^. nocj.'3 /•^- MÉMOIRES D E L'ACADÉMIE IMPERIALE DES SCIENCES, LITTÉRATURE ET BEAUX-AE.TS. O M 3 M é^TMigi^u y 'H' n vf .'^( T '^ '> ;> T r' MEMOIRES D E L'AGADÉMIE IMPERIALE DES SCIENCES, LITTÉRATURE ET BEAUX-ARTS DE TURIN, POVR LES ANNÉES XIl ET XIII. LITTERATURE ET BEAl'X-ARTS. TURIN, UK l'iMPRIMERIE de l'aCADÉMIE imperiale DES SCIENCES. A r« oc I n — 1 8 o 5. n NOTIZIA DE' LAVORI DELLA CLASSE DI SCIENZE FILOSOFICHE, DI LETTERATURA, E BELLE ARTI PEL CORSO DI QUATTRO ANNI. FRANCESCO RE GIS segretahio della classe, e rnOFESSonE di eloquemza NEL l' ATENEO. D AL di, che ristabilita l' Accademia di Torino quasi a noi-ma dell' Instituto Nazionale di Parigi, venne questa Classe a quella delle scienze fisiche , e matematiche asso- ciata , non tralasciò ella mai di adoperarsi con tutto il possi- bile zelo negl' importantissimi studj , che come suoi pro- prj, e particolari le furono dal Governo assegnati. La mo- rale, e politica depositarie di tutto ciò, che a schiarare, e reggere l' uomo in suo essere privato , e in bene ordinata società si richiede ; la metafisica dispeusatrice primiera di cognizioni, e guida verace dell'umano intendimento; la letteratura per ogni parte nel vastissimo suo dominio largitrice di lume, e di magistero a ben intendere, giu- dicare, e comporre; le belle arti con nobil gara appli- cate a conservare, ed aggrandire il ricco lor patrimonio; ( 'O ecco il mnltiplice scopo, a cui stati sono senza inteimis- sioue i Involi di lei alternativamente indirizzati. Or di questi ufficio mio egli è il porgere al pubblico una qual- che notizia , la quale dal principio di ventoso dell'anno IX partendo, e sino al fine di piovoso dell'anno XIII arrivando, presenti come sotto un sol punto di vista tutto quello, eh' ella andò in tal periodo di tempo ope- rando. La multiplicità di essi, e la legge, che mi è im- posta si di essere breve, e si di astenermi da elogi, mi obbligano ad accennarne solo, come fra termini di picciola tela, i disegni. Ma da quel poco che ne dirò, e dal con- fronto , che se ne potr:\ fare sulla lettura di quelli, che nel primo, o nel secondo volume sono già distesamente stampati, ognuno di leggieri vi scorgerà, se non altro, una fedelissima testimonianza, che la Classe allo avanza- mento de' suoi studj ella è con tutto l' ardor maggiore consacrata. E come 1' ordine in questo genere di cose soprattutto agevola la precisione, allontana le ripetizioni, e dà luogo alla varietà, mi è perciò pai'uto dovere ciascun lavoro sotto a quegli articoli di scienze, lettere, ed arti a' quali appartiene, ordinatamente raccorre, con premet- tere eziandio alla testa di ogni articolo, e, dove occorra, di ogni sezione di articolo, quel tanto, che a dar luce, o avviamento a' sottoposti argomenti sembrerà non inop- portuno. ( III ) Morale, e Politica. Se r antichità è quasi un carattere di errore per le idee di fisica , ella lo è per lo più di verità per le idee di morale , e politica. Nacquero , si può dire , queste due facoltà col mondo ; perchè col mondo sorsero i doveri dell' uomo , che sono 1' oggetto della morale , sorsero i vizi, a frenare i quali per ben delle città dovea mirare la politica. R sebbene l' una per dirigere 1' uomo trasse poi gran prò dalla luce del cristianesimo, e l'altra, non ostante il dotto retaggio, che le venne dagli antichi fi- losofi , ebbe pure mestieri di ben altro capitale di suc- cessive cognizioni per governare le nazioni qua e là di presente sulla superficie dt-lla terra distribuite; ad ogni modo , chiunque profondaudosi nel cuor dell' uomo , e nella storia anJrà interrogando l'uomo stesso, e le so- cietà, potrà, fio da' tempi più remoti incominciando, rinvenire passo passo schiarimenti, onde adunare molte verità sparse , proscrivere molti errori mal conosciuti , legare meglio tra loro le idee e le passioni, gettar lumi sulla legislazione, porre in veduta ciò che conserva, indebolisce, distrugge gli Stati, additare finalmente agli uomini, e alle comunanze loro quella felicità, che ne è sempre o troppo lontana , o troppo di tenebre ingombra. Entro a questi limiti colle loro penne spaziarono parecchi Accademici , senza intanto gir mai dietro a fallace chia- rore di sistema , che volcudo tutto schiarare , suole oscurar (IV) tuffo, e senza né anche portare mai erdita la mano a discoprire certi misteij di governo, che nel santuario del ministero vogh'ono rimanere nascosti. Il signor Bava S. Paolo, in un discorso che destinò a precedere una sua maggior opera su i progressi delle Scienze, dell'Arti, e de' costumi dal secolo undecimo dell'Era cristiana sino al diciottesimo, dà un' occhiata alla seguita rinnovazione de' buoni studj nel secolo XV, alle fortunate invenzioni della bussola, della carta, della stampa, della polvere, e delle armi da fuoco, alla sco- perta del nuovo mondo , del nuovo passaggio per l' Indie orientali; tocca i varii effetti ch'indi ne sentì la navi- gazione, lo spirito umano, la milizia, la morale; fa sopra gli altri nel secolo decimo settimo campeggiare questi due, il feudalismo distrutto, l'ignoranza dissipata; e mostra finalmente come l' Europa era già nel secolo diciot- tesimo in istato di formarsi a migliori sistemi politici, e di ergersi nelle scienze , e nelle arti a un grado da lei sin allora non conosciuto. - . Ju un altro , che denominò paììngénésie de loute espèce, addita i perpetui cangiamenti, a' quali l'universo , quanto nella fìsiea, tanto nella morale, e politica economia delle nazioni, e degl'individui, egli è con frettolosa alternativa sottoposto; e a vedere" ne dà poi sensibilmente, come in mezzo all'universale continuo sconvolgimento, due sole cose, la verità nel mondo fisico, e la religione nel mo- rale, stabili ed immote rimangono. E in un altro , che intitolò Coiip-cfoeìl sur le ragne ( o do Charles- ]\lugn e , dopo avere accennato i natali di cjuesto Eroe, le circostanze, in cui salì al trono, e le eccel- lenti disposizioni, che vi apportò, con una rapidità, qual a sì fatto titolo conveniva, discorre sul modo, col quale pose freno a' disordini, massimamente dal governo feu- dale originati, sulle leggi riformate, od accresciute, sulla disciplina nelle truppe introdotta, sulla quiete al didentro assicurata, sulle conquiste gloriose fatte al di fuori ampia- mente : riflette all' attiva , e illuminata politica , che tenne verso la Possanza ecclesiastica, alla magnifica protezione , onde favorì le lettere da lui riconosciute le sole capaci di diradare le tenebre della sua età; ne tiapassa alcuni difetti, che in esso riconosce pure la storia: ma osserva sparir questi all'aspetto della prima, e 'piìi luminosa virtìi de' regnanti, voglio dire della giustizia; e fermatosi al- quanto a guardare come eminentemente la possedè, come nelle più maravigliose maniere la esercitò , termina il suo assunto con un' allusione che ne sorge spontanea- mente a onore di chi a' nostri tempi , aggiuntavi la qualità di fondatore , si può come la più perfetta im- magine di quel Monarca conquistatore riputare. Il signor Giaufrancesco Galeani-Napione in una sua lezione entra in quella parte dell' amministrazione poli- tica, che riguarda le finanze, parte del governo come la più interessante, cosi la più intricata, raccoglie certi principi fondamentali di questa scienza , tratti per Io più da antiche memorie di valenti ministri Piemontesi; e presenta alcune particolari riflessioni suU' aumentar la (VI) rtionela in generale, e sul coniar quella di rame, due operazioni, le quali, mal eseguite, furono, e saran sempre alle pubbliche, e alle private fortune diserta- menlo, e ruina. In un'altra, volgendosi all'economia pubblica, materia anch'essa di grande rilievo, e con grande disparità di opinioni da uomini grandi trattata, cerca particolarmente, se in uno Stato di terreno fertile più si debba favorire r estrazioge delle materie prime, o quella delle manifat- ture; e con precise definizioni valevoli a dichiarare, e stabilire la natura, e i limiti delle materie prime; con politici divisamenti sul multiplice scopo, e soggetto delle manifatture; con varj sguardi su la qualità de'paesi di natia fecondità arricchiti , ne prepara a risolvere il gran quesito, cioè se in uno Slato ubertoso meriti più di essere promossa l'industria, o l'agricoltura, argomento di disputa tra due sette di filosofi economisti interminato. Il siguor Prospero Balbo in un discorso anche eco- nomico-politico cercò di ridurre al giusto suo valore la volgare opinione , che attribuisce al Piemonte una fer- tilità grandissima. Certo un si fatto vantaggio della patria, quando ci fosse, dovrebbe esser caro a ciascuno; ma se il magnificarlo troppo potesse mai o diminuire la in- dustria, e la sollecitudine degli abitanti, o dare a coloro che partecipano nel maneggio de' pubblici affari , una mal misuiata idea, ottima cosa fa colui, il quale con veri- dica penna piglia a rettificare su di un tal soggetto il poco diritto pensamento comune. Ciò fa per 1' appunto l'autore. ( VII ) Nella coltivazione, die' egli, la piia importante, cioè deJ frumento , la proporzione del prodotto colla semenza è presso noi interiore a quella , che altrove si osserva ; la qualità eziandio del frumento nostrale è men piegevole di quel, che sia in altre regioni; l'abbondanza de' vini non è per noi cagion di ricchezza ; la produzione del riso , dopo la separazione del bel paese tra Sesia , e 1 i- cino , è ristretta ad una porzione di un «solo Diparti- mento; e Analmente quella delle sete, di gran lunga 1« più ricca delle nostre produzioni, trovasi da più anni • in istato di sensibile decadenza. Sia pure stata , aggiugne, negli anni addietro considerabile la ricchezza del Pie- monte: ma questa , anziché alla naturale fecondità del suolo, è da attribuire principalmente alla moltitudine dei contadini, alla loro condizione, al numero, e alla qualità de' buoi , all' eccellenza dell'aratro , alla perizia del bifolco, ed alla opportuna distribuzione de' capitali, di cui gran parte si rivolgea del continuo a migliorare le terre. Sieno pur anche alcuni tratti del Piemonte molto fertili vera- mente : ma vuoisi contrapporvi l' immensa superficie oc- cupata da monti altissimi, da ignude rupi, da eterni diacci. Che se, prosegue egli, volgiamo lo sguardo a monumenti storici ,. noi troveremo, che le guerre han potuto altre volte ridurre queste provincic alla più trista desolazione. La pace all'incontro in meno di un mezzo secolo ha fatto quasi raddoppiare i prodotti della nostra agricoltura. La dimostrazione di questa importante verità foima (vili) l'oggetto piìiicipale di un supplemento al discorso. Un'al- tra appciulicc contiene l'estratto di tre opuscoli sulla agricoltura Piemontese, che a confermare molte delle asserite particolarità giovano singolarmente. Né contento ancora il nostro Accademico di tutto ciò, ond' è pure il suo assunto vittoriosamente provato , impreso a fare sul medesimo argomento alcune nuove ricerclie , le quali non essendo «per anco terminate, sono cagione, die il suo lavoro, a cui la classe diede già di buon grado l'approvazione per la stampa, sia al seguente volume riservato. Il sig.' Francesco Grassi in un suo componimento letto molto innanzi , che decretata fosse la unione del Piemonte alla Francia, espose alcune sue politiche considerazioni su i vantaggi, che a noi doveano quindi risultare. E l'aumento di sicurezza, che ne avveniva, trovandoci come appog- giati a uno Stato per forza propria, e per costituzione fermo ed inconcusso ; il provento di nostro suolo , il prodotto di nostre manifatture , ed arti , il commercio , la popolazione, lo accrescimento de' lumi di ogni ma- niera , il tutto divenuto più esteso , e più facile , erano di tal soggetto' ì punti principali. In altro lavoro storico-politico , lo stesso Accademico , ad ammaestramento delia gioventù, presentò quasi un prospetto delle cose antiche fino a Giulio Cesare. Ivi sono i fatti principali delle nazioni dal principio del Mondo sino a tal epoca delineati secondo 1' ordine de' tem- pi; si segue la divisione de' varj Governi conosciuti, (IX) e qiiosti per le qualificazioni loro o lodevoli, o biasi- mevoli sono additati; si premettono le basi politiche, e morali di ogni spezie di monumenti fabbricati, scolpiti, coniati, incisi, dipinti, intessuti, ricamati, in poesia, in |)rosa descritti; e con toccare un poco il carattere de' primi storici si Greci, che Latini, viene sbozzato, e come su breve tela posto sott' occhio il multiplice diseguo delia storia antica. Il signor Cesare Saluzzo ne lesse similmente una molto estesa dissertazione con questo titolo : Mémoire sur rutilile des études morales. Destinolla 1' autore a dover precedere un suo saggio , che sta lavorando su' primi principi della morale, oggidì caduta pur troppo in un certo non meritato disprezzo; e vi piglia a mostrare il sommo vantaggio , che da questa scienza deriva , che che ne dicano in contrario alcuni poco d' accordo colla ra- gione, e colla sperienza. Comincia egli ragionando a dis- tinguere dalla vera filosofia ciò , che contro ogni diritto ne porta il nome , come altresì da' veri filosofi i tanti , che così sono immeritamente chiamati: talché sulla falsa filosofia , e su' falsi filosofi ricadano in fine i rimproveri , che la vera filosofia, e i veii amatori suoi non deggiono per nessun conto sostenere. Dopo scorrendo pel vasto campo della storia, ne trae qua e là a coufermaziou del suo tema vie piià forti argomenti: e se talora nelle età più corrotte s' abbatte a vedere anche fiorir maggior- mente gli studj fnorali , ella è anzi questa per lui una prova novella della somma influenza di essi su' costumi, 2 ( X ) r suirjinimo di chi li professa. Di qui die' egli non averci noi a maravigliare, che i secoli de' Scorati , e de' Ci- ceroni abbiano dalle scienze morali cotanta luce ri- j)ortato; ne doverci anco stupire, che il secol nostro, il qual corrotto è d' assai, sia per tal riguardo tuttavia chiaro ancora, e luminoso. Al qual proposilo de' tempi presenti aggiugne, che se la corruzione non trovasi tant' oltre, quanto si vide forse in altre età , vuoisi questo iu gran parte ripetere da que' filosolìci precetti, i quali laddove nelle tenebre del paganesimo quasi anche a' più saggi erano oscuri, od ignoti, ora per la luce del Vangelo sono a' più ignoranti eziandio chiari, e conosciuti. Tai ridessi presentano all' autore un' assennala conclu- sione , ed è, che se a tutti i buoni, e più a' più illu- minati dee esser caro lo studio della morale, tocca soprattutto a un saggio Governo il promoverlo, il fa- vorirlo. Che a vero dire chi ha il freno de popoli niente dee avere più a cuore, che leudtre gli uomini vir- tuosi; e niente a ciò più efficacemente contribuisce, che lo studio di quella scienza, la quale facendoci conoscere, che la vera felicità si è la virtù, ne fa certi ad un tempo, che il nostro interesse medesimo ad essere virtuosi ne appella. Spettante ancora al .presente articolo egli è un discorso letto all' Accademia da uno de' suoi corrispondenti, e poi a parte stampato. Questo con varie osservazioni politiche mira propriamente a far vedere i meazi più pronti, e più sicuri, onde avanzare in meglio sempre l'industria (XI ) della minuta, e povera geutc nelle città principali del Piemonte, ed ha per titolo: Mcmoire sur la necessitò de dé<^eIopper, déleiidre el dulilìser l'induslne en Fié- moni', de M.' Charron, commissaire general de police. Metafisica. Coloro , che la piìi frivola delle conoscenze umane chiamarono la metafisica, intesero, io credo, parlare di quella, che arrogante insieme, e tenebrosa voleva un di innoltrarsi per entro a spazj non suoi, e discor- rere sopra soggetti, ne' quali si smarrirono pressoché; tutti i filosofi antichi. Noi all' opposto diciamo essere la metafisica una delle scienze più vantaggiose , ed impor- tanti: ma la riguardiamo sotto un aspetto ben differente; co-me quella cioè, che sprezzale tutte le ciuestioni ridi- cole, agitatesi lungamente nelle scuole, mira a sviluppare gli astrusi priucipj , generalmente ignorati dall'antichità, a segnare il vero metodo dell' intendimento umano , e il suo progresso dagli oggetti sensibili alle idee astratte, dalle idee semplici alle idee collettive ; come quella che si occupa a rivelare gli abusi, e gli errori troppo fa- cilmente dal tempo, e dalle passioni nel linguaggio in- trodotti; come quella infine, che più d'ogni altra cono- scendo il nostro spirito , e più d' ogni altra sommini- strandogli nozioni nette, ed esatte di tutto, il può iu ogni maniera di studio sicuramente guidare. A tal norma, a tal lume, per quel che coucerne questa facoltà, si (Xll) limitò rigorosamente la Classe, uè mai ebbe la sfrana vaj^hezza di vedere strappato dalla natura il secreto di certe metafisicbe cognizioni, che inutili ad ogni stabile uso , polrebbono appena sei'vire a contentare una pas- seggiera curiosità. Pertanto nel corso di più adunanze fissò ella ben vo- lentieri la sua attenzione sopra un' opera del Signor Falletti-Barolo, il titolo della quale si h Kclaircisse- mens sur plusieurs poinls concenians la théorie des operalìons et des f acuì tés intcllecladlps; titolo, la cui molta modestia potrebbe servire di rimprovero a tal altro troppo fastoso da qualche moderno metafisico posto in fronte a opere più voluminose, ma di questa men pregevoli assai. L' autore in essa non mirò veramente a formare un nuovo, e compiuto trattato, ma sì bene ora a mettere in nuova luce , ora a sottoporre a nuova investigazione alcuni punti non ancora a parer suo pienamente diluci- dati intorno all' ideologia, ed all' arte intellettuale ragio- natrice, che ne deriva. Che se in qualunque ragionamento non si possono spiegare nuovi concetti , senza accennar pii!i o meno quelle idee primordiali , e que' principi , dalla cui combinazione, od applicazione sono essi ge- nerati; egli tuttavia ciò fece con tal riserbo, che mo- strando sempre una manifesta ripugnanza a replicar quello, che già in tali materie si sa , rigorosamente in tutto il corso de' suoi riflessi da ogni replica si astenne, tranne quelle poche, alle quali la legge della chiarezza, anzi ( XIII ) della nccpssilii Io cosdinse. E se i vari oggetti qua e ih Irascelli nel vastissimo campo della raziouale filosofia, non collocò egli ( ciò che possibil non era ) in tal vi- cinanza, e contiguità da formarne una ordinata serie, una non interrotta catena ; diede loro assolutamente quella connessione, e concatenazion maggiore, la qual vi potea aver luogo, e la quale vi scorgeranno, son certo, tutti gl'illuminati lettori. Nuove ricerche adunque inforno alla natura, origine, distinzione, e filiazione delle idee; nuovo saggio intorno alla graduai progressione, e scala delle astrazioni ; nuovo prospetto delle relazioni intellettuali, e reali : rapida oc- chiala sopra l'utilità, e l'abuso dell'analisi, sopra i varj caratteri della medesima, con arrestarsi però un poco di pili sulle analisi deliberative, morali , e di cose spet- tanti al gusto, ed alla imitazione: sviluppamento de' primi principi di ogni ordine, e di ogni metodo, con un cenno inforno alle multiformi applicazioni di essi, come pure circa gli errori, che si potrebbono chiamare metodici: identità dell' arte di osservare, e di quella, che propriamente dialettica si chiama, coli' arte della veia analisi, che non può andar mai disgiunta dal metodo: in fine una matura disamina di ciò, che costituisce pro- priamente la così detta fantasia, od immaginazione, come venga essa in noi generata dalle altre intellettuali facoltà; quali proprietà a lei specialmente convengano, e quali sieno gli ufiizj suoi pro^^rj , e quali le sue usurpazioni, colla rimembranza insieme di alcune fulse ipotesi, o dirò f X I V ) meglio, di alcuni sbagli su questo particolare, che da poco esatta nomenclatura provengono; ecco i precipui capi, che questa produzion metafisica presenta da coa- (cmplare all' occhio di profondo metafisico. Similmente la Classe persuasa, che lo sviluppare i veri principj come di ogni genere di letteratura , così della poesia, e delle liogue, più che a' retori, sofisti, e gramatici, tocca a' filosofi, che ne sono i primi, e veri insegnntori, porse favorevole attenzione alle metafisiche riflessioni fatte in tal proposito dal Signor professore Dépéret in tre suoi discorsi , l'uno de' quali intitolò ; RechercJies plìilosophic/ues sia- le langagn des sons ar- llculés ; V altro Rpjlexions sur les di\'eìs systémcs de versificali on tpndantes à prouver qiLon ne pciit in- Irndiiire, avec succès , dons la poesia francai se les règles prosodi ques des Grecs et des Laliiis; e 1' altro in fine RecJierches et e.Tposilions des principes qui ser- vent de base au systéme de la versifica tion firangaise. Nel primo di essi l'autore comincia ad osservare, che vi ha un gran numero di circostanze, in cui noi ci fac- ciamo intendere, in cui interessiamo gli uditori per la dolcezza del parhue, senza destare precisamente nello spirito loro 1' immagine degli oggetti proprj ad essere dalle parole, che adoperiamo, rappresentati. Quindi passa a distinguc^re due poteri nelle parole, 1' uno fisico, o musicale, l' altro metafisico, o significativo; e viene con molti fatti, che adduce, comprovando, che il primo di questi pf)teri prevale al secondo, e il rende persino talora inefiicace. (XV ) Nel secondo discorso prende a diVliirunic il scguenle principio da adnt farsi poi alla lingua fancese. Qualunque sistema di versifirazione , die' egli, altro non è, che l'accordo delle regole, a tenor delle quali debbono in ciascuna lingua esser composte la frase musicale, che costituisce ciascuna specie di versi, e la frase logica, o gramaticale, che sostiene il canto, ed esprime il pen- siero poetico, che l'accompagna. Ma queste regole non potrebbono, venendo applicnte, produrre l'armonia poe- tica, selle non procedessei'O insieme dal genio di ciascuna lingua, considerata in riguardo alla sintassi, e alla pro- sodia delle parole, che la compongono. II perchè il sistema di versificazione di ciascun popolo in particolare dee essere tanto diverso dal sistema di tal altro, quanto il genio della lingua di quello differisce dal genio della lingua di questo. Nel terzo ragiona a un di presso co4 ; facendo il con- fronto della maniera, con cui lo spirito procede nella prosa per l'analisi, ed espressione del pensiero, con quella, che adopera per lo stesso oggetto nella poesia , uno specialmente può giugnere a determinare il genio poetico di ciascuna lingua , e la natura delle regole es- senziali, che ne derivano. La lingua francese sotto questi due punti di vista considerata, è forse fra tutte If lingue conosciute quella , che offre meno di divario tra la sua frasologia poetica, e la prosaica. Ond' è, che la prima, la più essenzial regola della versificazione francese, quella, che è di fondamento a tutte le altre , inlluisce più su' modi ( xyi ) (Iella locuzione, e sulla divisione del pensiero, che sul ritmo, e sulla scelta delle parole. Or questa regola fon- damcnlalo, stata già dal legislatore del Parnaso fi aacese espressa felicemente in questi due versi ; » Que toiijours dans vos s'ers le sens coupanl les mols » Suspencle flicinisticìie , en marque le repof-j « ella è appunto quella, che 1' autore con la scorta della filosofica ragione piglia a ricercare, ed esporre primiera- mente. Indi seguendone le conseguenze immediate scende a parlare dell' influenza della rima sulla poesia francese, del rompimento del verso, de' versi sciolti, e dell' uso degli epiteti; e termina con disaminare le altre regole, che più all' armonia de' suoni , che a quella de' pensieri si riferiscono. Appartiene anche di special diritto a questo luogo un' opera manuscritta, ora stampata, la quale fu spedita alla Classe dal signor La-Boulinière suo corrispondente, sotto questo titolo; Mtimoìre ou précis d'ideologìe. Lo scopo dell'autore si fu ravvicinare, e legar più stretta- mente i punti principali della dottrina ideologica , ten- tare, se è possibile, di aggiugnere alla catena, che ne porgono le opere in questo genere più rinomate , alcuni anelli, o almeno di gettare qualche lume su quelli , che come non troppo apparenti , pare che lascino una tal catena interrotta. A tal effetto facendo egli la rassegna delle diverse operazioni dello spirito, passa rapidamente $u quelle , intorno alle quali dicesi d' accordo cogli scrit- tori da lui tolti per guida, e si ferma su quelle altre, ( XVII ) che non furono , secondo lui , alibasfanza discusse. Nel che riusci veramente a potere su i principj già ^itabihti adunare de' raggi luminosi , eh' erano sparsi nelle opere de' pili solenni metafisici , e a mettere in mostra alcune verità nuove di molta importanza , e a verificare non poche storte idee. Insieme colla materia è da lodare in questo compendio ideologico la forma, che vi si scorge, pari alla preci- sione è la chiarezza, lo stile è rapido, armonioso, e nuche fiorito. E benché i materiali , che formano il fondo dell'opera, abbiano a un dipresso la disposizione mede- sima , che si trova negli scritti , da' quali gli estrasse, si può dire, che l'autore ha dato a tutte le parti una tal configurazione a potersi esse unir meglio con quelle, che loro sono contigue, e a dovere il tutto essere piìi di- sposto a ricevere la luce, che vi riflettono sopra" i prin- cipj di Locke, di Condillac, e di Bonnet. , LETTERATURA. CRITICA, ED ERUDIZIONE, Essendosi la Classe spesso occupata nella critica, nella erudizione, e nello stile, che sono le tre cose, in cui si può dire la facoltà del letterato essenzialmente con- sistere, comincieiò io dalle due prime, come quelle, che a' letterari studj accademici deggiouo essere innanzi tutto raccomandate. Si suol diie a onore delle scienze 5 ( XVI II ) astratte esclusivamente, che sono esse, che introdussero nel mondo lo spinto filosofico , quello appunto , per cui si sa ciedere, e dubitare a proposito. Ma essendo esso in fine nient' altro , se non se la ragione rischiarati^ su' veri principj delle cose di qualunque natura si sieno, perchè non potrebbe il medesimo essere altresì 1' opera della critica, e appartenere conseguentemente alle lettere? Quel che è certo si è , che questa superiorità di ragione, che tanto si vanta nel nuovo dominio della Gsica, e delle matematiche , merita pur di essere nella moderna repub])Ii<:a letteraria siugolartnente glorificata. Che gli antichi, a vero dii-e , eccetto nelle materie di eloquenza, e di poesia , in tutto il rimanente non giunsero essi ad attignere quel pieno , e sicuro lume di critica , che do- veva sorgere unicamente dalle accumulate ritlessioni degli uomini, fatte a misura che avrebbono coli' acquisto di nuove conoscenze la sfera di loro idee aggrandita. Tal è della erudizione: i moderni che largo campo di co- gnizioni non percorsero, il quale uè era, ne poteva essere aperto alle antiche età? Religione, leggi , costumi, successioni d' imperj , serie di principi , trasmigrazioni di popoli, fondazioni di città, guerre, alleanze, trat- tati di pace, nascita di arti, progressi di scienze, di- plomi, comeutarj , iscrizioni, medaglie, e monumenti di ogni genere, tutto essi con un prodigioso successo hanno vecjulo, raccolto, e come in uc tesoro, qual non s' era veduto mai, adunato. Or varj accademici non pie-, ciola parte di lor fatiche indirizzarono a conservare , e ( XIX ) quanto era in loro, ad accrescere anco , se possibii fosse, questo doppio vanto de' nostri tempi bellissimo, ed in- contrastato. Ma rispetto alla critica furono essi in ciò ferini, e costanti a non permettere , i che lo spirito dì l^V P<^i' quanto credasi utile a guarirne da una cieca ammirazione degli antichi , introduca egli mai con inop- porfuno rigore le fredde , e didascaliche discussioni nelle còse di sentimento. E riguardo all' erudiziotìe, concedendo a lei tra le infinite altre di molto rilievo certe ricerche, puramente curiose , pei-chè agli studj di essa in qualche modo concatenate, la sgridano, la condannano però sem- pre , quando o troppo si attacca a laboriose frascherie , o magnifica con fasto sterili scoperte, o vanta stolta- mctìfe il frivolo vantaggio di saper picciole cose igno- rate Òdi pii!i, perchè dai più a bella posta trascurate. Or dietro a questi principi il Signor GaleaniNapione dettò qffatfro lezioni. Nella prima su di un luogo famoso, che al principio del primo dialogo di Cicerone intorno la natura degli Dei si trova, detto comunemente il tor- mento , la croce degV interpreti , apportò varie osserva- zioni critiche, per isgombrare le tenebre all' intelligenza dì esso attraversate , e per mettere in chiaro molte di qua dipendenti verità storiche insieme, e filosofiche. Nella seconda fra molti passi , che di astrusa politica avviluppali ne lasciò il lirico latino, prese a svolgere quello, che ne offre l'ode ventesima settima del libro 3.°, e C(in forti congetture da altri critici ancora non tocche, giunse quasi a dimostrare , che Galatea , di cui parla (XX) ivi il poeta, ella è Ottavia medesima, sorella di Au-i gusto , e moglie di Marco Antonio , alla quale augura felice riuscita per li politici maneggi , tendenti a rimet- tere la buona intelligenza tra il marito, e il fratello, onde poteasi ordire uà altro beu diverso destino all' Imperio del Mondo, Nella terza produsse un estratto di elogio, dagli scritti di Monsignor F" abboni cavato, di Dante, di Poliziano, di Ariosto, di Tasso: e fu suo intendimento di pro- porre con ciò r idea di un giornale da imprendersi delle opere , che escono alla luce in Italia , giornale , che come già quello di Modena , e di Pisa , sia veramente caro alla odierna letteratura italiana. Nella quarta, che è inscritta: notizie de principali scrit- tori di arte militare italiani y mostrò che quest'arte non ebbe altrove , come in Italia , tanti , e tanto eccellenti scrittori : annoverò prima rapidamente gli architetti mi- litari, e civili, i lettorati eruditi, gli storici, e i politici, che più segnatamente ne scrissero; indi passando a quelli, che le opere della penna con quelle della spada con- giunsero, senza obbliare il nostro D'Antoni, de' cui vo- lumi conserve onorate si fanno in più luoghi, si arrestò alquanto sulle memorie del Generale Montecuculi , il cui lungo studio valse cotanto a Federico lì per aprire poi, come fece, nel Settentrione una nuova scuola di guerra più saggia insieme, e più terribile. A queste lezioni tien dietro una dissertazione del me- desimo Accademico in dodici capi distinta, sulla patria ( XXI ) di Cristoforo Colombo, argomento di critica ben inte- ressante per se medesimo, e molto ancor più per coloro ^ a cui i natali di sì grand" uomo appartengono. L' autore pertanto accennando prima che nei determinare la vera patria di un qualche personnaggio vuoisi riguardare non al luogo della nascita alccidentalc , ma alla sede origi- naria della famiglia, entra nelle lodi del Colombo, e mostra i.° che il caso non ebbe parte nella scoperta da lui fatta del nuovo Mondo, e che là sua navigazione fu unicamente diretta a scoprir nuove terre, le quali sperava egli dii ritrovare nel mare- immenso frap- posto tra le coste della Spagna , e l' estremità orientale dell' As-ia. 2." Che noni solo fu il primo, che scopri le isole del golfo del Messico, ma che prirnSi di; ogni altro eziandio scoprì il Continente di America. ! 3.° Che fu pure di lui la importantissima scoperta delle varia- zioni della declinazione dell' ago calamitato. Viene quindi allo stato della questione. Rammenta le tre principali opinioni inforno la patria del Colombo, che il vogliono o Genovese, ossia della riviera di Ge- nova, o Piacentino, o di Cuccaro, castello del Mon- ferrato, di nobile famiglia, signora del castello medesimo. Qui l'Autore s'accinge di proposito a provare che non fu Genovese, che è incerto il luogo preciso della sua nascita , che venuto in grande slato in Ispagua ,, lasciò per giusti motivi ignorare la residenza de' suoi genitori, che la sua famiglia era distinta, e che ebbe egli una liberale, e saggia educazione. Dopo ciò allega le testi- ( X X I I ) monianze di fededegni scrittori , che il dicono di Cuc- caro, presenta i documenti di una lite verso il fine del secolo X\ I agitatasi tra Baldassarre Colombo de' signori di Cuccaro, e diversi Magnati delle Spagne per la suc- cessione di un maggiorasco istituito da Colombo medesi- mo? documenti, che mostrano ad evidenza, cihe i Colombi feudatari di' Cuccaro erano della stessa famiglia, e che il castello di Cuccaro in Monferrato fu veramente la patria' dello scopritore del nuovo Mondo. Produce inoltre un estratto di un consulto legale di Giovan-Pietro Sordi in favore di Baldassar Colombo, pxibblicatosi in un cogli altri consulti di quel giurisperito sin dall' anno i58g. Addita nel sommario stampatosi in Madrid V anatì ì5qo partitamente divisate le ragioni, per le quali suU'figna- zione di Cristoforo Colombo co' feudatari di Cuccerò , e per conseguenza sulla patria di lui non vi resta dubbio veruno. Ricava eziandio da tal sommario, il quale, ciò che è da notare, concorda pienamente nella sostanza còlla storia di Cristoforo Colombo, scritta da D. Ferdinando figliuolo di lui, ricava, dico, diverse curiose partico- larità concernenti la famiglia, i congiunti, le epoche diverse , e gli eveniraenti della vita dello scopritor dell'America. Dà insieme una particolare notizia deldetto Ferdinando Colombo^ e dell'opera di lui dettata in lingua Gastigliana, e delle edizioni, che se ne hanno in lingua italiana. Posta fuori di controversia la patria del Colombo , piglia ancora il nostro Accademico a disaminare i monu- ( XXIII ) menti , su cui si fondano i principali sostenitori delia- opinione diversa, come ìISalinerio, che il vuole Savo- nese , il Casoni , che il fa Genovese , e il Campi , che il pretende Piacentino. Discute pure alcuni documenti inserti nell'elogio di Cristoforo Colombo stampato in Parma nel 1781, ed un codicillo preteso di Colombo, pubblicatosi dall' Abate Tiraboschi ; e dimostra che tutte quelle carte o nulla conchiudono in contrario, o sono interpolate, e male interpretate, e alcune di piìi apocrife; cosi che, non ostanti le medesime, restano sempre nella integrità loro i monumenti , i quali pienamente ne ac- certano che Cristoforo Colombo, qualunque per acci- dente possa essere stato il luogo della sua nascita, usci dalla famiglia degli antichi Signori di Cuccare, e che perciò il nostro Monferrato si può gloriare di essere la patria di lui originaria. Il signor Bava S. Paolo ha pur egli quattro discorsi, e sono sulle cagioni della caduta delle lettere ne' secoli di ferro, sulla letteratura, sulla storia, sull'antiquaria. Nel primo partendo da una massima ben giusta, che Despkeaux in questi due versi espresse : « Sans la langue , ai un mot , l'autcw le plus dìvin , Est toujours, quok/uil Jxtsse , un méchant écvìvain. » Comincia a toccare il tristo stato, in cui per difetto d'idioma fisso, e regolalo giaceano le arti, e le lettere presso tutte le nazioni di Europa ne' secoli di ferro , che è a dire dopo, o poco dopo il nono sino al quarto- decimo secolo. E la necessità di avere una lingua a certo ( X X I V ) sistema ridotta , la qualità sgraziata di quella , che allora ucl parlare , e nello scrivere si usava , la ditlerenza tra una liiififiia morta ed una nascente, una certa paralisi di morte, iu cui erano le lingue antiche, la diflicoltà, che si opponeva al sorgere delie moderne, i principi , e gli avanzamenti di queste, il nuovo aspetto della letteratura Europea allo abbellirsi, e perfezionarsi delle lingue prin- cipalmente d'Italia, e di Francia, sono questi gli essen- ziali punti , per li quali prestamente discorre. Fa ancora im cenno sul merito speciale della lingua Italiana, e Fran- cese, astiensi dal darne all'una, o all' altra la precedenza, benché per la natia mostrisi, come è giusto, un po' piili inclinato. . Poi torna alla sua tesi, e conchiude, che la perdita della lingua , che innanzi si parlava in Europa , e la impossibilità di crearvenc tosto un'altra, che ne tenesse degnamente il luogo, si fu la cagiou prima, che troppo i secoli di ferro prolungò. Nel secondo mira a dimostrare il pregio, e i vantaggi della letteratura , considerandola sotto questi riguardi , cioè che accelera i progressi di ogni maniera di sapere, che abbellisce la vita, aguzza lo spirito, e anche lo intendimento; che prepara, e perfeziona la lingua alle scienze , che queste accredita, e diffonde, e che con queste amichevolmente alleata dà, e riceve a vicenda lume, e soccorso, cosa soprattutto importante nel secolo presente, in cui uno né potrebbe diventare, e apparire filosofo, senza avere acquistata in lettere una convenevole tintura, ne saprebbe esser tenuto letterato, senza essersi ibtrutlo ( X X V ) della parte sferica di tutte le scienze , e averne nozioni^ se non compite, almeno giuste, e generali. > Nel terzo entrando ad esaminare lo storico sapei'C del secolo XVI , e limitandosi alla storia civile , e po- litica ( se non che vi mette poi un' appendice su quella, che alle lettere, scienze, ed arti appartiene ) tocca pri- mieramente i fini di qualsisia storia , la maniera di riuscirvi , i materiali di essa , e i metodi di scriverla. Indi parla della cronologia , _e della geografia , alle quali tanto lume diedero gli eruditi del seguente secolo : ag- giugne , che questa doppia fiaccola non mancò vera- mente agli storici del seicento ; ma che per difetto di scienza , di esercizio , di esemplari , e di gusto non si fecero nelle lingue viventi vedere libi'i di storia in ogni punto compiti : e discoD-endo per alcuni storici Fran- cesi , con darne il giudizio , e affermando avere gV Ita- liani, benché non del tutto esenti da' diletti , ottenuto in questa parte il vanto prima d' ogni oltj-amontaua nazione , finisce con accennare i vizj da fuggire , e le avvertenze da portare in cjuesta maniera di scritti. Nel quarto dojjo avere dato un' idea generica dell' an- tiquaria , e cerca se sia essa stata nel seicento coltivata, e promossa. Ricorda tra le cagioni di suo poco avan- zamento le difficoltà , che le si attrav(?rsano , i mezzi , che le sono necessarj , e la stemperata voglia , che di esteso , anziché di concatenato sapere , ebbero in tale età molti eruditi , e filologi. Non trapassa i multiplici oggetti, che abbraccia questa scienza, i varj popoli. ( XXVI ) onde ci vennero i documenti più autentici, e I mag- giori savj , che vi attesero. Poscia distingue le parti più elaborate dell" antiquaria , che sono la diplomatica , la lapidaria , la numismatica , e dà di tutte e tre una suc- cinta idea , avvertendo però che il titolo di scienza an- tiquaria i-itenne quella , che va in traccia di ogni altro antico monumento , od avanzo , e include tutto ciò , che al pratico vivere , agli utensili , al costume , alle beUe arti manuali , o scientifiche dell' antichità si rife- risce. Per ultimo disceude a quelli tra moderni , che meglio durante tal tempo in questo studio riuscirono : nomina con ispezial lode i Francesi , i Britanni , vi aggiu- gne gli Olandesi , non ommette i Germani , benché un po' troppo amanti di futili controversie. Quanto agi' Ita- liani non dissimulando , che le dispute sul gramati- cale significato dei testi , e su ogni meschina anticagUa loro in generale nocquero assai , afferma tuttavia , che fiu'ono essi al di sopra di tutti per ciò in particolare, che riguaida le arti del disegno , come quelli , che me- gUo di tutti vi doveano da' laassi-rilievi , dalle antiche sculture , e da' grandiosi cdifizj , che ne rimangono , essere ammaestrati. Il Signor abate Valperga - Caluso , il quale al par de' più celebri Italiani dello scorso secolo accoppia In se lo studio delle lettere con quello delle specolazioni più asti-alte, ne venne anch' egli con un'eruditissima disser- tazione a dilucidare un oscuro punto intorno alla violenta morte di un' inclita Dama , nomata Livia , dell' illustre fa- ( XXVII ) miglia Colonna. Tace su di tal avvenimento la storia; solo vi ha una raccolta di rime , con cui verso la metà del secolo XVI i migliori poeti d' allora , senza però in fronte di essa apporre niente di positivo , o qualificante, celebrarono di costei la vita , e la morte. Or da varj passi di quelle poesie per l'appunto va traendo l'Autore sode , e naturalissime congetture a provai-e , quanto per valore di "critica si può , che cotesta Livia fi- gliuola di Marc' Antonio Colonna Duca di Paliano , indi moglie di Marzio Colonna duca di Zagarolo , fu strozzata nel suo letto , e chi la strozù fu il genero suo Prospero Colonna ; misfatto non raro a succedere tra' Grandi a quella stagione , in cui ve li potea molto di leggieri trasportare la sicurezza dell' impunità , quando massimamente per sete d' oro , o di vendetta vi fossero già inclinati. Tra il luogo , dov' era 1' antica città d' Industria , e il castello di Verrua si trovò nel Po una coppa d' argento, la quale presenta sopra di se un basso-i'Uievo , non in- degno di sagace oculatissimo antiquario. Il Signor abate Tarini recatala suUa tavola dell' Ac- cademia prese con un discorso a spiegare ciò , che più alla rarità di tal lavoro pareva richiesto. Dopo un cenno dell' antichità , e della ricchezza di si fatti vasi , che si usavano ne' sagrifiz} , e ne' conviti , imprende a dare una piecisa idea di quello , che fa il soggetto del ra- gionare. Dice eh' esso è da rapportare a' be' tempi della Grecia , e che rappresenta la sconfitta da Ercole data ( X X V I 1 1 ) alle Amazonì. Vi riconosce 1' Eroe incaricato da Euristeo di levare il cinto ad Antiope , e 1' Eroina vicina a soc- combere sótto la forza del vincitore : vi addita nel guer- riero a cavallo Belleroibnte , il primo , che insegnò a pianeggiar colla briglia i cavalli ; e colui che tiene una di queste Amazoni pe' capehi , pensa che sia Priamo , autore di questa spedizione in favore de' Frigj : vi di- stingue a pie delle balze alcune di quPsle Amazoni in atto di prigioniere, e sulla cima di una m(nilagna un tempio , a rimenibranza forse del sacrilego attentato di queste donne contro il temjiio di Diana in Efeso. In fine vi osserva in queste guerriei-e un armarsi , un ve- stirsi alquanto differente da quello , che medaglie , e altri monumenti generalmente ci mostrano ; e posciachè tutto ciò vi scorge semjire al lume , che Omei'o gli appresenta , crede di potere non senza ragione eonchiu- dere di avere con fedeltà in questo monumento il pen- siero dell' artista interpretato : perciocché giusta 1' abate Bamer le favole , e la traduzione eran da prima meno composte di quello , che ne furono dopo , e a meglio spiegarle fa mestieri prenderle il men che si può dalla loro origine lonlaue. In mezzo a' rottami del torrione di una delle porte di Torino» si è rinvenuta nel 1802 una pietra in marmo bianco con le seguenti parole scolpite in bel carattere, e ornale di un contorno regolare. e. IIU TJLIO GALLICO COS. II. T. FLAMUS se APULA ( XXIX ) Il Signor Paroletti credette , che sì fatta consolar iscrizione non l'osse da trasaudare , e compostavi sopra una notizia storica, da Parigi', dove di presente si tro- va , la trasmise alla Classe , a cui egli appartiene. Il luogo , ove fu trovato il monumento , che è la porta detta del Palazzo, dalle rovine della Regia , o palazzo Augusfale , r architettura di questo palazzo ornata delle statue de' personaggi , ch'erano stati i benefattori di questa città , esame minuto di ciascuna delle parole , che entrano nella iscrizione , osservazioni esatte sulla famiglia Rutilia , su i due consolati di Rulilio , sull epo- ca di essi , su i Consoli surrogati , autorità niulfiplici di perspicacissimi antiquarj , e letterati , quanto infine può a schiarimento di tal soggetto concorrere , tutto all' uopo suo trasse 1' Accademico , onde spargere , per . quanto possibil gli era , un nuovo tratto di luce sopra un punto della storia di queste contrade troppo nell' oscu- lità de' temjji avviluppalo. Mentre i codici , i rotoli , ed altre antiche perga- mene de' jDubhlici archivj erano sul punto di ripartirsi, e trasportarsi poscia a' rispettivi Dipartimenti , l'Acca- demia avvisando , che tai monumenti , se rimasti fos- sero presso di se , avrebbono forse potuto al progresso della storia patria , e di altri studj esser non poco gio- vevoU , entrò quasi in pensiero di domandargli al Si- gnor Amministratore Generale. Ma prima di nulla de- liberare , volendo su lo stato di essi avere ogni più convenevole lume , invitò un socio fia tutti espertissimo a fargliene il necessario rapporto. ( X X X ) H signor Jacopo Durandi adunque assunse l' incarico ; ed ecco la somma del ragionamento letto da lui su di tal punto. Rammentata la immensa farraggine delle di- verse pergamene, e il tempo inflnilo ^ che vi vorrebbe a lame la scelta opportuna , rislrigne le sue viste ad una certa maniera di carte , che dalia forma loro si di- cono rotoli , e sono conti de' castellani , o de' ricevi- doi-i , ed esattori di ogni sorta di rendite del jirinci- pato. Osserva da prima , che questi , benché i più an- tichi abbiano già , è gran tempo , trapassate le Alpi , cominciano verso la metà del secolo Xlll , e vanno un po' di là del XY , e si trovano tuttavia in grandissimo numero , e composti , quai sono , di pergamene le une, e le altre insieme ricucite , formano altrettanti volumi. Poscia va discorrendo per li vantaggj , che trar si pos- sono , se non da tutti , almeno da una gran parte di questi rotoli. Giovano , die' egli , a scoprire la verità di parecchi l'atti, di epoche, o date precise , di varie par- ticolarità , le quali benché spesso minute , e talora an- che frivole in apparenza , possono col tempo per certa non preveduta combinazione di cose umane , divenir pur esse di gran momento. Danno sicuri lumi sul si- gnificato di molti vocaboli della lingua latino-barbara , su costumi d'allora, su uflizj , persone, genealogie, su spese fatte per feste , per viaggj , per fabbriche , e per guerre , sulla maniera del lusso de' nostri avi più ri- spettabile delle pi-escnli morbidezze , per tacere di sto- riette curiose , e di anolli accidenti non altrove regi- { XXXI ) sfrati. Forniscono di più ampia materia a far confronti intorno le variazioni di mano in mano sej^uite sul prez- zo delle derrate, de' terreni , degli animali, de salar), de' fitti ; intorno le loi*o cause , le alterazioni nel suc- cessivo valore delle monete , e del marco d' argento ; intorno le differenti specie di tributi , e di gravezze , come anco intorno i vantaggi , e svantaggi di quelle etti , la popolazione , il nascente commercio , e simili : notizie tutte capaci di dar luogo a ricerche , e discus- sioni utilissime ancora oggidì per risolvere importanti problemi di pubblica economia , e conoscer meglio la forza , r indole , e gli avanzamenti del nostro paese. Ma come cotesti rotoli , prosegue l' autore , conten- gono anche documenti riguardanti l' interesse del pub^ blico , e de' privati , contratti, patenti, titoli, e cose so- miglianti , ragion vuole , che si- stiano essi per lunga pezza negli archivj , come necessarj in molte circostanze ad attestar fatti , e a finire litigj , massimamente tra il fisco , o regio patrimonio , e i cittadini. Il perchè sa- viamente conchiude , che per ora un tal acquisto non fa per l'Accademia ; e o segua tra' Dipartimenti la di- visione di questi rotoli ( che allora circa due terzi ne rimarranno tuttavia a Torino ) o non abbia essa luogo { ciò che mcgho sarchile ) , potrà l'Accademia stessa , senza essere guardiana di tai monumenti , ricori'ere in ogni tempo , avendone mestieri , al Governo , il qual contento , com' è da credere , di vedere una com- pagnia sì fatta vogliosa di attignere a pubblico prò ( XXXII ) 3a quella pmissima fonte indispensabili schiarimenti , glicl' aprirà , quanto fia in lui , ad ogni occasione li- beralmente. Trovnronsi , pochi anni sono , nel demolire le mura di Su sa due torsi loricati , creduti non immeritevoli di ^ma particolare disamina. Il Signor Franchi-Pont s' accinse all' opera , e prese in ima sua dissertazione a cercare a qual età apparten- gano , a qual monumento servissero d'ornato, e quai personaggi rappresentassero essi. In primo luogo adun- que dalla eleganza , e maestria de' liassi-rilievi , che fre- giano le loriche de' torsi Secusini , argomenta essere questi stati lavorati nel secolo di Ottaviano Augusto; riè è lontano dal ciedernc autori anche ai'tisti Piemon- tesi ; reca perciò delle congetture plausibili a dimo- strare come r arte statuaria da' tempi più remoti fu coltivata nelV Italia superiore , e come artefici valenti ognora in queste contrade si trovarono seguaci della scuola antica Italica , e della Greca. Poscia riflette, che nel!' antica città di Susa , già sede di Donno , e di Gozio Re delle Alpi dette Cozie da quest' ultimo , due monumenti in ispecic meritavano di essere da statile decorali , che sono il celebre arco innalzato ad Angusto da Marco «Giulio Cozio , e il sepolcro di questo Prin- cipe rammentatoci da Ammian Marcellino , se per av- ventura non. sono una cosa medesima e l'arco, e il sepolcro. Suppone , che questi torsi facessero parte degli -ornamenti dell" arco , sì perchè Ammiaao in par- ' ( XXXIII ) landò del sepolcro non fa motto nessuno di statue , e sì perchè gliel fa parere molto probabile l' esempio di altri ben molti archi , ornati pur essi di statue. Dopo ciò viene a' Personaggi , che potevano es^^ere i-appresen- tafi da colesti busti loricati : dalla mossa dell' uno , e dell' altro trae motivo di supporre , che uno di essi i"ap- presenti un Guerriero, e l'altro un Re, od un Magi- strato primario. E come si sa , che l'arco di Susa fu eretto in occasione , che Augusto andò nelle Gallie per produrre all' esercito i due suoi figliuoli adottivi Cajo , e Lucio , disegnati suoi successori , e nati da Marco Vipsanio Agrippa , e da Giulia figliuola di Augusto; come si nota , che Agrippa fu quegli , che domò inte- ramente le Alpi ; che per domaiie si valse dclf ajuto di Cozio figliuolo di Donno , il quale sin dall' età di Giuho Cesare avea stretta alleanza co' Romani ; che Agrippa probabilmente procacciò a Cozio l' amicizia di Augusto ; che gli anzidetti Cajo , e Lucio godeano am- pie possessioni non lungi dalle alpi Cozie , pensa l'au- tore potersi verisimilmente dedurre , che il torso da guerriero spetti alla statua di Agrippa, e f altro da uom grave alla statua di Cozio , o di Donno padre di lui. Aggiugne altresì in tal proposito alcune non disa- datte osservazioni , che fa così sulla qualità de' bassi- rilievi , che fregiano entrambe le loriche de' torsi , co- me sul luogo , in cui doveano questi essere collocati , e termina la dissertazione con i-accogliere ancora con- siderabiU notizie spettanti alla storia degli anticlii Re 5 ( ce X \ 1 V ) nlpiiii , comiucinnclo da Domio , sino a cliC le Alpi Ciozie furono da Nerone ridotle in Provincia Romana. Il piofessore Regis lesse pur egli tre discorsi , cioè sulla mitologi* considerata còme maestra di morale , e politica , sulla natura dell' eloquenza , sulle piramidi dell' Egil lo. Nel primo rilevata da principio coli' autorità del Gran Cancelliere d' Inghilterra Bacone 1' eccellenza della mi- tologia priniiliva , e toccati i precipui motivi , onde gli antichi per mezzo di lei ne porsero anche le più su- ])limi massime morali , e politiche , si mette sulle tracce di questa misteiiosa insegnatrice ; la segue nelle con- trade dell' Egitto , e della Grecia ; ne accenna i più es- senziali dettami nelle opei-e de' migliori Poeti , Storici , ed Oratori; e ne addila in fine chiari vestigj nella stessa scrii fina sanla , tesoro inestimabile di sapienza non meno , che di anlichilà. Nel secondo , che si aggira specialmente su di una certa novissima definizione data dal Signor D'Alembert alla eloquenza , 1' Autore con tutti i riguardi a si gran savio dovuti prende ad esaminare , se il parer di esso solo in tal quistione debba , o no gire innanzi al pa- rere di tutti i maggiori letterati. Discute partitamente in tutta la' sua novità la cjuistionata definizione , e eoa argomenti , che trae dalla natura dell' eloquenza , da mulliplici ullizj , e requisiti di lei ; e col confronto , che fa di tal definizione con quelle , che in specie ne die- dero il Grecò Filosofo , e il Retore Romano , viene a ( XXXV ) contliiuflcrc , che qualunque sia il merito del Signor D' Alembert ( il quale di buon grado , discorrendo per lult' i capi a cotant' uomo onorevoli , confessa che è grandissimo ) ad ogni modo in fatto di eloquenza sembra più sicuro partilo lo atteueixi fedelmente a prin- cipi , che sin qui senza essere contraddetti mai , da so- lenni maestri ne vennero tramandati. Nel terzo * il cui scopo sono le famose piramidi , co- me principalmente dagli Egiziani destinate ad essere di ogni lor bella conoscenza depositarie , va egli iscor- rendo per tutto quello, che può a questa opinione acqui- stare probabilità. L' amore speciale di quel popolo per la immortalità , 1' altro suo senno incontrastato , le sue opere tutte quante a pubblico prò ordinale , la neces- sità di assicurare sopra sodissime fabbi'iche i simboli, e li jerogUfici , che soli per la mancanza della scrittura poteano conservare da distruggitori rivolgimenti avve- nire le scienze , e le arti , il costume aniico , e gene- rale , che vi era d" affidare alle pietre le belle notizie , e gli Utili ritrovamenti , le colonne , gli obelisci , e gli altri grandi edifizj , che restano , per testimonianza di illuminati viaggiatori , per .giudizio di dottissimi antirr quarj , ancora di tai mistiche, note cospèrsi , il dispen- dio , il tempo , il lavoro immenso , che costarono mas- simamente le piramidi , la maravigliosa durevolezza delle medesime, la fonna , la similitudine, la quantità, e ogni cosa , che le riguarda, a niun altro fine si veri- sixuilmenle , come a questg iudiritta , sono le princi- ( XXXVI ) pali conghit'tturc , che in un colle ciicoslanze piìi pro- prie a rinforzarle, mette in vista 1' autore per provare, se è possibile, che coteste moli, anziché la stupidità, e r orgoglio degli Egiziani , attestano la loro saviezza , e prudenza. Qui meritano ancora onorevole ricordanza alcune dotte dissertazioni lette all' Accademia in tal genere di studj da qualche suo corrispondente ; e sono De la ctitiijue considévée comnie emploi des Aca- demies. De M/ La-Cretelle , membre de l'Institut National. Sur les itnposliires littéraìres de VAbhé Vella. De M.' AcTis , vice-bibliothécaire de l'Alliénée f'aisant les l'onctions de bibliothécaire en chef. De l'ulililé de la designation dea historìographes cìiez les corporadons savantes. Du mcme auteur. Stile. Qualità necessaria , e parte importantissima della bella letteratura si è lo stile , sotto il cui nome s' intende lo studio , e fesercizio di quella lingua , che altri usar vuole scrivendo. Le lingue dotte in Piemonte sin dai tempi i più antichi non furono neglette mai. Ma dopo il restauramento della nostra Università , il quale jier la oculatissima magnificenza di Vittorio Amedeo II ebbe luogo verso il 17:10 si videro esse con un ar- dore , con un frutto sì fatto coltivare , che forse non ( X X X V 1 1 ) ne sperimentarono altrove l'eguale. Le cattedre di eloquenza in lingua latina , italiana , e greca, dalle quali scelti giovani , usciti già da' cancelli filosofici , e dentro educatiice ( \ ) magione morigeratissima man- tenuti , dovettero d' allora in poi essere formati per insegnare qua e là nelle provincie le lettere ; un col- legio di Savj destinati dalla legge a provarne la capa- cità , prima di segnar loro le patenti ,' che aveazio ad introdurli nel geloso magistero : un codice egregio , un Magistrato vigilantissimo sull' ordine , e sulla uniformità dell' univei-sale insegnamento: sì fatto stabilimento ap- punto , il pili assennato , e in tal genei-e per lungo tempo forse 1' unico in Europa , ebbe tanto potere , che le nostre contrade in men di quarant' anni , come nelle altre parti lettei-arie , così nella perizia , ed ecccb lenza della lingua de' Greci , de' Latini , e degV Italiani non dovettero temer più il rigoroso confionto di alcuno de' più colti Stati d' Italia. A mantenere pertanto sta- bile , e perenne fi-a noi la gloria di queste favelle , co- me anche a pi-omovere la eleganza, e la ricchezza della Francese , or di nostra ragione quasi divenuta , ella è particolarmente deputata la Classe di letteratura , e tra i multiplici mezzi , che indefessamente vi adopera ^ mira anche in buona parte a riusciivi con prose , con poesie , e con traduzioni di ogni maniera. Certo avendo lo stile sempre relazione colla maniera ( 1 ) Il Collegio già detto delle Provincie. ( X X X V I I I ) del pensare , e abbracciando come sue c/ualità princi- pali la perspicuità , e l'ornamento , sono già per cjuesto rispetto da riferir qui le prose , clie vanno innanzi : nondimeno vi hanno ancora a trovar luogo lor pro- prio le seguenti , di cui farò oi-a rimembranza. Il Signor Bava-S.-Paolo sul dilettevole di ogni stilo ne arrecò una dissertazione , nella quale pose da prin- cipio , che il diletto è il mezzo più possente a trar dalle scritture il massimo vantaggio : poscia stabilì , e spiegò i fonti primarj , da cui questo diletto in cpia- lunque maniera di scrivere infallibilmente dei-iva. Lo stesso autore ne intrattenne anche molte volto a sentii'C parecchj dialoghi tra morti , che a foggia di quelli del nipote del gran GorneUo egli compose , con istudiarsi però soprattutto di evitare in queste tranquille conversazioni de campi elisi quella sottigliezza , e cfuel licercato , da cui non seppe assai guardarsi lo allora ancor giovine Fontenelle , come altresì di non cadere in quella certa unifoimità di caratteri , per cui ogni personaggio nelle mani del lodato scrittore diventa trop- po facilmente Francese. Il signor Prospero Balbo ne porse un consldei-abile saggio di recente storia letteraria patria , il quale ben- ché scritto già da molto tempo , fu per certa combi- nazione di circostanze pervenuto ad essere legittima possessione della presente Classe di letteratura. L'au- tore appunto , essendo segretario aggiunto dell' antica Accademia , avea piglialo a scrivere non gli elogj , ma ( X X X i X ) le vite degli Accademici dthioti. E cotne il D'Amom fu il primo, che veaoe a morte dopo la solenne instituzione dell' Accademia , fu 'a sua vila la prima ad essere da lui compilata: fu essa già letta nelle private sessioni del mese di novembre l'anno 179 1, anzi di un compendio della medesima si fece lettura nella seguente adunanza pubblica del piimo di dicembre. Ma tra perchè scritta egli l'aveva in italiano , e i volumi dell' Accademia allora stampa- vansi unicamente in francese, e perchè stava attendendo di poterla nel voluto idioma unire alle altre vite com- pagne, dalle quali altre, ed altre occupazioni il distol- sero, e perchè infine a stamparla separata dalle altre, come lo aveano poi i suoi colleghi ordinato, sorsero vicende che ne lo ritardarono, ritornato che fu da'viaggi suoi con gran desiderio di tutti in seno alla listaurata Accademia, la rilesse, qual dapprima composta l'avea, alla classe letteraria, e questa volentieri l'udì, e volen- tieri nel presente volume la collocò. Ne crede il nostro Accademico, che verun savio e discreto giudice possa in alcun modo un tal lavoro biasimare di ciò, che porti ad ogni passo l' impi-onto e il marchio del tempo , in cui fu scritto. Troppo ridicola affettazione sarebbe stata il voler ora cangiare ogni tratto , ogni parola , ogni ti- tolo, che pili non convenga a' tempi nostri. Ed anzi chi diritto e stima troverà, che appunto a' tempi presenti conviene il non biasimare i passati, il commendameli ezian- dio in ciò, ch'era degno di giusta commendazione. Ora venendo alla vita stessa, nella quale la purità ( XL ) dello stile italiano va di paio colla sceltezza della ma- teria, l'autore ricordata l'origine , la nascita, e la prima educazione del D'Antom , cel rappresenta sul principio semplice soldato fra gli artiglieri, distinto però col titolo di rolontan'o , solito a concedersi a quei di l'amiglia riguardevole; e il segue poi ne' successivi avanzamenti a viemaggiori gradi, premj ognora di suo valor, di suo senno in guerra, e in pace dimostrato: parla de' primi passi da esso nelle scienze falli sotto la scorta di eccel- lenti uomini ; non obblia il prò che trasse dal conver- sare coir Abate Tagliazucchi , valente non meno nella matematica, che nella poetica, ed oratoria facoltà; dal frequentare le adunanze dell'Abate Nollet , e di altri fisici sperimentatori ; e dal sostenere con parecchi dotti uffiziali incumbenze all' incremento di questa scienza in- dirizzate. S'arresta alquanto a riguardarlo nella affidatagli direzione delle nuove scuole teoriche, alle quali fa scala la scuola pratica, che prima di esse dalla capitale erasi già estesa a ogni Città presidiata. Fa menzione de' libri per uso delle medesime stampati , ne' quali egli ebbe cotanta parte ; loda il suo Esame della pohere , che tradotto in varie lingue fia un eterno monumento della gloria di lui; le sue Istituzioni fisico-meccaniche , e la sua Artiglieria pratica , che in occasione che la Corte di Francia ne avea domandato una copia, furono esse stampate; come pure \ Architettura militare anche dal Re di Spagna richiesta , e 1' Uso dell' armi da fuoco , degnissimo supplemento aW Esame della polvere, e ( X L I ) anch' esso nelle lingue Francese e Inglese recato. Accen- nate quindi altre magnifiche testimonianze, che il nostro artigliere pel più ciotto fra gli artiglieri di Europa ma- nifestano , prende occasione di spaziare con ricca fiaccola storica su' progressi che fece presso di noi la scienza dell'artiglieria; e sin dal finir del secolo XV incomin- ciando vien raccogliendo tutte le più pregevoli notizie a tal bisogno appartenenti, sinché rientra ne' tempi dal D'Antoni particolarmente illustrati. E rammemorati molti sperimenti, molti fatti aggiunti tra noi ultimamente alla scienza, passa ad accennare va.rj essenzialissimi punti, in cui dopo i precedenti scrittori sembra che la scienza siasi qua di molto avanzata , mercè del filosofico spirito, ond' égli era animato , di sottile ricerca , di attenta osser- vazione , e di meditazione profonda. Dopo tutto ciò con dotti ed eruditi ragionamenti es- posto ed arricchito a luogo a luogo di massime salutari,. di viste politiche, quai sono tra le altre quelle sull'arte difficilissima di far cose grandi con piccioli mezzi sulla giusta e misurata distribuzione degli onori , e de'premj (lode un tempo particolare del nostro governo) , lo Scrit- tore della vita si volge a mostrare come il singoiar- me- rito del D'Antoni dentro , e fuori conosciuto, ed ammi- ralo, fu eziandio dal Ke Carlo Emanuele, e da Vittorio Amedeo III, senza interruzione veruna, singolarmente gradito, e distinto. E l'onor che ebbe di servire a tutti i Reali Principi di maestro non solo in ciò che spetta ad artigliere, o ad ingi-gnere, ma in tutto quello, che 6 ( X L I I ) alla tattica, etl iu generale all'arte della guerra appar- tìcnsi (giacché in tutte queste parti era doltissiino, e di tattica scrisse due opere considerabili inedile ), l'inca- rico che sempre gli fu dato di accompagnare ora gli Augusti Allievi, ed ora anche stranieri Principi ragguar- devolissimi a visitare le rrostre rinomate fortezze , o alcuni •de' luoghi più famosi nella storia militare (ni qual uopo nhino era certo più adatto di lui per la conoscenza va- stissima delle nostre guerre, su delle quali ne lasciò preziosi monumenti), e lo avanzamento che fecene'gradl della milizia, tratto essendo dal suo merito solo, dopo i primi già avutivi ad essere Maggior generale, indi Te- nente generale, poi Ajutante generale d'Armata, e infine rappresentante il Gran Mastro di artiglieria, tutto ciò basta , secondo lui , a palesare evidentemente l' altissimo conto, in cui fu ognora da' suoi Sovrani tenuto. E qui Jo Scrittore, toccate ancora alcune saggie e benefiche provvidenze che il D'Antoni , rivestito della suprema autorità nell'artiglieria procurò, quai sono un adottato nuovo sistema di artiglieri ausiliarj , e provinciali, me- todi i migliori fissati per le scuole pratiche, nuovi ordi- namenti sulla polvere, sul nitro, e sulle fondite, inse- gnamento regolare della chimica introdotto ncU' Arsenale, Maestri stabiliti, e stipendiati con una porzione de' suoi dritti medesimi, a dirozzare gl'idioti artiglieri, e ram- mentate insieme alcune altre particolarità, e venture per lui onorevolissime, pon termine alla sua storia, con ma- nifestare ij vivo rincrescimento, che con tutta la patria ( Xt III ) per là morte di sì grand' uomo senti partìcolarmenter r Accademia , di cui egli era uno tra' maggiori ornamenti. 11 signor Francesco Grassi lesse pure due suoi discorsi sulla drammatica : in uno , premesse alcune osservazioni, sullo stile in generale a questo genere di poesie con-? veniente, entrò a dare una facile e chiara norma onde" giudicar sanamente sì della bellezza di tali componimenti, e sì dell' esattezza degli autori nel rappresentarli: in un •rltro espose la difficil arte d'inventare gl'intrecci; toccò un poco i soggetti storici, mitologici, di semplice in- venzione; e non preterì il modo di portare ne" soggetti antichi intrecci novelli. 11 fu Professor Vigo , dalla sperienza di molti anni , e di gloriose fatiche ammaestrato, a' letterati, cui brama' eccessiva di sapere agita e trasporta , con un paradosso latino donò questo salutare avviso, che negli studj si va più innanzi, quando si osserva, che quando si om- inette nel faticare la moderazione. Si udì ancora in parecchie distinte adunanze la let- tura di due prefazioni italiane , che gli autori di esse per lo stile ugualmente , e per la materia procurarono che fossero, almen quanto per lor si potea, non indegne delle opere, alla testa delle quali sono esse destinate. L' una è dtl signor Napione , da premettersi alla sua traduzione delle questioni Tusculane di Cicerone, 1 altra del professore Regis, da stamparsi in fronte alla sua traduzione della ciropedia di Senofonte. E dove per parte eziandio della Lingua Francese lascio- ( X L I V ) tm discorso , il quale benché di buon diritto spetfaufe a tutta r Accademia , di sua natura non di meno a questa classe, e a questo luogo appartiene particolarmente? parlo di quello, che il signor Generale Menou, Amministra-. tore generale, li 17 frimajo amio XII, in una scelta mimerosa adunanza, recitò nel prendere tra noi in qualità di socio per la prima volta il posto, a cui gli unanimi voti dell' Accademia lo aveano pochi dì prima chiamato. Il nuovo Accademico con un grave principio tratto dalla sua propria carriera delle armi propone, che gli studi dopo i grandi rivolgimenti politici , dopo le guerre di opinioni, e i movimenti dalle passioni generati, an- ziché trovarsi infievoliti prendon polso e lena maggiore. A confermazione .di sua proposta tocca alcuni argomenti,) che tira dalle leggi della natura, dall'indole dello spirito umano ; volge un occhiata agli annali della storia lette- raria, e politica, e dice espressamente, che dopo i fu- rori della lega, e del partito opposto alla Corte, dopo le guerre di religione sì funeste alla Francia, e all'Eu- ropa, dopo la rivoluzion d'Inghilterra, e quella del Por- togallo , dopo i movimenti sotto Filippo II agitatori della Spagna, dopo le discordie dall'animosità de' Principi cattolici e protestanti sorte nell' Impero Germanico, dopo tutto ciò appunto egli appare il secolo, che il secolo si chiamò di Luigi XIV. Passa di qua a un fausto presagio pe' tempi, in cui siamo entrati all'uscire di una di quelle grandi convulsioni, che raramente, per fortuna dellaf- spezie umana, scuotono l'universo. Fa, com' è giusto. ( XLV ) campeggiare l'Eroe, che diede fiue a tanti mali; e che dopo i trionfi per guerre indispensabili nell' uno, e nell'altro emisperio accumulati, sentì che la sua vera grandezza è fondata sulla felicità de' popoli, e che questa felicità è fondata pur essa sul rinascimento delle lettere, sul progresso delle scienze, e dell'arti. Hicorda come quest'Eroe tiene a sì bel fine tutte le mire, e le opere sue indirizzate; fa un cenno della guerra, che, obbliati i trattati più solenni, ha rotto l'Inghilterra, inquieta pel ben della Francia, e invita, e conforta i compagni d'arme alla vittoria; non lascia intanto di avere qualche credenza, che la gran rivale possa tuttavia rivolgersi a più sano consiglio pacifico , e annunzia , che allora sotto un nuovo Augusto fia chiuso il tempio di Marte, e aperto quel delle Muse. A parte di sì belle speranze chiama in sin- golar modo l'Accademia di Torino, e con un elogio alla medesima non di quelli, che il tempo fa invec- chiare , e che il numero stesso indebolisce , pon fine al suo ragionare. Poesia. Se l'opinione di coloro, i quali dicono, che la poesìa è un ostacolo al sapere, poggiasse in su qualche fonda- mento, ragion vorrebbe, ch'io m' accignessl ad abbat- terla prima di sceudere a far menzione di nosti-e scritture poetiche. Perciocché troppo indegno parrebbe di una dotta compagnia lo occuparsi anche per poco intorno ad ( X L V I ) •una facoltà, die il gusto loglieese degli altri studj , che jneno dilcllevoli sono, e più sodi. Ma cotestoro Iraggon motivo di giudicare si falsamente, dal vedere darsi il nome di poeta a certuni, i quali senza avere ricevuto dalla natura un ingegno sublime, e. una viva immagi- nazione, senza conoscer punto né regole, nò esempj, né lingue de' primi autori e maestri dell'antichità, senza penetrare a tesoro nessuno di Scienza o di arte , vanno ad ogni lieve occasione, a ogni capricciosa fantasia pub- blicando versi, de'cjuali i meno cattivi son quelli, a cui solo si può rimproverare di essere frivoli. Noi all'opposto in troppo pili alto prezzo mettiamo giustamente il bel nome di Poeta; noi senza parlare della dottrina amplis- sima degli antichi poeti, sappiamo, che tra' nostri mo- derni que' , che in profondità di erudizione si dislins^ero, quasi tutti ne lasciarono poetiche produzioni eccellenti ; noi a' nostri dì, o poco da noi lontani veggiamo ben molti, i quali alle scienze le più serie, e le più astratte hanno saputo, e sanno congiungere tutta la dolcezza, e leggiadria delle Muse Latine, Italiane, e Francesi, 11 perchè, senza arrestarmi punto nel mio troppo lungo cammino, verrò tosto accennando le poesie, colle quali varj Accademici spesso gì' intervalli delle assemblee non indebitamente riempirono. Madama Diodata Saluzzo-Roero ne fece molte volte, e su varj soggetti sentire il valore della conosciuta sua celerà. Con un endecassillabo annunziò le belle speranze concepute di gentile a lei cara donzellina; con più sonetti ( X L V I I ) onorò la morte di un'illustre sua amica, da lei già con molti altri interessantissimi versi celebrata in una sua raccolta stampata a Torino , e ristampata a Pisa ; con una canzone anacreontica intitolata l'Amorino , spiegò i suoi giusti sensi sul!" amore , a cantar le cui lodi era sfata da una Gentildonna Italiana invitata; con un'altra sotto il titolo degli atomi espresse ingegnosamente i vantaggi della gloria sopra la bellezza; e con un'elegia sulla tomba dì Alfieri, copri le ceneri di questo gran tragico quasi di uno scudo insuperabile contro i colpi, che vi possa lanciar mai la ignoranza , o l' invidia. Ella ne recitò altresì due capitoli in 3.* rima; 1' uno inviato a una giovine poetessa Romana , nel quale ris- pondendo ad una canzone ricevutane da essa, la conforta a continuare animosamente l' erto cammino di Parnaso. E chi meglio di lei esserle poteva incitamento, e guida ad un tempo ? 1' altro al signor abate Denina , dove ÌQ ispezie per cortese leggiadrissima maniera gli dà conto di se, e degli sfudj suoi: gli dice come avviossi al lu- cido monte, ove stassi Melpomene, come sacrò all'ara di lei i ben accolti suoi voti : legge colà il nome de' tre famosi tragici della Grecia, e maravigliandosi su i quat- tro della Senna si duole, che X Italia con la mae- stosa sua lingua pur un di questi non avesse : poi si racconsola al vedere il nuovo Sofocle nostro sorto in tempo a vendicare 1' Italo nome; protesta, che questo ella pili di tufli gli altri onora, ed annunzia che ve- stendo anch' ella tragico coturno con due tragedie sue ( XLVIII ) pinse r atroce Tullia, e pianse sul destino di Erminia. Indi passa a notificargli come s' invaghì pure della filo- sofia veduta sotto la sembianza d' Ipazia pudica, filosofia, che attrasse i cuori dell' antica età, ed accenna così il nuovo poema su tal soggetto da lei intrapreso. !Nè gli tace , che talora ripigliate le usate ghirlande torna a sciorre lirico canto , e talora involta in bruno velo va piangendo la perduta sua dilettissima Giosefllna. Chiude in fine il capitolo con dirgli , che non passa giorno , che ella non si oda intorno suonare il nome, il valore di lui , con assicurarlo che tuttora il serbano altamente in cuore i genitori, e i germani di lei: lode a parer mio, non l' ultima tra le lodi di questo gran letterato, l'essere sì caro ed in prezzo ad una famiglia, ove le scienze e le lettere per sì segnalata guisa sono, si può dire , indistintamente ereditarie. La stessa autrice in altre diverse adunanze ne lesse appunto due canti dell' ora accennato poema suo delle filosofie. Uno de' più luminosi princi[)j , che Aristotile suir esempio di Omkro porge a qualunque poeta, il qual massimamente imprenda a scrivere opere che procedano assai in lungo, egli b, che abbiasi la poesia a rendere drammatica, o vogliam dire attiva. Qua mirarono que' pochi, che più presso al grand' epico poggiarono, e qua mirò altresì la valente Accademica in questo assai lungo poema scritto da lei , come quel di Dante in terza rima. Ella vi mette a fare il primo personaggio la celebre Ipazia figliuola del filosofo Teone; pone la scena in ( X L I X ) sandria di Egillo; ristrigue all' anno qualtrocenlesimo dell' era cristiana il tempo doli' azione, la quale si è una rivoluzione degli Egizi contro i Romani : v' introduce per attori principali i varj Capi delle varie sette filoso- fiche, che fiorivano in Alessandria, con fargli operare, per quel che a ciascuno di essi appartiene, a seconda delle loro conosciute opinioni morali; e pon termine al poema colla morte d' Ipazia, viltinia infelice, e virtuosa degli errori universali. Da queste poche parole ognuno può argomentare quanto fedelmente siasi ella attenuta all' anzidetto principio dal maggior de' maestri presenta- toci, e dal maggior de' poeti adoperato. Aggiugnerò , che se gli Omerici poemi sono sì lodati anche per essere sparsi di punti di morale, e di politica utilissimi, otterrà pur questo assai lode per due grandi oggetti eziandio, i quali in ispezie a istruzione del mondo si propose di mira: e sono i.° provare quanto in mezzo a' molti er- rori delle varie sette filosofiche campeggi la superiorità della cristiana .filosofia; 2." insegnare quanto di rado nel vortice delle umane vicende trionfi chi destò i tumulti, e le civili discordie. Ci sono parimente della medesima poetessa due consi- derabili canzoni: la prima è sulf ozio; e con questa tentò specialmente di scuotere dal lusinghevol sonno r Italia, e richiamarla al viaggio dell'antica sua gloria: la seconda è sulla fortuna, soggetto invero già venduto celebre da Pindaro, da OjtAzio, dal Guidi, e dirò anche da RoustìfiAU , beuchò quest' ultimo sia molto distante dal 7 greco lirico, qui da lui preso giustamente per modello, come altrove da lui poco debitainenle censurato. JMa ella comechò ricca sempre dell' estro di questi gran vati tenne in si fatta sua poesia un modo, che nulla ha di comune con quelle di loro. Tal è quando dipigne Iddio nella sua maestà , e ncll' atto , che tira dal nulla la fortuna, quando introduce se stessa a rifiutare con no- bile alterezza i favori della capricciosa Dea, e quando rammenta il suo magnanimo padre, i suoi diletti fra- telli , e la morte di un di loro su gli abborriti campi di Verona. Ecci infine della stessa sotto il nome di Glaucilla Eurolea un poemetto per nozze, intitolato la Capanna, indiritlo al Signor Aliate Valperga-Caluso tra gli Ar- cadi Euforbo Meleslgenio. La ingegnosa maniera gra- ziosissima , con cui ella invita Euforbo a celebrare lo illustre maritaggio, la destrezza, con cui nell' opera in- tromette la più vezzosa delle grazie, l'idea sublime, che dà dell'amore, nato negli stellati armonici regni, fecon- datore, e abbellitore del Mondo, lo elogio nobile, e riguardoso, che fa degli sposi da mistico velo adom- brato , oltre la novità delle immagini , e la varietà del ritmo, sono una luminosa prova, che in Italia, anche su tai soggetti , qualunque sieno le accuse, che ne facciano alcuni Oltremontaui , vi è tuttora, chi si sa ben al dis- sopra della volgare schiera innalzare. Il Signor Abate Valperga-Caluso sotto il suo nome di Arcadia Euforbo ha pur egli su questo argomento ( LI ) meclesimo un poema dello stesso genere. La vivace af- fettuosa novità , con cui tratta egli uà soggetto sì usato, qual è quello di uozze , può servire ad ampliare la monte di coloro, che in sì fatto cammino non sanno abban- donar mai l'angusto spazio, che corrono i più. Invitato r autore dalla celebie poetessa Madama Diodata Saluzzo- RoERO col nome di Glaiidlla , si scusa dapprima con dire, che lo snirito suo da sei anni si sta fra le ombre di un'onoranda tomba, cioè dove riposano le ceneri adorate di una Principessa * per le sue virtij, per le sue grazie elernaimcnte tra noi memorabile, Principessa, dalla cui eccelsa fiamma poteva un tempo essere la sua voce animata. Poscia sentendo giugner vie piìi dolci in fondo del caro avello i versi di Cianci Ila, quasi suo malgrado se ne spicca , vien fuori , prende la cetera , e canta. Entrato con sì nuova maniera nel canto , anche con bella novità insieme , ed accortezza prosegue egli a cantare i pregi degli sposi, le glorie degli avi, e le speranze de' discendenti : e finisce annunziando in un modo bea onorevole per chi al cauto lo invitò, ch'egli dalla sem- pre acerba, e cara rimembranza viene alla trista tomba richiamato. Il Signor Carlo Bossi ne recò altresì un poemetto misto di sciolti, e di ottave, intitolato: Amore, e calore. * V. Omaggio poplico Hi Euforbo Meìesìgenin P. A. alla serenissima Al- tezza (li ''Giuseppina Teresa ili Lorena, Principessa di Carignano. Parma Booom 1792. Qiial minisfra di Dio inteiessanfissima ivi h infrodotfa la natura. Gioisce ella al primiero aspetto doli' uomo , uscito di fresco dalie mani del Creatore. Poscia scor- gendovi dentro al cuore un torbido affetto distrug- gitor di se stesso, e dentro la mente anche un' assimile idea feroce, che assegna in terra i primi onori a chi uccide maggior numero di viventi , se ne affanna ella profondamente. Traggesi sollecita dinanzi a lui, che Io creò, e con una maniera degna di chi parla, e di chi ascolta espone il suo tristissimo affanno. Al tacere della gran donna un improvviso fascio di luce la investe, e sulla base del trono empireo le offre impresse in ful- gid' oro note consolatrici, per le quali vede, che la dote primiera dell' uomo doveva essere il valore : ma che insie- me con esso gli fu dato 1' amore ; e sul dolce accordo , e sulle felici conseguenze di questi due affetti ella intende cose, che la rendono tranquilla, e serena. Pari in questo componimento alla novità de' pensieri, all' elevatezza de' sentimenti sono la forza, la precisione, la chiarezza, e la eleganza dello stile. Il Siguor Bava S. Paolo recitò parecchi canti di un suo poema filosofico, che in verso sciolto compose sul bello visibile. Persuaso 1' autore, che in si fatta maniera di poesia il metodo, e fordine è cssenzialissimo, prese con questa doppia vista a rintracciare il bello regolar- mente spaziando per le proprietà dell'organo visivo, per la luce, e pe' colori , pe' regni vegetabile, ed animale, per la natura umana, e per l'arti tutte. E come Io instruire, ( Lllt ) bencTib sia questo il principal fine, ivi non basta, stu- diossi inoltre, il più che potè, di avvivare le moltiplici istruzioni in sì vasto campo raccolte , con introdurre fi- gure , e circostanze tali a poter dilettare 1' immaginazione, nascondere l'aridità del soggetto , e abbellirlo con poe- fiche pitture. Il leggitore, poiché il poema -in un vo- lume a parte è già per intero stampato, facciane il con- fronto con quello de' piaceri dell immaginazione di Akenside, o con quello della filosofia Neiitoniana di Stay , o con quello di Dufrenoi de re graphica , o con qual altro de' moderni più vi somiglia nell'argomento, e giudichi, senza ch'io ne dica più avanti, a qual sia da attribuire la preminenza. ' Il signor Marengo con due lettere in verso sciolto' a Lesbia indirizzate, con un'ode erotica intitolata: l'invito alla campagna , ne recitò a tempo a tempo due poemetti: L' uno in 3.^ rima sulla natura poetica , e vi dichiarò, che quantunque a riuscir bene in poesia la natura , e l'arte diansi mano a vicenda, la natura nondimeno vi contribuisce incomparabilmente di più : L' altro in versi sciolti , il qual ha per titolo: la loinha del secolo XVIII, e in esso le vicende accadute già nelle varie rivoluzioni delle nazioni , in un co' moderni successi , adombrò nel simulacro della storia , che in un prisma da lui ideato fa vedere la tela del passato, del presente, ed annunzia parte del futuro col predire la pace , che realmente si conchiuse poco dopo. Il medesimo autore ne produsse ancora una buona parte del canto VII della Rodi salvata, poema epico, il qiial condotto da lui oiamai a teiinine, e già de' suf- fragi di una insigne letteraria società onorato , sarebbe pur esso venuto alla luce, se a trattenerlo non sorgeva nuovo corso di tempi. Il Signor Francesco Grassi oltre due odi , 1' una sulla battaglia di Marengo, e l'altra sulla pace, oltre il primo canto sul galvanirmo in versi sciolti, n<'l qual canto fatto di tal igneo spirito un agente universale della natura il comincia ad applicare al regno minerale, ne lesse egli distinto in cjuicdici canti un suo poema, il cui titolo si è: La ragione nella adolescenza, virilità, e vecchiezza. L' autore volendovi delineare un quadro mo- rale, e fisico dell'umana vita, ne' primi cinque canti sotto la scorta della ragione conduce 1' uomo dalla culla sino a sacra magione , dove s' incorona una razionale disciplina: ne' cinque seguenti pe' vari impieghi civili avanzatolo nella società lo scorge sino all^i più alta per- fezione delle sue facoltà intellettuali, e morali; ne' cinque ultimi guidatolo alla sede veneranda della religione, e da questa sovranamente preparato lo scioglie da' lacci mortali , onde innalzarlo al tempio di gloria. Il Signor MoRARDi in sei distinte poesie espose sei di- stinti punti rilevantissimi, le leggi del moto, la pietri- ficazione, i coralli, il flusso e riflusso del mare, l'ori- gine de' colori, e gli abitatori dflla Luna. I poeti, non v' ha dubbio, anche nelle finzioni, e nelle ingegnose (loro allegorie deggiono sempre mostrarsi filosofi : ma ( LV ) quando direttamente , e alla scoperta pigliano ad esporre i be' ritrovamenti, e i gravi mister) della filosofia, pare che nelle viste di lei entrino maggiormente. Perciocché la versificazione, l'armonia, e le grazie poetiche assai più che il ragionamento della prosa giovano a rendere amabili le speciali cognizioni filosofiche , a diffonderle negli spiriti, e a conservarle nella memoria. Il Ili Carlo Leprotti, senza che la sua età anche più avanzata mostrasse gran fatto intiepidito 1' ardore, che in più occasioni la sua gioventù palesò nel poetico stadio, ed esercizio, ne venne ancora leggendo varie poesie e latine , e italiane. In alcune di esse prese a lodare personaggi per chiarezza di amministrazione civile, e di arte militare fra noi cari, ed illustri; in alcune altre, che sono principalmente tre lunghi componimenti dram- matici, il primo l'Idra aiterrala, il secondo il Coti" gresso de fiumi , e il terzo Nettunno in villa intitolati, volle figurare sotto allegorico velo misteriosi sensi po- litici. 11 Signor Cesare Saluzzo ci porse parecchie poesie come di lingua, così di genere diverse. Le italiane ri- volse egli per lo più alla pastorale, specie di poesia quanto ognora gradita da' valorosi ingegni, altrettanto difficile a ben condursi , massime per quel giusto mezzo da tenere fra la troppa rusticità da una parte, e il troppo raffinamento dall' altra ; e gì' idillj scritti dal poeta Sici- liano alla corte del Re Tolomeo, e que'coraposti a quella di Augusto dal poeta Latino, furono i principali suoi esemplari. Le poesie Francesi poi il nostro Accademico adoperò ia favole, e narrazioni piacevoli, inanieia di poetare, in cui anche ben pochi seppero unire le qua- lità ivi sopra ugni altra essenziali, cioè la brevitii, la pulitezza, l'eleganza, e la semplicità; e dal modo, che vi tenne , si scorge , che il suo maggior modello fu La-Fontaine , del quale che che ne abbia detto Vol- taire , troppo aspro in censurarne certe espressioni, e certi pensieri, si dovrà confessare, che con quell'aria, che ha costantemente di naturalezza, di verità, d'inte- resse, di candore, e buona fede, innamora tutti coloro, che il leggano con occhio disappassionato. Il Signor professore Dépéret, fidatosi giustamente al valore del natio suo idioma, entrò come in una gentil gara con un de' moderni italiani , che appunto al van- tato novellatore Francese si assomiglia d' assai. Prese pertanto ad imitare alcuna favola del celebre nostro PiGNOTTi ; e seguendo 1' esempio di quegli assennati suoi compatrioti poeti, che mossi non da spirito di critica riscaldata , ma da verace desiderio di arricchire il pub- blico letterario patrimonio, ebbero cura d'introdurre nel parnaso fiancese tutto il bello poetico delle altre nazioni , con una nobile imitazione di que' pregj , che nel suo il- lustre rivale spiccano maggiormente , si sforzò di pro- vare, che il naturale , il semplice, il grazioso dell'autore italiano si può con pari felicità esprimere al suono di gallica cetela. Il fu professore Vigo , cui nella Repubblica letteraria i ( LVII ) renderono celebre snprattiUto vaij poonii Ialini; Do Sin- done 'iaurinensi : Corlex periaianus: Tubcia teiraei Cannabis : Mormora Subalpina : CJiarta: Lanijiciuin , et lanificii curalio: Il lodato Professore, io dico, simile appunto a quegli alberi rari, e preziosi, i quali non conoscono inverno, e colla inesausta loro fecondità arric- chiscono tulle le stagioni, anche nell'ultimo diciaset- tesimo lustro del suo vivere ne fece dono de' suoi poe- tici frutti; e con un'ode latina celeb-'ò la pace, che Ira la Francia, e f Inghilterra erasi poc'anzi fatta; con un'altia descrisse gì" incomodi, che attorniano la cadente vecchiaja ; e con due elegie rappresentò quinci gli affetti, che la prima delle madri sentì al vedere steso in terra l'innocente Abele; quindi i mali, e in ispecie la ver- tigine, a cui d'ordinario il soverchio studio conduce i letterati. , Il professore Regis insieme con un carme italiano in versi sciolti sopra gli orti di Pomona, e un' ode alla pace, scritta allorquando le vittorie al Reno, e al Mincio la faceano sperare non lontana , presentò alla Classe in più volte un poemetto latino su gli animali microsco- pici. Nel corso di esso 1' accademico, per ciò che spetta allo stile, seguitò quanto più potè da vicino, quai maestri, ed autori suoi Lucbezio , e Virgilio ; e per quel che riguarda la materia , cioò la natura di que.'>ti maravi- gliosi viventi, la loro generazione, e il modo della loro vita, cercò diligentemente di schiararsi tuttora al lume, che gli porsero i precipui sperimentatori in questo par- 8 ( LVIII ) fìcoliro ramo di storia naturale, Spallanzani, Boknft, H.AKER , Rkaumur, Saussure. Nel fine poi valsegli anche lo studio de' poeti, e filosofi maggiori, ondo con un episodio natogli dall' argomento medesimo, annoverare i molti, e grandi vantaggi, de'qnali la filosofia in gene- rale fu dalla sperienza in questi ultimi tempi arricchita. Aggiugnerò ancora, che la Classe ha pure gradito assai tre poesie, le quali gi:\ impresse co'tipi Bodoniani, le presentò la sua Corrispondente signora Clotilde Tam- BRONi, sempre onoranda, ossia che colle colte sue rinre intrattenga i leggitori, ossia che colle erudite lezioni ammaestri gli uditori suoi nella Lingua Greca, la cui cattedra ella tiene con singolar lode nell' Instituto di Bologna. Le poesie sono: Un epitalamio greco colla traduzione in versi parafi-a- sata dalla medesima per le nfzze del signor conte Nicolò Fava Ghisilieri, colla signora Marchesa Gaetana Marescotti Berselli. Un'ode saffica greca, tradotta anche dall'Autrice io Toscano , al signor Conte Senatore Ferdinando Marescal- chi Fava pel quinto solenne suo ingresso al Gonfalonie- rato di Giustizia della città, e popolo di Bologna. Un' elegia groca in onore del celebre tipografo Giam- battista Bodoni , con la versione italiana del Padre Mae- stro Giue Maria Pagnini. ( L I X ) TRADUZIONI. Il tradurre nella propria lingua ciò, che ciascun secolo produsse di eccellente tra le altre nazioni, è, non vi ha dubbio, un mezzo opportuuissimo per esfendoie le nostre cognizioni, per mantenerci nel gusto della buona lette- ratura, per guardarci dal ricadere nell'antica barbarie. E se talun ebbe a dire, che moltiplicandosi esse, potreb- bono per avventura portare un colpo mortale a' buoni studj , o parlò egli da irragionevole, o vuoisi il suo detto con molta circospezione interpretare. Certo, se le tradu- zioni mirassero a mandare in disuso le dotte lingue, o fossero tali a mettere in discredito gli autori antichi, forse più nocive, che salutari sarebbono alla repubblica letteraria. Ma la bisogna ha da essere altrimenti: gio- vino pur esse a tanti e tanti, a' quali senza un tal soc- corso sarebbono gli antichi idiomi perpetuamente inter- detti; ma questi stiansi sempre in pregio, e vigore, anzi diille medesime vie più schiariti, e agevolati. Che senza di essi in breve si altererebbe la tintura del gusto antico, che fa ora il maggior pregio di nostre scritture, e noi, con qualsivoglia eccellenza nel tradurre, mal potremmo sperare di poter essere per li nostri discen- denti ciò, che per noi furono i Greci, e i Romani. Si- milmente persuadausi i traduttori, che a far si, com'è loro dovere , che per le loro traduzioni i più non isce- miuo la stima per gli antichi, anzi maggiormente s' ia- ( LX) ^ vngliiio di studiarli , e di .nudarvi a rercare ì veri modelli iu tutto, hanno essi delle grandi difficoltà a vincere si per ragion dello stile, e sì pel fondo delle cose. Ma se possederanno ben bene la loro lingua , mas- simamente ove trattisi dell' Italiana nostra , di tutte la più varia, la più flessibile, la più capace di forme differenti ; se avranno una piena conoscenza , ed intera tanto della favella nelf originale o greco, o latino ado- perata, quanto di tutto ciò, che appartiensi a' costumi, alle usanze, alle leggi, alla religione, al governo, alla storia, e alle diverse instituzioni de'.tcmpi, le vince- ranno eglino pure queste difilcoltà, e rendeianno a questo modo un grandissimo servigio alla loro nazione, mettendole sotto gli occhi ciò , che di più prezioso ne lasciò massimamente l'antichità. Da questo spirito dettate ecco le traduzioni della classe , eh' io deggio ricordare. Tra le odi scritte da'più valenti poeti antichi, e mo- derni non ve ne ha, che nella correzione, armonia, e felicità dell'espressione possano pareggiare quelle di Ora- zio. Quindi è, che tutti gli amatori del buon gusto le riguardarono sempre con ispeciale amore, e molti di essi traslatandole , cercarono anche di arricchirne la loro lingua natia. Il signor Bava S. Paolo entrò nel numero di questi, e buona parte di esse tradusse, parafrasò, e in meiro conforme lesse ad ora ad ora alla Classe. Lo stesso Autore ne recitò eziandio un canto della Messiade di Clopstok, da lui presa non senza ragione a traslatare. ( r. X I ) Io non dirò, comò già taluno, che la Messinde di CIop- stok s'abbia da coiividfiuie lispclto a' poemi dei Milton, come l'Eneide di ^ iroiuo, riguardo a quelli di Omero; ne mollo meno mi accordeiò col dr.iio critico * Tedesco, il quale chinniò divini i canti del suo paesano, e assi- curò, che Dio sfesso per miracolosa maniera li salverà fin nelle stesse ruiue del mondo. Ma certo dobbiamo saper grado al traduttore di farci nella nostra lingua co- noscere il calore d'immaginazione, il fuoco d'entu- siasmo, e la vivacità, ed energia delle espressioni, che negar non si possono ni primo poeta dell' Alemagna. 