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R. SABBADINI

LE SCOPERTE

CODICI LATINI E GEECI

:n^e' secoli XIV e xv

IN FIRENZE

G. e. SANSONI, EDITORE 1905

PROPRIETÀ LETTERARIA

51 0,[

Firenze - Stab. G, Carnesecchi e Agli, Piazza Mentana-

A TEODORO, MIO FRATELLO, CHE ROVESCIA LE ZOLLE DEL PODERETTO DOMESTICO CON l' AMORE E LA FEDE ch'io PORTO NELLO SQUADERNARE I CODICI.

* * '.

INDICE

V \

Proemio . t^ . Pag. \tii

Gap. I. Gli scopiitoii veronesi (prima metà del seu. xiv) . . . . ^ 1

» II. La triade fiorentina (seconda metà del sec. xi\). .... 28

» III. Le scoperte dei codici greci (sec. xv) .43

» IV. Le scoperte durante il concilio di Costanza (1415-1417) . •%x72 » V. Le esplorazioni in Italia (1420-1430). .

a) Gli umanisti fiorentini ■.".... 8!^ ""

b) Gli umanisti italiani del settentrione 96

» Yl. Le esi)lorazioni fuori d'Italia (1425-1430) 106

» VII. Le scoperte durante il concilio di Basilea (1432-1440). . . 114 ,

» Vili. Le scoperte anonime 125

» IX. Le ultime esplorazioni (seconda metà del sec. xv). La ji^rande

scoperta a Bobbio (1498) 186

» X. Le finte scoperte (falsificazioni) 172

» XI. Le collezioni e le biblioteche (sec. xv) 182

Riepilogo e conclusione 208

Giunte 215

Elenco degli autori antichi e medievali 221

Elenco degli scopritori, raccoglitori, possessori, copisti 229

PROEMIO

Nel proemio d'un altro mio libro, La scuola e gli studi di Guarino Guarini Veronese, Catania 1896, cosi scrivevo (p. vi): ' Se è giusto il mio discorso, i cultori naturali dell'umanismo avrebbero ad essere gli studiosi del classicismo "J e, parmi, non a torto. Infatti finché nel- l'umanista consideriamo l'uomo, avremo una serie di indagini biografiche cronologiche storiche, alle quali la classicità rimane o può rimanere estranea; ma quando in lui consideriamo il maestro il grammatico il lessico- grafo il commentatore il traduttore il retore lo stilista lo scopritore de' codici l'emendatore dei testi, allora en- triamo nei domini del classicismo, il quale non avrebbe senza l'umanista i sussidi di cui oggi dispone e soprat- tutto molti testi, che dai soli umanisti ci furono sal- vati '. E da allora in poi s' è ogni giorno più confermata in me la persuasione che nello studio dell'umanismo siano da distinguere nettamente le indagini di indole storica dalle indagini di indole filologica; e non senza rammarico osservavo che mentre di quelle avevamo numerosi e insigni cultori, queste invece erano e sono 0 trascurate o toccate solo occasionalmente e saltuaria- mente. Il libro che viene ora innanzi al pubblico vuole appunto offrire nel campo umanistico un esempio di ricerca filologica sistematica, quale io la vagheggio.

vili PROEMIO

Il titolo, come si legge preannunziato nel programma che sta in fronte al primo volume di questa raccolta, suona: Scoperte e divulgazione dei classici latini nel sec. XV. Nel primitivo disegno pertanto mi restringevo al sec xv e ai classici latini, escludendo cioè i testi greci e i la- tini non classici, che sono i cristiani; e dopo un'intro- duzione sugli scopritori, mi proponevo di trattare la divulgazione e propagazione dei singoli autori e la filia- zione dei manoscritti. Senonché messomi a stendere la narrazione, mi accorsi che l'introduzione minacciava di diventare essa stessa un libro ; io violentai la natura del soggetto, e rimandata ad altro tempo la divulga- zione e la filiazione dei codici, allargai il piano della storia delle scoperte, inchiudendovi anche il sec. xiv, e ai codici classici latini accompagnando i greci e i cri- stiani latini: di maniera però che il capitolo dedicato ai greci formasse non più che un intermezzo e che i cristiani latini venissero nominati qua e ]h quando se ne porgesse l'occasione. Accanto alle scoperte vere at- tirarono la mia attenzione le false o meglio le contraf- fazioni : e di esse pure credetti opportuno dare un cenno, non foss' altro per avere un saggio di psicologia let- teraria. E siccome le scoperte ebbero il loro supremo e pieno coronamento nelle collezioni e nelle biblioteche, COSI anche a queste è stato consacrato un capitolo, l'ultimo.

Ma nonostante l'allargamento del disegno originario, ebbi sempre di mira di condensare l'esposizione in modo ch'ella riuscisse a una rapida sintesi; dove, per man- canza di studi preparatori, fosse bisognato oltrepassare i confini della brevità, ho chiesto ospitalità alle note, le quali se in generale eccedono la misura che io re- puto conveniente, non è tutta mia la colpa. Dal vasto, vario e sparso materiale edito e inedito ammannite

PBOEMIO IX

sia da altri sia da me^ ho tratto il partito che seppi migliore; ma non tutti i libri e manoscritti che desi- deravo vedere mi fu dato vedere e molti altri mi sa- rebbero stati utili, dei quali purtroppo ignoro l'esistenza : talché mi è forza contare sulla generosità dei lettori, ciascuno dei quali potrà assai facilmente possedere in- torno a ogni singola questione un'utile notizia di più di quelle da me raccolte e vorrà o indicarmela pubbli- camente 0 comunicarmela privatamente. E oltre che sulla generosità dei lettori, bramerei mi fosse lecito contare sulla loro collaborazione, poiché parecchie in- vestigazioni preparatorie e complementari restano a intraprendere, e talune si trovano notate nel corso della narrazione, 2 alle quali un uomo solo non basta.

R. S.

Milano, 29 maggio 1904.

1 Gli scritti miei cito con le iniziali R. S. ; con R. S. Spogli Ambro- siani rimando ai miei Spogli Ambrosiani latini in Studi italiani di filo- logia classica XI, 1903, 165-388.

2 Vedi p. 29 n, 34; 76 n. 17; 94 n. 35; 96 n. 44; 113 n. 32; 132 n. 25 (vedo con piacere preannunziata nelle Mitteilungen del Teubner 1906, 1 p. 26 l'edizione critica di Tib. CC. Donato a cura di H. Georgii); 170 n, 99; 209 n. 2; 210 n. 3; 213 n. 4; 215.

CAPITOLO I

Gli scopritori veronesi

(prima metà del sec. xiv)

La nostra storia delle scoperte dei codici classici non prende le mosse da nomi famosi, ma da un gruppo di modesti e poco noti ricercatori, che troviamo raccolti in uno stesso luogo e che ci si presentano in certo modo quali iniziatori del nuovo indirizzo. Vissero infatti fra il sec. xiii e il xiv parecchi Ve- ronesi, che nella loro città natale cercarono, scoprirono, ado- perarono autori allora ignoti : uno anzi di loro, il più antico, fece la sua scoperta in paese straniero, e fu un oscuro scri- vano delle porte, ^ di nome Francesco,- che negli ultimi anni del sec. xiii riportò da lontane regioni in patria l'esule Ca- tullo, suo concittadino (' compatriota ').^

1 ' a calamis..., notat turbae praetereuntis iter '.

" ' tribuit cui Francia nomen '.

^ Tutte queste notizie si desumono dall' esastico del vicentino Bknve- NUTo Campksano alla fine del cod. Paris. 14137 (G) di Catullo (cfr. R. S. in Bivista di filologia XIII 180). Si può leg'gere in Catuij.i Vkronknsis, TAber ree. L. Schwabius, Berol. 1886, p. 101, Dev'essere stato scritto dal Canipe- sano sulla sua copia di Catullo. Intorno al Campesano dice il Pastrengo (GuLiELMus Pastregicus, Dc originibus rerum lìbellus, Venetiis 1547, f. 16) : ' Benevenutus de Campexanis ex urbe Vincentia poeta et scriba mirabilis '. Mori il 1323, G. B. Giuliaki, La Capitolare biblioteca di Verona, Verona 1888, p. 96. La niij^liore interpretazione dell'esastico per quanto riguarda exul e reditus mi sembra quella del Giuliari, op. eit. 95 : ' Anziché Raterio (ve- scovo di Verona) avesse di lontano portato il prezioso apografo (di Catullo) in Verona, piuttosto è da credere sei portasse via di qua nel 968, allor che espulso dalla sua sede vescovile, esulava lontano e riparavasi nel Belgio,

R. SAnnADiNT LC' scoperte dei codici. 1

2 GLI SCOPRITOEI VERONESI (gap. I

Nel primo trentennio del sec. xiv e propriamente nel- l'anno 1329 un altro Veronese, pure oscuro e che ci nascose perfino il nome, si trasse un'antologia da vari autori, che col titolo di Flores moralium autoritatum esiste nel cod. Capito- lare di Verona CLXVIII (155), In quegli autori ritroviamo Ca- tullo, scoperto dallo scrivano Francesco, insieme con altri, che figurarono fra le rarità di allora e dei secoli successivi, cioè: Tibullo, Varrone Be re rustica, V Historia Augusta, la Ro- mulea di Draconzìo, Cresconio Corippo, le Sentenze di Publilio Siro, le Epistulae di Plinio il giovine e il corpo delle Epi- stulae ad Att. di Cicerone, che comprendeva inoltre le Epist. ad Br. e ad Q. frj Tutte codeste opere dovevano appartenere alla biblioteca del Capitolo.

Un contemporaneo del raccoglitore dei Flores, il prete Gio- vanni de Matociis, mansionario della Cattedrale di Verona, compose tra il 1306 e il 1320 la Historia imperialis, una va- sta cronaca, che va da Augusto a Carlo Magno, per la quale molte scritture sacre e profane ebbe a consultare.^ Ma i suoi

dove mori '. Senza dubbio Raterio conosceva Catullo direttamente; ciò che di nessun altro si può dire fino alla seconda metà inoltrata del sec. xiii (cfr, le testimonianze nella citata edizione dello Schvvabe, p. XIII-XIIII), quando appunto il suo nome risorge e si ripropaga in Verona, Padova e Vi- cenza. È naturale quindi pensare che Raterio effettivamente se lo portasse seco in terra straniera e che di tre secoli dopo un Veronese lo riportasse (reditus) a Verona.

* Sul codice dei Flores cfr. D. Detlefsen in Jahrbùcher fur class. PM- lol LXXXYII, 1863, 552-553. Per gli estratti di Corippo cfr. <ì. Lovve in Bhein. Mus. N. F. XXXIV, 1879, 138 ss. ; per le Sentenze di Siro id. ib. 624-625; i Flores contengono 16 sentenze in più degli altri codici. Sugli estratti dalle Epist. di Plinio cfr. K. Lohmkyer in Bhein. Mus. N. F. LVIII, 1903, 467-471. Da Catullo estrasse tre versi, G. B. Gixjliari, La Capitolare etc. 97. Quanto agli estratti di Draconzio vedi W. Meyek, Die Bei liner Cen- tones der Laudes dei des Dracontius in Sitzungsberichte der le. Preuss. Akademie der Wissensch. zu Berlin 1890, 267; ì passi estratti sono quattro, col titolo Blosus in Bomulea; tre di essi occorrono nei 10 carmi profani, che si leggono nei Poetae Lat. Min. del BìIhrens V 128, uno manca ai nostri codici. Bomulea pare che fosse il titolo generale di quella raccolta.

s Sulla famiglia del mansionario, sul tempo in cui lavorò alV Historia e sulla morte avvenuta tra il 23 e il 26 dicembre 1337 notizie precise L. SiMEOM, La famiglia di Giovanni mansionario 4-8 (estratto dagli Atti dell' Accad. d' agric. scienze... di Verona, IV, 1903; a p. 10-12 è pubblicato il testamento, dove lascia i suoi libri alla sagristìa della Cattedrale). G. Tar-

Cap. I) GIOVANNI MANSIONAEIO 3

autori prediletti furono due : uno sacro e uno profano, S. Zeno e Plinio il giovine. Di S. Zeno radunò quante più opere potè, una trentina, se pure non le trovò nella biblioteca del suo Ca- pitolo.*' Plinio il giovine, quando scriveva VHistoria, gli era ignoto ; e ne faceva una persona sola col vecchio, dandogli per patria Verona, come fu tradizione diffusa fra i Veronesi e prima e poi ; ^ pili tardi però venne in possesso delle Epistulae, quando forse le scopri nel Capitolo l'autore dei Flores. Il codice uscito allora alla luce era l'archetipo della famiglia degli otto libri (I-VII ; IX). Il mansionario se ne trasse una copia, a cui pre- mise una Brevis annotatio de duohus FUniis, essendosi nel frattempo procacciato anche un codice di Plinio il vecchio, che lo pose in grado di distinguere nettamente i due autori: ma perseverò nell'errore di crederli entrambi veronesi. La sua copia con la Brevis annotatio si divulgò nel sec. xv.^

TAROTTi in Raccolta di opuscoli scientifici e filosofi,ci ed. dal Calogerà, XVIII 138 ss., descrive il cod. Capitolare CCIV deìV Historia imperialis. Sugli autori in essa adoperati p. 143-158; 170; 184; si notino specialmente p. 152 Spar- ziano e Giulio Capitolino dell'i?isi. Augusta. Prima deW Htstoria imp, Gìo- vanni aveva scritto le Gesta romanorum pontificum e il Vetus testamentuni p. 186; 188. Cfr. lo stesso Taktarotti in Raccolta XXVIII 1-30.

^ Le enumera v.G\VHistor. imp. con la dichiarazione : ' Haec ipsius scripta et tractatus ipse legi et vidi ', Tartarotti, ih. XVIII 143. Chi ne vo- lesse conoscere il catalogo, tralasciato dal Tartarotti, lo riporta il Pastrkngo, op. cit. f. 77 con la postilla: ' Omnia haec opuscula memorabilis vir Ioannes presbyter, maioris Veronensis ecclesiae mansionarius, se vidisse et legisse testatnr '. (Questa postilla manca nel cod. Vatic. 5271).

"> 'NoìVHist. imp. cosi ne parla : ' Eo tempore (sotto Traiano) Plinius orator (il giovine) et historictis (il vecchio), natione Veronensis, ut in qua- dam historia legitur, floruit ', dove mostra di non conoscere neanche il vec- chio, Tartarotti, ib. XVIII 145 ; 157.

^ R. S. La scuola e gli studi di Guarino 146-147; anche nel cod. Pa- ris. 8622 sec. xv. La Brevis annotatio fu stampata di sui codici Vaticani dal Tartarotti, ib. XXVIII 22-26 e da A. I. a Turrk Rkzzonki, Disqiiisitiones Pli- nianae, Parmae 1763, I 6-8. Il mansionario vi ap|)arisce bene informato delle Epistole di Plinio, del quale ricorda anche la raccolta, a torto attribuitagli, del De viris illustribus, e la ricorda in modo da assicurarci che l'aveva veduta: ' Fecit etiam... librum virorum illustrium a Proca rege Albanorum usque ad Cleopatram in XCVIII (propriamente 86 capitulis, secundum ipso- rum virorum nuraerum, in quo vitas ipsorum et merita mirabili et aperta brevi tate describit '. Il Burlaeus, De vita pliilosopliorum, che segue Vin- cenzo Bellovacense, conosce la sola famiglia delle 100 lettere di Plinio : ' scripsit ad diversos epistolas centum ' (p. 368 Knust). Nel codice invece

4 BACOOGLITOEI VERONESI (cap. I

Altri Veronesi nel sec. xiv di poco posteriori al mansiona- rio attesero a raccoglier codici. Giovanni Evangelista da Ze- vio, commentatore di salmi e compositore di sermoni, ' istituì nel convento degli Agostiniani un'insigne libreria',^ Gaspare de Broaspini (m. 1381), il corrispondente del Petrarca e del Salutati, aveva Catullo, un manipolo di GO lettere del corpo ciceroniano ad Att. e forse Properzio.^*^ Leonardo da Quinto (m. 1392) mise insieme ' bibliothece studìum numerosum ', in cui era una copia tutte le opere di S. Zeno elencate dal mansionario; e Ireco Aleardi con testamento del 1407 lasciò 26 libri ai suoi figlioli.'^

Ma sopra tutti si elevò Guglielmo da Pastrengo, * de con- trata Pignae'.^^ Sappiamo da lui stesso che studiò giurispru- denza a Bologna sotto Oldrado da Ponte, lodigiano (m. 1335); ^^

Ventimilliano di Catania 40 sec. xv (cfr. M. Fava in Studi ital. di filol. class. V, 1897, 438) legg:iamo : ' scripsit ad diversos epistolas circiter Ilio ' (= 300). Qui c'è evidente interpolazione di un umanista che conosceva la collezione degli otto libri e fors'anco dei nove. Lo stesso interpolatore a, Plinius Co- mensis sostituì Plinius Veronensis.

'■' (ì. Venturi, Compendio della storia saera e profana di Verona, Ve- rona 1825, II 66.

10 CoLuc. Salutati, Epist. a cura di P. Movati, I 119; 207; 221-223; II 54,

11 Su Leonardo da Quinto, Venturi, op. cit. II 67. La notizia della sua bi- blioteca è data da Marzagaia in Antiche cronache Veronesi ed. C. Cipolla, Venezia 1890, I 255-256; nel 1386 la portò in salvo a Venezia, ibid. Il co- dice (ìelV Tiistoria del mansionario Giovanni, ora nella Capitolare, apparte- neva a lui, che di fronte all'elenco delle opere di S. Zeno scrisse : ' Hos omnes suprascriptos libros ego Leonardus index de Quinto de Verona habeo, qui sunt elegantissimo stilo ', ibid. e Tartarotti, op. cit. XVIII 143. L'elenco dei libri dell'Aleardi fu pubblicato col testamento da C. Cipolla in Archivio Veneto XXIV, 1882, 42-44. Ricorderemo anche il maestro di grammatica Al- berico da Marcellise (m. 1398), i cui libri ' extimati fuerunt ducentis libris denariorum ', G. Biadego in Atti del r. Istituto Veneto LXIII, 1904, 599. E non dimenticheremo un forestiero, l'alessandrino Benci, raccoglitore di opere storiche, autore di una cronaca universale e cancelliere degli Scaligeri, del quale cosi parla il Pastrengo f. 16: * Bencius Longobardus ^Lombardus il cod. Vatic.) gente, patria Alexandrinus, Canisgrandis primi (in. 1329), inde nepotum cancellarius, magnae litteraturae vir, omnium historiographorum scripta complectens '... Nei passi che verrò citando dal Pastrengo ho confron- tato l'edizione col cod. Vaticano lat. 5271 membr. sec. xv, anepigrafo.

•2 GiuLiAiu, op. cit. 122.

13 De originibus f. 44t7 : ' Audivi Oldradum de Laude praeceptorem meum dicentem '... Oldrado insegnò a Bologna e a Padova ; ma il Pastrengo non

cap, I) GUGLIELMO DA PASTRENGO 6

e che poi diventò procuratore del Comune di Verona. '' Fu corrispondente del Petrarca. Mori il 1863 fra 1' agosto e l' ot- tobre. ^5

Scrisse un' opera ^^ in sette parti, stampata col titolo De ori- ginihus rerum, clie non compete se non alle sei ultime (f. 78- 131), mentre la prima, la pi^ estesa e che forma più della metà del volume (f. 2-77), dovrebbe intitolarsi T)e viris illu- stribus, perché tratta degli scrittori illustri si profani che ec- clesiastici, distribuiti per ordine alfabetico, in modo però che è osservata la sola lettera iniziale ; lettera per lettera le due categorie, la profana e l'ecclesiastica, sono tenute separate. Vi si enumerano gli uomini celebri di tutte le età, 1' antica, la medievale, e la contemporanea, esclusi, pare, i viventi. Nelle sei parti successive si discorre degli inventori, dei fondatori di città, dell'orìgine dei nomi geografici, dei luoghi dove fu- rono fatte le invenzioni, dei primi che esercitarono dignità pubbliche o compirono opere e azioni famose : sempre alfabe- ticamente. Il tempo della composizione non si può stabilire con precisione, ma limita. Sono morti il Mussato (m. 1329, f. 13), Cangrande I della Scala (m. 1329, f. 16), Gino da Pi- stoia (m. 1336, f. 22); l'autore conosce la lapide della presup- posta tomba di Livio a Padova, lapide scoperta nel monastero di S. Giustina sotto Iacopo II da Carrara, che governò dal 1345

parla mai di Padova, spessissimo, e con notizie precise, di Bologna e dei giuristi die vi professarono. Su Oldrado cfr. Fabkicius, Biblioth. lat. med. et inf. aetatis, Patavii 1764, V 161. Insegnò a Bologna nei primi anni del sec. XIV e v'era certo nel 1:502-1303 (S, Mazzetti, Kepertorio di tutti i pro- fessori di Bologna, Bologna 1848, 251); nel 1320 insegnava già a Padova (ToMAsiNi, Biblioth. Patav. ms. 4); perciò verso il 1315 l'avrà frequentato il Pastrengo, a cui potremo assegnare la nascita nell'ultimo decennio dvl sec. XIII.

'^ Il De originibus ha la sottoscrizione : Explicit liber de originibus editus a GuUelmo Pastregico (Consummatum opus de originibus editum a Guillelmo postrengico il tod.) cive Veronensi eiusque tirbis fori causidico. In un atto del 1337 è detto iudex procurator Comunis Veronae (Vknturi, op. cit. II 63. Per altre notizie cfr. Antiche cronache Veronesi l 476; 503).

15 V Epist. fam. XXII 11 del Petrarca gli fu indirizzata probabilmente l'ultimo anno della sua vita. Per la morte vedi Tridentum 1903, 342.

'^ Al f. 93 «? allude a un'altra sua opera : ' Cakthacinem... De aedificatione urbis huius sive aedificationis tempore diversa reperiuntur, ut alibi scripsi '.

6 GUGLIELMO DA PASTEENGO (gap. I

al 1350.^^ Un termine verso noi non c'è dato fissare, ma ci sem- bra che non sia da oltrepassare l'anno 1350.

Le sue fonti principali sono Eusebio, Girolamo, Gennadio, Isidoro, Gellio, Macrobio, il Digesto, Giovanni di Salisbury, il Burley {De vita philosophorum), VHistoria imp. del suo con- temporaneo e compatriota Giovanni mansionario e altre ; ^^ ma esse gli servono per le notizie date da autori perduti ; che dagli autori pervenuti fino a lui egli attinge direttamente caso per caso, solo di raro nominando come diretta la testimonianza ch'egli conosce indirettamente; ^^ e cerca libri nelle biblioteche per arricchire le sue informazioni e quando non ne trova, lo dice.^° In tutto si scorge l'uomo coscienzioso, che non mira a fingere e ostentare cognizioni che non ha, come volentieri usa- vano Giovanni di Salisbury e il Burley, bensì a salvare alla posterità i nomi almeno degli scrittori antichi, minacciati con- tinuamente di rovina dalle tignole e dai topi, dai naufragi, dagli incendi, dall'umidità, dalla negligenza e dall'ignoranza.^'

17 F. lOv ' TiTus Livius... In cuius modico lapideo tumulo sic legitur : V. F. T. Livius Liviae t. f. quartae ' etc. L'iscrizione in C J i, V 2865, dove è citato come primo che ne parla il Polenton nel 1414. Cfr. G. VoiGT in BericMe... der le. Sachs. Gesellschaft der TFissewsc/i., Philol. - hiat. CI. XXXI, 1879, 49.

1* V. Appendice a.

1^ F. 3 ' Scripta quae legi et eorum auctores referam (edisceram il cod. = edisseram). Quae autem non legi aut vidi, sed ab illustribus et doctissimis viris tradita accepi, adiciam'; f. Sv ' quaedam vidi et legi, quaedamape- ricioribus memorata cognovi '.

^0 p. e. f. Giv ' SiMONiDRs poeta graecus multa scripsisse in graeco cre- ditur, sed eius opera in nostris bibliothecis non habentur '; f. 64ij ' Sopho- cLEs... tragoedias fecit quorum titulos et nomina graeci codlces, nostri vero non tenent (quarum titulos et niimerorum, quia grece, codices nostri non tenent il cod.). Scriptores tamen nostri aliquas, ut Cantem (Eantem il cod.) et Electram (ellectiva il cod.) nominant '; f. 65 ' Sapho... sed scripta eius in nostris non habentur codicibus '.

21 F. 3i; ' Invehetur fortasse in me (de me il cod.) emulus et morsu ra- bido seviens inquiet: quid agis demens? putasne scriptorum tuorum luraine (in lumine il cod.) illustrium virorum protellare memoriam, an ignoras quod vecordis et insani prope est putare solis fulgorem posse facibus adiuvari ? Minime, inquam, sed animadvertens quod scripturae vetustate consumuntur, tinearum et soricum morsibus corroduntur, naufragio, incendio atque negii- gentia facile depereunt, ignorantia lacerantur aut abraduntur, superfluo humore putrescunt, dignum putavi illustrium illorura et scriptoruna suorum

cap. I) LA CAPITOLARE DI VERONA 7

La cultura del Pastrengo è sicura e larga particolarmente nel campo giuridico, e infatti tratta con molta dimestichezza il Digesto e i glossatori dei secoli xiii e xiv, eh' egli studiò a Bologna. Aveva poi una passione speciale per l'astrologia e si procacciò anzi una libreria astrologica di ben 25 autori. 22 Eagguardevole è parimenti la sua cultura letteraria, quella che più importa a noi e della quale è opportuno presentare un quadretto; perché se anche gli autori che egli adopera non sono di sua proprietà, appartenevano certo a una delle più ricche biblioteche italiane del medio evo, la Capitolare di Verona, il cui patrimonio, purtroppo nella maggior parte di- sperso a cominciare già dai secoli xiv e xv,^^ siamo cosi messi in grado di ricostruire approssimativamente. E non era un pa- trimonio rimasto inoperoso, che i Veronesi, quali il compilatore dei Flores, il mansionario Giovanni, il Pastrengo, ne seppero trarre molto profitto, diffondendolo nel ceto degli studiosi ; e ad esso attinse largamente il Petrarca.

Nello stabilire quali autori fossero effettivamente noti al Pastrengo e quali no, s'incontra qualche difficoltà dipendente da ciò che negli elenchi da lui dati delle loro opere non di- nomina scriptis (scripta il cod.) tradere, ne si quo forte casu absumerentur volumina, conditorum tamen et operum non obliterarent niemoriam ' (obli- terrarentur memoria il cod.).

^ Supponiamo clie se la fosse procacciata, perché di queste sole opere fra quante ne cita àhVincipit\ si veda ai f. 5; 17; 32; 36 ; 38 ; 48t;; 49; b\v\ 55 v; 71; 77. P, 36 ' Hevenior astrologus scripsit librum de Nativita- tibus, qui incipit: Scito quod diffinitiones. Hunc interpretatus et prae- ter caeteros secutus est Ennius (hemius il cod.)., ut ait Cicero ' {De nat. deor. I 119). Qui c'^ scambio di un astronomo medievale con Evemerus.

2' Giangaleazzo Visconti quando s' impadroni di Verona spogliò la Capi- tolare di alcuni codici : certamente in ogni modo delle Epist. ad AU. di Cicerone. Altrettanto si sospetta abbiano fatto i Mafifei nel sec. xv per ar- ricchire il loro famoso Museo di Roma, A. Spagnolo, Di due codici dei sec. VI- Vili della bibl. Capitolare di Verona in Nozze Biadego-Bernar- dinelli, Verona 1896, 40-45 ; Giuliari, La Capitolare etc. 19-20. Dal Giullari desumo alcune notizie sulla storia della Capitolare. Il primo nucleo rimonta all' arcidiacono Pacifico (m. 844), che la dotò di 218 codici (' bis centenos terque senos codices fecerat ', 14-15), e nuovo incremento le diede il ve- scovo Raterio (sec. x, 16-17). Nel 1206 e 1213 già possiede un bibliotheca- rius (17-18). Nel 1298 il vescovo Bonincontro le lasciava in testamento i Moralia di S. Gregorio (18), ora cod. XLI.

8 GUGLIELMO DA PASTRENGO

(cap. I

stingue quelle che aveva sott' occhio da quelle che trovava se- gnate nelle sue fonti ; onde è preferibile peccare in meno che in più ; ma in generale egli ci offre indizi sufficienti si per le conclusioni negative che per le affermative; e quanto a queste ultime abbiamo un doppio fondamento, vuoi dove adopera gli autori come fonti, vuoi dove esprime un giudizio sulla sostanza 0 sulla forma dei componimenti o accenna ai metri in che sono scritti.

Cominciamo dal rilevare le mancanze. Intanto gli era ignoto il De agricuUura di Catone (f 19"). Vitruvio, Firmico, Apu- leio non sono nemmeno nominati ; cosi non nomina il De viris ìlìustrihus dello Pseudoplinio, noto al mansionario. Degli sto- rici non conosceva Tacito ^*, e forse neanche Cesare, sia sotto il nome di lui, sia sotto quello del suo emendatore Giulio Celso, come soleva nel medio evo.^^ Fra i grammatici confessa aper- tamente di non aver a mano Diomede ;2^ per Palemone conclu- diamo lo stesso dal modo con cui ne parla (f. 58). E altret- tanto diciamo di Nonio Marcello, ^^ Quanto ai poeti. Ausonio non e neanche nominato. Per l'esistenza di Properzio si ri- chiama a Ovidio. 2^ Cita Marziale sotto due titoli diversi, e di qui si comprende che non l'aveva veduto; ^^ come non aveva veduto Plauto (f. 57). 3o

24 F. 18 ' CoRNELius Tacitus, quem Titus imperator suae praefecit biblìo- thecae, Augusti gesta deseripsit atque Domitiaui '. Ciò mostra che non lo co- nosceva ; ma donde gli deriverà la notizia che sia stato bibliotecario di Tito ?

"5 La frase f. l&.'y ' Caesar Julius... Gallici civilisque belli plurimas edidit commentationes ' non è atta a togliere il dubbio; parimenti l'altra f. 39 ' Julius Celsus, lulius Sillanus bella Gallica per Caesarem gesta suis tra- ductionibus illustrarunt '.

F. 23 V ' DioMKDEs quidam in grammatica multa scripsisse dicitur, aed eius scripta non habentur '.

*' F. 52 ' NoNius Marcellus de mutatis coniugationibus librum tradidit ' deriva da Prisciano II 269, 24 H.

^* F. 57 ' Propertius poeta de amore tractavlt, ut Ovidius tradit '.

29 P. 48t7 ' Maktialis Cocus opus morale metro composuit, cui nomen suum imposuit. Item alium quem Epigrainmatum (Epygramaton il cod.) dixit '. Ma la frase cui nomen suum imposuit va confrontata con l'altra riferita a Gio- venale qw auctoì'is vocabulo nominatur, nota 51.

30 Di Publilio Siro era stato fatto lo spoglio nei Flores del codice Ca- pitolare, col nome di Publius Syrus, che rimase ignoto al medio evo ; ma la notizia del Pastrengo su Siro f. 57 par che derivi da Girolamo e da Gel-

cap. I) GUGLIELMO DA PASTEENGO 9

Venendo agli scrittori che erano noti al Pastrengo, tocche- remo prima dei cristiani o di quelli che egli credeva tali, perché consentirebbe con altri nell' identificare Giustino, abbre- viatore di Pompeo, da lui citato spesso (p. e. f. 40; 70*'; 92), a Giustino martire.^^ Ho già accennato che egli si serve larga- mente del De viris ili. di Girolamo e di Gennadio (f. 3); ma di Girolamo conosceva altre opere; ^^ non parliamo di Isidoro, che nominato qua e nella prima parte del T)e originibus (p. e. f. 12; 22"; 26), diventa la sua fonte principale nelle ul- time sei. Anche Orosio è ricordato (f. 54; 130), e il papa Da- maso, di cui adopera frequentemente il Lihellus de gestis pon- ti ficum, ma non ha veduto le composizioni poetiche (f. 24", 84 etc). I due Fulgenzi, il mitografo e il vescovo di Euspe, vengono da lui, come del resto da taluni ancora oggi, fusi in una persona sola: cita un yì&bso à'dl MytJiologiarum (TI 11)33 e loda lo stile dei libri adversus Faustum.^^ Di Boezio non v'ha dubbio che conoscesse il De consolatione philosophiae, ma celebra sopra tutto le numerose traduzioni da Aristotele : 'le traduzioni latine di Aristotele son quasi tutte di Boezio '.^^ Conosceva la Vita di S. Martino di Sulpicio Severo ^^ e tra le

lio XVII 14. Eccola: ' Publius Syrus mimographus miiltas laudabiles scripsit sententias, qiiae a doctis legnntur, in quibus : beneficium dando acci- pit qui digne dedit. Sub Caesare claruit Augusto '. Le parole quae a doctis ìeguntur ci lasciano uno scrupolo.

31 F. 40 ' lusTiNus alter Bachiades, Prisci fìlius, ex urbe Neopoli (anche il cod.,= Nicopoli) Palestinae...Hnnc putant aliquiTrogi fuisse abreviatorem'.

^2 F. 4.3. Cfr. f. 124 ' Messalam Corvintjm praefectuni urbis primum factum esse et die sexta se abdicasse Helmandus (Helynandus il eod.) refert '. Questi è Hkrmandus Beluacensis, che il Pastrengo conosce, f. 37 v {il cod. nel lemma Hklinandus); ma la notizia è desunta testualmente dalla Cronaca di Girolamo.

33 F. 89?; * VuLOANUM in fabrili arte Gentiles auctorem perhibent. Currum primus reperit. Fulgentius '.

'^ F. 31 ' Fulgentius Afer de civitate Lepti, Ruspensis ej)iscopus, vir in divina et humana literatura praestans adversus Faustum elegans scripsit volumen... Scripsit et fabularum allegoriam, quam (allegorica libro quem il cod.) Mithologiarum vocabulo intitulavit '. Non conosceva la Vergiìiana continentia.

3' F. 15 ' BoEcius... Aristotelis libros, quos habet bibliotheca latina ouuiis fere, de graeco in latinum convertit sermonem ' (quos habet bibliotheca la- tina, omnes fere - sermonem il cod.).

3" Al f. 67?; ' Severus presbyter cognomine Sulpitius '... è compendiato

10 GUGLIELMO DA PASTEENGO (cap. I

opere di S. Agostino certamente il Be cimiate dei (f. 47 ; 98 *" etc.),^'' che era alla portata dei più. Molto doveva aver veduto di S. Ambrogio; ^^ e senza dubbio la Storia Franca di Gregorio di Tours,^^ le Epistole di Gelasio ""^ e i dodici libri di Facondo all'imperator Giustiniano.^^ Poco comuni erano gli scritti di Sidonio Apollinare e sebbene egli li enumeri tutti, pure non ci affida di conoscere che l'Epistolario, del quale giudica ruvido lo stile, ma dotto. ^^ Parimenti delle opere di Cipriano, delle quali l'elenco, aveva tra mano il solo Epi- stolario, e anche qui un giudizio sullo stile fìorito.^^

Gennadio, De viris ili. 19, ma nella notizia della vita di S. Martino ' Beati Martini vitam signìs et miraculis iliustrem edidit sub malore Theodosio ' le parole sub maiore Theodosio, che mancano a Gennadio, potrebbero atte- stare nel Pastrengo una conoscenza diretta, tanto più clie il cod. Capitolare Veron. XXXYIII (36) contiene Sulpicii Severi Vita h. Martini.

37 La Capitolare possedeva il De civitate dei, Giuliari, op. cit. 18.

38 F. lOt; dei titoli delle opere di S. Ambrogio una sola scelta: ' In- ter caetera scripsit ut sequitur '.

39 F. 35 ' Gregorius Turonensis episcopus Francorum regum scripsit hi- storiam, inchoans a Pharamundo primo ipsorum rege, et usque ad Theodo- ricum Dagoberti secundi filium claro et apto (aperto il cod.) stylo deducens '.

40 Gennad. De viris ili. 94 sulle Epistole ha questa sola notizia: 'Adversus Petrum et Acacium scripsit epistolas, quae hodie in ecclesia tenentur ca- tholica ' ; invece il Pastrengo f. Mv: 'Epistolas ad Anastasium principem et episcopos per Orientera et Dardaniam constitutos, rationem reddentes iustae damnationis Achatli, destinavit. Item ad eosdem Orientis episcopos de vitanda Achatii communione: ad Euphemium Constantinopolis episcopum, ad Suconium Afrum episcopum et ad Nataleni abbatem scripsit epistolas '. Tale superiorità d'informazione la attribuiamo a ciò, che queste Epistole di Gelasio siano state da lui lette nel cod. Capitolare XXII (20), cfr. Giulia- Ri, op. cit. 122 ; 143.

*^ F. 31« ' Facundus Hermianensis episcopus provinciae Africanae ad lu- stìnianum impeiatorem grande libronim XII direxit volumen prò defensione Ibe et Theodori Mopsuesteui episcopi, qui dicebatur in tribus capitulis cen- tra praecepta Calcedonensis concilii aliqua protulisse '. Anche quest'opera ò nella Capitolare, cod. LUI (51).

42 F. 68 ' SvDONius Arverinus (arvermensis il cod., ~ Arvernensis) epi- scopus Epistolarum grande volumen ad diversos strabo (strabro il cod., ■= scabro) sed erudito sermone condidit '.

43 F. 20 w ' CypRiANUs... Vidi ego grande iliius Epistolarum volumen ad diversos scriptorum (scriptarum il cod.), sonanti valde ornatum eloquio '. Quest'antichissimo volume delle lettere di Cipriano fu mandato a Roma a l'aolo Manuzio per la sua edizione del 1563, nella cui dedica è detto: ' ac- cersito etiam Verona mirae vetustatis esemplari '; da allora in poi se u'è

cap. I) GUGLIELMO DA PASTEENGO 11

Tra le numerose traduzioni latine dei testi sacri g-reci mal sapremmo dire quali fossero nelle mani del Pastrengo, Molto familiari certamente aveva le traduzioni latine di Giuseppe Flavio e la riduzione che andava sotto il nome di Egesippo, i quali talvolta cita insieme; ''^ e pare che conoscesse anche le traduzioni del I)e anima di Gregorio Nisseno e del I)e orthodoxa fide di Giovanni Damasceno, eseguite nel sec. xii da Burgun- dione Pisano.''^

Eccoci agli autori pagani. La sua familiarità si palesa an- zitutto con quei poeti che erano più comunemente letti : Te- renzio (f.69),46 Vergilio (f. 74),47 Qj-^zìo (f. 53), Ovidio (f. SS),"» Lucano (f. 82 " ), Stazio (f. 66),'^ Persio (f. 57),5o Giovenale (f. 38 " ).5i

perduta ogni traccia; cfr. Giuliari, op. eit. 130. Mario Vittorino è noto al Pastrengo (f. 75) solo da quel che ne scrive Girolamo, nonostante che il suo commento al De invent. di Cicerone fosse assai diffuso.

** F. 41 ; 78; 80; 81; 82«; 83; 84 y; 90; 92; 93v; 97i; etc

^5 F. 34 ' Gregorius Nissenus... Item librum de anima obscurum valde, quem Pisanus causidicus tempore secundi (anche il cod., correggi primi) Federici de graeco transtulit in latinum ' ; f. 44 ' Ioannes presbyter Dama- scenus composuit librum orthodoxae fidei traditionem certam continentem in quatuor libros digestum, quem Burgredia (anche il cod., = Burgundio) Pi- sanus causidicus Eugenio papae huius nominis tertio ex graeco transtulit in latinum '. Su altre traduzioni latine di Burgundione cfr. J. Vahlen, Lau- rentii Vallae opuscula tria, Wien 1869, 113-114.

^s Sull'ordine delle commedie nel suo codice cfr. R. S. in Studiital. di filol. class. V 319 n.

•*' Non è chiaro quali possedesse delle poesie pseudovergiliane, ch'egli enumera cosi : ' Scripsit in iuvenilibus annis Priapeiam, Moretum, Culicem, Cirinam (Cyrina i7 cod.), Cataleptim, Epigrammata, Coppam, Diras, Aethnam (Ethyram il cod.), De rosis '. La presenza della Coppa e la forma Cata- lepton (col p) attestano che l'elenco deriva dalla vita Serviana, alla quale però mancano il Moretum e il De rosis. Dalla forma Cirina argomentiamo che questo componimento non era letto da lui, come non era dai suoi con- temporanei.

^^ Sono citate anche tutte le pseudovidiane, supposte giovanili.

*'^ .... ' heroico et eleganti metro... Opus primum Thebais vel Thebaidos, secundum Achilleis vel Achilleidos inscribitur '. Ciò significa forse che n'ha veduto pili esemplari con la forma diversa del titolo.

50 La notizia biografica deriva al Pastrengo da Girolamo e lascia un perplessi se avesse letto Persio.

51 ' luvENALis Aquinas poeta, ut Romanornm carperet vitia librum saty- ricum, qui auctoris vocabulo nominatur, sub Domitiano heroico metro con- scripsit. Missus in Scotiam praefectus militum a Troiano (atroyana il cod.) taedio finivit vitam '. Questa notizia risale per taedio finivit vitam alla

12 GUGLIELMO DA PASTEENGO (gap. 1

Aviano (f, 6)^^ e Claudiano. Quest'ultimo poeta era meno di- vulgato degli altri e pare che il Pastrengo ne conoscesse tutte le opere, compreso il Panegirico di Probino e Olibrio, che tor- nava alla luce allora per la prima volta.^^

Non tanto accessibili alla maggioranza degli studiosi erano invece molti dei prosatori noti al Pastrengo. Egli tiene in pronto un buon manipolo di storici : Livio, di cui ha a mano la I deca e la III (f, 17 ; 18 ; 29 etc.) e probabilmente anche la IV; Valerio Massimo, che gli forni un gran numero di nomi antichi e di fatti (f. 4; 4"; 5 ; 6^; 7 etc.);^* Curzio Rufo;^^ i Cesari di Svetonio (f. 17''; 18 etc); Solino (f. 13^ etc.).^"' Altri storici minori: V Epitome di Floro,^'^ Eutropio, ^^ Rufo Pesto, ^^

II biografia giovenaliana e per missus in Seotiam praefectus 7nilitum a Troiano risale alla IV. Lo vite furono pubblicate e classificate da J. Dììrr, Bas Leben Juvenals, Progr. di Ulm 1888.

52 ' AviANtJs poeta librum edidit fabularum elegiaco metro ',

53 F. 18v ' Claudianus poeta Siculus (anche il cod., = Pelusiacus) excel - lentis ingenii vir utiqne (nitidique il cod.) sermonis librum fiorenti metro couiposuit, in quo multa sub Theodosio imperatore et filiis eius Archadio atque Honorio gesta traduntur. Scripsit et librum qui de raptu Proserpine inscribitur. Item de laudibus Olymbrii et Probini. Extant et alia eius pai-va opuscula grata et iucunda legentibus '. La notizia sul contenuto e i giudizi sulla forma ci affidano che conosceva da vicino queste opere.

54 p 74 ' Valerius Maximus... memorabilia... dieta gestaque eleganti stylo novem libris inclusa perstrinxit '. Valerio Massimo era assai studiato a Ve- rona e su di esso modellò Marzagaia, di poco posteriore al Pastrengo, i! suo De modernis gestis, pubblicato da C. Cipolla Antiche cronache Vero- nesi, Venezia 1890. Cfr. nota 11.

55 F. 19 ' Curtius Kuffus Alexandri Magni gesta eleganti stylo memoriae tradidit '.

55 Citato spessissimo nelle ultime parti : F. 66 ' Solinus de mirabilibus mundi librum eleganti et florido stylo composuit. Item librum collectanea- rum ' ( neorum il cod.). Si vede che la sua copia recava il titolo De mi- rabilibus mundi ; lo incontrò anche citato col titolo Collectanea e la cre- dette un' altra opera.

57 F, 80?; ' Florus ex Livio '...

58 F. 27 ' EuTRopius Romanorum res gestas a lano sumens initium et in primo Theodosio terminans sub breviloquio Livium imitando ',..

5'' F. 63 ' RuFPus Fkstus vir consularis et magister (et gesta magister il cod.) militum populi romani gestas res brevi libello stringcns (strictim il cod.) Valenti imperatori tradidit '. Vir consularis, magister militum è la falsa risoluzione dello sigle v. e, mag. m. {=^^vir clarissimus, magister memoriae) del titolo di un codice affine al Bambergense, cfr. Teuffkl- Schwabk, Gcschichte der ròmisch. Litteratur § 416, 1.

cap. I) GUGLIELMO DA PASTRENGO iB

Dittico e Darete.^* Aggiungiamo agli storici l'Epistolario di Simmaco.'^*

Dopo Valerio Massimo e Solino, gli antori elie sommini- strarono in maggior copia al l'astrengo nomi e notizie furono Gellio, di cui conosceva tutte due le parti (T-VII; IX-XX),^^ e Macrobio Saturn. (f. 6; 7"; 17''; 18"; 26 etc), da cui spesso attinge, senza nominarlo. Eicca fonte gli fu anche il Digesto (f. 7"; 56 etc), spessissimo adoperato; e larga messe di nomi avrebbe raccolto dal libro X àoiVInstit. or. di Quintiliano, se non che il suo codice era dei mutili, ai quali mancava ap- punto la parte principale del lib. X. Col nome di Quintiliano conosceva pure le Causae civiles, più comunemente chiamate Decìamationes.^^

Il Pastrengo faceva di Seneca padre e figlio una persona sola, e dell'uno e dell'altro si può ritenere che conoscesse tutte le opere, meno VApocolocyntosis, che non nomina: ^^ certo in ogni modo adoperava del padre i nove libri di Excerpta col titolo Declamationum libri IX { f . 8; 29"; 58"; 65" etc), del figlio i Bialogi e le Epistulae (f. 13"; 25"; 128 etc).

^ F. 23 'DiTis Cretensis... Neronis tempore in latimim liber ille translatus est, qui liabetiir '...

^•^ P. 23 ' Darks frigiiis... de gestis ibidem conscripsit Illiadem quae (qui il cod.) postea per Corneliam Nepotem prosa et per loseplium (loseph il cod.) Auglicum metro in nostrum conversa est sermonem ' (sunt conversa sermo- nem il cod.).

'2 F. 66v ' Symmachus patri tius Boetii socer Epistolarum librum elegan- tem (ellegantis il cod.) subdidit, multa continentem utilia '.

'3 F. 7 ' Agelius Atticaruni noctium volumen composuit, opus elegans et curiosum '. Reco una scelta di citazioni dei libri li; III; IV; IX; X; XIII; XV; XVI; XVII; p. e. f. Iv (IV 14, 1); f. Uv (XVII 21, 48); f. 17 (XV 18); f. 22« (X 12,1); f. 25« (XVII 21, 23); f. 35iJ (XVI 6, 14); f. 36v (IX 4, 3); f. 48 Menippus (II 18, 6-7); f. 51 v Negidius (XV 24; XVI 6, 12 contaminando Ne- GiDius con Sedigitus); f. 57 (XVII 21, 47); f. 19t; Cato (XIII 20); f. 49 (XI 7, 4); f. 58 (III 15, 2); f. 69v (XV 23).

6< F. 62 V ' QuiNTiLiANUs Hispanus gente, riietor insignis libros IX de ora- toria insti tutione composuit. Item causarum civilium '. I codici mutili con- tengono approssimativamente nove libri; omettono infatti le seguenti parti : Epist. ad Tryph.; Prooem., I 1, 1-6; V 14, 12 -VIII 3,64; Vili 6, 17 -Vili 6, 67; IX 3, 2-X 1, 107; XI 1, 71 -XI 2, 33; XII 10, 43 sino alla fine,

'^^ F. 6ÒV ' Seneca... eleganti stylo volumina insignia tradidit'...

14 GUGLIELMO DA PASTEENGO (cap. I

Nel campo grammaticale conosceva VArs di Donato (f. 23"),^^ i commenti di Servio a Donato e a Vergilio (f. Q6^), citato spesso quest'ultimo (f, 38; 71" etc), e buona parte delle opere di Prì- sciano, la cui Institutio è molto adoperata come fonte (f. 4 " ; 13''; 18"; 26 etc.),^^ Metteremo qui anche Marziano Capella.'^^

Fra gli scrittori di scienze a lui noti ricorderemo i due dell' arte della guerra, Frontino '^^ e Vegezio (f. 57 etc.),™ e V Agricultura di Palladio ;'^^ i due geografi Pomponio Mela''^ e Vibio,''^ citati più volte entrambi ; e Plinio il vecchio, voluto veronese anche dal Pastrengo,'''^ la cui Naturalis liistoria gli fornisce numerose notizie.

Infine veniamo agli autori interamente nuovi, che uscivano allora per la prima volta dalle tenebre dei chiostri. Di Ca- tullo s'è già parlato; il Pastrengo lo richiama a più riprese (f. 16; 18"; 85; 88").'^ Cosi ricorda il ^rawt^e Epistolarum vo-

^^ I commenti a Terenzio e a Vergilio gli sono noti solo per via di Gi- rolamo.

*'^F. 58 'Prisc'ianus Caesariensis, grammaticus. Scripsit libnim de partibns orationis (il Priscianus maior) luliano consuli et patritio. Item de con- strnctione (il Prisc. minor). Itein de accentibus. Item de naturalihiis quae- stionibns ad Cosdroem regem Persarum ', Quest'ultima notizia si riferisce a Prisciano Lidio, cfr. Bjìhr, Geschichte der ròmisch. Literatur UV 417.

^^ F. 48 « ' Martianus Felix Capella Carthaginensis librum partim metro partim soluta oratione contexuit, quem de nuptiis Mercurii et Philologiae intitulavit '.

S5 F. 29v ' Frontinus... librum de re militari (gli Stratagemata) tradidit, exemplis insignibus rem explicans militarem '.

■'0 F. 75 ' Vegetius Renatus de re militari librum edidit ex multis illu- stribus excerptum auctoribus (auctoritatibus il cod.), quem Valentiniano optulit principi '.

'' F. 57(; ' Paladius agriculturae doctrinam libris snis diligenter expressit '.

"2 F, 58 ' PoMPONius Mella totius orbis cosmographiam eleganti stylo contexuit '.

"2 F. liv ' ViBius Sequester fluminum fontium lacuum paludium montium nemorum gentium nomina regiones qualitates et vocabula poetas sequendo digessit in litteras incipiens a fluvio Acheloo, qui primum nomen et literam tenet ' (il cod. omette questo articolo).

^^ F. 57 V ' Plinius Secundus Veronensis patria... scripsit naturalis histo- riae libros XXXVIII (sic), quos Vespasiano imperatori direxit ' (XXXVIII vo- luminibus ti! cod., omettendo quos direxit).

'5 F. 18 ?; ' Catullus Veronensis poeta Ciceronis coetanens librum vario metrorum genere exaratum multa iocosa et placita continentem scolasticis legendum tradidit '.

cap. I)

GUGLIELMO DA PASTKENGO 16

lumen di Plinio il giovine, volume che apparteneva alla fa- miglia degli 8 libri/'^ Da Yarrone De re rustica, a cui ricorre ripetutamente, desume i nomi degli scrittori agricoli.'''' Vide la lohannis di Cresconio Corippo e ne giudica luculentus lo stile.''^ Fa poi largo uso deWHistoria Augusta, il cui testo conget- turiamo che egli leggesse nel famoso cod. Vatic. Palatino 899 sec, IX, il quale in quel tempo avrebbe dovuto trovarsi nella Capitolare Veronese. E ragioniamo cosi. Il Petrarca nel 1356, mentre stava a Milano, si fece copiare a Verona da Giovanni di Campagnuola la raccolta deWHist. Aug. nel codice che è ora il Paris. 5816; e questo apografo fu tratto per l'appunto dal Palatino. Mi par dubbioso ammettere che il Palatino sia stato qualche tempo in possesso del Petrarca, perché in tal caso se lo sarebbe fatto copiare a Milano, dov' egli era, e non a Verona. E dato pure che alcune glosse sui margini del Pa- latino siano effettivamente di mano del Petrarca, la migliore spiegazione che si presenta è questa, eh' egli abbia scorso fug- gevolmente quel codice nel 1345, quando trovandosi a Verona si trascrisse di proprio pugno le Epistul. ad Att. di Cicerone.

~'^ F. 57 v ' Plinius alter prioris ex sorore nepos et adoptione filins, ut ipse idem in quadam sua epistola (V 8, 5) refert, Quintiliani rhetoris fuit auditor et insignis effulsit orator. Scripsit grande epistolaruni volumen nu- mero {sic, il cod. ha lacuna dopo numero) multa utilia et scitu digna com- plectens '. La lettera V 8 qui citata prova ch'egli possedeva un codice degli 8 libri, perché i codici delle 100 lettere terminano a V 6. Dopo la parola numero andò perduta la cifra,

7"' F. 4; 4t); 6; 7 etc; cfr. Varrone, B. E. I 1, 8-10.

"^ F, 19 ' Cresc'onitjs poeta Afer lustiniani primi bella per Ioannem et con- sulem (exconsnlem il cod.) in Africa gesta iieroico metro luciilenter expres- sit. Concordiam canonum edidit '. La Concordia canonum è ricordata anche in un cod. Yallicellano del sec. x con le parole: 'Concordia canonum a Cresconio Africano episcopo digesta sub capitulis trecentis. Iste niniirum Cresconius bella et victorias, quas lohaiines patricius apud Africani de Sa- racenis gessit, hexametris versibus descripsit sub libris ' (cfr. Mazzucchelli in Corpus scriptoruin hist. Byzantinae, Bonnae 1836, prefazione a Corippo XIII). Del resto la Capitolare possedeva e possiede nel cod. LXII Cresconii concordia canonum e il Pastrengo la dovette vedere. Il Pastrengo e il cod. Valliceli, fanno una sola persona di Cresconio poeta e Cresconio vescovo ; ma le notizie del Pastrengo snlìa Johannis sono esatte; inesatte quelle del cod. Valliceli., come osservò I. Partsch, Corippi, Libri qui supersunt, Berol. 1879, xLin-xLiv, {Monum. Germ. Hist., Auct. antiquiss. ni).

16 GUGLIELMO DA PASTBENGO (cap. I

Donde conchiuderemmo, per quanto timidamente, che il cod. Pa- latino non fu mai in possesso del Petrarca e che proviene dalla Capitolare.'^^ Varrone, Plinio Epist., VHist. Augusta e Co- rippo sono stati adoperati per i Flores del cod. Capitolare; e a questi autori tiene ivi compagnia anche Tibullo, dal quale estrae un passo il nostro Pastrengo, uno di quei passi che non fi- gurano negli Excerpta tibulliani; onde della risurrezione di questo poeta, come di Catullo, andiamo debitori a Verona. ^*^ Tra le conoscenze del Pastrengo conteremo inoltre Columella^^ e la Bucolica di Calpurnio.^^

Le due monografie storiche Sallustio intorno a Catilina e Griugurta erano assai diffuse e lette nel medio evo e nes- suna meraviglia perciò che fossero nella libreria del Pastrengo; ma egli le chiama col titolo di Bella,^^ un titolo che a quei

''^ V. Appendice b.

^'^ F. 86 ' Osiris Aegyptiorum deus aratra primus apud Aegyptios fe- ci t, terram (terramqiie il cod.) ferro solicitavit et inexperta ( rte il cod.) seminacommisit, poma ab ignotisleg'itarboribus,palis vitem adiunxit viridemque comam dura falce cedere docuit et ex matura uva suaves liquores expressit. Tibulhis ' (I 7, 29-36). Non deriva questi versi dagli Excerpta, che non li hanno, ma da un testo intero. Se non nomina Tibullo nella parte biografica, segno che ne venne in possesso posteriormente, o che si tratta di semplice dimenticanza. Nella parte biografica mancano p. e. Floro e Macrobio, che sono spesso adoperati nelle ulteriori, e manca perfino Aristotele fperò nel cod. ad Aristotele è dedicato un lungo articolo). Non ha perciò fondamento il dubbio manife- stato da L. Miiller, Catulli TiBULLi Propertii Carmina, Lipsiae 1885: Tibulli Libri quattuor p. V. Sfortunatamente il cod. Paris, lat. 15156 sec. xiii dei Flores metrici ha perduto i f. 28-38, dov'entravano gli estratti Tibulliani e non possiamo dire se ivi fo.ssero i versi recati dal Pastrengo.

^1 F. 19 'CoLUMKLLA rusticarum rex (rerum il cod.) diligentissimus scriptor de (librum de il cod.) agricultura agricolis condidit ' (contulit il cod.). Si badi al giudizio espresso in diligenti fssìmus, per convincersi che lo lesse.

*2 F. 18t; ' Calphurnis (Calphurius il cod.) poeta Bucolica scripsit '. Il Pe- trarca scriveva al Pastrengo (Epist. fam. XXII, 11, del 1362?): ' Expecto Calpurnii Bncolicum Carmen et tuam Varronis agriculturam '. Il codice del Pastrengo pare contenesse solo Calpurnio e non anche Nemesiano; e da esso 0 da uno affine saranno derivati nel sec. xv gli apografi con Calpurnio solo, tra i quali cito TAmbros. I 26 sup. con la sottoscrizione f. 61 v ' Die 4 au- gusti 1463 ego Petrus feliciter peregi '. Per il Vatic. Palat. 1652 con la sot- toscrizione : 'a M[agistro] Petro montopolitano die xxi februarii 1461'..., cfr. H. ScHRNKL in Wiener Studien V, 1883, 293: questi è Pietro Oddo da Montopoli, professore nello Studio di Roma e maestro di Pomponio Leto.

^^ F. 66 * Sallustius Crispus ( pius il cod.) Romanus ex nobili Crispo-

cap. I) GUGLIELMO DA PASTRENGO 17

tempi non era usuale e che ci venne tramandato appena da qualche codice molto antico:^' il che ci fa sospettare che at- tingesse da una fonte cospicua. Aggiungi che delle Historiae, perdute, egli ha notizie insolite, perché le giudica scritte ele- ganti stylo e sa anzi dire che di esse non si conserva il testo intero, ma soli estratti : sed harum codices apiid nos non ad plenum habentur.

E chiaro che il Pastrengo conosceva le lettere e le orazioni estratte dalle Historiae e, se non c'inganniamo, le conosceva dal codice tanto famoso, ora Vaticano 3864 sec. x,^^ e allora presumibilmente Capitolare. E in quel codice appunto le due monografie sallustiane portano il titolo di Bella. E un altro raro e prezioso cimelio, sempre per mezzo della Capitolare, com'è a credere, era capitato nelle mani di lui, la Laus Pi- sonts. Questo poemetto è noto a noi per due codici perduti e per gli estratti conservati in due codici Paris. 7647 sec. xii-xiii e 17903 sec. xiii,^^ dei quali il 7647 li reca col titolo singolare Lucanus in Catalecton. Con lo stesso titolo cita il Pastrengo il poemetto, che inoltre sa essere scritto metro homerico [heroi- co?). 0 egli ne aveva veduto il testo intero o gli estratti in un codice affine al Paris. 7647.^^

rum familia Romanas (ad romanos il cod.) eleganti stylo scripsit historlas, sed harum codices apud nos non ad plenum (ad plenum non il cod.) ha- bentur. Scripsit et bella Catilinae et lugurthae cum romano populo gesta, quae passim habentur. Item contra Ciceronem invectivam, quae passim habetur '.

** P. e. il Paris. 16024 sec. x. Anche Vincenzo Bellovacense Spec. histor. VI 32 ' scripsit... Salustius de bello Catelinario librum unum, de lugurthino librum unum ' ; ma il Pastrengo non adoperava Vincenzo.

^^ Questo codice entrò ben presto in circolazione tra gli umanisti, poiché già prima del 1455 lo adoperò Pier Candido Decembrio. L'epìstola di Pompeo estratta dalle Historiae era stata trasmessa anche per altra via in un co- dice di Francesco Pizzolpasso, R. S. Spogli Ambrosiani 267-269. Nel cata- logo dei codici del duca d'Urbino compilato da F. Veterano nel sec. xv troviamo : ' Salustii Crispi orationes. Pompei Epithoma (sic) ad senatum et Mitridatis Epistola ' (C. Guasti in Giorn. stor. degli archivi toscani VII 134 n. 362).

8' BaHRENS, PLM 1 221-224.

^' F. 45 ' Lucanus poeta Cordubensis civile bellum inter Pompeium et Caesarem gestum heroico et alterisono (altisono il cod.) metro descripsit. Librum etiam quem Cathalectoim (— ctoy il cod.,=^ cton) dixit, inlau-

R. Sabbadini. Le scoperte dei codici. 2

18 GUGLIELMO DA PASTRENGO

(cap. I

Con le opere di Cicerone aveva egli maggior dimestichezza che i suoi contemporanei e tra esse adoperò per il primo il corpo epistolare ad Br., ad Q. fr., ad Att., del quale reca il titolo in modo da farci capire che lo teneva tra le mani e da cui del resto trae notizie.^^ Quali delle altre opere ciceroniane egli possedesse, rimaniamo incerti, sebbene dal modo come parla del loro numero sembra n'avesse vedute di molte.^^ Tra le ret- toriche certo conosceva il De inventione e la pseudociceroniana Rhetorica ad Herennium, che servivano allora di testo nelle scuole; ma del De oratore e delV Or ator aveva tutt' al più un codice mutilo.^° Cosi nomina parecchie orazioni, ma non pos- siamo esser sicuri che le possedesse, all' infuori delle Filip- piche, ch'egli cita. E il loro testo comprendeva soli tredici libri, ossia apparteneva alla classe dei codici mutili, che ave- vano perduto la fine del libro Y e il principio del VI, di ma- niera che questi due insieme si contassero per uno.^^ Meglio

dem Pisonìs (Pisanis il cod.) metro homerico (anche il eod. exaravìt. Sub Nerone occiditur in coniuratione Pisoniana depunsura ' (deprehensum il cod. = deprensus).

** F. 70 ' Scripsit et Epistolarum... ad Brutum lib. I, ad Qnintum Cice- ronem fratrem lib. Ili, ad Atticum lib. XVI '. Lo cita tre volte : f, 70 ' Contra Clodium (orationem scripsit) gravitatis plenissimam, ut ipse idem in quadam epistola ad Atticum (I 16, 8) attestatur... Poema quod ad Caesarem insti- tuerat misisse (nitidisse il cod.) se dicit ' (ad Q. fr. Ili 1, 11, passo guasto; nitidisse del cod. del Pastrengo è errore materiale per ineidisse; instituerat del Pastrengo risale a institueram lez. marginale del cod. Mediceo Jf delle Epist. ad Att., mentre nel testo è cotnposueram : questo indizio non è senza valore per la ricostruzione del cod. Veronese da cui fu copiato M: per altri indizi cfr. O. E. Schmidt Die handschr. Ueberlieferung der Briefe Cic. an Atticus, Leipzig 1887, 5-7); f. 55 ' Hunc (Platoneni) principem in- genii et doctrinae Cicero in Epistolarum lib. pronunciat ' (ad Q. fr. I 1, 29).

^^ F. 69tJ ' TuLLius M. Cicero Arpinas, vir in toto orbe mirabilis, pliiloso- phus insignis, orator nulli secundus tanta scripsit quanta'legere non leve sit '.

^ La notizia f. 69?; ' De oratore lib. Ili, quartus Brutus, quintus Orator ' gli deriva da una fonte affine a Riccardo di Fournival, che nel suo elenco dell'anno circa 1250 nota: ' Eiusdem (Ciceronis) de oratore libri III et quartus Brutus et quintus Orator ', cfr. nota 92 e Manitius in Rhein. Mus. XLVII, 1892, Ergzh, p. 17. F. 87?; ' Simonides... artem memoriae tradidisse primum refert Cicero ' rimanda a Cicer. De orat. II 352, un passo che manca ai codici mutili ; ma il Pastrengo attingerà da una fonte indiretta.

91 F. 70 ' Orationes etiam (scripsit) quarum nescitur numerus, sed de innumeris aliquas...'; f. 65 ' Wervitis Sttlpituis romanus iurisconsultus pri-

cap. I) GUGLIELMO DA PASTRENQO 19

informati siamo sugli scritti filosofici, dei quali adoperava una buona parte: il Be fato (f. 25), il Be ofjlciis (f. 36"; 55"), gli Accademici (f. 3 " ; 4 " ; 23), il Be divinat. (f. 3 " ; 6 ; IG " ; 29 " etc.), il Caio maior (f. 64), il Be fìnihus (f. 4"; 13"; 64"), il Be deor. nat. (f. 4; 22").

A dissipare ogni scrupolo che il Pastrengo desumesse le no- tizie e i passi degli autori nuovi per quei tempi o dai Flores del codice Capitolare o da altri Excerpta, avvertiamo primiera- mente che dai Flores egli non attinse, perché a cagion d'esem- pio il nome e i versi di Publilio Siro non gli derivano di li, ma da Gelilo; di Tibullo cita un luogo che ai Flores manca; e ivi sono estratti di Draconzio, autore a lui rimasto ignoto. Osserviamo secondariamente che non trae da altri Excerpta, perché a Verona esistevano anteriormente a luì i testi interi di Catullo e di Plinio il giovine; esistevano Varrone Be re ru- stica e le Epist. ad Att. di Cicerone, ottenuti di l'uno e l'altro dal Petrarca, il quale sapeva che c'era anche Calpurnio, sebbene non l'abbia potuto avere. Conchiudiamo pertanto, fatte naturalmente le debite eccezioni, che il Pastrengo degli autori e noti e non noti da noi elencati aveva per la massima parte conoscenza diretta.^^

mnm in causis orandis tantns fiiit, ut liaud diibie post Marcum Tiillium se- cundum locum obtineret... (cfr. Digest. I 2 § 43). Huius Cicero in Philip- picis (IX) elegans et summum perhibet testimonium '.

S2 Parimenti conoscenza diretta degli autori da lor citati ebbero un se- colo innanzi il francese Riccardo di Fournival e il tedesco Ug^o di Trimberg; dei quali il primo alla metà del sec. xiii compose la Biblionomia, il secondo nel 1280 il liegistrum auctorum. Riccardo elenca gli autori classici latini che conobbe o almeno vide, eccettuate forse le opere rettoriche di Cicerone, segnate in quest'ordine: ' Eiusdem (Ciceronis) de oratore libri tres, et quartus Brutus, et quintus orator in uno volumine ', che doveva essere tra- dizionale ; e infatti lo ripete anche il Pastrengo. Ugo registrò i soli poeti, ma si antichi che medievali e di ogni loro opera reca il principio; nomina anche di passaggio alcuni prosatori : Sallustio e Cicerone (v. 33 ; 279), Se- neca (104), Donato e Prisciano (169-233), Boezio (250-259), Galeno e Ippo- crate (273), Girolamo (410; 681), Terenzio (280-282): si capisce che il suo Terenzio era scritto a pagina piena, come prosa. La Biblionomia di Ric- cardo fu pubblicata da L. Df.i.islk Le cabinet des ms. II 514 ss (e su di essa vedi M. Manitius op. cit. 1-5) ; il liegistrum di Ugo da J. Hììmeiì in Siteungs-. berichte des philos. histor. Classe der k. Akademie der Wissensch., Wien 1888, CXYI 157 ss.

20 GUGLIELMO DA PASTRENGO (cap. I

Ho detto in principio del capitolo che la nostra storia pren- deva le mosse da nomi non famosi; ora se con le cure amo- rose spese intorno al Pastrengo fossi riuscito a collocarlo fra gli scopritori illustri, sarei oltremodo lieto d'aver reso giustizia a un uomo immeritamente obliato.

Appendice al Gap. I.

a (=n. 18) Per Girolamo e Gennadìo adoperava probabilmente il cod. Capitolare Veronese XXII (20) sec. vi-vii, che contiene fra l' altro Hieronymi et Gennadii de viris illustribus. Sul testo di Gennadio eh' egli aveva tra mano sorge un dubbio. Tarlando infatti di S. Agostino, dopo di aver enumerate molte opere di lui, soggiunge f. 12 : ' Si quem almi praesulis huius noscendi operum suorum titulos maior sitis exagitat, Genadium presbyterum Massi- liensem quaerat, qui voluminum patris eius (huius il cod.) ultra sexcenta nomina scribit '. Ma Gennadio e 38 non ha nulla di tutto ciò. Del Saresbe- riense cita il Policratieus quattro volte, senza nominare l'autore: f. 36 ' HiGiNUs... Item de re militari, Policrato (sic) teste ', cfr. Iohannis Saresber. Policratieus, Lugd. Bat. 1639, 377 ' quae lulius Hyginus, quae Vegetius Re- natus, cuius eo quod elegantissime rei miiitaris artem tradidit ', donde l'equivoco del Pastrengo, che attribuì a Igino ciò che si dice di Vegezio ; f. Blv ' PoRTUNiANus Hbrum de civilibus tradidit institutis, Policrato teste ', cfr. Policrat. 555; f. 66 ' Sempronius Asella, ut (et il cod.) Policratius (Policra- tu8 il cod.) refert, romanam scripsit historiam '; questo riscontro non c'è nel Policrat. e il Pastrengo avrà scambiato con Gellio II 13, 2 ; f. 131 ' Thebani venaticam artem instituere primi. Policratus ', cfr. Policrat. 9. Nemmeno il Burley è citato per nome, ma col titolo Libri de vita philosophorum, p. e. f. iv; 13; 16; 16?j; 26; 64 1' etc. Basterà un raffronto, f. 26 ' Epimenides... Scripsisse etiam in libris de vita philosophorum legitur de genesi et ortu divino libros versuum quinque millium et de diversis naturis rerum libros versuum novem millium et quingentorum ; item prosa libros de cretensi pollitia et victoriis eius', cfr. Burlaeus, Tiibingen 1886 (Knust), 56: 'et scripsit de genere et ortu divino librum V milium versuum, nec non de di- versis naturis rerum libros IX milium ac quingentorum carminum. Item scripsit prosaice de victoriis et de cretensi policia '. Il Burley fu quasi con- temporaneo (1275-1337) del Pastrengo. Conosce i più riposti scrittori me- dievali, p. e. Evax, che è citato cinque volte: f. 120v; 121 (due volte); 121 «; 122. Questo Evax è un presunto re arabo, contemporaneo di Nerone, autore di un trattato sulle gemme, che il bretone Marbod (m. 1123) ridus.se

cap. I) GUGLIELMO DA PASTRENGO 21

in esametri latini. Il poemetto di Marbod fu pubblicato la prima volta a Rennes ' Redonis 1524 ' (Faiìkkius, op. cit. V 16), la seconda ' Lipsiae 1585 ' col titolo De gemmis scriptum Evacis kegis Akabum. Reca perciò meraviglia che al Pastrengo sia rimasto ignoto Vincenzo Bellovacense, del quale sa solo che esiste un' Historia omnimoda, f. 76 v. Che non lo adoperi, risulta da due indizi, il primo che al suo elenco mancano alcuni autori noti a Vincenzo, il secondo che di altri parla diversamente da lui. Per l'uso che fa deWUistoria del mansionario cfr. Taktakotti, op. cit., XVIII 174.

6 (=n. 79) Saggio di citazioni dnlVHistor. Aug.: f. Qv ' Adrianus impe- rator... vitam suam et gesta memoriae dedit. Caracannas (sic) etiam libros obscurissimos imitando Anthimacum scripsit, ut Sparcianus refert' (Hadrian. I 1 ; XVI 2) ; f. 27 ' Elius Lampridius vitam descripsit Comodi, Heliogabali, Diadumeni et Alexandri romanorum principum. Sub primo Constantino il- lu.stris ' ; f. 27 ' Elius Spartianus Adriani, Elii, Veri, Didii luliani, Severi, Pesteverii (anche il cod., = Pescennii) Nigri, Carachalli atque ingentium (gente il cod., = .\n. Gete) imperatorum vitas descripsit et tempora, Con- stantino primo imperium gubernante'; f. 29r ' Flavius Vopiscus Syracusanus Aureliani, Taciti, Ploriani, Chari, Carini et Numeriani principum romano- rum, Firmi, Saturnini, Proculi et Bonosi tyrannorum gesta descripsit et vi- tas, Constantini magni temporibus ' ; f. 30 ' Fabius Sosianus, Fulvius Aspbia- Nus, Fabius Cerilianus ' tolti da Vopisco Firm. II 1; X 4; XVII 7; f. 38t? ' luLius Capitolinus Antonini Pii, Monchi (Monachi il cod., = M.acrìm?), Gal- lienorum duorum et tyrannorum XXX sub Gallieni imperio assurgentium, Pertinacis imperatoris, Clodii Albini, tyrannorum duorum Maximinorum (maximorura il cod.), Gordianorum trium, Maximi Pupieni et Albiani (anche il cod., = Balbini), Valerianorum duorum romanorum principum gesta nar- ravit, Constantini magni temporibus fulgens ' ; f. 74v ' Vulcatius Gallica- Nus Avidii Cassii, qui M. Antonini tempore Orientis invasit imperium, vitam et gesta scripto mandavit, sub Constantino principe notus '. Ritengo inutile moltiplicare le prove che il Pastrengo ebbe sott' occhio un testo intero del- VHist. Aug. Per le Epistul. ad Alt. di Cicerone cfr. P. de Nolhac, Pé- trarque et l'humanisme 183; e per il Palatino e il Petrarca id. 100; 252- 256. Sul Palatino come archetipo di tutti gli altri codici cfr. H. Dessau in Hermes XXIX, 1894, 399, dove è inoltre detto che deriva da quello anche la collezione degli Excerpta dell'altro cod. Palat. 886 sec. xi, ma che forse ne sono indipendenti gli Excerpta del cod. Cusano, ib. 413-415 ; non vi si fa cenno però dei Flores del cod. Capitolare di Verona.

Giunta alla p. 5. Per la corrispondenza tra il Petrarca e il Pastrengo cfr. I. Fracassetti In epistolas Fr, Petrarcae adnotationes, Firmi 1890, 166-170, e Lettere di Fr. Petrarca . . volgarizzate dallo stesso Fracassetti, Firenze 1864, II 437-443. Sulla famiglia del Pastrengo informa un'epistola poetica indirizzatagli nel 1350 dal Petrarca (Opera, Basileae 1581, III 115 Oulielmo Veronensi oratori s.), con la quale lo eccitava a recarsi a Roma per il giubileo. Ecco alcuni versi : ' nulla futuri Sollicitudo premat neu te mentita dolentum Impediat pietas. Affusam in limine matrem Despìce, nec teneri moveant te dulcia nati Oscula ; grandaevum fugiens sine Aere paren- tem Et sine ventus agat suspiria tristis amici ; Non natae seu forma virens seu nubilis aetas. Non germanus amans, trepidae non verba sororis, Can- dida nec blando teneat te raurmure coniunx '. Di qui ricaviamo che nei 1350

22 GUGLIELMO DA PASTHENGO, IL PETRARCA (gap. I

il Pastrengo aveva i genitori vivi, un fratello, una sorella, la moglie, un figlio piccolo e una figlia quasi da marito.

Giunta alla p. 16. Ho avuto agio di esaminare il cod. Palat. 899 del- l' Historia Augusta e pare anche a me di aver riconosciuto veramente la mano del Petrarca nella maggior parte delle postille marginali. Senonché una di esse, al passo della Vita Iladr. 11,1' ante omnes tamen enitebatur nequid otiosum vel emeret vel pasceret ' (f. 6) suona cosi: ' lllud thelemaci dictum in odissea secutus '. Con queste parole credo che il Petrarca rimandi all' Odis. IV 600-608; in ogni modo egli aveva sott' occhio il testo d'Omero nella traduzione latina di Leonzio Pilato. Ma la traduzione non pervenne nelle sue mani che nel 1367 (De Nolhac Pétrarque etc. 346-347); e da allora in poi non sappiamo eh' egli sia più toi'nato a Verona, senza dire che sin dal 1356 possedeva un apografo dell' Ilist. Aug. In tal guisa ricadiamo nel dubbio e non vedo come risolverlo.

Giunta alla p. 16 n. 80. Anche il Bahrens nella sua edizione di Tibullo (Lipsiae 1878) p. VI ritiene che il Pastrengo attingesse da un testo intero di Tibullo, al pari del compilatore dei Flores. Dei tre passi tibuUiani re- cati nei Flores uno, I 4, 22, non è dato da nessun' altra fonte e ha la lezione et longa [reta ferunt, doveché il cod. Ambrosiano R. 26 sup. posseduto dal Salutati legge et [reta summa ferunt. Bisognerà perciò dire che l' esemplare Veronese apparteneva a una famiglia diversa dall' esemplare del Salutati.

Giunta alla p. 16 n. 82. Riporto per intero il passo della lettera del Petrarca al Pastrengo Fam, XXII 11 (ed. Fracassetti) : ' Raynaldum (da Vil- lafranca) nostrum mei memorem salvere iube, cui hoc ipsum scribere nec volui nec potui; expecto enim Calpurnii Bucolicum carmen et tuam Varro- nis Agriculturam : valde enim memini si quid mihi promittitur. Vale. Pa- tavìi XVII aprilis, propere '. In luogo di Calpurnii la citata ediz. di Ba- silea II 1024 legge Calphurni, che corrisponde meglio alla forma Calphur- nis adoperata dal Pastrengo. Considerando poi attentamente le parole del Petrarca vediamo che la menzione della Bucolica di Calpurnio si riferisce a Rinaldo, doveché al Pastrengo apparteneva solo 1' Agricoltura di Varrone, come indicali pronome tuam. E cosi assegneremo a Rinaldo da Villafranca il possesso e fors' anco la scoperta di Calpurnio. Su Rinaldo (Cavalchini) da Villafranca (1290 ? - 1362) vedi G. Biadkgo in Atti del R. Istituto Veneto di scienze... LVIII 261-280; LXII 611).

CAPITOLO II

La triade fiorentina

(seconda metà del secolo xiv)

Eccoci ora ai nomi famosi, primo di tutti il Petrarca.

Francesco Petrarca viaggiò molto in Italia e molto anche fuori, specialmente in Francia, dove trascorse buona parte della sua vita giovanile, visitò Parigi e si spinse verso il settentrione d'Europa fino nelle Fiandre. In questi viaggi andava frugando le biblioteche dei monasteri e dei capitoli in cerca di codici, eh' egli stesso copiava o faceva copiare ; ^ parimenti in Italia a Eoma, a Verona, a Genova, a Mantova scoperse codici, li copiò, li comprò, li ebbe in dono dagli amici. ^ Ma quali abbia egli scoperti nel vero senso della parola, non è agevole sta- bilire, perché alcuni gli furono regalati, altri erano o pote- vano essere noti avanti di lui.

Cominciando dai poeti, lasciamo Terenzio, Vergilio, Orazio, Ovidio, Lucano, le Tragedie di Seneca, Persio, Giovenale, Sta- zio, i cosiddetti Distici di Catone, autori che erano alla por- tata di tutti; Catullo lo possedette di certo ^ e l'ebbe dai Ve- ronesi; a Verona c'erano anche, e l'abbiamo veduto, Calpur- nio, Corippo, Tibullo, la Laus Pisonis, ma non ne venne in potere. Di Properzio lo possiamo ritenere scopritore,* finché

1 P. DE NoLHAc Pétrarque et Phumanisme, Paris 1892, 37-39.

2 Id. ib. 40, 43, 46, 47, 54, 202,

3 II), ib. 75, 131, 139-140.

^ Id. ib. 75, 132; 141-142. Il Properzio della Bodleiana Add. B 55 vor- rebbe essere appartenuto al Petrarca ; senonché non è del sec. xiv, bensì del XV ; e per farlo apparire del xiv furono raschiate due cifre della data .

24 IL PETEAECA

(cap. II

nuovi documenti non proveranno il contrario; e altrettanto af- fermiamo dei pochi frammenti di Ausonio da lui posseduti, nei quali son comprese le PeriocJiae dei poemi omerici, salvate agli studi dal solo suo apografo. Componimenti poetici che allora non erano forse noti neanche a Verona e che il Petrarca conosceva, sono l' Ilias latina, le prime otto commedie di Plauto col Querolus, alcuni carmi deìVAnthologia e qualche poemetto deWAppendix Vergiliana (p. e. il Culex, le Rosae, ' Ver erat '). Aveva Claudiano maggiore e minore, già noto ai Veronesi.^

1 prosatori posseduti dal Petrarca divideremo in tre cate- gorie: primieramente quelli che erano più alla mano e basterà nominarli: Sallustio {Cat., lug.), Valerio Massimo, le opere filo- sofiche di Seneca, Giustino, le grammatiche di Donato "^ e di Pri- sciano; secondariamente quelli che si trovavano nelle mani delle persone più colte, fra i quali : Cesare, Apuleio, Macrobio, le Declamationes di Quintiliano e di Seneca, Solino, i dodici Ce- sari di Svetonio, Ditti, Darete, Ploro, Eutropio, Orosio, Mar- ziano Capella, Curzio Eufo e il De viris illustribus, dal Pe- trarca attribuito con altri a Plinio.'''

Si aggiunga che il copista Laurentius Dolabella è del sec. xv. Cfr, E. S. in Studi ital. di filol. class. VII, 1899, 107 e in F. Petrarca e la Lombardia, Milano 1904, 200-201.

5 De Nolhac ib. 169, 171-172, 203; 321; 132, 155; 193; 131, 167-168. L'indice particolareggiato dell'apografo ausoniano del Petrarca nell' edi- zione di Ausonio del Peiper, Lipsiae 1886, p. XXXVI. Della sua conoscenza del Culex il De Nolhac non reca nessuna prova (p. 130, n. 4); essa è nel Virgilius Ambrosiano del Petrarca, dove in proposito di Verg, Geo. Il 458 egli nota, f, 33 : ' Bona agricole. Adde bona pastoris, de quibus idem in culice ' (v. 58). Nelle Epist. fam. I 2 cita i v. 49-50 delle Rosae col titolo ' illud Virgilii tunc iuvenis iuveniliter dlctura ' ; altri le attribuiscono ad Ausonio. La frase ' non sum qui fueram ' di una sua epistola {Variar. IX, ed. Fracassetti III 321) potrebbe derivare dal ' non sum qui fueram ' di Massimiano (I 5) e farci credere che conoscesse questo poeta ; ma la frase era già penetrata negli scritti medievali, p. e. nel Pamphilus (vedine il testo in Archivio glottologico X 188 ' Non sum qui fueram, vix me cognoscere possum '), e da quelli l' ebbe il Petrarca. Del resto non dimentichiamo che anche in Properzio I 12, Il leggiamo ' non sum ego qui fueram '.

*• V. Append. a.

7 De Nolhac 247-249; 131, 242, 296; 132, 298; 132, 282; 310; 132, 302; 132, 208, 243-244 ; 228 ; 250 ; 203, 228 ; 204, 242 ; 242 ; 299 ; 290 ; 246.

cap. II) Ili PETRARCA 26

Dei prosatori della terza categoria, che era difficile otte- nere sia per la mole delle loro opere sia per il carattere troppo speciale di esse, il Petrarca conosceva : la Breviatio fabula- rum Ovidii,^ il commento di Servio a Vergilio, la Continentia Vergiliana di Fulgenzio, Gellìo, Censorino, la Mathesis di Firmico, la Naturalis Historia di Plinio, Pomponio Mela, la Institutio (mutila) di Quintiliano, V Apocolomjntosis di Seneca, la Historia Augusta, le tre deche (I, III, IV) di Livio, il Be re militari di Vegezio, Vibio Sequestre, Vitruvio, gli Stratege- mata di Frontino, Varrone Be lingua latina (lib. V?) e Be re ru- stica, VAgricultura di Palladio, Nonio Marcello, il commento di Vittorino al Be invenzione di Cicerone,^ le Periochae liviane,^" il commento di Elio Donato alla Bucolica di Vergilio, di Vacca a Lucano, ^^ il cosiddetto Tertius mythographus Vaticanus di Alberico^^ e una collezione di scrittori gromatici.^' Taluni di

8 De Nolhac ib. 170 col titolo Enarrationes in Metamorph. Ovidii. Que- sta Breviatio fu attribuita erroneamente a Lattanzio Placido e nel sec. xv fu stampata col nome di Donato, IIain-Copinger 6386-6388. Sui codici di essa U. Knaack in Jahrb. fiir class. Philol. CXLI, 1890, 349-350; Bandini Cod. lat. Ili 681 (cod. Laur. 63. 15); C. Pascal in Bollettino di filologia XI, 1904, 112-114.

9 Id. ib. 119; 111-112 (Fulgenzio) non è però certo; 131, 297-298; 131, 299; 131, 278, 300; 132, 242, 270-271; 132, 242, 301; 132, 243,281-285; 309; 132-133; 132, 229; 133, 296; 133, 302; 133, 299; 203, 242, 296; 243, 278, 307-308; 296; 298; 206-207.

i*^ Id. ib. 245. Una copia delle Beriocliae liviane del Petrarca, ora nella Biblioteca Nazionale di Napoli, era venuta in mano di Gasparino e Guiniforte Barzizza e indi del Parrasio, cfr. R. S. Le Periochae Liviane del Petrarca in F. Petrarca e la Lombardia 195-200.

" V. Append. b.

12 De Nolhac ib. 170-171; Teuffel-Schwabe Bdm. Literatur % 42, 10.

13 Nel 1392 il Salutati scriveva aver avuto sicura informazione, che dalla biblioteca del Petrarca era passata in quella del Conte di Virtù (Gian Galeazzo Visconti) ' librum M. Varronis de mensuris orbis terre, librum quidem mag-num in antiquissima littera, in quo sunt quedam geometrice figure ' (Salutati Epist., ed. Novati, II 392). Non può essere che un'opera gromatica trasmessa erroneamente sotto il nome di Varrone in una silloge gromatica a noi ignota. Il nome di Varrone porta un libro gromatico nel cod. Arceriano : Incipit liber marci barronis de geometria ad rufum feli- citer Silbitim; e nella raccolta gromatica di un codice antico (* tam abrosis cliaracteribus, ut vix legi possit ') posseduto da Andrea Alciato, fra gli scritti di Agennio Urbico, Giunio Nipso, Balbo e Giulio Frontino, c'era anche M. Varrò de arithmetica. Un codice affine a questi doveva essere il petrar-

26 IL PETEAECA

(cap. II

questi, come la Naturalis Historia di Plinio e Nonio Mar- cello, si stentavano ancora ad avere parecchi anni dopo il Pe- trarca ; la Institutio di Quintiliano giunse a lui del tutto nuova, quando gliela regalò Lapo da Castiglionchio (il vecchio) la conobbe il Boccaccio ; ^* la Historia Augusta l'ebbe dai Veronesi ; ^^ la collezione gromatica fu effettivamente scoperta dal Petrarca, ma in seguito si perdette e solo alla fine del sec. XV vennero in luce altre collezioni simili; cosi pure sco- perse egli il commento di Donato alla Bucolica. Degli altri nominati un buon numero rimase sconosciuto ai Veronesi: Varrone Be lingua latina, Cesare, Vitruvio, V Apocolocyntosis di Seneca, Apuleio, Firmico, Censorino, il commento di Vitto- rino al De inventione, Nonio Marcello, e le Periochae livìane, per non parlare di rarità, quale la collezione gromatica. Ma dall' altro canto alcuni autori venuti a conoscenza dei Vero- nesi, Columella, Plinio il giovine {Epistulae) e i frammenti delle Historiae di Sallustio, restarono a lui interdetti.

Ho riservato all'ultimo Cicerone, l'autore preso maggior- mente di mira dal Petrarca, che ne cercò le opere egli stesso e le fece cercare dagli amici in Italia, in Francia, in Germa- nia, in Spagna, in Brettagna e perfino in Grecia.^^ Gli furono note : il Be invenfione, la pseudociceroniana Bhetorica ad Her., il Be oratore e VOrator (mutili),^'' le Partitiones oratoriae, il Be amicitia, il Be senectute, i Paradoxa, il Be officiis, i due libri degli Academica, il Timaeus, il Be legibus, il Be fato^ il Be fmibus, il Be natura deorum, il Be divinatione, le Tu- seulanae quaestiones}^ La maggior parte di queste opere retto- riche e filosofiche entravano già nel patrimonio letterario dei Veronesi. Essi inoltre fornirono nel 1345 al Petrarca il corpo

chesco. Cfr. Die Schriften der rómisch. Feldmesser (Gromatici), von Blume, Lachmann und Rudorflf, Berlin 1848, I 243, 17 n; II 54-55; 219-220.

i< De Nolhac ib. 281.

15 V. sopra p. 15-16, 22.

18 De Nolhac ib. 181.

17 lu. ib. 189 ; 189 ; 182, 187-188. Pare che non conoscesse il De optimo genere oratorum e la Topica, ib. 209, n. 5.

1** Id. ib. 187 ; 187 ; 187 ; 187 ; 187; 187, 208 ; 208, 329, 333 ; 182, 188; 187 ; 183, 207-208 ; 187 ; 187 ; 182, 187, 204.

cap. II)

IL PETEARCA 27

delle Epist. ad Att.^^ Ma egli li superò di gran lunga nella raccolta che si procacciò delle orazioni. Oltre alle Filippiche, possedeva le Catilinarie e tre Verrine. Nel 1333 scoperse a Liegi l'orazione prò Archia\ quattro altre ne ottenne nel 1350: p. Milane, p. Piando, p. Siila, De imperio Cn. Pompei ; ebbe ancora le tre Cesariane : p. Marcello, p. Ligario, p. Deiotaro, e le due post reditum: ad populum e ad senatum, alle quali ne aggiungeremo tre spurie : ad eqiiites romanos e le due in- vettive scambiate tra Cicerone e Sallustio.^"

Chi voglia concretare il proprio giudizio sulle scoperte del Petrarca nel campo classico, tenga pur conto che molti autori erano noti prima di lui ^i e che un buon numero li ottenne per via dei suoi amici ;^^ ma non dimentichi nemmeno che nessuno in quel tempo possedette una collezione la quale potesse ga- reggiare con la sua e che ciò che a lui non riusci trovare, fu trovato di poi in grazia del potente e fecondo impulso da lui impresso a tali ricerche.

