WATH/STAT UBRARY

Proprietà letteraria.

BOLOGNA: TIPI DELLA DITTA NICOLA ZANICHELLI 1898.

LEZIONI

DI

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UT.

EOMETRIA PROIETTIVA

DI

FEDERIGO ENRIQUES

PROFESSORE ALLA UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

BOLOGNA

DITTA NICOLA ZANICIIELL 1898.

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LIBRARY

PREFAZIONE

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Fin da quando, quattro anni or sono, fui chiamato -ad insegnare Geometria proiettiva all'Università di Bologna, io mi proposi di svolgere gli elementi di tale scienza, secondo l' indirizzo dello Staudt, sulla base di un sistema di postulati puramente grafici, esplicitamente enunciati ; intendendo, non già di bandire, ma di tenere distinte le applicazioni metriche.

A rendere interamente possibile 1' attuazione del detto fine, occorsero alcune ricerche dirette ad eliminare 1' uso di nozioni metriche, che pur compariva in qualche punto fon- damentale delle trattazioni di Klein, Pasch, De Paolis ecc.; ricerche onde ebbe origine la mia nota « Sui fondamenti della Geometria proiettiva » pubblicata nei Rendiconti dell'Istituto lombardo del 1894.

Ma, risoluto il problema sotto l' aspetto scientifico, occorreva ancora elaborare la forma della trattazione e svolgerla più compiutamente nei suoi dettagli, in guisa 4a renderla accettabile nella scuola.

A questo scopo didattico mi sembra si sieno venute avvicinando, durante i tre anni scorsi, le lezioni che ora pubblico per le stampe.

Nelle quali ho cercato di contemperare le esigenze dello spirito logico coi vantaggi e colle attrattive che r intuizione conferisce agli studi geometrici. La traccia dello svolgimento, rigorosamente matematico, corre indi- pendente dalle osservazioni di carattere intuitivo, le quali, dopo l'enunciazione dei postulati, non sono più necessarie; ma esse compariscono tuttavia a lumeggiare alcuni concetti 0 ragionamenti più astrusi, ed in taluni punti possono anzi sostituire con vantaggio didattico il procedimento rigoroso della dimostrazione.

Debbo ora esporre, in breve, il contenuto di queste lezioni.

I primi 5 capitoli, come quelli che conducono dal- l'analisi delle più elementari proposizioni grafiche alla dimostrazione del teorema fondamentale della proiettività, racchiudono la parte più originale del libro. Io non starò qui ad indicare i punti salienti di questa trattazione, riman- dando per ciò alla mia nota citata dell' Istituto lombardo. Ma, mi permetterò tuttavia di richiamare 1' attenzione del lettore sulle considerazioni relative alla legge di dualità nel piano 9),. per le quali essa risulta stabilita a priori, con una estensione maggiore dell'ordinario.

Le principali relazioni cui luogo lo studio della proiettività e dell'involuzione in forme di 1.^ specie, spe- cialmente del piano, occupano i capitoli VI e VII; dove, in particolare, i casi metrici più notevoli vengono trattati sistematicamente , ricorrendo al principio generale del

movimento, secondo lo stesso spirito che ha informato sviluppi di simil genere concernenti i gruppi armonici 17).

Il cap. Vili è dedicato all'omografia e alla correla- zione tra piani (o stelle) studiate dapprima sotto un aspetto comune, e quindi nelle relazioni differenti cui esse danno luogo ove si considerino in forme sovrapposte. I casi par- ticolari metrici dell' omografia si trovano svolti assai ampia- mente, in modo da trarne la deduzione che « tutti i rap- porti metrici delle figure, nel piano o nella stella, si possono riguardare come rapporti grafici coli' assoluto »; e a questo fatto ben noto si riattaccano alcune considera- zioni, che stimo non prive di qualche interesse, in ordine alla estensione a priori della legge di dualità.

Le coniche , definite mediante le polarità , vengono studiate nei 4 capitoli successivi; ed anche qui il contenuto delle proposizioni grafiche viene lumeggiato da abbondanti applicazioni metriche, atte a farne risaltare l' importanza. Mi permetto in particolare di indicare all' attenzione del lettore il cap. XI, che tratta l'argomento delicato dei problemi determinati. Occorre in tali sviluppi la tradu- zione geometrica dei concetti relativi al campo di razio- nalità, introdotti dal Kronecker nell'Algebra; i quali concetti conducono a fissare bene, per ogni problema, quali elementi s'intendano dati e quali si vogliono costimire, apparendo così la necessità di porre 1' assoluto del piano fra gli elementi dati, ogniqualvolta si tratti di problemi metrici.

Fra i problemi che trovano posto nel detto cap. XI, non sono soltanto i piìi usuali problemi di 2P grado, bensì anche alcuni di 3.® grado , che ricevono , per la prima

vili

volta in un trattato, uno svolgimento geometrico rigoroso, (cfr. la nota di Maccaferri citata a pag. 287). E così si ottiene la determinazione degli elementi uniti d' un' omo- grafia nel piano o nella stella; e se ne traggono quindi le proprietà relative agli assi e alle sezioni circolari dei coni quadrici (cap. XIII).

Infine, nell'ultimo capitolo, viene fatto lo studio delle proiettività dello spazio , secondo lo stesso spirito che informa la trattazione dell' argomento analogo riferentesi al piano (cap. VIII), ma più rapidamente.

Di seguito al libro ho posto un' appendice contenente alcuni brevissimi cenni di sviluppi complementari.

In questa, spiegato il concetto della Geometria astratta, ne deduco la determinazione delle coordinate proiettive nello spazio, ponendo una proiettività tra l'ordinario spazio di punti, e lo spazio (analitico) avente come elementi i gruppi omogenei di quattro numeri.

E dalla rappresentazione analitica dei punti dello spazio traggo occasione per accennare agli elementi imma- ginari, ed alla loro interpretazione geometrica.

Termino con alcune notizie storico-critiche che racco- mando specialmente ai giovani desiderosi di conoscere la genesi dei concetti fondamentali della Geometria proiettiva.

Ora affido il libro al giudizio del pubblico , coli' au- gurio che esso contribuisca a tener sempre vivo, nel nostro paese, 1' amore agli studi geometrici.

Ma prima di chiudere queste linee di prefazione debbo ringraziare i professori C. Segrè e G. Castelnuovo per i consigli amichevoli di cui mi furono larghi fino dai prin- cìpii del mio insegnamento.

IX

Ringraziamenti cordiali sieno pur resi ai miei allievi signori Ugo Amaldi e Roberto Bonola per 1' aiuto intel- ligente prestatomi durante la revisione delle bozze, e l'in- cisione delle figure.

Infine sia espressa la mia gratitudine al signor Zani- chelli per le cure dedicate alla buona riuscita di questa edizione.

Bologna^ decembre 1897.

Federigo Enriques

Introduzione.

1. Dall'ordine delle cose esterne, nella rappresenta- zione data alla mente dai sensi, scaturisce il concetto di spazio. La Geometria studia questo concetto già formato nella mente del geometra, senza porsi il problema (psico- logico ma non matematico) della sua genesi. Sono dunque oggetto di studio, nella Geometria, i rapporti intercedenti fra gli elementi (punti, linee, superfìcie, rette, piani ecc.) che costituiscono il concetto complesso di spazio : a tali rapporti si il nome di proprietà spaziali o geometriche.

In virtù dei rapporti intercedenti fra i vari elementi del concetto di spazio, alcuni di questi possono essere definiti (logicamente) mediante altri : così p. e. il piano può essere definito mediante la retta e il punto ecc. Tuttavia alcuni elementi debbono essere introdotti coyne elementi primi 0 fondamentali della Geometria, senza definizione, giacché non si potrebbe dare una definizione (logica) di tutti senza cadere in un circolo vizioso.

La scelta degli elementi fondamentali della Geometria non è a priora determinata ; si scelgono come tali gli elementi più semplici rispetto alla intuizione psicologica, cioè quelli di cui la nozione si trova formata nella nostra mente come contenuto del concetto di spazio : tali sono p. e. il punto, la retta e il piano.

Si considera generalmente come criterio teorico di perfezione (logica) lo scegliere il minimo numero possi- bile di elementi geometrici come fondamentali ; ma questo criterio non ha valore imperativo, e non soddisfa sempre il senso psicologico dell'intuizione, allorché porta a sosti- tuire con una definizione la nozione intuitiva di un ele- mento di cui la mente ha una chiarissima immagine ; cosi p. e. la nozione intuitiva del piano è (psicologicamente) più semplice di quella ricavata dalla sua definizione logica mediante il punto e la retta. Comunque però si sieno scelti gli elementi geometrici fondamentali in modo arbi- trario ed in numero sovrabbondante, ogni altro ente geome- trico successivamente introdotto dovrà essere defmito logicamente mediante gli elementi fondamentali, salvo che si dichiari esplicitamente di introdurlo come un nuovo ele- mento fondamentale dato intuitivamente (psicologicamente).

Abbiamo detto che fra gli elementi (e gli enti geome- trici definiti a mezzo di essi) intercedono dei rapporti che costituiscono appunto le proprietà geometriche. Lo studio di queste proprietà si fa dal matematico in due modi:

1.*^ esercitando /' intuizione (psicologica) sopra i concetti spaziali;

2P deducendo col ragionamento logico nuove pro- prietà da quelle date dall'intuizione, (le nuove proprietà ottenute diconsi dimostrate).

Si chiamano 'postulati le proprietà geometriche date (immediatamente) dall' intuizione ; teoremi le proprietà che se ne deducono logicamente (e quindi si appoggiano mediatamente suU' intuizione).

Un postulato introdotto nella Geometria diventa super- fluo allorché si può dimostrare mediante gli altri; allora si può toglierlo dal numero dei postulati e darlo come teorema.

Tuttavia non é possibile dimostrare tutte le proprietà che si assumono come postulati senza cadere in un circolo

vizioso. È dunque necessario porre in principio della -Geometria alcuni postulati ; questi si scelgono fra le pro- prietà che hanno maggiore evidenza intuitiva, ma la loro scelta non è a priori determinata.

Si potrà considerare come un criterio di perfezione (logica) il ridurre il numero dei postulati, per quanto è possibile (assumendo postulati tutti indipendenti) ; ma questo criterio non ha valore imperativo e non soddisfa sempre il senso psicologico della intuizione allorché porta a dare la dimostrazione di proprietà (intuitivamente) evidenti. In ogni caso il rigore matematico esige che ogni qualvolta si assume una proprietà geometrica come data dal- l' intuizione si enunci esplicitamente coìne un postulato : ogni altra proprietà geometrica deve essere dimostrata matematicamente, cioè dedotta con ragionamento logico dai postulati già introdotti.

2. Le proprietà geometriche sono tutte trasforma- zioni logiche di quelle contenute nei postulati, le quali alla lor volta si aggruppano , in varie categorie , attorno ad un certo numero di nozioni (più o meno complesse) non suscettibili di paragone, ma intuitivamente compren- sibili di per stesse. Così p. e. possiamo distinguere le proprietà geometriche in due grandi categorie :

1.^ le proprietà grafiche relative alle nozioni di retta e di piano ecc; (più rette passano per un punto o giacciono in un piano, più piani passano per una retta o per un punto ecc);

2.^ le proprietà metriche relative alle nozioni di distanza (o lunghezza di un segìuento), di (grandezza d'J angolo di due rette o di due piani ecc.

Possiamo dire che queste due categorie di proprietà geometriche nascono da due forme dell'intuizione spaziale: r intuizione grafica e V intuizione metrica, le quali forme sono bensì mescolate in un'unica intuizione completa dello spazio, ma possono essere distinte da una analisi soggettiva.

Noi pensiamo (per ragioni dedotte dalla psicologia fisiolo- gica) che queste due forme dell' intuizione spaziale si riattacchino nella psicogenesi a due gruppi diversi di sensazioni: le sensazioni visive da un lato, le sensazioni tattili e di 7novimento dall' altro lato ; le dette forme si sarebbero poi fuse per associazione. Ci limiteremo qui a constatare (e ciò farà capir meglio la distinzione fra pro- prietà grafiche e metriche, che più tardi sarà precisata) che allorquando si tratta di verificare proprietà grafiche di una figura fisica, ricorriamo (preferibilmente) alla vista; così ad es. per verificare se una linea è retta, guardiamo se tutti i suoi punti danno una sola immagine allorché si pone l'occhio in un punto di essa, ecc.: invece per verificare le proprietà metriche, ricorriamo (preferi- bilmente) alla misura e quindi al tatto; così p. e. se si tratta di verificare che due segmenti sono uguali proviamo a trasportare un segmento rigido (capace di misurarli) adagiandolo sull' uno e sull' altro ecc.

La Geometria proiettiva ha coinè oggetto lo studio delle proprietà grafi^che.

Essa introduce soltanto postulati grafici (riferentisi a proprietà della categoria menzionata) ed esclude sistema- ticamente r impiego di considerazioni metriche nella dimo- strazione dei teoremi.

La Geometria proiettiva ha però delle relazioni inte- ressanti colla Geometria metrica; queste formano V oggetto di applicazioni della Geometria proiettiva e trovano posto accanto alle proposizioni della Geometria proiettiva pro- priamente detta; nella dimostrazione di esse non bastano più i postulati (grafici) della Geometria proiettiva, ma si richiedono ancora quelli relativi alle nozioni metriche ; anzi in queste considerazioni metrico-proiettive (ed in esse soltanto) noi supporremo noti anche i più semplici teoremi della Geometria elementare.

CAPITOLO I Proposizioni fondamentali.

§ 1. Forme geometriche fondamentali. La Geome- tria proiettiva muove dai concetti semplici di punto, retta e piano. Il punto, la retta ed il piano vengono deno- minati elementi fondamentali. Indicheremo i punti colle lettere maiuscole dell'alfabeto latino A B C...., le rette colle lettere minuscole dell'alfabeto latino a b e...., ed i piani colle lettere dell'alfabeto greco a p y....

Un insieme di elementi fondamentali, cioè un insieme di punti, rette e piani, dicesi Figura. Vi sono alcuni modi semplici di aggruppare fra loro gli elementi fondamentali, e questi aggruppamenti danno luogo a certe figure ele- mentari che vengono denominate Forme geometriche fon- damentali', esse rispondono ai vari modi'con cui ciascuno degli elementi può concepirsi come generato dall'insieme di infiniti altri di nome diverso.

Una retta può considerarsi come generata dall' insieme di tutti i suoi punti o come l' insieme di tutti i piani che passano per essa: da questa considerazione nascono due forme fondamentali, cioè :

1.^ la retta punteggiata, figura costituita da tutti gli infiniti punti d'una retta, che dicesi sostegno della punteggiata.

2.° il fascio di piani, figura costituita da tutti gli infiniti piani passanti per una retta, che dicesi asse del fascio.

Un piano può considerarsi come l' insieme di tutti i suoi punti o come 1* insieme di tutte le sue rette ; nascono quindi le due forme fondamentali seguenti:

3.** il piano punteggiato, figura costituita da tutti gli infiniti punti d' un piano , che dicesi sostegno della forma.

4.° il piano rigato , figura costituita da tutte le infinite rette di un piano, che dicesi sostegno della forma.

Quando si considera il piano come il complesso di tutti i suoi elementi fondamentali (punti e rette), senza distinguerne il nome, si ha la forma detta sistema piano, che comprende in il piano punteggiato ed il piano rigato.

In un sistema piano la retta può considerarsi soltanto come l'insieme dei suoi punti, cioè soltanto come soste- gno di una punteggiata (non come asse di un fascio di piani) ; il punto può considerarsi come l' insieme di tutte le rette (del piano) che passano per esso e si ha così la forma :

5.^ fascio di raggi, che è la figura costituita da tutte le infinite rette che passano per un punto (centro del fascio) e giacciono in un piano (detto piano del fascio).

Un punto, considerato come appartenente allo spazio, può essere generato dall'insieme di tutte le rette o di tutti i piani che passano per esso; quindi luogo alle due forme fondamentali seguenti:

6.^ la stella di raggi, figura costituita da tutte le infinite rette (dello spazio) passanti per un punto, che dicesi centro della stella.

7.^ la stella di piani, figura costituita da tutti gli infiniti piani passanti per un punto, che è detto centro della stella.

Quando si considera il punto come l'insieme di tutti gli elementi fondamentali (rette e piani) a cui appartiene, senza distinguerne il nome, si ha la forma detta stella, che comprende, in la stella di raggi e di piani e di cui il punto è ancora il centro.

In una stella la retta può considerarsi soltanto come r insieme di tutti i piani passanti per essa, cioè come asse di un fascio di piani (non come sostegno di una pun- teggiata) ; il piano può considerarsi soltanto come l'in- sieme di tutte le sue rette che passano pel centro della stella, ossia come un fascio di raggi. Il fascio di raggi è dunque una forma appartenente tanto ad un sistema piano, anzi precisamente ad un piano rigato, quanto ad una stella e precisamente ad una stella di raggi; esso è la forma costituita dagli elementi comuni ad un piano e ad una stella di cui il centro appartiene al piano.

Infine lo spazio può considerarsi come l' insieme di tutte le sue rette o come l' insieme di tutti i suoi piani. Si hanno cosi le tre forme fondamentali : spazio punteg- giato, spazio rigato, spazio di piani; ma soltanto la prima e 1' ultima saranno considerate nel seguito, saranno cioè considerate le due forme seguenti :

SP lo spazio punteggiato, che è la figura costituita da tutti gli infiniti punti dello spazio ;

9.° lo spazio di piani, che è la figura costituita da tutti gli infiniti piani dello spazio.

Diremo che due elementi fondamentali si apparten- gono quando uno di essi è contenuto nell'altro; cosi una retta ed un suo punto si appartengono , similmente si appartengono un punto ed un piano che passa per esso , ecc. Se due elementi si appartengono diremo indifferen- temente che r uno appartiene all' altro. Allora possiamo dire che le nove forme geometriche fondamentali che abbiamo definito individualmente, sono le figure costituite da tutti gli elementi fondamentali di dato nome che appar-

tengono ad uno stesso elemento fondamentale [sostegno) 0 a due elementi fondamentali (punto e piano) apparte- nentisi fra loro. Gli elementi fondamentali il cui insieme costituisce una forma si diranno elementi generatori della forma.

Le forme: punteggiata, fascio di piani e fascio di raggi, si dicono di 1.^ specie; esse vengono generate dal semjìlice movimento di un loro elemento. Si dicono invece forme di 2.* specie: il piano punteggiato o rigato e la stella di raggi o di piani. Ogni forma di seconda specie contiene in infinite forme di prima specie i cui ele- menti generatori sono pure elementi generatori della forma di 2.* specie: tali forme vengono generate dal movimento doppio di un loro elemento, ossia dal movimento semplice di una forma di prima specie in esse contenuta. Finalmente si dicono forme di 3.^ specie: lo spazio punteggiato e lo spazio di piani, ciascuno dei quali contiene in infinite forme di 2.^ specie (rispettivamente piani punteggiati e stelle di piani): le forme di 3.^ specie vengono generate dal movimento triplo di un loro elemento, ossia dal mo- vimento semplice di una forma di 2.^ specie in esse contenuta.

Osservazione Per individuare analiticamente un elemento d'una forma fondamentale, occorrono rispetti- vamente una, due, tre coordinate , secondoché la forma è di prima, seconda o terza specie.

§ 2. Elementi impropri. Dobbiamo ora ricordare alcune proposizioni fondamentali della Geometria, che si desumono immediatamente dall' intuizione e possono quindi essere introdotte come postulati (sebbene forse non sieno tutte indipendenti, cioè alcune di esse possano dedursi logicamente dalle altre). Esaminando tali proposizioni po- tremo con definizioni opportune enunciarle sotto una forma più breve ed uniforme, ciò che sarà utile in seguito.

Per raggiungere più presto lo scopo che ci propo- niamo, gioverà usare due locuzioni che pure trovano posto nel linguaggio comune della Geometria elementare. Invece di dire « due rette sono parallele » diremo che « hanno la stessa direzione » o che « hanno coìnune la direzione » ; e così invece di dire che « due piani sono paralleli» diremo che « hanno la stessa giacitura ». E ci converrà anche di dire che una retta appartiene alla sua direzione e viceversa, ed analogamente che un piano ap- partiene alla sua giacitura e viceversa. Fatta questa avver- tenza, possiamo enunciare le seguenti proposizioni : (^)

1.^ Due punti determinano una retta che ad essi appartiene (e cui essi appartengono).

2.^ Due piani determinano una retta che ad essi appartiene (la loro intersezione), oppure una giacitura che ad essi appartiene (sono paralleli).

3.^ Un punto e una direzione determinano una retta cui appartengono (la retta passante per il punto che ha la data direzione).

4.'^ Due direzioni determinano una giacitura cui appartengono (cioè « vi sono infiniti piani paralleli a due rette che non hanno la stessa direzione e questi piani sono tutti paralleli fra loro »).

5.^ Tre punti non appartenenti ad una retta deter- minano un piano a cui appartengono.

6.^ Tre piani non passanti per una retta e (non paralleli fra loro cioè) non aventi comune la giacitura, determinano un punto o una direzione che ad essi ap- partiene (cioè hanno un punto comune o sono paralleli ad infinite rette tutte parallele fra loro).

7.^ Due punti e una direzione determinano un piano a cui appartengono (cioè « per due punti passa un piano parallelo ad una retta data »).

Q-) Dove coir articolo un intendiamo « uno ed uno solo ».

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8.^ Un punto e due direzioni determinano im piano a cui appartengono (cioè « per un punto passa un piano parallelo a due rette che hanno direzione diversa »).

Dall' esame di queste proposizioni si vede che in esse la parola « direzione » sostituisce in molti casi la parola « punto » e la parola « giacitura » sostituisce la parola « retta ». Sorge però l'idea di definire come « punto » e « retta » rispettivamente la direzione di una retta e la gia- citura d'un piano. Per distinguere poi, ove occorra, il nuovo ente (direzione) che viene designato col nome di punto, dall'ente che ordinariamente si designa con tal nome, si dirà punto propyno un punto nel significato ordinario e puyito improprio (o punto aW infinito) la direzione di una retta: parimenti si farà, ove occorra, la distinzione fra retta propria (retta nel significato ordinario) e retta impì^opria o all' infinito (^ìdiOÀiuvà d'un piano) (^).

(^) E utile notare come il pensiero matematico sia giunto a con- siderare come un punto all' infinito la direzione d' una retta (e analoga- mente come retta all' infinito la giacitura d' un piano).

Sia a una retta ed 0 un punto fuori di essa: consideriamo una

retta 0 P passante per 0 e segante la a in un punto P. Se tacciamo ruotare la retta 0 P attorno ad 0 in uno dei due sensi, in guisa da tendere alla posizione limite della retta b i)arallela alla «, il punto d' incontro P della nominata retta mobile con a assume successive posizioni P', P",.... che si vanno allontanando indefi- nitamente da un punto fìsso A su a. Questo punto d' intersezione della trasversale mobile per 0 con a, scompare quando la trasversale acquista la posizione della b parallela ad «, e ricompare poi dall' altra parte avvi- cinandosi semi)re ad A se si continua la rotazione della retta per 0 nel medesimo senso, oltre la posizione di parallelismo. Perciò il punto P comune ad a e ad una trasversale per 0 nel piano Oa, tende ad essere sostituito dalla direzione comune alle rette ba quando P si allontana inde-

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Conforme alle locuzioni introdotte dovremo dire che:

Ad una retta appartiene un punto improprio (la sua direzione).

Ad un piano appartiene una retta impropria (la sua giacitura).

Con ciò le proposizioni date si possono enunciare più compendiosamente.

Le proposizioni i, 3, 4 si riuniscono nel solo enunciato: 1.^ Due punti (propri o impropri) determinano ima retta (propria o impropria).

La 2 si può enunciare :

2.^ Due piani determinano una retta (propria a impropria).

Le proposizioni 5, 7, 8 danno luogo all' enunciato comprensivo :

3.^ Tre punti non appartenenti ad una retta, di cui uno almeno proprio e gli altri due propri o impropri , determinano un piano.

Infine la 6 si enuncia:

4.^ Tre piani non aventi in comune una retta (pro- pria 0 impropria) determinano un punto (proprio o im- proprio).

Nell'enunciato della proposizione 3.^ compare però una restrizione per la quale non si può dire che gli ele- menti propri e impropri entrino ugualmente nei quattro enunciati : invero tre punti impropri (non appartenenti ad una retta) non individuano alcun piano, poiché non vi è in generale un piano parallelo a tre rette date. Per togliere questo caso d' eccezione , definiremo come piano improprio (o all' infinito) V insieme di tutti i punti im- propri e di tutte le rette improprie dello spazio, cioè

finitamente su a nell'uno o nell'altro senso. Appare così naturale di riguar- dare due rette parallele come aventi un (unico) punto comune (improprio) air infinito.

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r insieme di tutte le direzioni e giaciture. Però , affinchè si possano considerare indifferentemente piani ordinari (propri) e il piano improprio nelle proposizioni 1.^ 2.^ 3.*, 4.^ (e quindi anche in quelle dedotte da esse), occor- rerà verificare che le proposizioni 2.^ e 4.^ valgono ancora se uno dei piani ivi menzionati è il piano improprio: ora cosi accade infatti, giacché in tal caso queste due proposizioni si riducono a dire rispettivamente che « ad un piano proprio appartiene una retta impropria (e non punti impropri fuori di essa) » e che « all'intersezione (retta) propria di due piani propri appartiene un punto improprio ».

Ciò posto, si può dire che valgono le proposizioni seguenti, riassumenti quelle enunciate innanzi, dove non vi è distinzione di elementi propri ed impropri.

aj Due punti deter- b) Due piani deter-

minano ima retta cui appar- minano una retta che ad essi tengono. appartiene.

cj Tre punti non ap- dj Tre piani, non ap-

partenenti ad una retta , de- partenenti ad una retta, de- terminano un piano cui ap- terminano un punto che ad tengono. essi appartiene.

Accanto a queste proposizioni enunciamo le seguenti che, come si verifica subito, valgono pure senza eccezione dando ai punti e alle rette il significato più largo.

ej Un punto ed una fj Un piano ed una

retta che non si apparten- retta che non si apparten- gono determinano un piano gono determinano un punto a cui appartengono. che ad essi appartiene.

Le proposizioni a, b, e, d, e, f, ( data la convenzione riguardante gli elementi impropri) si desumono immedia- tamente dall'intuizione e però possono riguardarsi come costituenti un primo gruppo di postulati della Geometria proiettiva, che ci converrà tra poco di porre sotto altra forma ( § 3 ).

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Il fatto che in questi postulati non si distinguono gli elementi propri dagli impropri, porta come conse- guenza che i teoremi fondati su di essi valgono indif- ferentemente ove gli elementi in essi menzionati si con- siderino come propri od impropri.

Aggiungendo altri postulati in cui si contemplino pure indifferentemente elementi propri ed impropri, la cosa continuerà a sussistere; e poiché a questo requisito sod- disfaranno i nuovi postulati che introdurremo per fondare la Geometria proiettiva, si potrà affermare che :

Nella Geometria proiettiva (fondata su tali postu- lati) gli elementi propri ed impropri possono e debbono considerarsi indifferentemente.

Così si giustifica r introduzione e l'uso degli elementi impropri.

Diamo subito un esempio relativo alle cose dette, dimostrando la proposizione:

In un piano (proprio o improprio) due rette (pro- prie 0 improprie ) hanno sempre comune un punto ( proprio 0 improprio).

Nel piano a si abbiano due rette r, s. Per r, s con- duciamo rispettivamente due piani p, a diversi da a; que- sti hanno comune una retta h diversa da r, s: la h non giace nel piano a e però ha comune con esso un punto 0 che è anche comune ad r, 5 : queste hanno dunque comune un punto e. d. d.\ (d' altronde se avessero comuni due punti coinciderebbero pel postulato a).

Nella dimostrazione data ci fondiamo sui postulati a, b, e, d, e, f senza distinguere il caso di elementi propri od impropri ; dunque la proposizione stessa resta stabilita senza eccezione: ove volesse farsi la menzionata distin- zione, la proposizione stessa darebbe luogo a più altre della Geometria elementare, le quali (potrebbero anche desumersi dall'intuizione, ma) sarebbero conseguenze delle varie proposizioni 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, sopra enunciate.

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Il modo più rapido con cui si perviene alla conclusione comprensiva enunciata è un vantaggio che si ripete in casi più elevati, dovuto all'introduzione degli elementi impropri.

§ 3. Primo gruppo di proposizioni fondamentali della Geometria Proiettiva. Per l' introduzione degli elementi impropri dobbiamo estendere le definizioni date di forme fondamentali e considerare le seguenti forme hnproprie :

1.^ la retta impropyna punteggiata (retta impro- pria, luogo dei suoi infiniti punti, ossia insieme delle dire- zioni contenute in una giacitura);

2.® il fascio improprio di piani (insieme di tutti gli infiniti piani che hanno una giacitura);

3.^ il piano improprio punteggiato e rigato (in- sieme di tutte le infinite direzioni e rispettivamente gia- citure ) ;

4.^ il fascio improprio di raggi (insieme delle infinite rette che hanno una data direzione e giacciono in un piano proprio, oppure insieme delle giaciture che hanno comune una direzione);

5.° la stella impropria di raggi e di piani ( insieme •delle infinite rette e rispettivamente degli infiniti piani paralleli ad una retta fissa, cioè contenente una direzione). Dopo ciò le proposizioni a, &, e, d, e, /*, del prece- dente § si possono compendiare nei soli enunciati seguenti, dove ( come sempre nel seguito salvo esplicito avviso ) vengono designati indiff'erentemente col nome di elementi (punti, rette e piani) e col nome di forme, gli elementi e le forme propri e impropri.

I. In una forma di 3.^ specie due elementi fon- damentali determinano una forma di 1^ specie (conte- nuta nella data di 3.^ specie) a cui appartengono; (com- prende le proposizioni a, h).

II. In una forma di 3.^ specie tre elementi fonda- mentali non appartenenti ad una forma di 1^ specie

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determinano una forma di 2.^ specie (contenuta nella data di 3.^ specie) a cui appartengono (comprende le proposizioni e, d).

III. In una forma di 3.^ specie un ele?neìito fon- damentale ed una forma di 1.^ specie che non si appar- tengono, determinano una forma di 2.^ specie a cui appartengono; (comprende le proposizioni e, f).

Considereremo le proposizioni I, II, III come un primo gruppo di proposizioni fondamentali ( postulati ) della Geo- metria proiettiva; esso equivale all'insieme delle propo- sizioni a, h, e, d, e, f.

Da queste proposizioni si deduce quella (già conside- rata per i piani) secondo la quale « In una forma di 2.^ specie due forme di 1^ specie hanno un elemento comune ». Questa del resto, tanto per il piano che per la stella, esprime verità intuitive.

Notazioni. Indicheremo con (AB) o, più sempli- cemente, con AB \3i retta determinata da due punti A, B; con ( a P ) o a p la retta determinata da due piani a, p ; con {ah) o ab il punto comune a due rette a, b di un piano, 0 il piano delle due rette: analogamente con {ABC), (scpy) oppure ABC, apy, indicheremo l'elemento (piano o punto) determinato rispettivamente da tre punti A, B, C o da tre piani a, p, y non appartenenti ad una forma di prima specie; così pure s'indicherà con {aA)oAa il piano determinato dalla retta a e dal punto A (fuori di essa); con (a a) o a a il punto comune alla retta a ed al piano a che non la contiene; ecc.... Scriveremo anche O^(ocpY) per designare il punto (apy) ecc. Queste notazioni servono ad indicare indifferentemente elementi propri ed impropri.

§ 4. Proiezioni e sezioni. Le proposizioni a, b, e, d, e, f 0 le I, II, III, del § precedente ( ove non si distin- guono gli elementi impropri dai propri) permettono di dare un senso ben determinato a certe operazioni che

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diconsi operazioni fondamentali della Geometria proiet- tiva. Queste sono le seguenti :

Segare una figura {he...

Proiettare una figura (BC.hc...).

1.^ da un punto A (centro di proiezione) fuori della figura, cioè condurre le rette (AB), (AC).... ed i piani (Ah), (A e).... determi- nati da A e rispettivamente dai punti B, C... e dalle rette h, e... della figura (la figura proiezione così ottenuta si indica con A (BC...hc...))\

2.^ da una retta a (asse di proiezione ) fuori della figura , cioè condurre i piani (aB), (aC).... deter- minati da a e dai punti B, C... della figura (la figura proiezione così ottenuta si indica con a(BC...)).

Proiettare una figura da un punto A (fuori di essa) sopra un piano ce ( che non passa per A ) è una locuzione abbreviata per denotare che si è proiettata la figura da A e si è segata la proiezione con a.

Mediante proiezioni e sezioni, si può passare dall'una all'altra di due forme di 1.^ specie o dall'una all'altra di due forme di 2.^ specie.

Proiettando una pun- Segando un fascio di

teggiata : piani :

1.^ da un centro (fuori 1.^ con un piano (non

della sua retta di sostegno) appartenente all'asse del si ottiene un fascio di raggi : fascio ) si ottiene un fascio

1.^ con un piano a (piano di sezione) non ap- partenente ad un elemento della figura, cioè porre i punti (a&), (ac)... e le rette (ag), (ay).... determinati da a e rispettivamente dalle rette h, e... e dai piani gy... della figura ( la figura sezione così ottenuta si indica con a (he...

Pr-));

2.® con una retta a non appartenente ad un ele- mento della figura, cioè porre i punti (ap), (ay)... determi- nati da a e dai piani py.... della figura (la figura se- zione così ottenuta si indica con a (gy...))-

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i raggi proiettanti sono coor- dinati ai punti proiettati e si dice che la punteggiata ed il fascio di raggi sono inferiti prospettivamente o che sono prospettivi;

2P da un asse (che non incontri la retta sostegno della punteggiata) si ottiene un fascio di piani riferito 'prospettivamente o prospet- tivo alla punteggiata.

Proiettando un piano punteggiato (o rigato) da un centro (fuori del piano) si ottiene una stella di raggi (o rispettivamente di piani) riferita prospettivamente o prospettiva al piano.

Se si ha una figura (di rette) nel piano, l'operazione di segarla con un piano (non coincidente con quello della figura) si può enunciare dicendo che si sega la figura con una retta del suo piano (intersezione del piano segante). Analogamente, se si ha una figura (di rette) nella stella, l'operazione di proiettarla da un punto (che non sia il centro della stella) si può enunciare dicendo che si proietta la figura da una retta della sua stella congiungente il centro di proiezione col centro della stella.

Nel piano , segando un Nella stella, proiettando

fascio di raggi con una retta un fascio di raggi da una retta

di raggi: i raggi di questo vengono coordinati ai piani segati (del l."" fascio) e si dice che il fascio di raggi ed il fascio di piani sono così riferiti prospettivainente o che sono prospettivi.

2P con una retta (che non incontri l'asse del piano) si ottiene una punteggiata riferita p)rospettivamente o prospettiva al fascio di piani.

Segando una stella di piani (o di raggi) con un piano (non appartenente alla stella) si ottiene un piano rigato (o rispettivamente punteggiato) riferito prospettivamente o prospettivo alla stella.

non appartenente al fascio, si ottiene una punteggiata infe- rita prospettivamente o pro- spettiva al fascio di raggi.

non appartenente al fascio , si ottiene un fascio di piani riferito prospettivaìnente o prospettivo al fascio di raggi.

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Gli enunciati posti 1' uno di fronte ali' altro presentano una notevole analogia; in essi le operazioni del proiettare e del segare compariscono come inverse l'una dell'altra.

§ 5. La disposizione circolare naturale degli elementi d'una forma di 1.^ specie. Se vogliamo adattare la nostra concezione intuitiva della retta (propria) alla defi- nizione del punto improprio (considerato come unico), dovremo concepire la retta come una linea chiusa che si possa descrivere tutta partendo da un punto A e ritor- nando in A dall' altra parte, col movimento di un punto passante pel punto all'infinito. Si può acquistare un'idea di questo modo di vedere intuitivo, considerando una retta a come limite di un cerchio variabile di raggio crescente, tangente ad essa in un punto fisso, il cui centro si allontani indefinitamente da a sulla perpendicolare ad a nel punto di contatto ( il quale cerchio, o centro , giaccia indifferentemente nell' una o nell' altra banda del piano rispetto ad a). Secondo questo modo di vedere, la retta si può considerare generata col movimento di un suo punto mobile in due sensi opposti, come il fascio di raggi (odi piani) da un suo raggio (o rispettivamente piano) mobile che descriva il fascio ruotando attorno al suo centro (o rispettivamente asse). La corrispondenza del movimento generatore delle forme retta e fascio di raggi (ed analo- gamente si vedrebbe pel fascio di piani) riesce perfetta, ove si considerino come moventisi insieme (in un dato senso) un punto della retta a ed il raggio del cerchio di centro 0 che incontra a nel nominato punto ; la posizione della retta per 0 parallela ad a corrisponde alla posizione del punto all'infinito della retta.

Si esprime il nuovo modo intuitivo di concepire la retta (analogo a quello delle altre forme di 1.^ specie) dicendo che si pensano i suoi punti in una disposizione circolare (naturale) che ha due sensi.

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Dalla nuova concezione intuitiva della retta deriva naturalmente una estensione del concetto di segmento.

Dati su una retta due punti A, B, si possono consi- derare due segmenti (complementari) terminati da A, B come estremi, ciascuno dei quali contiene infiniti punti : il segmento finito ed il segmento infinito ; quest' ultimo è l'insieme dei punti della retta che si ottiene togliendo da essa tutti i punti interni al primo segmento. Per distinguere l'uno dall'altro i due segmenti AB, occor- rerà denotare un punto interno ; così nel caso della figura A C B B ^^g segmenti si possono denotare senza

ambiguità con ACB, A DB. Se due punti (come C, D) sono interni a due segmenti complementari AB, si dice che essi separano A, B: allora anche A, B separano C, D (cioè le due coppie AB, CD si separano). Nella generazione di una retta col moto di un punto, uno qua- lunque dei due segmenti viene ad essere il luogo delle posizioni intermedie ad A, i^ (gli estremi inclusi) occupate dal punto mobile: partendo da A nell'uno o nell'altro senso si descrive l'uno o l'altro dei due segmenti AB, e ciascuno di questi viene pure descritto da un punto mobile che partendo da B vada nel senso opposto. In quanto si considerano come succedentisi i punti d' una retta che segnano posizioni occupate successivamente da un punto mobile descrivente la retta in un dato senso a partire da un punto A, si ha un ordine naturale (A) dei punti della retta; ordine che ha il detto senso e si con- sidera come contenuto nella disposizione circolare naturale della retta.

Dati due punti C,D, l'uno dei due, p. e. Ciorecede B nell' ordine (A); accade 1' opposto (purché uno dei due punti non coincida con A) nell'ordine inverso di (A) (ordine naturale che ha come primo elemento A e senso opposto al primo).

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Un segmento AB concepito in un ordine {A) è l'insieme dei punti che nel detto ordine non seguono B, e risulta così ordinato; A è il suo primo elemento, e 5 è l'ultimo: quando si consideri il segmento AB come ordinato s'in- dicherà con AB. Lo stesso segmento A B può concepirsi come ordinato in modo inverso nell'ordine (B) che ha senso opposto ad [A)\ allora s'indicherà con BA.

Più punti P, P, P3 P4 P5 Pn si dicono susseguentisi

j. " X 1 n \ i \ i \ i

se esiste un ordine naturale, A P, P^ B P^ P^ P^ ad esempio (A), in cui essi si succcedano nel modo scritto: in un altro ordine {B) che ha il senso di (A), i detti punti si succederanno nello stesso modo 0 in un modo dedotto da quello con una permutazione circolare, divenendo primo elemento del gruppo quello che occupa il primo posto dopo 5 nell'ordine (A). In un ordine che ha senso inverso

ad (A) si succederanno i punti Pn Pn-\ -^'3 A ^1 ^^^

modo scritto 0 in un modo che ne derivi con una permu- tazione circolare.

Questa proprietà caratteristica, valida per ogni gruppo di punti della retta, stabilisce, tra i vari ordini natu- rali dei punti della retta, un legame per il quale, dati due ordini (A) [B] che hanno lo stesso senso e diversi primi elementi A, B, avviene il fatto seguente : due elementi C, D distinti da B si susseguiranno in {B) nello stesso ordine che in (A) 0 nell' opposto, secondochè ambedue precedono 0 seguono B, oppure V uno precede B q V altro lo segue in (A). Ciò si esprime dicendo che un ordine {B) nasce da uno (A) che ha lo stesso senso mediante la permutazione circolare che porta A in B (questa operazione equivale a far scorrere la retta su stessa portando A in B).

Le considerazioni svolte permettono di dedurre facil- mente le seguenti proposizioni intuitive:

l.« Se più punti P1P0P3 Pn, sopra una retta, si

susseguono nell' ordine scritto, si susseguono anche negli ordini :

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^.^3 PnP,. , PnP^ P,.,

PnPn-, ^3^.^. , P,PnPn-,...,P,P,

2.^ Tre punti P,P.,P^ di una retta, presi in una disposizione qualsiasi, si susseguono sempre (poiché in uno dei due ordini naturali (P^), l'uno inverso dell'altro, cioè in {P,P,P,), P, precede P^).

La terna P^P^P^ definisce un senso della forma (che si dirà anche il senso della terna).

3.° Se 4 punti di una retta Pi P, P^ P^ sono susse- guentisi, le coppie P,P3, P^P^ si separano e viceversa.

4.° Una quaterna di punti ABCP sopra una retta, può distribuirsi in un modo in coppie che si separano; poiché se p. e. AB CD si susseguono nell'ordine scritto, sono AC, ED (e non altre) le coppie che si separano. Sopra una retta un segmento AB può considerarsi come r insieme dei punti intermedi ad A, B, in un ordine natu- rale (C) il cui primo punto C sia esterno al segmento che si considera. Il detto segmento AB viene dunque generato ugualmente dal moto di un punto C sulla retta, partendo da una qualsiasi posizione iniziale, purché non interna al segmento stesso. Siffatta generazione è stata notata pel caso in cui C cada in uno degli estremi A o B. Dalla considerazione precedente si possono dedurre le proposizioni intuitive:

5.° In un dato segmento AZ?di una retta, due punti C,2),

A C D B determinano un segmento (7 P contenuto

nel primo: il complementare di (7P contiene il comple- mentare di AB.

6.^ Se AB, CD sono due segmenti di una retta, senza estremi comuni :

a) 0 le coppie AB, C D si separano, e allora i

i j j j due segmenti hanno comuni infiniti ele- menti interni;

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A B

h) 0 le coppie AB, CD non si separano, ed allora ^ i due segmenti non hanno comune nessun

l I I I punto, oppure l'uno contiene l'altro: nel 1. caso un

segmento è contenuto nel complementare dell' altro.

7.° Se AB, AC sono due segmenti di una retta con un estremo comune A , essi non hanno punti interni comuni , oppure l' uno dei due segmenti è contenuto nel- r altro.

Le cose dette si estendono analogamente ai fasci propri di raggi e di piani. Basterà un breve cenno di spiegazione pel caso dei fasci di raggi.

In un fascio di raggi due rette a, &, formano due angoli complementari ( segmenti della forma ) ; questi angoli vengono descritti da un raggio mobile che genera il fascio con una rotazione attorno al suo centro nel suo piano (in uno dei due sensi) passando da a a ^. Alla pa- rola « angolo » va data qui una inter- pretazione diversa e, in un certo senso, più larga che nella geometria elemen- tare; l'angolo {completo), come lo con- sideriamo qui , è concepito come un insieme di rette e non di punti, ma se le rette di esso si pensano come punteg- giate si ottiene da esso una regione piana che nella Geo- metria elementare costituirebbe « la riunione di due angoli opposti al vertice ». Inoltre si designeranno qui col nome di angoli complementari (non due angoli la cui somma è un angolo retto, ma) due angoli {coìnpleti) che comples- sivamente riempiono l' intero fascio.

Del resto tutte la considerazioni svolte pel caso della punteggiata relative ad ordini naturali, segmenti, coppie che si separano, si ripetono qui nello stesso modo : come

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vengono fondate sul concetto intuitivo del movimento di un punto che descriva la retta, cosi esse derivano qui dal con- cetto intuitivo del movimento di un raggio che ruotando nel piano del fascio descrive il fa- scio : vi è solo da sostituire la parola « angolo » alla parola « seginento » per parlare col linguaggio ordinario , ma ciò non è affatto essenziale, e dicendo « segmento di una forma di 1^ specie » si intenderà complessivamente il segmento d' una punteggiata o 1' angolo di un fascio.

Il nostro concetto intuitivo della retta impropria ( esclusa nelle considerazioni precedenti ) si identifica col concetto della successione delle direzioni dei raggi di un fascio; dunque anche per la retta impropria (come pel fascio di raggi) le proposizioni sopra enunciate debbono riguardarsi come verità intuitive. E similmente le stesse proposizioni valgono pel caso di fasci impropri di raggi 0 di piani come si verifica subito , data l' intuizione di queste forme.

Non deve sorprendere il fatto che per tutte le forme di 1.^ specie si venga in quest'ordine di idee ad una serie di risultati identici: tutto dipende da che ci si basa sul concetto del movimento di un elemento che descrive la forma, ed abbiamo osservato che vi è perfetta corri- spondenza in questo moto generatore tra le varie forme, ove esse vengano riferite prospettivamente, cioè si consi- derino come moventisi insieme un elemento dell* una e dell' altra che si appartengono.

Osservazione. Il movimento di un elemento in una forma di 1.* specie, di cui qui si parla, non è il movi- mento della forma su stessa che si considera nella Geometria metrica (elementare).

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Dal concetto complesso del movimento, ad esempio, per una retta, noi caviamo qui le nozioni relative agli ordini (naturali) di successione dei suoi punti, e il concetto di segmento come insieme di punti, ma non come hin- ghezza (*) ; rimane quindi al di fuori della Geometria pro- iettiva il concetto di uguaglianza di segmenti.

U intuizione grafica che così si forma della retta (e analogamente dei fasci) è diversa (cioè contiene meno) della intuizione metrica. L' esempio fisico corrispondente alla prima ci è offerto da un filo di variabile elasticità, mentre V esempio fisico corrispondente alla seconda ci è offerto da un filo rigido: s'intende dire che il movimento di questi due fili su stessi (dove nel primo caso può variare la lunghezza delle varie parti del filo, nel secondo no) sta rispettivamente a rappresentare il movimento considerato dalla Geometria proiettiva e quello considerato dalla metrica; il secondo è un caso particolare del primo che nella Geometria proiettiva non va distinto in modo speciale.

Le proprietà relative ad ordini naturali ecc. (in par- ticolare le proposizioni 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7) enunciate per la retta, si possono enunciare per il fascio di raggi o di piani, e quindi raccogliere in un enunciato complessivo per tutte le forme di 1.^ specie (parlando di elementi anziché di punti): ciò s'intende subito, e però sarebbe inutile ripetere quegli enunciati.

Nello stabilire le proprietà menzionate per le forme di 1.^ specie, si é fatto largo uso della intuizione: si può

(*) Tale concetto non trova più un perfetto riscontro nel concetto metrico di angolo d'un fascio (sua grandezza). Per convincersene basta pensare che si possono fissare successivamente quanti si vogliano seg- menti uguali sulla retta senza esaurirla, mentre dato un angolo in un fascio con un numero finito di angoli uguali si esaurisce il fascio.

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domandare di introdurre esplicitamente ciò che si desume dall'intuizione, separandolo nettamente da ciò che se ne deduce colla logica, cioè si può domandare quali postulati vengano introdotti nella Geometria proiettiva coli' uso di quelle considerazioni intuitive. Ora, poiché base di esse è il concetto di movimento (nel senso grafico), sia mocon- dotti ad introdurre il seguente postulato che precisa questo concetto e basta a dedurre logicamente tutte le proposi- zioni intuitive menzionate.

IV. Gli elementi di una forma di 1^ specie si pos- sono pensare in una disposizione circolare naturale che ha due sensi, l'uno inverso deW altro; in modo che:

1 Dato un qualunque elemento A della forma , esiste un ordine naturale della forma che ha il detto senso, ed A come primo elemento, nel quale

aj di due elementi B, C, sempre l'uno, per es. B, precede l'altro (ed allora C segue B),

h) se B precede C e C precede D, sempre B precede 1),

e) tra due elementi B, C esistono infiniti elementi intermedi ,

d) non esiste un ultim.o elemento. 2.^ I due ordini naturali della forma che hanno lo stesso primo elemento e senso inverso, sono l'uno inverso dell'altro.

3.^ Due ordini naturali della forma che hanno lo stesso senso e diversi primi elementi, rispettivamente A, B, si deducono l' uno dall' altro colla permutazione cir- colare che porta A in B.

Da questo postulato che contiene (analizzati) i vari elementi del concetto (grafico) di movimento, si desumono colla sola logica le altre conclusioni sopra menzionate: il concetto di segmento vien posto allora come quello di successione ordinata degli elementi che non seguono uno degli estremi in un ordine, che ha come primo elemento

2e>

l'altro ecc. (^). Per facilitare l'intuizione potremo ancora dire che un elemento si muove sulla forma clesmvendo un segmento ordinato ; ciò equivale a considerare gli ele- menti del segmento ordinato (succedentisi in quello) come le diverse posizioni di un solo elemento variabile.

Osservazione. Molte altre nozioni intuitive si riat- taccano a quelle introdotte col postulato precedente. Così per es. dalla nozione di angolo di due rette a è in un fascio (come insieme di rette) si può dedurre la nozione di regione piayia angolare o angolo piano a b, considerando r insieme dei punti del piano che vengono proiettati dal centro del fascio secondo rette dell' angolo a b considei'ato. Pertanto due rette di un piano vengono a separare il piano in due regioni angolari di punti (gli angoli opposti al vertice pensandosi riuniti in un solo). Questa proposizione vale anche pel caso che una delle due rette a e & sia la retta impropria , allora essa ci dice che ogni retta propria a (concepita insieme alla retta im- propria) divide il piano in due regioni o bande, nel senso metrico ben noto.

Alla proposizione generale precedente si può contrapporre la seguente, in un certo senso analoga pei segmenti rettilinei: un segmento retti- lineo AB separa le rette del piano rigato in due classi: rette che incontrano la retta {AB) secondo un punto del segmento considerato , e rette che la incontrano in un punto esterno al segmento. Ma non è qui il caso di cer-

(^) Lo sviluppo di tali deduzioni alquanto minute, ove si voglia porre in evidenza che e fletti vamente non si desume nuli' altro dall' intuizione, si farebbe seguendo presso a poco l' ordine di idee svolto innanzi. Si potrà vedere per questo la mia Nota dell' Istituto Lombardo (Luglio 1894) Sui fondamenti della Geometria proiettiva. Ivi anzi si introduce un postulato che ricava meno dati dall' intuizione.

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care un corollario metrico analogo a quello che derivava dalla considerazione speciale della retta impropria.

§ 6. Carattere proiettivo della disposizione circolare naturale di una forma di l."" specie. Sopra una retta (propria) u si consideri un segmento A C B, q sia per es. il segmento finito A B. Proiettando la retta da un punto U (fuori di li) si ha un fa- scio prospettivo nel quale al segmento A C B corri- sponde un angolo a e h. Segando il fascio TI con una retta (propria) v (non passante per Z7) si ha su questa corrispondentemente un segmento A' C B\ il quale potrà essere il segmento fi- nito A' B' 0 il segmento infinito (come nella figura). Un' osservazione analoga può farsi per le altre forme di 1.^ specie, nel passaggio dal- l'una all'altra mediante proiezioni e sezioni; cioè si può osservare (limitandoci per ora a l'orme proprie) che: In ogni proiezione o sezione eseguita sopra una forma di 1.^ specie, ad un segmento dell' una forma corrisponde un segmento (luogo delle proiezioni o sezioni dei suoi ele- menti ) neir altra forma.

L'origine di tale proposizione è l' intuizione ; l' intui- zione del fatto che (per parlare ad es. di punteggiate e fasci di raggi) un raggio d'un fascio appartenente ad un punto mobile sopra una retta (prospettiva al fascio), descrive il fascio e la sua disposizione circolare naturale, mentre il punto descrive la retta e la sua relativa disposizione. E l'intuizione ci ancora lo stesso risultato, se si con- siderano anche le forme improprie nei vari casi che si possono pensare. Se, per es. , pensiamo ad una punteggiata

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impropria data mediante un piano proprio a, e ad un fascio proprio ad essa prospettivo in quel piano, l'enun- ciato precedente ci dice in sostanza che: si ottiene sempre la stessa disposizione circolare naturale delle direzioni delle rette in a, comunque si pensino queste direzioni attribuite ai raggi di due fasci , riferiti per parallelismo , nel piano.

Il fatto osservato non compare nel postulato IV, dove si considera soltanto una forma di 1/^ specie in stessa, e non in relazione ad altre prospettive (sebbene a quel fatto si accenni già nelle considerazioni intuitive che pre- cedono il postulato stesso) ; bisognerà dunque enunciarlo come un nuovo postulato. Perciò, senza distinguere il caso di forme proprie o improprie, introduciamo il postulato :

V. Se due forme di 1.^ specie sono j^^'osjjettive, ed un elemento si muove sulV una e descrive un segmento, anche il corrispondente elemeìito si muove siili' altra, descrivendo un segmento.

Ciò equivale a dire che la disposizione circolare naturale di una 1.^ specie ha carattere proiettivo, cioè si conserva (ossia si muta nell'analoga dell'altra forma) per proiezioni e sezioni.

Osservazione. I concetti ed i postulati posti nel § 3 e quelli posti nel § 5 caratterizzano due diversi ordini di nozioni grafiche, appartenenti alla Geometria proiettiva ; ed il postulato V di questo § stabilisce il collegamento fra i due ordini di nozioni; sicché si possono riguardare i postulati IV e V come formanti un 2.*^ gruppo di pro- posizioni fondamentali della Geometria proiettiva. Le pro- prietà che derivano combinando insieme tali nozioni si dicono grafiche; per contrapposto si chiamano metriche le proprietà che si riferiscono ad altri concetti, come quello d' uguaglianza o di misura (grandezza di segmento o di angolo ecc.), o alla considerazione speciale degli ele- menti impropri, che nelle nozioni grafiche non si distin-

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guono dagli elementi propri. È importante notare che le pmprietà grafiche hanno carattere proiettivo, cioè si conservano (ossia si trasportano in altre analoghe delle figure immagini, mutato solo il nome dell'elemento) ove si passi da una forma dove sia contenuta la figura cui si riferiscono, ad un' altra forma della stessa specie, mediante proiezioni e sezioni. Ciò dipende dal fatto che esse sono soltanto combinazioni puramente logiche delle proprietà contenute nei postulati posti, relative alle due nozioni elementari : « dell' appartenersi di due elementi fonda- mentali » e « del susseguirsi di più elementi d'una forma di 1.^ specie», alle quali proprietà compete appunto il carattere proiettivo.

Non si può dire lo stesso delle proprietà metriche, le quali in generale non si conservano per proiezioni e sezioni, sebbene vi sieno particolari proprietà metriche cui com- pete il carattere proiettivo, che saranno menzionate in seguito. Così p. es. il fatto che un segmento sia infinito anziché finito, è una particolarità metrica, ed abbiamo visto che questa proprietà non si conserva per proiezioni e sezioni, giacché si può proiettare un segmento infinito di una retta in un segmento finito e viceversa.

Avvertenza. Nel seguito ci fondiamo esclusiva- vamente sopra le prop. I, IL III, IV, V, che sotto forma comprensiva riassumono i postulati introdotti nella Geome- tria proiettiva (^), e non ricorriamo più all'intuizione se non per dare esempi, rafi*ronti, ecc. ed a suo luogo (come sarà esplicitamente avvertito) per desumere un nuovo postulato riferentesi ai medesimi concetti grafici; consideriamo dunque espressamente soltanto proprietà grafiche , e nella loro

(^) Questi potrebbero enunciarsi separatamente distinguendo le varie forme ed elementi e si avrebbero così 12 proposizioni. Le prime 6 sono le a, b, e, d, e, f, equivalenti alle I II III. La ragione di tale aggruppa- mento sarà vista tra breve.

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ricerca supponiamo clie non sia noto nulla all' infuori delle proposizioni fondamentali esplicitamente enunciate. Ma daremo ancora applicazioni di natura metrica nelle quali naturalmente dovremo invocare altre nozioni ed i postulati ordinari della Geometria elementare, od anche alcuni semplici teoremi di essa; in questi casi faremo precedere il discorso o il paragrafo da un asterisco *. Allora ed allora soltanto, gli enti designati (salvo esplicito avviso) si supporranno propri e parlando di fasci impropri di raggi si sottintenderà « giacenti in piani propri ».

CAPITOLO II Legge di dualità Teoremi preli minar

§ 7. Legge di dualità nello spazio. Volendo svolgere col solo sussidio della logica la Geometria (proiettiva) fondata sulle proposizioni fondamentali I, II, III, IV, V, potremo farlo senza distinguere gli elementi generatori delle due forme di 3.^ specie cui questi postulati si rife- riscono ugualmente; quindi senza mai parlare di punti o di piani, ma solo di elementi di una forma di 3.^ specie : tenendo conto del fatto (rientrante nella definizione degli elementi e delle forme) che V elemento di una forma di 3." specie è una forma di 2.^ specie nelV altra. Per fare risaltare questa particolarità, le proposizioni fondamentali della Geometria proiettiva sono state aggruppate nel Gap. 1.° e ridotte a forma comprensiva.

Nello svolgimento della Geometria, 1' adottare costan- temente il detto linguaggio offrirebbe l' inconveniente di rendere più diffìcile l' intuizione delle proprietà dimostrate, e quindi meno perspicua l'intelligenza di esse; ma ciò non infirma la possibilità logica di dare una tal forma a tutte le successive deduzioni. Da tale possibilità si desume un principio generale e fecondo della Geometria proiettiva.

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Ogni teorema della Geometria proiettiva (fondato sulle prop. I , II , III , IV, V) potendosi enunciare parlando di forme di 3.^ specie e di elementi, senza distinguerne il nome, esprime una proprietà sussistente insieme per ambe- due le forme di 3.* specie (spazio punteggiato e spazio di piani) ; sicché si ottengono da esso due teoremi , ove si fìssi che l'elemento indicato nel teorema debba essere il punto (elemento generatore dello spazio punteggiato), oppure il piano (elemento generatore dello spazio di piani). Dunque i teoremi della Geometria proiettiva verranno associati a coppie secondo una certa legge, che dicesi legge di dua- lità. Se nel teorema comprensivo riferito a forme di 3.* specie (che comprende una coppia di teoremi duali o correlativi) si fissa l' elemento generatore, risulteranno conseguentemente fissate le forme di 1.^ e 2/^ specie di cui si parla nell'enunciato, e risulteranno fissati, come sostegni di tali forme, gli altri elementi fondamentali (punti, rette e piani) diversi da quello (punto o piano), che si assume come elemento generatore della forma di 3.^ specie.

Fissando per elemento il punto (cioè enunciando il teorema per lo spazio punteggiato), come forma di prima specie appartenente alla data di 3.^ specie, si dovrà inten- dere la punteggiata. Fissando invece per elemento il piano, come forma di 1.^^ specie contenuta nella data forma di 3.^ specie, si dovrà intendere il fascio di piani. Il sostegno della forma di I.^ specie (che nel 2."^ caso prende il nome di asse) è in ambedue i casi la retta, la quale figura in questi enunciati, non come elemento, ma appunto come sostegno di una forma, cioè come insieme degli elementi che le appartengono.

Il piano comparisce nel I.^ caso (in cui per elemento della forma di 3.^ specie si fìssa il punto) come sostegno della forma « piano punteggiato », e si deve parlare di piano punteggiato, ove nell' enunciato comprensivo si parla di forma di 2.^ specie appartenente a quella di 3.^ specie.

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In luogo del piano comparisce nel secondo enunciato il punto (come in luogo dell'elemento punto, l'elemento piano) il quale viene qui considerato, non come elemento, ma come sostegno della forma di 2.^ specie « stella di piani », e si deve parlare di stella di piani, ove nell' enun- ciato comprensivo si parlava di forma di 2.^ specie appar- tenente alla data forma di 3.^ specie (che è in questo caso lo spazio di piani).

Le altre forme di 1.^ e 2.^ specie (oltre quelle nomi- nate) non compariscono come forme appartenenti a quella di 3.^ specie, in nessuno dei due casi. Il fascio di raggi comparisce nel primo caso come l'insieme delle rette (le quali, come ho detto, vengono qui concepite come sostegni di punteggiate) appartenenti ad un elemento (punto), e tali che i loro punti appartengono ad una forma di 2.^ specie (piano punteggiato), contenente il centro del fascio. In luogo del fascio di raggi comparisce nel 2.^ caso ancora il fascio di raggi, ma come insieme delle rette (concepite ciascuna come asse di un fascio di piani) appartenenti ad un elemento (piano) , e tali che i loro piani (cioè i piani che ad esse appartengono) sieno elementi di una forma di 2.^ specie (stella di piani), contenente il piano del fascio.

In modo simile, la stella di raggi comparisce nel 1."^ enunciato (ottenuto fissando per elemento il punto) come r insieme delle rette (punteggiate) aventi comune un elemento « punto » ; nel 2.^ enunciato essa viene sosti- tuita dalla forma « piano rigato », concepita come insieme delle rette (fasci di piani) aventi comune un elemento « piano ». Inversamente il piano rigato (che figura nel 1.° caso come l'insieme delle rette [punteggiate] conte- nute nel piano punteggiato), vien sostituito nel 2.° enun- ciato dalla stella di raggi (la quale figura qui come insieme delle rette [fasci di piani] contenute nella stella di raggi) ; le due forme (piano rigato e stella di raggi) venendo designate complessivamente (nell' enunciato complessivo)

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come r insieme delle forme di prima specie apparte- nenti ad una forma di 2.^ specie (nella data forma di 3.^ specie).

Dalle cose dette risulta la legge di dualità seguente : Ad ogni teorema dedotto dalle proposizioni fondamen- tali 1, li, III, IV, V, corrisponde un teorema correlativo (detto anche duale o reciproco), che ^i enuncia sosti- tuendo alla parola « punto » del priìno enunciato, la parola «piano », e reciprocamente alla "parola « piano » la p)(^'^^^(^ « punto »^ e lasciando invariata la parola « retta » ; coli' avvertenza che si debbono fare contempo- raneamente quegli scambi di parole che ne conseguono: derivanti dal diverso modo di esprimere nei due casi la relazione di appartenersi di due elementi ; dai diversi nomi che si danno alle forme; dal diverso modo con cui si designano le operazioni fondamentali (proiettare e segare), le quali vengono ad essere scambiate fra loro ecc.

Nel § 4.® sono enunciate 1' una, di fronte all' altra, alcune proposizioni riflettenti le operazioni fondamentali, che sono appunto proposizioni correlative l'una dell'altra; è questa la ragione dell' analogia che ivi è stata notata.

Nel seguito, secondo l'avvertenza del § 6.*^, i teoremi che verremo svolgendo (tranne quelli contrassegnati col segno *) saranno dedotti logicamente dalle proposizioni I, II, III, IV, V, che abbiamo assunte come postulati della Geometria proiettiva; sarà poi aggiunto un nuovo postu- lato (della continuità), ma enunciato senza distinzione dell'elemento generatore per le forme di prima specie; segue dal ragionamento svolto che la legge di dualità sussisterà ancora pei teoremi dedotti usando pure di siffatto postulato.

Essa non varrà invece in generale pei teoremi con- trassegnati d' asterisco , nei quali si fa uso di ulteriori concetti e postulati metrici che si presentano diversamente per le varie forme.

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Osservazione 1.^ Dato un teorema si può a pìHoyH enunciare il correlativo, purché la dimostrazione del primo sia fondata esclusivamente sulle proposizioni I, II, III, IV, Y. Volendone la dimostrazione diretta, basta operare gli scambi di parole indicati dalla legge di dualità nel ragio- namento che ha stabilito il primo teorema : ciò è possibile perchè gli elementi « punto » e « piano » compariscono simmetricamente nelle proposizioni fondamentali da cui muove la detta dimostrazione.

In sostanza su questa simmetria si fonda la legge di dualità; nello stabilirla abbiamo fatto rilevare come due teoremi correlativi siano da riguardarsi i due lati di un unico teorema.

E necessario osservare, che, sia nell' enunciare, sia nel dimostrare un teorema, affinchè esista il suo corre- lativo, non deve farsi distinzione fra elementi propri ed elementi impropri, come è stato fissato nel capitolo prece- dente. Un teorema in cui entrasse in modo speciale la considerazione di un elemento improprio, non sarebbe più fondato esclusivamente sulle proposizioni I, II, III, IV, V, nelle quali gli elementi indicati sono indifferentemente propri ed impropri ; se in quelle proposizioni fondamentali si volesse far tale distinzione, cesserebbe di valere per esse la legge di dualità, la quale perciò appunto non vale pel complesso di quelle proposizioni enunciate con tale distin- zione (nel senso metrico), come nella Geometria elementare.

Questa osservazione mostra nuovamente 1' utilità del- l'introduzione degli elementi impropri.

Nel seguito si potrà stabilire la legge di dualità per un gran numero di teoremi indipendentemente dal modo con cui essi sono stati dimostrati (e quindi anche se fossero stabiliti per via metrica) ; ma è bene avvertire fin d'ora che, mentre la legge di dualità vale per le pro- prietà grafiche 6), la detta legge non sussiste in gene- rale per le proprietà metriche 6).

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Osservazione 2.^ Dal punto di vista logico due teoremi correlativi offrono uguali difficoltà di dimostra- zione; ma interviene sempre nello stabilire i teoremi, come guida al ragionamento logico (che ne è però indi- pendente), l'intuizione; e poiché sotto il punto di vista intuitivo (anche grafico) lo spazio punteggiato e lo spazio di piani appariscono diversi, la potenza della nostra intui- zione nella scop^erta delle proprietà geometriche (che verranno poi logicamente stabilite) risulta raddoppiata mediante la legge di dualità nello spazio. Da tale consi- derazione si potrà desumere tutta la fecondità del prin- cipio posto.

§ 8. Esempi di dualità nello spazio. I seguenti teoremi, posti 1' uno di fronte all' altro, porgono esempi di proposizioni correlative.

Tre punti non apparte- nenti ad una retta, deter- minano un triangolo : figura composta dei tre punti (ver- tici), delle tre rette determi- nate da essi due a due (lati), e del piano determinato dai tre punti.

Tre piani non apparte- nenti ad una retta, deter- minano un angolo triedro : figura composta dei tre piani (faccio), delle tre rette deter- minate da essi due a due (spi- goli), e del punto determi- nato dai tre piani.

Si dicono incidenti due rette che passano per un punto e giacciono in un piano. Due rette non incidenti si dicono sghembe.

Due rette aventi un punto comune sono incidenti.

Date due rette sghembe, per un punto fuori di esse passa una retta incidente alle due date.

Infatti , questa retta si determina come intersezione

Due rette giacenti in un piano sono incidenti.

Date due rette sghembe, in un piano non passante per alcuna di esse, vi è una retta incidente alle due rette date.

Infatti, questa retta si determina come congiun-

dei piani proiettanti le due rette dal punto.

Date due rette sghembe, un punto di una di esse è il centro di un fascio di raggi incidenti alle due rette date.

Infatti, tutte le rette passanti per un punto di una retta sono ad essa incidenti ; tra queste, quelle che deb- bono essere incidenti al- l'altra retta debbono giacere nel piano che essa determina col punto della prima.

Date due rette incidenti, per un punto, non giacente nel piano cui esse appar- tengono, vi è una retta inci- dente ad ambedue.

Essa è la retta che pro- ietta dal punto dato l' inter- sezione delle due rette date.

Date due rette incidenti; un punto del piano in cui esse giacciono, non comune ad esse, è centro di un fascio di raggi incidenti alle due rette; ed il punto comune ad esse è il centro di una stella di raggi incidenti alle rette date.

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gente i due punti sezioni delle due rette col piano.

Date due rette sghembe, in un piano per una di esse vi è un fascio di raggi inci- denti alle due rette date.

Infatti, tutte le rette giacenti in un piano per una retta, sono ad essa incidenti; tra queste, quelle che deb- bono essere incidenti all'altra retta debbono passare pel punto che essa determina come intersezione del piano considerato per la prima.

Date due rette incidenti, in un piano, non contenente il punto cui esse apparten- gono, vi è una retta inci- dente ad ambedue.

Essa è la retta sezione del piano dato col piano in cui giacciono le due rette date.

Date due rette incidenti; in un piano pel punto ad esse comune, che non sia quello che le contiene en- trambe , vi è un fascio di raggi incidenti alle due rette; e il piano delle due rette è il sostegno di un piano rigato le cui rette sono inci- denti alle due date.

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Si omette per brevità la semplicissima dimostrazione dei due ultimi teoremi.

Se più rette sono due a due incidenti e non passano tutte per uno stesso punto, esse giacciono in uno stesso piano.

Sieno a, h, e .... le rette date due a due incidenti e non passanti tutte per uno stesso punto. Una almeno di esse, p. e. la e, non passa per il punto 0— {ah), quindi incontra le a, & rispettiva- mente in due punti diversi fra loro e da 0: A^{ac) B (b e). Per conseguenza la e giace nel piano Q = (ab) delle due rette a, b. Ora ogni altra retta d incidente alle a, b, e non passa con- temporaneamente pei punti 0, A, B; se, per esempio, essa non passa per A = {a e), deve giacere nel piano [a e) ossia nel piano Q. Dunque tutte le rette giacciono nel piano Q.

Se più rette sono due a due incidenti e non giac- ciono in uno stesso piano, esse passano per uno stesso punto.

Sieno a, b, e... le rette date, due a due incidenti , e non giacenti tutte in uno stesso piano. Una almeno di esse, p. es. la e, non giace nel piano Q = (a 6) deter- minato da a, b ; quindi giace con a, b rispettivamente in due piani diversi fra loro e da Q: a - (a e), p = (bc). Per conseguenza la e passa per il punto 0 {a b), co- mune alle due rette a, b. Ora ogni altra retta d, inci- dente alle a, b, e, non giace contemporaneamente nei pia- ni Q, a, p; se, per es. essa non giace in a :^ (a e) deve appar- tenere al punto (a e) ossia al punto 0. Dunque tutte le rette date passsano per il punto 0.

Se più rette sono due a due incidenti, all' infuori dei casi nominati, vi è solo il caso in cui esse appartengono insieme ad un punto e ad un piano ( appartenentisi fra loro) ; possiamo dunque enunciare il

Teorema. Se più rette sono due a due incidenti, esse appartengono sempre ad ima stessa forma di 2. specie (stella di raggi o piano rigato) ed appartengono a

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due forme di 2.^ specie (stella di raggi e piano rigato) solamente se appartengono ad uno stesso fascio di raggi.

§ 9. Legge di dualità nelle forme di 2.^ specie. Esempi. La legge di dualità nello spazio, stabilita nel § 7, permette di dedurre (colle avvertenze ivi fatte) la geometria dello spazio di piani da quella dello spazio pun- teggiato e viceversa. In particolare essa permette di de- durre da un teorema di geometria nel piano punteggiato (o rigato), un teorema di geometria nella stella di piani (o risp. di raggi).

Vi è un' altra legge di dualità, che si applica sola- mente ai teoremi della geometria nel piano o nella stella, la quale permette di associare tra loro un teorema della geometria nel piano punteggiato a un teorema (correlativo nel piano) della geometria nel piano rigato ; e similmente un teorema della geometria nella stella di piani, ad uno (correlativo nella stella) della geometria della stella di raggi; intendendo sempre (per ora) che questi teoremi debbano essere dedotti dai postulati I, II, III, IV, V, come è stato fissato nel § 6.

Si perviene a stabilire questa legge riferendoci alla osservazione posta nel § 6. Per essa, le proprietà della geometria piana fondata sulle proposizioni I, II, III, IV, V, cioè le proprietà grafiche, hanno carattere proiettivo. Quindi le proprietà di una figura piana di punti, si tra- sportano per proiezione in proprietà di una figura di raggi (proiezione della data) appartenenti ad una stella pro- spettiva al piano; e viceversa dalla seconda si passa alla prima con una sezione. Così pure le proprietà di una figura piana di rette , si traducono per proiezione in proprietà di una figura di piani nella stella e viceversa.

Ma, da una proprietà di una figura di raggi nella stella, si deduce, per dualità nello spazio, una proprietà di una figura piana di rette; dunque si può passare da una

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proprietà di una figura piana di punti ad una proprietà di una figura piana 'di rette (correlativa nel piano) , ed analogamente dalla seconda alla prima. Ora, poiché ogni figura piana si potrà considerare come insieme di punti o come insieme di rette, da ogni proprietà di essa, si dedurrà un' altra proprietà che si riferisce ad una figura correlativa.

Un modo analogo, di associare due a due le propo- sizioni, si ha nella stella. Due teoremi correlativi nella stella hanno i loro correlativi secondo la legge di dualità nello spazio in due teoremi nel piano (correlativi fra loro nel piano), e questi (scambiato il loro ordine) si dedu- cono pure da quelli della stella con una sezione.

Si vede così che , la geometria nelle forme di 2.^ specie, in quanto è dedotta dalle proposizioni fondamentali fissate, è indipendente dalla determinazione dell'elemento (punto 0 retta, retta o piano) e del sostegno (piano o punto) della forma. In altre parole :

Ogni teorema che enuncia una projjrietà di iiìia figura apparteneyite ad una forma di 2^ specie, può enunciarsi senza determinare di quale forma di seconda specie si tratti, parlando solo della forma di 2.^ specie e dei suoi elementi e sue forme (di 1.^ specie).

Così enunciato il teorema esprime quattro proprietà di figure rispettivamente appartenenti alle quattro diverse forme di 2.^ specie; e le quattro proposizioni cui luogo, appariscono come i lati di un' unica proposizione.

Dalle considerazioni svolte apparisce la regola che dovrà seguirsi per enunciare gli altri tre teoremi cui luogo un teorema di geometria in una forma di 2.^ specie ; la enunciamo ponendo in evidenza come si passi da un teorema nel piano punteggiato ad un teorema nel piano rigato (e viceversa) , e come si passi da un teorema di geometria nella stella di piani ad uno nella stella di raggi (e viceversa). Le due coppie di teoremi (rispettivamente

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correlativi nel piano e nella stella) vengono legate fra loro in doppio modo dalla legge di dualità nello spazio e dalla possibilità di riferire prospettivamente il piano e la stella; ciò è stato appunto il fondamento delle considerazioni precedenti. Ecco i due enunciati :

Sussiste la seguente legge di dualità nel piano : Ad ogni teorema enunciante una proprietà di una figura appartenente al piano considerato come punteggiato, il quale sia dedotto dalle proposizioni fondamentali I, II,

III, IV, V, viene associato un teorema (detto il suo corre- lativo nel piano) che enuncia una proprietà di una figura appartenente al piano considerato come rigato, e recipro- camente. Si passa dall'enunciato di un teorema a quello del suo correlativo (nel piano) scambiando fra loro le parole « punto » e « retta », ed operando i mutamenti di parole che ne derivano di conseguenza (cfr. la legge di dualità nello spazio del § 7).

Similmente si ha la seguente legge di dualità nella stella :

iVd ogni teorema enunciante una proprietà di una figura appartenente alla stella (ad esempio di piani), il quale sia dedotto dalle proposizioni fondamentali I, II, III,

IV, V, viene associato un teorema (detto il suo correlativo nella stella), che enuncia una proprietà di una figura nella stella (di raggi) e reciprocamente. Si passa dall' enun- ciato di un teorema al suo correlativo nella stella scam- biando fra loro le parole « piano » e « retta », ed ope- rando i mutamenti di parole che ne derivano di con- seguenza.

La legge di dualità nel piano e nella stella sono due teoremi correlativi nello spazio.

Osservazione 1.* Riferendosi per fissare le idee alla legge di dualità nel piano, si potrà domandare perchè essa non sia stata dedotta in modo analogo alla legge di dualità nello spazio, osservando che lo scambio degli eie-

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menti « punto » e « retta » è possibile nelle proposizioni fondamentali del piano. Invero queste proposizioni possono raccogliersi nel solo enunciato : « in un sistema piano due forme di 1.^ specie hanno un elemento comune », e nelle proposizioni IV, V, enunciate per la punteggiata ed il fascio (li raggi. Ecco la ragione per cui non si è seguita questa via. Le ricordate proposizioni fondamentali del piano si deducono logicamente da quelle I, II, III, IV, V, dello spazio (come è stato notato) , ma viceversa le proposizioni nomi- nate dello spazio non seguono da quelle del piano. Se si fosse dunque tenuta la via accennata, la legge di dualità nel piano non sarebbe risultata stabilita per tutti i teo- remi che vengono dedotti partendo dalle proposizioni [, II, III, IV, V, (cioè anche facendo uso di costruzioni nello spazio), ma solo per quelli dedotti dalle proposizioni del piano (senza uscire dal piano).

