TR — A Ar n MU Poet LS lo yo ide va CE \ pater, fee O, Wi, EMMA Ah LL pb - Se IR PETAAI eva. wave?” pa e DE SATA RI rai curi) IV frase!" WR peesirati” y o) n) DI SRAZIA ® 26) 5) È) ©) e) ) DO MORINIONI 95 3 è) e) 9 è) Ra SITI 2 ROM? » è (=) d O. 32 ) 5 È) 5 5) 5) D e) Salo ) 5) ) s 52 o 3 ; DIS TANES AO) C) 2 De 6) D;53 SUZIAO < ) 5) NI ®? o 9 C) » TORINO FRATELLI BOCCA, EDITORI MILANO - ROMA 1913 ip. ETTERARIA — di Do k al Pi < 5 Da x fo; [5] Gi z > Ino Tor CIA DS SSITTISsS23,55 PREFAZIONE Gli antropologi si sono affaticati a ricercare nella morfologia dei Primati le forme umane, e se queste sono derivate da uno 0 da un altro di loro, se esse sono più vicine a quelle di un Hylo- bates o d'un Cimpansè, ovvero se sono la Catar- rine o la Platirrine gli antenati diretti dell'Uomo per qualche carattere che sembra comune o com- cidente. Ma hanno trascurato una ricerca che ha un'importanza non meno grande della morfo- logia, ctoè: se nella storia paleontologica det Pri- mati d'ogni categoria, dai Lemuroidi agli An- tropoidi, st trovi continuità di luogo e di tempo, onon st trovino tali discontinuità per condizioni geologiche e fistografiche della terra nella sua evo- luzione, e tali lacune ner periodi geologici delle varie regioni, che la discendenza e la genealogia, malgrado le apparenti relazioni morfologiche, now possano essere risolutamente affermate nel gruppo dei Primati con l'Uomo, in quel modo che gene- ralmente st sostiene. Quindi parmi che un nuovo problema sia da aggiungere al primo puramente morfologico: se l'origine der vari Primati, compreso Uomo, non VI PREFAZIONE sta monofiletica e monogenetica, come si ammette finora per l'ipotesi dell'evoluzione organica, ma sta, al contrario, polifiletica e poligenetica, e così da potere, in qualche modo, esplicare la discon- tinuità indicata, e colmare qualcuna delle lacune che abbondano nell'ipotesi dell'evoluzione. Questo problema io ho voluto affrontare in questo pic- colo libro. Perchè finora una dottrina meravigliosamente attraente esplicava l'origine e la successione delle forme organiche come derivanti da unica forma primordiale, la quale emigrasse per le molte re- gioni terrestri e st svolgesse gradatamente in altre forme varie e molteplici; queste stesse va- ganti per le terre e per i mari dalle epoche più antiche, popolando 1 continenti di esseri d'unica e medesima origine. Migrazioni furono ammesse senza ricercare se fosse possibile che avvenissero; successioni furono stabilite senza investigare quali relazioni di continuità geografica si esigessero; trasformazioni furono poste come dimostrate, senza aver riguardo a distanze di spazio e dî tempo e alla loro discontinuità reale. St è scam- biato l'apparente col reale, la relazione morfolo- gica nelle forme animali con quella di discen- denza e di trasformazione diretta, quella relazione morfologica, cioè, che consiste in un complesso di caratteri variamente sviluppati e in differenti gradi indicante un tipo animale, per la quale, però, non st può affermare una genealogia di forme, come sembra nei Primati. E in questa illusione st è fatta derivare una forma da altra, e a PREFAZIONE VII benchè separate, senza vie intermedie, da epoche geologiche e da spazi invalicabile. Un raggio di luce viene dalla storia degli ant- mali antichi, da quelli scomparsi e dat soprav- viventi, dal modo di loro apparire e dall'epoca di loro apparizione mei continenti vari e mutabili e mutati nei periodi geologici. L'antica concezione unitaria dell'origine delle forme comincia ad es- sere sostituita dalla concezione dell'origine mul- Hpla; le separazioni e le connessioni reali comin- citano ad aver valore, e la natura nella sua moltiplicità delle forme e delle trasformazioni co- mincia ad apparire più libera, più ricca e più varia nell'esplicare le sue energie vitale. Il progresso delle scienze morfologiche, la cri- fica a sistemi stimati incrollabili hanno aperto una breccia larga e profonda per la quale st può avanzare a debellare le antiche muraglie. La scienza dell'uomo st fonde con tutta la scienza der viventi, perde i vecchi privilegi e comincia a dare interpretazioni identiche a quelle che già s'iniziano per gli altri animali. I documenti della paleontologia umana diventano sempre più nu- merost e portano ad una nuova direzione d'idee. Noi da qualche tempo l'abbiamo iniziata. L'antica lotta fra monogenismo e poligenismo riprende vita, ma con nuove armi e su campo più vasto; non soltanto appariscono le forme spe- cifiche, ma anche 1 gruppi di generi nella fa- miglia umana, la quale prende posto accanto agli altri mammiferi. E già molti antropologi, con differenti concezioni, tntravvedono la poli PREFAZIONE morfica origine dell'umanità. La scoperta europea dei due tipi umani fossili, irreducibili, è un do- cumento ormat inoppugnabile dell'originaria plu- ralità umana e conferma le mostre induzione emesse da alcuni anni: polifiletismo animale e. umano che si esplica per poligenismo nell'origine | e nell'evoluzione delle forme. I documenti ci mo- — strano l'avvenimento per l'uomo e per gli altri > mammiferi. Questo breve lavoro diventa, quindi, una sug- gestione per una ricerca intorno alle vie, alle epoche, at luoghi di apparizione delle forme det Primati, vie varie, molteplici e parallele, epoche differenti e fra loro distanti in regioni separate, contro la dottrina finora dominante, per la quale unica forma, nata in un qualsiasi angolo della terra, generasse, ecvolvendosi, tutte le forme suc- cessive im ogni regione, e infine l Uomo, ultima creatura superiore, la quale moltiplicandosi e mi- grando per tutti 1 continenti e le isole, conservasse la sua unità originaria. La dottrina dell'evoluzione deve subire anche essa un'evoluzione su base di documenti finora. lasciati nell'oscurità o ignoti; e benchè sappiamo che nella mente umana è grande la resistenza ad abbandonare teorie acquisite e considerate tn- crollabili, fidiamo nel tempo che tutto travolge, anche gli dè:. Settembre 1912. Ro, G. SERGI. Aontontentontontratentto to onto rtentonto ndo dedodo e ctontonirateniralraateartrao Tan ns ssnhssshosssanasrs spira rss asa shhassahohsKstinasosssshhkahasahosi INDICE DELLA MATERIA IRR BESZIONE SO AI Monogenismo e Poligenismo . . . . . Pag. 1-23 Concetto inesatto dei poligenisti sulle specie umane. La classificazione per razze caotica. Ne- cessità di una sistemazione umana e difficoltà psicologiche. Monogenismo secondo il concetto linneano e monogenismo evolutivo che può am- mettere le specie umane. Gl’inerociamenti umani e gl’ibridi; fecondità ed infecondità loro. Imper- fette cognizioni intorno agl’incrociamenti umani. Homo sapiens di Linné non più ammissibile. Paleontologia e Paleogeografia . . . . Pag. 25:65 I problemi per le migrazioni animali in vari periodi geologici. Tentativi di ricostruzione geo- logica e geografica da Forbes a Osborn a Mat- thew, Ameghino, o paleogeogratia. Ricostruzione dei periodi terziari di Matthew e di Osborn. Migra- zioni secondo Depéret. Osservazioni sulla sup- posta estensione delle migrazioni e difficoltà; sulla determinazione delle forme fossili su fram- menti ossei; sulla loro sistemazione secondo le forme viventi. Esempi. Sulle relazioni di animali di tipo arcaico con quelli di tipo moderno, spe- cialmente dei Primati primitivi e loro origine. Xx INDICE DELLA MATERIA IPrimatt i Eemurold E Rea Gli Gli Distribuzione geografica dei Lemuroidi e dei Le- muri. Una critica della determinazione di dette forme, dubbiezze e correzioni. Le due famiglie americane del nord sì estinguono con l’eocene, sono differenti da Adapidae europei. Le forme lemuroidee della Patagonia. Relazioni morfo- logiche dei Lemuroidi con Insettivori, Condi- lartra, Creodonti. Polifiletismo loro e poligenismo conformemente ad altri tipi animali. Amropoldi.; viso Discontinuità dei Primati primitivi e degli An- tropoidi. Storia paleontologica loro frammen- taria. Distribuzione geografica degli Antropoidi di secondo grado, Cercopithecidae, Cebidae, Pa- rapithecus secondo Schlossere critica. Le scimmie dell'America del sud fossili e viventi. Vari rami o phyla di coteste scimmie orientali e occiden- tali. Simiidae fossili, rami o phyla paralleli, o polifiletismo poligenetico. Sulla relazione evolu- tiva dei tre gruppi di Primati, e difficoltà di trovare le relazioni già ammesse per disconti- nuità di spazio e di tempo. Annotazione su Propliopithecus e Parapithecus di Schlosser. Unit RR ai Relazione di Simiidae con Uomo. Discontinuità in essi secondo le forme ed i periodi geologici. Phyla separati e indipendenti con Hominidae. Due tipi o phyla di Hominidae fossili europei, pitecoide (tipo di Neandertal) e antropino (tipo con forme viventi). Suddivisione di dolicomorfi e brachimorfi. Tabella di distribuzione dei due phyla europei secondo la cronologia dei giaci- menti geologici e considerazioni. L’Uomo nell’America meridionale . . . Pag. Opposizione teorica all’origine separata del- l'Uomo in America. Non Simiidae, Tetraprothomo, 67- 32 83-106 107-130 131-142 INDICE DELLA MATERIA XI Diprothomo di Ameghino. I fossili umani della Patagonia e dell'Argentina considerati autentici. Due generi umani, uno estinto, l’ Archaean- thropus, l’altro vivente o l’Hesperanthropus. Bino ne a T43-148 Tabella delle forme dei Primati con l’Uomo in cinque rami. Giustificazioni. Parallelismo di sette rami fossili e viventi dell’Eurafrica. Sistemazione di Hominidae . . . . . Pag. 149-170 Discendenza di Hominidae in cinque phyla e classificazione per generi e per specie con va- rietà. Osservazioni su questa sistemazione. Giusti- ficazione sul posto di Melanesi e Africani. Sui Pigmei e difficoltà di collocazione loro, possi- bile separazione in un ramo distinto. Sull’origine dell'Uomo americano. Gli Esquimesi, conferma di loro origine americana. Persistenza e variazioni nelle forme umane Pag. 171-188 Sulle cause delle variazioni; mendelismo. Le variazioni del cranio umano; si rigetta l'opinione della trasformazione dei dolicomorfi in brachi- morfi per qualsiasi causa, e si conferma la per- sistenza delle forme. Origine primordiale delle due forme. Contro le opinioni di Boas. Non esistono forme intermedie. Esistono variazioni dei due tipi. meo e. Pag. 180-105 Wekeegdellercose=s =. a aa S 197 — 20 dal ot ACCECTI VI Veg, fa NE PPSDIPPDSPRISSSSEA Monogenismo e Poligenismo Il problema antico per il monogenismo e il poligenismo della famiglia umana era male e irra- zionalmente posto, anche da parte dei poligenisti. I quali davano il carattere di specie a gruppi umani composti, tenendosi a qualche carattere accessorio esterno, senza saper separare, per mezzo di caratteri differenziali, gli elementi che entrano nella composizione dei gruppi com- posti. I monogenisti, poi, si accontentavano di dividere e di separare per caratteri esterni le loro razze, poco badando alla grande varietà di elementi che sono larvati sotto il colore della pelle; per loro era, ed è ancora, il tipo 4ozzo unico d'origine e di forme che aveva subìto quelle variazioni sotto l'influenza dell'abitato, e quindi rappresenta nell’unico genere l’unica specie, soltanto divisibile in razze. Se non che, questa SERGI, Le origini umane. I DI LE ORIGINI UMANE espressione 7azza rimane ambigua ed equivoca per i differenti significati che assume, e la diffe- rente estensione con varie subordinazioni, così da esservi razze d'un primo grado, p. es., razza bianca, o nera, e razze di secondo e terzo e quarto grado, le quali poi prendono valore da popoli e da lin- guaggi piuttosto che da. caratteri morfologici: donde un vero caos di razze senza limiti e senza legami di affinità o di parentela, almeno che non siano quelli di linguaggio o di cultura. La morfo- logia umana qui svanisce per dar posto a caratteri etnologici o storici. Le razze d'Europa che appar- terrebbero alla razza bianca, sono, per dir così, da Deniker divise e classificate per qualche carat- tere morfologico, il quale, però, trascura o annulla altri che dovrebbero entrare nel criterio di clas- sificazione. Che dirò poi di tribù che dovrebbero essere soltanto elementi d’una razza o d’una varietà, e sono invece designate come razze? Chi senza pregiudizio vuole esaminare i criteri degli antropologi che sostengono unica specie umana, divisa in innumerevoli razze di grada- dazioni differenti, non può fare a meno di tro- varvi un caos senza speranza di luce che possa illuminare la posizione sistematica dell'umanità, come Hominidae quale famiglia zoologica. Un’obbiezione a questa critica potrebbe farsi, MONOGENISMO E POLIGENISMO 3 che dal punto di vista pratico è indifferente sa-. pere se veramente sia unica la specie umana o molte, se il significato di razza è bene applicato o male, e quindi non sarebbe di grande impor- tanza un'esatta sistemazione umana. Ma la scienza non potrà mai acquietarsi fermandosi al nessun valore pratico, ammesso che veramente non ve ne sia; e il valore scientifico per l'antropologia è dimostrato dal fervore delle ricerche che da molti anni si fanno per conoscere le origini del- l'uomo insieme con la sua cronologia. E vera- mente sarebbe deplorevole che la scienza del- l’uomo non facesse tali investigazioni, mentre si fanno per gli altri animali. All’allevatore di ca- valli, come al possessore di tanto nobile animale, importa poco o nulla di conoscerne le origini e la storia evolutiva; a loro importa di conoscere l’animale vivente, ma non è così per il natu- ralista e per il morfologo in generale. Ogni nuovo elemento di cognizione intorno a qualunque essere vivente nel passato e nel presente, è un nuovo acquisto alla scienza della vita; e quanto più non dovrebbe essere per l’uomo di cui noi siamo parte, saperne le origini, le variazioni, i luoghi dove nacque e si moltiplicò nel passato, anche per tutti quei fini pratici che servono all’elevazione umana della quale tanto ci interessiamo ? Dunque 4 : LE ORIGINI UMANE. e per interesse scientifico e per fine pratico noi abbiamo bisogno di andare a fondo sulla cogni- zione che riguarda l’uomo, e non ci possiamo accontentare di idee ormai ritenute vecchie per nuovi postulati che sono sorti sulla vita degli esseri umani che hanno popolato e popolano la terra. Ma la scienza in genere e la scienza dell’uomo in ispecie hanno legami col passato, il quale costituisce il patrimonio ereditario delle nostre idee non scompagnate mai dai sentimenti che a queste sono inerenti. Spesso questo patrimonio si aumenta per nuovi acquisti, nuove cognizioni, nuovi fatti che vengono alla luce, senza che il fondo si alteri o si muti. Ma viene anche il momento che le nuove acquisizioni non possono essere coerenti col vecchio fondo patrimoniale, il quale, come ogni cognizione, non aveva valore immutabile e assoluto, ma pertanto era salda- mente stabilito nello spirito di coloro in cui si trasmetteva, come fosse di un valore veramente assoluto. Noi ne abbiamo molti di questi patri- imoni d'idee, che accettiamo in eredità senza benefizio d'inventario, e vi ammettiamo una fede veramente incrollabile e così che sembra impos- sibile trovare chi non abbia eguale fede. Da qui nasce una lotta, spesso violenta, fra i MONOGENISMO E POLIGENISMO 5 conservatori del vecchio patrimonio d'idee e qualcuno che tenti di scuoterne le basi, come insostenibili. Certamente non mancano fatti e ragionamenti che sostengano il vecchio patri- monio, come non ne mancano per diminuire il valore delle nuove idee. Le quali sono, in prin- cipio e nel nascere, sempre poco forti, perchè non sostenute da cemento di molti fatti e di accessori che le fortifichino; e anche perchè il maggior numero sta per la tradizione, che, diret- tamente o indirettamente, è comune alla massa degli uomini célti, che temono del nuovo, o hanno paura di coloro, che sono numerosi, i quali sostengono il vecchio. Fenomeno curioso, ma vero e naturale, data la natura gregaria del- l’uomo, che si diparte molto raramente dalla maggioranza. Appunto questo fenomeno si rivela nella lotta recente del poligenismo contro il monogenismo umano. Il monogenismo è la concezione più an- tica, consacrata anche dai libri sacri, sostenuta dalla maggioranza degli antropologi, divenuta patrimonio d'ogni persona céòlta e anche incolta, sostenuta da argomenti che hanno avuto un gran valore, e ultimamente finanche per l'ipotesi del- l'evoluzione organica, che è monofiletica, mono- genica per il regno animale e per il vegetale, 6 LE ORIGINI UMANE secondo Darwin ed Haeckel. Staccare l'uomo dal gran tronco animale e farne un campo di lotta per il poligenismo e il monogenismo, è audacia eccessiva, oltre che rivoluzionaria; ed è vero. Ma neppure nei limiti del darwinismo haeckeliano è concesso di essere poligenista, mentre in questi limiti la concezione potrebbe essere sostenuta senza grandi sforzi e per mezzo degli stessi principî dell'evoluzione organica. Poligenismo, secondo il concetto comune, vor- rebbe significare che il genere Zoo contenga molte specie, a differenza del monogenismo, secondo il quale, l’unico genere ha unica specie. Ora mi pare che un genere unico con molte specie possa considerarsi anche concezione monogenica, come monogenica e monofiletica è quella del- l'evoluzione organica secondo Darwin e Haeckel; e se vi ha differenza col monogenismo, antica data, questa differenza consiste nel non volere riconoscere i caratteri che separano le cosidette razze umane, come caratteri differenziali di specie. Ma vi ha ancora un altro motivo a voler negare la differenza specifica, vale a dire che, dal punto di vista fisiologico, queste differenze specifiche sarebbero di nessun valore, principalmente per la supposta fecondità indefinita nei vari incrocia- menti delle così dette razze, per la quale queste MONOGENISMO E POLIGENISMO 7 yeramente dimostrerebbero di essere razze e non specie; se fossero specie, si afferma, i discendenti degli ibridi sarebbero sterili. Ma, se per un momento consideriamo il fatto dall'aspetto morfologico, come abbiamo fatto nelle nostre opere « Europa » e « Hominidae », lasciando per ora il problema fisiologico, non vi ha dubbio che, accettando la dottrina evolutiva, le specie umane, come le specie di altri animali, secondo il concetto darwiniano, avrebbero avuto origine monofiletica e monogenetica. Quindi il riconoscimento di molte specie umane, generate per le stesse cause che hanno prodotto tutte le specie animali, darebbe all’ erroneo significato di poligenismo, il carattere vero di monogenismo. E non comprendiamo, da ciò, la resistenza di coloro che vogliono sostenere ad oltranza l’uni- cità assoluta della specie umana. In altra occa- sione ho mostrato che costoro, che si ostinano così irrazionalmente, non hanno un concetto chiaro dell’evoluzione organica che accettano senza titubanza e senza discussione. Storicamente il problema fu posto prima da me, riguardo le forme umane fossili e le viventi, poi da Schwalbe, benchè King e Cope, senza farne un problema, avessero chiamato specie il fossile di Neandertal. Schwalbe, però, tentò di ts) LE ORIGINI UMANE farne una dimostrazione coi suoi metodi speciali; e si può affermare, che in tal modo il problema fu messo alla discussione più generale. Le sco- perte susseguenti e recenti nel territorio francese e ad Heidelberg hanno dato conferma che esi- stono caratteri differenziali fra l’uomo fossile del tipo comunemente detto di Neandertal e l’uomo o gli uomini viventi; il primo è una specie vera e buona, nel significato che si vuol dare a questa espressione dai naturalisti nella classificazione delle forme. Quindi non vi dovrebbe essere oppo- sizione da parte degli evoluzionisti; ma non è così, chè costoro, alcuni almeno, pure ammet- tendo le differenze, non vogliono stabilire le dif- ferenze di specie, e con ragionamenti così poco logici che fanno sorpresa, come in altro luogo ho mostrato (I). L’'antropologo che crede (dico crede) ad un’evo- luzione diretta e continua da tipi o forme infe- riori a forme superiori per passaggi graduali e ininterrotti, può cancellare dal suo vocabolario le espressioni della sistematica, genere, specie e varietà, sostituendovi le gradazioni evolutive con parole appropriate, se le troverà; ma anche in (1) L’Apologia del mio poligenismo. “ Atti Soc. Rom. di Antropologia ,,, Vol. XV, 1909. MONOGENISMO E POLIGENISMO 9 questo caso si troverà davanti alla stessa diffi- coltà, di dovere, cioè, classificare forme che sono discontinue, come tipi, direi, che stanno per sè stessi. E allora se non vorrà adoperare la parola specie, già consacrata alla sistemazione delle forme, ne adopererà una analoga che possa rap- presentare le forme esistenti. Sarà, dunque, que- stione di nome soltanto, non di cosa; e Darwin stesso riconosceva la necessità di classificare per specie fer convenienza. È questione verbale, allora, e non sostanziale; e intanto, per quanto verbale, la sistemazione con la nomenclatura s'impone per evitare una confusione straordi- naria, cioè il caos. Lo zoologo, per quanto sia evoluzionista, non annulla la sistemazione e la classificazione con la nomenclatura, tenendosi, per quanto lo con- sente il concetto già mutato, a Linnè, di cui riconosce come saldi alcuni principî fondamen- tali di classificazione. L’antropologo che vuol sembrare più avanzato nelle idee, ne vuol fare a meno, tenendosi al caos antico delle razze senza affinità o parentela e senza definizione ca- ratteristica; cioè, mentre sembra il più progre- dito, è in realtà il più retrivo, sostenendo con ragionamenti illogici e contro la natura dei fatti, i suoi concetti di primitività scientifica, come ho SERGI, Le origini umane. 2 IO LE ORIGINI UMANE mostrato in un esempio curioso nella Memoria citata. Ma questo è il caso estremo, su cui non. vale la pena di fermarsi, non tutti sono così illo- gici e irregolari nella manifestazione delle loro idee; i casi estremi, però, sono istruttivi. Or accettando i principi dell'evoluzione orga- nica, secondo la quale Darwin tentò di espli- care l'origine delle specie, viene da sè senza alcuna difficoltà l'applicazione all'uomo, come un mammifero, che ha naturalmente le stesse con- dizioni d'origine e di esistenza degli altri mam- miferi. E allora il monogenista darwiniano si dovrebbe trovare nella necessità di riconoscere l'origine delle specie umane come di quelle di altri mammiferi, rimanendo monogenista mono- filetico irreprensibile. Ma ciò può fare, quando sappia riconoscere i caratteri differenziali delle specie, e il comportarsi delle forme specifiche come quelle di altri mammiferi. Ma a far questo, l'antropologo dovrebbe conoscere una gran parte delle forme umane e compararle, e usare me- todi che possano condurlo al riconoscimento delle forme e dei caratteri che trovansi in queste forme. Invece noi troviamo antropologi evolu- zionisti i quali conoscono alcune soltanto delle forme umane, conoscono qualche gruppo umano limitato, qualche problema generale, usano me- MONOGENISMO E POLIGENISMO II todi inadeguati, se non irrazionali, per conoscere le forme e i caratteri, e scrivono e parlano astrat- tamente e generalizzando, esibendo teoriche in- sostenibili, benchè queste presentino apparenze di verità e d’ingegnosità singolare. Con questo capitale intellettivo fanno gli antropologi del- l'evoluzione monofiletica e monogenetica, criti- cando un poligenismo che sono inabili a com- prendere, un poligenismo che spunta dalla dot- trina dell'evoluzione come un monogenismo vero, perchè monofiletico. E noi parliamo con intera cognizione delle cose, perchè, per le nostre ricerche particolari in- torno a tutti o quasi tutti i gruppi umani, ab- biamo potuto scoprire che la famiglia umana si. comporta nei vari suoi membri come ogni altra famiglia di mammiferi, e se volessimo essere evoluzionisti ortodossi, secondo il concetto dar- winiano, noi dovremmo proclamare l'origine delle specie umane come Darwin proclamava quelle di altri tipi animali. Ai nostri occhi si sono pre- sentate le forme varie umane con i loro carat- teri fondamentali comuni, e con le variazioni e le filiazioni che ne costituiscono le divergenze e le parentele, con la subordinazione dei caratteri che dànno il motivo delle classificazioni nello stesso modo e col medesimo metodo che s’in- 12 LE ORIGINI UMANE vocano nel regno animale. Quindi se noi ammet- tessimo che una volta soltanto è apparso il tipo umano, qualunque sia il complesso dei caratteri, e che questo unico tipo abbia avuto, per eredità, per evoluzione e per le molte cause che influi- . scono alla variazione delle forme, quei discen- denti che ora popolano la terra, divisibili e clas- sificabili in molte specie e varietà, noi saremmo monogenisti nel vero e scientifico significato della parola. Non si è poligenisti per ammettere o accettare la moltiplicità delle specie, quando queste derivino o si creda che derivino da unico tipo primordiale. Ma di questo noi non siamo con- vinti, noi siamo poligenisti e polifiletici perchè siamo convinti dell'origine multipla del tipo umano; e perciò crediamo opportuno di mettere bene in chiaro le cose per gli equivoci in cui cadono anche gli antropologi. Ma questo monogenismo d'origine evolutiva per la moltiplicazione della specie, derivate da un tipo primordiale, ha un’obbiezione, non nuova, in vero, ma di vecchia data, che pertanto si suole ripetere con molta insistenza, sempre, però, astrattamente, perchè s'ignorano i fatti e i par- ticolari che dovrebbero essere la base solida delle critiche come delle costruzioni sintetiche. L’obbiezione è: quelle che si vorrebbero deter- ne MONOGENISMO E POLIGENISMO 13 minare come vere specie, non lo sono, perchè le unioni umane, incrociamenti di gruppi diffe- renti, sono feconde, mentre le specie vere, se dànno per una generazione ibridi, questi sono sterili, essendo incapaci di fecondità indefinita : quindi non esistono che razze soltanto nell’uma- nità e non specie. i A questa obbiezione io ho già risposto nell’In- troduzione alla mia opera «Hominidae». In primo luogo dimostrai il significato e il valore di specie e di varietà (quest'ultima non sempre corrispon- dente a 7azza nell'uomo), cioè che non esiste una separazione assoluta fra queste due cate- gorie, come si vorrebbe ammettere, e che l'una si comporta come l’altra nei due regni organici, animali e piante. In seguito ho potuto mostrare che la sterilità degli ibridi è relativa come la loro fecondità e come quella delle varietà. Infine anche ho potuto far rilevare che simile relatività s'incontra negl'incrociamenti umani; così che questi nei loro effetti si comportano come nei prodotti ibridi di altri animali e delle piante. Si aggiunga che sperimentalmente e con certezza finora non si possono comparare i risultati degli incrociamenti umani con quelli delle specie vege- tali e animali. Non pertanto io ho potuto dimo- strare che spesso specie vicine e molto affini fra I4 LE ORIGINI UMANE loro sono meno feconde, o veramente sterili, nell’incrociamento dei loro prodotti, che le specie più lontane, fenomeno analogo a quello che si avvera anche in alcune piante; e ciò non astratta- mente, ma riferendo fatti constatati, come è facile di riscontrare. Ma è anche vero che molti ibridi umani si sono conservati fecondi a causa d’incrociamenti continui con le specie madri da cui derivano. Il fenomeno si verifica negli Stati Uniti d'Ame- rica per l'incrociamento di bianchi con negri, nell'America centrale e meridionale, in Europa sopratutto per l’incrociarsi, da molti milleni, di Eurasici con Eurafricani. In questo modo per con- tinuo intervento di elementi specifici puri, nel- l’ibridismo va lentamente diminuita la sua impo- tenza a riprodurre. D'altra parte abbiamo esempi più numerosi d’incrocio fra Europei e genti primitive di varie regioni; e nulla è mutato; perchè i pochi ibridi nati da tali incrociamenti periscono presto e non lasciano che rara discendenza. Parlare, quindi, d’incrociamenti e di fecondità continua e inde- finita di ibridi umani, è voler far passare per verità acquisita ciò che è soltanto un concetto astratto non sussidiato da fatti, a scopo di soste- nere una teoria tradizionale. MONOGENISMO E POLIGENISMO I5 Nuove ricerche confermano quanto già io aveva affermato ultimamente intorno agli ibridi umani, e che essi, cioè, sono meno prolifici, sono deboli, e si estinguono presto anche per una reale ste- rilità. Fehlinger, poco tempo addietro, si è occu- pato di questi incrociamenti umani e, quantunque non abbia considerato il fatto, secondo il mio punto di vista, i risultati che ne dà, concordano con quel che io ho già esposto. Così egli con- stata che nell'America settentrionale l’incrocia- mento di negri e di bianchi è meno prolifico della discendenza dei puri bianchi; che ad Hawaii la popolazione indigena che si mescola con altre immigrate, va scomparendo; nel La- brador avviene lo stesso fenomeno per l’incro- ciamento di Esquimesi con europei; in Australia si porta la morte negl’indigeni che si uniscono ad europei; anche le unioni di Cinesi con Giap- ponesi, che sono tanto affini fra loro, e per noi sono due varietà della stessa specie, sono spesso sterili (1). Woodruff (2), che aggiunge altre notizie, come l'estinzione prossima di ibridi nelle Filippine, (1) Kreuzungen bein Menschen. “ Archiv fùr Rassen und Gesellschafts-Biologie ,,, VIII, 19II, pag. 447 e seg. (2) Expansion of Races. New York, 1909, pag. 250 e seg. 16 LE ORIGINI UMANE mescolanza di Spagnuoli con indigeni, e di altri, crede che questo fenomeno sia dovuto alla man- canza di adattamento alle condizioni di clima; ciò che non mi sembra possibile, perchè soltanto gli emigrati europei e d’altre regioni diverse dovrebbero considerarsi inadatti, non gl’ibridi che. hanno acquistato parte del sangue indigeno, cioè degli abitanti del luogo; i quali sono già adatti, e dovrebbero per incrociamento diventar anche adattabili gl’ibridi nati da loro. Il fenomeno, quindi, si deve attribuire al fatto della diversità specifica. Non è qui il luogo di parlare del mendelismo nell’incrocio umano, ma nondimeno voglio rife- rire un giudizio di Doncaster, il quale a propo- sito scrive che « gl’incrociamenti fra differenti razze umane darebbero ibridi, i quali sembrano ibridi nati da differenti specie di animali e di piante, eccetto che per quelli non vi ha sterilità ».. Ma, come abbiamo detto, non è esatto, almeno sempre, quanto afferma Doncaster; il quale ri- prende a dire: « La maggior parte delle ricerche mendeliane sono state fatte sopra varietà, che differiscono in pochi caratteri, per fine di sem- plificare: ma quando sono state incrociate specie e i discendenti sono fertili, si ha da fare con molti caratteri di cui generalmente non è nota MONOGENISMO E POLIGENISMO I7 la relazione degli uni con gli altri, perchè i di- scendenti degli ibridi possono contenere indi- . vidui che non somigliano strettamente ai loro genitori. Questo fatto è stato esplicato col dire che soltanto i caratteri di varietà e non di specie si spiegano secondo la teoria di Mendel; ma non è improbabile che ciò sia dovuto alla mol- tiplicità dei caratteri delle specie e alle loro complicate relazioni interne, che rendono l’analisi molto difficile» (1). Lascio per ora questo problema e osservo che noi, in vero, finora abbiamo esperienze ed osser- vazioni imperfette su l’incrociamento umano, perchè nel concetto di tutti o quasi di tutti gli antropologi, soltanto razze si debbono conside- rare e quindi varietà che s’incrociano, e queste stesse razze o varietà sono piuttosto popoli o nazioni, perchè i loro caratteri non sono bene e analiticamente distinti, ma spesso se non sempre presi nella totalità e mescolati con altri nella composizione. Rigorosamente, quindi, non si può affermare dell'incrocio umano quel che si afferma dell'incrocio di animali e di piante; ma per quanto incerto sia questo stato di cose, i soli fatti (1) Heredity in the light of recent Research, pag. 111. Cambridge, I9II, SERGI, Le origini umane. 