Non intendendo escludere del tutto dalla nostra storia gli scrittori sacri, sia perché servono di sussidio e di complemento all'illustrazione dei classici profani, sia perché anche su di essi si esercitò lo spirito indagatore degli umanisti, daremo, come per il Pastrengo, un brevissimo cenno di quelli che furono noti al Petrarca. Degli apologisti conobbe certamente il solo Lat- tanzio (le Institutiones) e probabilmente Cipriano, ma senza dubbio gli restò ignoto Tertulliano. Dei sommi Padri, Ambro- gio, Agostino, Girolamo, possedette alcune opere : di Girolamo un Sermo, le Vitae patrum, il J)e viris illustribus, il Liber contra lovinianum, le Epistulae e la Ghronica; di Agostino le Gonfess., i Soliloq., il De civit. dei e il Commentarius in L

i'' De Nolhac ib. 183, 212. V. Append. e.

20 Id. ib. 185, 193, 210: tredici le Filippiche, come nel codice del Pa- strengo; 187; 209; 182, 208; 184, 208; 187, 296; 188; 208; 188. Fu un'illu- sione del Petrarca l'aver creduto di possedere il De gloria di Cicerone e il De rebus divinis et humanis di Varrone, ib. 216-223.

*i Olti'c alle scoperte dei Veronesi, rammenteremo clie le tre orazioni Cesariane erano già note a Brunetto Latini, Dk NoLirAc ib. 179, n. 4.

'■^ Ebbe quattro orazioni di Cicerone e la Institutio di Quintiliano da Lapo e codici di Cicerone da Raimondo Soranzo, De Nolhac ib. 184, 216, 283.

28 IL BOCCACCIO

(cap. II

psalmos posteriores donatogli dal Boccaccio; di Ambrogio le Epistulae e alcuni opuscoli. Aggiungeremo il testo latino delle Antiquitates iudaicae e del De hello iudaieo di Giuseppe Flavio. Infine degli scrittori che tramandarono la scienza antica al medio evo sotto forma di enciclopedie nomineremo le Etymo- logiae di Isidoro e il trattato di Cassiodoro sulle sette arti li- berali, De institutione saecularium lectionum, assai raro e dif- ficile ad aversi. 23 I poeti cristiani gli furono o poco familiari 0 poco simpatici; e con certezza possiamo affermare che egli possedesse solo pochi carmi di Prudenzio. ^^

All'operosità del Petrarca quale scopritore e raccoglitore di manoscritti fa degno riscontro quella del contemporaneo e amico suo Giovanni Boccaccio, ^^ La collezione del Boccaccio era ragguardevole, poiché nel catalogo redatto del 1451,^6 quan- d'essa aveva preso dimora stabile nella biblioteca di S. Spirito a Firenze, a cui l'aveva legata il proprietario, contava ben 106 volumi : ^^ numero certamente inferiore al vero, sapendosi di molti altri codici posseduti dal Boccaccio, che qui non com- pariscono. E non meno ragguardevoli furono le sue scoperte. Intanto conobbe Lattanzio Placido, commentatore di Stazio,

23 P. De Nolhac De patrum et medii nevi seriptorum codicibus in bibliotheca Petrarcae olini colleetis, Parisiis 1892, 12, 13-14, 16-17, 18-19, 20-21, 24, 29, 37. Sul trattato di Cassiodoro cfr. R. S. Spogli Ambrosiani 280-281.

2< De Nolhac Pétrarque 167-170, 174-175.

25 11 suo istinto investigatore è attestato dalla visita a Montecassino nar- rata dal suo scolaro Benvenuto Rambaldi nel Comm. alla Commedia di Dante, Par. XXII 74.

^^ Il catalogo si legge nel cod. Ashburnham di Firenze 1897, che com- prende 1' elenco di tre collezioni, una delle quali la boccacciana, col titolo di parva libraria. Fu pubblicato in estratto per le altre due collezioni e integralmente per la parva libraria da A. Goldmann in Centralblatt fiir Bibliothekswesen IV, 1887, 137-155, che vi intravide (p. 139) il fondo boe- cacciano, ciò che fu poi largamente dimostrato da F. Novati in Giornale star, della letter. ital. X 419-420. Parecchi codici del Boccaccio esistono ancora, scritti di suo pugno, e tra essi alcuni già appartenuti alla parva libraria, come può vedersi in 0. IIeckeu Boccaccio-Funde, Braunschweig 1902, 29-36, dove son recati (38-42) notevoli emendamenti al testo del ca- talogo pubblicato dal Goldmann.

2' Il catalogo ne 107, ma bisogna togliervi il cod. 4 del banco III: ' plura opuscula Leonardi Aretini ', che vi fu certo intruso posteriormente.

cap. II) IL BOCCACCIO 29

rimasto ignoto al Petra rca.^» Del pari ignoto al Petrarca fu Marziale, ^^ che il Boccaccio possedette, come leggiamo nel ca- talogo della parva libraria: ^'^ ' Item in eodem banco VI li- ber VII Magistri (= Marci, nato da 31.) Valerli Marialis ephygramaton ligatiis et copertus corio obscuro, cuius princi- pium est: Barbara phiramidum sileant {Spect. I 1), finis vero penultime earte: Tossica seva gerit ' (X 36, 4).3i E tanto più importante è questo codice di Marziale, in quanto che esso recava al principio il libro degli Spectacula, proba- bilmente integro, doveché di tal libro ci sono giunti solamente estratti per via di florilegi; e l'unico codice, venuto in luce tra la fine del sec. xiv e il principio del xv, che originaria- mente lo aveva forse tutto, era mutilo J^

Il Boccaccio inoltre scoperse il codice di Tacito, ora Lau- renz. 68. 2, conosciuto comunemente col nome di Mediceo 11,^' che egli esportò, non si sa se col permesso o senza, dalla bi- blioteca di Monte Cassino,^* e donde si trasse di propria mano

2^ A. HoBTis Studj sulle opere latine del Boccaccio, Trieste 1879, 232, 409, 473. Il Boccaccio identificava questo Lattanzio con l'apologista. Ebbe anche Columella, Hortis ib. 436, che fu tra i noti al Pastrengo, ma ignoto al Petrarca, De Nolhac op. cit. 295, n. 4.

29 De Nolhac ih. 173.

30 GOLDMANN Op. Ctt. 152.

31 Si potrebbe rimanere incerti fra toxica saeva mero II 19, 6 e toxica saeva vias X 36, 4 ; ma dobbiamo accettare questo secondo passo, quando si sappia che il Boccaccio citava il lib. VII nella Genealog. Ili 20: ' quod testatur Valeritis martialis aepigrammatum libro septimo (74, 1-2), dicens: Cylenes caelique duces facunde minister Aurea cui torto virga dracone viret ' (Hortis ih. 411).

32 GòTz e LowE in Leipziger Studien I, 1878, 366 ; e K. S. Spogli Am- brosiani 327.

33 Ann. XI-XVI e Hist. I-V.

•* E. llosTAGNo in Tacitus, Cod. Latir. Med. 68 II phototypice editus Lugd. Bat. 1902, VI. Nel 1357 il Boccaccio non possedeva ancora Tacito ; forse sin dal 1362, certo nel 1370, P. de Nolhac Boccace et Tacite, estratto da Mélanges d'arch. et d'hist., XII, 1892, 8, 11. Il gran mistero, di cui gli umanisti fiorentini circondarono questo codice, ci induce nel sospetto che il Boccaccio l'abbia rubato. Ora nel Med. II al testo di Tacito segue quello di Apuleio De magia, Metam., Florid. ; ma più anticamente pare che Apuleio precedesse Tacito, Kostagivo ib. II. Il cod. Laurenz. 54. 32, autografo del Boccaccio, contiene le dette tre opere di Apuleio nello stesso ordine, più in fine il De deo Socratis, Heckkr 34-35. Bisognerebbe vedere se il testo di questo autografo derivasse dal Med. II.

30

IL BOCCACCIO (cap. II

l'apografo, che figurava nella parva libraria di S. Spirito: ' Item in eodeni banco V liber 7. Id quod de Cornelio Tacito reperitur conpletus copertus corio rubeo, cuius principium est: Nam Valeium Asiaticum [Ann.xi 1). Finis vero in penul- tima carta: machina acessura erat'.^^ Il titolo id quod de Cornelio Tacito reperitur fa pensare a una copia autografa; le parole del penultimo foglio machina accessura eraf sono di Vitruvio (x 22, 7), il cui testo perciò egli s'era trascritto o fatto trascrivere di seguito.

Autografo era anche il suo Ausonio e completo, mentre il Petrarca ne conobbe pochi frammenti. Ecco com'è descritto nel catalogo della parva libraria : ' Item in eodem banco Vili liber XI. Auxonius conpletus ligatus et copertus corio nigro, cuius principium est: Phebe poteris (= potens) numeris. Finis vero penultime carte: Die fas non erat ' {Bissula).^^ 11 principio e la fine coincidono perfettamente col testo del- l'editio pr. Venetiis 1472.^7

E Varrone Be lingua latina, ora Laurenz. 50. 10, fonte di tutti gli altri codici, da chi fu scoperto ? 11 Petrarca cita Var- rone una sola volta, in proposito dell'origine assegnata da Livio (II 14) al Tuscus vicus, contro la quale egli nota : ' Varrò aliter 1. T e. (= V 46) de Lingua latina '.^^ La ci- tazione è sicura, poiché il richiamo di Servio {ad Aen. V 560), che potè esser veduto dal Petrarca, al medesimo passo varrò - niano, non reca il titolo dell'opera il numero del libro; il quale se è qui detto I anziché V, come doveva, dipenderà da ciò, che il libro V, con cui s'apre il testo giunto a noi del J)e ling. lai., fu considerato per I. Ma il Petrarca ebbe questo Varrone dal Boccaccio e forse vi allude in quelle parole di una sua lettera a lui indirizzata: ' Kecepi ecce iterum a te librum ex Varronis ac Ciceronis opusculis ',^'* dalle quali po-

35 GOLDMANN op. eit. 151.

36 GoLDMANN Ì6. 155.

3' Per la descrizione dell' ed. pr. R. Peiper in Jahrbiicher filr class. Philol., Suppl. XI, 1880, 194; per l'autografia IIkckek op. cit. 42. Il Boc- caccio cita un paio di volte Ausonio, Hortis op. cit. 410.

'8 De Nolhac Pétrarque 243.

33 De Nolhac ib. 307.

cap. II)

IL BOCCACCIO 31

tremmo argomentare che il Boccaccio gli avesse mandato il solo primo libro, ossia il quinto. Altri indizi in favore del Boc- caccio sono che il Varrone Laiirenz. 50. 10 deriva secondo ogni verosimiglianza da Monte Cassino/*' donde fu da lui tratto an- che il Tacito del Med. II; e che nella Geneal. deorum Varrone è citato cinque volte col suo nome e sette volte adoperato senza designazione di nome nel De montihus etc.*^ Sorge uno scrupolo : vale a dire che il Boccaccio si sia servito quel- l'estratto del T)e ling. lat. che è contenuto nel. cod. Gassi- nese 361 di Vegezio e Frontino; ma l'estratto comprende solo i §§ 41-57 del libro V; e se alcune citazioni del Boccaccio rientrano in quest'ambito, altre sono desunte dai §§ 30, 31, 32, 148, 149 dello stesso libro e una dal lib. VII 50>2 Sembra pertanto ragionevole conchiudere che la scoperta del I)e ling. lat. spetti al Boccaccio.

E un'altra ancora gliene spetta, quella degli 80 Priapea, trasmessaci dal cod. Laurenz. 33. 31, tutto di suo pugno.^^ ^q in appendice al capitolo una sommaria descrizione^*

Lasciando stare i componimenti medievali di questo codice, degli altri in esso, contenuti erano intanto ignoti al Petrarca r Ibis di Ovidio "^5 e la Expositio antiquorum scrmonum di Fulgenzio. Similmente per la prima volta appare nell'autografo boccacciano la collezione quasi intera dei carmi dei Dodici sapienti deìVAnthologia, dovechó il Petrarca possedeva solo sette dei dodici Hexasticha de Cicerone. Cosi deWAppendix Vergiliana non conosceva che qualche epigramma e il Culex, il Boccaccio invece oltre il Gulex possedeva anche le I)irae.^^

•"> II. Kkil in Khein. Mus. VI, 1848, 142-145. Anche per Varrone sospet- tiamo elle sia stato sottratto. Pure dal monastero cassinese proviene il Giu- stino Laurenz. 66. 21, che sin dal 1418 almeno stava in possesso di Cosimo de' Medici, F. Pintor La libreria di Cosimo de' Medici nel 1418, Fi- renze 1902, 8,

^' HoRTis op. cit. 435.

''- Nella Geneal. Ili 22 cosi introdotta: ' Varrò antom vult ubi de origine linguae latinae eam ab bora' etc. ; dove invece di ubi sarà da leggere VII ?

•«J Hkcker op. cit. 35, 1 ; cfr. Bandini Uod. lat. II 124.

■<< V. Append. d.

^5 De Nolhac Pétrarque 145, n. 6.

^'' Entrambi questi poemetti gli provenivano da un codice affine al Thua-

32 IL BOCCACCIO

( cap. II

crediamo che a questi due soli poemetti de\VA]ìpendix si limitassero le notizie del Boccaccio. Si consideri infatti ciò che egli scrive nel Comento sopra la Commedia (i 137) : 'Il qual (Virgilio) non solamente compose l'Eneide, ma molti altri li- bri, siccome, secondoché Servio scrive, lo Stirina, l'Etna, il Culice, la Priapea, il Cathalecthon, la Ciri, gli Epigrammati, la Copa, il Moreto e altri '. Il passo di Servio suona così : ' Scripsit etiam septem sive octo libros hos: Cìrin Aetnam Culicem Pria- peia Catalepton Epigrammata Copam Diras '. Meraviglia an- zitutto la mancanza delle Dire nel catalogo del Boccaccio, tanto più che egli le possedeva nel suo autografo; ma forse non se l'era ancora copiato o si tratterà di una distrazione. In se- condo luogo il Moreto è omesso nel catalogo di Servio e se il Boccaccio lo nominò, segno è che l'aveva veduto. Da ultimo richiama la nostra attenzione il titolo enigmatico lo Stirina, che spiego nella seguente maniera. Molti codici di Servio se- parano male le parole e in luogo di cirin aetnam danno ci- rina etnam (Cirina leggeva anche il Pastrengo); in quello che era a mano del Boccaccio doveva essere scritto: septem sive octo libros Jio scirina etnam (= hos cirin aetnam), donde trasse lo Scirina o lo Stirina. Ora se nonostante l'oscuramento del titolo Cirin, comparisce nel suo catalogo la Ciri, bisognerà dire che egli conoscesse direttamente il poemetto; e ciò non è senza importanza, tenuto conto dell' estrema scarsità di ma- noscritti della Ciri.

Resta del nostro codice la collezione degli 80 Priapea, il testo dei quali si basa in particolar modo sull'apografo del Boc- caccio*'^, che è anche il pili antico. Piuttosto non è ben chiaro perché mai nel titolo originario li avesse attribuiti a Vergilio.*^

neus (Paris. 8069 sec. x-xi) e al Bembino (Vatic. 3252 sec. ix), nei quali il Culex porta lo stesso titolo singolare ed è preceduto dalla stessa Vita ver- giliana, che va comunemente sotto il nome di jBe/'wensis (Buhukns PLMll 12; anche nel cod. Colbertinus = Paris. 7927 sec x occorre identico il ti- tolo del Culex, ma senza la Vita Bernensis). Nel Bembino, nel Thuaneus, come nel boccacciano e in altri, al Cuìex seguono le Dirae.

•*' lìjlHRENs P L M 1 6S; il Biihrens ignorava che fosse autografo del Boccaccio.

^^ L'attribuzione a Vergilio ebbe gran fortuna tra gli umanisti del se- colo XV, i quali meno qualche rara voce di protesta, la accolsero univer-

cap. li)

IL BOCCACCIO 33

Forse lo trasse in errore il titolo Priapeia letto nella succi- tata Vita ver^iliana di Servio; nella stessa guisa che sarebbe tratto in errore oggi chi dalla Friapein e dalla Cunnaia di Albertino Mussato ^^ volesse dedurre che sin dal sec. xiii fos- sero noti gli 80 Priapea, i quali non furono a conoscenza, un mezzo secolo dopo, nemmeno del Ferreto, poiché non se ne scorge ninna traccia nei suoi 82 versi lubrici. ■'^° Il Mussato at- tinse quel titolo dalla notizia di Servio o tutt'al più (ma sia detto con molta riserva) ebbe nelle mani i tre Priapei dei Ga- talepton; materia lubrica poi tanto lui quanto il Ferreto ne trovavano a esuberanza in Orazio, Ovidio e Giovenale.

Conchiudiamo dunque che il Boccaccio scopri Marziale, Ausonio, Tacito (Medie. Il), Varrone Dfi ling. lai., V Ihis di Ovidio, Lattanzio Placido, la Expositio antiquoruni sermonum di Fulgenzio, i Carmina X TI sapientum, alcuni itoemettì àe\- V Appendix Vergiliana, cioè le Dirae e la Ciris (il Moretum era già noto al Pastrengo, v. cap. I n. 47), la collezione degli 80 Priapea e forse il corpo intero delle Verrine di Cicerone :^^ tal numero perciò di autori, che gli assegna nella storia delle scoperte un posto ragguardevole e non prima sospettato. ^^

salmentfi ; cfr. R. S. in Barozzi e Sabbadini S'iudi swZ Panormif a e sm? Valla 8, M\ C. Cali Studi letterari, Torino 1898, 7-12.

'*■' Pubblicate nel Giornale degli eruditi e dei curiosi, V 126,

50 e. Cali, op. cit , 67, 1.

51 Tra i codici delia x>cirva libraria Icgpiamo: ' Item in eodem banco IIII li ber scxtus rectorica inagistri (= Marci, da 31.) Tulii Ciceronis ad Her- nioniuni (= Herennium) conpletu.s copertns cerio albo cuius principium est: De officio oratoris ctc ; finis vero in penultima carta: Pitara pene- travi t ' (GoLDiMAjfN 149). Se le parole pitara penetravit sono storpiate da pirata penetravit, corrispondono alla Verrina VII (Act. II 5 § 98) di Cice- rone (IIeckkr 40); e allora avremmo le sette Verrine, mancanti di qualche foglio alla fine. In ogni modo egli conosceva e citara la Verrina VI (Act. II 4, § II), cf. A. HoRTis M. T. Cicerone nelle operj latine del Petrarca e del Boccaccio, Trieste 1878, 78.

5- Per contro non va attribuita al Boccaccio la conoscenza di autori ri- masti ignoti a lui e al suo tempo, R. S. in Studi ital. di filol. class. V 376-377. Solo si può restar dubbiosi ch'egli possedesse Calpurnio e Nenie- siano. II cod. Harleian 2.'378 sec. xvi, che contiene i due poeti, ha la sotto- scrizione : ' collatus accuratir,sime hic codex... cum ilio quem lohannes Boccaccius propria manu scripsisse traditur bibliothecae sancii spiritus fio- rentini dicatum et cum plerisque aliis : ubi titulum et operis divisionem,

E. Sabbadini Le scoperte dei codici. 3

34 IL SALUTATI

(cap. II

Non meno fortunato scopritore fu Coluccio Salutati, il terzo della Triade. Non gli metteremo in conto la scoperta del codice Vercellese {M} delle Epistulae ad familiares^^ di Cicerone, la quale spetta piuttosto al cancelliere visconteo Pasquino Cappelli e forse in parte ad Antonio Loschi ; s* ma son tutte sue le pra- tiche per ottenerne una copia (P) a Firenze. Parimenti non sco- perse egli Catullo, ma si adoperò presso il veronese Gasparo de' Broaspini, affinché gliene procurasse una copia, quella che forma oggi il cod. Paris. 14137, detto Sangallese, del 19 ottobre 1375, il più antico degli apografi catulliani. Che sia l'apografo commesso dal Salutati accertano postille di sua mano.^^ Fu il primo a possedere il 7)<? agricultura di Catone, ^"^ il Centimeter di Servio, ^^ il commento di Pompeo ^\Y Ars maior di Donato,^^

multa etiam carmina reperimus '. Buon indizio è l'essersi trovato il codice nella biblioteca di S. Spirito; ma quel traditur versa acqua sul fuoco. Diamo dal catalogo della parva libraria la descrizione del Claudiano del Boccac- cio : ' In eodem banco YI liber V Claudianus in metris ligatus et copertus corio obscuro, cuius principium est: Prebeo domiton phyton (= Plioe- beo domitus Python, In Buf. l, praef. 1). Finis vero penultima carta: obsessi principis armis ' (De bello (jot. 561).

53 La denominazione di Epistulae ad familiares non è esatta, ma difficil- mente ormai può essere sostituita da un'altra. La incontriamo già prima del 1406 adoperata da Guglielmo della Pigna (R. S. in Museo ital. di antichità class. Ili 329 n) e consacrata dal Polenton verso il 1430 nel lib, XVI degli Scriptores linguae latinae (eoa . Ambros. G. 62 inf,): ' Extant... epìstolarum libri ad M. Brutum unus, ad Q. fratrem tres, ad Cesarem iuniorem unus, ad Pomponium Atticum XVI: ad viros quoque alios sunt epistolarum Ciceronis libri XVI: vulgo isti familiarium, siiperiores ad Atticum appellantiir '. Pro- babilmente il titolo fu tratto da Svetonio Caes. 56: ' Extant epistulae ad Ciceronem, item ad familiares '...

5< Cfr. KiRNKE in Studi ital. di filol. class. IX 399.

55 Salutati Kpist., ed. Nevati, 1 222 w. 2; III 36.

s*! Salutati Epist. III 172 (tra il 1395 e il 1400): ' sicut Portie gentis auctor, censorius Cato scribit: maiores nostri, ut eius verba referam, virum bonum quem (leggi quom) laudabant, ita bonum lauda- bant agricolam bonumque colonum ; et subdit : amplissime lau- dari existimabatur qui ita laudabatur. Hec Cato'. La derivazione diretta da Catone è sicura, perché il medesimo passo citato da Plinio N. H. XVIII 11 ha notevoli differenze.

5' Salutati Epist. Ili 226,

Salutati Epist. Ili 406 (del 1400): ' Unde vero Nasica Scipio dictus sit, auctoritatem non habeo. Legi tainen in antiquissinio commento Donati, si ve potius (clarum miclii quidem non est, adeo Donati textus, quem habeo, com- mento permixtus est) in Arte malore Donati: Agnomen est quod extrin-

cap. II) IL SALUTATI, N. BECCARI, Q. DE BONIS, A. ARESE 35

le Elegie di Massimiano^'' e le Differentiae pseudociceroniane.^" Degli Aratea di Germanico, opera ignota prima di lui, esiste ancora il suo codice, che è il Laurenz, Strozz. 46;*^' e seb bene spetti ai Veronesi la prima scoperta di Tibullo, fu suo il più antico degli apografi tibulliani giunti a noi, 1' Ambro- siano R 26 sup."*, di famiglia diversa dal cod. Veronese.

* * *

Tra i minori, contemporanei del Petrarca e del Salutati, che cercavano codici, nomineremo il padovano Nicola Beccari scopritore di una presunta lettera di Giulio Cesare ;^3 Giovanni de Bonis d'Arezzo che copiò a Milano Corippo;*'^ il cancelliere dei Visconti Andreolo Arese, il quale pare abbia trovato in

secus venit. Venit autem ab aliqua ratione. Futa: Scipio qui fortitor Africam vicit, dictiis est Africanus et nares Scipio qui maiores liabuit, dictus est Nasica'. Si confronti con Pompeo Com- meìdum artix Donati V 141 K : ' agnonien est quod extrinseciis venit. Venit autem ab aliqua ratione. Puta ncscio qui foititer fecit, Africani vicit, di- ctus est Africanus; naros ncscio qui maiores liabuit, dictus est Nasica'. Il codice del Salutati mancava, come altri, del nome del commentatore. Il codice del Valla al contrario, invece che a Pompeo, attribuiva il commento a Sergio ; li. S. Spogli Ambrosiani 184-185.

s*» Salutati Epist. II 311.

^f* Sono le Differentiae che cominciano : Inter metutn timorem et favo- rem. Ecco la sottoscrizione del Salutati nel cod. Paris. 6357 : ' Keperi in antiquissimo codice libellum de differentiis Ciceronis.... Collucius de Flo- rentia '. Possedette dello Pseudocicerone anche i Synonyma (Epist. Ili 431, 442).

"' ' Liber Colucii pieri de Stignano Cancellarii Fiorentini '; cfr. R. S. in Studi ital. di filai, class. VII 118.

^' ' Liber Colucii pyeri Cancellarii fiorentini '. V. sopra p. 22.

^3 V. Append. e.

"■* Il codice della lohannis di Corippo copiato dal De Bonis nella se- conda metà del sec. xiv è ora il Trivulziano 686, l'unico che ci rimanga del poema. Ne possedette uno nel sec. xv Mattia Corvino, veduto a Buda tra il 1510 e il 1515 da Giovanni Cuspinianus e poi sparito. Questo codice con altri del De Bonis pervenne alla Trivulziana dalla Metropoli di Milano. Cfr. CoRippi lieliquiae in Corpus script, hist. Byzant., Bonnae 1836, pre- faz. del Mazzucchelli XVII-XXXV; G. Lòwk in Mhein.Mus. N. F. XXXVIIl, 1883, 315-316; Fl. Crrsconii Corippi Quae supersiint ree. M. Petschenig, Berolini 1886, X ; F. Petrarca e la Lombardia, Milano 1904, 256, 315. Sul De Bonis in generale E. Carrara in Archiv. stor. lomb. 1898, 261-349.

36 D. BA.NDINI, G. CONVERSINO, Q. SARZlZZA (cap. Il

Francia il 1396 un Quintiliano integro,^'' e Guido da Pietrasanta, cancelliere del Guinigi signor di Lucca, venuto in potere sin dal 1402 di Nonio Marcello, che al Salutati non riesci mai avere.*'*^ Tra i maggiori accenneremo all'enciclopedico Dome- nico Bandini di Arezzo, che nel Fons memorahilium universi'^'' si servi di tutti gli autori allora noti; e a Giovanni Conver- sino da Eavenna, altrettanto dotto, possessore dGÌVAulularia 0 Querolus^^ e della cui biblioteca, venduta dagli eredi, si conserva qualche volume,^^

Quanto a Gasparino Barzizza, che appartiene per più della metà della sua vita al secolo del Salutati, diremo che fu ope- roso ricercatore di libri, specialmente ciceroniani, dei quali possedette tutti quelli di argomento rettorico, le due raccolte epistolari, alcune orazioni, il Laelius, il Caio maior, il De o/ficiis. Ebbe Terenzio, Livio, Plinio N. H., Seneca, Valerio Massimo,''" Gelilo, VHist. Augusta,"^^ il frammento De ortho- graphia di Mario Vittorino; ^^ e alcuni altri autori di cui ci giunsero i suoi esemplari, cioè : il Claudiano del cod. Ambros.

85 Salutati Epist. Ili 146.

•^6 Salutati Epist. Ili 616, 618, 644.

" Cod. Laureiiz. Edil. 172. Il Fons del cod. Torinese h.i la data del ia96 (Rivista di filologia XXXII, 1904, 463, n. 212).

^* Un codice del sec. xiv-xv appartenuto una volta al monastero di S. Mi- chele di Murano comprendeva alcuni espositori medievali, più: Quintiliani fragmentum de institutione oratoria; Expositio Aululariae Plauti ; Epi- stola Francisci Zabarellak ad Antonium ser Chelli de Elorentia tempore pestilentiae, con la data: ' in Monte silicis pridie kal. novembris '. Portava la nota dei possessori : ' Iste liber est Francisci Barbari quondam d. Can- dìani quem emit a commissaria doctissimi viri loliannis de Ravenna prae- ceptoris sui' (Mittakrlli Bibliotheca S. Michael! s X\ ìli ; 1230). V Expo- sitio Aululariae oltre al commento avrà contenuto il testo, o meglio la prefazione del commento e indi il testo con glosse marginali, come nel co- dice Ambrosiano di (ìiovaimi Corvini, R. S. Spogli Ambrosiani 254 257.

<^9 P. e. il cod. Lollìn. 7 di Belluno, su cui vedi R. S. in Giornale sto- rico della leti. ital. XLIII 244. Cfr. la nota precedente.

'0 Un Valerio Massimo aveva questa nota dei possessori: 'Hoc scriptum Valerli emi ego Alexander de Verona a magistro Gasparino Bergomensi pretio auri ducatorum sex cum dimidio sub anno domini mccccxvi ' (Mitta- EELH op. cit. XVIII).

"1 R. S. Lettere e orazioni... di Gasp. Barsizza in Archivio stor. lom- bardo XIII, 1886 : indice delle persone.

'2 R. S. Spogli Ambrosiani 360.

cap. II) IJCi PETEAECA 37

M 5 sup., in parte autografo,^^ le cosiddette Declamazioni mag- giori di Quintiliano e quelle di Seneca del coil. Vatie. 1773^'^ e il Floro con le Perlochae liviane del cod. Nazion. di Napoli IV C 32, trascritte di su l'apografo del Petrarca.^''

'3 R. s. Spogli Ambrosiani 359-361. Nella parte autografa incontriamo il Panegirico di Probino e Olibrio, già noto al Pastrengo e che cominciava a diffondersi allora.

•■« R. S. in Sttcdi ital. di filól. class. V 390-392.

"•• R. S. in F. Tetrarca e la Lombardia, Milano 1904, 195. Ricordiamo anche il cod. Ambros. Z 55 sup. contenente le sentenze di Plauto e Terenzio estratte dal Barzizza, con correzioni autografe.

Appendice al Gap. II.

a (= n. 6) Tra le testimonianze che il Petrarca conoscesse V Ars di Do- nato recate dal De Nolhac una sola colpisce nel segno, la nota autografa sul Virgilius Ambrosiano f. 80 (cfr. Dk Nolhac 131): 'Sinthesis ubi ex omni parte confusa sunt verba....; exemplificat Donatns in Barbarismo ', da confrontare con Donai. Ars IV 401, 18 K. La medesima regola è citata più in esteso al f. 56: ' Donatus in barbarismo. Synthesis est yperbaton ex omni parte con- fusum '... Al f. 52v sull'uso delle preposizioni coi nomi di città: ' De hoc in barbarismo Donati, ibi per adverbia etc. (cfr. Donai. 394, 14). E c'era del resto da giurare a occhi chiusi che il Petrarca non solo conoscesse VArs, ma avesse su di essa imparato il latino. 11 De Nolhac inoltre additò (p, 120) come testo delVArs di Donato la grammatica che sta ai f. 251-269 v del Virgilius petrarchesco; ma ciò non corrisponde a verità; e già A. Ratti in F. Petrarca e la Lombardia, Milano 1904, 229 avverti che quella non è la grammatica Donato, bensi un commento a essa. Senonché anche il Ratti fuorviò nell' avvicinare il commento a quello di Pompeo. Il commento anonimo del Virgilius petrarchesco è invece identico al testo del cod. Mo- nac. Emm. G. 121 sec. x, dal quale il Keil nei Grammat. lat. V 327 trasse 1' esordio e due altri passi ; com. f. 251 : ' Barbarismus est una pars ora- tionis viciosa in communi sermone, in poemate metaplasmus. Attendendum qnod Donatus strenuissime peritissimeque suam ediditartem'; fin, (mutilo per caduta di fogli) f. 269?; ' (Sinedoche) Sed per totum pontum significare vo- luit quemlibet fluctum '. Il commento è medievale, ma serba qualche buon granello; p. e. al f. 252 si legge: ' Mastruga autem, sicut Sergius asserit, est vestis Sardorum que fit ex pellibus ferinis '; questa testimonianza di Sergio è desunta dalla sua Fxplanatio in Donatiim, che giace ancora per gran parte inedita (cfr. Grammat. lat. IV 662 n K.). Nel Virgilius petrar- chesco il commento, che ora chiameremo primo, è alla sua volta interpre-

38 IL PETRARCA

fcap. II

tato sui margini da un secondo, di età più recente, che coni. f. 251 : ' Ut habetur ab Aristotile in fine posteriorum ars est circa generationetn et scientia est circa esse '. A questo secondo testo e non al primo si riferisce il richiamo del Petrarca (notato dal De Nof.hac 131) f. 222 : ' unde ab elido di- citur (elipsis), ut ait commentator in Barbarismum '; infatti l'etimologia non si trova nel commento primo, si invece nel secondo, che scrivo f. 260v: * dicitur eclipsis ab elido elidis '.

6 (= n. 11) Il Petrarca scopri e possedette un commento, non giunto a noi, di Donato alla Bucolica di Vergilio e di esso si servi per segnare in margine al suo Virgilius dell'Ambrosiana le seguenti note all' Ecl. I :

f. di guardia: ' Melibeus a finibus suis discedens ac Titirnm sub fago caloris estum vitantem videns et admirans, ait ti ti re tu e te. Et prono- men hoc tu hic discretionem importat, quasi dicat: tu, ita quod nuUus alius; sive mantuanus, ut Servio, sive poeta, ut Donato, sive, ut nobis videtur, et mantuanus sit qui loquitur et poeta '.

f. 2 (in calce a destra ; sono 9 linee di carattere molto sbiadito : sosti- tuirò in corsivo alcune parole atte a compiere il senso): ' Sub persona Ty- tiri Virgilium intelligimus ; sed quis per Melibeum intelligatur (?) dissentire videntur expositores. Iste enim ] ** per eum significat mantuanum aliquem finibus suis pulsum admirantem super felicitate Yirgilii quem agris | suis re- stitucrat (?) Augustus. At qui Donatum secuntur dicunt Augnstum soli Vir- gilio romanam ystoriam tractandam con | cessisse, adiecto quod (?) * omnium scripta poetarum, qui de ea scribere aggressì fueraut sed nondum perfece- rant, delerentur. Unde | ****** Evangelius et Corniflcius Arrii centurionis cancellarius. Per Tytirum ergo Virgilium, ut diximus, per Melibeum man- tuanoriim (?) poetarum alterum intelligi. Ego qnidem si eligere oportet, hanc ultimam sententiam prefero quam ] ** Soleo tanien utramque permiscere, ut scilicet per Melibeum et poetam intelligam et mantua | num poetam, insu- per (?) et agris privatum et romanam j'storiam vetitum attingere, loquen- tem ad eque mantuanum | et poetam, sed et agrorum restitutione et singu- lari scribendi prerogativa letum atquc gloriantem | '. Il Petrarca poi applica quest'allegoria di suo a tutti i luoghi dell'Egloga I; ma c'è una notizia, che egli non potè cavar dalla sua testa, bensì forse dal commento, ed è questa alla parola gkmkij.os (v. 14) f. 2v ' legitur Corniflcius de ystoria ro- mana fecisse duos libros, quos audito principis edicto deseruit, nec ultra processit '; la notizia è inaudita. L'allusione allegorica a\V historia romana è ricordata anche da Servio, che la confuta : 5 ' kksonaek docks armaryllida s. idest Carmen tuum de amica Amaryllide compositum doces silvas sonare ; et melius est, ut simpliciter intellegamus : male enim quidam allegoriam volunt, tu Carmen de urbe Roma componis celebrandum omnibus gentibus'. Qui non è 1' historia romana, ma un carmen de urbe Roma.

f. 2w ' Hic tamen persecutor Virgilii Evangelus exclamat non esse ad interrogata responsum ; Donatus autem respondet et responsio in eflfectu cum hoc dicto Servii concordat *. Non ci son segni che indichino a qual passo rimandi questo scolio; ma non andiamo errati riferendolo aW Ecl. 1 19, dove Servio discute un dubbio sollevato dagli obtrectatores di Vergilio : ' UKBKM f^uAM DK.'UNT KoMAM quacritur, cur de Caesare interrogatus, Romam de- aeri bat ' etc.

f. 3 alle parole del commentatore Ecl. I 43 (che qui non è più Servio,

cap. II)

IL PETEAECA 39

ma Filargirio) ' dies idest principia mensium ' il Petrarca nota : ' Hoc est una expositio. Alii dicunt per bissenos dìes 12 libros Eneydis veliit prophe- tico spiriti! pronuntiasse Yirfjrilium; qui sensus satis elegans est, dummodo verus 8it Donatus bissenos prò 24 accipit et ad tempus suscepti im- perii refert allegoriain, quod milii non placet '.

Il commento qui citato dal Petrarca ebbe diffusione e lo dovettero co- noscere e il Salutati, che in una lettera circa del 1395 parlando dei detrat- tori scrive: ' et ipse Maro suum habuit Cornificium ', e il Bruni che nel 1401 adopera la stessa frase un poco variata: ' habuit enini ipse Maro Evange- lum ' e Domenico Bandini d'Arezzo, clie nell'ultimo decennio del scc. xiv nomina ' Servium et Donatum eiusdem (Virgilii) nobilissimos expositores ', specificando poi meglio ' teste Donato in expositione Mrgilii ' (R. S. in Studi ital. di filol. class. V, 1897, 387-388). Questo Donato non può essere che il grammatico Elio Donato, di cui ci rimane il commento a Terenzio e che sappiamo avere anche interpretato Vergilio; ma dell' esposizione vergiliana le parti che riguardavano le Georgiche e l'Eneide si son perdute; dell'espo- sizione della Bucolica ci son pervenuti tre capitoli, nemmeno trasmessi uniti, cioè la dedica a Munazio, la vita del poeta e l'introduzione sulla poesia bucolica (per orientarsi vedasi Schanz Geschichte der rom. Litterat. IV § 832, /?.) : il testo del commento alla Bucolica, che finora non s' è rin- tracciato, stava nelle mani del Petrarca.

Però non ci sentiamo di credere che fosse un testo tutto genuino, per due ragioni: la prima che l'allusione allegorica al Carmen de urbe Itoma

0 hisioria romana se è respinta da Servio, che pur propende all'allegoria, tanto meno può venire attribuita a Donato, il quale dell' allegoria si mani- festa quasi oppositore in queste parole dell' introduzione sulla poesia buco- lica : ' Illud tinendum esse praedicimus in Bucolicis Virgilii ncque nusquam neque ubique aliquid figurate dici, hoc est per allegoriam ; vix enim propter laudem Caesaris et amissos agros haec Virgilio conceduntur ' (P. Virgilii Opera ed. Burmannus, Amstel. 1746, I p. XIII). La seconda ragione è che nel testo posseduto dal Petrarca si nominava Evangelus, il noto Vergilio- mastix, interlocutore nei Saturnali di Macrobio (I 24 etc.) e Macrobio visse dopo Donato. Onde bisognerà supporre che il commento di Donato alla Bu- colica sia stato interpolato nello stesso modo che fu la sua Vita vergiliana e verosimilmente dallo stesso autore ; se pure non vogliamo essere più scet- tici ancora e ammettere che si trattasse di un commento d'origine medie- vale, a cui si fosse attaccato o per errore o per frode il nome di Donato.

1 due testi della Vita, il genuino e l'interpolato, in Suetoni Beliquiae ed. Reiflferscheid, 64. Sul tempo in cui le interpolazioni furono fatte una mia ipotesi, che non so quanto sia salda, in Studi ital. V 385-387; VII 39-41. La Vita vergiliana di Donato era certamente nota al Petrarca ; ma indarno ho cercato e sul foglio di guardia e sugli altri del suo Virgilius Ambro- siano la ' longue citation.... avec cotte indication: Donatus in vita Vir- gilii ' attestata dal De Nolhac, Pétrarque et V humanisme, 106, n, 6, che 1' avrà veduta altrove o avrà equivocato.

Del commento di Vacca a Lucano il Petrarca cita due passi sui margini del Virgilius Ambrosiano :

f. 160 V allo scolio di Servio (Aen. VII 711) ' olivif. Mutuscak haec Tre- bia postea dieta est... apud quam Hanuibal delevit populum romanum. Lu-

40 IL PETKARCA (cap. II

canus (II 46) Cannarum fuimiis Trebiaeque iuventus'il Petrarca nota: 'Vacca locuni illuni pertractans (II 46) Trevie, iiiquit, vicus in Tuscia est, ubi Hannibal Flaminium eonsuleni vicit. (Bc, Voss.) Neutrum tamen milii placet '...

ibid. allo scolio di Servio (Aen. YII 717) ' . . . sane A Ili a additum unum 1 propter metruni, ut relliquias. Lucanus bene posuit (VII 63:3) quas Aliae clades ' osserva il Petrarca: ' Non recte exemplificat, nani apud Lu- canum non genitivus proprii nominis singularis est Mie, quod liuic Virgi- lio, sed nominativus pluralis appellativi alius alia aliud. Porro idem Lucanus et in eodem Iibro(VII 409) ait. et dampnata diu ronianis Allia fastis, quem locum exponens Vacca inquit : dies illos quibus ad Can- nas atque ad Alliam pugnarunt infeliciter Romani funebres ha- bitos in annalibus (Voss.). Et li oc si ve in perpetuum si ve usque ad Thesalicum civile belluni, quod usque adeo reliquas clades supergredi tur, ut cum ceteros infaustos dies Roma signasset illuni nescire maluerit ' {La al v. 408).

In parentesi ho segnato i codici degli scoliasti lucanei (ed. Weber, Lipsiae 1831), col cui testo coincidono le citazioni petrarchesche. Il Petrarca pare abbia posseduto o un testo continuo di scolii a Lucano col nome di Vacca (abbiamo ricordo di un Vaca in Lucanum del sec. xii, Manitius in Ehein. Mus. XLVII Rrgh. 65); o un testo di Lucano glossato, dove vuoi le glosse vuoi la biografia del poeta portavano quel nome : in ogni caso si trattava di un codice importante. Per la questione sul commento di Vacca cfr. V. UssANi in Studi ital. di filol. class. XI, 1903, 39-41.

e (— n. 19) Sul suo Virgilius Ambrosiano il Petrarca trascrisse il se- guente passo delle Kfist. ad Att., f. 52v: ' A'^enio ad Pyraea, in quo magia reprehendendus sum quod homo romanus Pyraea scrip- serim, non Pyraeum, sic enim omnes nostri locuti sunt, quam quod addiderim in; non enim hoc ut oppido pr epos ni, sed ut loco; et tamen Dyonisius noster et qui est nobiscum Niceas Cous non rebatur oppidum esse Pyraea. Sed de re videro. No- strumquidem si est peccata m, in eo est quod non ut de oppido locutus sum sed ut de loco secutusque sum non dico Cecilium: mane ut ex portu in Pyreum, malus enim autor latìnitatis est, sed Terrentium, cuius fabelle propter elegantiam sermonia pu- tabantur a C. Lelio scribi: beri aliquot adolescentuli imus in Pyreum '. Kt post panca: 'Sedquoniam grammaticus es si hoc mihi Grecum (sic) persolveris magna me molestia liberaris' Cicero in Kpistolarum ad Atthicum (VII 3, 10). Sappiamo che il Petrarca si trascrisse le Epist. ad Att. dall'archetipo veronese e che si son perduti tanto il suo apografo quanto l'archetipo, mentre ci è pervenuto l'apografo Lauren- ziano 49. 18 chiamato M. Ora la citazione del Petrarca può aiutare a dar un' idea più esatta dell' archetipo e in ogni modo ne ristabilisce due lezioni: addiderim in e kt qui est, fin qui ricostruite congetturalmente. Si aggiunga che la mano di 31 reca cui quod invece di quaìn quod, e de reo invece di de re; le lezioni quam quod e de re furono trasportate su il/ dal Niccoli, come ha dimostrato 0. E. 8ohmidt Die handschr. U eherlieferung der Brief'e Ciceros an Atticus, Leipzig 1887, 62 ; donde il sospetto che il Niccoli per le correzioni adoperasse l'apografo del Petrarca. Cfr. cap. I n. 88.

cap. Il) IL BOCCACCIO 41

d (= n. 44) F. 1. Flani pìanciadis fiilrjentìi v. e. expositio anliquo- rum sermonum ad graticium caìciadium Incipit feliciter. Ne d(! tuoruiii f. 3 Fabij pìanciadis fuìgentii v. e. Expositio antiquorum sermonum cum testimonijs explicit.

F, 3 Estratti dai Santi Padri e da Seneca.

F. 4 Vita Persii Flacci incipit feliciter f. 16?; Finii sextus et ul- timus Hber satirarum persii flacci Vuìterrani feliciter. Johannes (questa è la firma del Boccaccio.il testo di Persio e gli scolii ad esso furono copiati di sul cod. Laur. 37. 19 sec. x-xi, F. Hamokino in Studi ital. di filai, clasn. XII, 1904, 207-260).

F. 17 De nobilitate et (jloria ac tempore nativitatis longitudine tem- pore vite publii virgilii maronis discipuli Epidii oratoris incipit. Publius virgilius maro genere mantuanus di^aiitate eqnes romanus.

Poetarum sapientissimi virgilii maronis condiscipuli Octaviani Ce- saris augusti mundi imperatoris luvenalis ludi libellus incipit Culkx f. 24 Culkx Viikìii.ij Maronis finit . et cetera (il Culex è glossato).

F. 2^V Dire Maronis Vikgilij incipiunt feliciter f. 27t; Dire Maronis ViRGiLu FiMUNT (anche le Dirae sono glossate).

F. 21 V Versus Virgilii quorum materia est. luvenis aprum vuìneravit. ex inproviso serpentem calcavit . et ipsc a serpente mordetur . et simul tres omnes intereunt. Sua iuvenis (Bììhrens PLM IV 158).

F. 27»; -38?; La collezione dei Carmina duodecim sapientum: 'EvsUed- ditur effigies —, Pom Fornias pura —, Max Fontia aqiie —, Vit Expriniit , Bas Apparet raendax etc. (PLM IV 122-1.54).

F. 39 DivKRsoRUM AUf'TORUM pRiAPEiA INCIPIT Camiinis inconipti (Le pa- role Priapeia incipit sono in rasura; e diversorum auctorum fu aggiunto dopo dalla stessa mano; molto probabilmente il titolo primitivo era Virc.ilij priapeia) f. 45t; Explicit priapea (questa sottoscrizione fu aggiunta poste- riormente dallo stesso copista; la jirimitiva era: Priapeia Maronis Virgilu explicit, poi raschiata; le sillabe nis Vir sono tuttora riconoscibilissime).

F. 46 Clio gesta canens (PLM III 243).

F. » Almo tlieon tyrsis (ib. IV 112).

F. 46?; Ovidius de Ibice.

F. 49 V Ovidii Nasonis sine titulo {— Amores).

F. 60 Incipit liber microcosmi et megliacosmi Bernardi Silvestris.^ Congeries informis adhuc.

F. 67 r Commedia Gete et Birrie.^ Grecorum studia.

F. 69?; Comedia Alde.^ Cum parit.

F. 71 Comedia Lidie.^ l'ostquam primipile.

* Pubblicato da Barach e Wrobel col titolo Bbknakui Silvkstris De mundi uni- versitate, lunsbruck 1876.

2 Cioè V Amphitryon di Vitale, di cui abbiamo cinque edizioni.

3 Pubblicata recento mente da C. Lolimeyor (Guilklmi Blk.senbis Aldae comoodia, Lipsiao 18D2), che non conosco il nostro codice.

'• La favola della I.ijlia è trattata dal Boccaccio nel Decameron (VII 9), messo iu luco nel 1353 ; onde prima di quest' anno egli dovette essersi formato la raccolta del nostro codice. La Lydia fu stampata dal Du Mékil. Poesie» incd. du, moyen àge 350, di su un unico codice, che non è il boccaccìano. Sulla bibliografia di queste commedie medievali vedi P. Bahlmann in CentralUatt fur JSibliotheksw. X, 1893, 463-470.

42 IL BECCAEI, IL PETEAKCA

(cap. II

e (= n. 63) I) Beccari in data ' Patavii III die augusti ' (1371) cosi scriveva a Lodovico Gonzaga, che gli faceva richiesta di una lettera di Cesare : ' Ve- runi est quod Cesaris mei singularem epistolam habui et observavi eam re- verendam fere niagis quam reliquias aliquorum [sanctorum]. Eandem vobis per latorem impresenciarum transmltto. Aliud eius nichil usque inveni ' (F. NovATi in liomania XIX 169-170). Questa presunta lettera si trova p. e. nel cod. Yatic. Regia. 1023 sec. x-xi f. 16 col titolo : Lex de alluvione sumpta ex epistola divi lulii quae ad originem geometricae artis pertinet e corrisponde su per giù al brano della cosiddetta Geometria di I5okzio che sta a p. 1539 delle sue Opera, Basileae 1570 (cfr, Gromatici veteres, Berlin 1848, Il 66-67). Un altro brano della stessa Geometria p. 1537 è introdotto dalle parole : ' Nunc ad epistolam lulii Caesaris veniamus, quod ad huius artis originem pertinet, ut nec ipsius autoris gloria pereat, ut nobis pia- nissime rei veritas ad notitiam veniat ; quisquis ille tamen hanc epistolam studiose legere voluerit, quibusdam compendiis introductus, lucidius maio- rum dieta in brevi percipiet '. Indi comincia : ' Divus lulius Caesar vir acer- rinius ' (per quest'altro brano cfr. Gromatici I 176-177). Si tratta dunque un frammento gromatico trasmessoci col nome di Cesare. Della presunta lettera di Cesare faceva domanda verso il 1430 Andrea Palazzi al Panor- mita, che gli risponde (Epist. Gali. II 18): ' Caeterum quod a me petis epistolas, si quas aut Caesaris aut Alcxandri habeam, possum in ea re tibi et principi (il Visconti) Consilio potius quam auxilio satisfacere, si quidem apud me minime sunt '. Un'epistola di Alessandro ci è conservata da Gelilo XX 5, 11 ; e un'altra pure gli è attribuita, quella sugli alberi del Sole e della Luna, cfr. R. S, in Rivista di filologia XV 534-536,

Giunta alla p. 27. Di s. Agostino il Petrarca possedeva anche il De vera religione. Nel suo esemplare da lui postillato, ora cod. Paris, lat. 2201 sec. XII, cita queste altre opere dello stesso autore: De agone Christiana, De anima et de spiritu, Dialogus cum Orosio, De doctrina Christiana, Super genesim, Super lohanne, In psalmos, De qualitate animae, Diversae quae- stiones, De praedestinatione sanctorum. 11 detto codice contiene inoltre Cas- siodoro De anima (L. Delisle Un livre annoté par Pétrarque in Notices et extraits des mss de la bibl. Nation. xxxv, II, 1897, 395-396, 405).

CAPITOLO III

Le scoperte dei codici greci

(sec. xv)

All'aprirsi del sec. xv un nuovo impulso vien dato al dis- seppellimento dell' antichità classica per mezzo delle scoperte e della divulgazione degli autori greci. Una certa spinta parti dal Petrarca, che si procacciò, sembra in Francia, un Platone e dalla Grecia per opera di Nicola Sigerò i poemi omerici ; ^ e dal Boccaccio stesso, che fece venire Omero e altri codici greci, quelli forse raccolti da Leonzio Pilato. ^ Ma il vero inizio del movimento risale a Manuele Crisolora,^ che verso il 1394 mise piede a Venezia, mandatovi dall' imperatore d' Oriente a chiedere aiuti contro i Turchi, e che ritornato in patria, ne ripartiva nell' estate del 1396 per venire a insegnar greco a Firenze, dove si trovava già il 2 febbraio 1397. La prima volta che era capitato a Venezia, vi si recarono due nobili giovani fiorentini, Koberto Bossi e Giacomo Angeli da Scarperia, de- siderosi d'imparare il greco; e anzi l'uno dei due, l'Angeli, lo accompagnò nel ritorno a Costantinopoli. Ivi egli secondò le pratiche della repubblica fiorentina, eccitando il Crisolora

De Nolhac, Pétrarque, 43 ; 59 ; 322.

* 1d., 344-345; 347. Nel sec. xiv anche Paolo Perugino raccolse a Na- poli codici greci per il re Roberto, Id., 322, n. 3. Cfr. più sotto la n. 100.

3 Ma già prima del Crisolora aveva contribuito nel sec. xiv a stabilir legami tra 1' Oriente e 1' Occidente Demetrio Cidone e intorno al 1370, un Paolo, milanese, era andato a Costantinopoli a studiarvi lingua e filosofia greca (G. Iorio in Studi ital, di filol. class. IV 257-258).

44 I. ANGELI, GUARINO

(cap. IH

ad accoglierne l'invito; e nel medesimo tempo avrà ])08to mano a procacciarsi codici greci, dietro istigazione del Salu- tati, che r incaricava di portar tiUto Platone, tutto Plutarco, gli storici. Omero e i poeti e poi manuali di mitologia, di me- trica e lessi ci>

Se l'Angeli abbia eseguito fedelmente la commissione e quanti autori abbia riportati, a noi non consta;'' ma è certo che da lui comincia la serie degli Italiani che amlarono in Grecia e vi cercarono manoscritti. Il secondo Italiano che andò in Grecia e ne riportò manoscritti, assai più famoso del primo, fu Guarino Veronese, anche lui accompagnatosi, come l'Angeli, al Crisolora, quando costui dopo tre anni d'insegna- mento a Firenze e altrettanti a Pavia si restituiva (1403) a Costantinopoli.^ Ivi e in altri luoghi dell'Oriente, p. e. a Rodi, si diede il Veronese alla ricerca di codici greci, raccoglien- done una buona messe, che recò seco al suo ritorno in Italia avvenuto nel 1408. Di quei codici possediamo l'elenco.^

A dire il vero dall'elenco risulta che essi appartenevano al figlio Battista; ma si sa che morto Guarino nel 1460, ì figli con atto dell' 8 gennaio 1463 si divisero i libri paterni, stati dimenticati nel testamento, in modo che de' latini ciascuno si prese la porzione che gli toccava, e ì greci se li ritenne tutti Battista; rifondendone ai fratelli il prezzo computato in 80 du- cati d'oro.^ In tutto sommano a 54 volumi; però considerando che alcuni volumi contengono opere di più autori, questi sal- gono quasi alla sessantina.'' Qualche volume venne in pos-

* Salutati, Epist. Ili 129-132.

5 L'Angeli fu traduttore di Plutarco, cfr. Vokìt, Die Wiederbelebunfj etc 113 21 ; e possedette anche il (jorgfia di Platone, R. S. L' ultimo ventennio della vita di M. Criaolora G (estratto dal Giornale ligustico 1890),

^ R. S. La scuola e gli studi di Guarino Guarini Fe?'owe.se, CntanialS96, 11.

■^ Fu trovato in un codice del sec xvii nella collezione Uupuy a Parigi da H. Omont e da lui pubblicato in Bevue des bibliothèques II, 1892.

* L. N. Cittadella, I Guarini, Bologna 1870, 36.

" Del resto Battista (Juarino possedeva un maggior numero di codici che non risulti dall'elenco, poiché in esso non figurano nn Eliodoro, un Chcro- bosco, un Kusebio e due volumi di scolii di Ulpiano a Demostene, veduti presso di lui nel U90 da Giovanni Lascari (K. K. Mììli.er Neue Mitthei- lungen etc. in Centralblatt fùr Bibliotheksto. I, 1884, 381-382).

cap. Ili)

GUAEINO 45

sesso di Gunrino dopoclié era tornato in It.ilia, come ^li scritti di Senofonte (n. 32? dell' elenco) nel 1417;'" V Hcxaemeron Basilio (n. 44) nel 1438 e Dione Cassio (n. 38) verso il 1435-/' il libro dei Salmi (n. 18) donatogli nel 144G dallo ' eques d. Centi US ';^^ i codici che comprò a Ferrara dal fratello di Giorp;io Trape/nnzio e i Prohlemata d'Aristotele ricevuti verso il 1457 per mezzo di Poggio. '^

La collezione''^ non si trova ])iù a Ferrara a Modena, onde è a credere che sia andata dispersa. Dei codici greci di Guarino pochi si son salvati: il Vat, Palat. gr. 116 (Aristo- fane), il Vindobon. philos. gr. 75 (Aristotele del 1446), il Paris, gr. 2772 (Esiodo, Schoìia in Theogn., Dionys. Ferieg.) e due di Wolfenbiittcl (Senofonte): 71 . 19 Aug. fol.; 56.22 Aug. 8:'^ nessuno dei quali comparisce nel sunnominato elenco,'*' cosi che viene ad accrescersene il numero di cinque.

'*^ A. Traversari, Efistoì. V 3:5 (del 1417) a (Juariiio: ' snm factus certior tu Xeiioi)liontem eiuisse in quo nonnulla eins viri inriora liabentnr opera'.

1' R. S. La scuola e gli studi di Guarino 140 ; u in Studi ìtal. di filai, class. VI 400.

1- Da una lettera (li Onarino nel cod. Paris. rj8:U f. 129.^'

Sul Trebisonda vedi R. S. in Giornale star, della lett. ital. XVIIF 238 ; sui Prohlemata efi-. Spicilcf/iutn romanum X 'V>1 ; 3G0, donde appaiisce che (Juarino officiava Poggio per avere anclic gli Aphorismi d' Ippocrate.

■•* Vanno notati per l'antichità questi quattro volumi: (n. 48) ' Homeri Ilias, vetnstissinnnn, cuni scholiis '; (n. 54) ' Homeri Odyssea cum scholiis et de nietris codex vetustissinms '; (n. 52) * Suidas, Rhodi a (iuarino emptum, sed ita vetustate confectuni, ut niultis in locis legi non jtossit ' ; (n. 53) ' Volnnien aiiticinissiinuui in quo ars grammatica copiosissime traditur... et in eodem Aratns cum scholiis et Ammonius in quinque voces '.

'■'5 R. S. La scuola etc. 105.

1' Vanno aggiunti all'elenco gli Opuscula breviora atque peregrina XcnopJiontis, ch'erano tra i suoi codici sin dal 1418 (Tkavkusari ICpist. IV 14, se pure non si tratta <lello stesso volume citato alla nota 10), e due altri autori, che posscsdeva già nel 1451, Io .Strabone da lui tra<lotto (R. S. La scuola 126) e 1' Etilica magna di Aristotele (K. Legrand, Cent-dix lettres grecques de Fr. Filelfe, Paris 1892, 55). Bisogna invece toglierne il cod. Krlangensis 88 (Ciropedia) che era del figlio Battista (Lehnerdt in Berlin, philol. Wochenschrift 1896, 952). Il Bandini, Cod. gr. II 286 annovera anche (iuarino tra i possessori del cod. Laurenz. 55. 21 (tre opere maggiori e otto opuscoli di Senofonte). Vittorino da Feltre lo regalò a Sassolo da Prato ; ma sassiilo pratensi è in rasura, donde si argomenta che l'avesse prima destinato a un altro; di Guarino nessuna traccia in questa nota sui margini.

46 l' aurispa (cap. Ili

Quasi contemporaneamente a Guarino, dal 1405 al 1413 circa, ^^ viaggiò in Oriente Giovanni Aurispa, il bibliofilo più illustre del suo secolo, e di portò in Italia una collezioncina di codici greci, pochi ma buoni, come un Euripide e Sofocle e un Tucidide, venduto nel 1417, mentre si trovava in Pisa, al Niccoli. ^^ Nel 1421 ne aveva ancora presso di una de- cina, di cui mandava la lista a un amico : v' erano Arriano, Polluce, Diogene Laerzio, Aristotele e Teofrasto, Focilide, Ero- diano, Dione Cassio, importante, ^'^ e più prezioso di tutti il Commentum Aristarchi in Homerum, che è ora il famoso Codex Venetus A. Marcianus 4ò4, da poco pubblicato in fototipia.^"

si fermò qui, poiclié intrai)rese nella seconda metà del 1421 un nuovo viaggio in Grecia per incarico di Gian Fran- cesco Gonzaga e ne ritornò nel dicembre del 1423 in compa- gnia dell' imperatore Giovanni Paleologo con una suppellettile di codici assai più copiosa della prima. ^^ Già da Costantino- poli aveva mandato a Firenze il celebre codice di Sofocle, Eschilo e Apollonio Eodio, ora in Laurenziana, pur esso re- centemente pubblicato in fototipia, ^^ e inoltre consegnato a un negoziante di Messina un buon numero di codici di argo-

1^ R. S. in Giornale stor. della letter. ital., Sappi. VI 81. 1^ R. S. Biografia documentata di G. Aurispa, Noto 1891, 11. 1' Sulla fortuna del Dione Cassio dell'Aurispa vedi R. S. in Studi ital. di filol. class. VI, 1898, 399-406.

20 R. S. in Giornale storico, Suppl. VI 77; Teavkrsari, Epist. XXIV 50. Il suo Omoro col commento 1' aveva con anclie quando tornò dal secondo viaggio nel 1428 e comprendeva due volumi, com'egli lo descrive in Tra- VKusARi, Epist. XXIV 53 : ' Aristarclmm super Iliade in duobns voluminibus '. Non può restar dubbio che i due volumi siano il Marciano Veneto 454 = ^ e il Marciano 45.3 = B, ciò che ha dimostrato il Comparetti nella prefazione all'edizione fototipica p. x-xi, convenendo a entrambi il titolo ^mt'(rc/m.s super Iliade. Mi sembra invece da escludere che ambedue provengano dal lascito del Bessarione, al quale appartenne bensi B, ma non è provato che avesse posseduto anche A il famosissimo. Infatti l'atto di consegna della raccolta bessarionea a S. Marco di Venezia porta la data del 1468 e non vi comparisce che un solo Omero membranaceo, il quale è B; laddove per A il Comparetti stesso ha stabilito fp. xi) che era a Venezia in S. Marco sino almeno dal 145.3. Vi arrivò dunque per altra via.

21 R. S. in Giornale stor., Suppl. VI 81.

22 L'Eschilo Laurensiano. Facsimile pubblicato sotto gli auspici del ministero dell' istr. pubb., Firenze 1896. Prefazione di E. Rostagno, 8.

cap. HI)

l' aurispa 47

mento sacro. ^3 Ma il tesoro veramente cospicuo, quello dei co- dici di argomento profano, era venuto con luì e conteneva un trecento volumi in cifra tonda, che pur ridotta alla sua pre- cisa espressione di 238 ^^ rappresentava tal patrimonio da co- stituire di per allora un'intera biblioteca.

Il catalogo dei principali è comunicato da lui stesso in tre lettere al Traversari ^^ e noi ne trarremo i seguenti : gli Inni omerici, ^^ Pindaro, Platone, Aristofane, Aristotele, Seno- fonte, ^^ Demostene, 2^ Apollonio Discolo, Callimaco, Oppiano, Efestione, Strabene, Plutarco (famoso e ricercato), ^^ Diodoro Siculo, i DeipnosopMstae di Ateneo,^" Orfeo, Procopio (dona- togli dall' imperatore). 3' L'Aurispa non fu molto studioso dei suoi codici, dai quali si contentò di tradurre in latino brevi opuscoli 0 qualche frammento; egli era invece tutto inteso a mercanteggiarli; onde non è a stupire se nellinventario della sua libreria redatto dopo la morte per la divisione tra gli credi il numero dei volumi greci stenta a raggiungere la tren- tina e quasi tutti di poca importanza. ^^

*3 Fra essi le Epistole di Gregorio Nazianzeno, il Metafraste, le Omelie del firisostomo, i Vangeli e un Salterio, Traversari, Epist. XXIV 61 ; R. S. Biografìa documentata di Giovanni Aurispa 49-52.

24 R. s. ib. 20; 24.

«5 Traversar], Epist. XXIV 38; 53; 61.

*'■ ' Laudes deorinn llonieri, non parvum opus '. Sali' importanza di que- sto codice aurispiano, perduto, degli Inni omerici, dal quale tutti gli altri codici derivano eccetto M (prima a Mosca, ora a Leida), cfr. R. VXiti e H. HoLLANDKu in JahrMlchcr fur class. Philol. CXLV, 1892, 81-84; 544 e in Hermes XXVI, 1891, 172, 1 ; R. Bethk in Hermes XXVIII, 1893, 522.

'^ ' omnia Xenophontis ' XXIV 38. II negi Inniufis gli fa donato dall'im- peratore, Traversari, Epist. XXIV 53.

28 < ferme omnia quae scripsit Demostlienes in voluinine quodam vetu- stissimo ' XXIV 38.

29 R. S. Biografia di G. Aurispa 46.

3*^ ' Naucratici cuiusdam Atlieniensis volumen '. Ora Marciano-bessario- neo, J. BoLTK in Hermes XXI, 1886, 314.

31 XXIV 53.

32 L' inventario in R. S. Biografìa di G. Aurispa 157 ss., cfr. 143-145. Tre codici, i Morali di Plutarco, Erodoto e Ippocrate, barattati il 6 luglio 1457 a Roma con altri del fiorentino Francesco Biglietti, sono ora in Vati- cana, Palat. gr. 170; 176; 192, H. Stevenson, Cod. ms. Palat. gr. bill. Va- tic, Romae 1885, 89-90; 93 ; 97 ; un Polluce venduto nel 1462 da Nardo Pal- mieri genero dell'Aurispa a Giorgio Merula è ora l'Ambros. M 94 sup. sec. xv ;

48 IL S'ILELi*©, CIRIACO (cap. Ili

Il quarto Italiano illustre che andò a Costantinopoli a studiar greco e a raccoglier codici fu Francesco Pilelfo, par- tito per colà il 1420 e ritornatone il 1427. La lista dei suoi autori raggiunge la quarantina e tra essi noteremo quelli che non compariscono nell'elenco dell' Aurispa: Omero, Esiodo, Erodoto, Teocrito, Eschine, un' orazione di Lisia, Polibio, Eliano, Aristide, Ermogene, Filone, Dione il Grisostomo, Apollonio Pergeo, Filostrato, Libanio, Suida, Nonno e una collezione di epistolari. ^^ Molti altri poi se li venne acqui- stando in Italia, come Sofocle, Apollonio Discolo (per mezzo di Palla Strozzi), Ai)piano (per mezzo di Lorenzo de' Medici), Diodoro Siculo, Dione Cassio, Sesto Empirico ;3^ la Politica di Aristotele (copiatagli nel 1445 da Demetrio Sguropulo),^^ Senofonte, Sinesio e opuscoli aristotelici (copiatigli dal Gaza, Vatic. gr, 1134), Omero (pure dal Gaza, Laurenz. 32. 1),^^ Dio- gene Laerzio, Erodiano e Filopono, Eschilo, F Etymologicum magnum.^'^

E aggiungeremo quinto ai quattro nominati Ciriaco d'An- cona, che dai suoi numerosi viaggi d'Oriente oltreché epigrafi, che erano l'oggetto principale delle sue esplorazioni, riportò anche un buon manipolo di manoscritti greci, dei quali una quindicina ci sono noti dai titoli. Tre volumi si conservano

un codice di Escliine Isocrate etc. a Wolfenbiittel (R. S. in Giornale stor. XIX ;^62). Su altri cinque codici prestati dall' Aurispa, dei quali dopo la morte di lui il Palmieri domandava la restituzione, cfr. 0. I$krtoni, La bibliot. Estense e la coltura ferrarese, Torino 1903, 63-64.

3i Traversari, Epist. XXIV 32. L'elenco contiene anche Strabene, che egli in effetto non possedeva, perché nel 1441 lo chiedeva all'Anrispa, Fr. Pan^KLPi, Epist. Venetiis 1502, f. 32.

^ Philva.fì, Epist. f. 14y; 32; 32«; 18->y; 21Sy; lib. XVII f. 121«. Chi vorrà scorrere 1' Epistolario, vi troverà altre notizie. K sarebbe anzi deside- rabile trar da esso l'indice dei nomi e stamparlo, donde verrebbe molta luce alla storia degli studi classici.

35 Ora a Leida, cod. Scalig. 26, cfr. H. Omont, in Centralblatt far Bi- bliotheksw. IV 193.

3^ Cfr. Philklfi, Epist. f. 41.

3' Cfr. Tm Bibliofilia II, 1900, 136-140, dove è dato l'elenco di 28 codici greci appartenenti al Filelfo e giunti sino a noi; sui quali vedasi anche Lkukand, Cent-dix lettres gr. de Fr. Filelfe 11-12; 14-15; 97, 6; 171-172.

cap. IH)

ESPLORATORI MINORI 49

ancora, due dei quali comprendono Stratone, e nno i Moralia di Plutarco con una collezione di epistolografi. ^^

Altri minori in occasione di viaggi fatti nell'Oriente greco ne ritornarono con dei codici. Un di costoro, il prete fiorentino Cristoforo de' Buondelraonti, fu dal 1414 al 1422 in Creta in qualità di ' scolaris in grecis scientiis ', com' egli stesso dice, e ivi e nelle vicine isole dell'Egeo comperò codici, di cui sei ci rimangono ancora in Laurenziana, acquistati da lui negli anni 1415, 1416, 1418, 1419.39 Parimenti Rinuccio da Casti- glione, reduce da Costantinopoli nel 1423 in compagnia del- l'Aurispa, recò parecchi volumi:*^ le Definizioni di Platone; una silloge di epistolografi (da cui tradusse le lettere di Ippo- crate e Bruto); 41 i Morali di Plutarco (donde tradusse l'opu- scolo Quid principem deceat)\ i Dialoghi di Platone (ne tra- dusse V Axiocìnis);'^^ Erodoto;*^ Esopo (da lui tradotto); Lu- ciano (ne tradusse alcuni dialoghi)^^ e quel famoso trattato di Archimede Be instrumentis hellicis et aquaticis, al quale gli umanisti fiorentini diedero una caccia spietata. '^^ Un poco prima (1422) '^'^ Antonio da Massa generale dei minoriti n'aveva riportato un Diogene Laerzio, un Manuele Caleca*^ e un ' ma- ximum Chrysostomi volumen ';^^ Bartolommeo da Montepul-

3'^ V. Appendice a.

35 Studi ital. di filol. class. I 186 ; Bandwi, Cod. gr. I 292 ; II 364; 645; 649; III 387; cfr. Voigt, Wiederbelebung P 408. Forse a questi codici si al- lude nella lettera di Po{?gio (Poggii, Epistol. I p. r>4) al Niccoli in data ' Londini pridie kal. decembris (1420) : ' De libris graecis, quos nuper in- ventos dicis, gaudeo ',

•"^ Tkavkksari, Epistol. Vili 3 del gennaio 1424 : ' cuucta quae apud il- luni (Rinuciuni) erant volumina '.

41 Travkrsaui, Epist. A'III 28 ; Vokit, op. cit. IP 84.

42 La traduzione del Quid principern deceat e dell' Axiochus nel cod. Ambros. M 4 sup. f. 100 e 104?;.

43 Erodoto è citato nella dedica deìVAi/ciochus.

44 VoiGT, op. cit. IP 84.

4'> Gli estratti dell'Epistolario del Traversar!, dove si parla di quest'opera d'Archimede, son dati da R. S. Guarino Veronese e gli archetipi di Celso e Flauto, Livorno 1886, 6-14; cfr. I. L. Heibeiio in Fhilologus XLII, 1884, 421-437.

4^ Sul viaggio di Antonio a Costantinopoli nel 1422 vedi Kaynaldi, Annal. eccles. XVIII, an. 1422, § 5-16.

4' Teaveesari, Epist. VI 23; XXIII 1.

4^ ib. VIII 27.

E. SAnBAUiNi. Le scoperte dei codici. 4

50 ESPLORATORI MINORI

(cap. Ili

ciano un Plutarco. ^^ Più tardi troviamo a Costantinopoli: An- tonio Cassarino e Giovanni Tortelli negli anni 1435-38, che v'erano andati a studiar greco; e nel 29 ottobre 1446 Barto- lommeo Lapacci, allora vescovo di Coron. Il Cassarino ne tornò con un codice di tutte le opere di Platone, ^^ il Lapacci vi acquistò \si Schedographia del Moscopulo;''^ e il Tortelli avrà certo raccolto in quell'occasione buon numero dei molti autori greci, ch'egli adoperò neW Ortìiographia-, quantunque noi non lo possiamo espressamente affermare che per tre: Hermes Tris- megistos, un Dioscoride con disegni e un Tucidide, che si conserva nella biblioteca di Basilea, donatogli nel 1435 dal suo maestro Giovanni Eugenico a Costantinopoli. ^^

* *

Questi sono gli esploratori, che hanno aperta la via, per la quale si metteranno ora i raccoglitori. Cominciamo da Fi- renze. Colà portarono codici greci il Crisolora e Guarino quando vi andarono a insegnare, il primo, come s' è detto, nel 1397, il secondo nel 1410;^^ e bentosto si accese nel circolo fioren- tino l'amore della ricerca o se non altro degli acquisti.

Tra i possessori di qualche codice nomineremo Roberto Rossi, che ebbe in dono da Manuele Crisolora un Demostene^*

*^ Scrive infatti Bartolommeo nella lettera da S. Gallo al Traversar! (Traveks., Epist. p. 985) : ' Denique ex indice graeco Plutarclii, quem nii- sisti, gratias ago cliaritati tuae et de tanta oblatione perniaxinias. Fnit enim mihi gratissimnm quid cius viri ex Graecia per me delatum fiicrit ad Italiani cognovisse '. Con per me intende da me o per commissione mia ? In ogni modo egli raccoglieva codici greci e se li copiava, ih. p. 982 le opere Platone.

50 R. S. Biogr. di G. Aurispa 170-173.

fii Studi ital. di filol. class. I 183; per un altro codice del Lapacci in Laurenziana ib. VI 147. Nel primo codice la sottoscrizione lo dice ' cpiscto- pus Cortonensis ', nel secondo ' episcopus Coronensis ' ; e infatti dal 1440 fu vescovo di Cortona, dal 1445 al 1447 vescovo di Coron in Grecia, Ughelu, Italia sacra I 627, Gams, Series episcop. 431.

52 V. Appendice b.

5' R. S. La scuola e gli studi di Guarino 17-18.

^ F. P. Luiso, L'epistolario di L. Bruni 11. Questo lavoro non è an- cora uscito, ma per gentilezza dell'autore l'ho potuto esaminare sulle bozze.

cap. Ili) IL TBAVERSARI, IL BRUNI 61

e si copiò un Platone. ^^ Il Rossi fu inoltre traduttore dal greco 1*^^ e al pari di lui tradussero dal greco il Traversaria^ e il Bruni, i quali per ciò stesso erano spinti a procacciarsi autori. TI Traversari non lasciava occasione di rivolgersi ai suoi corrispondenti veneziani per averne manoscritti e di rac- comandarsi agli amici che eventualmente si recavano nei paesi orientali. Cosi buoni frutti egli si aspettava dalle premure di un Pietro, che era partito per Alessandria nel 1423, se non fosse ivi morto ])oco dopo. ^^ E più ancora si riprometteva dal veneziano Eustachio Leonardi di Niccolò, che nel 1429 andò arcivescovo a Corfù; ma anche il povero Eustachio mori avanti di finir l'anno.^'' Non meno vigile e operoso fu il Bruni. An- ch'egli cominciò a formarsi il primo nucleo coi doni del Cri- solora, da cui ricevette un Demostene ;^° sin poi dal 1400 pose mano alla ricca serie delle traduzioni dal greco*'* col Fedone platonico; ^2 possedeva precedentemente alla sua partenza per

55 Neil' Orationum in Gosmum Medicein ad exules optimates florenti- nos Uber priìnus di Francesco Filelfo leggiamo : ' Nam quedam Platonica vertere ad nostro» ceperam et quoniani non satis emendatns codex mihi oblatns esset, eniendatioreni quercbani. Ac monuerat me familiaris quidam eriiditissimiisque vir Platonicinn quondam codicem, quem Kobertus Russus quam enieudatissime exarasset, apud Bambalionem (= Poggium) asservari ' (cod. Ambros. V 10 sup. f. 11). Su quest'orazione, del 1435, cfr. R. S. in Gior- nale stor. della leti. ital. V 163 ss. Afferma Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri, a cura di L. Frati, Bologna 1892-93, III 37 che il Rossi aveva ' più libri di sua mano, ch'era uno bellissimo scrittore '. Possedette anche l' Isagoge di Porfirio, Mittarelli, Bibliotheca... S. Miehaelis XVII.

à'5 VoiGT, Wiederbelebung II» 163 ; 173.

5' ib. IP 174. Alle note traduzioni del Traversari si aggiunga il De sa- cerdotio lesu Christi, opuscolo attribuito a Snida, cfr. A. Skgakizzi, Lauro Quirini, Torino 1904, 15, 9.

5* Traversari, Epistol. VIII 5 (del 1423) : ' satis excitatus ad ista studia humanitatis videbatur '.

59 Sul conto di Eustachio scriveva il Traversari al Niccoli : ' magnam certe nobis ablatam comoditatem librorum habcndorum et ipse intelligis. Tanto enim ille mihi afficiebatur studio, ut vitam quoque expositurus vide- retur, dum votis meis facere satis ulla ratione potuisset ', F. P. Luiso, liior- dinamento dell' ^epistolario di A. Traversari, Firenze 1898-1903, II 9. Circa l'identificazione di questo Eustasio con Eustachio Leonardi cfr. R. S. in Giornale stor. della leti. ital. XLIII, 1904, 250; 258n.

"0 Luiso, Bruni, 11.

«'i VoiGT, op. cit. 113 168 ss.

*■* Luiso, op. cit. 1.

62 IL BRUNI, A. COEBINELLI (cap. Ili

Koma, che ebbe luogo nel marzo 1405, una collezioncina di codici, depositati presso il Niccoli, tra ì quali il Gorgia e il Cratilo di Platone, le Vite di Plutarco, Omero, la Geografìa di Tolomeo, un opuscolo di Basilio e altri di Senofonte. ''^ Questo numero s'ingrossò col tempo, poiché nel 1407 Pietro Miani, patrizio veneto, mise a disposizione di lui la propria raccolta, togliendone un Tucidide''* forse per fargliene dono. Aspettava codici da Manuele Crisolora, che probabilmente ne avrà portati, quando tornò nel 1408 presso la Curia; ne aspettò dall'altro Crisolora, Giovanni, allorché giunse ambasciatore al papa nel 1410, ma indarno: era venuto con le mani vuote. ^^ Ne commise a Niccolò Ceva nel tempo (1441) che costui viveva in Grecia:*'^ non sappiamo però se sia stato contentato.

Nello stesso tempo attendeva a raccoglier codici Antonio Corbinelli (m. 1425), che deve essersi servito dei tesori del- l'Aurispa, da cui ebbe in consegna fra l'altro un Omero,^'' e di quelli di Guarino, che egli alloggiò in casa propria quando giunse nel 1410 a Firenze. ^^ La sua biblioteca ' librorum tam in latino quam in graeco scriptorum ' egli lasciò con testa- mento del 1424 a Niccolò Corbizzi, con 1' obbligo di trasmet- terla in morte alla badia fiorentina di S. Maria. '^^ Più in qua,

63 Luiso, op. cit. 8 ; 9 ; 1 1 ; 26.

M ib. 33 ; 44.

«5 ib. 55 ; 86.

^^ Scrive il Bruni HJpistol. IX 4: ' obsecro des operain, ut niiclii eniantur vohimina, quae tibi nominatim in schediila bis littcris interclusa expriuio; studebis tamen potius vetustos elicere, quam novos ' ; cfr. Luiso, Bruni 186. Due codici scritti di suo puf!:no, contenenti Platone, Basilio e Phitarco, erano entrati nella biblioteca del duca d' Urbino (0. Guasti in Giorn. stor. degli archivi tose. VII 150 n.» 633 e 636). Cliiese anche epigrafi a Ciriaco d' An- cona : ' Si omnia epigrammata omniaque vetustatis monumenta, quae in toto orbe terrarum collegisti, ad me feres ' (Kpistol. IX 5; cfr. Luiso, op. cit. 188).

"' R. S. Biogr. di G. Aurispa 28.

68 Vkspasiano, Vite II 230,

69 Mehus, Vita A. Traversarii CCCLXXXIII. Al tempo del Mebus (1759) erano sempre in Badia (' cuius in bibliotlieca aetate nostra diligentissime adservantur ' ibid.) ; di passarono in Laurenziana nel 1808 con tutto il fondo del convento; ma nel centinaio circa di codici greci appartenenti già alla Badia non uno reca indizi della provenienza corbinelliana (cfr. il catalogo di N. Festa in Studi ital. di filol. class. I, 1893, 131-176); tre invece se ne

cap. Ili)

IL NICCOLI 5 3

verso la metà del sec. xv, va posta la collezione di Francesco da Castiglione, della quale dodici manoscritti sono oggi in Laurenziana: un Basilio, un Gregorio Nazianzeno, un Escbine, un Demostene, un Esiodo, un lessico greco-latino e sei Ari- stoteli.^*' E collochiamo qui anche Zomino, sebbene pistoiese, perché passò la parte migliore della sua vita letteraria a Fi- renze, 11 catalogo della sua biblioteca, compilato nel 1460, due anni dopo la morte, segna otto codici greci : Omero, Esiodo (con Teocrito), Isocrate, Senofonte, due d'Aristotele, una gram- matica {EroUmata) e un lessico ( Vocahulista). "^^

Ma il grande, l' appassionato ricercatore, il raccoglitore geniale fu Niccolò Niccoli, su cui il Filelfo ci tramandò una notizia meritevole di esser riferita. Kacconta egli dunque '^ che Manuele Crisolora, quando da Firenze accompagnò Gio- vanni XXIII al concilio di Costanza (1414), vi lasciò in de- posito presso Cosimo de' Medici una somma di denaro e i suoi

rinvengono fra i latini : Laur. Couv. Soppr. 18 (Cicer. Ars vetus e nova) ; 91 (Canoni); 131 (Cicer. De fin. e Acad.).

'" Studi ital. I 149; 167; 197; 200; 201; 202.

"' Zachauia, Bibìioth. Pistoriensis, 1752, 43; 44. Alla seconda metà del sec. XV appartiene Giorjifio Antonio Vespucci, di cni cinque codici greci sono in Laurenziana, Studi ital. VI 147- 148.

"2 Nell'orazione testé citata (n. 55) del cod. Anibros. V 10 sup. f. 32-33: ' Manuel Chrisoloras propinqiius noster quo tempore cum lohanne ipso pontifice ad id concilii est profectus, ubi ille sumino pontificatu privatus e8t,deposuerat apud Cosmum et aureum quatuorniilia et eos omnis grecos codices quos nunc ve! Cosmi beneficio vel taciturnitatis mercede (marcie cod.) possidet Nico- laus Nicolus. Moritur in eo concilio, ut scitis, nobilissimus ille vir sumnuis- que pliilosophus ; legat omnem hereditatem suam sororis filio socero meo lolianiii Chrisolore clarissimo et eruditissimo viro et eam nominatim pecu- niam ac libros, quos fidei Cosmi Medicis credidisset. Hec a lohanne socero repetuntur. Ridet Cosmus et, quod audisse fenerator impurissimus menda- cissime cavillabatur, Manuelem non satìs sibi cum testamentum conderet nec mente nec sensibus constitisse, id liaud dubio verum esse animadver-

tere At vide, (Cosme) liomo nequissime, quantum Inter te et Pallantem

Strozam interesse iudices. Tu pecuniam librosque repetitos, que negare non poteras, negavisti ; ille aurea quedam vasa preciosissimasque gemnias, de quibus nominatim Manuel nihil caverat nec meus socer verbum fecerat, et litteris et nunciis significavit haberc se. Tu et vivum et repetentem socerum impudenter et impie fraudasti ; ille mortuo socero existimavit esse et pu- doris et pietatis sue ut que apud se deposuisset Manuel, etiam nullis po- sceutibuB ad soceri liberos perferenda cararet '.

54 IL NICCOLT (cap. Ili

manoscritti ; e che costui, morto il Crisolora poco dopo a Co- stanza (1415), alle pratiche del nipote Giovanni, che doman- dava la restituzione delle cose depositate, non diede nessuna soddisfazione, appropriandosi il denaro e passando, come prezzo del silenzio, i codici al Kiccoli. Considerata la fonte sospetta, questa notizia può lasciarci dubbiosi ; ma un fondo di verità pare ci abbia da essere e noi ne dedurremo che un primo nucleo della celebre sua collezione il Niccoli lo costituì coi codici del Crisolora, comunque vi siano entrati. ''^

Nel 1408 ebbe, non si sa per che mezzo, la Physica di Aristotele;''* nel 1417, siccome abbiamo veduto, comprò a Pisa un Tucidide dall'Aurispa, da cui nel 1424 ricevette l' Eschilo laurenziano e nel 1428 Gregorio Nazianzeno;''^ e avviava trat- tative col fortunato scopritore non tanto per averlo professore a Firenze quanto per impadronirsi de' suoi tesori. Mandava poi in Oriente persone incaricate della ricerca, tra cui annove- reremo un Salomone, che gli inviò nel 1423 il volume del Cri- sostomo super Ioannem, ''^ e Francesco da Pistoia che nel 1433 gli cercava e gli aveva trovati codici in Siria. ^^ Chi del resto voglia farsi un' idea chiara dell'ardore che adoperava il Nic- coli nel procurarsi manoscritti, non ha che a leggere i libri Vili e XXIV dell'Epistolario del Traversari e gli Epistolari del Bruni e di Poggio ; tanto che riusci a radunare un cen- tinaio di volumi greci :^^ numero ragguardevole chi pensi che

'3 Un codice greco del Crisolora è a Wolfenbilttel il Gud. 24; e uno, autografo, il Vatic. gr. 1368 (Demostene, cfr. De Noi,hac, La biblioth. de F. Orsini 145).

■?* Luiso, Bruni 56, 1.

^5 R, s. Biogr. di G. Aurispa 39.

"6 Traversari, Epist. Vili 40 (del 1424): 'anno praeterito niisit '.

" Id. Vili 48 (del 1433) : ' factus suvn certior magistrum Franciscum Pistoriensem... in Syria multa tuo nomine quaerere pluraque iam invenisae '. A questo * fratri Francisco Pistoriensi, magistro in theologia, ad Graeciae partes proficiscenti ' anche Poggio aveva dato incarico di portargli qualche oggetto d' antichità (Spicilegium romanum X 10).

"* MiiNTz et FAjtRE, La hihliothèque du Vatican au XV siede, Paris 1887, III. Una trentina ora sono ricoverati in Laureuziana (Bandini, God. gr. I 546; 551; cfr. Studi Hai. di filol. class. I, 1893, 177-196); uno nel Britisli Museuni (14771; e fors' anche altri tre, 14770; 14773; 14774; cfr. E. Mììntz, Les collect. des Médicis au XV siede 8, 1). Oltre a questi ; ai pochi di cui

cap. Ili) P- STROZZI, G. MANETTI 56

il catalogo di Cosimo de' Medici del 1418''^ non comprende nessun volume greco; e nessuno ne comparisce tra i 158 del catalogo di Piero di Cosimo compilato nel 1456.^° Sicché le biblioteche delle case principesche tardarono molto ad acco- gliere i libri greci e bisognò aspettare il potente impulso Lorenzo il Magnifico perché si riparasse a questa mancanza : infatti nella sua libreria, prima ancora che venisse impinguata dalle scoperte di Giovanni Lascari, i codici greci sommavano già la bella cifra di 250.^^

Invece fra i privati Fiorentini non mancarono emuli o imi- tatori del Niccoli, due sopra tutti. Palla Strozzi e Giannozzo Manetti; ma quegli per ragioni politiche, questi per ragioni domestiche furono impediti dal lasciare il loro ricco patri- monio librario alla città nativa. Lo Strozzi infatti andato nel 1434 esule a Padova, portò colà i suoi tesori greci e ivi con- tinuò ad aumentarli, legandoli alla morte al monastero di S. Giustina ; il Manetti visse lungamente fuori di Firenze e tra- scorse gli ultimi anni a Napoli; i suoi 40 codici greci passa- rono per via indiretta alla Palatina del Vaticano, dove tut-

abbiamo toccato ; e a quelli che compariscono nella lista di Vittorino da Feltre, come vedremo più avanti (cfr. n. 109 e 110), indicheremo fra i codici greci appartenuti alla biblioteca del Niccoli i seguenti, senza poter dire se esistano e dove : Commentum in cunticutn canticorum di Gregorio Nisseno (TuAVKrisARi, Epist. YIII 5); Atanasio; un volumen Concilioriim (ib. Vili 6); il Crisostomo in più volumi, p. e. In epistolas Pauli, In Ioannem; le Vitae pntrum (Vili 10; 16; 18; 25; 27; 40); Dionigi Areopagita (Vili 12); l'Etica di Aristotele in doppio esemplare (Vili 22); Giuseppe Flavio (Vili 34); Teo- frasto De plantis (YIII 35).

w F. PiNTOR, La libi'eria di Cosimo de' Medici nel 1418 (Nozze Della Torre -Guidotti), Firenze 1902, 13-15; una settantina di volumi. I quattro co- dici greci ora in Laurenziana appartenuti a Cosimo {Studi ital. I 184; 190; Bandini, Cod. gr. III 251 ; 394) non provengono dalla sua biblioteca privata, perché li aveva regalati. Non so donde il Bandini, ib. I 292 abbia desunto che Cristoforo Buondel monti acquistò i suoi codici in Grecia per conto di Cosimo. Codici greci e specialmente una bella raccolta di Padri greci fece più tardi Cosimo copiare e collocare nella biblioteca da lui fondata nella badia di Fiesole (Vespasiano, Vite III 51).

^ Pubblicato da E. Piccolomini, Delle condizioni e delle vicende della libreria Medicea privata in Archivio stor. italiano ser. 3", voi. XXI 106-112.

^1 K. K. Mììllek, Neue Mittheilungen ùber Janos Laskaris und die Mediceische Bibliothek in Centralblatt fiir Bibliotheksw. I, 1884, 371-379.

