginati nel Mezzodì Visioni poetiche novelle allo spuntare del nuovo secolo Febbri ispaniche calderoniane L'Oriente con- giunto con l'Occidente La Spagna vista attraverso i drammi cal- deroniani — Elogi di Goethe ai traduttori Mediocre saggio goethiano sulla Hija del aire Il fascino musicale e la creazione continuata nella fantasia di Goethe « Der herrliche Calderon »

Altri encomi La grande « teatralità » Calderon non determina nessuna attività nuova nello spirito di Goethe Ti- rannide inflitta dal genio dello Shakespeare Le rappresenta- zioni calderoniane a Weimar Intendimenti del poeta e direttore spirituale del teatro Entusiasmi suscitati Anche il Riickert trascinato dalle cadenze dei ritmi calderoniani Frenesie di gio- ventù e pentimenti tardivi.

Suscettibilità di altri poeti urtati dalle predilezioni di Goethe

La Kdthchen di Heinrich von Kleist ripudiata Esalta- zioni religiose di Calderon acclamate dai romantici e disapprovate da Goethe Nessun ricordo agli « autos » Plauso intero al dramma del martirio del Principe constante Calderon parago-

Indice 45 1

nato a Sofocle, allo Shakespeare Convenienze e catene im- poste al poeta cattolico della Spagna Giudizi ignorati sul dramma del sogno della vita Confidenze a Wilhelm von Humboldt Naturalezza dello Shakespeare e raffinatezza di Cal- deron Pensiero calderoniano che ristagna e immobilizza la vita

Rispetto di Goethe per Calderon, ma tiepidezza di sentimento

Nessuna affinità spirituale La pienezza dell' interiore man- cata nel Calderon e nel Platen Conflitti tragici e spirito mite e conciliante di Goethe Il vuoto nei drammi calderoniani che colpiva il Kòrner e offendeva l'Hebbel.

Giudizi hebbeliani confermati in parte dalla critica di Goethe

La « stille Entvk^ickelung aus dem Innern » Drammi umani di Goethe e drammi del cielo di Calderon Mistero dell'esi- stenza considerato con intendimento opposto dai due poeti Energie dell'interiore e forze attive all'esteriore L'attività chiusa dal poeta teologo riaperta dal poeta del Faust Inutilità degli sforzi del Prometeo calderoniano L'imperativo delle alte sfere sempre imposto alla volontà umana Goethe esige svolgimento d'ogni forza individuai», azione continua, totalità della vita Dio che s'immedesima con la coscienza; l'eterno che vibra in ogni cosa creata Nel presente scorre il fluido perenne della vita Tutto trapassa, ma tutto si rinnova e si trasfonde Be- nedizione della natura, rinnegata dall'asceta Sentenze del poeta della « Vita è un sogno » capovolte da Goethe Dai rottami di morte scaturisce l'eterna vita La « Gottnatur » che giammai si dissolve.

/\rte e Rassegnazione. Malinconia calderoniana. Il

canto alle umane vanità Pag. 205

L'intenso sogno dell'arte Impeto di creazione nella natura e foga sempre ardente di lavoro nel poeta Trionfo dell'arte opposto al triorìfo delle illusioni Raffinatezza e cultura Smania invincibile di dommatizzare e nessun bisogno di discutere sulla natura della poesia e dell'arte « El precepto la hermo-

A. Farinelli, La vita è un sogno. II. 29 *

452 Indice

sura no aumenta » Fantastiche attribuzioni a Calderon di una Apologia de la Comedia e di una Deposición en favor de la Pintura Estetica del poeta tutta dominata dal concetto intel- lettualistico — 11 giogo perenne imposto dalla ragione Studio scrupoloso e rispetto per la tecnica Ripetizioni volute 11 lavoro a mosaico Forze inesauste e infrangibili della fantasia Sua virtù che sovrasta alla virtù dell'intelletto Inflessibilità dell'anima e arrendevolezza della fantasia creatrice Ricchezza strabocchevole di scene e varianti infinite dei pensieri fondamen- tali — L'arte vivificatrice.

Percezione artistica de' tempi andati Comicità calderoniana

11 « gracioso » Contrasto comico e violenza fatta alla na- tura — Spontaneità mancata Tristezza dell'imperativo del ridere

I « cófrades del contento » calderoniani e il Pasquin della Cisma Distrazioni immaginate di una acerbità tragica inesistente

Vita che si sfiora e non si tocca nel fondo Demonio che as- surge alla dignità del « gracioso » Sua loquacità inesausta Tragica ironia del buffone La solennità del coro della tragedia antica ricordata fuor di proposito.