3 18 LE ORIGINI UMANE che abbiamo riferiti qui e altrove, parlano a favore della nostra tesi, cioè della non indefinita fecondità degli ibridi umani. Allora noi siamo in pieno diritto di affermare che l’obbiezione dei monogenisti che non accet- tano specie dall’unico genere umano, ancorchè la teoria evolutiva da loro accettata lo dimo- strasse, non ha più valore, e che tanto dall’aspetto morfologico, quanto dal fisiologico si possa af- fermare l’esistenza delle specie umane contro l’unica specie che si vuole sostenere. Infine ri- petiamo quel che sopra si è affermato: che ammettere esser l’umana famiglia unico genere, homo, il quale per evoluzione si sia moltiplicato in molte specie, è monogenismo vero e proprio, non poligenismo, come volgarmente si sostiene; il quale monogenismo si distingue da quell'altro meno razionale e sostenibile, primitivo, che nega specie e pone soltanto razze, il vero monoge- nismo linneano e decaduto, di omo sapiens. Questo che ora io ho esposto, non può rap- presentare una novità scientifica, una rivelazione biologica relativa ad MHominidae, è un'applica- zione pura e semplice di quei principî che sono accettati in zoologia e in botanica senza ostacoli e senza obbiezioni; io li ho già esposti altrove per difendermi da assalti inconsulti e da uomini MONOGENISMO E POLIGENISMO IQ poco preparati alla lotta vera e reale, inabili a seguire le vie aperte dalla biologia che regola le norme che si riferiscono all’origine delle forme. Ma il fatto che più sorprende è che non sempre l'antropologo si ricorda, o ignora, che l’uomo è un mammifero che non possa separarsi dagli altri rispetto alle origini, alle variazioni, alla distribu- zione geografica e all’abitato; farne un essere eccezionale è pregiudizio che inquina la scienza. Ond’è che ultimamente io scriveva: « L'/Zozzo sapiens di Linnè ha fatto il suo tempo, come la sua specie fissa e creata d'origine; è un altro residuo preistorico dell’antropologia che ora deve, con altri criteri, considerare l'immensa famiglia di Hominidae, che non erano quelli del grande naturalista svedese, troppo ristretti, limitati pet noi, che abbiamo dell’uomo, come degli altri animali, nuove idee, nuovi concetti biologici..., (1). Questo concetto merita di essere sviluppato. Linnè denominò Homo sapiens l’uomo propria- mente detto, secondo il nostro concetto, per distinguerlo da Homo sylvestris, che corrisponde alle nostre scimmie antropomorfe; poichè oggi per (1) Presente e avvenire dell’antropologia. Discorso letto al Congresso della Società italiana per il Progresso delle Scienze in Roma, ott. 1911. 20 LE ORIGINI UMANE noi l’uno e l’altro formano due famiglie distinte, Hominidae e Simitdae, non si ha più ragione di conservare la denominazione di 7. sapzens. Già ulteriormente Schwalbe pose la separazione di H. primigenius e di H. sapiens, nel primo in- tendendo l’uomo fossile tipo neandertal, nel se- condo tutta l’umanità vivente; così ancora e per un nuovo ordine d'idee la classificazione e quindi la nomenclatura di Linnè non potevano essere conservate. Dal punto di vista dell’evoluzione, come sopra si è notato, non può conservarsi la determinazione di unica specie per tutta l’uma- nità esistente, e neppure quindi l’espressione linneana, non più corrispondente al concetto di Linnè. L’unico concetto linneano, anche con le modificazioni subìte, che possa conservarsi, è quello dei Primati, il quale corrisponde ad un fatto biologico consolidato. Il medesimo fenomeno si è manifestato per il concetto di specie, indipendentemente dalla sua fissità o mutabilità, cioè che esistono specie li- mitate e specie estese, ora dette collettive, ov- vero complessive, perchè racchiudono altre specie più ristrette, o piccole, come le denominava Darwin, ma sempre specie, in quanto che queste si comportano come qualsiasi altra, sebbene ri- strette e comprese nella grande specie. In questo MERO. "Ge, 19 dallo» ti sce A MONOGENISMO E POLIGENISMO 2I caso le divergenze delle piccole specie sono meno numerose e meno forti, che fra le specie di carattere primordiale fra loro. Io ho mostrato questo fenomeno anche in Hom:rzidae in qualche specie, veramente collettiva, come MNotanthkropus eurafricanus, che comprende una serie di specie limitate e che per convenienza io ho denominate varietà. Il loro comportamento morfologico e fisiologico non è differente da quello di specie considerate buone e legittime. Un tentativo, se ci fosse, di ridurre le specie umane ad unica specie collettiva, condurrebbe al caos identico a quello che ci offre la divisione in razze, per la grande divergenza di caratteri, per la quale non possono ridursi adentrare in unica specie collettiva, mentre si creerebbe un numero indefinito di specie elementari. Soltanto chi non ha idea esatta di ciò, potrebbe fare una simile ipotesi, o chi non ha esaminato i caratteri dei gruppi umani più distanti e più divergenti: astratta- mente tutto è facile, e in antropologia molti parlano in astratto. Quindi è che di Linnè si accetta il metodo di classificazione e di nomenclatura da generi a varietà, ma s’introducono nuovi concetti morfo- logici che apportano nuove divisioni con nomen- clatura corrispondente, insieme col concetto di 22 LE ORIGINI UMANE origine evolutiva; e nuovi concetti fisiologici rispetto all'eredità dei caratteri, alla variazione e alla mescolanza nell’incrociamento, con l’ibri- dismo corrispondente e la fecondità relativa degli ibridi fino ai bigeneri. Non poca difficoltà, di- fatti, ho incontrato a determinare le specie umane che ho stabilite, anche per la nomenclatura ap- propriata secondo i precetti di Linnè e le nuove esigenze scientifiche. Da quanto precede, risulta che in antropologia, come del resto anche in zoologia e botanica, noi siamo sopra una nuova via, e quindi non pos- siamo conservare le vecchie formule e le vecchie nomenclature che non solo non corrispondono ai fatti, ma sono in opposizione alle nuove verità acquisite; omo sapiens, dunque, va abolito, perchè è espressione di un monogenismo d'una specie fissa usata ad orzgize, come le altre specie secondo Linnè, contraria, quindi, al monogenismo evolutivo. Evidentemente questo monogenismo evolutivo umano sarebbe un ideale scientifico, data l’ipo- tesi dell'evoluzione secondo Darwin ed Haeckel; esso sarebbe convergente con quel monofiletismo che finora ha dominato nel concetto dell’evolu- zione organica. Anche dall'aspetto filosofico questa unità nella moltiplicità, questa unica forma pri- MONOGENISMO E POLIGENISMO 23 mordiale della vita che si svolge nel tempo e nello spazio moltiplicandosi e diventando com- . plicata e varia, soddisfa il sentimento che nasce \ dalla contemplazione della natura vivente, simile in questo a quel sentimento che viene suscitato dal concetto dell’unità delle energie fisiche, che ha prodotto tanto entusiasmo negli uomini di scienza. Ma pur troppo tutte le concezioni gene- rali che pure aiutano il progresso delle scienze, le grandi teorie e le grandi ipotesi non possono resistere al tempo; nuove scoperte, nuove analisi, nuovi fatti fanno nascere nuove teorie o modi- ficano profondamente le esistenti e quelle che più sono in voga. Così, oggi, il monogenismo delle forme viventi, e fra esse quelle umane, è scosso, malgrado al- cuni principî fondamentali dell'evoluzione riman- gano fermi, anche come base del poligenismo e quindi del polifiletismo, come i fatti lo presen- tano. Così che avviene una trasformazione nella nostra concezione della natura vivente, la quale sembra risolvere meglio i problemi che questa presenta insieme con la natura fisica del nostro pianeta, che ha una storia così straordinaria e così complicata da non potersi separare da quella della natura vivente nel passato e nel presente. ——— esstese_—_—_ PIPPDIDPIDDDPSIGISEA Paleontologia e Paleogeografia Quando Darwin pubblicava il celebre libro su le origini delle specie, mancavano molti documenti . e studi caratteristici di paleontologia animale e vegetale; e benchè egli stesso tentasse di appog- giare la sua ipotesi su quanto allora emergeva dalla paleontologia, pure riconosceva la insuffi- cienza dei dati. Haeckel, il propagatore più ge- niale della dottrina evolutiva, tentava un’altra via, che fece epoca, l’embriologica; dalla quale emergeva la legge da quasi tutti accettata: « l’on- togenia è una filogenia abbreviata ». Darwin ed Haeckel fecero numerosi proseliti di monofiletia e di monogenia delle forme organiche. Ma ora la paleontologia unita con la zoogeo- grafia e la paleogeografia animale, pure tenendosi al concetto generale dell’evoluzione, ha ricercato ed ha scoperto che la polifiletia prevale sulla mo- nofiletia; ed entrando nel problema della origine SERGI, Le origini umane. 4 26 LE ORIGINI UMANE delle varie forme nelle differenti regioni terrestri, ha tentato anche di scoprire dove le prime forme di alcuni ordini di animali siano apparsi e dove, invece, siano emigrate; e come e per quali vie terrestri, nella trasformazione che ha subìto nelle epoche geologiche la terra nei suoi continenti e nei suoi mari, sia avvenuta l'emigrazione, più o meno constatata dai documenti. Ma questi pro- blemi, che sono ancora lontani da essere risoluti interamente, sono uniti ad un altro non meno grave e quasi fondamentale, cioè l'origine dei mammiferi con l’epoca di tale origine, la quale si vuole rinviare ad età più antica di quella che dànno i documenti accertati ed autentici in America ed in Europa, nell’Eurasia tutta. Perchè nell'epoca più accertata di tali documenti che fanno sicura testimonianza delle forme di mam- miferi placentari, il numero delle forme è già relativamente grande, e le strutture morfologiche sono avanzate di molto da far supporre forme anteriori meno sviluppate e più semplici. A stabilire le emigrazioni di vari gruppi ani- mali e in varie epoche sarebbe necessario non solo di avere i documenti accertati dalla paleonto- logia nelle differenti regioni, mentre qualche volta se non spesso sono frammentari e non sicuri, ma anche bisognerebbe avere i sussidi PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 27 della geologia, - che spesso mancano, e perchè alcune contrade:non sono esplorate conveniente- mente, e perchè fion sono più esistenti quei luoghi che potevano mostrare le relazioni geografiche. Così soventi rimane l’induzione paleontologica con le sue lacune alla ricostruzione di vie d’emi- grazione della fauna nelle epoche geologiche. I tentativi sono stati varî e tante volte ma- nifestati per la ricostruzione paleogeografica nelle epoche geologiche, e secondo la concezione pa- leontologica. E, curioso fatto, per le ricostruzioni si sono scelte le due regioni polari, artica e an- tartica, per trovare la via d’unione dei continenti orientali e occidentali. E tali connessioni terre- stri sono state stabilite o interrotte secondo che nei continenti, ora separati da mari profondi ed estesi, si è potuto scoprire relazioni di fauna e flora comuni o caratteristiche di una sola parte. Un'alternativa, quindi, di connessioni e di separa- zioni fra i continenti, soltanto dimostrabile per mezzo della presenza o dell'assenza di forme animali o vegetali. A dare un'idea dei tentativi di ricostruzione paleogeografica sopra documenti paleontologici e zoologici, io vorrò riassumere in breve le ipotesi emesse dai naturalisti, insieme con le opinioni dominanti. E ciò potrà servire di base a tutto 28 LE ORIGINI UMANE quel che sarò per esporre sulla biologia in ser- vizio dell’antropologia. Molti sono i naturalisti che si sono occupati della ricostruzione paleogeografica, ma molte sono anche le difficoltà che sorgono per le con- dizioni fisiche geografiche nelle due regioni ar- tica e antartica. Ad esempio, ricordo il carattere di molte isole del Pacifico, denominate ocea- niche, le profondità abissali degli oceani, il con- cetto della permanenza loro; e queste sono diffi- coltà non lievi per sostenere in epoche geologiche passate, connessioni fra l'America meridionale e le regioni australiane, fra queste e l’Africa, ovvero fra l'America e l'Africa; ovvero che un continente artico tenesse unite l’Eurasia e l Ame- rica settentrionale. Wallace, p. e., non trova necessarie queste connessioni per esplicare la distribuzione geografica di alcuni vertebrati, mentre Lydekker si sforza di spiegare l’origine settentrionale della fauna australiana e di altra al sud dell’equatore, benchè qualche volta sia invaso dal dubbio. Ma già Darwin, Huxley e qualche altro, molti anni addietro, pensarono ad una connessione terrestre di Notogea con Neogea; in seguito Forbes, Blanford, Beddard, Hooker, Hedley, Ortmann, e poi anche Osborn e Matthew, affermarono dovere esserci state molte delle PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 20 connessioni terrestri, come quelle che avessero unito al nord l’Oloartica, cioè la Paleartica con la Neartica, e al sud l’Antartica, un continente australe comunicante con le regioni australi della terra. Forbes, in modo affermativo, dopo di avere passato in rassegna quanto di comune della fauna e della flora si trova in Africa, Madagascar, Au- stralia, Nuova Zelanda, Chatham ed altre isole, e nell'America meridionale, costruiva una carta dell’Antartica. Sclater, anche, malgrado si dichia- rasse avverso al concetto di Forbes, in seguito fu costretto ad ammettere una qualche connes- sione fra Australia e America meridionale, spe- cialmente per esplicare la presenza di una famiglia di marsupiali nelle due regioni. Molto espli- cito, invece, è Spencer, il naturalista della spe- dizione Horn nell’Australia centrale, il quale nella fauna australiana trova una parte la cui origine non può spiegarsi senza ammettere una emigrazione americana. Anche Osborn nel 1900 aveva accettato questa connessione fra le terre australi e aveva anzi ricostruito una sua An- tartica. Ortmann, che ha illustrato la paleonto- logia degli invertebrati della Patagonia, avuti dall’esplorazione scientifica promossa dall’ Uni- versità di Princeton, ha creduto opportuno di 30 LE ORIGINI UMANE ricostruire una nuova carta dell’Antartica. Come postulato necessario per la zoogeografia delle. regioni australi, egli trova che sia da ammet- tersi questa connessione terrestre fra sud- America e Australia con la Tasmania e la Nuova Zelanda. Egli muove dal principio emesso da Hedley che « durante il Mesozoico o il più antico Terziario una striscia di terra con clima mite estendevasi attraverso il polo sud dalla Tasmania alla Tierra del Fuego; la Nuova Zelanda nel Terziario si avvicinò sufficientemente a questa terra antat- tica, senza congiungersi, per ricevere per mezzo del volo o di trasporto piante e animali ». Egli stesso, dopo una serie di considerazioni di or- dine geologico, viene alla conclusione che « noi dovremmo porre la maggiore estensione del- l’Antartica verso la fine del cretaceo o nell’eo- cene, mentre una interruzione notevole, se non finale, avveniva verso il miocene inferiore. In questo tempo movimenti oscillatori piccoli e più o meno importanti avevano luogo ». Matthew compila un lavoro più generale per i periodi terziari, e ammette anch'egli una con- nessione antartica fra America meridionale e Australia alla fine del cretaceo, e una serie al- ternante di connessioni e separazioni nell’Olo- artica fino alla separazione totale. Osborn su le MESSI PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 3I carte di Matthew ricostruisce le sue e ritira la è sua convinzione dell’Antartica, parendogli che il centro d’irradiazione dei mammiferi sia da porsi nell’Artica, come luogo centrale che unisce la Paleartica con la Neartica, vale a dire l' Eurasia, esclusa l'Africa e l'America settentrionale. FI. Ameghino, che pone la Patagonia come centro di creazione dei mammiferi, afferma in- sistentemente la connessione dell'America me- ridionale con l'Africa, che sarebbe stata la re- gione intermediaria per la diffusione della fauna patogonica in Europa, in Asia e nell'America settentrionale (1). (1) Cons. AmecHINo Fs., Les Formations sédimen- taires du Crétacée superieur et du tertiaire de Patagonie. “ Anales Museo national de Buenos Aires ,, 1906. BepparD F.E., A Text-b00k of Zoogeography. Cam- bridge, 18098. Forses H. O., Zhe Chatham Islands: their Relations to a Former Southern Continent. Suppl. Papers R. Geogr. Soc. London, 1893. LyDEKKER R., Zhe geographical History of Mammals. Cambridge, 1896. MartTtHEW W. D., Hypothetical Outlines of the Conti- nents in Tertiary Times. “ Bull. Am. Museum of Nat. History ,, Vol. XXII, 1906. OrtMann A. E., Zertiary Invertebrates. Part II, Vol. IV. Palaeontology. Report of Princeton University Expe- dition. Princeton-Stuttgart, 1902. OsBorn H. F., The geologica! and fauna! Relations 32 LE ORIGINI UMANE Passiamo ad esposizioni più determinate, e in questo giova servirsi di tre naturalisti molto chiari nella paleontologia, di Matthew e Osborn, già nominati, e di Depéret; così il lettore potrà meglio comprendere quel che sarò per dire in- torno al problema che c'’interessa. Matthew, nell’esplicare la sua delineazione ipo- tetica dei continenti nel terziario, osserva che alla fine del cretaceo si trovano alcuni gruppi di mammiferi di tipo arcaico, cioè Creodonta, Multitubercolata e Condylarthra i quali nulla hanno di comune con Artiodactyla, Perissodactyla e Primates, che si trovano già nell’eocene infe- riore. L'apparizione brusca di queste forme non. si può spiegare, egli afferma, se non ammettendo che esse siano un’irradiazione da un centro fuori dell’ Europa e dell'America del nord, avendo queste due regioni alcuni elementi comuni delle of Europa and America during the Tertiary period and the Theory of successive invasion of an African Fauna. “ Science ,,, 13 aprile 1900. New York. Id. The Age of Mammals in Europa, Asia and North America. New York, 1910. ScLateR W. L. and Pu. L., The Geography of Mam- mals. London, 1889. SPENCER B., Report on the work of the Horn Scien- fific Expedition to Centra! Australia. Part. I. London- Melbourn, 1896. PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 33 nuove forme, dal quale centro siano immigrati, e nel quale si dovrebbero trovare gli antenati loro, non essendosi scoperti nell’eocene basale. Se- condo Matthew, la teoria di un centro polare di radiazione, mentre spiega in gran parte la subi- tanea apparizione di nuovi tipi simultanei in America ed in Europa, non soddisfa completa- mente; quindi crede che possa ammettersi che gli antenati degli Artiodattili, dei Perissodattili e dei Primati siano già evoluti in un centro separato verso la fine del cretaceo e fino al- l'eocene inferiore; nel qual periodo potrebbe essere avvenuta la congiunzione coi due conti- nenti e la migrazione in essi dei gruppi suddetti. Questo continente separato fino all'’eocene po- trebbe essere l'Asia; ma, aggiunge, non esiste nessuna evidenza sufficiente per affermarlo con qualche certezza. Durante l’eocene il mare invase i continenti e divise, isolandole, le grandi masse dell’Ame- rica settentrionale, della meridionale, dell’Au- stralia, dell’Africa, dell'Asia e probabilmente dell'Europa. Allora ciascun continente sviluppò la propria fauna indipendentemente l’uno dal- l’altro. Anche l’Africa dimostra questo isolamento con gli antenati degli elefanti ora scoperti, come l'America meridionale con Pyrotheria, Toxo- SERGI, Le origini umane. S 34 LE ORIGINI UMANE dontia, Astrapotheria, Litopterna, Edentata, già estinti. Qui si ha molto maggiore isolamento, più completo. La fauna di Notostylops dell’eo- cene basale (cretaceo secondo Ameghino) con- tiene soltanto pochissimi elementi che suggeri- scono qualche relazione vicina con la fauna del nord. Nelle faune successive appariscono nuovi elementi, ma nessuno di questi sembra essere derivato dalla fauna primitiva eocenica del con- tinente settentrionale. Sdentati e Roditori sono i più importanti, ma la loro relazione con simili gruppi del nord è evidentemente remota e può essere attribuita ad una origine comune verso la fine del cretaceo. I nuovi elementi, insieme . con gli antichi, si sviluppano parallelamente con la fauna eocenica d’altra regione, ma indipen- dentemente da quella per le epoche tutte, eocene, oligocene e miocene. Matthew non accetta la maggiore antichità di detta fauna secondo Ame- ghino, col quale del resto, in tutto o in parte, sono d'accordo Moreno, Mercerat, Roth, von Ihering ed altri geologi dell'America meridio- nale. Egli si unisce alle opinioni di Hatcher, Ortmann e di altri. La fauna eocenica dell'Asia è interamente sconosciuta, come quella d’ Australia del terziario. Mentre nell’eocene medio e superiore nessun i po 4 IGEA x PICCO dt E e PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 35 genere di mammiferi è comune all'Europa e al- l'America settentrionale, perchè qualche ele - mento che è ammesso, è incerto per un mate- riale frammentario; nell’ oligocene si trovano molti generi comuni nelle due regioni. Questo suppone una connessione ristabilita e quindi un ricambio di fauna fra le due parti del mondo; per quali vie è difficile dire. Però più che un ulteriore ricambio nel corso dello svolgimento dell'epoca oligocenica, avviene un processo di divergenza delle forme, e lo sviluppo di forme anteriori già dell'’eocene, di provenienza più o meno oscura. Nel miocene le connessioni fra i continenti sembra che aumentino, eccetto che per l'Australia, rimasta isolata; quindi invasione di fauna africana in Europa, di fauna asiatica in Europa e in America, fra cui i Proboscidei. L’A- merica del sud sembra anche rimanere separata dall'America del nord. Nel pliocene le due Ame- riche debbono essere già unite per dar corso allo scambio di fauna, come risulta dai fatti. Con l'approssimarsi della glaciazione segue una separazione definitiva nel plistocene, come nel- l'epoca presente. La fauna della Patagonia ri- mane sempre un mistero per il biologo, il quale, mentre riconosce che alcune faune sono locali e hanno caratteri primordiali, non vuole conce- ì 36 LE ORIGINI UMANE dere che esse appartengano ad epoche vera- mente molto antiche; e mentre si sostiene che fino al principio del pliocene nessun tipo del- l'America del nord appare al sud e viceversa, il santacruziano si fa risalire al miocene medio e si spostano con le date le forme coi loro ca- ratteri primordiali. Ma prima di procedere oltre è bene conoscere le idee di altri su le epoche e le faune autoctone e le immigrate. Osborn nell'ultima sua grande opera, sopra nominata, accetta in massima le ipotesi di Mat- thew, ma ne modifica alcune sulle possibili con- nessioni o separazioni dei continenti insieme con le faune. Egli divide il cenozoico in sette grandi fasi, che riassumono le faune comuni e le indi- pendenti dei continenti insieme con le condizioni di questi in quanto siano connessi o separati; comprendono, insieme, l’età dei mammiferi, la quale succede all’età dei rettili. La prima fase è, partendo dalla base eoce- nica, quella che comprende soltanto mammiferi di tipo eocenico comuni al nuovo e all’antico continente, Europa, sopratutto, con cui è para- gonata l'America del nord negli strati geologici. Osservo subito che Osborn nel Thanetiano, corrispondente secondo lui al Torrejon ameri- cano, intendesi del Thanetiano superiore e Cer- PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 37 naysiano europeo, pone insieme con altre forme, sia pure con punto interrogativo, Lemuroidi che veramente non si trovano (Depéret). Depéret nel Thanetiano distingue: 1° Fauna locale che si evolve (Europa); 2° Migrazione d’origine nord-americana ; 3° Migrazione d’origine sconosciuta, d’inset- tivori, Adapisoridae, e di due gruppi enigmatici, Plesiadapis e HPeuraspidotheridae. La seconda fase della fauna, secondo Osborn, incomincia dall’eocene inferiore e comprende la prima invasione degli antenati della fauna mo- derna. Quindi deve esistere una relazione in- tima fra le due regioni, America del nord ed Europa, ma separazione fra le due Americhe. Depéret in questo periodo corrispondente in Europa alla seconda fase di Osborn, nei due strati, Sparnaciano e Vpernesiano, colloca varie volte una evoluzione locale e migrazione quasi sempre d'origine americana; nello Ypernesiano, parla di apparizione brusca di Primati mesodonti, Notharctidae, gen. Protoadapis, oltre nuove forme, Creodonti, Lofiodonti e così via. Nell’eocene inferiore americano appariscono molte forme comuni in Europa, e quei /oz4- arctidae che da Wasatchbed giungono ad Uintabed, cioè fino all'eocene superiore americano. Ma il 38 LE ORIGINI UMANE Notkarctus nulla ha di comune con Protoadapts, quindi va esclusa una tale immigrazione. Ritor- neremo su questo fatto. La terza fase di Osborn è caratterizzata così: divergenza graduale fra i mammiferi del nord America e quelli dell'Europa occidentale e de- bole evidenza di ricambio di fauna. Nessuna evi- denza di ulteriore migrazione dal nord o dal- l’Eurasia in America del nord. Nell’eocene medio separazione dei continenti secondo l’ ipotesi di Matthew. Osborn scrive che in Europa e in nord-Ame- rica una ricca fauna apre l’eocene medio e pro- segue una quasi indipendente evoluzione, che dura tutto il medio e superiore eocene, donde riesce difficile trovare una correlazione fra le due regioni. In Europa i Primati comprendono Adapzs, che apparisce nel Luteziano e sopravvive nel Ludiano, riapparendo (secondo Osborn) nel gi- gantesco Megaladapis di Madagascar. Inoltre trovasi il Mecrol/emur anche dal Luteziano al Ludiano. Nell'’America del nord molti sono i gruppi animali proprii della regione e che non s'incon- trano, negli stessi periodi geologici, in Europa; segnalo i Primati MNotarctidae e Anaptomor- phidae, Titanotheroidea ; quel Brackydiastema- PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 39 therium e quel Menodus rumelicus, che vorrebbero aggregarsi a /ttanotherotdea, credo non vi appar- tengano; anche /7:ppotdea caratterizzati da Hp- potdea veri e propri, probabilmente sono soltanto americani; Pal/acotheridae sembrano altro phylum europeo e non americano. In questo caso, sem- brami, vi sia una confusione dal punto di vista sistematico nel mettere insieme forme d'origine differente, benchè simile o convergente, come si suol dire. In ogni caso Osborn scrive che la separazione dei continenti al chiudere dell’eocene, essendo al suo massimo,. cinque sole famiglie di mammiferi sarebbero comuni all'Europa occi- dentale e all'America del nord, mentre, nello stesso tempo, undici famiglie sono conosciute in Europa che non sono state scoperte in America, e tredici famiglie in America non scoperte in Europa. La quarta fase della fauna paleontologica, se- condo Osborn, è l'apparizione di nuovi tipi di carattere moderno ; la brusca apparizione in Eu- ropa e in America di numerose famiglie esi- stenti; riunione dell’antica alla nuova regione in unica regione zoologica, seguìta da un altro lungo periodo di evoluzione indipendente e di estinzione parziale. Siamo all’oligocene inferiore. L'autore qui enumera 13 forme comuni all’Eu- 40 LE ORIGINI UMANE ropa e all'America del nord, 9 proprio d'Europa e 9 proprie d'America; in esse non figurano i Primati, chè in America del nord sono già e- stinti. Nel catalogo oligocenico Depéret dà molte volte, secondo gli strati o periodi dell’oligocene, evolu- zione locale delle forme e migrazioni nord- americane o sconosciute, come sono 7ragulidae e Mustelidae. In migrazioni nord-ametricane pone il Cadurcotherium, che è però molto dubbio da quanto risulta da analisi. La quinta fase comprende dal miocene al pliocene inferiore; apparizione in Furopa e in nord-America di Proboscidei africani e di Rino- ceronti brachiscelidi ; unione della fauna mam- malogica di Europa, Asia e Africa, ma lontana dall'America del nord, mentre quella del sud è ancora interamente indipendente. La fauna di questo periodo terziario è molto ricca e complessa, e non è còmpito mio di enu- merarla; ma come vedremo dall’esposizione di Depéret, questi, oltre le evoluzioni locali nei varî periodi, pone la migrazione di Primati, e date anche le migrazioni nord-americane, secondo lo stesso Depéret, non si comprende come nell’Ame- rica settentrionale non si trovi nessun Primato del tipo miocenico e nessuno d'altra origine. PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA ; 4I Depéret trova, dunque, nel miocene inferiore europeo: evoluzione dei mammiferi già esistenti; migrazioni africane o afro-asiatiche di Proboscidei, di Rinoceronti e di Scimmie, come il /Zzopz- thecus; migrazioni probabilmente nord-ameri- cane di Eguidae, Vl Anchitherium. Nel miocene medio trova l'evoluzione locale e probabili migrazioni afro-asiatiche, con queste l Orcopithecus e il Dryopithecus; pone anche come migrazione sud-americana /ystricidae, via Africa (l'Africa connessa con l'America del sud?). Nel miocene superiore trova identiche fasi e nuove migrazioni d'America, d’Asia o d'Africa, come Mesopithecus afro-asiatico (1). La sesta fase della fauna, secondo Osborn, comprende il pliocene fino al plistocene medio come modernizzazione della fauna che si sosti- tuisce all'antica. Scambio e larga distribuzione di alcuni mammiferi emigrati in Africa, in Eu- rasia e in nord-America. Seconda entrata di (1) Di DepÉRET conf. L’evolution des Mammifères tertiaires; importance des migrations. Eocène. “ C. R. Acad. Sciences de Paris ,,, Vol. CKLI, nov. 6, 1905. Id. L’évolution ecc. Oligocène. “ C. R. Acad. ,, id. Vol. CXLII, marzo 12, 1906. Id. L’évolution ecc. Miocène. “ C. R. Acad. ,,, id. Vo- lume CXLIII, dic. 24, 1906. SERGI, Le origini umane. 