56 I EACOOGLlTOm A ROMA (cap. Ili

torà sorio.^^ L'ultimo dei Fiorentini grande ricercatore di co- dici greci, Angelo Poliziano, ne raccolse per e anche per conto di Lorenzo il Magnifico, al quale scopo intraprese a Ferrara a Padova a Venezia un viaggio quasi parallelo a quello del Lascari.^^

A Koma nella classe dei privati incontriamo Pietro Ca- labro, ^^ che possedeva sin dal 1432 alcuni buoni codici greci, specialmente di Aristotele ^^ acquistati forse a Costantinopoli, dov'era andato a studiare; Cencio Kustici con un Gregorio Nazianzeno ^'^ e il cardinale Giordano Orsini con un Tolomeo portato di Francia^^ e altri volumi :^^ ma un Niccoli Eoma non l'ebbe e nemmeno un Palla Strozzi. I papi cominciarono tardi ad accoglier codici greci nella biblioteca Vaticana, dei

^2 Stevenson, Cod. nis. Palai, gr. bibl. Vatic. p. XXVl e n." 114; 119; 159-195; 197; 198; 229; 323. I certi sono 33, p. XXXI.

?3 Scrive il Poliziano (Epistol. XI 6) al Merula: ' Ita nos qnidem Graecos e tenebris perniultos eruimus, quorum cottidie nostris quoque non modo aemulis, sed etiam obtrectatoribus copiam facinins '. Intorno ai suoi viaggi vedasi la lettera in P'abroni, Laurentii Medicis vita II 284-285, riscontrata sull'autografo in A. Poliziano, Prose volf/ari ined. e poesie lat. e gr. race, da I. Del Lungo, Firenze 1867, 78-79. Su alcuni codici copiati dal Poliziano che sono ora a Parigi, cfr. H. Omont, Les ms. grecs datés in lìevue dcs Bi- bliotMques, II, 1892, 24; 27 e I. Dkl Lungo, Florentia, Fir. 1897, 111 ; per altri estratti autografi in un cod. Laurenz., Studi ital. VI 156. Tredici co- dici da lui posseduti sono in Laurenziana (Studi ital. 1 178-179; 182; Ban- DiNi, Cod. gr. Il 37; 64; 205; 302; 481; 556; 590; 604; III 23; 154; 223), ai quali è da aggiungere uno in Vaticana (De Nolhac, La bibliothèque de F. Orsini 208) e altri quattro forse da lui glossati (Bandini, ih. Ili 5; 7; 15; 33; ma vedi in contrario Del Lungo, Florentia 11 In.).

^ V. Appendice e.

8J Teaversari, Epist. Vili 42.

S'è ib. Vili 36, del 1431.

'^" Sui codici greci in Francia anteriormente al sec. xv vedi Mììntz et Fabre op. cit. Ili ; V, e tì, d'Adda, Indagini . . . sulla libreria Visconteo- Sforzesca, Milano 1875, 149.

88 Traversari, Epist. Vili 42 (del 1432) , XXIV 4. Pare che fossero del- l'Orsini anche i tre volumi, uno del Grisostomo e di Basilio, due di Vite di Santi, portati di Roma a Firenze nel 1431 da Lorenzo de' Medici, Tra- VEUSAR1, Epist. Vili 37 (del 1431). Nel catalogo dei codici dell'Orsini presso F. Cancellieri, De secretariis Basilicae Vaticanae, Romae 1786, II 90G 914 possiamo riconoscere con certezza solo nove volumi greci, tra i quali (911) ' Tolomeus in greco de cosmografia mundi ystoriatus et depictus '.

CJip. Ili) I PAPI, NICCOLÒ V 67

quali (lue soli sedila l'inventario del 1443 di Eugenio TV/'' quantunque nel 1432 ce ne fosse di più.^'^ La forte spinta fu data qui da Niccolò V,^^ il quale indagatore egli stesso, come vedremo, di codici latini, era ' novorum operum et praecipue graecorum cupicntissimus ';^2 onde mandò in Grecia, pre- correndo di un trentennio l'opera di Lorenzo il Magnifico, esploratori e negoziatori di manoscritti. Uno di costoro di cui non ci giunse il nome, fu inviato a Costantinopoli per acqui- stare Origene adversus CeUumP Nel 1451 tornava dall'Oriente Enoch d'Ascoli, ^^ che è molto ragionevole supporre vi sia stato mandato a cercar codici, perché subito dopo era incaricato dal papa di un' altra simile missione nell' Occidente. E nel 1452 trovavasi a Trebisonda Niccolò Perotto, che in quell' anno mandò di per mezzo del Bcssarione quattro volumi al pon- tefice, promettendogliene altri quattro o cinque per il prossimo anno.''^ Alla morte di Niccolò V (1455) la biblioteca Vaticana

8' MiÌNTz et Farre, La hiblioth. du Vatican, III. Non è u nostra cogni- zione se Martino V abbia raccolto codici greci ; ma è certo che fn promo- tore degli studi greci e specialmente delle traduzioni, come appar mani- festo da ciò clie scrisse verso il 1423 al Traversari : ' ncque enini uberiorem fruetum aflferre potest hominibns industria tua quam grecos excellentissinios doctores, ([uorum scientia nobis est ignota, latinos faciendo ex grecis, ut eorum doctrina, jìcr quam ad celestia liortaninr regJia, nobis flat nota' (A. Thomas in Méla7i(/es d'arch. et d' hist. IV, 1884,51-52).

^ Traversari, Epist. Vili 42 (del 1432): ' Pontificis bibliotbecam ingressus, graeca voluinina quaednm notavi. Novi nihil inveni, praeterquam Isaac Syri opuscnla de perfectione vitae religiosae ', cfr. XI 21.

"' Sotto Niccolò V si formò una raccolta di i)oeti greci Gaspare da Ve- rona, che la vendè nel 1465 a Leonoro (Lianoro) de' Leonori : ' pancis ante diebus, racconta Gaspare, paene omnes poetas, qui hodie inter Graecos po- tissimi habentur, a me comparavit ' (Leonorus; cfr. Le Vite di Paolo II, 23). Alcuni volumi di poeti greci posseduti da Lianoro si conservano an- cora : Aristofane a Cremona ; Kschilo, Ksiodo e Teocrito a Ferrara ; Pindaro e Aristofane, comprato del 1460, pure a Ferrara (Martini, Catalogo di ms. greci, Milano 1893-1902, 1 314 ; 336 ; 35.5). La Vaticana ha un Plutarco co- piato da Leonoro (Dk Ngi.hac, La hiblioth. de F. Orsini 170).

■^ Cosi il Gazali! Biblioth. Smithiana CCXU ; cfr.^lntiT/. etFhnur.op.cit. 37.

'^ Dalla testimonianza su citata del Gaza.

9< Le Vite di Paolo II, 18, 3.

"5 l volumi mandati erano: (1) gli Evangeli; (2) le Omelie di Gregorio Nazianzeno; (3) Aristotelis l'robleniata plura quam hucusque viderim, item Problemata Alexandri Aphrodisei ; (4) le orazioni private di Demostene. La

58 I RACCOGLITORI A URBINO, A NAPOLI (gap. HI

possedeva la cospicua somma di 414 codici greci. ^'^ L'incre- mento continuò sotto Pio II, che ne introdusse 40,^^ e sotto Sisto IV (m, 1484), che li fece salire al migliaio. ^^

Come a Roma, cosi a Urbino il movimento fu iniziato dal principe; infatti il duca Federico forni la sua biblioteca di 93 volumi greci. '^^

Peggio andarono le cose a Napoli, dove i re poco o nulla contribuirono ad accrescere il patrimonio della cultura greca,^°° mentre non mancò tra i baroni del regno chi si occupasse di raccogliere codici greci, in particolar modo il regio segretario Antonello Petrucci d'A versa, che ne riunì almeno venti,^"! e uno

lettera del Perotto al papa in Mììntz et Fabre 113-114: ' datum in Trape- zunta '. Cfr. per la data Gabotto e Badini Confalonieki, Vita di Giorgio Me- rula, Alessandria 1894, 81, 3; ma preferirei il 1453, perché negli anni 1451- 52, 1452-53 il Perotto fu lettore di rettorica e poesia a Bologna, U. Dallaki, I rotuli dei lettori dello Studio di Bologna, Bologna 1888, 31, 34. Ma con Trapezunta si potrebbe intendere Grottaferrata, di cui il Bessarione, nativo di Trebisonda, fu fatto abate nel 1462 e vi mandò come suo coadiutore r anno stesso il Perotto (cfr. n. 84).

98 MiÌNTz et Fabre, III, ne danno 353 ; ma per la cifra esatta vedi J. HiLGERs in Centralblatt fiir Bibliotlielcsw. XIX, 1902, 1. Uno dei codici più pregiati allora della biblioteca di Niccolò V era ' Grisostomo sopra Santo Matteo, circa oniilie ottanta, ch'era stato anni cinquecento e più perduto ', Vespasiano, Vite 1 53.

9' MiiNTz et Fabre, V, dicono 54; la cifra tradizionale è di 55, ina in effetto sono 40, come dimostra E. Piccolomini, De codicibus FU II et Pii III, Senis 1900 (in Bollettino Senese di storia patria VI, 1899), 10-11 ; e 41 col Yatican. gr. 1339.

°8 Mììntz et Fabre, op. cit. III.

^^ Secondo il catalogo compilato nel secolo xv dal bibliotecario Fede- rico A'cterano e pubblicato da C. Guasti in Giornale stor. degli archivi to- scani VII, 1863, 149-152. Il catalogo sommario già in Vespasiano, Vite I 300- 301. A. Pesaro Alessandro Sforza raccolse autori greci soltanto nella tra- duzione latina, Vespasiano, I 327.

1"^ V. Appendice d.

101 Due di essi furono trascritti nel monastero di S. Niccolò di Gasoli presso Otranto negli anni 1474 e 1475 dal costantinopolitano Demetrio Leon- tari vcfi"- Omont, Les ms. grecs datés 19; 20). Sulla storia del monastero di Gasoli vedi Ch. Diehi, in BIélanges d'arch. et d'histoirz VI, 1886, 173-188, e P. Batiffol, L' abbaye de Rossano, Paris 1891, XXVIII. Lo stesso Ba- tiffol scrive ib. pref. III-IV che ' le biblioteche basiliane delle due Si- cilie ebbero gran parte nel formare le collezioni italiane nel Rinasci- mento'; ma egli poi non reca altra prova (p. 37, 2) che il viaggio di Giovanni Lascari del 1492 traverso le Puglie in cerca di codici per Lorenzo

cap. Ili)

I EACCOQLITORI A MILANO 59

SUO figlio Francesco. Un'altra collezione privata che merita ricordo ò quella dei dodici scrittori di materia militare pos- seduti dal Panormita e dal Fuggi e dati in prestito nel 1451 a Francesco Barbaro. ^"^

Parimenti a Milano poco fecero i principi, molto i privati per i manoscritti greci. Quattro in tutti ce n'offre il catalogo Visconteo del 1426,^°^ nonostante che per circa tre anni (1400- 1403) professasse a Pavia il Crisolora e vi dimorasse il cretese Pietro Filargo arcivescovo di Milano, poi papa Alessandro V. ^°*

il Magnifico. È facile aggiungervi l'altro Lascari, Costantino, che tanti anni visse a Messina ; e il Bessarione die da Gasoli trasse Colluto e Quinto (DiEUL op. cit. 175). Ho già accennato ai due codici pervenuti al Petrucci da Casoli. Ma in realtà gli umanisti del sec. xv ebbero pochissimi contatti coi monasteri greci del Mezzogiorno; e quei pochissimi si riducono quasi a soli umanisti greci e appartengono alla seconda metà del secolo. I mona- steri basiliani furono invece presi più di mira nel sec. xvi: e ciò dimostra il Batiffol. I codici dei Petrucci dopoché Ferdinando I sconfisse i baroni entrarono nella biblioteca Aragonese e da essa passarono di mano in mano nella Nazionale di Parigi, la quale ne possiede altri otto provenienti dalla biblioteca di Alfonso: perciò 29 in tutti; Mazzatinti, op. cit. XLVIII-LVII e n.» 301-329. Quattro codici greci furono acquistati nel 1492 perii re Fer- dinando, il). XCVII.

•02 A. Bkccatelli Panoumitak, Epist. Camp. 42; 43.

103 D'Adda, Indagini n.' 8; 120; 122; 547. E nessuno acquisto nuovo si nota riguardo ai codici greci agli altri nel catalogo Visconteo-Sfor- zesco del 1459 (Mazzatinti in Giornaìe storico 1, 1883, 40-56); che anzi que- st'ultimo in confronto di quello del 142G risulta mancante di 175 volumi circa, in séguito alla dispersione cagionata dai prestiti. I codici greci si- curi nel catalogo del 1459 sono i due pervenuti dalla libreria del Petrarca (n.' 8 e 120 del catalogo del 1426, cfr. Dk NoLUAf, Pétrarqtie 322, n. 6): ' Omerus grece Iliados ' (p. 53); ' Platonis greci, videlicet : Disputatio So- cratis cum Clitophonte. Politie. Timeus Platonis. Chritias Platonis de lege. Leges Platonis. Phedrus Platonis. Demodochus de Consilio ' (p. 49). Questo è il Platone, a cui il Petrarca nel De sui ipsius... ignorantia allude con le parole ' sedecim vel co amplius Platonis libros domi habeo ', il Platone ' in lettera e grammatica greca in un grandissimo volume ' veduto dal Boccaccio (Comento sopra la Comedia, Firenze 1863, I 370) presso il Pe- trarca, il ' Plato in greco voluminis satis grossi ' del catalogo di Pavia del 1426 n.o 120, quello stesso di cui nel 14")6 il Filelfo faceva richiesta ad An- dronico di Gallipoli (Legrand, Cent-dix lettres gr. de F. Fihlfe 83-84 e cfr. G. Gentile / dialoghi di Platone posseduti dal Petrarca in Rassegna cri- tica d. lett. ital. IX, 1904, 196; 203; 204; 205). Il catalogo dei nuovi libri introdotti nel 1469 (Mazzatinti, ib. 56) non reca nessun titolo greco.

•O"* R. S. L' ultimo ventennio della vita di M. Crisolora 6 8. Dalla scuola di Pavia sarà probabilmente uhcito chi copiò Aristotele e Teraistio nel di-

60 I RACCOGLITORI A MILANO, A MANTOVA (cap. Ili

Ma non molto dopo già dava opera a procurarsi autori £?reci Pier Candido Decembrio, ^^^ dei quali alcuni ci sono rimasti, come le biografie di Plutarco nei codici Vatic. Pa- lat. gr. 168 e 169 e nel cod. Ambros. E 88 sup. e la tra-' duzione delle Metamorfosi d'Ovidio del Planude nel cod. Ambros. Q 91 sup. Giusto allora (1438) veniva il Filelfo a Mi- lano a occuparvi la cattedra eh' egli rese famosa e con lui veniva la sua ricca collezione di manoscritti greci ; e negli anni 1460-65 vi soggiornò un Greco illustre, Costantino La- scari, ^°^ pur egli grande scopritore. Non mancavano pertanto colà occasioni agli studiosi di arricchire di codici greci le proprie librerie e ne approfittò largamente Gian Francesco della Torre, che nel 1476 comperò tutta la collezione greca di Andronico Callisto, ' che erano capsette sei ', onde a ragione potè vantarsi che la sua biblioteca ' è cussi ben fornita, cume puchissirae siano in Lombardia '. ^°^

In Mantova portò e diifuse la cultura greca Vittorino da Feltre, che vi radunò non pochi e importanti autori greci, ^^^ in una trentina di volumi ammirati dal Traversari nella vi- sita fatta al sommo institutore l'anno 1433. Taluni di essi anzi mancavano agli umanisti di Firenze, vale a dire le Ora- zioni dell'imperatore Giuliano, la Vita d'Omero dello Pseude- rodoto e i trattati musicali di Aristide Quintiliano e Bacchio Seniore i^o'' e di tutti questi fece trar copia per il Niccoli.^'"

cenibre 1402 èv MeòioMvc) xfjg Aiyvonurjs èv fiovaOteQuo rof) àyiov 'AjuI3qooìov (Omont, Le ms. grecs datés 3), Alcuni codici ebbe dal Crisolora il padre di Pier Candido, Uberto (Tkaversaiu, Epist. XXIV 68).

'05 Teaversaki, Epist. XIII 15; Vili 52 (del 1433): ' Graeca voliimina Candidiis noster mihi pollicitus erat et gratulor illi non excidisse quid rc- ceperit '. Del 1439 domandava un Omero da Firenze (R. S. Biogr. di G. Auris2)a 78-79).

'0! Legrand, Bibliographie héllénique I, LXXV.

10* Legrand, I, LIV-LV ; Fabroni, Laur. Med. vita II 286-287.

'OS Nel 1424 trattava di acquistare dall' Aurispa l'iatone e Plutarco, R. S. Biogr. di G. Aurispa 21-22.

105 Traversar], Epistol. Vili 50 (dove sono enumerati i principali) e XI 7U; iD. Hodoepoi-icon, Florentiae 1680, 34.

110 Traveiisari, Jt/pistoZ. Vili 51. Con queste indicazioni determiniamo al- cuni codici del Niccoli. Il Traversari notò anche Agostino De trinitate tra- dotto in greco (Epist. Vili 49; Uodoep. 34).

cap. Ili) I RACCOGLITOEI A FERRAEA 61

Fra i codici appartenuti a Vittorino ricordiamo (cfr. n. 16) un Senofonte e la Rettorica di Aristotele (cod. Paris. Suppl. gr. 1285), donatagli dal Pilelfo, quella stessa, se non erriamo, che gli aveva mandata da Costantinopoli. ^'^ Certamente per im- pulso di Vittorino il marchese Gian Francesco Gonzaga nel 1444, approfittando dell'occasione che andava a Costantinopoli Domenico Grimaldi, gli dava l' incarico di cercargli le opere di Giuseppe Flavio in greco. ^^^

A Ferrara la letteratura greca fu introdotta da Guarino, che vi arrivò nel 1429 da Verona co' suoi numerosi codici ; ma ella non penetrò nella ricca biblioteca dei principi Estensi, 1 quali, Leonello compreso, davano le loro preferenze agli studi latini, volgari e francesi. Infatti nel catalogo della li- breria di Niccolò III del 1436 comparisce un sol codice greco (n. 115), nessuno in quello di Borso del 1467, parimenti nes- suno, ed era giusto, in quello della libreria di Eleonora di Aragona del 1493; ma reca stupore che due soli, un misero ' Psalmista grego ' (n. 369) e un ' Teodoro {— Diodoro) siculo in greco ' (n. 464), figurino nel ricco inventario dei manoscritti di Ercole I del 1495. i^'

Le due città più colte della regione veneta, Padova e Venezia, sopra tutte le altre della penisola spiegarono una grande attività nel commercio dei codici greci, come quelle che erano più in diretta e assidua comunicazione con l'Oriente. Da Padova Pier Paolo Vergerlo si trasferi a Firenze nel 1398

111 Fr. Philklfi, Epistol. t.Bv, a Vittorino: ' Aiistotelis artom ad Tlieode- cten, quod antca te monui, ex Constantinopoli dedi ad v. e. Franciscuin Barba- rum, eo Consilio ut eas (sic) tibi reddendas curaret ' ; del 1428. Non saiìpinnio se collocare tra i codici di A'ittorino anche le 48 Vite di Plutarco, ora in Lau- reuziana (Bandini, Cod. gr. II 622), copiate nel 1429 a Mantova da Gerardo.

'1^ Lettera del Gonzag-a a Guarino Veronese : ' r^ong^o atque vohenienti desiderio tenemur habendi in g-reco sermone losephuin de antiquitate in- dayca totum et integrum ; necnon eundem de bello iudayco et nonnullas eins invectivas centra detractores gentis iudayce ad Epaphroditum seu centra Manetlionem et Clierimonem et quosdam alios ' ; A. Luzio in Archivio Veneto XXXVI, 1888, .337. Il marchese Lodovico III possedeva uno Strabene, che gli veniva chiesto in prestito nel 1456 dal duca di Milano, E. Motta in Bibliofilo VII, 1886, 129.

113 A. Cappelli in Giornale storico della letter. ital. XIV, 1889, 19 ; G. Bertoni, La hibliot. Estense e la coltura ferrarese 21.3-225; 229-233; 235-252.

62 I EACCOGLITOKI A PADOVA (cap. Ili

a studiarvi ^reco sotto il Crisolora e sin dal 1400 s'era acqui- stato alcune opere di Plutarco, qualche Dialogo di Platone, l'Odissea d'Omero e Tucidide. Plutarco e Tucidide li aveva avuti da Pietro Miani, forse suo condiscepolo, in Padova.'^* As- segniamo a Padova l'esule fiorentino Palla Strozzi, che vi ca- pitò nel 1434 e vi abitò sino alla morte avvenuta l'anno 1462 ; perché se molti codici egli portò seco da Firenze, tra i quali certamente Omero, ^'^ Plutarco, Platone, Tolomeo, la Politica di Aristotele ^^"^ e le Omelie del Grisostomo in Matthaeiim,^^'^ altri se li procacciò durante la dimora nella nuova sua pa- tria, a cui li lasciò tutti in eredità, donandoli al monastero di S. Giustina. ^'^^ Più tardi, nel 1490, allorché visitò Padova in cerca di manoscritti greci Giovanni Lascari, ne trovò anche presso i monaci di S. Giovanni in Verdara e presso taluni privati, come p. e. Giovanni Calfurnio;^*^ e l'anno dipoi ne vide il Poliziano presso il medico Pietro Leoni da Spoleto.^^"

''< R. S. L'ultimo ventennio della vita di M. Crisolora 5-6. Gasparino Barzizza in una lettera del 1413 (R. S. Studi di G. Barzizza su Quintiliano e Cicerone, Livorno, 1886, 1-2) parla del disegno di scrivere un commento alla Kettorica di Aristotele ; ma non bisogna credere che egli ne possedesse il testo greco, poiché da un'altra sua lettera risulta che adoperava invece la traduzione latina medievale, cfr. R, S. in Museo ital. di antichità class. Ili 332, dove il passo citato (Aristot. Bhet. I 1, 14) è tolto di peso dalla tra- duzione latina.

"5 Lo possedeva sin dal 1400, R, S. Z' ultimo ventennio 6.

116 Vespasiano, Vite III 9-10; 265.

1'" Travers., J<Jpist. VII 9.

11* L. A. Ferrai in Indici e cataloghi per cura del ministero della pub- blica istruzione, voi. V Manoscritti ital. delle bibliot. di Francia II, 1887, 566-574, dove è dato l' inventario e 1' estratto del testamento. Sono 17 in tutti, degno di nota un Lisia. Per due altri manoscritti greci del 1441 e 1442 appartenenti allo Strozzi cfr. Omont, Le ms. grecs datés 11-12.

11" K. K. MiÌLf.ER, Neue Mittheilungen etc. 388-389. Nel convento di S. (ìiovanni in Verdara ce n'erano quindici : uno regalato da (Giovanni Mar- canova nel 1467 e gli altri 14 da Pietro da Montagnana nel 1478, 1. l'ir, Tomasini, Biblioth. Patav. ms. Utini 1639, 20; 21; 22; 29. Quelli regalati allo stesso monastero dal Calfiirnio (ib. 20 ; 21) c'entrarono più tardi, li Montagnana fu anche raccoglitore di codici orientali ed ebraici (ibid.); oltre a lui ne raccol- sero in Padova Pietro Leoni (sei ebraici, L. Dorez in lievue des biblioth. vii, 1897, 82), in Venezia Vincenzo Qiiirini, il card. Grimani, Carlo Cappello e Da- niele Renier (G. Pavanello Un maestro del quattrocento, Venezia 1905, 143).

120 Fabroni, Laur. Med. vita II 285; A. Poliziano, Prose volgari ined. etc. race, da I. Del Lungo 78-79; per il Leoni cfr. Legeand, Bibliogr. liéllmique

cap. Ili) I RACCOGLITOEI A VENEZIA 63

A Venezia, prima che vi sbarcasse nel 1408 Guarino di ritorno da Costantinopoli, era venuto in potere di un discreto numero di codici greci, quali Plutarco, Tucidide, Senofonte, Plotino, la Homeri vita di Erodoto e un famoso Salterio, il patrizio Pietro Miani (Emiliani), che occupò varie cariche nella curia romana e diventò nel 1409 vescovo di Vicenza, ^^i Ma dopo lo sbarco di Guarino e durante la sua condotta vene- ziana degli anni 1414-1418 crebbe notevolmente l'impulso allo studio e alla ricerca degli autori greci e ben presto ne ap- profittarono i suoi due celebri allievi veneziani Francesco Barbaro e Leonardo Giustinian. Il Barbaro n'aveva già una collezione nel 1415, della quale mandava il catalogo a Firenze al Traversari: e questi ne scelse quattro per farseli prestare, Nicandro, Pilostrato, Diogene Laerzio e le Epistole di Basilio, ricambiandolo con Pausania e l'Agesilao di Senofonte, che a Venezia non avevano. *^^ Quando poi il Traversari fu a Venezia del 1433 ricevette in dono dallo stesso un volume dei sedici profeti e uno con 30 opuscoli di Gregorio Nazianzenp.^^^ Otto codici del Barbaro esistevano nel monastero di S. Michele in Murano : la Kettorica di Aristotele ; Basilio super Genesim (avuto nel 1422 da Demetrio Filomato) ; Cirillo Alessandrino de peregrinis vocabuìis; Galeno (stato prima di Giano Podo- cataro) ; gli Erotemata del Moscopulo ; l' Isagoge di Porfirio ad Aristotele (donatagli da Roberto Rossi); una raccolta di trattati musicali (eh' egli comprò da Giorgio Trevisan) e i Dialoghi di Platone;'^' ma non si sa dove siano andati a fi- nire; i pochi che ancora ci rimangono sono: un Tucidide ere-

II 310. Nel catalogo dei codici del Leoni i greci sono quattro soltanto, L. DoREz, iì>id.

i«» Travers., Kpist. VI 2; Vili 47; Luiso, Bruni 33; 34.

122 Travers., Epist. VI 4; 5; 6; 7; 16; 17; 10; 14; 12. Per la cronologia di queste lettere vedasi P. P. Luiso, liiordinamento dell'Epist. di A. 'Tra- versari I 35ss. Il Barbaro nel De re uxoria, composto l'anno 1415, cita Omero, Esiodo, Pindaro, Sofocle, Euripide, Erodoto, Platone (De re pubi.), Senofonte (Cyrop.), Aristotele (Ethica), Isocrate, Teocrito, le Anacreontiche, Esopo, Plutarco.

123 Travers., Epist. Vili 46; Hodoep. 30.

i2< Mittarelli, Biblioth... S. Michaelis XVII.

64 I RACCOGLITORI A VENEZIA

(cap. Ili

ditato dal padre/^-^ la Rettorica di Aristotele, posseduta prima dal Filelfo e da Vittorino, '^'^ un Luciano inviatogli da Gio- vanni Simeonaclii protopapa Candia, ^^'^ un Aristofane ^^^ e un miscellaneo Vaticano. ^^^ Il Giustinian ebbe pure la sua raccolta di codici greci e ne mandava un ' indiculus ' nel 1415 al Traversar!; nel 1416 inoltre aspettava ' ex Cypro libros suos'. ^^° Tre si conservano tuttavia nella Palatina del Vati- cano: Eliano e Aristotele, Psello e Teodoro Abucara, Libanio (Palat. gr. 260; 281; 282), e uno, Plotino e Massimo Tirio, in Laurenziana. ^^^

Nell'ottobre del 1420 correva voce che fosse approdato a Venezia un cavaliere della famiglia imperiale di Costantino- poli ' magnamque librorum copiam secum advexissc 'i^^^ ma non ci riesce di saperne pia in là. Una libreria greca s' era formato anche il medico umanista Pietro Tommasi ; e il Tra- versar! nel giugno del 1433 trovandosi a Venezia vi notò fra gli altri Paolo Egineta, Galeno, i trattati musicali di Tolomeo e di Plutarco col commento Porfirio a Tolomeo, e ì Morali di Plutarco in due volumi. '^^ Annovereremo tra i bibliofili veneziani anche Pietro Barbo, il futuro papa Paolo II, che ci

^^■> Coti. Vatic. Urbin. gr. 92 f. 3: Thucydides historicus de bello pelo- ponesiaco. ' Est Francisci Barbari q. domini Candiani qiiem sub corona omit Franciscus Sezzius anno Christi MCCCCXV '.

1-" Cosi almeno pare risulti dalla sottoscrizione del cod. Paris. Siippl. gr. 1285.

1" Cod. Vat. Palat. gr. 73 f. 2 : ' Iste Lucianus est Francisci Barbari veneti patricii quoin sibi raisit ex Creta lolianiios Siineonachis protopapa Candiae '.

•" Neil' Estense di Modena (cfr. Studi ital. di ftlol. class. IV 467).

1-^ Cod. Vat. gr. 1421 con Luciano, Esiodo, Pindaro, Euripide, F;ico- frone. Cfr. Dk Nolhac, La hiblioth. de F. Orsini 166, 5; ma nella guar- dia invoce di Francisci Barbari senensis patricii sarà da leggere veneti patricii.

'20 Tkaveusari Epist. VI 4; 7; cfr. VI 31 ; 35, dove il Traversar! domanda al yiustinian se ha ricevuto di Crrecia i nuovi codici ; VI 25 un niogene Laerzio del Giustinian.

131 Bandim Cod. gr. II 276.

'•52 Tbavers. Epist. VI 22.

133 Tbaversari Epist. vili 46; Hodoepor. 30. Forse sono gli stessi Mo- rali che egli possedeva sin dal 1420, quando si trovava a Vicenza col Fi- lelfo; Fr. Philelfi Epist. f. 35i;.

cap. IH)

1 HACCOGLl'TÓRI A VENEZIA 66

vien dipinto come noncurante della cultura?'''* Certo è che era appassionato raccoglitore di oggetti d'arte e monete e che possedeva due esemplari greci delle Storie di Dionigi d' Alicarnasso ; 135 del 1469 il Filelfo'^*^ domandava Appiano Diodoro e Dione Cassio, i quali erano ' in hybliotheca sanctis- simi pontifìcis maximi Pauli secundi ', doveché nell'inventario di Niccolò V non figurano ancora: potrebbe Paolo II esser- seli trasportati da Venezia. Con questa città connettiamo pa- rimenti Giorgio Valla, sebbene piacentino, perché l'ultima parte della sua vita la trascorse a Venezia (dal 1485) e ivi avrà se non iniziata, indubbiamente ingrossata la sua copiosa biblioteca di scrittori greci, massime se pensiamo che fino dal 1469 eravi giunta la famosa raccolta del Bessarione e che nel 1486 egli intraprese un viaggio a Salonicco e a Costanti- nopoli. ^^^

Ricorderemo per ultimo fra le collezioni di autori greci quelle visitate da Giovanni Lascari a Venezia nel 1490 di Gioacchino della Torre, di Alessandro Benedetti e di Ermolao

'^'i Mììntz et Fabre op. cit. 132. Un Cornelio Celso posseduto dal Barbo è il Vatic. Ottobon. 1653, R. S. in Studi ital. Vili 8.

i'5 Paolo II, come abbiamo veduto (n. 52), dice dello Spinola, alludendo a se stesso : ' ducitur ea voluptate qua nos ' ; e quando nel 1467 si scopri a Pienza un ripostiglio di circa trecento monete, egli fu sollecito a chiederne informazioni a Jacopo PicL'oiomini, il quale cosi scrive al segretario ponti- ficio Leonardo Dati {Epist. et comment. f. 167) : ' Intclligo ex litteris tuis quae cupiat beatissimus pater de nnmismatibns inventis... Gnm essem Pien- tiae de inventis audivi et unum solum inspoxi : oblatum mihi'a quodam ca- nonico, qui ab inventore acceperat. Referebat ad treceiita esse numero '. Lapo Biraghi nel proemio alla traduzione di Dionigi dedicata a Paolo II ' Tarvìsii 1480 ' : 'est conversum id omne, quod in ambobus tuis codicibns graecis repertum est '. Il Dionigi fatto copiare per ordine di Paolo II nel 1469 da Antonio della Toffa e fatto legare nel 1470 da Francesco Fini de- v'essere l'esemplare della traduzione (cfr. Le Vite di Paolo IT si cura di G. Zippel IX, 1).

138 Epist. f. 210.

"' Vedasi J. L. HEiBEar, Beiti àge ztir Geschichte Georg Valla' s und seiner Bibliothek \x\ Beihefte zum Gentralblatt fur Bibliotheksw. XVI, 1896, 459 ss. (! per ulteriori informazioni R. S. in Giorn. star, della letter. ital. XXIX 527. 1 codici greci del Valla ora a Modena sono 65; si aggiunga l'Am- bros. L 41 sup. (Aristofaue) e il Vatic. gr. 2441 (Euripide).

R. Sabhadini. Le scoperte dei codici. 5 .

66 1 BACCOGLTTORI GRECI

(cap. IH

Barbaro, *38 pg^ „qjj parlare di studiosi che possedettero even- tualmente questo 0 quel codiceJ''^

Agli Italiani, scopritori e raccoglitori di codici greci, è giusto accompagnare quei Neogreci, che o diedero una spinta alle ricerche o secondarono sul suolo natio le indagini italiane 0 si fecero essi stessi investigatori e portarono indi qui da noi i tesori ritrovati. Della venuta in Italia di Manuele Cri- solora nel 1397 e dei benèfici effetti che ne derivarono ab- biamo toccato. Lo segui a non molta distanza Giorgio da Tre- bisonda, che avanti il 1418 comparisce a Padova e a Venezia,^*" provvisto di volumi greci. Fra coloro che non abbandonando la loro patria copiarono codici greci per gli Italiani nomine- remo il noto diacono Giorgio Crisococce, maestro del Filelfo e del Bessarione,^" e un altro, a torto dimenticato, Giovanni Simeonachi, protopapa di Candia, che fu maestro di Rinuccio,**^ e da cui riceveva manoscritti il Barbaro (cfr. n. 127).

Nell'occasione del concilio di Ferrara e di Firenze (1438- 1443) una folla di Greci si riversò in Italia ; e se è vero che,

13^ K. K. MiÌLi,ER Neue Mittheilungen etc. 385-388. Ai codici qui nominati di E. Barbaro si aggiunga un Ateneo, Paris, gr. 3056, copiato di sua mano nel 1482, e quattro, in parte autografi, in Vaticana (Dk Noi.hac La biblioth. de F. Orsini 166-167); più tre altri, Tolomeo, Plotino ed Eschine, che erano in S. Michele di Murano (Mittarelli Bibliotheca... S. Michaelis XVIII).

13'' Per es. il cardinal Giovanni di Ragusa nel 1436 acquistò un fìrisostomo, ora a Basilea (Omont in Centralblatt fiir Bibliotheksiv . Vili, 1891, 22-23). Un codice di poeti greci di Marco Lippomano in Tiuveks, Epist. IX 24, del 1432; e un volume in Vaticana di Giovanni Lorenzi contenente Sinesio, Ari- stide e Libanio in Dr Nolhac op. cH. 228, e un altro in Laurenziana Id. in Mé- langes d' ardi, et d' hist. viii, 1888, 11-12. Il Lorenzi dal 13 die. 1485 sotto Innocenzo viii fu bibliotecario della Vaticana, ibid. 4.

'^0 R. S. in Giornale stor. della letter. ital. XVIII 240.

•■«1 Legrand Cent-dix lettres grecques de Fr. Filelfe 14-15; 112-113; 133; Fr. Philelfi Epist. f. 41.

1^2 Nella dedica della traduzione latina del Caronte Lucianeo (cod. Ric- cardiano 1200 f. 17) scrive Rinuccio da Castiglione : * Verum si quid tua gra- vitate dignum per nos eluxerit, gratia erit habenda lohanni Simonaco pro- topape, viro nostre etatis litteratissimo, e cuius industria opere et diligentia derivatnm est quod grecarum litterarum ad nos (= ad me) effluxit '.

cap. Ili)

IL BESSARIONE 67

come afFermano l'Anrispa il Marsuppini e Cencio Kustici, ' mira apud illos, praeteninam sacrorum voluminuin, paucitas fiierat V^^ non bisogna dimenticare che in quella moltitudine c'erano Gemisto Pletone, Isidoro di Salonicco, poi cardinale di Eussia/** forse il Gaza^^^ q certo il Bessarione, uno degli eroi dell'esplorazione dei codici. E più tardi, verso la metà del sec. xv o dopo, giunsero tra noi altri Greci, non meno il- lustri, quali Demetrio Calcondila, Giorgio Scolarlo, Giovanni Argiropulo, Andronico Callisto e i due Lascari, Costantino e Giovanni, per tacere dei minori, benemeriti tutti dell'investi- gazione e della divulgazione dei manoscritti.

Quattro sopra gli altri si segnalarono in questo campo. Il Bessarione ebbe da ragazzo l'istinto di trascriversi, farsi tra- scrivere e comperarsi manoscritti; e quando Costantinopoli cadde in potere dei Turchi raddoppiò le sue cure nell'inve- stigazione dei codici greci, perché l'assalse il presentimento che molte di quelle opere antiche perissero, come pur troppo perirono. ^*^ Sappiamo di sette copisti, ch'egli adoperò nelle trascrizioni: Giovanni Plusiadeno, T Argiropulo, Michele Apo- stolio, Giovanni Roso, Giorgio Zangaropulo, Cosimo Monaco, Demetrio Sguropulo. ^*^ E anche in Italia fece acquisti, spe- cialmente dall' Aurispa, da cui comperò uno dei due volumi del famoso codex Venetus degli scolii all' Iliade, e forse dal

1^^ R. S. Biogr. di G. Aurispa 79-80.

1'*^ A Isidoro chiese fiuarino il codice di Strabene, R. S. La scuola e gli studi di Guarino 127.

'<5 La data dell'arrivo del Gaza non è nota; ma certamente nel 1438 prese parte in Ferrara alle discussioni del concilio.

i^^ H. Omont Inventaire des ms. grecs et latins donnés a S. Marc de Ve- nise par le card. Bessarion, Paris 1894, 10 : ' non modo, scrive 11 Bessa- rione nell'atto di donazione, plaerosque (libros) et pner et adolescens mann moa conscripsi, sed qnicquid pecuniolae seponere interim parca friipralitas potnit, in iis coèmendis absnmpsi.... ardentiori tameii studio post (Jraeciae excidinm et deflaeiidam Byzantii captivitatem in perquirendis graecis libris omncs meas vires, omnem curam, omnem operam facultatem industriamque consumpsi ; verebar enim et vaehementissime formidabam ne cum caeteris rebus tot excellentissimi libri... brevi tempore periclitarentur atque perirent'.

!■*' I. Morelli Operette I 32. Su questi e altri famosi copisti greci vedi Gardthausen Griechisehe Palaeographie e De Nolhac La biblioth. de F. Orsini 144-154.

68 1 DUE LASCARl

(cap. Ut

Filelfo, con cui avviò pratiche ;^*^ ma il più notevole incre- mento lo consegui la sua collezione dal monastero di S. Nic- colò di Gasoli i)resso Otranto, '^^ donde uscirono alla luce la Posthomerica di Quinto e il Eatto d' Elena di Colluto, fino allora ignoti agli umanisti, Nel 1468 il Bessarione donò tutti i suoi volumi, 482 greci e 264 latini, a S. Marco, ^^^ e con essi furono poste le basi della futura biblioteca; il muni- fico donatore si contentò, poiché continuando a radunarne altri, di quelli pure non defraudò la prediletta città. ^^^

Delle sei casse di codici di Andronico Callisto, vendute nel 1476 a Milano, s'è già detto (p. 60). Terzo dei Greci che raccolsero manoscritti poniamo Costantino Lascari, che li re- galò tutti, in numero di 76, alla città di Messina, di dove nel 1712 passarono nella biblioteca Nazionale di Madrid: e ivi sono tuttora. ^^2 Quarto e ultimo della gloriosa schiera è il più giovine Lascari, Giovanni, che per incarico di Lorenzo il Magnifico percorse l'Italia superiore e le Puglie e due volte la Grecia in cerca di autori greci, onde s'accrebbe conside- revolmente la già ricca biblioteca privata de' Medici ;'^3 dj lui più di qualsiasi altro investigatore par lecito affermare che sottrasse a certa rovina talune produzioni dell'ingegno greco.

Rapida è stata la nostra esposizione dell' operosità consa- crata nel sec. xv alla scoperta dei codici greci; ma ne pos-

Philelfi Epist f. 41.

K'' Morelli ih. 23; R. Kocholl Bessarion, Leipzig 190-i, 88; Cu. Piehl. op. cit. (alla 11. 101), 175.

150 Gli atti presso H, Omont ib. 10-20.

151 Morelli 28. Ancora nel 1472 fece eseguire da Vespasiano una copia S. Agostino in dieci volumi, Kocholl 191-192. Su due codici donati dal Bessarione a «rotta Ferrata A. Rocchi op. cit. 101 ; 274.

152 Legrand Bibliographie hélìénique I, LXXXIII s. Si aggiunga un Apol- lonio Discolo, ora Paris, gr. 2547, copiato nel 1495, Omont IjCS ms. grecs datés 80, e un Collnto, ora Vatic. gr. 1851, copiato nel 1498, I.eorand Cent- dix lettres 365, 5. La Gigantomachia greca di Claudiano ci ò. salvata dal suo apografo, il Matrit. 61, scritto nel 1465; cfr. Claudiani Carmina ree. Birt, 1892, LXX.

153 Per la storia delle esplorazioni del Lascari vedasi K. K. Mììller Neue Mittheilungen etc. 333-411, dove si tien conto anche degli studi del nostro E. Piccolomini. Ulteriori notizie reca il De Nolhac op. cit. 1.54-159 e in Mé- langes d' arch. et d' hist. vi, 1886, 255-260; 264-266, pubblicando l'elenco di 128 codici greci e di 47 latini di proprietà del Lascari.

cap. Ili)

CIRIACO 69

siamo derivare con sicurezza qualche conclusione : che molto fu fatto allora per salvare e diffondere la cultura più perfetta dell'antichità; che di ciò va attrihuito il merito più all'im- pulso privato che a quello dei i)rincipi; che fra i principi il primo a comprendere lar^^amente e profondamente l' impor- tanza del nuovo movimento e a promuoverlo energicamente fu Niccolò V; che dei due suoi imitatori va data lode grande a Federico di Urbino e grandissima a Lorenzo il Magnifico,

Appendice al Cap. III.

a (— n. 38} Una lista di alcuni suoi codici, segnata sul ms. Paris, gr. 421 f. 59v, fu pubblicata da H. Omont in Centralblatt fùr Bibliotheksw. IV 187. Vedasi in generale E. Zikbarth in N. Jahrbiicher fùr das Mass. Altertum 1902, I 22Ó-226, e sullo Strabene, la cui prima metà è a Eton (cod. 141), la seconda a Firenze (Laurenz. 28. 15), E. Forstkk in lihein. Mus. LI, 1896, 481-491, e (J. Castellani in Eevue des études grecques IX, 1896, n. 34. L'altro dei suoi codici a noi pervenuti, il Vatic. gr. 1309 (cfr. P. de Nolhac, La bibliothèque de F. Orsini 144 e meglio II. Gkakven in Centralblatt fur Bibliotheksw. XVI, 1899, 209-215; 498-500), da lui acquistato nel 1444 a Iwiron presso Athos, contiene, oltre ai Morali di Plutarco, un' importante silloge di epi- stolari : di Falaride, Anacarsi, Bruto, Chione, Euripide, Ippocrate, tanto ac- cetti agli umanisti italiani, che ne tradussero i migliori in latino : Fran- cesco Griflfolini (Aretino) quello di Falaride, Rinuccio da Castiglione quello di Bruto, l'Aurispa quello d' Ippocrate. Diremo anche che Ciriaco tradusse in latino l'opuscolo pseudaristotelico De virtutibus et vitiis; la dedica ad Paulum Pergulensem logicum claruin atque integerrimum virum fu pub- blicata dallo ZiEBARTH in lihein. Mus. LVI, 1901, 159-161; cfr. De Kossi, Inscript. christ. urbis Eomae II 362; la sottoscrizione del cod. Ottobon. 1353 f. 429 suona cosi : ' MCCCCXLII . die VII marti! a nativitate Salvatoris nostri Jesu Christi divina providentia pastore Eugenio papa IIII. Manu mei Giovaunis Petri Pauli Anconitani. Anconae '. Ciriaco, come risulta dalle proprie memorie e dalla vita che ne scrisse lo Scalamonti, vide e acquistò codici greci sacri e profani a Chio, Leucosia, Salonicco e più che tutto nei monasteri dell' isola di Taso. Tra i profani o acquistati o veduti notiamo Omero, Euripide, Erodoto, Piatone, Aristotele, Ippocrate, Galeno, Teodosio Alessandrino e un ' antiquum Homeri in Iliadem commentum '. (G. Colucci, Antichità picene XV, p. lxxvii ; lxxx ; lxxxiii ; cxxxiv-cxxxvii).

b (= n. 52) Per Hermes e Dioscoride cfr. Tortelli, Orthographia a. v. Hermes e Hippocrates ; per Tucidide Ivegrand, Cent-dix lettres gr. de Filelfe 140. Ai codici greci del Tortelli accenna Carlo de' Medici in una lettera del

70 ESPLORATORI MINORI

(cap. Ili

1456 al fratello Giovanni: ' molti libri... di m. Giovanni d'Arezzo...; sono buona parte greci ', V. Kossi, L'indole e gli studi di Giovanni di Cosimo de' Medici (estratto dai Eendiconti dei Lincei, 1893, 30). Nel 1427 fu co- piato a Costantinopoli dal Crisococce un Diodoro a spese di Cristoforo Gara- toni e nel 1431 Niccolò Martinozzi comperò un Eschilo da un papa greco, Bandiki, Cod. gr. Il 691 , III 421 ; ma non sappiamo se questi due Italiani abbiano fatto 1' acquisto in persona o per commissione. Fra i molti altri Italiani che andarono in Oriente a studiar greco, ma che non sappiamo se abbiano fatto ricerche di codici, nomineremo: Gregorio Tifernate (1414-1464?) fecondo traduttore dal greco, il quale dice di : ' Vidimus Hellespontum ' (L. Delaruellk in Mélanges d' arch. et d' histoire XIX, 1899, 13, 16-23) ; Pietro Perleoni di Rimini, che andò a Costantinopoli nel 1441 per udire l'Argiropulo ; Lorenzo di Camerino, che fu sette anni (dal 1463 ? al 1470?) a Creta, donde il soprannome di Cretico (G. Pavanei,i,o, Un maestro del quattro- cento, Venezia 1905, 83, 100) ; e un Tommaso d'Arezzo, morto giovine in Grecia, che cosi è fatto parlare da M. Vegio (1407-1458) nell'epitaffio: ' Dum feror eloquii graii succensus amore, Dum linquo italica, graiaque tecta colo, Oc- cubui Thomas viridi Arretinus in aevo ' {Carmina illustrium poetar, italor. Florentiae 1719-1726, X 311), Ai ricercatori di codici potremmo accompa- gnare anche i ricercatori di oggetti d' arte, ma ci contenteremo di ricor- darne uno solo, Eliano Spinola, di cui Iacopo Piccolomim nelle sue Epistolae et commentarii (Mediolani 1506, f. 44) ci lasciò questa notizia in una let- tera a lui indirizzata : ' Helianum hunc, inquit (Paulus II), agnosco ; vir est insignis et nobilis. Ducitur autem ea voluptate qua nos, erudi tos oculos habens ad cernenda quae praeclari sunt operis. Multa conquìsivit undique ex Graecia et Asia et aliis gentibus '.

e (= n. 84) Questi è Pietro Petali o Vitali, calabrese di Pentidattilo, dal 1432 al 1462 abate di Grottaferrata (S. Maria di Tuscolo), indi archimandrita dei Basiliani di Messina; A. Hocchi, De coenobio Cryptof'erratensi eiusque bibliotheca, Tusculi 1893, 85-90; M. Mandalari, Pietro Vitali ed un documento inedito riguardante la storia di Roma, Roma 1887, 3 ; 4 ; 17 ; lu. Dieci note di storia e critica, Catania 1896, 14-15. Per altre utili notizie sul Vi- tali cfr. Le Vite di Paolo II a cura di G. Zippel, Città di Castello 1904, XXV-XXVI. Il primo a richiamare l'attenzione sui ' libri graeci et numero et dignitate praestantes, omnes sacri ' di Grottaferrata fu Francesco Barbaro nel 1426, nell' occasione che era ambasciatore della Repubblica veneta a Roma ; ' ut intelligeres, scrive a Guarino, hac aetate unius Barbari fortu- nani et diligentiam thesauros graecae disciplinae prope urbem Romanam repperisse ' (R. S. Centotrenta lettere inedite di Fr. Barbaro, 70-71). Si di- rebbe che li scoperse lui; certo i Romani non s'erano fino allora accorti della loro esistenza. 11 monastero d'altra parte era caduto in grande ab- bandono per causa dello scisma (1378-1417); ma anche durante il sec. xiv i monaci avevano dato scarsissime prove di operosità, poiché i codici greci copiati ivi in quel secolo furono poco più di una cinquina. Quando nel- 1' agosto del 1462 venne nominato abate commendatario di Grottaferrata il Bessarione, egli si assunse coadiutore il Perotto, il quale l'anno medesimo redasse l' inventario dei codici. Questi sommano a circa 135 : tutti sacri e tutti greci, meno due messali latini (Rocchi, o_p. cit, 59; 67 ; 76; 91; 98-99; 100; 269-270),

cap. Ili)

IL RE ROBERTO 71

d (=n. ICO) Anche il re Roberto (1310-1341) non era stato un {,'ran rac- coglitore di codici greci : li cercava per farseli tradurre in latino. Qualcuno n' avrà potuto avere da Barlaam, che fu alla sua corte ; ebbe delle opere di «aleno in dono dall' imperatore Andronico. Il Valla nel 1448 possedeva un Ippocrate della sua biblioteca: 'Emi Hypftpcratem, qui fiiit Roberti' (R. S. in Rivista di filologia XX 322). Sappiamo di tre traduttori che egli stipendiò: Azzolino da Roma, Raimondo da S. Germano e più famoso di tutti Niccolò da Reggio. Niccolò gli tradusse Aristotele, ma specialmente molti libri di Galeno, che sono in buona parte nel cod. Paris, lat. 6865 sec. xiv e furono anche stampati nell'edizione di Pavia del 1515-1516, rarissima, che non mi riusci vedere (G. Mazzatinti, La biblioteca dei re d' Aragona in Napoli, Rocca S. Casciano 1897, Il-lII ; N. F. Fakagma, Barbato di Sxdmona e gli uomini di lettere della corte di lioberto d'Angiò in Arch. stor. ital. 1889, III 318-319, 320; 322; 359; L. Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, Cosenza 1869, I 156-157). Altre opere di Galeno tradotte da Niccolò nel cod. Paris. lat. 6867 sec, xv, nel Monac. lat. 490 sec. xv e nel Vatic. Urbin. 248 (Galeni De simplicium pharmacorum natura libri XI), cfr. M. Mandalari, Anecdoti Catania 1895, 177. Una sua traduzione, finora inedita, di un opuscolo di Galeno fu testé pubblicata dal cod. Paris. 6865 e dal Dresdense D b 93 sec. xv a cura di C. Kalbfleisch Galeni De causis continentibus libellus a Nicolao Regino in sermonem latinum translatus, Marpurgi Ch. 1904; il testo greco di quest'opuscolo s'è perduto. Noteremo inoltre Nicolai Alexandkini (Myrepsi) Libeì' decompositione medicamentorum.. a Nicolao Rhegino Calabro in latinum translatus, Venetiis 1660. 11 re Alfonso aveva sin dal 1444 un volume di scrittori militari greci, R. S. Biogr. di G. Aurispa 94; 110.

CAPITOLO IV

Le scoperte durante il concilio di Costanza

(1415-1417)

Ritorniamo ai codici latini.

Per il primo quindicennio del sec. xv le notizie sono scarse, mancandoci o quasi gli Epistolari a cui attingerle. Quelli di Poggio e del Traversari cominciano appunto dal 1415, quello di Guarino non contiene in questo periodo documenti che fac- ciano al caso nostro, quello del Barzizza è, come ognun sa, ricco di parole e povero di fatti : sicché non abbiamo che l'Epistolario del Bruni, a cui attenerci, e qualche altra sparsa testimonianza.

Sappiamo intanto che Guarino innanzi di partire per Costan- tinopoli, il che fu del 1403, possedeva un codice mutilo delle Epistul. ad famil. di Cicerone, indipendente dal Vercellese (Jf), di cui aveva ricevuto copia nel 1392 il Salutati. E c'è pervenuto l'estratto guariniano di 50 lettere familiari di Ci- cerone, scelte saltuariamente dai libri II, IV, V, IX, X, XI, XII, XIII; ^ senza rispettar l'ordine di essi e senza che vi

' R. S. in Bollettino di filol. class. IV, 1898, 198-199. La conoscenza in Guarino delle Epist. ad fam. può essere attestata anche dalla sua lettera da Costantinopoli 1408, dove scrive : * Non me rides, verum iocaris ', da confrontarsi con Cickr. Epist. ad fam. VII 11, 3 ' haec ego non rideo... sed... ut solco iocor ' (R. S. La scuola e gli studi di Guarino 169). Al ritorno da Costantinopoli venuto in possesso del testo intero delle Epist. ad fam, am- pliò 1' antologia, portandone il numero da 50 a 102, ma escludendone nna ventina circa della prima redazione. Alla seconda presiede un certo criterio distributivo, perché vi è messa in capo la lettera II 4, che contiene la de-

cap. IV)

NEI PRIMI ANNI DEL SEC. XV 73

scorga un filo direttivo nella disposizione della materia: una di quelle antologie scolastiche, trasmesse forse dal medio evo, ma venute molto in voga nel sec. xv. Anche delle Epistul. ad Att. venne trovato, nel 1409, un codice indipendente dal- l'esemplare del Salutati e fu per opera di Bartolomeo Capra, che l'ebbe dalla biblioteca Viscontea di Pavia. ^ Il Capra ot- tenne inoltre le Verrine di Cicerone^ e forse Nonio Marcello, che i Fiorentini cercarono tanto tempo inutilmente.* Certo n'aveva una copia a Padova sin dal 1415 l'arcivescovo cre- tese Pietro Donati. 5 A Venezia nel 1407 il Barzizza lesse a Francesco Barbaro gli Epigrammi di Marziale,^ non per anco divulgati, quantunque già noti al Boccaccio ; e il Barbaro stesso sin dal 1416, primo o fra i primi, possedeva i due opu- scoli di Lattanzio De ira dei e De opificio hominis.''

Illustre bibliofilo di quest'età fu Tommaso Fregoso, al quale il Barbaro avanti il 1414 chiedeva Nonio Marcello e Varrone T)e ling. lat.\^ ma più alta fama di levò l'aretino Giovanni Corvini, che trasferitosi a Milano vi consegui nel 1409 la cit- tadinanza e più tardi entrò nella corte di Filippo Maria Vi-

finizione del genere epistolare. Sta nel cod. Magliabech. VI 197, cfr. Ga- lante in Studi ita!, di filol. class. X 386. In questa seconda le lettere sono desunte da tutti i libri, meno l'VIII, il quale a cagione del perturbamento di P manca in alcuni apografi (R. S. Spogli Ambrosiani 344) e mancava anche nel guariniano. Una terza redazione nel cod. Monac. lat. 466 ha 64 lettere. A un codice mutilo e indipendente da quello del Salutati sem- brano appartenere le Epist. fam. di Cicerone che tra la fine del sec. xiv e il principio del xv erano a conoscenza di due Francesi, Nicolas de Clémanges e Jean de Montreuil, cfr. G. Voigt in Uhein. Mus. N. F. XXXYI, 1881, 47-5-476.

2 F. P. Luiso L' Epist. di L. Bruni 83; R. S. in Museo ital. di anti- chità class. Ili 327. Questo codice ad Att. non è da identificare con nessuno dei due (n.' 622; 857) segnati nel catalogo di Pavia del 1426, L. Holzapfel in Jahrb. f. class. Philol. CLIII, 1896, 428.

3 Luiso Bruni 39, 2.

■* Leon. Bruni Epist. Ili 13 : ' (Bartholomaetis) Nonium Marcellum dicit se in dies expectare '.

5 R. S. in Museo III 349-350.

6 R. S. Spogli Ambrosiani 327, 1.

■? Traversari Epist. VI 5 ; 6; 7; l.'3 ; 16. Su sette codici latini di pro- prietà del Barbaro, tra i quali Frontino Strategem. e un volume di Epistole del Petrarca, cfr. Mittarelli Bibliotheca... S. Michaelis XVII-XVIII.

* R. S. in Museo III 347-348. Dice di lui il Barbaro : ' apud quem esse iutelligo omnes peregrini tates, quas nobis docta vetustas reliquit '.

74 GIOVANNI CORVINI

(cap. IV

sconti come suo consigliere. Già nel 1412 o in quel torno la sua biblioteca era fornita di buone opere antiche: s;\'i opuscoli filosofici di Seneca, Giulio Cesare, Censorìno, Vibio Sequestre, r Aiduìaria o Querolus e un corpo dei quattro scrittori di agricoltura, Catone, Palladio, Coluniella,Varrone: opere e autori noti dopo le scoperte del Pastrengo e della Triade fiorentina ; inoltre i Cesari di Svetonio, Gelilo e Macrobio, noti pur questi, ma i suoi codici erano preziosi, perché recavano i passi greci. Le sue Epistul. ad AH. di Cicerone erano contenute in un ' liber veterrimus ', indipendente perciò dall'esemplare fioren- tino. Di nuovo egli scopri una Comoedia antiqua, che s'è ri- perduta, e alcuni opuscoli geografici, pervenutici in un codice di sua proprietà, vale a dire il Laterculus Polemii Silvii, la Notitia Galliarum, ì Septem mira e il Be verhis gallicis. Del JDe verhis gallicis non possediamo oggi altra fonte diploma- tica che la sua.''

A Firenze il Niccoli e il Bruni, il primo specialmente, da- vano mano a salvare i tesori che provenivano dalle biblioteche della Triade: la boccacciana giunse integra nel convento di S. Spirito mercé le cure del Niccoli,'" ma delle altre due fu- rono salvati e ricoverati a Firenze pochi frammenti, notevoli

^ Nel catalogo di Pavia n. 930 leggiamo (D'Adda Indagini etc.) : ' Li- ber unus astrologie... Et fuit positus in libraria per d. lobannem de Aretio die XVIIII deceinbris MCCCCXV '. Ecco l'estratto della Comoedia antiqua secondo la relazione che ne Candido : ' In ea Lar faniiliaris multiim lo- quax est: volt ne parasitus antelucanum cubet, ut plostrum vetus pelves et rastros quatridentes ruri quam festinissime transferat; is ne volt parere quidem eo quod gallus nondum gallulat '. Cfr. R. S. in Museo ital. di antichità class. II 81-96; ILI 330- 331; Id. Siagli Ambrosiani 256-257; 383-384. Un Orazio del sec. xiii con versi autografi del Corvini sul f. di guardia è nel cod. Ambros. N 199 sup. Un altro cod. Ambros. C 80 sup. sec. xiii, con le Confessioni di S. Agostino, ha sul f. 1 di guardia la nota, raschiata, ma ancora leggibile : ' Augustini de confessioni bus mei Gregorii de Corvinis de Aretio'; questo Gregorio molto probabilmente era figlio di Giovanni, il cui padre aveva appunto nome Gregorio, come sappiamo da L. Osio Documenti diplomatici., Milano 1864-1872, Il 100. Ulteriori notizie sul Corvini presso E. Motta Libri di casa Trivulzio nel sec. XV, Como 1890, 24. Sulla relazione delle scoperte di S. Gallo indi- rizzata da Poggio al Corvini cfr. n. 28.

1" G. Zu'PEL e G. Vomì II risorgimento... Giunte e correzioni, Firenze 1897, 26-26,

cap. IV) LE ESPLORAZIONI DEI CUEIALI 76

sopra tutti i due Epistolari ciceroniani della libreria del Sa- lutati. ^^ Il Niccoli, aiutato dal Bruni, fece pratiche nel 1406 e 1407 per ottener libri dalla biblioteca di Pavia; '^ nel 1407 il Bruni e Poggio esplorarono o fecero esplorare la biblioteca di Monte Cassino, ^^ ignoriamo con quali risultati, e nel medesimo anno il Bruni si procacciò la terza deca di Livio ' ex vetustissima scriptura ' e Agostino Be baptismo.^^ Poco anche abbiamo da dire, per scarsezza di testimonianze, sui nuovi incrementi ri- cevuti dal patrimonio classico in questo quindicennio per opera del circolo fiorentino. Si dovrebbe credere che integro fosse il testo delle Verrine ciceroniane mandato al Niccoli nel 1407 dal Bruni ^^ allora dimorante a Siena, il quale 1' anno dopo a Lucca venne in possesso di un nucleo di orazioni ciceroniane : p. Balbo, p. Sestio, p. Caelio, in Vatinium, Be responsis ha- ruspicum, Be domo sua ad pontifices, ' quas omnes, soggiunge, licet apud vos Plorentiae viderim ... ' : '"^ erano tutte sei dunque a Firenze, dove non sappiamo chi le abbia trovate o portate ; esse ad ogni modo rappresentano un acquisto nuovo, perché non figurano nei codici della Triade,

In questi anni dal 1405 al 1410 il Bruni era al servizio della curia pontificia, che non risiedette sempre a Koma, ma di peregrinò a Viterbo, a Siena, Lucca, Rimini, Pisa, Pi- stoia, Bologna; e delle peregrinazioni i curiali letterati, quali il Nostro e Poggio e Iacopo Angeli da Scarperia, approfittavano per cercar codici. Poggio si occupava particolarmente di co- piarli, il Bruni e Iacopo di rintracciarli. Iacopo a Roma nel

" Cinque volumi colucciani presso il Niccoli sono ricordati dal Travkr- sARi Epistol. vili 33 : ' Antonio ili! amico nostro, ut scripsisti..., ex Colu- cianis voliiminibus quinque tradidi '. Il Plinio Nat. Ilist. Paris. 6798 dal Salutati passò al Bruni, D. Detlefsen in Phiìolog. XXVIII, 1869, 300,

12 F. P. Luiso L'Epist. di L. Bruni 25; 48.

13 ib. 83. !■< ib. 32. 15 ib. 39.

18 ib. 56, 1.

76 I CUKIALI A COSTANZA

(cap. IV

140e3 aveva trovato o già possedeva il corpo integro delle 14 Filippiche di Cicerone, che negli esemplari del Pastrengo e del Petrarca erano mutile; e in quell'anno medesimo ne trasse pel Salutati un apografo Poggio/^ che nel 1408 copiò inoltre a Lucca per Cosimo de' Medici le Epistili, ad AttJ^

Ma i letterati della curia erano riservati a ben maggiori destini quando il pontefice dal suolo italiano si fosse trasfe- rito in suolo straniero, a Costanza, per tenervi il concilio ecu- menico.

Giovanni XXIII si mosse da Bologna il primo ottobre del 1414 e giunse il 28 a Costanza, dove il primo del prossimo mese apri il concilio. Tra i curiali che o lo accompagnarono 0 lo raggiunsero colà poco dopo, incontriamo i migliori uma- nisti e letterati del tempo ; nominiamo Poggio, il Bruni, Pier Paolo Vergerlo, Cencio Rustici, Bartolomeo Aragazzi da Mon- tepulciano, Zomino (Sozomeno) da Pistoia, Benedetto da Piglio, Biagio Guasconi, 1^ i cardinali Francesco Zabarella, Alamano Adimari, Branda da Castiglione, ^^ 1' arcivescovo di Milano Bartolomeo della Capra ^^ e il suo futuro successore Francesco

1' Salutati Epistol. a cura di F. Novati IH 656; ora Laurenz. 48. 22; contiene anciie le Catilinarie (li mano dello stesso Poggio. Altri codici co- piati da Poggio: il Laurenz. 50. :U (Cicerone), e tre Vaticani, sui quali cfr. Dk NoLHAc ia biblioth. de F. Orsini 193-194. Sarebbe sommamente deside- rabile che venisse intrapresa la storia della collezione di Poggio. Nel 1439 egli si costituì la biblioteca nel paese natio di Terra Nova, come scrive al Pizzolpasso in data ' Florentiae nonis februariis ' (1439): ' Construxi... bi- bliotheculam qnandam, receptaculum librorum meorum ' {Spicilegitcm ro- manum X 280). Da un' altra lettera, del 1449 [ih. 367), apprendiamo che porzione dei suoi libri erano (depositati o regalati?) in S. Apollonia. ' Sed ex Plutarcho solum habeo eorum virorum gesta, qnae l.eonardus Aretinus interpretatus est, et id volumen Florentiae est in sancta Apollonia, ubi re- clusa est portio quaedam librorum meorum '.

'* K. S. in Museo ital. di antichità class. Ili 329 e 0. E. Schmidt Die handschr. Ueberlieferung der Brief'e Ciceros an Atticus, Leipzig 1887, 20: ora è a Berlino.

1" Per costoro cfr. M. Lehnekdt in Zeitschrif't fur vergi. TAtteraturge- schichte N. F. XIV, 1900, 294.

20 Luiso Bruni 102, 4; Branda aveva una collezione di libri, fra i quali un Grisostomo ib. 47.

^1 Reco la prima parte di una Icjtterina del Capra da Costanza, cod, Am- bros. B 123 sup. f. 233 : ' Bartolameus de la Capra Mediolcmensis Archic-

cap. IV) POGGIO 77

Pizzolpasso: personaggi tutti che s'erano occupati di studi e taluni anche di ricercare e raccoglier codici. Quando per la fuga di Giovanni XXIII (21 marzo 1415) e la sua deposizione (29 maggio 1415) restò vacante la sede pontifìcia e si disciolse la curia, i curiali pensarono variamente alla propria sicurezza e ai propri interessi; Poggio invece approfittò di quell'ozio forzato per fare escursioni nei paesi vicini di Francia e Ger- mania in cerca di manoscritti.

Quattro furono le escursioni di Poggio. La prima cadde nel 1415 tra la primavera e l'estate e fu diretta in Francia a Cluni, dove scoperse un codice di orazioni ciceroniane, che ne conteneva due allora ignote, p. Roselo Amerino e p. Mu- rena, e altre note, p. e, p. Gluentio. S' impossessò dell' esem- plare originario e lo mandò a Firenze; ivi lo esaminò Fran- cesco Barbaro l'estate dell'anno stesso. ^^

La seconda ebbe luogo nell'estate del 1416 al prossimo monastero di S. Gallo. Questa volta Poggio non andò solo, ma accompagnato da più altri, nominatamente Bartolomeo da Montepulciano e Cencio Eustici; e il provento fu assai pili

piscopus Uberto Decemhrio. Cam serenissimns d. rex Romanorum ob cau- sam optet liabere reeollecta in umiin distincte et aperte omnia gesta Gaii lulii Cesarìs liicque noqueam rcqnisitiis satisfaccre voto suo cen opto propter incredibilem Ine libronim, curia Romana disressa, raritatem.... Datum Con- stantie die XYIII niaii 1416 '. Vediamo che sin da allora il Capra s'era messo al servizio dell' imperatore. Un'altra sua lettera porta la data : ' Constantie die decimo mensis madii 1418, xi, iiid. ' (Osio Documenti diplomatici II 68) ; nel luglio 1418 era con 1' imperatore * prope terram Aganor in Alamanea Argentine diocexis ' (Osio i6. II 65). Sui primordi della vita e della carriera ecclesiastica del Capra cfr. F. Novati Bartol. clella Capra ed i primi suoi passi in corte di Boma in Archivio stor. lomb. XXX, 1903, 369ss.

22 R. s. in Studi ital. di filol. class. VII, 1899, 99-100. Le nuove ora- zioni scoperte si leggono trascritte in compagnia di molte altre nel cod. Laurenz. 48. 10 con la sottoscrizione: ' Post mille CCCC quintodecimo salva- toris anno . quinto id. febr. (stib^ fiorentino = 9 febbr. 1416) hoc volunien orationum XXVIII M. T. Ciceronis quod in CCC cliartis redactum est Ioannes Arretinus (celebre scrivano) absolvit Cosmae de Medicis loaunis f. '. Un ca- talogo di Cluni del sec. xn (L. Delisle Inventaire des ms. de la biblioth. Nation. Fonds de Cluny, Paris 1884) al n. 496: ' Volumen in quo con- tinetur Cicero prò Milone et prò Avito (= p. Cluentio Habito) et prò Murena et prò quibusdam aliis '. Suppongo che questo sia stato il codice scoperto e asportato da Poggio; e tale è l'avviso anche di A. C. Clark in The clas- sical lieview XVI, 1902, 327.

78 POGGIO, l'aRAGAZZI, il rustici (cap. IV

ragguardevole del primo, poiché si scopersero 1' Argonautica di Valerio Fiacco (lib. I-IV 317) e il commento di Asconio Pediano a cinque orazioni di Cicerone, seguito da un altro com- mento anonimo a quattro Verrine : opere nuove tutt' e due per quei tempi ; più un Quintiliano integro, che allora si pos- sedeva sol dimezzato. ^3 I codici vennero portati a Costanza e colà trascritti : ' horum quidem omnium librorum, scrive Cencio, exempla habemus';^' Quintiliano, Asconio e Valerio Fiacco furono copiati da Poggio (Asconio e Valerio FI. nel cod, Matritens. X 81) ;2' Bartolomeo e Zomino si copiarono Asconio, Bartolomeo in data da Costanza 25 luglio 1416 (cod. Laurenz. 54. 5), Zomino nella stessa città il 23 luglio 1417.'''^ Poggio e Cencio comunicarono subito l'importante notizia agli amici d'Italia: Poggio a Firenze al Niccoli, includendo nella lettera i sommari {capita librorum) di Quintiliano. La ri- sposta del Bruni 2^ è del 13 settembre 1416: data questa che unita a quella del 25 luglio dell'apografo di Bartolomeo ci assicura senza più nessuno scrupolo che la scoperta va collocata nel giugno e luglio del 1416. Poggio inoltre scrisse una lettera col fausto annunzio al bibliofilo Giovanni Corvini a Milano, ^^ indi mandò la stessa lettera, con opportune mutazioni, a Venezia a Guarino. ^^ Contemporaneamente comunicò Cencio le recenti scoperte^" a Francesco de Fiana a Roma con una lettera ras- somigliantissima a quella di Poggio al Corvini, sia per i sen- timenti espressi intorno allo stato miserando della biblioteca di S. Gallo, sia per gli autori rinvenuti ; dei quali Cencio

2^ Sulle luciine dei codici mutili v. cap. I n. 64.

2< QuKRiNi Diatriba pr aeliminar is ad Epistol. F. Barbari IX.

2"' Cfr. P. Papini «tati Silvae ed. A. Klotz, Lipsiae 1900, XLIX. L'apo- grafo poggiano di Quintiliano non esiste, ma ne possediamo duo copie tratte da esso, il Vatic. Urbin. 327 e l'Ambros. B 153 sup., R. S. Spogli Ambrosiani 3r>0.

*6 Zacharia Biblioth. Pistoriensis 47-48.

2' F. P. Ltjiso, Bruni 103.

■^^ R. S. Spogli Ambrosiani 351-354.

2" R. S. Due questioni storico -critiche su Quintiliano in liivista di filologia XX 308. La data ' Constantiae XVII kal. ianuaiias 1417' va inter- pretata ' 16 dicembre 1416 ' e se n'era già accorto II. Hi.ass in Rhein. Mus. XXX, 1875, 459-461.

3" ' bis proximis diebus ' Querini Diatriba IX.

oap. TV)

POGGIO E l'aragazzi 79

omette bensì Quintiliano, ma nomina Asconio e Valerio Fiacco: di suo poi ne a^giun^e tre altri, o ch'egli stesso trasse alla luce 0 che Poggio trascurò a cagione della minore importanza; e sono : Lattanzio T)e utroque ìiomine (= De opifìcio honiinis), Vitruvio I)e architedura e ' Priscianus quaedam Vìrgilii car- mina commentans ' (= Partitiones XII versuum Aeneidos): Vitruvio e Lattanzio già noti, Prisciano forse no.

La terza escursione prese di mira nuovamente S. Gallo e avvenne nel gennaio del 1417. Infatti la lettera di Bartolomeo da Montepulciano al Traversar! è scritta da S. Gallo il 21 gennaio; 3^ e in quella del Barbaro a Poggio del 6 luglio 1417 è fatto cenno della vis hyemis e delle nives. ^^ In questa terza gita Bartolomeo ebbe quanto Poggio una parte principale e non subordinata, perché dell'esplorazione ricevettero entrambi r incarico ufficiale dalle maggiori autorità ecclesiastiche, come attesta il Barbaro, il quale fa pure comprendere che la gloria sarà ugualmente divisa tra i due.^^ Altre biblioteche, oltre S. Gallo, furono visitate ; Bartolomeo nella succitata lettera accenna a un monastero di eremiti ' in visceribus alpium si- tum ' (forse Einsiedeln) e poi ancora a tre altri a cui si diri- gerà (due dei quali furono le badie benedettine di Eeichenau e Weingarten)J*

31 Traveesari Epistol. p. 984 : ' ex oppido S. Galli XIII kal. februarii '.

32 Fr. Barbari Epist. p. 2.

3' Fr. Harbari Epistol. p. 4, a Pofifgio : ' te et Bartholomaeuni ad hoc imiiius obeuiiduin summi et honestissimi Ecclesiae romanae principes de- lectos publice dimiserunt ' ; p. 6: ' haec litterariim semina, quae ve- stra ope et opera e (ierinania in Italiani deferetis, aliquando et Foggiana et Montopolitiana vocabnntiir '. Tra i promotori di questa terza escursione non dovremmo esitare a collocare il cardinal Branda, perché se non prese parte alle esplorazioni, certo s' interessava delle scoperte ; anzi egli trasmise a fìasparino Barzizza a Padova la copia del Quintiliano di S. Gallo. Gli scrive infatti il Barzizza: ' R.""" in Christo pater et d. d. mi singularissime. Red- diti sunt mihi quinterni quinque in fine Quintilliani.... Satis itaque de Quin- tilliano. Reliqua ad pueros vestros pertinentia curantur hic omni studio ac diligentia. Patavii pridie kal. aprilis ' (1417). La lettera non ha intesta- zione, ma è indirizzata a Branda, di cui il Barzizza aveva a scuola tre ni- poti ; R. S. Studi di G. Barzizza su Quintiliano e Cicerone 4; In. La scuola e gli studi di Guarino 26-27.

3< Per questi monasteri cfr. H. Blass Jihein. Mus. XXX, 1875, 462.

80 POGGIO

(cap. IV

Vediamo gli autori trovati. Intanto dalla lettera di Barto- lomeo veniamo informati che egli scopri a S. Gallo Vegezio Be veteri disciplina rei militaris e Pompeo Festo De signi- ficatione z;<?r6orwm (s'intende il compendio di Paolo) e moltis- simi altri che a redìgerne l'indice non basterebbe un giorno.^' Vegezio era già nella libreria del Petrarca; ma per Festo- Paolo sarà da ritenere questa la prima sua comparizione tra gli umanisti J»^ I rimanenti sono elencati nella suaccennata lettera del Barbaro (p. 2), cioè, escludendo i tre rinvenuti nella prima visita a S. Gallo: Tertulliano, Lucrezio,=^^ Manilio, Silio Italico, 3* Ammiano Marcellino, ^^ i grammatici Capro,

^5 Si deve trattare di tutti i manoscritti di S. Gallo; ina la ragione vera per cui non almeno l'elenco dei principali sarà che egli non sapeva di- stinguere gli autori noti dai non noti. Tale ignoranza, che era un poco an- che in Poggio, nocque senza dubbio all'entità delie scoperte. Essi per ot- tenci'e sicuri orientamenti si rivolgevano al Traversar!, al Niccoli, al Bruni.

3'5 R. S. in Museo ital. di antichità class. IH 352. Non bisogna però dimenticare che ci son codici di Festo copiati in Italia alla fine del sec. xiv, quali i Paris. 7574 A; 7662; 7664, Thewrewk in Mélanges Graux 660-661,

3^ Di Lucrezio Poggio non portò seco l'archetipo, ma un apografo, cfr. M. Lehnerdt Lucretius in der lienaissance, (1904), 3-4, il quale dimostra che il testo di Lucrezio ebbe tarda e lenta diffusione. Sul luogo della sco- perta, certo molto lontano da Costanza, non si può fare veruna congettura plausibile.

38 L' apografo di Silio posseduto da Luigi Petrone ha la nota : ' Nuper Constantiae a Poggio repertum est anno salutis MCCCCXYII ' (Mkhus Vita A. Travers. XL). La designazione Constantiae non va presa alla lettera, ma la data è giusta. L' apogr. nel cod. Vatic. Ottobon. 1258 ha la sottoscrizione: 'In Sancto Gallo MCCCCXXYI iulii XVI '. La designazione in S. Gallo corno luogo della scoperta non ci pare improbabile; riferiamo invece la data non alla scoperta, ma alla copiatura. Il Clahk in 2'he class, lievieio XV 166 tende a stabilire che di Silio si trassero copia tanto Bartolomeo quanto Poggio.

3^ Per Ammiano citeremo la solenne testimonianza di Poodio Epistol. II p. 375 (anche in Spicilecj. rorn. X 311): ' Ammianum Marcellinum ego la- tinis musis restituì cum illum eruissem e bibMothecis ne dicam ergastulis fìermanorum. Cardinalis de Columna liabet eum codiccm, quem portavi, lit- teris antiquis, sed ita mendosum, ut nil corruptius esse possit. Nicolaus Ni- colus illum manu sua transcripsit in chartis papiri. Is est in bibliotheca Cosmi '. Ora è il cod. Vatic. 1873 sec. x (libri XIV-XXXI) e proviene da Fulda: f. 41 e 78 : ' monasteri! fuldensis est liber iste '. Sui margini ha note di mano del Bessarione, cfr. Gai{dthausex in Hermes VI, 1872, 244-245; da esso de- rivano direttamente o indirettamente tutti i manoscritti che possediamo, Cn. U. Clark The text tradition of Amm. MarcelUnus (cfr. Eevue critique

cap. IV)

POGGIO 81

Eutiche e Probo, ^"^ tutti nuovi; nuovo al contrario non era, ma parve, L. Settimio, tutt' uno con Ditti, già posseduto dal Petrarca, il cui codice e i codici comunemente in uso man- cavano della prefazione di L. Settimio presunto traduttore: indi l'equivoco.

Alla quarta escursione s' accingeva Poggio nel luglio del- l'anno medesimo (1417), di che aveva fatto parola in una let- tera a Guarino;" e l'aveva compiuta nel successivo settembre, quando già le notizie delle novissime scoperte erano giunte a Firenze.^* In quest'occasione percorse la Francia e la Ger- mania con un amanuense tedesco al suo servizio,'^' rintrac- ciando otto orazioni ciceroniane fino allora ignote: p. Caecina in Francia a Langres [in silvis Lingonum); le altre sette, in Pisonem, p. Rabirio Postumo, p. Rabirio perà, reo, p. Roseio comoedo e le tre Be lege agraria, parte in Francia, parte in Germania.** Assegniamo a questo tempo anche la scoperta

13 giugno 1904, 474). Resta però dubbio se Poggio andò veramente a Fulda. Sappiamo dallo Zie(ìei.iuukii (citato da L. IJkmchs in lihein. Mus. N. F. XXVI, 1871, 688) che l'abate di Fulda portò dal suo convento a Costanza molti volumi : ' lectissima de sua bibliotheca exportari volumina iussit, quae magnani vero partem deinceps non sunt restituta '. Che ci fosse Am- niiano tra quelli ?

^^ S'intenda V Ars minor di Probo o Instituta artium, R. S. Spogli Ambrosiani 296-297. Nei codici di Pio II e' era ' Probi grammatica ' (cfr. Ae. S. PiccoLOMiNi Opera inedita cur. Cagnoni, in Atti della r. Accademia dei Lincei Vili, 1883, 383, n. 37),

^1 Scrive infatti il Barbaro nella sunnominata lettera p. 6 : 'etreliquam illam peregrinationem, ad quam, ut ad optimum ac doctissimum Guarinnm Veronensem scripsisti, probe te comparaveras '...

■<" R. S. in Studi ital. di filol. class. VII 101.

« PoGciT Epistol. I p. 80 al Niccoli in data ' lendini die X iunii ' (1422): ' Ego vermis quondam conduxi scriptorem in <iermania '.

^' R. S. in Studi ital. VII 101-103. Una copia dell'apografo poggiano è ora nel cod. Laurenz. Conv. Soppr. 13 (già della Badia di Firenze), con la seguente sottoscrizione alla p. Caecina, f. 21 : ' Hanc orationem antea culpa temporum deperditam Poggius latinis viris restituit et in Italiani re- duxit, cum eam diligentia sua in Gallia reclusam in silvis Lingonum adin- venissct conscripsissetque ad Tullii memoriam et doctorum hominum utili- tatem '. Ecco invece la sottoscrizione delle altre sette, f. 76 : ' Has septem M. Tullii orationes que antea culpa temporum apud Italos deperdite erant, Poggius florentiuus, perquisitis plurimis Gallie Germanieque summo cum studio ac diligentia bibliothecis, cum latentes comperisset in squalore et

R. Sabbadini Le scoperte dei codici. 6 '

82 POGGIO

(cap. IV

delle Selve di Stazio, non ricordate dal Barbaro nella surri- ferita lettera; per le quali a ogni modo non esiste ormai dubbio che siano state trovate da Poggio. *''' Collocheremo inoltre qui il secondo codice integro di Quintiliano,*^ la Vita Aristotelis^'' e Columella,*^ autore non nuovo del resto, per- ché l'abbiamo veduto in possesso del Pastrengo. Del tempo che fu a Costanza Poggio rinvenne anche un quinterno di epigrafi ;^^ e alcuni CommentarioU notarum:^^ ma è incerto in quale delle escursioni. ^^

sordibus in lucem solus extulit ac in pri.stinani dignitatem decoremque re- stituens latinis musis dicavit '. Le stesse otto orazioni con la sottoscrizione si legrgono anche nel cod. di Siena H VI 12 (N. Terzaghi De cod. latinis philol. qui Senis in bibl. publica adservantur 13, estratto dal JBullettino Senese di storia patria X, 1903).

*^ Ogni dubbio è dissipato dalla stessa testimonianza di Poggio, cfr. Clark in The class. Beview XIII, 1899, 125 ; 126.

■** R. S. Due questioni storico -critiche su Quintiliano in Mivista di filol. XX 809-310. Questo secondo Quintiliano non Io trascrisse, ma se ne portò seco l'archetipo; scrive infatti (Epistol. I p. 304, del 1429) in pro- posito del Plauto orsiniano: ' Liber est illis litteris antiquis corruptis, quales sunt Quintiliani ',

^^ Luiso Bruni 140 (lettera a Poggio) : ' Commentarla illa tua de bi- bliothecis (ìermanorum eruta ad vitam Aristotelis componendam '.

<* PoGGii Opera, Argentorati 1513, f. 147 (Dial. de infelicitate princi- pum) : * Suscepit hic (Poggius) olim diligentiam et laborem pei-agrandae Alemanniae librorum perquirendorum gratia... Nam octo Ciceronis orationes, integrum Quintilianum, Columellam, qui antea detruncati et deformes, et item Lucretii partem pluresque alios latinae linguae auctores praeclaros restituit nobis '. Del resto il Columella del cod. Paris, lat. 6830 A porta la data del 1409.

*^ ' apud Germanos ' e ' apud Alemannos ', com' egli attesta ; I. B. De Eossi Inscription. christ. urbis Bomae II 11 (Poggio oltre a ciò si allestì una propria silloge epigrafica verso il 1429, ib. 339). La famosa silloge epigrafica conosciuta col titolo di Einsiedlensc proveniva dal monastero di Reichenau ; e a essa era affine il quinterno epigrafico asportato da Poggio, ib. 9-11. Chi volesse lavorar di fantasia, potrebbe supporre che quel quinterno fosse stato rinvenuto a Reichenau nella terza escursione.

^^ R. S. Spogli Ambrosiani 295.

^1 Vespasiano Vite II 202-203 1' elenco delle scoperte di Poggio a Co- stanza, ma confondendo notizie di trovamenti avvenuti in altri luoghi e per opera d'altri. Bisogna escludere il De orat. e le Epistul. ad Att. di Cicerone, Cornelio Celso, Gellio e le ultime dodici commedie di Plauto. Non so che dire delle Verrine di Cicerone e della cronaca di Eusebio. La falsa notizia delle Epistul. ad Att. anche in Flavio Biondo, cfr. A. Viertel in Bhein. Mus. N. F. XXXVI, 1881, 150-152.

cap. IV).

POGGIO 83

* * *

Con l'elezione di papa Martino V il di 11 novembre 1417 lo scisma era finito e finito del pari il compito del concilio ; la curia perciò il 16 maggio 1418 parti da Costanza per re- stituirsi all'Italia. Poggio la segui sino a Mantova; ma dal nuovo pontefice non fu confermata a lui, ne ignoriamo i mo- tivi, la fiducia che gli avevano concesso gli altri; onde bru- scamente lo abbandonò, mettendosi ai servigi del cardinale inglese Beaufort, che lo portò seco in Inghilterra. Senonché alle promesse e alle aspettazioni non corrisposero gli effetti ; e i quattro anni e mezzo (1418-1423) trascorsi a Londra non contano tra i più felici nella vita di Poggio. Ma se poco o niun vantaggio ne ebbe egli, non ne restarono privi gli studi, poiché nel viaggio verso l'Inghilterra scopri a Parigi ' una cum aliis rebus ' un Nonio Marcello, che mandò subito a Fi- renze, sebbene forse colà potevano averne ricevuta copia dal circolo veneziano; a Londra o in quei luoghi vicini rinvenne una ' particula ' di Petronio, autore nuovo anche per il Nic- coli, a cui lo mandò, e la Bucolica di Calpurnio, nota bensì ai Veronesi, ma rimasta inaccessibile al Petrarca e non per anco entrata a quel tempo nel commercio letterario.^^ Nel ri- torno d'Inghilterra al principio del 1423 prese la vìa della Ger- mania risalendo il Reno ; e giunto a Colonia vi trovò un altro frammento di Petronio, il libro XV, che si fece trascrivere e spedire a Roma, dove gli pervenne il maggio dell' anno me-

52 PoGGii Epistol. I p. 148 al Niccoli : ' Mittas etiam libellmn Nonii Marcelli, quem ad te misi una cum aliis rebus ex Parlalo scriptum litteris antiquis '. Non capisco perclié lo chiami Kbellum: sarà librum illum^ Ib. p. 38 al Niccoli ' Londini die XIII iunii ' (1420): ' De Petronio Arbitro quod scire cupis quid tractet... Est autem homo gravis, versa et prosa constans... ' ; p. 91 allo stesso : ' Mittas ad me oro Bucolicam Calpurnii et particulam Petronii quas misi tibi ex Britannia '. S' aggiunga dal suo epistolario (in Spicilegium romanum X 365 a Giacomo Bracelli) quest'altra notizia: ' Si- gebertus monachus gerablacensis... historiaui a Theodosio imperatore usque ad aetatem suam... complectitur... Hunc ego librum cura in Ànglia in mona- sterio quodam repertum legerera, transcripsi nonnulla \

84 POGGIO (cap. IV

desimo. 5^ In questo ritorno non pare abbia impreso escursioni in paesi tedeschi lontani dal suo cammino ; e certo non andò allora prima a Korvei, che gli rimaneva veramente troppo fuori di mano, nonostante che fin da quando dimorava a Londra vi fosse stato eccitato dal Niccoli; ma egli gli aveva risposto che prestava poca fede alla voce, giunta pure a lui, di un gran numero di codici conservati a Korvei e che in ogni modo quello era un paese di briganti.''*

Qui si chiude il periodo eroico delle scoperte di Poggio, con le quali oscurò i suoi predecessori, il Petrarca non escluso; e per quanto sia stato aiutato da altri e porzione non piccola della lode tocchi a Bartolomeo da Montepulciano, l' idealità dell' esploratore e dello scopritore in lui solo è impersonata e il suo nome traversa i secoli glorioso come quello di tutti i geni.

53 PoGGii Epistol. I p. 91 al Niccoli ' Romae XXVIII maii 1423 ' : ' Allatus est mihi ex Colonia XV liber Petronii Arbitri, quem curavi transcribendum modo cum illac iter feci '.

^ Ib. p. 43 al Niccoli ' die XXIX octobris ' (1420): ' Nam de monasterio Corbeio, quod est in Germania, non est quod speres. Dicitur multos esse in eo libros ; non credo rumoribus stultorum; et si vera etiam essent quae di- cuntur, patria omnis latrocinium est '. Con ciò cade la supposizione di una visita fatta colà da Poggio, come pensò p. e. O. E. Schmidt Gian Fran- cesco Poggio Bracciolini, 1886, 20 (estratto dalla Zeitschrift f. allgm. Ge- schichte).

Giunta alle n. 22 e 26. È uscito ora negli Anecdota Oxoniensia, Clas- sica! series, X, Oxford 1905, il lavoro di A. C. Clark The vetus Cluniacensis of Poggio, dove si mette fuori di dubbio che il codice delle orazioni cice- roniane scoperto da Poggto a Cluni fosse quello che nell'antico catalogo del monastero portava il numero 496. Le orazioni in esso contenute dovevano esser cinque : p. Milane, p. Cluentio, p. Murena, p. Sex. Boscio, p. Caelio (p. LXIII). Si noti inoltre che il cod. Laurenziano 54. 5 non fu scritto da Bar- tolomeo da Montepulciano, ma dal suo copista (p. VI-VII).