Ora giova avvertire, che è proprio necessario di ado- perare costruzioni dello spazio per dimostrare un teorema fondamentale della geometria del piano, (cioè il teorema dei triangoli omologici che sarà dato nel successivo §). Una volta stabilito questo teorema, ed il suo correla- tivo nel piano che insieme ad esso sussiste, possono aggiungersi questi due teoremi alle proposizioni fonda- mentali della geometria piana, e (coli.' aggiunta ulteriore del postulato cui già ho accennato, riferentesi alla conti- nuità delle forme di prima specie) fondare tutta la geo- metria (proiettiva) del piano senza usare delle proposi- zioni fondamentali dello spazio, cioè senza uscire dal piano. Quando si voglia astringersi a questa condizione (di non usare costruzioni dello spazio pei teoremi di geometria piana) si ha così una nuova dimostrazione della legge di dualità nel piano, per il fatto che nelle proposizioni della geometria piana da cui si deducono tutte le altre, è pos- sibile lo scambio degli elementi « punto » e « retta ». Ma non giova tenersi astretti a quella limitazione, ed,

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almeno in certi casi, è utile e fecondo desumere da costru- zioni spaziali teoremi di geometria piana, anche quando non è più necessario; in ciò sta il maggior valore della legge di dualità stabilita in modo più generale.

Simili considerazioni possono istituirsi per la stella.

Osservazione 2.^ Dato un teorema della geometria piana (e quello che si dice per il piano si ripeterebbe per la stella) , si può enunciare a 'priori il suo correla- tivo nel piano, purché la dimostrazione di esso sia esclu- sivamente fondata sulle proposizioni ammesse come postu- lati I, II, III, IV, V. Per ottenere la dimostrazione di questo teorema correlativo basta tradurre la serie di costruzioni e ragionamenti occorrenti colla legge di dualità nello spazio^ e quindi segare, col piano, la figura ottenuta nella stella.

Quando però si faccia uso delle sole proposizioni del piano e di altre già dimostrate nel piano insieme alle loro correlative, quando cioè si faccia una dimostrazione nel piano, basta operare lo scambio di parole « punto » e « retta », cogli scambi di parole che ne derivano di con- seguenza, nel ragionamento che fornisce la dimostrazione del dato teorema.

Anche pel piano si potrà stabilire più tardi la legge di dualità pei teoremi grafici, indipendentemente dal modo con cui essi sono stati dimostrati ; ma questa legge non sarà in generale applicabile ai teoremi metrici. Valgono cioè le avvertenze date per la legge di dualità nello spazio. In particolare (giova ripeterlo) gli elementi impropri non debbono essere considerati in modo speciale.

Ecco alcuni esempi della legge di dualità nelle formo di 2.^ specie:

Nel piano

tre punti non appartenenti tre rette non passanti per ad una retta determinano un un punto determinano un

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triangolo: figura costituita dai tre punti (vertici) e dalle tre rette che li congiungono due a due [lati).

trilatero : figura costituita dalle tre rette (lati) e dai tre punti in cui si segano due a due (vertice).

Nella stella

tre piani, non passanti per una retta, determinano un angolo triedro: figura costi- tuita dai tre piani (facce) e dalle tre rette comuni a due di essi (spigoli).

tre rette, non giacenti in un piano, determinano un trispi- golo : figura costituita dalle tre rette (spigoli) e dai tre piani che essi determinano due a due (facce).

Le figure triangolo e trilatero, e così pure il triedro e il trispigolo, sono in sostanza la stessa figura che si considera determinata in due modi diversi.

Xel piano

quattro punti, di cui tre non appartengono ad una retta, determinano un quadrangolo (piano) completo : figura co- stituita da quattro punti (ver- tici) e dalle sei rette che li congiungono due a due (lati). Per ogni vertice passano tre lati del quadrangolo: per ogni lato vi è un lato op- posto determinato dai due vertici fuori del primo. Si hanno così tre coppie di lati

quattro rette, di cui tre non passano per un punto, deter- minano un quadrilatero com- pleto: figura costituita dalle 4 rette (lati) e dai sei punti determinati da esse due a due (vertici).

Sopra ogni lato stanno tre vertici del quadrilatero ; per ogni vertice vi è un vertice opposto determinato dai due lati che non passano per esso. Si hanno così tre

opposti, che determinano tre punti (ciascuno intersezione dei due lati di una coppia); questi tre punti diconsi punti diagonali del dato quadran- golo completo.

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coppie di vertici opposti, che determinano tre rette (cia- scuna congiungente i punti di una coppia); queste tre rette diconsi diagonali del dato quadrilatero completo.

Nella stella

quattro piani, di cui tre non passano per una retta, de- terminano un angolo te- traedro completo: figura co- stituita da quattro piani (facce) e dalle sei rette [spigoli) che esse determi- nano due a due.

In ogni piano giacciono tre spigoli; per ogni spigolo vi è uno spigolo opposto determinato delle due facce che non passano per esso. Si hanno così tre coppie di spigoli opposti, e quindi tre piani determinati dalle tre coppie di rette, che diconsi piani diagonali del dato an- golo tetraedro completo.

quattro rette, di cui tre non giacciono in un piano, deter- minano un quadrispigolo completo: figura costituita dalle quattro rette (spigoli) e dai sei piani (facce) che esse determinano due a due.

Per ogni punto passano tre facce; per ogni faccia vi è una faccia opposta, de- terminata dai due spigoli che non giacciono in essa. Si hanno così tre coppie di facce opposte, e quindi tre rette determinate dalle tre coppie di piani , le quali si dicono diagonali del dato quadri - spigolo completo. Le proposizioni enunciate successivamente pel piano e per la stella a sinistra, sono fra loro correlative nello spazio; e così quelle a destra. Si passa da una proposi- zione a sinistra (o a destra) pel piano ad una successiva a destra (o rispettivamente a sinistra) per la stella, con

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una proiezione o viceversa con una sezione (rispettivamente del piano o della stella).

Le proposizioni enunciate, correlative fra loro nel piano e nella stella , si fondano esclusivamente sulle pro- posizioni fondamentali per le forme di 2.^ specie; non così quelle che compariranno nel successivo §. Intanto si enun- ceranno per esercizio i correlativi ( secondo le due leggi di dualità stabilite) dei teoremi seguenti:

Quattro punti A, B, C, I) di un piano, concepiti in un determinato ordine di successione (A5 CD), tali che tre consecutivi non stieno sopra una retta, determinano un quadrangolo piano semplice, figura costituita da 4 punti (vertici) e dalle 4 rette (lati) che congiungono due vertici consecutivi (AB, BC, CD, DA). Vi sono due coppie di vertici (opposti) non appartenenti ad uno stesso lato (A, C e B, D), le quali determinano due rette, dette diagonali del quadrangolo semplice. I quattro lati e le due diago- nali di un quadrangolo semplice sono i 6 lati del qua- drangolo completo che viene determinato dai quattro ver- tici, quando tre qualunque di essi non sono in linea retta.

I quattro punti possono ordinarsi in 24 modi, ma 4

ordini ( come ABCD, BCDA, CDAB, DABC) danno

luogo allo stesso quadrangolo semplice, quindi vi sono

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= 6 quadrangoli semplici aventi i medesimi vertici.

Le precedenti considerazioni si estendono colla consi- derazione dieWn-gono piano coynpleto(^): figura determinata da n punti di un piano, presi in un determinato ordine di successione, tali che tre consecutivi non appartengono ad una stessa retta ( la quale figura ha n lati, cioè è in pari tempo un ?i-latero semplice). Correlativamente si hanno:

(*) Per n =: 3, ed n =z A un w-gono è rispettivamente un 3gono e 4gono, figure che abbiamo denominate, come più comunemente si usa, coi nomi di « triangolo » e « quadrangolo ».

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Vn-latero completo o semplice nel ^mno.V angolo n-edro e V n-spigolo completo o semplice nella stella (di cui il centro della stella dicesi vertice). Le espressioni « piano » ed « angolo » aggiunte rispettivamente a quelle n-gono ed n-edro nelle definizioni precedenti, sono poste per distin- guere quelle figure rispettivamente àdlV n-gono {gobbo o sghembo) ed n-edro , che vengono determinati (in modo correlativo fra loro nello spazio) da n punti, o rispetti- vamente da n piani, di cui 4 non appartengono ad una forma di 2.^ specie (rispettivamente piano o stella).

Osservazioni. L'angolo poliedro o polispigolo, ( n-dro 0 n-spigolo ), completo o semplice che sia, viene qui concepito in modo diverso che nella Geometria ele- mentare, sotto l'aspetto seguente:

Mentre nella Geometria elementare le facce e gli spigoli s' immaginano troncati dal vertice, qui si consi- derano invece come indefinitamente prolungati da ambe le parti. La considerazione di angoli poliedri (simmetrici) opposti al vertice, non ha dunque più luogo di esistere; poiché un angolo poliedro si concepisce come la riunione di due angoloidi opposti al vertice (nel senso della Geo- metria elementare).

Secondo V attuale concezione degli angoli poliedri, avremo in particolare che: "^ Due angoli poliedri sono uguali se hanno le facce uguali, ed uguali i diedri da esse compresi.

Nella Geometria elementare questa uguaglianza non poteva sempre affermarsi, potendo avvenire che due angoli poliedri siffatti non fossero uguali, ma ciascuno di essi fosse uguale al simmetrico dell' altro.

§ 10. Teorema dei triangoli omologici e correlativi.

Due n-goni piani si dicono riferiti fra loro, se si pensano i vertici dell' uno come coordinati ai vertici dell' altro in una corrispondenza binivoca: due vertici che si pensano

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come coordinati fra loro si dicono coryHspondenti od omo- loghi, e si designano generalmente colle stesse lettere, munendo di apici o di accenti le lettere che indicano i vertici di uno dei due n-goni.

Quando due n-^om piani sono riferiti fra loro, risul- tano coordinati fra loro (corrispondenti, omologhi) anche i lati di essi che vengono determinati dalle coppie di vertici corrispondenti.

Analogamente si dica per gli n-lateri, >2-spigoli , angoli n-edri e per gli n-goni ed n-edri sghembi.

In particolare si possono considerare due triangoli (trilateri ecc..) riferiti tra loro.

Due triangoli si possono riferire fra loro in 6 modi ; in generale due n-goni si possono riferire fra loro in n! (1.2. 3.... n) modi, ecc..

Sussistono i seguenti teoremi correlativi nello spazio :

Se due trilateri senza Se due trispigoli senza

elementi comuni (lati o ver- elementi comuni (spigoli o

tici) non appartenenti allo stesso piano, sono riferiti fra loro, in modo che i lati omologhi sieno incidenti (e s' incontrino quindi in tre punti della retta comune ai piani dei due trilateri), le rette congiungenti i vertici omologhi passano per uno stesso punto.

Infatti, le tre coppie di lati omologhi (incidenti) de- terminano i tre piani di un triedro di cui i due trilateri sono sezioni; le congiungenti i vertici omologhi sono gli spigoli del triedro.

faccie) non appartenenti alla medesima stella sono riferiti fra loro in modo che gli spi- goli omologhi sieno incidenti (e determinano quindi tre piani passanti per la retta con- giungente i vertici dei due trispigoli), le rette interse- zioni delle faccie omologhe giacciono in uno stesso piano. Infatti, le tre coppie di spigoli omologhi (incidenti) determinano i tre vertici di un triangolo di cui i due trispigoli sono proiezioni; le intersezioni delle faccie omo- loghe sono i lati del triangolo.

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La dimostrazione cade in difetto se un lato di un trilatero è la retta d'inter- sezione dei due piani , ma anche in questo caso l'enun- ciato è vero, anzi evidente.

La dimostrazione cade in difetto se uno spigolo di un trispigolo è la congiun- gente i due vertici, ma an- che in questo caso l'enun- ciato è vero, anzi evidente.

Viceversa

Se due triangoli senza elementi comuni, giacenti in piani diversi , sono riferiti fra loro in modo che le con- giungenti i vertici omologhi passino per uno stesso punto, i lati omologhi sono incidenti e s' incontrano in tre punti della retta comune ai piani dei due triangoli.

Lifatti, in tal caso i due triangoli sono sezioni del trispigolo determinato dalle congiungenti i vertici omo- loghi.

La dimostrazione cade in difetto , ma 1' enunciato vale ancora, nel caso che il punto comune alle congiun- genti i vertici omologhi dei due triangoli sia uno dei vertici.

Due triangoli (o trila- teri) nella relazione consi-

Se due triedri senza elementi comuni e apparte- nenti a stelle diverse, sono riferiti fra loro in modo che le intersezioni delle facce omologhe giacciano in uno stesso piano, gli spigoli omo- loghi sono incidenti e deter- minano tre piani passanti per la retta che congiunge i vertici dei due triedri.

Infatti, in tal caso i due triedri sono proiezioni del trilatero determinato dalle intersezioni delle facce omo- loghe.

La dimostrazione cade in difetto , ma l' enunciato vale ancora, nel caso che il piano determinato dalle in- tersezioni delle facce omo- loghe dei due triedri sia una delle facce.

Due triedri (o trispigoli) nella relazione considerata,

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derata, cioè sezioni di uno cioè proiezioni di uno stesso stesso trispigolo (o triedro), trilatero (o triangolo), di- diconsi prospettivi. consi prospettivi.

I teoremi precedentemente stabiliti servono a dimo- strare i seguenti, che possono considerarsi come estensione di essi, e sono correlativi fra loro nello spazio:

Se due trilateri senza Se due trispigoli senza

elementi comuni, giacenti in elementi comuni, apparte- uno stesso piano, sono rife- nenti ad una stessa stella, riti in modo che le tre coppie sono riferiti in modo che di lati omologhi determi- le tre coppie di spigoli omo- nino tre punti appartenenti loghi determinino tre piani ad una stessa retta, le tre passanti per una stessa retta, congiungenti i vertici omo- le tre intersezioni delle fac- loghi passano per uno stesso ce omologhe giacciono in punto. uno stesso piano.

Basterà dimostrare il teorema a sinistra:

Siano ah e, a b' e ì due trilateri del piano tt, aventi per vertici rispettivamente opposti ad a,h, e , ed a', h', e' i punti A, B, C; A', B\ C. I tre punti di intersezione dei lati omologhi L = ((2 a') , M =- (^>&') , ÌVee (ce') apparten- gono alla stessa retta u che, per le condizioni poste, non è un lato, appartiene ad un vertice dei due trilateri.

Per la retta u si conduca un piano t, diverso dal piano 71 dei due trilateri, e da un punto P, fuori dei due piani 7c e T, si proietti il trilatero a! h' e sul piano t, in guisa da ottenere un trilatero a he, (di vertici A^, B^, Cj, rispettivamente opposti ad a,, h,, c^,) prospettivo ad a' y e. Le coppie da, h'h, e' e , si segheranno rispetti- vamente nei punti L, M, N della retta u. Allora i due trilateri a h e, a^, h^, Cj, senza elementi comuni e non giacenti nello stesso piano, risultano riferiti fra loro in modo che le coppie di lati omologhi aa^, hh,, ce,, si segano rispettivamente nei tre punti L, M, iV della retta u\ pel teorema già stabilito si deduce che le rette A A^,

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BB^, C C^, (congiungenti i vertici omologhi di a^h^c^, ab e) passano per uno stesso punto 0'. Ora si pro- iettino da P sul piano i triangoli ABC, A^B^C^\

Mm'ì

-si otterranno rispettivamente i triangoli ABC, A' B' C e le rette AA\ BB', CC\ rispettivamente proiezioni di AA^, BBy , e C C^, passeranno per uno stesso punto 0, proiezione di 0' da P sul piano tc.

Cosi risulta dimostrato che le rette congiungenti i vertici omologhi dei due trilateri ab e, a' &' e' passano per uno stesso punto 0. In modo correlativo si farà per eser- cizio la dimostrazione del teorema di destra.

Il teorema a sinistra che abbiamo stabilito, essendo un teorema di geometria piana fondato sulle proposizioni a, b, e, d, e, f {o l, II, III) del capitolo I.^, ammette il suo correlativo nel piano, il quale si enuncia così:

Se due triangoli senza elementi comuni, giacenti in uno stesso piano, sono riferiti fra loro in modo che le tre congiungenti i vertici omologhi passino per uno stesso punto, le tre coppie di lati omologhi determinano tre punti appartenenti ad una stessa retta.

52

La dimostrazione di questo teorema può farsi dipen- dere dal teorema analogo dato pel caso che i due triangoli non giacciano nello stesso piano, secondo la legge di dualità stabilita.

A tal fine (poiché il teorema non è fondato soltanto sulle proposizioni fondamentali del piano) immaginiamo i due triangoli come le sezioni del piano che li contiene coi due trispigoli, proiezioni di essi da un punto esterno. Questi due trispigoli (senza elementi comuni) appartenenti ad una medesima stella, risultano riferiti in modo che i tre piani determinati dalle tre coppie di spigoli omologhi passano per una stessa retta ; quindi, pel teorema enunciato a destra, le tre intersezioni delle facce omologhe giac- ciono in un piano; ne segue che le tre coppie dei lati omologhi dei due triangoli (sezioni delle coppie di facce omologhe dei due trispigoli) si segano due a due in tre punti, che appartengono ad una retta, sezione del piano in cui giacciono le intersezioni delle facce omologhe dei trispigoli e. d. d. Ciò posto, i teoremi stabiliti pei triangoli (o trilateri) si possono raccogliere nel seguente enunciato :

Due triangoli (o trilateri) senza elementi comuni, gia- centi 0 no in un medesimo piano, sieno riferiti fra loro:

Se le copjne di lati omologhi s' incontrano rispet- tivamente in tre punti appartenenti ad una stessa retta, le tre congiungenti i vertici omologhi passano per uno stesso punto. Se le tre congiungenti i vertici omologhi passano per uno stesso punto, i lati omologhi s' incon- trano in tre punti di una stessa retta.

Corollario. * Due triangoli di un piano senza ele- menti comuni sieno riferiti tra loro ;

se le coppie di lati omologhi sono parallele, le con- giungenti i vertici omologhi passano per un punto propria 0 sono parallele;

se le tre congiungenti i vertici omologhi sono paral- lele, le tre coppie di lati omologhi s'incontrano in tre-

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punti propri sopra una retta, o due di queste coppie s'in- contrano in due punti propri la cui congiungente è paral- lela ai lati della 3.^ coppia, o le tre dette coppie sono •coppie di rette parallele.

Il teorema generale precedente (dove non si fa distin- zione fra elementi propri e impropri) in quanto si suppone che i due triangoli giacciano in uno stesso piano, racchiude due proposizioni correlative nel piano, e si dice il teo- rema dei triangoli (o trilateri) omologici. Si dicono omo- logici due triangoli o trilateri d' un piano, nella relazione {reciproca di stessa) considerata nell'enunciato.

Dal teorema dei triangoli omologici, in cui è ammesso lo scambio degli elementi punto e retta, come nelle pro- posizioni fondamentali del piano seguirebbero tutti i teo- remi della geometria proiettiva piana senza far più uso di costruzioni nello spazio (aggiunto più tardi il postulato della continuità, valido ugualmente per tutte le forme di ì.^ specie). E già è stato osservato 9, osservazione 1.^) che di qui si trae una nuova dimostrazione della legge di dualità nel piano. Per dedurre dalla dimostrazione di un teorema nel piano, quella diretta del suo correlativo nel piano, basterà d'ora innanzi (generalmente) operare lo «cambio delle parole « punto » e « retta », e gli scambi •di parole che ne conseguono, nella dimostrazione del dato teorema. Ma (come è stato avvertito) in taluni casi gio- verà (sebbene non più necessario) ricorrere a costruzioni spaziali anche per teoremi della geometria piana, ed allora nel cercare la dimostrazione di un teorema correlativo colla legge di dualità piana bisognerà ancora ricorrere al procedimento generale indicato.

Si possono ripetere queste considerazioni per la stella, dove il teorema prima enunciato pei triangoli, si traduce colla legge di dualità nello spazio nel seguente:

Due triedri (o trispigoli) senza elementi comuni^ -aventi o no lo stesso vertice, sieno riferiti tra loro:

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Se le coppie di spigoli omologhi giaccioìio 'rispet- tivamente in tre piani passanti per una medesima retta, le tre intersezioni delle facce omologhe giacciono in lino stesso piano;

Se le intersezioni delle facce omologhe giacciono in uno stesso piano, le coppie di spigoli omologhi ap- jmrtengono rispettivamente a tre piani passanti per mia medesima retta.

Questo teorema, in quanto enuncia una proprietà della stella, si dimostra anche considerando i triangoli omologici sezioni dei due triedri con un piano passante pel loro vertice.

§ 11. Teorema dei quadrangoli prospettivi e omologici ,

e correlativi. Sussistono i nello spazio :

Due quadrangoli piani completi ABCD, A'B'C'D' senza elementi comuni (gia- centi 0 no in un pianto) sieno riferiti fra loro in modo che 5 coppie di lati omologhi AB, A'B'; AC, A'C; AD, A'D', BC, B'C; BD, B'D^; determinino 5 punti ap- partenenti ad una retta o , 7ìcn contenente imo degli 8 vertici ;

anche la G.^ coppia di lati omologhi CD, CD' de- terminerà un punto della retta o, e le congiiw genti i punti omologhi passeranno per uno stesso punto 0.

seguenti teoremi correlativi

Due angoli tetraedri completi a^yS, a'pyS' senza elementi coìnuni (apparte- nenti 0 no ad una stessa stella) sieno riferiti fra loro in modo che 5 coppie di spigoli omologhi a^, a'^'; ay, a'/; aò, a'6'; gy, p'y'; pS, j3'5' determinino 5 piani appartenenti aduna retta o, non giaceyite in una delle 8 facce;

anche la G.^ coppia di spigoli omologhi yò,Y^' determinerà un piano pas- sante per la retta o, e le intersezioni dei piani omo- loghi giaceranno in uno stesso piano w.

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Basta dimostrare il teorema a sinistra:

A tal fine si considerino le coppie di triangoli ABC, A' B' C ed ABB, A' B' B' che contengono insieme 5 lati dei due quadrangoli (esclusi C B, C B').

I due triangoli di una delle due coppie nominate sono riferiti in modo che le coppie di lati omologhi s' incontrano nei punti della retta o, onde 10) le congiungenti dei punti omologhi passano per uno stesso punto : questo punto è il medesimo per le due coppie di triangoli, essendo definito, rispettivamente nei due casi, come intersezione delle rette A A\ B B\ CC ed AA\ BB\ BB\ cioè essendo 0=[AA\ BB').

Dunque intanto le congiungenti AA\ BB\ CC\ BD\ passano per un punto 0.

Considerando poi i due triangoli A C B, A' C B' , in cui le congiungenti i vertici omologhi passano per un punto, segue 10) che le rette CB, C B' s'incontrano

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sopra la retta o, determinata dai punti intersezioni delle AC, A' 6" ed AD, A'D':, e. d. d.

In quanto V enunciato precedente a sinistra si con- sideri come un teorema di geometria piana (quando i due quadrangoli giacciono in uno stesso piano), esso luogo al seguente teorema suo correlativo nel piano:

Due quadrilateri completi di un piano, senza ele- menti comuni, sieno riferiti in modo che 5 coppie di vertici 07nologhi deteniiinino 5 rette passanti per uno stesso punto che non appartenga ad mio degli 8 lati ; anche la 6.^ coppia di vertici omologhi determiìierà una retta passante pel medesimo punto, eie 4 coppie di lati oìnologhi si segheranno in 4 punti di una retta.

Similmente il teorema a destra, in quanto è teorema di geometria nella stella, luogo al seguente suo cor- relativo nella stella:

Due quadrispigoli completi (in una stella), seyiza ele^nenti comuni, sieno riferiti in modo che 5 coppie di facce omologhe determinino 5 rette di un j^iano, non contenente uno degli 8 spigoli;

anche la 6.^ coppia di facce omologhe deter- minerà una retta del piano, e le 4 coppie di spigoli 07nologhi deterìnineranno 4 piani passanti per una retta.

Si dimostreranno questi teoremi per esercizio, osser- vando le varie relazioni che si hanno fra i quattro enun- ciati secondo le considerazioni del § 9.

CAPITOLO III

Gruppi armonici

§ 12. Gruppi armonici di 4 punti e di 4 piani.

Dati tre punti A, B, C di una retta u, si conducano per essi tre rette (diverse da u) giacenti in un piano tu per la retta e determinanti un trilatero di vertici L, M, N, (vedi figura) dove i lati opposti ad L, M, N passano ordi- natamente per A, B, C\ si determini quindi il punto K ^ (AL.BM) intersezione delle rette {AL), (B M). Risulta così costruito un quadrangolo completo KLMN di cui due lati passano per A, due lati per B, uno per C e l'ultimo K ISl per un certo punto D della retta u, che viene definito appunto come inter- sezione delle rette u e K N. Se nello stesso piano del quadrangolo K L M N o in un altro piano per la retta it, si considera un altro quadrangolo (che può costruirsi in infiniti modi col procedimento indicato) di cui due lati passino per A, due per B ed uno per C, si ha che il nuovo quadrangolo risulta riferito a K L M N in guisa che 5 coppie di lati omologhi s'incontrano in punti {A^B, C)

58

della retta u\ quindi 11) i sesti lati dei due quadran- goli s' incontrano nello stesso punto D della retta it.

Un gruppo di punti (ABCD) di una retta w, nell'or- dine scritto, si dice armonico quando esiste un quadrangolo completo (avente i vertici fuori della retta) di cui due lati passano per A, due per B, uno per C ed uno per D\ allora per le precedenti osservazioni esistono infiniti qua- drangoli cosiffatti (detti quadrangoli costruttori o gene- ratori del gruppo armonico). Segue pure dalle conside- razioni precedenti che : dati tre punti A,B,C ài una retta u, nell'ordine scritto, vi è uyi gruppo armonico [ABCD) a cui essi appartengono; il punto i) si dirà il quarto armonico dopo A, B, C.

Ma per giustificare tale denominazione occorrerà stabilire che il punto D è proprio un quarto punto della retta distinto da A, B, C. Risulterà questo fatto dalla dimostrazione seguente, la quale ci dirà anzi di più, cioè che D insieme a C separa A, B su zi.

S

Sia LMNK un quadrangolo costruttore del gruppo armonico {ABCD), di cui i lati ZÌI/, iV/i passino per

59

A; MN, LK per B\ MK per C; LJS per D. Su A Z si 'prenda un punto S che insieme ad M separi A, L, in guisa che la retta C S non passi per L, M, N, K; il punto R proiezione di *S' da C su L B, insieme a K sepa- rerà L, E (postulato V).

I triangoli RLS, M NK, senza elementi comuni, sono riferiti in modo che le coppie di lati R L, M N\ RS, MK; L S, NK, s' incontrano rispettivamente nei tre punti B, C, A della retta u\ quindi essi sono omologici, e le rette i^Af, LN, SK passano per un punto 0.

Se 0 cade su u esso coincide con D, essendo l'in- tersezione di w ed Z iV; ma ciò può evitarsi scegliendo il punto *S' fuori della retta I) K.

Si supponga dunque che 0 sia fuori di u. Allora si proietti da 0 su u il gruppo A L M S, e si indichino con

X, y, le rispettive proiezioni di M, S; si avrà che X^ Y separano A, C (come N, S separano A, L). Analogamente (proiettando B L K R dai 0 su u) si ha che si separano le coppie X r, BD, Segue che nell'ordine naturale {A XD) di w, Y segue D e B segue Y o precede X, sicché

60

AXDYB 0 {AfìXDY ossia) BXDYA sono punti susseguentisi (vedi pel primo caso la figura a pag. 59, pel secondo la figura a pag. 58).

D' altra parte proiettando da M su u le coppie che si separano B L, K R (della retta L K) si ottengono le coppie che si separano BA, C X\ analogamente si sepa- rano le coppie B A, C Y\ dunque D che è interno al segmento AXB è distinto da A, B, C, ed insieme a C (esterno a tale segmento) separa A, B: e. d. d.

Si può dunque enunciare il teorema:

Se in una punteggiata sono dati tre punti A, B, C, esiste un quarto punto D, distinto da essi, tale che risulti armonico il gruppo A B C D : questo punto D insieme a C separa A, B.

In modo correlativo nello spazio si definisce come armonico un grujjpo di 4 piani (x.^ -( h d'un fascio, quando esiste uno e quindi infiniti angoli tetraedri completi (costrut- tori) di cui due spigoli giacciano su a, due su jS, uno su y ed uno su §; si dimostra quindi che: Dati tre piani a, jS, y d'un fascio, esiste in esso un quarto armonico ò, che con Y separa oc, p.

§ 13. Scambi tra gli elementi d'un gruppo armonico. Nella definizione di un gruppo armonico (A B C D) 0 (aiSyò), non si distingue l'ordine degli elementi della coppia AB 0 CD, tanto che possiamo senz'altro affer- mare che: se è armonico il gruppo (AB CD), saranno armonici anche i gruppi {BACD), (AB DC) , (B A DC). Invece le coppie AB, CD compariscono disugualmente nella definizione di gruppo armonico, sicché non si potrebbe dire a py^iori che se è armonico (A ^ CD), sia tale anche (CD AB).

Ma ciò può stabilirsi costruendo un effettivo qua- drangolo di cui due lati passino per C, due per D, uno per A, uno per B. Basta invero nella dimostrazione del § 12 far cadere il punto 0 in D (che sappiamo ora

61

distinto da A,B,C), coli' assumere come punto S il punto comune ad L M e a DK (che, essendo I) distinto da A, B, (7, risulta distinto ^ S

da M,L,N,K)\ allora il quadrangolo SRMK è costruttore del grup- po armonico {CD4-B). In sostanza il teorema si deduce dalla consi- derazione di una cop- pia di triangoli omolo- gici, cioè dei triangoli BLS, MNK, provando cosi che la retta RM deve pas- sare per B.

Si può dunque enunciare il teorema :

Se sopra una inetta o (correlativamente) in un fascio di piani è armonico il gruppo di 4 elementi ABCD, sono armonici anche i gruppi BACO, ABDC, BADO, CD AB, CDBA, DCAB, DCBA. Gli altri 16 gruppi che si ottengono dal dato, permutando in tutti i modi possibili i suoi elementi, non sono armonici.

Ad esempio, non è armonico il gruppo A C DB, perchè in esso le coppie A C, B D non si separano.

E dunque giusto di considerare 1' armonicità del gruppo ABCD come una relazione tra le coppie A B, C D {B A, CD ecc.), la quale si esprimerà dicendo che tali coppie si separano annonicamente , o che A B (o B A) sono coniugati armonici rispetto a (7, D e viceversa.

§ 14. Grruppi armonici di 4 raggi d' un fascio.

Sussistono i seguenti teoremi correlativi nello spazio:

Proiettando da un asse Segando con una retta

(non incidente al sostegno (non incidente alV asse del della punteggiata) un fascio di piani) un gruppo gruppo armonico di 4 punii armonico di 4 piani (aPyS)

62

(AB CD) d'ima retta s, si d'un fascio, si ottiene un ottiene un gruppo armonico gruppo armonico di punti di piani (a^yS). (ABCD).

Basta dimostrare il teorema a sinistra. A tal fine si seghi con un piano, non passante per l'asse, il gruppo di piani (ai^yS), in guisa da ottenere un gruppo di 4 raggi (ab e d), appartenente ad un- fascio di centro <S (vedi figura) prospettivo ad (ABCD). Sulla retta e si

fissi un punto E (fuori di S e di 5) e si deter- minino le rette A E, B E seganti rispetti- vamente in P e Q le rette a , b ; allora la retta r = (P Q) Pas- serà per D, essendo A S CU Z) PQE S un quadran-

golo completo costruttore del gruppo armonico (ABCD). Si consideri ora il quadrilatero completo p q r s indivi- duato dalle rette p = A Q, q = BP,r ^ P Q ed s, sostegno della punteggiata ABCD; esso ha i vertici ^, P su a, i due vertici B, Q su b, il vertice E su e, ed il vertice D su d, quindi viene proiettato da un punto dell' asse del fascio aj^yo secondo un angolo tetraedro costruttore di un gruppo armonico di piani; e. d. d.

Dai due teoremi stabiliti consegue il seguente: Se un gruppo di 4 raggi (ab ed) d'un fascio vien segato da una retta del suo piano non passante pel suo centro, 0 proiettato da una retta pel centro del fascio fuori del suo piano, secondo un gruppo armonico di ele- menti (punti 0 piani); ogni retta pel centro del fascio non appartenente al fascio, proietterà il gruppo (ab ed) secondo un gruppo armonico di j^ictni ; ed ogni retta del suo piano non passante pel centro segherà il gruppo abcd) secondo un gruppo armonico .di punti.

63

Un tal gruppo di raggi {ah ed) di un fascio che sod- disfi alla condizione enunciata, reciproca di stessa, dicesi arìnonico. Risulta allora:

Dati 3 raggi a.h.c d'un fascio, nell'ordine scritto, è un quarto raggio d del fascio (quarto armonico) che da con essi un gruppo armonico (ab ed), e con e separa a, b.

Se il gruppo di raggi (a b e d) d' un fascio è armonico, sono armonici anche i gruppi (baed), (abde), (bade), (cdab), (de ab), (e db a), (deb a), (onde a, b si dicono coniugati armonici rispetto a e, d, ecc.).

Dal fatto che un gruppo armonico di raggi può con- siderarsi come sezione d' un gruppo armonico di piani o come proiezione d' un gruppo armonico di punti, seguono i due teoremi seguenti (correlativi nello spazio):

Se un gruppo di 4 raggi Se un gruppo di 4 raggi

(ab e d) di un fascio è armo- (ab ed) di un fascio è armo- nico, esistono infiniti qua- nieo, esistono infiniti qua- drilateri f costìmttori del drispigoli (costruttori del griqrpo armonico) aventi gruppo armonico) aventi due vertici su a, due su b, due facce che p)ctssano per un vertice su e ed uno su d; a , due per b , una faccia viceversa, se esiste un sif- passante per e e una per d ; fatto quadìHlatero, il gruppo viceversa, se esiste un sif- (abcd) è aì^monico ed ogìii fatto quadrispigolo, il grup- altro quadrilatero avente (abcd) è armonico, ed ogni due vertici su a, due su b, altro quadrispigolo avente uno su e, ha V ultimo ver- due facce passanti per a, lice su d. due 23er h ed una per e,

ha r ultima faccia pas- sante per d.

Osserviamo , riferendoci per esempio al teorema di sinistra, che la prima parte di esso si deduce dalla defi- nizione di gruppo armonico di raggi come figura proie- zione (da un centro) di un gruppo armonico di punti, col ragionamento fatto nella dimostrazione del primo teorema

64

a sinistra di questo § , mentre si deduce subito dalla definizione di gruppo armonico di raggi come figura sezione di un gruppo armonico di piani, segando un angolo tetrae- dro costruttore del gruppo armonico di piani. Quanto alla seconda parte del nominato teorema essa segue, o pro- iettando un quadrilatero costruttore del gruppo armonico di raggi, 0 col ragionamento correlativo nel piano di quello che permette di costruire un tal quadrilatero , dato un quadrangolo costruttore di un gruppo armonico sezione del gruppo di raggi. Dall' esistenza di un siffatto quadri- latero costruttore del gruppo, segue 1' esistenza di infiniti altri, basandosi sul teorema relativo ai quadrilateri del § 11, precisamente con considerazioni correlative nel piano di quelle occorse nel § 12.

Si vede dunque che le proprietà di un gruppo armo- nico di raggi d' un fascio, sono correlative nel piano di quelle di un gruppo armonico di punti e correlative nella stella di quelle di un gruppo armonico di piani. Secondo la legge di dualità nel piano o nella stella si poteva porre l'esistenza di un quadrilatero, o rispettivamente quadri- spigolo costruttore, come definizione di un gruppo armo- nico di raggi, ma non si sarebbe visto subito che le due definizioni sono equivalenti.

I seguenti teoremi sono correlativi nel piano: In un quadrangolo co?n- In un quadrilatero com-

pleto, due lati opposti sono pleto, due vertici opposti

coniugati armonici rispetto alle due rette diagonali che passano pel loro punto co- mune.

B A

sono coniugati armonici ri- spetto ai due punti diago- nali che appartengono alla loro congiungente.

65

Per la dimostrazione riferiamoci, per esempio, al- l'enunciato di sinistra. Allora, adottate le designazioni dell' unita figura, si ha che le 4 rette A B, CD, A C, BD determinano un quadrilatero completo avente due vertici (A, C) su A (7, due vertici [B, I)) su B D, un vertice (M) su P Af ed un vertice (N) su PN; ciò dimostra che le 4 rette PA ( = AC), PB {^BD), PM, PN formano un gruppo armonico, e. d. d.

§ 15. Conservazione dei gruppi armonici nel riferimento di due forme di 1/^ specie mediante proiezioni e sezioni.

Le cose principali dette sui gruppi armonici si possono enun- ciare complessivamente per le varie forme di 1 .^ specie dicendo:

Dati 3 elementi di una forma di 1.^ specie in un ordine assegyiato risulta determinato un quarto armonico.

Le coppie di coniugati aìvnonici si separano.

Se (AB CD) è un gruppo armonico di elementi di una forma di 1.^ specie, sono armonici anche i gruppi (BACD), (ABDC), (BADC), (CD AB), (DCAB), (CDBA), (DCBA).

Qualunque proiezione o sezione di un gruppo arìno- nico di elementi è un gruppo armonico.

Abbiamo denominato prospettive due forme di prima specie, allorché una di esse si deduce dall'altra con una proiezione (e la seconda dalla prima con una sezione) 4); due tali forme si riguardano come riferite 1' una all'altra, nel senso che a ciascun elemento dell'una viene associato quell'elemento dell'altra che è sua proiezione o sezione; si può dire che quei due elementi delle due forme (di cui uno è proiezione dell'altro) si corrispondono nella prospettività stabilita.

Si dicono anche prospettive due forme di prima specie omonime, allorché esse si riguardano come p)roiezioni o sezioni di una medesima; cosi due punteggiate u,u' riguar- date come sezioni di uno stesso fascio di raggi U o di uno stesso fascio di piani ; due fasci di raggi U, U' riguar-

66

dati come proiezioni di una stessa punteggiata ti o come sezioni di uno stesso fascio di piani ; due fasci di piani riguardati come proiezioni di una stessa punteggiata o di uno stesso fascio di raggi.

V

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fA IB'

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Fig. 1

Parliamo per semplicità del primo caso rappresentato dalla figura 1. Le u, ti risultano riferite nella prospet- tività posta, corrispondendosi due punti come A, A' o B.B\ ecc. sezioni di uno stesso raggio di U. Si può dire che il riferimento prospettivo tra u, u' si ottiene riferendo prima prospettivamente la u ad U ( cioè eseguendo una proiezione), poi V ad u' (cioè eseguendo una sezione); con ciò si vengono a fare corrispondere ai punti AJi.C... di u, rispettivamente i punti A\ B\ C... di u\ e viceversa. Consideriamo ora tre punteggiate u,u\u" e supponiamo

che la u sia prospet- tiva alla II e questa (anche) alla u" . Al- lora ad ogni punto A di u corrisponde un punto A' di u' (la sua proiezione da U) e ad ogni punto ^'di u' un «^ punto A" di u" (la sua proiezione da U')\

67 cor-

tanto che si può dire che ad ogni punto di u viene a rispondere, colle operazioni eseguite, un punto di u'\ mentre le operazioni stesse eseguite in senso inverso fanno corrispondere a ciascun punto di u" un punto di u (quello da cui esso, nasce colle proiezioni successive ese- guite da Z7, U' rispettivamente su u, u). Le u, u" vengono dunque ad essere riferite fra loro, nel senso detto innanzi, e si può dire che il riferimento è ottenuto riferendo la u (prospettivamente) alla u\ e la ti (prospettivamente) alla li" .

Ma questo riferimento non è in generale una prospet- tività, e anzi si può vedere che non lo è certo se al punto intersezione di u con it corrisponde un diverso punto su u" .

Non vi è alcuna difficolta a estendere le cose dette

al caso in cui si abbiano più punteggiate, ed in generale

più forme di prima specie w, u' , u" .... u^'^\ disposte in un

certo ordine, e siffatte che ciascuna di esse sia prospettiva

alla precedente e alla consecutiva. Allora si ottiene fra

la prima e l'ultima forma [u, w^^)) un riferimento pel quale

ad ogni elemento di u corrisponde un elemento di w^'^) e

viceversa: la corrispondenza (o riferimento) viene stabilita

-colle costruzioni (proiezioni e sezioni) successivamente

eseguite. Si può dire che si passa dall'ima all' altra forma

mediante un numero finito di proiezioni e sezioni, o che

le u, u>"^ sono riferite mediante proiezioni e sezioni, cioè

con quelle proiezioni e sezioni che fanno passare da ogni

forma a quella prospettiva che le succede nel dato ordine,

e che permettono di dedurre da ogni elemento della u

un corrispondente in t^'"). Queste proiezioni e sezioni sono

le stesse (cioè fatte da ugual centro o asse e colla stessa

retta o piano) per tutti gli elementi della prima forma.

Eseguendo in ordine inverso le nominate proiezioni e sezioni, si passa dall'ultima forma alla prima, cioè si <jostruisce la corrispondenza inversa della prima, e questo

68

vale anche se (come può accadere) le due forme sono sovrapposte.

Abbiamo veduto che ogni proiezione o sezione di un gruppo armonico di elementi di una forma di prima specie é ancora un gruppo armonico, quindi si ha il teorema:

Se due forine di prhìia specie sono riferite fra loro mediante proiezioni e sezioni, ad ogni gruppo armonico di quattro eletnenti dell' una corrisponde un gruppo armonico di quattro elementi (omologhi) dell' altra.

§ 16. Questione fondamentale. Il concetto di rife- rimento di due forme, ossia di corrispondenza tra di esse^ scaturito dalle nostre considerazioni precedenti, è suscet- tibile d' una più ampia estensione.

In sostanza quel concetto consiste in ciò, che, quando mediante proiezioni e sezioni si passa da una forma ad un' altra , noi pensiamo di associare idealmente l'elemento di partenza nella prima forma all'elemento costruito nella seconda.

Ogni altro sistema di operazioni , eseguite sull' una forma e conducenti da un elemento di essa ad un elemento dell'altra, permette una siffcitta associazione ideale e quindi stabilisce una conHsjoondenza univoca tra la prima e la seconda forma, e questa corrispondenza sarà biunivoca (ed allora le forme risulteranno riferite tra loro), se le operazioni eseguite sono invertibili, facendo passare da ogni elemento della seconda forma ad imo della prima.

Ad illuminare il concetto consideriamo i seguenti esempi :

1.*^ Se la retta u (concepita come un filo di elasti- cità variabile) si muove nello spazio assumendo una nuova

!L . posizione u , le u, v! risul-

A' B' C tano fra loro riferite , ad

^ ogni punto di u venendo

AB c ^ corrispondere la posizione

u'

0'

A'

1

y

1

u

0

69

assunta da ii\ e viceversa. In particolare ciò accade se il movimento considerato è quello della retta rigida (mo- vimento della Geometria elementare).

2.° Si abbiano due rette u, u\ e su ciascuna venga fissato un punto e un senso positivo, in guisa che venga stabilito un sistema di ascisse* (supposta data l'unità di

misura). Se poniamo y = ^^^ dove ^^ t 0, le u, ti ri- sultano riferite fra loro, cor- rispondendo ad ogni punto x il punto y, e viceversa ad ogni punto y il punto a? = \ x a

^ ^y^ Se invece poniamo y = x'^ si ha tra u ed u' una

cy a

corrispondenza univoca, ma non biunivoca, perchè in gene- rale ad ogni punto y ne corrispondono due diversi : y = dzy x, se X è positivo, e nessuno se a? è negativo. Se poniamo y ^=1 x'^ si ha tra u ed u' una corrispondenza biunivoca,

3 _ perchè ;r = V^ ^^ sempre un valore reale.

8.^ Se immaginiamo che sulle rette ti, u' si muo- vano in un senso costante contemporaneamente due punti, possiamo associare i punti di esse che segnano posizioni dei rispettivi mobili occupate nel medesimo istante. Si avrà cosi una corrispondenza biunivoca fra le due rette, se si suppone che i due punti mobili descrivano intiera- mente ciascuno la relativa retta, in un medesimo inter- vallo di tempo.

Noi possiamo pensare una corrispondenza biunivoca posta fra due forme (sieno esse di 1.^ specie o anche di 2.^ o 3.^ specie) prescindendo dall'operazione (di natura geometrica,- analitica, fisica ecc.) che fa passare da ogni punto dell' una ad un punto (suo corrispondente od omo- logo) dell' altra e viceversa. Una cosiffatta corrispondenza può anche pensarsi in due modi: come corrispondenza oinivoca tra u, ii e come corrispondenza univoca tra u ed u

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(inversa della prima); se nel primo caso si designa con tu, nel secondo caso si designerà con re— ^

Se sono date tre forme u, u\ ii\ e tra la prima e la seconda, e cosi tra la seconda e la terza, è data una corrispondenza biunivoca , si ottiene sempre una corri- spondenza biunivoca tra u, u\ in cui si corrispondono gli elementi omologhi ad uno stesso di u' (le operazioni che fan passare da ii ad u" si otterrebbero eseguendo successivamente quelle che fan passare da u ad u e da u ad li"). La corrispondenza ottenuta fra ^^, w", si dice prodotto delle due tra ii, u' e u\ u\ e se queste vengono designate rispettivamente con tt, t essa si designa con w TTc; la sua inversa (tra it'\ u) è o) ^ez-ji ix-i.

1.^ Esempio*. Se le tc, t sono due corrispondenze generate rispettivamente da due movimenti sovrapponenti u ad u' e u' ad ii'\ la t ti è la corrispondenza generata dal movimento, composto dei due primi, che sovrappone u ad u'\

2P Esempio. Se le ii, u\ v!' sono rette, e le tc, t sono due prospettività, la i tt è il riferimento tra u, it" ottenuto eseguendo anzitutto la prima proiezione di it su u' e poi quella di it su ii" (confronta § precedente).

In tutte le cose dette non è affatto escluso che u, u od w, u" ecc. sieno forme sor^r apposte, cioè costituiscano una stessa forma (per es., si pensi al movimento d'una retta su stessa, ecc....).

Ma finché alla definizione generale di corrispondenza biunivoca tra due forme non si aggiunge altra condizione, non é possibile trovare alcuna proprietà delle corrispondenze.

La teoria generale delle corrispondenze, che é tanta parte della moderna Geometria, luogo a due ordini di ricerche :

a) Definita una corrispondenza mediante un parti- colare sistema di operazioni, desumerne le proprietà.

Ad esempio , definita la corrispondenza biunivoca tra due rette mediante il movimento * (della retta rigida) si

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ha Ja proprietà che i segmenti corrispondenti sono uguali. Definito il riferimento di due rette mediante proiezioni e sezioni, si ha la proprietà che ad ogni gruppo armonico dell'una corrisponde un gruppo armonico nell'altra.

h) Ammesse alcune proprietà di una corrispondenza biunivoca fra due forme, desumere quali proprietà dovrà avere di conseguenza la corrispondenza posta, e stabilire un sistema di operazioni che permettano di costruirla.

In uno studio approfondito delle corrispondenze non ci si può limitare al primo ordine di ricerche, ma occorre completarlo col proporsi il problema inverso h), che per- mette di distinguere quali proprietà della corrispondenza sono caratteristiche.

Se ci riferiamo agli esempi innanzi citati, diamo luogo così alle seguenti questioni :

Se fra due rette intercede una corrispondenza biu- nivoca, tale che ad ogni segmento dell'una corrisponda un segmento uguale * , si può sovrapporre l' una retta all'altra col movimento (della retta rigida), in guisa che i punti corrispondenti vengano a coincidere?

È facile persuadersi che la risposta alla precedente questione è affermativa. Ciò mostra che la proprietà di conservare la lunghezza dei segmenti è la proprietà carat- teristica della corrispondenza tra due rette, generata dal movimento.

In modo analogo (rispetto al 2.'' esempio citato) sorge la questione :

Se fra due rette (o più in generale fra due forme di prima specie) intercede una corrispondenza biunivoca in cui ad ogni gruppo armonico dell'una corrisponda un gruppo armonico dell'altra, si potrà considerare la corrispondenza come un riferimento mediante proiezioni e sezioni?

Tale questione, che si presenta naturalmente nel- r ordine di idee accennato innanzi, è fondamentale per la Geometria proiettiva.

Ma, a quanto pare, la sua risoluzione affermativa non può dedursi dai postulati I, II, III, IV, V, innanzi introdotti.

Occoi'rerà dunque rivolgerci nuovamente all'intuizione, e, senza uscire dalla considerazione di proprietà grafiche, perverremo più tardi alla risposta desiderata.

Ma, prima di far questo, noteremo un semplice caso di corrispondenze biunivoche tra forme di 1.^ specie, per le quali i gruppi armonici sono conservati. Tali corrispon- denze verranno definite indipendentemente dal riferimento mediante proiezioni e sezioni, e daranno luogo a qualche applicazione.

§ 17. * Proprietà metriche dei gruppi armonici.

Anche indipendentemente dal riferimento di due forme di 1.^ specie mediante proiezioni e sezioni, possiamo acqui- stare la nozione di corrispondenze biunivoche tra forme di 1.^ specie, che conservano i gruppi armonici. Ne esempio la corrispondenza biunivoca tra due forme di l.'^ specie omonime, che nasce sovrapponendo con un mo- vimento l'una forma all'altra, nel senso della geometria elementare.

Invero si muova, p. es., la retta u su cui è il gruppo armonico ABCD, portando la u in una nuova posizione u', ed ABCD in A'B'C'D'. Tale moto nasce da un movimento dello spazio nel quale un quadrangolo LMNK costruttore del gi'uppo armonico ABCD viene portato in un quadran- golo L' M' N' K (nello stesso piano o in un altro), di cui due lati passeranno per A\ due per B\ uno per C\ uno

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per D'\ onde il gruppo A' B' C D' (uguale ad ABCD) risulterà pure armonico.

(Più in generale anche se si muovono due forme di 1.^ specie prospettive (omonime o no), la corrispondenza biunivoca, che nasce tra le due forme nella nuova posi- zione, conserva sempre i gruppi armonici).

Ciò posto, è facile dimostrare le seguenti proprietà metriche.

1." Teorema. Sopita una retta (propria) il coniu- gato armonico del j^uìito all' infinito rispetto a due pimti (propri) A, B, è il punto medio 0 del loro segmento finito. Si muova la retta sovrapponendola a stessa col portare A ìw B q B in A. Il punto all' infinito non muta,

quindi neppure il suo coniugato j 1 ,

armonico; ma questo (che ap- A 0 B

partiene al segmento A B) deve essere scambiato col sim- metrico rispetto al punto medio 0 di AB, perciò esso coincide con 0; e. d. d.

2.^ Teorema. In un fascio proprio di raggi (o di piani) le bisettrici (o rispettivameyite i piani bisettori) degli angoli di due rette a, b (o di due piani a, pj sepa- rano ay^monicamente le due rette (o rispettivamente i due piani).

Sia e una di queste bisettrici (fra loro ortogonali). Si muova il piano sovrapponendolo a stesso con una rotazione attorno a c\ allora i raggi a, b vengono scam- biati mentre e non muta, quindi non muta il suo co- niugato armonico d rispetto ad a, &; ma e? deve essere scambiato colla retta del fascio simmetrica rispetto •adi a, b, quindi d è ortogonale a e, e perciò esso biseca r altro angolo delle due rette cui e è esterno, e. d. d.

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3.® Teorema. Se ABCD è un gruppo annonico di 4 lounti propri d' una reMa u, i punti C, D dividono internamente ed esternamente il segmento finito AB nello stesso rapporto, e viceversa. (Lo stesso dicasi di C, D rispetto ad A, B).

Si proiettino A, B, C, D da un punto Z7(del cerchio di diametro CD), da cui si veda il segmento (7 Z) sotto angolo

retto; allora la condizione di armonicità del gruppo U{ABCD) è che le rette UC, UD bisechino gli an- goli delle UÀ, UE (pel 2.^ teorema). Ma per una nota proprietà di geometria elementare, questa condizione equivale all'altra che sia AD AU AC ,, , , w~fx j^j^^ ^RC V^^^ot^^^o cosi 1 rapporti dei segmenti

finiti come in geometria elementare).

Ciò prova il teorema.

Osservazione. Come caso limite (portando un punto all' infinito) si ha da questo il 2P teorema.

4.^ Teorema. Se ^.h cà. (o a'^^h) e un gruppo armonico di 4 raggi (o piani) d'un fascio (proprio) si ha:

sen a e sen ad . sen ar sen a5

,^^ T, ^ = ^7 ,, 0 risp. ^ z= - e viceversa.

sen oc sen od ^ sen py sen 3 5

Ciò segue dal fatto che i segmenti finiti intercetti sopra una secante dalle coppie di raggi o piani del fascio, sono proporzionali ai seni dei loro angoli, e che la sezione d' una retta con un gruppo armonico di raggi o di piani è un gruppo armonico di punti.

Esercizio. Qual'è il coniugato armonico del raggio all'infinito d'un piano rispetto a due rette (proprie) paral- lele di questo piano?

CAPITOLO IV Il postulato della continuità e le sue applicazioni

§ 18. Postulato della continuità. Nel § 16 ci siamo imbattuti in una questione, che, a quanto sembra, non può essere risoluta fondandosi soltanto sui postulati introdotti. È quindi naturale di ricorrere nuovamente all' intuizione e desumerne nuovi dati per risolvere tale questione, ossia è naturale di introdurre qualche nuovo postulato. Ciò è giustificato non soltanto dal punto di vista logico nel modo di concepire la Geometria che abbiamo sviluppato nel- r introduzione.

Ma la questione posta nel § 16 appare così lontana da quelle che possono formare oggetto d'una soluzione intuitiva, che essa non ci darebbe nessuna guida nella ricerca del nuovo postulato.

Conviene perciò tornare all' esame dei postulati intro- dotti, e vedere come sotto altri punti di vista appare che in essi manca qualche elemento essenziale della nostra intuizione spaziale.

Enunciamo qui alcune osservazioni intuitive:

1.^ Se in un segmento di retta due punti si muo- vono descrivendo il segmento in senso opposto, essi si incontrano in un punto. (Se due punti mobili descrivono

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una retta in senso opposto, essi s' incontrano in due punti che separano le posizioni assunte in ogni istante dai nomi- nati punti mobili).

2.® Se in un segmento di retta due punti A, B muovono nello stesso senso , ed il punto A in un dato istante precede i^ e in un altro istante lo segue (in un ordine del segmento), vi è un istante intermedio in cui i due punti s' incontrano.

Analogamente si dica per le altre forme di 1.^ specie. 3.^ Nel piano si possono concepire curve chiuse C che lo dividano in due regioni di punti interni ed estemi, in modo che se A , i^ sono due punti del piano, l'uno interno e l'altro esterno, ciascuno dei due segmenti A B della retta congiungente i due punti abbia sempre un punto (almeno) co- mune colla curva C. (Quesf ultima osservazione contiene la nozione non bene determinata di linea chiusa, ma, p. es., applicata al cerchio è di uso frequente nella Geometria elementare). Queste ed altre proprietà intuitive analoghe si riat- taccano al nostro concetto grossolano della continuità dello spazio.

Certo però che sarebbe difficile di precisare tutto ciò che includiamo in questa nozione complessa; potremo però domandare di desumerne qualche enunciato preciso (suscettibile di essere introdotto come postulato), dal quale si deducano le fondamentali proprietà intuitive che si riattaccano nella nostra mente a quella nozione. E ciò potremo ottenere definendo ed ammettendo la continuità della retta, e simultaneamente di tutte le forme di 1.^ specie. Ma prima giova osservare che nulla di relativo alla nozione della continuità è contenuto nei postulati prece-

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denti, tantoché se dello spazio consideriamo solamente i punti propri le cui coordinate (in un sistema cartesiano) sono razionali e vi uniamo i punti impropri delle rette che hanno coseni di direzione razionali, facendo astrazione dai rimanenti, possiamo dire che essi danno luogo ad una forma per la quale valgono tutti i postulati già introdotti, ma non sussistono più le proposizioni corrispondenti alle proprietà intuitive sopra menzionate.

In un segmento ordinato AB à' una forma di prima specie, un elemento C determina due segmenti ordinati AC, CB\ se si pensa di considerare l'elemento C come appartenente ad un solo dei due segmenti AC, C B, si ha una divisione in parti del segmento A B, la quale gode delle seguenti proprietà:

1.^ Ogni elemento del segmento AB appartiene ad una delle due parti.

2.^ L' elemento A appartiene ad una delle parti (che diremo ìs. prima) e l'elemento B all'altra; l'ele- mento C può appartenere indifferentemente all' una o all'altra parte, secondo il fissato.

3.° Ogni elemento della prima parte precede ogni elemento della seconda.

Per generalità si potrà considerare anche il caso che il punto C cada in ^4 o in B; attribuendolo rispetti- vamente nei due casi alla prima o alla seconda parte, si ha ancora una divisione in parti che soddisfa alle pro- prietà enunciate, dove una delle parti è costituita dal- l'estremo A 0 5 del segmento, e l'altra da tutti gli elementi rimanenti di esso.

Ammetteremo ora il seguente postulato:

VI. Se un segmento ordinato A B di una forma di 1.^ specie è diviso in due parti in guisa che:

1.^ ogni elemento del segmento AB appartenga ad una delle due parti,

2P V estremo A appartenga alla prima parte e B alla seconda,

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3.^ un elemento qualunque della j)TÌma parie pre- ceda un ehìnento della seconda:

esiste un elemento C del segmento AB (che jntò appar- tenere all' una o all' altra parte) tale che ogni elemento di AB che precede C appartiene alla prima parte, ed ogni elemento di AB che consegue a C appartiene alla seconda parte nella divisione stabilita.

Se una delle due parti è costituita dal solo elemento A 0 B^ l'elemento C è il detto estremo A o risp. J5 del segmento.

Osservazione 1.^ Il postulato introdotto si può dire rispondente al primo dei fatti intuitivi sopra men- zionati. Invero si possono considerare le due parti in cui il segmento AB è diviso, come ordinate in senso opposto, e stabilire che esse vengano descritte dal movimento di due punti che si vengono incontro; il punto d'incontro verrebbe qui ad essere contato come appartenente ad ambedue le parti, ma può immaginarsi attribuito ad una sola (e tolto dall' altra) e ciò deve farsi per conservare r ipotesi posta sulla data divisione in parti.

Osservazione 2.^ Basta ammettere il postulato VI ad es. per la retta, e si deduce quindi per le altre forme di prima specie con una proiezione. Basta pure ammettere l'esistenza di un elemento C che gode la proprietà enun- ciata, e si deduce che esso è uno solo.

Il postulato introdotto dicesi postulato della conti- nuità (di Dedekind) e comparisce in Geometria elementare per la misura delle grandezze incommensurabili.

Nel seguito (salvo nell' esame delle proprietà metriche contrassegnate con asterisco) fonderemo tutti i teoremi della Geometria proiettiva sui postulati I, II, III, IV, V, VI, in cui non si distingue il nome dell' elemento generatore delle forme di I.^ specie considerate; per questi teoremi varranno dunque le leggi di dualità nello spazio e nelle forme di 2.^ specie (Cfr. Gap. 2.°).

§ 19. Corrispoudenze ordinate. Dovremo ora esa- minare come dal postulato VI seguano logicamente i fatti intuitivi sopra enunciati ; ma per quanto concerne il terzo fatto, non potremo farlo se non limitatamente a date linee chiuse perfettamente definite ('); rimanderemo ciò al seguito dopo aver parlato delle coniche.

Intanto osserviamo che il contemporaneo muoversi di due punti sopra una retta, rispettivamente in due segmenti, si può concepire come una corrispondenza biunivoca fra i punti dei due segmenti, corrispondenza che ha il carat- tere di far corrispondere ai punti di un ordine naturale di un segmento, i punti d'un ordine naturale nell'altro.

La' stessa cosa vale per le altre forme di 1.* specie, e vale anche se si fan muovere gli elementi in modo che ciascuno descriva tutta la forma a cui appartiene anziché un segmento.

Diremo che tra due forme di 1.^ specie (o tra due segmenti di esse) esiste una corrispondenza hiiinivoca ordi- nata quando ad elementi conseguentisi dell'una corrispon- dono elementi susseguentisi nell'altra, e quindi ad un ordine naturale , un ordine naturale. Allora ad un senso di una forma corrisponde un senso nell' altra , poiché ad un ordine naturale della prima forma dedotto dal primo con una permutazione circolare , corrisponde nell' altra un ordine naturale dedotto con una permutazione circolare dal primitivo.

Si aggiunga che (come é facile vedere): Se tra due forme di 1.^ specie intercede una corrispondenza biuni- voca ordinata, sempre a due coppie che si separano cor- rispondono due coppie che si separano, e viceversa.

(') Si potrebbe anche porre rigorosamente il concetto di linea chiusa e quindi dare la dimostrazione di quel fatto per tutte le hnee chiuse, ma ciò esigerebbe uno sviluppo assai lungo e minuto, avrebbe qui un interesse in ordine ai nostri scopi.

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Una corrispondenza biunivoca ordinata tra due forme di prima specie sovrapposte, si dirà concorde o discorde. secondochè essa fa corrispondere un senso della forma a stesso o all' altro senso.

In una corrispondenza tra forme di 1.^ specie sovrap- poste dicesi unito un elemento che coincide col corrispon- dente.

Un elemento unito per una corrispondenza, è unito anche per l' inversa (e viceversa).

Dopo ciò i fatti intuitivi 1.'' e 2.'' menzionati nel g precedente vengono espressi dal

Teorema. Se in una forma di 1.^ specie è data lina corrispondenza biunivoca ordinata , in cui ad un segmento AB della forma corrisponda un segmento A'B' contenuto nel IP (o anche la corrispondenza è data sol- tanto tra il segmento AB ed A'BJ esiste un elemento unito M appartenente al segmento_k'B' (e quindi ad KB) tale che nel segynento ordinato AB non esiste alcun ele- mento unito della corrispondenza precedente ad M.

Trattandosi qui di segmenti contenuti nel dato AB li designeremo denotandone soltanto gli estremi. Escluderemo che r elemento A coincida con A' (cioè sia unito) perchè in tal caso il teorema è senz' altro verificato.

Distinguiamo due casi :

1.^ La corrispondenza data sia concorde, cioè il segmento À^B' abbia lo stesso senso di AB, ossia A' pre- ceda B' nel segmento ordinato AB.

Consideriamo la seguente partizione del segmento ordinato AB:

a) Un elemento (indicato con H) si dirà appar- tenente alla prima parte se esso ed ogni elemento che lo precede (in AB) precede il corrispondente. Almeno l'ele- mento A appartiene alla 1.^ parte.

P) Un elemento (indicato con K) si dirà appar- tenente alla seconda parte se esiste nel segmento il A" un

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elemento (che può anche essere K stesso), il quale non precede il corrispondente (cioè consegue ad esso o è unito). Almeno B è tale.

Allora ogni elemento di AB, o è un elemento H della prima parte, o è un elemento K della seconda: A appar- tiene alla 1.^ parte, B alla 2.^; ogni elemento // precede in AB ogni elemento K. Si deduce (pel postulato VI) che esiste un elemento M di AB tale che ogni elemento pre- cedente ad M è un elemento H, ed ogni elemento con- seguente ad M è un elemento K.

Sia M' r omologo di M (il quale M' cade in A'É) e supponiamo che esso preceda M. Allora preso un ele- mento // interno al segmento MM\ poiché H precede il/, e la corrispondenza è concorde, 1' omologo H' di // pre- cede r omologo M' di M e quindi precede H, ciò che è assurdo per il modo con cui M è stato determinato. Similmente si giunge all'assurdo supponendo che M' con- segua ad M\ infatti allora ogni elemento del segmento MM' (l'elemento M' forse escluso) precede l'omologo, e poiché

ciò avviene anche | \ \ j j j i

per ognijele- A A M II M B B mento di AM, si dedurrebbe che ogni elemento interno ad Mhl' è un elemento di H,cìò che é assurdo. Si con- clude che M' coincide con M. Dunque M è unico, e, per il modo con cui esso é stato determinato, ogni elemento precedente ad esso precede il corrispondente ; e però non é unito. Risulta anche dal fatto che M è unito, che esso appartiene ad À'B' oltreché ad AB.

Così in questo caso é dimostrato il teorema.

Si può anche osservare che A' non coincidendo con A non è punto unito, e però M non coincide con B; se dunque A\ B' sono interni ad AB, M risulta interno ad A' B' .

2.° La corrispondenza sia discorde, cioè il segmento A'B' abbia senso opposto ad AB, ossia B' preceda A' nel segmento ordinato A B.

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Traduciamo in linguaggio rigoroso, invertendola, la considerazione intuitiva contenuta nell' osservazione 1.^ del precedente paragrafo.

Si osservi la seguente partizione del segmento ordi- nato A B.

a) Un elemento ( indicato con //) si dira appar- tenente alla prima parte se precede l'omologo H' (in A' È). Almeno A è un elemento H.

h) Un elemento (indicato con K) si dira un elemento della 2.^ parte se non precede l'omologo (e ((uindi consegue ad esso o è unito). Almeno ^ è un elemento K.

Allora, poiché la corrispondenza è discorde, ogni elemento // precede ogni elemento K\ infatti se H^ è un elemento qualsiasi precedente ad H, il suo omologo H\ consegue ad i/' e a fortiori (ad H e) ad H^ ; onde 11^ non può mai essere un elemento K.

Ogni elemento di AB è un elemento i? o un ele- mento K\ A è un elemento // e B un elemento K.

Si deduce pel postulato VI che: esiste un elemento M di JlB tale che ogni elemento precedente ad ilf è un elemento // della prima parte , ed ogni elemento conse- guente ad M è un elemento K della seconda. Ad M non precedono elementi uniti.

Dico che M è unito, onde segue il teorema. Anzitutto si osservi che ogni elemento // ( di 1^ ) precedente ad M ha 1' omologo H' nel segmento MB. Infatti se H^ è un elemento intermedio ad //, M (in AB). ed H\ è 1' omologo di i/, , deve //' seguire H; e quindi H^ , onde //' consegue a tutti gli elementi che precedono M. Analogamente si prova che ogni elemento K che consegue ad M (in AB) ha l'omologo K' nel segmento AM.

Ora sia M' V omologo di M e suppongasi precedente

-^ ^ ^ j j f- ad M. Allora M è distinto da

A B' W M A' B A e quindi A' da M'\ il seg-

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mento A'M' avendo 1' estremo M' interno AM ha con ^sso infiniti elementi interni comuni; uno di questi H' (precedente ad M) è 1' omologo di un elemento H AM; ciò che è assurdo.

Parimente si prova 1' assurdità che M' segua M. Risulta così dimostrato il teorema. Si noti che M sarà interno al segmento A'B'.

Introdotto il linguaggio del movimento 16), potremo ancora enunciare il precedente teorema, dicendo che « Se si ha una corrispondenza biunivoca sopra una forma di 1.^ specie, tale che mentre un elemento si muove e descrive un segmento , 1' altro si muove descrivendo un segmento interno, c'è un primo elemento unito ecc.».

Osservazione. Nel secondo caso considerato nella dimostrazione precedente, cioè quando si tratti di una corrispondenza discorde , si ha che 1' elemento unito M interno al segmento AB è unico, giacché ogni elemento // che precede M in AB precede l'omologo (il quale cade in BM), e similmente ogni elemento K che segua M in AB, segue il suo omologo (che cade in A' M').

Nella corrispondenza discorde considerata il segmento A' B A È (complementare di quello A' B' nel dato AB) ha come corrispondente il segmento A B complementare di quello dato ed interno ad esso; in questo segmento AB (per il teorema stabilito) vi è un elemento unito iV della corrispondenza (interno ad esso).

La corrispondenza discorde considerata ha dunque due elementi uniti M, N che separano A, B q& A\ B\ e sepa- rano anche A, A' e B, B .

Ora sia data un' arbitraria corrispondenza discorde in <jui A sia un elemento non unito, avente come omologo un elemento A\ (esiste sempre un tale elemento non unito perchè la corrispondenza (detta identica) in cui ogni ele- mento corrisponde a stesso è concorde). Ad A' corri-

-] j [- sponde un elemento A" che

A A" A' cadrà in uno dei due segmenti

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complementari, AA\ o forse in ambedue se A" concici^ con A. Al segmento ordinato A A" A' (o ad uno dei due segmenti AT se A" coincide con A) corrisponde nella data corrispondenza uno dei due segmenti ordinati A'A" e precisamente (poiché la corrispondenza è discorde) quel segmento £A" contenuto nel dato AA, il quale ha il senso opposto ad esso ; siamo dunque nel caso di applicare il teorema stabilito e (tenendo conto delle considerazioni svolte già innanzi) si conclude il

Corollario. Data in una forma di 1.^ specie una corrispondenza ordinata discorde, si hanno due elementi uniti che separano ogni coppia di elementi omologhi. Ciò si può enunciare dicendo:

« Se in una forma di 1.^ specie vi è una corrispon- denza biunivoca, tale che, mentre un elemento si muove e descrive la forma, il corrispondente si muove e la descrive in senso opposto, vi sono due elementi uniti ecc. », (vale a dire ciò racchiude la conseguenza del 1.^ fatto intuitivo (§18) che abbiamo notato fra parentesi).

In tal caso se M, N sono i due elementi uniti , ad uno dei due segmenti_ordinati MN corrisponde 1' altro segmento ordinato 'MN che ha senso opposto. Se invece in una corrispondenza ordinata vi sono due elementi unin i¥iV e ad un segmento ordinato M N corrisponde il medesimo segmento ATN (che ha lo stesso senso) la cor- rispondenza è concorde ; allora due elementi omologhi non separano gli elementi uniti. Si ha quindi:

In una forma di 1.^ specie una corrispondenza ordinata avente due elementi uniti è concorde o discorde secondochè ad un segmento avente per estremi gli ele- menti uniti, corrisponde stesso o il complementare, cioè secondochè due elementi omologhi distinti separane 0 no gli elementi uniti.

e B

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§ 20. Coppia che ne separa armonicamente altre due.

Sopra una retta u siano dati due punti A o^ B. Si condu- cano per A e per B le rette AL, BL, aventi il punto comune />, e si conduca la retta MA determinata da un punto M della LB (di- verso da L, B) e da A. Ciò posto, il coniugato armonico C di un punto C della retta u rispetto ad AB si determina proiettando 6' da il/ su AL nel punto K, proiettando quindi ^ da i> su A M in iV, e finalmente proiettando N da L su u in C . La corrispondenza biunivoca tra (7, C sulla ti si costruisce dunque con un numero finito di proiezioni e sezioni e però è ordinata (pel postulato V). Le nominate co- struzioni fanno corrispondere ad A, B stessi ; essi sono perciò elementi uniti nella corrispondenza. Se C, C sono due punti omologhi non uniti, mentre un punto si muove su li descrivendo il segmento ordinato C AC\ il corri- spondente descrive il segmento ordinato C A C che è lo stesso ordinato in senso opposto; perciò ogni punto D interno al detto segmento ha il suo corrispondente D' interno ad esso; analogamente si dica se B è invece interno al segmento CBC: in ogni caso dunque C C\ BD' non si separano.

Più in generale per ogni forma, di 1.^ specie sussiste l'enunciato: « Se due coppie di elementi di una forma -di 1.^ specie si separano, non esiste una coppia che le separi armonicamente entrambe ».

Riferendoci ancora ad una retta u, si considerino su di ■essa due coppie di punti AB, CD che |ion si separino. Esisterà una coppia di punti che le separi armonicamente entrambe?

Si consideri sulla u la ^

corrispondenza che nasce tra ~1 i i T i 1 T"

i punti X, X' che sono coniu- ^ C X X D B Y

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gati armonici di uno stesso Y rispetto alle coppie AB, CD. Essa è il prodotto di due riferimenti di w a stessa mediante proiezioni e sezioni, quindi si passa da X a X' nella u con un numero finito di proiezioni e sezioni, vale a dire eseguendo prima le proiezioni e sezioni necessarie per costruire Y dato X, e poi quelle necessarie per co- struire X' dato Y; la corrispondenza tra X e X' è dunque

ordinata.

Ora si consideri il segmento AC DB (o ADCB) della retta u. Un punto X di esso ha Rispetto ad AB un coniugato armonico Y nel segmento AB complementare , ed il coniugato armonico X' di Y rispetto a CD cade nel segmento CD interno ad AC DB.

Mentre un punto X si muove descrivendo il seg- mento ACITB, il corrispondente si muove entro questo segmento; dmique^pel § 19) esiste almeno un punto X del segmento ACDB che coincide col corrispondente X'. Questo punto ha il medesimo coniugato armonico, rispetto alle coppie AB, CD e fornisce quindi una coppia che le separa armonicamente entrambe.

Ciò dimostra 1' esistenza di una coppia siffatta. Il ragionamento si ripete ugualmente per le altre forme di 1.^ specie.

Risulterà dimostrato più tardi che la coppia che separa armonicamente AB, CD è unica. Intanto, enun- ciando i risultati ottenuti si ha il:

Teorema. In una forma di 1.^ specie non esiste alcuna coppia di elementi che separi armonicamente due coppie che si separano fra loro ; esiste invece una coppia (almeno) che separa armonicamente due coppie le quali non si separano.

Corollario. La corrispoìidenza che intercede fra due forme di prima specie, riferite in modo che ad ogni gruppo armonico dell' una corrisponda un gruppo armo- nico dell' altra, è ordinata.

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Consideriamo il caso di due punteggiate u ed u'. JBasta stabilire che a due coppie di elementi AB, CD della u che si separano, corrispondono due coppie di ele- menti A' B\ C B' della u che si separano.

Ora la dimostrazione si fa per assurdo. Se le A B\ OB non si separano, esiste almeno una coppia di ele- menti M' N' della u, separante armonicamente ambedue le nominate coppie J^ B\ C B'. A questa corrisponde in u' una coppia di elementi ili N che ( per la definizione della corrispondenza) deve separare armonicamente le coppie AB, CD perchè ai gruppi armonici {A'B'M'N'), {C'B'M'N') di li', debbono corrispondere su ii rispettivamente i gruppi armonici {ABMN), (CBMN); ma questa conclusione è assurda perchè, le coppie AB, CD separandosi, non esiste una coppia che le separi armonicamente entrambe.

CAPITOLO V . Il teorema fondamentale della proiettivitiV

§ 21. Riprendiamo, riassumendoli, i concetti posti nel § 16. Abbiamo ivi dato il concetto di corrispondenza biunivoca tra due forme u, u' (della stessa specie) e il concetto di prodotto: abbiamo pur detto che una corri- spondenza biunivoca tra u, u' si può considerare in due modi : come un' operazione che fa passare da u ad u\ o come r operazione inversa della prima , che fa passare da u' ad u; questa considerazione è specialmente essen- ziale se le it, u' sono sovrapposte.

Date n forme (della stessa specie) u^ u^ u^ w„ ed

n 1 corrispondenze biunivoche n^ r^^ tz.^ ... i^n-i rispetti- vamente tra i^,, u^\ u^, u^\ ....; Un-ì, Un, il prodotto o)^r TT^.i .... 712 Tii è la corrispondenza biunivoca composta che risulta tra u^ ed itn-

Per definizione è dunque:

7^1 7^2 "^3 = '^3 (^2 "^l) TU^ 713 '^2 ^1 ^ '^■1 (^3 (^2 '^l)) ecc.

I prodotti di corrispondenze biunivoche non soddi- sfano in generale alla legge coìmnutativa dei prodotti ordinari, cioè non si ha in generale tz^ ^i = "^i ^2- Basta

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considerare come esempio * le corrispondenze generate in un piano da una traslazione e da una rotazione attorno ad un punto (v. figura). Due corrispondenze biunivoche 7L j , 7^2 si diranno pertnuta- bilise per esse è 712711^711712 (ciò che non accade in gene- rale). Invece vale sempre

pei prodotti di corrispon- ^^^ ' ^-4j2 denze biunivoche icn Tig ttj la legge associativa dei pro- dotti ordinari, cioè si ha izn ti^ ttj ^Tj = izn (7^3 iz^) tTj

ecc.; ciò è insito alla natura del concetto di prodotto.

La corrispondenza tra due forme sovrapposte, in cui ad ogni elemento corrisponde stesso, dicesi identica e si designa con 1.

Se tra due forme u, W è posta una corrispondenza biunivoca 71, denotando con 7ì-^ l'inversa tra v! ed u, si ha (per definizione) che t:-^ tt è la corrispondenza identica in li, cioè :

7i:-i7r=L

Nel § 15 abbiamo anche considerato particolari cor- rispondenze biunivoche tra forme della stessa specie; abbiamo definito come prospettive due forme (della stessa specie) che sono l'una proiezione dell'altra 0 ambedue proiezioni 0 sezioni di una medesima (se sono omonime); ed abbiamo detto riferite mediante proiezioni e sezioni due forme (della stessa specie) riferite tra loro con una corrispondenza biunivoca, che sia un prodotto (d'un numero finito) di prospettività.

Mentre due forme prospettive ad una terza non sono in generale prospettive fra loro , due forme riferite me- diante proiezioni e sezioni ad una terza risultano ancora riferite fra loro mediante proiezioni e sezioni, (perchè il prodotto di due prospettività non è in generale una prò-

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spettività, ma il prodotto di due prodotti di prospettività è un prodotto di prospettività).

Rispetto alle forme di l.^ specie, riferite mediante proiezioni e sezioni, avevamo il teorema:

Se due forme di 1.^ specie sono riferite mediante proiezioni e sezioni , ad ogni gruppo armonico dell' una corrisponde un gruppo armonico dell' altra.

