‘ A x Pre | = | ì ° LI | dà \° (07) x dn & LI ; da % \ % 29 Î day I, SUR LIBRARY OF > BRE UNIVERSITY OF ILLINOIS If SOS: Za Ve % Il FROM TH LIBRARY OF |i| Il ENIE ANTONIO CAVAGNA |l SANGNTANI D! GVALDANA asi IAZELADAP! BEREGVARDO | PANI È PURCHA SED 1921 |È Canio, I Uta ’ \ ceste / er. A F; Rare Book & Special Collections Library L:B@tT ERE RECENTEMENTE PUBBLICATE SUI PESCI FOSSILI VERONESI CON ANNOTAZIONI INEDITE AGLI ESTRATTI DELLE. MEDESIME VERONA DALLA STAMPERIA RAMANZINE 1794» I a) PIE ATTI VARIE LT PI pes fa 7 f. vie i gt ALLE LORO ECCELLENZE i IL Neo Ho AGOSTINO GARZONI AMBASCIADORE ALL' IMPERIAL CORTE DI VIENNA E LA NOBIL DONNA. PISANA QUERINI GARZONI SUA CONSORTE Î Pefci Foflili del mio Gabinetto, ora di qual- che confiderazione pel recente acquifto della fa- mofa ampla collezione del rinomato Sig. Vin- cenzo Bozza, hanno negli fcorfi mefi deftata una letteraria quiftione tra il Sig. Ab. Tetta Romano, ed il celebre Sig. Ab. Fortis. Quetti con due lettere cercò difenderfi dall’ aggreffore Sig. Tefta. Ma, e perchè non tratta il Fortis che gli oggetti foli che lo riguardano, e perchè non v'è che una fola lettera del Sig. Tefta uni- ta alle due pubblicate dall’ erudito Naturalifta, cost a togliere pienamente ogni diflicoltà dal Romano Autore propofta, e per formare di 4 2 quett: dotti, eloquenti e vivaci fcritti una ferie ragionata ho penfato di raccorli infieme, Di tai Lettere |’ Ab. Tommafelli Veronefe compi- lò e diè alle ftampe gli eftratti, e quefti m'è piaciuto di. unire nella prefente edizione, cor- redandoli di alcune Note, onie vindicati foffe- ro i noftri foffili da tutte le accufe lor date, più certo ingegnofe, che vere. Tutto ciò che riguarda la mia famiglia è oggimai: divenuto oggetto intereflante per l E.E. V.V., che il preziolo dono le fecero dell’ otti- ma lor Figlia, pel di cui poffefo puoffi chia- mare fortunatiflirma. E° dunque dovere che an- che quanto nfguarda il mio Mufeo conofca il vantaggio d’avervi a fuoi patrocinatori, Nulla, io fpero, in queft’opera v’avrà, che meno me- riti i riflcefli voftri, fe le Note nol foffero; l au- tor delle quali farà baftantemente contento, fe potrà offrirle come una prova di quella ftima e venerazione con cui fi gloria d’ eifere Verona 15 Ottobre 1793 I i Di Vostre EccELLENZE Devotifs. Umilifs. Offequiofifs. Servidore Gioyambatifta Gazola ÀL SIGNOR ABATE D. FRANCESCO VENINÌ DOMENICO TESTA. I: } Pa | Pefci foftili del monte Bolca nel Veronefe hari de- ftato, e defteran fempre nella mente del Naturalifta, che pongafi a confiderargli; una folla di quanto belle, altrettanto difficili quettioni. Tra i pefci, che impron- tarono la loro immagine fuii' ardefia calcareo argillofa del detto monte; haccene veramente di quelli, che non vivono, che ne remotitlimi mari dell’ Afia e dell’ America? Se quefto è, qual terribile’ cara&trofe eli ha inai trafportati e raccolti nell’ anguito fito, ove ritro> vanfi? Come poi fi formarono intorno ad eli que’ pe» trofi {trari, ne’ quali giaccion fepoiti? Qual forza fpin- fe in feguito, è icompote, e roveiciò gli ftrati medefi- mi? Qaanto tempo impiegò ia natura nel fabbricare a’ pefci quei porientoto cimitero? Avvi indizio, 0 mos humento a'cuno; onde fillare almeno probabilmente l'epoca d’un si ftrano avvenimento? Ecco le queftio= ni, che tormentano da lungo tempo l'ingegno de’ Na: tural fti, e che non ceflfano di punger vivamente la mia curiofità da quel giorno, che giunto nella fcorfa efta= te a Verona io pofi la prima volta il piede nel Mus feo dell’egregio Sig. Conte Gazola; dove la più bella, e più copiofa raccolta de’ pelci fotllii del Bolca fi cu- ftodifce. Ora io mi propongo; gentilifimo Sig. Ab, Venini, d’eiporle brevemente alcune nie conghiettus te, le quali fe non giovano per avventura a diflipar le tenebre, che le accennate quettioni circondano; fervo- no almeno, 0 ch'io mel credo, in qualche modo è 4 3 diradarle. Ella col fuo finifimo difcernimento, e con le profonde cognizioni, di cui è dotata, ne giudiche- rà. Saprò dalla {ua decifione s'io poffa rimanermi ne’ miei penfieri, 0 s io debba abbandonatli. II. Tra i pefci, che Improntarono la loro immagine {ull’'ardefia calcareo-argillola del Bolca, haccene vera- mente di quelli, che non vivono, che ne’ remotiffimi mari dell'Afia, e dell’ America? Quefta fenza fallo (è la queftione., che vuolfi efaminar diligentemente pri- ma delle altre. I Naturalifti, che hanno ultimamente fcritto fu i pefci foMi!i del Bolca, affermano concorde- mente non poterfi dubitare della verità d’un tal fatto, cioè che alcuni de’ fuddetti pefci appartengano realmen- te ai mari afiatici, e americani, donde poi fiano fta- ti, non fi fa come, trafportati fu quella montagna . Eglino han quindi compofto , € pubblicato de’ Catalo- gi, ne'quali il genere, la fpecie, e la patria de’ pefci medefimi ordinatamen:e, e diftintamente fi accennano. E di vero, fe alcuni di que’ pefci portaffero fcritto ful- la tefta, o fulle pinne chi fono, e d’onde vennero; io non fo con quanto maggior franchezza arebbe potuto formarfi la loro nomenciatura. Ma non fo ugua'men- te fe della verrà poi ricevuta, e fottoferitta da que’ favj naturalifti, che hanno imparato a proprie fpefe a non fidarfi delle ingannevoli apparenze, e che ben fan- no come ad isfuggire un errore, non v'è fpeffe volte lentezza, non adopranfi cautele, che baftino. In quan- to a me, io mi fento forzato dalle ragioni, 0, fe co- sì vuolfi, dagii fcrupoli, che ora efporrò, a dubitare della piena etattezza di fiffatti catalogi . Non è fole il imonte Bolca, che fomminiftri de pefci fofhili. Trovanfi effi nella Germania , nelle mon- tagne Svizzere, nella Francia, nell’ Inghilterra. Ora io non veggo che in alcuni di quefti luoghi fi difot- 7, ‘terrino pefci ftramieri ai mari-d’ Europa. Le pietre it- | tiomorfe del Bolca fono ftare un tempo, come quelle del Libano (1) conofciute fotto il nome di pietre isle- biane (2); appunto perchè in Eisleben nella Saffonia havvi un'antica, e famofa cava di pefci foffili, de’ quali ha parlato fra gli altri il Leibnizio nella fua Pro- togea. Egli però annoverandogli non fa menzione al- cuna di pefci afiatici, o americani. Quel grand’ uomo conghiettura che preflo ad Eisleben nel fito, ove fca- _ vanfi i pefci, ftagnaffe anticamente un lago, il quale per un tremuoto, © per la caduta d'una montagna, o per l’interrimento prodottovi da’ fiumi, che in effo sboccavano , fi difleccò . Partirono le acque, ma rima- fero i pefcii che le abitavano, ravvolti nella mota del fondo , e dalle fopravvenute terre ingombrati, e fepol- ti. Una tal corghiettura del Leibnizio è ‘più antica di lui. L’ aveva già propofta Anfelmo Boezio di Boodt nel fuo libro: Germmarum ®' lapidum biftoria. Tra i pefci foffili della Turingia, fu i quali ha fcritto un bell’ opufcolo Criftiano Spenero (3), non {i rinviene, (1) Bonanni felta Claffe pag. 20» del Mufeo Kircheriano, Mu- feo sì abbellito a dì noftri e tanto accrefciuto dal buon gufto, e dal- la dotta generofità di S. E. il Sig. Cardinal de Zelada Segretario di Stato. Il Bonanni nel luogo citato afferma tra gl’ ittioliti del Liba- no efler ftati ravwifati lucci, perche, paffere marine ec., non ricor- dando alcun pefce efotico. | (2) Maffei Verona illuftrata Tom. 3. c. 8. (3) Chriffiani Maximiliani Spenerî Difqguiftio de Coccodrillo în , Lapide fcifili expreffo è aliifque Lithozoîs . Mifcellanea Berolinenfia ad ann. 1710. Il Leibnizio non credeva che il Coccodrillo dello Spenero foffe ftato dall'Africa trafportsto nel luogo, donde fu eftrat - to, credeva bensì che un tale anfibio foffe nato in quella contrada, quando il fuo clima era così caldo, come è attualmente quello dell’ Africa. ( Leib. Op. Tom. 2. P. =. pag. 176.) Ma il Bekmanno ha fpianata fu quefto articolo ogni difficoltà) rimarcando non effervi ragione alcuna, che ne oblighi a torre il foffile delio Spenero per un vero Coccodrillo. Ecco le fue parole: Spenerus demonftratum ivit iam lacertam effe fpeciem, que Crocodilus vocatur, verum me nu! lum argumentum grave videre, quo id demonfrari poffits confiseore 44 almeno lo Spener non ne fa motto, alcun pefce fore- ftiero. Finalmente della ipotefi de'laghi, o piccioli mari diffeccati s' è giovato I’ illuftre Valchino (1) per ifpiegar generalmente l'origine di tutti gl'ittioliti, e di tutte le pietre ittiomorfe della Germania. A giudi- zio de’ mentovati naturalifti, i pefci foflili di quella contrada fono adunque nativi di effa, è non efotici. I pefci foffili della Svizzera, che il dotto, e re- liciofo Scheuczéro ha ingegnofamente tramutati in al- trettanti oratori (2), non effendo che Lucci, Perche, Rom*i, Paguri ec. non han tratta certamente l’ origi- ne dai mari delle Indie. Lo fteflo vuol dirfi di quelli, che s’ incontrano nella montagna geffofa di Montmartre preffo a Parigi, e nell’ altra parimente geffofa vicino a Aix. Veggafi nel Giornale fifico del Rozier (3) la bella difflertazione intorno ad effi del Cavalier Lamanno. Queft' infelice naturalifta, che effendo uno de’ compagni del Sig. la Peyroufe è ftato, per quanto dicefi, barbaramente uc- cito, e mangiato da’ felvaggi, era perfuafo, che gran- diffimi laghi occupaffero in Francia que’ tratti di pae- fe, ne’ quali trovanfi ora le geffaje di quel Regno . A mifura che il geffo andavafi formando, fi deponeva i e sa li rita Fisura in Scheuczeri pifcium querele falla, € tota conficia ef. ( Novi commentarii Societatis Regie Gottingenfis . Tom. =. ad anne 771. ) Delle pretefe offa d’un altro Coccodrillo fcavate preffo a Maftreicht, e le quali s'è poi fcoperto appartenere a una Balena, pa:'a il Sig. Launay nella fna Memoria /x i fofili accidentali infe- rita nel Vol. =. dell’ accadeinia di Bruxelles. Similmente il famofo fcheletro, che derre occafione allo Scheuczero di fcrivere quel fuo libo: Homo diluvii teftis efaminato in feguito da Giovanni Gefnero prefemo a lui gli avanzi d’un Siluro, anziché le reliquie d’ un cor- pe umano. ( Magaz. di Hannover ann. 1764. pag. 773-) Or va, e fidati buonamente de’ Naturalifti che fcambiano i coccodrilli con le balene, e gli vomini co’ pefci. — (1) Recueil des monumens des cataftrophess que le Globe ter- reftre a ellujees ec. Tom. I. | (2) Nei pi/cium querela è (3) Marzo 1782. 9 nel forido de' laghi, e ricopriva, e fotterrava i pefci, che vi dimoravano. Chi fpiega in quefta maniera 1 o- rigine de' pefci foffili della Francia, non crede per cer- to che i detri pefci fiano colà giunti dal mare del Giap- pone, o da quello degli Otaiti. Per rapporto all’ Inghilterra, gl’ ittioliti, che fca= vanfi a Broughton nella Provincia di Lincolshire (1), offervanfi, per atteftato del Pryime, in quella pofitura flefa, in cui trovar foglionfi i pefci nel letto de’ fiu- mi, o nel recinto de’laghi afciutti, manifefto indizio, che que’ pefci nacquero e viflero nelle in feguito fmar- rite acque d'un fiume, o d'un lago. Ma torniamo in Italia. Più luoghi di effa, oltre il Bolca, contengono pefci foflili, ma io non fo che quefti fiano ftati diltintamente offervati e deferitti da alcun Naturalita, tranne quelli di Scapezzano preffo a Sinigaglia rammentati dal celebre Pafferi nel fuo libro: fu î fofili pefarefi. Tali pefci appartengono, per fua teftimonianza, alla claffe de' Gobj, de’ quali abbonda il vicino mare adriatico. Il noftro P. Soave, che in mezzo agli ftludj metafifici, e poetici ne’quali fi diftin- gue tanto, non ha mai tralafciato quelli della Storia Naturale, avendo fatte da me pregato delle ricerche fu tali pefci, ha trovato infieme co’ Gobj del Pafleri eftrarfi dalle geffaje di Scapezzano, come anche da quelle di Mondolfo; e di Santangelo nel Contado di Sinigaglia, un'altra fpecie di pefciolini chiamati Goat- ti, de’ quali è fimilmente fornito il mare lungheffo qa pieno ? on v'è dunque, almeno per quanto io fappia, . che il monte Bolica, che poffa vantarfi d’aver dato afi- lo e fepoltura a’pefci afiatici, e americani. Donde mai queflo fio non comprenfibile privilegio? Quelta fingo- larità, che diftinguerebbe il Bolca da tutti gli altri (1) Tranfaz. filofof. n. 26650 10 monti dell’ Europa, e fors' anche dell’univerfo? I fe- nomeni della natura quanto più fono rari e maraviglio- fi, tanto più lungo,e più fevero, e più fcrupolofo efa- me richieggono prima d’ eflere ammefii , ed effendo rariffimi, e maraviglioliffimi non permettono il dub- bio, ma il comandano. Un tal dubbio crefce , ed acquifta maggiori forze quando fi confultano i Naturalifti, che de’ pefci fo(tili del Bclca han fatto parola. Eglino fono foreftieri o italiani. Fra quelli fi diftinguono il Bourguet, il Guet- tard, il Ferber. Il primo di loro nella fua lettera al Garcin fu i pefci petrificati, parlando in generale de’ pefci del Bolca, non fa particolar menzione, che del pefce volante, o della rondine marina, che incontrafi in ogni lato del mare adriatico: il fecondo non ram- menta che il ferpente marino (1), ‘abitatore ancor ef- fo del mediterraneo. Il Villoughby attefta d' averne veduto uno in Roma lungo cinque o fei piedi (2). Il terzo ricordando i foflili del Bolca raccolti da Giulio Cefare Moreni (3) afferma, egli è vero, offervar&i fra i medefimi qualche pefce del Brafile, ma non lo fpe- cifica, anzi neppur dice d’ averlo veduto e molto me- no efaminato : il che moftra aver lui femplicemente notato ciò che dal Moreni eragli ftato detto. Tornan- do in feguito a parlar de’ foffili ftei (4), il folo pe- fce di cui fa menzione è la murena,così nota,e tan- to apprezzata dai ghiotti, e voluttuofi Romani antichi . Fra gl’ Italiani il Saraina (5), il Mofcardo (6), lo Spada (7), il Maffei (8), lo Zannichelli (9), e’l Mar- (1) Mem. far la Miner. d’ Italie. (2) Ittiolog. lib. 4. cap. 3- (3) Lettres fur la mineralogie ec. page 27. (4) pag. 64. (5) De orizine & amplitudine Civitatis Verona . (6) Note ovvero Memorie del Mufeo del Conte Ludovico Ma- fcardo. Cap. CXL. (7) Corporum petrefattorum agrî Veronenfis Catalogus pag. ‘46- (8) Veron. illuftr. Tom. 3. cap. 8. (9) Enumeratio rerum naturalium è que în Mufeo Zanichellia- It fili (1), non ricordano che i pefci fanpiero, anguille, rombi, orate ec. pefci in fomma comuniffimi ai mari d' Italia. Ma fi dirà: cotali Scrittori erano neceffariamente sforniti di quelle notizie ittiologiche, che fi fono ac- quiftare a’ di noftri, e però trattando de’ foffili del Bol- ca s' aftennero faggiamente dal chiamar per nome i pefci, che non conofcevano . Sia pur così. Rivolgia» moci adunque ai moderni naturalifti, che dotati de’ neceffarj lumi han fatte fu i noftri pefci lunghe e di- | ligenti ricerche. Un catalogo di tali pefci trovaGi infe- rito nel Giornale fifico del Rozier all’ anno 1786. Ef- fendo ftato un tal catalogo attribuito al Sig. Abate Fortis, egli fi è doluto acerbamente di ciò (2), prote- ftfando di non effere in verun conto l’autore d'una fiffata fcempiaggine. Il medefimo fcrivendo al Sig. Caf- fini (3) accademico, ed aftronomo di Parigi afferma’ d’ avere indarno confultate le migliori Opere d’ Ittiolo- gia per tentar di ftabilire coll’ ajuto di effe la nomen- clatura de’ pefci del Bo!ca. Quale'è ftata, dice egli, la mia forprefa allorchè dopo aver diligentemente of- fervate le 144 Tavole del Dottor Bloch, non ho ri- trovato in quelle, che il folo Diavolo di mare (4), che fembri efattamente conforme a uno fcheletro del Bolca! A fronte di ciò, nel Catalogo pubblicato dal Sig. Canonico Volta (5), e che contiene non più, che ini no aflervantur. Abacus alter , în quo fofilia fsurata continentur + (1) Lettera ad Antonio Valisnieri. Nel fom. 2. delle Opere di queft ultimo . (2) Lettre a Monfieur Delametherie. Rozier 1786. (3) Ibid. Extrait d’ une lettre de Monf. }’ Abbé Fortis datée de Verone le 2 4 Seprembre 1785. a M. le Comte Caffini Rozier Mars. 1786. (4) Lophius pifcatorius. L. S. N. 40r:. Un tal Diavolo fi trova in tutti i mari, e mominatamente nell’ adriatico. Nomenclator agua: tilium animalium audore Conrado Gefnero ». Ordo IX. de Cartilazi- neis pag. 119. (5) Degl’ impietrimenti del Territorio Veronefe ec. Lettera al Sig. Vincenzo Bozza . 1% im centinajo di pefci, fi determinano venti e più {pe cie de’ medefimi col folo mezzo delle accennate Tavo- le dell’ Ittiologo berlinefe . Quefte venti fpecie ‘adunque fono per giudizio del Sig. Abate Fortis interamente sbagliate. Ma qui fa d’uopo ch'io renda la dovuta giuftizia alla filofofica ingenuità del prelodato Sig. Ca- nonico. Egli fteffo mi ha fchiettamente confeffato in Verona d’efferfi bene accorto delle inefattezze, che s° incontrano in quel fuo Catalogo, e che vedranfi fe- delmente notate e corrette nell’Opera, che fta egli preparando fu tale argomento . Cotali inefattezze fono per rifeuardo alla queftione, che tratto, importantifis. me. Eccone alcune. Fra i pefci dell’ America meridios nale fotterrati nel Bolca il Sig. Canonico annovera lo Zeus Vomer, la cui figura vien riportata dal Bloch nella Tavola 193. Ma un efame più rigorofo gli ha poi fatto conofcere quel Zeus Vomer non effer altro; che un Zeus Gallus, pefce che vive indiftintamente in tutti i mari, e che trovaft per confeguenza anche nel noftro (1). Similmente fra i pefei afiatici del Bolca fî vede nel Catalogo, di cui fi parla; riferito lo Zeus Ciliaris. Un tal pefce fi diftingue dagli altri Zeufi pe’ fei raggi capillari della natatoja del dorfo, e dell'ano; che fono veramente lunghifimi, e a cagion de’ quali è ftato chiamato dal Bloch /e Ga/ 4 longs chewenx (2): Ora queflta lunga capellatura manca allo gZeufi del Bol- ca; il quale perciò fi raffomiglia anzichenò allo Zeus Faber, pefce nell’ adriatico notiffimo, che chiamafi ans cora dai Dalmatini Fabro, e da’ Romani pefce fan piero (3). Finalmente fra i pefet dell’ Africa occupa nello fteffo Catalogo il primo luogo lo Sparus Dentex, né _- (1) Ce poiffon ( Zeus Gallus } vit tant dans les pays chauds; | qve dans les pays froids &-tempèrés » Forskaol l'a vu à Malte. Bloch» Tom. 6. pag. 50. 3 (x) Bloch. Tom. 6. pag. 27. Tav. 191» (3) Bloch. Tom. 2. pag. 24 I e citafi intorno ad effo la figura fefta del numero VII delta Tavola X del Villoughby. Ma una tal figura rap. prefenta |’ Acara 474 de’ Brafiliani, non lo Sparus Den- tex del Bo!ca, del quale io confervo un ottimo dife- gno gentilmente procuratomi dal. Sig. Dott. Baronio, difegno , con cui quel pefce Americano non ha ficura- mente veruna analogia. Nell’ opera poi del Villoughby leggonfi diftintamente defcritti lo Sparus, e ’l1 Dentex, notandofi del primo, che in adriarico fina ubique fere obvius eft (1), e «el fecondo, che Venetiis O Rome frequens eft (2), ma lo Sparus dentex io non lo tro- vo rammentato in neffuna parte dell'Opera medefima. Ben lo rammenta il Brunnichio, ma egli lo ripone efpreffamente fra i pefci del golfo di Venezia, come apparifce dal fuo libretto: Spolta e mari adriatico re- portata. Lo Sparus dentex leggefi egualmente regiftra- to nel Catalogo de’ pefci maltefi inferito nell'opera del Forskaol . | Per riconofcere e determinare i pefci del Bolca, il Sig. Abate Fortis ha trovato nella Ittiologia del Sig. Brouffonet quel foccorfo, che avea fperato invano da | quella del Dottor Bloch. Confrontando egli adunque i pefci defcritti dal Brouffonet co’ pefci del Bolca, ha ravvifato tra quefti ultimi il Polynemus plebejus, il Gobius ftrigatus , il Choetodon trioftegus, e’1 Choeto- don faber, pefci fommamente efotici , perchè prop:] del mare degli Otaiti. Ma il Sig. Bozza che ha con- fiderati sì lungamente i pefci del Bolca, e che perciò li conoice al pari, e meglio di chiccheflia, ne afficura fcorgerfi fempre fra i medefimi e quelli de’ mari del Sud una offervabile differenza. Son dunque privi, fog- giungo io, di quella fimiglianza , che è pur neceffaria per raffigurar l'uno dal difegno o dalla figura dell’ al- Lal ed (=) lib: 4. capi(WE (2) lib. 4. cap. 13. 14 I tro tod: Lo fteffo Sig. Abate Fortis attefta i pefci del Bolca differire in quanto alla grandezza da quelli dell’ Ittiologo francefe. Una tal differenza è veramente ri- marcabile. La lunghezza, efempigrazia, del Polinemo plebejo degli otaiti è di 56 linee del piede d’ Inghii- terra (2); quelle del fuppofto Polinemo plebejo del Bol. ca; che il Sig. Abate Fortis dice benifimo conferva- to, giugne a 25 pollici del piede francefe (3) è Il me- defimo Sig. Abate volendo moltrare come bene idea- ta, € quanto più inftruttiva dell’ altre fia la Raccolta del Sig. Bozza, ferive al mentovato Accademico di Parigi precifamente così: Les Cabinets, que j'ai èté à portée d'examiner, ne font ordinariement compo/és , que d’ objets ifoles, & apportés de differents endroits: celui de M. Bozza ne contient que des ichtyolithes de la montagne de Bolca, dont les individus vivoient towts dans les memes eaux, dans le méme tems, & prefen- tent une varieté d’efpeces. Come di grazia può que- fto accordarli con la promifcua efiftenza nel Bolca de” pefci europei, ed otaitici? L’imbarazzo e l’iricertezza crefcono, quando i fuddetti ‘pefci tolgonfi ad efaminar diftintamente. ad uno ad uno. Due fono i principali caratteri; che di- ftinguono i Polinemi dalle Iriglie, la pofizion delle pinne ventrali, e gli articoli delle loro dita, o fili, o (1) Perfino moltifime fpecie di pefci comuni a tuttî î marî, co- me le Agulie, Efox acus, differenziano da quelle dî Bolca, poichè quefite hanno delle varieta notabilifime, che non corrifpondono alle defcrizioni degl’ ittiologi antichi, nè de’ moderni : per efempio, vedefi” nelle Agulie dî Bolca la natatoja e pinna dorfale, che incomincia dalla nuca, e fi eftende fino alia coda fenza interruzione , a diffe- renza di tutte le cognite de’ noffri mari. nelle quali incomincia dal- la meta del dorfo. Del pari camminano quaf tuiti gli altri pefci di Bolca , fempre con qualche offervabile differenza da que’ che alliena- no nei noffri mari, a ne' mari del Sud . Bozza Lettera al P. Orazio Rota fulla univerfale rivoluzione fofferta dal Globo terracqueo + (») Brouffonet Oper. cit. (3) Fortis let. cito Me | 15 cirri, che dir fi vogliano. Quefte hanno fe pinne ven: trali fituate nel petto, quelli propriamente nel ventre. Le dita delle Triglie fono articolate , de’ Polinemi no (1). Il primo carattere però non è fempre ficuro. La Triglia rondine ha le pinne ventrali piantare ful ventre (2), e lo' ffeffo vuol dirfi della Triglia amzata (3). Ciò pofto;, le pinne ventrali del Polinemo del Bolca dove fono? al petto; 0 al ventre? le fue dita fono articola. te, o no? Neffuno, per quanto io fappia, lo' ha nota- to. Non potrebbe quel pretelo Polinemo effer dunque una Triglia? Ma ponghiamo » che fia veramente un Polinemo, farà per quelto l’otaitico? Rifpondo: franca- mente di no. Il Polinemo otaitico ha cinque dita, la cui lunghezza non' arriva alla metà del fuo' corpo (4). Quindi non può confonderfi col Polinemo’ werginico , nè col paradifiaco forniti ambedue di fette dita, nè col Polinemo del Gronovio: dotato‘, è vero, di cinque di- ta, ma due volte più lunghe del Polinemo ftefo.. Qual’ è il numero delle dita del Polinemo del Bolca? qual’ è la loro lunghezza? Anche quefto fi race. Ma fiano cinque , e fiano più brevi della metà: del fuo corpo. Tale appunto è il numero, tale la lunghezza di quelle dei Polinemo dello Gmelin. Perchè dunque il Poline- mo del Bolca farà piuttofto quello del Brouffonet, che 7 quello dello Gmelin? Quefti morì infelicemente ful Caucafo nel 1774, vale a dire otto anni prima, che ufciffe alla luce l' Ittiologia del Brouflonet, a cui dob- biam la defcrizione de’ pefci otaitici, de’ quali fi parla. Quindi non ha luogo il fofpetto che il Polinemo dell’ uno fia lo fteffo che quello dell’ altro, Io temo gran- CI (1) Genus Polynemi a Triglia difindum pinnis ventralibus în abdomine fitis, &Y digitis non articulatis. L. S, N. 52% (2) Artedii Genera Pifcium. Gripes Waldie Impenfis ant. Ferdin: Rofe 1792. pag. 360. (3) Ibid. pag. 370. (4) Brouffon. Oper. cit. 16 | demente non ia quefta occafione fianfi moltiplicate an- cora le fpecie fenza necefiità. Il Polinemo dello Gme- lin è defcritto così: Polynemus plebejus digitis quinque , primo uliva anum extenfo, ceteris fenfim brevioribus (1). Il Sig. Brouffonet, che citando gli altri Polinemi, non fa menzione alcuna di quello dello Gmelin , defcrive le dita del fuo nel feguente modo: Digiti quingque, fu- perior ultra anum protenfus, caterî fenfim breviores. Chi non ifcorge qui una perfetta identità nel caratte- re, che divide una fpecie di Polinemi dall’ altra? Ma quefte ricerche fono per avventura efltranee al mio fco- po, ed io mi farei volentieri aftenuto dal farle, fe avelli a tempo faputo quello, di che fono ftato novel. Jamente afficurato, cioè, che il pretefo Polinemo del Bolca è così fcontraffatto, così mancante delle fue no- te caratteriftiche, che nell’Opera, che fta per ifltam- parfi da’ Signori Naturalifti di Verona, farà, per quan- to credefi, omeflo. La giacitura delle pinne ventrali fepara in primo - luogo il Gobio degli Otaiti dalle altre fpecie de’ Gobj . Le pinne ventrali di queft'ultimi fono unite, di quello. difgiunte (2). Ma anche il Gobio Amorea del Willugh- by (3), anche il Gobio £ledtris del Gronovio (4); an- che il Gobio del Pifon (5), e finalmente anche quel- lo del Koelreutero han le pinne ventrali difgiunre (6). Il Gobio del Koelreutero confervafi nel mufeo raccol- to, e donato alla fua Accademia da Pietro il grande, quindi non è certamente l’otaitico. Il Brouffonet lo rammenta, ma riflette, che fe il Gobio, dirò così, pred (1) Gmelini L. S. N. 1401. Arted. Genera pifcium pag. 630. (2) Gobius Rrigatus differt a divifione Gobiorum, pinnis ventra- libus unitis, pinnis ventralibus disjun&&is. Broufon. Oper. cit. (3) Hiforia Pifcium. Artediî Gen. Pifcium pag. 205% (4) Gronov. muf. KI. n. 1.68. (5) Gmelîini. L. S. N. 1206. (6) Nov. Conz--Petropoli T: VIII. 1 di Pietroburgo conviene nella disgiunzion delle pinne ventrali coll’ otaitico , differifce però “da‘effo nel nume- ro de’ raggi della prima pinna dorfale, i quali fono fei nell’otditico, e dodici nel ruffo. Dall altro canto il Koelreutero paragona ancor egli Il fuo Gobio col Pa- ganello, e col jozo del mare Adriatico, e poi foggiu- gue (1): Cum Paganello Venetorum, D aa romanorune quamdam quidem meo Gobio effe f dior ex defert- pitone collisitur , cum Jozo în primis, quod radiorum pinne dorfalis prima extremitates fupra membranam eos conneCtentem emineant, ipfaque bujas pinne membrana în fummo maculata fit. Verum numero radiorum ejusdem pinne nimis ab eo differt, quam ut ejusdem cum hoc /peciei eum effe crederem. Variabilem quidem elle radio- ram în pinnis numerum propria obfervatione dudum co- "gnovi , în tantum autem differre, ut in duplum tncre- fcat, numquam mibi obvenit. Cum igitur in plurimis halfenus cognitis Gobiorum fpeciebas primam dorfi pinnam canftanter sex vadiîs, fecundam vero 10 II 13 14 16 17 effe fuffultama recentiores contendant auéfores ; nofter antem în pinna dorf prima 12, în fecunda 13 obtineat radios , defcriptum a nobis pifcem pro nova Gobioram Specie babere convenit. Dunque la differenza nel nume- ro de’ raggi della prima pinna dorfale, che fono fei nel Paganello e nel jozo, dodici in quello di Pietro- burgo, trattenne il Koelreutero dal confondere il fuo Gobio cogli accennati due pefci. Se dunque il Gobia otaitico non differifce da quello del Koelreutero, che perchè ha fei raggi nella prima pina dorfale , fel Paganello e ’l jozo non differifcono parimenti da quel- ‘lo del Koelreutero, che perchè han fei raggi nella ‘© prima pinna dorfale: ‘perchè il Gobio otaitico non avraffi a credere della fteffa fpecie de’ Paganelli e de’ jozi? Sarebbe pur bella, fe dopo aver menato tanto ann (0) Ibid. 19 romore ton quel Gobius ftrigatus degli otaîti; fi tro: vaffe déffo non altro, che il Paganello; o’l jozo de' Veneziani. I Chetodonti; come l’indica !o fteffo nome, dif- ferifcono dagli altti pefci per la qualità de’ loto denti, che fono fetacei; molli; fleftibili. Per quefta ragione fono ftati molto acconciamente chiamati in italiano mollidentt . I Franceli gli appellano Bardodlierés a ca- gion delle lifte di vario colore; otide è fafciato il lo- ro corpo. Ma quefte lifte non alterando che il color della pelle, e nori formando prominenza; 0 depreffio- ne alcuna; non poffon lafciare l'impronta di fe mede- fime, e indarno perciò fi cercherebbero negli fcheletri del Bolca. Ora io non fo vedere come dalla figura; o dall’impreffione d’un pefce pofla intenderfi, che i fuoi denti fiano più o meno duri, più o meno pie- ghevoli. Con qual mezzo adunque s'è giunto a fco- prire effer fepolto nel Bolca il Chetodonte trioftego degli otaiti? Si dirà forfe, che non i fuoi denti, non le fue fafce, ma gli aculei della fua pinna dorfale han condotto a tale fcoperta. Ma quefti aculei trovanfi în ugual numero nel Chetodonte trioftego del Linneo (1), e in quello del Seba (2), nè l’uno, nè l’altro certa- mente otaitici. Che fmania è quefta di volere affolu- tamente, che il Chetodonte del Bolca fia venuto di Jà ? Il Sig. Brouffonet avverte che il Cherodonte otai- tico è fornito d’ aculei anche nela coda, de’ quali pe- 1ò il Linneo, defcrivendo il fuo Chetodonte, ron fa menzione alcuna. Sì, ma tali aculei fono efpreffamen- te rammentati dal Linneo, quando parla del Cheto- donte Lineato ( Chetodon lineatus fpinis dorfalibus no- vem, Spina laterali utrinque caude. S. N. 463 ). Il Sig. Brouffonet replica che il Chetodonte Lineato è (+) L. S. N. X pag. 274 (3) Thef. Tom. 3. pag. 65: | Ig privo delle fafce, che adornano l' otaitico. Quefta dif. fereriza per altro non puo, come ho già riflettuto, allegarfi trattandofi di pefci toflili. Quindi fe il Che- todonte otaitico non differifce da’ Chetodonti Lineato , Achille; Difenfore, Ombrato, Nereggiante, Stellato che pe’cingoli, o fafce della fua pelle, quello del Bol- ca potrebbe pur eflere uno di loro. Il Sig. Brouffonet avverte ancora, che il Chetodonte trioftego degli otai- ti differifce a Chetodonte parato, dentibus apice ferratis. Il Chetodon paratas io non fo che pefce fia. Sarebbe per avventura il Chefodonte para? Ma quefto trovafi regiftrato fra i pefci maltefi, e fe non differifce dall otaitico , che per l’ afprezze , che mancano nella fom- mità de’ fuoi denti, può faciliffamamente confonderfà con eflo. Comunque fiaft, ciò che rapporto ai GCheto- donti del Bolca rinforza gagliardamente il mio pirro- nifmo, è la feguente giuftilfima offervazione del Lin- neo. Perce genus, dice egli ( S. N. 481. ), difficile diftinguitur ja generibus Sciane, Labri, © CHUETO- DONTIS, quoniam differt folis operculis dentato ferra- zis. E fe una tal diftinzione è difficile ne’ mentovati pefci fani e viventi, quanto lo farà di più nelle loro impronte manchevoli, confufe, alterate ? Il Chetodon- te trioftego del Bolca potrebbe dunque ridurfi a una Perca, a un Labro, a una Sciena dell Adriatico, a quella efempigrazia, che chiamafi volgarmente pefce corvo, che è munita di aculei nella pinna dorfale, ed ha la coda fimilmente aculeata (1). E gli aculei, che armano il dorfo, e la coda del Chetodonte trioftego del Bolca, dove, come, quanti fono? Neppur fi accen- na. E’ fembra che fia tornato il tempo de’ Pittagorici, ‘ quando un :ipfe dixit dovea baftare a far chinar la te- fta, e contentar tutti. | Ai tre pefci del Bolca creduti otaitici n'è ftato <1) Arted. Gen. Pifc. Pag. 306. b2 zo in feguito aggiunto un altro, ed è il Gobius ocellaris, che vive ne’ rufcelli d’ acqua dolce di quell’ ifola fa- mofa. Il fuddetto pefce ha fortito un tal nome da una macchia nera, che può raffomigliarfi alla pupilla dell’ occhio, e che fta fituata nel fine della prima delle fue pinne dorfali. S' è già notato che trattan- dofi di pietre ittiomorfe, le macchie, o le lifte de’ pefci fono un carattere perduto. Ma fupponghiamo, che nella prima pinna dorfale del pefce del Bolca, di cui fi parla, veggafi realmente l’ impreflion d’ una mac- chia. Sarà per quefto il Gobigs Ocellaris degli otaiti ? Io nol credo, e chi concorre a non farlomi credere, è il Sig. Pallas, il quale dà principio all’ Otravo fa- fcetto de’ fuoi fpicilegj zoologici così: Gobiorum fami- diam forma corporis, pinnarum, © oculorum plerumque fitu Blennits confobrinam Gronovias in duo genera di- flraxit, que tamen jure & natura confociari debent. Y Blennj adunque nella forma del corpo, e delle pinne rafflembrano ai Gobj. Ora nella famiglia de’ Blennj v'è appunto il B/ennias Ocellaris, che s° incontra ad avere efattamente nella prima delle fue pinne dorfali una macchia nera come un occhio , che vive nel me- diterraneo , foprattutto nell’ Adriatico, che è ftato ve- duto in Venezia dal Willoughby, e chiamafi dagl’ Ita- liani s7efforo (1). Chiamafi preffo di noi così anche il Gobius niger detto particolarmente da’ Veneziani Go, la cui figura ha molta, fe non tutta ! analogia col Gobius Ocellaris degli otaiti. Efo ha eziandio delle mac- chie nella prima pinna dorfale, i raggi della quale fon fei, tanti nè più, nè meno, quanti ne ha il Gobius Ocellaris (2). Qualche differenza nel colore, o nel numero delle macchie di quefti pefci non deve allar- mare chi moftra di non aver valutate neppur le o/fz#- (3) Bloch. Part. V. pag. 9%. {3) Bloch. Part. JI, pag. 4 IDA 2i wabili differenze: IF Gobius Ocellaris del Bolca potrel» be dunque, per quanto fembranai, crederfi un meflo- ro appartenente al genere de’ noftri Gobj sì comune, e per confeguenza a sì buon prezzo, che Giovenale in- fegnando come fa d'uopo uniformar fe fpefe alle pro- prie rendite ebbe a dire: Nec mullum queras, cam fit tibi Gobio tantum In loculis . Del Chetodonte Fabro del Signor Brouffonet par: fa il Dottore Bloch nella ftefla parte della fua Opera, nella Tavola 212.ma nella quale fi vede eziandio la figura del pefce medefimo. La figura poi del Cheto- donte Fabro del Bolca è ftata inferita nel Giornale Fifico del Rozier all’ anno 1786. Si paragonino di grazia quefte due figure, e fi vedrà certamente che non rapprefentano lo fteffo pefce. ‘Tacendo le fafce dell’ uno , che non appajono, e non poffono apparire nell altro, il Cherodonte Fabro del Broufloner, che vive ne’ mari eziandio della Carolina, è fornito di nove aculei nella pinna dorfale , quorum fecundus priore e paulo longior, tertius fecundo quintuplo longior, e ditre aculei nell’ anterior parte della pinna dell’ ano affai più brevi, che ron fono i raggi della pinna medefi- ma. La lunghezza poi delle due mentovate pinne è tale, che giungono con le loro punte quafi all’ eftre- mità della coda. ©ra nulla di tutto quefto offervafi nel pretefo Chetodonte Fabro del Bolca. A chi dicef- fe la figura di effo inferita nel Rozier effer mal far- ta, e non raffomigliarft all’ originale, io rifponderei , che il Fabro Cinghiale de’ noftri mari, chiamato: in Roma Riondo dello ftelfo ordine de’ Chetodonti, fi tro- va d’ aver appunto nove aculei nella pinna dorfale, quo- ovum tertins altiffimas, e tre in quella dell’ ano più brevi de’ feguenti raggi della pinna fteffla (1), e che (1) Arted. Gen. Pifc. par. 396. b 3 22 per confeguenza lo fcheletro del Bolca potrebbe appar- tenere a un Riondo, anzichè a un Mollidente degli Oceani Indiani. Il Dottor Bloch conchiude quel. fuo articolo ful Chetodonte Fabro nella fegnente maniera: Noi dobbiamo la prima defcrizione d' un tal pefce al Sig. Brouffonet, che ne ha pubbiicato al tempo fteffo un buon difegno. Per altro gli Autori, che egli cita relativamente al pefce medefimo, nulla hanno che fa- re con effo. Bafta paragonare i ioro difegni con quel. lo datone dal Sig. Brouffonet, per tofto accorgerfiche il mio giudizio è fondato.,, Se il Sig. Bloch, oltre il Chetodonte Fabro, aveffe ancora defcritti gii altri tre pefci otaitici, de’ quali fi tratta, avrebbe certamente fomminiftrata nuova luce a quefte mie ricerche. Ma egli fi è taciuto, e ’l fuo filenzio ne fa fofpettare non effer lui pienamente perfuafo delle nove fpecie che vo- glionfi da fiffatti pefci formate. Aitrimenti, perchè efcluderle dalla fua ittiologia, che egli ha ficuramente intefo di rendere la più efatta, e la più compita di tutte? Io porrò fine a quefta diceria con una rifleffion generale. Per ravvifare un pefce qualunque dalla fem- plice impronta da eflo lafciata in una pietra, è d’ uo- po, come ognun vede, che tale impronta fia netta, intera, e ben confervata. Per affermar poi con certez- za che lo fteffo pefce non abita, per efempio, nel ma- re adriatico, fa di meftieri aver prima una piena e ficura notizia di tutti i pefci, che in detto mare fog- giornano. Ora le pietre ittiomorfe fono generalmente parlando, © affatto prive, o molto mancanti di quella nettezza, e di quella integrità che tanto bifogna. I pefci che offervanfi in tali pietre hanno , per ufar le parole del Bourquet (1), alcuni la tefta fchiacciata, e contraffatta, alcuni ne fon privi affolutamente: le na- RATTI eee _____ n {:) Lettere a Monfieur Garcin fur Ies poiffons petrifiés . | 23 tatoje e le pinne di molti fono rotte, sfigurate, tra- pofte, e quafi tutti prefentano anzi |’ abbozzo d’ uno fcheletro di pefce , che l' imagine del pefce fteflo. Que- fta è fenza dubbio Ja ragione, per la quale i Natura- liti, che hanno fino a noftri tempi parlato de’ pefci del Bolea, fi fono faviamente aftenuti dal tefferne il Catalogo, 0, come fi dice, dal claffificargli. E fe qualche volta han profierito il nome di alcuno di effi, con quanta ritenutezza, con quanta riferva, con quan- to timor d’'ingannarfi non l’ hanno eglino fatto! Chi conofceva i pelci europei meglio di Ferdinando Mar- {ilj? Egli £i portò ful Bo!ca, vifitò la miniera de’ fuoi pefci, e fcriffe quindi fopra i medefimi una belliffiima lettera al celebre Vallisnieri (1). Tentò egli in quefta lettera alcuna nomenclatura? No certamente. Avendo rinvenuto un pefce gravido delle fue uova, per fapere che pefce fofle, narra egli d’efferfi indirizzato a’ pefca- tori, de’ quali chi gli diffe che era un’ orata, chi un foazo, chi un pefce fanpiero. Ma quefta modetftia del Marfilj non è più alla moda. A dì noftri non fi du- bita di nulla, fi fa tutto, ognuno è il confidente della Natura, che va fpacciando, come una merciajuola, i fuoi fegreti per le botteghe del caffè , e pe’ gabinetti delle Dame. Gaudeant bene nati. Io, ritornando a noftri pefci, non poffo non convenire coll’ illuftre di- fcepolo del Linnéo, Giovanni Bekmanno, che nel fuo | Commentario fulla riduzione de’ foffili ai loro generi naturali s° efprime così: Complures auéfores Sy[temati- ci ichthyolithos:ad genera nataralia redigere conati funt, quorum judiciis ufus videtur illuftris Linneus; At etfi | schthyolithi primo intuitu bene confervati, &° intesri vi- dentur, tamen cam multa pifcium genera valde fibi fr- milia fint, cumque fpecies unius ejufdemque generis levi nota plerumque diferepent , D' pifcinm Nernpava foffilia (1) safe del Vallifnieri Tom. a. 4 24 fere omnia comprefftone deformata , vel pinnis 3 que cha- raéteres diftinîtivos fuggerunt , orbata fint , iis adfentiri cogor , qui ad unum ‘fere omnes ichtbyolithor IGNORA- BILES effe dicunt (1). In vifta di tali ragioni non dubita ii Bekmanno d’ annoverar fra gl'ignorabili i pe- fci del Bolca rammentati dallo Spada nel fuo Catalo- go Petrefactorum agri veronenfis . E i pefci del mediterraneo fono per avventura conofciuti a fegno da poterfi francamente dire all’ oc- corenza: Un tal pefce vive ne’ noftri mari, un tal al- tro no? Si fa che l’ittiologia è il più negletto, e per- ciò il più ignoto ramo della Storia Naturale, nè gl’ ita- liani hanno avuto finora intorno ad effa di che molto vantarfi fopra l’ altre nazioni (2 ). Quindi accade tut- todì che nuove fpecie di pefci, che fi credevano fol. tanto proprie de’ mari da noi lontaniffimi, vadano poi fcoprendofi, e pefcandofi ne’ noftri. Taccio quella per- ca, della quale il Linnéo aveva formalmente fcritto : habitat în America, e che dal Brunnichio è ftata rin- venuta nel mediterraneo (3), e quella Sertolaria pen- nara notata dallo fteffo Linnéo come abitatrice de mari dell’ Indie, e che dal fagacifimo Signor Cavo- lini (4) è flata poi copiofamente rinvenuta nella f{piag- gia, che ftendefi fra Pofilipo, e l’ ifoletta di Nifita . Taccio il Chaetodon paru creduto dal Bloch proprio del mar del Brafile e della Giamaica (5) ma che fi rr i Ted («+) Novi Commentarii Societatis regie Gottingenfis Tom. 2. ad ann. 1778. (2) Pochi fono gl Autori , che abbiano /critto particolarmente finora della Storia Naturale dell’ Adriatico - Il peggio fl è, che memmeno rutti que? pochî riufcirono bene ec. Fortis Offervazioni fo- pra l' ifola di Cherfo ed ofero pag. 77. (3) Pi/ces Mafplienfes . (4) Memoria III fulla Sertolara, e Tubolara pag. 135. | (5) La patrie de ce poiffon eft I’ Amerique. ©On le troure furtout au Brefil, & è la Jamaique. Bloch. Tom. 6. pag. 43- 2 fa vivere ancora in quello di Malta (1). Tac i corni d° Ammone raccolti dal Bianchi fulle rive dell’ Adriatico. Mi contenterò di addurre unicamente la teftimonianza del Sig. Abate Olivi, nella coi. perfona fi ripromette 1’ Italia il fucceflore di Vitaliano. Dona- ti. Egli nella fua Differtazion preliminare alla ftoria fifica, e naturale del Golto di Venezia dopo d’ aver parlato del Cancer longicornis ; da’ Veneziani volgar- mente detto Scorpion del fabionao , foggiugne così: » All’ occafione di quefta prima produzione dal Lin- 3 Néo riferita come propria de’ climi non europei, fi s; avverte una volta per fempre che molte fpecie da s> lui aflegnate a climi ftranieri, fono comuniffime al ,) noftro mare ©. Lo fteffo Sig. Abate Olivi che ha già fcoperti ( e ne andrà fcoprendo fempre più ) tanti nuovi abi- tatori del mare Adriatico, ha ravvifato fra gli altri nel Golfo del Quarnaro il Granchio norvezo ben noto anche agli Anconitani, che il chiamano Arganello. I dotti Naturalifti di Verona, che ftan preparan- do un’ Opera fu i pefci foffili del Bolca, gradiranno, o fcuferanno almeno quefti miei dubbj, gli chiame- ranno ad efame, fapran diflipargli, pubblicheranno in fomma un Trattato che rifcuotendo l’ applaufo de’ ve- ri ittiologi, confonderà pienamente gl’ invidiofi e i beffardi. Io defidero foprattutto che ful frontefpizio del loro libro pofla meritamente fcriverfi quel detto del Leibnizio: Augere rerum fpecies in miraculi fidem, ut ftupenda de noftris regionibus dixiffe videamar, non eft noftruma (2). Dusenitenatanateezatezt i (1) Veggafi il Catalogo de’ pefci maltefi nell’ Opera del For- skaol: De/criptiones animalium ec. In detto Catalogo fi troverà an- cora il Chaetodon maculoius, che pure è riferito generalmente tra i pefci dell’ India, e del mar roffo. ul (2) Grotog. $. 