IH2IDYTId FIWOLYIAKO 1 — Furovsiono. ESTRATTO DAGLI ATTI DELL "ACCADEMIA PONTIFICIA DE NUOVI LINCEI Tomo. ARIE ANNO XXIX. — SESSIONE v.° DEL 20 APRILE 1886. Dodi ROMA "TIPOGRAFIA DELLE SCIENZE MATEMATICHE E FISICHE Via Lata N° 3. 1887 w - DEL CHALLENGER ——— nRqke=—- | ‘ESTRATTO DAGLI 477I DELL' ACCADEMIA PONTIFICIA DE' NUOVI LINCEI TOMO XXXIX, ANNO XXXIX. — SESSIONE V.° DEL 20 APRILE 1886. i ROMA 1 4 Pei TIPOGRAFIA DELLE SCIENZE MATEMATICHE E FISICHE vs | Via Lata N° 3. upfi 1887 TOTO A JI LAMOTATTS st) Mie IC #1 Pe fe: fe 9 va ui DATI TAMOIE ceri 71 ta SaT È ‘ SALE ci * on safe Ea È. t,rg@ani Pea Dr Lt Bda9 E È v Di sò A sì cal Taio | PPLEAh Mino para bilie STO ei — a pe SAR sh 4 x ua è NE "i CI PI MIDALI PROG ‘TA LIDVILPRST Mi unanoda Gaio nin gt outatn 08 Ju * #01 —arzzX ORA Dan è \ trasi on & Call i Se n cata ti SMOLTAM ide de mme, Po, cu SI C MY LE RACCOLTE DI DIATOMEE PELAGICHE DEL CHALLENGER. Î più che triennale viaggio del Challenger non poteva a meno di riu- scire della maggiore utilità per lo stndio delle Diatomee. Raccolte le più svariate per condizione di mari enormemente distanti fra loro, in località o soggette alle influenze terrestri, o da quelle assolutamente immuni, in profondità enormi e sin’ a oltre 5000 passi o in bassi fondi; in mari chiusi o aperti, o in estuari di fiumi, o sul passaggio delle correnti, o in stretti o in canali, in marì glaciali o nei tropicali, necessariamente dovettero nella varieta dei tipi dare prova delle grandemente varie influenze su la vegeta- zione delle Diatomee. Ma le deduzioni incomparabilmonte più interessanti alla biologia delle Diatomee dovevansi precipuamente attendere delle raccolte di quelle fatte per mezzo di piccole reti galleggianti, le quali ci avrebbero rivelato talune forme assolutamente nuove, che così si sarebbero presentate quasi in condizione normale di vita, e non frazionate come si ottengono dagli scandagli e dai depositi. La molteplicità dei risultati ottenuti da quelle raccolte è tale che difficilmente può compendiarsi in breve spazio, quantunque sin ora siasi ben lungi dal credere di averne tratto tutto il partito possibile. Perciò dovremo contentarci per ora di accennare alcuni risultati tratti dallo studio delle Diatomee pelagiche, i quali ritengo che verranno riconosciuti di non lieve importanza all’incremento delle nostre cognizioni su le Diatomee e su la vita del mare. Fra le molte raccolte fatte a rete galleggiante ricorderemo come più ricche in Diatomee quelle del mare Antartico al Sud dell'isola Heard e altre praticate in prossimità delle barriere dei ghiacci del polo Sud. Straor- dinariamente ricca di belle forme interessanti fu la pesca di superficie fatta nel mare di Arafura, e quella ottenuta presso le isole Filippine. La flora pelagica di Hongkong già in parte illustrata da Lauder venne pure fruttuo- samente esplorata dal Challenger, il quale egualmente raccolse ricca messe di interessanti Diatomee nel mare del Giappone presso Jedo. Così ricco materiale ottenuto in tanta diversità di luoghi e di tempi, e raccolto semplicemente con schiumare la superficie del mare ci fornì in- teressantissimi documenti su la biologia delle Diatomee tanto in ordine ge- nerale e proprio dei diversi mari, quanto in rapporto alla morfologia di quelle. E. prima di tutto dirò come in ordine alla distribuzione geografica 3 e dei diversi tipi il risultato fu quasi nullo, essendo ad ogni momento incon- rate forme comuni a mari e luoghi i più disparati. Però nel confronto della flora Diatomacea dei mari glaciali Antartico e Artico si hanno alcune forme generiche e specifiche che sin ora si rinvennero a un polo e non all’altro. Ma conosciamo noi abbastanza le due flore da essere autorizzati a trarre simili conclusioni? Bensì si dovette riconoscere generalmente nelle raccolte di superficie l'assenza di alcuni generi di Diatomee da confermare la distinzione fra la flora pelagica e la litoranea. Così mai in tali pesche si vedranno