Questo esprime una proprietà delle corrispondenze biunivoche, ottenute mediante un numero finito di proie- zioni e sezioni. Ci siamo domandati se tale proprietà sia caratteristica per siffatte corrispondenze, se cioè viceversa « date due forme di 1.^ specie riferite in modo che ad ogni gruppo armonico dell' una corrisponda un gruppo armonico dell' altra, si possa passare da un elemento dell' una al corrispondente dell' altra (cioè costruire la corrispondenza) mediante proiezioni e sezioni ».

A questo problema si potrà ora dare una risposta affermativa in conseguenza dello studio delle corrispon- denze biunivoche tra forme di 1.^ specie, conservanti i gruppi armonici , dopo che avremo imparato a carat- terizzare tali corrispondenze e a darne le relative co- struzioni.

Diremo : proiettive due forme di 1.^ specie riferite fra loro in modo che ad ogni gruppo armonico dell'una corrisponda un gruppo armonico dell'altra;

proiettività la corrispondenza fra esse (corrispon- denza biunivoca che conserva i gruppi armonici).

Due forme riferite viediante proiezioni e sezioni saranno certo proiettive ; ma non possiamo per ora asse- rire la verità inversa, cioè che ogni proiettività possa costruirsi mediante proiezioni e sezioni.

Due forme di 1.^ specie proiettive ad una terza sono proiettive fra loro; cioè il prodotto di due proiettività è una proiettività.

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Vogliamo caratterizzare la proiettività partendo dalla proprietà che la definisce. Allora la questione essenziale che occorre risolvere è quella di vedere « quali condi- zioni determinano una proiettività tra due forme di prima specie e come essa possa costruirsi ».

Essa viene risoluta dal seguente :

Teorema fondamentale. Esiste una proiettività tra due forme di 1.^ specie in cui a tre elementi del- l' una corrispondono tre elementi delV altra.

Questa proiettività è unica e si può porre mediante un numero finito di proiezioni e sezioni.

La dimostrazione del teorema enunciato, che è fon- damentale nella teoria della proiettività, si fa seguendo l'ordine di concetti che viene qui indicato, e che sarà svolto partitamente nei successivi §§ di questo capitolo.

1). Date due forme di 1.^ specie u, u' e fissate in esse due terne di elementi ABC, A' B' C\ si possono riferire le u, il' mediante proiezioni e sezioni in guisa che ad A, B, C corrispondano ordinatamente A\ B\ C .

Esiste dunque (almeno) una proiettività tra u, u' in cui si corrispondono le terne fissate.

2). Se tra u, u' esistessero due proiettività in cui ad J.,j5,(7 corrispondano rispettivamente ^', jB', C", si avrebhe su u una proiettività non identica, avente tre elementi uniti A,B,C.

3). Se in una forma di 1.^ specie si ha una proietti- vità nella quale tre elementi sono uniti, anche tutti gli elementi sono uniti (cioè la proiettività è identica). Questo terzo enunciato è la parte sostanziale del teorema sopra enunciato; perciò ad esso soltanto si attribuisce più spe- cialmente il nome di teorema fondamentale (di Staudt).

§ 22. Per dimostrare la proprietà 1) possiamo sostituire alle date forme u, u delle forme ad esse pro- spettive, perchè forme di 1.^ specie riferite mediante

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proiezioni e sezioni ad una terza, risultano riferite tra loro mediante proiezioni e sezioni. Se dunque una di esse (o ambedue) è un fascio di raggi o di piani, sostituiremo al fascio una punteggiata sezione (prospettiva ad esso); se poi si avranno due punteggiate v, v incidenti o sovrap- poste, potremo proiettare una di esse, per es. v , da un asse (sghembo a v) sopra una retta sghemba a v. Pertanto la dimostrazione dell'enunciato 1, si riduce sempre a quella del seguente:

Sieno date due rette sghembe ad ^ su di esse rispet- tivamente due terne di punti ABC, A B C \ si può passare da a ad d mediante proiezioni e sezioni in guisa che ad A, B, C corrispondano A\ B\ C

Vediamo effettivamen- te che basta per ciò ese- guire una sola proiezione di a sopra d da un asse conveniente h\ Invero è sufficienie a tal fine sce- gliere come asse h una

delle infinite rette diverse

lA \B le da a,d, che sono incidenti

alle tre rette sghembe AA\ BB\ CO (di queste rette ve n'è una per ogni punto di AA'. Cfr. § 8).

§ 23. La proposizione 2) è subito stabilita. Sieno invero tt, t due proiettività intercedenti tra u, v! nelle quali ai punti A, Il C di u corrispondano rispettivamente i punti A, B, C di u': allora possiamo considerare su u la proiet- ^^' tivitk T"^ tt: nella quale si

corrispondono elementi (come X' X/) che hanno su u' lo stesso omologo (X') in 7:,T.

Questa proiettività ha come elementi uniti A, B, C e non è identica se non è tt = t.

u

A

B C'

1 X'

A

1 1 B C

X x;

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§ 24. Pertanto siamo ridotti alla dimostrazione della proposizione fondamentale 3). Tale dimostrazione si compie stabilendo successivamente i seguenti punti salienti:

a) Se in una forma di 1.^ specie si ha una proiet- tività dotata di tre elementi uniti, ma non identica, esiste un segmento della forma avente gli estremi M , N uniti, entro cui non cadono altri elementi uniti.

b) Neir ipotesi a) uno almeno dei tre elementi uniti dati deve essere esterno al detto segmento M N, e perciò il suo coniugato armonico rispetto ad il/, N deve essere interno al detto segmento; questo elemento risulta così unito contro l'ipotesi; l'ipotesi aj è dunque assurda, ciò che dimostra il teorema.

Svolgiamo successivamente nei suoi dettagli il ragio- namento indicato.

§ 25. Nella forma di 1.^ specie u sia stabilita una proiettivita avente tre elementi uniti A, B, C.

Supponiamo che essa non sia identica, ossia che esista in u un elemento P non unito , avente quindi un corri- spondente P' diverso da P. Dico che :

Vi è su li un segmento MN avente gli estremi uniti, entro cui non cadono elementi uniti della corrispondenza.

Se, per fissare le idee, supponiamo che P cada nel segmento AB non contenente C, P' dovrà cadere nello stesso segmento perchè la coppia PC separando \^ AB, deve pur avvenire che si separino le coppie omologhe P'C, AB (ossia deve avvenire che il segmento APB corri- sponda a stesso). Ancora per fissare le idee (indifferente è ammettere l'ipotesi opposta) si supponga che P' con- segua a P nell'ordine {ABC), cioè nel nostro segmento ordinato APB.

Riferiamoci ai segmenti contenuti in APB, che pos- siamo quindi indicare denotandone soltanto gli estremi. Abbiamo che agli elementi del segmento PB corrispon-

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dono, nella data proiettività, quelli «lei segmento P' B A N P C P- M B C "itenio ad ess^(essendo I ' : I I i I il segmento APB cor-

rispondente a stesso); cioè mentre P si muove descri- vendo il segmento PB, il punto^orrispondente si muove descrivendo, nello stesso senso, P' B. Dunque 19) esiste m P'B un primo elemento unito M (che può anche coincidere con B) tale che in PM non cadono altri elementi uniti. In modo analogo, ragionando sulla proiettività inversa della data (che ha i medesimi elementi uniti), si deduce V esistenza di un elemento unito N in PA (che può anche essere lo stesso il), tale che nel segmento PiV non cadano altri elementi uniti della proiettività.

Si perviene così a stabilire l'esistenza d'un segmento

MN (contenente PP' e contenuto nel dato AB cui non

appartiene C), il quale ha per estremi due elementi umti

ed è tale che entro ad esso non vi sono elementi uniti.

La conclusione ottenuta è assurda, come afferma

l'enunciato bj. . ,„ ,■ /^

Infatti si consideri il coniugato armonico C ai e rispetto ad M, N. Poiché C, C separano M,N{% 12-lo), C è interno al segmento MN considerato, e pe>-c>o non dovrebbe essere unito; invece al gruppo armonico (^^^^^ ) deve corrispondere nella nostra proiettività (in cui iA^, C sono uniti) un gruppo armonico (MNCC"), quindi C quarto armonico dopo MNC coincide con C 12-lo) ossia e (elemento interno ad M N) è unito. ,,. ,

Questo assurdo prova che non può sussistere 1 ipotesi da cui siamo partiti, cioè non esiste nel dato segmento AB un elemento P distinto dal corrispondente. Analogamente si prova che sono uniti tutti gli elementi del segmento BC non contenente A e quelli del segmento CA non conte- nente B. Cosi resta stabilito che sono uniti tutti gli ele- menti della forma u. Resta dunque stabilito il teorema fondamentale enunciato nel § 21.

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Osservazione. La dimostrazione è essenzialmente fondata sul teorema del § 19, ed è mediante questo che compare l'applicazione del postulato della continuità. È opportuno notare che interviene qui l'applicazione di quel teorema soltanto per il caso delle corrispondenze concordi (1.^ caso), poiché, nella ipotesi della precedente dimostra- zione, al segmento AB (non contenente C) corrisponde il medesimo segmento ordinato AB (che ha lo stesso senso di stesso) e però la proiettività concorde.

(Il fatto che una corrispondenza ordinata avente due elementi uniti , estremi di un segmento corrispondente a stesso, é necessariamente concorde, è già stato notato nel corollario del citato teorema, § 19).

CAPITOLO YI Proietti vita tra forme di 1.^ specie.

§ 26. Rette proiettive sghemlbe. Abbiamo dimostrato che: « Esiste una proiettività tra due l'orme di 1.^ specie, in cui si corrispondono due terne di elementi fìssati in esse », ed abbiamo visto pure la possibilità di costruire la corrispondenza proiettiva mediante proiezioni e sezioni (ciò elio giustifica il nome di proiettività).

Nasce ora il problema di assegnare nel modo più semplice le effettive costruzioni della proiettività deter- minata tra due forme di 1.^ specie u, u da due terne fissate ABC, A B'C, di elementi omologhi; proiettivitii

che potrà indicarsi con ( ., , V

In questo esame ci limitiamo a considerare la proiet- tività tra forme di 1.^ specie omonime; date due forme di 1.^ specie di nome diverso, si sostituirà all' una di esse una sua proiezione o sezione, omonima all' altra. Comin- ciamo dall' esaminare la proiettività tra due rette pun- teggiate sghembe o tra due fasci di piani cogli assi sghembi; quindi parleremo della proiettività tra le forme di 1.^ specie contenute in una di 2.^ specie , limitandoci a considerare quelle contenute nel piano ; e si enunceranno per esercizio

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i teoremi correlativi (nello spazio) della geometria della stella. Nelle costruzioni, di cui andiamo a trattare, par- lando di due forme , intendiamo che esse sieno distinte salvo esplicito avviso. Enunciamo e dimostriamo accanto ad ogni teorema anche il correlativo, rispettivamente, nello spazio 0 nel piano, perchè importa che si acquisti fami- liarità colle costruzioni indicate.

Sussistono i seguenti teoremi correlativi nello spazio:

Due jp tinteggi a te sghembe proiettive , sono prospettive (sezioni di uno stesso fascio di piani).

Sieno u, iff le due pun- teggiate ; ed ABC, Aire due terne di punti omologhi rispettivamente su u, u' .

Costruiamo le tre rette a^AA'^h^BB.c^.CC, congiungenti le tre coppie di punti omologhi , che risul- tano sghembe. Esistono infi- nite rette u" incidenti ad a, h, e, giacché per un punto di una di esse passa una retta incidente alle altre due (e alla prima). Considerando un fascio di piani avente per asse una tale retta u'\ le due punteggiate u, u' risultano riferite prospettivamente co- me sezioni di questo fascio, in modo che le coppie AA\ RB, ce, si corrispondono : perciò questa prospettività è la proiettività determinata

Due fasci di piani pro- iettivi cogli assi sghembi, sono prospettivi (proiezioni di una stessa 2^unteggiataJ.

Sieno te, u i due fasci di piani ed ajjy, a'jS'y' due terne di piani omologhi ri- spettivamente di u, u' .

Costruiamo le tre rette az=z 0.7!^ & = 3 18', e = yy', intersezioni delle tre coppie di piani omologhi, che risul- tano sghembe. Esistono infi- nite rette incidenti ad a, b, e, giacché in un piano per una di esse vi é una retta inci- dente alle altre due (e alla prima). Considerando una puntegggiata avente per so- stegno una tale retta u" , i due fasci u, u! risultano ri- feriti prospettivamente come proiezione di questa punteg- giata, in modo che le coppie aa', i33', yy'sì corrispondono; perciò questa prospettività è la proiettività determinata

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tra II, li' dalla corrispondenza tra ii, u' dalla corrispondenza delle due terne ^i^C, ^7rC'. delle due terne aj^y, a^^y'.

Così si ha la costru- Così si ha la costru-

zione più semplice della prò- zione più semplice della pro- iettività tra due punteggiate iettività tra due fasci di sghembe. piani sghembi.

(Questa è la costruzione già indicata nel § 22).

Osservazione 1.^ Se le due rette sghembe punteg- giate u, u' sono riferite proiettivamente (e quindi prospet- tivamente), risultano riferiti proiettivamente (e quindi pro- spettivamente) anche i fasci di piani aventi per assi ii, u', ove si considerino come omologhi i piani per u, ti che segano punti omologhi rispettivamente su ii\ u. Sussiste correlativamente la proprietà inversa.

Si hanno allora infinite rette d incidenti ad u, u\ cia- scuna delle quali congiunge due punti omologhi B,D\ di ti, u\ ed è sezione di due piani omologhi dei due fasci 0 uD\ h'~ u'D. Queste infinite rette due a due sghembe generano una superficie rigata correlativa di stessa.

Osservazione 2.^ La costruzione della proiettività tra due punteggiate sghembe non è più applicabile se le due punteggiate sono incidenti e non può dirsi allora che le due punteggiate risultino sezioni di uno stesso fascio di piani, poiché, secondo le definizioni del capitolo 1.^ dobbiamo considerare come sezioni di un fascio di piani solo le punteggiate prospettive al fascio , non incidenti air asse del fascio; una retta incidente all'asse d'un fascio di piani incontra in uno stesso punto tutti i piani del fascio e non risulta riferita prospettivamente al, fascio secondo la definizione del § 15.

Si vede anzi che se due punteggiate m, u' incidenti sono prospettive come sezioni di uno stesso fascio di piani (il cui asse s non deve essere incidente ad u, it) esse saranno pure sezioni di uno stesso fascio di raggi, cioè del fascio (di centro us) sezione del piano (x = uii\

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Viceversa due punteggiate (incidenti) prospettive e sezioni di uno stesso fascio di raggi, sono sezioni di uno stesso fascio di piani, proiezione del fascio di raggi.

Valgono le avvertenze correlative pei fasci di piani.

§ 27. Forme prospettive nel piano. Secondo 1' os- «ervaziope 2.^ del precedente §, la questione di decidere se due punteggiate incidenti (distinte) sieno prospettive, si riconduce sempre alla questione di geometria piana, di esaminare se esse sono sezioni di uno stesso fascio di raggi (nel piano delle due rette).

Sussistono i seguenti teoremi correlativi nel piano:

la condizione necessaria e sufficieyìte perchè due pun- teggiate proiettive (distinte) sieno prospettive è che. il punto comune alle due pim- leggiate sia un punto unito.

Nel piano

la condizione necessaria e sufficiente perche due fasci di raggi proiettivi (distinti) sieno prospettivi è che il raggio comune ai due fasci sia un raggio unito.

li.

In primo luogo, se le punteggiate u, u' sono pro- spettive (nel piano), e però sezioni di un fascio di raggi di centro V (fuori di u, u'), ogni punto A di u si pro-

In primo luogo, se i due fasci di raggi Z7, TI' sono prospettivi, e però proiezioni di una stessa punteggiata di asse u (non appartenente ad U U'), ogni raggio a à\ U

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ietta da U su it nel suo omologo A\ e quindi l'omo- logo C del punto C z: u u', comune alle due punteggiate, coincide con C (Ce: C). Cosi è stabilita la prima parte del teorema.

Per stabilire l'inversa, si osservi che, se le punteg- giate it, u' sono proiettive ed il loro punto comune C (considerato su u) coincide coir omologo C' (su u'), cioè C = C, la proiettività tra u,ii' si può riguardare come determinata dalla corrispon- denza delle due terne di punti omologhi ABC ed A'B'C.

Ora le rette A A', BE' determinano un punto U, e le u, Il vengono riferite pro- spettivamente come sezioni del fascio di raggi di centro T/, in modo che ai punti A, B, C di u corrispondono rispet- tivamente su u' i punti A\ B\ C'^C\ questa prospettività non differisce dunque dalla

, , . ,,. .,, {ABC\

data proiettivita ( .,7^.^)-

Osservazione. I teoremi precedenti forniscono la più semplice costruzione della proiettività tra due rette 0 due fasci di raggi di un piano, aventi l'elemento comune unito.

vien segato con u in un punto, la cui proiezione dal centro U' del fascio U' è l'omo- logo a', e quindi l'omologo e' del raggio c~TJlJ\ comune ai due fasci coincide con e (c^c). Così è stabilita la prima parte del teorema.

Per stabilire l'inversa, si osservi che, se i fasci di raggi Z7 TI' sono proiettivi ed il loro raggio comune e (considerato in U) coincide coir omologo e' (in V), cioè c~c\ la proiettività tra U, U' si può riguardare come de- terminata dalla corrispon- denza delle due terne di raggi omologhi ahc q^l a'h'c'.

Oi'a i punti aa\ hh' deter- minano una retta u, ed TI, V vengono riferiti prospettiva- mente come proiezioni della punteggiata di sostegno u , in modo che ai raggi a, h, e di U corrispondono rispet- tivamente in {]' i raggi a' , h\ e ^. e ; questa prospetti- tività non differisce dunque

dalladata proiettività! ,^, ). \ab e/

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Risulta dal precedente teorema, a sinistra, che due punteggiate incidenti proiettive u, u non soìio in gene- rale prospettive, perchè si può fissare che al punto C ~ u u\ considerato come appartenente ad u , debba cor- rispondere su u' un punto C diverso da 0, e resta ancora la scelta arbitraria di due coppie di elementi omologhi per determinare la proiettività tra u, u' .

Similmente non sono in generale prospettivi due fasci di raggi proiettivi di un piano. Si può anche vedere ana- logamente che anche due fasci di raggi proiettivi appar- tenenti a piani diversi non sono in generale prospettivi: la condizione perchè ciò avvenga, ove il centro di un fascio non appartenga al piano dell'altro, è che i due fasci siano insieme proiezioni della stessa retta comune ai loro piani e sezioni del fascio di piani avente per asse la congiungente i loro centri; uno di questi fatti porta di conseguenza l'altro.

§ 28. Forme proiettive nel piano. Sussistono i se guenti teoremi correlativi nella geometria piana:

Nel piano

proiettando due punteggiate segaìido due fasci di raggi jjroiettive distinte u, u', W- proiettivi distiìiti U, U', ri- spettivamente da due punti spettivamente con due rette fuori di esse, appartenenti fuori di essi, passanti per alla retta che ne congiimge il j^zni/o d/ intersezione di due punti omologhi (ambe- due raggi omologhi (am- due diversi dal punto u u'^), hedue diversi dal raggio co- si ottengono due fasci di mune\]\}'), si ottengono due raggi prospettivi; esiste punteggiate prosijettive; esi- quindi una retta (sezione ste quindi un fascio di raggi comune dei due fasci) prò- (proiezione comune delle due spettiva alle u, u'. punteggiate) prospettivo ad

U, U'.

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Sieno AA\ BB\ CO tre coppie (li punti omologhi nelle punteggiate u,ii'\ una almeno di queste coppie, ad esempio A A\ non contiene il punto u ii\ e quindi sulla retta A A' (distinta àdiU.it') possono scegliersi due punti S, S' rispettivamente fuori di li, li'. Proiettando da S, S' rispettivamente i«,i/, si hanno due fasci di raggi proiettivi

Sieno a a' , b b' , ce' tre coppie di raggi omo- loghi nei fasci di raggi U, TJ': una almeno di queste coppie, ad esempio a a', non con- tiene il raggio Z7Z7', e quindi pel punto a a' (distinto da TJ, TI') possono scegliersi due rette s , s' , rispettivamente non appartenenti ad Z7, Z7'. Segando con s, s rispettiva- mente U, U\ si hanno due

aventi come unito il raggio SS' e però prospettivi 27): la sezione comune dei due fasci è la retta u"^B'C" de- terminata dai punti SB» S B' e se ' se. La ii" risulta prospettiva alle u, it, e quindi si costruisce l' omologo di un punto B su ii (nella data proiettivita tra u, it) pro- iettandolo da S su u" in D"

punteggiate proiettive aventi come unito il punto ss q però prospettive 27) : la proiezione comune delle due punteggiate è il fascio di raggi di centro U" ~ h" c\ determinato dai raggi con- giungenti i punti sb ' s'b' e sC'S'c. Il fascio U" risulta prospettivo ad U, U, e quindi si costruisce l'omologo di un

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e quindi proiettando B" da S' su li, nel punto D'.

La condizione perchè le u, u' sieno prospettive (data nel § 27) si riduce al fatto che la u" passi pel punto u u\ ciò che in gene- rale non avviene.

Osservazione 1.^ Le

raggio d di U (nella data pro- iettività tra U. U') segando d con 5, proiettando il punto d s mediante il raggio d" da U" su 5-', e quindi proiet- tando da U' il punto d" s' secondo il raggio d/.

La condizione perchè Z7, U' sieno prospettivi 27) si riduce al fatto che il cen- tro U" del fascio U'\ appar- tenga al raggio U U\ ciò che in generale non avviene, cose dette permettono la

costruzione più generale della proiettività tra forme di L^ specie nel piano.

Conviene nel caso a sini- stra di prendere come punto S il punto A' e come punto aS" il punto A: la retta u" co- struita in tale ipotesi si dice asse di colUneazione della proiettività tra u ed ti'.

U asse di colUneazione è indipendente dalla coppia di elementi corrispondenti A, A' che si scelgono per costruirlo.

Conviene nel caso a de- stra di prendere s ~ a' ed s' E: a: il puto U" costruito in tale ipotesi si dice centro di colUneazione della pro- iettività tra i due fasci UU'.

Il centro di colUnea- zione è indipendente dalla cojìpia di elementi corri- spjondenti a, a che si scel- gono p)er costruirlo.

Infatti, riferendoci al caso a sinistra ed escludendo dapprima la prospettività, la proposizione segue dall' osser- vare che i punti in cui l'asse di collineazione sega u ed u' sono i corrispondenti del punto comune alle due punteggiate, e riescono quindi indipendenti dalla coppia AA' scelta.

Se poi le due rette u ed u sono prospettive, (sicché l'asse di collineazione sega u,tt' nello stesso punto ad esse

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comune), si vede subito dalla figura, clie l'asse di collinea-

zione è il quarto armonico, rispetto ad u ed ii' del raggio proiettante Ci-uii dal centro di prospettività; e perciò esso anche in questo caso riesce indipendente dalla coppia A A'. Osservazione 2/^ Abbia- ^ ^ mo, nel caso a sinistra, infinite rette come A A', BB', CC, ecc. , congiungenti due ])unti omologhi di ii, u' , V insieme delle quali costituisce un inviluppo. Se u, u' non sono prospettive, non avviene mai che più di due rette siffatte passino per un punto, altri- menti questo risulterebbe il centro di un fascio proiezione comune di u, u'.

In modo correlativo se Z7, V non sono prospettivi il luogo dei punti comuni ai raggi corrispondenti, l'insieme dei quali costituisce una linea, non può avere più di due punti comuni con una qualunque retta del piano.

§ 29.* Punteggiate simili e fasci di raggi uguali

Si abbiano in un piano due punteggiate proiettive proprie u, li'. Movendo una di esse, le due punteggiate riman- gono proiettive (poiché, cfr. § 17, ogni gruppo armonico si conserva sempre tale nel movimento) ; ma se u, l'J sono prospettive, esse non si conservano prospettive dopo il movimento.

Supposto ora che si abbiano due punteggiate proprie proiettive , non prospettive, ii, u\ tali che ad un punto A di u corrisponda in ii un punto A', moviamo u' in guisa che assuma una posizione distinta da u, sovrapponendo A' ad A ; dopo ciò 27) le u, ti divengono prospettive.

Analogamente si dica per due fasci propri Z7, U'. Dunque:

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hi un piano, due forme di 1.^ specie proprie jwoiet- tive possono, col ^yiovimento di una di esse, porsi in posizione prosjjettiva.

Notando che nel movimento non vengono alterate le relazioni metriche fra i segmenti e gli angoli corrispon- denti di due forme di L^ specie proiettive, applichiamo r enunciato principio al caso di due punteggiate proiettive (proprie) u, u\ in cui si corrispondono i punti all' infinito. Moviamo dunque u' portandola ad essere parallela ad u\ allora le w,i«' divengono prospettive, sezioni parallele d'uno stesso fascio di raggi ; perciò si vede che in esse il rap- porto di due segmenti finiti corrispondenti è costante (nella figura, dove 0~AA -BB' è un punto proprio, si ha:

AB _ BO^ _ B^ _ CO _ CD A'B' ~ B'O ~ BC' ~ ~CÒ ~ al)"

se 0 fosse improprio risul- ^^Q

terebbe.45=A'^',ecc...). /i'\ \

Per la nominata proprietà / \

1 .1. / / ! \

le u, u' SI dicono simili. ^,> / / ; \

Viceversa, se due pun- ^5/ /B' \C' W

foggiate ( proprie ) sono / / \

riferite in modo, che ad ^- t^ 4j tp /ih

/A iB ;C Li s

ogni segmento finito del- / / ;

l'una corrisponda un seg- '

mento finito nell' altra, che stia col primo in un dato rapporto , cioè se due punteggiate sono simili , i punti all'infinito di esse si corrispondono e, portando l'una parallela all'altra, le due punteggiate divengono pro- spettive.

Si ha dunque il teorema:

Due punteggiate proiettive propine, in cui si corri- spondoìio i pìunti all' infinito , sono simili ; e viceversa se due punteggiate sono simili, esse sono proiettive coi punti air infinito corrispondenti.

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Segue di qui che : la ^similitudine fra due punteggiate (proprie) riesce determinata da due coppie di punti omo- loghi, date ad arbitrio.

Due fasci impropri proiettivi di raggi (in piani propri) si dicono simili, se sono simili le punteggiate proiettive loro sezioni.

Due fasci impropri proiettivi d' un piano proprio sono simili, se hanno il raggio all' infinito imito, cioè se sono prospettivi, e viceversa.

Un caso particolare della similitudine fra due punteg- giate (o due fasci impropri) è l' uguaglianza o congrucììza , che si ha quando i segmenti finiti ( o le distanze fra le coppie di rette parallele) corrispondenti sono uguali.

Riferendoci a due punteggiate congruenti, si può sempre muovere una delle due punteggiate, sovrapponendola al- l' altra, in guisa che coincidano tutti i punti corrispondenti : se infatti si muove l' una di esse li', portando due suoi punti propri A', B' sui corri- spondenti A , B di li, resterà determinata su it la proietti- vita identica, perchè A, S e il punto all'infinito risulte- ranno uniti. Il risultato analogo vale per i fasci impropri uguali.

Due fasci propri di raggi diconsi uguali o congruenti se sono riferiti in modo che ad un angolo dell' uno corri- sponda un angolo uguale dell' altro. Allora i raggi corri- spondenti possono sovrapporsi col movimento (generatore della congruenza) che sovrappone due angoli uguali corri- spondenti dei due fasci; perciò la congruenza fra due fasci è una proiettività.

Si ha il teorema:

Dati due fasci (propri) di raggi, e fìssati in essi ri- spettivamente i raggi a, a\ si possono porre tra i fasci

107

stessi due congruenze in cui a, a' si corrispondono ; in- fatti vi sono due modi di sovrapporre col movimento il primo fascio al secondo, in guisa che a venga a coin- cidere con a\ r un modo differendo dall' altro per un ribaltamento intorno ad a'. Resta poi determinata una congruenza tra i due fasci, se ad un altro raggio b del primo, che non sia ortogonale ad a, si fa corrispondere nel secondo un raggio h, tale che a' b' z= ab.

Due fasci di raggi proiettivi propri sono congruenti, se a due coppie di raggi ortogonali ab, ed dell' uno, corri- spondono due coppie di raggi ortogonali a'b',c'd' dell' altro.

Per dimostrarlo si pongano col movimento i due fasci in posizione prospettiva col raggio unito a - a! e sieno Z7, U' i due centri (distinti) di essi, e si supponga dapprima che r asse di prospettività u sia proprio. Questo asse sarà parallelo ai raggi b, b' , ossia ortogonale ad a. Se un suo segmento viene proiettato ugualmente secondo un angolo retto da T, V, la u è equidi- stante da b, b\ poiché il diame- tro il7iYdel cerchio j\JN UU', essendo perpendicolare alla corda UU\ la divide per metà. Segue da ciò che (nel detto caso) ad ogni angolo compreso fra due raggi di Z^^ corrisponde un angolo uguale formato dai raggi corrispondenti del fascio U' .

Se poi r asse di prospettività u è la retta impropria, due angoli corrispondenti in U, U' hanno i lati paralleli, e però sono uguali, e. d. d.

Due punteggiate improprie che si pensino riferite come sezioni di due fasci propri di raggi, congruenti, si diranno pure congruenti o uguali. Esse vengono proiettate da due punti propri qualunque, secondo fasci congruenti.

108

Due punteggiate improprie congruenti possono sovrap- porsi facendo coincidere i punti omologhi, sovrapponendo col movimento un piano proprio contenente V una ad un piano proprio contenente V altra.

Osservazione. Anche pei fasci propri di piani e pei fasci di raggi del piano improprio si può stabilire la nozione di congruenza che luogo a teoremi analoghi a quelli posti innanzi.

§ 30. Forme proiettive sovrapposte. In ciò che pre- cede è stata esclusa la considerazione di forme (punteggiate o fasci di raggi) sovrapposte. Per tali forme la costruzione della proiettività si riconduce ai casi precedenti (§28) osservando che:

Nel piano

proiettando due punteggiate segando due fasci di

proiettive sovrapposte u, u'

rispettivamente da due punti

(distinti) S, S', posti fuori del

loro comune sostegno , si

ottengono due fasci di raggi

proiettivi (distinti).

In particolare se sulla u ( u') esiste un punto unito A = A' si possono prendere S, S' sopra una retta per A (fuori di u): allora i due fasci proiettanti risultano prospettivi, cioè le u, u' sono prospettive alla li' sezione comune dei due fasci.

Un ulteriore punto unito u %u., oltre A, deve apparte-

proiettivi sovrapposti (cioè concentrici) rispettivamente con due rette (distinte) s, s\ non appartenenti al loro comune centro, si ottengono due punteggiate proiettive (distinte).

In particolare se in U {~ U') esiste una retta unita a = a si possono prendere s, s per un punto di a (fuori del centro U) ; allora le due punteggiate risultano pro- spettive, cioè i fasci Z7, U' sono prospettivi al fasciò U" proiezione comune delle due punteggiate.

Un ulteriore raggio uni- to di U, oltre a, deve appar-

nere ad ii" ed essere quindi il punto D = B' sezione di u,u"\ viceversa questo punto

B—iiu" risulta unito per la data proiettività tra ii, u\ onde questa, avendo già un punto unito A, ammette ge- neralmente un secondo punto unito Z), che però eventual- mente può concidere con A.

Se sulla u ~ u' sono dati i due punti uniti A A\ D ~ D' e la coppia di punti omologhi B B\ la proiet- tività si può costruire presi S, S' come nel caso gene- rale, sopra una retta per A. Basta infatti determinare la retta iC col congiungere il punto D ed il punto d'inter-

109

tenere ad TJ" ed essere quindi il raggio d ~~ d' co- mune ad TJ, U"\ viceversa

V=V

--^..J'

questo raggio d ^ U TJ" ri- sulta unito per la data proiet- tività tra U, TJ', onde questa, avendo già un raggio unito a, ammette generalmente un secondo raggio unito d, che però eventualmente potrà coincidere con a.

Se in U, TJ' sono dati i due raggi uniti a = a\ d d' Q la coppia di raggi omologhi h b\ la proiettività si può costruire prese le 5, s', come nel caso generale, passanti per un punto di a. Basta invero determinare il punto TJ" col segare la retta d colla congiungente i punti

no

sezione dei raggi SB, S'È', giacché cosi risulta fissata la prospettività tra i fasci di centro S, *S" e quindi la proiettività su u.

La costruzione indicata vale anche se si vuole che il punto unito D coincida con A, giacché la condizione perché questo accada è che r asse di prospettività w" passi per A :z D, ed allora esso risulta determinato come congiungente di A col punto SB. S'B'.

Si ottiene così sulla u una proiettività avente i due punti uniti coincidenti in A ed una data coppia di punti omologhi BB\ e questa pro- iettività risulta così determi- nata, perchè é determinata la prospettività tra i fasci proiezioni di u dai centri S, S'.

sb, s' b', perché risulti fis- sata la prospettività tra le due punteggiate s, s e quindi la proiettività in U.

La costruzione indicata vale anche se si vuole che il 2.^ raggio unito d coincida con a, giacché la condizione perché questo avvenga é che il centro di prospettività U" giaccia su a d, ed allora esso risulta determinato come sezione di a col raggio sb s'b'.

Si ottiene così in U uim proiettività avente i due raggi uniti coincidenti con a ed una data coppia di raggi omo- loghi b b\ e questa proietti- vità risulta così determinata perché è determinata la pro- spettività tra le punteggiate sezioni di U con ,v, s. Gli ultimi risultati ottenuti (che si estendono per

dualità anche al fascio di piani) permettono di afi'er-

mare che :

In ima forma di 1.^ specie vi è una proiettività

determinata

/ADB\ VADB7'

av

ente due dati elementi uniti A, 1),

distinti 0 coincidenti, e dove si corrispondano due altri elementi assegnati B, B'.

Questo enunciato racchiude in parte un corollario del teorema fondamentale (del §21), ma qualche cosa di

Ili

nuovo, pel caso in cui i due elementi, che vengono asse- gnati come elementi uniti della proiettività, coincidono in uno solo.

§ 31. Elementi uniti di una proiettività tra forme di 1.''' specie sovrapposte. Abbiamo veduto come in una forma di 1.^ specie ìì si possa costruire una proiettività, dati due elementi uniti, distinti o coincidenti, ed una coppia di elementi omologhi; se anche questa coppia di elementi omologhi è costituita da elementi coincidenti, la proiettività è identica.

Si hanno pure esempi di proiettività, in una forma di 1.^ specie u, prive di elementi uniti. Basta per esempio pensare alla proiettività che nasce sulla u tra i coniugati armonici di uno stesso elemento rispetto a due coppie A B, CD che si separano. Invero questa proiettività (che è stata considerata nel § 20 nella opposta ipotesi che le AB, CD non si separassero) è certo priva di elementi uniti, perchè un elemento unito di essa, insieme al suo coniugato armonico comune rispetto ad AB, CD, fornirebbe una coppia separante armonicamente le date AB, CD, il che è assurdo se queste si separano (1. e).

Riassumiamo le cose dette nel seguente enunciato:

Data in una forma di 1^ specie una proiettività ìion identica, sono j)ossibili tre casi:

1.^ esistono due elementi uniti (distinti) ; allora la proiettività dicesi iperbolica ;

2.^ esiste un elemento unito (ovvero due coinci- denti); allora la proiettività dicesi parabolica;

3P non esiste alcun elemento unito; allora la proiettività dicesi ellittica.

Abbiamo visto 20) che la proiettività fra due forme di 1.^ specie è una corrispondenza ordinata, vale a dire che, mentre un elemento si muove descrivendo una forma, il corrispondente si muove descrivendo l'altra.

112

Trattandosi di forme di 1.^ specie sovrapposte, il movimento di due elementi corrispondenti potrìi avvenire nello stesso senso o in senso opposto ; la proiettività è concorsele nel l.*' caso, discorde nel 2.^ 19),

Se in una forma di 1.^ specie si ha una proiettività discorde, un elemento che si muove descrivendo la forma incontra due volte il corrispondente. Questo fatto di natura intuitiva si può dedurre dal postulato della continuità, come nel § 19. Ora data in una forma di 1.'^ specie una proiettività parabolica o ellittica, si potrà dire che essa deve essere concorde, che dall'ipotesi opposta seguirebbe l'esi- stenza di due elementi uniti (distinti), ossia seguirebbe che la proiettività è iperbolica. Non si può dire però, viceversa, che una proiettività iperbolica debba essere discorde. Per convincersene basta fare la seguente osservazione : Si prenda una retta u e su di essa quattro punti M , N,

M A N A' ^4, A\ Esiste una proiet- \ \ \ \ ti vita su it dove M, N

M A A' N sono uniti e ad A corri-

sponde A'.

Ora, mentre un punto descrive il seguente ordi- nato M A N '\\ corrispondente in questa proiettività de-

scrive il seguente MA'N: questo ha senso opposto a MAN se A, A' separano il/, N , e però in tal caso la proiettività posta su w è discorde; al contrario se A, A' non sepa- rano ili, iV, i segmenti MAN ed M A' N hanno lo stesso senso , e la proiettività è concorde. Si vede anche che nel 1.^ caso sempre una coppia di elementi omologhi separa i¥, iV, nel 2.^ mai. 19).

Si possono riassumere le cose dette enunciando il teorema :

In una forma di 1}^ specie:

1.^ ogni p7^oietiività discorde è iperbolica; 2.^ ogni proiettività 23ara'bolica od ellittica è concorde ;

113

3.^ ima proieitività ipeì-holica è discorde o con- corde, secondochè due elementi omologhi in essa sejìarano 0 no gli elementi uniti (il che avviene ugualmente per tutte le coppie di elementi omologhi).

Osservazione. Si noti che il prodotto di due pro- iettività in una forma di 1.^'' specie è concorde o discorde, secondochè queste sono ambedue concordi o discordi, oppure r una concorde e 1' altra discorde.

§ 32. * Congruenza diretta e inversa tra punteggiate sovrapposte e fasci propri (li un piano. Una similitu- dine (§ 29) sopra una retta propria si dice diretta o inversa, secondochè è concorde o discorde. Una similitu- dine sulla retta ha sempre il punto all' infinito come i)unto unito e però è iperbolica o parabolica; in questo ultimo caso è certo diretta; dico che essa è allora una uguaglianza o congruenza diretta. Per dimostrarlo basta notare che uno strisciamento della retta su stessa, che ^l A! porti un punto A in un dato ^ '\ punto A' , genera effettiva- mente una congruenza diretta, cioè una proiettività para- bolica che non ha altro punto unito che il punto all'in- finito (perchè nessun altro punto resta fermo); d'altra parte vi è sulla retta una sola proiettività parabolica, che ha il punto all'infinito come punto unito e che fa corri- pondere ad A, A! \ dunque la similitudine parabolica sup- posta data sulla nostra retta equivale proprio alla con- gruenza diretta generata dallo strisciamento nominato.

Si può quindi affermare:

Tina congruenza diretta, sopra una retta pìropyna, si jniò definire come una proiettività parabolica col punto unito air infinito.

Osservazione. In conseguenza il postulato metrico del movimento della retta su stessa appare come un corollario del teorema fondamentale della proiettività.

114

In una congruenza inversa, sopra una retta, vi sono due punti uniti, uno dei quali è il punto improprio e l'altro un punto proprio 0. Ovà due punti omologhi dovranno distare ugualmente da 0, e (stante il senso discorde della corrispondenza) cadere da parte opposta di 0. Per con- seguenza :

Una congruenza im-ersa, sopra una retta propìzia , equivale ad una simmetria rispetto al punto unito proprio.

Osservazione. La congruenza diretta su una pun- teggiata si genera col movimento della retta su stessa, capace di sovrapporre due punii corrispondenti. La con- gruenza inversa si genera invece con un ribaltamento della retta attorno al punto unito proprio.

Anche per le punteggiate improprie, sovrapposte, vi è luogo a distinguere una congruenza diretta (concorde) ed una congruenza inversa (discorde). Tenendo presente il significato intuitivo della disposizione circolare naturale di una retta impropria 6), possiamo dire che un movi- mento di un piano su stesso (strisciamento) non altera il senso di una terna di direzioni, e perciò genera sulla retta all' infinito una congruenza diretta; un ribaltamento del piano attorno ad una retta (propizia) genera sulla retta impropria una congruenza inversa.

La considerazione della congruenza, determinata sulla retta all' infinito da due fasci propri congruenti di un piano, permette di distinguere la congruenza diretta ed inversa di due fasci propri giacenti in un pnano.

Sieno dati in un piano due fasci (propri) congruenti u, u\ e sieno ah, ah' due angoli corrispondenti (uguali) non ortogonali, mercè i quali la congruenza stessa risulta determinata 29). Moviamo nel piano il fascio TI' sovrap- ponendolo ad IJ , in guisa che o! coincida con a\ questo movimento riesce così definito (a meno di rotazioni di due angoli retti, da cui si può prescindere). Esso porta h' a coincidere con h, oppure ad assumere la posizione h" sim- metrica di h rispetto ad a.

115

Nel primo caso, considerando, p. e., il raggio e ài U ortogonale ad a, si vede che la terna di direzioni ab e ha lo stesso senso della terna di direzioni a'b'c\ costituita dai raggi omo- loghi del fascio U\ vale a dire la congruenza tra Z7, U' è diretta; invece nel secondo caso le dette terne hanno senso oppo- sto, ossia la congruenza tra U, U' è inversa. Ora si vede ancora che nel primo caso la nominata congruenza viene generata dal movimento effettuato nel piano che sovrappone U' ad U portando a' su. a: nel secondo caso occorre eseguire, dopo questo movimento, anche un ribaltamento del piano at- torno ad a.

Tanto che si può concludere:

Due fasci (propri) congruenti di un piano sono congruenti direttamente o inversaynente, secondochè i raggi omologhi di essi possono farsi coincidere solo con un movimento del piano su stesso, o con un tale movimento congiunto ad un ribaltamento del piano.

Abbiamo veduto 29) che, dati due fasci propri di raggi e fissata una coppia di raggi corrispondenti, restano determinate tra i fasci stessi due congruenze ; ora si può anche aggiungere che, se i fasci stanno in un piano, una delle nominate congruenze è diretta e V altra inversa.

Osservazione. Se due fasci di raggi congruenti , di un piano, sono prospettivi, essi risultano riferiti per parallelismo di elementi, allorché la congruenza è diretta; oppure sono proiezioni della retta che biseca ortogonal- mente il segmento congiungente i centri dei fasci, allorché la congruenza è inversa.

116

Come caso particolare della congruenza tra due fasci di raggi di un piano, si ha la congruenza tra due fasci ' di raggi sovrapposti, ossia in un fascio. Qui non occorre più la considerazione della retta impropria, per stabilire la distinzione fra congruenza diretta ed inversa.

Una congruenza diretta in un fascio (propyHo) di raggi equivale ad una rotazione , di un certo angolo, del fascio su stesso: infatti essa può venir generata dalla rotazione che sovrappone un raggio al corrispon- dente. Segue di qui che uìia tale coyìgruenza è sempre ellittica.

In una congruenza inversa, certo iperbolica, gli an- goli formati dai raggi omologhi con un raggio unito deb- bono essere uguali, e da parte opposta di esso (appunto perchè il senso della corrispondenza è discorde). Si de- duce che:

Una congruenza inversa, in un fascio p)rop)rio di raggi, può essere generata col ribaltamento del ^nano del fascio attorno a ciascuno dei raggi uniti , ossia equi- vale ad, una siminetria rispetto a ciascun raggio unito.

Segue che :

La congruenza inversa ammette due raggi uniti ortogonali, bisettori degli angoli delle rette corrispon- denti.

Le proposizioni precedenti possono ora riportarsi , ])er sezione, alla retta impropria del piano del fascio con- siderato. Si avrà dunque :

Sopra una retta impropria, ogni congruenza diretta è ellittica; ogni congruenza inversa possiede due punti uniti, corrispondenti a direzioni ortogonali.

Due punti di una retta iìnpropria (presi in un certo ordine) si corrispondono in due congruenze su questa retta, V una diretta e V altra inversa.

Osservazione. Anche per due fasci di piani sovrap- posti, cioè in un fascio di piani, si può distinguere la.

117

congruenza diretta (concorde) dalla congruenza inversa {discorde). La prima viene generata da una rotazione del fascio (attorno al suo asse) di un certo driedro. La seconda equivale ad una simmetria rispetto a due piani, uniti, ortogonali.

Per fasci di piani distinti , sieno pure ambedue in una stella , non vi è luogo a distinguere due specie di ■congruenza : diretta e inversa.

§ 33. Grruppi di quattro elementi proiettivi. Per

indicare che due forme di 1.^ specie ii^ u' sono proiettive, useremo del simbolo TI , scrivendo

u II u'. Se è

u II u' e li II li'

{dove u,ii\u" sono forme di 1.^ specie), si deduce (§21)

u II II".

Se ABC DE è un gruppo di elementi di una

forma di 1.^ specie u, ed A' E C D' E' è un gruppo

di elementi di un'altra forma di 1.^ specie ii\ si dirà che i due gruppi sono proiettivi, e si scriverà:

ABC DE Il A'B'C'D'E' ,

quando esiste una proiettività tra u, u' in cui le coppie di clementi

A A', BB', ce, DD\ E E' ,

si corrispondono. Allora si ha di conseguenza:

ABC D II A' B' C D' ABC E n A' B' C E

BC DE n B' C D' E'

od anche

DCBA li D' C B' A' ecc.

118

Per il § 21 due gruppi di tre elementi ABC, A'B'C in forme di 1/^ specie ii, it', sono sempre proiettivi, cioè si ha sempre

ABC 11 A' B' C.

Invece la relazione ABC D Jl A'B'C'D' (dove A i>' sono altri due elementi rispettivamente di ii, v! ) non è in generale soddisfatta, se i gruppi di elementi AB CD, A'B'C'D', sono stati presi ad arbitrio; anzi quella rela- zione determina D' dato D, se sono fissate le due terne ABC, A'EC 21).

Segue pure che se E, E' sono altri elementi rispet- tivamente in li, u', dalle relazioni

si trae e quindi

ABCB ^ AB! CD' AB CE li A' B'C'E,

ABC DE n A E C D' E,

BC DE 11 B' C D'E' ecc.

I precedenti enunciati sono espressioni simboliche dei teoremi stabiliti.

Teorema. Tutti i gruppi armonici di elementi appartenenti a forme di 1^ specie sono proiettivi.

Infatti se {AB CD), (A B' C D) sono due gruppi armonici di elementi, appartenenti rispettivamente a due forme di 1.^ specie u, u' (distinte o sovrapposte), la pro- iettività definita dalle terne ABC, ABC, fa corrispon- dere i quarti armonici D, D' (per definizione).

Corollario. Se (AB CD) è un gruppo armonico di elemeyiti d'una forma di 1^ specie, si ha:

ABCD n BADC li CDAB li DCBA ri BACD n ABDC n CDBA II DCAB.

Infatti 13) tutti i gruppi di quattro elementi sopra indicati sono armonici, se è armonico {ABCD).

IIU

La relazione precedente si può enunciare in parole, dicendo che un gruppo armonico di quattro elementi di una forma di 1.^ specie, disposti in un certo ordine, è proiettivo ai gruppi ottenuti :

a) scambiando tra loro due elementi del gruppo ed insieme gli altri due.

b) scambiando tra loro due elementi coniugati e non gli altri due.

Mediante uno scambio a) si passa dall'uno all'altro dei quattro gruppi scritti nella prima linea o dall' uno all'altro dei gruppi scritti nella seconda linea; invece mediante uno scambio b) si passa da un gruppo della 1.^^ linea a un gruppo della 2.^ linea, e viceversa.

Siamo ora indotti a ricercare se sia possibile effet- tuare gli scambi a) o b) sopra i quattro elementi di un gruppo non armonico in una forma di 1.^ specie, in modo che esso rimanga proiettivo al gruppo stesso preso se- condo il primitivo ordine.

Vedremo che è sempre possibile effettuare in un gruppo di quattro elementi di una forma di 1.'^ specie un tale scambio a), ma che dalla possibilità di effettuare uno scambio b) in modo che il gruppo di quattro ele- menti nel nuovo ordine sia proiettivo al primo , segue che il gruppo stesso è armonico.

Cominciamo dal dimostrare che se A, B, C, D sono quattro elementi (arbitrari) d'una forma di 1.^ specie, si ha sempre

ABCD II BADO.

Basta stabilire il teorema per il gruppo ABCD di quattro punti di una retta ; si farà poi uso della legge di dualità nello spazio o nel piano,

A tal fine si proietti il gruppo ABCD in EFGD, sopra un'altra retta per Z), da un punto esterno M; si determini quindi il punto N intersezione di AF, MC\

120

si ha allora

ABCI) li EFGD

(essendo un gruppo proiezione dell'altro da M). Si ha pure

EFGD II MNGC

(essendo un gruppo proie- zione dell'altro da A), ed

MNGC II BADO

(essendo un gruppo pro- iezione dell'altro da F)\ quindi

/^ .^ ^,\ - ABCDIlBADCc.d.d.

Applicando questo risultato al gruppo ACBD, si avrà:

ACBDJi C AD B

cioè: esiste una proiettività nella quale le coppie AC, CA, BD, DB, si corrispondono. Questa proiettività fa corri- spondere al gruppo ABCD il gruppo CD AB, sicché A B C D Jl C D A B. Ma per quanto precede

CDAB li DCBA; si avranno dunque le relazioni

ABCD \l BADC \l C LAB II DCBA. Supponiamo ora che sia

ABCD II BACD, e, come innanzi, si consideri il gruppo FFGD, proiezione di ABCD sopra un'altra retta per D, da un punto esterno M. Si ha ora:

BACD il FFGD, e la proiettività tra le rispettive punteggiate che l'a passare dall'uno all'altro gruppo, ammette il punto unito D e però è una prospettività 27); in conseguenza le rette BE,

121

AF, CG concorrono in un punto K. L'esistenza del qua- drangolo ELFK di cui i lati EM, KF passano per A, i lati FK, MF per B, MK per C ed EF per D, prova quindi che A/36'Z) è un gruppo armonico.

Possiamo ora e- nunciare complessiva- mente per le forme di 1.^ specie il

Teorema. Un qualunque gruppo di quattro ele- menti ABCD di una forma di i.^ specie^ ordinati in un dato 7nodo, è proiettivo ai grupjìi ottenuti scambiando fra loro due elementi di esso ed insieme gli altri due, cioè :

ABCD 11 BADC H CDAB H DCBA.

Se il gruppo e proiettivo ad uno di quelli ottenuti scambiando tra loro soltanto due elementi e noyi gli altri due (per esempio ABCD II BACD), esso è armonico, ed i due elementi scaìnbiabili sono in esso coniugati. Viceversa, abbiam visto che pei gruppi armonici un tale scambio è sempre possibile.

Sopra una retta u si abbiano due gruppi proiettivi di quattro punti, MNAB, MNA'B\ aventi due punti uniti; dico che sono^' proiettivi i gruppi MNAA\ MNBB'. Per vederlo si pro- ietti no i gruppi ^,ìyy^

122

(omologhi) MNAB, MNA'B delle rette proiettive sovrap- poste u, u' , rispettivamente da due punti esterni *S, S', allineati con M. I fasci Su, S' u' aventi il raggio unito S 8' risultano prospettivi 27, 30), e perciò le rette 8A, SA' ed *S'^, & B determinano due punti A!\ B" di cui la congiungente u" (sezione comune dei due fasci prospet- tivi) passa per N. Sia Q=u".SS' il punto comune alla retta u" e alla SS'. Allora si ha

MNAA' n MQSS' (essendo un gruppo proiezione dell'altro da A"),

MN BE' n MQSS' (essendo un gruppo proiezione dell'altro da B"), quindi iM N A A' Il M N B B , c.cld.

Il precedente risultato si può enunciare dicendo che : se si ha sulla retta u una proiettività avente due punti uniti distinti M,N, di cui le AA\ BB sieno due coppie

/ M N A \ di punti omologhi, la proiettività \\r t^j a,) definita dalle

due terne M N A, MNA', fa passare da B a B.

Sotto questa forma il risultato può estendersi al caso in cui M, N coincidono, ossia N=M. In tale ipotesi abbiamo visto che la prospettività tra i fasci di centri S,S' risulla

fissata, data una coppia di punti omologhi A, A (oltre il punto unito M~N), per il fatto che l'asse di prospettività u" deve passare per M (onde esso congiunge M ed A' E^ SA. S' A'). An- cora, se B,B' sono punti omologhi della data . ^^. .^, /MMA\

123

si può costruire su u una proiettività avente due punti uniti coincidenti in il/, ed A, B come punti omologhi: questa si può ottenere (analogamente al caso generale in cui M,N sono distinti) proiettando ii da A" su SS', e quindi S, S' su ii'i^u") àd^ B"ezSB* S' B'\ perciò in essa si corrispondono A\ B.

L' affermazione che tale pi'oiettività ha i due punti uniti coincidenti in il/, risulta provata dal fatto che la condizione necessaria e sufficiente affinchè 1' indicata costruzione conduca da un punto di u a stesso, è che la sua proiezione da A" su iS ^S" sia allineata con A", B" (cioè stia su u").

Estendendo il significalo del simbolo II, diremo che è M M AB n M MA' B\ quando la proiettività di u avente due punti uniti coincidenti in AI e nella quale ad A cor- risponde A', fa corrispondere a B, B : allora il risultato stabilito pel caso M = N può enunciarsi dicendo che se

M M AB n il7 M A B', si deduce

M M A A' n il/ M B B'.

L'estensione del significato del simbolo II si farà analogamente per le altre forme di 1/"^ specie.

Ciò posto (riunendo insieme i due casi in cui il/ è distinto da N ed M = N) possiamo enunciare complessi- vamente per le forme di 1.^ specie il

Teorema. *S'^ in una forma di 1.^ specie si hanno due gruppi di (4 o 3) elementi MNAB, MNA'B', aventi due elementi comuni M, N, distinti o coincidenti , e tali che sia

MNAB II MNA'B',

si deduce

MNAA' n MNBB'.

124

§ 34.* Birapporto di quattro elementi in una forma <li 1/' specie. La relazione simbolica

ABCD 11 AB'C'B\

tra due quaderne di elementi appartenenti a forme di 1.'^ specie, si può sostituire con una relazione di uguaglianza tra due numeri. Per ottenere questo resultato bisogna mostrare come ad ogni gruppo di quattro elementi di una forma di 1.^ specie appartenga un (invariante assoluto cioè un) numero che si conserva, allorché sul gruppo stesso (e sulla forma che lo contiene) si operi una proiettività; si vedrà quindi come l' uguaglianza dei numeri relativi a due quaderne di elementi dia la condizione, non solo necessaria, ma anche sufficiente perchè esse sieno pro- iettive.

Il numero che vogliamo definire per ogni gruppo di quattro elementi di una forma di 1.^ specie, è il birap- porto {o rapporto anarmonico) di essi. Per dimostrare il suo carattere di invarianza relativo alle proiettività, basterà dimostrare che esso si conserva per ogni proiezione o sezione, giacché sappiamo ormai che la proiettività tra due forme di 1.''^ specie può sempre esser posta mediante un numero finito di proiezioni e sezioni.

Cominciamo a definire il birapporto di quattro punti propri A, B, C, D , dati sopra una retta. Prenderemo come espressione di esso

dove con AC, BC, AD, BD , denotiamo in valore ed in segno le lunghezze dei segmenti (finiti) aventi gli estremi indicati; il segno, naturalmente, é relativo ad un senso della retta fissato come j^osìtivo, ma l' espressione del birapporto (ABCD) è tale, che esso non muta se si scambia il senso positivo della retta col negativo.

125

Definiremo invece come birapporto di quattro rette a, b, e, d di un fascio proprio, l'espressione

f -, ,, sen a e sen a ci

(a b e d) = - =— : =--

sen b e sen bd

formata coi seni degli angoli delle nominate rette, inten- dendo che i detti angoli vengano presi in grandezza ed in segno relativamente ad un senso del fascio, fissato come positivo (senso che può essere indifferentemente invertito); veramente la grandezza di ognuno di questi angoli non è determinata, poiché, anche limitandosi ad angoli minori di due retti, due rette danno luogo a due angoli supple- mentari; ma questa indeterminazione è qui senza conse- guenza, poiché due angoli supplementari hanno lo stesso seno; il birapporto (a b e d) è dunque ben definito. Analogamente si definisce il birapporto

sen p r sen 3 5

di 4 piani a, jS, y, ò di un fascio proprio , considerando gli angoli diedri ay, Py, aS, ,3ò. Si può dire che il birapporto (a^yS) é per definizione il birapporto della quaderna di raggi ottenuta segando il fascio di piani con un piano normale all'asse.

Osservazione. -— Il birapporto (ABCD) di 4 elementi in una forma di 1.^^ specie dipende dalla disposizione in cui essi vengono considerati. Esso é positivo se le coppie AB, CD non si separano, negativo nel caso opposto.

Consideriamo ora una quaderna di raggi yrOJ

d'un fascio (proprio) a, b, e, d, e una quaderna di punti (propri)il,jB,C,D, ottenuta segando il fa- scio con una retta. De-

seii

ac

UB

sen

he

seii

a d

126

notando con U il centro del fascio, avremo che le aree dei triangoli UAC, UBC, UAB, UBD stanno fra loro come le basi; d'altra parte queste aree sono date dal prodotto delle lunghezze di due lati pel seno dell'angolo compreso; avremo dunque (denotando con h un fattore di propor- zionalità)

UA'UC'^enac^h'AC UB' UC ' sen b e = h ' B C UÀ' U D ' sen a d = h ' AD UB' UD' sen ed = h- B D,

relazioni che intendiamo di prendere soltanto in valore assoluto. Da esse si ricava

AC B C

AJ)

BD ~ U B sen e d

e quindi si deduce 1' uguaglianza in valore assoluto (ABCD)^{abcd).

Osservando poi il senso dei segmenti e degli angoli che entrano in considerazione, si vede subito che tale uguaglianza vale anche rispetto al segno dei birapporti che in essa compariscono; d'altronde ciò risulta anche chiaro dal fatto che il detto segno dipende dal separarsi 0 no delle coppie AB, CD e ab, ed.

Concludiamo intanto che ogni proiezione da un punto (proprio) di una quaderna di punti (propri) di una retta ha lo stesso birapporto di questa quaderna di punti, e viceversa ogni sezione (propria) di una quaderna di raggi d* un fascio (proprio) ha lo stesso birapporto della qua- derna di raggi.

Si considerino ora quattro piani di un fascio pro- prio a, [j, y, 0, e due gruppi di punti (propri) A B C D,

127

A' B' C D'\ ottenuti segando il fascio di piani con due rette sghembe. Supposto p. e. che la retta A D' non sia parallela ad alcuno dei piani p e y, indichiamo con B'\ C" i punti propri in cui essa li sega; allora i gruppi ABCB, AB'C"D\ e così AB"C"D\ A' B' C U sono prospet- tivi, come sezioni di uno stesso fascio di raggi col centro sull'asse del fascio di piani, e però si ha

{ABCD) = (AB" C" D') = {A' B C D').

Il birapporto di 4 punti (propri) sezioni di a, g, y, o, con una retta è dunque costante; e costante ed uguale al primo è quindi anche il birapporto di 4 raggi sezioni del fascio di piani con un piano non parallelo all'asse, onde (segando con un piano normale all' asse) risulta

(ABCD) = (ai^yò).

Pertanto resta stabilito che : due gruppi di 4 elementi appartenenti a forme di 1.^ specie, i quali sieno ottenuti r uno dall' altro con una proiezione o sezione , hanno lo stesso birapporto. Ma questa conclusione è, per ora, subor- dinata all'ipotesi che gli elementi e la forma di cui si discorre sieno tutti propri, giacché in questa ipotesi sol- tanto è stato definito il birapporto.

Procediamo a togliere questa restrizione , definendo convenientemente il birapporto nei casi fino ad ora eccepiti.

Cominciamo dal considerare sopra una retta propria tre punti propri A, B, C, ed il punto improprio 2)oo; per definizione porremo il birapporto

(ABCD^) = ^^,

come si è tratti a farlo , notando che per una conside- razione di limite

AJXo _ ,

128

Si proietti ora il gruppo {ABC D^^ ) da un punto pro- prio Z7, secondo il gruppo di raggi a.b, e, d: dico che

(ABCD^) = (ab Cd).

Invero si ha (come abbiamo veduto innanzi)

AC sen a e

B^C ~' UB s^en^c' ma nel triangolo UAB ì lati UÀ, UB sono pro- porzionali ai seni degli angoli opposti, e questi angoli sono rispettiva- mente uguali (o supple- mentari) a M, ad, dunque

AJl B C

sen b d sen ad

ossia

^ ^ B C sen b e

sen a e sen b e

sen ad sen 1) d

(abcd) , c.d.d.

Ora definiremo analogamente il birapporto di 4 punti A,B,C,D, di una retta propria, allorché uno dei punti C, B, A sia improprio, valendoci delle formule:

BD

(ABG^D) =

AB

{A B^CD) =

A C AD

{A^BGD)^

B 1)

B C

e collo stesso ragionamento usato innanzi si proverà che ogni proiezione abcd del gruppo A B C D, fatta da un punto proprio, ha il birapporto

(abcd) = (ABC D).

129

Passiamo quindi a considerare 4 punti A,B,C,D sopra una retta impropria; i 4 raggi a, b, e, d che proiettano i detti punti da un qualsiasi punto proprio U formano fra loro angoli indipendenti dalla particolare posizione di U, sicché il birapporto (a b e d) ha un valore costante, che può definirsi come birapporto {A B C D).

Dato un fascio di raggi improprio, ma giacente in un piano proprio, una sua quaderna di raggi ab ed viene segata con una retta qualsiasi, non appartenente al fascio, secondo un gruppo. di punti A B C D, di cui il birapporto è costante; si assumerà per definizione il birapporto {a b e d) = {A B C D).

Similmente 4 piani a, % y, ò, di un fascio improprio vengono segati da una retta non parallela ad essi secondo 4 punti A, B, C, A di cui il birapporto costante si assu- merà come definizione del birapporto (a^yS).

Finalmente, se sono date 4 rette improprie a, b, e, d, di un fascio , assumeremo , per definizione , come birap- porto {ab ed) il birapporto costante dei 4 piani proiet- tanti le nominate rette da un qualsiasi punto (proprio).

Abbiamo così esteso a tutti i casi la definizione del birapporto di un gruppo di 4 elementi ABCD di una forma di 1.^ specie, in guisa che risulti sempre vera la proposizione « il birapporto di 4 elementi di ima forma di !?■ speeie riinane assolutameìite invariato per ogni proiezione o sezione». Da questa proposizione si deduce, come abbiamo notato :

Se due quaderne di elementi ABCD, A' B' C D\ appartenenti a forme di 1.^ specie, sono proiettive, sussiste r uguaglianza dei birapporti

(ABCD) = {A'BC'D').

Ora bisogna mostrare che questa uguaglianza è condi- zione non soltanto necessaria, ma altresì sufficiente, perchè si abbia ABCD U A'B'C'D'.

130

Cominciamo a tal fine dall' osservare che , dati tre elementi A,B, 0, di una forma di 1.^ specie, vi è un unico elemento 7), pel quale il birapporto (A B C D) assume un dato valore prestabilito.

Ciò posto si abbia (A B C D) = {A' B' C D'): la

(A B OX A' n' n) P°^*^ *^'^ ^^ forme di 1.^ specie che

contengono i nostri elementi, deve far corrispondere a D un elemento D^, pel quale il birapporto (A'B'C'D^) = (ABCD); V elemento D^ non differirà dunque da B' , ossia

ABCD n A'B'CB' c.d.d.

Riassumendo : La condizione necessaria e sufficiente perché due gruppi di 4 elementi, appartenenti a forine di 1^ specie, sieno proiettivi, è V uguaglianza dei loro hira]3porti.

Molti resultati precedentemente dati sotto altra forma trovano ora una semplice espressione coli' introduzione dei birapporti.

Così p. e. la 2)'i'oprietà di un gruppo (A B C D) di essere ar^nonico è espressa dalla relazione

(A B C D) == l, come segue subito dalla proprietà metrica dei gruppi armonici data nel § 17.

Ancora la proprietà stabilita in fine del § 32 si può enunciare dicendo:

In ima proiettività iperbolica il birapporto della quaderna costituita dai due elementi uniti e da due elementi corrispondeyiti qualsiasi è costante (indipendente cioè dalla scelta di questi due elementi corrispondenti) : questo birapporto , che è ben definito appena fissata la disposizione della quaderna , dicesi invariante assoluto della proiettività; esso insieme ai punti uniti determina la proiettività, ecc.

131

Osservazione 1.^ Abbiamo già osservato che il birapporto {A B C D) di 4 elementi appartenenti ad una forma di 1.^ specie non è indipendente dalla disposizione in cui questi elementi vengono presi. Permutando gli elementi A,B,C,D si ottengono 6 valori del birapporto che è facile calcolare ; 4 permutazioni soltanto corrispon- dono in generale ad un medesimo valore, cioè si ha

(ABCD) = (BADO) = [CD AB) ^ (DCBA):

queste uguaglianze esprimono le relazioni di proiettività date nel § 32. In generale

(A B G D) = -^-^-^-^^

di guisa che V uguaglianza

{A B C D) = (BA C B)

(esprimente la relazione ABCD E BACD) sussiste sol- tanto [se A e B coincidono \ (ABCD) =r -4- 1 | 0, dato che i 4 elementi sieno distinti] se

[A B C D) = - l.

Questa uguaglianza per la proposizione del § 17 esprime che il gruppo ABCD è armonico, e cosi si arriva a confermare la conclusione del § 32.

Osservazione 2.'"^ Si può ora dire che la proiet- tività tra due forme di 1.^ specie è una corrispondenza biunivoca, che conserva il valore del birapporto di ogni gruppo di 4 elementi qualsiasi. La definizione data della proiettività 21) si può invece esprimere, dicendo che essa è una corrispondenza biunivoca tra due forme di 1.^ specie, che conserva il valore del birapporto di ogni gruppo armonico, cioè che conserva il birapporto di 4 elementi ogniqualvolta esso valga 1.

Ecco dunque sotto un nuovo aspetto il contenuto essenziale del teorema fondamentale della proiettività:

132

Se due forme di 1/^ specie sono riferite fra loro in modo che ad ogni quaderna di elementi dell'una, formanti un birapporto 1, corrisponda nell'altra una quaderna di elementi formanti lo stesso birapporto, ad ogni qua- derna di elementi di una forma avente un birapporto qualsiasi (diverso da 1) corrisponderà nell'altra una quaderna di elementi avente lo stesso birapporto.

E ciò porta a rappresentare analiticamente la pro- iettività tra due forme di 1/ specie con un'equazione bilineare fra le coordinate (ascisse sulla retta, ecc.)

Corollario. Dalla conservazione del birapporto di 4 elementi nella proiettività tra due forme di 1.^ specie si può trarre come corollario un'elegante definizione metrica della proiettività tra due rette.

Sieno li, u' due rette (proprie) proiettive, e si indichino con /, 1\ i punti di esse che corrispondono rispettivamente ai punti impropri i'oo di it\ e I^o di u. Tali punti sono ambedue propri, escluso il caso che le due rette sieno simili (§29); essi prendono il nome di punti limiti. Sieno A, A', e B, B\ due coppie di punti corrispondenti in ?/., u'.

Si avrà l'uguaglianza

{A BI I^) = [A' B' l'^l'),

ossia

da cui

AI B'I'

Bl ~ A'r

A I' A' r = Bi ' B' r.

Dunque : /n due punteggiate proprie proiettive, non simili, il prodotto delle distanze di due punti corrispon- denti dai rispettivi punti limiti e costante.

§ 35. Trasformate proiettive di una proiettività - Inva- riante assoluto. Si abbia in una forma di 1.^ specie u una proiettività tc, ed essendo u' un'altra forma di 1.^

133

«pecie, si ponga tra u ed ti' una proiettività Q; in u' si avrà una proiettività

che si dirà la trasformata della tt mediante la Q, giacché la Q fa corrispondere a due elementi di u omologhi in ti, •due elementi di u' omologhi in tu'.

La TT è alla sua volta la trasformata della tu' me- diante la Q~^, giacché si ha

Si dice anche che le tt, tc' sono proiettività proiettive.

Se due proiettività (risp. in u, ii) sono proiettive {cioè trasformate 1' una dell' altra mediante una proietti- vità tra u, u'), esse sono entrambe ellittiche, o entrambe iperboliche, o entrambe paraboliche. Questa osservazione prova già che due proiettività in forme di 1.^ specie non sono sempre proiettive.

Lasciando da parte il caso delle proiettività ellittiche, rivolgiamoci ora ad esaminare quando avverrà che due proiettività ambedue iperboliche o paraboliche sieno pro- iettive.

Consideriamo dapprima due proiettività ambedue iper- boliche 7T, tu', risp. nelle forme ii, u' \ sieno il/, iV i due ■elementi uniti di tu (su u)\ A, A^ due elementi corrispon- denti nella stessa tu.

Se la tu' é trasformata proiettivamente nella tu dalla proiettività Q, la Q farà corrispondere ad ikf, N due ele- menti M\ N' di u, che saranno uniti per tu', e farà cor- rispondere ad A, A^ due elementi A\ A\ omologhi in tu': si avrà dunque

MNAA^ n M'N'A'A;.

E per conseguenza ( § 33 ) se B, B^ sono due altri clementi qualsiansi omologhi in tu', si avrà

MNAA^ II M' N' BB,.

134

Questa relazione non è in generale soddisfatta date- ad arbitrio le tì, tc', ma essa esprime la condizione non solo necessaria, bensì anche sufficiente perchè le proiet- tività 7c, tu' sieno proiettive. Infatti, se essa è soddisfatta,, la proiettivitk

M N A

/M N A\ \M' N b)

trasforma evidentemente la

1' nella

7C

(M N A\ \M N aJ

/M' N' B\

\M' N' bJ'

La relazione

M N A A, n il/' N' B B^ equivale, come sappiamo, all' uguaglianza dei birapporti

{mnaa;) = (M' N' bb;),

quindi il resultato ottenuto si può enunciare nel modo seguente * (v. § 33) :

La condizione necessaria e sufficiente perchè due proiettività iperboliche, appartenenti a forme di 1^ specie, sieno proiettive , è V uguaglianza dei loro invarianti assoluti.

Osservazione. Quando tale condizione è soddis- fatta, si possono sempre trasformare le due proiettività r una neir altra in infiniti modi, facendo corrispondere ai due elementi uniti dell' una gli elementi uniti dell'altra, e fissando ad arbitrio altri due elementi omologhi.

Consideriamo ora due proiettività paraboliche; si può dimostrare che esse sono sempre proiettive. Sieno invero M ed M' i punti uniti delle proiettività parabo- liche TI, ti', risp. date nelle forme u, ii , e sieno A, A^ due elementi di u corrispondenti in tu, e A', A\ due eie-

135

menti di u' corrispondenti in ti'. Poniamo fra u , v! la proiettività

IM A A,\ "- \M'A aJ-

essa trasforma la proiettività parabolica

_ (M M A \

nella

, (M' M A'\

"" - \M'jìrA\/'

dunque le Te, n sono proiettive, e. ci. d.

Osservazione. *" L' invariante assoluto d' una pro- iettività parabolica (M M A A^) deve considerarsi come uguale all' unità , ed è quindi uguale per tutte le proiet- tività paraboliche.

CAPITOLO VII Involuzione nelle forme di 1.' specie.

§ 36. Involuzione. Data in una forma di 1.^ specie u una proiettività w, non avviene in generale che essa equi- valga alla sua inversa, cioè che sia w-to-i. Invero se A, A' sono elementi corrispondenti in w, la w può consi- derarsi come definita dalle terne corrispondenti AA'B, A! A!' B\ dove A'\B,B' sono certi altri elementi della

(A A B\ j non equi-

(J^ A" B'\ A A ^^ '^" ^ ^i^^'^so da A'.

Se , invece di parlare di una sola forma , si conside- rano due forme di 1.^ specie u, iC sovrapposte, riferite mediante una proiettività w, si può dire che un elemento A della forma, considerato come appartenente alla u un corrispondente A! in u (suo omologo in w); considerato invece come appartenente ad u\ in generale un diverso corrispondente A^ (suo omologo in o)-^).

Definizione. In una forma di I.^ specie una pro- iettività non identica, che coincida colla sua inversa, dicesi proiettività involutoria o involuzione.

137

Se, invece di parlare di una sola forma, si parla di due forme di 1.^ specie sovrapposte u, u\ in involuzione, non vi è luogo a distinguere l'una forma dall'altra, giacché ogni elemento considerato come appartenente ad u o ad li' da, in questo caso, lo stesso corrispondente.

Osservazione. Non si può parlare di involuzione tra forme di 1.^ specie distinte.

Invece di esprimere la condizione perchè una proiet- tività 0) sia involutoria, colla relazione

0) 0)— 1,

essa si può esprimere colla relazione equivalente

0)2= 1,

la quale afferma che la ripetizione della proiettività w produce l' identità, vale a dire che : se in una proiettività involutoria w (posta in una forma di 1.^ specie) ad un elemento A corrisponde Al, anche ad Al corrisponde A\ cioè i due elementi A^Al si corrispondono in doppio modo. Per effetto di questa corrispondenza in doppio modo non vi è luogo a distinguere nella coppia A A il primo ele- mento dal secondo (ciò che avviene invece se la w non è involutoria): così l'involuzione può riguardarsi come una serie di infinite coppie (analoghe ad A A) tale che ogni elemento della forma appartiene ad una coppia.

Una coppia di elementi, che si corrispondono (in doppio modo) in una involuzione, si dice una coppia di elementi coniugati nell' involuzione.

In una qualunque proiettività non ellittica, data in una forma di 1.^ specie, esistono coppie di elementi omologhi (coincidenti), che si corrispondono in doppio modo, e sono quelle costituite dagli elementi uniti.

Sussiste ora l' importante

Teorema. 8e in una forma di 1^ specie è data una proiettività w, nella quale due elementi distinti si corrispondono in doppio modo, altrettanto avviene per

138

ogni altra coppia di elementi omologhi, cioè la proietti- vita e una involuzione.

Sieno ^,^'gli elementi distinti, che si corrispondono in doppio modo in w, e sia BB' un'altra coppia qualunque di ele- menti omologhi ; allora la w può ritenersi individuata dalla corrispondenza delle terne AAB, A'AB^ ossia (usando

/A A' B\

della solita notazione) ^ = ( j/ j t)')-

Ora si ha 33):

AA BE n A'AB'B: questa relazione significa appunto che a B' corrisponde B nella proiettività ^ ~ \ a, a j:,,)\ dunque B, B' si corri- spondono in doppio modo.

Essendo B B' una qualunque coppia di elementi omo- loghi in (I), la 0) è un'involuzione, c.d.d.

Corollario. In una forma di prima specie u esiste una involuzione alla quale appartengono due date coppie di elementi coniugati (senza elementi comimij, di cui una almeno costituita da elemeyiti distinti.

Se invero A A\ B E sono le coppie date e non è A = A\ l'involuzione in cui A, A' e B, B' sono coniugati è

la proiettività perfettamente determinata ( ^, , . ^, ), nella

quale necessariamente a B' corrisponde B. La proposizione enunciata verrà estesa fra poco al caso in cui ambedue le coppie sieno costituite ciascuna da elementi coincidenti (distinti fra loro).

§ 37. Senso d' una involuzione. In una torma di 1.'^ specie u sia data una involuzione o), nella quale le coppie di elementi (distinti) A A' , B B' sono coppie di elementi coniugati. Essa fa corrispondere al segmento ordi- nato A B A' della forma, il segmento ordinato A' È A.

139

a) Supponiamo dapprima che B, B' separino J., .4'; allora i due segmenti À B A\ A' E A sono complemen- tari e però hanno lo stesso senso; quindi la proiettività involutoria w è concorde.

Ogni altro elemento G del segmento A B A' ha il suo coniugato C nel complementare, quindi C, C non pos-

\ j \ I ^ sono coincidere e debbono se-

u A C B A' C B' parare A, A'. Accade perciò che al segmento C A C di u corrisponde in w il segmento complementare C A' C, e però anche C C\ ed ogni altra coppia di elementi coniugati in w, si separano.

Dunque, se due coppie di elementi coniugati in co si separano, altrettanto accade per due altre coppie qua- lunque di elementi coniugati in essa, e la w è una invo- luzione concorde.

Viceversa, se la w è concorde, i due segmenti ordinati corrispondenti AB A! , A' B' A hanno lo stesso senso e però sono complementari, onde B,B' separano ^,^'. Allora la w non può avere elementi uniti.

h) Supponiamo invece che le coppie J.J.', B B' non si separino. Allora al segmento ordinato A B A' corri- sponde A' B' A, che è il medesimo segmento ordinato in senso inverso, quindi la w è discorde.

Perciò vi sono in w due elementi uniti (distinti), che diconsi gli elementi doppi della involuzione.

Segue che: se, in w, due coppie di elementi coniugati non si separano , due qualunque altre coppie di elementi coniugati non si separano e la w è discorde iperbolica; altrimenti si sarebbe nel caso a) e la co risulterebbe concorde.

Deduciamo il

Teorema. In una farina di 1^ specie ima invo- luzione è concorde ed ellittica o discorde ed iperbolica, secondochè due coppie di elementi coniugati di essa si separano oppitr no.

140

Prendendo due coppie che si separano, o viceversa, si determina un' involuzione rispettivamente ellittica o iper- bolica, ciò che dimostra l'effettiva possibilità dei due casi.