18. dove appunto fi parla de’ pefci foffili d’ Eif eben. 26 IIL Ma fe dopo il più maturo efame, e (a più fcry- polofe ricerche, non poteffe più dubitar&t efifter. nel Bolca de’ pefci, alla vita de’ quali è affolutamente ne- ceffario quel grado di calore, che appartiene ai mari della zona torrida ; come intendere allora, e in che modo fpiegare un sì portentofo fatto? Quefta diman- da, che per l'autorità foprattutto del Sig. Abate For- tis, e de’ Signori Naturalifti Veronelt è ben lungi dal dover fembrare inopportuna, o capricciofa , non im- barazza punto i feguaci del can Il loro fuoco cen- trale foddisfa a tutto. Era un rempo, dicon eli, nel quale il clima d’Italta era così caldo, come lo è pre- fentemente quello della zona torrida, quindi gli. ani- mali, e i vegetabili proprj di quetta potevano fenza difagio vivere e moltiplicarfi ne° noftri mari, e. nelle rale contrade. Ma la terra, benchè Jentiffimamen- te, va fempre più raffreddandofi , perchè fi diffipa gradatamente e fvanifce l’ interno fuoco, onde viene animata. Effa diverrà finalmente una trifta e fterile maffa di ghiaccio, come la luna. I pefci equatoriali del Bolca non furono adunque colà trafportati da ve- runa inondazione , ma nacquero e villero nel luogo fteffo , ove ora airovanfii Se il noftro mare non al. berga più cofiffatti pefci, quefto è perchè non è più a di noftri sì caldo, come lo era in quegli antichili- mi tempi, di cui fi ragiona. Quefta fpiegazione del Buffon è, nol niego, femplice, chiara , ingegnofa; ma ficcome non contiene una ftilla di verità, così è ftata prefto sbandita dalla geologia . Potfono confaltarfi da chi n’ è vago le conofciute opere del Romè de 1° Isle, del Sig. de Sauffure, del Sig. de Luc, del Kirvan,e degli altri numerofi confutatori delle epoche buffonia- ne della natura. Gl’ ingegnofi Fifici han faputo efplo- rare il fondo degli oceani, e de’ maggiori laghi, pe | 2: netrar nell’ intimo feno delle caverne, TI, le memorie de’ popoli più ‘antichi, e dappertutto han ri- trovato indizii, e documenti, che le fmentifcono, e le diftruggono . In quanto alla ftoria civile non è dif. ficile il fiffare col mezzo di effa il tempo , nel quale il clima, efempigrazia , dell’ Italia, della Grecia, del- le Gallie, della Germania ec. era affai notabilmente più freddo, che ora non è. Il Sig. Barringhton(1), il celebre Sig. Conte Gianrinaldo Carli (2) e novel- lamente il Sig. Ab. Mann (3) hanno diffufamente trattato un tale argomento. Ai tefti degli antichi da loro raccolti io mi contenterò d’ aggiungere l’ autorità di Teofrafto non fo come da eflì dimenticata. Egli nel fuo libro de pifcibus in ficco viventibus parla dell’ agghiacciamento dell’ Eufino, come di cofa ordinaria, e riferifce che i pefci di quel mare inceppati nel gelo fembravano a vedergli affatto morti, e non tornavano a dar fegni di vita, che quando fi mettevano al fuo- co per cuocerli. Quefto paflo di Teofrafto moftra che I’ infelice Ovidio non favoleggiò quando fcriffe: Ut fumus în ponto ter frigore conftitit Ifler, Fatta ell Euxini dura ter unda maris. In grazia d’ Ovidio mi fi permetta qui una bre- ve digreffione. Egli non era foltanto un poeta dame- rino, come il volgo crede, ma fapeva la Storia Na- turale, ed avea coltivata particolarmente l’ Ittiologia . Il fuo Halieuticon così pregiato da Plinio n'è una pro- (1) Tranfaz. filofof. an. 1768. (2) Lettere Americane Parte III. Lettera TX. e feguenti. Il famofo Sig. Bailly ha detto più volte, che fe egli aveffe conofciuta a tempo queft’ opera del Carli, fi farebbe certamente aftenuio dal pubblicare il fuo libro full’ Atlantide di Platone. Quefta, come ognun vede, è la maggior lode , che poffa tributare un Autore a chi lo abbia anticipatamente confutato . (3) De ia gradation en plus ou moins du froid de notre Globe par Monfieur l’ Abbé Mann Secretaire perpetuel de l’ Academie Imperiale er Royale de Bruxelles. 23 I va evidente. Come dunque parlando dello ftutione fi lafciò egli sfuggire quel verfo: Tugue peresriniz Acipenfer nobilis undis ? Lo fturione fi trova ne’ noftri mari, @ ne’ noftri fiumi. Ovidio poteva imbatterfi a vederlo pefcare dal- le fue feneftre, abitando una cafa pofta alle rive del Tevere. Indarno fono ftati da me confultati gl inter- preti d'un tal verfo. Io gli ho fcoperti anche in que- fta occafione traditori del teftos e di chi lo legge. Il Salmafio s'è avvifato di troncare il nodo della difficol- tà coll’ oftinarfi a negare che il noftro fturione fia V Acipenfer degli antichi ( Exercitationes Piintana . Trajetti ad Rbenum. Tom. 2. pag. 940.). Parmi che non farebbe difhcile il rifpondere agli argomenti da effo allegati, ma quefto non è il luogo, tanto più, che alicorchè egli avelfe colto nel vero, la difficoltà rimarrebbe fempre la fteffa , l’ Acipenfer degli antichi appartenendo ficuramente ai noftri mari, come appa- rifce dall’ offervazione di Plinio full’ altro verfo d’Ovi-. dio : | Et pretiofas Elops noftrîs incognitas undis . Elopem quoque, (egli offerva lib. 32. cap. prc sa effe dicit noftris incognitum undis , ex quo apparet falli eos, qui eumdem acipenferem exiftimaverant. Chi poi diceffe, che i noftri fturioni fono ignobili, e che Ovi- dio non intefe parlare; che de’ foreftieri , direbbe una pretta falfità. Gli fturioni che fparfi di fiori, e in mezzo al fuono de’ mufici ftrumenti fi appreftavano da Servi inghirlandati alle ricche, e laute menfe de’ Ro- mani antichi, mon venivano certamente nè dal mar Cafpio , nè dal Volga, nè dalla Baja di Hedfon. Io riflettendo, che Ovidio dà ai fiumi l'epiteto di pere- grini , Nec fatiatur aquis , peregrinofque’ ebibit amnes , (Metam. lib. 3. v. 836.) , epiteto allufivo fenza dubbio al corfo delle loro acque per varie Provincie, e rimar. cando inoltre che lo fturione, per ufar le “paro!e del | 29 Giovio ( De pifcibus cap. IV. ) fluminibus maxime no- bilitatur, pinguefcit emm dulcium aquarum banfta, fub- asreftemque illum faporem exuit, qui prealto in marî concipitur , fatto notato anche dal Bloch Tom. 3 p. 84, congetturo che il verfo, di cui fi tratta ,, poffa {piegarfi così: E zu Sturione che acquifti pregio, 0 % nobiliti nelle acque correnti de’ fiumi. Se quefto è, mal dunque traduffe il Salandri : E tu fuperbo Sturion, che vieni Da’ pellegrini mari a’ noftri lidi. Potrebbe anch'effere, che per una Hipallage, figura, della quale i poeti fogliono fpeffo far ufo, e che è ftata da Ovidio adoperata fin nel primo verfo delle fue Metamorfofi, abbia egli aggiunto all’ undis l'aggettivo, che intendeva d’ aggiugnere all’ Acipenfer, pefce viag- giatore quant’ altri mai, Ma ritornando là, d'onde mi fon dipartito, dico non far di meftieri ch'io mi trattenga a combattere lungamente la già tante volte combattuta, e ormai fpenta chimera del fuoco centrale. Bafti folamente il riflettere, che invano tentò il Buffon di foccorrere co foilili del Bolca alla fua fin dal momento, che la pub- blicò , vacillante teoria. Quel monte fomminiftra de’ pefci, che non rinvengonfi, e non vivono, che nelle latitudini più fettentrionali, e per confeguenza notabil- mente più fredde della noftra. Tali fono a modo d’ efempio le aringhe, e la morva. Il Sig. Bozza ha ritrovati ful Bolca de’ groffi pezzi d’ Ambra grigia. Le ultime fcoperte fu quefta foftanza foffile ne afficurano efler effa non altro che lo fterco di balene inferme (1). Le balene abitano i mari fettentrionali. Si potrà dun- que conchiudere che la temperatura del mare, che bagnava o ricopriva antichiffimamente l° Italia, era (1) Veggafi il bell’Opufcolo di Mg"r Luigi Boffi full’ Elettro me» tallo degli antichi, pag. 159» $ | ui ftefa, che appartiene ora ai mari del Norte, e che la terra s'è andata quindi rifcaldando, e non raf- freddandofi, come ha fognato il Buffon dopo aver let- to il mondo fotterraneo del Kirchero, e la Protogéa del Leibnizio + IV. Se la zona noftra non è ftata mai dominata dall’ intenfo calore, che regna ora nella torrida, è d'uopo dire, che gli animali terreftri e marini, e i vegetabili proprj di quefta fiano ftati in una terribile ed univer- fal rivoluzione trafportati dall’ equatore nelle varie con- trade d’ Europa, ove ora s'incontrano. Quefta di fat- ti è l'opinione de’ Signori Naturalifti Veronefi. Anche il Sig. Commeridator Dolomieu ha penfato una volta così, ma fembra che le fue proprie offervazioni |’ ab-. biano in feguito coftretto ad abbandonare un tal pen- fiero. Nella Memoria Sulle pietre compofte (1) egli do, manda fe le correnti marine; quali che effe fi fiano, poffano trafportare a grandi diftanze fabbie, terre ec. e rifponde francamente che no. ,; Tutte le materie, dice egli, che non hanno il pefo fpecifico dell’acqua, e che fono menate via da una corrente, fi sforzano d’ ufcir fuori dalla medefima, e n'efcono follecitamen- te, come il dimolftra l’efperienza, tranne il cafo, che riftrette in un canale non poffano fottrarfi ali' impeto, che le ftrafcina. Quindi fulle rive d’un'ifola non più. di 20 leghe lontana da un continente non fi troverà giammai nè fabbia, nè terra, che appartenga al conti nente medefimo. Ecco perchè le fabbie vulcaniche dell’ Etna non giungono, e non poffono mai giugnere fino all’ifola di Malta ‘°. Come dunque correnti marine - avrebbon potuto dagli eltremi oceani, e fin dall’ altro (:) Giornale del Rozier. Novemb. 175: I emisfero condurre ful Bolca piante, pefci ec, ? Mi la- fciamo ftare quefto argomento, e prendiamne degli al- tri più fenfibili; e più particolari al territorio verone- fe, ed al Bolca: Ne? foffili. marini, onde abbonda quel tertitorio; fi offerva un ordine, una diftribuzione de- gna veramente di rimartco. Il Rotari nella lettera fu tali fofili da lui fcritta al Vallifnieri (1) afferma; che dopo d’aver pil volte girato pe’ monti verotiefiy gli corofceva a fegno ; che fapeva diftintamente il luogo, onde trarre, fe il voleva, Buccini; e Turbini di fmi- furata grandezza; quello onde le conchiglie grandi e pefantiffime; quello onde l’oftriche; quello onde le chiocciole, quello onde le Buccardie;, le Tubularie, le Stellarie, i Coralli ec. Altrettanto rilevafi dal cara- logo petrefattorum agri veronenfis dello Spada. Il Mar- figli attefta (2) ancor egli d’ efferfi imbattuto alle falde del Bolca in un campo affai confiderabile tutto” ripie- no di folti Turbiniti. Su! Bolca fteffo vi fono degli ftrati, che non contengono che Numifmali; di quelli, in cui non ifcorgonfi che Numifmali piccolifime, di quelli; che non fono compofti che di Terebratole. Gli ftrati; che chiudono i pefci,. occupano fimilmente un luogo appartato, e divifo dagli altri (3). Se i fofiili . del Bolca foffero ftati colà gittati da correnti rovinofif- fime, che venendo dall’ Afia, dall’ Africa, dall’ Ame- rica inondarono tutta l' Europa; la fconvolfero, la fra- caffarono, come in mezzo a tanto, e sì terribile, e sì univerfale fcompiglio avrebbon effi potuto confervar tra loro le tracce del menomo ordine, della più Jeg- giera diftinzione? Il diluvio ha meffo a foqquadro, ha rovefciato , ha confufo infieme i corpi più folidi e più eterogenei. Le offa durifame degli enormi cetacei, e (1) Vallisnieri Opere Tom. 2. (=) Ibid. (3) Spada pag. #0. 2 € i altri moftri marini, delle quali veggonfi fparfe al. cune provincie europee, trovanfi rotte, infrante , ftri- tolate, e mifte fra corpi, co’ quali non avean certo relazione alcuna quelle {mifurate beftie, alle quali ap- partennero .. Ciò viene giuftamente attribuito all’ impe- to, alla violenza, alla contrarietà delle correnti, che devaftarono la terra in quel tempo d’orrore, di fter- minio , di morte. Qual prodigio avrebbe dunque pre- fervati da tante e sì terribili caufe di diftruzione i pe- fci del Bolca, durante il loro sì lungo , e sì procello- fo viaggio? Come! La rapidità delle correnti fpezzò i cadaveri degli elefanti, e delle balene, sfrantumò e difperfe le loro offa, e rifpettò intanto, e ferbò intat- ti dall’ ifola degli Otaiti al monte Bolca i Gobj e i Polinemi, e e i Mollidenti? E gli rifpettò, e ferbò in- tatti al fegno, che dopo migliaja d’ anni han potuto efattamente riconofcerfi, e, come fi dice, claffificarfi? Credat judeus apella , non ego. Ma v'è di più. Fra i -pefci del Bolca, che fi cuftodifcono nel gabinetto del Sig. Conte Gazola, fe ne vede uno, che tiene in boc- cas! e ila mangiandofi un altro pefce . Il Sig. Abate Fortis crede che quello fia un ZEsox acas (1), che vi- ve nell’ adriatico, e chiamafi da’ Veneziani Anguficula . Ma il Sig. Ciudaiso Volta è d' avvifo che fia un Esox amboinenfis. Nello fteffo gabinetto offervanfi ancora al. tri pefci, il cui ventre è pieno di pefciolini trangugia- ti, ma non peranche digeriti. Ora quando fi comin- cia a mangiare un pefce nelle indie, hafli bene tutto il tempo di mangiarlo interamente , e di digerirlo pri- ma d'arrivare a Verona. O fi dirà forfe che il prete- . fo Esox amboinenfis colto all’ improvvifo ‘dalla morte mon ebbe agio di finire il fuo pafto? Ma fe morì nel. fe Indie, come in mezzo alle correnti, che fovvertiro- no totalmente la terra, potè il fuo cadavere efler tra- Loi (1) Nella lettera citata al Sig. Caffini, 33 fcinato ful Bolca sì ben confervato , si ben difelo da qualunque urto ; che non perdè per via neppur quel refto di cibo, che pendevagli dalla bocca ? O ghiri- bizzando fi dirà, che un tal pefce , mentre la violen- za dell’ acque metteva in pezzi le durifiime balene , sfafciava i monti, e fcuoteva da fondamenti tutta la terra, giunfe fano e faivo , e pien di buono appetito dalle Indie al monte Bolca? Non v'è, dice il Marfs- gli, molto acconciamente al noftro cafo , vivente più delicato , e più foggetto alla morte del pefce . Baflta folamente alterare alcun poco |’ acqua, in cui vive, per fubito ucciderlo. Diciam dunque col Signor Aba- te Fortis che il pefce mangiatore dell’ altro è l’ angu- ficula dell’ Adriatico rimafta morta, e fepolta nell’ at- to, che aveva afferrata la fua preda per divorarlafi. V. “i . Gli argomenti , che impugnano il trafporto de’ pefci indiani ful Bolca, dimoftrano al tempo fieflo i pefci foffili di quel monte non effer d'origine afiatici, nè americani . Edi dunque abitarono il mare , che fommerfe anticamente il territorio Veronefe e Vicen- tino. Diffatti il Marfigli dopo d’ aver efaminate le pianure, che ftendonfi intorno al Bolca , afferifce d' averle riconofciute per un vero fondo di mare. ,, Ri mafi, dice egli, non poco forprefo nel vederle di trat-. to in tratto rifaltare in colli ifolati , ove fi trovano echiniti: di figura elevata , e madrepore. Una tal fi- tuazione e conformazione è fimile a quella, dove fot- to del mare tali piante ed animali vegetano , e si ali- mentano. Lo Spada (1) confervava nel fuo Mufea Corallium Slriatam e montibus de’ Poggiano e duriffimo fcopulo evalfum , un corallo in forma nativo del Ino- ar PE DART IAA E VISTO e CL ea segnatamente (1) Opera citata. 34 go; ove fu rinvenuto, quando non voglia immaginarfi efter colà giunta galleggiando anche la duriffima rupe, da cui fu divelto. L' opinion del Marfigii abbracciata dal Valifnie- ri (1) era ftata già foftenuta dal celebre Fracaftoro (2) ed io non veggo perchè la domeflica autorità di sì grand’ uomini ‘abbiafi a porre in non cale , per tener dietro a mal fondate, ed incredibili novità. Ma negato il {uccelivo raffreddamento della ter TALne a l’ ipotefi che alcuni almeno de’ pefci del Bolca abbifognaffero per vivere di quel grado di calore, che è proprio della zona torrida , come fenza un trafporto fpiegar mai l’efiftenza di fiffatti pefci nel- le noftre contrade? Il nodo della difficoltà anzichè slentarfi, rimane ftretto come prima . Tentiamo di fcioglierlo . Avvertali in primo ‘luogo, che s’ ingannerebbe di molto colui, che credeffe di poter ragionare de’ climi, dirò così, marini, come fi ragiona de’ terreftri. Il fondo del mare non è fottopofto , o lo è di gran lun- ga meno , a quelle vicende di caldo e di freddo , a cui foggiace la noftra atmosfera. Note e ficure offer- vazioni han dimoftrato effer 1’ acque del mare e de’ laghi tanto relativamente più calde nell'inverno, o ne” meli ad eflo vicini ; quanto è maggiore la loro pro- fondità. Effendo, per citare un efempio, nel mefe di maggio il termometro del Farheneit a 26 gradi nell’ aria aperta della Lapponia , nel fondo di quel mare fu trovato dal Douglas a 39 (3). Il Sig. de Sauf- fure (4) ha notato che dopo un mefe di gelo effen- (1) Galleria di Minerva Tom. 6. pag. 151. (2) Vedi I’ opinion del Fracaftoro riferita nell’ pira di To. rello Saraina : De origine € amplitudine Csvitatis Verona . (3) Account of fome attempts made to afceitain the remperatu- re of the fra in great deprhs near Coafts of Lapland and Norway . Tranfaz. filofot. Tom. 6. (4) Rozier, Marzo 279%. do in Ginevra il calore dell’aria efpreffo per Lo del termometro del Reaumur, il calore della fuperfi- cie di quel. lago facea falire il termometro 4 4 gra- di, e quello del lago fteflo alla profondità di 938 pie- di a 5°; 55. Ecco perchè dopo uta luriga e furiofa tempefta , che abbia follevate dal fondo l’ acque del mare, quefto divien quafi tepido , offervazione antica ricordata fin da Cicerone nel libro TI della natura de- gli Dei (1). ! pefci adunque poffono fottrarfi , e {i fottraggono realmente ai rigori dell’ inverno , fcenden- do, e dimorando in quelle profondità d’acqua , che offre ad effi il calore conveniente al loro tenipera- mento. Il Tonno, efempigrazia, che vive nella zona torrida , vive eziandio nel mediterraneo , e ne’ mari del Norte ,, Ma raffreddando&i la region fuperiore dell’acqua , va, dice il Sig. Abate Cetti (2); a cer- care la tepidità nel fondo , ove fi trattiene finchè la region fuperiore torni a rattemperarli . Ariftotele e Plinio affermarono già , che i Tonni nel verno fos- giornano cheti e profondamente fott acqua , ma più, che 1’ autorità loro , il dimoftra |’ oMervazione fatta ne’ mari fardi, ove ne’ mefi invernali fonofi fcoperti tonni in grandi compagnie feppelliti nella maggiore profondità de’ golfi, e perciò detti go/fitani “ I pefci, foggiugne il Sig. Bloch , trovan fempre nell’ acqua una temperie conforme alla loro natura. Si trafporti un pefce da un paefe caldo in un freddo. Eflo evite- rà in parte i difagi del nuovo clima, tenendofi fem- pre al fondo. Tutte le contrade hanno in certe fta- gioni dell’ anno un calor baftevole a favorir gli amo- ri, e Ja nafcita de' pefci, vantaggio negato dalla na- tura agli uccelli, e ai quadrupedi. Pet quefto i pefci poco o nulla fofirono al cambiamento de’ climi, e di (€) Maria agitata ventis jra tepefcunt, ut intelligi facile pojfit sn tantis illis bumoribus inclufum effe calorem è (») Pefci del mar Sardo pag. 139. ii 36 qui è che le carpe meridionali, e gli fturioni trafpor. tati ne’ mari della Germania , della Svezia , e della Danimarca han faputo domiciliarG, e profperarvi < (1). Vuolfi pertanto paragonare un mar profondo a un’ alta montagna, che nella bafe, nelle falde, e nele la cima prefenta al botanico ‘ offervatore piante di cli- mi difterentifimi. Che fe un mare non fia molto pro- fondo e manchi per confeguenza nell’ inverno del ca- iore, che può bifognare a’ pefci, ond’ è popolato, al- lora quefti lo abbandonano per andar, quando il pof- fano, a paflare la fredda ftagione in un altro . Ecco perchè i pefci al venir dell’ autunno veggonfi in tanta copia ufcire dall’ Euflino | | che d’ altri Vien più rigido verno in quel mar fiero | Ch'egli non tien gran fondo, e agevolmente E’ fconvolto da venti , che lo fquarciano Superbi e trifti: quindi ritraendofi ( # pefci Dallo flagno amazonio in un co figli In dietro fi riportano fuggendo (2). | Riflettafi inoltre che il caldo e il freddo d’ una contrada non corrifpondono fempre al grado di latitu- dine, nel quale è fituata. Mille circoftanze locali fan sì, che in un dato luogo regni un calore affai più vivo, o un freddo molto più intenfo, che non com- porta la fua geografica pofizione. In Aulide , paefe della Grecia affai freddo , eravi un fito sì ben difefo da venti boreali, e così caldo, che poterono crefcervi e fruttificarvi le palme vedute con tanta maraviglia, e rammentate da Paufania (3). In alcuni villaggi del Cantone di Berna |’ aria è dolce e temperata come nella Provenza, mentre nel Baliaggio di Geffenay con- (1) Bloch. Tom. I. Introde@ion. Transport des poiffons. (=) Oppian lib. I. Traduzione del Salvini. (3) Paufan. lib. 9. DI finarite con eli è poi rigida ed afpra come ettari zia (1). Manon fa d’'uopo ricorrere ad efempj ftra- nieri, fomminiftrandone. opportunifimi lo ftelfo Do- minio Veneto. E° famofo I’ acutilimo freddo , che fentefi va Feltre (2). Quello di Cercivento , giufta le offervazioni pubblicate dall’ illuftre Toaldo, uguaglia il freddo polare (3). Intanto chiarifimi poeti han ce- lebrata l’ amenità , il tepore, la perpetua primavera, che ride fulle fpiagge dei deliziofo Benaco, nelle qua: li fra i lauri, e i mirti, e gli ulivi, e gli aranci, che profumano foavemente quell’ aria , incontrali 1° Ag4ve Americana propria de’ climi meridionali, e fra el’ in- fetti , e le farfalle native il coluber corraleus delle In die, el papilio menelaus del Surinam (4). Quefte circoftanze locali , di cui fi tratta, fono per avventura fosgette a cambiamento , e ft fono di fatto molte volte cambiate, onde è poi accaduto, che una montagna dicrollata, un lago formatofi , una fo- refta o crefciuta, o divelta, l’ agricoltura promoffa o abbandonata, la popolazion fminuita o fatta. maggio- re hanno affai notabilmente alterato il clima fifico d’ una provincia. Il fuolo d’Italia, quando |’ ingombra- vano ancora folte bofcaglie, e larghiffime paludi , era freddiffimo, e freddifimo al fegno , che vi gelavano folitamente i fiumi, nè potevano allignarvi piante frut- tifere, come gli ulivi, le viti ec. La dolcezza del fuo clima, e la fertilità delle fue terre cominciarono a a. («) Acad. des Sciences ann. 1763. hift. pag. 22. (=) Feltria perpetuo nivium damnata rigori Terra mibi poftbac non adeunda vale. Quefto diftico attribuito a Giulio Cefare è ftata tradotto da4 Rembo così: Feltre a nevi dannata e ricor tanti Più non ti vedrò io cerfo, rimanti. (3) Rozier, Luglio ann. 179. (4) Frafunto di Offervazioni fopra il lago di Garda, e i fuoi contorni. Del Sig. Canonico Volta. Brugnatelli Biblioteca fifica d’ Furopa Tom. VI. 6.3 ES 38 fpiegarfi allora, che dibofcato il terreno , e meffe ‘în corfo le acque ftagnanti, vi fiorì l’ agricoltura , e vi crebbe la popolazione . Una tal epoca non fi perde nel bujo de’ tempi favolofi, come alcuno potrebbe ima» ‘ginari, e noi la conofceremmo con tutta la precifio» ne, fe fi foffe confervata l’opera di quel Siferna (1), che fcrifle ful cambiamento del clima d’ Italia acca- duto a’ fuoi giorni ,;come il Dottor Williamfon ha fcritto nell’ età noftra fu quello dell’ America Setten- trionale + Ora le caufe , che fanno differir tanto il clima fifico d'una contrada dal fuo clima geografico, perchè non potranno aver luogo eziandio nel mare ? Ma che diffi potranno , dovendolo aver neceflariamente ? Se una terra è più calda di un’ altra , anche il mare vi- cino a quella ha da effer più caldo del mare profti- mo a quefta, non effendo poffibile, che il calore non fi comunichi dall’ una ali’ altro. E qui cade in accon- cio l’offervazione fatta dal Dottor Raymond preffo a IMarfiglia. Volendo egli determinare il calore di quel- la baja, trovò che il termometro immerfo nell’ acqua radente la fpiaggia faliva a 74 gradi, dovechè nel mezzo della baja non afcendeva, che a 72, e nell’in- greffo alla medefima che a 70 (2). Quindi i mari mediterranei fono generalmente più caldi degli ocea- ni, e i golfi più de’ mediterranei. Un calor maggiore produce una maggiore evaporazione , e di qui han l' origine quelle correnti , la fpiegazion delle quali ha. imbarazzato tanti fifici , mi I Vulcani contribuifcono fenza fallo a rifcaldar più o meno , ma fempre fenfibilmente il clima fifico d'un paefe, e per confeguenza del mare , che lo cir- conda. Io ne addurrò prove di faito , che fono le migliori. EMfendo il Vefuvio tranquillo , volle efami- (1) Gollraglia cap. I. (2) Saggio metereologico del Kirwan. capo IV. ) nare il calore di quella montagna il famofo Rie mico di Londra Giovanni Howard (1). Egli occupa- to a vifitar le prigioni di tutta l'Europa (2), non fapeva dimenticar. ne’ fuoi viaggi le fifiche oflervazio- ni. Leggafi nel Volume feflantefimo delle Tranfazioni filofofiche la fua breve Memoria , nella quale fi vedrà fra l'altre cofe, che il calor del Vefuvio , al contra- rio di quanto generalmente accade nelle montagne, fi rinforza e crefce di molto, come più fi afcende vero la fua cima. La fabbia che giace a piè del Monte nuovo ful lido di Pozzuolo benchè bagnata dall’ acque. del mare, è per lo ipazio di 300 pafli sì ca!da , che non può tenerfi neppur per breve tempo in mano (3). Quindi non è maraviglia, che ne’ contorni del Vefu- vio fianfi vedute crefcer le palme , la caflia, il pepe, e fimili piante efotiche (4), facendo quivi la natura in grande quel che fogliamo far noi riftrettamente col mezzo delle ftufe. Il mare che circonda l’ ifola vulca- nica nata ful principio di quelto fecolo nell’ Arcipela- go, fi mantenne, anche fpento l’incendio che la pro- duffe, pel tratto di goo pali fervido a fegno, da li- quefare in breve tempo il catrame delle navi, che ar- «divano di folcarlo. Le nevi, che cadono fulla cima dell'Etna fi fondono nella ftate (5), il che non do- i — (:) Obfervations on the heat of he ground of Mouut Ye- fuvius (») Gl’ inglefi hauno eretta all’ Howard una ftatua per il fuo libro: fullo fiato delle prigioni d' Europa. Nel frontefpizio d’ uu tal libro fi legge la feguente epigrafe: Parum ef coercere improbos pena, nif probos efficias difcipiina. Quefta fentenza , che chiude in pochiffime parole la vera teoria delle carceri, é ftata letteralmente . copiata dall’ Howard da'una ifcrizione pofta in Roma fulla czià di correzione, che chiamafi di S. Michele. (3) Remarks upon the nature of the foil of Naples and irs Neighbourhood. Tranfaz. filofof, Tom, 61. (4) ZMiforia Nole opera 89 dilisentia Foannis Rubri Vercellani. Cap. th (5) Sauffure Voyage dans les Alpes. Tom. 2. cap. 36. c 4 40 SAN vrebbe accadere , fante P° enorme altezza di quel val- cano dererminata dal Sig. de Sauffure a 1713 tefe incirca. Di fatti quella porzion dell’ Etna, che è alta non più di 1500 telé, vedefi perpetuamente fafciata e biancheggiante di neve. Se dunque Ja cima ne re- fla fcevra, ciò non può ripeterfi che dall’ influenza del calore tramandato dal vulcano. La groffezza, e la fo- Jidità del corpo della montagna impedifce fenza fallo, che fi manifeftino ugualmente in tutta la fuperficie di efla gli effetti del fuoco , che arde in quelle voragini . Dalla bella relazione (1), che il Sig. Cavaliere D. Giufeppe Giojeni ha pubblicata dell'eruzione dell’ Etna feguita cinque anni fono, può rilevarfi qual forza ab- biano le efalazioni vulcaniche d’ alterar lo ftato dell atmosfera, ed in confeguenza quello del termometro . Nel ragguaglio fatto dal Capitan Cook, e dal Forfter d’ una eruzione del vulcano di Tanna ( una delle nuo- ve Ebridi ) fi nota al noftro propofito , che fe otto vulcani non rifcaldaffero contintamente l’ atmosfera del Giappone , non potrebbe quell’ ifola effer così fertile, come è (2). La vegetazione in un monte ardente della Perfia fu trovata dal Pallas oltremodo follecita e vigorofiffima. Ai 26 Maggio , dice egli, tutte le piante d’una tal montagna erano già riccamente ve- ftite di fiori, il che non ifcorgevafi punto in que’ con- torni, in cui la natura fembrava ancora affatto mor- ta. Quefta fingolarità viene da quel celebre Naturali» fta attribuita fimilmente al calore, che nafce e fi pro- paga dal fuoco della accennata montagna (3). Ma nel viaggio di Niccolò Zeno alla Groelandia trovafi la più bella e più curiofa prova dell’ efficacia de’ vul- cani nell’ addolcire un clima crudo .di fua natura, ed (1) Trovafi in fine dell’ Opera pubblicata dal Sig. Commenda» tor Dolomieu full’ ifole Ponze. (2) Rozier Giugno ann. 1779. (3) Rozier Aprile 1783. ! I afprifimo (1). Giunto il noftro viaggiatore in quel? ifola, vi trovò un Convento di Frati Predicatori fitua- to preflo ad una montagna, che gettava fuoco al pa- ri del Vefuvio e dell’ Etna. Ufciva da un fianco dì effa un copiofo rufcello d’ acqua bollente , di cui que’ buoni Religiofi fervivanfi per temperar l’ aria del Con- vento, e per innaffiare il loro giardino. In tal guifa fi riparavano efli dall’ orribile freddo , che dominava in que’ deferti; e facevano in mezzo alla neve , ed al ghiaccio fpuntare i fiori, crefcer l' erbe, e maturar le frutta de’ paefi europei. I rozzi e felvaggi abitatori della Groelandia prendevano quefte maraviglie per al- trettanti prodigj, e rifpettavano come Dei que’ zelanti ed induftriofi miffionarj. Il rufcello dell’ acqua opera- trice di fiffatti portenti fcaricandofi nel vicino fiume, fa sì, che quelto non fl geli neppur nel cuore del più fitto inverno. Il P. Scipione Breislak abilifimo Pro- feffore di Storia Naturale in Napoli, ha fomminiftra- ta una recente prova della verità del racconto dello Zeno. Ha egli piantate in un terreno affatto fterile della folfatara alcune erbe, nelle quali ha faputo ecci- tare la più rigogliofa vegetazione , irrigandole folamen- re coll’ acque d’ una fontana vulcanica, che rampolia nella folfatara medefima (2). Perchè dunque i molti vulcani , che arfero ficu- ramente ne’'tempi antichi 3" e devaftarono le contrade veronefi , vicentine , padovane ec. non avran potuto comunicare all’ adjacente mare quel grado di calore, fenza cui non poffono vivere alcune fpecie di pefci? Il «monte Bolca è tutto fparfo di lave, la fua cima è co- «ronata di prilmi di bafalte., la cava maedefima de’ fuoi pefci foggiace ad un altiffimo ftrato di tufa vulcani- ca (3). Tutto ne’ territorj Veronefe e Vicentino at- (1) Raccolta del Ramufio Tom. =. (») Effais mineralogiques fur la folfarare de Ponzzole. Nota 6 pag. 226. LA (3) Strange Monti Colonnari 9. 24. Fortis della valle yulcanico 42 telta Ia prefenza, e l’azion fimultanea de' ‘vulcani , e del mare (1), € tutto per A np; par che ne ‘ difpenfi dal ricorrere a un capricciolo , e lunghiffimo trafporto di pefci afiatici ed americani , per ifpiegar l’ origine de' foflili, di cui fi tratta. Quefta conghiettu- ra, che è la più femplice , e forfe la più fondata di tutte, acquifta fenza fallo un grandiflimo pefo , quan- da finrede appoggiata all’ autorità d'un sì celebre Na- turalifta, qual'è il Sig. Commendatore di Dolomieu . Egli nelle Offervazioni da lui aggiunte all’ Opera del Bergmann fu i prodotti vulcanici, s' efprime così (2): sì Offerviamo che alle cofte delle ifole vulcaniche vi è abbondantifiima pefca: i pefci, i teftacei , i polipar] d’ ogni fpecie fembra che amino fommamente i ma- ris dal fondo ‘de quali i fuochi fotterranei tramanda- no forfe una più dolce temperatura. Gli abitanti dell’ Islanda diftratti dall’ agricoltura, per il frequente efter- minio delle eruzioni, trovano. nell’ abbondanza della loro pefca il modo di fuffiltere , e di foftenere quel piccolo commercio , che bafta ai loro bifogni “ . Il famofo Boyle nel fuo Trattatello de remperie fubmari- narum vegionum avea molto prima lafciato fcritto co- ‘me fegue: /ngularis etiam foli natura effe potelè , ut fubierranei quidam ignes , aut calor aliquis fub fundo forte repertatur , unde inufitatus ille calor in partibus Pronti marina di Ronca $. r. Ferber lettres fur Ia Mineralogie. Pag. 64. Dolomieu appendice all’ Opera de’ prodotti Vulcanici del Beremann Pag. 251. (1) Nella celebre montagna di Bolca apparifce la contemporaneità del mare ( nofro narrate! non di quello degli Otaîtî ) e de’ vulcani antichi in quel fito. La valle di Roncà fra Vicenza e Vero- na moftra dalle due falde il monte formato a ftrati alternati di fpoglie del mare, e di eruttazioni Vulcaniche; anzi le conchiglie, e le chioc- ciole petrificate, che vi fi raccolgono, fono bene fprffo tinte in nero; e inzuppate dal bitume, e le più grandi oftraciti fono ravvolte nelle lave, e ripiene di effe. Fortis Offervazioni fopra Vl ifola di Cherfo ed Ofero $. 16- pag. nz. o (2) Pag. 250. no maris excitetur, cujus blandittis fortaffe teftacei pifces, ut hic potius , quam iîn vicinioribus partibas hofpiten- tur, illiciat. Di quefto adduce egli un efempio tratto dal mare, che bagna le colte del Coromandel . Non vi farebbe adunque di che maravigliarli , fe ora non fi trovaffero più nel mare adriatico que’ pefci che pur vi foggiornarono anticamente , quand’ eflo poteva in alcuna fua parte effer rifcaldato da fuochi vulcanici, che in feguito fi fono eftinti, VI, Ma i pefci nativi d’ un tal mare come poi furo- no sbalzati, e rinchiufi nel monte Bolca? Anche que- fta, a parer mio, è opera de vulcani. Nelle agitazio- ni, e ne' tremuoti , che fogliono precedere le grandi eruzioni s'è vifto molte volte il mare fpingere e ab- bandonar ful lido una copiofa quantità di pefci. Pli- nio defcrivendo il famofo incendio , che coftò la vita a fuo Zio, nota fra l'altre cofe, che: procefferat lit- tus , multaque animalta maris in ficcis arenis detinebar. Ella certamente Signor Abate Venini a!lluder volle a quefto paflo di Plinio , allorchè defcrivendo con leg- giadriffime ottave quel terribile avvenimento, cantò: Volge il mar fpaventato altrove i flutti | E lafcia il pefce fowra i lidi afciutti (1). L’ eruzione , che nel 1533 alzò dal lago Lucrino il Monte nuovo, allontanò eziandio per lo fpazio di du- gento pafli il mare. I pefci rimafti fulla fabbia furo- no infieme con qualche uccello morto raccolti dagii abitanti di Pozzuolo (2). Quando nel 1707 un vul.. cano fottomarino formò nell’ Arcipelago una nuova ifu- la preffo all’ altra di Santorini , il mare continuò per (1) Poefie di Francefco Venini Tom. 2. pag. 313. (2) Vedi le relazioni di quefto fatto riltampate nel fine delle ettere mineralogiche del Ferber. 4 lo fpasio d’ un mefe a gettar pefci. morti fu quelle fpizgge (1). Ma il più bello di fiffatti efempj, e ’l più confacevole al mio argomento fta regiftrato nella ftoria della R. Accademia di Parigi all’ anno 1744. Io lo riferirò diftefamente. Il 19 Ottobre del 1742 accadde nel porto di Veracrux nel Meffico una ftra- ordinaria agitazion di mare, che atterrò una parte de' muri della Città, e mife in pericolo i baftimenti nel fuddetto porto ancorati. Ma quello, che v' ebbe di più fingolare , fi fu, che il giorno appreflo la fpiag- gia {i trovò coperta d’ ogni forte di pefci ammontati gli uni fugli altri, fra i quali ve n°’ erano alcuni di rante ipecie ignote ai pefcatori , che fu impoffibile il riconofcerli. Bifognò impiegare tutti gli fchiavi, e tut- ti 1 galeotti del Re per feppellir nella fabbia i pefci medefimi , acciò la corruzione. de’ loro cadaveri non infettaffe l’ atmosfera . Per mezzo di alcune fcialuppe , che furono mandate in giro , fi feppe , che la fteffa cofa era accaduta a molte leghe di diftanza dal por- ro. Una tal difavventura colpì anche i pefci } che vi- vevano ne’ pozzi del lido vicino. L'opinion comune fi è ( fono parole del Relatore ) che quefti accidenti fia- no ftati cagionati da un vapor mefitico ufcito dal fon- do del mare , il che fi rende affai verifimile dal fa- perfi effervi in quel mare fteffo a qua!che diftanza dal. la fpiaggia una folfatara, che folleva di tempo in tem- po dal fondo dell’acqua de’ pezzi di bitume , che i venti e le onde incalzano e depongono fulla fpiaggia medefima “. I terribili vulcani del Meffico fono noti ad ognuno, e ’l vapor mefitico, che uccife i pefci è manifeftamente quello fteffo, che toglie la vita agli uccelli nel tempo delle vulcaniche eruzioni. Il fatto _——--r———P———t ___ (a) Relation en forme de journal de Ja nouvelle isle fortie de Ja Mer dans le golfe de Santorin. Una tal relazione ben nota a tutti i Naruralifti , trovafi a lungo inferita nel primo Tomo des Nou- veanx Memoires des miflions de Ja Compagnie de Jelus. i feguito a Veracrux fi rinnovo nell’ ifola di Sumatta nel 1755. Io ne tralafcio per brevità la narrazione fattane dal Marfden, e che può leggerfi nel Volume =imo delle Tranfazioni filofofiche di Londra . Ricor- derò foltanto che i pefci cacciati dal mare appartene- vano ancor effi a molte fpecie , che alcuni furono tro- vati ful lido ancor vivi, altri moribondi, e che il lo- ro numero, per ufar |’ efpreflitone del Marsden , era prodigiofo +1 Vulcani dell’ ifo!a di Sumatra fono ben conofciuti da Geografi , e da Naturalifii , e {i parla diltintamente di effi nel Vol. 68vo delle mentovate "Tranfazioni. Dalle cofe fin qui dette è agevole il comprende- re come un tremuoto vulcanico accompagnato da una mortifera efalazione potè uccidere , trafportare , e la- fciar confufamente fulle falde del Bolca i tanti pefci, che da effo fi eftraggono. Abbiam già notato che al. cuni de’ pefci ftefi moftrano d’ aver fofferta una mor- te violenta e fubitanea . In tal guifa crede il Leibni- nio (1), che periffero ancora i pefci islebiani eftinti, com’ egli vivamente dice, gorgonia quadam vi. Quelta forza gorgonia non è altro che il vapor peftilente , che negi’ incendj vulcanici fi fviluppa largamente e fi diffonde, per, Il vulcano , che col fuo calore appreftando un grato foggiorno a° pefci del mare, poi con un tre- muoto gli fpogliò di vita, ed empiè de’ loro cadaveri e di belletta marina il vicin lido, con una pioggia di ceneri , o con una eruzion fangofa finalmente pli ricoperfe , e feppellì. Le ceneri vulcaniche fono, co- me è noto, alcuna volta afciuttiime, alcun’ altra mi. Eremitani Venise OTTO RTRT mn e (1) Protog. Î. 18, 6 "oa molta acqua (1): hanno un colore or bian- caftro, ora grigio, ora roffigno (2), raffembrano non di rado a una polvere fottiliffama (3), cadute {i raf- fodano, e fi stogliano in iftrati più o meno fottili (4), fan fempre qualche effervefcenza cogli acidi (5), ab- bondano d’' argilla , contengono della terra felciofa, fono in una parola margacee (6), pajono a riguar- . darle un fedimento, una depofizione delle acque, (7 ) prefentano in fomma |’ apparenza , e le qualità dello fchifto fparfo di ferree particelle, che rinferra i pefci del Bolca. Tali ceneri cadendo imprigionano e fotter- rano tutto. In quelle vomitate dal Vefuvio; che ina- biffarono un tempo città intere , trovanfi frutta , le- gni, foglie, offa d’ animali, conchiglie ec. (8). Le medefime indurite che fono , confervano efattamente la figura de’ corpi, che ne reftarono avvolti . Tra i (1) Veggafi la relazione del Signor Cavalier Giojenî d’ una di fiffatte piogge dell’ Etna nelle Tranfaz. filoof. di Londra Vol. 73. (?) Dolomieu, Catalogue des laves de I° Etna. Cendres volca- niques pag. 338. (3) Giojeni luog. cit. (4) Ferber. Op. cit. pag. 171. (5) Giojeni luog. cit. Ferber /ettres ec. pag. 224 (6) Bergmann de’ prodotti vulcanici . Firenze $. XV. (7) Les differentes couches de ces cendres induiroient prefque 2a penfer , qu’ elles ont eré depofées par les eavx. Ferber loc. cit. pag. 271. Ashess which according to their different mixture, caufes diffe- rent beds, that are fomewhat refembling to the aqueouss or fubma- rine ftrata, as appears on Vefuvius, and in te tufo-quarries on the Habichwa!d. Rafpe Account of fome german volcanos par. 2. 9.33. (8) Le conchiglie, che trovanfi involte nel tufo vulcanico d’ Er- colano, fono de la meme efpece de poiffons, qu’ on trouve encore aGuellement en abondance fuc ces cotes. Hamilton Campi Flegrei fpiegazione della Favola 45. Monf. le Chew. Giojeni a fait une grande colleGion des coquil- les foffiles de 1’ Etna; et il y a trouvé toutes les efpeces, qui font aftuellemeat dans les mers de Sicile. Dolomieu Memoire fur les iles Ponces . I corpi marini mifti alle materie vulcaniche di Caffel apparten- gono tutti a fpecie conefciute; e comuni a molte fpiagge del mare del Nort, Rafpe Oper. cit- part. 1. 