Armonia e spiritualizzazione che il poeta vagheggia Pro- fondi conflitti immaginati da Richard Wagner nella tragedia cal- deroniana — La « erhabene Melancholie » Dissidi e tormenti che il poeta mai non sofferse Sua rassegnazione blanda e pa- cata — Lotta eroica di chi conquista la propria terra e trasfonde Dio nella sua coscienza Valore morale della rinunzia nei com- battenti — Destini delle stirpi e virtù del sacrificio Memento shakespeariano alla necessità della rinunzia Fiducia illimitata nel Calderon e abbandono alla Provvidenza divina Rassegnazione scaturita dal concetto irremovibile della fede Dolore che si eli- mina nella fermezza della rinunzia La « feste Burg » di Lu- tero e di Calderon Preludi alla massima hebbeliana: getta quanto possiedi per non dolerti di perderlo.

Il canto alle vanità terrene privo di amarezza e d'ironia Pessimismo calderoniano Il mondo che si commisera L'ori- gine dell'insania è nell'umana natura medesima Vita e morte

Indice 453

comprese in un solo respiro La culla e la tomba Tristezza del nascere Eroi ed eroine gementi per il delitto della nascita

Sepoltura vivente decretata agl'infelici per volere delle stelle

Uomini ridotti a bruti Catene infrante e libertà riconquistata

L' « elegantissimo » poema sul diluvio universale Il vuoto e il nulla intollerabili al pensiero calderoniano Bellezza e vita- lità inconsumabile del mondo perverso Gl'incanti terrestri per- duti e riacquistati dalla « Naturaleza » nell* « auto » Las Ordenes militares.

La « dolendi voluptas quaedam » nel Petrarca e nel Calderon

Malinconia calderoniana che esclude ogni posa e ogni tormento

Austerità del pensiero e fascino dell'arte Spettacoli di squal- lore che sempre si rinnovano e primavere che sempre rifioriscono

Ombre che oscurano l'anima di Tamar e della Sibilla La malinconia del Calderon e la grave Dea del Milton Tristezza non stemperata in languori Malinconia e ipocondria.

Solitudine e fortezza dell'anima Sentenze bibliche raddol- cite — L'elegia sulla vanità delle grandezze umane Canto fu- nebre che ci apparta da ogni squallore Soavità dello sconforto e dell'accoramento Le vane pompe umane e le pompe del verso « Ein Aschen » Le ceneri rinfuocate; il nudo cada- vere rivestito L'onda musicale che accompagna la fuga delle cose umane Goethe e l'umana fugacità Dolci lamenti che sollevano il cuore del poeta Riflessione placida sul veloce tra- passo, e gemiti ordinati, misurati Destrezza nell'attingere la me- stizia conveniente alle ferite del cuore Risolutezza degli oracoH e determinatezza delle sentenze Elegia spezzata, alter- nata dagli inni Solennità biblica riprodotta nel verso L'im- magine del fiore La sapienza della vita e l'anima tenera del fiore I brevi cantici sul disparire della vita e della bellezza

Il mandorlo come simbolo del pronto fiorire e trapassare Ricordo insistente di questo simbolo di caducità « No Uegues a florecer ».

Sospiri al cielo, senza tremiti e smarrimenti Morte attesa, .ma non invocata Nessuna estasi morbosa e nessuna infermità

454 Indice

spirituale nel Calderon Seduzioni eterne del concreto nell'orgia intellettuale dell'astratto Solidità dei beni eterni L'uccisione della morte volgare Voluttà di morte estranea al Calderon Trionfo della morte immaginato nel Principe constante Sereno irapasso alla sponda beata Le ferite del dubbio risparmiate al poeta L'arte sommessa alla dottrina divina I tradimenti compiuti dalla fantasia vigorosa e bizzarra Il miracolo sacrilego.

n.

IL DRAMMA . . . . Pag. 247

La tesi imposta, chiarita e dimostrata nel dramma Tragedia dei destini dell'uomo convertita in commedia della redenzione dell'anima Sovrabbondanza di precetti e di massime sagge Improvvisa conversione L'importuna e tirannica presenza del pubblico Voci chiassose che interrompono il soliloquio della coscienza.

Le fonti così dette del dramma Passione calderoniana per gli aneddoti e i racconti Tragicità della facezia primitiva

Maggiore solennità della lezione impartita da Calderon Gli umili mutati in potenti Inutilità del paragone con la fiaba dram- matizzata dallo Shakespeare Nascite di principi e vaticini degli astronomi Il Barlaamo di Lope Le conversioni nei drammi di Mira de Amescua Spunti presi da altri poeti Il plagio giustificato e corrente nei secoli di maggiore fecondità « teatrale »

Ambiente remoto, conveniente al dramma sul sogno della vita

Il paesaggio nordico; la Polonia e la Russia Il regno di Sigismondo Futili condanne delle stravaganze storiche e geo- grafiche del poeta Generalizzazione necessaria Simbolo non distrutto dagli accessori Sobrietà e semplicità degli Elleni Inevitabile abuso della riflessione Effetti voluti e abilità tecnica sorprendente.