Non esistono proiettività involutorie paraboliche , poiché esse sarebbero concordi e un' involuzione con- corde è ellittica.

Osservazione Facendo il confronto tra i risul- tati ottenuti in questo § e quelli del § 31, vediamo che mentre il senso (cioè 1' essere concorde o discorde) non basta in generale a decidere della esistenza di punti uniti in una proiettività, tranne in un caso (cioè quando la pro- iettività è discorde), esso basta sempre per l' involuzione.

Dimostriamo ora il

Teorema. In una forma di 1^ specie due invo- luzioni, di cui una almeno sia ellittica, hanno sempre una coppia comune.

Riferiamoci ad una punteggiata.

Si considerino, sopra una retta w, due involuzioni w, T. Un punto qualunque Y della retta avrà come coniugati rispetto ad w , T, due punti X, X', e questi due punti (al variare di Y) si corrisponderanno nella proiettività ( r oj - 1 :z ) T D). Ora se tale proiettività ha un punto unito U , questo ha lo stesso coniugato Z7' rispetto alle due involuzioni, e preso insieme ad U' costituisce appunto una coppia comune alle due involuzioni to, T\ la proiet- tività nominata ha allora come punto unito anche TI'.

Ciò posto supponiamo che una delle due involuzioni, p. e. la CD, sia ellittica (concorde), e distinguiamo i due casi in cui la T sia iperbolica (discorde), oppure ellittica (concorde).

a) La T sia iperbolica.

Le involuzioni w, T avendo senso opposto, la proiet- tività prodotto Ttd è discorde, essa ha dunque certo due punti uniti (§31), i quali costituiscono la coppia comune alle involuzioni w, T.

141

b) La T sia ellittica.

La pKoiettività prodotto 2'w è in questo caso con- corde, ma pure essa ammette ancora due punti uniti che formano la coppia comune a w, T.

Per dimostrare 1' effettiva esistenza dei nominati punti uniti, basterà costruire un segmento della retta u, cui corrisponda, nella detta proiettività, un segmento interno 19).

Consideriamo perciò il punto Z coniugato di X' in co, ed il punto Z' coniugato di X in T, allora potremo scrivere:

(0

i I I I I Y Z' X' X Z /Y X' X Z'

^ /Y X X' Z\ ~ \X Y Z X') /Y X' X Z'\ \X' Y Z' x)'

Ora le coppie X Y, X' Z, coniugate nell' involuzione ellittica (0, si separano, e similmente si separano le coppie X' F, X Z' coniugate in T. Si deduce che nell' ordine naturale {Y X' X) della retta u, i punti Y,Z\X;X,Z si susseguono nella disposizione scritta, e però il segmento Z' X' che non contiene Y è interno al segmento Y X che non contiene Z. Ma al secondo segmento corrisponde

/ Z Y X\

appunto il primo nella proiettività T (o ee ( „, ^J.

Ecco dunque costruito un segmento di u cui corri- sponde nella detta proiettività un segmento interno, come era richiesto. Ciò dimostra il teorema enunciato.

§ 38. Involuzioni iperboliche. Si ha il Teorema. In una forma di 1^ specie gli ele- menti doppi di ima involuzione iperbolica w separano armonicamente le coppie di elementi coniugati.

Siene M, N gli elementi doppi di co, ed A, A' due elementi coniugati distinti di essa. In w al gruppo di

142

quattro elementi MNAA' corrisponde il gruppo MNA'A; quindi

M NA A' li M N A' A,

e però 33) il gruppo (M N A A') è armonico, c.d.d.

Ciò si esprime anche dicendo: * L' invariante asso- luto d'una involuzione iperbolica è 1.

Corollario. Bali, in u, gli ele^nenti dopjn M, N (distinti) di una involuzioyie w, questa è definita e si costruisce deterniinayido di ogni elemento il coniugato annonico rispetto ad M, N.

Combinando questo corollario con quello del § 36 si ha :

In una forma di 1.^ specie u esiste una involuzione a cui appartengoyio due coppie di elementi coniugati distinti 0 coincidenti, senza eleìvxnti comuni.

Segue che : date in u tre o più coppie di elementi (distinti 0 coincidenti) ad arbitrio, esse non appartengono in generale ad una involuzione ; se questo avviene si dice che le dette coppie sono in involuzione o che una di esse è in involuzione colle altre. Se, in u, due coppie di elementi sono in involuzione ciascuna con due medesime, le quattro coppie sono in involuzione, ecc.

Osservazione 1.^ Dire che una coppia di elementi distinti A A' è in involuzione con due coppie, ciascuna costituita di elementi coincidenti AI M, NN, è lo stesso che affermare che M, N separano armonicamente A, A'.

Osservazione 2.^ Ricordando il risultato del § 20, possiamo ora completare ciò che è stato detto nel § pre- cedente intorno alla coppia comune a due involuzioni , enunciando che :

In una forma di 1.^ specie, due involuzioni iperbo- liche, dotate di elementi doppi tutti distinti, hanno o non hanno una coppia comune, secondo che i loro elementi doppi non si schiarano o si separano.

143

Se le due involuzioni hanno un elemento doppio comune, questo costituisce la coppia ad esse comune.

§ 39. Teorema del quadrangolo. Sussistono i seguenti teoremi correlativi nella geometria piana:

Nel piano

le ire coppie di vertici oppo- sti di un quadrilatero com- pleto sono proiettate da un punto , non appartenente ad alcun lato del quadri- latero, secondo tre copp)ie di raggi in involuzione.

le tre coppie di lati opposti di un quadrayigolo completo segano una retta, non ap- partenente ad alcun vertice del quadrangolo , secondo tre coppie di punti in invo- luzione.

Basterà dimostrare il teorema a sinistra

Sia HGEF il quadrangolo, u la ret- ta segante, e AA\BB\ C C le tre coppie di punti sezioni di u ri- spettivamente colle coppie di lati opposti HE, GF; HG, FF: EG, HE. Una di tali coppie (senza ele- menti comuni) p. e. AA\ sarà costituita di punti distinti. Ciò posto conside- riamo il punto Q = F G . EH, che è un punto diago- nale del quadrangolo.

Si ha

AA'B'C n AQGF

(essendo un gruppo proiezione dell'altro da //);

AQGF n A'ACB

(essendo un gruppo proiezione dell'altro da E).

144

Inoltre (pel § 33)

AA'CB 11 A ABC, quindi

AAB'C li A' ABC.

Ora la proiettività l a, a p) ideila quale si corri- spondono le coppie AA\ A' A, BB\ CC è un'involuzione pel teorema del § 36.

Ciò dimostra il teorema.

Si enunceranno per esercizio i teoremi correlativi dei precedenti, nello spazio, e si noteranno i casi partico- lari in cui la u passi per un punto diagonale o per due punti diagonali del quadrangolo.

Costruzioni. 11 precedente teorema fornisce una nuova costruzione dell'involuzione nelle forme di 1.* specie. Riferendoci, per esempio, alla punteggiata u, su cui sia definita un' involuzione mediante due coppie di punti coniugati AA'.B B\ si può costruire in essa il coniu- gato C di un punto òXCu nel seguente modo:

Si conducano per A, B, C tre rette fuori di u, in un piano, che for- mino un trilatero avente per vertici, rispettivamente opposti ad essi, i punti L, M, iV; si unisca A' con L e B' con M\ l'intersezione /ideile due rette vien proiettata da N su u nel coniugato C di C.

ÌA&

L'unicità del punto C costruito in tal modo, quando si vari il quadrangolo costruttore, segue anche dal teo- rema sui quadrangoli prospettivi ed omologici del § IL

§ 40. * Proprietà metriche dell' involuzione nella pun- teggiata. — Data, in una punteggiata propria u, una pro- ietti vita 71, si avranno in generale su u due punti (limiti) corrispondenti al punto all' infinito in tz ed in n -\ i quali punti saranno propri, se tz non è una similitudine 29). In tal caso essi potranno tuttavia coincidere in uno stesso punto (proprio) 0, ed anzi ciò accadrà allora ed allora soltanto quando la proiettività tt sia involutoria; il punto 0, coniugato del punto all'infinito nell'involuzione tt, prende il nome di centro di essa.

Consideriamo su ii un'involuzione dotata di centro proprio 0 (escludendo dunque, per ora, il caso che essa abbia il punto all'infinito come doppio). Sieno AA\ BB' due coppie di punti coniugati, e si designi con O^o il punto all'infinito di ii, coniugato ad 0. Si ha allora

AB 00^ li A' B" OooO. e quindi, uguagliando i birapporti dei due gruppi di 4 punti, si ricava:

(ABOOoo) = {A' B' 0^0),

ossia

quindi

AO B' 0

B 0 "~ A' 0'

AO.A' 0 = BO.B 0.

Dunque: Il prodotto delle distanze di due punti coniugati dal centro (proprio) dell' involuzione è ima costante, che dicesi costante dell' involuzione.

Questa relazione rientra del resto in quella più gene- rale dimostrata (nello stesso modo) in fine al § 34.

146

È chiaro poi che, viceversa, essa esprime una pro- prietà metrica caratteristica per l'involuzione.

Indicata con k la costante di una involuzione, il suo segno ci il senso di esso: se k è positiva, l'involuzione stessa è discorde e si hanno due punti uniti M, N di cui 0 è punto medio ; in tal caso

k = 0 W ^ 0 N\

L'involuzione su u appare completamente diversa, sotto r aspetto metrico, quando il punto all' infinito è un punto doppio, vale a dire quando essa è una similitudine 29). Invero, su ?«, una similitudine involutoria, è sempre una simmetria rispetto ad un centro, generata dal ribalta- mento di u attorno ad esso.

Infatti, se 0 è l'ulteriore punto doppio della involu-

1 \ \ zione nominata, esso, insieme

^ 0 Ay al punto all'infinito, separa

armonicamente ogni coppia di punti omologi AA\ onde 0A = - OA'.

È stato avvertito d'altra parte 32) che la simme- tria rispetto ad un centro è l'unica specie di congruenza inversa che si possa avere in una punteggiata propria.

Osservazione. Nel § 32 avevamo caratterizzato dal punto di vista grafico le congruenze dirette sopra una punteggiata come « proiettività paraboliche col punto unito improprio » ; qui risultano caratterizzate le con- gruenze inverse (simmetrie) come << iyivoluzioni con un punto doppio air infinito ».

Dalle cose dette risulta una notevole generazione metrica dell' involuzione nelle punteggiate, mediante fasci di cerchi.

Ricordiamo dalla geometria elementare che due cerchi

d' un piano individuano sempre un asse radicale, luogo dei

punti di ugual jìotenza rispetto ad essi (cioè, riferendoci alla

1. Sfigura della pagina seguente, luogo dei punti 0, per cui

0 A.OA'=zOB.OB').

147

Questo asse radicale è la retta congiungente i due punti d'incontro dei due cerchi, se questi s' incontrano; è la tangente comune se si toccano; e può essere determinato

in tutti i casi come la retta perpendicolare alla congiun- gente i centri C, C dei due cerchi di raggi r, r , nel punto D, le cui distanze da (7, C sono tali che

C~ff _ CD" := r'' t'\

Si avverta che l'asse radicale di due cerchi concen- trici è la retta all' infinito del loro piano, e viceversa.

Ricordiamo inoltre che, dati due circoli, ve ne sono infiniti altri, che insieme ad uno di essi danno come asse radicale l'asse a dei primi due; essi formano un fascio di circoli che ha come asse radicale la retta a.

Questo fascio è determinato indifferentemente da due qualunque dei suoi circoli. Per ogni punto del piano che

148

non sia comune a tutti i circoli di un fascio (cioè che- non sia un punto base) passa un circolo di esso.

Se due circoli hanno comuni due punti , questi sona punti base del fascio determinato dai due circoli, ed il fascio è costituito da tutti i circoli passanti per i due punti.

I centri dei circoli d' un fascio stanno sopra una retta perpendicolare all' asse radicale, ecc.

Ciò posto, si consideri nel piano un fascio di circoli di asse radicale r, e si consideri una retta a non pas- sante per un punto base del fascio. Sia 0-ar, e suppongasi dapprima che 0 sia proprio; sieno A A\ B B' due coppie di punti segate su a da due cerchi del dato fascio. Essendo r l'asse radicale dei due cerchi, si ha OA. OA' = OB . OB'.

Dunque su a le coppie AA' e BB' appartengono ad una involuzione avente come centro 0; a tale involuzione appartengono similmente tutte le coppie segate dai circoli del fascio sulla retta a.

Suppongasi ora che 0 sia improprio , cioè che le rette a, r sieno parallele, oppure che la r sia impropria; allora si consideri la retta r' perpendicolare ad r che contiene i centri dei cir- coli del fascio, e sia 0' la sua intersezione con a.

II punto 0' è punto medio di tutte le corde intei^- cette su a dai cerchi del fascio (che incontrano a)\ quindi

149 le coppie segate da tali circoli appartengono ad una sim- metria di centro 0' .

Possiamo quindi enunciare il teorema:

Segando i circoli d' un fascio con una retta a del suo piano, non passante per un punto base, si ottengono le coppie d' una involuzione, che ha come centro V inter- sezione della retta stessa coli' asse radicale del fascio, e, nel caso particolare che queste due rette sieno parallele, è una siynmetria rispetto al punto sezione di a colla per- pendicolare contenente i centri dei circoli del fascio.

E chiaro che ogni involuzione sopra una retta a può considerarsi come ottenuta in tal mo- do. Invero se AA', BB' sono due cop- pie di un' involu- zione 0) su a (cop- pie che individuano <!)), si possono con- durre ad arbitrio per A A' e rispettivamente per B B' due circoli; segando con a il fascio K di circoli determinato dai due nominati, si ottiene appunto l'involuzione co. Si osservi che può anche farsi sempre in modo che il fascio K abbia due punti base.

Costruzioni. L' osservazione precedente permette una nuova costruzione dell' involuzione w su a. Invero il <ioniugato di un punto C si può ottenere , costruendo il <iircolo del fascio K, che passa per C, e determinandone r ulteriore intersezione C con a.

§ 41.* Congruenze involutorie nel fascio. Cer- chiamo nel fascio (proprio) U di raggi (e analogamente «i direbbe pel fascio di piani) la condizione perchè una congruenza sia involutoria.

Una congruenza diretta equivale ad una rotazione in un dato senso, di un certo angolo a, del fascio Z7 su

150

stesso (cfr. § 32). Se tale congruenza deve essere involu- toria , occorre che la rotazione dell' angolo 2 a sovrap- ponga in U ogni raggio a stesso, cioè 1' angolo 2 a deve essere un multiplo di due angoli retti [2 a ei 0 (mod. tt)]. Se la data congruenza non è identica, essa equivale dunque ad una rotazione di un angolo retto del fascio ?7su stesso. La congruenza involutoria cosi generata si può defi- nire come la corrispondenza in cui ad ogni raggio corri- sponde il raggio perpendicolare in U,

Questa si chiama V involuzione degli angoli retti in U. Tali cose possono ripetersi analogamente pel fascio di piani. Si ha dunque :

In un fascio (proprio), una congruenza diretta in- volutoria è V involuzione degli angoli retti. Invece si ha: In un fascio (proprio) ogni congruenza inversa è involutoria, poiché tale con- gruenza è una simmetria rispetto ai due elementi doppi ortogonali 32).

Stante il resultato del § 36, una involuzione data in un fascio, diversa dall' involuzione (ellittica) degli angoli retti, avrà con questa una coppia comune. Si ottiene così la seguente proprietà:

In un' involuzione di un fascio proprio esiste sempre una coppia di elementi (raggi o piani) coniugati ortogonali: questa coppia è unica, se la data involu- zione non è quella degli angoli retti.

Nel piano, segando colla retta all' infinito le involu- zioni degli angoli retti di tutti i fasci di raggi, si ottiene una determinata involuzione che dicesi la involuzione assoluta del piano (congruenza involutoria diretta sopra la retta impropria). Questa è la corrispondenza biunivoca tra le direzioni ortogonali del piano.

151

Tenendo presente un resultato del § 29 si avrà : Una proiettività tra due punteggiate improprie è una congruenza, allorché fa corrispondere all' involuzione assoluta sulV una , l'involuzione assoluta siili' altra; perchè ciò accada basta anzi si sappia che a due coppie di punti coniugati nella prima involuzione corrispondono, per effetto della proiettività nominata, due coppie di punti coniu- gati nella seconda. Invero tali condizioni portano che due qualunque fasci propri di raggi proiettanti le punteggiate risultino congruenti.

§ 42. Cenno sulle proiettività cicliche. Se si ha in una forma di 1.^ specie una proiettività tt, si possono consi- derare le proiettività 71^ = 71 . tt, 71:^^ = tt^ . ti ..., che nascono dalla ripetizione della tt.

In generale si ottiene cosi da un punto A (non unito) una successione infinita di punti corrispondenti in Ti, tt^tt^....; punti che designeremo con A\ A'\ A'" A'^

Ma può avvenire che sempre il punto A^ coincida con A, vale a dire che ti" sia l'identità, ciò che s'indica scrivendo tc'*^ 1.

Se ciò avviene per un certo valore di n, si dice che TT è una proiettività ciclica d' ordine n e che i gruppi analoghi ad A A' A".... A'^-^ sono i cicli di essa. Le proiettività cicliche di 2.^ ordine sono le involuzioni.

Si può dimostrare che una proiettività r. di una forma di 1.^ specie e ciclica d'ordine n^ 2 se tz'^ ha un elemento unito, che non sia unito per tt, cioè se ^" coincide con A.

Si può anche vedere che le proiettività cicliche d'or- dine n > 2 sono ellittiche.

*Non vi sono sulla retta congruenze dirette cicliche.

2 71

Nel fascio, una rotazione dell' angolo a = genera

una congruenza diretta ciclica, d' ordine n.

CAPITOLO Vili Proiettività tra forme di 2.^ specie,

§ 43. Definizioni. Due piani si dicono omografici, allorché sono riferiti in modo che ad ogni elemento , punto 0 retta, dell' uno, corrisponda un elemento, rispet- tivamente punto 0 r(^tta, dell' altro, in guisa che ad un punto e ad una retta d' un piano che si appartengono corrispondano sempre nell' altro un punto e una retta che si appartengono.

Si dice omografia la corrispondenza che intercede fra due piani omografici. Si può avere un semplice esem- pio d'omografia fra due piani, considerando la corrispon- denza (prospettività), che nasce proiettando un piano sull'altro da un punto esterno.

Un altro esempio * di omografia tra due piani si ha operando sopra uno dei due piani un movimento (nel senso della geometria elementare), in guisa da sovrapporlo all' altro piano, e considerando come corrispondente ad ogni punto del primo piano la nuova posizione da esso assunta.

Un' omografia fra due piani si può considerare come una corrispondenza biunivoca soltanto fra i punti di due piani (o soltanto come una corrispondenza biunivoca fra

15a

i due piani rigati). Sussiste allora la proprietà fondamentale che : mentre un loiinto si nniove in un piano descrivendo una retta, il corrispondente si muove nelV altro 2nano descrivendo esso pure una retta (la retta corrispondente alla nominata).

Allorché sono dati due piani a, a! si può in infiniti modi pensare una corrispondenza biunivoca fra i punti dell' uno e i punti dell' altro ; ma una tale corrispondenza non è in generale un' omografia. Se invero si fa muovere un punto P nel piano a descrivendo la retta j9, il punto corrispondente F in a' non descriverà in generale una retta, ma (ammessa la continuità) una curva qualsiasi. Il fatto che F descriva una retta quando P descrive una retta in a è appunto ciò che caratterizza la speciale cor- rispondenza fra due piani detta « omografia ». Invero, se tale condizione si suppone realizzata, si può riguardare come corrispondente di ogni retta p del piano a la retta p\ luogo dei punti omologhi di p in a'; e si ha allora che ad ogni elemento, punto o retta, di a, corrisponde un elemento dello stesso nome in a, e ad un punto e una retta di oc che si appartengono corrispondono in x un punto e una retta che si appartengono.

È ovvio fare l' osservazione correlativa alla prece- dente, osservazione che per brevità omettiamo.

Due piani si dicono 7^eciproci o correlativi allorché sono riferiti in modo, che ad ogni elemento, punto o retta, dell' uno, corrisponda un elemento di nome diverso, rispet- tivamente retta o punto, nell'altro, in guisa che ad un punto e una retta d' un piano, che si appartengono, cor- rispondano neir altro piano una retta ed un punto che del pari si appartengono.

Si può considerare la reciprocità (cioè la nominata corrispondenza) fra due piani, come una corrispondenza fra gli elementi (punti) di un piano punteggiato e gli ele- menti (rette) di un piano rigato; questa corrispondenza

154

gode allora della proprietà fondamentale e caratteristica seguente : « mentre un punto si ìnuove nel primo piano^ descrivendo una retta, la retta omologa nelV altro si muove passando sempre per un punto fisso. » In forza di questa proprietà (che per una corrispondenza qualsiasi può non essere soddisfatta) anche ad ogni retta del 1.^ piano viene a corrispondere un punto del 2.^, ecc.

Osservazione. Ciò che si deve contrapporre per dualità all'omografia fra due piani è ancora l'omografia: se si considera la prima omografia come esistente fra i due piani punteggiati, le si contrapporrà la considerazione dell'omografìa stessa come esistente fra i due piani rigati.

Ciò che si deve contrapporre per dualità alla reci- procità 0 correlazione fra due piani, è ancora la reci- procità : se una volta essa si riguarda, come posta fra un piano punteggiato e un piano rigato, si riguarderà l'altra volta come posta fra un piano rigato e un piano pun- teggiato.

Le definizioni date di omografia e reciprocità si tra- sportano subito alle stelle.

Due stelle si dicono omografiche, se ad ogni retta e ad ogni piano dell' uno corrispondono rispettivamente una retta e un piano dell' altra, con la condizione che se i due elementi nominati della prima stella si appartengono, lo stesso avvenga dei corrispondenti nell' altra.

Due stelle si dicono recijjroche o correlative, se ad ogni retta e ad ogni piano dell' una corrispondono reci- procamente neir altra un piano ed una retta, con la con- dizione che ad elementi (retta e piano) dell' una, che si appartengono, corrispondano nell' altra elementi (piano e retta) che si appartengono.

Infine si può considerare anche 1' omografia fra un piano ed una stella, cioè la corrispondenza fra gli ele- menti, punti e rette del piano, e gli elementi, rette e piani della stella, dove ad elementi (punto e retta) della

155

stella , che si appartengono , corrispondono elementi nel piano che pure si appartengono. Similmente si ha la reciprocità fra un piano ed una stella, quando ad ogni elemento, punto o retta del piano, corrisponde un ele- mento, rispettivamente piano o retta, nella stella, e ad elementi nel piano che si appartengono corrispondono nella stella elementi che si appartengono.

L' omografìa o la reciprocità , secondo ciò che è stato notato diffusamente per 1' omografia fra due piani, può riguardarsi come una corrispondenza biunivoca fra gii elementi di due forme di 2.^ specie, dove agli elementi di una forma di 1.^ specie nell'una corrispondono nel- l'altra elementi di una forma di 1.^ specie. Sotto questo aspetto r omografia e la reciprocità si presentano sotto un aspetto unico ; la differenza sta solo nel nome diverso degli elementi corrispondentisi nelle due forme che s'im- maginano riferite. Appunto perciò si abbracciano l' omo- grafìa e la reciprocità sotto il nome comprensivo di proiettività (fra piani e stelle o fra forme di 2.^ specie).

Si può dire :

Due forme di 2^ specie sono proiettive, allorché sono riferite in modo, che a ciascun elemento dell' una corrisponda un elemento dell'altra, con la condizione che ad elementi di una forma di 1.^ specie nelV una corrispondano elementi di una forma di 1^ specie (omologa) nelV altra.

Dalle definizioni date segue subito che: Bue forme di 2?- specie proiettine ad una terza sono proiettive fra loro.

Due forme di 2.^ specie omografiche ad una 3.^ sono omografiche fra loro.

Due forme di 2^ specie reciproche ad una 3^ sono omografiche fra loro.

Due forme di 2.'' specie, una delle quali è omo- grafica e V altra è reciproca ad una medesima, sono reciproche fra loro.

155

Queste proposizioni si possono anche raccogliere nel- r enunciato:

Il prodotto di due ijroiettività tra forme di 2.^ specie è una proiettivi , e precisamente un omografia o ima correlazione, secondochè le proiettività comp)onenti sono della stessa natura o di natura diversa.

Se due forme di 2.^ specie sono riferite fra loro in modo che si passi dall'una all'altra con un numero finito di proiezioni e sezioni, esse sono omografiche. La proposizione inversa è pu^e vera come si potrebbe dedurre dai resultati che seguono.

§ 44. Teorema fondamentale. Nello studio della proiettività tra due forme di* 2.^ specie possiamo sosti- tuire eventualmente alle stelle dei piani prospettivi (loro sezioni) e quindi limitarci a considerare la proiettivitii (omografia o reciprocità) tra due piani. Così faremo ap- punto nel seguito, almeno generalmente.

Consideriamo due piani omografici a e a', ed in essi

due rette omologhe p, p. Mentre un punto P si muove su j9, il corrispon- dente P' si muove su p' : nasce così fra le due rette p, p' una corri- spondenza biuni- voca. È facile ve- dere che questa corrispondenza è una proiettività. Basta per questo (riferendoci alla definizione) mostrare che a 4 punti P^P^P^P^ ài p.iovmdiwìì un gruppo armonico, corrispon- dono su p' 4 punti P ^P' ^P' ^P\ formanti del pari un gruppo armonico. Ora si consideri un quadrangolo ABCD costrut- tore del gruppo armonico Pj P^P^ ^a (^^^i figura) : ad esso

157

corrisponde nel piano a' un quadrangolo A' B' C 17, di cui due lati passano per P\, due per P^, uno per P^, uno per P\ ; esso prova che il gruppo P\ P\ P\ P\ è armonico , e. d. d.

Abbiamo dunque il teorema fopdamentale nella teoria dell' omografia di due piani :

/n due piani omografici due punteggiate omologhe sono proiettive.

E nello stesso modo (fatte le convenienti sostituzioni di parole nel ragionamento precedente) si dimostra che:

In due piani reciproci una punteggiata è proiettiva al fascio di raggi omologo.

0 più generalmente :

In due forme di 2.^ specie proiettive, forme di 1.^ specie omologhe sono proiettive.

La proiettività che risulta così definita tra le nomi- nate forme di 1.^ specie omologhe, dicesi subordinata di quella data tra le forme di 2.^ specie.

§ 45. Determinazione della proiettività tra forme di 2.^ specie. Il problema capitale della teoria della proiet- tività tra forme di 1.^ specie era quello di assegnare come possa esser posta e determinata la proiettività fra due forme; lo stesso problema compare qui per le forme di 2.^ specie.

Ci riferiamo al caso di due piani e cominciamo a parlare dell' omografia.

Sieno a, a' due piani omografici, ^J.', ^5' due coppie di punti di essi che si corrispondono nell' omografia. I fasci di raggi J.,^' e così i fasci B,B' sono proiettivi; al raggio AB considerato nel fascio il o in ^ corrisponde ugualmente il raggio A' B' .

Un punto qualunque P del piano a , fuori della retta AB, può essere determinato come intersezione delle rette

158

PA, PB, ed allora il suo corrispondente P' viene deter- minato come in- tersezione delle rette omologhe alle nominate nelle proiettivita tra i fasci A, A' e B, B'. Una retta qualsiasi p descritta da P m a , non passante per A o B, può riguardarsi come luogo dei punii d' intersezione dei raggi omologhi di due fasci prospettivi A, B: stante la proiettivita tra A, A' e B, B\ dove al raggio AB corrisponde ugualmente A'B\ i fasci A', B' risul- tano (proiettivi col raggio A' R unito quindi) prospettivi, ed il luogo delle intersezioni dei raggi omologhi è la retta jo', corrispondente allajo, descritta dal punto P'.

Queste osservazioni dimostrano che l'omografia (sup- posta data) tra a, a' è completamente determinata dalla proiettivita tra le coppie di fasci A, A' e B, B'.

Ora prendiamo ad arbitrio, in un piano a, due fasci di raggi A,B\ in un piano od due fasci A\ B\ rispettiva- mente proiettivi ai primi, in modo che al raggio AB cor- risponda ugualmente (nelle due proiettivita) il raggio A'B'. Si domanda se si potrà porre tra a, a' un'omografia, in cui si corrispondano le coppie di fasci nominati secondo le proiettivita fissate.

La risposta è affermativa.

L' omografia in questione si ottiene infatti facendo corrispondere :

1) ad ogni punto P di a, fuori di AB, il punto P di OL sezione dei raggi corrispondenti a PA, PB, rispettivamente per A' e B':

2) ad ogni retta p descritta da P in a (non pas- sante per A 0 B) , la retta p' descritta da P' in a' , luogo delle intersezioni dei raggi per A\ B\ corrispondenti ai raggi proiettanti da A, B i punti di p (i fasci A\ B' cosi

159

riferiti proiettivamente ai fasci prospettivi A,B risultano pure prospettivi tra loro, perchè al raggio A B corrisponde sempre A' E') ;

3) ad ogni punto P della retta AB (fuori di A,B) il punto P' intersezione di AB' colla retta p' corri- spondente ad una qualsiasi retta p (diversa da AB) per P.

Questo punto infatti non varia mutando la p per P, giacché a due rette del piano a' che s'incontrano in un punto fuori della retta A' B' corrispondono sempre due rette di a €he s' incontrano in un punto (il quale si costruisce colla costruzione 2) ) fuori della retta AB,q per conseguenza due qualsiansi rette di a che s'incontrino su A ^ (in P) corri- spondono a due rette di ce che s' incontrano su A' B\ ossia a due rette che incontrano A' B' nel medesimo punto (P').

Mediante le costruzioni 1), 2), 3), viene posta tra i punti e le rette dei piani a, ed una corrispondenza biuni- voca, nella quale ad un punto e ad una retta di un piano ohe si appartengono corrispondono nell'altro piano un punto e una retta che parimente si appartengono. Le «ostruzioni assegnate pongono dunque tra i piani a, a! un'omografìa ben determinata nella quale i fasci A, A' e B, B' si corrispondono secondo le proiettività fissate, fa- centi corrispondere ugualmente al raggio ABìì raggio A'B',

E però siamo condotti al teorema:

Tra due piani esiste un omografìa determinata nella quale si corrispondono due coppie di fasci di raggi secondo proiettività fissate ad arbitrio, colla condizione che al raggio comune ai due fasci di un piano corri- sponda uguahnente il raggio comune ai due fasci del- l' altro piano.

Ora si possono tradurre per dualità i ragionamenti precedenti, sia relativamente a tutti e due i piani, sia relativamente ad uno solo.

I resultati che si ottengono permettono di determinare l'omografia tra due piani mediante due coppie di punteg-

160

giate proiettive, o la correlazione mediante la proiettività fra due punteggiate e due fasci. Ecco l'enunciato com- prensivo che tutti li riassume :

Tra due forine di 2^ specie esiste una proiettività deterrainata, in cui si corrispondono due coppie di forme di 1.^ specie proiettive, dove sieno Oìnologhi gli elementi rispettivamente comuni alle due coppie.

Giova porre questo teorema sotto un'altra forma. Riferiamoci, per semplicità di linguaggio, al caso d' un' omografia fra due piani punteggiati ed enunciamo poi il risultato generale.

Si abbiano nei due piani a, a due quaderne di punti ABCD, A' B' C D\ di cui tre non appartenenti ad una l'Otta. Si potranno riferire omograficamente i due piani in guisa che le coppie il ^, BB, CC\ DD' si corrispondano? Questa omografia rimarrà così determinata?

Il precedente teorema mostra appunto che a queste domande deve darsi risposta aff*ermativa.

Invero si considerino, per esempio, le rette AB, CD e le A' B\ C D' e si chiamino 0, O rispettivamente i

punti d'intersezione

^^ di queste due coppie

r.,^ {O^AB.CD,

a- A'B'. CD').

Fissiamo fra le

rette A B, A' B' la

proiettività Ìa,jvq\ che si ottiene facendo corrispondere

ad A, B, 0 rispettivamente A\ B,' 0\ e similmente fra le

rette CD, CD' la proiettività (^^,^, ^,j ; allora risulta

posta tra i piani a, a' un'omografia, in cui le due quaderne di punti fii corrispondono. Ma questa omografia in cui le due quaderne di punti si corrispondono è unica, e quindi risulta così determitata: infatti da quella corrispondenza segue

161

il corrispondersi di 0, 0' e quindi segue che fra le rette AB, A' B' e le CD, CD' debbono intercedere le proiettività {A B 0\ (CD 0\ . . .

KA'B'O')' KOD'O'Ì ^""^"^^1 ^^^^^^"^*^' t^^^ cui l'omografia

fra a, ol' riesce definita.

Concludiamo, più in generale, che sussiste il seguente:

Teorema. Tra due forme di 2^ specie esiste una proiettività determinata dalla corrispondenza di 4 coppie di eleìnenti omologhi, purché tra i 4 elementi fissati in ciascuna delle due forme non ve ne sieno tre apparte- nenti ad una forma di 1.^ specie.

Osservazione. Si può dimostrare che è sempre possibile passare con un numero finito di proiezioni e sezioni da un piano ad un altro in modo che si corri- spondano due quadrangoli; correlativamente si dica per due stelle. Si può vedere pure che è possibile passare con un numero finito di proiezioni e sezioni da un piano punteggiato ad una stella di raggi, in modo che ad un quadrangolo del piano corrisponda un quadiispigolo della stella. Da ciò si dedurrebbe:

Se due forme di 2.^ specie sono omografiche, si può passare dall' una all' altra con un numero finito di proiezioni e sezioni.

Costruzioni. La costruzione dell'omografìa fra due piani è stato il punto di partenza delle nostre conside- razioni. Noi abbiamo esaminato particolarmente il caso in cui l'omografìa è defìnita mediante 2 fasci proiettivi corri- spondenti, dove si corrispondono i raggi comuni. Non vi è nessuna difficoltà a sviluppare la costruzione correlativa dell' omografìa tra due piani, partendo da due coppie di pun- teggiate proiettive omologhe , e così facilmente si possono sviluppare le analoghe costruzioni della reciprocità, ecc. E se r omografia o la reciprocità vengono definite anziché mediante coppie di forme di 1 .^ specie proiettive, mediante due quaderne di elementi omologhi (di cui tre non appar-

162

tengano ad una forma di 1.^ specie), è subito indicato dalle considerazioni precedenti, come si dovrà procedere nelle costruzioni relative. Siccome però le costruzioni che noi accenniamo sono della massima importanza, anche nella pratica , le spieghiamo qui diffusamente (ritornando anche sul caso di cui si è discorso in principio del §), ma limi- tandoci alla proiettività fra piani.

Si vogliano riferire omograficamente due piani, date quattro coppie di

punti omologhi , rispettiva- mente vertici di due qua- drangoli AB CD, A' Bau.

Tra i lati dei due qua- drangoli congiungenti ver- tici omologhi, ad esempio tra AB ed A'B\ risulta posta una proiettività dove si corri- spondono A, A' e B, B' ed i punti diagonali dei due qua- drangoli AB' CD, A'B'- CU.

Così pure tra i fasci di raggi A, A' e tra B,B' ecc. risulta posta una pro- iettività in cui ai raggi A/i, A C, Ai) corrispondono i raggi A'J5',A'6",A'jD'ecosìai raggi BA,BC,BD i raggi B' A\ B'C\ B'D\ ecc.

Ora data in a una retta qualsiasi, non passante per uno dei punti A, B, (7, D, essa incontrerà le AB, CD in due punti di cui si de- termineranno gli omologhi rispettivamente su A' B\

rette omologhe, rispettiva- mente lati di due quadrila- teri ab ed, a'b'c'd'.

Fra i fasci determinati da due lati omologhi dei qua- drilateri , ad esempio fra ah Qàa'h' , risulta posta una proiettività dove si corri- spondono a.a e b,h' e le rette diagonali ah* ed, ah'* ed'.

Così pure tra le rette a, a' e tra le h, h\ ecc. risulta posta una proiettività in cui ai punti ah, ae, ad corrispon- dono i punti a'h', a' e , a! d' , e così ai punti ha,he,hd i punti Va! , h'c , h'd' , ecc.

Ora dato in a un punto qualsiasi P , non apparte- nente ad una delle rette a,h,e,d, lo proietteremo dai punti ah, ed, e determine- remo le rette omologhe di queste proiettanti, nei fasci

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€' D' ; la retta p di ed con- gìungente questi punti sarà la coiTÌspondente di p Del- l' omografia posta tra a, a'.

ah', c'd' \ il punto P' inter- sezione di queste rette sarà il corrispondente di P nel- r omografìa posta tra i piani a, od.

Data invece in a una retta p , non passante per un vertice del quadrilatero ah ed, la segheremo p. e. colle rette a,h, e determi- neremo i corrispondenti dei punti d'intersezione rispet- tivamente su a\ h' ; la retta p' che congiunge questi punti sarà la corrispondente della p nell' omografia.

Dato invece in a un punto P, non appartenente ad uno dei lati del qua- drangolo AB CD, si pro- ietterà p. e. da A, B, e si determineranno i raggi omo- ioghi a queste due rette pro- iettanti rispettivamente nei fasci A' , B'\ r intersezione di tali raggi sarà il punto P' corrispondente a P nell'omo- grafia in questione.

Si voglia ora costruire tra due piani a, cc\ la reci- procità ( -, ,) in cui a 4 punti A,B,C,D, vertici d'un ^ \a h e a/

quadrangolo in a, corrispondono 4 rette a, h, e, d, lati di un quadrilatero in a'.

È anzitutto chiaro come i fasci A,B,C,D, risultino proiettivi rispettivamente alle punteggiate a,h,c,d, e così le punteggiate AB, CD, ecc. ai fasci ah, ed, ecc.

Ora dato in a un punto P non appartenente ad un lato del quadrangolo ABCD, si proietterà p. e. da A, B, e si determineranno i punti che corrispondono a queste due rette proiettanti rispettivamente su a.h ; la retta p congiungente questi due punti sarà 1' omologa di P nella correlazione posta tra i due piani. Data invece in a una retta p, non passante per A,B, C,D, la si segherà con AB, CD, poi si determineranno le rette corrispondenti ai detti punti nei fasci ah, ed ; l' iniiersezione di tali rette sarà il punto P, omologo di p nella correlazione.

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§ 46. Forme di 2.^ specie prospettive. Se due piani (distinti) sono prospettivi (ossia riferiti mediante una pro- iezione da un punto esterno § 43), la retta ad essi comune è (unita e) tutta costituita di punti uniti (corrispondenti a stessi). Correlativamente se due stelle distinte sono prospettive (proiettanti uno stesso piano), i piani passanti per la congiungente i centri delle due stelle sono uniti.

Viceversa si ha il teorema:

Se due piani distinti Se due stelle distinte

sono omografici e la retta sono omografiche ed il fa- ad essi comune è tutta co- scio ad esse comune è tutto stituita di 'punti uniti, i due costituito di piani uniti, le piarli sono py^ospettivi. due stelle sono prospettive.

Riferiamoci all' enunciato di sinistra.

Se a, a sono i due piani, ed a = <xcc' la loro interse- zione, ogni retta ^ di a incontra la corrispondente p di a nel punto ap, a cui corrisponde stesso.

Osservato ciò, sieno A,B due punti di a, e A\ B' gli omologhi in a. Le rette AB, A' B' sono omologhe e però s'incontrano su a\ segue chele AA\BB' giacciono in un piano e però sono incidenti. Dunque le rette con- giungenti le coppie di punti omologhi di a, a sono due a due incidenti, e poiché (evidentemente) esse non giacciono tutte in un piano, passano tutte per un punto (§8); segue che a, a' sono piani p-rospettivi. c.d.d.

§ 47. Omologia. Si consideri 1' omografia tra due piani sovrapposti, cioè in un piano a; un elemento che coincide col corrispondente dicesi unito.

Se si fissano come uniti quattro punti del piano a, di cui tre non appartengano ad una retta, per il § 45 risulta fissata una omografia in a, che é quella detta identica, in cui ogni elemento corrisponde a stesso.

Dunque in una omografia, non identica, del piano a non possono aversi quattro punti uniti, di cui tre non

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appartenenti ad una retta, (o correlativamente) quattro rette unite di cui tre non appartenenti ad un fascio.

Una retta in a congiungente due punti uniti è unita per r omografia, e risulta riferita proiettivamente a stessa; quindi se vi è sulla retta un terzo punto unito, tutti i punti di essa sono uniti 21); correlativamente sono uniti tutti i raggi di un fascio cui appartengano tre rette unite.

Ne segue che : Se in un'omografia piana (non iden- tica) vi sono quattro elementi uniti dello stesso nome (punti 0 rette), vi è una forma di i.^ specie tutta costi- tuita di elementi uniti.

Se neir omografia vi è una punteggiata u di punti uniti, ogni retta incontra u in un punto che, essendo unito, deve appartenere alla corrispondente, ossia due qualunque rette omologhe s'incontrano su u. Viceversa: se, in una omografia piana , tutte le coppie di rette corrispondenti s' incontrano sopra una retta, questa retta è costituita di punti uniti; giacché ogni punto di essa è centro di un fascio unito di raggi.

Correlativamente : La condizione necessaria e suffi- cente per 1' esistenza di un fascio di raggi uniti , in una omografia piana non identica, è che tutte le coppie di punti omologhi sieno- allineate con un centro fisso.

Due piani omografici sovrapposti, i quali abbiano: (tre punti uniti di una retta, (tre rette unite per un e quindi) una punteggiata punto, e quindi) un fascio di punti uniti (u), hanno di raggi uniti (U) , hanno anche un fascio di raggi anche una p)unteggiata di uniti. punti uniti.

Basta stabilire il teorema a sinistra, e si farà per esercizio la dimostrazione del teorema a destra, secondo il principio di dualità (cfr. § 10).

Sieno a, ol due piani omografici sovrapposti aventi la u come retta di punti uniti. Notiamo anzitutto che su it

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s'incontrano tutte le coppie di rette omologhe a, a\ invero- il punto au essendo unito deve coincidere col punto a u. Mandiamo per u un piano cc^ diverso da a (= a') e proiettiamo a! su a^ da un punto esterno A. Nasce tra «1 , a un' omografìa , per cui la w è retta di punti uniti, dunque 46) una prospettività; vale a dire le coppie di punti omologhi MM^, N N^ ,.... sono tutte allineate con un punto fisso Uy Torniamo a proiettare a^ da A sul piano a'; le congiungenti le coppie di punti omologhi (M M\ NN\ ) neHa data omo- grafia tra a, a', passeranno tutte pel punto U proiezione di U^: questo punto sarà dunque il centro di un fascio di raggi uniti per l'omografia, di cui dovevasi mostrare r esistenza.

La particolare omografia piana (fra due piani sovrap- posti) in cui vi è una retta u di punti uniti ed un fascio U di rette unite, dicesi omologia di asse u e centro U. La doppia proprietà fondamentale dell'omologia piana

consiste in ciò che :

le rette omologhe s' incon- i punii omologhi sono alli-

trano sull'asse d' 07710 logia, neati col centro d'omologia.

La proprietà di un'omografia piana di essere un'omo- logia è correlativa di stessa.

Osservazione. Non è escluso il caso particolare in cui il centro U dell'omologia appartenga all'asse; il teorema che segue ne prova l'effettiva possibilità.

Teorema. Esiste un omologia piana avente un dato asse u e un dato centro U, in cui si corrispondono: due punti omologhi k,k' al- due rette omologhe a, a' che lineati col centro U (diversi s incontrino sulV asse u da esso e non appartenenti (diverse dall'asse e non ap- all'asse u). partenenti al centro V).

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Infatti tale omologia è r omografia che (secondo il § 45) risulta determinata fis- sando che la retta u corri- sponda a stessa e si abbia su II la proiettività identica, e che alla retta A A' corri- sponda sé stessa e si abbia su di essa (come subordinata dell'omografia) la proietti- vità in cui sono dati i punti uniti TI Q C~AA',u e la coppia di punti corrispon- denti A A'.

Dato un punto B del piano, fuori della retta AA', per costruire il suo corri- spondente B si può procedere così : si determini il punto 0=AB,u e quindi si se- ghino le rette 0 A' e BU\ il punto d' intersezione ap- punto perchè esso é comune alla retta A' 0 corrispon- dente ad AB, ed alla retta UB, è il punto B cercato.

Dati il centro e 1' asse coppia di punti omologhi, si

Infatti tale omologia è r omografia che (secondo il § 45) risulta determinata fissando che i punti f^ed aa' sieno uniti e si abbia (come subordinata dell'omografia), nel fascio U la proiettività identica, e nel fascio a a' la proiettività che ha per raggi uniti u e c^ad , Ve dove si corrispondono i raggi a a'.

Data una retta h del piano, non passante pel punto aa\ per costruirne la cor- rispondente y si può pro- cedere così : si determini la retta o "z. ah»U q quindi si congiungano i punti od e hu\ la congiungente , appunto perchè comune al fascio a'o. corrispondente ad ah, ed al fascio unito uh, è il raggio b cercato, di un' omologia piana ed una costruisce subito una coppia

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di rette omologhe congiungendo i due punti con un punto dell'asse, e viceversa; così si può costruire la retta corri- spondente ad una data quando 1' omologia sia definita nel modo considerato a sinistra. Correlativamente si può co- struire il punto corrispondente ad uno dato, nell'omologia individuata nel modo considerato a destra.

Teorema. Sieno A A', BB' due copjoie di punti omologhi, ed a a', bb' due coppie di rette omologhe, in un'omologia piana di centro U {=Ak', BB') ed asse u (naa', bb') non appartenentisi fra loy^o; se C = AA'.u, D = BB'. u, sono le intersezioni delle rette A A', BB' con V asse, e cEEaa'.U, d = bb'.U sono le congiungenti i punti aa', bb' col centro, si ha:

A A' UCJi BB'UD; a a' uc n hh' ud\ AA'UC Tiaa'uc.

'ette AA\ BB\ coincidono, la relazione:

AA'UC n BB UD

§ 34; se le rette A A', BB' sono distinte, i due gruppi AA'UC, BB' UD risultano pro-

Infatti, se le

è quella stabilita nel §

spettivi, perchè le rette omologhe AB, A' B s'incontrano in un punto dell' asse di omologia u. Correlativamente si stabilisce la relazione : .

a a' li e n hb'ud.

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Ora se si considerano come rette omologhe 1),}) due rette A 0, A! 0 con- giungenti A, A' con un punto Odi u , si ha :

hh'du n A A! TIC,

da cui segue:

AMVC n aa'cw.

Osservazione*. Il teorema stabilito si può anche esprimere dicendo che: in un'omologia l'invariante assoluto di ogni proiettività (iperbolica) subordinata sopra una retta unita (passante pel centro, cioè diversa dall'asse) è costante per ciascuna di queste rette; e (fissato convenientemente l'ordine dei quattro elementi di cui esso è il birapporto) è eguale all' invariante assoluto di ogni proiettività (iper- bolica) subordinata in un fascio unito di raggi avente il centro suU' asse. Tale invariante , dato dal birapporto {AA' TIC), dicesi invariante assoluto dell' omologia. Ove il centro dell'omologia appartenga all'asse, l'invariante assoluto diviene uguale ad 1.

Come casi particolari metrici dell' omologia notiamo :

1) V omologia affine, in cui il centro è all'infinito e r asse è una retta propria.

L' invariante assoluto dell' omologia è in questo caso il rapporto costante delle distanze di due punti omo- loghi A, A' dall'asse (dalla figura si vede che queste distanze sono proporzionali ad OA, OA', il cui rapporto è appunto l'invariante del- l' omologia).

Tra le omologie affini si distinguono quelle ortogonali, in cui il centro si trova (all'infinito) sulla perpendicolare all'asse.

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2) La 07noteiia, in cui 1' asse è la retta all' infinito e il centro è un punto proprio.

In questo caso le distanze di due punti omologhi qua- lunque (allineati col centro) dal centro, stanno in un rap- porto costante che è l' invariante assoluto dell' omologia (detto qui rajppoyHo d'omotetia). Due rette corrispondenti sono parallele e , in quanto sono riferite nell' omotetia , risultano simili. Il rapporto di similitudine è ancora il rapporto costante d' omotetia.

Invero se A, B sono due I^ punti, A', JS'i loro corrispondenti, ed U il centro, si ha :

AB

A

A'B' ~ va:

Si vede di qui come due figure piane corrispondenti in una omotetia (figure omo- tetiche) sieno simili nel senso della Geometria elementare ; ma esse sono di più in una particolare relazione di po- sizione.

3) La ty^aslazione del piano su stesso in una data direzione, cioè 1' omologia che ha 1' asse e il centro al- l' infinito.

Questi casi particolari dell'omologia forniranno ottima materia di esercitazioni.

§ 48. Involuzione. In un' omografia piana (non identica) due elementi omologhi non si corrispondono in generale in doppio modo, cioè: se ad A corrisponde A\ ad A' corrisponde un elemento in generale diverso da A. Quando in un' omografìa piana w tutte le coppie di ele- menti omologhi si corrispondono in doppio modo, in guisa che 0) = co- 1, l'omografia (non identica) dicesi involuzione.

Se neir omologia considerata nel paragrafo precedente si suppone che il gruppo (AA' UC) (e quindi ogni altro

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analogo) sia armonico, l'omologia (detta armonica) è un' involuzione.

Viceversa, si consideri un' involuzione nel piano a. Le rette che uniscono due punti omologhi come A, A' hanno per corrispondenti stesse (congiungenti A\ A) e però vi sono infinite rette unite; così pure vi sono infiniti punti uniti, intersezioni delle coppie di rette omologhe.

Ma se in un' omografia non identica vi sono più di tre elementi uniti, tre di essi appartengono ad una forma di 1.^ specie tutta composta di elementi uniti 47); dunque l'involuzione nel piano a è un'omologia; ma sopra ogni retta unita, diversa dall'asse, le coppie di punti corrispondenti formano un'involuzione iperbolica, onde (pel teorema del § 36) l'omologia è armonica.

La condizione necessaria e sufficiente affinchè una omografia piana sia un involuzione è che essa sia una omologia ay^monica.

Osservazione*. Nell'omologia armonica l'inva- riante assoluto è 1.

Come casi particolari metrici dell'omologia armonica notiamo:

1) La simmetria (obliqua o ortogonale) rispetto ad un asse (omologia affine involutoria).

2) La simmetria rispetto ad un centro (omotetia involutoria).

§ 49. Elementi uniti di un' omografia piana. Si abbia un' omografia piana ti, non omologica ; e sia U un punto unito per tale omografia. Ad ogni retta a per U (che può supporsi non unita , giacché re non é un' omologia) corrisponderà una retta a' pure per U\ e le due rette a, a\ risulteranno riferite proiettivamente dalla tz in modo che U corrisponde a stesso, quindi esse risulteranno pro- spettive. Designeremo con A il centro della prospettività intercedente fra di esse.

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Consideriamo ancora due rette omologhe distinte h, h' per U: esse risultano pure riferite prospettivamente dalla;:; designeremo con B il relativo centro di prospettività.

Ora B sarà certo distinto da A ; altrimenti ogni retta per A risulterebbe unita , poiché ai punti interse- zioni di essa con a, h, corrisponderebbero le intersezioni rispettive di essa con a\h' \ la t: sarebbe in tal caso una omologia di centro A, contro V ipotesi fatta.

Due casi possono presentarsi:

1) È possibile scegliere convenientemente le nomi- nate coppie di rette a a\ hV . in modo che la retta u = B A non passi per U.

Allora la M è retta unita per l'omografia t: giacché ai due punti (distinti) in cui essa sega a,b, corrispondono ri- spettivamente i punti in cui essa sega a\ V . Due altre rette e, e' per Z7, omologhe in tt, vengono dunque segate da u in due punti omologhi, e perciò la ti contiene sempre il centro C della prospettività, subor- dinata dalla t:, tra e e e'.

2) Comunque vengano scelte le coppie a a\ b h' , la retta u^ A B passa per TI.

Allora si può dire che la congiungente u^ U A, con- tiene il centro B della prospettività, intercedente fra due rette qualsiasi &, ì)', del fascio unito Z7, omologhe in ::.

La retta u risulta unita anche in questo caso, perché ai punti di essa che sono centri di prospettività tra cop- pie di rette omologhe per Z7, corrispondono in tu centri di prospettività analoghe, che si trovano sulla retta stessa.

Concludiamo così :

In un' omografia piana non omologica ad ogni punto unito U tneìie associata una retta unita u, che contiene

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tutti i centri delle prospettività intercedenti tra le rette omologhe distinte del fascio imito U.

Correlativamente : Ad ogni retta unita u viene asso- ciato un punto unito U, pel quale passano gli assi delle prospettività intercedenti fra i fasci omologhi distinti che hanno i centri sulla retta unita u.

Si noti che il ragionamento svolto innanzi pel caso 1) ci prova che:

Se un' omografia piana, non omologica, possiede un punto ed una retta uniti che non si appartengono, la retta è associata al punto, ed il punto alla retta.

Dopo ciò è anche facile riconoscere che, in ogni caso:

La relazione di due elementi uniti associati per una omografìa piana, non omologica, è reciproca; vale a dire : se Vi è la retta unita associata al punto unito U, U 6^ alla sua volta il punto unito associato ad u.

La cosa è già stabilita pel caso in cui u ed TJ non si appartengono ; poniamo dunque che la u, retta associata ad Z7, appartenga ad U\ poniamoci cioè nel caso 2) consi- derato innanzi. Basterà mostrare che gli assi delle prospet- tività intercedenti fra due coppie di fasci omologhi, coi centri su u, passano per TI.

A tal fine si consideri una retta a (non unita) del fascio U\ sia a' la retta corrispondente, e sia a" la cor- rispondente di a! . Le a, a" passano per Z7 ; la a' risulta prospettiva alla a, la a" alla a\ i centri A, A\ delle due prospettività saranno punti omologhi della retta u. Ora ad ogni retta p per A corrisponde in tt una retta p per A\ la quale incontra a' nel punto omologo di pa, ossia nel punto stesso in cui la a è segata dalla p.

Dunque a' è V asse della prospettività intercedente in 71 tra i fasci omologhi A, A\ coi centri su u.

Scegliendo invece di a un' altra retta b del fascio U, e considerando la sua retta corrispondente b\ si ottiene un' altra coppia di fasci omologhi prospettivi coi centri

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SU u, tali che l'asse di prospettività &' passi per U. Resta così provato che U è il punto unito associato ad u. c.d.d. Osservazione. Se U ed u sono punto e retta uniti associati di un' omografìa piana n, non omologica, una qualsiasi omologia T di centro U ed asse ti trasfor- ma in stessa la tc, in guisa che

Questa proprietà che può essere dimostrata per eser- cizio, serve anche a definire in modo caratteristico la relazione tra U ed u.

§ 50 *. Omografìe piane particolari sotto V aspetto me- trico. — Le omografìe tra piani presentano notevoli casi particolari metrici, fra i quali (quando si tratta di piani' sovrapposti), si trovano le particolari omologie già men- zionate (§ 47).

Enunciamo i seguenti casi di particolari omografìe fra due piani:

1) Le rette all' infinito si corrispondono. Si ha allora r omografia affine o affinità. L'affinità fra due piani è determinata da tre coppie di elementi (propri) corri- spondenti.

Nel caso generale, dell'omografìa non affine, si ha in ciascun piano una retta (limite) propria, che ha come corrispondente nell'altro piano la retta all'infinito; allora ad un segmento rettilineo corrisponde un segmento infinito o finito secondochè il primo contiene o no un punto della retta limite. Nel caso dell'affinità, la retta limite, in cia- scun piano, essendo impropria, ad ogni segmento finito corrisponde sempre un segmento finito.

Nell'affinità tra due piani, due punteggiate omologhe risultano simili 29).

Nell'affinità, a due rette parallele di un piano corri- spondono sempre (nell'altro) due rette parallele e quindi

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ad un parallelogrammo un parallelogrammo. Si può dimo- strare che :

« Il rapporto delle aree di due parallelogrammi corri- spondenti è costante ».

Sieno LMNK, RUST due parallelogrammi, ed L' M N K' , R' V S' T' i parallelogrammi corrispondenti

in un'affinità fra c^ue piani. Poniamo (come nella figura):

X~LM.RU Y-KN.RU V^LM.ST Z = KN.ST

e consideriamo il parallelogrammo XYZV. Nell'altro piano gli corrisponde un parallelogrammo X' Y' Z' Y' , otte- nuto in modo analogo.

Ora le aree dei due parallelogrammi ZMiVA^ XYZV stanno fra loro nel rapporto dei lati LM, X F e così RVS T, X YZ V stanno fra loro come S 7\ VZ, cioè si ha:

LMNK : XYZV = LM : XV XYZV : R US T = VZ : ST.

Similmente :

L'M'N'K' : X'Y' Z'V = L'M' : X' V X' Y' Z' V : R' ir S' r = V Z' : S' T.

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D'altronde le rette proiettive LM, L' M' in cui si corrispondono i punti all' infinito sono simili, e però :

LM : XV = L'M' : X'F; ed analogamente:

VZ : ST ^ T Z' : S' T. Si deduce che:

LMNK : RUST= U M' N' K' : R' U' S T\ ossia il rapporto:

LMNK : L'M'N'K' delle aree di due parallelogrammi corrispondenti è co- stante, e. d. d.

Tenuto conto che due triangoli (finiti) corrispondenti in un' affinità tra due piani possono sempre riguardarsi come metà di due parallelogrammi corrispondenti, si de- duce che anche il rapporto delle aree di due qualunque triangoli corrispondenti è costante. Ora dati (rispettiva- mente nei due piani affini) due poligoni (finiti) corrispon- denti, essi si potranno decomporre in un ugual numero di triangoli corrispondenti, e però il rapporto delle loro aree sarà sempre uguale al rapporto delle aree di due triangoli (o parallelogrammi) corrispondenti.

Più generalmente, si abbia in un piano una linea chiusa, la quale possa considerarsi come limite di due serie convergenti di poligoni iscritti e circoscritti, in modo che risulti definita V area da essa contenuta, come limite dell'area dei suoi poligoni iscritti (o circoscritti), all'im- piccolire indefinito dei lati. Alla nominata linea chiusa corrisponderà nell'altro piano un' altra linea chiusa di cui l'area risulterà definita analogamente, ed il rapporto di queste aree corrispondenti sarà sempre uguale a quello di due qualunque poligoni o di due triangoli corrispondenti.

Così possiamo enunciare il teorema:

Nell'affinità fra due 'piani il rapporto delle aree contenute da due linee chiuse corìHspondenti è costante.

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Quando questo rapporto è uguale a 1, si ha V equi- valenza affine, in cui due aree omologhe sono sempre equivalenti.

L' affinità può considerarsi in particolare fra piani sovrapposti. Un caso particolare di essa è l'omologia affine, già considerata.

2) Le rette all' infinito si corrispondono ed inoltre la data omografia trasforma l' involuzione assoluta dell'una nell'involuzione assoluta dell'altra, cioè fa corrispondere a coppie di punti coniugati nell'una, coppie di punti coniu- gati nell'altra. Ciò significa che le nominate rette all'infi- nito dei due piani risultano congruenti 41), e perciò ad ogni angolo di un piano corrisponde sempre nell' altro piano un angolo uguale. Si deduce che ad ogni triangolo (proprio) corrisponderà un triangolo simile; più in gene- rale saranno simili due qualunque figure corrispondenti in tale omografia, la similitudine essendo intesa nel senso della geometria elementare. A cagione di ciò, questa par- ticolare omografia dicesi siìnilitudine .

Si ha che :

Il rapporto di due segmenti (finiti) co7^rispondenti in una siìnilitudine fra due piani è costante; giacché due coppie di punti e le loro corrispondenti danno luogo a due quadrangoli simili.

La proprietà anzidetta è caratteristica per la simi- litudine.

La similitudine può considerarsi fra due piani sovrap- posti, ossia in un piano; allora si distingue la similitudine diretta e la inversa, secondo che è diretta o inversa la congruenza tra due fasci di raggi che in essa si corrispon- dono , cioè secondochè è diretta o inversa la congruenza subordinata dalla similitudine sulla retta unita impropria. Esistono in un piano due similitudÌ7ii, V una diretta e V altra inversa, che fanno corrispondere a due punti propri, due altri punti propri dati.

Infatti : sieno AA\ BB' le due coppie di punti cor- rispondenti, fissate. Tra le pun- teggiate A B, A' B' vi è una similitudine determinata in cui le due coppie si corrispondono nel modo assegnalo 29). Sopra la retta impropria vi sono due con- gruenze, una diretta ed una inversa, in cui al punto all'in- finito della retta AB, corrisponde quello della A' B' 32). Ora ponendo sulla retta impropria una delle nomi- nate congruenze, e ponendo tra le rette AB, A' B' la similitudine menzionata, si stabilisce nel piano 45) una similitudine ben determinata, che fa corrispondere A, A' e B, B' ; questa è diretta o inversa secondo il senso della congruenza posta sulla retta impropria.

Una similitudine nel piano può, in particolare, essere omologica. Enumeriamo i vari casi che una similitudine omologica può presentare.

a) L'asse d'omologia è la retta impropria, ossia la similitudine è un' omotetia 48).

h) L'asse d'omologia è una retta propria. Allora si ha una particolare omologia affine 48). In primo luogo sulla retta impropria si ha una congruenza inversa, i cui punti uniti corrispondono a due direzioni ortogonali 32) ; quindi l'omologia affine di cui si tratta è ortogonale. D'altra parte due rette corrispondenti, intersecantisi sull'asse, debbono fare con questo angoli (corrispondenti) uguali.

Ora si considerino due punti corrispondenti A, A' , posti su una perpendicolare all' asse a.

Scelto su a un punto qualsiasi P, si ha che le rette PA, PA' fanno an- goli uguali colla a\ segue di qui che A, A' distano ugualmente da a; dunque

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l'omologia in questione (che si suppone non identica) sarà una simmetria ortogonale rispetto ad a. Viceversa una tale simmetria è una particolare similitudine inversa.

Riassumendo avremo:

Una similitudine omologica del jnaìto (non identica) è un omotetia oppure una si^nmelria ortogonale rispetto ad un asse.

Osservazione. Il prodotto di due similitudini di un piano è una similitudine, diretta o inversa, secondochè le due similitudini date sono della stessa natura, o di natura diversa (ambedue dirette o ambedue inverse, oppure r una diretta e V altra inversa).

Infatti, eseguendo successivamente nel piano due simi- litudini, si ottiene un' omografìa, che ha come retta unita la retta impropria, e subordina su di essa la congruenza prodotto delle congruenze subordinate dalle due similitu- dini date.

Di qui si può ricavare facilmente :

Ogni similitudine inversa di un piano, si può ottenere come prodotto di una similitudine diretta, e di una sim- metria ortogonale rispetto ad un asse.

3) La similitudine può in particolare essere una con- gruenza, cioè due figure simili corrispondenti nei due piani possono essere (sempre) congrue od uguali. Ciò avviene se il rapporto di similitudine è l'unità.

La congruenza fra due piani può essere generata col movimento che sovrappone l'un piano all'altro, por- tando a coincidere duo triangoli (uguali) corrispondenti; infatti la corrispondenza dei due triangoli determina la congruenza fra i due piani (che è una particolare affinità).

Trattandosi di una congruenza fra piani sovrapposti, ossia in un piano, si distingue ancora la congruenza diretta dall' inversa.

Il prodotto di due congruenze di un piano è una con- gruenza, diretta o inversa, secondochè le due congruenze date sono della stessa natura, o di natura diversa.

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Cerchiamo di approfondire lo studio delle congruenze in un piano.

Enumeriamo dapprima le congruenze omologiche. Fra i casi menzionati innanzi di similitudini omolo- giche, la simmetria ortogonale rispetto ad un asse (la quale può essere generata col ribaltamento del piano attorno all'asse) è sempre una congruenza.

L'omotetia può essere una congruenza in due casi; cioè quando il rapporto d'omotetia vale -|- 1 o 1. Nel 1.^ caso l'omotetia ha il centro sull'asse 47), ossia sulla retta impropria; allora l'omotetia equivale ad una trasla- zione del piano su stesso. Nel 2.'^ caso l'omotetia è armo- nica (§ 48), ossia è una simmetria rispetto ad un centro. Concludiamo, riassumendo, che: Una congruenza omologica del piano è una trasla- zione, 0 una simmetria rispetto ad un un centro, o una si7mnetria ortogonale rispetto ad un asse.

Nei primi due casi si ha una congruenza diretta, nel 3.^ caso una congruenza inversa.

Consideriamo ora, nel piano, una congruenza diretta non omologica.

Sopra la retta impropria resta subordinata una con- gruenza diretta la quale non ha punti uniti 32), quindi il punto unito associato alla retta impropria 31) è un punto proprio. Indichiamo con 0 questo punto.

Nel fascio 0 resta subordinata una congruenza diretta, che può generarsi rotando il piano del fascio di un certo angolo a. Ora, poiché due punti corrispondenti debbono distare ugualmente dal punto unito 0, eseguendo attorno ad 0 V indicata rotazione, non solo ogni retta per 0 verrà sovrapposta alla corrispondente, ma anche un punto qua- lunque del piano (e quindi anche una retta qualunque) verrà a coincidere coli' elemento omologo. Tenendo ancora presenti i due casi di congruenze omologiche dirette, si vede dunque che:

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Nel piano, ogni congruenza diretta può essere gene- rata da una rotazione attorno ad un ceyitro fisso, oppure da una traslazione del piano su stesso.

Se, trattandosi di una rotazione, 1' angolo di cui ruota il piano uguaglia due angoli retti, la congruenza in que- stione è una simmetria rispetto al centro nominato.

Prendiamo ora ad esaminare, nel piano, una con- gruenza inversa non omologica.

Sopra la retta unita impropria si hanno ora due punti uniti A, B, corrispondenti a direzioni ortogonali 32). Dico anzitutto che uno di questi è associato alla retta impropria.

La cosa si stabilisce per assurdo, nel modo seguente:

Se nessuno dei detti punti è associato alla retta im- propria, si deve avere un punto unito proprio 0, asso- ciato ad essa. Ora, nel fascio col centro in questo punto 0, si avrà una congruenza inversa dotata di due rette unite ortogonali : a, b. Su ciascuna di queste due rette si avrà una congruenza dotata del punto unito 0, quindi una congruenza inversa, equivalente ad una simmetria rispetto ad 0. Si deduce da ciò che, ad ogni retta u corrisponderà la retta it che sega a, b nei punti A\B', simmetrici di ^ = e di B = ub, rispetto ad 0; vale a dire: ad ogni retta u corrisponderà la simmetrica rispetto ad 0. Ma, ciò significa che la congruenza in questione deve essere una simmetria rispetto ad 0, contro il sup- posto che essa sia una congruenza inversa e non omologica.

Stabilito cosi che il punto unito associato alla retta impropria è uno dei due punti uniti A, B, che apparten- gono ad essa, poniamo per esempio che sia A questo punto.

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Allora al punto unito improprio B verrà associata una retta unita propria a, passante per ^. Su a non vi sarà alcun punto unito proprio , e quindi la congruenza subordinata su di essa sarà diretta; essa equivarrà dunque ad uno strisciamento, di una certa lunghezza l, della a su stessa 32), in un certo senso di a. Ecco ora come si può generare la data congruenza:

Cominciamo dall' eseguire una traslazione del piano, della lunghezza / , nella direzione di a e nel senso dello strisciamento considerato su di essa.

Mediante siffatto movimento, un punto qualsiasi P

non viene sovrapposto

P

F'

al punto P che gli cor- risponde nella data con- gruenza (poiché questa congruenza non è una traslazione) , ma va ad occupare una nuova po-

sizione Pj che si trova con P' sopra una perpendicolare ad a\ infatti la perpendicolare abbassata da P su a (retta del fascio unito improprio E) si muove parallelamente a stessa, ed il piede di essa su a descrive (nel debito senso) un segmento l, sicché viene a sovrapporsi al piede della perpendicolare condotta su a da F. Ora i punti P^ e P' si corrispondono in una nuova congruenza (non identica) che é il prodotto della congruenza data e della effettuata traslazione ; in questa nuova congruenza tutti i punti di a sono uniti, sicché la congruenza stessa risulta (omologica ossia é) una simmetria ortogonale rispetto ad a. Basta dunque, dopo la traslazione nominata, eseguire ancora un ribaltamento rispetto ad a per sovrapporre ogni punto al corrispondente, nella data congruenza inversa.

Perveniamo cosi alla conclusione:

Ogni congruenza inversa del piano si può generare eseguendo successivamente una traslazione del piano su

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stesso nella direzione di un certo asse, ed un ribal- tamento del piano attorno a quesV asse.

Basta soltanto un ribaltamento nel caso delle con- gruenze inverse omologiche (simmetrie).

Osservazione 1.^ Due figure uguali di un piano (per esempio due triangoli uguali ABC, A' B' C), possono sovrapporsi 1' una al- l' altra con un movi- -" mento del piano; ma può darsi che questo movimento possa effet- j^ Q A' tuarsi facendo striscia- re il piano su stesso, e può darsi invece che occorra di muovere la figura nello spazio, fuori del piano. I due casi (che già si presentano nella Geometria ele- mentare) vengono ora distinti a seconda della natura (diretta o inversa) della congruenza del piano, in cui le due figure possono considerarsi come corrispondenti; ed in relazione a ciò le figure stesse diconsi direttamente 0 inversamente uguali.

Si ricava ora da quanto precede che :

Due figure di un piano, direttamente uguali, si pos- sono sovrapporre con una traslazione del piano, oppure con una rotazione di esso attorno ad un punto ; invece due figure inversamente uguali possono sovrapporsi, ese- guendo prima una traslazione del piano in una certa direzione, e poi un ribaltamento di esso attorno ad un asse, avente la direzione nominata.

Osservazione 2.^ Mediante le considerazioni di questo § si può concludere ormai che:

Tutte le proprietà metriche delle figure di un piano si possono ìnguardare come relazioni grafiche di esse colla retta iìupropria e coli' involuzione assoluta, i quali enti prendono complessivamente il nome di assoluto del

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piano. Per stabilire questo teorema, osserviamo anzitutto che le proprietà metriche della Geometria piana si basano (oltreché sulle nozioni grafiche), sulle nozioni fondamentali di uguaglianza di angoli e di segmenti. Basta dunque esprimere, come una relazione grafica colla retta impropria e coir involuzione assoluta, l'uguaglianza di due angoli e di due segmenti di un piano. Ora , l' uguaglianza di due angoli in un piano è definita dalla corrispondenza di due coppie di punti impropri in una congruenza sulhi retta impropria, ossia in una proiettività su di essa che trasforma in stessa l'involuzione assoluta; per tal modo l'ugua- glianza di due angoli si definisce subito nel modo voluto.

Vediamo di esprimere analogamente la relazione di uguaglianza tra due segmenti AB, A'B' di un piano. Ciò può farsi in due modi, tenendo conto del fatto che i segmenti AB, A'B' (fissata la corrispondenza degli estremi) si corrispondono in una congruenza diretta ed in una congruenza inversa. Tra i due modi scegliamo il più semplice. Il fatto che i segmenti A^ ed A' B' si corri- spondono in una congruenza inversa del piano, si può esprimere dicendo che essi si corrispondono in un'omo- grafia ottenuta come prodotto di una traslazione e di una simmetria ortogonale. Ora una traslazione è un'omo- logia coir asse e il centro all'infinito; ed una simmetria ortogonale è un' omologia armonica coli' asse proprio, avente come centro il punto improprio coniugato al punto all' infinito dell' asse, nell' involuzione assoluta. Cosi la relazione di uguaglianza tra i segmenti A B, A' B', viene espressa come una relazione grafica di essi colla retta impropria, e coli' involuzione assoluta del loro piano.

Osservazione 3.^ Le cose dette intorno alle par- ticolarità metriche delle omografìe tra piani (propri), si possono ripetere analogamente per le stelle improprie.

Date due stelle iìnproprie si avrà tra di esse una affinità, una similitudine, o una congruenza, secondochè

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r omografìa determinata dalle stelle sopra due qualunque piani seganti (fuori di esse) è appunto un' affinità, o una similitudine, o una congruenza. In tutti e tre i casi i piani impropri delle due stelle si corrispondono; nel caso della similitudine i diedri corrispondenti sono uguali, e le larghezze delle striscio comprese fra coppie di raggi corrispondenti sono in un rapporto costante ; questo rap- porto è uguale ad 1 nel caso della congruenza.

In particolare si può considerare una congruenza in una stella impropria; e tale congruenza potrà essere diretta o inversa.

Nel 1.*^ caso essa equivale: o ad una traslazione di tutti i raggi della stella, parallelamente ad un piano; oppure ad una rotazione della stella attorno ad una retta fissa (propria).

Nel 2.° caso si ha nella stella un piano proprio unito (ma non rette unite proprie); e la congruenza si può ottenere eseguendo, prima una traslazione delle rette della stella parallelamente a quel piano, poi una simmetria ortogonale rispetto al piano stesso.

Esercizi. Data, nel piano, una similitudine diretta (che non sia una congruenza), si scomponga nel prodotto di una rotazione attorno ad un centro fceìitro di simili- tiidinej e di una omotetia.

Data, nel piano, una similitudine inversa (che non sia una congruenza), si scomponga nel prodotto di una omotetia e di una simmetria ortogonale rispetto ad un asse, il quale passi pel centro della nominata omotetia (centro di similitudine) .

§ 51. Polarità nel piano. In generale, in una reci- procità tra due piani sovrapposti, due elementi omologhi non si corrispondono in doppio modo ; cioè un punto A ha una retta omologa a ed a questa corrisponde nella data reciprocità un punto A\ che è diverso da A. Per

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convincersene basta osservare che si può assegnare una retta a, come corrispondente di un punto A e fissare che a due punti di essa corrispondano due rette per un punto A' diverso da A; dopo ciò resta ancora da fissare la retta omologa di un altro punto del piano per deter- minare la reciprocità 45).

Una reciprocità in un piano, dove due qualunque elementi omologhi si corrispondono in doppio modo (invo- lutoriamente), ossia una reciprocità equivalente alla sua inversa, dicesi un sistema polare o mm polarità ; un punto ed una retta che si corrispondono in una polarità piana si dicono 2^olo e polare V uno dell' altra.

La polarità in un piano può anche definirsi come una corrispondenza brunivoca fra i punti e le rette, tale che : se la retta corrispondente (polare) di un punto A passa per un punto B, la corrispondente (polare) di B passa per A.

Osservazione. Correlativamente (nello spazio) si può definire la polarità in una stella.

L' effettiva esistenza di sistemi polari scaturisce dal

seguente

Teorema. Una reciprocità in tm piano, è una polarità, se esiste un triangolo di cui ciascun vertice ha come retta corrispondente il lato opposto.

Anzitutto si noti che se in una reciprocità del piano ai tre vertici A,B,C corri- spondono i lati rispettivamente opposti a,b,c, alla retta a~BC deve corrispondere il punto A = bc, ecc. ; cioè i vertici del triangolo ed i lati opposti si corrispondono in doppio modo. Ora, nella proiettività considerata, la punteggiata a è proiettiva al fascio A di raggi omologhi, in modo che segando tale fascio con la retta a si ottiene su questa una

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proiettività ; poiché in tale proiettività i punti B, C si corrispondono in doppio modo, essa è una involuzione, quindi i punti della retta a ed i raggi omologhi del fascio A si corrispondono in doppio modo. Altrettanto può dirsi pei punti delle rette h, e e le rette omologhe rispettiva- mente per B e C. In conseguenza anche ad ogni punto P, intersezione di due rette a\b\ passanti rispettivamente per A, B, corrisponderà in doppio modo la retta omologa j9, la quale vien definita come la congiungente i punti A', B' (posti rispettivamente sopra le rette a,b) che corrispon- dono alle rette a\ò'. Perciò la reciprocità considerata è un sistema polare.

In un sistema polare piano i triangoli ABC, i cui vertici sono poli dei lati opposti (i quali costituiscono alla lor volta le polari dei nominati vertici), sono detti trian- goli coniugati o polari (autoconiugati, autoreciproci, ecc.). L' esistenza di infiniti triangoli coniugati in una pola- rità piana, sarà prossimamente dimostrata ; risulterà quindi che il modo più generale di ottenere una polarità piana consiste nell' assegnare ad arbitrio un triangolo, che debba essere coniugato in essa, e fissare una retta non appar- tenente ad un vertice del triangolo come polare di un punto non appartenente ad alcun lato di esso.

§ 52. Involuzione di elementi coniugati subordinata da una polarità in una forma di 1.'' specie. Dalla defini- zione di polarità scaturiscono immediatamente le pro- prietà correlative seguenti:

in una ijolarità piana

le polari dei punii di una i poli delle rette passanti

retta passano pel polo di per un punto giacciono

essa. Il fascio delle polari sulla polare del p)unto. La

dei punti di una retta a, punteggiata dei poli delle

risulta proiettivo alla pim- rette d'un fascio A, ri-

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teggiata (a) dei loro poli sulta proiettiva al fascio 44). (A) delle loro polari 44).

Due punti A, B, di Due tali rette a, b, di

cui uno giace sulla polare cui ciascuna contiene il polo dell'altro diconsi coniugati dell'altra, diconsi coniugate o reciproci nel sistema pò- o reciproche, nel sistema lare ; per generalità si dice polare ; per generalità si coniugato di se stesso un dice coniugata di stessa punto appartenente alla sua una retta appartenente al polare. suo polo.