9. #5» mafli di fifatte ceneri, che ruinarono Pompeja, n pr ora cuftodifconfi nel Mufeo Reale di Portici , avvene uno, in cui mirafi impreffa l’ intera forma del feno d’ una donna (1). Negli ftrati argillofi della Solfata- ra veggonfi tuttora, per atteltato del P. Breislak, le impronte delle alghe , e , per quanto afferifce il cele- bre Profeffore Vairo, anche de’ corpi marini. E’ chia- ro che tali ceneri effendo nello ftato d’ una fluidità acquofa , e piombando fopra un terreno coperto di pefci , dovettero inviluppargli , e formare intorno ad effi una crofta, che afciugandofi progreffivamente per I’ evaporazione dell’acqua, fi divife in laftre , le quali non elfendo ancora del tutto folide, rimafero dal pefo delle fopravvegnenti eruzioni comprefle , e fchiacciaro- no così i corpi animali e vegetabili , che racchiudeva- no. L’A!dovrandi, lo Zannichelli, lo Spada (2) par- lando de’ pefci foffili del Bolca , li dicono contenuti in lapide cinereo, ma più che quefto loro detto , fem- bra che fiancheggino la mia fpiegazione i due feguen- ti argomenti. Il primo fi è, che gli ftrati del Bolca, che contengono i pefci , contengono eziandio foglie d' alberi , piante terreftri , frutta , fiori (3), ed anche qualche volatile (4). Quindi apparifce , fe non erro, evidentemente , che i fucdetti itrati non fi formarono nel fondo del mare inacceflibile alle foglie degli albe- ri coftrette per la loro leggerezza a galleggiar fempre full’ acqua (5 ). Dall’ altro canto è noto, che le piog- ge vulcaniche sfrondano gli alberi e le piante , e fan- Cenni — {») Dolomieu Appendice ai prodotti vulcanici del Bergmann ; Pag. 231. (») Oper. cit. (3) Spada luog. cit. (4) Galleria di Minerva Tom. 6. page rst. (5) Quando fi formarono gli ftrati del Bolca w'eran dunque degli alberi in quelle vicinanze. Tutta la fuperficie della terra non era dunque coperta dall’ oceano. Le tante offa d’ animali serreftri {par- fe per que’ monti conducono alla fteffa confeguenza . 48 blico morti gli uccelli. Aggiungafi a quefto , che la pietra, onde fi compongono gli ftrati, di cui {i parla, ftropicciata un poco fortemente efala un certo odor bituminofo , che, per quanto io penfo, malfiat- tribuifce alla disfatta, ed oleofa foftanza de’ pefci. Le ceneri vomitate dal vulcano dell’ ifola nuova nell’ Ar- cipelago erano intrife di molto bitume , che ferviva come di glutine a ftringerle e confolidarle, cadute che erano in terra, dove neceffariamente involgevano i | pefci, che venivano colà sbalzati dal mare. Quelle del Vefuvio che nel 1737 fi diffufero ful golfo di Vene- zia fecero fentire allo Zannichelli (1) un fimile odo- re, che ficuramente non era ftato ad effe comunicato da pefci putrefatti. La pioggia vulcanica adunque ca- duta dal Bolca ravvolfe e feppellì infieme i pefci del mare , gli uccelli dell’ aria , e gli alberi e le piante della Terra. Gli ftrati del Bolca , donde fi cavano i pefci, eran forfe ful principio affatto , o preflochè orizzonta- li, ma furono poi da fucceffive esplofioni rovefciati(z), e fcompofti , e s' inclinarono da quella parte , ove ce- dè la volta di quell’ enorme caverna, fopra cui ripofa- no'. Degli abifli, che tratto tratto s' incontrano pe ’l | Bolca, è ftata fatta menzione anche dal Ferber. Di quello poi, che è fopra gli altri grandiflimo, che fog- giace alla cava de’ pefci , e che può aver dato il no- me: alla montagna, parlano diftintamente il Marchefe Maffei (3) e lo Spada, loncseni (1) Confiderazioni intorno ad una pioggia di terra caduta nel golfo di Venezia, e fopra l’ incendio del Vefuvio. Venezia 1737. preffo îl Bortoli . (») Fortis lettera al Caffini. Rozier. Marzo 1786. (3) Veron. illuftr. Tom. 3. cap. 8. Spada loc. cit. La voce Bo/e nella lingua celtica fignifica generalmente una Ca- vità. ( Leibn. Colle&. Etymolog. Gibelin, Monde primitif. Tom. 6. Di&ionnaire Celtique). Una voragine appellafi ancora dagl’ Ingle- fi Borg. Quindi le Bolge di Dante. La bolga o bolca iaia ; 4 49° VIII. Una eruzione vulcanica formò dunque ful Bolca quel famofo cimitero di pefci , che da due fecoli in qua defta l’ ammirazione de’ dotti, e degl’ ignoranti. Eflo fu il lavoro di poche ore , e al più di pochi giorni, verità, che dee molto forprendere que’ Natu- ralifti, che da’ monti, e dai foffili veronefi trar fo- gliono argomenti , a parer loro , evidentifimi della prodigiofa antichità del Mondo , que’ Naturalitti , di- co, i quali Con computo minuto il mefe e l anno, In cui rovente ufct dal fol la terra, E il tempo, in che freddoffi, a te diranno (1). E certo fe il mare inondando una volta quella con- trada vi produffe lentifimamente uno ftrato calcare, e poi cedendo il Inogo a vulcani, che vi s’ aprirono, lentiffimamente fi ritirò, e quindi lentifimamente vi fece ritorno, per depor fulle materie , durante la fua affenza , dal vulcano vomitate un fecondo ftrato cal- care; i Naturalifti, di cui parlo, han ragione di fcio- rinar giù que’ lunghi , e fpaventofi loro calcoli. Ma quefte ipoteli non fono che frottole inventate nell’ozio, e fra gli agi d’un gabinetto. E' un bel dire: /e temas ne coute rien è la Nature. Quante volte mi fon fenti- to ferir l' orecchio da quefta frafle! Ma le frafi, per Cet arinni di cui parlano il Maffei, Io Spada, ed altri può dunque aver dato il nome alla montagna, di cuì fi tratta. in tal cafo monte Rolca vorrebbe dir lo fteffo che monte Cavo, come appunto chiamafi ora il famofo monte Albano vuotato dagl’ incendj vulcanici, che una volta lo arfero. Per quefta ftelfa ragione è ftato dato da Orazio al monte Gauro l’ epiteto d’ swanis. Una tal conghiettura acquifta for- za, allorchè fi riflette, che i monti vicentini e veronefi han prefo il nome da qualcuna delle loro fifiche qualità, come fi nota nel fine di quefta lettera. Gli fciocchi deridendo lo ftudio delle etimologia fanno il Joro meftiero.. (*) Venini pra Tom. II. Satira IL sò belle che fiano , tion provaroriò mai nulla, fingolar- mente fe fotto un bagliore di verità nafcondono, co- me la teftè rammentata , un concetto falfo ed atur- do. Il tempo cofta alla Natura non meno che le fue forze , le quali fl moftrano e fono tanto più frali e manchevoli , con quanto maggior lentezza veggonfi operare. In fatto di Storia Naturale ci vuol altro che correr dietro agli epigrammi, e alle arguzie ; bifogna offervare, offervar molto , offervar fenza prevenzione , confultare in fomma la natura , non i proprj capric- ci, e fe dopo replicate iftanze la natura non rifpon- de, o rifponde confufamente, tacerfi, non cicalare. I de Luc, i Sauflure (1), i Dolomieu (2), i Pini (3) fanno così , e ridonfi perciò delle ciance degli fcioli, e di que’ ftrepitofi filtemi, co’ quali fupponendofi fat- inra di più fecoli l’opera d’un giorno, è ftata imbrat- tata, anzichè arricchita la Storia Naturale. Ma non è quefto il luogo d’entrare in fiffatta difcuffione. R iflet- terò folranto di paffaggio , che le foftanze vulcaniche irapofte ne’ monti veronefi, vicentini, e padovani agii ftrati di pietra calcare, debbonfi , giufta le offervazio- ni dell Arduini (4), del Ferber (5), del Fortis(6), e novellameute del Sig. Conte Niccolò da Rio (7), (1) Saussure Voyage dans les Alpes. Tom. =. C. XIV. (2) Je dirai donc avec Monfieur de Luc: l’etat afluel de nos continens n’ est pas ancien . . . . Cette verité n° aurcit peut étre pas été aussi vivement attagquée, aussi fortement combattue, si elle n° ent pas eu des relations avec des opinions ‘religieuses qu’ on vouloit dé- truire +. + ». On cioyoit faire un’ afte de courage , et se montrer exempt de prejugés , en augmentant par une espece d’ enchére le nombre de siecles , qui se sont ecoulés depuis que nos continens sont accordés à notre industrie. Dolomieu, Memoire sur les pierres com» posées. Rozier Novemb. 1797. e sega (3) Saggio di una nuova Teoria della Terra. (4) Lettera al Sig. Antonio Zanon + (5) Lettre cinquieme pag. 45, e 53 e altrove. (6) In più luoghi della memoria Orittografica della Valle di ‘Roncà, foprattutto alla pag. 36 e 37. i (7) Notizie Orittografiche fopra la Valle di Valdagno. Opufcoli Scelti Tom. XIV part. V pag. 346. #j tinicamente all impeto d'una eruzione , che fi Na k ufcita per mezzo agli ftrati medefimi , fpezzandoli ; alzandoli ; dividendoli , e riempiendo di lava lo fpa- zio, che rimaneva fra l'uno e |’ altro. Quegli ftrati calcari efitevano. adunque atri; allorchè vennero in un rempo fteffo: framezzati da frati vulcanici. Che fe V eruzione fu fottomarina ; allora non un maré venu- to migliaja d'anni dopo, ma quello ftefflo; che pià vi era, potè ammiaffare in breve tempo , e foprapporre allo ftrato vulcanico. recentemente formatofi un fedi. mento calcare; che al ritirarG dell’ Arqua marine dif- feccofli , e fi confolidò . Pel tremuoto ; che foffrì la Sicilia nel 1693, l’ acque del porto di CoA rima- fero così fminuite, che fe i pefcatori calavano al fon- do le teti con 15 pali di fune ; dopo il tremuoto, per quanto ne attefta il Boccone ( Mufeo di Fifica. Oflerv. I) baftavario loro cinque pafli folamente. Ec- co alzato quivi repentinamente di dieci paffi il fondo del mare. Quindi I’ alternativa degli ftrati vulcanici € marini non è d’ alcun ajuto ai pretelì calcolatori dell le fognate epoche della’ natura . Ma fi dirà: fia pur breve il tempo, che bifognò per accogliete infieme , e fotterrare i pefci del Bolca : rimarrà fempre vero ; che quefto fatto non può efler feguito, che in una età da noi remotiflima, giacchè effo non fi trova indicato neppur ne' frammenti delle Storie, e degli Scrittori più antichi. Peffima confe- guenza . Quante cofe per riguardo alla Storia. Natura- le fono accadute ne’ fecoli a noi più vicini j degni. me d’effer notate e trafmeffe alla memoria de’ pofte- ti, eppur nor lo furono ? Il famofo: lago d’ Agnano preflo a Napoli non efifteva \aricora verfo la metà del Secolo IX (1°). Quando, come in feguito fi formò ? Le miniere d’oro e d’argento 4 dalle quali nel 1135 (1) Mazzocchi pi Caftro Lucull. p. rc. 4 9. 2a 2 52 I di efisevano ancora una decima i Vefcovi di Pozzuo: lo (1), in qual parte di quel territorio erano pofte ? | fotto il regno di qual Principe furono abbandonate? Trattafi di miniere d’oro, e d’argento , vale a dire di cofe, che foggiacciono infinitamente meno delle al- tre alla dimenticanza degl’ ingordifimi vomini . La cronica veneta del Sagornino (2), non più antica del Secolo XI, parla di alcune ifole della laguna di Ve- nezia, che ora nen vi fi trovano più. In qual arno fcomparvero? ll mare gerundio (3) feguitava ad inon- dare nel Secolo XV una parte della Giera d’ adda. Qual’ è la data del fuo totale difeccamento ? Quanto tempo è, da che s° inabifsò la Città de’ Gabj , che s'è in queft'anno fcoperta , € che ora va difotterran- dofi nella Campagna di Roma, e della Line abbiam la ferie de’ Vefcovi fino al Secolo VIII ? Neffuno il fa, perchè in neffuna ftoria &i legge. Senza ufcir dell’ italia, non farebbe difficile il raccogliere e l’addur qui molti di quefti efempi. Non bifogna immaginarfi, che ia Storia Naturale fia ftata fempre perfeguitata , come lo è neli’ età noftra, nella quale un vermicciattolo, una pianticella , una mofca fanno fchiccherare in- teri libri, e pifpigliar in feguito tutti i Giornalifti d' Europa . Se negli annali, e nelle più antiche ftorie cercafi invano la .precifa epoca del tempo , nel quale il mare ftendevafi a piè del Bolca, c ardevano i vulcani della re ni (1) Essais mineralogiques sur la solfatare de Pouzzele par Sci- pion Breislar. Cap. X. (2) Chronicon Venetum omnium que circumferuntur verupiff- mune & Fobanni Sagornino vulgo tributum Venetiis 1765 - Il dottiffi- mo Sig. Conte Giovanni Bujovich , che io ho avuta la fortuna di conofcere nella fcorfa eftate a Venezia | a cui debbo notizie molto importanti per risguardo all’ idrografia del mare Adriatico , mi ha afficurato la metà dell’ifole rammentate dal Sagornino effer ora fva» sita da quel golfo , e dalla memoria degli uomini. (3) De marîì Gerundio Differtario XVI Guidonis Sean Ope- tum Wolumen IV pag. 297 » “ 35 veneta Lombardia: non può dufi però che intornd ‘all'una e all'altra di quefte verità , noi fiamo affatto privi d'ogni tradizione , e d'ogni memoria. Il Sis, Abate Fortis , che niuno accuferà certamente di aver voluto raccorciar di troppo l’ età del Mondo , ha rac- colti con molta diligenza 1 documenti , onde inferir con ficurezza , che il mare bagnava ; 40 fecoli fa, le radici de’ Monti Vicentini, e Baffanefi, e formava per conieguenza altrettante ifole de’ Berici , e degli Euga. nei (1). Similmente la memoria dell’ apertafi comu. nicazione fra ’i mediterraneo, e l’ oceano , per cui quel'o fi fcaricò e fi mife a livello con quefto , e la- fciando fcoperti nell'italia, e altrove grandiffimi tratti di paefe , andò a fommerger per avventura le ifole degli Atlantidi , è ftata confervata da Diodoro di Si. cilia, da Plinio, e da altri. Il primo parlando di Er- cole (2) ricorda effer fama : conjunéfas olim inter fe continentes ab eo perfofas , fretoque aperto, oceanum cun? noftro mari permixtam fauiffe . L° oceano adunque fi confufe col noftro mare, non lo formò. Plinio ram- menta l’opinion de’ Gaditani, fecondo la quale fcavà Ercole una fofia così profonda, che gli riefcì d’ intro- durne per mezzo di effa , non il mare, ma : mearî colà, donde erano ftati finora efclufi (3). Al pari de’ Gaditani i Samotraci confervavano ancor effi la memoria della irruzion deli’ Euffino nella Propontide, per cui la Samotracia reftò fommerfa, la Troade inon- data , e le fteffe mura di Troja percoffe dai flutti e fquaffate . Io credo che a quefta famofa inondazione debbano riferirfi que’ bei verfi di Virglio . Neptunus muros , magnoque émota tridenti Fundamenta quatit , totamque a fedibus urbe Eruit (4). (1) Memoria intorno alla vera fituazione delle ifole elettridi « Accad. di Padov. Tom. I. (2) Lib. IV. (3) Exclufa antea admiiffe maria , lib. Iil Proem. (1) AEneid. lib. 2. Diod. Sic. lib. PV. Plim, libo 2, Ci ja d 3 Wi ia d’ Ercole entrò adunque il mediterraneo usualmente che l’ oceano. Stratone filofofo però , co- me leggeli preffo Strabone (1), era d’ avvifo che non Ercole , ma i fiumi con le loro efcrefcenze gonfiando foverchiamente l EuMfino, e ’l mediterraneo , avefler fatto , rovefciati coll’ urto e col pefo delle crefciute acque gli argini della natura, traboccar quello in que- fto, e quefio nell'oceano. Allorchè feguì i’ ultimo di quefti fatti, una gran parte dell’ Egitto rimafe afciut- ta, € fingolarmente il luogo , dove forgeva il famofo tempio di Giove Ammone . Gli Egizj {i ricordavan beniffimo del tempo nel quale il loro paefe era ftato coperto dall’ acque del mare ( Plutar. de Ifde & Of- ride ) e fi fa che Ariftotele fervivai appunto di que- fto argomento per ifmentir la favolofa , e tanto mil- lantata loro antichità. L'° acqua che dall’ oceano entra perennemente nel mediterraneo, non è mica una pro- va, che quefto debba la fua nafcita a quello , moftra foltanto , che l’ acque mediterranee dileguandofi, o fvaporando in maggior copia per efler più calde , fa di meftieri che dall'oceano fi muova una corrente a rimpiazzarle , così efigendo le leggi dell’ equilibrio. Sembra non poterfi dubitare che nello ftretto di Gi- bilterra fotto l’accennata corrente ve n’ abbia un’ al- tra, che dal mediterraneo va nell’oceano. Che fi di- rebbe di colui , che pretendeffe trar quindi un argo- mento dell’origine del mare atlantico dal noftro? An- che dall’ Euffino corrono l’ acque verfo il mediterra- neo. Che perciò? Ma bafli fu quefto. Io non ho in- tefo che d' allegare un documento ftorico dell’ abbaffa- mento del mediterraneo al fuo livello attuale . Lafcio poi difputare ai mitologi, ai critici, agli antiquarj, e fra effi al non mai abbaftanza lodato Scrittore delle Lettere Americane , fe } Ercole che divife Abila da "erre etiope (#) Lib T. DD) Calpe foffe il greco; 0 !' egizio, 0 ‘l fenicio, o l'in- diano. Qualche fecolo di più o di meno non nuoce al mio fcopo , € non giova punto ai Buffonifti , nel- la cui cronologia due o tre mill’ anni fi riguarda- no come una inezia, un infinitefimo, cui non halli a por mente . | Per rifsuardo ai vulcani eftinti del Veronefe, del Vicentino ,, del Padovano ec. dottiffimi uomini han creduto affai fondatamente la favola di Fetonte non effere che una imagine , una allegoria de’ medefimi. Veggafi ciò che è ftato fcritto fu quefto argomento dal Sig. Carena (1), dal Boulanger (2), e fin da quell’impoftore di Annio da Viterbo. Ma foprattutto merita d’ effer letta Ja bella e già mentovata Diflerta- zione del Sig. Abate Fortis (3). L’Uffezio fila l’av- venimento di Fetonte all'anno 2500 prima dell' era volgare. Checcheffia di ciò , a me fembra quali cer- to, che i fuddetti vulcani abbian feguitato ad infefta- re quella provincia anche dopo il cominciamento del- la noftr’ era ; e forfe ne’ fecoli di effa non i più lon- tani dal nofiro. I nomi che portano alcuni di que’ monti, e le matefie fenza fallo vulcaniche , onde fo- no compofti , m° inducono a penfar così. Non può certamente fupporfi, che per mero capriccio ,, O per puro azzardo fia ftato dato a fiffatti monti il nome di Montenuovo (4) , di Monteroffo , di Monteragio , di Moncenere, d’ Ignago ec. La nafcita dunque, e l' incan- defcenza di tali monti determinarono la loro nomen» clatura, e’l linguaggio italiano s'era già introdotto in quelle contrade, quando fimili fenomeni accaddero. I Naturalifti Francefi fi fono ugualmente giovati de’ no- fee rzzzne (s) Observations sur Ie cours du Po. Melanges de la Acade- mie de Turin. Tom. 2. (=) Antiquité devoilée. Chap. des Volcans. (3) Sulle ifole elettridi. (2) Fortis luog. cit. d4 DI mi di T'artar, Infernet, Gueele d’ enfer, Mont chaud cc. per dimoftrare non dover effere antichifimo il tem- po, che i vulcani del Vivarefe {i fono fpenti , e i te fi d'alcuni Padri, e gli atti de’ Concilj , e le roga- zioni iftisaite da S. Mamerto nel fecolo V per do- mandare a Dio la ceffazione degl’ incendj vulcanici han poi fatto conofcere, che l'argomento etimologico , di cui fi parla, era folido e giufto . Ma il filenzio delle Cronache ... Il filenzio delle Cronache non dee far tacere la ragione. È per aggiugnere un nuovo efem- pio agli addotti di fopra , in qual Cronaca trovafi re- giftrato l'ultimo incendio di quel vulcano, che fubifsò Volfinio , famofa Città dell’ Etruria ? E° bifognava fru- gar le opere d’un antico apologifta della religione, per trovarvi due o tre parole , da cui fi raccoglie un sì terribile avvenimento effer pofteriore alla fondazione del Criftianefime. Ecco preftantiffimo Sig. Ab. Venini quant’ io avea a comunicarle circà | origine , la natura, e ’1 fotterra- mento de’ pefci foffili del Bolca. Forfe la mia opinio- ne non è ancor efla che una favola, ma fe lo è, fa- rà fempre una favola meno favolofa delle altre , fo- prattutto di quella inventata dal Fontenelle, allorchè il vecchio Maraldi prefentò all’ Accademia parigina delle Scienze alcuni de’ mentovati pefci, ch’ egli avea recato feco dall’ Italia (1). In ogni modo io fon prontifli- mo a ricredermi toftochè mi fi dimoftri , che mi fo- no ingannato. Le opinioni della Filofofia voglionfi ri- guardare come i beni della Fortuna . L° uomo vera- mente favio gli poffiede fenza affetto, e gli lafcia fen- za rincrefcimento. Quello che nefluno potrà fvellermi dalla mente , e dal cuore, fono i profondi fentimen- ti di ftima e d' amicizia , con cui mi pregio d’ effer fuo ec. (+) Acad. des Scien. an 1703 » gd 57 EG SieRo AUT ‘hO DELLA LETTERA MET.:SIGCABU TESIA SOPRA I PESCI FOSSILI VERONESI i: DEL SIG. AB. GIUSEPPE TOMMASELLI CON NOTE DEL SIGNOR CONTE GIOVAMBATTISTA GAZOLA Uefa lettera per maggior comodità può dividerf in due parti. P. I. Fra i pefci del Bolca haccene di quelli che non vivono che ne mari dell’’Affia, e dell Americaî ( Nota ) A. d Il Sig. Tefta è pregato indicarci il nome, e la ° patria de’ tre lttioliti alla T. I. e II. defiderando di | fapere fe aveffe prefo sbaglio chi loro ha affegnato | nome, e nazione co’ migliori ittiologi alla mano. Sa- rebbono forfe di quelli ch'egli confeffa (1) ,, che non ,3 farebbe di che meravigliarfi s' ora non fi trovaflero ‘3 più nel mare Adriatico que pefcî che pur vi foggior- ,) narono anticamente ? Leibnizio, Bonnani , Spener efaminando i pefci della Germania non ve ne riconofcono di Rranieri . ( Nota ) B. Ma non li riconofcono neppure indigeni . Leibni- | zio immagina preffo Eisleben ,, un (2)antico lago, (1) Lett. fui pefci foflili del Moure Bolca . C. 43+(:) Ibidem. C. 7° 58 ,, e de’ fiumi chein effo sboccavano. “ Non crederei che Leibnizio voleffle crear de' laghi Mediterranei od Adriatici, e de’ fiumi d° acqua falfa; cafo che no, al- lora i pefci Leibniziani che hanno d’ analogia coi Ve- ronefi? Quefto grand’ uomo contento di vedere, e co- nofcere che gli fcheletri de’ pefci montani non erano fcherzi di natura ma vere fpoglie d’ antichi pefci, non s° imabarazzò punto nè poco del nome, e della pa- tria loro. Bonnani racconta (1) che ,, fonofi trovati nel +) Libano Lucci, Perche, Paflere marine ec. ‘ che vallo fteffo come diceffe Strombi, Coni, Veneri, Oftri- che ec. il genere è comune quali ad ogni mare: ma la fpeciodiatza. Lo Spener (2),, non rinvenne, almeno non ne so fa motto © che nella Turingia abbianvi pefci .fore- ftieri, e che perciò ? Il Valchio F ferve dell’ Ipotefr de' laghi diffeccate per ifpiecar I origine degl’ Ittioliti . ( Nota ) C. Come fervefi il Sig. Tefta di quella de’ Vulcani. Ammiriamo l' ingegno creator d’ amendue; ma noi non combattiam colle Ipotefi. Il Walchio non è che un femplice collettore, e nulla più. Egli non s' è impegnato a confronti fra i foffili d’ origine marina, e gli attuali abitanti del ma- re Germanico; nè vi fi è impegnato lo Spenero nep- pure. Perchè l'autorità valeffe qualche cofa , era d’ uo» po che il Sig. Tefta poteffe dare de’ refultati loro com- provanti la fua afferzione. Non è però da ommetterfi , che quefti illuftri uo- mini, dalle di cui teftimonianze comincia il N. A.la fua lettera chiamandone l’ opere der opufcolî vengono —— —__—__——__st@<" (3) Muf. Kirch. Claffis fexta pag. 203. (2) Mifcellanea Berolinenfia ad ann. 1710. Nota alla lett. fui Pelci Foflili &c. C. 7. | 59: în una nota a piè di pagina (1) dallo fteffo onorati con un ,, or va fidati buonamente de’ Naturalifti che ;i fcambiano i cocodrilli colle balene , e gli uomini sx coi pefci ta Tra î pefci foffili della Svizzera non fi vede alcun Sorafiero né tra quelli di Montmatre, e quelli di Brou- obton în Inghilterra Sono defcritti dal Pryme nella pofi- tara s Che fogliono effere ful letto de' fiumi. Minota VID.. / | ll Sig. Tefta dice (2) ,, di non vedere che nel. »» la Germania, nelle montagne Svizzere , nella Fran- », cia, nell’ Inghilterra {i difotterrino pefci ftranieri ai » mari d' Europa “. Ma ciò ch'ei non vede, lo vide meglio di lui il. celebre Wallerio che non folo de' pefci di quelle contrade , ma di quei del Libano fa menzione, e de’ noftri ancora. ,, Nec minori (3) fo- » no fue parole admiratione dignum ejufmodi pifces ,», nonnullibi fofiiles reperiri qui in aquis iftorum lo- » corum non habitant . Confentanea haec eft obferva- ;; tio cum iis que in antecedentibus diximus de Phy- ;, tothypolithis, & de Chonchyliis. petrificatis , delle sì; quali ora dice che hodierno tempore funt Americana o vel Afiatica ; che vix in mari iifdem locis ubi repe- -,y riuntur vicino funt adhuc reperta ; ed ora de remo- » tifimo mari Indico elle derivanda; or4 non nifi in ,) mari Indico effe reperta ‘“; e tutto ciò colla tefti» monianza di Jufieu (4), del Langio (5), di Scheu- zero (6), di Linneo (7), di Baldaf. Erhard (8); e di Bomare (9). PESTO i br (1) Ibidem. © {3) Thidem Ci Gia G (3) Wall. Syftem. Miner. T. II. $. 156, n. 14. p. 563. Ob£ (2). 0. sia Co CR Obf, 2. (4) (d). I. 158. Ca 53% Obf, Go 4 (5) Lang. Hift. Cal. Fig. Helv. (6) Scheuz. Ory@egr. Hely, (7) Lin. Hit. Nar. Spe 503. I. he. (8) Balt. Er. Bresl. Samal.'rsvs. M. Aug. CI. IV. (9) Bomar. in Mineral. T. 2. p. 307. Un dente foffile d'un pefce ftraniero non fu egli dal Sig. di Reaumur (1) ritrovato vicino a Mompel- lieri, da lui defcritto , e riportato in figura con un corrifpondente naturale illuftrato da Juffieu ancora nel fupplemento alla memoria del fuddetto Reaumur ? uindi nell’ animo del N. A. nafcé un dubbio circa P.efoticita de' pefci di Bolca . ( nota ) E. Lontan di Verona ponno nafcer quanti dubbj fi vogliono; ma a chi gira tutto giorno pe’ Mufei Vero- nefi, a chi ha vedute ed efaminate più che tre mila tavole di quefti foffili , della migliore confervazione , ed efattezza, non vien voglia di dubitare. In qual luogo mai ve n’ ha in tanta copia ? ove fono più cercati ed illuftrati ? Lo fa il N. A. egli fteffo che fuor di quei di Scapezzano fono tutti pofti in non cale que’ d° altri luoghi d'Italia . Il Pafleri , illuftratore de’ pefci Pefarefi , non ha fra quefti rinvenuto che de’Gobj. Il P. Soave (2) fece ancor di più: trovò tra’ Gobj de' Goatti offia de’ Gobj in iftato di fanciullezza; null’ altro fignificando il nome ‘Goatto in lingua Italo-pefcatoria che picciolo Gobio . Senza indicar per altro la fpecie di quefto ge- nere, quanto valer può mai la teftimonianza di quefti per altro dottiflimi uomini? Trenta tre diverfe fpecie di Gobj conofconfi o0g- gimai: di quefte, tre del Mediterraneo, due dell’ Ocea- no Europeo , ed efotiche l'altre , que’ di Pefaro di quale fpecie fon efli?..... Lo Scheuzero parla de’ pefci foftili d’ Italia, e fcrive non d’ aver veduto ma di poffederne uno del Brafile. (3) ;, Non minus rarum eft fatalis illius Ca- Mica) (x) Memoires delle a ciences xa) (a) Tefta lettera 9 C. #H;. 9 (3) Herb. Dilu. p. 23. 61 ;; taftrophes umnptosuvoy pifcis fofhilis elegans... quod ,» figura integra. pinnis brachio utrinque extenfo in me- ,ì dio fere. corpore , magis tamen verfus anteriora, ,» adeo exa&e convenit cum Guaperva Brafilienfibus s, Marggravvi defcripta in ferie pifcium cartilagineo- ;, rum oviparorum ab Il. Franc. Wyougbbey Hitt. ;» Pife. lib. 3. cap. 3. p. 90. ut iconem ipfam qua ., extat Tab. O. 1. n. 4. lapidi noftro impreffam di- ,; xeris . Quomodo autem rara hec rane fpecies ex ,» America in oras Italie fuerit delata &c. © Gli Autori dal Sig. Tefta citati claffifican eglino cd affegnan la patria a’ pefci, fecondo lui Adriatici , con egual efattezza ? Crefce il dubbio leggendo che Bourgaet, il Guettard, il Ferber non fanno menzione d’ Efotici trattando in par- ricolare del Bolca medefima è (notàs)uF è o Il Guettard ( che non ho potuto confrontare ) tengafi il fuo Serpente, che nulla ha che fare coi no- firi pefci. | Il Ferber nomina una Murena, ma con qual fon- damento afferifce il Sig. Tefta effer la fteffa che fu (1) ,, così nota , € tanto apprezzata dai ghiotti , € ,» voluttuofi Romani antichi ‘ ? Egli fteffo puote in- fegnarmi che v'ha parecchie fpecie di quefto pefce, € che non tutte appartengono al noftro Mare. Qual era dunque quella del Feber? », On voit, fegue il Ferber fuddetto parlando del. ‘ ",» la collezione del Sig. Moreni (2), un poiffon ailé, ;, quelques poiffons du Brefil , qui ne vivent ni dans », la Mediterrance , ni dans I° Adriatique “ . Credo bene che ciò fia far menzione di pefci efotici al mo- do fteffo di Scheuzero , almeno finchè non forta alla 1) Let. fui pefci. C. «hr. Io 7 ) Lecrres fur la Miner. ec. let. 3. ci 1% 64 | fuce una qualche lettera a provare che non è il Bra- file una terra efotica all'Europa , e all'Italia ;, come mon lo fori tanti pefci del noftro Adriatico... Egli, il Ferber,; piuttofto ch’ efaminiare da fe ri. portofli alle alfferzioni del Moreni: (1) Ecco una ta. vola che falva il N. A: dal naufragio. Satà così. Les- safi il titolo anche folo delle lettere di Ferber (2) e poi fi creda al N. A.; che per altro appoggia la fua opinione ad un naturalifta che parla per bocca altrui; fna racconta d' aver anche veduti e la Pinna Ma- rina; ed oflt d' animali, € ,; des plantes Exotiques 4, petrififes, et imprimées fur du fchilte calcaire ec. ‘ Sig. Tefta, le conchiglie del Wallerio; e quefte pian- te del Ferber non iftuzzicano punto la di lei fufcet- tibilità 2. i Il Bourguet (3) ,, J ai vi, dice; uni poiffon 3; volant dans une pierre de Bolca “ ; quefto pefce volante del Bourguet viene interpretato dal N. A. al inodo fteflo che il pefce alato del Ferber ; cioè ; per Rondine marina ,; che incontrafi in ogni lato dell’ si Adriatico “, (4) fecondo, cred’io ; l’ erùdizioni dello Spada ; che il primo chiamò sì fatti pefci col nome di Rondine (5 ) dandocene ancora la figura . | Efaminiamo queft’ articolo intereffante : ( febbene a riconofcerne lo sbaglio ; e la diverfità che pafla fra i fiddetti pefci volante, e alato, e la Rondine accen> nata ; bafti il confronto colle defcrizioni e figure da Pad PET, (1) Tefta let. fuî pefci. C. Vu. 190 tl (+) Lettres fur la Mineralogie , et fur divers autres objets d* Hiftoire Naturelle . (3) Traité des Petrificationsa Paris è Sombert. 1778. ci 152; #53. Quefto= Autore teftifica , che p/ufieurs Scavans en ont reconnua de diverfes efpecess e fra quefte /es Guaperva du Brest ; e il Sig. 3 à ta intendere che Bourguet non parla di pefci efoticit V. (4) Tefta I. i (5) Corporum petrefatforum. p. Tav. 26 | 62 Bondelezio (1) riportateci s dall’ Aldrovandi ( ss i dall’ Iohnfton (3), da Salviano (4) e da tant’ altri anche moderni Ittiologi che gli uni cogli altri efatta- mente convengono » ) | Per nome di Rondine di mare ftando alla na- menclatura filtematica di Linneo s' intende la T'rigla Hirundo pefce dell’ ordine de’ toracici. Vedi la fua Fis. in Bloch. P. II. T. 60. e l' Aldrovandi de Pifcibus. ‘ p. 135; 136. Volendo poi defumere il nome dall’ opera di Salviano , che i pefci de’ noftri mari defcrif- fe, per nome di Rondine fi dinotano due fpecie diffe- renti di pefci di due differenti generi , cioè /’ Exocetas volitans di Linn. V. Salviano de Aquat. pag. 185., dell’ ordine degli Addominali , e la Ty:igla volitans dell’ ordine de Toracici. V. Salv. l. c. pag. 187., e Rond. lib. X. pas. 284. | Non è da porfi in confronto con alcuna delle: predette fpecie il pefce foflile chiamato Rondine dallo. Spada ; e neppure il pefce alato ;, e volante d° altri li- tologi , che dal N. A. viene interpretato per la: Ron- dine. Quefti Ittioliti fl diftinguono' dall’ ampiezza’ del- Ia Pinna dorfale in forma di ala, V. Tav. I. , la dove nelle Triglie Y. Tav. II. fig. A. e negli Efo- ceti Volanti chiamati rondine da Salviano, e: da: Lin- neo , Jbid. fis. B. un tal carattere fi manifelta nelle Pinne pettorali , effendo la dorfale più corta di tutte l'altre. Oltre a ciò nella Rondine dello Spada, e de’ Pefci impropriamente detti volatori di Bolca:, il corpo è di figura romboidale , e sì nelle Triglie, che’ negli Efoceti , che fono i veri pefci volanti, la figura del. corpo è cilindrica, e fufiforme. V. Tav. IV. (1) De Pifcsbus lib. X. cap. x. pa 284. (3) De Pifcibus. Cap. V. p. 141,843. 1449) 145. (3) De Pifcibus è T. XVIK'fS 8.9 13. (4) De Aguatilibus. p. 185. 187. 6 t che non ne parlano gli ftefe Saraina , Mofcardo, Spada, Maffei , Zannichelli, Marfili «è ( nota ) G. E’ vero il Saraina non riporta che l'opinione del Fracaftoro ful fenomeno (1), nè parla di pefci, che altrattamente . Il Mofcardo (2) accenna di poffederne alcuni come Orada Anguilla ec., ciò prova, che non era certo che foffer tali , poichè avrebbe rifparmiato il come a miglior uopo. | Lo Spada, egli poi ci dice d’aver ,, de le Scor- » pene, delle Paffere, degli Scombri ec. “ (3), e lo dice colla fteffa ficurezza , come atteflta di poffedere petrificate ,, le Tartufole , il Pane di Segala , il Mi- s glio , e infinite altre cofe fimili (4). Quanto s° abbia a credere a quefto, per altro ottimo Arciprete, puofli vederlo nella memoria del Sis. Ab. Fortis full’ Offa degli Elefanti (5), e nella ella lettera del Sig. Tefta (6), che cita il Bekmanno il quale annovera fra el’ ignorabili i pefci rammentati dallo Spada . Lo Zannichelli nel fuo nudo , e difordinato ca- talogo nomina lo Scombro , il Gobio , la Raja, la Rondine marina, e ,, pifciculus ad Sardam minorem sy accedens; pifciculus Sardam parvam imitans (7); € nuovo modo di claffificaziene tutto {uo . Il Marfili non nomina Pefce di forte : folo rac- conta d’ aver veduto ,, in una Cafa particolare un s) Rombo in una gran pietra (8) ©. (1) De orsgine, & amplitudine Civitatis Verona » (2) Note ovveto Memorie del Mufeo del Conte Lodovico Mae- fcardo. Cap. CKL. p. 182. (3) Corporum petrefattorum agri Veronenf. (Catalogus. p. 45. (4) Spada. l. c. pag. 54. (5) Fortis. Dall’offa d’ Elefanti ec. 1786. pag. 38. 39. (6) Tefta lett. C. XXXIX. 23 34 (7) Enumeratio rerum narural” que in Muf. Zannich. aftrvan- tut » Abacus alter Ec. (8) Lett. ad Antonio Valif(nieri. T. ». dell’Opere di quel ultimo. 6 E il Sig. Tefta raccoglie fu quelti autori "ich non ricordano che pefci ,, comunifitmi ai mari d’Ita- , lia “? (1) Efattamente fcrivendo, dovea dire, che nominano de generi di Pefci comuni anche a’ noftri mari, ma che non individuandone la fpecie è incon- cludente la loro autorità . L’avrà forfe letto full’ opere del March. Maflei ; e quefti che dice? ,, Ora in quefto maflo ne troviam , d' ogni clafle ; ed in picciolo tratto framifchiate {i b , veggono nazioni diverfe poco fra loro amiche , e ss che per lor natura non vivono mai infieme (2) “. Nazioni diverfe che non vivono mai infieme farà Î6 ftefo come coabitatori dello ftefo paefe , e del ma- re iftefflo . Ma perchè vecchi pi. viene a ‘Moderni . ( nota ) H. Concede dunque il Sig. T eta , che parte per in- capacità , parte per prudenza i vecchi fcrittori che parlarono de’ pefci di Bolca non cercarono più oltre della loro origine , dicendo egli ftefflo ,, che s° alten- ., nero faggiamente dal dhiamar per nome i pefci, ,) che non conofcevano (3); © e che Bourguet , Guet- tard, e Ferber per alcuni rifpetti poffono in quefto cafo annoverarfi fra i vecchi. Spiacemi che il N. A. abbia ommeffo d°’ annove- rare fra quefti Moderni il ch. K. Dolomieu , e di ri- portarne la teftimonianza, o almeno, non accennare, ma riportarvi in fonte ove apparifca ch’ egli il fuo peniiero abbandoni (4). Quefto cel. Naturalifta par- fando de’ Pefci, e de’ Foffili tutti che rinvengonfi nel Veronefe , e Vicentino diftretto s° efprime così (5): (1) Tefta iett. C. ar, (2) Lett. (ui fulmini. Lett, XIII. a M.dela Condamine. p. 125r, (3) Tefta Iett. C. sr, (4) Ibidem. C. 30. (5) Dolomieu Appendice ai prodotti vulcanici del Bergmann , in fine. Si farà forfe disdetto anticipatamente è e 66 quante rifleffioni da fare fopra. ciafcuna. di quefte fpoglie del marej quante induzioni da .tràrte} quan- do fi rifletta,, che la maggior partie di ‘quefti fofiili non hanno i loro analoghi corrifpondenti nei noftri , mari, ma bensì nei mari del Mezzadì ? 1 Cita il Sig. Ab. Fortis ye 10° Sig. Can. Volta" ( nota‘) I. Rai ata ‘Il Fortis dice (1) , aptés. avoir feuilletté cent quarante-quatre planches du Docteur. Bloch je n° ai trouvé que le feul Lophius Pifcatorius ©. Il Sig. Tefla traduce (2) dopo aver diligente- sy mente efaminate le cento quaranta quattro tavole ,» del D. Bloch non v' ha trovato ec. € bella ed efat- ta traduzione per verità ! | Il Can. Volta (3) ,, determina venti e più fpe- ,s cie di Pefci col folo mezzo dell’ accennate tavole. ,, Quefte venti fpecie dunque. fono per giudizio del ,» Sig. Ab. Fortis interamente sbagliate “. Son eglino quefti fatti efpofti fenza prevenzione, e ‘lontani dai configiio de’ proprj capriccj? Veggiamolo. Il Fortis non parla che del Gabinetto Bozza ; il Volta (4) delle Collezioni Bozza ,. Rotari, Canoffa, Buri, Gazola, Dionifi. Il primo fcriffe nel 1785 ; Il fecondo 1789, dal qual tempo fi fono difotterrate alcune centinaja di tai fofili: a quell'epoca non erano fortite alla luce, che cento quaranta quattro tavole di Bloch ;. a que- fta erano giunte.al numero di due cento ottanta otto, Dopo sì fatti antecedenti ammettafi fe fta in buona Logica il dunque fputato dal Sig. Tefta . | E? bensì vero ‘che nelle 144 Tav. del D. Bloch trovanfi defcritti il Pegafus .natans , lo Zeus infidia- 39 33 _—_________—_——_T—_——_——_—_—_—_—_—_—_—_—-_ _ —é_—_"—z@z (x) Extrait d’ une lettre de Mr. 1’ Abbé Fortis datée de Verone le 24 Settem. a Monf. le Comte Caffini. Rozier Marf. 1786. (2) Tefta lett. C. 30. (3) Ibidem. (4) Degl’impetrimenti del Veronefe. lett, al Sig. Bozza c. 9. | | 67 tor , fo Squalusì fafeiatifs ii Diodon orbicularis , e P Oftracion gibbofus ; ma i primi. due furono. dell’ ulti ma efcavazione fatta dal Sig. Bozza , lo Squalus con- fervafi nella raccolta Buri.; e gli altri due cliftono da gran tempo nel mio Gabinetio. | Il primo non riconofce per fuo il Catalogo de’ pefci fiampato da Rozier 1786. . (nota ).L. Anzi protefta di non aver avuta Ia minima pat: fe in quello. | Il fecondo confeffa d' efferfi accorto dell’ inefatrezze che fé trovanò in altro fuo Catalogo circa lo Zeus Vo- mer, o Zeus Ciliaris , e /o Sparus Dentex. Ciò fer- ve ad accrefcere il dubbio dell'A. ( nota )»}M. Quefta confeffione. è ftata fatta al folo Sig. Te- fta; ed ei ne.tradifce il fegreto? Se il N. A. avelfe replicate le vifite al mio Mus feo è con-minor. fretta ,,, e con minor prevenzione; avrebbe weduto «fra miei foilili tanto lo Zeus Vomer, che lo Zeus Gallas ( e non credo ingannarmi ) , nè avrebbe prefo queft’ ultimo in ifcambio del Vomzer (1). Avrebbe pure trovato nello Zeus Ciliaris della fomi- glianza all’ analogo citato in Bioch, ma non un efatto confronto » Sebbene io leggo ful Catalogo del Can. Volta da lui obbiettato Zeus Cilsaris ? Quefto punto d' interrogazione non vuol dir altro che un pari, 0 _un potrebb effere? E. qui. dov'è P inefattezza? Il pefce poi controverfo fomiglia .allo Zeus Faber , quanto i Gamberi alle Rane; amendue ftan vicini nel mio ga- binetto, e bafta un’ occhiata a conofcerli differenti. Circa lo Sparus Dente io fpero ch’ il Sig, D. Baronio Ch. Medico non vorrà pormi a delitto fe piuttofto che al fuo difegno vorrò attenermi all’ opi- I IISTTERERTZZI) nr nn nn_o dI (1) Fefta lett. C. 1x3, e 2 68 nione di Linn. ed ai confronti fotto i miei occhi in» ftituiti e col Linneo , e col Willoughby . Nè toglie all’ africaneità di sì fatto pefce l’ ellerfi pefcato in al- tri mari. Abbiamo de’ Spagnuoli, e Tedefchi ‘in Ita. lia : fono perciò Italiani ? Notando poi che il Sig. Ab. Fortis fcoperfe tra î pefci deferitti da Brouffonnet il Polynemus Piebejus, #2 Gobius Strigatus, # Choetodon Trioftegus, e il Choe- todon Faber pefci del mare degli Otaiti , per confutar- lo oppone un paffo del Sig. Bozza nella lettera al P. Rota , dove dice de’ Pefci Boicani ritrovarf qualche offer- vabile differenza da que’ che allisnano ne’ noffrî mari , o ne mari del Sud. ( nota ) N. Dalla bocca fteffa del Sig. Bozza , con cuì ho parlato, è tolta l’oppofizione . Le differenze indicate © non fon differenze di carattere , ma differenze d’ ac- cidente . E riconviene il Stg. Ab. Fortis di contraddizione, —. dove nella lettera al Stig. Calfini dice de’ pefci del Balca che viveano tutti dans les memes eaux. | 9 ( nota ) O. Ma come può riconvenire il N. A. l'Ab. Fortis di contraddizione, s' egli fteffo fpiega beniffimo quefto fenomeno per via di contraddizioni ? I peici fofili Veronefi hanno i loro corrifpon- denti nell’ Adriatico , e qualora fi conofcan tutti i vi» venti di quel mare, fe ne vedrà chiara la prova. Per- ciò il Sig. Tefta fcrile XLIII pagine della fua Lette- ra. Dunque l’ acque fecondo lui del mar Veronefe erano a quell'epoca di temperatura eguale alla prefen- te di tutto l’ Adriatico. », La temperatura del mare, che bagnava e rico- sy priva antichiffimamente l’Italia, era quella ftefla ch’ »» Appartiene ora ai mari del Nort “. Così conchiude ll Tefta il III. paragrafo a ©. LI. Dunque nel mar Veronefe temperatura freddiffima , 69 Ed alla fine del $.IV. ci erudifceche ,, l' Adria> ,; tico poteva im alcuna fua parte eflere rifcaldato da ,» fuochi vulcanici ‘ Dunque almeno in una parte era alla tempera- tura d' una Zona più calda. Quindi effendo nell’ ac- que a' piè de’ monti Veroneh le temperature tutte di tutti i Climi, porevano allignare in effe i pefci di tut- ti mari. Il dubbio crefce ancora più mell’’A. prendendo ad efaminare i fuddetti pefci. Oferva che il polinemo po- trebb’ effere una zriglia , 12 gobio non altro ,che il pa- ganello, 0 il jozo de’ Veneziani, il chetodonte un labbra o una fciena, il gobius ocellaris uno de’ noftri gobj co- muni, e il chetodonte fabbro un riondo. Tutte quefte ragioni non fervono, che a fparger dubbj nell’ animo dell'A. (Nota) P. , Il Polinemo potrebb’ effere una Triglia ©. Per foftenere sì fatta propofizione bifogna con- tondere ed ordini, e generi. Le Triglie fono tutte dell'ordine de’ Toracici, fra le quali v hala vera Tri- glia Rondine, non la così detta impropriamente, che sion è che /’ Exocetus volitans come vedemmo; dove i Polinemi fono tutti dell’ ordine degli Addominali. I caratteri poi generici non variano mai , mentre qualo- ra o variaffero, o mancaflero, pafferebbe l’ individuo fotto la categoria d’ altro genere; e in ciò chieggo perdono al Sig. Tefta, pregandolo di voler levare la fua propofizione a ©. 14. L’ unico Poltnemo, ch'io pofleggo, hale pinne piantate al ventre; le dita non fono per altro in eflo vifibili, perchè diftrutte dalla petrificazione: ma l'al. | tre parti corrifpondenti alla figura naturale di tal Po- iinemo dataci da Alberto Seba fupplifcono alla man- canza di quefte dita, e baftano a far conofcere i ca- ratteri propri di. quefta fpecie . 