frustali di Achnantes, di IRabdonema, di Grammatophora, di Cocconeis, o di altri generi chie come quelli siano o pedunculati o adnati o in qual siasi altra guisa aderenti. Dominano invece in quelle raccolte le molteplici forme di Coscinediscus, genete estremamente raro fra le Diato- mee litoranee. Abondano le Rhizosolenie, i Chraetoceros, i Bacteriastrum, ed il nuovo genere 7%alassiotrix, il quale introdotto dal Ch. Sig. Alberto Grunow ho anche io ammesso, quantunque io lo abbia inteso con un con- cetto alquanto modificato. Nelle ‘medesime raccolte di superficie è ovvio l’incontrare frustuli spettanti agli Asteronfalus, agli Asterolampra, agli Hemiaulus, alle Eucampia, alle Asterionella ;$ e a non pochi altri tipi generici e specifici, che sarebbe troppo lungo l’enumerare. Tale recensione parmi più che sufficiente a provare clie le surricordate forme imprimono un speciale carattere a quelle raccolte da distinguerle a prima vista da qualunque altra praticata in vicinanza delle terre e su i litorali, ove quelle quasi mai si riscontrano. La distinzione pertanto della flora diatomacea in flora litorale e pelagica rimane perfettamente stabilita, per cui il Geologo dall'esame della formazione marina di un banco di Diatomee in condizione di tripoli potrà venire edotto su le circostanze, nelle quali ebbe luogo quel deposito. Ma una raccolta di superficie praticata nel mare Antartico presentò una singolarissima anomalia, la quale a prima vista sembrerebbe infirmare quanto veniamo di dire. Tale raccolta fatta al Sud dell’ isola Heard, non meno che altra. proveniente dalle vicinanze delle barriera continta di ghiaccio del polo Sud della quale ebbi alcune preparazioni fatte a bordo del Challenger, presenta numerosissimi esemplari di Ceratoneis Arcis, il quale concorde- mente da tutti viene riguardato quale forma terrestre e di acqua dolce. Uu tale tipo è comunissimo al piede delle Alpi, anzi ne lo direi caratte- ristico, il quale come costantemente avviene del genere Eurotia (cui venne su le prime ascritto da Smith) mai vegeta al livello del mare, essendo in ese vece proprio di posizioni a quello superiori di più centinaja di metri. Come pertanto potremo renderci conto di tale singolarissima anomalia? Per quanto si voglia ammettere che Diatomee di acqua dolce possano pure adat- tarsi ad abitare alcuni mari, le di cui acque meglio che salse siano da ri- guardarsi come salmastre come pare che avvenga nel Baltico, non potrò però persuadermì sin a prova in contrario che in un mare così sterminato e profondo per quanto meno salato per sua fredda temperatura possa ali- gnare il Ciratoneis Arcus che è forma prettamente di acqua dolce e di vegetazione alpina. Una spiegazione però mi viene alla mente, traendola dalle narrazioni degli arditi. navigatori, che ‘si spinsero in' quei mari desolati. ln quelle narrazioni noi leggiamo come le terre, che sor- gono nell'emisfero Antartico a limitare i bacini oceanici, sono tutte coro- nate di sterminati ghiacciai, che con iusensibile moto discendono al mare. Il mare nel suo infuriare viene in pari tempo incessantemente minando la roccia su cui posa il ghiacciaio, e corrode il piede di questo, così che mancando di appoggio e rotto ‘ogni equilibrio con immenso fragore distac- causi dal ghiacciajo masse sterminate, che in balia delle onde sono portati alla deriva, finchè convogliati delle correnti in acque più temperate vanno lentamente disciogliendosi. Queste immense moli di ghiacci galleggianti sono distinte con il nome di icebergs, monti di ghiaccio, che nel lento liquefarsi insensibilmeute abassano, cosicchè lo stato superiore sarà I’nitima reliquia dell’ iceberg. Se pertanto le condizioni statiche del masso, che si distaccò dal ghiacciaio, si incon- trino tali da permettere che una parte esterna di quello rimanesse al di- sopra dell’ istesso nel galleggiare, questo dovrà finire con lasciare alla su- perficie del mare qualunque organismo, che vissuto