6 42 LE ORIGINI UMANE mammiferi sud-americani nel nord-America, e invasione nel sud-America di mammiferi d’ori- gine dell'America del nord, dell’Asia, dell’Eu- ropa e dell’Africa. Continuazione dell’evoluzione di mammiferi non migrati dai due mondi. Questa fase importa la connessione fra loro di tutti questi continenti e Osborn ha costrutto due carte su quelle di Matthew, per il pliocene e il plistocene con simili connessioni; e quindi ne dà l’ultima o settima fase, la quaternaria, nella quale nell'emisfero settentrionale si ha il periodo glaciale, e l'estinzione o l'espulsione di tipi meridionali di origine africana, asiatica e americana del sud. Per comprendere meglio quel che ho esposto secondo i tre nominati paleontologi, è bene che il lettore veda il quadro che segue : Matthew. Eocene basale. — Mammiferi di tipo arcaico: Creo- donti, ecc. Eocene inferiore. — Mammiferi di tipo nuovo, con Primati, sono apparizione brusca in nord-A merica. Ipo- tesi d’un centro separato fino al termine del cretaceo, connesso dopo nell’eocene inferiore; donde l’origine dei Primati con altri (Asia?). Eocene medio e superiore. — Separazione dei conti- nenti fra loro; nessun genere di mammiferi comune all’Europa e all America del nord. Sviluppo indipendente Ha (SN PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 43 della propria fauna in ciascun continente separato: le Americhe, Europa, Asia, Africa, Australia. Oigocene. — Molti generi di mammiferi comuni al- PAmerica del nord e all'Europa. Connessione ristabilita fra le due regioni. Divergenza delle forme ed evoluzioni di forme anteriori eoceniche o di provenienza oscura. Invasione in Europa di fauna africana ed asiatica e di fauna asiatica in America del nord. L’America del sud sembra sempre separata. Miocene. — Le connessioni aumentano. Pliocene. — Le due Americhe unite, per il ricambio che si trova della fauna. L’Australia rimane isolata dall’eocene in poi. Osborn. Eocene basale. — Mammiferi di tipo arcaico. Eocene inferiore. — Invasione di fauna di tipo mo- derno da un supposto centro comune polare. Apparizione brusca di Primati mesodonti: Notharctidae. Separazione delle due Americhe. i Eocene medio e superiore. — Separazione dei conti- nenti; nessuna evidenza di migrazione da nord e da Eurasia in America settentrionale. Si ha un’evoluzione quasi indipendente, difficile trovare correlazione fra America ed Europa. = Oligocene inferiore. — Apparizione brusca in Europa e in America di numerose famiglie; riunione delle re- gioni in unica regione zoologica; sèguita l’evoluzione indipendente con un’estinzione parziale di alcune forme. Miocene e Pliocene inferiore. — Nuova fase di Osborn, la 5* con apparizione di Proboscidei africani; unione della fauna mammalogica di Europa, Asia, Africa; quella americana del nord molto lontana; separata quella del sud America. Pliocene e Plistocene medio. — Scambio e larga di- stribuzione di alcuni mammiferi migrati, in Africa, in E ORIGINI UMANE Eurasia e in America nord. Comunicazioni fra le due. Americhe e invasione nel sud di mammiferi d’origine .dell’America nord, d’Asia, d’Africa. i Continuazione dell’evoluzione dei mammiferi non mi- grati dei due mondi. Questa fase intende dimostrarsi per mezzo della con- nessione dei continenti, dall’Eurasia al sud-America. Depéret. (EUROPA SOLTANTO). Eocene, Tanetiano. — Evoluzione locale. Migrazione d’origine nord-americana. Migrazione d’origine sconosciuta. Sparnasiano. — Evoluzione locale. Migrazioni nord-americane. | Apparizione brusca di Hyracotheridae. ct Ypresiano. — Evoluzione locale. Apparizione brusca di Primati mesodonti (/Wotkarc- i tidae-Protoadapis) ed altri, probabilmente nord-ame- ricani. Luteziano. — Evoluzione locale. Migrazioni d’origine sconosciuta. Migrazioni nord-americane. Primati mesodonti, Pelycodus Hyopsodus e forse Anap- tamorphidae (Necrolemur). Bartoniano. — Evoluzione locale. Migrazione d’origine nord-americana. Appariscono Adapidae. Ludiano inferiore. — Evoluzione locale. Nessuna migrazione. Ludiano superiore. — Evoluzione locale. Migrazione d’origine sconosciuta. Migrazione americana di Didelfidi, marsupiali. Oligocene inferiore. — Evoluzione locale. Nessuna migrazione nota. Migrazioni nord-americane. PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 45 Migrazione d’origine ignota. Oligocene medio. — Evoluzione locale. Migrazione nord-americana di Tapiridi. Migrazione probabilmente africana. Migrazione d’origine ignota. Oligocene superiore. Aquitaniano. — Evoluzione locale. Migrazioni sconosciute. Miocene inferiore. — Evoluzione locale. Migrazioni africane o afro-asiatiche (Pliopithecus). Migrazioni nord-americane di Equidi (Architherium). Miocene medio, vari orizzonti. — Evoluzione locale. Migrazione sud-americana, via Africa, Mystricidae. Migrazioni probabilmente afro-asiatiche di Ursidae, di scimmie catarrine, Oreopithecus, e antropoidi, Dryopithecus. Miocene superiore Pontiano. — Fauna di Pikermi. Evoluzione locale. Migrazioni nord-americane e afro-asiatiche. Ho voluto esporre sommariamente le idee e i fatti con le ipotesi dei tre paleontologi per far rilevare alcune induzioni che possono trarsi. Matthew e Osborn alla base dell’eocene ame- ricano riconoscono soltanto gruppi di mammi- feri di tipo arcaico, Depéret trova nel medesimo periodo in Europa un'evoluzione delle forme sul posto e due migrazioni, uria nord-americana e l’altra d'origine ignota. Nell’ eocene inferiore americano del nord i primi due autori scoprono una fauna di nuovo tipo senza poterne spiegare l'origine; e ammettendo che i mammiferi pla- centari debbano avere un'origine più antica di 46 LE ORIGINI UMANE quella che appare, cioè al di là e indietro nel- l'epoca secondaria, emettono l’ ipotesi che gli antenati di questi nuovi tipi di mammiferi deb- bano essere nati in una regione fuori dei due- continenti, l’America del Nord e l'Europa con l'Asia, una regione verso il circolo polare, se- condo Osborn, forse l'Asia stessa, secondo Mat- thew, in comunicazione con l'America al nord. I tipi nuovi di mammiferi sarebbero venuti nei continenti sudetti dopo la connessione con questo centro comune di origine, cioè nell’eocene infe- riore. Anche Depéret crede ad una più antica data d'origine dei placentari, ma non ammette le ipo- tesi degli autori americani, nè quella di Ame- ghino, nè altra. Qualunque sia, scrive, la soluzione che l'avvenire riserva all'importante problema, noi dobbiamo ammettere almeno il fatto di grandi migrazioni, le quali, al principio dell’eo- cene inferiore, hanno disperso a traverso il globo, dagli Stati Uniti fino alla estremità dell'America del sud, i rappresentanti dei principali ordini già perfettamente differenziati dei mammiferi placentari (1). E difatti il chiaro paleontologo trova dapertutto, parlando dell’ Europa, migra- (1) Les transformations du monde animale, pag. 319. Paris, 1908. PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 47 zioni in tutti i periodi geologici, anche in quelli, come nel medio e superiore eocene, nel quale altri trovano separazione assoluta dei continenti ed evoluzione indipendente dei tipi già sul posto. Dei mammiferi di tipo recente, moderno, come si esprime Osborn, si trovano i Primati lemu- roidi, già nell’ eocene inferiore, due famiglie distinte, Notharctidae e Anaptomorphidae, a cui già erano state aggregate Hypsodontidae, ora ri- conosciute come insettivori anche dallo stesso Osborn (Matthew). Che Depéret voglia trovare la famiglia Notharctidae in Europa, non è esatto, perchè il Protoadaf:s, cui si richiama, è ricono- sciuto come insettivoro, non come primato. De- péret incorre nella stessa inesattezza, quando nel Luteziano ammette l’emigrazione di mesodonti nord-americani, Pe/ycodus e Hyopsodus, di cui il primo è della famiglia dei ozkarctidae, che in Europa non è mai apparsa, e l’altro, come ab- biamo detto, è un insettivoro americano. Di Europa si trova il Necro/emur che è poi diffe- rente di Araptomorphidae, cui Depéret lo ha aggregato. Così possiamo affermare, senza petri- colo di errare, che i Primati americani, lemuroidi eocenici e non più, non hanno nulla di comune con forme europee che sono state determinate come Primati, e non vediamo quindi la migra- 48. LE ORIGINI UMANE zione ammessa. Adapidae dei Bartoniano sono forme europee finora, e Depéret le colloca nella categoria di evoluzione locale senz'altro; forse vorrà indicare che sono evoluzione di Mecrolemur e di Pelycodus? Ciò non sarebbe esatto. Seguendo i due autori americani, con l’oligo- cene i due continenti, già separati dal medio al superiore eocene, si ricongiungono, meno l’Ame- rica del sud che resta ancora separata, e l’Au- stralia. Da qui si hanno nuovi ricambi di mam- miferi, mentre precedentemente era avvenuta una evoluzione indipendente in ciascun conti- nente. Secondo Depéret i fatti procedono come nell’eocene, con emigrazioni nord-americane e di origine ignota, mentre nel miocene si hanno, oltre le migrazioni nord-americane, le afro-asia- tiche e finanche una dell'America dei sud con Hystricidae, via Africa. Appariscono anche in Europa Primati più elevati, Orcopithecus, Sem- nopithecus e Simiidae, Pliopithecus e Dryopi- thecus; il Pliopithecus sarebbe migrato o dal- l’Asia o dall'Africa, il Dryopithecus sarebbe una evoluzione sul luogo, europea con AxX%ropodus. Nel pliocene si ammettono da tutti migra- zioni e scambi di fauna in ogni parte e da ogni parte, Asia, Africa, Europa, America del nord, non pare per l'America del sud fino almeno POE O 2 (a a PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 49 verso l’ultimo periodo pliocenico, in cui sembra avvenuta la connessione finale e quindi le reci- proche migrazioni del nord e sud nelle due Americhe. 1° Osservazione. — In primo luogo vorrei osservare che, seguendo varî concetti paleonto- logici, noi siamo costretti a mutare, secondo quelli, la fisiografia terrestre, e dobbiamo anche inventare connessioni terrestri che possano sod- disfare alle varie idee. Vero è che ci riferiamo a fatti, cioè alla presenza o assenza di gruppi animali, o alla difficoltà di spiegare la loro ap- parizione, che spesso si denomina brusca, d’un genere o d'un tipo animale, come se altra spie- gazione non sia possibile, per idee acquisite e quindi contrarie a spiegazioni differenti. In realtà si ammettono continue migrazioni d’un conti- nente ad un altro, come si rivela dalle esposi- zioni di Depéret, mentre per qualche periodo geologico altri, come Matthew e Osborn, am- mettono una vera separazione nei continenti con l'interruzione di ogni qualsiasi migrazione, p. e., fra l'America del nord e l'Europa, e l'America del sud. E noi abbiamo veduto che quei Lemu- roidi del nord-America non sono passati mai in Europa nel lungo periodo eocenico, e quei SERGI, Le origini umane. 7 50 LE ORIGINI UMANE Lemuroidi europei sono differenti, di altra ori- gine, perciò, che non sia quella americana. È se volessimo trattare di molti tipi animali, ne tro- veremmo molti che non sono emigrati, come credesi. Tutti quei Titanoteri così numerosi e così varî nell’America del nord non esistono in Eurasia; quell’unico genere che si determina della famiglia Palacosyopidae, cioè il Brackydia- stematherium dev'essere escluso; se fosse della famiglia, come credesi, susciterebbe un’ obbie- zione, cui è difficile rispondere; e di 14 generi di Ziftanotheroîdea, com'è che un solo è passato in Europa? Così di tutte quelle forme di 7zp- poidea, di cui nessuna si vede in Europa e al- trove, se non nell'America del nord. Si può dire la stessa cosa di altri tipi animali non passati nel Nuovo Mondo, fra cui ricordo Axtkropotdea. Di questi, oltre le due famiglie sud-americane, anche assolutamente distinte dalle scimmie dei vecchi continenti, non esistono che le forme fossili e viventi europee, africane e asiatiche, delle quali nessuna mai passò nell'America, mal- grado le connessioni continentali ipotetiche o reali. Si trovano forme cosmopolite, come i Ri- nocerotidi e i Proboscidei, mentre accade di vedere tipi come ZErzzaceoîidea, di cui una fa- miglia la tritubercolata è solamente americana PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA ZI del nord, mentre la quadritubercolata appartiene all'America e all’Eurasia, e quella detta Dz72y- lidae è soltanto europea. Come spiegare questi fatti? Si possono spiegare con ammettere sol- tanto che le emigrazioni non sono state mai così estese come è ammesso dai paleontologi? Se- condo a me pare, questa limitazione di migra- zioni può esplicare qualche fatto, ma non tutti, e devono esservi altre cause. Come, difatti, si esplicherebbe il fatto, se veramente fosse accer- tato, che Hystricidae, e non altro mammifero nel miocene, è passato dall'America meridionale in Europa. per la via dell’Africa? Come inter- pretare il fatto che nessuno dei numerosi antro- poidi eurasici è passato in America del nord, quando migravano altri animali? 2% Osservazione. — I paleontologi determi- nano generi e specie e poi costituiscono famiglie su frammenti ossei, spesso insufficienti, con pa- ragonare le forme estinte con le forme viventi di animali, cui credono che le prime somiglino. Certamente non vi è altro metodo migliore di questo; ma questo metodo spesso è anche limi- tato a qualche singolo carattere, e specialmente a quello dei denti. Allora è facile comprendere quali difficoltà sorgono nello stabilire le forme precise e sicure secondo le specie e i generi 52 LE ORIGINI UMANE viventi. Difatti accade che una forma è stata. ora aggregata ad una famiglia o ad un ordine, ora ad altro. Riferisco qualche esempio: yopso- dontidae erano ritenuti da Osborn e da altri come una famiglia di Lemuro:dea, fino a pochi anni addietro; oggi un'analisi migliore l’ha fatto collo- care negli Insettivori. Così si può dire di P%e- stadapis europeo e di altre forme dubbie. Questo I ha suggerito a Depéret l’idea che alcuni Primati mesodonti, secondo l’osservazione di Cope, aves- sero migrato in Europa, e gli ha fatto collocare Protoadapis in Notharctidae famiglia americana, così ha proceduto con Necrolemur, Anaptomor- phidae, Pelycodus, Hyopsodus. Nè soltanto questi sono i motivi di errori, di far migrare, cioè, da altre regioni forme che veramente non sono venute come si crede; pos- sono ingannare le stesse forme animali che por- tano soltanto alcuni caratteri identici, approssi- mativi o simili a quelli che si trovano nelle forme viventi già sistemate. E qui bisogna en- trare in una considerazione più profonda. 3% Osservazione. — Sono le forme fossili iden- tiche alle forme viventi animali delle quali por- tano identico nome e fan parte della identica famiglia o genere? Si può rispondere negativa- mente senza pericolo di errare. Molte forme PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 53 sono soltanto simili, cioè hanno alcuni caratteri, per i quali entrano, p. es., negli Insettivori, nei Carnivori o in altri ordini, specialmente quelle forme che sono le più lontane dalle viventi. Quindi la grande difficoltà di sistemare le forme fossili più antiche: Insettivori hanno caratteri che si trovano nei Creodonti e viceversa, carat- teri che s'incontrano in Condilartri e viceversa, e anche in Primati primordiali, detti Lemuroidi. Ricordo Hyopsodus, considerato e classificato come Lemuroide, Primato. « Osborn, nella sua descrizione del cranio di /yopsodus, dichiarava i caratteri primitivi del genere, ma non assegnò caratteri distintivi di Primati. Lo scheletro non era allora ancor conosciuto, eccetto che per un breve accenno di Marsh che lo comparava con quello di Lemuri e non vi era motivo di sepa- rarlo dai Primati. Wortman per molti caratteri separò l’ Hyopsodus dai Primati; ma, eccetto uno di tali caratteri, nessuna buona ragione gli altri dànno per non collocarlo negli Insettivori. Alcuni di tali caratteri, invece, si trovano in Condilartri, Creodonti, Ungulati, ecc., e anche in Lemuroidi. Da altra parte /Myopsodontidae non mostrano certi caratteri che si trovano in molte famiglie d’'Insettivori. Non pertanto per nove principali argomenti sembra opportuno di collocare la fa- 54 LE ORIGINI UMANE N miglia sudetta fra gl’Insettivori » (1). « Nell’in- sieme (aggiunge e conclude l'A.) è meglio collocare Hyopsodontidae nell'ordine degli Inset- tivori, come un gruppo primitivo e non specia- lizzato con intime relazioni con alcune delle altre famiglie, malgrado la superficiale somiglianza con Erinaceus » (2). Ì Quel che vale per Hyopsodus, vale anche per molti Insettivori o pseudo-Insettivori dell’eocene americano e probabilmente delle altre parti della terra, dove nella stessa epoca si manifestano forme, direi, irreducibili agli ordini dei mammi- feri viventi. Malgrado tutto, queste forme che diconsi primitive e non specializzate rispetto alle forme esistenti, costituiscono gruppi definiti ca- raratteristici e non indefiniti o incompleti, come si potrebbe credere; e ciò è così vero che Hyopsodontidae si dividono in phyla e in specie, come dichiara il Matthew stesso (3). Quale sia l’effetto di questi fatti, la incertezza (1) MatTHEW, Carnivora and Insectivora of the Bridger basin. “ Memoirs of the Amer. Museum of Nat. History ,, Part. VI, Vol. IX, 1909. - /V.B. Il riferimento è abbre- viato, la dimostrazione dei caratteri è nel testo citato. Pag. sog-11. (2) Ivi. (3) Ivi, pag. 521-22. sl i ì | PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 55 di riduzione dalle forme fossili alle forme vi- venti, è facile comprendere, cioè, che tale ridu- zione è soltanto possibile approssimativamente e per alcuni caratteri soltanto. È facile quindi cadere in errore nel comparare le forme dei dif- ferenti continenti; più facile è l’errore nel ge- neralizzare e nel voler trovare identità di forme nei varî continenti, come comunemente si pra- tica dai paleontologi di tutti i paesi. Ciò prati- camente diremo meglio e con esempi dei Pri- mati, di cui dovremo occuparci di preferenza per il nostro oggetto particolare; e già qualche esempio è stato notato. Paleontologi come Osborn e Matthew credono di stabilire che fino all’eocene inferiore non sì trovano che forme animali di tipo arcaico in America del nord e in Europa, e che dall’eocene inferiore incominciano le forme di tipo moderno, le quali non si fanno derivare dalle prime, perchè, secondo lo stesso Osborn, quei mammiferi ar- caici avevano un cervello molto piccolo e non potevano svilupparsi in forme superiori. Io mi fermerò a tre di tali forme dette arcaiche di mammiferi placentari, cioè a Condylartkra, Creo- donta e Insectivora, benchè di quest'ordine sia dubbio che se ne trovi nell’eocene basale, se se non si eccettui, per l'America del nord, il 56 LE ORIGINI UMANE Pentacodon, e per l'Europa il F/estadapis De- ; péret). L'obbiezione che può subito farsi a questo concetto di Osborn, sarebbe risoluta da Matthew riguardo ai Creodonti, perchè nella sua magni- fica monografia dimostra l'evoluzione da questi ai Fissipedia con l’evoluzione graduale del cer-. vello insieme col cranio. Anche Gregory non ammette il concetto di Osborn, e quindi af- ferma che «i Caeneutheria, di grande cervello, sono derivati da forme in cui il cervello era di tipo di Ieseutheria »; e quindi sostiene « che gli antenati dei F7ssipedia (Carnassidentia), ave- vano tutti i caratteri ordinali dei Creodonti. Miacidae (Viverravidae), come sono descritti da Matthew, sono prototipici dei Fissipedi nella dentizione, nei caratteri del cranio, fori craniali, mani e piedi, ecc. » (1). Inoltre, queste tre forme, Condy/arthra, Creo- donta, Insectivora, hanno molte intime relazioni fra loro, così che spesso è avvenuto che esse sono scambiate l’una con l’altra, nella sistema- zione, per molti caratteri comuni che hanno. « Gli antenati cretacei dei Carnivori (scrive Matthew) erano un gruppo di piccoli mammiferi (1) GreGoRY, Zhe orders of Mammals, pag. 458-59. “Bull. Am. Museum N. H.,,, Vol. XXVI, r9ro. PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 57 arborei rassomiglianti all’Opossum in grandezza e in abito, ma molto vicino alleato agli Insetti- vori primitivi » (1). Ed ancora: Matthew ne fa tre divisioni, tre phyla: Acreodi, Pseudocreodì, Eucreodi; le prime specializzazioni sono Meso- nychinae di Acreodi, Arctocyomidae di Eucreodi, le altre più avanzate. « I residui di Creodonti primitivi (come antenati) al cominciare del ter- ziario erano divisibili in tre gruppi, di cui tutti avevano sviluppato i denti molari a scalpello, come nel moderno Opossum. Il gruppo più ar- boreo, lontanissimo dagli Insettivori, e il più elevato nello sviluppo cerebrale, aveva i molari posteriori ridotti in grandezza. In un secondo gruppo, vicinissimo agli Insettivori, e forse di abitudine più anfibia, i molari erano ridotti in numero, M 3/3 essendo assente, ma M ?/, non erano ridotti in grandezza. In un terzo e inter- medio gruppo di abitudini più terrestri, i molari non erano ridotti nè in numero nè in grandezza. Da questi tre gruppi si svilupparono forme pre- dacee terrestri con denti a scalpello ». Dalla specializzazione dei tre phyla, Eucreodi, Pseudo- creodi e Acreodi, nacquero i carnivoti fissipedi; Canidae, Ursidae, Mustelidae da una parte, e (1) Op. cit., pag. 328. SERGI, Le origini umane. 8 58 i LE ORIGINI UMANE Felidae, Hyaenidae, Viverridae dall altra, come ; effetto di due nuovi phyla paralleli, vennero da Miacidae (Eucreodi); gli altri due gruppi die- dero altri successori paralleli a quelli di sopra. Matthew fa osservare che il numero e la va- rietà dei Carnivori di Bridgerbed (eocene medio) in confronto con il numero della fauna moderna americana, è veramente grande. Trentaquattro specie ben distinte sono state scoperte nei se- dimenti della formazione Bridger. Nè si creda, egli aggiunge, che la distinzione specifica per le forme antiche sia più sottile che per le moderne, che anzi è al contrario; nelle moderne spesso non è facile distinguere le specie per mezzo dei caratteri dei denti, che sono il criterio principale di distinzione nelle specie fossili. Ma nei Carni- vori eocenici la specializzazione e la differenzia- zione sono minori, meno evidenti che nei Carni- vori viventi. Lo stesso autore rigettando l’opinione di Ame- ghino e di Gaudry che i Creodonti dell’eocene basale si debbano aggregare a Condylarthra, e non ammettendo che questi ultimi dell’eocene basale siano gli antenati dei Perzssodactyla ed Artiodactyla che già si trovano nell’eocene infe- riore, viene, però, alla conclusione che esiste una relazione fra questi e Condilartri, ma re- É PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 59 mota ; e così i caratteri dei due gruppi devono essere stati sviluppati in qualche regione scono- sciuta prima del cominciamento del terziario. Questa opinione già conosciamo per quel che sopra si è detto sulla ipotetica costruzione dei continenti nei varì periodi geologici, e più spe- cialmente d'una terra incognita che sarebbe stata centro d’irradiazione dei tipi animali moderni e già apparsi dall’eocene inferiore (Osborn). Questa ipotesi, che noi crediamo superflua, comincia a venir meno per quell’evoluzione dai Creodonti ai Fissipedi; e già anche Matthew, primo au- tore della connessione artica, afferma trovarsi una approssimazione fra i meno specializzati Creodonti con i Condilartri, per conchiudere alla loro comune origine in un periodo non remoto; così eguale approssimazione per gl’ Insettivori egli ammette coi due gruppi precedenti (I). Gregory, invece, è molto esplicito nell’ affer- mare le relazioni dei Creodonti con gl'Insettivori, anzi crede di dimostrare che gl’Insettivori pri- mordiali, antenati, fossero più primitivi dei Creo- donti antenati, e ne riferisce i caratteri speciali. Nè dimentica di ricordare che Paxtzolestes, p. es., collocato da Matthew in Insettivori, ha caratteri (1) Op. cit., pag. 329-35. 60 LE ORIGINI UMANE di Creodonti primitivi nei denti e degli arti; e così altri ancora. Non vi ha dubbio che esistono differenze, che sarebbero dovute alle abitudini divergenti dei due gruppi. È probabile che la separazione dei due gruppi debba rinviarsi molto tempo innanzi al cominciare del terziario (1). Lo stesso Gregory rispetto ai Perissodattili crede di trovare il loro antenato in Euprofogonza, dell’eocene basale, della famiglia Phenacodontidae, Condyla1thra; mentre ammette differente origine di Artiodactyla (2). Quindi si può affermare che di questi gruppi animali, l'evoluzione sarebbesi compiuta nella stessa regione, e che quindi potrebbero essere considerati come antenati di tipi recenti; e nes- suna necessità vi sarebbe di far venire questi ultimi d'altra parte, come vorrebbero principal- mente Osborn e Matthew, e altri ancora. Riguardo poi alle relazioni faunali dei tre gruppi che abbiamo veduto in America special- mente nell’eocene, con gruppi dello stesso nome di Europa, io ho ad osservare che di Creodonti europei comuni con generi americani se ne tro- vano soltanto quattro, mentre si trovano come (1) Op. cit., pag. 304-307. (2) Op. cit., pag. 396-97, 409-10. PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 6I autentici di Europa soltanto sette, insieme con cinque altri o supposti o dubbi o non bene co- nosciuti e che bisogna eliminare; i generi ame- ricani sarebbero ventisei non trovati in Europa. Forse anche un’analisi comparativa più accurata farebbe eliminare quei quattro generi comuni alle due regioni. Se passiamo agli Insettivori troviamo presso a poco gli stessi fatti: Myopsodontidae, Panto- lestidae, Mixodectidae sono esclusivamente fa- miglie americane, Dimzylidae, Plestadapidae sono invece europee; e sono pochissimi i generi co- muni all'Europa e all'America del nord, da tro- varne in Za/pidae e in qualche altra famiglia. Di Condilartra sembra che un solo, //euraspido- thertum, sia stato trovato nell’eocene inferiore di Reims, e che Schlosser indica come possibile antenato di Perissodattili; tutte le altre famiglie sono americane. Questi fatti fanno dubitare della connessione europea-americana alla fine del cretaceo e al prin- cipio del terziario, come mettono in dubbio le emigrazioni che i paleontologi credono di stabilire; in ogni caso queste emigrazioni sarebbero state molto limitate, come già ho osservato sopra, se non nascesse un altro sospetto che, cioè, questi gruppi animali fossero un'evoluzione indipendente 62 LE ORIGINI UMANE nelle due regioni da forme preesistenti. E già gli stessi paleontologi affermano che l’origine dei mammiferi placentari dovrà ricercarsi molto più indietro del terziario, e già le prime forme sono apparse nel triasico e nel giurasico, e che i marsupiali appariscono nel cretaceo superiore nell'America del nord e in Europa. Nè bisogna tralasciar di avvertire le connessioni che esistono fra questo gruppo di mammiferi coi placentari primitivi arcaici, sopra ricordati. L'origine dei mammiferi è certamente ancora oscura, forse difficilmente si avranno i dati in- contrastati della loro origine, come avviene per tutte le origini delle cose; ma se pensiamo che con le idee dell'evoluzione, già accettata come principio, non sia possibile di ammettere una fine catastrofica dell’età dei rettili, ma, invece, una trasformazione in altre forme, nasce natu- ralmente il concetto che queste nuove forme siano quelle dei mammiferi. E sarebbe anche poco ragionevole il pensare, a parer mio, che da unica forma di questi rettili siano derivati i mammiferi, andando distrutte le altre senza ul- teriore evoluzione; e con Steimann penso che da molte forme e non per una sola volta questi mammiferi abbiano avuto origine. Allora non si dovrebbe dire con Depéret che sia inverosimile PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 63 che mammiferi prossimi gli uni agli altri siano apparsi in centri distinti in modo indipendente. Esistono gruppi animali, difatti, che manife- stano questa loro origine indipendente, e già si accetta, senza alcuna riserva, un'evoluzione in- dipendente da forme sconosciute o poco note o supposte per concetti preesistenti nella mente dei paleontologi. Se i generi dei Creodonti americani, o meglio se i phyla di questi carnivori primitivi d’Ame- rica sono differenti da quelli europei, perchè non si può ammettere un'origine indipendente ? Così degli Insettivori e di altri gruppi. Perchè se questi derivano da forme precedenti, come è naturale, e non sono una creazione e4 7070, che sarebbe assurdo il pensarlo, i progenitori pos- sono essere varî e in varî luoghi, così in Ame- rica come in Europa e altrove già fin dal cre- taceo. Anche la stessa differenza dei tre gruppi di Creodonti, differenza che si vuole soltanto spiegare come effetto dell'adattamento, potrebbe essere derivata da forme simili, vicine per molti caratteri comuni, nella stessa regione, quindi una evoluzione indipendente di forme non fuori del- l'abitato dove si svolge. Quindi credo che si possa ammettere che quei tre gruppi animali così ben noti nell'America del 64 LE ORIGINI UMANE nord siano d'origine americana, e quei pochi generi europei abbiano origine in Europa, co- stituendo con i primi phyla paralleli, se sono sincroni, come sembra, senza ammettere o ima- ginare migrazioni difficili a provare, difficili ad avvenire, se non impossibili. Dell’identica fauna nell’America del sud, la cui connessione con l'America del nord e con l'Africa è molto più problematica, si può affermare la stessa ipotesi, com'è bene denominarla, e con maggior si- curezza. Osborn e Matthew insistono nel concetto che i tipi moderni della fauna dall'eocene inferiore in poi non derivano dalle forme arcaiche; da condilartri non derivano i Perissodattili e gli Artiodattili, dai Creodonti non derivano i Car- nivori nè i Primati. Ma più sopra abbiamo ve- duto con Gregory quanti caratteri comuni hanno i primi coi secondi, cioè i tipi arcaici coi tipi moderni della fauna ; di Primati, invero, non ho ancor parlato, perchè mi occuperò tosto e per lo scopo prefissomi in questa ricerca. Anche si è detto che il concetto di Osborn dell’ impedi- mento all'evoluzione dalla fauna arcaica alla moderna, a cagione d'un cervello piccolo nella prima, non può avere significato, come non ha significato quello delle forme cerebrali arcaiche PALEONTOLOGIA E PALEOGEOGRAFIA 65 meno sviluppate; che se già le forme arcaiche avessero avuto cervello più grande con forme sviluppate, non sarebbero arcaiche. L’osserva- zione di Gregory non potrebbe essere più vera, quando scrive: « I « Caeneutheria » di grosso cervello sono derivati da forma in cui il cer- vello è di tipo di « Meseutheria ». A meno che l'evidenza dell'anatomia comparata e dell’embrio- logia venga meno, tutte le forme con largo cer- vello e con distinti solchi e con relativo piccolo rinencefalo devono essere derivate da forme con cervello piccolo e liscio con grande rinencefalo e con grosso cervelletto esposto completamente; cioè un tipo di cervello che si conserva negli Insettivori più primitivi, nei Meseutheria e nei primitivi progenitori dei Carnivori Carnassidenti (Didymictis protenus) » (1). (1) Op. cit., pag. 458-9. SERGI, Le origini umane. 9 LIAIFITIAETITIFIIAIA: I Primati: I Lemuroidi Ho scritto le pagine che precedono per pre- parare la via all’interpretazione di quel gruppo dei Primati eocenici che sono considerati come appartenenti alla fauna moderna ; essi sarebbero apparsi quasi simultaneamente nell'America del nord e nell’ Europa, secondo quel che si co- nosce finora. Per i Primati primitivi dell’ Ame- rica del sud i paleontologi non sono concordi e tanto meno accettano le idee dell’Ameghino: diremo, quel che potrà valere, la nostra opi- nione su questo. Intanto per avere un'idea chiara dei periodi geologici o delle forme di siffatti Primati primitivi che si dicono Lemuroidi, farò una breve rassegna delle forme accertate. NorD-AMERICA: Eocene, meno il basale: Notharctidae, Anaptomorphidae. 