Se un elemento è coniugato d' un altro , anche il secondo elemento è coniugato del primo 51).

In un triangolo coniugato i tre vertici, e rispetti- Tamente i tre lati , sono due a due coniugati ; viceversa un triangolo, in cui i tre vertici o i tre lati sieno due a due coniugati, è un triangolo coniugato nella polarità.

Se un punto A ed una retta a corrispondenti in una polarità del piano si appartengono :

nessun punto della retta a, nessuna retta pel punto A , diverso da A, appartiene alla diversa da a appartiene al sua polare (cioè sulla a vi è suo polo (cioè per A vi è solo il punto A coniugato solo la retta a coniugata di di stesso). stessa).

Infatti, riferendoci alla proposizione di sinistra, nella proiettività subordinata dalla polarità tra il fascio A e la punteggiata a, i raggi omologhi ai punti di a passano per A, e sono diversi da a i raggi corrispondenti ai punti di a diversi da A\ correlativamente si dica per l'enunciato a destra.

Teorema. In una polarità del piano non esiste una retta tutta costituita di un fascio tutto costituito di punti coniugati di stessi, raggi coniugati di stessi.

Basta dimostrare 1' enunciato a sinistra.

Se sopra una retta p esistono due punti A, B (coniu- gati di stessi cioè) appartenenti alle rispettive polari

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a, h, il polo P di 20 (comune ad a, h) è fuori di 2^. Ora

si consideri un punto G della a^AP, diverso da A, P;

la sua polare (diversa da a) passa per il polo ^ di a e

sega h in un punto H /

diverso da P e da ^ /P

(polo di h)\ la polare

di ir è la retta BG,

che ne congiunge due

punti coniugati, quindi

il punto Q~AH»BG

è coniugato di 6^ e //, ^ C B fi

e però la retta GII è la retta polare di Q.

Ora si considerino i punti Dup * GII e C = p » P Q;

questi punti sono coniugati nella polarità, giacché la polare

D è appunto la retta PQ che unisce i poli di p, GII. Ma i nominati punti C, D sono anche coniugati armonici rispetto ad A, B, come risulta provato dall' esistenza del quadrangolo PGQH, e perciò essi sono certo distinti. Ecco dunque dimostrato che esistono su p due punti distinti, coniugati l'uno dell'altro nella polarità, cioè non coniugati di stessi.

Si consideri ora una qualsiasi retta p, che non con- tenga il proprio polo P. Ai punti di p corrispondono come polari le rette per P, e la corrispondenza é proiettiva. Segando con p il fascio P, si ottiene su p una proiet- tività, in cui si corrispondono le coppie di punti (di p) coniugati nella polarità; segue da quanto è stato detto innanzi che tale proiettività non é identica. Ma in essa due punti corrispondenti si corrispondono in doppio modo, dunque essa é una involuzione. Si conclude cosi il

Teorema. In una polarità del piayio sopra una retta, non con- per un punto, ìion conte- tenente il suo polo, le coppie nulo nella sua joolare , le di jmnti coniugati formano coppie di raggi coniugati

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im' involuzione, che diremo formano un' involuzione^ subordinata dalla polarità, che diremo subordinata

dalla polarità.

Perciò :

sopra una retta, non con- per un punto, non contenuto tenente il suo polo, vi sono nella sua polare, vi sono due punti coniugati di due rette coniugate di stessi, separanti armonica- stesse, separanti armonica- mente le coppie di punti ìnente le coppie di rette coniugati, o yiessuno. coniugate, o nessuna.

Invece stato già no- Invece per un punto

tato) sopra una retta con- che stia sulla sua polare tenente il suo polo, vi é vi é soltanto questa retta soltanto questo giunto che die sia coniugata di sia coniugato di stesso, stessa.

Dopo dio può vedersi quanto è stato precedentemente affermato, cioè che :

in una polarità del piaìio esistono iyifiniti triangoli coìiiugati.

Invero per costruirne uno, si assuma ad arbitrio come suo vertice un punto A, non appartenente alla propria polare a, e sopra a due punti coniugati distinti B,C\ il triangolo ABC q un triangolo coniugato nella data pola- rità. Si può sempre usare la costruzione correlativa.

Sia data una polarità piana. Se si pensa una retta punteggiata u, non contenente il suo polo U, come rii'ei'ita prospettivamente al fascio di raggi che ha il centro nel detto polo Z7, r involuzione di punti coniugati sulla retta u, viene proiettata nell' involuzione di raggi coniugati del fascio Z7, e ad ogni punto della retta u corrisponde come polare il raggio coniugato a quello che lo proietta da U. La relazione tra ti ed U (retta e punto che non si appar- tengono) è una particolare proiettività che si può definire come prodotto di una prospettività tra u, TI, e di una invo-

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luzione su u (o in U)\ una tale relazione si può chiamare involuzione tra la punteggiata ed il fascio. Ora si ha il

Teorema. Data wi' involuzione tra una punteg- giata u ed un fascio di raggi U, esistono infinite pola- rità del piano in cui ai punti di u corrispondono le rette coniugate per U.

Infatti per individuare una siffatta polarità basta fissare che ad un punto V (diverso da U e fuori di u) corrisponda una retta v passante per il punto P ài u coniugato al ^^

raggio Z7F(retta diversa da u e non contenente U).

Invero si considerino due punti B, C di u (diversi da P e da P'=u. UV), coniu- gati neir involuzione su u, ^^ ^jj ^,^ pf w e sieno TIC , UB le rette rispettivamente coniugate ad essi nel fascio U. Vi è una polarità ben definita (§51) che ha come triangolo coniugato UBC ed in cui v è la polare di V. Tale polarità fa corrispondere ai punti B, P, .... di u, rispettivamente le rette TIC , UV, .... loro coniugate nell'involuzione inizialmente data tra la punteggiata t^ ed il fascio U.

% 53. Classificazione delle polarità piane. Una pola- rità piana iz si può considerare individuata mediante un suo triangolo coniugato ABC e la polare p (non passante per A,B,C} di un punto P (fuori dei lati del triangolo); viceversa questi elementi che definiscono la tu possono essere assunti ad arbiti'io 51).

Vediamo di riconoscere se nella polarità n esistono o no elementi coniugati di stessi, cioè punti e rette polari che si appartengono.

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Giova a tal fine premettere alcune considerazioni

relative ai triangoli. Un triangolo ABC separa il piano in 4 regioni (distinte nella figura coi numeri 1, 2, 3, 4) costi- tuite dai punti che sono fuori dei lati a, b, e e separati da questi lati; un segmento rettilineo congiungente due punti di diversa regione incontra un lato almeno del triangolo. Questo fatto di natura intuitiva (rispetto all'intuizione grafica) si desumerebbe logicamente dal postulato V; si possono infatti distinguere le 4 regioni triangolari nomi- nate partendo dalle due coppie di angoli formati dai lati che concorrono in due dati vertici del triangolo, p. e. in A,B, considerando i punti del piano che sono interni ad uno degli angoli A e ad uno degli angoli B: si dimostra che questi punti risultano interni ad uno determinato degli angoli formati dai lati del triangolo che concorrono nel terzo ver- tice C. In conseguenza si può anche dire, che due punti del piano (fuori dei lati del triangolo) appartengono alla stessa regione triangolare, se le loro proiezioni su ciascun lato appartengono allo stesso segmento terminato dai vertici.

Ma seguitiamo a ragionare, basandoci sull'intuizione grafica deUe 4 regioni triangolari date da un triangolo nel piano, bastando aver rilevato esser ciò che diciamo una conseguenza logica dei postulati già introdotti, e non costituire affatto un nuovo dato dell'intuizione.

Anche le rette del piano non passanti per alcun vertice pel triangolo ABC, vengono separate dal triangolo in quattro regioni, potendo venire distinte le une dalle altre a seconda dei segmenti terminati dai vertici, in cui cadono le loro intersezioni coi lati. Ad ogni regione triangolare di

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punti viene associata una regione triangolare di rette non

aventi alcun punto interno a

quella regione, ossia esterne

ad essa. Le rette esterne ad

una regione triangolare del

piano penetrano nelle altre

tre, cioè hanno un qualche

punto interno ad esse.

Una retta p che penetri nella regione triangolare P.ABC àe\ piano contenente il punto P, incontra due dei segmenti AB, AC, BC cui appartengono le proiezioni di P sui tre lati opposti fatte rispettivamente da C, B, A, e non incontra il terzo; questo terzo lato separa la regione triangolare P,ABC da quella a cui è esterna la retta _p.

Ciò posto, sia dato nel piano un triangolo ABC, q sia P un punto interno ad una delle quattro regioni in cui esso divide il piano ; si può fissare una polarità tu che abbia come triangolo coniugato ABC, facendo corri- spondere al punto P una qualunque retta non passante per A, B, C. Ora questa retta:

1.° può essere esterna alla regione triangolare P.ABC in cui cade P;

2.^ può al contrario penetrare nella detta regione P.ABC.

Si designino rispettiva- mente con Pa, Pb, Pc, le pro- iezioni di P, fatte da A,B, C, sui lati opposti a, b, e del triangolo ABC, e con Ap, Bp, Cp, le intersezioni dei detti lati a,b,c, colla retta p.

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Sulla retta a si ha una involuzione di punti coniugati subordinata dalla polarità ti, che viene individuata dalle coppie B C, Fa Ap ; due involuzioni analoghe si hanno rispettivamente su b, e.

Nel 1.^ caso le tre involuzioni di punti coniugati su a, b, e sono ellitticlie (concordi), perchè si separano le due coppie BC,PaAp, ecc.; si separano in conseguenza due qualunque coppie di punti coniugati su ciascuna delle rette a, b, e, ed in particolare una qualunque di queste coppie separa la coppia di vei'tici del triangolo ABC appar- tenente al rispettivo lato. Perciò, in primo luogo, non vi sono su a, b, e, dei punti coniugati di stessi; inoltre, considerato un punto qualunque P' (diverso da B, C) e la sua polare p\ si ha che le proiezioni di P fatte da A,B,C, rispettivamente su a, b, e, prese insieme alle intersezioni rispettive di queste tre rette con p' separano le coppie di vertici del triangolo ABC, sicché la polare p' di P' è sempre esterna alla regione triangolare I^.ABC che contiene P\ Dunque, nel 1.^ caso la polarità non possiede alcun punto (appartenente alla propria polare, cioè) coniugato di stesso.

Nel 2.^ caso la retta 2^ incontrerà due dei tre seg- menti AB, AC, BC, cui appartengono rispetti- vamente Pc, Pb, Pa, e non il terzo ; suppo- niamo per esempio che non incontri B Pa C. Abbiamo allora su a le coppie di punti co- niugati (in 71 ) B C , Pa Ap, che si sei)arano: su b,c rispettivamente le coppie AC, PtBp e A B, Pc Cp che non si separano ; quindi delle tre involuzioni di punti coniugati che la -

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determina su a,h,c, una è ellittica e due sono iperbo- liche. Queste ultime ammettono ciascuna due punti doppi, coniugati di stessi.

Possiamo dunque enunciare il risultato :

Le polarità del pìictno si dividono in due categorie: 1^ Le polarità uniformi, prive di elementi coniu- gati di se stessi. Esse sono caratterizzate dal fatto che ogni ijunto del jjiano, il quale sia interno ad una regione triangolare determinata da un triangolo coniugato, ha la sua polare esterna alla detta regione.

2^ Le polarità non uniformi, dotate di elementi coniugati di se stessi. Esse sono caratterizzate dal fatto che ogni jnmto del p)ia7io, il quale sia interno ad una regione triangolare determinata da un triangolo coniu- gato, ha la sua polay^e penetrante nella stessa regione triangolare.

Le polarità uniformi traggono il loro nome dal fatto che ogni involuzione di elementi coniugati in esse sopra una retta od in un fascio di raggi, è concorde (ellittica).

Il contrario accade p)er le polarità non uniformi, anzi in questo caso, delle tre involuzioni di p)unti coniu- gati, che si hanno sopra i tre lati d'un triangolo coniu- gato, due sono discordi (iperboliche) ed una concorde (ellittica), e correlativamente.

§ 54. * La polarità ortogonale nella stella Le pro- posizioni grafiche stabilite per le omografie e le corre- lazioni piane, in particolare quelle relative alle polarità del piano, si riportano subito alla stella mediante il prin- cipio di dualità, o eseguendo una proiezione.

Fra le polarità di una stella propria si distingue, dal punto di vista metrico, la polarità (uniforme) in cui ad ogni retta della stella corrisponde il piano ortogonale.

Che tale corrispondenza sia effettivamente una polarità, si verifica subito, perchè, se u, r, sono due raggi (orto-

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gonali) della stella, tali che il piano ortogonale ad u passi per V, anche il piano ortogonale a v passa per it 51).

Ora la polarità menzionata, prende il nome di pola- rità ortogonale della stella.

La considerazione della polarità ortogonale di una stella trae la sua importanza dalle proprietà che andiamo a stabilire.

Si abbiano due stelle (proprie) omografiche 0, 0', e suppongasi che alla polarità ortogonale dell' una corri- sponda, nell'omografia, la polarità ortogonale dell'altra; vale a dire, ad una retta e ad un piano per 0 che sieno ortogonali, corrispondano per 0' una retta ed un piano del pari ortogonali. Due qualunque fasci di raggi (o di piani) corrispondenti nelle due stelle, risultano riferiti proiettivamente in modo che alle coppie di elementi ortogonali dell'uno corrispondano le coppie di elementi ortogonali dell'altro; i detti fasci sono dunque congruenti 29). Perciò l'omografia tra 0, 0' fa corrispondere all'angolo di due raggi o di due piani di una steHa, un angolo uguale nell'altra stella. In conseguenza ad ogni angolo poliedro col vertice 0, corrisponde (per l'omografia) un angolo poliedro col vertice 0', avente gli angoli (diedri) e le faccio (angoli) ordinatamente uguali ai corrispondenti angoli e faccie del primo; due angoli poliedri corrispon- denti nelle due stelle sono dunque congruenti od uguali 9). Perciò l'omografia fra le due stelle prende il nome di congruenza.

Ora si eseguisca un movimento della stella 0, il quale sovrapponga un angolo tetraedro di vertice 0, al corrispondente angolo tetraedro di vertice 0' . Questo movimento produce fra le due stelle un'omografia, che non può differire da quella definita mediante la corri- spondenza dei due angoli tetraedri. Si conclude così che il detto movimento sovrappone ogni retta o piano della stella 0, all'elemento della stella 0' che gli corrisponde nella data congruenza.

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Possiamo dunque, riassumendo, enunciare il teorema:

Un omografìa fra due stelle proprie , la quale faccia corrispondere le polarità ortogonali di esse, è una congruenza ; essa può generarsi con un movimento, che sovrappoìiga V una stella all' altra, portando a coin- cidere gli elementi corrispondenti.

Consideriamo due stelle (proprie) 0,0': e per 0 si abbiano due rette a, b, non ortogonali, per 0' due rette a, b', formanti un angolo a' b' = ab.

Si può sovrapporre, con un movimento, la stella 0 alla 0', facendo coincidere le rette a, a', e le b^ b', in due modi ; si ottengono cosi due congruenze facenti cor- rispondere le dette coppie di elementi, e quindi le rette dei fasci a b, a'b.' in un modo determinato 32); l'una congruenza si deduce dall' altra con una simmetria rispetto al piano a' h\ ossia con una rotazione di due angoli retti attoi-no alla perpendicolare, in 0\ al detto piano. Abbiamo dunque, riunendo al risultato ottenuto quello che se ne deduce per dualità, che:

Tra due stelle proprie si possono porre due con- gruenze, in modo che a due rette (o due piani) , non ortogonali dell' una, corrispondano due rette (o rispetti- vamente due piani) formanti un angolo uguale nell'altra.

In particolare i resultati precedenti, che concernono due stelle, si possono applicare al caso in cui queste sieno sovrapposte; si potrà allora parlare di congruenza in una stella (omografia che trasforma in stessa la polarità ortogonale). E due coppie di raggi ab,a'b\ di una stella, formanti angoli uguali non retti, determine- ranno nella stella due congruenze in cui a, a' e &, b' si corrispondono.

Una congruenza in una stella può essere omologica. In tal caso si avranno infinite rette unite componenti un fascio di raggi, e infiniti piani uniti, passanti per la perpendicolare a al piano a del detto fascio. Ad ogni

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retta corrisponderà la simmetrica rispetto ad a, o, ciò che è lo stesso, la simmetrica rispetto al piano a.

Si conclude dunque :

Una congruenza omologica, in una stella propria, è una siynmetria rispetto ad un asse (e rispetto al piano ortogonale), e può essere generata colla rotazione di due angoli retti della stella attorno all' asse.

Osservazione 1.^ L'uguaglianza di due angoli o diedri in una stella risulta definita come una relazione grafica di essi colla polarità ortogonale. Così tutte le pro- prietà metriche della Geometria della stella si ottengono da relazioni grafiche delle figure colla polarità ortogonale, che perciò si chiama « assoluto » della stella, come pel piano l'insieme della retta impropria e dell'involuzione assoluta di questa retta.

Osservazione 2/^ Si potrà definire come polarità assoluta del piano improprio e dello spazio, la polarità che si ottiene sul piano improprio segando la polarità ortogonale di una qualsiasi stella propria, vale a dire la corrispondenza per ortogonalità fra direzioni e giaciture. Si potrà chiamare congruenza ogni omografia del piano improprio, la quale trasformi in stessa la polarità assoluta.

In una congruenza del piano improprio a due punti collegati a direzioni formanti un certo angolo, corrispon- deranno due punti (formanti una coppia congruente, cioè) collegati a direzioni formanti un angolo uguale, ecc.

Nel piano improprio vi saranno due congruenze in cui si corrispondono ordinatamente due coppie congruenti di punti ecc.

§ 55. Estensione della legge di dualità nelle forme di 2.''' specie. È stato dimostrato nel § 9 che tutti i teo- remi della geometria del piano o della stella, dedotti dai postulati fondamentali (I II III IV V VI) della Geometria

199

proiettiva, vengono associati a coppie secondo la legge di dualità del piano, o rispettivamente, della stella. I teo- remi cosi dedotti, come si è osservato nel § 6, concernono sempre proprietà grafiche delle figure. Mediante la cor- relazione nel piano o nella stella possiamo estendere la legge di dualità stabilita, dandone una nuova dimostra- zione a posteriori.

Riferiamoci nel ragionamento al caso del piano. Si abbia dunque nel piano una figura J/, dotata di certe pro- prietà grafiche. Queste si potranno enunciare dicendo che :

1) certi punti di M appartengono a certe rette di M (o viceversa) ;

2) certi punti sopra una retta (o certe rette per un punto) di M si susseguono.

Operiamo nel piano una correlazione, nella quale alla figura ilf corrisponda una figura il/'; allora:

1) ai punti ed alle rette di M che si appartengono, corrispondono rispettivamente rette e punti di M' che si appartengono ;

2) a punti susseguentisi sopra una retta di M, cor- rispondono rette (formanti un gruppo proiettivo a quello dei detti punti e quindi) susseguentisi per un punto di il/'; similmente a rette susseguentisi per un punto di J/, cor- rispondono punti susseguentisi sopra "una retta di M'.

Dunque per ogni figura piana i/, possedente certe proprietà grafiche, esiste una figura piana (correlativa) M\ che gode delle proprietà correlative nel piano. Si può enunciare il risultato ottenuto, includendo anche il caso della stella, che si tratta analogamente :

In una forma di 2.^ specie, ad ogni figura si può associare una figura correlativa, di cui le proprietà grafiche vengono dedotte da quelle della prima mediante uno scambio di elementi (punto e retta, o retta e piano).

Questo enunciato costituisce una vera estensione della legge di dualità per le forme di 2.^ specie , poiché tale

200

legge risulta ora stabilita per tutte le proprietà grafiche, indipendentemente dal modo con cui esse sono stabilite, e quindi anche se nella loro dimostrazione si fossero impie- gate nozioni metriche.

La legge di dualità nelle forme di 2.^ specie può anche essere estesa ulteriormente a tutte le proprietà proietUve delle figure, chiamando proiettive quelle pro- prietà che non vengono alterate per un' omografia (cioè che si traducono in analoghe proprietà delle figure tra- sformate). Fra queste proprietà proiettive sono tutte le proprietà grafiche, ma anche talune metriche, come il valore del birapporto di 4 elementi in una forma di 1.^ specie.

Riferendoci per esempio al piano , notiamo che una qualsiasi omografia tt viene trasformata in un' omografia TkT- ^ da una correlazione T, (mentre viceversa questa 2.^ omografia vien trasformata nella 1.^ dall' omografia inversa T— ^); quindi se ilf è una figura del piano e M la corrispondente in T, ad ogni proprietà di M che non si alteri per una qualunque omografia eseguita su M, corrisponderà una proprietà di M' che non sarà alterata da una qualsiasi omografia del piano; e tale proprietà di M' verrà dedotta dalla supposta proprietà di M collo scambio degli elementi : punto e retta. Così concludiamo in generale che:

La legge di dualità nelle forme di 2.^ specie sus- siste 2^er tutte le proprietà proiettive delle figure in esse contenute.

Ma questa seconda estensione della legge di dualità non dii sostanzialmente nulla di più della precedente. Infatti, tutte le proprietà py^oiettive delle figure apparte- nenti a forme di 2.^ specie si possono enunciare come proprietà grafiche di esse. Se, invero, si tratti di una proprietà proiettiva di una certa figura M, la quale includa qualche nozione metrica, questa proprietà potrà tuttavia

201

enunciarsi come una relazione grafica di M coli' assoluto 1 della forma di 2.^ specie, ossia come una proprietà gra- fica della figura composta M -{- I\ ma poiché tale pro- prietà deve conservarsi per una qualunque proiettività , che pure non conservi /, essa riesce in definitiva indi- pendente da i, ossia riesce una proprietà grafica della figura M in stessa, equivalente alla proprietà metrico- proiettiva proposta.

Le considerazioni che precedono conducono anche a chiarire ciò che può dirsi intorno all'applicabilità della legge di dualità nella Geometria metrica delle forme di 2.'^ specie.

Quando una proprietà metrica P di M viene enun- ciata come una proprietà grafica di M-\-l, si ottiene una proprietà correlativa P' della figura M' -\~ 1' ottenuta aggiungendo alla M\ correlativa di il/, un ente /' cor- relativo dell'assoluto. Ora, se la data forma di 2.* specie è un piano, 1' ente /' é una involuzione di un certo fascio di raggi , e , comunque sia determinato , non ha alcuna significazione metrica; per conseguenza la il/' ammetterà la proprietà correlativa di quella P attribuita ad il/, soltanto nel caso che la proprietà P' di ili' -\r /' riesca indipendente da I', vale a dire se la P di ilf -h / é indi- pendente da /, ossia se essa è una proprietà (equivalente ad una proprietà grafica, e quindi) proiettiva di il/; in caso opposto la proprietà P' di il/' + /' non si potrà in alcun modo riguardare come una proprietà della figura M' considerata in stessa.

Se invece la forma in questione é una stella, l'ente /' sarà una polarità di essa, e potrà determinarsi in guisa che sia ancora (come /) la polarità ortogonale ; perciò la proprietà P di il/' -\- T sarà in ogni caso una proprietà di M' in relazione all' assoluto, ossia potrà riguardarsi come una proprietà metrica della M' in stessa, pro- prietà correlativa di quella (P) attribuita ad il/.

202

Concludiamo dunque che :

Nel piano, la legge di dualità non vale in generale per le proprietà metriche, ma soltanto per quelle che sono proiettive.

Nella stella, la legge di dualità vale anche per tutte le proprietà metriche.

Osservazione. L' estensione della legge di dualità relativa alle forme di 2.^ specie è stata innanzi stabilita a p)osteriori, facendo uso di una reciprocità. E cosi ci siamo dispensati dall' esaminare la natura del ragionamento che ci conduce ad un teorema di cui si vuole il coi*re- lalivo; sia pure che questo ragionamento sia fondato sopra nozioni metriche e sui postulati relativi a tali nozioni.

Ma si potrebbe stabilire tale estensione anche a priori, osservando che i postulati della Geometria metrica del piano o della stella, interpretati graficamente in rela- zione all'assoluto, fornirebbero teoremi della Geometria proiettiva, dimostrabili in base ai soli postulati di essa.

CAPITOLO IX

Le coniche

§ 56. Definizioni. Data nel piano una polarità non uniforme, vi sono sempre

tre categorie di rette: tre categorie di punti:

1) rette (appartenenti 1) punti (appartenenti al proprio polo) contenenti alla propria polare) per cui un punto coniugato di passa una retta coniugata stesso ; di stessa ;

2) rette (non apparto- 2) punti (non apparte- nenti al proprio polo), su nenti alla propria polare), cui r involuzione di punti per cui 1' involuzione delle coniugati é iperbolica, cioè rette coniugate é iperbo- rette che contengono due lica, cioè punti per cui pas- punti coniugati di stessi; sano due rette coniugate di

stesse;

3) rette (non apparto- 3) punti (non apparte- nenti al proprio polo) su nenti alla propria polare) cui r involuzione di punti per cui l' involuzione delle coniugati é ellittica, cioè rette coniugate è ellittica, rette che non contengono cioè punti per cui non pas- alcun punto coniugato di sano rette coniugate di stesso. stesse.

204

Se in una polarità piana esiste un punto apparte- nente alla propria polare, cioè un elemento (di ciascuna delle due specie) coniugato di stesso: esistono infiniti punti co- esistono infinite rette coniu- niugati di stessi. gate di stesse.

Invero sia A un punto Infatti sia a una retta

coniugato di stesso ed a coniugata di stessa ed A

la sua polare. Ogni retta p per A, diversa da a, ha il suo polo su a, quindi non é coniugata di stessa; per- ciò essa appartiene alla ca- tegoria 3) e contiene un altro punto P coniugato di stesso. Variando la retta per A , varia il punto P , sicché r insieme dei punti coniugati di stessi, cosi generato, appare come una linea (luogo di un punto mobile) nel senso intuitivo della parola.

il suo polo. Ogni punto P su a, diverso da A^ ha la sua polare per A, quindi non è coniugato di stesso; perciò esso appartiene alla categoria 3) e per esso passa un'altra retta p coniugata di stessa. Variando il punto P su a, varia la retta p, sicché r insieme delle rette coniugate di stesse, cosi generato, appare come un inviluppo (successione delle posizioni di una retta mo- bile) nel senso intuitivo della

parola. U insieme dei punti e delle rette coniugati di stessi dicesi conica fondamentale della polarità.

La conica, considerata semplicemente come insieme dei suoi punti , si chiama conica luogo.

Le rette del piano che appartengono alla 1.^ o alla 2.^ categoria in relazione alla polarità, hanno comuni ri- spettivamente uno 0 due punti colla conica luogo, e sono dette rispettivamente tangenti o secanti di essa. Le rette della 3.^ categoria non hanno alcun punto co- mune con la conica e sono dette esterne ad essa.

La denominazione di « tangente » alla conica , si giustifica facendo vedere che essa corrisponde alla nozio- ne intuitiva di tangente ad una linea piana , e ciò nel seguente modo :

Se ^ è un punto della conica, ogni retta per A in- contra la conica in un altro punto (ed è una secante), ad eccezione della polare di A che è la tangente in A\ questa appare dunque come liìnite di una secante varia- bile, di cui l'ulteriore punto d' incontro colla conica si

205

La conica, considerata semplicemente come insieme delle sue rette, si chiama conica inviluppo.

Per un punto del piano, secondochè appartiene alla 1.^ 0 alla 2.^ categoria in relazione alla polarità, pas- sano rispettivamente una o due rette della conica invi- luppo; nel 1.^ caso il punto si dice punto di contatto di quella retta, nel 2.^ caso il punto si dice esterno alla conica. Per un punto della 3.^ categoria non passano rette della conica; un tal punto si dice inteìiio.

La denominazione di « punto di contatto » di una retta colla conica, si giusti- fica riattaccandola ad una nozione intuitiva generale, che si riferisce agli invi- luppi:

Se a è una retta della conica, per ogni punto di essa

passa un' altra retta della.

206

avvicini indefinitamente ad conica, tranne che per il polo A, 0, come si suol dire di a che è il punto di con- ( usando una locuzione im- tatto: questo appare dunque precisa ma espressiva), quale come il punto d'incontro di retta che uyiisce due punti due rette infinitamente vi- inflnitamente vicini della cine dell' Ì7iviluppo, cioè linea. come limite dell'intersezione

di a con un'altra retta del- l' inviluppo che si avvicini indefinitamente ad essa.

Le rette di una conica appariscono come tangenti della conica, considerata come luogo dei suoi punti, e cosi i punti della conica appariscono come punti di contatto delle corrispondenti rette dell'inviluppo (tangenti).

Dunque: La conica appare come V insieme dei p)unli e delle tangenti di una linea piana.

Osservazione. Questa linea separa il piano in due regioni, una delle quali, quella dei punti che abbiamo denominato esterni, è descritta dalle tangenti. A questa separazione fa riscontro per dualità la separazione delle rette non tangenti in « secanti » ed « esterne ».

Volendo acquistare una prima idea approssimativa della forma di una conica, immaginiamo di seguire col- r occhio la sua genesi, partendo da un punto A di essa.

I punti della linea vengono a corrispondere alle rette per A\ al muoversi di una retta per J., che descriva il fascio A, cominciando dalla posizione della tangente, cor- risponde il muoversi di un punto, che partendo da A descrive tutta la linea tornando in A. Dunque la conica appare come una linea chiusa, ed è anche facile persua- dersi che le due regioni di punti esterni ed interni rispetto ad essa, hanno l' ordinario significato intuitivo, poiché una tangente variabile lascia sempre da una banda la conica e non invade mai la regione dei punti interni. Questa deduzione però non è da riguardarsi come rigo-

207

resamente dimostrata; ne abbiamo dato cenno solo per aiutare fin d'ora l' intuizione delle coniche, ma ci riser- viamo di dimostrare più tardi, con tutto rigore logico, i teoremi cui essa darebbe luogo.

* Abbiamo detto che la conica appare come una linea chiusa; avvertiamo subito che ciò deve intendersi relati- vamente all'intuizione grafica.

Dal punto di vista metrico la cosa appare diversa, giacché può darsi che il punto mobile descrivente la linea assuma (una o due volte) la posizione di un punto improprio. Se si vuole formarsi una intuizione metrica della forma di una conica si devono dunque distinguere anzitutto tre specie di coniche:

1) La ellisse, per cui la retta all'infinito è esterna, ha la forma di un ovale chiuso.

2) h' iperbole, per la quale la retta all'infinito è secante, è compo- sta di due rami aperti che si riattac- cano in due punti all' infinito, cioè si vanno indefinitamente accostando (da parti opposte) a due rette fisse « gli asintoli », tangenti nei punti all'infinilo.

3) \j-à pìct^'cibola , (vedi figura alla pagina seguente) per la quale la retta all'in- finito è tangente, è formata da un solo ramo aperto , che non si avvicina indefi- nitamente a nessuna retta propria, e, si può dire, si chiude nel punto all'infinito.

Con una conveniente proiezione le coniche delle tre specie (metriche) enumerate, si possono scambiare l'una neir altra.

Questo fatto aiuta a concepire graficamente come unica la forma delle tre linee. L'iperbole appare come un

208

ovale spezzato dalla retta all'infinito; la parabola come un ovale allungato indefinitamente da una parte.

II principio di dualità nello spazio ci conduce a con- siderare certe figure della stella, correlative delle coniche che si ottengono anche come proiezioni di esse, vale a dire « i coni quadrici ». Un cono quadrico si può definire come l'insieme delle rette e dei piani corri- spondenti, in una polarità non uniforme della stella, che si appartengono ; oppure come proiezione di una conica (da un centro « vertice » fuori del suo piano). Viceversa la sezione di un cono ^quadrico con un piano non passante pel vertice è una conica.

Le rette di un cono diconsi sue generatrici; i piani di esso diconsi « piani tangenti » secondo le genera- trici polari.

Il cono concepito come luogo dei punti delle sue generatrici appare intuitivamente come una superfìcie', la figura ad esso correlativa è l' insieme dei piani pas- santi per le tangenti ad una conica (piani che diconsi tangenti di essa).

Un caso particolare * del cono quadrico è il cono circolare retto o di rotazione, che si ottiene proiettando un cerchio da un punto della perpendicolare al piano di esso nel suo centro.

Come estensione del cono circolare retto si può considerare il cono circolare obliquo; proiezione di un cerchio da un punto esterno al suo piano posto fuori della perpendicolare elevata al piano stesso, nel centro del cerchio. Più tardi si vedrà come ogni cono quadrico ammetta delle sezioni piane circolari e possa quindi con- siderarsi come un cono circolare, retto od obliquo. Qui ci limitiamo a notare che da un qualsiasi cono circolare si possono ottenere, come sezioni piane, le tre specie di

209

coniche: iperbole, parabola, ellisse, segandolo con un piano (non passante pel vertice) il quale sia parallelo a due generatrici del cono , o rispettivamente ad una , o a nessuna.

§ 57. Proprietà dei poli e polari rispetto ad una conica.

Come una polarità piana non uniforme determina una conica fondamentale, così a sua volta la conica determina la polarità.

Si prendano infatti sulla conica 4 punti (di cui certo 3 non sono mai in linea retta) e si facciano ad essi cor- rispondere le relative tangenti della conica (di cui 3 non passano per un punto) ; resta così determinata nel piano una polarità non uniforme che non può differire da quella che definisce la conica.

Potremo dunque considerare indifferentemente nel seguito, come relazioni rispetto alla conica, le relazioni di polo e polare, di elementi coniugati, ecc. definite rispetto alla polarità.

I poli e le polari rispetto ad una conica danno luogo ad importanti proprietà, ciascuna delle quali si può considerare come una nuova definizione della pola- rità e come un mezzo per risolvere facilmente i relativi problemi di costruzione.

Data una conica C ,

la polare p di uìi punto P il jjolo P d' una retta p

che non le appartenga : non tangente ad essa :

1) Contiene tutti i co- 1) Appartieyie a tutte

niugati armonici di P ri- le rette coniugate armoni-

spetto alle coppie di punti che di p rispetto alle copj-

comuni alla conica C e ad pie di tangenti condotte a C

una qualsiasi secante per P; per mi qualsiasi _2:)wnto,

esterno ad essa, di p;

210

Infatti, se si considera una secante per P, la quale incontri C nei punti A, B, su questa retta si ha una involuzione (iperbolica) co- stituita dalle coppie di punti

P

coniugati, avente A, B come punti doppi : quindi il coniu- gato di P su di essa (che è un punto à\p) è il coniu-

di P

ri-

gato armonico P spetto ad A, B.

2) Contiene i punti di contatto delle eventuali tan- genti alla conica pì^i^^^'^l^ j)er P.

Infatti se per P passa una tangente a (7, il suo punto di contatto A è coniu-

Infatti, basta stabilire il P

ragionamento correlativo di quello a sinistra.

2) Appartiene alle tan- genti negli eventuali punti d'incontro della conica colla retta p.

Correlativamente (e in- versamente) all'enunciato di sinistra.

211

gaio di P giacché la tan- gente in A (polare di A) passa per P.

3) F V asse di una omologia armonica cen- tro P, che trasforma in se stessa la conica.

Questa proprietà non è della prima.

4) Contiene tutti gli ■idteriorì punti diagonali dei quadrangoli iscritti nella conica, aventi un punto dia- conale in P.

3) È il centro di una omologia armonica di asse p, che trasforma in stessa la conica.

che una diversa espressione

4) Appartieììe a tutte le ulterioin rette diagonali dei quadrilateri circoscritti alla conica, aventi p come retta diagonale.

Riferiamoci p. e. all'enunciato di sinistra.

Sia DEGF un quadrangolo iscritto nella conica (7, avente un punto diagonale in P, e sieno A, B gli altri due punti diagonali di esso; infine sieno GF, ED i lati del qua- drangolo per P. Pel § 14 la retta AB sega le GF.ED in punti coniugati armonici di P rispetto alle coppie GF, ED; quindi (per la proprietà 1) la AB è la polare p di P: ciò dimostra il teorema.

212

Osservazione. Queste varie definizioni della polare d'un punto e del polo d'una retta, rispetto ad una conica, danno luogo alle relative semplici costruzioni ; è in gene- rale da preferirsi quella data dalla proprietà 4). Se ne cavano anche notevoli proprietà. Per esempio :

Il triangolo diagonale 11 trilatero diagonale

di un quadrangolo iscritto d' un quadrilatero circo- nella conica, è coniugato scritto alla conica, è coniu- rispetto alla conica. gato rispetto ad essa.

Giacché, (riferendoci, per esempio, all' enunciato di sinistra) le coppie di vertici del triangolo sono coppie di punti coniugati (per la proprietà 1).

Una conseguenza immediata della proprietà 2) è la seguente :

La polare di un punto rispetto ad una conica è esterna o secante, secondochè il punto è, rispettivamente, interno od esterno alla conica.

Si ha ancora:

In un triangolo coniugato rispetto ad una conica due lati sono secanti ed uno esterno, due vertici esterni ed uno interno.

Infatti 53), su due delle tre rette costituenti il triangolo coniugato, le involuzioni di punti coniugati sono iperboliche, mentre sulla terza si ha un'involuzione ellittica.

5:^ 58. ^ Diametri delle coniche. Poniamo in rela- zione una data conica colla retta all' infinito del suo piano e consideriamo le relazioni metriche, che così sca- turiscono dalla polai'ità. Ne ricaveremo ancora nuovi elementi per acquistare una più esatta nozione della forma delle coniche.

Abbiamo già detto che una conica dicesi ellisse, iper- bole, 0 parabola, secondochè la retta all'infinito è ad essa esterna, secante o tangente. Lo studio di queste tre linee, sebbene dotate di proprietà metriche differenti, si

213

può condurre, considerandole tutte e tre insieme; le distin- zioni, ove è il caso, si presentano da sé.

Rispetto ad una qualsiasi conica, le rette coniugate della retta all' infinito diconsi diametri, e, precisamente, diametri coniugati alla direzione delle rette passanti per il polo (air infinito) di esse.

Per il polo d'un diametro, supposto non appartenente alla conica, passano infinite rette parallele seganti la conica ciascuna in due punti propri ; i segmenti finiti com- presi fra tali punti costituiscono un sistema di corde paral- lele della conica.

Dal § 56 segue:

Un diametro di ima conica, che non sia tangente alla conica (nel suo punto all' infinito), è il luogo dei punti medi delle corde della conica, parallele alla dire- zione coniugata.

Tutti i diametri d' una conica passano per un punto, detto centro, polo della retta all' infinito. Neil' iperbole e neir ellisse questo punto è proprio, e però tali curve diconsi coniche a centro : 1' opposto avviene nella para- bola, cioè tutti i diametri sono paralleli (il centro è al- l' infinito).

Il centro è interno nell'ellisse ed esterno nell'iper- bole, poiché la sua polare è esterna nel l.'^caso, secante nel 2.°. Le due tangenti all' iperbole, condotte pel centro, la toccano nei punti all' infinito ; come già abbiamo avver- tito, esse diconsi asintoti.

Si è visto in generale 52), che le rette coniugate rispetto ad una conica, passanti per un punto che non le appartenga, si corrispondono in un' involuzione; così, data una conica a centro , le coppie di diametri coniugati di essa formeranno un'involuzione pel centro {involuzione dei diametri coniugati), la quale sarà ellittica o iperbolica «econdo la natura della conica , e nel secondo caso avrà <iome raggi doppi gli asintoti.

214

I diametri della parabola, tutti paralleli tra loro,, sono coniugati ciascuno ad una direzione del piano, essendo le polari dei punti all' infinito.

Osservazione. Date due coppie di diametri coniu- gati di una conica a centro, si riconoscerà immediata- mente la natura iperbolica o ellittica della conica, guar- dando se le nominate coppie si separano o no 37).

Un punto non appartenente ad una conica e la sua polare sono centro ed asse di un' omologia involutoria che trasforma in stessa la conica 57, 3); dunque:

II centro (proprio) di una conica è centro di una simynetria che trasforma in la conica; ossia è il punto medio delle corde della conica che passano per esso.

Se due corde della conica si bisecano, il comune punto medio di esse è il centro della conica.

§ 59. * Assi delle coniche. Nel cerchio tutte le coppie di diametri coniugati sono ortogonali, ossia l' in- voluzione dei diametri coniugati è l'involuzione degli angoli retti.. Infatti, dato un diametro del cerchio, il diametro ad esso perpendicolare è il suo coniugato, perchè biseca le corde ad esso parallele.

Viceversa: si abbia una conica C (a centro) in cui l' involuzione dei dia- metri coniugati sia quella degli angoli retti; dico che la (7 è un cerchio. In- fatti, sieno A, B due punti arbitrari della conica. Il diametro (per il centro 0) perpendicolare al segmento AB è coniu- gato alla direzione della corda AB q quindi la biseca; segue che i segmenti OA, OB sono uguali fra loro. Dunque la conica è il luogo dei punti distanti da 0 del segmento OA, ossia è il cerchio di centro 0 e raggio OA. e. d. d.

215

Le proprietà stabilite si possono riassumere nel

Teorema. La condizione necessaria e sufficiente perchè una conica sia un cerchio, è che V involuzione di punti coniugati sidjordinata da essa, sitila retta all'infi- nito, sia V involuzione assoluta.

Eccepito il caso del cerchio, l'involuzione dei dia- metri coniugati di una conica a centro, non è quella degli angoli retti ; perciò in essa esiste una coppia di diametri coniugati ortogonali, coppia comune alla detta involuzione dei diametri coniugati e a quella (ellittica) degli angoli retti 41).

In una conica, i diametri ortogonali alla direzione coniugata diconsi assi.

In una conica a centro esistono due assi, ortogonali fra loro, oppure la conica e un cerchio e tutti i suoi diametri sono assi.

Neil' iperbole gli assi sono le hisettynci degli angoli degli asintoti.

La direzione ortogonale ai diametri di una parabola sarà coniugata ad un diametro ben determinato : asse della parabola. Perciò la parabola ha un asse.

L' omologia armonica, avente per asse un asse della conica e per centro il polo di essa, cioè il punto all' in- finito nella direzione ortogonale, trasforma la conica in stessa ; dunque :

Un asse di una conica è asse di una sinunetria ortogonale che trasforma in stessa la conica.

§ 00. Teorema di Staudt. Se nel piano di una conica si considerano :

due rette qualunque a, b, non due punti qualunque A, B,

coniugate, e a ciascun punto non coniugati, centri di due

dell'una si l'a corrispondere lasci, e a ciascuna retta

quel punto dell' altra che è dell' uno si fa corrispondere

coniugato al primo, le due quella retta dell'altro fascio

216

rette risultano proiettive tra loro.

Infatti ciascuna retta è prospettiva (sezione) al fascio delle polari dei punti dell' altra.

che e coniugata alla prima, i due fasci risultano proiet- tivi fra loro.

Infatti ciascun fascio è prospettivo (proiezione) alla punteggiata dei poli delle rette dell' altro.

In particolare : Se il punto comune alle Se la retta A B con-

nominate rette a, &, è coniu- gato di stesso (cioè ap- partiene alla conica), le rette a, h risultano prospettive , ossia le congiungenti i punti coniugati rispettivamente su <2, h, passano per un punto.

Di qui si deducono

giungente i due punti è co- niugata di stessa (ossia è una tangente alla conica), i l'asci A^ B, risultano pro- spettivi , cioè i punti d' in- tersezione di due rette co- niugate rispettivamente per A,B stanno sopra una retta, teoremi (di Staudt) :

Data una conica ed un triangolo ABC iscritto in essa (cioè tale che i suoi vertici sieno sulla conica), ogni retta coniugata ad un lato BC del triangolo, sega gli altri due lati in punti coniugati.

Viceversa, se una retta sega due lati AB, AC del triangolo in due punti co- niugati, essa è coniugata al terzo lato, cioè passa per il polo di esso.

Data una C07iica ed un trilatero a b e circoscritto , (cioè tale che i suoi lati sieno tangenti ad essa), ogni punto coniugato ad un ver- tice bc del trilatero, proietta gli altri due vertici secondo due rette coniugate.

Viceversa, se un punto proietta due vertici ab, ac del trilatero secondo due raggi coniugati, esso è co- niugato al terzo vertice, ossia appartiene alla sua

polare. Delle due proposizioni correlative, dimostriamo quella a sinistra.

217

Le punteggiate AB, AC, il cui punto comune A è coniugato di stesso, ove si considerino come corrispon- denti i punti dell'una ai punti coniugati dell'altra, risultano prospettive; per trovare il centro 0 di prospettività basta con- giungere due coppie di punti omologhi (coniu- gati). A tale scopo si considerino le polari b, e di B, C, (tangenti alla conica rispettivamente in B, C) seganti rispet- tivamente in B\ C le ^ rette AC, AB', i punti B, B' ed i punti C, C sono coniugati, onde il centro di prospettività 0 cercato, è il punto he.

Questo punto 0, così costruito, è il polo della retta B C. Ciò significa che la congiungente due punti coniu- gati, posti rispettivamente su AC, BC (passa per 0, ossia) è coniugata di BC. Viceversa ogni retta per 0, cioè ogni retta coniugata di BC, sega AC, BC in due punti omo- loghi, ossia coniugati, c.d.d.

Le proposizioni precedenti s' invertono anche, eviden- temente, nel seguente modo :

Se un triangolo ABC

ha due vertici A, B sopra una conica e i due lati AC, BC di esso segano una retta coniugata al lato .45 in punti coniugati , anche il terzo vertice C del triangolo ap- partiene alla conica

Se un trilatero ahc ha due lati a, h, tangenti ad una conica e i due punti ac, bc di esso sono proiet- tati da un punto coniugato al punto a b , secondo due rette coniugate , anche la terza retta è tangente alla conica.

218

Teorema di Steiner : generazione proiettiva delle

Segando le tangenti di una conica con due tangenti a, b di essa , si ottengono due punteggiate proiettive.

§ 61 coniche.

Stabiliamo ora i teoremi

Proiettando i punti di

una conica da due punti

A,B di essa, si ottengono

due fasci di raggi proiettivi.

Riferendoci p. e. all'enunciato di sinistra, vediamo che esso risulta subito dall'osservazione seguente: Se i due fasci

A, B sono riferiti fra loro in modo che si corrispon- dano due raggi come AC, BC proiettanti uno stesso punto C della conica, le sezioni dei due fasci con una retta coniugata ad AB (non pas-. sante per A, B) sono due punteggiate sovrapposte pro- iettive (in involuzione); in- fatti due raggi come AC, BC segano la retta in due punti coniugati 60), e le coppie di punti coniugati sopra una retta non tangente alla conica formano una involuzione.

Si noti che nella proiettivita intercedente fra i due fasci proiettili di centri A, B, al raggio comune AB cor- rispondono le tangenti alla conica, rispettivamente in A ed in B.

Reciprocamente si ha :

Nel piano

// luogo delle interse- zioni dei raggi omologhi di due fasci proiettiin, non prospettivi concentrici, è una conica.

L' inviluppo delle rette congiungenti i punti omolo- ghi di due punteggiate pro- iettive, non prospettive ne concentriche, è una conica.

219

Riferiamoci p. e. all' enunciato di sinistra.

Sieno A, B i due fasci, a, h i raggi (diversi da A, B) che corrispondono al raggio comune AB rispettivamente per A, B, ed 0 il loro punto d' incontro. Consideriamo una retta d per 0 (diversa da a, h) la quale seghi A B in un dato punto 0'. I raggi omologhi dei fasci proiet- tivi A, B, segati colla d, danno luogo a due punteggiate proiettive sovrapposte dove 0, 0' si corrispondono in doppio modo; essi segano dunque sulla d tante coppie di un' involu- zione. Sieno (7, C due /O punti (diversi da 0, 0') coniugati in questa involuzione, ottenuti \^/ segando i raggi (cor- rispondenti) AP, BP.

Possiamo porre nel piano una polarità ben determinata pren- dendo come polari dei punti 0, A,B rispetti- vamente le rette A B, a, b, ed esigendo inoltre che (7, C sieno punti coniugati. Infatti , stante le prime condizioni , resta fissato che ai punti della retta ^ i^ corrispondano nella polarità le rette per 0 che sono coniugate a quei punti nella involuzione definita dalle coppie A a e Bh\ mentre la condizione che (7, C sieno coniugati nella pola- rità, porta ad assegnare come polare del punto C la retta e che unisce C al coniugato armonico di 0' rispetto ad A, B, La polarità resta così ben determinata secondo il § 51. Essa ammette una conica fondamentale, che passa per A, B, toccando a, b.

Ora due rette per A, B, corrispondenti nella proietti- vita data fra i due fasci, segano d in due punti che sono coniugati rispetto alla involuzione definita dalle coppie 00\ CC\ ossia in due punti coniugati rispetto alla conica

220

Si deduce che tali rette s' incontrano in un punto della conica 60); ciò dimostra il teorema.

Osservazione 1.^ Se n^l piano si considerano due fasci raggi prospettivi (non concentrici), il luogo delle intersezioni dei raggi omologhi è una coppia di rette {conica luogo degenere) costituita dall' asse di prospettività e dal raggio comune (unito) dei due fasci. Correlativa- mente due punteggiate prospettive (non sovrapposte) gene- rano una coppia di punti {conica inviluppo degenere) , costituita dal centro di prospettività e dal punto comune (unito) di esse.

Osservazione 2.^ La generazione proiettiva delle coniche (con fasci o punteggiate) data innanzi, permette di riportare alle coniche (concepite sia come luogo, sìa come inviluppo) le nozioni di ordini naturali, elementi susseguentisi , coppie che si separano , ecc. stabilite per le forme di 1.'^ specie.

Invero se più punti di una conica vengono proiettali da un punto essa conica secondo raggi (d' un fascio) susseguentisi, lo stesso avverrà quando i nominati punti vengono proiettati da un altro punto, comunque scelto sulla conica stessa; si dirà allora che quei punti si sus- seguono sulla conica. Così pure si dirà che si susseguono pili tangenti di una conica, le quali vengano segate (da una e quindi) da ogni altra tangente secondo punti susse- guentisi. Potremo quindi parlare di .due segmenti o ardii complementari determinati da due punti di una conica ecc., ed applicare alle coniche le considerazioni ed i teoremi relativi alle corrispondenze ordinate.

Se più punti di una conica si susseguono, si susse- guono anche le tangenti in essi alla coyiica.

Ciò si desume dal fatto che la polarità rispetto alla conica fa corrispondere ad un fascio di raggi proiettanti i punti R (7.... della conica da un punto A di essa, la punteggiata luogo dei punti intersezioni della tangente a

221

in A colle tangenti b, e rispettivamente in B,C....;

basta osservare che, per effetto della polarità, il fascio A e la punteggiata a risultano proiettivi, e quindi in corri- spondenza ordinata.

Allorché abbiamo parlato in principio della forma delle coniche, guardate sotto l'aspetto grafico, abbiamo detto che esse appaiono come linee chiuse generate dal moto di un punto (o di una tangente) che ritorna alla posizione iniziale. Non altrimenti appare, rispetto all' in- tuizione grafica, la retta, dopo l'introduzione del punto improprio; ed analoga è pure la generazione col movi- mento di un fascio di raggi o di piani.

Questa generazione col movimento di un elemento che ritorna alla posizione iniziale , è il fondamento intuitivo comune delle nozioni di ordini naturali, così per le forme di 1.^ specie, come perle coniche. Dimodoché le relazioni inerenti al susseguirsi, ecc. di punti (o tangenti) di una conica, appariscono immediatamente alla vista, quando ci si riporti alla rappresentazione di una conica col disegno.

§ 62.* Casi particolari metrici della generazione pro- iettiva ili una conica. Cerchio e iperbole equilatera.

I teoremi di generazione del precedente § ci conducono ad alcuni casi particolari sotto l'aspetto metrico. Fermia- moci dapprima sulle coniche concepite come inviluppo.

Consideriamo due tangenti proprie parallele a, b, di una conica a centro. Se- gandole con le altre tan- "^

genti, si ottiene tra le a, b una proiettività, nella quale i punti di contatto

A, B di esse corrispon- ^-^^^^ ^■^:^-f=7 z

dono al punto improprio

comune, considerato rispettivamente su b o su a. l punti

A, B sono dunque i punti limiti della proiettività nominata.

222

Di qui si ricava la conclusione 34): Si considerino dite tangenti projìrie ^9ara^/é?/É^ a, b di una conica a centro, ed i loro punti di contatto A, B; una tangente imriahile della conica sega le a, b, in due jmnti, tali che il prodotto delle distanze di essi da A.B è costante.

Si abbia ora un'iperbole, e sieno u, v i suoi asintoti. Le tangenti all' iperbole determinano su u,'V, due punteg- giate proiettive, aventi ambedue come punto limite il centro 0—Uv. Se si indicano con P, P le intersezioni di una tangente va- riabile della iperbole rispettivamente con li, V, si ha dunque che il })rodotto OP, OP è costante. 34). Si deduce che :

Data un' iperbole y il triangolo determinato dagli asintoti e da una tangente variabile ha area costante. Questa proprietà è caratteristica per l' iperbole-inviluppo. Consideriamo infine una parabola e due tangenti qual- siansi proprie di essa. Queste vengono segate dalle altre tangenti secondo due punteggiate proiettive, dove i punti all'infinito si corrispondono. Si deduce 29) che:

Segando con una tangente variabile due tangenti proprie fisse di una parabola , si ottengono punteggiate simili.

Viceversa: Congiungendo i punti omologhi di due punteggiate simili (non prospettive) di un 2^icLno, si ottiene come inviluppo una parabola.

Riferiamoci invece alle coniche concepite come luogo.

Si presentano allora due casi particolari notevoli ,

rispettivamente della ellisse e della iperbole, casi in cui

si ha una generazione mediante fasci di raggi congruenti.

223

Bue fasci di raggi direttamente congruenti, in un piaìio (supposto che non sieno riferiti per paratlelismo di elementi) generano un cerchio , come luogo delle intersezioni dei raggi omologhi.

Viceversa : Proiettando i punii di un cerchio da due punti fissi di esso, si ottengono due fasci direttamente congruenti.

Per dimostrare il teorema, si considerino due fasci direttamente congruenti, A, B, di un piano, (non prospet- tivi), e si avverta anzitutto che la conica da essi generata è certo un'ellisse, perchè i nominati fasci determinano (per sezione) sulla retta all' infinito una proiettivitk (con- gruenza) priva di punti uniti. Si scelga ancora sulla detta ellisse un altro punto fisso P, e si consideri infine su di essa un qualsiasi punto variabile P'; basterà mostrare che questo appartiene al cer- chio determinato dai tre punti A, J5, P, poiché risulterà allora che il luogo del punto variabile P' è il cerchio nominato.

Ora, per ipotesi, gli angoli P A P' , PBP, sono uguali 0 supplementari ; ma, poiché la congruenza tra i due fasci è diretta, si riconosce subito che tra gli angoli nominati che comprendono il segmento finito PP\ sussiste uguaglianza o relazione supplementare, secondochè i punti A, B, giacciono nella stessa banda o in banda opposta del piano rispetto alla retta PP' (considerate le cose nel senso della geometria elementare). Di qui si trae che i punti P, P appartengono sempre ad un cerchio, e. d. d.

Il ragionamento è perfettamente invertibile.

Dicesi iperbole equilatera V iperbole dotata di asin- toti ortogonali.

Sussiste allora il teorema :

In un piano, due fasci di raggi inversamente con- gruenti, non pjrospìettivi, generano, come luogo delle inter- sezioni dei raggi omologhi, un iperbole equilatera.

224

Infatti, si consideri la proiettività ottenuta, segando i due fasci, sulla retta impropria. Questa proiettività è una congruenza inversa, di cui i punti doppi sono i punti all'infinito della conica (iperbole) generata dai due fasci; ma questi punti corrispondono a direzioni ortogonali 32) dunque gli asintoti dell'iperbole generata dai due fasci sono ortogonali, c.d.d.

Si può dire di più che i centri dei fasci generatori saranno simmetrici rispetto al centro dell' iperbole. Invero la retta AB deve essere ugualmente inclinata sulle tangenti in A, B all'iperbole, sicché (tenuto conto del senso della congruenza fra A, B) si vede che le nominate tangenti riescono parallele; ma poiché esse s'incontrano nel polo della retta A^, la A^ é un diametro, ossia A, B sono simmetrici rispetto al centro, c.d.d.

Viceversa, si può dimostrare per esercizio che: Se si proiettano i punti di un iperbole equilatera da due punti di essa, simmetrici rispetto al centro, si ottengono due fasci di raggi inversamente congrueyiti.

§ 63. Condizioni clie determinano una conica. Nel piano

5 punti, di cui 3 non in 5 rette ^ di cui 3 non pas- linea retta, determinano una santi per un punto, deter- conica che passa per essi, minano una conica a cui

soìio tangenti.

Dimostriamo il teorema a sinistra:

Sieno A, B, C,D, E i cinque punti. I due fasci A, B

possono essere riferiti proiettiva-

S mente facendo corrispondere i

raggi AC, BC: AD, BD; AE,

BE. Allora essi generano una

tT \ /"^^^^ conica o una coppia di rette pas-

^^ C sante per i 5 punti A, B, C, D, E;

ma il secondo caso é da escludersi.

225

perchè tre dei punti A,B, C, D, E non sono mai in linea retta; dunque per A, B, C, D, E passa una conica. Questa conica è unica, perchè data una conica pei 5 punti , i punti di essa debbono venir proiettati da A,B secondo due fasci di raggi proiettivi, e la proiettività tra i due fasci riesce determinata dalla corrispondenza delle coppie AC,BC\ AD,BD', AB,BK

Il ragionamento precedente non cessa di valere se, (ad uno dei 5 punti , p. e.) al punto C si sostituisce una retta b per B non passante per alcuno degli altri punti, la quale debba essere tangente alla conica da determinarsi. Invero la b deve corrispondere al raggio AB, nella proiet- tività tra i due fasci generatori della conica. Ulteriormente si può anche sostituire ad un altro punto D la tangente a in A (non passante per B,E).

Così siamo condotti ad enunciare i seguenti corollari:

Xel piano

4 punii, di cui 3 non in 4 rette, di cui 3 non pas- linea retta, e la tangente santi _p^r un punto, ed il in uno di essi, 7ion passante punto di contatto di una di per alcun altro, determi- esse, non appartenente ad nano una conica. alcuna delle altre rette, de-

terminano una conica.

Similmente tre punti Tre rette non passanti

non in linea retta e le tan- per wi jnmto, ed i punti genti in due di essi, non di contatto di due di esse, passanti per alcuno dei ri- non appartenenti ad alcuna manenti punti, determinano delle riìnanenti rette, deter- una conica. minano una conica.

Osservazione. Si può dire che gli enunciati corol- lari derivano dai teoremi posti innanzi, secondo il prin- cipio di contiyiuità, facendo avvicinare indefinitamente, in una data direzione, due dei 5 punti dati, ecc.

226

Ma questa non sarebbe una giustificazione rigorosa di quei risultati, finché almeno il principio di continuità non venisse stabilito con precisione, ciò che può esser l'atto (con limitazioni che vengono qui soddisfatte) par- tendo da un ordine di idee più elevato.

Costruzioni. Data una conica mediante 5 dei suoi punti, 0 4 'punti e la tangente in uno di essi, o 3 punti e le tangenti in due di essi (sotto le restrizioni enunciate) si vuole:

IP Costruire V intersezione ulteriore della conica con una retta (non tangente) passante per uno dei punti. 2.^ Costruire la tangente in uno dei punti dati (ove non sia nota).

Riferiamoci al caso generale in cui la conica è data da 5 punti A, B, (7, D, E (di cui tre non in linea retta). Si osserverà che le stesse costruzioni valgono in partico- lare per gli altri casi.

Allora le costruzioni domandate si riducono a quelle

della proiettività in- dividuata, tra i l'asci A, B, dalle due terne di raggi A (CD E), B{CDE) (§§61,28). Data una retta h per A, l'ulteriore punto A" in cui essa sega la conica è il punto d'in- contro di h col raggio omologo li per B\ la tangente a in A è il raggio corri- spondente ad AB nel fascio A.

Considerando per A varie rette h assai vicine, e costruendo dei punti X abbastanza vicini, che potranno essere congiunti graficamente con un tratto continuo, si avrà la costruzione per punti della conica e si acquisterà così un' idea della sua forma.

227

Si eseguiranno per esercizio queste costruzioni insieme ai loro casi particolari notati e alle costruzioni corre- lative.

Data una conica mediante 5 elementi, nel modo detto innanzi si vuole ancora:

3.^ Costituire la polare di un punto.

Supponiamo per esempio che la conica venga definita da 5 punti ^,Z?, (7,17,^ {di cui 3 non in linea retta). Si unisca il punto in questione P con 2 dei 5 punti, per esempio con A, B, e si determinino le ulteriori intersezioni A^ , B^ delle rette PA^ PB colla conica; la polare p ài P q la congiungente i punti d' intersezione delle coppie di rette AB,A^B^ e AB^, A^ B.

Correlativamente si costruisca il polo di una retta rispetto ad una conica definita per 5 tangenti.

Si risolvano pure, per esercizio, i problemi prece- denti, allorché la conica è definita da 5 elementi (colle solite condizioni) in un altro modo qualunque.

*In particolare, rispetto ad una conica così definita, «i costruiscano le polari di due punti impropri, determi- nando così il centro (supposto proprio) e l' involuzione dei diametri coniugati.

Si trattino ancora dei casi particolari metrici delle costruzioni precedenti, assumendo un punto improprio fra quelli che definiscono la conica; ed in tale ipotesi (quando la retta all' infinito non sia tangente) si costruisca (per l' iperbole definita) 1' asintoto di cui è data la direzione, <e r altro asintoto.

228

§ 61. Teoremi di Pascal e di Brianclion. Si abbiano sopra una conica sei punti A, B, C, D,.F, F iormeiniì un esagono semplice iscritto in essa.

Dai punti D,F proiettino i rimanenti punti A,B,C,E.

Si otterranno cosi due fasci proiettivi D{ABCE), F (ABCE), i quali segheranno rispettivamente sulle rette AB e BC due punteggiate proiettive. Se dunque indi- chiamo con K ed M le rispettive intersezioni dei raggi DC e DE con AB, e con L, N le intersezioni dei raggi FA ed con BC, avremo :

BKMA n BCNL.

Ma le due punteggiate proiettive BKMA...., BCLN.... hanno il punto comune B unito; quindi esse risultano pro- spettive, cioè le congiungenti le tre coppie di punti omo- loghi KC, MN, AL passano per un punto.

229

Ciò significa che i punti M, N, intersezioni delle coppie di lati opposti AB, ED e BC, EF dell'esagono, sono in linea retta con H, intersezione dell'altra coppia di lati opposti CD, AF.

Accanto a questo risultato enunciamo il correlativo, che si riferisce ad ogni esalatefo semplice circoscritto ad una conica, cioè ad ogni esalatero costituito da sei tangenti della conica.

Si hanno così i celebri teoremi :

Teorema di Pascal : Teorema di Brianchon :

Se un esagono semplice Se un esalatero sem-

è iscritto in una conica , plice è circoscritto ad una le tre coppie di lati opposti conica, le congiungenti le s' incoyitrano in tre punti tre coppie di vertici opposti ■su una r^^^a (retta Pascal); passano per un punto {^wnio un tale esagono dicesi di di Brianchon); un tale esa- Pascal. latero dicesi di Brianchon.

Invertiamo il ragionamento precedente. Se le tre coppie di lati opposti AB, ED; BC, FÉ; CD, AF di un esagono ABCD E F sono in linea retta, i fasci di raggi che da D, E proiettano i rimanenti punti, sono proiettivi, quindi i sei vertici dell'esagono stanno sulla conica (even- tualmente degenere) generata dai due fasci.

Enunciando anche il risultato correlativo, si ha :

Ogni esagono di Pascal, Ogni esalatero di Brian-

di cui tre vertici non sieno chon, di cui tre rette non in linea retta , è iscritto . passino per un punto, è in una conica. Se tre dei circoscritto ad ima conica, suoi vertici sono in linea Se tre dei suoi lati passano retta, V esagono risulta i- per un punto, V esalatero è scritto in una coppia di circoscritto ad una coppia rette (conica degenere). di jpunti (conica degenere).

Come casi particolari dei teoremi di Pascal (e di Brianchon) possiamo considerare quegli enunciati che si deriverebbero da essi , secondo il principio di continuità

230

63), facendo avvicinare indefinitamente due vertici di un esagono iscritto in una conica, ecc. Ma si deve notare che questi casi vengono dimostrati in modo rigoroso e diretto dalla stessa dimostrazione che serve a stabilire il teorema di Pascal ; giacché (riferendoci a quel ragionamento) se in luogo di considerare l'esagono ABCD EF si considera il pentagono ABC DE e si sostituisce alla considerazione del lato AF la tangente in A alla conica , il ragiona- mento procede egualmente.

Così similmente, se si sovrappone ancora il punto C al punto D\ e lo stesso dicasi nel caso duale. Potremo dunque enunciare, come casi particolari dei teoremi di Pascal e Brianchon, le seguenti proposizioni :

Se un pentagono sem- Se un pentalatero sem-

plice è iscritto in una co- plice è circoscritto ad una

nica, il punto d' incontro della tangente in un vertice col lato opposto è in linea retta coi punti d" interse- zione delle due rimanenti coppie di lati non conse- cutivi.

Se un quadrangolo sem- plice è iscìHtto in una co- nica, il pìunto comune alle tangenti in due vertici op- posti di esso è in linea retta coipunti (diagonali) comuni alle coppie di lati opposti.

conica, la congiungente il punto di contatto di un lato col vertice opposto passa per il punto comune alle rette congiungenti le due riìnanenti coppie di vertici non consecutivi.

Se un quadrilatero sem- plice è circoscritto ad una conica , la congiungente i punti di contatto di due lati opposti di esso passa per il punto comune alle (diagonali) congiungenti i

due vertici opposti. I precedenti teoremi sono anche invertibili, come l'enunciato generale, coli' avvertenza che la conica in cui è iscritto il pentagono o il quadrilatero (o correlati- vamente) potrà risultare degenere. Così, per esempio, essa degenera in due rette, se il pentagono è tale che tre dei

231

suoi punti sieno in linea retta , oppure la tangente asse- gnata passi per uno degli altri vertici.

Applicando ancora lo stesso principio di continuità che ci ha condotti ai teoremi precedenti , potremmo fare avvicinare altri due punti, B ed E, ottenendo così il teo- rema (correlativo di stesso):

Un triangolo iscritto in una conica ed il trilatero, circoscritto, delle tangenti nei vertici sono omologici.

La dimostrazione di esso non viene però data diret- tamente dal ragionamento, che ha servito a stabilire il teorema di Pascal. Tuttavia il risultato può ancora sta- bilirsi in modo rigoroso per mezzo delle seguenti osser- vazioni:

Sieno A,B,C tre punti sulla conica, vertici del trian- golo iscritto; e sieno a,b,c le rispettive tangenti; A',B\ C\ i vertici del triangolo circoscritto, rispettivamente opposti ai lati a,b,c. Consideriamo il punto P=a , BC. La sua polare è la retta A A\ poiché i punti A ed A' sono i poli delle due rette a, BC. Di qui si trae che le rette A' P, A' A sono coniugate rispetto alla conica, quindi separano armonicamente le tangenti h,c, raggi doppi della involuzione di rette coniugate avente come centro A'.

232

Ora, se si congiunge A' col punto BB' . CC si ottiene una retta che insieme alla A' P separa armonicamente le rette h,c 14). Questa retta non può dunque differire dalla A' A, e perciò le tre rette AA\ BB\ CC passano per un punto.

Correlativamente i punti aa\ bb\ ce sono in linea retta. Questa è d'altronde una immediata conseguenza dell'omologia dei due triangoli.

Costruzioni. I teoremi di Pascal e di Brianchon ed i loro casi particolari ci permettono facilmente la riso- luzione dei problemi seguenti già trattati nel § 63:

1.^ Data una conica 1 P Individuata una co-

rnediayite cinque xnmti k,B, nica mediante cinque tan-

C,D,E, di cui tre non in linea retta, cost^'^uire V ulteriore intersezione Fx della conica con ima retta a per ilpun to A .

geliti a, b, e, d,e, delle quali tre non passanti per un punto, costruire V idteriore tangente fx alla conica pas- sante per un punto A di r.

233

Si consideri perciò (a sinistra) l'esagono ABCDEF a; iscritto nella conica (di cui il vertice F^ è ignoto), e se ne determini la retta di Pascal p, congiungendo i punti H=AF^,DC ed M=FD.AB. Detta N l'interse- zione del lato GB con p, la retta F^, E deve passare per iV, sicché il punto F^ sarà determinato dall' incontro delle due rette NE ed AFoo~ a.

2.^ Data una conica me- diante ciìique punti A,B,C, D,E (di cui tre non in linea retta), costruire la tangente ax nel punto A.

2.^ Data una conica me- diante cinque tangenti a,b, c,d,e, (delle quali tre non passanti per un punto) co- struire il punto di con- tatto Ax della tangente a. Si consideri (a sinistra) il pentagono ABC DE. Costruita la retta p di Pascal, congiungendo i punti N= AE, GB ed M= ED . AB, si dica H il punto d' incontro della p con GD, lato opposto al vertice A del pentagono. La tangente a^ richiesta sarà la retta HA.

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3? Data una conica mediante quattro punti A,B, C, D, (dei quali tre non in linea retta) e la tangente a in A (non passante per al-

3^ Data una conica mediante quattro tangenti a, b, e, d (tre delle quali non passanti per un punto) ed il punto di contatto A (i^ a ,

234

cuno degli altri punti), co- ( non appartenente ad al- struire la tangente c^ in cun' altra tangente) co- nno di essi, p. e. in C. struire il punto di contatto

Cx di una di esse, p. e. di e. Si consideri (a sinistra) il quadrilatero ABCD.

Detti ilf ed iV i punti d'incontro dei lati opposti, la loro congiungente _p è la retta Pascal, quindi se L è il punto d' intersezione di p con la tangente in A alla conica, la retta LC è la tangente in C richiesta.

4.^ Data una conica

mediante 4 punti A,B,C,D (di cui 3 non in linea retta) e la tangente a in uno di essi A (non passante per alcuno dei rimanenti), co- struire V ulteriore interse- zione Ex della conica con una retta e, condotta per A.

4.^ Data una conica mediante 4 tangenti a, b, c,d (delle quali 3 non passanti per un punto) e il punto di contatto A di una di esse a (non appartenente ad alcuna delle rimanenti), costruire V ulteriore tangente ex con- dotta alla conica per un punto E di a. la tangente nel vertice C

Si costruisca (a sinistra) del quadrilatero ABCD.

Detto Eoo il punto richiesto, si determini la retta Pascal relativa al quadrilatero ABCB^, individuata dal punto L

235

comune alle due tangenti a, e, e dal punto M' comune alle due rette e=-AE^, CB. Detto N' il punto LM .AB, la retta N'C sega la e nel punto F^ richiesto.

Analogamente si risolveranno per esercizio i seguenti

problemi :

Data una conica me- diante tre punti A,B,C (non in linea retta) e le tangenti a, b in (lue di essi (non pas- santi per alcuno dei punti rimanenti), costruire la tan- gente e in C.

Data una conica me- diante tre tangenti a, b, e (non passanti per un punto) ed i punti di contatto A,B di due di esse (non appar- tenenti ad alcuna delle ri- manenti), costruire il punto di contatto C della e.

§ 65. Teorema di Des

ed un quadrangolo iscritto in essa; una retta secante la conica, che non passi per un vertice del quadran- golo, la incontra in due punti, i quali sono coniugati nelV involuzione a cui ap- partengono le iìitersezioni

argues. Data una conica ed un quadrilatero circo- scritto ad essa; due tan- genti alla conica passanti per un punto, non giacente sopra un lato del quadri- latero, sono coniugate nel- V involuzione a cui appar- tengono le tre coppie di

230

delle ire coppie di lati o}opo- raggi proiettanti dal punto sii del quadrangolo 39). i vertici opposti del qua- drilatero (§ 39).

Basta dimostrare l'enunciato a sinistra (che sotto forma metrica è stato dato da Desargues).

Sia QRSTun quadrangolo iscritto in una conica; u una retta secante la conica nei punti P, P', ed interse- cante le coppie di lati opposti del quadrangolo rispetti- vamente nei punti A, A'; B,B'; C, C .

Proiettando da Q, S ì quattro punti P, P', R, T, della conica, si ottiene :

Q(PP'RT) n SfPP'RTJ;

onde, segando con u, si ha:

PP'BA n PP'A'B'.

da cui

PP'BA II FPB'A'

Questa relazio- ne ci dice appunto che A, A' sono co- niugati neir involu-

/PP' B \ '''''' \PPB')-

A questa stessa involuzione appar- tiene analogamente la coppia ce (ciò che dimostra nuova- mente che AA\BB\ ce sono tre coppie in involuzione, cfr. § 39).

Anche del teorema di Desargues si possono notare i casi particolari , in cui due vertici del quadrangolo, ad esempio S, R, vengono sostituiti da un punto S e dalla tangente in esso, ecc.; a questi casi si è ancora condotti dal ragionamento precedente.

237

Si ottengono allora i seguenti risultati :

Data una conica

ed un triangolo iscritto in essa ; una retta secante (che non passi per un suo vertice) incontra la conica in due punti coniugati nelV invo- luzione, a cui appartengono la coppia di punti segata da due lati del triangolo, e quella segata dal terzo lato e dalla tangente nel vertice opposto.

ed un trilatero circoscritto ad essa ; due tangenti alla conica passanti per un punto (non giacente sopra un suo lato) sono coniugate nella involuzione, a cui ap- partengono la coppia di raggi proiettanti due vertici, e quella costituita dai raggi che proiettano il terzo ver- tice ed il punto di contatto del lato opposto.

Data ima conica

e due punti di essa; due tangenti della conica pas- santi per un punto (che non giaccia sulla congiungente i dati) e i due raggi che proiettano da questo i due punti dati, determinano una involuzione che ha come raggio doppio quello che pi'oietta il pìunto comune alle tangenti nei punti dati. Quest' ultimo teorema ci conduce al seguente Corollario. * Data una iperbole, ed una retta secante, i due segmenti (minimi) intercetti tra V iperbole e gli asintoti sono uguali ; ossia i segmenti AB, CD inter- cetti sulla retta dall'iperbole e dagli asintoti hanno lo stesso punto medio 0. Infatti 0 è l' altro punto doppio della involuzione in cui sono coniugate le coppie AB, CD,

e due tangenti di essa; una retta secante (che non passi per uno dei punti di contatto di esse) incontra la conica e le due tangenti in due coppie di punti determinanti una involuzione, che ha còme punto doppio r intersezione della congiungente i due punti di contatto.

238

involuzione che ha pure come doppio il punto (improprio) sezione della retta data colla retta impropria.

Questo corollario permette una semplice costi-uzione per punti dell' iperbole definita mediante gli a.sintoti ed ■un suo punto proprio. Si svilupperà tale costruzione come esercizio.

Osservazione 1.^ Il teorema di Desargues e i casi particolari enunciati danno ancora nuove costruzioni per risolvere i problemi fondamentali relativi alla determina- zione di punti e tangenti delle coniche.

Così, per es., dati cinque punti A, B, C, D, E, di cui tre non in linea retta, si può determinare l'ulteriore intersezione della conica con una retta u per E, cer- cando su u il coniugato di E nell'involuzione determi- nata dalle sezioni dei lati opposti del quadrangolo completo AB CD, ecc.

Si considerino ora tutte le coniche (costituenti un fascio) . che hanno comuni quattro

punti A,B,C,D (di cui tre

non in linea retta) cioè le

coniche che hanno uno stesso

^' ,D quadrangolo iscritto, e si fissi

una retta r del piano non

passante per A,B,C,1).

^ Per ogni punto ^ di r

E'

(che non sia sezione di un lato del quadrangolo ABCD) e per ^4 , 5, (7, i) passa una conica, che (ove non tocchi r) incontra r in un altro punto E'. Le coppie di punti ana- loghe ad E E' appartcìigono tutte all' involuzione deteì^- minata su r dalle tre coppie di lati opposti del quadran- golo ABCD, le quali si possono considerare come coniche degeneri appartenenti al fascio. Viceversa, invertendo il ragionamento che ha servito alla dimostrazione del teorema di Desargues, si prova che ogni coppia di punti distinti dell'involuzione nominata (presa insieme ad A, B, C, D),

239

determina una conica del fascio , la quale può per altro essere degenere.

Si deduce che: se esistono, nel fascio, delle coniche tangenti ad r, il punto di contatto P di una di esse è doppio per la nominata involuzione; giacché altrimenti la conica determinata dai 5 punti A, B, C, D, P segherebbe r in un punto coniugato di P e diverso da esso, ossia non sarebbe tangente ad r in P.

Poiché in una involuzione non vi sono punti doppi o ve ne sono due, deduciamo il seguente teorema a sini- stra, cui poniamo a lato il correlativo :

Dati quattro punti, ver- Date quattro inette, lati

tici di un quadrangolo, ed di un quadrilatero, ed un una retta del loro piano, punto del loro piano, non che non ne contenga alcuno; giacente sopra uno di essi; 0 non vi è nessuna conica o non vi è nessuna conica che passi per i quattro punti tangente alle quattro rette e sia tangente alla retta, e passante per il punto,

0 vi sono due coniche o vi sono due coniche

siffatte, ed i punti di con- siffatte, e le tangenti ad esse tatto di esse colla retta sono per il punto sono i raggi i punti doppi della involti- dojjpi della involuzione de- zione, che su questa detcì^- terminata, nel fascio, dalle minano le tre coppie di tre coppjie di raggi proiet- lati opposti del quadrangolo . tanti i vertici oj^posti del

quadrangolo.