all'esterno del ghiacciajo, fu trasportato a lontani paraggi, rimanendo su quelle acque, fra le quali non visse ne potè vivere. Così se alla superficie dell’iceberg, prima che questo si dipartiva dal gluacciajo di cui fece parte, vegetarono Diatomee terresiri e anche di quelle più particolarmente proprie di località notevol- mente elevate sul livello del mare, come sono le Eunotie e il Ceratoneis Arcus, queste in condizione di cellule diatomacee morte poterono finalmeute incontrarsi galleggianti alla superficie dell'oceano Antartico. Per quanto io abbia riflettuto su la più probabile spiegazione di tale anomalia di queste forme raccolte alla superficie del mare, non ho saputo immaginare altra spiegazione, che meglio mi persuadesse : se altri potrà escogitarne alcuna più verosimile sarò ben contento di conoscerla per farne mio prò nello = è — studio delle Diatomee, rendendomi conto di un fatto apparentemente con- tadittorio. Dai materiali raccolti nel medesimo mare Antartico si ottennero talune forme specìficamente nuove non solo ma altresì genericamente tali, che al-. meno per ora imprimono alla flora diatomacea Antartica una fisonomia per- fettamente distinta dalla flora Artica. Tale differente fisonomia devesi pre- cipuameute al nuovo genere Dactyliosolen, il quale presenta molta analo- gia con il genere /thizosolenia , da cui però si distingue per la totale assenza dal processo terminale caliptriforme. Altra particolarità della flora Antartica è il nuovo genere Coretron, il quale è grandemente affine‘ al genere Bacteriastrum, ma se ne diparte in più rapporti, ed un tale genere. viene rappresentato sotto più forme fra di loro specificamente differenti. Che se l'avere riconosciuto quelle nuove forme mi pose nella necessità di aggiungere altri nomi alla soverchiamente lunga ennmerazione di generi e di specie, ho il piacere di ricordare in pari tempo, che nell'esame intra- preso specialmente delle raccolte pelagiche fatte durante il memorabile viaggio del Challenger ho avuto di tempo in tempo opportuna occasione a ricono- .scere che talune forme, che sinora vennero considerate come specificamente o anche genericamente distinte, non avevano titolo sufficiente a tale di- scriminazione. Nè di questo si ha da fare altissima maraviglia, essendo anzi naturalissimo, che chiunque siasi dedicato allo studio di un nuovo ordine di organismi, dia principio dal notare la. molteplicità delle nuove forme, che gli si parano innanzi, e notatene le differenze fra l'una e l’altra ne abbia da redigere un elenco, dando a ciascun tipo, che apparve distinto, un nome, che valga a facilitarne la ricordanza. Nell’affacciarsi di nuovo que tali tipi sotto megliori condizioni e con progrediti mezzi di osserva- zione, non infrequentemente arriverà, che una forma da prima riguardata per nuova venga riconosciuta priva di sufficiente fondamento ad essere data quale forma autonoma. I frustuli dei diversi tipi di Diatomee, che o in attualità di vegetazione o anche abbandonati dalla vita vengono pescati alla superficie del mare con una rete galleggiante, sono nella migliore condizione per essere sottoposti all'esame del micrografo naturalista. A me avvenne molto frequentemente incontrare nelle collezioni affidatemi di Diatomee di superficie della spedi- zione Inglese che mi°si presentassero numerose diatomee discoidali e special- mente dei Coscinodiscus aventi tuttora unite le due. valve. In più volte mi venne fatto di notare, che mel continuo e lento elevare ed abbassare : tun — del corpo del Microscopio potevo osservare successivamente le due valve del frustulo, e distintamente ne rimarcavo le scolture. In tale disamina mi venne fatto talvolta rimarcare notevoli differenze fra gli ornamenti dell’una valva e dall’altra, così che se mi fosse arrivato di incontrare le due valve disgiunte necessariamente avrei dovuto ritenerle appartenenti a due specie distinte. La novità della osservazione naturalmente richiamò tutta la mia