Non possiamo invece seguire il Clark dove assegna la scoperta al 1414 0 anche al 1413 (p. III; XXXIX s. ; LXIV), poiché l'anno 1415 sia àeWEpist. IV 4 del Bruni (2 gennaio) sia della sottoscrizione del cod. Laurenz. 48. 10 (9 febbraio) va calcolato secondo lo stile fiorentino e corrisponde perciò al 1416. La cronologia stabilita da noi a p. 77 posa su basi incrollabili.

Ai codici registrati dal Clark p. XXXIX e LXI si aggiunga il Senese H VI 11, che oltre alle orazioni cluniacensi comprende le altre otto, sco- perte da Poggio parte in Francia parte in Germania (N. Terzagiii, in Studi ital. di filol. class. XI, 1903, 412; si veda anche il cod. H XI 64, ib. 423).

CAPITOLO V

Le esplorazioni in Italia

(1420-1430)

a) Gli umanisti fiorentini.

Eimesso piede a Roma e riconquistato in curia il suo an- tico posto, Poggio non abbandonò intieramente le ricerche dei codici. Già nel 1425, riprendendo le pratiche avviate dagli amici di Firenze, era sulle tracce del Frontino De aquaeduc- tibus della biblioteca di Monte Cassino e trattava con l'ammi- nistratore della badia per ottenerlo; ma per il momento non ne venne a capo; solo nel luglio del 1429, quando andò egli in persona a visitare la badia, ne trasse e portò seco il ma- noscritto frontiniano, al quale era congiunta la Mathesis di Firmico. ^ Frontino tornava alla luce la prima volta, Firmico vedemmo già nella libreria del Petrarca. In quel medesimo anno (1429) Poggio venne in possesso del Fragmentum Arati di Germanico scoperto in Sicilia ; ^ e nel 1431 di una ricca col- lezione di Epistole di Girolamo.'

1 PoGGii Epistol. I p. 154; 155; 159; 164; 166; 167; 168; 170; 284; 804; Id. Historiae de varietale fortunae, Lutet. Paris, 1723, I 16: ' lulius Frontinus, quem libellum ipse paulo ante reperi absconsum abditumque in monasterio Cassinensi'; Teaversari Epistol. Vili 42; 43; R. S. in Studi itaì. di filol. class., VII, 1899, 132-133.

* Comprendeva gU Aratea di Germanico 1-430 e il fragra. IV 52-163. Una raccolta più copiosa era in mano, come s' è detto (p. 35), del Salu- tati, cfr. R. S. ib., 117-118,

3 Teaversari Epist. Vili 36, del 1431.

86 GLI UMANISTI FIORENTINI

(cap. V

L'esempio e gli splendidi successi di Poggio animarono viepiù gli umanisti alle investigazioni. Dei reduci dal concilio di Costanza il cardinal pisano Adimari frugò nel 1418 le bi- blioteche di Spagna e si credette d'avervi trovato Pompeo Trogo;* l'arcivescovo Capra segui l'imperatore in Germania e nel 1422 mise gli occhi su una famosa raccolta di mano- scritti, dalla quale ad altri era riservato trasportare in Italia cospicui saggi; 5 il pistoiese Zomino si stabili a Firenze e ivi continuò ad arricchire la sua libreria, che contava quando mori 115 volumi. 6 E al pari di Zomino attendevano in quello stesso tempo a formarsi in Firenze una biblioteca privata Matteo (1397-1436) di Simone Strozzi ^ e Angelo di Zanobi Gaddi,^ del quale ultimo i codici con tanti altri della sua famiglia anda- rono pili tardi a ingrossare il patrimonio della Laurenziana.

Che diremo dell'infaticabile Niccoli, che non lasciava sfug- gire occasione di impadronirsi de' nuovi ritrovamenti ? Sin dal 1421 almeno era entrato in potere di tre interessanti novità rettoriche: gli ScJiemata di P. Eutilio Lupo,^ le Figurae di

i Travkksaki Epist. VI 14, del 1418.

5 R. S, in Studi ital. VII, 128-129.

''' Il catalogo in Zacharia Biblioth. Pistoriensis, 37. Tre altri codici Zomino sono ora in Francia: il Paris, lat. 18528 e due del duca De la Vallière, n.i 2296, 2297 (L. Delisle Le cabinet des ms. de la bibl. Nation., II 4l7).

7 A. DELLA Torre Storia dell' Accademia platonica di Firenze, Firenze 1902, 289-290. A Siena è Cicer. Tuscul. copiato per uso di Matteo nel 1419, cfr. N. Terzaghi in Studi ital., XI 420 ; per lui fu copiato nel 1418 anche il cod. Magliabech. VI 185 Cicer. De orat. e Or. mutili (Galante in Studi ital, X 335).

8 Bandini Cod. lat. V 722 (indice); V 384 (un codice copiato dal Gaddi nel 1414); Mkhus Vita A. Travers. , CCXXXVIl; CCLXXVI (un codice copiato nel 1441). L' inventario di Francesco di Angelo Gaddi nel 1496 conteneva 180 manoscritti (Gottlieb Ueber die mittelalt. Biblioth., Leipzig 1890, 191-192).

9 Traversari Epistol., Vili 7 al Niccoli: ' Rutilium F.upum cum flguris graecis ad te raitto '; la data della lettera è il 1421, R. s. Biografia di G. Aurispa, 13. Travers. Epist. XXIV 38 (del settembre 1428), il Filelfo al Traversari : ' Item et quae inveniuntur Lapi (= Lupi) ornamenta rhetorica milii transcribi veliera '; XXIV 39 lo stesso allo stesso (' ex Bononia IX kal. octobr. MCCCCXXVIII '): ' Lapum (== Lupum) visere et liabere cupio; quare ve! venalem illuni milii compara '. Il Filelfo aveva bisogno di Lupo, perché giusto allora era intento a limare la sua traduzione della Bhetorica ad Alexandrum. Le tre opere accennate sono comprese nel cod. Laurenz. 38- 25 sec. XY : Petronii Arbitri Satyricon ; Prisciani sophistae Ars praeexerci-

cap. V)

IL NICCOLI 87

Aquila Komano e le Praeexercitationes di Ermogene nella tra- duzione di Prisciano. Verso quel tempo o non molto dopo venne nelle sue mani un' altra opera di Prisciano De mensuris et pon- deribus, le ' Antonianae perfectae ' (= Filippiche) di Cice- rone e un manoscritto germanico delle opere filosofiche dello stesso autore e forse il celebre ' codex Florentinus ' di S. Marco dell'Agricultura di Catone e Varrone." Nel 1424 fece due pre- ziosi acquisti nel campo della letteratura cristiana : VApolo- geticus di Tertulliano ^^ e un ' famosissimum volumen ' di Gi-

tationum secundum Hermogenemvel Libanium; P. Kutilii Lupi Schemata ex graeco versa Gorgia ; Romani Aquilae Libellus de figuris rhetoricis. L'esemplare di queste opere venuto in luce nel 1421 o prima s'è perduto; gli altri tre apografi del sec. xv sono il Laurenz, 47. 31, il Vindobon. 179 e il frammento Riccardiano. Ce n'era un altro nella biblioteca del duca d'Urbino : ' Rutilii schemata e graeco conversa. Aquilae Romani de figuris oratoriis ' ecc. (nel catalogo del sec. xv di Federico Veterano, C. Guasti in Giorn. stor. degli archivi toscani, VII 139 n.° 441). Sulle Praeexercitationes di Ermogene vedi R, S. Spogli Ambrosiani 288-289 ; 312, 1 ; sul De pon- deribus di Prisciano ibid. e Traveesari Epistol. Vili 18 (del 1426?).

i<* R. S. Biografia di G. Aurispa 50 : l'Aurispa scriveva al Traversari nel 1430 chiedendo ' Antonianas Giceronis perfectas, ut nuper inventae sunt '. Sarà stato l'apografo poggiano del 1403 (sopra p. 76)? Il cod. filosofico di Cicerone, ora Laurenz. S. Marco 257 sec. x, proveniente dal Niccoli, porta la nota : ' Werinharius episcopus dedi sanctae Mariae ' (li. Ebeling in Phi- lologus XLIII, 1884, 705-706, Chatelain Paléographie des class, latins pi. XXXVIl). Nello stesso anno 1430 l'Aurispa domandava anche un ' Vir- gilium antiquura ', che era nel monastero degli Angeli, B. S. ibid. ; e ' volumen illud Nicolai antiquum, ubi aliquae orationes ciceronianae sunt et pars quaedara Sallustii ', ib. 52.

11 Poggio (Epistol. I p. 188) scrive al Niccoli in data settembre 1426 : ' veliera quoque mitteres niihi Catonem et Varronem de agricultura '. Po- trebbesi credere che Poggio domandasse quello che è ora il cod. Paris, lat. 6884 A, quando fosse dimostrato, ciò che non fu fatto ancora, che esso pro- venisse dalla biblioteca Medicea. Per le notizie sul ' codex Florentinus ' per- duto vedasi l'edizione di Catone e Varrone del Keil, Lipsiae 1884, III-VIII. Su uno Svetonio del Niccoli cfr. Traversari Epistol. Vili 4 (del 1423). Non sappiamo in che tempo il Niccoli si traesse la copia di Columella, alla quale accenna il Poliziano Miscellan. XXXV ; ' item alter (Coluraellae co- dex) e publica eiusdem gentis (Medicae bibliotheca), quem de vetusto exem- plari Nicolaus Nicolus... sua manu perscripserit '. Quel vetustum exemplar sarà stato del Boccaccio?

12 Traversari Epistol. Vili 6 del 1423; Vili 3; Vili, 10 del 1424. Appena ricevuto VApologeticus, il Traversari scrive (Vili 10) al Niccoli: * Cum ar- dore maxime et studio continuo legere incepi ; occurritque vera de ilio viro a maioribus lata sententi^, quod scilìcet obscurus in loqueudo sit '.

88 IL NICCOLI, IL TKAVERSAKI (cap. V

rolamo, che la ' falsa et stolida ' opinione volgare riteneva autografo.^'

Coadiuvato dal Traversar! incaricava delle ricerche chiun- que avesse modo di visitar monasteri. Talvolta provavano delle amare delusioni o per l'ignoranza degli esploratori, come ac- cadde nel 1428 per le Epistulae di Girolamo, ^* o per la loro mala fede, come avvenne nel 1431 di una strepitosa scoperta di opere ' venerandae vetustatis ', che fecero saltar di gioia il Traversari.^^ Qualche altra volta le liste dei codici trovati non contenevano nulla di nuovo: e tale fu quella mandata da An- tonio di Pistoia nel 1423;^^ ma non dovettero rimanere insod- disfatte le speranze fondate nel 1424 sulle ricerche presso il monastero Clariense (di Chiara valle ?) e presso la Certosa di Fi- renze. ^^ L'anno stesso avevano ricevuto, con l'intervento pare di Cosimo de' Medici, un indice dei codici di Monte Cassino ; e di essi stuzzicavano la curiosità del Traversari soprattutto il Dialogus di Desiderio, e il codice di Frontone, che era poi Frontino I)e aquaeductibus ; ma toccò loro aspettare fino al 1429 e allora per mezzo di Poggio ebbero Frontino (sopra p. 85),

13 Travkrsari Epistol. vili 8. Per altri autori cristiani cfr. Vili 12; Vili 39 del 1424, Vili 16 del 1426 e VI 31 del 1429, cioè : Augustini De Trini- tate; Contra Academicos ; De utilitate credendi ; Confessiones (anche Vili 23) ; De doctrina Christiana; De musica (questi due ultimi del Traversari) ; Cypriani Opuscula (del Traversari) ; due esemplari di Lattanzio e le Col- lationes di Giovanni Cassiano. Sul Terenzio del Niccoli, ora Riccard. 528, e su un Lattanzio vedi F. Pintob Per la storia della libreria Medicea nel Uinascimento {Nozze Salaris-Parducei), Firenze 1904, 13-14.

1' TRAVERSARI Epistol. XXV 3, dcl 1428, come è dimostrato da R. S. Gua- rino Veron. e gli archetipi di Celso e Plauto, 23. Frate Lupo credeva di possedere un'importante raccolta delle Epistulae di Girolamo, ma era uno di coloro ' qui nondum discernere norunt Inter barbara et latina opuscula '. Dello stesso codice si parla in Traversari Epist. Vili 14, da assegnare perciò al 1428, dove il Traversari scrive : ' accepi hodie diu expectatum indicem epistolarum S. Hieronymi.... Ipsum ad te uìitto ut animadvertas viri levi- tate ni '.

'5 Traversari Epist VIII 38, del 1431.

Traversari Epist. Vili 5, del 1423.

1^ Ib. Vili 8, del 1424. Nella Certosa Ciriaco d'Ancona vide ' eximium FI. losephi de iudaìca antiquitate libruni ' (F. Scalamonti Vita Kyriaci in G. CoLucci Antichità picene, XV, XCII).

cap. V) IL NICCOLI, IL TKAVERSARI 89

Desiderio e la Historia Casinensis coenohii, altrimenti detta Legenda S. Benedicti longa.^^

In particolar modo le mire dei due umanisti si puntarono verso un ' famosissimum principaleque monasterium ', nel quale non esitiamo a riconoscere la badia di Nonantola, vicino a Mo- dena. Avevano affidato l'incarico di visitarla ad Antonio Per- rantini, che vi si recò difatto nel marzo del 1424; ma cosi di fuga, che ebbe appena il tempo di dare un'occhiata ai nume- rosi manoscritti e inviargliene un elenco assai sommario : som- mario, ma pur tale da destare la nostra ammirazione: 49 vo- lumi di Agostino, 17 di Girolamo, 16 di Gregorio Magno, 9 di Ambrogio, 3 di Ilario, uno di Cipriano. ^^ Nel giugno, sempre di quell'anno, Cosimo de' Medici si recava per affari pubblici a Bologna ; e a lui si raccomandarono il Niccoli e il Traver- sari i)erchc impegnasse il vescovo di quella città Niccolò Al- bergati a ottener loro da Nonantola le Epistole di Ignazio.^"

indarno venne impegnato l'Albergati, poiché era suo segretario Tommaso Parentucelli, giovine di ingegno svegliato, indefesso ricercator di codici ed entusiasta delle idealità uma-

18 Teaversari Epistol. vili 8 ; 9 ; 10 del 1424 ; XI 75, del 1433, anno in cui il Traversari fece copiare per l'abate di S. Michele a Venezia il Dia- logus di Desiderio e la Histor. Casin. coen.; perciò a Firenze li avevano già.

w Traversari Epistol. Vili 1, del 1424. Riporto il passo, perché con esso si integrano le notizie sui codici di Nonantola, pei quali vedi T. Gottlieb Ueher mittelalterliche Bibliotheken, 212-215; 416. 11 Traversari al Niccoli: ' Antonius (Ferrantinus) ille noster, cuni ad famosissimum principaleque monasterium se contulisset, ubi vix diei dimidium exegit, quadraginta et novem Augustini volumina, Hieronymi decem et septem, Gregorii sexdecim, Ambrosii novem numeravit.... Oflfeudit Hilarii volumen, in quo contineban- tur ista notissima : de trinitate libri XII; cantra Constantium liber I mis- sus ad Constantinum ; ad etindem libri II; Epistola cantra Arianos vel cantra Auxentium mediolanensem ; Epistola eiusdem cantra Arianos et praevaricatores Arianis adquiescentes ; Blasphemiae Auxentii; Versus de Hilaria; Epistola eiusdem ad filiain suam ; Hymnus eiusdem de spirituali prato, item de balteo castitatis et alia. Volumen aliud eiusdem super Mat- thaeum. Item super psalmos aliud, Cypriani opuscula et epistolae et in fine tres epistolae de duabus montibus, de iudaica incredulitate.... Datur opera diligens et solers ut volumen illud deferatur ad nos '.

2" Traversari Epistol. Vili 9, del 1424 : ' et ut (Cosmus) episcopi Bono- niensis imploraret auxilium ad eruendas ex principali monasterio Ignatii epistolas, stimulos admovi '.

90 TOMMASO PAEENTUCELLI (cap. V

Distiche, le quali più tardi portò sul trono pontificio, quando lo sali col nome, meritamente divenuto glorioso, di Niccolò V. Tommaso aveva ben presto attirato su di gli occhi del cir- colo fiorentino, e il Traversari sin dal 1423 ^^ lo chiamava ' clarus et acutissimus et humanissimus vir ', giudizio che il giovine pienamente confermò nelle esplorazioni ai monasteri di Lombardia, Emilia e Komagna. La prima ebbe luogo o alla fine del 1425 o al principio del 1426 alla tanto sospirata ba- dia di Nonantola, donde trasse fuori le Epistulae di S. Am- brogio e un ' volumen pervetustum ' di Lattanzio, contenente l'opera maggiore e i tre opuscoli minori : il De ira dei, il De opificio hominis e V Epitome (frammentaria), nuova quest'ul- tima agli umanisti. Tolse seco i due codici e li portò a Fi- renze al Niccoli, perché se li copiasse, verso la metà del 142G, quando passò di con l'Albergati che andava a Koma a pren- dervi il cappello cardinalizio. ^^ Quel Lattanzio è ora il cod. 701 dell'Università bolognese, prezioso e venerando volume.

La seconda esplorazione, più varia e pili estesa, si connette coi viaggi diplomatici del cardinale Albergati, che trattando

'-^i Tkavkrsari Efistol. Vili 5.

52 Travkksaki Epistol. vili 16; 27. Le notizie sul ' Lactantius vetustus ', suìV Epitoma e sul l'arentucelli sono confermate in K, S. La scuola e gli studi di Guarino, 100; 194; per il viaggio a Roma Id. Guarino Ver. e gli archetipi di Celso e Flauto, 23. La copia deìV Epitome di data più antica è nel cod. Harleian 3161 del 1427. 11 testo deìV Epitome era mutilo sin dai tempi di Girolamo e infatti tutti i codici, meno il Torinese, recano solo la seconda metà, 51(56)-68t73) ; e il copista del cod. Laureuziano del 1458 (Ban- DiNi Cod. lat. 1 662), che trascrisse tutto Lattanzio compreso il frammento diiW Epitome, nota: 'In isto libro continentur omnia opera Lactantii quae reperiuntur ad praesens '. Il codice più antico e più famoso di Lattanzio è il 701 dell'Università di Bologna sec. vi-vii, proveniente dal monastero di S. Salvatore di quella città. Comprende i 7 libri delle Institutiones, il De ira divina come lib. Vili, il De opificio divino come lib. IX e V Epitome come lib. X (L. Caeli Fiumiani Lactantii Opera omnia ree. Bra ndt et Laub- mann, 1890, I, XIIIs). Non mi par dubbio che il cod. Bolognese sia il 'vo- lumen pervetustum' trovato dal Parentucelli a Nonantola nel 1426. N el ca- talogo di Nonantola del 1166 leggiamo, n. 15: 'Lactantii volumen unum' (G. Beckkr Caialogi biblioth. antiqui, Bonnae 1885, 220). Le ' opere di santo Agostino, in dodici bellissimi volumi, tutti fatti di nuovo con grandissimo ordine' (Vespasiano Vite I 34), possedute dal l'arentucelli saranno state co- piate di sui 49 volumi agostiniani di Nonantola.

cap. V) IL P AEENTUCELLI , IL NICCOLI 91

da intermediario la pace tra il Visconti e la Serenissima per- corse dall'agosto del 1427 in poi la Lombardia e la Venezia. Conchiiisa nell'aprile del 1428 dai belligeranti la pace a Fer- rara, di l'Albergati col Parentucelli si restituirono a Bolo- gna, ^s Di questi viaggi approfittò il nostro Parentucelli per visitare chiese e monasteri : la ' Chartusia gallicana ', che sarà la Certosa di Pavia, la cattedrale di Lodi, il monastero Pomposa. Ne riportò un ' Lactantius vetustissimus ', non è detto di dove; dalla cattedrale di Lodi un ' vetustissimum volumen ' di Epistolae romanorum pontificum; da Pomposa Ilario di Poitiers Super aliqiiot psalmos e dalla Certosa un volume con Omelie e altri opuscoli di Basilio tradotti e le lungamente bramate Epistolae (XII) di Ignazio; un secondo volume con Ireneo Cantra haereses libri quinque gli era stato promesso alla restituzione del primo. ^^

Venne poi l'occasione che anche il Niccoli intraprese un viaggio; e l'occasione, poco gradita, gliel' offerse l'epidemia scoppiata a Firenze, per fuggir la quale riparò negli anni 1430 e 1431 un po' a Venezia un po' a Verona. Ne approfittò per rovistare le biblioteche e ne raccolse buona messe. Tutti i co- dici rintracciati se li trascrisse da sé: nel dominio degli studi sacri i due opuscoli di Lattanzio Be ira e Be opificio, che oramai non erano più una novità; nuovo al contrario era il Pastor (di Hermas, tradotto in latino), che fece balzar gioia e exìlivi laetìtia ') il Traversari, perché lo credeva perito ; e il Libellus ad Renatum monachum del vescovo Asterio (che non riesco a identificare). Nel doniinio degli studi profani rientrano i Fragmenta di Cornelio Celso, ch'egli si trasse dal cod. ora in Laurenziana (73. 1) e allora a Milano, probabil- mente presso Cambio Zambeccari ; ^s Asconio Pediano, che do- veva già essersi copiato a Firenze dall'apografo di Poggio,

23 Fantuzzi Scrittori bolognesi, I 114-115.

24 Traversar: Epistol. XXY 3, del 1428 ; per la data v. sopra n. 14. I co- dici di Pomposa furono rimessi dal Traversari al Parentucelli nel marzo 1431, Id., Epist. Vili 36.

2s R. s. I codici della medicina di Corn. Celso in Studi italiani. Vili 16.

92 IL NICCOLI

(cap. V

stato per molti auni in sua mano;^^ e finalmente gli ultimi quattordici libri di A, Gellio.^^ I codici di Gellio anteriori al sec. XV si dividono in due famiglie, l'una comprendente i libri I-VII, l'altra i libri IX-XX;^^ e le due parti furono, si dice, ricongiunte solamente nel sec. xv, ma sempre con l'as- senza del lib. Vili, che andò irreparabilmente perduto. Per- ciò quando gli umanisti parlavano del ritrovamento di un Gellio integro, ^^ dobbiamo escludere d'aver a che fare con un testo di tutti i 20 libri completi: si sarà trattato invece o di false notizie o tutt'al più di codici che recassero ricongiunte le due parti. E che questa seconda ipotesi sia da preferire verrebbe confermato dal Gellio suaccennato del Niccoli con gli ultimi 14 libri, ossia, lasciando fuori l'VIII, coi libri VI- VII; IX-XX: un testo insomma mutilo si al principio, ma che originariamente formava un unico corpo; onde il ricongiun- gimento delle due parti rimonterebbe a un tempo anteriore al sec. XV. 30

Al ritorno del Niccoli dal suo viaggio ne intraprese uno il Traversali, pili lungo, che occupò tutti gli anni 1432, 1433 e 1434, e di indole differente, essendo egli stato incaricato, come generale dei Camaldolesi, di una visita disciplinare ai monasteri ; ma fu insieme un viaggio fecondo per gli studi e

2" PoGGii Epistol. I p. 303, del 27 dicembre 1429, al Niccoli ; lo rimpro- vera di essersi tenuto tanto tempo il suo Asconio, Inoltre a Firenze era giunto anche l'apografo di Zomino; onde non comprendiamo che codice abbia avuto ora sotto gli occhi il Niccoli.

2' Per tutti questi trovamenti vedi Teaversari Epistol. Vili 2, del 1431; la data in R. S. Guarino Ver. e gli archetipi 27.

•" Il Petrarca cita I 24 e XIII 11 (A. Gelli Noet. Attic. ed. Hertz II, XLII), conosce perciò le due metà: ma saranno state unite?

"^ Secondo una lettera del Salutati, I p. 203 del 137r), presso gli eredi del bolognese Giovanni Calderini esisteva ' totus Agellius'; e secondo una let- tera di Poggio lib. VIII 24, del 1441, Alfonso vescovo di Burgos aveva tro- vato ' A. Gellium integrum ncque lacerum, ut noster est '. Nel medio evo e nei primordi del Rinascimento scrivevano Agellius.

30 I 14 libri di Gellio furono ' diligentissime transcripti ', com'è detto nella' lettera del Traversare II Poliziano Miscellan. XLI parla di un codice di Gellio ' ex bibliotheca publica Medicae familiae quem Nicolaus Nicolus ex vetustissimo cxeraplari fldeliter... descripserit '. Non ho modo di verifi- care se si tratti dell'apografo dei 14 libri di cui qui si parla.

cap. V)

IL TEAVEKSARI 93

non meno glorioso delle geniali escursioni di Poggio in Ger- mania e in Francia. Che se non ne trasse nuovi autori quanto Poggio, ciò è da ascrivere a due ragioni indipendenti dalla volontà del Traversari: l'una che i principali rinvenimenti erano già stati fatti dai predecessori, l'altra che le biblioteche da lui visitate non contenevano i tesori di quelle di Francia e di Germania; però a suo maggior onore torna il merito d'aver non saltuariamente, ma sistematicamente esaminate le collezioni e passati tra le sue mani a uno a uno i codici, for- nito di quel largo e sicuro corredo di cognizioni, in grazia del quale poteva affermare recisamente la novità o la noto- rietà di un autore.

Cominciò da Roma, per dove parti il gennaio del 1432. Delle biblioteche ecclesiastiche visitò quella di S. Cecilia e vi trovò un prezioso codice con 39 Omelie di Origene tradotte da Girolamo 'in volumine vetusto longobardicis literis '; nulla invece di importante, contro l'aspettazione che avevagli susci- tato la fama, osservò tra i numerosi volumi della biblioteca di S. Pietro (archivio della Basilica). Nella pontificia pari- menti nulla di particolare fra ' graeca volumina quaedam ', all' infuori di Isaac Siro De perfectione vitae religiosaeJ^ Non trascurò le collezioni dei privati, quella anzitutto del cardinal Orsini, della quale poco potè vedere, perché tanto i codici greci quanto i latini erano stati mandati a Perugia, dove andava legato pontificio; e la raccolta greca del calabrese Pietro Vitali, da cui si fece prestare un importante volume di Aristotele, contenente 55 libri, notevoli in modo speciale i quattro della Meteora e i dodici della Metaphysica. Usci an- che di Eoma fino al convento basiliano di Grotta Ferrata, dove notò lo stato deplorevole a cui erano ridotti i codici; e me- ditava una corsa a Monte Cassino, se la sicurezza delle strade glielo avesse consentito; ma potè avere in prestito dall'abate cassinese dodici Omelie anonime, tradotte, ch'egli attribuiva a Origene. ^2

31 Questo codice greco non comparisce nell'inventario della biblioteca di Eugenio IV.

32 Travkrsari Epist. Vili 42 ; 43 ; 44 ; XI 21 ; Hodoepor. 10.

94 IL TRAVERSARI

(cap. V

A Bologna fu nel maggio del 1433 e poi di nuovo nel lu- glio. Visitò e rovistò molte biblioteche della città, ma in nes- suna rinvenne cose peregrine, eccetto in quella de' Domenicani, ' refertissima voluminibus sacris ', tra cui lo attirò massima- mente un ' vetustissimum volumen ' di Gesta conciliorum ve- terum, con 15 libri Facondo sul sinodo di Calcedonia.^^ Nel luglio dell'anno medesimo arrivò a Mantova e vide la libreria di Vittorino da Feltro, della quale si scelse per la trascrizione alcuni codici greci e alcuni latini; dei latini un volume del De musica di Agostino, con le Categoriae attribuite parimenti a lui ; la Mathesis di Firmico e un' opera che a Firenze forse non possedevano ancora, cioè il Commentum in odas Horatii dello Pseudacrone.^* Pochi giorni dopo visitò le due famose biblioteche di Verona: l'una di S. Zeno^^ 'sacrorum volumi- num copiosa ' e l'altra (la Capitolare) della cattedrale, ' cele- berrima ', ricca di codici ' mirae vetustatis ', eh' egli passò uno per uno, senza trovarvi nulla che già non conoscesse. ^^

A Venezia andò in quell'anno a più riprese, la prima volta nel maggio. Nelle librerie dei monasteri non trovò nulla di buono, nemmeno in quella di S. Michele di Murano ; si spinse fino a Treviso attratto dalla fama di quella biblioteca, ma nessun autore fermò la sua attenzione, appena appena un bel volume di lettere di Agostino in carattere gallico. Assai di

33 Teaversari Epistol. vili 45; XI 10 ; 11 ; Hodoep. 87. Effetti vamen te al tempo della visita del T. le biblioteclie delle chiese bolognesi non possede- vano quasi nulla ; la Capitolare stessa era in formazione ; tra le monastiche la Francescana, copiosissima, non aveva quasi opere letterarie; e quella di S. Salvatore, con appena 36 codici nel 1429, si sviluppò soltanto nel soc. xvi ; cfr. cap. XI e A. Sorbklu La bibl. Capitol. di Bologna 5 ; 73.

3* Traversari Epistol. vili 49 ; 50 ; 51 ; Ilodoepor. 34. A Mantova non trovò libri eccettoclié presso Vittorino: ' Hic certe praeter Victorinnm in- veni nihil ' (Vili 49). Questo giudizio è severo, anzi ingiusto, perché i Gon- zaga avevano una biblioteca famosa (cfr. cap. XI) ; ma bisogna riferirlo alle novità di cui andava a caccia, delle quali erano avidissimi gli uma- nisti ; di ciò si tenga conto per ridurre alla debita misura le relazioni del Traversari sul patrimonio delle biblioteche visitate.

35 Esiste il catalogo di S. Zeno compilato il 12 maggio 1400 (Gottlieb Veber die mittelalt. Biblioth., Leipzig 1890, 251-252) e auguriamo che qual- cuno lo pubblichi.

•8 TRAVERSARI HodoepoT. 34 ; 35.

cap. V) IL TRAVERSARI

96

meglio incontrò nelle raccolte dei privati veneziani, come di Trancesco Barbaro, del medico Pietro Tommasi e di Giovanni Corner, insigne quest'ultima non tanto per il numero dei vo- lumi sacri e profani, quanto per la loro eleganza esteriore. •'''' A Vicenza visitò la biblioteca dei Domenicani ; ^^ a Padova parimenti quella dei Domenicani e dei Minoriti : ma nulla di notevole, fuorché un bellissimo volume di lettere di Girolamo. Lo compensarono anche qui le collezioni dei privati; poiché presso il frate dalmata Marino vide ' in volumine longobardo ' sette Epistole a lui ignote di S. Antonio; e presso Ermolao Barbaro una pregevole novità, le Vite di Attico e Catone e ' quorundam aliorum ' nei quali riconosciamo i Capitani greci; tutto esultante scrive al Niccoli: 'ipsa novitate recreabere '. Cornelio Nepote perciò non era ancora noto a Firenze.'^

Dopo Bologna e il Veneto percorse nel novembre del 1433 la Eomagna. A Faenza nella cattedrale gli mostrarono il pre- sunto volume autografo delle opere di Pier Damiano.'^'' La bi- blioteca di Eavenna gli cagionò una delusione, avendola tro- vata inferiore alla sua fama; e infatti non vi notò che una silloge di opuscoli di Cipriano più copiosa delle usuali e un antichissimo codice di Concili con la confessione nicena in membrane rosse e lettere dorate. Nulla nei monasteri circon- vicini di Classe e di S. Maria in porto. *^

La messe raccolta dal Traversari nel suo giro fu abbastanza ragguardevole per le lettere sacre e per gli autori greci pro- fani, scarsa per gli studi classici latini, che vi sono rappre- sentati dal solo Cornelio Nepote. Ma le biblioteche ch'egli visitò, specialmente quella di Verona, ^2 erano già state spo- gliate de' lor migliori tesori. Ad ogni modo grazie a lui noi

37 Traversari Epistól. Vili 46; 47; XI 73; 75; 76; Hodoepor. 29; 30. Un paio di codici della libreria di Giovanni Corner sono ora nell'Ambro- siana, R. S. Spogli Ambrosiani 289.

3* Traversari Hodoep. 36.

39 Traversari Epistol. Vili 48 ; 53 ; Hodoep. 32 ; R. S. Spogli Ambro- siani 313-314.

■*" Traversar! Hodoep. 49.

« Id., Epistol. Vili 52; Hodoepor. 49.

<2 Cfr. sopra p. 7 n. 23.

96 GUARINO

(cap. Y

siamo informati della condizione di esse nel 1433: se o^gi vi incontriamo codici preziosi ch'egli non nomina, vuol dire che c'entrarono più tardi.

h) Gli umanisti italiani del settentrione.

Come il Niccoli e il Traversar! guidavano da Firenze le indagini dei codici, cosi Guarino, da Venezia e poi da Verona con l'esempio e con l'impulso dirigeva le forze vive umani- stiche dell'alta Italia, delle quali egli stringeva intorno a il fascio e col cui concorso rese tanti servigi agli studi nel secondo ventennio del sec. xv. Cominciamo da lui.

Nei primi giorni del 1419, mentr'era ancora a Venezia, vennero in luce alcuni codici ' mirae vetustatis ' quasi tutti sacri, tra i quali egli ne trovò uno contenente le Epistole di Plinio : ' un volume venerando, con caratteri benissimo deli- neati, d'una vecchiaia ancor fresca e, come direbbe Vergilio, cruda viridisque ; non scritto a pagina piena, ma in tre co- lonne, diritte come solchi, e diviso in otto libri con circa 220 lettere '/^ Questo è l'archetipo, ora perduto, della famiglia di otto libri (I-VII; IX), alla quale apparteneva anche il testo , posseduto nel secolo antecedente dal mansionario Giovanni, ma non possiamo dire, o almeno con ben poca probabilità, che fosse lo stesso.** A Verona poi riscopri, prima del 1425,

*^ Ecco testuale la descrizione di Guarino: ' Epistulae sunt Plinii sin- gulari veneratione ; litterarum facies perpiilchra et inter annorum rugas splendide vigens et, ut diceret Virgilius, cruda deo viridisque senec- tus. Voluminis forma in angustuni niagis quani lata, ut eius in pagiiiis ter- nae tcndantur coluninae, quasi rectissimi arvorum silici. In octo divisus est libros et epistulas circiter CCXX. Nulli deest titulus: aliquas transcurri: emendatissiniae milii visae sunt et, quod non laetitiae soluni sed etiam ad- inirationi fuit, in tanta vetustate et aetate iam decrepita nusquani delirare videntur ', cfr. R. S. in Museo ital. di antichità class. Il 432 ss. L'essere a tre colonne ci fa credere che la scrittura fosse unciale (L. Tkaube Pa- laeographische Forschungen, IV Teil, Miinchen 1904, estratto dalle Abhand- lungen der k. Bayer. Akad. der Wiss., ci. III voi. XXIV, 28-29.

■''' D(ù codici che contengono 8 libri alcuni portano in principio la Bre- vis annotatio de duobus Pliniis, del mansionario e questi dovrebbero de- rivare dal suo apografo (sopra p. 3) ; altri non la hanno, e questi discen- deranno dall'archetipo guariniano: ci sarà chi vorrà fare in proposito una

cip. V)

GtlARINO K IL CANTELLI 9?

nella biblioteca Capitolare le opere di S. Zenone. ^^ Pili tardi a Ferrara, nel 1431, trovò un Gellio eoi luoghi greci; e allora aiutandosi della copia di Ugolino Cantelli, possessore di una ricca collezione di codici, allestì una redazione di questo autore. Non sappiamo però dire se il nuovo codice rinvenuto com- prendesse riunite insieme le due metà del testo. *^ E nemmeno siamo riusciti a stabilire quali carmi deWAppendix Vcrgiliana mandi egli in dono verso quello stesso tempo al medico Ber- nardo : carmi con cui il poeta giovanile ' gestus, corpora format et herbas', poiché non si vede quali dei componimenti pseudo- vergiliani a noi noti rispondano a questa definizione.*^ Il Can- telli sin dal 1432 s'era procacciato il trattatello di Bufino In

ricerca? Merita una speciale menzione il Plinio Laurenz. 47. 84, il quale contiene mano del sec. xiv i libri I-V 8, 4 (fino a ' sunt enim homines natura curiosi ') con Vexplicìt. Indi una mano del sec. xv cancellò Vexpli- cit, compiè il lil). Y e vi agj?iunse i libri VI-VIl ; IX: ossia supplì il testo con un codice degli 8 libri; in capo all'Epistolario prepose la Breris an- notatio. Si domanda: a che classe apparteneva il testo primitivo del cod, Laurenziano? Alla classe delle 100 lettere no, perché essa termina con V 6. Resta dunque da assegnarlo a un esemplare mutilo o della cla.sse degli 8 libri 0 della classe dei 9. Nel Laurenziano-Marciano 284 (sec. ix-x) della famiglia delle 100 lettere furono accodate da una mano del sec. xv le let- tere V 7-8, 4: probabilmente la giunta proviene dal Laurenz. 47.34 prima- che venisse completato.

^5 R. s. in Museo ital. di antichità class. II 455-456. L'ed. princeps dei Sermoni di S. Zeno ' Yenetiis 1508' reca nel titolo: 'ex vetustissimo volumine Veronae a Huarino Veronensi viro eloquentissimo in episcopii Ve- ronensis bibliotheca reperto ', cfr. G. B. Giuliari La Capitolare, 102; 127,

^'^ R. y. La scuola e gli studi di Guarino, 118-119; 204.

*'' Riporto per intiero la poesiola accompagnatoria:

Guarinus Veronensis p. s. Bernardo physico.

Suscipo ludentis pueri iocunda Maronis Carmina, quis gestus, quis corpora format ot lierbas, Natiirao pictor, musaruiii interpros nmandus. Ardua cuiu rerum (juaoreiis arcana graves(iue ìlorborum causas curasque ad membra salubres Arte laboratas, lonimen dulco malorum, Hos versus releges, ubi fessus taedia ponas, Auribus et requiem cantu donabis amoeno : Mirari ingonium sensusque licebit acutos Vatis adhuc teneri vocesquo probare disertas. Nec minus interdum grata est tibi sacra poesis Et suaves Helicoile haustus libasse fluentis, Cernere quam patriam et priscae monumenta sophiao Aut medicas artes quas egit (egerit?) auctor Apollo. Interea fixum menti vincito Guarinum.

(Cod. Estense IV F 24 f . 171v ; cod. Vatic. 8914 f. 130v).

R. SAnDADiNi Le. scoperte dei codici. 7

98 GUARINO (cap. V

metra Terentiana, che a Guarino giungeva interamente nuovo ; e sin dal 1428 il trattatello di Prisciano sul medesimo argo- mento {In carmina Terentii), nuovo per lui anche questo.** Dell'opuscolo di Prisciano era venuto in possesso anche Alberto Zancari di Enoch, a Bologna, e da Verona fece pra- tiche presso di lui Guarino negli anni 1427 e 1428 per otte- nerne copia. *^ Cogli amici di Bologna e dei luoghi vicini car- teggiò assiduamente, chiedendo e ricevendo notizie di esplo- razioni e di scoperte. Nel 1419 udì di un rinvenimento a Bologna e ne scrisse per informazioni a Gian Nicola Salerno podestà di quella città. Poco dopo desiderava di sapere da Ugo Mazolato qualche cosa sui ' codices vetustissimi' del mo- nastero di Pomposa. Nel 1425 venne in luce a Verona un'ora- zione ciceroniana, che migrò di subito a Mantova nelle mani di quel vescovo (Giovanni degli liberti, fiorentino) e senza indugio si rivolse al vice-podestà Galesio della Niche- sola per averne copia. Nel 1426 fu informato per mezzo del Lamola delle scoperte fatte dal Parentucelli nella badia di Nonantola; e nel 1427 pregò Giacomo Giglioli di trargli dalla cattedrale di Eeggio un Papia 'litteris vetustissirais '.^°

<^ R. S. La scuola etc. 104; e in Museo II 438. II trattatello di Rufino col titolo De metris comicis e di Prisciano col titolo De versibus comicis sono stampati nell'ed. pr. di Venezia 1470 circa e nella successiva del 1472, R. S. Spogli Ambrosiani 312, 1. Sugli autori latini in generale noti a Gua- rino cfr. R. S. in Museo II 373-456. Sui pochi codici latini pervenutici dalla sua biblioteca cfr. R. S. La scuola 105. Si aggiunga il Brutus di Cicerone nella bibliot. Nazionale di Napoli IV B 36; il De ingenuis moribus di P. P. Vergerlo nell'Estense di Modena a M. 9. 8 e il cod. Ambros. M. 69 sup., sul quale vedi R. S. Spogli Ambrosiani 308; 312. L'autografo della sua tradu- zione di Straboue è nel cod. Bodl. Canon, lat. 301, cfr. H. Omont Portrait de Guarino de Verona, Paris 1905 (estratto dal Bulletin de la societé nat. des antiquaires de France, 1904, p. 2). Del suo Cicer. De leg. ci si con- serva l'apografo nel cod. Queriniano (Brescia) A VII 1 cart. sec. xv f. 1 con la sottoscrizione: ' Explicit de legibus quod compertum est in exemplari Clarissinii Viri Guarini veronensis et cum eodem correctum est per me Leo- ninum brembatuni adiuvante d. Bartolameo de Ganasonibus de Brixia. Anno Christi MCCCCXXXVIIII pridie kal. Septembris ... ' (da comunicazione del prof. Achille Beltrami). Dal suo esemplare delle Epist. ad fam. di Cicerone molti passi furono trasportati sul cod. Ambros. H 118 inf. (R. S. Spogli Ambros. 344-348).

<^ R. S. in Museo II 438.

w R. S. La scuola 100; e in Museo II 389-390; 430.

cap. V)

Iti ̻A1J0RMITA 99

Tra i suoi amici che risiedevano a Bologna buon ricerca- tore di codici era il Panormita, il quale sin dal 1426 citava l'Epistola di Saffo a Faone,^^ eroide ovidiana staccatasi dal corpo delle altre e rimasta quasi ignota al medio evo. La sua ricomparsa cade nei primi anni del sec. xv. Ma assai maggior merito si acquistò il nostro umanista come scopritore della Medicina di Cornelio Celso. Veramente il codice fu scovato da un altro, che non conosciamo, sembra a Siena; ma il Pa- normita fu il primo ad apprezzar degnamente la scoperta e ad adoperarsi che il nuovo autore venisse trasportato di Siena a Bologna, dove egli se ne impadroni, mandandone nell'aprile del 1426 un'ampia descrizione a Guarino. -^^ j^ questo esem- plare, che io ho chiamato Senese {S\ oltre alle due lacune osservate dal Panormita, Guarino ne avverti altre due e le segnò tutte e quattro sui margini; di una quinta non si ac- corsero gli umanisti se non tardi, col sussidio di un nuovo esemplare. 11 Senese è perito. ^^

Il Panormita era in possesso nel 1430 anche delle Epistolae Celsi, nelle quali potremmo ravvisare le due Epistole erronea- mente attribuite a Celso nel proemio dei Medicamenta di Mar- cello Empirico:^* e con ciò sarebbe insieme attestata la sco- perta dello stesso Marcello. ^^

Nelle città dell' Italia settentrionale, che concorsero effica- cemente a restituire agli studi i classici latini, occupa un posto onorifico anche Milano, dove le buone tradizioni biblio-

51 R. S. in Barozzi e Sabbadini Studi sul Panormita e sul Valla, Fi- renze 1891, 30. Dei codici che la riportano il Paris, lat. 7989 ha la data del 20 novembre 1423, cfr. Chatelain Paléographie des class, latins., pi. CL, 2.

s^ Cosi scrive pertanto il Panormita: ' Pnlchra etenim, vetusta littera, nec ab indocto qnidem librario, transcriptus est; membrananim color ex albo in pallidum diffusu.s, litterariun vero .sub{irl<'V"Ciis ; libri facies prae ve- tustate venerabilis et quasi numon quoddam prae se fert. Volumen ingens perinde est atque F. Qnintiliani institutiones totnnique in octo codicillos (== fascicoli) diducitur. Intejjrum est, praeter ultimam chartam, item tris circiter medimxi '; R. S. in Studi italiani di filai, class., VII, 1899, 124.

53 R. s. I codici della Medicina di Corn. Celso in Studi ital. Vili, 1900, 4-6; 14-16; 22-23.

°* In Medici antiqui, Venetiis 1547, f. 85v; 86v.

^ V. Appendice a.

lOÓ tL LANDRTATfl

(cap. V

file erano state avviate dal Corvini. Un'importantissima risur- rezione, delle opere rettoriche di Cicerone, avvenne bensì a Lodi, ma le sue ulteriori vicende si svilupparono a Milano. Nella seconda metà del 1421^" Gerardo Landriani^'^ vescovo di Lodi rinvenne nell'archivio della sua cattedrale ^^ un co- dice dì Cicerone con le seguenti cinque opere: il De inven- tione di Cicerone e la Rhetorica ad Herennium (chiamate allora la Bhetorica vetus e la nova), il T)e oratore, VOrator e il Brutus di Cicerone. Le due prime erano notissime al medio evo e agli umanisti ; del De orai, e dell' Orai, esistevano in quel tempo esemplari assai mutilati; ^^ il Brutus era affatto ignoto. Per le parti nuove del De orat, e dell'Orai, e per tutto il Brutus il cod. Laudense o meglio i suoi apografi, poiché esso è perduto, rimangono fonte unica. Il Landriani non sa- peva decifrare quel codice, e per mano di Giovanni Omodei lo mandò a Milano a Gasparino Barzizza, che se ne impadronì^" e in cambio di esso inviò al vescovo una copia fatta trarre da Cosimo Raimondi di Cremona, valente amanuense.''^

5' Questa data è accertata dal documento pubblicato da R. S. in Studi Hai. di filol. class., VII, 1899, 104-106; cfr. id. in Rivista di filol, XIV 427.

5' Il Landriani era bibliofilo. Verso il 1430 aveva mandato in prestito al Panorinita Aviano e Marziale, dei quali poeti uno doveva essere molto antico, perciié, come gli scriveva il Panormita (Epistol. Gali. II 29), ' excribi liber non potest, adoo multis locis caducus et obliteratns est '.

s** Vedi la sottoscrizione del cod. Vatic. Ottobon. 20.'i7 in liivista di filo- logia XVI 116.

59 Mancavano al De oratore i seguenti passi : I 129-156 ; 194-265 ; II 1- 19; 50-59; 91; 246-367; III 18-109; all' Omtor mancavano 1-90; 191-231.

^•^ Infatti parlando di esso dice: 'in antiquissinio codice meo'; R. S. in Studi ital. di filol. class. V, 1897, 369-370; anche In. Spogli Ambrosiani 366.

<'' Le notizie e i documenti della scoperta presso R. S. in Rivista di filol. XVI 106 ss. e in Museo ital. di antichità class. II 400 ss. Ivi è anclie proposta l'identificazione del copista Cosimo Cremonese con Cosimo Raimondi. Più tardi il Novati e il Lafaye L' anthologic d'un humaniste italien au XV siede, 43-44 (estratto da Mélanges d'archeologie et d'histoire, Rome 1892, XII) hanno accolta e rincalzata ridentiflcazione, ma dimostrato in- sieme che il Raimondi del 1422 non era ancora stato a Milano, dove si recò non prima del 1427, e propendono a credere che il Barzizza gli abbia spe- dito a Cremona il codice da copiare. Altre notizie sul Raimondi G. Mercati Cosma Raimondi cremonese, 5-21 (estratto da Studi e documenti di storia e diritto, XV, 1894), dove è adoperato il cod. Ravennate 139. 3. L conte- nente lettere del Raimondi.

cap. V) II- BIONDO, IL CAPRA 101

Nel 1422 giungeva a Milano con un incarico pubblico di Forlì, sua città natale, Flavio Biondo e approfittò dell'occa- sione per trarsi anch' egli copia del Brutus, della quale fece parte a Guarino. "^^ Nel ritornare poi dalla sua ambasceria ebbe la fortuna scoprire, non è detto dove, i Caesares, attribuiti ad Aurelio Vittore, ma anonimi: un'opera allora nuova, al- meno a Guarino riusciva inaudita. *^^

Poco più di un anno dipoi Milano rendeva alla luce un altro manipolo notevole di classici. Keduce dal concilio di Costanza e da una missione diplomatica in Germania entrava in Milano l'arcivescovo Bartolomeo Capra nella prima metà del 1422, '^^ prendendo solennemente possesso della sua sede ; e il 15 luglio dell'anno successivo poteva annunziare al. Bruni d' aver tratto ' e quodam teterrimo et fedissimo carcere ', ve- rosimilmente di qualche convento milanese, nove codici di cui gli l'elenco.*'^

Degli autori ivi nominati, Frontino, Macrobio e Solino, bas- samente giudicato dal Capra, sono nostre conoscenze sin dal Pastrengo e dal Petrarca: la presenza del greco ne' due primi accresceva pregio al loro testo. Censorino incontrammo nella biblioteca del Corvini, ma rimaneva un autore non facile a trovare, liaro parimenti Marziale, che nella lista del Capra comparisce di lettera antichissima. Gradita la menzione di un Quintiliano integro, il terzo dopo i due scovati da Poggio in Germania, il primo ridonato alla luce da un monastero italiano. Le rimanenti opere erano nuove per gli umanisti: la Rhetorica e la Bialectka di Agostino, VArs rhetorica di Chirio Fortu-

62 K. S. in Museo II 408-409.

83 R. s. ih. 378. Dei Caesares si possiedono due soli codici, uno il Bru- xellens. 9755-63 del sec. xv, l'altro l'Oioniens. Canonie. 131 del sec. xiv-xv, che non possono identificarsi con quello del Biondo (cfr. Th. Opitz in N. Jahrbùcher f. Mass. Philol, 1886, 140-144).

"^ Il 17 luglio 1418 il Capra era nei pressi di Strasburgo, v. sopra p. 77 n. 21; cfr. R. S. in Studi ital. di filol. class. VII 128-129. Il Giulini Memorie della città e campagna di 3Iilano, Milano 1857, VI 260 lo fa ritornare il 23 febbraio 1423 ; ma già nel luglio 1422 era in Italia, Osio Documenti II 98 ; 105-114.

6S V. Appendice b.

102 IL CAPRA, P. C. DECEMEEIO, IL LAMOLA (cap, Y

naziano Consulto, ^^ la Periegesis di Dionigi tradotta da Pri- sciano'''^ e VOrhis terrae di Rufo Festo. L'Orbis ci è pervenuto in un unico codice, che è l'Ambrosiano D 52 inf. sec. xv col titolo (f. 31) Incipit eiusdem (Ruffi Testi) orhis terrae, che confrontato con quello del Capra Festi Buffi (inversione dei nomi) descriptio orhis terrarum mostra come i due codici fos- sero indipendenti l'uno dall'altro. Senonché questo e tutti i codici della lista sono andati perduti: almeno a me non fu dato rintracciarli in nessun luogo a Milano. Del resto il Capra non mori nella sua sede arcivescovile, sibbene a Basilea il 30 settembre 1433.

A Milano pur dopo le esplorazioni del Capra non difettava messe da raccogliere a chi frugasse ancora; e ciò avvenne a Giovanni Lamola e a Pier Candido Decembrio. Il Decembrio tra il 1426 e il 1427 scopri i Commentarli de Alexandri Ma- gni gestis ed estrattine quei luoghi della lettera di Alessandro ad Aristotele che riferiscono agli alberi del Sole e della Luna, li mandò al Bruni. ^^ Non dobbiamo invece considerare come sua la scoperta attribuitagli degli Accademici di Cice- rone, perché i priora, col titolo di Hortensius (i codici li intitolano Lucullus) ebbero larga diffusione nel medio evo; e i posteriora, rarissimi, furon già noti al Petrarca e divul- gati sino almeno dal 1414 a Firenze.^^ 11 Lamola, uno dei migliori allievi di Guarino, da Bologna sua patria trasferivasi nel novembre del 1426 a Milano in cerca di fortuna. Guarino gli scrisse eccitandolo a rovistare le biblioteche di Lombar- dia: e l'eccitamento non cadde a vuoto, perché intanto da Lodi ebbe un codice antico dei Saturnali di Macrobio.''" Ma ben più importante fu il rinvenimento da lui fatto verso la metà del 1427 a Milano nella basilica di S. Ambrogio, donde

66 Per Agostino e Fortunaziano cfr. R, S. Spogli Ambrosiani 286-292.

^ La Periegesis è compresa tra le opere di Prisciano uell' ed. pr. del 1470 circa e del 1472, ib. 312, 1.

68 K, S. in Kivista di filai, XV, 534-536.

63 V. Appendice e.

'^ R. S. in Museo ital. di antichità class. II 429, del maggio 1428; il codice aveva i tre iirimi soli libri.

cap. V) IL L AMOLA, IL PANOEMITA 103

cavò il famoso codice di Celso J^ oggi Laurenz. 73. 1, del quale 8' impadronì subito Cambio Zambeccari, non oscuro bi- bliofilo del cìrcolo milanese. '^^ Il codice di S. Ambrogio ha il vantaggio sul Senese di esser meno lacunoso e di recare inoltre molti altri opuscoli medicinali nuovi, ai quali però gli umanisti non badarono troppo, cioè il Liher de herhis di Apuleio, e sei Geneciae, due anonime e le rimanenti coi nomi di Cleopatra, Vindiciano, Muscione e Teodoro (Prisciano).'^^

''^ R. S. Guarino Ver. e gli archetipi etc. 38, lettera del Lamola a Gua- rino : ' scito Cornelinm Celsum forte nostra compertum '; id. I codici della Medicina di Corn. Celso in Studi ital. Vili 15.

"2 Per l'amore dello Zambeccari ai codici vedi R. S. Biografia di G. Aurispa 46-47; A. Panormitae Epistol. Gali. Ili 2 ; 3 ; 8 ; 12 ; 16; 23 ; A. Beccatelli JS'jnsioZ. Gali., Napoli 1746, p. 4-6, dove correggi (p. 6) Properfit*m autem in Propertium Nautam. In questi luoghi si parla di codici di Plu- tarco, Pseudomero, Vergilio, Livio, Celso e Pseudocelso, Plauto, Tibullo, Properzio.

"3 Nella seconda metà del sec. xv fu trovato, probabilmente a Bologna, anche il Celso Vaticano 5951, R. S. I codici della Medicina etc. 13-14.

Appendice al Cap. V.

a (= n. 55) R. S. I codici della Medicina etc. 32. Aggiungi Panormitae Epist. Gali. Ili 8 (del gennaio 1430) a Cambio Zambeccari : * Gelsi item epi- stolae (sic) tuo nomine transcribi curabo '. Un manipolo di 25 codici della libreria del Panormita, sei dei quali contengono traduzioni dal greco, si trova oggi in Vaticana, De Nolhac La biblioth. deF. Orsini 218-223. Per un Marziale a Wolfenbiittel con la nota: 'Antoni Panhormitae liber. Aurispae do- num ' cfr. Lessing Sàmmtliche Schriften, 1839, Vili 504. Per la menzione di codici di Tibullo, Orazio, Varrone LL nell'Epistolario del Panormita efr. R. S. Un biennio umanistico in Giorn. stor. Suppl. 6, 111; 113; 114; 116. Spigoliamo altri cenni dalle lettere inedite dei corrispondenti del Panor- mita : Antonio Cremona al Panormita : ' Item expectes a me quinterniones duos alios Ciceronis et Livium tuum.... Ex Mediolano tertio februarii ' (1431), Misceli. Tioli nell'Università di Bologna 29 p. 142. Dello stesso : ' Habeo enim iam apud me librum illuni Vocabulorum, quem ab assessore pontiflcis (Barthol. Caprae) Mediolanensium quaeris. Varronem vero et Festum itidem adulescentum nostro rum opera habere confido propediem : quos omnes.... faxo uti Franzosius ad te deferat.... Ex Mediolano' (1480?); ib. p. 112.

104 IL PANORMITA, IL CAPKA (gap. V

Domenico Feruffino al Panonnita : ' In re Serviana nil peccatimi est.... Ce- dex ille tuus tamdiii erit possessione quamdiu vixeii,s.... Cusaglii XI martii 1431 '; ib. p. 238. Ergetele al Panormita : ' Quod autem petis, liic habes, hoc est et librorum nomina et epistolainm initia. In Servio ilio scio sextum deficere, sed eo pacto ad meas manus pervenit. Servins autem ille alter apud foeneratoreni est: hodic ilhim vidi ; pulclier est in papyro, iisque ibi " Oceanuni interea surgens aurora reliquit " (Aen. XI l) et etiam ultra per aliquod cartas. Papias egregiiis libcr. Isidorus Ktliiinolog., Gcnealogiae doo- rum secuiidum lohannem Boccatiuni. Quintilianus. Tu prò eis pecunias niitte, si placet, nam durare amplius nequeo. De Servio ilio antiquo nihil scribis ncque de Virgilio. Marrasio scribas ut iniiii Prisciaiuiiii niittat.... Ex Bono- nia die IIII novembris ' (1429?) ib. p. 214. Il Panormita aveva prestato certi suoi codici al Marrasio ; essendo costui morto a Noto nel 1456 o prima, egli pregò di occuparsi di ricuperarli dagli eredi Vittorino da Bergamo, il quale si recava a Palermo; R. S. Biografia di G. Aurispa, 184-186.

6 (= n. 65). Lettera ed elenco autografi in Carte Strozsiane, Fi- renze 1884, Ser. I voi. I 564-565: ' ex Mediolano die XV iulii MCCCCXXIII '. Aggiunge che intraprenderà un giro di esplorazione per la sua diocesi: ' Est etiam animus, quandoquidem, ut ita vides, concilium (di Pavia) nostrum evanuit, subito visitare provintiam meam, in qua sunt multa monasteria antiquissiina, a multis annis intacta et, ut audio, libris refertissima '.

' (1) Quintilianus de institutione oratoria, non abolitus non concìsus, sed integer et pert'ectus ; (2) Solinus, niendax, de Ormesta mundi, quem propter eius complura mendacia parum curo; (3) lulius Frontinus Strata- gematon, literis tuis grecis plenus ; (4) Macrobius de Saturnalibus, etiam cum tanto greco, che non è tanto Monterosso in Pisa ; (5) Priscianus, secun- dum quod habet codicis illius inscriptio, de terra mari fluminihua et mon- tibus. Et in eodem volumine continetur Festi Ruffi Descriptio orbis terra- rum in versu ; (6) Item Martialis Cochus, de litera ipsam illani antiquitatem vincente; (7) Censorinus rhetoricus (ie natalieio Gerelli (= ad Cerellium) ; (8) Murelius Augustus (= Aurelius Augustinus) de rethorica et de dyalec- tiea; (9) Item Consulti Ars rhetorica, quae in rubro sic incipit. Consulti Ars rhetorica. Quisquis rhetorico festinat tramite doctus Ad causas legesque trahi, bene perlegat artis Hoc opus et notum faciat per competa calle m '.

L'enigmatico titolo de Ormesta mundi occorre qui per la prima volta accompagnato al nome di Solino e non possiamo decidere se il Capra ce lo aggiunse di suo e lo lesse nel manoscritto. Di solito è date dai codici di Orosio con le varianti de Ormesta mundi, de Orchestra mundi, Ormista, Hor mista eia. (cfr. Bììhr Geschichte der ròm. Literatur, II-^ 315; 318; 647). Molte spiegazioni furono prepeste; arrischio anch'io la mia da Oav/naorà mundi. Una derivazione greca e' intravide anche un postillatore del sec. viii-ix, che dopo il titolo dell'Orosio Vatic. Palat. 829 sec. viii segnò : ' Ormista greco miserabilis vel metiens senat'.

11 nomignolo di Cocus affibbiate a Marziale s' incontra p. e. in Giovanni di Salisbury, m. 1180 ; ma risale a tempi più antichi.

Un sole codice ho rintracciate di quelli appartenuti alla libreria del Capra, l'Ambros. H 50 inf. col De verborum significatione di Maffeo Vegio. Nella dedica al Capra scrive l'autore, f. 10: ' Scie enim te plurimum caliere

eap. V) P. C. DECEMBRIO 105

priscos vel poetas vel oratores amatoremque esse maximum veteris elegan- tiae, in qua, ne caeteras virtutes tua» commeniorem, profecisti adeo, ut iam in proverbio sit te non modo litterarum decus et ornamentum, sed et litte- ratorum liominum fautorem adiutoremqiie esse,... Possem deliinc maximos apud pontifices atque caesares tuas res gestas memoriae commendare, quas- qiie praecipue istic nane in basiliensi concilio geris sapienter et consultis- sime.... Ex Papia idi bus martiis MCCCCXXXIII '. Alla fine sul cartone in- terno sono due epitaffi in morte del Capra, nel secondo dei quali leggiamo : '.... Confectus senio gravibusque attritior annis Concilio accitus Concilium petiit.... Natus in antiqua clara de stirpe Cremona Italie primas Bartholo- meus erat. Ossa sub exiguo claudit Basilea sepulchro. Nomen ubique viri, spiritus astra tenet '.

e (— n. 69). Ognibene della Scola scrive al Decembrio : ' Expecto ut gerulo hoc nostro Amadeo videam Ciceronis Achademiam, quamtu ac frater in vigiliam e tanta dorinitione, ut plurimi exanimatam arbitrarentur... ', cod. dell'Università di Bologna 2387 f. 56 v. La data del 1426 si deduce dal posto che occupa la lettera nell' Epistolario. Degli Acad. poster, ci pervenne un solo codice antico, il Paris, lat. 6331 sec. xii; tutti gli altri sono del sec. XV (su di che cfr. Philolog. LII, 1894, 726). Il Monac. lat. 763 fu tra- scritto nel 1414 a Firenze da Joannes Arretinus. Registrerò i tre posseduti dalla bibl. Ambrosiana: D 94 sup. membr. sec. xv f. 175 Marci Tulli Ci- ceronis fragmentorum de academicis liber incipit. In Cumano nuper f. 179 V fuit facultate. Non reperitur plus; C 65 inf. memb. sec. xv f, 1 di guardia : ' Est R."*' d. Episcopi Terdonensis (Giovanni vescovo dal 1437 al 1462) et Marcolini fratruni de Barbavariis ', f. 2 Marci Tulii Ciceronis fra- gmentum de Achademicis. In cumano nuper f. 10 v fuit facultate. Non reperitur plus ex hoc opere; F. 71 sup. memb. sec. xv f. 64 M. T. Ciceronis liber Achademicorum incipit foeliciter. In cumano nuper f. 74 y fuit fa- cultate. Sugli Acad. post, del Petrarca cfr. De Nolhac Fe'trarque et l'huma- nisme 194, 3. Dei codici del Decembrio la bibliot. Ambrosiana conserva, oltre alle sue opere quali autografe quali copiate sotto la sua sorveglianza (p, e. D 112 inf.; I 235 inf.; I 104 sup.; R 88 sup.; Z 167 sup.), anche un Giove- nale R 54 sup. sec. xii ; per il suo Tacito ora a Wolfenbiittel cfr. R. S. Spogli Ambrosiani 206; 206. Ma noi possiamo esser certi che egli possedeva una ricca raccolta, se consideriamo che molte ne fece copiare, come ve- dremo (cap. XI), per il duca Umfredo di Glocester, e che il suo canone au- tografo Que ex latinis scriptoribus magis necessaria nel cod. Ambros. R 88 sup. f. 172 w comprende 48 volumi, i quali in maggioranza saranno stati nel suo studio. I codici delle proprie opere aveva lasciato alla vedova, la quale morendo li donò al monastero milanese di S. Maria delle Grazie : dove siano poi andati a finire, s'ignora (E. Motti Libri di casa Trivulzio nel sec. XV, 29),

CAPITOLO VI

Le esplorazioni fuori d'Italia

(1425-1430)

Queste le esplorazioni praticate sul suolo italiano. Ma i no- stri umanisti contemporaneamente facevano esplorare anche il suolo straniero. La direzione delle indagini è tenuta dagli uma- nisti di Firenze e da quelli della curia pontificia.

Nell'estate del 1431 i due cardinali Giuliano Cesarini e Niccolò Albergati si accingevano a un giro diplomatico in Francia e in Germania, per vie diverse ; e il Niccoli consegnò a entrambi un elenco delle opere e degli autori da cercare. Il Traversari contava specialmente sui segretari dei due car- dinali, Lucio (forse Lucio da Spoleto),^ segretario del Cesarini, giovine assai vivace ; e il Parentucelli, che noi già conosciamo, segretario dell' Albergati. ^ Lucio raccolse assai poco, giacché tornato che fu, al Traversari, che Io incontrò a Eoma nel- l'aprile del 1432, non seppe mostrar di meglio se non la copia di due opuscoli portanti il nome di Cicerone: i Synonyma e le Bifferentiae, i quali non dispiacquero al Traversari, ^ non ostante i suoi dubbi sulla paternità ciceroniana. Ne deduciamo che a lui e, per conseguenza, al circolo fiorentino, erano tut- tavia sconosciuti, quantunque le Differentiae fossero già state scoperte dal Salutati. Meglio fornito ritornò il Parentucelli,

1 Vespasiano Vite II 294.

« Tkaversaki Epist. Vili 2, del 1431; Vili 41, del 1432.

3 Epist, Vili 44.

cap. VI) IL MONACO HERSFELDESE

107

che riportò dalla Francia due opere sacre: Ireneo Contra hae- reses e Teofilo Epistolae de Pascha contra Origenem, nella tra- duzione queste ultime di Girolamo.'^

Alla direzione delle indagini in Eoraa presiedeva Poggio, ma la spinta, se pur ce n'era di bisogno, e l'aiuto partivano dal Niccoli. Nel gennaio del 1424 capitava a Roma un monaco danese, Niccolò, il quale raccontava in presenza di Poggio del cardinale Orsini e d'altri d'aver veduto in un monastero della sua patria un codice con dieci deche di Livio. ^ Nell'ot- tobre del 1425 un monaco di Cluni, che stava per restituirsi al suo convento, prometteva a Poggio di fargli trascrivere un Tertulliano ; ^ e nel settembre dell' anno seguente il nostro uma- nista si adoperava per avere l'inventario ' cuiusdara vetustis- simi monasterii in Germania, ubi est ingens librorum copia '. ''

Famose soprattutto sono le pratiche corse tra lui e un mo- naco di Hersfeld. Poggio lo chiama ' monachus hersfeldensis '; che si può interpretare tanto nativo di Hersfeld, quanto ascritto al convento di quella città ; in ogni caso i codici a cui le trat- tative si riferiscono erano hersfeldesi, poiché tra i molti ch'egli promise di trarne fuori figurava anche un Ammiano Marcel- lino, il quale effettivamente venne più tardi ritrovato a Hers- feld.^ lì monaco in cambio dei codici classici aveva chiesto alcuni volumi legali, con la condizione che e gli uni e gli altri fossero posti in Norimberga. Perché tal luogo, che è ab- bastanza lontano da Hersfeld, fosse stato scelto, non possiamo che congetturare: forse non voleva far conoscere l'asporta- zione dei codici, forse li le strade di comunicazione offrivano

* Travkrsari Epistol. Vili 18. Aggiungeremo ' i Sermoni di Lione papa e la postilla di sancto Tomaso sopra sancto Matteo, opere degnissime che prima non erano in Italia ' (Vespasiano Vite I 35), portate pure dal Paren- tucelli.

5 VoiGT Wiederbelebung P 248.

« PoGGii Epist. I 164.

"> Ibid. 187. Più tardi, nel 1441, pregava Alfonso di S. Maria vescovo di Burgos di cercargli codici gentili nel monastero cistcrciense di AlcobaQa nel Portogallo; id. ib. lib. Vili 24: ' Praeterea te rogo... ut rursus perve- stiges diligenter, qui libri sint gentiles in eo monasterio (Alcobassi), in quo plurimi esse dicuntur '.

8 R. S. in Studi ital. di filol. class. VII 129.

108 IL MONACO HERSFELDESE (cap. VI

maggiori comodità. Chi più ha fantasia suggerisca altre sup- posizioni.

Nel 1425 il monaco hersfeldese aveva lasciato Koma con una lista di autori da cercare consegnatagli da Poggio; e questi l'ultimo d'ottobre dello stesso anno riceveva un indice di manoscritti, tra i quali ' Julius Frontinus et aliqua opera Cornelii Taciti nobis ignota '.^ Poggio spedi l'indice al Nic- coli a Firenze e non sappiamo se anche altrove; il fatto è però che a Bologna giunse, non osiamo decidere se per via diversa, la medesima informazione, dove compariscono proprio quei due autori, Frontino e Tacito, e fortunatamente con maggiori par- ticolari, che si leggono in una lettera del Panormita a Gua- rino da Bologna, in data aprile 1426. Eccoli qui nella loro integrità : ' Compertus est Cor. Tacitus de origine et situ Ger- manorum. Item eiusdem liber de vita lulii Agricolae isque incipit: Clarorum virorum facta ceterave. Quinetiam Sex. lulii Frontonis liber de aquaeductibus qui in urhem Romam inducuntur et est litteris aureis transcriptus. Item eiusdem Frontonis liber alter, qui in hunc modum iniciatur : Cum omnis res ab imperatore delegata mentionem exigat et cetera. Et inventus est quidam dialogus de oratore et est, ut coniectamus. Cor. Taciti atque is ita incipit: Saepe ex me requirunt et cetera. Inter quos et liber Suetonii Tranquilli repertus de grammaticis et rhetoribus; huic initium est: Gram- matica Romae '.^"

Dalle lettere di Poggio del dicembre 1425 e del febbraio e settembre 1426 ^^ apprendiamo che le pratiche continuano il loro corso regolare e che egli veglia. Intanto ecco nel maggio del 1427 ricomparire a Roma il monaco hersfeldese con l'in- ventario dei codici, che conteneva press' a poco l'elenco già spedito prima e alcuni nuovi volumi. Tra i nuovi erano Am- miano Marcellino, la prima deca di Livio e un codice di ora- zioni di Cicerone. L'inventario descriveva ' volumen illud Cor-

9 PoGGii Epist. I 168.

10 R. S. ib. 125.

11 PoGGii Epist. I 172; 176; 187.

cap. VI) IT, MONACO TTEESFELDESE, IL CUSANO 109

uelii Taciti et aliorum quibiis careraus; qui (cioè gli aliorum) cum sint res quaetlam parvulae, non satis magno sunt aesti- roandae'. ^2 Su quel ' volumen Cornelii Taciti' Poggio con- centrò le sue mire (' hoc volumen quo maxime indigemus ' p. 211), perché Ammiano Marcellino già lo possedeva e Fron- tino T)e aquaeductihus un giorno o 1' altro sarebbe uscito da Monte Cassino.

Infatti quando il monaco poco dopo riparti per il suo con- vento, gli commise di portar direttamente Tacito a Koma, de- positando gli altri a Norimberga. ^^ E frattanto aspettava. Nel settembre (1427) nessuna nuova ancora : ' de Cornelio Tacito, qui est in Germania, nil sentio ';^* nel settembre dell'anno seguente sempre silenzio: ' Cornelius Tacitus silet Inter Ger- manos '.^^ Finalmente riecco nel febbraio del 1429 il monaco hersfeldese a Roma, ma ahimè : ' absque libro '. *^ E da ora in poi il ' volumen Taciti ' seguiterà a dormire nel suo mona- stero fino al 1455, quando lo andrà a ridestare Enoch di Ascoli,

Al benemerito per quanto poco fortunato monaco hersfel- dese non possiamo ridare nemmeno il suo nome di battesimo; ne possiamo bensì dare uno illustre a un altro Tedesco, che contemporaneamente a lui rese servigi assai più insigni agli studiosi italiani e alla filologia latina. Poiché il Nicolaus Tre- verensis che torna così spesso nelle Epistole di Poggio degli anni 1427-1429 è tutt'una persona con Niccolò Krebs (Chryflftz) da Cusa, conosciuto comunemente come Niccolò da Cusa o Cu- sano (1401-1464), celebre canonista, diplomatico e scienziato. La doppia denominazione di Treverensis e Cusauus ripete la sua origine da ciò, che Cusa, suo luogo natio, apparteneva alla diocesi di Treviri : del resto nel 1435 il Traversari lo chia- mava sempre Nicolaus Treverensis, mentre nel 1437 il Pizzol- pazzo lo chiamava Nicolaus de Cusa. '^ Fu anche appassionato

12 PoGGii Epist. I 207.

13 Ib. I 211. '< Ib. 213. J5 Ib. 218. 16 Ih. 266.

1^ R. S. in Museo ital. di antichità class. Ili 412. Nel 1437 quando stu- diava leggi in Bologna ei'a chiamato ' d. Nicolaus de Cusa clericus Treve-

Ilo IL CUSANO

(cap. VI

bibliofilo e raccoglitore di codici e bastino per tutte le testi- monianze di Vespasiano: ^^ ' congregò grandissimo numero di libri in ogni facultà ', e quella solenne del Pizzolpasso, che lo praticò a lungo e intimamente: ' Nicolaus noster de Cusa.... vir siquidem aliquando introductus graecae linguae, ceterum alias eruditissimus, uuiversalis et magnae capacitatis, infini- torum voluminum studiosissimus et indagator continuus dota- tusque Inter alia voluminibus graecis fecundissime et ex qui- bus, ut asserebat, omnia vocabulorum veritas etiam declarata latine eisdem codicibus facile possit haberi 'J^

Fece la sua prima comparsa come scopritore nell'ottobre del 1426 (aveva allora 25 anni), presentato al pubblico uma- nistico da una lettera di Guarino, il quale annunzia a Giovanni Lamola che un segretario del cardinale Orsini, allora legato apostolico in Germania, rinvenne in una polverosa biblioteca di Colonia 800 antichissimi codici carcerati, tra essi il J)e re puhlica di Cicerone. Aggiungeva essergli giunta questa voce da Venezia da fonte autorevole.^" Il cardinale Orsini andò per l'appunto legato in Germania nel 1425, e il Cusano, che qui figura suo segretario, ci ricomparisce anche più tardi alla di- pendenza di lui.

Le principali scoperte del Cusano sono: un ' ingens volu-

rensis diocesis ', C. Malagola Monografie storiche sullo Studio bolognese, Bologna 1888, 431, 2; per l'epigrafe sulla tomba cfr. F. Fiorentino II ri- sorgimento filosofico nel quattrocento, Napoli 1885, 65. SulT identificazione dei due personaggi puoi vedere anche H. Zimmkkkr Declamatio in L. Serg. Catilinam, Miinclien 1888, 33-34.

18 Vite I 170.

15 R. S. in Museo III 415 ; cfr. 412 : ' habet vir iste peritus theutoni- cus... libros copiosos in graeco etiam cum latino et vocabulorum et verbo- rum et omnis grammaticae, seriosissime litteris vetustis descriptos '. Uno di tali lessici greco-latini ù il famoso cod. Harlcian 5792 sec. VIF.

*" R. S. Guarino Ver. e gli archetipi di Celso e Plauto, 35 : ' AudivlRse debes ut Cicero de re publica nuper inventus sit Coloniae, urbis Oermaniac, in bibliotheca pulverulenta, ubi pervetusti codices octingenti carceri man- cipati videntur. Eum repperit, repertum transcripsit quidam secretarius car- dinalis Ursini, qui legatus eas obiit regiones. Sic milii ex Venetiis renuu- tiant aliqui certissimi viri ' ; ib. 34 Guarino in un' altra lettera a Girolamo Gualdo in data * V idus octobris ' (1426) : ' Quid dices quod TuUius de re publica compertus est? ita est '.

cap. VI)

IL CUSAKO 111

men ' con 27 opuscoli di Tertulliano;^^ uno con 20 opuscoli di Cipriano; un altro con 20 (erano invece 16) commedie di Plauto; molte opere di Cicerone, p. e. le orazioni de lege agraria e in Pisonem, il Be fato, il De legibus, il De re publica integro; Gellio pure integro; Curzio Kufo col lib. I; la Historia delle guerre germaniche di Plinio il vecchio. Ma il baldo e inesperto giovinetto aveva preso parecchi abbagli. 11 lib. I di Curzio era un foglio estraneo alla Storia delle imprese di Alessandro; Gellio era tronco e mutilo al par di tutti gli altri; il De re puhlica di Cicerone si ridusse al Somnium Scijnonis.^'^ E della Historia di Plinio che divenne? Poggio gli notò che doveva essere la Naturalis Historia; il Cusano ribatté che si trat- tava proprio di un volume contenente ' bella Germaniae '. Si capisce che in capo al codice da lui veduto della Natur. Histor. stava, come spesso occorre, il cenno biografico di Sve- tonio, dove lesse le parole: ' bella omnia quae umquam cum Germanis gesta sunt XX voluminibus comprehendit ; item na- turalis historiae XXXVII libros absolvit '; e i 37 libri della Natur. Histor. furono trasformati dal suo cervello nei 20 libri della Historia bellorum Germaniae. Ma di questo codice non si parlò più. Eesta dunque come acquisto veramente prege- vole dalla scoperta del Cusano il codice di Plauto, che com- prendeva quattro delle otto commedie divulgate nel medio evo e altre dodici nuove.

Dal maggio al settembre del 1427 il Cusano era a Roma, dove recò notizie orali dei codici ;23 nell'autunno riparti per la

21 Veramente nel!' Epistolario di Poggio non si fa parola del volume Tertulliano; ma quando Lorenzo de' Medici nel giugno del 1431 andò a Roma con la legazione fiorentina a rendere omaggio a Eugenio IV allora eletto, ottenne dal cardinale Orsini il codice delle nuove commedie di Plauto por- tato dal Cusano, e inoltre il codice di Tertulliano (Traversari Epistol. Vili 37, dov'è dato l'elenco dei 27 opuscoli tertullianei). C'è da supporre clie anche questo secondo codice fosse stato scoperto dal Cusano.

22 PoGGu Epist. I 208; 211; 266; 304. A p, 267 leggiamo: ' dicit (Nico- laus Treverensis) se liabere multorum operum Ciceronis in quibus sunt orationes de lege agraria, in Pisonem, de legibus'...; le tre orazioni De lege agraria e quella in Pis. erano già state scoperte da Poggio, cfr. sopra p. 81.

23 PoGGii Epist. I 208; 211; 213.

112 IL CUSANO (cap. VI

Germania. Lo aspettavano di ritorno nell'inverno del 1428: 2* inutilmente. Tornò invece nel dicembre del 1429 col volume di Plauto, 25 che consegnò all'Orsini e che dal possessore prese il nome di Orsiniano. Ora è il cod. Vatic. 3870 (sec. xii).

* * *

Il Cusano non si arrestò qui; ma migliorando il suo me- todo prosegui con sempre maggior alacrità le ricerche, tanto da diventare uno dei più fecondi e fortunati scopritori. Ac- cenneremo rapidamente com'egli sin dal 1437, quando assi- steva al concilio di Basilea, fosse in possesso del famoso glossario greco-latino, ora cod. Harleian 5792, di provenienza francese, che contiene inoltre i Sinonimi di Cicerone e uno scritto, nuovo per allora, i Bynamidia col nome di Ippo- crate e Galeno. ^^^ Rinvenne poi un altro glossario, quello conosciuto col titolo di Servii glossae, nuovo anch'esso, per quanto ci consta, e nuovo del pari era Diomede, compreso nel medesimo codice. ^'^ Parimente fu lui il primo scopritore delle Suasoriae et controversiae di Seneca ;2^ delle Laudes dei di

2^ PoGGU Epist. I 218 ; 223.

^■> Ib. p. 266 ; 288 ; 304. Le otto prime commedie, note al medio evo, erano : VAmph., VAsin., VAul., ì Capt., il Cure, la Gas., la Cist., e VEpid.; di esse il cod, Orsiniano contiene le prime quattro, indi le dodici nuove, dalle Bacch. al Truc.

Cfr. n. 19 e Corpus glossar, latin. II, XX-XXI e G. Lowe Prodromus corpor. gloss. lat., 212-213.

2' Ora cod. Harleian 2773 sec. xii con Diomede, le Epistulae ad fam. di Cicerone e le Servii glossae. Il Valla nel proemio al lib. II delle Elegantiae (1437 circa) non nomina ancora Diomede; lo conosce invece il Tortelli nel- V Orthographia (pubblicata nel 1449) a v. ' ITomoptoton... ut apud Ennium maerentes flentes lachrymantes et miserantes ', verso citato col nome di Ennio dal solo Diomede I 447 K. Diomede sta nel cod. Paris, lat. 7538 proveniente dalla biblioteca Aragonese di Napoli e in altri sei codici italiani del sec. xv. Grammatici latini I, XXXIII K. Fu stampato a Venezia del 1472 circa, Hain-Copinger 6214.

^ Quando nel 1458 Gio. Andr. Bussi il vescovo Alerìense, allora ai servigi del Cusano, gli mostrò come ignoto il volume di Seneca, si ndi rispondere ch'egli n'aveva uno simile : ' librum eiusmodi ego nunquam legeram, nun- quam audieram ', dice il Bussi nella sottoscrizione del suo apografo, ora Vatic. 5219. Il codice del Cusano è il Bruxoll. 9581-9595 sec. x; suo proba-

cap. VI)

IL CUSANO 113

Draconzio;^^ delle Sententiae di Publilio^o gi,.Q ^ di alcuni frammenti del lib. Ili di Mario Plozio Sacerdote."

La sua copiosa libreria ^2 passò in potere dell'ospedale di S. Nicola presso il natio paese di Cusa; la porzione migliore di essa fu venduta tra il 1723 e il 1725 a Koberto Harley ed è ora con la collezione Harleiana nel Museo Britannico.

bilmente fu anche il Bruxell. 9144, un apografo recente (sec. xv) della stessa opera; cfr. M. Ihm in Rhein. Mus. L, 1895, 368-370 e R. S. in Studi ita- liani V 377-379.

29 II suo codice dei tre libri delle Laudes dei è ora il Bruxell, 10722 sec. xii, che però cosi nel titolo come nella sottoscrizione porta non si sa perché il nome di Agostino : S. Augustini liber de ìaudibus dei. Si trovano quattro apografi del sec. xv dal cod. Cusano, dei quali il più recente, Va- tic. Urbin. 352, ha la data: ' Federicus Veteranus urbinas transcripsit a. sai. 1481 id. aug. '. Del lib. I (116-754) di Draconzio fece una redazione a parte Eugenio di Toledo (sec. vii) e anche questa venne in luce nel sec. xv e si legge nel cod. Paris, lat. 83 21. Cfr. W. Meyer Die berliner Centones der Laudes dei des Dracontius 261-263; 265 (cfr. sopra p. 2 n. 4).

30 Nei codici e nelle prime edizioni le Sententiae vanno erroneamente sotto il nome di Seneca; il nome di Publilio (Publius) Siro era nel codice da cui furono tratti i Flores della Capitolare Veronese (v. sopra p. 2 n. 4 ; p. 8 n. 30). Il primo esemplare intiero, sec. xii, delle Sententiae fu posse- duto dal Cusano; cfr. Publilii Syri, Sententiae ree. E. Wolflflin, Lipsiae 1869, 19; 21; 23.

31 Grammatici latini VI 418 K. Il codice, ora a Cusa C. 14, sec. xii, contiene due estratti del lib. Ili di Mario Plozio Sacerdote, che si reputa identico a M. Claudio Sacerdote, di cui furono scoperti i lib. I e II tra i codici di Bobbio nel 1493 : il cod. Bobbiense è ora il Vindobon. 16. Il lib. Ili venne in luce integro soltanto nel sec. xvii e fu pubblicato la prima volta dal Putsch, 1605.

•"^ A Basilea s' impadroni dell'archetipo maguntino del commento di Do- nato a Terenzio (R. S. in Museo ital. di antichità class. Ili 411). Il suo Itinerarium Antonini è ricordato in Catalogus bibl. pubi. Universit. Lug- duno-Batavae, 1716, 387. Altri codici del Cusano sono: Frontino Stratege- maton (estratti) sec xii (cfr. Tediz. di Lipsia 1888, ed. Gundermann, VII!) ; Manilio nel cod. Bruxell. II, sec. xn (M. Bechert in Leipziger Studien I, 1878, 13); Floro con le prime sette Periochae liviane nel cod. Harleian 2620 sec. XIII (L. Annaei Flori Epit. ed. Rossbach, Lipsiae 1896, XVIII) ; un co- dice, ora in Cusa, di estratti dalla Hist. Aug. (H. Dessaii in Hermes XXIX, 1894, 414-415). Si procacciò anche codici greci, nell'occasione che andò del 1437 con la commissione pontificia a Costantinopoli per invitar l'imperatore al concilio di Ferrara, cfr. Eocholi, Bessarion, 40 ; 47 ; 87 ; 235. Per dae copie di Proclo platonico da lui possedute vedi la prefazione del Bussi al- l'edizione romana di Apuleio del 1469 in Bibliotheca Smithiana LXXVII.

Ma queste sono spigolature misere ; ed è da augurare che qualcuno si accinga a ricostruire la biblioteca del Cusano e a raccontarne le vicende.

E. Sabbadini. Le scoperte dei codici. 8

CAPITOLO VII

Le scoperte durante il concilio di Basilea

(1432-1440)

Nel quarto decennio del sec. xv le esplorazioni dei codici ricevettero un nuovo e potente impulso dal concilio di Basilea, il quale offri come quello di Costanza occasione agli ecclesia- stici ivi convenuti di visitare i vicini e i lontani monasteri della Germania: e furono tutti ecclesiastici questa volta, com- preso l'Aurispa, che sin dal 1430 indossava l'abito del diacono.^ Si recarono a Basilea, di coloro che prendevano parte o la presero al concilio nel ricercar codici, alcuni che già cono- sciamo: Tommaso Parentucelli col cardinale di S. Croce (gen- naio 1433), '-* l'arcivescovo di Milano Bartolomeo Capra (febhr. 1432), 3 l'Aurispa al séguito, probabilmente, del vescovo di Ferrara Giovanni Tavelli da Tussignano (maggio 1433),* il Landriani, lo scopritore del cod. Laudense di Cicerone, il Tra- versari (agosto 1435)^ e Niccolò Cusano. Fra gli ecclesiastici, che impariamo a conoscere ora, vi andarono Francesco Piz- zolpasso (1432) vescovo di Pavia," Scipione Mainenti ferrarese, il futuro vescovo di Modena, allora studente di diritto a Bo-

' R. S. in Giornale stor. della letter. ital., Suppl. VI, 1903, 82.

« R. S. Biografia di G. Aurispa 68.

3 La sua partecipazione al concilio era stata decisa nelT ottobre 1481, Osio Documenti III 32 ; la partenza ebbe luogo nel febbraio 1432, Mansi Con- cilia IV 248.

* R. S. in Giornale stor. Suppl. VI 82.

5 Teaversari Epistol. VII 3.

6 R. S. Spogli Ambrosiani 378.

cap. VII) IL CAPRA, IL PAEENTUCELLI 115

logna, e tre patrizi veneziani : Pietro dal Monte (giugno 1434), il futuro vescovo di Brescia, ^ Pietro Donato (luglio 1433) ve- scovo di Padova e il cardinale Antonio Correr (1431 e), che si portava seco il nipote Gregorio, il famoso allievo di Vittorino. ^ Non sappiamo se il Landriani abbia fatto ricerche nei din- torni di Basilea; e nemmeno possiamo affermarlo di Pietro dal Monte, ma v'è da presumerlo, se si pensi che aveva già preso parte al concilio di Costanza^ e che da quel tempo do- vette spiegarsi in lui la propensione alla bibliofilia, per cui divenne illustre.^" Notizie di scoperte fatte dai convenuti a Basilea giunsero a Firenze sin dal 1433: gli scopritori erano stati il Parentucelli, l'Aurispa e il povero Capra, morto sul campo del combattimento.^^ Non ci sono noti i trovamenti del Capra; il Parentucelli scopri dei volumi antichi di Tertulliano, che il Traversari nell' ottobre del 1433 aspettava, e con l'aiuto dei quali contava di emendar l'esemplare ottenuto in prestito due anni prima dal cardinale Orsini ;*2 arrivarono al Niccoli

"^ Agostini Scrittori viniziani I 353,

* Vespasiano Vite I 213.

9 Vespasiano Vite I 208.

'0 « Voleva fare una biblioteca e per questo comperava tutti i libri che poteva avere, e sempre aveva scrittori in casa a chi egli faceva iscrivere varie cose; e in Firenze fece fare infiniti volumi di bellissime lettere in ogni facultà e maxime in teologia ', Vespasiano I 208. Ebbe incarico di molte legazioni, in Inghilterra (5 anni), in Frància, in Italia (Agostini I 355; 358; 360) e n' avrà profittato per accrescere il patrimonio della sua collezione. Fu uno dei possessori del cod. Boncompagni 185 (opere di P. C. Decembrio), come è detto in questa nota: ' Hic liber est mei Dominici de Dominicis ve- neti episcopi brixiensis ; et fuit ex libris d. Petri de Monte et postea emptus a d. Bartolomeo Maripetro etiam episcopo brixiensi ; demum datus mihi per d. Benevenutum 1465 ', cfr. E. Narducci Catalogo di ms. ora posseduti da Baìdassare Boncompagni, Roma 1862.

'1 Traversari Epistol. VIII 52, al Niccoli : ' Grata fuere quae de repertis voluminibus vel ab episcopo Mediolancnse iam vita fnncto vel a Thoma (Pa- rentucelli) nostro vel ab Aurispa significata scrihis '. Il Capra mori a Ba- silea il 30 sett, 1433, GiuuNi op. cit. VI 331.

" R. S. Biografia di G. Aurispa 66: lettera dell' Aurispa da Basilea 6 agosto 1433 : ' Mastro Thomase porta seco tucte le opere de Tertulliano '. Traversari jKptsfoZ. II 9, all'Orsini: ' Tertulliani quoque volumina antiqua, deferenda in Italiam brevi, significavi dulcissimo in me amori tuo, ad quae tuum posset, quod mendosissimum est, volumen emendati, quoad in pote- state nostra et arbitrio est '.