11 siguor Grassi, unitamente al discorso ventesimo sesto di Massimo Tirio sopra il Genio di Socrate, ne recitò molti passi di Virgilio , eh' egli prese a tradurre dal principio al fine in altrettanti versi esametri, misu- rati secondo il sistema metrico da lui esposto in una sua grammatica comparativa , che farà tosto di pubblica ragione. Persuaso egli, che l'uniformila di metro vaglia assaissimo ad avvicinare all' originale qualunque tradu- zione di poeta antico, volle per rispetto all'italiana, ch'egli crede da ciò, farne la prova sul maggiore de' poeti latini. E veramente si assomiglia al metro latino 1' ende- casillabo detto alla latina , come : Piangete, o Veneri , piangete, o Amori; * Il signor Botbmer. e I. X ! I ) si assomig)ia al safììco quest'altro, coli' accento sopra la quarta , e la sesta E la corrente rapida seguendo; si assomigliano al giambico quaternario i settcnai-j sdruc- cioli , come: Già ne beati Elisii Posa sereno, e placido. faccio degli asclepia.lei adoperati talora con felicità dai Chi ^BRERA. Ma il costruire anche nella Lingua Italiana , salvo il genio della medesima , versi , che agli esametri , come pure a'pentametri somiglino, egli fu sempre aHare mollo gravoso; e se l'Autore con la molta fatica, che vi usò potrà da'leggilori riportare un favorevol giudizio sopra della sua Eneide per tal modo tradotta, sarà egli più fortunato dello stesso Claudio Tolomei, il quale tentò pare d'introdurre in Italia si fatti versi, senza la con- solazione di vederli ne molto, né poco seguiti. La poetica di Boileau, benché la più parie de' suoi bellissimi precetti sieno della nazione, della poesia, e della lingua Francese unicamente proprj , porta ella verseggiando un'espressione sì corretta ed elegante, una imitazione degli antidii sì felice, che in qualunque idioma apparisca, fia pur sempre un bello, ed util modello a contemplare. Il signor Mabenco pertanto credette pregio deU' opera ( L X I I 1 ) lo iijtrapirn Icinc Jii Iraduzione iu vtrsi italiaui, e giù DO prestulò un saggio competente. (Questo poema diuat- tito , pregio insigne della Francia letterata, ebbe giù in Fortugallo, nella persona del conte di Eiiceyia uu va- lente traduttore; perchè mercè di alcun de' nostri Acca- demici non dovrà averlo in Italia, ora spezialmeote , che per molti rispetti le muse italiane si trovano colle francesi più e più confederate? Il signor Galeani-Napione ne recò altresì parecchi tratti fra i più teneri dell' Eneide Virgiliana , da lui in verso sciolto tradotti, ne' quali studiossi soprattutto di portai vi quella dilicalezza, che manca per lo più &l celebre tra- duttore Anmbal Caro. E veramente il principal distin- tivo dell'epico latino essendo la tenerezza, nella quale non solo a tutti gli altri poeti, ma ad Omero medesimo è superiore d' assai , chi non vede che il primo dovere di chi lo traduce egli è di sapervi ritrarre al vivo la dilicafa, e profonda sensibilità, che m 11' originale cam- peggia in particoiar maniera? Lo stesso Autore ne lesse pur anco una gran parte della traduzione delle quistioni Tusculane, da lui ora a termine condotta. Bella invelo è la forma , che i com- ponimenti filosofici prendono, quando sono debitamente trattati pervia di dialogo; e fra i capi d'opera, che in questo genere ne lasciarono gli antichi, bellissimo, ed utilissimo insieme è quello delle quistioni , le quali por- tano il nome di Tusculane dalla città di Tasto/ o , pre^so cui r Orafor Romano nella sua villa obbliando i suoi ( L X I V ) fi'ionfi, e la sua dipnilà s' inlrattrnova dolcemente togli amici sulla filosofia. Quest'opera ricchissima sopra leallre di morale, parve al nostro Accademico hon meritevole di comparire novellamente agli occhi dell' Italia nella sua lingua, come a que' della Francia nel suo idioma già rappresentò l'Abate d'OLivET in compagnia d'illustre socio, 11 professore Regis finalmente intrattenne pur esso in varie adunanze la Classe colla ripartita lellura di alcuni libri della Ciropedia di Senofonte, che dal Greco in Italiano tradotta, e con molte noie illustrata pubbli- cherà quanto prima. L'Autore non si accinse all'impresa se non prima di aver ben bene esaminato le principali traduzioni fattesi di questa storia in varie lingue; e fu questo attento esame, che lo pose in isperanza di potere ancora non senza prò correre il frequentatissimo aringo. Che se il buon volere, e la diligenza grande, che vi apportò, avranno un qualche successo non {sfortunato, potrà egli con questa fatica agevolare a' suoi discepoli di lingua Greca nell'Ateneo la intelligenza, e il gusto di uno Scrittore, la cui penna fu, si può dire, dalle Muse, e dalle Grazie guidata, e verrà, quel che è molto più, a mettere nella sua patria in nuova luce gli acconcj spe- zialmente al nostro secolo aurei precetti, ed^esempi, di cui abbonda questa fra tutte preziosissima opera dell' anti- chità. ( LXV ) BELLE ARTI. Il Piemonte, a vero dire, non può del pari, che altri coDfìaaDti dominj vantare un' antica non interrotta scuola delle Belle Arti. Ch'esse, siccome amiche natu- ralmente di quiete e di tranquillità, mal sanno posarsi là, dove troppo sovente giugne lo strepito delle armi a spaventarle: e questo stato, siccome guei-riero , e per sua situazione soggetto ad essere il teatro della guerra , potè ben più volte ad altri Popoli Italiani proleggere la durevole stanza di esse, ma non valse egli a procu- rarla, e a proteggerla a se medesimo stabilmente. Ciò non ostante, in ogni tempo sino dal risorgimento loro iucomiuciando , ebbe il Piemonte uomini in esse rag- guardevolissimi. Basta volgere un'occhiata sul Museo No- varese del Cotta, suir abecedario pittorico dell' Orlanli, e sulla raccolta di cose patrie del signor Vernazza, per vederne parecchi da più savj Pontefici delle più splendide iucumbeuze onorati , alcuni pur Capi di Accademie accre- ditatissime, e Maestri di valentissimi Discepoli, varj ad ora ad ora gareggianti co' più famosi , e qualcuno dallo stesso Rafaello anche a' suoi lavori associato , e molti finalmente qiià e là vivi e spiranti ne'proziosisimi mo- nuuienti, onde ogni primaria città vicina e lontana illu- strarono. Anche in ogni tempo fra noi la Famiglia Sov- rana, se non potè sì tosto per colpa delle circostanze provvedere alle Belle Arti una successione di scuola , 9 ( L X VI ) non lasciò però mai ài favoriilc, pioniovciKlom* sollc- citameute lo studio ne' sudditi suoi, e thianìccdo a se COQ istipendj ed onori considerabili gli artefici , che fuori aveano maggiore rinomanza. E allorché tempi rren tor- bidi gliel perinisero, ella di buon giado gettò Je fon- damenta di questa scuola , e senza intermissione tirò sempre più in alto il ben avventuroso edificio. Cosi nel 1662 diede opera, che sorgesse la compagnia de' Pro- fessori delle Belle Arti, la quale da S. Luca si deno- minò, e fu alla romana indi a poco aggregata; cosi nel 1678 la eresse, e stabilì * in Accademia; e con mu- nirla di esteri ingegni i meglio fatti per dare a' nazio- nali lo avviamento, e stimolo maggiore; con impie- garla di mano in mano ad abbellire il palazzo e le vill^ reali, le basiliche, e altri pubblici edifizj ; con restau- rarla all'uopo, ed accrescerla di Piofessori, di leggi, e di ajuti di ogni maniera , mercè soprattutto le spe- ciali cure di tre successivi Re di lei amantissimi, la portò nel secolo XVIII a tal celebrila , che Torino nella pit- tura , neir architettura , nella statuaria , e maestria in bronzi dopo Roma non la cede quasi a nessuna delle città capitali d'Italia**. Erede al presente, e depositaria di questa gloria la Classe nostra, una buona parte de' suoi sfudj , e delle * V. Storia pittorica dell'Italia. dell'Abate Lanzi, pag. Syi. ** V. ibid. pag. 386. ( L X V I I ) sue occupazioni tiene ella sulle Belle Arti fervorosamente rivolta. Comincio da' Professori medesimi: che cosa bella è invero quando chi un'arte professa pratico insieme di tutta la Greca, e Komana erudizione, scrive sull'arte stessa, e può non men colle dottrine j che cogli esempj l'ingegno, e la mano altrui reggere e perfezionare. Il signor PÉCHEUX adunque nel corso di questi quattro anni pigliò in varie adunanze a trattare varj punti impor- tantissimi; ed ora ci presentò come un compito ritratto delle Arti , nel quale da' tempi i piìi lontani movendo, e sino a di nostri arrivando, mette in vista l'origine, il progresso, la decadenza, e il risorgimento loro al secolo quindicesimo: ora ne porse un'idea ragionata su gli antichi pittori, nella quale mira principalmente a combattere la comune opinione, ostinata nel dare a' Pit- tori antichi troppa superiorità su' moderni; ed ora ne fece pure una fedele rassegna delle differenti scuole pittoriche, che si videro in diverse epoche dal rinnovel- lamento dell'arte in Italia fiorire, con additarne insieme il vantaggio , che trar se ne può per l' esame delle opere successivamente apparite. Parlò un di sulla grazia della spezie umana conside- rata, e applicata alla pittura, facendo prima vedere, che i movimenti sono i principali agenti di essa, e dise- gnando poscia r età , e il colore onde aumentarne la possanza: in un altro trattò della pittura a fresco, e studiossi di scoprirne i principi, ^^ spiegarne l'opera- zione, e di esporne in fine la cagione della sua poca ( LX vili ) durata per l' azione appunto del caldo , e dell' umido dell' atmosfera. In due altre occasioni ne lesse due saggi, l'uno de' quali fu sul gusto nella pittura , e 1' altro su i diversi caratteri della pittura espressi per semplicità, patetico, energico, e sublime. Nel primo di essi dimostrò, che il gusto nella pittura è infinitamente vario ; che dipende molto dal carattere del pittore, delle scuole, e anche del secolo; che è soggetto a viziarsi per sensibili passaggi da poli- tiche circostanze originati; e che da ciascuna nazione si può il medesimo eoa osservazioni su' vicini fatte miglio- rare d' assai. Nel secondo insegnò , che lo applicar giusta- mente il semplice, il patetico, l'energico, ed il sublime, egli è dovere dell' occulato artista; notò che da questa giusta applicazione può l' opera solo ricevere il suo mag- gior lustro; e finì annoverando diversi quadri, in cui eccellenti maestri seppero al vivo questi differenti carat- teri rappresentare. Avvi ancora del medesimo Professore due ragiona- menti, cioè sulla bellezza relativamente alla pittura, e alla scultura, e sull'armonia in pittura. Riguardo alla bellezza egli ha per iscopo di far ve- dere, che non essendovi bellezza alcuna assoluta, l'oggetto di questo vocabolo è a' soggetti rappresentati meramente relativo. E nozioni esatte sulla natura della bellezza, soprattutto considerata nella spezie umana , sul senti- mento, che di essa in noi si sviluppa, su i due generi di bellezza, naturale presso gli uomini, ideale presso gli ( LXIX ) Dei, e gli Eroi, tutte e due relative all'età, al sesso, al carattere, alla condizione; osservazioni particolaà sulla bellezza ideale, sulla perfezione che le viene dalla forza, e grandezza dell' immaginazione, su i differenti caratteri di essa; infine riflessioni distinte sulle diverse età, sulla bellezza propria di ciascuna ^i esse, e sulla difficoltà maggiore tra noi a ritrovare queste difftrenti bellezze, tutto egli è adoperato destramente a meglio spiegare, ed arricchire il proposto argomento. Rispetto all'armonia, mira l'Autore a spiegarne il ca- rattere sull'esempio massimamente de' pittori, che sopra gli altri vi si segnalarono. Data perciò un' idea generale dell'armonia, dice come si applica essa alla pittuia , da quali, e quante cose dipende: accenna, che pochi quadri hanno di questa armonia ricreatrice; che gli an- tichi occupati solo delle altre parti dell' arte non bada- Vano a questa , ne per questa sono essi di fatto lodati da savio estimatore. Osserva non esservi esempio di quest' ar- monia anteriore all'anno i55o; fa special menzione de' pit- tori, che furono i primi a sentirla, a porla in opera, e chiude esortando gli artisti a volere, or che non man- cano i belli esempj , adoperarsi diligentemente per acqui- stare nuovi lumi su questa parte, di tutte la pii!i dilet- tevole, la più utile a portar l'arte alla sua perfezione, e a far passare la memoria di essi alla posterità. Tanta suppellettile di dottrina contenuta nelle accen- nate lezioni già bella per se stessa, lo diventa ancor piìi per la chiarezza che le viene dalle opere di chi la dettò. ( L X X ) Percioccht; il nostro Accademico prima che nell'anno 1777 chiamato fosse di Roma in Piemonte da Vittorio Amedeo HI ad essere suo primo pittore, e a diligere insieme sulla norma tenuta molto prima dal celebre Ca- valiere Beaumont, la novellamente restaurata Accademia di pittura e scultura, aveva egli già con isp'endida mae- stria più fatti pennelleggiato. Per tacere di pregiatis- simi ritratti di gran Signori, di Regnanti, di Pontefici, ornamento al presente di molte Reggie, ne sono in ispezie testimoni hi adorazione de' Pastori, quella de' Re Magi, e la crocifissione che pur in sua gioventù gli fruttarono di essere Professore in Campidoglio, e mem- bro dell'Accademia di S, Luca, e di Parma, e di Bo- logna; testimonj la Venere che dissuade Adone dal gire alla caccia, l'Attilio Regolo, il Coriolano, lo sposalizio di Amore, e Psiche, la Tetide chiamata in Olimpo, il ritorno della Santa Sede in Roma , il Padre Eterno , che divide gli Elementi, la Madonna addolorata, e la Virginia avanti al Decemviro Appio, il qual ultimo quadro proposto per concorso nel portò appunto tra noi a di- rigere la scuola Torinese. E dopo anche dobbiamo a lui i multiplici soggetti, che adornano la volta della Biblio- teca interna del palazzo reale, dobbiamo il S. Vincenzo Ferreri, che risuscita una morta, il Presepio, il Batte- simo del Principe Nazaradeolo , la Clelia, che passa il Tevere, il transito di S. Giuseppe, lo Alessandro abhrac- ciato dal figliuolo di Dario, la morte di Epaminonda, la natura consigliata dalla ragione, il Narciso innamorato i ( LXXI ) di se medesimo, il riposo in Egitto, lo Augusto die chiude il tempio di Giano, il Muzio Scovolo, lo Acliille che freme in consegnando Briseide, opere tutte, le quali mentre qua e là dove sono da vicino, e da lontano esaltano il pennello, che le lavorò, ne illustrano anche, e ne avvalorano la penna, che scrisse i testé riferiti animaesfranienli dell' arte. Il signor Krvelli altresì chiamò l'attenzione della Classe alle seguenti leMure. Intorno a' rami di anatomia, che si trovano uell' enciclopedia di Padova, fa egli in una assai distesa lettera al signor Conte Carburi indi- rizzata, chiaramente vedere, che colesti non sono per niun conto esatti, e propone un metodo infallibile, onde avere tavole anatomiche, disegnate colla maggior esat- tezza, ed acconcie a presentare l'osteologia, e la raiolo- gia in qualunque animale perfettamente situate. Sul modo di rettificare la vista a' disegnatori, accom- pagna con uno scritto una macchinetta da lui inventata, mercè della quale si misurano non solo le linee perpen- dicolari , ma le orizzontali eziandio, e le obblique. In esso mostra in che consiste il diseguo, e come usandosi finora in tutte le scuole d'Italia, e d' oltramonti unica- mente il piombino, mancava per anco il mezzo di ret- tificare con facilità, e sicurezza la vista; reca parecchie osservazioni sopra un passo di Mengs , dove raccomanda agli allievi di disegnare delle figure geometriche, accenna in quali circostanze l'usare il compasso sia utile, in quali dannoso; e finisce con dare una chiara idea della forma , ( LXX 1 I ) e doli' USO della proposla niacchinetfa, già da' suoi Disce- poli nella scuola del disegno fiulfuosamente adoperata. Andie sul foro Bonaparte ideato in Milano, abitiamo di lui una dissertazione. In questa comincia dallo espoiTe con (juai monumenti gli antichi Greci, e Spartani ono- rassero i loro Eroi, e con quali in appresso gli onoras- sero di tempo in tempo gli altri popoli, che per gran- dezza d'imprese, e per estensione di dominio furono i più famosi. Poi dopo avere toccato qual monumento debba essere più caro ad un Eroe, che ami la vera im- mortalità, entra a ragionare di que' monumenti che l'am- bizione, e di quelli, che l'amore, e la pietà innalza- rono: prova ad evidenza, che le moli più strepitose non possono se non dalle più grandi nazioni innalzarsi: e come tale appunto sarebbe l' idea del foro Bonaparte , come a tanto non può levar le sue mire la nazioa Cisal- pina, e come soprattutto l'Eroe, a cui onore vorrebbesi far ciò, ama di vedere la sua gloria su migliori basi fondata, conchiude l'autore esser poco probabile, che siasi mai per recare ad esecuzione lo ideato foro gran- diosissimo , contro cui reclamerebbe quasi anche la na- tura del sito medesimo, che appartato, qual è, sarebbe pure mal adatto a fiere, a mercati, a commercianti. Lo stesso Professore intorno all' arte di ben panneg- giare ne presenta come un trattatello originale e compito; tratta del migliore stile da tenersi ne' panneggiamenti ; prova, che debbano questi studiarsi sifl vero, e perfe- zionarsi coir arte; tocca le occasioni, che ì' ideale, ossia ( L X X I I I ) rimmnginazlonc ricliioggouo per esej^uirli; porge delle critiche riilcssiorii sopra due articoli di JMengs a tal ma- teria appartecenfi; indica i modelli da seguire ne'paii- neggiauicnti, e il modo , onde analizzare, dirò così, le pieghe di un panno; parla del manichino, ossia della statua movibile , dell'inventore di esso, e de' vantaggi, e de' danni, che ne possono a' coltivatori di questi sludj avvenire ; inliue espone diligentemente i mezzi , onde arri- vare a ben comporre i panneggiamenti, tanfo perchè sieno essi naturali, ed esprimenti le varie stoflé, quanto perchè diano grazia , e leggiadria alle figure di donna , e un'aria di maestà alle figure d'uomo, che maestosa- mente hanno da comparire. Il primo volume di opere filosofiche sulla pittura , pubblicato più anni fa dall'Autore, ci fa desiderare il secondo, e il terzo, che promessi ne furono; e questi, come alimentati parimente da' sodi studj fatti in Italia, e massimamente in Roma su le statue Greche, su Ra- FAELLO, su i Cab ACCI, su Tiziano, su Coreggio, su i migliori della scuola fiamminga, su l'uso della camera ottica oscura; cosi arricchiti poscia, e corroborati da'dotti esercizj , dopo il suo ritorno in patria non mai intei:*: rotti, daranno abbondante materia a nuove letture, colle quali vorrà egli, son certo, a' Colleghi anticipatamente conmnicare le recenti sue fatiche teoriche. Che quanto, alla maniera , con cui sa egli metterle in pratica , senza ricordare gli altri, bastano a faine fede due soli quadri suoi: parlo del Cristo giudicato da Caifa, e dell'Olimpia IO ( LX X 1 V ) abbandonata da Biieno , i quali esposi! pur di presente nel suo studio non si sazia di visitare il coito citta- dino , e sti-aniero. 11 primo nel miglior modo, che sia possilnle, insieme colla forza e verità negli eifetti del lume, insieme colla robustezza del colorito di stile fiammingo, esprime la innocenza, e la divinità, che traluce nella faccia del Salvatore, e nel suo contegno, la malignità del Giu- dice, l'attenzione de' circostanti , e l'intimo loro rancore. 11 secondo, colla purità del disegno, col colorito della scuola veneziana, e fiamminga, colla i-icchezza della composizione, il tutto in sommo grado, ci presenta nella tradita Principessa il carattere di dolcezza, e te- nerezza si veracemente, che si può dire avere il nostro dipintore col divino poeta, da cui tolse l'idea, felicis- simamente gareggiato. La povera Olimpia , che assisa sul letto, levando gli occhi al cielo, e stracciandosi con una mano i crini, e coli' altra additando il Ietto, e l'isola, ci manifesta un dolore tranquillo, e nell'anima concentrato; la tenda, che in un angolo del quadio si appoggia sopra un ramo d'albero, il mare che in lon- tananza è rischiarato da' raggi del sole uiisccnte, la nave, che se ne porta 1' amante infedele, e tutti infine gli ac- cessori perfettamente corrispondenti al principale , sono altrettante prove recenti, che fia sempi-e caro alla Classe ciò, che sull'arte sua vorrà leggere il Professore acca- demico. Il signor professore Porporati, già sotto Vittorio ( LXX V ) Atnedeo III, incisore, e custode do' (lise{!;ni di piftuin , sfulUira, e orcliilettura civile, meiiìbro dell' Accademia reale delle Arti di Torino, e di quella di Parigi, ed ora Corrispondente dell'Instituto nazionale, se non fosse un notabile indebolimento di vista, e il cagionevol tenore di salute, colpa dell'età, e piìi ancora di sue lunghe fatiche, certo avrebbe egli qui tra' lavori di nostra Classe un luogo distinto. Perciocché di questo valente artista ognun sa come nell'inlaglio sia forte, suave, e diligente il bulino ; come le opere di lui a piìi colti , a più lon- tani paesi pervenute , il facessero da splendide Corti con vantaggiose distinzioni invitare; e come veramente nella capitale della Francia, ov'era stato spedito dal suo Re , durante il lungo soggiorno, che vi fece, fornisse di sue rare produzioni quell'Accademia, in seno alla quale era sfato onoratissimamente ricevuto. Che se altrettanto nella nostra, atteso il presente suo slato, non potè fare, egli non lascia perciò di esserne utile, e pregiato. Che belli sono sempre i lumi, i riflessi, che apporta nelle adu- nanze, belli, e diritti i giudizi, che dà ogni volta che in fatto di arti è nominato nelle commissioni ad essere o direttore, o conoscitore delle opere altrui. Soprattutto poi dee essere a tutti caro lo studio, e zelo che pone nel formare nella sua scuola a parte gli allievi suoi , de' quali alcuno, come dirassi a luogo suo, già presentò all' Accademia produzioni non indegne diun tanto maestro. Ed è veramente da saper grado assai al Governo , il quale giudicando, che ampia troppo è la materia, che ( L XX V I ) riguai-da il disegno iu tutte le sue parti, e quella che riguarda le fabbiiche , le manifalturc, e quiuJi Iaconi- posizione, il modo di panneggiare, la teoria della luce, de' colori, e la filosofia dell'arte per la tanfo diflicile espressione degli affetti , volle , a prò di questi multiplici studj , accrescere il numero de' Professori , che per lo innanzi nelle Accademie di pittura era molto scarso , onde tutto si potesse per debito modo insegnare, e tutto partitameufc imparare. Il signor Abate Tarini , direttore del Museo di anti- chità, è autore anch' egli di tre ragionamenti, che alle Belle Arti appartengono. In uno piglia a descrivere una preziosa antica pittura a musaico , la quale si discoprì in Sardegna , e si con- serva nel nostro Museo : unisce a questa descrizione varj riflessi sopra la diversa manieia ne' tempi andati , e ne' presenti in tai dipinture pi-aticata : annovera i van- taggi dell'una, e dell'altra, e ricorda a qiial uso oggidì destinar si potrebbe ciascuna di esse utilmente. Nell'altro esamina l'origine, i progressi, e la deca- denza delle arti,' principalmente appo gli Egizj, i Greci, gli Etruschi , i Romani ; e mostrata la eccellenza a cui esse più per gli antichi, che pe' moderni salirono, pro- pone de' mpzzi acconcj a fornirle di nuovo spirito, e a portarle all' altissimo grado della loro gloria primiera. Nel terzo s' accigne a provare l'utililà delle grandi raccolte delle antiche medaglie, per relazione massima- mente alle Belle Arti. Entra nell'argomento eoa alcune ( LXiCVll ) lincssioni SU la 'stima, clie i dotti al Hcomiacì.'iré della scienza nurnismalica t-bbero per questi monunieufi, su la cura, che i Principi protettori delle lettere si presero di l'ai li generalmente in istérminati volumi raccorrà, e sulla nt'c<>si«ifài di averne in particolare a prò delle Belle Arti una ricca, e scella raccolta. Si ferma alquanto a mostrare come la storia, e la mitologia hanno ricevuto, e ricevono da essi tuttora degli schiarimenti da potere in gran parte supplire alla perdita delle memorie, e al silenzio degli autori. Poi viene a' singolari vantaggi, che ne derivano alle Arti, che hanno per base il disegno, vantaggi ben njolti, e ben conosciuti da' celebri artisti, che camminano sulle tracce degli antichi. Infine con- chiude, che una raccolta sì fatta di antiche medaglie, come quanto «11' erudizione è ufi tesoro di storia figurata, cosi quanto alle arti si può ella dire un tesoro di dise- gni di sua natura il più faqile a conservare contro le ingiurie de' tempi. '"<',' Il signor professQre Dépébet accoppiando le sue rifles- sioni a quelle di Luigi Gonzaga di Castiglione, pigliò in un discorso a ricercare, se una nazione, pervenuta che sia al più alto punto di gloria nelle arti, possa lun- gamente mantenere il buon gusto in tutta la purità, e allontanare quella decadenza, che per intervalli più, o men lunghi limita, e separa le epoche luminose dell'in- gegno, e de'talenti. Osserva in prima, che le regole, e i precetti vennero dopo a capi d'opera dell'immagi- nazione , e non ne sono , a così dire , che 1' analisi ( L X X V 1 1 1 ) paiipgiiira. Quindi argomenta, clie le teorie giovano a ben dirigere l'ingegno, ma non vagliono a farlo nascere; e mostra in appresso, che non tanto il difetto de'lumi, quanto 1" incongtanza naturale dello spirito, e del cuore ne' suoi godimenti si è quella, che cagiona l'alterazione del buon gusto, e dà luogo a quella infinita varietà, che veggiamo nelle produzioni delie Arti medesime in tempi differenti. Dal che prudentemente conchiude , che $oIo lottando sempre contro la moda , e sempre cer- cando a rimontare a' secoli anteriori, si può giugnere a conservare le Belle Arti in quel grado di perfezione , a cui sicnsi già presso di una nazione sollevate. Il professore Regis sottopose altresì al giudizio de' suoi Colleghi un paralello della pittura, e scultura: in esso al fido lume, che gli porgono i più valenti cono- scitori, va fedelmente esponendo la natura, gli ufficj , e i meriti dell'una, e dell'altra facoltà; mette nella maggior luce, che può, le ragioni, per le quali cias- cuna di esse pretende di essere da più: e senza ardire di nulla positivamente decidere su cotal maggioranza , già cagione di troppo vive, di troppo lunghe dispute in Italia, si rcstrigne ad avvertire, che quesle due Arti, nate come sono da' medesimi parenti, avvalorate da' me- desimi principi , e destinate a riempiere un medesimo oggetto , deggiouo esse rimanersi sempre tra loro con- cordi ed amiche. Ma la classe, come rispetto alle scienze filosofiche, ed alle lettere, insieme colle mentovate letture rivolse e LXX IX ) altresì l'occhio, e il pensiero su var*j alfii Oggetti, e segnatamente su libri molti da'privati autori, e da diverse Accademie a lei oHerli, ( de' quali suo luogo farà men- zione); cosi riguardo alle Belle Arti eziandio, ella, oltre il sin qui detto, ora si occupò a stendere per la scuola , e pel professore di architettura regolamenlJ , e istruzioni, il piili che possibil fosse coofacevoli a con- servare in Torino questa facoltà in quel grado di eccel- lenza, a cui già da qualche tempo vi si trova solle- vata. Ora ptMò in più modi a porgere incitamento, e materia alla tra noi tuttora fiorente scultura, nella quale ci' toccò pure d'avere artefici tdli *, che col valoroso loro scalpello ravvivarono tra nói in gran parte le smor- zate idee di quel grande, e sublime, che figurò f^ìk un BuoNAROTi, un Algardi, un Bernini. Ora diede opera a disegni, a stemmi, a medaglie per onorare alcuna delle epoche memorabili, che furoQo passò, e avan- zamento al presente tranquillo ordine di cose. Ed ora, ciò che fece e molto spesso, e sempre con grande zelo, attese ad esaminare, a favorire, a promovere varie pro- duzioni delle Belle Arti, che presentate da' varj Autori io verrò qui ancora acceimando : La Carità df-H' Albano al palazzo Bolognetti : La Erodiade di Guido Rem nella galleria Colonna : * I celebri Collini Ignazio, e Filippo. ( LXXX ) Il S. Michele del GriDO parimente; copie esattissime , e assai bene dipinte: Alcuni rifratti inoltre in pastello ,, che presentano molto vigore,, e. .molta intelligenza. Di madamigella Soffia Le- Clerk , corrispondente. La morte di Agamemnone: Tullia parricida: Deucalione , e Pina: Apoteosi di Vittorio , Alfieri : Filippo II, in atto che annunzia la condanna di morte a D. Carlo suo figliuolo; soggetto tratto dalla tragedia sotto tal nome, di Vittorio Alfieri, cornei i , quattro, innanzi Io sono da varie poesie di madama Diodata Saluzzo : Diogene in riposo : Due Torsi loricati, scoperti, pochi anni sono, nel demolire le mura di Susa; disegni tutti del sigtìor Mon- TicoNE, ne' quali, secondo la varietà de' medesimi, si vede spirito , espressione , e modo suo lodevole di comporre. Progetto dì architetture specialmente teatrali , e vo- lume di si fatti abozzi giudicati degni del pubblico , e utib'ssimi a' pittori insieme, ed agli archilelti. Del signor Barberi architetto Romano. La Pace, figura bella, gentile, e ben panneggiata: modello in creta del signor Amedeo Lavy. Ercole, che abbatte un centauro: ( L X X X I ) Enea , che uccide Turno. Modelli di buon disegno , del signor Giudice scultore. Busto di Napoleone I, vestilo all'eroica, modellalo con molta diligenza. Del signor Boliaki scultore. II principe Tommaso di Savoja : disegno assai lodato del signor Tosetti. Un paese dipinto all' incausto con molta leggiadria : del signor Cebutti di Ceutallo. Due lavori in rame di buono intaglio : del signor Valpebca incisore. Due vasi Etruschi , perfettamente imitanti lo stile , e la forma degli antichi vasi Sanniti, conosciuti general- mente sotto il nome di Etruschi : del signor D'Angrogxa LUSERNA. Finalmente un musaico antico di Sardegna, disegnato, e intagliato da due allievi* del signor Pecheux : Due stampe, rappresentanti l'una il tragico Alfieri, r altra il signor Abate Valpebga-Caluso: di un giovine ** esso pure scolare del signor Porporati; lavori si il primo, che i due ultimi di non oidinaria aspettazione. Or la Classe non contenta di osservare di passaggio tutte queste opere, ne udì regolarmente il rapporto, che gliene fecero di tempo in tempo le commissioni a lai uopo in seno di lei nominate. E schiarata vie più dulie spe- ciali osservazioni di arte, di critica, e di gusto sulla * I Signori BouciiERoy , e Galuano. < ** Il fitjliuolo dell' illudile Palmieri. I l ( LXXXIl ) natura, e sul merito di ciascuna di esse, talor con dice- vole elogio onorò la maestria degli Autori già alla meta o pervcnu(i, o molto avanzati, e talor eziandio con un qualche premio aggiunse lena, e vigore a quelli, che sebbene ancora nel principio della carriera, danno tut- tavia bt'lle speranze di se medesimi: servigio in verità noe picciolo , che tra i molti rendono alle Arti in sì flitta maniera le Accademie. MÉMOIRES DE LITTÉRATURE ET BEAUX-ARTS. DISCOURS SUR L'UTILI TÉ DES SCIENCES, LITTÉRATURE ET BEAUX-ARTS, M/ L'ABBÉ VINCENT TARIN. Lu dans la séance publique du 29 messidor an io. j_jORSQUE l'Europe sortit progressi vement de la profonde igDorance où elle avait élé plongce depuis la chiUe de l'Empire dOccident , le premier pas vers la civilisation flit d'entrevoir l'utilité des Sciences, de la Littératurc et des Ar(s. On roconnut que ces connaissances donnent non seulement aux Nations qui les cultivent , une supé- riorité iucontestable sur les autres , et qu'en vivifìant l'iudustrie , elles tcudeut à l'accroissemeut de la popula- tion et de la force des Etats ; mais on acquit encore la cerlitude qu elles contribuent essentiellement à la félicité individuelle , en adoucissaut les mocurs, en resserraut les liens sociaux , et siu'-tout en rcpandant les principes de philautropie, de grandeur d'ame et de vertui I 2 SVK L'uTiriTÉ DES SCIENCES , Le desìi" de s'instruire se propagea bientót plus géné- ralemeiit, et augmeata à proportion qua les moycns se multiplièrent par l'invention de rimprimerie. Enfin le dix-huiticine siècle a vu les Sciences et la Littéiatuie por- tées à un degré de perfection , dont les tems antdricurs u'avaient point foiirni dcxcmple; et si un Ecrivain célèbre a prétendu démontrer qu'elles sout moins avanfageuses que nuisibles au genre humaiu, cet ingénieux paradoxc, quoique souteuu par l'élégance et la pureté d'un style euchaatcur , n'a servi qua prouver leloquence de son auteur, et à fournir à qaelques iodividus un prétexte plausible pour jiistifiier leur ignorance. La mnltiplicité des ouvrages instructifs que plusieurs .Socicfés savaufes out publiés dans diHéreutes contrées de l'Europe et sur-tout en Frauce, nous a convaincus que rien a'est plus proprc à accélérer les progrès des con- naissances que la protection accordc^e par les Gouverne- mens à ces Sociétés , afiu de Ics exclter à tenter des de- couvertcs intéressautes , et ù consacrer leurs travaux h l'utilité pnbliqiie. Le Piémont avait des Acadi'mies et des Établissemens littéraires, qui se sont illustrés par leurs productions , et plusieurs Savans quii a prodult , ont éié appelés chez l'étranger, et y jouissent d'une considération très- distinguée. Un nouvel ordre de choses s'étant établi dans ce pays, le General Jourdan alors Administrateur General, aussi sage qu'éclairé , sentii bientòt la nécessité de relevei- ces PAR M.' l'aBBÉ TAhIN. 3 instifufi'oDS imporlanfcs j il y appoifa des changcmens et des soins qui le font regarder corame un viai fouda- teur , et ses vues bienfaisantos ont été secondces par un Gouvernement puissant et généreux qui velile à nos destinées et vcut notre prospérité. Déjà l'Athénée débarrassé des entraves et des prcjugés qui retardaient les progiès des Sciences, et pourvu de plusieurs chaiies que l'on désirait depuis long-tems , offre à la jeunesse une iustruction plus facile et plus generale. Le Collège national dirige les élèves dans la carrière des sciences et de Ihonneur. Une Ecolc vélérinaire , si utile dans un Etat , vient d'étre fondée avec une intelligence qui annonce les plus grands succès. L'ad- mission des élèves de la 27.* Division militaire à fècole polytechnique, la plus illustre qui existe en Europe, nous assure des avanfages inapprcclables, et devieut un nouveau gage de la fraternitc que nous accorde la Grande Kation. L'Acadcmie d'Agriculture et fAcadéiriie subalpine d Ilis- toire et de Beaux-Arts , s'occupent avec ardeur , la pre- mière à des découvertes utiles et intércssantes , la seconde à épurer le goùt , et k exciter une émulation qui conlribue infiniinent à perfectionuer la liltérature. Mais, que dirai-je de l'Académie des Sciences, de Lil- térature et des Beaux-Arts ? on sent les progrcs qu'elle peut falre et qu'elle fera, sur-tout aclucUenient qu'uu Héros imraortel, seconde par des luinistrcs habilcs, porte ses vues sur toutes les branches de l'industrie, et encourage d'une manière distinguée les Savans et les Artistes. "4 SUR l'uTILITÉ T)TS sciencks, Quels bienfaits la 27.* Divi^ion niilitaire ne doit-elle pas aftendre de la sollicitiide dii Gueirier philosophe., qui, à l'exemple dcs Martellus et des Mutius Scevola , vicnt de parcourir les df^paitemens confiés à .«on adnii- nistration, afin de se procurer )e8 renseignemens les plus détaillés sur leur état actuel, et pour recheicher les meilleurs nioj'cns d'y. rendie l'agiiculfure et le commerce de plus ea plus florissans, et sur-tout d'y perfectionner l'instruction publique , qui seule peut développer ces talens précieux, dout la nature n'a jeté quo le germe dans un petit nombre d'hommes extraordiuaires, et qui sans l'étude seraient toujours ignorés. Puisseut ses efforts assurer à des établissemens si nécessaires la perpetuile que paraìt en promettre le pian qu'il ea a forme dans sa sagesse! Puisseut toutes les branchos d'inslruction recevoir le comble de perfectjon , à laquelle il travaille sans relàcbe ! I ■ ^ Tel est Tavenir consolant que nous font espérer des Ad- ministrateurs éclairés. Le succès de leurs snges disposifious nous est garanti par la prudence avec laquelle elles sont combinées. La gioire de poser les bases de notre félicité ctait réservde à une Nation grande et gc^ndreuse, et si nous ne pouvons, comme faisaient lesprovinces Romaines* * Les habitaiu de Calane cn Sicile consacrèrent leur gyranase à Marcellus. Q. Mutiiis P. Filius Asiam tinpulan'ler rexerat , aJeo tit tttes feslus a Crcecit in honorem ejus tonstituerelur . qui dicertlur Muda. Ascoa. in Verrin. 4. PAR m/ l'abbÉ TABIN. S à régàrd des Proconsuls qui It-s lavoiVnt bjVn gouvernées, lui attester notre rcconnaissance par des féles publiques et des monum.cDS ' sok'jnaek; du nwins oe Isentinient restera-t-il à jamais grave detns nos coeurs, et la postcrité recannaìssalite no prononcerà le' nona' dé^'sés 'bienfaiteurs, quavCc attendrisseraerit et reispéct.' BA*l EXPLIGATION D'UN BAS-RELIEF ANTIQUE SCrtPTÉ SUR UNE COUPÉ EN ARGENT, DÉTERRÉE DANS LE PÒ, ENTRE l'eNDROIT OÙ ÉTAIT BATIE l'aNCIENNE VILLE o'iNDVSTRlA ET I£ CHATEAU DE /^ERRUE , APPELÉ PAR LES ANCIENS FERVC^ , PAR M.' L'ABBÉ TARIN. Lue le ay tlieriuidor, an ii. .VA NT d'entrer en matière, perraettez, Académiclens , que je rappelle à votre souvenir que les premiers hommes commencèrent par faire iisage des cornes de certains auimaux, principalement de celles de boeuf, pour leur teuir lieu de vases à boire ou de coupes , dont le Dom était aussi general que celui de verre peut- étre aiijourd'hui panni nous; et conime en toutes clioses et sur-tout dans les arts, les idées des hommes ne chan- gent que par degrés, lors mémes qu'ils commencèrent à employer d'autres matières à ce méme usage, ils con- servèrent cefte forme dans leurs vases à boire, dont quelques-uns sont parvenus jusqu'à nous. Dans la suite oa adopta la forme à laquelle nous doanous le nom PAR M.' l'aBBÉ TARIN. "7" de coup!?, et les ancicns qui se servaient de ces vases dans les sacrifices ci dans les ffstius , ne négligèicnt n'ea pour s'en procui-er de très-richrs, soit par la matière dont ils €-taient foirnés, soit par la bcauté du travail dont on les ornaiC. Oiitrc la quautité considérable que l'on en a déterré, et que l'on en di'tene tous les jours, on peut juger, par l'examen détaillé qu'en fait Athénée, de la considérafion oij étaient ces vases daus les tems dHoMÈRE et dans les siècles suivans. Les Rotnains ne manquèrenf pas d'adopter aussi ce luxe: ViRGiLE dans ses églogues introduit deux bergers, qui se disputent le prix du chant, et se font un défi : l'un d'eux offre à l'autre deux con pes de bois de héfre, travaillé par Alcimédon , auquel il donne 1 epithète de diviu, à cause de sou habiielé dans ce genre douvrages. On pourrait ciler une quanlitc considérable de ces mouumens précieux qui orneut plusieurs cabinets d'Eu- rope, et qui ont été illustrés par des savans célèbres, mais comme la briévefé du tems ne uous permet pas d'entrer dans ces détails , nous nous bornerons à faire quelques observations sur celui dont j'ai l'honneur de vous préscnter les dessins. La matière dont cette coupé est formée, est d'argent; les dimensions sont les mcmes que celles des dessins. La conservation n'est pas aussi parfaite qu'on la souhai- terait, car le roulement des caux, le sable et le frot- lement contre les pierres, lui ont fait perdre ce beau 8* EXPL1C\TI0N d'un BAS-RliLIEF ANTIQUE, vernìs qne le fetns imprime sur les mélàux, et en ont presqueflacé quelques figures. Le style àv cet ouvrage peut étre rapporté aux beaux tems de la Grece. Ali premier coup-d'ocil ou volt que l'artiste, qiii en avait forme le dessin, a voulu ■ représenter la défaite des Amazones par Hercule. Cet événemeut, qui a fait tant de bruit et qui a exercé l'itliagination exaltée des poetes , a été tellement déOguré, que plusieurs auteurs de l'antiquité l'odt place- au rang des fables. Si nous devons nous défier de ce que plusieurs ' au- teurs anciens nous débiteut au sujet des Amazoues du- Thermodon , nous ne devons pas cependant rejeter une tradition historique conflrmée par des auteurs sages et éclairés. ^ Dès le tems d'HoMÈRE, l'existence des Amazones de l'Asie mineure était une opinion géùéralement re^ue. Ce^ poete nous dit qu'elles étaicnt puissantes dans ce pays au siècle de Bellérophon, d'Hercule et de la jeunesse de Priam. 11 les place à Torient du fleuve Sangar et de la Phr^'gie ; parie de leurs expcditions en Lycie et de leurs courses dans la Troade. Ea dessiuant ce sujet, il paralt que l'Artiste a suivi ce grand peiutre des liistoires ancienues. Car on voit Hercule, chargé par EurystWe d'enlever h Antiope sa ceioture, aux prises avec cette femme célèbre qui, à la lète de 6CS compngnes, se distingua plusieurs fois par PAR M.' l'aBBÉ TARIN. 9 son courage et sa férocité, et disputa aux liéros de ces tenis-là l'honneur de ravager la terre. Malgré la hardiesse avcc laquello line de ses coinpagnes volc à soa secours, la malhcureusc Antiope est prCtc à siiccoiiìbcr ou à su rendre à discit'tioii aii vaiuqucur. Le guerrier à theval pourrait biea rcprésentcr Ecllé- roplion, le premier qui a enseigné à niener un clieval avec le secours de la bride. Celili qui tient une de ces heroVnes par les clicvcux, sera probablenicnt Priam, auteur de celle cxpcdiliou en faveur dcs Plirygiens. Aux pieds des rochers quelques-unes de ces Amazoncs sont liées, et d;ins raltilude de prisonuières de guerre. Sur le haut dune montagne ou voit un tempie , par, lequel l'aiiUnu- du dessiu aura voulu rappeler le sou- venir de l'atlculat sacrilège de ces femmcs , qui oscrcut biùltr le tempie de Diane à Ephèse. Une observation intéressante qui se présente naturelle- ment dans cette composition , c'est le costume de ces gueri-iers. Sur les revers des médailles des villes qui reconuais- saient ces héroines pour leurs fondatrices, on les voit représentées habillées de peau des bélcs qu'elles tuaient à la oliasse. Leurs armes sont l'are, les flèchcs, la ja- veiiue et une hache d'armrs h deux trauchans, inven- tée, dit-on, par Penthésilée, une de leurs reincs. Elles portaient un bouclier nommé pella , qui avait la forme d'un croissant, et leur tètc était délendue par un casque orné de plumcs. 2 IO EXPLICATION ij'UN BAS-BELIFl' ANTIQIK. Le costume des Amazones de iiode bas-ielief est un peu différeut : elles n'out point de bottines qu'on leur donne sur Ics autres monumens; sur ce bas- reliet" elIcs sont dcchaussces, et l'habit et le bonnct sout à la phry- gienne. De ces observations il risulte que ce nionument est précieux, premièremeut pour les artistes, à cause de la beante de la composition, et de la découverte d'un cos- tume qui n'était pas encore connu géuéralenieut. En second lieu, ayaiit pris pour guide Homère dans l'cxplication que nous venons de donnei", nous croyons avoir mieux interprete la pensée de l'artiste, car, selon l'observation très-sage de l'abbé Bannier, les fables et la tradition étaieut d'abord moins composées qn'elles ne l'ont été dans la suite, et lorsqn'on veut les expliquer, il faut les prendre le plus près qu'il se peut de leur origine: le f'ond de l'histoire qu'elles renferment y est plus aisé à découvrir, et les allégories sont plus sensibles. i Mt'in ■ AcacL. dcj Scienceu JLitt- Toni-JJ Pao.io. II. 1. "me 77^ La /rim 1' a //fu: ro/jnr om "/? ^//''/■VZ /.v Meni. AcaJ. dej Sciences Litt- Tom ■ II- Pna. io ■ 7 ( . il y. atre //o ■ < < uDtipc- antujLic^ >:// a/yen t\ VU\J( ■J U XI NOUVEL APERCU SUR LES CAUSES DE LA CHUTE DES LETTRES AUX SIÈCLES DE l'Ère vulgaire, appelés de fer. PAR M.' EMMANUEL BAVA S. PAUL. Lu le 27 therinidor an ii. « Oans la langue, vn un mot, l'Auteur le plus diviu Est foujouis, quoiqu'il fasse, uà méchant écrivaiu. » Si IHorace', si le Juvenal de la Franco, si Despbeaux a dit vrai , aitisi que je le crois, daus les deux vers ci- dessus, quel sera le sort des Beaux-arts et de la Littérature d'une Natica qui n'a pas un idiome, ou qui uécrit pas la langue quelle parie, ou plutut quelle ailicule sans aucune règie? Tel fut cependant le sort, non pas d'une Natica seule , mais de toutes celles de l'Europe dans ces siècles de fer, c'est-à-dire depuis, ou à-peu-près depuis le 9.' jusqu'au i4** siècle. Cette f'atalitc qui condamna tous les Européens à riguorauce , aurait été un mal sans remède, quand mé- me il ne serait uè ù cette epoque, et dans cette parlie du 12 SUR LKS CArSrS DE LA CHUTE DES LETTRES, monde, qiic des gcnies transccndans avcc une volente la plus décidée de s'instruire eux-mèmes et ics autres, quand inc'ine le gouvcrnement des ficfs n'aurait pas isole les hommes et alienti les csprits. Le grand hoinme est toujours un peu au-dessous , jaiiiais au-dessus de la tieinpc des instiumens et de l'empire des circonstances, dont il se trouve pourvu et entouré. La parole est l'élément de l'instruction , j'en conviens, mais commeut en devienti ra-t-elle rinstrumeut actif , si on n'agence , si on ne porte le langage à un systéme de langue que l'on parie et que Fon écriv^e habituellement, et dont les mots soient lus et entendus de tous? Mais telle fut cependant la destinée des siècles dont je vous entretiens; cette langue, telle que je la coneois devoir éfre, et semblable à celles qn'eu grand uomhre nous avons aujourd'hui , manquait alors à^notre Occident, et ne pouvait que forcéraent lui manquer. Biea des gens écrivaient plus on raoins mal, ce qu'on appelait toujours chi /a/ in , taodis qu'untrès»petit nombre de personnes qu'on qualifiait de Grands clercs, enten- daient encdre tous, ou quelques-uns des Auteurs classi- ques de la haute ou de la basse lalinité, quoiqu'il n'y eùt pcrsonne qui sùt se servir de l'une ou de Tautre pour ètre eompris dans les cutretiens familiers; mais de quelle langue s'y servait-on donc? car enfin il fallait se faire entcndre. Quelle langue!... un jargon, un baragonin, tei à-peu-près que notre Piémontais, et cela dans tonte l'Europe; on ne l'écrivait pas, et par conséquent il n'étai! PAR M.' EMMANUEL BAvA S. PAUt. l3 admisslble dans aucun actc ou contrat juridiqiie et public, n'ayant ni accent fixe, ni orfographe, ni grainmaire , ni prosodie, et dans Ja bouche mème des Notables variant d'une cité à l'autre et de commune cn commune ; de facon que ces siècics de fer se trouvèrent placi's par un fatalisme aussi indéclinable qu'unique, peut-ètre, dans l'histoire de l'e que c'est prccisément, parce que la latinité da siècle d'Auguste ne fut plus la niéme aux sièclcs des Antonins, et paice que dans les iisages de la vie et la forme du discouis elle dut par cela seul changer cncore davantage pendant les huit siècles siiivans, que pour étre lus et compris, les écrivains l'urent forcés de seloi- gner et de diverger du latin des Auteurs , qu'anjourd'hui nous qualifions de classic/ues, dont plusieurs de ceux- là auraieut .fort bien su se servir en les iniitant, mais sous peine de n'étre pas lus et goùtés du comraun des lecteurs de la nation ; et c'est ce qui arriverait meme i\ piéseut, si en Italie un homrae de leftres s'avisait d ecrire dans la laugue et le style de Jacopone de Todi, ou du Passavanti, ou si un Francais écrivait conime jadis'Mes Joinvilles ou les Philippes de Comines. A<«ant que d'aller plus loin et de conciare , j'ai encore une observation non moins importante à vous l'aire; la voici; fc'est que la laugue des anciens Homains au siècle d'Auguste (et on peut en dire autant de celle des Grecs au siede d'Alexandre), ayant enl'anté des chefs-d'oeuvres presqu'ea tous les geures de littérature, on ne pouvait plus les atteindre ou les surpasser, à moins que cette raéme langue ne vìnt à changer au point de paraìtre, ou comme on voudra, d'étre en effet une langue nou- velle ; et c'est ce qui s'est enfin accompli et parachevé plus ou moins fard depuis le i/j-' siècle en Italie, en France et en Espagne. C'est pourquoi l'on a pu dès-lors, chez ces trois Nations, reproduire dans des idiomes non- i(d sua LES CAUSES DE LA CHUTE DES LETTRE.S, veaux , conniis de lout le inondo dès l'enfnnce , des chefs-d'oeuvres frappés au coiii atlni^'ant de la nouvcautt?, et qui rivalisent, quoique dans un gout et par un mode plus ou moins varie, avec ccux de l'ancieunc lionie et de lolite l'anliquitc. Mais c'est ce qui eùt éié impossiblc d'oblcnir pendant la trop longue duréc des siècles de fer, savoir: tandis que la langue latino était dans la paralysie de la nioit, et que les langues modcrues élaient dans le travail de l'enfanlemcut, et n'étaient ni forniées, ni udnltes, c'est- à-dire ni régularisées, ni admises dans Ics actes publics. Il réguait douc alois dans toute l'Europe deux langues, ou plutót doux langages infoimes et monstrueux , ceUii des clercs de toutes facuUés, théologiens, canonistes , incdecins, ou gens de loi et de chicane, c|ui, sans le padei- familiaireinent, écrivaient dans uiisquclette, en- core plus décluqueté par eux de langue latine, et celui des hauts Seigneurs, Ghevaliers et Paladina qu'on parlait et qu'oa grifounait méme, mais sans règie et ortographe , et qui, sous le nom de langue vulgaire en Italie, et sous celui de langue romance en Fiancc et eu Espagne, était dédaigné des clercs ci-dessiis; et commc dans la Datui-e l'cnfance a quelque chose de plus attrayaut et expressif, quo non pas la vieilleésc pàio et ridée, de méme celle langue romance, quoique enfantiue et en- core mal-formée, étalait déjà des altraits, présages heu- reux de sa perfectibilité future et prochaine, que, disparus, la laogue latine avait perdus sans ressource. PAR M." EMMANUEL, BAVA S PAUL. l'J Mais bicn qu'à pas tardifs cette laugue enfanli'ne élant parveniio ò sa maUiiité avec des (raits diveisifics daus nolrp Occidcnt pendant le j4'*j et encore plus pendajit le \o.' et le iG." siècics, la littéiatui-e se Iroiiva parvcniic aussi à l'epoque heureuse de se voir en mesure de repa- raitre avaiitageusenient sous l'enveloppe, et par l'organe des langues modernes ci-dessus, qui forcément nnlles et informes auparavaat, et pendant la durée des siècles de fer, n'tn pouvaient avoir une. Dès-lors , les laugues italienne et frauraise , (car jc fais abslraction ici de la belle langue espagnole,) régu- lan'sces, écrites , imprimées, et chacuue dans son pas'S entendues de tout le monde, purent rivaliser dans Ics ouv'tages liltéi-aires de tonte espèce avec ceux des anciens , et niérae dans un sens avec avanfage, quoique dans un gout différcut et un peu varie, ainsi que je l'ai inarqué ci-devant. Je dis avec avantage, non que les autcurs modernes qui les manicnt, soient de plus grands hommes que n'ont été les anciens, mais parce que les premiers écrivant dans des idiomes nouveaux, et, pour ainsi dire , encore vierges, ils purent, saus encourir le reproclie de pla- giaires, s'approprier ce qu'ils rencontraient dans ces der- niers de plus beau et frappant, et parce qu'il est tout sitnpic et naturel , ò mesure quo les siècles se succèdent et s'accumulent, que la masse du savoir au profit de l'esprit humain gngne toujours et s'enrichisse sans cesse. J ai ajouté que nos productions modernes rivaliscrcnt 3 l8 SUR LES CAUSES DE LA CnUTE DKS LETTRÉS, avec les anciennes, mais dans un goùt dit'férent et un peu vario; et en effet il ne se pouvait que la cbose ne flit aiusi; car, tandis que nos savans et uos gens de lettres couuaissaient par l'étude Ics moeurs et les usages de tous les peuples antérieurs et de l'autiquité, ils avaient k\ et sous leurs yeux les usages et les moeurs de leur cation, à laquelle ils consacraient leurs veilles et dcsti- naient Icurs travaux. Il (5tait dono naturel et couscqucnt il eux, qu'ils ne prisseut chcz les auteurs qui les avaient dcvancés j que Ics peintures, les iraages et les concep- tions qui , ayant la nature pour base., sont stables et indcpendantes de toutes les révolutions des tems, des moeurs, des partis, et des lieux, et toujours d'abord senties, et par cela seul d'abord admises et accueillies. Il était encore naturel que , soigneux d'écarter tout ce qui choquait leurs moeurs nationales, et les opiuions adoptces de la plupart et courautes, ils en fissent un tout assorti et nuance au goùt et à l'intelligence des contcmporains. Voilà sous quelle forme et sous quel aspect nous avons vu s'élever parmi nous la litt(5rature européenne et moderne , dès qu'étayée par la maturité des deux langues ci-dessus, elle y trouva, et put y puiser le foud des secours nécessaires et les couleurs assorties pour tout pciudre et exprimer. Ce goùt différent et varie dans les ouvragcs de lit- térature, résulte et dépend absolument de la variation et de la diversità des moeurs, des habitudes et des cultes ; le Merveilleux mythologique d'Homère a diì PAR M/ EMMANUEL BAVA S. PAUL. ig céder dans le Tasse au Mervcilleux lomanesque et ma- gique de l'epoque des Cioisades; et Milton a dù em- pruater le sicn ( c'est-à-dire le Seul Merveiileux véritablc) , de la Géuèse de Moyse. Ce ne fut plus sur des chars, que, comme ceux de l'Iliade, se battirent les héros de la Jérusalem , mais à pied ou à clu'val , la lance ou Vópée, la hachc ou la massue à la main; la piéfé de Godefroi de Bouillon fut plus grave et ferme, et moins superstitieuse etcraia- tive , que non pas celle du pieux Enee. Le dogme du fatalisme, et nommément dans les dcrits des ancicus Grecs, trancile tous les noeuds, décolore toutesles vertus, excuse et justifie presque tous les crinies , tandis qu'à préseut , dans les nòtres , soit sur nos théàtrcs , soit dans l'epopee, c'est l'Amour, c'est la Bravoure, l'Ambition, ou la Gioire, qui tour-à-tour couvrent tous les excès, et semblent fa ire tout pardonner. L'esclavage chez les anciens enchaìnait et abrutissait pour le moios la moitié des hommes et presque toutes les fem- mes, calcul qui enveloppe les trois quarts du genre hu- main, et c'est ce qu'on voit, à peu de chose près, encore de nos jours, par-tout ailleurs qu'en Europe. Uq partage si inégal eutre les individus qui étaient tout, et les individus qui, dans toute nation de l'antiquité, en qualité d'hommes, netaieut comptés pour rien, est- ce qui fait si fort contraster les nòtres d avec les mceurs des anciens , et ce qui par conséquent doit faire diverger coQsidérablemcQt , soit uos éeonomies politiqnes , soit 20 SUR LES cAusFS DE LA cnuTE r»r:s LETTnf:S, jiomraément notre littérature, de fcuit ce qui, sons ce doublé rapport, nous est parv-enu dcs auciens pcuplfs. Il est si vrai que, pour composer dans nos langues formées, écrites et imprimécs , un écrivain habile doit connaltrc et se pénctrer des moeurs, des opinions et dcs polices de sa Nation, qu'oa observe à l'égaid dcs meil- leui'S d'entr'eux, que c'est ordiaairement des passioris natiouales à la mode, que pour pròtei- de l'énerf^ie à sa diction, il tire Ics expressions fìgurées et Ics bclleS niétaphores, dont il sait aninier et embellir son sujrt et soa style. Voici quelques exemples de pareilles niétaphores d'abord senties et brillantes. La tactique cu l'art niilitaire, parce que Ics guerres y furent peu iuterroinpues, fut f'ort étudiée en Frauce et de tout le monde, duraut le long règne de Louis XIV; et aussitót on y voit passcr les phrases propres et téch- niques de cet art à la mode sous la piume de tout écrivain, et en étre flgurément employées sous mille rapports éloignés et difft'rens; c'est pourquoi on prèta dès-lors le flanc à la critique , au ridicale, à la mt'di- sance, comme parsa mal-adresse une arraée laissait le siea à découvert à la merci de l'eunemi. Cliez les anciens Romaius, qui out supérieurement, et à l'euvi cultivé la jurisprudence, combien ne trouvons- nous pas de termes tcchuiqucs passés du barreau dans les discours familiers et dans leurs écrits de toutc espèce? et chez les anciens Grecs combien de modes et de fa^ons de s'cxprimer n'a-t-on pas trausporté de leurs liturgies. PAR m/ EMMANUEL BAVA S. PAUL. 21 ou Ju langagc proprc aux arts imitalifs, et aux heaiix nrts, où ils excelicicot, daus ics livres de leiu's dcrivains, soit orafcurs, soit historicns, soit poétes, ou sopliistes ou pliilosophcs? C'est des Grecs, poiir le dire en passant, qiie nous av-^ons empriinté la métaphore, un peu ^picu- rérnnc de sacrifter à Vénus , pour exprimer ce qu'on énonccrait littéralemeat en disaut se livier aux plaisirs de r amour. Je ne m'étendrai pas davantage à vons faire ici le dénombrement des touis et des mots techniques, qui de nos joiirs ont passe des opérations commercialcs et des Sciences de calcul dans le langage poli et faniilier des modernes et dans nos livres ; chacuu de nous peut s'en apercevoir et s'en readre compie, et méme consta- tei" combien de pareilles tianslations sout analogues à la trempe et à la marche de l'esprit liumain dans la liaison des idées et des sons; combien de jour, de lu- mière et d'energie ellcs impriment et rcpaudent sur la pensee, et combien les deux langues Italienne et Fran- ^aise en ont tire parti et s'en sont bien trouvées. Je n'entamerai pas non plus ici, messieurs mes chers Confrères, l'éloge de ces deux langues; vous les connais- sez assez, pour vous en dire au-delà de ce que je vous en dirois; j'enfamerai encore moins leur parallèle, ce qui excéderait nies forces, et m'en tiendrai à convenir avec les personnes instruites et versées dans l'une et dans l'autre, savoir : que la langue Francaise est peut-étre plus régulière, plus evidente et plus claire, que non 22 SUR LES CADSES DE LA GHUTE DKS LETTRES, pas ritalieude, mais que celle-ci eu revauche est bica plus sonore, et cadeucée, hannouieuse et par conscqucnt plus poétique. lei, voulant drmeurer neutre et impartial entr'elles , je m'arréte tout court; mais si on voulait savoir à laquelle des dcux je donne la préférence, je répondrais que je 8uis natif d'Italie. > -'- -.- J'en reviens dono à ma tlicse, et c'est pour conclure, que la longue durée des sièclcs de fer, et que le long règne de lignorance eu Europe, n'eurent pour cause première et toujours active et toujours insurmonlable dans ses resultata, que la perte, à laquelle on ne pouvait s'op- poscr, de la langue qu'ou y parlait auparavant, et l'ini- possibilité d'en créer de sitót»une nouvelle, susceptible de la remplacer. i «5 RÉFLEXIONS SUR LES DIVERS SYSTÈ:WES DE VERSIFICATI ON, TeNDENTES a PROUVER Qu'oN ne PEUT INTROpUlRE , AVEC SUCCÈS , DANS LA POESIE FRAN§AISE, LES.RÈGLES PBOSODIQUES DES GRECS ET DES LATINS, PAR LE CITOYEN DÉPÉRET, Lues le 14 nivóse an 11. Ifon quivis vi^(t , immodulala poemata judex. HORACE. ÌK versification n'a jamais été , chez tous les peuples éclalrt^s, que la parile systématique du langage con- sidéré dans sou pouvoir musical. Chez tous, elle a cu pour but d'augmenter l'iufluence des sons articulés , sur les passions humaines , cn offrant des moyens pavlicuHers de conibiner le pouvoir qu'ont ies mots de parler à rentendemcnt , avec celui qu'ils oul d'exciter des sensalions par la force active du son de la voix qui les arlicule. Aussi indcpcndammcnt de la considération des rap- poiis diffcicus, sous lesquels le prosateur et le petite 24 SUR LES SYSTÉMES DE VERfilFICATION , envisageiit les objels qu'ils traitcnt, il naif de la formo donnée par Tua et par l'aulre à rexprcssiou de leurs pensees, des moyens particuliers de plaire, de (ouchcr et diastruire; et ces moyens se Irouveot dans les com- binaisons différeutes du pouvoii- musical, avcc le pouvoir de signification dont les mots sont susceptiblcs. Tous les genres de style, tant dans la prose que dans les vers , ticnuent lem- differcnce et leur propricté des dogrés de proportion qui pcuvent se Irouver daus Ics combinaisous do ce doublé pouvoir des mots. Pour mettre ces idécs dans le plus grand jour , il faufc cousidérer les langues anciennes et modernes sous le doublé point de vue de leur pouvoir musical et de leur syataxe*. Celle considcration, en confirmaut ce que je viens d'avancer , nous fera connaìtre le principe qui a fixé et qui doit fixer à jamais le système de versifi- cation adopté par chaque peuple. Dans toutes les langues , tant anciennes que modernes, il y a deux accens géuéraux qui , dans l'cmploi, se trouvent pour diacune dans des proportions différentes: ces deux accens géuéraux sont , ì'acceni syllabique et * J'eiilends, ici par s^'ntaxe l'ensemble des slgiies qui, dnns rliaque hnnguo, funi comiaitre Ifs mpports successifs que Irs mols oiit enir'eiix dans la plirase. La roniiaissanre de ces signrs guide l'écrivain dans la conslruclioii des inols, el elle fail que IVsprit de celui qui écoule ou qui lit, rélablit dans lorrlrc de l'analyse de In pensée les niols transposés. Une langue est pliH Oli iiioiii'! iransposilive, selon qu'elle esl plus ou tnoins riche en sigues fie celle cspèce, PAR LE CIToyEN DETÉRET. 2Ó Yaccent oratoi/e. Le premier fixe la longueur ou labiic- veté, le grave ou l'aigu des syllabes de cbaque mot; il appartieat cntièremcut à la prosodie de cliaque laoguc : le second doune à la pronouciation de tous Ics mols qui coinposent une phrase ou une période , Ics in- flexioDS et Ics nuances que le sentiment exige pour l'cx- prcssion de la pensée, dont il a, pour aiusi dire, dé- terminé le mode et la coulcur. Dans le langage, l'accent syllabique est à l'accent ora- toire , ce qu'est , daus la musique , l'accompagucment au cbant principal. Si raccompaguemcnt est trop foit , trop senti , s'il ne se foud pas parfaitement avec le cbant, Tcffct du morceau de musique est altere; il n'y a plus d'barmonie. L'accent oratoire est, pour ainsi dire, l'effet total des vibrations d'un ressort secret qui s'appuye, d'une pait, sur les organes de l'orateur , et de l'autre , sur ceux ana- logues de ses auditcurs. Les oudulations larges et noa intcrroitipues que le sentiment fait faire au mouvement qu'il imprime à ce ressort, ne doivent jamais étre con- trariécs par le mouvement partici que peut donner à ce meme ressort l'accent syllabique. Ce deruier doit tou- jours, dans la déclamation, étre subordonné au premier, et ne doit se faire éminemment sentir, que dans les cas où il peut en quelque sorte le suppléer: tels sont ceux, par excmple, où l'euphonie devient le moyen le plus propre à l'exprcssion de la pensée. . Pour savoir maiutcnaut quels sout les dcgrés de subor- 4 sS Sli^ LES SYSTÉMES DE VERRIFICATION , diuaflon qui existeut dans c'haqiie languc entro ces deux acccus , et qui sont la cause de la diflcrence qu'on le- rnarqiie dans les divers systémcs de versification; il faut se rappeler quo toutes les langucs, tant ancienncs que modernes, peuvent étre distingue'es, par rapport à leur syntaxe, eu langues plus ou moins transposilives , et ea langues plus ou moius analogues; c'cst'à-dire que les iiucs, à l'aide des déclinaisons dans leurs mots dénomì' Tialìjs et qualijicatìfs , pcrnieltent que dans l'expression de la pensée on n'observe , euti-e les différcntcs parties de la pUrasc, d'autre ordre ou arrangement que celui déterminé par le feu de rimagination, par l'iulérét de celui qui parie, et par le besoiu de plaire et de toucher. La majeure partie des mots dans ces langues, einpor- lant toujours dans l'empiei le signe évident du rapport qu ils soutieuuent les uns avec les autres , les écrivains n'y sont, le plus souvent, portés à adopter telle ou telle constructiou , que par les charmes de Iharmonie, e' est- à-dire, par les plaisirs de l'oreille. Daus les langues analogues, au contraire, les mots u'attestant les rapports qu'ils out entr'eux dans la plirase, que par la place qu'ils y occupeul , et cette place étant fixée par l'ordre que l'esprit a suivi dans l'analyse de la pensée, il faut nécessairement que l'harmoaie des soDs y soife très-souvent sacrifiée à la clarté et à la pré- cisioa de l'élocution. Les Grecs et les Latins avaient des déclinaisons; avec trois mots latins on obtieat six constructions di£féreutes : PAR LE CITOYEN DEPERET. 27 avcc les trols mèmes mots, les laugucs analogues u'en ont, c\ la rigueiir, qu'une seule. Dans cet état de choses , qu'est-ce qui déterruinera l'écrivain latin à préférer l'une plutót qiie Tautre de ces six conslriicfions qui satisfout égaleraent rcntendemcnt ? . . . Ce sera l'oreille , c'est-à- dire que, dapiès l'acccnt syllabiqiie, tous les mots à employer seront disposés dans l'ordic qui peut amener la suite de sons la plus agréable et la plus conforme à la nature du mouvemeut oratoire imprimé par le senti- ment. Tandis que dans les langues analogues, telles que l'ita- lieune, l'espagnole, la francaise, l'ordrc dans lequel les mots doivent se succèder, ctant déjà determina par celui que l'esprit a suivi dans l'analyse de la pensée, l'oreille aura beaucoup moins de part à leur construction que l'in- telligonce et le seutiment. Aussi les premières ont-elles une prosodie fixe et iuvariable, c'est-à-dire des règles , d'aprcs lesquellcs la place de chaque mot est, pour ainsi dire, assignée dans le vers, par rapport à la quantité des syllabcs qui la composent. Dans ces langues, la prosodie exerce sur les mots employés par le versificateur, l'empire qu'exerce la syn- taxe sur ceux employés par le versificateur dans Ics langues analogues. Ce qui fait que dans ces dernicres, l'accent syllabique doit y étre plus faible, et que l'accent oratoire peut s'y faire sentir avec plus ou moins d'avantage , seloa qu'ellos sont plus ou moins analogues. Je crois mèmc pouvoir avanccr, à cette occasion, que la langue fraa" 28 SUR LES SYSTÉMES DE VERr.IFICATION , caise est, peut-étre , de foutcs les langues vivanfcs et nualogucs , la plus éloquonfe, la plus energique et la plus propre à la dóclamafion, parce qiie racccut sjlla- bique y est eutièicracnt suboidouné à racceut oratoire, et quelle est sans prosodie. Cctte subordination entra l'accent syllabiqnc et l'ac- cent oratoire , est la base de la déclamafion considérce dans l'organe de la voix. Les degrés dout elle est suscep- tible sont, pour chaque languc, fixés par le rapport de la syntaxe de chacune avec l'accent syllabique des raots qui la composent. J'ai entcudu eu Italie déclamer de très-beaux vers et pronoucer des discours oratoires par des hommos habiles, et j'ai le plus souvent senti que l'accent syllabique dans cette langue, en i-endant trop sensible le son partici de chaque mot, suspendait Tclau de la voix , l'entrecoupait et nuisait entièremcat à ce son fbndamental , qui, pi-o- duit par le scntiment, doit refentir et s'étendre depuis la première jusquà la dernière syllabe d'une phrase ou d'une période. Je puis donc dire déjà , que les langues transposi- tives ont dù avoir un sj^stéme de versification ditférent de celni des langues analogues, et que la cause pie- micre de cette différence découle essentiellemcnt de la syntaxe et du genie de chaque langue. Aussi voyons - nous que dans les langues transposi- tives, l'accent syllabique domine plus ou moins sur l'accent oratoire , et que dans les langues plus ou moins PAR LE CITO YEN DÉrÉnET. 2Cf analogucs, laccent oratoiie domine plus ou moi'ns sur l'uccent syllabique. Diius les piemicrcs , le ibylhnie et la radencc des vcrs y soni niarqucs par le son et la qnanlité de chaque syllabe: et l'oieille et le goùt, sans cniiiite de nuire à rintcUigence, y pcuvent, à Icur gié , piacer les mots daas l'ordro qui dounc la suite de sous la plus agréable et la plus analogue à laccent oiatoiie. Dans ce systéme de versiiìcatiou , la syntaxe n'in- fluant, eu aucuue manière, sur l'arrangement des mots, l'acceut oratoire peut s'appuyer, avec autaut d'avantage, sur telle suite de mots que sur Ielle autre. Que si dans toutes c^s suites possibles, il en est une meillcure , ce sera sans coutredit celle que loreille et le goùt auront déferminée. Mais il en est autrement dans les langues analogues. Dans celles-ci, l'acceut oratoire, ne pouvant s'appuyer que sur la suite de mots la plus conforme, et à la syn- taxe et au genie de la langue, laccent syllabique y est moius considerò et doit , par conséquent, y étre plus soumis à l'acceut oratoire. Aussi dans le système de versiiìcatiou de ces langues, le rliythme et la cadence des vers , y sont-ils marqués seuicment , ou par des repos nommés césnres , ou par des sons syllabiques plus forts, qui suspendent l'accent oratoire, et lui donncnt des nuances qu'il n'aurait pas sans ces nioyens. Dans la langue francaise (langue analogue et la plus conforme à son propre genie), c'est par des repos bien marqués que l'acceut oratoire est raodifié en poesie. Le 3o SUR LES SYSTÉMES DE VERSIFlCATION, rliythnie et la cadence u'y soiit détermincs que par lo nombre des syllabes et par la longueur égale dos scns partiels bicn distiiicts de la pliiase; car , loujours dans nos vers, le scns coupant lesynols, y suspend l'einis- tiche, en niarqiie les repos. Cotte derniòre circonstauce est une des principales sources des beautés de notre poesie: c'est elle qui nous for^ant de doauer de la rondcur et la mérae étendue à toules Ics parties distiuctes de la pensée à eufcrmer dans le vers, nous force aussi àcette multitude de figures et de tours que nous nommons poé- ticjues, et que la prose ne peiit convenablement employer. Toules les langiies vivantes ont un système de versi- fication entièreraent conforme aux priucipes que je viens de développer, d'où l'ou peut conclure que les langues transpositivcs, telles que la latine et la grecque, ont un systcìne prosodique de versiGcation qui ne peut en aucune manière étre avantagcusement adapté aux langues vivantes analogues, lors méme quellcs seraient plus accenfu('es qu'elles ne le sont; parce que dans les premières ce n'est point la syntaxe qui influe sur l'arrangement des raots , et que tonte suite de sons déterrainée par l'oreille et le goùt y peut servir d'appui à l'accent oratoire ; tandis que dans les dernières, quelqu'avantage qu'elles puissent avoir du coté de l'accent syllabique , comme on ne peut y donner pour soutien à l'accent oratoire, que la suite de mots détermiuée par la syntaxc et le genie de cha- cune d'el'.es, l'accent syllabique y est moins considéré, et par couséquent plus subordouné à l'accent oratoire. PAR LE CrrOYEW DÉPÉRET. 5j Mais polir ne laisscr rica de douteux dans les consé- queaces que nous avons tirées des principos cxposés plus haut, coDsidcrons eu lui-rucme uu syslème de versi- fication quelconqiie. Eu l'emontant h rorigiae des vers, on s'assure aisé- ment que c'cst le chaut qui les a fait naìtre, et que tout systéme de versification n'est que l'ensemble des règles , d'après lesquelles doivent ètra cotnposées dans chaque langue , la phrase musicale qui coastitue chaqua espèce de vers, et la phiase logique et granimaticale qui soutient le chant , et qui exprime la peusce poéti- que qui raccompagne. Pour bien parler des vers , il faut douc les considé- rer d'abord sous le rappoit du chant; et alors ils ne sont qu'une phrase musicale: ensuitc, sous le rapport des mots qui soutiennent cette phrase musicale, et qui exprimeut la pensée poétique; et dans ce dernier cas, ils ne sont que des lignes, dont toutes les syllabes sont comptées et réglces. La versification donne des rògles pour la facture du vers vu sous ce doublé rapport, L'harmonie poétique est le but qu'on se propose d'atteindre en suivant ces règles; et il n'est point de vers harmonieux, si le choix des expressions par rapport au sons et à la construction, ne les assortii entr'elles de manière que toutes ccs syl- labes du vers produisent , par leur sou , par leur nombre et leur quanfité , une sorte d'exprcssion pour l'oreille qui ajoute encore à la siguificatioa naturelle des mots. 5-2 SUR LES SYSTÉMES DE VEaólFICATlON, L'iiarmonie poétiquo ne peut donc se trouver dans le vers, qu autant qu<; la nature de la phrase musicale aura une paifaite analogie avcc les tours, les arrangcmcns , et les transposilious qu'autoriscra la syntaxe de la langue dans laquelle on écrit; c'est-à-dire, qu'autaut qua les règles qui regardent la phrase tnusicale , ne sereni point oppos(?cs à cellcs qui appartieuueut à la coustruction dea mots qui entrcnt dans les veis. ■ Bien plus, il faut que l'harmonie da vers soit telle, que par le caractère particulier qu'elle lui donne, cu puisse reconnaitre le genre de la pièce doù il est tire, et quelquefois la touche du poeto qui l'a compose'e. La versificatiou envisagée sous ce point de vuc, je domande si les phrases musicales déterrainées par chaque systeme de versification , ne doivent point avoir un caractère , un mode et une expression , non seulement conformes au genie propre de chaque- peuple , mais encore à la construction et à la syntaxe de chaque laugue ; puisque le vers u'est exact et harmonicux qu'autaut que la pensée qu'il reufcrme, forme un accord parfait avec le chant soutenu par les mots. Le poete se distingue du prosateur, autant par la manière dout il envisage les objets, que par celle dont il les peint à l'aide du langage. Le poiite cherche à faire connaitre l'objet qui roccupe, en le peignant par des imagcs, et en le présentant com- me le soutipn des tableaux nombreux et variés qui ont excité. en lui des sensatious plus ou moius agréables. PAI\ LE GITO YEN DÉPÉRET. 33 C'est en rcmuniit, en échauii'anl; lo cccur qu'il vcut iutéressci- et éclaiicr Tesprit. Jl ne pcint pus comnie il voit, il pcint cornine ilsent, ut piclura poesis. Le prosuteur, par une autrc route, cherche à noiis attacher eu iìxaut uotie attcutiou. 11 peint les objets tels quii les voit. Il Ics analj'^se, et nous Ics presente en défaillant succcssivcment et par parties , leurs qualilés , leurs prnpriétés et leurs rapports prochaius ou éloignt!s ; il veut uioiilrcr 1 objet ayec vérité. Il s'en tient à ^claircr notre esprit ^ et nous laisse maìtres dans l'exercice de notre seusibilité , à la vue de ce quii nous a moutré. Gette distinclion enlre le poete et le prosateur prouvc, que le langage de l'un doit avoir des moyens particu- liers qui n'appartienneut pas au langage de l'autre. Le pr(Mnier a plus en vue les plaisirs des seus et du coeur; le sccond ceux de l'esprit. Aussi voyons-nous que tous deux employant la force active du son de la voix pour nous attacher , l'un l'em- ploit avec toutes les raodulations et toutes les modifica- tions que peuvent lui donncr les situations intérieures que lame est susceptible de recevoir de la part des objets exlérieurs; landis que l'autre l'emploit sans toutes ces modulalions et toutes ces modifications : aussi le pre- mier chante en parlanf , le second ne fait que parler. D'où il suit, que le chant est essentiel à la poesie, et qu'il procède da coeur de chaque polite, aussi immédia- temcnt et aussi naturellemcut que l'exprèssiou de la peusée qui doit le soutenir, procède de son esprit. 5 34 vSt'R T^ES SVSTKMES DE VERMFICATION , Mais l'esprit et le cocur concoiircnt à fbrmcr le carac- lèir particulier de chaque peuple ! . . . tout systéme de versification est dono essenLiellement détermiuc lui-mrine, et par la manière de sentir, et par la manière de penser et de s'exprimer de chaque peuple. Le genie et la synr taxe de chaque laugiic, qui sont toujouw conformes à CCS deux manièies, puisquc leur caractère particulier n'a pas d'autre source, sout donc lunique base de tout sys- téme de versification. On ne peut donc pas emprunler la phrase musicale des vcrs d'une lauguc pour la faire souteuir par des mois, pi'is dabs une autie d'un genie et d'une syntaxe dilférens. Que si on l'essaye , je demande comment ou parvieudra à pvoduire par-là uno harmonie rcelie dans les vers, puis- qu'il est dcraonlré quelle consiste dans le rapport exact des sons et des mots avec la pensée , dans le concert parfait entre la manière de sentir, et celle dout la pen- sée est aualysée et exprimée, entre la phrase musicale et la phrase grammaticale qui la soutient. Toutes les loix de l'harmonie poétique sont , pour chaque langue, positives et fixes; elles n'ont rien d'arbitraire et de vague. Lorcille et l'esprit sont toujours là pour voir si la pensée quadre bien avec l'expression ; et le plaisir que cause l'harmonie poétique na sa source que dans Videntité du jugemcnt porte alors siraultauément par L'un et par lautre. La phrase musicale des vers grecs ou latins, quelque supérieure en beante qu'elle nous paraisse, ne peut donc PAR LE CITOYEN DÉI'ÉRET. 35 pas ótre trausportée dans les langues modernes, lors mérae qu'elles sembleraicnt offrir par leur accent sylla- bique tous les moyens de se plier aux règles de cette phrase musicale. Due semblable tentafive a été et sera toujours sans succès ; il ne peut en étre autrement: l'obstacle est in- vincible, puisqu'il rcpose sur le genie de chaque langue, et sur le son méme des mots qui la composent. J'ai dé- montré la première partie de cette proposition ; je vais démontrcr la seconde. En supposant que le genie et la syntaxe d'une langue ne s'opposassent point à ce qu'on lui adaptàt une versifi- catiou étrangère, (ce que j'ai démontré impossible) il resterait toujours pour obstacle h cette adaptation la diffé- rence de l'accent general, et du mode du soq de chaque langue. Tous les icrs soni enjans de la lyre. Oui ! mais cha- que peuple a sa lyre particulière, et le ton auquel cha- cune d'elles est montée , ne permet pas d'en tirer des soDs harmonieux daus tonte espcee de moda Il est des genres de poesie qui ne peuvent étre con- venablement chantces par la lyre de tei peuple , et qui le sont avec le plus grand succès sur la Ij're de tei autre. En effet, compterait-on pour rien dans le caractère musical des langues, le mode du son produit par les mots, et qui chez toutes est nuance et diffcranció, non- seulement par la combinaisou des consounes et des vo- 36 SUR LBS SYSTÉMF.S DE VÈRSIFICXTION, ycllcs, mais cucorc par Ics modifìcations qiic donuont ù l'organe de la voix, le climal, IVdncation, Ics nimus, CD un mot toufes Ics circonstanccs pliysiqiK's et moralcs, qui font qiie cliez le mémc pciiple, les mémcs mot? sout articiilés et prononcc^s d'uue manière diflércnte, et avec des nuances musicales appréciables. Ne sent-ou pas qne le son des mots enfendus sufiit, saus le secours de l'intelligence, pour nous mettre dans le cas de les rapporter à Ielle ou telle langue? Et'com- mcut pourrious-nous le faire, si le son qui est prodiiit par l'aiticulatiou quils nécessitcnt , n'apparfcnait pas a des modes musicaux esseutielicmeut diffcrens, mais que nous reconnaissous commc apparfouaut aussi au carac- tère musical de la langue de tei ou tei peuple? ]\Iais medira-t-on, il est des langues vivantes qui ont des lougues et des bréves , conime la langue latine ! A cela je répondrais d'aprcs tous ceux qui ont du goùt et de l'oreille , que les longues et les bréves qui sont dans la langue vivante la plus acccntuée, ne sont pas longues et bréves, de la mème manière que chez les latins. L'accent vocal dans la langue latine est plus ferme, plus soutcnu, plus égal ; la quantité cu est fixe et dcter- miuée; la proportion entre les bréves et les lougups y est toujours la mérae. Tandis que dans la langue vivante dont ou parie, laccent y est plus moelleux, plus irré- gulier, plus flexible et par-là plus varie. Les bréves • que j'aime mieux nommer glissantes, (sdrucciole), ou PAR LT2 riTOVEI* nÉpÉRET. Z'J rapìclcs, n'y ont iivcc Ics longues qu'une proportioa varlable, plus appiéciable par leur rapport musical, que par leui- rapport de quantité. Je sais que la poesie grecque et latine est plus rhyth- mique, et par conséqucnt , que la phrase musicale des vers y est plussentic, plus éuergiquc, et pour ain«i dire, plus ópiquc; je sais que Ics syllaljcs des mots y sont régiccs par la quantité qui les rend bréves ou longues , par le nombre qui fait qu'il y en a plus ou moins , et quolquefois rnémc par l'un et par l'aufre, còmrne dans l'asclépiade et l'hendécasyllabe, tand'is que dans les lan- gues modernes elles ne le sont que par le nombre. Mais Iharnionie du vers est-elle le produit de la quan- tité seule? et le vers n'cst-il qu'un chant tout cntier pour l'oreillc , qui ne doive rien cxciler dans l'esprit , et par conséqucnt dont l'harmonic soit indépcndaute de soa accord avec la pensée poétique, exprimée par les mots qui le soutiennent? C'cst là le lot de la musiquc propre- ment dite, de cct art jaloux de scs prérogatives , qui maitrise le cocur, et semble ne vouloir de triomphes que ceux quii peut dérober à l'esprit. Il n'en est pas de mcme de la poesie, cilene veut, au contraire, de triom- phes que ccux cju'elle a remporté également sur le cocur et sur l'esprit ; ou plutòt elle disparaìt si elle n'est avouée simultanémcnt par l'un et par lautre. L'accent syllabiqvie d'une langue ne doit donc pas etre cousidéré séparéracnt des moyens par lesquels on y dispose Ics mots pour former un scns dans l'e^sprit , 38 SUR LES SYSTÈME6 DE VERSIFICATION , pour souteuir l'accent oratoire et la phrase musicale dii vera. Il faut toujours voir eusemble la prosodie et la S3'a- taxe d'une laague pour déteriniuer le systéme de versi- fication qui lui convient: or, le plus convenable pour chacuoe doit étre nécessairenient celui où la phrase musicale pourra se préter à toutes les modifications, et à toutes les nuances que la phrase logique qui la sou- tient , est elle-méme susceptible de recev'oir dans le courant d^uae méiue pièce de poesie. Sous ce rap- port , n'est-on pns force de convenir que la versifica- tion des Grecs et des Latins est trop sevère et trop stricte pour les langues modernes. La quantité dans la versificatiou ne peut appartenir qu'aux langues absolu- .ment transpositives. .. Mais dira-t-on en insistant : les plaisirs des sens l'era- portent sur ceux de l'esprit, et le chant a précède les vers. Sans examiner ici , si les plaisirs des sens , coni- binés avec ceux de l'esprit , ne sont pas préférables pour l'homme cultivé aux plaisirs des sens simplement, et si la priorité d'existence est une prcuve d'excellence , je répondrai qu'il serait facile de dèmonfrer que notre imagination nous exagère beaucoup les avanfages que nous donnons aux Grecs et aux Latins, par rapport à la quantité qui rendait en effet la phrase musicale de leurs vers plus prononcée, plus cadeucèe et plus rhy- thuiique. Le jugement prévenu fait ici illusioa à nos sens, Chaque PAR LE CITOYEN DÉrÉRET. S^ langne a ses bcaulcs musicales qui sont iualldnables , parce qu'elles ne naisscnt que du fmid memo de la langue qui Ics possedè. « L'hiatus chez Ics Grecs dtait un des agrdmens du laugage. Los La(ins admiraicnt pour le grcc ce principe de me- lodie dans Ics sons des mols, et le rejetaicnt pour leur propre langue. Là l'Lialus flallait leur oreille; ici il la blessait, » Preuve inconlestable de la différence essentielle du mode musical de chnquc langue, et par conséquent de la néccssité d'un sysléme de versiBcation différent pour cliacune d'elles. « G'est la douceur du climat, (a dit Monsieur Thomas » dans son essai sur les éloges) c'est la molle souplesse » des organes, c'est la politesse des mcEurs, c'est le » désir de plaire, en flattant l'ame et l'oreille, par l'ex- » pression d'un sentiment doux qui polit les langues ^ » et les rend harmonieuses. » En adniettant cette opinion, la langue la plus harmo- nìeuse sera celle qui n'aura rien d'apre , d'austère dans ses sons, et oìi les mots s'inclinant, se renversant molle- ment les uns sur Ics autres, dounent à la prononciation ime sorte de fluiditc, et la rendent très-propre à l'ex- pression musicale du vers. Or, si nous comparons sous ce point de vue la langue francaise à la langue latine, il nous sera facile de faire sentir que la mesure du vers latin ne convient nulle- ment h la poesie francaise. La quantitc était chcz les Lalins trop dcterminée, et pour ainsi dire , trop calculée. i'fO SLR LES SYSTÉMES DE VERf.lFICATlON , JjC rapport des syllabcs longues aux syllabos brcves , y est trop cxactcment fixé, et donne à la pluase musicale du vers trop de piccisiou et do rc'gularilé , pour quo la laugue fraucaise puisse l'adopter sans miire à sa dou- cem-, et pour ainsi diie, à sa ductilité. Chauler, c'est exprimer par Ics sons de la volx l^s diverses siluations intérienres du canir; situations loii- jours ana'logues cn lui , aux impressions qu'il a recuesy et aux passions qui l'agitent. Les parolcs qui accompagncnt le chaut ont dcux pou- voirs distinets. Par le mode du soa des syllubes qui Ics composcnt, elles peigueiit le scntimcnt ; par les sons variés de l'articulation qu'elles ndcessitent , elles expri- Tjbent nos pensées; mais les peusées se détachent Ics uncs des autres , comme Ics points de vue et les actes de 4'esprit qui les considera ; tandis que les sentimeos sont des tous iudivisibles qui se succèdent cu nous sans in- terruption , parce qu'ils naissent de la situation méme de notre coeur, qui sous ce rapport peut éfre rcgardc comme imrauable. Les niots cousidérés musicalcracnt doivent dono avòir des propriéte's qu'ils n'ont pas , lorsqu'on Ics cou- sidcre logiquement. 11 faut douc que par rapport au son ils aient : i.° uu mode diffcrent dans chaque langue, parce que la manière de sentir de chaque peuple néces- site, dans son expression par le chant, un toa esscntiel- Jement différent; 2.° une aptitude plus ou moins grande à se lier Ics uns les autres par leur consounance, afin de pouvoir peindre nos sentimens, et en marquer J.a liaisoa et les nuauces successives. I PAR LE CITOYEN DÉpÉp.ET. /j t On a parie beaucoiip de la mnsiqtie cliez les Grecs, et on a dit peii de chosrs, ou prescjue ricn de la musi- qtie chcz Ics Lalins. La musique sernble appaifenir pi-^s- qu'(n propre à l'Italie, et la Fi ance emploit, pom- la naifoualisei- chez elle, non-seulement toiis ses moyens, mais encore ceux des ualions ctrangères. Pourquoi cctte différence? Je ne prononce point sur rette question. Je ne fais que l'indiqiier. Peut-éde qu'un jour je la traiterai Ce que j'ai dit plus haut s"y rappoite , je crois, très-directement. Je reutre dans mon sujet, et je joins aux preuvcs de raisonneraent , quelque"? preuves de fait et dexpérieiice. La lanofae latine difTfere de la langue francaise , par son acccnt vocal et par sa syntaxe; au«si aije senti, taut en lisant moi-méme, quVn entendant lire des vers francais mesuiés, Ics efibrfs pénibles faits par ceux qui les avaient composés , et la conti ainte soiitenue où se trouvait Porgane do la voix en les récitant ? Je ne parie pas de la peine que causent les violations faites aux rè- gies de la synlaxe de la langue francaise, pour pouvoir l'assujcttir à ce système de versification; je ne veux faire observer ici que ce qui appartieni à la phrase musicale des vers latins, lorsqu'ou la transportée sur des paroles francaises. Jai senti que le langage francais, pour devenir alors plus ferme et plus éuergiqne , devenair dur et apre , et qie pour se prèter à la quaulité du vers latin, il se pré- cipitait ou se ralectissait sans niesuie, ni agrément. Hien 42 SUR LES SYSTEMES DE VERSIFICATION, n'était naturel, les orgnnts de la voix étaient, pcudant la lecture, dans une sitiiation violente, qui n'était sou- tcnue quc par les effoits coustaus de 1 imagination qui me rappt'Iait le soa analugue d'un vers latin. Au licu que daus la lecture faite ou entendue de vers écrits d'api ès le systèrae de vcrsIGcation, propre à la langue francaise, je scns, si je veux me livrer particu- lièicment au plaisii- de la melodie de leur plirase mu- sicale, que tout y est naturel. Les sons se succèdent sans cfibrts, et avec une molle douceur qui les lie , et les reud proprcs à cntrer dans le mode que le stntiment a déterminé. ; , i.. Dans le premier cas je;&'ai de plaisirs que ceux quc j'obtiens en violentant mon imagination: dans le second, ils sont tous agréables et faciles, parce que je les recois sans les provoquer , ni les rechercher. Il n'est rien à quoi les laugues ne se prétent; la maiu de l'ouvrier fait tout: mais il n'est de vraies beautéà dans le langage prosa'i'que ou poélique, que celles qui naissent naturellement du propre fond de chaquc langue. On pcut imiter des sons par des sons; on peut intro- duire des dactyles et des spondces dans la langue fran- caise, mais jamais on ne réussira avec un tei systéme de versification, à faire des vers qui puisseut étre avoués par le bou sens et la raison ; parce que la syntaxe , qui dans ehaque langue déterminé les dcgrés de subor- dination qui doivent exister entre l'accent oratoire et l'accent syllabique, a fìxé par-là méme pour chacune PAR LE CITOYEN DÉPÉBET. ^^' le systéme de versificalion qui luiconvient, et le ttieil- leur de CSs ' systòixles esfcelui^' dont Ics i-^glesrrelatives à la phrase musicale du vers, ont une si grande analo- gie atee celles relatives à rarranerement des mots , que f, '."T:r:rf/ ;/. 