Osservazione 2.^ Se, riferendoci per esempio al caso a sinistra, si suppone che la data retta passi per uno dei quattro punti (ma non per due), abbiamo visto che vi é una conica tangente alla retta per i quattro punti. Correlativamente si dica a destra.

Dati i quattro punti A,B, C, D vertici d' un quadran- golo, ed una retta r non passante per un vertice, é facile decidere se vi sono o no coniche tangenti ad r pei quattro punti. Invero basta per ciò esaminare se le due coppie di

240

punti segate su r da due coppie di lati opposti del qua- drangolo, non si separano, oppur sì. Si faccia pure l'os- servazione correlativa.

Infine si noti come anche il teorema precedente con- tinui a sussistere ove a due dei quattro punti A, B, (7, D si sostituisca un solo punto e la tangente in esso (non pas- sante per uno dei rimanenti), ecc.

CAPITOLO X Proiettività fra coniche.

§ 66. Definizione Teorema fondamentale. Si abbia tra due piani ce, ce' una proiettività tu. Se nel piano oc è data una polarità Q , ad un punto P e ad una retta p che sono polo e polare in Q , verranno sostituiti, per effetto di TU, due elementi di a', che si corrisponderanno a loro volta in una nuova polarità Q\ trasformata di Q : •Q'eetu Qtt-^

Se la Q ammette una conica fondamentale K, anche la Q' ammetterà una conica fondamentale K', ì cui ele- menti corrisponderanno biunivocamente a quelli di K.

Dunque, se si pone una proiettività tra due piani, ad ogni conica dell' uno corrisponde nelV aitilo una conica, e le due coniche risultano riferite fra loro ele- mento per elemento: precisamente ai punti dell'una conica corrisponderanno i punti dell' altra (e alle tangenti le tangenti), se la proiettività posta fra i due piani è una omografia; ed invece ai punti dell'una corrisponderanno le tangenti dell'altra, se la detta proiettività è una cor- relazione.

Bue coniche si dicono j)roiettive, allorché si pensarlo riferite elemento per elemento mediante una proiettività

242

fra i piani che rispettivamente le contengono. La pro- iettività fra le coniche si dice subordinata di quella fra i due piani.

Come esempio si ha: Sono proiettive due coniche giacenti in piani diversi, l'una proiezione dell' altra da un (dato) punto esterno, cioè due coniche sezioni di uno stesso cono quadrico.

Dalla definizione risulta immediatamente:

Due coniche p^'oiettive ad ima terza sono proiettive fra di loro.

Se tra due coniche K, K' è data una proiettivitk, in cui ai punti dell'una corrispondono le tangenti dell'altra, risulta anche fissata una proiettivitk, in cui ai punti di ciascuna corrispondono i punti di contatto delle tangenti omologhe dell'altra. Basta, infatti, osservare che, mediante la sua polarità, una conica può essere riferita proietti- vamente a stessa, facendo corrispondere ad ogni punto la relativa tangente.

Di qui si deduce che nello studio della proiettivitk fra coniche ci si può limitare, senza restrizione, al caso in cui gli elementi corrispondenti sieno omonimi. Così appunto faremo nel seguito.

Stabiliamo ora il teorema fondamentale :

Due coniche possoìio rife7Hrsi proiettivamente in un modo determinato, facendo corrispondere a 3 punti (o a 3 tangenti) dell' una, 3 punti (o 3 tangenti) dell' altra.

Sieno A", K' due coniche, ed ABC, A'B'C due terne di punti date rispettivamente su di esse. Sieno 0, 0' i poli delle rette AB, A'B' rispetto a K, IC

Se esiste tra le due coniche una proiettivitk, in cui si corrispondono le coppie di punti AA\ BB, CC\ tale proiet- tivitk viene subordinata da un'omografia che fa corrispon- dere ai punti A, B, C, 0 del piano di K, rispettivamente i punii A\ B\ C\ O' del piano di K' . Ora esiste tra i

243

piano viene a corri-

0'

piani delle due coniche un' omografia ( a, r>' p, rJ) definita

dalle nominate quaterne di punti omologhi. In questa omografia alla conica K del primo spendere, nel se- condo piano, una conica passante per A', B, C e tangente alle O'A',0'5'. Questa conica non può dunque differire dalla K' 63), e perciò le coni- che K, K' risul- tano riferite proiettivamente nell' omografia, in modo che A, A'; B,B'\ 0,C' si corrispondono. Così è dimostrato il teorema.

/ fasci di raggi che proiettano i punti omologhi di due coniche proiettive da due pjunti, comunque scelti rispettivamente su di esse, sono proiettivi.

Le punteggiate segate dalle tangenti omologhe di due coniche p)'^'0iettive su due tangenti , comunque scelte, di esse, sono pro- iettive.

Dimostriamo la proposizione a sinistra. Siene K, Iv due coniche proiettive e tt T omografia fra i due piani, di esse, in cui si corrispondono. Ad ogni punto A di ^ corrisponde (per effetto di ti) un punto A' di K\ ed i fasci che proiettano rispettivamente da A, A' i punti omologhi delle due coniche, si corrispondono in , e perciò sono proiettivi. Ora, se su K' si sceglie un altro qualunque punto B, e da esso si proiettano i punti di K' , si ottiene un fascio proiettivo a quello che proietta i medesimi punti da A', e quindi proiettivo al fascio che proietta da A i corrispondenti punti di K, c.d.d.

244

Osservazione. Quando si parla della proiezione dei punti di una conica fatta da un punto A di essa , s'intende sempre che « il raggio proiettante A da J. » vada sostituito colla tangente in A.

Con ciò la corrispondenza tra la conica ed il fascio (ad essa prospettivo) riesce senza eccezione.

Per riferire proiettivamente due coniche K, K\ basta far corrispondere a 3 punti A,B,C dell'una, rispettivamente Spunti ^',jB',C' dell'altra, e dopo ciò la proiettività fra le due coniche risulta fissata ; allora , se si considerano due fasci di raggi, coi centri su K, K\ rispettivamente pro- spettivi alle due coniche, essi risultano proiettivi tra loro. Siccome d' altra parte la proiettività fra i detti fasci risulta essa pure determinata, ove si facciano corrispondere i raggi dell'uno proiettanti ^,^, C, a quelli dell'altro proiettanti A\ B\ C\ così si conclude che il teorema dato innanzi è invertibile; ossia:

Se due coniche sono riferite in 7nodo che i loro punti omo log ìli ve7tg ano pro- iettati rispettivamente da due punti di esse secondo fasci proiettivi, le due co- niche sono proiettive.

Se due coniche sono riferite in modo che le loro tangenti omologhe vengano segate rispettivamente da due tangenti di esse secoyido punteggiate proiettive, le due coniche sono proiettive.

Questi teoremi riducono la costruzione della proiet- tività fra due coniche a quella della proiettività tra le

forme di prima specie.

Corollario 1.*^ Sono proiettive due coniche ^,/v' di uno stesso piano, aventi un punto comune A., che vengano riferite mediante una proiezione da A, cioè facendo corrispondere ad ogni punto P dell' una il

245 punto P' dell'altra allineato con A. Al punto A conside- rato su K corrisponde l' intersezione (ulteriore) della tan- gente a ^ in A, con K'. In particolare se le due coniche hanno in A la stessa tangente, il punto comune A risulta ^nito nella proiettività tra di esse, e viceversa.

Corollario 2P Se due coniche aventi una tan- gente in comune (giacenti o no in un - medesimo piano) sono riferite fra loro, facendo corrispondere le (ulte- riori) tangenti condotte ad esse rispettivamente da un punto della tangente comune, le coniche risultano pro- iettive.

In particolare, si abbiano due coniche K, K' giacenti in piani diversi ed aventi comune una tangente e il relativo punto di contatto A\ si abbiano cioè due coni- che tangenti in A. Riferendole tra loro nel modo detto innanzi ,' risulta posta tra di esse una proiettività siffatta, che le tangenti omolo- ghe s'incontrano (su a) e quindi determinano al- trettanti piani. Ora si consideri il punto 0, deter- minato da tre di questi piani tangenti a K,K\ rispettivamente nei punti {corrispondenti) I),L'\ B,B'- C,C'. Proiettando da 0 una delle due coniche, per esempio K\ sul piano dell'altra, si avrà una conica proiezione passante per B,C,D e tan- gente in A ad a, la quale non potrà differire da K.

Risulta così dimostrato che :

Due coniche tangenti, poste in piani diversi, si pos- sono riguardare come proiezione l' una dell'altra da un

246

certo punto 0, pel quale passano tutti i piani determi- nati dalle tangenti di esse che s' incontrano sulla tangente comune.

Od anche : Due coniche tangenti, non giacenti nello stesso pianto, sono sezioni di un medesimo cono quadrico.

* Si deduce : Ogni conica può essere riguardata come proiezione di un cerchio posto in un diverso piano e tangente ad essa.

Ossia: Ogni conica si può riguardare coìne sezione di un cono circolare, retto od obliquo ; onde il nome di « conica. » Si desume di qui una conferma delle pro- posizioni di natura intuitiva stabilite relativamente alla forma delle coniche.

§ 67. Proiettività sopra una conica - Teorema d'Apol- lonio. — Il concetto di proiettività tra due coniche si applica ancora a due coniche sovrapposte, nel qual caso si ha una proiettività sopra una conica.

Si può allora parlare di proiettività inversa, di invo- luzione, di punti uniti, e quindi di proiettività iperbolica, ellittica 0 parabolica, ecc. ; precisamente come sulle forme di 1.^ specie.

Le costruzioni della proiettività sopra una conica si possono eseguire semplicemente nel modo seguente :

Sieno date sulla conica K tre coppie di punti corri- spondenti A A\ B B\ C C che servono a fissare la pro- iettività. Volendo che tale proiettività non sia identica, supporremo che una almeno delle dette coppie, p. e. AA\ sia costituita di punti distinti.

Se immaginiamo di proiettare da A' i punti B, C... della conica, e da ^ i corrispondenti B\C\..., otteniamo due fasci proiettivi di raggi, aventi il raggio comune A A unito e perciò prospettivi. Le rette omologhe dei due fasci s'incontrano nei punti d'una retta u. Ciò posto, il corri- spondente P di un punto P dato su K, si ottiene proiet-

247

tando P da A' su « , e da JL sulla conica il nuovo punto ottenuto. La retta u non varia se in luogo di A, A' si scelgono, per la costruzione , due altri punti distinti B, B', corrispondenti nella proiettività; essa dicesi V asse di colli- ne azione della proiet- tività.

L'affermazione precedente si giustifica, osservando che la u è la retta Pascal dell'esagono AB'CA'BC iscritto nella conica, e perciò anche le rette B C\ B C (e le analoghe) s'incontrano su di essa.

Correlativamente si avrà:

Se a, a'; b, b'; e, e'.... sono tangenti distinte, corrispon- denti in una proiettività sopra una conica, le rette che uniscono i punti ab', a'b; ac', ac; be', b'c, .... ^^CLSsano per un punto fisso, detto centro di collineazione della proiet- tività.

Mediante la polarità rispetto alla conica, due punti cor- rispondenti si mutano in due tangenti corrispondenti, ecc., quindi 1' asse di collineazione di una proiettività sulla conica si muta nel centro di collineazione, ossia:

Il centro e V asse di collineazione di una proietti- vità (non identica) data sopra una conica, sono polo e polare rispetto alla conica.

La considerazione degli elementi di collineazione di una proiettività sopra una conica ha essenziale impor- tanza per la determinazione degli elementi uniti. Risulta infatti dalle costruzioni assegnate innanzi che:

V asse di collineazione Le (eventuali) tangenti

d'una proiettività (non iden- alla conica, condotte pel cen- tica) sopra una conica, in- tro di collineazione d' una

248

cantra (eventualmente) la proiettività (non identica) conica nei punti uniti della sopra di essa, sono le tan- proiettività. genti unite della proiettività.

Il detto asse è dunque II detto centro è dunque

una retta secante, tangente, un punto esterno, un punto o esterna , secondochè la della conica, o un punto in- proiettività sopra la conica terno, secondochè la proiet- è iperbolica, parabolica o tività sopra la conica è iper- ellittica. bolica, parabolica o ellittica.

Una proiettività sopra una conica viene subordinata da un'omografia del piano, che trasforma in stessa la conica.

In questa omografìa il centro e 1' asse di coUinea- zione sono sempre elementi uniti. Anzi, si vede subito, che essi sono elementi uniti associati tenendo presenti i §§ 49 e 57.

Si può assumere ad arbitrio l' asse o il centro di coUineazione d'una omografia piana, che debba trasfor- mare in stessa una conica, e dopo ciò si possono ancora assumere due punti corrispondenti sulla conica (fuori dell'asse di coUineazione) per determinare l'omografia.

Infatti la proiettività sopra la conica K innanzi consi- derata veniva determinata ed in modo unico (mediante la sua costruzione) , dati due punti corrispondenti A, A' e r asse di coUineazione.

* Se, in particolare, si sceglie come asse di coUinea- zione la retta all'infinito, si avranno infinite affinità piane trasformanti in se stessa la conica, ed aventi come centro di coUineazione il centro (proprio od improprio) di essa. Esiste zm' affinità così fatta nella quale si corri- spondono due punti propri dati ad arbitrio sulla conica. Riferendosi al caso di coniche a centro , è facile vedere che le ìtominate affinità sono equivalenti 50). Infatti, se la conica data è un'ellisse, una tale affinità trasforma in stessa la regione dei punti interni ad essa, la quale

249

si può riguardare come un'area (finita) limite di due serie convergenti di poligoni (finiti) iscritti e circoscritti; ciò invero si deduce considerando l'ellisse come proiezione di un cerchio. Se invece la conica data è un' iperbole, r affinità nominata trasforma un triangolo formato dagli asintoti e da un' altra tangente, in un triangolo analogo ; poiché due triangoli siffatti sono sempre equivalenti 62), si conclude anche in questo caso che la detta affinità è equivalente.

Riferendosi al caso dell' ellisse, si deduce il

Teorema d' Apollonio. Tutti i parallelogrammi iscritti in un ellisse, aventi come diagonali due diametri coniugati, sono parallelogrammi equivalenti.

Si considerino infatti due parallelogrammi le cui diagonali sieno diametri coniugati. L' affinità equivalente trasformante in la co- nica, che fa corrispondere ad un vertice di un paral- lelogrammo un vertice dell'altro, farà corrispon- dere alla coppia dei dia- metri coniugati costituita dalle due diagonali del primo parallelogrammo , la coppia costituita dalle due diagonali del secondo. Dunque la detta affinità trasforma l' un parallelogrammo nell' altro ; segue che i due parallegrammi sono equivalenti, c.d.d.

Osservazione. Risulterà poi provata (§70) l'effet- tiva esistenza di parallelogrammi iscritti in un'ellisse aventi come diagonali due diametri coniugati ; mentre apparirà che siffatti parallelogrammi iscritti non esistono per l'iper- bole. Giacché si vedrà che nel primo caso due diametri (qualunque ed in particolare) coniugati sono sempre se- canti, determinando due coppie di punti simmetrici rispetto al centro che sono vertici d'un parallelogrammo; invece

250

nel 2."^ caso due diametri coniugati sono 1' uno secante e l'altro esterno.

Nondimeno il teorema d'Apollonio verrà esteso all'iper- bole sotto altra forma 70).

§ 6S. Involuzione. Un' involuzione sopra una conica è una proiettività non identica che equivale alla sua inversa, cioè una proiettività nella quale gli elementi omologhi si corrispondono in doppio modo.

Si abbia sulla conica K un'involuzione, e si consi- deri l'omografia che trasforma /i in stessa, dalla quale l'involuzione viene subordinata. Le rette congiungenti i punti coniugati della conica sono unite per 1' omografìa, e così sono uniti i punti sezioni delle tangenti coniugate (tan- genti nei punti coniugati), sicché l'omografia (non identica) avendo infinite rette unite ed infiniti punti uniti, é una omologia.

Segue che le congiungenti i punti coniugati della involuzione sulla conica, passano pel centro U dell' omo- logia ; ed anche che le tangenti coniugate s' incontrano suir asse u dell' omologia, il quale risulta dunque polare di U rispetto alla conica 57).

L' omologia in questione é l' omologia armonica o involutoria 48) che ha come centro Z7 ed asse u, perché due punti corrispondenti, scelti sulla conica, (e quindi anche due punti corrispondenti qualunque), separano armo- nicamente Uè l'intersezione della loro congiungente con u.

Si vede poi facilmente che u è V asse di collinea- zione della proiettività sulla conica, ed Z^^ne é il centro di coUineazione 67). Infatti se AA\BB' sono coppie di punti coniugati (allineati con Z7) , le rette AB, BA' e (per la corrispondenza in doppio modo) le AB, AB' s' incontrano suir asse di coUineazione, sicché questo viene individuato dalle intersezioni delle nominate coppie di rette. Ma tali intersezioni di rette corrispondenti cadono anche sull'asse

I

251

1U

di omologia u, ed egualmente lo determinano ; dunque u è precisamente l 'asse di collineazione^ della proiettivita , e. d. d.

Correlativa- mente Z7, suo polo, è il centro di col- lineazione della stessa proiettivita.

Possiamo rias- sumere i risultati ottenuti innanzi enunciando il teo- rema :

Un involuzione sopita ima conica viene subordinata da una omologia armonica, che trasforma in stessa .la conica, omologia avente come centro ed asse il centro e V asse di collineazione dell' involuzione.

Ed anche:

Un involuzione sopra una conica-luogo è costi- tuita dalle coppie di punti della conica, allineate co7i un centro fisso (centro di collineazione).

Questo punto è esterno 0 interno secondo che l'in- voluzione è iperbolica od ellittica.

Un' involuzione sopra una conica inviluppo è co- stituita dalle coppie di tan- genti alla conica intersecan- tisi nei punti di una retta fissa (asse di collineazione).

Questa retta è secante od esterna secondo che l'in- voluzione è iperbolica od ellittica.

Data una conica :

Ogni punto 0 del piano, che non le appartenga, può essere preso come centro di

Ogni retta o del piano, che non le appartenga, può essere presa come asse di

252

colliiieazioiie di una involu- zione sopra la conica stessa. Questa involuzione si può infatti riguardare come determinata da due coppie di punti della conica alli- neati con 0. Di tali coppie se ne trova sempre una su ogni retta che unisca il punto 0 con un punto qua- lunque della conica: solo se la retta considerata è una delle due (eventuali) tangenti per 0 alla conica, la nomi- nata coppia di punti coniu- gati si riduce ad un punto, doppio per l'involuzione.

collineazione di una involu- zione sulla conica stessa.

Questa involuzione si può infatti riguardare come determinata da due coppie di tangenti alla conica in- tersecantisi su o. Di tali coppie se ne trova sempre una per ogni punto sezione di 0 con una tangente qua- lunque alla conica; solo se il punto considerato è uno dei due (eventuali) punti della conica su o, la nomi- nata coppia di tangenti co- niugate si riduce ad una unica retta, doppia per l'in- voluzione. Osservazione. Alle proiettività sopra una conica, e quindi in particolare alle involuzioni, si estendono senz'altro i teoremi relativi al senso della corrispondenza, stabiliti per le forme di 1.^ specie (§§ 31, 37). Così ogni proiettività discorde, sopra una conica, è iperbolica. Una involuzione sopra una conica è ellittica e concorde, se due coppie qualsiasi di punti coniugati si separano; invece è iperbo- lica e discorde nel caso opposto, ecc.

In generale si può dire che si estendono alle coniche (e così pure ai coni quadrici) tutte quelle proprietà che sono relative alle forme di 1.^ specie, considerate in stesse, astraendo dai rapporti col rimanente spazio.

Perciò giova spesso di raccogliere le forme di 1.^ specie e le coniche (e i coni quadrici) sotto la denomi- nazione comune di forme elementari (rispettivamente del 1.^ e 2.*^ ordine).

253

§ 69. Punti esterni ed interni, rette secanti ed esterne.

Dal § precedente risulta:

Data una conica

ed un punto 0 che non le ap23artenga, si può vedere se esso sia esterno od in- terno, esaminando se l'invo- luzione sidla conica, avente 0 come centro di collinea- zione, sia iperbolica od ellit- tica.

ed Uìia retta o che non le appartenga , si può ve- dere se essa sia secante od esterna, esaminando se V in- voluzione sulla, conica, avente o come asse di colli- n eazione, sia iperbolica od ellittica.

Occorre perciò vedere se le coppie di elementi coniu- gati nella detta involuzione si separano o no.

D' altra parte, secondo un criterio precedentemente stabilito 56):

Per vedcì^e se 0 risulti esterno od interno, si deve esaminare la natura dell' involuzione di rette co-

niugate rispetto alla conica nel fascio di centro 0.

0 risidti secante od esterna, si deve esaminare la natura dell' involuzione di punti coniugati rispetto alla co- nica sulla punteggiata di sostegno o. Ora i due criteri di giudizio, che così risultano, non possono naturalmente condurre a conclusioni differenti.

Ciò è chiaro a priori, ma si verifica anche immedia- tamente, poiché :

Se si proiettano da un punto della conica le coppie di un* involuzione , sopra V asse di collineazione, si ottengono su questa retta coppie di punti coniugati rispetto alla conica.

Se si segarlo con una taìigente alla conica le cop- pie di tangenti di im' invo- luzione, ed i punti così otte- nuti si proiettalo dal centro di collineazione, si ottengono coppie di rette coniugate rispetto alla conica.

254

Queste proposizioni non sono che una diversa espres- sione del teorema di Staudt 60).

Invero (a sinistra) sia p la polare di P, centro di collineazione della data involuzione su C; e sieno A, A'

due punti di C allineati con P; I) un terzo punto di C. Allora (per quel teorema) la retta p, coniugata al lato AA' del triangolo iscritto AA'D, segaci), Jl'P in punti coniugati ; ossia le proiezioni di due punti di C allineati con P, fatte da B su _p , sono due punti coniugati , e. d. d.

Ogni retta passante per Ogni punto d'una retta

un punto interno alla co- esterna alla conica è ester- nica è secante. no ad essa.

Limitiamoci a dimostrare il teorema a sinistra.

Sia 0 un punto in- terno alla conica C\ ed a una retta per esso. Su a vi sono sempre dei punti esterni a C, sezioni di a con una tangente, il cui punto di contatto è fuori di a ; sia P un punto di a esterno a C. Le due involuzioni sopra la conica, aventi come centri di collineazione 0, P, sono l' una ellittica , l'altra iperbolica; dunque hanno una coppia comune, costituita da due punti di C ^m a. E però a è segante, e. d. d.

Osservazione. La proposizione precedente traduce in sostanza, sotto una forma evidente rispetto all' intui- zione, il teorema sulla coppia comune a due involuzioni, dato nel § 37. Basta riferire questo teorema ad involu-

255

zioni sopra una conica invece che sopra una forma di 1.^ specie, il che è perfettamente indifferente, trattandosi di proprietà ugualmente valide per tutte le forme elemen- tari (secondo l'osservazione del precedente §).

Ora i due casi del citato teorema « una involuzione ellittica ed una iperbolica hanno una coppia comune », « due involuzioni ellittiche hanno una coppia comune » , vengono a corrispondere rispettivamente alle proposizioni intuitive « congiungendo un punto interno ad una conica con un punto esterno si ha una retta secante » e « con- giungendo due punti interni ad una conica si ha una retta secante ».

Nel § 38 si è notata la condizione perchè due invo- luzioni iperboliche, di una stessa forma di 1.^ specie, abbiano una coppia comune: occorre e basta che le coppie di punti doppi non si separino (oppure abbiano un elemento comune). Applicando questa proposizione alle coniche, si deduce una proprietà che è pure evidente rispetto all'intuizione:

Data una conica, e due punti A,B, esterni, che non si trovino sopra una tangente, la condizione perchè la retta AB riesca secante è che le coppie di tangenti con- dotte da A, B, alla conica (ossia le coppie dei punti di contatto) non si separino.

Sussistono i teoremi correlativi : Baia una conica , sopra una 7'etta secante, i in un fascio di raggi col due punti della conica deter- centro esterno, le due tan- minano due segmenti com- genti determinano due an- plementaìH, uno dei quali goti complementari, uno dei è costituito di punti interni quali è costituito di rette

256

alla conica, V altro di punti secanti la conica, V altro esterni. di rette esterne.

Stabiliamo 1' enunciato a sinistra : Sia C una conica, ed MN una retta che la seghi nei

punti M, A^. Su questa

X si può considerare un

VJ^^"^ ^-^ ^__, punto A esterno a (7,

yff\^ _^,J^ ^^^\ sezione di una tangente

yyiI^---'^'^\ \ a G 1^6^ punto P, diverso

^A\^ ^\ / ^^ ^^' ^' Sia B un punto

\ X , / del seefmento MN , che

^^^^ >^ non contiene A, e sia B'

V ulteriore intersezione di PB colla conica C. Il gruppo di punti della conica PMB'N, è proiettivo al gruppo delle quattro rette P{AMB N), quindi le coppie PB, MN si separano (sulla conica); segue, che l'involuzione su C, che ha come centro di coUinea- zione B, è ellittica; dunque B è interno.

Se invece B si fosse preso nel segmento MAN, si sarebbe provato analogamente che esso è esterno a C.

Osservazione. La proposizione precedente è perfet- tamente conforme alla nozione intuitiva che , fino da principio, ci siamo formati dei punti interni ed esterni rispetto ad una conica.

In una forma elementare le infinite coppie di elementi aventi un elemento fisso si possono riguardare come costi- tuenti un' involuzione degenere. Allora un punto d' una conica può riguardarsi come il centro di coUineazione di un' involuzione degenere.

In un' involuzione degenere vi è un punto doppio, vale a dire le involuzioni degeneri sono paraboliche.

Si può dire che le involuzioni degeneri sepa7-ano le involuzioni ellittiche da quelle iperboliche, conformemente alla locuzione che i punti della conica separano le due regioni di punti, esterni ed interni.

257

§ 70. * Diametri reali ed ideali - Vertici. Nel caso dell' ellisse il centro è interno, quindi le rette pel centro di essa sono secanti, ossia:

Ogni diametro della ellisse sega V ellisse in due punti.

Per V iperbole i diametri diversi dagli asintoti si dividono in diametri reali (secanti), ed in diametri ideali (esterni). 1 diametri reali formano uno degli angoli degli asintoti; i diametri ideali, V altro.

Due diametri coniugati sono l' uno reale, l'altro ideale,^ giacché essi debbono separare armonicamente gli asintoti.

Si può estendere la denominazione di reali a tutti i diametri dell' ellisse.

Allora si può dire : Neil' ellisse gli assi 59) sono reali. Nell'iperbole un asse è reale, l'altro ideale; il primo dicesi asse trasverso o principale.

Definiamo ora, per ogni conica a centro, la lunghezza di un diametro.

Anzitutto la lunghezza di un diametro reale è la lunghezza del segmento (finito) che ha per estremi {estremi del diametro) le intersezioni di esso colla conica.

Ora si consideri un'iperbola K ed un diametro ideale e di essa. Sia d il diametro coniugato o. e, q D, D' ì punti in cui esso incontra K. Le tangenti a K in D, B' sono parallele a e ed incontrano gli asintoti in due coppie di punti, simmetriche rispetto al centro 0 di K, che sono vertici di un parallelogrammo avente come diagonali gli asintoti stessi, e come me- diane i diametri coniugati e, d. La lunghezza CC della mediana e (ossia la lunghezza del lato del parallelogrammo, parallelo a e) si dirà « lun- ghezza del diametro ideale e ».

17

258

Per ragione di limite la lunghezza di un asintoto dell' iperbole si deve riguardare come infinita.

I punti (7, C segnati nella figura si possono chiamare gli estremi del diametro ideale e.

Le intersezioni degli assi colla conica diconsi vertici.

V ellisse ha quattro vertici ( eccepito il caso del cerchio , in cui tutti i punti si possono riguardare come vertici ) , ed i segmenti AA\BB, che essi comprendono, costituiscono le lunghezze degli assi. Di tali lunghezze, una sarà, in gene- rale, maggiore, e l'asse corrispondente verrà detto asse maggiore o principale , mentre 1' altro verrà detto asse minore.

L'ellisse che ha due assi uguali è un cerchio. Infatti, in tale ipotesi, si può costruire un cerchio passante pei 4 vertici dell'ellisse, il quale riesce tangente ad essa in questi punti, e perciò non può diff'erire dall'ellisse stessa. L'iperbole ha due vertici. Il segmento AA' da essi compreso costituisce la lunghezza dell'asse trasverso, mentre la lunghezza dell' asse non trasverso vien data dall' altra mediana del rettangolo, di cui AA' q una mediana e gli asintoti sono le diagonali.

L' iperbole che ha i due assi uguali è equilatera. Infatti, in questo caso gli asintoti, essendo le diagonali di un quadrato, riescono tra loro perpendicolari.

La parabola ha un vertice proprio (ed uno improprio) intersezione dell'asse colla conica; per essa non vi è luogo a considerare la lunghezza dei diametri (che sono infiniti). OssERVAZior>jE 1.* Nell'ellisse (eccepito il caso del cerchio ) le lunghezze dei diametri variano, crescendo ( con continuità) da un minimo ad un massimo, che corrispondono alle lunghezze dei due assi.

259

Neir iperbole le lunghezze dei diametri reali hanno soltanto un minimo, dato dalla lunghezza dell' asse tra- sverso, mentre le lunghezze dei diametri ideali hanno pur esse un minimo, che è la lunghezza dell'asse non trasverso.

Osservazione 2.^ Riferendosi alla fig. della pag. 257 si vede che i parallelogrammi aventi come diagonali CC ,DD' , (metà dei parallelogrammi aventi come mediane CC\DD') hanno area costante (§§ 62, 67). Si ha così l'estensione air iperbole del teorema d' Apollonio già dato per l'ellisse. Questo teorema può ora enunciarsi dicendo:

Data una conica a centro, i parallelogramyni aventi come vertici gli estremi di due diametri coniugati sono tutti fra loro equivalenti.

§ 71. Coniche omologiche. - Applicazioni. - Area dell'ellisse Se due coniche K, K' di un piano sono omologiche, ossia se esse si corrispondono in un' omo- logia, ed il centro 0 di questa appartiene ad una {K) delle due coniche; 0, corrispondendo a stesso, appar- tiene anche all' altra [K') , ed è un punto di contatto per le due coniche 66).

Viceversa :

Due coniche di uyi 'piano tangenti in un punto, si corrispondono in una determinata omologia, che ha come centro il punto di contatto ; e correlativamente si corri- spondono pure in un omologia, che ha come asse la tangente in quel punto.

Dimostriamo la prima parte dell' enunciato.

Siene K, K' le due coniche; A il loro punto di contatto. Riferiamo proiettivamente le due coniche mediante il fascio .4 ad esse prospettivo ^Q):

260

la proiettivita tra di esse verrà subordinata da un' omo- grafia determinata, per la quale A sarà un punto unito e tutte le rette per A saranno unite. Questa omografia è dunque una omologia di centro A, che trasforma l' una nell'altra le due coniche. Tale omologia è evidentemente unica.

Osservazione. L' asse della prima omologia è una retta che incontra (eventualmente) negli stessi punti (uniti) le due coniche. Correlativamente il centro della seconda omologia, menzionata nell' enunciato, è un punto pel quale passano (eventualmente) le stesse tangenti alle due coniche.

Corollario. * Due loarahole aventi gli assi paral- leli sono omologiche affini ed omotetiche.

Se due coniche iT, K' sono omologiche, ed il centro 0 d' omologia è esterno ad una di esse, esso è esterno anche air altra, e le due coniche hanno le medesime tangenti per 0; inoltre le rette per 0, secanti rispetto a K, saranno anche secanti rispetto h K'. Siccome queste secanti for- mano uno degli angoli delle due tangenti comuni a K,K' 69) , si potrà dire che le due coniche risulteranno iscritte nello stesso angolo. Valgono le osservazioni cor- relative.

Viceversa possiamo stabilire i teoremi :

Se due coniche di un Se due coniche di un

piano sono iscritte in imo piano hanno due punti co- stesso angolo (formato da mimi e comprendono come due tangenti comuni) esse si segmento interno lo stesso possono riferire omologica- segmento (determinato dai mente in due modi, ptren- due punti comuni) esse si dendo come centro d' omo- possono riferire omologica- logia il vertice dell'angolo ìiiente in due modi, pren- nominato. dendo come asse la congiun-

gente i detti punti.

L'asse di ciascuna di Pei centri di queste

queste omologie segherà omologie passeranno le

261

(eventualmente) le due co- {<ò\Q\\iVidM) coppie di tangenti niche negli stessi punti. comuni alle due coniche.

Riferiamoci all'enunciato a sinistra.

Sieno K e K' le due coniche aventi comuni le tan- genti a,b; e sieno A, A'» e B, B' i rispettivi punti di contatto di a, b con K, K' ; infine sia 0= ah.

Si consideri per 0 una qualsiasi secante p •di K la quale (essendo K, K' iscritte nello stesso angolo a b) risulta secante anche di K' ; sieno Pj , Pg le sue inter- sezioni con /v, e P/, P^ le sue intersezioni con K'. Se esiste una omologia di centro 0 che trasforma una delle due coniche /i, nel- l'altra K\ questa omologia deve far corrispondere ad A,B rispettivamente A\ B\ ed alla coppia P^ P^ la coppia P^ P^, quindi a P, deve fare corrispondere P/, oppure P/.

Ora, se facciamo per esempio corrispondere al punto P, di K, il punto P' di K\ e ad A, B rispettivamente A', B , resta fissata tra K, K' una proiettività; questa viene subor- dinata da un'omografia che trasforma iT in K' \ ma tre rette per 0 (le a, b, p) sono unite, dunque l' omografia nominata è un' omologia di centro 0.

Ciò dimostra il teorema.

Si .può fare una prima applicazione importante dei resultati precedenti, proponendosi la determinazione delle coniche di un piano che toccano due rette date e pas- sano per 3 punti dati, non appartenenti ad esse e non giacenti in linea retta.

Affinchè il problema sia risolubile è anzitutto neces- sario che i 3 punti dati sieno interni ad uno stesso angolo

262

delle due rette (inteso sempre V angolo nel senso grafico del § 5) , perchè la conica da costruirsi, supposta esi- stente, riuscirà tutta iscritta in un angolo delle due tan- genti assegnate.

Ciò posto, sieno a, b le due 'rette, ed A, B, C i tre punti, soddisfacenti alle condizioni indicate.

Si consideri una conica qualsiasi K' la quale tocchi a, b, e passi per A : si designi poi con K^c una conica, supposta esistente, che tocchi a, b, e passi per A, B, C.

La K' e la K^ saranno riferite in una omologia ben de- terminata avente come centro 0-ab,e per la quale A sarà un

punto (unito) dell'asse. In questa omologia, al punto B, corrisponderà uno dei due punti B^, B^, in cui la GB sega K\ sia per esempio B^. Cosi a C corrisponderà uno dei due punti C^y Cg, in cui 0(7 sega K'\ sia per esempio C^. L'asse della omologia sarà dunque la retta che congiunge A col ^unio II- {BC).{B^C,). Ora, facendo cor- rispondere al punto B il punto B^ 0 il punto 5^, ed a C, C^o C^, si ottengono 4 omologie di centro 0, aventi A come punto unito ; cia- scuna di queste omologie viene perfettamente determinata,, come quella innanzi considerata in cui a B, C, corrispon- dono rispettivamente B^, C^.

Ciascuna delle 4 omologie trasforma la K' in una conica (come la K^) tangente ad a,b, e passante per

263

A,B,C\ e questa conica nasce a sua volta da una sola omologia siffatta.

Si giunge così alla conclusione:

In un piano, esistono 4 coniche che toccano due rette date e passano per 3 punti, non allineati, interni ad uno stesso angolo delle due rette.

Correlativamente : esistono 4 coniche che passano per due punti dati e toccano tre rette, non concorrenti, che intersecano in punti interni il medesimo segmento avente come estrcìni i due jmnti.

Osservazione. * Riferendosi al primo enunciato, e gli elementi dati a, &, A, B, C, supponendosi propri, le 4 coniche risulteranno tutte iperbole se i 3 punti A, B, C non sono interni allo stesso triangolo determinato dalle a, b e dalla retta impropria (ossia se appartengono a due angoli ab opposti al vertice , nel senso della Geometria elementare).

* Una seconda applicazione dei teoremi relativi alle coniche omologiche, si basa sul

Corollario. Vìi' ellisse si può riguardare come omologica affine d' un cerchio, che tocchi due tangenti parallele della ellisse stessa.

Si considerino le tangenti ad un' ellisse K nei due vertici A,B, situati sull'asse maggiore, ed un cerchio K' che tocchi le due tangenti nei medesimi punti A,B.

L' omologia affine che trasforma ir in K\ trasforma anche il rettangolo circo- scritto all' ellisse, avente i lati paralleli agli assi , nel quadrato circoscritto al cer- chio che ha pure i lati paralleli agli assi. Denotando

264

con a, &, le lunghezze dei due semi-assi dell' ellisse , le aree del rettangolo e del quadrato sono espresse da

4 ab e 4 a\

Ora r area del cerchio K' è T^a^\ dunque quelhi del- l'ellisse sarà data dalla proporzione:

X : Tz a'^ =i 4 ab : 4 a^.

Si ottiene così il resultato :

L'area dell'ellisse di semi-assi a, b, è:

X =^Tzab.

CAPITOLO XI Problemi determinati,

§ 72. Generalità - Problemi di 1.'' grado. Vogliamo occuparci in questo capitolo di alcuni problemi geometrici deiermiìiaii, e delle costruzioni atte a risolverli.

Occorrono avanti tutto poche parole di spiegazione sullo scopo e sul significato, secondo cui debbono essere intese tali costruzioni.

Lo scopo che ci proponiamo è essenzialmente pratico. Si tratta di ottenere (costruire), coli' uso di strumenti assegnati , la rappresentazione mediante un disegno , di elementi atti a soddisfare relazioni determinate , rispetto ad altri elementi che si suppongono dati.

Limitiamoci alla Geometria del piano, e consideriamo quindi come elementi , i punti e le rette. Abbiamo un foglio le cui dimensioni si possono supporre teoricamente grandi quanto si vuole, il quale rappresenta il piano. In questo foglio si segnano colla matita dei « punti » immagini più 0 meno approssimate di punti geometrici , ma che si considerano teoricamente non aventi dimensioni; nello stesso piano si tracciano dei segmenti (più o meno prolungati) di « rette ». Si hanno così punti e rette dati nel foglio.

266

Possedendo una riga (sufficientemente lunga) si pos- sono congiungere con una retta due punti dati nel foglio, e si può prolungare un segmento rettilineo, comunque piccolo, che sia tracciato nel foglio stesso.

Un punto può esser dato fuori del foglio, assegnando due rette, che abbiano una parte nel foglio, e s' incontrino in esso. Mediante la riga, un punto dato fuori del foglio può essere congiunto con un punto segnato nel foglio, con una costruzione che si basa sul teorema dei triangoli omologici ; questa costruzione viene appresa insieme air uso degli strumenti nel disegno.

Una retta può essere data fuori del foglio, allorché sieno dati due punti di essa, nel modo detto innanzi.

Si riesce allora (basandosi pure sul teorema dei trian- goli omologici) a dare colla riga il punto d' intersezione di essa con una retta del foglio, tracciando un'altra retta del foglio che passi per quel punto. Infine si può anche determinare in un senso analogo, il punto in cui s' inter- secano due rette date fuoi-i del foglio , assegnando due rette del foglio che passino per esso.

Le costruzioni nominate, effettuabili colla riga, sono dette costruzioni lineari, e permettono in sostanza di eseguire (nel piano) qualsiasi proiezione e sezione.

Mediante costruzioni lineari si possono risolvere nu- merosi problemi costruttivi determinati: tutti quei pro- blemi che diconsi di 1.^ grado (perchè dipendono, nella Geometria analitica, dalla risoluzione di equazioni di primo grado). Di essi abbiamo già avuto molti esempi; anzi sono tali tutti i problemi (della Geometria piana) che abbiamo risoluto fin qui; cosi : la costruzione del 4.° armo- nico dopo tre elementi in una punteggiata o in un fascio di raggi; la costruzione della proiettività fra punteggiate 0 fasci di raggi, 0 quella dell'omografia o reciprocità fra due piani; la determinazione dell'ulteriore intersezione di una conica con una retta passante per un suo punto già

267

assegnato ; la costruzione dell' ulteriore elemento unito di una proiettività in una forma di 1.^ specie, quando è dato un elemento unito, ecc. ecc.

* Ma già per questi problemi di 1.*^ grado, come poi per quelli di natura più elevata, si presenta la distinzione fra problemi grafici e problemi ìnetrici. Nei primi si considerano soltanto relazioni grafiche, mentre nei secondi si tien conto anche di rapporti metrici.

Ora in questi ultimi problemi si debbono riguardare come dati gli enti metrici fondamentali che costituiscono l'assoluto, cioè la retta impropria e l'involuzione assoluta su di essa. Soltanto dopo che questi enti sieno stati dati, i problemi metrici potranno considerarsi indifferentemente come i problemi grafici; e, trattandosi di problemi di 1.° grado, risolversi colla sola riga.

Dare la retta impropria del piano significa (secondo ciò che è stato avvertito innanzi) darne due punti, mediante due coppie di rette (parallele); dunque la retta impropria si dovrà considerare come data, allorché è segnato nel foglio del disegno un parallelogrammo. Soltanto dopo ciò si potrà effettuare linearmente la costruzione della paral- lela per un punto ad una retta qualsiasi.

Dare l'involuzione assoluta (sulla retta impropria) del piano, vorrà dire individuarla mediante due coppie di punti coniugati, ossia mediante due coppie di rette orto- gonali.

Dunque si potranno dare gli enti metrici fondamen- tali del piano assegnando in esso un rettangolo.

Dopo ciò qualunque problema metrico si potrà trattare come un problema grafico, ponendo in relazione gli altri elementi dati con i nominati enti metrici (cfr. l'osserva- zione del § 50). In particolare si potrà risolvere colla sola riga ogni problema metrico di 1.^ grado.

I problemi tipici di questa categoria sono quelli rela- tivi alla costruzione della parallela o della perpendicolare.

268

condotta per un punto , ad una retta data. Abbiamo già accennato come si risolva il primo di questi problemi; e si riconosce subito come il secondo si riconduca, imme- diatamente alla costruzione dell' involuzione assoluta, sopra la retta impropria, involuzione che abbiamo appunto individuata.

Osservazione. Si possono istituire nello spazio con- siderazioni analoghe a quelle istituite relativamente ai problemi della Geometria piana , considerando qui come costruzioni lineari quelle che consistono nella determina- zione di elementi « punti, rette e piani », gli uni mediante gli altri , ed introducendo opportuni enti metrici fonda- mentali, allorché si tratti di problemi metrici. Ma noi lasceremo da parte tali problemi, che la Geometria descrit- tiva insegna a trattare sistematicamente, risolvendoli me- diante costruzioni da effettuarsi nel piano. Ci riferiremo dunque, nel seguito, a problemi della Geometria piana, e noteremo che il piano in cui si opera può sempre essere scelto ad arbitrio, giacché sopra di esso possono eventual- mente proiettarsi le figure che venissero date in un piano diverso.

§ 73. Problemi di 2.*' grado. Si dicono di 2^ grado quei problemi costruttivi determinati aventi due soluzioni al più, la cui risoluzione si può ridurre, mediante proie- zioni e sezioni, alla determinazione delle intersezioni di una retta qualunque (del suo piano) con una certa conica fissata. Un problema di 2P grado riesce determinato o impossibile, secondoché la conica data viene incontrata o no dalla retta con cui deve segarsi; nel 1.^ caso ha due o una soluzione, secondoché la retta é secante o tangente alla conica.

Sono dunque di 2.^ grado quei problemi, che si risol- vono graficamente coli' uso della sola riga, usando altresì di una conica fissa completamente tracciata, della quale

269

si possano quindi determinare le intersezioni con ogni retta del suo piano.

Vedremo poi che questa conica, fondamentale per le costruzioni, può essere sostituita con un' altra presa ad arbitrio.

I problemi di 2,*^ grado si riconducono analiticamente alla risoluzione di equazioni di 1.^ grado e di una equazione di 2.^ grado, cioè alla estrazione di un radicale quadratico.

Sia data, nel piano (in cui operiamo), una conica fon- damentale /i, completamente tracciata. Allora si possono risolvere graficamente i seguenti problemi di 2.° grado :

1.° Problema. Determinare (ove esistano) gli ele- ìnenti uniti di una proiettività posta in una punteggiata 0 in un fascio di raggi.

Si può supporre che la forma sia una punteggiata a (eventualmente sezione del dato fascio di raggi).

P

Su a sieno AA\ BB\ CC, tre coppie di punti omo- loghi, che .definiscano la proiettività. Da un punto P della conica K si proiettino su K i punti A, B, C, A',B\C\ rispettivamente in A^, B^, C^, A\ , B\ , C\ . La proiettività

( A' R' r'ì ^^^ dalla corrispondenza delle due terne resta

270

fissata su K, è quella che si ottiene segando colla K i raggi proiettanti da P i punti di a che si corrispondono

(A J-ì C\ A' ir r'ì' ^^ ^ ^'^ ^^^^ punti uniti,

questi sono proiettati in punti uniti della proiettivita su a, e viceversa.

Ora, i punti uniti della proiettivita su K (ove esi- stano) sono le intersezioni di K coli' asse. di collineazione della nominata proiettivita 67). e possono costruirsi come intersezioni di tale asse di collineazione s colla conica; proiettati da P su a essi danno ( ove esistano ) i punti

(A J-i P\ D' />')' ^^® erano domandati.

Ciò vale ugualmente anche nel caso particolare in cui la proiettivita su a sia un' involuzione.

2.^ Problema. Determinare (ove esistano) i pimti comuni ad una conica, individuata mediante cinque 'punii (o cinque tangenti), e ad una retta ; ancora determinare le tangenti condotte atta coìiica da un punto.

Sieno A, B, (7, D, F cinque punti che definiscono una conica (di cui tre non in linea retta) ed a una retta del piano, non passante per uno di essi, di cui vogliamo le intersezioni (ove esistano) colla conica.

Proiettando 61) da A, B ì punti C\ D, E, si otten- gono due terne che definiscono la proiettivita tra i fasci di raggi A,B generatori della couìcsi (A BOBE). Sulla a, considerata come sezione dei due fasci , resta indivi- duata una proiettivita i cui punti uniti (ove esistJino) sono le cercate intersezioni di a colla conica (ABCDE)\ essi si costruiscono dunque usando la costruzione data innanzi.

Nel caso eccepito, in cui a passi per uno dei cinque punti A, B, C, D, E, il problema di trovare 1' altra inter- sezione di a colla conica, è stato già risoluto (linearmente) in più modi (§§ 63, 64). Del resto col metodo qui seguito

271

esso si ricondurrebbe al problema di costruire l' altro punto unito di una proiettività sopra una retta, dato un punto unito 31).

Per condurre da un punto le tangenti alla conica {ABC DE) (ove esistano) si devono costruire correlativa- mente i raggi uniti di una proiettività, nel fascio che ha per centro il punto.

Osservazione 1.^ Se la conica è data mediante 4 punti e la tangente in uno di essi, o mediante 3 punti e la tangente in due di essi, si può sempre applicare la costruzione precedente. Il procedimento correlativo si ese- guirà, invece, se la conica è data mediante 5 tangenti o 4 tangenti e il punto di contatto di una di esse, ecc.

Osservazione 2.^ La risoluzione del problema precedente ci dimostra che :

Ogni prohleìna di 2.^ grado risolubile graficamente, quando è data una certa conica fondamentale (tracciata), è anche risolubile ugualmeyite quando è data in luogo di essa un' altra conica fondamentale, È pure indiffe- rente che si sappiano costituire le intersezioni di una retta qualsiasi colla conica fondamentale, o che si sap)- piano condurre ad essa le tangenti per un punto qual- siasi. La possibilità di una di queste due operazioni grafiche permette la risoluzione di tutti i problemi di 2^ grado.

Nel 2.^ caso bisogna trasformare per dualità le costru- zioni che sono da effettuarsi nel primo caso.

In particolare*: Tutti i problemi grafici di secondo gradfì si possoìio risolvere coli' uso di un cerchio fisso, del quale si sappiano determinare le intersezioni con una retta qualsiasi , o a cui si sappiano condurre le tangenti per un punto qualsiasi. E la scelta di un opportuno cerchio, come conica fondamentale per le costruzioni, corrisponde all'esigenza pratica che la detta conica sia (un'ellisse) tutta contenuta nel foglio del disegno..

272

3.*^ Problema. Detey'minare ( ove esistano ) le coniche passanti per 4 punti (di cui 3 non in linea retta) e tangenti ad una retta.

Se la data retta a passa per uno dei 4 punti dati A,B,C,I), ove essa non contenga un altro dei 4 punti, sappiamo 63) che vi è una conica così determinata, della quale possono costruirsi quanti si vogliano punti e tangenti. Suppongasi che a non passi per uno dei 4 punti. Su a le intersezioni delle coppie di lati opposti del qua- drangolo ABC D appartengono ad una involuzione , i cui punti doppi (ove esistono) sono i punti di contatto delle coniche per A, B, C, Z), tangenti ad a 65). Una di tali coniche resta definita, noto il suo punto di contatto con a, perchè allora se ne conoscono 5 punti.

Correlativamente si risolverà il problema correlativo. Come esempio del cosidetto metodo dei tentativi giova considerare il seguente

4.^ Problema. Iscrivere (ove sia possibile) in una conica, un triangolo, i cui lati passino ordinatamente per 3 punti fissati.

Sia S la conica data, e P^, P^, P^ ì tre punti che supponiamo non appartenenti ad essa (tale caso partico- lare del problema si esau- rirebbe facilmente). Si con- sideri su S un punto A e si unisca con Pj ; si determini l'ulteriore inter- sezione B S con P^ A,

e si unisca B con P^ ; si determini l'ulteriore inter- sezione C di BP^ con S, e si unisca C con P^ e si seghi ulteriormente la co- nica S nel punto A' con la retta C P^. Se il triangolo ABC iscritto nella conica S soddisfacesse alle condizioni

273

poste, in modo che fosse appunto A B ì\ lato di esso passante per P^, dovrebbe A' coincidere con A.

In generale ciò non accadrà, A essendo stato scelto ad arbitrio sulla conica S. Però variando A sulla conica S, varierà anche A', e mediante le costruzioni poste risul- terà fissata fra i punti come A, A' una corrispondenza biu- nivoca ; si può vedere facilmente che tale corrispondenza è una proiettività. Infatti i punti A,B della conica (allineati con Pi) si corrispondono nella involuzione che ha per centro di collineazione Pf, così B, C si corrispondono nell'invo- luzione che ha per centro di collineazione P^\ e C, A' nel- r involuzione che ha per centro di collineazione P^\ dunque la corrispondenza fra A, A' che nasce applicando succes- sivamente tre proiettività involutorie su S, è la proiet- tività prodotto di queste tre involuzioni.

Ciò posto , si applichi a tre punti della conica *S la costruzione applicata ad A ; risulta allora fissata su S una proiettività i cui punti uniti (se esistono) risolvono il pro- blema. Infatti, un punto unito di essa, preso come punto A e congiunto con P^ ecc. , luogo ad un triangolo iscritto in S, ì cui lati passano ordinatamente per P^, P^, P^.

I punti uniti della proiettività posta su S si deter- minano (ove esistano) come intersezioni di iS coli' asse di collineazione 6^ della proiettività.

Si possono eseguire per esercizio le costruzioni indi- cate , individuando la jS mediante 5 dei suoi punti e ser- vendosi di una conica fondamentale K del suo piano (ad esempio di un circolo). Questa conica interviene soltanto per determinare le intersezioni di *S con s\ tutte le altre costruzioni sono lineari.

Osservazione 1.^ Quando di un problema di 2.^ grado è data una soluzione, si può ottenere l'altra risol- vendo un problema di 1.^ grado.

* Osservazione 2.^ Abbiamo parlato fin qui di pro- blemi di 2.^ grado grafici. Trattandosi di problemi metrici

274

occorre supporre dati a priori gli enti metrici fondamen- tali del piano.

Ora, secondo il § 72, occorrebbe dare per ciò, oltre la conica fondamentale che si richiede pei problemi di 2.^ grado grafici, anche un rettangolo.

Ma, in questo caso, è più semplice di scegliere come conica fondamentale un cerchio e di dare la retta impro- pria per mezzo del centro del cerchio stesso (suo polo); allora resta anche data sulla retta impropria l'involuzione assoluta, come involuzione dei punti coniugati rispetto al cerchio. Si può dunque affermare che:

Tutti i problemi di 2.^ grado, grafici e metrici, si risolvono linearmente quando è dato un cerchio fonda- mentale fisso ed il relativo centro.

Come esempio di un problema metrico di 2.*^ grado , relativo alle coniche, citeremo il seguente:

Problema. Costruire gli assi di una conica a centro.

Anzitutto si può supporre di avere determinato (linear- mente) il centro 0 della conica, e così pure due coppie di diametri coniugati: aa\hb\ di essa (per 0).

Si ha allora nel fascio 0 un'involuzione definita dalle coppie aa\ hì)\ della quale si debbono determinare i raggi coniugati ortogonali. Si supponga che il cerchio K fonda- mentale per le costruzioni , avente un centro dato C, passi per 0\ sieno A, A' Q B, B' ì punti in cui esso sega ulteriormente a, a e h, h' . L' involu- ^ zione degli angoli retti del fascio 0, segata col cerchio Z", determina su di esso un' involuzione il cui centro di collineazione è C (perchè gli angoli retti sono iscritti in un semicerchio). Ora si deve trovare la coppia comune a questa involuzione ed a quella definita dalle coppie A A' e B B'. Essa si

275

determina segando il cerchio colla retta che congiunge C al punto d'incontro delle AA'.BB' (centro di collineazione della seconda involuzione nominata). Questa coppia comune XY, proiettata da 0, fornisce gli assi x, y domandati.

Come esercizio si costruiscano ancora gli asintoti della data conica, supposta un'iperbole (supposto cioè che le coppie a a, bb' non si separino); e si determinino (in ogni caso) i vertici di essa conica.

§ 74. "^ Problemi risolubili colla riga e col compasso.

Il punto di partenza delle nostre costruzioni è stato l'uso dello strumento « riga », il quale permette di eftettuare (nel piano) tutte le costruzioni lineari, cioè il tracciamento di rette e la determinazione delle loro mutue intersezioni. Problemi più elevati esigono altre costruzioni, che non si possono più effettuare colla sola riga.

Generalmente queste costruzioni consistono nel trac- ciamento di « curve » più elevate della retta; ed il nomi- nato tracciamento si può far dipendere dall'uso di strumenti di disegno più complessi della riga. Si presentano allora due criteri per la classificazione dei problemi costruttivi:

1) la natura delle curve dal cui tracciamento può farsi dipendere la risoluzione domandata ;

2) la natura degli strumenti atti al tracciamento delle nominate curve.

Il primo criterio guarda propriamente alla semplicità delle curve sotto 1' aspetto geometrico, mentre il secondo criterio guarda alla semplicità meccanica del tracciamento.

Accanto ai due criteri menzionati se ne può porre un terzo; quello, dato dalla Geometria analitica, dove si guarda alla natura delle operazioni di calcolo, algebriche o trascendenti, da cui si può far dipendere la risoluzione domandata.

Ora , secondo tutti e tre i criteri , si presentano in prima linea i problemi di 1.^ grado (grafici e metrici).

276

Si possono collocare subito dopo i problemi di 2.^ grado (grafici e metrici). Invero:

1) Le costruzioni che occorrono per la risoluzione di essi dipendono dalle intersezioni delle rette del piano con un cerchio fisso, di dato centro; ed il cerchio è sotto molti aspetti la linea più semplice, dopo la retta.

2) Il tracciamento del cerchio occorrente all' uopo , si può effettuare nel disegno collo strumento «compasso », che è uno dei più semplici dopo la riga.

3) La risoluzione analitica di tali problemi dipende da un'equazione del 2.° grado (e da equazioni del 1.^ grado),. ossia richiede soltanto l'estrazione di un radicale quadratico (ed operazioni razionali sulle quantità che corrispondono agli elementi dati); una siffatta estrazione è l'operazione irrazionale più semplice che comparisca nell' algebra.

Ai problemi di 2.^ grado si possono collegare quelli, componenti una classe più ampia, che, senza essere di 2.^ grado, si riducono però a successivi problemi di 2.^ grado; ossia i problemi che si risolvono nel disegno coli' uso di una conica fondamentale fissa, la quale, nel caso dei pro- blemi metrici, si suppone essere un cerchio di cui è dato il centro.

Ora questi problemi sono evidentemente risolubili cogli strumenti « riga e compasso »; ma, viceversa, non è chiaro a priori che tutti i problemi costruttivi risolubili colla riga e col compasso si riducano a successivi problemi di 2.® grado, e si risolvano quindi coli' uso della riga e d'un cerchio fìsso di dato centro.

Tale fatto può tuttavia essere stabilito. Basta notare che r uso degli strumenti « riga e compasso » corrisponde alla possibilità di risolvere i due problemi fondamentali seguenti :

1) determinazione delle intersezioni di un cerchio con una retta;

2) determinazione delle intersezioni di due cerchi.

277

Ora, il primo di questi due problemi è stato già riso- luto e ricondotto (nel caso più generale di una conica -qualsiasi) alla determinazione delle intersezioni di una retta col cerchio fondamentale fissato a priori. Il secondo problema si riduce al precedente, bastando sostituire ad uno dei cerchi 1' asse radicale dei due, il quale si costruisce linearmente.

Resta così stabilito che:

Tutti i problemi costruttivi determinati, che sono risolubili colla riga e col compasso, si possono risolvere eolla sola riga e coli' uso di un cerchio fisso di dato centro.

Questo resultato può anche essere espresso sotto un'altra forma, atta a porne in luce l'importanza pratica.

Nelle considerazioni precedenti il cerchio figurava come conica-luogo, ma può supporsi dato invece come conica-inviluppo ; in altre parole si può supporre possibile l'operazione del condurre per un punto esterno le tan- genti al cerchio fondamentale , invece della operazione correlativa di segare il cerchio con una retta. È questa una immediata conseguenza del principio di dualità nel piano. Del resto, appena si sappia effettuare una delle due operazioni correlative sopra menzionate, si effettuerà subito linearmente 1' altra.

Avvertito ciò , potremo riguardare come dato un cerchio-inviluppo, allorché (invece del compasso) si pos- segga lo strumento « riga a due bordi ».

La riga a due bordi permette di costruire una striscia com- presa fra due rette parallele, di cui la lunghezza è teoricamente lunga quanto si vuole, e la lar- ghezza l è determinata.

Ora con questo strumento si possono costruire le due tangenti per un punto esterno P, al cer-

278

cliio di centro fissato 0 che ha come raggio l. Basta infatti fare scorrere la riga in modo che un bordo passi per 0, finché r altro venga a passare per P, operazione effet- tuabile in due modi.

Cosi concludiamo :

Tutti i problemi costruttivi determinati, che si j^os- sono risolvere colla riga e col compasso, si possono anche risolvere colla sola riga a due bordi.

Ma, perchè tale conclusione risulti dimostrata vera anche nella pratica, dove la lunghezza della riga a due bordi è finita, occorrerebbe mostrare come la -costruzione indicata innanzi relativa ad un punto P troppo lontano da 0, si possa sostituire con una costruzione analoga rela- tiva ad un altro punto più vicino ad 0. Lasceremo da parte la dimostrazione di tale possibilità.

Dopo i problemi di 2.° grado o riducibili a problemi di 2.^ grado, i quali si possono risolvere determinando le mutue intersezioni di rette e di cerchi, vi sono altri pro- blemi più elevati che non si possono più risolvere nello stesso modo. Esempi di problemi siffatti compariscono fino dalla Geometria elementare. Basterà ricordare i problemi classici della trisezione dell' angolo, della duplicazione del cubo e della quadratura del circolo, sui quali si sono affa- ticati invano i geometri greci.

Questi problemi si possono considerare oggi come risoluti, in quanto si è stabilito che la soluzione come era domandata dai greci, col solo uso della riga e del com- passo , non è possibile ; e d' altra parte si sono trovati strumenti più complessi, capaci di fornirla.

Sebbene V esame di siffatte questioni esca dal nostro quadro , non possiamo trattenerci dal dedicare ad esse alcune osservazioni, colla scopo di chiarire la nozione di risolubilità dei problemi geometrici.

Ogni problema determinato , in tutti quei casi nei quali esistono soluzioni, deve considerarsi risolubile. Ma

27'J

la costruzione degli elementi che forniscono la soluzione effettiva può richiedere necessariamente l'uso di linee o di strumenti più elevati di quelli che si hanno a disposi- zione, ed in questo senso essere relativamente impossibile. Così è impossibile risolvere i 3 problemi nominati, trac- ciando solo rette e circoli e determinando le loro mutue intersezioni, ossia coli' uso degli strumenti « riga e com- passo ». Tale impossibilità è posta in luce dalla trattazione analitica di quei problemi. La trisezione dell'angolo e la duplicazione del cubo portano analiticamente alla risoluzione di un'equazione cubica, la quale dovrebbe potersi ottenere con sole estrazioni di radicali quadratici, affinchè i problemi stessi riuscissero risoluti con rette e circoli ; invece questa equazione importa generalmente, in modo necessario, l'estrazione di un radicale cubico.

Quanto alla quadratura (o alla rettificazione) del cir- colo, si tratta di un problema anche più elevato, giacché esso dipende analiticamente dal calcolo del numero di Lùdolf tt. Se la quadratura del circolo si potesse ottenere colla riga e col compasso, si potrebbe anche ottenere un'equazione algebrica, a coefficienti razionali, di cui ti fosse radice; ed anzi una tale equazione dovrebbe potersi risolvere con sole estrazioni di radicali quadratici. Ora, anche prescin- dendo dall' ultima condizione, è stato dimostrato dal Lin- DEMANN ( Mathematische Annalen, 1882) che ti non soddisfa ad alcuna equazione algebrica a coefficienti razionali, sicché il problema della sua determinazione ( ossia quello della quadratura del circolo) é un problema trascendente, invece che algebrico.

Ma se i tre problemi classici sopra menzionati sono irrisolubili colla riga e col compasso , la loro risoluzione deve essere cercata coli' uso di linee più elevate del cerchio, o di strumenti più elevati del compasso.

Per i due primi problemi (del 3.^ grado) basta il tracciamento di coniche, e quindi uno strumento (com-

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passo ellittico, iperbolico o parabolico) atto a tracciare queste linee.

L' ultimo invece richiede linee o strumenti più ele- vati, eppure si risolve oggi anch' esso, nel disegno, coli' uso dello strumento « integrafo » di Abdank-Abakanowicz.

Lasciando da parte le precedenti considerazioni, andiamo ora a parlare del problema delle intersezioni di due coniche, cominciando dai casi in cui esso si riduce a problemi di 2.^ grado, per venire poi a delimitare la classe dei pro- blemi di 3.® grado.

§ 75. Intersezioni di due coniche aventi due elementi comuni dati. 11 problema generale di determinare gli elementi comuni a due coniche di un piano non è di 2.'^ grado e non si può ridurre alla risoluzione di successivi problemi di 2.^ grado ; ciò si può stabilire analiticamente, dimostrando che la sua risoluzione dipende da un' equa- zione irriducibile del 4.^ grado.

Sono tuttavia problemi di 2.^ grado, o si riducono a problemi di 2.^ grado, e si risolvono quando si ha nel piano una conica fondamentale fìssa, i problemi relativi a tali inter- sezioni, ove già sieno dati due elementi (punti o tangenti) comuni alle date coniche. Ci riferiamo alle coniche luogo, lasciando che si traducano per dualità questi sviluppi.

Anzitutto notiamo che 63) due coniche non possono avere più di quattro punti comuni, altrimenti coincide- rebbero. Se in un punto comune esse hanno altresì comune la tangente, deve ritenersi che ivi sieno riuniti almeno due punti (infinitamente vicini) comuni alle due coniche.

Dopo ciò si vogliono risolvere, in un dato piano (ove operiamo) i seguenti problemi:

1.° Problema. Determinare le (eventuali) ulteriori intersezioni di due coniche aventi due punti coìnuni dati.

Sieno K,K' due coniche (d'un piano) aventi comuni due punti A, B. Si proiettino ad esempio da A, B i punti

281

di K su K'. Si ottiene su K' una proiettività di cui si può determinare 1' asse di collineazione u ; i suoi (even- tuali) punti d'intersezione con K' sono anche comuni a K. La prima parte della costruzione si effettua linear- mente ove le K, K' sieno individuate per 5 elementi (stante le costruzioni del § 63). Le intersezioni di K' (o K) colla retta ii si determinano colla costruzione di 2.® grado indicata ( § 73 ) , data nel piano una conica fìssa. La costruzione diventa semplicissima se una delle coniche K, K' è completa- mente tracciata, e può quindi assumersi come conica fon- damentale.

Osservazione. Le due coniche K, K' hanno oltre A,B:

a) due punti comuni M^ , Noe ■> se u riesce secante per una di esse (e quindi per ambedue), e non passa per A, B\

b) un punto comune di contatto (cioè colla stessa tangente), se u è tangente fuori di A, 5 a K,K'\

e ) nessun punto comune , se w è esterna a K, K'.

Le due coniche /i, K' hanno un punto di contatto in A 0 in B, se u passa per A o B.

Se le due coniche A", K' hanno oltre ad A, B wn altro punto comune dato M, V ulteriore intersezione N ^c si costruisce linearmente. Il punto N^o può cadere even- tualmente in A, B, M, essendo allora uno di questi un punto di contatto.

Se le due coniche A^, K' hanno comuni A, B e la tangente in uno di essi , per esempio in A , esse hanno in generale comune un altro punto, che si costruisce

282

linearmente. Eccezionalmente questo punto può cadere in B, che sarà allora punto di contatto, oppure in A che si direbbe un punto di contatto tripimto.

Questi vari casi offriranno utili costruzioni , da ese- guirsi come esercizi.

2.^ Problema. Determinare le (eventuali) ulteriori intersezioni di due coniche aventi un dato pioito comune di contatto.

Siene /v, K' due coniche aventi il punto comune A, ed in esso la stessa tangente a. Riferiamo prospettiva- vamente le due coniche come sezioni del fascio A ; esse risultano allora omologiche 71), e l'asse di omologia le sega negli (eventuali) ulteriori punti che esse hanno comuni.

Si può costruire il detto asse linearmente , allorché le due coniche sieno definite per 5 elementi.

Infatti si costruiscano 3 coppie di punti corrispondenti BB\C(J\ DD' (sezioni di K, K' con o raggi per .4). Le rette corrispondenti BC,B'C'\ BD,B'D\qq,q. s'incontrano sull'asse d'omologia.

Osservazione. ^e u non passa per A, le due coni- che K, K' hanno fuori di A due punti comuni, o un punto di contatto, o nessun punto, secondochè u è secante, tan- gente 0 esterna (ad una e quindi) ad ambedue le coniche.

Se u passa per A, ma non è la tangente a, le K, K' hanno in A un contatto tri punto, e vi è una ulteriore intersezione di K, K' fuori di A, la quale può essere determinata linearmente. Se u coincide con a, le K,K' non hanno ulteriori intersezioni e si dice che si osculano o hanno un contatto quadripunto in A.

Si può vedere come esista ima conica K\ passante per due punti dati fuori di una conica K, ed avente un con- tatto tripunto con K in un dato punto. Similmente esiste una conica K' osculatrice ad una data K in un punto, e passante per un altro punto fuori di K.

283-

Si potrà assegnare in ambedue i casi (linearmente) quanti si vogliano punti di K'.

Emerge dalle precedenti considerazioni che, come si può dire che due coniche (semplicemente) tangenti in un punto hanno ivi riunite due intersezioni infinitamente vicine, così un contatto tripunto o quadripunto si possono riguardare come equivalenti a tre o rispettivamente a quattro intersezioni infinitamente vicine delle due coniche.

3.° Problema. Beierìuinare le (eventuali) interse- zioni di due coniche aventi due date tangenti cornimi.

Questo problema è di grado superiore al 2.°, perchè comporta fino a 4 soluzioni ; tuttavia la sua risoluzione si può far dipendere da quella di due successivi problemi di 2.^ grado.

Siene K, K' due coniche, tangenti alle rette t^, t^ che s'incontrano in 0. Sappiamo che uno degli angoli t^t,^ (contenente K) è tutto costituito di rette secanti /v, l'altro di rette esterne. Se K, K' sono contenute in diversi angoli ^1 ^2 : esse, salvo che abbiano comune uno o ambedue i punti di contatto con t^.t^^, non hanno alcun punto comune.

Supponiamo dunque che K, K' sieno iscritte nello

&

stesso angolo t^ t^ ; esclu- diamo inoltre che t^, t^ abbiano lo stesso punto di contatto colle due co- niche, giacché questo caso ci riconduce al problema precedente. Ogni retta per 0 segante una conica sega anche 1' altra. Sìa e una tal retta, ed AA^, B'B\ le coppie segate su e da /i, K' . Possiamo riferire proiettivamente le due coniche /i, K' face<ido corrispondere i punti T^, T^ e 2\, T\^

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^284

in cui esse sono toccate da, t^, t^, e i punti A, B' oppure i punti A, B^. Tanto per l'uno quanto per l'altro riferi- mento le due coniche risultano omologiche 71), e gli assi delle omologie, determinati dalle intersezioni delle rette corrispondenti, intersecano le dette coniche nei punti che esse hanno in comune.

§ 76. ProWemi di 3." grado. - Determinazione degli elementi uniti di un' omografìa piana. - Asse d' una con- gruenza nella stella. Diremo problema fondamentale di 3P grado il problema di determinare le ulteriori inter- sezioni di due coniche d' un piano , aventi un dato punto comune non di contatto. Questo problema non è riducibile a problemi di 1.*^ grado e di 2.^ grado. Esso non può essere risoluto colla riga e col compasso , ma coli' uso di istrumenti più elevati (come il compasso ellittico, ecc.) atti a tracciare le coniche. Sono problemi di 3." grado tutti quelli che possono ridursi linearmente alla risoluzione del problema fondamentale sopra nominato.

I problemi di 3.^ grado hanno tre soluzioni al più e una almeno; giacché due coniche (d'un piano) aventi comune un punto, non di contatto, hanno comune al più altri tre punti e almeno uno , come ci proponiamo di dimostrare.

Premettiamo il seguente:

Lemma. Sieno K una conica ed 0 un punto esterno; a, h le tangenti condotte da 0 a /i; A, B i loro punti di contatto. Si indichi con o) r angolo a h costituito dalle rette per 0 secanti la conica 69). Le intersezioni di una retta dell'angolo w con K se- parano A, B su K, perchè si

285

corrispondono in una involuzione di cui A, B sono punti doppi; vi è dunque una delle nominate intersezioni in cia- scuno dei due archi AB della conica. Viceversa ogni punto di un arco AB, congiunto con 0, una retta di w. Ora vogliamo dimostrare che tale corrispondenza biunivoca fra le rette dell' angolo o) e i punti d' un arco A B ^ ordinata, cioè che mentre un punto si muove sulla conica descrivendo un arco AB, il raggio che lo unisce ad 0 si muove nel fascio descrivendo 1' angolo w.

Su K si prendano due punti qualunque C, D d' un arco AB, tali che per esempio D segua C nell'ordine (ACB) di K, e quindi ACDB ^ìquo susseguentisi ; facciamo vedere (e così sarà stabilito il lemma) che si sussegui- ranno, nel fascio 0, le rette:

a^^OA, e- OC, d=OD, b^OB.

A tal fine si seghino le rette a, e, d, b, colla AD, rispettivamente nei punti A, C^, D, B^; basta dimostrare che sono susseguentisi i punti A, (?!, D, 5j, ossia che A, D ^ separano C^, B^.

Ora ciò segue dal § 69. Invero il punto C^ è interno alla conica K, giacché i punti d' intersezione C , C di e con K separano i punti A,D iiu K, perchè C segue a B nell'ordine {A C B B)', invece B^ è esterno a K appartenendo alla sua tangente b. Con ciò il lemma è stabilito.

Dopo ciò si può dimostrare il seguente

Teorema. Due coniche d'un piano aventi comune un punto non di contatto, hanno almeno un altro punto comune.

^86

Sieno K, K' due coniche d' un piano aventi comune il punto A, non di contatto. Si consideri la tangente in A

alla conica A^ la quale incontrerà in ^ un altro punto B' la conica K'. Per B\ si conduca la se- ^ conda tangente (ol- tre la B' A) alla K\ sia C il suo punto di contatto colla K C la sua ulteriore intersezione con K\

Si indichi con \ l'angolo B' {AC) del fascio ^' costi- tuito dalle secanti di K: cioè l'angolo in cui è iscritta la K. Una retta m ài "k incontra K in due punti M, M^, e la K' in un punto ]K AI' oltre B'. Ora fra le rette m dell' angolo X ed i punti analoghi ad M, M^ su K, o ad M' su K\ nasceranno delle corrispondenze ordinate, per le quali risulterà stabilito un riferimento ordinato dell' angolo X rispettiva- mente ai due archi AC della conica /v, e all' arco AC\ che non contiene B\ della IC \ in conseguenza i tre archi nominati risulteranno pure riferiti ordinatamente fra loro. Riferiamo ora proiettivamente le due coniche /i, K' come sezioni del fascio A, e sia C la proiezione di C su K'\ ai due archi AC K vengono a corrispondere i due archi ( complementari ) B'C\ di K' . Ora i due archi B' C\ risultano riferiti in corrispondenza ordi- nata (prospettica) ai due archi

287

AC ài K e quindi in corrispondenza ordinata all'arco AC di K\ che non contiene B.

Vi sono da distinguere due casi : 1.^ B\ 6\', non separano A, C.

Allora si ha su K' una corrispondenza ordinata tra l'arco B'ACl, e l'arco interno ^C" che non contiene B' , Mentre un punto si muove su K' descrivendo il 1.*^ arco, il corrispondente si muove descrivendo il 2.°; perciò 19) vi è in AC almeno un punto unito (diverso da A), evi- dentemente comune alle due coniche /v, K' . 2.° B\ C/, separano A, C.

Allora se, su IC, facciamo muovere un punto descri- vendo r arco A C che non contiene B\ i corrispondenti punti descriveranno gli archi complementari B C in senso tra loro opposto; dunque uno di questi due archi verrà descritto in senso opposto al nominato arco A C. In esso i due punti mobili corrispondenti (che si vengono incontro) s' incontreranno in un punto unito, come si può provare colle considerazioni del § 19; questo punto unito, diverso da A, risulterà evidentemente comune alle due coniche.

In ogni caso dunque le coniche /i, K' hanno (oltre A) almeno un altro punto comune, e. d. d.

Un ulteriore esame della questione permetterebbe (seguendo i medesimi principii) di discutere i vari casi possibili relativamente alle intersezioni di due coniche in un piano, avuto riguardo alla loro posizione relativa, cioè all' esistenza di punti dell' una esterni od interni all'altra, ecc. Si perverrebbe cosi ad una serie di risultati perfettamente rispondenti alla nostra intuizione. Non ci addentreremo in tale esame un po' minuto, rimandando chi desidera acquistarne nozione alla Nota di Eugenio Maccaferri « Su di un teorema fondamentale relativo agli elementi comuni di due coniche in un piano ». (Rendic. Circolo Matematico di Palermo, 1895).

288

Passeremo invece alla risoluzione del seguente pro- blema di 3.® grado :

Deterìninare i punti uniti di un omografia piana non omologica.

Si prenda nel piano dell' omografia un punto A, non unito e non appartenente ad alcuna retta unita, ciò che può sempre farsi, perchè la data omografia non è una omologia.

Sia A! il punto corrispondente ad A, ed A" il punto corrispondente ad A'. I punti A, A\ A" non si trovano sopra una retta, giacché questa dovrebbe essere unita.

Ora i fasci A, A', e cosi i fasci A\ A'\ risultano rife- riti proiettivamente dall'omografia, e tale riferimento non è prospettivo, perchè le rette AA\ A' A" non sono unite.

I primi due fasci genereranno una conica K passante

1^^ per A, A\ e tangente in A'

/^ ^ alla retta A' A"\ i secondi

IT <^y \ fasci erenereranno un' altra

\^ ?^^ 1/1"

/^ /ì\\ ~/r conica A"' passante per J-',^",

/ / \ \ \ // e tangente in A! alla AA! .

\ /' \ \ )/ / Le due coniche, avendo in

X^£ ^^/^ comune il punto A\ dove

^^ ^ non si toccano, si incontre-

ranno ulteriormente in qualche punto ; in un punto almeno, od in tre punti al più. Questi punti d' intersezione, ed essi soli, saranno i punti uniti dell' omografia.

Infatti, sia X un punto (diverso da A') comune alle due coniche ; alle rette AX, A!X, corrispondono rispetti- vamente, neir omografia, le A'X, A!'X, e quindi ad X cor- risponde X stesso.