3) Hl Gobio non altro che il Paganello, oil Jozo ed 79 3» de’ Veneziani, il Gobius ocellaris uno de’ noftri s gobj comuni ( anzi il Blennius ocellaris ) ©“ corre- zione dello fteflo Sig. Tefta a C. 20. — —Siffatto modo di critica è tutto nuovo. Suppo- miam anche che il Gobius ftrigatus fia il Jozo, o Pa- ganello de' Veneziani, con qual nome de’ Gobj comuni chiamerem noi il Gobius Ocellaris ? Quanto poi alla difparità che paffla tra i Gobj, ed i Blennj, qualunque fia il fentimento di Pallas ad- dotto dal N. A., è certa cofa che i primi apparten- gono all’ ordine de’ Giugulari; ed i fecondi a quello de’ Toracici, e che per confeguenza non folo vi è fra loro diftanza di genere, ma anche di ferie. Quindi io non fo come poffa confonderfi un pefce, che porta le pinne ventrali alla gola, con un altro che le ha in- ferite nel petto. Io tengo fra’ miei foffili tanto il Gobio ocellare, che ii Blennio ocellare , ottima cofa per rifcontrare la verità del potrebb' effere. Sebbene I’ uno, e l’altro ab- biano la pinna dorfale prima eftefa in forma di ala; in cui fi trova una macchia come un occhio quando fon vivi: con tutto ciò e la pofizione, e la figura del corpo fono così difparate fra loro, che il preten- derli della medefima fpecie farebbe come il pargona- re un Giumento ad un Orfo. Il Biennio ocellare ha il ventre fommamente turgido , e riftretta. la parte pofteriore del corpo, che fi produce in una. picciola coda troncata: il Gobio ocellare è un terzo più lungo del primo di figura cilindrica , e con una coda lunga che termina in un'ellife., Il numero de’ raggi delle pinne, e maffimamente della dorfale caratteriflica, è così differente quanto il numero. delle remigi., e delle rettrici ne' diverfi generi, e fpecie d' uccelli. sy I Chetodonti differifcono dagli altri pefci per s la qualità de’ loro denti (1) ©“. E°’ egli quefto un (1) Tefta lett. C- 18. i I carattére generico principale? Linneo non parla alia ti; dice di molti fono ,, dentes ( plurimis ) fetacei, ,; flexiles, mobiles “ (1), dunque cade l’obbiezione. Quantunque attefo anche che molti generi di quadru- pedi fingolarmente fieno ftati indicati dai fiftematici col carattere della ftruttura dei denti , chi mai direb- be, che per conofcere un uomo, una fcimia , un ve- fpertilione fia neceffario ricorrere all’ efame dei denti loro, e che quefti debbano fufliltere per poterli de- terminare? Il capo picciolo , la bocca riftretta, gli oc- chi rotondi’, piccioli , verticali, e d'una nera mem- brana muniti , tutta infomma la faccia loro efteriore così marcata > le pinne foprattutto, un carattere pre- fentano dagli altri generi di pelci toracici sì diftinto , che non è poflibile a chi conofce i primi elementi d' lttiologia di prendere sbaglio nel determinarli + ,, 1 Franceli gli appellano Bandoulieres a cagion delle lite di vario colore , onde è fafciato il loro corpo (2). Ma quefte lifte non alterando che Il co- lor della pelle, e non formando prominenza, o de- ,, preffione alcuna, non poffon lafciare | impronta di fe medefime, e indarno perciò fi cercherebbero ne- ;; gli fcheletri del Bolca « . Per accertare il Sig. Te- {ta che i Ver. Naturalifti non fon. poi tanto Pitagori. ci, e fon ben lungi dal chinare il capo all’ ipfe dix:t, che loro a quefto palo rinfaccia, è pregato di dar un’ occhiata al Mollidente riportato alla Tav. V. , defide= rando ch'egli mi dica fe per lafciare l' impronta di fe abbifognino le fafcie, e le macchie de' pefci di promi- nenza, o depreflione. Se il N. A. fi degnerà nuovamente onorare il mio | Gabinetto, ma con un po men di prevenzione, io fpe- ro che gli Efox, gli Zeus gli mottreranno le falcie, e le macchie esualmente che i Mollidenti , e in faccia e oe condo. a caieciceti esiste te (1) Siftlem Not Ghemelin. Lugduniec. S. IL n. 164. p. 1249. (») Telta letr. C. 18. 4 e 4 2 ad etti fi darà, fe voglia, il dotto piacere di contrad- dire venti fei fpecie di queft’ ultimi luna dall'altra diverfe, e che al prefente non hanno analoghi viven- ti, che in mari Efotici . Paffa poi ad una dottrina : per ravvifar un pefee dalla femplice impreffione quefta deve effer netta , intera, e ben confervata. ( nota) Q. Siamo d’ accordo almeno in parte ; mentre qua- fora vw’ abbiano in un foflile i caratteri generici, e fpeciali netti, ed interi, quefto bafta per poterlo claf- fificare . E per negare che fia dell’ Adriatico fa di meftieri aver piena notizia di tutti 1 pefci di elfo. {’nota0)" R- E per affermare che lo fia cofa ci vorrà? Venendo all’ applicazione , dice fulla fede del Bour- guet, che î pefci Bolcani prefentano quafi tutti anzi VP abbozzo d'uno fcheletro di pefce, che l’immagine del pe- fce medefimo . Sembra impoffibile che il Sig. Tefta poffa dir co- sì dopo aver veduta la mia collezione : ma puoffi per- donar ciò alla celerità, e all’ofcurità forfe del giorno in cui l'ha veduta. Bourguer ne ha efaminati alcuni con quiete , e veduti a bell’ agio . Nella fua lettera al Garcin ( 1) non parla per altro di tutti; dice ,, en general touts s, ces poiffons ont eu la tete ecrasée ........ il y en ,> 2 dont il ne refte que le fquelette ec. ma poi con- >> feffla ingenuamente , (2) qu’ il me foit permis de ;,; remarquer , que ce ne font pas tant les. poiffons, ) que je puis avoir vus en divers cabinets d’ltalie, et 3, de Suifle ©. Se il N. A. fi foffe data la pena di leggere il (1) Lertre à M. Garcin fur les poiffons petrifiées. p. 151, 152» (2) Ibidem p. 153. 154. 7 Bourguet più oltre che.non fece , avrebbe RITA; Ja-fatica di fcrivere -alcune pagine della fua lettera, nelle quali egli.fi sforza di provare , che ,,.le pietre ,» ittiomorfe fono generalmente parlando o affatto pri- ;» Ve, o molto.mancanti di quella nettezza , e di quel. ,» la integrità che tanto bifogna (1), conofcendo quanto debile avefle a riuicire la teftimonianza di chi fi protelta di non aver vedute poi tante tavole di pe- fci e nell’ Italia, e nella Svizzera , quante poteffero baftare a metterlo in cafo ,, de juger plus siirement »> de cette efpece, de reliques de I° ancien Monde. 154 *. Il Marfili; ed il Rotari fcrivendo al Vallifoieri dicono, il primo (2) ,, trovarfi nel Veronefe una ca- ,, va di pelci mon impietriti , ma bensì colle carni ,» afciutte ficcome mummie, e colle pinne alcune vol. ,, te nello ftato lor naturale : il fecondo (3) che fe > ne veggono alcuni con grande. iftupore tinti d’ un 33 color dorato che cangia , i quali fembrano appunto >> miniati col pennello ©“. Bella miniatura in vero un abbozzo di fcheletro ! Effer quefta la ragione, per cui 1 Naturalifi sbe banno fino a noftri tempi parlato de’ pefci bolcani fi fo- no aftenuti dal clafificarli . ( nota ) T. | Sarà ciò vero d’altre pietre contenenti pefci , non delle noftre, delle quali fcrive il Marchefe Maffei (4), » che fpaccate in più luoghi moftrano , non già gu- » icio o nicchio, ma pefce che fu già molle, e guiz- » zante, e foggiunge : in qualch’ altro paefe impietri- ,, menti fimili veramente trovanfi, ne’ monti d' Islebia . +, nella Safflonia, ed in alcuni della Paleftina: ma ne’ 7 }) C. (1) Tefta lett. C. 22. (=) Vallifnieri. T. 2. p. 361. (3) Ibidem. (4) Maffei Iett. fui fulmini a M. della Condamine p. 123. Po cio | ,, pochi luoghi, dove ciò s' incontra ‘;\@rari.fono, e 3) di pochiffime fpecie, e appena l’ impreffioni fe ne. 3) Vede: dove qui\grandi, ‘e’ inzeri 0 molto»diverfi già da dugent’ anni fi fon cavati im gran ‘quantità H € fon fenza numero 1 ripefcati ‘a’»miei giorni. Raro è bensi di trovarli ben confervati, ‘ed uniti (1), per- chè nello fpaccar la pietra molti sfarinano , lafcians do poco più de’ veftizj. Ma molti e molti ne ab- biamo a° quali non manca nalla'}' annoverando fra quefti il da lui donato’ alla «C.ssa di. Verteillac , è nel quale, fe il viaggio non gli ha fatto danno; imbruni- ra vedefi la carne fteffa dell'animale (2). E cita Ferdinando Marfilt, che'‘vivea l’anno 1730, (‘’Hota"y”V ì ») Chi conofcea ‘i pefci europei meglio di Ferdi- sì nando Marfili ? Eppure non tentò nomenclatura al- ,, cuna (3) “. Non potrebbe effer quefta una prova che non conofcendone i corrifpondenti ne' noftri fofi- li, poteffer quefti effere efotici ? Per verità un tanto conofcitore è troppo umile cercando da materiali pe- fcatori la claflificazione d'un pefce, cui mancava anco la“tefta : attraverfo del quale effendofi formata una concrezione fpatofa in forma d’ ovolito , fu creduto gravido d’ ova, non offervando che quefte eranfi fpar- fe lungo la fchiena, e la coda . Il pefce in quiftione confervafi tutt’ ora nel Gabinetto Rotari . E foggiunge ch' il Beknzanno annovera fra gl’ igno» rabili : pefci vammentati dallo Spada , che fcriffe lane n0 1744 | , ( nota ) Z. 2) (1) L’imperizia degli efcavatori ha per lungo tempo recato fom- mo danno a’ pefci difotterrati } ora ‘non è così; «ed ‘io fpero ch' in» troducendo un nuovo metodo per le efcavazioni , fi potranno fem- pre più perfezionare gli efcavatori , ed impedire lo sfafciamento cui alle volte andaron foggette . (2) Maffei loc. cit. (3) Tefta lett. p. 23. "i 75 ve Eppure lo Spada è un claffificatore attendibile fe. condo il N. Au. | uanzo all'Adriatico offerva ch’ opgidi vi fi Scopro- no de pefci chef ‘credevano d' altrî mari : la. Perca del Linneo!, da Sertolaria :pennata , il Chetodon para, © Corni. d'Ammone 11 cancer longiroftris., e. 4. Granchio Norwvego .. NA (nota ) Aa. | Che diavolo han da fare co’ pefci la Sertolaria ch’ è un litofito , i Corni d’ Ammone che fono con- chiglie ,; il cancer dongicornis e il norvesus , che fono infetti ? I citati pefci di nuova fcoperta noftrali ,, non fon che due, e da quefti fi vuol trarre argomento che {i {copriranno ancora varie decine di fpecie ? La tacita confeguenza dell’ A. fi è. che. così come quefti. pefcî, fi feopriranno ancor nell'Adriatico tatti quel- li de’ mart Indiani. ( nota ) Ba. Ha: fatto molto bene a. tacerla. 0 :.Ma:fenel Bolca-.efiftono pefci propri de’ mari della zona ‘torrida , come fpiegare un st portentofo fatto? ( nota.) Ca. Forfe col Vulcano del. Sio. Tefta. Impugna il fiftema de’ Buffoniani, dicendo , che non contiene una ftilla di. verità , e ci rimette a Rome de l Isle, Sauffure, der Luc, Kirvvan contentandofi folo di viflettere che il-clima.d’ Italia ,, Grecia, Gallie , Ger- mania era un tempo affai notabilmente piu freddo ch' ora non è. ( nota ) Da. Più freddo, ma albergava pefci ch’. ora. vivono, febben non ifcoperti, nell’ Adriatico: più freddo, ma rifcaldato da Vulcani, ch’ora non efifton più. (1) {:) Vedi Nota. O. 6 i Dov' efce con una pellegrina Spiegazione d' un paffo d’ Qvidio . «(nota ) Ea. | > Tuque peregrinis Acipenfer nobilis undis. © Da quefta fpiegazione fi può dedurre tutt'al più, che lo Sturione è un pefce viaggiatore. E rientra in materia motando che nel Bolca tro- vanfi pefci 1 quali non vivono che nelle latitudini fet- fentrionali . ( nota ) Fa. Siamo da capo. Come puonfi combinare i pefci delle regioni dell’ agghiacciato Settentrione , con que’ del temperato Adriatico? Paffa poi ad impugnare il fiflema abbracciato da' Naturalifli Veronef. { nota ) Ga. Sia ciò vero; ma con qual fondamento può dir- Jo egli? Non v'ha che il folo Sig. Bozza (1) ch'ab- bia fra Veronefi propofto un fiftema. E quai fono gli altri Naturalifti di Verona che il Sig. Tefta fi fchiera dinanzi a combattere ? Puofli ben dire ch’ egli con- fonde il fingolare col plurale al modo ftefilo che i pe- fci toracici cogli addominali . E lo combatte così: il Sig. Dolomiten dice , che le correnti marine, quali ch' effe fi fieno, non poffono traf- portare a grandi diftanze fabbie, terre ec. comze dunque potevano condur ful Bolca piante, pefci ecc. ? ( nota ) Ha. Come? AI modo fteffo con cui guizzano, e viag. giano i pefci or nelle calme eftuanti, or fra le vorti- cofe borafche, e pel meraviglioto fenomeno che tutti i corpi fpecificamente più leggieri d’ egual volume d' acqua galleggiano fu d’ ella , e da efla fono in balfa trafportati, e que’ che o per natura , o per altra cau- ro re re I orti e ET E (1) Lettera al P. Rota. fa fono eguali di pefo ad egual volume. d’ acqua fe- guono i moti dell’acqua fteffa . Secondariamente Rotari , Spada, Marfli. trovano nel Bolca congeftioni appartate di Teftacet folfiti . ( nota ) 1a. I di cui corrifpondenti in gran parte non fi co- nofcono ora che in mari efotici . Si fcopriranno nell’ Adriatico . E intanto? ........ Si trovano per altro delle conchiglie non appartate ma rinchiufe nello fchi- fto de’ pefci . In terzo luogo , fe il diluvio ba firitolate l offa degli Elefanti, perche no i pefci ? ( nota ) La. Il N. A. parla ancora d’ offa d’enormi cetacei, e d' altri moftri marini ec. (1). | I naturalifti VeroneG non conofcono che quelle degli Elefanti ch’ io.il primo ho da qualch' anno fco- perte nel diftretto della villa di Romagnano . Chi mai ha detto che fieno ftate quelt’ofla colafsù trafpor- tate a cozzar cogli fcogli da una corrente inondatri- ce? E chi mai ha affegnata al loro trafporto la cauta ftefa del trafporto de’ pefci? Non potrebb' effere che quefto fenomeno contaffe una data affai più recente de’ pefci, e delle conchiglie ? Nel cimitero ove trovanfi I’ offa elefantine , con erudita memoria epiftolare dal Sig. Ab. Fortis illuftra- to (2), ftritolate, e mifte ad offa di pecore, di cer- vi ed altro, non v' ha che fola pietra calcare, e fono quelle fra loro unite con cemento di terra animale friabile, e mefcolata con tritumi di marmo, che mo- | ftra d'effere prima ftato efpofto all’intemperie dell’aria. atmosferica , e d’ aver qua e là fofferto una decompo- fizione da’ ghiacci, e dall'acido aereo ( gas acido car- (1) Tefta lett. C. 37. e 3% (=) Vicenza 1785. 6 sir de’ moderni prodotta + Quefti imalli di piettà hanno l'impronta di tritumi di conchiglie, e di. corn’ Ammoni fingolarmente, rinchiudendo delle Belemniti petrificate ; e delle Anomie d’ottima confervazione AI — Chi mai non fa avervi nell’interno de’ monti im- menfe cavità, clié bene fpeflo. manifeftahfi coll’ éfterna apertura? Non potrebb’ effere che tali caverne ferviffero un dì d’ opportuno cimitero a quegli animali da. ma- no umana fepoltivi fecondo il Fortis® Non potrebb’ ef- fere che un terremoto , un abbaflamento del foggetto rerrerio , Il lavoro dell’acque , e de* ghiacci n’ aveffe » ftaccandone le mal connefle volte , fatto precipitare. i inafli a ftritolar quell’offa già calcinate e tefe friabili? Ciò fia detto folo perchè non s' abbia a fofpettare che i Naturalifti Veronefi credano come vuole il Sig: Tefta 3» attribuito all’ impeto , alla violenza , alla. contrarietà ,; delle correnti (1) © quefto fenomeno . Ma quefti elefanti fon eglino indigeni all’ Italia? Forfe lo faran del pari che i pefci in “queftione . Volendo con quefte tre fagioni combattere 1° opinione de’ naturalifti Veronei, vi è un gran ge da qual. par- te fia per dichiararfi la vittoria . ( nota ) M a. Ragionevolifimo dubbio , quando fi ommetta D ipfe dixit, © il credat Judaus apella. Parte Il, 1 pefci del Bolca' abitavano il mare dell’ Adria è l | ( nota ) N a. |. Dopo il notato fin quì è inutile il dir di più. Vuole che l Adriatico fi oineete pei Territorj Ve- vonefe, e Vicentino. ( nota ) O a. Se il noftro A. aveffe conofciuto le montagne Veronefi avrebbe circoferitta, io fpero, quefta sì gene- rale propofizione . VETTE eroi (2) Tefta Tett. C. 45. 79 Za ragione chela «perfuade a così credere è |’ au- tovità del Marfili giidel-Valifnieri , del. Fracaftoro , è quali banno riconofcnte le pianure del Bolca ( Jpiega poî il termine di pianure con quello di colli ) di, ( nota ) P_a. ot Qualora il Sig. Tefta avrà vifitate quefte pianure, o fia colli, chi fa non li chiami. monti? Per un vero . fondo di mare ove fi trovano Eckini- ti, Madrepore. finora V.LO al: (da La «__ Concediamo che il Bolca foffe un vero fondo di mare , ove cogli Echiniti, e Madrepore fi trovano i pefci.; come poi tutto ad un tratto può egli divenire una fpiaggia ? ,, Il Vulcano ec. .... con un terremo- »; to fpogliò di vita, ed empiè de’ cadaveri de’ pefci, s,) € di belletta marina il vicin lido ec. (1) ©. Come va queft’ affare ? E rimprovera a’° Natuvalifti Veroneh d' aver abban- donata la domeftica autorità per tener dietro a novità incredibili. ( nota )R_ a. Perdonerà dunque fe per non abbandonare fempre più /4 patria autorità non crederanno al nuovo fuo” filtema. E fe quefte noviza incredibili foffero un Diluvio, degli allagamenti ec., vorrebbe il Sig. Tefta abban- donarli ? Ma fe alcuni de’ pefcî bolcani abbifognaffero per -vi- vere d'un’ alta temperatura, come fpiesar la loro efiften- a nelle noftre contrade? «__ Rifponde. I pefci trovano în qualita mare î gradi diverft di temperatura fecondo che più o meno fi fpio- fondano . (nota ) S a, Co laica ditintt] (x) Tefta C. 13}. do , Come rimprovera dunque di contraddizione il Sig. Ab. Fortis perchè ha detto che viveano toys dans les mémes eaux? mi rimetto alla nota O. Se però il mare non fia molto profondo | abban donano è ( nota ) T a. Il mar Veronefe che s° eftendeva fino alla fom- mità di Monte Baldo, ove trovanfi conchiglie, e ver- tebre di pefci, avrà avuto più che iooo tele di profon- dità. E’ egli profondo che bafti? i Io temo aflai che quefto mare che giungeva fa- pra le cime di Monte Baldo foffe lo {teffo che ,, ba- s) gnaffe le radici de’ monti Vicentini e Baffanefi , e >, formaffe altrettante ifole de’ Berici ed Euganei (1) ©. IL’ Ab. Fortis non è ftato sì generofo a concedere al mar Vicentino il nome anche di Veronefe. La confeguenza farà che fe î pefci bolcani erano del mar Veronefe, queto foffe cost profondo, che i pefcî, i quali abbifognano d'un gran calore per vivere, poteffero ritrovarvelo . Pot riflette , che il caldo e il freddo d’ una contrada non corrifpondono fempre al grado di lati- rudine nel quale è fetuata, per farfi ftrada all’ argomen- to: il fuolo d' Italia, quando ! insombravano bofchi e paludi , era freddiimo . Se una terra è più calda , an- che il mare vicino ha da effer più caldo. ( nota ) Va. Per la pofizione vicina alla terra anderà bene: ma difcoftandofi dalla terra , l’acqua farà come dev’ effere in quel clima. Dunque nel mar veronefe poteano domiciliarvi è pefci che abbifognano del calore della zona torrida. ( nota ) Za. Terra, terra. Ma non ricorda il Sig. Tefta d’ aver fuppofto il clima d’ Italia freddiflimo a cagion de’ bo- fchi che l’ingombravano, e in confeguenza freddiflima (1) Tefta SR $9%6 SI il fuo mare ; e molto più di non volerci accordare in alcun modo l’efoticirà de’ noftri fofhili, che devon tro- vare i loro corrifpondenti tutti., in que’ viventi ch’or abitano l’ Adriatico © Il noffro mare dovea eflere il Caos dell’ acqua calda, della fredda , della temperata , ma i pefci ch' in elo viveano dovean poi efler. folo Adriatici . Chiama in fufidio del fuo difcorfo 1 vulcani , e dice , che furono 1 vulcani che vifcaldarono il mare. Oferva în fatti che il Bolca , e. î due territorj Verone- Ses e Vicentino prefeniano dappertatto veftigj d' eruzioni Vglegniche effer quella la piu fondata ragione del {uo fftema..e * (ipota:) CAGA »:5 Si confida nella gentilezza del Sig. Tefta che vorrà modificare quel fuo dappertatto.. Strange , For- tis, Ferber non dicono per verità a tal propofito ciò che fuppone l’ A. citandoli. I pefci allettati dalle innocenti efalazioni , e dat leggiadri fenomeni de’ vulcani corfero ad abitare 11 mar Veronefe, e Vicentino. Mi fi permetta di notare un paffo alla pag. XXVII, che mera sfuggito, in cut V A. of- ferva col Marfli , che balla una Semplice alterazione nell'acqua per tofto uccidere sl pefce . ( nota ) B.B. La rarefazione dell’ acqua prodotta dal calore de’ vulcani , l’efalazioni de’ zolf, de’ bitumi ec. non fola nori fono fecondo il N. A. alterazioni attendibili, ma anzi un allettativo. deliziofo . Il da lui citato Boyle da cui ha prefa quelt’ opinione, dice fortaffe, e non in- tende parlar di vu!cani. Ma come furono sbalzati , e vinchiuf i ep? nel Bolca? Il vulcano, che apprefava loro un grato foggior- no , con un tremuoto empiè de’ loro cadaveri il vicino lido. Ne gli mancano efempj. Alla Veracruz nel 1742 per un tremuoto la Jpiaggia & trovò coperta d' ogni for» $2 te di pefci ec. Sopravvenne poi dal Bolca una pioggia val: canica în iftato di fluidità acquofa che ravvolfe nr Sep- pelle 1 pefci vomitati dal mare. 1A ( nota ) Cuts | Dopo il terremoto {1 ritirò il mate, fopravvenne la cenere fluida, in confeguenza s’ alzò la fuperficie del lido . Ma quante volte .replicaron eglino il mare ed il vulcano quefto bel giuoco? Ve In fatto di ftoria naturale ,, bifogna oflervar , 33 Offervar molto, nè s' ha a tener dietro alle frottole ,» inventate. nell'ozio e fra gli agi d'un gabinetto ‘©. (1). Il Sig. Tefta è egli fteffo che detta i precetti, e che li mette ad efecuzione; e perciò non"è mai fta- to ful luogo, ma ,; ha offervato ; offetvato t.- di fla feduto al fuo tavolino , ma vede cento € più mi- glia lontano il mare che vomita pefci , il vulcano che li ricopre, e tante volte vanno alternando il bel giuo- co, quante abbifognano a formare una prominenza di due cento e più piedi: vede ;, uni abiffo che foggiace ,» alla cava de Pefci (1) “. Quefto abiffo per altro farà ftato avvolto da vortici dell’ eruttante vulcano, ed è perciò che noi nol veggiamo , come il N. A. non vede, che frappoto al Pico bafaltino di Bolca ; e il cimitero di Veftena avvi un lungo filone di carbon foffile, prodotto certamente non vulcanico. ] In effetto l ardefia, în cui efiftono al prefente, effer non altro che un ammalfo di ceneri vulcaniche. { nota ) D. D. | Hoc erar probandum . Si rifovvenga per altro che a C. V. l’ha chiamata calcareo - argillofa . E’ pregato il Sig. Tefta di fpiegare col fuo Vul. cano l’ accidente accaduto al pefce alla Tav. VI., ( di analoghi io ne cuftodifco un intero armadio ). Que- (1) Tefta C. 50. N (2) Tefta lerr. C. 48, una vifita al Bolca fmentifce 1° efiftenza di quefte caverne , ed abifli. ‘ | $3 fto pefce è ftato gettato cogli altri ful lido , foprag- giunfe la cenere che lo feppelli. Come dunque conci- liare lo sfacello della metà del corpo ; e il colore va- riante della pietra ? Non moftra egli queft’ efemplare chiaramente, ch’ effendo putrefatto il pefcé per un ab- baffamento dei molle terreno ; ( che non farebbe fta- to tale fe valcanico ) nello fcorrere che fece, portò feco lé mal connefle parti della tefta, e del corpo del pefce fteflo ? In qual tempo ciò avvenne? Dice col Sig. Ab. Fortis che il mare bagnava le vadici de’ monti vicentini 40 fecoli fa. Allora accadde che il Mediterraneo sboccò nell’ oceano pel canale dî Er- cole: dové rimarca l insanno di chi crede effere fato È oceano che s° aperfe il cammino nel mediterraneo ; perciò che allo ftelfi offervafi la correntia di quefto în quello; ma ciò doverfé alla Jvaporazione del mediterraneo . ( nota ) E. E. paio. | Che irividiabile felicità fpiegare uri agitatiffimo fenofiteno cori vina fola parola £ Perchè però la favola di Fetonte fembra alludere a'valcani de noftri paci; e D Uferio la fifà all’ anno 1500 prima dell'Era volgare , l’ A. riduce l’ epoca del cimitero dei Bolca dai quaranta ai quindici fecolî fa; e meno ancora falla confderazione de’ nomi Montenaovo , Monteroffo; Monterugio; Moncenere ; che portano alcuni di que' nionti sl VERTE ( nota ) F.F. | Rest L’A. in vna rota a piè di pagina Vuole che il Bolca fi chiami monte cavo, 11 Marchefe Maffei lo dice ,; Promontorio ; giogo; gran maflo in figura di », fcoglio (1) “. Ii Fortis lo chiama Pico ; € vien tutto ciò dal Sig, Tela interpretato per caverna , od abifo. D’una caverna parla è vero il Maffei (3), ma | (1) Lett. fui fulmini. Ler. a M. de Ia Condamine. p. 123. (+) Verona Hut. Tom. 3, Cap. 8. 2 Od », a due miglia da Bolca , dove l’ acqua, che? dal na: sy tural macigno fempre goccia , e. trapalla È impietri- ,, fce quali alabaftro , e -fa in-alto lunghi; e groffi » cannelli per lo più. forati, e in terra va alzando s», qua e là pilaftri di lucida e-bianca. pietra“. Come riporta mai Il N. A. la teftimonianza. del Maffei per far credere l’ efiftenza de’ fognati fuoi abi? La .ca- verna defcritta è lontana due miglia dal cimitero, nel quale, non già in caverne fepolti,. ma giacciono i pefci rinchiuli fra gli ftrati,, che formano il'detto promontorio , fenza indizio alcuno di concrezioni acquee , o di ftalattiti ; quando non fi volefe con tal nome chiamare alcune criftaliizzazioni di fpato calcare cubi» co, formatofi Iungo le fenditure che gli fMtrati attra verfano . Quefta in fuccinto è l'opinione dell’’A., la quale, divigendofi egli in fine al fuo Mecenate chiama per mo- deftia una favola. Queft'è la lettera fcritta dal Sig. Ab. Tefta contro 1 naturalifti veronef ; addobbata e fparfa qua e la d'epigrammi di Giovenale , Ovidio, Virgilio, Oppiano, Giulio Cefare, Venini , nobilitata d’ arguzie , ov ponendo in ridicolo gl’ittioliti bolcani , come fe por- taffero Sulla telta e fulle pinne chi fono ed’ onde vennero; ( nota ) G.G. I Veronefi Naturalifti feguirono in ciò 1’ efempio di tanti dotti claffificatori , che leffero fcritto il nome e la patria a caratteri innegabili fulla. corteccia. dello 53 Strombus Fufus d’ America, dello Strombus Gallus, ., e del Cardium Cardifla dell’ Afia, del Mythilus Cri- so ftagalli dell’ Indie, del Cardium. magnum della Ja- ss majca © e di cent’ altre conchiglie tfollili ; che ne' monti noftri rinvengonfi. Ora pungendo la credulità de' Veroneft coll’ ipfe die xit, o più vivamente col credat fudeus apella , o fug- gerendo loro un tello dî Leibnizio da vorre in fronte alb opera da flamparfi ; = ( nota ) H.H. 85 Avigere eri peste: “in ‘miraculi fidem ec. € ove trova mai il'Sig. 'Tefta ch’ abbian voluto i Natu- ralifti Veronefì ‘ ‘accrefcere il numero delle fpecie de' Pelci 2: axes Ora oberzindo fall'efox che tiene ‘în bocca , è fa mangiando un altro pefce, quali fia giunto pien di buo- n0 appetito dall’ Indie al MIO Bolca . (nota ) I.I. Di queft E/ox non Mini chi poteffe aver aflerito che fta mangiandofi un altro , quando non vogliafi tradire il Telto: del Sig. Ab. Fortis , il quale defcri- ve quefto pefce interrato al momento che n° avea prefo uno più piccolo della fua fpe cile >, comme fi 1 ;, une eut voulu avaler tout entiere la tere de |’ au- Me 0 RT Ora mot teggiando fugl’ ittioliti equivocamente , che formano l’ ammirazione de’ dotti, e degl’ ignoran- ti ec. Nella qual lettera lA. parlò de’ pefci del Bolca, ma non prima di oflervare , ollervar molto , ofletvar fenza prevenzione nella fcorfa Rate per la prima vol ta il Mufeo Gazola. Interrogata la natura, non i prc- prj capriccj, gli rifpofe come fi è veduto , € quindi. non ha potuto tacerli . Quanto al di lui fodo ragionare ne potranno effer giudici 1 lettori. ( nota ) L L. Il Sig. Tefta a C. CXV. previene i fuci leggito- ri che ,, non bifogna immaginarfi che la ftoria natu- ,y rale fia ftata fempre perfeguitata , come lo è all 2) età noftra “. Dopo ciò non mi velta ,, che dalla. prefente lettiera difpiccare un bellifimo Jquarcio di dottrina pag. 90. È che non cefferò mat di replicare a me fiefo , e del quale mi fervivò per ingemmare la fine di quefi® Eftratto: »» In fatto di ftoria naturale vi vuol altro che Detenzati (1) Lettera al Caffini. Si Re 56 | ,, correr dietro agli epigrammi , e alle arpuzie , bifo- ;, gna offervare., offervar molto, offervar fenza pre- s, venzione , confultare in fomma la natura , non i proprj capricci , e fe dopo replicate iftanze la ‘natu- , ra non rifponde, o rifponde confufamente , tacerfi, 4 « “» -w . e non cicalare 6°. VD tI La 37 ell E Ragh: DEL:«s1G ABATE FORTIS ABESIG ABATE TESTA Sopra È Pefci ifcheletriti de Monti di Boca. Venezia 10 Aprile 1793. Ho avuto il difpiacere nell’ anno fcorfo di faper tardi ch’ ella era paffata di Padova fenza poter dona- re un pajo di giorni ai colli Euganei, dov’ io foglio fare la buona ftagione, e dove ho un tuguriuzzo fem- pre aperto all'amicizia , e alla dottrina . Quel bene rerò , che mi fu in allora tolto dalle finiftre combi. nazioni, mi è ftato in qualche. modo compenfato ul- timamente dalla lettura del di [ei opufcolo fa i pefcr foffili del monte Bolca . Nell’acutezza delle rifleflioni, nell’ apparato di ricca erudizione che vi campeggia, io ho goduto della converfazione: d’ un uomo di lettere coltivatore della Storia Naturale. E ficcome, per go- dere della converfazione, fa pur d’' uopo che v' abbia un po’ di dialogo , io ho dialogato con lei , notando al margine del libro tutto ciò , che le avret detto a voce, fe, invece di trovarmi con effo, avellì avuto la buona fortuna di trovarmi coll’ Autore. Se non ho mal colto la ferie delle idee fue in propofito de’ pefci di Bolca, effe {1 riducono foftanzial. mente a quefto: | I. 1 pefci ifcheletriti del monte di Bolca ven- nero fenza buone ragioni affegnati ai mari del Sud, mentre gli fcheletri di pefci, che fi trovano in tante altre montagne , fono ftati fempre creduti apparte- LF LAO nenti alle fpecie vivemi. ne' mati ad effe. montagne vicini. | ilaria II. E' un affurdità imperdonabile}. perchè con- ducente ad altre affardità , il voler trovare=fra le fpe- cie ifcheletrite a Bolca pefci appartenenti a difparatifi- mi climi, come hanno pretefo di fare i Catalogatori di quegli fcheletri. «HI. Se, dopo maturi ‘efami, rifultaffe che vera. mente qualche fpecie di pefci efclufivamente viventi fotto più calde temperature , che la noftra non e, fa trovaffe fra gli fcheletri di Bolca , anzichè ricorrere a un cataclifmo tumultuofo e generale, o all’ ipotefi Buf- foniana onde fpiegare il fenomeno , fi dovrebbe fpie- garlo per mezzo di caufe locali , giacchè l’indole del la contrada ne fuggerifce . "IRE Io non andrò feguendo paffo per paflo la fua Lettera, poichè fono ben lontano dall’ aver prefo la venna in mano con intenzioni nemiche a chi l’ ha fcritta : ne feguirò foltanto l’ ordine per rifpondere amichevolmente a quanto rifguarda me , pregandola ‘a voler poi anche accogliere cortefemente alcune \mie.ri- fleffioni ful fatto fifico, o fu i modi di fpiegazione da ici propofti. Sin dal 6. II. ella ftabilifce ,, che i Naturalifti , che hanno ultimamente fcritto fu i pefci fofiili di Bolca, affermano concordemente <<... non poterfìi du- bitare', che alcuni de’ fuddetti pefci appartengano realmente ai mari Affatiti ed Americani. D' ONDE poi fiano ftati non J fa come TRASPORTARI fu quella montagna; ‘ e foggiunge : ;, Eglino hanno quindi compofto e pubblicato de’ cataloghi, ne’ quali il genere, le fpecie ,, e la patria de’ pefci medefimi ordinatamente, e diftintamente fi accennano “, Ella oppone a quefte opinioni |’ autorità d’ altri Naturalilti, che ‘de’ pefci ifcheletriti fra Je pietre fcif. fili ‘delle montagne portarono tutt’ altro parere. A co- defto verremo poi. Ella per ora mi permetta di pafl- 33 | 39 far oltre. Alla pag. 15 mi trovai con mia vera com- piacenza purgato dalla taccia di foverchiamente corag- giofo catalogatore ; giacchè ella mi fa la vera genti- lezza di ricordare il pieniflimo mio diffenfo al catalo- go, che da Verona , non fo ; nè voglio fapere per qual fine; fu mandato a Parigi, e indebitamente at- tribuitomi ; catalogo , in cui mi difpiacquero del pati e la franchezza della nomenclatura ; che mi difpiacerà fempre , e l’' affurdità delle patrie difparatifime affe- gnate a que’ poveri morti ;. franchezza , ed affurdità , ch’ erano in contraddizione con la lettera mia al Sig. Conte Caffini, unita. alla quale fu pubblicata quella feempiaggine. Dopo d' eflere ftato da lei cortefemente introdotto come diffenziente alle qualunque fianfi opi- nioni, e franchezze altrui nel propofito , io mi fona trovato con forprefa, quattro pagine più fotto , ricon- venuto per avere fcritto all’ illuftre Accademico di Pa- rigi poc' anzi mentovato il rifultaro delle mie indagini fcarfamente fruttuofe . Codefto portava in foftanza, che non m'era riufcito di trovare nelle Tavole degl’ Izziologi altre figure di pefci raffomiglianti agli fche- letri di Bolca che il /opbias pifcatorias, diavolo di ma- re, preffo Bloch , e tre o quattro nella prima decade del Sig. Brouffonnet, cioè il gobius flrigatus , il cheto- don trioftegus, il chetodon faber , ed il polynemas plebe- jus , il che mi fembrava un'indicazione della necefità di ricorrere ai mari del Sud per colà rinvenire altre fpecie raffomiglianti agli fcheletri di Bolca, i quali per mio avvifo guizzarono in acque di temperatura fimile a quella, che: ai dì noftri trovafi d’ intorio a Otaitî. Un tratto della mia lettera al Sig. Conte Caffini, ch’ ella trafcrive alla pag. 21 dice, che ,, le Cabinet de sì Mr. Bozza ne contient gue des ichthyolithes de la ;s montagne de Bolca, dont les individus vivoient tous sy dans les mémes eaux, dans le méme tems:, &c. © ed ecco una terza cofa da me afferita ben chiaramen- te in propofito degli ‘fcheletri bolchefi , ‘cioè ,, ch' io 99 sy li credeva vivuti contemporaneamente.. nelle medefi. sg me acque “ nelle quali poi non ho diffimulato ch’ jo opinava aveffero anche. vivuto con eflî parecchie di quelle fpecie che vivono in ogni mare. La diretta con- feguenza di tutto quefto fi è che, per mio avvifo, in due clali doyrebbono effer divifi gli fcheletri di Bol- cas l'una di quelli, che a fpecie viventi in ogni mare appartengono , e che folamente trovanfi differenziati da qualche carattere di warsetà ; 1’ altra di quelli , che vivono efclufivamente in acque di temperatura fimile a quella delle vicinanze d’ Otaiti . | | Così ftando la cofa , io le confeffo che mi fono trovato forprefo in veggendomi riconvenuto 1°. di af foluta inefattezza nel determinare la corrifpondenza de’ quattro fcheletri con le figure del Sig. Brouffonnet : 29. d'aver adottato la promifcua efiftenza a Bolca di fcheletri di pefci europei , ed otaitici ( non probabil- mente nel fenfo mio, ma in quello de’ Naturalifti Ve. ronefi);e 3°. finalmente d'aver dato nell’ afurda opi- nione del tumultuofo. trafporto di effi fcheletri . Ella voglia benignamente afcoltare le mie difcolpe. | Convinto che la precifa individuazione dei carat- teri. fpecifici è impoflibile da verificarfi negli fcheletti di Bolca, e ben fapendo che quanto è vera la dottri- na dell’ Artedi: charalferes a numero partinm defumpti omnibus veliquis antecellunt, tanto è anche vero che il numero d’ effe parti e talvolta Ia forma variano ne’ pefci non folo da fpecie a fpecie del medefimo gene- re, ma da individuo a individuo della fpecie ifteffa; che la figura delle variabilifime pinne e delle code a nulla ferve .prefa da fe fola ; che fu i caratteri della membrana branchioftega non fi potrebbe nel calo no- ftro contare; e che nemmeno ful numero delle verte- bre può fondarfi ficuramente un cauto Zodlogo , fe non abbia una ragionevole moltiplicità di ben efpreffi efemplari, fu' quali determinarfi , io mi guardai bene dall’ entrare in confronti particolarizzati , e dal darmi | 91 I apparenza di magiftralmente determinare le corrif pondenze de’ quattro fcheletri con le quattro figure. Annunziai folamente la rafomiglianza ; e non ifcrili, nè pronubciai la decifiva parola identità. Camprefi , immummiti , con le parti carnofe. ridotte alla fotti- gliezza d' una carta , € divifi per lo mezzo vertical» mente , i meglio confervati fcheletri di Bolca non ponno altro carattere offerire al Naturalifta , che quel- o de’ contorni , quello cioè , che 4//' ingroffo può farli trovare raffomiglianti più ad una figura che ad un'al- tra delle tavole Izziologiche. Ella mi dirà , eda ra- gione, che per decidere /o/ennemente l’ identica apparte- nenza di due individui a una tale fpecie fa d’ uopo che fi poffa efattamente confrontarne i caratteri : ma mi accorderà poi altresì, che per giudicare per approf- fimazione della rafomiglianza loro non è neceffaria tanta minutezza. Siamo perfettamente d’accordo fu la poffibilità che la raffomiglianza de’ contorni rielca in- gannevole 3 ma mi lufingo che lo faremo anche fu la poflibilità di prender errore nell’affegnar la patria efclu. fivamente ad alcuni uccelli , e pelci ancor vivi. Si; fuppofto che il polinemo plebejo di Bolca aveffe rico- nofcibilmente i caratteri fpecifici di quello del Sig. Brouflfonnet , egli avrebbe precifamente quelli del po- linemo dello Gmelin : ma che ne feguirebbe? O che il polinemo plebejo foffe un pefce Viaggiatore , o ch' egli foffe d’ una di quelle fpecie, che fi propagano fotto differenti temperature . Jo non mi tratterrò, abufando della fua pazienza, a difendere la mia indi- cazione di raffomiglianza delle altre tre fpecie, poichè tutto è detto quando fi è ftabilito ch’ è impoffibile il determinarne È identicità. E quindi appunto io ho mo- ftrato di defiderare che, co’ pefci de’ mari meridionali alle mani , veniffe iftituito un confronto generale de- gli fcheletri meglio efpreffi , che fomminiftrar poffano sli ftrati della calcaria fcifile di Bolca; poichè mi fem- bra, che il trovarvi un gran numero d’ analogie di contorno. potrebbe pur a qualche cofa condurre | An- cora una parola ful polinemo di Bolca..-.Io la prego ad ‘avere per una gentilezza letteraria , e probabilmen- te non Veronefe., ciò che alcuno fi è compiaciuto di dirle intorno la fconfervazione dell’ eferaplare , chio ho confrontato; la doni, eome la dono.io , al cono- fciuto carattere di chi gliel’ ha voluta far credere . «Il dabben uomo non faprebbe certamente trovare l efem- plare, di cui fi tratta; nè cercarlo , fe io glielo chie- deli , fenza arroffire della propria fconfigliatezza. Ella mi ha fatto il favore di traferivere il poc' anzi mentovato tratto della lettera .al Sig. Conte Caf- fini; in cui efpreffamente annunzio che per mio avvi- | fo i pefci ifcheletriti a Bolca viveano tutti nelle imede- fime acque contemporaneamente ; ‘e fubito dopo ha fog- giunto: ,, Come di grazia può quefto accordarfi con > pe promifcua efiftenza nel Bolca de’ pefci europei ed 4) Oraltici Per quanto io fia alieno dal voler .dare la caccia a tutte le mofche, debbo pure quefta volta credere.a forza, ch’ ella abbia voluto rimproverarmi d’ una ba- lordifima contraddizione , qual farebbe quella dî por- tar. opinione che ‘a Bolca \efiftefero confufi infieme fcheletri di pefci efclufivamente europei ed efclufiva- mente dfiaticij Ho voluto rileggere tutta quella mia lettera al\Sig, Conte Caflini , pur temendo d' effer ca- duto in’ quefta babbionaggine. Per mia confolazione ho trovato che nò. Lontano le mille miglia. dall’ ap- provare l’ altrui inconfideratezza nell’ afegnare.i nomi, e le patrie a quegli fcheletri , anche prima di preve- dere che il capricciofo catalogo. potefle venirmi. afib- biato, io ho chiaramente detto che, prefcindendo dal- le fpecie comuni a tutte le temperature ,. li giudicava corrifpondenti agli attuali abitanti delle acque d’ Otai- ti. E la fupplico di nuovo a riflettere, che , perch io abbia detto quefto, non mi fi dee l’accufa, ,, d'4 » vere la fmanîia che quegli fcheletri Jiano VENDII ò spudi la (1) €; come, fa ‘(fupplico a non'volet a tamente caricarmi d'un ridicolo , che non ho, ricor- dando a quefto propolito (2) ,, «0 tempo de’ Pittagori- sci, quando un'ipfe dixit dovea ballare a far chinar la ,, tefta, evcontentar tutti “. Io ho dato una tinta co- sì diverfa da' quella della magiftralità al pochiffimo da me feritto fu’ pefci di Bolca y che fenza ingiuftizia non poflo» eflerne tacciato. Nella mia lettera non individuo il perchè mi fenta portato a credere che a temperatara analoga all’ attuale del mar d'Otaits {1 trovaffero le an- tiche acque , nelle quali guizzavano i pefci di Bolca al momento in cui furono colti dalla morte: ma è fuor di dubbio che, o mi vi determini il fofpetto che l’ o- fcillazione dell’ affle della Terra porti fucceffivamente fotto diverfi climi i varj punti della fuperficie, o ch'io penda a credere vera quella porzione dell’ ipotefi di Buffon; che al globo noftro attribuifce un progreffivo raffeddamento , la mia qualunque fiafi opinione non è mai confondibile con quella che da lei viene combat tuta; cioè con quella che i pefci de’ mari meridionali crede trafportati a Bolca da un cataclifmo violento, e non forprefi da una morte repentina nelle acque, e fu’ fondi loro nativi . Io rifpetto volentieri le opinioni di chiccheflia : ma, in forza di quella predilezione che ogni padre ha pei proprj figliuoli belli o brutti che fiano, amo le mie, fenza però «andarne pazzo ; e mi fa un tratto d’ amicizia chiunque o approvandole o confutandole, ufa loro l’ attenzione di non confonder- le con le altrui. Avrò mille torti : ma mi vergogne» rei fe fi credeffe fu i cenni da lei datine, e ch'io mi folla bruttamente contraddetto , e che adottalli !’ opi- ione di que’ Naturalifti , che fanno venir dai mari dell’ Afia ai monti di Bolca i pefci belli ed interi con (1) Tefta pag. 29. (=) Ibidem pag. 3t la preda in bocca ro nello ftomaco non ben anche di: setita . Ella non mi votrà credere tanto» nemico di me fteffo che ricufafli in ogni altro cafo' la buona compagnia de’ Sigg. Naturalifti Veronefi } ch'io ‘amo veramente; ma; per quefta volta ; forio. propriamente determinato a non goderne il vantaggio. — Premeffa quefta qualunque fia difefa fu i tre ca- pi d’accufa ; ch’ella parte non volendolo e parte vo- lendolo mi ha dato ; paflerò a trafcriverle alcune delle Note inarginali; ch’ io fono andato facendo al di lei elegante opufcolo . Ma TRAIL Io riori voglio mettermi a efaininate fe fia im- prefa più facile il dimoftrare che le fpecie e le varietà bolchefi riconofcibili per approffimazione ; fiano attiial- inerte divenute efotiche; o il provare; che vivono tut- tavia ne’ mari vicini a noi : ma per avventiità È del pari difficile l'uno; è l’altro: L'opinione del Bekman- no; che coridanna all’ ignorabilità quali titti gl’ izzioli- ti, fenza effere uri prodigio d’efattezza , è la meglio difendibile di quante ne poffano mai efler prodotte : ed io ftarei a dirittura per effa fe fi trattaffe d’ izzio- liti ifolati , e-non aventi ini vicinatiza gran compagnia di compatrioti teftacei ; del che mi verrà il momeriîto di parlare più fotto. Per formare congetttire bafltevol- mente ragionevoli dell’ europeità , anzi dell'adriacità, o meditertaneità degli fcheletri bolcheli mi parrebbe l'ottimo; € forfe l’unico buon partito il confultare un. Izziologo noftrale fu le loro forme; e ftatute ; condu- cendolo nella fignorile collezione del Sig. Conte Ga- zola onde udirne il giudizio 4 oggetti prefenti j e fe codefto Izziologo fofe anche Botanico farebbe da met- rergli fotto gli occhi le piante e le foglie che fi tro-. vano fra le medefime pietre fciftili, onde l’ vina claffe d'oggetti ajutafle l’ altra; e finalmente fe codettùi unif- fe una gran pratica delle conchiglie noftrali a quella de’ pefci e delle piante; farebbe da invitarlo ad efami- nare i meglio confervati teftacei lapidefatti del Vero- | DIR, O MINONETTARE, nefe e del Vicentino y e da lafciarlo poi chetàmente riflettere alle convenienze o difconvenienze ; che vi tro- vaffe corì le ben coriofciute da lui . Il mio amico e collega Sigi Ab. Olivi; che da fette anni in poi fi oc- cripa della Zoologia ; e della Botanica del noftro ma- re: € il dotto € modefto Sig. Cavolini di Napoli ; che fi è da ancota più lungo tempo confacrato agli ftudj fubacquei , farebbero i giudici belli e pronti . Ora io {o di certo ché il primo de’ due fl È creduto fra téli- quie in buona parte ftraniere allorquando vifitò il ric- co gabinetto del Conte Gazola, e l’altro non ha mai dato fegni di fofpettare originarie del mieditertariéo le petrificazioni di parecchie fpecie di teftacei ; che dai noftri inonti paffarono nella copiofa e ben intefa rac- colta Minerologica del buonò e dotto Sig: Ab. D. Ci. ro Minervino; ich’ è finora la fola degna d’effere vifi. tata in quella vafta capitale: 0 © dia: Alla pagina VI e feguenti della di let Îetteta tro- vo detto che di niun altro de’ luoghi, d' onde pefci ifcheletriti fi trazgono, È ftato opinato che fieno efa- tici; fuorchè di Bolca i e che anche di codefto fcri- vendo molti chiari uomini fi fono éfprefli in modo da nof lafciar credere che vi fi trovaffero reliquie d' altri pefci che i noftrali . Leibnitz , e Bonanni , Boe- zio de Boodt, e Spéener, il Valchio, lo Scheuzero, il Pryme , Lamanon ; Pafferi, il P. Soave, Bourguer, Guettard, Ferber,; Saraina ; Moòfcardo , Spada, Zan- nichelli ; Marfili vengono da lei fchiarati opportuna- mente come coloro ; che in varj tempi fcrivendo o non hanno avuta l’ s7:m20deffia di dir opinione fu la patria de’ pefci foffili, o gli harino creduti indigeni de’ mari vicini a’ luoghi, dove ora giacciono fepolti. Le ricorderò fempre che indigenî ho anch'io foftenuto ef- fere ftati quelli di Bolca nell'età loro, benchè rion fia poi convinto che le medefime fpecie e varietà , che fi trovano fra le lamine di quello fchifto calcario , viva- no tuttavia ne mari noftri. D' alcurie io lo credo peo 96 rò beniffimo ;. poichè fon certo che, come ne ha la terra e l’aria , così abbiano le acque varie fpecie d’ animali atte a moltiplicare fotto d'ogni clima , e va- rie fpecie altresì che de’ rifpettivi loro climi efciufiva- mente fon proprie . Anche fra gli elmintoliti di ma- drepore e di teftacei , che. trovanfi in tanta copia a Bolca; a Roncà e fu iutti i monti vicentini , verone- fi, baffanefi, afolani, ec. fi riconofcono alcune fpecie viventi nell'Adriatico . Ragionerebbe perciò bene co- lui, che voleffe conciuderne .che. gli originali delle len- ticolari, e nummali, delle corna d'ammone grandifi- me, e de’ nautili, delle grifti , delle belenniti , degli entrochiti ,. de’ coralli. articolati, ec., onde fono ric- chiffimi gli ftrati calcarj di quel vafto tratto di mon- tagne , appartengano tutt' ora all’ Adriatico , e vi fi propaghino ? stia Fi To m° apporrò forfe male : ma mi. fembra che per giudicare con fondamento e in generale della in- digeneità od efoticità attuale delle fpecie ifcheletrite a Bolca , appunto. perchè difficilifima anzi impoffibile cofa deve ftimarfi il diftinguerne con ficurezza i carat- teri. dopo la ftiacciatura e rafciugamento che foffriro- no, fi dovrebbe preliminarmente iftituire un confron- to fra i meglio confervati teftacei lapidefarti di que' contorni coi teftacei delle acque noftre e delle firanie- re, che fi trovano raccolti ne’ finora più curiofi che. utili gabinetti de’ Conchiliologi . Invitato dalla. precifio- ne delle forme, che oflervafi in moltiffimi lapidefatti, io ho iftituito così all’ ingroflo quefto confronto, e trovando che, come molti bivalvi, e turbinati, e qual- che madrepora benifimo corrifpondono alle fpecie me- defime che vivono nell’ Adriatico , così molte anomie, e murici,.e buccini, e neriti, ed echini , e articola- zioni di medufe, le numifmali, le corna d’ ammone , e nautiliti fingolarifimi non hanno corrifpondenza ve- runa con ifpecie attualmente noftrali , m° è fembrato di poter concludere che ariche de’ pefci fi troverebbe ; , 97 io fteffo fe fi poteffero gli fcheletri fottopotre all’ efar. to confronto , cui permette fpefli(lamo la perfetta con- fervazione de’ teftacei lapidetfatti . Appiè della pag. 7 Ella ricorda il coccodrillo. dello Spenero , cui faviamente il Leibnizio ftimò efler nato e crefciuto poco lontano da dove fu trovato fe- polto, nell’ epoca in cui il clima di Germania era cal do al pari di quello dell’ Atrica , e che il cel. Beck- manno ricufa di riconofcere per coccodrillo , benchè non dica d' averlo veduto ed elaminato , cofa pur da farfi e bene prima di pronunziarne fentenza. S' egli era un coccodrillo, come lo credette il Le:bnizio, e non era efotico, l’ opinione di quel grand’ uomo è contro alla dottrina. veronefe de’ trafporti; fe non lo era , l' affer- zione del Beckmanno è contro tutti coloro che ama- no di trovare nelle montagne reliquie d’ animali at- tualmente efotici. Il Launay s' ingannò battezzando per offa di coccodrillo ( e fa pur d'uopo ch'egli avef- fe le traveggole ) il carcame d'una balena; lo Scheu- zero credette umano lo fcheletro d'un filuro....,, Or ss va, ne conclude ella , e fidati buonamente de' Na- ss turalifti, che fciambiano i coccodrilli con le balene, s € gli uomini co'pefci “! L’ epifonema è fpirito(o; ma oferei dire, che per fituarlo a dovere farebbe pri- ma ftaro neceffario il raccogliere un maggior numero di coccodrilli fcoccodrillati , e di fcheletri umani difu- manati, o l’ afficurarfi almeno che per la maflima par- te i coccodrilloliti e gli antropoliti, de’ quali {i trova fatta menzione da’ Naturalifti di buona nota, erano fta- ti mal battezzati. Degli antropoliti fia ciò che a Dio e a lei piace; io non ho mai avuto la fortuna di ve- derne alcuno che aveffe quei caratteri d’ antichità, cut hanno fovente le altre ofa foMli di grandi animali, p. e. le elefantine di Tofcana. Ma de. coccodrilloliti indubitabili, lafciando da parte tutto ciò bhe è appog- ciato alla femplice fede nel detto altrui , le ricorderò il poco ch'era già refo certo dalla autopfia d’ un uo- 5 LT. OA | no fuperiore ad ogni eccezione , e ch'io ho in quetti piorni voluto verificare anche cogli occhi proprj. Il Decano degli Orittologi Italiani ii Sig. Giovanni Ar- duino trovò forfe trent’ anhi fono nell’ argilla d’un fe- no del picciolo Colle viilcanico della Favorita nel Vi- centino molti denti e rottami di cranj di coccodrillo, e li riconobbe per tali dopo wn confronto diligente. mente iftituito : moflo dall’ importanza dell’ oggetto, egli ne pubblicò una memoria nel Giornale d’ Italia (1). Lo fteffo rifpettabile Naturalifta ha fatto poi (2) re- centiffimamente menzione d'un tefchio di coccodrillo ben efpreffo, e ben grande, trovato alle falde de’ mon- ti de’ Sette comuni , e poffeduto dal Sig. Berettoni a Schio nel Vicentino, prefo nel inmarmo. Di codefto il Sig. Arduino ebbe alcuni denti , e potè paragonarli a fuo bell’ agio con quelli de’ coccodrilli impagliati , che ‘fra noi non fono rariffimi . Egli tiene per ficura cofa che que’ gran Jlucertoloni abbiano lafciato le offa, poco più poco meno come ufano di fare gli uomini dabbe- ne, nella patria loro. Com’ ella ben fa , i denti -di coccodrillo hanno caratteri così diftintivi , che -non è pofiibile l’ equivocare nel paragone. 018 Offervo alla pag. 8 e feguenti ch’ ella fa grande ftato della riconofciuta europcità de’ pefci ifcheletriti di Montmartre, d’ Aix , di Broughton , di Scapezzano, Mondolfo ec. come d’ un fatto che debba far trovare ftrana } opinione dell’ efoticità dei bolchefi . Io non conofco gli fcheletri de’ pefci di Montmartre , d’ Aix e di Broughton, nè le località , ove fi trovano fepol- ti; conofco però quelli di Scapezzano e del Promon- torio di Focara nel Pefarese , e l'analogia , che con eli hanno gli altri di quelle contrade di aflai recente formazione, fe alle alre montagne fi vogliano parago- LAUREE; ee 0) (2) Giorn. d’Italia Tom. I. (2) Mem. della Soc. Italiana Tomo VI: nate. Corofco altresi, che i teftacei marini pref nellé médelime terre argillofe di que’ colli fono tutti corri: {pondenti agli adriatici , e a quelli del mediterraneo ; lo che non fi verifica dei petrefatti dell’ Apennino fu- periore + Se nelle vifcere , per efempio , del tionte Cucco, ch'è uno de’ più alti dell Umbria ; e de' più fcavati internamente dalle acque fottetranee ; io avelli trovato de’ piccioli gobj o goarti dell’ adriatito, e con effi, o poco lungi da efli le valve delle pinne , de’ mituli., delle came , de’ cardj , i nicchj de’ murici e de’ trochi, che vi fi propagano. , io avrei certamente creduto che dalla depofizione del noftro mare quando era a più alto livello foffe ftata formata quella gran maffa calcaria che divide 1° Italia longitudinalmente, e che niuna differenza di temperatura v’ aveffe in que rimoti tempi dall’ attuale di cui godiamo . Ma non avendo trovato , alloraquando m’ arrampicai fal monte Cucco e mi feci calate nelle fue vaftilfime éaverne, quafi altra forta di lapidefatti che nautili e corna d° ammone di fpecie; che attualmente non vivono nell’ adriatico, nè nel meditettaneo , io le confeffo che m' è fembrato evidente che fiano ftati propasati e tran- ‘quillamente depofti in fondo a più valto ed antico ma- re e di tutt'altra temperatura , infieme co’ pefci, gli fcheletri de’ quali pur fi trovano in più d'una parte dell’ Apennino calcario . Com' ella ben fente , io ho la debolezza di cre- dere tuttavia che fia neceflario il diftingueré tempora per conciliare foripturas da monti a monti, e che l Appennino propriamente detto e le oppofte montagne della Dalmazia , piene zeppe di teftacei lapidefatti ora {tranieri a noi, fiano d’un’età molto anteriore a quel. la de’ Colli arenofi o argillofi del Parmigiano, dell’ I. molefe, del Cefenate, della Marca, e di quelli che tro- vanfi nelle valli interne dell’ Umbria , della Morlac- chia ec., i teftacei de’ quali corriipondono quafi tutti agli attualmente viventi nel noftro mare . Dico quat 8 2 100 tutti, poichè per efempio I° offreum polyleptosynglimune de’ colli Bolognefi e delle miniere di carbone di So- gliano non vi corrifponde punto . Ora è un fatto in- dubitabile che la parte calcaria de’ monti di Bolca i più iRtruttiva afflai che la vulcanica attualmente predo- minante alla fuperficie , appartiene a una catena di monti di formazione antichiflima e coeva agli Apenni- ni, alle Alpi calcarie tiroleft ed illiriche, alla carena mundi per dirlo in una parola , appiè di cui fonofi in epoche affai più recenti depofte le arene , le argille, le fpoglie di teftacei atti a vivere nella temperatura noftra attuale, e talvolta fi fono formate vaftifime ftratificazioni di pietra calcaria dolce o di tufo , come nella Puglia, nella Lucania , nel Vicentino inferiore, in Sicilia preflo Siracufa , ec. AI qual propofito io la prego a valer riflettere che in tutti i colli di feconda- ria formazione e nelle analoghe ftratificazioni di tritu- mi teftacei teflè mentovate non fi trova mai un pal- imo di pietra calcaria forte fimile all’ Apennina, o all’ Iftriana e Dalmatina , nè veruno de' corpi lapide. fatti, che nella calcaria forte fogliono rinvenirfi. La calcaria forte, cioè, le radici dell’ Apennino fervono di bafe alla tufacea nelle teftè nominate provincie del re- gno di Napali , e tratto tratto fe ne veggono fcappar fuori delle prominenze, che provano le alterazioni fof- ferte nella continuità da quella antica maffa di ftratifi cazioni compattifiime prima della fopravvegnenza de’ nuovi depofiti. ” | I ‘Alla pag. 14 mi trovo quafi rimproverato per avere ingenuamente detto che le dimenfioni de’ pochi fcheletri, che a me fembrano fimili ad alcuni pefci del Sig. Brouffonnet, non corrifpondevano efattamente a quelle delle tavole . E fembra che da codelta diffe. renza di dimenfioni ella voglia trarre un argomenta di più contro l’ identità delle fpecie da me indicate, A un folo cenno ella m° ha intelo ; io devo pregarla a ricordarfì , che la differenza d’età porta neceflaria» Î0I fetife in tulti gli alimizli vria differenza di mole , € che come la non vorrebbe efcludere dalla fpecie uma. na un bambino che tofle fei volte più picciolo di lei; così non farebbe giulto il negare per quelta fpropor- zione medefima la ‘ parentela al Polinemo d’Otaiti con quello di Bolca . E' fenfatiffimo quanto ella dice a pag. 24. 33 Sia- ,, mo tuttavia ben lontani dal conofcere tutti gli abi ,, tanti naturali, e dal diftinguere gli avventizj de no Pfttrbémari “. Ma quindi appunto la medefima tem- peranza , che da lei viene faviamente predicata a chi vorrebbe aflegnar la patria ai petci ifcheletriti, e { mì permetta di non fepararneli ) ai teftacci lapidefatti, debb’ effere vifata anche nell’ aflegnarla ai tutt’ ora vi- venti. In quell'ultimo facco dell’ adriatico frequente- imente accade che venga a perderfi qualche fventurato capodoglio è Godefta è una razza di beftie troppo vo- luminofa perchè pofla' sfuggire all’ attenzione de’ rozzi noftri uomini di mare: ma un gran numero di fpecie cia vi sfugge di certo ; e il Naturalifta che dee badarvi avrebbe il torto; fe, perchè le forprende rielle acque veneziane, fi credefle in diritto di catalogarle fra i viventi adriatici: il noftro valente Sig. Ab. Olivi non lo farebbe ficuramente . E’ melto poflibile che avendo il gran Linneo allegnato troppo prefto la patria agli abitanti del mare ; egii abbia dato all’ America , all Afia, ec. zoofiti e viventi accidentalmente colti in quel- le lontane acque ed originariamente proprj dell’ euro- pee , 0 promifcui , € viceverfa. Ma che perciò ? Ne verrà forfe mai per eonfeguenza che peda avere erra- to nell’affegnare la patria alle balene? che gli ftocfifci e le aringhe fi trovino anche nell’ Adriatico ?_ che il Miidiianco poffa nafcondere tuttavia nel fuo feno immenfe famiglie di nautili , di porpiti numifmali, di cornammoni paragonabili a quelle che Pete fc OA no materia a valtiMimi ftrati ne’ monti noftri ? fo non Jo crederò mal. LIE A 102 I E a propofita di cornammoni ,, taccio , dic’ ella ») A pag. 25 , i corni d’ ammone trovati dal Bian- ss. chi fu le rive dell’ Adriatico “* , Con quefta figura di preterizione ha ella voluto veramente parlarne , per farci credere che duri tuttavia nelle acque noftre la difcendenza di que’ sigantefchi di Verona, o anche fo- lamente di quei di S. Cafciano in Tofcana, o di Can- tiano nell’ Umbria? Io mi lufingo di no ; poichè non folamente fi tratta di far un falto da picciolezze mi- crofcopiche a moli di parecchi palmi di perimetro, falto che pur a lei dovrebbe far più paura che a me, ma fi tratta che nemmeno le proporzioni, le differen- ze, la quantità poffano effere paragonabili. Alle mi- mute corna d’ammone del Bianchi , com’ella ben fa, corrifpondono le foilili degli ftrati arenarj del Sanefe, del Bolognefe, e d’'innumerabili altri luoghi di carat- teri, e di formazione differentiflimi da quelli , ne’ qua- li i gran cornammoni fi trovano Japidefatti. Nei gran- di, e forti ftrati dell’ Apennino calcario non fe ne trova vefligio . Che vuol ch'io le dica ? Sarà anche. quefta una delle mie debolezze , e me ne vergognerò forfe un giorno : ma io non fo propriamente rifolver- mi a credere, che le corna d’ ammone microfcopiche « del mediterraneo e de’ minori colli abbiano parentela con quelle antiche beftiacce d’ uno, due e tre piedi talvolta di diametro, delle quali troviamo le fpoglie o i nuclei or fulle altezze delle montagne or ne’ più baf- fi ftrati delle miniere . Ancora meno però mi potrei lafciar indurre a credere portate d’ altrove cotali fpo- lie pefantifime , e regolarmente giacenti. Dopo d' avere colla ‘più fredda prevenzione poilibile e le mi- gliaja di volte efaminato la giacitura degli ftrati , che contengono teftacei lapidefatti, e dopo d’ avere coftan- temente preferito per iftituir di fiffatti efami que’ luo- ghi, dove le montagne tagliate a piombo dai torrenti prefentano centinaja di ftratificazioni regolarmente fovra- impofie le une alle altre, io mi fono convinto-e con- 103 fermato, che non da veruna caufa tumultuofa e vio lenta, ma dalla tarda e fucceffiva aggeftione di partè fono andate cerefcendo e feppellendo teftacei. O* ma codefta lentezza fpaventa , allor quando fpecialmente fi tratti. di maffe ftratofe , che s' alzano le migliaja dî piedi fopra il livello del mare attuale! Oimè! sì: ma chi ha paura non vada a cacciarfi pe’ valloni delle montagne . Non è poi quetto nè il folo, nè il mag- giore fra i fenomeni fifici che atterrifcono chi fi met- te in capo di fpiegarli fenza urtare nè a deftra nè a finiftra. Ed è vero inoltre che quantunque volte 1’ Orittelogo fi trova nella pericolofa alternativa di of- fendere o il buon fenfo © rifpettabili prevenzioni , egli non ha miglior partito a cui appigliarfi che quello di ftarfene zitto. Poichè finalmente che c’ importa di per- fuadere le brigate del come e del quando fiano rima- fli fepolti i teftacei o i pefci fra gli ftrati petrofi ? Se anche poteflimo giungere a indovinarlo, faremmo noi più buoni, più ricchi , più felici ? No certamente. E per cercare di propagare quefta fterile cognizione noi andremo incontro volontari al mal umore d’una folla di brava gente, che ci fcaglierà contro le noftre pie- tre non folo , ma una tempelta ancora di maligne punture , d’ imputazioni fpiacevoli + La farebbe una pazzia madornale, e quafi peggiore di quella, che ar- rifchia di fare addormentar mezzo mondo icrivendo grofft volumi per provare che fabbriche così enormi come le montagne fono s’' alzarono in pochi giorni o per opera del fuoco o per quella dell’ acqua, potentif- fimi agenti a dir vero, ma che hanno pur d’ uopo .del tempo per mettere infieme delle gran moli. Ma ritorniamo alle note marginali. Alla pag. 29 trovo un raziocinio, che mi fem. bra un pocolino parente della mia gamba finiftra. Dopo d’ avere annunziato e foftenuto che le nomen- clature o fcarfe o copiofe degli fcheletri di Bolca fono infeMiftenti perchè mancanti delle neceflarie prove, el £ 4 î04 fa fembra afluméré per dato ficuto ,; che quel monte 53 fomminiftra de’ péfci, che non rinvengonfi, e non s) Vivono che nelle latitudini più fettentrionali , ... s, quali fono le aringhe , e la morua “. Come mai s'è Ella riconciliata sì prefto co' troppo franchi; e fol. feciti catalogatori? E s'Ella crede ben determinati gli fcheletri delle aringhe, o delle morue di Bolca , per: chè fi moftra così difficile pe' chetodonti } pei poline- mi? ec. Poco più fotto Ella afferifce che ,, le ultime fco. », perte full’ ambra ci aflicurano efler effa non altro ,, che lo fterco di balene ammalate “. Dunque l’ am: bra è una produzione fettertrionale ; dunque , fe fi trova a Bolca talvolta, prova che l’ antica remperatu= ra del luogo era quella che ora appartiene ai mari del norte , ec. lo non ardifco di rivocar in dubbio l’efat- tezza di quelle, che da lei fono chiamate nuove fco- perte: ma fe ben me ne ricordo fi tratta d' una fola recente offervazione , ed anche equivoca di non fo qual Capitano Inglefe : per iftabilire una nuova dot- trina in propofito dell’ ambra forfe fi richiederebbe qualche cofa di più . Io le confeffo che lafciando da parte per un po'di tempo, cioè, fino a tanto che fi poffa confermare, l’offervazione del Capitano Inglefe , calcolo per affai più concludenti quelle: che fono ftate fatte ultimamente negli fcavi profondi praticati ad og- getto di cercar ambra grigia alle rive della Pomera- nia : l' ambra grigia vi fi trovò , com'ella fa, e in tali combinazioni che fembrano crelimarla per un bi- tume. Alla pag. 33 ella riferifce ,, che il Marfigli, ) dopo d’ aver efaminato le pianure che ftendonfi in- 3, torno al Bolca , aflerilce d' averle riconofciute per 3, un vero fondo di mare “. Se il Marfigli ha trova- to che i contorni di Bolca furono antichi fondi di mare, ogni conofcitore di que’ iuoghi farà d’ accordo con lui : ma fe v' ha poi trovato delle piansre non 16 avrà chi lo lodi d’ efattezz4. Da Bolca alla bce vhanno parecchie miglia; e quella pianura poi , che ftendefi verfo il Polefine fra gli ultimi colli e il ma re a molta e molta profondità , non è altro che il rifultato delle depofizioni dei torrenti e de’ fiumi. E fegni riconofcibili dell’infidenza del mare vi fono così ben fotterrati, che niun occhio di lince potrebbe mat vederli, e la terebra geofcopica dovrebbe a lungo gi- rare prima di raggiungerli. Ella mi foffra ancora un poco ; fe a Dio piace- rà; prefto la finirò : Alla pag. 37 trovo elegante» mente defcritta la perpetua primavera ,; delle fpiagge sì del deliziofo Benaco , nelle quali fra i lauri , e i sy mirti ; e gli ulivi, e gli aranci, che profumano s> foavemente quell’ aria, incontrafi }’ agave americana »» propria de’ climi meridionali ec. “ Io non credo già ch’ ella voglia dire che gli aranci fi mantengano allo fcoperto per tutto l’ anno alle fponde del lago di Garda, poichè faprà che nel verno vengono difefi , € che quindi la primavera di colà non può dirfi perpe- tua come quella di Pozzuoli , o delle falde del Gar- gano, o de ridenti contorni delle Grotte-a-mare e di S. Benedetto nella Marea di Fermo. Ma io credo op- portuno di farle riflettere , a propofito del progreflivo rifcaldamento ch’ ella vorrebbe attribuire al globo no- ftro, che dugento anni fono gli aranci gentili, e i limoni di quel bel tratto di littorale fi tenevano all’ aria libera anche nel verno , lo che a dì noftri non fi potrebbe tare fenza vederli perire . Io mi ricordo d'aver notato quefto fatto , che proverebbe raffredda- «amento, in leggendo i libri d’ agricoltura di M. Ago- ftino Gallo , uomo di que’ paeli, che fcriffe ful finire del XVI. fecolo . E’ però tuttavia vero che alcuni aranci brufchi refiftono baftevolmente bene all’ aria aperta nel verno fulla riviera di Salò , benchè non fenza qualche difefa di muraglie. Arovo molto ingegnola e fpallessiata da buon 106 mumero di fatti I° ipotefi da lei propolta per falvar dall'una parte la veracità delle fpecie abitatrici di cal- de temperature, fe mai accadeffe che ne veniffero in- dubitabilmente riconofciute fra gli fcheletri di Bolca, e per difendere dall’ altra gli fpiriti dalla feduzione delle fantaftiche epoche Buffoniane , e de' calcoli forfe meno buffoni degli Orittologi pratici , di quelii ‘cioè; che invece di metteifi al tavolino per fabbricare fifte» mi comodamente , ufarono alla maniera degli Ardui- ni, e de' Do!omieu d’ impiegare gli anni loro più ro- bufti all''efame delle fponde alpine de’ gran torrenti, de’ fotterranei naturali ed artificiali , delle vette più ‘afpre ed ignude , onde acquifiare per approffimazione almeno idee proporzionate del tempo , che dovette ef. fere neceffario alla formazione e degradazione di così fmifurati aggregati di pietra e faffo. Non fi ponno ri- vocare in dubbio nè l’efiftenza nè |’ infiftenza de’ val- cani d’ intorno all’ attuale fituazione di Bolca e ben largamente d' intorno . Da Bolca {i prolungano verfo il mare i monti vulcanici , e ne fanno buona fede le ifole Beriche ed Euganee , non che il picciolo colle ifolato di S. Bonifazio ; verfo il lago di Garda le trac- ce de’ vulcani non fi perdono mai di vifta ; verfo i Sette-Comuni, il Baffanefe, l’ Afolano , il Bellunefe, e’l Cadore pur comparifcono ad ogni tratto ; verfo il Tirolo e al di là ne riconobbe il cel. Comm. di Do- lomieu. Il paefe comprefo fra' termini così all’ ingrof- fo indicati non è però ftlato efclufivamente il teatro delle accenfioni vulcaniche antiche. Se un diligente ed oculato Orittografo ne feguiffe ulteriormente le tracce troverebbe che i vulcani della Boemia , della Mifnia, e quei del Baffo Reno, d’ Haflia, e dell'Ifole di Da- nimarca, e gli fpenti dell’ agro Romano , del Medî- terraneo , della Linguadoca, del Velay, d’ Auvergne, di Spagna ec., formano una catena di comunicazioni... Andando dietro ai varj rami di effa l’Orittografo ufci- rebbe d' Europa, e traverferebbe in varj fenfi tutta la. 107 fuperficie del globo ; fu di cui fucceMvamente e forfe anche contemporaneamente in affai maggior numero che ora nol fanno arfero i vulcani all’ aperto , o ftet- tero in effervefcenza fotto mare . Prendendo la cofa per quefto verfo , Ella vede bene che il monte di Bol. ca trovafi nel centro d'un affai vafto paefe vulcanica attiflimo a tener le acque del mare ad un grado di temperatura molto più caldo dell’attuale pel corfo di secoli , fe pel corfo di fecali arfe o fu in effervefcen- za contemporanea di varie località , lo che non è im- probabile, e fi potrebbe per avventura dimoftrare ac- caduto. Invece di circonferivere l’ effetto de’ vulcani fu la temperatura delle acque del mare agl’ immediati contorni di Bolca, io vorrei ch' Ella lo dilatalfle a de’ eran tratti dell’ atrual Continente ; allora forfe potreb- be fembrare tolta di mezzo la difficoltà proveniente da’ teftacei non noftrali che coftituifcono l’ impafto d' immenfi ftrati nelle alpi Tirolefi, nelle Illiriche, nell’ Apennino ec. , e più fpeffo ancora le radici che le par- ti prominenti di codefte montagne. Com’ ella ben vede, noi fiamo affai meno difcor- di che la non avrebbe per avventura creduto . Decifi- vamente contrario alla ipotefi dei trafporto de’ pefci bolchefi da mari lontani alle noftre contrade ; perfua- fifimo dell’impoffibilità d'iftituire paragoni efatti d’ eli {cheletri coi pefci viventi, e di trarne conclufioni de- cifive di caratteri fpecifici; non lontano dal trovar pof- fibile, che la temperatura antica delle acque fia fta- ta mantenuta per lunga età più calda di quello che avrebbe portato la noîtra latitudine, in forza delle ef- fervefcenze fotterranee , e delle confeguenti accenfio- ni, io fono certamente più con lei che co’ Naturalifti Veronefi. Un altro articolo però , fu del quale defidererei che foffima anche d’ accordo, fi è la neceffità di non feparare dagli fcheletri di Bolca i teftacei lapidefatti e le ofla d’animali riconofcibili, che trovanfi ne’ monti 108 tioltri ; ogniqualvolta fi trattaffe d’ iftituire riverche pet indovinare la temperatura in cui viffero. Il fenomeno de’ teftacei non attualmente noftrali è nè più nè me- no curiofo di quello de’ pefci ifcheletriti. Ho mai fem: pre creduto che il far più ftato di quefti che di quel- li fia un’inconfeguenza , della quale hanno più colpa i fenforj che lo fpirito. I teftacei lapidefatti fono più ovvj che i pefci e non vi fi abbada; trovanfi poi an- che fpeffo detriti e confufi con altri frantumi ; di ra- ro hanno colore diverfo dal rimanente della pietra in cui ftanno prefi: ma gli fcheletri dei pefei ferifcono l'occhio per la confervazione loro , per la giacitura , e pel colore diverfo dalla pietra che li racchiude . I teftacei fi vedono poi anche fuor d’acqua , che i pe- fci no: e quindi quel bello ingegno di Voltaire , che fpiesò così facilmente l’ efiftenza delle conchiglie fu' monti; non difle parola de’ pefci : e fece bene ; poi- chè fa Dio qual altra fpiritofa mentecattaggine avreb- be cacciato fuori ! Ma Voltaire voleva ridere e far ridere ad ogni patto , nè afpitava a fabbricar ipotefi ful ferio, come v’afpirano i Naturalifti che ne hanno oggimai prodotto le centinaja. Io fono pur troppo già vecchio, e acciaccofo: eppure fe fi trattafle di fare una gita per alcuni luoghi di montagne, de’ quali mi ricordo molto bene le fingolarità; e de’ quali intendo forfe molto men bene le origini; e di farla con qual. che valentuomo che avefle voglia d’illuminarmi, fen- to che mi vi prefterei volentieri. Ma i valentuomini, che fanno profeffione d’ illuminare altrui in fatto d’ Orittologia, non fogliono amare i difagi delle pe- regrinazioni montane. Mal volentieri eflt piafterebbo- no cattedra iu le deferte cime d'una qualche alpe, d’onde fi difcopriffe in grande lo fpettacolo delle pro- greffive rovine e fraftagliature delle gran maffe pietro. fe, o nel fondo di qualclie freddo e umido burrone, le di cui fponde tagliate a piombo moftraflero allo {coperto parecchie centinaja di groli e minori ftrati 109 depoftifi tranquillamente gli uni fopra gli altri in ita. to di fango o d’arena, poi divenuti pietre, poi ab- bandonati dal mare, poi fquarciati da lenta forza del. le acque piovane a fpaventevoli profondità. Io ho avu- to la ftravaganza di andar in cerca di tali luoghi; e quafi me ne pentirei, giacchè, dopo d'aver corfo mol. ti pericoli e fopportato molta fatica, ne fo,e confeflo di faperne affai meno di quei felici ingegni, che ar- chitettano o demolifcono fiftemi nel tepida ambiente del loro ftudiolo ; forta d’intemperanza forfe ancora più cenfurabile di quella, che vien accufata ,, di vo» , ler fare il mondo vecchio a forza d'offervazioni s, nuove ‘. Un’ altra annotazione forfe lunghetta, ma che fa- rà l'ultima ad abufare della di lei pazienza. Alla pag. 43, dopo d' aver ftabilito , che il mare adriatico potè beniffimo anticamente perchè rifcaldato da’ fuochi vulcanici , nodrire pefci proprj di climi più caldi che’! noftro, ella chiede, come 7 pefci nativi d'un tal mare furono poi sbalzati e rinebiafi nel monte Bolca ? Mi per- metta, che in primo luogo, io le faccia prefente così di paffaggio , che nell’ attuale vafca dell’ adriatico ( al- meno dall’ Ifole dello Stato di Ragufa fino al littora» le del Friuli ) la fola località vulcanica che apparifca fuor d’acqua è il picciolo fcoglio difabitato di Pelago- fa, pofto fra la Puglia e l'lfola di Liffa cinquanta miglia incirca lungi da terra. Se fi voleffe dire che fu rifcaldato da’ vulcani l’ adriatico in tempi rimoti, affumendo come fuor di queftione che il di lui reci- piente e il livello foffero i medefimi che attualmente fono o poco diverft, ognuno farebbe tentato di fofpet= tare che il vulcanetto della Pelagofa e quelli dell’ I{o- le Beriche ed Euganee e finalmente anche quelli di Bolca e de’ contigui monti non. poteffero aver. dato fuoco baftevole per rifcaldar un sì gran caldarone d' acqua , Venendo alla rifpofta ch’ Ella dà al fuo pro» prio quefito , come # pefci dell’ adriatico furona sbalzati 110 nel monte Bolca ? io trovo che il terremoto vi fa una troppo miracolofa figura. Da tutto il contefto del di lei libro non fembra che poffa efferé fua opinione, che il livello del mare giugneffe anticamente a fiipe- tar le cime attuali delle noftre montagne. E quindi cogrenternente la di lei ricerca non è del come fiano ftati depofti i pefci; ma bensì del come fiano flati sbalzati nel monte Bolca. Se avefle detto abbandonati, io. avrei creduto che fi proponefie feriamente di trar partito dagli abbandoni di pefci accaduti fra Pozzuolo e Baja nel 1538 alla nafcita del monte-nuovo, a San- torini nel 1707, nel 1742 a Veracruz nel Meffico, a Sumatra nel 1755. Ma benchè moftri d’averla avu- ta, ella non ebbe per certo quest'intenziohe; poichè per fare che un ritiro deli’ Adriatico cagionato da ter- remoto contemporaneo o di poco prectrfore di un’ eruzione vulcanica ed accompagnato ,, da una morti- 33 fera efalazione abbia potuto uccidere, trafportare e ss lafciar confufamente fu le. falde del Bolca i tanti 33 pefci che da effo fi eftraggono “; le farebbe d’uo- po accordare che il livello del mare inedefimo fi tro- vaffe in quel tempo per lo meno 1260 piedi più alto che orta non è; cofa da far incanutir di raccapriecio chiunque teme di veder canuto il globo noftro. La- fcierò per ora da parte; che mi fembta. lontaniffimo dalla dimoftrazione , il micidiale effetto delle mofete fopra le branchie de’ pefci allorquando fi.trovino com- binate coll’ acqua; e non folamente coll’ aria atmosfe- tica .. Ricordandomi d’ aver veduto guizzare de’ vermi nelle acque di Latera nella maremma di Caftro., aci- dulate dal gas acido solforofo, e innumerabili. pefci nelle acque Termali fu!furee di Saturnia nella marem- ma di Siena, io fofpetto che i poveri pefci tornati morti all’occafione della nafcita di nuovi monti, © dal bel mezzo del mare, © da preffo ai litorali fieno ftati vittima del bollore dell’ acqua, o del fuolo fu cui rimafero a fecco. Nè mi fa gran difhicoltà il fa- Ri ili pere che l’ acque mefitizzate dai Fifici fono mortali ai pefci, e agli anfibj; poichè e i Fifici dofano più cru- delmente che la natura; e l'animale, che muore in un vafo di angufta capacità perchè non può fuggirne, falverebbe intallibilmente la vita fe fi trovaffe in un ambiente più vafto, e non tutto mefitizzato. Io ho pofto nelle motete a fecco di Latera parecchi animali di fangue freddo; hanno tardato moltifimo a rifentitfe- ne; ed il primo tentativo intraprefo dalle lucertole con molta energia è ftato quello della fuga. Dopo un'ora di-forzata ftazione nell’ ambiente, che uccide gli ani- mali di fangue caldo in pochiffimi minuti, quelle be. ftioluzze riportate all’ aria atmosferica riprefero le fo- lite loro funzioni. 1 pefct non morrebbero adunque così facilmente per la forza del gas acido folforofo, o dell’ idrogeneo folforato, o del carbonico che fi com- binaffe colle acque loro native; come ne morremmo noi fe fi combinaffe coll’ aria cui dobbiamo infpirare . Noi fteffì poi non beviamo forfe con effetto falutare I’ acqua acidulata dal gas acido folforofo, che feparato ci affogherebbe? Gli uccelletti, i minori quadrupedi fi trovano morti alle fponde della forgente acidulata di Latera che dicefi del Cerquone perchè vi vanno a bere in tempo di notte, o durante lo ftato umido dell’ at- mosfera nelle prime ore del giorno, tempo, in cui dalla fuperficie dell’ acqua follevafi il gas mortifero : a Sole alto; fe l’aria fia afciutta, bevono impunemente dell’ acqua che n'è faturata. Ma io m’avveggo che, non volendo, le ho an- che detto qualche cofa di ciò, che m’era propofto di lafciar da parte. Le ne chiedo perdono e ritorno a Bolca, giacchè è venuto il momento di trarre qualche partito delle forfe trenta diverfe falite ch'io v' ho fat- to a' miei giorni, dopo le quali per mia sfortuna cre- do men facile da fpiegare il fenomeno di quello lo creda Lei, che fi € rifparmiato l’incomodo di arram- picare colafsù. E' fua opinione 1°. che gli fcheletri 112 de’ pefci fi trovino confufamente fu le falde di Bolca:: ma è un fatto che vi fs trovano molto più addentro delle falde, perchè nel fianco d'un burrone recente- mente fcavato, depofti con grandiflima regolarità non in uno ftrato folo, ma in parecchi, frammezzati an- che fpeffo da letti di pietra pur calcaria e fciflite non izziofora: 2°. Ella congettura, e anzi dà quali per certo che quegli ftrati fiano formati, almeno in parte, di ceneri vulcaniche; e in verità non vè la menoma apparenza di quelta fognata mefcolanza: 3°. adduce come argomenti di convenienza la pioggia terrofa dell' Etna defcritta anni fono dal mio amica il Cav. Gioe- ni, e quelle che alzarono maffe enormi ftratificate di polviglio, di lapillo, di rottami vulcanici fu’ campi Flegrei, e fu l'Ifole aggiacenti: ma codefte pioggie terrofe, e i loro rifultati fomigliano tanto alla pietra fcifile calcaria di Bolca quanto il bafalte colonnare al travertino . | Su di quefta affoluta diffomiglianza e apparente e foftanziale, che paffa fra la pietra izziofora di Bol- ca e le terre vulcaniche raflodate di Sicilia e della Campania, io fpero ch’Ella vorrà avermi fede. E cre- da pure che il testé mentovato Cav. Gioeni, il Com- mendatore di Dolomieu, il P. Breislack, e qualunque altro minerologo, che conofceffe la pietra di Bolca e le terre vulcaniche de' teftè nominati luoghi, mon le direbbe in quefto propofito nè più nè meno di quello che ho l’ onore di dirle io. Come mai le è flato fat- to credere che le ,, ceneri vulcaniche, le quali hanno ss un colore or biancaftro, ora grigio, ora roffigno, ,s e rafflembrano non di raro una polvere fottilifima , ,, cadute fi rafodano, e fi sfogliano in iftrati più o ss meno fottili, fan fempre qualche effervelcenza cogli s, acidi, abbonlano d' argilla, contengono della terra so felciofa, fono in una parola margacee ... prefentino ss l'apparenza, e le qualità dello fchifto fparfo di fer- sy tee particelle, che rinferra i pefci di Bolca “? Nè II all’ ifpezione femplice dell’ occhio, nè al criterio dat analiG la calcaria di Bolca prefenta raffomiglianze co’ polvigli ftratificati de’ vulcani ch’ ella defcrive. Per dare maggior probabilità alla fua ipotefi dei feppellimento a fecco de’ pefci, sbalzati dal tremuoto fot- to le terre pulverulente piovute dal vulcano, ella ac- corda forza d’ argomento a due accidentalità della pie-. tra fcifile bolchefe. Vi {i trovano ,, delle foglie d' al. ,» beri, piante terreftri, frutta, fiori, ed anche qual- s» che volatile “; ne fegue dunque ,, evidentemente, »; profeguifce ella, che i fuddetti ftrati non fi forma- ,, rono nel fondo del mare... poichè le foglie degli s» alberi fono coftrette per la loro leggerezza a galleg- ,) alberi è ben vero che fagliono ftar a galla: ma è ve- ro altresì, che nulla v' ha di tanto comune, quanta il vedere i fondi dei foffati pieni d'acque tutti coper- ti di foglie calate abbaflo, e quanto il trovarne di prefe nella mota de’ fiumi e de’torrenti, dopo d’ aver galleggiato per qualche tempo e d’efferfi lafciate ben compenetrare dal fluido, in cui fono cadute. Io non vedo chiara l’impoflibilità dello fteffo ne’ fondi di ma- re. ,, Le pioggie vulcaniche, profiegue ella, sfronda- ,, no gli alberi e le piante, e fanno cader morti gli ,, uccelli ©. Sì certo ; le pioggie di fai o di lapillo; ma non già quelle di polviglio, cioè, di quella terra che fola può formare concrezioni di grana fottile. Ai. le radici del Vefuvio, e a quelle di Stromboli cadono frequentifiimamente di tali pioggie, nè v'è foglia che fe ne rifenta, o paffero che fe ne trovi male. D'in- torno i crateri, dove anche il polviglio fcotta, fe vi poteffero allignar alberi, efla ne rimarrebbono sfrons dati: ma ella fa, che non ve ne allignano. La pre- fenza delle foglie fra gli ftrati fciftsii di Bolca non prova dunque nè la non-prefenza dell’ acqua al momen- to della formazione loro, nè la caduta di effe foglie per opera del polviglio vulcanica. | h giar fempre full’ acqua ‘°. Le foglie frefche degli. —- iid 4 w feconda accidentalità, cui ella ha voluto dat forza ,, è un certo odore bituminofo, che la pietra 33 di Bolca ftropicciata un poco fortemente fuol efalare <<, E' verifiimo : fe vengano sfregati .gli uni cogli altri i pezzi di quella pietra cacciano una graveolenza di bi- iumé. Efalavano, foggiurig ella, un odor fimile le cenerî del Vefuvio piovute ful golfo di Venezia nel 1737, elé ceneri del vulcano forto all’ iricominciar del noftro fecolo riell’ Arcipelago erano intrife di bitume . Sarà forfe vero l'uno e l'altro de’ due fatti: ma nen baftano a far prova che tutti i polvigli vulcanici pu- tano di bitiime, e molto meno chie, quanto pute di bitume nel regno lapideo , fia vulcanico. Quante varietà di pietre v' hanno al mondo, che éacciano ftrofinate qual più , qual mietio odor di bitume ; denza aver mai avuto la merioma parentela co’ vulca- ni? In Dalmazia io ho raccolto frequentemente, fra Macarfca e Narenta in particolare, de’ pezzi di calca- ria pieni zeppi di corpi marini e inzuppati di bitume; ed è di pietra calcaria pieva di lapidetatti marini quel- la rupe dell’ Ifola di Bua, ch'io ho fatto difegnare ed incidere , nel mio Viaggio di Dalmazia, e da cui co- la fpontaneo l'asfalto. Non è dunque un carattere di vulcaneità il puzzar di bitume, o lo è foltanto di vulcaneità in potenza; e futura. La pietra calcaria fcilile di Bolca è tanto priva di qualunque carattere vulcanico quanto lo fono tutte le altre congeneri, che contengono fcheletri di pefci, e quanto le ardefie, o le lavagne, che ne hanno pur effe frequentemente. Fra le prime io comofco per averne. fatto localmente l' efame quella di Varboska fu l Ifola di Lefina, dura e fonante, che racchiude pefci, gli fcheletri de’ quali fono di color bianco - ar- genteo ; conofco nel modo ftefflo l’egualmente. com- patta di Pietraroja fopra Cerreto nel Regno di Na- poli, i di cui pefci hantto le fquame, e le vertebre cangiate in focaja, ed. invece di fpaccarfi a mezzo fi 115 inoltrano intieri € > più facilmente determinabili; Niun veftigio di foftanze vulcaniche moftra la calciria iz- ziofora d’ Aleffano riella Iapigia; niuno quella del Li. bano; niuno quella d’ Oeningen. Lo fchifto di Tre- miofent af lago di Garda, quello femicarbonofo di Montereale nel Vicentino ; le Jivagne del Cantone di Glaris, quelle d’ Isleben agli occhi dell’ efperto vul- canilta non ne lianno il imetiomo indizio: Un folo efemplare di fcheletto di Fefce ho veduto in mia vi- ta, che potrebbe provenire da una cava di pietra fciffile , fe non immediatamente formata almeno origina- riamenté derivante da polviglio viilcanico; èffo è di Stabia; e trovafi nella poc'anzi lodata collezione dell Ab. Minetviho in Napoli: , Quiefte picciolezze , ch’ io ho prefo la libertà di trafcriveré dalle note marginali fatte al di lei opufco- lo, qualtinqui effe fiano, defidero che dalla gentilez- za fua vengano accolte come derivanti da tuti’ altro fpirito che da quello d’ acerbità e di cofitraddizione < E mi creda puré ifitimamente convinto, che fu la bi- laticia della filofofia pefanò infinitamente più le mo- deltiffime e favie protefte , colle quali ella chiude l'erudita fua lettera; che ùn mionfe intieto di con: vettité ingegnofe o di ftoperte cutiofe ; poichè quiefte e quelle, ad onta del gran romore, ehe ne fogliono menare &li autoti; fono per la maflfima parte inutili; e il buon efempio non lo è mai totalmente. Elta ha fpiritofamente detto chie le;; opitiioni filo. s3 fofichié voglionfi riguardare come i beni della for- Jpcura te n quefto nori anderemo d’ accordo. Ma- terialactio come fono, e addottrinato dalla fperienza, flimo mille volte più la proprietà d’ uri angufto or- ticello ché la lode delle fcoperte o delle teorie per quanto polfario effer vate o luminofe; 4 quella ri- nunzieret con difpiacere , a quefte fenza la menoma efitanza. Saremo in compenfo concordi perfettamen- te nel credere che i filofofanti. deggiario trattare ia b 2 116 difefa delle rifpettive loro opinioni col perfetto diltac- co medefimo , con cui gli Avvocati trattano le caufe loro affidate . Dinanzi al giudice fi permettono anche qualehe motterello pungente l’un contro l’ altro : ma a difputa finita ridivengono amici, e fpeflo vanno a mangiar la zuppa infieme. S° ella mai ritorna a Pa- dova in buona ftagione, la non trafeuri di fare una corfa agli Euganei. Difputeremo dall’ ora del caffè a quella del pranzo, e dal pranzo alla cena: ma da buoni amici feppelliremo ogni differenza nella zuppa e nella bottiglia, e ciconvinceremo ogni dì più ,che un allegro definare vale mille volte al di là di tutte le glorie letterarie, e de’ loro frivali oggetti. Sono con vero fentimento Suo Obbligatiffimo Serv. L’Ab. Fortis. E SAT TO DELLA LETTERA DEL SIGNOR ABATE FORTIS AL SIG. ABATE TESTA Sopra i pefei ifcheletriti de’ monti di Bolca . DEL SIG. ABATE TOMMASELLI CON NOTE DEL SIG. CONTE GIO: BATTISTA GAZOLA (Nota ) Il Sig. Ab. Fortis per rion entrare in lizza fino col titolo della lettera del Sig. Tefta, e per non dar la caccia a tutte le mofche, ha fcritto tonti di Bol. ca; fapendo egli, iltrutto com' è da replicate vifite a que’ luoghi ; che il Bol&a non ha pefci di forte al: cuna , effendo il cimitero d’efli pofto nel monte di Veftena nuova . Io cotifefvo, come preziofo dono del Sig. Ab. fuddetto le lettete del Ferber da lui poftil» late. Alla lettera 3. p. 23., ove v’avea nell’ edizio» ne a ftampa ,, le mont Bolca eft une autre monta- ,» gné du Veronois, connue par les belles impreffions ,) de poiffons Sotitui il Fortis di fuo pugno le diftricò », de' Veftena dans les montagnes Veronoifes, 4 cui ,, în margine avdi una poftilla: le mont Bolca eft ,; un pic de Bafalte ; fans pierte calcaire. “ Il Mar: chefe Maffei ftello dice itrovarf i pefcî nel tener di Vefiena nuova. .Puofli accettare i leggitori chie amen- due quefti dotti vomini hantio offervato , offervato molto . Ii non ifcoprirfi dal cimitero de’ pefci che la fommità del Bolca, e d'un Tempio foprappoftovi, ha fino da primi tempi fatto chiamare col nome di Bol- ca anche quello di Veftena ., che hanno i pefci b 3 115 00) | portato feco loro , e loro vien dato tuttodì a feconda del vecchio coftume. I) Sig. Ab. Fortis con quella vivacità, e grazia, che nobilita tutti 1 fuoî fritti , prende in primo luogo a difenderk da tre punti d' accufa con cyi l° aggredifce 51 valorofo Stig. Tefta. | “ 1. D'inefattezza nel determinare la corrifpondenza di quattro fcheletri di pefcî colle figure del Signor Brouffonnet . | h I ( Nota ) . Il Signor Ab. Fortis efaminò quefti pela tenen- do da una mano il Brouffonnet, l’ittiolito dall’ altra, e confrontandone le più minute parti. Il Sig. Tefta a Verona gettò un occhiata ful pefce, e ne ftabilì pofcia il confronto a Milano full’ Autore fuddetto . A chi dovrai preftar maggior fede? Rifponde d’ aver enunciata la raffomiglianza , né mai proferita la decifiva parola identità , per quella non far di mellieri tanta minutezza come per quefta : ( Nota ) Paro HI Sig. Fortis ha pure claffificato il Lopbius pifca» torius, oflia Diavolo di mare; fu di ciò nen viene riconvenuto dal N. A. Ma perchè? Forfe per eflere un pefce dell’ adriatico? Accordargli che la ralfomiglianza di contorni potredbe illudere, ma gli vitorce d’ improvvifo il difcorfo, elfer poffibile anche lo sbaglio nell’ affegnar la patria efclufi- vamente fino ad alcuni uccelli, e pefci vivi. Non vuol tacerfi un belliffimo tratto di logica: abbia il polinemo plebeio di Bolca i caratteri fpecifici di quello del Sig. Brouffonnet , e di quello dello Gmelin, qual confeguenza da ciò ne viene ? €he il polinemo piebejo fard un pefce viaggiatore, 0 dî quelli che SJ propagano fotto diverfi climi; e nulla più. ( Nota ) I pefci dorati della China, che ferbanfi ad orna- mento delle fonti ne' giardini noftri, fl chiameran 1I eglino Europei? Si chiameran eglino Europei la Ga. lina di Numidia, il Pavone , il Gallo d’ India, ben- - chè refi comuni al noftro fuolo 1) ‘ 2. D’ aver. adottato la promifcua efflenza în Bolca degli febeletri di peJci Europei, od ottaitici . (_ Nota ) Se quefta è un erefia, lo farà egualmente l’ af ferire che nel Cimitero di Romagnano mefcolate all’ offa degli Elefanti v' abbiano quelle di Pecora, di - Cervi, d’ Afini ecc.: eppure il fatto è innegabile. Il Sig. Ab. Fortis prega il gentile fuo amverfario di ben confiderare la lettera ql Cali, in cui s efprime che giudicò i pefci Bolchefi corrifpondenti agli attuali, abitanti nell’ acque d' Ottaiti : il che è ben altro. La modeftia poi con cui fî difende dai farcafmi del Milane- Je ferittore, è quanto nobile altrettanto viva, obbligan- dolo a rientrare in fe fteffo. 