5.:-?. /il. \i ./loft / .)i.m/ yrz'iih laccent syllabique y soit toujours eu harnionie avec lac- cent oratoire, la prosodie avec la syntaxe. .;". -■: mi Zs ol «.I ui ,Iup 3fn-i9i 30 jiAog aL.i £'.b iiiu.it ì::i.j;. Il 2'jl i èìjott loìrpof ''séq ^q^RgTo'I àjlHDBt ci ,■■:'■■[' ''?f]B dmhq-A'J ,8-|I/9VE3 k ,»uJ«.'~'- ■> ^uon 9!'' I" ' •"'" ■ j aiuftlijoj ab sinomi'sil 'ii'i ^-tilj'-jno Jrnnnoì ,29^Ì!i:/ auperb '19211 'jj3B-]C3/; ' . -isifia £ olianì ^eorniol 'Tj .■ri'iii .'i •:iij.ì; V, t-):j min -Jt; ■)wi;:'.(i >1jJ:)i;iij ;;.j i-Jììi.j ; . ' ' '' '• 1 r* 1 l ■ il , ' I TI e, '^ .' i rinr 1 1 -, 1 f . ; : 1 1 Iff .TEflàlàa H.iYOTID 3J RAI -lioffl al jO ,jnoÌ7.io3 iul 'iip aoiisoDIri-iov -yh nrn?>)f^^^ n^I Dir GOtJT' EN TEINTURE, ^ ;'«' i/ii. ;..'> ulj^jijijj ic, '.libi 'liO fCili !■.. '-jliiiif ! Aiì jc/jKi'J J,i Jj DìpSON APPLICATION. ET DE SES .VÀRIETES, ^"^ .'j/BjaT(R fil 09VB 'jibogfjjc] «1 tS'iioJc'io Ja93 PAR LE CITOYEN PÈCHEUX, Lu le a3 uivóse an iz> lE goùt, ce terme qui, pris eu propre, de'signe l'organe par lequel nous recevons les inipressions des saveurs, exprime aussi, au figure en peinture, la faculté par laquelle nous éprouvons des sensations agi-éablea, à la vue des ouvrages , dont les parties , quoique très- variées, forment entr'elles une harmouie de couleurs et de formes, facile à saisir, et propre à caractériser chaque Peintre. Gomme, à laide de l'imagination, l'Artiste voit, avant de l'exécuter, le tableau qu'il doit faire, le goùt parti- culier de chaque Peintre se montrera alors dans le choix du sujet, dans la composition, dans le dessin, dans le coloris, et méme dans l'exécution mécanique. Les graces sout seules capables d'exciter cefte faculté, et d'eu diriger l'exercicej saus elle le goùt s'évanouit, et ne peut subsister. par: le CITOYEN PècHEUX. 4^ - ! IHìiit les difficukésjJ'et'inie peut se soutenìn dans le» travaux serviles, òu trop opiniàtres. r/aT 1 11 est plus sensible A nos yeux dans la partìe du co- krrìs^ qae dans celle du^ dessin, et[ dte la còraprosition. II ajoute au coloris ce qu'une odeur suave ajoute auxi belles fleurs. ■'■'■- . ; • ' '^ -i 1 , •;..' . ' . , ; II ne peut étre applique , dans le dessin, qu'à un effet bien entendu du clair-obscur, à celui des reflets, et au mécanisme de l'exécution; car, les contours, les fonnes et l'expressipn , appartiennént à la sdence de l'art, et exigeut de l'étude, du choix et de la perfection. .Dans la composition, le goùt dispose avantageusement ,les groupes; les rend susceptibles d'effets agréables et nouveaux; et fait naìtre sous le piuceau ce qui peut 'flatter délicieusement le sens de la vue. 'i _ Chaque Artiste porte en lui-méme un goùt particulier qui dépend de sou moral, comme de son pliysique; sii est sage et prudent, il aura dans le choix de ses sujets'une prédilection poUr le tendre et le grave; ses .compositions seront raisounées , il fuira les expressions outrées , sa couleur sera simple et fondée sur la vérité de chaque objet ; il exécutera avec soin. Cependant ce gout-là remuera raoins le spectateur inexpert , que celui qui serait òutré, et mème lin Jjeu extravagant. Celui dont le pliysique esti ardent, ajjnera ,à trailer de grands sujets, et à peindre des aclions violentes; comrae il est prompt à sentir les diffc'rentes passions, dont son sujet est susceptible, sa composiliQD sera Jfacile et ingé-. ^6 DU «OtT EN PBINTCBP) nièuse, et sa couleur ideale justju'à raltórati'oii : Micrel- Ange et TiNTORETTO pcuvcut servir d'exemple dans ce geure. Lhomme flegtnatique , au contraire, choisira tjes gujetà patliéliques et raéme mélancoliques ; il peindi-a froide- iiient , et manquera méme de graces dans les sujetà agréables; son exdcutiou sera soignée et recherchée dans les ddtails; sou colox'is, quoique tendaiit à la ivérité ide cliaqiie óbjet, lie.remuera que faibléinent le spectateur, commé il est arrivé à Gaiio. poiyci, d'ailleuis exceileBlt dans plusieui-s parties. :.(ur.i ni: ,')';i', ' ;rn-- tenue; il n'y a jamais rien de hasardé; une exécution i la vérité fatiguée, mais tcndante à la perfectiou. Il est toujours en garde contre Uii-mcmc, ce qui peut avoir été la cause de peu de productions quo nous avons de lui. Raphael avait du gout pour les actious naturelles; il en seutait et saislssait l'expression et la grace; il en choisissait le poiut le plus infelligible et le plus simple. Ses compositions sont riches et variées , judicieux dans la variété des caractères des tétes; le style de son dessin est sans altération; il ne surprend pas, mais il arréte le spcctateur, et le force à l'observer avec l'atlenfion la plus soutenue. Le goùt de Titien est une simplicité d'actions , une vérité de couleur, dont il caractérise chaque objet jusqu'à lillusion, ce qui lui a mérité la prééminence sur tous les autres Peintres , comme coloriste : les ouvrages dans les diffrfrcns gcnres qu'il a exécutés portent le vrai carac- tère de cliaque objet; il est toujours agréable. Le TiNTORETTo sc fait connaitre par sa fécondité, son energie, et la facilité de l'exécution, quclqucfois cepen- dant négligée; il se montre toujours possesseur des prin- ij.8 " DU GOUT EN PriNTURB, cipales parlies de lait. Son gout {Vappa Ics Carraches, tilt admiié ot rediercht' par Rubens. Le goùt du CoRFÈGE élait la gtace, la friiuheur dans les tons, et la rondcur dcs objefs 8es idcfs et ledi, ix de ses sujets tendent tonjours h lui procurer des effets gra- cìeiix Ses ouvragrs noiis cliarment par le contraste df s mouvenieus, leur ench.ànenient de lumière et lintérét de l 'action. Son tableau de Saint- Jerome nous en ollie un bd exiniple. Pciul ViRONESE avait c'fé frappé dans sa jeunessp pal- la pompe des représentatious publiques. Son goùt est tonjours ridie et iaslueux, mais vrai dans ies détails , tout y' coucourt , habillemeus , ai cliifecture , et tous les acressoiies qu'il introduisit pourenridiir sa composition ; quoiqu'il soit observateur peu rigoureux des niceurs et des cfuitumes des nations, dont il tirait ses sujets, il a wn diainie qui occupa agréablement le spectafeur. André Del- Sarto a un goùt sage; ses compositions sont uai'ves; son dessin est naturel, rarcment idéal; il choisissait bien ses modèles , et les rendait avec vérité et finesse, lant pour l'expression que poui- le caractère. Fréderic Baroccio est varie et riche dans ses compo- sirions, gracieu« dans les mouveraens de- ses figures ; coloriste agréable et brillant, qudquefois peut-ètre tiop idéal, cependant (oujours dans la marche de la nature; soigneux dans son exécutiou; il a più de son vivant, et plaira toujours. AnuibaI Carrache avait une prédilection pour les objets PAR LE CITOYEN PÉCHEUX. 49 de caractère , il était énoncé, mais avec science et à propos; ses Ggures sont développées et offrent de belles formes dans toutes leurs parties; son goùt de couleur est plus fier que choisi, mais sou exécution est savautc, il a su sccondcr Ics divers talens de ses élèves, et nous a laissé une école florissante et nombreuse. Guido Reni a eu une inclinalion pour les objets gracieux, et son goùt de couleur y était propre , il donnait de la noblesse aux caraclères de tétes, il habil- lait aussi ses figures d'une manière riche et elegante ; il ctait douc d'une grande facilité de pinceaux qui le dis- tingue de ses contemporains .• ses ouvrages ont du char- me pour toute sorte d'amateurs. Le goùt de Guercin est fort facile à étre distingue ; il a un clioix de caractères de létcs , qui joint à l'idéal un air de véritd, et un relief qui les dctache de la toile; on peut juger de sa grande facilité par la grande quan- tité de ses oeuvres. Dominique Zampieri airaait la simplicité dans ses compositious , la vérité de l'expression dans chaque fi- gure, un dessin corrcct et très-étudié dans les figures nues; il est varie dans le choix des tétes, et reudait ses compositious fort vraiscmblables. Il est aussi à reraar- quer par la nai'vcté dcs épisodcs qu'il puisait dans la nature, et qu'il plagait avec beaucoup de prudence et de jugement. Francois Albane cberchait les sujefs agrcables ; il y mettait du poétique qu'il exprimait avec grace. Sa cou- 7 fif) nv GOUT EN PEINTURE, iour , qnolque pni varióo, t'st «gii'ablc ; il est fucile S rccounaìtrc par rnnicuité ile ses compositious qui nous rnppellcut Tidée de la gaieté chainpcire. Nicolas Poussin, dont le goùt se distingue par la sé- vi^rité de la composition, et récouoiiiie dans le nonibra des fìgurcs, corame aussi par la justesse de diaque ex- pressiou qui pr($seute sans t^quivoque le carnctère des niccurs de chaque naiion, dont il traile Ics sujots, l'archi- tocfuiT, et niòme los sites, tout contiibue ù le faire re- gardor coiunie le philosophe de lart de la peiuture. Cause de la dècadence du hon goùt dans ies diverses écoles. Outre Ies gcùts particuliers A chaque Artiste, il rì>- gue aussi un goùt gónL^ial de si^de et de naiion qui se pi^opage par Ies écoles, et rémulotion cnfre Ics jeunes artistes , qui trop souvont coureut après Ies louanges déjà méritées par leurs coudisciples, et perdent en partie leurs propres lacultés. L'école vénitieuue a eu un goùt exeellent pour la cou- leur; elle étiidiait et fiuissait ses ouvrages. Quelque Ar- tiste s'ótait laissi5 transportcr par une facilitò naturelle, trouva des admirateurs, ce qui sc'duisit la jeuncsse, qui, en cherchaut cotte facilité, pordit la vraie route de rjtude et du goùt , qui est propre à chacun , et s'égara par sa propre faiblesse. L\5cole bolonaise a eu le mcme sort; d'une manière P\R LE CITOYEN PÉCUFUX. 5r forte et caractérisée , rlle est lombi-t" daus le clinqnant, et dans une aCfoctation tlìriitralc, qui uè conserve ancuoe trace de iVcole carachesque, à qui elle devai» sa celibi il^. Le goùt de ledile lombarde à peine forme par le CoRhÈGE et ses discipics, sest confondu dans les écoles •voisiues, où il avait été iutroduit, et n'a subsisté qu'une gt'nc^rafion. Celui de l'école flammande et hollandafse qui lient bf au- coup aux caractcres des mcEurs de ces peuples, parait devoir se soufenir; ils sont soigneux et propres par tempérament; la nature tlicz eux est fraiclie et belle pour la couleur; ils en sont affrcfés et cherchent à la rendre avec verité: cep'-ndant ceffe école a souffert une grande alterai ion dans le genre héroVque qui y avait été iutroduit pnr Rubens et ses discijiles. Le goùt de fècole francaise a changt? plusieurs fois, mais il est toujours revenu à préscnter le genie et le caractère de la nailon; susceplible des passions agréa- bles, les francais s'occupent volontiers de sujets gais, et ont cherché plutót à étre agréables et nouveaux, pour jouir dune repulalion présente, que de courir la car- rière de leurs savans compalrioles , Poussin, Lebrun , M GNARD et fant d'aufres. Mais à prdseut, enflammés par la réunion des chefs-doeuvres nombreux qu'ils posscdent, ils paiaissent vouloir reprendre la route de ces grands hoinmes. Les amnteurs de la peinture ont aussi leurs goùts ; les uas sont affectés par l'agréable, d'aufres par le pa- 5a DU GOUT EN PEINTURB, ETC. Ihéh'qne ; quelqiies-uns senti'ut Ttnerf^ique , les ouvragcs d imitation dans de petits (ableaux flanimaods ou hullan* dais, soat recherchés de pliisioiirs, (andis que d'autres recherchent cxclusivement les productious des écolt s italipiinos et les sujets graves; les aiiteuj-s classiques soat seuis dignes de lours regards, ils eu exclueut lout autre gerire. Le paysage, ce geme si agiéiible de la peinlure, et qui a étu poussé si loia' par plusieurs Ailistes de nos jours, n'obtient aiicun sulliage de hur p.irt. Plusieurs préfòrcnt un cheval, une vache, des rnoutons, pein(s par les flanimands, à un tableau du Carkachiì ou de TAl- BANE. EuGn tout est relatif au curactère et au tempéra- ment de cliaque hotnme, d'où il résulte quii est aussi très-raisonnabie d'admeftre que chaque Artiste suive sua goùt, et que chaque amateur goùte à sa manière. 65 RÉFLEXIONS 8UR L'ART DE BIEN DRAPER LES FIGURES-. ARTICLE V Du meilleur sfyle par rapport aux draperies. PAR M.' ,R E V E L. Lues le 14 nivóse su 12. JjN ronsiclérant le style des Greca à l'^gard des drape- ries, Toh voit que l'Artiste a loujours eu des buts priuci- paux daos IVxécution. Le premier, deviter la symctrie , la repétition et la durelé, afiu d'amener par un rou'.rasfe contimi la variété la plus belle et la plus couveuible; le second, de faire entrevoir sans la moindre alf'eciatioa a-n-dessous des draps l'exactitude des proportions , la forme et la rondeur des parties, et l'endroit des articu- lations, pour étaler ainsi une profuude inleliigence daD» le dessia. 54 SUR l'art de bien praper i.es figure», Cette niétliode prociiianf à la'il et à rcsptif deus sensations agiéables , lune pioduite par Ics graces de la draperie, et l'autre par la proportion et lélégauce des forraes transparenles en parile au- dessous de lliabille- ment, a toujours eu une supériorifé sur ies autrcs; et c'est pour cela quelle fut adoptée par le grand Raphael d'Urbin et LÉoNARr) de Vinci, par les Carrachis, le Pous- sin , Charles Llbbun et leurs écoliers, tous célèbres aimi- ratenrs de l'anliquilé, et c'est pour cela qu'elle duit étre proposée cornine la meilleure par les Professeurs. A R T I C L E IL* JLes Jiahìllemens doìvevt étre adaptés au tems et aux ciiconstances du siijet que l'on veut n'présenler ; ih do'wPììt étre étudlés sur la nature et pcrfectionrn's avec l'art. Occasions oà il est necessairi^ de sf^ servir de l'idéal, cesl-à-dìre, de l'imagi nailon pour les meltre en eocécution. Avant tout, l'habillement qui forme la draperie, doti étre adapié au costume du tems. il faut quun Grec soit habillé à la grecqiie, un Egyptien à i'égypticnue, un Romain à la romaine, et ainsi des autres uations. En second lieu il doit étre copie du naturel, lors- quii est possible, et perfectionné avec l'art; et ce non- seulement parca qu'il arrive diflicilement qu'ua jet de plis soit assez beau, diversiGé et heureux pour satie- PAR m/ REVEL. 55 faire aux denx objcts piincipaux de l'Artiste, dont fait raeution l'article précédent, mais aussi parca qua vou- lant bicn souvcnt ajoutcr dcs plis sur le mannequin , ou ea introduire de nouveaux pour marquer le nud , Fon gate ceux qui dtaicnt le mieux faits, et l'on ne finit quo par des résultats difformes et forcés. Je dis qu'il faut que les draps soient copiés du natu- rel , lorsqu'il est possible , parce qu'il y a plusieurs cir- constanccs oìi il convient da s'aider avec l'iraagination , et des occasions òù il est impossible d'avoir un modèle qui nous présente continuellement, et de la mème ma- nière un drap agite par le mouvement ou par le vent. Penetro, Mengs, de cette vérité, il dit dans ses ré- flexions sur Raphael : * « l'idéal a l'accès jusque dans la > composition des draperies , puisque pour représenter 6 un homme qui court rapidement , il est nécessaire, » copiant la nature, de faire que les habillemens volti- > gent d'un coté, et pour le faire d'une au tre manière, » lorsqu'il convient, il faut faire usage de l'idéal. Si t> par exemple un Ange vele , il convient de faire voir 6 dans sa draperie, s'il va en haut ou en bas, et de don- » ner à connaìtre par les plis dans chaqne membra, et * dans tonte la 6gure s'il est en action, ou si elle est ♦> terminée, si le mouvement est doux, fort ou violent, * Voyez ses réflexions sur Raphael , Corrège et TiTiEN , le §. V du cLap. II , où U traile de l'idéal du premier. 56. SUR l'art de bien drAper les figures, » et s'il est au comraencement ou à la Cu; après tout « cela je crois méme qua l'idéal doit eutrer jusque daos » It'S chcveux. » De cetfe proposìtion Fon doit infcrer que le très- savant Peiutrc alleaiand, malgró sa passioD de tout cò- picr dii naturel, lorsquil a dù peindre dcs Anges ve- lans , ou dcs figures trausportées en l'air avec des cheve- lurcs libres, des voiles, ou des draps, il a dù égale- ment faiie usagc de limagination, et i^tudier beaucoup les accidens naturels , et les lois du rnouvcmeut , pour se conduire dans ces cas \ìì, et qu'ici avec le mot d'idéal, il n'exprime qu'ua eflort de l'espiit, ou l'acte d'imaginer les choses, dont dous ne pouvons pas avoir des niodclcs fixes et perinaneus; et ce qu'il dit ensuife, cornine ci- après, pi'ouve cette déducfion de ma pari. « 60. Pour concevoir et conuaìtre ce que c'cst celi » idéal, et jusqu'où il s'étend, je conseillerais principa- » lement les peintres de lire les poetes, lesquels u'ont ;>^i"ien écrit saus l'avoir imaginé auparavant , tout com- » me s'ils le xasscnt; et ceux qui ont su choisir le meil- » leui- de leurs idées, sout les plus excellens. L'idéal se » trouVe ea toute cliose, dans tous les arts, et il a quel- * qutì pai't aussi daus toutes les sciences; dans la musl- » que e'est l'harraonie, daus la peinture c'est l'invention, » et ainsi dans tous les autres arts connus ; mais dans » aucune il brille autant corame dans la poesie et la » peiuture, lorsqu'elles sont traitécs par un grand genie, y> c'est pourquoi les anciens appelèrent la peinture une » poesie muetie, et la poesie luie peinture parlante.»^ PAR M.' REVEL. 67 ARTICLE III.' Observations sur Ics deux articles de towrage de Meugs cì-dessus a'ùés. Quoiqne le i." article soif éccit avec beaucoup d'obscu- ritc", et qu'il semble à quelqu'un quo l'auteur n'ait poiut voulu s'exprimer clairement, pour laisser encore alasi couverte d'un voile la vérité, et la rcndre raoins con- naissable aux iuilics dans ces scicnces , ce nonobstant l'on peut falle Ics rcflcxious suivantes , lesquelles, si cUes n'expllqueront pas, ce que Mengs a pretenda de déraontrer rccllement, elles indiqueront du moins ce qu'il devait dire à ce propos , pour étre intelligible à tous, et pour donnei' Ics raisons de l'art. 11 dit : l'idéal a l'accès jusque dans les compositions des draperics. Gela signifie que les draperies aussi, quoique tirées du naturel , ellcs peuvent étre perfectiouuccs par l'imaginatiou , et qu'elles peuvent devcuir le résultat de l'union des plis qui sont les plus propres pour faire conuaìtre le but de l'artiste et recrt'er l'ceil. Ce qu'il ajoute ensuite pour une preuve de sa proposition, ou il est mal cxprimé , ou il faut avouer qu'il se con- tredit; en eflet si l'on doit rcpréscnter un homme qui court rapidement, il n'est pas possible de le co- I- pier d'après nature, parce que l'impctuosllé du cours, le contiasle de l'air fendu par le corps, et l'clans des 8 58 SUR l'art de BIEN DRAPER LES riGURES, membres font changer de figure aux draps prosqu'à cliaque iustaat , et no permeUcnt pns au pcitilre de ronsidérci' pour un moment le modcle sous le mème point de vue, se dérobant commo un éclair. Ce quii dit ensuite, qua dans la course Ics hnbillemens voltigent d'un còte, c'est aussi s'expiimer dune manière inexacfc, attendu quo, lorsqu'une figure court vers nous , cu s'éloigne impétueusemcnt , et par angle droit, l'oa ne voit point Ics habillemens dun còle, mais plutót vol- tiger derrière, ainsi que la chevelure, si elle est libre et longue. Il était dono mleux dMtablir pour règie que les ha- billemens des figures courantes doivcnt étrc toiijours peiutes voltigeaut derrière , étudié et combine en con- sultant la vérité pour choisir ce qui est plus beau et plus proprc pour leur donner toute l'élégance , et en méme tems les faire paraitre parfaitement couformes à la nature. La mème dt^monstration sert aussi pour les figures que l'on veut faire dans l'action de voler; les habille- mens resteront toujours derrière et sur la mème ligne que parcourt le corps qui fend l'air; et autant plus ce corps volerà horizontalement, d'autant plus aigu sera l'angle forme par la draperie qui se trouvera serrée sous les niaraelles, ou aux lonibes, c'est-à-dire d'autant moins l'habillement se separerà de la figure; et pour me faire mieux comprendre, je me servirai de l'exemple suivant: Que l'on prenne un bàton, que l'on y attaché un fil, PAR m/ revel. 5g et qii'on l'exposé au soufile d'un vcnt fort, et de ma- niere que celui-ci frappe également de haut cn bas le bàton , l'oii verrà que le fil formeia un angle droit sur la ligiic du bàton; que l'on bciisse cusuite peu-à-peu la poinfe du bàton vcrs le vent, 1 on reconnoitra qu'autant plus on le baisscia , d'autant plus aigu deviendra l'angle {'orme par le fil sur le bàton , jusqu'à ce que le teoant horizontalement Ton verrà que le fil ne se separerà plus. Ce que l'uu dit du fil, on peut l'appliquer à une dra- perie quelconque qui n'est pas serrce au corps , comma DOS habilieniens; mais cependant, avec celta difl'crerce, qu'autant la drapeiie sera Icgère, d'autant moius ella dcv'ra paraìtrc d'étre tirée vers le sol par la force cen- tripete qui agit sur tous les corps qui ne sont pas ^^)é~ cifiqucment plus légers que l'air. Passons maiuLcnaut ù l'autre article. A l'égard de celui-ci je n'ai qu'une soule difficulté à objecter, et c'est que jc ne coniprends pas coniment l'au- teur ne parlant ici que des drnperies et des clieveux , clioses que fon doit rcgaider plulót conime le resultai de l'imitalion , ou d'une conibinaison de lignes et du clair-obscur , et non conime des productious de limagi- nalion, il invite les Peinfres de lire les Poétes pour concevoir et counaìtre leur ideal. Le genie le plus énerglque et iraitatcur de la poesìe, ne pourra jamais arriver à peindre ime draperie, décrire les lignes et les clairs-obscurs qui relèvent les plis pour ca doauer une idée exacte. Un Pcintre pourra bien savoir é)0 SUR l'art de BIEN DRAPER LES FIGl'RES, par coeur toutes Ics pocsies et toutes les images Jes plus sublimes cVHomère, de Vibgile , du Dante, du Pé- TRARQUE, du Tasso et de I'Arioste, mais s'il n'aura pas étudié la nature, il ne pourra jamais draper avec grace, et uouer une clievelurc avec élégauce. Ce n'est que dans Tinvention que la poesie peut étre d'un grand secours au Pcintre imaginatif, comme ce n'est que dans l'étude et la description d'cxcellens tableaux que le poéte s'habitue à imiter le beau de la nature , à en pcindre Ics effets avec pompe , et à se contenir dans la sphère du possible; c'est ce qui uiet en mouvement les passions avec plus de véhémence. A R T I C L E IV. Manière de ludi er la Draperie. Pour bien réussir dans l'art de draper les fìgures, il est nécessaire de se former premièrement le style sur les statues et bas-reliefs de l'antiquité , sur les cliefs- d'oeuvre de Raphael, de Caracci et des aulres auteurs qui peu- vent soutenir leur parallèle dans cette partie. Il faut bien examiner dans les ouvrages de ces grands raaìtres les formes que présentent les parties principales d'une draperie, à quelles fìgures géométriques on puisse les comparer, et cnsuite passer à examiner les tours des plis, l'cntrelacemcnt des ligncs, de quelle manière elles laisseut eutrevoir sans affectation les membres cu voilés, I PAR M."^ REVEL. 6l ou couvcrts par la draperie, ainsi qiic le manlemcnt des clairs et des ombres dans la paitie éclaiiée, et celui des rcllcis dnns la partie obscure. Aprcs cela l'on doit comparer les ouvrages les plus avGC les moÌDS parfaits, pour connaitre enfia en qiioi cousiste la supi'rioiité du stylc, et pour s'accoulumer à faire un choix judicieux du bon entre le mediocre, pour s'en servir ensuite en copiant la véri té. Lorsque ces études seront achevées, et qu'au inoyen d'une contemplation sérieuse la fanlaisie sera remplie Je tout ce qui peut foimer un goùt excellent dans l'art de draper, l'ou s'occuperà premièreuient à faire des jets de plis sur un modèle, et à les pcifectionner, suivant le meilleur style; ensuife fon s'appliquera à l'étude de ce que fon ne peut pas voir dans ledit modèle, et qui concerne ces mouvemens des draps. Mais pour faire des progrès dans cette théorie, il est indispensable de s'habituer à etre observateur, puisque , et en conversant et en se prome-oant, il arrive toujours de voir dans Ics habillemens certains accidens produits par le mouvemeut, ou par les cffets de la lumière, qu'il serait très-bon de flxer avec quatre coups de crayon , parce qu il est presqu'irapossible de les revoir une autre fois. La dernière règie de l'art que devra pratiquer finale- raent celui qui anibitiouncra d'égaler les peintres et les sculptcurs Ics plus célèbres cu fait de drapcries, sera de ne jamais faire une figure , quoiqu'clle dùt étre toule 62 SUR l'art de bien draper les figures, couverte dedraps, saus la dessiaer auparavant toufe mie; c'est la route tenue par Raphael; et plusieurs do srs dessins , qiie l'on couserve eucore aujouid'hui, prouvent cotte proposition. A R T I C L E V. EU MANNEQUIN, Soii de la statue mobile ihtns les artìculatfovs par qui elle fui invenlée. Des avanlagcs et clcs dcsu<,'an- tages quelle cause dans cetle elude. Un modcle bien utile aux peiutres, lorsqn'il s'a<;It de faìre des figures qui ne sont point en niouvement, est celui qu'en se déuouant dans toutos les arllculations, on peut le mettre dans plusieurs attitudes. 11 a cté inventé, euivant Georges Vasari, par le renomnié fière Babthe- LEMi de S. - Marc * , contemporain de Raphael, de Lyonard, de Michel- Ance et de tnos les autres grands honitnes qui biillcrent dans le quinzième et seizième siede, et son invention est due à son genie naturelle- ment incline à ne rien faìre sans avoir un modèle devant les yeux. Plusieurs ayant méprisé ce modèle, et beaucoup d'autres * Voyez dans Vasari Ja vie de frère Barthelemi de S.-Marc. PAR m/ revel. 65 Tayant trop estlmé, je crois quii uè sera pas hors dcpio- pos que nous nous arrétioos un moment pour parler tant des avautagcs, quc dos désavantages quii peut apportcr. Afiu que ce modèle soit utile, il faut, avaiit tout , qu'il soit exact dans ses proportions et tieii tailié, et que les globes qui lui seivent darticulatioa uaugnien- tent, ni diminucnt nuUement la lougueur des mcmbres. Après cela, pour éviter que Ics draps ne s'insinuent trop dans les articulatious, ou qu'ils sortent mal à pro- pos, corame ce serait dans les replis extérieurs du coude, dn gcnou et autres, il convieni, avant que d'iiabiiler la figure, de modeier , au nioycn de quelque matière apte à la cliose, les parties raanquautes, et de remplir les vides, et rendre suivis, pour autant qu'il est pos- sible, les contours de toute la figure. Ce modèle n'étant point exact ou dans la proportion, ou dans la forme des parties, ou vraiment n'étant point réparé dans les vides, alors il est absolument indispen- sable de travailler avec l'ordre suivant. 11 convient pre- mièrenient de tracer avec cxactitude , et d'ombrer lé- gérement la figure que l'on vcut peindre habillée, eu- suite de contourner sur le méme dessin toute la drape- rie et régler les lignes et le clair et l'obscur de Ja ma- nière la plus propre à corriger les défauts du modèle,, et à ajouter ce qui manque. Le mannequin est très-coramode pour iniiter spécia- lement les voiles , les deutelles , les étoffes de soie ù plusicurs couleurs, et les habits brodés; objels qu'il faut beaucoup de tcnis pour Ics copìcr et perfectiouner. 64 SUR l'art de bien draper les figures, Il est aussi très-utile pour étudier la variété du colorfs que présenteut les draps de soie tant dans la partie éclairée , quo dans les onibres et les reflets ; mais h cet égard, pour bien opérer, ne devant pas les choses élre toujoiirs peintes telles qu'elles s'olfrent à la vue , il faut etre bien instruit dans la théorie de la lumière et des couleurs, autremejit l'òn risque de faire un tableau avec deux genres différens de lumière, par les raisons que je donne dans mcs observations sur lliarmonie des tableaux. Maintenaut que j'ai exposé les circonstanccs où le mannequin peut étre d'un grand secours, il i'aut que je démontre aussi lorsqu'il devicut nuisible. L'on peutregarder le mannequin corame préjudiciable toutefois quii fait sacrifier l'expression à la beante de la draperie, et toutefois que le sujet exigeant un mou- vement instantané dans une figure, c'est-à-dire le pas- sage d'une action à une autre , iuduit le pein're à ne point l'exécuter , pour éviter ainsi de peindre Ics plis en mouvement , attendu qu'on ne peut pas le copier d'après le modèle , et le coutenir dans la mème position. Tous les peintres qui ont abusé de cette comraodifé , ont fini par faire des statues. Le frère Barthelemi de S.'-Marc est d'un grand exemple pour ne pas parler de plusienrs autres; et Mengs mème, quoique convaincu de celle vérilé, est tombe bien souvcnt dans la méme erreur , laquclle l'a rendu autant inféricur à l'immortel Raphael, qu'unc belle statue est inférieure à une belle figure animée. i PAR M.' REVEL. 65 Qu'on regartle son parnasse peiat dans la ville Albani; qn'on s'Imagine Apollon tei quii devrait étre pendant qii'il tonche sa lyrc en accompagnaiit sa voix divine; qu'on s'imagiue quelle attention , quel trausport , quelle àdmiiation respcctueuse devrait cxciter, dans le chocur dcs Miiscs, le chant dólicicux du Dieu de Dcle, et si quel- qu'une d'elles pourrait demeui-er distraile dans un tei moment, se feindre iosensible à cette harmonic, qui expliquc les mystòres Ics plus dlevés et les plus profonds de la na[ufc. Qu'on juge ensuite son ouvrage avec l'ima- ginatlon lemplic de ccs réflexions; qu'on examine lo caractòre de cliaque figure, son attitude, son expression , et l'ou conviendia avec moi que cette dernière paitie a ctc sacrifiée à la commodité de l'usage du mannequin et de copier des statucs. Si Raphael et Michel-Akge eussent eu une telle timidifé et une semblable passioa de tirer tout d'un modcle non vivant, verrait-on l'Elio- dore, le tableau d'Attila oliasse de Rome, l'incendie de Borgo , la Transfiguration , Jes couvres iramenses de la Chapelle Sixtine, et tous les autres prodiges qui n'ont pu étre exécutés que par un effort du genie, et par une imagination terrible? Comraent auraient-ils esprime dans les draperies l'effet d'un orage de vent, d'un mouvement prompt, commela foudre, ou d'un corps , tei qu'uu meteore qui s'eleva raajestueusement eu l'air? De ce que l'on a dit jusqu'ici, l'on peut dono infé- rer clairemcnt, que lo mannequin n'est pas toujours utile 9 66 SUR l'art de BIEN DRÀPER LES FIGURES, et notammcnt daus les circonstances ou le mouvement c}e la figure, ou le vent agit sur les habilleniens; et ce attenda qu'il présente des ligues pcrpcndiculaires , lors- qu'elles doivcut ètre courbes, et ne peut pas rendre visibles au naturel les parties soumises aux draps, lors- qu'un corps habillé eu longue robe et ampie s'avancq^ ou change de position. C'est beaucoup plus comniode aux sculpteurs de faire des études sur la draperie , puisque n'ayant que trcs- peu de variations à offrir dans les étoffes, ils peuvent inodeler en grand la figure qu'ils pensent de faire, et après quelle est bien perfectionnéc et bien sèdie, arran- ger les draps et les ajuster à leur aise et daus le style le plus severe. - A R T I G L E VI. Règles polir bien composer les draperìes. Lc-s règles nécessaires pour parvenir à faire de bonues draperies, sont élablies sur les mèmes bases fondamcn- tales de la composition en general; s'il faut éviter dans celle-ci la répétitiou , tant dans les attitudes des figures , que dans la disposition de leurs groupes, et s'il faut prò- curcr que l'on ne voie jamais deux lignes ou courbes, ou droites, parallèles cntr'elles; si l'on doit plutót se proposer sans cesse d'inlroduire la plus grande variété en tout, et faire que la lignc qui desccud Iransversa-? P^R m/ RKVEL. G'J Icmcnt de droltc à gaudio , soit coutrastce par une au- tre qui dfscend de gauche A droite, sans cepcudaut la cioiipcrv il 'fa'itt pràliquór' d^e i^eniè ttans la co'minnaìtón des plis, eu tenaut légères Ics ombrcs daos les grandcs piutics lìliimlncfcs, et prOcùihnt (du)òurs de dònnor où il est possiblc, ÙDc forme serpentine à toiites leslignes, pour leur donnei" plus d'agrc'ment, et Ics rendre plus apfes à iiiarqueu la configuration et ranondissenicut dcs nieitiìircs' qii'ils cachcnt. "ìjies habiiremens dont les femmes se servent aujo'uidhui, s'Àj')ìirocherit de beaucoup au goùt gVec, tant par la finesse que par le tail, et nous font voir souvcnt des drapcries txxiikì V'ari(5es et ' aussi agrcabicment dis'posées , qirdles • peuvcnt se cottiparer aux plus bellcs que l'ou admirc parmi les ouvrages anciens, mais riucoustance de la mode, cetfe folle manie de varier toujours, ne laissera pas jouic long>tems les artistes de nos joiirs de ces costum'es aussi utiics qu'cstlmables. Pour que l'on puisse dire qu'une drapcrie soit compo- sée avec ék'gauce, il ne suffit pas que Ics plis ayent line belle configuration et qu'ils aunonccnt les formes qu'tls couvrcnt, mais il'faut aussi qu'ils tourncnt, suivant le point de vue d'oìi l'on regarde, l'objet liabillé. Cctte règie est si importante , que tout'efois quelle est négli- gce, l'on voit les mcrabres paraitre cassés. En effct, si en dessinant une colonne envcloppce trans- versalement d'un drap, l'on y faisait les plis sur le sond- met , Gomme si l'ou dùt les rcgarder d'uu point de 68 SUR l'art de BIEN DRAPEtV LES FIGUF.ES. vue plulùt haut, et vers la fin, coiiunc si l'on dùt Ics rcgarder d'un point de vue l)as, il eii v(5suUerait que toutes CCS lignes discordautes entr'ellcs fcraieut paraìtre la colonne rompue. Dans l'estanipe qui représente l'aurore peinle par le Guide au palais Rospigliosi, l'oor y voit un exemple du tnauvais effet produit par une direction de lignes mal conibinée. Farmi les lieures qui entourent le cliar du soleil , l'on y voit des bras qui semblent courbés, et cela pour y avoir des lignes concaves oìi elles devraient étre con- vexes. Un bracclet bien dessiné aide à exprimcr le raccourci d'un bras; mal dessiné, le fait paraitre tortueux. Pour ne pas tomber dans ces défauts, il est très-néces- saire de u'avoir jamais les modclcs trop prcs de l'ccil, et d'òter les plis qui ne secondent pas la position. Un point de vue place loin , ne peut jatnais nuire à l'effct d'un tableau, qu'au coutraire, s'il est trop près , quoique les objets soient dessinés très-exactemcnt , ils parattront toujours se renverser sur nous, et ce sera d'autant plus désagréable à la vue que le tableau sera plus elevo de terre. Un autre objet de la plus grande importance qu'il faut soigner, en habillant spécialenient les figurcs de femme, c'est de les bien parer et avec élégance , pour qu 'elles acquiòrent de la grace et de la beante. Un liabillemeut ajusté au corps avec adi'csse, qui ne PAR m/ rével. 6g grossisse point les forjues, et laisse cntrevoir un scia virgiual et intacte, un beau flauc et ccttc liguc serpen- tine qui peut présenlcr en différentes inanicres agrcablcs le dos d'une jcuue fille cUavmanfe , douée d'une, figure pleine d'agilité et instmite par les graces, sera, toujours cslimé dans tous les siècles et au milieu des modes Jes plus discordautes, Au confraire, un liabillemcnt qui grossit la figure et qui ne la rend point gracieuse,^ ,pi^;^majestueuse , sera blamable dans tous les tems. .atii. ',,• i ., La raison en est qiie l'homme , malgré toutes les modes, il estime toujours plus la beauté da corps dans Ics ouvrages de peiulurc et de: sculptur/e, ^ue- celle;, des draps, afteudu que ccux-ci ne sont que des acf,essoii,'es. Pour que Ics drapcries soient diversiilées et, que le spectacle d'un tableau reprdsenfant plusieurs figures, réus- sisse plus agréable et plus magnifique, il n^ faut pas absoluraeut se servir du mOme d^;ap pour habiller Ics modcles ou le mannequin; tous ceux qui ne se confor- uieut pas à celle règie, ne donucut aucune variété aux draperies, répctent toujours les mcmes plis, et se met- Icut hors du cas de faire voir clairement si une figure est habillée de voile ou de grosse toile, de satin ou de velours, de soie à différentes couleurs, ou de drap grossier. Lorsque l'on doit peindre des figures en grand et que Ton n'a qu'un petit modèle pour composer la drapcrie , alors il faut employer les éloffes Ics plus fines, les plus fB SUR l'art DE'Bltì^ DRAPEft LES FIGl'RES. 'tìod'pl'èfe et 'lés'hu'mèotei', dinV;reinment Ics plis rosteronH: (rop grands et l'étòffe paraìfra plus grossiere de ce quelle doit étre. ^ Alitant ùil drap est plus subtil (moj'enuant qn'il ne sbit pas gomme); aùtanl plus petits et nombieux dcvien- nent Ics ffngles des plis, principalcmenL où ils sout sorré^ par quelque ccinture ; le nud reste raarqné avec plus de précisioii , le volume èst moindre, et lorsqne le di-ap'est %u*<^eadttJ, l*oli'i>bit'-^rodmr'e des lignes prèkjiie jp^rj^icn"- diculaires. 23^11' iitotdit'é' le" contraire d'un drap grossier et rude, tibtàmmerit si k l epaisseur il joint la Idgèrcté , parce qn'alors il né s'arrauge qua difficilement aux- metóbi-es •da'-coi^s.- ••»!' '>'-'\' ^''■■" '■■■ ''•'■''■' ■ r "'■^■■"- •^•■!'^"f' ^^ Aptès totìt tiè' qu'é dessus, il faut eucoré lire dans Touvrégé de Mengs le chap. 5/ des réflexions sur là beauté , et' l'òn y'iti'bùvèt'à une espèce d'analyse de la manièi-fe de ^!'?èn, émjilo'jrée par Raphael, laquelle est tKiii^lWél'éssàSifé'par èoh "exàbtitude et digne de rdttention aè' tóus '' lés'-'Pfófésseufs de l'art. ■jh jjo uilB? ab ,9lioJ 9?>,o-i^ ab uo aliov ab shll'iC 7» DIALOGO TRA MORTI, ; V •'"•'Il Vi • CIOÈ : ' a ì:::.- ■- i jìj iai -- TRA PIETRO CORNELIO E 'L MARCHESE MAFFEI .1 SOPRA LA TRAQEDIAi,lj>07 ìat ddoisrf DI EMANUELE BAVA S. PAOLO. Letto li i8 pratile anno iz. ■P : iiiq ji ih ,«J. CORNELiPoinoO): 8 JJÌq te dunque iu Italia la tua Merope sola acquistò non disuguale celebrità a quella, che eoa tutte le mie venti e più ti-agedie sepp' io procacciarmi pella Francia, e nel mondo ? MAFFEI. Che ciò sia sfato, come per avventura ti vien narrato da qualche appassionato Italiano, noi voglio credere in ^S DIALOGO TRA MORTI SOPRR LA TRAGEDIA , verun conto; che abbia dovuto poi essere così, aperta- mente tei nego; il padre della moderna tragedia sei tu senza fallo, e padre di prole non solamente fecondo, ma di bellissima prole, end' è , che per meglio chia- rirmi del valor vero di questa mia Merope , desiderava teco averne ragionamento. CORNELIO. Volentieri, ma, di grazia, più apertamente dichiarami perchè mi vogli 'teco a- parte nello esaminare lo tuo dramma, e non cerchi piuttosto diRassine, del Trissiuo tuo, o de' Greci? MAFFEI. Perche appunto io ben riconobbi da quell' esame, che tu stesso già facesti de' tuoi , che sei il piìi perito non solo, ed il giudice migliore dell'arte nostra, ma il pii!i candido ancora , il piia imparziale verso te stesso , ed il più severo. Or siccome tra vivi durando, chi per amor che ti porta, o proprio interesse, al cielo t' innalza, chi poi per invidia e nialevoglienza ti trae Tino più sotto degli abissi , di vero e schietto nulla può quasi ritrarsi; così questa limpida verità vorreimi pur una volta tro- varla tra i morti , ne altri, chequi stanno, è che meglio possa di tanto appagarmi. CORNELIO. Ascolta, come puoi di leggieri figurarti, hommi lassù DI KMANUELE BAVA S. PAOLO. JÒ non poco praticato gli autori, massime Poeti, 1' indole irritabile e stizzosa ne conosco e ne apprendo; e sebbcn sempre siami riuscito di non mai aver briglie e guerre letterarie, o almcn tali da farne trionfare gli sciocchi, so tuttavia quali punture una critica , anche moderata e civile, porti spesso al cuore d'un letterato, e quai puntigli quindi ne sorgano , e quai fiamme n'avvampino; ond' io , il quale abbenchè c]ui tra morti ti vcggia, non mi fido dell'amor proprio, che ultimo muore, e soprav- vive talvolta, vo' per non inimicarmiti, compiacerli si, ma ad un patto. MAFFEI. A quale, di. CORNELIO. A questo , che , poiché detto io ti ho del tuo dramma e il bene e il male che ingenuamente ne sento, tu vogli dirmene de' miei altrettanto , e con altrettanta schiettezza. MAFFEI. Oh! non ne sono capace, non sou da tanto. CORNELIO. Eh! chiacchiere, modcsterie accademiche; o il patto accetta, o più non mi trai una parola di bocca. KAFFEI. Ma un tal patto , perchè ? IO 74 DIALOGO TRA MORTI SOPRA LA TRAGEDIA , CORKEIIO, Perchè? questo perchè tei voglio pur ancor dire , ma poscia se non accetti, son muto; perchè so alcun mio rilievo in quanto sono per dirfi authc molto avanti fe- riscati, potrai col pensicr consolarti della vendetta , che, venuta la tua volta, sarà in tua mano di farne; prospetto tale e si dolce distoglieratti dall' adirarti, e all'amor proprio , offeso forse , appresterà in buon punto medi- cina e conforto. M A F F E I. Sia come vuoi, ma per ubbidirti, altrimenti non pre- sumerei tanto, nò. CORNELIO. Bene, ma si, o nò ? M A F F E I. Via via , sì si. CORNELIO. Dunque l'esame incomincio, e nel notare della Meropc i difetti .... MAFFEI. I difetti soli? epperchè non i pregi? CORNELIO. Bene , gli uni prima , gli altri dopo , è giusto ; nel DI EMANUELE BAVA «. PAOLO. jB toccarne adunque i difetti, osserverò ad un tempo alcuni difVlti a quelli corrispondenti, che ne' miei drammi brut- tamente si scorgono, e pria d' ógni cosa, l'imitazione servile un po' troppo in me degli Spagnuoli , in te dei Greci spiacque del pari , tracndoci entrambi lontani al- quanto, io dalla patria, tu dal secolo, in cui siam vissuti. . , ,, MAFFEI. , I 9l6r»p Blhn Ii'» Hd sernpre inteso predicare che fossero i Greci i veri nostri maestri ed esemplari cosi nell'arte tragica, come nell'altro, e ciò non ostante, parmi averli imitati con ri- serbo e giudizio. CORNELIO. 1 Greci per la Grecia eran otiimi, per noi in chi lor segua colla benda in sugli occhi , pouno diventar pes- sime scorte; è vero verissimo, che in tal imitazione ti sei assai temperalo, cosi m' avess' io fatto imitando gli Spngnuòli , che lo sdolcinato favellar romanzesco dc'miei amorosi non farebbe sguajate le scene; ma ho dovuto piegare il genio a quello stil di romanzo che in allora era in grido; tu meglio facesti, o men male, e mi duole trovare che li tuoi eroi tratto tratto esprimano concelti indegni di loro in sermoni triviali e pedestri; il far intendere all'udienza, che Adrasto ha veramente voluto involare ad Egislo 1' aucl di diamante, può esser bellezza greca, moderna non giù, questo va contro il decoro de' costun^i correnti. 7^ DIALOGO TRA MORTI SOPRA LA TRAGEDIA , MAFFEI. Foi's' è , che in oggi uii cortigiano non abbia mai mal lucrata una gemma ? CORNELIO. Il caso può esser accaduto benissimo , ma è tenuto subito per caso comico, non da tragedia, nella quale i soli vizj aulici debbono campeggiare , ed avervici luogo solamente gli eroici. MAFFEI. Un vizio eroico .... CORNELIO. Sì, ve ne son dei tali, e poiché non sou pochi gli croi viziosi, que'vizj, ch'eglino soli appunto ponno no- drire e sfogare , han da dirsi eroici; di più soggiungoti, che non solamente i vizj e le virtù , ma i caratteri , gli accidenti, tutto in somma nel drammatico genere ha da pigliare una certa universale tinta di eroismo, che spiri maestà , e quella convenevolezza di costumi conservi , la quale risulta non dalla moralità de' caratteri e fatti , ma dal non aver nulla di volgare ne questi , ne quelli. MAFFEI. Sia : ma in questo proposito, oltre la censurata gemma, non mi pare avere altro nco. DI EMANUELE BAVA S. PAOLO- 77 CORNELIO, Oh! a me diversamente parrebbe; e quell'assalto di febbre, col quale Merope fa del non poterle comparir avanti le scuse al tiranno, e l'ironico motteggiarne poi di Polifonie medesimo , sono cose di simil conio. MAFFEI. Come! una donna reale non sarà più donna ? dovrassi travisare la natura dell'un sesso e dell'altro, e fare che l'una salgane sulle scene tutta ideale, e tutta artifizio, e che l'altra genuina e vera si rimandi sempre alle ta- verne e alle piazze? io me n'appello, signore, ad Ari- stotele e a tutta la Grecia, prima legislati'ice delle tra- giche favole. CORNELIO. Prima legislatrice della tragedia , I' accordo , nostra e moderna, negolp apertamente; e siccome giusto non sarebbe colui riputato, il quale osservando le leggi di Solone , le patrie leggi poi trasandasse , cosi non deb- bonsi allegar leggi antiche contro gli odierni costumi , che più non uè comportano l'osservanza. ,: alcvit MAFFEI. i/I ih olnnqqG > ,if) Ma oggidì le Regine non lian mai febbre?. CORNELIO. SI, quanto le fantesche, e più spesso ancora. J^ DIALOGO. TBA iVIOHl'I SOPRA LA TRAGEDIA , . MAFFEI. Dunque se T hanno , o se aversela ponno , pnossi far parlare che Tiabhiano , o che fingono averla , e valersi all'uopo di accidieaté siffatto, verisimile quanto altro mai. ' ' CORNELIO. i'''''Vt>'rOiimili^sim^:'q ''''«^ «'■ ' i;tm lornoO Silo ?}ifii 3 ttiUis'ibE) 9 o^so2 r,ii'ihb Biojisa ni aicaivmt ,OÌsnÌhG Olljl -ì MAFFEI. ■'■^'Fppèrò beri trovato. ;:-i;;i .^ 'j -i" ' . . I . .VAI.;.-] olir, rt '"■•■■■-■' -E CORNELip..,^ PJ fiif,^ p, ,> NÒ , male. M A F F E I. "■^Ma 'come, rtialél Spiegatevi , signóre. ìb ig^^oi ci oUauvTw.o oi<»f;p ìi ,o'.;;jJtat, iiaÌG> i(<.id . ; . ■ -dab uoa koo . ^^- ' ftÓRÀ Èli o. ' ' ' ' ' "" ' ^ ' 'n ;! '-I • 1 ! ITI"" '': 1 Ecco mi sjjiego in poche parole: il verosimile e il convenevole sono due cose, o vogliam dire due qualità diverse, e appunto perchè la scusa di Merope è troppo verosimile j cessa ^i ' essere convenevole ; sarebbcl essa in commedia, ove la verosimiglianza piìi spesso si con- fonde , che non nel tragico avvenga , colla convene- volezza. ' DI EMANUELE BAVA S. PAOLO. ^g MAFFEL Ma io non so bene intenderla , nepperò digerirla. CORNELIO. Ascoltate., la. febbriciuola , il dolor di capo, sono pretesti rifritti tanfo oggidì , massime dalle donne per trarsi alcune volte d'impiccio, che già son cose volte a materia di riso nelle brigate colle e gentili, onde chi le introduce in iscena tragica, sveglia subito n^gli spet- tatori le idee consuete e le risate compagne, queste bastano a far cadere il dramma, e ad iscreditarne l'autore, come mancante dell'arte di scegliere ben gl'ineidentr; arte, la quale nelle Corti si affina mirabilmente, in esse si, ove ogni fil di ridicolo prima s impara a conoscere , e poi a fuggire al pari dell'aconito. MAFFEI., Questo f idicoTo , il quale ògghnai nella vostra 'Francia s'appicca ad ogni cosa, vi ci crea cento scrupoli e ca- villi, che tormentano la schietta natura, e in fine la spengono per sostituirgliene un'altra che non è umana, ma privativamente, e soltanto francese. CORNELIO^- .... TA n-^iì ì,".'}-n. IT) :.i- 01 oh . ) tiij/i Non vi riscaldate, che ombre siarh nói, larve é 'cose fredde , e la morta nazione , di cui siam quaggiù citta- dini, è una sala, e poi non voglio negarvi che noi Fran- 8o DIALOGO TRA MORTI SOPRA LA TRAGEDIA , cesi di lassù, per troppo aver voluto ralfìnaie, massime nell'arti, non abbiamo di alquanto la natura alterata, e non sempre ben travestita; ma non so consentirvi al- trettanto del nostro teatro, circa del quale a buon conto una servile imitazion de' Greci non ci la rei contro il moderno costume, né ci rende sospetti d'incapacità di creare. ..MAFfEI. 9 9l!t) . ■ .: Credete voi, che così parlate, eh' io non conosca il vostro teatro ? chi più del Rassine ha ricopiato Euri- pide, e ne ha tradotte le intere scene? Egli è, che nella Fedra appunto ha dovuto muover più eh' altri sospetto di non poter creare cosa alcuna; egli è che appunto in tale tragedia, e sulle tracce del suo Euripide ha messo in iscena una real donna travagliata da febbre lenta, com' io la mia Merope, ma perchè è francese avrà avuto, anche ricopiando , mente creatrice, senso squisito di con- venevolezza, producendo Fedra ammalata; ed io perchè italiano , facendo le cose stessissime , sarommeue stato un imitatore servile di genio, depravato di tutto, e di grosso , criterio. CORNELIO. Non credo io già dì avervi detto mai , che Io sconve- nevole stia egli neir imitare, e ueppur nel tradurre anche letteralmente un tragico greco, ma in cosa bensì, che ripugni alle presenti opinioni , ed usanze , e parrai che DI EMANUELE BAVA S. PAOLO. 8l corra grande il divario tra Merope , che si finge inferma per porre ritardo alle nozze, e Fedra, che lo è realmente a cagione del mal conccputo amore del figliastro, e dei rimorsi, che ne son lo stipendio, e clic ne la straziano fierissimamente; ove trovinsi le nostre opinioni in quelle de' Greci, sarh per avventura, non che imitarli, ancor ben fatto tradurli, ove diverse, neppur sarallo seguitarli da lungi. MAFFEI. Cosi decretando, già preparate, lo veggo, le scuse a voi stesso, che avete tradotto, il dirò pur troppo, ser- vilmente gli meu buoni de' Latini poeti ( che già non sapevate di Greco ) Lucano, e Seneca, a' quali aggiun- gendo non di rado la grandiloquenza degli Spaguuoli , n'andate poi tumido, come il loro Tago, a perdervi in un mare di concetti egualmente insulsi, affettati e puerili. CORNELIO. Già mi son colpevole confessato di Spagnuolo-mania, ne forse è qui gentil tratto, quando mi do per vinto, volermi affrontare; ma non mi so arrendere cosi buo- namente poi circa que' pezzi , che ho presi, o se volete anche rubati di pianta ai latini Seneca, e Lucano: del primo volli nel mio idioma trasportarmi soltanto alcuni bellissimi versi, e forti concetti, ma veri, non mai i suoi falsi pensieri , o gli infrecci peggiori ; del secondo poi credo, che quanto ne ho tolto stia assai meglio espresso II Sa DIÀLOGO TRA MORTI SOPRA LA TRAGEDL\ , in una tragica aziono, che nel suo poema narrativo, ed eroico, ove con poco sano giudizio se ne valse Lucano. MAFFEI. Sì, ma quelle grandiose immagini, quelle sentenze ampollose a Lucano rapite, fan esse poi un contrasto l'idicolo colle scene amorose, andanti spesso senza capo, né coda, che seguono, ove i-egna un inarrivabile i't-òi/s, che neppure un leale Calvandro sciferare saprebbemi. CORNELIO. Non so che rispondere. MAFFEI. Eh! di molti altri errori vi potrei far parola, a cui non havvi risposta. CORNELIO. Di grazia proseguitene l'enumerazione. MAFFEI. Vi è doppia azìon negli Orazj , e forse anche nel Cinna , ove non vi ha finale catastrofe, per difetti ed iscouci , il Cid poi è un mostro. CORNELIO. Sì un mostro , qual è la Sirena , con parti alcune bellissime , alcune veramente deformi. DI EMANUELE BAVA S. PAOLO. 83 M A F F E I. Non solo la condotta del Cid mi par ella un conti- nuo deviamento dalle regole, ma lo stile e il verso alcuna fiata cadono in quel triviale , che voi tanto spesso a noi Italiani rinfacciate. CORNELIO. Questo neppur vo' negarvi. M A F F E I. Oh ! circa lo stile siete disuguale in tutte le tragedie. CORNELIO. Sarà. M A F F E I. E quanto avete di robusto, e di sublime nel pensiere, siete non poco accusato di averlo involato a certo Ro- TROu, antico vostro autore di drammi. CORNELIO. Sarà. M A F F E I. Sicché , se Rotrou , Seneca , Lucano e gli Spaguuoli ripigliassero dalle vostre tragedie ciascheduno il loro, a voi non rimarrebbe nò stile, nò concetti, uè intreccio. 84 DIALOGO TRA MORTI SOPRA LA TRAGEDIA , CORNELIO. Aggiungete almeno né anche i difetti. MAFFEI. Nò, questi son vostri assolutamente. CORNELIO. Avete ragione. MAFFEI. Crederei di sì. CORNELIO. Ora vi siete sfogato e vendicato, e senza che più abbia dovuto farvene cenno , o premura alcuna , vi siete volentieri ricordata la promessa, che da principio del ragionar nosti-o ho dovuto strapparvi a forza; il vostro amor proprio letterario appena scalfito vi ha subito mosso a rendermi la pariglia , e non senza usura : or che ab- biamo fatto questo ricambio di amari motti, son pago, son soddisfatto, e amico mi ti offerisco; tu ragionevole, qua! ti conosco, non vorrai ributtar certamente le mie proferte, e mi terrai in conto di fratello carissimo, sol, te ne prego, non presumere che vada spento per morte mai l'amor proprio, il quale, per cangiar di cielo, per variar di slato , non muore. 85 DIALOGO TRA MORTI, CIOÈ TRA PARACELSO, FRANCESCO PIZARRO E LAUV SCOZZESE SUI MODI DIVERSI DI ACCUMULAR l' ORO DI EMANUELE BAVA S. PAOLO. Letto li 9 messidoro anno 12. PIZARRO. J. 1 ON volete capirla, signor Paracelso di Zurigo, pur la cosa cosi sta, chi vuol l'oro ha da cercamelo senza dubbio , ma trovatolo poi , dee tosto insignorirsene col sudor della fronte e con l'eccidio, come appunto fec' io , di quanti gli fanno opposizione , non vi è altra via. PARACELSO. Vi sarebbe quella più spedita e più comoda, e assai più umana di farlo , di cui vi veniva ragionando. B6 DIALOGO SOPRA I MODI d'aCCUMULAR LORO, P I Z A R R O. Eh SÌ, me ne ragionaste, e anche troppo; io nulla intesi, ne, non ve l'abbiate a male, punto so dolermene. PARACELSO. Come potrei credervi ? versaste lassìi tanto sangue per siffatta avidit;\ del reale metallo, ed unitamente per accrescerne di alquanto le decine di pie' cubi che già n'aveyate, ed ora qui poi volete far l'indifferente, trat- tandosi del miglior modo di procacciarvelo , che mi sarei forse degnalo indicarvi ? PiZARRO. Che dite di volérmi insegnare? La chimica vostra e un arte, ed io si nel morale che nel fisico mi appago della natura assai più, massime quando si tratti di vo- lermi arricchire; essa non fa promesse, ma doni, non trae, non separa gli elementi gli uni dagli altri, ma li produce nell' ampio suo seno puri e non misti. PARACELSO. Gli presenta puri talvolta e nativi , come voi dite , vel concedo, ma che il più delle volte ciò avvenga, vel nego : anzi c[uasi sempre essi insiem combinati rin- vengocW ; essa a grado suo può bensì sceverarli, e quindi ancora rimestarli in appresso, ma appunto alla guisa medesima, che facciam noi: onde avete detto uà chimico sproposito. * DI EMANUELE BAVA 5. PAOLO. 87 PIZ ARRO. Via se pur l'ho detto, non temo la vostra ferula ma- gistrale, né iniziato mi professo agli ermetici misterj , nò addetto , ma vo' esservi largo conccditor di prodigj piucchc non pensate, e supporre che rinvenuto v' abl)iatc il gran segreto di comporre il vostro re de' metalli. PARACELSO. Ah! FIZARRO. Che ! vi par poco ? PARACELSO. Ah ! non mi dolea del poco o del molto ! ma seguite quanto andavate parlando; ebbene , trovato che ho questo metallo re? p I z A R R o. SI , dopo apjjunto di averlo trovato , avrete da ve- dcrvclo balzare giù dal soglio, perchè voi e gli addetti vostri ne comporrete in tanta copia e tanta , che di corto cesserà di esser raro e di esser prezioso; nepperò 1' averne abbondanza sarà allora più ricchezza e opulenza. L A U V. Bravo , signor conquistatore del Perù , avete speculato 88 DIALOGO SOPRA I MODI d'acCUMULAR LORO, bene da economista; e al par di Sulli, da uomo di Stato. PARACELSO. Oh , oli ! chi siete voi , che sin oi-a tacito ed acci- gliato stavate ad udirne? L A u V. Un tal mi son io, che l'oro so levare via dal regal seggio, e farvi in mezzo di esso come Mida intisichire e morir della fame, quand" anche n'aveste tanto da po- tcrvici mangiare , dormire e passeggiar dentro e sopra , anzi piìi allora che più n' avrete. PARACELSO. Oh! voi l'oro, che dite.'* renderlo inutile agli usi, ai piaceri, alle delizie degli uomini? L A u V. Non perche; bello h l'oro e delizia, ma perchò è raro; onde, se per mezzo vostro comnn diventasse, sarebbe subito men caro altrui , ed ismonterebbe dalla gran stima in cui tiensi; voi povero , avendone le sacca ri- colme, dovreste, a poter c[uindi campare, pregarmi di volervi accettare a discepolo. PARACELSO. Io scolar vostro ? e come ? avete forse inventata 1' uni- versal panacea , il racnstruo per eccellenza , 1' alkaestro ? I DI BMANUELE BAVA S PAOLO. 8i) t LAUV, No, ma il segreto di sostituire anche le più vili materie , come la carta , e Cuo i cenci , all' oro , sempre ch'egli per soverchia abbondanza divenga troppo co- mune , ed eziandio qualora , a cagion dello scialacquo fattone, più non s'ha, che il grido di averne. PIZ ARRO. , Questo segreto si che l' indovino. LAUV. Su via, in che sta? PIZ ARRO. Nel sapere ben di scherma , e nel tirare colpi maestri di spada , uccider chi ha l' oro , e pigliarselo poi. LAUV. V ingannate , questa non è più cosa arcana , ma è nota a tutta una nazione. PIZARRO. E a quale? LAUV. A quella degli assassini e ribaldi. 12 QO DIALOGO SOPRA I MODI D ACCUMULAR LORO, FIZARRO. Voi mi pungefe, e quanto a torto forse dol vi pen- sate; potrei dimostrarvi, che per lo più i pessimi fra i ribaldi quelli sempre non sono , che feriscoa di ferro. LAUV. Oh! in tal quisLion vi do retta, e mi reco anche a gloria di dovervi cedere ; chi son io da poter con essoi voi disputare in fatto di ribalderie? FIZARRO. Ma apriteci dunque questo blando segreto di aver ricchezze senz' oro , e vedrem poi , se pur 1' avete , come sia egli tanto innocente. LAUV. Oh! è innocentlsslmo, ma lo aprirlovi non e cosa si facile o sì breve; è ciò tutto opera dell' intelletto, co- sicché per via di calcoli si fa sparir l'oro e la carta, e li rabeschi, le cifre e le altre cose consimili sotten- trare, e farne le veci, acciocch' esse partoriscano i me- desimi effetti, e ogni cosa cammini come prima, meglio, facendo che l'oro, il quale per lo più è l'effi- gie di tutte le cose, sia anch' egli da tutte le cose alla sua volta effigiato, e spesso dal nulla. DI EMAKUELB BAVA S. PÀOLO. 9I PARACELSO. Che paradossi ne venite narrando ? il nulla produce nulla , e non può rappresentar cosa alcuna. LAUV. Cosi è, ogniqualvolta sia riconosciuto per tale, non già però qualora esso nulla sia creduto essere qualche cosa, allora 1' opinione farà il miracolo. E che cale ad uno Stalo , purché sia felice, che fiorisca il suo traffico per via di opinione , o di realtà ? PARACELSO. Ma tosto o tardi V opinion cade , e con essa allora il tutto va in perturbazione , e precipita. LAUV. E vero , ma il merito dell' arte mia consiste nel farla durare, ed anche, se mesticro me n'abbia, nel per- petuarla. PARACELSO." Cioè neir Ingannare la gente sciocca. LAUV. Non tanto quanto credete: imperciocché le cose che r oro rappresenta e significa , sono poi quelle , che riesconci di utilità vera e diretta alla vita, non l'oro. 92 DIALOGO SOPRA 1 MODI D ACCUMULAR LORO, ed in fatti ogni segno sempre di ciò che significa, è iutiiusecamcntc mcn prezioso , cppcrciò forse non melen- saggine sarebbe, ma rara prudenza, Vinstiluire talvolta a segno delle merci, non i metalli , ma cose di più facile acquisto, e di minor conto che essi noi sicno, che al- lora non vi sarebbe necessità alcuna di seppellire la metà degli Affricani nelle miniere di America , e di impaz- zire in Europa chimicamente per lo medesimo scopo , giacché l'argento e l'oro nativi de' torrenti e de' fiumi, ci basterebbero onde adornarne le nostre vesti , e la suppellettile rallegrarne. PARACELSO. Ma come senza moneta coniata volete fare il cambio, le girate e ogni traffico vendere, comperare? L AUV. Qui sta il segreto, concorro con esso voi a credere, che tolte le monete erose e di basso conio , il traffico ne sarebbe tosto stranamente impedito , perciò le vi lascio ; ma I' oro e l' argento tolgogli via senza temerne sconcerti. PARACELSO. Come , senza oro ! uno Stato senza oro ! LAUV. Senz' oro sì , eppercliè in pie non sosterrassi ? ditemi , DI EMANUELE BAVA 9. PAOLO. g3 r oro coniato non acquista egli ogni valor suo dalle cose , che rappresenta piuttosto che dalla sua intrinseca proprietà , che nel renda direttamente di uso alle Re- pubbliche ? PARACELSO. Sì come il simbolo, Io specchio, il mezzo di tutte le godibili i-icchezze , e in qualità di stipendiatore , e a cosi dir , d' impresario de' piaceri e degli agj tutti , è Y oro stimabilissimo. L A U V. Godo che cosi l' intendiate , perchè quindi conchiudo , cì\£ ima qualsisia materia improntata di marchio pubblico può rappresentar 1' oro , prima unico rappreseutator delie cose , e farne 1' uffizio. PARACELSO. Sarà , ma dal porlo in serbo ed in ozio , qual prò ne trarrete? e come, così operando, v'infingete poi di fare il gran guadagno , e il gran bene ? • LAUV. Non vi ho detfo già di voler rendere l' oro stagnante ed ozioso,, ma vi dico bensì, che le alte imprese mi è dato compire, facendolo uscir dallg Stato, e volgen- done fuori r utilità. 94 DIALOGO SOPRA I MODI D ACCUMULAR , L ORO , ni' ■ ■ ■ PARACELSO. Ah ! men di prima v' intendo. L A u V. Ditemi, l'oro non sta egli tra quelle cose che rap- presenta e quell'altre, che come segni lui stesso rap- presentare potrebbero ? •i ,Ì!Jfjì is-, 1 , PARACELSO. Sì, questo mi par verità. LAUV. Ora , se il tolgo di mezzo , saravvi sempre ad age- volare i trafllci un segno delle cose , come prima , ac- concio ai bisogni almen per un tempo, e per tale rico- nosciuto, epperò il tutto andrà bene, massime quando si faccia credere al volgo , che 1' oro non sia tutto annien- tato od uscito. . .' J'j'i PARACELSO. Ma , a che vi può condurre di buono l' aver tolto r oro di mezzo , e avergli voluto surrogare altro segno ? LAUV. Ora il saprete , ascoltatemi , 1' oro è ad un tempo istesso moneta di alto coìiio-, e merce preziosa,'' e in quasi tutti i paesi del mondo in tal doppio conto è tenuto [ DI EMANUELE BAVA 5. PAOLO. gS cpperò fatevi meco a supporre, che in uno Sfato vi sieno cento rnillioni in oro coniato, e che quindi io, a far significare questo numero di uiillioni , istituisca un'altra materia, pezzi di carta improntata ad esempio, allora è chiara cosa, che in vece di cento, Io Stato di- verrà possessore di duceuto rnillioni posti in corso. PARACELSO. SI , ma non sarà plìx ricco che per Io avanti , e fo coujettura ch'anzi potrebbe di corto impoverire. LAU v. Voi giudicate, ottihiarrtente, è se non togliete via 1' oro per dirigerne altrove l'attività, e se non lasciate senza impicci far le di lui veci alla carta, andrà il tutto di male in peggio. .') oidcaiv PARACELSO. . 1 ? j 7T Regolandomi come narrate, e a piacer vostro, com- prendo benissimo, che se nessun m'impedisca, farò il mio interesse a pigliarmi per me i cento rnillioni d'oro, ma quel dello Stato, a cui gli rubo, non già. •♦8 ih Ml'i'-q flo3 rnor''T."1'5{ LAUV. .1 n?39 Anzi intcado, che, più de' vostri, facciate grandemente jgV interessi dello Stato , quando seguitiate a volenni dar retta. gQ DIALOGO SOPRA I MODI d' ACaJMULAR LORO , ^ r ohi . PARACELSO. Andate innanzi che vi ascolto. LAU V. Lasciamo' adunque fare uell' interno dello Stato ogni commercio attivo e passivo, minuto o grande , alla carta improntata , e dell' oro significatrice. •- PARACELSO. titnuvB ' ,oa firn Ma, e l'oro? LAUV. - Ma di quest' oro non siate in fastidio die lo spediremo * viaggiare fuori paese, ove egli è riconosciuto a signor grande, quanto in patria. Fra gli esteri pervenuto, farà €gli colà ciò che altre materie non potrebbero fare in cambio di lui. PARACELSO. ' Oh' ! che fare saprà egli mai ? L A l' V. Estinguerà con parte di se i debiti accesi della Na- zione, se essa ne ha, e coli' altra farà un attivissimo commercio , e proficuo al sommo a chi avrallovi colà spedito con tal pensamento, e il frutto ubertoso, e il termine de' suoi viaggi fia di ritornarsene in patria mol- DI EMANUELE BAVA S. PAOLO. QJ tiplicato di assai in capo a pochi anni, e di avervici tratto seco molti altri generi di ricchezze. Così coli' ajuto della carta e di alcune parole, le quali tton tendano ad aver ingannati, ma ad affidare i popoli, avrò saputo ricavare sommi vantaggi dall' annientare almcn per un tempo , e a così dire , dallo sbalzare questo vostr' oro dal soglio. Or che ne dite , non è questo mio un se- greto di arricchire senz'oro? o a meglio dire, per via del Laudo che gli si dà dallo Stato ? Qui non si tratta , come voi chimici per lo piìi l'intendete, di trarre ogni onore, ogni luce di ricchezza dal fumo. PARACELSO. Traveggo in questo ragionamento alcune scintille di verità, ma ciò non ostante, se non passate a mostrarmi elle in pratica abbiate riuscito, non mi arrendo uè punto, uè poco. PIZARRO. Oh! si, la pratica, i fatti, ecco gli oracoli miei; qual paese avete voi arricchito, signor computista, signor sbauditore dell' oro ? I,AUV. Poco mancò y che non abbia arricchita la Francia al sommo, e certo era per seguirne l'effetto, e se mi si dava retta sino al compimento de' miei sisteraL 9^' DIALOGO SOPRA I MODI d' ACCUMULAR l'oRO i PIZ ARRO. Questo è un concederci che di essi vi andò fallita la pratica. LAUV. Non già per mia colpa , o per vizio delle mie speco- lazioni, ma per l'altrui malvagità, leggerezza, imperi- zia dovetti abbandonare un sistema sublime, vedermelo rovinar sul più bello, e quindi perseguitato a torto, misero e fuoruscito perirmene di stento a Venezia. PIZARRO. Vedete il sublime calcolatore , non aver ne' suoi calcoli saputo dar luogo alla nequizia, alla volubilità, alla diffi- denza degli uomini, per poscia estrarne il prodotto; ma il geometra mira sempre alla quantità, e troppo meno, che non converrebbegli, alle qualità delle cosej oh che pazzo ! LAUV. Ma voi sì prudente, voi sì scaltrito guerriero, il quale tant'oro avete disseppellito, quanto il sole arcichimico volle formarne colà nelle viscere della terra; voi carne- fice degli Incassi timidi ed oppressi, come, ditemi, riu- sciste poi a godervi in pace tesori colanti? come dall' j altrui cupidigia rivale veniste a schermirvi, e per quali DI EMA^SCELE BAVA S. PAOLO. 99 astuzie, per qual destrezza avete saputo sottrarvi all'occhio sempre vegliante dell' umana nequizia? PIZARRO. Ah ! mi ci sarei sottratto assai e assai tempo , noa fosse stata la perfida razza degli Almagro , che invidiosa ardi mostrare deU' oro maggior sete di me; attraver- sommi prima ogni via di raddoppiarne le sacca, e poscia studiò cosi bene l' arte di spegnermi , che il tra- delc intento ottenne; rubossi, ahi! l'oro tutto, e man- dommi qui ignudo , onde di me non rimase altra me- moria nel mondo , se non se quella di un signor deca- duto, e di un ladro punito. - L A U V. Un altro adunque colsesi il frutto di tante vostre car- nificine e ribalderie , e con tant' oro gìh vostro avrìi poi saputo farsi Principe Sovrano in luogo di voi. PIZARRO, No certamente, che mi fu qui narrato, che 1' impe- rador Carlo V. l'e di Spagna, mandò al Perù i suoi soldati, i quali dispersero poscia, o giustiziarono tutti gli Almagro, e lui, come già 1' era del Messico, dell'oro e del Perù rendettero assoluto e pacifico possessore. LAUV, E voi, che in pria non reggeste contro gli Almagro, lOO DIALOGO SOPRA I MODI d' ACCUMULAR LORO ," pensavate poi sempre far fronte alla potenza di tanto Principe ? PIZARRO. SI, perchè m'erano coloro a'fianclii, questa lontana, e tenuta in travaglio da' suoi nemici d'Europa. L A u V. Dunque calcolaste assai bene le possibilità de' rimoti e futuri pericoli, e male malissimo quelle de' vicini e presenti , che per più degli altii dovevano tenervi ia pensiero, e poi de' miei calcoli vi fate beffe e mi deri- dete; quella degli Alraagro non fu con vói forse ne- quizia ? PlZARRO. Oh ! orribilissima. L A u V. E non era nequizia umana. PIZARRO. Anzi diabolica. L A u V. Bene, perchè non foste geometra , giammai non avete saputo dar luogo ne' vostri disegni, ne alla diabolica DI EMANUELE BAVA S. PAOLO. 101 nequizia , ne all' umana , e foste un pazzo , e oli the pazzo ! PARACELSO. Oh! quanto bene calza ad entrambi il titolo di pazzi, che vi andate geutiloiente ricambiando , lo mi sembrate infatti amendue appunto, per non aver saputo scansare gli insulti portativi dell' umana nequizia, invidiosa mai sempre ed intesa a rovesciar la fortuna di chiunque dà nell'occhio del pubblico. PIZARRO. Ma quale evvi senz' alcun strepito maniera di far fortuna, di tii-are a se l'oro. L A u V. Vi è forse la mia invenzione, la quale sarebbe stata di dare alla carta l'aspetto e il valore di esso, e intanto Sotto il mentito simulacro della medesima farlo tutto a mano a mano sdrucciolar chetamente ne' proprj scrigni. PARACELSO. Misto ad assai falsità scorgo alquanto di vero in questa idea , la massima di sempre coprire i proprj maneggj ad accumular l'oro senza disturbi e con sicurezza, è ottima, ma la sbagliaste davvero circa il modo adoperato, che è il tutto. 103 DIALOGO SOPRA I MODI D ACCUMULAU LORO, LAUV. Dove sta, ia grazia, l' enoie, lo sbaglio? PARACELSO. E non riflettete che allo scomparire poco a poco dell'oro che prima sapevasi esistere, e allo sottentrarvì della carta, che ognuno già se ne turba, che ognuno entra in dillìdeuza di voi, e vienvi a impresa non ter- minata già incontro ognuno fierissinKimente a dimandarvi ragione dell' operato ? LAUV. Noi vi nego; gli sciocchi, Be' quali infinito è il nu- mero, non hanno, ne aver possono alquanto mai di pazienza; ma, ciò posto, qual sarebbe il segreto di non metterli al cimento di doverla perdere almen così presto, e in questo mentre di procacciarsi i tesori? PARACELSO. Eccolo il segreto, attenti, io ve l'accenno: convieu saperlo fabbricar da se stesso in qualche dimentica abi- tazione , che nessuno ne sospetti , oppur se n' accorga , e quindi mandarlo fuor fuori a poco a poco agli occhi degli uomini. LAUV. Quando si sa comporre l'oro, il premunirsi colle I DI EMANUELE BAvA S. PAOLO. Jo3 mentovale cautele , capisco essere indispensabile a chiun- que intenda godersene il frutto; ma non vogliate, sfug- gendole, deludere le mie dimande, vi tengo al propo- sito, rispondetemi a due questioni, l'avete voi fatto, e come r avete fatto ? PARACELSO. Oh ! naturalmente l' arte è lunga , e la vita è breve , e qualunque raro intelletto d' uomo accingasi alla grande opera, dee prima di lavoiarvici , studiare la scienza di abbreviare L'arte, e dì allungare la vita; io aveva quasi trovato il primo segreto , e già aveva mille indizj , onde di corto poscia scoprire il secondo , ma troppo lieto di si fatte venture, oh misero me! PIZARRO. Oh ! che vi avvenne ? forse gli Almagro ? PARACELSO. Eh non già, ma pien di giubilo delle ben avviate scoperte , volli alla locanda lare uno stravizzo , mi sentii tosto opprimere dall' indigestione , e per aver la boccia del mio elisire dimenticata, non potei subito rimediare al male, onde in un attimo fui suflocato e condotto a morirmi; ah! se svessi recata meco la mia cara boccetta, sarei tuttor fra i viventi , e certo non piìi di vent' anni di vita dovean condurmi allo scoprimento dell'oro. I04 DIALOGO SOPRA I MODI D ACCUMULAR LORO, LAUV. Ah ! ne' vostri calcoli avete ommesso di considerare r incertezza del tempo , oramissione per voi più di danno forse dell' obbliato elisire. PARACELSO. Veramente non ci ho badato quanto era mestiero. p I z A R R o. E per fretta di girvene a far gozzoviglia, vi siete scordata in casa la vita vostra, e il pegno, a vostro^ credere , sicuro di essa. PARACELSO. Ragionate a meraviglia , pur troppo cosi è. PIZARRO. Siete adunque morto per mera inavvertenza, oh che pazzo ! io5 SULLA NATURA DEL L' ELOQUENZA, D I S G O R SO. 'iv ^J \l/iQ'ì lotj o obi. DI FRANCE3.Cp. REGIS. , ,., ,: ) i' Jii! ]'• l'.j. ■•' j;; Lello li 12 piovoso anno ii. I L signor d' Alembert nel solenne discorso , che allo entrare nell' Accademia Francese pronunziò , e nelle inge- gnose riflessioni , che a spiegamento di certi principi in esso accennati vi aggiunse, definì l'eloquenza il talento di iar passare con rapiditèi, e d'imprimere con forza nell'animo altrui il sentimento profondo, ond'uno è pe- netrato ; e coloro che tenendo dietro agli antichi vollero eh' ella fosse l'arte di persuadere, chiamò superstiziosi e servili copisti dell'antichità. Si dovrà egli tacere, dopo che un sì grand' uomo parlò? o sarà egli permesso di esaminare con tutti i riguardi a sì gran savio dovuti , se nella presente cjuistion letteraria il parer suo parti- colare debba gire innanzi al parere universale de' mag- gior letterati? Certo, se vi ha tribunale, davanti a cui 'A'è^ Sl'LLA NATIRA DELl' ELOQUEN ZA , non possa la inngnaniin' Ombra sdegnarsi , che un liil punto novellamente si tratti, egli è questo vostro, Acca- dernici. Io pertanto, se non vi è discaro^, qui ne favel- lerò brevemente, e senza nulla decidere, starò da voi la sentenzia attendendo. L'eloquenza, dice l'ilUislrc Accndcniico, ella è uà talento naturale, che ha il suo germe in una rara sensi- bilità pel grande e pel vero; uè vi è arte per lei, per- chè arte non vi è per sentire. ^ Io certo non negherò , che , per essere eloquente , necessario non sia soprattutto questo bel dono della na- tura; mi accorderò pure cori chi ne lasciò scritto, che r anima è quella che ne fa eloquenti. Quindi, anche senza precetti , eloquente fu il discorso , che il rozzo abitante- ddle rive del Danubio tenne contro a' Romani ili, presétìea- de* Romani stessi; eloquente cjuello, che il feroce Scita ebbe coraggio d' indirizzare al maggior con- quistatore insieme, e turbator della terra. Ma se per èsser stabil possessor dell' eloquenza bastasse questo talento, cjuesto impulso, questa sensibilità, com' è che la natura sì prodiga di altri suoi pregiatissimi doni , sarebbe stata di questo sì avara verso gli uomini , a potere nel corso di tanti e tanti secoli trovare appena due perfetti oratori? o com'è che questi due medesimi, non ostante un tal favore dalla natura abbondevolissi- mameute ricevutp , credettero, che trascurare i loi-o beni e la loro sanità , sagriGcare tutto ciò che vi ha di piii caro all'amor d'istruirsi, internarsi a fondo nella cono- I DISCORSO DX FRANCESCO REGIS. '?. itkit^ Bcenza dell' uomo , e spaziar lungamente in tutte le vie della sapienza, fosse per essi indispensabile, onde prov- vedersi le armi, che furono poi in man di loro ognor vittoriose? Fatto sta, che se io non m'inganno, questo prcscufe della natura, per quanto prezioso egli sia, non basta ancora ,• né basterebbe tuttavia , quand' esso anche sopi'a ogni altra cosa giovasse alla mozione degli animi. Perchè l' eloquenza al muovere , benché sia questo un de' suoi principali ufficj , non si restrigne imicamente , che se così fosse, del pari che al tempo del gran Tullio, sarebbe già ella stata fra Romani al sommo grado per- venuta al tempo de' Gracchi , i quali per la forza de' loro discorsi , spezzate le catene della servitù , fecero più che mai bella e vigorosa sorgere la libertà. Ma ella esige di più una profonda cognizione de' costumi, delle pas- sioni , e di tutti i mezzi del cuore umano eccitatori ; ella vuole il più ampio tesoro di scienza, la più ricca varietà di erudizione , la maggior finezza di discerni- mento e di gusto; ella oltre la convenevolezza della pro- nunzia e del gesto, abbraccia l'armonia dello stile, la quale, come sicura producitrice di sorprendenti effetti, fu sempre da' sommi oratori gelosamente studiata, ab- braccia con tutte le sue grazie e venustà la elocuzione, la quale i maggiori Retori riguardarono ognora come la sola capace d' imbalsamare , dirò «osi , le opere , ed assicurarle della eternità. Or se ciuesta non è un'arte, qual altra il sarà mai ? così avesse ella potuto le sue lezioni continuare in mezzo alle stesse felici circostanze , Io8 SULLA NATURA DELL'ELOQUENZA, in cui le dava ne' più be' tempi di Roma , quando i suoi discepoli erano del dolce , del santo amor della patria ardentemente iofiammati ; quando costituiti inter- preti della nazione, e giudici de' suoi veri interessi, teneano nelle lor mani la bilancia , in cui si pesava il destino dell' Impero del mondo ; quando aveano 1' ono- rato incarco di aricgare a un Senato , che all' attonito Ambasciatore di Pirro sembrato era un assemblea di Re, e a un popolo, la cui sola presenza bastava a tras- formare de' vili gladiatori in eroi. Che allora un' arte sì fatta, ben lungi dall'essere mai da alcuno de" migliori ingegni spogliata del nome di arte, sarebbe sempre stata dalla maggior parte di essi più di qualunque altra scienza, eh' oggi sia cara ed in prezzo , abbracciata e seguita volentieri. Ma nò anco so indurmi a credere , che il lodato Acca- demico renda , com' egli dice , più compita e più giusta la definizione dell' eloquenza , con aggiugnere essere proprio di lei il far passare con rapiditcì , e imprimere con forza in altrui il profondo sentimento , oud' uno è penetrato. O egli, come par che suonino le prime pa- role , comprende soltanto certi tratti vivi e rapidi , nei quali soli appunto ripone la vera eloquenza. E allora , essendo questi sempre in un discorso ben rari, la defi- nizione sua non sarà ella scarsa d'assai e limitata? non sarà ella anche a tutto il restante di troppo ingiuriosa ? ed egli è pur questo restante , che per tenere svegliati gli uditori, e disporli a quel vivo, a quel rapido, DISCORSO DI FRANCESCO RECIS. lOg eh' ei viconosce soUnnto per eloquente , abbisogna io ispezie dell' eloquenza , e dell' eloquenza fa sicuramente non isprpgevole parte. Ovvero egli, come dichiara in alcun luogo delle sue riflessioni , infende di dar con ciò tuttavia dell'eloquenza un'idea, qual si possa, la più generale ed estesa. Ma allora, dico io, questo suo modo di definire, comunque si voglia interpretare, includerà egli tanti scritti , i quali fuori dell' oratorio aringo sono riguardati per eloquenti, senzfi che i sentimenti dello scrittore si rapidamente e sì forte passino nell'animo del leggitore, e vi s'imprimano? includerà tanti concetti, che nelle grandi assemblee antiche pur di eloquenza pie- nissimi si andavano bel bello nel cuore degli uditori , quasi senza che se ne avvedessero, insinuando? includerà tanti pensieri sedati e tranquilli che precedevano, accompa- gnavano, e seguivano indivisibilmente que' fulminanti tratti , co' quali il greco ed il romano oratore faccano impallidire l' uno in mezzo alle falangi i Filippi e gli Alessandri , e 1' altro in mezzo agli audaci satelliti , i Catilina e gli Antonj ? non mi arresterò alle parole, che nella questionata definizione sono le ultime. Perciocché specificandosi in esse solo il profondo sentimento, onde uomo è penetrato, che sarà di tante altre parti, pur a una perfetta opera di eloquenza essenzialissime , nelle quali , né tale profondità di senso , ne tal verace pene- trazione interna non ha luogo assolutamente ? che sarà di que' medesimi altissimi sentimenti che l'oratore, mercè di una viva immaginazione veste egli sovente , e coma- JIO SULLA NATURA DELL ELOQUENZA, uica a' suoi uditori, senza esserne egli stesso realmente tocco ? la quella guisa che fervido attore di scena mettendosi a luogo del personaggio per lui rappresen- tato, agita e turba gli spettatori col racconto animato delle disgnizie ch'egli pur non provò? Ora a tali diflicoltà sull' eloquenza no non dieder luogo il Greco filosofo , e il Retore romano , con averla defi- nita , il primo una facoltà di vedere ciò che in ciascuna cosa conduca alla persuasione , e il secondo un' arte di dir bene , e acconciamente a persuadere. Per queste defi- nizioni la eloquenza , il più difficile studio che si possa a valente ingegno proporre , e il più meritevole di essere di sode cognizioni nudrito , e da provvide regole gui- dato, ella è veramente una facoltà, un'arte. E qual. facoltà , qual arte non parve ella agli occhi di colui , che in ciò tutto vide, e tutto seppe, voglio dir di Cicerone? I soli tre libri suoi assennatissimi dell'oratore, non ostante le molte lor digressioni, bastano essi a inge- nerare per lei come I' entusiasmo il più vivo, cosi il credito il più grande e il più sublime. Che se Platone ricusò tuttavia di riguardarla come tale , non è di lei in generale ch'egli parlò, ma sì bene di quella de' sofisti del suo tempo , i quali ne facevano un abuso funesto a' progressi della ragione e della verità. Leggansi i suoi dialoghi , e si sentirà ben tosto di quante riflessioni , e di quanto studio corredò egli stesso il suo divino inge- gno, per potere, siccome fu, non men grande oratore, che grao filosofo divenire. Per queste definizioni simil- DISCORSO DI FRANCESCO REGIS. 1 I T niente non sarà V eloquenza , come pur si vorrebbe , con iugiuslo divieto ristretta a pochi tratti vivi e rapidi, clic quai lampi passeggieri possono appena di quando in quando aver luogo nelle anco più lunghe opere ora- torie. Ma si estenderà ella, com'è dicevole, a tutto ciò che si scrive, o si parla a proposito per ottenere il fine, che scrivendo, o parlando un si pi-opone. Che qualunque volta uom prende a parlare, o a scrivere, si suppone, che com' essere ragionevole abbia sempre di mira un qualche fine, e questo esser non può, se noa se d' istruire, o dilettare, o persuadere. Quindi eloquente dovrà dirsi colui , che con efficacia saprà tutte le sue parole al conseguimento di questo fine adattare. Quindi r eloquenza potrà non solo nelle pubbliche aringhe, ma in" ogni gx?nere eziandio di scrittura avere parte e diritto. Ed etco per tal maniera il dominio di questa nobilis- sima facoltà immensamente allargato. Senza di che, quanto sterminati non sono già eglino it} se gli oggetti , che generalmente si riconoscono come suoi propri e particolari? anche considerata come intesa solo a dilettare gli uditori co' panegirici, colle invettive, colle orazioni gratulatorie, e colle funebri, che estensione di arte non esige tuttavia per non perderei in una vana ostentazione? quanto maggiore ancora non ne richiede, se si riguarda nel foro occupata a mettere nel migliore aspetto le cause , a togliere i pregiudizi sfavorevoli , a scegliere i più opportuni argomenti, a invigorirli, a disporli, ad esprimerli con leggiadria, e ad avviare. Jia SULLA NATURA DELL ELOQUENZA , e condurre i giudici a quella seuteuza, cjie> è I9 meta, e lo scopo del suo perorare? soprattutto poi,^ l^al l^^go campo non comprende essa , e quanto non abbisogna conscguentcmenlG d'indirizzo e di guida, quando s'ag- gira nelle pubbliche adunanze a trattare delia pace, della guerra, del ben degli Stati, della salute db' popoli,!^ di somiglianti altre materie importantissime ? o quando ella spazia nel nuovo ricchissimo teatro agli antichi Creci e Romani ignoto, cioè in seno alla Chiesa, e in prò di nostra religione , sia pur l' eloquenza da' primi maestri , per rispetto al suo principale officio , che è di influire sulla condotta degli uomini, sia pur, dico, defi- nita particolarmente l' arte di persuadere. Ma quanti in- sieme, e quanto essenziali requisiti da loro non vi si soft' intendono , onde farci strada a questa persuasione, e renderla durevole e fruttuosa? Or tutto ciò, quanto vasto egli è , che certo è vastissimo , crederem noi che si possa racchiudere in quelle parole della nuova defi- nizione, nuli' altro infine specificanti, che un rapido, pas- saggio, una forte impressione in altrui di alcun nostro profondo sentimento ? Io pertanto venero il signor d' Alembert per l'ampiezza, per la rarità delle sue conoscenze e scoperte matema- tiche, basf evoli a meritargli in queste scienze forse il primo luogo in Francia, se a' suoi tempi la già propa- gata celebrità del nostro incomparabil La- Grange, non lo avesse pur fatto de' secondi onori rimaner pago e contento. Lo ammiro per 1' egregio discorso da lui alla DISCORSO DI FRANCESCO REGIS. Ij3 enciclopedìa premesso, nel quale riunì si fattamente la forza e l'eleganza, la dottrina e la venustà, il dono di pensar diritto, e il talento di scriver bene, da far di cotant' opera concepire all' Europa le più luminose spe- ranze. Il loderò eziandio per la destrezza, pel senno, per la facondia che in parecchie opere puramente let- terarie appalesò, in ispezie nelle sue riflessioni sull'abuso della critica in materia di religione, nel suo saggio sopra le persone di lettere, e ne' suoi elogj accademici. Né per iscemare la sua autorità sulla proposta questione rammenterò alcuni paradossi per lui in letteratura avan- zati , di alcuni de' quali si confessò poi egli stesso ricre- duto: né sono per valermi del falso ingiurioso giudizio, che per piaggiare un po' troppo altrui, portò di Cor- nelio e di Racine, due massimi luminari della tragica scena francese : né tanto meno sono per accostarmi a chi per gettare una fosca nube su tutta la sua gloria letteraria , allegò la parziale lunghissima amicizia di lui con Voltaire , e negandogli quasi ogni luce propria il riguardò meramente qual necessitato satellite di quel gran pianeta. Che l'alta stima , ond' egli fu costante- mente onorato dal medesimo Voltaire , non solito ma- nifestarla a' mediocri ingegni; il credito singolare, che ottenne presso tutti i più illustri viaggiatori, che capi- tando a Parigi ambivano di parlargli , e di sentirlo ; la speciale inlluenza , che ebbe tuttora nelle dotte pri- marie società , e più nella oculatissima Accademia Fran- cese ; la bella nominanza , che di lui , come di uno i5 JT/j. SIITXA NATURA DKTX' FL0OrEN7,A , de' ^iù insigni scritlori della sua nazione ampiamente si sparse, e si mantenne ; le iterate caldissime istanze^ che CATEhiNA IF. , e Federico il Gratide gli fecero di re- carsi ne' loro Stati, l'una per allìdargli l'educazione del Gran Duca delle Russie , 1' altro per farlo presiedere alla famosa Accademia di Berlino , queste splendide prove , congiunte col bello stile sempre adatto , sempre conforme a molti diversissimi argomenti , che trattò , fanno essi apertissima testimonianza , che per essere chiaro fra let- terati , non abbisognava egli di quello splendore , che su lui poteva dal suo illustre amico riflettere. Contuttociò in fatto di eloquenza, se voi, dotti Col- leghi, il giudicate, io più volentieri che a' principj suoi, mi atterrò a quelli, che i solenni maestri antichi ne porsero. Gli antichi veramente concederanno a noi di leggieri la gloria di essere stali più faticosi , più avidi di cognizioni , più esatti osservatori della natura , più attenti , e più perspicaci nelle ricerche , più universali , e più dotti; non ne contrasteranno fors' anche in varie produzioni d'ingegno sì in prosa, che in poesia, l'onor della uguaglianza , e talora anche della preminenza. Ma nella eloquenza ritengono eglino tuttavia per se a buon diritto la palma; né in tanti secoli, che seguirono poi, hanno ancor veduto a sorgere alcuno , che rivale di Demostene, o di Cicerone possa sedere non dico a canto, ma neppure un po' da vicino all'uno, o all'altro di que' due famosi Oratori. Tal è di coloro , che tra gli antichi diedero suU' oratoria facoltà insegnamenti : non I msrORSO DI FRANCESCO REGIS. Il5 Dippo, clic i niodnni in vaij gcnerr di loltorafura alj- biaiio auro alzalo una critica fiaccola, tjnal nelle passale età non sera Corse mai allumafa. Ma ìd prc^posito deirai te di ben pailare ninno di essi, con buona pace di pa- recchi PVance^i, Italiani, ed Inj^iesi, che non senza qual- che lode tentarono d' illustrai la , oiuno di essi potè an- cora avvicinarsi a quel raccolto niaravigiioso lume, che DP'loro trattali ne lasciarono sprcialmente il Filosofo di Sfaj^ira, e il R*i'azionp vei-iiiia,. che la pallia dtl Colombo fu l'antico IVlonfcnato E questa verità, che il Monferrato sia la vera patria del Colombo potremo coi documenti suecennati so^teuerla,. ancorché si provasse con altre carte n;;!i occhj de' cri- tici più acuti riconosciute per irrefragabili ( carte, che mancano però tuttora ), che il Colombo nato fosse in Genova, od in qualunque altro luogo del Genovesato. Di fatti , quando risultasse ad evidenza , che uscito fosse dal Monferrato il padre di quell' uomo immortale , che la sua famiglia, i suoi antenati da più secoli fossero Monfprrini, in tal caso la nascita accidentale di lui nei domiuj della Repubblica- di Genova non darebbe diritto a' Genovesi di considerarlo per loro paesano. Nessuno contrasta la gloria all'Italia, ed all'antico Piemonte di esser patria del Principe Eugenio di Savoja, sebben nato v.Tfraboschi, pgji gja in Parigi; ed in Parigi pur uaccjue , secondo la ur^iura iidiiana pj^ fondata op.nione , e di madre Parigina (il che se iri» ediz. Modeu. (jybi^iajjj credere a certuni ha tanta inQuenza nell'indole delle persone) uu uomo in troppo diversa professione rinomatissimo, il Boccaccio. Ciò non osfaufe, non solo Firenze se ne pregia a buon diritto come di uno dei suoi più rari ornamenti, ma Certaldo eziandio ond' erano originar] i suoi maggiori; E chi pretese mai che Aretino, e non Fiorentino chiamar si debba il Petrarca, perchè nato in Arezzo; Reggiano, e uou Ferrai-ese I'Ariosto,. DI CtANFRANCCSCO GAT.EANI NAPIONE. I ig perchè sorti i natali in Reggio; e Pisano, e non Fio- rentino r immortale Galilei , perchè nato in Pisa ? Non vi ha pure dubbio nessuno , che in Sorento , e non ia Bergamo antica patria de' suoi maggiori, venne alla luce lo sventurato cantor della Gerusalemme Torquato Tasso; eppure l'Italia tutta letterata , non solo applaudì alla co- piosa elaborafissima Vita, che ne dettò 1' Abate Serassi , ma approvò l'encomio, con cui la Città di Bergamo volle mostrarsene riconoscente , coniando ad onor di lui una medaglia colla leggenda: propagatori Patriàe laudis. Lieve argomento poi per la storia in genere non si è certamente quello di determinar la Patria di un uomo così grande qual fu il Colombo : perciocché , se è comun detto , quando s' intende celebrare qualche personaggio rarissimo , lo asserire esser egli uno di quegli uomini , che non si ritrovano più se non se nelle vite di Plu- tarco , fu uomo così grande il Colombo , che Plutarco stesso non troverebbe a farne il confronto coli nessuno di quegli illustri Greci, e Romani medesimi, di cui dettò le vite. Né picciolo sarebbe il vanto di queste nostre contrade quando risultasse manifestamente , eh' egli fu nostro paesano ; e questo vanto non si ridurrebbe già ad un solo strepito di paix)Ie , proprio soltanto a pascere la vanità inerte degli sfaccendati, ma produr potrebbe eflèlti vantaggiosissimi negli animi generosi. 120 CAPO I. Lodi del Colombo ; Giusta idea dell' impresa della scoperla della America. Io non mi tratterrò qui a tessere l'elogio del Colombo; Elogi Morie id! Molti anni già sono passati, che ne venne pubblicato Crisloforo Co- lombo, e di An- uno assai diffuso in Parma, opera di un autore ano- area Dona. Par- ^ ma 1801 io ,.» nimo Genovese , che vi unì quello parimente del fa- moso Andrea Doria. Singolare combinazione in vero : dappoiché , se i Genovesi pretendono , che sia loro Pae- sano il Colombo , mentre che dubbioso assai , per non dir altro, si è ch'egli nascesse in luogo della Riviera di Genova, e certamente fu di famiglia del Monfer- rato, maggior diritto vantar potremmo noi sopra Andrea sigoniiis Tiia DoRiA , chc uacque indubitatamente in Oneglia , luogo Audr. Auriac. . , • iii • ir Stato msmo ad ora mtimamente unito ali antico Pie- monte ; tanto più che Piemontese divenne nel secolo stesso , in cui fioi-ì il rinomato Ammiraglio di Carlo V, Rea'ì'e'"'di^s°a'vo7a ^^ ^amo della famiglia DoRiA , che avea la signorìa di i.^n, e. ib, p. Qjjpgijg^ y[^ siccome cediamo di buon grado a' Genovesi, perchè appunto originario di quella Città , il vanto di aver prodotto Andrea Doria , così a buona ragione esi- ger possiamo, che a noi, come uscito dal Monferrato , appai'tenga il Colombo. Se fosse lecito il far uso di domestici elogj , non però DI GIANFRANCESCO CALEANI NAriONE. 