Viceversa, se X è un punto unito dell' omografia, alle rette AX, A' X, corrispondono rispettivamente le A! X, A" X, e quindi X si trova sulle due coniche K,K', Correlativamente si possono costruire le rette unite dell'omografia, le quali si ottengono anche come rette associate ai punti uniti 49).

289

Si deduce che :

In ogni omografia piana vi è almeno un punto unito, ed almeno una retta unita.

Ora, col principio di dualità nello spazio, dedurremo ancora :

In ogni omografia di una stella vi è almeno una retta unita, ed almeno un ]3Ìano unito.

' Corollario. * In particolare, in una congruenza,, data in una stella propria 54), vi saranno almeno una retta unita a ed un piano unito ad essa ortogonale.

Ora si consideri la congruenza nel fascio di piani di asse a\ questa potrà essere diretta o inversa 32). Esa- miniamo i due casi :

1) Se la congruenza nel fascio a è diretta, tutti i piani per a possono essere sovrapposti simultaneamente ai corrispondenti, eseguendo una rotazione attorno ad a ; anzi questa rotazione può effettuarsi in due modi, descri- vendo (in senso opposto) angoli supplementari. Ora una rotazione siffatta sovrapporrà tutti i raggi della stella ai corrispondenti , o li porterà ad occupare posizioni simmetriche rispetto ad a (generando nella stella una con- gruenza con un fascio a di piani uniti, la quale 54) sarà identica oppure sarà una simmetria rispetto ad a) ; anzi avverrà appunto che, eseguendo la rotazione in un senso opportuno, ogni raggio venga sovrapposto all' omologo , mentre dalla rotazione nell' altro senso esso sarà portato nella posizione simmetrica. Si vede dunque che la congruenza nella stella può venire generata da una rotazione attorno alla retta a ; la quale evidentemente è unica retta unita, se si esclude il caso che tutti i piani per a sieno uniti, caso in cui si ha una simmetria rispetto ad a e sono uniti tutti i raggi della stella perpendicolari ad a.

2) Se la congruenza nel fascio di piani a è inversa, si hanno per a due piani uniti di simmetria, ed in ciascuno una retta unita (ortogonale ad a) sezione col piano unito

290

ortogonale ad a. Vi è dunque un triedro trirettangolo ah e, di elementi uniti. Ora, poniamo che nel fascio unito di piani avente come asse h, si abbia una congruenza diretta; poiché per ì) vi sono due piani uniti, potremo concludere che tutti i piani per h saranno uniti , e la congruenza della stella dovrà essere una simmetria rispetto a V. D'altra parte, se invece nel fascio h si ha una congruenza inversa , (simmetria rispetto ai piani ha, he) , è facile vedere che la congruenza della stella è una simmetria rispetto a e ; infatti ad ogni raggio x deve corrispondere l' intersezione del piano simmetrico ài a x rispetto ad a e col piano simmetrico di h x rispetto a h e. In conclusione la con- gruenza della stella (nella nostra ipotesi 2/'^) è una sim- metria rispetto ad un asse, generabile colla rotazione di due angoli retti attorno a quest' asse 54).

Riassumendo abbiamo dunque :

Ogni congruenza in una stella proi^ria può essere generata da una rotazione attorno ad un asse fisso.

Questo asse di rotazione è sempre determinato ed è l'unica retta unita della congruenza, ove questa non sia una simmetria.

In particolare si deduce :

Data uìia congruenza nel piano iìnproprio, esiste sempre una retta unita, sopra la quale resta suhordi- nata una congruenza dÌ7''etta, ed un punto unito, polo di questa retta rispetto alla polarità assoluta. La con- gruenza (supposta non identica) del piano impropìzio possiede soltanto un punto ed una retta uniti, oppure è un omologia armonica (simmetria).

CAPITOLO XII Proprietà focali delle coiiiclie.

§ 77. Fuochi. Un punto del piano di una conica pel quale le rette coniugate sono perpendicolari, cioè tale che r involuzione dei raggi coniugati per esso sia quella degli angoli retti, dicesi un fuoco della conica.

Occupiamoci anzitutto della ricerca dei fuochi per le coniche a centro.

Poiché r involuzione (degli angoli retti) costituita dai raggi coniugati che passano per un fuoco è ellittica, i fuochi, se esistono, sono interni alla conica.

Se un fuoco cade nel centro della conica, questa è un circolo (§59) ed allora non vi sono altri fuochi. Escludiamo questo caso.

Sia F un fuoco d' una conica a centro (7, diverso dal centro 0 di essa; si conduca il diametro OF. La retta per F coniugata ad OF è, per la definizione di fuoco, perpendicolare in F alla OF stessa; quindi il diametro OF è perpendicolare (ad una e in conseguenza) ^ tutte le corde coniugate, esso è dunque un asse della conica. Perciò ogni fuoco deve trovarsi sopra un asse -della conica.

292

Ora, l'asse OF della conica C a cui appartiene ui>-

fuoco F (poiché F è in- terno) deve segare la co- nica in due punti A, A', (vertici), e quindi, se la conica stessa è un' iper- bole, deve essere 1' asse principale 70).

Conduciamo rispetti- vamente in A, A' le tan- geiiH t, V alla conica, perpendicolari all'asse AA'.

Proiettando da un punto della AA' i punti d'incontro di t , t' con un' altra tangente della C, si ottengono sempre due rette coniugate 60, teorema a destra) giacché A A' è la polare del punto all' infinito 1 1' ; in particolare la proprietà enunciata sussiste ancora se le nominate inter- sezioni di t, i' con una diversa tangente di C , vengono proiettate da F\ e, poiché F è un fuoco, i raggi proiettanti debbono in tal caso essere ortogonali. Dunque da un fuoco posto suir asse AA' di C, si vede sotto angolo retto il segmento (finito) intercetto sopra una qualunque tangente di C (diversa da t, i') dalle t, t'.

Viceversa, tale proprietà serve a caratterizzare il fuoco, giacché un punto dell'asse A A' dal quale si veda sotto angolo retto il segmento finito intercetto sopra una tan- gente da t,t'^ è un punto pel quale passano due coppie di raggi coniugati ortogonali ; onde 1' involuzione dei raggi coniugati per esso é quella degli angoli retti.

Ciò posto, distinguiamo i due casi dell' ellisse e dell' iperbole :

a) La conica C sia un'ellisse; sieno A A', BB' le due coppie di vertici, sezioni di essa cogli assi. Suppon- gasi che il segmento A A' sia maggiore di BB', e si conduca in B' la tangente all'ellisse (perpendicolare a B B') ad incontrare t, t' rispettivamente in H , H\ Il cerchio di

293

diametro H H' incontra l'asse AA' in due punti F,F\ 4a ciascuno dei quali si vede sotto angolo retto il seg- mento HE': questi due punti ^e non altri punti dell'asse A A') sono fuochi dell' ellisse C. Se si ripete la costruzione scam- biando gli assi AA' , BB\ si stabilisce la non esistenza di fuochi suir asse BB\ perchè il circolo analogo a quello con- siderato innanzi, su cui essi dovrebbero trovarsi, non sega r asse BB'. Infine se le lunghezze dei segmenti AA', BB', sono uguali (caso del cerchio, § 70) si ottiene un solo fuoco comune ai due assi, ossia la ellisse ha un fuoco nel centro (cfr. § 59).

Resta dunque stabilito che, eccepito il caso del circolo, l'ellisse ha due fuochi appartenenti all'asse maggiore (o principale).

Inoltre il procedimento indicato fornisce la costruzione dei fuochi dell' ellisse.

Indicando con 2 a, 2 b le lunghezze dei due assi, si ha che i fuochi dell' ellisse sono i punti dell' asse prin- cipale simmetrici rispetto al centro e distanti da esso di 0 \U^ U" (vedi figura).

ì)) La conica C sia un' iperbole vertici, e t, i' le ri- spettive tangenti in essi. I due asintoti sono segati dalle tangenti t, t' in due coppie di punti EH' , KK' ; e queste sono le coppie di vertici opposti di un ret- tangolo che ha per mediane gli assi. Ora un fuoco del-

sieno A, A' i suoi

%. t

^ ^

^^^

/-

^

B^

K^

]^

\

y

X

yo

V

è"

y^"

V

ty

K

294

r iperbole, supposto esistente, è caratterizzato dal fatto essere un punto dell' asse AA da cui si vede sotto angolo retto il segmento UH' (o KK')\ esistono dunque per r iperbole C due fuochi suU' asse trasverso A A', e si costruiscono come sezioni dell'asse stesso col cerchio cir- coscritto al rettangolo HKK'H\ cerchio avente il centro nel centro 0 dell' iperbole.

Se 2a, 2h sono rispettivamente le lunghezze AA' del- l'asse principale (trasverso), e dell'asse ideale (§70), i fuochi disteranno dunque dal centro della lunghezza c=^\/ a^-^b-.

Le lunghezze 2a, 2h dei due assi essendo uguali pei* l'iperbole equilatera, in tal caso i due fuochi diste- ranno dal centro di c = y^.«.

Riassumendo, possiamo enunciare il

Teorema. In una conica a centro avente le lun- ghezze degli assi 2 a, 2b, esistono due fuochi posti sul- l' asse principale e distanti dal centro di \ a^ dt ft", doi^e il segno superiore vale per l'iperbole, ed il segno infe- riore per l'ellisse. Quando a = b l'ellisse si riduce ad un cerchio, ed i fuochi vengono a coincidere nel sua centro.

Questo teorema racchiude la più semplice costruzione- dei fuochi.

Il ragionamento che ha servito alla ricerca dei fuochi per le coniche a centro, ci ha anche mostrata la seguente proprietà caratteristica di essi, di cui abbiamo fatto uso:

Data ima conica a centro, il segmento intercetto sopra una tangente qualunque di essa dalle tangenti nei vertici dell' asse principale , è veduto da un fuoco sotto angolo retto.

Rivolgiamoci ora a cercare se esistono fuochi nella parabola. Dimostreremo che ne esiste uno, e vedremo come esso possa determinarsi.

Come per le coniche a centro, si prova che se la parabola ha un fuoco F, questo appartiene all' asse ed è

295

interno alla parabola; inoltre da F deve vedersi sotto

angolo retto il segmento IIH'^ di

una qualsiasi tangente , intercetto -f

dalla tangente t nel vertice, e dalla

retta all' infinito (tangente t' nel

vertice all' infinito della conica).

Viceversa, una tale proprietà caratterizza il fuoco della parabola.

Ora, si consideri una qualunque tangente propria della parabola di- versa da t\ questa segherà la t in un punto proprio H. La perpendicolare ad HM in H incontrerà l'asse della para- bola in un punto proprio F.

Il punto F così determinato è un fuoco, perchè da esso escono due coppie di raggi coniugati ortogonali : r asse e la sua perpendicolare , la retta FH e la paral- lela ad HM. Viceversa, per ciò che è stato detto innanzi, non vi sono altri fuochi della parabola, oltre F.

Si conclude il

Teorema : La parabola ha un fuoco che è un punto interno dell' asse.

Il fuoco della parabola si costruisce nel modo pre- cedentemente indicato, che ha servito a determinarlo.

Il raggio proiettante dal fuoco della parabola V in- tersezione della tangente nel vertice con un altra tangente (propria), è sempre perpendicolare a questa (ultima) tangente.

§ 78. Direttrici. Proprietà focali angolari. Per lo studio delle proprietà (focali) inerenti ai fuochi delle coniche, giova considerare le polari dei fuochi, dette diret- trici (ciascuna corrispondente ad un fuoco).

L'ellisse e l'iperbole posseggono due direttrici per- pendicolari all'asse principale ed esterne alla conica; il cer- chio ha come unica direttrice la retta all' infinito.

296

La parabola possiede una direttrice perpendicolare air asse.

Il punto d'intersezione di ciascuna direttrice coli' asse principale, insieme al fuoco corrispondente, separa armoni- camente la coppia dei vertici appartenenti all'asse.

Sia P un punto qualunque del piano, esterno ad una (lata conica, e sieno T, T i punti di contatto delle tan- genti alla conica condotte da P. Sarà T T la polare di P\

quindi il punto Q, interse- zione della TT colla diret- trice d polare del fuoco F, sarà il polo della retta PF, Ne segue che le rette FP, FQ uscenti dal fuoco F saranno coniugate e quindi perpendicolari fra loro. D' altra parte il punto Q' intersezione della retta T T colla PF (polare di Q) è il coniugato armonico di Q rispetto a T,T'\ quindi il gruppo di raggi F{TP QQ) ottenuto proiettando da F il gruppo armonico TT' QQ sarà esso pure armonico: ma poiché i raggi FQ, FQ' (= FP) sono ortogonali, gli altri due raggi F7\ FT saranno ugualmente inclinati sui nominati 17). Si deduce il

1." Teorema. Le rette congiungenti un fuoco di una conica coi punti di contatto di due tangenti, sono ugualynente inclinate sulla retta che unisce il fuoco al pimto d' intersezione delle due tangenti.

In particolare le tan- genti ad una conica negli estremi di una corda pas- sante per un fuoco, s'incon- trano sulla perpendicolare alla corda nel fuoco.

Si consideri ora un triangolo circoscritto ad

297

una conica, formato da tre tangenti ni,n,2:) di essa, ed avente come vertici (rispettivamente opposti ai detti lati) i punti M,N,P. Sieno M^,N^,P^ rispettivamente i punti di contatto delle tangenti m, n, p colla conica. Se F è un fuoco della conica si ha pel teorema precedente :

NFP, = ^ M^FP^ N^FP= I M^FN^,

onde NFP=l N,FP,.

2

1^ i'

Di qui si deduce che . comunque si vari la tangente m della conica (diversa da n, p), restando fìsse le n, p, 1' an- golo sotto cui è visto dal fuoco il segmento intercetto da n,p su m, resta costante.

Ossia, si ha il

2.° Teorema. // segmento finito intercetto sopita una tangente variabile di una conica da due tangenti fisse, è visto da un fuoco sotto un angolo costante, che è la metà di uno degli angoli formati dai raggi proiettanti dal fuoco i punti di contatto delle due tangenti.

Un caso particolare di questo teorema è quello dato nel paragrafo precedente, ove le due tangenti fìsse sono le tangenti nei vertici dell'asse principale (una delle quali è la retta all'infinito se si tratta d'una parabola).

Ritorniamo al 1.° teorema, e supponiamo che uno, T\ dei punti di contatto T, T\ delle tangenti ivi considerate, sia un vertice della conica sull' asse principale. Conservando le no- tazioni ivi poste, sarà la retta PF una bisettrice dell' angolo TFT' . Se (supponendo la conica a centro e non un cerchio) si considera l'altro fuoco F\ sarà ancora F' P una bisettrice dell'angolo TF'T.

^^-^-^-^^.^nIV

f^z^^^^

P

li ¥ì

r

298

Ora siccome il punto P si trova sulle bisettrici degli angoli T F' T' e TFT' esso dista ugualmente dalle tre rette TF, T F\ F F' \ segue che la retta PT biseca uno degli angoli FTF'. La retta TP essendo la tangente in T alla conica, si conclude il

3.^ Teorema. Baia una conica a centro, la tan- gente in un punto biseca uno degli angoli formati dai raggi proiettanti dai fuochi il detto punto (si può dire che la cosa vale anche per il circolo ove ogni tangente è ortogonale al raggio che va al punto di contatto).

Osservazione. La tangente in un punto alla conica biseca l'angolo esterno dei raggi proiettanti il punto dai fuochi , considerando come angolo interno di essi quello che sega sull'asse principale il segmento FF' interno alla conica; tale segmento interno è finito nel caso dell'ellisse, infinito per l'iperbole.

Se nel 1.° teorema applicato alla parabola si suppone che uno, T, dei punti di contatto delle tangenti ivi con- siderate, sia all'infinito, si deduce il seguente:

4.^ Teorema. Data unapa- rahola, la tangente in un jounto biseca uno degli angoli formati dal raggio che unisce il fuoco al punto e dal diametro passante per il punto stesso.

Osservazione. La tangente in 7' alla parabola è bisettrice dell'angolo esterno formato dalle nominate rette, considerando come angolo interno di esse quello che sega sull' asse il segmento FT'^ interno alla parabola.

§ 79. Proprietà focali segmentarie. Abbiamo fin qui esaminato le proprietà focali angolari, cioè quelle che esprimono relazioni d'angoli; esaminiamo ora le proprietà focali segmentarie.

299

Il segmento finito che unisce un punto proprio d'una conica ad un fuoco si suole designare col nome di y^aggio focale 0 vettore del punto.

Sopra una conica, prendiamo due punti ad arbitrio 1\ T' e congiungiamoli con un fuoco F. Risulta dalla dimostrazione del 2.^ teorema (del paragrafo precedente} che la retta FQ congiungente il fuoco F col punto comune alla corrispondente direttrice d e alla retta T T è una bisettrice dell'angolo TFT'\ quindi (per una nota pro- prietà elementare)

FT: FT'= TQ : T'Q.

Ora consideriamo per T.T' rispettivamente le perpendi- colari TU, r Falla retta d. Si avrà:

u

i

^^-.T

(v^^-<^\

V

V\X

F' j

Q

/y^

e quindi

TQ : T'Q= TU: TV,

FT : FT = TU : T'V

ossia

TF : TU = T'F : TU Esprimendo in parole tale relazione si ha il 5.^ Teorema. Le distanze d\m punto di una conica da un fuoco e dalla corrispondente direttrice sono in rapporto costante.

Questo rapporto è quello secondo il quale un vertice della conica divide il segmento dell' asse compreso tra il fuoco e la corrispondente direttrice.

Nelle coniche a centro tale rapporto relativo ad un fuoco ed alla direttrice sua polare , uguaglia il rapporto relativo all'altro fuoco ed alla corrispondente direttrice, per la simmetria della conica rispetto all' asse non prin- cipale.

Il nominato rapporto si designa con e e si chiama eccentricità della conica.

300

Se si tratta di una conica a centro, ed a è la semi- lunghezza dell' asse principale, h la semi- lunghezza dell' altro asse; la distanza dei fuochi dal centro è

dove il segno vale per l'ellisse ed il se- gno -\- per r iperbole. Allora dico che l'eccentricità è: ^ _c _ \/a^zfzb^ a a

Per dimostrarlo riferiamoci, p. e., alla ellisse indicata nella figura. Allora si ha (considerando i segmenti in valore DA FA'

Ora OA^a, OF = e, FA =z OA OF =za c: d'altra parte (poiché il gruppo AA^FD è armonico)

assoluto) e

OD = - : onde DA = OD OA =

a

a

{a

quindi e = . a

La cosa si dimostra nello stesso modo per l' iperbole trat- tandosi di segmenti presi in valore assoluto.

Nella parabola 1' eccentricità è uguale ad 1 , vale a dire che ogni punto della parabola è equidi- stante dal fuoco e dalla direttrice: ciò segue dal fatto che il vertice della parabola è il punto medio del segmento dell'asse compreso tra il fuoco e la direttrice (coniugato armonico del punto all' infinito del- l' asse).

301

Si può dunque enunciare il

6.^ Teorema. L' eccentricità di una conica è:

per V ellisse e

per la parabola per V iperbole e

Va^

a e=l,

< 1.

1.

OssERVAziOxNE. L' eccentrlcità di un cerchio è nulla.

Si consideri una co- nica a centro di eccentri- cità e, di cui F, F' sieno i fuochi, e T un punto qua- lunque. Sieno Z7, Y i piedi delle perpendicolari con- ^ dotte da T sulle direttrici d, d\ polari di F, F' . Si avrà :

_ TF __ TF' ^ ~ TU~ TV'

quindi (per un noto teorema sulle proporzioni]

TF TU

TF' TV

TF TU

TF^ TV

ora, (intendendo di prendere i valori assoluti dei segmenti indicati) si ha che nell'ellisse è costante la somma TU-^TV, distanza delle due direttrici; invece nell'iperbole è costante la differenza TU TV, che esprime in questo caso la distanza delle due direttrici.

Dunque si ha il

7.^ Teorema. La soìnma dei raggi focali di un punto qualunque d' una ellisse è costante ed uguale alla lunghezza dell' asse principale ( somma dei raggi focali di un vertice).

302

delle tangenti

La differenza dei raggi focali di un punto qua- lunque di una iperbole è costante, ed uguale alla lun- ghezza dell' asse principale.

Queste proprietà delle coniche a centro non hanno riscontro in una proprietà analoga della parabola.

Sussiste invece soltanto per la parabola il seguente:

8.*^ Teorema. Le tangenti alla parabola uscenti da un qualunque punto della direttrice sono peiycndi- eolari fra loro.

Sieno //, K i due punti di contatto condotte ad una parabola da un punto ili della direttrice d. Tali punti sono estremi d' una corda passante pel fuoco F, perpendi- colare alla retta FM. Sieno poi H\ K' i piedi delle perpendicolari condotte rispettivamente da //, K su d. I triangoli rettangoli EH'M, IIFM sono uguali perchè (pel 5.*^ e 6.*^ teorema) HH'^=.HF\ quindi l'angolo HMF=I1MH\ e similmente FMK=:KMK'\

71

2

sicché IIMF

e. d. d.

§ 80. Costruzioni relative ai fuochi. I teoremi che abbiamo stabilito, concernenti i fuochi delle coniche, ren- dono più agevoli molte costruzioni relative ad esse. Ad esempio, si possono usare i teoremi 3." e 4.^ del § 78 per costruire la tangente in un punto ad una data conica a centro, di cui si conoscono i fuochi, o ad una parabola di cui si conosce il fuoco e la direzione dei diametri.

Noto un fuoco F, la corrispon- F^ dente direttrice del' eccentricità e di una conica, si può costruire per e=^ punti la conica, conducendo tante

30:^

di una parabola

parallele alla d (in modo che riescano secanti) e segando ciascuna di esse col cerchio di centro F il cui raggio sta nel rapporto e alla distanza della retta da d (5.^ teor., § 79). Dato un fuoco F e due tangenti a, h, coi relativi punti di contatto A,B, la conica può costruirsi per tan- genti, congiungendo i punti di a,b il cui segmento è visto

da F sotto r angolo - AFB (2.° teor., § 78), ecc.

In particolare si possono notare le seguenti costru- zioni relative alla parabola.

Dato il fuoco i^ e la direttrice d si possono determinare facilmente le intersezioni di essa con una retta r pel fuoco. Invero, si determinino le bisettrici degli angoli di r coli' asse, e per i punti d'intersezione di queste con d si conducano le perpendicolari a d\ esse incontreranno r nei punti cercati (cfr. il 5.° e 6.^ teorema del precedente §).

Si può costruire la parabola per fuoco F ed il vertice F, quindi la tangente t in male all' asse VF.

Per i punti // di t si conducano le perpendicolari ai raggi F H: si avranno così tante tangenti della parabola 77).

Se dunque si vogliono condurre le tangenti alla parabola per un punto esterno P, esse potranno costruirsi, determinandone le intersezioni con t, che sono i punti comuni a ^ ed al cerchio di dia- metro PF.

tangenti, noto il F, nor-

CAPITOLO XIII * Le proprietà metriche dei coni quadrici.

§ 81. (xli assi dei coni quadrici. Le proprietà gra- fiche dei coni quadrici si ottengono subito, per dualità o per proiezione, da quelle delle coniche, e si possono qui riguardare come note. Il cono quadrico è definito come fondamentale per una polarità non uniforme della stella. Esso può riguardarsi come cono-luogo di rette, o come coìio- inviliippo di piani ed ammette corrispondentemente due generazioni con fasci proiettivi di piani o di raggi (non prospettivi) , ecc.

Abbiamo già avvertito 50) che il cono quadrico può riguardarsi come una superficie di punti, correlati- vamente alla concezione di una conica come insieme di piani tangenti.

Sotto questo aspetto si presentano alcune proprietà, di cui non abbiamo avuto occasione di notare le corre- lative , perchè nello studio delle coniche siamo rimasti nel piano.

D ato un cono ed un punto A , diverso dal suo ver- tice 0, si dirà piano polare del 2^unto A , il piano polare del raggio OA nella stella 0.

I

305

I piani polari dei punti di una retta a non passante per 0, formano un fascio il cui asse a' passa per 0; a' dicesi la retta polare di a. Il piano Oa è il piano polare di a. Quindi la a contiene i poli di a rispetta alle coniche sezioni coi piani per essa.

wSe a passa pel vertice 0, la sua polare riesce inde- terminata, perchè tutti i punti di a hanno lo stesso piano polare rispetto al cono ; ogni retta di questo piano può riguardarsi come polare di a.

Due pimti dello spazia si dicono coniugati rispetta al cono, se il jfiano polare dell'uno passa per l'altro.

Due punti coniugati rispetto ad una conica, sezione piana del cono, sono anche coniugati rispetto al cono.

Sopra una retta a, non passante pel vertice del cono, si ha una involuzione di punti coniugati ynspetto al cono ; questa è anche l' involuzione di punti coniugati determi- nata sulla retta a da una conica qualsiasi, sezione del cona con un piano per a.

Dopo ciò passiamo a guardare i coni quadrici sotto r aspetto metrico, e cominciamo perciò a distinguere i coni propriamente detti, col vertice proprio, dai cilindri, che hanno il vertice improprio.

Riferiamoci dapprima ai coni, escludendo per ora i cilindri dalle successive considerazioni.

Abbiamo notato che i poli d'una retta, non passante pel vertice d' un cono quadrico, rispetto alle coniche segate dai piani per la retta, sono sulla polare di questa; dunque si ha in particolare:

Una retta pel vertice d' un cono quadrico, contiene lutti i centri delle coniche, sezioìii dei piani paralleli al piano polare della retta.

Una retta pel vertice d' un cono, che sia perpendi- colare al proprio piano polare, dicesi un asse del cono.

TJn asse di un cono quadrico contiene i centri di tutte le coniche sezioni coi piani perpendicolari ad esso

30!)

Quindi :

Gli assi di un cono quadrico sono assi di simmetria di esso ; cioè insieme ad un punto del cono sta sul cono anche il suo simmetrico rispetto ad un asse.

Gli assi di un cono sono le rette pel vertice aventi lo stesso piano polai'e rispetto al cono e rispetto alla polarità ortogonale della stella 54). Per comodità di ragionamento seghiamo la stella con un piano non pas- sante pel vertice., e scegliamo come piano secante il piano all' infinito ; la ricerca degli assi del cono si riduce cosi alla ricerca dei pùnti del piano improprio, che hanno la stessa polare rispetto alla conica A^ sezione del cono e alla polarità assoluta tu, che è una particolare polarità uniforme 54).

Indicata con T la polarità rispetto a K, i punti aventi la stessa polare in tu, T, sono i punti uniti dell'omografia prodotto J^t:, ossia i punti uniti dell'omografia in cui -si corrispondono i poli d'una retta rispetto a tu, T.

Si debbono distinguere due casi :

1.° L' omografia Tr. è una omologia. Allora il centro d'omologia P ha come polare in tu, T, una retta, ^, unita per 1' omologia ; e poiché 2^ non appartiene a P , essendo n uniforme, la _p sarà l'asse dell'omologia. Su questo asse le polarità tt, T determinano la medesima involuzione di punti coniugati.

Ora, nel nostro caso, si avrà suU' asse p dell' omo- logia Ttz, una involuzione di punti coniugati rispetto al cono, che coinciderà colla involuzione assoluta di ogni piano per la retta impropria p. Dunque le sezioni del cono coi piani paralleli contenenti p (non passanti pel vertice), sono circoli (§59). I centri di questi circoli stanno sopra la polare di ^:?, che passa per P e quindi è un asse del cono, ortogonale ai piani secanti. In conse- guenza il cono si può considerare come un cono di rota- zione attorno a questo asse 56).

307

2.° L' omografia Tn non è un' omologia. Vi è sempre almeno un punto unito di essa, P, avente la stessa polare p rispetto a tu, 7\ Su p le due involuzioni di punti coniu- gati rispetto a tc, T, non coincidono; ma una almeno di queste involuzioni (quella rispetto a tu) è ellittica; quindi 37) esse hanno una coppia comune RS. I punti P,R,S ^ono i punti uniti dell'omografìa Ttu, vertici à' un triangolo coniugato, comune alle due polarità tt, T. Proiettando P,R,S, dal vertice del cono, si hanno dunque tre assi, due a due ortogonali. Si conclude:

Un cono quadrico ha tre assi, due a due ortogonali, oppure è un cono di rotazione, ed in quest' ultimo caso possiede infiniti assi costituenti un fascio e la perpen- dicolare ad esso.

Escluso il caso del cono di rotazione, consideriamo i tre assi a,h, e d'un cono quadrico. Poiché essi sono gli spigoli d'un triedro coniugato, uno di essi, p. e. a, sarà interno al cono, e gli altri due esterni 57); il primo verrà denominato asse principiale.

Le sezioni piane ortogonali all' asse principale a sono ellissi tutte simili fra loro (perchè appartengono a piani prospettivi paralleli); i loro assi sono paralleli ai due assi b, e del cono. Le sezioni piane ortogonali ad un asse non prin- cipale sono iperbole coli' asse trasverso parallelo all'asse principale del cono, ecc.

I tre piani ortogonali determinati dagli assi due a due sono piani di simmetria del cono quadrico, cioè insieme ad un punto appartiene al cono anche il suo simmetrico rispetto a ciascuno dei piani nominati.

Osservazione. Guardando soltanto al contenuto grafico delle considerazioni precedenti , esse appariscono dirette a trattare un caso del problema seguente :

« Date, in un piano, due polarità, determinare i punti del piano che hanno la stessa polare rispetto ad esse ».

308

Questo problema (ove non riesca indeterminato) è del 3.® grado. Si possono discutere, per esercizio, i vari casi cui esso luogo, supponendo ambedue le polarità uniformi 0 ambedue dotate di conica fondamentale ; quest' ultima ipotesi conduce ad un' analisi più minuta.

§ 82. Sezioni circolari e rette focali del cono quadrico.

Cerchiamo in generale se fra le sezioni piane (proprie) d' un cono quadrico vi sieno dei circoli.

Anzitutto si vede che , se un piano sega un cono secondo un circolo, lo stesso avviene di ogni piano paral- lelo, giacché la proprietà caratteristica perchè un piano seghi un cono secondo un circolo, è che l' involuzione di punti coniugati sulla retta all'infinito del piano sia l'involu- zione assoluta (in cui si corrispondono le direzioni ortogo- nali appartenenti alla giacitura). Si tratta dunque di trovare le rette all'infinito, sopra le quali si ha come involuzione di punti coniugati rispetto al cono, l'involuzione assoluta. In altre parole si tratta di trovare, nel piano all'in- finito, le rette sopra le quali la conica K sezione del cono, e la polarità assoluta ti, subordinano la medesima involuzione di punti coniugati.

Indichiamo ancora con T la polarità rispetto alla conica K (nel piano all' infinito).

Se r omografia prodotto Tn è un' omologia (cioè se il cono è di rotazione), l' asse p dell' omologia è appunto, come si è notato, una retta sostegno della stessa involuzione di punti coniugati in ti e in T. Dico che, in tal caso, non vi sono altre rette dotate di questa proprietà. Infatti, si con- sideri un punto qualunque A del piano, fuori di P,p\ esso ha due polari distinte rispetto a tt, 7^, le quali s'incontrano in i«n punto co- niugato di A\ ma queste due polari si corrispondono nell'omologia Tit

309 « però s' incontrano su p. Ora, data una retta a, i punti (diversi dal punto P e dal puntola) che sono coniu- gati ai punti di essa contemporaneamente rispetto a tt, 2\ sono su _p, e quindi non possono stare su a, se non è a^p. Si escluda il caso in cui la Tr^ sia un' omologia. Essa ha allora (come sappiamo) tre punti uniti A, B, C, che sono i punti all' infinito degli assi del cono.

I lati del triangolo ABC non sono sostegno d'una stessa involuzione in n, T.

Ogni punto diverso da A, B, C ha due polari distinte rispetto a Tu, 7", e perciò vi è un punto coniugato ad esso in ambedue le polarità. Si consi- deri una qualsiasi retta p diversa -? ^^ dai lati del triangolo ABC. Essa

ha due poli P, P\ distinti, nelle due

polarità. Ogni punto di p (diverso '

da A, B, C) ammette come punto coniugato in tt, T, l'in- tersezione delle due polari ; queste polari, variando il punto su p, descrivono due fasci proiettivi coi centri P, F.

I detti lasci sono prospettivi, se la retta PP ha lo stesso polo rispetto a tt, 7"; questo polo è allora su p, ed è uno dei punti A , B, C. Escluso tale caso, i detti fasci non sono prospettivi, quindi generano una conica, <ìhe è il luogo dei punti coniugati dei punti di p, tanto in Tc che in T.

Dunque, data una retta p, diversa dai lati del trian- golo ABC, ì punti coniugati dei punti di p, tanto in n «he in T, costituiscono una conica o una coppia di rette, che diremo luogo corrispondeìile a p. Avviene il 1^ di questi casi o il 2^ secondochè p non passa per A, B, C, o all' opposto passa per uno di questi tre punti. Se p deve essere sostegno della stessa involuzione di punti coniugati in TU, T, essa deve far parte del luogo corrispondente, e perciò deve passare per uno dei punti A, B, C.

310

Si consideri ora una qualsiasi inetta p pel punto A^ diversa dalle AB, AC, e sia P il punto in cui essa incontra la BC. Il punto P ha rispettivamente in TU, T, due punti coniugati Pi,P^, che sono i poli di p rispetta a TU, T.

Il luogo corrispondente a j9 è allora costituito dalla retta BC ^ P^P^-> polare dal punto A, e dall'asse di prospetti- vità p' dei due fasci Pi , P^, descritti dalle polari (rispet- tivamente in TU, T) dei punti di p (diversi da A). La retta p passa per A, giacché P, A, sono due punti coniugati tanto in TU che in T.

Avariando p per A, varia p' passando sempre per A ; alla retta AB viene a corrispondere la AC (polare di B), e viceversa.

Ora consideriamo la corrispondenza (non identica) così ottenuta tra le rette _p, p\ nel fascio A, e dimostriamo che essa è proiettiva. Siccome il legame che definisce la rela- zione tra p>'.P'-: 6 reciproco, così resterà dimostrato che le coppie pp\ si corrispondono in una involuzione del fascio. Per fare la dimostrazione accennata, prendiamo una

retta r per B, diversa da BA,BC, e costruiamo la retta r , luogo dei punti che sono coniugati dei punti di r, così nella polarità tu come nella T. Due rette p,p\ corrispondenti nel fascio A, segano rispettivamente le r,r\ in punti coniugati ; ma siccome la corrispondenza tra le coppie di punti coniugati su r, r è una proiettività 60), anche la corrispondenza intercedente fra le coppie di rette p, p\ pel punto A , sarà una proiettività, e quindi una involuzione, e. d. d.

311

Relativamente ai fasci B e C, d possono istituire analoghe considerazioni. Si avranno così, nei fasci A,B,C\ tre involuzioni 7^ , In, le.

I lati del triangolo ABC, per ciascun vertice, costi- tuiscono una coppia della involuzione. L' involuzione stessa sarà quindi ellittica o iperbolica, secondochè due rette coniugate in essa separeranno o no i lati del triangolo ABC, passanti pel loro punto comune.

In base a tale osservazione vediamo cosa possa dirsi intorno al senso di queste involuzioni.

Riferiamoci per ciò a quelle considerazioni sui trian- goli, che abbiamo introdotte nel § 53.

Sia P un punto del piano, fuori dei lati del triangolo ABC, appartenente quindi ad una delle quattro regioni triangolari del piano definite dal triangolo ABC; e si designi con P' il punto coniugato ad esso rispetto tt, ^(inter- sezione delle due polari di P). Il punto P' cadrà fuori della regione triangolare P.ABC, poiché la polare di P rispetto a Ti è certo esterna ad essa re- gione, essendo la tt una polarità uniforme.

Ora i punti P, P\ vengono proiettati dai punti A, B, C, secondo coppie di rette, coniugate rispettivamente nelle involuzioni 7^, 1b, ic- Ma, di queste coppie, due separe- ranno i lati del triangolo ABC passanti pel loro punto comune, ed una no; in conseguenza, delle tre involuzioni ^A-> Ib. le, una sarà iperbolica e due saranno ellittiche. Si deduce che esistono due rette del piano, passanti per uno dei vertici del triangolo A B C , (e precisamente per uno dei due vertici esterni a A^ § 69) che sono sostegno della stessa involuzione (ellittica) di punti coniu- gati nelle polarità tt, T.

312

Ricordando il significato delle polarità ~ , T, che sono rispettivamente la polarità assoluta, e la polarità rispetto alla conica, sezione del cono col piano all' infinito, si deduce :

Un cono quadrico , che non sia un cono di rotazione, ammette due fasci impropri di piani di sezione circolare; e può quindi riguardarsi sempre come un cono circolare obliquo 56).

Un cono di rotazione ammette come sezioni piane circolari soltanto quelle fatte coi piani ortogonali alV asse di rotazione.

In un cono quadynco, che non sia di rotazione, i piani di sezione circolare sono ^;ara//^/i a due piani (ciclici) passanti per un asse non principale.

Ciascun piano ciclico gode della proprietà caratte- ristica di contenere come involuzione di rette coniugate l'involuzione degli angoli retti. I piani ciclici d'un cono quadrico presentano dunque una analogia coi fuochi delle coniche.

Ma, ai fuochi delle coniche fanno anche riscontro, per un cono quadrico, due rette pel vertice che diconsi rette focali. Una retta focale può definirsi come l'asse di un fascio di piani nel quale l'involuzione dei piani coniugati è quella degli angoli retti. Da questa definizione segue subito che:

Segando un cono quadrico coi piani (non passanti pel vertice) ortogonali ad una retta focale, si ottengono coniche che hanno un fuoco sulla nominata retta focale.

La determinazione delle rette focali di un cono qua- drico costituisce un problema correlativo alla determina- zione dei piani ciclici. Infatti le rette focali corrispondono ai punti del piano all'infinito, che sono centri di fasci, nei quali V involuzione delle rette coniugate rispetto alla conica C, sezione del cono, è anche l'involuzione delle rette coniugate rispetto alla polarità assoluta ti.

313

Possiamo dunque concludere che:

Un cono qiiadrico, non di rotazione, jjossiede due rette focali poste in uno dei 2nani di simìnetria per V asse principale.

Un cono di rotazione possiede una sola retta focale, che è V asse di rotazione.

Osservazione. Guardando il loro contenuto grafico, le considerazioni che ci hanno condotto alla determina- zione delle sezioni circolari di un cono quadrico, o cor- relativamente a quella delle rette focali, appariscono relative al problema generale seguente:

« Date, in un piano, due polarità, determinare le rette, su cui viene subordinata la stessa involuzione di punti coniugati, o i fasci di raggi, in cui si ha la stessa involuzione di rette coniugate ».

Questo problema viene risoluto nel caso in cui una delle due polarità è uniforme e l'altra è dotata di conica fondamentale. Sono interessanti gli altri due casi (di cui si può fare la discussione per esercizio) ; soprattutto il caso in cui si abbiano due coniche fondamentali, che con- duce alla questione generale relativa alle intersezioni e alle tangenti comuni di due coniche.

§ 83. Asse e rette focali del cilindro quadrico. I coni quadrici col vertice all'infinito sono stati denominati cilin- dri (quadrici). Un cilindro è dunque il luogo delle rette parallele ad una data, condotte pei punti d' una conica.

Ogni piano non pai^allelo alle generatrici d'un cilindro lo sega secondo una conica. Questa è una ellisse, una iperbole o una parabola, secondochè il piano all' infinito è esterno, secante o tangente rispetto al cilindro; corri- spondentemente il cilindro dicesi: ellittico, ipcì-holico , parabolico.

Nella stella impropria col centro nel vertice (all'in- finito) del cilindro, vi è una polarità rispetto a cui il cilin-

314

dro è fondamentale. 11 piano all' infinito ha come polare una retta che dicesi asse del cilindro. Questo asse è una retta propria pel cilindro ellittico ed iperbolico , impropria pel cilindro parabolico.

La conica sezione d' un cilindro, non parabolico, con un qualunque piano, che non sia parallelo alle genera- tt'ici, ha il centro sulV asse.

Tutte le sezioni piane di un cilindro parabolico sono parabole, il cui punto all' infinito è sulla generatrice air infinito (asse) del cilindro.

Infatti, la retta all'infinito del piano secante è la polare del punto d' intersezione del piano stesso coli' asse, rispetto alla conica sezione.

Consideriamo i cilindri aventi asse proprio, cioè esclu- diamo, per il momento, i cilindri parabolici.

Vi è una involuzione di piani coniugati per l'asse a del cilindro, la quale possiede una coppia (almeno) di piani coniugati ortogonali a, ;3. Segando il cilindro con un piano ortogonale ad uno dei due piani a, 3, si ottiene una conica che ha come (diametri coniugati ortogonali ossia come) assi le intersezioni del piano con a, p. In conse- guenza i due piani a, [3 sono p)iani di simmetria pel ci- lindro, cioè se un punto è sul cilindro, vi è anche il sim- metrico del punto rispetto ad a, g. Se tutti i piani per a sono ortogonali ai coniugati, le sezioni piane del cilindro ortogonali all' asse sono circoli, ed il cilindro può quindi ritenersi generato dalla rotazione d'una sua generatrice attorno all' asse ; allora esso dicesi cilindro di rotazione 0 cilindro circolare retto.

Concludiamo :

Un cilindro , non parabolico e non di rotazione , ammette due piani di simmetria ortogonali per V asse, i quali contengono gli assi di tutte le coniche sezioni del cilindro coi piani perpendicolari. Il cilindro di rota- zione ha tutti i piani per V asse coyne piani di simmetria ed è caratterizzato da questa pìv^oprietà.

315

E poi facile vedere che :

Un cilindro parabolico ammette un piano di sim- metria parallelo alle generatrici, contenente tutti gli assi delle parabole segate da piani ad esso ortogonali.

Osservazione. Il cilindro ammette inoltre come piani di simmetria quelli ortogonali alle generatrici.

Si osservi ancora che il cilindro ammette pure come assi di simmetria le rette che incontrano ortogonalmente l'asse e giacciono in uno dei due piani di simmetria pel medesimo. Tali rette costituiscono, in generale, due fasci impropri.

La determinazione delle rette focali del cilindro (le quali si definiscono come per il cono) è molto agevole.

Il cilindro, non p)arabolico e non di rotazione, am- mette due rette focali parellele agli assi, che sono il luogo dei fuochi delle coniche, sezioni ortogonali del cilindro. Il cilindro di rotazione ammette un unica retta focale che è V asse.

Il cilindro parabolico p)ossiede pure una sola retta focale, luogo dei fuochi delle parabole sezioni ortogonali.

Pel cilindro il problema delle rette focali non ha più, come pel cono, lo stesso rapporto colla determina- zione delle sezioni circolari.

§ 84. Sezioni circolari del cilindro. È evidentemente impossibile segare con un piano un cilindro iperbolico o parabolico secondo un circolo. Occupiamoci di esaminare se possono invece ottenersi sezioni piane circolari del cilindro ellittico.

Anzitutto nel cilindro di rotazione, ed in esso soltanto, sono sezioni circolari quelle coi piani ortogonali all'asse. Non vi sono in esso altre sezioni piane circolari. Infatti, basta osservare che sopra ogni piano obliquo all' asse del cilindro vi sono due punti del cilindro stesso, posti sopra una perpendicolare all'asse, la cui distanza dall' interse-

316

zione coir asse (centro della conica sezione) è minore di quella di ogni altro punto della conica sezione.

Consideriamo il cilindro ellittico, non di rotazione.

Il problema di segarlo secondo un circolo , consiste nel segare con un piano secondo l'involuzione degli angoli retti, l'involuzione dei piani coniugati per l'asse.

In primo luogo, dunque, il piano secante dovrà segare secondo un angolo retto il diedro retto dei piani di sim- metria a, |3, passanti per 1' asse. Perchè ciò avvenga il piano stesso deve contenere la direzione ortogonale ad uno dei due piani a, p; infatti la sua retta all' infinito deve segare secondo due punti coniugati nella polarità assoluta le rette all'infinito «, h dei piani a, g, quindi (poiché a, h sono pure coniugate nella polarità assoluta) deve contenere uno dei due poli A, B delle rette a, b.

Si consideri il diedro di altri due piani coniugati per r asse del cilindro. Un piano passante per uno dei punti all'infinito A, B, e secante (anche) questo diedro secondo un angolo retto, sega V involuzione dei piani coniugati per r asse, secondo l' involuzione degli angoli retti; vale a dire è un piano di sezione circolare del cilindro : e lo stesso accade per ogni piano parallelo ad esso. Ora, si indichino con w, n, le rette all'infinito dei piani coniugali, costituenti il nominato diedro; allora i piani di sezione circolare sono quelli la cui retta all' infinito passa per uno dei due punti A , Bj e sega le rette m , n in punti coniugati rispetto alla polarità assoluta.

Ma le rette w^, n non sono coniugate nella polarità assoluta (essendo escluso il caso del cilindro di rotazione); per conseguenza se si fa corrispondere a ciascun punto di m il coniugato su n, le m, n risultano riferite proiet- tivamente (§ 60), e la proiettività tra m, n non è una prospet tività, perchè il punto comune ad esse non è coniugato di stesso (essendo la polarità uniforme). Dunque le rette che segano m, n in punti coniugati rispetto alla

317

polarità assoluta, inviluppano una conica K di cui le m, n sono tangenti. Indichiamo n -i

con 0 il vertice del cilindro ^^^IZI ~ /%

che è comune alle rette m,n;

i punti di contatto M, iV, di \ "X^/^^^^T^^'V^^ m, n con K, sono i coniugati di 0 (rispettivamente su di esse) nella polarità assoluta,

quindi stanno sulla retta AB / > \ x

polare di 0. E poiché le cop- ""^ \^

pie di rette mn, ah si separano , essendo ellittica l' invo- luzione dei piani coniugati per l'asse del cilindro 37), anche le coppie di punti AB, il/iV dovranno pure sepa- rarsi. Segue che dei due punti A,B, l'uno è esterno, l'altro interno alla conica K 69). Per quello esterno passano due tangenti a K, che sono le cercate rette all'infinito dei piani di sezione circolare del cilindro. Si conclude:

Il cilindro ellittico, non di rotazione, a?mnette due fasci impropri di sezioni piane circolari, contenenti ambedue la direzione perpendicolare ad uno dei due piani di sÌ7nmetria per V asse.

In altre parole il cilindro (quadrico) ellittico può ritenersi in due modi come un cilindì^o circolare obliquo. Il cilindro di rotazione ammette come piani di sezione circolare soltanto i piani ortogonali all' asse.

Osservazione. Vogliansi le due sezioni piane circo- lari del cilindro ellittico, passanti per un dato punto dell'asse. Si consideri 1' ellisse sezione del cilindro, con un piano ortogonale all'asse, ellisse che ha il suo centro sull'asse. I detti piani di sezione circolare del cilindro passano per uno degli assi della nominata ellisse. Si osserverà che questo asse è precisamente l'asse maggiore dell'ellisse stessa.

CAPITOLO XIV

Proiettività tra forme di 3.^ specie.

§ 85. Definizioni. Allorché si concepisce lo spazio due volte, per esempio in momenti differenti , si parla di due spazi.

Due spazi si dicono omografici allorché sono riferiti in modo che ad ogni elemento, punto o piano, dell'uno, €orrisponda un elemento, rispettivamente punto o piano, neir altro , in guisa che ad un punto e ad un piano di uno spazio che si appartengono, corrispondano sempre, nell'altro spazio, un punto e un piano che si appartengono. Si dice omografìa la corrispondenza fra i due spazi. Un esempio * si ha supponendo di effettuare un movimento dello spazio riguardato come rigido ; i punti e i piani dei due spazi, corrispondenti alla posizione finale e alla posizione iniziale del movimento, risultano riferiti omograficamente.

Una omografìa tra due spazi si può riguardare anche come una corrispondenza biunivoca soltanto fra i punti di due spazi punteggiati, o soltanto fra i piani di due spazi di piani.

^Sussiste allora la proprietà fondamentale che « mentre un punto si muove in un piano di uno dei due spazi,

319 il corrispondente si muove nell'altro spazio, giacendo sempre in un piano (omologo al primo) ». Questa proprietà si deve considerare come la proprietà caratteristica, che distingue l'omografìa dalle altre corrispondenze biunivoche (non omografiche) che si poti'ebbero pensare fra due spazi ; corrispondenze nelle quali ai punti d'un piano corrispon- derebbero i punti d' una superficie non piana. E ovvio fare 1' osservazione correlativa. Due spazi si dicono reciproci o correlativi, allorché sono riferiti in modo che ad un elemento, punto o piano, dell'uno, corrisponda un elemento, rispettivamente piano' 0 punto, nell'altro; in guisa che a due elementi (punto e piano) di uno spazio, che si appartengono, corrispondano sempre, nell'altro, due elementi (piano e punto) che si appartengono. La corrispondenza intercedente fra due spazi reciproci dicesi reciprocità o correlazione.

La reciprocità si può anche riguardare, come una corrispondenza biunivoca tra i punti di uno spazio pun- teggiato e i piani d' uno spazio di piani, dove ai punti di un piano (del primo spazio) corrispondono sempre i piani per un punto (del secondo).

Si abbracciano l'omografia e la reciprocità tra due spazi, sotto il nome comprensivo di proiettività tra due forme di 3.^ specie. Si può dire che:

Bue forine di 3.^ specie sono proiettive, allorché sono riferite in modo che agli elementi di una forma di 2.^ specie neir una corrispondano sempre gli elementi di una forma di 2^ specie nelV altra.

Due forme di 3.^ specie proiettive ad una terza sono proiettive fra loro.

Due forme di 3.^ specie ambedue omografiche o ambedue reciproche ad una terza, sono omografiche.

Due forme di 3.^ specie, di cui 1' una è omografica e l'altra è reciproca ad una terza, sono reciproche.

320

Queste proposizioni si possono raccogliere nell'enun- ciato (cfr. §§ 16, 21):

Il prodotto di due proieilività tra forme di 3.^ specie è una proiettività ; e precisamente un omografia 0 una reciprocità secondochè le proiettività coìnjwnenti sono della stessa natura o di yiatura diversa.

Osservazione. Si confronti questo § col § 43.

§ 8(i. Teorema fondamentale. Sieno ^, ^' due spazi omografici. Sia a una retta dello spazio 2. Conduciamo per a due piani a, p; e sieno a', p', i loro omologhi in ]S'. Ai punti della retta a corrispondono in 1/ punti apparte- nenti ad a' e a 3', cioè punti della retta a od p'.

Si ha dunque che :

NelV omografia tra due spazi, ai punti di una retta in uno spazio corrispondono sempre punti d' una retta (omologa) iteli' altro.

E correlativamente : NelV oìiiografia tra due spazi, ai piani dell' imo passanti p)er una retta, corrisp)ondono sempre i piani per una retta (omologa) nelV altro.

Viceversa si ha:

Se tra i punti di due Se tra i piani di due

spazi intercede una corri- spazi intercede una corri- spondenza biunivoca, in cui spondenza biunivoca, in cui ai punti d' una retta del- ai piani d' una retta del- l' uno corrispondono sem- V uno corrispondono sem- pre, nell'altro, i punti d' mia pre , yieW altro , piani per retta, la corrispondenza è una retta, la corrispon- una omografia. denza è una omografia.

Dimostriamo 1' enunciato di sinistra.

Per dimostrarlo bisogna far vedere che ai punti di un piano oc appartenente ad uno dei due spazi, corrispon- dono sempre i punti di un piano nell'altro (confronta il § precedente).

321

Si indichino con ^, ^ù' i due spazi. Sia a un piano , p. es., di >:, e si scelgano in esso una retta a ed un' punto A fuori di a. Ad a, A corrispondono in ^' rispet- tivamente una retta a' ed un punto A' che non si appar- tengono ( se A' fosse su a\ anche il suo omologo A ini. sarebbe su a). Ora ai punti di una retta b, giacente nel piano a e passante per A, corrispondono i punti di una retta b' per A' in :^'; e siccome b incontra a, b' incon- trerà a (nel punto omologo di ab). Segue che &' giacerà nel piano a - ^' a', proiettante a da ^'; e siccome b è una qualsiasi retta per A in a, segue che a tutti i punti del piano a corrispondono punti del piano od h\I\c.d.d. Ripetendo i ragionamenti precedenti collo scambiare in uno (solo) dei due spazi S, S', i punti ed i piani, si ottiene:

Data una reciprocità tra due spazi, ai punti d' una retta dell' uno corrispondono nell' altro i piani passanti per una retta (omologa).

Se tra i punii e i pìiani di due spazi iìitercede una corrispondenza biunivoca, in cui ai puìiti d'una retta dell'uno corrispondono sempyx , nell'altro, i piani per una retta, la corrispondenza è ima reciprocità. Ossia, riassumendo:

La proiettività tra due forine di 3.^ specie è una corrispondenza biunivoca, che gode della proprietà carat- teristica di far corrispondere agli elementi di una forma di !?■ specie dell' una, gli elementi di una forma di i.^ specie (omologa) dell'altra.

Tornando alla considerazione di due spazi omografici ^, 2i', facciamo ora la seguente osservazione : Se a, a' sono due piani corrispondenti rispettivamente in 2, i:'; tra i punti di essi intercede una corrispondenza biunivoca, in cui ai punti d' una retta corrispondono i punti d' una retta , vale a dire un'omografia.

322

Due rette omologhe a , a\ rispettivamente in ^, ^\ possono considerarsi come appartenenti a due piani corri- spondenti omografici; dunque 44) esse sono proiettive.

Si ha così l'enunciato (cui uniamo a destra il cor- relativo ) :

Neir omografìa tra due spazi

due piani omologhi sono due stelle omologhe sono omografici; due punteggiate omografiche; due fasci di omologJie sono proiettive. piani oìnologhi sono pro-

iettiin.

Inoltre sono proiettivi due fasci di raggi omologhi, i quali si possono considerare come fasci omologhi di due piani omografici.

Scambiando per uno dei due spazi i punti coi piani, si ha analogamente :

Nella reciprocità tra due spazi, un piano e una stella omologhi sono reciproci; ima punteggiata e un fascio di piani, o due fasci di raggi omologhi sono proiettivi.

Ossia, riassumendo :

Se due forme di 3.^ sjjecie sono proiettive, due forme di 2.^ o di 1.^ specie, che si corrisjjondono in esse, sono proiettive.

Questo teorema costituisce il teorema fondamentale della proiettivita tra forme di S.'^ specie.

§ 87. Determinazione della proiettivita tra forme di 3.*" specie. Gli sviluppi di questo § procedono paral- lelamente a quelli del § 45.

Noi vogliamo esaminare la questione relativa al modo di porre 1' omografia (e la correlazione) tra due spazi.

Si abbiano due spazi S , S'. Sieno a, (3, due piani di S ; a , fJ', due piani di S'. Sieno a, a\ rispettivamente le rette (di S, S') determinate dalle dette coppie di piani

323

{a = oc^, a=c(,"p'). Poniamo che tra 2,2', interceda una omografia n nella quale a, a', e (3, P', si corrispondano.

In questa omografìa le rette a, a' si corrispondono ; e tra i piani a, a', intercede un' omogv^fis., subordinata della data , che si può chiamare izu ; e analogamente tra |3, [i', intercede un' omografia tt^ subordinata di tu.

Alla retta a, corrisponde la a' tanto in tzo^ come in Tip ; anzi n^ e tt^ subordinano tra a ed a' la stessa proiet- tività TT^. Osservato ciò, la costruzione dell' omografia ti, supposta data tra S, S', si può ridurre alla costruzione delle omografie piane tt^, tto.

Impariamo successivamente a costruire 1' elemento omologo in 7c:

1. di un piano di S non passante per a:

2. di un punto qualsiasi di S fuori di a, g;

3. di un piano di S passante per a.

1. Sia dato in S un piano p non passante per a; vediamo come si può costruire il piano o' che. gli corri- sponde in Ii\

Il piano p sega a, jj, secondo due rette m, n, che s' incontrano in un punto 0 di a. Le loro omologhe rispet- tivamente in TTjj, Tip sono due rette m\n' che s'incon- trano nel punto O di a\ corrispondente ad 0 in tu^. Il piano g~m' n' è il corrispondente di p in ti.

324

2. Sia dato in S un punto P fuori di a, 3. Condu- ciamo per esso tre piani g^,p^,p^, non passanti per a^ e non appartenenti ad un fascio ; questi segheranno a secondo i tre lati di un triangolo.

Costruiamo i piani g\ , g\ , g\ , che corrispondono a 9v ?2' P3' ^^^^ "^^^ possono appartenere ad un fascio, perchè segano ol secondo i tre lati di un triangolo. I detti piani hanno dunque comune un punto P, che è il corrispondente di P in 7c.

3. Sia dato un piano x di S per a. Prendiamo su x un punto P, fuori di a, e, e costruiamone l'omologo P' in S'; il piano t' ^ a' F è 1' omologo di P.

Vediamo così che, se tra 21, S' intercede una omo- grafia in cui a, a', e p, p' si corrispondono secondo le omografie ^^c ^3 ( subordinanti tra a, a' la stessa pro- iettività TCa ) questa omografia è determinata dalla costru- zione precedente.

Ora noi ci poniamo la seguente questione:

Sieno date negli spazi S, S' le coppie di piani a 3 e a !^'; e tra a, a e P, p' rispettivamente due omografie t:^ , tt^, facenti ugualmente corrispondere alla retta a = ci^j la a' ~a! p', e stabilenti tra a, a' la medesima proiettività subordinata Tia- Esisterà sempre tra S, S' un'omografia tt, la quale faccia corrispondere a, a' e 3. i3', e subordini tra queste coppie di piani rispettivamente le omografie assegnate tc^ , Tip?

La risposta è affermativa. Infatti noi possiamo porre tra ^, S' una omografia soddisfacente alle date condizioni, nel modo seguente:

1. Dato un piano p di ^ non passante per a e segante a , p rispettivamente secondo le rette m, n ( vedi fig. alla pagina precedente); facciamogli corrispondere il piano p' determinato dalle rette m\ n\ corrispondenti ad m, n rispettivamente in tt^, tt^.

2. Dato un qualsiasi punto P di S fuori di a, ^3, con- duciamo per P tre piani Pi , Po , P3 , non passanti per a e-

325

non formanti fascio, e costruiamo i piani p\ , p\ , p' , cor- rispondenti ad essi colla costruzione 1 ; questi piani si segano in un punto P' che facciamo corrispondere a P. Il punto P' così ottenuto viene a dipendere soltanto ■da P e non dai piani ausiliari ?,, P2 , P3 , condotti per P. Invero, considerando tutti i piani p condotti per P, e segando con essi a, 3, si ha tra a, p una prospettività {di centro P). Ponendo ora tra a, oc\ e [3, p', rispettiva- mente le omografie n^, tt^, nasce tra a', 3', una omografia; ma in questa omografia tutti i punti di a' (corrispondenti in 71^, TTp agli stessi punti di a) sono uniti, dunque 46) l'omografia stessa è una prospettività; vale a dire tutti i piani p' contenenti le coppie mV omologhe di nm (rispet- tivamente in TT^ , Tip) passano per uno stesso punto P'.

Resta cosi provato che la coslruzione 2 fa passare da un punto di S fuori di a, p ad un determinato punto di li' e viceversa.

Tale costruzione, applicata ai punti di a 0 di [i, con- duce pure ai loro omologhi in rc^, n^. Si ottiene dunque fra i punti dei due spazi una corrispondenza biunivoca subordinante tra a,a' e p, p, le omografie tt^ , tt^. Ed in questa corrispondenza (per la natura della costruzione), ai punti d' un piano in :i^ non passante per a , corrispondono «empre i punti di un piano di 2' non passante per a', e viceversa.

Resta da far vedere che anche ai punti di un piano passante per a in S, corrispondono i punti di un piano per a', in S', e viceversa. Per ciò basta osservare che , a due punti qualunque di S non posti in un piano per a, corrispondono sempre in S' due punti non giacenti in un piano per a\ e viceversa; quindi a due punti qualsiansi di S, posti in un piano per a, debbono corrispondere due punti di S' in un piano per a' (e viceversa).

Dunque la corrispondenza biunivoca posta tra S, X', è un' omografia.

326

Che tale omografìa (in cui a, a e 3, ,3' si cori-ispon- dono rispettivamente in -n^, tu^) sia unica, è già provato precedentemente. Dunque si ha il teorema:

Fì^a due spazi S, S' esiste un omografia determi- nata, in citi a due piani a, 3 delC uno {^) corrispondono rispettivaìnente due piani a , p' dell' altro {^') , in modo che tra a, ol e 3, p' intercedano rispettivamente due omo- grafie piane assegnate, subordinanti la stessa proietti- vita fra le rette a 13, a' P'.

Di questo teorema si può enunciare il correlativo per le omografie, e l'analogo relativo alla determina- zione di una correlazione tra gli spazi ^, X', facendo cor- rispondere a due piani a, ^ di i, due stelle reciproche A, B in S', in modo che tra la punteggiata ap ed il fascio di piani AB venga ad intercedere la stessa proiettività.

Dal teorema innanzi enunciato discende un altro modo di determinazione della omografia (o della correlazione) fra due spazi.

Si abbiano, in uno spazio ^, 5 punti A,B, C\I),E,

cui 4 qualunque non giac- ciano in un piano, o, come si dice più brevemente, 5 punti indipendenti ; simil- mente si abbiano 5 punti indipendenti A\ B\ C\ D\ E\ in un altro spazio '^' .

Chiamiamo E^ , E^ le proiezioni di Sfatte da D,Ay rispettivamente sui piani ABC , BCD\ analogamente E\ , E\ le proiezioni di E' jiì rispettivamente da D',A' su A'B'C\ B'C'D.

Stante 1' indipendenza dei punti A, B, C, A E, e

327

quella di A\B',C\1)\E\ le quaterne di punti ABCE, BCDE^, AB' CE,, BCL'E^, non possiedono terne di punti in linea retta.

Il punto E viene proiettato dalla retta AD sulla BC nel punto E^^, che è ugualmente la proiezione (su BC) di E\ da ^, e di ^2 da I). Cosi il punto E' viene proiettato dalla retta A'B', sulla BC\ nel punto E\,, che è ugual- mente la proiezione (su B'C) di E\ da A\ e di E\ da D'.

Dopo le precedenti osservazioni è facile vedere che esiste tra ^, S' una omografia, che potremo indicare con (AB C D E\ , Ka'B'C'D' E'r ^^^^"*^ corrispondere A,A'\ B,B': C,C'\

D,I)': E,E\

Invero si ponga tra i piani ABC, A'B'C l'omografia /A P C TP \ XA'B'C'F') d^^^^'^^i"^*^ d^l^® f^^® quaderne di punti

ABCE^, A' B' C E\\ similmente si ponga tra i piani BCB, BOB' l'omografìa (^^Q.^,^f)- Queste due omo-

grafie subordinano la medesima proiettività („,/,, ^,/0

\B C h ^J

tra le rette BC, B'C\ onde (pel teorema precedente) esiste tra 2j, S' una omografia determinata che fa corri- spondere le coppie di piani ABC, A'B'C e BCD,B'CD', e che subordina tra di essi le omografìe nominate. Tale omografia tra II, S' fa appunto corrispondere A, A' ; B,B', C, C; T), D' ; E, E. Viceversa una omografia tra ^, ^', che faccia corrispondere queste 5 coppie di punii fa anche corrispondere (alla retta ED la E' D' e però) ad E^, E\, e così ad E^, E\\ quindi essa non può differii'e dall' omografìa assegnata innanzi.

Si conclude il teorema :

Tra due spazi, esiste una determinata omografia, in cui a 5 punti indipendenti dell' uno corrispondono ordi- natamente 5 punti indipendenti dell' altro.

328

Correlativamente (se si dicono indipendenti 5 piani di cui 4 qualunque non appartengano ad una stella) :

Tra due spazi, esiste una determinata o^nografia, in cui a 5 piani indipendenti dell' uno (corrispondono ordinatamente 5 piani indipendenti dell' altro.

Similmente, facendo lo scambio dei punti coi piani nei ragionamenti che si riferiscono ad uno (solo) dei due spazi, si ha:

Tra due spazi, esiste una determinata correlazione, in cui a 5 punti indipendenti dell' uno corrispondono ordinatamente 5 piani indipendenti dell' altro.

Ossia, riassumendo :

Tra due forme di 3.^ specie, esiste una determinata proiettività, in cui a 5 elementi indipendenti dell' una corrispondono ordinatmnente 5 elementi indipendenti dell' altra.

§ 88. Omologia. Allorché si considera un'omo- grafia tra due spazi ^, i^', e si tien conto del fatto che ciascun punto dello spazio può esser pensato come appar- tenente a S 0 a S', si viene a riguardare i due spazi come sovrapposti, e si può porre la questione di asse- gnare gli elementi uniti dell' omografia, cioè gli elementi che coincidono coi loro corrispondenti. In luogo di parlare di « omografia tra spazi sovrapposti » si può anche parlare di « omografia nello spazio ».

Se in una omografia dello spazio vi sono 5 punti o 5 piani uniti indipendenti, 1' omografia è identica, ossia fa corrispondere ad ogni punto e ad ogni piano stesso.

È questo un corollario immediato del teorema del § precedente, giacché la corrispondenza dei detti 5 punti (o piani) a stessi, determina U7ìa omografìa, e giacché la corrispondenza identica é appunto omografica.

Dunque, se in un' omografìa dello spazio, la quale non sia identica, vi sono 5 punti uniti, 4 almeno di essi giac- ciono in un piano (e correlativamente).

329

In un piano che contenga 4 punti uniti vi è un'omo- grafia subordinata identica, se tre (almeno) di quei punti non sono in linea retta. Dunque se in una omografia non identica dello spazio vi sono 5 punti uniti, di cui 3 non in linea retta, vi è un piano tutto costituito di punti uniti (e di rette unite). Correlativamente, se nell'omografia vi sono 5 piani uniti, di cui 3 non passino per una retta, vi è una stella tutta costituita di piani uniti (e di rette unite).

Stabiliamo ora il teorema:

Se in un omografia dello spazio vi è un piano di elementi uniti, vi è anche una stella di elementi uniti, e viceversa.

Si abbia nello spazio un'omografìa non identica, dotata di un piano ce di punti uniti (e di rette unite).

Siene AA!,BE due coppie qualunque di punti corrispon- denti, che possiamo supporre non poste sopra una stessa retta. Le rette AB, A' E si corrispondono; ma idi AB incontra il piano a in un punto unito, quindi questo punto appartiene anche alla A'H\ segue che le rette AB,A'B\ e perciò anche le AA\ BB' giacciono in un piano. Dunque le rette congiungenti le coppie di punti corrispondenti dell' omografia, sono due a due incidenti, e siccome (evi- dentemente) esse non giacciono tutte in uno stesso piano, dovranno passare per uno stesso punto 0 8). Questo punto 0 è unito, ed ogni retta OA per esso è unita, poiché ad A corrisponde un punto A' allineato con A, 0, in modo che la AA' passa per 0. Similmente ogni piano [3 per 0 è unito, essendo unite tutte le rette (costituenti un fascio) passanti per 0 e giacenti in g.

Così è dimostrato il teorema. L' inverso si stabilisce correlativamente.

La particolare omografia (non identica) dello spazio, in cui esiste un piano e (quindi anche) una stella di elementi uniti, dicesi omologia; il piano e il centro della stella diconsi rispettivamente piano d' omologia e centro d'omologia.

330

Osservazione. Non è escluso che il centro possa appartenere al piano d' omologia. Segue dalla definizione che : In una Oìnologia dello spazio:

1. due piani e due velie corrispondenti s'incon- trano sul piano d' omologia.

2. due ptunti co'nnspondenti . sono allineati col centro d' omologia, e due rette corrispondenti giacciono in un piano passante pel centro.

In ogni piano (unito) pel centro si ha, come omografia subordinata, una omologia che ha come asse l'intersezione del piano considerato col piano d'omologia, e come centro il centro d'omologia.

Come corollario (cfr. § 47) :

Se AA', BB' sono due coppie di punti omologhi di una omologia dello spazio di centro P e piano ti; ed M, N sono le iispettii^e inteì^sezioni delle rette AA', BB' con tt, si ha

PMAA' li PNBB', e correlatix') amente .

* Osservazione. Il birapporto {PMAA) ha dunque un valore costante (indipendente da P) che dicesi V inva- riante assoluto dell'omologia; lo stesso numero ammette anche la definizione correlativa. Esso è uguale ad 1 se jP, M coincidono ; ossia se P appartiene a tu.

Se {PMAA) = 1, Y oynologia dicesi armonica, perchè in essa due punti corrispondenti qualsiansi sepa- rano sempre armonicamente il centro e 1' intersezione della loro congiungente col piano d' omologia.

L' omologia armonica è involutoria, ossia in essa i punti corrispondenti si corrispondono in doppio modo.

L' omologia dello spazio presenta i seguenti casi particolari metrici degni di nota.

1) Il centro d'omologia P è improprio e il piano tz è proprio.

Si ha allora V omologia affine, nella quale a ciascun punto A corrisponde un punto A\ posto sopra una retta AA'

331

di direzione assegnata, e tale che le distanze di A, A\ da 71 sono in un rapporto costante (dato dall' invariante assoluto).

In particolare 1' omologia affine può essere armonica, ed allora essa è una simmetria obliqua od ortogonale rispetto al piano tt.

2) Il centro P è proprio, ed il piano ti è improprio. Si ha allora una omotetia (di centro P), in cui due

punti corrispondenti sono allineati con P, e sono tali che le loro distanze da P stanno in un rapporto costante (rapporto d' omotetia). Questo rapporto è uguale a quello di due qualsiansi segmenti finiti corrispondenti ( ed è dato dall' invariante assoluto ).

In particolare si ha l' omotetia armonica, ossia la simmetria rispetto al centro P.

3) Il centro P e il piano ti d' omologia sono am- bedue impropri.

L' omologia equivale allora ad una traslazioìte dello spazio nella direzione assegnata dal centro, e si può riguar- dare come un caso particolare dell' omotetia, corrispon- dente al valore 1 del relativo rapporto.

§ 89. Omografia assiale e biassiale. Se in una

omografìa, non identica e non omologica, dello spazio, vi

sono

5 punti uniti, tre (almeno) 5 piani uniti, tre (almeno)

di essi sono sopra una retta di essi passano per una retta

la quale risulta tutta costi- che è l'asse d'un fascio di

tuita di punti uniti. piani uniti.

Sussiste il teorema:

Se in un' omografia dello spazio vi è una retta di punti uniti, vi è anche (ahneno) un fascio di piani uniti; e viceversa.

Si abbia un'omografia (non identica) dotata di una retta a di punti uniti.

332

Se tutti i piani per a sono uniti , il teorema è già verificato. Se no, vi saranno per a due piani uniti al più. Si scelga A fuori di questi (eventuali) piani uniti per a. Sia A' V omologo di A ; A' V omologo di A'. Se A' è sulla retta AA\ questa risulta unita; essa non sarà incidente ad a, altrimenti il piano A a sarebbe unito; tutti i piani per la retta unita AA incontreranno a in un punto unito, e però saranno uniti. In caso opposto il piano A A' A" incon- trerà a in un punto unito (i¥), e perciò sarà unito (poiché al piano AAM deve corrispondere lo stesso piano A A"M). Variando A , si potranno ottenere analogamente infiniti piani uniti, e perciò vi sarà un fascio (o una stella) di piani uniti, e. d. d.

Il teorema inverso si dimostra correlativamente.

L'omografia dello spazio, non identica e non omolo- gica, in cui esiste una retta a di punti uniti , e ( quindi anche) una retta h asse d'un fascio di piani uniti, dicesi omografìa assiale. In essa a, h sono in generale rette sghembe; ma possono anche essere incidenti, o coincidere.

Se (come a) anche h è una retta di punti uniti, l'omografia dicesi hiassiale. In questo caso h a sono rette sghembe o coincidenti, altrimenti il piano ha sarebbe tutto costituito di punti uniti e l'omografia sarebbe un'omo- logia. Se a, h sono rette distinte ( sghembe ) , 1' omografia biassiale dicesi iperbolica: se a, b coincidono, essa dicesi parabolica, le rette a, b diconsi gli assi dell' omografia biassiale.

Un piano passante per un asse d'una omografia bias- siale, è sempre unito; in esso si ha, come omografia subor- dinata, un'omologia di asse a, il cui centro è l'inter- sezione coir altro asse.

Neil' omografia biassiale ogni punlo, che non stia sopra uno degli assi, appartiene ad una retta unita; correlativamente in ogni piano, non contenente un asse, vi è una retta unita.

333

Riferendoci alla prima parte dell'enunciato, sia P il punto in questione. Se 1' omografia biassiale è iperbolica, vi è una retta per P incidente ad a, &, la quale risulta unita. Questa retta è la sola retta unita per P, altrimenti P (intersezione di due rette unite) sarebbe un punto unito. Se invece l'omografìa biassiale è parabolica, si consideri l'omologia subordinata di essa nel piano (unito) Pa\ la retta che unisce P al centro di questa omologia (su a), è una retta unita per P\ ancora la retta unita per P è unica, non essendo P un punto unito.

Se P, P' sono due punti (distinti) corrispondenti in un' omografia biassiale, la retta PP' è la retta unita per P. Se l'omografia biassiale è iperbolica, la nominata retta incontra a, h in due punti distinti M, N.

Se P, , P\, sono altri due punti (distinti) corrispon- denti, ed i¥i, iVi, i punti (uniti) in cui la retta P^ P\ incontra a, b, dimostreremo che :

Si ha la relazione:

MNPP n M,N,P,P\.

Infatti, se uno dei due punti M, N coincide rispettiva- mente con uno dei punti M^ , N^ , p. es. : il/ coincide con M^,\. punti P P\ PiP\, giacciono in un piano unito per b, e sono due coppie di punti corrispondenti di una omologia di centro M ed asse b, quindi sussiste la relazione prece- dente (§ 47).

In caso opposto, si può considerare una retta (unita) ausiliaria MN^, e su questa due punti (distinti) corri- spondenti P,, P\\ si avrà:

MNPP' n MN^P^P\ n M,N,P,P\, c.d.d.

* Osservazione. Il birapporto {MNPP') ha dunque un valore costante (indipendente da P). Esso dicesi inva- riante assoluto dell' omografia biassiale. Esso è uguale ad 1 se i¥, iV coincidono , ossia se l'omografia biassiale è parabolica (caso limite).

334

Se (MNPP') = 1, due punti coi-rispondenti qua lunque separano armonicamente le intersezioni della loro congiungente cogli assi , e V omografia biassiale dicesi armonica. Tale omografìa biassiale è involutoria , ossia in essa gli elementi cori'ispondenti si corrispondono in doppio modo.

Ci limiteremo a menzionare il seguente caso parti- colare metrico dell'omografia biassiale, .degno di noia:

L' omografìa biassale iperbolica abbia un asse h all'in- finito (in un piano) ortogonale all' asse proprio a. Allora due punti corrispondenti P,P' si trovano sopra una perpen- dicolare (incidente) ad a, ed il rapporto delle loro distanze da a (invariante assoluto) è costante.

Se quel rapporto è uguale a 1, l'omografìa (biassiale armonica) è una simmetria ortogonale rispetto all' asse -à.

% 90. * Omografìe particolari sotto l'aspetto metrico.

Consideriamo un' omografìa tra due spazi S, S'. Al piano improprio di uno dei due spazi , p. e. di S', corrisponde nell'altro, S, un certo piano X, che dicesi pz'ano limite ài questo spazio. Generalmente il piano X sarà un piano proprio , ed allora ad ogni segmento AB àX una retta di 2, non appartenente al piano X, corrisponderà, in 21', un segmento finito se A B non ha alcun punto comune col piano X, ed invece un segmento infinito quando avviene il contrario.

Se il piano X è improprio, 1' omografìa tra S, ^' dicesi omografìa affine o affinità. L'affinità tra due spazi è, dunque, un'omografìa in cui i piani impropri dei due spazi si corrispondono.

L' affinità tra due spazi è determinata da 4 coppie di punti 0 di piani propri omologhi, indipendenti.

Se due spazi sono affini, ad un segmento finito o infinito di una retta (propria) dell'uno, corrisponde un segmento ugualmente finito o infinito di una retta (propria) dell'altro.

335

Punteggiate (proprie) corrispondenti in spazi affini, sono simili.

L'omografia tra due piani (propri) corrispondenti è un' affinità.

Spazi affini ad un terzo risultano tra loro affini : ossia : il prodotto di due affinità spaziali, è un'affinità.

L'affinità tra due spazi fa corrispondere a due piani paralleli dell'uno, due piani paralleli dell'altro; quindi ad ogni parallelepipedo, un parallelepipedo.

Ora in un modo analogo a quello occorso nel § 50, si può provare che: il rapporto dei volumi di due paral- lelepipedi corrispondenti è costante. E se ne trae la seguente proprietà generale delle affinità spaziali :

Neir affinità spaziale il rappoì^o di due volumi cor- rispondenti è costante. In particolare questo rapporto può essere uguale ad 1, nel qual caso due volumi corrispondenti sono sempre equivalenti: ha àììor di T equivalenza affine.

Un caso particolare molto importante dell' affinità spaziale, è la similitudiìie. Essa può definirsi come un' omo- grafia tra due spazi, che fa corrispondere i piani impropi'i e le polarità assolute di essi. Si può anche dire che una similitudine nello spazio è un'omografia che lascia fermo il piano improprio e subordina in esso una congruenza 54). Spazi simili ad un terzo sono simili fra loro; ossia: il pro- dotto di due similitudini spaziali è una similitudine.