attenzione, così che confermata la cosa e posta fuori di ogni dubbio, ap- puntai la preparazione e ne feci sotto i miei occhi trarre i disegni per mezzo della camera lucida, e le figure rappresentate con le due corrispon- denti valve vedonsi alla Tav. II, fig. 1 e 2, e Tav. 13 fig. 9 della Relazione su le Diatomee raccolte nel viaggio del Challenger. Tali osservazioni con ogni diligenza accertate dimostrano come le deter- minazioni fatte su scandagli o su depositi debbano essere accettate con qualche riserva, a meno che la particolarità notata non venga confermata dal numero degli esemplari, che ne vadano distinti. Però se l'esame delle Diatomee pelagiche ci portò alla necessità di au- mentare la nomenclatura costituendo ancora taluni nuovi generi, contempo- raneamente porse occasione di cancellarne alcuni, che prima erano ricevuti. Brigtwell nell’introdurre i generi Gonzothecium, Dicladia non ommise di esternare il dubbio, che questi fossero realmente organismi autonomi. È molto comune l’osservare nelle pesche di Diatomee pelagiche deì filamenti o serie di Chetoceros, dei quali ogni frustulo rachiude un Goniothecium, cosichè questo va considerato come frustulo sporangiale del medesimo Che- toceros. Per analogia sarebbesi potuto venire alla medesima conclusione in riguardo al Syndendrium, al quale il Ch. Professore H. L. Smith aveva gia riunito il Goniothecium. Quello però che non so intendere come l’illustre Micrografo Americano, quando a mio modo di vedere con ottimo accorgi- mento credette riunire i generi Syndendrium e Goniothecium, non abbia in pari tempo riconosciuto in questi stessi un organo di riproduzione dei Chetoceros, essendo ovvio d’incotrare i Goniothecium inclusi nei frustuli di quello, come venne più volte figurato : la quale inclusione essendo stata da me incontrata ancora per la Dicladia se ne deduce, che quelle tre forme che vennero riguardate quali generi autonomi, vanno considerate soltanto come sporangi o organi di riproduzione dei Chetoceros. Le molte raccolte. pelagiche del Challenger, che mi vennero affidate per esaminarle mi presentarono opportunità di altra osservazione la quale mi convinse sin all'evidenza che i due tipi, i quali vennero riguardati come due —_ (8 cut generi distinti, non sono invece che le due diverse valve del medesimo frustulo, come avviene nei generi Cocconeis, Achnanthes ed altri. Ma qui confesso trovarmi in un serio inbarazzo. Trattasi dei due generi, Euodia istituito da Bailey nel 1859, ed /emidiscus stabilito da Wallici nel 1860. Questi generi vengono riportati da Pritchard, il Quale riferitene le due definizioni, e notato come per i due generi si trattì di forme a valve lu- nate e granulate con la sola differenziazione della presenza di nodulo yen- trale marginale negli Zerzidiscus, emette il dubbiv che realmente trattisi di un solo genere, essendo forse sfuggito alla attenzione di Bailey il no- dulo ventrale. Se consulto la Sinopsi del Prof. H. L. Smith (1) vedo fatta memoria di tre distinti generi Hemidiscus, Palmeria e Euodia, intorno cui confesso non sapere per ora riconoscere motivo sufliciente a distinguere li due generi Palmeria e Hemidiscus se questo si dovesse intendere con la definizione di Wallich, mentre nella Palmeria ritrovo i caratteri richiesti da quella. Invece al genere Memidiscus il Prof. Smith affisse nel 1872 altro significato includendovi se mon erro taluna forma, che già fu detta Euodia, mentre da altri si ascriveva al genere Zriceratium. In tale in- broglio sperai che mi si facesse un poco di luce ricorrendo alla = Syno- psis des Diatomees de Belgique = del Dott. Enrico Van Heurck, come questo lavoro è fatto secondo la classificazione dello Smith. Dovetti però notare in questa d'altronde interessante opera, (utilissima per la buona rappre- sentazione delle forme diverse), che vi si fa menzione uvicamente del ge- nere Zwodia, al quale ascrive due o tre forme diyerse, che dubbitarei che siano rettamente