121 cTa sprezzarsi quando in tutto conformi al vero , uno assai magnifico ed ampio, e per quanto io sappia sco- nosciuto in Italia, si contiene nel memoriale, che nell'an- no 1671 presentò alla Corona di Spagna D. Pietro di Portogallo Ammiraglio e Governatore Generale delle Indie, Duca di Veragua , e discendente per via di donne da D. Diego figliuolo di Cristoforo Colombo, affine di conseguire un compenso per lo Marchesato della Gia- maica feudo Principesco , * di cui erano stati investiti i discendenti di Colombo in correspettivo di maggiori diritti, invaso a' tempi di Cromuello dagli Inglesi, e quindi dovuto cedersi dalla Spagna all' Inghilterra nella pace conchiusa nell' anno antecedente , curioso docu- mento , che mi fu trasmesso dal mentovato Canonico. Lascio da parte quanto si dice in quella Scrittura in lode di Cristoforo Colombo, e de' magnanimi suoi fatti, e lo affermarsi in essa senza dubbietà nessuna , che , quantun- que a tante sue doti personali necessaria non fosse la nobiltà del sangue , non avea ciò non pertanto voluto Iddio, che gli mancasse questo pregio , poiché era uscito dall' illustre , ed antico casato dei Signori del Castello di Cucaro. Di questo si tratterà a luogo piìi opportuno , re- candone le prove irrefragabili. Non posso però tratte- nermi per più rispetti dallo accennare un luogo del * » Eli està isla possoja el Duque lodo quanto avia sellar , ecclesiastico, a salva la sobrann regalia, y tenia eo su nia^or dimiaucion mas de quatro y> jnil casa» de Vassallos. » 16 122 DELLA PATRIA 151 CRTSTOF, COLOMBO, CAP. t.^ nostro Boterò riferito in quel memoriale , e detto pò- litieo dottissimo , * che in lirevi parole dà a divedere quanta fosse la grandezza d' animo del Colombo , dicendo : che mai fu uomo , che mostrasse maggior costanza di lui; perciocché perseverò nella risoluzione di entrare in una impresa da molti stimata pazza , da molti impossi- bile , sprezzata da' Portoghesi , menata iii lungo dagli In- glesi, tenuta in poco conto dal Re Cattolico, con tanta fermezza d' animo , e con chiedere condizioni tanto ono- rate e vantaggiose per lui, e per li suoi posteri, come se egli avesse in pugno , non già il solo pensiero , ma lo scoprimento , e 1' acquisto del nuovo mondo. Che se si brama di veder in breve co' fiori più vivaci della elo- quenza del pari , che della poesia encomiato il Colombo, basta rivolger gli occhj alle meravigliose Stanze del Tasso , ove introduce quella fatidica donna condottiera di Ubaldo e di Carlo a parlare dello scoprimento futuro del nuovo mondo sepolto in seno all' Oceano. Quantunque notis- simo è così bello quel tratto , e congiunge sì bene la verità filosofica ed istorica con quanto abbia di più pom- poso e più vago la poesia, che mi dò a credere , che dispiacer non possa il sentirlo di bel nuovo. MiTmuK- ifb""- " Dunque ( a lei replicava il Cavaliero ) "'i9^"scg.^^ ■ " Quel Dio, che scese a illuminar le carte, » Vuole ogni l'aggio ricoprir del vero » A questa , che del mondo è sì gran parte ? * Juan Boterò doclissimo y politico escrilor, Boterò — Relazioni uni- renali , par. IV, lib. II, pag. !\z, Ediz. di Torino l6oi. DI CrANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. I2Ì » No ( rispose ella ) auzi la fé' di Piero » Fiavi introdotta ed ogni civil arte , » Nò già sempre sarà , che la via lunga » Questi da' vostri popoli disgiunga. y> Tempo verrà, che fian d'Ercole i segni » Favola vile a' naviganti industri : » E i mar riposti , or senza nome , e i Regni » Ignoti , ancor fra voi saranno illustri. » Fia che 1 più ardito allor di tutti i legni, » Quanto circonda il mar circondi e lustri; » E la terra misuri, immensa mole, » Vittorioso, ed emulo del Sole. » Un uom della Liguria avrà ardimento » A l'incognito corso esporsi in prima; » Né il minaccioso fremito del vento, » Né r inospito mar , né il dubbio clima , » Ne s'altro di periglio, e di spavento » Più grave, e formidabile or si stima, y> Faran che il generoso entro ai divieti » D' Abila angusti , l' alta mente acheti. » Tu spiegherai. Colombo, a un novo polo » Lontane sì le fortunate antenne , » Ch' appena seguirà con gli occhi il volo » La Fama ch'ha mille occhi, e mille penne. » Canti ella Alcide e Bacco , e di te solo » Basti a' posteri tuoi, che alquantoacccnue: » Che quel poco darà lunga memoria » Di poema diguissima , e d' istoria. 124 DELLA PATRIA DI CRISTOF. COLOMBO, CAP. I.-, Dopo si magnifico, e giusto elogio dell'Italiano Vm- Tirahos . sior. GiLio poco prciTier dee, che la Colombiade latina di Lo- dala Lt'UeraliUM ^ i i \ • i iiaiiaua, T.vii, l'cozo Uaaibara , Denchè scritta non senza eleganza, ap- piir.lll. pag.ifiB. . . . . Lo Siigiiani pena possa dirsi poema epico a giudizio del chiarissimo rouipose un |)oc- Lio ma su laie ar- TiRABOscHi 1 che dal Tassouì siasi appena abbozzato il goaionio; ed un ' ir EncTiil^ Roiua principio di si fatto poema in idioma italiano ; e che in3e»5. a giudizio di lui , in qualunque tempo saicbbono stati grandi) come si spiegò in alcuna parte delle opere sue. Perciocché, dopo di aver detto, che delle grandi sco- perte, anche nelle cose scientifiche, siamo debitori il più delle volte al caso , ed eziandio talvolta all' errore , che conduce felicemente altrui alla verità ; in prova di quest'ultima parte, che l'errore conduca talvolta alla verità , reca l' esempio di colui che primo navigò in America Cristoforo Colombo. Ingannato dalle carte geo- grafiche, che si aveano allora, dice I'Algarotti, si dava . A'garoiii.pem a credere, che il tratto di mare, che è tra le coste del "Siei;,». Portogallo e della China fosse assai minore di quello che in fatti non è; e trovò, il nuovo mondo cercando, più breve e più facile navigazione per giungere alla parte più doviziosa del vecchio. Ma il fatto sta , che in questo particolare s' ingannò a partito I'Algarotti medesimo. Di fatti, afferma chia- ramente il figliuolo D. Ferdinando , che Colombo avea ferma speranza di poter trovare alcuna isola , o terra di grande utilità , prima di arrivare alle Indie orientali , ed impiega un capo intero dell'opera sua a divisare le ra- gioni, sulle quali fondandosi il suo padre, accertò colla forza dell'ingegno l'esistenza del nuovo mondo; tra le quali è notajjile quella , che tocca della notizia eh' egli avea, che Aristotile, nel Libro delle cose naturali ma- ravigliose affermava , che era fama , che alcuni racrca- 128 DELLA PATRIA DI CRISTOF. COLOMBO, CAT, L, siori>aiFcrag. 415. vanto al suo Navigatore Veneziano Giovanni Casotto. Ma non essendo uscita alla kice, con grave sciagura degli studj migliori, quella parte della sua Opera insigne, dove della navigazione e del commercio de' Veneziani dovea ragionar ex-professo, non saprei su quali fondamenti ciò aflermar potesse. La sola testimonianza, che riuscì al •iiesior.ìeiiir., TiRABOSCHi di rintraccìame , si è quella di Livio Sanuto, Patrizio Veneto , che circa la metà del secolo XVI dettò una Geografia dell' Affrica ; ne questi altrimenti il potè affermare, che sulla fede di un Guido Gì annetti da Fano, I DI GIANFRAN'CESCO CALEANI NAPIONE.' i33 che era presso il Re d'Inghilterra, quando il Cabotto gli die avviso della scoperta che fatto avca. Ma il preci- tato dotto Spagnuolo l'Abate Andres, dopo di avere asserito di non aver ritrovato fondamento veruno presso antichi scrittori del vanto, che si vuol dare al Cabotto di questa scoperta da alcuni moderni, soggiunge, che la prima notizia che abbia egli rinvenuto di tale decli- nazione, è nella Storia delle Indie, di Gonzalo Fernan- Andrei, DcIP DEZ d'Oviedo. Avea questi dall'anno i5i3 all'anno 3535 d-^òlnfLci", r! per otto volte attraversato l'Oceano; e della declinazione dell' ago magnetico parla in una maniera , che si scorge che supponea nuovo un tale fenomeno. Se però lo Scien- ziato vivente Spagnuolo avesse rivolte le Storie di Fer- dinando Colombo, avrebbe potuto chiarirsi dell' epoca „ siorie a; d. ' "^ ^ Ferd Colombo. precisa dell'invenzione, e che tale fenomeno venne os- <:apxix servato dal suo Genitore sin nel suo primo viaggio fatto neir anno 1492 per la scoperta dell'America. Questo fatto fu pure riferito dallo Storico Spagnuolo Herbera , il j, iluV' ^* quale asserisce, che tale variazione non era mai stata avvertita da nessuno per lo innanzi, del che molto si maravigrliù il Colombo. Il Charlevoix parimente nella cuariev., Hist. . . . . . «^s S.-Doming. , sua Storia di S.'-Domingo , dice che una sì fatta novità 'ìt. », p. «i. diede non poco da pensai-e a que' Navigatori. Ad ogni modo, quello che dimostra ad evidenza che questa gloria non può toccare al Cabotto , si è che , secondo la giusta osservazione dell'Autor dell' Elogio del Colombo stampato Eiogiostor. di ^ Crisi. Colombo,, in Parma, i viaggi del Cabotto furono posteriori alla pS'. nota (18). scoperta del nuovo mondo: perciocché le Patenti accor- l34 DELLA PATRIA DI CRISTOF. COLOMBO, GAP. I-, date dal He d'Inghilterra Arrigo VIT, a Giovanni Cabotto, ed inserite negli Atti pubblici d' Inghilterra del Rymer , portano la data dell' anno 1496- Anche ultimamente l'Abate Carlo Amoretti, nella Introduzione al Viaggio PrimoTisgEio „ 1 A • T-> • • IT- • iniornoaiGiubp, latto da AntoHio PiGAFETTA , patnzio Vicentmo , sulla del l av. Anion. ' ' vigafeiMecMi- squadra del famoso Magaglianes negli anni i5iq sino al 1622 , da lui per la prima volta pubblicato tratto da un Codice della Biblioteca Ambrosiana , molto bene avverti questa gloria da pochi avvertita ( sebbene incon- trastabile ) dei Colombo , di aver trovato il primo la declinazione dell' ago magnetico. Cosi la scoperta dell' America , che senza la Bussola non si sarebbe po- tuta tentare giammai , servì pure a perfezionarla ; e ciò per opera dello stesso Eroe, che se ne valse, che fece sul Globo terracqueo ciò appunto, che un altro valo- roso Italiano il Galileo fece poi rispetto al Cielo , perfezionando, anzi piuttosto inventando f istromenfo delle sue maravigliose scoperte astronomiche il Tele- scopio , che il caso avea offerto ad un artefice Olandese. Se dal vantaggio poi, che dallo avere sì ampiamente dilatati per gli uomini i confini del Mondo , ne derivò alla umanità tutta , si vuol far ragione del merito di chi condusse a termine l'impresa, altra mai non ne fu pili illustre e degna di essere maggionnente celebrata. Di tutti i memorabili evenimenti della Storia, osserva «ob»ri.Aniiis giustamente un chiaro Scrittore Inglese il Robertson, torieal Hisqui'il. o o ' r°"uTiSscri ^^^^ alcuno mai non ne fu più rilevante, e che abbia ni, g^g ,40142, cagionato variazion più notabile nelle relazioni tra le DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. i35 diverse parti del Globo; evenimento che produsse in Gne quel cangiamento d' idee di commercio , e quell' ordine di cose, che costituisce la principale differenza, che passa tra i costumi e la politica degli antichi , e de' moderni tempi. li possesso delle immense regioni, ricche non tanto di oro , ciie delle produzioni più rare della na- tura, di cui il Colombo fece dono alla Spagna, difTùse in tutta Europa uno spirito si fatto d'industria, ed eccitò una tale attività, che da se sola bastò per dirigere, per nuove ed insolite vie , il corso de' traffici. Del rimanente, per coloro che non temono di trovare encomiate le grandi imprese degli Italiani, dagli Scrittori Italiani me- desimi, grato riuscir dee il leggere ciò che tanto prima del Robertson ne lasciò scritto il Cardinal Bembo nelle pciri^mbi, sue Storie , chiamando quel fatto il più grande ed il hist. ub. vi ia . . princ. più magnifico di quanti alcuna età avesse veduti giam- mai ; ed il Segni, dopo aver parlato a lungo nelle sue Storie delle scoperte del nuovo Mondo, conchiude essere stata quella impresa degna di maraviglia grandissima , e di sommo pregio, onde chi la recò ad effetto, me- ritava, a giudizio suo, maggior lode, che non Ercole segn^/ub. vu^ e Bacco , che furono tenuti Dei , e non recarono tanta ^' *^ " utilità a' mortali. Nuovo mondo pertanto diede il Colombo alla Spagna, zton nt^Joiùfn. • - _ , . .« ào dio Colon , giusta quel breve e semplice, ma sugoso e raagninco sior. di Ferdin. , Colombo 7 cap. elogio, che narra il figliuol suo essere stato scolpito sulla cmh. tomba di lui, per ordine del Re Cattolico; e non solo il diede alla Spagna, ma all'Europa intera. Ma il vantaggio l36 DELLA PATRFA DI CRISTOF. COLOMBO, CAF, I., più grande recato da queir Eroe , non consiste tanto nello essersi colla scoperta dell'America arriccliita l'Europa, ampliata la sfera delle umane cognizioni, ed aperto un più vasto campo alla industria , all' attività degli uomini animosi, quanto perchè appunto sì gran parte di mondo si trasse mediante di essa dalla barbarie , e da feroci costumi alla civile vita. Di fatti gli Americani , sebbene conservino tuttora un odio inveterato contro gli antichi loro conquistatori, a tal segno, che in S. Domingo si è spenta totalmente la popolazione Indiana, per non aver voluto , per quanto assicurasi , due sole figlie che ne rimanevano ancora, trent'anni sono circa, accasarsi con Ispagnuoli; hanno con tutto ciò in venerazione il nome del Colombo, e dolce e gradita per essi è oltremodo la rimembranza di lui. Tre dotti Americani di Proviucie Apologie ile - , i • t i /-^ i Barili, de Las- divcrsc , cousultati dal Oregoire per tessere la sua apo- Casas, par lecil. , . ,.. r y^ • • Gregoire , Mcm. logia di Bartolommco de Las-Gasas mserita negli ul- de riiislii. nat. " ec,scieneesmo timi volumi dell' Instituto di Parigi asserirono, che il raU's el polidq. ; *^ ' x^ 'pagrjs/e ^°^° unanime de' Compatriotti loro era di veder innal- '^^' '^* zate due statue nel nuovo mondo , una a Cristoforo Colombo, e l'altra a Bartolommeo de Las-Casas, come ai due loro più insigni benefattori; sentesi pure, che alcuni recenti scrittori Anglo-Americani usano di chiamar Colombia, anziché America il loro continente, e mostrano la più alta venerazione pel Colombo. Che se ne vennero troppo presto da quelle contrade mali fisici , e gravi danni agli Stati di Europa, onde ai vani declamatori, ed agli applauditi sofisti fu poi soggetto di paradossi lo scopri- DI GIANFRANCESCO galeani napione. i57 monto dell'America, si è perchè gli Europei aveano portato prima in quelle rimofe regioni, in un colle arti del Mondo aulico, la loro dissolutezza, la cupidigia loro, la loro indocilità, e la superba sfrenata brama di signcv reggiare, e di noti essere signoreggiati. Se tutti coloro, che dall' Europa passarono in America avessero avuto* le virtii di Colombo, né l'America avrebbe avuto ragion di dolersi dell'Europa, ne giusto motivo l'Europa di lagnarsi dell'America. C A P O 1 1. Importanza di accertar la patria di Cristoforo Colorìibo. Ma grande pur sia , e degno d' immortale fama il Colombo , a che monta , dirà più d' uno , il cercarne la patria? Basti alla gloria d' Italia, se il vanto nazio- nale in qualche conto tener si dee, il sapere che fa Italiano , intorno alla qual cosa non vi ha contesa ve- runa. Io certamente non dirò mai , che lo scoprir la patria del Colombo , sia impresa da eguagliarsi allo sco- primento dell' America ; che anzi io sono sempre stato d'avviso, che quelle minute municipali controversie, per cui si fregiano di eccessive non dovute lodi uomini mediocri , e si deprime sovente il vero merito altrui , sieuo niente confacenti a chi nutre spiriti generosi in cuore. Ma questo non toglie, che una determinata con- trada vantar non si possa di aver prodotto un noma 18 l38 IMPORTANZA DI ACCENTARE LA PATRIA DEL C. , grande. Trasciiraoclo di pregiarsi di aver prodotti uomini grandi, si trascura pure di apprezzarne, e di imitarne le lodevoli azioni. Ben diversa è la nobile emulazione, che invita e sprona a gareggiar nella carriera della gloria cogli uomini più preclari, sebben d'ultra contrada , da quella bassa invidia propria di animi vili, che rende in- giusto verso il merito altrui, defraudandoli delle boa dovute lodi, e che chiude gli occhi alla luce che gli abbaglia. La prima è stimolo ed alimento, la seconda, morte d' ogni, virtìi. Da questa emulazione lodevole ne raccolse frutti am- plissimi r Italia , segnatamente nelle cose di Lettere , e nelle Arti di pace; e tra i fatti, che alle Arti di pace riferir si debbano, il più illustre, il più memorabile e vantag- gioso , fu al certo la scoperta delle Indie Occidentali , frutto della emulazione delle Italiane Nazioni navigatrici. Non pochi Scrittori nostri , e móltissimi che si vantano tra noi di Scienza politica , non lasciano di ripetere , che danno grandissimo ne venne alla Nazione Italiana dal non essersi mai potuta riunire in un solo corpo dopo il Mille , e dallo aver dovuto resfare divisa in tanti Stati e dominj diversi; condizione di cose, a cui, abbagliati dalle rumorose agitazioni di più vaste , ma non più for- tunate regioni, attribuiscono un avvilimento ideale, una sognata miseria. Ma se nel fine del secolo XV, e nel principio del susseguente (che fu appunto l' epoca dello scoprimento dell'America) non si fosse trovata divisa l'Italia in tanti dominj, avrebbe forse potuto meritarsi ,.n .-.DIiGIANFRANCESCO GALEANl NAPIONE. «Sg dal dotto Inglese , recente scrittore della vita di Lorenzo De' Medici il Dwttor Guglielmo Roscoe*, quello splendido elogio, che a qne^ tempi ciascheduna delle cillà Italiche chiamar ipotevasi una nuova Atene? Soggiunge egli che questa, eh' ei chiama foi'tuonta coDtrada, vantava Slarici, Poeti, Oiatori ed Artisti, che contrastar potevano la gloria a' nomi più grandi deli' antacluità-; che le principali città venivano a mollile gara tra loro di scienza ed ingegno, vna BON, t. I, ParU an V, cap. XIV , pag, i5», {nota del Trtuiuttor* Francese). '' ' ■ : . ' '"- ■ -' 140 IMPORTANZA DI ACCERTARE LA PATRIA DEL C," rona , ed Urbino, e tante altre per rari ingegni ccle- bratissime. E qual felicità mai ne derivò alla Italia an- tica dallo essersi a' tempi de' Romani ridotta sotto un solo governo , ed in un solo corpo ? Prescindo da' tor- renti di sangue Italiano versato da' Romani per soggiogar i nazionali loro. Operata che fu , per cos'i fattoi crudel maniera , la conquista di tutta 1' Italia , ne furono forse più felici ipopoli? Le guerre e le conquiste straniere, Siila, Mario, i Triumviri, e poi (dopo Augusto) tanti Imperadori malvagi, quale forsennato, qual furibondo, dal dissimulatore Tiberio, infino a Comodo gladiatore, ed allo osceno Eliogabalo , quale felicità poteano lasciar godere agli Italiani ? Era l' Italia , come ottimamente riflette Antonio Cocchi, la> piìi florida , la più beata parte del mondo, prima che il genio turbolento e ra- pace de'Romani avesse la forza di guastarla. E dopo che le Provincie Italiane passarono sotto il giogo de'Romani, ^uagorico.pag. ppodusscro forsc gli uomini grandi, che aveano prodotto prima ? Che diremo della Magna Grecia antica scuola de' Pitagorici, piena di Filosofi, di Artisti, tanto colta ab'àhtìcóy "che si crèdefFè dà taluni patria persino dì Omero? che della Sicilia? Si trovano più forse in Si- cilia, dopo la dominazione de'Romani ,- un ' Teocrito, un Archimede ? Osservò il succeunato Cocchi , del pari dotto Grecista , che valente Medico ed antiquario , che CI/, pag. i3. quelle stupende medaglie , che sembrano camei, scompa- iono affatto a' tempi Romani in Sicilia. Altre memorie non si haano più delle arti Siciliane, eccetto le rapine Cocchi Villo Cocchi, toc. DI òiAnfrancesco galeani napione. 14* de' monumenti antichi fatte da Verre, ed in vece degli encomj del niunillco Cerone, le invettive giustissime di Tullio contro il Proconsole depredatore. Che diremo poi dell'antica Etruria , di quella Provincia, che nella Storia moderna è 1' Attica dell'Italia, e porta il primo vanto di coltura e d' ingegno ? I Romani ne soffocarono per si fatto modo gli spiriti, che ne andò spenta persino la lingua ; e forse non ne avremmo gli scarsi monumenti che ce ne rimangono, se Mecenate non fosse stato ori- ginario Toscano. Ogtiun sa, che Orazio favorito del Ministro, di Augusto pregiava gli antichi cimelj Etruschi, u, norat.uhJi, Non parlo de' Liguri sì antichi , sì estesi , sì famosi, emuli degli Etruschi, che con tanta bravina, e sì lungamente difesero contro i Romani la propria libertà; non delle Provincie dell' Adria , non delle altre dell' Italia tutta, im- merse nelle tenebre , e prima per arti Creche o Toscane floridissime , e ciò per opera degli altieri Romani , per indole distruttori, come li chiama il Verri, e più illustri ^^v. Veni.Noui che felici, se illustre chiamar si può chi per atroci fatti divien famoso. Quanto più degni di lode e di riconoscenza non sono gli studj e le arti degli Italiani dopo il Mille? quanto più utili alla umanità tutta ? quanto essi medesimi più fortunati , mediante la divisione degli Stati tanto deplo- rata da certuni ? Che sì fatto scompartimento deU' Italia moderna in parecchi Stati e dominj non abbia recato pregiudicio alla felicità della Nazione, è pienamente con- of'ìmi'°oc'?cij torme a quanto ne scrive con Inglese proiondita il savio /./iViVjp.soesj. 142 IMPORTANZA DI ACCERTARE LA PATRIA DEL C, autore della Storia della Società civile Ferguson, per- fettamente adattandosi il fatto colle speculazioni sue. Troppo lunga cosa sarebbe il riferir quanto egli vien divisando intorno a questo particolare nel ragionar che fa della vera felicità delle Nazioni. Osserva egli, che quando le Nazioni sono ristrette ad angusti confini , si godono più agevolmente i vantaggi di poter spiegare le naturali doti dell' ingegno , e di mettere in esercizio la propria virtù, veri pregj degli animi ingenui , attivi, e generosi, nel che, a parere di lui, consiste l'umana felicità. Biasima perciò quel concetto, io cui si tiene l'Impero Romano, la cui grandezza fu fatale alla virtù, edalla felicità del genere umano. L'emulazione delle Nazioni procede dalla division loro. Atene , dice egli ingegnosamente, era necessaria a Sparta per farle dar prova della sua virtù, come l'acciajo è necessario alla selce, per mandar fuori scintille di fuoco; e se le città della Grecia fossero state unite sotto un solo capo, non avremmo inteso mai a parlare di Epaminonda, né di Trasibulo, di Licurgo, né di Solone. Diversi ' distinti e separati Governi danno campo di mostrar ì' abilità , ed aprono un." teatro di gloria a molti. Ne' piccioli Stali delta Grecia, iquasi in ogni villaggio Irovavansi tutte le parti che formano una Nazione. Ogni picciolo, distretto era il seminario di uomini rarissimi; e ciò che è al presente un angolo meschino di un grande Impero, fu il campo, da cui raccolse il genere umano la messe più abbondante di glòria; Che all'incontro a difetto di i DI GIANFRANCESCO CALEANI NAZIONE. ì/fZ emulazione attiibiiiscc il Gibbon la decadenza dell' Ini- Giibon. hìi». ol dcrt-ij and fall pero de' Greci ne' bassi tempi. of Koum .mp.. • *■ ^ rhap. LUI, I. X, II ritratto dell'antica Grecia non è forse in tutto con- p-^s-'^^'il- forme a quello delia moderna Italia , segnatamente nel secolo iu cui nacque il Colombo? L'essere gli Sfati d'Italia piccioli fu appunto la cagione , per cui gì' Italiani sono grandi. Se le gare de' tralHci e del dominio de' mari tra Pisani ed Amalfitani, tra Genovesi e Veneziani, apri- rono le vie a formar cjuel uomo , che dovea scoprire il Nuovo Mondo, non fu piìi vantaggioso al Mondo tutto , non che all'Italia, che questa emulazione tra que' diversi Domiuj si eccitasse ? Ma , postochè l'emulazione è parti- colar pregio e frutto naturale di un tale ordine di cose, a' Savj di ciascuna Nazione veramente amici degli uomini, premer dee , che si mantenga acceso un sì nobil fuoco. Glie sarebbe stata la Storia di tante picciole Nazioni così iustruttiva e curiosa , se l' Italia fosse stata riunita in un solo corpo? La storia di Firenze, che è la storia di poco più di quattrocento mila persone, è letta e studiata * da * Grandissima pratica delle Storie Italiane, e non pur di Firenze, ma dì molte altre assai minori Citlìi ha dimostrato 1' Americano Adams , che fu il principale Legislatore degli Stati uniti di America, nel suo celebre Libro intorno alla costituzione delle Repubbliche antiche e moderne. La prima delle sue lettere si aggira intorno a S. Marino; e di questo si piccolo Stato hanno pure scritto ex professo due altri famosi Inglesi, uno più antico, cioè Addison, l'altro più recente, di cui se ne trova uu buon estratto nella Biblioteca Britannica di Ginevra. Aggiungeremo, che in quest'anno medesimo 1804, il Cavaliere Melchior Delfico, divenuto cittadino di S, Marino , ne pubblicò in Milano la Storia. Brpneman, Dis. d.Rt »A e Piind, 1/(4 IMPORTANZA DI ACCERTARE LA PATRIA DEL C, oltramontani colti , quasi come quella di Atene. Avrebbe forse un dotto Olandese il Bbekcmanno scritta la Storia l'i ^Tic^Tiiì!'" dì Amalfi per parlare appunto di uno Stato marittimo? E come mai si emuleranno le azioni memorabili e grandi degli uomini preclari delle altre contrade d'Italia, quando non si curassero punto le domestiche glorie? Le Nazioni, del pari che le famiglie possono , anzi debbono pregiarsi di predar personaggi segnalati per valore, e per eroica virtù. Chi congiunge gli studj delle lettere colla Scienza politica ben ravvisa pertanto f importanza di poter van- tare per nostro paesano il Colombo, sebbeu da certuni sia tenuto questo in conto di frivolo soggetto, e di controversia oziosa. Non cosi pensava la Grecia, di cui si favellava teste , che sulla patria di Omero , come ognun sa, contese con tanto calore; controversia agitata sì lungamente, e non mai decisa , ed intorno a cui, ancora de^TuHoral' "^^ sccolo XVII, il dotto moderno Greco Leone Allacci Gr'«c.cr(Jn!""p. dettò uu' Opera eruditissima e voluminosa , per attribuirne la gloria all' isola di Chio sua patria. Io mi lusingo , che quando saranno palesi a' Letterati imparziali i monu- menti, che si sono fortunatamente rinvenuti, cesseranno quelle intorno alla patria del Colombo. 7>S DI OIAMFRANCESCO G ALBANI KAl'IONE. l/^5 CAPO III. Incertezza del luogo della nascita di Colombo. Il determinare l'origine, la patria, il luogo preciso', m cui nacque Cristoforo Colombo, sono divenuti punti intralciati oltreraodo , e sorgenti di questioni intermi- nabili, perchè quelli, che primi dovettero parlare di questo uomo straordinario , o scrissero lontani dall' Italia , od ebbero interesse di nascondere il vero. Colombo istesso per particolari circostanze Irovossi probabilmente costretto a celare la professione del Padre , e per conseguente dovette parlare oscuramente del luogo, ove nella sua puerizia fosse nodrito, c]uantunque della origine sua illustre, quando fece mestieri, non abbia oscuramente ragionato. E questa ultima particolarità di asserir di essere di sangue illustre, è degna di speciale considerazione in un uomo , che tanto era grande , che non avea d'uopo di mendicar lode da una supposta nobiltà di natali , e che altronde facea professione di una probità e di una sincerità severa. Da tutto ciò ne viene , che maggior opera impiegar per me si dovrà in certo modo nel con- futai-e le falsità, sgombrar gli errori, accennarne l'ori- gine, che non per istabilire il vero. Co' documenti Mon- ferrini, di cui da nessuno degli Scrittori, che insino ad ora entrarono in questa controversia si fece uso , come affatto ad essi sconosciuti, mi lusingo, che agevole àeW. 146 INCERTEZZA DEL LUOGO DKLLA NASCITA EC. GAP. ITI, mi riuscire il mostiare ad evidenza, che dal Mouferrafo trasse 1' origine il Colombo ; ma mi converrà ciò nou pei'tauto , o conciliarli con quelli che sembrassero appa- rentemente contrari prodotti da chi sostiene opinion di- versa, o mostrare che supposti sieno gli aperlamenle contrarj. 1 • ', Avanti ogni cosa resta necessario esporre colla mag- gior chiarezza possibile lo stato della questione. Prima di me peraltro , e per me >già Io ha fatto colla perspi- cuità sua propria il celebre Scrittore della Letteratura Tinb.,sto-ia Italiana, il fu Abate Tiraboschi. Tre sono le principali ■Uh Lell.lliil. , ' "^ ' •• ^'' p-"^'* '' sentenze intorno alla patria del Colombo. Alcuni il dicono pag. 171. .... Genovese, e questi «i dividono tra di loro , volendo alcuni, eh' ei veramente nascesse in -Genova, altri in Savona , altri in Nervi nella riviera di Levante , altri in qualche altro piccolo luogo di quel Dominio. Alcuni il vogliono Piacentino, e natio di Pradella piccolo vil- laggio della valle di Nura. Alcuni finalmente il fauno .nato in Cuccare, castello del Monferrato, di nobile fa- miglia, e signora del Castello Toedesimo. Quello che è più strano , tutte tre queste diverse opinioni hanno per loro fondamento monumenti che sembrano , dice il Tira- boschi, incontrastabili. Io non entrerò qui ad esporre le prove di ciascuna di queste opinioni, del che mi oc- coi'rerà di ragionare partitamente altra volta. Per ora mi basti premettere, che le prove, che si pretende che favoriscano i Genovesi, trovansi in un Cemento di Tacito. stampato non prima dell'anno 1602, in cui le ha pubbli- t DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. l/^'J cate Giulio Salinehio Gimeconsulto Savonese. I monu- nienti de Piacentini gli abbiamo nella Storia di Piacenza del Campi , che venne alla luce nell'anno 1662. Ma rispetto a'Monferrini, soggiunge il Tiraboschi, non aver Tirab./o<-.o.«. trovato scrittore che ne abbia posto in luce le ragioni. ]1 Canonico Campi le ha recate per confutarle; e quan- tunque da uno Scrittore così fatto non si possa sperare, che sieno state esposte nel suo vero ed imparziale aspetto, se ne prevalse peiò il Tikaeoschi per darne qualche notizia. Prende poscia il dotto e diligente Storico della Italiana Letteratura a bilanciare i monumenti, che pote- vano essere a lui noti , e sebbene propenda dal canto dei Genovesi , e procuri di conciliare i monumenti loro con quei de' Piacentini , non nega però che trovar si potes- sero più certe prove in favor de' Monferrini. Conchiude TUab.ioe.cU. p. 175, 177. m fine con aurea sincerità , e con cjuell' amor del vero ond'era animato, dicendo, che avea esposto soltanto ciò che gli sembrava più verisimile intorno a questa si oscura questione , pronto ad arrendersi a chi con monumenti più certi si facesse a sostenere qualche altra opinione diversa. E volesse il cielo che la morte non lo avesse sì tosto involato alle Lettere, ed all' onor dell'Italia, che potrebbe esser giudice inappellabile di quelli , che avventuratamente si sono ora rinvenuti ; né io , per quanto a me si aspetta, avrei mai ricusato di ricono- Tlrab. , Storia scerlo per tale, io che il ritrovai sì gentile, sì giusto, Jdiii Leu. hai., , O ' o J i.rx.gionlep.j. e sì spassionato avversario. Anche l'altro celebre Estense Bibliotecaria il Mura- 14B INCERTEZZA DEL LUOGO DELLA NASCITA EC. CAP. m, TORI , nella prefazione premessa a due opuscoli inediti di Antonio Gallo , il primo riguardante la storia di Genova, l'altro le navigazioni del Colombo, pubblicati la prima volta nella sua gran Raccolta delle cose d' Italia , quantunque tenga di non leggier peso 1' autorità del t.xxiii.p^j'/, ^'^^'^o, come di contemporaneo, rispetto al dirlo di Nazion Ligure , e quantunque noto pur gli fosse ciò che in questo proposito lasciò scritto Bartolommeo R.i.t.xxiv, Senarega, altro Scrittor Genovese di que' tempi , da lui pubblicato parimente, che a' un dipresso si esprime come il Gallo , soggiunge però non doversi trascurare quello , che intorno alla patria del Colombo ne ragiona in contrario Pietro Maria Campi, sforzandosi di vendicar questo vanto a Piacenza ; il che tutto dà a divedere , come, non ostante le testimonianze degli Storici Genovesi , che tutti il pretendono loro nazionale dietro la scorta del Giustiniano*, non teneva con tutto ciò quel celebre Critico , al pari del Tiraboschi , la coniroversia per decisa. Anche negli Annali d' Italia si esprime in uà modo, da cui appare, tuttoché di volo soltanto parli Annai. Jel CoLOMBo , chc nou cra però ben chiaro quale ne fosse la patria precisamente. Ben sapevano que' due rino- mati Scrittori della Storia politica, e della Storia lette- * Gli Annali di Genova del Giustiniani furono stampali in Genova soltanto neir anno i535. Il Salterio però fu pubblicato nella medesima città di Genova parecchi anni prima, vale a dire uel i5i6. Murai all'anno DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 149 rana d'Italia, che chi vive ia paesi lontani dalla sua patria , si chiama col nome di una grande e conosciulu città vicina al luogo di suo nascimento ; tanto più , che , per lasciar da parte che il nome di Liguria presso gli Scrittori latini a' tempi di Augusto comprendca , non che il Monferrato, ma gran parte del Piemonte proprio', si estese poi in appresso a' tempi di Costantino e di Giustiniano sì ampiamente, che Milano divenne la capi- tale della Liguria. E cosa questa abbastanza manifesta , e se ne trovano le prove nelle opere di antica Geografia del nostro Jacopo Dubandi. Ma , perchè non potrebbe forse appagare i Genovesi 1' autorità di quel dotto nostro Geografo ed Antiquario, mi servirò di quella dell'eru- dito e colto Antiquario loro, l'Abate Gaspare Luigi Oderico. Ad o":ni modo, a' tempi del Petrarca, il Pie- ,.oaenco,uti. o ' i ' ligustiche, Ictt monte istesso in Latino idioma dicevasi L/^M/v'a, Parlando ^"«^"'• egli del fiume Po nella traduzion sua Latina della novella del Marchese di Saluzzo del Boccaccio , dice che divi- u^fll^'ì^^^' deva la Liguria ; e sin nel secolo XVI , traducevasi Li- guri per Genovesi. Il Bonacciuoli traduttore applaudito b^„,„ ,^j di Strabone, dice i Taurini di nazione Genovesi; e Li- g^^\"^;',|'/°*' gure vien detto il Santo Pontefice Pio V nella sua logia 'de'p«ratì iscrizion sepolcrale che è nella Basilica di S. Pietro in '*'"''^' Roma , sebben nato presso Alessandria. Oltre a tutto ciò, particolari relazioni passavano tra il Monferrato e Genova a' tempi del Colombo. Andavano a pigliar soldo , dice l' Abate Denina , ed esercitar sopra Denina.Rivoi. • T • /-> • • d'Iialia, 1. li, p. 1 legni de' Genovesi così la marineria , come la merca- 4»»- l5o INCERTEZZA DEL LUOGO DELLA NASCITA EC. CAP. HI, tura molti uomini delle Langhe , della provincia del Mondovì e del Monferrato ; ed è cosa fuori di contro- versia, che sin dal secolo X, nel famoso Diploma di Ottone Imperadore in favor di Aleramo ceppo dei Marchesi del Monferrato, si concede a quel Principe quel tratto di paese, che chiamasi al presente Riviera di Genova , e che nel governo di quella Città grande in- fluenza aveano essi Marchesi. V ha di più nel secolo XV , vale a dire nel secolo di Colombo , furono veri Sovrani di Genova. Difatti, nel 14*^9» secondo che narra l'esatto nica del Mouf. , Crouista BENVENUTO di S. Giorgio, la parte Ghibellina p. 198, e.ìiz. di ^ Tot. in 4.01780. di Genova, che erano Spinoli e Doria , cacciato il Go- vernator Francese, introdussero nella Città il Marchese Teodoro con le genti d' arme e fanterie sue. Constituito egli Principe di Genova , fu da Facino Cane valoroso Condottier Monferrino sconfitto sopra la Fraschea nello «H'p^ioi'èKg. Alessandrino Bucicaldo Governator di Genova per lo Re di Francia, e Monsignor della Fajetta nelle Langhe, per lo che se ne ritornarono in Francia, ed il Marchese Princepicip^i- Teodoro rimase Signore della Città; ne ottenne il do- sarius Tinp. Gc, , , • • -r * nua: ei or<^ Li. mmio, c Dcr tale fu riconosciuto dall'Impero. Anche laruciuntiasupé uelf auDO 1 4 1 -^ 5 «sso Marchcsc Teodoro, e come Mar- nonU Imp. sur "^ cap.''vi'i'r^i"i ' f^'i^se di Monferrato, e come Vicario Imperiale, si portò ?7«8.^' ''^'"''' come Sovrano in Genova, riformandone il Governo, sia in ciò che riguardava la creazione del Dogo , sia rispetto al reggimento di essa Città. Qual meraviglia adunque , che un Monferrino , nato in picciolo castello dciDomioj del Marchese, in lontana contrada, Genovese I DI GIANFRANCESCO CALEANI KAPIOME. l5l si nominasse? anche il Tasso, in più luoghi delle opere sue chiamasi Napolitano , benché nato in Soreato , e di padre Bergamasco. Non ostante adunque , che da Pietro Martire d' An- ghiera Scrittore Italiano, che a' tempi della jcoperla del Nuovo Mondo trovavasi in Ispagua , sia detto il Co- lombo Ligure ,, e Ligure o Genovese dagli Storici Ge- novesi, io dico, che incerto tuttora è il luogo preciso dov' ei nascesse. Già venne avvertito dal Campi , che ed il Sabellico, e Rafaelj.0 da Volterra , e Giacomo Filippo campi , dm. , T, c • 1. • !!• islor. Circa la pa- da Bergamo , oci'ittori vicinissimi a tempi , non lo chia- tria di crisiof. Colombo, in fine mano Genovese; che neppiir tale lo chiama Papa Ales- ^ci t. iii deii» ' "^ *■ "■ Sicria uDiTcrs. Sandro VI nella Bolla, in cui fa menzione di lui; che d» Pi««nia- Leandro Alberti, nel ricordare gli uomini illustri di Genova, e specialmente i valorosi Capitani di mare , niun cenno fa del Colombo, cui avrebbe dato il più ono- revol luogo, se lo avesse creduto Genovese; che la S'tessa avvertenza, di non dirlo tale, usarono il Pamgabola , il Boterò, il Boccalini, cui potevasi pure aggiungere il Tasso , che il disse un uom della Liguria , che in lin- guaggio poetico , sì ampio tratto di paese comprendea. Osserva quindi il Campi, che le varie opinioni, che in- ■torno alla patria di lui si aveano in Jspagna meatre ei visse, dimostrano, che di questo si era sempre stato ia dubbio, non avendo mai il Colombo voluto dichiarare, se veramente fosse egli nativo di Genova , di qualche luogo della Riviera , o di qualche altro paese , onde conchiude, che gli Autori stranieri, quantunque uomini :t,; :«o ì5'2 INCERTEZZA DEL LUOGO DELLA NASCITA EC, CAP. IH, gravi , senza pensare più oltre, presfarono troppa fede alla asserzione degli Scrittori Genovesi. Tra questi Storici stranieri non si vuole annoverar il celebre Robertson , il quale, sebben non abbia toccato che di volo questo punto nella sua Storia di America , dice però , che si- nora noto non era il luogo preciso della sua nascita ; ma non mette in dubbio che fosse di nobile Famiglia,, tuttoché venuta per le disgrazie in basso stato*. CAPO IV. Dimostrasi che il Colombo non Jìi Genovese. Stimo pregio dell' opera esporre le ragioni , per via di cui si fa manifesto, che il Colombo non fu Geno- vese, prima di divisar partitamente quelle tutte, che deb- bono convincere ognuno , che fu egli Monferrino- E primieramente assai valido argomento , a mostrar che nato ei non sia in Genova, si raccoglie da quanto in- torno al luogo del suo nascimento ne scrive il figliuol suo Ferdinando. Nervi , Cogoreo , Bugiasco , tutti piccoli Fcrd. Colombo, luoghi prcsso la città di Genova, erano le Terre, se- •ap. I. . ni m * «Neither the time, nor place ofhis birth ( Of Columbus) areKiiowo « wilh certenily, but he was descended of an honorable fatnily, ihongh » reducrtl to indigence by vàrioiis misforiuhes. » Robertson ffisiory of America Book II , p. 70, t. I, Basii. 1790, I I DI GIANFRAKCESGO GALEANI NAPIOKE. i53 eondo che ei dice , che additavano coloro che in certo modo pensavano di oscurar la fama di lui; mentre altri, che volevano esaltarlo, il dicevano Savonese, Genovese , ed anche Piacentino. A nessuna di queste asserzioni aderisce pelò Ferdinando, soggiungendo, che quanto fu la per- sona del padre , secondo che a Dio piacque , adorna di tutte quelle doti, che convenivano a sì gran fatto, tanto volle che men fosse conosciuta e men certa la sua patria. Ed è notabile, che ciò si asserisca da D. Ferdinando, mentre altrove reca alcuni rozzi versi, con cui Barto- lommeo Colombo, fratello di Cristoforo, presentò al Re stor. diFft* Enrico VII d'Inghilterra un mappamondo (che forse °'"^' fu il primo che vide la patria di Neutone), ne' quali versi chiamasi Genovese. Dal che s'inferisce chiaramente come fosse cosa consueta, che nelle straniere rimote coi> trade si chiamassero Genovesi que' Lombardi , che in Genova , o nella Riviera attendevano all' arte marina- resca; non tenendo conto Ferdinando di questa appa- rente contraddizione (quando corrotto ed interpolato non sia quel luogo, come pretende il Campi) perchè da campi d; T /-> Campi loe.cit. mossero dopo il 1072 1 Colombi di Guccaro a promo- p. ^^sustg- vere le ragioni loro in Ispagna. Di questo Testamento, e Scritture accennate dal Campi occorrerà di parlar più di proposito a luogo opportuno. Ad ogni modo degno è di speciale considerazione il vedere , che D. Ferdi- nando ignorava in qual parte precisamente della Lom- bardia fosse nato il Padre, cosa che dee parer nuova, ma che non è peiò raen vera, qualunque fosse il mo- tivo, per cui Cristofoi'o volle serbare su questo punto sì alto silenzio. D. Gonzalo cV Oviedo, che serviva da Paggio nella Corte di Spagna, e vide i primi Indiani, che dopo la scoperta di America vi furono dal Colombo condotti, avea notato nella sua Storia, che Cristoforo Colombo, per quanto avca egli inteso da uomini della ISazion sua. ìo6 IL COLOMBO NON FU GENOVESE, CAP. IV, fu della Provincia della Ligiuia , di cui Genova e Capo; che alcuni il dicevano di Savona , altri di un piccolo villaggio detto Nervi, ma per più certo tenersi, ch'egli OTicjD.sior. fosse di Cugurco; ma non dicendo l' Oviedo, nulla di afUelud.lib.ll, ., . . cap. Il nella Rac. piu Dositivo qucsfo nou CPa il caso di Ferdinando. Egli rfelKamiiuui.lJI, . . foi. 64r.f non vide i Commentar] delle cose Genovesi di Antonio Gallo , e di Bartolommeo Senarega , che il vogliono Genovese , perciocché questi andavano attorno manoscritti, ed uscirono soltanto alla luce nella gran Raccolta del Muratori. Vide bensì il figliuolo di Colombo gli An- nali di Genova di Agostino Giustiniani, che lo fa nascere di Padre plebeo Genovese, tessitor di panni di lana, e vuole , che in arte meccanica lo stesso figliuolo si fosse adoperato ; ma per aver trovato quello Storico in con- traddizion con se stesso , non gli prestò fede. Stimò adunque, per chiarirsi del vero, di venir in Italia. Ap- prodato in Genova un figliuolo, com' egli era del più rinomato uomo della età sua, per mille rispetti rag- guardevolissimo, non vi potea vivere sconosciuto, e si ha ragion di credere, che venisse ricevuto a grande onore, e festeggiato da tutti. Non si poteva ignorare , eh' egli erasi recato a Genova per cercar 1' origine di suo Padre. Come adunque non si trovò quivi chi gli togliesse in- torno a questo particolare ogni dubbio , ricorrendo ai Registri pubblici , o valendosi della tradizione in cosa di fresca data, e che esser poteva ancora nella memoria degli uomini; e mentre poteva essere ancora in vita taluno , che avesse conosciuto Cristoforo stesso? Questa .DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONEJ^ 1^7 era la maggior cortesia , che usar se gli potesse , sapen- dosi , che per questo solo fine intrapreso avea sì lungo viaggio. Nessuno però il fece, e la ragion si è, che Cristoforo non era nato in Genova, e che punto non avea che fare co' Genovesi. Nessuna adunque delle carte, che tanto tempo dopo vennero messe in campo, e che poteano sciogliere la questione , allora si produsse. Eppure i Genovesi, che furono sempre amantissimi di tutto quello che può tor- oare in decoro e splendore della patria loro, se le aves-' eero avute per le mani, non avrebbero al certo trascu- rato cosa veruna per convincere Ferdinando , che la gloria di aver dato i natali a Cristoforo , ad essi intera- mente apparteneva. iAnzi si vuol credere, che se fosse constato loro , che Cristoforo fosse nato in qualche vil- laggio del Dominio , avrebbero nondimeno tirato alla Capitale tutta la gloria. Non avendo Ferdinando potuto „ , , . . . , . Slor. ai Feri rintracciare m Genova alcun chiarmiento, si recoinCoi.cap, ii. Cogoreo. Procurò di aver contezza di due fratelli , che erano i piìx agiati di quel Castello , " e si diceva , che erano alquanto suoi parenti ; ma essendo giunti que- sti ad una vecchiaja estrema, non furono in grado, per aver perduto, secondo è verisimile in quella de- crepitezza, la memoria d'ogni idea passata, di dargli alcuna notizia. Non accenna Ferdinando di esser passato alla vicina terra di Nervi , od a Savona , dove alcuni pretendevano che fosse nato il Colombo. Ma quand an- che uoa lo abbia fatto, i pareuti suoi, se ne avesse avuti l58 Il4.;COLOMBO NON FU GENOVESE, CAP. IV, in quelle parti , sarebb^no accorsi cplla speranza di qa- varne vantaggio ed onore , facendosi conobcere congiunti di saqgue con un personaggio di sì alto stato; perlochè Ferdinando lasciò la Ligwia senza avervi ritrovalo la patria di suo Padre, ed in quésta incèrtezzza éi rimase, ancorché avesse egli veduti gli Annali di Genova del Giustiniani, dove aveva trovalo scritto a chiare note, e senza esitazione veruna, che Cristoforo er» nato in Genova. SeilCoLOMBo nato fosse in Genova, :pd in alcun. lMOg,o^ della Riviera , i Genovesi amantissimi , come dissi ; di" tutto- quello, che può tornare in decoro e splendore della patria ]oro, non avrebbono tardato ad innalzare qualche pubblico monumento, che ne asaicurasse tutta la posterità, come praticarono per altri Personaggi di minor fama. Vero è,, che. nel palazzo Ducale di Genova scorgesi una, dipin- tura, che rappresenta Cristoforo Colombo , che arriva in y La Lande. ■^'"^"''^ > € vì pianta la Crocc ; ina l'opera è affatto k v'iiif''^''*"'^' naòderna , cioè del Pittore Napolitano Soluvi^ne, m,aiiu si sapesse, che là Fami- glia de' Colombi non era tanto oscura coni' egli diceva , mentre che il Sabelligo Storico contrario, ne fa men- zione , e ne fa tanto capitale , che dice , che perciò fu- rono mandati Ambasciadori al Plc di Portogallo. Di fatti, gli Storici Veneti, anche prdsso il medesimo Abatis Ti- Tinb.ioc.cii. BABoscHi, raccontano il combattimento seguito verso l'anno i486, di quattro loro grosse Galee, Contro sette del Colombo il Giovane, ia cui i Veneziani furono sconfitti, è ne rimasero morti tpe(|eiito, , e, tutti gli altri furono fatti prigioni. E secondo Ferdinando, la ciurma e uomini di dette Galee grosse Veneziane , che tornavano di B'iandra , furono spogliati e messi in terra da Colombo il Giovane presso Lisbona, nelle cui acque era seguita la Battaglia navale; e segue- a, dire ,; icJbe avetidoli il Re di Porto- gallo Giovanni li vestiti e sovvenuti, dando loro il modo di ritornarsene a Venezia , fu mandato da Vene- zia in Portogallo Ambasciatore Girolamo Donato, af- finchè in nome pubbliqo della Signoria ne rendesse grazie a cjuel Monarca. Né il d'ii'si da Ferdinfiudo, che in quel conflitto abbia dovuto il Padre salvarsi a nuoto, appoggiato ad un remo, che galeggiava sulle acque, che gli riuscì di afferrare , sebbene due leghe circa discosto da terra, per essere andata iu fiamme la Galea nemica. ■;., DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPlOiJE. jGg in un con quella su cui egli ferocemente combaltea, ripu- gna, come pare che inferir voglia il Tiraeoschi, a quanto riferiscono il SaBellico , e gli altri Storici Veneziani,, anzi Ferdinando medesimo , cioè che i Veneziani sieno rimasi scoulitti. Perciocché, quantunque il Capitano di mare Colombo detto il Giovane , avesse perduto una Galea delle sette del suo stuolo, tutte quattro le loro galeazze convien dire che abbiano perdute i Veneziana, incendiate o predate, attesoché riuscì al Vincitore di mettere in terra svaligiati tutti gli uomini , che erano sopra di esse. Questo prova bensì soltanto quanto liero ed ostinato sia stato il combattimento. Anche il celebre Lejbkjzio riferisce una lettera di Ferdinando Re di Napoli, scritta nell'anno i474 ^ Lo- dovico XI Re di Francia, in cui si lagna, che fossero state prese due Galee, che faceano vela verso le Fiandre, , i^^'»''': ^^• da Colombo Capitano di mare, al soldo 'di esso Re pTj^'^'s^^"' Luigi, colla risposta del Re di Francia, in cui, benché ne prometta la restituzione, scusa con tutto ciò il suo Capitano. Sbaglia però il Leibnizio nello spiegarsi che jucuniumtrit la m guisa, che sembra, che da lui si credesse, che Vipi.Prndr. 17 affarti Ci"f^oÌt* questo Colombo, che militava in mqre a' servigi di Luigi cero si ex ejus litis Actis monumenta idipsum probantia in lucem edanlur ?( cioè che il Colombo fosse Monferrino), ot hanc Spartam adomahil vir et ingenio et eloquentia clarissimus : colle quali parole fece allusione al fu Canonico De-Giovanni, il solo Letterato, che SI sappia che allora ìi possedesse. {V.MomvUDUS monumenla Aguensia, pari, li, col. 773 — 1790. DI GIANFRANCESCO GALEANI KAPIONE. l85 CAPO Vili. Ragguaglio della Lite insorta in Ispagna per la suc- cessione del Maggiorasco instituilo da Colombo , da cui risulla , che hi patria di lui fu Cuccuro in Monferrato. Certa cosa si b, clie molto più dilettevole lavoio sa- rebbe il ricavare dagli Storici classici dell' anlicliilà , o delle colle moderne Nazioni di Europa , e da libri ele- ganti di argomento o letterario, o filosofico, i fatti di cui si abbisogna , come per lo più si fa da' Critici e dagli Autiquaij , piuttosto che da Scritture forensi, e da allegazioni di Dottori pragmatici. Non sono queste al certo deliziosa lettura; non sono né Livio, né Tacito. E se parlar vogliamo di Storia, e di Storia Genovese, assai più gradita fatica riuscirebbe il rivolgere le Storie del FocLiiiTTA , o del Bonfadio. Ma, per cercare e sta- bilire una verità sulle basi le più solide, io son d'avviso, che non vi possa essere mezzo più sicuro, quanto sia quello di una controversia forense, da cui dii)enda la decisione di una lite di gran momento, che si agiti tra persone facoltose e potenti. Gli sforzi della Critica ani- mati dall'interesse si spiegano in tutto il loro vigore, e le ragioni , che si possono allegare, sia da un canto, come daU' altro si espongono in pieno lume , ed i più minuti fatti e circostanze, che favorire, o sfavorir possono la l86 KACCUACLIO DEIXA I.ITE EC. , CAP. VJII, causa , vengono con occhi lincei notomizzafi. Da queste Abbandonate carte pertanto ed inamabili , alle quali un Ciceroniano elegante, od un purista nostro Petrarchesco, sarebbero per poco tentati di adattar quell' aggiunto niente pulito, con cui Catullo notò gli Annali di VoLusio , vedremo sorgere la verità pura e candida, » Come da fctid'erba nasce il giglio.» Se r instituzione de' Maggioraschi , da' più savj Scrit- tori di cose politiche si tiene comunemente, che abbia recati gravi danni agli Stati, ed alle Nazioni; e se, ben lungi dal giovare alla perpetuità delle Famiglie, fa sì, che assai piìi presto vengano a spegnersi , siccome av- venne alla discendenza di Colombo , mancata prima del fine del Secolo stesso, in cui egli movi, fu però questo ordine di successione favorevole a noi in quanto, me- diante un Maggiorasco ordinato da Cristoforo, e mediante le controversie che ne insorsero , si conservarono i monu- menti incontrastabili della origine sua Monferrina. Tanto è vero non esservi cosa si cattiva, che non porti seco alcun bene. Qualora pertanto da queste Carte apparisse ad evidenza , che da persone , le quali avcnno sommo interesse per provare che il Colombo non fosse discen- dente dalla Famiglia de' Feudatarj di Cuccare in Mon- ferrato, siasi dovuto concedere, che tale ei fosse ; e quando ciò abbiano dovuto confessare, dopo essersi in tutti i modi studiati per escluderlo , e dopo aver potuto esigere le più rigorose prove, a me pare, che tale verità, Beli" ordine delle verità morali, debba ravvisarsi per una DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 187 di quelle, che maggior grado di certezza non possono ricevere, he altre verità storiche riposano soltanto sulla i'ede degli Scrittori; questa sulla evidenza del fatto, che noa si è potuta contrastare da chi fece ogni sforzo per opporvisi. Vi è pertanto tra la maggior parte delle verità storiche, e quella, di cui si tratta, la diHereuza che passa tra un fatto , intorao alla verità di cui non si è pro- ceduto a particolar esame, ed un fatto stato sottoposto alla discussione la più severa ; e quindi dovuto ricono- scersi per vero, per sentenza non solo imparziale , ma estorquila dalla forza della verità slessa , e proferita da Avversar] interessati, ed impegnati a sostenere l'asser- zione contraria. Che la cosa sia così non è difficile, ne lunga opera richiede il dimostrarlo. Resta indispensabile soltanto il premettere un breve ragguaglio della controversia agi- tatasi in Jspagna. Ad ogni modo, a diminuirne il tedio contribuirà il curioso argomento, e lo scopo che ne forma l'oggetto, che è nulla meno, che conquistare il vanto di aver prodotto il Colombo. Da' Monarchi di Spagna, Ferdinando ed Isabella, impetrò Cristoforo Colombo la facoltà d' instituire un Maggiorasco splendidissimo , eoa Privilegio accordatogli nell'anno 1497 da que' Regnanti; ducchè allora non si ardiva , senza una legge speciale de' Sovrani offendere in certo modo le leggi della natura. Nell'anno seguente 1498 fece Colombo il suo Testa- I mento , in cui institul un Maggiorasco, al quale, dopo i inaschj legittimi più prossimi, furono chiamati gli agnati l88 RAGGUAGLIO DELtA LITE EC. , CAP. Vili, della Famiglia. Dicesi poscia che uu altro Testamento eì facesse nell'anno i5o2, lasciandolo in custodia nel Mo- nastero di Siviglia de Las-Cuevas, Testamento confer- mato finalmente con autentici Codicilli dell'anno i5o6, in cui resta ripetuta l' instituzione del Maggiorasco. Com- prendea questo Maggiorasco quelle amplissime dignità , dritti e possessioni , che avea pattuite il Colombo col Re Cattolico per premio della sua magnanima impresa, considerata come superiore alle forze umane , con tal no- bile confidenza, come se appunto, già prima della sco- perta, egli medesimo del Nuovo Mondo ne fosse il possessore. Erano adunque queste la dignità di Ammi- raglio dell'Oceano, di Viceré, e di Governatore per- petuo sia della Terra ferma, che delle Isole scoperte, col diritto che a lui spettar dovesse la decima delle cose tutte ritrovate , in qualità d' Inventore , ed in oltre la terza parte di esse, come Ammiraglio, di tal fatta, che di trenta parti, tredici spettar ne dovessero all'Ammi- raglio, il rimanente al Re Cattolico. Morto Colombo, ebbe il possesso del Maggiorasco D. Diego suo figliuolo; a D. Diego succedette D. Luigi. Questi ebbe lite con Carlo V Imperadore sul particolare delle cose scoperte, sul modo di partirne le entrate, e sul modo di conferir le cariche, sia come Viceré, che come Governatore. Fatto compromesso in un Cardinale , il medesimo pro- nunciò il suo Laudo, a cui acconsentirono l'Imperatore Carlo V, ed il prenominato D. Luigi. Si dichiarò nei Laudo, che a D. Luigi, in vece della dignità di Viceré, DI CIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. l8r) verrebbe accordata l'isola della Giamaica ia titolo di Marchesato, ed in vece di quella di Governatore, ven- tiquattro leghe in terra ferma nella contrada detta Bc raglia in titolo di Ducalo ; e che aunualineule gli do- vessero venir pagate dieci mila doppie in oro in per- petuo dalla Camera delle Indie , in luogo della decima convenuta nella Capitolazione. Del resto , che ritener dovesse D. Luigi Colombo il titolo, co' diritti di Am- miraglio delle Indie, salva nel restante interamente la natura del Maggiorasco. Dopo questo D. Luigi Colombo mancato senza figliuoli raaschj , fu possessore della pri- mogenitura un altro Diego, nipote di D. Luigi, pei' via di Cristoforo suo fratello. Questo D. Diego fu l' ul- timo dei discendenti maschj in retta linea del celebra- tissimo Cristoforo, avendo cessato di vivere ncll' anno 1678, settantadue anni soli dopo la morte dello Sco- pritore delle Indie, senza lasciare dopo di se prole di sorte veruna , nò maschile , ne femminile. Fiera lite si accese tantosto, appena spirato l'ultimo possessore della primogenitura , tra parecchie persone intorno alla inter- pretazione delle parole del Testamento, con cui Co- lombo avea iustituito il Maggiorasco. Rispetto al qual Testamento è da notarsi, che si rinvenne bensì quello dell'anno 1498, ed i Codicilli del i5oò', ma non riuscì di rinvenir l'altro Testamento succennato del i5o2. Quanto io son venuto sia qui divisando si è ricavato coiumba oìUgL'. 1 11 A 11 • • - i\ * 1 • 1 II* inCattsaDttcatus esattamente dalle Allegazioni stampate in ftladrid nellanno He.a^uac a a,,-^ — , . v- • r-» Tii-rurnm Matrìli 1 5q4 in favore di Baldassarre Colombo. Chi fosse Bai- s..b die s uciot. igo RAGGUAGLIO DELLA LITE EC. , GAP. Vili, dassarre, e quali gli Avversar) suoi, non da semplici Alleganze di Giurecousulti , ma dal Diploma dello stesso Re di Spagna chiaramente si raccoglie. E questo uua Lettera del Re Filippo 11 al Duca di Mantova , allora al possesso del Ducato del Monferrato , in data dei 4 di Ottobre dell'anno i583. Si accenna in essa, che pen- deva lite avanti al Consiglio Reale delle Indie tra D. Cristoforo di Cardona Ammiraglio di Aragona, Donna Francesca Colomba , D, Alvaro di Portogallo Conte di Gelves, Donna Giovanna di Toledo Vedova del fu D. Luigi della Cueva, e la Badessa, Monache, e Monastcì'O della Villa di Vagliadolid , e Donna Maria Colomba, Monaca Professa nel detto Monastero , e D. Cristoforo Colombo, sopra la tenuta e possesso del Ducato di Beragua , Marchesato di Giamaica , ed Ammiragliala delle Indie. Si aggiunge essersi opposto D. Baldassarre Colombo , dicendo , eh' era egli chiamato ad esso Mag- giorasco, e che a lui apparteneva la tenuta e possesso di quello Stato. Siccome per provare l' inten/ion di D. BaldassaiTe si aveano ad esaminare testimouj in Mon- ferrato , richiede perciò il Re Filippo il Duca , affinchè desse ordine per farli esaminare da' suoi Magistrati entro il termine di sei mesi, esigendo da ciascheduno di essi testimoni il giuramento in debita forma, per conto degli interrogatorj , che per parte del D. Baldassarre venissero loro fatti, per essere poscia quegli esami rimessi al pre- detto D. Baldassarre, onde, presentandoli al Supremo Tribunale di Spagna, ottener potesse giustizia. DI CIANFRANCESCO GALEANI KAPIONE. igi Da questa Lettera del Re Filippo II appare , che ncll'anao i583, vale a dire cinque soli anni dopo la morte di D. Diego Colombo, ultimo della discendenza maschile legittima del famoso Cristoforo ( poiché l'ultimo D. Cristoforo annoverato tra' Pretendenti al Maggiorasco, era figliuolo spurio del D. Luigi ) già entrato era in lite il D. Baldassarre. Da' Capitoli poi annessi alla pre- fata Lettera del Re di Spagna, ed intorno a' quali si aveano ad interrogar i Testimonj da esaminarsi (per toccar soltanto i sommi capi di essi) appare, che i punti di fatto, da accertarsi mediante i medesimi, erano sostanzialmente, che il D. Baldassarre era dell'antica Fa- miglia dei Colombo Cousignori di Cuccaro in Mon- ferrato : che discendeva egli da comune stipite col fa- moso Cristoforo: che l'Avolo dello Scopritore delle In- die era Quadritavo di D. Baldassarre : che Domenico Colombo nominato in iscritture pubbliche tra' Consignori di Cuccaro, fu Padre di Cristoforo succenoato ; e per ultimo, che era cosa pubblica, ed a tutti manifesta , che Cristoforo Colombo era discendente dai Colombi del castello di Cuccaro. Oltre a questi principali punti do- veano pure esaminarsi i testimonj intorno a diverse particolarità concernenti la Famiglia dei Colombi di Cuc- caro; i rami che da quel ceppo eransi divisi e stabiliti in diversi Luoghi, i Parentadi e le diverse vicende della Famiglia; e come Cristoforo, perle Parentele che erano tra il Casato de' Colombi di Cuccaro, ed i Genovesi, e per la vicinanza della Città di Genova, tenuta per la 192 KACGUAGLIO della lite EC. , CAP. Vili, Capitale della Liguria, e per la pratica che teuca co' Ge- novesi per mare , potè chiamarsi Genovese , tuttochò fosse del castello di Cuccare. Vennero esaminati i testimonj da un Senatore * Dele- *>■• «47. gato del Duca di Mantova , ed avanti due Notaj , Segre- tari del Senato di Casale di Monferrato , e la legalità di quegli Atti venne comprovala coli' autorità del Senato, e con quella eziandio del Vicario del Vescovo di Casale. Lunga cosa sarebbe il riferire partitamente le risposte di essi testimonj , e le riflessioni e difllcoltà messe in campo dagli Avversar) , e le repliche , che per parte del D. Baldassarre vi si fecero. Mi basterà per ora , per ottener il mio intento , e per isciogliere ogni questione intorno alla Patria di Colombo, il diro , che , dopo essersi prodotto nella Causa in Ispagna il risultato di questo esame, benché la lite proseguisse circa altri punti, per quello che si aspetta alla gloria dell' antico Monferrato , gli Avversar) di Baldassarre Colombo furono costretti a darsi per vinti, ed a confessare, che il celebratissimo Cristoforo Scopritor del Nuovo Mondo, era uscito da' Signori del castello di Cuccaro; e ciò quantunque questo punto fosse di tale importanza, e di tale natura, che, ove fosse loro riuscito di far nascere intorno ad esso dubbj alquanto fondati, non si sarebbe più fatto luogo alla discussione degli altri punti. In questa maniera * Fu questi il Senatore Ferrari Piacenliuo, ♦ DI gianfrancesco galeam napione. igS adunque que' potenti Magnati delle Spagne, che con tanto calore per lo possesso di tante ricchezze litigavano contro D. Baldassarre, per ciò che si appartiene alla contro- versia intorno alla Patria di Cristoforo Colombo, pro- ferirono in favor nostro la più giusta, la più impar- ziale Sentenza. I punti discussi in quella Causa , e che si sostenevano dai Difensori di D. Baldassarre erano cinque, come ri- Gulta dalle mentovale Allegazioni pubblicatesi in Ispagna nel 1094; primieramente che Cristoforo Colombo potè instiluire il Maggiorasco , e nel modo, che venne da lui instituito; 2.° che appariva ad evidenza qual fosse la volontà sua intorno a questo particolare dal suo Te- stamento e Codicillo; 3.° che a tenore tanto dell'uno, come dell' altro di quegli Atti , restavano chiamati alla Primogenitura i maschj agnati legittimi della Famiglia; 4.° che D. Baldassarre Colombo avea provato ad evi- denza esser egli Aguato maschio e legittimo della Fa- miglia del Testatore; 5." finalmente, che niuno era com- parso più prossimo di lui , e che i Collitiganti restavano esclusi come incapaci. Il punto dell' Agnazione si è quello che unicamente a noi preme, che si decidesse favorevol- mente. Ma circa a questo , le prove furono appunto così convincenti, che non fu d'uopo di Sentenza veruna, e dopo essersi esaminate, come risulta dal Sommario, colla più scrupolosa esattezza e sottigliezza dettata dall'inte- resse degli Awersarj , dacché, come è detto, se si fatte prove si fossero potute soltanto infievolire ad un segno 25 194- RAGCUACLIO DELLA LITE EC. , CAP. Vili, da porre la cosa in dubbio, cadeva a terra ogni pre- tensione di D. Baldassarre, le trovarono di tal peso, che, senza aspettare Sentenza di Magistrato , furono essi Avversar) dalla evidenza di esse costretti ad ammetterle per concliiudenti. Tanto si raccoglie dalle Allegazioni precitate, dove dicesi, che questi punti, vale a dire, che Baldassarre Colombo Consignore di Cuccaro, fosse maschio agnato legittimo , e della Famiglia del Testatore, si erano provati cosi pienamente, che non potevano ri- cevere grado maggiore di evidenza , dappoiché gli Av- versar) , non solo tacitamente vi acconsentivano , ma aveano espressamente riconosciuto D. Baldassarre come tale , secondo che ne risultava dal Processo , ne altro vi opponevano, se non se esser egli in grado assai riraoto*. Non è questo il solo riscontro che si abbia, che gli Avversar) di D. Baldassarre siensi acquietati intorno al punto succennato , ed abbiano ammesse per convincenti le prove da lui addotte per dimostrare Tagnazion sua collo Scopritor dell' America. Trovandosi Baldassarre Co- lombo in lontan paese , impegnato in così dispendiosa Lite contro personaggi sì grandi, chiese, mentre questa * « Hscc aiilpm (srilicet D. Ballhasarem mascukim legitiinum , et d» » Familia Teslaloris esse) nullo modo plenius probari poluerant, quam » probata sunl, ciim Partes Colliliganles, non modo tacile consentiant, sed » exprcsse admiltant D. Balthasarem uti talem , neqtio aliiid illi opponant, » quaiu esse in gradu adoiodiim remoto , ut in Processa ». Allegazioni precitate stampate in Madrid nel i594. DI GIANFRANCESCO GALEANl NAPIONE. 1^5 vertiva , gli alimeuti sul fondo che cadeva in Lite , per essere egli male agiato di beni di fortuna , ed aver do- vuto spendere tutte le sue sostanze nel promovere le sue ragioni. Tra i diversi motivi allegati da lui per ottener tal cosa, in un Memoriale, che trovasi pure stampato ed unito al Sommario della Causa, uno si è, che le Parti contrarie vi acconsentivano , e confessavan tutti esser egli agnato di Colombo come constava , ed il te- nevano per provato , soggiungendo soltanto , che era egli in grado rimoto *. Nello stesso Sommario poi, {or- matosi sin dall'anno 1684, si pone per base, che D. Bal- dassarre discendeva da un comuu ceppo con Cristoforo Colombo, poiché Lancia Colombo Signore del Castello di Cuccaro, il quale fu Avolo paterno del rinomatissimo Ammiraglio Cristoforo Scopritore delle Indie, fu Qua- dritavo di D. Baldassarre; e cjuesto articolo del parentado di D. Baldassarre con Cristoforo Colombo è ricavato dal Memoriale di fatto , che risulta concertato colle Parti avversarie**. •«Constando, come consta, que todos lo conncssan y lo tiene provadQ, » solo dizen que es mas remolo y apartado ». Memoriale ài D. Baldassarre Cozomko. ** Il Sommario Spagiiuolo comincia in questi precisi termini « Don Bal- » thasar Colombo de los Segnorcs del Castillo de Cucaro , que es en » Italia, eii el Ducado de Monferrato en 12 Enero de l'ano passado de » i583 .... se opuso al pleyto del Estado de Vcragua, diziendo ce rf E dopo segue così — Porque su parcntesco y decendencia del Fundador e» 4> uua misma , pues ambos dicieudeu de una cepa y tronco , que fuc Lan^a ÌC)6 RAGGUAGLIO DELLA LITE EC, CAP. Vili, Dobbiamo adunque riguardar come decisa a favor nostro la controversia , dopo una confessione così aperta ricavata per forza della verità, dalla bocca di chi avea il maggior interesse per contrastarla, e dopo aver posti in pratica tutti i piìi studiati argomenti per porla in dubbio; e potrà ciascuno di noi esclamare, con intima compiacenza , come già Archimede , ho intronalo. Do- vrebbe pur compiacersene quel colto Signore diLangeac, che dettò una bella Epistola in versi Francesi riguardante il Colombo , coronata negli anni addietro dall' Accade- mia di Marsiglia, nel ravvisare, che la Famiglia di quello uomo immortale non ebbe né la oscura origine eh' ei presuppone, ne la breve durata di poco piìi di settanta anni, com' egli si dava a credere; che anzi sussisteva molto prima del Colombo , ed avea già prodotti uomini di chiaro grido, segnatamente nella Milizia Navale , e sussiste tuttora nell'antica sua prima sede nel Monferrato*. ») Colombo, Segnor de la Villa y Castillo de Cucaro, el qual fue Abuelo » paterno del dicho Almiranle, y quarto Abuelo del dicho D. Balthasv- * COLOMB dans ces feri, aprls la découverte de VAmirique. Épitre qui a remporti le prix de rAcadémie de Marseille , précède d'un précis historique tur CoLOBiB, par liU te Chef, de Langeac, in 8,<>, Paris 1782. DI GIANFRAKCESCO GALEÀNI NAPIONE. ign CAPO IX. Eslrallù del Consulto del Sordi nella Causa della successione del j\Iaggiorasco insdluito da Cristoforo Colombo. Che r Autore della Storia di Piacenza Pier Maria Campi non abbia saputo veder la luce del vero , che sfavillava dalle Carte eh' ebbe avanti agli occhi, giacche, se a lui note non furono per avventura le Allegazioni succcnnate pubblicatesi nell'anno i5g4, vide però il Sommario della Causa per la successione del Maggio- rasco fondato da Colombo , stampato in Madrid nel iSgo, non ne faremo meraviglia nessuna*. La preven- zione che il Colombo fosse Piacentino, e l'impegno di non trovar in esse Carte ciò che era contrario al suo intento ; in somma la lodevole , ma ingannatrice passione dell' amor della Patria , gli fece velo all' intelletto. Molto più singoiar cosa si è, che I'Alghisi, il quale ebbe la * Il Campi non solo avea gi;"l fissato il suo sistema, ma avea in oltre, come confessa egli medesimo, stesa gran parte del suo Islorlco discorso circa la Patria ili Cristoforo CoiOMEo , quando gli capitò il Sommario Spa- glinolo ( V. p. 243 ) : fece pertanto a un dipresso quello , che diccsi che facesse certo Storico , quando , speditegli le Memorie originali di un asse- dio da inserirsi nella sua Opera , mentre 1' avea già immaginato e descritto a suo senno , rispose jncrescerli , che tali Memorie giunte fossero tardi , e che il suo assedio era già fatto. ICjS ESTRATTO DEL CONSULTO DEL SORDI EC. , CAP. IX, sorte di aver fra le mani tutti questi Documenti , e che intendeva valersene per assicurar al Monferrato la gloria di aver prodotto il Colombo , non abbia saputo trarne partito. Dico cosi , perchè in quel lungo Articolo dove tesse la Genealogia de' Signori Colombo Feudatarj di Cuccaro, parla bensì della gita di Baldassarre Colombo in Ispagna per promovere le sue ragioni , onde conse- guire il possesso del Maggiorasco posseduto dall' ultimo Duca di Beragua; ma di ciò che forma il più stringente argomento , per provare che il Colombo fu infallante- mente della Famiglia de' Feudatarj di Cuccaro, non tocca né punto nò poco ; e questo consiste nello essere stato riconosciuto ccncordemente da tutti gli Avversar) suoi , come Agnato del Colombo, ammessione , la quale, come si è veduto , furono loro malgrado costretti di fare ia forza delle più rigorose prove e minuti esami presentati Aighisi si.r ^^^ Baldassarre. Anzi col conchiudere che fa I'Alghisi p.'ii.'iib.u,°j'!,'.',.' ^^ nari-azion sua dicendo, che Avversar] così grandi e potenti, quai erano quelli, con cui Baldassarre piativa, condussero la Lite per lo spazio di ventisette anni , onde vi lasciò egli la vita; e che, sottentrato ad essa il Figli- uolo, con ricevere dodici mila doppie, fece accordo eoa essi, e si partì di Spagna ^ ritornandosene alla sua Patria, rende dubbioso ciò che è fuori di controversia. Sembra in questa guisa , che il punto della Lite, su cui si venne ad un tale accordo, fosse l'essere, o non il Baldassarre Agnato del celebre Cristoforo Colombo ; quandoché il nodo della questione, come si è mostrato, si era ridotto, DI GIANFRANCESCO CALEANI NAPIONE. igg non già a contrastargli l' agnazione collo Scopritore dell' America (intorno al qual punto di fatto non era rimasto dubbio nessuno), ma bensì a determinare, se, a seconda delle parole del Teslamcnto di Colombo, chia- mato fosse al Maggiorasco un discendente da uno Zio pa- terno del Testatore, a preferenza delle Figlie discendenti dal Testatore medesimo ; punto di ragione assai più difficile ed arduo , posta la sottigliezza de' Giureconsulti neir interpretare le parole e le intenzioni de' Testatori , e perciò soggetto al dubbio evento di una Sentenza , tuttoché accertato si fosse il punto dell' agnazione di Bal- dassarre Colombo. Eppure quelle Carte ebbe 1' Alghisi tutto r agio di esaminarle, avendone avuto copia da As- canio Colombo Consignore di Cuccaro, ed uno degli Antenati de' viventi a' giorni nostri. Forse l' essere quel Sommario in lingua Spagnuola, ed il trattarsi di que- stione giuridica co' termini usati nel foro, fu il motivo per cui il buon Religioso Agostiniano non vi si internò più che tanto. Ma che diremo noi, se, prescindendo da queste Stampe Spagnuole in Italia rarissime , si presentasse altra Scrit- tura forense , da cui tal cosa giù risultava pienamente ? Scrittura pubblicata sin dal Secolo XVI , di un Giure- consulto nostro Piemontese, i cui Consulti si ritrovano quasi in ogni Biblioteca de' nostri As'vocati ? Ciò non pertanto , dello aver ignorato questo nuovo irrefragabile Documento per provar la Patria Monferrina del Colombo, non ne darò biasimo né al Tirabosciii , ne ad alcun 200 ESTRATTO DEL CONSULTO DEL SORDI EC, , CAP. IX, altro Letterato , che abbia scritto intorno a questa con- troversia famosa. Il trovarsi si fatta memoria preziosa sep- pellita in quegli immensi Volumi in ira alle Muse , era lo stesso come foro, che si giace nelle viscere delle mon- tagne le pili scoscese; e quando si tratta tra' Letterati di libri, non si tratta mai di quelli, clic da' Giureconsulti medesimi non sono tenuti già in conto di libri da leg- gersi e da studiarsi, ma piuttosto di semplici materiali stroraenti da venir adoperati al bisogno. Eppure non solo dalle antiche piìi rozze Leggende , che alla fin fine sono libri appartenenti alla Storia , si ricavano notizie riguar- danti il Governo, i costumi, e la Storia delle età rozze, inn eziandio s'incontrano queste ne' volumi ponderosi ed indigesti , e massime ne' Consulti de' Giuristi della Scuola antica di Baldo e di Bartolo , che , anche ne' Secoli di eleganza e coltura, come furono il Secolo XV, ed il XVI , perseverarono , e perseverano tuttora ad armarsi da capo a piedi di barbara dottrina. Sento che v' abbia chi, non lasciandosi sbigottire da questo ostacolo for- midabile , abbia, con tanfo pii!i benemerita , quanto piìi dura, anzi Erculea fatica, ricavato da questo sconosciuto fonte, facendo spoglio esatto di sì fatto genere di libri, molte peregrine notizie patrie, che servir potrebbono , e giovar moltissimo a chi prendesse una volta a dettare una Storia del Piemonte*, Opera, che attesa la non * È slata stampata di fresco una Storia del Piemonte dell' Abate Denina in Gerraanla; ma è uscita alla luce in liagaa Tedesca. DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 20I cuianza della maggior parte , e la incontentabile accu- ratezza di alcuni pochi , manca tuttora allo nostre contrade. Ad ogni modo, venendo al particolare del Colombo, quegli che ci conservò una irrefragabile prova della Patria di lui ne' suoi Consulti, si è GiovanPietro Sordi di Crescentino Senatore nel Senato di Casale, che norl verso il fine del Secolo XVI , vale a dire del Secolo slesso in cui mori il Colombo, ed ebbe a dettare per buona sorte un Consulto, nel mentre che agitavasi in Ispagna la Lite tra Baldassarre Colombo, e que' potenti Magnati Spagnuoli. Non ostante che venga il Sohdi detto dal nossoTTi Dottore di gran fama, e non ostante gli scripi. Pedcm., Epigrammi in lode di lui , di due Letterati Monfcrrmi Stefano Guazzo Autor della Conversazione civile, e di Rime e Prose, e di Annibale Magnocavalli interlocutor ne' Dialoghi della Conversazione civile, e non ostante le replicate edizioni che si fecero de' suoi Consulti*, io non avrei forse mai cercato quel Volume, se non mi fosse stato additato il Consulto che riguarda il Colombo, di cui stimo buona cosa il presentarne un succinto estratto. Prima di tutto però si vuol riflettere, che quello, che * I Consulti del Sordi furono stampati secondo il Rossotti in Torino ed iu Venezia nel iSSg; ve ne ha altra edizione posteriore di Francforl. 11 titolo di questa, che ho sotto gii occhi, si ò il srguenle — Comiliorum Domini Joan. Petri SuRni I. C. et Senatori! preeclarissimi lib. II, Francoforti i6i6, V. Cousilium CCXLI, pag- 8oo e scg. 26 202 ESTBATTO DEL CONSULTO DEL SORDI EC. , CAP. ÌX, nella controversia intorno alla Patria del Colombo, ci dà vinta la Causa , non è già V eloquenza , ma il silenzio del Sordi. Stese egli il suo Consulto , dopoché da Bal- dassarre Colombo eransi già presentate le prove della agnazion sua col celebre Cristoforo Colombo. Essendo questo fatto la base di tutti i suoi ragionamenti, sì darebbe altri a credere, che si diffonda il Sordi per provarlo. Eppure intorno a questo punto non si trova neppure una sillaba nel suo Consulto. Qual prova mag- giore, che in Monferrato il Colombo fosse tenuto senza dubbio nessuno come della Famiglia de' Signori di Cuc- caro? E quello che è più, in qual modo si può dimo- strare più ad evidenza tal cosa, come colla intera e piena acquiescenza degli Avversai)? Acquiescenza che risulta dal non farsi parola dal Sordi intorno a sì fatta questione, quantunque questa questione medesima , secondo quello che appare dal Sommario , si fosse agitata col maggior calore, e mettendo in opera tutta la sottigliezza la più minuta, per non dir cavillosa, della Critica Forense. Non voglio poi lasciar di avvertire una particolarità, che mi sembra da notarsi in quel Consulto , e si è , che l' entu- siasmo dell' amor della Patria , che non potea a meno di eccilarsi parlando di un uomo qual fu Cristoforo Colombo , non giunse in nessun modo a riscaldare il Giureconsulto Consulente. Con freddissima imparzialità tanta, e sì mirabile parla egli di Cristoforo Colombo, che, non solamente mai non lo qualifica per Iscopritore del Nuovo Mondo, ma nemmeno gli è cortese di na bre- DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONK. 2o3 vlssimo aggiunto di illustre , o di celebre ; ben diverso in ciò dal Giureconsulto Spagnuolo, che stese le Alloga- zioni stampate in Madrid ; il che non già ad artificio del Giureconsulto nostro Monferrino io attribuisco , ma bensì a quella Stoica indifli-renza, connaturale agli uomini di quella professione, per tutto ciò che non riguarda di- rettamente il punto, di cui trattar debbono. In questa guisa l'Avvocato di Baldassarre Colombo, per rispetto alia gloria, che pofea venirne alle nostre contrade dallo esser Patria dello Scopritore delle Indie, lascia traspa- rire , senza artificio nessuno, una tale e tanta piìi che Filo- sofica insensibilità, che intorno a questo particolare alle- gar si potrebbe por testimonio non sospetto, nulla meno, che se fosse nato egli medesimo nelle Indie. Ma venendo una volta al punto, ecco quali sieno le questioni agitate dal Sordi nel suo Consulto, e con qual ordine vengano discusse. Premette egli, che la disposi- zione , o sia Codicillo di Cristoforo Colombo , scritto nell'anno i5o5, di cui constava per rogito di Notajo in Vagliadolid dell'anno seguente i5oG, era valido ; atte- soché, quantunque si riferisse ad un Testamento da lui anteriormente fatto nella Città di Siviglia , conteneva però ciò che asseriva in esso Testamento aver egli ordi- nato. Stabilisce perciò il Sordi non potersi porre in dubbio l'instituzionc, e la sostanza del Maggiorasco. Pre- messa adunque la validità della disposizione, ecco il punto della difficoltà, intorno a cui si aggira il Consulto del Sordi. Trattavasi di determinare , se al Maggiorasco precil. ti." II 204 ESTRATTO DEL CONSULTO DEL SORDI EC, GAP. IX , instituito da Cristoforo Colombo fosse chiamato Baldas- sarre Consiguore del Castello di Ciiccaro, e se dovesse venir preferito alle Femmiue, ed a' discendenti per mezzo di linea femminile. Prende perciò, secondo il consueto stile de' Giuristi , ad esporre prima le ragioni che alle- gar si potevano contro il suo Cliente Baldassarre Co- ecTi^'N°3°1d ^°^i^<^> 6 ^i''"* queste non vi ha neppure un cenno, che lasci trasparir che si dubitasse esser egli vero Agnato del famoso Cristoforo Inslitutor della Primogenitura. I principali motivi, che si adducono come messi in campo dagli Avversar] per escludeilo , sono bensì i se- guenti. E primieramente perchè , sebben Cristoforo Co- lombo avesse instituito un Maggiorasco de' suoi beni, lo avea instituito soltanto tra' suoi Discendenti, ed in man- canza di questi tra i Discendenti de' Fratelli suoi proprj : ne da. lui si nominano altri Aguati: che chi dicesse, che il Maggiorasco conteneva eziandio questo caso , era tenuto a provarlo , essendo., come dice il Sordi con aurea i.ra*us"sUo"o5U5 schiettezza, il Maggiorasco odioso, e fuori delle regole »el exorbilans a 1 i t-v •., t . ., . . ,, ireguiisjurisco- del JJu-itto comunc ; doversi perciò interpretare stretta- vmiinis , slricle i \ rr i -i t~v ■ i «debei inierpre- meutc , amuciie Hicno oHeuda il comune Diritto; e che Ilari , ul uiinus »ia:dat jus co- quautunquo Cristoforo Colombo , dopo aver enumerate Comii. cit. ig persone de' Figliuoli e de' B'ratelli, aggiunga*; Che * Le parole precise di quel Codicillo si hanno in un Albero de Colombi di Cuccare, che, mentre aoitavasi la Lite iu Ispagna, comparve in Pia- cenza, e vien recato dyl Campi che allora vivea, nel suo Discorso isjft- DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 2o5 a' intenda così di uno in altro il Parente più pros- simo della sua linea ; tuttavia dovei-si iutendere quelle, parole rispetto a' discendenti da'Figliuoli e da' Fratelli , non mai in maniera, che altri, oltre a questi, s'inten- dano chiamati. In secondo luogo , perchè il Maggiorasco venne instituito sotto la condizione , se il D. Diego pri- mogenito di Cristoforo, ed altri primi chiamati, fossero morti senza prole ; ora siccome il D. Diego avea lasciati Figliuoli, per conseguente le susseguenti instituzioni fatte, si aveaao da tener come fatte sotto la condizione della mancanza de' Figliuoli. In terzo luogo fioalménte, perchè il IMuggiorasco non si estende al di li del quarto grado , ed il Baldassarre Colombo né si trovava entro la quarta generazione, uè trovavasi congiunto entro al decimo grado col D. Diego ultimo possessore, e per questa coricirca la Patria di Cristoforo CoiOMBO : ( Istoria universale di Piacenza tom. HI, p. 237). Eccole fedelmente trascritte «Io feci il mio raro figlio « D. Diego hercde di tulli li miei beni, che io avea de juri et de liere- »dilA, de quale ne feci Majorazgo, et non havendo lui figlio liered© «maschio legitimo, che herediti D.Fernando mio figlio per la medesima » munera ; et se lui non haverii figlio hercde legitimo maschio , eh' here- » diti l'altro mio Fratello, che s'intenda così de uno all'altro il Parente ■n pjìi prossimo olla mia linea, (parole recate dal Sonni) et questo sii per «sempre, et non herediti Donna, salvo se mancasse che non si trovasse »huomo, et se questo occorresse, sii la Donna piii prossima alla mia linea». Le parole recate dal Sonni nel suo Consulto pienamenlc conformi a questo articolo di Codicillo , ne dimostrano sempre più 1' autcnticil;i , il che rileva assai lo avvertire, per rispetto a quello , che dovremo dire i« progresso de' supposti Testamculi di Colombo. Sorili Consti, ril. N.' Il e 19. 206 ESTRATTO DEL CONSULTO DEL SORDI EC, GAP. IX, ragiooe printìipalmente doverne venir escluso : pcrcioccliè «ella successione de Maggiorasclii si ha riguardo alla persona dell' ultimo gravato. Queste erano le ragioni che si allegavano contro Bal- dassarre Colombo. Qual peso aver possano presso i Giu- reconsulti, altri potrà determinarlo meglio. A me sol basta, che tra queste sottigliezze d'interpretazioni, e l'egole, e massime adottate riguardanti le primogeniture, non ritrovo il menomo indizio di dubbietà inforno al punto , che non bastava in favore di D. Baldassarre , e che per noi importa il tutto, vale a dire il punto della Agnazione. Non sarà inutile ciò non pertanto lo scorrere rapidamente i motivi contrarj a'succennati , e sopra i quali si fonda il Sordi per sostenere il suo assunto; cioè che il cospicuo Maggiorasco , intorno a cui si con- tendeva spettar dovesse a D. Baldassarre ; tanto più che tra questi, nuovi riscontri ritroveremo della indubitata Agnazione de' Signori di Cuccaro collo Scopritore della America. Sostiene adunque il Sordi, che a tenor della disposizione di Cristoforo Colombo , non ostante il sin qui deltO', dovea essere ammesso D. Baldassarre al pos- sesso del Maggiorasco, a preferenza di tutti gli altri chiamati, e segnatamente dei Discendenti dalle Fem- mine. Di fatti osserva , che constava palesemente , che Cristoforo Colombo volea conservar le sue sostanze nella, propria Famiglia ed Agnazione, perche chiamò sempre i Maschj ; perchè escluse le Femmine dalla successione, semprechè vi fosse un Maschio ; perchè fece parecchi DI GIANFRANCESCO GALEANI KAPIONE. 207 gradi di sosliLuzione, ili cui chiamò sempre i Maschj; perche questa si è la piiucipale ragione , per la quale s'instituiscono Maggiorasohi , affinchè i beni si conser- vino indivisi , per decoro , onore c'grandezza delle Fa- miglie; perchè finalmente, a quest'oggetto appunto che presso i posteri rimanesse di se perpetua memoria , ed i posteri suoi venissero riputati, avea impetralo Cristo- foro Colombo dai Re Cattolici la facoltà d' instituire il Maggiorasco ; sebbene in verità diremo noi , tanto chiaro si è il nome di lui , che non abbisognava di posteri , come oscurato avea quello di tutti i suoi Antenati , ancorché in maie famosi. s . .: ; ■.. 0 Conchiude adunque il Sordi, die, dappoiché D. Bai* dassarre era della Famiglia ed Agnazione di Colombo, (ciò che a noi basta) dovea venir ammesso alla suc- cessione del Maggiorasco , esclusi gli altri Competitori , che o erano Femmine , o Discendenti da Femmine , e che per conseguente sono inabili, e non sono chiamati ad un Maggiorasco ìnstituito a favor dell'Agnazione; e che bastava per lui aver provato esser egli congiunto col Testatore , cioè con Cristoforo Colombo in ottavo grado , e col D. Diego , che fu 1* ultimo Possessore del Maggiorasco, nell' undecimo; gradi che confrontano esat- tamente con quelli segnati nell' Albero, che trovo unito al Sommario in lingua Spagnuola. Che se ciò bastar per avventura non potea per dar vinta la Causa del Mag- giorasco in favore di D. Baldassarre , basta certamente per dimostrare ad evidenza , che Cristoforo Colombo 1208 ESTRATTO DEL CONSULTO DEL SORDI EC, , CAP. IX, era uscito dalla Famiglia di que' Gentiluomini Monfer- rini, e per darla vinta a noi contro tutti coloro, che ci contrastano , che fosse egli nostro paesano. Io non mi tratterrò a riferir le obbiezioni contro la conchiusion sua , che si accinge a sciogliere il Sordi ia progresso del suo Consulto , perciocché non fanno al caso nostro. E soltanto degno di considerazione il non rin- venirsi pure, tra le difficoltà che si vengono sciogliendo da quel Giureconsulto, ombra veruna di dubbio circa l'Agnazione di Colombo co'Feudatarj di Cuccaro. Che anzi, vie più si conferma il grado preciso di Parentela, che passava tra D. Baldassarre ed il celebre Cristoforo Colombo, nel risponder che si fa dal Sordi alla obbie- zione che si desumeva dal non potersi aprire la succes- sione ad un Maggiorasco, se non è iu favore di chi trovisi entro il decimo grado; poiché replica, che D. Baldassarre era congiunto in ottavo grado * con Cristo- foro Colombo, come appariva dall'Albero dell'Agnazione, dal che ogni volta più si fa manifesto, che intorno a quest' Albero Genealogico non vi era questione veruna , ne dubbietà; e che, se vi si era stata fatta qualche op- posizione da prima , erasi in progresso risposto così vit- toriosamente, che non occorreva più nemmeno di parlarne. • « Respondeo esse advertemlum quod Don Baldassar est conjunclus » celavo gradu Don Crisloplioro , ut ex Arbore Agnalionis deprehenàitur». Sviw. Consti, cit. DI GIAnFRANCESCO CALEANI NAPIONE. 20g Non ne pcirleremo neppure noi più oltre, attesocliè il mettervi più parole sarebbe in certo modo fare sca- pitare una causa chiarissima , non essendovi spediente migliore, per rendere oscuro ciò che è cliiaro, e dubbio quello che è certo , che lo accingersi a dimostrarlo con minutezza soverchia. Del resto non ci vuol meno che il trattarsi di far nostro un uomo così grande come il CoLOAiBO , per divorar la noja di un estratto di un Con- sulto legale , e di un Consulto in fatto di Primogeni- ture , mostruosa inslituzione nata dal Gotico orgoglicv de' Secoli di mezzo, congiunto colla superstiziosa sotti- gliezza de' Giureconsulti Romani trovata per eludere le leggi; instituzione però, che ha contribuito a conser- varci , ed assicurarci il vanto di poter annoverare tra' nostri paesani 1' uomo , che abbia fatto il miglior uso delle sue vaste cognizioni , e del suo straordinario inu- sitato coraggio in una pacifica impresa, il Colombo. Non altri che il più dotto Geografo de' tempi suoi, come venne chiamato, potea concepire si vasto disegno; e di triplice bronzo, assai più che que' primi Navigatori , di cui parla Orazio , dovea aver cinto il petto , chi , con un semplice ago calamitato alla mano, osò lanciarsi il primo in seno all'Oceano immenso. *7 2 IO SOMMARIO SPAGNOOLO GAP. X , CAPO X. Principali motii>>i allegali nel Sommario della Causa agilatasi in Ispagna, per dimostrare, che Colombo era uscito dalla Famiglia de Feudatarj di Cuccar o. Tuttoché gli argomenti indubitati , e le prove , e le testimonianze , che da Baldassarre Colombo , e da chi patrocinava la Causa di lui in Ispagna si presentarono per dimostrare , che Cristoforo Colombo era uscito dalla Famiglia de' Feudatarj di Cuccaro , sieno stati di tanto peso, che obbligarono, senza aspettar Sentenza veruna, i suoi Avversar) ad arrendersi alla evidenza ; e che questo argomento solo sia così stringente, che non faccia più d' uopo di allegar partitamcnte gli altri , poiché in se li comprende ; sono persuaso ciò non pertanto , che non riuscirà discaro lo aver sotto gli occhi almeno le ragioni principali, da cui mossi gli acuti Giureconsulti Spa- gnuoli , che difendevano le pretensioni di que' Grandi clienti loro , credettero di dover cedere di buon grado quel terreno , a cui si gran parte della difesa loro si riducea, e che per noi importa il tutto. Altronde 1' espo- sizione di questi motivi, non solo gioverà a mostrare con quanta acutezza sieno state promosse le ragioni degli Avversarj nella Causa di Baldassar Colombo e nostra, onde sempre più vien fuori lucido in mezzo alle ob- biezioni, e trionfa il vero, ma in oltre non può che i DI GIANFRANCESCO GALEAKI KAPIONE. 211 riuscir grata versando iatorno a molte particolarità della vita, e delle vicende di quell'uomo glande. Il Sommario* Spagnuolo adunque contiene 1' esame de' leslimonj fattosi in Moufcrralo , in seguito alla Lettera del Re Filippo II al Duca di Mantova; le opposizioni che ad esso esame si fecero da' Patrocinanti degli Avversar] di Baldassarre Colombo, e le risposte, che per iscioglierle da Baldas- sarre medesimo si recarono. Una delle prove, che il rinomato Colombo fosse dei Cousignori di Cucoaro , è ricavata dalla fama pubblica. Di questa io ragionerò avanti ogni cosa : perciocché n'ebbe qualche notizia l'Abate Tìraboscih, ma non ne Tir=i,. sioria (ltllal.el.Ilal..'oe. tenne alcun conto, chiamandola una semplice tradizione, "'• p's- 'r^- la quale ognun sa quanto sfa fallace. Ma ognun sa pa- rimente, che questo è uno de' ronìucti artifizj consigli^Tti da' Retori, che quella fama, che si risguarda rome con- senso di un intero Popolo, e come testimonianza pub- blica, si ha da chiamare da coloro, cui e contraria, ru- n,,int;i.insi;i. more diffuso da incerto Autore, cui la credulità diede lu"'' ' ' '"'"' accrescimento. Ma il poter la fama pubblica aver diversa origine, obbliga bensì a distinguerla da'vani rumori, ma non concede mai di poterle n^gar fede, quando porta seco tutti i caratteri della veracità. E gli Storici , e i Documenti medesimi , che ci tramandano la memoria * Questo Sommario ìa Lingua Spngnuola fu stampalo in foglio ia Ma- ùm\ l'anno iìQo alli cinque di Dicembre. 