3. D' aver dato nell’ affurda opinione del tumultuo- fo trafporto di effi fcheletri. L’ ingegnofa e bella rifpo- fia, concui & purga dalla taccia, merita d' effer letta in fonte. Vi fi tocca pure l’articalo de’ Naturalifti Vero- nel che inchinano a queft' afurda opinione . ( Nota ) | | L’ affurda opinione d'un violento cataclifmo , credo almeno che potrà andar del pari con |’ ipoteli Buffoniana, e col Vulcano del Sig- Telta. In mez- | zo a tré opinioni affurde i Naturalifti Veronefi credo, no di attenerfi a quella che fpiega meglio il feno- meno . Dove mi rincrefce che il Stig. Ab. Fortis non ab. bia efaminato quanto debba valutari la generale efpref- fione di Veroneli Naturalilti, che così non gli farebbe ftato d' uopo di rinunziare al vantaggio della loro buo- na compagnia. ( Nota ) Vedi nota G. a. dell’ eftratto della prima let- tera. b 4 129 o Paffa poi ti N. A. ad aliri punti qua e 14 notati ta margine nell’ opera del’ Sig. Telta. VEMG. circa Pig ignovabilità di quafi tatti gli ittioliti gli fa la cor. rofra d' accedere all’ opinione del Becbnanno, ( Nota ) ni; ll Sig. Ab. Fortis è troppo cortelé, e fup- pongo che vorrà andar d'accordo col Beckmanno che non intefe di parlare che de’ pefci dello Spada. Ma quivi medefimo efpone un fuo bel penfamento , cioè a dire che l’ unico partito farebbe di confultare un bravo îttiologo, che foffe anche botanico, è condotto nel Gabinetto Gazola, diceffe liberamente ciò che gli pare all’ afpetto di tanti oggetti petrificati . Fatto di verità è che pofto in tal circoRanza il Sig. Ab. Olivi, nata valifta di quel merito che ognun fa, gli è fembrato di ritrovarfi in mezzo a reliquie per la maggior parte flraniere. IL che non è avvenuto al Sis. Tefta. ( Nota ) | Il Sig. Ab. Olivi nella cui perfona {i ripromette l Italia il fuccefore di Vitaliano Donati , fecondo l’ afferzione del Sig. Tefta ( let. 1. p. 41. ), febbe- ne, fenza nulla togliere al merito del Donati, | ab- bia a quelt'ora di gran lunga avanzato, fe foffe vif- futo a’ temapi del Marfili, non s’ avrebbe quefti cer- tamente data la pena di confultare idioti pefcatori, come fece; ma avrebbe rinunziando anche alla lode che gli poteffe dare il Sig.Tefta per la rnodeftia fua, l’ opinione afcoltata, e rifpettata di quefto dotto Si- gnore , come io purela rifpetto a fronte di quant’ ope- re fi fcrivefero a quefto propofito . Onde ben f pare la conclufione un poco umiliante, che deriva da quefto indiretto argomento del N. A. Dico indiretto in quanto moftra d' accennare una cofa per fervire alla pulizia , e ne dice un altra a rifalto del Vero . ; 2. Intorno agli animali indigeni ed efotici il no- Siro A. crede ragionevole il diflinguere, avendovi delle 121 Soecie che vivono dappertdtto, é di quelle che fono pros prie d' alcuni climi. ( Nota ) A Chi può mai ftabilire il clima dell’ antico mare che formò gli interi monti noftri col fuo fedimento ? ( ciò fia detto fenza metter mano ne’ filtemi ). Noi troviamo in efli congeftioni di conchiglie e noftrali, ed efotiche infieme conglomerate. Non potevano ef- fer quefté coabitatrici del mare fteflo come alcuni de’ pefci che al noftro mar fono incogniti? e come no! La terra d’ Angerica produce gramigne come la no- ftra; e ha poi il privilegio di produrre la vainiglia , il cacao ecc. Ilfuolo d’ Africa, e d’ Afia nudrifce uo- mini ; lepri, pecore, conigli; ma ha le tigri, i leo- ni, le pantere, gli elefanti che fono fuoi proprj. Co- sì fente il Sig. Ab. Fortis; e deve con lui fentire ogni ragionatore così. Dopo di che ritocca il dilicato punto de’ requifiti necefari a dar fondato giudizio dell’ efoticifmo, o in- digenifmo de’ pefci e de’ teftaceî , moftrando volonta d' ef- Sere pur una volta iîntefo. Al frizzante epifonema del dotto Milanefe che ti Naturalifti fcambiano i coccodrilli colle balene, e gli uomini co’ pefci, il N. A., di fe tacendo, oppone con una moderatezza propria degli ani- mi grandî l’ autorità del veterano Arduini, che verificò molti denti e rottami di coccodrillo, fenza che niuno ab- bia ofato di fiatare. ( Nota ) Gli autori a’ quali indirizza il Signor Tefta quel fuo frizzante epifonema , fono quegli fte, che for- mano il primo foftegno di fua propofizione. Vedi Jet. p. 7. 8. 9., e Nota all' eftratto. C. Io non vor- rò pungere quefti dotti uomini dietro sì fatto efem- pio, ma per moftrare quanto 4’ tempi loro corofcevafi I’ Iftoria naturale, non credo inugile il trafcrivere ciò. che pubblicò Lorenzo Legati nell’. illuftrazione el Mufeo Cofpiano unito a auello dell’ Aldrovane 122 di(1). Facendo egli menzione del Mufeo Mofcardo, e di quello del Calceolari noftri Verone(i, fi fa a decidere il fentimento d' Anfelmo Boezio di Boodt, che afferì trovarfi i pefci nelle pietre allor dette Islebiane, af. fermando ,, che le meravigliofle immagini di que’ 3) 33 22 >) 99 >) 79 23 »)) >) 23 2 2) wo 2) 9) D), faffi fono tanti fcherzi dedalet, delia natura de’ qua- li non fe ne può rendere altra ragione fe non che Ludir in humanis divina potentia rebus. E fog- giunge , non s' inganno il Vormio conchiudendo di quefti miracoli della natura, cogimzar igitur faterî naturam polydedalam malta finu fuo fovere, quorum vationem nemo unquam inveftigabit. E forfe di que- fta fpecie, e perciò naturale fi fu quella pietra, ch’ improntata dell’ immagine d’ un pefce, fu prodi- giofamente fcagliata dal Cielo a punir l’empietà di quel facrilego, che ricufando d’ onorare S. Niccolò Magno, il Taumaturgo di Mirea, con ifcherno an- repofe al di lui culto il defiderio di mangiar pe- fce: ma colpito da quel pefce di pietra impietrì nel- la lingua, che perdè l’ufo del favellare, per lafcia- re agli occhi quello di piangere. Onde Francefco » Maria Bordocchi ecc. così ebbe a cantare: 2, S' apriro i Cieli, e da quell’acque immenfe, Che dan full’ alto eterni plaufi a Dio, ‘D’ ingordo fchermitor le brame intenfe Pefce di pietra a vendicare ufcio . Tratto l’empio dal colpo alle difpenfe Di quel pefce fatal guftò più pio L’efca d'un facro culto, e in parche menfe Gli alimenti dell’ etra all’ alma unio . (+) Muf. Cofp. lib. II. Cap. XXVIII. c. 158. Bologna pet Gia- somo Monti MDCLXKXKVII. 3123 Quindi non più a fchermir Je labbra attenne, © Ma con pefce di pietra a tacer prefe, Ma con l’acque de’ Cieli a lodar venne. Così fra pianti fuoi muto fi refe, | E l'onda del fuo duol da un pefce ottenne, Ed il filenzio fuo da un pefce apprefe. 3. Paffa in feguito ad un altra diftinzione, Ma prima è da fapere che tre opinioni în oggi fi poffono ane noverare fugli Ittioliti: una de’ naturaliftt Veronefi, onorata del titolo d' aMurda: effa è tratta però media- tamente dalla floria mofaica . La feconda la Buffoniana corretta: quell’ è dell''Ab. Fortis. L’ ultima, che fi po= rebbe chiamare delle località, vb ( Nota ) | Senza però averle mai conofciute, E' del profondo meditativo Sig. Tela. La prima che fr attribuifce a Veronefi, è però ancora d’ un conter- ranceo ed amico del Stig. Tefta. ( Nota ) | | L’A. dell’ eftratto credo voglia alludere al Cel. Aut. delle Lettere Americane, che non è certamente conterraneo del Romano Sig. Tefta. Quell’ illuftre foggetto forma l’apologia di chi fente con lui. Il Sig. Ab. Fortis, e il Tefta combattono fra lo- ro intorno la vifpettiva opinione, ma fi accordano con- tro la terza: di che nulla dirò al prefente dovenda rientrare in filo. Dilingue pertanto il Sig. Ab. Fortis le montagne d' alta formazione da quelle che hanno un’ epoca più vecente, ed afficura nelle prime non ‘aver mai trovato che nautilt e corni d° ammone d' una varierà, di cuî non fomminiftrano efempio î mari vicini, nell’ altre st avere fcoperto gobbi, e mituli, e came, e car- di ecc.; fembrargli neceffaria ffarta difinzione (la creda pur anche debolezza il Sig. Ab. ) per diftinguere i tem- pi, e conciltar le fcritture. Ciò preme(fo egli è un fat- to indubitabile, dice 1 N. A.,che la partecalcaria delle 12 montagne di Bolca appartiene ad ana catena di monti di formazione antichifima, e coeva agli Apennini. La mifchia fra 1 due contendenti ferve a fegno, che l' elo- quente Sig. Telta, fe vuol bene rifpondere, 0 dewé nega: ve un fatto indubitabile; o ritirarfi, nulla giovàndogli s foliti effugj della Talliana accademia, il di cui ufficio fu il cercar men di tutto la verità ( mà farlo col miglior modo); 10 che portò al’ arte dî ragionare l' ul- timo eccidio. di I pefci del Sig. Brouffonet fonò piccioli rifpetto a’ bolcani, tal differenza baftare a topliere l identità delle fpecie indicate dal Sig. Ab. Fortis. Quefti non f4 che offervar di fuga effere l’ obbiezione di quelle che fr ribattono col folo accennarle ; fapendofi che la grandezza carditerizza le varietà, non ie fpecie. S. Dice il Sig. Ab. Telta: Samo lontani ddl co- nofcere tulti gli abitanti naturali ed avventizj de’ no- ftri miari. Ottimamente, rifponde 11 Sig. Ab. Fortis; ragliando cost la firada al fuo nobile avverfario di più procedere, perciocchè fe îo non bo ragion d' inferire che î totali pefcîi fano efotici, nè Elia l'avra di conchiude> fe, che fiano indigeni . Jide” 6. A propofto di corni d' ammone il N. A. fi di- chiara del par? contro lo fpiritofo Sig. Milanefe, e con- to î Veronefi Naturalifli, non poter egli afolatamente, dopo d'efferft iftrutto fal gran libro della natura, per- fuaderk, che î tornammoni mi:trofcopici del Mediterraneo abbiano parentela con quelli che fi fcavano dat gran monti, e che queftîi ultimi , d° enorme frattura , quali fono, e così difpoffi, come fi trovano , fulle vette, e nelle più baffe ffratificazioni , fiano fiati quivi portati. d’ altronde . 7. E° poi riconvenuto È efimio Sig. Ab. Tefta d’ aver amnimeffo per un iffante le aringhe e l ambra nel cimiterio di Bolca, portato dal defio. d' allentare le re- dini all’ eloquenza. Imperciocchè 0 è falso che nel Bolca & trovano quei prodotti fettentrianali, e I° argomento 125 soppica da un lato; 0 no, € Zoppica dall’ altro. Avera dire il N. A. s'è contentato per gentilezza di farlo zop- picare da un lato folo . 8. Vengono in appreffo le pianure del Bolca, e la perpetua pri74Vera delle fpraggie del deliziofo Benaco» per cui fi cap! finalmente che l’idea dell’ erudito Sig. Tefta, forivendo quella fua Lettera, fu fola d' intrat- ener la brigata con piacevolezze. S1, per quefto uni- camente fu Scritta, il dice replicatamente egli raedeft- mo, benchè non ff} voleffe da prima crederlo, e £& vole- fe pur degli fcherzi, ond' è condita, fare un ferio mi; fleriofo oggetto. 9. Ed eccoci a' monti vulcanizzati , ove da una parte il teoretico Sig. Tefta perora contro È epoche buffo» niane, dall’ altra il pratica Sig. Fortis difende 1 calco- li, com ei dice, forfe meno buffoni, ove con bel contra- flo di lumi figurano gli Orittologi da tavolino con quel- li che paffarono l° eta vobafta fulle fponde de’ gran tor- venti , dentro i luoghi fotterraneî, nelle più afpre e ignude cime delle montagne. Volendo :1 N. A. affecon- dare il genio del milanefe Letterato , it viene iftruendo Sopra le grandi catene de’ vulcani eftinti di tutto il globo , che per avventura arfero a un tempo, o. flettero in effervefcenza fotto mare , e per cui fr ottiene ben al- tra temperatura, che nen è la mendicata nel fiflema delle località . L° illufire antibuffoniano Scrittore, tutrochè pieno di zelo, effendo già d' accordo col N. A. contra il zumultuofo trafporto de' pefcî bolchefi, dovendo gia con- venire nell’ impoffibilità d' iftituire efatti confronti tra fcheletri e pefci, è già in procinto di dichiarark per la temperatura antica dell’ acque în tutto il globo, da în- numerabile vulcani aperti o fubacquei mantenuta calda per lungo corfo di tempo, e così bel bello lafciato il ca- lor locale abbracciare il fiflema baffoniano corretto. Egli almeno lo fpera il N. A. ficuro della fua buona caufa . 10. Refta che ff accordino full’ articolo di non fepa- rare è pefci di Bolca dai teftacei lapidefatti. Perciò sl 126 N. A. invità il Sig. Telta 4 fpiccarli dal tepido an- biente del fuo ftudiolo; e vénir a fare un visgsio orit- bologico , in chi Volentieri gli fi prelterà compagno affinè di profittare de' lumi di lui. Woleffe il cieloè Ma, fog: piagne , i valentuomini clie fanno profeflione &d’ iilumi- nare altriji iri fatto d° Orittologia, norì fogliofiò Ama- te i difagi delle peregritàazioni montane. ( Nota ) LO pi | ti Per maggioré intelligetiza de’ legsitori il dialogo feguente verrà portato collé iniziali degl’ Interlocuto= ti Sig. Abi Fortis, e Tefta. SARE 11. Finalmente il N. A: da mano all ultima ans notazione matginale ;, che può chiamarfi una batteria di pagioni . E' d' avvifò 10 Sig. Telta che î pefci nativi del mare ddriatico fano (tati sbalzati è rinehiuf nel monté Bolca : Rifletté 10 Sig. Ab. Fortis in quelta opi» nhione j che il terremoto vi fa una troppo miracolofa fi- Bolca 2 | pie ì F. Oimè Signore} l opinione fi fconcia da un al ro verfo! E come ‘vuol Ella trar partito dagli abban- doni di pefci accaduti fra Pozzuolo e Baja, 4 Santo- rini; allà Veratruz; è Sumatra? 4 — T. Io verdinente avea intenzione di trarne par> Bedi Ra AS -F. Mi perdoni, non è vero ch' Ella abbia avuto quei intenzione è altrimenti Ella avrebbe dovuto am mettere che il livello del mare f trovalffée in quel tempo 1260 piedi almeno più alto che ora non è. Cola da- far incanitire î giganti: Ella crede che gli fceletti de' pefci fi trovino confufamente fulle falde del Bolca. Ma egli è un fatto; che vi f trovano da capò a fondo di î29 tutto quel monte. Gli ftrati poi della pefciaja li vuol formati in ceneri vulcaniche . T. Ob! queto è vero. Nar F. Inverità Signore; che non v' è la menoma ap- parenza . Modi i Kcal str T. Come! Le mafe enormi di polviglio, di la- pillo; li rottami vulcanici che ff vedono ne campi Flegrei e altrove non Somigliano alla congeftione di Bolca ° gi. n, slo E | F. Somigltano tanto alla pietra fciffile calcaria di | Bolca, quanto il travertino al bafalte colonnare. Spero ch’ Ella vorrà avermi fede: Gioeni, Dolomieu , Breis- lack e qualanque altro mineralogo che conofceffe la pie- tra di Bolca e le terre vulcaniche, non le direbbe in quefto propofito nè più nè meno di quello che ho È onore di dirle io. Come mai le è flato fatto credete ( perdoni sl termine ) che le ceneri vulcaniche prefentino l’ apparen- zae qualità dello fchifto; fparfo di ferree particelle, che rinferra î pefci di Bolca? L' occhio e l'analifi fmenti- fcono tal credenza. PONI —_—T. Ma le foglie d’alberi, che ff veggono; el’ odore bituminofo, che & fenta nella pefciaja, non fono due circoftanze; che probabilizzano Za mia ipotei? GG .@@ © __F.S}, fe non fofe comunifimo il vedere i fondi dei foffati coperti di foglie, e il trovarne di prefe nella mota de’ fiumi dopo d' aver gallesgiato miolto tempo. E quanto all’ odore non tutti î polvigii vulcanici puti- fcono di bitume, néquanto pute di bitume nel regno la- pideo è vulcanico. In fomma da un pefce în fuori; che vidi in Napoli, di lontana origine vulcanica, non conofcò pietre calcarie , 0 lavagne che contengono pefci; che fano originate da’ vulcani. 12. Chiude la fua energica e ‘vaga Lettera il N. . A. proteftandofi d' averla fcritta fenza fpirito d' acerbità e di contraddizione. Loda il fuo pregiatifimo Avverfa rio dell’efprefftoni con cui chiude la Jua. Ii configlia a difprezzar la gloria dalle fcoperte e delle teorie di fimil 128 fatta. E lo invita piuttofto agli Euganei a difputar fe- co, e feppellire da buoni amici ogni differenza nella zuppa, e nella bottiglia . Qu ultimo argomento della chiufa vale 51 pregio di tutta l'opera, chi ben lo intende. 129 LB TERA WeELdIe GABA TE TESA IN RISPOSTA ALLA PRECEDENZE. I. La Lettera da me pubblicata fu î pefci foffili del monte Bolca fembrami, ed è fenza fallo concepita e fcritta in guifa , da far ben conofcere quanto io fia lontano dalla fciocca prefunzione di aver felicemente fcoperta l’ origine e la matura di quegli fcheletri e indovinato ficuramente il modo, onde trovanfi quivi radunati e fepolti. Io non ho fatto in effa che muo- ver dubbj, che propor difficoltà, che azzardar con- ghietture , invitando i Naturalifti a fciorre i primi, a diffipar le feconde, e ad abbracciare o rigettar l' ul- time, dopo d’ efferfì prefa la facile cura di efami- narle. Io che in quella mia lettera non ho ceffato di predicare, che in fatto di ftoria naturale il Filo- fofo non è mai circofpetto abbaftanza, che l’ errore è sì fcaltro nel mafcherarfi, che non baftano fpefle vol- te gli occhi d' Argo per riconofcerlo, che prima di deci- der nulla, fa per confeguenza d' uopo interrogare in mille modi, e quafi ftancar la natura: come, dimen- ticate in un tratto si belle, e sì giufte, e sì falute- voli maffime , avrei goffamente contraddetto a me me- defimo, facendomi reo di quella colpa, che con mo- defta libertà intendeva di riprendere in altrui? Aven- do io dunque cercato iftruzione, anziché pretefo dî darne, e fatte più ad altri che a me le varie quiftio- ni, che i foflili del maravigliofo monte di Bolca ri- guardano , s° immagini con qual trafporto di gioja ie s 730 I | ricevetti l’avvifo, che elia, gentilifimo Sig. Ab. For- tis, fi farebbe compiaciuta di comunicarmi le riflef. fioni e le idee, che la lettura del mio Opufcolo avea di mano in mano rifvegliate nella fua mente... Da chi meglio che da lei poteva io lulingarmi di confeguir ciò, di che era tanto bramofo? L’ efito ha ben cor- rifpofto alla mia afpettazione. La lettera, che ella fi è degnata indirizzarmi, contiene offervazioni fomma- mente importanti, e fcritta come è con quell’ urbana ed elegante facilità di flile, che è tutta fua propria, non può agli amatori della ftoria naturale non riu- {cire oltremodo gratiffima. Il perchè avendola io pre- gata a permettermi di pubblicarla, ella ha cortefe- mente condifcefo alla mia preghiera, ed è quefto un nuovo tratto di gentilezza, che le è piaciuto vufar meco , e di cui le rendo le maggiori e più diftinte grazie che poffo. Ora non mi refta che fupplicarla a voler dare un’ occhiata alle non fo s' io le chiami an- notazioni o ciance , che io quì le foggiungo, e che quali che effe fi fiano, io fottopongo interamente al fuo finifimo difcernimento. Io intendo di porgerle così un motivo di trattar di bel nuovo l’:arsomento de’ pefci del Bolca, e di trattarlo da fuo pariin gui- fa, che non rimanga più che defiderare intorno al medefimo. I Naturalifti terranno di ciò obbligo con me, ed io avrò la gloria d’ aver fatto le veci del- la cote, che affila ed aguzza il ferro exfors ipfa Secandi . II Prima però d’entrare in materia, è d’uopo che io le renda conto di due contraddizioni, dell’ una delle quali fembra che io abbia voluto accufar. mali» gnamente lei, dell’ altra ha ella gentilmente ricon- venuto me. Se dopo d’ aver detto, che i pefci del Bolca viffero tutti nello fteflo mare, ella avelle affer- see 131 tato ritrovarli in quella motitagtia de’ pefci colà rraf. portati fin anche dal mare degli Otaiti, ella non farebbe certamente ftata d’ accordo con fe medefima. Ma ella non è caduta , nè io l’ho fatta mai cadere in quefta diffrazione. Il paffo medefimo da lei citato n’è, per quanto parmni, una prova manifefta . Appa: rifce da elfo, che il trafporto de’ pefci al Bolca da varj e lontanifimi mari vien da me attribuito a que’ Naturalifti, che ban compoflo e pubblicato de’ cataloghi ; ne’ quali il genere, Ia fpecie, e la patria de’ pefti medefimi ordinatamente, e diftintamente fi accenna- no. Ora ella non ha mai compofto , nè pubblicato alcuno di. fiffatti cataloghi. Io me ’l fo, e ho ben moftrato di faperlo. Dunque nel citato paffo io non ho parlato, nè poteva parlare di lei. La dottrina de’ trafporti ‘io la dico propria de’ Sigg. Naturalifti di Verona ( pag. st ), dai quali però io non ho trala» fciato di apertamente diftinguerla { pag. 43 ). Ella dunque non interpreti di grazia per fe la {mania da me riprefa di far giugnere al monte Bolca fino i pe- fci Otaitici: ben la riferifca a coloro che preva!lendo- fi; per non dire abufando, della fua autorità, foften- gono una opinione, che per noftro comun giudizio non può foftenerfi. Se la dottrina de’ trafporti non è fua, s’ accerti che neppur' mie fono le aringhe, e le morve nel Bolca diffotterrate. Dopo d' effermi sì vigorofamente oppofto alla. nomenclatura di que’ pefci, dopo d’ aver folennemente adottate le idee del Beckmanno fopra la quafi generalè ignorabilità degl’ Ittioliti., come avrei potuto fenza un' eftrema dabbenaggine afficurare tro- varfi nel Bolca delle aringhe e delle morue? Nel pa- ragrafo deila mia lettera, dove ho rammentati fif- fatti pefci, io prendo a combattere i Buffonifti, che per alimentare quel loro fuoco centrale fogliona eziandio giovarfi de foffili del Bolca. Io contra lo- ro ho argomentato così: Quegli ftei che. atteftano jd 132 dii nel Bolca de’ pefci, che proprj fono de’ mari dell'equatore, atteltano ancora contenerfene qui- vi degli altri, che non appartengono che ai freddi mari del Nord. Que’ pefci adunque fervono ugualmen- te a provar la diminuzione, che l’ incremento del caldo ne' noftri climi, vale a dire, non fervono pro» priamente a nulla. Un tal argomento ad bominem, come fuol dirfi, e non ha altra forza, nè altro fcopo. Ella ne farebbe ben perfuafa, fe foffe ftata prefente, quando un cotal Abate, folito a cambiare in oro le pietre ittiofore del Bolca, m'offerfe di quelle aringhe a due zecchini l una. Ricordami che fogghignando io ripetei a quel Mida il non ranti emo di Demo- . ftene. Per moftrar fempre più che il Bolca non pote- va rendere alcun fervigio ai Buffonifti, io ho ricorda- ta con quelle benedette aringhe eziandio l’ ambra gri- gia rinvenuta dal pregiatiffimo Sig. Bozza in quella montagna , ed ho foggiunto: /e ultime fcoperte fu quefta foffanza folfile ne afficurano effer delfa non altro, che fterco di balene inferme: le balene abitano î mari Settentrionali ecc. Se quefta efpreffione le fembra un po’ forte, ella la indebolifca pure a fuo piacimento, io ne farò contentifiimo. Si contenti però anch’ ella, ch'io le accenni alla sfuggita i motivi, che mi han determinato o fedotto a fcriver così. Fin dal 1666 pubblicò il Klobio la ftoria dell’ ambra grigia. Egli rammenta diciotto pareri diverfi full’ origine di effa, fra i quali ha luogo anche quello, che riguarda l’ am- bra medefima come una foitanza rigettata dalle ba- lene, quam opinionem, dice egli, vix equidem non am- pleétor: fu tante prove era fin d’allora fondata una tale opinione - In vifta apunto di sì numerofe . prove aflerifce il Dudley non poterfi più dubitare , che |’ am- bra grigia non naica nel corpo di que’ moftri marini (1), ———_ (1) Tranfaz. Filofofi an. 2725. 133 Dello fteffo fentimento fono ftati prima il Koempfe- ro (1), e poi lo Schweadier (2), il Gren (3), il Dietrich (4), il Donadei (5), il Romé del’ Isle ec. (6). Una delle loro principali ragioni è dedotta dai pezzi o membri della feppia ottopodia ‘che trovanfi frequen- temente rinchiufi nell’ ambra grigia, non ignorandofi effer la detta feppia il folito e gradito cibo delie bale- ne. Anzi il Romé de l’ Isle feguendo in ciò il Ron- delezio ha notato aver gli antichi Greci dato alla fep- pia, di cui fi parla; il nome d’ asdcur, d' itee, d' sopuros appunto per lo grato odor che ne traman: da, motivo per cui chiamafi ancora da’ Greci mao- derni pos xuris Quindi argomenta che l’ ambra grigia riceva la fragranza, che ha, dalla feppia ottopodia , con cui trovafi unita. Che una tal ambra non debba annoverarfi tra i bitumi, fembra che l’ abbia ben pro- vato il Frankeeville negli Atti dell’ Accademia di Ber- lino all’ anno 1764. Non è dunque la fola autorità d'un Capitano Inglefe, ma quella de’ celebri Natu- ralifti teftè mentovati, e i fatti da loro raccolti, e le offervazioni da’ medefimi ripetute, che mi han fatto attribuir con ficurezza un’ origine animale all’ ambra grigia. Quefta è la nota, ch'io dovea per avventura apporre alla pagina so del mio Opufcolo. I I I. Ma lafciamo in diparte le aringhe, e fo flerco delle balene, e venghiamo a ciò che le quiftioni da me propofte fu i pefci del Bolca maggiormente. inte- i lil ——it————— cis (4) Storia del Giappone, (:) Rozier Fournal! de Phyfigue an. 1790. (3) Compendium univerfale Chemiz, (4) De ambra grifea cum J. €. Carmeri additamentis. (5) Rozier am. 2787. (5) Rozier for. 35% ts 34 refla. La principale fra effe è quella del loro efoticif mo. Per impugnarlo, o almeno per farne dubitare, ho rilevata fra l’ altre cofe la differenza aflai rimar- cabile, che paffa fra la grandezza d’ alcuni pefci Otai- tici e quella de’ Bolcani, chefembrano aver conefli al- cuna analogia. Il polinemo efempigrazia plebejo dell’ Otaiti è lungo 56 linee, quello del Bolca 25. Ella" per isnervar la forza di quefta oflervazione, riflette che la picciolezza del polinemo otaitico può nafcere dalla poca età, che avea, quando fu prefo. La ri- fieffione è giufta, ma il fondamento, fu cui fi ap- poggia, è ugualmente, probabile? Crede ella che un fol polinemo plebejo fia fiato pefcato nel mare de- gli Otaiti? Nel determinar la lunghezza propria di siffatti pefci, non è del tutto verifimile che fia. ftata filfata una quantità media? . Verifimiglianza; oferei dire, che fi cambia in certezza, quando fi ponga men- re, che ia lunghezza di 56 linee viene dal Sig. Brouf- fonet affegaara ugualmente ai polinemi plebei dell’ ifo- la di Tanna. Chi mai dirà che ancor efli s' incon- trarono ad effer pefcati bambini, ed aventi la ftefla età nè più nè meno, che gli otaitici? Ma ella s° in- tende che quefta differenza di grandezza fra i .poline- mi bolcani, e gli otaitici. non debba effere affoluta- mente valutata. Mi permetta che per la fteffa ragione io intenda altresì che non debba valutarfi quella de’ corn ammoni picciolifiimi viventi ne’ mari adriatico e norvego, e de’ corn’ anzmoni gigantefchi, che tro- vanfi foffili nel veronefe, e in altre contrade d’ Euro- pa. E fembrami ch’ io abbia tanto maggior diritto d’ottenere una tal permifftone , quantoché i corn’ am- moni adulti non poffono, mercè l enorme lor pefo, alzarfi per avventura dal fondo de’ mari, in cui vivono, e i corn’ ammoni norvegi oflervati dall’ Hofmann (1) fono confiderabilmente più grandi che gli adriatici . (8) De corna ammonis nativo &c. | 135 IV. , Y Eccoci infenfibilmente arrivati a parlar de’ tefta- cei, che hanno avuta una quafi comune fepoltura eo’ pelci. Ella perfuafifliima della impo@Mbilità d' iftituir paragoni efatti fra i pefci viventi e quelli del Bolca, onde trarre wna conclufion decifiva fulla patria, e fille fpecie degli ultimi, vorrebbe che i’ efame de’ pe- fci bolcani non andafle difsiunto da quello de’ tefta- cei , in vicinanza de’ quali fi trovano, e dall’ efoticif- mo de’ fecondi argomentar l’ efoticilmo anche de’ primi. Che vuol ch'io le dica? Quel maledetto fcet- ticifmo, che mi perfeguita in tali cofe dappertutto, mi fuggerifce intorno a quefta i dubbj feguenti. I tefta- cei del veronefe fi chiamino pure ad efame co’ pefci di Bolca, e il luogo natìo degli uni ferva a deter- iminar pure il luogo natio degli altri. Che vantaggio trarrem noi da ciò? Quello di accrefcere la difficoltà, fenza fperanza di rimuoverla. Poichè con qual mezzo verremo noi ad afficurarci che un tal teftaceo è efo- tico o no? Conofciam noi #sfte le fpecie de’ teftacei, che vivono ne’ noftri mari ? Se gli analoghi di mol- ti teftacei foflili non fi fono per anche ritrovati, que- fto è, diceva il Guettard, perchè non fi è potuto, o non fi è faputo cercarli. A mifura che creicono le diligenze, non s' aumentano ancora le fcopertte (1)? Una breve occhiata del Sig. Abate Spallanzani ful gol- (1) Fra i pefci del mediterranea fcoperti în quefi ultimi tempi, e da me indicati alla pag. q0. e feguenti della mia lettera, vuol- S annoverare il batracholcele del Battata ( Giornale d' Italia fpei- rante alla (cienza naturale Tomo IX. ) e l’eiox brafilienfis pefca- to non ha guari nel mar di Tunif dal Sig. Ab. Rofa, e da lui ripofto nel mufeo di Storia Naturale della Regia Univerfita di Pa- via » di cui egli è il degno cuftode. Ecco dunque una nuova cor- versone da fari al catalogo de’ pefci bolcani publicato nel 1789 136 fo della Spezia, ella fa di quanti viventi ha, dirò co- sì, arricchito quel mare. E fenza rammentar di nuo- vo i corn’ ammoni , e gli ortocerati del Bianchi e dell’ Hofmamm, ella non ignora, che il Gualtieri ha fcoperte le grifiti, il Prefidente di Joubert le anomie, lo Shaw il nautilo maffimo; il Signor Abate Olivi la venere litofaga, ed ella ftefla la terebratola creduta ignota dal Barone di Hupfch. Il Linneo ha derto che l’ originale dell’ belmintbolythus nautili ortbocera vive fenza dubbio nel fondo del baltico. Ella per quel Senza dubbio è andata in collera col Linneo ed ha ra- gione. MHanc veniam petimufque è damufque viciffim . Alla fin fine il Buffon medefimo attefta effer picciolo il numero delle conchiglie fofili, l’ analoghe delle quali non fi fa finora fe appartengano o no a’ noftri mari. Eppur egli per accreditar fempre più quel fuo fuoco centrale sradatamente fpegnentefi, avrebbe avu- to bifogno d’atteftar tutto il contrario. Se ella non vuol credere al Buffon, creda a fe medefima, e fi ri- cordi di quanto ha faviamente fcritto nel fuo belliffi- mo Viaggio per la Dalmazia (1): ., Sarebbe da efa- minare, fono fue parole, fe molte delle produzioni foffili della baffla Germania conveniffero con le natu- rali, che vivono negli abili più profondi del noftro mare. Chi fa che non fi veniffe a capo di fminuire appoco appoco il numero delle petrificazioni provenien- ti da teftacei, e da lavori di polipi non conofciuti © ? Il ricorrer dunque ai teltacei marini foflili per indovinare e ftabilir la patria de’ pefci del Bolca non è un filo per ufcir dal laberinto, in cui ci troviamo, è anzi un mezzo per ifmarrirci fempre più dentro il medefimo. Ma io vado più oltre , e voglio, ardirei quafi dire, dimoftrarle che dalla patria de’ teftacei, per quanto ella foffe indubitata e manifefta ,non può (1) Tom. I. pag. 157» i trarfi alcun indizio ficuro per rifpetto a Porzio noftri pefci. Mi varrò a provarlo d'una offervazione da lei regiftrata nel fuo viaggio per la Dalmazia (1). Il lago di VWrana nel contado di Zara è. ftato fin al 1630 un lago di acqua dolce. In tal epoca le acque e i pefci del mare cominciarono ad entrarvi. Non cerchiamo per ora il come: il fatto fta che quel lago è ora fallo, ed alberga pefci marini. Figuriamoci che fopravvenga ad efli la difgrazia che accadde ai pelci del Bolca, onde al par di quefti rimangano chiufi in una pietra o calcarea, o argillofa, o margacea che dir fi voglia. Preffo al lago di Vrana ha ella fcoper- ti degli ortocerati; non è così? Gli ortocerati fono ripofti nella clafle de’ foffili efotici. Ecco i pefci del noftro mare fepolti prefflo a teftacei di mari lontanif- fimi. Se il mentovato lago fi diffeccaffe, e di là a qualche fecolo un Naturalifta intraprendeffe a vifitar la Dalmazia, e dall’ efoticiflmo di que’ teftacei ar- guiffe quello di que’ pefci, non s’ ingannerebbe egli a partito? Ma che vo io fabbricando casì ipotetici, potendone allegar de’ reali? Eccone uno che par de- cifivo . Io l’efporrò colle fteffe parole, con cui lo ri- ferifce Giovanni Gefnero (1). In Glaronenfium montibus Guppen, O Fifmat /Zentes lapidea, cornsa ammonis, oftrea recurviroftra, O alia remotiffimorum marium & incognita petrificata in faxis vudibus calcariis inventun- fur: dum proximus iifdem locis mons Blattenberg ar- defias nigras exhibet, in quibus fere unice fceleta pifciune videntur non altorum, quam qui in marî mediterraneo qivunt , acus, vhombi, congri , teltudines. Plura exetm- pla in capite IX. propofutmus. Ne’ monti ftefi della Veneta Lombardia non ifcorgonfi alcuna volta tefta- cei marini ed efotici prelfo a conchiglie lacuftri e co- muni? La montagna d’ Albenfa nel Bergamafco non (1) Tomo TI. pas. 39. 138 prefenta fra l’ altre quefto curiofo fenomeno? E fe io. dal trovarfi le conchiglie ne’ contorni del Bolca fepolte in materie ficuramente vulcaniche, fe dal’ ef- fer le medefime inzuppate di vulcanico bitume, come ella {teffa afferma che il fono, pretendeffi inferire vul- canica dover effer la pietra che rinchiude i pefci del Bolca, e vulcanico fimilmente il bitume onde moftra- fi intrifa, me ’l permetterebbe ella?: Non mi repli- cherebbe fubito niun luogo avere in quefto cafo l’ ana- logia ? Pur fi tratta di pietre giacenti |’ una preflo I’ altra, e fors’ anche unite infieme! | Ella dunque crede che la caufa de’ pefci debba congiungerfì infieme con quella de' teftacei, io no. Ma troppo mi rincrefce l’ oftinarmi in un fentimento contrario al fuo. Mi ritratto adunque , e confento di buona voglia che la ftelfa fentenza {i porti full’ origi- me, e fulla patria degli uni, e degli altri. I tefta- cei del Bolca fono efotici. Perchè? Perchè i loro analoghi non vivono, e non trovanfi più nel medi- terraneo. Sia vero. Ma noi convenghiamo che il me- diterraneo attuale non è che un avanzo , che il fondo del mediterraneo antico, di quello, che bagnava 40 fecoli fa le radici de’ monti Vicentini e Baffanefi, e formava altrettante ifole de* Berici, e degli Euganei . I teftacei fofili efotic: al mediterraneo attuale hanfi a ciudicar tali anche per rifguardo all’ antico? Diamo mn’ occhiata alle differenze che paffano tra un mar grande, e ’l mare fteffo impicciolita , nè perdiamo oltre a ciò di vifta i cambiamenti locali, che nel cor- fo di più fecoli poffono effergli accaduti, e poi de- cideremo . Come nella noftra atmosfera gli ftrati inferiori dell'aria fono più denfi de’ fuperiori, così ancora nel mare' l° acqua’ vicina al fondo premuta dalla maffa dell’ acqua fuperiore è forza che fia. più denfa di effa ( l’ incompreffibilità dell’ acqua è ora fmentita da efperienze palpabili ),} e come alcuni animali terreftri 139 han bifogno per vivere d'una determinata denteà d’aria, e perciò effendo faniffimi nelle valli, perifco- no fulle montagne; così alla vita di alcuni pefci può effer neceffaria una determinata denfità d’ acqua, che nafcendo dal peio dell’ acque fopraftanti, non può non ceffare alla partenza delle medefime.. Se quefta dottrina non è vera, hafli a riprendere più di me il Pallas, da cui l’ ho imparata. ,;Si è cercato più vol- te, dice egli (1), perchè le petrificazioni europee fiano per lo più originarie de’ mari indiani. Una tal fuppofizione par falfa in fe fteffa. Le produzio- ni de’ mari indiani trovanfi ancora ne’ mari del nord: ma non nafcono che negli abifi, perchè la loro efiftenza fembra dimandare la preffione d’ una gran mafia d’ acqua. Il mediterraneo dall’ altro canto alberga ne’ fuoi abifli Ja maggior parte delle produzioni ammucchiate negli dftrati. calcarei della e Ruatia:s | Alla denfità dell’ acqua vuol. aggiungerfi la fal. fedine. Le acque marine, come fono più profonde, fono eziandio più falfe. L'’ acqua del mediterraneo, benchè fi verfino in effo tanti fiumi, pur vuolfi da taluno che contenga maggior copia di fale di quella dell’ oceano, il che avverandofi proverebbe di più che l'un mare non è nato dall’ altro. Ora alcuni anima- lf marini non vivono che in acque d’una certa e mo- derata falfedine, e però effendo generalmente queflta nel fondo del mare maggiore, eglino non poifona difcendervi, e mantenervifi. Servan d’efempio quelle gorgonie , che fono ftate dal Sig. Ab. Spallanzani of- fervate nel golfo della Spezia preffo ad una ricca for gente d’acqua dolce, che fgorga quivi e follevafi fo- pra il livello del mare. Il perfpicacifitmo ed impareg- giabile Offervatore: non trovò tali. gorgonie. che ne’ 2) ———__——————m—m————_———m———_———m _———_ (1) Obfervations fur. la formation des montagnes 140 luoghi proffimi alla mentovata forgente, dove l' acqua marina fi mefce, e fi tempra con la do!ce. E' noto che il mar- morto per effer così falfo come è, non è abitato da pefci di veruna forte. Il celebre Michaelis avendo fciolta in quattro mifure d’ acqua una mifura di fale (il mar- morto è fallo a quefto fegno ) pofe quindi nell’ acqua ftefla un carpione, il quale però non vi s' immerfe, e fubito morì. Da fimili offerva- zioni traffe origine, cred’ Io, la novella di Plinio, che i tori, e i cammelli poffono a lor bell’ agio paf- feggiar francamente fu quel mare fenza rifchiar d'’ af- fondarfi. I venti agitando il mare lo fconvolgono da' ci. ma a fondo, fe è baffo; ma per quanto imperverfi- no l’ acque nel cupo degli oceani fi rimangono per- petuamente inalterabili e tranquille . I pefci dunque e i teftacei, alla vita de’ quali è neceffaria una certa quiete, e un certo ripofo, debbono allontanarfi da’ mari di poco fondo, e non potendo :fuggirfene, pe- rirvi. E’ quefta la cagione, che sbandifce i pefci dal- lo ftretto di Calais (1), benchè le vicine fpiagge fe ne veggano abbondevolmente fornite; e di quì mafce ancora, che infuriando fulla Veneta laguna il vento di Levante, fogliono i pefci a torme frettolofamente partirfene, e nel mar vicino ricoverarfi. Quanto l’ adriatico mare fia celebre, o piuttofto infame, per frequenti ed orribili tempefte , è inutile ch' io il ram- menti a lei, che ben può dir con Orazio: Qus ft ater Adria novt finus. Nella fredda ftagione i mari di poco fondo o fi agghiacciano , o reftano intimamente penetrati dal freddo , che domina nell’ atmosfera. Se il freddo è molto acuto , alcune fpecie di pefci ne rifentono un grave difagio; e non potendo collo fcendere al- Lnionteiz\ meccani ita !) (1) Hifoire de l’ Acad. R. des Scicen. 