68 «LE ORIGINI UMANE Europa : Eocene superiore : Necrolemur, Microchoerus, Adapidae : Adapis, Cacnopithecus (forse identico con Adapis, Schlosser) Cryptopithecus, Pronycticebus (forse identico col primo). AMERICA DEL sup, secondo Ameghino: Formazione Notostylops : Notopithecidae, Notopithecus adapinus, Hyopsodontidae, Solenoconus agilis, Adapidae, Postpithecus reflexus. Formazione Colpodoniana: Clenialites, Clenialites minusculus. Santa Cruz: Homocentrus, Eudiastatus lingulatus. Mapacascar, Grandidier : Plistocene : Lemur insignis, Megaladapis, Major, Palacopropithecus, Archaeolemur. Osserviamo, avanti tutto, che sono eliminate Hyopsodontidae, già considerati come Lemu- I PRIMATI: I LEMUROIDI 69 roidi, ora posti in Insettivori dell’America del nord. Schlosser colloca il Nozkarctus in Adapidae, forma europea; e /ecrolemur con Microchoerus europei in Axaptamorphidae americani. Sono anche eliminati Nessadapis e Protoadapis dai Lemuroidi. Schlosser pone in MNozurgulata i Notopithecidae; se, come crede Ameghino, So- lenoconus agilis entra in Hyopsodontidae, va eli- minato da Lemuroidi. Il Propittecus reflexus non può appartenere ad Adapidae europei. Clenialites è molto incerto. Eudiastatus da Schlosser è collocato in Ce- bidae. Come relazioni filogenetiche trovasi che e/y- codus (.Nothkarctidae, Osborn) da Schlosser è posto in Adapidae, ed è supposto progenitore di Notharctus, il quale, a sua volta, è supposto pro- genitore di Adafidae; Adapis, poi, possibile progenitore di Megaladapis, del Madagascar. Confesso che queste generazioni mi paiono ar- bitrarie e strane: dall’eocene americano all’eocene superiore europeo e da questo al plistocene di Madagascar, senza vie intermedie e senza forme che mostrino la continuazione del tipo. /Vo#- arctus e Pelycodus sono dello stesso periodo geo- logico americano. Azaptomorphus americano con 70 LE ORIGINI UMANE forme simili, secondo lo stesso Schlosser, è il punto di partenza di tutti gli Antropoidea, o almeno degli antenati di Strziidae; è conside- rato anche molto vicino a Zarszzdae, perchè Tarstus si avvicina alla vere scimmie, ed ha. relazione con la forma primitiva di Antropoidea. Tanto la supposta filogenia, quanto la sistema- zione di Schlosser non hanno fondamento, si oppongono condizioni geografiche, geologiche e biologiche e anche cronologiche. Noi sappiamo che i Lemuroidi dell'America del nord, più antichi di quelli europei, perchè i primi apparvero fin dall’eocene inferiore, i secondi soltanto nell’eocene superiore e giunsero appena nell’oligocene, scomparvero senza lasciare traccia nei periodi successivi e senza un'evoluzione verso le vere scimmie; noi ignoriamo le cause di questo fenomeno, e per questo stesso è poco ammissi- bile, o affatto, che essi si siano sviluppati in altra regione, come l'Europa, per dare origine agli Antropoidi. Le due famiglie Mozkarctidae e Anaptomorphidae sono in vero due phyla pa- ralleli e simultanei, e, come dicemmo, par evi- dente, vi sia qui un'origine polifiletica che si confonde con la poligenesi, e non per causa di adattamento locale. In Europa un phylum più sicuro morfologica- I PRIMATI: I LEMUROIDI 71 mente è quello di Adap:dae, che si vorrebbe assimilare ai due rami minori, ma a torto; tro- vansi inoltre gli Antropoidi, Cercopithecidae e Stmitdae. Ignoriamo però se essi discendono da Adapidae, non certamente da Azaptomorphidae, o siano emigrati dall'Africa. Adapidae sono scom- parsi nell’oligocene e non se ne ha più traccia; e per questo è difficile, se non impossibile, di accettare la discendenza di Megaladapis da quello, e per la enorme distanza di tempo, senza intermedi di forma, e di spazio: il Megaladapis è estinto nel Plistocene con altri veri Lemuri nella grande isola africana. Le forme che Ameghino classifica come Pro- simitae, presentano caratteri che è utile ricordare per l'origine dei Primati primitivi. Di Notopithecidae, che Schlosser colloca in Notungulati, Ameghino dice che essi si avvici- nano ai Tipoteri ed Hiracoidi primitivi, cioè ai Notungulati, ma hanno caratteri che li avvicinano ai Lemuroidi; la forma della mandibola di MWVo- topithecus adapinus e i denti ricordano appunto questi Primati. Hyopsodontidae con Solenoconus sembrano, secondo lui, inseparabili da Hyopsodas dell'America del nord. Ma bisogna ricordare che questo Hyopsodus e la famiglia ora sono collo- cati in Insettivori. Adaf:idae, tipo patagonico, 72 ‘LE ORIGINI UMANE differisce, secondo lo stesso Ameghino, dal tipo europeo per caratteri che egli dichiara insignifi- canti. La verità è che le due ultime famiglie che portano i nomi, l'una americana e l’altra europea, non hanno i caratteri comuni con le famiglie. su dette e sono altre forme, le quali contengono bensì caratteri che si riscontrano in Lemuroidi, ma non sono tali o decisi, perchè hanno altri caratteri comuni con differenti gruppi animali, principalmente d’Insettivori, come i Notopitecidi hanno caratteri simili ai Notungulati. Si può affermare che queste tre famiglie del- l'America del sud forse sono Lemuroidi, ma con caratteri che li avvicinano ai Lemuroidi ameri- cani del nord e dell’ Europa; hanno però alcuni caratteri che li allontanano e nel tempo stesso ingannano il sistematico. Ameghino, che nel suo concetto voleva scoprire l’origine dei Primati e di altri ordini di mammiferi nella Patagonia, e la derivazione da questi per gli altri continenti, naturalmente veniva inclinato all’unificazione delle forme e quindi all’identica nomenclatura, e quindi esagerava le identificazioni. Siamo ora a C/entalites, che Ameghino avvi- cina a Microsyops e a Plestadapis, considerati ora come Insettivori; ma anche ne differiscono per la riduzione dentaria principalmente. Ameghino I PRIMATI: I LEMUROIDI 73 CI li crede più primitivi di queste forme e di altre Prostmiae, e quindi progenitori. In sostanza i Clenialites hanno caratteri d'Insettivori e non sono propri e veri Lemuroidi, come egli crede. Sono tutte queste che ora abbiamo esaminate forme di passaggio, come dicesi, fra Lemuroidi e loro progenitori? Sembra proprio così, come Hyopsodontidae del nord-America e altre forme tante volte nominate, e Profoadapis e Plesiadapis europei e altri, hanno, direi, ingannato i natu- ralisti per le loro forme, che portano caratteri che si trovano in quelle forme eoceniche pri- mordiali, denominate Lemuroidi, Insettivori, No- tungulati, Creodonti; e così è avvenuta quella identificazione di forme delle differenti regioni; e così anche si è stabilita una filogenia che non può essere dimostrata fra Lemuroidi americani ed europei e del Madagascar. La storia di questo gruppo animale sarebbe veramente caratteristica : nell'America del nord si estingue con l’eocene e non lascia discendenti nè si svolge in forme supe- riori; nel sud rimane meno specializzata come forme lemuroidi; nell'Europa si estingue nell’oli- gocene inferiore; fossile ancora non si è scoperta in Africa; ha un grande sviluppo in forme vere e decise di Lemuri nel Madagascar nel plisto- cene e così da produrre forme gigantesche, e SERGI, Le origini umane. * IO 74 LE ORIGINI UMANE famiglie viventi ancora colà e in Africa e in Asia, penisole e isole; cioè una distribuzione geografica discontinua con analoga discontinuità nei vari periodi di sua esistenza. Ho seguito finora l'esposizione delle forme. eoceniche, Condilartri, Creodonti, Insettivori, Pri- mati, come sono state esaminate e determinate da paleontologi europei e americani; ma ho anche mostrato che alcune di queste forme che hanno. corrispondenze con le forme omonime viventi, Insettivori e Primati, sono ancora in uno stato che direi indeterminato, per il quale sono stati spesso scambiati nella posizione sistematica, come è avvenuto per /yopsodontidae, varie volte rite- . nuti per Primati; qualche gruppo anche, come i Notopithecidae, considerati e come Primati e come Notungulati. Non sono dunque forme così specializzate nei gruppi di cui portano i nomi; altri li chiamerebbe forme di passaggio a gruppi cui sono aggregati, e meriterebbero altra collo- cazione e altra nomenclatura, se si vuole essere più esatti. Ma noi abbiamo l’abitudine di classi- ficare per forme stabilite e già fissate. Osservando le forme dei denti e accettando la teoria dentaria di Osborn, cioè la trituberco- lare, a me sembra che i mammiferi primitivi si possano classificare in due categorie generali, in I PRIMATI: I LEMUROIDI 75 predatori e non predatori. Creodonti e Insetti- vori, senza dubbio, sono predatori, e i loro denti mostrano le forme che si sviluppano deci- samente da Creodonti a Carnivori veri. Negli Insettivori primitivi le forme dentarie non sono sviluppate fortemente come nei Creodonti, ma hanno forme di denti conici e forme tubercolari acute che servono allo scopo cui sono adatti. In mezzo ai due gruppi stanno i Primati lemu- roidi, i quali conservano i lunghi canini conici dei Creodonti, i premolari che somigliano a quelli dei Creodonti e degli Insettivori, mentre i molari già sono adatti alla masticazione. Sembra che i Primati mostrino il passaggio, per le forme dei denti, da carnivori-insettivori a frugivori. Anche le vere Scimmie, Cercopithecidae e Ce- bidae, conservano e sviluppano i canini con il premolare 1° (3°) che sembra un dente tritu- bercolare ridotto; così St72724dae, e spesso anche l'Uomo, dove il suo primo premolare ha somi- glianza di canino, unitubercolare. La parentela dei Primati primitivi con Creodonti e Insettivori parmi non potersi mettere in dubbio, anche per altri caratteri comuni che trovansi nei tre gruppi. Noi possiamo dividere in phyla cotesti Pri- mati primitivi denominati Lemuroidi per caratteri comuni con Lemuri, quali oggi li conosciamo; 76 LE ORIGINI UMANE ma non in phyla omogenei, perchè, da quanto abbiamo detto, l'origine è poligenetica per i vari gruppi. Quindi vi ha una poligenesi con forme polifiletiche come le presento: 1° America del nord, periodi oceenici dal- l'inferiore al superiore: Due phyla: 1. [Votharctidae. 2. Anaptomorphidae. 2° America del sud, formazione Notostylops: Due phyla: 1. Motopithecidae. 2. Clentalitidae. 3° Europa, eocene superiore e oligocene inferiore: Due phyla: 1. Adapidae. 2. Microchoerus con Necro- lemur. 4° Madagascar, plistocene; escludiamo qui i Lemuri recenti, anche di altre regioni: Due phyla: 1. Megaladapidae: (Lemur insignis, Paleopropithecus). 2. Archaeolemuridae : (Bradylemur, Hadropithecus). Avremmo, quindi, quattro gruppi distinti per origine, e ciascun gruppo polifiletico, cioè a dire con forme parallele contemporanee, da mostrare che l’una non deriva dall’altra, ma da uno c più I PRIMATI: I LEMUROIDI ml] progenitori locali comuni. Per quel che abbiamo detto intorno alla probabile origine di cotesti Primati, risulta che è da escludersi la supposta migrazione in America e in Europa da un centro polare, inverisimile per ragioni anche geologiche. Del resto, ammesso questo centro e la connes- sione europea o eurasiatica con l'America del nord prima dell’eocene inferiore, non si potrebbe neppure esplicare un’ emigrazione d'America in Europa nell’eocene superiore, periodo in cui si trova l’Adafis, quando, cioè, già si ammette la separazione fra i due continenti. Supposto pure che tutti i Primati primitivi delle differenti regioni abbiano progenitori co- muni, non v'ha alcuna difficoltà, ora, neppure per coloro che sono scrupolosi monogenisti, ad ammettere evoluzioni indipendenti nei periodi d'isolamento o di separazione dei continenti; come non trovasi obbiezione a fare all'evoluzione parallela delle forme di molti mammiferi, ovvero polifiletica, come quando una volta rigidamente dominava il monofiletismo. Osborn da molti anni dimostra quella che egli denomina legge polifiletica di molti mammiferi, specialmente ungulati. Dei Rinoceronti, ovvero Rhkinocerotoidea, egli trova in nord-America e in Eurasia, sette phyla, di cui alcuni comuni al- 78 LE ORIGINI UMANE l'America del nord e all'Europa, altri all'Africa e all'Europa. Di Hippoidea, soltanto americani del nord, si trovano cinque phyla dall’oligocene al plistocene. La filogenia di Cazzelidae che sembra avere un progenitore comune ai tre phyla, si svolge dall’eocene al plistocene e fino all’epoca presente. I Titanoteri si sono sviluppati in quattro phyla, e così altri. Fra gli esempi molto impor- tanti ricordo i Proboscidei, di cui si riconoscono tre rami principali, divisibili anche in rami se- condari: Dinothertum, che vive e si sviluppa dal miocene inferiore al superiore, e poi non appa- risce più; i Mastodonti, che si dividono in due rami, uno che apparisce dall’oligocene e si spegne nel pliocene superiore; l’altro che comincia dal miocene e vive fino al quaternario recente; indi il terzo gruppo, gli Elefanti, divisi in tre rami secondari, di cui il più antico è del pliocene in- feriore e finisce nel quaternario; gli altri due sono recenti dal quaternario fin’ oggi, di cui VE. indicusel E. africanus viventi. Depéret scrive a proposito di questi Proboscidei, che « questo quadro (egli lo espone con le forme caratteri- stiche) mostra nettamente la maniera di cui bi- sogna comprendere l'evoluzione per raw paral- Zeli (i nostri phyla), che mon hanno fra loro alcun contatto nè alcuna forma di passaggio da un I PRIMATI: I LEMUROIDI 79 ramo all’altro »; dimostra ancora il destino diffe- rente di ciascun ramo (I). Ora Depéret non dice come si sono sviluppati questi rami di Proboscidei che xox kazzo alcun contatto nè alcuna forma di passaggio fra loro; da che segue che anche ad ammettere che essi abbiano un progenitore comune, che non si co- nosce, i tre rami si sono sviluppati indipenden- temente, suddividendosi in nuovi rami secondari. Quindi la legge polifiletica di evoluzione si fonde con la poligenesi, con la moltiplicazione, cioè, di forme indipendenti l'una dall’altra. Questo feno- meno si svolge nel tempo e nello spazio, cioè a dire nel corso dei lunghi periodi geologici e in varî continenti, come già ho detto per quanto si riferisce ai Primati, così simili e così diffe- renti nei loro rami nelle varie regioni dove sono apparsi. Ma io non voglio tralasciare di riferire qualche indagine di un chiaro paleontologo inglese, che mantiene molte idee conservatrici sulle origini (1) Les transformations du monde animal, pag. 185 e seg. L’italico è mio. Cfr. OsBorn, Zen years Progress in the Mammalian Palaeontologie of north-America. 6° Congrès intern. de Zoologie. Bern, 1904. Ip., The age of MammalS, cit. passim. 80 LE ORIGINI UMANE delle forme viventi, e direi anche ortodosse. Parlando della distribuzione delle forme dei mam- miferi in Artogea, dei quali costruisce una tabella che mostra le forme comuni ai due continenti, l’occidentale e l’orientale, e quelle proprie sol- tanto dell’uno e dell’altro, scrive: « Nella tabella superiore soltanto alcuni tipi dei meglio noti sono stati scelti, ma questi sono sufficienti a. mostrare che durante l'epoca terziaria un qualche numero di generi era comune all’Artogea orien- tale e all’occidentale. È vero che, fatta eccezione di quei tipi ancora esistenti, noi non abbiamo alcuna evidenza che alcuni di questi abbiano raggiunto la regione etiopica, ed è molto proba- bile che molti o tutti non la raggiunsero mai. Per la fauna presente per la quale la regione è strettamente connessa con i mammiferi terziari e moderni di Asia e di Europa, non vi ha que- stione del suo dritto di essere inclusa nella stessa regione; e se è così, il Madagascar non può essere neppure escluso. Però è assolutamente probabile che durante l’ultimo periodo terziario le regioni etiopica e malgascia fossero separate dal resto dell’Artogea, come oggi sono separate Neogea e Notogea; e, se queste condizioni dura- rono, le prime due aree, etiopica e di Mada- gascar, dovrebbero costituire regni da sè soli ». I PRIMATI: I LEMUROIDI 81 Parlando dei tipi peculiari a ciascuna parte dell’Artogea, dichiara che: « Questi mostreranno che, malgrado le forme comuni alle due aree, esiste un gran numero di tipi ristretti all'una o all'altra parte dell'Atlantico. E ciò porta alla con- clusione, che durante una gran parte o per tutto il terziario, vi fosse una comunicazione terrestre fra il nord-America e l’Asia orientale per lo stretto di Bering, però questa connessione do- veva essere comparativamente limitata, così che le faune delle regioni più verso sud si sviluppa- rono per molta parte indipendentemente l’una dall'altra. « Nè meno curioso fatto, in connessione con la comunanza di tipi alle due parti dell'Atlantico, è il preciso parallelismo nello sviluppo di molti gruppi nelle due aree. Per esempio, nell’una e nell’altra i phyla dei cavalli e dei rinoceronti erano realmente similari, benchè si pensi che lo stadio occupato in un’area dall’Hzpparzon fosse tenuto nell’altra dal Frofok:ppus. Se questo sug- gerimento particolare potesse provarsi fondato, sarebbe evidente che i veri cavalli si sono svi- luppati indipendentemente nelle due ‘aree; e principalmente sembra che così sarebbe stato per i rinoceronti e per altri gruppi. E se le forme sviluppate si sono compiute in una sola delle SERGI, Le origini umane. II x e poligenetica è tenuta dal paleontologo Stein. “mann, cui altrove ho accennato. (1) LyDEKKER, 4 geographical fs, of Mammal . Cambridge, 1896, pag. Ia8: PEHPRSDRCPDPRAGISSE Gli Antropoidi Se la storia e la distribuzione dei Primati primitivi sono frammentarie, discontinue e anche, in certi limiti, incerte, come è molto dubbia la loro reciproca relazione, non meno difficile è la storia dei Primati che appartengono ad Antro- poidi. Le forme viventi, oggi, hanno una distri- buzione geografica relativamente ristretta, perchè un gruppo, che è il più esteso e il più vario nelle forme, si trova in Africa e in una parte d’Asia con alcune isole; l’altro, ben distinto dal primo, è proprio dell'America centrale e meri- dionale. Le forme estinte hanno un’area di distri- buzione più larga e un poco differente. In altra mia opera ho costruito una carta di distribuzione geografica dei Primati estinti e viventi, la quale finora non è variata (I). (1) Vedi Europa cit., pag. 32. 84 LE ORIGINI UMANE Le scimmie vere, catarrine fossili d’Eurasia, bene accertate, sono le seguenti: Semnopithecus monspessulanus, Gerv. Aularinuus florentinus, Cocchi. Semnopithecus palacotndicus, Lyd. che si considerano identici e pliocenici, sebbene un Semmnopithecus monspessulanus, secondo Se- guenza jun., trovato nelle vicinanze di Messina sia da ritenersi pontiano, cioè miocene superiore : Indi: Mesopithecus pentelici, Wagner, pliocene inferiore, Dolichopithecus Ruscinensis, Dep., pliocene di Perpignano, Orcopithecus bambolti, Gerv., pliocene in- feriore, Macacus, varie specie, pliocene, Cynocephalus subhimalayanus, e altre specie, plistocene, Inoltre: Parapithecus Fraast, Schlosser, Egitto, oli- gocene. Moeripithecus Markgrafi, Schlosser, idem. I primi tutti, eccetto quindi i due generi afri- cani, si sogliono classificare in Cercopithecidae, e in Cynopithecinae e Semnopithecinae come sotto- GLI ANTROPOIDI 85 famiglie; i due generi africani in una famiglia distinta Parapithecidae, da Schlosser. Ora, dalla nomenclatura data ai fossili su no- minati alcuno crederebbe subito all’identità loro con le forme viventi; ma non è così, e gli stessi paleontologi non sono d’accordo sui nomi e sui caratteri, cioè sulla loro posizione sistematica: ciò già implica che alcune forme almeno sono differenti. Lydekker, difatti, crede che l’O7eo- pithecus sembri una forma che unisca Cercopi- thecidae a Stimiidae, il Mesopithecus di Pikermi starebbe fra Macacus e Semnopithecus; il Doli- chopithecus ha caratteri che lo allontanano dagli altri generi viventi ed estinti. Presso a poco così si esprime Schlosser su questi generi. Il Macacxs fossile che ha molte specie, si separa dal vi- vente per la diversità di tali specie (1). In quanto a Parapithaecidae africani, oligo- cene d'Egitto, non v’ ha alcun dubbio che non possano aggregarsi a nessuna famiglia vivente delle Catarrine. Ma intanto bisogna avvertire quel (1) Confr. anche ZitTEL, Handbuch der Palaeontologie. B. IV. Vertebrata. Minchen und Leipzig, 1891-93. Per le divergenze ScHLosseR in Grundziige der Palaconto- logie, v. K. ZirreL, 2° ediz. Miinchen und Berlin, 1911. LyDEKKER, Op. cit., pag. 180-81. FLoweRr und LyDEKKER, An introduction to the Study of Mammals, Living and Extint. London, 18091. 86 LE ORIGINI UMANE G che scrive Schlosser, che ha esaminato il Para- pithecus e il Moeripithecus intorno a questi che sono, secondo lui, due nuovi generi e due nuove specie. Del Moer:pithecus, non si è trovato che. un frammento di mandibola con 2 M.; del Pa- rapithecus, invece, una mandibola intera con 16 denti, che egli divide così 1.I}-1C33BSgg\G trova che il P 2 è simile al canino, ma più basso e più grosso. Il resto non ha molta importanza. Termina così: « L'animale aveva la grandezza circa di Crysothrix. Considerata l’unità dell’in- cisivo, nessuna difficoltà si oppone che questo nuovo genere si ponga in Cebidi. Esso unisce Anaptomorfidi eocenici (americani) con .S27%2- dae e forse anche con Cercopithecidae. Il doppio incisivo e il doppio premolare in queste due fa- miglie possibilmente sono derivati da ciò che il canino del Parapithecus si è trasformato in un 2° incisivo; e il P_2 in un nuovo canino » (I). Più tardi Schlosser scrive: « Il numero dei denti e la loro forma, la disposizione della mandibola e la grandezza dell'animale permettono piena- mente il passaggio da Axaptomorphidae a Tar- stidae a Simiidae, principalmente a MWiopithecus. È dubbia, al contrario, la parentela con Cyzo- (1) “ Zoologischer Anzeiger ,, 1910, pag. 507-8. GLI ANTROPOIDI 87 pithecidae. Diretti progenitori dei Cebidi non possono essere i Parapitecidi per il numero unico di incisivo inferiore » (1). L’autoré nello schema dentario completo pone 2 incisivi nella mascella con ? —, la quale però non esiste. Le relazioni di discendenza che stabilisce Schlosser non sembrano che arbitrarie. Il lettore ricorderà che Azaptomorphidae sono americani e si estinguono con l’eocene, Zarszz4dae, viventi, sono in qualche isola asiatica soltanto; e non so come possa trovarsi relazione fra queste due fa- miglie lontanissime di tempo e di spazio, e col Pliopithecus europeo miocenico. Quella posizione dei denti nel Parapithecus è curiosa, se fosse vera. Ma Schlosser trova che il P, è simile al canino, e non potrebbe essere il vero canino? e quel dente che ha l'apparenza di canino il se- condo incisivo? Io inclino a credere che sia così, e che soltanto nella forma di cotesti denti vi sia anomalia, perchè finora non è apparso mai nes- suno Primato con un solo incisivo nella mandi- bola, e con due nella mascella, come suppone Schlosser. Se così è, e così dev'essere, la sup- posta parentela con Cebidi non esiste, e il vo- (1) In ZirtEL, Grundziige cit., 1911, pag. 553. V. Nota a pag. 103. {sts) LE ORIGINI UMANE lerla ritrovare è uno sforzo dello Schlosser per. scoprire connessioni inesistenti. Nell’America meridionale tanto nelle forme fossili quanto in quelle viventi si trovano nelle | scimmie differenze così sostanziali da quelle dell’Eurasia da costituire un gruppo separato, che comunemente si distingue col nome di scimmie platirrine. Questa opinione ormai non è più messa in dubbio da nessun paleontologo. « Il notevole isolamento (scrive Lydekker) dell’area di distri- buzione di Strz:2dae e Cercopithecidae da un lato, e di Cebidae (e Hapalidae) dall'altro, mostra in- fallibilmente, malgrado la loro somiglianza este- riore, l'origine duale delle scimmie del nuovo mondo e dell’antico. Le une e le altre, del resto, sono derivate da differenti gruppi di Lemu- roidi » (1). I Lemuroidi, come abbiamo veduto sopra, sono anch'essi derivati da forme già co- muni nei vari continenti e da differenti gruppi di esse: polifiletica origine che non può sepa- rarsi dalla poligenesi, come possiamo fondata- mente sostenere. (1) Op. cit., pag. 176-80. Wortmann aveva tentato di trovare una relazione fra MNotharctus, lemuroide del- l’America del nord, con Cebidae, ma non è riuscito, perchè le somiglianze sono apparenti soltanto. Vedi The probably successors of certain north American Pri- mates. “ Science ,,, N. S., Vol. XIII, 1901, pag. 2009-11. GLI ANTROPOIDI 89 Secondo Ameghino sono vere scimmie /7o- munculites e Pitheculites; questa ultima sarebbe con caratteri molto primitivi ed è molto piccola; Homunculites che ha tre premolari e tre molari, sarebbe una forma progenitore di IMacacus, scimmia dell’antico continente e senza alcuna relazione con le scimmie omonime. È la forma della mandibola che inganna, a parer mio, e potrebbe essere una forma precotritrice di Ce- bidae e non di Macacus, come suppone Ame- ghino per il suo concetto dominante. Sono della formazione colpodoneana, anteriore alla santa- cruziana, dove troviamo il tipo vero di scimmia in Momunculidae, tipo Homunculus patagonicus che Lydekker, Zittel e Schlosser collocano in Cebidae. Cebidae e Hapalidae, due famiglie ben carat- terizzate, appariscono nelle forme recenti e nel plistocene. Il dubbio e il discredito sulle due prime forme Homunculites e Pitheculites, probabilmente de- rivano dal non trovare forme corrispondenti in altri continenti fuori della Patagonia; ma forse queste precedono le vere scimmie terziarie della regione. Finora tutte queste forme, dalle Pyosz- miae alle due sopra nominate, e stimate come scimmie da Ameghino, non hanno attratto l’at- SERGI, Le origini umane. 12 90 LE ORIGINI UMANE tenzione del paleontologo, come molte altre forme di mammiferi: la regione neogenica, com'è denominata, merita un esame molto più obbiet- tivo, come la sua fauna caratteristica. Riordinando, ora, le forme sopra enumerate, possiamo con fondata sicurezza fare una prima divisione dei Primati non antropomorfi, o _.Sz7222- dae, in due principali rami o phyla, che hanno avuto origine indipendente, quelle del mondo antico da una parte, e le altre dell'America me- ridionale, e in rami secondari, come segue: Eurasia e Africa America meridionale Macacus Parapithecus Homunculites? Mesopithecus Moeripithecus Pitheculites? Semnopithecus Homunculidae Oreopithecus Cebidae Hapalidae. Questo aggruppamento, non definitivo certa- mente, è fatto secondo i caratteri che sono stati descritti. Il /Mesop:ithecus è dopo il Macacus, perchè ha caratteri che l’avvicinano a questo e al Semnopithecus: | Oreopithecus mostrerebbe una forma più avanzata che l’avvicina a Stm2%idae. Il Parapithecus si distacca completamente da quei primi, e bisogna metterlo a parte come un nuovo phylum. GLI ANTROPOIDI 9I Homunculites e Pitheculites sono accettati con dubbio; dopo Homunculidae si hanno due phyla secondari, Cebidae e Hapalidae: Cebidae de- rivate dalla forma santacruziana, e //apalidae probabilmente da forma differente e forse più primitiva. Gli stessi dubbi e le stesse obbiezioni pre- sentate già intorno alla famiglia dei Primati detta Cercopithecidae fossili, si possono avere per Stmitdae. Paleontologi come Zittel, Schlosser, Lydekker, Gaudry, Branca, hanno discusso per ciascuna forma fossile, e. se esse entrano e in quale delle forme viventi. Benchè ognuno di loro inclini a sistemare questi fossili antropo- morfi in Hylobates o in Cimpansé o in Orango, pure le differenze che trovano fra le forme fos- sili e le viventi sono così forti e chiare che sol- tanto per approssimazione possono ritenersi vi- cini ai generi viventi in Africa e in Asia. Ma io non seguirò questo metodo, vorrò fare come per gli altri Primati fossili rispetto ai loro omonimi viventi, cioè considerando le forme di Simitdae fossili come forme distinte, benchè esse abbiano caratteri comuni con le forme viventi. Pertanto avvertiamo che le forme fossili morfo- logicamente sembrano più vicine all'uomo che non siano le viventi, e si considerano superiori 92 LE ORIGINI UMANE a queste stesse. Il Dyyopstkecus fu largamente esaminato e discusso per le possibili relazioni filo- genetiche con l'uomo; anche Palaecopithecus ebbe quasi gli stessi onori, meno il topithecus. Il Pithecanthropus fu davvero considerato come il precursore dell'uomo, come l’anello di congiun- zione fra l’uomo e le antropomorfe; e vi sono coloro che ancora lo collocano in Homzzidae, come fanno Schlosser, Osborn ed altri. In quanto ad Anthkropodus qui come altrove (« Europa ») sono costretto ad eliminarlo, perchè fondato da Schlosser soltanto sopra i denti di Bohnerz, mentre Branca che li esaminò a lungo vuole ascriverli a Dryopithecus (1). A queste forme bisogna ag- giungere il Propltopithecus, Schlosser, scoperto nell’oligocene dell'Egitto da pochi anni. Ora questo ha ricevuto il nome da Schlosser, perchè questo chiaro paleontologo crede che sia da considerarsi come antenato del //zopithecus ed anche di tutti i Sizzzidae e di Hominidae (2). (1) ScHLossER, in “Zool. Anzeiger,,, XXIV, 1901. Branca, Die menschenàhnlichen Zihne aus dem Boh- nerz der schwibischen Alb.“ Jahrb. d. Vereins f. Vaterl. Naturkunde ,,, in Wiirtt., 1898. (2) In Grundziige der Palacontologie v. K. ZITTEL, ecc., pag. 555, II Abt. (V. Nota a pag. 103). GLI ANTROPOIDI 93 Forse Schlosser è indotto a questa idea dal fatto che Miopithecus è miocenico e gli altri sopra nominati pliocenici e Petkecartrophus plistoce- nico, cioè per vedere una successione delle forme nominate dall’oligocene al plistocene ;} ma questo criterio, se pure è giusto, non mi pare accet- tabile, essendo finora certamente frammentaria la storia di St72z2dae, e non possiamo, soltanto per la cronologia, costruire la discendenza. Se invece giudichiamo dai caratteri, si dovrebbe ammettere che il Pzopethecus è inferiore a _Pro- pliopithecus che sembra molto più vicino al- l'uomo, come si usa affermare in evoluzione, pet la forma dei suoi denti e specialmente dei ca- nini quasi umani, più di qualsiasi altro fossile antropomorfo. Nè Schlosser può salvare il suo concetto, asserendo che il canino di P/topithecus è molto forte individualmente poichè si do- vrebbe dire egualmente di Dryyopithecus e di Falacopithecus, che hanno forme di canini più sviluppate del fossile del Fayum. Noi siamo co- stretti a considerare il Propliopithecus come un phylum differente dagli altri e quindi, poichè ri- teniamo, per motivi già espressi altrove (in « Eu- ropa ») che il Piecantropus sia un fossile tipo Simttdae, stabiliamo tre phyla di questa fa- miglia: 94 LE ORIGINI UMANE 1° Dryopithecus, con Pliopithecus, Palaco- pithecus, 2° Propliopithecus, 3° Pithecanthropus. Questi tre rami, come anche si posssono de- nominare, sono indipendenti l’uno dall'altro, anche per i periodi geologici in cui appariscono; e questo fenomeno non è nuovo, come si è ve- duto sopra, nella storia paleontologica animale, perchè l'abbiamo trovato evidente in molti gruppi di mammiferi. Se una forma che comunemente si considera superiore come il Propliopithecus africano, è anteriore di tempo ad altre che sem- brano meno sviluppate verso la medesima di- rezione, non può naturalmente aver relazione di progenitura con quelle. L'una e le altre quindi devono derivare indipendentemente per un'evo- luzione separata, ancorchè possano avere ante- nati comuni. Così il Pethkecantkropus è talmente specializzato nelle sue forme, che diremo anche discontinue rispetto agli altri Strz:z4dae fossili 0 viventi, che non sia possibile considerarlo di- scendente di quelli noti finora; ma non è nep- pure uomo per quei caratteri veri e reali di Stmizdae, specialmente nella sua regione occi- pitale, come già ho dimostrato altrove, che non è possibile ingannarsi (vedi « Europa »). GLI ANTROPOIDI 95 Se passiamo a considerare le forme viventi, siamo costretti a distinguerle in quattro rami o phyla separati, cioè due africani: Gorilla, Cimpanse o Anthropopithecus, e due asiatici: Simia, Hylobates. La differenza che i due africani mostrano fra loro, sono così note, che non è urgente di di- mostrarla; così anche per gli altri due rami asia- tici. La separazione di generi che si suol fare è di comodità, ma non corrisponde alla morfo- logia dei quattro rami ben separati e determi- nati. Anche queste forme viventi come le fossili devono aver avuto un'evoluzione indipendente, che per ora non è possibile rilevare nei loro antenati, per ignoranza della fauna fossile afri- cana. * * * Qualche considerazione è necessaria su quanto finora ho esposto sui vari gruppi di Primati dai Lemuroidi ad Antropoidi nelle diverse regioni della terra. Ordinariamente si ritiene che Lemuroidi e Lemuri, Catarrine e Antropomorfe siano tre 96 LE ORIGINI UMANE gruppi di Primati in ordine evolutivo, cioè che i Lemuroidi siano progenitori di Catarrine e queste alla loro volta di Antropomorfe, mentre si ritiene, anche dai più, che Platirrine non mo- strino ancora in Lemuroidi i loro progenitori, perchè non si accettano quelle forme come tali che sopra io ho ammesse con Ameghino, seb- bene in modo un poco differente, cioè otopz- thecidae e Clentalitidae. Lydekker, infatti, a questo proposito scrive che la storia paleonto- logica di Platirrine è sconosciuta, e i Lemuri nel passato o nel presente sono sconosciuti nel sud America (I), e ciò, pure affermando l’origine separata di Platirrine, come si è veduto. Altri, invece, uniscono questo gruppo sud-americano con Lemuri del vecchio mondo, la qual cosa, è però più strana. Noi abbiamo veduto che le forme sopra nominate non corrispondono a quelle del- l'America del nord e d'Europa, ma si presentano come Primati primitivi, che non devono neces- sariamente avere i caratteri degli altri Lemuroidi. Così, se si volesse affermare come fatto di evoluzione il graduale sviluppo della forma da quelle di Primati primitivi, che chiameremo sempre Lemuroidi, e non Lemuri, a Catarrine od a Pla- (1) Op. cit., pag. 70. GLI ANTROPOIDI 97 tirrine, avremmo già fin dall'inizio rami o phyla differenti di sviluppo nei due mondi; e questo ammettiamo, da quanto ci risulta da osservazioni e da revisioni delle forme che abbiamo fatte. Potrebbe qui, però, nascere un'obbiezione gene- rale intorno alla discendenza dei Primati che chiamerò di secondo ordine, Catarrine per il vec- chio mondo, da Lemuroidi. Nell’America del nord i Lemuroidi si estin- guono col terminare dell’eocene, senza succes- sione alcuna; nell'Europa eocenica e nell’oligo- cenica inferiore trovansi anche i Lemuroidi e poi non più; dall'Africa finora non viene nulla di queste forme fossili. In Europa i Primati di secondo ordine, le Catarrine, appariscono fra il finire del miocene e nel pliocene, così anche in Asia, anzi più tardivamente. Sono questi Primati discendenti dai Lemuroidi che si sono estinti al principio dell’oligocene in Europa, con un inter- vallo di quasi due epoche geologiche? Non sembra, data la enorme distanza di tempo dall’oligocene inferiore al termine del miocene e più sicura- mente al principio del pliocene; sarebbe stato necessario tanto lungo tempo per l'evoluzione da Lemuroidi a Catarrine, senza forme intermedie, senza indizi di nessun'altra apparizione di Pri- mati? Si noti poi che nell’oligocene del Fayum SERGI, Le origini umane. 