determinate, fra le quali la prima detta £u. /eissflogii. parmi doversi escludere dal genere per essere tutt'altro che angulifera. Ed ecco un piccolo saggio della confusione babelica, che spesso si presenta allo studioso, ponendo a cimento la sua pazienza. Ma lasciando per ora a parte la distinzione da ammettere o da escludere fra i tipi Zwodia e Palmeria, ricorderò il fortunato incontro fatto in una delle tante raccolte da me esaminate, nella quale vedevansi più frustali uniti in serie, che mi fecero chiaramente distinguere le loro valve lunate alternamente fornite di nodolo marginale o prive di quello. Per tal modo doyetti convincermi che il Professore Bailey non erasi ‘male apposto nel dire che il tipo da Lui (1) Nel vedere che il eh. Smith pone fra i sinonimi dell’Euodia. Bailey, V' Hemidiscus, Wal- lich, bo il piacere di intendere che anche Esso è della mia opinione su la necessità di riunire le due forme: però non mi consta se per Lui i motivi a tale riunione siano quelli stessi che qui espongo. - Bo esaminato e descritto fosse privo di nodulo marginale, che il ch. Dott. Wal dich notò nell’ Hemidiscus cuneiformis, mentre però le due forme non erano altro che le due valve del medesimo frustulo il quale perciò costi- tuisce un solo tipo generico. Così ho veduto finalmente verificarsi. quanto io stesso presentii sin dal 1871 ed accennai nell’ « Esame microscopico e note critiche su un campione di fango Atlantico ottenuto nella spedizione del « Porcupine » nell’anno 1869 = (vedansi gli Atti dell’Accademia Ponti- ficia dei Nuovi Lincei, Anno XXIV, Sess. 1°). Dovendosi pertanto riunire i due generi in un solo, questo secondo le regole stabilite dovrà per ragione di priorità dirsi Ezodia, che da Bailey fu stabilito nel 1859, mentre il ge- nere /emidiscus fù dal suo Antore pubblicato nel 1860. Altro non meno interessante risultato dello studio diligente delle raccolte di superficie riportate dalla spedizione del Challenger fu quello che mi av- venne di fare in materiali provenienti specialmente dall’Atlantico setten- trionale. Da tempo erasi notato dai Diatomologi in preparazioni di taluni depositi marini e di scandagli di mare profondo come non sia affatto raro il rinvenirci frammenti abbastanza grandi di Diatomee fimissimamente punteg- giati e piani, che danno a conoscere evidentemente avere appartenuto a forme di inusitata grandezza, ma» insieme di estrema tenuità. Nel maggior numero forse degli scandagli da me esaminati incontrai simili frammenti, come trovo notato nel mio giornale delle osservazioni, seuza però che mi venisse fatto di incontrare un solo esemplare in condizione di sufficiente integrita da po- terne determinare i caratteri generici e specifici confrontandoli con le ap- pareize di quei frammenti. Nelle punteggiature di quelli potevansi ricono- scere speciali differenze, da doverli riguardare come appartenenti a tipi singo- larmente distinti. Tutto questo forse per lungo tempo ancora sarebbe restato allo stato di enigma, se non mi fossero state comunicate alcune prepara- zioni, che opportunamente erano state montate al primo momento sul basti- mento, quando venivano ritirati i retini galleggianti. Una di queste prepa- razioni racchiudeva soltanto due esemplari di una Diatomea cilindroide di tale grandezza inusiiata da potersi perfettamente scorgere ad occhio nudo. In alcune altre preparazioni insieme a molti esemplari di crostacei micro- scopici, di radiolarie e di Diatomee potei incontrare qualche altro frastulo di inusitata grandezza. Pero la dimensione e la convessità di quei frustali era impedimento a poterli esaminare con obiettivi di molto breve foco, quale era richiesto a distinguere la minutezza del dettaglio. Dopo lungo provare e riprovare finalmente ottenni di distinguere nella linea del fru- = 4 stulo cilindrico tangente al coprioggetto la minutissima granulazione del lato zonale del frustulo, che credetti ascrivere al nuovo genere Etmodiscus la di cui