1737 141 fo ’n giù procacciari un meno rigido foggiorno , cef- fano prontamente di vivere. E qui ha luogo il bel paflo d’ Oppiano da me riferito alla pag. 63 del mio opufcolo . Ecco le differenze che debbono rimarcarfi in un mare, che effendo grande e profondo, s’ impiccio- lifca , e fi abba. Molti de' viventi, che erano una volta indigeni di effo, divengono allora neceftariamen- te efotici. Si ponga mente al fucceffivo cambiamenta delle terre, che coftituifcono il fondo del mare ftef- fo, e le quali; fecondochè fono argillofe, calcarce, fab- biofe ecc. atte fono a far nafcere, ed a nutrire dif ferenti fpecie di piante, d’infetti, di teftacei, di pe- fci ecc. Oltre a quelle del fondo, fi valutino le mu- tazioni delle fpiagge, del vario calore, onde per cir- coftanze puramente locali poffono effer dotate ecc. e fi avranno altrettante cagioni di vicende zoologiche, e di fopraggiunto efaticifmo. Ma a quefte cagioni si naturali, sì femplici, sì vere è piaciuto e piace anco- ra di foftituirne dell’ altre. portentofe , gigantefche, immaginarie. Si torce l' affe della terra, fi chiama- no dalle fpiaggie più remote gli oceani, fi fan ve- nire da’ confini del mondo le comete, fi mette in fomma in convulfioni orribili la montagna per non farle partorire che un forcio. Ma che bifogno c’ era egli per un pefciolino, per una conchigliuzza di fcuo- ter tutta la natura, e capovolgerla così? Nel 1725 fparvero dal mar di Bretagna i foliti fgombri , e le fardine, e in vece loro popolò quel mare una fpecie di pefci affatto ignota agl’Ittiologi. Forfechè la Bre- tagna s' avvicinò in quell’ anno, o fi fcoltò dall’ e- quatore? Il mare olandefe non è più sì pefcofo, co- me trent’ anni fa. La morua lo ha abbandonato del tutto, e l’ Accademia di Harlem ha propofto un pre- mio a chi fapeffe indovinar le origini di quefto ab- bandono. Il mare d’ Olanda è ftato in trent’ anni rimpiazzato per avventura da un altro mare? O una 142 Pa sferzandolo con la fua coda ha pofte in fuga le fue morue ? Povere comete! Sempre innocenti, e credute ad onta di ciò fempre colpevoli! Sa ella il vivo fpavento , che gettò nell’ animo de’ Parigini, la cometa del 1773? Temettero che foffe giunta la fine del mondo. Tale era, o fembrava che foffe il riful- tato de’ calcoli del Sig. de la Lande, che {i fpaccia- vano allora e fi ripetevano leggiadramente palpitando da tutti, perchè tutti in quel punto divenuti erano aftronomi, come in un’ altra epoca tutti fi fon fatti legislatori . Il fufurro crebbe a fegno che il Sig. de la Lande fu obbligato dal quel governo a pubblicare un libretto, onde calmar le inquietudini di quell’ im- menfa Capitale, e giuftificar fe, e la cometa , che non ne aveva certamente bifogno (1) . ; Ma torniamo all’ argomento. La morte e fe- poltura de’ pefci del Bolca ‘feguì nel tempo, che il mare bagnava le radici di. quella montagna . Ella non vuole che i teftacei, che trovanfi pe’ monti veronefi, fieno ftati colà trafportatt da un mare eftero, ma gli crede viffuti e morti ne’ luoghi ftelt, dove rinven- gonfi. Dunque i teftacei medefimi non hanfi a_ giu- dicare efoticî per riguardo all’ adriatico d’ adefflo. Do- vendofi quindi per analogia dedur la patria de’ pefci bolcani da quella de’ teftacei loro vicini, non effendo quefti efotici ( parlo fempre di quel tempo ) non han. no ad efferlo neppur quelli. Ed ecco com' io, par- tendo dagli ftefli principj, giungo inafpettatamente ad una confeguenza, che rompe la difficoltà propoftami, e mi mette con vera mia foddisfazione interamente d’ accordo con lei. (1) Il libretto de! Sig. de la Lande è intitolato: Reflezions fur les cometes, qui peuvent approcher de la Terre. 143 Mu Chi diceffe, che nell’ adriatico attuale s' eccitò negli antichi tempi una sì fiera, e sì fragorofa bur- rafca, che i fuoi flutti, e i fuoi pefci furono cacciati e {pinti fino ful monte Bolca, direbbe una baja, una flravaganza tale, da non farla credere nemmeno ai contadini di Certaldo, che pure ne credevan tante: a Frate Cipolla. Come, dunque può ella immaginarfi che io abbia penfato, non che detto uno fpropofito sì madornale? La cataitrofe de’ pefci bolcani non la riporto io chiaramente a quell’ epoca, nella quale il mare ftendevafi a piè del Bolca, epoca, di cui, die- tro. alla fua fcorta, ho fin anche indicati i documen- ti tratti dalla ftoria civile? Ma quefta è cofa da far incanutire.... Chi? Ella non s'è incanutita per que- fto, io no davvero; e fon certo che Erodoto, Seno- fane, Stratone, Eratoftene fra gli antichi, il Fraca- ftoro, il Vallifnieri, il Pafferì fra’ moderni non invec- chiarono perciò. L'antico mediterraneo, che ricopri- va 4o fecoli fa una parte dell’ Egitto, dell’ Italia ec. non fi riduffe allo ftato, in che ora il veggiamo a poco. a. poco, ma apertofi lo ftretto di Gibilterra fi fcaricò rapidamente nell’ oceano, e fi pofe in breve tempo a livello con effo. Chi penfa così non ha ma- tivo d° incanutire , perchè non offende in alcun modo e non urta la più rifpettabile di tutte le cronologie. Né qui mi ripeta un faccente, che non bifogna con- fondere la ftoria naturale con la Bibbia . Oh no cer- to. Ma l’ ho io forfe confufa? Ho io citato Mosè contro i Buffonifti? O i de Luc, i Sauflure, i Do- lomieu , i Pini, delle offervazioni de’ quali mi fon prevaluto , fono eli Mosè? Lo fcopo della Gene- fi, il sò, non è di renderci naturalifti; ma io non lafcerò per quefto di dire: Nel principio: creò Iddio il cielo e da terra, per dire farneticando vin: ifcambio: 144 Nel principio tutto era quarzo ,.e acqua calda.,:convaci do Spatofo . er I I VI. ui. Jo non.fo (e come faperlo? ) fe tutte:le.fpecie de? pefci, che racchiude il Bolca, nafcano ‘attualmen- te e vivano nel. mare adriatico. Hali. a ‘creder, di no., nelicafo che alla vita di alcuni di. loro..foffeine- ceffario. quel grado. di calore, che è proprio.de’ mari della zona torrida. In tale »ipotefi ho io.penfato ch' i vulcani euganei allora ardenti poteffero comunicare-all’ acque ad efli contigue il calor. dell’ equatore +.La. for- za.da me. attribuita al fuoco di tali vulcani, le fembra eccefliva ; e .il farebbe certamente; fe..io . pretendefli tutta la maffa, dell’ antico mare adriatico eflere. ftata rifcaldata «da que’ fuochi. Ma io. non ho. .mai..pretefo ciò; e gli efempj. da me addotti ne fono ‘una. prova , La fabbia,.io ho detto, che giace a. piè. del. monte- nuovo preffo a. Pozzuolo , è per lo. fpazio di 300. paffi sì calda che non può tenerfi neppur per breve. tempo in. mano. Trecento pafli, e non più. Il mare ; che circonda I’ ifola nuova di Santorini , fi rifcaldò al na- {cer della medefima in modo che liquefece pe ’! tratto di soo pafli all’ intorno il catrame delle navi, che ar- dirono di avvicinarlefi. Ma non'danneggiò per quefto e non fufe la pece di z4tti i legni, che, veleggiavano allora. pel'. mediterraneo. Il vulcano defcritto. dallo Zeno nel fuo viaggio. alla Groelandia non tempera il clima di tutta quell’ ifola, nè. la montagna. ardente del Pallas feconda il terreno di #44 la Perfia . Ma che vo io ripetendo gli. efempj da me addotti? Rilegga di grazia il $. V. della mia lettera. Io lo chiudo preci- famente così: ,, Non vi farebbe adunque di che ma ss ravigliarfi, fe ora non fi trovaffero più nel mare yy adriatico que’ pefci, che pur vi foggiornarono antica» » mente, quand’ effo poteva in alcuna fua parte ellee 145 s» rifcaldato da fuochi vulcanici , che in feguito fi fo- ,; no eftinti “. E quì fi compiaccia, che io-le comu- nichi un articolo di lettera , fcrittami fu quefto pro- pofito dal Sig. Ab. Spallanzani . Ella fa di qual pefo e di qual pregio fiano le offervazioni e le teftimo- nianze d' un tanto uomo . ,, La fua ipotefi efpofta nel $. V. che i pefci del Bolca, in fuppofizione an- cora che abbifognato aveffero per vivere del calore della zona torrida, abbian trovato cotal calore pref. fo detto monte , per effere allora ardente, non fo- lo a me fembra ingegnofa, ma veriflima, in quanto- chè i pefci vivono meglio e più abbondantemente attorno ad una montagna ignivoma , che in lonta- nanza da effa, a motivo ficuramente del calore, che all’ acque comunica. Me ne fuggerifcono una incon- traftabile prova le mie offervazioni fatte a Strombo- li, vulcano, com'ella fa, che arde inceffantemen- te, avendo io veduto effere affai più pefcofo il ma- re, che circonda quell’ifola, che il rimanente, che attornia le altre vicine. E di tal fatto parlo io già s, ne miei viaggi ec. ‘ L’offervazione del Sig. Ab. Spallanzani è antica, poichè trovafi rammentata fin da Diodoro di Sicilia . 3) 3) 3) 7” 2) 3) 2) Pb) 2) 2 di P») 2) 2) 2) VILLE Le dichiarazioni, che io le vo facendo, tendo- no, e conbuonefito per quanto parmi, a diffipar l’ ap- parente contrarietà , che fembra regnare in alcuno de’ noftri fentimenti. Vegniamo òra a un articolo fomma- mente importante, e fu cui le noftre opinioni fono sì difcordi, che vano riufcirebbe per avventura qualun- que mezzo, che tentar fi volefle per conciliarle. Un tale articolo riguarda la pietra, che rinferra i pefci dei Bolca . Io la credo di origine vulcanica, ella di ma- rina. Eccole, quali finalmente che fiano , le ragioni, fopra le quali io mi fondo. Le circoftanze, che ac- compagnarono le cataftrofe de’ pefci bolcani par quafi 140. che AN una .fi ffatta. cataftrofe “dover eflere ate tribuita ad’ una Cagion, rapida e ‘violenta . pi. Circo») ftanze fono : | unione | in.uù “picciof Tito" ta pel: cie | differenti. di ‘pesci è il ‘trovàrfene di” fr che ftanno” mangiandofi Fant altro: l'eftere li . medefimi” ftati fepolti nell'atto , o fubito che furono morti,.. E noto € 1° ‘Matchefe Maffei) é i P, ‘Pini trattando an: punto de’ pelci del Bolca., lo han” gia rimarcato, mf le varie,e differenti fpecie: de' pelci fogliono abitar” na turalmente. varj € > difierenti tratti. di mare.. dg ou lesson rimiri 5 la: ome le Tan compartiti a’ vaghi pefei I propri Iuogbi , ‘e quali 1 propri sg £ hg CoA Jen quefti pefci. accoglie ‘e nitre 5 È, L° altro pafce quegli ‘altri ec. A); ia ..Ora'in un fito del. Bolca non, più lungo” di ‘54 pali trovanfi. confulamente. fepolte , come dice il Mat fei, molte nazioni di pefci,e'i piccioli; . che fiiggo: no, fempre i, grandi per ‘non effer divorati da toro,’ fcorgonli a lato de’ medefimi . Una tal mefeolanza ‘in! dica aflai chiaramente; che un impetuofo e ftraordi= nario impulfo fu quello, che trafporiò , e tattofte ind fleme, que’ difgraziati viventi. La lor ‘morte’ ron. fi fimilmente naturale , ma forzata e improvvifa , giac- chè perirono ,. come. fuol ‘dirfi} col boccone. in boc- ta. Morti che furono, immantinente reftaron fepolti, perchè in. ‘cafo diverfo', i i loro cadaveri farebbono ftati difperfi dall’ onde, o ingojati da altri pefcij o suafti. e i pistone lol ‘avrebbono potuto flampar, come han fatto, la loro figura nella pietra ,. che: gli contie- ne. Ma fe quella pietra fteffa non è che an fedimen- to. martino ,.io non fo intendere, e molto meno fpie= pare alcuna delle. accennate, circoltante . Un fedimen- to \Paarino potrà al' più ricoprire 1 pesci gu non “trafo LS ts) Taffo Giornata V. L—drR—Ro— —7Y°TtT'-»»S5N portargli da lontane parti , per unirgli poi tutti in un? breve e determinato luogo. Tali fedimenti fi - depon. gono lentilimamente., né poffono per :confeguenza co. gliere ‘all’improvvifo, ed uccidere alcun vivente del ma. re. Il fedimenfo marino ,, che ha intonacate. le - urne, antiche, delle quali ella. parla nel. fuo. viaggio ‘per la Dalmazia; non è divenuto in 14 fecoli più. alto. di un miezzo pollice (1), E' egli poflibile che un. fedi-' mento di quefta fatta dia morte improvvifa ad un, pe- fce; e ne riceva quindi, e ne confervi l’ impronta? Ma vi fono, dirà ella, degli ftrati, o de’ fedimenti fatti dal, mare .in breviffimo tempo. Sì, quand’effo è in burrafca ; ma gli ftrati o fedimenti d’un. mare in ‘ burrafca fondò eglino, così fini, e d’un impafto. così col pronto fedimento d’ acque agitate ;. un .cimiteto dî pelci, qual è il bolcano, richiede per avventura una tutt’ altra fpiegazione... In quanto ai -pefci foffili chiu- fi nel-geffo, ef non prefentano fimilmente tanta va- rietà di fpecie., quanta ne_moftrano i bolcani, e lo ftrato: calcare, che gli comprende, fi formò fenza dub- bio in breviflimo. tempo; benchè poi .fi_trasformaffe lentamente in gello, mercè fl’ acido vitriolico, che fe- n Mr (:) Tomo II pis. 119. pi 1 48° ditte da’ corpi fuperiori, a poco va‘ poco Ita andò pe: netrando + Ma come bene la rapidità vulcanica fupplifce al: la lentezza: marina! . Ne’ rempeftofi movimenti} the preceder fogliono le vulcaniche eruzioni , una prodigio fa quantità di pefci differentiffimi è ftata foventi vol: te fpinta; e confufamante ‘abbandonata ful lido; Aî molti efempj da me riportati; aggiugneronne quì uno affai recente. Ne' tremuoti, che tanto affliffero® nel 1783 la Calabria e la Sicilia, il mare ‘entrato furio- famente nel territorio di Meflina, vi lafciò, ritirando- fi, numerofi pefci di più fpecie, fra’ quali vengon di- itintamente rammentate le aguglie: da lei riconofciute anche nel Bolca (1). Le efalazioni mefitiche de’vul- cani qual efficacia s’ abbiano ‘a toglier fubitamente da? vita non folo a’ pefci; ma eziandio agli uomini, fe’! fanno meglio di chiccheffia gli abitatori di Santorini , e di Catania. Le ceneri vulcaniche han fepolto pro- Forlani e ad un tratto fpaziofi campi e città in- tere; e la loro finezza è appunto il carattere che les diftingue dalle fabbie di qualunque forte -. Quì parmi, ch’ ella m’ interrompa; e con un po- co d’impazienza mi dica effer quefte affai: belle cofe , ma che non hanno a far nulla con lo fchifto del Bol- ca, il quale non è ficuramente in alcun modo vulca-' nico. Perchè? La natura d’una pietra fi raccoglie da’ fuoi caratteri efterni, o dall’ analifi chimica. I carat- teri efterni degli ftrati prodotti da ceneri vulcaniche; fono , per ufar le parole del Ferber, tali (2), che in-* durrebbono quafi a penfare effer gli ftrati fteMfi un fe- dimento dell’ acque. I medefimi, aggiugne il Rafpe, hanno alcuna volta tutta l’ apparenza Adi ftrati fotto- "messe na te » e —___ (1) Vesgaf la bella relazione fattane dal Sig. Dott... Vivenzio 4//4 page 379 Ano c8o (3) Veggafi la mia lettera alla pag. 83.0 vil 149 marini. Si sfoglianoydice il: Dolomziew: (1); in. una infinità di fottilifime laftre, che non poffono»snon effere' orizzontali» perchè. nate. dalla «depofizione e fvaporamento: dell acque; con. cui ‘le ceneri vulcaniche piovvero. Elia fa l'imbarazzo; nel quale il teftè 'men- tovato;;Naturalifta -—vifitando «I*-ifolai-dio Lipari (2) s'è più volte! ritrovato. Egli non. poteva darfi ad inten- dere che «alcuni frati. di pietra ampj, uniformi, oriz- zontali.; è: sforniti all’ apparenza d’ ogni carattere igneo. fofferto ftati. quivi prodotti da eruzioni vulcaniche. Non fu‘ chei;il lungo! efame delle circoftanze:; che i detti ftrati. accompagnano, e fra le quali vogliono ricordarfi le. foglie. niegli ftrati. medefimi rinchiufe.; come preci- famente il fono in quelli del Bolca } noh fu, dico, che «un. tale efame;iche dimoftrò. fiffatti -ftrati dall’ e- ruzion, fangofa (d'un antico vulcano caver avuta l’ o- rigine» E che dirò del vulcano di Macaluba'; che pref- fo.a Girgenti va innalzando tuttora montagne d’ar- gilla ?.Il: Sig. de -Dolomieu: ne afficura di nulla aver veduto in tale argilla.:che la prefenza del fuoco gli annunziaffe. I. caratteri. efterni poco «dunque o. nulla giovano a -diftinguere uno ftrato di tali ceneri da uno ftrato decifivamente marino. In quanto all’ analifi chi- mica delle medefime, non crede ella che il Bergmann , il-Ferber, il Gioeni ec. ‘abbiano faputo farla ? Ebbene; eglino le-han. ritrovate margacee,. e fempre più o. meno. effervefcenti cogli acidi. E lo -fchifto. ittioforo del Bolca non è, almeno in alcuni ftrati, della. ftefla natura? Dov'è dunque l’impoffibilità che fia nato da ceneri vulcaniche? Ma fi dirà: non apparifce in quel- Jo fchifto indizio alcuno. di. fofferto abbruciamento + Che perciò ? Quante materie fono vomitate da vulcas ni, che non portano il contraffegno della menoma e (1) Su f vulcani efiinti di val dì Noto. Rozier fettembre 1734. (») Voyage aux isles de Liparja . 100) di a: i > d 150 arfura? Ella norî ricuferà' certo ; ‘che | io sleittafcriva quì un bel paffo del Sig. Commendatore :di Do/orzien:.3, Le materie, ‘avverte egli::(1)) gettate. da villcahiiinon hanfi a'‘confiderarfempre comeopradotre:da effi ; snon tutte forio‘ Atateitiveftite o’ dltèrate sdalr fuoco :iralcune n’efcond'Fatatte je fono comeiftranigre!: al owulcanò, chele slanicid 0; Effe ‘rrovanfi fituate ival!:di Aopra:c del luogo”, oveolincendiocvaliumbffi de. non:vennero!sbal- zate' [fuori ife!" non! perchè. ‘s' oppofero! «allavdilatazione -de’ fluidi elaftici,-che fono sir grandi! operatori. de! fot- ‘terranei ‘infiammamenti i Dal Vefuvio: y:fegué: egli sa. di- re sbocciano ‘infinite. foltanze nullameno \tocche dal Fubcò x ‘ele quali ‘non appartengono sa? quel: vulcano fe ‘non perchè! fono ftate dal medefimo!:ftaccate. dagli ftrati $in' chi firtrovavano , e. ftaccateicipelnofubito) fvi- Tuppo' de fluidi ‘elaftici; anzichè ‘per l’azione , imme- diata ‘idel’fuoco . E venendo al:particolare. delle. ce- ‘neri, iP Sig. Commendatoreors’efprime scosìsì, Ie “ceneri. vaàlcaniche nom raffembrano punto.la quelle che «nafcono dalla® combuftione ‘di > materie. infiammabili . Quefte fono il refiduo’ terreos e. falino >: della» combu- Ation imedefima., quelle iconfiftono in. terrei fottilifime * fpinte fuori ‘dalla ‘corrente di !foftanze» elaftiche ec. Che meraviglia è dunque: feli non: han ifeco* alcuna “marca 5alcun veftigio idi fuoco? Dopo -quella:del ,Do- lomiew ella Sradirà -d’udire© ancora» la. teftimonianza ?d*un° altro ‘uo pregiatifimo ‘amico qual.è-il Sig. Cav. Gioeni «Egli favellando de’ faili | primitivi. deli Vefu-. ‘vio annovera! fra belli lespietre» da calce: i. marmi, 1 marghe si’ calcaree che » argillofe ;affermando» cota- ali *foftanze:‘incontrarfi ‘qua eslà per lo: dorfordel Ve- fuvio illefe dal fuoco, e in tanta copia, che forpaffan ‘tre volte quelle , nelle quali gli effetti del fuoco ftel. o DIV Dini ad ardita \ mE OS RR AZIO AI È a >< I91159% 00015 190, ISGOIKIOMOTII Cd (1) Ademoîre fav lesvislesPohceds pags asi sal b aloni (.) tal ISî fo Tavvifare fi poffono (1)a E* noto che; dal Veluvio, «come dall'Etna, fono più volte ufciti torrenti. id’ acqua :e di fabbia ugualifiima in:tutto. e per, ;tutto..alla ma- rina;: e fparfa di conchiglie fimilmente).marine.. I vulcani: di Kamtchatka (2) vomitan. talora offa. enormi «di balene} il che.:fa credere ai miferi sabitanti. di-quei ‘paefe che malignicfpiriti foggiornino'| dentro le caver. ne de’ loro monti , e, fi fervano. del.-fuoco de’ vulcani per cuocervi le balene e mangiarlefi . Son. pur, queflte le ragioni, cioè le foftanze appartenenti al mare esri- settaté. da’ vulcani; che hanno indotto . alcuni: celebri ‘Natutalifti a penfare dovervi) pur. effere una ‘qualche comunicazione trail mare e i- vulcani ftefli, ed cè quefto fenza fallo il motivo, per il quale il ch. P. Pi- ni (3); .comechè iriconofca per meramente. calcarea la pietra, che rinchiude i pefci. del Bolca ; ha non, per- ranto- dichiarato potér beniffimo i pefci medefimi ef. «fére .ftati da un'vùlcano fottomarino uccifi. e; fepolti.. Agli efempj dell’ Etna-%e; del Vefuvio aggiungia- mione un altro, che:efflendo., quafi direi, domeftico, ‘fembrerà ‘per cavventura: più opportuno :‘Quale avanzo, quale indizio, qual-traccia di fuoco offervafi. nell’ ar- ‘“gilla conofciuta fotto il riome di terra bianca. di Vi- cenza? Non pertanto: il decano degli Orittologi italia- «mi, l'uomo. meritàamente da lei riconofciuto come fu- periore ad ogni eccezione; il celebre Sig. Giovanni Ar- duinî crede ‘ufcita quell’ argilla fteffa. dal vulcano, che arfe uno tempo fulia moritagna di Lovegno (4). Il ve- «derfi che l’.argilla imedefima ‘ha dovuto. di neceffità {correre all’ingiù pe”foggiacenti colli. del Tretto, che «ha ricoperta laoluperficie- di effi,..che ha ripiene:le (1) Saggio di Litologia Vefuviana . (3) Rqzier-. Lg 1i0 I Led lr RARI So 11 È (3) Memoria Geologica fulle rivoluzioni del globo terreftre. Parte feconda $. 106. (3) Giornale d’ Italia fpettante: alla»feFerza\narerale Tomo XI.) kh 4 Ì x Al che 1 un lle dall’ altro ‘dividono ; ‘che prefens ta in fomma dappertutto l’ immagine e gli “andamenti” d’.un rovinofo torrente, che fi precipita dall'alto ufo< no gl’indizj, onde ha dedotta il Sig. Arduini: Jai fua: più ‘che probabile conghiettura . Nè io foche! alcuno! lo abbia accufaro per quefto di ‘minerologica cerefiaro Figuriamci ora che in una delle’ valli da quel irorfent te argillofo inondate e fommetfe ‘fi -trovaffe fituaro um lago. I fuoi pefci non farebbono’, come: quelli dele Bolca, ftati in un fubito uccifi, avviluppati, e fepolri?: Tale fenza dubbio dovette efler la forte di quelli; che abitavano il tratto di mare frappofto ali’ ifole di Vulcas no e di Vulcanello, tratto, che verfo il 1550 rimafe pienamente ingombrato dall eruzione , ‘che Je prote ifole l'una coll’ altra congiunfe (1). 3 Le ceneri vulcaniche fi fpandono , com "ella bem fa, ad enormi diftanze. Quindi non è neceffario ;chéi quelle, onde reftarono avvolti ‘i pefci del Bolca, afcif fero dal Bolca ftefflo. E però fe. le fue \offervazioni dimoftrano la nafcita di quella montagna. efler poftes riore al fotterramento de’ fuoi ‘ pefci, io. m'accorderò volentieri con lei, e ripeterò da. qualcun altro de'ivi» cini vulcani l’ origine delle ‘cenerî, di cui fi. favella. Ella ben vede una tal circoftanza non alterar fosse nè poco la mia fpiegazione. i Ma benchè pur fi concedeffe che in ‘tutte le .ce- neri vulcaniche debba neceffariamente reftar impreffo un qualche fegno di fuoco, del quale altronde è affat> to privo lo fchifto pelcifero del Bolca 3 nemmen que» fta farebbe a mio credere ‘una’‘cecifiva» ragione icon tro ciò, che fono andato finora divifando-. Le infil- trazioni, onde le pietre fono alcuna volta intimamen- te penetrate, cambiar fogliono intieramente , almeno, in apparenza, la ara matura. Quindi le TARIARIORIOA — fs Voyage aux isles “ Liperi » pAr-à za 153 minerologiche ‘ugualmente: ftrane, ma fenza dubbio più.-reali delle poetiche . Qual è quel mufeo di Storia Naturale, che nom.contenga nicchi di conchiglie, che han prefo l’afpetto e i caratteri, di vera felce? E fe una. pietraicalcarea può diventare felciofa, perchè un prodotto vulcanico :non: potrà. acquiftar le fembianze d'un: maffo scalcare 2. Ma. che. diffi potrà? Non havvi per avventura delle ‘lave, che fembrano a vederle, ed anche: è cimentarle veri. marmi (1)? El Sig. Com. mendatore. di. Dolomieu. parlando de' vulcani eftinti del. Val'-di, Noto..non ricorda. egli forfe. materie vulca- niche di foftanza, calcare onninamente. intefflute e ri. piene ?. E lo: fchifto- del Bolca non dimoftra. apperta- mente d’ aver.fofferto una larga infiltrazione, di fuc- chi calcarei? E perchè quefti non avran potuto. alte- rarlo e ridurlo a-peco..a poco nello ftato, in che ora il veggiamo? ti ( ill determinar dunque con ficurezza l'origine, e larxmatura dello \fchifto, di.cui fi parla, è un imprefa affai più. delicata e. malagevole che non fembra.E fe difficilmente: potrò io. dimoftrare. che lo. fchifto me. defimo fia! opera! d'un vulcano (2), difficilmente altresì potrà. dimoftrarmi&i chie nol fia . Quefta mia refiftenza. nonunafce da oftinazione. Si fciolgano i miei dub- bj, fi fcopra il vizio de’miei. raziocin), fi moftri- no, e fi provino.le, differenze, che paffano tra lo fchi. fto del Bolca.;; ele materie, che. non tocche dal fuo-, co, e ftemperate nell’ acqua piovono, o fcorrono, da’ vulcani; e tutto farà finito... Opporfi alla verità dimo-. ftrata è sfrontatezza,;..il.ceder fenza ragione è dappo. {1) Gioeni opera citata. SOTTEATORI, € GA TIOAROTA (3) Z/ Leibinizio riconobbe.qualche!' indizio di fubco nello: ftbifto pe- Scifero d° Eisleben. I pefci foffili di Mansfeld fono fembrati al Kruger 4/cun poco abbruftaliriz—come--le-Tranfazioni-Filofofiche- raccontano che eran quelli, che mel 1730 / videro ondezgiare ll} acqua al nafcimento d'un? ifolarvslcanica prefbile-Terzene 154 caggine . Io sfuggo ugualmente l'una, e l'altra di que fte taccie: nella dura alternativa però Amo: piuttolto d’effer preflo per un dappoco ‘che per uno sfrontato. To crederò dunque, fe così crede ch'io debba » fare 3 e dimenticando le. ceneri vulcaniche, .penferò:; d'ora innanzi che- lo. fchifto bolcano non fia ché un -fedi- mento dell’ acque. Quefto penfiero nè fi oppone ,.inte- ramente a quel che ho fcritto :nel mio opufcolo, né può non agevolmente conciliàrfi; col .refto. della. mia fpiegazione. Io ho detto ‘che un \tremuoto vulcanico avendo. fpogliato -di vita i pefti bolcani ,, empiè de’ lo- _ro cadaveri; e di de/letta marina il vicin lido. lo non determino la quantità d'una tale belletta: effa fa tan- ‘ta per avventura; che baftò fola, e fenza l’ajuto. di ceneri vulcaniche a fotterrare i pefci; infieme. co’ qua- _li fu trafportata dal mare..Veramente ne’ molti efem- pi da me raccolti fu quefto propofito., non fi fa men- zione alcuna di si copiofa belletta, anzi fi. rileva: da’ medefimi tutto il contrario: e. poi come..perfuaderfi che. uno fchifto fino ed-omogeneo fia nato dalla vie- _Ienta, e tumultaria depofizione d'una gran :tempeta «marina ? Forfe farebbe meglio il dire che 1° acque del mare furiolamente agitate, e fofpinte andarono .con molte fpecie di pefci ancor vivi ad inondare un. terre- «no più baffo del loro livello; che non potendofi. quin- . di ritirare, formarono un lago; che: a mifura che que- fto perslo. fvaporamento .dell’acque fi andava impiccio- lendo ; fi adunavano i-pefci fempre più, e:fi ftrigne- vano, infieme:, che finalmente al difleccarfi -del lago, “i pefci {i feppellirono da per fe ;fteffi nella : mota. del fuo. fondo; o..da un; nembo di finifima fabbia mari- na, follevata, dal vento “rimafero.. foffocati.,...é coperti . «Ecco ordita ,.e. condotta a fine la tragedia di. que’ mi- .;feri pefci fenza intervento di ceneri vulcaniche. Que- fto. preffo a poco è il piano del Marchefe Maffei (1). Jo e du) Leridra il Sig dè la! Cohdamine Mi > 5 non fo fe Valpa quand. quieti” della “tua Metrope . p El Ta ‘ne giudichi; 10. Ron potrò che timtettermi, alla fua aeciuone © SHE Io le ho chiara fo quatito ti decor- teva di fignificarle ‘ihtommo deli articoli Cie riguarda. no foftanziaImente' le mie congetture” fuel'trioliti* del Bolta="La! mia non'è una rifpolta, ma piuttofto una giuftificazione . Co fuoi ‘pari’ non fi guerreggia. Ora mi' permetta che io le foggiunga così di paflaggio al- enna-cola ‘fu ‘cert’altri‘punti ‘meno effenziali;' €; per “così dire, eftranei allo fcopo ‘del mio opufeolo. Eita loferva che non baftano due foli coccodrilli per*chiu- “der la nota della pagina ottava con' quell epifonema”, ‘che’vi' fi legge. L' offervazione è giuftifima. Ma fe ‘ella fi‘prenderà l'incomodo di leggerle due. Memo- ‘fie quivi da me indicate ‘del Lauvay, e del Bekman- “no; troverà “in «éfa‘“rammentati altri ‘coccodril Mo che #? fono in'feguito « dovuti fcoccodrillare . To nonne ‘ho fatto imenzione; ‘per non trattenermi a. parlare in ‘una "nota ‘di ‘beftiacce’, che fpaventano ‘al’folo ‘nomi- ‘narle. I denti del coccodrillo diffeppelito' ‘nella < Favo- I rita dal Sig. Arduihi fteffo non fi difimula ‘che pof- fono effer denti di buot marini. In quanto ‘all’altro non: hantio! firio ‘al’ prefente' analoghi’ cor- rifporidenti che iti0quel mare. Gli fi conceda che. il Polinemo: fia ‘una Triglia , (1) quantunque? rifugga per fino la penna dallo Ycriverloj*cola farà de' Gobj, de'* Chetodonti., è di tant’ altri ‘illefi ancora‘ dal’ coltello" anatomico Baci De, Tefta ? SANA egli. dunque | uo »>ti II ig 9Ì (*)-Lett. Pi Cons) e bed PI ea erS Rei So Pod confronto efatto fu tutte le fpecie de’ noftri deal e qualora fia) tale a Tonvincere! gli errori de’ pubblicati cataloghi, converranno feco lui i Naturalifti Verone- fi, e gli fapranigrado dicfua fcoperta Omon! affettando per modo alcuno di foftenere per una fterile gloria l'efoticitàNde loro'ipelci $. stia /per amor di verità. Ma che forga una perfona, che fenza confronti fuoi rea- lizzati colifattoizcom\unipozrebb! «ffere voglia 'gittar a ter- ra i contronti, e gli fludj altrui, quefto non farà mai argomento: Tda: fame ricredere 4 | Oltréchè' come po- trebb' eflere che que’ Pefci, che pajon ftranieri în Bol- c&, \foflersindigeni al tempotidilormeorfe nel Medi- terraneo , così non potrebb’effere che quelli che al Me- diterraneo om fonoindigeni ‘allora foflét* efotici? Que- flo fecondo potrebb’ effere ha i fufiragi ftefì del po- ivebb’ effere del Sig. Tefta. Fuori del potrebb' effere Nor fi può argomentare altrimenti che .così... Secondo! lè attuali cognizioni è evidente che il tale, -pefce di.Bolea ha i caratteri del.tale che è efotico per, tuttici Natux ralifti: dunque fecondo le cognizioni ‘attuali. è evi dente che, quefto pefce Bolcano è efotico,. Così, han- no col ch. Ab, Fortis i, Veronefs, Naturalifti\ \argo- MA RL l'apice "Quindi palla a difenderfì dallo ‘sbaglio d'auerame melfe le aringhe in Bolca, con quefto argomento s.cioè cb egli Ji farebbe contraddettoz il che non.è werifimile). . € Nota.) @ I nt Jeb. is niogisti alifiot into n ia 1, Sieno_ gindicivi lergitori. di. queft affare. Nella; prima. lettera il Sig. Tefta a ‘carte 20. s:efprime ico» sì + ;y Bafti riflettere che in vano tentò. il Buffon di; 3, foccorrere co’ feflli del Bolca:la, fua fin ;dalimomenti 5, tò che-la pubblicò. vacillante.- teoria. Quel Monte 53 fotrminifira de’ Pefci che .non. rinvengonfi è. .noî 3, Vivono, che nelle.Jatitudini, più fettentrionali je» per» ,, confeguenza Notabilmente più fredde della noftra. sr Tali fono a-medo-d*efempio-te-arringhe ela Mor- >, Va. Il Sig. Bozza ha.zitrovati: ful Bolca: detgrofli. pez») so | 160 zi d'ambra grigia... - Si potrà dunque conchiu- dere che la temperatura del mare che bagnava, e ricopriva antichiffimamente l’Italia era quella fteffa ch’ appartiene ora ai mari del Nort e che la terra s'è andata quindi rifcaldando e non raffreddando- fi: nella feconda quelli ftelli ( Buffoniftt ) che attefta- no contenerfi nel Bolca de’ Pefci che proprj fono de’ mari dell’ Equatore atteftano ancora contenerfe- ne quivi degli altri che non appartengono che ai freddi mari del Nort; que'pefci adungue fervono egualmente a provare la diminuzione che l’ incre- mento del caldo, vale a dire non fervono propria- |», mente a nulla ; ‘° come propriamente ferve a nulla quefta giuftificazione del N. A., ch'è pregato a dirci ove nella prima lettera nomini l’ Equatore al cafo di favellar delle aringhe e della morva. Ma le ha egli riconofciute per tali quefte arin- ghe, o no? Se no; perchè non ci ha egli foftituito un altro nome? Se sì; perchè nega or dunque che fien tali? Le ha pur egli efaminate a piacere, e fe n’è invogliato fino a pregiarne perfin gli oliati Perchè però il fuo Avverfario informato quant’ al- trî della queftione pur moffra di non effer perfaafo che l'ambra grigia fia uno fterco delle balene inferme, per via di digreffione vien fuori con una mano d' Autori, che fono di tal fentenza, Klobio, Dudley, maffimamente Frankeewille che n'efibì le prove all’ Accademia di Ber- lino. ( Nota ) Dice il Sig. Tefta (1) aver 7 Szg. Bozza vitro- vati fal Bolca de' grofi pezzi d'ambra grigia? Quel grigia c'è di più; io poffo accertarla che il Sig. Boz- za mai s'è fognato di parlar d’ambra grigia rinve- muta in Bolca; ma bensì d’ambra comune: offia » » 9 3) 93 3) P)) 39 33 » P) ) 99 bi (1) Tefta lett. pma C. so. 167 fuccino4 del. quale confervanfi parecchi efemplarj . nef mio Gabinetto. Sono inutili perciò al calo noftro le sfoggiate te0rié n if. t se ZI: Contro l efoticifmo de’ pefci del Bolca il Ni A. avea dettoz. che 11 Polinemo pledejo d’ Otaiti è pie ciolo riguardo al Bolcano ve il Sig. Ab. Fortis rifpofto che la pieciolezza non fa oboretto, forfe anco per l'età. Ora. replica il N.sA.effer crelibile che vil Sig. Brouf- fonet nel determinar la tanghezza propria di fffatti pe- fcivabbia fijata la quantità media. Ma poi fa perchè nan.contenio della quantità media , fia perchè perfuafa che la grandezza non ferva acaratterizzare fe non fe le va- rietà, cede anche qui e. conviene che la differenza della grandezza non fia valutabile In feguito fi trafporta da quefto sarsomento adi.un ialtro, cioè a. dire, gli permet- ta il «Sig. Ab. Fortis, che mon fia neppur valutabile la differenza. che palla. tra’ cornammoni -foffili gigantefchi edi i. viventi microfcopici del. Mediterraneo «i( Nota ) me Il Fortis ha ragionato. abbaftanza fu quel’ artico» lo per aggiunger parola. « , nti 306 su sdV. Dice il N. Asche i Stig. Ab. Fortis. vuole che non fi difstunga' I’ efamede' pefcî Bolcani da. quello de’ teftacei. fofilt. del “«d’ intorno , ad: oggetto ‘di rica- vare dall’ efoticifmo. di quefti: L' efoticifmo ‘di quelli. E perciò | CURO RO I. accorda che non. fi difsiunsa l° efame degli uni da. quello degli. altri .Pure-nonne faremo niente; dice , perchè non è certa la patria de’ teftacci. E da per prova. dell ignorarfi la patria di tutti s teffaceî foffli le fcoperte che fi fon fatte d’alcuni. bs ( Nota ) Bella confeguenza! Io concederò che crefcendo le diligenze s' aumenteranno ancora ie fcoperte; e che ne verrà da ciò ? Si rinvenirà qualche individuo cre- duto de’ mari efotici anche fra noi,. ma credo figi- durranno quefti a pochi affai, dappoichè furono. efa> L 162 minati ne’ noftri mari fino gli éfferi rinicrofeopici ; ‘Fin tanto.dunque che una tale fcoperta non fi faccia con pace del Scetticifmo del Sig.Tefta, affirme- remo fulla bafe di fatti innegabili, che i. corrifpon- denti di tante chiocciole, € di tanti pefci foffili. non rinversenfi che in contrade a. noi peregrine . 2. Accorda anche certa la patria. Tanto e ‘tanto, foogiunge, non ne faremo niente, perché fono poffibili, gie fi danzo di fatto delle aggeltione petrofe in cui i tefta- cei fono efotici, e i pefci indigeni; dafciando a chi legge il conchiadere ; effer eoioise cn 11 cafo. di Bolca " uno di quefti. ( Nota ) Quefto fatto è poi egli veramente così? a Bol. ca quefti pefci fon poi tutti.indigeni, ovvero fon con- fut cogli efotici.come lo fono del pari i teftacei? Quefto è il :punto»della «Quiftione, che non. va :fup- pofto, ma provato. Ma ‘bella davvero! Le pietre it- tiomorfe non contenevano conchiglia di forte alcuna quando metteva conto al Sig. Tefta di far ciò crede. re per dar dell’aria al fuo fiftema ((1);. ora pogea quelti teftacei imbarazzano: un ‘poco fono rinchiufi ,, ss pietre giacenti l’una preffo dell'altra, e forfs'an- ;y. che uniti infieme. © (2) Una vifita al Bolca , e 1l fatto. dileguerebbei fiftemi. 3. Accorda infine che fieno efotici i pefci , ed 3 te: faceîx; a motivo che i loro analoghi più non fè trovano nel Mediterraneo. Non ne faremo niente neppur. in tal cafo perchè vo. + Qui s' aggruppano varie propofizioni, che fwolser conviene. | Il Mali d'oggi è uniavanzo dell’ antico. ( Nota ) \ e: Cambiato ‘per altro di ‘clima per la ,, mancanza _ STE RTTE ETTARI N BILI SE ETC {:) Gli firati che chiudono i fia UccinanO Similmente un lucgo ap- partato » foste: foci 1, C. 31. (43) %Leic. 2.10 50 165 ;» de bofchi che ingombravano Italia, © e 1 rendevano di temperatura più fredda (1) : e » de’ fuo- s; chi vulcanici da’ quali poteva in alcuna fua parte ;; efer rifcaldato ‘° (2) che lo rendevano di tempera- tura più calda. Avvertafi che quefti Vulcani erano fe- condo il N. A. fparfi,,da per tutto il Veronefe,e Vi. », centino. (3) I teltacet del Bolca appartenevano a quel mare. ( Nota ) Non dunque al Mediterraneo d'oggidì. Pofto ciò con quale fperanza di non gittar il tempo ci man- da al noftro Adriatico, ora divenuto Mediterraneo, a cercare e ad efaminare 1 corrifpondenti de’ pefci tutti e delle conchiglie erroneamente finor credute efotiche ? Rifpertabiliffimo Sig. Tefta, io temo affai, che quefto mar ,, che bagnava le radici de’ monti Vi. centini, e. Veroneli, e de’Berici, e degli Euga. ;,, nei formava altrettante ifole “ (4), non poteffe cer- tamente giungere non folo fulle vette delle noftr’ AI- pi, che fono piene pieniffime di conchiglie analoghe alle Bolcane, ed alle Vicentine, ma neppure ful Bolca. ‘La fepoltura de’ pefet ‘in Bolca fegut nel tempo che il mare bagnava le radici di quella “Montagna . ( Nota ) Per verità no; che le radici di Bolca troppo di- ftano dal cimitero de’ pefci. Qualora per ‘altro per ra- dici di Bolca non intendeffe il N. A. la vetta de’ Mon- ti di Veftena. I teftacei non vi furono trafportati da un mare eftero . 33 Lar’ prr RE RT " nesta TTI pr zi / N (:) Lett. r. 66. (2) Lett. 1. (3) Tutto ne’ territorf Veronele, e Vicentino attefta Ia prefenza, e l’azion fimultanea de’ Vulcani, e del mare. Let. 1. C. qu 420 (4) Lett. >. fi IV. C. (55. si Pale 164 ( Nota > E torniamo alla Teh che è da provare non con ipotef, ma con fatti reali, come fatto di verità si è che non fonofi fcoperti analoghi viventi a molti. de' noftri foffili, che ne’ mari lontani. Quefte quattro propofizioni fi fondano Sopra «una non indicata. Eccola: non vi furono mai altre acque dov' ora è il Bolca , fe non quelle del Mediterraneo . | ( Nota ) Ma le acque, che coprirono i vicini monti tatto più elevati del Bolca; erano forfe impedite dal toc- carlo ? Por pale. intere quel mare. che, bagnava i. colli Euganei e che poi s aperfe allo ftretto di Gibilterra una comunicazione coll’ Oceano, con cui fe livellò . Il A. A. la difcorre cost. Quefto Mediterraneo depofitò nelle montagne di Bol- ca 1 teftacei che in effe fr trovano . Quelto medefi mo-sbal- zò ancora î pefci nel cimitero. Se dunque ‘i teftacei non fi poffono dire sfotici 3 né anco i pefci. ( Nota ) E qui fi feppe addomandare le prove di. sur fatto? La propofzione fondamentale e Pcdlitii Ecco poi come prova che il’ antico. Mediterraneo de- pofitò nelle montagne di Bolca i teffacei, che wi Ji tro» vano. Nell'antico Mediterraneo poteano (Notari Una propofizione alfirmativa, una prova, dubita: tiva, qual © onicguenza avranno a produrre : Dar mivere $ teltaceî, che ora'non vi Sulfiftono a moti- vo della maggior profondità di quello, che non e la pro- Jondità del prefente. Molti de' viventi in confeguenza , e] quali erano una volta indigeni di elfo, divennero efo- tici po ‘* Nota 39° ! Ecco finalmente che ‘concede a' noflri. pefci quell’ Pot 165 efoticità , per negar la‘quale fcriffe fa prima fua let. tera. Noi fiam grati al Sig. Tefta ch'abbia ; nel far quefta confeflione , fuperara ogni ripugnanza ‘del do- verfi disdire. al momento che sboccò mell’ Oceano . ( Nota ) Conceffa l’efoticità prefente, poco c' importa per ora che o veniffero a noi da più lontane contrade, 0 partiflero da noi. Come entraffero 1 tellaceî dal Mediterraneo nelle montagne di Bolca, le cui falde bagnava, non dice niente, ( Nota ) Sarebbe ftato il Vulcano ? No : perchè v’ avrebbe trafportati anche i pefci ad ei uniti allettati dalle foavî di lui efalazioni. Per lento :fedimento? No: perchè avrebbero formato un letto di mare, ed un ammaffo di fola calcaria, e quefto ripugna all’ Ipotefi dell’ A. Cofa dunque farà fiato... In prova poi , che quel Mediterraneo antica sbal- zò i pefci nel cimitero di Bolca, neppure + La confeguenza che ne ricava fi e, che egli fi tro- va con vera foddisfazione d' accordo col Sig. db. For- tis, quol dire: adunque ella s° inganna. Ma lho ef- pofta în termini per dare un faggio dello ferivere del N. A. nella ricerca del vera. ( Nota ) Io temo che cercandolo così rimarremo anzi fempre più al bujo. V. Nulla. VI. Ma fe tra pefci di Bolca © aveffe di quegli, che per vivere abbifognano del calore della Zona torri- da? Il N. A. fupplifce alla Zona torrida col calor da’ valcani euganei. Al Sig. Ab. Fortis fembrò per vero dire eccelfiva 1a forza attribuita al fuoco di tali vulcani. ( Nota >) II N. A appoggiar a qualche ragione la {ua 3 166 ipotefi ftabilifce il calor della zona. torrida nel mar Veronefe, prodottovi dall’ ardente vulcano . In tal ca- fo noi cercheremo invano i pefci analoghi a’ noftri foftili, nell’ adriatico d'oggi ,, per efaminar che fi 53 facelle#5 Ma D aut. nota non tutta la malfa dell’ antico ma- ve adriatico effere fiata rifcaldata da que fuochi. Che fenza i vulcani, e perciò prima d'efti, l antico Adria- rico foffe di quella temperatura , che è al prefente , ognu- no il vede: e vede altresi che non vi poteano allora ef- fere le fpecie de’ pefci, che abbifognano per vivere d° un' alta temperatura. Come abbiano potuto î pefci dell’ E- quatore entrar nell’ Adriatico prima della comunicazio- ne di quefto coll’ Oceano, qui veramente fi defedera che sl N. A. l folte efpreffo, non baffando l aneddoto del per altro fempre vifpettabile Sig. Ab. Spallanzani. ( Nota ) Il Sig. Ab. Spallanzani chiama non folo ingegno- fa, ma veriffima l'ipotefi del Sig. Tefta. E' defla poi ‘tale? Ipfe Dixit. VII. Quanto alla pietra che vinferra 1 pefci di Bolca, il Stig. Ab. Fortis la vuole d'origine marina, si N. A. di vulcanica. ( Nota ) Quefta parte di queftione è determinata tofto che fe ne foftituifca un’ efatta analifi, Il Sig. Tefta potea ben farla. Di fatto offerva. 