1 16 l' aurispa

(cap. VII

a Firenze tra la fine dell'anno medesimo e il principio del seguente. ^^ Intorno alle scoperte dell' Aurispa siamo informati da lui stesso. Nel luglio del 1433 seguendo il corso del Eeno si recò a Magonza, indi a Colonia e di fece una scappata ad Aquisgrana a vedere le sacre reliquie : a Magonza rinvenne il codice dei XII Panegirici con a capo quello di Plinio il giovine, e il commento Donato a Terenzio, opere codeste tutte nuove. A Colonia anche dopo le investigazioni del Cu- sano riusci a scovare ' Consulto de arte dicendi ' ossia Chirio Fortunaziano, ch'era del resto conosciuto in Italia dal Capra (v. cap. V n. 66). Ebbe pure la Fìiysica Plinii, non dice di dove, che è tutt' una con la Medicina Plinii, trasuntata in tre libri nel sec. iv dalla sezione medicinale (XX-XXXIl) della Natur. Histor. di Plinio e accresciuta in processo di tempo di altri due libri; e quest'opera crediamo che tornasse allora in luce la prima volta. ^*

Nel 1433 fu trovata in Germania, e propriamente a Stra- sburgo, sempre sulla linea del Beno, anche la Phoenix di Lattanzio e non sappiamo da chi ; l'essere stata veduta in un codice dell' Aurispa non basta a stabilire che l'abbia sco- perta lui, ma tutt'al più che se la copiò a Basilea.'^ Dalla

13 R. S. op, Cit. 67.

!'< R. S. op. cit. M-&> ; in. Il commento di Donato a Terenzio in Studi italiani II 16ss. ; in. Spoffli Ambrosiani 286, dove Con.snlto è detto erro- Meainente scoperto a Magonza invece che a Colonia. Una buona sessantina di codici latini dell' Aurispa sono elencati nell'inventario compilato dopo la sua morte, R. S. Biografia 157 ss; il n. 52 ' unum psalmistam theu- tonicum ' e proverrà da qualche monastero vicino a Basilea. Per un Livio e un Cicer. ad Att., R. S. Biografìa 98; per due suoi codici ora in Vati- cana, De Nolhac La biblioth. de F. Orsini 218.

1^ R. S. Spogli Ambrosiani .302, 1, dove è riportata la testimonianza del Traversari, che dava scoperta la Fenice a Basilea ; e ve ne aggiunge- remo un'altra del cod. Vatic. Palat. lat. 162 f. 209 Lactantii Firmiani iucundissimum Carmen lepidissimumque de ortu, obitu phoenicis, inventum Basilee {Cod. Paint, lat. bibl. Vatic. ree. H. Stevenson iun., Romae 1886, I 28) ; ma da una più precisa informazione risulta che fu invece trovata a Strasburgo. Scriveva infatti da Bologna nel 1433 il siciliano Luca di Guido a Matteo Strozzi a Firenze: ' Hos Firmiani Lactantii eloquentissimi viri de Phoenice elegantes versus et luculenter scriptos ad te deferendos dedimus... compertos, ut intelligo, in Argentina (Strasburgo) ultra montes oppido ; et

cap. VII)

ALTRI SCOPRITORI 117

stessa città di Strasburgo provengono due altri codici, appar- tenuti al vescovo di essa Werinharius 1 (ni. 1028) e ora rico- verati a Firenze nella Laurenziana: il Quintiliano Laurenz. 46. 7, già di Piero de' Medici, e il Laurenziano Marciano 257, già del Niccoli, con opere filosofiche di Cicerone (vedi sopra p. 87). Non viene naturale di pensare che ne siano stati tratti insieme con la Phoenix nell'anno 1433?^^ sole queste furono le opere uscite alla luce nel 1433, senza conoscere il nome degli scopritori; che in un codice del predetto anno, scritto a Basilea, ora Laurenz. Edili 165, oltre la Natur. Histor. di Plinio (f. 2), la Fhysica Plinii (f. 305") in cinque libri rinve- nuta dall' Aurispa e la Genecia di Vindiciano (f. 290''), che si conosceva dal codice di Celso scoperto a Milano dal Lamola, incontriamo questi altri opuscoli medici, che erano per quel tempo probabilmente tutti nuovi :

f. 283" De lierhis aromatihus sive communibus. Extant quarundam herbarum ;

f. 287 Incipit liber Apulei platonici traductus a Chy- rone centauro magistro Achillis et Esculapio. Odit stupidi- tatem verbosam ;

f. 292 /wc«^«^^roZo9MS. Antibalumina Galienus auctor ; Incipit antibalanus. Pro aromatico ;

f. 293 Pronostica signorum maiorum infirmitates consi- derandas secundum propriam perfectionis qualitatem et primo signa stomatici. Stomatici sunt per hee signa ;

f. 298 Sinonime antique Plinii. Ablacta est purgamen-

cum bis Pauli Einilii iurisconsulti pervetiisti elegantissima de iure responsa, quae nondum ad Latium pervenerunt '. Lo Strozzi non credeva alla pater- nità lattanziana del carme, poiché in una successiva lettera di Luca leg- giamo : ' Scribis illos quos recepisti versus non fuisse Lactantii Firmiani, sed illos luculenter fabricatos et ab optinio ingenio constructos ' (cfr. A. DELLA Torre Storia dell'accademia platonica di Firenze 289-290; e Ales- sandra Macinghi Lettere di una gentildonna fiorentina pubbl. da C. CTuasti, Firenze 1877, XVI). Nei Eesponsa di Paolo Emilio crediamo di riconoscere le Sententiae di Giulio Paolo, inserite nella Lex romana Visigothorum (vedi p. e. l'ediz. di G. HJinel, Lipsiae 1849, 338).

1* Per la provenienza da Strasburgo cfr. Reipferscheid in Uliein. Mus. XXIII, 1868, 143-146.

118 IL MAINENTI, IL COREER

(cap. VII

tum similae. Abellana est nux minor (in ordine alfabetico fino a: Zozora est herba qiie vix comeditur);"

f. 302 Expositiones vocabulorum sive nominum egritu- dinum. Oxea est acutus morbus ;

f. 304 *** tura et ordine uniuscuius *** { Vindi)cianus Pentadio nepoti. (L)icet seirem te Rarissime nepos (gre)cis lit- teris eruditum ;

f. 304" Epistola Ypocratis de ratione ventris ac visce- rum ad Antìiiochum regem. Dividimus autem hominum corpus in quatuor partes . ^^

Due dei più giovani ecclesiastici presenti al concilio erano il Mainenti e Gregorio Correr: ed essi vi fecero le loro sco- perte, di testi sacri. Il primo scoperse un Lattanzio ' vetustatis paene decrepitae ', che Guarino nel giugno del 1434 attendeva ansiosamente a Ferrara, dove il Mainenti stava per rimpa- triare, dopo d'essersi laureato a Bologna ;^^ e il Correr liberò

" Per altri Synonyma medicinali alfabetici cfr. V. Eose Anecdota graeca et graecolatina II ili; 113.

1* Nota del possessore del codice f. IV: ' R.<J' domini Guilielmi Becchii episcopi fesulani hic codex est '. La Natur. Histor. ha la sottoscrizione, f. 283 : ' Per martìnum Frawenburg scriptus in sacrosancto concilio Basiliensi anno domini millesimo quadringentesimo trigesimo tertio '. La Physica Pli- nii si legge p. e. nei Medici antiqui di Aldo il giovine, ' Venetiis 1547 \ f. 164. La lettera di Vindiciano a Pentadio fu pubblicata integralmente per la prima volta di sul cod. Vindobon. 10 sec xi da li. Peiper in Philologus XXXIII, 1874, 561-564; la riporta anche il cod. Riccardiano 1179 f. 136 fatto copiare dal Poliziano (cfr. M. Ihm in Bhein. Mus. L, 1895, 867-368) e molti altri, cfr. Theodori Prisciani Ewporiston ed. a V. Rose, Lipsiae 1894, 484 ss., dove è ripubblicata; ivi p. xxi si citano altri codici AeW Antebalumina Galieni e p. 428 si ripubblica la Genecia Vindiciani. Le due prime glosse delle Sinonime Plinii si trovano in Corp. gloss. lat. Ili 607, 8 e 24. La lettera ad Antioco in Medici antiqui, Aldus, Venetiis 1547, f. 84, e in Ar- chiv del Wòlfflin XII, 1900, 21-25, ed. H. Stadler. Per un altro codice di classici latini (il Capitolare d 44 di Viterbo) copiato a Basilea nel 1433 cfr. cap. Vili. n. 34. Fu proposto di identificare il Plinio Nat. Hist. Laurenz. 82. 1-2 (= X) col Plinio fatto venire di Lubecca per le pratiche del Niccoli e di Cosimo de' Medici e di cui parla Vespasiano Vite II 203; III 82-83; ma io non saprei che giudicare dell'identificazione se collocare l'acquisto nej tempo del concilio di Basilea. Cfr. K. Welzhofer in Jahrb. fur class. Phi- lolog. CXXIII, 1881, 805-807; e D. Detlefsen in Berliner philol Wochen- schrift XXI, 1901, 1289-1290. In ogni modo il codice proviene di Germania-

19 R. S. in Museo di antichità class. II 424. Il Mainenti possedeva inol- tre una collezione di epigrafi, delle quali fece parte a Ciriaco d'Ancona,

cap. VII) IL TRAVEHSARI, P. DONATO 119

dagli ergastoli della Germania i libri De providentia dei di Salviano.^" Parimente agli autori sacri diede la caccia il Tra- versari nella breve comparsa che fece al concilio nel 1435; e quando nel novembre intraprese da Basilea il viaggio d'am- basceria presso l'imperatore a Vienna, passando da Ratisbona non mancò di visitare quell'antico monastero, dove osservò ' volumina antiqua permulta ', sebbene tutti di opere note.^' Ma nel settembre era venuto in possesso di un Girolamo e di un Ghromcon * antiquissimum atque optimum ', prestato questo ultimo al vescovo di Padova Pietro Donato.*^

Il Donato era un appassionato bibliofilo e fin dal 1421 aveva messo insieme un manipolo di codici ' a fine di fare una libraria '.23 Importante sovra tutte fu la sua scoperta fatta nel 1436 del codice di Spira (anche qui siamo sulla linea del Eeno) comprendente 13 opuscoli, dodici dei quali di carattere geografico topografico antiquario, e sono: la cosiddetta Cosmo- graphia Aethici\^^ Y Itinerarium Antonini; il De mensura orbis terrae di Dicuil; il Laterculus di Polemio Silvio; la Notitia Galliarum ; ^^ il De montibus portis et viis urbis Bomae\ le Eegiones urbis Bomae; i Septem montes urbis Bomae; il Liber de rebus bellicis\ il De gradibus cognatio- num; la Constantinopolitanae urbis descriptio; la Notitia

quando questi lo visitò nella sua sede episcopale di Modena; Gr. Mercati Cosma Maimondi cremonese 31.

20 Traversari Epistol. XXV 20, il Correr a Cecilia Gonzaga p. 1073 : * Revolve Lactantii, Cypriani, Hilarii, Hieronymi, Arabrosii, Augustini, Gre- gorii, Leonis, Cassiani, Sulpicii, Bernardi, Salviani quoque cuius libros de providentia dei e concilio Basileensi rediens de Germanorum ergastulis in Italiani deportavi '. Da questo elenco scorgiamo che le cognizioni del Cor- rer sugli autori ecclesiastici latini erano abbastanza estese ; ma non era ancora tra le sue mani Tertulliano. Per Salvìano cfr. R. S. Spogli Ambro- siani 281, 1.

21 Traveksari JEpist. II 18; VII 4. 16. XIII 4 ; XIV 4.

*3 Vespasiano Vite I 206 ; ibid. ' aveva ragunato grandissima quantità di libri '; cfr. R. S. Biografia di G. Aurispa 12, del 1421.

24 La Cosmogr. Aethici è trasmessa da molti codici, anche del sec. xv, tra questi il Remensis K 755. 780 dell'anno 1417, Geographi lat. min. ree. Riese, XLIIs.

25 II Laterculus e la Notitia Galliar. erano già stati trovati dal Cor- vini, sopra p. 74.

120 IL DONATO, IL CUSANO, IL PIZZOLPASSO (gap. VII

dignitatum omnium in parfibus orientis et occidentis. A queste scritture andava annessa la Quaestiuncula inter Hadrianum imperatorem et Epictetum. philosophum. L'esemplare di Spira è perduto. L'apografo del Donato è ora il cod. di Oxford Ca- nonie, lat. mise. 378 e contiene inoltre la Bimensuratio prò- vinciarum (che porta altrove il nome di ' leronimus presbiter '), non desunta però dallo stesso esemplare, ma da altro ' anti- quissimo libro '.^^

Accenniamo senza più, perché se n'è già parlato, ^^ alle scoperte del Cusano nel tempo che fu a Basilea, e chiudiamo la serie degli esploratori conciliari con Francesco Pizzolpasso.^^ Non è assurdo supporre che egli desse mano alle investiga- zioni sin da quando andò vescovo di Dax in Guascogna (1422- 1424). Tra i suoi codici infatti ne incontriamo uno del prin- cipio del sec. xv di mano gallica e viene di pensare che se Io sia acquistato colà in quell'occasione. Il codice contiene fra l'altro l'introduzione e il principio del commento donatiano

26 R, s. Spogli Ambrosiani 257-258. Sulla Bimensuratio provine, cfr. Geographi lat. min. ed. Eiese XXXIV-XXXVI; 9. Il Donato s'era formato anche una silloge epigrafica, che ora è in un codice Hamilton a Berlino. Vi si legge la trascrizione di una lapide trovata da lui nella chiesa ' S. Ste- phani de Castro Pulvenie ' : a Strasburgo ? Vi è inoltre un' iscrizione delle terme di Reims, il che potrebbe far supporre che sia passato di o nel- l' andata o nel ritorno dal concilio, cfr. De Rossi Inscript. christ. urbis Eomae 11353-354. Fu suo il codice 94 dell'Università di Bologna (Catullo copiato nel 1411 da Girolamo Donato). A Padova presso Giovanni Rodio esi- steva lo Speculum historiae mundi di Pietro Comestore, con la sottoscri- zione: 'Emi ego P. Donatus episcopus Paduae die 3 augusti 1442 a Vespa- siano cartulario', Tomasini Biblioth. Patav. ms. 141. Di un Evangeliario copiato per il Donato a Basilea nel 1436 troverai notizia in J. W. Bkadey Dictionary ofminiaturists., London 1887, II 337.

«' Pag. 112.

** Nacque a Bologna. Fu vescovo di Dax dal 1422 al 1424 ; poi di Pavia dal 1427 al 1435. Che sia andato effettivamente a Dax, è confermato da una doppia notizia del Piccolomini: Ae. S. Piccolomini Opera inedita in Atti della r. Accademia dei Lincei, Vili, 1883, 673, Parti per Basilea i primi mesi del 1432 ; ivi fu creato arcivescovo di Milano il 29 luglio 1435 (Giulini op. cit. VI 338), ma non pare abbia lasciato Basilea, anche momentanea- mente, per prender possesso della nuova sede. Ritornò a Milano negli ultimi mesi del 1439 (Luise o^J. cit. Bruni 179) e ivi mori verso la metà del 1443 (Giulini VI 379).

cap. VII) IL PIZZOLPASSO 121

a Terenzio -,2^ sicché il primo scopritore del commento è a stretto rigore il Pizzolpasso; soltanto egli in quel tempo non l'avrà apprezzato, come fece poi dell'esemplare maguntino, e non si interessò per conseguenza di rintracciarne il testo in- tiero. Quando più tardi ebbe il vescovado di Pavia, l'intimo contatto col Panormita, che lo mise in relazione con Guarino e col Lamola,^" avrà aggiunto novello ardore alla sua opero- sità investigatrice, la quale egli spiegò soprattutto a Basilea, dove dimorò ott'anni (dal 1432 alla fine del 14S9). Ivi pertanto deve credere abbia formato il principal nucleo della sua copiosa biblioteca, che pur con le dispersioni patite conta il cospicuo numero di 65 codici, ricoverati oggi tutti nella biblio- teca Ambrosiana. Egli li aveva lasciati in legato al Capitolo della Metropolitana, dal quale li acquistò nei primi anni del 1600 per la sua biblioteca il cardinal Federico Borromeo. Nella libreria del Pizzolpasso non troviamo autori greci se non nelle traduzioni, perché non conosceva il greco o tutt'al più gli ele- menti, se è vero che se fece insegnare negli ultimi anni della sua vita da P. C. Decembrio. Non vi troviamo nemmeno copiosi autori latini profani, quantunque la scarsità sia com- pensata dalla bontà, poiché il frammento di Donato a Terenzio è prezioso; importante pure è il suo Glossario, cod. Ambros. B 36 inf. sec. xi; deW Epitome di Giulio Essuperanzio fu lui lo scopritore ; e il suo codice delle Notae iuris di Probo oltre che il più antico, è anche l'unica fonte di quel testo. Tra i codici perduti rammenteremo 1' ' antiquissimus et famosissi- raus ', da cui fu tratta la prima volta l'Epistola sallustiana di Pompeo al Senato. ^^ Ma la vera ricchezza della libreria era costituita dagli autori sacri; che oltre alle traduzioni latine

^^ In un testo assai migliore di quello trovato dall'Aurispa a Magonza, R. S. Spogli Ambrosiani 197-198; cfr. Ae. Donati Commentum Terenti ree. Wessner, Lipsiae 1905, II p. III-VI.

30 Miscellanea Tioli (Università di Bologna) XXIX 202, lettera del Piz- zolpasso al Panormita : * Item suo tempore ad Guarinum et Lamolam scribes et de Angustino et de A. Gelilo. Ex Portarbora ante lucem XXIII octobr. ' (1431).

31 R. S. in Museo ital. di antichità class. III 69-74; Id. Spogli Am- brosiani 268.

122 QIO. ANDREA BUSSI

(cap, VII

antiche Origene, Cirillo, Eusebio, possedeva Girolamo in dieci codici. Agostino in sei, Lattanzio, Ambrogio, Cipriano, Sidonio Apollinare, Salviano, Ennodio, Orosio, Cassiodoro, Isi- doro e molti altri medievali. ^^

* * *

Durante questo vivo e fecondo lavoro di esplorazione tra i convenuti a Basilea, un oscuro giovinetto (' adolescens ') de- stinato a diventar l'eroe delle editiones principes, Giovanni Andrea Bussi (1417-1475), si recava (verso il 1435) a studiare all'Università di Parigi, attratto dalla fama di quella, e si copiava ' ex vetustissimo exemplari ' le Epistole di Cipriano, che poi fece stampare a Eoma nel 1471. ^^ E anche in Italia

32 R. s. Spogli Ambrosiani 377-383, dove è dato inoltre l'intiero elenco dei codici del Pizzolpasso. Egli possedette anche la lohannis di Corippo, di cui sopra p. 35 n. 64 (cfr. F. Petrarca e la Lombardia, Milano 1904, 315), Delle sue indagini intorno alle biblioteche straniere mentr'era a Basilea ha lasciato un ricordo autografo sui margini del cod. Ambrosiano B 54 inf. sec. XII (con opere di S. Ambrogio), che apparteneva alla Metropolitana mi- lanese e fu molto tempo in mano di lui. Nella postilla pertanto al f. 178, di fronte all'elenco delle Epistole di S, Ambrogio, scrisse il Pizzolpasso: ' In terra Crovarie (= Corbaria = Corbiere) sunt in partem libri gloriosissimi Ambrosii. Et in terra sancti Claudii in Sabaudia (= Saint-Claude del lura) est alia pars sicut habuimus per notitiam. Alias sic et apertius (cioè ripete più minutamente le stesse due notizie). In monasterio sancti Claudii dio- cesis **** ordinis sancti Benedicti in confinibus Burgundie et Sabaudie, quod distat a Gebennis per tres dietas vel circa, sunt plura volumina beati Am- brosii, ut dicitur. Religiosi autem illi ex consueto horis canonicis officium celebrant Ambrosianum. Item in civitate Crovarie prope montaneam de seth dicitur quod sunt plura volumina ipsius beati Ambrosii '.

33 L'ed. pr. di Cipriano curata dal Bussi ha nella prefazione a Paolo II queste parole : ' olim adolescens faraatissimis in scholis parisiensibus agens, quo propter urbis celebritatem et studiorum fervorem atque animi cultum capessendum concesseram, ex vetustissimo exemplari eas (Cypriani epistolas) manu mea descripseram '. Il codice da cui copiò il Bussi è ora il Paris, lat. 1659 sec. xii-xiii ; cfr. Cypriani Opera ree. Hartelius, Vindob. 1871, III, LXXI ; il suo esemplare che servi all' edizione è ora il cod. Comunale di l-ucca 1728, cfr. A. Mancini in Studi ital. Vili, 1900, 238. Per due codici Vaticani il 2049 e il 3350 del Bussi vedi De Nolhac La biblioth. de F. Or- sini 230 ; per uno nell'Angelica, R. S. in Studi ital. VOI 443. Suo era anche Io Svetonio Paris, lat. 5754 del 1470. Il cod. di Basilea delle opere Vergi- liane e ps. vergiliane, che 0. Kibbbck Appendix Vergil. 38 credeva copiato

cap. VII) ^' VALLA, CIRIACO, l' ORSINI 123

veniva fatta una doppia scoperta in quello stesso decennio (1436 e), da Lorenzo Valla il i^eniale umanista, il quale a Benevento, centro famoso di cultura nel medio evo, si imbatté in un commento di Servio a Donato più copioso dei testi a noi conosciuti;^* e possedeva, sin dal 1436, la Institutio de no- mine et pronomine et verbo di Prisciano. ^^

Nei viaggi per l'alta Italia degli anni 1434 e 1435 Ciriaco d'Ancona mentre andava in cerca di monumenti epigrafici, teneva l'occhio anche ai codici; e a Milano e nelle vicinanze scoperse cinque manoscritti antichi della Bibbia ^^ e un'ora- zione di S. Ambrogio, a Monza un libro Vocahulorum, a Ver- celli un Arato latino, un Papia a Reggio. ^^ Collocheremo qui inoltre, senza sapere se le scoperte siano avvenute in Italia 0 fuori, r ' Asper graramaticus ' e 1' ' Ammianus Marcellinus ', che incontriamo nell'inventario del 1434 del cardinale Orsini (m. 1438). Aspro ritornava alla luce allora la prima volta e ricomparirà più tardi in codici della fine del sec. xv. L'Am- mìano Marcellino fuldense scoperto da Poggio comprende i libri XIV-XXXI; l'Orsiniano invece (ora nell'archivio della Basilica Vaticana E 27) i soli XIV-XXVI; i due codici sono indipendenti l'uno dall'altro. Tra i codici dell'Orsini occorre anche lo pseudapul ciano Libellus de virtutibus herbarum, del

di sulle edizioni romane del 1469 e 1471 curate dal Bussi, è più probabil- mente l'esemplare del Bussi sul quale le due edizioni furono condotte, cfr. G. CuRcio Toeti latini minori, Catania 1905, II 1 Appendix Vergil. p. X 2, Uno schizzo biografico del Bussi in R. S. in Studi ital. V 379-882. Sulle edi- zioni curate da lui, che ammontano alla trentina, vedasi Audiffredi Ca- talogus roman. edit. saec. XV, Romae 1783, 12 ss.

^ R. S. Spogli Ambrosiani 182. Benevento fu sede di un' insigne scuola paleografica, per alcuni codici della quale dal sec. viii al x, oggi in Bam- berga, vedi L. Traube Palaeogr. Forschungen, IV, Miinchen 1904, 8; 11, e O. Hartwig in Centraìblatt f. Bibliothekstvesen III 164-165; 223.

35 R, s. in Studi ital. V 371.

3'J Vallae Opera 845, parlando delle traduzioni bibliche : ' reddara de- bitam laudem iis qui codices invenerunt... Cyriacus Anconitanus quinque Mediolani et aliis circa urbibus '. Per il tempo di questi viaggi I. B, de Rossi Inscript. christ. urbis Romae II 361-362.

3' Th. Mommsen in Berichte... der k. Sachs. Geselìschaft der Wissensch. V, 1853, 96. Il Papia doveva esser quello della cattedrale di Reggio, al quale dava la caccia Guarino nel 1427, R. S. in Museo ital. II 430.

124 l' orsini cap. vii)

quale prima d'allora non si trova menzione. L'inventario, pur essendo mutilo alla fine, segna 373 volumi, di cui nove greci e quattro volgari, ^s

88 VArs di Aspro in Grammatici lat. V 547 K. ; dei tre codici della fine del sec. xv, che la riportano, pare che per l'identità del titolo sia affine al- l'Orsiniano il Vatican. 1492, ih. 526 n. Il catalogo dell'Orsini in F. Cancel- lieri De seeretariis Basii. Vatic, Komae 1786, II 906-914 : ' Asper gram- maticus ' 910; ' Avitius (sic) Marcellinus ' 910; ' Libellus parvus de virtu- tibus herbarum ' 913. Per tre codici Orsiniani ora in Vaticana Dk Nolhac op. cit. 191-192. L'Orsini lasciò i suoi codici ' ex testamento Bracchiani (in Bracciano) acto anno Eugenii 4' ' (= 1434) al Capitolo di S. Pietro ; prima furono depositati nel chiostro di S. Biagio in via Giulia e di tra- sportati sotto Pio II nell'archivio della Basilica Vaticana; cfr. le notizie di J. L. Heibehg in Philologus LV, 1896, 743-744, da un inventario del 1666. In quest'inventario Ammiano è descritto cosi: ' Ammiani Marceli ini rerum gestarum incipit a libro XIIII. Liber corio rubeo coopertus in pergamene folio manuscriptus, cum insignibus cardinalis Ursini in primo folio, conti- nens Ammiani Marcellini rerum gestarum libros incipiens a temporibus Cou- stantinì ìmperatoris ', Heiberg ibid.

CAPITOLO Vili

Le scoperte anonime.

Collochiamo qui una serie di scoperte, che non sappiamo a chi assegnare, nell'attesa che documenti nuovi ci rivelino i nomi degli scopritori. Alcune di esse appartengono alla prima metà del sec. xv, la maggioranza alla seconda metà.

Nel campo poetico poco abbiamo da produrre. 11 carme pseudolattanziano De passione domini in 80 esametri, del quale si credeva esistessero solo redazioni a stampa, si trova invece manoscritto in due codici del sec. xv : il Classense (Ra- venna) 297 e il Queriniano (Brescia) G IV 10.^ In questo tempo vennero in luce due frammenti che mancano ne' codici antichi delle ultime sei Eroidi pseudovidiane (XVI-XXI), cioè i v. 13- 248 della XXI (Cidippe ad Aconzio), dati solo dai codici del sec. XV, e i v. 39-142 della XVI (Paride a Elena), che non si leggono manoscritti, ma soltanto nelle edizioni dello stesso secolo. 2 Verso il 1470 fu scoperta la Consolatio ad Liviam,

1 Per il cod. Class, cfr. R. S. in Studi itaì. di filol. class. VII, 1899, 185-136 ; il cod. Querin. f. 77 v ha il titolo Liber de cruce domini feliciter incipit secundum Francisctim pairiarcham (da comunicazione del prof. A. Beltrami). Sulle varie edizioni cfr. L. Caeli Firmuni Lactanti Opera omnia ree. Brandt et Laubmann, Vindob. 1893, II 1, p. XXII-XXXIII. Cade con ciò l'ipotesi qui enunciata (p. xxviir s) che il carme sia fattura di un umanista tra il 1495 e il 1501. Non saprei che pensare di quel ' Liberius poeta' che s'incontra nel catalogo di Niccolò V (1455), se non forse si trattasse di un' antologia di poeti cristiani con Liberio a capo, cfr. Mììntz et Fabre op. cit. 105 ' Libertus (sic) poeta '. Versi di Liberio in Migne Patrol. lat. XIX 782.

2 Teupfel Schwabk Geschichte der ròmisch. Litteratur % 248, 3. Domizio Calderino nelle Elucuhi diones in Sappho, stampate il di 8 giugno 1476

126 LE SCOPERTE ANONIME

cap. Vili)

pure questa col nome d'Ovidio.^ Terenzio era familiarissimo agli umanisti, ma gioverà avvertire che ad essi fu noto anche uno de' più preziosi codici di questo poeta, l'Ambros. H 75 ìnf. sec. X, celebre per le figure.*

(Hain 4244) impugnava già l'autenticità di quelle sei ultime Eroidì ; ne tra- scrivo il giudizio dalle Epistolae heroidum... comment. Volsco, Ubertino et Ascensio : nec non in Sappho et Ibin Domitio, Tusculani apud Benacum 1525, f. CXVI ^? : 'Idem Hero ad Leandrum Me miseram brevis liaec est et non vera voluptas. Quam epistolam non esse Ovidii certa ratione docuimus. Nam nec quae legitur Paridis ad Helenam, nec quae Helenae ad Paridem, nec quae Leandri ad Hero, nec quae Herus ad Leandrum, nec quae Acontii ad Cydippen aut Cydippes ad Acontium ab Ovidio unquam scripta fuit '. Nell'Ambrosiana di Milano c'è l'edizione delle Eroidi del 1474 (SQN. I. 9): P. OviDii Nasonis Sulmonensis Heroidum liher. In fine: ' Librum hunc heroidum publii Ovidii Nasonis cum ultimae epistolae complemento et cum consolatoria eiusdem ad Liviam Augustam de morte Drusi Neronis impressit in felici urbe mediolano Antonius Zarotus parmensis die 23 Martii 1474 '. La Iler. XXI eflfettivamente qui è completa ; mancano invece i v. B9-142 della XVI ; e manca anche Saffo a Faone.

3 Sulla Consolatio cfr. R. S. in Studi ital. V, 1897, 372; K. Schenkl in Wiener Studien II, 1880, 56-70. Ricorderemo altri componimenti poetici, che s' incontrano trascritti in codici del sec. xv, quali i Catalepton pseu- dovergiliani, gli Knimmi di Symphosius (Bììhrkns FLM. IV 26), i frammenti di Tiberiano (ih. Ili 264) ; e molti più anonimi : i versi De mensibus (ib. I 202), 'Menive candenti' (ib. IV 101), ' Baiarum dum forte capit ' (IV 438), ' Dicite cum melius ' (IV 438), 'Cum fodcret gladio' (IV 443), VAegritudo Perdicae (V 112), De philomela ' Dulcis amica veni' (V 363), De ventis ' Quattuor a quadro ' (V'383), De Hermaphrodito 'Cum mea me mater ' (IV 114), che il Panormita plagiò nel suo Ilermaphroditus. Symphosius è anche nel cod. Querin. (Brescia) C VII 1 (n." 5, anonimo) del sec. xv. I principali codici del sec. xv che riportano i Catalepton sono il Ouelferbit. Helmstad. 332, il Monac. lat. 18895; il Rehdigeran. S 1 6, 17; l'Arundel. 133: col titolo Catalepton Virgilii o Virgilii Catalepton, sotto il quale comprendono tre Priapei e 16 Epigrammi, Poeti latini minori comm. da G. Curcio, II 1, Ca- tania 1905, 56. ' Clio gesta canens' è trascritto di mano di Guarino sul cod. Ambros. D 267 inf. sec. xv f. 98 v. La Philomela fu stampata sotto il nome d'Ovidio nel sec. xv {Comoediae Horatianae tres ed. R. .lahnke, Lipsiae 1891, 16).

■* Infatti al f. iOv si legge di mano del sec. xv : ' Multi textus liane sce- nam (Heaut. Ili 3, 32) coniunctam habent superiori et melius videtur ' ; e dal f. 76 in poi sono altri tocchi dello stesso secolo. Questo codice fu ripro- dotto in fototipia : Terentius. Cod. Ambros. H. 75 inf. phototypice editus, Lugd. Batav. 1903. Un altro famoso codice di Terenzio venne allora in luce, il Vittoriano (Laurenz. 38. 24), posseduto da Lorenzo il Magnifico, come leg- gesi sul cartone interno: ' hic terentius est Laurentii petri cosmi de Me- dicis '.

cap. Vili)

LE SCOPERTE AKONIME 127

Cicerone si conosceva ormai tutto quello che il tempo ci salvò, compresa anche la nuova orazione frammentaria, p. Fonteio, conservataci dal cod. (Orsiniano?) H 25 sec. vili della Basilica Vaticana. Quel codice era stato rinvenuto sino almeno dal 1428 e da esso la pubblicò il Bussi nell'edizione romana (del 1471) delle orazioni ciceroniane.^ Che se al Valla giunse notizia della scoperta fatta a Siena verso il 1447 dei quattro libri degli Academica, fu certo una delle frequenti il- lusioni in cui cadevano gli umanisti; i quali credettero inoltre d'aver trovato di Cicerone una quinta Catilinaria.^ A Cicerone

5 II codice reca inoltre le prime dieci Filippiche con frammenti della XI; XII; XIII, e due altre frammentarie, p. Flacc. e in Pis. Poggio colla- zionò nel 1428 il suo cod. autografo delle Filippiche (ora Laurenz, 48. 22) col Basilicano, sul conto del quale scriveva al Niccoli (' die V iunii 1428 ') : * Philippicas Ciceronis emendavi cum hoc antiquo codice, qui ita pueriliter scriptus est, ut in iis quae scripsi non coniectura opus fuerit, sed divina- tiono .... Non potui autem corrigere omnes, quia et duae ultimae defi- ciunt et in reliquis desunt nonnulla ' (cfr. A. C. Clark The vetus Clunia- censis of Poggio in Anecdota oxoniensia, X, 1905, p. LXII). L'edizione del Bussi contiene tutte le orazioni a noi note, comprese tre spurie, cioè la, inidie quam irei in exilium e le due invettive fra Cicerone e Sallustio. Manca solo la p. M. Tullio^ che noi conosciamo dai palinsesti.

^ Il Valla scriveva da Napoli al Tortelli ' xvi kal. febr, ' (1447): ' Prae- terea siquis apud vos habet qua tu or Academicorum Ciceronis libros non pridem Senae repertos'; R. S. in Barozzi e Sakbadini Studi sul Panormita e sul Valla 116. La presunta quinta Catilinaria s'incontra già sin dal 1439 nel cod. fiuarneriano 58 (59 Mazzatinti) di S. Daniele del Friuli f. 1 Oratio M. T. C. ad iudices contra Catilinam et ceteros coniuratos. Si quid pre- cibus f. Tv genere calamitatis. Finii oratio Ciceronis omnium vehemen- tissima; il cod. ha la sottoscrizione : ' Lavriani per presb. Nicolaum Sancti- vitensem (da S. Vito) olim Georgii Utinensem canonicum 1439. II non. fe- brnarii '. Il copista espresse sull' orazione e su Catilina alcuni giudizi, tra i quali questo: ' Miruin est considerare quotiens et quam varie in hac ora- tione repetitur calamitas '. Un'altra copia è nel cod. Ambros. B 124 sup. sec. XV f. 198V-208 Finis -pulcherrime orationis M. Tulii Ciceronis ad- versus l. Catilinam. Poggio in una sua lettera {Fpist. Ili p. 46 Romae ultima decembris 1451) dubita dell'autenticità ciceroniana. Nel cod. di Siena H VI 11 sec. XV (cfr. N. Terzaghi in Studi ital XI, 1903, 412) è attribuita invece a Porcius Latro, col cui nome a cominciare dal 1491 fu spessissimo stampata; ultimamente la ripubblicò H. Zimmkrkr {Declamatio in L. Sergium Catilinam, Miinchen 1888), che conobbe due soli codici, uno di Monaco e uno di Leida. E un'illusione dev'essere stata anche quella di Antoine de la Sale, che nei primordi del sec. xv (n. 1386) citava il De virtutibus di Cicerone ' Tulles en son livre de virtutibus ' (cfr. F. Gustafsson in Berliner

128 LE SCOPERTE ANONIME

(cap. Vili

accompagneremo il Commentariolum petitionis di suo fratello Quinto, che fu copiato in quel medesimo secolo. '^

Qualche nuovo incremento ricevettero altri autori. Cosi il romanzo di Petronio nel 1423 s' accrebbe del suo principal frammento, la Cena Trimalchionis; e mentre dell'Epistolario di Plinio il giovine s'ebbero per un pezzo gli otto libri ri- scoperti da Guarino (I-VII ; IX), l'edizione di Koma del 1474 circa curata dallo Schurener ne nove.* Anche Gelilo gua- dagnò un passo nuovo, il frammento della prefazione (' iucun- diora invenirique possit'), che mancava nel testo della redazione guariniana e comparisce nell'edizione di Koma del 1469 preparata dal Bussi. ^ Sesto Giulio Frontino invece avrebbe acquistato nientemeno che un' opera intiera, cioè un Episto- lario e Epistole Sexti lulii Frontini '),i" inaudito ai filologi, del quale non so che pensare.

La letteratura medica si arricchi di nuovi trovamenti. La Physiognomonia latina si trova trascritta in un codice del sec. XV ; cosi VEpistula de ohservatione cihorumàX Antimo."

philol. Wochenschrift 1904, 1277-1278) ; probabilmente fu attribuito a Ci- cerone un trattato sulle virtù compendiato dal suo De off'., o era il De quattuor virtutibus che girava col nome ora di Seneca ora di Martino.

■^ Sul valore dei codici del sec. xv in confronto con l'Erfurtensis sec. xi- XII vedi The correspondence of. M. Tulliiis Cicrko by Tyrrell, Dublin-London 1885, I 110. Tra 1 cod. del sec. xv che sono in Italia citerò il Vatic. Palat. lat. 598 e 1' Estense (Modena) XVII. (i G. 16,

^ C. Plini Caecim Secundi Epistul. ex ree. Keiiii, Lipsiae 1870, XVII. Lo Schurener vi aggiunse il lib. Vili non completo. Il cod. detto Traguriense ora Paris, lat. 7989 della Cena Trini, ben presto scomparve e non rivide la luce che alla metà del sec. xvii, Chatelain Paléographie pi. CL, 2.

" R. S. La scuola e gli studi di Guarino 118-119. Il Bussi accodò il frammento della prefazione alla fine del lib. XX come conclusione del- l'opera ; però nel titolo che vi premise : Autoris tanquam prefationis ad- monitio in operis totius summa de noctium ordine intui la prefazione. Il primo però a riconoscerla fu il Salmasius e il primo a trasportarla in prin- cipio I. F. Gronovius nell'edizione del 1651.

10 Nel catalogo della biblioteca di Ferrara del 14:ì6 è segnato (118): 'Libro uno chiamado le pistole de Sesto lulio in carta bambaxina'; e più compiutamente in quello di Borso del 1467 (44): ' Epistole Sexti lulii Fron- tini in cart. bombic. '; cfr. G. Bertoni La bibliot. Estense etc. 213 ss.

11 Per la Physiogn. vedi Scriptores physiognomonici graeci et latini ree. R. Forster, Lipsiae 1893, CXLIX. L'Epistola di Antimo è nel cod. di Praga XIV. A. 12, collocato da V. Rose, Anecdota graeca et graecolatina,

cap. vili)

LE SCOPERTE ANÒNIlÉtE 129

Nel catalogo della biblioteca di Pavia del 1426 è nominato Dioscoride T)e herbarum notione. Dello stesso autore poi s'in- contra in un codice del sec. xv anche la redazione alfabetica, che fu stampata a Colle in Toscana nel 1478.^2 j^a Mulonie- dicina di Vegezio figura già nell'inventario di Piero de' Medici compilato l'anno 1456-/^ e in un cod. del sec. xv (il Phillipp. 3701) fu copiato col nome falso di Octavius Oratianus VEupo- riston di Teodoro Prisciano ; ^* ma solo più tardi uscirono per le stampe a Basilea: la prima nel 1528, il secondo nel 1532. Assai più però dovettero aspettare l'onor della stampa Cassio Felice De medicina e Claudio Ermero Mulomedicina Chironis, trascritti bensì entrambi in codici del sec. xv, ma pubblicati la prima volta quello del 1879, questo del 1901. ^^ gieché questi medici minori ebbero nel sec. xv scarsa fortuna.

Beri. 1870, II 61-62, tra il sec. xiv e il xv, ma si deve assegnare risolutamente al XV, perché contiene le Epistole di Plinio nella famiglia degli otto libri.

12 D'Adda Indagini etc. n. 780 : ' Liber unus dictus diascoridis de her- barum notione... Incipit in textu Multi voluerunt autores antiqui et finitur Sonitus aurium mitigat amen '. Questa è la traduzione latina del testo greco di Dioscoride. Per la riduzione alfab. cfr. II. Stadi.kr in Archiv del Wòlfflin XII, 1900, 13-20. Una redazione latina dello stesso trat- tato dioscorideo contiene anche il cod. Laurenz. 73. 41 sec. xi, di cui ve- dremo al cap. IX.

13 E. PiccoLOMiNi Delle condizioni e delle vicende etc. in Archivio stor. ital. XXI 110 : (77) * Vegetio de re militari et de maschalcia '. Si può restare in dubbio se nell'inventario di Gioi'dano Orsini (Canceli.ikri 906) del 1434 con ' Marescalcia prò equis ' sia indicata la stessa opera. Sin dal 1415 (= 1416) se n'era fatto un volgarizzamento, come vediamo in un codice manzoniano: Eibliotheca Manzoniana Catalogo ragionato red. da A. Tenneroni, Città di Castello 1894, 38 : (39) f. 2 ' Vigiesio di Publio di Renatio Arte delle medicine delle bestie che ssi chiama veterinaria cioè malscaleia ', f. 126 v ' Iste liber est mey Gerardi de Gambacurtis de Pisis quem feci fieri in civitate Pistorii per prudentem et discretum virum ser Anthonium de Pistorio. In anno in- carnationis domini nostri yesu christi MCCCCXV de mense lanuarii '. E ciononostante il testo latino di Vegezio era raro, come sappiamo dal Pla- tina, il quale nota: ' Emi librum Mulomedicina vocatum, editum a Vegetio de medicina equorum boum asinorum, librum rarum, prò bibliotheca... die VII nov. 1478 ', MiiNTz et Fabre op. cit. 153.

1* Theodori Prisciani Euporiston libri III ed. a V. Rose, Lipsiae 1894, IV : l'esemplare da cui fu copiato il Phillipp. è il Bruxell. 1342-50 e porta il nome falso di Octavius Oratianus.

'5 Cassii Felicis De medicina ed. a V. Rose, Lipsiae 1879, II ; V ; il cod. di Cambridge del sec. xv fu scritto in Italia. Claudii Hermeki Mulomedi-

R. Sabbadini Le scoperte dei eodici. 9

130 LE SCOPERTE ANONIME Ccap, Vili

Nella storia registriamo tre opuscoli di limitato valore, il Libellus de Constantino magno eiusque maire Helena, copiato nel sec. xv di su un codice del xiv; il Libellus brevi atus ex libris Sex. Aurelii Victoris o Epitome, trasmessaci fra gli altri codici nel Paris. Sorb. 914 del sec. xv; e il Komanzo di Apollonio Tirio nel catalogo di Pavia. ^^ Incontriamo nel citato inventario di Piero de' Medici questo titolo: 'De somnio Sci- pionis, Epistolae Bruti et Epitome Sergii ';^^ e non sapremmo che nome indovinare sotto l'enigmatico Sergii. ^^

Il patrimonio degli studi enciclopedici e rettorici si accrebbe di due importanti acquisti nell'anno 1462, sotto la qual data furono copiate nel cod. Ambros. D 17 inf. la Eettorica di Giulio Severiano e le Istituzioni secolari {De artibus ac disciplinis liberalium litterarum) di Cassiodoro, che contengono l'enci- clopedia del Trivio e del Quadrivio. Le Istituzioni divine dello stesso autore vennero pure in luce nel sec. xv, poiché si tro- vano p. e. in un cod. Ambros. (D 35 sup.) del Pizzolpasso, e godettero anzi nel medio evo più popolarità che non le Isti- tuzioni secolari, divulgate allora più che altro per via indi- retta ; e nemmeno nel sec. xv pare che esse sieno state trascritte in altri codici all' infuori dell'Ambrosiano, il quale del resto non le col nome del suo autore, ma le attribuisce erronea- mente a Giulio Severiano: e ciò avrà contribuito a tenerle nell'oscurità.^^

Buoni rinvenimenti fecero gli umanisti di questo tempo nella letteratura scoliastica. Il nome di Cornuto godè sempre

dna Chironis ed. E. Oder, Lipsiae 1901, VI. Il codice contiene anche trat- tati medici medievali ; dal 1582 è nella bibliot. di Monaco ; p. vii 1 un altro codice ne possedette Godofredus Thomasius di Norimberga (1660-1746).

1' A. EussNER in Philologus XLI, 1882, 186. Schanz Geschichte derròm. Liiter. IV § 801 n. G. d'Adda Indagini etc. (335 e 937) ' Liber apolonii thirii... Incipit Fuit quidam rex in Antiochia et finitur Securam ducere vitam '.

'" PiccoLOMiNi op. cit. 112 (123).

^8 Nel catalogo dei codici di Niccolò V del 1455 (Mììntz et Fabue 102) leggiamo : ' Fabius Plancidis. Item versus Fulgenci centuni fabularum '. Sa- ranno le Mythologiae di Fulgenzio ?

^^ R. S. Spogli Ambrosiani 276-286. Nello stesso codice è sotto il nome di Fortunaziano il Gomputus, che altre fonti pili ragionevolmente assegnano a Cassiodoro.

cap. Vili)

LE SCOPERTE ANONIME l^i

gran fama come maestro di Persio e ci fu nel medio evo fino almeno dal sec. xii chi raccolse gli scolii dai margini dei codici di Persio in iin volume e ci mise il nome di Cornuto. Quel volume ritornò alla luce verso la metà del sec. xv. ^o Al testo di Persio andava spesso congiunto nei codici quello di Giove- nale e anche di questo poeta furono riuniti gli scolii marginali in volume e ad esso venne apposto il nome dello Pseudocornuto persiano. La prima notizia di un codice dello Pseudocornuto giovenaliano la abbiamo da una lettera di Guarino, che nel 1444 interponeva i buoni uffici di Costanza da Varano perché gli ottenesse copia di quel commentatore posseduto da due medici di Camerino, Venanzio e Mariano. Poco dopo le copie si mol- tiplicarono. 21 Un caso analogo toccò ad Acrone. Questo autore era conosciuto per commentatore d'Orazio ; e il suo nome infatti fu preposto a una silloge di scolii oraziani, che primitivamente comprendeva le Odi e gli Epodi; in séguito anche le Satire: le Epistole, almeno nella tradizione manoscritta, ne rimasero sempre escluse. Quando precisamente gli umanisti venissero a conoscenza di tali scolii col titolo di Acrone, non sappiamo;

'0 E. Ktjrz Die Persius- SchoUen nach den Bernerhandsehriften III, Burgdorf 18S9, p. Vili; IX. Un codice descritto da A. Zingkrle Zu den Persius-Seholien, Wien 1881, 5 porta la data del 1463. La data dell'anno seguente porta il cod. Laurenz. 53. 23 : ' Hunc librum transcripsit Franciscus fllippi pancratii de oricellariis die secunda ianuarii 1463 ' (= 1464).

2* R. S. in Museo ital. di antichità class. II 413. Scrive egli dunque : ' Dudum odoratus sum, nisi me fallunt vestigia, commentarium Cornuti in luvenalem satirura, quem ob vetustatis opinionem nondum visum cupio et habere vehementer aveo... Nam istic esse viros eximios et excellentes cives tuos audio... Advenantium et Marianum physicos celeberrimos, qui deside- rati a me codicis domini sunt et possessore» ' (Ferrara 1444). Il citato cod. Laurenz. 53.23 ha il doppio commento a Giovenale e a Persio; cosi pure il cod. Riccardiano 664 e l'Ambros. C 50 sup. (R. S. Spogli Ambrosiani 203). Famoso per le inesatte notizie che ne corsero è il codice dell'Archivio Ron- cioni di Pisa col titolo Lectura super satiras luvenalis. Ex commentariis Cornuti copiosissime edita e con la data ' MCCCCLII die XIII Madias': che però non contiene il testo di Cornuto, ma un commento umanistico estratto da quello. Il suo valore si ridurrebbe pertanto alla testimonianza che sin dal 1452 era conosciuto il commento; senonché la lettera guariniana ci ri- porta otto anni prima. Sul cod. Roncioniano vedasi l'ampia notizia di C Vitelli in Studi ital. X, 1902, 29-39.

132 tM SCOPÈRTE AKONIM»

(cap. Vili

ma eerto fino dal 1433 ne possedeva il commento alle Odi Vittorino da Feltro a Mantova. 22

La scoperta del commento di Elio Donato a Terenzio per opera dell' Aurispa è stata già da noi raccontata. ^^ Soggiun- giamo ora che nel 1447 era arrivata agli orecchi dell'Aurispa e del Valla la notizia di un altro codice di quel comuiento, scoperto in Francia a Chartres. Dello stesso Elio Donato poi fu trovata la lettera a Munazio.^* Toccheremo più sotto (cap. XI) del commento dell'altro Donato, Tiberio Claudio, scoperto dal Jouflfroy in un testo mutilo (ora Laurenz. 45 . 15) che compren- deva solo i primi cinque libri dell'Eneide; diciamo qui che nello stesso secolo fu riportato alla luce il cod. Vatìc. 1512 sec. IX, che contiene il commento degli ultimi sette libri (VI 158- sino alla fine): e ciò dev'essere stato prima del 1466, perché già con la data di quest'anno venne copiato il testo intiero da Francesco di ser Nicola da S. Gimignano.^^ Nuovo del tutto era lo scoliasta vergiliano Probo 0 meglio Pseu-

*2 V. sopra p. 94. Un paio di citazioni anche nell' Orthographia del Tortelli: A. v. Onyx... ' Horatius in IIII carminum (12, 17) Nardo-liorreis, ubi Acron dixit... '; press' a poco come in Pseudacronis SchoUa in Hora- tium ree. 0. Keller, Lipsiae 1902, I 365. A. v. Diphthongus... Foedo... ' Ho- ratius Mos et lex inaculosiim edomuit nefas (C. IV 5, 22), ubi Acron exponit : Quia ex nefariis rebus maculae nascuntur idest foedationes '. Manca questo scolio al testo del Keller e manca al lessico latino la parola foedatio. Sui codici del sec. xv che recano il nome di Acrone vedi O. Keller in Mé- langes Boissier, Paris 1903, 311-314.

«3 V. p. 116.

** R. S. Il commento di Donato a Terenzio in Studi ital. II, 1893, 17. Sulla lettera a Munazio v. sopra p. 39. Essa è contenuta in un unico codice, il Paris, lat. 11308 sec. ix, che ha al f. ilv una nota di mano italiana del sec. XV, E. Thomas Scoliastes de Virgile, Paris 1879, 282.

25 Nel cod. Harlemensis ' Per Franciscum S(er) Nicolai Berti Martini de Sancto fieminiano civem et notarium Florentinum, de anno 1466 de ni(ense) decembris in civitate Florentie ', cfr. V. Burckas De Tib. Claudii Donati in Aeneida commentario, Dissert. Jenae 1888,3. Un codice integro ne posse- dette anche il Fontano, dato alle stampe nel 1535 a Napoli da Scipione Capece, ib. 4; ma sarà stato anch' esso non più che un apografo recente del cod. Laurenz. e del Vatic. uniti insieme, perché pare che da quei due soli codici discenda il nostro testo di Tib. Donato (cfr. G. Thilo in lìhein. Mus. XV, 1860, 149), onde non sarebbe gravoso intraprenderne un' edizione critica, di cui si sente la mancanza. Le lacune proprie di quei due codici sono anche nel Vergilius cum quinque commentis, Venetiis 1492, cfr. f. 204 ; 225,

cap. Vili)

LE SCOPERTE ANONIME 133

doprobo, sotto il cui nome va un commento alle Bucoliche e alle Georgiche con una biografia del poeta, riapparso alla luce nella seconda metà del sec. xv per due vie diverse.^^ Il com- mento di Servio, noto già al Petrarca, era uno de' più usuali strumenti di lavoro degli umanisti, ma nella sua redazione originaria; la redazione ampliata diventò comune solo dall'anno 1600, quando la pubblicò il Daniel, da cui anzi prese il nome. Eppure se gli indizi non fallano, bisognerebbe credere che un codice di essa fosse stato trovato nella seconda metà del sec. XV e venuto in potere di Niccolò Noceto. ^^

Dobbiamo segnare inoltre un discreto numero di scritti grammaticali e metrici: lo Pseudoprisciano De accentibus;^^ Servio De fìnalibus litteris\ Sergio De littera; il cosiddetto Maximinus De ratione metrorum e Be caesuris ; dello Pseudo- foca il Be nomine et verbo, il Be aspiratione e la Orthogra- phia ; Beda Be schemate et tropo e Be metris ; Agrecio Be orthographica proprietate et differentia sermonis; Mallio Teo- doro Be metris. ^^ Gli estratti grammaticali di Terenzio Scauro

*s La fonte più nota è il codice di Bobbio scoperto il 1493 ; ma il com- mento era divulgato da altra fonte (o dalla medesima?) fino almeno dal 1478; in quest' anno infatti fu copiato nel cod. Ambros. R 13 sup. il commento di Cynthius Cenetensis all'Eneide (cfr. cap. IX), dove Probo è adoperato; p. e. Cinzie nella vita di Vergilio scrive: 'Bello cantabrico cum coepisset seri- bere Eneida ', da confrontare con Probo : ' Aeneida ingressus bello canta- brico ' (Reifferscheid 53,10). Lo conosceva anche il Poliziano prima del 1489 e altri; cfr. O. vo.\ Gebhardt in Centralblatt fùr Bibliotheksw. V, 1888, 386; 387-388 ; R. S. Spogli Ambrosiani 336, 1. Il commento fu stampato la prima volta da (ìiovanni Battista Egnazio ' Venetiis 1507 ',

" R, S. Spogli Ambrosiani 303-304.

*** Del De accentibus si servi largamente il Tortelli, senza nominarlo, nelP Orthographia (pubblicata il 1449) ; p. e. a. v. Prosodia, da confrontare con Grammatici lat. III 519-520 K.

*'•' La maggior parte stampati nella l'arissima e poco nota edizione dello Zaroto ' Mediolani 1473 ', cfr. R. S. Spogli Ambrosiani 309-310, dove è de- scritto l'esemplare Ambrosiano dell'edizione. Alcuni di questi, Servio, Sergio, Maximinus, Beda e Agrecio, in un codice privato in Lucca del 1458, A. Man- cini in Studi ital. VIII, 1900, 125,4. Agrecio con altri nell'ediz. di Venezia 1472 e., Hain-Copingkr 6214. Nei codici e nelle edizioni Agrecio suole andar unito con Capro, il quale ultimo fu già scoperto al tempo del concilio di Costanza ; ma il sec. xv non conobbe che il solo lib. I, quello stampato nei Grammat. lat. VII 92-107 K. Per Mallio Teodoro copiato nel cod. Va- tic. Urbin. 1157 sec. xv ib. VI 582. L' Ars di Foca è citata già dal Valla

134 LE SCOPERTE ANONIME

(cap. Vili

ci furono tramandati frammentari in più codici, integri in due soli, e uno di questi, il Vatic. Palat. lat. 1741, del sec. xv.^o La grammatica latina di Dositeo, accompagnata dalla traduzione interlineare greca, non venne copiata nel sec. xv ; ma in quel tempo, fra gli anni 1460 e 1490, capitò in potere del patrizio norimbergese Hartmann Schede!, scopritore di un' opera co- smografica e appassionato bibliofilo, il frammento del cod. Monac. lat. 601 sec. ix-x; e tra le mani di uno studioso del sec. XV fu il cod. Harleian 3969 sec. xiv contenente i famosi estratti ortografici di Cassiodoro."

Facciamo seguire agli autori grammaticali i glossografici. Col nome di Petronio, che non è certo il Satirico, possediamo un corpo di 57 glosse, due delle quali s'incontrano neìVOrtho- graphia del Tortelli. ^^ Circa il 1483 fu dato alle stampe ad Augusta il cosiddetto Glossarium Salomonis;^^ e molto prima, in ogni modo fin dal 1433, gli umanisti vennero a conoscenza delle Glossae di Placido.^*

nel 1438, R. S. Spogli Ambrosiani 310. UOrthograpMa di Foca fu stam- pata la prima volta da R. S. in Rivista di filologia XXVIII 537 ss.

^^ Questo codice contiene molte scritture e alla fine di una si legge l'anno 1464. La prima edizione è di Basilea 1527, Grammat. lat. VII 3 K.

31 Su Dositeo vedi K. Kkumbacher in lihein. Mus. N. F. XXXIX, 1884, 349. Lo Schedel (1440-1614) studiò medicina a Padova dal 1463 al 1466. I co- dici da lui raccolti, e in parte copiati di sua mano, sono ora nella bibliot. regia di Monaco, nel cui catalogo (C. Halm et G. Laubmann I, I) ne ho con- tati 254 ; il nucleo è formato da autori medici. L' opera cosmografica, detta Hieronymus Ethicus, nel cod. Monac. lat. 901 f. 145-168: ' Liber ethico trans- lato philosophico edito oraculo Hieronimo presbytero dilatum ex chosmo- grafia idest mundi scriptura edicti ethici philosophi cosmograpliici.... Scripsi ego Hartmannus Schedel etc. ex libro veteri sumpto ex bibliotheca cenobii S. Emerammì Ratispone ea forma uti reperi anno domini 1483 '. Vedi Co- smographia Aethici ... primum ed. H, Wuttke, Lipsiae 1853. Per Cassiodoro V. KosE Anecdota graeca I 73.

32 R. S. in Studi ital. V 388-390. Ai tre codici ivi ricordati se ne ag- giunga un quarto, del 1494-1495, E. Nakducci Catalogo di ms. ora posseduti da B. Boncompagni, Roma 1862, n. 1.

33 LòwE Prodromus 234.

3^ Il cod. d 44 della Capitolare di Viterbo membr. sec. xv (n. 38 del ca- talogo pubblicato da L. Dokez Latino Latini et la biblioth. capitul. de Viterbe, 2™» article) comprende : f. 1 Festi de significatione verborum liber abbreviatus a Paulo diacono, con la sottoscrizione : Excerpta ex libris Pompei Festi de significatione verborum expliciunt. ' Die XVI mensis no-

cap. Vili)

LE SCOPERTE ANONIME 136

Chiudano la nostra rassegna: la collezione di Differentiae ' Inter pollieeri et promittere ' erroneamente attribuita a Isi- doro e recata da più codici del sec. xv;^^ gli Excerpta isido- riani sui pesi, adoperati come fonte da Guarino; il Carmen de ponderibus, del quale il sec. xv conobbe i soli primi 163 versi; ^^ e la redazione latina delle Quaestiones di Prisciano Lidio de- dicate a Cosroe re de' Persiani, la quale si leggeva in un codice del duca d'Urbino. ^^

vembris 1433. Basilee'; f. 71 Incipiunt glosae Placidi grammatici; f. 91 Incipit expositio Virgilianae continentiae secundum philosophos moralis di Fulgenzio; f. 100 Pomponii Mele de cosmographia liber primus incipit. Delle Glosse di Placido abbiamo anche il cod. Vatic. (Orsiniano) 3441 sec. XV e altri Vaticani, il 1552 e 1889, dello stesso secolo (G. Giiiz De Placidi glossis, Index schol., Jenae 1891, III; VII). Festo era già venuto in luce al tempo del concilio di Costanza ; a Firenze nel 1427 se ne scoperse un esemplare antico che aveva le sole lettere A-N, copiato nel cod. Maglia- bech. 1 8 : S. Pompei Festi de significatione verborum, con la sottoscri- zione : ' Hactenus in exemplari reverendae vetustatis scriptum reperi. An- tonius Marii filius florentinus civis transcripsit Florentiae IIII non. aug. MCCCCXXVII ' ; Galante in Studi ital. X, 1902, 325.

35 Tre ne cita A. Macé De emendando diff'erentiarum libro qui inscri- bitur de proprietate sermonum et Isidori Hisp. esse fertur, Paris 1900, 65; un altro si veda in R. S. Spogli Ambros. 310.

36 R. S. ib. 294; 311-812. Il Carmen de ponderibus anche nel cod. Am- bros. Q 37 sup. f. 21, sec. xv.

37 Cfr. cap. I n. 67. Il catalogo dei codici d'Urbino compilato da Fede- rico Veterano nel sec. xv reca : ' Priscianus philosophus de bis de quibus dubitabat Scosroe rex Persarum ' (C. Guasti in Giornale stor. degli archivi toscani VII 53 n.° 242). Dallo scritto di Prisciano pubblicò il capitolo sui venti V. KosE Anecdota graeca, Berlin 1864, I 53-58 ; ma non lo trovo ri- cordato neW Index librorum scriptorum inscriptionum del Thesaurus lin- guae latinae.

CAPITOLO IX

Le ni ti me esplorazioni

(seconda metà del sec xv)

La grande scoperta a Bobbio

(1493)

Dalle scoperte anonime ritorniamo a quelle delle quali possiamo presentare gli autori. Ormai ci resta da considerare l'ultima metà del sec. xv, assai inferiore, per i risultati ot- tenuti, alla prima, ma pur feconda anch' essa d' importanti rinvenimenti e di nomi illustri. Dividiamo la materia in due sezioni, secondoché le scoperte ebbero luogo sul suolo italiano 0 sul suolo straniero.

Per dar principio coi paesi stranieri , accenneremo alle esplorazioni fatte in Spagna per il primo, possiamo dire, da Angelo Decembrio, in quella Spagna che fino allora, se ne eccettui la rapida visita del cardinale Adimari,i era stata di- menticata e che anche ne' tempi successivi fu poco visitata a scopo di studi, mentre solo oggi pare che i filologi rivolgano a essa più amorosamente i loro sguardi. Da Ferrara, dove aveva compito gli studi, il Decembrio, morto (1450) Leonello d' Este, in cui forse aveva riposte molte speranze, passò alla corte di Alfonso a Napoli, in cerca di miglior fortuna ; ma morto dopo pochi anni (1458) anche Alfonso, si trasferi in Spagna al servizio, com'è verosimile, di qualche Signore che avrà conosciuto a Napoli. *

» V. p. 86.

« A. Decembrii Politia Utteraria 3 : ' Extincto mox illius litterarii con- cilii (ferrariensis) lumine (Leonello), nam media iuventa deperiit (1450), et

cap. IX)

A. DECEMBEIO 137

Le sue ricerche in quella regione se non furono molto va- rie, dobbiamo riconoscere che furono sistematiche, perché prese di mira un genere di letteratura, quella degli scoliasti, e in essa raccolse tanto materiale, da empirne più di due risme di carta ossia più di 800 fogli. Si copiò commenti a tutte le opere d'Orazio (forse dello Pseudacrone), un doppio commento a Giovenale (forse una doppia redazione dello Pseudocornuto), commenti brevi a Terenzio, Vergilio, Persio: questi tre proba- bilmente tratti da glosse marginali ; e commenti a Dante e al Petrarca. 5 Eccoli qui i due più grandi poeti del nuovo vol- gare d'Italia, da lungo tempo penetrati in Spagna e di riportati in Italia da un Italiano: due de' primi 'cavalli di ritorno ', dei quali toccheremo sotto.*

Oltre a questi nuovi acquisti procacciatisi in Spagna, il Decembrio portava con d'Italia una non abbondante ma pregevole suppellettile letteraria. Lasciando i pochi libri greci, Demostene, una metrica e delle grammatiche, tra cui la lanua ^

ipse tali principe orbatus, ad Alphonsiim hispanum protinus Neapolitanum regem accessi... Nec multo post et ipse senior interiit (1458). Unde cum alia saepenumero utriusque Hispaniae loca perviserem... '.

3 L' inventario dei suoi codici, redatto da lui stesso nel 1466, fu pub- blicato da A. Cappelli in Archivio stor. lombardo 1892, 110-117. ' Plurimi quaterni ad quantitatem duarum rismarum papyri in quibus curiose tran- scripseram liec conimentaria passim in Hispania comperta; videlicct super omnibus oporibus Hor.itii, super luvenali duo diversa commentarla optima, et super Terentio Vir{,àlio Persio optime et breviter ; et super Dante et Pe- trarcha '. Nel ritorno dalla Spagna i codici gli erano stati sequestrati in Provenza dal conte Giovanni d'Armaguac e forse non li ricuperò più.

* Cap. XI.

^ Inventario : ' Donatus antiquissimus in greco '. La lanua è una ridu- zione medievale dell'-drs minai' di Donato, che s'incontra già in codici del sec. XIII e fu stampata ripetutamente nel sec. xv (p. e. Hain 6377) e godè gran popolarità nei sec. xvi e xvii col titolo curioso di Donato al senno. La traduzione greca è di Massimo Planude (sec. xiii-xiv) e su di essa i Costan- tinopolitani imparavano il latino, come gli umanisti italiani del sec xv vi imparavano il greco. R. S. La scuola e gli studi di Guarino 43-44; K. Krum- BACHEK Geschichte der bysant. Litter. (I ediz.) 248 ; 250 (dove è scambiata VArs di Donato con la lanua) ; Thurot in Notices et extraits des ms. XXII, II 47; Studi i tal. di filol. class. I 153; IV 35. Fu volgarizzata anche in ber- gamasco e di quel volgarizzamento conservansi cinque fogli del sec. xin- XIV adoperati come guardie del cod. Ambros. S. 40 sup. (f. 1-2; 211-213); fu da me pubblicato in Studi medievali I, 1904, 281-292; ivi 284-285 le notizie sulla lanua.

138 A. DECEMBEIO

(cap. IX

tradotta in greco, più due lessici greco-latini,^ e alcuni apo- grafi recenti di autori latini, come Orazio comprato a Firenze, Giustino, lo Pseudoplinio JDe viris illustrihus, un commento alle Tragedie di Seneca (verosimilmente del Treveth), un Gelilo (dell'edizione guariniana),' il testo degli 8 libri dell'Episto- lario pliniano (riscoperto da Guarino), le 20 commedie di Plauto (scoperte dal Cusano) e la Medicina Plinii,^ incontriamo nel suo inventario un certo numero di codici designati come an- tiquissimi : Ovidio minore (escluse cioè le Metamorfosi) in due volumi, glossato ; Lucano ; Marziale, mutilo al principio ; Servio (forse il commento a Vergilio), mutilo alla fine; Giu- seppe Flavio ed Egesippo (latini), 'in littera longubarda ' ; e alcune ' orationes defensorie ' di Cicerone.^ Kichiamano poi in particolar modo la nostra attenzione i due seguenti titoli: (1) ' Declamationes Quintiliani et, cum eo libro, rhetoricorum quidam libri eiusdem Quintiliani non prius visi ', dove si po- trebbero vedere le Declamazioni maggiori attribuite a Quin- tiliano, diffusissime in quel tempo, e le Declamazioni minori, allora ignote;^" (2) 'Et cum eo (cioè col testo greco della lanua) quoddam opusculum metricum, quod dicebatur esse Vir- gilii, de bello nautico Augusti cum Antonio et Cleopatra, quod incipit: Armatura cane musa ducem belloque cruentam

^ Inventario : ' Duo vocabularia in greco et latino simul. Plereque scrip- tnre optime grece in grammatica percipienda et quedam orationes Demo- stlienis et ars metrica grece optima '. Inoltre Erodoto, Tucidide e l' Iliade, tutti tre nella versione del Valla: ' Herodotus et Tliucydides, sed Thucydides non completus, traducti per Laurentium Vallam pape Nicolao. Item Ilias Homeri per eundem traducta '.

' Che Gelilo fosse dell' ediz. guariniana, lo argomento dalle parole ' cum optimo greco ' e dalla mancanza di un cenno che ne designi l' antichità.

^ Inventario : * Opera Horatii empia Florentie pulcherrinie transcripta. Epistole Plinii CCXXIIII et tres libri Plinii maioris de medicinis. lustinus et Plinius de viris illustrihus in uno volumine. Comentum super tragediis Senece. Aulus Gellius cum optimo greco. Comedie Plauti XX non perfecte '.

^ Inventario : ' Omnia opera Ovidii minora in duobus voluminibus ve- tustissime et pulcherrime scripta ac circumscripta (cioè glossate). Lucanus antiquissimus. Martialis antiquissiinus: defìciebat primus quaternus. Servius autiquissimus : deSciebant quedam charte postreme. losephus antiquissimus cum Aegesyppo in littera que dicitur longubarda. Quedam orationes Tullii defensorie antiquissime '.

"" li. S. in Studi ital. V 393.

cap. IX) F. BASSETTI, I. SANNAZABO 139

Egyptum etc. '; e anche qui, escluso, come pare, che si tratti di una contraflfazione umanistica, dovremo scorgere un poe- metto, se non di Eabirio, certo nuovo e per quelli e per noi, e irreparabilmente perduto. ^^

La Francia era già stata percorsa da Italiani, Tedeschi (il Cusano) e dai Francesi stessi (il Morinense e l'Atrebatense cap. XI); altri Italiani la percorrono ora e tra essi il fioren- tino Francesco Sassetti (1420-1491). Neil' ufficio di agente della casa de' Medici egli passò molti anni in Francia, dove andò e ritornò parecchie volte; e ivi cominciò a raccoglier codici, costituendo cosi un primo nucleo della sua biblioteca, che di- venne cospicua, fino a raggiungere il numero di almeno 67 volumi, per la massima parte latini e il resto volgari. Di Francia proveniva il gioiello di tal biblioteca, il codice ora Laurenz. 45.14 sec. x, con la doppia redazione del commento di Filargirio alla Bucolica vergiliana, commento che rivedeva allora per la prima volta la luce.^^ Nel 1491 trovandosi in Francia il milanese Erasmo Brasca, rappresentante di Lodo- vico il Moro, riceveva da lui l'incarico di cercar codici; e nel tempo stesso annunziava a Bartolomeo Calco, che un altro milanese, Pierantonio da Fossano, aveva trovato a Poitiers una ricca biblioteca di libri antichi greci e latini, tra i quali ultimi il Peri hermenias di Apuleio, Marziano Capella e Cor- nuto Super Persium.^^

Ma tutti gli esploratori italiani in Francia superò Iacopo (Azzio Sincero) Sannazaro, che vi soggiornò, compagno d'esilio del re Federico di Napoli, dal 1501 al 1504, visitando spe- cialmente il Nivernese e la Turenna. Dei cinque preziosissimi codici da lui scoperti, uno s'è perduto, che conteneva Solino;

11 R. S. in Studi ital. V, 1897, 373-374. Dato che sia una contraffazione, l'autore avrebbe preso le mosse da Properzio III 34, 61-62. Un codice co- piato dal Decembrio è il Paris, ital. 7245, proveniente dalla bibliot. Vi- scontea, con la sottoscrizione: ' MCCCCXXXI die penultimo martii per An. decembrem finitum ' ; uno a Vienna 79 (Kndlicher) e uno a Firenze, Laurenz. Conv. Soppr. 263 (Livio, Cesare, Giustino, Sallustio), con la sottoscrizione: ' manu celeri per Angelum Decembrem 1439 '.

1* V. Appendice a.

13 D' Adda Indagini etc. 149.

140 I. SANNAZARO, ENOCH d'aSCOLI (cap. IX

gli altri quattro, salvati, sono : (1) il Vindobon. 277 sec. ix ; (2) il Paris, lat. 8701 sec. ix-x (detto Thuaneus), apografo del Vindobonese, quand'esso era ancora integro; (3) il Paris, lat. 7561 sec. x; (4) il Leid. Vossiano lat. IH sec. ix, rinve- nuto quest'ultimo nel monastero di S. Benedetto a Ile-Barbe e in Ararls insula '). Ecco gli autori tratti da tali codici : un mazzo di Epigrammi di Ausonio dal Vossiano ; un manipolo di Epigrammi di Marziale, molte poesie dell'Antologia, la Halieutica d'Ovidio e il Cynegeticon di Grazio dal Vindobon. e dal Thuaneus ; la Cynegetica di Nemesiano dal Paris. 7561. Di queste opere erano nuove le poesie dell'Antologia, la Ha- lieut. d'Ovidio e le due Cinegetiche di Grazio e Nemesiano; la Halieut. d' Ovidio e il Cynegeticon di Grazio sono stati conservati agli studi unicamente dal cod. Vindobon. 277 e ne andiamo perciò debitori al Sannazaro.^*

La Germania, che tanti tesori della letteratura antica aveva ridonato alla luce nella prima metà del sec. xv, non ne fu meno prodiga nella seconda a coloro che con amore la visi- tarono, tra i quali spetta un posto onorifico a Enoch di Ascoli. Formatosi alla scuola del Filelfo in Firenze, dove entrò in- stitutore nelle case dei Medici e dei Bardi, insegnò poi in pili città pubblicamente grammatica rettorica e poesia ; ma doveva aver mostrato una speciale passione e attitudine a cercar codici, perché Niccolò V l' aveva a tale scopo, come pare, inviato in Oriente; e appena ritornato, come s'è veduto,^^ nel principio del 1451 da quel viaggio, lo stesso papa lo in- caricava di un altro nell'estremo Settentrione di Europa: non solo perciò in Germania, ma anche nella Danimarca e nella Scandinavia, dove abbiamo sicuri indizi che giungesse. Le sue indagini, oltre aiìV Itinerarium Antonini, che era noto, sottrassero alla polvere claustrale un buon numero di testi nuovi: le pseudovergiliane Elegiae in Maecenatem in Dani- marca; V Orcstis tragoedia, il De re coquinaria di Apicio e il commento di Porfirione a Orazio non sappiamo dove ; le tre opere minori di Tacito, la Germania, V Agricola e il Bialogus,

1^ V. Appendice b. i"^ V. p. 67.

Cap. IX) ENOCH D ASCOtt 141

col frammento di Svetonio De grammat. et rheforihus nel mo- nastero di Hersfeld in Germania, Le tre opere minori di Ta- cito e il frammento di Svetonio sono state salvate unicamente dal codice enochiano.

Enoch ritornò a Eoraa con la sua suppellettile verso la metà del 1455, quand'era già morto il suo protettore Niccolò V. Restiamo in dubbio se di tutti gli autori abbia preso seco gli archetipi o ne abbia tratti degli apografi; del volume hersfel- dese credo portasse l'archetipo; e a creder ciò mi confortala descrizione autografa che ne lasciò Pier Candido Decembrio, la quale è un modello del genere e merita di tener compagnia alle altre due del codice di Plinio il giovine e di Cornelio Celso trasmesseci da Guarino e dal Panormita. ^^

11 Decembrio vide il codice nel 1455 quando gli autori tro- vati da Enoch non erano ancora usciti dalle sue mani; perciò egli ebbe sott' occhio proprio il codice enochiano, fosse l'ar- chetipo 0 fosse un apografo. I quattro testi conservano nella descrizione del Decembrio l'ordine medesimo che tenevano nella notizia riferitaci dal Panormita nel 1426 *'' e si presentano come raccolti tutti in un sol volume, quello designato da Poggio nelle lettere del 1427-1429 con ' volumen Cornelii Ta- citi ', con ' Cornelius Tacitus ', con ' liber '.^^ Che si tratti poi di un manoscritto antico e non di un apografo recente, abbiamo un primo indizio nelle parole di una lettera di Carlo de' Me- dici, il quale faceva pratiche presso Enoch per ottenere i nuovi autori: 'che s'ingegni di farmeli avere e se non può l'originali, almanco la copia'. Ma un argomento ben più grave ci viene offerto dalle lacune e dalle doppie lezioni che s'incontrano in taluni apografi delle suddette opere, lacune e doppioni che male si spiegherebbero se fossero stati condotti su un esemplare umanistico, doveché si spiegano benissimo se gli apografi derivarono dall'archetipo che andava sempre pia deperendo per l'antichità e per il lungo uso. A ciò s'aggiunga che otto fogli del codice hersfeldese, contenenti il nucleo di

*^ V. Appendice e. " V. p. 108. 18 V. p. 109.

142 ENOCH, F. TODESCHINl (cap. IX

mezzo deWAgricola, sono stati recentissimamente ritrovati a Iesi. Essi sono del sec. x, a doppia colonna, come il codice veduto e descritto dal Decembrio ('in columnellis '); e il testo in essi compreso ha tal dimensione, che aggregandovi le parti perdute al principio e alla fine si compiono i quattordici fogli assegnati dal Decembrio stesso all' Agricola (' opus foliorum decem et quattuor'). Donde conchiudiamo che Enoch portò seco r archetipo hersfeldese.^^

Francesco Todeschini, il cardinale di Siena e futuro Pio III, che con suo zio Pio II mise insieme, come vedremo (cap. XI), un'insigne biblioteca, si fece venir libri anche di Germania, dov' era stato in legazione l'anno 1471. Di essi noi conosciamo uno solo, un codice speditogli di poco dopo, contenente oltre gli estratti delle Declamazioni di Seneca padre, divul- gatissimi tra gli umanisti, due collezioni nuove: centotrentasei delle cosiddette Declamazioni minori di Quintiliano e una cin- quantina di Calpurnio Fiacco. ^'^ Percorse invece la Germania

^^ Per le notizie biografiche basterà rimandare al Voigt Wiederbelebung IP 1998s; si aggiunga per l'insegnamento a Perugia G. Lesca Giovannan- tonio Campano, Pontedera 1892, 27-28; 198, donde risulta che nel novembre 1440 vi fu condotto lettore di poesia e grammatica, ma senza che la nomina fosse ratificata dal cardinal legato; più tardi però fu accettato. Calisto 111 lo nominò suo segretario il 29 settembre 1455, cfr. Le Vite di Paolo II a cura di G. Zippel, XXIX 6. Mori ad Ascoli sna patria sul cadere del 1457, V. Rossi L' indole e gli studi di Giovanni di Cosimo de' Medici 30. Il cod, di Leida Voss. lat. 0 96 e il Vatic. 3269 hanno questa sottoscrizione alle Elegiae in Maecen. : Finii elegia virgilii maronis in mecenatem in- venta ab Henoc in Dacia (= in Dania). Il cod. Anibros. 0 74 sup. f. 87 ha VOrestis col titolo: Horestis fabula ab enoch asculano reperta incipit. 11 cod. Chigiano (Roma) H VII 229 contiene il commento di Porfirione con la data 1460. Pei documenti delle scoperte di Enoch vedi R. S. in Museo ital. di an- tichità class. Ili 363-368; Io. in Studi ital. VII 130 (dove si citano altre fonti); Id. in ìiivista di filol. XXIX 262-263 (altre descrizioni di codici fatte da P. C. Deciimbrio presso R. S. Spogli Ambi: 259; 263); In. Biografìa di G. Aurispa 132-136; Id. Spogli Ambrosiani 224: 227 . Le notizie preliminari sul codice di Iesi furono comunicate da F. Ramorino in Atti del congresso internazionale di scienze storiche, Roma 1905, li 230-232, con un facsimile di uno degli otto fogli antichi deWAgricola. Questa risurrezione di un fram- mento del venerando codice enochiano è la più solenne conferma che i do- cumenti da me esumati mi avevano parlato il vero: non osavo sperar tanto. *<> A. Zeno Dissertas. Voss. II 101 ; M. Fabii Quintiliani Declamationes quae supersunt CXLV ree. C. Ritter, Lipsiae 1884, XII-XIV; Calpurnh Flacci

cap. IX)

t. tJGOLETO 143

e visitò le raccolte di libri di quasi tutta Europa il parmigiano Taddeo Ugoleto (m. 1514), il famoso bibliotecario re Mattia Corvino, presso il quale fu prima del 1488 e dopo. I codici che veramente sappiamo aver trovati in Germania sono due: Claudiano e le Egloghe di Calpurnio e Nemesiano;^! mentre ignoriamo la provenienza di altri due da lui posseduti : la Natur. Histor. di Plinio e un Festo integro De verh. signif.^"^ Certo non viene di Germania il suo Marziale, ora cod. Vatic. 3294 sec. xii, perché l'ebbe a Firenze da Francesco Sassetti: probabilmente l'avrà portato costui di Francia.^' Alla biblio- teca pubblica di Parma apparteneva il codice, che fu nelle

Decìamationes ed. G. Lehnert, Lipsiae 1903, VIII-IX. La notizia si trae da una lettera di Oiannantonio Campano al Piccolomini. Credo di poter iden- tificare questo codice con quello che nel sec. xvn Fabio Chigi (poi papa Alessandro VII) s' era segnato ' Quintiliani decìamationes, initium mutile ' dal catalogo della collezione di Pio II, parte della quale egli incorporò nella sua bibliot. Chigiana ; cfr. Ae. S. Piccolomini Opera inedita cur. Ca- gnoni in Atti dei Lincei Vili, 1883, 334, 75. So che la Chigiana possiede ora un cod. del sec. xv (H. Vili. 262) con le Declamai, minores di Quinti- liano, ma non ho potuto vederlo.

'' L' anno della morte dell' Ugoleto in Affò Scrittori -parmigiani III 118; altre notizie in C. Marchesi Bartolomeo Della Fonte 80-81. L' Ugoleto nel proemio alla sua edizione di Claudiano ' Venetiis 1500 ' scrive: 'CoUatis igitur antiquissimis tri bus codicibus et praesertim quodam venerandae vetustatis, quem ex Germania attuleram... ' Sull'edit. pr. di Vicenza 1482 questa del- l'Ugoleto ha in più i Carmina minora e due epigrammi diOÌV Appendix: ' Neetareo muro ', ' Stamine resplendens '. Il codice di Calpurnio e Nemè- siano s'è perduto; su di esso fu condotta l'edizione di Angelo Ugoleto: ' e vetustissimo atque emendatlssimo Thadaei Ugoleti codice e Germania allato in quo Calphurni et Nemesiani uti impressi sunt tituli leguntur '. Ce ne rimangono due collazioni: 1' una di Niccolò Angeli nel cod. Riccard. 363 * anno salutis MCCCCLXXXXI ', l'altra nel cod. Harleian 2578 sec. xvi ; cfr. H. ScHENKL in Wiener Studien V, 1883, 284-287; 291. V. sopra p. 16 n. 82.

*^ Del ' pcrvetus codex ' di Plinio tocca nell' ediz. di Ausonio, dove ne cita un passo; Festo gli era stato domandato il 10 novembre 1488 da Lodo- vico Sforza: 'Inter quae maxima portio (deest) doctissimi vocabuiorum in- terpretis Festi Pompeii (lo Sforza doveva avere il testo mutilo con le sole lettere A-N, sopra p. 135 n. 34), quem integrum... Inter libros eruditissimi viri d. Thadei parmensis... esse certo accepimus ', D'Adda Indagini etc. 145.

23 De Nolhac La biblioth. de F. Orsini 231 ; Politian. Misceli. XXIII: ' in altero (Martiale), tum quidem cum legebamus Francisci Saxetti fiorentini negotiatoris, nunc autem Taddaei Ugoleti parmensis... qui regi Pannonum Matthiae... libros ornamentaque alia Florentiae, nobis ista prodentibus, procurabat '. Cfr. Chatelain Paléographie pi. CLII.

144 t. tiaOLETO, IL COLLENÙCCIÓ (gap. tX

sue mani, di Marziano Capella, ' admirandae vetustatìs ' con alla fine del libro I l'insigne sottoscrizione di Securus Memor Felix, conservataci ora da tre soli esemplari.^* Tra le edizioni dell' Ugoleto va rinomata per la sua importanza quella Ausonio 'Parmae... anno domini 1499 die X mensis iulii ', nella quale il patrimonio di questo poeta appare di molto arricchito rispetto alle edizioni precedenti ; vi troviamo di- fatto in pili il Ludus VII sapientium, il Cataìogus urbium, le Periochae (pseudausoniane), la Modella e altre minuzie, di cui alcune spurie. Ma non erano suoi i codici donde trasse i nuovi componimenti, perché il Ludus e il Cataìogus li ebbe da Tristano Calco, le Periochae da Antonio Ber neri ; la Mo- sella ^\\ derivò dal cod. Laurenz. 51. 13, scritto nel 1490 da Alessandro Verazzano, ^'^

Nel 1493 andava ambasciatore del duca di Ferrara all'im- peratore di Germania Pandolfo Collenuccio, e approfittò di queir occasione per cercar documenti negli archivi che servis- sero alla sua Summa rerum germanicarum e anche codici classici; e ne trovò infatti di buoni nell'aprile 1494 a Kempten (Baviera) nella badia di S. Gordiano, dei quali mandò l' in- dice al Poliziano: ma noi non li conosciamo. ^^ Del pari in connessione con un incarico della corte ferrarese e propria-

^* Lo descrive nel proemio all' edizione di Ausonio.

^5 Scrive 1' Ugoleto nel proemio dell' edizione : ' Multum nos adiuvit in corrigendo eo volumine quod De ludo septem sapientum inscribitur, nec non in Catalogo nobilium urbium codex verae et sincerae lectionis Tri- stani Chalci hominis eruditissimi humanissimique... Periochen homericam talem publicavimus qualis liabebatur in codice fidei non abrogandae, cuius mihi copiam fecit Antonius Bernerius iuris scientia generis nobilitate et auctoritate plurima perspicuus. Mosella vitiatus et mutilatus in lucem pro- dibit, utpote excriptus ex unico exemplari eodemque ab indiligente librario exarato '. Tanto il Ludus e il Cataìogus dell' apografo del Calco, quanto la Periocha del Berneiri erano stati copiati dal cod. Paris, lat. 8500 sec. xiv, già posseduto dal Petrarca e indi passato nella biblioteca Viscontea di Pavia. Su tutto ciò vedasi De Nolhac Pétrarque et l'hunianisme 169-172; R. Peiper in Jahrb. fur class. Philol. Suppl. XI, 1880, 208ss; e dello stesso l'edi- zione di Ausonio, Lipsiae 1886, XXXVI-XXXVIII ; LXXII ; LXXXVI.

A. Saviotti Pandolfo Collenuccio, Pisa 1888, 89; 91: 'ho ben trovato alcuni boni libri in una abbatia qui molto riccha de S. Gordiano ' ; Politian. Epist. VII 32 al Collenuccio : ' Ago tibi gratias quod indicem misisti libro- rum veterum, quos in Germania reperisti '.

cap, IX) POMPONIO LETO, IL BALLO 145

mente del cardinale Ippolito d' Este intraprese un viaggio nelle regioni del basso Danubio Peseennio Francesco Negri, buon grammatico dell' ultima metà del sec. xv. Egli trovò ' fra gli Sciti ' un esemplare integro della Mathesis di Fir- mico con tutti gli otto libri, dove gli esemplari noti prece- dentemente si troncavano al lib. IV. ^^

Kacconta il Sabellico che Pomponio Leto (m, 1498), per com- missione di Alessandro VI (1492-1503), intraprese un viaggio in Germania alla ricerca di manoscritti. Ignorasi con quali risultati ; ma in ogni modo, cadendo il viaggio negli ultimi anni della sua vita, la biblioteca di lui era formata anterior- mente: biblioteca che doveva esser ben fornita, della quale 18 codici (15 tra essi autografi) si conservano tuttavia nella Vaticana. Un Persio, che fu suo, s'è perduto. Possedette an- che alcuni fogli del famoso codice di Pesto. Adoperò il cod. Vatic. 3864 sec. ix-x delle Epistole di Plinio e delle Orazioni ed Epistole di Sallustio ed ebbe tra i primi nelle mani il cele- berrimo manoscritto vergiliano detto il Mediceo, che proveniva dalla badia di Bobbio e dopo lunghe e varie peregrijjazioni trovò dimora stabile nella Laurenziana, della quale è uno de' più preziosi cimeli. ^^

Agli esploratori dei paesi stranieri congiungo il nome del greco Manilio Rallo, perché si dice, quantunque la notizia non sia troppo autorevolmente attestata, che egli abbia por- tato d'Illirio, certo in ogni caso lo ha posseduto, il codice testé accennato di Pesto, quello che presentemente ha onorata sede nella biblioteca Nazionale di Napoli (IV A 3).

2^ Nell'edizione degli Astronomici Veteres, Venetiis 1499, leggiamo la dedica del Negri al cardinale Ippolito in data 'MCCCCXCVII: Hinc lucidis- simum... tiium sidus emersit, Hippolite faustissime, quod... me barbaros spoliaturum ad extremam Scytharum fecem devexit, ubi detrusus in car- cerem (iottica feritate Firmicus latitabat. Veni vidi et vici mecumque tara praeclarum coraitem, tuis radiis tutus, in patriam deduxi '. La dedica in B. BoTFiELD Prefaces to the first editions, London 1861, 238. Il testo integro era diffuso in Germania qualche tempo prima, perché il cod. di Norimberga V 60 è del 1468, Iulii Firmici Materni Matheseos libri Vili ed. Kroll et Skutsch, Lipsiae 1897, I, Y-VII.

28 V. Appendice d.

'^ De Nolhac op. eit. 212-214.