2 12 SOMMARIO SPAGNUOLO CAP.'X , ' de' fatti, altro non sono, se non la fama pubblica me- desima espressa in lettere, in vece dì venir tramandata colle parole: ma nel caso nostro non trattasi di tradi- zione, trattasi della testimonianza legale di persone, che dalla viva voce de' contemporanei aveano potuto accer- tarsi de' fatti. E che ne sia il vero , che Cristoforo Colombo, ed i suoi fratelli fossero discendenti da' Feu- datari ^^1 Castello di Cuccaro, e fossero figliuoli di Domenico Colombo, figliuolo di Lancia, del qu al Lan- cia era pur figliuolo Franceschino Consignor di esso sommar.Spagn. Castello in Monferrato , da cui discendeva il Baldassarre in retta linea, è quello appunto che si ricava, e si ve- rifica mediante la deposizione giurata di trentanove te- stimoni. E questi testimonj rendono ragione dell' asser- 2Ìon loro, specificano i tempi e le persone, da cui il sentirono affermare , e sono tutti nativi de' Luoghi e Castelli più vicini a Cuccaro , come Vignale , Fubine , Conzano , e de' più cospicui del Monferrato , come Coc- conato, e la Città stessa di Casale. Merita pure riguardo la qualità de'testimonj maggiore d'ogni eccezione, per- sone di Chiesa , Gentiluomini della primaria condizione, tra' quali parecchi de' Conti di Cocconato. Sommat.N.'ij. ^^ ^^ ^^^ oltre osscrvare in esso Sommario, che i festi- nionj si riferiscono a cento e venti otto persone, da cui udirono asserir tal cosa, ed è notabile, che quattro dì essi , tra' quali tre dello sfesso luogo di Vignale , assi- curano di averla intesa dalla propria bocca di Secondo Coinachia dì Vignale, persona assai attempata , che avea Som. N." z^. DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 2i3 ConoSCÌiUo lo stesso Ammiraglio Cristoforo Colombo, e navigato con lui. Dopo i testimouj si riferiscono nel som. n,»!!! mentovato Sommario parecchi Documenti , che lunga *'^' ed inutile cosa sarebbe il venir minutamente divisando. Tra questi si presenta il Diploma dell'anno 1419 d'In- vestitura concessa a Franceschino e Domenico Ggliuoli di Lancia Colombo, e ad altri Consorti per lo Feudo e Castello di Cuccare ; e si adduce la ragione per la quale non apparisce, che fossero investiti di tal Feudo il celebi-e Ammiraglio Cristoforo , ed i Fratelli suoi , la quale si è, che partirono da quel Castello essendo giovani, e vivendo ancora il Padre loro; e dichiarano molti testimouj , che il non aver essi più fatto ritorno a quel Castello dopo la morte del Padre loro Dome- nico, si era il vero motivo, per cui non furono investili, come il sarebbero stati , se vi avessero fatto ritorno. Non si mancò di allegare in contrario da uno degli Avversar)' di Baldassarre Colombo , che Cristoforo non potea essere del luogo di Cuccaro , attesoché , essendo egli in età di quarant' anni , stava in Genova, e non fu a Cuccaro, essendo così vicino; e si presentò ia questo proposito dal predetto Avversario un luogo della Storia di Pietro Martire di Aughiera, il qual dice, the essendo l'Ammiraglio in età di quarant' anni, pro- pose alla Signoria di Genova lo scoprimento delle hidic. La risposta , che a questa obbiezione si fece da D. Bal- dassarre, oltre allo essere vittoriosa e convincente, con- tiene diverse particolarità notabili intorno alle epoche Som. N. iS.ij. •21 4 SOMMARIO SPA.GNU0LO CAP. X, più sostanziati della vita di Cristoforo. Risultava (ed ìa questo punto non v'era controversia tra le Parti), che Cristoforo Colombo era nato nell'anno 1437, e che cominciato avea a navigare in età di quattordici anni , vale a dire nell' anno 1461 , e navigato avea 26 anni con- tinui senza mai scender dal mare , e quando prese terra, fu fa Lisbona, ove si ammogliò, e \h erasi stabilito nell'anno 1474, continuando a navigare sino all'anno 1484, in cui venne a Cordova a far la proposta dello scoprimento delle Indie a' Re Cattolici, il che lo trat- ìenne sino all'anno i49^' ^^^^ ^^ l'anno memorabile dello scoprimento del Nuovo Mondo , dove fece tre altri viaggi , sino a tanto che mori. Da tutto questo sì conchiude, che non può sussistere in vcrun modo ciò che asserisce Pietro Martire , che sia stalo Colombo in Genova a proporre il suo discoprimenlo a quella Re- pubblica, essendo egli in età di quarant' anni; tanto pii!i che in quella età, cioè nell'anno 1477, trovavasi, sic- come narra egli medesimo, nella Frislandia. Io non mi diUinglierò maggiormente intorno a questo errore preso da Pietro Martire , seguito poscia dagli Storici Genovesi, tolti i due più antichi Antonio Gallo, ed il Senarega, e quindi da tutti i moderni, dicendo, che Colombo proponesse il disogno dello scoprimento V. sipra c-p. del Nuovo Mondo alla Signoria di Genova: poiché già in altro proposito ne ho ragionato abbastanza. Non voglio però lasciar di avvertire, che il fatto, secondo che si ritrae da questo Sommario Spagnuolo, è pienamente con- 1 DI GUNFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 2l5 Torme alla narrazione già sopracceiinata del celebre Gian Pietro Maffei , che inroraiatissiuio era di que' successi , come quegli che nella età sua più florida avea esercitati in Genova verso la metà del Secolo XV'I, prima 1' im- piego di Professore di Eloquenza , e quindi il carico rilevante di Segretario della Repubblica , secondo l'uso di quella età , in cui non si riputavano incapaci df maneggiare gli aflàri pubblici quelli, che professavano y.Sfrrani.Tira elegante letteratura : quindi recatosi , già fatto Gesuita , Mairei,rrinie»j *-■ ' •' ' o ' 3|i^, jm opere. in Lisbona, scrisse sulle piìi certe notizie che gli furono j^I[JLeiI.n^['^ somministrate, per ordine del Cardinale, poi Re, Enrico pjg.'j^i'.'"^*"' di Portogallo , una piena Storia delle Indie , terminata poscia e pubblicata sotto gli auspicj del Re di Spagna Filippo II , in potere di cui era passato quel Regno. Ora questo celebre e colto del pari, che diligente Sto- rico , non solo non fa cenno nessuno di questa proposta fatta dal Colombo, come si pretende da Pietro Martire, a" Genovesi , ma sostanzialmente la nega dicendo , che il Colombo , prima che a verun altro Potentato , la fece al Ro di Portogallo * , e che essendo stato sprezzato il suo * « Crislophorus Columbus Lìgur ingealis animi vir, et rei Naulicae in » primis perilus ex Astronomica Disciplina, et nonnullis velerum monu- » uieiilis, statuii trans Doti orbis temiiuos magna terraium apatia ctiam ia » Occidtntem patere. Dein experiuudi et cognoscendi studio , quod sino i) magno apparalu ea res tentari non posset , Lusitano ante omnes Regi eam » e.Ypediliuneui suasit suam in id operam et industriam enixe detulit. A » quo lejecius, lamquam ioauia et fabulosa aiTerretj nd fioitimum Castella: 2l6 SOMMARIO SPAGNUOLO CAP. X, discguo, come vano e romanzesco da quel Re, si recò a farne la proposta al vicino Monarca di Castlglia. Dove è anche da notarsi, che nel numero stesso degli anni, in cui perseverò il Colombo con costanza mirabile in . quella pratica, proponendo parliti per quella spedizione, vale a dire un settennio , è pienamente d' accordo il Maéfei col Sommario , dal che si raccoglie , che agli slessi fonti sinceri aveanó attinte le; loto notizie, sia l'elegante Storico, àia il Difensore della Causa di Balr dassar Colombo e nostra. Pei* coi'roborare la discendenza di Colombo da' Feu- idat^rj, di ^uccaro , altra prova si ricava eziandio nel Sommario Spagnuolo dal grado certo e preciso di Pa- rentela e consanguinità , che passava tra i Signori Co- storie di D. LOMBO di Cuccaro , e quelli di Piacenza. Ragionasi adun- «p. i. ' que in quel Sommario nella conformità seguente. Dice D. Fernando Colombo nella Storia della vita del Padre, che' ia Piacenza vi erano alcune onorate persone della sua Famiglia, e sepolcri con armi gentilizie, ed iscrizioni Som. spagn. dc' CoLOMBi. Ora provaudosi ( si prosiegue a dire ) , che i Colombi di Piacenza erano , e sono una stessa Famiglia » Regem Fernandum eodem Consilio se se contulit. Ibi, cum nihilo magis » audiretur, invida qiiadnm animi pertinacia to/am yère septennium vorando ») rppulsus, urgendo, instandoque, per se et per amicos tandem aliquando « pervicit , ut ili eam inquisilionem tria sibi regio sumptu adornata navi- » già ad Hispalim orae Beticae praebereulur ». Jo, Peiri M^FFEi Hisl. Indie, ìib. 1, pag.'ii, 33, Coloniae iSgo. DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. lìf con quelli di Cuccaro, ne viene per necessaiia conse- guenza, che r Ammiraglio Ciistofbio era di Cuccaro, e della famiglia de' Feudatari di quel Castello. Molle sono le prove, che si adducono della identità della Fa- miglia^ divisa in qua' due rami di Piacenza e di Cuccaro ; e se ne additeranno brevemente alcune delle più con- chiudenli. Lasciando adunque in disparte e le attesta- zioni de' tcstimonj , e gli ufllcj di amistà e di cortesia soliti praticarsi tra' Parenti , due Carte basteranno a porre la cosa in manifesta luce. Da una Investitura dell' anno 1427 consta, che Petrino Colombo abitante in Piacenza, «..umar. num. e Ferrarino abitante nel Castello di Cuccaro , erano fra- telli e figliuoli di Delfino Colombo di Cuccaro, e che il predetto Ferrarino fu investito tanto in nome proprio, che in nome di Pctrino assente , della porzione del Feudo che pò sedeva il Padre loro in esso Castello. Di questa Investitura , che è in data degli undici del mese di Aprile del mentovato anno 1427 , ne avea tro- vato memoria nel registro de' Feudi, che esisteva negli Archivj della già Regia Camera de' Conti di Torino , il diligentissimo Raccoglitore di cose patrie , il signor Giuseppe Vernazza Freney , da cui mi venne gentil- mente comunicata. Da un' altra Carta poi riferita pari- mente nel Sommario si ritrae, che' Petrino Colombo residente in Piacenza era in corrispondenza con Ferra- rino suo fratello. Questa contiene un istromento di Pro- cura dell'anno i44'' spedito nella mentovata città di Piacenza da Petrino a Ferrarino suo fratello abitante iu 28 2l8 SOMMARIO SPAGNUOLO GAP. X , goa N 5' Cuccaro. Cou Documenti autentici si tesse poi la genea- logia di questo Delfino figliuolo di un Antonio, il quale Antonio figliuolo era di un Enrico , e figliuoli entrambi di Terrario comune stipite de' Colombi di Cuccaro e di Som. N. 48. Piacenza. Non è necessario di accennare quanto si narra in esso Sommario di un Ecclesiastico, il quale attcsta, che nel recarsi a Roma nell'anno i55o , passando per Piacenza, presentò una Lettera di favore scritta da Gian- Giorgio , e da Bonifacio dc'Fcudatarj di Cuccaro ad un Gentiluomo della casa Colombo di Piacenza , il quale il regalò , il trattenne , e ragionando cou lui della sua Famiglia e Parentela, disse, che i Colombi di Piacenza discendeano dai Signori di Cuccaro , e gli fece vedere le Investiture succennate concedute a Petriuo. Non si lascia di avvertire , che le armi gentilizie de' Colombi di Piacenza erano le stesse come quelle che portava il celebratissimo Ammiraglio in Ispagna prima dello sco- primento delie Indie, ed in tutto conformi a quelle di Baldassarre Colombo, che sono Colombi d'argento in campo azzurro. Un argomento de' più conchiudentl , per provar sempre più la stessa verità della discendenza di Cristoforo Co- lombo da'Feudatarj di Cuccaro, si deriva dall' altra Pa- rentela, che teneva il medesimo con i Colombi stabiliti in Cogoreo, terra della Riviera di Genova, e discen- denti pure da' predetti Feudatarj di Cuccaro , Parentela , che del pari di quella con i Colombi di Piacenza , diede origine a far credere dagli uni Piacentino , dagli altri Som. N. 59. .'■'om. N. 74. DI GIANFRAKCESCO GALEANI HAPIONE. 219 di Cogoreo Io stesso Cristoforo Colombo. Provasi per- g^^, j^. 5,^ , tanto con autentici Documenti ed Investiture , che dal "^' precitato Sommario risulta essere state presentate, clie Ferrario Colombo Signore del Castello di Cuccaro posto nell'Albero per comune stipite, e ceppo di tutta la pro- sapia de' Colombi, ebbe tre figliuoli, cioè Eurico , Fran- cesco ed Antonio. Dall'Enrico vivente neli3/(.i nacquero Nicolò e Lancia. Lancia fu Avolo dell' immortale Cristo- foro. Nicolò si stabili in Cogoreo nella Riviera di Ge- nova, ed ebbe due figliuoli, il primo de' quali si chiamò Bartolommeo, ed il secondo Cristoforo ,. nomi, che die- dero origine a' parecchi sbagli , ed a far confondere questo primo Cristoforo Cugino carnale di Domenico , col suo Nipote-Cugino assai più celebre Io Scopritore delle Indie, che avea lo stesso nome; tanto più che il fratello del primo Cristoforo chiamossi pure Bartolom- meo , come il fratello del secondo. Aggiungasi che il primo Cristoforo Zio-Cugino del celebratissimo Colombo- fu parimente uomo di mare, anzi Ammiraglio famoso, e che secondo ogni verosimiglianza, Domenico diede a' figliuoli suoi il nome medesimo dei due suoi Cugini , perchè uomini di più splendida fortuna , ed in ispecic il nome di Cristoforo a quello tra essi , che avea desti- nato a militare sin dagli anni più giovanili col suo va- loroso congiunto. Queste particolarità, che mi sembrano curiose, e che, nel mentre che dileguano parecchi equivoci , riescono di una nuova evidente riprova della discendenza di Colombo 220 SOMMARIO SPACNUOLO' CAP. X, da' Feuclatarj di Cuccaro , meritano qualche speciale disa- niina. Per via di testimonj , di Dichiarazioni di Ufficiali puJjblici, e di Scritture autentiche si dimostra, che Ni- colò Colombo stabilitosi in Cogoreo ebbe i due figlinoli succeunati , il primo de' quali si chiamò Bartolommeo , Som. N. 67. ^^ ^^ secondo Cristoforo. Citasi una Carta di Procura fatta nell'anno 1461 da Bartolommeo Colombo figliuolo, (come in essa si esprime) di Nicolò, tanto in nome pro- prio , che di Cristoforo suo fratello assente. Da questo Bartolommeo di Cogoreto, come si giustificò per via di autentici Documenti accennati nello stesso Sommario , discese un Bernardo Colombo, il quale, tosto estinta Som. Dum.;3 , ... , •74- la discendenza maschile del celebre Cristoforo in Ispagna, si recò colà a far parti per ottenere il dovizioso e principesco Maggiorasco da lui instituito. Ma per aver questi falsamente preteso , con informazioni presentate nell'anno i583, che discendeva da Bartolommeo Colombo fratello dello Scopritore delle Indie, quandoché discen- dea realmente da un altro Bartolommeo fratello di quel primo Cristoforo , di cui si è ragionato , il quale Barto- lommeo era perciò Zio-Cugino bensì, ma non già fra- tello dello Institutore del Maggiorasco, venne dal Con- siglio delle Indie rigettata l'opposizione fatta a Baldas- sarre dal mentovato Bernardo Colombo di Cogoreo. Dalle Carte però presentate da esso Bernardo Colombo mani- festamente si venne a provare il grado preciso di Pa- rentela , che passava tra i Colombi di Cogoreo , ed il famoso Ammiraglio Cristoforo di Cuccaro : poiché si DI GIANFRAKCESCO CAI.EANI NAPIONE. 221 provò, che Nicolò Colombo che si stabili in Cogoreo , e da cui discendeva il succennato Bernardo, era fratello di Lancia Colombo di Cuccnro, Avolo del cclebratis- slmo Colombo, ed Avolo parimente di Bonifacio Bisa- som. N. t?. volo di D. Baldassarre, come si dimostra nel Sommario , e risulta dall'Albero Genealogico. Dal che tutto, come si conchiude in esso Sommario * , chiaramente si viene a conoscere , che Cristoforo Colombo era di Cuccaro , e non già di Cogoreo , né di Piacenza , ma bensì che i Colombi e di Piacenza, e di Cogoreo erano di Cuccaro. Anche lo Storico Herreka accenna i Documenti che mostravano la comune origine di questi diversi rami della Famiglia Colombo. Del rimanente, che quel Colombo detto per sopra- nome il Giovane , parente di Cristofoio lo Scopritor delle Indie , con cui egli navigò, dalla prima età sua di anni quattordici, per lo spazio di ventitré anni, fosse quel suo Zio-Cugino , per nome anche Cristoforo , di cui si è ragionato testé, vien dimostrato nel Sommario e 7°. Spaguuolo , dove si toccano le segnalate sue imprese , ed il chiaro e formidabile nome, che di lui si era sparso *" Con queclarainentp se conoce, que el AlmJrante D. Christoval era de » Cuccaro, corno se ha provado , y no de Cugureo, ni de Plaseacia , sino que » los CoLOMBOS de Plasencia y de Cugureo eran de Cuccaro , corno se ha » provado y parece por el Arbol N.° yS: /' IlEnnsitA Hlst. lom. I; por » otras Escriliiras parece, que los CoLOMBOS de Cucaro, Cucurco , y » Plasencia eraa unos mismos. 222 SOiMMAttlO SPACNUOLO CAP. X, per tutte le spiagge del mare , e tra gli Infedeli , pe? la potente annata che traca seco, ed in ispecie per là sconfìtta data a' Veneziani al Capo di S. Vincenzo, dì cui parlano gli Storici , come si è detto altra volta. Ed •affinchè ogni volta più si venga a confermare quanto si uaiTa della grandezza di questo Capitano di mare , avvilito a segno di confondei-Io con un semplice Cor- saro, si allega pure nello stesso Sommario l'autorevole .)f^Ara»on'"i\ì!! testimonianza dello Zurita illustre Storica di Aragona , '^6^ui?'n/io3. dove parla della venuta del Capitano Colombo coli' Ar- mata di mare del Re di Francia alla Costa di Biscaja nei mese di Agosto dell'anno 147^? con dodici Navi e cinque Caravelle, e due mila Soldati, per levare il Re di Portogallo , e condurlo in B'rancia. Non potea adunque Cristoforo Colombo vantarsi di non essere il primo Ammiraglio di sua Famiglia ? E siccome questo Capitano di mare veniva chiamato Colombo il Giovane a diffe- renza di un altro dello stesso Casato , stato grand' uomo di mare prima i di lui, si mostra nel Sommario non aver questi potuto esser altri fuorché Francesco Colombo, che dall' Albero Genealogico appare non aver lasciato discendenza in Cuccaro , che fu Zio di Nicolò padre dell' Ammiraglio Cristoforo di Cogoreo , e fu Zio ^^Som. x.64,e pgj,j^gj^{g di Lancia Avolo paterno (\q[\' Al mirante Don Cristoforo di Cuccaro, come chiama lo Scrittore Spagnuolo il rinomatissimo Colombo. Provandosi ad evidenza in quel Sommario , che il Capitano di mare del Re di Francia, sotto cui Colombo DX GIANFRANCESCO CALEAKI KAPIONE. 223 apprese i rudimenti deJla faticosa e dura Milizia mari- naresca era suo parente, e della stirpe illustre de' Fcu- datarj di Cuccaro, resta pure, anche in' nuova e diversa maniera ad evidenza dimostralo , che dalla stessa Fami- glia dovea essere uscito lo Scopritore del Nuovo Mondo. Le particolarità poi che riguardano l' Institufore di uà uomo così grande qual fu il Colombo, mi pare, che, prescindendo da ogni altro riguardo , degne sieno della attenzione di tutti coloro , che hanno in quel concetto , in cui aver si debbono i personaggi della umanità piìi benemeriti. Non mi sì darà biasimo pertanto, se mi sono trattenuto a ricercarne l'origine, e le vicende al- quanto minutamente. CAPO XI. Conformila tra il contentilo nel Sommario della Causa agitatasi i?i Ispagna , e quanto narra circa il Colouìbo il Jìgliuolo di lui D. Ferdinando nelle sue Storie. Vaa. parte considerabile del Sommario in Lingua Spagnuola , di cui ho intrapreso a ragionare, s'aggira intorno alla conformità, che passa tra quello che risulta dalle Carte, e prove giuridiche messe in campo in quella Lite per parte di Baldassar Colombo, con quanto viea narrando D. Ferdinando Colombo nella vita del Padre, conformità , dalla quale forza maggiore ed evidenza vi- cendevolmente ricevono. In alcune parti il Sommario 224 conformità' TRA IL SOM. E LA STORIA, EC.,CAP. XI, serve a dir così di Comentaiio e d illustrazione ad essa vita , ed iu altre di supplemento. Giacché adunque questa Scrittura Forense ( caso non troppo frequente ) serve a porger lame alla Storia, ed alla Storia dello Scopritor dell'America, non sarà grave il continuare a scorrerlo, e rilevar gli Annedoti che contiene. ^ .' Già abbiam veduto, che la Parentela di Colombo eoa quelli dello stesso Cognome, che erano in Piacenza, ed in Cogoreo presso Genova, soltanto accennata di volo da Ferdinando, resta accertata, mediante quelle memo- rie, mettendosi in chiaro il luogo originario onde eransi partiti que' due rami, vale a dire il Castello di Cuccaro, scoprendosi la Genealogia loro , ed il grado preciso in cui erano congiunti con Colombo. Con quanto poi si è divisato, seguendo la scorta di quelle Memorie, intorno a' due Ammiragli > ^ ^^^ Capitani di mare , e segnata- mente a quello detto Colombo il Giovane, resta liberato da ogni inopportuna taccia di vanità quanto dice Co- sior.aiD.Fcr LOMBO medesimo presso il figliuolo suo D. Ferdinando, 's'oibVk'joiÌ t^hs non era egli il primo Ammiraglio della sua Fa- miglia : si spiega pure , come a buona ragione dir potesse il suo Padre, che i suoi Maggiori erano stati gente di mare; e probabilmente il fu anche Domenico Padre di lui, tuttoché alla marineria mercantile attendesse sol- tanto, non alla militare. Ad ogni modo si osserva nel mentovato Sommario , che di questi illusti-i suoi Mag- giori parla replicatamente D. Ferdinando ; e che di questi *^ &>m?"N "io8 '^^^^ iui^eirogati que' due suoi Congiunti di Cogoreo, , DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 225 ì quali, per soverchia vecchiaja, non seppero dargliene contezza. ]\Ia vediamo ora altri più minuti e curiosi ris- contri di questa conformità mirabile, che passa tra la narrazione di D. Ferdinando Colombo, e le Scritture e Diplomi della Famiglia de' E'eudatarj di Cuccaro riferiti in quel Sommario. Dice D. Ferdinando, clie, essendo i Genitori dell' Almi- rante Cristoforo per le guerre e parli di Lombardia sior. a\ Firi venuti in basso stato, e ridotti in povertà, non avca trovato (o forse non avca voluto manifestare) come vi- vessero. Ora D. Baldassarre Colombo prova , che gli Antecessori di Colombo erano Lombardi di Cuccaro, e que' medesimi , che di facoltosi erano diventali poveri. Mostra egli, che nell'anno iS/fi Enrico, Francesco, ed Antonio Colombo figliuoli di Ferraiio furono inve- stili de' Castelli di Cuccaro, Conzano, Rosignano , Lù, Altavilla, e di altri Luoghi; ma che nell'anno i4o5. Lancia Colombo, figliuolo di uno de' succennati Fratelli, cioè di Enrico , non lasciò a' suoi figliuoli , che erano sei, altro, se non se la parte, che tenea di Cuccaro e di Conzano , per aver perdute le altre Castella nelle Guerre e Fazioni di Lombardia; e che nel 14 '9 Dome- nico Colombo, uno de' sei figliuoli del predetto Lancia , e Padre di Cristoforo Colombo , non fu più investito , se non se della decima ottava parte del Castello mento- vato di Cuccaro ; cosicché la parie che avrebbe toccalo a Cristoforo Colombo , non sarebbe giunta a quaranta Ducati di entrata, o forse a meno. Anche nelle Allegazioni Soia. DinD.7t 2'J.G conformità' tra il som. e la storia EC. , GAP. xt, .,. . ^ stampate in Madrid si asserisce, che la rendita del Castello t)uc. , B.raguaf jj Cuccaro uon eccedeva mille scudi d'oro, e che do- vendosi partire tra venti Consiguori circa, quando Dome- nico CoLOiMBo ne fu investito, manifestamente appariva, che, di ricchi che erano i suoi Maggiori, erano divenuti poveri. Di questa sciagura toccata a que' Gentiluomini , cer- tamente ne poterono esser cagione le lunghe guerre , che dopo la metà del Secolo XIV sino a que' tempi aveauo devastata la Lombardia, ed in cui i Feudatarj , posto il rigoroso sistema Feudale di quella età, doveano sostenerne si gran parte , intorno alle quali guerre si possono vedere gli Storici contemporanei, ed in ispecie il Cronista del Monferrato Benvenuto di S. Giorgio. Ma non si può negare , che contribuito vi abbia pur grandemente l'uso de' Gentiluomini di allora, di ammogliarsi tutti, ed in questa guisa moltiplicarsi oltremodo ; costume, che conservava le famiglie, ma non poteva far a meno dì ridurne in estreme angustie que' Rami, in cui veniva a meno l'industria, l'attività, ed il valore; come allo incontro , l' uso introdottosi in appresso delle Primoge- niture, conservando le ricchezze, tante illustri Famiglie sradicò onninamente. Di quella prima usanza non è ne- cessario recarne esempj , poiché ne' Villani, ed in tutte le Croniche e Memorie de' Secoli antichi sino al Secolo XVI, se ne incontrano infiniti. Il Marchese Maffei nella sua Verona illustrata, parlando de' suoi Antenati, dice piacevolmente, che, di sette Fratelli, che si trovarono DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIOKE. 227 nella sua Famiglia, tutti sottesi ammogliarono, per ti- more che andasse spenta. Tale dobbiam credere che fosse il caso degli Antenati di Cristoforo Colombo; se non che il Padre di lui , in vece di lasciarsi dalla po- vertà avvilire , si recò in contrada, dove più facile gli fosse lo attendere a'irafllci, ed in tal modo sovvenne a' suoi bisogni e della Famiglia, e potè nudrir alle Let- tere ed alla Milizia di mare Cristoforo, e gli altri fi- gliuoli suoi nel modo che si è accennato. Lo essersi mostrato , che non più di cinquanta scudi di annua entrata toccar gli potevano, è una prova manifesta, che dovette egli attendere ai traffici, e supplire in questa guisa alle ingiurie della fortuna. Tra le opposizioni , che vennero fatte a D. Baldassarre Colombo da' suoi Avversar) in Ispagna, per mettere in dubbio, che Cristoforo Colombo fosse uscito da' Feuda- tari di Cuccano, una si fu, che non avesse procurato di condurre nella sua famosa spedizione alcuni de' Pa- renti ed aderenti suoi dal Monferrato. Nel rispondere a questa studiata difficoltà , si reca nel Sommario il luogo della vita di lui, scritta da D. Ferdinando, dove nar- rasi, che navigò seco al Nuovo Mondo im suo Parente di^.°rap'.Lxv.'' per nome Giovan-Antonio Colombo, e che nel viaggio per le Indie intrapreso nel 1498, era uno de' Capitani delle navi, che seguivano l'avventurato suo Congiunto; ma nel Sommario si dimostra, che questo Giovan-Antonio Colombo , morto in Ispagna due anni dopo Cristoforo Colombo, cioè nell' anno i5o8, era della stessa Famiglia ^s ,1.. s. 91 e 228 conformità' tra il som. e la storia EC. , CAP. XI , de' Consignori di Cuccaco , e Fratello di Gian-Battistn, Colombino, e Giovan Giorgio, investili nell'anno i532 delle porzioni loro del Feudo di Cuccaro. Dal che si raccoglie, non solo che esso Giovan- Antonio era della Famiglia di Cristoforo Colombo, ma il grado preciso di Parentela con lui. Osservasi poscia , che altri Parenti di lui , e persone sior, dio. Fcr- native di Lombardia vengono additate da D. Ferdinando, din.cap.XCVlI. . . . ... Som. N. 95 e come Compagni delle memorabili sue navigazioni, e spe- cialmente Secondo Cornachia del Luogo di Vignale, e Michele Balestrerò del Luogo di Fubine , il qual uhimo non fece mai più ritorno in. Monferrato. Di questo Mi- Slor.di n.Fer- 3. DI GIANFRANGESCO GALEANI NAPIONE. 235 frienti, ue fece pur fede lo sfesso Palrizio Genovese or mentovato iJ Principe di Salerno Niccolò Grimaldi, si- lenzio, che riflette eziandio le gesta degli altri due Ani- miraglj usciti dalla Famiglia Colombo , e specialnicuto di quello detto Colombo il Giovane , tuttoché avesse som. n. i?«. egli sconfuti i Veneziani , che erano allora in guerra co' Genovesi. Ad ogni modo, che questo Testamento di Cristoforo Colombo, da cui si pretende di dedurre, ch'egli fosse Genovese, da Baldassarre, né ammesso per genuino, ne contraddetto per non muovere una questione inutile, possa essere stato o supposto, o interpolato a' tempi delle prc- teusioui messe in campo dal Bernardo Colombo di Co- goreo, e che gli Avversar] medesimi, che si valevano di esso per far Genovese Cristoforo Colombo contro Baldassarre, avessero già prima, agitando la Lite contro il succennato Bernardo Colombo di Cogoreo, rifiutate le prove da esso Bernardo allegate per provare, che Cristoforo Colombo era Genovese , ponendosi cosi iu aperta contraddizione, acconciamente si rilevò da Bal- dassarre Colombo. Allega egli le precise parole, con cui Som. n." 137. essi mostrarono, che, sebhene Bernardo Colombo di Co- goreo si fosse affaticato assai per provare parentele anti- chissime in Genova, mai non eragli riuscito di poter dare aspetto di verità alle pretensioni sue, se non con testimoni falsi. L' origine adunque illustre Lombarda di Cristoforo Colombo, la povertà de' suoi Genitori, gli uomini famosi 236 conformità' tra il som. e la storia EC, ,CAP. XI, in mare della sua Famiglia, i Parentadi coi Colombi ai Piacenza e di Cogoreo , i Parenti e gli aderenti suoi nazionali, le testimonianze incontrastabili, che non era egli Genovese , cose tutte accennate da D. Ferdinando Colombo nella vita del Padre, sono ampiamente spie- gate, schiarite, e poste in piena luce nelle prove ed Esami autentici, che si contengono nel Sommario Spa- gnuolo , cosicché formano un tutto , le parti di cui hanno giusta corrispondenza tra di loro , e confermano vieppiìi l'assunto principale, che si è il dimostrare, che lo Sco- pritore del Nuovo Mondo era uscito dalla Famiglia degli antichi Feudatari ^i Cuccaro in Monferrato. CAPO XII. Notizie riguardanti D. Ferdinando Colombo , e la sua Stoiia, Si bramerà per avventura al presente da più d' uno di avere qualche speciale notizia dello Scrittor della vita di Colombo, il figliuolo di lui D.' Ferdinando. Se un Apostolo Zeno, od un Mazzuchelli ne avessero scritto , non ci avrebbono certamente lasciate ignorare quelle minute particolarità riguardanti specialmente la vita sua letteraria, e l'Opera sua, che tanto riescono gradite a chi pregia l' erudizione , e di buon gusto è fornito. Da Niccolò Antonio, che è il solo Scrittore Spa- guuolo a me noto , che parli di lui , ricaveremo alcuna 1 DI GIANFRANCESCO CALEANI NAPIONE. sSy notizia, che, in mancanza di più pieno ragguaglio, potrà jj.|^|.p, j^.^ servir di qualche lume. Era egli figliuolo naturale di T^l^^'f J p*"j""'' Cristoforo Colombo. Sua madre fu Beatrice Enriques , che Colombo nel suo Codicillo fatto in Segovia nel i5o5 riconosce come Madre di lui, e come tale raccomanda a' suoi Eredi. Nacque Ferdinando circa l'anno 1489, giacche al tempo della morte del Padre suo non avca più v. cap.vi. di sedici anni, come abbiamo accennato più sopra, e riuscì Uomo letteratissimo, a segno tale, che Niccolò An- tonio afferma, che nella diversa carriera degli Studj emulò la paterna virtù. Visse celibe, anzi lu Saceidote, ed abitava un ampio palagio in Siviglia lungo il Gua- dalquivir di amenissimo prospetto. In esso avea egli adu- nata una Biblioteca ricchissima d'ogni specie di libri, che nella età sua avessero già veduta la luce delle stampe, e di moltissimi Codici manoscritti, senza risparmio di spesa, né già a sola pompa, come molti fanno de' graa Signori. Coir assiduo studio erasi egli resa vivendo fami- gliare si v^asta suppellettile scientifica, ed in morte la lasciò finalmente alla Chiesa di Siviglia, in cui volle essere seppellito. L'anno in cui egli morisse, i viaggi da lui fatti in Italia , di cui parla egli stesso, come si è veduto nelle sue Storie , e le altre particolarità della sua vita non le ho rinvenute in Niccolò Antonio , ne saprei dove rintracciarle. Della Biblioteca (segue a dire Niccolò An- tonio) , per cjualche tempo n' ebbe cura Giovanni Vasco Fiammingo uomo rao, e soggiunge lo stesso dottis«i Bi- bliotecario Spagnuolo, che mentre egli scrivea, benché 238 NOTlZIfiBlGUARDANTlD. FERO. E LA SUA STORIA CAP.Xir," con poca cura custodita nel Coro della vastissima Chiesa di Siviglia , manifestava ancora 1' animo munilicenlissirao del primo possessore verso le lettere , non meno che verso i Letterati , ed i monumenti scientifici d' ogni maniera. Reca poi Niccolò Antonio un breve , ma splendido elogio tessuto a Ferdinando Colombo da un Alfonso Garzia Matamoro nella sua Opera delle Accademie , e degli Scienziati Spaguuoli , dicendo aver Ferdinando goduto nelf ozio letterario quasi di una estimazione eguale a quella conseguita dal Padre suo Cristoforo nella operosa vita. Esimio e singolare Filosofo edificò con grande magnificenza (virtìi, aggiungeremo noi, di cui pochi sono i Filosofi che possano far pompa ) , un vasto palagio sulle sponde del Guadalquivir in luogo salubre ed ameno , grata stanza alle Muse. Ombrosi viali vi piantò intorno ad abbellirlo; vi apri una Biblioteca di venti mila volumi dotata di annue entrate, onde potesse ar- ricchirsi de' libri, che giornalmente venivano alla luce, ed in seno agli amati studj terminò la vita. Ma eziandio ..... questo Alfonso Matamoro delle epoche della vita di Fer- ii campi iiince ^ r nd"anno'''.539! ^^"^"^^^j dc' viaggi suoi in Italia, e delle Opere da Olle. itt-j. 11,9. j^j lasciate, e segnatamente della Storia della vita del Padre, e d'ogni altra particolarità, che eccitar potrebbe l'altrui curiosità erudita, ci lascia totalmente al bujo. Scrivrano que' buoni Spagnuoli piuttosto colla brevità maestosa degli Storici dell' antichità, che non colla esatta e minuta critica de' moderni Biografi e Bibliografi. Ci DI GIANFRANCESCO GALEANl NAriONE. sSg basti ad ogni modo di sapere, che Ferdinando Colombo fu dotto e splendido Signore , Scrittore savio ed auto- revole, Figliuolo e Storico beu degno di im tanto Genitore. Dell'Opera adunque intorno alla vita di Cristoforo Colombo, di cui mi lusingava di ritrovar notizie co- piose presso lo Scrittore della Biblioteca Ispanica , altro non posso dire, se non se cosa che mostra quanto ai tempi di Niccolò Antonio , che fiorì dopo la metà del Secolo XVII, scaduti fossero gli studj delle cose patrie in Ispagna, Dice pertanto questo Bibliografo, che, volendo Ferdinando perpetuare la memoria de' virtuosi domestici fatti , scrisse la Storia di Cristoforo Colombo , il cui originale in lingua Spagnuola combatteva colla polvere, e cogli insetti io alcun angolo riposto di qualche Biblio- teca , se pur avca potuto scampare da una oblivione totale. Particolarità , o notizia bibliografica riguardante si fatto libro , non ne reca veruna. Parla bensì della traduzione Italiana fattane da Alfonso Ulloa , e di questa accenna due edizioni, una dell'anno 1671 in Venezia, dove dimorava il Traduttore, la seconda del 1614. Non lascia d'indicare la forma stessa del libro; e tutto ciò vien partitamente divisando rispetto alla traduzione Ita- liana, mentre dell'originale Spagnuolo nh il nome della Città, ne l'anno, in cui siasi la prima volta, o forse l'unica stampato, seppe accennare, o si curò d'inda- garlo il Bibliotecario Spagnuolo. Io non posso aggiunger altro, se non che esso originale non può essere stato 240 NOTIZIE RIGUARDANTI D.FERD. ELASUA STORIA CAP.XII, scritto prima dell' anao loSy, poiché, come aldove si è avvertito, si fa menzione in esso degli Annali Geno- vesi di Agostino Giustiniani pubblicatisi non prima di quell'anno. L'eruditissimo Foscarini dice pure, che la Storia delle navigazioni di Cristoforo Colombo scritta da Ferdinando suo figliuolo, non si conosce altramente che nella versione Italiana , recando anche l' auioritìi del Len- CLET, che questa versione Italiana appunto ne riferisce; della qual cura degli Italiani di tradurre libri Spagnuoli e Fo^icariniLet. Portoghesi , aggiuHge lo stesso Foscarini, che ce «ne ^*'" debbono saper grado le straniere Nazioni, per la diffi- coltà che avrebboDO di rinvenir codeste Opere nell'idioma originale. Circa il Traduttore Ulloa, che visse e fiorì in Italia intorno alla metà del Secolo XVI, si può leg- gere quanto ne lasciarono scritto il Fontanini ed Apo- iiai.°ioni"ii,t!ag! slolo Zeno , il qual ultimo reca una lettera del Dolce iiom.up. 474.' del 1557, dove, facendo rrteazione di questo Alfonso Ulloa, dice, che, liducendo molte Opere di Lingua. Spagnuola in Italiana, giovava parimente all' una ed all'altra. E cosa notabile intanto, che ne dell'originale della Storia di Ferdinando Colombo , ne della traduzione non si faccia parola nella copiosissima Biblioteca Slorica dello Stru- vio stampata in Jena nel 1740 colle aggiunte del Budero. Ma in questa parte delle Storie di D. Ferdinando, e delle due Edizioni della tiaduzione Italiana nessuno ra- gionò con maggior esattezza e critica di quello che abbia isixi^i'ia pji'rTa f''t'o il Campi. Rcca egli le due Lettere dedicatorie della p!n"'" " Edizione di Venezia del 1671, e di quella di Milano del DI GIANFRANCESCO GALEANI HAPIONE. 24 I 1614; r Edl-cion di Venezia vien dedicata da un Giuseppe MoLETO al signor Baliano de' Fornari. Se dobbiam prestar fede a questa Lettera , il Fornari era venuto di Genova in Venezia, con proponimento di fare stampar le Storie di D. Ferdinando Colomiio, cosi nella Lingua Castigliana, nella quale erano state scritte, come nella Italiana, ed appresso col fine di farle tradurre nella Latina ; ma si soggiunge, che astretto dalle molte occupazioni sue, e private e pubbliche a ritornarsene in Genova, se n'era presa cura il signor Gio. Battista di Marino, il quale, essendo (dice il RIollto) mollo jnio signore, ìia volalo y che in buona parte la cura di tal negozio fosse mia. Trascrive quindi il Campi per intiero la Lettera dedi- catoria della ristampa di Milano in data dei 4 ^^^ mese di Giugno dell'anno 1614, con cui lo Stampatore Giro- lamo Bordoni presenta il libro al Doge ed ai Gover- natori della Rt'pul)blica di Genova. Nel titolo sì esprime : con aggiunta di lettere, e Testamento deli Ammiraglio ; e nella Lettera dedicatoria, dopo essersi accennato, che non si ritrovava più alcuno esemplare della prima im- pressione fatta in Venezia nel 1671, e solo se n'era potuto avere un esemplare da Aquilino Copino Lettore in Milano , dicesi , che nelle proprie sue lettere il Gran Colombo chiamava Genova Patria sua , ed in quelle , e ne' suoi Testamenti affermava di esservi nato , onde es- sendogli pervenute alle mani, avea stimato di darle alla luce colla sostanza del Testamento in un colla Storia. Ora il Campi, confrontando le due Edizioni della Tra- 5i l4 2 NOTIZIE RIGUARDANTI D. FERD. E LA SUA STORIA CAP. XII , Camfiioe.cìt. cUizioue ItaliuDa , venne in sospetto, the tali Uocuinentì non fossero cose legittime, ma inventate, non solo perchè mancavano nella prima Edizione del 1671, constituen- dosi il Bordone di Stampatore che era Istoriografo della Se- renissima Repubblica di Genova , ma eziandio perchè esso Bordoni , non contento di aver cangiato in varj luoghi alcune parole in altre di suo capriccio , avea eziandio cancellate ed omesse nel Capitolo II otto linee ia p.i's!^' ''"''"'' pregiudicio del vero , e del racconto dell' Autore. La stessa cosa replica altrove il Campi notando, che dal Bordoni si tralasciarono maliziosamente cose essenziali, e lascia vedere, che da lui portavasi opinione, che quelle Carte date alla luce nel 1614 fossero state alterate, o supposte, mentre agltavasi la Lite in Ispagna , di cui si è parlato più sopra lungamente. Zo.-.f7;,9vou venne pubblicata in Madrid ucU'anno 1749, e di cui il^^w"!/ fa menzione il Robertson nella sua Storia di America, chTutZ-Mohn. si diede di nuovo alla luce 1' Originale Castigliano della Storia della vita di Colombo scritta da D. Ferdinando. Vero è perù , che , se curioso esser potrebbe questo con- fronto , non resta ciò non pertanto, posto il finqui divi- sato , in nessun modo necessario. 244 MONUMENTI CONTRABJ ALLEGATI EC. CAP. XIII, CAPO XIII. JMonumenlì contrari allegati da alcuni Scrittori non possono far rnetlere in dubbio la Patria del Colombo. Esamina di sì fatti monumenti. Un celebre Filosofo Tedesco , dopo di aver meditafo lungamente intorno alla Metafisica, e finalmente datone alla luce un profondo sistema , non volea più leggere libro nessuno appartenente a quella Scienza. Se nello operar a questo modo, rispetto ad una facoltà , che non si può in ogni sua parte ridurre a matematica dimostra- zione, giudiciosamente si governasse, ad altri il lascierò giudicare. Ma, se da taluno, dopo aver esaminati i mo- numenti nostri Monferrini risguardanti la Patria del Co- lombo , non si volesse pivi dar retta, non solo agli Sto- rici, che gli assegnarono una Patria diversa, ma tenesse in conto di supposti, o interpolati i monumenti tutti, che dal Salinerio , dal Casoni, e da altii ultimamente si produssero , io non potrei disapprovare questa deter- minazion sua. Dopo autentiche prove giudiciali ricono- sciute per evidenti da chi avea il massimo interesse di porle in dubbio ; dopo che una verità ha ricevuto tutto quel grado di certezza, che si può bramare intorno alle verità morali, qual caso far potremo di Carte, le quali non si produssero se non se tanto tempo dopo la morte di Colombo, e dopo quelle state presentate da Baldas- DI ciAnfrAkcesco galeani kapione. 245 saiTC Colombo? di carte, di cui nessuno degli Avver- sari di lui ebbe notizia, quantunque in Genova si fa- cessero da essi le più minute ricerche, di carte da pri- vati Scrittori additate, che nessuno ha veduto autentiche, ed intorno alla legittimità delle quali alcun Magistrato non pronunciò Sentenza, o se la pronunciò, fu per dichiararle supposte, come abbiam veduto rispetto ad alcune prodotte dal Bernardo Colombo ? Non dobbiamo adunque credere , che dagli Scrittori Genovesi sieuo state queste supposte per poter attribuire alla Patria loro la gloria di aver dato al Mondo un si grande Eroe ? Spiace però a me tanto il ritrovar gli uomini falsi e di mala fede , eziandio per la brama , nel resto lodevole, di ac- crescere celebrità e fama alla Patria, che voglio sup- porli piuttosto ingannati , che non ingannatori. E quale ingannator più innocente dell' amor della Patria ? Due rami abbiam veduto, che esistevano de' Colombi originarj di Cuccaro in Piacenza , ed in Cogoreo. Rispetto a' Colombi del Piacentino ripetuti erano frequentemente i nomi di Domenico, di Cristoforo, di Bartolorameo; ed in ordine al ramo di Cogoreo abbiam veduto, che a' tempi medesimi del famoso Colombo erano un Cri- stoforo , ed un Bartolommco , e che questo Cristoforo fu parimente Ammiraglio di grido, alla cui celebrità nulla pregiudicò maggiormente quanto lo essere stato nelle imprese di mare superato d'immenso tratto dal suo allievo e cugino-nipote il Cristoforo Colomuo Scopri- tore del Nuovo Mondo. Posti questi replicati nomi di 1780. 24S MONUMENTI CONTHAIU ALLEGATI EG.,CAP. XllI, Cristofori , e di Bartolommci uc' rami diversi dt-lla Fami- glia Colombo, quale meraviglia che si prendessero sbaglj, e si cambiassero gli uni cogli altri, massime avuto ri- guardo alla natura dell'uomo, che crede sempre, e vede quello che desidera di credere e di vedere? Nella Fa- miglia Principesca de' Gonzaghi, che ebbe il dominio del Ducato di IMantova , e trattandosi di Personaggi di grido usciti dalla medesima , e vissuti nel Secolo XVI in mezzo a tante lettere, a tanta coltura, quale fatica non Lat?''Gonln''Ì ^^vctte durarc 1' erudito P. Affò, per distinguere le per- «"/'.'"nouliTsTo" so'^^ ^^ ^ f^''^ ^^ ^^^ Luigi Gonzaga vissuti ai tempo pog. s, Parma medcsimo ? Da questi nomi ripetuti furono adunque tratti pa- recchi in errore, e tra gli altri anche il Campi, che si è però quello, tra gli Scrittori, ch'entrarono in questa controversia famosa, che con maggiore apparato di no- tizie ne abbia trattato, e con lumi di critica migliore*. * Pier Maria Campi passò ad altra vita di anni ollanla ai 9 di OUobie dell'anno 1649 {Poggiali, Memorie di Piacenza tnm. X, p. 382.) La sua Opera intitolala Istoria unitcrsale cosi delle cose Ecclesiastiche , come Secolari di Piacenza , e di altre Città d' Italia , vide la luce in Piacenza parecchi anni dopo la morie di lui, vale a dire nel 1C62 , con dedica di un Nipote alla Duchessa di Piacenza e Parma Margherita di Savoja. Il Discorso Istorico circa la Patria e Nascita di Cristoforo Colombo sta nel tomo III, pag. 2i5. Il Poggiali precitato {tom. l'Ili, pag. Ii5, Piacenza 1760) il cliiama forte e sensato. Parlando però altrove di quella Storia in gene- rale, dopo aver lodata la copia, la fedeltà, l'esattezza dell'Autore, ne biasima i pregi u d izj , la credulità, e la disattenzione. POGGIALI iom. X, pog. 383. s DI CIANFRANCESCO C ALBANI NAPIONE. 2/|7 Egli perciò pretende erroneamente , che i Colombi di Pradcllo nel Piacentino fossero agnati più prossimi di Cristoforo Colombo , che non Baldassarre , quantunque non neghi, che Baldassarre Colombo Consiguore di Cuc- caro fosse pure della stessa agnazione, e che per conse- guente , dallo stesso ceppo del Monferrato discesi fossero tanto esso Baldassarre Colombo, come i Colombi del Piacentino. Ma già si è veduto sopra quanto tempo prima i Colombi di Piacenza , benché dello stesso legnaggio , separati 8Ì fossero dal ramo principale di quelli di Cuc- caro, da cui discese il celebratissimo Cristoforo. E la Campi , Dis». semplice asserzione del Campi ognun vede di quanto sior. prccu. pag. poca forza sia , in confronto di scrupolosi esami di esperti Giureconsulti , e delle decisioni di autorevolissimi Ma- g [strati. Rlllettasi in oltre , che le succennate Carte apparen- temente contrarie alla verità possono essere state guaste, od interpolate a' tempi della Lite per la successione del Maggiorasco , state per avventura allora preparate , e poi non adoperate, per non essersi avuto l'ardire di presen- tarle, dacché di falsi testimonj si fa pur menzione nel Sommario Spagnuolo. Ad ogni modo non comparvero quelle Scritture, se non se dopo il principio del Secolo XVII; e per conseguente venti o trent' anni circa dopo, che si ei-a intentata quella famosa Lite avanti al Con- siglio delle Indie in Ispagna, Un altro fonte di errori fu verosimilmente 1' imperizia nel leggere gli antichi caratteri. E noto a' Diplomatici , che le Scritture de' Nola] 248 MONUMENTI CONTRARJ ALLEGATI EG,,CAr. XIII, del Secolo XV, sono forse le più difficili a leggersi, e ucl principio del Secolo XVII non avea ancora quell' arte fatto i progressi , che fece verso il fine. Non si do- vrebbe pertanto far meraviglia, qualora quelle Scritture, ancorché incorrotte, erroneamente si fossero lette. Il nostro Filiberto Pingone avea pure avanti agli occhi manoscritti autentici, e non guasti della Cronica della Novalesa , era egli ragguardevole Magistrato, ed in con- cetto di uomo assai dotto, e preso avea a stendere le Storie nostre di proposito; eppure, senza una. cattiva intenzione al mondo, e per mera imperizia di leggere gli antichi Testi, di cui si valea , tesse una sì assurda TcmaeoAac- Genealogia della celebre Contessa di Torino Adelaide , Inde Illust.lom 1. .. r-i che dovette impiegare gran parte delle sue dotte iatiche il valente Critico il fu signor Tommaso Terraneo per isgombrarne gli errori. v.Tirabo5cbi lo uon cego aduuque , che tra sì fatte Carte, e se- "■'■ ■^°^"'^" gnatamente tra quelle recate dal Salinerio ne' suoi Co- mentaij di Tacito, stampati nell'anno 1602, per dimostrare, che il Colombo fu Savonese*, ve ne possano essere * A questo S.\LiNEnio io penso, che sia indirizzala quella Canzone eroica fifl celebre Gabriello Chiabrera , in cui quel Poeta (sebben egli stesso forse d' origine Monfcrrino , seconiìo che ho inleso affermarsi da persone, che potevano esserne informate) considera come Savonese Cristoforo Co- lombo ( Chi AB. Rime parte I , Con:. XII per Cristnforo Colombo ), Neil' ul- tima Stanza di quella Canzone, dire il Pindaro Savonese : « E quanti, o Salinoiìo , ebbero imperi, » Che densa notte è la lueiaoria loro i" » i DI GIANFRANCE3CO GALEANI NAPIONE. 2/(9 delle genuine, nja iù tal caso o non si oppongono ai Mouuinenti Monferrini , o furono mal lette, e male inter- pretate. Dove è da notarsi , che Domenico Padre di Cristoforo Colombo, essendo, come vi ha ragion di cre- dere, traflicanle nella Riviera di Genova, non è cosa ripugnante a' Monumenti Monferrini, che in più di una Città o Luogo di essa in diversi tempi dimorasse. Ne „. . , il dirsi in alcuna Carta cittadino di Genova bastar do- Ì.re."oa'^'ji'„Vr° vrebbe a farla riguardare come interpolata, o supposta : perciocché era massima de' Giureconsulti di que' tempi , e specialmente de'nostri Monferrini, che chiunque abi- tato avea durante lo spazio di cinque anni in una Città, ed ivi trasportate le sue sostanze, poteva chiamarsi cit- tadino di essa, e che anzi, chiunque avea domicilio in una Città, potea riguardarsi in ogni cosa di favore come cittadino. Di si fatta pratica degli antichi Forensi ce ne fa fede quello stesso Giureconsulto Monferrino Giovan- Anlonio Sordi, che ci ha tramandato uno dei Docu- , ^^5?=»! ''"^'i ' Cons. CLXXIV. menti più convincenti per provare , che dal Castello di Cuccaro usci il Colombo. È anche da notarsi , che nel Secolo XV e XVI usavano molti di impetrar {irivilegj di cittadinanza , in Città diverse da quella ond' erano nativi; del che se ne potreb])ono recar parecchi esempj. Mi basterà di recarne uno ricavato da autentico Docu- Qiiantlo non debba leggersi piuttosto 5/(r,7KFJlO , io stimo che il ClllABRF.RA abbia cangialo il cognome di Sauherìo iu Saunouo per miglior suono. 32 s5o MONUMENTI CONTRARI ALLEGATI EC, CAP. XIII, mento dell' anno i56g, comunicatomi dal signor Giuseppe Vernazza Freney, in cui un Conte Camillo della Pietra s' intitola ad un tempo cittadino di Piacenza , di Pavia , e di Alessandria. Non voglio neppure lasciar addietro una considerazione , la quale può liberar dalla taccia di contrarie a' Monumenti Mouferrini, e per conseguente di supposte , interpolate , o guaste alcune delle Carte , di cui fa uso il Salinerio , e ciò riguarda quelle, dove niente altro si opponesse , fuorché il diverso nome del Padre, di Domenico , che secondo i Monumenti Monfer- riui fu Lancia ; perciocché potrebbe essere intervenuto , che più di un nome avesse, e che ora di uno, ora di un altro facesse uso Lancia Colombo, come se ne hanno parecchi esempj, anche a' giorni nostri, di chi nelle stesse sottoscrizioni sue, ora si serve del nome di Battesimo, ora il tralascia, ora fa uso di uno, ora di un altro tra diversinomi che gli sieno stati dati, ed ora finalmente del solo nome del Feudo, ed ora del cognome di Fa- miglia si vale. Potrebbe anche darsi, che il nome di Lancia fosse un sopranome del Padre di Domenico Co- lombo , sotto il quale fosse stato più conosciuto iu Mon- ferrato, quantunque diverso dal nome suo di Battesimo. Quello che è degno poi di speciale considerazione si è la contraddizione manifesta , per ciò che appartiene alla condizione di Cristoforo Colombo , che passa fra il Salinerio , che scrivea in principio del Secolo XVII , ed un altro Storico Genovese , voglio dire il Casoki , che un Secolo dopo stese i suoi Annali di Genova del I DI GIANFRANCESCO GALEANI MAPIONE. 261 Secolo XVI, all' autoiità del qiial ultimo, sebbene Scrit- tore allatto- senza critica , e sì lontano da' tempi , deferì interamente l'Abate Gasparo Luigi Oderico. Il Sali- KERio , colla prevenzione nata dagli antichi Storici Ge- novesi, i quali, ignorando l'origine di Cristoforo Co- lombo, e sapendo molto bene, che la Famiglia di lui non era Genovese , come poscia giuridicamente si provò in Ispagna , non ebbero ribrezzo per farselo loro nazio- nale di avvilirlo , s' ingegna di adattar le sue Scritture a quel sistema; e pare che si sdegni contro D. Ferdi- nando Colombo, che non volle mai concedere, che suo Padre fosse un semplice meccanico, ed asserì in genere essere illustre 1' origine di lui; rimproverando perciò il Salikehio di vanità e leggerezza quel savio ed imparziale Scrittore. Il Casoni all'incontro, quasi volendo risarcire del „'*""?'!, ^'^"» ■* Kep di Genova torto soflerto il Colombo , trova la Famiglia Colombo fjò^esTJdLtlii'- tra le antiche Famiglie della città di Genova, ed asse- tLPilTrnoX 1 , r> T j • . • 111 MIXXVllI Itb. nsce, che era questa Capo di uno dei novantasci Alber- i aiianno isos , ghi, in cui era la Città medesima divisa, contro la testi- '' mouianza di tutti gli Scrittori, e le giurate Attestazioni di Personaggi Genovesi iuformatissimi. La dice ouora- tissima, e, come uscito da essa, addita un Guglielmo Colombo Cancellier del Comune nell'anno 1140, di cui fa menzione il Caffari * , travisando in questa guisa * Il Caitaai {Annalet Gcnuenses lib. l. — R. I. tom. Vi, pag. i6o) pnrlaudo =52 MONUMENTI CONTRAB.1 ALLEGATI EC. CAP. XIII, Guglielmo della Colomba, in Colombo , ed aHcrmandoIo Genovese, cosa che il Caffari non dice; quasiché il Segretario non polossc essere stato di nazione diversa , come appunto fu Segretario di quella Repubblica in tempi più vicini il celebre Giovan-Pielro Maffei Berga- masco. Mirabile uomo del rimanente si è il CASoni nel mostrarsi informalo di tutte le Parentele, e degli affari, direi così, domestici degli Ascendenti del celebre Cri- stoforo Colombo, citando Scritture pubbliche, che non addita; e facendoci conoscere e la Madre, e le Sorelle dello Scopritore delle Indie, e con chi accasate, e la speciale professione della mercatura non solo, ma le (;ase e le possessioni della Famiglia , e cento altre partico- larità, che altri direbbe, che quello Storico vissuto avesse famigllarmente, non solo con Colombo medesimo, come D. Ferdinando suo figliuolo, ma con tutti i suoi Mag- giori. E che mai cercheremo di più per affermare, che que' due Scrittori il Savonese Salinerio, ed il CavSoni Genovese, servendosi forse di alcune lacere e tronche Carte, dov' erano nominati alcuni de' veri Parenti di Co- de'Consoli crPiUi in Genova nel ii4o> delti Consuìfs ^e Pìacitis , dice, che furono quaUro, che enumera ; e quindi soggiunge — et in isto Consulatu Culielmus de Ciiìumba Scril/anus inlravit. Da Giovanni Villani sappiamo, che mille Cavalieri Tedeschi delle Masnade del Re Giovanni, chiama- ronsi i Cavalieri della Colomba , perchè si erano ridoui alla Badia della Colomba in Lombardia: {Viliaki , Storie lib. XI, cap. iS) Potrebbe darsi , che da quello slesso Luogo avesse preso il Cognome questo Segrelario , di cui fa menzione il Caffari. DI CIANFRANCESCO CALEANI NAPIONE. 253 LOMBO, le abbiano o mal lette, o travisate, o guaste, per adattarle alle opinioni loro, dappoiché uc traggono conseguenze direttamente contrarie ? Ma i pili rari Monumenti recati dal Casoni, e che, a vero dire, mi fa stupore, che siano stati come legittimi ammessi dall'Abate Tiraboschi (giacche quanto all'Abate Tirab., gùmio Oderico doviò attribuire al doppio amore della Patria, uu n^i i ix, ' •■ pjg. 52i-3z3. e della Famiglia il riguardarli come tali) sono le Lettere dello stesso Cristoforo Colombo all'Ufficio di S.Giorgio*. Furono queste quai rari ginjelli inserite nell'Elogio di Elogio io dell'Ufficio di S. Giorgio, il che esclude, che da prin- cipio si trovasse in quel luogo unico, in cui ritrovar si dovea, e non altrove, vale a dire in esso Archivio. Qual conto far si debba dell' autenticità di simile monu- mento, il lascio pertanto al giudicio di chi ha fior di senno. Aggiungasi, che cose inette, ed improprie contiene quella Lettera , forse accortamente omesse nell' articolo comunicato all' Abate Tiraboschi , ma che si leggono perù negli Annali del Casojni , ( copia di cui , dice il DI CIAKFRANCESCO CALEANI NAPIONE. 267 TiRABOSCiii iiu'dtbirno, che noQ. si avea in Modena) e Tirab. /or.cV. neir Elogio i)iil)blicntosi poscia in Parma. Tali sono, il Eiogio.iiiroi. dirsi dal Colomho modfsimo — C//e le sue grandi im- prese sarcòbono riuscite altrettanlo famose e celebri , se l oscurità del Governo non le avesse in parte of- J'uscate — parole , che ognun vede quanto sieno sconve- nienti in bocca del Colombo, quanto contrarie al ca- rattere di lui, e come spirino, piuttosto la dettatura del Seicento , che non la schiettezza del Secolo in cui egli visse, e quella moderazione maestosa, ch'era propria del suo grand' animo; tanto più che in nessun modo potea lagnarsi il Colombo del Governo dei Monarchi di Spagna, da' quali, prima della data della supposta Lettera, avea ottenute ricchezze immense. Stati, e Dignità Princi- pesche ereditarie nella sua Famiglia , come appare ad evidenza dallo splendidissimo Maggiorasco institiiito da lui. Cile diremo poi delia sottoscrizione del Colombo, consimile a quella delle due Lettere in Lingua Spa- gnuola scritte a Niccolò Oderico , sottoscrizione stampa- tasi, per dare maggiore autenticitti alla cosa , incidendo in legno la propria forma de' caratteri ( cjuasichè non si potessero fingere sottoscrizioni, come si fingon Let- tere) dove si segna Christoferensì E di quella pelle- grina osservazione del Casoni, che quel grand' nomo, f^*%oaìiot.cu. abbandonando in così fatta guisa il cognome antico della propria Famiglia di Colombo, di altro non si pregiasse, che di aver portata la cognizione di Cristo alle rimo- tissime Regioni dell' Occidente ? Per verità io temo forte 33 258 MONUMENTI CONTRARI ALLEGATI EC, CAP. Xm, non qualche incognita, e troppo cortese mano abbia alla Famiglia Oderico procurato il modo di far questo raro dono alia Repubblica di Genova, e fornito il Casoni ili materia onde arricchirne i suoi Annali. Da una stessa officina pare uscito il Codicillo di Co- lombo , colla stessa sottoscrizione di C/irisloferens , che ora conservasi nella Biblioteca Corsini in Roma , se- condo che n' ebbe notizia dal chiarissimo Abate Andres T T'? v'i^u'"'!' il mentovato Tiraboschi , che l'inserì nelf ultima Edi- rimnEdlifo^ne'cìi zìohc della sua grand' Opera. Questo Codicillo si pre- i.xVp^iBgddia tende scritto da lui, sedici giorni soli innanzi alla sua ccuieneiegiuQ- inorte , sui cartoni di un llffìciuolo della B. V., che non si sa come sia capitato in quella Biblioteca. Chi ha pratica di Documenti del Secolo XV, e XVI , legga quello Scritto , e giudicar potrà, se abbia il colore di scrittura di quel tempo. Lascio a parte il divoto regalo di un Uflìciuolo della B. V. fatto da Papa Alessandro VI , eh' ebbe sì diversi pensieri , cos'i da lungi a Cri- stoforo Colombo, con cui non si sa che parlasse giammai. Ma come mai di questo Codicillo non si fece menzione , ne si ebbe notizia sino a questi ultimi tempi in Roma, e nemmeno in Genova, sebbene ordini il Colombo , the dopo la morte sua si dovesse consegnare esso Ufficinolo col Codicillo all' amatissima Patria sua la Repubblica Genovese? Ben trascurati, al pari degli Eredi di Messer Kicrolò Oderico , converrebbe supporre, che sicno stcti gli Esecutori festaTnentarj di quel Grand' Uomo. E come mai, di quelli stabili ( che non si sa come egli possedesse f DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 269 in Italia) ordinò, che si ci'igesse un Ospedale per li poveri , e questo Sj)rdale mai non venne fondato ? E quali furono mai i benefuj dalla Repubblica Genovese filli al Colombo? Di tutte queste cose nella vita scritta da D. Fei vli'vmdo si.o figliuolo , benché ne abbiamo sol- tanto traduzioni passate per le mani di Genovesi , ed a Genovesi dedicate , non si trova neppur un lieve cenno. Quello poi che dimostra ad evidenza , che questo monu- mento è supposto ed apocrifo, si è, che sostituisce ia esso il Colombo la Repubblica Genovese, in mancanza della linea sua mascolina, al Maggiorasco dell' Ammira- gliato delle hidie , e delle cariche, e dignità di Viceré e Governatore , ed entrate annesse , confondendo la Re- pubblica di Genova colf Ufficio di S. Giorgio, o chia- mandola col nome di esso. Non parlo della singolarità d' iustituire una Repubblica in un Maggiorasco di tale natura , in cui una Repubblica avrebbe dovuto esercitare impieghi gelosi cotanto in uno Stato straniero. La Re- publ)lica di Genova Ammiragliessa delf Oceano, e Vice- Regina delle Indie, sarebbe stato nuovo fenomeno poli- tico, ed assai più straordinario di quello delf Ufficio stesso di S. Giorgio, che eccitò l'ammirazione del Se- ^ AWhiaTein, c5 ' Stor.Fiorr'nl nb, gretario Fiorentino. Ma quello che toglie ogni questione viii, 30.101^84. si è l'alto silenzio, che nelle lunghe ed ostinate Liti eccitatesi per la successione a queir insigne Maggiorasco, serbò sempre sia la Repubblica di Genova , che 1' Ufficio di S. Giorgio, non avendo mai né allora, nb dopo promosse le ragioni ben giuste, che lor dato avrebbe 260 MONUMENTI CONTRABJ ALLEGATI EC. OAP. XIU, sopra quella ricca eredità questo Codicillo di Colombo, qualora a que' tempi già esistesse , e si fosse riguardato come Scrittura autentica , e non già , quale si è , come un semplice non saprei se troppo lodevole ritrovalo, per lusingare * la vanità nazionale. V ha di più; E certo che esisteva il Codicillo fatto dal Colombo. Questo è recato dal Campi ; e , ciò che più importa, su questo si fonda il Sordi: ma questo appunto ad evidenza dimostra , che è falso e supposto quello esistente nella Libreria Corsini. Del vero Codi- cillo sappiamo, che ne constava per rogito di Notajo, come lo attesta il succennato Sordi, e non era scrilto Jìiore militari sopra un Ufficiuolo; comprendea disposi- zioni diverse, né comprendere potea ciò, che contiene il finto. Del rimanente , le sottoscrizioni di Chrislofe- * Ecco il Codicillo trovato nella Libreria Corsini, come viene riferito dal TiivABOSciii « Codicilliis more militari Clirislophori Columbi. Cuui SS. » Alexander Papa VI me hoc devotissimo preciim libello lionorarit sum- » mum mihi praebente solatium in captivilatibus , praeliis et adversilalibiis « meis , volo ut post mortem meam prò memoria tradatnr amantissimae » meae Patriae Reipublicae Genuensi; et ob beneficia in eadera urbe re- » cepla, volo ex stabilibus in Italia reditibus erigi ibidem novum Hospi- j) tale , ac prò pauperum in Patria meliori subslentallone , deficienteque linea » mea masculinain Admiralalu meoindiarum, et annexis, juxla Privilegia dicti » Regis, in successorem declaro et substituo eandcm Rcmpublicani S. Georgii. «Dnium Valledoliti 4 Maii i5o6 SS. A. S. X. M. Y. XPOFERENS » Eccetto il Chrìstoferens nessuno, che io sappia , ha spiegate le altre sigle che il precedono. Confrontisi questo supposto Codicillo col vero e genuino riferito sopra, trattando del Sonui. ( V. cap.IX, pag. zoS in noia. DI GIANFRANCEi r.EANI NAPIONE. 26 1 rens In vece di Cristo ">ao secondo ogni vero- simiglianze inventate, ju si^i... . quanto vicn dicendo D. Ferdinando nelle sue Storie, in quel luogo, dove con sottigliezza soverchia va speculando intorno al nome del Padre suo; se pure, come sospetto , 'non è stato cj'°c/'?"^' intruso queir intero tratto nell' Originale dai Traduttori Italiani. Ma per terminar finalmente queste discussioni, ed esami di monumenti non sinceri , supponiamo che volessimo riguardare per genuine tutte le Carte, di cui fece uso il moderno Annalista Genovese, vale a dire, ed il Testa- mento messo in dubbio con ragioni cosi stringenti dal Campi , e sospetto al medesimo Abate Tibaboschi , e le due Lettere di Colombo a Niccolò Oderico , e quella all'Ufficio di S. Giorgio, ed il Codicillo, che si è ritro- vato nella Biblioteca Corsini , Documenti prima adatto sconosciuti a tutti gli Scrittori Genovesi, che ne segui- rebbe da questo? Non altro, se non se che Colombo sì confesserebbe Genovese di nascila. Resterebbono pertanto sempre nella integrità loro i Monumenti , mediante i quali si è dimostrato ad evidenza, che, qualunque possa essere stato il Luogo della nascita accidentale di quel Grand' Uomo , \\. Monferrato fu la sua Patria originaria ; e la Famiglia ond'egli è uscito quella degli antichi Si- gnori di Cuccaro. Allo stesso modo, che Torquato Tasso, come già ho accennato altra volta , volle chiamarsi egli stesso in alcuna Opera sua Napolitano , bencliò nato sol- tanto in una Città di quel Regno, cioè in Soieuto, e eGz monumenti CONTRARJ allegati EC, gap. XIII, di Famiglia di Bergamo in Lombardia, avrebbe anche potuto chiamarsi Genovese Cristoforo Colombo, benché lioa nato in Genov^a , e di Famiglia incontrastabilineute del Monferrato. Quando gi-andi furono i Genovesi in mare, vale *a dire dal Secolo XII sino al Secolo XVI, il furono in parte, mediante il coraggio e l'ingegno degli uomini delle Provincie del Piem.onte, e del Monferrato , che militavano, e trafficavano allora nella Riviera di Ge- nova. Non posso poi terminare queste Memorie, senza compiangere la condizione del Piemonte , che gli Uomini Grandi , che ha prodotto , o rimaner debbano il piìi delle volte sconosciuti in Piemonte, e defraudati delle giuste lodi, o quando il nome loro giunse a superar l'invidia, sieno comunemente tenuti per istranieri, come intervenne al Colombo. f 263 TAVOLA. J. NTRODVZlOyE Pag. uff Gap. I. Lodi del Colombo. Giusta idea della impresa della Scoperta dell' America » 120 Gap. II. Importanza di accertar la Patria di Cri- stoforo Colombo . . . . » iSj Gap. III. Incertezza del Luogo della nascita del Colombo . . . . . • » 145 Gap. IV. Dimostrasi, che il Colombo non fu Ge- novese . . . . . . .111 vS .i5a Gap. V. Congetture intorno a motivi , per li quali restò nella oscurità la professione, e la residenzux de' Genitori di Colombo . » iSg Gap. vi. Origine della Famiglia di Colojnbo , secondo le Storie di Ferdinando suo figli- uolo. Educazione scientifica e liberale dì Colombo . . . . • . » 1G7 Gap. vii. Scrittori che a/fermano , che il Castello di Cuccaro in Monferrato si ò la Patria del Colombo . . . . . » 176 Gap. Vili. Ragguaglio della Lite insorta in Ispa- gna per la successione del Maggiorasco insliluito da Colombo , da cui risulta , che la Patria di lui fu Cuccaro in Monferrato » i8o Gap. IX. Estratto del Consulto del Sordi nella Causa della successione del JMaggiorasco insti tui lo da Cristoforo Colombo . " '97 Gap. X. Principali motivi allegati nel Sommario della Causa agitatasi in Ispagna per di- mostrare, che Colombo era uscito dalla Fa- miglia de Feudatari di Cuccaro . » 210 Gap. XI. ConJ'or mi tà tra il contenuto nel Sommario della Causa agitatasi in Ispagna , e quanto narra circa il Colombo il figliuolo di lui D.Ferdinando nelle sue Storie . -n 2.i'ò Gap. XII. Notizie riguardanti D. Ferdinando Co- lombo , e la sua Storia ...» 2.ZG Gap. XIII. Monumenti contrarj allegati da alcuni Scrittori non possono Jar mettere in dubbio la Patria di Colombo. Esamina di sì fatti Monumenti . . . . . » 244 2G5 NOTICE HISTORIQUE SUR UNE INSCRIPTION CONSULAIRE TROUVÉE DANS LES DÉCOMBRES DU DONJON d'une DES PORTES DE LA VILLE DE TURIN , PAR MODESTE PAROLETTI. Lue le 12 pluvióse an iz. .Ljes rempaits de la ville de Tiirin, qui avaient joué un iòle si brillant dans l' histoire miiilaii-e du Nord de r Italie vcrs le commencement dii dix-huitième siede , virent leur gioire s'éclipser au commencement du siècle dix-neuvième. Leur démolition ordonuée par le Gouver- nement Francais, fut commencée en 1801 et terminée ea 1802. Les avenues extérieures de cette Ville étaient souvent encombrées d' une foule de pcrsonnes attirées par le spectacle de ces ruines. Je me trouvais un jour prcs de l'endi'oit, oìi s'élevait autrefois le Donjon de la porte dite du Palais, et à l'aspect de cet amas de des- truction , je ne pouvais m'empécher de réver aux vicis- situdes de la fortune, lorsque je fis attention que mas pieds foulaient un monument de l'Empire Romaiu. Gomme l'histoire physique du Globe se retrouve daus les couches des substances pierreuscs qui composent sa sui'face , de meme l'histoire du monde moral se présente dnns les débris qui échappent à la voracifc du tems. Les I^uturaiistes enrichissent tous les jours le domaiue de la 34 266 NOTICE IHSTORIQUE, geologie; Ics Antiquaires doivent préparer les matérlaux pour les annales des Nations. Ce mouument est va marbré blanc : sa sui-race pré- sente un parallélogramme, ayant de chaque coté cnvi- ron 8q centimètres de longueur: soa épaisseur est de 26 centimètres ; sur une des faces de cette derniòi-e sont gravés les mots suivans ea beau caractère, et omés d'un coDtour régulier : C. RVTILIO GALLICO COS. n T. FLAMVS SCAPVLA. que je lis Cajo RiUilio Gallico Consuli iterum Tìtus JPlavìus Scapula. Cette pierre paraìt avoir servi de piédestal à une statue pedestre. Le nom du personnage dont elle fait mention, l'endroit et les circonstances de sa dccouverte, me firent concevoir le projet de la publier- Si nous voulons préter foi à ceux de nos hisloriens qui ont parie des ancieus monumens de la ville de Turin , tels que Tesauro et Pingone, la porte du Palais avait pris et conserve ce nom de l'ancien Palais d'Auguste indiqué dans une inscriptiou antique par ces mots : eterna domus Julìce Augustos Taurinorum (1): Dans ce Palais se tenaient les séances des principales Magis- tratures de cette Ville, qui, étant d'abord Colonie, avait pris le rang de Municipe, d'après l'opinion des savans RlCOLVI et RlVAUTELLA (2). L'endroit oi!i cette inscription fut découverte , paraìt ibufuir la preuve de son authenlicilé. II est permis de PAR MODESTE PAROLETTI. zGj supposer que la porte nomm^e Palatine alt ctc bàtte sur les masures de l'ancien Palais d'Auguste, cu, pour le moi'ns, que les débris de la maison Imperiale aient dù servii" pour sa rcconstruction. Cefte pierre qui sort aiijourd liui de ces ruioes , devient un monument d'autaut plus précieux qu'il nous relrace rarchitccture de ce Palais que l'on appclait du nom du fondatcur de l'Empire, ornée des statues des personuages, qui avaieut été les bien- faiteurs de la ville de Turin. La beante du canictère 1» fait rapporter au premier siècle de l'Empire Romaia. Los mofs de TiTus Flavius, qui se trouvent dans la seconde ligne, iudiquent qu'cUe n'est pas autérieure à l'Kmpire de Vespasicn : ces deux préuoms, pris par le persoanage Scapola, qui est le fondateur du mouument, fcmt prc^sumer que ce citoyen , habitant des contrccs subalpines, s'honorait de la clieatelle de l'EmpereurVespa- sien , et en avait emprunté les noms de TiTus Flavius. Le persounage Cajus Rutilius Gallicus n'est pas in- connu daus les fastes Consulaires. L'Almeloven rapporte un C. Rutilius Gallicus parmi les Consuis, sans en designer l'epoque (3). Il est vrai que la famille Rutilia était plébéienoe: on trouve des Rutilius parmi les Tribuns, et sur les monnait-s Ro- maines, ils ont le prénom de Flaccus. Dans le Musée de Turin on conserve une mounaie qui se réfere à Ruti- lius P'laccus Edilis r an de Rome 697, et Priefor pro- vincialis en l'an 600. Il parait que cette pièce avait été frappée avant ces deux époques, etlorsqu'il était Qiicnstor 2^8 NOTICE HISTORIQTJE, ProvinciaUs. Le tj'pe est d'un coté la lete eie Rome avec le Casque ( Galea ) ; et de l'autre une Victoire attelée de deux chevaux. Rosikus , auteur d'un traité des antiquités Romaiues , prétend que la famille Rutilia était patricìenne ; selon lui, elle se partageait en Calvi, Centorini , Crassi, Lupi et Rt)Fi(4); quoiqu'il soit dif- ficile de prononcer sur le patriciat de cette famille , il est cependant prouvc qu elle avait pris un raug distingue dans la Républiqiie. Cette considcration dont elle jouis- sait, suffit pour établir la probabilité que le C. Rutilius Gallicus ait pu étre élevé à la dignité consulaire. L'Almeloven que je viecs de citer, a inséré le C. Rutilius Gallicus parrai les Consuls, d'après l'autorité de Dominique Magagni , Professeur aux écoles publiques de Turin vcrs le seizième siede. Cet auteur estiraable (5) parie d'une table de marbré trouvée dans l'Eglise de S.-Vito, située en-delà du Pò, portaut l'inscription : G. Rutilio Gallico Consulì. Il ajoute que cette pierre lui fut donnée par la munifi- cence des Chanoiues de Téglise de S.-Jean , tutelaiie de la ville de Turin. Je suis flatté de me voir dcvancé dans ces recherches par l'autorité d'un Liltérateur qui a fait honueur à mon pays (fi), et de rendre hommage aujourdhui à sa célébrité par un travail qui peut répandre quelque lumière sur le fait quii a annoncé. Il y aura des Savans qui seront portés à croire , que le monument dont j'enfreprends l'explication , soit le méme qui est public par cet Auteur. Ce soup^on paraìt ?AR MODESTE PAROLETTI. 2.6f) avoli- un foudcmcnt daus la coiucidcnce du Ileu, où ce Profcsseur pouvait avoir place sa pierre avec celui où la mienne a été ddcouverte. Il est probable qua les éco- ]os publiques de Tuiln fussent sitiiées dans le quarticr qui avoisine l'endroit où éfait la porte du PalaJs. Le Profcsseur Magagni pcut avoir logé dans la maison des ccoles publiques qui appartcnait vraisemblablemcnt à l'Administralion Municipale de la Ville. Lui-mcme lin- dique dans l'ouvrage qufe j'ai cité par ces mofs : Forihus mei gymnasii scholasllci adslat Currus Phoetonteus marmoreus (7). Cet emblème est un de ccux qui ont tonjours signalé la ville de Turin. Le monument du Pro- fcsseur Magagni, oublié, perdu, pcut avoir é^é enfoul dans Ics décombrcs de quelque démolition, et confonda parrai les pierres de taille que l'oa a craployé à batic le Donjoa de la porte. Mais toutes ces conjectures sont improuvées par les mots iterum , Titus Flavius Scapula, qui se trouvent dans la nouvelle inscription, et qui ne sont pas rapportés par l'Editeur de l 'ancien monument, et d'ailleurs la pierre dont il est question, ne peut pas avoir servi pour une épitaphe, comme celle dont parie rOrateur de la ville de Turin. L'inscription découverte par le Profcsseur Magagni est rapport^e par le Reinesius dans l'ouvrage qu'il a publié dcs inscriptions classiqucs (8). Mais il parait que cet Auteur s'est trompé cn la rapportant dans sa collection , car, tout en parlant d'après l'autorild du Profcsseur, il change le mot ConsuU en cclui de Commissi. Cede ?70 NOTICE HISTORIQUE, cneur a été remorquce par toiis les Anflquaires, et par ccu\ ménie qui n avaient aucuae connaissance des uoles de 1' Éditeui- d'AuBixius Victor. Daus l'oiivrage unprimé à Turin sous le titre de Alar- mora Taurinensìa (9) , 00 trouve une inscn'ption qui regalile une peisonno de la famille Rutilia, et dont l'explicatiou parait établir qu.elque rapport avec celle de Macaoni et la mienne. MINITI^ LVCII FILI^ PETIN^ UXORI RVTILII GALLICI LEPTITANI PVBLICE. Les savans Ricolvi et Rivautella, éditeurs de l'ouvrage que je viens de citer, croient que ce Rutilius Gallicus Leptitanus soit le méuie dont parie le poéte Stace dans le premier livre du poéme des Silves (jo); l'idea- tité de persoune entre ces deux RuriLius est indiquée par les vers de ce Poéte, où il dit que Rutiuus Valeus avait trioinphé de l'Afrique : Lybici quid mira tributi OBSEQUIA et MISSUM MEDIA DE PACE TRIUMPHUM. Dans ces vers le Poete Latin , en parlant de la guerre d'Afiique, parait designer la victoire de Leptis, et par conséquent le Rutilius Galwcus Leptitanus serait le Préfet de Rome auquel est dédié le premier livre de son poéme. Je suis surpris que les éditeurs des monumens de la ville de Tuiin , qui ont illustre cette inscription, n'aient poiut fait mentiou de Rutilius Gallicus Consul. Vrai- PAR MODESTE PAROLETTI. CTi seniblablement ces deux Auteurs n'avaient aneline con- uaissance de l'ouvragc de leur Prédéces^eur, car Ics vers dii poéme qu'ils out cité, fournissaicut matière à dcs (onjectures séduisantes, et il ne Icur fallait qucla nohoa du fait annonct'C par l'ancicn Prolesseur pour apcrcevoir , que les vers de Stace font mcntiou de la Dignité Con- sulaire accordéc dciix fois par lEmpcreur à luti des an- cètres de la famille Rutilia : Sed REVOCANT FASTI, MAJOMQUE CURULIS, NEC FROJIISSA SEMEL. Le rcsultat de ces rapprochemctìs , qui paraìt indiqncr la protection que les personnagcs de la famille Rutilia accordaient aux liabitans de ce pays , où Icurs noins sont transmis à la postcrild, ajoute à l'intéiét que jai attaché aux recherches que je fais pour fixer l'epoque des deux Consulats. Il est des Auteurs qui ont imaginé que les Magisfrafs des Villes et des Coionies aient pu prcndre le titre de Consuls sous les Empercurs : cctte manière d'inteipréter Ics anciens mouuracns éfait commode et faite pouf prevenir les diflicultés (ii). Quelques Savans d'un mérite distingue ont adopté cette opinion. La note des anndcs du Con- sulat qui se trouve daus qUelques monumcns t'ievés à des Consuls substitués, leur a paru un nocud difficile à rdsoudre, et un indice de l'abus iutroduit dans Ics Pro- vinccs de dt^signer par le nora de Consuls Ics Rlagistrats Municipaux de Icurs villes. Il est vrai que Ics Consuls substitués ne donuaieut poiat le uom à l'année, et que 272 NOTICE HISTORIQUE, les raonumens où Fon reucoatre la note prìmum , secun- dum, ont tous élé découverts loia de Rome, et daus Ics Proviuces reculées de TEmpii-e. De plus, un Dccret de l'Einpereur Aulonin rapporté dans le digeste (12), parie des Consuls de Province, et indique presque des Juges qualifies de ce nom. Ces diflérentes observations peuvent fournir des argu- mens pour un nouveau genre de recherches sur les Con- sulats honoraires qui s'étaient probablement multipliés sous les Enipereurs Romains; mais comme l'inscription que je public se rapporto décidcmcnt au premier siede de l'Empire; corame elle fait mention d'un peisounage dont les descendans ont exercé les premières Magislra- tures de la ville de Rome, et que l'epoque des deux Consulats peut se détermlner par des raisonnemens assez concluans, Je crois devoir poser des liraites aux combi- naisons fondées sur des conjectures, et me renfermer dans le genre de démoustration qui s etablit sur les faits , lais- sant à des liommes plus célèbres la gioire de parcourir la carrière des probabilités. J'observerai au surplus, que la note des années des Consulats, qui a embarrassé les Antiquaires , peut avoir été introduite dans les Provinces pour marquer les aauées de la clieutelle exercée par les Consuls subrogés, lorsqu' elles voulaient les honorer. Le célèbre Maffei a public un fragment d'iuscriptìon latine, conservce dans le Musée Imperiai de Vienne, qui peut servir à établir l'epoque du premier Cousulat de C. Ruiiuus Gallicus (ì3). i l'AB MODESTE PAROLETTI. 273 .... RI AVGVST IMPER- XXVII. . . . . CLA- VISPTANO GALLO C RVTiLlO GA . . O. Maffei remai-que que cctte inscriptlon cloit regardcr lIEiiipereur Claude, le seul qui soit porte dans' les me" dailles JMP. XXVII; et sur l'observation que la famiile Vjpstania élait Consulaire, il en dcduit que les deux persounages Claudìus Vìpslanus Gallus , et Càjus Ru- lilius Gallus doivent étre raugcs panni les Consuls subs- litués pour les années qui tombcnt sous l'IÌNlPER. XXVIL , titre douné à l'empereur Claude , c'est-à-dire: pour les anaées 62 , 53 et 64 de la naissance de J. C. Le Savaut Hagenbukins , qui a rapportò cctte memo inscriptlon , confirmc l'opinion de M.*^ Maffei , et fait des remarques très-judicieuses. Voici couime il s'exprime dans l'uu des ouvrages quii a public (14)= « IMaffei » observe très-bien que cette iuscriplion regarde Tem- » pereur Claude , qui est le seul à qui on ait donne' le » titre d'imp. XXVII. A la deruière ligne je supplée j> GALLICO. On sait , que sous Domitien il y eut un » RuTiLius Galligus qui fut Préfet de Rome , et qui » pouvait otre le llls, ou le petit-fils de celui-ci. CLA, » dans la ligne précédente, est, si je ne me trompe , » pour CLAVDIO. Cela suppose que c'était sou nom de » famiile, et non Vipstanus, comme l'a pensé M.'Maffiìi, » car que signifierait le nom précédent? » Au surplus, VirsTANUS et Rutilius paraisscnt avoir 35 274 NOTICE niSTORIQUE, »> été Consiils , Qiais subi-ogés , et apparemm^nt l'antiche T> móme de J. G. 52 , daus laquelle Claude- fiit appclc n IMP. XXVII, et Oli il y eut plusieurs Consuls de •>■> cette espèce » jiisqu'ici le savant Hagenbukins. L'opiuioa de Maffei est encore confirmée par l'aiito- vité de Corsini , auteui- de Touvrage sur les Préfets de Rome (i5), qui, en parlant du Préfet Rutilius fiait par ces mots : Postremo addldìsse juverit , guod C. Ru- tilius Galiicus Valens facile alterius C. Rati Iti Gallici nepos fuit , qui anno CJiristi 62 una cwn Claudio Vipslanio Gallo Consul fuit. Il ne raauquait plus que l'inscrlption que j'ai publiée pour mettre en évidence la justesse de l'aper^u de M/ Maffei , et les coinpilateurs des fastes consulaires peuvent aujourd hui inserire , sans crainte , parmi les Consuls subrogés de l'année 52 de J. C. les Claudius VipstU" nius Gali US , et C. Rutilius Galiicus. Il nous reste à fixer l'epoque du second Consulat de C. Rutilius Galiicus , qui est indiqué par le mot iterum. D'après les remarques que j'ai faites au commence- ment de ce m(?moire pour coustater l'aothenticité du mo- nument, l'epoque du nouveau Consulat doit se rapportet aux années qui succédèrent à l'Empire de Vespasien. Oa ne rencontre guères de Titus Flavius avant l'année de J. G. 69: Le personnage Scapula s'honorait probable- ment des prdnoms de Vespasien , et jusqu'à ce qu'un nouveau inouumcnt ne vienne donner un éclaircissement précis sur cet objet, je crois devoir encore classer le PAR MODESTE PAROLETTI. syS Cajus RuTiLius Gallicus parmi les Gonsuls subrogés poui- les prcrnières années dii Rogne de cet Enipereur. - Làge dcjà avance de ce personnage qui avait óté Consul ea l'année Bz , l'oubli fait de lui par retnpercur Néion et ses successeurs, et le rappel des gens honnètes, lait par Vespasicn , vienncut à lappui de cette opinion. En résumaut actucllement les résultats de mes raison- nemens , je crois pouvoir couclui-e: ^ r." Qua le Cajus Rutilics Gallicus mentionué daus l'dpitaphe de Magagni est le méme personnage tìont il est questiou dans le fragment de M/ Maffei, et daus liuscription que j'ai publiée. 2." Que le doublé Consulat de ce personnage qm est indiqué par le vers du Poete Stace , se trouvè 'confirmé paV le contenu de ces frois monumens , et mis en évi- dence par l'expHcation que j'en ai donnée. 5.° Que l'epoque de ces deux Gonsulats, quoique rela- tive i\ des Gonsuls subrogés, peut se fixer aux années 52 et 69 de J. G. 4.° Que leRuTiLii's, Préfct de Rome, vainqueur d'Afri- que , et auquel ce Poete avait dédié le premier livre des Silves , est la méme personne dont il est parie dans l'ins- cription insérée dans les monumens de la ville de Turin. 5." Et enfin, que la famille Rutilia était une de celles qui avaient acquis des droits à la bienveillance des ha- bitans de la Gaule Subalpine, par la foi qu'eu font les différens monumens qui ont ctó trouvés dans ce pays (16). A la suite de cette explication qui, en éclairant les 27^ NOTICE niSTORIQUE, fastes consulaires , seit à rapprocher les opinìons clcs savaas Magagni, Rigolvi , Maffei et Corsini, et à ré- pandrc uà trait de lumière sur une (epoque de l'hlstoire du Pidmont, qui est envoloppc^e dans l'obscurité destems, je ciois devoii- dii-e uq mot sur linscriplion rapportée par PiNGONE (17). P- RVTILIVS- AVG- TAVR- PUOCONSVL. Getta inscriptioa n'a pas l'assentiment dos Antiquaires, à cause sur-tout du mot Proconsul, qui se trouve dans la 2.* ligne. Oa pourrait cepondaut, à mon avis, étnblir quelques conjectures eu sa faveur, et qui seraicnt appuyées par ■ tout ce que je viens de dire de la famille des Rutilius. La pulssance proconsulaire , dans les tcms de Rome libre , se donnait aux Consuls apròs Tannée de leur ma- gistrature. Nous en avons le premier excmple dans 2. Publius Phiion, l'aimée de Rome 427 (18). Quelques- fois on nomraait des Proconsuls qui n'avaient jamais été revètus de l'autorité consulaire. Dans la seconde guerre Punique, P. Scipion, à l'àge de 24 ans, fut envoyé Pro- CONSUL en Espagne, Pompée, n'étant encore que simple particulier, fut envoyé Procoksul contre Sertorius. Cctait une loi ordiuaire à Rome que celui qui,nprès le Gonsulat , obtenait une Province , se noramat Pro- CONSUL , et de mème celui qui se tenait au méme rang après la Preture , s'appelait Propréteur. Quelquefois le Prcteur, après la Preture, dcveuait Proconsul , et nous #Ar modeste fAroletti. 277 trouvons irièrae des personnages qui tantót sont nom- mós Piétcuis, et tantót Proconsuls. Quintus Cicero est appelé Proconsul pai- Svétoae, et Pretor par Marcus TuLUUs (19). Dans le tems des Empereurs , le Proconsulat eut une plus grande extension. Le Sénat et le Peuple pouvaient aussi envoyer des Proconsuls dans certaines Provinces (20). Cette magistrature se donnait à ceux qui avaient été Cousuis, et à ceux qui ne l'ayaient jamais été. Pour ne laisscr rien à désircr dans cette espèce de rechcrclies, on pourrait supposer que le Publius Ruti- Lius ait pu étre envoyé Proconsul à Turin , après avoir été Consul; ou bica, qu'étant l'un des dcscendans de cette illustre Famille , après avoir rempli quelque missiou honorable dans ce pays, ait pu étre décoré du titre de Proconsul. Mais il faut se garder de confondre ce qui u'est dit ici que par simple conjecture avec tout ce qui a été démontré , ou suppose , au moins, d'une manière très-probable. Tous ces faits sont peu importans par eux-mcmes: ils méritent cependant l'attention des historiens. Souvent telle notion , qui, prise isolémcnt, ne présente que peu d'intérót, devient un trait de lumière, lorsque par la suite des découvertcs, la critiquc parvicnt à rapprochcr, dans un ordre analytique, les résultats des rechcrclies des Savans. Un homme célèbre a dit avec sagesse, que la scicnce des inscripfions et des médailles formait l'osteo- logie de l'histoire. 27S KOTICE HISTORIQUE, NOTES, (1) ha Kefigio , 0 Pttìazeo ^ugusfaìe , ec, , le eiiì rocrne àdnnn ancor in oggi il nome alla porta orientale della Jet Palazzo. Tosauro , Storia di Toi'iuo. f;''* P*St "?4» P'ng- A^'ÉUSt, Tauriii. Porla Palatina, horti Palatini. (2) RicOLVi et RlVAUTELLA, marmoia lauriiicntia, pag. 270, pag. i.Non haud inviti creJimus Taurinorvm Augustam jam lam splendiJissimam Urbem TX Colonia in mitnicipium , guo4 mefjori erat (ondilione , Slatum (rit fU^uo, Iinperajore redaclam fulsse. (3) Samueli Jansonii Almeloven 8.", où il cite Machaneus ad Vili, (lo Vir. Illust. cap. 42. vorum Reines. IiiscHp. class. 17, N."* 104, pag. 84S. Vocem Cons, pìutat in Civnmiss. (4) RosiNUS Autiq. Roman, l-upi uicininit Cicsar, lib, 1 de bello rivili et Quint. lib. 1, cip. 11. (5) Machaneus ad Victorem de A'ii-. illusi., cap. 41 > Romani certe hie nipote in commune totius GaUiw Cisalpince diversorium divertere solcbant, vii Epitiphium a me inventum in marmoreo conditorio Sacelli. D. T'iti ultra Padiim indicai hac inscriptiune. C. liutilio Gallico Consuli. De quo Proefeclo homce sub Domitiano Jincnalis. Et Custos Callicus Vrbis. Marmoreum lume lapidem sacnim Canonicorum Collegium D. Joannis Tutelari nostri mihi dono muiiijì- rentissime dedit. Le savant Dbakenboiich , dans la fliseitation Ialine qu'il a imprimé sur Ics Préfels de Rome, fait l'observalion suivanle sur ce vcrs de Juvenal : "Ucet enim Custos Vrbis proprius titulum Juerit Prajecli eigilum , vt palei ex Cassiodoro , lib, VII, cap, VII , scepe tamen Prcejecto Urbi iribvitur, Vid. Sene: , ep. 84. Oli verrà dans la suite que le Rulilius, Préfet de Rome sous Domilieii, fy&ìt déscendant de la famille du Consul. (6) Parrai Ics Professeurs qui cut illustre les écoles do Turili dans le 16.' siede , on doit distinguer Dominique Della-Bella , qui avait pria le nom de IWacagni, du village Macagno, situé dans le ci-devant Nova- rais, où il était né; l'epoque de sa naissance doit étre fìnie entre le i45o et le 1460. Il eut pour Précepteur de Rhétoriquo le célèbre Colla-Montano, «jui est connu dans l'histoire de Milaa , comme l'auteur de la conspiration Iramée contre le Prince Galeas-Sforza , tue en 147G. Dominique Magagni était savant dans la liltérature, dans les langucs i»AR MODESTE paroletti. syg anricntips *l les antiqiiités. (I a ^'lé d'nbord Professpur de Bellcs-Lettrog h iMilnn, et fut appelé, vers le commenccmcnt du 16.' sièclo , à la chaire d'Jìloqueiice nux écoles publiqiies de Turin. Le savant MtnuLA , daus l'ouvrage qu'il a imprimé sur la Caule Cisal- pine, parie d'avoir assistè aux le^ons de Macaoni à Turili, et d'avoir adrairé l'étendue de ses connaissauces dans l'explicatioa quii faisail à scs élèves de l'hist. nat. de Pline. Les Ducs de Savoie ne tardèrent pas à Taire un grand cas des (aleiis du Professeur Macaoni. Il fut nommé par un à la place d'historiographe , et passa sa vie k recueillir les matériaux nécessaires à la conipilalioa de l'bistoire de la Maison Ducale. Il mourut en ibZo à Turin , après avoir parcouru honorablcment la carrière de l'instruction publique, et avoir acquis la répulalion d'un Litté- ratcur distingue. Les ouvrages què le professeur Macagni a publiés , soni : i.° Des notes très-eslimées sur les vies de Sexius Aurelius Victor, qui furenl iniprimccs avec le tcxle pour la première fois à Turin, en i5c8. Ces notes sont in- sérdes dans presque toules les éditions de cet Auteur, et se trouvenl dans l'Editioa d'Amsterdam cum notis variomm. i.° Une description corographiquo du Lac-Majeur , écrile en latin , et iinprimée pour la première fois à Milan àia fin du i5.* siede, et réimprimée dans la métoe Ville en 1690. 3." Une disserlation latine, intitulée de Cancellarlo Sectetariis et Scribis , eorumque vocabulis. 4." Une autre dissertation ÌDtitulée Observatioltes ad Tranquitlum U Val^ TÌum Maximum. 5." Ncuf vies des f'rinces de la Maison de Savoie , écrilM de méme en latm. (6) Un mémoire sur les antiquilés allobroges, énrif en langue italienne. (7) Quelques autres observations, intitulées Qurestiuncuìw. Quomodo secer- nerenlur cincres corporum combuslorum apud Romanos. Quid sinl Pagani. Prinripium Valerii Maxirai a barbarie vindicatum. (8) DiCférentes Leiires sur des objets littéraires. — Les N."' 3 et suivans ne soni pas iruprim/'S. Le Professeur Macaoni dans les ouvrages qu'il a publiés , s'intitulait Orateur de la commune de Turin, Publicus Tour. Orator. Sa célébrité a icndu sa famille illustre; ses descendans fureiit distingués par les places bonorables qu'ils occupèrenl , soli dans la Mcngistralure , soit dans la Diplo- aRo NOTICE HISTORIQUE , malie, Vide liist. ijpograph., Modiol.' anno i44o. Ani. Sa^ii pag. 3i5, EJ. Mecl. 1745 sub liliilo Phil. Aigel. Bonon. Bibliol. Script. IVIediol. (7) Mach, ad Vict. de Vir. Illusi., cap. 42. (8) Reines. Iiiscript. class. 17, N." 104, pag. 845. (9) Marmerà Taurin. pag. 4* > P- *• (io) VersSi, 83, Silv. lib. I, Slalio. (ii)Panvin. antiq. ver. lib. II, cnp. t2, Fabretli pag. 