1. l'unione in un picciol feto di tante fpecie differenti di pefc: . ( Nota ) Quefte ,, tante fpecie differenti di pefci “ come le ha il Sig. Tefta potute riconofcere, fe i noftri pe- fci non fono agli occhi fuoi che abbozzi di Scheletri ? 2. Trovarfene di quelli. che fianno mangiando È’ an l'altro. ( Nota ) Qualora fols' anche ciò vero, qual meraviglia che — (I n 167 gli animali mangino fuori della lor patria! 3. Effere 1 medefimi ftati fepolti nell'atto o fubito che furono morti. (. Nota ) Certamente vi furono fepolti o prima o dopo la morte loro. © i E foggiunge che quefte circoRanze f fpiesano otti- mamente nella fua ipotefi, la qual è: da prima î colli en- ganeî gittarono fiamme in mezzo a tremuoti efalazioni efplofioni eruzioni di lave, con che fi vifcaldarono I acque a fegno ch'i pefci d'ogni nazione v' accorfero in frotta . Appreffo fuppone che due fenomeni fieno fucceffti tutto ad un tratto, ma vicendevolmente, cioe a dire, che un tremuoto dal mare sbalzò i pefci vccidendoli per lo fpa- zio di 40, 50 miglia fino al Bolca, e ful Bolca fcro- fciò un vulcano, che vomitò' dal cratere un finifftmo v- mogeneo polviglio fovra î pefci. Quefto per altro non effere che il fondo dell’ aggeftione pefcifera. Replicaffe l’ Adriatico fempre coftantemente ful luogo flefo un altra ano di pefei, e un’altra il Bolca del fempre medefimo polviglio intatto dal fuoco. Seguiffero, per cost dire, 4 battuta l Adriatico; e il Bolca adare quindi pefci, quin ci polviglio, finché ne nacque il ‘cimitero che ora ves- giamo. L’ ipoteft al certo del Stig. Ab. Fortis non è con- cepita così come quefta în modo da fpiesare con tanta facilità le tre fopraddette circoftanze che fi offervano nel. la pietra Bolcana. Viene poi non già a dimoftrare ( e . come farlo fenza ifpezion di luogo e fenza anali? ), ma a proporre de' dubbi fulla natura della medefima pie- tra. Sembragli che, prefentando certe ceneri vulcaniche nn certo afpetto di flravificazione, e talora dî fchifto fu- fcettibile dî sfogliar&r, poffa dirfi vulcanica quella pietra prefentando gli fteffi caratteri. Sembragli ancora, che, perche alcune ceneri vulcaniche fi fon trovate margacee, ed effervefcenti cogli accidi piu o meno, tale ritrovando pure la pietra di Bolca, poffa dir vulcanica. Nulla aftare fe in efa non apparifce indizio alcuna di foferre ! 4 «168 abbruciamento $ fapendofi, tante terre e pietre afcir da’ «valcani fenza il contraffegno della minima arfura. Ol- tre che potrebb' effere che /a pietra Bolcana per le in- filerazioni , ond'è ftata forfe intimamente penetrata , fa- fi cangiata in'maffo calcare , ful riflefo che ‘la ‘pietra calcare può divenire JelcioJa. Finalmente che «quella pie tra fa vulcanica, effer manifefto ancor da ciò, che vî fan delle lave, che a vederle fembrano veri marmi . Al- tre coferelle fe taciono Sur brevita . Si fcopra ( dice DA, ) 10 vizio de miei ia nj, e tutto fara finito | i E n aid ite 169 RBL I C&} bibi A bor E FORIO AL S$S}Go ABATE TESTA. Padova 18 Asgofto 1793» Ot: che facciamo noi ‘mai, veneratiffimo Sig. Abate? Vorremo metter, come fuol dirfi, la falce nell’ altrui meffe, impegnadoci a trattare degli fchele- tri di Bolca per lungo, largo e profondo, dopo che un annunzio folenne avvisò tutta la Repubblica de’ Na- turalilti che altri ha prefo a darcene di propofito la ftoria in un’opera. voluminofa e magnificamente decorata? Per quanto a me s°’ appartiene, Iddio me ne guardi! Io ho avuto paura di codefti monti di Bolca ; io non ho faputo formarmi un piano d’ efecu- zione, che piacer potefle nei imedefimo tempo a chi v’avea interefle anni fono, ed a mesio fono convin- to che l'ottimo partito era quello del diffidare delle proprie forze. Ella m' invita a muovermi contro me ftelfo; vorrà quindi avermi per ifcufato s'io nol farò. Nemmeno però ftarommi mutolo, poich’ Ella ha la bontà d’eccitarmi a replicar qualche cofa alla ingegno- fifilmaa lettera fua, rifponfiva alle inie qualunque fien- fi annotazioni ful di lei primo Opufcolo de’ pefcî foffi- | di del Monte Bolca, Eftenderò un cotal poco le mie poftille marginali ancora una volta, e nulla più; poi- chè quefta mi pare la maniera di non dar afpetto d° importanza al lavoro; e quindi anche di non incon- trare la taccia di foverchiamente coraggiofo, o. d’ in- vafore degli altrui diritti . Una parola fola in propofito dell’ambra. Per- 170 be chè dere Ella, che ha voluto raccogliere nel (uo 6. II. tutte le teltimonianze di coloro che fofperrarono d'origine animale codefto bitume , e ha dato un pe- fo (come ho fatt'io in qualche altra occafione a gran torto ) all'autorità dell’ Accademico Berlinefe Fran- cheville, non ha poi anche refo conto delle fcavazio- ni ultimamente fatte in Pomerania, dalie quali riful- tò che l’ambra grigia fi trova così immedefimata con iftrati carbonofi, formanti colà il fondo del mare, che non fi può a meno di non affegnarle la medefi- ma origine? Quefto fatto grande, palpabile, ripetuto in varj fcavi fatti a picciola diltanza d’ un mare, che a notizia di ftoria getta al lido ambra grigia da 18 fecoli in qua, cioè, fin da que’ buoni tempi ne’ quali i Germani brucianvania nè più nè meno come le al. tre analoghe foftanze il gagate, il litantrace, ec. non prova egli più che la concordia delle opinioni di mil le Naturalifti, fe tanti foffero quelli che al regno ani- male l’ aggiudicarono ? Le spote dunque, non le ulti- me Scoperte ,, ci aflicuravano che l’ambra grigia era 33 fterco di balene inferme “; gli fcavi ultimamente efeguiti, con oggetto di fpecolazione economica, po- fero allo fcoperto tutt’ altro. Le autorità da Lei ad- dotte nulla più provano fennonchè quefta opinione non è ftata una ftravaganza fua, ma di parecchi al. tri; e che, fe il fatto fifico non veniva folennemente a convincerla di falfo, effa avrebbe avuto de’ feguaci rifpettabilifami . | Lt Id ALATO i, Ad onta però del numero degli opinanti per I origine animale dell’ ambra, anche prima delle nuove fpecolazioni Pruffiane, a me fembrava ftrano che fu d’ alcuni mari e ad alcuni litorali folamente venifie gallesgiando, e non a tutti quelli pe’ quali o preflo a’ quali bazzicano feppie, balene , ec. e mi attenni an- che per quefto a crederla produzione di tutt’ altro Re- gno della Natura . No; io non credo che ,, un fol polinena plebejo 171 s, Sa lato pefcato nel mare degli Otaiti: © ma Ella non creda che il folo polinemo plebejo di Bolca fia quello che ha 25 pollici di lunghezza ; chi fa? forfe io non avrei determinato una sì grofla beftia, appun- to perchè la ftatura m’ avrebbe fatto efitare. Il poli- nemo ( o lo fcheletro bolchefe che mi fembrò raffo- migliarvi ) conviene coll’ Ctaitiano come. ne’ contorni così anche nella grandezza, poco più poco meno. Vorrà Ella attribuire a me anche il battefimo d’un polinemo plebejo di 25 pollici? Io non ho mai arti- colato quefta dimenfione, che potrebbe però anch’ ef- fere d'un polinemo plebejo. Refti dunque tuttociò che ho avuto l’ onore di fcriverle in propofito delle differenze provenienti alle ftature dalla differenza dell’ età; ed Ella lo applichi cum grano falis. Il coltifumo attual poffeffore della fuperba collezione Bozziana le potrà dare le dimenfioni de’ polinemi plebej che vi fi trovano , e accordatogliene un pajo di piccioli, farà forfe d’uopo ch’Ella gli accordi tutta la fcala. Su chi ha giuftezza di criterio è fempre da contare. Guardimi il cielo dall’accufarla di mala fede, sentilifimo Sig. Ab.! Io non la accuferò mai d'’ altro che di foverchia felicità d’ ingegno, e di mirabile de- ftrezza per trar vantaggi alla fua opinione di dovun- que può. Ma fe il mio fcheletro dipolinemo eccedef- fe di poche linee le dimenfioni dateci dal Sig. Brouf- fonet dell’ Otaitiano (ed è così veramente) dove an- derebbe la di Lei analogia fra i cornammoni micro- icopici de’ mari attuali, e quei grandiMimiadel. Vero- nefe? Io poi non conofco la Memoria dell’ Hoffmano | De corna ammonis nativo; elia mi farà una vera gen- tilezza indicandomi la Collezione in cui trovafi, o l' anno e il luogo dell’ edizione , fe I’ Autore I’ avefle pub- blicata da fe. Ho un pò di fofpetto che codefto cor- mammone nativo fia anch’ effo molto lontano e di mo- Je e di figura dai foffili che conofciamo; lo è certa. mente quello che fi trova nelle Collezioni de’ conchi- 172 liofili; e chi voleffe dirlo di fpecie ad efli “congiunta non troverebbe facilità nel perfuaderlo a chiccheffia . Il $. IV.della fua Lettera annunzia una folenne profefione di fcetticilmo in sì fatte materie, che o deve dare a Lei l’obbligo di procurarfi la. poffibile conofcenza degli oggetti prima di muovere dubbiezze fu di eli, o dee togliere a chi crede di ben cono. fcerli la briga di rifpondere a tutte le fottigliezze ac- cozzate infieme dal fuo verfatile ingegno. E mi per- metta di dirle una verità di più. Chi è perfeguitato dappertutto in tali cofe dallo fcetticifmo, ch'è quanto dire , chi fa profeffione di fcetticifmo non può far e- gualmente profeffione d’ efattiffima buona fede, e qua. fi fenz' avvederfene fpefle volte cerca piuttofto d’ intor- bidare che di rifchiarare, Uno fcetticifmo prudente è neceffario nelle cofe fifiche, e ne promove gli avanza- menti; uno fcetticilmo, che fi opponga dappertutto, allunga le difpute, ed imbroglia le cofe più femplici. E° piucchè vero che v'ha della foverchia fretta preflo i novizj Naturalifti nell’ affegnare i caratteri di novi- tà, d’efoticità, ec. alle produzioni, che cadon loro fra le mani. Quindi metalli fmetaliati, nuovi generi difgenerati,, fcoperte clamorofe ricoperte di bel nuovo dal filenzio, e dall’obblivione; ‘e quindi la riduzione d’ alcuni celebri precoci alla loro natural claffe di ciar- latani. Ma è poi anche vero del pari che la fcettica avverfione a ogni novità ritarda i progrefli delle co- gnizioni , copre talvolta d'un velo menzognero le paf- ‘fioni private, ferve a deprimere l'uomo ingenuo, a metter ‘in moda il faltimbanco.... A fcanfo d’ equi voci; non è veruno di quefti il cafo noftro, Ella , Sig. Abate gentiliffimo , ha fatro bensì la fua profeflione di fcetticifmo, ma profeffa poi egualmente che I° op- pork alla verità dimoftrata è sfroniatezza; e, ben lon- tano dal ritiutari ai mezzi di conofcerla perfonalmen- te, fi propone di profittare della prima occafione , che le circoftanze le prefentaffero,, per vedere cogli occhi 1773 proprj i caratteri della località di Boica, fu de’ quali fe non le permette d’accordarlo la vivace acutezza del fuo ingegno, trova però pofibile d’ efferfi ingan- nata allorchè ne giudicò fenz’ aver vifitato e rivifitato que’ monti lungi dal dire, come alcuni pazzi orgoglio- fi: mon voglio vedere, perchè non è poffibile che la cola fia altrimenti da quel ch' to credo . Ella non trova nel mio progetto di verificar la patria ( e in quefto cafo patria fignifica. temperatura appropriata ) de’ pefci di Bolca col mezzo de’ teftacei lapidefatti, che un accrefcimento di difficolta fenza fpe- ranza di rimoverla. Con qual mezzo ,-dic' Ella accor- ‘tamente, Verremo noi ad afficurarei che un tal teftaceo fa efotico o no? Conofciam noi tutti i teftacei, che vi- mono ne nofiri mari ? E° quì molto acconciamente. ri- corda;ile: ricche otfervazioni del ch. Spallanzani ful Golfo: della Spezia, quelle del recente. Zoologo dell’ Adriatico., quelle del Gualtieri, del Joubert, ec. Ella fi arma contro di me delle mie parole medefime, benchè non forfe ‘attifime a produrre l’effetto che per ravventura ne ha. voluto fperare .,, Chi fa, ho det. ,s t0 io tempo fa, che non fi venifie a capo di /m:- ssonuire a poco a poco il numero delle. petrificazioni »» provenienti da teftacei e da lavori di polipi non co- ;; nofciuti , allorchè veniffe iftituito' un efame delle sy produzioni fofili della Baffa Germania con le na- » turali che vivono ne’ più profondi, abifli del no. ,3 ftro..mare ? “ Io.l'ho detto ; e lo ridico: ma chi congettura la pofhibilità. della diminuzione de’ teftacei toffili fconofciuti è ancora ben lungi dall’ aferire che non ve.n' abbiano, o non ve.ne debbano più avere dopo il progettato confronto. Di fatti io credo piucchè pof- fibile che alcune fpezie non ricche d’ individui, credu- te finora efotiche perchè non ancora offervate nei no- {tri mari, vi.fi trovino, e fcappino fuori ogniqualvol- ta un Donati, uno Spallanzani sun \Olivi ‘vadano. a tar qualche viaggio co’ pefcatori. Ma che vi {i trovi- 174 no de’ Cornammoni, degli Ortocerati , de’ Lîtui, del. le Nummali , ec. di quelle fpezie cioè, le reliquie del- le quali coftituifcono immenfe ftratificazioni marmoro- fe nelle montagne d’antichiffima formazione, e che ad onta della preziofità, e lucentezza della loro foftan- za, o della fingolarità della loro figura, che dovrebbe aver dato nell'occhio ai Corallaj, ai pefcatori, agli 2- bitanti dell’ Ifole o de’litorali ufi a trar partito da quanto fofpertano che abbia un benchè minimo prez- zo, rimangono tuttavia nafcofte in fondo a’ mari no- ftri, afpettando i Naturalifti per farfi riconofcere; io, fenza far profeflione di fcetticifmo, non lo poffo cre- dere nè probabile, nè proponibile. Il cel. Linneo af- ferì francamente, come fe lo aveffe veduto, che il nautilo ortocera, di cui la petrificazione coftituifce qua- ii affatto la calcaria forte della Scania, abitava di cer- to, benchè non peranche rinvenuto (deperditus)';} nel tondo del Baltico. Io, ad onta del religiofo rifpetto che credo dovuto a sì grand’uomo, trovai ftrano il di lui procul dubîo. Se i lapidefatti delle montagne: li- torali doveffero corrifpondere a quelli del mar vicina, il noftro Adriatico ci avrebbe dato a queft'ora. tutte le fpezie delle quali fi difputa ; poiché lituiti , e orto- ceratiti, e tutte le varietà delle nummali abbondano in effe, e il fondo dell’ Adriatico non ha forfe un tratto di due miglia che fia rimafto intatto dagli or- digni de’ Corallaj. | Per provare che i teftacei lapidefatti, lungi dal condurre a fcoprir la patria de’ pefci, fono anzi un mezzo per ifmarrirla, Ella propone il cafo , in cut ri- maneffero come quei di Bolca morti, e fepolti 1 pe- fci del Lago della Vrana in Dalmazia ; le di ‘cui fpon- de fono compofte di ftrati marmorofi pieni di lituiti e ortoceratiti non conofciuti come abitanti del noftro mare. ,, Ecco, dic Ella, i pefci del noftro mare fepolte preffo ‘a’ teftacei di mari lontaniffimi»\ Se. 11 mentovata lago fi diffeccaffe, e ‘di id a qualche fecola un naturali I 175 fia imprendeffe a viftar la Dalmazia se dall’ efoticifmo di que’ teftacei arguiffe quello di que’ pefcî , non s* ingan- nerebb’ egli a partito ? Mi permett Ella ch’io le rif ponda liberamente ? Sì per certo; la fua cortefia vor- rà darmi anche quefta prova di fe. Un dilettante di Stotia naturale, colto, erudito; Naturalifta fe voglia mo, ma da tavolino, potrebbe , anzi dovrebbe reftar- ne ingannato ; il Naturalifta femplice; diligente offer- vatore, abituato a trovare fpeffiffimo in contatto fo- ftanze di fproporzionatifiima età, non lo farebbe giam- mai. In buona parte la Puglia Peucezia, e quali tut- ta la Japigia fono formate di ftrati orizzontali di tu- fo calcario, 0 margaceo, pieni ceppi d’oftraciti, e d° altri teftacei anche attualmente comuni al noftro ma- re. Pofano codefti ftrati fu gran refidui di più anti- che ftratificazioni, corrifpondenti per l’impafto e per le prefevi petrificazioni di corpi marini a quelle dell’ Apennino , dell’ Ifole Illitiche, e del litorale, in pa- recchi luoghi , qualche prominenza di quelle antiche offature s' alza fopra del tufo che la. circonda. Di quanti Naturalifti furono colà a mia notizia, fra’ qua- li nominerò foltanto a cagion d'onore. l’ acutiffimo offervatore Canonico Giovene, il cel. Sig. Cavalier Ha- milton, il dotiffimo Minerologo Inglefe Sig. Hawkins, il celebre Sig. Cons. Zimmermann , il valorofo giova- ne Sig. Barone de Salis, niuno ha creduto contem- poraanee quelle due concrezioni , benchè fl trovino a inr-- mediato contatto . | ! Non porrò io fu la mia bilancia l'autorità da Lei riferita del Gefnero (pag. 32.); lafcio ch’ Ella la pefi fu la fua. Quel valentuomo, lontano dal ma- te e per niente Izziologo,, poteva egli efattamente di- ftinguere gli fcheletri di pefci prefi nell'ardefia nera del Blattenberg , e ne’ quali fono cento volte meno ri- conofcibili i caratteri fpecifici che nella calcaria bianca fciAile di Bolca ? Io trovo ancora più ftrana la di lui. fentenza affoluta fu la medirerraneità de’ pefci diffici» 176 nodi da claffificare, dopo ch'egli avea decifo con e- gual affeveranza dell’ efoticità de’ vicini teftacei lapide- fatti fu° caratteri de’ quali non fi può prender erro- re. Ella ricorda monti della Veneta Lombardia ne’ qua- li rinvenivanfi teftacei marini. ed efotici preffo a con- chiglie lacuftri e comuni. Si può dare beniffimo, fe però :s' intenda di laghi marini, e nulla prova contro di me; v' hanno conchiglie lacuftri proprie d’ ogni temperatura. ! | Mi fa pena nella pagina medelima, il fofpetta- re che in propofito di bitume e di Vulcani, Ella, co- mechè. per. avventura non aflai familiarizzata cogli u- ni, e cogli altri, abbia le idee un pò confule. Ma di quefto le dirò ciò che fento un pò più, fotto, giac- chè ho veduto che nel €. VI. Elia ritorna alla. Atella materia . ritto Che il mediterraneo attuale fia un avanzo dell’ an- tico da cui 40 fecoli fa erano ‘bagnate le radici de’ monti Vicentini e Baffanefi e l’ ifole Beriche, ed Eu- ganee., Ella fembra convenirne meco: ma quel Me- diterraneo che bagnava le radici dei monti e I’ Iole, non. era quello; in cui vivellero i pefci nè le. conchi- glie di Bolca, e-delle montagne vicine, che hanno le vette marmoree, piene zeppe di corpi marini lapide- fatti. Se la mi vuole a buoni patti alzar l’ antico ma- requalche altro. migliajo di, piedi, onde le alpi calca- rie. del Tirolo::ne fofero per lunghi fecoli coperte, io le accorderò ben volentieri che molti. viventi attual- mente ftranieti ad.effo nol foffero allora. Non v' ha dubbio ; una sì grande fproporzione di acqua deve aver portato delle differenze nella. temperatura, e. in, varie altre .circoftanze ,; che non poteano ; mancare. d’ aver forti: influenze zoologiche . Ed in quel fenfo ch° Ella efprime. molti .de’ viventi, ch’ erano una volta indige- ni dell’ alto Mediterraneo; fono divenuti efotici. rela- tivamente al Mediterraneo depreffo. Una. fola. riflef fiontella , e paffo ad altro.Se l’acqua del mare fupe- e anti 177 rò le vette dell’alpi Tirolefi ( e dovette fuperarie per deporvi le fpoglie di tanti teftacei ) non avrà ella {u- perato contemporaneamente anche le due catene , che finifcono ad Abila, e a Calpe? E fe le fuperava, il ‘ Mediterraneo, che ha quefto nome per la circofcrizio- ne della fua fuperficie , efifteva egli propriamente par- lando? N° efiftevano i fondi; e tanto bafta per l’in- digenato de’ pefci intefo un pò largamente. S' Ella mi rifponde così , fu di quefto punto fiamo accordati. Ella ha ragione di fgridare coloro, ‘che per un pefciolino, per una conchigliuzza (e foffle pur anche per quattro o fei mila miglia di montagne calcarie, compofte in buona parte di conchiglie) vorrebbono fcuotere tutta la Natura e capovolserla. Ma fa però d’ uopo confeffare che fenza, non dirò un capovolgi- mento, ma uno fcuotimento affai forte non fi potreb- be ottenere un sì ‘enorme fpoftamento d'acque, come quello che diviene indifpenfabile per formare d'una porzion dell’ Oceano un lago marino ingombro d’ ifo- le ed anguftiato da promontorj, qual è attualmente il Mediterraneo, a deftra e a finiftra del fuo unico emiffario di Gibilterra. Io non fo fe un tale fpofta- mento fia ftato occafionato da una cometa o da una talpa, e meno flo fe abbia l’Epoca da Lei ( probabil- mente con buone ragioni ) determinata di 4m. anni fa: folamente mi pare di poter afferire come cofa fi- cura, anche fenz effere ftato tefltimonio, che gli uo- mini, fe ve n'erano a quel tempo, avranno avuto una matta paura. Jo debbo ringraziarla d'aver voluto ingegnofa- | mente cercare un qualche modo d’accordare le opi- nioni noftre che fembravano oppofte. Se dopo d' aver fatto cortefi sforzi d’ ingegno, Ella ne fa anche uno di volontà, e foltituifce cme di montagne là dove fi è avvezzata 2 dire radici , noi fiamo in porto. E’ neceffario quefto ulterior facrifizio ; poichè fen- za di effo non ne faremd covelle. Quattromill' anni m 178 fono, cioè, allorquando I’ Adriatico ftendevafi fino ai piè di Bolca , il cemeterio de’ pefci già coftituiva una parte integrante, e confiderabilifima dell’interne vi- fcere della montagna, e di parecchie altre forfe di quei contorni, fotto delle quali fi ftende tuttavia. Co- defta interna parte di quella gran maffa aveva preefi- ftito all’ accenfione de’ Vulcani; e quindi trovafi pro- fondamente fotterrata dalle lave figurate, ed amor- fe, ch’effì a varie riconofcibili riprefe vi eruttarono fopra. Un’ intumefcenza burrafcofa del mare, che effe bagnato /e radici di Bolca nell'atto delle fue vulcaniche efpiofioni, avrebbe potuto fparger di morti pefci le falde di lava, lo che non è accaduto; giac- chè è dimottrato che le lave furono effe veramente quelle che vennero a coprire i pefci colà da lungo tempo morti, fepolti, ed immummiti. Quefta è una delle verità, ch’ Ella toccherà colle mani, e vedrà co. gli occhi, ogni qualvolta vorrà fare una falita a Bol- ca, e una calata nel burone de’ pefci foffili; falita e calata, che fe foflcro ftate fatte in prevenzione; avreb- bono impedito la pubblicazione del fuo libro e della lettera fua gentilmente refponfiva a quella ch'io ho avuto l'onore d’indrizzarle. Verificato dal primo e femplice colpo d’ occhio che gli ftrati izziotori fono veramente interniffimi, ed hanno evidenti caratteri d’' anteriorità e ben anche ri- mota all’eruzione del vulcano ; l’ ipotefi ingegnofiffima di farli cacciar dall’ acque del mare fommoffo fu. pel declivio del monte non le farebbe mai caduta.in pen- fiero. i L’ approvazione del celebre Prof. Spallanzani da Lei addotta al 6. VI. è certamente da me valutata quanto merita ; poichè fo bene, com’ Ella giuftamen- te dice, di quanto pefo fieno le offervazioni di un tan- to ucmo. In quanto poi all'effetto, Ella‘non ha bifo- gno di puntelli; e da qualunque parte vengano, gene- ralmente le cortefie di tal forte poco fervono al me- i 179 rito vero, nulla affatto al demerito. Rifletto, o; ciò fenza temere di mancar di rifpetto al giudizio dell’ illuftre approvatore, che fe anche il calore de’ colli. Eu- vanei e Berici fi fofe comunicato alle acque del ma- re non per $00 pali foltanto, come lor {i comuni. cava quello della nuova Santerini, ma anche per 5000, difficilmente i pefci di temperature calde avrebbono potuto averne l’ avvilo in tempo da accorrervi attra- verfando migliaja di leghe d’acqua di non convenien- te temperatura. Che all’ occafione ‘di così favorevole cambiamento accidentale e locale di calore i germi fe ne fieno fprigionati fenza padre e fenza madre, non temo di udirmelo dire da’ pari loro. Forfe m' ingan- nerò: ma s' Ella una volta ammetteffle l’efoticità di que’ pefci, le farebbe forza l’ammettere del pari la calda temperatura di tutta la maffa delle acque dell’ antica parte dell'Oceano, che copriva e i fondi attua- li del Mediterraneo e le montagne quafi tutte d’ Eu- ropa, giacchè riftretta a picciolo perimetro non pote- va fervire ali’ uopo. E' un vecchio fatto generale che i pefci amano le acque tepide, e vi accorrono volen- tieri. Nel 6. VII. {ta in moftra il pomo della noftra difcordia, che però non cofterà guerra, non ifpargi- mento di fangue, e nemmeno da oggi In pol fpargi. mento d’ inchioftro, poichè a propofito di codefti pe. fci oggimai fat, e piucchè fat prata biberunt ; guai al. la Storia Naturale fe per ogni fuo fenomeno fi do- veffe fare una inondazione fimile di carta fcritta! La pietra calcaria fciffile di Bo!ca è ella d’ori. gine marina o vuicanica? Ecco la noftra quiftione. | Ella è l'avvocato di Plutone, io quel di Nettuno. Se la cognizione del locale, quella dell’intima qualità, quella degli accidenti della pietra doveffero decidere, non avremmo incominciato nemmeno a difputarne: ma, mi perdonerà Ella Sig. Abate veneratifimo! la cola è divenuta quafi di folo puntiglio , Ella ha deci- m 2 150 fivamente alferito , fenza prima vederne le fratifica- zioni, fenza farne l’ analifi, fenza paragonare con ef- fa le produzioni di quel luogo evidentemente e indu- bitatamente plutonico, che codefta pietra fi doveva al vulcano; quefta origine fola, e non un’altra. poteva fervire alla teoria del fenomeno da lei immaginata prima di vederne il teatro. Non volendo fenza difefa rinunziare a un’ ipotefi, che anche ha trovato un chia- rifimo lodatore, le fa pur d’uopo giuocar d’ ingegno onde poffibilmente tener ferma la vulcaneità che le ferve di bafe. Ma io me le metto a mani giunte di- nanzi, e la prego per tutti i tre Regni dellacNacal ra, a non dar la tortura ai talenti fuoi per difefa d una propofizione Indifendibile. Ella cerca delle ragio- ni eftrinieche per foftenere codefta benedetta vulca- neità : or non è egli quefto un burlar& della Logica? fe l’afpetto, fe l’analifi cell'intrinfeca foftanza, fe le circofianze locali decidono apertamente ch' è d’ origine marina, a che mai mendicare ragioni no, ma con- getture efteriori onde metter la cofa in dubbio? Ma dic' Ella, fe cedefta pietra non è che an fedimento ma- vino, io non fo intendere, e molto meno fpiegare \'ag- gregato de’ fenomeni che gli fcheletri di Bolca pre- fentano. O! mio rifpettabile Sig. Abate; Ella viaggi alcun poco fenza fiftemi, nè ipotefi pel capo; Ella e- famini a mente tranquilla i fenomeni che le verran- no offerti dalle montagne ,e fi avvezzerà a non inten- dere, e A non fspiegare. Sarà un miltero, come tanti altri della Storia Naturale, la depofizione degli fche- letri Bolchefi in pietra quafi affolutamente tutta calca- ria; non fi potrà fpiegarlo, o almeno nol potremo nè Lei nè io. Ebbene» abbiamoci pazienza, e lafciam fare agli altri, anzichè dar loro motivo di riderfi del tatto noftro. Sia ftata lenta, fia ftata follecita, fia provenuta da una fola combinazione ftraordinaria, 0 da ripetute azioni delle medefime caufe, vero e pro- vato è che l’aggeftione di quegli ftrati regolariMimi è a 18! opera pura e mera delle acque, e che non v'entrana nè lapilli, nè tritumi di lava, nè polvigli, nè terre vulcanizzate. I caratteri efterni poffono effer. comuni alle concrezioni vulcaniche; e alle marine, poichè fpef- fo gli ftrati di polviglie lapilli vulcanici tadendo dall’ alto formarono ftrati fottacqua ; il Ferber ed il Raf pe hanno ragione da vendere; il mio illuftre amico Dolomieu ne ha egli pure fino ad un certo fegno, fe |’ afpetto delle biancane di Lipari lo pole in perplefità. Io îni trovai nel cafo medefimo: ma dap- poichè l’ ebbi efaminate dapprefflo, e riconofciutivi i fegni evidenti della decompofizione delle lave e de’ la. pilli, io fui ben ficuro del fatto mio. Ella dice con affeveranza nel $. Vli. della fua lettera che un’eru- zione fangofa è precifamente il cafo di Bolca, ma non conofce nè l’ifola di Lipari, nè il monte di cui fi tratta . To conofco l'uno e l'altra ,e fo che non fi fomi- gliano. E' vero che i vulcani gettano talvolta. de’ pez- zi di calcaria ftaccati per l'eruzione dagli ftrati fuper- incombenti al centro dell’ accenfione. Il mio amica Ferber, immaturamente rapito alla Scienza naturale, e i viventi amiciffimi Dolomieu e Gioeni fono efatti relatori del vero in quefto propofito ; effi analizzando le lave hanno per lo più trovato che contengono o poco o molto di creta. Ma non diflero, nè fognaro- no giammai che ftrati di creta indurata, fenza me- fcolanza di lave, polvigli, o fcorie, ftrati di finilima grana, e di originaria orizzontal giacitura , poteffero effere attribuiti a' Vulcani. Non fo fe fia ben provato (e fo poi che il Cav.Gioeni fommo conofcitore dell’ | Etna, come nol credo io, non lo crede) che dalle ardenti voragini di quella montagna fiano mai ufciti torrenti d’ acqua marina carichi di fabbia edi conchi- glie, e ardifco poi prendermi la libertà di fofpettare che fia una fanfaluca bevuta dopo qualche buon pran- zo quella vomitatura d’offa di balene, di cui viene accufato l'innocente vulcano de! Kamtchatka. V' han 3 CIS 162 ) no delle cofe che abbifognano d’effere vedute e rive. dute molte e molte volte prima d'effer credute; per me, codefta è dell'ordine, e forfe appena la crede- rei a me fteflo. Alla terra bianca di Vicenza il valente Sig. Are duino ha aflegnato. per origine la decompofizione del. la lava; ed è fltato uno sforzo di genio, che fenza aver mai veduto cofà fimile preffo a’vulcani fpenti, o agli attuali, egli abbia indovinato. Ma il Comm. di Dolomieu, ed io medefimo dopo d'aver vifitato I’ Ifole Eolie e ie Ponzie, ma chiunque aveffle prima ftudiato il cratere della folfarara di Pozzuoli, e le falde fumanti d’ Agnano, lo avrebbe detto con più ficurezza e con meno merito, benchè agli occhi poco agguerriti niun indizio di fuoco moftri quella terra nell’ attuale fuo ftato. Ma codefta terra, Sig. Abate mio veneratifiimo , non ufcì già dal fiarico del cratere di Lovegno in iftato di decompofizione, come avreb- be dovuto uicirne la di lei immaginata brodiglia cal. catia: di ‘Bolca “mai mò! ne ufcì in iftato di lava, e fi decompofe «i in progreflo. Se all orquando ufci dal fianco di Lovegno avefie trovato, com’ Ella propone, un! Lago pieno di pefci, codetti. non ne farebbono fta- ri in un fubito uccifi, e avviluppati e fepolti, ma ben- i fpolpati, inceneriti, ridotti a non eflere più rico- nofcibili. Eila ha certamente idea dell’ effetto che fa l’ avvicinamento folo, non che il contatto d’ una lava in iftato d'incadefcenza. Un albero fi fecca, s' accen- de, divien cenere prima ancora d’effer toccato, dal torrente di fuoco. O! la magra comparfa, che. av. rebbon fatto un. Lagozzo d’acqua di pochi pati di diametro (poilch’' Ella fuppone che a pochi pafli s'e. ftendano gli ftrati izziofori di Bolca), e i piccioli pe- fci che aveffero potuto abitarlo dinanzi una lava ro- vente. i Ella però vuolci proporre un’ eruzione argillofa in iftato di fanghiglia, c non un’eruzione di lava. Giac- 183 chè fi trovava in viaggio; era da dirla groffa, e dar- ci a dirittura un’ eruzione cretacea, della. quale. non fi trova nè efempio, nè cenno, nè fofpetto in verun luogo del Globo finora conofciuto . Il trovar. annidate criftallizzazioni o concrezioni calcarie nelle lave, o fra gl’ interftizy de’ lapilli è cofa volgariffima: ma io temo che non fia nè volgare , nè latino quel fuo enunciato fe una pietra calcare può di- ventare felciofa, perche un prodotto vulcanico non potra acquiftar le fembianze d'un maffo calcare ? Non fi trat- ta gia quì di femzbianze; la pietra fcilile izziotora di Bolca è foftanzialmente calcaria, e affolutamente man- cante di mefcolanza vulcanica. Lave che all’ afpetto fembrino veri marmi ho veduto fpeffo anch’io. ne’ contorni di Napoli, come il mio illuftre amico Gioe- ni: ma lave, che cimzentate fembraffero marmi, fe per cimento s' intenda l’ analifi chimica, non le abbiamo ‘vedute nè egli, nè io, che ho cercato invano nel di lui Saggio di Litologia cofa fimile alla da Lei citata. Non vuo’ iafciar di dirle due parole anche ful Macaluba di Girgenti. Egli era ftato defcrittto dal P. Boccone quafi un fecolo prima che ne riparlafle il Comme. di Dolomieu come di cofa nuova. Codefto mio dotto e caro amico non avea veduto prima og- getti fimili, nè forfe incontratene defcrizioni, benchè ve ne foffero nelle opere del Vallifnieri feniore, ed altrove. Ei lo chiamò un ®ulcano di nuova fpezie; ed io, che pure ftimo infinitamente quanto. viene dal Comme. di Dolomieu, non ho potuto appro- vare una denominazione così contraria alla natura del- la cofa. Ma.fra noi non fi tratta.ora di quefto. lo vo’ foltanto fupplicarla a non chiamar montagne d’ ar- gilla i tumoletti del Macaluba , che non mai giungo- no a maggior altezza perpendicolare, che di due pie- di e mezzo, per teftimonianza del Comme. da Lei citato (pag. 153 del viaggio 4 Lipari), che al Ma- caluba ftefio, in vetta al quale forsono i coni, non 15 da offre 150 piedi d’ elevazione dal piano dell’ aggia- cente vallone. E' veriffimo che il mio iliuftre amico, dopo d’avere per qualunque fua ragione qualificato il Macaluba col nome di Vy/cano, ha detto che nelle a.- ville dalla di lui vetta fsorgate niun veftigio potè ri- conofcere di fuoco. Ella ne conclude che v’hanno delle eruzioni vulcaniche prive affatto de’ caratteri del- la ignizione ; Io però, che non ho veramente vifitato il Macaluba , ma che fo effer quel luogo identicamen- te fimile alla Salfa di Safluolo, e a parecchie altre de- fcritte dal Vallifnieri, al Bollitojo di Bergullo nell’ Imolefe, alle forgenti di fanghiglia d' Ailano nel Con- tado d’ Alife, alle Vulle della Malvizza fra Ariano e Benevento, ed altri luoghi da me vifitati e ricono- ‘ fciuti per non-vulcanici, io dico francamente che la denominazione di Vulcano data dal Comme. di Do- jomieu al Macaluba è ftata un capricciaccio Francefe, e che indizj d’ignizione non vi potea vedere l’ amico mio, perchè non mai in luoghi fimili arfe fuoco fot- terraneo, quantunque il carbon foffile v’ efifta, forfe anche difpofto ad accenderfi fe l'acqua fovraincom- bente non ne impedifle la conflagrazioge. L'’ argilla del Maca!uba e di tutti gli analoghi luoghi da me teftè nominati, ed altri ch'io conofco, non può mai effer contufa colle pfeudoceneri de’ Vulcani. Efla è d’ origine dimoftrativamente marina; l’ acqua motofa che vi gorgoglia è ben carica di muria, e vi fi riconof- cono tritumi di teftacei. | Una breve parola fopra icoccodrilli ,che Ella vor- rebbe tutti fcoccodrillare. Poffo afficurarla, che at- rualmente di quelli, che lafciarono i denti alla Favo- rita nel Vicentino, il Sig. Arduini non crede d' aver ragione di dubitare: io ho voluto interpellarnelo ef- preffamente. Del tefchio poi che trovò nei Setteco- muni, e conferva il Sig. Berettoni a Schio, e di cui egli ha avuto dei denti, come creder mai che dubiti dopo ciò che ne ha pubblicato recentemente? Anche 13 di codefto tefchio io volli però interrogarlo; e Del atto che mi diffe d’averne avuto In dono alcuni den. ti, mi afficurò altresì d'averne iftituito un diligente efame di comparazione . Eccomi all’ ultima annotazione marginale. Ella dice affeverantemente che ,, fe fi farà l’ enumerazione de’ luoghi dove nafce il bitume, fi troverà che la , maggior parte di effi han fofferto o foffrono attual- », mente l’azione del fuoco. Tale a detta fua, pet ,; mia teftimonianza, è il bitume, onde fono in- ss zuppate le conchiglie e le chiocciole del Bolca. ‘ Io? io ho fcritto di conchiglie di Bolca :inzuppate di bitume? mai nò! Sig. Ab. veneratiffimo. Conchiglie e chiocciole lapidefatte, fenza mefcolanza di tritumi vulcanici, trovanfi veramente in alcuni degli ftrati cal- carj di Bolca, e fembrano eflervi per non lafciar dub- bio veruno dell’origine di quel gran banco divelto da molto più vaftamente eftefe ftratificazioni ; d’ inzuppa- mento di bitume non fo che moftrino apparenza, nè io ho mai articolato parola di cofa fimile. Ho ben detto che.la pietra fcifile di Bolca ftropicciata caccia un fito bituminofo; delle chiocciole lapidefatte, che nei più compatti ftrati rinvengonfi, non l’ho afferito nè accennato. Le ho bensì ricordato ftrati conchiferi di Macarfca, di Narenta, di Bua in Dalmazia quat- trocento miglia lontani dal monte di Bolca, dai qua- li o ftilla fpontaneo, o coll’ arte cavar fi potrebbe il bitume, afficurandola che trovavanfi le mille miglia lontani dall’ eflere vulcanici. Quefta citazione, da Lei fatta di parole non mie come fe mie foffero, mi è una nuova prova che la fretta negli affari di puro in- gegno piglia talvolta, quafi fenza che ’l galantuomo fe ne avvegga, la mano alla riflefione. E fe la non foffe così, come mai, prima di aflicurarfene o coll’ efame de’ luoghi ,0 almeno con quello de’ libri, avrebb' ella piantato come certo che ,, la maggior parte de’ 3» luoghi dove mafce il bitume, o ha fofferto o faffre 2) w 186 ,, attualmente l’azione del fuoco? “ Se {1 debba in- tendere codelt’ azione di fuoco per quella che ha far- to e fa attualmente fcorrere torrenti di lava dal Ve- fuvio, dall’ Etna, dai monti ignivomi della Cordiglie- ra, dal Pico di Teneriffa, dall’Ecla, ec. ec., ch'è appunto l’azione, a cui ella attribuifce il fenomeno degli fcheletri di Bolca, ogni viaggiatore orittologo potrà farle fede che la cofa va precifamente all’ oppo- fto di quanto le di Lei parole ci promettono. E!la percorra fenza quafi ufcire di Lombardia la linea pe- troliofa, che dai Bollitoi di Bergulio nell’ Imolefe per fopra le pozzanghere di Riolo tramandanti aria in- fiammabile paffa al celebre pfeudo-Vulcano di Pietra- mala , ai Bagni della Porretta, poi a Barrigazza, ec. , non vi troverà un pezzo di vera lava. Lo fteffo Saffo:car- do , la cui fommità mandava perpetuo fuoco due fe- coli fono, e che cefsò di mandarne non ha forfe an- cora cinquant'anni, non ne dà un atomo. Io ho vo- luto falirvi; ed ho trovato bensì la cote, di cui è compofta quella rupe capo volta; tutta affumicata , ma nulla più. Era un’ emanazione d’aria infiammabile fi- mile a quella di Pietramala e di Barrigazza , che ar- de da fe al contatto dell'atmosfera, e a quella del. Bagno del Leone alla Porretta, che s’ accende allorchè altri v' accofta ‘un lume, e continua ad ardere, dan- do lo fpettacolo, che fa rimaner a bocca aperta i dilettanti, di una vampa di fuoco, e un getto d'ac- qua, ch’ efcono contemporaneamente dal medefimo tubo. Ma quelle fiamme attuali de’ prefudovulcani fud- detti, e le potenziali delle pozzanghere di Riolo, e di molti altri luoghi, benchè fien atte a far cuocere delle frittate pei curiofi, non lo fono però a fondere una fcheggia di fafo, o un pizzico d'argilla, per far- ne anche a capo di venti fecoli una lava porofa. Se Ella m’infegnaffe che un dì o l'altro le località bi- tuminofe potrebbono divenire, e diverranno agevol- mente vulcaniche ; io farò con Lei fenza farmi forza. | | 187. Tralafcio, per finirla una volta , parecchie: doti le che pur fi potrebbono opporre a qualche altro trat- to della di Lei ingegnofa Lettera; e la prego a vo- ler gettare al fuoco quefta mia, onde toglierfì ogni tentazione di continuare un carteggio, che le debb' effere oggimai riufcito ftucchevole. Defidero che le combinazioni fue la riconducano un giorno fra noi; e. tengo per certo che una mezz'ora di converfazione. ful luogo controverfo, fenza che abbiamo il pubblico. ‘per teftimonio, ci metterà facilmente d’ accordo. So- ino: frattanto colla più giufta confiderazione Suo Umo, Demo, Serve Alb. Ab. Fortis. IL FINE. NOI RIFORMATORI Dello Studio di Padova. vg i veduto per la Fede di Revifione, ed Ap- provazione del P. F. Ercole Gio. Pavoni Inquifi- tor General del Santo Offizio di Verona nel Libro In- titolato Lettere recentemente pubblicate fui Pefci foffili del Monte Bolca con annotazioni Stampa e MS. Non vi effer. cofa alcuna contro la Santa Fede Cattolica, e pa- rimente per Atteltato del Segretario Noftro, niente contro Principi, e Buoni Coftumi, concediamo Licen- za a Dionifio Ramanzini Stampator di Verona che poffi effer ftampato, offervando gli ordini in materia. di Stampe, e prefentando le folite Copie alle Pubbliche Librerie di Venezia, e di Padova. Dat. li 15 Marzo x:794. ( Paolo Bembo Rif. _( Psetro Zen Rif. ( Frimsifià Vendramin Rif. Regiftrata in Libro a Carte 558 al Num. 9 Marcantonio Sefermo Segr. DE a bun i PI) ; f 4 /{/ , f 77 sa, UN III UDAAAA] MANA COUS TOOIA FOPALTONA ONION CONTO CO IA POGOPICOIAON ONTO OPATONAIAAI AAA UNA MMI VVIAMINVATA MANIA VERI INA IAA AMAVA VITOVAAR A AVS AATA AT ORIANA su CATIA A ti” RAMA SIULAIAIAI LIA VIA AMINA PALPAP E PAPA LAVA ALIA TALPA AA ARK] IUAV IVA VA VANI | | | | o \rvoeo & Di W “ NUME HH MEA e r \ > =__iÉuano Eeà “ np) % WD PI K00Ò 2011) )j e mu pane . Tav. 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