finissima granulazione era identica a quella dei sovraccennati frammenti riscontrati. La verificazione di un tal punto mi giunse singolarmente opportuno, mentre poco prima ottenevo saggi di una formazione di Diatomee appar- tenenti al mioceno inferiore recentemente scoperta dai Professore Pantanelli nell'Appennino Modenese e nel Reggiano, le di cui preparazioni vedonsi gremite di frammenti di pareti silicee di Diatomee piane e finissimamente punteggiate. Contemporaneamente dal ch. Professore Seguenza mi veniva gentilmente spedito un poco di scisti a Diatomee della Provincia di Mes- sina, fra i quali alcuni potevansi dire esclusivamente formati da simili fram- menti a punteggiature diverse per finezza e ordine, che dimostravano come forme di straordinaria grandezza e tenuità appartenenti a tipi differenti do- vettero trovarsi in infinito numero agglomerate da formare con i loro resti quasi da sole un considerevole strato scistoso. Nella relazione da me re- datta delle Diatomee riportate dalla spedizione del Challenger, sotto il nuovo genere Etmodiscus ho descritto e figurato fra le diverse specie al- cune di enorme grandezza cioè l’Etm. gigas dalle Isole di Capo Verde del diametro di 16334, « l’Etm. Wivilleanus, pure dell'Atlantico » e del dia- metro di 1000p, l’Etm. Tympanum, dal mare del Giappone, e l’Etm. sphe- roidalis, dal Pacifico, per la di cui determinazione generica però conservo qualche dubbio, vedendone i frustuli binatamente congiunti da un co- mune cingolo, ciò che mi farebbe sospettare, che valga meglio riguardarlo come Melosira. L'enorme agglomeramento di queste Diatomee che diedero origine a quello scisto è argomento a supporle di generi nei quali i fru- stuli sono uniti in serie o catene, come avviene precisamente dal genere Melosira e di più altri. . Dal sin qui narrato o meglio semplicemente accennato dei risultati ottenuti con l'esame delle raccolte di Diatomee pelagiche avute durante il viaggio del Challenger sembrami essere ad evidenza provato quanto la scienza siasi av- vantaggiata sotto il rapporto di questi singolarmente maravigliosi organismi non meno che in quanto appartiene ad ogni altro ramo della Storia Naturale. Quella spedizione rimarrà sempre memoranda, e sarà sempre un titolo di gloria per l'Inglese Governo, e la collezione dei risultati scientifici di quella, che con splendidezza di tipi e ricchezza di illustrazioni viene pubblicata, dovrà essere precipuamente consultata da chiunque nell’avvenire vorra attendere RT coni ife allo studio della Talassografia e della vita del mare. Che se l'Inghilterra porta il vanto su tutte le Nazioni nell’avere con tanta splendidezza impie- gato i suoi immensi mezzi a prò della Scienza, gli altri Governi hanno con quella gareggiato nel nobile intento. Gli Stati Uniti di America, l’Austria, la Germania, la Francia, la Svezia, la Danimarca con maggiori o . minori mezzi hanno in questi ultimi anni contribuito con spedizioni di navi ap- positamente armate ed equipaggiate all'avanzamento delle nostre cognizioni sul mare. È quindi da ritenere che la nostra Italia, la quale tanto enormi sacrifici si impose per far rispettare ovunque la propria bandiera, non vorrà rinunziare alla gloria di avere anche Essa cooperato ad accrescere il co- mune patrimonio della Scienza anche nella Talassografia, scienza così giovane è pure tanto promettente. F. CASTRACANE be a n # ‘ " È, LL, Li # Isat'f sa ad0 ts bb 1} he i nssobifiofga af) n05 g1ATa od iste catino into ila deadi9a sllot 4 qui (AN vitonA ibivini) iat@ (Oo Log Tiolaganm 109 svisminsi nl aisov@ È 16 iynr id Întoisibaq® uo otiodid09 ione ib irinono sitzuti Sila osmncvanta Ia st419g6q Ti Jun) standp'sl Salati azonhE od : anos iv an erdibigd DI RISCOACI sl guprinvo st Joquit (n ; I? otogagimon Ba torarso05 ‘nea dda ai tor [209 psitdinà ailargoazeln E ptlaai stona agita i f b A | IATA) AM » . » » ba 4 DI - [e È di - dia el P oe e + " VE Ta È = e” ( Ù É si Pd # P Re”, i CI - Na : MAT)