'jiZ , Gruter pag. 438, N." 7. Reincsius Ep. XVIIt ad Ruperl. de Consiilibus provincialibus non possimi nmplius dubitare ab ignaris anliquitatuni roniananim ftibricatos fuisse. Mon- signor della Torre, libro d'Anzio pag. 3Gl , dit — Coloniis et Municipiis consularem dignilatem cegreferunt viri dodi. (11) Dig. lib. XXIX, fit. 2, de adquirmda , vel omitlenda hceredilale. Ul- pianus lib. Vili , ad Sabinum. Curri quidam legntionis causa abscns Jìlium hieredem ìnstitulum non potaisset jubere adire in pronncia agenlem , Divus Plus rescripsit ConsuUbus , subvenire ei oportere mortuo fdio; eo ijuod licipublica- causa oberai. (i3) Maffei, Osserv. Iettar, tom. I, pag. i83, N." 22. (14) Hagenbukius Epist. epigraph. (i5) Corsini de prtcfect. urbis Pisis 1766 4-'' P- 48- Cet aulcur rapporto la Préfec.ture de C. Rutilius Valens à l'année de Rome 838 , et de J. C. 85 , d'après l'autorité de Stace. (16) Si on voulait hasarder une conjecture , on pourrait supposrr que Je surnom de Gaìlicus, pris constamment par les personnages de la famille Riitilia, ait eu pour bui de relracer le souvenir de quclque action ecla- tante, qui ait pu rendre leur nom illustre dans la Gaule Subalpine. (17) PlNG. , Aug. Taur. ibid. in domo mainorum in basi turrl9. (18) Liv. lib. Vili, cap. 23 et 26. Decrelum in urbe est ut Proconsule rem gererel , quoad debellatum esset. (19) SvET. in Aug. cap. 3. Cic. ad Quint. fr. lib. I , Ep. i , cap. 7. (20) Neupoort , Riluum Romanorum , — Trad. de M.' l' Abbé Desfon- lAiNES pag. 116, Barbou, 12 — 1760. VITA DI ALESSANDRO VITTORIO PAPACINO D'ANTONI COMANDANTE DELL'ARTIGLIERIA E TENENTE GENERALE SCniTTA DA PROSPERO BALBO l'anno m.dcc.xc.i. 35 Jam te non alius iellì tenti apti'ui miei. Qua deceat tutam castris proeducere fossam, Qualiter adirersos hosti defigere cervos , Quemve locum ducto melius sit claudere vallo. Ut facilisque tui's aditus sit, et arduus hosti, Laudis et assiduo vigeat certamine miles. Tibul. panpgjT. ad Messalam. ■m a85 VITA DEL COMMENDATORE D'ANTONI. D. 'i Alessandro Vittorio Papacino, capitano del porto di Villafranca, nacque in quella terra, addì 20 di maggio del 1714» Alessandro Vittorio, che avendo aggiunto al cognome paterno quel della madre, D'Antoni, fu poscia più volgarmente così denominato. E fama, che i Papa- cinì traessero di Spagna un'origine illustre**; ma noi» avendo io sicure prove per asserirlo, imiterò il silenzio dello stesso commendatore , che di questo fatto , o di altro tale, né fra gli amici eziandio non si udì mai far parola. Pii!i che l'incerta ricordanza de' trapassati poterono i vivi esempi, che ancor fanciullo egli ebbe a trovare fra' più stretti congiunti. Giuseppe Antonio suo fratel- cugino , che fu luogotenente-colonnello, e comandante dell'artiglieria nella contea di Nizza, e Gian Pietro zio materno del nostro , che mori capitano degli artiglieri , * Si slampa questa vita, quale fu letta all'accademia delle scienze di Torino dall' autore , segretario aggiunto , nelle private sessioni del mese di novembre l' anno 1791 : di un solo estratto ei fece lettura nella seguente adunanza pubblica del giorno primo di dicembre. ** Di un Papacino , vice-ammiraglio di Spagna nel secolo XVII , si trova menzione neW'Histolre des propìs de la puìssance navale d'Anf-ìeterre, par le baron de Sainte-Croìx : nomf. idil. , Paris, 1786, a voi. in 11. a84i BALBO, quelli furono cli'ci si propose d' imitare , alloraqnando in età di diciott'anni vesti nello stesso reggimelito le divise di semplice soldato, distinto però col titolo di volontario , che soleva accordarsi alle persone di ri- guardevole fomiglia. Ciò accadde a' 28 d'ottobre del lySi. Due anni dopo militò come soldato ne' principii della guerra condotta con rapidissima fortuna dal re Carlo Emanuele. E convieu dire, che in quelle occorrenze, e soprattutto nella espugnazione, ov'egli trovossi, del castello di Milano, della fortezza di Pizzighettone , e della città di Tortona , abbia dato certissimi saggi , non pur di valore , ma di singoiar maestria , giacchi? , dichiarato sottotenente addì 14 di marzo del 1754, fu adoperato in tutto il corso di queU'anno, e nella famosa giornata di Parma , all' importante ufficio di ajutante maggiore del suo reggimento. Salito poscia al grado di tenente addi 12 di dicembre del 174 1 5 e riaccesa la guerra, ebbe maggiori e più frequenti opportunità di [segnalarsi in ogni maniera di fazione , che ad artigliere , od anche ad ingegner si convenga ; or guidando i cannoni nelle ripide balze della Savoja fra le altissime nevi , e i duris- simi ghiacci del più fitto inverno ; ora con ben dise- gnate trincee fortificando il campo di Casteldelfino; or combattendo in giornata campale alla Madonna dell'Olmo, e dopo r esito di quella ritraendo in sicuro sino al campo di Possano tutte le artiglierie del corno sinistro; ed ora come capitano di minatori inoltrandosi in due siti sotto r assalito bastione di Savona , o impiegandosi parimente dell' ailigUetia, VITA DEL d'aNTONI. 285 nella espugnazione d'Acqui, od all'incontro pcnefrando a g^an^pena io Esisiglie stretto già dall'esercito Fiail- zese, e valorosainente servendo alla sua difesa, e final- mente negl' intervalli lasciati dalla viva guerra , adope- randosi a provvedere d'ogni sorta d' attic/zi militari, - prima Demonte nel, 1746 insieme coli' illustre ingegnere Finto , poi nel 1746 Essiglie e Fenestrelle: Nel corso di questa guerra fu dichiarato capitan- te- nente a'5r di maggio del 174^» ^ capitano effettivo il 10 di gennajo del 1746. E sul principio dell'anno 1747, J'il''^°,Yf^i volendo il re premiare con alcune gratificazioni gli eo[a''"oi^ndiò ufiiziali d' artiglieria che più si erano distinti nelle gloriose imprese dell'anno precedente, fu assegnata al D'Antoni la maggiore di tali ricompense, che secondo la savia moderazione di que' tempi non oltrepassò tuttavia la modica somma di ottanta zecchini. Dopo la pace fu spedito due volte a Piacenza, quindi a Pavia, ed a Mi- lano , per trattare con gli ufiiziali Austriaci e Spagnuoli il riparto e la restituzione delle artiglierie e delle muni- zioni da guerra , secondo la convenzione di Nizza del iG di gennajo 1749» uel che diede a conoscere , sod- disfacendo egualmente alle due parti, ch'egli non era men destro e leale né' maneggi di pace, di quel che fosse prode ed esperto nelle imprese di guerra. Come a tali pregevolissime doti egli abbia saputo aggiungere quelle parti che valgono a procacciare cele- brità letteraria , spetta ora all' istituto nostro di raccon- tarlo alquanto più distesamente. Imperciocché a primo 28G BALBO, aspetto potrà forse crear meraviglia, che nomo nato ia coadizione assai ristretta di domestiche facoltà, allevato in luoghi ed in tempi assai meo colti de' nostri , cresciuto fra lo strepito vivissimo dell'armi, vissuto del conti- nuo in operosissima vita, abbia nondimeno potuto, ed abbia , potendolo , efficacemente voluto procacciarsi dif- ficile, squisita , e profonda dottrina. Che se rari non sono gli esempi nella profession della guerra di uomini surti da basso sfa(o a' gradi priqii della milizia , rarissimi sono di quelli che a tapta elevazione siano di così lungi per- venuti egualmente per merito di dottrina teorica, e di cure scientifiche, che di pratica perizia, e di guerriero valore. De'-Vincenti , Finto , e D'Antoni , hanno provato fra noi, che uomini tali non poteano mancare in una Dazione chiamata prima ad ogni sorta di gloria dall' animo grande di Vittorio Amedeo II , eccitata poi dalla felicità d'un nuovo regno , e sempre pivi incoraggiata nelle vie d' onore dalle aspre vicende d' una guerra difficile e pe- rigliosa. E questa guerra medesima , ben lungi dal ritar- dare i progressi degli studi , per cui si suole desiderare ozio e tranquillità, servì anzi assaissimo a promuoverne gli avanzamenti , in quelle parti almeno che all' arte militare più d'appresso s'accostano, del che vedremo qui dopo qualche mirabile esempio. Ma se le accennate generali cagioni hanno potuto in qualchte modo risve- gliare gl'ingegni de' giovani militari di que' tempi, i nostri uditori tuttavia brameranno da noi più esatto rag- guaglio di quelle particolarità che accompagnarono i VITA DEL d'ANTONI. 287 primi passi nelle scienze del bravo aitigllere, che riuscì poi chiarissimo autore. Noi della sua fanciullesca o giovenlle istituzione non abbiamo notizia alcuna , ma crediamo assai probi'bile che fosse più adattata alle strettezze della famiglia, che noa all'ingegno del giovane. Né possiam dire sel'opeiasua siasi impiegata in alcun modo ne' priuii cominciamcnti delle scuole d'artiglieria istituite l'anno l'j^Q. Bensì sap- Lib.iii dcir** piamo per testimonianza dello stesso D'Antoni eh' egli rfedira;.dfjflme nel 1743 cominciò di proposilo a cercare per diverse neUa dedica, strade di scoprire le principali proprietà della polvere , il che par che supponga non mediocri progressi nelle scienze fisiche e matematiche. E sappiamo che l' ingegno e la diligenza di lui gli aveano per tempo procacciata la stima e la conCdenza del primo ingegnere Giuseppe Ignazio Bertola direttore delle scuole per opera sua fon- date, e de' tre successivi colonnelli d'artiglieria, D'Embser, Nicola, e De'-Vincenti. Non pago tuttavia delle cognizioni che da questi potea ricavare, uomini, per vero dire, eccellenti , ma da gravissime cure distolti , ne pago degli studi, che per se solo, o coU'ajuto de' suoi colleghi, fra' quali molti assai dotti, potea intraprendere e segui- tare, non lasciava sfuggire occasione d' approfittare d'ogni altro personaggio , o fosse esperto nella sua medesima professione, o dotto nelle scienze che a quella possono in qualche modo servire. Siffatto vantaggio egli seppe ritrarre nella prima guerra dalla conversazione di alcuni tra gli ulllziali Franzesi alleati nostri. E vuoisi credere. 288 BALBO, clie a que' tempi medesimi, o poco dopo, incominciasse a frequentare in Torino l'abate Girolamo Tagliazuccht. Chi non conosce questo illustre Modenese , fuorché per essere stato un eccellente professore d' eloquenza nella nostra università, autore di qualche bellissimo sonetto, e di qualche altro forbito lavoro, e raccoglitore di prose ad uso delle scuole, stupirà seuza dubbio che il D'Antoni se gli professasse tanto obbligato, e ne venerasse la memoria come d' ottimo maestro , egli che altronde non aspirò mai a verun pregio nell' amena letteratura. Ma il Tagliazucchi alla dottrina poetica ed oratoria accop- piava in grado non mediocre la matematica*, ad esempio dì tanti illustri Italiani, e Bolognesi soprattutto, suoi couteraporanei ed amici, attalchè, se non e' inganna la fama , allorquando fu chiamato dalla patria a Torino , * Il Tagliazucchi, prima di venire in Torino, clie fu nel 1729, istruì pijvalaiuenle in Milano non solo nella lingua Greca , ma eziandio ncll' nigebra, fino almeno a' problemi di secondo grado, Maria Gaetana Agnesi, fanciulla allora di circa dieci anni, cresciuta poi a tanta fama nella scienza algebraica. E fra le sue opere inedite si registra come smarrito un trat- tato di fortificazione. {Mai-i.ucche\ii, Scrittori d' Italia, articolo dch'^gnesi , Tiraboschi , Biblioteca Modenese, tom. V, p. iGy, 175). Facil cosa è a cre- dere, che quel trattalo di forlificazione sia slato scritto dal Tagliazucchi iu Torino , e forse per ammaestramento appunto del D'Antoni , o del Tignola. Ed è notabile, che tre anni prima della istituzione delle scuole militari, creandosi un'accademia per Je arti del disegno, nell'apertura della quale le-^se il professor Modenese in prosa e in versi, vi si fece luogo anche all'architettura militare con esempio non più veduto né prima, né poi. Orazione e poesie per V instituzione dell' Accademia del disegno , delia, dipintura , scultura, e architettura militare, e civile, Torino, 1736, Chais, 8.°.. VITA DEL d' ANTONI. 285 clubitossi qual cattedra se gli sarebbe assegnata: ma se di scienze matematiche non tenne pubblica scuola , e non diede alla luce alcun saggio , ben insegnolle in pri- vato a parecchi giovani studiosi, fra' quali , oltre il D'Antoni, ci basti di nominare per cagione d'onore il prediletto suo discepolo, ed ora nostro benemerito vice- presidente , conte Ignazio Somis , ed il defunto Gasparo Tignola , di cui non posso ricordare il nome senza rammentare ad un tempo , eh' egli fu il primo ad intro- durmi, sin dall' età mia puerile , sul limitare della dot- trina geometrica, e ad ispirarmi per quella ardentissimo amore , troppo dappoi reso vano sinora da ben altri men gradevoli studi. Ma il Somis e il Tignola , prima d' avere dal comune maestro i precetti matematici, si erano sotto alla sua guida istruiti nell' arte dello scrivere in prosa e in versi, del che ci restano memorabili documenti , onde v. ìì eaiat.^» ^ , con noie in une ne avvenne, che 1 uno e l'altro dettarono sempre ogni ere , V uso dell' armi da fuoco, il ma- neggiamento dulie macchine d' artiglieria, V artiglieria pratica in tempo di pace e di guerra, e finalmente l'or- chiteitura militare.TiV& queste le istituzioni fisiche, Tesarne 2g2 BALBO, della poherd , l'uso dell' armi , V artiglierìa in Ipmpo di guerra, il maìieggiamenlo delle macchine , e cinque de' sei libri intorno all' architettura militare portarono in fronte il nome del D'Antoni , allorquando furono pubblicati : lì artiglieria in tempo di pace ha per autore il Tignola, e il secondo libro dell' architettura militare , che tratta dello assalire e difendere le fortezze regolari , fu com- posto dal chiarissimo Ignazio Andrea Bozzolino , che vive maggior-geuerale , colonnello degl' ingegneri , e ca- valiere dell'ordine de' Santi Maurizio e Lazzaro. La^eo- Tuetria pratica , quantunque anonima , fu pure compilata *dal Tignola. Per V aritmetica e la geometria piana si adottò, non so come, quella d'uno straniero non ottimo autore , sebl)ene io abbia argomento di credere , che al- meno di Geometria il D'Antoni abbia scritto lezioni ele- mentari. I rimanenti trattati non hanno impresso nome d' autore, forse perchè il D'Antoni vi ebbe minor parte di quella , che in altri poteva a buona ragione arrogarsi. Ma noi qui non vogliamo tacere, che in alcuni ebbe parte grandissima Carlo Andrea Rana professore nelle scuole d'artiglieria, uomo di molta fama nell'architet- tura civile , idraulica, e militare. Le particolarità , che precedettero , o tenner dietro alla pubblicazione de' diversi accennali libri per uso delle scuole d' artiglieria e fortificazione , sono tanto onorevoli pel D'Antoni lor principale autore, che da noi non si possono in verun conto tralasciare. Cominciò a stamparsi nel 1759 il terzo libro delY architettura militare, che Vita dei. d'antoni, agS fu giudicato potersi disgiungere dagli altri, e Comparire da se solo alla luce , quasi per saggio del nostro liceo militare, e che più degli altri polca meritare d" essere divolgato per le novità che contiene , quali sono i sistemi del Rana, del Bozzolino , -e del Borra. Questo libro comparve poscia in IVanzese come opera originale , avendo solo il plagiario notato che i nuovi sistemi appartene- vano principalmente a' signori D'Antoni , Bozzolino , e Rana. In queir anno medesimo il D'Antoni fu decorato della croce de' santi Maurizio e Lazzaro a' 12 di giugno, e provveduto a' 4 di luglio d' una pensione sopra una commenda dell' ordine. Sei anni dopo venne alle stampe dedicato al Re 1' esame della pohere , che fu poi tra- dotto in varie lingue, e che assicurò all'autore un'altis- sima riputazione , cosicché il Tempelhof nella sua opera intitolata il bombardiere Prussiano, in un luogo fra gli altri , ove sempre ne parla con ogni lode , si esprime particolarmente in questa maniera: «molti fisici di sommo Pa^.n'.v.pnre » merito istituirono dottissime e profondissime ricerche "V » sulla natura di questa forza movente » ( cioè a dire della polvere), « fra' quali si sono il piiì segnalati Robins, » Papacino D Antoni, e il conte Saluzzo. » E il mar- chese di S. Auban tenente-generale degli eserciti di Francia, e già ispettor-generale di quella artiglieria, prendendo a tradurre Y uso dell armi da J^uoco , il quale, com' eirli dice « è una facile , ma dottamente dimostrata N che r autore italiano avca esposto ne' precedenti suoi 294 BALBO, » scritti», il che vuoisi principalmente intendere dello esame della polvere, così prosegue a ragionare fram- mezzo a molte altre onorevolissime espressioni, che noi per brevità ommettiamo ; « farà senza dubbio maraviglia » il numero e la varietà delle sperienze, che si cse- » guirono con grandi apparecchi sopra ciascuno degli » oggetti presi ad esaminare ; il rigore , la precisione , e >' l'esattezza, che s'impiegarono per trarre dai fatti sicure » ed irrevocabili conseguenze. Ne farà meno stupore >' l' immensità delle somme che si saranno dovute spen- « dere per sì grandi e sì diverse prove. Ma così vuoisi » fare per iscoprire la verità, per sollevare le' scienze e j> le arti ad un piili alto grado di perfezione « . Non è cosa strana , che uno scrittor Franzese giudicasse immense le spese dovute farsi per tanti sperimenti , e ne traesse argomento cortese di lode pel nostro governo : ma noi crediamo di poter fondatamente attribuire lode migliore a' nostri artiglieri, ed al nosti'o sistema di pubblica eco- nomia , giudicando che siano state assai modiche le somme in questo fatto impiegate , ne maggiori proporzionata- mente di quelle, che per la misura del grado, o per le sperienze idrauliche, o per la spedizione letteraria in Egitto e in Asia, o per altre scientifiche intraprese furono sborsate, la tenuità delle quali non troverebbe quasi cre- denza in paese assuefatto alla pubblica prodigalità : sì bene fu conosciuta presso di noi l'arte difficilissima di far cose grandi con piccioli mezzi. Principale istromcnlo di quest' arte in man de' regnanti VITA DEL n' ANTONI. ÙgS è la giusta e misurata distribuzione defili onori e dei premii. Tre anni dopo la pubblicazione dell'esame duìla pohere il nostro D'Antoni fu dichiarato dircttor gene- rale delle scuole teoriche e pratiche a' 6 di dicembre del 1769. Già prima eragli stato conferito il {jrado di te- nente-colonnello a' 4 d'aprile del 176(3, come gli fu poscia l'altro di colonnello a' 28 di febbrajo del 1771. Ora seguiterò a riferire come nel nuovo regno venis- sero alla luce le altre opere elementari che compongono il descritto corso di studi. Nell'arte della guerra, come in quelle del traffico e del governo , solevasi altre volte per ogni dove procedere con certi rispetti di gelosia e di mistero, che per lo progresso delle umane cogni- zioni hanno poi cominciato a scemare d'assai. A questi probabilmente si dcbbe attribuire che non fossero prima stampati tutti gli scritti che dottavausi nelle scuole d'Ar- tiglieria. Per altro convien dire , che il ministro , dal quale esse scuole dipendevano , cioè il conte Giambatista Bogino, uom senza dubbio superiore a molti vani riguardi, non invidiasse agli stranieri il profitto che potean trarre da' nostri studi, poiché anzi avea non solo permessa, ma favorita la stampa de' due libri sovra accennati, fra' quali Y esame della polvere è opera feconda di pratiche e nuove conseguenze; acconciamente giudicando di servir molto bene in tal modo all'onore della nazione, e procac- ciandole così un vantaggio assai più reale, che non la vana pretensione di potersi noi mantenere, esclusivamente ad ogn' altro stato, soli possessori de buoni metodi, i quali 29^ BALBO, a lungo andare non è fattibile che restino sempre segreti, ed aiti-onde se possono convertirsi a nostro danno in man de" nemici, possono eziandio servire a nostro prò in mano degli alleati. Oitrc di che conviene riileltere, che l'arte della guerra avendo per mira di restituir 1" equilibrio tra forze diseguali, quanto più si migliora, tanto più serve a mantenere , o ristabilire la pace , unico fine che possa giustificare l'uso dell'armi. Queste considerazioni ope- rando neir animo dell' augusto nostro sovrano , l' indus- sero ad ordinare sia dal principio del suo governo , che fossero dati alla stampa alcuni altri trattati del D'Antoni , i quali correano pericolo di venir divulgati con minore lipiitazione, essendone già sparse le copie nelle mani di tanti allievi , che nelle scuoio gli aveano scritti. Diede la spinta all' accennata deliberazione la richiesta che ne fece prima d'ogni altra la corte di Francia nel lyyS. Imperciocché fra gli artiglieri Franzesi essendo insorti a que' tempi gravissimi dispareri intorno a diversi oggetti che si agitavano con grande animosità , e somma essendo la riputazione della nostra artiglieria , cresciuta eziandio pel saggio pubblicato degli sludi che vi si fanno; il ministro della guerra , per avere un sentimento del pari autorevole ed imparziale , fece domandare alla nostra corte una copia di quegli scritti, che valessero a deci- dere le opinioni contestate : e con molta ragione fu qui creduto più opportuno e più ouorevol partito il man- darli stampali. Fatte pubbliche in tale occasione le isti- tuzioni fisicu-rneccaniche , e Vwliglieria pratica ^ furono ambedue quest' opere tradotte in Frauzcse. VITA DEL D ANTONI. 297 Cosi diffusa sempre più la fama delle nostre scuole, la corte di Spagna chiese nel 1776 i libri non ancor pub- blicati àeW arc/iileltura militare, che furono poi succes- sivamente dati alla luce , come pur si fece degli altri trattati, che tuttavia rimanevano inediti, fra' quali. merita parlicolar menzione 1' uso dell' armi da fuoco , degnis- simo supplemento aire5a7?2e della poh ere, tradotto esso pure in Franzese e in Inglese. Ma prima che si ponesse l' ultimo termine alla pub- blicazione dell' intero corso, si ebbe nel 1781 novella prova del credito, in cui tenevansi presso le altre na- zioni i nostri studi d'artiglieria. Cresceva alle speranze de' popoli , e all' aspettazione degli stranieri , rapito poscia da immatura morte il principe del Brasile, giovane d'ele- vato ingegno ; e a fomentare in lui 1' amor delle scienze inspiratogli da un saggio maestro adoperavasi efficace- mente,. sebben da lungi, Don Rodrigo di Souza-Cou- tinho , che delle vaste cognizioni acquistate iu Parigi nel conversare con uomini sommi, e dar opera agli studi più profondi, e del suo soggiorno iu Torino, ove risie- deva inviato straordinario, approfittavasi indefessamente per procacciare alla sua patria ogni sorta di frutti, che la coltura delle scienze abbia fatto altrove germo- gliare. Questo stesso ministro, della cui prossima par- tenza si dolgono grandemente i nostri dotti per somi- glianza di studi da lui favoriti, fra le altre cose appar- tenenti a scienze , o ad arti , che da Torino mandò in Portogallo, pensò che all'educazione del principe, ed 38 298 BALBO, alla propagazione delle buone dottrine in quel paese avrebbero moltissimo servito non solo le opere del D'Antoni, e degli altri nostri artiglieri, ma eziandio le macchine più particolari in esse descritte, per la for- mazione delle quali, non meno che di altri modelli e stromcnti, ottenne licenza dalla nostra corte. Al desiderio mostrato da tante parti di valersi de' trat- tati , che presso noi si dettavano , corrispose l' applauso, col quale furono accolti. Oltre alle traduzioni che abbiamo accennate, ne sia prova il gloriarsi che facevano gli ar- tiglieri Franzesi, ne' loro scritti polemici, di quegli squarci, che poteva ognuno citare in suo favore, e il ricercare in particolare i consigli del D'Antoni , come usava fra gli altri il Saint-Auban, vantandosi poscia della sua appro- vazione, e pubblicando:* «che tutto il mondo ne cono- » sceva la celebrità; ch'egli era giustamente riputato il » migliore, e il piii dotto artigliere d' Europa; che le » sue opere sopra l'artiglieria e l'architettura militare » erano premurosamente ricercate dai dotti, e dagli » uomini di quella professione». E tanto è vero ciò che asserisce 1' autor Franzese, che in molti luoghi si adot- tarono pel pubblico insegnamenti i libri di queste scuole xtm.sior.jii militari. Dello stato Veneto lo narra il nostro collega J??iV che i trattati del signor cavalier D'Antoni si leggono » qui, e servono di testo ai professori d'artiglieria per » insegnarla ili giovani uflìziali , o futuri uffiziali , e » non solo ai professori principianti , ma ai più anziani , » e più che settuagcnarii ; e che i più stimati ed avau- » zati nel mestiere, autori anch' essi di somiglianti trat- » tati , fanno pure gran conto delle opere pubblicate dal » direttore delle scuole militari di Torino, anche pre- » scindendo dal grado militare ch'egli tiene sì dcgna- » mente , ma pel solo titolo di direttore delle scuole » d'artiglieria, e autore di que' libri » . A sì magniflche testimonianze, che l'unanime consenso rappresentano di quasi tutta 1' Europa , troppo vano sa- rebbe eh' io volessi aggiungere altra lode , entrando a ragionare particolarmente d'ognuno di quc' trattati; e molti d'essi, siccome puramente elementari, non esigono più minuto ragguaglio nel narrare ch'io faccio la vita del loro autore; non dovendosi altronde negare , che sic- come sempre di tal sorta di libri addiviene, non possano a quest'ora migliorarsi- d'assai , e principalmente per le nuove scoperte fatte dappoi nelle scienze , e nelle fisiche e chimiche soprattutto. Ma due fra gli altri, Y esame della pohere , e 1' uso dell' armi da Jlioco , tante cose * ricende ileììa letteratura lom. Ili, pensieri diversi %. IV, pag. lOl, cdii. di Tornio. Nella Fiaiizese di Berlino tom. II, pag. ^o^. 3oo EAtBO, coatengono, che nuove doveansi riputare, allorché furono pubblicate, e servono cosi bene ad illustrare una parte non volgare della nostra storia letteraria, che mi è sem- brato appartenersi al mio presente istituto il ricavarne tutte quelle pregevolissime notizie, che in un raccolte, ed accoppiate a pareccliie altronde procacciatemi, mosti'e- ranno chiaramente quali e quanti progressi abbia fatto presso di noi la scienza dello artigliere. Del rimanente non professandomi encomiatore, ma storico del D'An- toni, meno mi spiace di dover seguitare 1' esempio di lui, che nelle opere stampate non mai o ben di rado se medesimo nominando , ed indicando sempre accura- tamente quali fra' suoi colleghi avessero avuto maggior parte In que' lavori scientifici, viene quasi a parere rac- coglitore piuttosto , e compilatore di cose altrui , che non autore egli stesso di tante osservazioni , e cooperatore insieme co' suoi colleghi nel lunghissimo corso di tante laboriose sperienze. La scienza dell' artiglieria fu sempre fin dal suo nasci- mento con sommo ardore coltivata e promossa, siccome in tutta Italia, così spezialmente in queste nostre Pro- vincie più dell' altre esposte a frequenti occasioni di lunga guerra, e a quella sorta di guerra soprattutto, che pili si prevale di artiglieria , aggirandosi in massima parte nella espugnazione e nella difesa di ogni maniera di fortezze. Fra' più antichi scrittori d'arte militare dopo il risorgimento delle lettere è da collocarsi Lodovico marchese di Saluzzo, che in un' accademia da lui VITA DEL d'anTONI. 3oI Instltuila nel suo castello verso il fine 3el secolo XV lesse alcuni ragionamenti sopra i libri di Vegezio *, e ci-edesì eh' egli favorisse particolarmente le cose spettanti all'architettura militare ed alla artiglieria: al qual pro- posito osserva un recentissimo scrittore, come a' nostri . tempi da quello stesso casato sia surto chi tanto onora ^"77Cm!" noi.' l'artiglieria Piemontese, il signor conte Sahizzo. Un °'*'^"* bel monumento dell'antica artiglieria conservavasi ancora sul principio di questo secolo in Torino**, cioè un mortajo di straordinaria grandezza, anteriore all' invenzion delle bombe, perciocché prima delle bombe furono inventati i mortai per i'icagliare o smisurate pietre, o gran numero di palle infuocate. Ma per la strettissima connessione che passa fra gli studi d'architettura militare, e quelli d'artiglieria, non può dubitarsi che ove l'una fiorisce, non sia l'altra in vigore. Or noi per le diligenti ricerche del nostro D'Antoni -jirchUet.mUU: sappiamo, che veri bastioni di buona forma, detti allora atusc,e,u,mii. gran baluardi , ebbe Torino poco dopo la metà del secolo XV , vale a dire in un tempo , nel quale non si sa che di tal sorta ve ne fossero altrov^e, ed appena si ha prova, che da pochi anni fosse nota la prima * Monumenti della letteratura Saluzzese del signor Vincrnzo Malacarne MS. V. pure il discorso intorno alla storia dei Piemonte drl signor conte Napione al §. VII, in nota, p. 204, voi. II, deW uso della lingua italiana , e il voi. I di quest' opera alla pag. 87. ** Ne fa naenzione Andrea Bozzoline alla pag. 287 dell'opera su» inedita , di cui si parlerà qui dopo. 3oÌ BALBO,. ^«^""'pSu irtipcrfelta. ìBea de' bastioni. E di fatti il Roblus, come È nòli scifniìo cosa molto notabile, osservò nel Tartaglia la pianta di rfi Nicolò Tarla- ^r^ • ■ • . ., . ^. . - giia.y. ixi.bro 1 01 ino con quattro bastioni, e il giudizio del piior di Jf-r/o , sopra il ^ ^ mojoJiforiific^r Barletta, che fosse perciò inespugnabile questa nostra città. E a chi non son note le tante fortezze erede poi con ?rte pili squisita in questi paesi, incominciando dalla cittadella di Torino, che contasi fra i primi e più per- fetti esemplari della moderna fortificazione? Emanuele Filiberto, che la fece fabbricare col disegno del celebre Napione rfi-.v Pacciotti da Ui'bino , siccome non isdegnò d'impiegare. uso dfHa ììn^tia ■ , , - /M/.iih.iii rap. la vittoriosa sua mano a congegnarne il modello, così 111 }. Ili , noia _ . aiiappg. 120. pm- volle gittar egli stesso artiglierie. E forse per la protezione di quel magnanimo ^sovrano, e del suo suc- cessore, dotto ad un («mpo e guerriero, Carlo Ema- nuele I, l'artiglieria sarebbe giunta a grandissima perfe- zione, se non le fosse mancato il presidio delle scienze più sublimi, delle quali più che l'arte dello ingegnere essa tiene Indispensabile bisogno. Prima delle scoperte del Galilei chi poteva ravvisare la legge , con cui ven- gono scagliate le palle e le bombe ? E prima che per opera del Boile e dell' Hales fossero noti alcuni fluidi invisibili elastici, chi poteva conoscere il modo con cui la polvere accesa spiega ad un tratto 1» maravigliosa sua forza? Per ciò che alla balistica appartiene, egli è cre- dibile che Donalo Rossetti, filosofo Toscano chiamato alla nostra corte da Carlo Emanuele II, vi portasse i semi delle buone dottrine. Certo è, che come mate- matico fu adoperato, sebben canonico e teologo, in cose VITA DEL d'aNTONI. 3o3 milifari*, ond' ebbe occasione d'inventare qnel suo nuovo sistema di fortificazione a rovescio : e fu pure impiegato Torino iti* neir istruire alcuni de' giovani destinati alla professioa della guerra. Ma il merito suo maggiore quello è d' essere stato maestro di Antonio Bertola , che di oscuro avvo- cato divenne ingegnere famoso, e disegnò eccellenti for- tezze, e senza voler prender parte alle fazioni militari troppo aliene dal primo suo istituto, contribuì tuttavia moltissimo alla difesa di Torino nel 1706: cosicché il Rossetti essendo stato discepolo del Borellì, e questi del iZ"^à°^)Ji'ci- Castelli , che fu discepolo del Galilei; e il Bertola sud- "óufer p.^osV detto essendo stato maestro dell'altro Bertola suo figli- uolo adottivo, autor primo e direttore delle nostre scuole d' artiglieria ; si può dire che queste in certo modo di- scendano direttamente dal padre della moderna filosofia: né certo si mostrano indegne di si chiara, discendenza. Xln nobilissimo retaggio lasciò il Rossetti al prediletto discepolo, cioè i suoi libri, e manoscritti, e stromenti , preziosa collezione da me veduta , che dopo la morte del conte Bertola d'Essiglie pasfò nella privata biblioteca del Re. Come poi sul principio di questo secolo noti fossero e praticati ia Torino i metodi per que' tempi * Fralle nllie sue lellere scrilte da Turino al principe cardinale Leo- poldo de'Mediri, ed iiisprite nel tomo secondo delle I.eltere inedite di uo- mini illustri , Firenze 1776 in 8°, vedi quelle del 14 agosto e del 18 no- vembre 1674 • ivi alla pag. i44 " *54- V. pure altji luoghi di quella rac- solta citali nell' indice al fine d' ognuno de' due volumi. So4 BALBO, migliori nella professione dello artigliere; come anzi qui si fossero piìi che altrove perfezionati, tanto per ciò che risguarda la lega e la fondita de' cannoni, quanto per la fabbrica e l'approvazione delle polveri; come già fin d' allora fosse grande la fama dell' artiglieria Pie- v.YtUneo in montcsc, si couoscc da un raro libro di Domenico de' jic ique.a^i (]Qj.,.a(jj ^' ^yjfpij,^ matematico del serenissimo di Modena, il quale in occasione delle vertenze insorte per la pi'ova di alcuni cannoni colà gittati nell'anno 1708, pubbli- cando i pareri avuti da più parti , di quello mandatogli da Torino, assai più che degli altri, si vale, e ben a ragione, per esser quello di gran lunga il più compito, il più ragionato, il più dotto. Viveva appunto in quei tempi Andrea Bozzoliuo, che dettò alcune opere molto MS., di cui v. pregevoli, e presentoUe manoscritte nel 1717 a Carlo in UntYtltnco. _, i n • • t • t nr ti Himanuele allora prmcipe ereditano. Intorno ali arte del minatore non credo si avessero allora migliori insegna- menti di quelli, che si leggono nel secondo volume delle IZn'fm.'m'^i'^'s ^s/norie d' artiglierìa del San-Remy: tuttavia questo iaC^'iu'ly'^ autore non solo viene in molti luoghi corretto, ma è sempre superato di molto dal Bozzolino, nel cui libro si trova il frutto della pratica acquistata nella difesa di molte fortezze , e soprattutto in quella di Torino , ce- lebre nella storia militare appunto per 1' uso vantaggio- sissimo che vi si fece delie contromine*. Quanto all'arte Robiiij, Nouy. princ. (Tarlili., éJit. de Gicuoblc pag. 89. V. pure Memori» VITA DEL d'anTONI. 3o5 del bombardiere non ignorava il Bo?:zolIno ciò che ne aveano scritto il Tartaglia, il Galilei, il Torricelli, Diego Ufiano Spaglinolo , Daniel Eiricli Tedesco, Maltiis Inglese; ma somma essendo a' suoi tempi la riputazione del Frauzese Blondel , ilBozzolino fece prova della sua sagacilà nel migliorare ed aumentare di molto le cose da quello ingegnate. Cosi, per esempio, avendo il Blondel imma";i- T,aiic icTari nato varii stromenti a risparmio de' calcoli, uno de' quali *"• fondato sulla teoria del nostro Cassini, il Bozzolino ne inventò degli altri piìx comodi, o a parer suo piìi esatti. .^■''jf,'^';| ^^* E avendo il Franzese fatto varii sperimenti nell' accade- mia delle scienze coli' intervento del Delfino sopra le curve descritte da' liquidi, mostra acconciamente il nostro autore , non potersi quindi argomentare eoa sicurezza le linee descritte da' solidi , epperciò adduce le sue spe- rienze fatte con una -palla d'avorio per via d' un inge- Pag. 409 a;; gnosa macchinetta a questo fine ideata. E da tali spe- rienze , e dalle osservazioni fatte sopra i corpi scagliati dalle artiglierie, ne viene a couchiudere l' efletto della ^*'P'5«i, resistenza dell' aria nell' alterare la curva, che in uno spazio vuoto verrebbe descritta dai corpi; cosa 'non bene avver- tita fin allora, siccome tanti anni dopo più dottamente islorìche della fpjerra per gii slati della monarchia di Spagna ( del Padre Gia- como San-Vitaie ) Venezia 1734 pag. 352 lib. VI cap. II. Ivi appunto è Iodato il Bozzoline insieme col cavaliere di Castellalfieri , il quale fu coloa- ■L-lIo della nostra artiglieria, 3s SoG BALBO, ebbero a3 osservare ilfìobins e il Borda*. Ma donde avven- ga che la resistenza dell'aria non iscemi fanto 1' ampiezza della cnrva descritta da' liquidi, ciuanto di ciucila descritta da' solidi, spiegollo ultimamente con singolar chiarezza il nostro novello socio Ignazio Michelolti**. Non picciola gloria del Bozzolino è quella d' aver presentito fin da' suoi tempi questa sottil diflerenza. Veggiamo ancora un altro esempio della sua sagacità. Credevasi allora che- la polvere accesa si convertisse in raggi infuocati , i quali nel movimento loro seguitassero la legge stessa de' raggi solari, onde n'era nata l'idea di configurare a guisa di specchi ustorii parabolici le camere de' mortai, e solo nel iJf!,lct'\!f,TX-^. ^7^*^ si dimostrò sperimentalmente cjui in Torino l' inu- I'.'^ooka."'""' tilità di siffatta figura. Ma persola forza d'ingegno tanti Pag. 441 del anni prima il Bozzolino ne avea compresa l' assurdità. MS. . . Per le quali cose egli può a buon dritto venir commen- dato come autore perspicacissimo nell' arte del minatore, e in quella del bombardiere. Distese pure, oltre ad alcune minori operette , un novello sistema di fortificazione. Contemporaneo del Bozzolino visse un altro artigliere, che inventò una sorta di cannoni, ne' quali la carica * Rohins , prefazione e scolio alla propos. V capo W , àe' nouveaux prin- cipe! d'artillerie , Grenoble pag. me seg. e 174. Borda, Ac. des se. de Paris, 1769, hist. 117, mém. 24^, 24^- ** Observotions et expiriences sur la mesure du choc d'une veine Jluide , par M/ Ignare Micheìotli. 'Mòm. de l'ac. roy. des se. (de Turin ) 1788 89 ad calcem HJémoires prèsentès pag. 21 , vide §. l3. V. pure il transunto degli atti della reale accad. delle se. di Torino , compilalo da Prospero Balio segretario aggiunto. Torino 1781 si. reale, 8, V. la pag. 33. VITA DEL d'aNTONI. S'Oy ' iutrodiiceVasi poi calcio; e fa(rane prova nell'assedio di qnesla cittadella si riputarono d'^oltimo servizio. Fu questi per avventura l'autore di uno scritto donde ho tratta la suddetta notizia*, cioè di un commeuto sopra il voca- bolario formato eoa provvido consiglio per ordine del re Vittorio Amedeo 11 per servire di norma nello sten- dere gì' inventarii , e d'ammaestramento a' novelli ar* tigl ieri. Tuttavia mantenevasi ancora per più riguardi imper- fetta la teoria e la pratica di questa professione: sola- mente nel 1726 furono presso noi fissati e ridotti a quattro sorta i calibri de' cannoni : prima variavansi so- r^» <''''■'««"' ^ *■ ■ da Jtto:o. \. So. Veute senza regola certa. E neir anno stesso in vece dell' antico metodo per l'approvazione delie polveri si cominciò ad impiegare un novello stromento , per cui la palla scagliavasi in direzion verticale. Ma dopo dieci anni tornossi all' uso del consueto picciolo mortajo , e le migliori regole per valersene non furono fissate fino al ly^S**. Ma essendo ormai pervenuta la nostra narrazione a'tcmpi del D'Antoni, ne' quali troviamo più sicure notizie, e * Tìizionario istrutlwn Ji. tutte le robe appartenenti all' artiglierìa. WS. di cui son debitore alla gcnlilezza del nostro socio professor Eandi , non meno che del sentimento citalo qui dopo. V. il catalogo in fine di questa i-ita. ** Sentimento sopra la prova delle polreri praticala in questo regio arsenali, t da praticarsi per f avvenire , ove s' eselude il metodo tenuto finora ^ e se nt propone altro , che credesi di maggior sicurezza del regio ser^/izio. Tonno ; maggio 1745. MS. 5o8 BALBO, possiamo a luì attribuire gran parte dì quella lode, che ia generale si appartieue agli artiglieri della nostra na- zione, ragion vuole che si tratti alquanto più per mi-, nuto questa parte di storia; inassimamcnle che così fa- cendo verremo a formare quasi un l^reve estratto dì quelle due opere del D'Antoni , sulle quali abbiamo sti- mato doverci trattenere più a lungo. Diremo adunque, che nel 1732 tenendosi in Ales- sandria scuola pratica d' artiglieria , si ricercò diligente- mente la causa d'uno straordinario ed irregolare allai'^ gamento del focone , che servì a prescrivere migliori nsD deìr armi mctodi per accoppiare a dovere lo stagno col rame nel infuoco j. 112. y . gittare i cannoni. Ma siccome dopo la guerra sostenuta al principio del secolo trovaronsi le fortezze provvedute d'artiglierie gittate in varii tempi, e presso diverse na- zioni, con notabili differenze; si ebbero poi frequentis- sime occasioni, nella guerra cominciata l'anno lySS, e nell'altra successiva, di osservare la grandissima diversità degli effetti, che seguivano nel valersi di quell' armi. E in amendue queste guerre, per quello spirito di osser- vazione che animava i nostri artiglieri, non si ommet- teva opportunità di esaminare e desci-ivere con somma k;§. 5c4i. accuratezza i cannoni, o nostri, o presi ai nemici , che si trovassero guasti e rovinati dagli spari. Ma importante osservazione per l' arte della guerra in generale , e par- ticolarmente per r artiglieria fu quella, che dai nostri dotti militari si fece nella giornata di Guastalla del dicia- uovesimo gioriio di settembre l'anno 1734. Usavasi nello VITA DEL d'antoni. 5og scorso secolo a scagliar pietre e rottami nella difesa delle fortezze certo cannone assai corto , in que' tempi denominato pelriero: con accorciarlo vie maggiormente, e con ampliarne il diametro crasi formato 1' obice per gittar granate : e dì quest'arma novella nanavansi meraviglie per l'uso fattone con sommo vantaggio dal principe Eugenio di Savoja contro la cavalleria Ottomana. Ma la nostra, bersagliata dagli obici Tedeschi , ben lungi dall' esserne posta ia iscompiglio , non si mosse punto dall'ordinanza, sicché pii!i volte potò con esito felice assalire il nemico. Bello n-l-t'^- è vedere come il D'Antoni spieghi con ragioni fisiche, non meno che morali, s'i notabile differenza d'effetti; donde trattane occasione a meglio esaminare la natura degli obici , e ponderalo questo argomento con pro- fonda dottrina, si venne a ristrigncre entro più angusti limiti l'uso di quella sorta di cannoni già prima cosi van- tato. Or come poi, e con quali forse piii sottili accorgi- menti, siasi novellamente piià che mai estesa 1' usanza degli obici, nou è nostro scopo d'indagarlo. Dopo la pace , e prima ancora che si fondassero le scuole teoriche , l' istruzione degli artiglieri prese novello vigore per l'esercizio di scuola pratica , che nelfanno 1737 dalla capitale si estese a tutte le città presidiate. E ancora ci rimane memoria dell'osservazione che allor ^*. f;r- si fece in Valenza, usando un cannone gittgto in Pavia nel secolo scorso , che si trovò eccellente , e come tale attissimo ad indicare 1' ottima combinazion de' metalli nel bronzo delle artiglierie. ÙiÓ .T»T' BALBO, Queste pratiche osservazioni contribuirono probabil- mente a mostrare la necessità di ima buona teoria , che fondata sulle scienze fisiche e malcnialiche, e con nuove esperienze promossa , l'osse poi tramandala sicuranieufe a' giovani; il qual fine si ottenne colle scuole teoiiche; /..•«™Tms'°'' istituite, come abbiamo accennato, nel jy-^g io Torino. Jl sistema di queste scuole teoriche e pratiche , e lo . spirito di emulft/ioue, ed il genio della vera filosofia, che /quindi ne sursetio ^. e rapidamente si piopagarono fi'a i nostri artiglieri, valsero ad acc()|>^3Ìare mirabilmente, i soliti vantaggi delle istituzioni scolasi iche con quelli delle accademie scientifiche; imperciocché non paghi i professori di rimettere incorrotto agli allievi il deposito della dottrina a lor consegnalo , si affaticarono; con viivo zelo ad accrescerlo, e sempre di mano in mano lo lascia- rono a' successori arricchito d'assai: attalchù le ricerche di buon accordo intraprese, e a buon termine portate da molti di quegli uomini dotti , possono a l)uon dritto paragonarsi co' lavori d'una vera accademia, qual fu quella del Cimento , che tutta si occupasse in comune allo sco- primento del vero. Ne r intrapresa di siffatte ricerche fu punto ritardata od impedita dalla guerra poco dappoi sopravvenuta. Che anzi questa assai più della precedente somministrò materia di osservazioni in)portanti , poiché per buona sorte più non mancavano gli esperti osservatori. Fra le altre cose rio Stilarmi accadde, che quando si trattarono l'armi frammezzo alle nostre montagne, cioè negh anni 1743, ■'744 > ^ '747» VITA DEL d' ANTONI. 3ir sì nofarono grandissime differenze fra i tiri degli schioppi in fondo delle valli, e quelli che facevansi in cima dei monti; che fu probabilmente il primo fenomeno onde fosse spinto il D'Antoni a disaminare più sottilmente le proprieti\ della polvere; giacchò appimto nel primo di quegli anni incominciò ad occuparsi di tale argomento : poìfe'rTL^ilt e lo stesso fenomeno diede occasione a dedurre per via di esalte sperienze questo bel fatto: che ne' luoghi più alti riescono più hmghi i tiri , perchè minore è la resi- stenza dell' aria più rara, sebbene sia minore la velocità colla qual esce la palla, probabilmente perchè la stessa aria più rara è men favorevole all'accensione della polvere, ttjo Jtir armi Nello stesso anno 1745 alla batterla della scuola pra- tica di Torino si fecero molte sperienze intorno ai can- noni caricati a cartocci, come dicesi, di mitraglia, cioè di picciole palle o idi rottami, onde si poterono fissare le regole migliori per l'uso de' medesimi. /i.j.ioicsrg. Ma il più' splendido esempio di dotte profondissime ricerche tranquillamente intraprese , e senza ipterrompi- mcnto proseguite nel più vivo bollore dell' arrni; esempio che forse per alcuni rispetti può stare al paragone di quello, che del grande Archimede ci narra l'antichità; lo troviamo nelle sperienze incominciate a' 7 dì icbbrajo, . Es. JeVa poi», 1 / ' ' mila dedica e al e terminate a' 3o di marzo dell'anno 17 46. Era ingombro '^■^^' da' nemici quasi tutto lo stato; tenevano i Franzesi grosso presidio! in Asti ; la citladolìa d' Alessandria stivlta dagli Spngnuoli di lento assedio non poteva durare più a lungo per mancanza di nilmizioui, e per impossibilità di soccorso; 3 12 né più resta\^a riparo che potesse trattenere gli alleatj dall' assediare Toriuo sul principio della prossima prima- vera. Non disperò della pubblica salute, ne la fedele e valorosa nazione , né il prode e magtiauimo re. Un suo v.Peznyc^mp. dcgHo mìiiistro y il coute Giambattista Boerino, niun' arte '■ "■ usando che una rarissima sincerità, delude dall' un canto le insidiose proposte della PVancia , e dall'altro col solo ajuto del Bertela ordina e provvede segretissimamente ogni cosa, onde l' esercito indebolito e sparso ne' quar- tieri d' inverno inaspettato si presenti a combattere il pre- sidio d' Asti: cede ciueslo in brevi giorni più atterrito, che vinto: insospettiti gli Spagnuoli di si nuovo avve-^ nimento, e piìi de' nostri negoziati col figlio del Gene- rale Franzese, lasciano Alessandria: libero è lo stato, o si porta quindi la guerra oltre i nostri confini. Il che sia detto per mostrare c[uanto in febbrajo e marzo (che appunto sul principio di marzo occorse il narrato rivol- gimento di cose) dovessero gli artiglieri in Torino essere occupati, prima nell' apprestare ogni cosa per sostenere l'assedio creduto imminente, quindi nel provvedere a tutte le occorrenze della guerra ridestatasi così per tempo in quell'inverno. Tuttavia, chi '1 cicdcrebbe? essi tro- varono ozio ed agio sufficiente per una delle più difficili indagazioni che riguardino la scienza dell' artiglie;re , cio^ per conoscere con infinito numero di spcricnze in parec- chie diverse combinazioni di calibro e di carica le lun- ghezze de' tiri. Ed è da notarsi, che quelle moltiplicì sperienze dirette dal De' Vincenti sono tuttora le migliori VITA DEL D'ajJTON/. 3i3 che si abbiano, e furono per certo condotte con più squisita attenzione di quell'altre che si fecero poi in prò- Ei.^eVapoi,^. fonda pace. Circa quel tempo, o poco prima, crasi eccitato io Francia lo stesso desiderio di ricercare qual fosse la carica atta a produrre il più lungo tiro, ma degli sperimenti colà eseguiti non si ebbe in Piemonte che una vaga notizia. ' '"^ Più avventurati furono gl'Inglesi, che presa una nave di Francia vi trovarono uu ragguaglio manoscritto di molte sperienze, il quale dal celebre Lord Anson comu- nicato a Beniamino Robins, servì a questo d' occasione per pubblicare nel 1747 una sua operetta , in cui però non A^txlZlu!'^. si trova, come potea bramarsi, esatta notizia dello scritto g?à'ciùio! ^'"^'* Franzesc. Pervenne pure in Malto qualche relazione degli sperimenti di Francia , che non pare fosse la medesima esaminata dal Robins, e il Marandone ingegnere dell'or- dine Gerosolimitano fu incaricato nello stesso anno 1747 di ripetere somiglianti sperienze ; il che avendo egli eseguito, giudicò non senza fondamento , che fosse più debole della sua la polvere di Francia, onde si dovesse variare alcuna cosa nelle conseguenze che si erano dedotte ; ed essendo egli di nascita Piemontese, non volle ommettere di mandare a' nostri artiglieri la descrizione di quanto F.i.JtiUpoU. aveva operato. Gli sperimenti Franzesi, o almeno quelli fatti a Dunkerque, furono poi descritti in parecchi libri, e concordano assai bene colle massime insegnate dal rsoJdfarmi D'Antoni. Ma grande essendo fin d'allora la riputazione del Robins per l' opera dettata pochi anni prima col 40 3 J 4- BALBO, Robin» «li. di ^''"'^^ di nuovi princ/piì d ai lìglierìa f il nostro mmistro f'™v,1igìà''ct- presso la corte di Londra, cavaliere Don Giuseppe Ossorio, taioc/CTio. ^^ incaricato di cousullarlo sopra la sfessa laalo dibattuta questione della luiigliezza de' tiri. Rispose 1' Inglese al prchidoute della società reale , per cui mezzo era passata là richiesta, non aver egli veramente trattalo ancora di proposito questo punto; ma scbben sostenesse, da quel sottile ragionatore eh' egli era , aumentarsi sempre la ve- locità della palla coli' aumentare la carica , non lasciò di dare alcune saggio avvertenze, le quali però non battono sopra i limiti e le cagioni della lunghezza massima de' tiri, ma bensì sopra 1' uso , che per varii motivi vuoisi fare delle cariche mediocri, e spesso ancora delle piìi tenui preferibilmente alle più forti. Intanto i nostri non tralasciavano d'andar aggiungendo qualche fatto novello alla scienza con tanto ardore col- tivata. Potevasi dubitare, che quando i cannoni sono tnolto riscaldati , la tenacità del bronzo ne fosse dimi- nuita a segno da doversene tener conto nel fissarne la spessezza. Questo timore fu dileguato dallo sperimento fatto in gennajo del 1747 sopra uno de' cannoni resi ■tìso dcir armi inutili uclla espugnazione della fortezza di Savona. Così ""' pure nel 1748» ^ nell'anno seguente si riconobbe colle più adattate numerosissime sperienze la bontà della lega li. f. 46. pe' cannoni gittati a que' tempi. Nella primavera del 1760 da' parecchi uffiziali spe- zialmente deputati ad esaminare varie materie d'artiglie- ria, a quali presiedeva il cavaliere Ferrerò Pouziglione, VITA DEI. d'aNTONI. 5i5 furono fatte nuove sperienzc differenti dalle prime RcpioTigUeito citi Sfebljr 1710. intorno alla lunghezza de' tiri: imperciocché in vece, v.p:nc e, Jciu o L ' potr, ^. 101. che le prime erano state fatte coli' asse de' cànnoui orizzontale , queste si fecero con li cannoni innalzati alla maggior elevazione , che aver potessero nelle casse. Nel 1762 Isacco Francesco Antonio Matlei Ginevrino, k.. Jtiiapob. regio macchinista, inventò uno stromento per fare spe- rienze sopra 1' accensione della polvere entro una chiusa {.<5 iofig.iii. capacità, ed entro al vuoto, conservando però attorno alla polvere l'aria opportuna per la sua prima accensione: .. • X • Ji- 1 • •• «. 55 Cg. IV mvenfò parimente una spezie di schioppo pneumatico, ev. in cui la palla è spinta dal fluido elastico della polvere, dopo che questa ha giì\ terminato di abbruciare; ed un'altra macchina per misurare Con un barometro ad j-mesegeg. acqua la densità , e 1' elasticità del suddetto fluido , se- parandone, per quanto ò possibile, il fumo, e notabil- mente scemandone il calore. Ma forse la più ingegnosa invenzione del Mattel ò quella, per cui pervenne, non so bene in qual tempo, i- '«i- a misurare la velocità della palla nel primo uscir dalla canna, col mezzo d'una ruota orizontale, che gira rapi- dissimamente, e porta sulla sua circonferenza una fascia verticale di carta, la quale perforata in due luoghi dalla palla ne segna la velocità colla distanza de' due fori dal diametro. Prima dell' invenzione di tal macchinetta , che fu poi ridotta a maggior perfezione , Come vedremo bea tosto, e che meriterebbe il nome di cronomicrometro , 3l(j BALBO, non crediamo che si fossero giammai potute discernei'e e misurare si minute frazioni di tempo. Ingegnosissimo pure è lo stromento dallo sfesso Mattel immaginato in luglio del 1769*, e denominato la sa/«/a, che introduceudosi nel vano de' cannoni ritrae in disegno l'esatta figura della concava lor superficie, tutte notan- done le scabrosità e le inìperfezioni. Ma già prima di questa invenzione , cioè nel maggio TTsodcìrami jg| lyBS, gli uffiziali dell'artiglieria destinati all'esame di molti punti relativi all' arte loro , aveano cominciato ad osservare con ogni possibile diligenza i difetti prodotti dallo sparo nello interno de' cannoni. Tuttavia dopo il l'itrovaraento della sci??iia si rinnovarono con miglior esito queste ricerche , in giugno , agosto, e settembre del 5.38-44. lySg, usando cannoni di diverse leghe, onde scoprire quale per questo rispetto fosse la migliore: e nell'anno medesimo essendosi minutamente visitato un numero gran- j, 5J. dissimo di cannoni gittati coli' anima, si potè conchiu- dere che torni meglio gittarli massicci per quindi trivel- larli , nella qual operazione , al trapano verticale , che Kegio vigiiet. prima era in uso , fu sostituito 1' orizzontale fatto costrurre giàcilalo «lei IO . . Bpr. 1760. dal Mattei mtorno al 1700. Neil" anno stesso 1769 il commendatore De'-Vincenti colla solita sua diligenza, e coU'ajuto di molti uffiziali * Regio viglielto del 20 aprile 1760 al marchese Pallavicini gran-mastro dell'artiglieria. V. pure uso bell'anni §. og. VITA DEL d' ANTONI. ZiJ fece parecchi sperimenti, da' quali risultò, che la diversa proporzione tra'l diametro dt-l cannone e quel della palla influisce sopra il modo dell'accensione della polvere, e sopra i suoi effetti, onde si venne a conoscere qual rtaittfamù sia il vento piìi convenevole. Uà' altra ricerca assai importante non solo per l'arte del gettatore, ma per la fisica in generale, fu intrapresa in queir anno per determinare la durezza di alcune sorta di stagno , e di rame , e delle leghe fatte con molte di- verse proporzioni di rame, stagno, e zinco , le quali for- raavansi ne crogmoli dal maggiore Ronzini direttore del tuiioni jisicn. meccaniche \. 64 laboratorio metallurgico. Frutto di queste sperienze fu ««'■'• probabilmente la nuova lega stabilita nell'anno seguente*. Lo stesso Ronzini in agosto del 1761 sperimentò accu- ratamente le diverse lunghezze de' tiri secondo le diverse qualità di polvere, affine di trovare qual fosse di queste la migliore, come pur si era fatto esaminando le velocità j. fgg.'''"'^'''''' ' -iniziali. E in giugno del 17G4 si fecero poi le più con- cludenti sperienze sopra le lunghezze de' tiri , non più per conoscere la loro corrispondenza col calibro , o colla carica, o colla obliquità delle canne all'orizzonte, ma bensì affine di dedurne le leggi della resistenza dell' !• »8S 187. aria. • Uso àeir armi §-45, e regio viglielto delio d' aprile 1760 . per cui ven- nero fissati gl'ingredienti del bronzo, e prescritti i saggi da farsi de' nuovi cannoni , citato alle pag. zzS e 23a dell' arliglieria pratica lib. I. 5lS BALBO, In luglio (leir nnno medesimo, il cavaliere Debufet,' nostro accademico, allora sottotenente d' artiglieria, diede il primo saggio della sua ben nota perizia nelle cose meccaniche, adattando un nuovo meccanismo alla ruota Es.dcHapoh: girante del Mattei per misurare le velocità iniziali. La palla rompendo un filo nell' uscir dalia bocca mette ia libertà la molla, che viene a comprimere uno stile sopra la ruota, finché la palla medesima urtando in un vicino bersaglio nuovamente allontana lo sfile. Nella primavera del 1770 troviamo che in questa scuola pratica si fecero altre sperienze per osservare se i can- noni della nuova lega , anche riscaldati colla possibile frequenza di tiri, fossero atti a proseguire il fuoco senza . 3^*'"'''"' ''™' pericolo di spaccarsi, come di fatti trovossi. E da queste stesse sperienze si conchiuse doversi tralasciare l'usanza di praticare in fondo del vano un camerino corrispon- *■ "*"■ dente al focone. Ma nell' anno seguente provossi con altro sperimento ^" '^' la somma resistenza di un cannone della stessa lega , e si verificò r eccellenza de' nuovi metodi di porre il grano *• "9- a' cannoni. Di queste tante ricerche e di altre molte che non abbiam potuto accennare , valendosi maestrevolmente il D'Antoni , compose prima quel suo bel libro sopra la drMib'm h!" pol^'ce eh' egli stava già preparando nel 1759 , sebbea """''"'"• '"''"• solo il pubblicasse sei anni dopo ; e trascorso cjuindi un lungo spazio di tempo , vi aggiunse un ampio supple- mento scrivendo il trattato sopra 1' uso dell' armi da fuoco. VITA DEL d'aNTONI. Sig Se al gran numero de' l'atti in questo modo raccolti , se alle profonde considerazioni sopra di essi impiegate , se alle dottrine fisiche e matematiche destramente maneg- giale per servire al suo scopo, avesse l'autore, o alcuno de' suoi principali colleghi, accoppiata qualche maggior perizia nelle cose chimiche , per quanto iilmcuo lo com- portavano i suoi tempi, sarebbero i suoi libri eziandio per questa parte pregevolissimi , sebbene anche in questa superò di molto gli artiglieri che fin allora ne avevano scritto, e che appunto non erano iniziati nella clumica. Ma d'altra parte i chimici, che avevano trattato della polvere, o de fluidi elastici, o del fuoco, non erano punto artiglieri, epperciò furono poco noti al D'Antoni, Es.itUapoit, trattone il Boherave. Il conte Saluzzo, giovane uffìziale d'artiglieria, ma già valentissimo chimico, aveva appena t. u'ii. vedi li toccata la parte piìi vicina alla pratica, volendo, com'egli protestossi modestamente , riservarne intera la gloria al D'Antoni. Tuttavia non v'ha dubbio, che gli scritti pag^Tif^nèiJ del Saluzzo inseriti negli- atti della nascente società, "" ^' che da lui principalmente fondata fu l' origine prima di questa nostra accademia; non v'ha dubbio, dissi, che quegli scritti non contengano molti fatti degnissimi di venir applicati alla scienza dell'artigliere, oltre all'essere poi sempre memorabili , come che quasi soli possono riempir X intervallo tra Halcs e Priestley nella storia delle scoperte intorno ai fluidi aeriformi. Quanto poi agli scrit- tori stranieri, non pare che il D'Antoni ne conoscesse Es.d,Vapeì,, ' ' }. l«f. ìitil.Jit. alcuno fuori del Robins, e di questo soltanto T opera ■"«:•" «"• 020 BALBO, principale, e forse più per fama che per lettura , ma forse ancora provenne il suo silenzio dall' aver credulo bastevole di confularli indirettamente, siccome indirct- i ^s-'5Ó''sr87 tamente confutò più volle lo stesso Robins. Noi stimiamo ' ^ ' "■ opportuno di accennare almeno qualche punto, in cui dopo i precedenti scrittori sembra clic la scienza abbia fatto per opera del D'Antoni alcun reale progresso. E prima di tutto egli usò la cautela di fare accurata distinzione tra le diverse sorta di polvere che sono in uso , e loro assegnare costanti denominazioni , adope- rando così maggior varietà, e maggior esattezza del l\o- FJii. di Gre- bins, il quale ha sperimentato con una sola specie di nobli' p. 3i5. \ . •' * '■ UciiMo cUnco. polvere, ed ha lasciato qualche dubbio sopra le propor- zioni degV ingredienti. In vece poi che le sperienze dello N-. ithnco. Hauksbee intorno all' accensione della polvere nella cam- pana pneumatica, aveano solo per oggetto di mostrare l'esistenza del fluido elastico che dalla polvere si svolge, j. fi//"'.'"'' quelle del D'Antoni mirano eziandio a provare un altro fatto , che non pareva avvertito fuorché dal coote Saluzzo , l-àii^saiuce'ei.c "°^ '^ P^*^ difficile accensioue , quanto più l'aria è di- l'.'j ^°"'"'' radala; aggiungendovi pure il caso somigliante del so- verchio fumo. Alcune altre sperienze servono a dimo- . ff'^l"'' '"''■'• strare, che l'accensione non è istantanea, ma che la i- 33 48-51 j6- '*• velocità , colla quale il fuoco s appiccia da un granello all'altro, è maggiore di quella, colla quale penetra nell' intima .sostanza di ciascun granello ; il che può servire a conciliare il Robins , che avea supposto 1' accensione Chsp. T prop. rutiSc/iaiit, istantanea, co' deputati della società reale di Londra, VITA DEL d'Antoni. Sai ì quali , a lui contraci iccudo, aveaao sperimentalmente mo- p'-h- !•■<"•>. M. ... ^65.p.I7J,rtN. Strato un residuo di granelli spenti, ma peraltro io minor ^«s^nobinsedìi. quantità quando erano più piccoli i granelli; il che con- corda colle sperienzc del nostro autore, E questi in altro .. fj' fj"" '""''" luogo dimostra ci& che i deputati medesimi aveano pur }• «7. fatto vedere contro il Robius, che tanto più compita- £«"<■'■'. psu, mente s' infiamma la polvere, quanto è maggiore la lim- ghezza della canna . o più propriamente lo spazio che rimane tra la palla e la bocca. Quanto al fluido elastico, che ora gli oltramontani dicono gaz , e noi chiameremo fluido aeriforme, gii noto al Boyle, e a tutti i fisici posteriori, il D'Antoni fa vedere che 1' elasticità di quel E!.,ìJhpoh. fluido è permanente, della qual cosa per le esperienze dello Hauksbee potea forse nascer dubbio, se quelle del Greuob!'p.'V4il eonte Salazzo non l'avessero tolto*; e di più aggiunge ch'esso fluido dal solo nitro si svolge, e non dagli altri j. fi, Vt',";)'^?''' ingredienti della polvere, come lo stesso conte Saluzzo avea già avvertito. Tutti sanno che a quei tempo non si conosceva , né si poteva conoscere 1' intima natura di ' Sulle dei rei questo fluido, cioè dell'aria pura o vitale, ne perciò ^|Jr''j"'j"**' potcano compitamente spiegarsi i fenomeni della polvere. Egli è però notabile che la moderna dottrina ha poco aggiunto alla spiegazione del D'Antoni e del Saluzzo, in vece che si è trovata falsa quella del Macquer e del \ * Mise. soc. Ttur. tom. I, mém. du ches\ Saluces, etc. num. 8, et cxpér. IlL Suite det reckerches , eie. daus le mume volume §. 3. 4^ 32? fcALBO, Baumè , non ostaute le belle sperienze da questo fatte in compagnia del D'Arcy *. Comunque sia , dopo la sco- perta di questo fluido elastico della polvere , solcano i fisici attribuirgli intero l' eHetto che nell' accensione della medesima s' osserva : più cautamente giudica il nostro j.fg; sj'/s^."'"' autore , che l'aria, e il fumo, ed i vapori vi abbiano qualche picciola parte , conciliando quasi a questo modo po^roT""'^ l'opinione del Newton con quella del Boyle. Ma se p.fsj'"''^" ""■ picciolissima è l'influenza dell'aria frapposta tra'granelh*, o ad essi contigua , nel contribuire all' efletto della pol- vere per via della sua elasticità rapidamente accresciuta dal fuoco , è per altro importantissima la sua operazione nel favorire e promuovere 1' accendimento; il che , oltre alle cose già dette , viene poi piìi manifestamente pro- ^'•^'"^j'"''''- vato dal D'Antoni. Da questa verità, come da ogni altra dimostrata nel suo libro , egli ne trae moltissime pratiche conseguenze , e fra le altre cose spiega l'influeaza dello stato atmosferico nelle lunghezze de' tiri , contra- dicendo al Robins che solo all' umidità e non alla densità Cap.i.prop.x. (Jeii' aria j^g voluto aver riguardo. Quindi ne avviene ch'egli può dimostrare più compitamente, che non avea fatto lo scrittore Inglese , l' imperfezione degli antichi j.84Ìi3i.'''° ' metodi per 1' approvazione delle polveri, a' quali un nuovo * Si possono vedere indicale nei dizionario del Macquer , con note dello Rcopoli , all' articolo palmiere d' archibugio , e negli elementi di chimica del Fourcroy , edizione del 1786 , voi. II , p. 4^6 e seg. VITA DEL d'akTON/. 323 ne sostituisce assai più acconcio, che noi non possiamo paragonare con quello annunziato soltanto, ma non fatto xm!'"' '"''"*'*" pubblico, dal Robins. Ed in altro luogo descrive un or- digno nuovamente immaginato per fare con maggior ^'- <'«"'» r»''- esattezza tal sorta d'esperienze. Entrando poi nella ricerca delle cariche, con cui si ha da' cannoni il tiro più lungo, ed esaminata prima §• ss» «me- teoricamente la questione , distingue tre maniere di espe- rienze, che possono intraprendersi a questo fine; o ritro- vando la velocità iniziale della palla , cioè misurandola vicino alla bocca; o misurando le immersioni della palla in un bersaglio ; ovvero misurando la lunghezza mede- sima de' tiri; la qual ultima maniera, avvegnaché la più diretta, è per altro a giudizio del D'Antoni la più in- certa. Fu questa tuttavia adoperata , siccome sopra abbiara detto, con ogni più squisita diligenza, epperciò con non mediocre frutto; ed essendosi in tale occasione misu- rato eziandio lo arretrarsi de' cannoni, quindi ne prende ar- gomento il D'Antoni di ragionar dottamente sopra questo } so, 91-95. punto, non meno che sopra il rimbalzo del calcio di basso in alto, oggetti ambidue non toccati dal Robins. Jsi-ss. Per vero dire, le sperienze del 1760 discordano nota- bilmente dalle altre del 1746» ma queste , che meritano per molti riguardi la preferenza , bastano sole a provare in qualche caso la falsità della massima che l' autore Inglese si è Robim, «;t. _ de Grmoble paf^ aHaticato di stabilire, cioè , che quanto è maggiore la carica , <><>/• '^''^'- ^'■ ' ' ^ "" 'il dialo citnco, tanto maggiore sia pure la velocità della palla. Imper- ciocché il nostro autoi-e a sufficienza dimostra, che vi 5.87'" ' "'""* 3t24 sai bo, ha nella dose ilella carica un punto massimo , oltre il quale, in vece di crescere, vien anzi a scomare la forza , con cui la palla è spinta; e ciò per due ragioni; perchè non tutta la polvere può accendersi cosi rapidamente, quanto quella parte che basta a spingere la palla; e perchè crescen- dosi il volume della carica si avvicina sempre più il sito della palla alla bocca del cannone, onde riesce piìi breve lo spazio, per cui continua la palla ad essere sollecitala dalla successiva dilatazione del fluido elastico. Questa se- conda cagione è bensì ammessa dal Robins, ma non la prima, come altrove abbiam detto, la quale per altro è la pili principale. Mostra di più il nostro artigliere, che non solo è necessario di sbandire affatto affatto tutte le Es. ieiiapoh. cariche soprabbondanti , di cui facevasi abuso , ma che §. 35, 106, i ' . ' eziandio non conviene di usare le cariche massime, salvo in caso di assoluta necessifti. Dopo aver fissate per la \. «03. t^ r pratica tutte le più convenienti cariche, passa a riferire f. 108-110. ^ . r ■ r alcune sperienze per far vedere quanto la differente lar- ghezza del focone contribuisca essa pure a variare la forza della palla. Avendo poscia l'autore misurata la densità, e 1' elasticità j 114 e scg. del fluido sviluppato dalla polvere, e ridotto alla comune temperatura dell' aria , dimostra come dagli sperimenti possa dedursi ed esprimersi con formola algebraica la densità dello stesso fluido quando ancora sta imprigio- nato entro il salnitro. Quindi supponendo che questo ^" "*' fluido pesi quanto f aria , e posta la proporzione della gravità specifica del nitro a quella dell'aria, come mille VITA DEt, d' ANTONI. Sa? cinquecento vènti all' uno * , si trova che questo fluido costituisce la terza parte del nilro. E qui per occasione si dimostra , che il fluido niidesimo dopo l' abbiucia- mento non è aria scìiietta, poiché non può servire d'ali- , r . , . f, . . , , W'/c Tarn. 1 mento al iuoco, cosa già nota ai tisici; ma provata dal Crwmcnt p tz, di s seri p. fi, liff nostro autore con esperimenti proprii. Poscia si passa a »•■». isoti «». determinare, che allorquando quel fluido è imprigionato e, jcitapoh. nel nitro è denso all' incirca novecento quarantadue velie '' '* ' più di quanto Io sia allorché s' equilibra colla pressione dell' atmosfera. S' insegna a trovare con forinole alge- braiche la densità e l' elasticilù del fluido sviluppatosi 5- "4 « «s'- entro una data e chiusa capacità da una data quantità di polvere, esprimendo in peso la pressione ch'esercita contro una qualunque superficie. Ma dentro una capacità aperta in un lato, e del rimanente invariabile, si rac- coglie dagli sperimenti fatti per via di pesi con una mac- china che abbiam di sopra accennata, che la massima {• '5S- elasticità del fluido infuocato può superare di mille otto- j. ns. cento volte la pressione dell' atmosfera. * Questa proporzione non è di molto variata dalle nostre attuali cogni- Bioni. Posta la pravità specifica dell'acqua a loooo, quella dell'aria co- mune, secondo le spiricnze del Lavoisier, che servono di base al calcolo del Biisson {Pesanleur Jes rorps num. 8Zq) , e di 12,3233, e quella del nitro fecondo 1 sperienze del Mussclienbrcek , di cui fa poco conio il Brisson ( nutn. 917), ma di cui finora non si lia , ch'io sappia, vcrun' altra più esalta, sarebbe di 19000; donde si ha la proporzione di i: i5^r. Ma è forse roen prossima al vrio 1' ipotesi rlie il fluido elastico svolto dal nitro sia di peso eguale a quello dell' aria comune. òzS BALBO, In vece di segnare col peso la forza della polvere, si può altresì paragonare colla forza d' adesione , o diciam ts.ifiupoh. meglio di coesione, il che fa in tre modi il D'Antoni, per due de' quali adopera una macchina nuovamente per tal uopo ideata, e così trova la forza massima in tempo secco mille novecento volte maggiore che la pressione §. 1S7. mezeana dell'atmosfera, e solo mille quattrocento volte l l's- ÌQ tempo assai vaporoso. Colla stessa macchina si mostra di quanto cresca la forza scemando la capacità, donde ne }. 140, 141, viene 1' effetto sfuggito alle considerazioni del Robins i55. .... degli stoppacci fortemente ricalcati , i quali accrescono la velocità della palla , come si vede misurandone 1' im- \- '44- mersione nel bersaglio. E credeasi che 1' ordigno mede- simo potesse pure servire ad altri oggetti, come per esempio a trovare sperimentando , qual sia il metallo , o quale la lega di varii metalli , che abbia maggior forza di coesione , epperciò sia più propria ad usarsi per porre j, ,3j. il grano a' cannoni. Ma conosciuta poi nello stromento non so quale fallacia, fu quello dallo stesso D'Antoni messo in disparte. §. «45. Si determina in appresso per via d' un' iperbola equi- latera la serie delle successive pressioni, che spingono la palla entro la canna , nell' ipotesi che il calore continui eguale , e che il fluido sia tutto svolto prima che cominci a muoversi la palla. E tale ipotesi in sostanza è quella del Robins ; ma il nostro autore sembra di tanto superiore all'Inglese in questa e nelle altre parti matematiche della opera, quanto lo è certamente nella parte sperimentale. VITA DEL d'Antoni. 827 Tuttavia l'accennata ipotesi, per le cose che sopra abbiam toccate, in pratica è impossibile. Quindi si va trasfor- ^'- '''"'» /">'*• mando la curva secondo tutte le diverse modificazioni, acni può andare sottoposta, e se ne traggono utilissimi j. i47-<58. corollarii. Al qual proposito non dobbiamo ommettere di notare , come anche il defunto nostro collega Fran- cesco Michelotti , già professore nelle scuole d' artiglieria, avea pur egli prima del D'Antoni espresso per via dì un'iperbola equilatera la successiva progression della forza esercitata dalla polvere, accennando poi quali fossero le curve più corrispondenti alle sperienze ed alle osserva- zioni: del che dopo moltissimi anni ne diede un breve veai u citato '■ elenco. saggio nelle adunanze di quest' accademia. Essendosi per tal modo conosciuta la forza, colla quale la palla esce dalla canna, se ne può dedurre la sua ve- E^JtHop'tn locità iniziale. Ma perchè alla teoria, con sottili ragiona- menti fondata sopra le prime sperienze , non manchi l'immediata osservazione dell'effetto, è cosa opportuna il misurare la velocità medesima con istromenti collocati presso alla bocca dell' arma. Merita somma lode il Robins per essere stato il primo ad istituire questo genere di osservazioni, dirigendo i tiri contro un pendolo mobilis- simo , che dal D'Antoni si descrive non senza notabile }. i«o , « ;rf.v. Jis.mec. J. 610. correzione. Ma i calcoli per queste sperienze ci pajono più sicuri secondo il nostro autore, che non secondo e,. JtUa pei», ....}. i$i-i63. r Inglese. Tuttavia per gli sperimenti , che qui si fecero, si adoperò l'altra macchina assai più comoda del Mattei. \.iii^ Fecondissimi d' utili conseguenze furono questi sperimenti, 528 BALBO, ne'qualì si variarono le canne, le polveri, gli sfopac- ciiioli, le palle, e Io stato dell'atmosfera, onde mirabil- mente si confermano nel libro, di cui parliamo, le verità già prima stabilite, e molte se n'aggiungono tuttavia. Noteremo fralle altre, che in un dato caso si trova la forza della polvere eguale solamente a ducento ottanta Ks.^Mia polo, volle la pressione mezzana dell' atmosfera , il che, para- gonato colla forza in altri casi trovata assai maggiore fino j.i»8,i57.iS3. a mille novecento volle, mostra l'inganno del Robins , che sempre indisliatamente esprime col numero di mille Cip.ipropvi. la pressione esercitata dalla polvere accesa rispetto a quella dell'atmosfera. Conosciuta la velocità iniziale si conosce la curva che dovrebbe descrivere la palla se non incontrasse ostacolo veruno , e perciò la distanza a cui dovrebbe pervenire , e questa confrontando con quella assai minore, a cui solamente perviene, si conosce l'effetto della resistenza dell'aria, la quale valutavasi assai poco prima che il Robins e con ragioni e con esperienze ne dimostrasse Cap. u. ° ... la grande efficacia. Ma le sperienze che qui pure si fecero nel 1764 aggiungono molte essenziali particolarità. Fralle altre cose è sembrato al D'Antoni, che non solo la mag- gior densità dell'aria, ma eziandio la maggiore umidità st.aMapoh. accrescesse la resistenza, la qual cosa però non pare a sufficienza dimostrata: onde in questa parte, come in altre molle, rimane ancora ben largo campo a' coltivatori di sì nobili studi. Così per esemplo, non si osserva dal nostro autore nell' esame della pohere , e appena si tocca ia V1TA_ DEL d' ANTONI. ')'j.Q ctualcho aUi'o suo libro il subitaneo eccesso di rcsisleuza, l'iuji.mtc. J \. esorlando *' '*''■ ì giovani a tentare altre ed altre .sperienze. E noi pure desideriamo che sia questo principalmente il frullo delle opere da lui dettate; giacché nella scienza naturale, ep- perciò nell'arti tulle che ne dipendono, inesausto è il fonte delle ignote verità ; e giacche i progressi delle dottrine matematiche, e soprattutto delle chimiche, ci fanno sperare novelli vantaggi in moltissime professioni, e singolarmente in quella dello artigliere. Kella quale se *\.\'esame delia poUere §. 196 : si accenna tuttavia il fallo nelle istit. fis. inec. §. 346, Ioni. 1. ** Etlit. de Grenoble png. 557. De la nature et ties afonlages Jes piìees de canon ravè. 42 ÙOO BAtBO, tanta celebriti ' acquistò il D'AutouI, attribuire si dee a quello spirito vcracemeule filosofico , ond' era animato, di sottile ricerca, di attenta osservazione, di meditazione profonda : qualitù necessarie non solo nel coltivare le scienze , ma in ogni aliare importante della vita civile , come nel corso di quella, che descriviamo, potrassi an- cora più d' una volta notare. Non so se più difiicile , epperciò più onorevole inca- rico possa altrui affidarsi da un padre regnante, quanto l'educazione de'proprii figliuoli. Nobilissima parte di questo ufficio presso tutti i reali principi venne esercitata dal D'Antoni. Fin dal 1763 cominciò ad essere incaricato d'istru- ire nelle scienze militari il duca del Giablese , al quale nel 1768 s'aggiunse il principe del Piemonte. E continuando il re nostro a tenere il D'Autoni in quel conto, in cui teneasi dal padre, l'onorò di somigliante incarico presso i duchi d'Aosta e di Monferrato nel 1776, e finalmente liei 1780 presso gli ultimi due principi, il duca del Genevese , e il conte di Moriana *. Ma siccome ad isti- tuzione militare conviensi, eh' esser non dee solitaria ed ombratile, ebbe il D'Antoni con gli augusti allievi non * Ed è nolabil cosa , che fu pure ufficiale della nostra artiglieria , ed anche per questo titolo notissimo e in patria e fuori, massimamente in Germania, dove militò con gran lode nella guerra di sett'anni, l'ajo di questi quattro principi, l'eccellentissimo signore Don Casimiro Gaba- Jeone conte diSalmour, or cavaliere dell'ordine supremo, grande di corona, pran mastro e Comandante del corpo reale di arliglieria, e govcrnator di Turino. i VITA DEL d' ANTONI. 33 1 rare occasioni di visitar fortezze , di osservare luoghi famosi per fatti d'arme, di ordinare accampamenti, evo- luzioni , e simulacri di guerra , quali si videro nelle praterie di Vanchiglia qui presso a Torino , e nelle campagne di Volpiano. Perciocché non solo nelle parli spettanti ad artigliere, o ad ingegnere, ma intatto ciò che alla tattica , e in generale all' arte della guerra ap- partiensi , era dottissimo ; e -di tattica scrisse due opere inedite, l' una più elementare in un volume, l'altra più compita in due. Ma tra' viaggi , che fece co' principi per Oggetti militari, memorabile è quello, nel quale accom- pagnando il duca del Ciablese, tutto potè compire il giro delle nostre frontiere; ed inoltrarsi nelle strette de' mouti , donde agli eserciti alleati o nomici si apre o si chiude il passo ; ed esaminare que' siti memorandi , dove si era con poca gente trattenuto l' impeto ostile , ed assicurato il destino d'Italia. Della quale opportunità valendosi il D'Antoni, prese minuta notizia non pure di tutto ciò che alla corografia militare s' ajjparticne , ma eziandio delle cose alia mineralogia spettanti , per cui tanto son utili i viaggi che si fanno in patria , come dopo il Linneo ha dimostrato con una sua operetta , e assai più coir esempio il cavaliere di Robilante*. Né solo * Luinaei oralio , (/uà pereprìnationum intra palriam asserilur necessita!. Amoen. Acati, voi. II. De l'ulilitè et de iimportance tles toyages et dei courset dans son propre pays , par M.'' le chevalier de Robilanl , etc. Turiu , 1789, Soffietti, in 4°) avec 14 plaiiches. 332 BAtr.o, coi principi nostri ebbe a viaggiare io patria il D'Antoni, ma cogli stranieri ancora, come destinato a servire Al- berto di Sassonia principe di Tcschen, e Massimiliano arciduca d'Austria, nel visitare alcuna delle nostre rino- mate fortezze, od alcuni de' luoghi più famosi nella storia militare: nelle quali occasioni, che non di rado accadono presso di noi, sommamente importa, che gli illustri viaggiatori siano accompagnati da uomini vera- mente insigni , atti a sostenere ed accrescere nell' animo degli stranieri 1' onore della nazione. Al qual uopo ninno forse poteva essere in que' tempi più conveniente del D'Antoni. Era da lui ottimamente conosciuta la storia delle nostre guerre, e sappiamo che ne lasciò preziosi documenti; un'esatta descrizione della battaglia di Torino; nn' opera franzese , intitolata: notizie per guerreggiare in Loìnbardia , con riflessioni militari e poli tic] le sopra la guerra del lySS; ed un tratto d'istoria dell'altra guerra posteriore, da lui disteso per empire qualche lacuna scopertasi nell' unico esemplare di quella fatta com- pilare con somma cura dal re Carlo Emanuele per mano dell' abate Minutoli Ginevrino , che prima era stato uom di guerra , e scrivea coli' ajuto d' esperti militari, fra iiooaieBogino. quali il D'Antoni, e colla direzione d'un uom di stato, che dettando c|ue' fatti potea veramente dire: et quorum pars magna fui. Noi non sappiamo contenerci a questo luogo dal deplorare insieme con un saggio e zelante Napione i j . scrittore, che di quest'ultime gloriosissime guerre, in intorni alla sii r. ' ■• e o ' iti Pitm. \. i3, ypg delle quali le insegne Piemontesi furono vedute la VITA DEL d'anton/. 333 prima voTfa sventolar vincitrici fin oltre al Rubicone, e nell'altra fu piu-e per la prima volta salvata la patria colle sole sue forze, di queste guerre scemandosi ogni giorno la tradizione vocale , noti ci rimanga ora mai altra memoria, che l' infedel narrazione di autori stranieri. Ma la memoria vivissima che ne conservava il D'An- toni , e la cognizione che aveva delle altre guerre più antiche, non era il solo motivo, per cui fosse proprio ad accompagnare i principi stranieri. Doveva a tutti esser noto il suo nome, posciachò vedeasi per prova, che qualunque capitasse in Torino, facendo professione di dottrina militare, non mancava subito di cercare del celebratissimo direttore delle nostre scuole d' artiglieria , e bramava di seco lui abboccarsi , e conferire a lungo , come volle fare più volte il principe ereditario di Bruns- vvik. Nò conversando a voce , o corrispondendo per let- tere, fu mai trovato minore di quanto portasse la fama : onde veniva sovente onorato da uomini sommi d' altri paesi , e ricercato del suo parere , come ne fa testimo- nianza il carteggio eh' egli ebbe col Saint-Auban , e col Tempclhof, col quartiermastro generale Nicolai , capo d'un reggimento d'artiglieria di Virtemberga , e con gl'ingegneri Veneti, uomini dottissimi, Lorgna , Salim- beni , e Delanges. Non è cosa insolita nella storia letteraria d' osservare, che taluno abbia goduto vivendo maggior riputazione fuori che in patria. Ma il D'Antoni trovò nel sovrano UD giustg apprezzatore del singolare suo merito. Non 3?4 BALBO, piiiio de^Ii avanzamenti che fece ne' gradi militari, es- sendo stato promosso a quel di Brigadiere addì 12 di settembre del 1774» ditliiarato maggior generale a' 18 di novembre del 1780, e tenente generale a' 24 di dicembre del 1784. Più distinta significazione della real confidenza fu quella che ottenne quando a' 3o d' aprile del 1775 fu nominato ajutante generale d' armata , titolo ed impiego allora istituito per sopra intendere agli aju- tanti generali contemporaneamente creati per ognuno dei dipartimenti, ne' quali era stato 1' esercito diviso. Nel che sin d'allora si vide, che non solo nelle cose d'arti- glieria era tenuto in gran conto il D'Antoni , ma in tutto ciò che riguarda la profession della guerra. E di fatti ne' casi più gravi e difficili , concernenti le leggi o la disciplina, soleva egli essere compreso fra' deputati a consultare , o fra' giudici a dar sentenza. Ma per la morte del conte Birago di Borgaro , il qual era succeduto al De'- Vincenti , essendo vacata la carica di capo del corpo reale d' artiglieria , fu conferita al D'Antoni il di 7 di gennajo del 1783. Ed essendo pure vacante la dignità di gran mastro d'artiglieria, fu ag- giunta due giorni dopo al novello capo la podestà di supplirne le veci. Cosicché , ritenendo egli tuttavia la direzione generale delle scuole teoriche e pratiche, venne a riunire in se solo l' intiera e suprema ispezione di quanto all' artiglieria appartiensi. Veggiamo in qual ma- niera ei si valse di tale e tanta autorità. Fin dal principio eh' ei ne fu rivestito, soppressi gli Vita PEf. d'/nton/. S35 artiglieri creati pochi auni prima in ogni batfaglione , si adottò uu nuovo sistema, nel quale ebbcr luogo gli jiV/I",'!,^'"!!!-* artiglieri ausiliarii e provinciali; ed ali istruzione di costoro, siccome anche degli altri, si fissarono i migliori metodi per le scuole pratiche divise come conviensi in varii gradi. Nuove regole si stabilirono pure per la fab- "'S',"^ ''?'.•'■''• ° o "^ ' al U Adii. ni del bricazione della polvere, e per raffinamento del nitro, =9 'if- • 7S5. e si cercarono i mezzi * di favorire e promuovere la pro- duzione artificiale del nitro medesimo, affine di liberare un giorno, se fia possibile, gli abitanti delle case dalle incomode visite de' raccoglitori di quel sale. E siccome la giusta proporzione de' metalli da formare i cannoni, già da gran tempo definita , veniva tuttora alterata nelle operazioni della fondita per certe chimiche cagioni, cui non si era troppo badato, esaminata maturamente la cosa, sì procacciò novella perfezione, e più squisita esattezza alla pratica de' fonditori. Ne' quali argomenti del nitro e delle fondite molto giovarono le cognizioni del conte Saluzzo chiamato a consiglio con esempio nobilissimo sebbene in que'ten^pi menando vita privata non appar- tenesse al corpo degli artiglieri. • Dall'intendente generale d'artiglieria Pietro Antonio Canova si pub- blicò un'istruzione col titolo seguente: Directions pratii/aes poiir unir à la. ricolte et à la productinn crlificielìe du salpitre , atee la maniere de l'extraire ées terres et autres matieres , et de le riduirf par tifaporalion en salpitre brut, Jit communément de premiere cuite. Turiu , le premier du 1785. Imprim. roy. , fol., pag. 14. ?S36 BALBO, Il funestò accidente che mostrò la necessiti* di questi ultimi miglioi'amcnti Dell'arte del gitlo, fu pure occa- sione di un bel tratto di militar disciplina , clic qui non vuol essere trasandato. Neil' esercizio di scuola pratica scoppiato era il Tigre, cannone gif tato pochi anni prima, e ferito aveva ed ucciso alcuni di quelli che lo servi- vano. Fu chiesto al D'Antoni , se con gli altri cannoni che trovavansi in batteria , gittati a un di presso nel tempo medesimo, prima eh' ci fosse al governo dell'arsenale, si dovcano tuttavia continuar gli spari. Certo che sì, ci rispose con laconica severità di comando, e fu, come esser dovea, senza diilicoltà obbedito, dandone l'esempio gli uffiziali per far cuore a' giovani artiglieri , che in sulle prime dalla novità del caso rimasti erano alquanto conturbati. Assicurata così la necessaria prontezza della obbedienza, e fatta prova della fermezza imperturbabile de' suoi, volle egli stesso l' indomani appicciare il fuoco a tutti i cannoni della batteria in numero di dieci, uno appunto de' quali, il 6'e/òero , non potè poi resistere alle novelle prove , che tosto se ne intrapresero con saggio consiglio e con esquisita perizia *. * IO ottobre 1785. Relazione degli scrutimi [alti dagli uffizioli del corpo reale d' artiglieria intorno i rottami de' cannoni da libbre sedici, Tigre e Cer- bero, scoppiati nella state del 1785, MS. Relazione delle operazioni, cui gli uffizioli del corpo reale sono detenuti in seguito al regio viglietlo , e regolamento annesso del i5 ottobre 1785, relativo olle /ondile e getti delle artiglierie. MS. VITA DEL d'ANTONÌ. oSy Nell'esame che quindi si fece delle occulte cagioni, per le quali aveano potuto succedere somiglianti casi , si riconobbe, come in altre congiunture, quanto al)bia bisogno l'artiglieria della scienza chimica, piia non le bastando alcune notizie superficiali e volgari, ma tutta quasi esigendosi la dottrina di un chimico eccellente. Per la qual cosa è degno di somma lode il D'Antoui, che ben comprendendo tal verità, quantunque non fosse chimico di professione, introdusse nell'arsenale l'iuse- gnamento regolare di quella scienza, al quale fu desti- nato un nostro chiarissimo collega , il cavalier Napionc. In tre gradi si divise lo studio : comprende il primo le analisi de' metalli, e. le preparazioni delle fondite; il se- condo la docimastica; e il terzo quelle ulteriori e più estese cognizioni di chimica, che alcuni fra gli ulfiziali desiderassero di acquistare. Un'altra scuola ben diversa da questa onora egual- mente, e forse più, il genio benefico del D'Antoni. Per difetto di popolare istruzione, che non si piiò deplorare abbastanza,' molti soldati, non avendo prima imparato a leggere, sciivere , e conteggiare, rimangono incapaci di que' gradi, a' quali altronde, lo loio buone qualità li farebbero pervenire. E maggiove esjsepdy fra gli ailiglier* il bisogno di soldati e bassi ufilziali più che mediocre* mente istruiti ^xi molle parti, per cui sono indispensa- bili que' primi elcmeuti , procurò il D'Autopi di supplire alla generale ;i^ancanza , instituendo per questo fine una scuola, ;^el ?uo reggin;euto , egli che avca per «sperieqz^ 43 538 BALteo, iTaniep.JcUc vcdiito Dclle scuole pratiche quanto siano capaci d'Is- m^ìcrh. p, 90, e prtn^iioin n.~t, tiuzione uomini anche rozzi, ed anche dopo avere tra* passati i confini dell' adolescenza. Ma questa istituzione, già per se lodevolissima, più lodevole ancora diviene pel modo, col quale provvide allo stipendio de' maestri, assegnando loro una porzione de' dritti , che da' vivandieri si pagano , spettanti prima al capo del reggimento. Nò questa generosità era per lui cosa nuova , che sèmpre guardar soleva con certo nobile sprezzo gì' interessi della propria fortuna. Àlloraquando fu provveduto d'una com- menda de' santi Maurizio e Lazzaro , che accadde al primo d'ottobre l'anno 1779, dovendo, com'è l'osanza, giu- rare di amministrarla da buon padre di famiiglia , noa ebbe più pace, vedendosi obbligato ad una sorta di cure, cui non crasi mai assuefatto ; nò volle più per niua conto ritener qu e' poderi , ma rinunziandoli all'ordine, e traendo da questo il solo fitto che allora esigevasi , pei^dè volontieri la sicurezza di aumentdrne notabilmente la rendita. E dovca per altro rincréscergli siffatto sacri- fizio , poiché l'intero frutto della éòrtìmenda, siccome della precedente pensione , era dà' lui destinato a passare per mani segrete in sollievo di povere famiglie, non avendo altro limite la sua carità , fuorché il riguardo di non fomentare l' infingardaggine e '1 vizio. I soldati , e gli altri da lui dipendenti lo trovarono sempre come padre amorevole disposto a sollevarli e 'con mano 'libe- rale, e con prudente consiglio, e con ogni sòrta di fa- vore, che al buon ordine, alla severa disciplina, alla VITA DEL d' ANTONI. 