13 98 LE ORIGINI UMANE abbiamo già queste forme, come anche St7222dae. Dunque si può affermare, senza tema di errare, che dai Lemuroidi europei dell’eocene nessuna evoluzione è avvenuta: essi, come quelli ameri- cani del nord, si sono estinti senza discendenza. Vengono dunque dall'Africa o dall'Asia le Catarrine fossili d'Europa? Ora, meno che Paza- pithecidae dell’oligocene del Fayum, nessun'altra forma finora abbiamo del gruppo, in questa stessa epoca, nè in Africa, nè in Asia, dove le forme fossili sono più tardive. Di Lemuroidi africani ed asiatici fossili non è a parlarne; le forme plistoceniche malgasce e le viventi in Africa e nel Madagascar, ed i Zarszidae nella regione orientale, non possono invocarsi come forme di progenitori delle Catarrine, perchè relativamente troppo recenti. In altre parole, finora è sempli- cemente un'ipotesi difficile a considerarsi fon- data, che il gruppo delle scimmie catarrine sia discendente dalle forme lemuroidi; morfologica- mente, soltanto, possiamo continuare ad ammet- tere questa discendenza, ma contro la storia pa- leontologica dell'uno e dell'altro gruppo. Non sappiamo se in avvenire sia possibile colmare questa grande lacuna; quindi la costruzione di alberi genealogici cui tutti prestano fede, è arbi- traria e troppo ipotetica, perchè trascura i fatti GLI ANTROPOIDI 99 per un’astrazione ideale che naturalmente illude e conquista lo spirito. L’apparizione in Europa dei Primati di secondo ordine si considera dai paleontologi come brusca, e subito la spiegano con le migrazioni; così Osborn e altri, l'apparizione dei Lemuroidi nel- l'America del nord la considerano effetto di migrazione da un centro ipotetico e impossibile come il centro polare. Ma in questo caso ho ten- tato di giustificare questa apparizione come un'e- voluzione di forme preesistenti. Nel fatto delle Catarrine europee non vediamo altra soluzione che l'emigrazione da altra parte e probabilmente dall'Africa; ma fin dall'oligocene appariscono le forme, ove non possiamo conoscere i progeni- tori di tali forme, che finora non sono stati scoperti in nessun luogo d'Africa. L'altra obbiezione non meno grave è di sapere se Stmztidae è un'evoluzione di Catarrine. Sembra facile la risposta, perchè già si trovano le une e le altre forme in Europa, in Africa e in Asia, allo stato fossile. La forma più antica, finora nota nella storia paleontologica, è quella africana sopra esaminata col nome di /yopltopithecus, la quale però è contemporanea di Farapithecus e di Moeripithecus, dell’oligocene tutte e tre, cioè contemporanee. Le forme europee sono dalla 100 LE ORIGINI UMANE fine del miocene al pliocene; parrebbe, quindi, giustificata l'ipotesi che fossero una migrazione africana. Ma la contemporaneità delle forme afti- cane fa dubitare che siano piuttosto effetto di evoluzione parallela, e non vi sia la relazione fra progenitore e discendente, come generalmente si ammette. E sulle forme viventi di St72724dae, si può domandare da quali forme discendono, e se sono egualmente antiche quanto le forme fossili ora estinte. La risposta più ovvia alla prima domanda si è che esse devono avere progeni- tori dello stesso tipo di quelli che hanno pro- dotto le forme fossili, cioè ignoti finora a noi; e se hanno avuto analoghi progenitori, questi, come per le forme estinte, non potevano essere d’unica e identica forma, come comunemente si crede, ma di varie, benchè con molti caratteri comuni. A giustificare questa espressione se ammettessimo, come pura ipotesi, e non più, del resto accettata, che S77222dae discendessero da Ca- tarrine, siccome queste sono già varie e così da essere ordinate in molti generi, sarebbe naturale, anzi razionale, il concepire che i loro discendenti in forme superiori per evoluzione dovessero essere anch'essi di forme varie come i loro progenitori. E allora comprenderemmo perchè esistano rami GLI ANTROPOIDI IOI differenti di Primati antropomorfi costituenti phyla come per evoluzione simultanea e separata. E questo modo di evoluzione per phyla simul- tanei verrebbe provata dal fatto che Cimpansè non discende da Gorilla o viceversa, nè Hy/obates da Sita o viceversa: tutte e quattro sono forme simultanee e parallele, come abbiamo trovato per le forme fossili. L'evoluzione per unico phylum per linea retta unica è inconcepibile nella grande varietà di forme; nè sapremmo trovare la causa perchè in dieci o venti forme di Pri- mati catarrini, ammessa l’ipotesi possibile della discendenza, una sola dovesse evolversi e lasciar discendenti superiori di caratteri, e le altre non dovessero che arrestarsi nel cammino evolutivo o perire senza discendenti. Potremmo ammettere, p. es., che in dieci forme solo quattro o cinque subissero un'evoluzione e le altre, per condizioni sfavorevoli, o si arrestassero o perissero; ma che sempre una sola in ogni gruppo vivente si debba svolgere in nuove forme, non è logicamente am- missibile, nè naturalmente è avvenuto. Del resto davanti al fatto e alla storia paleontologica deb- bono cedere le ipotesi e le obbiezioni; l’evolu- zione per forme simultanee e parallele che non hanno, come scrive Depéret, fra loro alcun con- tatto nè alcuna forma di passaggio da un ramo 102 LE ORIGINI UMANE all’altro, è ormai riconosciuta come un fatto che non ammette alcun dubbio, e così anche nel caso nostro dei Primati antropomorfi, come degli altri Primati inferiori. Sono antichi i quattro rami viventi di St7252- dae? La loro maggiore antichità non potrebbe forse superare il plistocene, ma non sono certa- mente d'origine postplistocenica; del resto questa ricerca non ha interesse alcuno. La storia paleontologica dei Primati, come ho detto, è frammentaria e discontinua, e ne ho mostrate le lacune ed ho espresso le obbiezioni intorno alle loro reciproche relazioni; e ciò non per mettere in dubbio o negare la dottrina del- l'evoluzione, ma per farne rilevare le difficoltà che saranno o potranno essere eliminate nel fu- turo mercè nuove scoperte di nuovi documenti. Non bisogna però perdere di vista che noi siamo sempre nel campo delle ipotesi, come già si era espresso lo stesso Darwin. Ben differenti sono le condizioni nell’ America meridionale di quelle dei continenti orientali, come per molti gruppi di mammiferi anche per i Primati. Forme di Stazzidae colà non se ne hanno, nè se ne hanno avute mai, da quanto ora si conosce. Si conoscono quei resti ossei che Ameghino denominò Tezraprothomo e Dipro- GLI ANTROPOIDI 103 fhomo, sui quali i contrasti per il loro reale rico- noscimento sono grandi, e non hanno nessun consentimento da molte parti. Ma poichè queste forme possono ordinarsi in Hom:inidae, tratterò d’essi più avanti. Annotazioni a pag. 92 (v. sopra). Jo sono costretto a ritornare su le idee espresse da Schlosser intorno ai Primati del Fayum, perchè nella sua grande Memoria, venutami tardi (Beitrige zur Kenntnis der oligoziinen Lanasàugetiere aus dem Fayum (Aegypten). In “ Beitràge zur Paliontologie und Geo- logie Oesterreich-Ungarns und des Orients,,, Band XXIV, t9II) egli insiste con molti particolari argomenti a so- stenerle, benchè io sia dolente di dover contraddire alle affermazioni di un tanto uomo. 1. Sul Profliopithecus che Schlosser vuol conside- rare come antenato di P/iopithecus, di Hylobates e anche di altri Siziidae e di Hominidae, è pure costretto a scrivere : “ Dagegen ùberrascht uns die Kleinheit des Canin, die Kurze der Praemolaren und der Symphyse und die Hohe des Unterkiefers. In diesen Punkten schliesst sich Propliopithecus sogar enger als alle bisher bekannten fossilen Primaten an die Hominiden an, die nahezn parallele Lage der beiden Unterkiefer erinnert an die Simziden ,. Si può ammettere con Schlosser che il canino negli altri Str7idae sia aumentato in propor- zione dell’accrescimento dell’animale ? Io non credo af- fatto. Quindi, come ho scritto sopra, non comprendo come si possa sostenere che il Prop/iopithecus sia l’an- tenato di Pliopithecus e di altri Simtidae, inferiori al Propliopithecus per molti caratteri; come molto strano mi sembra l'avvicinamento ad Anaptomorfidi dell’eo- cene americano, che Schlosser considera quali proge. TO4 : LE ORIGINI UMANE nitori del Propliopithecus, come se questo ne avesse ereditato i caratteri, oltre l’impossibilità da me dimo- strata che cotesti Lemuroidi americani del nord fossero immigrati in Africa. 2. In Parapithecus, come abbiamo veduto, Schlosser ) : SRI (RI interpreta così la formola dentaria “Mr. io sostengo errata e che stabilisco come negli altri Pri- DI } 3 perchè la sua interpre- , che già RT SAatiIRO mati orientali, cioè 5 tazione del dente che egli crede P, non mi convince affatto. Però egli stesso scrive in questa Memoria: “ Die Zahnformel ist insofern nicht ganz sicher gestellt, als der zweite Zahn von vorn gezahlt allenfails auch als L anstatt als C gedeutet werden konnte, jedoch spricht die Stàrke seiner Wurzel und die Hòhe seiner Krone doch viel eher fiur die Annahme, dass wir es hier mit dem wirklichen C zu tun haben,. Ammesso questo, è naturale che egli consideri come P, il dente che è al posto di C vero. Però si rileva che i due veri premo- lari P3 e P, hanno due radici ciascuna, del P, supposto non dicesi nulla, vuol dire che ne ha una soltanto. Non è un vero premolare, ma un canino un poco anormale, se si vuole. Ma Schlosser non si nasconde la difficoltà di voler fare di Parapithecus con la formola dentaria attribuitagli un progenitore di tutte le famiglie dei Primati e scrive: “Was jedoch die Annahme directer Beziehungen zwi- schen den Parapiteciden und den gennanten vier An- thropoidenfamilien erschwert, ist der Umstand dass bei den ersteren nur ein Incisiv vorhanden ist, wàhrend diese je zwei Incisiven besitzen ,. Tuttavia questa dif- ficoltà non gli fa ostacolo, perchè crede che sia facile $ LATO . di pensare che la formola dentaria wr. fosse deri- vata dal fatto che il C di Parapithecus diventasse I e il suo P3 diventasse C. Ancora ammette che sia im- GLI ANTROPOIDI IOS DI possibile che Cebidi con la formola e derivas- sero direttamente da Parapithecus,in quanto che questi suppongono l’esistenza d’una forma, la quale almeno avesse avuto un incisivo di più del Parapithecus. Ma neppure ciò fa ostacolo a Schlosser, perchè consideri il Parapithecus come il residuo di uno stadio di sviluppo da cui tutti gli Antropoidi, Cebidi, Cercopitecidi, Simiidi e Hominidae siano derivati (italico è di Schlosser). Sono sempre Anaftomorphidae che fan le spese della teoria di Schlosser, perchè se ne trovano con formola dentaria come in Parapithecusj di essi sono alcuni Anaptomorphinae, non n mentre Omzomzvinae hanno 3IS01S), DR Ora davanti a tutte queste ipotesi o teorie di Schlosser 2012008 GA) è espressione d’una riduzione avvenuta, ora costante in tutti i Primati orientali, e differente nei Primati oc- cidentali. I due premolari sono Pz e P,j quindi se quella riduzione del Parapithecus e dei suoi supposti progenitori fosse avvenuta, come crede Schlosser, in- vano nei loro successori, che sarebbero tutti gli Antro- poidi con l’uomo, domanderemmo la restaurazione dei denti perduti, tanto meno la trasformazione di un dente nell’altro, fenomeno strano in uno stesso ordine di mam- miferi. E anche poco felice la zoogeografia di Schlosser, perchè sono addirittura gli Anaptomorfidi i progeni- tori di tutti gli Antropoidi e dell’uomo; e questi de- vono venire dall’America del nord in Africa. Non è necessario, egli scrive, che essi sieno venuti in gran numero, ma bastava che soltanto alcuni pochi tipi del- l’eocene superiore abitassero la regione occidentale dell'Europa meridionale e il nord d’Africa, da cui il Propliopithecus, il progenitore di Simzidae, e possibil- la formola completa È noi dobbiamo ricordare che la formola dentaria SERGI, Le origini umane. Id 106 LE ORIGINI UMANE mente ancora di Hominidae, e Parapithecus si svilup- passero, il quale poi possibilmente dovrebbe essere il progenitore di Cercopithecidae. I Cebidi verisimilmente dalla parte occidentale d’Africa dal cominciare del mio- cene raggiunsero l’America meridionale. Dopo quello che io ho chiaramente scritto, non so come si possano affermare così fatte relazioni zoogeografiche da un pa- leontologo così illustre come lo Schlosser, che lascia dietro a sè tutte le difficoltà delle migrazioni senza preoccuparsi gran fatto, mentre le affinità morfologiche da lui stabilite sono, a parer mio, arbitrarie, e il desi- derio che egli mostra di trovare Anaptomorfidi in Africa, è rimasto insoddisfatto (cfr. Beifrége cit., pa- gine 69-70). a 55 PFITIITISISISFTITT) Gli Uomini Veniamo ora all'Uomo ed ai problemi che vi si riferiscono. La relazione dell'Uomo con gli Antropomorfi, e più largamente con gli Antropoidi tutti è innega- bile; tutti hanno caratteri comuni che ne formano un tronco con vari rami, ma anche hanno carat- teri divergenti che li separano in varie direzioni. Quindi viene il problema, se l’uomo discende dai Primati antropomorfi o invece da forme in- feriori come comuni progenitori di tutto il sruppo antropomorfico, compreso l'Uomo. Io già, da alcuni anni, mi sono pronunciato a favore di quest'ultima ipotesi, ed ho collocato l’ Uomo come un ramo parallelo a Str2224dae, non come discendente da loro. Ho separato il fatto mor- fologico puro dall'ipotesi della discendenza, ed 108 LE ORIGINI UMANE ho affermato che morfologicamente vedesi l’evo- luzione delle forme dai Primati antropomorfi all'Uomo; ma che una comunanza di caratteri dichiara l'origine comune e parallela, come se molti rami separati o phyla vengano da forme comuni inferiori. Io dichiarai una tale origine poligenetica, che è anche polifiletica; non negai progenitori comuni, ma non ricercai quali questi fossero o potessero essere. Ammisi, però, per le forme umane del mondo antico, insieme con Simiidae, come progenitore il tipo catarrino. Si può chiedere, qui, quel che ho domandato sopra: quando si hanno più rami paralleli, come p. e., quei di Proboscidei, di Rinoceronti, di Equidi, di Catarrine e di altri gruppi di mammi- feri, devesi affermare che uno soltanto sia il pro- genitore di tutti i differenti rami? A me sembra che sia soltanto arbitrario il concetto che tutte le forme discendano in linea retta da una sola anteriore, come unico progenitore. Se già esi- stono molte forme d’un tipo, come specie, p. e., d'un genere, come generi di una famiglia, perchè da una sola di esse dobbiamo ammettere la possibile evoluzione e non da molte o da tutte anche? Dobbiamo pensare che necessariamente una sola forma possa avere la vitalità privilegiata da potersi sviluppare in forma più elevata e più GLI UOMINI 109 complessa, e che le altre debbano perire come sterili forme? Se fosse così non potremmo espli- care la polifiletia di molti gruppi ricordati. Quindi sembra più razionale il pensare, nell'ipotesi del- l'evoluzione delle forme animali, che un tipo abbia molte e varie forme, come realmente av- viene, ma affini per caratteri comuni; di questa forme almeno alcune si possono svolgere in altre più elevate e divergenti, come sono già d'origine. e quindi possono, alla lor volta, diventare pro- genitori, diciamo così, di forme successive in maggior grado di evoluzione. Noi abbiamo tro- vato già, parlando dei Lemuroidi e delle loro affinità con Insettivori, Creodonti, nel passaggio da una forma ad altra, l'origine multipla di forme simili. Così si completa il concetto della molti- plicazione ed evoluzione polifiletica, che è vera e propria evoluzione poligenetica, nel modo che noi la concepiamo. Abbiamo già accennato alla probabile origine di Catarrine, che sono così differenti fra loro, che non possano derivare da unica forma ante- riore, ma da molte d’unico tipo fondamentale. In tal modo si esplica ancora come per l’evolu- zione la divergenza dei progenitori si renda più spiccata, e i rami che ne derivano non conser- vino nessun contatto fra loro, come abbiamo 1IO LE ORIGINI UMANE veduto avvenire nei rami dei Proboscidei e di altri; e così è avvenuto in Catarrine, perchè Semnopithecus non è Cynocephalus e così via. Eguale fenomeno si deve produrre per le forme che denominansi antropomorfe, S7wz:7dae tutte e Hominidae. In quanto a Stzizdae noi abbiamo una prova che essi costituiscono rami differenti e hanno ori- gine polifiletica nel significato già dato da noi, dal fatto che alcune forme più evolute, cioè appa- rentemente più vicine all'uomo per i loro carat- teri, sono anche le più antiche. Chiamerò, per far meglio comprendere questo avvicinamento alle forme umane di St72z:dae, carattere antroporco, per non alterare la parola axzropomorfo, che già ha un significato acquisito. Dico quindi che alcune antropomorfe più antropoiche sono più antiche, eccetto il Pethecantkropus, e alcune forme meno antropoiche sono meno antiche, e sono anche recenti e viventi. Io le dispongo qui in ordine apparentemente progressivo con la cronologia accanto. Simiidae viventi ed estinti: Hylobatidae Epoca } Orango recente {| Gorilla Cimpansè "I GLI UOMINI III i { Pliopithecus Miocene-pliocene Ì Dryopithecus Oligocene | Propliopithecus Pliocene . | Palaeopithecus Plistocene | Pithecanthropus Com'è facile di vedere, non esiste successione evolutiva secondo le epoche di apparizione delle forme. Una delle forme più antropoiche è il Pithecanthropus del plistocene, il Palacopithecus sembra avvicinarsi ad esso; viene poi il Proplzo- pithecus che è il più antico di tutti; le forme viventi non sono certamente le più elevate, se si eccettui forse il Cimpansè. Non derivano, dunque, le une dalle altre queste forme, come si aspetterebbe dalla dottrina monofiletica domi- nante, ma sono varie di origine polifiliteca, cioè sono forme varie e differenti, senza alcuna rela- zione di successione evolutiva; da che una vera poligenesi; e credo che questi fatti non possano essere contraddetti, soltanto perchè fatti. Se questa interpretazione non si ammettesse, non vi reste- rebbe che inventare una evoluzione regressiva che neppure sarebbe graduale. Ma questo ripiego non credo che possa essere seriamente ammesso, perchè altera la natura dei fatti. Sono dunque da confermare quei phyla se- parati che sopra ho stabilito, cioè quattro di 112 LE ORIGINI UMANE antropomorfe viventi e tre di estinte di epoche geologiche differenti; soltanto mi nasce il dubbio se il Falacopithecus sivalensis debba essere posto con Ptopithecus e Dryopithecus, ovvero con Propliopithecus. Inoltre un’altra osservazione bi- sogna fare, che queste forme debbano essere originate in differenti tempi dall’oligocene al plistocene, e probabilmente le forme viventi sono d'origine plistocenica. E questi fatti è bene di affermare, perchè finora si è fatta confusione di tempo e di luogo nel volere spiegare mono- fileticamente e monogeneticamente l'evoluzione dei Primati come di altri mammiferi. Insieme coi varì rami di Str27:dae colloco l'uomo, Mominidae. Anche qui siamo alla sepa- razione di varî rami e in differenti epoche. Nei continenti orientali io ho trovato tre rami: il Palacantkropus, che comprende gli avanzi fos- sili di Neandertal, di Krapina, di Spy, di Hei- delberg, di Chapelle-aux-Saints; il votazzzopus, | rappresentato dagli avanzi di Galley-Hill, Briinn, Egisheim, Combe Capelle, Chancelade e altri; l’Heoanthropus, di cui non abbiamo finora avanzi fossili e che rappresenta l’uomo d'Asia centrale SSR GLI UOMINI 113 e settentrionale odierno. Ora bisogna aggiungere nuovi elementi a questi fossili europei, e nuove considerazioni che dai nuovi elementi derivano. Nell'ottobre 1911 presso Ipswich, Inghilterra, fu scoperto uno scheletro nel chalky boulder Clay, corrispondente al quaternario inferiore, forse nel secondo interglaciare. Questo scheletro, secondo l’analisi del prof. Keith di Londra, ha tutti i caratteri di un tipo moderno; è messo nella stessa categoria del cranio di Galley Hill, che io da molti anni ho considerato come migra- zione africana e appartenente al genere Mozfax- fhropus. Sarebbe, a giudizio del prof. Keith, meno antico della mandibola di Mauer, ma per origine è probabilmente più antico dello strato dove fu scoperto, così che è stato denominato Pre-boulder Clay Man. Poichè bisogna ricor- dare che quella località di Ipswich e dintorni è ben nota per le scoperte di manufatti preistorici e plistocenici; e ultimamente, poco prima del ritrovamento dello scheletro nominato, furono trovati paleoliti di forma primitiva nel glaciale boulder Clay a contatto con Red Crag, plio- cene superiore. L'uomo dunque viveva nel Suf- folk all'epoca pliocenica, e deve naturalmente ammettersi che sia stato dello stesso tipo con caratteri che chiamiamo moderni e molto diffe- SERGI, Le origini umane. IS TI4 ; LE ORIGINI UMANE renti di quelli del tipo neandertalense. Curioso, in Inghilterra finora quest'ultima forma umana. non è apparsa (I). Un altro scheletro fu rinvenuto dal dottor Rivière nella Dordogna in un abre-sous-roche da lui intitolato a Bourgés, proprietario del luogo. Questo scheletro fu scoperto poco lontano da quello di Hauser, esaminato da Klaatsch col nome di omo mousteriensis; ma è tanto diffe- rente e anche più antico del suo vicino, ed ha i caratteri del tipo umano recente, e così che fu dichiarato di faczes meolitica. Perchè il cranio con la sua mandibola non porta i caratteri pi- tecoidi, non è stato accettato come autentico; ciò che, come vedremo, è effetto di idee pre- concette (2). Ma ai due nuovi scheletri di cui ora ho par- lato, bisogna aggiungere quei crani già trovati in Francia e di cui si occuparono gli autori di Crania ethnica, e che in seguito furono relegati dal novero delle scoperte autentiche, voglio dire (1) KertH, Certain Phases in the Evolution of Man. In “ The British Medical Journal ,, March 30, April 6, 1912. Vedere in Man, n° 20, anno 1910. (2) In Congrès préhistorique de France. Session Cham- béry, 1908, pag. 123 e seg. Id. Session Tours, 1910, pag. 116 e seg. dl ai iene —_ —_- RTRT sani GLI UOMINI : 115 principalmente dei crani parigini di Clichy e di Grenelle. Un nuovo accurato studio e una revisione dei terreni dove queste ossa furono trovate, molti anni addietro, sono stati fatti da Rutot (1), il quale ha potuto dare la prova convincente che veramente quelle ossa riconosciute come qua- ternarie da molti, fra cui De Quatrefages e Hamy, sono veramente autentiche. Allora noi abbiamo un numero importante di scheletri, principal- mente crani, che ora servono a ricostruire la storia frammentaria dell’uomo nei periodi geologici. La più antica di tutti 1 crani è una calotta incompleta di Clichy, che Rutot colloca nella sua industria strepiana nel secondo interglaciale ; vengono subito alcuni crani di Grenelle e un cranio femminile di Clichy, creduto tipo femmi- nile di Neandertal, i quali tutti sarebbero del- l'industria chelleana, ma sempre del secondo interglaciare, forse poco meno antico. Infine altri crani di Grenelle, tipo brachicefalo, del- l’acheuleano inferiore, ancora dello stesso pe- riodo interglaciare Giinz-Riss. Bisogna qui osser- vare che tali graduazioni di tempo, meno forse (1) Revision stratigraphique des ossements humains quaternaires de l'Europe. 1° Partie. “ Bulletin Soc. Belge de Geéologie ,, ecc. Tome XXIV. Bruxelles, 1910. 116 LE ORIGINI UMANE la prima, sono date in parte per quel indizio che è semplicemente preistorico, cioè per i manufatti. Gli elementi individuali di questo riacquisto saranno esaminati più avanti insieme con i due nuovi scheletri sopra nominati: tutti, però, sono quasi contemporanei, sembra, meno quello della Dordogna, riparo di Bourgés. Oltre alla rivendicazione fatta da Rutot delle ossa di Clichy e Grenelle, che io accetto vo- lentieri, perchè sono convincenti le dimostra- zioni che egli ne dà, un altro scheletro con molti frammenti d'altri individui è a rivendicare all’autenticità, voglio dire quello di Castenedolo presso Brescia, che io molti anni addietro esa- minai e descrissi dopo essere stato sul luogo della scoperta (1). In Francia non ebbe acco- glimento favorevole, e Topinard che venne in Italia nell’anno successivo alla mia pubblicazione, ne scrisse rifiutandolo. Soltanto De Quatrefages lo accettò. In Italia il fatto non fece eco, nessuno se ne occupò; anzi, in seguito ad una pretesa nuova scoperta nelle vicinanze della prima, il prof. Issel nel rifiutare la nuova rifiutava la prima, ciò che non era logicamente esatto. Ma ora, (1) L’uomo terziario in Lombardia. “ Archivio per la Antropologia ,. vol. XIV. Firenze, 1884, ci NE: PRA GLI UOMINI TE1t7/ dopo molti anni, sono 28 anni, che io scrissi sull'uomo terziario in Lombardia, nuove scoperte sono venute alla luce in Europa, e l’uomo ter- ziario non dovrebbe avere più la forte opposi- zione dei cultori della preistoria e dell’antropo- logia; anche molti concetti sono modificati intorno ai caratteri dell'uomo di epoche antichissime e di periodi geologici passati, perchè la scoperta di forme di tipo moderno nel quaternario non dovrebbe essere più negata o non più considerata come apocrifa. Uno dei motivi, forse l’unico e fortissimo per non accettare l’uomo di Castene- dolo come terziario deve ricercarsi nelle sue forme di tipo moderno. Continua, però, in alcuni tale pregiudizio, come ultimamente è avvenuto per lo scheletro scoperto da Rivière. Io farò una revisione dello scheletro di Castene- dolo e mostrerò ancora una volta la sua auten- ticità pliocenica; posseggo lo scheletro con altri avanzi umani, alcune parti anche che sono messi nella stessa creta verdastra compatta, indurita per disseccamento, intatta, non rimescolata affatto con terre estranee; posseggo i fossili e i cam- pioni di rocce che formavano gli strati del plio- cene subalpino (1). (1) L'uomo terziario in Italia. Revisione degli avanzi di Castenedolo. “ Rivista d’Antropologia ,. Vol. XVII, 1912. 118 LE ORIGINI UMANE * * * Nei miei precedenti lavori (« Europa, Homi- nidae », cit.) dei fossili umani d'Europa io ho ammesso due tipi: Pa/aeantkropus, tipo nean- dertalense, e otantkropus, tipo con caratteri recenti, o meglio comuni con l’uomo recente. Quest'ultimo dissi proveniente dall'Africa, mentre il primo considerai come europeo, non avendo indizi di sua migrazione d'altra regione. La pro- venienza africana del Nozfantkropus mi parve sicura per le forme ch’esso ha comuni con crani neolitici e recenti europei e africani, egiziani e libici. Lascio per ora in disparte questo problema per risolvere l’altro più difficile da un punto di vista, della doppia origine delle due forme, ov- vero della poligenesi, che nessuno ammette finora; soltanto Keith si avvicina al mio concetto (1). Denomino, come per intenderci, non per clas- sificare secondo i caratteri, pitecoide il tipo di Neandertal e quei cranî che ad esso si riuni- scono per identici caratteri fondamentali, e an- tropino quello che ha forme più elevate analoghe e spesso identiche fondamentalmente con l’uomo recente, che ancora si vuol denominare safzers. (1) Vedi Certain Phases in the Evolution of Man, cit. GLI UOMINI IIQ Questi due tipi costituiscono due rami o phyla distinti e separati per evoluzione separata e in- dipendente, come mostrerò anche per la crono- logia della loro apparizione; così che non possa dirsi che l’uno derivi dall'altro, come si è ten- tato di fare. Ognuno di questi phyla si suddi- vide in due rami secondari secondo la forma caratteristica cerebrale, cioè : T: 0 dolicomorfo ecoide i | brachimorfo i 1 dolicomorfo Tipo antropino brachimorfo. Come ho mostrato altrove (« Hominidae », cit.), il tipo di Neandertal a Krapina apparisce nelle due forme craniche; e di esse ne ho fatto due specie. Ora dalla rivendicazione dei cranî di Grenelle risulta l’esistenza delle due forme anche del tipo elevato o antropino. Vediamone la di- stribuzione nel tempo e nei luoghi. 120 LE ORIGINI UMANE Distribuzione dei due rami umani fossili di Europa secondo la cronologia dei giacimenti. PERIODI GEOLOGICI Pliocene TIPO ANTROPINO Scheletri di Castenedolo TIPO PITECOIDE Quaternario Glaciazione Mindel Glaciazione Giinz Mandibola di Mauer Scheletro di Ipswich Scheletro di Galley-Hill Calotta di Clichy Interglaciale |Crani di Clich = Ginz-Riss Crani di ESC — Cranio di Coulon Cranio dell’Olmo — Glaciazione Crani di Grenelle (a) _ Riss Scheletro di Tilbury = Scheletro di Moustier, Ri- { Schel. di Moustier vière (0) (Hauser) Scheletro di Combe Ca- |{Scheletro Chapelle pelle aux Saintes Interglaciale Cranio di Egisheim Scheletri di Spy Riss- Wirm |Scheletro di Cromagnon | Ossa umane di Glaciazione Wiirm Oscillazioni post-wùrmiani Scheletri di Mentone Scheletri di Briinn Cranio di Briinn Scheletro di Predmost Scheletri Laugerie Basse Scheletro Chancelade Scheletri Solutrè Scheletri Sorde Scheletri Balzi Rossi Krapina (c) Calotta di Nean- dertal [RIS GLI UOMINI I2I Osservazioni sulla distribuzione dei due tipi umani. Questo quadro è costruito sopra uno di Rutot con alcune varianti. La distribuzione di Rutot non mi sod- disfa interamente, ed è inutile qui riferirne i motivi; ma serve a mostrare che, qualunque sia la dovuta assegna- zione dell’epoca e del periodo geologico, la condizione dei dati secondo i tipi non subisce alterazione sensibile (1). Dei crani di Grenelle, quelli d’un periodo in apparenza meno antico (a) sono del ramo brachimorfo, mentre gli altri sono dolicomorfi (2). Il cranio di Moustier, più antico (6) scoperto ultima- mente da Rivièere è brachimorfo di tipo moderno (3). In mezzo alle numerose ossa di Krapina trovasi un avanzo cranico brachimorfo (c) (4). Non è considerato qui il cranio di Gibilterra, perchè l'epoca è interamente sconosciuta; ma esso appartiene al tipo pitecoide. Il cranio di Tilbury non è affatto di forme neander- taloidi, ma del tipo antropino; neppure la femmina di Clichy, al contrario di come è giudicato in Crania ethnica. Il cranio dell’Olmo è, secondo Cocchi, del quaternario inferiore, e 10 lo pongo nell’interglaciale Ginz-Riss (5). (1) RuroT, L’epoque des cavernes. “ Bull. Soc. belge de Géologie ,. Vol. XXIII. Bruxelles, 1909, Ip. Le Prehistorique dans l Europe centrale. Congrès de Dinant. Malines, 191. (2) Crania ethnica, pag. 118 e seg. (3) RIviÈRE, Congrès préhistorique de France. Session Tours. 19II. Pag. 116 e seg. (4) Cfr. mia opera: L'Uomo, pag. 79. (5) CoccHi, L'Uomo fossile nell'Italia centrale. Mi- lano, 1867. SERGI, Le origini umane. 