R. Sabbadini Le scoperte dei codici. 10

146 B. CORTO, IL PANORMITA, IL PORCELLI (gap. IX

Passando alle scoperte fatte in Italia, tocchiamo da prima di quegli umanisti che ritrovarono o possedettero qualche co- dice prezioso. Il milanese Giovanni Barbavara, vescovo di Tortona (dal 1437 al 1452), ebbe in suo potere il cod, Ambros. E 153 sup., uno dei due fondamentali per il testo di Quinti- liano, che derivava dal convento milanese degli Eremitani. Kimase nella sua famiglia fin oltre la fine del sec. xv.^o Un altro Milanese, Bernardino Corio, scoperse un codice di Dra- conzio ' in caratteri longobardi ' con 1' elogio di Trasamundo re de' Vandali e altri carmi minori, due dei quali egli tra- scrisse per saggio nella sua Historia di Milano, stampata il 1503.31

Verso il 1450 il Panormita ricevette dalla badia di Monte Cassino alcuni quinterni disordinati e antichi di un codice di Manilio, d'origine diversa da quello rinvenuto da Poggio: a Napoli se li copiò Lorenzo Bonincontri. ^^ In quello stesso tempo, e certo prima del 1457, un umanista napoletano, Gian- nantonio Pandoni detto il Porcelli possedeva il principal co- dice di Terenzio, ora Vatic. 3226, chiamato il Bembino, perché da lui lo comperò Bernardo Bembo ;33 il qual Bembo dal canto

30 R. s. Spogli Ambrosiani 349.

ai Bernardini Corii (1459-1519?) Historia, Mediolani 1503, f. a ìxv: ' Transamondo Conte di Capua invece 1' omonimo re dei Vandali) a laude dil quale Dracontio poeta elegantemente scripse. e lopera del quale noi in caratte Langbard havendo trovata: per Giovanne Christophoro Daverio... e stata traducta in littere latine. Onde per dignità de lo elegante poeta : ne parso mettere questi suoi versi '. Seguono i due carmi De mensibus e De origine rosarum. Gfr. BanRENS P L M \ 127; 214-216, dove sono ripubbli- cati i due carmi. Pare che il codice del Corio avesse opere diverse dal Bob- biese scoperto nel 1493.

32 R, s. in Studi ital. VII, 1899, 111. Il Bonincontri dichiara che nei titoli dei libri il nome del poeta era L. Manilius. Per la presenza del Bo- nincontri a Napoli sino almeno dal 1451 cfr. R. S. in Giornale stor. della letter. ital. XXXIX 394.

^3 Al f. 116 V del codice si legge: ' Mei porceli laureati antiquitatis pi- gnus aegregium ' ; al f. 9 la nota di Bernardo Bembo : ' Notum facio pre- senti die libere deliberatum mihi fuisse hunc librum 1457 die 15 marcii

cap. IX) B. VALLA, IL PEROTTO 147

SUO scoperse l'insigne cod. Vatic. 3252 sec. ix-x dei Septem ioca iuvenalia pseudovergiliani.^*

Nelle mani di Giannozzo Manetti (m. 1459) passò, non si sa quando, il cod. Vatic. Palat. 899 sec. ix della Histor. Aug. il capo stipite di tutti gli altri.^^ Il giureconsulto Bernardino Valla, patrizio romano, aveva un Marziale ' langobardis cha- racteribus ' e lo vide jn-esso di lui nel 1484 il Poliziano ; ma senza confronto più prezioso era un altro codice, veduto dal Poliziano nell'anno medesimo e del quale il Valla se non primo possessore, certo fu uno de' primi: il codice di Properzio cono- sciuto dai filologi col nome di Neapolitanus (sec. xii), ora a Wolfenbtittel, il più autorevole per la costituzione del testo properziano.3^ Una raccolta di 100 favole mise insieme intorno al 1460 Niccolò Perotto, il vescovo Sipontino, da fonti per noi perdute: 36 delle quali di Aviano e 64 di Fedro; ma delle 64 la metà non si trovano in nessun altro codice e ci sono state perciò salvate dalla silloge perottina, che è autografa nella biblioteca Nazionale di Napoli. E nel 1474 il famoso medico veronese Gabriele Zerbi (m. 1505) entrò in possesso del cod. ora Laurenz. 73. 41 sec. xi, che contiene tra l'altro: f. 11 Pre- catio terre e Precatio omnium herbarum; f. 12 Antonio Musa Virtutes herbe vettonice; f. 16 Herbarium di Apuleus Platon.; f. 65" la Medicina {de bestiis) di Sextus Plato."

cuins rei sit laus omnipotenti deo '. Nella sigla ' L 14 et ' |||| (sic) che segue io vedrei significato il prezzo di acquisto = Libris 14, con la cifra dei soldi cancellata. Cfr. E. IIauler in Wiener Studien XI, 1889, 272-273.

3< Dell' importante collezione latina di B. Bembo si conservano 14 co- dici in Vaticana, uno a Torino e due nella Marciana di Venezia ; De Nolhac La biblioth. de F. Orsini 237-241; 302; 325-326; V. Gian in Giornale stor. XXXI 68-72.

35 II. Uessau in Hermes XXIX 1894, 409. Fu del Manetti anche il cod. Vatic. Palat. lat. 194 (opuscoli di S. Agostino).

3" PoLrriAN, Misceli. XXIII e LXXXI. Per Properzio basterà De Nolhac op. cit. 233-234.

3' La raccolta delle favole ha il titolo : Nicolai Perotti epitome fabel- larum Aesopi Avieni (~ Aviani) et Phedri ad Pyrrhum Perottum fratris filiuni adolescentem suavissimum incipit foeliciter. Fu copiata nella seconda metà inoltrata del sec. xv nel cod. Vatic. Urbin. 368, ma rimase ignorata fino al 1727 e fu pubblicata la prima volta dal Cassitti a Napoli il 1808. Per tutto ciò cfr. L. Hervieux Les fabulistes ìatins, Paris 1884, I 1-134; III

148 A. PATRIZI, IL FONTANO (cap. IX

Alla fine del secolo ci trasportano Agostino Patrizi, che durante il suo vescovado pientino (1482-1496) rintracciò un nuovo codice di Porfirione a Orazio, adesso Vatic. 33143^ sec, ix; e Gioviano Pontano, che scoperse la cosiddetta Palaemonis Ars^^ e fu verosimilmente il primo possessore del venerando codice vergiliano noto agli studiosi con la sigla F {== Fulvii schedae), ora Vatic. 3225 sec. iv.^'' Eicorderemo infine Gentile da Urbino, scopritore di un libercolo a noi ignoto, che attri- buivano a Svetonio, e il canonico lateranese Eusebio Corrado, che per raccogliere gli opuscoli di S. Agostino ' totius fere Italiae bibliothecas excussit '. *^

106. Si conservano altri autografi del Perotto : i Vatic. 3334 e 3403 (De Nolhac op. cit. 196) e il Yatic. Ottobon. 1180, sul quale vedi R. S. Spogli Ambro- siani 287-289. Per lulius (Exuperantius) grammaticus del Vatic. 3334 R. S. ih. 319. Delle opere scoperte dallo Zerbi le Virtutes herbe veti, e V Her- barium di Apuleio furono editi in Medici antiqui, Venetiis 1547, f, 211 ?? e 222v; la Medicina di Sextus nel 1539; la doppia Preeatio, data in luce da prima dal Bandini, fu poi ripubblicata e ultimamente dal BaHRE^s PLM I 138. Il cod. porta la nota: ' Gabrielis Zerbi Veronensis MCDLXXIV ', Ban- dini Cod. ìat. Ili 36 ss; 77 ss.

38 De Nolhac op. cit. 226. Recentemente pubblicato da A. Holder ' ad Acni pontem 1894 '.

39 Keil Grammat. ìat. V 525,

*^ De Nolhac La biblioth. de F. Orsini 225, Id. Le Virgile du Vatican in Notices et extraits XXXV, II p. 783. Noteremo fra i codici apparte- nuti al Pontano il Leidens. (XVIII Periz. Q. 21) col Dialogus e la Germania di Tacito e Sveton. De gramm. et rhet., il Valerio Fiacco di Monaco, cod. Ìat. 802 ' emit Florentiae lovianus ', con due altri Monac. Ìat., il 234 (opere astrologiche) e 822 (Andrea Fiocchi) e forse il Tibullo Guelferbyt. Aug. 82. 6, della stessa mano del Tacito Leidens. Chatelain Paléographie pi. CV e CXLVII. Ebbe tra mano anche un ' Horatianus codex optimus sane ac vetu- stissimus ' postillato da Guarino, del quale non si sa più nulla (R. S. in Museo ital. di antieh. class. II 419-420). L'incunabolo Vatic. II. 200 (Ca- tullo e Tibullo del 1486) dovrebbe contenere, secondo F. Orsini, postille del Pontano, ma io non ce le ho vedute. I codici delle opere del Pontano in parte autografi, sono nove : sette Vatic. Ìat. 2837-2843, e due Vindobon. 3413; 9977 (I. I. Fontani Carmina, a cura di B. Soldati, Firenze 1902, I p. XXII; XXX).

*^ Scrive l'Ammanati (Iacobi Piccolomini iì^ts^. et Comment. f. 184i;) a Gentile da Urbino: 'Oro librum de quo agis mittas ad me. Vidi illum nun- quam nec audivi quidem, si verum quaeris. Gratus erit quod ignoravi, gra- tior quod ab interitu vivit, gratissimus quod tuo iudicio est Suetonii. Nil ilio vel significantius quicquam vel brevius '. E di nuovo allo stesso (f. 185 «): ' Libellum accepi; Suetonii haud dubie est; idque figura et nitor orationis

cap. IX)

GIORGIO VALLA 149

In questo periodo uno dei pili operosi e fortunati scopri- tori e raccoglitori fu il piacentino Giorgio Valla (1447-1500). Un importante manipolo di scrittori nuovi da lai rinvenuti è nella sua edizione degli Astronomici veteres ' Venetiis 1488 '. Oltre al Fragmentum Arati in Sicilia repertum e ai Germa- nici Caesaris Arati Phaenomena, che già conosciamo, compa- riscono qui per la prima volta M. Tulii Ciceronis Fragmentum Arati phaenomenon e Q. Sereni Medicinae liher. Vi sono com- presi poi quattro componimenti di Ruffo Festo Avieno (cosi lo chiama), ossia: (1) V Arati phaenomenon; (2) VOrbis terrae ambedue in esametri; (3) V Ora maritima, in senari; (4) un'Epi- stola poetica in 31 esametro. L' Orbis terrae abbiamo incon- trato in un codice, ora perduto, del Capra (p. 102) ; esso e V Arati phaenomenon stanno anche nel cod. Ambros. D 52 inf. sec. XV. L'Ora maritima era nuova, e solo assai più tardi fu rintracciata anche nel cod. Ortelianus, ma oggi riscomparso, sicché il testo del Valla rimane fonte unica ; solo dal Valla ci è stata conservata l'Epistola poetica. ^^ Parimente nuovo era il commento di Probo a Giovenale, pubblicato dal Valla a Ve- nezia del 1486 : e alla sua edizione unicamente dobbiamo la conservazione di questo scoliasta, che non può essere M. Va- lerio Probo di Berito, del quale sappiamo che mori per l'ap- punto prima di Giovenale. Verosimilmente accadde per Probo quello stesso che per Cornuto ed Acrone, al secondo dei quali, già l'abbiamo avvertito (p. 131), fu capricciosamente attri- buita una silloge di scolii marginali a Orazio, e al primo due sillogi di scolii marginali a Persio e a Giovenale. E come il Valla trovò una silloge di scolii giovenaliani col nome di Probo, cosi col medesimo nome ne vide una di scolii persiani nel principio del sec. xvi Curio Lancillotto Pasi:*^ se pure non si tratta di uno scambio fra Probo e Cornuto.

ostendunt. Gratias, non pecuniam remitto ad te; sic enim brevis scriptura est, ut me qualiscunque precii pudeat '. Gli opuscoli di Agostino furono stampati a Parma nel 1491. La prefazione anche in Biblioth. Smith. CCXL; l'indice dell'edizione in R. S. Spogli Ambrosiani 311.

*• Tkuffel-Schwabe Róm. Litteraturgesch. § 420, 7.

*'^ V. Appendice e.

160 I MEDICI, B. DELLA FONTE (cap. IX

I Fiorentini continuarono sempre le loro gloriose tradizioni. Della famiglia Medici vedremo (cap. xi) Piero di Cosimo in possesso di una cospicua suppellettile; e non meno ricca se la formò il suo fratello ed emulo Giovanni, che ne compilò verso il 1457 il catalogo a noi non pervenuto, e tenne assidua corrispondenza con amici, librai e letterati per aver codici, assoldando a tal fine copisti. E quando nel 1455 ritornò dal suo viaggio di esplorazione Enoch d'Ascoli, e Calisto III fece redigere l' inventario della libreria Vaticana di Niccolò V per venderla, il nostro Giovanni non dava pace al fratellastro Carlo, protonotario in Eoma, perché gli procurasse acquisti dall'uno e dall'altro.'*'^ Ma difficilmente nella sua collezione si trovavano delle novità. Queste invece erano nei codici, non certo cosi numerosi ma scelti, di Bartolomeo Della Fonte (1445- 1513), che si procacciò fama anche come emendatore di testi e come editore di Celso (sopra n. 12). Ne' suoi manoscritti compare per la prima volta il Testamentum porcelli, copiato di suo pugno nello zibaldone Eiccardiano 907 (f. 114; 118). Un altro suo zibaldone, il Riccard. 673, scritto verso il 1468, quand'era alla scuola di Bernardo Nuzzi, contiene in bella calligrafia M. Giunio Nipso De mensuris (f. 219-224); il che prova che già sin da allora aveva a mano il cod. Laurenz. 29.32 sec. XI, dove fra vari estratti gromatici anonimi due hanno il nome : 1' uno di Giunio Nipso, l' altro di Giulio Frontino ; e anche il secondo fu a sua conoscenza, perché se ne servi in due trattati epistolari sui pesi e sulle misure antiche.*^ Emendò

4< V. Rossi L' indole e gli studi di Giovanni di Cosimo de' Medici 17 ss. Ai manoscritti qui enumerati si aggiunga il Columella Laurenz. 53. 27 ven- duto a Giovanni da Poggio, un' opera dedicatagli nel 1449 da Feo Belcari, cfr. A. Tenneroni Bibliotheca Manzoniana 47, e forse il cod. Genovese Uni- vers. E V 12 (Cicerone Opere rettoriche) : ' Gherardus Cerasi us florentinus scripsit Florentie MCCCCLXVII ', perché Gherardo del Ciriagio era l'ama- nuense di Giovanni. Il Ciriagio nel 1452 copiò anclie il Giovenale di Dresda D<= 156. Altre notizie sull'operosità bibliofila di Giovanni produce F. Pintor Per la storia della libreria Medicea nel Rinascimento, Firenze 1904, 7-17.

<5 Questo codice gromatico al tempo del Poliziano {Jbjpistol. I 2) era nella biblioteca privata dei Medici. Esso contiene anche un carme delle Selve (Il 7) di Stazio.

cap. IX) B. DELLA FONTE, IL POLIZIANO 161

Livio adoperando il codice ora Laurenz. 63. 20,*^ allora del monastero di S. Marco ; e dalla biblioteca di S. Gimignano si trasse un ' vetustus codex ' di Persio, che gli fu utile per il commento di questo autore. La storia del celebre cod. Va- tic. 3277 sec. ix di Valerio Fiacco comincia col Della Fonte, che primo o almeno fra' primi 1' ebbe in possesso. Il Valerio Fiacco scoperto da Poggio a S. Gallo nel 1416 era mutilo, comprendendo soli tre libri e mezzo (I-IV 317); completo è invece il Vaticano, da cui derivarono tutti gli apografi integri del sec. xv. Ora il Della Fonte nel 1481, mentre leggeva VAr- gonauticon nello Studio fiorentino, introdusse un emendamento, felice emendamento, al lib. V 75, sostituendo alla lezione di- plomatica CallirJioan, ' ut etiam in vetustis codicibus scriptum est ', la congetturale CallicJiorum, desunta da Apollonio Eodio (II 906). Il luogo emendato entra nella porzione di testo che manca al cod. Sangallese e perciò mette capo al Vaticano o direttamente o indirettamente: meglio direttamente, perché egli parla di ' vetusti codices '. Nel 1488 l' Ugoleto venne d'Ungheria a Firenze; e in quell'occasione mostrò al Poli- ziano l'antichissimo (' perveterem ', ' vetustissimum ') mano- scritto di Valerio : donde e come capitato nelle sue mani, ci rimane oscuro.*^

Ma in Firenze nessuno raggiunse durante questo periodo la genialità investigatrice di Angelo Ambrogini detto il Poliziano. In tutte le librerie dei raccoglitori e degli studiosi fiorentini egli frugò e ne scovò testi preziosi: dalla libreria privata de' Medici i frammenti dei Gromatici, nominati pili su (p. 150); Columella ' vetustissimus liber literis langobardis exaratus';*®

« e. Marchesi Bartolomeo Della Fonte 142-164.

*• Per r Ugoleto Politun. Misceli. Ve LXXXIX; pei- il Della Fonte Mar- chesi op. cit. 19; 56; 102; 104; 138-141; 149; 194.

*^ PoLiTiAN. Misceli. XXXV e LXXVII, ora cod. Ambros. L 85 sup. sec. ix-x; cfr. HiiussNER Die handschrift. Ueberlieferung des L. lun. Mod. Colu- mella, Jahresboricht del Ginnasio di Karlsruhe 1889; 10; 12-14; A. M. 13an- DiNi liagionamento storico sopra le collazioni delle fiorentine Pandette fatte da A. Poliziano, Livorno 1762, LX Villi. Il cod. Ambros., ancorché non sia quello collazionato dal Poliziano, fu adoperato certo nel sec. xv, al quale

162

IL POLIZIANO (cap. IX

Ovidio ; ^^ e il ' volumen antiquissìmum ' delle Epist. ad fam. di Cicerone (ora Laurenz. 49. 9 sec. ix-x);^'' dalla bi- blioteca Medicea pubblica di S. Marco il ' liber vetustissimus lau.^obardis literis ' di Marziale (perduto); ^^ i due 'vetustis- sima exemplaria ' della Natur. Histor. di Plinio (ora Lau- renz. 82. 1-2); 5^ il famoso ' venerandae vetustatis exemplar ' di Varrone De re r. e Catone De agric. (perduto) ;^2 il ' codex vetustus ' delle Tragedie di Seneca, ^^ detto Etruscus (Laurenz. 37. 13 sec. xi-xii); i ' libri vetustissimi ' di Marziano Capella;^^ il 'vetustus codex' d' Ovidio ;5^ e un antico codice di Svetonio.^''' Presso famiglie private fiorentine trovò pure buoni esemplari: cosi gli offersero un Marziale Pandolfo Eu- cellai e Bernardo Michelozzo,^^ questo secondo anche un Ma- crobio ' vetustissimus \^^ Niccolò Michelozzo un ' liber per- vetus ' delle Epistole di Seneca ;6o ebbe da Francesco Gaddi un ' vetustus codex langobardis exaratus literis ' di Giove- nale, ^i da Giorgio Antonio Vespucci un 'vetustissimus liber' d'Orazio. 62 Anche le biblioteche fuori di Firenze gli fornirono

appartengono le rare postille marginali di due mani diverse ; p. es. al f. 82 V 1' una di esse, di fronte a quom del testo segnò ' corrige quum ' , e r altra soggiunse rimbeccando ' iramo quom, quod est adverbium temporis'. Della scrittura del Poliziano ninna traccia,

^9 P. OviDi Nasonis Tristium libri Frec. S. G, Owen, Oxonii 1889, XII- XV; Bandini o^p. eit. LX-LXI.

50 G. KiRNEE in Studi ital. IX, 1901, 399 ; 403-404.

51 PoLiTiAN. Misceli. XXIII ; Epistol. VII 35. Questo Marziale è perduto, W. M. LiNDSAY in The class. Review XIV, 1900, 417.

5-2 PoLmAN. Misceli. XXIV ; XXXII ; L ; LVII ; LXI ; Bandini op. cit. LXVI s.

53 PoLiTiAN. Misceli. XXXV; M. Porci Catonis De agric, M. Terenti Varronis De re rust. ree. Keil, Lipsiae 1884, I, III-VII.

54 PoLiTiAN. Misceli. XVII.

55 Id. Misceli. LIX.

5^ Cfr. l'ediz. citata d' Ovidio a cura dell'Owen ibid., Bandini ib. LXs. 5' PoLiTiAN. Misceli. XCVII. 5^ Id. Misceli. XXIII.

59 Ib. LXI.

60 Ib. LXXVII.

61 Ib. XLVI.

62 Ib. X. Molti codici posseduti dal Vespucci sono oggi in Laurenziana, p. e. Ovidio Laurenz. Marc. 223 ; per altri vedi Bandini Cod. lat. V 766 (in- dice). Sul Vespucci (m. 1514) cfr. Mehus Vita A. Travers. LXXIs : ' huius

cap. IX)

IL POLIZIANO 163

codici : r Urbinate del duca Guido da Montefeltro un ' codex pervetus ' di Giovenale '^^ e l'Aragonese del re Ferdinando un Plinio Nat. Hist.^ Di origine ignota sono altri manoscritti nominati dal Poliziano: un 'vetustum exemplar ' della Histor. Aug,:^^ uno Svetonio antico, ch'egli possedeva di suo;^'' un ' antiquissimus liber' del De divinai, di Cicerone *^^ e un ' vetu- stissimum commentarium ' di Persio, ' literis quas langobardas vocant '.^^

Il Poliziano intraprese fuori di Toscana ^^ due viaggi, ai quali si riconnette la storia degli studi classici. Il primo fu a Koma in compagnia degli ambasciatori fiorentini, quando andarono nel 1484 a porgere le congratulazioni della loro città a Innocenzo Vili assunto allora al pontificato. Il nostro Angelo ne approfittò per visitare le librerie degli umanisti di Roma. In quella di Agostino Mafi'ei vide molti ' libros vete- res ';^° in quella di Bernardino Valla il 'codex vetustus ' di Properzio ; ^^ presso il Rallo e il Leto i frammenti di Pompeo

sunt in bibliotheca (S. Marci) codices tura graeci tura latini quaraplurimi, quos vel ipse sibi scripserat vel bine inde conquisierat '.

«3 PoLiTiAN. Epistol. VII 35.

^* Bandini Magionamento storico LXVII,

65 Bandini op. cit. XLVIIIs.

^^ ' quem nunc ipsi domesticum possidemus ' Politian. Misceli. XCVII.

67 Ib. LUI.

^^ Ib. XLIV. Nel commento al proemio il suo codice leggeva : ' Pega- SEiuM NECTAR, in aliis melos '; invece il testo degli scolii persiani legge: ' Pegaseium melos, in aliis nectar '. Sarà un errore di memoria? Dalle Mi- sceli, altre notizie si potrebbero ricavare, ma le tralasciamo, perché non hanno vera importanza pel nostro argomento.

s^ Precedentemente aveva fatto qualche giro in Toscana, p, e. nel 1478 a Pistoia, dove visitò la biblioteca di Zomino : ' Visitiamo... qualche volta la libraria di maestro Zambino, che ci ho trovate parecchie buone cosette et in greco et in latino ', A. Poliziano Prose volgari etc. race, da I. Del Lungo, 61. Sul viaggio a Roma del 1484 e su un altro nella primavera del 1488 vedi I. Del Lungo Florentia, Fir. 1897, 240; 242.

■0 Politian. Epist. VI 6.

'1 Id. Misceli. LXXXI. L'esemplare Corsiniano dell'ediz. del 1472 di Ca- tullo Tibullo Properzio e delle Selve di Stazio contiene le collazioni del Po- liziano a questi quattro autori, famose sopra tutte, per le discussioni a cui han dato luogo, quelle alle Selve. Le collazioni a Tib. Cat. Prop. portano la data del 1485 ; ma quanto a Properzio si noti il seguente poscritto : ' Propertium cum vetusto codice contulimus sed quae de ilio sumpsimus haut

154 IL POLIZIANO (cap. IX

Festo, '2 dei quali abbiamo accennato, '^ Egli se ne allestì una copia, giunta fino a noi, preziosa per il quinterno XVI, di cui s'è perduto l'originale J* Esplorò inoltre la biblioteca Vaticana, dove notò in singoiar modo un ' vetustissimum exemplar ' di Svetonio, un Marziale ' mediae antiquitatis ' e un Vergili© ' maiusculis characteribus exaratus '. È questo uno dei più an- tichi manoscritti vergiliani, il Vatic. 3867 sec. v-vi, che i filo- logi designano con la sigla R (= Komanus).''^

Nel secondo viaggio, che ebbe luogo nel 1491, percorse l'alta Italia. A Bologna nel monastero di S. Domenico trovò di notevole uno Svetonio. ^"^ A Verona un giovine. Bernardino, parente di Domizio Calderino, gli prestò ' pagellas quaspiam antiquissimi voluminis ' di Marziale ; '^'^ ivi strinse relazione anche col frate agostiniano Matteo Bossi, veronese, che due anni dopo (1493) gli mandò a Firenze dei frammenti anti- chissimi di Ausonio e Prudenzio. ^^ Ma i migliori acquisti li fece a Padova e a Venezia. In Padova ebbe dallo spoletino Pietro Leoni, allora professore di medicina in quello Studio, ' M. Manlio astronomo e poeta antiquo... libro che io per me non ne viddi mai più antiqui ' ; se lo portò a Venezia, dove lo

asoripsimus huic codici sed in libello rettulimus qui est inscriptus Anti- quarum emendationum '. Si vede pertanto che il codice di Properzio pre- statogli da B. Valla se 1' era collazionato a parte sul quaderno Antiquarum emendationum, il quale, per quanto ne so io, non e' è pervenuto ; cfr. C. Hosius in Bliein. Mus. N. F. XLVI, 1891, 583, dove però i documenti sono interpretati un po' diversamente.

'2 Id. Misceli. LXXIII.

'3 V. p. 145.

■''♦ De Nolhac La biblioth. de F. Orsini 215.

"5 PouTJAN. Epistol. IV 9; VII 35; Misceli. XXIU ; LXXI; LXXVII. La bi- blioteca Vaticana è da lui designata ora con ' Vaticana bibliotheca ' o ' in- tima Vatic. biblioth. ' ; ora con ' Palatina bibliotheca ' o ' intima Palat. bi- blioth. ' : certo per distinguerla dall' archivio della basilica di S. Pietro. E entrò in Vaticana sotto Sisto IV, Mììntz et Fabre 146 ; proveniva dalia Francia, De Nolhac in Mélanges d'arch. et d'hist. IV, 1884, 316-318. Il Po- liziano adoperò anche il fiimoso Servio Vatic. 3317 sec. x (yERvii... In Ver- gil. commentarvi ree. Thilo et Hagen, III, I p. XII) ; ma non so di dove P abbia avuto.

'6 PoLrriAN. Misceli. XCVII.

" ib. xxm.

'* Vedasi l' ediz. di Ausonio curata dal Peiper, Lipsiae 1886, XLIIs.

cap. IX)

IL POLIZIANO 156

'riscontrò con uno in forma' (= a stampa): questa collazione, che sarebbe fondamentale per il testo, non s' ò ancora rintrac- ciata 0 andò perduta.''^ A Venezia potè ammirare il celebre Terenzio di Bernardo e Pietro Bembo, ai quali deve il nome, e confrontarlo con 1' edizione del 1473 ; ^^ e dall' ' antiquissi- mus codex ' del patrizio Giovanni Gabriel si trascrisse Ada- manzio Martirio, autore allora nuovo. ^'

Fra gli scrittori che poterono esser messi in luce la prima volta dal Poliziano additiamo il Poeticon astronomicon di Igino, da cui ricava due passi, ^^ e una biografia vergiliana, da cui cita l'etimologia del nome del poeta ' a virga laurea '. ^^

'^ V. Appendice f.

80 Bandini Bagionamento storico XLIIIs; la collazione ha la data 'Anno 1491 die 23 iunii '; cfr. anche K, Dziatzko in Bhein. Mus. N. F. XLVI, 1891, 49-50. ' Erat enim liber, soggiunge il Poliziano, paene litteris simillimis canini quibus et Pisanae Pandectae et Vergilianus Palatinus codex est exa- ratus '. Nel Bembino f. 96 e 97 in due spazi che erano rimasti vuoti una mano del sec. xv, che si crede del Poliziano, trascrisse due Epigrammi : ' Quis deus hoc medium ', ' Fabula constituit ', dal BÌIhrens P L M \ 216 attribuiti a Draconzio. Può darsi che il Poliziano li abbia trovati in un co- dice di qualche umanista veneziano e trascritti sul Bembino come ricordo della visita fatta ai possessori.

**' Il cod. Monac. lat. 766 contiene la copia di Martirio di pugno del Poliziano: * Die VI iunii MCCCCLXXXXI. hora circiter XII. Venetiis in aedi- bus Herculis Ferrariensis ducis coepi liunc excribere ex antiquissimo codice libelluni : cuius erat dominus lohannes Gabriel Venetus patricius '; Gram- mat. lat. VII 136 K. Nel 1493 lo stesso autore fu scoperto anche a Bobbio.

82 PoLiTUN Misceli. XXVIII e LXVIII, da confrontare col testo di Igino, ' Basileae 1549 ', II 75 ; 76. È però da avvertire che a Siena esiste una copia del Poetic. astron. scritta da Gio. Pietro Costantini nel 1475 (cfr. N. Ter- zAGHi in Studi ital. XI 410).

^ PoLiTiAN. Misceli. LXXVII: ' a Vergiliis ipsis vel item avere pro- prium hoc nomen (Vergilìus) crediderim inclinatum, potius hercle quam a virga, quod quidam nugantur, laurea. Nam id cum apud autorem minus idoneum inveniatur...'. Chi sarà V autor minus idoneus ? Nella Vergili vita di Donato si legge di un ramus laureus sognato dalla madre del poeta prima del parto, e di una virga populea piantata dopo il parto: dalla con- taminazione delle due leggende nacque la virga laurea, da cui il poeta avrebbe preso il nome, R. S. in Studi ital. VII 41-42. La contaminazione comparisce p. e. nel De excell. virorum pi'incipibus di Antonio Cornazzano, composto tra il 1452 e il 1471, dove la Vita Virgilii comincia cosi: ' Nacque al migliar de la città sicondo, Essendosi sognata anzi la madre Un lauro far che giva al ciel profondo. Virgilio da tal vergha el chiamò el padre '. Ma non mi par probabile che a questo autore alludesse il Poliziano, si piut-

156 G. MEEULA (cap. IX

Senza riserva invece gli va assegnata la scoperta di Pelagonio, il cui testo anzi ci è tramandato nell' unico suo codice, fatto da lui copiare a Firenze nel 1485.^*

Dal doppio viaggio di esplorazione del 1484 e del 1491 preziosi rinvenimenti riportò il Poliziano ; ma i rinvenimenti suoi dovevano essere sorpassati da quelli di un suo rivale, Giorgio Merula, sotto i cui auspicìi fu fatta la clamorosa sco- perta dei codici di Bobbio negli ultimi mesi del 1493. Per quanto forte fosse nell' umanista fiorentino il sentimento del- l'orgoglio personale e della gelosia, questa volta prese in lui il sopravvento l'indomito amore per gli studi e scrisse al Me- rula, mitigando alquanto l' acredine che gli pungeva l'animo, per invitarlo a far di pubblica ragione i nuovi testi. Il Me- rula sopravvisse poco alla gioia della scoperta, poiché mori il 18 marzo 1494; e allora il Poliziano, raddolcendo viepiù r amarezza interna, rivolse a Lodovico il Moro offrendosi di aiutare la pubblicazione degli autori Bobbiesi ; senonché

tosto a qualche vita medievale, come quella pubblicata di su un codice del sec. vili da M. Petschenig in Wiener Studien IV, 1882, 168-169, nella quale è scritto: ' Virgilius a virga laurea, idest mater eius pregnas fuit: vìdit se ipsam enixam fuisse virgulam lauream... '. È chiaro che l'etimologia nacque dopo che si cominciò a pronunciare Virgilius.

**^ Il codice fatto copiare dal Poliziano è il Riccardiano 1179, che con- tiene nei f. 1-28 Commentum artis medieinae seu veteranaeriae Pelago- niorum Salonìniorum. Pochi fogli palinsesti anche nel cod. Vindobon. 16, proveniente dalle scoperte di Bobbio del 1493. L' ediz. pr. usci a Firenze nel 1826 per cura del Sarchiani e Cloni, cfr. M. Ihm in Ehein. Mus. N. P. XLVI, 1891, 371; l'Ihm ne curò una nuova edizione, Lipsiae 1892. Il cod. Riccardiano contiene inoltre, come abbiamo accennato (cap. VII n. 18), l'epistola di Vindiciano a Pentadio. Sui codici del Poliziano in Vaticana vedi De Nolhac La biblioth. de F. Orsini 208-215; un suo autografo di estratti da autori latini pare il Marucelliano C 221, I. Del Lungo Florentia ìlln. Altri testi allora di recente scoperti e noti al Poliziano sono : il com- mento di Filargirio (Misceli. LXXXIX e De Noi.hac 211); le Suasoriae et Controversiae di Seneca (Misceli. VII; LIX; LX; e M. Ihm in Bhein. Mus. L, 1895, 367-368); i aromatici (Poutian. Fpist. I 2; Misceli. LXXXVI); le Fpist. ad Att. nel cod. Laurenz, 49. 18 (ilfisceii. XXXIV) ; il Valerio Fiacco Vatic. mostratogli dall' Ugoleto (Misceli. V e LXXXIX).

cap. IX) IL MERULA, IL GALBIATE 157

la risposta fu cortesemente negativa ^•'^ e a Ini fu tolto di ve- dere pur uno di quei sospirati antichi, novellamente risorti, che la morte lo colse, ahi ! immaturamente, tra il 28 e il 29 settembre del 1494.

L'alessandrino Giorgio Merula, allievo del Pilelfo, profes- sore per molti anni a Venezia, dal 1483 a Pavia, dal 1486 a Milano, ^^ editore e commentatore testi classici e violento polemista, non era nuovo alle esplorazioni e alle scoperte, poiché sappiamo come già avesse frugato nella chiesa di S. Bustorgio a Milano cavandone alcuni Epigrammi del Catalogus urhium di Ausonio. ^^ Ma soprattutto sviluppò la sua opero- sità indagatrice negli anni dal 1488 al 1493, dopo che Lodo- vico il Moro gli aveva affidato l'incarico di comporre una Historia Vicecomitum ; per il che institui indagini ad Ales- sandria, a Voghera, Asti, Pavia ; e dove non poteva andare in persona, scriveva perché gli procurassero documenti. ^^ A questo scopo si lega anche l'escursione alla badia di Bobbio; ma l'escursione non fu intrapresa da lui, bensì dal suo fido amanuense Giorgio Galbiate, uomo di cultura superiore alla sua condizione, al quale la posterità, giusta dispensiera, as- segna buona parte della gloria, che il vanitoso Merula si ar- rogò tutta per nel pomposo annunzio che dava della sco- perta il 31 gennaio 1494 al duca Lodovico il Moro.^^

35 PoLiTiAN. Epist. XI 2; 5; 6; 7; 10; 11; 13.

*s Gabotto e Badini Gonfalonieri Vita di Giorgio Merula, Alessandria 1894, 166-169.

*' Nella dedica dell' edizione di Ausonio ' Mediolani . . . anno domini MCCCCLXXXX. die XV septembris ' cosi scrive Giulio Kmilio Ferrari f. A llv : ' adiecimusque ex catalogo ilhistrium urbium nonnulla excerpta epigram- niata quae Georgins Merula polyistor praeceptor noster et primarius dicendi artiftìx in bibliotheca divi Eustorgii prinius indagavit '. II Parrasio possedeva un Solino del Merula; scrive infotti da Milano 1605 circa: ' hic alterum (Solinuni) habeo vetustissimum, qui Mernlae fuisse dicitur ', F. Lo Parco A. G. Parrasio, Vasto 1899, 162.

^ Ciò è ampiamente narrato in Gabotto e Badini Gonfalonieri op. cit. 214-225.

"3 La lettera è ripubblicata da O. von Gebhardt Ein BUcherfund in Bobbio in Centralblatt fur Bibliotheksio. V, 1888, 344. Lo scoliasta della seconda metà del sec. xv, che postillò il cod. Ambros. B 131 sup. di Mar- ziale (su cui vedi E. S. Spogli Ambros. 329-342), alVEpigr. I 86, 6 scrisse

158 IL MERULA, IL GALBIATE

(cap. IX

Un certo numero di codici scoperti a Bobbio vennero tra- sportati a Milano, dove li vide Michele Forno, che andato poi a Koma fu subito circondato dagli umanisti romani, Pom- ponio Leto innanzi tutti, i quali non facevano che esaltare i meriti del Morula e tempestare di domande il Perno sui par- ticolari della scoperta dei nuovi autori, circondandolo di una talquale venerazione, perché aveva avuto la sorte di vederli e di leggerli. Questo scriveva egli in una lettera al Morula data da Koma il 13 febbraio 1494.^° Non v'ha dubbio per- tanto che il Gralbiate recò seco a Milano alcuni codici : e se è lecito produrre una congettura, dovremmo pensare che fos- sero gli esemplari di quei sei autori, pei quali il duca gli concesse il privilegio di stampa con rescritto del 5 settembre 1496. I sei autori sono cosi indicati: (1) Terentianum Be me- tris et syllahis Horatii] (2) Fortunatiauum De carminibus Horatii; (3) Velium Longuni T)e ortJiographia ; (4) Atlaman- tiuni De orthographia; (5) Catholica Probi; (6) Cornelii Fron- tonis Elegantias.^^ L'anno dipoi il Galbiate diede alla luce, coi tipi dello Scinzenzeler, Terenziano, a cui non tennero dietro gli altri cinque. E naturale che i codici originari, dopo che egli se ne sarà estratti gli apografi, sieno ritornati a Bobbio.

In séguito altri visitarono Bobbio con l' intendimento di copiare o asportare taluni dei famosi manoscritti nuovamente trovati; e ciò argomentiamo dal vedere che uno di essi, la Q.09\àA.Qii2i Sulpiciae satira, fu stampata a Venezia nel 1498 ^^ e a Parma nel 1499. Sappiamo del resto da Raffaello Maffei il Volterrano che ' bona pars ' di quei libri ' est advecta in

' Terentianus qui de carminibus scripsit hic fuit tempore Domitiani '; e più tardi aggiunse: ' vir doctissimus qui comicos poetas reducere studuit ad legem carminum ut ab auctoribus constabant, quia iam timi corrupti eraut versus comicorum sicut etiam nunc ; composuit etìam pleraque alia '. Avrà forse avuto in mano il Terenziano di Bobbio?

^ Pubblicata da Gabotto e Badini Gonfalonieri 204, 1 : ' Me denique ve- neratione quadam prosequuntur, quod vidisse atque legisse ea me intelli- gant. Nunc litterarum formas, nuiic vetustatem querunt '.

8' Ripubblicato di su 1' ed. pr. di Terenziano da Gkbhardt op. cit. 349; e da Gabotto e Badini Gonfalonieri 202, 1 di su l'originale dell'Archivio di Milano.

8* Gebhardt 401-402,

cap. IX)

IL PARKASIO 159

urbem ' (Komam) da Tommaso Inghirami soprannominato Fe- dra ; e siccome l' Inghirami dimorò nel 1496 alcuni mesi in corte del duca Sforza, cosi è aperto l'adito a una doppia ipo- tesi : 0 eh' egli abbia fatto un' escursione a Bobbio e si sia impossessato di alcuni di quei codici o che li abbia trovati presso qualche umanista milanese che fosse andato colà a prenderli o a copiarli.^^ Certo è in ogni modo che l' Inghirami trasferi a Eoma uno dei manoscritti originali Bobbiesi, quello che conteneva la raccolta delle opere gromatiche e che ora è l'Aug. fol. 36.23 di Wolfenbiittel.^*

Sappiamo inoltre che visitò la badia di Bobbio anche Aulo Giano Parrasio, l'erede e il continuatore dei metodi del Valla del Poliziano del Leto, il più illuminato umanista e il critico pili geniale del suo tempo. Negli anni 1499-1506, ch'egli visse a Milano, spiegandovi la sua feconda attività di maestro, edi- tore, commentatore,^^ ebbe occasione di recarsi a Bobbio sulle tracce della preda, com' egli dice (' vestigiis ad interceptae praedae cubile deducti ') e aiutato da Stefano de Poncher, dal 1503 vescovo di Parigi e dal 1504 cancelliere del duca di Milano, potè impadronirsi di alcuni codici Bobbiesi, di altri trarsi o farsi trarre gli apografi."^ Cosi salvò negli originali Carisio, ora IV A 8 della Nazionale di Napoli, e la silloge grammaticale del cod. Vindobon. 16; negli apografi i carmi di Draconzio, IV E 48 Nazion. di Napoli, e le opere gramma- ticali sia dei codici TV A 11; IV A 12 di Napoli sia delle due edizioni da lui curate: ' Mediolani 1504 '^^ e ' Veicetiae 1509 '.^^ Possiamo ben dunque affermare che se i nuovi autori furono scoperti dal Galbiate e dal Merula, furono poi risco- perti dal Parrasio, al quale dobbiamo soprattutto la conser- vazione della molteplice e preziosa suppellettile grammaticale

!^3 Gebhardt 351 ; 356.

^* Gebhaudi 426-427.

^5 Su questo periodo della sua vita vedasi Lo Parco op. cit. 31-69.

9^ Sulle sue gite a Bobbio efr. Gebhardt 353-356.

'^ ' Hoc in volumine continentur auctores infrascripti : Probi instituta artiuin, Maximi Victorini ' etc.

"* 'In hoc codice continentur: Instituta artium Probique catholica ' etc. Gebhardt 353-354; 861; 391 ; 408; 414; 417.

160 I CODICI DI BOBBIO (cap. IX

di Bobbio. E a lui dobbiamo anche la scoperta e 1' edizione degli inni di Sedulio e Prudenzio, trovati probabilmente nei monasteri di Milano. ^^

Vediamo ora di determinare gli autori e le opere nuove restituite agli studi dai codici Bobbiesi. Di essi conosciamo tre elenchi: quello parziale del Galbiate, di cui abbiamo già discorso; uno tramandatoci dal Volterrano nel lib. IV dei Com- mentarii urhani^'^ e un altro trascritto avanti il 1503 dallo scrivano pontificio Giacomo Aurelio von Questenberg nel cod. Universitario di Hannover XLII. 1845.^°^ Ne pubblicò uno anche il Merula, com'egli afferma nella lettera a Lodovico il Moro e ripete nella risposta al Poliziano, ^^^ ma non c'è ar- rivato. Combinando i tre elenchi e aiutandoci con le edizioni principi e coi codici rimastici o negli originali o negli apografi, stabiliamo le seguenti scoperte, che distribuiamo in categorie.

Scienze : il Computus Graecorum et Latinorum ; il Com- putus per digitos; la Raccolta gromatica o degli Agrimensori, che gli elenchi citati specificano con sei titoli. I due Computi son perduti. I Gromatici erano noti già prima nel codice per- duto del Petrarca (p. 25) e negli estratti del codice Lauren- ziano (p. 150); la collezione Bobbiese era più completa di quest' ultimo ; il codice originale si conserva a Wolfenbtittel.

Poesia: gli Inni di Prudenzio; i Carmi di Draconzio ; *°' Rutilio Namaziano; Y Heroicum Sulpiciae Carmen; i XXX Epigrammata. Tutti nuovi, perché pare che il codice di Dra- conzio scoperto dal Corio contenesse opere diverse dal Bob- biese. I LXX Epigrammata andarono perduti ; in essi dob- biamo scorgere la stessa raccolta dei Versus LXX, della quale il cod. Salmasiano dell'Antologia latina ci ha conser- vato i soli primi cinque e tre versi del sesto. Degli Inni di Prudenzio si è salvato 1' originale nel cod. Ambrosiano D 36 sup. Draconzio ci è arrivato nell'apografo della Nazionale di

^^ V. Appendice g. ><» Roniae 1606, f. LVI.

101 Quest' ultimo pubblicato la prima volta da Gebhardt 357-358,

102 Gebhardt 345 ; 346.

103 I n.i I-X del BàHRENS P L M Y 128

cap. IX)

1 CODICI DI BOBBIO 161

Napoli IV E 48, posseduto dal Parnasio ;^^* Kutilio in due apografi e nell' ed. pr. ' Bononiae 1520'.^"^ I versi esametri di Sulpicia ci furono tramandati da due edizioni, come già abbiamo detto (p. 150), la veneziana del 1498 e la parmigiana del 1499, indipendenti l'una dall'altra.

Commenti. L'elenco del Volterrano reca: Paraphrasis su- per sex Virgilii libris; Trium eglogarum Virgilii enarratio- nes. Con super sex Virgilii libris non si può intendere che l'Eneide; e allora considerando la parola paraphrasis, noi corriamo subito col pensiero al commento di Tiberio Claudio Donato all'Eneide, commento a cui più che a ogni altro si addice il titolo di parafrasi. J]sso era stato stampato, in una forma frammentaria, più volte prima del 1493/°^ ma nel co- dice Bobbiese era anonimo e n^ il Merula il Galbiate ri- conobbero r autore. Nelle Eglogarum Virgilii enarrationes dobbiamo scorgere il commento di Probo o meglio dello Pseu- doprobo alle Egloghe e alle Georgiche di Vergilio messo alle stampe in Venezia nel 1507 da Giovanili Battista Egnazio, il quale dichiara solennemente d'averlo tratto 'ex vetustissimo codice manu scripto Bobii quondam a Geòrgie Merula in- vento '. E Trium premesso dal Volterrano a eglogarum'^ sarà un abbaglio commesso o dall'amanuense o dall'operaio tipo- grafo, in luogo di Frohi. Nemmeno quest'opera era nuova, poiché il commento di Probo fu adoperato dagli umanisti assai prima del 1493. i"^

io< Per i LXX Epigr. vedi Gebhardt 405; per Prudenzio id. 390; l'ed. pr. intiera di Draconzio usci il 1873, id. 391.

105 Un apografo è nel cod. Vindobon. 277, in parte di mano del Sanna- zaro ; il Gebhardt 394-401 mira a dimostrare che il testo del cod. Bobbiese è perduto e che V apografo del Sannazaro discende da un altro esemplare da lui scoperto in Francia ; ma noi abbiamo già accennato (n. 14) come la discussione dello Schenkl giunga a conchiudere che l'apografo del Sanna- zaro deriva dal Bobbiese. Dell'altro apografo la collazione C. Hosius in Bliein. Mm. N. F. LI, 1896, 197-210.

i'^' V. sopra p. 132 e R. S. Spogli Ambrosiani 203.

10' R. S. Spogli Ambrosiani 336, 1; Gebhardt 385; 387-388; il quale in- vece vuole vedere nella Paraphrasis e nella Enarratio l'opera di un solo commentatore e nega perciò l' identità di una di esse col Probo dell' Egnazio, ih. 383-390.

R. Sabbadini Le scoperte dei codici. 11

162 I CODICI DI BOBBIO (cap, IX

Lessicografia. Gli elenchi danno : Liher persimilis I. Pol- luci de vocabulis rerum ; era cioè un glossario latino-greco, non per ordine alfabetico, ma per materia. Si è perduto. ^°^

Grammatica e metrica. Carisio ^°^ ed Excerpta dallo stesso;"" Terenziano Mauro ;"^ due libri dell' J.rs di Butiche;**^ M. Claudio Sacerdote Artium grammat. libri II \^^-^ Probi Catho- lica;^'^^ Probi De nomine;^^^ il De uUimis syllahis ad Caele- stìnum^^^ erroneamente attribuito a Probo dal Parrasio ; un anonimo De nominum verborumque differentiis,^^'' a cui il Par- rasio diede il nome di Frontone; Avusiano Messio Exempla locutionum,^^^ che per errore del codice portano anche il nome di Frontone; Cesio Basso De metris,^^^ confuso dai primi edi- tori con Atilio Fortunaziano; un supposto Cesio Basso Demetris Horatii',^^^ V Ars ài Atilio Fortunaziano ;*2^ un frammento di Donaziano;^^^ il De orthographia di Vello Longo; ^^^ Adamanzio Martirio De b muta et v vocali ;^^^ Maximi Victorini De quanti- tate syllabarum o De ratione metrorum\^^^ il cosiddetto Me- trorìns De finalibus syllabis;^^^ Servio De naturis ultimarum 0 De finalibus litteris ;^^'^ e il Centimetrum dello stesso ;^2*

10^ Sull'affinità di questo glossario con quello pubblicato nel 1573 dallo Stephanus vedi Gebhardt 419-424. 103 Keil Gramrnat. lat. I 3. 110 K. I 533. Ili K. VI 325. ii« K. V 447. 113 K. VI 427-495. ii< K. IV 3. "5 K. IV 207-226. 118 K. IV 219. '" K. VII 519. 118 K. VII 449. "9 K. VI 255. 120 K. VI 305. 12' K. VI 278. i'''^ K. VI 275. l«3 K. VII 39. 12< K. VII 165.

125 K. VI 216.

126 K. VI 229. !«' K. IV 449. '28 K. IV 456.

cap. IX)

1 CODICI DI BOBBIO 163

Sergii In artem Donati primam, altrimenti Commentarium de luterà \^^^ lo Pseudosergio De arte grammatica •,^^^ V Ars di Vittorino col nome di Palemone;^^^ estratti di Macrobio e di altri grammatici anonimi. ^^^

Tutti questi autori sono contenuti in due codici originali Bobbìesi, l'uno il Napoletano lY A 8, l'altro il Vindobon. 16, ai quali aggiungo dubitativamente un terzo, il cod. 317 di Nancy; '^'^ in due apografi Napoletani, IV A 11; IV A 12; e in tre edi- zioni : la milanese del 1497 (Terenziano Mauro) curata dal Galbiate, la milanese del 1504 e la vicentina del 1509 curate dal Parrasio. Adamanzio era già conosciuto prima a Venezia, dove lo copiò il Poliziano nel 1491 ; Massimo Vittorino, il co- siddetto Metrorius, i due opuscoli di Servio e il commento di Sergio si trovavano in codici della metà circa del sec. xv e nell'ed. pr. di Milano del 1473 ;i34 Eutiche e VArs di Vittorino col nome di Palemone vennero più tardi in luce anche per via di altri codici: tutti i restanti autori e testi, che ho nominati, ci furono tramandati unicamente dai codici Bobbiesi, siano gli

IS5 K. IV 475.

130 K. VII 537-544.

131 K. VI 187; 194-196.

1^2 K. V 631-633, cfr. 596; VI 273-275; 620-629.

'33 II cod. Nazionale IV A 8 di Napoli oltre Carisio contiene estratti di altri autori; e cosi il cod. Vindobon. 16 buon numero di scrittori sacri, più ì Nomina VII montium eterne urbis romae e due opuscoli non gramma- ticali di Prisciano : (1) De ponderibus, da lungo tempo noto agli umanisti; (2) il carme De laude anastasii imperatoria, che tornò la prima volta alla luce per mezzo del nostro codice e che solo in esso è tramandato integro. Vi sono anche molti fogli palinsesti con frammenti di Lucano e di Pela- gonio. La descrizione minuta in Endlicher Catalogus cod. philol. lat. bibì. Palai. Vindob. 215ss. Il codice di Nancy contiene alcune delle opere gram- maticali trasmesse dagli apografi e dall' edizione del Parrasio del 1504. Ecco com'è descritto nel Catalogue general des nis. des bibl. pubi, de France. Départements lY 176: 'Cod. 317 membr. saec. IX. Liber sancti Co- lumbani de Bobio; f. li)-52w Glosa de partibus orationis; f. 66 De finalibus litteris Honorati grammatici; f. 62 Commentarium Sergii grammatici de litteris ; f. 74 v Commentarium Maximi Victurini de ratione metrorum ; Slv Metrorius. Suppongo corrisponda al codice segnato dal Volterrano con ' Sergius grammaticus de littera ' e dal Questenberg con ' Sergii grammatici de littera breve opus ' (Gebhardt 356 ; 358). La Glosa de partibus oratio-^ nis fu studiata da A. Collignon in Bevue de philologie VII, 1883, 13-22.

1''^ R. S. Spogli Ambrosiani 288 ; 309-310.

164 LE SCOPERTE NEL SEC. XVI

(cap. IX

originali, siano gli apografi, siano le edizioni condotte su questi e su quelli. Donde vediamo che da Bobbio ci proviene una parte ragguardevolissima del patrimonio grammaticale orto- grafico metrico di Eoma antica.

* *

Con Bobbio si chiude l' età eroica delle scoperte. Anche ai tempi venturi era riservato di riconquistare testi famosi; e basterà rammentare i quattro venuti fuori nel primo tren- tennio del sec. xvi : cioè le Epistole di Plinio e Traiano tro- vate presso Parigi nell' anno 1500 circa da fra Giocondo di Verona; il cod. Medie. I di Tacito sottratto, non si sa per mano di chi, nel 1508 dal monastero di Korvei in Germania : Velleio Patercolo scoperto da Beato Eenano nella badia di Murbach l'anno 1515; e i primi cinque libri della quinta deca di Livio esumati dalla badia di Lorsch nel 1527 per opera di Sim. Grynaeus.^^^ Ma rinvenimenti in massa non se n'ebbero più ; e per rinnovare le commozioni e gli entusiasmi del pe- riodo umanistico bisognò attendere le scoperte dei palinsesti felicemente inaugurate dal cardinale Angelo Mai nel 1815. Oggi i papiri greci restituiti alla luce dalle tombe egiziane fanno rivivere innanzi agli stupiti occhi nostri dei novelli Aurispa: novelli Poggi, ahimè!, sono inesorabilmente negati ai codici latini. ^2^

135 Y. Appendice h.

'3^ Il solo testo latino di una certa estensione restituito agli studi dai papiri è 1' Epitome liviana, pubblicata da E. Kornemann Die neue Livius- Epitome aus Oxyrhyncus, Leipzig 1904. Meritano essere ricordati anche ta- luni curiosi saggi di traduzione latina da Babrio (L. Radermacher in Ehein. Mus. LVII, 1902, 143 e M, Ihm in Hermes XXXVII 147ss.). Del resto in man- canza di autori nuovi, contentiamoci che venga in luce un fenomeno pos- siamo dir nuovo, l'infiltrazione degli elementi latini nel greco (C. Wessely Die latein. Elemente in der Gràzitàt der àgypt. Papyrusurlcunden in Wiener Studien XXIV, 1902, 99-161).

cap. IX) II' BASSETTI, IL SANNAZARO 166

Appendice al Gap. IX.

a (=n. 12) Nella nota del Sassetti al Filargirio si legge: * quenj e Gallia niecum attuli'; pubblicato ora integralmente insieme col Paris, in Skrvii gram- matici In Verg. carmina commentarii ree. Thilo-Hagen, III, II 7-189. Un altro di sicura provenienza gallica è il Laurenz. 38.23 (Terenzio del 1436), con in fine questa nota, non di mano del Sassetti : ' Imperator Fedricus de haustria venit Gebenas (= Ginevra) die XXIII octobris MCCCCXLII et fuit receptus honorifice ab ili. duce Sabaudiae, qui erat cum regina sorore sua, coniuge et natis ac nobilibus patriae : et recessit die XXVII eiusdem '. Ma molti ancora de' suoi più preziosi codici vengono probabilmente dalla Gallia: Laurenz. 12.21 sec. xii (August. De civit. dei); 23.13 sec. xii (Pauli Epist.); 30.10 sec. xiv (Vitrufio, Catone e Varrone R. E.); 37,6 sec. xiv (Senec Trag.); 47.4 sec. xii (Prisciano); 68.24 sec. XI (Arator, Aviano, Ilias lat., Persio, Beda). Interessante il Lau- renz. 47.35 sec, xv ' Franciscus Sassettus... faciundum curavit ', contenente una silloge di orazioni estratte da Livio, Curzio Rufo, Sallustio, dall'Eneide, dalla Farsalia, dalle Metamorf, d' Ovidio. Famosi per la questione a cui die- dero pretesto sono i ' vetusta exeniplaria (di Celso) e Gallia conquisita ' forniti dal Sassetti a Bartolomeo Della Fonte per la costui edit. pr. di Cor- nelio Celso del 1478; con e Gallia qui non s'intende la Francia, ma la Gallia cisalpina. Vedi su ciò e sul Sassetti in generale R, S. / codici della medicina di Corn. Celso in Studi ital. VIII, 1900, 18-21 e C. Marchesi Bar- tolomeo Della Fonte, Catania 1900, 130-132 ; 142-146. Nel 1491 gli eredi del Sassetti prestarono ai Medici 67 codici (E. Piccolomini op. cif. XIX 115; 124), dei quali la maggior parte sono ora in Laurenziana; cfr. Bandini Cod. lat. V 768 (indice) ; ma ben più ne possedeva il Sassetti : un suo Marziale an- tico era passato nelle mani di Taddeo Ugoleto (Politian. Misceli. XXIII, cfr. sotto n. 23); un suo codice è il Trivulziano (Milano) 817 e un altro l' Estense (Modena) VI G 5.

b (= n. 14) Le informazioni di tali scoperte son date dal Summonte nella prefazione alV Actius del Fontano (Fontani Opera, Neapoli 1507, II): ' Ad- vexit (il Sannazaro) nuper ex Heduorum usque finibus atque e Turonibus dona quaedam mirum in modum placitura literatis viris, Martialis, Ausonii et Solini codices novae atque incognitae emendationis tamque a nostris diversos ut hos certo ac legitimo partu natos, reliquos vero liceat spurios existimare. Praetereo Epigrammata (dell'Antologia), quae tam multa hic leguntur, alibi hactenus non visa. Immo Solini liber hic authore ab ipso, quod iam titulus indicat nec eius negat vetustas, et recognitus est et editus. Is etiam ad nos attulit Ovidii fragmentum de piscibus, Gratii Cynegeticon, cuius meminit Ovidius ultima de Ponto elegia, Cynegeticon item Aurelii Neme- siani, qui floruit sub Numeriano imperatore, et Rutilii Namatiani elegos, quorum tenuitatem et elegantiam e seculo ilio agnoscas Claudiani '. Però il testo di Rutilio Nainaziano non deriva da un codice antico trovato dal Sannazaro in Francia, bensi da una copia del Bobbiese, nella quale s' im- batté colà 0 eh' egli aveva portato d' Italia. Rutilio fu stampato la prima

166 ENOCH d' ASCOLI (cap, IX

volta solamente nel 1520 e gli amici italiani del Sannazaro non lo conosce- vano ancora, onde vennero nella persuasione che ne fosse stato lui lo sco- pritore. I nuovi testi sono trascritti di mano del Sannazaro in tre codici Vindobonesi: il 277 (nella parte moderna), il 3261 e il 9401*, Tutte queste no- tizie sono ampiamente discusse da H. Schenkl in Jahrbiicher fur class, Philol. Supplb. XXIV, 1898,387-414. Sulle poesie dell'Antologia copiate dal Sannazaro nel cod. Vindob. 9401* cfr. anche C. Schenkl in Wiener Studien I, 1879, 59. Una minuta descrizione del Voss. Ili nell'edizione di Ausonio curata dal Peiper, Lipsiae 1886, XVIlIIss.

e (~ n. 16) V. sopra cap. V n. 43 e 52. ' Cornelii taciti liber reperitur Rome visus 1455 de Origine et situ Germanie. Incipit: Germania omnis a Gallis retiisque et panoniis Rlrèno et danubio fluminibus a Sar- matis dacisque mutuo metu aut montibus seperatur. cetera oc- ceanus ambit. Opus est foliorum XII in columnellis. Finit: Cetera iam fabulosa helusios et oxionas ora hominum vultusque corpora atque artus ferarum gerere. quod ego ut incompertum in me- dium relinquam. Utitur autem cornelius hoc vocabulo inscientia non Inscitia 16, dove però si legge inscitia).

Est alius liber eiusdem de Vita lulii agricole soceri sui. in quo conti- netur descriptio Britanie Insule nec non populorum mores et ritus. Incipit: Clarorum virorum facta moresque posteris tradere antiquitus usitatum. ne nostris quidem temporibus quamquam incuriosa suorum etas ommisit. Opus foliorum decem et quattuor in columnellis. Finit: Nam multos veluti inglorios et ignobiles oblivio obruet. Agricola posteritati narratus et traditus superstes erit.

Cornelii taciti dialogus de oratoribus. Incipit. Sepe ex me requiris iuste fabi cur cum priora secula tot e m inenti um oratorum in- geniis gloriaque floruerlnt, nostra potissimum etas deserta et laude eloquentie orbata vix nomen ipsum oratoris retineat. Opus foliorum XIIII in columnellis. Post hec deficiunt sex folla, nam finit : quam ingentibus verbis prosequuntur. Cum ad veros iudices ventum. Deinde sequitur : rem cogitare nihil abiectum nihil hu- mile. Post hec sequuntur folla duo cum dimidio. et finit: Cum adrisis- sent discessimus.

Suetonli tranquilli de grammaticis et rhetoribus liber. Incipit: Gram- matica rome nec in usu quidem olim nedum inhonore ullo erat. rudis scilicet ac bellicosa etiam tum civitate necdum magno- pere liberalibus disciplinis vacante. Opus foliorum septem in co- lumnellis. Finit perprius : Et rursus in cognitione cedis mediolani apud lucium pisonem proconsulem defendens reum. cum co- hiberent lictores nimias laudantium voces ita excanduisset. ut deplorato Italie statu quasi iterum in formam Provincie re- digeretur. M. insuper brutum cuius statua in conspectu erat invocaret Regum ac libertatis auctorem ac vindicem. Ultimo imperfecto columnello finit: diu ac more concionantis redditis abs- tinuit cibo. Videtur in ilio opere Suetonius innuere omnes fere rhetores et Grammatice professores desperatia fortunis finivisse vitam '. (Cod. Am- broH, R 88 sup. f. 112).

cap. IX) IL LETO E CINZIO DA CENEDA 167

d (= n. 28) De Nolhac La biblioth. de F. Orsini 198-207 ; 212-214 ; 273. Su Persio vedi Politian. Misceli. XLIV ; su Pliuio cfr. 1' ediz. del Keil, Lipsiae 1870, XX ; sul cod. Sallustiano cfr. sopra cap. I n. 85, R. S. in Bollettino di filol. class. II 213-215, e soprattutto E. Haulek in Wiener Stu- dien XYII, 1895, 122-151. Quanto al cod. Mediceo, da cui il Leto trasse gli scolii pel suo commonto a Vergilio, M. Ihm in lihein. Mus. N. F. XLV, 1890, 624-625. Verso il 1471 l'aveva nelle mani e lo mostrò al Bussi, O. von Gebhardt in Centralblatt fur Bibliotheksw. V 385-387. Nel proemio all'edi- zione vergiliana ' Venetiis 1472 ' Copinger 6008 Vergilius leggiamo : * sed diligens ista sednlitas et criticorum censura discedat cessetque nimis affe- ctata castigatio, cum ab ipsis propriis Maronis exemplaribus, quae Romae in aede divi Pauli reposita sunt, integrum purum nitidumque opus hoc effluxerit natumque sit'. Sarà il Mediceo? Il commento di Pomponio a Vergilio fu stampato in due volte : alle Egloghe e ad alcune opere pseudo- vergiliane nel 1486 (o 1487 ?) a Brescia; all'Eneide, pure a Brescia, nel 1490. Io ho sotto gli occhi la ristampa di Basilea senz' anno (sec. xvi): Iulii Pom- poNii Sabini In P. Vergilii Maronis opera commentarii. Ma il commento risale a un decennio prima del 1486, perché già nel 1478 fu copiata l'in- terpretazione all' Eneide di Cinzio da Ceneda, che la derivò dalle lezioni di Pomponio su Vergilio. L'interpretazione di Cinzio nel cod. Ambros. R 13 sup. cart. sec. xv col titolo : f. 1 Comentariwn in Maronem editum a cyn- thio cenetensi In omni dieendi genere integerrimo. Spilimbergi ; e la sot- toscrizione : f. 191 V Finis Comentarii in Maronem editi per Cynthium Cenetensem in omni dieendi genere integerrimum perscripti per me Simonem Fonticulanum cognomine Callimachum 3ICGCCLXXVIII . XVII kal. lanuarias . hora V noctis. Ne fu stampata una parte (lib. I-III 108) da A. Mai in Class, lat. script. VII 323 ; il testo intiero fu poi dato fuori da Gio- vanni Maria Dòzio: Oynthii Cenetensis In VirgiUi Aeneidem commentarium, Mediolani 1845.

Il suo nome di famiglia è Pietro Leoni (ediz. del Dozio 261); Cinzio dovette essere il soprannome assunto nell' Accademia romana di Pomponio Leto. Rammenta egli infatti la sua dimora in Roma: f. 41 (Aen. Ili 441, cito sempre dal codice) '' Cumeam uebem... signis (Sibyllae) idest quibusdam notis, ut ego vidi romae in obiliscis '; e i principali umanisti che vi co- nobbe, fra cui Pomponio Leto e Domizio Calderino: f. 45 « (Aen. IV 18) ' PERTEsuM FUISSE verbum est de per se, non autem preteritum tedet verbi impersonalis, quod facit teduit, ut accepi a plerisque doctissimis romae latì- nam linguam profitentibus '; f. 63 (Aen. V 620) ' hismarii legit Sergius ; Pom- ponius noster et nomitius legerunt marii doridi' (altre menzioni di Pom- ponio f. 32; 34; 38; 59; 114 etc). Il commento lo compose a Spilimbergo, dove al ritorno da Roma tenne lungamente scuola. Scrisse interpretazioni anche alle Georgiche, alle Eroidi e Fasti d' Ovidio, a Giovenale ; inoltre versi, storie, epistole (edizione del Dozio 261-263).

"Rinto il commento di Cinzio quanto quello che porta il nome di Pom- ponio Leto sono stati raccolti dalle lezioni di Pomponio. Chi se ne voglia persuadere non ha che a confrontare i due testi, donde si accorgerà d'aver dinanzi gli appunti di due scolari, i quali non sempre vanno d'accordo e spesso frantendono le parole del maestro. Basti recare questo frammento: Gin-

168 IL LETO E CINZIO DA CENEDA (cap. IX

ziof. 63v{Aen. IV 551) 'moke feeae alii dicunt esse adverbium et sic est sensus: Non licuit vivere more meo, quo pene consueveram. Apronianus legit esse casum gignendi more ferae, hoc est feiarum quae matrimonium non cu- rant. Sergius legit ferae; hoc est lincìs, quae post mortem mariti nunquam nubit; et inquit Plinium hoc re r re ; quod nec Plinius unquam dixit nec Aristoteles ' ; Pomponio p. 371 : ' ferae. Legunt quidam fere adverbium, ut: non licuit more iam meo, quo fere consueveram, vivere. Apronianus legit ut ferae sit casus genitivi, et hoc mihi placet: non licuit me vivere more ferarum, quae coniugia non curant. Sergius intelligit ferae, idest lyncis, quia lynx amisso socio aliis non coniungitur. Hoc non memini me legisse nec apud Plinium nec alios '. Qui si osserva identità di fonte e un grosso equivoco di Cinzio per ciò che riguarda il richiamo a Plinio. Fino a che punto Cinzio frantenda, apparirà da un altro confronto : Pomponio p. 359 (Aen. IV 146) ' Agathyksi... Pomponius (Mela II 1, 10) Agathyrsi ora ar- tusque pingunt sic, ut ablui nequeant'; Cinzio f. 47« 'Pomponius inquit Agatyrsos ora habere pinguia et artus pingues'; dove lo strano scambio tra pingunt e pingues mostra che abbiamo un equivoco d'udito.

Stabilito che i due commenti altro non sono che due redazioni di uno stesso corso di lezioni tenuto da Pomponio prima del 1478, ne potremmo dedurre delle conseguenze per i testi noti in quel tempo a Pomponio; e in- fatti tra gli scoliasti vergiliani che son citati occorrono qua e i nomi di Tiziano e di Emilio Aspro ; senonché sarebbe pazzia farci afifidamento, per- ché non sempre le due redazioni sono d'accordo su quei due nomi, ai quali vengono capricciosamente attribuite interpretazioni recate da Servio or come di altri or come sue. Servio, che le due redazioni chiamano Sergio (Cinzio anche Mauro e una volta Scauro), reca nel suo commento qualche volta la testimonianza di Tiziano e più spesso di Aspro: e ciò fu cagione che i due nomi fossero tirati in ballo fuor di proposito. Le sole notizie sicure che ri- caviamo dalle due redazioni si riferiscono a Kufo Aproniano, col cui nome citano gli scolii e le lezioni del codice Mediceo di Vergilio ; e allo Pseudo- probo, di cui adoperano il commento alle Egloghe e alle Georgiche. Cosi resta indiscutibilmente assodato che quei due testi erano pervenuti a Roma prima del 1478. Una parte del commento di Probo (Georg. Ili 19 sino alla fine del IV, meno III 46-118) è nel cod. Vatic. .3394 posseduto dal Leto (G. Thilo in Bhein. Mus. XV, 1860, 160).

Cinzio nella sua redazione porta la propria personalità, come nella po- lemica che fa contro tutti i grammatici sui verbi desiderativi in so (f. 38 w Aen. III 234 capessant: f. idv Aen. IV 295 facessunt). Merita poi essere trascritto lo scolio all' Aen. V 37 (f. 56 v) ' et pelle libiscidis ursae Sergius hunc locum sic exponit : Aut re vera ursae aut ferae aflfricanae. Plinius (N. H. Vili 58, 228) alt Affricam non gignere ursos. Quare non puto esse le- gendum libiscidis, sed potius Ibiscidis ursae, hoc est siculae. Ibisca est urbs praeclara in Sicilia condita ab Ibisca Alio Sisyphi '. Servio non ha questa notìzia ; ma il cod. Guelferb. I sec. xiii-xiv legge : ' Libystidis UKSAE cum Africa ursos non habeat, libystidis civitas est Siciliae, in qua ursi plurimi sunt '. Può darsi che Cinzio adoperasse un codice affine al Guelferb.

e (— n. 4.3) Il Pasi scrisse un ampio e dotto commento a Persio, che si conserva nel cod. Estense (Modena) VI F 29 sec. xvi con dedica al duca Al-

(•ap. IX) G. VALLA, IL POLIZIANO 169

fonso I d' Este in data ' Ex Regio Lepidi tertiodecimo Calen. lannarìas. Secundì ad tercentesimum lustriim christianum anno tertio ' (cioè l'anno III del II lustro dopo il lustro CCC 1508). Reco un passo del proemio che notizie sui commenti di Cornuto e di Probo: 'Ne credas trivialibus qui praedicant Cornutum praeceptorem (Persii) edidisse Commentarla Illa Persio semipa- gana, nulli sensui persiano accommodata et sincìpiti fumoso paria iudi- candaC?). Constat enim e claris autoribus Cornutum illum philosophum ante Domitiani tempora eiivisse hominem. Sic tu cum invenias luvenalem in eius commentario, iure meae coniecturae assenseris. Et hoc facere cogeris cum apud eum leges adduci Acronem horatianum interpretem ibi Satira II (56) fratres Inter ahenos. Quid dicemus de illis qui Probi gramma- tici in Persium commentarla iactant? Et nos quidem, ingenue fateor, vi- dimus ; sed titulus est M. Probi; unde non potes intelligere de ilio Probo de quo alt Eusebius in Cronicis : Berithius Probus grammatico rum eruditissimus agnitus fuit anno secundo Neronis. Et hic est quem de octo partibus orationis scripsisse librum arbitrantur, quod opus quoque nos perlegimus (sopra p. 81 n. 40). Item qui in Yirgilium commen- tarla ; quem saepe citat Gellius aitque reliquisse maximam sylvam obser- vationum. Post istum mortuus est Persius, ut signant Eusebii tempora. Non igitur superblant huius autoritate grammaticuli vanorum sectatores inter- pretamentorum; et pariter qui Probi commentarla in luvenalem, cum Probus ante fuerit ', Che ci possa essere stato scambio tra Cornuto e Probo nel commento di Persio, ce lo fa sospettare Federico Veterano, che nel catalogo (sec. xv) dei codici d' Urbino scrive : ' Cornuti grammatici, ut quidam vo- lunt, interpretatio in luvenalem. Eiusdem interpretatio in Persium, vel est Probi ' (C. Guasti in Giorn. stor. degli archivi tose. VII 146 n.» 550).

Lo stesso scetticismo del Pasi sul nome del Probo di G. Valla manifestò il Poliziano Misceli. XXXIII, appena uscita l'edizione: ' Quod autem quidam vir alìoqui doctus et industria sua bene de literis meritus iu commentario nuper edito de Ganibra Anathoque aflfert ex Probo, ut ipse inquit, luvenalis interprete, fateor equidem nec scire me quinam sit hic Probus, nec putare eum esse, cuius Gellius aliique ex veteribus meminerint '. Il commento sco- perto dal Valla arriva alla Sat. VIII 193.

Abbiamo accennato alla biblioteca greca del Valla (p. 65) ; parimente copiosa fu la latina: passate l'una e l'altra prima ad Alberto Pio di Carpi e poi al cardinale Rodolfo Pio. L'inventario di Rodolfo del 1564 comprende due centinaia e mezzo abbondanti di codici latini, ma non sappiamo quali di essi provenissero dal Valla. L' inventario è pubblicato da J. L. Heiberg in Centralblatt fiXr Bibliotheksw., Beiheft XVI, 1896, 460 ss.

f(—n, 79) A. Poliziano Prose volgari etc. 78. I,a lettera del Poliziano, donde si traggono queste notizie, è autografa e perciò la forma il/. Manlio del nome è sicura ; che se essa non conferma la forma usuale Manilio, le si avvicina di molto e in ogni modo reca una testimonianza antica per Manlio e salva al poeta un nome. Il Poliziano nell' apprezzare l'età dei codici aveva buon discernimento; a quelli scritti literis maiusculis, come le Pandette fio- rentine, il Terenzio Bambino, il Vergilio Vatic. E, assegnava a un di presso il sec. VI, perché crede che le Pandette siano 1' archetipo di Giustiniano ; i designati con l'epiteto di vetustus, giunti a noi, oscillano tra il sec. ix e il XII, come il Laurenziano del commento di Tib. Donato all' Eneide sec. ix

170 IL POLIZIANO, IL PAERASIO

(cap. IX

(PoLiTiAN. Misceli. LXXVII ' commentarium Tib. Donati... grandiori,bus no- tatiim vetustis characteribus '), VEtruscus delle tragedie di Seneca sec. xi- XII, il Neapolitanus di Properzio sec. xii; con sane quam vetus, pervetus, vetustissimus, antiquissimus qualifica codici compresi tra i sec. ix-xi : il Valerio Fiacco Vatic. sec. ix, il Columella Ambrosiano sec. ix-x, il Vercel- Icnsis delle Epist. ad fani. di Cicerone sec. ix-x, i Gromatici e Plinio N. H. della Laurenziana sec. xi, il Festo Farnese sec. xi. Se Manilio dice : ' che io per me non ne viddi mai più antiqui ', bisognerà credere che fosse in maiuscolo o comunque anteriore al sec. ix : e perciò vinceva di molto in età i nostri codici più antichi, che sono dei sec. x-xii e mancano del nome. Congetture sul nome proposero R. S. in Studi ital. VII 113-114 e Fk. Vollmkr in Berliner philol. Wochenschrift XXIV, 1904, 107 w.

g (= n. 99) L'edizione ha la data ' Mediolani Idibus Iimiis 1501 '. Nella prefazione dice: 'Quom veteri meo quodam instituto... sacrarum aedium bi- bliothecas excuterem, venit ecce in manus Sedulii Carmen paschale ' etc. Da queste parole il Gebhardt 352 volle dedurre che il Parrasio alludesse al codice degli Inni di Prudenzio scoperti dal Galbiate a Bobbio ; ma lasciando che il Parrasio oltre a Prudenzio pubblicò anche Sedulio, abbiamo un'altra sua affermazione più esplicita, giusta la quale fu il primo a trar fuori dalla polvere i due poeti cristiani. Scrive infatti in un' orazione del 1507 ai Vi- centini : ' in editione Sedulii Prudentiique, christianorura poetarum, quos omnium priraus e pulvere situque vindicavi ', Lo Parco op. cit. 167. L'affer- mazione non è troppo esatta, perché ad es. il cod. Vatic. Urbin. 666 (' An- tonius Sinibaldus transcripsit Florentiae a. Ch. MCCCCLXXXI. XX no. ') reca opere di Prudenzio e in maggior numero che 1' edizione del Parrasio (cfr, anche il cod. Laurenz. 23. 15 del 1489-1490) ; ma 1' argomento perentorio che l'edizione del Parrasio non dipenda dal cod. Bobbiese, ora Ambros. D 36 sup., sta in ciò, che l'edizione contiene materia differente dal codice. La biblioteca del Parrasio si manoscritta che stampata passò per eredità al car- dinale Antonio Seripando e ora si trova nella Nazionale di Napoli in attesa di uno studioso che la illustri degnamente. Oltre al cod. Vindobon. 16 ac- cennato, e' è a Berlino bibl. Reg. Diez. B. Sant. 1 sec. xiii-xiv un Ovidio con la sottoscrizione : ' lani Parrhasii et amicorum sex aureis emptus Pa- tavii ' (1509). Fu suo anche il cod. Vindobon. 3101 sec. xv contenente le Declamazioni maggiori dello Pseudoquintiliano. Nelle sue lettere dice di essersi costituito un testo di Solino su esemplari antichissimi trovati a Na- poli, a Lecce e a Roma; e che a Roma (1497-1499) lesse le Glosse di Pla- cido e si copiò ' ex antiquissimo codice ' il testo di Ammiano Marcellino (Lo Parco 162-165).

h (= n. 135) Per Plinio cfr. l'ediz. del Keil, Lipsiae 1870, XXII-XXIV e C. Plinii Caeciiji Secundi Epistulae ad Traianum imperai, cum ciusdem re- sponsis per cura di R. G. Hardy, London 1889, 68-72. Nella biblioteca Bodleiana di Oxford sono legate insieme l'ediz. pliniana del Beroaldo 1498 e quella del- l'Avantius 1502, la quale diede per la prima volta le Epist. ad Tr. 41-121. Sui margini sono segnate le variarfti del codice francese scoperto da Gio- condo ; inoltre vi sono aggiunte a mano le lettere mancanti a entrambe le edizioni, cioè lib. Vili 8-18 e ad Tr. 1-40; anche queste epistole derivano dalla copia del Parigino tratta da fra Giocondo. Il citato Hardy, lo scopri- tore dell' esemplare Bodleiano, sostiene con molta verosimiglianza, che esso

cap. IX) LE SCOPERTE NEL SEC. XVI 171

servi ad Aldo per l' edizione del 1608, la prima che contiene intiero il lib. VITI e intiera la silloge ad Tr. ; anzi per le Epist. ad Tr. 1-40 era rimasta fino ad oggi fonte unica. Ora però 1' edizione deve cedere il posto al suo esemplare tipografico ritornato alla luce. Da Giocondo fu inoltre sco- perto Julius Obsequens, pubblicato dallo stesso Aldo nella suddetta edizione pliniana (M. Sohanz Geschichte der ròm. JAtter. IV § 804w). Per il Medie. I cfr. E. KosTAGNo in Tacitus. Cod. Laur. Med. 68 I phototyp. editus, Lug. Bat. 1902, V. Per Velleio, l'edizione di R. Ellis, Oxonii 1898, Vili; oltre a ciò il Renano pubblicò nel 1521 da un codice di Spira ora perduto le opere rettoriche di lulius Rufinianus e di Snlpitius Victor (Schanz IV § 838 w; § 84:ln). Per Livio, Teuffel-Schwabe Bòm. Litteraturgesch. § 256, 15. Questo codice di Livio, ora Vindob. 15 sec. v, proviene dall'Italia, L. Tbaube Pa- laeographisehe Forschungen IV, Munchen 1904, 17-18.

CAPITOLO X

Le finte scoperte

(falsificazioni).

Nel periodo di tempo, che ci occupa, più d' una volta è accaduto che i circoli umanistici fossero messi in ansia e cu- riosità da scoperte di opere che erano falsificate, le quali ta- lora venivano smascherate subito, talora si divulgavano impu- nemente come genuine e tali furono credute per molti secoli, riuscendo a ingannare la buona fede di più d' uno perfino nell'età nostra.

Ma non dobbiamo credere che tutte le falsificazioni fos- sero frodolente; che in buona parte anzi di esse riconosciamo agevolmente innocue esercitazioni rettoriche, nelle quali gli autori per una naturale facoltà mimetica si trasportavano con la fantasia nei fatti e nei personaggi antichi, sforzandosi di riprodurne la realtà e il colorito. Essi vestivano d'antico an- che i loro nomi e cognomi ; e un Giovanni diventava lovianus, un Pietro Pierius; un Parisi si ribattezzava in Parrhasius, un Kossi in Bubeus o Rufus. Un letterato veneto volendo nel 1439 lanciare un' atroce accusa contro Isotta Nogarola, travesti da Plinio Veronese (che allora da molti Plinio era assegnato a Verona, p. 3) e finse di scrivere una lettera a Ovidio, pas- sando sopra con disinvoltura al grossolano anacronismo.^ Chi

1 Plinius Veronensis s. d. Ovidio Nasoni ; pubblicata da A. Seoarizz. in Giornale stor. della letter. ital. XLIII, 1904, 50.

cap. X) 11^ SALUTATI, IL BRUNI, BUONACCORSO 173

del resto non ricorda quanti componessero orazioni per conto d'altri e come uno dei più fecondi fabbricatori di simili ora- zioni fosse il grave e compassato Gasparino Barzizza?

Le declamazioni su soggetti fìnti che erano state traman- date da Seneca padre e le altre attribuite a Quintiliano hanno sempre provocato all'imitazione; e già il Salutati ne scrisse due sulla violazione di Lucrezia, nell' una delle quali il padre e il marito di lei la discolpano, nell'altra ella sostiene la ne- cessità di sottrarsi all'onta con la morte: e non è certo colpa dell'autore se nel sec. xix furono stampate e discusse come opera antica.^ Nella Historia Augusta il Bruni lesse ^ di un'ora- zione tenuta dall'imperatore Eliogabalo alle meretrici romane; e siccome l'orazione non ci pervenne, cosi nel 1407 si prese egli la cura di scriverla.* Ed ebbe voga; come, e anzi più, n'ebbero le due declamazioni di Buonaccorso da Montemagno figlio (ra. 1429) sulla nobiltà, poste in bocca a due giovini ro- mani, Publio Cornelio Scipione e Gaio Flaminio, aspiranti alla mano della bella Lucrezia, il primo dei quali fa valere il pregio dei natali, il secondo quello della virtù. ^ Buonaccorso com- pose inoltre un'orazione in nome di Catilina contro la prima delle quattro lanciategli da Cicerone e venne riconosciuta per nulla più che un esercizio oratorio ; ^ ma invece fu presa sul serio, anzi lodata e festeggiata, una presunta arringa di Ce- sare ai soldati, compilata di su un testo parte greco parte la- tino, verso il 1472, dal padovano Andrea Brenta (Brentius)

* VoiGT Wiederbelebung IP 438-439. Un giovine contemporaneo del Sa- lutati compose una declamazione, in cui fticeva parlare all'inferno Didone contro Enea; Salutati Epist. Ili 259, del 1398.

3 Lampridii Heliogabal. 26, 3 : ' meretrices collegit in aedes publicas et apud eas contionem habuit '.

* Luiso Bruni 55 ; id. Le vere lode de la inclita et gloriosa città di Firenze, Firenze 1899, XXIV.

5 Pubblicate p. e. da Giuseppe Manni Prose e rime de' due Buonaccorsi DA Montemagno, Firenze 1718, 12. La supposta orazione di Catilina ib. 98. Cfr. G. Zaccagnini in Percopo e Zingarelli Studi di leti. ital. 1899, 355-362.

^ Un' orazione pscudociceroniana adversus Valerium (com. Cum multa sint iudices quae me) nel cod. Universitario di Bologna 466 f. 6 sec. xv e nell' edizione delle orazioni di Cicerone curata dal Beroaldo a Bologna 1499 (Hain 6129).

174 IL BRENTA, IL BAEZIZZA (cap. X

allora ventisettenne : l'arringa nello stesso sec. xv ebbe l'onore della stampa.'^

E ai tempi nostri, nel 1883, i filologi furono un po' com- mossi neir apprendere che Leonardo Bruni aveva in una sua lettera annunziata la scoperta di venti orazioni di Plinio e di una di Svetonio : senonché è una "mera finzione tanto la sco- perta quanto la lettera.^ Questa lettera, finta e scritta in nome del Bruni, rientra nella copiosissima produzione di quegli epi- stolari d'esercitazione, che ci furono tramandati dai Greci e che con tanta avidità gli umanisti leggevano e traducevano (p. 49 n. 38); di tali epistolari son pieni i Dictamina del medio evo, e il suaccennato Barzizza ne diede un esempio famoso alle scuole umanistiche,^ Senonché l'epistolografia scolastica

'' Si legge a Firenze nell' incunabolo Magliabech. K 6.63 col titolo Oratio C. lulii Caesaris Vesontione belgice ad milites habita. Nella prefatio ad Quirites dice: ' Hane quando apud Cesaris commentarios et grecos codices... mutilam mancam et, quod latine deesset, in greca esse, et quod grece contra in latina, repperissem, iccirco ex duabus inutilatis unam integram feci la- tinam '. La dedicò a Sisto IV. Gli epigrammi inneggianti all' autore ripro- dotti da C. Marchesi Bartolomeo Della Fonte 66, 1. Sul Brenta cfr. anche R. S. in Studi glottologici italiani li 96-97, e G. Huet in Eevue des biblio- thèques IX, 1899, 276-282, dove troverai una lettera indirizzata al Brenta dal suo scolaro Gabriele Appolloni.

8 Le parole del finto Bruni sono: ' Habui clarissimas orationes Secundi Plinii numero viginti, unam praestantissimi viri Suetonii Tranquilli: festino tara ad eam (= earum ?) copiam, quam ad lecturam ; iam totus ardeo in eo studio, nunquam mihi fuit ita fervens animus '. La lettera fu prima pub- blicata dal Gamurrini in Studi e documenti di storia e diritto IV, 188.3, 144, e poi ripubblicata da me con altre tre del presunto Leonardus Aretinus (in- dirizzate tutte quattro a un Laurentius) in Rivista Etnea I, Catania 1893, 1-6 ; cfr. 52. Avevo allora pensato a un Leonardo Aretino omonimo del Bruni ; ma ora mi sono convinto che si tratti di lettere finte a scopo rettorico e un po' anche a scopo frodolento.

9 Gasparini Barzizii Bergomatis Epistolae ad exercitationem accommo- datae, che s'incontrano spessissimo nei manoscritti e furono stampate dal Furietto In Gasp. Barz, et Guiniforti Opera, Romae 1723, I 220. Già gli uma- nisti negli epistolari greci fiutarono la contraffazione e ne abbiamo una bellissima prova. Il Bruni {Epistol. I p. LXXV) nel 1427 aveva tradotto le lettere di Platone e P. C. Decembrio nel 1438 ne impugnò l'autenticità in un bigliettino a Zenone Amidano, che è un slngolar documento di critica divinatoria: 'Diffìcile est Leonardo Arretino viro litteris graecis erudito non credere de his Platonis, ut ait, epistolis quae putat. Mihi vero quam longe a tanti philosophi non dicam elegantìa, sed auctoritate et dignitate videntur

cap.X)

LETTERE FINTE 175

a poco a poco si mise su un indirizzo che portava alla fal- sificazione più 0 meno frodolenta. E non è senza interesse osservare la genesi del fenomeno. Gli umanisti leggevano p. e. nella vita di Orazio scritta da Svetonio dei frammenti di lettere indirizzate al poeta da Augusto: orbene, staccavano quei frammenti, ci mettevano al principio l' intestazione Caesar Augustus Horatio Fiacco poetae optimo s. d., alla fine un Vale, e la lettera cominciava a vivere indipendentemente dal testo, da cui era stata presa. Le letterine di Augusto a Orazio si trovano già ridotte a questa forma negli Scrìptores illustres latinae linguae del Polenton (1425).^° Si fece un secondo passo, che consisteva nel dar veste epistolare alle sentenze che occorrono presso gli autori antichi. Cosi la sentenza che Gellio^^ riferisce di aver udita dal filosofo Peregrino, fu stac- cata dal testo con un Aulo Gellio Peregrinus philosophus s. d. in principio e un Vale in fine. Per tali giochetti fornivano le Storie di Tito Livio abbondante materia agli umanisti, i quali dai racconti di lui trassero molte epistole, come, per ci- tarne un paio, una di Tarquioio il Superbo ai Vitellii^^e una del senato romano a Porsena^^ e cosi via discorrendo.^* Data pertanto vita epistolare indipendente a brani di let-

abesse; verniti a scriptore nequaqnam rerum platonicarnm inscio sed ver- suto admodnm confictae et exaratae tanta cura praestandae veritatis, ut fldes ex diligentia depereat... ' (cod. Riccard. 827 f. 24).

'0 Nel lib. Ili, scritto 1' anno 1425.

11 XII 11, 2-3.

1* Dal lib. II, 3, 3-4.

13 Dal lib. II 13, 1-3.

'^ Chi volesse divertirsi a leggere un buon numero di epistole inventate per tal via, non avrebbe che a scorrere la raccolta delle Epistolae principum rerum publicarum ac sapientum virorum messa insieme da Girolamo Don- zelino e uscita alle stampe a Venezia nel 1574 ; la quale del resto ne con- tiene anche molte autentiche. Le citate sono a p. 158; 211. Un manipoletto anche in Muccioli Catalogus cod. ms. Molatesi, hiblioth. II 236-238. Qualche altro esempio dai codici. Cod. Ambros. N 30 sup. sec xv f. 82'' : C. Caesar lulius Amando suo s. d. p. ' Veni vidi vici. Vale. Ex Ponto ', combinata su Plutauc. Caes. 50 e Sveton. Caes. 37. Ibid. f, 35 : Phitarchus s. d. p. Traiano imperatori. ' Modestiam tuam noveram ' etc. (un'altra di Plutarco a Traiano in Epistol. princ. 135). Cod. Ambros. H 118 inf. sec. xv f. 132<): Consules romani s. d. Pyro regri. ' Nos prò tuis iniuriis' etc. (una affine in Epistol. princ. 205).