Indice 455

L'esperienza del dormente risveglio estesa e complicata Nuovi racconti aggiunti alla fiaba centrale 11 dramma di Rosaura e il dramma di Sigismondo Episodi che si disperdono, in danno dell'unità organica dell'opera Censura del Carducci Esiguità delle esperienze toccate all' eroe ; lotta interiore mancata L' « abisso confuso » lamentato da Clotaldo Tesi sdoppiata dal poeta : quella ascetica sovrapposta alla tesi scettica.

Difetto del pensiero iniziale, e non languore, o debolezza di esecuzione Il poeta non sorprende, ma tutto prestabilisce savia- mente — Le pallide figure di Astolfo e di Estrella cadute entro l'orbita dei destini del protagonista Il « gran Basilio » Sua scienza applicata a strazio del figlio Incerto suo pensiero riguardo ,

agli astri L'assaggio della bontà o della fallacia della scienza astrologica ~ L'intrigare fatale nelle faccende del destino I cieli che smentiscono gli editti funesti Ignoranza e barbarie di Basilio

La vernice della cultura Il peggior male scelto dal « Saggio » come avviamento alla salute 11 figlio che riduce ad orso e ad- destra alle scienze L'esperimento che interrompe l'iniqua pri- gionia — La delusione completa e decisiva Pietà delle stelle

Il principe ridato alla luce sfolgorante Lezione morale del figlio al padre Il servo lealissimo, mentore e involontario car- nefice di Sigismondo Sua scienza d'accatto, e nessuna energia individuale Carpoforo rimpiccolito II gran sostegno della legge Cattolica Rigida sorveglianza esercitata da Clotaldo Bassezza e viltà ; vacuità della coscienza nel maestro di dignità mo- rale e di sommissione cristiana Dubbi e perplessità che si sof- focano — « Descubra el cielo camino » Scienza astrologica basiliana riflessa da Clotaldo La massima che scande sul sogno della vita, sconveniente a lui ed a Basilio.

Energie condensate e sopite nel carattere di Sigismondo La filosofia del poeta e la mortificazione degli istinti Altera- zioni dell'orbe annunciate alla nascita di Sigismondo Clausura sepolcrale decretata ai Prometei calderoniani L'uomo e la fiera

Chiara coscienza della propria natura in Sigismondo Scar- sità delle sue irruenze bestiali Accorgimento, logica, misura e

456 Indi

ice

destrezza naturali Il fascino della bellezza Natura di prin- cipe e di cortigiano non smentita dal selvaggio Il memento più solenne della vita derivato da un enorme inganno Sogno sop- presso nel dramma sul sogno della vita Poca sorpresa di Si- gismondo, che subito s'adatta al nuovo stato L'agire suo nella reggia Gli eroici furori che si risolvono in minaccie L'or- goglio cieco e folle Millanterie superflue di Sigismondo.

L'esperimento fallito a Basilio Il figlio rimandato alla sua torre Istantanea e miracolosa conversione di Sigismondo Sommissione e mansuetudine inaspettata della fiera Tacita di- scesa dal cielo della Grazia Il breve dominio riconosciuto come sogno Improvvisa calata del sovrannaturale entro il naturale Sviluppo troncato nel carattere del protagonista Tutto è fallace; unica verità l'amore Sconfitta degli astri Sigismondo posto di colpo all'apice della saggezza La massima di Basilio e di Clotaldo, vangelo della nuova credenza Il sogno universale e il mondo delle apparenze fallaci I « sensi morti » al principe

Il dramma della superbia abbattuta Il cielo che s'intravvede e il fulgore nuovo delle glorie divine - Ultime imprese dell'eroe

I trofei maggiori raggiunti nell'immobilità del sogno Sigi- smondo e Amleto Dritto, determinatissimo procedere del nuovo eroe Rinunzia impostasi e risoluto cammino al trono Inerzia e ascesi impossibili in Sigismondo Le larve umane che ancora fanno ressa La caparra dei beni per l'eternità.