16 122 LE ORIGINI UMANE Inoltre è d’avvertire che la collocazione degli avanzi umani in un periodo non indica sempre maggiore o minore antichità, ciò che è ben difficile a determinare. Sulla scoperta di Castenedolo oltre la mia antica Memoria, bisogna consultare la nuova recentemente pub- . blicata con analisi più accurata (1). Dalla distribuzione delle due forme umane fossili in Europa si vede che le più basse sono meno numerose e non sono neppure le più an- tiche meno una, come sembra, la mandibola di Mauer. Ma delle forme che ho denominate antro- pine abbiamo un documento più antico di ogni altro nello scheletro di Castenedolo, cioè del pliocene inferiore. Da quanto ho detto dello sche- letro di Ipswich e dei manufatti primitivi nel Red Crag, appare evidente l’esistenza nel Suffolk del- l’uomo nel pliocene superiore di tipo antropino come quello di Ipswich stesso. Del tipo che è stato denominato pitecoide (il neandertalense) il do- cumento più antico è verso il plistocene infe- riore con la mandibola di Mauer. Indi troviamo una serie di documenti numerosi e quasi con- tinui nel 2° interglaciale del tipo antropino e poi quasi ininterrottamente fino al postwir- miano; mentre del ramo pitecoide i documenti sono poco numerosi e relativamente tardivi. (1) “ Rivista di Antropologia,, (Atti ecc.), V. XVII, 1912. GLI UOMINI 123 Che i due tipi, dunque, siano due rami indi- pendenti, non può cader dubbio di sorta, e l’uno nonha relazione con l’altro, come nonsi sospettava dagli antropologi che sono stati molto imbaraz- zati a voler trovare un’evoluzione dall’uno all’altro, tentando anche di scoprire forme di passaggio fra loro, mentre nulla di questo esiste. Le forme craniche che si succedono dal pliocene all’alba del neolitico e di tipo antropino, non sono che variazioni le quali ricordano quelle dei crani recenti dell'epoca neolitica e dell’odierna. Nel periodo nascente dell’antropologia francese, che può dirsi periodo d’oro, nel quale dominavano Broca, De Quatrefages, Pruner Bey ed altri, da- vanti a queste forme antiche fossili si ricercava scrupolosamente l’inferiorità con i caratteri scim- mieschi, e si esaminavano le minime particola- rità, che invero a nulla riescirono. Invece, come ho sempre dichiarato, la persistenza delle forme umane è meravigliosamente e indiscutibilmente dimostrata dai fatti come questo. Un altro fatto importante si rileva dall’espo- sizione dei due rami, che essi, ciascun di loro, si dividono, come ho premesso, in rami secon- dari, cioè in dolicomorfi e brachimorfi. Queste due espressioni che ho adoperate la prima volta nell’ultima mia opera (« L'Uomo », ecc.), non sono I24 LE ORIGINI UMANE corrispondenti alle due categorie dolico e bra- chicefalo, che sono categorie convenzionali se- condo le misure e gli indici cefalici, ma espri- moro la struttura, l'architettura del cranio ca-. ratteristico delle due forme. Possono coincidere con le due categorie indicate dagli indici, ma non sempre, come ho altrove potuto far rilevare. Nel dolicomorfo, difatti, io comprendo i dolico- . cefali con la massima patte dei mesocefali della craniometria. Chi adoperasse queste due espres- sioni come equivalenti in modo assoluto alle due categorie della craniometria, falsificherebbe il significato che loro attribuisco. Ora si vede, meglio che con altri argomenti, che le due forme sono primitive, e non derivano l'una dall’altra, come erroneamente si sostiene da molti. Sono primitive e s'incontrano tanto nel tipo pitecoide (o neandertalense), quanto nel- l'antropino. Ma la forma brachimorfa del tipo di Neandertal s'incontra una sola volta nel gruppo frammentario dei crani di Krapina, come ho rilevato da un frammento che ho veduto a Za- gabria e nell'opera del prof. Kramberger: Fram- mentorio A di cranio (1). Dell’altro ramo, l’an- (1) Der diluviale Mensch von Krapina in Kroatien. Wiesbaden, 1906 — SercI, L'Uomo cit., pag. 79, fig. 20. GLI UOMINI 123 tropino, trovasi questa forma in crani di Gre- nelle, Parigi, come ho già detto (1), e nel cranio mousteriano di Rivière (2). Cuindi confermo la distinzione in due specie di queste due forme dolico e brachimorfa, dove s'incontrano; e già io avevo determinato la forma brachimorfa di Krapina come una specie di Palacanthropus, P. kRrapiniensis. Con tal signi- ficato sono quelle due forme irriducibili e im- mutabili, perchè originarie e primitive. Qui, nel caso nostro, troviamo ancora un altro fatto ca- ratteristico, cioè che del ramo pitecoide, il quale si estingue, non sappiamo più nulla di nessuna delle due forme secondarie del tipo ; dell'altro tipo non incontriamo più, dopo il secondo intergla- ciale, il ramo brachimorfo ; è soltanto il dolico- morfo che si trova fino al periodo neolitico ; la migrazione di un altro brachimorfo europeo av- viene nel neolitico recente e dall'Asia, come ho già sostenuto in varie occasioni (3). Io non credo necessario di ripetere quello che ho chiaramente discusso sulla poligenesi dei Pri- mati d'ogni gradazione, una poligenesi che si (1) Cons. Crania ethnica, dove questo tipo è detto brachicefalo lapponoide. (2) Vedi sopra. (3) Cfr. Europa. 126 LE ORIGINI UMANE confonde, si fonde veramente con l’origine po- lifiletica e la esplica. Lo stesso fenomeno con- statiamo per l'origine dell'uomo e per le due forme che abbiamo trovato in Europa dal plio- cene in poi. Già noi ammettemmo questa origine nella nostra opera sull'Europa, e trovammo che questa origine corrispondesse a quella dei Primati del gruppo St722/4ae, che dal punto di vista siste- matico si classificano in generi distinti, ma per origine alcune forme costituiscono phyla o rami separati per origine polifiletica, ovvero da vari pro- genitori. Ora, con questa nuova e più profonda ricerca, confermiamo i concetti precedenti, mentre rettifichiamo quei particolari che allora non erano così finamente esaminati, e quindi sono stati espressi forse meno chiaramente che ora fac- ciamo. Noi collocammo e collochiamo l’uomo nel gruppo complesso antropomorfo, e quindi il gruppo comprende numerosi phyla o rami pa- ralleli, come già li esponemmo nelle nostre due ul- time opere: rami paralleli, derivati da evoluzione indipendente da forme inferiori distinte. Chi non accettasse l'ipotesi che le forme umane fossero rami paralleli con St72224ae, e volesse ammettere GLI UOMINI 127 l'ipotesi, già da altri emessa, che le forme umane venissero per evoluzione da St7272dae, dovrà am- mettere egualmente che i rami umani derivas- sero da più forme antropomorfe, e per gli stessi motivi che giustificano la prima ipotesi mia, come per la stessa storia paleontologica delle forme umane che già sono distinte, differenti, | separate fin d’origine, fin da quando appariscono nella più alta antichità nei periodi geologici eu- ropei. L'ipotesi monofiletica e monogenetica non potrebbe spiegare questo fatto offertoci dalla pa- leontologia umana: l’uomo nell’origine delle sue forme segue le stesse leggi e continua gl’iden- tici processi che mostrano nella loro evoluzione tutti gli altri mammiferi. Le due forme umane, che sono due rami o due phyla, non derivano l'una dall'altra, ma derivano parallelamente e indipendentemente da due progenitori d’un sup- posto gruppo di Primati: vera poligenesi. Io ho detto sopra che agli antropologi mo- nogenisti riesce imbarazzante il fatto di due tipi umani con caratteri così differenti e di cui non si può ammettere che l’uno derivi per evoluzione dall’altro. Alle ultime idee espresse da Klaatsch a proposito dell'uomo di Aurignac, cioè di una origine distinta dal tipo di Neandertal, il pro- fessore Keith aveva fatto una critica piuttosto LE ORIGINI UMANE acerba, ma la scoperta di Ipswich ha disar- mato il Keith, il quale oramai si rende all’evi- denza dei fatti. Egli, nella sua lettura al regio Collegio dei Chirurgi, ammise che « all'esame. sommario dello scheletro di Ipswich, provò un disappunto penoso. La scoperta a Galley Hill mostrava che il tipo moderno dell'uomo fosse antichissimo. Però egli non era preparato di trovare al disotto la chalky boulder clay un uomo di tipo moderno; e intanto nei denti, nella forma del cranio, nelle forme principali dello scheletro, l’uomo di Ipswich non diffe- risce nella struttura del corpo dagli uomini odierni. Ognuno viene alla vita con la convin- zione che l'evoluzione umana sia un fenomeno recente, e debba aver proceduto ordinatamente dallo stadio più basso al più elevato. Non vi ha dubbio che il tipo di Neandertal sia più basso del tpo umano moderno. E si attendeva che esso sparisse e desse luogo al tipo moderno. L'esperienza però, non giustifica spesso le opi- nioni a prsorî. La scoperta di Ipswich è con- traria all’aspettazione. La scoperta non venne come una sorpresa a molti esperti antropologi, quali prof. Schwalbe di Strassburg, prof. Sergi di Roma, prof. Rutot di Bruxelles ». Seguitando dice: « Presentemente vi sono due GLI UOMINI 129 opinioni riguardo all'uomo di Neandertal verso le razze moderne dell'umanità. La maggioranza degli antropologi moderni è d'opinione che l’uomo di Neandertal perdesse gradatamente le sue forme scimmiesche e si trasformasse nel tipo moderno umano. La minoranza però, crede che questa trasformazione sia impossibile, e che l'uomo di Neandertal si estinguesse senza lasciar discen- denza. Benchè Keith avesse già supposto che la trasformazione del tipo di Neandertal fosse possibile, l'evidenza che si è accumulata negli ultimi anni lo ha spinto ad abbandonare questa idea » (I). Il prof. Keith, quindi, rinvia molto all'indietro l'origine e l'evoluzione dell'uomo, e costruisce una genealogia, che, naturalmente, non può avere altro valore e significato che di espri- mere un concetto in forma grafica. Ma quello che a me interessa di far rilevare, è la forma poli- filetica o poligenetica che Keith dà all'origine umana. Un primato convenzionale dell’oligocene sarebbe il tronco da cui derivano in molti rami Stmiidae e Hominidae, in molti phyla gli uni e gli altri. Non havvi coincidenza completa con le mie ipotesi, già vecchie di quattro anni (1908), (1) Certain Phases of the Evolution of Man. cit. SerGI, Le origini umane, 17 130 LE ORIGINI UMANE ma approssimativa e indipendente dalla mia concezione, perchè Keith non conosceva le mie pubblicazioni: « Europa >, 1908, e « Homi- nidae », 19II. Inoltre egli ammette l’esistenza dell’uomo terziario e mostra di dar credito alla scoperta di Castenedolo, come privatamente mi ha scritto. « È possibile (scrive) di credere all’esi- stenza dell’uomo pliocenico di tipo moderno, come quello che Ragazzoni ha scoperto in Italia » (1). Quanto ho esposto, rivela un fatto importante nella paleontologia umana, la conversione del prof. Keith verso una teoria che egli aveva com- battuta, e ciò gli fa onore, mentre io me ne compiaccio grandemente. Così che ora alla causa del poligenismo più o meno apertamente, sono guadagnati il paleontologo Steinmann, gli antro- pologi Klaatsch e Gray e Keith, ciascuno con metodi e concetti proprî, è vero, ma questo non infirma il progresso che si va accentuando per la ri- velazione di fatti che si presentano lentamente (2). (1) Op. cit. L’Autore darà un ampio resoconto della scoperta di Ipswich nella sua comunicazione all’Istituto Antropologico di Londra. (2) Cfr. nostra opera citata L'Uomo, pagine 69-70 per Steinmann, Melchers e Klaatsch; Grey in Man, “A. Monthly Record of Anthropological Science ,, N° 74, XI, 1911. DucKwortH, Prekistoric Man., pag. 135-141. Cambridge, 1912, L'uomo neli’America meridionale Dopo quanto ho dimostrato dell’uomo fossile in Europa, la cui origine poligenetica non si può più mettere in dubbio se non per mezzo di espe- dienti non accettabili, il problema per l’origine autonoma dell'uomo nell’ America meridionale viene più facilmente risoluto. E già anche l’altro risultato ‘indiscutibile, cioè, dell'origine indipen- dente dei Primati di questa regione aiuta alla soluzione del problema. Malgrado tutto, l’oppo- sizione non manca nè mancherà di manifestarsi, e passerà molto tempo ancora prima che le nuove induzioni coi nuovi risultati siano accettate. Una prima opposizione all'origine dell’ uomo americano è di carattere teorico. Per una idea vecchia e tramontata da qualche tempo riguardo all'ipotesi della discendenza umana, poichè nel- l'America meridionale non sono mai esistiti, nè 132 LE ORIGINI UMANE esistono Primati antropomorfi, si obbietta, non poteva esservi un'evoluzione che portasse al- l'Uomo. Ora, questo concetto è una sopravvi- venza di quella ipotesi, che gli antropomorfi fossero i diretti progenitori dell’uomo. Anch'io sostenni questa idea, e quando l’abbandonai (in « Europa ») continuai ad affermare che per tale assenza di Strzidae, l’uomo in America non po- tesse avere origine. In seguito mi sono avveduto che una simile idea era un effetto di errore di concezione e l’abbandonai (v. « L'Uomo », cit.). Difatti con l'ipotesi della discendenza parallela di uomo e antropomorfi, di rami, cioè, differenti per evoluzione polifiletica e poligenetica, come ho esposto sopra, non v'ha dubbio che possa accettarsi la sola apparizione dell’uomo da Pri- mati dello stesso grado o quasi di Catarrine. Che da Pilatirrine potessero discendere gli uo- mini fu già affermato da alcuni naturalisti; cu- riosa ipotesi per la quale le Platirrine avrebbero sostituito le Catarrine nell’onore della progeni- tura umana! Quindi, come per le origini degli uomini fossili in Europa, che si fanno discendere da Catarrine, per sola ipotesi, s'intende, o meglio dal tipo catarrino, se si vuol trovare progenitori all'uomo fossile americano, anche per ipotesi, bisogna scoprirlo in tipo platirrino di scimmie. 2 pra A A e x Suble” Ira ita ar bei SCA o SIRO: E 2 3 L’UOMO NELL’AMERICA MERIDIONALE 133 Ma nell'America meridionale mancano forme che possano in qualche modo considerarsi come equivalenti a Stwz:5dae? Esaminiamo. Di due pezzi, un femore incompleto ed una vertebra che è l’atlante, Ameghino ha costruito un precursore dell’uomo col nome di Zezrapro- thomo argentinus. Questi avanzi scheletrici furono trovati nell'hermosense, miocenico per Ameghino, pliocenico per Steinmann e Lehmann-Nitsche, più recente per altri che non accetta come ter- ziario il giacimento di Monte hermoso. Il Tetraprothromo, secondo Ameghino, è più vicino all'uomo che all’Orango o al Gorilla; esso ne costituirebbe un genere distinto di 7om:zzidae. Anche Lehmann-Nitsche esaminò l’ atlante e, come Ameghino, lo trovò molto prossimo al- l’atlante umano, meno di antropomorfo, e così ne fece un Homo neogaeus. Branca, il paleon- tologo di Berlino, lo crede umano, e scrive es- sere inverosimile che l’uomo fossile potesse avere origine nel sud-America, più inverosi- mile che nell’epoca terziaria potesse essere im- migrato colà da altro luogo (1). Questa seconda (1) AmecHINO, /ofas preliminares sobre el TETRAPRO- THOMO ARGENTINUS ecc. Buenos Ayres, 1907. “ Anales Museo Nacionale ,,, T. XVI. Lenmanwn-NirscHe. Nouvelles recherches sur la for- 134 LE ORIGINI UMANE affermazione è esatta, perchè in quell'epoca | A- merica del sud era isolata; la prima non ha fondamento, perchè è una semplice negazione. Se il frammento è autentico, nulla vale il ne- gare, e bisogna ammettere il fatto com'è. Il Diprotkomo platensis, trovato nel preense- danense, pliocene inferiore per Ameghino, per altri quaternario, sarebbe, secondo il paleonto- logo americano, un Primato simile nei caratteri ai primati viventi di America. Disgraziamente il frammento cranico dà luogo a contestazioni nel ricostruirne la forma. Obbiezioni fanno a lui Mochi, Schwalbe, v. Luschan e altri; Schwalbe ne fece uno studio critico particolare, incomin- ciando dalla positura del frammento secondo il piano orizzontale tedesco. Il chiaro antropologo di Strassburg concluse che il frammento è umano, se si pone sul suo piano vero che sarebbe il piano tedesco ; così pure conchiusero Friedmann e v. Luschan. Benchè il giudizio dato dagli antropologi te- deschi, dal punto di vista morfologico, annul- lasse il significato di una forma considerata mation pampeéeenne ecc. “ Revista Museo La Plata ,,, XIV, 1907, pag. 386-909. Branca. Der Stand unserer Kenntniss vom fossilen Menschen, Leipzig, I9I0. L’UOMO NELL’AMERICA MERIDIONALE 135 d’un precursore dell’uomo, secondo il concetto di Ameghino, io volli riesaminare il frammento dopo che ebbi in mano il calco per cortesia dello stesso Ameghino. Mi sono accorto che a trovare un piano orizzontale come sarebbe quello te- desco, non è facile impresa, data l’imperfezione del frammento. Ma m'è riuscito a collocarlo approfittando del residuo della parte orbitaria su- periore. Dallo studio comparativo con un cranio umano ho potuto rilevare che alcuni caratteri descritti da Ameghino corrispondono al vero, e che il frammento non ha la forma del cranio umano tipicamente noto, per la maggiore lun- ghezza del frontale, perla posizione del bregma molto all'indietro, per l'abbassamento del bregma al disotto dell’altezza frontale. Ho collocato il frammento in /Mominidae, perchè, malgrado queste differenze, apparisce di appartenere alla famiglia (1). Quindi qui torna il quesito posto avanti, se il Tetraprothomo e il Diprothomo di Ameghino (1) Sul Diprothomo platensis, Ameghino. “ Rivista di Antropologia, (Atti S.R. A.), V. XVI, IgII. Questo studio corregge in qualche parte quel che io scrissi nell'opera L'Uomo ecc. quando non aveva avuto ancora il calco, ma soltanto le fotografie del Diprothomo. 136 LE ORIGINI UMANE siano equivalenti alle forme antropomorfe o Sz- miidae dei continenti orientali. Io rispondo no, perchè questi due frammenti, se non m'inganno, sono così prossimi alle forme umane, che possono essere inclusi in /7omzinidae, come due rami distinti e inferiori, però, per alcuni caratteri. Morfolo- gicamente, intanto, io mantengo la nomenclatura già data loro, cioè di Proanthropus, riducendo le due parti frammentarie ad una sola indivi- dualità, perchè tanto il frammento cranico quanto l’atlante sono prossimi alle forme umane, ma non identici. Io ne aveva anche fatto una fa- miglia, Froantkropidae; e può essere anche così (1). Nel suolo della Patagonia e dell'Argentina in- sieme con altri animali di specie estinte si sono trovati molti scheletri umani di varie epoche, stando alle determinazioni di Ameghino e di altri, cioè dal pliocene al quaternario superiore, ovvero dall’ensenadense al lujano, seguendo la terminologia delle formazioni o giacimenti ame- ricani dell'America del sud. Ma grandi oppo- sizioni si sono fatte attorno all’età di tali sedi- menti, e anche riguardo al valore morfologico (1) Cfr. L'Uomo, cit., pag. 64 e seg., per molti parti- colari anche storici. L’UOMO NELL’AMERICA MERIDIONALE 137 dei resti umani. Io mi sono intrattenuto su queste opposizioni in altro luogo (v. « L'Uomo », cit.) e non ritorno più su questo argomento, se non per limitarmi all’ultima dichiarazione del professor Hrdlicka di Washington, che ebbe l’occasione di osservare gli avanzi umani nel museo di Buenos Aires. Il chiaro professore da Washing- ton mi scriveva che a vedere quelle ossa umane aveva ricevuto un disappunto, e nel rapporto scritto al Segretario della Smithsonian Institution così si esprime: « Le ricerche occuparono quasi due mesi. Ogni esemplare relativo all'uomo an- tico che dovrebbe ancora trovarsi, fu esaminato, ed ogni località d'importanza dove furono fatte le scoperte fu visitata e ricercata. Le testimo- nianze raccolte, disgraziatamente, non sostengono una gran parte delle pretese avanzate. Le ossa umane e gli esemplari archeologici che dovreb- bero rappresentare geologicamente l’uomo antico concordano in tutti i caratteri importanti con le ossa e le opere degl’Indiani americani; e le sco- perte, mentre spesso sono in intima relazione con i depositi quaternari o terziari, hanno, per quanto si può osservare, soltanto relazioni in- trusive con questi depositi. Inoltre si trovano esemplari la cui provenienza originale non è così bene stabilita da trarre deduzioni scientifiche di SERGI, Le origini umane. 18 138 LE ORIGINI UMANE gran valore, ancorchè essi presentino alcune peculiarità morfologiche » (1). Tre osservazioni a fare a quanto scrive Hr- dlicka: 1° i resti umani erano intrusi nei de- positi quaternari o terziari. Ora questo si po- trebbe soltanto constatare quando si fanno gli scavi di un dato luogo, ed è impossibile, an- dando sul luogo, dopo alcuni anni, vedere e constatare l'intrusione, come ammette il profes- sore Hrdlicka. 2° Crani e altre ossa portano i caratteri più importanti degli americani viventi. Questo è stato sempre il motivo per discredi- tare una scoperta umana, e noi già abbiamo veduto che una gran parte dei fossili europei e dei più antichi portano caratteri come l’uomo vivente; da molti anni noi combattiamo questo argomento (2), e a questo riguardo l’opinione degli antropologi in Europa si va modificando. Dunque neppure questo argomento è valido ad infirmare l’autenticità delle scoperte americane, che lo stesso Hrdlicha ammette come unite a (1) Report of the Secretary of the Smithsonian Insti- tution, for the year ending june, 19Io, pag. 15. Wa- shington, 1910, Cfr. quel che ho scritto nell'opera: L'Uomo, cit., pa- gina 418-21. (2) Cfr. L'uomo terziario in Lombardia, cit. L’UOMO NELL’AMERICA MERIDIONALE 139 depositi quaternari e terziari. 3° L'ultima osser- vazione riguarda il fatto che nei resti umani americani si trovano particolarità morfologiche, di che natura non si dice, ma tutto fa credere che questi siano caratteri non trascurabili. E invero l’Homo pampacus di Ameghino, per non dire d’altri crani, porta caratteri che lo separano dall'uomo americano recente. Del resto il dot- tore Hrdlicka anche per gli avanzi umani del- l'America del nord ritenuti antichi ha avuto iden- tica opinione sul valore morfologico, perchè noi siamo abituati a pensare che l’uomo vivente nel quaternario o nel terziario dovesse essere stato una specie di scimmia o presso a poco, il che, come abbiamo dimostrato, non è affatto. Per questi motivi e per altri già espressi al- trove, io ancora sono convinto dell’autenticità degli avanzi umani terziari e quaternari dell’Ar- gentina e della Patagonia. E come giustamente scrisse Branca: è inverisimile che l’uomo nel- nell'America meridionale nell’epoca terziaria ve- nisse d'altro luogo, perchè in tale epoca l’Ame- rica del sud era isolata dal resto degli altri continenti. Quindi noi ripetiamo che come le Platirrine hanno avuto un'origine indipendente, così anche Mominidae; e questa famiglia, come in Europa per l’uomo fossile, ha anche più di 140 LE ORIGINI UMANE un ramo, è polifiletica, di cui ecco la distribu- zione secondo i periodi e le formazioni geolo- giche : Ensenadense: pliocene inferiore (0 medio?), Ameghino: Crani: La Tigra, Necochea. Bonaerense: pliocene superiore, Ameghino: Crani: Fontezuelas, Chocori, Frias. Lujano: quaternario inferiore, Ameghino : Cranio: Arrecifes. Pampeano inferiore, Ameghino, pliocene su- periore ? Cranio: Arroyo del Moro. Pampeano superiore, quaternario superiore, Ameghino: Cranio: Arroyo Stasgo. Classificazione, Sergi : Archaeanthropus, che comprende i crani: La Tigra, Necochea (Homo pampacus, Ameghino), Arroyo Siasgo (7. caputinclinatus, Ameghino). Hesperanthropus che comprende i crani: Fon- tezuelas, Chocori, Frias, Arrecifes, Arroyo del Moro (77. sinemento, Amegh.). I motivi e i caratteri morfologici che mi hanno indotto a questa sistemazione di due generi, si leggono nell'ultima opera mia (« L'Uomo »), a cui PR L’UOMO NELL’AMERICA MERIDIONALE I4I rinvio il lettore (1). In quanto ai periodi geolo- gici rimane il dubbio che io stesso non posso chiarire, come finora non è stato chiarito defi- nitivamente da geologi e paleontologi europei e americani degli Stati Uniti. I due generi, l’estinto Archkacanthkropus, e il vivente Hesperanthropus, con le sue forme fossili, corrispondono evidentemente a due rami distinti e separati, a due phyla proprîì americani; anche nei periodi geologici sono tutti e due quasi con- temporanei, e l’Archkacanthropus che apparisce nel pliocene (Ameghino), continua la sua esistenza ‘ fino al pampeano superiore, che sarebbe il qua- ternario superiore, mentre l’Hesperanthkropus, che è visibile nel pliocene superiore (Ameghino), giunge in forma fossile fino al quaternario, e continua a vivere nelle forme recenti e viventi d'America. Qualche cosa di simile avviene in America come in Furopa nei due rami di cui ho parlato. Che questi due rami americani non abbiano relazione con i rami europei fossili, ho larga- mente dimostrato nell'opera mia ultima, e non vi ritorno; che, oltre la differenza morfologica fra cotesti tipi o forme, rami d’origine differente, (1) Op. cit., pagg. 57-68, 82-86, 361-360. T42 LE ORIGINI UMANE vi sia la impossibilità di una migrazione, ho egualmente dimostrato in varie occasioni, per la separazione dei continenti. Non resta, quindi, che a ripetere l’affermazione mia precedente, di un centro indipendente di evoluzione nell'America meridionale tanto per i Primati, incluso l’uomo, quanto per molti gruppi animali, come già il paleontologo ha dimostrato. eee Risultato Non ci rimane, ora, che a raccogliere in breve quanto abbiamo trovato e discusso obbiettiva- mente nelle pagine precedenti, tanto riguardo alle relazioni morfologiche, quanto alle relazioni zoogeografiche intorno alle varie famiglie dei Primati del mondo orientale e dell’occidentale, specialmente occupandoci delle forme estinte, perchè queste sono più direttamente compro- messe nelle origini umane. Il risultato, non vi ha dubbio, è ben differente di quello che comune- mente si ammette, specialmente per i problemi geologici, fisiografici e zoogeografici che distrug- gono la supposta unità delle. origini e costrin- gono alla poligenesi. Il quadro che immediatamente segue, dispone le forme fossili, sopra tutto, con quelle viventi che ne sono la continuazione e secondo i rami di phyla stabiliti precedentemente. I nomi segnati con * indicano le forme fossili ancora viventi. LE ORIGINI UMANE 144 “U sndorpuesodsaf , sndo1mruesegoIy sndo1y}ueoIg “ oepiedeH , OVPIGII è OC pIimounuro]] : QULIINE]T SOVUMIIYNT | sSoumounwio] IPproImuII] © TUTE QUIIO] TOS VOTTUINY aepiydiowordeuy SEPno.IEYJoN TUON VILMINYT (é) OHIOLIMOEI (9 OJIOWUO9I]Op (2 sndo1j]zuejoN , OJIOWIYIBIG (9 OJIOUIOII]Op (2 s s£ sndo1y]]uese]ed sndo1yzues9YyNg te sno9yndorg sno9yndose]jegq|] snooyndorgdorgi snooyndoAi( se - sno9yzdo9Io 4 * snooynidoumas SNOLIEIN & snooyxdosa]ji snoayndouuos| 2eprooyndeseg SNOEIE]N snooynidodose]eg INUI|OOEYIIYW _ sIidepe]esSojy INUIT] oepidepy = : ILOSESEPeN (9u9903SI]d) LINUS] VISY VOIMIV VIOUNH] | | IPPIULUUHOL] (2 20pusS (A IMAADIDI (2 ‘ p10goAqup PIOANMIT RISULTATO 145 Questo quadro riassuntivo è il risultato defi- nitivo di quante forme fossili finora abbiamo trovato di Primati, collocati in serie morfologica di evoluzione, che non significa necessariamente in serie evolutiva reale, e soltanto nei loro rami o phyla, rappresentanti i vari elementi sparsi nel globo e di epoche varie, come è facile vedere da Lemuri veri di Madagascar del plistocene e Antropoidi dell’oligocene africano. Si mostra ancora che la loro storia è frammentaria, e nel tempo come non sia razionale e naturale che tutte possano riferirsi ad unico phylum, nel modo come la teoria corrente dell'evoluzione vorrebbe stabilire. Non soltanto si hanno linee parallele polifiletiche, ma scaturisce la certezza di una vera poligenesi, che lascia ancora nell'oscurità molti progenitori di gruppi varî e separati, la quale oscurità non è maggiore di quella che è proiet- tata dal monogenismo monofiletico, anzi l’oscu- rità insieme con l’irrazionale in questo caso è profonda. Il ramo più distinto è l'americano del Sud, che molti ostinatamente vorrebbero abolire perchè l'antica concezione monogenica, poggiata sul- l'ipotesi di Darwin, impedisce loro di veder meglio ; ma l’analisi che ho fatta di tutta la storia pa- leontologica dei Primati americani, insieme con SERGI, Le origini umane. 19 146 LE ORIGINI UMANE la rivelazione delle condizioni geologiche e geo- grafiche, è una dimostrazione evidente per coloro che non sono pregiudicati sul valore dei fatti. Il quadro presenta inoltre grandi lacune, che noi ora non abbiamo il mezzo di colmare; l’av- venire potrà, con nuove scoperte, colmarle. Per ora vorrò anche avvertire che nel ramo brachi- morfo del tipo umano detto antropino, ho posto un interrogativo, perchè, avendolo trovato ac- canto al dolicomorfo che da molti anni è stato attribuito al genere MWofaztKropus, mi è venuto il dubbio se mai sia esso da aggregarsi al genere stesso, che d’origine pareva contenesse, nelle forme fossili, soltanto i caratteri del dolicomorfo. In quel tempo che io determinai il Mofazt4kropus, i brachicefali di Grenelle erano stati esiliati, nè era apparso il cranio di Rivière nel mousteriano, brachicefalo anch'esso e vero brachimorfo. Co- munque, anche questa difficoltà non è troppo grande, se il primitivo tipo antropino, che si separa in due rami, venga considerato d'origine africana; il ramo brachiformo, però, come si vede dal quadro, si estingue molto presto e non giunge al neolitico. Confermo così e più ampiamente i miei concetti di poligenesi con maggior convinzione e con maggior confidenza ora che ho fatto un'analisi RISULTATO 147 più profonda di tutti i Primati fossili, della loro probabile origine, della loro distribuzione crono- logica e geografica con qualche comparazione con gruppi di altri mammiferi fossili. Questa analisi e questa comparazione mi hanno suscitato nuove idee e nuovi dubbi intorno alle forme umane viventi, se per avventura nell’immenso tipo di genere di Moztantkropus o di altro non siano da intravedere phyla paralleli e separati, come nei fossili europei, piuttosto che forme derivate da unico tipo, da unico tronco, come ho stabi- lito nella mia sistemazione umana. Una nuova breccia, cioè, nel tradizionalismo che ancora domina in questa nostra scienza. Ma mi pare di vedere, a traverso a questo diaframma tradi- zionale che è una barriera insormontabile spe- cialmente agli spiriti di carattere conservatore, qualche cosa di più e di meglio. Se volessi riassumere in forme visibili qualche risultato avuto dalle ricerche superiori riguardo all'uomo fossile scoperto in Europa, e le sue relazioni con Stm7:dae estinti e viventi di Eur- africa, avrei il quadro seguente (con -- sono segnate le forme estinte): 148 LE ORIGINI UMANE Evoluzione multipla e parallela di sette rami. Anthropopithecus Homo anthropinus Gorilla + Homo pithecoides -| Propliopithecus + Dryopithecus + Pliopithecus Ammetto questo fatto come il più verisimile, perchè non è possibile dimostrare che l’un ramo derivi dall’altro, tanto per l’uomo quanto per le forme di scimmie; e relativamente al Propliopt- thecus, ho già detto che esso non debba consi- derarsi come l’antenato di Miopithecus o di Dryopithecus, essendo forme più prossime alle umane, secondo i concetti d’evoluzione. Esse tutte sono forme varie, con caratteri più o meno superiori, secondo il concetto umano, forme di- scendenti da antenati con caratteri in gran parte comuni, in altri divergenti. Questa, sembrami, è la dottrina nuova che dovrà prevalere per l’evo- luzione organica. LAS STA Sistemazione di ‘ Hominidae ’ Riproduco qui la mia ipotesi di discendenza umana, la quale comprende cinque rami di /7072- nidae insieme con i vari rami di St7221dae. Essa è soltanto l’espressione della unità morfologica del tronco dei Primati secondo il loro svi- luppo graduale. Discendenza di Hominidae in cinque phyla. Tipo lemurino > Tipo catarrino Homunculidae Tipo antropomorfo Hominidae EUROPA | AFRICA ASIA AMERICA Gain e — e se +++) + ++ ++ oo) RIO (Opi ono) o) deg 159 EL LI cia (o) D < 3 o) D m — 3 le) Sp DO n Ò (e) EA i i ORE socio SAS! e. (©) on) D ct. ge ira) (o) Si uade 5 NECCOR FT SRI, D_p_S 2 VERGA A RO D CT CARS a (= ta Ao] TO) SS vw °) G (0?) Gi Ko) 3 O mi (1 {n [eri (= URCO Ti oe: ENO ("NR © = 5 L n 2 5 5 ao fas 5 | E DI SE Se SN, | 23 Oss .: Il segno + indica le forme estinte. 