176 V. e. DECEMBRIO, AKGELO SABINO (cap. X

tere tramandati dagli antichi e ridotte a forma epistolare le sentenze che s'incontrano nei loro libri, restava il terzo e ultimo passo, inventar lettere di sana pianta; e di ciò abbiamo indizi sin dalla prima metà del sec. xv nella corrispondenza di cui parla il Polenton tra Persio e Cornuto.^-^ Tra simili let- tere inventate godè una certa rinomanza quella di Vergilio a Mecenate contraffatta da Pier Candido Decembrio e pubbli- cata nel 1426, la quale tenne in gran curiosità i circoli di Bologna e Firenze e fu dai contemporanei ritenuta autentica ed ebbe gran diifusione, come si deduce dal vederla spesso copiata nei manoscritti. ^^ E dalle lettere singole fa facile poi andare agli interi epistolari, coni' è quello di Curzio Kufo in cinque libri stampati nell'anno 1500.^^ Al medesimo ordine di contraffazioni appartengono le epistole poetiche, di cui citeremo quella di un anonimo che in persona di Paone risponde all'epi- stola ovidiana di Saffo, ^^ e le risposte ad altre Eroidi d'Ovidio, scritte nel 1474 da Angelo Sani di Cure (Angelo Sabino). ^^

15 Lib. IV scritto tra il 1425 e il 1430 : ' Extant quas vidi ac fortasse alie quedam epistole utriiisque (Persii et Cornuti), ainice ac familiaiiter utrinque scripte '. Per mero equivoco invece egli rammenta i ' versus elegi epistoleque prosa oratione ' d' Orazio, E. S. in Museo (tal. d'antichità class. Ili 363-364.

i*^ Fu pubblicata in Barozzi e Sabbadini Studi sul Panormita e sul Valla 23, 10; cfr. R. S. in Giornale storico, Suppl. VI 90; 111; 112; 117. Le si prestò tanta fede, che quando il Decembrio svelò lo sclierzo, non fu creduto e continuò a esser copiata come autentica.

1^ ' Quinti Curtii et aliorum Epistolae, impressum in inclita civitate Regii per me Ugonem de Rugeriis civem regiensem... Anno domini MCCCCC. ultimo augusti ', riprodotte da I. A. Fabricius Biblioth. lai., Hamburgi 1721, II, I 797-861. Si trovano p. e. in due codici Barberiniani, ora Vatic. Barber. lat. 64 e 76, entrambi del sec. xv. Le lettere sono di un' ingenuità e di una puerilità fenomenale.

18 Nel cod. Chigiano (Roma) H. 12. 21 sec. xv si legge I' epistola di Saffo col titolo CI. poetae Tibulli liber de Sappho Phaoni, con la risposta: ' Lit- tera, quid dubitas? simul ac milii reddita dextrae ' in tredici distici, H. S. Sedlmayer in Wiener Studien X, 1888, 167. Non so se sia tutt' una cosa con questa risposta a Saffo il carme di un Marcus Siculus in lode di Saffo in due codici del sec. xv : lo Harleian 2499 e il Fuldensis 178. 4. C. 17, cfr. S. G. DE Uries Epistula Sapphus ad Fhaonem, Lugd. Bat. 1885.

'^ Angelo nella dedica dei suoi Paradoxa in luvenalem, stampati a Roma nel 1474, cosi scrive al Perotto : ' Igitur cum per acris intemperiem ab urbe Roma in Sabinos Cures me recepissem Heroidibusque Nasonis poetae

cap. X) L- B. ALBERTI, G. COEREE, A. FIOCCHI 177

Uscendo dalla produzione oratoria ed epistolare, incontriamo nel sec. xv una finzione celebre ideata da Leon Battista Al- berti, che nel 1426, l' anno stesso in cui comparve 1' epistola pseudovergiliana del Decembrio, diede in luce la sua com- media latina Philodoxeos siccome tratta da un codice anti- chissimo e col nome del poeta Lepido. Il gioco però non durò molto, poiché egli stesso lo scoperse; il che non impedi che taluni seguitassero a crederla antica e per tale fosse ri- stampata nel 1588. ^^ Il caso opposto toccò invece a un' altra composizione drammatica, scritta parimente nel 1426, la Progne di Gregorio Correr, che quantunque la pubblicasse col proprio nome, dalla seconda metà del sec. xvi fino al 1792 fu ristam- pata anonima e creduta di autore antico. ^^

Nel campo storico e antiquario nemmeno mancarono gli apocrifi ; ma non conteremo tra essi il De Bomanorum magi- stratibus, pubblicato da Andrea Fiocchi nel quarto decennio del sec. xv : che se più tardi il libro andò e nei manoscritti e nelle stampe sotto il nome di Fenestella, non fu colpa del- l'autore. ^^ Cosi Leonardo Dati nelle sue Gesta Porsenae regis

inclyti heroas respondentes facerem... ' ; cfr. Biblioth. Smith. CXXVIII. Per alcune contrafifazioni medievali dell' Eroidi d' Ovidio vedi F. Novati Attra- verso il medio evo, Bari 1905, 129. Nel medio evo la produzione pseudovi- diana fu fecondissima; ma il dubbio non tardò a sorgere; infatti in una vita ovidiana di mano del sec. xiv sul cod. Ambros. G 130 inf. f. 108 leg- giamo : ' post quem (librum amorum Ovidii) libellos illos fecisse conni- citur, qui non cadunt in numerum librorum suorum, scilieet de cuculo, de philomena, de pulice, de somno, de nuce, de medicamine surdi, de medi- camine faciei et de mirabilibus mundi '.

20 R. S. in Giornale stor., Suppl. VI 89 ; G. Mancini Vita di L. B. Al- berti, Firenze 1882, 55-57.

21 W. Cloetta Beitràge sur Litteraturgesch. des Mittelalters und der Renaissance, Halle a. S. 1892, li 158-162,

2- Per la questione cfr. Voigt Wiederbelebung IP 38 e De Nolhac La bi- blioth. de F. Orsini 210. La falsa attribuzione era avvenuta presto, perché nell'edizione di Terenzio col commento di Donato e di Giovanni Calfurnio ' Tarvisii anno Christi MCCCCLXXVII. XIV kal. octobres ' leggiamo queste parole del Calfurnio (alla fine del volume) : ' Non possum nisi risu soluto opusculum illud De magistratibus inspicere, quod Lutio Fenestellae, quo- niam et is de magistratibus scripsit, sed non extat, ascribitur '. Probabil- mente il Calfurnio aveva veduto 1' edizione ' Mediolanì in calendis februa- rii MCCCCLXXVII ' del libro del Fiocchi col nome di Fenestella, cfr. A. Zeno Dissertai!. Voss. I 167.

E. Sabbadini Le scoperte dei codici. 12

178 L. DATI, G. M. FILELFO, G. NANNI (cap. X

Etruscorum Clusinorum dedicata a Pio II non usò altra ma- lizia che di fingerle tradotte di su un libro etrusco di C. Vi- benna;23 malizia assai trasparente, adoperata anche da Gio- vanni Mario Filelfo, che nel 1478 compose un poema latino De militaribus artibus et officiis, dandolo per tradotto da un poema greco di Lino Tebano. ^^ Ma frodolente furono altre falsificazioni storiche: Va^ìrìo De situ Reatino ,^^ Messalla 7)e progenie sua et regiminibus Romae^^ e sopra tutto le 17 ope- rette uscite per la stampa nel 1498 sotto ì nomi di Metastene persiano, Beroso babilonese, Manetone egiziano, Mirsilo lesbio, Archiloco, Filone, Senofonte, Porcio Catone, C. Sempronio, Fabio Pittore, Antonino Pio, Desiderio etc. contraffatte dal domeni- cano Giovanni Nanni da Viterbo (Annius Viterbiensis), ripro- dotte in numerose edizioni, discusse oppugnate propugnate da molti e per molto tempo, ^^ dalle quali attinsero inspirazione e coraggio i falsificatori che inondarono e infestarono l'Italia nei secoli xvi e xvii.

Si ebbe allora anche l' esempio di una contraffazione ante- riore di alcuni secoli, rinnovata sotto lo stesso nome. Verso il sec. X uno Pseudapuleio aveva composto due trattatelli orto- grafici De aspirationis nota e De dipthongis : e tra la fine del sec. xv e il principio del xvi un umanista ne assunse di nuovo il nome, un po' più complicato: L. Caecilius Minutianus Apuleius, e con esso mise fuori un opuscolo De orthographia. L' opuscolo fu come genuino pubblicato dal Mai nel 1823, ri- pubblicato e difeso nel 1826 dall' Osann; ma critici di più acuto

23 F. Flamini in Giornale stor. d. letter. ital. XVI, 1890, 25 e E. Hauler in Wiener Studien XVII, 1895, 105; 107. .

2^ Agostinelli e Benadduci Biografia e bibliografia di G. M. Filelfo, Tolentino 1899, 68-69.

'5 Nel cod. Valliceli. G 47 sec. xv f. 39 : Ex historia Papirii inventa ab Enoc in Dalia de situ Reatino, cfr. Th. Mommsen in Hermes I, 1866, 135.

2" Cfr. H. Jordan in Hermes III, 1869, 426-428, dove è citato tra gM altri un codice del 1467; Hauler op. cit. 105; 107. Per un codice copiato da Bernardo Bembo nel 1460 cfr. V. Gian in Giornale stor. XXXI 70. Anche nel cod. Guarneriano (S. Daniele del Friuli) 120 sec. xv f. 109, che contiene al- tri apocrifi. L' opuscolo fu stampato più volte come autentico.

*^ A. Zeno Dissertaz. Voss. II 186-192; F. Gabotto Un nuovo contributo alla storia dell' umanesimo ligure, Genova 1892, 63-64.

cap. X) IL TORTELLI, l'aLLEGRETTI, DOMIZIO 179

giudizio non tardarono a fiutare la falsificazione. ^^ La quale era stata preceduta da un'altra, pure in materia ortografica, di Giovanni Tortelli, che nel 1449 rendeva di pubblica ragione i suoi Commentaria grammatica de orthographia dictionum e graecis fradarum, dove faceva sfoggio di citazioni ' ex frag- nientis decem librorum Papyriani quos de orthographia scrip- sit ': ma le citazioni derivavano tutte da Prisciano e qualcuna da Vittorino. 29

Al sec. xiY rimontano i cosiddetti Endecasyllahi di Gallo scoperti nel 1372 a Forlì da Giacomo Allegretti, se pure non ne fu egli il contraffattore. ^^ Il nome di Cornelio Gallo di- ventò presto famoso nel sec. xv, tanto che a lui vennero attri- buite le sei Elegie di Massimiano, assai popolari nel medio evo e già note al Salutati. ^^

Agli spacciatori di opere apocrife e di false scoperte fa- ceva le spese nella seconda metà del sec. xv la Francia. Ivi andò verso il 1472 Domizio Calderine e ne riportò due stra- bilianti notizie, riferiteci l'una dal Poliziano, l'altra da Aldo Manuzio. Al Poliziano raccontò di avere scoperto un'opera di Mario Rustico, di cui poi non seppe più nulla; e al Manuzio di aver veduto un codice con dodici libri di Asconio Pediano,

'^ 0. Crusius credette di poter rivelare il falsificatore in Celio Rodig'ìno ; vedi per la storia della questione C. Cessi Intorno al falsificatore del trat- tato De Orthographia attribuito ad Apuleio in Ateneo Veneto XXIII, 1900.

'^" R. S. in Studi ital. V, 1897, 382-384.

30 In Muratori Ber. Ital. Ber. XXII 188, all'anno 1372 leggiamo: ' la- cobus Alegrettus poeta clarus agnoscitur, qui plures Endecasyllabos Galli, civis forliviensis, poetae, invenit '. Verosimilmente si intende di quei 25 versetti latini, di conio medievale, che corrono sotto il nome di Gallo e furono pubblicati di su codici del sec. xv (il più antico del 1459) dal Riese in Anthologia lat. II, XL e dall' Ussani in Studi ital. X, 1902, 168-169. Li reca anche il cod. Ambros. G 10 sup. membr. sec. xv f. 68 «: Galli poete ad Lidiam epigramma. Non sono veramente endecasillabi falecei, ma in maggioranza constano di undici sillabe. Se vennero trovati in Forlì, vorrà dire che li compose un Forlivese, e forse lo stesso Allegretti, nella suppo- sizione che Gallo fosse stato suo concittadino; ma Gallo non fu foroliviensis, sibbene foroiuliensis. Sull'Allegretti cfr. Battaglini in Basini Parmensis Opera II, I 46 e F. NovATi in Francesco Petrarca e la Lombardia, Milano 1904, 82-84.

31 V. Appendice a.

180 CONTRAFFAZIONI

(cap. X

dai qnali il Valla avrebbe copiato le sue Eleganze. ^^ Pari- mente di Francia sarebbero stati mandati con molte altre scritture a Battista Guarino (m. 1503) quegli 82 versi di Silio Italico, che cadono tra il v. 144 e il 225 del lib. Vili e che si leggono ancora nell'edizione del Lemaire del 1823 J^

Non sempre ci è dato di sapere se le indicazioni di opere a noi ignote, che incontriamo nei cataloghi vecchi o nelle no- tizie delle scoperte, siano inventate o veritiere; sempre ci soccorrono i documenti storici per decidere se una contraffa- zione sia sorta nel medio evo o sìa da assegnare agli uma- nisti. Questo però è certo, che degli apocrifi di argomento classico si medievali che umanistici s'è fatta oramai giustizia; non solo, ma che la conoscenza storica da noi acquistata delle peculiarità formali antiche, medievali e umanistiche ci impe- disce dal cadere nell'eccesso contrario, di gettare cioè il so- spetto su opere autentiche. Lasciamo pure a qualche spirito grossolano di credere contraffazioni umanistiche le Storie e gli Annali di Tacito ; ma nessuno potrà nemmeno più ritor- nare ai dubbi di spiriti ben misurati della passata genera- zione, che videro molto ingiustamente la mano umanistica nell'Epistola di Saffo a Faone, nella Consolatio ad Liviam, nei 70 esametri di Sulpicia, per non dir d' altro.

32 Gaboito e Badini Gonfalonieri Vita di Giorgio Merula 90 ; 93. Il Po- liziano nel sno viaggio a Verona del 1491 fece una corsa fino al lago di G«rda per cercare Mario Kustico nella libreria del defunto Domizio. Scrive infatti nella prefazione a Svetonio : ' Nos enim adolescentes ipsum memi- nimus audire Domitium cum diceret, habere se peculiarem Marii Rustici li- brum, quem ceteris incognitum secum de Gallia attulisset. Atque ego quidem studio incogniti mihi scriptoris incensus, etiam ad jpsius Domitii parentes, Benaci lacus accolas (a Torri sul lago), accessi omnemque eius librorum supellectilem scrutatus, Marium certe lume Rusticum inveni nusquam ' (cfr. Maffei Verona illustrata, Ver. 1731, II 223).

33 V. Appendice 6.

cap. X) G. COSTANZI 181

Appendice al Gap, X

a (= n. 31) Le Elegie di Massimiano furono date alle stampe col nome di Gallo la prima volta a Venezia nel 1501 per cura di Pomponio Gaurico ; ma la falsa attribuzione era di parecchio anteriore, poiché nel cod. Strozziano (Firenze) VII 1088, sec. xv le Elegie (f. 61 Incipit Uber Galli) portano la sot- toscrizione f. 73 «: Exflicit Uber Galli die vigeximo secundo mensis fe- bruarii (1469). L' anno si deduce dalla sottoscrizione finale del codice che è tutto della stessa mano, f. 77 : Expìeto hoc libro die 29 mensis marzi 1469. Nella falsa attribuzione non pare ci sia malizia, perché dopo il VI 12 se- gue il distico di chiusa col nome di Massimiano : ' Talibus infecte deponis verba senecte Scriptus ab herimaco, maximiane, lupo ' (come nel cod. Trivul- ziano 632 cart. sec. xv). E si può anzi retrocedere alla prima metà del sec. XV, alla qnale appartiene un carme di Battista Dei, che in un distico cosi enumera alcuni poeti : ' Vivit adhuc Naso, Maro vivit, sicque Tibullus, Ipse Catullus adest, Gallus et ille sonis' (A. Segarizzi in Atti e memorie della r. Accademia di scienze lettere ed arti di Padova XX 1904, 94). Di questi poeti è chiaro che l'autore ha letto le opere; e perciò con Gallo non altro si può intendere che il manipolo di Elegie di Massimiano, le quali sin da allora gli erano state tolte o per errore o per frode. Il nome Gallo tentò un falsificatore anche nel sec. xvi, E. Chatklain ìb Revue de pMlolog. IV, 1880, 69-79. Generalmente si crede che l'edizione del Gaurico la prin- cipe ; la principe col nome di Gallo, doveché col nome di Massimiano le sei Elegie erano state stampate a Utrecht circa il 1473 (cfr. Morelli Bibl. Pinelliana II 434) ; io ho veduto l' esemplare Laurenziano (Incun. 182) che porta il titolo : Maximiani philosophi atque oratoris durissimi etilica sua- vis et periocunda incipit feliciter e la sottoscrizione: Explicit ethica Ma- ximiani philosophi atque oratoris clarissimi. Dopo VI 12 ha questi versi (come il cod. M; cfr. Bjìhrens PLMYM8, dove è data la lezione fram- mentaria di M) : Premia tot forme numeres quis voce fatenda Quodque po- test laudes dicere lingua tuas Quamvis nocivas intendere dicere voces De- stituunt verba pectus anhela meum.

b (— n. 33) La notizia l'abbiamo da ' Iaoobi Constantii Fanensis Collecta- neorum hecatostys, Fani... sexto idus iulias MDVIII ', f. 65, cap. XCII : Car- minum longus or do Silianis codicibus restitutus. 'Perpetui nunquara moritura voluraina Sili cum aliis locis mutila et manca invenies, tum libro octavo, ubi Didonis et Annae sortem poeta ipse describit. Ibi enim duos et oetoginta versus deficere Baptista Guarini filius latinae et graecae linguae decus et splendor et praeceptor meus omni cum honore et observantia no- minandus ostendit : quos e Gallia sibi cum aliis quamplurìmis rebus scitu dignis missos fuisse dicebat. Eos in publicum dare, uti sanctissimi eius raanibus caeteri mecura debeant, impraesentiarum constituo. Qui sunt huius- modi : Aeneae coninx Veneris nurus ulta maritum Haec ut Koma cadat sat erit Victoria Poenis. Non gravarer plurimas in Silio mendas detegere et nounuUos versus qui varlis desiderantur in locis iu

182 a. COSTANZI (cap. X

medium aflferre ' etc. La frode è evidente ; ma noi non ci sentiamo di ad- debitarla al Guarino e nemmeno crediamo ch'egli possa essere stato ingan- nato in buona fede ; la addebitiamo invece al Costanzi, il quale del resto, come dalle sue parole si ricava, aveva in pronto nonnullos versus qui va- riis desiderantur in locis. In ogni modo do le differenze del testo del Co- stanzi con quello del Lemaire. Dopo il v. 157 il Costanzi ha quest'altro: 'Anna parant nomadum proceres et scaevus Hiarbas'; 161 omnes... omnes] omnia... omnis; 171 Ac] at; 204 Latii] latiis ; 220 Oenotris] oenotriis ; 223 qua] ubi. Dopo il v. 224 il Costanzi aggiunge : * Haec ut Roma cadat sat erit Victoria Poenis '.

CAPITOLO XI

Le collezioni e le biblioteche

(sec. xv)

Col fervore delle ricerche e delle scoperte procedette sempre di pari passo la cura di raccogliere e conservare gli autori venuti alla luce. L'esempio classico partì dal Niccoli, che giunse a mettere insieme un buon mezzo migliaio di codici, da lui legati con testamento del 22 gennaio 1436 (— 1437) al monastero di S. Marco. ^ E 1' esempio venne imitato da quel- r intelligente raccoglitore che fu Cosimo de' Medici, la cui collezione sin dal 1418 comprendeva una settantina di volumi, primo nucleo di una libreria che doveva diventar famosa. Son quasi tutti latini, meno pochi volgari ; e vi figurano già tre autori delle nuove scoperte poggiane fatte al tempo del con- cilio di Costanza: (24) ' Orationi di Tulio' (ora Laurenz. 48.10 con le due Cluniacensi); (29) 'Quintiliano'; (30) 'Asconio'. ^ Abbiamo parlato dei codici del Corvini (p. 73) e toccato ap- pena di quelli di Tommaso Fregoso (p. 73) signor Sarzana ;

1 G. ZippEL Niccolò Niccoli, Firenze 1890, 69; 96. Sulla formazione e la fortuna della libreria del Niccoli ha intrapreso un'indagine critica il prof. E. Rostagno.

* L' inventario del 1418 fu pubblicato da F. Pintor op. cit. 13-15. Ap- partennero a Cosimo anche il Livio in tre volumi, ora a Besan^on, con la sottoscrizione : ' Ioannes A. f, (cfr. cap. IV n. 22) clarissimo atque optumo viro Cosmo Medici ex vetustissimo exemplari hoc opus transcripsit anno d. MCCCCXXVII. Florentiae ' (E. Mììntz Les collections des Médicis au XV siede, Paris 1888, 3) e il famoso Tibullo Ambrosiano R 26 sup.: ' Liber Cosme lohannìs de Medicis. Nunc vero Laurentii ac Ioannis Petri Francisci de Mé- dicis '.

184 T. FEEGOSO, P. GUINIGI, IL POLENTON (gap. XI

riguardo al secondo aggiungeremo che dal catalogo del 20 no- vembre 1425 risulta come nel suo studio ci fossero 30 volumi, latini, eccetto uno; tre dei quali, Livio, Plinio il vecchio e Giuseppe Flavio, provenivano dal Petrarca.^ Anche Paolo Gui- nigi, signor di Lucca, era riuscito a radunare una ricca li- breria, ma nel 1431 in séguito alla disfatta patita nella guerra contro Firenze gli fu confiscata e cosi andò dispersa.*

Contemporaneamente a costoro attendeva in Padova a rac- coglier codici e notizie quante pili poteva Sicco Polenton, il quale concepì anzi per il primo e colori l'ardito e geniale di- segno di ridurre tutti i materiali vecchi e nuovi a sintesi nel suo poderoso trattato De illustribus scriptoribus linguae la- tinae, finito nel 1433. ^ Dei 18 libri di cui si compone, il I tocca, in via di proemio, l'origine delle varie discipline; il II espone i poeti drammatici e amorosi ; il III Vergilio e Orazio ; il IV gli altri poeti ; nei libri V- Vili si discorre degli storici ; nel IX di Catone e Varrone; ben sette libri, X-XVI, sono consa- crati a Cicerone; il XVII a Seneca; il XVIII e ultimo agli specialisti, ai grammatici, commentatori e simili. L'opera di Sicco non ha valore tanto per gli studi classici in sé, quanto per la loro divulgazione e fortuna,^ perché comprende quasi tutto ciò che allora era nel dominio della classe colta. Delle ultime scoperte non è sempre bene informato; p. e. non co- nosce il De aquaeductihus di Frontino e le nuove dodici com- medie di Plauto : ma non era sua colpa, perché quei testi ve*

3 Cfr. P. De Nolhac Pétrarque et V humanisme 90 ; 397-400, dove è ri- pubblicato l' inventario.

■* Dieci volumi andarono in potere dei cancellieri del Comune come pegno; quindici furono acquistati dal Petrucci di Siena e altri finirono nelle mani del Visconti, G. d' Adda Indagini etc. Append. 11-12. Per il suo in- ventario, che non potei vedere, cfr. Gottlieb Ueber die mittelalt. Biblioth., Leipzig 1890, 207. Saranno appartenuti al Guinigi i due volumi di lettere a lui indirizzate, ora codici 112 e 113 della Comunale di Lucca, A. Mancini in Studi ital. di filolog. class. Vili 183.

6 Sul trattato De scriptoribus ling. lat. e sulle due edizioni di esso ve- dasi A. Segarizzi La Catinia le Orazioni e le Epistole di Sicco Polenton, Bergamo 1899, XLVIII-LI.

^ Cfr. ad es. R. s. in Museo ital. di antichità class. III 344-345; 346; 363-364; 372; 380; 891.

cap. XI)

IL POLENTON 186

nivano gelosamente custoditi dai loro possessori, Non ha letto le Selve di Stazio, quantunque ne abbia avuto un certo sen- tore : "^ il che prova uu-altro fatto, come cioè fossero lenti certi libri a propagarsi.

Incappa in qualche grave equivoco; cosi scambia Prisciano con Lattanzio Placido, attribuendo a quest' ultimo la Perie- gesis.^ È abbastanza corrivo nell'accoglier le opere apocrife; parlando di Seneca (lib. XVII) dubita bensì dell'autenticità del De quatuor virtutihus, perché sa che ne dubitò il Pe- trarca ; ma nessun dubbio sulle Epistole a Paolo e sull' altra opera indirizzata allo stesso De copia verborum liher unus. ^ Più circospetto si mostra invece circa le opere apocrife di Ci- cerone, delle quali cita (lib. XVI) i quattro ' libelli ' De si- nonimis, De differentiis verborum, De re militari, De gram- matica,^'^ ma soggiungendo che i dotti negano la loro auten- ticità,

^ Lib. IV (adopero il cod. Ambros, G 62 inf.): 'Eias (Statii) epistole ha- bentur quedam familiariter ad amicos soluta oratione scripte ', dove vorrà intendere le prefazioni ai singoli libri delle Selve.

8 Lib, XVIII : ' metro ac versibus exametris fecit (Lactantius) librum qui Odeporicon grece, Itinerarium latine inscriptus est. Soluta item dictione in Stacium Tolosanum poetam scripsit '. Ma, bisogna dire, anche più tardi sulla Periegesis non s' avevano idee chiare, cfr. Politian. Epistol. XII 1 e Misceli. IX.

^ Non si può stabilire se della Copia verborum abbia veduto un esem- plare 0 si serva della menzione che si legge nelV Epistol. IX a Paolo. Del resto il De quatuor virtutihus non è che la prima parte del De copia ver- borum, pubblicata a col nome di Martino vescovo di Braga e dedicata a Mirone re della Galizia. Il De quatuor virtutibus porta il nome ora di Seneca ora di Martino, il De copia verborum quello di Seneca (B. Hauréau in Notices et extraits XXXIII, 1890, 208-215).

"^ Il De re militari si trova spesso manoscritto, p. e. nel cod. Ambros. H 37 sup. (cfr. E. S. Spogli Ambrosiani 318); fu anche stampato, la prima volta nell'ediz. di Cicerone del 1516 'apud Philippum luntam'. Sui Synon. e le Differ. vedi sopra p.35 n. 60. Non ho mai incontrato il De grammatica, altrimenti detto Orthographia, ma occorre nei cataloghi medievali, Manitius in Bhein. Mus. XLVII, 1892, Ergzh. 18. Singolari sono le incertezze del Polenton sul Timaeus; scrive infatti: ' Sed fragmentura extat Multa sunt a nobis et in Acadcmicis conscripta il principio del Timaeus), de quo quid affirmem certi non video. Si rem ac genus dicendi gusto, Cì- ceronem sapit; si operis nomen perquiro, id nusquam invenio... Prefationem esse Ciceronis in Platonis Timaeum aliqui existimant, De celo et mundo quidam... appellant '.

186 IL POLENTON, IL BESSARIONE (gap, XI

Conosceva prima del circolo fiorentino Cornelio Nepote (lib. Vili), e forse Ermolao Barbaro a Padova l'ebbe da lui (v, sopra p. 95); e per di più lo dava come autore non solo delle due biografie di Catone e Attico, ma anche di quelle dei capitani greci, precorrendo in tal modo di quasi un secolo la divinazione del Parrasio.^^ Conosceva la Eettorica di For- tunaziano da un esemplare indipendente da quello venuto in luce nel 1423 per cura del Capra; ^^ e assai probabilmente ebbe tra mano fin dal 1425 la biografia vergiliana di Donato nella redazione più lunga, ^^

Dalla metà del secolo in poi i raccoglitori italiani non si contano quasi più o almeno non è agevole elencarli ; d'altro canto sarebbe opportuno, perché ogni studioso si faceva la sua provvista di codici ; e dir di tutti porterebbe a raccontare la storia dell'intiero movimento umanistico. Onde ci fermeremo solo ai principali e cominceremo dal Bessarione, che quan- tunque greco d'origine s'era ormai fatto italiano di pensiero e di sentimento. La sua biblioteca, lasciata a S, Marco di Ve- nezia, come abbiamo avvertito (p. 68), con atto del 1468, comprendeva 264 codici latini: cifra inferiore quasi del doppio ai greci, ma pur sempre ragguardevole. Uno di essi, ora Ca- nonie. 131 (sec. xiv-xv) di Oxford, contiene la Historia tri- pertita, che solo allora tornava integralmente alla luce,^*

11 Per la questione cfr. R. S. Spogli Ambrosiani 313, 1, dove si rimanda ad altre fonti. La dissertazione del Parrasio, con la quale aflferma la pater- nità corneliana delle Vite, è nel cod. V D U> della bibl. Nazionale di Na- poli e porta il titolo De viris illustribus cuius si<, F. Lo Pakco A. G. Par- rasio, Vasto 1899, 43,

12 R. s. Spogli Ambrosiani 286-287.

13 R. S. in Museo ital. Ili 380; in Studi ital. di filol. class. V 386 e Spogli Ambrosiani 306-307. Nel cod. Vatic. Palat. 1478 (orazioni di Cicer.) al f. 161 si legge: ' Sicco Polentonus Patavinus hoc opus scribi fecit Padue anno 1413 ad usus eius et posterorum '.

1^ Omont Inventaire des ms. grecs et latins donne's a S. Marc par le card. Bessarion 41-51. Solo un 65 titoli hanno attinenza cogli studi lette- rari profani; molti testi latini di questo elenco sono tradotti dal greco. La Historia tripertita, come qualcuno la chiama, consta di tre opere: (1) la Origo gentis romanae, anonima; (2) W De viris illustribus, anonimo o at- tribuito erroneamente a Plinio; (3) i Caesares di Aurelio Vittore. 11 De viris ili. era notissimo ; i Caesares pare fossero stati scoperti dal Biondo

cap. XI) I^E RACCOLTE VENEZIANE E PADOVANE 187

Nell'Italia settentrionale incontriamo le raccolte di due Veneziani: l'una di Domenico de Dominicis (m. 1478) vescovo di Torcello e di Brescia, entrata più tardi in parte nel mo- nastero di S, Salvatore a Bologna ;^^ l'altra di Giacomo Zeno, vescovo di Padova, la quale passò nel 1482 al Capitolo della stessa città.^^ Numerose sono le collezioni dei Padovani Quella di Placido Pavanello vescovo Torcellano (m. 1471) andò a co- stituire il primo fondo della biblioteca di S. Giustina.^'' Tre altre impinguarono invece la biblioteca di S. Giovanni in Ver- dara, la quale infatti nel 1455 accolse 44 volumi di Battista de Lignamine (m. 1453) vescovo di Concordia ;^^ nel 1467 ben 129 codici, fra cui uno greco, del medico G. Marcanova, il noto raccoglitore di epigrafi; '^ e nel 1478 la librerìa, pure cospicua, di Pietro da Montagnana, che comprendeva 68 codici latini, 14 greci e 10 ebraici.^" Anche Verona ebbe un solerte racco-

(v. sopra p. 101), ma non se ne sa altro; VOrigo era del tatto ignota. Po- steriore al cod. Canonie, è il Bruxell. 9755-63, della fine del sec. xv, il se- condo dei due che ci trasmisero la Historia tripertita (Schanz Geschichte de ròmisch. Litter. IV § 797 w). Il cod. Angelico latino (Roma) 929 con Ni- colai Sagundini de naufragio suo del 1460 fu del Bessarione.

15 L. Feati in Bivista delle biblioteche 1889, 2; il De NotHAc La biblioth. de F. Orsini 168-169 segna un suo Tolomeo in Vaticana. Un codice delle Filippiche di Cicerone comprato nei 1460 a Firenze era in S. Michele di Mu- rano, MiTTARELLi BibUotheca XVIII.

is I. Ph. Tomasini Biblioth. Patav. ms., 2. La collezione fu regalata al Capitolo dal successore Pietro Foscarini.

1" Tomasini op. cit. 42. In S. Giustina entrarono anche i libri giuridici del ferrarese Giacomo Zecchi (m. 1457), ibid.

1* Ib. 11-38. Almeno erano ancora 44 nel tempo (1639) che li descrisse il Tomasini, il che non esclude che fossero già avvenute dispersioni; il me- desimo si dovrà ripetere per le raccolte degli altri donatori. Il cod. 129 sec. xi-xii del Conte di Leicester in Holkham Hall fu del Lignamine (Ionae Vitae SS. Columbani, Vedastis, lohannis, ree B. Krusch, Hann. et Lipsiae 1905, 104).

19 Tomasini 16-40. Dei codici del Marcanova 93 sono ora in Marciana (Ve- nezia), 6 a Holkham Hall, uno a Modena e uno a Berna (L. Dorez La biblio- thèque de G. Marcanova in Mélanges G. B. De Bossi, Paris-Rome 1892, 116; 118-121; 122-123).

2*^ Tomasini 11-39. Tra i codici latini regalati dal Montagnana a S. Gio- vanni in Verdara uno è il 359 della Comunale di Lucca contenente trattati musicali, un altro lo Harleian 2454 con le prime 8 commedie di Plauto. Per il Claudìano dell'Ambrosiana e il Cassiodoro della Marciana cfr. R. S. Spogli Ambrosiani 359. Un' Ortografia greca nel cod. Vatic. Palat. 127. Nel 1479

188 GUARNERIO, BRANDA, I TRIVULZI (cap. XI

glitore nel canonico Paolo Dionisi, che con testamento del 25 giugno 1501 legò al suo Capitolo tutti i libri ' tam in iure canonico quam in civili decretisque, in theologia, humanitate et quacumque alia facultate '.^^

Insigne fu veramente la collezione del friulano Guarnerio dei conti d'Artena, il cui catalogo autografo del 1461 com- prende 174 volumi di opere scelte d'argomento classico e uma- nistico. ^^ La lasciò in eredità al Comune di S. Daniele (Udine), dov'è tuttora. Il munifico Branda da Castiglione, detto il car- dinal Piacentino, diligente esploratore delle biblioteche eccle- siastiche, donò libri a istituti religiosi e ' fece fare in Lom- bardia una libreria comune a tutti quegli che desideravano avere notizia delle lettere '.^^ A Ferrara formò una biblioteca, dicono di 700 e più libri, il teologo Battista Panetti (m. 1497), che ne fece poi un legato ai Carmelitani di S. Paolo ; a Bo- logna raccolsero libri Lodovico Garsi e il cardinale di S. Croce Niccolò Albergati: quegli li lasciò nel 1445 in parte ai Do- menicani bolognesi, questi quasi tutti nel 1443 agli Agosti- niani senesi.^* A Milano tre personaggi di casa Trivulzio, Gaspare, Carlo e Renato, iniziarono quella biblioteca, che era destinata a diventare fra le private la celeberrima ;2^ e si pro- entrarono in S. Giovanni anche alcuni codici di un altro Padovano, Galasso di Capolista, Tomasini 16, e più tardi codici latini e greci del bresciano Gio- vanni Calfurnio, 20; 21; 25; 26; 27.

21 Sul Dionisi vedi G. B. Giuluri La Capitolare, Documenti p. IV.

22 Pubblicato da G. Mazzìtinti in Inventari dei ms. delle bibliot. d'Italia III 101.

23 V. Appendice a.

2* Sul Panetti G. Bertoni La biblioteca Estense etc. 128-129. I suoi co- dici recano in principio la nota: 'Ex libris R."*' patris nostri magistri Bap- tiste Panetii Ferrariensis sacre theologie professoris qui die 27 martii 1497 obiit '. Alcuni di essi ho veduti nella Comunale di Ferrara, p. e. 192 N A 7 (commento dello Pseudacrone a Orazio) ; 131 N A 5 (la Repubblica di Pla- tone tradotta da Antonio Cassarino) ; 135 N A 5 ; 175 N A 6. Uno col Frag- mentum Arati è a Palermo, cfr. R. S. in Studi ital. di filol. class. VII 117. Il Panetti fu anche raccoglitore di epigrafi e la sua silloge è nel cod. 361 di Ferrara (G. Antonelli Indice dei ms. della civica bibliot. di Ferrara, 1884). Sul Garsi e sull' Albergati vedi A. Soebelli La biblioteca Capitolare... di Bologna, Bologna 1904, 74-76.

25 L' inventario di Gaspare, m. 1480, conta 60 manoscritti, di cui uno greco, uno volgare ; gli altri 68 sono latini : 23 di materia legale, 35 di

cap. XI)

GLI ARAGONESI 189

cacciò uno scelto numero di codici una delle più colte donne italiane, Ippolita Sforza, figlia del duca Francesco. 2<5

Quando nel 1465 Ippolita si trasferi a Napoli sposa di Al- fonso di Calabria, vi trovò una cultura corrispondente all'edu- cazione da lei ricevuta a Milano, ma il movimento nuovo colà era penetrato un po' tardi con l'arrivo nel 1435 del Panormita e del Valla alla corte di re Alfonso e non vi si potè pie- namente sviluppare se non dopo la conquista di Napoli del 1442.27 Lg buone tradizioni di re Roberto (1310-1341) non erano state continuate; 2^ e per colmo di sventura nel 1423, come racconta fra Alberto da Sartiano,*^ la biblioteca Angioina ca- ricata sur una nave di Alfonso per essere trasportata in Spagna affondò miseramente. Le condizioni dell' istruzione nel 1432

materia letteraria. Nel catalogo di Carlo del 1497 compariscono 98 volumi, di cui uno a stampa; circa due terzi sono latini, un terzo volgari. Dei 54 codici di Renato, ni. 1498, uno è greco, gli altri, pare, tutti latini ; E. Motta Libri di casa Trivulzio 8-16.

2^ G. Mazzatinti La biblioteca dei re d'Aragona XXXIII-XL.

2' Quanto difficili fossero colà le comunicazioni letterarie prima del 1442, apparisce da una lettera del Valla al Tortelli in data ' XY kalendas aprilis Caietae ' (1441), dove scrive: 'si libros quosdam, qui restant mihi legendi, legissem ; quorum sunt duodecim comoediae Plauti recenter iuventae, Do- natus in Terentium, cuius tantum Eunuchum vidi, Victorinus, Cornelius Ta- citus et si qui sunt alii ; quos quum lue non reperiam, ad vos (a Roma) venire decreveram, ut istic illos percurrerem '; G. Mancini in Giornale sto- rico XXI, 1893, 34 ; ma per il testo e la data cfr. R. S. Polemica umani- stica, Catania 1893, 12-14.

** Non bisogna poro esagerare la portata dell'impulso dato agli studi da Roberto, poiché durante il suo governo la biblioteca si arriccili di opere sacre, giuridiche e mediche: nulla di veramente letterario e Roberto stesso non era letterato ; Maxzatinti op. cit. II-III ; N. F. Faraglia Barbato di Sulmona etc. in Arch. stor. ital. 1889, III 314; 317; 328. La cultura della sua corte non ebbe azione sul movimento umanistico ; e anziché aprire l'era nuova, si dovrà dire che chiuse la vecchia.

2> 13^ Alberti Sarthian. Opera, Romae 1688, 228 lettera al Niccoli ' ex Ferrarla VI kal. febrnarias 1433 ' (= 1434): ' Incursante enim eandem pro- vinciam superiore tempore rege Aragonum et urbem ferro incendioque va- stante, ita milites eius depopulati sunt civitatem, ut praeter alia ludibria magna quaedam classis (= navis) de spoliis onusta, libris praecipuis, ab eis in patriam saevissimi hostis adveheretur. Quae cum in medium pelagus posita aequora vento flante sulcaret, maris tempestate vorante summersa est '. Pare che qui anziché al primo assalto di Alfonso a Napoli del 1421, si accenni al secondo del 1423, dopo il quale fece lo sbarco a Marsiglia e tornò in Spagna.

190 NAPOLI E ROMA

(cap. XI

descrìtteci dal suddetto Alberto, che in quest'anno percorse la regione, erano quanto mai deplorevoli ; ^^ dobbiamo pen- sare ad un'esagerazione rettorica o a poca perizia del frate, uomo equilibrato com'era e bene avviato a tali studi da Gua- rino; perché una quindicina d'anni dopo, nel 1448, visitò Na- poli e i suoi dintorni anche Gaspare Veronese e vi notò egual- mente l'abbandono delle biblioteche. 2^ Ma le cose cambiarono con l'introduzione dell'umanismo, largamente secondato dal- l' Aragonese ; e allora i signori del regno furono presi dalla passione di radunar codici, onde si formarono le copiose col- lezioni dei baroni Iacopo di Montagano e Pietro di Celano, di Angilberto del Balzo duca di Nardo, del principe di Bisi- gnano Girolamo Sanseverino, del Caracciolo duca di Melfi e particolarmente di Antonello Petrucci.^^

A Eoma troviamo le raccolte dei Della Kovere: di Dome- nico, cardinale dal 1478 e indi arcivescovo di Torino, e di Giuliano, poi papa Giulio II ; ma sopra ogni altra primeggia la 'speciosissima supellex ' del veronese Agostino Maffei.'^

^ Ib. lettera citata: ' De libris vero caeterarnm provinciarum quod qiiaeris, tam Magnae quondam Graeciae quarti totius paene orae italicae quara multo labore lustravimus. . . tibi respondeo nihil ad manus nostras, quam- quam diligentissime quaesiverimus, pervenisse, nedum vetustatis quod po- tuit et diuturnitas abolevisse, sed ne communium quidem opusculorum quo- rum solent tam veterum quam novorum referta esse omnia. Omnis enim ea patria iacet in tenebria. . . Apud ipsam vero Neapolim et reliquum etiam omne regnum vacare literis pene non possunt et penitus nolunt : quorum alterum miseriae est, alterum superbiae ac negligentiae '. Il viaggio di Al- berto nel Napoletano fu del 1432, ih. 222.

31 Gaspare descrive al Tortelli le meraviglie naturali e storiche di quei paesi e soggiunge: 'Quid dices de Neapoli urbe speciosissima? Quid de bi- bliothecis quas per oppida regni desertas vidi'? Cod. Vaticano 3908 f. 138«; G. ZippEL Le Vite di Paolo II, XXVIII 1.

3S Mazzatinti op. cit. XXX ; XLVII-L.

33 I codici di Domenico sono nella bibl. Nazionale di Torino, dove anche dopo l' incendio del 26 gennaio 1904 ne rimangono 71 ; Rivista di filologia XXXII 447-456, cfr. E. Mììntz Les arts à la cour des papes III 37-38. Su Giulio II vedi V. Cicchitelli Sulle opere poetiche di M. G. Vida, Napoli 1904, 21-22, dove si rimanda al Dorez, che non ho potuto vedere; cfr. anche L. Delisle Le cabinet II 400, Per il Maffei vedi Maffei Verona ili. Milano 1825-26, III 264-267 e De Nolhac La bibliothèque de F. Orsini 231-232 ; il suo Cicer. ad Att. nel cod. Vatic. 3250. Politian. Epistol. VI 6 al Maffei : ' mihi perbenigne libros veteres aliaque monumenta, quibus tu abundas ego delector, ostendisti '.

cap. XI)

LA TOSCANA E FIRENZE 191

In Toscana ci si presentano le librerie di Zomino (v. sopra p. 86) da Pistoia e di Mattia Lupi di S. Gimignano, da en- trambi donate al proprio paese : da Zomino al Comune, dal Lupi alla sacristia della pieve; con le quali vanno tre colle- zioni senesi: del medico Bartolo di Tura (m. 1477), di Niccolò Borghesi e dell' avvocato apostolico Lodovico da Terni, che la regalò al monastero di S. Maria di Monte Oliveto maggiore (Siena), facendo inoltre costruire a sue spese il locale.^* Ma la preminenza come in tanti altri riguardi, cosi nell' amore per le collezioni rimane ai Fiorentini. Vanno nominate quelle di Bartolomeo Lapacci, donata in parte a S. Maria Novella ;35 di Guglielmo Becchi, vescovo di Fiesole dal 1470 al 1481, che la lasciò a S. Spirito ;^^ di Piero de' Pazzi;" di Filippo Pie- ruzzi, che contava ' infiniti volumi ', donati dal possessore a S. Marco e altri al monastero di Settimo ;3^ di Sebastiano Bu- celli che la legò a S. Croce ;^^ di Antonio Benivieni;*" la ric- chissima di Pier Filippo Pandol fini *^ e tante altre. A nessuno

^ Per il Lupi vedi E. Casanova in Rivista delle biblioteche Vili 64-68; l'atto di donazione è del 1456; per Bartolo C. Mazzi in Rivista delle bi- bliot. V 27-48 ; l'inventario del 1483 registra 120 e più volumi ; l'inventario del Borghesi dell' anno 1500 con 363 titoli (tra cui molte stampe) in L. Zdekauer Lo studio di Siena nel rinascimento, Milano 1894, 195-199; per Lodovico cfr, N. Terzaghi De cod. lat. philol. qui Senis in bibl. pubi, ad- servantur, 1904, 3-4 (estr. dal Bullettino Senese di storia patria X, 1903).

35 Vespasiano Vite I 219.

36 Vespasiano Vite I 218. Il catalogo nel cod. Ashburnham (Firenze) 1897, f. 68-73 ; sono 101 volume, in maggioranza di argomento sacro, solo una decina di argomento letterario. Un suo codice, autografo, è l'Angelico (Roma) B. 7. 5 Opus quadragesimale editum a TI. M. G. de Bechis anno d. 1437 dum esset lector tempore pestis in Monte Sanati Savini et in Crotonio absolutum eodem anno die XXV iulii feliciter incipit, con la sottoscri- zione : '1437 25 iulii. Cortona (ìuiglielmi Becchi opus explicit anno aetatis meae 23 ' ; dal Catalogo del Narducci. Lasciò codici anche ai Canonici di S. Maria del Fiore, Bandini Suppl. I, TX.

3' Vespasiano III 191.

In. Ili 96; 99; 100. Vedi E, Lasinio in Rivista delle biblioteche XV 173.

39 Bandini Cod. lat. II, XLVIIs.

■"^ Il suo catalogo del 1487 fra manoscritti e stampe conta 175 numeri ; A. Della Torre Storia dell' accademia platonica di Firenze 782.

■•i Ib. 387-388 e R. S. in Studi ital. di filol. class. II 47-48; il catalogo della libreria Pandolfini segna anche libri a stampa e non sempre si pos-

192 I MEDICI (cap. ZI

inferiore restò la famiglia Medici, dei quali i più operosi in accrescere la propria libreria privata furono, dopo Cosimo il vecchio, i suoi due figli Piero e Giovanni ; e massimo fra tutti Lorenzo il Magnifico, che allargò la base degli acquisti, fa- cendo posto ai codici greci, stati esclusi dai suoi predecessori. Dal modesto manipolo dei 70 volumi contenuti nell'inventario di Cosimo del 1418, quello di suo figlio Piero del 1456 sale al centinaio e mezzo ;*2 e a questi aggiungeremo la collezione contemporaneamente allestita da Giovanni, che non doveva esser da meno, se consideriamo che i due fratelli gareggiavano nel rendere superiore ciascuno la sua.*^ Finalmente nell'in- ventario del Magnifico i codici latini superano le quattro cen- tinaia, **

* *

L'operosità degli Italiani non avrebbe mancato di eserci- tare la sua benefica azione sugli stranieri, quando gli uni e gli altri si fossero trovati a contatto ; il che accadde al tempo del concilio di Basilea, in conseguenza del quale i dotti degli altri paesi vennero attratti nel nuovo movimento. Il contatto e l'emulazione crebbero poi ancor più allorché la sede del concìlio fu trasportata per un anno (1438) a Ferrara e per altri tre (1439-1442) a Firenze, due dei principali focolari della cultura umanistica; la quale ebbe inoltre il grande vantaggio di mettersi in comunicazione diretta con la cultura greca rap- presentata dai numerosi ecclesiastici intervenuti al concilio dall'Oriente. Ecco pertanto anche i prelati e i principi stra-

sono distinguere con certezza i manoscritti ; il numero dei latini (p. 21-46) in ogni modo non è inferiore a 125 ; si aggiunga una quindicina di greci e alcuni volgari.

^2 Propriamente sono 158 ; il catalogo fu pubblicato da E. Piccolomini Delle condizioni e delle vicende della libreria Medicea privata in Archivio stor. ital. XXI, 1875, 106. Ne fu redatto un secondo catalogo nel 1464, più particolareggiato e con T indicazione dei prezzi, ma con meno volumi, cioè 127; pubblicato questo da E. Mììntz Les collections des Médicis au XV siede, Paris 1888, 44-49.

*'^ Della collezione di Giovanni non s'è ancora trovato l'inventario ; ma ne danno una sufficiente idea le ricerche già citate a p. 150 n. 44.

** PiccoLOMiNi op. cit. in Archivio stor. ital. XIX, 1874, 117.

cap. XI) Gl'I UNGHEEESI E GLI INGLESI 193

nieri cominciare verso la metà del secolo a raccogliere codici in Italia o a farseli mandare dai loro amici e dalle officine di copiatura.

In Ungheria pensò di fondare una biblioteca Giovanni Vitez, l'arcivescovo di Strigonia, il quale ' fece cercare libri in Italia e fuori d' Italia ; e molti che non si trovavano, li fece iscri- vere in Firenze '.^^ E inspirò lo stesso amore ai libri in due altri Ungheresi, suo nipote Giovanni Csezmicze, noto come Giano Pannonio, vescovo di Cinque Chiese, e Giorgio Hasznoz il vescovo Colocense, i quali egli mandò a studiare il primo a Ferrara, il secondo a Padova; ed entrambi raccolsero co- dici : Giano a Koma, a Firenze, Ferrara e Venezia, Giorgio a Firenze, ' dove aveva comperato libri per più di tremila fio- rini '.^^

Dall'Inghilterra venne in Italia il protonotario Andrea Ols, del tempo che il concilio era radunato a Firenze, e ivi assoldò ' infiniti iscrittori, a chi egli faceva iscrivere più opere, per volerle di poi in Inghilterra, a una sua chiesa che aveva'.*' Non si recò in Italia Umfredo duca di Glocester, ma intrat- tenne strettissime relazioni con umanisti italiani, sopra tutti con Pier Candido Decembrio, che oltre all' avergli donato la sua traduzione della Politica di Platone e dedicato la tradu- zione dell'Etica di Aristotele, lo forni anche di libri. La li- breria del duca comprendeva 135 volumi, da lui regalati al- l'Università di Oxford.*^ Tra gli illustri Inglesi che visitarono l'Italia e vi acquistarono libri per formarsene una biblioteca collocheremo Giovanni Tiptoft, conte di Worcester, che visitò Venezia, Padova, Firenze, Koma : ' aveva grandissima copia di libri e in Firenze ne comperò quegli che trovò e fecene fare buona somma ';^^ e Guglielmo Gray, il vescovo di Ely, che cominciò a raccoglier codici in Colonia, dove fece i primi studi, e poi in Italia, dove venne a perfezionarsi, a Firenze,

<5 Vespasiano Vite I 239 ; 243. *^ Id. I 249-250; 256. ^' Id. I 233; 234, *^ V. Appendice 6. *^ Vespasiano I 823.

E. Sabbadini Le scoperte d«i eodid. 13

194 1 FRANCESI

(cap. XI

Padova, Ferrara e Eoma. Donò la sua cospicua collezione di circa 200 volumi al collegio di Balliol in Oxford.^"

Dei prelati francesi due in particolar modo tennero vive relazioni con l'Italia: il vescovo Morinense, poi cardinale di Borgogna, Jean Le Jeune, nativo d'Amiens (1411-1451) e il vescovo Atrebatense (Arras) Jean Jouffroy di Luxeuil (1412 c- 1473), poi cardinale, coetanei e legati da reciproca amicizia.

II Morinense fece esplorare le biblioteche di Francia, ^^ ma non sappiamo se per conto suo o per conto d'altri. Passò gli ultimi anni alla curia di Koma. Il Jouffroy fece gli studi a Pavia, dove poi (1435-1438) insegnò diritto canonico e assi- stette nel 1438 al concilio di Ferrara. ^^ Scoperse per il primo in Francia il commento di Tiberio Claudio Donato a Vergilio e lo portò in Italia. ^^ Il codice ' characteribus langobardicis conscriptus ', del sec. ix, era mutilo e conteneva solo il com-

50 Vespasiano Fife I 231-232 ; Mazzatinti ia biblioteca dei re d'Aragona XI-XII.

51 Scrive Bartolomeo Fazio : ' Cardinalis Morinensis diligentìa biblio- thecae omnes {rallicae... ab inqiiisitoribus evolutae ac resupinatae fuerunt ', R. S. Biografia di G. Aurispa 109. Per mi Salterio da lui donato a Euge- nio IV cfr. Miìntz et Fabre op. cit. 21.

5- Ch. Fierville Le cardinal Jean Jouffroy et son temps, Paris 1874, 5-6; 244. A Pavia fu scolaro del Valla, il quale scrive {Opera 351): ' non (atfers testem) episcopum Atrebatenseni, tunc abbatem et auditorem meum '.

5* Leggiamo in una lettera dell' Aurispa al Panormita: ' Monachus ille, qui primo Commentum Donati in Virgilium in Italiam apportavit, nuper Romam cum cardinale Burgundiae venit. Is est et doctus et solers antiqui- tatis indagator, quamvis Gallus; dicit se invenisse in tres Plauti comoedias commentum etiam Donati. A me sollicitatus misit in Galliam prò illis . . . Romae Vili kal. februarias ' (1447) ; R. S. in Museo di antichità classica

III 369-370 e Biogr. di G. Aurispa 107-108. Oscillai nella data di questa lettera tra gli anni 1446 e 1449; ma ho ragioni ora di assegnarla definiti- vamente al 1447. Infatti il Morinense nell'agosto del 1446 si recò da Roma alla dieta di Prancoforte quale rappresentante del duca Filippo di Borgogna; alla fine dell' anno stesso era di ritorno a Roma con gli altri delegati (G. Sforza La patria la famiglia e la giovinezza di papa Niccolò V in Atti della r. Accademia lucchese XXIII, 1884, 185-190) pare che abbia più abbandonata l'Italia. Identifico il monachus Gdllus col Joufl'roy, che era monaco benedettino e suddito del duca di Borgogna, il che spiega com'egli si fosse accompagnato al cardinal di Borgogna Jean Le Jeune per assisterlo alla dieta. Si adatta poi al Jouflfroy la qualità di et doctus et solers nnti- quitatis indagator. Non crediamo al commento di Donato a tre commedie di Plauto: si tratterà di un equivoco.

Cap. XI) 1 PORTOGHESI E GLI SPAGNOLI 196

mento ai primi cinque libri dell'Eneide; ora è uno dei più belli ornamenti della Laurenziana^^ (cod. 45, 15). Possedeva una buona suppellettile di manoscritti, tanto che se n'era fatto due biblioteche, 1' una in Konia, 1' altra in Francia. Alla sua morte li lasciò tutti alla badia di S. Denis. ^^

I prelati e i principi portoghesi e spagnoli che venivano in Italia vi radunavano essi pure codici. Il vescovo portoghese Velasquez, stato a Firenze nel tempo del concilio, ' aveva libri per parecchie migliaia di fiorini ' ; ma a Bologna, dove il padre r aveva mandato a studiar giurisprudenza, egli invece si di- lettava di leggere i sonetti del Petrarca i^*^ sicché è a credere che la sua collezione comprendesse pili che altro libri toscani, come sappiamo del nobile spagnolo Nugno Gusmano, che ca- pitato a Firenze mentre vi sedeva il concilio, reduce da un viaggio in Terra Santa, vi ' fece scrivere infiniti volumi di libri nella lingua toscana, quali mandò in Spagna '; non solo, ma ordinò a spese sue dei volgarizzamenti da Cicerone, Quinti- liano e Macrobio. ^^ ' Assai volumi di libri ' si portò di Italia in Spagna Cosimo, vescovo di Vico sotto il pontificato di Ca- listo 111;^^ e una grande libreria mise insieme (continuando l'esempio del marchese di Santillana suo padre), Pietro di Mendoza, cardinale sotto Sisto IV, ma di opere toscane, molte delle quali inoltre fece tradurre in spagnolo. ^^ Bieche biblio- teche raccolsero a Napoli anche il camerlengo Innico Davalos, marchese di Pescara, e Innico di Guevara, gran marescalco; e parimente tra i codici di costoro si incontrano opere volgari

^ V. Appendice e.

55 Dei libri del Jouffroy presentemente alcuni sono nella biblioteca di Carcassonne, altri in quella di Albi ; in Carcassonne si conserva il suo Quin- tiliano da lui largamente e amorosamente postillato, Fierville op. cit. 12 ; 224-232. Il cod. Vatic. 1770 sec. xv contenente le Declamati ones pseudo- quintilianee fu da lui comperato il 23 maggio 1459 dall'Aurispa a Ferrara, come si leggeva in una nota sul foglio di guardia, ora strappato ; vedasi la nota in R. S. Biogr. di G. Aurispa 140. Appartennero al Jouffroy i due cod. Paris, lat. 4797 e 5713 (L. Delisle Le cabinet des ms. II 335).

5^ Vespasiano Vite il 298.

5" Id. I 340 ; .348.

Id. I 238.

^9 Id. I 169.

196 LE BIBLIOTECHE

(cap. XI

italiane. Cosi noi assistiamo all'introduzione dell'umanismo italiano in Spagna per mezzo degli stessi Spagnoli; e sopra tutto dell'umanismo italiano nella sua forma volgare. Sotto l'azione di esso nasce intanto e si sviluppa l'umanismo spa- gnolo, che nei secoli xvi e xvii si riverserà in Italia non come un'importazione di merce nuova, ma semplicemente come un ' cavallo di ritorno ' (v. sopra p. 137).^^

* * *

La maggioranza di questi raccoglitori si italiani che stra- nieri, e l'abbiamo caso per caso avvertito, non tenne presso di la preziosa suppellettile, ma ne fece dono a una Comu- nità, di solito a una chiesa o a un monastero ; con che oltre ad assicurarne meglio la custodia e l'incolumità, non è da escludere che i proprietari mirassero anche ad agevolarne r uso agli studiosi ; perché oramai tendeva a diventar ge- nerale il bisogno e il desiderio di divulgare la scienza e di aprire al pubblico i tesori ammassati dalle Comunità e dai Principi. Indi vediamo le vecchie biblioteche ricevere notevoli incrementi, indi vediamo sorgerne di nuove.

Tra quelle già fiorenti nel sec. xiv merita il primo posto la Capitolare di Verona, il cui patrimonio abbiamo tentato

f"> Mazzatinti op. cit. XLV-XLVI.

"1 Alcune fonti delle prime relazioni umanistiche tra Italia e Spagna sono enumerate in E. S. Storia documentata della r. Università di Catania, Catania 1898, 44, 1. Il movimento di importazione in Spagna e di tradu- zione dei monumenti letterari italiani toccò il colmo sotto Giovanni II di Castiglia (1407-1454); su di che vedi H. Croce in Atti dell'Accademia Pon- taniana XXIII, 1893 (Primi contatti fra Spagna e Italia 29) ; XXIV, 1894 (La corte spagnuola di Alfonso d' Aragona a Napoli 14; 21-22; 25-26; 29). La traduzione latina dei primi cinque libri dell' Iliade eseguita da P. C. Decembrio per invito di Giovanni II fu poi ritradotta in spagnolo, Voll- MOLLER in Studien zur Litteraturgeschichte M. Bernays gewidmet, Leipzig 1893, XIV e Morel-Fatio in Romania XXV 120-129; per altre versioni ca- stigliane di scritture latine e greche vedi lo stesso Morel-Fatio in Romania XVIII 491-493; XXIII 561-575 ; XXV 111-120. Sull'importazione in Spagna di Dante e degli umanisti italiani, specialmente del Petrarca, vedi B. San- visENTi I primi influssi di Dante del Petrarca e del Boccaccio sulla let- terat. spagnuola, Milano 1902, e A. Farinelli Sulla fortuna del Petrarca in Ispagna in Giorn. storico della letter. ital. XLIV, 1904, 297-850.

eap. XI) VERONA, MANTOVA E PAVIA 197

di ricostruire coi Flores dell' anonimo veronese e con le indi- cazioni somministrateci dal Pastrengo.*^^ Nominiamo in secondo luogo la biblioteca dei Gonzaga a Mantova, il cui catalogo del 1407 conta circa 300 volumi latini, grandemente ampliata nel sec. xv dalle assidue cure del marchese Gian Francesco e in ispecial modo di Lodovico. ^^ Nello stesso secolo xiv ha le sue radici la Viscontea di Pavia, che divenne poi la più cospicua nella prima metà del sec. xv. Il catalogo compilato nel gennaio del 1426 ben 988 manoscritti. Essa accolse buona parte delle spoglie della libreria petrarchesca e s' ar- ricchì dei trovamenti pervenuti a Firenze nei primissimi anni del sec. xv ; mentre pare vi manchi ogni traccia delle scoperte poggiane di Francia e di Germania degli anni 1415-1417 e di quelle fatte posteriormente nell'alta Italia. E anche in sé- guito fu più abbandonata che curata.^*

S2 Non parlo delle biblioteche di Bobbio, di Monto Cassino e di tante altre, perché tengo conto solo di quelle che presero parte al movimento umanistico e ne risentirono 1' azione. Chi voglia la bibliografia delle biblio- teche nostre dei sec. xiv e xv veda A. Sorbelli La bibliot. Capitolare... di Bologna nel sec. XV, Bologna 1904, 176-180, e in generale Th. Gottlieb Ueber die mittelalt. Bibliotheken, Leipzig 1890, 179-254. Recentemente furono illustrate la biblioteca di S. Salvatore a Settimo (E. Lasinio in Bivista delle biblioteche XV, 1904, 169-177), il cui catalogo del 1338 registra 121 volume in 103 codici, e la biblioteca di S. Francesco in Pisa (L. Ferrari L'inven- tario della bibliot. di S. Francesco in Pisa, Nozze D'Ancona-Cardoso, Pisa 1904), il cui catalogo del 1355 comprende 387 titoli, con una ventina e più di autori classici e un * Martialis poeta^de sibilla et quedam alia ' (n. 362) a me ignoto.

63 Braghirolli ìu BoMania IX, 1880, 497; Novati ib. XIX, 1890, 163; S. Davari Notizie storiche intorno allo studio pubblico... in Mantova, Man- tova 1876, 6; Luzio e Kenier in Giornale stor. della letter. itaì. XVI, 1890, 121; 126; 140; 150; 152-155; 157-161. Bartolomeo Brunacci nel 1461 chiamava ' regiam ' e ' illustrera ' la biblioteca di Lodovico ; anche il successore Fe- derico la arricchì, ma più che altro di stampe, Luzio e Renier 161. Grande raccoglitore di codici fu anche il mantovano Gian Pietro Arrivabene, can- celliere del marchese Lodovico, 158. Per un codice dei Sermoni di S. Zenone fatti copiare nel 1459 a Verona da Ermolao Barbaro per Alessandro Gonzaga cfr. GiuLiARi La Capitolare 283. Tre codici dei Gonzaga sono a Parigi, L. Delisle Le cabinet des ms. II 368-369 ; 382.

^* Cfr. cap. Ili n. 103. Il catalogo fu pubblicato da G. d'Adda Indagini etc. I 22 codici petrarcheschi sono elencati da P. De Nolhac Pétrarque et r humanisme 88-89; anzi 24 con l'Omero (8) e il Platone (120), ib. 322.

198 FIRENZE, FERRARA, ROMA, BOLOGNA (^ap. XI

Nel 1426 si ricostrui in S. Croce a Firenze una nuova sede per la sua libreria, che venne in quell'occasione riordinata e catalogata ; il suo fondo è ora ricoverato in Laurenziana.^^ La collezione degli Estensi a Ferrara ebbe il suo primo catalogo il 19 gennaio 1436. I codici sommano a 279: uno greco (115), uno tedesco (79), altri volgari, molti francesi, gli altri latini. Essa è rimasta estranea al movimento prodotto dalle ultime scoperte, ad eccezione del codice greco e forse di Nonio Mar- cello (276), che vi saranno entrati per mezzo di Guarino. Più tardi venne quasi raddoppiata, poiché nel catalogo del 1495 di Ercole I i codici sono 512; ma non perdette mai il suo primiero carattere, infatti i volumi greci son due soli, la mag- gioranza latini, volgari gli altrì.^^ La Vaticana, che conosciamo già, fece progressi giganteschi : i codici latini da 338 che erano nel catalogo di Eugenio IV del 1443, salirono a 795 in quello di Niccolò V (1455) a soli dodici anni di distanza.^^ Parimenti la Capitolare bolognese ricevette notevole incremento per im- pulso, sembra, di Tommaso Parentucelli allora vescovo di Bo- logna; e difatto da 43 che erano i codici nell'inventario del 1420 salirono a più di 330 in quello del 1451 : ma troppo vi scarseggiano le opere letterarie. *^^

Altre biblioteche s'accrebbero considerevolmente, alla metà del sec. xv e dopo, dei doni che a loro affluivano dai racco- glitori privati. Fra queste richiameremo alla mente del lettore (v. sopra p. 187) le due famose padovane, di S. Giovanni in

^"' Il catalogo fu pubblicato da C, Mazzi L'inventario quattrocentistico della hibl. di S. Croce in Firenze in Rivista delle biblioteche Vili. Ma la data di esso dovrà protrarsi alla metà del secolo, perché al n. 143 (p. 99) incontriamo una traduzione di Giorgio da Trebisonda.

^^ Il catalogo del 14.36 fu dato in luce da A. Cappelli in Giornale storico XIV, 1889, 12-30; quello di Ercole I da G. Bertoni La bibliot. Estense età. 235.

67 MiÌNTz et Fabre op. cit. Ili ; ITilgkrs in Centralblatt fur Bibliotheksw. XIX, 1902, 1. Pei successivi incrementi cfr. Mììntz et Fabre ibid.

68 A. SoEBELLi La òibUot. Capitolare. . . di Bologna nel sec. X V, Bo- logna 1904, 22 ; 23-24 ; 77 ; dal 1451 al 1457 ve ne entrarono altri trenta- cinque, p. 56 ; i due cataloghi del 1420 e del 1451 stampati a p. 83-156 ; 166-169. La medesima scarsezza di opere letterarie si osserva nell'ancor più copiosa biblioteca dei Francescani di Bologna, il cui catalogo del 1421 689 titoli, ib. 8-9.

cap. XI)

LA MEDICFA PUBBLICA 199

Verdara e di S. Giustina. L' inventario S. Giustina si co- minciò a compilare nel 1453, al quale anno appartengono i primi 316 numeri.''^ E fra queste collocheremo la Capitolare della Metropolitana milanese, che accolse due famose colle- zioni: nel 1443 quella dell'arcivescovo Pizzolpasso, e nel 1481 quella di Francesco Filelfo; la biblioteca di S. Spirito di Fi- renze, la quale, ricca già di suo e ospite dei codici boccac- ciani, aumentò più tardi il suo patrimonio con la libreria del vescovo Becchi; e la biblioteca di Monte Oliveto di Siena, che nel 1448 ricevette in legato da Lodovico da Terni un centi- naio di volumi giuridici. '^°

La biblioteca di S. Marco di Firenze, che s'era di tanto arricchita dell'inestimabile fondo del Niccoli (m. 1437), si rin- novellò non molto dipoi per la novella funzione a cui la de- stinò la preveggente liberalità di Cosimo de' Medici, che tra- ducendo in atto l'idea geniale dell'illustre raccoglitore^^ ne concedè l' ingresso a tutti: di che essa fu chiamata la Medicea pubblica ^2 in contrapposto con la Medicea privata, della quale abbiamo discorso più su (p. 192). E cosi se il disegno di una biblioteca pubblica s'affacciò la prima volta ne' tempi moderni alla mente del Petrarca, ^^ il merito d'averlo colorito spetta intieramente al Niccoli e a Cosimo. ''* Cosimo inoltre riedificò negli anni 1462-1464^^ la badia di Fiesole e la dotò di una biblioteca di 200 volumi greci e latini allestitigli da Vespa-

69 L. A. Ferrai in Indici e cataloghi a cura del Ministero della pub- blica istruzione V, II, 1887, 579. A Padova nel sec. xv era anche famosa ' libroruni pulchritudine eorumque multitudine ' la biblioteca degli Eremi- tani per testimonianza del contemporaneo Michele Savonarola, cfr. Tomasini Biblioth. Patav. ms. 70.

''^ V. Appendice d.

■^1 VoiGT Wiederbelebung P 403.

"2 PiccoLOMiNi op. cit. XIX 104.

■3 De Nolhac Pétrarque 70.

'* Sugli ulteriori incrementi della Marciana dovuti a Cosimo, Voigt Wie- derbelebung 13 405-406. Nel 1446 comperò dei codici dai frati minori di Lucca e ne regalò una parte a S. Marco, E. Piccolomini Intorno alle condiz. ed alle vicende della libr. Medie, privata (estratto p. 125, 1).

"5 V. Rossi Tre lettere di Vespasiano da Bisticci (Nozze CipoUa-Vittone), Venezia 1890, 9-10.

200 I CANONI BIBLIOGRAFICI

(cap. XI

siano. '^6 Verso quello stesso tempo sorsero due altre biblioteche nuove : la prima di Alessandro Sforza signor, di Pesaro, che la provvide di codici latini, '^^ la seconda, assai più copiosa e sontuosa, di Federico duca d'Urbino, che la volle fornita di numerosissimi volumi latini e dei principali greci. ''^

Queste quattro biblioteche, S. Marco, di Fiesole, di Pe- saro e Urbino, hanno tra loro di comune che furono create le tre ultime e riordinata la prima secondo un canone biblio- grafico formulato dal Parentucelli a richiesta di Gosimo.^^ Il canone però è troppo limitato e per fortuna non fu seguito pedantescamente. Intanto vi si nota l'assenza degli scrittori greci, eccetto pochi nella traduzione latina. La parte mag- giore è fatta ai testi biblici, alla teologia e alla filosofia ; poca matematica (nel significato largo di quadrivio) e un nu- mero ristrettissimo di autori latini profani, appena una tren- tina. I poeti p. e. sono rappresentati da soli cinque nomi : Vergilio, Orazio, Ovidio, Lucano, Stazio: e di Ovidio non più che due opere, le Metamorfosi e i Fasti. Si capisce che il Parentucelli dal riguardo dell'educazione voleva escludere le poesie amorose d'Ovidio e le opere di tutti gli altri elegiaci, come pure dei comici e dei satirici. Talune del resto di queste opere erano sottratte alle lezioni pubbliche e riservate alla

"^ Vespasiano Vite III 50-52 con l'elenco sommario delle opere. L'inven- tario completo redatto nel sec. xv 191 volumi (pubblicato in Bandini Suppl III 524-537).

^' Vespasiano Vite I 327,

'* Id. I 297-302 con un catalogo sommario ; i codici greci nell' inven- tario di Federico Veterano erano 93, i latini (compresi 4 volgari) 606 con molti ebraici (C Guasti in Giorn. stor. degli archivi toscani VI 133-147 ; VII 46-55; 130-154 e Muntz et Fabee op. cit. V). Federico acquistò porzione dei codici dei Chiavelli di Fabriano, 0. Marcoaldi Guida e statistica. . . di Fabriano, 1874, I 52.

"9 Vespasiano Vite I 35; III 50; il canone fu pubblicato da G. Sforza La patria la famiglia e la giovinezza di papa Niccolò V 369-381. Anche il sec. XIII ebbe un canone famoso nella Bihlionomia di Riccardo da Four- nival, II. Delisle Le cabinet des ms. II 514ss. Per il secolo xiv citeremo il canone autografo del Petrarca, eh' egli si formò dai libri della propria bi- blioteca, distribuiti in otto categorie: Morales, Retthorici, Ystorici, Patte, Excerptores, Grammatici, Dyalectici, Astrologici (L. Delisle in Notices et extraits XXXV, II 406-407).

cap, XI) I CANONI BIBLIOGBAFICI 201

lettura domestica anche da un umanista spregiudicato, quale fu Ugolino Pisani, che nel suo canone prescriveva: ' Publice non legantur luvenalis, Perseus, Martialis Cocus, Propertius, Tibullus, Catullus, Priapeia Virgilii, Naso de arte amandi et de remedio amoris, sed relinquantur studio camerario videre eos volentium, ut plurima sciantur, non ut quisquam adole- scens tyro eorum lectione contaminetur '. ^^ Più largo è il ca- none degli autori profani latini compilato da P. C. Decembrio,^^ dove son prescritti, senza contare le versioni dal greco, 37 autori in 42 volumi; e gli autori si trovano distribuiti in ca- tegorie: poeti, oratori, filosofi, storici, grammatici, sacri; quali ritornano nell' inventario già ricordato di Piero de' Medici del 1456: sacri, grammatici, poeti, storia, arte (oratoria), filosofia, libri volgari. Ma è giusto anche soggiungere che il Parentu- celli formulò il suo canone in un tempo in cui non aveva an- cora pienamente sviluppata la sua operosità bibliofila e che egli stesso lo sorpassò di molto quando assunto al papato mise mano agli incrementi della Vaticana. ^^

Della seconda metà del secolo due altre famose biblioteche meritano essere ricordate: quella di Cesena, fondata da Ma- latesta Novello nel 1452^3 q ancor più quella dei re Arago-

*o II canone è autografo, dell'anno 1436 o 1487, sul f. 68 v del cod. Am- brosiano F 141 sup. sec. XIV, contenente opere aristoteliche nella traduzione latina, largamente postillate dal Pisani. Per la medesima ragione egli esclu- deva dalle opere volgari quelle del Boccaccio : ' Nullum opus Bocacii vul- gare legatur publice, sed privatis studiis et delicatis et ociosis enervatis re- linquanUir'; cfr. R. S. Ugolino Pisani in Da Dante al Leopardi {nozze Scherillo-Negri), Milano 1904, 286.

«1 Cod. Ambros. R 88 sup. f. 172 1?.

^- Il Vomì op. cit. I3 406 credè di poter giustificare la limitazione del canone con 1' essere stato destinato alla biblioteca claustrale di S. Barto- lomeo fuori le mura di Firenze. Ma ha frainteso il Fabroni Cosmi Medicei vita I 142-143, dove tocca appena di volo, e forse per errore, di S. Barto- lomeo, mentre del resto parla sempre della biblioteca di S. Marco, per la quale sola Cosimo chiese il canone al Parentucelli. Nello stesso luogo il Voigt fraintese anche Vespasiano, il quale non parla affatto, come gli fa dire, della biblioteca di S. Lorenzo fondata da Cosimo, bensi della biblioteca della badia di Fiesole.

83 Voigt 590 e A. Martin in Mélanges d'arch. et d' hist. II, 1882, 224- 227. Fra ì Malatesta fu bibliofilo anche Pandolfo, A. Battaglia Della corte letteraria di Sigismondo Pand. Malatesta in Basini Parmensis Opera II, I

202 GLI ARAGONESI, I PICCOLOMINI (gap, XI

nesi a Napoli. Alfonso V nel 1434 aveva già un amanuense, Lodovico Cescases, e sino almeno dal 1440 faceva acquisto di codici ;^^ nel 1446 poi chiamò al suo servizio un noto copista, Giacomo Curio, e più altri in appresso. Nel 1453 era stata consegnata ai suoi rappresentanti una lista di desiderata: 24 poeti latini e ' Donatus super Terentium ' ; e nel 1455 Garcia de Urrea comperò per lui in Italia 24 codici. Il figlio Fer- dinando prosegui l'opera di Alfonso e fece anch' egli cercar codici ai suoi incaricati, come a Marino Tomacello, nell'occa- sione che intraprendevano ambascerie in Italia o fuori, ma soprattutto aumentò la suppellettile paterna confiscando le li- brerie ai baroni debellati. ^^ Ultima in ordine di tempo tra le biblioteche italiane viene quella dei Piccolomini, Pio II e suo nipote Pio III (Francesco Todeschini), da quest' ultimo desti- nata nel 1503 alla cattedrale di Siena; ^^ e ad essa congiun- geremo la ricca collezione di Iacopo degli Ammanati, il car- dinale di Pavia, adottato nella famiglia dei Piccolomini.*^

p. 49. Carlo Malatesta (m. 1429) fondò col lascito di Sainpierino canonico di Riniini e maestro di grammatica una biblioteca 'ad comunem usimi pau- periim et aliorum studentium in facultatibus ' (G. Mazzatinti in Scritti vari di filologia offerti a E. Monaci, Roma 1901, 345-352). Non è da scorgere qui un embrione di biblioteca pubblica ?

*• Per il Cescases cfr. Gasp. Babzizii et Guinif. Opera, Romae 1723, II 406 (Gabriel) '' incusat (Georgium Cathala) quod cuni a Ludovico Cescases regio librario Ciceronem quendam regium de officiis ipse commodato habuis- set,..' Guiniforte Barzizza gli forniva codici nel 1440, R. S. in Giornale stor. VI 176-; anche 1' Aurispa, R. S. Biografia di G. Aurispa 89; 92; 94.

^5 Mazzatinti La biblioteca dei re d' Aragona VII ; XIX ; XX-XXI ; XCVI. I codici aragonesi finora rintracciati sono 629. La libreria formata da Alfonso II era indipendente da quella di Ferdinando, ib. CIV.

8" Ae. PiccoLOJMiNi De codieibus Pii II et Pii III etc. Senis 1900, 3-4. Si ha ricordo di circa 400 codici, p. 6; si aggiungano il Riccardiano 158 (R. S. Spogli Ambrosiani 228), due della Comunale di Livorno (A, Solari in Studi ital. di filol. class. XII 5; 6) e il Paris, lat. 7844 (L. Delisle Le cabinet des ms. II 393; ib. 392 un Ammiano Marcellino a Parigi del 1462 di Gregorio Piccolomini).

87 RocHOLL Bessarion 99. Nelle Epistolae et Commentarii, Mediolani 1506, parla più di una volta della bibliotheca mea; per acquisto di codici corrispondeva con Andrea di S. Croce, Francesco da Castiglione, Gentile da Urbino (sopra p. 148), Giannantonio Campano e sopra tutti con Donato Ac- ciaioli, cfr. f. 88; 52; 66; SS^i»; 114; 162; 164t;; 172; 200t;.

cap. XI) 11^ CAMMINO DELLA CULTUBA 203

Delle straniere è degna di particolar menzione la biblio- teca di Mattia Corvino re d'Ungheria, che si servi per radu- narla delle nostre officine librarie e per ordinarla chiamò alla sua corte due illustri umanisti italiani, Taddeo Ugoleto e Bar- tolomeo Della Fonte.^^

Non sempre soccorrono i documenti per distinguere il sem- plice raccoglitore dal raccoglitore e scopritore insieme ; non sempre è agevole stabilire se si ha a fare con una collezione privata o con una biblioteca pubblica; ma ciò poco importa, perché le scoperte le collezioni e le biblioteche dovunque e co- munque siano, concorrono in bellissimo accordo a porci innanzi agli occhi il cammino della cultura. 11 nostro sbozzo accerta intanto o meglio conferma luminosamente due fatti: l'uno che neir àmbito della penisola italiana il movimento parte dal settentrione (Verona) e va ingrossando di mano in mano che procede verso il centro (Firenze, Roma); solo tardi si estende al mezzogiorno (Napoli), donde non balenò nessuno sprazzo di luce, quale la cultura precedente di quei paesi avrebbe lasciato sperare. La Sicilia diede appena un codice latino, il Frag- mentum Arati\^^ la Calabria e le Puglie pochi codici greci.^*^

88 C, Marchksi Bartolomeo Bella Fonte, Catania 1900, 81-87. Il Della Fonte stabili un canone: ' scriptorum omnium indicem cum gentilium tura sacrorum ' {ih. 87), ma non lo conosciamo.

^ Kecherò per la Sicilia un' altra prova. Nei 400 e più codici, che pos- sedeva nel 1384 il monastero gregoriano di S. Martino delle Scale (Palermo), la classicità è rappresentata da undici testi grammaticali di Donato, di Pri- sciano e anonimi, dai Distici di Catone, dall' Etica di Aristotele tradotta, da un Esopo e da un Lucano (S. M. di Blasi in Opuscoli di autori siciliani, Palermo 1771, XII 19-191, dove è pubblicato il catalogo del 1384; cfr. p. 59 ; 67; 70; 75; 77; 104; 109; 114; 133; 140; 164; 172). Del resto i grandi uma- nisti siciliani, nati o nel sec. xiv o nei primissimi anni del xv, Giovanni Aurispa, Antonio il Panormìta, Giovanni Marrasio, Antonio Cassarino, ven- nero nel continente a studiare e a formarsi; e fu una ripercussione del nuovo movimento manifestatosi nel continente la istituzione della prima Università siciliana a Catania del 1444.

^ I rapporti del Petrarca e del Boccaccio con Napoli e coi due monaci calabresi Leonzio e Barlaam furono troppo fuggevoli e non produssero nessun effetto duraturo : la luce della civiltà ellenica ci venne da Costantinopoli.

204 RINASCIMENTO LATINO

(cap. XI

L'altro fatto, sommamente confortevole per l'Italia, è il rapido diffondersi della scienza nostra nelle nazioni vicine, le quali hanno ceduto volentieri agli Italiani i monumenti lette- rari delle loro chiese e dei loro chiostri, monumenti che esse non sapevano ancor bene interpretare ; e gli Italiani, pur osten- tando disistima degli abitanti d'oltr'Alpe, li accolsero fratel- levolmente quando essi venivano a chiedere istruzione alle loro scuole, codici alle loro officine: scambio questo veramente fe- lice e fecondo, che aperse alla famiglia umana nuove vie di civiltà.

Quanto poi alla natura del nostro rinascimento letterario, la breve rassegna delle biblioteche ci dimostra che com'esso fu originariamente latino, cosi si conservò sostanzialmente la- tino anche quando vi penetrò 1' elemento greco. Nel sec. xv e nei successivi la cultura greca è rappresentata qui da noi non più che da un pollone solitario innestato tra mezzo a co- piosi e rigogliosi rami cresciuti su tronco latino. Unica città italiana in cui la grecità paresse mettere salde radici, pos- siamo dire essere stata Firenze. A S. Marco di Venezia i co- dici greci entrarono per donazione di un Greco, il Bessarione. A Urbino un principe munifico, Federico, introdusse con gli autori latini anche i greci; ma questi non si affratellarono a quelli. Nelle ricche biblioteche di Napoli, di Mantova, di Pavia, Ferrara, Milano, Padova rimase poco meno che interdetto l'ingresso ai codici greci; e se qualcuna di Padova, come S. Giustina, aumentò il suo patrimonio con libri greci, lo dovette alla larghezza di un Fiorentino, Palla Strozzi. In Pesaro gli autori greci vennero accolti si, ma nella veste latina. E a Koma Niccolò V, che diede la prima forte spinta alla ricerca degli scrittori greci, non è quello stesso, che li voleva tutti tradotti in latino e che delle traduzioni si fece quanto zelante promotore altrettanto liberale rimuneratore? Del resto il suo canone bibliografico e al pari del suo i canoni di Ugolino Pisani e di Pier Candido Decembrio non ammettevano autori greci se non nella versione latina.

cap. XI) I CASTIGLIONl E IL DUCA UMPREDO 206

Appendice al Gap. XI.

a (= n. 23) Vespasiano Vite I 100. R. S. Il card. Branda da Castiglione e il rito romano in Archivio star, lombardo XXX, 1903, 400 : ' Cum igitur accurata et solicita indagine ecclesiasticas quotidie bibliothecas olfaceret ' (Branda). Istituì nel suo paese natio di Castiglione un collegio per l' istru- zione dei chierici (ib. 398) e quello pure forni di libri. Nel Lattanzio Lauren- ziano 21. 6 troviamo al f. ]82tJ una lettera, dove è scritto: 'Ex omnibus libris quos aut tuo nomine aut ad meam ipse voluptatem aliquando transcripsi, tuus hic codex... Nullum certe scio tota biblioteclia tua fideliorem tibi statues socium, quam hunc ipsuni... qnem si in serius atque flagrares protraxi tempus, attributo et liis quas nonnunquam fidei commisisti mee rebus et tempori quo peregre tecum agens, bis dum legationis fongereris ofifìcio, calamo quie- tem dedi . . . absolutum hunc reddidi tertio decimo ad kalendas februarias

die Mediolani ex aedibus tuis XIII ad kal. febr. MCCCCXXXII '. La

lettera (pubblicata dal Bandini Cod. lat. I 666) manca dell' indirizzo, che fu raschiato ; ma io suppongo che il destinatario, possessore di una biblio- teca, fosse un altro della casa Castiglione, Guarnerio, consigliere del duca di Milano ; perché conviene a lui la menzione delle due ambasciate ; infatti nel 1431 andò due volte ambasciatore all'imperator Sigismondo: la prima il 2 novembre per accompagnarlo nella sua venuta a Milano, la seconda il 16 dicembre per accompagnarlo da Milano a Piacenza (Osio Documenti di- plomatici III 33 ; 50). Combina poi la circostanza che Guarnerio nell' ora- zione funebre per Branda (cod. Ambros. B 124 sup. f. 1) si manifesta uomo amante della letteratura e colto. Lo stemma al f. 1 del suddetto Lattanzio non è quello dei Castiglioni ; ma si capisce che apparterrà a colui che ra- schiò l' indirizzo della dedica.

6 (= n. 48) VoiGT Wiederbelebung IP 256 ; L. Delisle Le cabinet des ms. de la biblioth. imperiale, Paris 1868, I 52; alcuni sono ora a Parigi ibid., p, es. il 5536 C con le Epistul. ad Alt. di Cicerone : ' Eedolfus lohannis de Mi- sotis de Ferraria scripsit MCCCCXV '. Sui libri fornitigli dal Decembrio danno notizie due lettere a lui indirizzate dallo stesso Umfredo. Una del 1437 è stampata in parte in Barozzi e Sabbadini Studi sul Panormita e sul Valla 94 e da essa risulta che gli domandava Cornelio Celso, la Physica di Plinio il vecchio, il Panegirico di Plinio il giovine, Apuleio e le opere di Varrone. Per Celso si veda anche che cosa scrive Tito Livio Fruloviso al Decembrio: ' Verum quoniam inter nos verba fecimus super Cornelio ilio physico, cuius exemplum misisti serenissimo principi meo d. d. duci Cloucestriae... ', cfr. F. Gabotto L'attività politica di P. C. Decembrio 36 (estratto dal Gior- nale Ligustico XX, 1893). Dall'altra lettera del duca, del 1451, trascrivo i seguenti passi (cod. Ambros. 1235 inf. f. 106): ' Recepimus etiam ea novem librorum volumina, que scribis tuis litterjs ad nos misisse . . . Expectamus reliquos maxima cum aviditate. . . sed in primis Ciceronem de productione et ereatione mundi (= Timaeus); Aulumgelium perfectum; Cerelium (= Cen- sorinum ad Caerellìum) de natali die ; Apuleium de magia et ipsius libros

206 J. JOtJFE^ROY

(cap. Xt

Floridorum ; Collumellam de agricultura ; Yitruvium de architectura et lìbrum illum de totius imperii romani dignitatibus et insignibus; Poinpo- ninm Melam et Ptolemei cosmographiam et libruin de omnibus imaginibus celi et Sexti aut Festi Pomponii (= Pompei) de vocabulis . . . Ex Londonio primo kal. iulii ' (1451). Per l'anno 1451 cfr, M, Borsa P. C. Decembri, Milano 1893, 66, 6. Abbiamo perciò un 20 volumi di autori latini, se il De- cembrio glieli mandò tutti.

e {= n. 54) Cfr. Bandini Cod. lat. II 350-361. Un apografo di esso è il cod. Ambros. H 265 inf. sec. xv, cfr. R. S. Spogli Ambrosiani 203: ha il medesimo testo e le medesime lacune. 11 cod. del Jouffroy era a Firenze già nel maggio del 1438 ; e lo sappiamo da questo, che il Traversari da Ferrara, dove as- sisteva al concilio, scrisse a Firenze al monaco Michele che ne facesse trar copia per Branda da Castiglione il cardinal piacentino: ' Scripsimus et ut Donati commentum illud in Virgilium prò domino Cardinali Piacentino cu- rares transcribendum... Ferrariae II kal. iunii ' (1438), cfr. R. S. in Studi ital. II, 1893, 48, 3. Il Jouffroy deve averlo portato nei primi mesi dell'anno stesso 1438, quando andò a Ferrara per prender parte al concilio. Battista Guarino e Poggio nel 1456 conoscevano ancora questo commento allo stato frammentario, poiché al Guarino che gliene domandava un testo integro Poggio risponde: ' De Donato quod postulas quaeram diligenter et si quid reperero amplius, quam quod te habere scribis, dabo operam ut transcri- batur... Florentiae die XIIII febr. ' (1456), cod. Vatic. Ottobon. 2261 f. 230, Spicilegium Bomanum, X 363 e cfr. R. S. in Museo III 371. Dal codice del Jouffroy pubblicò estratti Cristoforo Landini nella sua edizione di Vergilio 'Florentiae 1487' e ' Veneti is 1489'; copiosi estratti se ne trascris.se Pietro Crinito nel 1496 in un codice che è ora a Monaco, cod. lat. 755, dove leg- giamo : ' Venit in manus nuper Tiberii Donati commentarium super libros quinque Aeneidos Vergilianae. liber autem hic ex supellectile Petri Medicis est. hinc commodavit Andreas Martellus, qui cum hoc ipso multa et alia subripuit, ut alias testati sumus. miratus in hoc sum antiquitatem littera- rum. est enim exaratus litteris langobardis... Nonis Februariis 1496. Petrus Crinitus'; cfr. Th. Mommsen in lihein. Mus. N. F. XVI, 1861, 139-140 e L. Valmaggi in Mivista di filol. XIV 32-34. Apprendiamo di qui che il codice era appartenuto alla libreria di Piero de' Medici e che da quella 1' aveva sottratto con altri Andrea Martelli. Più tardi passò nelle mani del Petreio, come si rileva da una nota messa al principio: ' Antonii Petrei Florent. Li- ber n. 70', e indi in Laurenziana. L'identificazione del codice scoperto dal Jouffroy col Laurenziano è proposta da noi, e ci pare molto verosimile, tanto più che a ragione si crede ' che sia scritto in Francia nell'età caro- lingia ' (Vitelli e Paoli Collezione fiorentina di facsimili paleografici, tav. 37).

d (= n. 70) Per il Pizzolpasso cfr. R. S. Spogli Ambrosiani 380; per il Filelfo E. Motta Libri di casa Trivulzio nel sec. XF 24-25; 65-58. Il Filelfo, m. 1481, con testamento del 1473 legò tutti i suoi codici greci e latini al figlio Federico Francesco e, in caso di premorte di esso, il che si avverò, al Ca- pìtolo del duomo, ib. 25; dal Capitolo passarono in parte in Trivulziana, verso il 1760, Motta in TP. Petrarca e la Lombardia, Milano 1904, 256. Per un Vergilio con Servio etc. ricoverato in Vaticana (Vatic. 3251) cfr. M. Vattasso in Studi medievali I 121 e De Nolhac Za Ubi. de F. Orsini 195;

cap. XI) MILANO, FIRENZE, SIENA 207

di un manipolo di codici greci arrivati a noi ho fatto cenno sopra cap. III n. 37. Per altre biblioteche milanesi, di S. Ambrogio, di S. Eustorgio, di S. Bartolomeo, Motti 19-23 ; di quella di S. Ambrogio, forse la più ricca di tutte, rimangono oggi ben pochi frammenti : i 5 maestosi volumi delle opere di S. Ambrogio con alcuni altri codici di argomento sacro e canonico e uno di Vegezio Frontino e Seneca, descritto da R. S. ib. 377. Nel 1500 la libreria di S. Francesco in Milano ricevette da (ìinlio Kmilio Ferrari 34 volumi di diritto civile e canonico; e nel 1513 altri 138 dallo stesso, Gabotto e Badini Gonfalonieri Vita di Giorgio Merula 210, 6.