33() esatta giustizia non fosse conlrailo, usando egli sempre antipone la pubblica alla privala carità. Questa bella virtù, sopra ogn' altra esaltata dall^ verace religione, ben mostra qual fosse lo spirito che animava il D'Antoni nell' adempire minutamente i doveri e le pratiche di pietà, lungi ognora tenendosi da qualunque ostentazione , cosicché pochissimi seppero che in ciò impiegava ogni giorno un tempo assai notabile, che ù pur la cosa la più preziosa che si abbiano gli uomiiù cVaflari e di scienze. Ma la somma e straordinaria vigi- lanza, il regolatissimo tenor di vita, 1' ordine e '1 m^odo scrupolosamente osservato in ogni cosa , la privazione assolata de' soliti giornalieri trattenimenti, gli fecero trovar tempo a tanti studi , a tante occupazioni. Perciocché , oltre a quanto siam finora venuti divisando, egli dovea bene spesso trovarsi a consulta e dar pareri, come quando traltavasi non solo d'artiglieria e di fortificazioni, o di edifizi militari, ma di porti, di strade, di canali , d'ar- gini, di misura e distribuzione d'acque, di nuovi prov- vedimenti per gl'incendi, e a dir tutto in breve, d'ogni cosa , che pur son tante , nella quale il governo {ibbiso- gnasse di scienza fisica e matematica, 1/ abitudine de Ila fatica, e il frammezzare continuo, che facra per dovere , degli esercizi del corpo colf applicazione dello spirit(i, e la costituzione robusta , che avea sortita dalia natura , gli diedero forza a durar lungamente in sì gravi lavori. Ria tuttavia , da questi aggravato , anziché dall' età , non terminati ancora gli anni settanta e tre, più non c'ube 340 BALBO, vigor di resistere a breve malattia, clie a noi lo' tols^' ìT giorno settimo di dicembre del mille settecento ottanta- sci. La morte fu pari alla vita; tranquilla, intrepida, e religiosa. Ultimo atto del viver suo , toltine quelli dì cristiana pietii , fu il lacerare le polizze segrete de' suoi debitori: ultime parole il protestare, che ne' comandi da lui esercitati non sentivasi reo d'ingiustizia veruna. Triste, ma bello spettacolo era il vedere affollati d' attorno al letto, e le vicine camere empiendo gli, artiglieri d'ogni ordine piangere amaramente il maestro, il condottiero, il padre. Né furono passeggiere le lagrime : vollero gli uffiziali serbarne la rimembranza con un busto che col- locarono nelle loro scuole. E il Re , che tanto aveva ap- prezzato il D'Antoni , volle pur dare qualche pubblica testimonianza di affetto e di stima verso l'illustre defunto. Piiraanevano superstiti due sorelle , Antonia Maria , ed Elisabetta, le quali viveansi strettamente in Villafrancà col tenue 'patrimonio famigliare che dal fratello lor si lasciava godere, e con quegli altri soccorsi che dallo stesso traevano. Mancando questi , e scarsissima essendo l'eredità che lor toccava, accorse a sollevarle il sovrano, assegnando loro una pensione con onorevolissimo dispaccio dato a' 16 di dicembre, cioè pochi giorni dopo la morte del D'Antoni: ed ivi fra le altre cose si legge > che se questi fosse vissuto, avea il Re destinato d'illustrarlo eoa nuove e più splendide dignità : Patere honoris scirent ut cunctì vìam , Pi^'Jf- Nec generi tribui , secl virtuti gloriam. VITA DEL D'ANTONT. 641 La parte più preziosa di quella creclitJ, cioè i libri è i manoscritti , pervennero per voler del defunto allo intendente generale d'artiglieria Pietro Antonio Canova, che avea seco lui contrafta amicizia sin da quando viveva Un ministro, del cpiale il Canova era allievo nella scienza UcouicBogioo. del governo e della pubblica amministrazione, e pel quale il D'Antoni professò costantemente venerazione a riconoscenza somma. Ed io col Canova famigliarmente convivendo , e col D'Antoni sovente conversando , ebbi ad osservare in ambiduc le stesse virtù , che nel ministro splendeano continuamente a' miei occhi, anche nell'ultima sua vecchiaja, e fra l'ozio della vita privata; attività di operoso ingegno, e zelo vivissimo del coniiin bene. Ne so per qual mio fato, toccandorni di scriver la vita dell'uno, mi tocchi ad un tempo di deplorare la morte anche dell'altro, dico del Canova, che l'anno passato» essendo intendente generale delle gabelle , in fresca età fu rapito alle speranze di tutti i buoni. Se avessi prima potuto distendere questo mio lavoro, e a lui comunicarlo, sarebbe cèrto riuscito meno imperfetto; ma in ogni modo a lui si debbe ìà lode di aver insieme raccolte e presentate air accademia le opportune notizie dell' estinto amico. Quanto agli scritti di questo , eSsi passarono dopo la morte del Canova in mani dell'augusto nostro sovrano. Ma per la morte de' più parziali amici, o pel trascorso de' tempi, non saia mai meno viva e fiorente la memoria del D'Antoni. Alle pubbliche significazioni d'onore, che otteuiiu in patria, si aggiunga il desiderio che lasciò di 542Ì BALBO, se m questa uostra accademia. Ogni volta che tratfossi di stabilire come accademia reale delle scienze Y antica societi^, egli fu sempre annoverato tra coloro che pro- cacciar le doveauo maggior lustro e decoro : e quando vennero esauditi i voti de' dotti nel 1783, egli fu col- locato il primo fra' nuovi accademici residenti in Torino: ma pur troppo anch' egli fu il primo ad eccitare nei folleghi un giusto cordoglio: che sebbene più non po- tessero i suoi studi impiegarsi in prò dell' accademia , troppo gran perdita fu ^|uella del solo suo nome , e della sua presenza, e dell'amor che nudriva per le cose accademiche, ben da lui dimostrato in quelle prime adu- nanze, ove,' trattandosi di dare incamminamento alla novella istituzione, non mancò d'intervenire più volte, quantunque distolto da tante gravissime occupazioni; e procacciò all'accademia un chiarissimo corrispondente, il signor Leonardo Salimbeui. Per queste considerazioni, e per aver lasciato all' accademia stessa ben cinque * dei suoi più chiari discepoli, aggiungersi doveva all'uni- versale rincrescimento della patria particolarmente il * Il cavaliere Daviet di Fopceiiex, il conte Carlo Luigi Morozzo , il cavaliere Antonio Lovera , il cavaliere DebiUet , il cavaliere Carlo Antonio Napione. Non è nostro istituto di qui rammentare tanti altri distinti allievi, de' quali orsi pregia il corpo dell' artiglieria , e quello df pi' ingegneri. Bensì diremo, che la marina essa pure venne tra noi coltivala e promossa dai discepoli del D'Antoni, a' quali ne fu aflidato il comando colla direzione di quelle scuole, cioè primieramente dal Foncenex, e quindi dal cavalier Ricca di Castelvecchio, VITA DEL d' ANTON/. 343 nqstro , e dovea per opera nostra, secondo l'usato stile di molte accademie, tramandarsi a' posteri distinta ricordanza della gloriosa sua vita. A compimento della quale note- remo, ch'egli fu di statura poco piiì che mediocre , di corporatura nerboruta ed asciutta, di carnagione, qual si conviene ad uom di guerra, abbronzata; ebbe nere le ciglia, e grosse, e folte; gli occhi vivaci, l'aspetto intero conforme alla vita di dotto ad un tempo e di militare; fu sobrio nel vitto, e parco in ogni cosa, lungi pei'ò dal meschino ; ma parlatore copioso anzi che no, facile e chiaro espositore de' proprii e degli altrui concetti, narratore fecondo di fatti illustri, e di bei detti, e di arguti motti ; né lodatore troppo cortese , ne troppo aspro censore; severo di massime, ma più di costumi; di umor gioviale, e di maniere libero; uomo in somma, che alle moderne dottrine accoppiar seppe mirabilmente le antiche virtìi. I i<ùf>p I 345 C ATALO GO DE' LIBRI ELEMENTARI TER LE SCUOLE D'ARTIGLIERL\ E DI FORTIFICAZIONE DI TORINO, CON ALCUNE ANNOTAZIONI E GIUNTE ALLA VITA DEL d' ANTONI. JV., ' uoi'e istituzioni di aritmetica pratica, composte da Pietro DI MARTINO , professore di astronomia nella università di Napoli. Torino , 1761 , stainp. reale, 8.0 Degli elementi della geometria piana , composti da Euclide Megarese , tra- dotti in Ilaliano , ed ilìuslrali da D. Pietro DI MARTINO , libri VI; seconda edizione, riseduta ad uso della scuola militare. Torino, 1785, Briolo,8.°, fig. Della geometria pratica. Torino, stamp. reale, 8.", fig. L' autore è il TIGNOLA , del quale si troveih qui dopo rogislrala allr' opera migliore. E in proposito del medesimo, inseriremo a questo luogo una nota promessa qui sopra a pag. 289 , dove abbiamo parlato di lui e del Somis. In un libro , divenuto ora assai raro, intitolalo: Prose, e poesie dell' abate Girolamo Tagliazucchi , professore d' eloquenza nella regia università di Torino, etnsacrate all'altezza reale di Vittorio Amedeo duca di Savcja : Torino, 1735, Giaufrancesco Maircsse , 8." ; si trova inserita con altra numerazione di pagine una stampa dell' anno precpdente , presso Pier Joseffo Zappata , con questo titolo: Altra accademia intorno l'utilità del tradurre e dell' imitare. l\i alla pag. 7 si legge: darà cominciamenlo il signore Ignazio Scmis , col reci- tarvi un' orazione i Isocrate da esso volgarizzata , etc. , dopo la quale , alla pag. 21, parlando il professore, e citandone un trailo in greco, aggiunge- rlo^ , rome ha voltato il nostro vclenle traduttore, ec. E alla pag. 4^ : ora reciteravvi un' oda d Orazio da esso posta in versetti italiani , il signor Gasparo 44 S4S GIUNTE ALLA VITA Tignola: dopo questa, rasionando il Tagliazucrlii alla pag. 53, ne reca alcuni versi portati , die' egli , con molta grazia nella noitra lingua dolt in- gegnoso tratlutlore. E finaliiienle alla paa 61 : reciterà il signor Gasparo Ti- gnola un sonetto a imitazione ec l'appareil nouveau , èi-aluer toutes Ics diviotions du mobile par l'intersection de trois plons toordonnés ; tirer avec des piìces de tnut calibre montées sur toutes especes d'affut , et sous tous Ies anf-les , depuis zero jusqu'à la huitième partie du oercle. J. Grobert. Deir uso dell' armi da fuoco , per le regie scuole teoriche d'artiglieria e forti- ficazione : del commendatore Alessandro Vittorio PAPACINO D'AISTONJ. maggiore generale di fanteria , ojutanle generale dell' armata , e direttore gene- rale delle suddette scuole di teorica e di pratica. Toi iuo , 1780 , stamp. reale , 8." , fig. "^eW artiglieria pratica slarnpata nel 1774 e 1775 trovasi già più volte citala la teoria della resistenza dell'armi da fuoco. Penso die questa sia la prima parte del presente libro, la quale difTalti è intitolala: della resi- stenza dell' armi da fuoco. Anche di qiiest' opera si La una traduzione Tnpiese del Kellert. Fu re- cata in Franzese dal marchese di saint-Auban tenente generale delle armate di Francia, e i;ià ispettor generale di quell' artiglieria. Noi qui vogliamo rifiMire , più in disteso di quanto siasi fatto nella vita , il luaguifico elogio , che l'illustre traduttore premette a questo libro. 5d2 giunte alla vita La haute répulalion, dont jouit en Europe M. le chevalier D'Antony , a engaf;è les gens de l'art à rechercher avec empressement les excellens omrages quii a campo lés , sur la Jortificatìon , sur l'art illrrie , et sur la guerre en general, he roi de Sardaigne ayant apprécié le mirile de parei/s ècrits , et jugà com- bien poufaient étre utiles à san ser^ice les connaissances qu'y puiseraient les Ojfftciers da corps du genie et de l'artillerie , a ordonni qiiils fussent succes- sivement imprimés à son imprimerle royale de Turin. Les iiigénieurs et les artilleurs de différentes notions ayant desiri retircr de la letture et de l'itude de ces dit-ers oUiTagcs , les connaissances essenliellement nicessaires à leurs fonctions resperti^'es , les nnt traduits en pìusieurs langues. Ceux i/iii composent le cours philosophiijue militaire des icoles royales d'artil- lerie et de genie de Turin , cnnsistent en six nolumes in 8." , ayqnt pour titre ArchileUura militare: en deux w/i/mw i'o^i'/h/i'ì Iiistiluzioni Ksico-inpccaruche : en un volume inlilulè Esame della polvere: en un volume intiluìi Uso ilello armi da fuoco, avet planches et fìgures. «Tous'ces ouvrages sont nècessairement prècidis des traitis convenables d'arithmi- tiijue , d'algibre et de giomitrie , dont on ne fait ici aucune mention. L' arli- glieiia pratica, ainsl que les iiislitiizioiii fisico-meccaniche, ont iti traduits en langue Fran^aise , avec approbation et priviUge du Roi , de ménte que Tesarne della polvere». L'uso dell'armi a fuoco, dont nous donnons la traJuction Jran(aise , est une application facile à la pralique {qupique savamment dimnnlrie) , des prin- cipes et des maximes exposies dans les pricidens icrils de l'auleur Ilalien ; maximes d'autant plus sures que la théorie est à chaque pus ennjìrmie par , ì'expérience. Npus croyons pouvoir avancer , sans crainle d'étre contredits par les plus .habiles gens de l'art, que titude de V ensemble des ouvrages de M. D'Antony procurerà à MM. du corps d'ortillerie et à ceux du ginie la connaissance de pìusieurs Jaits relatijs à leurs fonctions : fails , qui jusquici n'avaient pas ili /lussi siìlidement dimontrès , ni ai/ssi clairement expliquis. On sera sans doule ètonni du nombre et de la varièli des diffirenles expi- riences , qui ont ili failes en e,rand sur chatun des ohjels , de la rigueur , de la pricision et de l'exactitude qu'on a emphyies, nfin de pouvoir asscoir sur leurs risullats des jugcmens posilifs , irrivocables et sans retour, On ne sera pas moiiìs itonni des sommes immenses qu'il-en a dù eoùler pour fnire en grand ces diverses épreuves, C'est ainsi cependant que les viritis se dirouvrent , que- Ics orls et les seiences parviennent à un plus liaut degri de perfection. DEL d' ANTONI. 355 M. D'Antony, en homme de Karl, ne fixe à la pniidre , par toiis les procfdis quii a empìnyis , auiun rffel gcnniòlriijuement Constant et régulier , mail Jet approxiniaiions asse: constantes pour en iléduire des à-ptu-prìs qui ne peavent éf^arer dans la prnt!que, C'est au fiens du mitii-r , aux physiclens , oux f;éomhres imparliavx et sani préi'entions , à prononcrr sur le mérite des om'rapes de M, D'Antony ; nous prhumnns qut leur juffement s'accorderà avec celai que nous en avoni porte , d'aprii létude la plus suifie doni nous puistions (tre capables. Trattalo de' Fiinchi ria guerra. MS. con 24 tavole : di Giovan Giuseppe Francesco BI.AVETTI, cavaliere di S. Maurizio, e niagf>ior generale, che Cu capilaiiu de' bombardieri , tnaeslro nelle scuole teoriche, e direttole della scuola pratica. Quest'opera serviva in particolare all' ammaeslrameolo de' bombardieri. Del Blaveili, morto ultimamente, piacerai di riferire un trailo di eroico valore, per cui fu veduto sagrificare al dover del soldato il più legittimo airctto; e furollo colle parole adoperale dal sovrano gran maestro dell' or- dine di S. Maurizio nel conferirgli una pensione, l'anno 1783. Quid autem gesseris lestori potest .... expeditio Astensis , quo tempore frater tuus jamjam animam afiens te retinere lateri suo adherentem haud poluit , quin ad rem quantumfis pericuhsoe plenam aleoe gerendam Jestinares. Il Tnaneaglamcnlo delle miurhine d' artii^lieria : del commendatore Alessandro Vittorio P^PAi'INO D'ANTON,! ma^^iorc generale di fanteria , ojutante grn erale dell' armala , e direttore generale delle regie scuole teoriche e pratiche d" artiglieria e /orlìficazione, 'I orino, 1782, si. reale, 8.° Dell' artiglieria pratica , per le regie scuole teoriche d' artiglieria e Jortipca- zione , libro primo, dedicato a S. S. il. M. da Gasparo TIGNOLA capitano t maestro in esse regie scuole: o sia incumbenze degli artiglieri negli arsenali a nelle fortezze in tempo di pace. Torino, 1774, st. reale, 8.°, Cg. Libro secondo , dedicato a S. ,*>. il. M. dal cavaliere Alessandro f'ittorio PAP ACINO D' ANTON J, direttore generale delle medesime, (scuole). Torino, 1775, si. reale, 8.", fig. ; coli' aggiunta del seguente titolo particolare; Incumbenze degli artiglieri in tempo di guerra. Tradotto in Franzese dal suddetto (]ussel de Mont-Rozard , con aggiunta di note , inloruo alle quali uno de' suoi più famosi paesiani ebbe a scrivere 45 554 CIUNTE ALLA VITA come srgae. M. de Mont-Rox«rd nit mèritè ìei i^lus -f^ranis iìogis , sii n'avait pas ajnuti Sa si'en à la iroduclion , et quii eùt suin Vexemple du corate de Flat>if^ny qui a traduit V Esame della polvere. Ed altrove. Toutes les litlres que je relais de nos garnisons dariilhrie , et des militaires insfruits sur notre mètier , diserti que M. de Mont-Iìozard a gàie tout le mérite de la Iraduction , en y ojoutant des notes particulieres. Ecco il titolo della traduzione. Du serviee de Tartillerie à la (guerre, par M. le che>'alier D'Antoni , bri^adier d'infanterie , ndjudant ginèral de S. M. le roi de Sardaigne , et directcur general des écohs d'artillerie et du genie de Turin. Traduit de Vllalìen , a^ec des additions et des notes, par M. de Moni- Ttozard , che^alier de snìnt-Louis , et Ueutenanl-colonel du corps royal de l'artilkrie. Paris , 1780 , Jombert , 8." , fig. l'ocabolario formato à' ordine di Sua Maestà per servire di norma alla costru- zione degt im-entarii , ed anco d' ammaestramento a' nuovi ufficiali. MS. Il re Vittorio Amedeo il grande cercò in più maulere di propagare ne' suoi stali il buon uso della Italiana favella. E tra gli altri provvedi- menti, fece compilare questo vocabolario per evitare gli equivoci e gli sbagli, che appunto in materie di questa fatta nascono troppo facilmente dalla differenza tra il volgar dialetto e la lingua scrina. Ma il ben ideato lavoro non fu condotto con quella perizia ed accuratezza che si sarebbe adoperata dopo la fondazione delle scuole. Se ne fossero siali autori in tempi alquanto più recenti il D'Anioni e il Tignola, si avrebbe non solo per la professione dell'artigliere, ma eziandio per molle arti meccaniche ad essa affini, un'opera tecnica che manca all'Italia, e che starebbe al paro del vocabolario delle arti del disegno composto dal Baldinucci. Il nostro vocabolario d' artiglieria fu compilato nel lySo , ed approvato dal nuovo Sovrano con viglietto del i4 di marzo l'anno 1731. Ariigl.prat. li'). I p. 245, II num. 84. Dizionario istruttivo di tutte le robe appartenenti all' arlipìieria. MS. Sul principio si legge , non essersi fatto che per maggiore spiegazione del voca- bolari" già formato- d'ordine di Sua Maestà. Citando questo manoscritto nella vita del D'Antoni , ho congetturalo che l'ignoto autore fosse per avventura egli slesso l'inventore di certi cannoni che si caricavano .dal calcio. La congettura e fondala sopra il modo nel quale ei ne parla così. Dopo aver descritto altri cannoni deuo- lainati a braga, che pur si caricavano pel calcio, passando a ragionare DEL d'awtoni. 555 de' cannoni ài niimn im'rnzionc , s' introdure a questo modo. « Si Sono nel » srcolo scorso più maniere inventale per lirnr presto senza esier obbli- » j;ati a caricare per In bocca i cannoni, coniu si cusltiina , ina 1' inven- » zione fu aempre dagl'incouvenienii e per molle canse rigettata. OpKÌdi » nel principio di questo secolo fu ritrovata la. maniera ^' '"' piezas son ti* las de nueva inyencion , <]ue se carfian por la culaia , nii l/astaria duplicar la cantitad de cargas ; pori/u^ diipatfui con macho mas ijue dolile celeriiad i/ue los canones ordinarios. E nyllfi parte ili, tomo IX, libro XVII, ( en Turin por Alexandre Vimer- cato , ano de 1717) p. l38. Sobra todo se guamecen de mucha artilleria , o fiuardajosos , los jlancos lalcrates à la brecha , para tirar a cartucho sabre los enemifios qye vtngan al assalto , en cuya operacion se hallaron eitcellenles en la ultima dffensa de la ciudadela de Turin las piezas tjue se carpan por la culata, y que , en et Vtcsmo tiempo qae las ordinarias , disparan infinitamente mas tiros. Istruzioni per l' ammaestramento degli artiglieri nell' uso delle diverse lor macchine. MS. Furono distese nel 1770, o trovaosi citate ne' due libri dell' artiglieria pratica. Dell' architettura militare , per le repie scuole teoriche d" artiglieria e forti- fu azione , libro primo, in cui si tratta della fnrtificazione regolare, dedicato a S. S. R. M. dal cavaliere Ahssandro P'ittorio PAPACl^O D'Al^'TONJ , bri- gadiere di fanteria, ajutante generale dell' armata, e direttore generale delle suddette scuole di teorica e pratica. Tonno, 1778, stamp. reale, if.", Cg. Libro secondo, in cui si tratta dell' attacco e della dife di fare un' opera letteraria o scientifica , né di raccogliere tutto ciò che può servire alla storica illustrazione dell' arti- glierìa Piemontese ; ma solo di lasciare al corpo degli artiglieri un registro, dove per ordine di tempo fossero notate , come espressamente lo addita il titolo, le variazioni succedute nella forma e costituzione del corpo medesimo, e ne' dritti e doveri degli ulliziaii e de' soldati. Quindi non è meraviglia, se la maggior parte delle notizie da noi riferite, e tante altre che aggiunger si potevano, non si trovano accennate in quel registro , siccome aliene dall' unico scopo del benemerito raccoglitore. Ho citalo talvolta nelle postille alcuni de' documenti compresi in questa raccolta, utili alla storia del reggimento , e delle scuole, e a quella eziandio dell'art* professala ed insegnata con tanto lustro da' nostri dotti militari. Tattica elementare, in un volume. È probabilmente l'opera stessa citata qui sopra col titolo di Elementi detla tattica. Gran lattica , in due volumi. Descrizione della battaglia di Torino nel 1706, in franzese. Connaissarues pour Jairt la fiiierre en JLombardie , avec dcs rimarques polilic»- mililaires sur la f.uerre de 1733. Tratto di storia della guerra seguente, in franzese. Qui dovrebbero aver luogo, se fossero venuti a nostra notizia, alcuni altri degl' inediti lavori, come ragguagli, pareri, esami, giudizi, che per cagione del suo ofiBcio ebbe a distendere il D'Antoni, in grandissimo numero , e spesso in materie per qualche modo appartenenti a scienze od arti. 358 ELENCO DI AUTORI INTORNO ALLE mOPRlETA' DELLA POLVERE DA FUOCO. Non è nostro iiilendimenlo di compilare una biblioteca d'arliglierin, o di balisiica militare, ma solo d'indicare, come abbiamo promesso alla pagina 349, "'cuui di quegli autori, che hanno sperimentato o scritto intorno alla natura della polvere, alla sua forza, ed alla iniziale velocità de' corpi da essa scagliali. Quasi tutto lo bibliografie delle scienze moderne, se sono compilate per ordine isloiico , debbono incominciare da nomi italiani. E a noi pure così tocca di fare. Dogli oltramonlaiii più antichi, cioè de' due famosi monaci; l'Inglese Rogero Bacone, ed il Tedesco Scliwartz , non facciamo parola, perchè appnriongnrio alla stoii.i della scoperta, pift che alla teoria , od anche alla pratica dell'arte. Per la stessa ragiono non parliamo ne di Cinesi, uè d'Arabi I loro drilli alla gloria della prima scoperta, o dell'uso antichissima della polvere , si trovano esposti da^li eruditi illustratori delle antichità letterarie e scientifiche di quelle nozioni. Jjà noi-a scientia di Nicolò TARTAGLIA , con una gionla al terzo libro. La dedica è del iSjy. Nell'esemplare che ho fra le mani, al fine del libro terzo, fol. 34, si legge: In Venetia, appressa Camillo Castelli. i583. Poi con gli stessi carat- teri, e rolla slessa caria, ma con altra numerazione di fogli incomincia : Il primo libro delti quesiti et invrntioni diverse de Nicolo Tartaglia , sopra li tiri delle artiglierie, et altri suoi varii accidenti. Il merito principale della opera, come a tutti è noto, appartiene alla balistica: ma relativo allo speciale areomento del nostro elenco è il Libro terzo sopra del salnitrio , et delle i-arie compositioni della pohere delle arteglierie , et della proprietà , over particolar officio, che ha cadaunn de' suoi tre materiali in tal cnmpositione , et altre particolarità. Dopo il fine dell'ottavo libro, al fol. 94. seguono senza numerazione di pagine tre altri Wn, e i\tierae.ioniinìenli , e nell'ultimo foglio si legge In Vinegia p/r Curtio Troiano de i Navò. M. D. l.XII. De la Pirotecnia libri X, dm-e ampiamente si traila non solo di ogni sorte et dii/ersita di miniere , ma ancora quanto si ricerca intorno a la pratlira di quelle cose di quel che si appartiene a V arte de la fusione over gittn GIUNTE ALLA ViTA DlìL d'aNTOMI. 3{3q de' melalli come d' ogni altra cosa simile a questa. Composti per il S. Vonnocfiti BIRING faccio Sennese. Con prifileffio apostolico et de la Cesarea Rlaeslà et del Illustriss. Senato l'enelo. MDXL. Per Canio Navò et fratelli , al segno del Lion, Stampata in Venclia per Venturina Hojfinello ad instanlia di Curlio Kavo tt fragili. Del M.CCCCC.XL. In 4-'^ ' lol- ^^^ > con fìg. in legno. Questa, secondo lo Zeno, è la prima edizione. Il Fonlanini annoveia, come la terza, quella del nostro Coniin da Trino, Venezia iS59, in 4." Il libro VI tratta Del arte del gitto in universale et in particulare. Il capi- tolo 3 De le dijferentie de le artif-liarie et lor misure. Il 5 De fU ordini et modi di far le forme de le arligliorie. E continua a trattar di tali cose ne' capi seguenti. Il libro X tratta Delle materie artificiali^ disposte a fuochi tt degli ordini che si tiene a fare quelli che il fulgo chiama lavorati per adoperare nelle offese et diffcse delle guerre o per allegrezza nelle feste. Il capitolo 1 Del salnitro et del modo che nel farlo si procede^ 2 De la pollare che s' adopra a tirar r artigliarle. 3 De modi che s' usan in caricar l' artegliarie e iuslamente trarle. 4 De le mine sotterranee ec. Della magìa naturale del PORTA si ha un'edizione del Piantino, i564, in 16; l'opera è divisa solanacnte in quattro libri, e non tratta della polvere : perciò riferisco il frontispizio di una edizione posteriore , assai più voluminosa. Jo. Baptistce Porta Neapoìitani , magim naturatis libri viginti. Ab ipso quidem aulhore ante biennium adaucli , nunc vero ab infmitis , quibus editio illa sca- tebat , mendis optime repurgati, in quibus scientiarum noturalium Jivitice et delicice demonstrantur. Francofurti, iSgi , apud Andrea; Wecheli hce- redes, 8.° Pag. 4^- Li'ifr duodecimus, Portentosas ignium exitialium machinotionet molitur, Neil' opera intitolata : Alti , e memorie inedite dell' accademia del Cimento, e notizie aneddote dei progressi delle scienze in Toscana, pubblicate dal dottor Giovanni Targioni Tozzetti, si trova alla pag. iC3 del tomo II, parto I, ima 'Nota a esperienze fatte dal serenissimo GRAN DVCA di Toscana ( FERDINANDO li). Ivi al n. LXXVIII . pag. 178 , si vedono registrale 56o GIUNTE ALLA VITA alcune sperienze l';\lle con diverse dosi di polvere per conoscere tfiianla fusse l' espansione del fuoco. Ed alla png. 191 in una Nola ili figure staccate e mancanti di spiegazione , eh' erano /ralle scritture dell' accademia del Ci- mento , ma verisimilmcnte appartengono all' esperienze fisiche del sercniss. Granduca Ferdhiondo li, si vede indicato a fìg- 55 uno strumento per osser- rare quanta sia V espansione della polvere- Le prime sperienze dell' accension della polvere nel vuoto furono fatte da HVGIIEIVS e PAPIN, e si trovano fralle altre loro sperienze fatte colla macchina pneumatica , inserite nelle transazioni di Londra 1673-76 11. \ìì IV , e collcction acadimiquc , partie étrangère VI. l53-l55. Nulla storia dell'accademia delle scienze di Parigi per l'anno 1701 (pan. 9-14) il Fonlcnelle ha esposto le considerazioni di M. de LA HIRE sur les ejftts du ressort de l'air dans la poudre à canon et dans le tonnerre. Eprnuvelte à poudre proposée par M. DV ME' njjficier d" artillerie. 1702. Machines approuvées par 1' acad. des se. de Paris , t. II , p. 19. ^n experimcnt mode ai a meeting oC the royal society , december zo , l'joi, Of Jiring giin-poivder on a red hot irnn in vacuo Bnyliano. By Mr. Fr, HAÌKSUEE. Philosoph. Trausact. voi. XXIV , for the years 1704 and 1705 , num. 295 VI , pag. i8c6. An account of an experiment mode decembcr 26, 1704. to try the quality of air produc'd Jrom gun-poivdcr Jir'd in vacuo Boyliano. By Mr. Fr. Haukshce. Ibi VII. p. 1807-1809. Questi due sperimenti sono riferiti per exiensum dal Robins, capo I, proposizione I, ediz. di Grenoble, p. 137, 141. Des elfits de la poudre h canon , prinripalement dans les mines ; par M. CHEl^ALlEli. Ac. des se. de Paris, 1707 , un'in, p 526-538, List, p i5i-i54« Considerazioni sopra la proporzione del fignr delle polveri da fuoco, della forza delle medesime ne' pezzi iT artiglieria , e dilla resiitcnza di i/iiiiti , pub- blicate da Domenico DE<:ORliAUl U Al STRIA matematico del serenis- simo signor duca di Modena , sovrintendente alle sue mineie , e »•. commissario generale dell' artiglitria , in occasioni della pruofa da lui /atta di akurti A* il DEL D'aKTONJ. 56 1 lannnnl feritali di nuovo T anno 1708 per servizio di S. A. S. Modena , 1708 , Soli.iiii, 8." parvo, fi{;. , pag. 188. Clii volesse nolizio di questo nuloro può averle nella biòliolera Tilnde- nete del Tirahosrlu. Come colonnello d" arliglieria trovossj nella citladolla di Modena assediata da' nostri nel 174^» " scrisso la relazione di quell' as- sedio : fatto prigione con tutto il presidio, fu condotto in Asti. Petit J'uhain, contenant la stienre àes mines , et la maniere ih les Jistri- biier ilans ìes places de guerre , potir s'en servir avec vliliti dans les orcasiont ; la thforie et la pratique du jet des bombes , une nouvelle maniere de fortifieT , avec une métltode de conslruire les modeles des plaies , le tout accompagni de Jìgures et de quelques pe'.ils ouvrages curii ux : par lìOZZOLIN , capitaine dans l'artillerie de S M. à Turin. MS. in 4 R''- di pag. 553, già esistente nella libreria del fu conte Bogino, ed ora in quella di Prospero Falbo. Andrea Bozzolino Piemontese, autor di quest'opera, avea da giovane servito in Francia , epperciò scriveva Franzese. Nel 1717 dedicò la pre- sente raccolta delle sue opere a Carlo Emanuele allora principe eredi- tario del Piemonte. Per la parte che risguarda le mine , è citato questo autore dal D'Antoni v\e\\' archileltura militare a" paragrafi 265 e 279 del libro terzo, con questo magnifico elogio: opera fra tulle quelle che mi è occorso vedere, la piti istruttiva ed ampia nella scienza delle mine, a segno tale che le notizie sostanziali da altri posteriormente pubblicate come recenti già si trovano comprese iu quel manoscritto. Dalla pag. 272 fino alla 285 del MS. si ha: Journal ier , ou ditali con- tenant le nombre , ì'effrt , et le jo'ur de l'exèculion , des Jougades , fourneaux et pciards , des assiigi's et assiigeans , pendant le siège de Turin. Dalla png. 444 "'l'» 4^°-' Nouvelle maniere de Jortifier , où fon volt la tonstrurtinn drs pieces du pentagnne , hexagone et rplagone, dont les cólés peuvent itre appliquis à tout poligone irrigulier. Le minori operette, oltre quella citata nel titolo generale del mano- scritto, cioè l'arte di coslrurre i modelli delle tortezze, sono le seguenti. Dalla pag SzG sino alla S^i: Maniere de conslruire une figure de nou- felle invrntion , par laquelle on peut connotlre trh-faclìement et mfcaniquement Theure du ìever du soleil en toutes les saisons Je fannie. E dalla pag 543 sino alla 5S3 : Taùle pour reconnotlre Ics dales , tant ancienne! que prhenles et à venir, drpuis la nativi té du Seigneur, jusqu'à tinjini , doublant toujours la mime table corrlgée. 46 562 GIUNTE ALLA VITA Ciò che abbinm detto di questo egregio autore nella vita del D'Antoni, pag. 3o4 e seg. , inostrn con quaiilo drillo sia qui rcgislrato , particoliir- iiiente per la sua opera intorno all'arie del bombai diere , la quale non è già solo una elementare compilazione di cose già noie, ma fra le altre dotte ricerche contiene alcune ingegnose considerazioni intorno alla natura della forza esercitata dalla polvere nello scagliare i corpi. Nella storia dell'accademia delle scienze di Parigi per l'anno 1720 { pag. HI--II4) il Fonlenelle ha espostoli metodo adoperalo per la prova delle polveri da M. de RESSONS, socio di quell'accademia, o tenente generale dell'artiglieria di Francia, ( V. ìiist. de ì'ac. 1716 p. 5), di cui già nel volume del 17 16 si avea : JMi'lhode pour tirer ìes bombcs otpc succì.s , {mém. pag. 79-86). E nella storia del 1719 (pag. 20, 21) il Fonlenelle avea pur dato ragguaglio di una sperienza dello stesso autore sullo sparo d' una pistola coulro il focone d' un fucile caricalo a palla senza polvere. Nel volume del 1735 si trova l'elogio del Ressons , ed ivi sì legge (pag. 107), eh' egli lasciò un'opera inedita sul nitro e sulla polvere. Essai de l'application des forces cenlrales aux effets de la poudre à canon , d'oìi Ton déduira une théorie propre à perjectionner les différentes bouches à feti: par M. BIGOT de MOIiOGJ'ES , officier d'artilterie dans la marine Paris, 1737 , Jombert , 8.° , pag. i63 , fìg. Se ne trova un estratto nella storia dell'accademia delle scienze di Parigi per l'anno i735, pubblicata l'anno 1738 (pag. 98-100). Per un altro lavoro, nel quale ebbe parte il Morogues, vedi qui dopo r articolo del Du Hamel. Nella storia della della accadèmia per l'anno 1722 (pag. 124. i25) , si parla di una nuova forma de' molini da polvere proposta da M. de MORALEC. V. Machines approuyées par l'acad. IV 4'' ^'^• Netv principles 0/ gunnery , by Benjamin ROBINS. London 174^- Tradotti in Tedesco, e commentali da Leonardo EVLERO, Berlino 1745. Questa è la prima e principale opera del Robins. Dopo la sua morte fu di nuovo pubblicala dal Wilson coli' aggiunta di posteriori opuscoli dell' autore intorno allo slesso argomento ; e questa raccolta si trova tra- dotta in Franzese col seguente titolo. DEL n'AKTONf. 3G3 Traiti rf« malhimatìques dt Monsitur Henjamin Robins , mtmbre de la socièlè royale de Loniires et inginìeur flètterai de la coinpaf^nie dei Indes Oritn- tales , contenant : ses noui'eaux principes d'arlillerie , ju/Vi'j de pluaieun dis- cours qui Icur ser^ent de siippìirnent , et que 31. Wilson , son èdittur, a insèrès dans cet out'rage- Traduil de ì'iint;ìois par 31. lJupuy,Jih , oide-profuseur aux iivles royales d'arlillerie de Grenoble. Grenoble , 1771, Gl'iibil, 8.°, fig. , pag. 575. Pag. 2)2-322. Compie rendu d'un litTe intilulé : ^oufeaux principes d'arlil- lerie, lontenunt la di'tetminalion de la force de la piudre à canon, et de la ri'sistance que l'air oppose à des mouvemens ou rapides ou lenls , autant que celle rèsiitance in [lue sur la Jorcc de la poudre « canon; lu deianl la socieli royale le i\ et le 21 avril 1743 , et imprimé dans les transactions philcso- phlques n.** 469- H litolo dell'originalo nelle Philosophical transactions t-ol. XLII, /or the years i'j\i and 1743, numi. 4G9 VII, pag. 437-456, è come sepiic An account oj a hook intiluled : New principlet 0/ gunnery, containing the determinalion oj the Jorce of (lunpo^vder and an im-cstifation of the resi sling power of the air lo swift and stow motions ; by B. li. l'\ li. S. ; as far as the some relutes to the force of punpowder. Read aprii 14 and 21, 1743. E vuol dire che questo transunto comprende solamente ciò che risguarda la forza della polvere, e non già ciò che risguarda la resistenza dell'aria, nel che ha preso sbaglio il Iradullor franzese. E dalla prefazione biogra- ' Oca dell'editore Wilson siamo accertali the l'autore del transunto fu lo stesso Beniamino Robins, suo scopo principale essendo stato il conciliare, per quanto era possibile , alcune sue asserzioni con quelle contrarie dei deputali della società, riferite nella relazione che faremo conoscere all' ar- ticolo seguente. Pag. 439493. Maximrs pratlques conccrnanl Ics cjjcls de lartillerie, et la portie des bombes et des boulets. Pag. 4S^*^'^' Proj'el pour per/eclionner la marine anflaise , oìi Fon pro- pose de substiluer à lous les conons , depuis ceii.t de 18 tb. de balle, de nou^eììes pieces de ménie poids , mais d'un plus grand calibre : imprimé pour la premiere fois en fj^^. Pag. 519-537. Lettre à I\I. Folques , fcuyer , prisiJent de la soditi royale de Londres , en ripense à une des sieniies . oli itait rrn/ermi un billet d* M. d' Onorio ( lege Ossorio) enfoyé du roi de Sardaigne. Assai prima del Uupuy il Saliizzo avea intrapreso, com'egli medesimo ci narra (iliiic. Soc. Tour. t. I, pag. 146), la traduzione ài: nuovi pnncipii 3G/(. GICNTE ALLA VITA del Robins, ed aggiungorvl dovea anche i conimpnti del grande Eulero. Questi commenli furono puro Iradotll dal signor Giovanni Tremljley Gine- vrino, come accenna il giornale des sai'ans , 1784, p. Sy. Altra traduzione Franzese si trova inedita nella libreria dell'accademia di Torino, e pro- viene dalla libreria che fu giù unita all'archivio della Regia Corte. Ninno di questi lavori essendo venuto alla luce , conipai ve poi una nuova tradu- zione coi suddetti commenti, e col seguente titolo riferito dallo stesso giornale nel luogo citato. Nouveaux principes d'arlillerie , de M. Henjamin Robins, commenth par M. Léonard Euler , traduits de l Aììemand , avec des notes , par HI L01\lBy4HD, prqfesseur royal atix écoìes d'arlìììerìe , à Auxonne, Dijon, chez Frontin ; Paris, chez Jombert, 8.°, fig. Il primo traduttore Franzese del Robins è slato l' accademico parigino Le-Roy. Ma jion sappiamo se la sua traduzione sia venuta alla luce. V. mim. de l'ac. des se. de Paris, ijòl , pag. 47- The report 0/ ihe committee 0/ the ROYAL SOCIETY appointed fn exa- mine some questions in f^nnery. Read november 4, I74^- Philosophical tran- sartions voi. XLII for the years 174^ and 1745 , numb. 465- HI, pag. 172- l83. The queslions tvere 1. Whether ali the poivder 0/ the charge be ,fireJ he/ore the buUet is sensibìy moted Jrnm its place ? 2. Whether the distonce to which the hullet is tJiroivn, may not bernme grealer or ìess , hy changing thejorm of Ihecham- ber, though the charge of poivder and ali other circumslancei continue unchanged ? Le quislioni eranO'Stale fatte dal Jurin il 24 di giugno dell'anno medesimo, ed alcuni sperimenti furono eseguiti il 22 di luglio : ma in questa rela- zione non si fa cenno del Robins, sebbene fosse già pubblicato il suo libro. come impariamo dal Wilson nella sua prefazione alla raccolta di tutte le opere del Robins intorno all'artiglieria. All'indiretta censura rispose questi presentando alla società reale un ragionato transunto del suo libro, che noi abbiamo indicato ncU' articolo precedente. Al dottor Francesco VANDELLI , Modenese, professore di arrhilellura militare nell'istituto di Bologna, è dovuta la lode di aver proposto una opinione contraria alla comune de' fisici , fra i quali il Boile , il De la Hire , il Belidoro , il BernouUi. E tale opinione del Vandelli , sebben conforme a un cenno del Newton (.quarsf. X in Jìne Oplicw) , solo ultima- mente fu rinnovata dal Rumford. Riferirolla colie parole dell' elegantissimo DEL d' ANTONI. T>65 Segretario Bolognese Fraucesco Maria Canotti. Comment. Donon. Tum. II, Pars I, 1745, p. 419. l'ainìcìliis iiltm piiherfm quoque pyrium cogitalt'one et studio est prosecufus , quasivitijue diUgenter unde vis illa sit , qua hic pulvis in expìosionibus btllicit tantum >>alet. Nemo ignorai plerosque vim lantam aeri triluere, qui f-ranulit eonlineatur , quique, si granula accendantur , incredibili quodam impelu enimpat. Idque jamdudum sibi ì andellus persuaserat. Sed , ut morosi sunt phisici , eamdom rem secum ipse versare , et multis modis tentare non destitit. Qu^iJ cum faceret , et magnam humoris vim in sale nitri , unde pyrius puìveris maxime constai, contineri inlellexissel , non omnia tandem tribucnda esse arri exisli- mavit , sed aliquid etiam buie humori assignandum ; est enim hic quoque humor elasticus maxime, ac , si Jlamma excitetur , iarlal se se quam titissime , et explicatur prope in immensum. Quis ergo , eum tanta elasticitalis vis in hot humore insil , isque pìurimus in pulvere pyrio eonlineatur, non eum quoque in bellicarum explosionum parlem vocet ? Quis non eum quoque illarum eruptionum caussam esse pulet ? in quihus , si recte omnia aestimemus , et cum Vandello metiamur , haud scio , an sit etiam aeri anteponendus. Comparve dopo più anni la dissertazione dell' accademico di Bologne nel toiuo IV di que' commentarii , 1757 pag. lo6-ii<), col titolo: Franeisci f^andelli. De pulvere pyrio. Gli argomenti di questo «lulore furono con molta forza , e insieme con molla f-pnlilezza ribattuti dal Saluzzo (.Mise. Taur. 1, pag. 112 e seg. ){ e contro l' opinione del medesimo Vaiidelli scrisse poi anche il suo amico e successore nella lettura dell'istituto, il marchese Gregorio Filippo Maria Casali Bentivoglio Paleotti , del quale a suo luogo riferiremo gli opuscoli. Ecco ciò ch'egli dice alle pag. 362.363 del voi. V, parte II dell' Istituto di Bologna. .Tarn intelìl^ilis , sodaìes , me tim puìveris tribuer* eìasticitati aeris qui in ipso continelur , quique ex ipso in/lammationis causa erumpit et cxpan- ditiir. liane sane npinionem cum semper multo probabilem judicavisscm , et cum tandem statuissem acadcmiae exponere argumenta , quae illom mihi persuase- rant , ac de ea egissem saepius cum sodalibus nostris doctissimis Francisco Maria Zanotto , Petronio Matteuccio , Laura Bassia l'eratta , Josepho ì'cratlo Bartholomaeo Beccano , ecce libi e typis Auguslae Taurinorum volumen primum commentariorum privalae quirlem societatis , sed cum publicis et rrgiis compa- randae. Quo in calumine scrmones extanl duo eruditissimi elegantissimique equitis Saluta , qui nostram hanc opinionem valde suslinent atque conjirmant. Non sum arbitrata s , sodaìes optimi, hanc ab caussam impediri me quominus ipse adhue 366 GIUNTE ALLA VITA ìoijuar prò hai senientia» Quin immo libtntius id Jacio postijuam experimenlm otque argumentatiunes eruditissimi Sniulii eo me adduxerunt , ut mihi jam sententia ipso et clarior viJeatur et verior. Ne fa pur cenno il Segielaiio Bolognese (Comm. Bonon. t. V, pars I, pag. 126) Habebat auctores hujiis senlentiae graiissimos , , , . i/uilus nuperrime mccesserat homo nobilis Salulius , non lam genere i/uam ingenio du<.lrinaqiie clarus. Le speiienze intorno alla lunghezza de' tiri , fatte in Torino ni-U' anno 1746, furono priucipaliueute direlle dal DE'- VINCENTI. Dicasi lo stesso di quelle fatte nel 17^9 intorno al modo dell' accension dilla polvere nelle canne. Il De'-Vincenti , comandante della nostra artiglieria , nvca inco- mincialo, come il Piulo capo degli iugegueri , da soldato semplice , e tut- tavia non solo riuscì eccellente aitigliere , ma eziandio non volgare archi- tetto: tale il dimostra lo stupendo edifizio dell'arsenale, che sebbene possa iu alcune pnrli a ragione criticarsi, è opera di bellissimo efiello, e vera- mente grandiosa, degna in somma delia Iclicilà di qu^' tempi, in cui fu intrapresa. Anche il porto di Limpia presso a Nizza è opera del De-Viucenli. Delle sue spenence abbiamo parlato a pag. 3il e seguenti, e ZiG. Altre sperienze intorno alla carica alla a produrre il più lungo tn» furono fatte in Malta nel 1747 dal MARANDONE, Piemontese, ingegnere dell' ordine Gerosolimitano. V. la i/'ia del D'Antoni, pag. 3i3. Nella storia dell'accademia delle scienze di Parigi per l'anno 1748, pag z8. 19, si dà I agguaglio d' un' osservazione del signor di MISSIESSY, tenente di arligrieria, sugli cfi'etli d'una carica abboudanlissima di polvere destinata a riduire iu pezzi un cannone, e che sì era sfogala tutta pel focone senza ottenere l' ifielto desideiato. Onesto fatto diede occasione al seguente opuscolo. Expériences sur qiiihjues ejfels de la poudre à canon, par M. Df' UASMEL. Ac. des se. de Puiis 1750, mèra. pag. i-io , hist. p. 3o-34. Nelle quali esperienze il Du Jlamel ebbe per compagno il signor de MOROGVFS. Sopra le lunghezze de' tiri si fecero di nuovo alili sperimenti in Toriro nel 1750, e furono diretti dal cavaliere FERRERO-PONZIGLIONE (Vita del D'Antoni, pag. 3 14- 3Ó). I ì DEL d' ANTONI. 3^7 Mèmoire sur la Ihéorie de ì'arliUtrie, ou sur Ics fffels de la poudre , et sur es cnnsiijuences (jui ea rhuìtent par rapporl aux amies à Jiu ; par il7. It chefalier d'AliCY. Ac. des se. de Paris i75i , luèni. lfi-(J3 , Lisi. i-io. De' diversi ingegnosi stronienli per le spericiize inlomo alla polvere , imnginnti nel 1752, e negli anni seguenti, da Isacco Francesco Antonio MATTEI, Ginevrino, macchinista regio, si è parlalo nella citata vila a pag. 3i5. 3i6, e nel cilahgo pag. 349 '^ ^^P Due di questi ordigni furono veduti in Torino nel lySG dal sig. de la Conduiuine , che ne parla nel giornale del suo viaggio inserito fra le tnenioric dell' accademia dell* scienze di Parigi per l' anno lySy. V. ibi pag. ^ob. Mémoire du chevalier SALVCE sur la nature du ^fluide iìastlque qui 3* dévetoppe de "la poudre à canon: a pag. 3-17. Dissertationes delle Driscellanea philosophico-mathematica societatis privatae Taurinensis , tonj. I, lySg. Suite des recherches sur le fluide èìastique de la poudre à canon , par le ehe^ialìer Saluce : ibi pag. il 5- 146. Rèflexions pour servir de suite aux mimoires sur le fluide èìastique de la poudre à canon, par M. le comte Saluces : a pag. 94-14* delle miscellanea Tiiurinensia, tomus alter, 1760-61. Additions aux rèflexions sur le fluide èìastique , par IM. de Salucci : ibi pag. 219-121. Vedasi quanto abbiam detto nella vila del D'Antoni alla pag. 3i9 e seguenti , e ciò che abbiamo riferito qui sopra nell' articolo del Vandelli. Di queste dissertazioni, od almeno di alcuna di esse ha dato una tra- duzione in Tedesco il Tempelhofl', e par che sia nel 1779. Denina. Prvsse littèraire art. TempelhoJJf. Gregnrii CASATAl. De marhinula quadam ad projeelilium theorias per txperimenla probandas. Comm. JBonon. tom. V. , pars IL, 1767 pag. 71-80. De vi pulveris pyrii per machinas dimelienda. ioi pag. 345-356. De ictu pulveris pyrii. Ibi pag. 357-371. Queste tre dissertazioni, sebbene pubblicate soltanto nel 1767, furono lette negli anni 1758, Bg, 60 in Bologna all' accademia delle scienze dell'isti- tuto, come si raccoglie da' commenlarii del segretario Zanolli t. \ , pari. I. pag. 124 e spg. V. qui sopra 1' articolo del Vandelli. 368 GIUNTE ALLA VITA Della vita e affali scritti del (ai'^uIì abbinino iin;i memoria del cliiarissìmo Padre Pompilio Pozzelli , sepretniio della socirlìl Il;ili;ina , iu un' opera periodica che si stampa iu Firenze col titolo dell' ^/;e ii. V , dicembre i8o3. Nuove sperienzp intorno alle lunghezze de' tiri si fecero in Torino nel 1761 dal RONZINI maggioro d' arlif;lieria e direttore del laboratorio metallurgico dell'arsenale. V. la t'iia del V ^'Inti ni pno. 317. Nel 1764 il cavaliere DEBUTET , Savoiardo, allora soltoleneute d'ar- tiglieria, qiiin.Ii regio macchinista, ed aecadtiuico delle scienze, introdusse un nuovo meccanismo nel misuratore delle velocità iniziali inventato dal Matlei. V. la vita del D'anioni pag. 3i8. Il Dclnitet fu altresì l'autore del nuovo metodo, costantemente poi adoperato, di apporre il ^rano alle artiglierie , cioè d' incastrarvi a vite un pezzo di metallo che contiene il focone , e che presto e facilmente si cangia quante volte si voglia , vale a dire ogni volta che l'antico focone logorato dall'uso si è allargato di troppo. I.a qual invenzione fu pure attribuita al Brovardi , professore di medicina. ( Bihlìolhique Italiennt. Tiirin art XI, voi li pag. 83.) M.i il Brovardi non avea fatto che indicare un altro mezzo il quale non fu mai adottato. Il D'ANTONI pubblicò il suo esame della polvere nel 1765, Expérienres sur la poudre à canon empìoyée en diffi'rcns étais ; par M. l'abbi NOLLÈT. Ac. des se. de Paris 1767, mém. p. 109-118, hisU 1-6. Queste sperienze riguardano 1' uso della polvere non granita. The force of pred gunpotvJer , and the initial vrlocily oj connon hall , deler- mined by experimrnts , frnm uhich is alsn dedmlrd the relation of the inltial velocily to the shol and qunntity of poivdér. By Charles Hl'TTON , master of the military ocademy of Wooiwirh , tvich pained the prize medal of the royal society. Phil. trans, for 1778 voi. LXVIII. Descript'on ai'ec fì^urcs d'une fnroui eloppe par la détonalion de la poudre fulminante , par celle d'un mélange de nitre avec de la poudre de charbon , et enfin par la dèjla- gralion de salpétre ovec la limaille de/er: par HI. ACHARD. Mém. de l'acad. do Ueiliu pour 1782, pag. i25-i36. lìagionomenlo sopra le forze e velocità esercitate dalla polvere accesa dentro un pezzo d' artiglieria : di Francesco Domenico MICHELOTTl : letto all' accademia nule delle scienze di Torino il i3 di oprile V anno 1784. MS. Vedasi ciò che uè abbiam dello nella vita del D'Antoni alla pag. 327. Thèorie nouvelle de la poudre à canon et de la poudre fulminante : par Jean JiSGEN-HOrSZ. Fa parie del libro che ha per titolo: A'ou.W/« expériences et observations sur divers objets de physique : par Jean Ingen-Housz , eie. Paris, 1783, Bariois. 8.° Osservazioni del signor NAPIER sulla polvere da cannone , inserite nelle transazioni dell' accademia Iihuidcse pel 1788. Non conosciamo che il titolo indicato in nn giornale di que' tempi. In altro più recente leg- giamo : M. Napicr, qui dirige Fartillerie en ^npjelerre , a fait quelques essais sur de la pnudre Clilnolse, et a trouvé eie. Annales des arls et mnnufaclnres par O' Reilly eie. Paris, mcssidor an IX, tome VI, pag. 88. De la ièritabìe cause de l'explosion de la pnudre à canon : par J\I. BECKER : in Tedesco. Kel libro inlilol.-ito; Chtmische anccdoien eie., cioè, Anecdotes thimiques , ou essais sur quelques problèmes de chimie : par M. Becker, asses- seur du collège de médccine à itfa/jjfiur/?. Leypsik, 1788, Herlel,8.*' Modo di render più forte la poh-e da schioppo ; del signor dottore Francesco ^AIÌ\'I, Opuscoli sechi, Milano, 1788, Marcili, 4-'*. *• ^l. P- 36"<3. 47 •Syo GIUNTE ALLA VITA ilntorno all' anno 1789 il presidente dell' accademia reale di Torino "conle MOROZZO . stato anch' egli allievo delle scuole d'artiglieria, islilnì alcuni sperimciili intorno alla forza delie polveri , secondo la -'i versa pro- por/ione non tanto de' loro soliti ingredienti, quanto eziandio di quegli altri che stali erano proposti , o si potevano con qualche fondamento proporre. Mentre stiamo scrivendo queste giunte, improvvisa morte ci ha tolto il benemerito socio, ne del suo lavoro intorno alle polveri ci rimane altro vestigio, fuori di qui-llo che abbiamo registrato a pag. LXXVII delle mimoires hislorit/ues che sono nel volume accademico del 1788-89, e a pag. 140 del transunto che dello stesso volume Abbiamo pubbHcalo in Ita- liano. Ivi si mostra la falsità della pretesa scoperta del Bami. Neiv experiimmts upnn f;un-poivJer , ivilh occmiimal obscrcations ana practica! inferences \ lo ivhich is oddf,d an arcount 0/ a neu- melhod 0/ deUrmining the velocities of ali kinds oj military projectiles , and the descriplion of a vety accurate eprou\'Mc far ^un-poivder. By Benjamin THOUISON esq. V. lì.S. Head march 49, 1781. Phiiosophical transacliuns of the royal society of London vol.LXXI, for the year 1781, num. XV, pag. 229-328. Experiments to ditermine the forre oJ fired f-un-pnuder. Phil. trans, of tbc roy. soc. of London for the 3'ear 17^)7 pari. I. LTn copioso e doltissiuìo estratto di questo lavoro si trova nella Bìbliolhh/ue Brilamiique , ah VII, Sciences et arls , tom. X , pag. 3o4-338 , col seguente titolo. Eacpóriencei pour diterminer la Jorce de la poudre enjlrmmée : par Benjamin comte de HyMl''OIiD , memore dei socièlés royales de Londres et d'Irlande. Si può vedere quello che ne abbiam detto qui sopra in una digressione al ctjtatogo de' libri per le scuole di' artiglieria di Torino, pag. 348, 349. Verso il 'fine di maggio del 1801, il dolio Inglese signor R. COLEMAx» , impiegalo nel regio mulino da polvere di Walthani-Abbey , lesati alla societì» Askesiana di Londra il ragguaglio de' metodi adoperali in Ir.ghil- lerra per la fabbricazione delle polveri. Ne abbiamo un estratto in una disserta/.ionc sur la fabrication et tes principes constifuti/s de la poudre è cm^on , la quale trovasi nell'opera periodica in'tilalala: ^nnales des arls et m/mu- facturrs , ou mi'moires technologiijues svr ìes ditouvertes modtrnrs ronrrmrnt les arls, les manufactures , l'agricuUure ette commerce; par R. O' HKILLY, de i'académie de Bologne, membre du lycìe des ar'ls , etc. Pana, impr. des aunales, 8.*, tome VI, pag. 8G 99, e i34-i4o, nicssid. et iherm. an IX, 1801. DEL d'akTONJ. 5.71 Due altri chimici sono citati nella stessa dissertazione pur esperienze fatte sopra la polvere. Uno ili essi e il CIlVIKSHAiS'K cliiinico applicalo all'artiglieria Inglese. Ann. àes arti et manuf. tom. VI, pag. i36, iSq. L'altro è M. HOWARD. Ivi pag. iSg. Mimoire sur la thiorie àu mouvtment àet projectiles dans les milieux résis- itins ; par le ciloyen MOhEAV , chef iur\>eillant de difision. Journal de l'école pol^'technique, publié par le conseil d'instructiou et d'adiiiinistia- tion de cet établisseineut. Tòme IV. Ouziùme cahier. Paris , iuipr. de la róp. , mcssidor au X, /^.? , pag. 204-129. Ivi alla pag, 227 tialta ; de la vi tiesse que les prò jettilea rt^oìvent par V action de la piiudre enflammée. Mmciint.. p^ur mtiurer la flteiseninitiaìeides mobiles de diffèrens calìlres , projetrs .sous toui .le^ iinfiles,, deputi zèro jusqu à la huitiime panie- ducerci*; pai: le colenel CIirUiEli/I', soas-inspevteur aux refues et administration des irmipes , meniOre de l'ìnstitut de Bolo/^ne, de l'académie de Florence, et de più- siiurs sociftii savuntes et litliraires , Ofec unrapport du Ci PRONY , au nom d'une commission nnmmfe par la ciane des sciences phj'siques et mathéma- tiijues de l inslitut national puur t'examen de cette machine et de ses usages. Paris, 1804 an 12, Bailleul , Mdgimel, le Nònuaud , 4-''> fig- V. ciò che si è detto alla pag. 349 e seg. Per non divagar trpppo lungi dal primario nostro argomento, non ab- bi'imo voluto couipreudere in questo ilenco ciò che risguarda in partico- lare la teoria e l' arte della produzione e della raccolta de' nitii ; eppetciò non abbiam fatto parola de' bellissimi tenlalivi, che in Francia , in Piemonte, ed altrove negli anni addieJj'o si son fatti intorno a - qwslo importante argomento. Due Italiaoi , ultimi forse 1 che . abbtaiio scritto in tal materia, saranno soli da noi' citati, perchè non linoilandosi allafTar- de' nitri , hanno preso allresi a considerare la fabbricazione della polvere da fuoco. Memoria sulla Jabbricazinne e raffinazione di-' nitri , diretta al clllndmo Crtf^orio Fontana , membro del corpo lefjislativo , professore di matematica sublime nella unis'ersitì di l'a>'ia, e socio di motte accademie, da Hnpione BREISLAK, direttore de' sali nitri, e dell* pqUeri della repubblica Iteh'ana. Milano, Pirotlae Maspero , 8." La dedica porta la data del x'j ottobre 1802, 372 • GIUNTE ALLA VITA A pag. a35. Capitolo ultimo, Jiijlessioni sopra la Jahhrìcatìone delia polvere. Del nitro , e della polvere da schioppo , brei-e dissertazione del cittadino Paolo SANGIOfìGIO , professore di chimica e botanica , assessore farmaceutico della delegazione medica del dipartimento d' Olona , membro di varie accademie. Milano, 1804, Pirotta e Maspero, 8.", pag. 16. Il sifiiior Carlo Antonio NAPIONE, chiamato in Porlof;allo, ove Tra varie onorevoli e gravissime iucunibcnze ha quella pure di soprainlendere alle Tabbriihe della polvere, sappiamo che ha condono a buon termine un gran lavoro sopra la teoria e la pratica dell'arte, e con molli sperimenti ha trovato modo di spiegare alcuni fenomeni ed alcune anomalie , di cui Cuora non si rendeva ragione , ed ha mostralo il perchè la polvere Inglese di tanto sia supcriore alle altre , ed ha intrapreso una particolare analisi di uno de' iluidi aeriformi che dalla polvere si possono eslrarre. Sebben finora non ci sia noto ch'egli abbia pubblicale le sue ricerche, noi però avendo già in questo elenco dato luogo a cose inedile , abbiam ora voluto terminarlo coli' illustre nome d' un nostro singolare amico e collega , allievo chiarissimo del D'Antoni. ARTICOLI OM MESSI. Due autori famosissimi, il Boyle , e il Newton, da noi citati più volte nella vita del D'Antoni, sono stati per inavvertenza ommessi nell' elenco, I loro articoli, che qui s'inseriscono, doveano essere collocati dopo la linea 6, e dopo la i5 della pag. 060. Roberto BOYLE. New experiments physico-mechanical , touc/iing the sprin/; 0/ the air, and its effects ; mode, Jor the most part , in a «fu» pneumatical engine , etc. Lo sperimento , che risguarda 1' accension della polvere nel vuoto, è il XIV, e si trova a pag. ii voi. I delle .opere, Londra 1744, 5 voi., folio. Quest'opera del Bojle era venuta alla luce la prima volta nel 1660 , Oxford , in 8.° Tracts , containing nav experiments , touching the relation betivixt Jliime and air , and atout explosions , eie. Qucst' opera del Boyle fu pubblicala la prima volta nel 1672 , Londra , in 8,* - i DEL d'Antoni. 5^5^ I . . . .-il/ Le sperienze', che rispjardano il noàlro ogRctlo, sono le icgoenti : A pag. x5i , tomo IH dell' opere in foglio. Tit. 1, Exper. V. About an endeat'our lo ^fìre fiun-potvder in vacuo wilh the sun-beams. A pag. a52. Exper, l'I. Aa attempi to fire gun-ponder in i-acuo by meani qf a liot iron. Ivi. Exper. VII. Recitinf' another way, whereby the Jirmg of gifn-potvdtr in facuo Boyliano was attempted. . i" A pag. 253. Exper. Vili. About a trial mode io fire gun-pàivder in our vacuum by the heìp of sparks. A pap. aSg. Tit. HI, Exper. III. A slrange' experiment upon gun-potvder, sheivinp; that though ft were firèd itseìf, yet it ivould not Jtre the_ conti- guous grains in vacuo Boyliano. A pag. 260. Exper. IV. Relaling another attempi tho confirm theformer. Ivi. Exper, V. Brlejly mentionning t^vo different trials tvilh ttvo differing events to kindle gun-powder in our vacuum. Il NEWTON nella decima delle questioni che tengon dietro alla sua Ottica , ha fallo luogo ad alcuni pensieri intorno all' accendersi ed allo scoppiar della polvere. Quella parte dell' opera è venuta alla luce , se non erro, nel 1704. Possono pure aggiungersi a questo elenco tre lavori inedili , de' quali si è g!i\ rifeiilo il lilolo nella vita dei D'Antoni , uno cioè del J745 citato alla pag. 307, e due del 1785, citali alla pag. 336. ' iNpicE dinge;(^p?e;iii,, e, H'artiglieri, o di scrillorì di fortificazione , à' artìf^licria , di halistica , e di teoria e pratica della polvere da fuoco , de' quali si Ja menzione nella vita del D'Antoni , e nelle giunte alla medesima. Il precedente elenco essendo conapilato per ordi^it^,c(onu}iJRJfOy CiparenJp perciò necessario d'aggiungervi un indice all'abelito, si è creduto die questo riuscirebbe meno inutile alla bibliografia e al|a storia dell'arte, se non si litnitasse ni st^Jj)^ Wenw, mì( cpuipreu(3esse altri nomi, di ckii si trova notizia o cenno nella , fi'/iJ del U'Antpui,, o nel catahgo che alla medesima si ò aggiunto. Achari^ 56gi. Anonimi 3o6. Zo'j, Zlfi. 349. 354- 355. 3C4. Ai%toni V. D,'^fj(j)n^, . Aiisjria^^y.^Cotra^i.i Bacone Roggero 358. J'iatni 3% J70. Bafiinlt^Zì.7^. liec/ter^.ZCQ. lie.lidor 364- ISenti^'o filili V. Cesili. Beril 35S. Bernoulli 364- Seriola Antonio avvocato , 3o3. Bertela conte Giuseppe Ignazio, fi- gliuolo adot'.ivo di Antonio, 287. 3o3. 3 II. Bertnla conte d'Essiglie, figlio di Giuseppe Ignazio, 3o3. Bifiot de Morogues 36j. 366. Birago conte di Borsaro 334. Birìngurcio 359. Blovetti 353. Bl-ondcl 3o5. Bojda .3o6. Borgaro V. Birago. hufrcf, 2C/5.. Bfìfle 3o,i. 3»i. 322. 064. 37».. 373. Bpfzolinq, Andrea 3oi. 3o4.. 3o5. 3o6. 356. 36 1. 362. Bozzolinn Ignazio Andrea 292. 355. Dmslah, 37 {, Btoi-ardi 3Gi8. Butef w DebuleU Canova 335. 34'. Casali -Bentivi'glio-Paleotti 365. 067. 368. Castellai/ieri 3o5. Casleh-ecchio V. Ricca. Cassini 3o5. Chci-alier 060. Coìeman Z'jo, Corradi d'Austria 3o4. 36o. 36i. CruiUshank 371. Cusset de Mont-Vxozard 347. 353. 354- V Anioni Alessandro Vittorio, v. )« vita e le giunte. D'Antoni Giampielro i83. IV Austria V. Corradi. Dat'iet de Foncenex v. Foncenex. Debutet 3i8. 34i. 368. Delanf^es 333. D'Embser v. Embser. De Nicola V. Nicola. De' Vincenti 286. 287. 3l2. 3l3. 3l6. 334. 3C6. Du Ilamel 366. Du Mt' 36o. Dupuy 363j ■ 1 - i<:/rùA 3o5. Emanuele Filiberto 3o2. Embser 287. Essifilie V. Bertola. Eulero 362. 3G4. Ferdinando II gr.Tnduca SSgi 56o. Ferrerò- Ponziglione 3t4. 3l5. 366. Flafigny 348. Foncenex 342. Gabaleiine conte i/i 36o. 376. P/cJet 35o. 35i. P/necchio 342> Robiìante V. JSicolis. M-oliins 193. 3oj. 3o4. 3o6. 3i3. 3 14. 3Ì9-3z4. 316-329. 348. 349. 36o. 362. 363. 364. Ronzini Jiy. 368. Rosselli 3q2. 3o3. Roy V. Le Roy. Rumjord v. Thomson. Sdint-Auban 598. 333. 35l-353. 356. Sainl-Remy v. Surirey. Salimbeni 333. 34i. Saìmour v. Gahaìeone, Saluzzo V. huJoi'ico. Saluzzo 293. 319-321.357. 363.365-367. San^iorgio 371. Silnyarlz 358. Sorietà reale ili Londra 364. Spreti 348. Surirey de Sainl-Remy 3o4. ■ Tagliazucchi 288. 345- 346. Tarlafilia 3o2. 3o5. 358. TempeììwJ 2^3. 333. 34?. 348. 367. 369. Thomson coule di Rumjord 348. 349. 364. 370. T/gno/o 289. 291. 345. 346. 353. 354. Torricelli Jo5. Trembley 364. Vffano 3o5. r'fln(/f/// 364. 365.. T'annoccio v. hiringuccio. T''incenfi v. De-Vintenli. Wilson 362-364. Alla pag. 2835/ i supposto erroneamente , che il D'Antoni do un suo cugino abbia polulo prendere esempio, intraprendendo la carriera militare. Il vero ?, t/ie Giuseppe Antonio fu meno anziano di Alessandro Vittorio. Pag. 283 Un. 290 296 337 35» 36o 4 IIC>E. ?C,^ carattere probo e di buona fede. Ora, ciò posto, chi oserà negargliela rispetto ad un fatto eh" egli attesta , cioè di aver veduto cogli occhi proprj ed esaminato gli infagli in legno che ci descrive? Difalti non gliela nega il mentovato signor De-Murr , tuttoché anch' egli Tedesco, e perciò naturalmente impegnato a sostenerle glorie della propria Nazione. Che anzi biasima aperta- mente i' Heineken per aver travisato questo fatto curioso, cora'ei lo chiama, e notabile; per aver sostituito il Pon- tefice Urbano* al Pontefice Onorio, e per aver detto, che nell'anno 1720 il Papillon non poteva avere discerni- mento sufficiente per esaminar il libro d'intagli in legno di cui ragiona, essendo in età di soli quattordici anni; quandoché il De-Muhr mostra , che ne avea per lo meno ventiuno, essendo nato nell'anno iGg8. Ad ogni modo la scoperta del Papillon dà maggior peso alla interpre- tazione del passo di Plinio sopracitato recata dal Bianconi; ed il passo di Plinio rende vieppiù credibile il racconta del Papillon. * » Je ne sais pas pourquoi M.' de Hei?logna,ei) altri. DI CIANFRANCESCO GALEANI NAIPIONE. /j.ù3 Continuarono adunque sino al Tempesta gli Intaglia- tori di professione, ed i Pittori più particolarmente, a lavorare con eleganza intaglj di stampe in legno. Alberto Durerò vedendo con quanta lunghezza di tempo inta- gliava in rame, si pose ad intagliare in legno, nel qual modo di fare, dice il Vasari, coloro che hanno maggior disegno, hanno piìi largo campo di mostrare la loro perfezione ; e segue a dire il Vasari , che Marco An- mj,'" TONIO contraiece in rame d intaglio grosso com era m Tomu.p. -r cdii.diRomadcl legno, la rassioue che avea intagliato Alberto. 11 oig. Botati: vasari E- 43j 4o4 ORIGINE DELLE STAMPE IN LEGNO ED IN RAME , e stampata iu Lione per Giovanui di Tornes aell'anno iSSg. Picciolissime uè souo le figure , essendo la forma del libro in duodecimo, e non occupando che un terzo circa della facciata ; le figure ottimamente disegnate , ma incise in legno, riputandosi allora in nulla discnuve- uiente lo adoperar l'intaglio in legno in opera galante, e dedicata ad ima gran Signora. Quello che è più nota- bile si è che in legno sono paiimente la maggior parte delle figure annesse alle Opere degli Architetti del i5oo, sebbene, quando trattasi di misure, numeri, e lettere sembrar debba , che il rame sia più adattato. L' Ar- chitettura del celebre Leon Battista Alberti, stampata dal Torrentino in Mondovì nell'anno i565, è adorna di molti bellissimi intaglj iu legno. Cosi praticò lo stesso elegantissimo Palladio nella sua Architettura che si stampò la prima volta compita celi' anno 1670, ed anche a questi uenina Bill, ultimi Icmpi il nostro Abate Denina mostrò di deside- t>. IH, Cap. Ili, ^ p. 295. rare, che non si lasciasse negletta l'Arte d'intagliar in legno , affinchè non si avesse a duplicar la spesa della edizicrtie dovunque si stimi necessario d' inserir figure per dare maggior chiarezza alla materia, di cui si tratta nel libro. ÌL.i 4ofi LA LUNA ABITATA. EGLOGA DI GASPARE MORARDO. LctU li 4 pratile anno 12. Uranio, Osminio, Dorilo. Uranio. De 'uNQUE Strano vi sembra ed incredibile, Che sia la Luna ai campi nostri inutile, E persisfete ancora che discendano Da lei benigni influssi a render fertile Il nostro suolo ? Oh quanto Osminio e Dorilo Siete mai stolli! OSiMINIO. Io ben conosco. Uranio, II tuo saper , e troppo temerario Sarei per certo, se nodrissi in animo Voglia di teco contrastar. Ti cedono Gli altri Pastor nel canto, come cedono AUi canori cigni i rochi paperi , ^06^ LA LUNA ABITATA, O all'ussignuol la rondinella stridula. Ma questo è poco: la tua mente estendesi Di queste selve oltre gli angusti limiti, E col pensier penetra i più reconditi Arcani di natura agli altri incogniti. Ond' è , che come da verace oracolo Tutti i Pastor dalla tua bocca pendono. Qualor ne spieghi del Pianeta fervido L' occulta forza e le cagioni vai-ie , Per cui la Luna con aspetto ambiguo Sempre ci miri; ed or le corna lucide Innalzi , ora scemar di luce , or crescere Si vegga , o resti avvolta in fosche tenebre ; E tutto ciò che suole in ciel succedere. Dorilo. Anch' io fórse saprei dell'aurea cetera Scorrer con dotta man le fila unisone , E trarne melodia soave insolita, Sdegnando il suono della rozza fistula. Forse degli astri e de' pianeti i varj Moti anch'io spiegherei, se come Uranio Tanti lidi strattier potessi scorrere, E dalli Saggi nuove cose apprendere: Che meco avara di sublime ingenio La natura non fu. di gaspare morabdo. /^0!j Uranio. Piuttosto, o Dorilo, Ringrazia il ciel , che dalle selve pafrie Nod partisti giammai. Me strana voglia In queir età , quando più 1' uom vaneggia , Trasse lontan da questo placidissimo Nostro soggiorno. Quanti io vidi incògniti Lidi , e nuovi costumi , e nuòvi popoli, Lungo fora il ridir: fin tra filosofi M' introdussi talor , e di scientifiche Notizie ricolmai la mente docile Con molto studio , e lunga esperienzia. Ma poiché insieme con l'^tà* più fervida Mancò la speme lusinghiera , a prendere Cominciai le cittadi in abbominio, Che in ogni loco nere fi-odi e invidie Regnar io vidi. AUor conobbi ( ahi misero ! ) Il ben che avea perduto , e stanco e sazio D' andar più errando al mio natio tugurio Disposi tostamente i passi volgere. Ove da ciechi alletti esente e libero Or meno i giorni più tranquilli e placidi In sen d'amica pace. Ma a che tessermi Si lungo elogio , Osmin ? Con lodi insolite Vuoi farmi insuperbir. 4o8 LA LUNA ABITATA, OSMINIO. Vo' farti intendere Che r alto tuo sapere ammiro e venero , Ne posso teco in modo alcun contendere ; Ma che sia poi la Luna affatto inutile A' nostri ■ campi . . . Oh questo poi, perdonami, Strano mi sembra , e non saprei risolvermi A prestar fede a' detti tuoi. Contraria E affatto al tuo pensar la venerabile Autorità de' vecchi, i quai lasciai-ono A noi queste certissime notizie , Onde il terreno coltivar sapessimo, E a tempo seminar. Dorilo. In fatti Titiro, Quello fra noi sì rinomato Titiro , Che già cantò qual cosa i campi fertili Renda, e in qual tempo il suolo arar si deggia, E agli olmi maritar le viti, e accrescere Gli armenti, e come conservar si possano, E quanta esperienza, e qual sollecita Cura le industriose api richiedano. Vuole egli pur, che della Luna i varii Giorni la terra in coltivar si osservino. Altri essendo funesti ed altri prosperi. DI GASPARE MORARDO. /fOg Uranio. So che Tlliio il dice : ma infallibili Fuioa forse gli antichi, e quanto dissero Si deve forse incautamente credere? Dissero pur gli antichi, e il disse Titiro Stesso, che dai Tori uccisi e fracidi Nascono l'api: cppur quest' è una favola A tutti nota. Oh quanto s' ingannarono Gli antichi, or troppo incauti, or troppo creduli! E ver che molte cose essi scoprirono: E lor grado sappiam che ci spianarono Primi il sentier così spinoso ed arduo , Che ne guida al saper. Ma non si possono In una sola età tutti comprendere Gli arcani di natura innumerabili A umana mente ascosi. In ogni secolo Si fan nuove scoperte; e i nostri posteri Quante trarran dalle profonde tenebre Belle notizie a' nostri giorni incognite ? OSMINIO. Eppur, se ben io mi ricordo. Uranio, Qualor del flusso e del riflusso equoreo L' alta cagion spiegavi nell' Arcadia , Dal Sole e dalla Luna il gran fenomeno Insegnavi doversi sol ripetere. Che se nell'acque, molto piia nell'aere 52 4 IO LA LUNA ABITATA, DI quelle più leggier, e Febo e Ci'uzla Produr potranno effetti nuovi insoliti, Che per le piante tutte e belve ed uomini Or benigni saranno, ora malefici. Uranio. Dalle alterazioni che nell' aere Come nel mar in modi inalterabili Dalla forza centrale si producono , Ne segue , che tra il Sole ed il terracqueo , E il lunar globo avvi una forza mutua , Ond'a vicenda ognor tutti s'attraggono: E quest' attrazion certi fenomeni Negli animali e in tutti i vegetabili Dee cagionar sempre costanti e simili. Ma l'azion lunare troppo estendono Sulle terrestri piante i nostri agricoli. In qua' giorni che infesti essi declamano, Io seminai, piantai, ed abbondevole N'ebbi il raccolto, mentr'essi con scrupolo Della Luna osservando fasi varie, Un pari atteso frutto non ne trassero *. * Come nel mare, così l'influenza della luna nella terrestre atmosfera ella è certissima. Quindi è pur certo che le atmosferiche alterazioni della mutua attrazione de' due globi caj^ionate aver possono qualche influenza nell'economia animale, e nella vegetazione. Pretende Mead Medico Inglese, cjie la luna influisca moltissimo nelle DI GASPARE MORAHDO. iij.ll Ma per non più tenervi a bada , e sciogliere I dubbj vostri in modo chiaro e facile Ambi porgete attenti a me V orecchie. Se io vi dirò che dalle nostre pratora , malattie. Le di lui osservazioni però né sono costanti , uè da altri valenti fisici conrermale. Il celebre signor ToALno nella sua meterologia oppìicata all' afiricollura , soslienn pure l' influsso lunare sulle piante; ma le prove di questo chiarissimo osservatore non sono certamente altrettante dimostrazioni. Le replicate esperienze del nostro chiarissimo Vassalli -Eandi sull'insa- lata e le mie stesse tentale su varie pianticelle dimostrano la nulla • o poca ellìcaoia del luuare influsso. lu ogni giorno delia luna seminò quel degno nostro Collega l'insalata, che a pertinace opinione de' nostri ortolani si è una di quelle piante, che del preteso influsso lunare più si risentono. Ma non avendo egli giammai trovata la minima difl'erenza, eccetto -quella (Iella varia età, giustamente couchiuse esser nullo in tal genere il lunare influsso. L'esperienze del signor Vassalli- E andi io ho ripetute su varie altre pianticelle, come di pielrosemolo, basilico, maggiorana, fagiuoli , piselli, ec. e avendone appunto sparsi i semi ne" preparali vasi in qtte' giorni , che da' nostri ortolani sono interdetti, ne vennero le pianticelle prospere, e rigogliose al pari di quelle , le quali furono esaltamente coltivate secondo le regole più scrupolose degli ortolani. Le stesse esperienze io feci intorno ad una pianta di maggior fusto, quale il fico. Recatomi in Oneglia sul principio di brumajo \ anno 9 volli meco nel ritorno in Torino trasportarne due teneri ramoscelli; ed il mio conta- dino dopo avermeli preparali nella vigilia della mia partenza mi diede il pressante ricordo di piantarli nel novilunio, soggiungendo che allrimeirti sa- rebbero periti. Io però ridendomi del contadinesco pregiudizio . d'uno di que' ramoscelli ne volli a bello studio differire la piantagione al terzo quarto della luna . dopo aver piantato l'altro secondo il prescritto dal con- tadino : e questo tuttoché con la slessa esattezza da me coltivato prosperò con minor felicità. Da tutto ciò si dee dedurre che qualunque siasi l'influsso lunare sulle piante, in niun conto se gli dee dare quell'estensione che comu- nemente si vuole dai nostri carapaguuoli. /j.12 I-.A LUNA ABITATA, Da' nostri fiumi e bos(;hi ancoi* discendano Fecondi influssi nella Luna, a ridere Vi moverei: non e così? OSMINIO. Certissimo, E olii dal riso trattener potrebbesi Ascoltando tai cose ? Uranio. Eppure simile, E per la Luna, e per la terra det)besi Dir la ragion. E se da quella vengono Influssi il nostro suolo a render fertile , Il nostro suolo ancor dovria trasmetterli Nella Luna egualmente. Dorilo. E come intendere Si può mai questo: e perchè vicendevole Esser deve l' influsso ? Uranio. Perchè slmile La Luna in tutto è a questa terra: e sorgono Ivi alti monti: ivi son prati; e scorrono E fiumi e rivi : ivi frondeggian gli alberi. E come qui fra noi , innumerabili DI GASPARE MORARDO. ^.iS Abitatori nella Lima vivono. In somma un altro mondo in lei racchiudesi Simile al nostro, sebben di circuito Sia quel globo del nostro assai più piccolo. Dorilo. Dunque la Luna è un mondo , e in lei si trovano Mari, fiumi, campagne, e selve, ed alberi, E abitafor, come qui in terra! oh capperi! Che bella cosa? Ma rispondi, Uranio, Gli abitator che nella Luua vivono, Senza dubbio, saran tutti lunatici. Uranio. Sì, come vuoi .... OSMINIO. .... Eh ! queste belle frottole , Uranio mio, valle a contare ai bamboli: E fede acquisterai. Io cosi facile Non sono a creder fole, e so discernere Dal nero il bianco, e dal cipresso il frassino. Tempo già fu, che nell'età più tenera. Quando io col capro misurar solcami, E il capro era maggiore, allor rammentomi Che in qualche notte più serena e placida, Quando la Luna in ciel splcndea pienissima. La madre dolcemente a se chiamandomi , 414 LA LUNA ABITATA, E alzando verso il ciel Ja man, dlcearai: Vedi la Luna , Osmin. Mira quel vecchio Pastor, che là cammina: allento osservalo: Ve' quel cesto di frutti, ond' egli è carico. Ella così dicea, ridendo: io semplice Credeva allor, che il ver dicesse, ed avido De' frutti , col peusier verso quel lucido Globo spesso mi alzava, e intento d'aria Sol si pasceva il mio desir famelico: Or non son più così. Di già svanirono Dalla mia mente i folli pregiudizi Di fanciullesca età. Piuttosto a Dorilo Puoi vender queste fole : egli più docile Forse ti crederà. Dorilo. .... SeBben più giovane Io sia di te, non son però si stupido Da trangugiar cose cotanto stranie; E ben potresti, sin che il Sol nell'equore S' immerga , sempre cicalare , Uranio ; Ma indarno affé, tu non potrai convincermi. Uranio. Pur mi lusingo che non fia difficile A convincervi entrambi. In tal materia Prima pensate che non dee già credersi Vero sol ciò che a' nostri occhi presentasi: DI GASPARE MORARDO. ^ì5 Ma molte cose ancor che non si vedano, 0 non si poa veder, fa d'uopo crederle, Quando il dimostra la ragion. Se sciogliere Le penne al ciel , come gli augei , potessimo , 1 nuovi abitatori allor vedrebbonsi , E sariati sciolti tutti i nostri dubbj. Ma perchè fin lassù non si può giungere, Perchè non li vediam , pare una favola Ciò , che per altro è troppo verisimile. Infatti, se come testé diceavi Alla terra abitata in tutto è simile La Luna , non vi dee certo sorprendere Che anch' essa conti abitatori e popoli. OSMINIO. E questa somiglianza, eh' è falsìssima, La Luna è un corpo tutto acceso e lucido, Che può qual face rischiarar le tenebre; Ma la terra non già. Uranio. .... Sempre appariscono Qualor divise son da lungo spazio Le cose agli occhi nostri assai dissimili. Il chiaror della Luna egli è un riverbero De rai di Febo , quando alle lunatiche Genti ne porta il giorno; e se scorgessimo 4l6 LA LUNA ABITATA, Dalla Luna la terra, ardente e lucida Ne apparirebbe anch' essa. Dorilo. .... Il dirlo è facile : Ma a capirsi non già. Uranio. .... Vedesti, o Dorilo, Mai' da lontano alcun borgo o villaggio A dinotare qualche festa insolita Di notte illuminato ? in quelle tenebre , Senza poter oggetto alcun discernere , Avrai veduto fiammeggiare e splendere Come un gran corpo senza forma ed ordine. Tal è la Luna appunto: in lei riflettono Stesi per l' ineguale superficie I rai del Sole, e ripercossi scendono Gli occhi nostri a ferir, e ci presentano Un luminoso globo. Invan distinguere Vorresti poi le selvQ, i prati e gli alberi, Le valli e i monti in quello lontanissimo Orbe disposti: benché qualche indizio Porger ne ponno le diverse macchie Del lunare emisfero, in cui si veggono Altre parti men chiare, altre più lucide. Altre increspate, e in certa guisa tremole. Questi son monti, e valli, e mari, e rivoli, DI GASPARE MORABDO. 417 Che della luce i corpicciuoli e gli atomi Battendo in su la scabra superficie Di dure selci, o d' alte rupi asprissime, Con impeto maggior quindi risaltano, Ol'frcndo alle pupille un vivacissimo Aureo fulgore, ma se poi s'intrudono In cupe valli, o in luoghi oscuri e vacui, Non ribalzano indieti-o, e non cagionano Che dcbol luce, ma suiroride mobili Fanno diversi effetti, e a noi tramandano Un lume incerto, come allor che cadono I bei raggi di Cinzia in seno a Tetide Risplcude il mar di vago lume e tremolo. OSMINIO. Or via, facciara che nella Luna siano E terre, e fiumi; non potrai. già sciogliere Un certo dubbio, che or mi nasce in animo. Mentre spiegavi un di, come sei solito, Della pioggia , del gelo e della grandine Alli pastor la sconosciuta origine , Mi sovvien che dicesti esser le nuvole Certi vapor sottili ed invisibili , Che dai fiumi, dal mar, dai prati n'escono, E ia folte nubi poi nel ciel si addensano. 53 4l8 LA LUNA ABITATA, Uranio. Tu dici il ver. Ma che han die far le nuvole Con gli abitaati del mondo lunatico^ OSMINIO. Or lo vedrai. Se nella Luna fossei'o Campagne, e mari, fiumi, uscir dovriano Anche lassù vapori , e alzarsi in aria , E condensarsi poscia in folte nuvole. Quindi anche a del seren spesso vedrebbesi Cangiar d'aspetto la lunare immagine, O varie almeno comparir le macchie ; Ria queste sempr' eguali in lei si scorgono, E slan ne' luoghi stessi ognora immobili. Dunque nubi lassù mai non si veggono. Or se le nubi dai vapor si formano , Dunque là non vi sou campagne e pratora, E mari, e fiumi, che i vapor tramandino. Oppure son di tal natura insolita , Che vapori dal sen mai non esalano , li che per certo sembrami impossibile. Uranio. tv/i. ì iiU. . .Eppur non è si stranio, Come tu pensi. Alcuni già sii viderès otldoii'' A' nostri di su glòbo 1 areostaticojia luy.ì 'ifAuuV Volar da un luogo all' altioy e "un lungo iapazio Correr d' aria , volando. Or si comincia A poco a poco a viaggiar per aria, .. .. Come si cominciò ne' prischi secoli r,,-i! i;,/ Per r onde a viaggiar. Con legno fragile Prima solcaro il niàr vicino al litore , Poscia più s' innollraro : indi costrussera Robuste navi , e per l' immenso Oceano Animosi correndo , alfin ne giunsero AUi rimoti sconosciuti antipodi , E scoprir nuovi lidi e nuovi popoli , Che un tempo si credevano impossibili. Tu il primo fosti che il viaggio insolito Tentasti, o gran Colombo, illustre figlio Del Monferrino sUolo, e il nostro Cuccaro* (.!. .. . * Dal nostro collega Nappiome fu dimoslralo ad evidenza essere Cuc- care la vera patria di Cristoforo Colombo nella sua dotta ed erudita disser- tazione su questo soggetto. DI GASPARE MORARDO. 426 Che la tua culla fu, per tutti i secoli Audrà superbo giustaoicule e celebre 'Hi viucitor del procelloso Oceano Ardisti oltrepassar le mete d'Ercole, E del tuo lungo corso il mondo incognito Fu la mercede, e il i'ortunalo termine, E perchè un giorno non potrà succedere Che resi nel volar più esperti e pratici Gli abitatori della terra arrivino, Come già a quelle dell' ignota America , Alle spiagge lunari. Dorilo. .... In ver probabile Col tuo parlar fai comparire, o Uranio, Le cose ancor piià strane ed incredibili. O s M 1 N I o. Ma già s' asconde il giorno , e già risplendere Si scorge da quel monte il raggio candido Del gran mondo lunare. Or io m'immagino Di veder ivi i curiosi popoli. Che del nostro parlar diletto prendano. 54 42c la luna abitata. Uranio. Noi pur potremo a nostro beneplacito Di lor parlare. Or fia miglior consiglio Il ricondurci al nostro umii tugurio A ristorar col sonno i lumi languidi. Forse dormendo voleremo in aria, E vedrem della Luna i nuovi popoli. Sol può farsi dormendo un tal viaggio. 427 LA MORTE DI D ES AIX OSSIA LA GIORNATA DI MARENGO POEMETT O DI VINCENZO MARENGO. Letta li ]8 piovoso anno i3. (5tavan le squadre a fronte, e torvo Marte Dal ciel guatando ai corridor die spinta, Che la ferrea quadriga in larghe ruote Tra crebri lampi di sanguinea luce Del Tanaro jx)sar sul manco lido. Dlscoiclia allor della viperea sferza Fischiar lo scoppio, e del pugnar fé' cenno. Quindi Melasso di recenti palme Superbo in cuor colla. Germanie' Oste, Quindi sceso dal ciel , piucchè dall' alpi , Sola speme d' Italia , il Franco Achille Prescrivean della pugna i modi e l'arte. Quel dubbio in atto, ed a serbar l'antica, Piucch'a cercar novella gloria inteso, L' impeto ostile , e a sostener la zuffa 4^8 LA MORTE DI DESAIX EC, Pensa piucch' altro; di'viltoiia al vanto Aspira il Franco, penetrar le schiere, Rovesciarle, atterrarle, e lor di scampo Chiuder la via nel suo pcnsier divisa, E previen colla speme il pien trionfo. Posti gli ordini tutti, ecco ad un tratto Per tre foci nel pian contro le Franche Sboccan l' Austre Colonne , e 1' una all' altra Serve ristretta di sostegno e base. Pari ordinanza il Duce Franco, oppone Al Guerriero dell' Istro, e fermo al piano Le nemiche falangi avido aspetta. Giù dispar la distanza, e quinci e quindi Misto il Franco al German tinge a vicenda L' aride glebe ed a vermiglio i campi. Al fragor delle trombe, al tuon de' bronzi, Al nitrir de' cavalli, al calpestio Delle zampe sonanti, e cielo e terra Sembran crollare, e vacillar dell'urto. Chi dello scontro procelloso i casi Ridir potrebbe, onde l'Austriaca possa, E il Gallico valor vennero a fronte? . A mille intanto dall' opposta rocca Spinte, volar da' cavi bronzi all'aure Vedi le morti; ma timor non cape Entro i Gallici petti, e fermo il Duce Sovrasta a tutti , è tra i perigli esulta. Già con varia fortuna al manco lato DI VIN'CENZO MABENCO. 1^2^ Combattevano i Franclii, e immensa piena Dell' Austriache falangi il mezzo ingrossa Sempre al centro rivolta, onde il nemico Svolger di fianco; in quella guisa appunto Che del lago Lemanno allor eh' incalza Da tergo i flutti procelloso turbo, Rompe il Rodano i lidi, o dal Verbano Gonfio il Ticin di soverchiar minaccia Precipitando al pian gl'Insubri campi; Cosi al numero immenso , all' urto al pondo Della congiunta massa all'un de' fianchi Sono astrette a piegar le Franche schiere, E d' obbliqua ordinanza a prender forma , Per dar campo alla foga onde trabocca Per triplice torrente il Cer nemico. Ma stan gli ordin connessi , e palmo a palmo Si contende il terren sempre di fronte , E si vieta pel mezzo all' oste il varco. Per r alto intanto sull' instabil ruota Volteggiava Fortuna , e agi' uni e agli altri Godea porgere il cria pendente e prono, E sottrarlo a capriccio , e de' guerrieri Le speranze e 'l timor prendere a scherno. Già più volte avanzando , ed or cedendo Il Francese o 1 German corre e discorre Quanto si sfende il sanguinoso campo. Come opposti sul mar turbin di vento, Menano a fronte due marèe sonanti, 400 Che di flusso e riflusso orribilmente Summovono a vicenda il piano ondoso. Cozzano i flutti , e l' un 1' altro cavalca , Crolla da lunge, e ne rimbomba il lido. Ma la vittoria, che fedele al fianco Veglia ognor dell'Eroe, sua dolce cura, Che delle pugne al par conta i trofei , Adocchiò la proterva, e'I crin pendente Colla destra afferrato, al sanguinoso Asse fervente del suo «arto avvolse , E a seguirla costrinse a suo dispetto : Allor nuovo pensiero al Franco Duce Spira nel cuore, onde a se chiami il fido Intrepido Desè così parlando : A triari la pugna ecco è ridotta , E con tutte le forze ia tra congiunte, Calda per ogni lato arde la zuffa , Stanno a stento in bilancia i fianchi oppressi, Drizza Tu la tua schiera all' ostil centro. Romperlo a forza , penetrar nel mezzo , Rovesciar su di lor l'ali divise E il sol mezzo di scampo e di vittoria. Mentre all'urto n'andrai, tutte a seconda Io drizzerò le ricomposte schiere. Disse, e'I prode Guerrier come da macchia Si scaverna leon, cui lunga fame Spinge mandra a investir eh' ingombra il piano , Muove all' urto i suoi prodi ; al duro scoatrj? DI VINCENiO MARENGO. i\?) \ Sono i primi travolti iu sui secondi, E rimbalzano questi in sui sezzai Sopra mucc'lu d' estinti e semivivi S' alza ed innoltra il condottiero , e s'apre Varco su varco e vincitor sovrasta; Segue il suo Duce la fremente schiera Per la via che il valor segna e dischiude, Pie con piede scontrando , e brando a brando ; Già son gli ordin scomposti, e piega e cede, E spalancasi il centro, e qua e là Si rovescian le file, un mar di sangue Scorre ed inonda il combattuto campo. Già più pugna non è tra gli Austri e Franchi , Ma strage orrenda e disperata fuga, Già plaudendo Vittoria al franco Eroe Lo circonda coli' ali, e cala il serto; Quando nel sen della Vittoria istessa Da mortifero colpo il cuor trafitto, Ahi eh' il prode Campion cadde improvviso. Cadde TEroe, ma nel cader travolve Seco l'Austra baldanza, e a' suoi di scampo E la sua morte invidiabil pegno. Lui le Ninfe del Tanaro cadente Lacrimar sospirose, e '1 crin disciolte Diero lungo ululato intorno ai lidi; Eco fccer dell' Istro , e del bicorne Reno , della Mosella , e sin dd Nilo Le rimote germane al lor lamento; k 4^2 LA MORTE DI DESAIX EC. , Lui non seuza pietà mirò dal carro Marte superbo; dal ferale aspetto Torse il guardo, e die volta in ver l'Olimpo, Il suo nome a portar di gloria al Tempio. Oh destra invitta ! oh valor prisco! oh quanto Dovrà lutto coprir le tue contrade , Francia, allor che del gelido feretro La feral pompa trapassar vedrai ! Troppo, ahi troppo superba, o Franca terra, Ita saresti del Campiou , che sólo Ti mostraro per poco i fati avari , Se piìi lunga carriera avea concessa ! Ei ch'in sì fresca età l'Asia e l'Europa Piene avea di sue gesta , e alla tua speme Per le vie della gloria alto crescea. Nuovo Scipio al terror d' altra Cartago * Già l'altera Albione al di lui nome Scoloriva il sembiante, e quando in cielo Fosse il punto maturo all'alta impresa, Che il Franco onor che 1' universo aspetta, Visto avrebbe tra' primi il giovin prode Del turbato Tamigi in sulle sponde La Franca inalberar temuta insegna, E da scogli nativi invan difeso. * E nota a tutti la franchezza, colla quale il Generale Desaix in iin convito diplomatico portò il brindesi seguente all' Ageute del Governo Britlauico; à la destruction de la nou>'ette Cartage. t)I VINCENZO MARENGO. 4^^ Cedergli il vaico il disloal Britanno. Invidiò 1 destia si nobil vanto ! Ma che? la morte è solo morte a quello, Ch' un punto al nulla, ed all' obblio conduce, Kè di se lascia fama appo la tomba, A quel non già, cui da virtulc eterno Durar nel mondo, e dell' onor sul campo Nasce a vita novella allor che muore. Ah sì , prode garzon , di te costante Fama vivrà nell' universo intero , Mentre premer col pie gli astri tu godi, E spaziar per le celesti sfere , Nullo avrà di te vanto acerba morte. Finché il padre Eridan , se non è vana La possanza de' carmi incontro a Lete, Finche la Senna al mar porferan l'onde; Finche l'Itale spiagge e 'I Franco suolo Saran d'ogni bell'arte asilo e nido, E il promesso dal ciel suprem.o vanto Terran- su quante il sol genti circonda. Mai non fia che sottragga ai dì futuri , O il tuo nome ricopra iuvid' obblio. 65 434 DEI TORSI SEGUSINI DISSERTAZIONE DI GIUSEPPE FRANCHI -PONT. Lslta ai i3 nevoso anno i3. J.L tempo , che non perdona alle moli più robuste, e sontuose , in compenso degli oltraggi , che va di con- tinuo facendo all' industria umana , ci restituisce una parte delle sue prede , e lascia talvolta comparir di Lei nuovo alla luce parte di ciò che sotto le rovine giace sepolto. I secoli scorsi diventano in questo modo mae- stri di quelli , che tengono dietro ; ed i monumenti an- tichi , nel mentre che destano utilmente la curiosità a contemplarli , ed eccitano 1' animo ad emularne la pei'- fezione , reprimono coUa eccellenza loro l'orgoglio de' vi- venti. Altronde poi gU studj di siffatti monumenti pare, che estendano l' esistenza nostra al di là dei termini dell' umana vita ; ci è avviso di vivere in più d' un' età , e crediamo , che men ci debba increscere la morte ove per noi tramandar si possa ai posteri una di quelle opere , per cui è in estimazione la memoria degli an- tenati. Questa felice continuità di vita intellettuale , i Dt GIUSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. I. ^3S nohill desideij , die in noi sorgono di perpetuarla , si destano specialmente alla vista degli avan/.I maestosi delle arti antiche. Nessuno dubita , che 1" eccellenza delle arti moderne , e la rapidità de' progressi , che fe- cero in Italia , in nìassima parte si debba alle poche reliquie , che s' andarono scoprendo delle antiche arti ; reliquie preziose , che furono il seme di tutto il buono, di tutto il hello , che si riprodusse dappoi. Ecco il mo^ tivo , per cui ad ogni animo gentile , e ad ogni collo ingegno, gradito, e soave riesca oltre misura lo studio dell' Antichità , e con tanto maggiore amore da lui più attentamente si considerino le produzioni veramente pre- gevoli delle beli' arti , quanto più sono vetuste. 1 due torsi di recente trovati in Susa , a voi , Accademici chia- rissimi , devono essere cari per queste ragioni. Voi piocuraste , che se ne ricavassero con esattezza i gessi, mentre stavano nelle sale della vostra Accademia piima che si tra,sportassero ad ornare il museo di Parigi: non {sgradirete pertanto, che intorno ad essi vi proponga le mie congetture * dirette ad illustrarle , ed a spar- gere se non altro qualche luce sulla patria Istoria nei tempi Romani. * L'Aiilore indirizzò la presente Diiserlazioiie alla Classe di LeUera- tiira , e Belle Arli nienlre era corrispondenle dell' Accademia. Fu poscia no- niiiuito membro dell' Accademia residente . nell' Aduuauza dei 23 Ventoso anno i3. '436 de' torsi segusini CAPO I. Torsi loricati dì marmo trovati in Susa : varie specie di Lioriche. Di bianchissimo marmo sono i Torsi delle due sta- tue colossali • trovati in Susa nel demolire le Go- tiche mura di quella Città , ed in poca distanza dall' Ar- co , che ad Augusto innalzò Marco Giulio Cozio. Man- cano della testa , delle braccia , delle gamljc , ma in- tere hanno le coscie , ed intatto mostrano il tronco co- perto di loriche , o corazze , fregiate di bassi rilievi maravigliosamente intagliati. Se il Torso detto di Bel~ vedere ^ c\\e si vuole rappresentasse Ercole , ma quando, Sciolto da tutte qiialitadi umane, divenne sopra il monte Aeta immortale , ebbe il vanto di chiamare a preferenza d' altri insigni monumenti * La grandezza loro è d'un lerzo circa maggiore della naUira. Non avendosi più gli originali non si può più asserire di qual marmo precisa- mente sia il materiale di essi. Il marmo dell' Arco è marmo bianco della contrada, delle cave, delle ora di Foresto , da un villaggio vicinissimo alla Città. Potevano essere le statue di qualche pezzo di quel marmo di grana più fina. Del rimanente non manca, nelle alpi vicine marmo bianco statua- rio finissimo , come si è quello detto ora di Pont , che gareggia di candore co' marmi di Luni , e di Faro. DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. I. 4-^7 dell' arti Greche 1" attenzione , e lo studio di Michel- An.itnr. mere che male assortite erano le nozze tra Mopso , e Nisa, dice che piuttosto farebbero insieme alleanza i griffi ed i cavalli. Mopso Nisa datur : quid non speremus amantes? Virg. ERlog. , . / . ' »., Yen. li. Jungentur jam gnpnes eqws., cvvocjue sequenti Cam cunibus timidi venient ad pocula damce. DI GIUSÈPPK FRANCm-PONT. GAP. IT. /j'j; Suppose fallino die la favola dei grifoni custodi PUn, hì»i.n«l ^ ^ *^ _ Ica.liiil fu Fidili. dell', oro, abitatori delle più cupe e recondite caverne ■««"■l'j^n^' <)• ■Il iiolcs cciiiijuet. abbia avuta un'origine dedotta dal vero. Altri ponsò cbe ^^'^!'