150 LE ORIGINI UMANE I I ll ll lr IZ lili tI" Sebbene non esista un fossile umano asiatico, siamo costretti a stabilire un genere corrispon- dente ai caratteri che presentano i gruppi viventi nell'Asia centrale, settentrionale e orientale, col nome di MHeoantkropus (1). Hominidae. Classificazione sistematica. Palaeantropus, gen. (estinto). Pal. europaeus (sin. Homo neanderthalensis, H. pri- migenius) spec. Pal. krapiniensis, spec. Pal. heidelbergensis, spec. (sin. H. heidelbergensis, Schoet): Notanthropus, gen. Not. ecurafricanus. spec. N. eurafricanus archaicus, var. N. eurafricanus recens, var. N. eurafricanus nordicus, var. N. eurafricanus mediterraneus, var. Not. eurafricanus mediterraneus europaeus, subv. ” » 5 libycus, subv. ” 5 v; arabicus, subv. » ” "i aegyptiacus, subv. 3 Ti A indoiranus, subv. Not. eurafricanus africus, var. Not. eurafricanus dravidicus, var. Not. eurafricanus polynesianus, var. (1) Cfr. le nostre opere: Europa e L'Uomo, citate. Tasmanier und Australier. Hesperanthropus tasmanianus. “ Archiv fir Antropologie ,, N. 7, Vol. XI, 1912. SISTEMAZIONE DI “ HOMINIDAE , I5I Not. eurafricanus toda-ainu, var. Not. eurafricanus toda, subv. Not. eurafricanus ainu, subv. Not. afer, spec. Not. afer aethiopicus, var. Not. afer niger, var. Not. afer sylvestris, var. Not. afer africus, var. ibrida. Not. aethiopicus libycus, var. ibrida. Not. afer melanesiensis, var. Not. pyemaeus dolichomorphus, spec. Not. pygmaeus melanesiensis, var. Not. pygmaeus brachymorphus, spec. Not. pygmaeus oceanicus, var. Not. pygmaeus ceylonensis, spec. Not. australis, spec. Not. australis humilis, var. Heoanthropus, gen. Heo. arcticus, spec. H. arcticus subarcticus, var. H. arcticus commixtus (kirghis), var. H. arcticus fennicus, var. H. arcticus siamesis, var. H. arcticus malayensis, var. H. eurasicus, spec. ibrida. (H. arcticus + Not. medi- terraneus). H. eurasicus europaeus, var. H. eurasicus asiaticus, var. Heo. orientalis o sinicus, spec. H. orientalis japonicus, var. H. orientalis tibetanus, var. H. orientalis submalayensis, var. Archaeanthropus, gen. (estinto). Arch. fampaeus, spec. (sin. Homo pampaeus, Amegh). Hesperanthropus, gen. H. Columbi, spec. (Homo pliocenicus, Kobelt). H. Columbi antiquus, var. (fossile). H. Columbi esquimensis, var. 152 LE ORIGINI UMANE Columbi planitiae, var. Columbi Sonorae, var. Columbi amazonius, var. Columbi paraguayensis, var. Columbi araucanus, var. patagonicus, subsp. tasmanianus, spec. tasmanianus polynesianus, var. ibr. pelose ef Alcune osservazioni sopra la sistematica umana che io ho elaborato da qualche anni, sono ne- cessarie. E avanti tutto bisogna che si sappia che essa è un risultato di studi e di ricerche particolati dedicati a ciascun gruppo umano, e non una classificazione formale e verbale sopra cognizioni frammentarie o impressioni momentanee. Io prima ho esaminato le forme scheletriche ‘base di ogni classificazione, specialmente il cranio conla faccia, e ne ho fatta la distinzione in categorie o varia- zioni, poiho esaminato i caratteri esterni tegumen- tari che servono di complemento alla sistemazione delle forme scheletriche. Nè ho trascurato di con- siderare la distribuzione geografica, mentre ho in- vestigato le condizioni geologiche dei vari periodi e la possibilità di migrazione dei gruppi umani primordiali, per quanto consentano le cognizioni presenti che abbiamo della storia del pianeta e delle forme fossili. Ma un altro elemento io ho voluto introdurre nelle mie ricerche, la relazione e "AI SISTEMAZIONE DI “ HOMINIDAE ,, 153 con altri animali, mammiferi estinti e viventi, che potrebbero dare luce anche sull'uomo come un mammifero che è sottoposto alle medesime leggi e condizioni degli altri mammiferi. Perchè io credo che finora nelle ricerche per esplicare i fatti che si riferiscono all'uomo primitivo e vivente, sì è agito come si trattasse d’un vivente fuori delle leggi biologiche comuni, o sopra di esse, per cercarne eccezionali ; e le invenzioni su questo sono state addirittura meravigliose. Noi rifuggiamo da tutto ciò, e se facciamo ipotesi indispensabili, queste hanno una giustificazione sulla base di alcuni fatti che sono stabilmente conosciuti. I cinque rami umani, che noi sistemiamo “come cinque generi, risultano evidenti alla nostra ricerca, e malgrado l’opinione opposta corrente nella scienza e nella tradizione, abbiamo sostenuto la verità, come a noi si presentava, convincente. La nuova analisi e le nuove ricerche che ora presentiamo, più profonde e più vaste, confermano quel che avevamo stabilito in modo definitivo. Il fatto della posizione dei due tipi e rami umani con le età geologiche d'Europa, così ben distinti, così ben separati morfologica- mente, è una prova luminosa che l’evoluzione umana, come quella di molti altri mammiferi, SERGI, Le origini umane. 20 I54 LE ORIGINI UMANE. non è proceduta per una sola unica linea, esclu- dendo le altre parallele, senza nessuna plausibile condizione, ma per varie e molteplici, come si è mostrato per tutto l'ordine di Primati. La° paleontologia dei vertebrati mammiferi inferiori alluomo ci ha fornito il mezzo, il metodo di ricercare le origini umane nella paleontologia medesima dell’uomo come essa si presenta nelle varie sue fasi periodiche dei tempi geologici. È una nuova rivelazione del concetto evolutivo dei viventi, un allargamento del campo biologico, troppo ristretto anteriormente, e che riesciva molto difficile a comprendere, data la grande varietà delle forme della vita e le loro relazioni reci- proche. Perchè di molte forme d’un tipo vivente una sola dovesse avere il privilegio di darne nuove ed evolutivamente superiori, e le altre dovessero perire sterili? Perchè le molte altre forme nate dalla prima dovessero subire la stessa sorte, e così all'infinito? La selezione naturale, si direbbe, ne sceglierebbe una e farebbe perire le altre; ma questa ipotesi è irrazionale. Perchè se per una volta sola ciò potesse essere avve- nuto, non si comprende che il processo si sarebbe dovuto sempre ripetere nello stesso modo e nell’identica direzione. Del resto, davanti ai fatti vi è poco a dire: l'evoluzione è proceduta si- SISTEMAZIONE DI “ HOMINIDAE ,, 155 multaneamente per rami paralleli, dei quali alcuni nel corso del tempo si sono estinti, altri sono sopravvissuti, come abbiamo negli Equidi, nei Rinocerotidi, nei Titanoteridi, nei Primati d’ogni categoria e negli Homznidae. Questa simultanea evoluzione si chiama polifiletismo, ma è anche poligenismo, se le forme derivano da molti pro- genitori e sopravvivono in molti discendenti. Nell'uomo questa forma di evoluzione è evidente, non per semplice ipotesi, ma per documenti fossili, come abbiamo veduto; ipotesi, invece, e senza fondamento, è di voler far derivare l'una forma dall'altra, come procedono tutti gli antro- pologi e i dilettanti di antropologia. Difatti essi non sanno, nè possono dimostrare l'origine del tipo di forme inferiori, le neandertalensi, nè di quell'altro che ha forme come l’uomo vivente ; mentre la spiegazione naturale è che esse sono due rami paralieli con differente forma, dei quali il più basso è perito dopo lunga esistenza, e l’altro ha continuato a vivere fino ad oggi. Questo vecchio concetto dell’origine unitaria dell’evolu- zione, del dogma dell’origine primitiva di forme inferiori, ha fatto negare l’autenticità alle sco- perte più vere in Europa e nelle due Americhe; le forme, se hanno caratteri come l’uomo vi- vente, secondo i concetti comuni, non dovrebbero 156 LE ORIGINI UMANE essere che recenti. Errore e pregiudizio che non possono guidare alla scoperta della verità; e bisogna ribellarsi. Bisogna ribellarsi, dico, al pregiudizio scien- tifico che deriva dal pensiero incatenato alle formole dell'evoluzione com'era concepita da circa cinquant'anni addietro, mentre leggesi, non un modo d’interpretare la comparsa dell’uomo fossile con forme identiche alle forme dell’uomo vivente, ma il dubbio e anche la negazione, se veramente esso sia fossile o anteriore al fossile di tipo neandertalense. A Rivière che ha scoperto un bell’esemplare nel mousteriano inferiore, si dice che non può essere autentico ; e dello sche- letro di Ipswich, di cui Keith afferma i carat- teri dell’uomo recente, si ammette il dubbio sulla sua antichità. Alcuni non vogliono rico- noscere che in natura noi abbiamo forme definite, o, come anche dicesi, discontinue, come vedesi nei vari tipi animali estinti e viventi, e così anche nell'uomo, dove abbiamo trovato forme parallele e discontinue. Riguardo alle forme viventi che comprendono i phyla vari di Mominidae, ho voluto riunire, nel modo più verisimile, alcuni gruppi umani in un genere, altri in altro genere, secondo alcuni caratteri comuni che simili gruppi pre- SISTEMAZIONE DI “ HOMINIDAE ” 157 sentano, e per non disperdere in troppe divisioni l'umanità, mentre sono stato troppo ardito, per alcuni antropologi, nello stabilire cinque generi. E uno dei criteri è stato di ricercare e nella struttura scheletrica e nei caratteri esterni il mezzo di riunire e di dividere. Così trovo ai Melanesi più vicini gli Africani negri, che non gli Asiatici, malgrado siano a riconoscersi diver- genze. Le quali divergenze forse sono da attri- buirsi alla formazione separata, non isolata, dei gruppi oceanici per soggiorno molte volte mille- nare differente da quello continentale africano. Se i Melanesiani si volessero separare dagli Africani e non potessero unirsi, come io sostengo, agli Asiatici, dovrebbero far gruppo a sè distinto. Ma questo non è ammissibile per molti motivi, principale quello della fauna caratteristica e della natura geologica e geografica o meglio fi- siografica del mondo oceanico. Del resto l’ana- loga differenza fra Melanesi e Africani negri trovasi fra Pigmei negrito, Andamanesi e Filip- pini, e Pigmei del Congo che io ho riuniti. Degli Australiani e dei Tasmaniani ho trattato in altro luogo in modo speciale e per analisi morfologica più profonda; l’ho separati dal resto dei popoli oceanici come origine e li ho aggre- gati al genere vivente americano. Su che mi 158 LE ORIGINI UMANE attendo una opposizione acerba; ma io vedo le cose un poco coi miei occhi e secondo i nuovi concetti che vado insinuando nella nostra scienza; non mi meraviglierò delle opposizioni che mi verranno. Il Not. pygmaeus ceylonensis, che comprende i Vedda, i Senoi, puri di mescolanza, di Malacca e di Sumatra, è il meno facile gruppo a clas- sificare. Da principio io ne avevo fatta una variazione dal Not. eurafricanus, per la dolico- morfia cefalica, per la forma dei capelli, princi- palmente, ma poi mi accorsi che esso si separa profondamente e non solo per la statura, ma per altri caratteri, la grandezza cefalica, la poca variazione cranica, la forma facciale e nasale nel vivente; e si separa anche profondamente dal Not. afer melanestensis, come è facile dimostrare per l’analisi delle forme. Quindi ho creduto che sia meglio separarlo come specie, della quale conserva la fissità anche in mezzo ad altre forme umane e quantunque diviso in molti territori geografici. Non trovo nulla in esso di australiano, tasmaniano, polinesiano e simili gruppi oceanici: è un gruppo a sè con caratteri propri definiti, discontinuo come una specie vera. La sua anti- chità, dagli studi di Sarasin, dev'essere grandis- » sima, e non v'è mezzo di stabilirla, come si è SISTEMAZIONE DI “ HOMINIDAE ,, 159 veduto, dalle sue forme, se non sia per illusione. Nè ho alcuna difficoltà di riaffermare la paren- tela fra il residuo dei Toda nei Nilgiri con gli Ainu dell'estremo oriente settentrionale. Ho già ricordata, nella mia opera « Europa », la discon- tinuità geografica dei due gruppi, che va sempre facendosi maggiore fino all’ estinzione loro. Ca- ratteri assolutamente identici nello scheletro e nelle altre parti, non possono essere casuali, come si potrebbe supporre. Gli unitari dell'evoluzione e dell’antropologia non saprebbero dire, se non per semplice ver- balismo, la connessione esistente fra i Pigmei del Congo e i Negri, e i Bianchi europei, e i Dravidi asiatici e altri gruppi umani. Vorrebbero trovare un grado di evoluzione, con arresto di sviluppo evolutivo, le forme umane più vecchie, o le più recenti, secondo le fantastiche teorie che sogliono uscire dalla mente umana; o una razza della grande specie unica di Momo sapiens, da mettere accanto allo Scandinavo alto di sta- tura, coi capelli biondi e gli occhi azzurri e la pelle bianca, o accanto al più bello dei bruni mediterranei, modelli della statuaria ellenica, cre- atori delle tante civiltà, della più grande arte e della più profonda scienza. Il meno male che si può concepire è la stretta affinità con i 160 LE ORIGINI UMANE cosidetti Negriti delle Filippine, coi Semang di Malacca, per il tipo brachimorfo, e con i Pigmei dolicomorfi della Nuova Guinea e degli arcipe- laghi adiacenti. Donde la divisione in due specie secondo le forme craniche e altri caratteri, cioè di Not. pygmaeus brachymorphus, con la va- rietà Not. pygmaeus oceanicus, e Not. pygmaeus dolichomorphus con la sua varietà melanesiana. Così si avrebbero tre specie di Pigmei, con il ceylonense, e due varietà, l’occanzico e il mela- nestense in Oriente, e, come ho mostrato nel- l'opera « L'uomo », anche nell'India meridionale. I due ultimi sarebbero diramazioni dei Pigmei africani, donde la loro posizione come variazioni di questi ; il ceylonense rimane un poco enigma- tico, ma io già l’ho collocato accanto alla specie eurafricana e di questa più vicino ai Dravidi, ma distaccato come specie, perchè ha caratteri propri che lo distinguono e lo separano. I Sa- rasin ne vorrebbero fare dei Vedda, che appunto sono il nucleo della nostra specie di Ceylon, un grado di evoluzione su cui ascende il Tamile, e su questo il Singalese; ma io non ho il co- raggio di accettare queste progeniture, come non le ho accettate (vedi « Europa »), perchè di questo passo potremmo costruire una grande scala del- l'unico genere umano, sulla quale si trovereb- { SISTEMAZIONE DI ‘“ HOMINIDAE ,, I6I bero tutte le gradazioni evolutive in forma di genealogia, ma non saremmo nel vero che in apparenza e in semplicizzazione. Data la discon- tinuità evidente, non abbiamo altra via che clas- sificare per specie le tre forme di Pigmei e in varietà quelle che si avvicinano alle specie per molti caratteri, e queste ultime, come abbiamo veduto, sono nell'Oceano Pacifico, dove sembra siano meno basse, come ho già detto altrove, delle specie originali africane, mentre affermiamo che sarà sempre un giuoco di fantasia voler sta- bilire la maggiore o minore età d'origine di ciascuna. Fermo restando, per ora, quel che ho detto su questi gruppi caratteristici di Pigmei, siano africani, siano oceanici, non vorrei abbandonare un'idea che mi sorge appunto dalla compara- zione dei gruppi animali a più phyla con gli uomini. In questo scritto io ho sostenuto che gli antropomorfi viventi e gli estinti si esplicano nei loro generi per rami, di cui uno è indipen- dente dall'altro, mentre è parallelo con l’altro. Ho detto che Gorilla non deriva da Cimpansè, nè questo da quello, e credo che nessuno abbia ad obbiettare su questo fatto; medesimamente si deve dire di Orango e d'Hylobates: cioè sono tutti rami paralleli che possono essere derivati SERGI, Le origini umane. 21 162 LE ORIGINI UMANE da rami paralleli di tipo inferiore, secondo il concetto di evoluzione. Se applichiamo questo principio a questi gruppi di Pigmei che si presentano quasi refrattari ad una classificazione ed a una sistemazione ben chiara come altri gruppi umani, possiamo am- mettere che essi, gli africani del Congo special- mente, siano un ramo parallelo con altri gruppi umani, derivato da un tipo inferiore di Primati differente da quelli da cui sono originati gli altri rami superiori e paralleli. Non troviamo, tor- nando al paragone, una diversità evidente, non soltanto morfologicamente, fra Gorilla e Cim- pansè, ma anche psicologicamente? Ora fra un Batua e un Bantu vi ha grande differenza e mor- fologica e psicologica, e immensamente grande fra un Batua e un Europeo, un Asiatico e così via. Se non avessimo davanti una dottrina del- l'evoluzione che dovrebbe essere riformata, e la pregiudiziale dell’Hozzo sapiens, anche per un esemplare umano cui non si può veramente ap- plicare l'attributo di sapzezs, se fossimo più li- beri come siamo davanti ad animali che non pretendono la sapienza umana, nessuna difficoltà avremmo di sostenere che i Pigmei d'Africa, che occupano una vastissima regione centrale, viventi nelle antiche selve del continente, come SISTEMAZIONE DI “ HOMINIDAE , 163 il Gorilla, siano un ramo parallelo con gli altri rami umani, derivato indipendentemente per evolu- zione separata; e nella sistemazione zoologica sarebbero un genere distinto, per quanto affine. Valga questo per un futuro prossimo, e quando la dottrina dell'evoluzione indipendente dei cinque generi, o rami, o phyla umani sarà meno con- trastata o sarà accettata. Lo studio che ho fatto intorno agli indigeni delle due Americhe, è stato laborioso, e non è effetto d’impressioni o simile, come sarebbe fa- cile rilevare in altri. Io ho ricercato, riesami- nato tutto il materiale, o quasi tutto, che finora è venuto alla luce ed è stato esplorato e ricer- cato, e con i miei metodi l’ho ordinato e clas- sificato, prima nelle forme scheletriche del cranio e della faccia, dopo nelle forme viventi e nei caratteri esterni. Ho ristudiato i caratteri cranio- facciali nei particolari e con molte comparazioni con quelle di altre regioni del globo, ne ho ri- levato le caratteristiche più propriamente ame- ricane, e quindi ne ho classificate le forme nel modo più completo che mi fosse possibile, date le molte lacune degli studi antropologici americani. Per l'America settentrionale ho ricevuto i favori di molti amici miei d'America e di alcune isti- tuzioni, che mi hanno favorito di fotografie e KS ca 164 è LE ORIGINI UMANE di monografie; di che sarò sempre grato a tutti > cotesti generosi e cortesi uomini. i Chi segue il mio lavoro (v. « L'Uomo ») sul- l’uomo americano, si accorgerà che io ho potuto | distinguere forme americane indigene nel vero significato della parola, e immigrate, e per le forme e per i caratteri del cranio-facciale, e per altri caratteri; esclusi, quindi, ed escludo ancora, che gli abitanti primitivi del Nuovo Mondo siano immigrati dall'Asia o da altra parte del mondo; ma ammisi ed ammetto che una corrente asia- tica è intervenuta in epoca più tardiva, e anche. un intervento, casuale o no, v'è stato dal Pa- cifico sulle coste occidentali dell'America setten- trionale. Chi vuol trovare caratteri mongoloidi in tutti gli abitanti delle Americhe, non vede bene ; soltanto perchè tutti gli uomini apparten- gono alla famiglia umana, debbono avere molti caratteri in comune, altri simili, uniti a caratteri propri e speciali del tipo. Così vi è chi trova caratteri europei, o caratteri di Papua in luogo dove non è facile concepire l’intervento, per esempio sul Parana. Tutte queste supposizioni o visioni derivano dal concetto che l'America sia stata popolata dal di fuori, specialmente dal- l'Asia e per la via del tanto ripetuto stretto di Bering. SISTEMAZIONE DI “ HOMINIDAE ,, 165 Esaminando le forme fossili umane dell’Ame- rica del sud, Argentina, invano negate dagli antropologi, ho potuto scoprire i caratteri fon- damentali primitivi del tipo originario americano, e, quindi, per comparazione con le forme ora esistenti nelle due Americhe, ho affermato che queste sono state, d’origine, popolate dal sud verso il nord, e che gli Esquimesi, che ora si trovano all'estremità settentrionale, e che sono gli abitatori più nordici del globo, rappresentano le forme tipiche degli Americani, sono, come già ho scritto, gli Americani più Americani che esistano nella regione settentrionale del nuovo continente. Gli Esquimesi vengono dal sud, ne esistono ancora nel Labrador e nella baia di Hudson ; essi hanno fatto un movimento da sud-est a nord-ovest giungendo all’Alaska. In questa penisola hanno subito qualche mescolanza con asiatici, e nelle isole prossime alla grande penisola; ma, in generale, specialmente nel più remoto settentrione e verso oriente conservano la maggior purità del tipo; altre mescolanze hanno subito nella Groenlandia da parte europea. Nessuno degli esploratori americani crede più all'origine asiatica degli Esquimesi, neppur Boas, il quale fu capo della spedizione Jesuf nel Pa- cifico settentrionale. Scrive: « La molta discussa 166 LE ORIGINI UMANE teoria dell'origine asiatica degli Esquimesi deve essere interamente abbandonata. Le ricerche della spedizione Jesuf mostrano che gli Esquimesi devono essere considerati, comparativamente, come nuovi arrivati in Alaska, che raggiunsero venendo da oriente ». In quanto riguarda le re- lazioni degli Esquimesi con alcuni asiatici della Siberia, egli dice espressamente: « Una consi- derazione sulla distribuzione e sulle caratteri- stiche dei linguaggi e dei tipi umani in America e in Siberia mi ha permesso di formulare la teoria che le così dette tribù paleoasiatiche di Siberia devono essere considerate come un ramo della razza americana, il quale può avere migrato in- dietro nell'antico mondo dopo il ritiro dei ghiacci artici » (1). Intorno alle origini americane ultimamente la Società antropologica americana di Washington ha fatto una discussione generale sotto tutti gli aspetti per mezzo dei vari rappresentanti dei rami scientifici antropologici. Hrdlicka nega l’an- tichità dell’uomo americano, perchè i residui fos- sili hanno caratteri identici o simili a quelli delle tribù viventi; e noi abbiamo già detto quanto (1) Ethnological Problems in Canada. “ Journal of R. Anthrop. Institute ,, Vol. LX, I9Io. T- LS 47 Mo SISTEMAZIONE DI “ HOMINIDAE ,, 167 valore abbia questo argomento in Europa e in America. Egli ammette l’ intervento dell’uomo asiatico come primo ospite dell'America. Dall descrive le condizioni geologiche e mostra le difficoltà di emigrazioni primitive in America per la via di Bering e delle isole interposte fra i due continenti. Gidley si occupa del problema paleontologico, e crede che l’uomo sia venuto tardi in America; presso a poco così pensa Clark, basandosi sulla paleogeografia biologica. Holmes è d'accordo con Hrdlitka. I due etno- logi Fletcher e Hough non hanno dato che in- dicazioni troppo generiche per essere conclusive. Chamberlain prende a trattare il problema dal punto di vista linguistico, e dopo alcuni dati viene alla conclusione che « possa dirsi con cer- tezza, per quanto i dati finora presentati pos- sano far comprendere, che nessuna prova sod- disfacente è stata data da indurci a credere che qualche lingua americana degli Indiani o qualche gruppo di lingue sia derivato da forme di parlare del mondo antico, esistenti o note di avere esistito in passato. In qualunque modo la molteplicità dei linguaggi americani sia derivata, si può ragionevolmente essere sicuri che in Ame- rica si sono sviluppate la differenziazione e le di- vergenze, e in nessun senso esse sono dovute al- 168 LE ORIGINI UMANE l'intrusione individuale o collettiva di lingue del vecchio mondo ». Crede che le lingue americane siano più giovani degli Indiani, e che non tro- vasi assolutamente un’evidenza soddisfacente, dall'aspetto linguistico, delia definitiva deriva- zione asiatica degli aborigeni americani. In quanto alle relazioni degli indiani d'America coi cosi- detti Paleoasiatici, Chamberlain si riferisce a Boas, e ammette un'emigrazione dall'America in Asia, relativamente recente: i linguaggi pa- leoasiatici per lui sono « Americani » o almeno « Americanoidi » (1). Il problema degli Esquimesi per le origini ame- ricane è fondamentale ; se essi non sono d’ori- gine asiatica, come noi siamo convinti, da quanto abbiamo esposto nell’opera nostra (« L'Uomo »), e da altre vie all’infuori dell’antropologia fisica, essi stessi diventano l'argomento maggiore a fa- vore della nostra tesi, cioè l'origine indigena degli americani. Il nostro massimo argomento è di carattere morfologico per quelle caratteristiche che abbiamo segnalate nello scheletro cefalico americano e che non si trovano in altre regioni. (1) The Problems of the Unity or Plurality and the Probable Place of Origin of American Aborigines. “Ame- rican Anthropologist,. N. S. Vol. 14, n° I, pag. 1-59, 1912. * [( SISTEMAZIONE DI “ HOMINIDAE ” 169 Hrdlicka, che pure è un distinto antropologo, ed ha egli stesso segnalato alcuni speciali carat- teri americani, avrebbe dovuto convincersi della nostra tesi, se avesse tenuto conto di essi. Ma egli appena ha ricordato la nostra tesi e neppur chiaramente, perchè io non penso con Ameghino che la terra sia stata popolata d'origine dall'uomo d'origine americana (1), ma soltanto le due Ame- riche abbiano avuto i primi abitanti dal con- tinente meridionale. Malgrado ogni dimostrazione, la vecchia tesi dell'origine asiatica torna a rivivere, il monoge- nismo, questa vecchia teoria è troppo radicata nella tradizione scientifica per non tener conto dei fatti contrari alla tesi e delle gravi difficoltà che derivano dall’ ipotesi della migrazione dal- l’Asia e da altre parti. L’avvenire vedrà meglio del presente, quando il concetto d’una nuova forma di evoluzione organica muterà quello che ora è dominante. (1) Problems cit., “ American Anthropological ,, cit., pag. 7. SeRGI, Le origini umane. 22 Sanfonfanta ia denfenta nti tentata fette Persistenza e variazioni nelle forme umane Sono connessi alle origini umane due pro- blemi che oggi assumono forme di teorie, la variabilità e l'eredità delle forme nel tempo e nello spazio; a risolverli nel regno animale in genere e nell’uomo i naturalisti fanno un grande sforzo, ma sinora, data la grande complessità dei caratteri che involgono gli esseri viventi, essi non hanno raggiunto una soluzione defini- tiva che accontenti e soddisfi. Anche i metodi impiegati per la ricerca dei fatti e per la loro interpretazione, sono vari e discordi fra loro. Variabilità e variazione, ereditarietà ed eredità dei caratteri sono idee ed espressioni fra loro intimamente legate. I fenomeni dell'eredità senza le difficoltà che presenta la ereditarietà di al- cuni caratteri, la variazione senza la variabilità 172 LE ORIGINI UMANE multiforme, forse avrebbero una spiegazione più facilmente investigabile, e troverebbero un modo e una dottrina più semplice per la loro consta- tazione e la loro origine. Se ci fermassimo alla. superficie dei fatti, come immediatamente essi appariscono all’osservatore, senza voler penetrare nei processi interiori, troveremmo, come già si è creduto di scoprire, facilmente la spiegazione. Uno scoglio non evitabile nello studio delle variazioni è quello delle cause che le determi- nano: sono energie esteriori che influiscono sui viventi a farli variare, ovvero sono condi- zioni interiori dello stesso organismo vivente che determinano la sua variabilità? È vi sono partigiani esclusivi dell'uno e dell'altro concetto. Nè basta: le variazioni che subiscono i viventi, sono esse d'una sola natura o di natura varia ? E si trasmettono egualmente, qualunque sia la loro natura, o soltanto alcune? Perchè il natu- ralista sa da qualche tempo quanto da Lamarck a Darwin, da Galton a Weismann si è scritto e sostenuto sui caratteri detti acquisiti, e sa quanti altri ora lavorano su questi problemi sotto l’in- fluenza di nuove teorie, fra cui la mendeliana. Bateson, il più forte biologo sostenitore dell’idea di Mendel, afferma che il problema delle cause di variazione può essere ristretto, ammettendo PERSISTENZA E VARIAZIONI NELLE FORME UMANE 173 che la causa della variazione sia l'evento che porta all’addizione o alla omissione di un fattore nell'organismo; in ciò avvicinandosi molto al De Vries. Questo concetto sconvolge molto tutti gli altri concetti che si considerano acquisiti da Darwin in poi, tanto su ia variazione quanto su l'evoluzione delle forme; ma non è il caso qui di entrare in questo difficile problema che è molto intricato per le conseguenze che apporta(1). Io gui mi propongo di mettere in evidenza al- cuni fatti che riguardano l’uomo. Uno dei problemi più dibattuti in antropologia è quello che riguarda la variabilità delle forme umane e specialmente del cranio con la faccia. Io mi occuperò qui di preferenza del cranio; ed intanto è bene premettere che noi abbiamo stabilito l’esistenza di forme primarie secondo la struttura morfologica del cranio umano, non se- condo la craniometria convenzionale, vale a dire: dolicomorfa e brachimorfa. L'una e l’altra diver- gono nella relazione della lunghezza, e si appros- simano alle categorie stabilite dalla craniometria .senza identificarsi, come già sopra ho affermato (2). (1) Vedasi Bateson, Mendes Principles of Heredity., pag. 100, 146, 278, 381. Cambridge, 1909. (2) Cfr. L'Uomo, cit.; Specie e Varietà umane, To- rino, 1900; Europa e altre opere. V. sopra pag. 123-24. 174 LE ORIGINI UMANE Ma le due forme primarie si dividono in altre secondarie che noi abbiamo denominate varietà craniche; e quindi esistono variazione del tipo dolicomorfo e variazioni del tipo brachimorfo. Premessi questi concetti per intenderci, ve- niamo al problema: sono i brachimorfi derivati dai dolicomorfi? Questo problema è stato posto da molti e da molto tempo, ma nessuno mai ha posto l’altro, se il dolico possa derivare dal bra- chimorfo; forse perchè si crede che il primo sia primitivo e il secondo soltanto derivato? In un caso solo ciò è stato ammesso e dal Boas, come vedremo. Or se ammettiamo la trasformazione d'una forma in altra, come alcuni hanno soste- nuto, dovremmo ammettere una trasformazione d’un tipo in un altro per una grande variabilità nel cranio umano, la quale, se si potesse veri- ficare, farebbe mutare completamente questo segmento umano, cui si dà giustamente tanta importanza nello studio dell’uomo per il si- gnificato morfologico che possiede nei gruppi umani. Il concetto di tale trasformazione agli antropo- logi è venuto dal fatto d’avere trovato in alcune regioni una sostituzione del tipo brachimorfo sul dolicomorfo; e l'Europa è stata il campo di questa creduta trasformazione e di questo concetto. Non PERSISTENZA E VARIAZIONI NELLE FORME UMANE 175 sapendo o non volendo ricercare altrove l'origine delle forme brachimorfe, e non volendole con- | siderare come immigrate, le hanno stabilite come originate da trasformazione dell'altro tipo. Ma manca la causa della supposta trasforma- zione, e questa si ricerca speculando. La pia- nura o la montagna sarà la causa del fenomeno ; ora ciò non trova conforto dal fatto, perchè i bra- chimorfi occupano indifferentemente le pianure e le montagne, come sa ognuno che conosce la distribuzione delle popolazioni europee e altre nei loro caratteri. È forse il clima rigido o il mite o il caldo? Neppure i fatti confermano queste supposizioni. I due popoli più artici del globo, gli Esquimesi e i Samoiedi, sono rispet- tivamente dolico e brachimorfi. Sono i costumi dei popoli che trasformano? sono i muscoli del ‘ capo che agiscono in una certa maniera quelli che possono trasformare la struttura cranica ? Così vorrebbe già il Nystrom; ma analoghi o identici effetti dovrebbero trovarsi nei popoli che hanno identici costumi; e nulla di ciò av- viene. Allora è l’abitato, 0, come dicesi, l’am- biente che con le sue varie influenze farà tras- formare la testa umana non soltanto da lunga a corta e larga, ma da corta e larga in lunga e stretta secondo ha tentato di far credere Boas, 176 LE ORIGINI UMANE studiando i discendenti degli immigranti negli Stati Uniti d'America? (1). Contro questo preteso mutamento, che per la prima volta sembra dimostrato con dati di fatto dal Boas, io ho potuto far rilevare in un'analisi su gli stessi dati dell'autore, che la dimostra- zione è un puro effetto d’illusione dovuto al metodo statistico adoperato da lui. Boas crede probative le medie ottenute dalle misure cra- niche, facciali e altre, senza tener conto degli elementi da cui derivano le medie, i quali sono eterogenei. Io ho potuto facilmente dimostrare senza grande lavoro che tali medie irrazionali nei discendenti degli immigranti negli Stati Uniti non sono neppure discordanti da quelle delle stesse popolazioni europee da cui derivano gli immigranti, mentre la composizione delle serie eterogenee da cui si hanno le medie, non è so- stanzialmente differente nei figli degl'’immigranti e nelle popolazioni europee dalle quali questi vengono (2). (1) Cfr. Changes in bodily Form of Descendents of Immigrants, Washington, 191o. Abstract of the Report of Changes ecc., Washington, I9II. (2) Il preteso mutamento nelle forme fisiche dei discen- denti degl'immigrati in America, “ Rivista Italiana di Sociologia »,, XVI, I, 1912. PERSISTENZA E VARIAZIONI NELLE FORME UMANE 1I77 Dall’aspetto teorico il fenomeno creduto da Boas come dimostrato sarebbe un assurdo in- concepibile. Perchè, supposta dimostrata la teoria dell'eredità dei caratteri acquisiti, il mutamento avrebbe dovuto prodursi, per lunga dimora, prima nei genitori immigrati, per trasmettersi ai discendenti. Ma non è così: secondo Boas un anno dopo gl'immigrati giunti in America senza avere subìto modificazione, dànno discendenti modificati e modificabili. Tali alterazioni sareb- bero maggiori, se i genitori risiedono da dieci anni in America, senza subirne alcuna. Come e dove la sede e quale il modo di tale trasfor- zione non è neppur pensato per ipotesi, eccetto che le migliori condizioni di esistenza avrebbero avuto influenza. Perchè dopo dieci anni dalla venuta dei genitori tali mutamenti sarebbero maggiori? Come vedesi, questo è un tentativo abortito per dimostrare l'influenza dell'abitato sui caratteri fisici umani. È strano anche il supporre che i caratteri del cranio avrebbero subìto mu- tamenti divergenti, come ammette il Boas, chè gli Ebrei brachicefali diverrebbero dolico, e i Siciliani dolico acquisterebbero una forma di cranio brachicefalo, e in un abitato dove coesi- stono da tempo immemorabile le due forme. Altri antropologi credono di trovare trasfor- SERGI, Le origini umane. 