11 vecchio fondo di S. Spirito di Firenze nel catalogo del 1450-1451 con- tava la cospicua somma di 368 codici; ma era una libreria prettamente mo- nastica e appena cinque codici presentavano materia letteraria. Il catalogo nel cod. Laiirenz. Ashbiirnh. 1897 f. 74-95. Per Monte Olivete C. Mazzi in liivìsta delle biblioteche VI 123; il catalogo di un'altra biblioteca di Siena, la francescana dei Minori, pur essendo mutilo, registra nel 1481 la bella somma di 1351 titoli, ib. 124.

EIEPILOGO E CONCLUSIOl^E

L'investigazione dei manoscritti classici comincia a mani- festarsi largamente in Verona nella prima metà del sec. xiv : ma quella fu più che altro un'operosità collettiva, dalla quale emerge la sola figura del Pastrengo; ed eccetto che per Ca- tullo, non si sviluppò fuori della cerchia della città. Sicché una vera personalità indagatrice apparisce soltanto col Pe- trarca, a cui viene secondo il Boccaccio con meriti che nem- meno la critica moderna aveva ancora ben rilevati pie- namente presentiti, mentre ad essa va dato il vanto di aver posto in luce ampiamente la parte geniale che spetta al Pe- trarca. Il Petrarca del resto era già stato adeguatamente ap- prezzato dai suoi continuatori fiorentini, il Salutati sopra tutti, che tanto s' adoperò a ricercare e a salvare i tesori letterari di lui, alla stessa guisa che il Niccoli prestò le sue cure a conservare la preziosa eredità del Boccaccio. Invece la gene- razione posteriore compativa la scarsa cultura e la rozzezza formale di questi due insigni investigatori con la scusa che non possedevano ancora molti libri. ^ Avrebbero avuto ragione, se avessero voluto intendere dei libri greci.

A costoro, pili insigne per gloria, successe Poggio, che di- venne anzi il tipo classico dello scopritore. La sua grande fortuna egli dovè al concilio di Costanza, che lo pose in grado di esplicare la sua abilità e il fiuto scovatore nei monasteri vergini d' oltr' Alpe, dove l'aveva preceduto, sebbene in più modesta misura, il Petrarca : ed ecco la badia di S. Gallo e altre vicine e lontane di Francia e di Germania rimettere per

1 R. S. Storia del ciceronianismo 10.

RIEPILOGO E CONCLUSIONE 209

opera di lui alla luce una copiosa e preziosa suppellettile di autori nuovi e importanti. Un altro concilio impresse novello impulso alla ricerca e alla scoperta dei codici antichi ; e mentre di qua delle Alpi il Traversari nel suo viaggio d'ispezione (1432-1434) per i monasteri della media e specialmente del- l' alta Italia dava il primo glorioso esempio di un' esplora- zione sistematica, i convenuti al concilio di Basilea si sbanda- vano per i paesi circonvicini in traccia di classici antichi ; nel che si elevò al disopra di tutti l'Aurispa, già rivelatosi esperto segugio in Grecia e noto inoltre come tipo del mercanteggia- tore librario. Ma accanto agli Italiani e nel tempo del con- cilio di Basilea e negli anni precedenti si segnalò un Tedesco, Niccolò da Cusa, in modo da reggere al paragone dei migliori di essi vuoi per numero vuoi per valore di scoperte.

Nella seconda metà del secolo occupa un posto onorifico tra gli scopritori, nonostante la disistima in cui Poggio lo volle far cadere, Enoch d' Ascoli ; e verso la fine giganteggiano il Poliziano e il Morula, quegli intelligente e perspicace, fortu- natissimo questi, che ora deve cedere buona porzione della sua fama al Galbiate che scoperse i codici per conto di lui, e al Parrasio che li riscoperse e li salvò.

Fra gli scopritori di codici greci primeggiano i tre Ita- liani, che andarono a farne ricerca sul suolo greco, Guarino, r Aurispa e il Filelfo ; e un Greco, Giovanni Lascari, il più operoso, il più fecondo di tutti.

Ai nomi illustri degli scopritori vanno messi accanto i non meno illustri dei raccoglitori : ^ e qui ci si presenta subito il Niccoli, l'eroe della collezione, felicemente seguito dal Bes-

* Su un certo numero di collezioni possediamo buone ricerche, talune delle quali insigni : di P. De Nolhac sul Petrarca e su F. Orsini ; di A. Hortis sul Boccaccio; dello Heiberg- su G. Valla; di K. K, Miiller su G. Lascari; di V. Rossi su Giovanni de' Medici ; di E. Piccolomini su Pio II e Pio III ; a questi sono da aggiungere i miei saggi sul Corvini, su Guarino e sul Piz- zolpasso. Cosi per le biblioteche abbiamo potuto adoperare utili e impor- tanti lavori: dei Miintz e Fabre per la Vaticana; del D'Adda per la Vi- scontea; del Mazzatinti per l'Aragonese; del Piccolomini per la Medicea privata; del Bertoni per l'Estense; del Giullari per la Capitolare di Verona; del Sorbelli per la Capitolare di Bologna e del Mazzi per S. Croce di Fi- renze. Ma quanto ancora non rimane a fare nel doppio campo!

K. Sabdadini Le scoperte dei codici. 14

210 EIEPILOGO E CONCLUSIONE

sarione, e dai due principi che a tale operosità legarono im- mortale la loro memoria, Niccolò V e Lorenzo il Magnifico.

Di pari passo con la scoperta dei codici procedeva la loro diffusione. I più antichi scopritori erano in parte anche co- pisti e copisti eleganti, come Poggio; ma a poco a poco si formarono al servizio dei privati e dei principi officine di co- piatura, tra le quali una riesci a procacciarsi nominanza mon- diale, l'officina del fiorentino Vespasiano da Bisticci, che era in grado di fornire in meno di due mesi un'intera biblio- teca.^ E osteggiata in sul principio dalla benemerita classe degli amanuensi, ma provvidenziale per i suoi benefici effetti, ci venne di Germania l' invenzione della stampa proprio nel momento in cui più che mai era necessario porre in salvo nel miglior modo il ricchissimo patrimonio della letteratura antica esumato.

La cultura romana dal centro dell'Italia e di Eoma s'era, all'entrar del medio evo, andata espandendo verso le estre- mità: anzitutto nell'Irlanda, indi in Francia e in Germania; e nelle estremità rimase il suo focolare per tutto il medio evo. La nostra esposizione ha posto in chiaro che le badie di Monte

3 Sui copisti in generale è da vedere Bradley A dictionary of minia- turists etc. ; ma è molto imperfetto ; dei copisti di Napoli si occupa Maz- zATiNTi La bibìiot. de' re d'Aragona LVIII-LXXV; su Federico Veterano co- pista alla corte d' Urbino cfr. C. Guasti in Giornale stor. degli archivi toscani VI, 1862, 130-131. I più famosi copisti di Firenze furono : noi sec xiv- XV Tedaldo della Casa (Bandini Cod. lat. IV, XLII-XLYII) ; nel primo quarto del sec. xv Giovanni Aretino (id. V 701 indice) ; nella prima metà Antonio di Mario (id. V 735) ; nella metà Gherardo del Ciriagio (id. V 713) ai servigi di Giovanni di Cosimo de' Medici ; nella seconda metà Pier Cennini (id. II IO"), n. 2). Si desidera sn questo argomento una ricerca sistematica.

Circa la tariffa di copiatura abbiamo una notizia di Vespasiano da Bi- sticci, che cosi scrive al cipriotto Filippo Podocataro ' ex Florentia die decembris 1448 ' : ' Superioribus meis certiorem te reddidi Florcntie ne- minem esse qui ad fragmenta scribat. Reperiuntur vero scriptores ad volu- mina (con volumen intenderà un binio) eo precio quo exoptas, hoc est ut ununiquodque latus (facciata) quinquaginta lineas, versus vero singuli eie- menta septuaginta continerent. Pretium unius voluminis essent grossi sex' (cod. Magliabech. Vili 1390 sec. xv f. 102; la lettera fu scritta per Vespa- siano da Donato Acciaioli). Un'altra notizia in una lettera del Poliziano del 1491 : ' Ho trovato ancora uno .scrittore greco in Padova e fatto il patto a tre quinterni di foglio per ducato ' (A. Poliziano Prose volgari etc. 78).

RIEPILOGO E CONCLUSIONE 211

Cassino di Nonantola e di Bobbio, il Capitolo di Verona, i mo- nasteri di Milano* possedevano tesori letterari, che non avevano nulla da invidiare per valore e per numero alle più ricche li- brerie di oltremonti ; ma è una verità innegabile che i mona- steri di Francia e più assai quelli di Germania superavano in suppellettile libraria di gran lunga i nostri italiani presi nel loro complesso; e infatti le più strepitose scoperte furono com- piute dai nostri umanisti e dal Cusano in Germania, special- mente al tempo dei due concili, e di il Niccoli e i mecenati italiani ebbero gran quantità di codici sia per compera sia in dono.

La Germania pertanto accrebbe notevolmente del suo il nostro materiale letterario e poco dopo ci mandò i suoi operai tipografi, che solo da noi trovarono di che alimentare la loro arte, per offrirci il mezzo di propagare e più ancora di con- servare la suppellettile nuova.

Il momento storico non poteva essere più solenne e più gra- vido di conseguenze per la sorte della cultura umana. I mo- nasteri giacevano nel più squallido abbandono; e gli umanisti italiani avevano parole di profondo e schietto rimpianto per quei poveri autori antichi sepolti nelle luride cantine e con- dannati come malfattori negli oscuri ergastoli, avevano parole di sdegno amaro e vivace verso i colpevoli di tale barbaro trattamento. A questo si aggiunga che di molti autori e di molte opere era scampato all'abbandono, ai saccheggi, agli incendi e all'azione del tempo un solo esemplare: e pochi altri anni bastavano a toglierci anche quello. Tralascio gli scrittori minori e gli scritti di secondaria entità; e per te- nerci ai maggiori, che hanno rappresentato e rappresentano una parte principale negli studi liberali, diremo che un solo

•• Di altre biblioteche italiane non ho avuto occasione di toccare, come di quella di Piacenza, che forni alcuni volumi a Ottone III ; infatti nel cod. Bamberg. L, III, 8, sec. ix si \egge al f. 42 f questa nota di mano del se- colo x-ix : ' Isti sunt libri tercii imperatoris Ottonis, quos Piacentine inve- nit sibi servatos : duos libros Orosii ; Persium ; duos libros Titi Li vii ; nie- dicinalem unum; dnos capitulares; Fulgentium unum simul cum Isidori episcopi ; in isagogas Porphyvii minus commentum Boecii ; duos glossarios ' (L. Traube Palaeographische Forschungen, IV Teil, 11).

212 RIEPILOGO E CONCLUSIONE

esemplare si salvò di Catullo e fu per opera di un oscuro scrivano veronese; un solo esemplare delle Epist. ad Att. di Cicerone e lo dobbiamo alla Capitolare di Verona ; un solo del De lingua latina di Varrone e delle opere maggiori di Tacito comprese nel Med. II e il merito va assegnato al Boc- caccio; un solo delle opere maggiori dello stesso Tacito com- prese nel Medie. I e ce lo conservò la badia di Korvei ; un solo delle opere minori parimente di Tacito e ne andiamo de- bitori ad Enoch ; un solo del Brutus di Cicerone e del testo integro del suo Be orai, e dell'Or, e ne siamo grati al Lan- driani; un solo di un gruppo di orazioni ciceroniane, di Asconio e delle Selve di Stazio e il merito spetta a Poggio. L' unico testo del Cynegeticon di Grazio fu salvato dal Sannazaro; l'unico di Carisio, Terenziano e di tant' altri grammatici bob- biesi, dal Galbiate dal Merula dal Parrasio; l'unico di 32 fa- vole di Fedro dal Perotto; l'unico del commento pseudopro- biano a Giovenale da Giorgio Valla; l'unico dell'Epistolario tra Plinio e Traiano da fra Giocondo; l'unico di Velleio Pa- tercolo da Beato Eenano; l'unico dei libri XLI-XLV di Livio dal Grynaeus.

Grave e imminente rovina sovrastava dunque ai codici la- tini, alla quale furono sottratti dagli umanisti. E altrettanto grave e imminente era la rovina minacciata ai codici greci. L'invasione turca s'avanzava irresistibile contro il territorio dell'impero greco d' Oriente, che tanti monumenti conservava dell'antica letteratura ellenica, e cresceva ogni giorno più il pericolo che venissero miseramente dispersi. Fu arcano pre- sentimento quello che mosse il Petrarca a procacciarsi autori greci, i quali egli non sapeva leggere, arcano presentimento quello che trasse i Fiorentini a condurre a insegnar greco Manuele Crisolora: donde si avviò un vivo commercio tra gl'Italiani e l'Oriente. Cosi i nostri umanisti andavano a Co- stantinopoli ad apprendere il greco e a raccoglier codici ; cosi i Greci per emulazione cominciarono a prendere amore agli studi e alle investigazioni, in modo che quando nel 1453 Co- stantinopoli soccombette fatalmente alla Mezzaluna, i profughi greci a frotte accorsero in Italia, dove erano sicuri di trovare

RIEPILOGO E CONCLUSIONE 213

vitto protezione e anche onori, purché portassero seco mano- scritti 0 facessero servizio di amanuensi.

A tempo perciò sorse la passione delle ricerche dei testi latini, la quale educò gli spiriti a prevenire la ruina dei testi greci prima della catastrofe turca e ad attenuarne i tristi effetti dopo che essa era scoppiata. E a tempo la stampa si sostituì all'opera degli amanuensi nel propagare e conservare quei tesori.^ Fu, ripetiamo, veramente solenne il momento. La cultura antica ci fu tramandata dai monaci d' Oriente e d' Oc- cidente: gloria e riconoscenza a loro. Ma l'averla preservata dalla perdizione è merito tutto degli umanisti italiani, coadiuvati fraternamente ed efficacemente in Europa dai tedeschi e dai francesi, in Oriente dai greci. Se non sempre il codice entrò o sarà entrato in loro possesso per vie lecite, i posteri li hanno ampiamente assolti : chi oggi rimprovererà al Boccaccio d'aver rubato a Monte Cassino il Be lingua latina di Varrone e il Med. II di Tacito ? e papa Leone X non sanzionò la sottra- zione al monastero di Korvei di un altro codice di Tacito, il Med. I? E se non sempre la cultura classica fece o farà bene, la somma del bene ch'ella produsse o produrrà fu e sarà d'assai superiore alla somma del male; e a coloro che l'hanno risuscitata e salvata con l'intuito consapevole^ che precorre i secoli 0 con l'inconsapevolezza di chi fa ciò che gli altri fanno, con l'opera geniale e clamorosa dello scopritore o con la modesta e spesso ignorata fatica dell'amanuense: a tutti coloro gloria e riconoscenza eterna.

^ Le ' editiones principes ' oltre che come mezzi di divulgazione, vanno considerate come veri codici, perché un codice o emendato o inemendato riproducevano i primi editori ; molte di esse poi sono condotte su mano- scritti di grandissimo pregio, ora perduti, e talune ci rappresentano l'unica fonte del testo. Informata a questi criteri un' indagine larga e profonda sulle edit. pr. renderebbe servigi inestimabili alla filologia classica.

^ Si veda com'è mirabilmente espresso quest'intuito nel passo succitato del Pastrengo p. 6 n. 21, e in quello del Bessarione p. 67 n. 146: e il Pastrengo scriveva nei primi albori dell'umanismo, il Bessarione nel suo pieno meriggio.

GIUNTE

p. 1, n. 3. I più recenti tentativi di identificare la persona dello scri- vano Francesco sono esposti da K. Ellis Catullus in the XIV century, London-Oxford 1905, 3-5. Ivi stesso 6-23 sono ricercate le citazioni e le re- miniscenze catulliane nei Flores dell'anonimo Veronese, in Geremia da Mon- tagnone, nel Mussato, nel Pastrengo e nel Petrarca.

p. 4, n. 11. Eaccofflltore fu anche ' Petrus de Saco de Verona, rector Montis Giscardi, Parisius coniniorans ' ; da lui comperò nel 1422 e 1423 un- dici codici (iiov;uini La Masse, priore del convt-nto di S. Vittore in Parigi; cfr. L. Dki.islk Le cabinet des ms., Il 217.

)). 6, n. 18. li mio dubbio sul testo di Gennadio adoperato dal Pastrengo è felicemente risolto quando si sappia che nel cod. Capitolare XXII (20) alla vita gennadiana di .S. Agostino il copista ha fatto seguire il catalogo delle opere del sommo Padre composto da S. Possidio (E. Chatelain in Revue des hihliothèques XII, 1902, 2-3, dove è determinata l'età del codice tra gli anni 514 e 519). Indi la certezza assoluta che il Pastrengo ebbe tra mano questo codice.

p. 7, n. 23. Uno dei codici donati da Pacifico alla Capitolare è ora il Paris, lat. 1924 sec. ix, L. Delislk Le cabinet des ms.^ II 423-424.

p. 10, 11. 40, Le Epistole di Gelasius, De vitanda Achatii communione, nominate dal Pastrengo (f. ?Av '•Gelasius... Item ad eosdem Orientis episcopos de vitanda Achatii communione '), esistono solo nel cod. della Capitolare (S. Maffei Verona illustrata, Verona 1731, II 116-117); e questa è un'altra prova sicura che egli maneggiava i codici di quella biblioteca, alla quale saranno appartenute le molte opere di Gelasio che egli aggiunge all'elenco di S. Girolamo {De viris ili. e. 94). È da augurare che qualcuno confronti le notizie e le citazioni del Pastrengo coi codici ancora esistenti nella Capi- tolare e ne tragga deduzioni su quelli che essa una volta dovette possedere.

p. 15, n. 78. Ho esaminato il cod. Vallicellano della Concordia cano- num di Cresconio (segnato tomo XVIII, sec. x), al cui f. 136 v si legge : ' Hec sunt que in hoc codice habentur. I Concordia canonum a cresconio africano episcopo digesta, sub capitulis trecentis. Iste nimirum cresconius. bella et victorias. quas iohannis des (sic) patricius apud africani de saracenis gessit. exametris versibus descripsit. sub libris '.

p. 16, n. 80. Il lungo articolo su Aristotele, che manca nell' edizione del libro del Pastrengo e si legge invece nel cod. Vatic. 5271 f. 2v-ò, co- mincia cosi : ' Aristotilles philosophus Nichomachi medici fllius et Fescie,

216 GIUNTE

gente trox (= trax), patria stragorita Olimpo proxima, Socratis primo, deinde Platonis discipulus, Alexandri vero magni preceptor, vir ingenii prestantissimi et divine prope scientie multa fecundissimi pectoris sui monumenta dereli- quit, e quibus aliqua que legi et aliqua que ex aliorum collegi scriptis adii- ciam '. Nelle parole que legi e que collegi si rivela nuovamente 1' onestà letteraria del Pastrengo.

p. 17, lin. 11. Il cod. Vatic. 3864, più che al sec. x, appartiene al ix-x (Haxjler in Wiener Studien XVII, 1895, 125) e non contiene i Bella, ma le orazioni estratte da essi. Lo stesso codice contiene inoltre le due Suasoriae, delle quali è fonte unica, ad Caesarem senem de re publica, 1' una in forma di orazione, l'altra lettera. Il titolo di Bella per le due monografie sal- lustiane occorre non di rado anche nei codici recenti dei sec. xiv e xv.

p. 18, n, 90. La fonte della notizia è Cicerone stesso, che nel De divin. II 4 scrive : ' ita tres erunt de oratore, quartus Brutus, quintus Orator '. Il passo che riguarda Simonide è anche nei codici mutili.

p. 28, n. 24. Il Petrarca stesso confessava che gli studi sacri gli erano estranei e appropriandosi una frase di Seneca (Epist. 2, 6) diceva che egli entrava nel loro campo come esploratore ; infatti nel cod. Paris, lat. 2201 in capo a un elenco di libri suoi : Libri mei peculiares, scrisse : ' ad reli- gionem non transfuga sed explorator transire soleo ' (cfr. L. Delisle in No- tices et extraits XXXV, ii p. 406-407).

p. 29. Il libro degli Spectacula ci pervenne in estratto per mezzo di tre florilegi : H (cod. Vindobon. 277), I(Thuaneus, Paris, lat. 8071), B (cod. Voss. 86 di Leida), i quali uscirono alla luce dopo il sec. xv. Il sec. xv in- vece ebbe conoscenza degli Spectac. per altra via, cioè da un esemplare ' vetustìssimus ', scoperto nel sec. xiv, che chiameremo K. Questo archetipo conteneva gli Epigrammi di Marziale preceduti dagli Spectac. Infatti il co- dice 2221 dell' Università di Bologna desunse da esso nel sec. xiv i 28 Specta- cula (ora s' è perduto il primo foglio con gli Spect. I-VII 9), attestando che provenivano da un Marziale : ' Hii versus in quodam vetustissimo Mar- tiali invenitur qui ab aliis deerant ' (Gòtz e Lowe in Leipziger Studien I 366, dove erroneamente è detto che il codice comprende Spect. VII 10-XVIII, in luogo di VII 10-XXVIII). K fu noto anche al Boccaccio ; e se egli lo trascrisse integralmente, noi siamo informati che in quello agli Spectac. se- guivano i primi nove libri e porzione del X (il penultimo foglio terminava a X, 36, 4). Abbiamo notizia di una terza copia di K tratta nel sec. xiv, quella che io identifico con Vantiquus codex citato dallo scoliasta del Mar- ziale Ambros. B 131 sup. della seconda metà del sec. xv (cfr. E. S. Spogli Ambrosiani 331, 335). Scegliamo alcune di queste citazioni : allo Spectac. XIX: ' In antiquo codice non erat hoc epigramma ' (l'epigramma invece è nel cod. Bonon. 2221) ; allo Spectac. XXI Myrinum : ' in antiquo codice erat Munus' (il cod. Bonon. ha mirinum); a\V Epigr. I 78, 8 nobiliare rogo: ' antiquus codex habet nobiliore via'; aìVEpigr. VIII, praef. : ' hec epi- stola in antiquo codice non erat '. Donde ricaviamo che Vantiquus codex si estendeva almeno fino al librò Vili e che era differente dal cod. Bonon. Dobbiamo inoltre escludere che fosse lo stesso K, poiché questo aveva lo Spectac. XIX, come vediamo dal Bonon. e dagli altri numerosi apografi ; del resto nulla di strano che alla fine del sec. xv fosse chiamato antiquus un codice del xiv. Se poi K recasse soli i 28 Spectac. o avesse perduta una

GIUNTE 217

parte della collezione per caduta di qualche foglio, è questione che non si può risolvere. \V. M. Lindsay annunzia (in Deutsche Literaturzeitung, 1905, 89) d' aver trovato nella badia di Westminster un altro apografo dei 28 Spectac, aggiunti in fine al libro XIV degli Epigr. ; il codice è scritto in Inghilterra, ma non dice di che età sia.

p. 35, n. 63. Nicola Beccari era ferrarese. Vedi ora F. Novati Attra- verso il medio evo, Bari 1905, 270; 306.

p. 38. Nel cod. Vatic. 1675, sec. xiii, 1 f. 4-5 riportano una notizia anonima delle opere di Vergilio, dove leggiamo ciò che segue riguardo a Cornificio e all'interpretazione allegorica che gli si riferisce : ' In hac prima egloga semetipsum Virgilius narrat in personis duorum pastorum, qui iuxta Mantuara fuerunt et qui steterunt exules, et postea unus receptus est in he- reditatem suam, idest Titirus, et alter queritur vitam suam, idest Melibeus ; et ipsemet Virgilius continetur in bis duabus personis duorum pastorum. Sed mendosi dicunt poetam malum Augusti, idest Cornificium, in persona Melibei contineri ; sed nec vere dicunt (dicat cod.) quia contradicit ista egloga po- stea, sed ipsemet Virgilius colloquitur in persona duorum pastorum, histrio- num more qui cautant cantica controversiae '. Il codice contiene inoltre : f. 1 «-2 V Virgilii vita edita a Donato (fino a pascua rura duces, p. 63, 8, Keifferscheid) ; f. 3 ' Temporibus laetis '; ' Ergone supremis ' ; f. Sv-i Sunto in prosa delle Egloghe ; f. 5-6 Expositio Sergii [sic) grammatici in libro bucolicorum (l'introduzione di Servio alla Bucol.); f. 6v-l Introduzione a un commento all' Eneide ; f . 7 v sino alla fine le tre opere di Vergilio.

p. 52, n. 66. I due codici Urbinati portano i numeri gr. 32 e gr. 39. L'Urbin. gr. 97 (Plutarco Vitae e Moralia) ha sul f. di guardia: ' Liber (una linea rasa) domini Leonardi de Arretio die xviii martii 1457 ' {Cod. Urbinat. gr. bibl. Vatic. ed. C. Stornajolo, Roma 1895, 149) ; forse era : ' Li- ber transcriptus ex exemplari domini ' etc.

p. 54, n. 78. Il cod. Vatic. Ottobon. gr. 3 (S. Gregorio Nazianz.) fu del Niccoli.

p. 57. Per Niccolò V cercò codici greci anche 1' Aurispa. Infatti cosi scrive nella prefazione della traduzione di lerocle a lui dedicata : ' Quippe qui per diversos nuntios per diversas mundi partes ad libros perquirendos

tam graecos quam latinos tua impensa misisti. Ego vero quum Vene-

tiis essem tuo iussu libros aliquot graecos emi, inter quos reperi Hieroclem super versibus Pythagorae aureis appellatis ' (Dieta pretiosa sive loci com- munes, Venetiis 1552, parte II, f. 1 v). Ih. n. 89. A Dresda è un Marziano Capella con le armi di Martino V (Cod. Palai, lat. biblioth. Vatic. ree. H. Stevenson iun., Romae 1886, I, CVII).

p. 58, n. 100. Il nome intero di Niccolò Regino è Nicolaus de Deoprepio de Regio (F. Lo Parco Petrarca e Barlaam, Reggio-Calabria 1905, 28-29; 96).

p. 59, n. 103. Nella descrizione del cod. platonico del Petrarca si pun- teggi cosi : ' Disputatio Socratis cum Clitophonte. Politie. Timeus Platonis. Chritias Platonis. De lege (o Minos). Leges Platonis. Phedrus Platonis. De- modochus. De Consilio ' (o Sisyphus). Perciò 9 dialoghi in 29 libri (cfr. La Cultura XXIV, 1905, 120).

p. 62, n. 118. Due altri codici greci posseduti da Palla sono: il Vatic. Ottobon. gr. 22 (Rrmogene) e il Vatic. Urbin. gr. 26 (Augustini De trini t. tradotto dal Planude).

218 GIUNTE

p. 65, n. 135. Su Paolo II collezionista vedi E. Mììntz Les arts à la cour des papes, Paris 1879, II 128-159.

p. 68, n. 151. Altri codici greci appartenuti al Bessarione sono: il Vatic. Ottobon. gr. 10 (G. Grlsostomo) e il Vatic. Urbin. gr. 137 (Iliade; il Bessarione poi la regalò a Oddantonio di Montefeltro con sei esametri greci di dedica, tradotti in altrettanti latini dal Perotto, Cod. Drbinat.gr. bibl. Vatic. 256).

p. 68, n. 152. Il cod. Vatic. Ottobon. gr. 103 (Posthom. di Quinto) è di mano di Costantino Lascari (Cod. ms. Ottobon. bibl. Vatic. ree. Feron et Battaglini, Eomae 1893, 62).

p. 89, n. 19; p. 90, n. 22. Notizie precise sulla storia della biblioteca di Nonantola comunicò I. Giorgi in Rivista delle biblioteche VI 54-60. Vi è pubblicato (59-60) diplomaticamente l'inventario del 1166, dove leg- giamo : ' Lactancium volumen uno '. Ai tre codici nonantolani, posseduti ora dalla bibl. Universitaria di Bologna (num. 1576, 1605, 2248, p. 58) bi- sogna aggiungere il Lattanzio famoso. Circa altri 40 codici di Nonantola sono oggi nella Vitt. Em. di Roma tra il fondo Sessoriano (p. 54).

p. 100, n. 59. Correggi ' 50-59 ' in ' 50-60 ' ; e ' 246-367 ' in ' 246-287 '. Alcuni dei codici mutili hanno nel lib. II tre passi in più, §§ 13-19; 50-60; 245- 287, i quali sembrano venuti alla luce a Firenze nel principio del sec. xv; uno dei primi a impadronirsene fu Gasparino Barzizza; il cod. Ambros. E 127 sup. sec. XV allestito sotto la sua direzione li riporta tutti tre alla fine col titolo di Additiones (R. S. in liivista di filolog. XVI 101-106 ; in Mu- seo ital. di antichità class. III 338-339).

p. 121. I codici del Pizzolpasso sono 66, perché fu suo anche l'Ambros. B 55 inf. (Vite di Santi).

p. 150, n. 44. Appartenne a Giovanni di Cosimo de' Medici anche il cod, Paris. lat. 6376 (Seneca Beclamationes) del 1457, cfr. L, Delisle Le ca- binet des ms. Il 383.

p. 187. Tra i raccoglitori veneziani merita esser ricordato Girolamo Dal Molin, il quale prestava liberalmente e largamente i suoi codici. Il suo re- gistro dei prestiti va dal 1450 al 1468. Pochi sono gli autori classici : Ci- cerone De off., De amie, De sen., Ovidio Metam., Varrone L. L., Festo e un commento alle Egloghe di Vergilio (B. Cecchetti in N. Archivio Ve- neto, 1886, XXXII, I, 161-168).

Continuazione e fine del Gap. I (p. 20). *

Come Verona, cosi Padova produsse nel medesimo periodo, che corre dalla seconda metà del sec. xm alla prima del xiv, un manipolo di pre- cursori del nuovo movimento. Tre di essi, cultori della poesia e dell' an- tichità, furono anche stretti da vincoli d' amicizia : Levato (m. 1309), Bo- vatino (m. 1301) e, il più grande dei tre, Albertino Mussato (1261-1329). Contemporaneo di quest'ultimo e parimente padovano, il giudice Geremia da Montagnone merita di essere particolarmente considerato per il Com- pendium moralium notabilium da lui composto nei primi anni del Tre-

* Quelito § era destinato al cap. XI (\>. 184) accanto al Polenton, ma ruputo più oppor- tuno annetterlo al cap. I.

GEREMIA DA MONTAGNONE 219

cento. 1 Quest' opera è divisa in varie sezioni e ciascuna sezione raccoglie sotto speciali categorie le sentenze morali desunte dagli scrittori dell'an- tichità e del medioevo, dei quali il proemio presenta l'elenco cronologico. Noi ci occuperemo solo degli antichi e innanzi tutto dei greci tradotti. Di Aristotele, Geremia conosce tutte le opere che si avevano nelle versioni si di Boezio che medievali ; e ciò non fa meraviglia, chi pensi la popolarità goduta dal sommo filosofo greco nei sec. xiii e xiv. Più importante è sapere che Geremia possedeva tre dialoghi di Platone tradotti : il Timeo, per cura di Calcidio, il Menone e il Fedrone (cosi egli lo chiama), per cura del ca- labrese Enrico Aristippo, del sec. xii. * Cita Teofrasto come autore dell'aw- reolus tractatus de nuptiis (f. 38 v etc.) ; e con esso s'intende queir opu- sculo trasmessoci da S. Girolamo adv. lovin. I 47, che tra gli autori del medio evo ebbe molta diffusione. 3 Accenno appena a Proclo e a Tolomeo < e richiamo 1' attenzione sulla Cronica de nugis philosophorum, ^ la quale non era se non un compendio latino di Diogene Laerzio, adoperato anche dal Burley nel De vita et moribus philosophormn. ^ Da ultimo ricordo Iso- crates in exhortationibus, come lo denomina Geremia, vale a dire la Pare- nesi ad Demonicum dello ps. Isocrate, tradotta nel medio evo e adoperata essa pure dal Burley (p. 100, Knust) col titolo di Liber exhortacionum ; senonché le citazioni di Geremia sono assai più numerose. ^

Passando agli autori latini consultati da Geremia, tra i prosatori egli conosce Sallustio, Valerio Massimo, la N. H. di Plinio, Frontino Strateg., Vegezio De remil., Macrobio Saturn. e il commento al Somnium, Vlnsti- tutio di Prisciano (tutti i 18 libri, f. 43 v), Palladio, il Mythologiarum di

1 Si trova manoscritto, R. Ellis Catullus in the XIV century, London 1905, 7, 9 (ai ms. qui segnati si aggiunga l'Ambros. P 117 sup. cart. sec. xv f. 37-143, con la sottoscri- zione : Scribi inceptum die VII oetobris MCCCCXVIIII et finitum die XXVI novembris. laeobus etc. ») e stampato : Oompendiiim moralìmn notahilium compositum per Hieremiam lUDiCEM DE MONTAGSONE cìvevi pailuanum. Venctiis ìmpressum anno MDV. Adopero l'esem- plare dell' Angelica di Roma a. 6. 7. Geremia era giudice nel 1318, come risulta da questa sua nota autografa : ' Mill. trec. decimo octavo. Ego leremias iud. de Montagnone ga- staldio colegii iudicum civitatis Pad. scripxi ' (A. Gloria Monumenti della Università di Padova, Padova 1888, II 11; il suo ufficio era ad Cervum, ihid.). L'ultima menzione del suo nome è nella matricola del 1321 (Ellis p. 8). Non può avere scritto il Compendium che dopo il 1295 (V. Rose in Hermes I, 1866, 372-373): lo coUocliiamo perciò nei primissimi anni del sec. xiv.

'^ Plato in Fedrone f. \0v; 11 etc. ; Plato in Timeo f. 11 ; 38?^ etc. ; Plato in Menone f. 15 y ; 17 etc. Per Enrico basterà vedere V. Rose in Hermes I, 1866, 376-389, e F. Lo Parco Petrarca e Barlaam, Reggio Calabria 1905, 58, 88.

3 Cfr. L. Valmaggi Lo spiritx) antifemminile nel medio evo, Torino 1890, 7-8.

4 Di Proclo Diadoco, fllos. platonico, il medio evo conobbe V Elementatio theologica e VEle- mentatio philosophica (sono p. e. nel cod. Paris, lat. 6287 sec. xv). Molte opere di Tolomeo furono noie nel medio evo, vedine il catalogo nel Pastrenqo De ori^èn. f. 55 k Ptol'emeus.

5 f. 17 ; 19 ; 24 y ; 29 ; 31 etc.

6 II compendio col titolo Tractatus de dictis philosophorum fu molto diffuso nel medio evo sino almeno dal sec. x ; verso la metà poi del sec. xii Diogene Laerzio venne in parte tradotto, sembra da Enrico Aristippo : e anche di questa traduzione si servi il Burley, cfr. A. Reikferscheid in Rhein. Mus. XVI, 1861, 12-26, e V. Rose in Hermes I, 1866, 367, 372, 387-396.

7 Non sappiamo da chi e in che tempo sia stata tradotta ; ma Giovanni di Salisbury nel 1159, l'anno in cui scriveva il Policraticus, non la conosceva ancora. La cita anche il Pastrengo De originibus f. 38 : ' Isockates... scripsit et exhortationem (= -num) librum multa utUia et placida (:= -cita) contiuentem '. Per maggiori informazioni vedi R. S. in Rendiconti del r. Istituto Lombardo di sc'enze e lettere XXXVIII, 1905, 674, dove sono tra- scritti e ordinati i vari frammenti della Parenesi trasmessici da Geremia e dal Burley.

220 GEREMIA DA MONTAGNONE

Fulgenzio, il Digestum e gli altri testi giuridici. Ha a mano tutte le opere dei due Seneca padre e figlio, eh' egli confonde al par dei suoi contempo- ranei in una persona sola, delle tragedie anche VOctavia e dei libri apo- crifi i Proverbia (Publilio), il De moribus, il De remediis fori, e le P3pistole a S. Paolo. Quintiliano gli è noto solo come autore delle Declamazioni mag- giori. Adopera molte opere di Cicerone : delle rettoriche il De invent. e la pseudocicer. Rhet. ad Her. (divisa in sei libri) e il De orai, (mutilo); i delle filosofiche il De nat. deor., le Tuscul., il De divin., il De fin., i Farad., il De legib., il De off., la Topica, il De senect., De amie., De fato, il Ti- maeus e V Hortensius (= Acad. pr.) ; delle orazioni le tre Cesariane, le quattro Catilinarie, le Filippiche, ^ una delle quattro post reditum {Congra- tulatio sui ad senatum) e le due invettive tra Sallustio e Cicerone. 3

Dei poeti aveva in pratica quelli che già avvertimmo (p. 11-12) essere stati allora di uso comune: Terenzio, Vergilio, * tutt' Orazio, tutt' Ovidio, ^ Persio, Lucano, Stazio {Theb. e Ach.), Giovenale, Aviano e Claudiano ; ^ s' aggiunga Massimiano, popolare nel medio evo, ma sfuggito p. es. al Pa- strengo e di poi al Petrarca. Dei nuovi autori scoperti dai Veronesi giunse in suo potere solamente Catullo.' Ebbe infine Marziale o meglio due Mar- ziali : 1' uno citato col titolo : Marcialis Cocus Epigrammaton, » l'altro col titolo : Marcialis Cocus Libro undique suscepto ; " il primo è il vero Mar- ziale antico, il secondo un suo imitatore inglese del sec. xi-xii, fìodfrey di Wincester (m. 1107), autore di un Liber proverbiorum o De moribus et vita instituenda. io

1 Basterà una prova per convineerci eh' era mutilo ; f. 67 y ' TuUius de oratore lib. 1 in fine: Malo non intelligi orationem meam quam reprehendi ' ; questo passo non è della fine del lib. I, ma al § 25 del II ; i codici mutili mancano della fine del lib. I e del principio del II e per questo Geremia non sapeva dove il II cominciasse.

2 f. 12.5u 'TuUius phylippicorum lib. 13 et finali : Mars ipso ex acìes (sic) fortis- simuui quemque pign erari solet'; questa non è la XIII, ma la XIV 32), perciò il testo di Geremia era mutilo come quello del Pastrengo, v. sopra p. 18.

3 Tutte le opere di Cicerone note a Geremia, meno il De orat. e la Topica, sono nel catalogo della biblioteca d'Avignone del 137.5 circa (P. Ehkle Historia hibl. Roman, pont., Romae 1890, I .541) e formavano il patrimonio ciceroniano comunemente alla portata tutti prima delle scoperte del Petrarca.

* Non cita gli opuscoli dell' Appendix Vergiliana.

5 Compreso Vlhis e due scritti spuri : De medicamine aurium f. 95 u e De luco f. 100 eie.

6 Non risulta (luali opere, ma pare tutto il Claudiano maggiore, p. e. f. 18 1; ' Clau- diu3 {sic) lib. 1: Vivitur exiguo melius...' (7n Bm/. I 215), f. 29 ' Claudianus lib. 1: Peragit tranquilla potestas Quod violenta nequit ' (Pan. Theod. 239-240).

' Le sette citazioni catulliane sono state raccolte dall' Elms op. cit. 7.

8 Le citazioni sono ai f. 18 w (= X 47, 1-7); 40 (= V lU, 8) ; 43 y (= V 10, 1-4); 48 w (= IV 56 ; V 52 ; V 81) ; 50 (= Vili 27) ; 50 w (= V 42, 4) ; 51 v (= I 107, 7-8) ; 89 v (= V 19, 8 ss; V 81); 90;; (= XI 5, 3); 101 « (= V 10); 114 y (= IV 71, 4-G).

9 Riportato spessissimo, p. e. f. 16 i> ; 20; 20 w; 21; 22 u ; 25;?; 26; 26 w ; 31; 31 y etc. Qualche esempio: f. 16 « 'Marcialis Cocus li. undique suscepto ea. 2 Virtus absquo modo nomen habet vitii. Credis opes sola» te posse, Carine, beare? Vir- tù» est que te sola beare potest'; f. 20 'Marciali» Cocus li. undique suscepto e. 2 Miran» (=^mìraTÌs) quod nullus amet te, Ceciliane, Non quod amas nullum: dilige, carus eris. Nulli carus erat Erodinus: et sibi nullus; e. 5 'Dilige no» omnes ut ameris ab omnibus unus '. I versi di Godfrey furono pubblicati da T. Wkight in The Anglo-Latin satirical poeta of the XII eentury ; i saggi che ho ripor- tati sono nel voi. II, London 1872, 106; 115; 116; 117; 143. n proemio di Godfrey comin- cia ' Undique susceptum qui miscuit utile dulci ', donde Geremia tra'^se il suo titolo Liber undique susceptun.

10 Probabilmente anche il Pastrengo conosceva j due Slarziali, v. sopra p. 8 n. 29.

ELENCO DEGLI AUTORI ANTICHI E MEDIEVALI

Abucara Teodoro 64.

Acrone 131.

ps. Acrone 94, 131-132, 137, 149, 169,

188. Adamanzio Martirio 155, 158, 162, 163. Aegritudo Perdiccae 126. Aethicus 119, 134. Agennio Urbico 25. Agostino (S.) 10, 20, 27, 42, 60, 68,

74, 75, 88, 89, 90, 94, 101, 104, 113,

119, 121, 122, 148, 165, 215, 217. Agrrecio 133. Alberico 25.

Alessandro Afrodiseo 57. Alessandro Magno 42. ps. Alessandro Magno 102. Alexandìi Magni (de) gestis 102. Alighieri Dante 137, 196. Ambrogio (S.) 10, 27, 28, 89, 90, 119,

122, 123. Ammiano Marcellino 80, 81, 107, 108,

109, 123, 124, 170, 202. Ammonio 45. ps. Anacarsi 69. Anacreontiche 63. Anthologia latina 24, 31, 33, 41, 126,

140, 160, 165. Antimo 128.

Antonini Itinerarium 113, 119, 140. ps. Antonino Pio 178. Antonio (S.) 95. A pi ciò 140.

Apollonii Tyrii historia 130. Apollonio Discolo 47, 48, 68. Apollonio Pergeo 48. Apollonio Rodio 46, 151. Appiano 48, 65. Aproniano Rufo 168. Apuleio 8, 24, 26, 29, 103, 113, 117,

139, 147, 148, 205.

ps. Apuleio 123, 178.

Aquila Romano 87.

Arato 35, 45, 85, 123, 188, 203.

Aratore 165.

ps. Archiloco 178.

Archimede 49.

Aristarco 46.

Aristide 48, 66.

Aristide Quintiliano 60.

Aristippo Enrico 219.

Aristofane 45, 47, 57, 64, 65.

Aristotele 9, 16, 45, 46, 47, 48, 53,

54, 55, 56, 57, 59, 61, 62, 63, 64, 69,

71, 93, 193, 201, 203, 215-216, 219. ps. Aristotele 69. Arriano 46. Arusiano Messio 162. Asconio Pediano 78, 79,91,92, 183,212. ps. Asconio Pediano 179. Aspro Emilio 123, 124, 168. Asterio 91. Atanasio 55. Ateneo 47, 66.

Atilio Fortunaziano 158, 162. ps. Atilio Fortunaziano 162. Augusto 175. Aulularia,v. Querolus. Aurelio Vittore 101, 130 (Epitome),

186. Ausonio 8, 24, 30, 33, 140, 144, 154,

157, 165. Aviano 12, 100, 147, 165, 220. Babrio 164. Bacchio (seniore) 60. Balbo 25.

Basilio (S.) 45, 52, 53, 56, 63, 91. Beda 133, 165. Bernardo (S.) 119. Bernardo Silvestro 41. ps. Beroso 178.

222

ELENCO DEGLI AUTORI ANTICHI E MEDIEVALI

Bibbia 123.

Boccaccio Giovanni 104.

Boezio 9, 19, 42, 211.

Breviatio fabularum Ovidii 25.

ps. Bruto 49, 69, 130.

Buri2:iindione 11.

Biirlaeiis (Burley) Gualtiero 3, 6, 20,

219. Caesares 101, 186. Caleca Manuele 49. Callimaco 47. Calpurnio Placco 142, 143. Calpurnio Siculo 16, 19, 22, 23, 33, 83. Capro 80, 133. Carisio 159, 162, 212. Cassiano Giovanni 88, 119. Cassiodoro 28, 42, 122, 130, 134, 187. Cassio Felice 129. Catone 8, 34, 74, 87, 152, 165, 184. ps. Catone (Disticha) 23, 2C3; (opera

storica) 178. Catullo 1, 2, 4, 14, 16, 19, 23, 31, 120,

148, 153, 201, 209, 212, 215, 220. Celso Cornelio 65, 82, 91, 99, 103, 117,

141, 150, 165, 205. ps. Celso Cornelio 99, 103. Cen sorino 25, 26, 74, 101, 104, 205. Cesare 8, 24, 26, 74, 139. ps. Cesare 35, 42. Cesio Basso 162. ps. Cesio Basso 162. Cherobosco 44. ps. Chione 69. Chronicon 119. Cicerone M. Tullio 19, 26-27, 30, 76,

103, 184, 195, 216. Cicerone Epistole 2, 4, 7, 15, 18, 19,

21, 27, 34, 36, 40, 72, 73, 74, 75, 76,

82, 116, 152, 156, 170, 190, 205, 212. Cicerone Opere rettoriche 18, 19, 25,

26, 36, 82, 86, 98, 100, 114, 150, 212,

218, 220. Cicerone Opere filosofiche 19, 26, 27,

36, 86, 87, 98, 102, 104-105, 110,

111, 117, 127, 130, 153, 185, 2a2,

2a5, 218, 220. Cicerone Orazioni 18, 27, 33, 73, 75,

76, 77, 78, 81, 82, 84, 87, 98, 108,

111, 127, 138, 173, 183, 186, 187,

212, 220. Cicerone Poesie 149. ps. Cicerone in Catilinam 127; ad-

versus Valerium 173. ps. Cicerone JJiff'er. et Synonyma 35,

106, 112, 185.

ps. Cicerone De virtutibus 127, 128 ;

De re ìnilitari 185; De gramma- tica 185. ps. Cicerone Mhet. adHerenn. 18, 26,

33, 220. Cicerone Q. 128. Gino da Pistoia 5. Cipriano (S.) 10, 27, 88, 89, 95, 111,

119, 122. Cirillo Alessandrino 63, 122. Ciris 32, 33. Claudiano 12, 24, 34, 36, 37, 68, 143,

165, 187, 220. Cleopatra 103. Colluto 59, 68. Columella 16, 26, 29, 74, 82, 87, 150,

151, 170, 206. Comestore (il) Pietro 120. Commentarioli notarum 82. Comoedia antiqua 74. Computus 160. Concilia 55, 94, 95. Consolatio ad Liviani 125, 126, 180. Constantino (de) et Helena 130. Constantinopolitanae urbis descrip-

tio 119. Consulto, V. Fortunaziano. Cornelio Nepote 13, 95, 186. Cornificio 38, 39, 217. Cornuto 130. ps. Cornuto 131, l;-i7, 139, 149, 169,

176. Cresconio (vescovo) 15, 215. Cresconio Corippo 2, 15, 16, 23, 35,

122. Cronica de nugis philosophorum

219. Culex 24, 31, 32, 41. Curzio Rufo 12, 24, 111, 165. ps. Curzio Rufo 176. Damaso 9. Darete 13, 24. Demostene 44, 47, 50, 51, 53, 54, 57,

137. Desiderio 88, 89. ps. Desiderio 178. Dicuil 119.

Difjt'erentiae 135, 162. Digestum 6, 7, 13, 169, 220. Dimensuratio provinciarum 120. Diodoro Siculo 47, 48, 61, 65, 70. Diogene Laerzio 46, 48, 49, 63, 64, 219. Diomede 8, 112. Dione Cassio 45, 46, 48, 65. Dione il Grisostomo 48.

ELENCO DEGLI AUTORI ANTICHI E MEDIEVALI

223

Dionigi d'Alicarnasso G5.

Dionigi Areopagita 55.

Dionisio Periegeta 45, 102.

Dioscoride 50, 69, 129.

Dirae 31, 32, 33, 41.

Ditti 13, 24, 81.

Donato Elio 14, 19, 24, 25, 26, 34, 37,

38, 39, 113, 116, 121, 123, 132, 137,

155, 177, 186, 189, 202, 203. 217. Donato Tiberio Claudio 132, 169, 170,

194-195, 206. Donaziano 162. Dositeo 134. Draconzio 2, 19, 112, 113, 146, 155,

159, 160, 161. Kfestione 47. Egesippo 11, 138. Eliano 48, 64. Eliodoro 44. Eliogabalo 173. Ennodio 122. Epigrafi 82.

Epistolae ponti ficum (Decretales) 91. Epistolografi 48, 49, 69. Epitome (liviana) 164, Ermeros Claudio 129. Erinogene 48, 87, 217. Erodiano 46, 48. Erodoto 47, 48, 49, 63, 69, 138. ps. Erodoto 60, 63. Eschilo 46, 48, 54, 57, 70. Eschine 48, 53, 66. Esiodo 45, 48, 53, 57, 63, 64. Esopo 49, 63, 203. Essuperanzio fìiulio 121, 148. Etymologicum magmi m 48. Eugenio di Toledo 113. Euripide 46, 63, 64, 69. ps. Euripide 69. Eusebio 6, 44, 82, 122. Eutiche 81, 162, 163. Eutropio 12, 24. Evangeliario 120. Evangelus 38, 39. Evax 20, 21.

Expositiones voeabulorum 118. ps. Fabio Pittore 178. Facondo 10, 94. ps. Falaride 69. ps. Faone 176. Fedro 147, 212. ps. Fenestella 177. Feste Pompeo 80, 103, 13], 135, 143,

145, 154, 170, 206, 218. Filargirio 39, 139, 156, 165.

Filone 48.

ps. Filone 178.

Filopono 48.

Filostruto 48, 63.

Finnico Materno 8, 25, 26, 85, 94,

145. Flores (del cod. Capitolare di Verona)

2, 3, 7, 8, 16, 19, 21, 22, 113, 197. Floro 12, 16, 24, 37, 113. Foca 133. ps. Foca 133, 134. Focilide 46. Fortunaziano Chirio 101, 102, 104,

116, 130, 186. Fragmentum Arati, v. fìermanico. Francesco (S.) patriarca 125. Frontino Giulio 14, 25, 31, 73, 85, 88,

101, 104, 108, 109, 113, 150, 184,

207, 219. ps. Frontino 128. ps. Frontone 158, 162. Fulgenzio mitografo 9. 25, 31, 83, 41,

130, 135, 220. Fulgenzio vescovo 9, 211. Galeno 19, 63, 64, 69, 71, 112, 117,

118. Gallo 179. ps. Gallo 179, 181. Gelasio 10, 215. Gelilo 6, 8, 13, 19, 20, 25, 36, 42, 74,

82, 92, 97, 111, 121, 128, 138, 205. Geneciae 103. Genuadio 6, 9, 10, 20, 215. Germanico 35, 85, 149, 188, 203. Giovanni Damasceno 11. Giovanni di Salisbury 6, 20, 104,219. Giovenale 8, 11, 23, 105, 149, 150, 152,

153, 167, 169, 201, 212, 220. Girolamo (S.) 6, 8, 9, 11, 14, 19, 20,

27-28, 85, 88, 89, 90, 93, 107, 119,

122, 215, 219. ps. Girolamo 120, 134 (v. Aethicus). Giuliano 60. Giulio Capitolino 3, 21. Giulio Celso 8. Giulio Paolo 117. Giuseppe Flavio 11, 28, 55, 61, 88,

138, 184. Giustino 9, 24, 31, 138, 139. Glosa de partibus orationis 163. Glossari 53, 110, 112, 121, 138, 162,

211. Godfrey di Wincester 220. Gradibus (de) cognationum 119. Grammatici 45, 53.

224

ELENCO DEGLI AUTOEI ANTICHI E MEDIEVALI

Grazio 140, 165, 212.

Gregorio (S.) Magno 7, 89, 119.

Gregorio Nazianzeno 47, 53, 54, 56,

57, 63, 217, Gregorio Nisseno 11, 55. Gregorio di Tours 10. Crisostomo (il) Giovanni 47, 49, 54,

55, 56, 58, 62, 66, 76, 218. Cromatici 25, 26, 42, 150, 151, 156,

159, 160, 170. Guglielnio di Blois 41. Herhis {de) 117. Hermandus (Helm-) 9. Hermas 91.

Hermes Trismegistos 50, 69. Hevenior 7. Historia Augusta 2, 3, 15, 16, 21,

22, 25, 26, 36, 147, 153, 173. Historia tripertita 186, 187. lanua 137. lerocle 217. Igino 20, 155. Ignazio (S.) 89, 91. Ilario di Poitiers 89, 91, 119. Ilias latina 24, 165. Inni omerici 47. losepli Anglicus 13. Ippocrate 19, 45, 47, 49, 69, 71, 112,

118. ps. Ippocrate 69. Ireneo 91, 107. Isaac Siro 57, 93. Isidoro 6, 9, 28, 104, 122, 211. ps. Isidoro 135. Isocrate 48, 53, 63, 219. lulius Obsequens 171. Lampridio (Elio) 21. Lattanzio Firmiano 27, 73, 79, 88,

90, 91, 116, 117, 118, 119, 122, 205,

218. ps. Lattanzio 125. Lattanzio Placido 25, 28, 29, 33, 134,

135, 170, 185. Laus Pisonis 17, 23. Legenda S. Benedicti 89. Leone (S.) 107, 119. ps. Lepido 177. Lessici, V. Glossari. Lex romana Visigothorum 117. Libanio 48, 64, 66, 87. Liberio 125. Licofrone 64. ps. Lino 178. Lisia 48, 62. Livio 5, 6, 12, 25, 86, 75, 103, 107,

108, 116, 139, 151, 164, 165, 171,

175, 183, 184, 211, 212. Lucano 11, 17, 23, 25, 39, 40, 138, 163,

165, 200, 203, 220. Luciano 49, 64, 66. Lncrezio 80, 82. Lydia 41. Macrobio 6, 13, 16, 24, 89, 74, 101,

102, 104, 152, 163, 195, 219. Maecenatem (in) Elegiae 140, 142. Mallio Teodoro 133. ps. Manetone 178. Manilio (o Manlio) 80, 113, 146, 154,

169, 170. Marbod 20, 21. Marcello Empirico 99. ps. Mario Rustico 179, 180. Martino di Braga 128, 185. Marziale 8, 29, 33, 73, lOO, 101, 103,

104, 138, 140, 143, 147, 152, 154,

157, 165, 197, 201, 216-217, 220. ps. Marziale 220. Marziano Capella 14, 24, 139, 144,

152, 217. Massimiano 24, 35, 179, 181, 220. Massimo Ti rio 64. Maximinus 133. Mensibus (de) 126. ps. Messalla 178. Metafraste (il) Simone 47. ps. Metastene 178. Metrorius 162, 163. ps Mirsilo 178.

Montibus (de) portis.... Botnae 119. Moretum 11, 31, 33. Moscopulo 63. Musa Antonio 147. Muscione 103.

Nemesiano 16, 33, 140, 143, 165. Nicandro 63.

Niccolò Alessandrino (Myrepso) 71. Nipso 25, 150.

Nomina VII montium 163. Nonio Marcello 8, 25, 26, 36, 73, 83,

198. Nonno 48.

Notitia dignilatum 119, 206. Notitia Galliarum 74, 119. ps. Octavius Oratianus 129. Oldrado da Ponte 4, 5. Omero 22, 43, 44, 45, 46, 48, 52, 53,

59, 60, 62, 63, 67, 69, 138, 196, 218. ps. Omero 103. Oppiano 47. Orazio 11, 23, 74, 94, 103, 181, 187,

ELENCO DEGLI AUTORI ANTICHI E MEDIEVALI

225

138, 140, 148, 149, 152, 175, 176, 184,

188, 200, 220. Orestis tragoedia 140, 142. ps. Orfeo 47. Origene 57, 93, 122. Origo gentis romanae 186, 187. Orosio 9, 24, 104, 122, 211. Ortografia 187. Ovidio 8, 11, 23, 31, 33, 41, 60, 99,

126, 140, 152, 165, 167, 170, 176,

180, 200, 201, 218, 220. ps. Ovidio 11, 125, 126, 177, 220. Palemone 8, 148, 163. Palladio Rutilio 14, 25, 74, 219. PampMlus 24. Pandette, v. Digestum. Panegirici 116. Paolo (S.) 165. Paolo Diacono 80, 134. Paolo Egineta 64. Paolo Emilio, v. Giulio Paolo. Papia 98, 104, 123. ps. Papiriano 179. ps. Papi rio 178. Pausania 63. Pelagonio 156, 163. Pergola (Della) Paolo 69. Periochae (liviane) 25, 26, 37, 113. Persio 11, 23, 41, 131, 137, 139, 145,

149, 151, 153, 165, 167, 168, 169, 201,

211, 220. ps. Persio 176.

Petronio Arbitro 83, 84, 86, 128. ps. Petronio 134. Philomela 126. Phoenix 116, 117. Physiognomonia 128. Pier (S.) Damiano 95. Pign? (Della) Guglielmo 34. Pindaro 47, 57, 63, 64. Placidi glossae e Placido, v. Lattan- zio Placido. Planude Massimo 60, 137, 217. Platone 43, 44, 47, 49, 50, 51, 52, 59,

60, 62, 63, 69, 188, 193, 217, 219. ps. Platone 174. Plauto 8, 24, 37, 82, 103, 111, 112,

138, 184, 187, 189, 194. Pìinii Physica (Medicina) 116, 117,

118, 138, 205. Plinii Sinonime 117. Plinio il giovine 2, 3, 4, 15, 16, 19,

26, 96, 97, 116, 128, 129, 138, 141,

145, 164, 167, 170-171, 205, 212. Plinio il vecchio 3, 14, 25, 26, 36, 75,

111, 116, 117, 118, 143, 152, 153, 170,

184, 219. ps. Plinio De viris illustribus 3, 8,

24, 138. Orationes 174. Epistola

172. Plotino 63, 64, 66. Plozio (Mario) Sacerdote 113, 162. Plutarco 44, 47, 49, 50, 52, 57, 60, 61,

62, 63, 64, 69, 76, 103, 217. pa. Plutarco 175. Polemio Silvio 74, 119. Polibio 48. Polluce 46, 47.

Pompeo (grammatico) 34, 35, 87. Pompeo Trogo 9, 86. Pomponio Mela 14, 25, 135, 206. Ponderibus (de) 135. ps. Porcius Latro 127. Porfirio 51, 63, 64, 21L Porfirione 140, 142, 148. Portuniano 20. Possidio (S.) 215.

Precatio teirae et herbaruin 147, 148. Priapea 31, 32-33, 41, 201. Prisciano (grammatico) 8, 14, 19, 24,

79, 86, 87, 98, 102, 104, 123, 163,

165, 179, 185, 203, 219. ps. Prisciano 133. Prisciano Lidio 14, 135. Probo 81, 121, 132, 149, 158, 159, 162. ps. Probo 133, 149, 161, 162, 168, 169,

212. Proclo 113, 219. Procopio 47. Pronostica 111. Properzio 4, 8. 23, 24, 103, 139, 147,

153, 154, 170, 201. Prudenzio 28, 154, 160, 161, 170. Psello 64. Publilio (Publio) Siro 2, 8, 9, 19, 113,

220. Quaestiuncula inter Hadrianum et

Epictetum 120. Querolus 24, 36, 74. Quintiliano 13, 25, 26, 36, 37, 78, 79,

82, 99, 101, 104, 117, 138, 142, 143,

146, 183, 195. ps. Quintiliano (Declamationes) 13,

24, 138, 170, 173, 195, 220. Quinto 59, 68, 218. Rabirio 139.

Rambaldi Benvenuto 28. Rebus (de) bellicis 119. Regiones urbis Romae 119. Rhetorica ad Alexandrum 86.

R. Sabbadini Le scoperte dei codici.

15

226

ELENCO DEGLI AUTORI ANTICHI E MEDIEVALI

Bosae 11, 24.

Ruifiniano 171,

Bufino 97, 98.

Rufo Fcsto 12, 102, 104, 149.

Rutilio Lupo 86, 87.

Rutilio Namaziano 160, 161, 165.

Sacerdote M. Claudio, v. Plozio.

Saffo 6, 126.

Salisbury, v. Giovanni di Salisbury.

Sallustio 16-17, 19, 24, 26, 27, 87, 121,

127, 139, 145, 165, 167, 216, 219, 220. Salomonis glossarium Idi. Salterio 45," 47, 61, 63, 116. Salviano 119, 122. Securus Menior Felix 144. Sedulio 160, 170. Sempronio Asella 20. ps. Sempronio 178. Seneca figlio 13, 19, 23, 24, 25, 26,

36, 41, 74, 138, 152, 165, 170, 184,

185, 207, 220. Seneca padre 13, 24, 37, 112, 142, 156,

173, 218, 220. ps. Seneca 113, 128, 185, 220. Senofonte 45, 47, 48, 52, 53, 61, 63. ps. Senofonte 178. Septem mira 74. Septem montes Romae 119. Sereno 149. Sergii Epitome 130. Sergio 35, 37-38, 133, 163, 168. ps. Sergio 163. Servii glossae 112. Servio 14, 25, 32, 33, 34, 38, 39, 40,

104, 123, 133, 138, 154, 162, 163,

168, 206, 217. Sesto Empirico 48. Settimio 81. Severiano Giulio 130. Sextus Platon. 147, 148. Sidonio Apollinare 10, 122. Silio Italico 80, 180, 181-182. Simmaco 13. Simonide 6, 216. Sinesio 48, 66. Sinfosio 126. Sofocle 6, 46, 48, 63. Solino 12, 13, 24, 101, 139, 157, 165,

170. Sparziano 3, 21. Stazio 11, 23, 28, 82, 150, 153, 185,

200, 212, 220. Strabone 45, 47, 48, 49, 61, 67, 69, 98. Suasoi'iae ad Caesarem 216. Suida 45, 48, 51.

Sulpicia 158, 160, 161, 180. Sulpicio Severo 9, 10, 119. Sulpicio Vittore 171. Svetonio 12, 24, 74, 87, 108, 111, 122,

141, 148, 152, 153, 154, 166, 175. ps. Svetonio 174. Synonyma medicinali 118. Tacito 8, 29-30, 31, 33, 105, 108, 109,

140, 141-142, 148, 164, 166, 171, 180,

189, 212, 213. Temistio 59. Teocrito 48, 53, 57, 63. Teodoro Prisciano 103, 129. Teodosio Alessandrino 69. Teofllo 107. Teofrasto 46, 55, 219. Teo guide 45.

Terenziano 158, 163, 212. Terenzio 11, 14, 19, 23, 36, 37, 39,

88, 113, 116, 121, 126, 132, 137, 146,

155, 165, 169, 177, 220. Terenzio Scauro 133. Tertulliano 27, 80, 87, 107, IH, 115,

119. Testamentum porcelli 150. Tiberiano 126. Tibullo 2, 16, 19, 22, 23, 35, 108, 148,

153, 183, 201. ps. Tibullo 176. Tiziano 168. Tolomeo 52, 56, 62, 64, 65, 187, 206,

219. Tommaso (S.) 107. Traiano 164, 212. Treveth 138. Tucidide 46, 50, 52, 54, 62, 63, 64,

69, 136. Ulpiano 44. Vacca 25, 39-40. Valerio Fiacco 78, TSf, 148, 151, 156,

170. Valerio Massimo 12, 13, 24, 36, 219. Vangeli 47, 57. Varrone 2, 15, 16, 19, 22, 25, 26, 27,

30-31, 33, 73, 74, 87, 103, 152, 165,

184, 205, 212, 213, 218. ps. Varrone 25. Vegezio Renato 14, 20, 25, 81, 80,

129, 207, 219. Vegio Maffeo 104. Vello Longo 158, 162. Velleio Patercolo 164, 171, 212. Ventis (de) 126. Verbis (de) gallicis 74. Vergilio 11, 14, 23, 25, 37-40, 87, 108,

ELENCO DEGLI AUTORI ANTICHI E MEDIRVALI

227

104, 122, 132, 133, 137, 138, 139, 145, 148, 154, 155, 156, 161, 165, 167-168, 169, 184, 194, 195, 200, 206, 217, 218, 220.

ps. Vergilio Appendix 11, 24, 81, 32, 33, 41, 97, 122, 126, 138, 142, 147, 167, 220. Epistola 176. Priapea 31, 41, 201.

ps. Vìbenna 178.

Vibio Sequestre 14, 25, 74.

Vincenzo Bellovacense 8, 17, 21.

Vindiciano 103, 117, 118, 156.

Viris {de) illustribus 3, 8, 24, 186.

Virtutibus (de) herbarum 123, 124.

Vita Aristotelis 82.

Vitale 41.

Vitruvio 8, 25, 26, 30, 79, 165, 206.

Vittorino Mario 11, 25, 26, 36, 163,

179, 189. Vittorino Massimo 159, 162, 163. Vocabula 103, 123. Vopisco (Flavio) 21. Vulcazio Gallicano 21. Zeno 0 Zenone (S.) 3, 4, 97, 197.

ELENCO DEGLI SCOPRITORI, RACCOGLITORI, POSSESSORI, COPISTI

Acciaioli Donato 202, 210.

Adimari Alamano 76, 86, 136.

Albergati Niccolò 89, 90, 91, 106, 188.

Alberico da Marcellise 4.

Alberti L. B. 177.

Alciato Andrea 25.

Aleardi Ireco 4.

Alessandro VI 145.

Alessandro da Verona 36,

Alfonso di S. Maria (vescovo di Bur- gos) 92, 107.

Allegretti Giacomo 179.

Amadio 104.

Amidano Zenone 174.

Ammanati Iacopo 65, 70, 148, 202.

Andrea di S. Croce 202.

Andronico di Gallipoli 59.

Angeli Giacomo da Scarperia 43, 44, 75.

Angeli Niccolò 143.

Angilberto del Balzo 190.

Antonio 75.

Antonio da Massa 49.

Antonio da Pistoia 88, 129.

Antonio di Mario 135, 210.

Apostolio Michele 67.

Appolloni Gabriele 174.

Aragazzi, v. Montepulciano.

Aragona (d') Alfonso V 59, 71, 136, 137, 189, 190, 202.

Aragona (d') Alfonso duca di Cala- bria 189, 202.

Aragona (d') Eleonora 61.

» Ferdinando 1 59, 153, 202.

Arese Andreolo 35.

Argiropulo Giovanni 67, 70.

Arrivabene Gian Pietro 197.

Aurispa 46-47, 48, 49, 52, 54, 60, 67, 87, 103, 114, 115, 116, 117, 121, 132, 164, 194, 195, 202, 203, 209, 217.

Avantius 170.

Azzolino da Roma (pugliese) 71. Bandini Domenico 36, 39. Barbaro Ermolao 66, 95, 186, 197. Barbaro Francesco (di Candiano) 36,

59, 61, 63, 64, 66, 70, 73, 77, 79,

80, 81, 82, 95. Barbavara Giovanni (vescovo di Tor- tona) 105, 146. Barbavara Marcolino 105. Barlaam 71, 203. Bartolo di Tura 191. Barzizza Gasparino 25, 36-37, 62, 72,

73, 79, 100, 173, 174, 218. Barzizza Guiniforte 25, 202. Beaufort 83.

Beccadelli Antonio, v. Panormita (il). Beccari Nicola 35, 42, 217. Becchi Guglielmo 118, 191, 199. Belcari Feo 150.

Bembo Bernardo 146-147, 155, 178. Bembo Pietro 155. Benci di Alessandria 4. Benedetti Alessandro 65. Benivieni Antonio 191. Benvenuto 115. Benvenuto Campesano 1. Bernardino di Verona 154. Berneri Antonio 144. Beroaldo Filippo 170, 173. Bessarione 46, 57, 58, 59, 65, 66, 67,

68, 70, 80, 186, 187, 204, 209, 213,218. Biglietti Francesco 47. Biondo Flavio 101, 186. Biraghi Lapo 65. Boccaccio 26, 28-33, 34, 41, 43, 59,

73, 74, 87, 199, 201, 203, 208, 209,

212, 213, 216. Bonincontri Lorenzo 146.

ELENCO DEGLI SCOPBITORI, ECC.

229

Bonincontro 7.

Bonis (de) Giovanni 35.

BorjfJiesi Niccolò 191.

Borromeo federico 121.

Bossi Matteo 154.

Bovatino 218.

Bracelli Giacomo 83.

Brasca Erasmo 139.

Brembato Leonino 98.

Brenta Andrea 173, 174.

Broaspini (de) Gaspare 4, 34.

Brunaccì Bartolomeo 197.

Bruni Leonardo Aretino 28, 39, 51, 54,

72, 74, 75, 76, 78, 80, 84, 101, 102,

173, 174, 217, ps. Bruni 174. Bucelli Sebastiano 191. Buondelmonti (de') Cristoforo 49, 55. Bussi Giovanni Andrea (il vescovo

Aleriense) 112, 113, 122, 123, 127,

128, 167. Calco Bartolomeo 139. Calco Tristano 144. Calcondila Demetrio 67. Calderini Giovanni 92. Calfurnio Giovanni 62, 177, 188. Calisto III 150. Callisto Andronico 60, 67, 68, Campano Giannantonio 143, 202. Candido 74. Cantelli Ugolino 97. Capece Scipione 132. Cappelli Pa.squino 34. Cappello Carlo 62. Capra (Della) Bartolomeo 73, 76, 77,

86, 101-102, 103, 104. 105, 114, 115,

116, 149, 186. Caracciolo 190.

Cassarino Antonio 50, 188, 203. Castiglione (da) Branda 76, 79, 188,

205, 206. Castiglione (da) Guarnerio 205. Calala Giorgio 202. Celano (di) Pietro 190. Celio Rodigino 179. Cennini Piero 210. Centius 45.

Cesarini Giuliano 106. Cescases Lodovico 202. Cava Niccolò 52. Chiavelli 200. Chigi Fabio 143. Cinzio da Ceneda 138, 167-168. Ciriaco d'Ancona 48, 52, 69, 88, 118,

123.

Ciriagio (Del) Gherardo 150, 210. Clémanges (de) Nicolas 73. Collenuccio Pandolfo 144. Colonna Prospero 80. Corbinelli Antonio 52. Corbizzi Niccolò 52. Corio Bernardino 146, 160. Cornazzano Antonio 155. Corner Giovanni 95. Corrado Eusebio 148. Correr Antonio 115.

» Gregorio 115, 118, 119, 177. Corvini (d'Arezzo) Giovanni 36, 73-

74, 78, 100, 101, 119, 183, 209. Corvini (d'Arezzo) Gregorio 74. Cosimo Monaco 67. Cosimo vescovo di Vico 195. Costantini Giovanni Pietro 155. Costanzi Iacopo 181-182. Cremona Antonio 103, Crinito (Ricci) Pietro 206. Crisococca Giorgio 66, 69. Crisolora Giovanni 52, 53, 54.

» Manuele 43, 44, 50, 51, 52, 53, 54, 59, 60, 62, 66, 212. Csezmicze, v. Giano Pannonio. Curio Giacomo 202, Cusano (il cardinale) 21, 109-113, 114,

116, 120, 138, 139, 209, 211. Cuspinianus Giovanni 35. Daniel 138.

Dati Leonardo 65, 177. Davalos Innico 195. Decembrio Angelo 136-189.

» Pier Candido 17, 60, 102,

104-105, 115, 121, 141, 142, 174, 177, 193, 196, 201, 204, 205-206. Decembrio Uberto 60, 77. Dei Battista 181, Demetrio Cidone 43, Dionisi Paolo 188. Dolabella Lorenzo 24, Dominicis (de) Domenico 115, 187. Domizio Calderino 125, 126, 154, 167,

179, 180. Donato Girolamo 120.

» Pietro 78, 115, 119, 120. Donzelino Girolamo 175. Egnazio Giovanni Battista 136, 161. Enoch d'Ascoli 57, 109, 140-142, 150,

209, 212. Ergotele 104. Està (d') Alfonso I 169. » Sorso 61, 128. * Ercole I 61, 155, 198.

230

ELENCO DEGLI SCOPEITORI,

Este (d') Ippolito 145.

» Leonello 61, 136. » Niccolò 111 61. Eugenico Giovanni 50. Eugenio IV 57, 93, 198. Fazio Bartolomeo 194. Ferno (Faerno) Michele 158. Ferrantini Antonio 89. Ferrari Giulio Emilio 157, 207, Ferreto (da Vicenza) 33. Feruffino Domenico 104. Fiano (da) Francesco 78. Filargo Pietro (Alessandro V) 59. Filelfo Federico Francesco 206. Filelfo Francesco 48, 51, 53, 59, 60,

61, 64, 65, 66, 68, 86, 140, 157, 199,

206, 209. Filelfo Giovanni Mario 178. Filomato Demetrio 63. Fini Francesco 65. Fiocchi Andrea 148, 177. Floriani Pietro da Montagnana 62,

187. Fonte (Della) Bartolomeo 150-151, 165,

203. Fonticulano Simone 167. Foscarini Pietro 187. Possano (da) Pierantonio 139. •Francesco da Castiglione 53, 202. » S. Giiftignano 132.

» Pistoia 54.

» Verona (scrivano) 1, 2,

215. Franzosi 103. Frawenburg Martino 118. Fregoso Tommaso 73, 183-184. Fruloviso Tito Livio 205, Gaddi Angelo 86.

» Francesco 86, 152. Gabriel Giovanni 155. Galasso di Capolista 188. Galbiate. (iiorgio 157-158, 159, 160,

161, 163, 170, 209, 212. Gambacorta Gherardo 129. Ganassoni Bartolomeo 98, Garatoni Cristoforo 70. Garcia de Urrea 202. Garsi Lodovico 188. Gaspare da Verona 57, 190. Gaza Teodoro 48, 57, 67, Gentile da Urbino 148, 202. Giano Pannonio 193. Giglioli Giacomo 98. Giocondo (fra) di Verona 164, 170, 171,

212,

Giovanni Aretino (amanuense) 77, 105,

183, 210. Giovanni di Campagnuoia 15. Giovanni II di Castiglia 196. Giovanni di Pier Paolo d'Ancona 69.

» di Ragusa (cardinale) 66.

» Evangelista da Zevio 4.

» mansionario di Verona 2-3, 6, 7, 8, 21, 96. Giustinian Leonardo 63, 64. Godofredus Thomasius 130. Gonzaga Alessandro 197,

» Cecilia 119,

» Federico 197,

» Giov. Francesco 46, 61, 197.

» Lodovico III 61.

» Lodovico 42, 197, Gray Guglielmo 193. Griffolini Francesco 69. Grimaldi Domenico 61. Grimani Domenico (cardinale) 62. Grynaeus Simone 164, 212. Gualdo Girolamo 110. Guarino 44-45, 50, 52, 61, 63, 67, 70, 72, 73, 78, 81, 96-98, 99, 101, 102, 108, 110, 118, 121, 123, 126, 128,

131, 138, 141, 148, 190, 198. 209. Guarino Battista 44, 45, 180, 181, 182,

206. Guarnerio d'Artena 188. Guasconi Biagio 76, Guevara (di) Innico 195, Guglielmo da Pastrengo, v. Pastrengo. Guido da Pietrasanta 36. Guinigi Paolo 36, 184. Gusmano Nugno 195. Hasznoz (ìiorgio 193. Hersfeldese (monaco) 107-109. Jeune (Le) Jean (il card. Morinense)

139, 194. Inghirami Tommaso (Fedra) 159. Jouffroy Jean (il vesc. Atrebatense)

132, 139, 194-195, 206. Isidoro di Salonicco 67.

Lamola Giovanni 98, 102-103, 110, 117,

121. Landini Cristoforo 206. Landriani Gerardo 100, 114, 115, 212, Lapacci Bartolomeo 50, 191. Lapo da Castiglionchio il vecchio

26, 27. Lascari Costantino 59, 60, 67-68, 218. » Giovanni 44, 55, 56, 58, 62,

65, 67, 68, 209. Latini Brunetto 27,

RACCOGLITOEI, POSSESSORI, COPISTI

231

Latini Latino 134. Leonardi Eustaciiio 51.

» Niccolò 51. Leonardo da Quinto 4. Leone X 213.

Leoni Pietro da Ceneda, v. Cinzio. Leoni Pietro da Spoleto 62, 63, 154. Leonori (de') Leonoro 57. Leontari Demetrio 58. Leonzio Pilato 22, 43, 203. Leto Pomponio 16, 145, 153, 158, 159,

167-168. Lignamine (de) Battista 187. Lippomano Marco 66. Lodovico da Terni 191, 199. Lorenzi Giovanni 66. Lorenzo di Camerino 70. Loschi Antonio 34. Lovato 218. Luca di Guido 116. Lucio da Spoleto 106. Lupi Mattia 191, Lupo 88. Maffei 7.

» Agostino 153, 190. Mai Angelo 164. Mainenti Scipione 114, 118. Malatesta Carlo 202. » Novello 201.

» Pandolfo 201.

Malipiero Bartolomeo 115. Manettì Giannozzo 55, 147. Manuzio Aldo 171, 179.

» Paolo 10. Marcanova Giovanni 62, 187. Marco Siculo 176. Mariano 131. Marino 95.

Marrasio Giovanni 104, 203. Marsuppini Carlo 67. Martelli Andrea 206. Martino V 57, 217. Martinozzi Niccolò 70. Marzagaia 4, 12. Masse (La) Giovanni 215. Matociis (de) Giovanni, v. Giovanni

mansionario. Mattia Corvino 35, 143, 203. Mazolato Ugo 98. Medici (de') Carlo 69, 141, 150. Medici (de') Cosimo 31, 53, 55, 76,

77, 80, 88, 89, 118, 183, 192, 199,

200. Medici (de') Giovanni di Cosimo 70,

150, 192, 209, 210, 218.

Medici (de') Giovanni di Pietro Fran- cesco 183. Medici (de') Lorenzo 48, 111. Medici (de') Lorenzo il Magnifico 55,

56, 57, 68, 69, 126, 183, 192, 210. Medici (de') Piero di Cosimo 55, 117,

129, 130, 150, 192, 201, 206. Mendoza (di) Innico-Lopez e Pietro

195. Merula Giorgio 47, 56, 156-158, 159,

160, 161, 209, 212. Miani (Emiliani) Pietro 52, 62, 63. Michele 206.

Michelozzo Bernardo e Niccolò 152. Misotis (de) Rodolfo 205. Molin (Dal) Girolamo 218. Montagano (di) Iacopo 190. Montagnana (da), v. Floriani. Montagnone (da) Geremia 215, 218-220. Monte (Dal) Pietro 115. Montefeltro (da) Federico 52, 58, 69,

87, 200, 204. Montefeltro (da) Guido 153.

» Oddantonio 218.

Montemagno (da) Buonaccorso 173. Montepulciano (da) Bartolomeo 49,

76, 77, 78, 79, 80, 84. Montreuil (de) Jean 73. Moscopulo 50.

Mussato Albertino 5, 33, 215, 218. Nanni Giovanni (Annius Viterbiensis)

178. Negri Pescennio Francesco 145. Niccoli Niccolò 41, 46, 49, 51, 52, 53-

54, 55, 56, 60, 74, 75, 78. 80, 81, 83,

84, 86-88, 89, 90, 91-92, 95, 96, 106,

107, 108, 115, 117, 118, 127, 183,

199, 208, 209, 211. Niccolò V 57, 58, 65, 69, 89-91, 98,

106, 107, 114, 115, 125, 130, 140,

141, 150, 198, 200-201, 204, 210. Niccolò danese 107. Niccolò (de Deoprepio) da Reggio 71,

217. Niccolò da S. Vito 127. Nichesola (Della) Galesio 98. Noceto Niccolò 133. Nogarola Isotta 172. Nuzzi Bernardo 150. Oddo (Oddone) Pietro 16. Ols Andrea 193. Omodei Giovanni 100. Orsini Fulvio 209. Orsini Giordano 56, 93, 107, 110, 111,

115, 123-124, 129.

232

ELENCO DEGLI SCOPEITOEI,

Ottone III 211.

Pacifico 7, 215.

Palazzi Andrea 42.

Palmieri Nardo 47, 48.

Pandolfini Pier Filippo 191.

Panetti Battista 188.

Paiiormita 42, 59, 99, 100, 103-104, 108, 121, 126, 141, 146, 189, 194, 203.

Paolo II (Pietro Barbo) 64, 05, 218.

Paolo di Milano 43.

Paolo Perugino 43.

Parentucelli Tommaso, v. Niccolò V.

Parrasio Aulo Giano 25, 157, 159-160, 161, 162, 163, 170, 186, 209, 212.

Pasi Curio Lancillotto 149, 168-169.

Pastrengo (da) Guglielmo 1, 8, 4-22, 27, 29, 38, 37, 74, 76, 82, 101, 197, 208, 213, 215, 216, 219, 220.

Patrizi Agostino 148.

Pavanello Giacomo 187.

Pazzi (de') Piero 191.

Perleoni Pietro 70.

Perotto Niccolò 57, 58, 70, 147, 148, 212, 218.

Perotto Pirro 147.

Petrarca 4, 5, 7, 15, 16, 19, 21, 22, 23-28, 29, 30, 31, 85, 37-41, 42, 43, 59, 78, 76, 80, 81, 83, 84, 85, 92, 101, 102, 133, 137, 144, 184, 195, 196, 197, 200, 208, 212, 215, 216, 217, 220.

Petreio Antonio 206.

Petrone Luigi 80.

Petrucci 184.

Petrucci Antonello 58, 59, 190. » Francesco 59.

Piccolomini Enea Silvio, v. Pio IL » Gregorio 202.

» Iacopo, V. Ammanati.

Pieruzzi Filippo 191.

Pietro 16.

Pietro 51.

Piglio (da) Benedetto 76.

Pio II 58, 81, 120, 142, 143, 178, 202, 209.

Pio III 142, 202, 209.

Pio Alberto e Rodolfo 169.

Pisani Ugolino 201, 204.

Pizzolpasso Francesco 17, 76, 77, 110, 114, 120-122, 130, 199, 206, 209, 218.

Platina Bartolomeo 129.

Pletone Gemisto 67.

Plusiadeno Giovanni 67.

Podocataro Filippo 210. » Giano 63.

Poggio 45, 49, 51, 54, 72, 74, 75, 76,

77-84, 85, 86, 88, 91, 93, 101, 107,

108, 109, 111, 123. 127, 141, 146,

150, 151, 164, 197, 206, 208, 209,

210, 212. Polenton Sicco 6, 34, 175, 176, 184,

186, 218. Poliziano 56, 62, 118, 133, 141, 147,

150, 151-156, 159, 160, 168, 169, 179,

180, 209, 210. Poncher (de) Stefano 159. Fontano Giovanni Gioviano 132, 148,

165. Porcelli 146. Fuggì Lodovico 59. Questenberg (von) Giacomo Aurelio

160. Quirini Vincenzo 62. Raimondi Cosimo 100. Raimondo da S. Germano 71. Rallo Manilio 145, 158. Raterio 1, 2, 7.

Ravenna (da) Giovanni Conversino 36. Renano Beato 164, 171, 212. Renier Daniele 62. Riccardo di Fournival 18, 19, 200. Rinaldo (Cavalchini) da Villafranca

22. Rinuccio da Castiglione, 49, 66, 69. Roberto d'Angiò 48, 71, 189. Roso Giovanni 67. Rossi Roberto 48, 50, 51, 68, Rovere (Della) Domenico e Giuliano

(Giulio II) 190. Rncellai Francesco 131. » Pandolfo 152. Rustici Cencio 56, 67, 76, 77, 78. Sabellico 145. Saco (de) Pietro 215. Bagundino Niccolò 187. Sale (de la) Antoine 127. Salerno Giovanni Nicola 98. Salomone 54. Salutati 4, 22, 25, 34-85, 86, 39, 44,

72, 73, 75, 76, 85, 106, 173, 179, 208. Sarapierino 202. Sani Angelo (Sabino) 176. Sannazaro Iacopo 169-140, 161, 135-

166. 212. Sanseverino Girolamo 190. Santillana (marchese di) 195. Sartiano (da) Alberto 189, 190. Sassetti Francesco 139, 143, 165. Sassolo da Prato 45, Savonarola Michele 199.

BACCOGLITOEI, POSSESSORI, COPISTI

233

Schedel Hartmann 134. Schurener 128. Scola (Della) Ognibene 104. Scolario Giorgio 67. Seripando Antonio 170. Sezze Francesco G4. Sforza Alessandro 58, 200.

» Francesco 189.

» Ippolita 189.

» Lodovico (il Moro) 139, 143,

156, 157, 160. Sguropulo Demetrio 48, 67. Sigerò Nicola 43. Simeonachi Giovanni 64, 66. Sinibaldi Antonio 170. Sisto IV 58, 154, 174. Soranzo Raimondo 27. Spinola Eliano 65, 70. Strozzi Matteo 86, 116, 117.

» Palla 48, 53, 55, 56, 62, 204,

217. Summonte 165. lavelli Giovanni 114. Tedaldo Della Casa 210. Tifernate Gregorio 70. Tiptoft Giovanni 193. Todeschini Francesco, v. Pio IH. Tofifa (Della) Antonio 65. Toniacello Marino 202. Tommasi Pietro 64, 95. Tommaso d'Arezzo 70. Torre (Della) Francesco 60. » Gioacchino 65.

Tortelli Giovanni 50, 69, 70, 112, 127,

132, 133, 134, 179, 189. Traversar! Ambrogio 47, 50, 51, 54,

57, 60, 63, 64, 72, 79, 80, 87, 88,

89, 90, 91, 92-96, 106, 114, 115, 116,

119, 206, 209. Trebisonda (da) Giorgio 45, 66, 198. Trevisan Giorgio 63. Trivulzio Carlo, Gaspare, Renato 188-

189.

Uberti (Degli) Giovanni 98. Ugo di Trimberg 19. Ugoleto Angelo 143.

» Taddeo 143-144, 151, 156, 165,

203. Umfredo di Glocester 105, 193, 205-206. Urbino (d'), v. Montefeltro. Valla Bernardino 147, 153.

» Giorgio 65, 149, 169, 209, 212.

» Lorenzo 35, 71, 112, 123, 127,

132, 133, 138, 159, 180, 189, 194. Varano (da) Costanza 131. Vegio Maffeo 70. Velasquez 195. Venanzio 131 (Hain 100, 101, 103. Ave-

nantius Mutius de Camerino artium

et medicinae professor). Verazzano Alessandro 144. Vergerlo Pier Paolo 62, 76, 98. Vespasiano da Bisticci 68, 110, 120,

201, 210. Vespucci Giorgio Antonio 53, 152. Veterano Federico 17, 58, 87, 113, 135,

169, 200, 210. Visconti Filippo Maria 42, 184.

» Giangaleazzo 7, 25. Vitali Pietro (Calabro) 56, 70, 93. Vitez Giovanni 193. Vittorino da Bergamo 104.

» Feltre 45, 55, 60, 61, 64,

94, 115, 132. Volterrano (il; Raffaele Maffei) 160,

161. Werinharius 87, 117. Zabarella Francesco 36, 76. Zambeccari Cambio 91, 103. Zancari Alberto 98. Zangaropulo Giorgio 67. Zeno Giacomo 187. Zerbi Gabriele 147, 148. Zocchi Giacomo 187. Zomino (Sozomeno) da Pistoia 53, 76,

78, 86, 92, 153, 191.

20. VII. 1906

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PA 57 S33 v.l

Sebbadini, Remigio

Le scoperte dei codici latini e greci ne* secoli XIV E XV

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