In una similitudine spaziale, due piani omologhi sono sempre simili (§50) perchè le loro rette improprie sono congruenti 41). Ad ogni angolo (formato da due rette proprie non parallele) corrisponde sempre un angolo uguale. Ad ogni diedro corrisponde pure un diedro uguale. Da ciò segue che, non solo due triangoli (finiti) corri- spondenti, sono simili ; ma sono pure simili due tetraedri (finiti) corrispondenti. Quindi:

In una similitudine spaziale, il rapporto di due segmenti ( fiynti) corrispondenti, è costante.

336

Infatti, due segmenti qualsiansi considerati in uno dei due spazi, ove non giacciano in un piano, sono i lati opposti di un tetraedro, a cui corrisponde nell'altro spazio un tetraedro simile.

Due figure omologhe in una similitudine dello spazio si trovano nella condizione di avere angoli e diedri cor- rispondenti uguali, e segmenti corrispondenti proporzionali; perciò tali figure sono simili nel senso della Geometria elementare. Però (riguardando i due spazi come sovrap- posti) vi è luogo a distinguere una similitudine diretta ed una inversa, come vedremo bene in un caso particolare (nel caso della congruenza).

Fra le similitudini dello spazio enumeriamo quelle biassiali (iperboliche) e quelle omologiche (§§ 88, 89).

Data una similitudine biassiale iperbolica, uno dei suoi assi, h, deve giacere nel piano all' infinito, poiché questo piano è unito ; l' altro asse, a, sarà una retta propria. Ora in ogni piano (unito) per a si avrà una similitudine omologica avente come asse a, di cui il centro apparterrà alla h\ una tale similitudine omologica sarà una simmetria ortogonale rispetto ad a 50). Si conclude che la similitudine biassiale dello spazio è una simmetria ortogonale rispetto ad a.

Data una similitudine omologica, essa avrà il piano oc 0 il centro A all' infinito. Nel primo caso, la similitudine è un' omotetia o, in particolare, una traslazione 50). Nel secondo caso (supposto proprio il piano a d' omolo- gia), il centro A sarà il polo della retta all' infinito di a rispetto alla polarità assoluta, ossia sarà il punto all'infi- nito delle perpendicolari al piano a.

In ogni piano (unito) per A resterà subordinata una similitudine omologica che sarà precisamente una simmetria ortogonale rispetto all' intersezione del piano stesso con a 50), In conclusione, la similitudine omologica dello spazio è, in questo caso, una simmetria ortogonale rispetto al piano a.

337

Dunque, riassumendo, avremo:

Nello spazio, una similitudine hiassiale iperbolica (non identica) è una simìnetria ortogo7iale rispetto ad un asse; una siìnilitudine omologica è una siìiimetria rispetto ad un piano, o una omotetia (in particolare una traslazione).

Il rapporto di una similitudine dello spazio può essere, in particolare, uguale ad 1 ; si ha allora la congruenza. Spazi congruenti ad un terzo risultano congruenti fra loro ; ossia: il prodotto di due congruenze spaziali è una con- gruenza.

In una congruenza dello spazio, figure omologhe hanno angoli, diedri, e' segmenti corrispondenti uguali; perciò esse diconsi figure congruenti o uguali.

Esse possono tuttavia essere direttamente uguali, cioè uguali nel senso della Geometria elementare , ossia sovrapponibili con un movimento ; invece può riuscire impossibile di sovrapporle , nonostante l' uguaglianza dei loro elementi, per la loro inversa disposizione, ed allora si dicono inversamente uguali.

L' esempio più semplice di quest' ultimo caso è pòrto dalla simmetria ortogonale rispetto ad un piano.

Infatti , si considerino p. e. due tetraedri (simmetrici) che si corrispondano in una tale simmetria. Un movimento che sovrapponesse l'un tetraedro all'altro si potrebbe concepire come un movimento di tutto lo spazio collegato rigidamente al tetraedro mobile, e quindi darebbe luogo ad un' omografia col piano improprio unito , la quale (fa- cendo corrispondere i due tetraedri) non potrebbe differire dalla simmetria proposta. Dunque nel movimento anzidetto tutti i punti del piano di simmetria dovrebbero restar fermi; ma ciò costituisce un assurdo, perchè, fissando i punti di un piano, restano fermi anche tutti i punti dello spazio rigidamente collegati con quelli, sicché il movi- mento stesso non sarebbe piìi possibile.

22

338

Un esempio più generale di congruenza inversa si deduce dal precedente, operando come segue. Si considerino (lue figure simmetriche (ortogonalmente rispetto ad un piano), e si sposti mediante un qualsiasi movimento l' una di esse; si otterranno sempre due figure inversamente uguali.

Risulterà poi che 1' esempio precedente si può riguar- dare come il caso generale della congruenza inversa.

Se fra le similitudini biassiali ed omologiche, enu- merate innanzi, si cercano le congruenze, si trovano (oltre l'identità): la simmetria ortogonale rispetto ad un asse e la traslazione, che sono congruenze dirette; la simmetria rispetto ad un piano o ad un centro, che sono congruenze inverse.

§ 91. * Congruenze. Approfondiamo lo studio delle congruenze generali dello spazio.

Sul piano all'infinito si ha (almeno) un punto unito A, centro di un fascio nel quale viene subordinata una con- gruenza diretta. La retta a polare di A , rispetto alla polarità assoluta , è pure unita , e su di essa viene pure subordinata una congruenza diretta (^ 76).

Ora ^ è il centro di una stella impropria unita, nella quale viene subordinata una congruenza diretta. Questa equi- varrà 0 ad una rotazione attorno ad una retta (propria) a', oppure ad una traslazione, parallela ad un piano, di tutti i raggi della stella 50 - Oss. 3.^).

Nel fascio improprio di piani di asse a sarà subor- dinata una congruenza, la quale potrà essere diretta o inversa. Corrispondentemente ai due casi la congruenza stessa dello spazio si dirà diretta o inversa ; mostreremo poi che tale distinzione luogo alla distinzione delle due specie di uguaglianza tra le figure, menzionata nel pre- cedente ^.

339

Abbiamo ora 4 casi da considerare:

1.*^ La congruenza nella stella impropria A è una rotazione attorno alla retta propria a\ e la congruenza nel fascio improprio di piani a è diretta. Allora i })iani per a (ortogonali ad a'), e così pure i punti di a\ subi- scono per effetto della congruenza, una traslazione. Pos- siamo effettuare la nominata traslazione , operando una traslazione di tutto lo spazio, parallelamente alla a. Dopo ciò si ottiene una nuova congruenza nella quale si corri- spondono le nuove posizioni P^ occupate dai punti P dello spazio, dopo la traslazione, ed i punti P' omologhi dei detti punti P.

Ora, nel fascio di piani a (come sulla retta impro- pria a, ad essa ortogonale) vi è (per ipotesi) una con- gruenza diretta, la quale può essere generata in due modi da una rotazione del fascio attorno ad a, nell' uno 0 neir altro senso. Effettuando ancora questa rotazione, in uno qualunque dei due sensi , i piani aP^ verranno sovrapposti ai piani aP\ ed i punti P^ verranno portati ad occupare nuove posizioni P\ , tali che le rette P'P\ saranno tutte perpendicolari incidenti alla a'. Quindi fra i punti P\ P\ intercederà una congruenza biassiale di assi a, a, la quale 90) sarà identica, oppure sarà una sim- metria ortogonale rispetto ad a\

Si passa dall' uno all' altro caso con una rotazione di due angoli retti attorno ad a\ e perciò si è condotti all' uno 0 all' altro caso, a seconda del senso in cui è stata effettuata la rotazione attorno ad a' che ci ha condotto dai punti P^ ai punti P'^. Scegliendo opportu- namente questo senso, si portano dunque a coincidere i punti P^ ai punti P\

Così la congruenza si trova generata da un movimento -dello spazio, il quale si compone :

a) di una traslazione parallela ad a': 3) di una rotazione attorno ad a'.

340

Un tal movimento dello spazio si dice un movimento elicoidale attorno ad a .

Questo movimento si riduce ad una semplice rotazione- (la traslazione essendo nulla) se su a' si ha l' identità , cioè se a è una retta di punti uniti , e quindi la con- gruenza è assiale; in caso diverso il movimento non lascia fermo alcun punto proprio , ossia la congruenza non ha punti uniti propri.

Il movimento nominato si può ridurre ad una trasla- zione parallela ad a'; in questo caso tutti i punti impropri sono uniti, cioè si ha sul piano improprio l' identità, e la congruenza è una particolare omologia 88).

2.^ La congruenza subordinata nella stella impro- pria A è una traslazione secondo una giacitura a\ e la congruenza nel fascio improprio a è ancóra una con- gruenza diretta, ossia traslatoria.

Allora la congruenza dello spazio equivale essa stessa

ad una traslazione, la quale può essere composta eseguendo:

a) prima una traslazione ortogonale ai piani del

fascio improprio a, la quale sovrapponga ogni piano per a

air omologo ;

3 ) poi una traslazione parallela ai piani di giaci- tura a' e ortogonale alle rette della stella impropria A (quindi parallela ai piani per a) , la quale faccia sovrap- porre ogni retta per A alla corrispondente.

3.® La congruenza subordinata nella stella impro- pria A è una rotazione attorno ad una retta propria a', e la congruenza nel fascio improprio a è inversa, vale a dire è una simmetria rispetto ad un piano a per a.

Anche sulla retta unita a' viene subordinata una congruenza inversa, cioè una simmetria rispetto al punto A - a'oL.

Ora si può effettuare attorno ad a' una rotazione, la quale porti un qualunque punto P dello spazio ad occu- pare una nuova posizione P,, in modo che la coppia P^P^

341

giaccia sempre in un piano per a' e dalla stessa parte di essa, vale a dire si trovi sopra una parallela ad a . Dopo questa rotazione si effettui la simmetria ortogonale rispetto al piano a; il piano per P^, ortogonale ad a', verrà sovrap- posto al piano per P', ortogonale ad a' stesso, e quindi il punto Pi verrà sovrapposto al punto P'.

Così la congruenza viene in questo caso generata , eseguendo una rotazione attorno ad a' , ed una susseguente simmetria ortogonale rispetto al piano a ortogonale ad a'.

Se la rotazione nominata attorno ad a' è di due angoli retti, la congruenza risulta una simmetria rispetto al centro A'. Se invece la detta rotazione è nulla, si ha una simmetria ortogonale rispetto ad a.

4.^ La congruenza subordinata nella stella impro- pria A è una traslazione secondo una giacitura a\ e la congruenza subordinata nel fascio improprio a è inversa, vale a dire è una simmetria rispetto ad un piano a (orto- gonale alle rette per A).

Allora la congruenza dello spazio si può comporre effettuando :

a) prima una traslazione dell' intero spazio nella direzione parallela alla giacitura a' ed ortogonale alle rette per A (ossia parallela al piano a), sovrapponendo così ogni retta per A all'omologa;

g) poi una simmetria ortogonale rispetto al piano a.

Questa generazione appare come un caso limite di quella relativa al caso 'Ò.^

In particolare, se la traslazione parallela ad a' è nulla, la congruenza si riduce alla simmetria ortogonale rispetto al piano a.

Riassumendo i resultati ottenuti, avremo il

Teorema. Vi sono nello spazio due specie di congruenze :

I. Congruenze (dirette) generabili con un ìnovi- mento elicoidale attorno ad U7i asse ; il quale può ridursi

342

in particolare ad una semplice rotazione attorno ad un asse o ad una traslazione (congruenze dirette assiali ed omologiche). IL Congruenze (inverse) generabili con . un 7novi- mento di rotazione attorno ad un asse ed una susse- guente simmetria ortogonale rispetto ad un piano per- pendicolare a questo asse, oppure con un movimento di traslazione ed una susseguente simmetria ortogonale rispetto ad un piano parallelo alla direzione del moto traslatorio ; in particolari simmetrie rispetto ad un piano 0 ad un centro (congruenze inverse omologiche).

Due figure corrispondenti in una congruenza diretta sono direttamente congruenti od uguali, cioè sovrappo- nibili con un movimento. Invece due figure corrispondenti in una congruenza inversa sono inversamente congruenti^ cioè hanno gli elementi corrispondenti (angoli e segmenti) uguali ciascuno a ciascuno, ma disposti in modo inverso, sicché è impossibile (come è stato notato § 90) di sovrapporle con un movimento.

La distinzione fra la congruenza diretta e l' inversa nello spazio, appare così analoga a quella stabilita per il piano. Ma, mentre due figure inversamente congruenti in un piano sono sovrapponibili con un movimento uscendo dal piano , manca qui ( inerentemente alla nostra intui- zione dello spazio) il modo di istituire una considerazione analoga.

Osservazione 1.^ La parte I del teorema stabilito si può anche enunciare sotto la l'orma seguente, che pre- 'senta utili applicazioni nella statica dei sistemi rigidi :

Il movimento di un corpo rigido nello spazio, ove si abbia riguardo al suo passaggio dalla posizione iniziale alla posizione finale, può sempre considerarsi come un movimento elicoidale.

Osservazione 2.^ Le relazioni della Geometria metrica dello spazio , si deducono tutte ( in aggiunta alle

343

nozioni grafiche) dalle nozioni di « uguaglianza d'angoli e di segmenti. » Ora queste due relazioni fondamentali si possono definire come relazioni grafiche degli elementi dati (angoli o segmenti) col piano improprio e colla pola- rità assoluta, enti che denomineremo comprensivamente col nome di « assoluto » dello spazio.

In primo luogo, l'uguaglianza di due angoli alj,a'b\ può essere espressa dalla possibilità di far corrispondere i punti all' infinito di a, a e di b, b' in una congruenza del piano improprio , cioè in una omografia di esso che tra- sformi in stessa la polarità assoluta 54).

Invece l'uguaglianza di due segmenti (propri) AB,A'B\ può venire espressa (in infiniti modi diversi) dalla possibi- lità di far corrispondere i punti A, A' e B, B' in una con- gruenza diretta dello spazio. Ora, le condizioni perchè un' omografia dello spazio sia una congruenza diretta (nel caso generale in cui non si tratti d' un' omografia assiale) consistono in ciò che essa trasformi in l' assoluto , e che non abbia alcun punto unito proprio. Infatti una tale omografia sarà anzitutto una similitudine, ed avrà una retta unita propria a' passante per un punto unito impro- prio A ed associata al piano improprio nella stella A ; e poiché su a si avrà un' omografia parabolica col punto unito A (cioè una congruenza), la similitudine in que- stione sarà una congruenza (diretta).

Dalle considerazioni precedenti risulta che: Tutte le relazioni della Geometria metrica dello spazio si possono definire coìne relazioni grafiche delle figure coir assoluto.

§ 92. * Estensione della legge di dualità nello spazio.

La legge di duaMtà nello spazio si estende con conside- razioni analoglìe a quelle che hanno permesso 1' estensione della legge di dualità nelle forme di 2.^ specie.

344

Si dicono proprietà 'proiettive delle figure nello spazio, le proprietà che si trasmettono inalterate a tutte le figure omografiche.

Tutte le proprietà grafiche sono proiettive. Ma tra queste ultime vi sono pure delle proprietà metriche (pro- prietà metrico-proiettii:e) che per altro possono sempre enunciarsi sotto forma grafica (Oss. 2.^ del prec. §), riu- scendo allora indipendenti dall'assoluto (cfr. § 55). Ora, adopei'ando una reciprocità dello spazio, avremo che:

Ad ogni figura dello spazio corrisponde una figura correlativa, e ad ogni ^jroprietà proiettiva della prima figura corrisponde una proprietà proiettiva della seconda, la quale viene dedotta collo scambio degli elementi « pulito e piano ». Ciò vale comunque la proprietà proiettiva della pr?ma figura sia stata dimostrata; e quindi anche se nella dimostrazione in parola si sieno impiegati concetti metrici, non contenuti nei postulati I, II, III, IV, V, VI, sui quali ahbiamo fondato la Geometria proiettiva.

Invece , dalla non esistenza di un ente dello spazio , che abbia un significato metrico correlativo al piano im- proprio e alla polarità assoluta di esso , si trae che : La legge di dualità dello spazio non vale, per le proprietà metriche^ non proiettive, delle figure in esso contenute.

Osservazione. La estensione della legge di dualità dello spazio per la Geometria proiettiva è stata stabilita a posteriori, valendosi di una reciprocità. Ma a questo riguardo può farsi la seguente osservazione. I postulati della ordinaria Geometria metrica possono enunciarsi come proposizioni grafiche, allorché si tenga conto dell' inter- pretazione grafica delle nozioni metriche in relazione air assoluto.

Allora si può riconoscere che tali proposizioni non sono logicamente indipendenti dai postulati della Geometria proiettiva, ma possono anzi dimostrarsi in base a questi.

345

Così ogni ragionamento della Geometria metrica può tra- sformarsi in un ragionamento della Geometria proiettiva, fondato sui postulati di essa , dove si consideri in modo speciale un piano ed una certa polarità di esso (costituenti l'assoluto); tale ragionamento è traducibile colla legge di dualità e conduce ad un teorema correlativo del primo, ogni qualvolta questo sia un teorema proiettivo , ossia riesca indipendente dagli enti speciali considerati.

Per tal modo si può dire che si viene a stabilire a priori V estensione della legge di dualità dello spazio.

APPENDICE

I. Greometria astratta. Noi abbiamo cercato di porre in luce come la Geometria proiettiva si riferisca a concetti intuitivi, psicologicamente ben definiti, e per questo appunto non abbiamo tralasciato occasione di mostrare la concordanza fra le deduzioni stabilite e l'in- tuizione, D' altra parte però, è stato avvertito fino dal principio che tutte le deduzioni sono fondate soltanto sopra quelle proposizioni, desunte immediatamente dall'in- tuizione, le quali vengono enunciate come postulati.

Sotto questo punto di vista la Geometria svolta, appare come un organismo logico, nel quale i concetti elementari di « punto » « retta » e « piano » ( e quelli definiti me- diante questi) figurano soltanto come elementi di alcune relazioni logiche primitive (i postulati) e di altre rela- zioni logiche che ne vengono dedotte (i teoremi). Il con- tenuto intuitivo di quei concetti resta perfettamente indifferente. Da questa osservazione scaturisce un principio molto fecondo, che informa tutta la moderna Geometria: il principio della sostituibilità degli elementi geometrici.

Si abbiano dei concetti comunque definiti i quali ven- gano convenzionalmente designati coi nomi di « punto » ,

348

« retta » e « piano » : e suppongasi che tra di essi inter- cedano le relazioni logiche fondamentali enunciate dai postulati della Geometria proiettiva. Tutti i teoremi della detta Geometria avranno ancora significato e validità, ove si intenda di considerarli non più come esprimenti rela- zioni fra « punti » , « rette » e « piani » intuitivi, ma invece come relazioni tra i concetti dati, i quali sono stati convenzionalmente designati coi detti nomi.

In altre parole : La Geometria proiettiva può essere considerata come scienza astratta, e ricevere qimidi interpretazioni diverse da quella intuitiva, fissando che gli elementi (punti, rette e piani) di essa, sieno concetti comunque determinati, tra i quali intercedono le rela- zioni logiche espresse dai postulati.

Un primo corollario di questo principio generale è la legge di dualità dello spazio. Per stabilirla, basta invero fissare che il nome « punto » designi l' ente intuitivo « piano », e il nome « piano » designi V ente intuitivo « punto » ; osservando che (fissato convenientemente il significato di alcune denominazioni) i postulati della Geo- metria proiettiva vengono così soddisfatti.

II. Coordinate proiettive. Noi andiamo ora ad assegnare una nuova applicazione di quel principio, pro- ponendoci il problema della rappresentazione analitica dei punti dello spazio mediante coordinate.

Per precisare i termini del problema ci proponiamo di far corrispondere biunivocamente ai punti (propri ed impropri) dello spazio, i mutui rapporti delle quaterne di numeri x^, x^, x^, x^, {coordinate proiettive omogenee) in modo che i piani vengano rappresentati da equazioni lineari.

Indichiamo con S' l' insieme dei gruppi omogenei di valori x^x^x^x^. E designiamo l'elemento di S', cioè la quaterna x^ x^ x^ x^ , definita a meno di un fattore di proporzionalità, col nome di « punto analitico » ; e simil-

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mente col nome di ^^ piano analitico » l'insieme dei punti analitici definito da un' equazione lineare omogenea

aoG = «1 i^j -f- «2 ^-2 + <^3 ^3 + ^4 ^'4 = 0

(dove le a sono costanti).

Date le precedenti convenzioni, possiamo considerare S' come uno « spazio analitico » , al quale possiamo estendere convenzionalmente tutte le denominazioni stabi- lite per lo spazio ordinario, e pel quale andiamo quindi a verificare i postulati della Geometria proiettiva.

Stabilire per lo spazio (intuitivo) S un sistema di coor- dinate proiettive omogenee (ciò che è richiesto dal nostro problema), equivarrà quindi a porre tra i punti di S e di S' una corrispondenza biunivoca, in cui ai punti di un piano in S corrispondano in S' i punti di un piano (analitico); vale a dire il nostro problema si ridurrà così al problema di porre un' omografia tra lo spazio S e lo spazio (analitico) S'.

Cominciamo dunque dall' accennare rapidamente alla verifica dei postulati della Geometria proiettiva per lo spazio analitico S'.

Anzitutto si deve chiamare « retta [analitica) » l' in- sieme dei punti analitici comuni a due piani analitici

( a^C = <2j a7j -i- «2 ^2 ■+" <^3 ^3 + ^A ^A = ^

^ \b^ —b^x^ -hb^x,-{- b^ x^-[-b^x^ = 0 .

La retta nominata è comune non solo ai due piani nominati, ma anche a tutti i piani

X a^, -{-\ibco =^ 0 , i quali al variare dei parametri X, \i (e del loro rapporto) descrivono un fascio.

Se (2/1 j/2 2/3 2/4), (^1 ^2 ^3 ^4) s^"^ ^^^^ sistemi di solu- zioni delle equazioni (1) (ossia due punti della retta), tutte le altre soluzioni sono date da

x^ = Xy,

-H [A^i

x^=^Xy,

H- !^^o

^3 = }yz

4- \xz^

^4 = ^Va

+ l^^4-

350

variando il rapporto X ; (jl si hanno così tutti i punti della retta.

Ora si possono subito verificare i postulati del 1.^ gruppo : aj h) e) d) e) f) (o I, II, III cfr. i §§ 2, 3).

Infatti essi si traducono subito in note proprietà dei sistemi di equazioni lineari.

Consideriamo per esempio il postulato a) : « due punti appartengono ad una retta ».

Si abbiano due punti analitici (</j ^/o I/3 V^^ (^1 ^2 ^3 ^4)' essi appartengono ad una retta analitica costituita dai punti

(X|/^+(X^^, Xt/.-HI-I^,, X?/3-l-|Xf3, X?/^^-{l:^,)

(dipendenti dal rapporto dei parametri X : [x).

Il postulato ì)) è verificato per definizione.

Il postulato e) « tre punti, non appartenenti ad una retta, appartengono ad un piano » si verifica come segue :

Sieno {y, y, y, y,) , {z^z^z^z,), [u^ u, u^ u^) ^ tre punti analitici, non appartenenti ad una retta, cioè inca- paci di soddisfare due equazioni lineari e tali che non si abbiano valori di X, |i, per cui

Ui = Xyi H- \y.Zi (i = i, 2, 3, 4).

I punti [yi], {Zi), {iti) individuano il piano costituito dai punti {Izi -^- \ìZì -{- v Ui) (i = 1, 2, 3,4): piano che lia come equazione :

^1

X,

^3

X,

2/.

y.

2/3

V,

^1

\

^3

^4

^1

u^

W3

u.

Il postulato d) viene verificato subito, perchè tre equazioni lineari omogenee indipendenti (cioè tre piani analitici non aventi comuni gli infiniti punti di una retta) hanno comune un solo sistema di soluzioni, definite a meno di un fattore (cioè un punto analitico).

351

È facile verificare analogamente i postulati e), f).

Consideriamo ora i postulati IV, V, VI, del 2.^ e 3.® gruppo (§§ 5, 6, 18); ed accenniamo come essi possano veri- ficarsi per la retta analitica, donde segue la loro verifica per le altre forme di 1.^ specie.

I punti

Xi = l iji -4- {JL Zi {i z=z 1, 2, 3, 4).

di una retta analitica, vengono ordinati in due sensi opposti secondo i valori crescenti, o decrescenti, del rap- porto X : [X. Si ottengono così due ordini (l'uno inverso dell'altro), aventi come primo elemento lo stesso punto (y^), che corrisponde al valore

> -- = =poo (À=:o,fx = q=cc);

questo punto è un punto qualunque della retta.

I detti ordini soddisfano a tutte le proprietà degli ordini naturali d'una retta intuitiva (aggiunto il punto improprio). Così si verificano i postulati IV e VI, quest'ul- timo corrispondendo alla introduzione dei numeri irra- zionali. E poi anche facile verificare il postulato V, osservando che 1' operazione del ^proiettare viene rappre- sentata, nello spazio analitico, da una sostituzione lineare.

Si può dunque afi'ermare che « valgono per lo spazio analitico tutti i postulati della Geometria proiettiva ^ e quindi tutti i teoremi di essa ».

Ciò premesso, si può porre un' omografia tra lo spazio intuitivo S, e lo spazio analitico S', fissando che a 5 punti indipendenti di S, corrispondano 5 punti indipendenti di S'. Potremo fissare in S' i punti:

(1000), (0100), (0010), (0001), (1111),

poiché i sistemi di numeri sopra indicati sono tali che (il determinante di 4 di essi non è nullo, e perciò) 4 qualunque di essi non soddisfano ad una stessa equazione

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lineare, ossia sono punti analitici indipendenti. Possiamo designare con

^1» -^2' -^3' ^4' -'^'

i punti di S corrispondenti ai nominati punti di S'.

Siccome questa corrispondenza determina 1' omografìa tra S e S', così possiamo concludere :

Volendo rappresentare i punti dello spazio con coordinate proiettive omogenee (in guisa che V equazione del piano risulti lineare), si può fissare in esso 5 punti indipendenti :

A^, A„ ^3, A„ E,

e far loro corrispondere rispettivamente i g^mppi di coordinate

(1000), (0100), (0010), (0001), (1111);

ma dopo ciò restano determinate, a ìneno di un fattore di proporzionalità, le coordinate di ogni altro j^'^'^^^o dello spazio.

I punti ^,, A^, A3, A^, àìcousì punti fondameìitali, 0 vertici del tetraedro fondamentale, del sistema di coor- dinate; il punto E dicesi punto unità.

Osservazione 1.^ È facile assegnare il significato geometrico delle coordinate Xi di un punto P 0 meglio dei loro mutui rapporti. Noi ci limiteremo ad enunciarlo. Si proiettino E e P dalla retta

aim '-^^^^ Al Ayn

sopra la retta

aik = Ai A),,

spigolo opposto del tetraedro fondamentale, e si indichino

con Eik, Pik le proiezioni; allora il birapporto

00 (AiA.Ea Pik) = --.

Per dimostrare questa proposizione basterebbe far vedere che colla costruzione indicata vengono effettivamente

353

definiti, a meno di un fattore, 4 numeri (coordinate omo- genee) appartenenti ad un punto P dello spazio, in guisa che, variando P in un piano, i detti numeri soddisfino sempre ad una equazione lineare.

Osservazione 2.^ La rappresentazione dei punti dello spazio con coordinate proiettive omogenee è stata stabilita in base ai soli postulati I, II, III, IV, V, VI, della Geometria proiettiva. Questi postulati bastano dunque a fondare tutta la Geometria analiticó-proiettiva.

Osservazione 3.^ Scaturisce in particolare dalle precedenti osservazioni che il birapporto di 4 elementi di una forma di 1.^ specie (p. e. di 4 punti di una retta) può definirsi senza intervento di nozioni metriche.

Osservazione 4.^ Le omografie dello spazio, allorché i punti di questo vengono rappresentati con coordinate proiettive omogenee, vengono rappresentate da sostituzioni lineari omogenee sulle coordinate.

Si dimostri per esercizio.

Osservazione 5.^ Dalle coordinate proiettive omo- genee , che abbiamo definito nel modo più generale , si desumono come casi particolari le più usuali rappresen- tazioni dei punti dello spazio che occorrono nella Geo- metria analitica.

In particolare, si assuma come tetraedro fondamentale quello costituito da tre piani due a due ortogonali:

x^ =^ 0, 0^2 = 0, ^^3 = 0,

e dal piano all' infinito : x^ =^ 0. Allora i rapporti

X, X^ CG^

X^ X^ X^

formati colle coordinate proiettive omogenee di un punto P, diventeranno le sue coordinate cartesiane ortogonali relative alla terna di piani x^ = 0, x^=^ 0, x^ = 0.

354

III. Elementi iiimuigiiiari. La rappresentazione dei punti dello spazio mediante coordinate (proiettive) conduce ad allargare lo spazio stesso coli' introduzione dei punti (e quindi delle rette e dei piani) immaginari. Questi ele- menti immaginari si presentano come enti convenzionali, corrispondenti a valori complessi delle coordinate, e trag- gono la loro origine dall' utilità di stabilire un perfetto riscontro del campo geometrico col campo ampliato dei numeri. Essi permettono di tradurre in linguaggio geo- metrico i calcoli che conducono alla soluzione di un pro- blema, operando su quantità comunque complesse , e giungendo pure talvolta, per tal via, alla determinazione di quantità reali.

Dopo aver riconosciuto il fatto che « le elementari leggi delle operazioni algebriche trovano la loro espres- sione in tutto un ordine di proposizioni fondamentali della Geometria proiettiva dello spazio, quando i punti dello spazio stesso vengano rappresentati con coordinate pro- iettive (^) » , non può sorgere alcun dubbio sulla legitti- mità dell' uso degli elementi immaginari in tale campo della Geometria; la giustificazione risiede in ciò che le leggi fondamentali del calcolo algebrico sono valide nel campo dei numeri complessi, come in quello più ristretto dei numeri reali. Di guisa che, ragionamenti appartenenti alla Geometria proiettiva, istituiti sulla considerazione di elementi reali, si estendono al caso in cui alcuni degli elementi stessi sieno immaginari, conducendo pur talvolta a dei resultati in cui entrano soltanto elementi reali.

Quest'ultima circostanza si presenta sempre, quando si abbiano due elementi immaginari coniugati (cioè aventi coordinate complesse coniugate) mediante i quali si deter- mini un terzo elemento ; cosi per esempio quando si

(1) Vengono eccepite le proposizioni che si riattaccano alla nozione della disposizione naturale di una forma elementare.

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<ietermina la retta congiungente due punti immaginari coniugati, ecc.

Ci limiteremo a dare rapidamente alcuni esempi del- l'uso fecondo, che può farsi degli elementi immaginari, facendo espressamente rilevare la più vasta generalità che viene portata nella concezione degli enti geometrici. a) Ogni proiettività tt in una forma di 1.^ specie ha due elementi uniti, che (la proiettività essendo reale) possono essere reali e distinti, o reali e coincidenti, o immaginari coniugati.

Ora nel IP caso segue facilmente dal § 35 che gli elementi uniti della proiettività (iperbolica) sono gli ele- menti doppi d' una involuzione / che trasforma in stessa la TI, ossia che è permutabile con essa {Ir^ _k1).

Ebbene, questa conclusione si estende ancora al caso in cui la Tu sia una proiettività ellittica: la involuzione / definita dai suoi elementi uniti, presi come elementi doppi, riesce reale (ellittica) e permutabile con ::.

h) In un piano, le rette (reali) esterne rispetto ad una conica (reale) si debbono riguardare come secanti in due punti immaginari coniugati, e correlativamente si dica pei punti esterni.

Così due coniche (reali) si debbbono riguardare come aventi in comune due punti immaginari coniugati, quando vi è una retta (reale) su cui esse determinano la stessa involuzione ellittica di punti coniugati, ecc.

Allora 59) si deve dire che tutti i cerchi di un piano hanno comuni due punti immaginari coniugati all'in- finito, che sono i punti doppi dell' involuzione assoluta ; tali punti vengono denominati «punti ciclici» del piano. Due cerchi (non tangenti) hanno poi comuni altri due punti (reali o no) intersezioni del loro asse radicale. 'Quindi il fascio di cerchi appare come un caso particolare del fascio di coniche, definito quest'ultimo come l'insieme delle coniche che passano per 4 punti reali o immaginari

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(coniugati a coppie); ed il teorema del § 40 viene a rientrare nella proposizione dedotta dal teorema di De- sargues in fine al § 65 (pag. 238).

Similmente, il teorema del § 71 per cui « due coniche che hanno due punti comuni si corrispondono in due omo- logie , aventi come asse la congiungente i detti punti » viene ora esteso in guisa da racchiudere come corollario la proposizione seguente : « due circoli si possono sempre riguardare in due modi come omotetici » ecc.

cj Una polarità (reale) del piano definirà ora sem- pre una conica fondamentale, la quale sarà immaginaria, se la polarità in questione è uniforme. Quindi molte pro- prietà delle coniche non uniformi, dimostrate mediante la considerazione della loro conica fondamentale, si esten- deranno alle polarità uniformi.

In particolare si potrà considerare la conica fonda- mentale della polarità assoluta nel piano improprio, la quale si presenterà come un cerchio al V infinito comune a tutte le sfere dello spazio, ecc.

Senza bisogno di moltiplicare gli esempi (che d'al- tronde esigerebbero più lunghe spiegazioni) ben si com- prende l'utilità dell'introduzione nella Geometria degli elementi immaginari , concezione resa familiare dalla Geometria analitica.

Ma siffatti elementi, così introdotti, appariscono sol- tanto come puri nomi, cui non risponde alcun oggetto geometrico, e quindi sembrano privi di utilità ogni qual- volta non vengano eliminati alla fine della trattazione in cui sono occorsi.

Or bene, si può assegnare il significato geometrico degli elementi immaginari, nel modo che rapidamente accenniamo :

Limitiamoci alla considerazione dei punti immaginari- Si abbia un punto immaginario P={x,-\- iy,, X, H- iy,, 00.^ + iy^, x, -\- iy,),

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e Si consideri il punto ad esso coniugato

P'^{x, iij, , 00^ iy^ , ^3 hj^ , X, iy^ ).

La retta P P' che congiunge i due punti è reale, come si riconosce scrivendone le equazioni. Sopra di essa vi è una ben determinata involuzione ellittica (reale) di cui P, P' sono i punti doppi.

La coppia di punti immaginari coniugati P P', cor- risponde dunque alla reale esistenza di una involuzione ellittica sopra una retta reale.

Nasce ora il problema di staccare i due punti coniu- gati costituenti la coppia, cioè di distinguerli 1' uno dal- l' altro, collegando a ciascuno di essi un diverso ente geometrico.

Immaginiamo di proiettare la coppia P P' sopra uno spigolo del tetraedro fondamentale, p. e. su a^^^~ A^ A^^ dallo spigolo opposto a^^\ saranno

P^ = {x^ -f- z^i , .Tg -H iy, , 0, o) P/= {x, iy^ , x^ iy^ , 0, ó)

le rispettive proiezioni, di P, P, e basterà staccare i due punti della coppia P, P/ per ottenere la distinzione di P, P.

Ora consideriamo un qualsiasi punto ilf della retta a,^, come determinato dal rapporto X -\- i [i della sua seconda coordinata alla prima ; potremo attaccare i due sensi opposti della retta ai due segni positivo e negativo , da cui il coefficiente [jl può essere affetto.

Allora i due punti Pj , P/ , corrispondono a due rap- porti immaginari coniugati :

X, -\- iy.

\ -+- m =

^•2 iy^

x,—iy^'

e quindi vengono collegati a due sensi opposti della retta a,.^, ■e così staccati l'uno dall'altro.

358

Ai due sensi della retta a^^ corrispondono d'altronde due sensi opposti della retta PP' (proiettata da a^^ su a,^\ così i punti P, P' vengono attaccati a due sensi opposti della retta che li congiunge, e per tal modo distinti r uno dall' altro,.

Possiamo dunque concludere che :

La considerazione di un punto immaginario nello spazio, corrisponde alla complessiva considerazione di una involuzione ellittica sopra una inetta reale, e di un senso di questa retta.

Questa interpretazione degli immaginari in Geometria è dovuta a Staudt ( Beitràge zur Geometrie der Lage), che partendo da essa, con minute considerazioni, ha esteso per via sintetica al campo più largo, comprendente gli elementi immaginari, la parte fondamentale della Geometria proiettiva.

In molte questioni tuttavia basta introdurre gli imma- ginari a coppie (di elementi coniugati) , ciò che può l'arsi in un modo molto più semplice. Il Segre ha sviluppato questa trattazione in uno scritto di natura didattica, ponendo a base il teorema fondamentale: « Data in una forma di 1.^ specie una proiettività ellittica, esiste una determinata involuzione, pure ellittica, permutabile con essa ».

Noi rimandiamo gli studiosi alla memoria del Segre : « Le coppie di elementi immaginari nella geometria j^ro- iettiva sintetica» (Memorie dell'Accademia di Torino, 1888), e al « Trattato di Geometria proiettiva » del Sannia.

IV. Cenno storico-critico sulla genesi dei concetti fon- damentali della Geometria proiettiva. È utile gettare un rapido sguardo alla genesi dei principali concetti che stanno a base della Geometria proiettiva.

1. Sebbene la Geometria proiettiva, intesa come scienza, appartenga a questo secolo, se ne possono rico- noscere i germi fino nella Prospettiva di Euclide e di

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Eliodoro. Col fiorire delle arti, e segnatamente della pittura e dell'architettura, nel Rinascimento, la Prospettiva ebbe numerosi cultori, come L. B. Alberti e Leonardo da Vinci; Guido Ubaldo del Monte ne dimostrava più tardi i principii matematici (1600) (').

La considerazione delle figure geometriche dal punto di vista della Prospettiva, tende a porre in rilievo le loro proprietà grafiche, discernendole dalle proprietà metriche, e induce così ad una concezione più generale delle figure stesse.

Inoltre nella Prospettiva sono implicitamente conte- nute le due operazioni del proiettare e segare, fonda- mentali per la Geometria proiettiva. La prima operazione trova infatti riscontro nel processo della visione, per cui si conducono dal centro dell'occhio (centro di proiezione) tutti i raggi luminosi che vanno ai punti di una figura; e la seconda operazione corrisponde alla formazione della immagine della figura veduta, sopra un quadro assegnato (piano di sezione).

Sembra che spetti a Desargues (1593-1661) e a Pascal (1623-1662) il merito di aver applicato nella Geometria, e segnatamente nella teoria delle coniehe , i metodi della Prospettiva (").

Le coniche erano state considerate dagli antichi come sezioni del cono circolare retto , e più generalmente da Ai^oiiLONio (247 a. C.) anche come sezioni d'un cono cir- colare obliquo ; questo geometra aveva dato di esse uno studio approfondito, ponendone in luce molte delle più belle proprietà. Ma non pare che alcuno, prima di Desar- gues, abbia avuto l' idea feconda di cercare il fondamento

0) Si può consultare a questo proposito la « Histoire des Sciences Mathèmatiques en Italie » di Guglielmo Libri ( Parigi - Jules Renouard et C.i% 1838).

(^) Cfr. Chasles : « Apergu historique sur V origine et le dévelop- pement des méthodes en Geometrie.... » (Bruxelles, 1837).

360

comune delle proprietà delle coniche nel fatto che esse sono proiezioni di un cerchio.

Tale concezione sta a base delle trattazioni di Desar- gues (1639) e Pascal (1640), mirabili non meno per r originalità dei punti di vista che per i nuovi ed impor- tanti resultati (cfr. p. e. i teoremi dei §§ 64 e 65).

Ma ciò che a noi preme di rilevare, è come l'intro- duzione dei metodi della Prospettiva nello studio delle coniche appaia rispondente allo spirito di generalità, che animava oramai le ricerche scientifiche, mentre le anguste divisioni della Geometria dei Greci più non soddisfacevano al bisogno di raggruppare molte verità in una sola e di farle scaturire in modo più luminoso da uno stesso principio.

La concezione di Desargues permetteva di considerare come rientranti in una sola famiglia le tre specie di coniche (ellisse, iperbole, parabola) che per lo innanzi erano state tenute distinte, e ciò conformemente alla considerazione dei punti impropri, dovuta allo stesso Desargues.

Abbiamo già spiegato (nota a pag. 10) la genesi psicologica dell' idea di riguardare due rette parallele come aventi comune un punto all' infinito (^).

Certo la spiegazione di questa genesi non serve a giustificare con tutto rigore 1' uso dei punti impropri nella Geometria; si sa, d'altra parte, quale giustifica- zione ne desse il Desargues, che probabilmente si riferiva (come esplicitamente fece il Leibnitz) a delle nozioni di continuità. Ma la nominata giustificazione esige un esame critico delle proposizioni fondamentali della scienza, che può essere dato soltanto dal maturo spirito d' analisi proprio del nostro secolo.

D'altronde nel metodo delle proiezioni i punti impropri si presentano da sé, ed, in quanto non ci si scosti dal

(1) L'idea analoga di considerare due piani paralleli come aventi comune una retta alF infinito è molto posteriore (dovuta a Poncelet).

361

detto metodo, trovano in esso il fondamento del loro legittimo uso.

E la storia della Matematica ci avverte che tutti 1 concetti fondamentali, venuti ad allargare le idee domi- nanti nei vari campi di essa, sono stati introdotti nella scienza in un modo analogo, trovando solo più tardi la loro piena ed esatta giustificazione (^).

2. Lo spirito di generalità, di cui si è riconosciuto un'esplicazione nei metodi geometrici di Desargues e di Pascal, ha la sua più alta espressione nella Geometria analitica creata da Des Cartes , coli' applicazione del- l'algebra alla teoria delle curve, nel 1637.

Prescindendo dall'uso delle figure e ravvicinando, sotto uno stesso tipo di equazione, enti geometrici di forma differente, si veniva ad introdurre nella Geometria quello stesso carattere di astrazione e di universalità, che e proprio dei procedimenti analitici.

L' attrattiva che la nuova scienza esercitò sugli spiriti più elevati fu così potente, che, quindi innanzi, per un lungo periodo di tempo, ogni altro metodo d'investigazione geometrica fu quasi negletto. Così, in conseguenza del rinnovamento portato nelle Matematiche dalle idee di Des Cartes, mentre nasceva il Calcolo infinitesimale, l'indirizzo di Desargues e di Pascal ebbe pochi conti- nuatori. Sono tuttavia da citare i nomi di De La Hire (1640-1718) e di Le Poivre (1704), geometri che riattac- candosi in parte al citato indirizzo, ed in parte alla Geo- metria degli antichi, arricchirono di bei resultati la teoria delle coniche. In particolare De La Hire pose i fonda- menti della teoria delle polari, che pare fosse contenuta solo in germe nell'opera di Pascal, e che, ad ogni modo.

(^) Cosi si dica p. e. relativamente air introduzione nell'algebra dei numeri irrazionali, negativi e complessi, venuti ad allargare il primitivo campo deir aritmetica.

362

non era stata tramandata dopo di lui. Ancora ricorderemo il « Traile de Perspective » di Lambert (1759), nel quale sono fatte applicazioni del metodo delle proiezioni ad uso tecnico, come già Desargues insegnò, trattando numerosi problemi di Gnomonica, ecc.

3. Ma, se lo spirito analitico aveva dominato quasi sovrano nella Geometria durante il secolo successivo alle scoperte di Des Cartes e di Leibnitz, la reazione, osserva I'Hankel (^) , non poteva mancare. Essa si riattacca più da vicino alla tecnica che alla scienza. Le arti e le indu- strie, ed i problemi della Prospettiva, della Gnomonica, del taglio delle pietre, delle macchine, che le interessano, esigevano soluzioni più spedite e dirette, rispondenti ai progrediti bisogni ; in questo la tecnica del disegno poteva venir sostituita da procedimenti analitici.

Abbracciando insieme questi vari problemi tecnici in una teoria scientifica, creò Monge la Geometria descrit- tiva (1795), nella quale egli seppe fondere armonica- mente vari indirizzi della Matematica pura ed applicata (sublime caratteristica di un uomo di genio!). E quanto, anche nella teoria, egli si sia levato alto, viene attestato dal fatto che egli « potè fare dell'Algebra colla Geo- metria, come Cartesio aveva fatto della Geometria col- 1' Algebra »(^).

Nella Geometria di Monge e della sua scuola non e' è ancora la Geometria proiettiva. Ivi si fa uso siste- matico del metodo delle proiezioni, soltanto nel caso particolare delle proiezioni ortogonali. Ma i concetti ana- litici, profondamente assimilati e luminosamente trasformati, hanno ormai portato ad un più alto grado di generalità la concezione degli enti geometrici coli' introduzione degli

(1) Cfr. la prefazione storica al suo libro « me Elemente der pro- jectivischen Geometrie » (Teubner Lipsia, 1875).

(2) Cfr. Chasles « Aperq.u historique ecc. »

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elementi immaginari e con quella del priyicipio di con- tinuità, di cui PoNCELET dovcva fare più tardi un uso così fecondo, sia pure che non riuscisse a giustificarlo in modo del tutto soddisfacente.

Ed ecco la « Geometrie de position » di Carnot (1803), ispirata a questa più vasta concezione degli enii geometrici, nella quale, ad esempio, appare generalizzato il concetto del quadrilatero (semplice) noto agli antichi, colla considerazione del quadrilatero coìnpleto, cui si aggiunse più tardi il quadrangolo completo.

La citata «. Geometrie de position » e 1' « Essai sur la ihéorie des transversales ^ del medesimo autore, deb- bono essere (secondo lo Chasles) ravvicinati all'opera di Monge, in quanto questi lavori si vogliano riattaccare ai metodi di Desargues , Pascal, La Hire e. Le Poivre, e considerarli come una continuazione di essi nel duplice ordine di relazioni grafiche (o descrittive) e metriche, ormai difi'erenziatesi.

Ma l'opera di Monge, come quella che conteneva una generalizzazione immensa dei metodi della Prospettiva , e poneva in una stretta relazione di reciproca dipendenza la Geometria del piano e dello spazio, deve considerarsi come la più efficace preparazione della nuova scienza che ha permesso più tardi di penetrare tutti i rami della Geometria, e sostituirvi con successo i procedimenti della Geometria degli antichi.

4. La scienza nuova preparata da tanti elementi, la Geometria proiettiva propriamente detta, sorge col « Traité des propriétés projectives des figures » di PoNCELET (1822). Nel quale trattato si fa uso sistematico delle proiezioni e sezioni intese nel senso più generale , e si ricercano appunto sistematicamente quelle proprietà delle figure piane, che hanno carattere d'invarianza rispetto alle operazioni nominate (projjrietà proiettive) ; tra queste si trovano in prima linea le proprietà grafiche, e quindi

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le proprietà metriche che si riattaccano alla nozione del

rapporto anarmonico (o hir apporto).

Tutta r opera di Poncelet è dominata dall' idea di ricondurre, mediante proiezioni, lo studio delle figure piane a quello di qualche caso particolare notevole; così lo studio delle coniche a quello del cerchio (come già Desargues e Pascal), lo studio di un quadrilatero a quello di un parallelogrammo, ecc.

Inoltre a Poncelet si deve la considerazione generale àoiV oynologia solida, fondamento della Prospettiva in rilievo, mentre 1' omologia piana (che si riattacca al teo- rema dei triangoli omologici, dovuto a Desargues, ed ora più semplicemente dimostrato col metodo di Monge) già si trova considerata da De La Hire per dedurre le coniche dal cerchio.

Un alto interesse deve anche essere attribuito allo sviluppo dato da Poncelet alla teoria della polarità rispetto ad una conica, teoria di cui abbiam detto doversi al De La Hire i teoremi fondamentali. È segnatamente un me- rito di Poncelet di avere concepito la polarità come uno strumento generale e fecondo per dedurre sistematica- mente nuove proprietà (grafiche e metrico-proiettive) delle figure. Questo strumento permise, p. e., al Brianchon di dedurre dal teorema di Pascal sull'esagono iscritto ad una conica, il teorema, suU' esalatero circoscritto , che porta il suo nome.

Ma vi è neir uso di queste considerazioni qualche cosa di più che un metodo conducente alla scoperta di nuove proprietà geometriche; Gergonne (autore degli « Annales de Mathématiques » dal 1810 al 1831 ) assorgeva da esse ad uno dei più bei principii delia moderna Geometria: il principio di dualità.

5. Di poco posteriore all'opera di Poncelet, colla quale sorge in Francia la Geometria proiettiva, è il « Barijcentrische Calcili » di Mobius (1827) che, seguendo

365

un indirizzo analitico-proiettivo, poi-ta un nuovo ed impor- tante contributo a questa scienza.

Si deve a Mòbius uno dei concetti fondamentali della moderna Geometria, cioè il concetto generale di corri- spondenza biunivoca o t7^as formazione, nel piano e nello spazio. Ed anche a Mòbius stesso appartiene la conside- razione di quelle particolari corrispondenze che stanno a base della Geometria proiettiva : le omografie o collinea- zioni. Esse occupano nella Geometria proiettiva un posto analogo a quello che spetta al concetto del mxwimento nella Geometria metrica. Come il movimento permette di mutare la posizione di una figura dello spazio, senza alterarne le reciproche relazioni metriche (che com- prendono tutte le relazioni considerate dal geometra), così r omografia fornisce una trasformazione delle figure, per la quale in generale non tutte le relazioni di esse, ma soltanto le relazioni grafiche (e le metrico-proiettive) vengono mantenute. Ed anzi le omografie sono, fra le corrispondenze biunivoche, le sole che sieno dotate della proprietà di conservare le relazioni grafiche, giacché queste relazioni hanno come contenuto essenziale l'appar- tenersi di punti e piani o di punti e rette, e la condi- zione di non alterare tale appartenenza serve appunto a definire le omografie tra spazi o piani (§§ 85, 43).

A Mòbius, abbiamo detto, si deve la considerazione generale delle omografie; conviene aggiungere che l'omo- grafia tra due piani non diff'erisce dal riferimento mediante proiezioni e sezioni, la cui nozione si riattacca a Poncelet, e deve anche esser notato che Mòbius suppose per l' omo- grafia la condizione di continuità, proprietà che può invece esser dedotta dalla definizione, dato il teorema fondamentale di Staudt.

Ma, non solo le omografie, bensì anche le correlazioni 0 reciprocità includenti il concetto del cambio di ele- mento (esteso poi immensamente dal Plìjcker), trovano

366

posto neir opera di Mòbius ; nella quale, dunque, figurano per la prima volta, in tutta la loro estensione, le proiet- tività, come oggi si considerano nella Geometria proiettiva. 0. Accanto a Mòbius deve esser posto tra i fonda- tori della Geometria proiettiva lo Steiner (^), di cui la « Sìjstematische Entioickehing.,, » fu pubblicata nel 1832. Le proiettività assunsero, nelle sue mani, un nuovo ufficio, dando luogo alla generazione delle figure geometriche; così p. es. è dovuta allo '^iemev Va generazione proiettiva delle coniche (§61) che abbraccia entro di \ix descri- zione organica di Newton, ecc.

Ed anche sotto questo aspetto 1' ufficio delle proiet- tività può essere paragonato a quello dei movimenti.

Il cerchio, la sfera, il cilindro ed il cono di rotazione traggono origine, in difì"erenti modi, dal movimento di un elemento generatore ; in modo analogo molte curve, super- ficie, ecc. ( le coniche, le quadriche , Le cubiche gobbe , le superficie del 3.° ordine, ecc.) ammettono semplici gene- razioni mediante la proiettività tra forme fondamentali, e possono essere facilménte studiate per questa via.

7. Se ora gettiamo uno sguardo alla Geometria proiettiva, quale essa, per opera specialmente di Poncelet, Mòbius e Steiner, si è formata, vediamo che, mentre i suoi principali risultati si sono venuti distinguendo da quelli della Geometria metrica, la dimostrazione di molte proposizioni grafiche viene ancor fatta ricorrendo al con- cetto della misura. Ora, mentre le nozioni grafiche si basano sopra un minor numero di concetti e di postulati, s' introducono cosi dei concetti e dei postulati non neces- sari che limitano inutilmente la generalità della scienza.

(1) Egli fu uno dei più fecondi ingegni geometrici di tutti i tempi. Con lui si apre un nuovo periodo nella storia della Geometria coli' inizio della Geometria superiore, che per opera di Chasles, Plucrer, Cayley, Cremona, Clebsch, ecc. raggiunse presto uno sviluppo elevato.

367

E non si pone in rilievo l'intimo spirito, che pure la nuova scienza ha fatto nascere, per cui due figure proiet- tive vengono concepite come perfettamente analoghe a due figure uguali nell' antica Geometria. Studiate sotto questo aspetto, con istrumenti confacenti all'indole delle proprietii che s' indagano, tali figure dovranno presentare le stesse difficoltà di studio. Così p. es. il cerchio non apparirà più semplice di una conica qualsiasi, sicché non converrà di ricondurre alla definizione di esso la definizione delle coniche, di cui le proprietà grafiche (o le proiettive) sca- turiranno invece in modo più naturale e luminoso da una definizione generale 2^'^^oiettiva, come quelle dovute a Steiner ( § 61 ) o a Staudt 56).

Lo scopo di rendere indipendente nei suoi melodi e nei suoi principii la Geometria proiettiva dalla metrica , caratterizza 1' ultimo periodo della evoluzione della nuova scienza, nel quale, per opera di Staudt (^), essa ha ricevuto il suo assetto definitivo.

Il problema fondamentale a cui si collega il raggiun- gimento del fine menzionato, si può far consistere nella determinazione della proiettività tra due rette. Se tale proiettività vien definita come un riferimento mediante proiezioni e sezioni , si riconosce subito che essa resta determinata da tre coppie di punti omologhi, basandosi sulla costanza del birapporto di 4 punti per le operazioni citate; ma s'introduce così, nella dimostrazione, un con- cetto metrico da cui si vuole invece prescindere.

Ora, la via da seguire si presenta spontanea allorché si fissi l'attenzione sulla omografia fra due piani (o spazi).

(^) « Geometrie der Lage» (1847) « fìeitrnge zur Geometrie der Lag e » (1856-57-00).

Della vita e dell' opera di Staudt discorre il Segre in uno studio che precede la traduzione italiana della Geometria di Posizione (Torino, Bocca, 1889).

368

Due rette omologhe di questi piani risultano riferite fra loro in una corrispondenza biunivoca, di cui lo studio appare subito interessante, sia per penetrare più addentro nella considerazione dell'omografìa, sia perchè tale cor- rispondenza si presenta a prima vista come una (apparente) generalizzazione della proiettività definita mediante pro- iezioni e sezioni. Infatti, si dimostra subito che la citata corrispondenza gode della proprietà di conservare i gruppi armonici 44), cioè di lasciare invariato il valore del birapporto di 4 punti ogni qual volta esso sia 1 ; sorge quindi la questione se il detto birapporto resti invariato sempre, anche quando ha un valore qualunque, diverso da 1; in altre parole, sorge la questione se, data, tra due rette, una corrispondenza biunivoca che conservi i gruppi armonici, essa equivalga ad un riferimento delle due rette mediante proiezioni e sezioni.

Si è così condotti alla questione fondamentale, cui Staudt ha dato risposta affermativa, dimostrando quella proposizione che ha ricevuto appunto il nome di teorema fondamentale della proiettività.

Per tal modo, la nozione di gruppo armonico, che può esser posta graficamente mediante il quadrangolo (Desargues), e corrisponde d'altra parte ad una così semplice definizione metrica, è divenuta la base dell' edi- fizio innalzato dallo Staudt, essendo presa da lui come pùnto di partenza di una nuova definizione della proiet- tività tra due rette (o forme di 1.^ specie). La quale definizione, appunto perchè sorta dallo studio dell'omo- grafia, presenta considerevoli vantaggi nella trattazione di questa, permettendo di eliminare la superflua condizione di continuità che Mòbius vi aveva introdotto.

Con Staudt le relazioni grafiche, che costituiscono la parte sostanziale della Geometria proiettiva, vengono ordi- nate in un corpo di dottrina completamente distinto da quello delle proprietà metriche. Tale purezza di metodo

369

rende possibile 1' esame critico dei postulati della nuova scienza (Klein, Darboux, Pasch, De Paolis ecc.), e ne fa riconoscere il grande carattere di generalità, per cui essa abbraccia entro di anche la Geometria (non euclidea) che prescinde dal postulato d' Euclide sulle parallele (Cayley, Klein).

Inoltre il principio di dualità, primitivamente dedotto da una trasformazione delle figure per reciprocità, appare ormai dimostrato a priori dal fatto che gli elementi fon- damentali entrano simmetricamente nelle proposizioni gra- lìche elementari, che costituiscono i postulati della Geometria proiettiva (aggiunte, pel piano, le considerazioni che abbiamo istituite nel § 9).

8. Ma r importanza attribuita alla separazione delle proprietà grafiche dalle metriche non deve far dimenti- care il grande interesse di queste ultime; anzi la possi- bilità di subordinare sistematicamente la Geometria metrica alla proiettiva è da riguardarsi come uno dei più begli acquisti della nuova scienza.

Che la speciale considerazione degli elementi impro- pri permette di far scaturire relazioni metriche da rela- zioni proiettive (queste ultime riducibili a relazioni grafiche), appare già dai lavori di Poncelet , di Chasles ecc. ; ma è grande merito di Laguerre (*) avere rilevato che tutte le proprietà metriche, delle figure si possono riguardare come relazioni proiettive (o grafiche) di esse con quegli enti particolari che costituiscono l'a^^o^i^to (§§ 50,54, 91), cioè coi punti ciclici (involuzione assoluta) nel piano, e col cerchio all' infinito delle sfere ( polarità assoluta ) nello spazio.

In seguito si vide che non solo l'ordinaria Geometria euclidea, ma anche la non euclidea poteva venire subor-

(^) « Note sur la théorie cles foyers ». Nouvelles Aniiale de Mathé- matiques, 1853.

370

dinata in un modo analogo alla Geometria proiettiva (Cayley - 1859). E gli scambievoli rapporti della Geometria proiettiva colla metrica apparvero lumeggiati dal confronto dell'indirizzo proiettivo colle memorabili ricerche di Rie- MANN, Beltrami, Schlafly, mediante l'introduzione del con- cetto fondamentale di gruppo di trasformazioni (Klein

e Lie).

9. Traendo le sue origini da problemi essenzialmente tecnici della Prospettiva, della Gnonomica, ecc. , la Geo- metria proiettiva è venuta sorgendo dal campo della pratica al campo di una teoria sempre più elevata e feconda, che sta a fondamento dei successivi sviluppi della Geometria superiore. Essa ha seguito così la legge universale di evoluzione delle scienze, che consiste appunto in un pro- cesso di astrazione e di generalizzazione. Ma, come le altre scienze, anche la Geometria proiettiva, corrispon- dentemente al suo progresso teorico, ha veduto allargarsi il campo delle applicazioni, riuscendo alla sua volta non solo a dare una risposta ai problemi tecnici che in prin- cipio le dettero impulso, ma portando altresì nuovi ed inattesi resultati di grande valore pratico.

Abbiamo già accennato ai numerosi problemi che ricevono la loro soluzione dai metodi descrittivi di Monge e della sua scuola, ed in questi abbiamo riconosciuto i germi dell' opera di Poncelet. Alla sua volta all' esten- sione così ottenuta nell' uso delle proiezioni si deve colle- gare la nuova Prospettiva di Cousinery (1828), e l'im- portanza che ha acquistato nella Geometria descrittiva il metodo delle proiezioni centrali , da cui Fiedler ha fatto derivare tutti gli altri metodi di rappresentazione.

Ma un nuovo ordine di applicazioni si ha nel campo della Statica grafica. Queste sono dovute principalmente a CuLMANN (') Lehrlmch der graphischen Statili )^,

(») In parte preceduto. da Maxwel (Phil. Maga/ine, 1864).

371

Zurigo, 1866) ed a Cremona Le figure reciproche della Statica grafica », 1872), i quali seppero ricondurre a semplici ed eleganti costruzioni, date dalla Geometria proiettiva, numerosi problemi tecnici relativi alla fabbri- cazione di volte, ponti, ecc.

Dalle quali applicazioni, paragonate allo svolgimento teorico della nostra scienza, sorge un grande ammaestra- mento confortato ad ogni passo dalla storia della Mate- matica. I vari rami della Matematica pura ed applicata si annodano e si coliegano fra loro per vie inaspettate; e le idee, che traggono origine da elementari problemi della pratica, sembra debbano maturarsi per una lunga elabo- razione di pensiero, nelle regioni più alte della teoria, prima che possano discendere feconde nel campo di atti- vità della vita.

INDICE

Prefazione Pag. hi

Introduzione » 1

CAPITOLO I Proposizioni fondamentali.

§ 1. Forme geometriche fondamentali » 5

§ 2. Elementi impropri » 8

§ 3. Primo gruppo di proposizioni fondamentali della Geome- tria Proiettiva » 14

§ 4. Proiezioni e sezioni » 15

§ 5. La disposizione circolare naturale degli elementi d' una

forma di 1.^^ specie - » 18

§ 6. Carattere proiettivo della disposizione circolare naturale

di una forma di 1.^ specie » 27

CAPITOLO II Legge di dualità Teoremi preliminari.

§ T. Legge di dualità nello spazio » 31

§ 8. Esempi di dualità nello spazio » 36

§ 9. Legge di dualità nelle forme di 2.^ specie. Esempi. . » 39

§ 10. Teorema dei triangoli omologici e correlativi » 47

§ 11. Teorema dei quadrangoli prospettivi e omologici, e cor- relativi ^^ ^^'^

374

CAPITOLO III Gruppi armonici.

§ 21. § 22. § 23. § 24. § 25.

»

0/

§12. Gruppi armonici di 4 punti e di 4 piani Pag

§13. Scambi tra gli elementi d'un gruppo armonico » <30

§ 14. Gruppi armonici di 4 raggi d' un fascio » 61

§15. Conservazione dei gruppi armonici nel riferimento di due

forme di 1.^ specie mediante proiezioni e sezioni ... » 65

§ 16. Questione fondamentale -• » 68

§ 17. Proprietà metriche dei gruppi armonici » ~2

CAPITOLO IV Il postulato della continuità e le sue applicazioni.

§ 18. Postulato della continuità » ~5

§ 19. Corrispondenze ordinate » ^^

§ 20. Coppia che ne separa armonicamente altre due

CAPITOLO V Il teorema fondamentale della proiettività.

85

» 91

» 92

» 93

» 93

CAPITOLO VI Proiettività tra forme di 1.» specie.

§ 26. Rette proiettive sghembe » 96

§ 27. Forme prospettive nel piano » ^9

§ 28. Forme proiettive nel piano » 101

§ 29. Punteggiate simih e fasci di raggi uguali » 104

§ 30. Forme proiettive sovrapposte » 1^8

§ 31. Elementi uniti di una proiettività tra forme di 1.^ specie

sovrapposte >> 1 1 1

§ 32. Congruenza diretta e inversa tra punteggiate sovrapposte

e fasci propri di un piano » H-^

375

S 33. Gruppi di quattro elementi proiettivi Pag. 117

§ 34. Birapporto di quattro elementi in una forma di 1.*^ specie » 124 S 35. Trasformate proiettive di una proiettività. Invariante

assoluto » 132

CAPITOLO VII

Involuzione nelle forme di 1.^ specie.

§ 36. Involuzione » 136

§ 37. Senso d' una involuzione » 138

S 38. Involuzioni iperboliche » 141

§ 39. Teorema del quadrangolo » 143

§ 40. Proprietà metriche deir involuzione nella punteggiata. . . » 145

§ 41. Congruenze involutorie nel fascio » 149

ì5 42. Cenno sulle proiettività cicliche » 151

CAPITOLO Vili Proiettivitìi tra forme di 2.-^ specie.

§ 43. Definizioni » 152

§ 44. Teorema fondamentale ' » 156

§ 45. Determinazione della proiettività tra forme di 2.^ specie . » 157

§ 46. Forme di 2.^ specie prospettive » 164

§ 47. Omologia » 164

§ 48. Involuzione » 170

§ 49. Elementi uniti di un'omografìa piana » 171

§ 50. Omografie piane particolari sotto V aspetto metrico .... » 174

S 51. Polarità nel piano » 185

S 52. Involuzione di elementi coniugati subordinata da una pola- rità in una forma di 1.^ specie » 187

§ 53. Classificazione delle polarità piane » 191

§ 54. La polarità ortogonale nella stella » 195

§ 55. Estensione della legge di dualità nelle forme di 2.^ specie » 198

CAPITOLO IX Le coniche.

§ 56. Definizioni » 203

§ 57. Proprietà dei poli e polari rispetto ad una conica » 209

§ 58. Diametri delle coniche » 212

376

§ 59. Assi delle coniche Pag. 214

§ 60. Teorema di Staudt » 215

§ 61. Teorema di Steiner; generazione proiettiva delle coniche. » 218 § 62. Casi particolari metrici della generazione proiettiva di una

conica. Cerchio e iperbole equilatera » 221

§ 63. Condizioni che determinano una conica » 224

§ 64. Teoremi di Pascal e di Brianchon » 228

§ 65. Teorema di Desargues » 235

CAPITOLO X Proietti vita fra coniclie.

§ 66. Definizione. Teorema fondamentale »

§ 67. Proiettività sopra una conica. Teorema d'Apollonio . . »

§ 68. Involuzione »

§ 69. Punti esterni ed interni, rette secanti ed esterne »

§70. Diametri reali ed ideali Vertici »

§ 71. Coniche omologiche Apphcazioni Area dell' ellisse . »

241

246 250 253 257 259

CAPITOLO XI Problemi determinati.

§ 72. Generalità Problemi di 1.° grado »

§ 73. Problemi di 2.° grado »

§ 74. Problemi risolubili colla riga e col compasso »

§ 75. Intersezioni di due coniche aventi due elementi comuni dati » § 76. Problemi di 3.» grado Determinazione degh elementi uniti di un' omografìa piana Asse d' una congruenza

nella stella ^^

265

268 275 280

284

CAPITOLO XII Proprietà focali delle coniclie.

§ 77. Fuochi

§ 78. Direttrici Proprietà focali angolari »

§ 79. Proprietà focali segmentarie >^

§ 80. Costruzioni relative ai fuochi »

291

295 298 302

377

CAPITOLO XIII

Le proprietà metriche dei coni quadrici.

§ 81. Gii assi dei coni quadrici p^^. 3q^

§ S2. Sezioni circolari e rette focali del cono quadrico ..." . »" 308

§ 83. Asse e rette focali del cilindro quadrico » 313

§ 84. Sezioni circolari del cilindro ^^ 3^5

CAPITOLO XIV Proietti vita tra forme di 3.^^ specie.

?^ 85. Definizioni oio

» olo

§ 86. Teorema fondamentale ^^ 32o

§ 87. Determinazione della proiettività tra forme di 3.^ specie. » 322

i^ 88. Omologia ^ ^^ 32g

§ 89. Omografia assiale e biassiale » 33^

§ 90. Omografie particolari sotto V aspetto metrico » 334

§ 9L Congruenze ^^ 33g

§ 92. Estensione della legge di dualit<à nello spazio » 343

APPENDICE

I. Geometria astratta ; _ ^^ 34'y

IL Coordinate proiettive ^^ 343

in. Elementi immaginari >> 354

IV. Cenno storico-critico sulla genesi dei concetti fondamentali

della Geometria proiettiva » 358

Errata-corrige y, 3^9

CORREZIONI E AGGIUNTE

PAG.

LINEA ALLK PAROLE

7

17

insième di . . .

9

31

direzione . . .

12

25

alle rette ...

28

20

di una . . .

33

33

(stella di raggi) ... .

45

16

Per ogni punto . . .

46

21

ma 4 ordini (come

ABCD, BCDA, CDAB, DABC) . . .

46

24

^ = --

46

26

completo

47

34

binivoca ...

50

27

a h e . . .

50

29

a a, b'b, c'c . . .

54

11

piano passante ...

59

17

separano A,C (come N,S separano A,L)...

61

13

BLS . . .

67

11

prospettività, e anzi si può vedere che non lo è certo se al punto in- tersezione di u con u' corrisponde un diverso punto su m".

14

-f s/oc se X è positivo, e nes-

suno se a?. . .

73

34

ad a, 6 . . .

74

24

i segmenti . . .

74

25

dalle coppie ...

74

26

ai seni dei loro angoli . . .

83

19

B'M. . .

83

20

A'M'...

86

9

(oADCB)...

88

18

TTi -712 TTg . . .

89

Nella figura non è tracciato il

SI SOSTITUISCA

insième di tutti i punti di

direzione diversa da quella della con- giungente i due punti

alle rette e ai piani

di una forma

(stella di piani)

Per ogni retta

ma 4 ordini, come

ABCD, BCDA, CDAB. DABC, ed i loro inversi

24

'^ = »

completo, e dell' n gono piano sem- plice. Quest' ultimo è la biupivoca

«1 ^1 Ci

aia, bib, CiC

piano non passante

separano AD, (come M,S separano A,L)

BLS

prospettività; anzi lo è soltanto in due casi: quando le u, u\ u' pas- sino per uno stesso punto, oppure quando U, U' si trovino allineati coir intersezione u u".

a? •= -f- \/2/ se 1/ è positivo e nes- suno se y

a e

i rapporti dei segmenti

dalle designate coppie

ai rapporti dei seni dei loro angoli (efr. $ 34).

A'M

B'W

(eABDC)

Tj TT, TTj

L21.

iPAG.

LINEA

ALLE PAROLE

SI SOSTITUISCA

«9

11

TTn . . . TT^ TTj TTi . . .

:r„... 7:3 TT2 7:1

94

22

C è interno . . .

C' è interno

107

1

a, a'. . .

a, a'

108

34

u su . . .

su u

114

29

u, u'. . .

U, U'

120

27

BACDttEFGD . . .

BACDnFEGD

120

30

BE...

BF

121

1

AF...

AE

121

2

ELFK...

EMFK

121

4

FK...

EK

122

17

(MNA\ \MNA')"-

(MNA\ \MNB)

122

18

MNA, MNA' fa passare

daS

rB'...

MNA, MNB, fa passare da ^' a JB"

128

13

AC sen bd BC ~ sen ad

sen

ac

AC sen bd sen ac

sen

bc '

BC sen ad ' sen 6c

130

24

§32...

§ 33

131

10

§ 32...

§ 33

131

12

{ \ Rcn \

-..,

<^^^^> = ÌBACD)

^^^^^^ (ABCD)

131

21

% 32...

%

138

6

AA'B, A' AB...

AA'B, A' AB'

138

21

(MM'B \

{m'mb'j '

(AAB\ \A'AB')

143

31

AQGFitA'ACB . . .

AQGFtzAA'CB

150

23

§ 36 . . .

% 37

154

35

(punto e retta). ..

(retta e piano)

155

1

elementi nel . . .

elementi (punto e retta) nel

160

15

AA, BB...

AA', BB'

160

figura

A' B' C D...

C D A' B'

166

31

punti omologhi . . .

punti

166

31

rette omologhe . . .

rette

170

21

r infinito . . .

V infinito, la quale si può considerare

come un

caso particolare

dell' omotetìa corrispondentd al va<«

lore + 1

del

relativo rapporto.

174

2

c.d.d

c.d.d. Di qui segue che in un' omo-

grafia piana^ i

aon omologica, una retta unita non può essere as>

sodata a i

due

punti

uniti,

e se ne ricava:

Se A e

ì B

sono <

due punti uniti di un' omografia piana, non

omologica.

la

retta

unita

a, associata ad A passa per B. Al-

trimenti a

sarebbe

associata a B.

178

20

S 48 . . .

8 47

178

22

S 48 . . .

» 47

179

6

omotetia . . .

omotetia {in particolare una trar stazione )

180

11

equivale

si riduce

180

24

» 31...

$ 49

185 2 piani seganti . . . piani seganti ortogonali

193 la retta p della figura deve penetrare nella regione P.ABC. 207 15 ovale chiuso. ovale chiuso. Un caso particolare

dell' ellisse è il cerchio, che può appunto considerarsi come co-

PAG. LINEA

ALLE PAROLE

SI SOSTITUISCA

nica fondamentale di una particolare polarità piana. Questa po- larità relativa al cerchio si può definire, come nella Geometria elementare, nel seguente modo : Dato un punto A, diverso dal centro O, si unisca con 0 e si considerino i punti M,N in cui la retta OA sega il cerchio; si prenda il punto A' coniugato armonico di A rispetto ad M,N, e si conduca la retta a per- pendicolare ad OA in ^'. La a è la polare di A.

E facile vedere che la corrispondenza così costruita è tale che " se la polare di A passa per un punto B, la polare di B passa per A ; essa è dunque una polarità nel senso definito in queste lezioni 51). In questa polarità al centro 0 del cer- chio viene a corrispondere la retta all'infinito, e ai punti all'in- finito i diametri perpendicolari alle loro direzioni (cfr. § 59).

208

31

cono quadrico

cono quadrico (col vertice proprio).

209

13

polarità non i

uniforme che

non può

correlazione che non può differire

differire da

quella che

definisce

dalla polarità non uniforme che

la conica.

definisce la conica.

212

12

proprietà 1 . .

.

proprietà 4

213

12

§ 56 . . .

§ 57

219

29

§ 51...

§ 52

223

29

cerchio . . .

cerchio passante per A, B.

230

32

conica . . .

conica (risp. luogo o inviluppo)

235

2

LM.AB...

LM.'AB

267

28

rettangolo.

quadrato^ perchè due lati (non pa-

ralleli) di esso e

le due

diagonali, forniscono due coppie di rette

perpendicolari.

271

3

§ 31

§ 30

274

5

rettangolo . . .

quadrato

286

29

C...

Ci'

287

2

B

B'

299

6

teorema

teorema

311

17

polari di P)

polari p-r, p^ di P)

323

16

per a.

per o

325

21

i3, ^

S, in-

348

21

soddisfatti

soddisfatti. Per ricavare nuove con-

seguenze dal principio posto, giova osservare un' estensione che possono ricevere i risultati stabiliti relativi all' omografia tra spazi. Il teorema che concerne la determinazione della proietti- vita tra due spazi 87) si estende al caso di due spazi astratti, per ciascuno dei quali valgano i postulati della Geometria pro- iettiva.

Ciò vien dato dalla stessa dimostrazione del § 87, ove si sia stabilita la possibilità di riferire proiettivamente due punteg- giate, appartenenti rispettivamente ai due spazi. Ma per stabi- lire tale possibilità non ci si può più riferire alla costruzione indicata nel § 22, perchè non ha senso il proiettare una pun- teggiata da uno spazio in un altro. Tuttavia si può stabilire fa- cilmente una proiettività fra due punteggiate, senza uscire da esse; basta p. es. fissare su di esse, rispettivamente, due punti A,A', e far corrispondere le proiettività paraboliche della prima

PAG. LINEA ALLE PAROLE SI SOSTITUISCA

col punto unito A, alle proiettività paraboliche della seconda col punto unito A', in, modo che al prodotto di due proiettività paraboliche sull'una corrisponda il prodotto delle proiettività omologhe sull'altra. Questa costruzione riesce facilmente com- prensibile ove si considerino A,A' come " punti all' infinito » delle rispettive rette, giacché in tal caso si riduce alla costru- zione di una corrispondenza (similitudine) per proporzionalità di segmenti. 358 27 al Trattato alle Lezioni

369 2 Klein, Klein, Luroth e Zeuthen,

KRRATA = CORRIGE

Pag.

linea

12

11 dal

basso

47

1

y>

»

74

8

y.

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74

7

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5>

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6

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178

16 »

178

14 »

179

6 dall' alto

180

11 )> »

180

12 dal basso

192

9 dall' alto

192

11 dal basso

200

5 dall' alto

208

5 dal basso

212

12 dall' alto

213

12 >.

223,

8 dal basso

230

4 »

271

3 dall' alto

311

17 >

2(!7

8 dal ha?so

174

6 dull-ftltu

alle parole si sostituisca

alle rette alle rette e ai piani

binivoca biunivoca

1 segmenti i rapporti dei segmenti

dalle coppie dalle designate coppie

ai seni dei loro angoli ai rapporti dei seni dei loro an- goli (cfr. § 34)

^1 ^2 ^3 'n;.^ Ttg TUj

§ 33 § 37

punti omologhi punti

rette omologhe rette

r infinito 1' infinito , la quale si può consi- derare come un caso partico- lare dell' omotetia corrispon- dente al valore + 1 del relativo rapporto.

§ 48 § 47

§ 48 § 47

omotetia omotetia (in particolare una tra- slazione)

equivale si riduce

§ 31 § 49

separati separate

dai vertici dai vertici ; invece appartengono

a due regioni diverse, se le proiezioni di essi su due lati separano i vertici, mentre le loro proiezioni sul terzo lato cadono ancora nello stesso seg- mento terminato dai vertici. La legge di dualità . . *La legge di dualità

cono quadrico cono quadrico (col vertice proprio)

proprietà 1 proprietà 4

§ 56 § 57

cerchio cerchio passante per A, B,

conica conica (rispettivamente luogo o

inviluppo).

§ 31 § 30

polari di P) polari p^ p^ di P).

rettangolo quadrato

lc1Ìl.l;golo , . . quadrato

161

325

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*, ^^3^ X

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