23 178 : LE ORIGINI UMANE mazione del cranio da dolico a brachimorfo per effetto di influenza della cultura, come se il cervello aumentasse di volume e si allargasse in senso trasversale, diminuendo la sua lunghezza, per un'attività maggiore che non si avesse in tempi passati preistorici, o in popolazioni in con- dizione primitiva. Anche qui sono fallaci i ra- gionamenti e i fatti non sussidiano menoma- mente l’affermazione da Broca in poi che primo l'emetteva. Altrove (1) io ho potuto facilmente chiarire questa leggenda, incominciando dalle osservazioni di Broca. Egli trovava che i Pari- gini del XII secolo avevano, i maschi 1531 cc. e le femmine 1320 cc. di capacità cranica, mentre i Parigini moderni i maschi gli avevano dato 1559, le femmine 1337, cioè una differenza in più nei maschi moderni di cc. 28, e nelle femmine di 17; troppo poco, invero, per esser considerata come un aumento per effetto di evo- luzione e per non avere il significato d’un prodotto di combinazione statistica. Con tali criteri noi dovremmo ammettere invece una diminuzione di capacità cranica dai tempi preistorici in poi in Francia. I crani della Lozère esaminati dallo (1) Specie e Varietà umane, Torino, Bocca, 1900, pag. 26-7. PERSISTENZA E VARIAZIONI NELLE FORME UMANE I79 stesso Broca avevano dato, i maschili 1606 cc. e i femminili 1507; altri anche della Lozère, ma- schili 1578, femminili 1473; crani neolitici ma- schili 1568, femminili 1375, cioè tutti superiori alle medie dei Parigini del XII secolo e con- temporanei. Ma vi ha di più, il cranio così detto Homo mousteriensis di Chapelle aux Saints stu- diato da Boule presenta una capacità di oltre 1600 cc., un cranio cioè del tipo di Neandertal e quaternario! Si può aggiungere a tutto ciò il fatto che i Samoiedi sono, come tutti sanno, brachimorfi, e non sono certamente popolazioni che hanno fatto progredire la civiltà come i Mediterranei, dagli Egiziani ai Greci, ai Latini per le epoche passate; che gli Scandinavi e gl’Inglesi sono nella massima parte del tipo dolicomorfo, e il loro cranio non si è convertito, come non è avvenuto per i Mediterranei, in brachimorfo. Se a queste teorie si unisce quella del così detto isolamento di qualche gruppo umano come causa di mutamento, e in breve tempo, non solo non vediamo la minima razionalità del concetto, perchè, per esempio, in Europa, dove tutti cotesti fenomeni sarebbero avvenuti, par- lare d’'isolamenti è ben poco serio in ogni tempo. 180 LE ORIGINI UMANE Queste e altre simili ipotesi derivano dal non sapere concepire la penetrazione di elementi demografici nuovi in una popolazione, o la mi- grazione in piccola o grande scala in una data regione abitata, e quindi la lenta e rapida so- stituzione d'un nuovo tipo etnico. Nè io ho ad intrattenermi d’una nuova teoria che vorrebbe vedere, invece dell'aumento nel cervello e nella capacità cranica una diminuzione nell'epoca di maggior sviluppo civile dei popoli, mentre l’au- mento nell'uomo sarebbe avvenuto nell'epoca di maggiore lotta per l’esistenza umana, nelle epoche glaciali (1). Nulla dunque prova che il cervello è aumen- tato nel corso dell’evoluzione della cultura dai tempi preistorici ad oggi; esistono cervelli ec- cezionali per volume in ogni varietà umana, i quali però, non dimostrano sempre elevazione intellettuale, come comunemente si crede; alcuni di essi, invece, sono di uomini stupidi e idioti o semimbecilli. E al contrario si trovano cervelli di volume medio e inferiori alla media che erano di uomini geniali e di grande valore mentale. Tutto prova che il volume del cervello e quindi (1) WoopruFF, An Anthropological Study of the small Brain of civilized Man and its Evolution. “ American Journal of Insanity,, LVII, I9II, n° I. PERSISTENZA E VARIAZIONI NELLE FORME UMANE I8I la capacità cranica non sono aumentati attraverso i secoli e la civiltà. L'attività che produce le molte e varie forme di cultura, la scienza e l’arte, è d'ordine funzionale, e gli elementi cerebrali d'un cervello normale bastano a questa grande funzionalità (1). Davanti a tutte le teorie ipotetiche, sopra ri- cordate, esistono fatti bene e solidamente sta- biliti, contro cui nulla vale, perchè un fatto è più valevole di mille teorie, i quali provano la persistenza delle forme del cranio umano a tra- verso i tempi e in ogni regione, e insieme a questo grande fatto ve n'è un altro, già segna- lato nelle pagine precedenti, che i due tipi, il dolico e il brachimorfo, sono primitivi; a questo nessuno ha mai finora badato. L’uno dunque non deriva dall'altro, come si vorrebbe sostener da alcuni. Se a Krapina vediamo contempora- neamente esistenti i due tipi, non si potrà dire che uno di loro derivi dall'altro; se a Grenelle si trovano tutti e due in periodi quaternari così _ antichi, chi potrà credere che il brachimorfo sia il dolicomorfo trasformato ? e per quali condi- zioni e per quali cause? (1) Cfr. Simws, Brain Weights and Intellectual Capa- ctty.In “ Appleton’ Popular Science Monthly ,, dec. 1898. New York. 182 LE ORIGINI UMANE E vediamo, cosa molto importante, che di tali forme fossili, quelle che, nominalmente soltanto, e per separazione, ho denominate pitecoidi, sono estinte tutte e due; quelle dette antropine, dei due tipi soltanto quelle dolicomorfe hanno resi- stito e persistito, la brachimorfa si è estinta presto, perchè non appare più dopo il depo- sito di Grenelle se non una volta a Moustier. Quindi è che abbiamo una serie non interrotta di tipo dolicomorfo da Galley-Hill, Ipswich, Tilbury, Clichy, Combe Capelle, Cro Magnon, Mentone, Predmost, Balzi Rossi, Laugerie Basse, Solutrè, Sorde, fino ai neolitici: tutte forme di tipo moderno con analoghe variazioni, come si tro- vano nei loro discendenti della specie eurafri- cana (I). Se si trova differenza fra crani fossili e neo- litici e recenti, è di nessun valore riguardo al tipo; vi sono tutti i caratteri di valore primario o fondamentale; quei caratteri molto secondari che possono scoprirsi con l’analisi, non influiscono sulla forma che è identica nelle differenti varia- zioni di fossili e recenti. Così malgrado i lunghi periodi di tempo trascorso la persistenza delle forme del cranio è mirabile e deve far mera- (1) Cfr. Europa cit. per la dimostrazione. PERSISTENZA E VARIAZIONI NELLE FORME UMANE 183 vigliare gli evoluzionisti, che contro i fatti vor- rebbero teoricamente ammettere mutamenti che non esistono e che non sono avvenuti, e se ve ne sono, hanno valore trascurabile. Se lo scheletro di Castenedolo è veramente del pliocene inferiore, come ora nuovamente so- stengo, il suo cranio non si distingue per forma da uno recente minimamente; nelle altre parti dello scheletro forse si trova qualche parziale o debole divergenza, come dimostro in Memoria separata, ma così poco importante che non infirma il fatto di tanta memorabile persistenza tipica. Il pro- fessore Keith nello scheletro di Ipswich trova le forme viventi. Ciascuno vede quanta resistenza ha presentato questo tipo umano fin dal terziario ad oggi; e basterebbe soltanto questo fenomeno a dichiarare fantastiche tutte le teorie moderne sull’origine dell'uomo e tutte le poco serie ipotesi intorno alla variabilità del cranio umano, quando questo si è stabilito in forma determinata; nulla importa, se l’ipotesi dell'evoluzione come è stata concepita e applicata, ne soffra, perchè i fatti sono documenti irrefragabili e valgono più delle teorie, le quali possono sostenersi, se dedotte da quelli e poggiate su quelli. Un fenomeno di molta importanza, altre volte da me stesso segnalato, e che serve a dimo- 184 LE ORIGINI UMANE strare la persistenza delle forme del cranio umano, è quello, che si rivela dall’incrociamento dei due tipi dolico e brachimorfo. Sarebbe ad aspettarsi in questo caso una forma intermedia nei discendenti, e qualcuno l’ha sostenuto, spe- cialmente volendo esplicare quella mesocefalia, che è semplicemente una categoria convenzio- nale in craniometria. Altrove ho dimostrato che la mesocefalia non costituisce una categoria morfologica, ma soltanto craniometrica; essa non è che una variazione del cranio dolicomorfo, e s'incontra sempre, senza eccezione, con mag- giore o minore frequenza, dove domina il tipo cranico dolicomorfo, vi siano o non incrocia- menti con brachimorfi. Esistono regioni intere ove, senza la presenza d’un cranio brachicefalo, dominano le forme dolicomesocefaliche. Che una forma intermedia non esista come effetto d'incrociamento, è facilmente dimostrabile dalla persistenza dell'uno e dell’altro tipo nello stesso luogo e nelle stesse famiglie incrociate. Vi è, in questo caso, quella segregazione nella discendenza che si trova nell’eredità mendeliana. Noi non abbiamo osservazioni dirette per con- trollare le generazioni e la dominanza, se esiste, d'uno dei tipi nei discendenti, ove avviene la segregazione delle forme; ma questa lacuna nel- LIA ne PERSISTENZA E VARIAZIONI NELLE FORME UMANE 185 l'osservazione non può infirmare il fatto da me osservato molte volte di famiglie, in cui i geni- tori avevano teste di forma differente, e i di- scendenti separarsi così che alcuni ereditavano la forma paterna e altri la materna. Se così non fosse, non potrebbesi spiegare come in una po- polazione si possano trovare costantemente i due tipi senza l'eliminazione di uno di essi, e dopo mescolanza e incrocio millennari. Si direbbe, e si dice anche, che spesso vi potrebbe essere l'eliminazione d’uno dei due tipi, se quello è in gran minoranza; ma io posso asserire che, in regioni italiane come la piemontese, la lombarda e la veneta, che sono abitate da una gran mag- gioranza di tipo brachimorfo, i dolicomorfi non sono spariti, nè eliminati, i quali stanno come 1:4. riguardo ai brachimorfi. Se l’incrociamento pro- ducesse forme intermedie, i due tipi scompati- rebbero colà dove s’incontrano e s’incrociano, e, dopo molti secoli di tale mescolanza, come quella che è realmente avvenuta, non si avrebbe che unica forma e unico tipo di cranio umano. Questi fatti tutti insieme dichiarano quanto sono inconsistenti le conclusioni del Boas sui supposti mutamenti degli immigrati e loro di- scendenti in America per influenza dell’abitato, come altresì dichiarano che nessuna influenza SERGI, Le origini umane, 24. 186 LE ORIGINI UMANE esteriore, compresa nell’espressione generale del- l'abitato, e nelle condizioni sociali, può alterare la forma umana nei caratteri fondamentali di struttura. Tutte queste conclusioni, infine, che riguardano la persistenza della forma, non sono teorica o ipotesi, sono espressione di fatti con- statati, che da molti anni abbiamo osservati e segnalati. Si può aggiungere, senza pericolo di errare, che questo fenomeno biologico di sommo valore non è esclusivo dell'uomo e delle sue varietà e specie, quando si sono già costituite, ma è comune con molti altri mammiferi, che da epoche remotissime conservano le loro forme inalterate. Malgrado queste conclusioni si deve constatare che esistono variazioni tipiche dimostrate nello stesso tipo, cioè a dire nel dolico e nel brachi- morfo presi separatamente. Difatti la nostra clas- sificazione delle forme craniche dimostra tali variazioni, che abbiamo appunto denominate varietà, perchè si presentano come forme che portano ciascuna alcuni particolari caratteri. Se questa nostra analisi con la sistemazione delle forme si è poco capita o alterata da inesatte interpretazioni, non abbiamo che fare. Il nostro Ellissoide non si può confondere con l’Ovoide e col Pentagonoide, variazioni del dolicomorfo; PERSISTENZA E VARIAZIONI NELLE FORME UMANE 187 lo Sfercide non si confonderà col Platicefalo e con lo Sfenoide, che sono vaziazioni del tipo brachimorfo. Inoltre queste variazioni sono espres- sioni sintetiche di vere e proprie variazioni sub- ordinate, e che costituiscono le sottovarietà o forme reali dei tipi cranici. Nè basta, oltre a queste forme stabili che sono ereditarie e sono state segnalate da me in tutte le regioni dove si trovano i tipi dolicomorfo e brachimorfo, come si ricava da osservazioni sulle serie neolitiche e sulle recenti, esistono quelle altre variazioni indi- viduali, che non oltrepassano la vita d’un’esistenza umana, perchè i caratteri loro sono, come dicesi, fluttuanti e non stabili, e senza che apportino nessuna alterazione del tipo cui si riferiscono (1). In questi confini, quindi, il cranio umano è stato variabile e sin d'origine, si può affermare, perchè variazioni come quelle osservate e con- statate nei crani neolitici e recenti, si vedono anche nei pochi crani fossili conosciuti fin’oggi, dei quali ho già parlato sopra; al di là di tali confini non troviamo confermate dai fatti altre supposte variazioni. (1) Cfr. nostra opera: Specie e Varietà umane cit., dove trovansi descritte tutte queste variazioni. e iii EPILOGO L'Umanità non discende da un unico ramo del tronco dei Primati, come finora è sostenuto, ma da vari, come chiaramente è stato dimostrato dalla storia paleontologica. L'evidenza maggiore e innegabile è quella che si rileva dai documenti fossili europei, che presentano due tipi, fra loro differenti e distinti nei caratteri e nelle forme, contemporanei o quasi, paralleli, simultanei, che mostrano evoluzione indipendente. Uno dei due tipi porta caratteri che per convenzione si con- Siderano infériori, e che noi, per sola separazione e per brevità di denominazione, abbiamo indi- cato come pitecoide, rappresentato dal tipo di Neandertal. L’altro, elevato nei caratteri, che per molti si era ammesso come un prodotto evolu- tivo del primo, per noi era stato considerato sempre d’origine separata, e ora confermiamo con 190 LE ORIGINI UMANE maggior ragione e con più grande evidenza: questo, per lo stesso motivo di distinzione, è stato ora denominato antropino, perchè aboliamo la nomenclatura linneana come non più appro- priata; a idee nuove nomi nuovi. Insistiamo sull’autenticità dei tipi fossili ame- ricani, e qualunque, in futuro, sia la correzione dei periodi geologici dei sedimenti argentinopata- gonici, starà fermo il fatto della presenza del- l’uomo nell’ epoca terziaria in quella regione. Neghiamo il valore all'argomento, unico che si adduca dagli antropologi per non accettare la fossilità degli avanzi umani, che essi hanno forme dell’uomo vivente in America. Così dev'essere per la persistenza dei caratteri, come è avve- nuto e constatato in Europa per i fossili del tipo antropino. Gli antropologi e anche i paleontologi continueranno a negare ancora autenticità ed evi- denza, perchè finora credono ed intendono le cose attraverso una teoria evolutiva che non si regge davanti ai fatti. È possibile anche che dell’umanità vivente, che finora noi abbiamo sistemata in tre generi e in molte specie, alcuni gruppi, che soltanto per uno sforzo mentale sono considerati parti d'un genere come specie, siano rami separati irriducibili, come i tre grandi generi. Il sospetto EPILOGO IQI che noi abbiamo, è forte; ma è necessario un maggior studio e insieme maggiori cognizioni che finora non si hanno, e più ancora è neces- sario un metodo di osservazione ben diverso da quello in uso. I fatti che abbiamo segnalati per gli uomini, non soltanto scaturiscono dalla loro storia pa- leontologica e dalla morfologia umana, ma dallo studio e dall'esame sull'origine degli altri gruppi di Primati, i quali ci dànno risultati identici sul- l'origine loro plurima e poligenetica. Il gruppo più basso e più primitivo dei Lemuroidi mostra una grande discontinuità di tempo e di spazio, per la quale è arbitrario il volere stabilire fra i differenti rami affinità e parentela comuni; l’ana- lisi, che ne ho fatta, è rigorosa e non può am- mettere dubbi, e il lettore bisogna che se ne renda conto. In quanto all'origine dei vari rami in regioni differenti, la morfologia dei loro ca- tatteri in relazione con la morfologia con altri gruppi, Creodonti, Insettivori principalmente, mo- stra alcuni dati che possano servire a dimostrarne la poligenesi. Qui il lettore deve comprendere quante sono le difficoltà di prova nella trasfor- mazione delle forme, e non soltanto per tutti i rami, ma anche per uno solo separatamente. L'ipotesi della migrazione potrebbe esplicare 192 LE ORIGINI UMANE qualche fatto, ma non l'origine d'un solo Lemu- roide; anche abbiamo mostrato quanto abuso si è fatto della migrazione per esplicare l’appari- zione di forme animali in qualche regione. Se morfologicamente possiamo trovare la con- nessione fra Lemuroidi e Antropoidi, non tro- viamo però una relazione di spazio e di tempo fra le due forme; quando ie Catarrine appari- scono in Africa e in Asia nessun Lemuroide o Lemure si è visto nelle due regioni, e quando appariscono in Europa, i Lemuroidi non esistono da molto tempo, da più d'un periodo geologico, mentre nell'America settentrionale sono già estinti con l’eocene. Far derivare da un ramo lemu- roide americano le Catarrine europee, è veramente un concetto arbitrario. Fatti identici si verificano per le scimmie più elevate, o St72724dae; invano si ricerca una relazione di successione dalle forme inferiori, se non sia la prova morfologica, come da inferiori a superiori. In altre parole, la storia paleontologica finora non può confermare le relazioni morfologiche dei tre gruppi, se non abolendo spazi e periodi geologici. Ma il fatto conferma l’evoluzione parallela e indipendente dei vari rami di Antropoidi, Catar- rine e Antropomorfe, tanto nelle forme fossili, quanto nelle viventi; mostra cioè che l’evolu- EPILOGO 193 zione non è proceduta per unica linea, abolendo le altre parallele. Se le scimmie catarrine deri- vano dai Lemuroidi, non è una forma unica di questi che ha per discendenti le Catarrine di ogni specie, ma varie forme e vari rami che hanno prodotto vari rami di Catarrine; e se le antropomorfe derivano dalle Catarrine, sono anche esse vari rami derivati dai vari rami di cotesti supposti progenitori. Così si può esplicare la differenza morfologica di ciascun ramo con. l’altro; essendo ben chiaro che l’un ramo non deriva dall’altro. Dunque polifiletismo nel signifi- cato ordinario, che è un poligenismo evidente in ogni sruppo di Primati da Lemuroidi all'Uomo. In molti altri ordini di animali l'evoluzione non è differente da quella dei Primati, come già si è dimostrato. Se ammettiamo che l'evoluzione è proceduta per rami classificabili in unico tipo, come ab- biamo trovato per i Primati, si potrà ancora affermare che essa proceda per ortogenesi, e si potrà egualmente sostenere che vi sia un'unità filogenetica, ma un’unità complessa come il tipo che comprende i vari rami. Dai prodotti dell’e- voluzione di tale unità complessa, alcuni rami giungono all’ultimo grado evolutivo, altri peri- scono sulla via dello sviluppo, o nel corso del SERGI, Le origini umane. 25 194 LE ORIGINI UMANE procedimento evolutivo. L'evoluzione umana ci dà esempi evidenti di questa affermazione: dei due rami o tipi europei che abbiamo trovati e definiti, e che appartengono al tipo umano, uno è perito, l’altro è ancora esistente e vivace. Delle due forme americane, una rappresentata dall Archacanthropus è perita, l’altra o l’Hesper- anthropus è sopravvissuta e si è moltiplicata nelle variazioni esistenti. Così egualmente si può affermare di St7:21dae, di cui alcuni rami sono estinti e altri viventi. Lo stesso fenomeno è stato constatato di Egxzdae americani, che hanno avuto vari rami, e di cui uno solo è giunto fino all'epoca recente. Si può affermare eguale fenomeno di altri tipi animali. Periscono quindi rami di un gruppo, d'un tipo, ma non tutto il tipo che si evolve per rami e non per indi- vidui fra molti esistenti e per una sola volta, mentre tutti gli altri perirebbero secondo la dot- trina di evoluzione finora sostenuta. Da ciò segue naturalmente che l'evoluzione pro- ceda per poligenesi sempre o quasi sempre, non per monogenesi, come da Darwin e da Haeckel in poi si crede; quel polifiletismo trovato da Osborn e da Depéret, è un vero poligenismo, perchè i rami o phyla sono un prodotto separato, una genesi distinta e parallela d'una determinata EPILOGO 195 forma; nè potrebbe essere diversamente. Il primo passo a questa nuova interpetazione dell’ipotesi dell'evoluzione è l'avere riconosciuto che esiste quel polifiletismo sostenuto dai due paleontologi nominati, ma non spiegabile se non per mezzo della vera poligenesi; il passo più deciso è stato fatto da Steinmann. L’avvenire vedrà meglio e dirà più ancora. Infine abbiamo constatato ancora una volta la persistenza delle forme umane attraverso i pe- riodi geologici e nelle varie regioni del globo dove l’uomo si è trasferito; abbiamo anche po- tuto mostrare che le variazioni fisse e determi- nate sono di antica data e persistono oggi nei loro caratteri fondamentali. L’uomo non si com- porta diversamente degli altri mammiferi che hanno conservato le forme tipiche anche a tra- verso l'evoluzione delle specie; e ciò dimostra che i fenomeni biologici dei viventi non subi- scono eccezione alcuna e non conoscono privi- legi da dispensare ad ordini superiori di animali. SERGI, Le origini umane. RIEN Die sisieatratalralenionie alesle le sfralealesiesiesiesio sie INDIGE' DELEE COSE Acreodi, pag. 57. Adapidae, 68, 69-71, 76. Adapis, 38, 68. Adapisoridae, 37. Ameghino, 31, 34,133, 135-6, 139. Anaptomorphidae, 38, 49, 52, 67, 69-71, 76, 86-7, 105. Anchitherium, 4r. Anthropodus, 48. Anthropoidea, 50. Archaeanthropus, 140-I. Archaeolemur, 68, 76. Arctocyomidae, 57. Artiodactyla, 32-3, 60, 64. Astrapotheria, 34. Aulaxinuus florentinus, 84. Australiani e Tasmaniani, 157-8. Blanford, 28. Boas, 155-56, 176-77. Brachimorfo, forma cranica primordiale, 123-253. Brachydiastematherium, 38, 50. Bradylemur, 76. Branca, 133. Caeneutheria, 56, 65. Caenopithecus, 68. Camelidae, 78. Canidae, 57. Carnivori, 56, 64. Catarrine, 95-7, 109, 132. Cavalli sviluppati indipen- dentemente in due aree, secondo Lydekker, 81. Cebidae, 75, 87-91, 105-106. Centro polare artico sup- posto per l’origine della fauna di tipo moderno, 31. Centro comune supposto per la fauna di tipo moderno fra nord America ed Eu- ropa, forse l’Asia, 32, 46. Cercopithecidae, 71,75, 84-5; 91, 105-6. Chamberlain, 167. Cimpansé, 95, IOI, II0. Clark, 167. Classificazione di Homini- dae, 150-2. Clenialites, 68-9, 72, 76, 86; non sono veri e proprii Le- muroidi. Clenialites minusculus, 68. 198 Condylarthra, 32, 53; 55-6, 59-60, 74. Cope, 7. Cranio umano, due forme primitive, persistenti, 153; persistenza della forma contro Boas, 176; contro Broca, 178. Non esistono forme intermedie, 183; nel- l’incrociamento delle due forme apparisce una se- gregazione mendeliana, 183-4; esistono variazioni tipiche, 186-8. Creodonta, 32; 37; 53» 55-7; 59-60, 63-4, 74-5; 109. Cryptopithecus, 68. Crysothrix, 86. Cynocephalus subhimalaya- nus, 84. Cynopithecidae, 86. Cynopithecinae, 84. Dall, 167. Darwin, 6, 10, 22, 28. Depéret, 37, 44-5, 78-9. De Quatrefagese Hamy,115. Determinazione delle forme fossili secondo le forme viventi, e difficoltà, 5s1-2. Didymictis protenus, 65. Dimylidae, sI. Dinotherium, 78. Dionylidae, 61. Diprothomo platensis, 102, 134-5. Discendenza di cinque rami umani, 149. Distribuzione dei due rami umani fossili europei se- condo la cronologia qua- ternaria, 120. INDICE DELLE COSE Dolichopithecus Ruscinen- sis, 84-5. ta Dolicomorfo, forma cranica = primordiale, 123-5. Donkaster, 16, 17. Dryopithecus, 41, 48, 92, III-2, 148. Dubbi sulle identità di forme * fossili e viventi, 52 e seg. Edentata, 34. Elefanti, 78. Elefante africano, 78. Elefante indiano, 78. Emigrazioni di animali, 26. Equidae, 4r. Erinaceoidea, 50. Esquimesi veri americani d’origine, 165-6; problema fondamentale, 168. Eucreodi, 57. Eudiastatus in Cebidae | (Schlosser), 68-9. i Euprotogonia, 60. Evoluzione multipla e paral- lela di sette rami antropo- morfi (Hominidae e Simii- dae) eurafricani, 148, Fauna di tipo moderno, 45. Fehlingersull’inerociamento umano, 15. Felidae, 57. Fissipedia, 56, 59. Fletcher, 167. Forbes, 28-09. Fossili umani europei, due rami o phyla, 119. Fossili umani sudamericani, 140.1. Friedmann, 134. INDICE DELLE COSE 199 Gaudry, 58. Genealogie arbitrarie di Schlosser, 69-70. Gidley, 167. Gorilla, 95, IoI, IIo. Gray, 130. Gregory, 56, 59-60. Gruppi umani africani e oceanicie loro affinità, 157. Haeckel, 6, 22. Hapalidae, 88-09, 90-1. Hedley, 28, 30. Heoanthropus, 112. Hesperanthropus, 140-1. Hipparion, 81. Hippoidea, 39, 50, 78. Hominidae, 92, 103, 106-7, 2:23, 1325-0. Homo americanus, si con- ferma l’origine indipen- dente, 163-5. Homo caputinclinatus, 140. Homocentrus, 68. Homo mousteriensis, 114. Homo neogaeus, 133. Homo pampaeus, 139-40. Homo sapiens, 18-20, 159. Homo sinemento, 140. Homunculites, go-I. Homunculus patagonicus, 89. Hooker, 28. Horn, 29. Hough, 167. Hrdlicha, e le sue opinioni sui fossili umani d’Ame- rica, 137-8, 166-7. Huxley, 28. Hyaenidae, 58. Hylobates, 95, 101. Hylobatidae, 110. Hyopsodontidae, non lemu- roidi, 68-9; 47, 52, 54, 61, 68-9, 73-4. Hyopsodus, 47-8, 52,4; 71. Hystricidae, 41, 48, 51. Incrociamenti umani; fecon- dità o sterilità loro, 13-15; notizie inesatte ed imper- fette; Insectivora, 53-7; 59, 65, 71-2, MAD 09: Ipswich, scheletro di tipo moderno, 113-4, 128. Keith, 113, 127-9, 130. King, 7. Klaatsch, 127, 130. Legge polifiletica di Osborn, applicata a molti gruppi animali, 77-9. Lehmann-Nitsche, 133. Lemur insignis, 68, 76. Lemuri, 71, 95; del Mada- gascar, sono troppo sepa- rati dai Lemuroidi ameri- cani ed europei da pe- riodi geologici e da re- gioni terrestri, 73-4. Lemuroidea, 49, 52-3, 70, 88, 97; 109. Limitazione delle migrazio- ni animali, 49 e seg. Litopterna, 34. Lofiodonti, 37. Luschan, v., 134. Lydekker 28, 80-2; origine indipendente di Cebidae e Hapalidae, 88-09. Macacus, 84-5, 89-90. Mammiferi di tipo arcaico, 32M: 200 INDICE DELLE COSE Mammiferi classificati in predatori e non predatori, 7455. Mastodonti,- 78. Matthew, 28-34, 42-3. Megaladapidae, 76. Megaladapis, 38, 68-0,71; non discende da Adapis, 71. Menodus rumelicus, 39. Mercerat, 34. Meseutheria, 56, 65. Mesonychinae, 57. Mesopithecus, 41, 84-5, 90. Microchoerus, 68-9, 76. Microsyops, 72. Migrazioni terziarie secondo Depéret, 44-5. Mixodectidae, 61. Mochi, 134. Moeripithecus, 84, 86, 90,99. Monofiletismo, vedi Monogenismo evolutivo, 7, Io, 12, 22-3. Moreno, 34. Multitubercolata, 32. Mustelidae, 40, 57. Necrolemur, 38, 47-8, 52, 68-09, 76. Notanthropus, TL2-2- 108 166. Not. afer melanesiensis, 158. Notanthropus eurafricanus, 158. Not. pygmaeus brachymor- phus, 160. Not. pygmaeus ceylonensis, 158. Not. pygmaeus dolichomòr- phus, 160. Not. pygmaeus oceanicus, 160. 9 Notharctidae e Anaptomor- phidae, due phyla paral- leli, 70. Notharctidae, 37-8, 47, 52, Notharctus, 69. 67, 70, 76. Notopithecidae in Notungu- lata, 68, 609, 71-2, 74, 76. Notopithecus, 68. Notungulata, 69, 72, 74. Omomyinae, 105. Oreopithecus,41,48,84-5,90. Origine dei mammiferi oscu- ra, 62. Origine dell’uomo indipen- dente e separata confer- mata, I31e seg., 163-6. Origine dell’uomo in Ame- rica discussa alla Società antropologica di Washin- gton, 166-8. Ortmann, 28-30; 34. Osborn, 28, 32-44. Palaeanthropus, 118, 125. Pal. krapiniensis, 125. Palacosyopidae, 50, 61. Palaeopithecus, 93-4, III-2. Palaeopropithecus, 68, 76. Palaeotheridae, 39. Paleogeografia, ricostruzio- ne, 27 e seg. Pantolestes, 59. Pantolestidae, 6r. Parallelismo di Hominidae con Simiidae, 107, II2, 126-7. Parapithecinae, 85, 88. Parapithecus, 84-87; 90, 99, 104-5. Pelycodus, 47; 52; 69. ac È sugo | ASS RIESSNRITITA wi INDICE DELLE COSE ZOI Pentacodon, 56. Perissodactyla, 32-3; 40, 60. Phenacodontidae, 60. Phyla di Cercopithecidae e Cebidae, 90. Phyla di Lemuroidi e Le- muri, 75-6. Phyla di Simiidae fossili e viventi, 93-5- Pigmei e difficoltà di classi- ficarli, 158-61. Pithecanthropus, 92-4, II0- TIT Pitheculites, 90-I. Platirrine, 132 Plesiadapis, 37, 52, 56, 69, 72-3; non Lemuroide, 69. Pleuraspidotheridae, 37, 61, Pliopithecus, 41, 48, 86, 92- 94, 99, II0-12, 148. Persistenza delle forme u- mane, craniche special- mente; I71 e seg., 183. Polifiletismo e Poligenismo nell'evoluzione, 101-2. Poligenismo, concetto an- tico erroneo, 6. Postpithecus reflexus, 68. Primates, 32-3, 40, 55, 64; 74, 76, 97; 147: Primati primitivi eocenici apparsi in nord America e in Europa, 67. Proanthropus, 136. Proboscidei, 40-1, 50, 78. Pronycticebus, 68. Propithecus, Propliopithecus, 93-4, 99; 103, II1-2, 148. Prosimiae patagoniche, se- condo Ameghino, si avvi- cinano a Lemuroidi nord americani ed europei, 71, 72, 89. Protoadapis non Lemuroide, 69, 37-8, 47, 52, 73. Protohippus, 81. Pseudocreodi, 57. Pyrotheria, 33. Quadritubercolata, 51. Relazione evolutiva appa- rente nei tre gruppi di Primati, e discontinuità loro per tempo e spazio, 96-100. Relazioni fra Insettivori, Condilartri, Creodonti, Lemuroidi, e scambi nella determinazione di queste forme, 52, 60. Ricostruzione paleogeogra- fica e paleontologica di Matthew, 32-6; e di Os- born, 36-42. Rinocerotidi, 40, 50, 77. Rivière e il cranio di Bour- gés-abri di tipo moderno, I14. Rodentia, 34. Roth, 34. Rutot, 114-5, 128. Scheletri di Castenedolo, 116-7. Scheletri di Clichy e Gre- nelle e loro autenticità secondo Rutot, 114-5. Schlosser e il Parapithecus del Fayum, 85-7, 104-6; Propliopithecus, 92-93, 103. Schwalbe, 7-8, 128, 134. Sclater, 29. 202 INDICE DELLE COSE Semnopithecus, 48, 84-5, 90, IIO. Semn. monspessulanum, 84- Semn. palaeoindicus, 84. Simia, 95, IIO. Simiidae, 70-1, 85-6, 90-I, 93-4, 100, 102, 107, LIO, 126, 147. Solenoconus agilis, 68-9, 71. Spencer, 28. Tabella delle forme dei Pri- mati secondo le regioni, e lacune, 146. Talpidae, 61. Tarsiidae, 70, 86-7, 98. Tarsius, 70. Teoria dentaria di Osborn, 74. Tetraprothomo, 102, 133; 135. Tipo di Galley-Hill o No- tanthropus, 112. Tipo di Neandertal o Pa- laeanthropus, 112. Tipo umano antropino, 118. Tipo umano pitecoide, 118. Titanotherioidea, 39, 50, 58. Toxodontia, 33-4. i Tragulidae, 40. Tritubercolata, 50. Ungulata, 53. Ursidae, 57. Variabilità delle forme u- mane, I7I e seg. Viverridae, 58. Wallace, 28. Woodruff, su i supposti ef- fetti dell’incrociamento u- mano, 15. Zittel, 80. Scienze Moderne. Riva volumi in-12°. 1. ZanortI-Branco, In cielo. Saggi di astronomia — 1897. L. 2,50 | 2. Cararein, IZ Socialismo — 4* edizione, 1906 2 pe N 3. Bricre, Bellezza e difetti del corpo umano. Con figure. — 2* edizione, 1907 . ; ; È ; ; ZI) 4. Sarei, Arii e Italici — 1898. S SRO ra I 5. Rizzamti, Varietà di storia naturale. Con figure 004 4 CO 6. Lomsroso, Il problema della felicità — 2* edizione, 1907, 3—- 7. Morasso, Uomini ‘e idee del domani — 1898 (esaurito). 8. Kaursky, Le dottrine economiche di C. Marx — 1898 (sequestrato). 9. Hueurs, Oceanografia — 1393 . . È È 5 POSERO 10. Frati, La donna italiana — 1899. . DAR 11. Zanorri-Branco, Nel regno del sole — 1899 È 12. 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Carus, IZ Buddismo e i suoi critici cristiani —(_s S>PHCLN NB. — I volumi di questa serie esistono pure elegantemente legati sor con fregi artistici, con una lira d’aumento sul prezzo indicato. Fruteliù Boccu, Editori — Torino. port AP ra ARP MIE GA da i PRADA, ap grant ea, Sat ps PRETI, ta! = ava alalavivià p4I ’ | Ni ad Di a hi o I sp pps ZA. (1 sota PA É Re sn mala RITA aa Alta VASTI all Pia A DINT Men Pea RA PL dala nn, elfi. OSS nÌ Cnn CAF dano peg eo midi, di Da È sal som Me pal APRANdAnn,, ati 15 N Pri orta pan ipa ln mf 49 ii da Perù, ret sa * spperarato Sa poeti Marmi to, ARA sAf 0 AA A_p0890 lunga} pere? PE CIT. 8a A puenao? na LIMA TTI erre sta Sargant 1 SARE ta NY: nd | fa ZAR, Nan x dA n PETIT ia Sos prio ron}? rms000000008, Haga À Uni MO ml e Ia VE re da par "MMranospoo Prata daderertà, - em ” Mont IA ea ERA ETA ppab ebree ea Ta spot AAA i Ti nr parta Lap CSO orta FAP pap RA nr e MI RT SN e O catrdi via pt A Sr, ptsepremterertetinte""" uan a AAAAA i ) ad VY ig nl PERGOLA di da 4 i e i er, PARA NI (0 9/88, Rita per Ma Manga Dassacani ARA, RA. ina 3 VT PE PR AAA SREORAI Biiagdao ESA - I ———_—_—__rigini UM AAA Mg. par pA SAAAMARMAA PeR AE sE nana ara AIAR Pr LIA x A SUINI Ì Pm pupi fee: PÒ A AAA ARIAL fiato Aa DI N Lr Mr MANIA A 4 = | UTION MN C ISELE | i SH naARANAAARNTAI giare | msi ped ila sil eo pe ; =" ni i VITA TANTI saab bb vir I ST 5 = ARSA AAAAPA” A AIA "ARRA Ii ta Mes —" I fish MMiggAAMT, P_AMARARA > A SA 1 AAAAMA GA RA NARA n/a AA TA Porte di " RA, ff AR Ra AVA piero A lag dià PR aretina "Mpa rinnn "oe dieta over Ù GAIA ssbbPPon NASA =" Ù h Sepp A Manga MARIA & aisi”. 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