Sognare ed operare ad un tempo conseguenza della sovrappo- sizione delle due tesi Supposta coscienza attiva entro la nega- zione d'ogni coscienza Il dramma sul sogno che ricade nel mistero « Hacer bien nunca se pierde » L'onore entro il mondo del sogno e della illusione Il dramma dell'onore restau- rato — Meravigliosa stabilità di principi nell'oscillare di tutto I casi dell'onore nella Spagna di Calderon Vendette atroci per amor dell'onore Richard Wagner e l'esaltazione calderoniana dell'onore L'inganno despotico dell'uomo e le invettive fallaci del poeta.

Il regno della libertà edificato sul sogno Destino dei mo-

Indice A 57

narchi e degli umili Pietà e disprezzo per il volgo Nobile origine degli eroi calderoniani Spirito avventuriero L* « an- dante caballeria » non ancor tramontata Regna il codice e ubbidisce il cuore Storia dell'anima che s'annuncia e subito si tronca L'amore che resiste e non ha fine L'individualità che si svelle dall'individuo Sigismondo e Rosaura Prima turbinosa apparizione di Rosaura 11 mondo della forte virago La bellezza (atale Donna di cervello e di calcolo Ga- lanteria di corte e logica degli affetti.

Vangelo della nullità della vita irriconciliabile con le esigenze della vita L'umano estinto nel meraviglioso Semplicità fug- gita ; soppressione del comune Fregi e addobbi inevitabili dello stile Le espressioni favorite Ideale di armonia e di sim- metria — Invasioni della logica nel dominio della fantasia Ca- priccioso mendicare del poeta I plagi fatti a medesimo Singolare corrispondenza tra la fine del dramma Los cabellos de Absalon e l'ultimo atto della Vida es sueno.

L'azione immaginata entro il sogno della vita diffìcile a svi- lupparsi a dramma La sacra rappresentazione minacciata Fallace pensiero ad una consunzione del poeta e allo scadimento spirituale della sua nazione Indizi di robustezza e di ardire La sinfonia musicale sul sogno della vita.

NOTE

I. La vita e il mondo nel pensiero di Calderon . Pag. 301

II. // dramma » 401

H e

TORINO - FRATELLI BOCCA, Editori - roma-milano

IL PENSIERO GRECO

Eleganti volumi in- 12° stampati su carta a mano. FRACCAROLl G. PLATONE, Il Timeo (Traduzione) L. 8

ROMAGNOU E. Le commedie di Aristofane (Tradotte

in versi italiani con introduzione e note). 2 volumi . . L. 20

BODRERO E. Eraclito. Testimonianze e frammenti . FRACCAROLl G. - l lirici greci (Elegia e Giambo) . (Poesia Melica)

4

6

12

PLATONE, 11 sofista e l'uomo pclitico L. 8

Calderini a. CARITONE DI AFRODISIA, Le avven- ture di Cherea e Calliroe (Romanzo tradotto) . L. 8

Taccone a; Gli idillt di Teocrito (Tradotti in versi

italiani con introduzione e note) L. 6

VlANELLO N. LISIA, Le Orazioni (Traduzione) . » IO

BlGNONE E. Empedocle. Studio critico. Traduzione e com- mento delle testimonianze e dei frammenti . . . . L. 14

BIBLIOTECA LETTERARIA

Eleganti volumetti in-24° stampati su carta a mano.

GIANI R. L'estetica nei pensieri di Giacomo Leo- pardi L. 3

PORENA M. Dello stile (Dialogo) » 4

PAGET-TOYNBEE Vita di Dante (Con illustrazioni) . » 3

TORINO - FRATELLI BOCCA, Editori - roma-milano

LETTERATURE MODERNE STUDI DIRETTI DA ARTURO FARINELLI

Volume I.

Farinelli A. - La vita è un sogno. Parte Prima: Preludi

al dramma di Calderon. Un volume in- 16°. . . . L. 6

Volume II.

Farinelli A. La vìia è un sogno. Parte Seconda: Corì-

cezione della vita e del mondo nel Calderon. Il dramma. Un voi. in-l6o L. 8

Volume III.

Garetti G. il dramma di Zactiarias Werner. Un

voi. in- 16° L. 8

Volume IV.

ALFERO G. A. Novalis e il suo "Heinrich von Ofterdingen „. Un voi. in- 16° , , L. 7

Volume V.

Slataper S. Ibsen. Un voi. in- 16° L. 7

>

h-5 CD ?H

H !•

O

00 H evi

H

o

T) O

-P •* U

o

PQ H

•H

CU U

'C Cd

tu

H ctì O

O

I

'■.' ■».' pL.n' "Il -Il iwmmmmmmfmm

evi

«

r-i

0

d tip a

/ai

é

University of Toronto

DO NOT

REMOVE

THE

CARD

FROM

THIS

POCKET

Acme Library Card Pocket

Under Pat. "Ref. Index File" Made by LIBRARY BUREAU