/Jiib"-^\ i grifoni sieno stati conscgrati al sole ; pcrcliè l' oro è ',',7' /vflucnri chiamato sole dai Lhinnci , e cent altre cose si scrissero a questo proposito che non sono del nostro argomento, Basti qui il dire ch'ebbero i grifoni luogo tra i gero- glifici d'Egitto per indicare Osiride esprimenle la forza , e r attività del Sole quando si trova nella costellazione del leone. Pier Valeriano asserisce che nella favola Isiaca, da lui chiamata Bembìna^ perchè fu già del Cardinal Bembo, e che si potrebbe da noi chiamar Torinese, se dal nostro Museo non si fosse trasportata in Parigi , parecchi grifoni in varie forme incisi si vedono; ed accorda anch' egli il Valeriano, che sono simbolo d'Apollo, Hyeropiypij.iib! Per altro Si scolpirono talvolta sopra 1 sc2)olcri , e perciò »35. , LugrfuD. a Nemesi per avventura si dissero consegrati parimenti, quasi minacciassero di vendicare i turbatori de' sepolcri. Li veggiamo anche nel fregio de' templi come in quello d'Antonino e Faustina, e furono creduti anche sacri a Giove. Il cocchio d' Amore tirato da crifoni col corpo „ ^''^- GnaiiaM. o 1 Fonia antica voi. di cervo s'incontra in una pittura Ercolanese. i_, lav. m., pag, Comentandola i dotti Accademici d' Ercolano osser- vano che i giifli al Sole specialmente assegnati , ben potrebbero caratterizzare fanalogia tra Amore ed Apol- line, come Deità entrambe autrici della conservazione e ,.\.' Aniicbiii d Errtl. Punire ])i'opngazione del tutto. Claudiako rappresenta Febo visi- ^"xviii'. Roma tando i suoi altari assiso sopra un carro tirato da" grifoni. '^'*' '° *"■ 44^ de' torsi segusini ciaud. paneg. P/ktÒus odcst , et frenìs Gn'pJia jiigaìem Ouurit. Rhiph(Mo , repetens tv'ipodas , delorsit ah axe. Pio. cfem. t'om* Medaglie Greche, e Latine si hanno in gran numero, IV f e Iona. v. • • ' 'i * r -i • -i p3£'7.'9,w. in cm va unito il grifone al tripode, alla Ina, all'alloro, e ad altri Apollinei simholi; come pure anche a' simboli Dionisiaci perchè fu Bacco confuso spesse volte cor Ajjolline. Due Grifoni si vedono con il coipo e le zampe di leone , \ ali e la testa d' un' acjuila orecchiuta nel nostro marmo Secusino, l'uno posto a rincontro deh' altro in atto di cacciare il rostro dentro una coppa , la quale viene loro offerta da due vecchi, che posano un ginoc- chio a terra quasi compiendo religiosa cerimonia, mentre alzano la fronte loro verso le teste dei grifoni. Pare che s'esprima qui una libazione ad Apollo scolpito nella superior parte della lorica , avvegnaché le coppe che hanno in mano i due vecchi sembrino più proprie ai conviti che non ad uso di sagrificio , né per la forma loro si possono determinatamente assegnare ad una di SallnÀl^eÓn^ q^ielle tante ehe rammentansi da Ateneo, e da Macrobio; «»7"ix-' ' ■ o che s'incontrano in antichi monumenti. In abito Gal- lico sono i due vecchi, cornati, e bracati , e con lunga tunica doppiamente succinta. Portano in capo un ])ileo acuminato colla punta alcun poco rivolta verso la fionte alfuso detto Frigio, e Persiano, perchè se ne veggono coperte le immagini di Paride e de' Sacerdoti Mitriaci, ed anche di Mitra medesimo. Diedero peralti-o gli an^ SlKb. Ub. tv. DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. II. 449 tidii scultoii una (ale benella ai J)aibari d' ogni nazione^ ma ad indicare , che lo scultore espresse qui due Galli concorrono le ampie (inassi// di, o l>raclie; e la tunica con maniche le quali non arrivano alla metà delle braccia. Tal abito loi'o viene assegnato da Strabone. Servono di base ai grifoni , ed a' vecchi , e li tramezzano certi rabescali fcjgliami, ed uno stelo, che pare di fior di gra- nato, ossia balaustio dinotante, come osserva il dotto mu.oo, Pio- ViscoKTi, il cullo d"ApolUne, * i quali fogliami, mediante v.V""'"""i varj giri empiono il terzo campo della lorica, ossia, la regione del basso ventre terminata dalla cintura, o fascia metallica. Il fare servir di base alle figure foglie, e ra- muscelU tiene invero di quel gusto da Vitruvio biasimato ■a ragione, introdottosi in Roma poco innanzi de' suoi tempi, e da Lume pittore propagatosi nell'età d' Au- ^,,) "J"'- y;*"" gusto; ma fartefice de' nostri Torsi ò scusabile se l'adottò, giacché non poteva altrimenti forse trovare un partilo migliore per distribuire i suoi bassi-rilievi , ed occupar con leggiadria e leggerezza ogni vano senza confondere ed opprimere la composizione. * Una statua loiicala IpiiuI.t per uno rie' più pregevoli siiiuilarri loritali venula alla luce dallo siavu Gabinu , pel attiiUtiila a Cajo Caligola dal dolio VlsciijsTi , ha Ulta corazza ornala nel mezzo di nobile intaglio, cou animali cliimerici , leste d' eldauli , ed altri frcgj nei ppndnglj. Gli animali scolpiti nella corazza rassoinigllanti a due grilli sembrano indicare la prulezione di Apolli), o del Sole per l'Augusto rappresentalo, lauto più che secondo il precilalo ViSr;o.NTi , simbolo d'Apollo, o del Sole è ancora il candelabro che li tramezza. V. Mvnumenti Catini ileìla Villa Pinciona descritti da Ennio Quirino Viiconti. Roma 1797 in a.", lat'. 38, pag. ga. 57 45o dk' torsi segusini Ricco meno di figure è il Torso , che ho divisato appartenesse alla immagine d' un Eroe guerriero ; ma comunque ricco di meno, è del .paro pregevole, o ri- guardisi la finezza de' bassi-rilievi , od il loro significato. Per dare alla sua statua agilità maggiore l' artefice la volse alcun poco di fianco , e col halteo , o cingolo mi- litare , che le traversa il petto , restrinse lo sjjazio , che volle ornar di figure. Conveniente simbolo di chi spa- vento incute nei popoli con l' armi conquistatrici la faccia di Medusa sta fitta in mezzo , e sola campeggia sovra la lorica nella regiou del torace. Gli scultori Greci , che di rado , o non mai alteravano la regola- rità delle forme , quand' anche rappresentar dovessero gli oggetti più funesti , e terribili , s' imitarono dal no- stro artista , che la Gorgone ci offerse allo sguardo , non orrida , quale venne da' Poeti descritta , ma soltanto colle ciglie aggrottate, e con due serpentelli sotto del mento annodati. Una Pallade bellissima in jaiedi fra due giovinette danzatrici , che tutte posano sovra gentili rabeschi , formano l' intera composizione , da cui le parti rimanenti della lorica vengono occupate. L'abito della Dea è composto da due tuniche. L'esterna capricciosa- mente legata sotto il seno , le giunge dal sinisti-o lato sino al ginocchio , e giù dal dorso le discende sino ai talloni con pieghe bellissime sul fare del più antico stile Greco ; ma dal destro lato giungendole solamente alle reni. La sottoveste , o tunica interna le copre le gambe quasi intieramente , e stretta alla persona accusa DI GIUSEPPE FRANGHI-PONT. C.\P. II. 45 1 le forme del ginocchio , e della gamba in atto di muo- versi. * Tutle due le tuniche pajono di tela, o di jjanno sottilissimo , e sono prive di maniche , ma at- taccate per mezzo d' un bottone alle spalle , nude la- sciando le Jjraccia all'uso delle rigide Sparlane, uso adattalo convenienleinente all' austerilù della Dea. Gran- dioso è il panneggiamento dell' ampio peplo , che dall' o- mcro destro le scende sul fianco. Il petto è coperto dall' egida a squame , ma è l' egida sì molle , e pie- ghevole , che tutta serba 1' arrendevolezza della pelle di d'j n»' T»i 1 '•_ \"ei!. Sjcpì di'ti* a CUI trasse 1 origine. L. elmo ha per cimiero accki. tfrusci , 11, !• • 1 -1 Cormn. itnj. 8. una Civetta, che coli ah agitate scmljia muoversi al niss.r i.di m.» volo. Fu sacro a Palladc un tale augello , che vede an- «upta i Egid». che di notte, perchè e la prudenza, e la sapienza in Pallade simboleggiate riconoscono il vero , ove il volgo non trova che oscurità. Lo scudo , che imbracciasi dalla Dea non è rotondo come quelli , che diccansi or par- ma , or clipeo , ma ovale , ed amplissimo : ha il lembo estremo cerchiato di ferro, come usavasi da' Romani dopo che fu posto in uso da Camillo , qualor combattè contro i Galli. I^o stesso augello sacro alle notturne studiose vigilie efligiato nel cimiero , compare anche ^.., ^^^ ^^ nel bel mezzo dello scudo. Stringe Pallade colla destra r«^"v.''^ * I.a AFiiii'ivn nel ppsso r.ivalo dall' orl;;iiinlp iiiosira i piedi incrort Inali, allitudine roiisidi-rala dal WiyKi'LMANN ronip sin};olarc; ina che peiò sem- bra, rh' espiiina l'alio del danzare, iiuu isr.ouvenevole , essendo posta Ira due al Ire dauzaliicì. 4 Sa de' TORSI SEGUSINI mano alzata un dardo quasi voglia lanciarlo , alto con- sueto di lei , onde venne chiamata da taluno con vo- cabolo derivante dal verbo Gi-eco Sa^^wK , che significa lanciare. Non si può rilevare abbastanza la forma del dardo per essere forse corroso il marmo. Or chi saranno le giovani danzatrici, che fanno cor- teggio alla Diva , ed alto con bel garbo levando le braccia mostrano d' acclamare , e d' applaudire ? Due to- nachette senza maniche , la più lunga delle quali giun- ge loro al ginocchio, ne formano 1' abito lievissimo, che pare agitato dal vento , e lascia scoi-gere per tal mezzo gli eleganti contorni di quelle agili donzelle. Saranno BocoSadoèiib" ^^^°o P^i' avventura le Muse^ o le Grazie ? Queste no, *^" poiché sajjpiam da Pausania , che sino dai remotissimi tempi nude le Grazie si dipingcano. Neppure le Muse, poiché mancano degli attributi, che sogliono ad esse con- cedersi , e troppo diversamente sono abbigliate, quan- tuncjue abbian con esse di comune la corona di palme in Fornul. de na- r, i/*i' ^ i- "i* •• i tur. Deor. cap. irontc con Ic loglie , che s incrociccluano in cima , loro da FoRNUTO attj'ibuita , ed oltre ciò colle Muse anche comune il diletto di danzare. Saranno dunque le due Pindar.'oi.^"^" nostrc Gioviuctte le Ore, che si finsero figliuole di Gio- ve , e di Temide , e delle Grazie , e delle Muse , e delle Ninfe compagne. Il numero loro non fu determi- Pati«nias, in nato da Omero. Due se ne contavano nelle più antiche l^oriDtliiis Cloe -*■ hb. 11. Q^.^^ tre se ne numerarono coir andar del tempo, Eumo- vid. Hesjch. nia , Dice , ed Irene ; una sola ne riconobjjeio i primi Romani , e fu Ersilia moglie di Romolo , finalmente DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. II. /^^3 . TT 1 i~k Fnnim in fta%. Sino a quattro se ne rappresentarono. ii.rano le Ure Oviiiu. Mi-um. considerate come le Deità delle stagioni , e furono cre- dute governare 1' umana vita , provvederla del bisogne- vole , e prendersi cura de' piccioli fanciulli , e della educazione de' giovani. Ond' è , che Telesicrate Cirinco vien detto da Pindaro allevato in grembo dell' Ore t oh. 9. ed altri Poeti le fanno assistere a diverse nozze celebri dell'antichità unitamente alle Grazie, ed alle Parche. Pindaro nell' Ode fatta in lode di Senofonte Corinzio le diede per seguaci ad Apolline , di cui taluno le chia- mò figliuole. Nel nostro monumento le veggiamo con Pallade , Dea , che come Apolline presiede ali" educa- zione , agli studj , ed all' arti. Winkelmann rapporta due ;„"°''"°p*°i figure simili assai alle nostre , ed interpreta egli pure , '• "^' *'^' che rappresentino le Ore , ma solamente nel nostro marmo esse vanno in compagnia di Pallade. ' 11 se- * Anche il più volte lodato Visconti ne' suoi Monumenti della villa Pin- fiana espone due fipure somiglianti alle nostre , ed una terza siaiilmente coronata , ma cou abito diverso , che sta sonando il timpano , e che viene da esso creduta una Baccante Spartana , perchè lascia vedere ignuda una pran parte del corpo ; ed inclina quindi a credere, contro il parere del Wi^KELJiANN , che non le Ore, ma due Vergini Spartane danzanti Steno le precitate figure , Famose essendo presso i Poeti )e danze delle Vergini Lacedemoni sul monte Taigeto , e ricordando 1' istoria 1' uso , che quelle avevano di vestirsi di sola tunica, e il costume introdotto tra gli Spartani dopo la loro vittoria di Cheronea di portar corone di palma. Ma avvegnaché tale fosse l'abito delle Spartane donzelle, non sembra peraltro da rigettarsi del tutto l'opinione del WI(^KELMA^N, ed avrebbero mollo acconciamente gli artisti potuto render comune alle Ore 1' abito delle prefale Donzelle, come il più conveniente ad esprìmere la velocità delle Ore. Il vederle poi 4^4 i>e' torsi segusini vero disegno di questa vagamente conti-asta col disegno leggiadro di quelle , che in^Hfmno.^"''''" Una danza gentil muovono in ^iro , come le dipinge il supposto Orfeo in uno degl' inni suoi. Tanto in questo Torso , come nell altro , che mo- stra il carro del Sole , l'artista ha trattate con eleganza, e buon gusto non le sole parti principali, ma altresì gli accessori , ed i più minuti ornati lavorò con fini- tezza , ed eleganza impareggiabile. CAPO III. Dell epoca , e del lavoro delle statue , a cui apparte- nessero i Tortai Secusini : congetture intorno al sito , in cui J ossero collocate. Un'opera di tanto pregio, com' è. quella dei Torsi Se- cusini, manifesta l'epoca più felice, ch'abbiano avuto l'arti del disegno in Italia : ma poti'emo dire perciò che pifn. lib. 34, Italiani ne fossero gli artefici ? Plinio nel dir che fa •ap. 7. *^ essere la statuaria un'arte antica, e famigliare all' Italia ebbe in mira le rozze , e grossolane statue a tutte le nel nostro momim iito in coinpns"i<'i 'li P;illn(le ci conlrrina nrlli- ronp'^t- ture esposte nel li sto. — K. Siolture del palazzo della Villa-Horghese della Piuciana, parie H, pag. 16, n." ti, 12, 23. Plin. iri. ni ClUSKPPE FRA>Cm-PONT. CAI». lU, 4 •''•'' Nazioni comuni , e per avventura non molto da quelle diverse , che pi-esso gli antichissimi Greci furono Dedali appellale. Chi potrebbe immaginarsi , che di buona ma- niera stato fosse il simulacro d' Ercole consegrato da Evandio nel foro Boario , o 1 simulacro di Giano , che Numa dedicò ? Soggiunge , ò vero , il medesimo Plinio, che le statue Etrusche , o Toscane avean per cosi dire ripiena la terra. E certo i Toscani artefici lasciarono memorie per tutta quanta l' ItaUa , sicché non ne man- carono le Provincie , che formano l' antico Piemonte. INIa prescindendo dalla rusticità Sabina , e Romana , e dalla storia delle arti , quali si professavano nel centro dell' Italia , 1' Italia non è ristx-etta tra' confini del Lazio, e dell' antica Etruria. Italia era non solo tutta l' ampia parte , che denominavasi Magna-Grecia , ed Italia la Si- cilia tutta , di cui abbiamo tante medaglie assai più ele- ganti di quelle di Atene stessa , ma Italia eziandio la Ve- nezia antica , cosi chiamata dagli Eneti nazione dell' Asia minore , venuti ad abitare sin dai tempi Eroici le cam- pagne poste aU' imboccatura del Po. L' antica citta di iiiu:tr. lib. i. Adria , posta in quella regione , famosa era fin da' se- coli più remoti per gli studi , ed il buon gusto in archi- tettura; e chi sa, che quei lavori , che comunemente si dicono di stile Greco-Etrusco più veramente antichi Ita- lici dir si debbano , ed usciti sieno di quelle provincie prima che dai Romani per mezzo dei loro ^'erri venis- sero disfatte .^ E che poscia in un colle lingue di (pie' Po- poli , e colle storie loro periti slcno i nomi degli artisti al 4^^ * J^e' torsi segusini pari de' nomi di quegli Eroi , cui maucò al dire di Ora- zio il sacro canto de' vati per elernarne le glorie ? Me- diante il tra dico con i colti abitatori dell' antica Venezia pensa il precitato Gian-Francesco NArioNE, che sin dai remotissimi tempi famosa divenisse l'antica città d'In- dustria posta in riva del Po nelle vicinanze di Verrua, appellata già Bodincomago da Bodinco vocal)olo anti- chissimo , con cui s' indicava la profondità del Po in lingua Celtica , o Ligustica primitiva ; e forse da Mag , che in Celtico parimenti significa luogo di trailico , di sacr. Cenili, mcrcato , d" iudusti"ia , come rilevò lo stesso Gian-Fran- Lettcra Xli. ^ Cesco Napione nelle lettere , che per appendice uni ad altre sue intorno ad un Sacrario gentilesco di vasi d' ar- gento , dirette già al famoso Antiquario Ennio Quirino Visconti , e che veder si vorrebbono alla pubblica luce. Sacrar. Gentil. Idoletti in ouc' contorni d' Industria si scopersero , bron- inedil. Leu. XII ^ . J^ _ i, GeoD. 1795. ^- ^ij elegante artificio, ch'ora fregiano il Museo di Parigi, monete, bassi-rilievi, e d' ogni sorta anticaglie, ed avanzi di maestosi edificj , come già notato aveano Vej. Silo dell' gli Espositori de' marmi Toriiiesi ; ma specialmente una amico Indusiria. _ , 1 • 1 1 Koperio.ediUus. tazza aigcntca giova crui rammentare , che si lia nel Cori Tom I Museo di Torino , la quale offre la pugna d' Ercole colle simbok.p..7,. Amazom , raro soggetto, secondo il rinomato Visconti , seo Piacienient poichc noH rappreseuta soltanto Amazoni , ma soggetto certo, ed azione , e personaggi determinati nella Favola. Il soggetto, di cui si tratta, somministrò materia d'una Memoria erudita anche inechta dei Direttore del Museo medesimo Signor Abate Tarini , ed avea già dato ar- Tom. V, p, 40. DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. III. /^J'] gomenlo di parecchie indagini ai mentovato Signor Gian-Francesco Napione; ed appunto per opera distile detto comunemente Grecò - Ktrusco era ravvisata da qucst' ultimo in seguito ad alcune sue congetture. 1 Ro- mani feroci non altro conoh])ero per Ijjngo tratto di tempo fuorché il guerreggiare; e si valseio ne' primi cinque secoli degli Etruschi avviliti per ornaie templi, ed ergere simulacri , di cui non va senza anche una barbara Nazione. Ma cjuando cominciarono a spingere le conqiiiste loro nella Grecia poco , o nulla più si parlò dell'arti Toscane. Dietro a Plinio tutti gli Soittori , che ragionano delf Istoria delle beli' arti non fanno cenno d' un solo Italiano Scultore. Verso i tempi di Siila , e di Cesare cominciarono, prima per fasto , e per vaniti^ , quindi per la cognizione , che ne acqui- starono ad innamorarsi i Romani delle pitture , delle statue , degli eruditi cimelj , ma ogni cosa eia già allora opera de' Greci , e tutto in Roma volevasi di Greco ffusto. Monumenti Greci eransi trasportali da Si- An. inVerr., racusa mercè le vittòrie di JMarcello , dall'Asia mercè aci. » quelle di Scipione sopra Antioco , dalla Macedonia sog- giogata , dal vinto Perseo , dalla distrutta Corinto per opera di Q. Flaminio, di L. Paolo, di G. Mummio. Die- tro ai monumenti delle Arti accorsero in folla da tutta la Grecia gli artefici, e le delizie degli infastiditi Ro- mani occuparono lo scalpello dei Greci vinti , i quali colle doti dell' ingegno soggiogarono , secondo il famoso detto d'Orazio, i loro vincitori. lib. T' ''"'^' 458 de' torsi segusini E quindi probabile , che di valenti scultori o Greci, o di antiche scuole Italiche di egual pregio della Greca non andassero prive queste nostre contrade , massima- mente nell' età di Augusto. Certo è , che i Torsi Se- cusini troppo spno lontani dalla antica rozzezza del La- zio , e dal secco , e rigido fare di quegli Etruschi , che al Lazio erano confinanti , e si danno a conoscere per opefa o Greca , o dalle Greche non dissimile d' Italiano Artista , che attinto avesse il buon gusto agi' istessi fonti de' Gieci , tantopiù, che una società di lavoratori di marini (sodalìcium Tnarmorariorum ) esisteva nell'an- tico luogo di Reano non distante da Susa , come noa ^ni lotmo, ^g ^g lascia dubitare un'antica lapide riferita dal Sig.' Iacopo DuRANDi. Ed in questo proposito è da notarsi, che Orazio nel precitato luogo , ove parla delle Belle arti quando incominciarono ad apprezzarsi da' suoi Ro- mani , dà la taccia di agreste al solo Lazio , non già all' Itaha : Duranill Mat' ra di Torino P Kt artes Intuii t agresti Laiio E qualora Tullio scrivea , che le città , i delubri , le regioni d' Italia erano adorne di monumenti , e di doni parlar potea non tanto di Greci Monumenti, come d' Italici antichi da' Greci non diversi. Che se poi i Pisani dal solo ordinarsi ne' celebri Ce- notafj pubbHcati dal Noris , che in un arco, che quella DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. III. 4-^9 Colonia destinava d' innalzare ad Aumisto statue si coi- Diworw ac- ca lini. fuiri«la> locassero, ne inferiscono, che Pisa sia avesse i suoi n'-LHi.rar.i.Pi- D sana , p .g. 66 , scultori a' tempi d'Auj^usto, noi a più forte motivo, co- ^^^" '*• ''"• me più lontani da Roma , e che ne abbiamo ritrovate le opere d' eccellente scalpello , dedur possiamo , cUe Susa ne avesse, e che opera di Artista Piemontese fossero le elegantissime statue , di cui ci rimangono i 9justi. Le giuste proporzioni poi, e la membratura ele- gante dclf Arco Sccusino provano , che non solamente la buona architettura , ma la scoltura eziandio era pe- netrata sino alle radici deh' Alpi , e vi aveva ritrovati splendidi protettori. Ove si voglia concedere , che neh" età d' Augusto , in Piemonte , in Susa medesima , siensi lavorate le statue colossali , di cui restano i Torsi loricati ; dove furono esse collocate , in cjual occasion s' innalzarono , chi rap- presentarono esse mai ? . . . Ecco un vasto campo agli indovinamenti , ed alle congetture. Si credette , che due monumenti insigni decorassero la città di Susa. E il primo r Arco maestoso, che a Cesare Augusto innalzò M. Giulio Cozio figliuolo del Re Donno intorno all'an- no di Roma 74.6, secondo i calcoli del Petavio, cioè VriaT.di-p«ir. ' ^ |.nip. , vili. 11. , l'anno della quindicesima Tribunizia potestà d'Augusto, 5"^^ • ''J;,,;^,."'" sotto il consolato di C. Marzio Censorino , e di C. Asi- nio Gallo. Cozio , che non Re , ma Prefetto si noma delle città mentovate nella iscrizione incisa sopra lo zoforo deh" Arco, dedicò un si nobile edificio ad Au- gusto , forse quando il medesimo nella primavera ap- 46o he' torsi sEcrsiNi Peiav. Docir. punlo dell' anno di Roma 7^6 si recò nelle Calile ac- lemp. ibi. ^ .... compagnato da Cajo il primogenito de' suoi figliuoli adollivi nati da Giulia sua figliuola, e da M. Vipsanio Agrippa , che s'era fatto genero dopo la morte acerba dell' amabile Marcello primo marito di Giulia. Si de- terminò Augusto a questo viaggio , prima per esami- nare gli all'ari della guerra , che da alcuni anni facea Til)erio sul Reno , Tiberio solo i-imasto contro i Bar- bari dopo la morte del suo fratello Druse cognominato poi il Germanico per aver vinti i Catti , ed i Cheru- schi popoli della Germania , e che morendo troncò le grandi speranze , che s' erano giustamente concepite di lui; e poi ad oggetto di presentare all'esercito, che era nelle Callie , Cajo già in cuore suo disegnato suc- cessore allo Impero unitamente a Lucio di lui fratello minore , quantunque entrambi fossero tuttavia in età fanciullesca. Prese Augusto gli alloggiamenti al con- fluente della Sona , e del Rodano , dove presi gli aveva r anno innanzi , e d'onde potea dar gli ordini ai fi- gliuoli di sua moglie I^ivia , cioè a Tiberio , ed a Di-uso, che poi mori in quell' anno stesso 7 45 di Roma se- condo ci attesta Dion Cassio , e che la condotta ave- svei. in Au- vano degli eserciti. Sappiamo da Svetonio , che i Re fib.Lv inprinc! amici, c Confederati d'Augusto solcano quando esso deiReimiiro. viaggiava accompagnarlo colle toghe, e senza Regie in- segne , a guisa di clienti , e dargli ogni dimostrazione d' ossequio , edificando città , e templi in onore di lui. Non da meno perciò degli altri volle mosti-arsi Cozio m GIUSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. III. 4''' allealo d'Augusto ne' suoi Stati, innalzandogli un Arco magnifico sopra una delle vie , che dall' Italia conducea nelle Gallie , per cui sarà forse passato 1' Imperatore. Favorevoli erano le circostanze , perchè prospere in cpiel torno di tempo erano le cose de' Romani , e pie- namente s' erano domati tutt' i popoli Alpini , che da -più d' un secolo or da un lato , or dall' altro scuote- vano il giogo, ed inquietavano i Romani eserciti. An- che prima di Giulio Cesare alcuni Generah Romani aveano vinti parecchj popoli Alpini. Cesare corse , do- mò , 0 sottomise alla sua splendida fortuna e le Alpi , e le Gallie tutte , ma le vittorie di lui non assicura- rono ai Romani la conquista di quelle vaste regioni , e doveva Augusto per opera specialmente d' Agrippa veder domate finalmente tutte le Nazioni Alpine da un mare all'altro, e a lui si die il vanto d'aver pacate sonec. de Lrer. le alpi. Cozio fu per avventura il primo , che un mo- numento insigne innalzò in mezzo a quelle in onore d' Augusto , non ben sapendosi in qual anno siasi eretto l'arco d'Aosta dalla Colonia eh' ivi condotta avea di Pre- Dion. Cassiuj toriani soldati Terenzio Varrone detto Murena, fanno di Roma 720 circa , diciotto anni prima che si fabhri- casse f Arco Secusino. ouppor si deve, che parecchj temp. pagses. anni corressero dalle vittorie di Varrone alf innalza- mento dell' Arco d' Aosta , fabbrica , che indica Colo- nia di lunga mano stabilita , e tranquilla , come tran- quillo , e fiorente popolo indicano le tante altre insi- gni rovine di Romani edificj , che in Aosta s' incon- 462 de' torsi segusini trano , per cui fu della dal colto viaggiatore , e rino- mato naturalista il Dottor Vitaliano Donati quella città Ved"i'$8» i molto più esattamente il disegno medesimo; ed il Mu- f3^.^^^. RATORi , che ne volle arricchire il suo Nuovo Tesoro di marmi letterati, sovra' il dado, in cui è scolpita l'iscri- zione , rappresentò certe pimiae , ossieno merli di bar- bara architettura , secondo 1' uso di lorliCcare de' tempi dimezzo, che a più d'una delle maestose moli Romane aggiunti furono per ridurle a torri , e fortezze. Queste soprastruzioni furono fatte levar via circa l'anno 1760 , secondo che narra il Ma.ssazza , dal Re Carlo Ema- nuele intelligentissimo dell" antica buona arcliilettura , e furono per avventura scambiati dall' Autore dell' Atlante del Piemonte per acroterii , sopra i quali posassero le statue. 11 medesimo architetto Massazza , che illustrò di proposito r Arco Secusino , par che dubiti , che quello sia stato mai ornato di statue. Non seppe vedere H ^SG de' torsi secdsini quel nostro Architetto sito alcuno ove esse potessero venir collocate con quella vaghezza , clie si distingue in «ouisusa.To- ogn altra parte dell'arco. Osservo, che il dado viene tino 1750. tutto occupato dall' iscrizione , e non sapendo trovare alti'ove luogo proprio per le statue ideò con poca ve- rosimiglianza , che ai lati dell' Ai-co vi potessero esser trofei di statue adornati. Credo anch' io , che statue non vi fossero sopra gli acroterii , o piedistalli , che indicò r Autor dell' Atlante , perchè i nostri Torsi mostrano d'esser stati appoggiati ad un edificio , siccome abbiamo detto poc' anzi ; ma poi per qual ragione sovra il dado, in cui è incisa l' isci'izione star non vi poteva un altro attico , che ammettesse le statue ? L' Arco Secusino cosà come è , quantunque d' ordine Corintio di tutti gU or- dini architettonici il più svelto , appare tozzo alcun po- co , e schiacciato. Il cimazio , che corona I iscrizione , (un pezzo di cui esisteva ancora a' tempi del Massazza, e venne da lui riportato , e disegnato esattamente ) ha uno sporto non bastevole a difendere dalle ingiurie delle stagioni gU ordini inferioi'i , e sopra tutto la parte più rilevante dell' Arco , vale a dire l' iscrizione collo- cata al dissopra della cornice del primo ordine. Possiam quindi ragionevolmente pensare , che il Secusino Arco fosse già nobilmente terminato in cima da un attico elegante , e da un maestoso cornicione , quello ornato di statue ai lati , e questo di mcmbi-ature robuste , e d' uno sjiorto spazioso. È questa 1' opinione del Signor DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. IV. /^^•J Gian-Francesco ISapione, che l'Arco di Susa con oc- t^^'^'f^J^'/; chio aKcQto esaminò; e che anzi menti-e era Interi- i'p^^^'ò'n,!*^^ lustri riufiìo d^ dente di quella provincia fece ristorare dagH ohraggj c^'Jv;-'i"Snam. sofferti quella fabbrica insigne. CAPO IV. Agrippa rappresentalo probabilmente in una delle statue , di cui ci rimangono i busti. Tenendo io adunque per cosa probabile, che i Torsi Sectisini ornassero TArco, che ad Augusto Marco Giu- Ko Cozio innalzò, quando l'Imperatore accompagnato da Cajo figliuolo di A grippa reeossi nelle Gallie , è da cercarsi ora quali fossero le persone , che vennei"o ef- figiate nelle statue, cui appartenevano i nostri Torsi lo- ricati. Certo è , che persoiioggj Romani , ed alla Ro' mana foggia vennero espressi nelle statue , cui appar- tengono i nostri Torsi. Plinio afferma , che proprio era del costume Romano il rappresentarli reperii di .- ^'"'',°; I'"" loriche : Grapca rcs est niJiil velare , al contro Ro- '■'''• ^ mana , et' mìlitaris t/ioraces acìdere. Esaminando gli antichi scrittori per trovare chi mai verso r ejioca, in cui fu eretto f Arco Secusino, meritasse d' avervi ima statua , mi corsero al pensiero Til)erio , e Druso , i due figliuoli di Til^erio Nerone , e di Livia /f08 de' torsi segusini moglie d' Augusto. Stava il primo l'elicemenlc allorn np- punto a guerreggiar nelle Oallie; aveva varcata il Ueuo, compressa l'audacia de'Jjarhari; il secondo morto di fresco tornando da una spedizione con Irò i Cadi ed i Clic- si6i. in Au ruschi. Spinte avea oltre l'Elba l'Aquile Romane, ed innalzati trofei lungo quel gelido fiume. Entrambi erano stati acclamati Imperatori dalle scjuadre , e considera- vansi come i sostegni più fermi dell'autorità d'Augusto» e dell' Impero Romano. Ma il campo ove si gloiiosamenic si erano esercitati (lueslì illustri fratelli ò lontano di troppo dall' Alpi Cozie. Quindi mi volsi in traccia di tal personaggio, che avuto abbia parte maggiore nclf as- soggettar del tutto a' Romani le Alpi , che il Piemonte circondano, e corrispondenza particolare con Cozio; nò credo d'essermi dilungato dal vero , se un personaggio tale riscontrai ncll' uomo ])iù gi-ande del suo secolo , nell'amico più caro d'Augusto, in quello che fu ve- ramente scudo e lancia di lui, in Marco Vipsanio Agrippa, Egli nudrito da giovinetto, come rifeiisce Nicolò Da- masceno presso il Nouis , con Ottaviano che seco il condusse in Grecia mentre Giulio Cesare si ONT.'''CAP. IV. /ftìg cleir Oceano. Vedendo quindi che era giuoco-forza , che la scossa e combattuta Republ)lica gisse a npararsi sotto r ombra della Monarchia , abbracciò con sano accorgi- mento il partito del più forte , e dopo che vinto aveva Sesto Pompeo, mentre durava tuttavia ih triumvirato , il triumvirato poi del tutto spense con vincere Antonio. Ottenuti da Augusto , col quale fu più volte compagno nel Gx)nsolata, gli onori più grandi, e le dimostrazioni '-' i. >-> Diou. !ib. 53. d' afletto più lusinghiere , divenne genero dello Impe- '^j^j''"» '" *" ratore sposando la bellissima Giulia, dalla quale el)be Cajo, e Lucio, che Augusto, vivendo Agrippa, adottò comprandoli per oes et libram secondo l'antico metodo d'adozione. Non levatosi Agrippa in supei'bia veggendo la prole sua innestata nella famiglia di Cesare, seppe mantenersi il favore del suo Principe senza avvilimento, e senza invidia altrui. Edile , TrDiuno , Censore abbellJ Roma e l' Italia d' utih, e magnifici edificii , ed ebbe gran parte nei più saggi stabilimenti d'Augusto, mostran- dosi non meno accorto politico , che guerriero valoroso. Dal foro e dal" Senato volando fra 1' armi segui a di- latare i confini dell'Impero. Batte i Germani, passa nelle Spagne e doma i Cantabri. Recasi quindi alle sponde del Danubio , e nel corso , delle sue vittorie di ritorno dalla Pannonia muore nella Campania. Augusto ne com- ^'^'f^^si^; ^*; pianse amaramente la morte , ne recitò la funebre lau- '^"'"""" dazione egli stesso nel foro, e lo volle sepolto nel Mau- soleo medesimo che s'era Egli di recente fatto pie- parare, ove già riposavan le ceneri di Marcello, e dOl- binJf.Comouli Lirì. 470 de' torsi segusini tavia. Dopo la morte d' Agiippa non cessò Augusto dal mirare con occhio di parzial tenerezza i du€ suoi nipoti e figliuoli adottivi Cajo e Lucio. Da essi si faceva ae-- conipagnare nei viaggi, e-ssi qvwsi fanciulli cj-eò Cesavi, ed iniziò negli allori piiji rilevati. Non, i maneggi dell'as- tuta Livia , non i meriti ostentali di Tiberio, che dovette pure accettar Ì9 ispos^ quella Giulia celelpre non meno per beiti e coltura d'ingegno, che per iatvighi e disc solutezze, la quale Augus,to giva come pegpoi concedendo a colui che voleva, sopra ogiV altifo suQ caro distinguere, tutto ciò, dissi, non valse a sj«i,ove<)-e Augusto dal di- segnare in cuor suo successori all' Impero i figliuoli 4: Agrippa. Ciò peraltro clie serve al nostro argomento si è , ch,e fu propriamente Agrippa il domatore dei popoli Alpini, e di quelli in modo speciale che confinavano colle alpi Cozie. Fu ili primo Giulio Cesare, che passando per l'alpi, recandosi nelle GalUe fatto abbia un Trattato con Donno padire di Cozio. Ciò. rilevasi, da. uìhl' iscri- Doni inscrip. ziouc rapportata dal Doni, i» cui Donno adottò il pro- lion anli. Clas. . . , I, num. 30. nome di Giulio. Fors^ in quell'occasione Agrippa che militava con Cesale a^yrà conosciute quelle regioni , e stretto a nome del suo generale Trattato) d' alleanza con alcune Alpine nazioni. Quindi poi è probabile che egli , e come supremo comandante de' Romani eserciti sotto Augusto , e come pratico dell' Alpi abbia avuto gran parte, in domare i popoli Alpini, e che siasi a tal og- getto valso di Cozio come figliuolo d'un Principe alleato. DI GIOSEPtE rKANCÌU-PON*.' CAP. IV. 2|.? ì «d amico de' Romani. Ma quanto avvaloi'a la nosti* congettiua è il sapersi daSTRABONE, che Agi'ip])^ aperse lijf "Tv. ''"*"'' molte strade a traverso dell'Alpi più vicine alle Cozie^ e che i figliuoh di lui Cajo e Lucio ampie e princi- pesche possessioni avevano ne' Ccntroni popoli aHo stato di Cozio vicini assai. Prova di ciò il'i"efi-agal)ile è la bella iscrizione di Pomponio Vittore tro^^ta8i irt Aj'rtìe nella Tarantasio, e dal sig. Gian Francesco Naì'Ióné ampinmente ^.,,p sacmi. comenlata; e dall'iscrizione e da' conienti s' impara essere stato liberto d' A grippa Pomponio Vittoi-e, e posto col titolo di Procuratore alla cura delle mentovate possessioni di Cajo e Lucio Cesari. Qui non occorre il cei-cai-e quanto importasse la cai-ica di lui ; si vuole biensì avvenire che Agrippa non avrebbe acquistati poderi in qilei òohtorni, se non avesse conosciute di lunga mano quelle regioni, se non vi si fosse più volle fermato recandosi nelle Gallie , e se non fosse stato sicuro della fedeltà di Co- zio, che gli era sì vicino. Pensa il Morcelli, che l' iscri- DcSijIoImw. ' O ' ^ ^ pag. 170. zione in versi di Pomponio Vittore sia posteriore ai tempi di Nerone , perchè seguitando il Clcverio sup- ciurer. irj. pose, che i Centroni fossero soggetti . ai Re Alpini pri- «»• ma di cpieir epoca. Ma per tacer d' altri Scrittori , che diversamente a ragione pensarono , il dotto Signor Ja- copo DuRAKDi , il cui testimonio vale per mille , non Pinn cisjwd. 11'/--. -Il j- r> • r amico, pag. ^o. pure esclude i Centroni dal regno di Lozio , ma gli annovera fra quelle Alpine Nazioni , che insorsero con- tro i Romani , e che furono perciò nomate nel Trofeo dell'alpi, mentre in quello non ti menzionarono le I 47* de' torsi segusini Goziane ciltà, perchè rimasero fedeli. Così segue il Du- HANDi a dimostrare , che nel testo di Plinio , ove si riferisce 1' iscrizione posta al Trofeo d' Augusto si deve leggere Cenlrones in camlìio di Acìta^ones. Dietro i lumi di cjuesti due nostri illustri Letterati io ardirò ag- giungere , che probabilmente Agrippa si sarà giovato dell' opera di Cozio medesimo , come di un suo Luogo- tenente , per ridurre i Cenlroni, e parecchi altri Alpiui popoli posti e verso gli Alloljrogi , e verso 1' Alpi ma- rittime, alla divozione de' Romani; e che per tal mezzo Cozio avrà meritato di venir da Agrippa protetto presso di Augusto. Non si potrebbe accertare in quale delle tante volte , che Agrippa si recò nelle Gallie abbia procurata a Cozio la benevolenza d' Augusto , ma in- clinerei a suppoiTC , che allora si fosse quando v' andò durante ancora il Triumvirato. In quei tempi erano di- visi in partiti i Re alleati , ed i popoli soggetti ; le Gallie di fresco domate attendevano il destro per ri- bellarsi ; viveva , anzi pure per mare trionfava Sesto Pompeo , e non avevano perciò perdute le speranze di risorgere coloro , che affettavano di sostener la Re- pubblica , e che avevano seguitato le parti di Bruto ,' e de' nemici di Cesare. Conveniva perciò , che i Cesa- riani , o per dir meglio i Triumviri per ogni via si assicurassero alleati fedeli, in que' Paesi massimamente, che erano più vicini alle nuove conquiste , e non sarà perpiò fuor di ragione il pensare , che Agrippa abbia avuto ricorso alla fedeltà , ed alf ajuto di Cozio , la cui V'iJ. Morcflli Qscrip. r , I DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. IV. ^']3 famiglia era addetta già a Giulio Cesare; e che Cozio abljia corrisposto alle premure d' A grippa , e siasi in ricompensa meritate le grazie d' Augusto per opera del di lui Favorito. A dimostrare una mutua corrispondenza di protezione, è di gratitudine tri Agrippa , "è Cozio vale assai il pronome di Marco aggiunto" da 'Cozio a i^\f^\J', quello di Giulio, che egli' già aveva come, scmpUce p'''^- '" alleato de' Romani , e che si vede unito a quello di Marco adoperato dà lui nell' iscrizione dell' Arco Secu- siho. Ma la gratitudine • di Cozio non poteva in occa- sione mìglioi-e , e più acconcia palesarsi , che innal- zando il simulacro del suo benefattore suU' Arco pre- detto ', e mentre Augusto si recava nelle Gallie accom- pagnato appunto dal giovane Cajo , che si voleva pro- durre all'esercito; militare cei'emonia da compirsi ap- punto là, dove Agrippa fissato avea il centro degli eser- citi nelle Gallie al confluente della Sonna , e del Ro- dano, quasi nel sito medesimo , in cui è situato Lione, d'onde aveva Agiippa apeite quattro strade principali, sirab.ub. iv. e dove soleva prendere Augusto gli alloggiamenti. Sa- peva Cozio quanto fosse grato a Cesare Y onorar la memoria di quei Capitani illustri, che dilalato aveano i confini dclf Impero Romano, e rendutolo grande , e svet. in Aug. nessuno in quell' età fatte avea più importanti con- quiste di Agrippa, nessun altro era più caro allo Im- peratore di lui. Morto dà quatti-' anni , gli onori , che se gli rendevano , non eran capaci a destar gelosia negli emuli suoi ; ma questi onori medesimi ben eccitar 60 474 I>E' TORSI SEGUSINI doveano nobile emulazione in colui , c^ie vantava Agrippa per genitore , ed Augusto per padre adottivo. Quale stimolo ad anioni gloriose non dovea essere per un ardente garzone di circ^ quindici anni , intorno a cui tutto rideva , il quale innanzi uvea le più brillanti speranze , per un garzone avido d' onore , e di rino- STet. in Aug. manza , premuroso di lanciarsi tra i politici negozj sifiUa-inAug. qual era Cajo , il quale dall' etA d' anni tredici già ve- nia in giro condotto per visitar le provincie , il quale L m'.Iu!''^''' ^^^ anco deposta la puerile pretesta ambiva il Con- solato , il quale principe ei-a della gioventù per accla- mazione de' Cavalieri , onore, che consideravasi proprio di quelli , che avrebbe un giorno presieduto all' intiero Senato, sicché Ovidio disse di lui: De'Atie aman. Nunc juvenum Pri/ìceos deinde fulure senum , lib. I. Ters. 1J9. ' ' ' quale stimolo, dissi , esser non dovea per un garzone tale , ad imitar in pace , e fra l' armi la virtii del genitore , il jjresentargliene di fronte sopra un magni- fico arco di trionfo 1' immagine ? Certamente non do- vea esser d' alcun altro , che di Agrippa , non potea esser che parte della statua di lui uno de' Torsi , che preso abbiamo ad lUusti-are. Non si stenterà punto a distinguere , che il Torso , di cui parliamo quello sia , in cui è scolpita la Pallade in mezzo alle Ore. Dietro alla scorta dei più dotti An- tiquarj , ci sembra potersi stabilir per canone , che gli DI GIUvSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. IV. ^jS antichi Scultori , qualora doveano trattare un soggetto determinato, nulla operassero , eziandio riguardo agli or- nati accessorj , di che non potessero dare un' adequata ragione , e che non giovasse a schiarire vieppiù la na- tura del soggetto , o il carattere delle effigiate persone. Questo canone fu posto in pratica dallo Scultore dei Torsi Secusini. La mossa vivace , ed energica , la quale siccome si è osservato conviensi ad un Eroe , il baltco, the Io distingue per un Condottier d'eserciti sarebbero tòste di poco rilievo , quando a torre ogni equivoco nòli bastassero i bassi riUevi , di cui è ornata la lorica. $Joa "Marte , o Bellona , ma la figliuola di Giove , 1' As- sistente a- -consiglj di lui, la Dea della sapienza, e dè-Ue arti , còlei , che presiede ai Genj della pace egual- mente , e della guerra , l' inventrice dell' arcliitettura , conveniva a caratterizzare Agrippa , che seppe mostrarsi impavido Generale in campo , e politico accorto , e sa- 'i'io Magistrato in città. Egli scelse ne'varj incontri della vita ognora il partito migliore , e se 1' adulazione potè chiamar Augusto il Giove dell' Impero , potcasi simbo- leggiare in Pallade il consigliere suo , Pallade appellan- dosi mente , e consiglio di Giove. Proxìrnos UH (amen occupavi i Pailas honores. Scrisse Orazio. Quindi l' Artista nostro coperse l' elmo Horat. carm. della Dea, non d'un dragone, o d'un ariete, come quello 47*^ de' torsi segusini in altri monumenti si scorge., ma sibbene della civetta, indizio di sagacità , e di prudenza. Ove si voglia par- ticolarmente considerar Pallade come protettrice delle moiirn""'" ' arti, e dietro a Luciano come inventrioeldcU' arcbilet- tura, chi più d' Agrippa le arti belle prolesse , chi mai d'edificj più magnifici ornò Roma non pur, ma l' Ita- ha ? Egli celebrò col lusso più sontuoso i Giuochi se- colari, ed in più occasioni diede spettacoli al Popolo. Egli condusse in Roma 1' acqua Giulia , che in parecchj rami di videa si , con sontuoso acquedotto <,;ehje ;abbcUI tratto tratto di statue ,' e . d' altre iopete insigni dell' arti ; egU ornò i septi , ossia gli steccati costruiti dfi Lepido per adunarsi i cómizj , di martìii ». Cì pitture! Quantun- que Consolo facendo le funzioni d' Edile egli man- xx^'t°""ap.'xv; tenne , e ridusse in buon essere la Cloaca massima,, riparò il Circo , costirusse .nuove, e magnifiche strade. Opera d" Agrippa fu la. comunicazione apertasi tra il lib. n.* *"*"' mare, ed il lago di Guma ; e per tacere tanti ^Itri edj- ficj fu innalzato da Agrippa il Panteon, detto volgar- mente la Rotonda , che fra le antiche opere architet- toniche è quella , che siasi conservata più intera ai giorni nostri. Ad essa, aggiunse le Terme , e fabbricò pure un portico in onor di Nettuno decorato colla pit- g„f"'°°'°'^"' tura degli Argonauti. Con- ragione perciò asserisce Sve- TONio , che molli potenti per compiacere ad Augusto avevano impiegate egregie somme d' oro nell' adoi-nar Roma , ma più di tutti Agrippa con belh , e sontuosi edifici . ^^^ P3''0 1 che Pallade poteano le Ore disegnar DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. IV. ^77 l'indole, e la vita d'Aj^rippa. Gompagrife delle Grazie, e delle Muse , Dee della bellezza , tutrici de' bamljini , pronube alle nozze , e ne' varj avvenimenti della vita custodi, e consigliere si fìnsero le Ore , e tali ci ven- nero additate da Pindaro nell' ode sovra citata in lode di Senofonte Corintio : . . . Dice ognora ,,.,?,., PinJar. Od» Delle cittadi stabile sostegno , J""- oiimp. '•£'" a lei simile ancora Nelli costumi Irene aurodatrici , Farlo di Temi degno Che co' consigi/ suoi ne fa felici. Queste vantan poter da tener lungi T,e brutte ingiurie , e le villane offese Cile nella copia han nascimpnto , e vita, Per lor d onesti fatti un' infinita Schiera fammisi innanti. ec. Così il Cantor Tebano nella traduzione del Gottier. Le _ Pomi I7W- Ore dunque , che si danno per seguaci di Venere , e »» *•' d' Apollo , e nel monumento nostro di Pallade accon- ciamente servono ad indicare lo sposo della vaga Giu- lia , il genitore dei successori disegnati al trono di Ce- sai-e. Esse che . . . Vantan poter da tener lungi 478 de' torsi segusini Le brutte ingiurie e le villane offese Che nella copia - ( cioò come osservano i co» mentatori tra le ricchezze ) lian nascimento e vita. ec. ■■•i assai ad Agn'ppa si convengono, il quale per giungere agli onori d'altro non si valse che delle, personali sue qualità, che seppe tenersi lungi dall'orgoglio insultante, egualmente che da ogni vilti\ , che i'edele al suo Piin- cipe mostrò che avrebbe saputo vivere con dfccoro in libera Città , com" era divenuto V appoggio della Monar- chia , e che del suo credito si giovò sempre per far regnare la giustizia, e la moderazione. Che quest'indole nobile , e gentile fosse propria d' A grippa si può argo- mentare dall'amicizia eh' egli sin dagli anni suoi giova- nih avea sti-etta coli uomo più elegante, e col più fine conoscitore dell'arti che Roma s' avesse, cioè con Tito j^^°""^^'''° Pomponio Attico. Questi (osserva Cornelio Nipote) amava coloro solamente che dai costumi suoi , e dalle sue maniere non discordassero : e c]uesti accolse Agrippa ancor giovane. Ad Agrippa accordò in isposa Attica sua figliuola carissima ancor giovanetta , Agrippa costituì crede perciò de' suoi poderi , e la famiglia d' Attico in quella d' Agrippa passò, ond'è che uno de'lil)erti d'At- tico fu per avventura quel Pomponio Vittore che abljiam veduto ne' Genfroni esser procuratore delle possessioni Vili. Nap. Sa di Cajo, c di Lucio. Aarippa unitamente a Lucio Peduceo •rario G.-niil,s- ' D rr eo,Leii«avn. volle Atlico presenti negli ultimi istanti del viver suo, DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. IV, 479 e dobbiamo supporre che in casa d" Attico , tra quelle erudite adunanze che appo lui si tenevano, dove il Ge- nerale , e 'l Magistrato , il Filosofo , il Poeta , 1' Oratore familiarmente s'intrattenevano, abbia sviluppato, e per- fezionato Agrippa quel gusto per le beli' ai-ti che io distinse sopra ogn' altro Romano. Vedovo d'Attica non avrebbe Agrippa forse sposata prima la nipote, quindi, ripudiata questa, la jBgUa stessa d'Augusto per volere di lui, se non avesse mostrato un ingegno colto dell'arti ingenue in una corte dove tutto spirava eleganza , col- tura, erudizione, di che le donne medesime si davano vanto. Non soltanto mercè i bassi-riUevi più appariscenti veniamo in chiaro che ad Agrippa apparteneva la istoriata lorica di cui parlasi , ma tal cosa ci confermò lo Scul- tore mercè i più piccoli ornati accessorj. La Gorgone, che sta fitta in mezzo al petto indica quanto Agrippa sia stato pronto , e terribile nel domare i nemici di Roma Galli , Germani , Gantabri , ed altri molti in Eu- ropa, ed in Asia. Le Città prese, battute, rovinate da lui vengono significate da quelle testine d'ariete di pro- filo scolpite nella fascia della lorica indicanti la macchina formidabile scuotilrice delle mura , la cui estremità ter- minava in una punta di ferro , o di bronzo i-affigurata come una testa d' ariete. Finalmente si vuole avvertire che non senza ragione con una piccola clamidetta dis- tinse lo Scultore de' Torsi Secusini il Torso che appar- teneva alla statua d' A grippa. Egli così indicò la savia, e modesta condotta del suo Eroe , che non volle mai 4^0 de' TORSI SEGUSINI godere dogli onori del trionfo. Qualora clilamafo solle- citamente dalle Gallie , gli fu decretato lo ricusò , sti- mando turpe il trionfare mentr' ciano male andate le SiU in Aug. p^^g d'Augusto: ma accorse in Italia, miseiin buOii ordine l'armata navale de' Triumviri , riparò i danni "che ca^^vu'."'"' l'ecati avea la flotta di Sesto Pompeo, e non lungi dalle alture di Messina mise in fuga quel Romano infelice , Appiin.deBd mostraudosi atto così del pad all'imprese di mare che lo ClTll. IlO. T. il a quelle di terra. Contentossi allor poi d' una corona Livi» lib. cxxix. navale donatagli da Augusto, distinzione certo lusinghiera, perchè fu egli il primo ad ottenerla. Rifiutò Agrippa pa- lamenti il trionfo, quando, rimaso Augusto Signor dell'Im- perio , gli fu decretato e da Cesai-e e dal Senato , in se- guito alle vittorie riportatesi da lui in Oriente , od a quelle che ottenne contro i Cantabri. Dietro l'esempio d' Agrippa la si antica costumanza di trionfare andò in disuso presso^ i Generali , e fu riserbata ai soli Impe- ratori, così le vinte nazioni a lui dovettero il veder diminuita assai uria pompa tumultuosa e feroce, che tanto ■oltraggiava l'umanità. Sì genei'osa moderazione, sì nobile verecondia di M. Vipsanio Agrippa mostra , che era egli uomo,' 'il quale non abbisognava della nobiltà degli Avi per aipcrescere splendore al suo nome, checché dica Aonaci Sene- Seneca della oscura origine della gente Vipsania; e che cac conlroviTS. " . lib. ir. couiro- all' indole elevala di lui ben si conviene il carattere che Tcrs. IV. gli venne attribuito con pochi tratti del suo energico Veli. Pater, pennello da Vellejo" Patercolo « M. Agrippa virtutis » nobilissima?, labore, vigilia, periculo invictus, parendi, PI CirSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. V. 48 1 » sed lini scientissimus, aliis sane iinperandi cupidus , » et pei- omnia extra dilationcs posilus , cousultisquef » facta conjuugens. » Per recar ad evidenza la nostra congettura, che uno de'Torsi Secusini, quello cioè della Fallacie, ralligui-i Agrippa converrebbe, che si facessero escavazioni intorno al sito dell'arco, e che venisse kaori la testa di quell" illustre Romano rassomigliante alle note teste di lui, quali appajono ne' marmi, e nelle medaglie. CAPO V. »S/ cerca qual personaggio verosimilmente J'osse effigiato nella statua, a cui spetta i altro Torso Secusino. Ora è da cercarsi ornai qual personaggio rappresen- tasse il simulacro cui spetta l'altro Torso Secusizio, che sopra la lorica mostra scolpita la quadriga, ossia il carro del Sole. Penso adunque di poter congetturare che quel Torso, fosse pai'te della statua o di M. Giulio Cozio figliuolo di Giulio Donno, o di Giulio Donno medesimo. Marco Cozio avea eretto^ T Arco , comandava sotto cjuul si voglia titolo a quelle l'egioni che son mentovale nella iscrizione, teneva la sede sua in cjuella Città medesima eh' egli decorò d' un monumc'nto insigne cotanto. Non sarebbe stato sconveniente perciò , che l'immagine di lui si mostrasse allato all'immagine del suo benefattore, di cui ili a)ulo nel domare pai'ecchi popoli Alpini, e nel riclùuuxar al dovere alcuni paesi delle Gallie libel- Gi i^8a de" torsi seccsiki lulisi , e più a suoi paterni stati viciui. Con tal mezzo perpetuava Cozio la memoria della buona armonia che passava tra lui ed i Romani , ed accresceva ne' popoli soggetti riverenza maggiore verso la sua persona. Imitato egli avrebbe cosi tutti coloro che innalzavano un illustre edificio: ed avrebbe inoltre seguito l'esempio d' Agripnia lib un.pag'^ìi" s^io Patrono , che nell' atrio del Panteon pose la statua maro. ' " d' Augusto a fronte della sua propria , mentre il simu- lacro di Giulio Cesare collocò dentro il tempio. A ren- dere di qualche peso questa opinione tornano qui pure in ajuto le sculture ond' è fregiata la lorica di questo secondo Torso, nel condurre le quali s'attenne l'artista a quella regola istessa che seguitò ne'bassi-rihevi, di cui ornò la lorica spettante alla statua d'Agrippa. Si è di- mostrato essere l'Auriga, che guida il cocchio a quattro cavalli, il vago, l'intonso, il sempre giovane Apollo: ed ApolUne era appunto il Nume tutelare della famigha di Donno e di Cozio. Tanto s' impara dalla seguente iscrizione di cui abbiam parlato più sopra rapportata Ani.cb5.1!n.'3o! dal DoNi, dagli Illustratori de' marmi Torinesi, e citata Marmor. Taur. dal DuRANDi , ed anclie dall'Abate Gaetano Marini nell'in- parl, I, pag. iSi. signe sua opera dei Monumenti dei Fralri Aitali. T?r"l^'«; APOLLINI • G • JUL • DONNI • L • pag. 7«. ' ERASTVS • ET • JULIA • DONNI • CYPRIS- V • S • L • M • DI GIUSEPPE FRANCm-PONT. GAP. V. /^S3 Erasto e Giulia liberti di Donno non avrebbero sciolto un voto ad altra Divinità che a quella del loro Signore. Anzi indotti dalla sopra esposta iscrizione, i lodati Illu- stratori de' marmi Torinesi comentando una lapide vo- tiva posta al genio del Secusino Municipio da un certo Giulio Marcellino vissuto a' tempi di Gallieno, sospet- j^i'^"" Jg"'^; tano che Apolline fosse il Genio di tutte 1' Alpi Cozie. Egli appare nel nostro monumento sotto la figura d'un Auriga per alludere alle comode e spaziose strade, che a traverso dell'Alpi si apersero da Gozio , com' anche AinoiiaD. Mar- i 1 celi. llb. I3,cap. per indicare che s'erano svelate a' raggi del Sole le più ^ riposte caverne , e che il di lui sguardo tutto vede , illumina e penetra , come ossei-vò Magrobio. Si vestì „•..,. . 1-1 !• 1II11- MacTub, Salu^ f Auriga in abito quasi muliebre, e poco diverso dall abito nui. lu». i ,c»p. XX. che venne attribuito all' Apolline Aziaco, perchè Cozio, a fme di compiacere ad Augusto con un tratto d' adu- lazione, avrà voluto per avventura mostrare, clie adorava gli Dei sotto quelle sembianze medesime, le quali più andavano a genio dell'Imperatole, che di Apolline, si mostrò sì devoto che giunse a voler farsi credere fi- T 1 T -NT • • !• Sul. in AiijusL ghuolo di quel Nume in una certa cena nmproveratagh »• 7°- a buon diritto da M. Antonio. Del resto Omero, Stra- EONE , ed Erodoto presso il Visconti parlano degli MiiE' TORSI SEGUSINI il parere del nostro insigne Antiquario e Geografo, cre- derei che il Trattato amichevole tra Donno ed i Romani, e non giA quello di Cozio coi medesimi , ci venga in- dicato ne' bassi - riUevi ch'ornano il fregio dell'Arco: ragione di più per persuaderci che a Donno, piuttosto che non a Cozio figUuolo di lui appartenga la stàtua , di cui ragioniamo, la quale avrebbe in lai caso avuto ima diretta relazion con essi fregi. In uno di questi fregi • posto sulla facciata dell'Arco, che riguarda verso • settentrione si rappresenta il sagrificio appellato suo- velaurilia, perchè un toro, una pecora, ed una porca vi s'immolava. Tal sacrificio ebbe luogo e nella rassegna sacror. sgcrific. Cieli cscrcito , 6 qualorasi trattavano alleanze. Won s in- cripiio, pag. 44. trodusse in Roma prima dell'età di Tulio Ostilio Vm- GiLio come poeta lo finse più antico assai , e lo descrisse ■id. rers. 160, e seg. jib. XII, Ters. narrando il Trattato amichevole tra Enea e '1 Re Latino. Si vede scolpito nella celebre colonna Trajana che mos- tra i fatti di Trajano nelle due spedizioni di lui contro Slukius loc, cjt. i Daci. Noi abbiam detto che nell' arco Secusino il Suo\;etaurilia indica il Trattato d' alleanza tra Donno ed i Romani, perchè ne' bassi-rilievi del fianco occidentale par,, che si scorga un congresso , nel quale siensi con- chiusi gli articoli, e le condizioni di detta alleanza, il che si conferma vieppiù dalla differenza degli scudi , con cui sono armati i Guerrieri , che effigiali si veggono ne' due lati d'essi bassi-rilievi, secondo che li rappresentò * Questi bassi-rilievi dell'Arco non sono ancora stali disegnali i'i sra'i'le esatlameiile , è sarebbe desiderabile che a tal fiiie se ne cavassero i gessi. 1 DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. V, /Jgy il Massazza in quella picciola parte dei fregio , clic v. M|.<»tia ^ ^ '■ _ Afro di SuM venne da esso disegnata nelle tavole architettoniche au- f-&- '^• nesse alla descrizione dell' Arco. Ma perchè suppone esso Massazza, che questa siasi fatta con Cozio?.. Se Cozio stato fosse per alcun tempo nemico de' Romani dissen- tendo dal padre, il suo paterno Reame noa sarebbe stato omesso nel Trofeo dell'Alpi, 'ove tutti i popoli Alpini si nominarono, che insorsero contro i Romani; né Augusto Priucipc nuovo ed accortissimo avrebbe ad un nuovo e mal sicuro alleato concesse in Prefettura regioni cosi importanti , quali erano quelle , che 1' Italia divide- vano dalle Gallie. Ciò posto si dovrà dire , che i Me- dulli, e i Catturigi , gli Esubiani, ce, che si nomi- narono neir Arco di Susa , e che vennero del pari no- minati nel Trofeo dell'Alpi, furono popoli sottomessi a Cozio come a Romano Prefetto, giacché le avite Città, Ììk In, ca". xx. che governava Cozio , non si raramentaiono nel Trofeo dell' Alpi, perchè erano state fedeli. Tra Cozio ed i Ro- mani non ebbe dunque luogo un'alleanza novella, ma la conferma dell' antica, e 1' antica alleanza venne espressa nel bassorilievo del fregio dell'Arco Secusino,che pre- senta per tal via un tratto d' istoria della Himiglia di Cozio. Quando al vero io m'apponga , converrà dire in- „*™"b"jJJ?'' esatto il racconto d' Ammiauo Marcellino, il quale asse- "f- ^' risce, che Cozio si tenne fra le gole delle sue Alpi cre- dute inaccessibili, mentre i Romani andaron nelle Gallie; ma che addimesticatosi fu ammesso nell' amicizia d" Otta- viano Augusto, e che si rese quindi immortale aprendo 63 498 de' torsi segusini a fraverso dell'Alpi brevi, e comode strade. Non Cozio, ma beasi Douno a parer nostro strinse amistà il primo co' Romani , esci da quelle sue balze remote , scese al piano , vesti Romani costumi , pose in Susa la sua sede regale, e divenne Principe Italiano, e non con Augusto, ma con Giulio Cesare fece alleanza. In seguito poi non Donno , ma Cozio figliuolo di lui già spogliato dell' al- pestre rozzezza con educazione Latina , con vincoli no- velli si procacciò la Romana benevolenza. L' inesattezza d'Ammiano si fa palese dal non aver egli fatto mai il menomo cenno di Donno, sicché possiam dire che abbia egli confuso il padre a lui ignoto col figliuolo, e raccon- tato di questo ciò che doveva in parte narrarsi di quello. Il vederli entrambi ascritti alla gente Giulia convalida la nostra asserzione. Questo n:iodo di ossequiare i po- tenti Romani era in uso presso i Regoli, che ne am- bivano il favore. Gli schiavi fatti liberi usas'ano il nome de' loro padroni, era perciò un mostrarsi ligio di qual- cheduno lo ascriversi alla sua famiglia. Vitruvio ci ri- corda un figliuolo del Re Massinissa, che fu ospite suo, lib.viii. cap.iv! il quale da Cesare prese il nome e prenome di C. Giulio. ii.iGiiii«.,i,.va. Una lapide rapportata dal Fabretti , dal Maff Ei , dal ;" vid. zaccar. ZACCARIA ci scoprc uu tal Rametalce Re della Tracia, Insl.aiiii'juar. la- 1 ' pid. pag. 3o. gjjg jj Qomp parimenti avea assunto di Giulio. L'essersi da Cozio poi aggiunto al prenome di Giulio quello anche di Marco prova, che antica era nella famiglia sua l'ami- cizia co' Romani, e che erasi questa rinnovata in modo speciale per opera di Marco Agrippa j nò mancano esempj DT GIUSEPPE FRANCm-PONT. GAP. V. 499 (li olii, acquistata avendo qualche erazia da' Romani, abbia vw. Morrfiu adottato il prenome di colui, mercè il quale l'aveva pT; =9- ««tip. ottenuta. Ma qualora uno de' Torsi Secusini spettasse alla statua di Agrippa, e l'altro, di cui abbiamo pur ora parlato, a quella di Cozio , o più verosimilmente di Donno , dove sarà stata poi la statua d' Augusto? L' immagine di colui cui erasi innalzato il monumento?.. Essa certo non poteva essere una delle due descritte, poiché queste sono compagne, e mostrano di essere slate appoggiate al muro, mentre il simulacro d'Augusto non sembra, che dovesse porsi del paro con altro dì chiunque si fosse in un Arco a lui specialmente dedicato. Il vedersi ueir iscrizione dell' Arco Sccusino il nome d'Augusto scritto con lettere più grandi , che quello non sono con cui è scolpito il rimanente che in quella si contiene , denota abbastanza i riguardi , che aver si doveano alla grandezza di Cesare; quindi ragion vuole, che si pensi, che la statua di lui sopra 1' attico dell' Arco sola appa- risse , e sublime , e forse assisa sopra d' un carro trion- fale, indicflndosi il domatore di tutte le Alpine Nazioni, anzi l'arbitro del Romano Impero. Ma il tempo, che si compiace d'abbattere piìi facilmente ciò, che gli uomini più si studiano di magnificare, il tempo e' involò anco le reliquie d' un simulacro , il quale appunto per essere isolato, per esser locato in cima a tutto l'edifizio, e più all' ingiurie delle stagioni esposto dovea provarne gli urti, e cadere il primo in rovina. Giorno forse verrà 5oO de' TORSI SEGUSINI in cui scavandosi intorno all' Arco se ne troveranno i nobili avanzi, che renderanno plausibile la nostra opi- nione la quale si appoggia unicamente al sapersi, che parecchi altri archi ed altri monumenti insigni aveano sopra il fastigio l'immagine di colui cui erano dedicati. Roiiiadtik'blue Li» Trajana Colonna e l'Antonina mostravano in cima ■ "^ ''^'"'' le statue di que' Principi che lor diedero il nome. La statua d' Augusto si vedea sopra il suo Mausoleo; e, per lasciar altri esempj , l'arco di Druso, ovunque fosse, mo- Morceiii pa». stravH sopra l'Attico Druso Claudio Germanico a cavallo, s" Bri'ior! N °" del che rende testimonianza una medaglia dall' Krizzo, xii. (Jiisaub. inii-nii- a i- ■■■ cuud. e dal Bellori rapportata. Angusto medesimo in abito trionfale, fra le due statue dorate di Cajo e di Lucio nipoti suoi e figliuoli adottivi, stava, siccome accen- nato abbiamo , sopra 1' arco della Colonia Pisana Avere riempito Domiziano tutte le regioni di Horaa d' archi con quadrighe, e trionfali insegne ci si narra da Sve- tonio. Avvegnaché dunque 1' Arco Secusino sia il piìi conservato di quanti ci rimangono , e da tenersi in giaa pregio per le cose che la sua iscrizione ci svelò riguar- danti l'antica geografia, e per averci insegnato , che era pJm'cup""^" Cozio , non Re soltanto, ma Prefetto dell'Alpi, che da lui Cozie si dissero, e di varie regioni a quelle vicine, della qual cosa notizia non s' avea né da Dion Cassio, né da Marcellino, né da altro istorico; non rimase per- altro sì illeso dalle età divoratrici qucll' Arco , che non lasci campo a speculare quali ne fossero gli ornamenti, ed a supporre, che a somiglianza di altri vetusti archi DI GIUSEPPE FI\ANCHI-PONT. GAP. V. 5oi avesse anche statue in mezzo , alle quali signoreppia'.sp , com' era dovere, il simulacro di Cesare Augusto. Coloro, che sanno quanto siasi lavorato di fantasia intorno ^gli antichi Romani edificj da' celebri architetti, da un I^al- LAOio, e da un Siìbmo, potranno soffrir di buon grado le mie congetture, sino a tanto che, venendo alla luce novelli monumenti , esse non si conoscano mal fondate. ) CAPO VI. Regno e Vrefpllura dì Cozio; notìzie riguardanti ì discendenti di quel He insìno alla estinzione della sua stirpe. Non è qui luogo il cercare quale fosse in origine l'estensione del regno di Cozio. Illustri letterati né ra- gionarono, e più dottamente d' ogni altro il tanto be- nemerito della patria antichità il Sig.' Jacopo Durandi. Basti il ricordare che lo Stato proprio di quel Re forse non comprendeva, che dodici popolazioni site nell'Alpi Taurine, dette poi Cozie; di tal numero determinato Plinio valendosi ad indicarlo. Guanto allo Stato Coziano . piì" "!" ■>»- X lur. hb. III. c«p. s'aggiunse e verso l'Alpi marittime, e verso le Calile, e "" gli Ailobrogi,fu per concessione d'Augusto a titolo di Prefettura. Distinzione, come osserva il Durandi, neces- saria a farsi per togliere le difficoltà intorno alla di- stanza fra i popoli sottoposti a Cozio , ed i suoi sudditi naturali. Questi ultimi per altro , quand' egli diventò ì>02 de' torsi segusini Romano Prefetto , ritennero le antiche leggi, e I' antico loi'o Sovrano ; ed i novelli sudditi dovettero piegarsi alle Romane leggi, ed alla giurisdizione di Cozio, la quale acquistò maggior estensione che per lo innanzi. Non dovea perciò a Cozio increscere l'esser nomato Prefetto in cambio di Re, essendo egli per tal via divenuto Magistrato Ro- mano, e conservata avendo tutta quanta l'autorità sopra i popoli suoi, che forse avrebbe dovuto dividere con qualche favorito liberto della casa d' Augusto. Fu egli bensì avven- turato di trovarsi in mezzo a regioni che non potevano destare 1' avidità di qualche Romano. Le Prefetture altro non erano ne' tempi più remoti, che villaggi d'Italia di condizion inferiore de' Municipii , e delle Colonie; perche non godevano delle proprie leggi, come quelle, ne del Romano diritto come queste. Alle Prefetture si depu- tava in ciascun anno un Prefetto da Roma affinchè ren- desse-ragione j quindi è che fu un castigo per alcune Città, che pnma erano Municipii, o Città alleate ed autonome LiT.iib XXVI. l'essersi cambiate in Prefettura. Tal pena subì Capua , secondo che narra Livio , per aver tenute le parti di Annibale nella seconda guerra Punica. Di queste Prefet- ture, molte, oltre Capua, ne annovera Pesto; ma in pro- gresso di tempo, le Prefetture altro non furono, che Pro- vincie minori, a distinzione delle maggiori che si chiama- vano Proconsolari, o Pretoriane. Anzi sotto i primi Cesari, Provincie Consolari quelle si dicevano, alle quali il Senato deputava chi le governasse, ed Imperatorie quelle altre, grandi fossero o piccole, il cui reggente venia deputato DI GIU&fiPPE FKANCH1-P05IT. CAP. VI. 5o3 dallo Imperatore. Questi reggenti o legati di Cesare si dis- sero Propretori , e talora Presidi o Prefetti , e nel costoro numero si deve considerar Cozio, che la Prefettura dell'Alpi ottenuta avea da Augusto. Egli da' popoli suoi fu per altro sempre consideralo come he , ma trattando co' Homani lasciar dovea il titolo di Pie, e goder anzi d' esser cittadino e Romano Magistrato. Investito di questo carattere, inostraudosl egli ad Augusto riconoscente, in- nalzò in un colle città , * ossia popolazioni dipendenti * Concorsero auche ad innalzare qnesto Monumenlo , in onore di Augusto le Citlà, o sia popoli suggelli al Regno, o Prefeltura, che dir vo- gliamo di Cozio : ET. CEIVITATES. QUAE. SUB. BO. M.^EPECTO. FUf.RUNT. Come compajano anche queste nella Iscrizione famo5a dell' Arco è facile iJ com- prenderlo, se si riflette, che l'autonomia delle Città, vale a dire quella troppo sovente vana apparenza ili libertà , che lasciavano i Romani ai po- poli soggetti, non era incompaiibile , non che con essere rette da Magistrali Romani , ma eziandio colla immediata soggezione a' Re tributarj. Veggnsi a questo proposito la beila Dissertazione dell' Abate Ottaviano Guasco Pi- nerolese premiata dalla Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere di Pa- rigi, t Dissertatìon sur V Autonomie des Vilks et dts Peuples soumis à une puis- sance étrangère S Dissertations Hiitorlq. politq. et Ut. pur l'Abbi Comte de Guasco, II. point. =: Tom. Il, pag. 198. et suiv. Tnumay. l-jhG ). Che fossero poi autonome le Città rette da Cozio si raccoglie , non tanto da una Me- daglia della principale tra esse, cioè di Susa recala dal Pellerin ( JMedail- les des Peuples et Villes I. 27. ) , come dal non avelie in que remotissimi lem- pi i Re d' origine Celtica autorità maggiore di quella , che avesse un con- doltier d' eserciti, od un Capo di Popoli. Difatti Plinio ( Plin. Hist. Nat. lib. Ili, cap. 20. ) in vece di scrivere che il Regno di Cozio non fu r icor- dato nel Trofeo delle Alpi, perché si mantenne fedele a' Romani, dice; •Cotianw Civiiales XII , cum niki'l hostile gessissent, ittmque Municipiis atlributte Itge Pompeja; con che pare voler lo Storico sigiiilicaie, che lo essersi 1« 5o/|. de' torsi segusini dalla Prefettura sua l'Arco, maestoso monumento di chi in quelle regioni delle Alpi comandava , non meno come regnante, che come Magistrato Romano. Che se continuò Cozio a procacciarsi per ogni verso le grazie d'Augusto, Augusto non ritirò il suo favore e la sua benevolenza da Cozio, il quale seppe ottenerla poi anche da' primi Cesari, che a lui succedettero. Fi- gliuolo di Cozio era probabilmente quel Vestale, cui l'in- felice Ovidio indirizzò la settima Epistola del libro quarto, scritta dal Ponto, invocandolo come testimone presente delle miserie del suo esiglio. Viene egli chiamato dal Poeta o»id. ex ponto . .... Alpìnìs juvenìs regìhus orte; lib. IV. eleg. tu, .' ,, ed altrove .... Progenies ahi fortissima Donni. Era allora Vestale Preside, o se vuoisi. Procuratore della Mesia , paese di recente conquistatosi da Crasso uno de' luogotenenti d' Augusto. Viene Vestale lodato assai da Ovidio, non meno per gentilezza, che per valore. Egli popolazioni Coziane mantenute fedeli a' Romani , non fu merito del solo Cozio che le governava, ma di esse parlicolarraeiite anroni; poiché ove fosse stato altrimenti avrebbe egli detto Cotii Be^num. Certo è che in tempi assai posteriori, e dopo che le Alpi Cozie vennero ridotte in provincia da Nerone, Susa , benché governata da un Preside, o Prefetto, avea tuttavia il titolo di Municipio, tanto rilevandosi da più lapidi riferite dagli Illustratori dei marmi Torinesi {Mormora Tour. P. I, pag. iSy e seg. , e pag. l56. ) i rijv. '/Jr.'.iW (,'''■•'>■'■'/'" '/!Ìir./ti/>-'i eil' anno iBol v/, u/ Aca,/./rj .,',-,:■„,,■_, ,Y.,j ,^ ^,, ^^ ^ j, ^ '( ■/■ I. ,/7(i/A ///7V//' /// " ///.U/ ,„-ll anni. iSulA. 1. DI GIUSEPPE FnANCHl-PONT. GAP. VI. 5o[) offenufo avea nella Milizia il grado di Primipilo, cioè di tale che sotto il suo comando avea parecchi centu- rioni. Viene dal lusinghiero Ovidio pregato qual suo Protettore, e dal contesto di tutta l'Ovidiana elegia si scorge, che Vestale facea sua dimora in Tomi capitale della Mesia inferiore, che cadea sotto la denominazione gpnerale di Ponto, e città ov' era stato esiliato Ovidio. Ma come avrebbe Vestale stretta amicizia con Ovidio tutto intrinseco della corte d'Augusto, se non si fossero prima conosciuti in Roma? Come avrebbe quello (atte- nuto da Augusto il governo di sì importante provincia qual era la Mesia, vinta di recente, situata in mezzo a belligere e feroci nazioni, una di quelle provincie, che Augusto s'era riserbato, lasciando al Senato l'altre ch'erano vid. diob.,» . . SiClin.inAuguifc tranquille e disarmate, se stato non fosse Vestale m grazia di Cesare Augusto.^.. Racconta Svetonio, che Augusto uso era di trattare umanamente i parenti dei Re suoi confederati, e talora allevare insieme a' figliuoli suoi pro- prj quelli degli amici , e provvederli poscia secondo il svet. UAugun. loro grado. Perchè dunque non si potrà sospettare da un tal racconto, che Vestale sia stato allevato nella casa di Cesare, e ch'ivi abbia contratta con Ovidio un'ami- cizia, che con troppo diversa sorte si rinnovò poi nella Mesia?... Un non so che d'Alpigiano anche in mezzo di Roma potè liberare Vestale dallo aver parte negli intrighi, che rovinarono il troppo fiicilo, e curioso Poeta; e gli avrà lasciato seguitar nella Milizia il sentier d onore. In questo giro d' anni si guerreggiava da Tiberio nella 5o6 DE* TORSI SEGUSINI PaoDonia paese colla Mesia confinante, e forse Vestale , dopo aver militato sotto gli ordini di lui , recato si sarà nella Mesia ( dove fu poi Preside ), e colà sotto il co- tnaodo duo certo Vitellio Propretore avrà ajntato Cotti Re della Tracia detta Od/isia, alleato de' Romani, che parimenti guerreg^giò sotto Tiberio nella Pannouia, e che fu figliuolo di quel Rametalce, che adottò il pre- nome di Giulio, a ricuperare la città d' Fgepso, che stata gli era tolta da Huscoporide suo zio paterno, il che ci Ub.'ivcumN"i!' viene indicato da Ovidio nella mentovata Elegia. Mentre Vestale or a' Geli , or a' Sarmali rendeva il nome Romano terribile; ne punto temendo gli avve- lenati dardi nemici, che se gli piantavano in sul cimiero, Oria. Eicg. e n.ello scudo, rosse faceva ( come dice poeticamente Ovidio ) di sangue barbarico le acque del Danubio; Cozio di lui genitore seguitava tuttavia in Italia a me- ritarsi la confidenza de' Cesari. Morto Augusto, il diffi- cile, il sospettoso Tiberio rilevante e gelosa impresa al nostro Cozio affidò, la quale fu di sedare un periglioso Duranti. Cic- popolare tumulto. Iri P\>llenza antica , e sia fiorente rinolT^Ts'inl!» ^'*^^ situata poco al dissotto al confluente della Stura e del Tanaro , morto era un cittadino primario , che aveva pure il grado di Primipilo , e convien dire ass^i ricco. ber.*cap.'xxx . lì. La plebe non volle acconsentir mai , che il corpo di quello fosse levato di piazza per essere sepolto , sino a tanto che non s'ebbe fatti dar per forza dagli eredi i danari, onde si desse lo spettacolo de' Gladiatori, Tiberio mandò allora soldati da Roma, e mandò probabilmente cu DI Clt'SEPPE FRANCHr-PONT. CAP. VT. 607 una delle tre Coorti Urbane , così dette a dillVreoza delle nuove Pretoriane, (iiKe dodici iustituilesi da Cesare Au- gusto ascendenti a dodici mila soldati trattenuti ognora ne' contorni di Roma; ed un'altra Coorte cliiainù da vi- cini Slati di Cozio. Questi come Prefetto nominato da Augusto autorità avea sopra alcune Legioni, potea punir i soldati di morte, e molto più estesa era la giurisdizion sua nel civile, e nel militare, che non fosse quella isfessa de' Proconsoli , a' cjuali Augusto 1' avea tolta. Oltre ciò i vid. Nieupoore ■Tfc . . . . RilUUUl C]UÌ O- Proconsoli non rimaneano al governo delle Provincie, in» 0 pud Rem. ° ' ' oblia. Sf. • Tk r • 1"'!' f^u"). <<="• end e da credere-, che a Cozio tuttavia rretetto venisse m. affidata quella spedizione. Fingendo adunque d' essersi mosso per altra impresa, segretamente fece entrare, come narra Svetomo medesimo , le Coorti nella cititi per op- poste porte. Qiu'ndi scoperte d' improvviso le armi, dato nellef trombe, contenuta la plebe, fattin/e prigioni i capi, ricondu.sse in Poi lenza la tranquillità, il buon ordine. * Ciò fece poi credere a Giornande erroneamente, che nel Regno di C( zio fosse inchiusa anche Pollenza istessa. 3>,rDsnJ« dt La smania -, che mostrarono i Pollentici per li gladia- tòrj spettacoli, ci fa pe , che la ricca Pollenza non * Il I'I^^GO^E rrca uiin Mcilnglia roninln in onore ili (]ozio , e de' Sol- d.ili ToriiiPsi per coin«ndo di TibTio , da mi arguir si polrebbe , che a qupll' iiiipirsa si recassero pure Soldalesolie Torinesi, ma neMiiii altro, eh' io s.ippia , fa incnzionc Hi siffalta iMed.Tglia , ed o^iiua sa quiiiito slcoo sospetti i Monumenti amichi . che si trovano soltanto prvseu il PiNOOKit, 5o8 ■ ,- .1K0 de' TORSI SEGUSINI sia stata delle ultime città a provvedersi d'anfiteatro» Si vuol concedere , che ne' Scpti , e ne' Comizj dare aIb'"^''' Uh*'' P"^ anco si costumassero quegli spettacoli sanguinosi, e «p-5- che non vi fossei'o anfiteatri di pietra neppur in Roma a' tempi di cui parliamo. Ma che i Pollentini n' ab- biano poi avuto uno , e che questo sia fabbrica de' buoni tempi , avvegnaché costrutta di mattoni , si ricava da ruderi , che ancor ne rimangono , i quali esaminai io stesso pochi anni addietro. Vidi la forma ovale , ed { manifesti segni dell' arena , o cavedio ; osservai le pre- cinzioni, e l'indizio dei gradi, ma il tutto ingombro da rusticani abituri , dagU spinai , e dall' erba coverto. Ciò nulla ostante ruderi taU meritavansi d' esser avver- MaSeiloc.cil. ..1,1.» . t-, p oap. xtr. titi dal Maffei , il quale avrebbe nommata Pollenza fra le città pochissime , che furono adorne d' Anfiteatro. Le altre rovine poi d' edifizj grandiosi , che in quei contorni rimangono , provano , che popolatissima dovea essere Pollenza , e che il contenerla fu opera da venir sopramodo celebrata. Dopo di questa più non parla l'Istoria d'altre, ira- prese di Gozio ; ma supplisce ad un tale silenzio il sa- pei'si , che il figliuolo di lui , il fratello per avventura di Vestale , che ebbe 1' istesso nome del padre , e che diremo noi Cozio giuniore , meritò , che Claudio gli accrescesse il dominio paterno , secondo che narra Dion. cisnus Dione , e che per la prima volta Re il salutasse. Tal ub. 6a,iium. :4. Ir cosa dà motivo di credere , che fosse questa per parte dell' Imperatore una concessione autentica , diremo noi. DI GIUSEPPE FRANCHI-POKT. CAF. VI. Scig del Titolo Regio , titolo però sempre continuato a darsi a que' Principi da' loro Sudditi naturali , moni re che gli alteri Romani non volevano chiamarli altrimenti , che Prefetti ; tanto più che lo stesso Svetonio par- J"xxxwi'.'"'' landò di Cozio a' tempi di Tiberio chiama il dominio di lui Regno. Gli Illustratori de' marmi Torinesi con- fondono Cozio giuniore col padre suo figliuolo di Donno ; Mar. Tanrin. ma sarebbe un protrarre di troppo la vita di qucst' is». ultimo abbracciando la opinion loro ; e sapendosi , che presso i Romani spesse volte il padre e il figliuolo por- tavano i nomi istessi ; terremo dunque per fermo , che Cozio , dichiarato Re da Claudio , fosse il figliuolo di quegli , che innalzò l' Arco ad Augusto. Poco godette egli peraltro del titolo Regio ; ma dir bisogna , che siasi spenta in esso lui la forte , e genei-osa prosapia di Donno , . . . Proles alti jorltssima Donni m, iì1i.iy. poiché le Alpi Cozie furono ridotte in Provincia Ro- mana da Nerone Cesare. Susa diventò allora un rag- ca^' x\m. guardevole Municipio , come da alcune lapidi s' impara , riferite dagli Illustratori de' marmi Torinesi , e tale Susa continuò ad essere , sinché sfasciandosi il Romano Im- pero , ed invasa da' Barbari l' Itaha , corse la sorte ■^^i.'yVTi!T. deU' altre ItaUche Città. »f.,.f.,.W. 5io INDICE. Pag. Cap. I. Torsi loricati di marmo trovali in Suso : varie specie di loriche » /^'ò6 II. Descrizione , ed illustrazione de bassi- rilievi intagliali ^ulle loriche dei due Torsi Secusini '•444 III. Dell' epoca , e del lavoro delle statue , a cui appartenessero, i Torsi Secusini : con- getture intorno al sito, in cui fossero col- locate » 4^4 JLV. Agrippa rappresentato probabilmente in una delle statue , di cui ci rimangono i busti . ; » 4^7 P^. Si cerca qual personaggio verosimilmente Josse effigialo nella statua , a cui spella Poltro l'orso Secusino » 4^' yi. Regno, e Prefettura di Cozio\ notizie ri- guardanti i discendenti di quel Re, insino ali estinzione della sua stirpe . . . » 5oj Sii DE L'INFLUENGE DE l'esprit de MÉDITATION SUR LES LETTRBS, PAR J. M. DEGERANDO. Lu le 8 floréal ao x3. 9 C EST en vain qu'en obtenant pour la première foia riioaaeur de m'asseoir au milieu de cette illustre Com- pagnie , j'essayerais de me renfermer dans les formes académiques ; un sentiment me domine, me préoc- cupe tout entier ; j'ai besoin avaat lout de lui donner un libre cours; e" est eelui d'une profonde gratitude, et je vous l'exprirae avec émotion, mais avec siraplicité, comrae un fiis adoptif , re^u dans la famille , qui a eu la généiosité de lui ouvrir son sein et de l'adinettre à la parti'ipation d'un riche héritage. A peine avais-je dé- buté dans la carrière, que vos honotables suttrages sont veuus encourager mes efforfs. Vous savez combien ils tn'étaient ch< rs les liens qui m'unissaient à vous, et vous avez daigné, par une faveur speciale, les rendre ancore plus intimes: faveur prétieuse , qui me déguisant en queiqiie sorte la distance qui nous séparé, me per- meltra d liabitcr par la pensée au milieu de vous; en- fìn, à fous ces bieufaifs, vous avez, Messieurs , et frès- illustres Gonfrères, ajouté tous ceux d'une .aimable et 5lÌ2 DE l'iNFLUENCE DE l'eSPIXIT DE MÉDITATION ETC, cordiale hospitalité- Je ne puis acquitter uue dette si grande que par des hommages qui partent du coeur. Vous accueillerez avec bonfé ce tribut que je vous offre, aù moment où je me separé de vous, et je serai fidèle à l'acquifter pendant toute ma vie. Telles sont les jouissances épurées qui appartiennent aux associafions littéraires. Fondées sur l'estime, dirigées vers leplusnoble but, le zèFè désinféressé de la science , elles formeut des liens indépendans des lieux etdcs tems, elles unissent Its hommes par tout ce qu'il y a de plus élevé dans nofre nature, par la communauté des idées grandes et utiles. Heureux celui qui sent toute la diguité des honneurs académiques ! Son amc a counu le feu sacre ,. le zèle sublime pour le progrès et la propaga- tioa des connaissances humaines. Ne rendentrils pas en effet un éclatant témoignage aux associafions savanles les progrès rapides que les sciences ont éprouvés depuis l'epoque de leur fondatiou? Les sciences doivent aux Communications académiques ce que l'industrie doit au commerce. Aujourd'hui l'empire des lumières est à jamais établi sur la terre, et les institutions académiques sont comme autant de magislratures pateroelles, qui en pro- tégeant les vraies connaissances, écarteront du sanctuaire ces faux savans, dont la présomption et les travers sont pour elles le plus grand de tous les dangers. Ces peusées, Messieurs, se renouvellent naturellemnnt dans l'esprit, à la présence de votre savanfe Assemblée; il en est peu qui répoadent plus dignement à une si ,.r)r'< PAR 3. M. DÉGÉkANDO. 5i5 haute 'destination ; et, lorsqu'en posaiit le picei clnns cetfe enceinte, od se rappclle combieu dhonorables travnux elle a vu pi'ocluiie, on entend rcpélcr dus uoins cou- sacrés avec distinction daus les aunales littéraires» lorsque notre cail y conteniple daiis ses Tenérablcs Chefs des honinies qui siègcnt au premier rang pnrriii les savans de l'Europe, on s'applaudii pour les intércls de la science, dont les desliuées rcposent sur uce Ielle garanlie. Par une circonstancc particulièrc cette Académie s'est élevée spontauémcut à la hauteur quelle dcvait occuper; elle n'a poÌDt eu d'adolesceuce, -et. quoique recente encore , elle est déjà riclie eu résuUats et pleine d'aunées. D'une part nous la voyons encore honorée par la présence d'un de ses véuérables fbudateurs, dont lenom cher ,aux, sciences et aux; lettresy rappelle daus les inembres de la mème famille tous Ics gcures de succcs, les vcrlus et Ics graccs, les souveoirs et Ics espérances: de l'autre nous jMrcouroDS ces collections si fécondes, qui seruble- raient avoir exi^é de si lougues recherches. = Kous yoyoa's encore le berceau. de celte Académie; uous la con- tcniplons debout dans toute sa mafurité; et nous nous dcuiandons avec élonnement quelle cause a pu donucr à cettc institution une solidité et une grandeur que d'au- trcs doivent seulemeut ù la durce: = je crois, Rlessicurs, l'avoir découverle cette cause. C'est- parce que lAcadémie de Turin repoussa de son seiu , dès sa première origine, ces prétentions, qui, quoique nées de la médiocrité, de- robeut trop souvent Ics récompenses dues au vrai raé- 65 5l4 PK LÌNFT.UENCE DE lV.SPRIT DB MEDITATION ETC, rife ; cesi; parce qn'elle siit écaiter d'elle toutes le& procliictions frivoles , qui ne sont qu'iiii jeu de l'esprit, et n'ont point l'avcu de la raisoo ; cesi paice qu'clle donna dès sa naissance à ses travaux un cnractère grave et sérieux ; c'est en un mot parce qu'elle prif pour guide le genie de la méditation, ce genie tou^-puis^ant et trop méconnn, qui donne à l'homme de si grandes forces, parce quii lui enseigne 1 empire de lui-mème, qui éclairc la raison eu élevant lame; ce genie pere de toutes les conceptions vastes, legislateur de toutes les connaissan- ces, ce genie enfin , qui seul peut élever les lettres i\ leur véritable dignité, leur donner le mouvement et la vie, et imprimer à leur production le sceau de la gran- deur et de la durée. La nature elle-mème semble avoir consacré ces lieux comme un tempie à la mcdilation; font nous y invite, et la présence des alpes, de ces masses imposantes, antiques témoins des preniières épo- ques du monde, et le contraste toujours subsistant eutre ces rochers, ces frimafs et les plaines rianfes, les rives fécondes de l'Rridan, et le poids de tant de souvenirs de l'histoire, enfin les moeurs simples et labourieux de cette uation. Les jeux de l'imagination mobile qui se déploient cliez les autres peuples de l'Italie, ne sont en quelque sorte pour vous qu'un spectacle; vous les con- sidérez du haut de vos alpes avec le calme d'un juge; le charme qu'ua penseur trouve dans ces lieux , nous explique comment ces li«ux ont dù engeudrer tant de penseurs. PAR J. M. DÉCÉBANDO. 5l5 «Fai dlt, Messieurs, que les lettres n'iovoquaient pas moins que les sciences, le sccours et rinfluencc de ì& méditation, et je me proposai» de dévcloppcr aujoui d'Imi cette vérité importante, trop pcu connue cepeudant peiit- ètra, du moins dans la pratique meme, faut-il le dire? vérité qui scandaiiserail quelques-uns de uos deuii-litté- rateurs de salons et de gazettes , toujours préts à prendre fait et cause, dès qu'ou iait l'apologie de la raison et la censure de la frivolitc. Si des devoirs impéiieux n'eusseut absorbé tous mes loisirs, je vous auraissoumis à cet égard quelques cousidérations , et j'aurais cru offrir à l'Acadt-niie un tribut digne d'elle, au moins par son sujet; traiter de la méditation, ce serait parler sa langue; ce serait faire l'éloge de tous ses travaux, que de niettre au jour l'influence du principe qui jes a esseutiellement fccondés. J'aurais essayé de nionlrer d'abord que l'exercice de la méditation esf celni qui développe Ics dcux preraières facultés de l'esprit bumain , cellcs dont l'heureuse alliance assure tous les succès des travaux littéraircs ; laitenlion et Yimagi/mtìon ,= etite atteulion réfléchie et active, qui se replie au-dedans, qui fixe, détcrmine , met en ordre tuutes les idécs, apj)récie tous les rapports, élablit chaque cliose dans ses justes proportions , et en sa vraie place; cette aftention libre et maitresse d'elle-mème, qui nous affrsncbit de l'esclavage des distractions exterui'S , et rassemble l'esprit tont cntier sur l'objet qu'il doit saisir=; cette imagiuatiou énergique, mais sagc , qui 5ìG DF, l'iNFLUENCE BE l'i'SPRIT r»E MÉniTATION ETC, réiinit et condense Ics idik^s, forme devant l'esprit étonné des masses impnsantes et régnlières , ouvre des peispec- tives nouvelles,, rògnt^ sur l'avenir, piane sur les espaces et sur les temps, ouvre ayec hardiesse les routes de l'invention ; mais qui toujours rc^oit ses forces du dcdans,. mais qui toujours , comme une armée docile à la voix de son olu-f, doit s'artéter au terme que la ràison lui prescrit, rester soumis axix lois qu'elle impose. Npus aurions montré que l'atfentiòn privée des grands obiets , que la méditafiòn doit lui offrir, degènere ea subtilité d'esprit,, éspèce de nialadie intellectuelle qui dégrade les productions littéraires, leur donne, je ne sais quoi de mesquin, d'étroit et de précieux ; que l'imagination ayant rotnpu le freiu qu'uue sage médita- tioa lui avait donne , perd infailliblement la trace du beau , parce quelle perd celle du vrai ; s'égare à la poursuite de je ne sais quels fanfómes bizarres, parce quelle a perdu le sentitnent de la sirnple nature, et ne nous offre plus au lieu des conceptions élt-ganles et majestueuses , que des accuraulations grotesques didées étonnées de Jeur rapprochement mutuel , vain delire qui peut causer quelque surprise , mais de cetfe surprise que font naìtre dans tous les genres les aberrations qu'on nomme des monstres. J 'espère émettre un principe approuvé par cette Aca- démie, si je dis que la première source de fout, ce qui donne un caractère distingue aux productions litté- raires, que cette première source est dans lame; je veux PAR .T. M. rif.n^RAKDO. 5 17 dire, dans les sentitnens ék'vés et gi'n<^ioux, dnns le Saint cnlhoiisiasme |)«)iir toiit ce qui est vnii , Jjcau et bon ; notte cher Vai vi-.nargue la dit, Ìps granJps pen- sé''s dennent du coiur; celui qui sent forlenieut et no- blement , peut avoir besoin encore de quelque exeicice diius lemploi df l;i langue , mais il possedè certaioe- ment cu lui le germe du véritable taient , il possedè ]a substance, In vie, j'allais dire la moiille des produc- tions. Le siyle, quand il est pur et conforme aux règies, n'est qu'un transparent fìdèle, au Irnvers les ames se voient, se sentent et communiquent enfre elles, le goùt lui-mème appartieni plus qu'on ne croit aux facullés du cocur, car le sfntimeut des choses délicates tient de prcs à la générosité , et souvent en est mérae une éma- nation. Mais où naissent, où se nourrissent ces éniotions nobles, profoudes et pures qui doivent iospirer le genie? est-ce au milieu du fumulte des passions, au milieu des distractions des plaisirs, sur une scène bruyante etagitée? non, sans doute; là, le coeur se parlagfe, se dissipe , s'épuise mème bi<»ntót. 11 peut t'prouver cette agitation, qui piait ;uiK hommes mécootens d'eux-mémes; mais l'agifation du conur n'est pas la sensibilità , elicla détruit au contrairc; c'est sous la sauvegarde du recueillenient, du silence, ([ue la doucc sensibilità a été placée ; ainsi la souice limpide est protégce par les ombrages qui se .courbent sur elle; c'est dans la médilatioa que lame se retrempe, s'élùve, qu'elle acquicrt la consciente de ce qu'elle est, qu'elle se nourrit de toutes les pensée» 6i8 DE l'influence de l'esprit de méditation etc, qui honorent nofre nature, cju'elle s'ennoblit par un commerce sublime avec son celeste auteur, qu' elle ap- prend à voir l'univers dans sa cause , l'homme dans loute sa diluite, à expliquer le présent par l'avenir; c'est là qu'elle découvre, dans toute sou éteudue, l'admirable et éternelle alliance de la vérité et de la vertu. Od se plaint aiijourd'hui , ou se plaint assez juste- ment d'une espèce de divorce eulre la morale et les Ict- trt's, divorce dans lequel Ics lettres ont dù perdre leur pi'cmière dignité et leur plus grand pouvoir; mais quelle en a été la véritable cause ? c'est que dans un siede corrompu les gens du monde ont cru pouvoir devenir hommes de lettres avec le seul avantage que leur donnait ce qu'ils appellent l'esprit ^ espèce de t^lent, qui ne s'exerce guères que sur la surface des choses, et qui n'est que le coté brillant de la frivolité; c'est que uos jeunes élèves ont cru pouvoir associer les études littéraires au goùt des plaisirs ; c'est qu'avides de succès prématurés, ils ont negligé de venir s'iustruire à la plus grande de toutes les écoles , celle de la solitude ; ils ont fui leur piopre coeur. De-là, toutes ces pensée» efférainées, ces formes brisées du style, où l'on sacrifie tout à ce qu'on appelle le trait , ce défaut de pian , d'en- chaìnement entre les idées , ce délaut d'un largc et riche tissu , si je puis m'exprimer de la sorte; défaut qui atte&te le défaut de suite, de fécoudité et de gran- deur dans les conceptioos; et ceux-là méme, qui sup- pléant par calcul à ce qui devait venir du coeur, ont PAR J. IM. rÉGÉHANnO. SlQ Yonlu dii moins rchausscr leurs proHuctions par une monile de parade et d'emprnnt qu'ils léservdil pour leucs livres, j'allais presque dire pour I«'urs libraires; mais qu'ils ne sonp;ent giières à employer pour Itur propre usaj^e; ceux-là ne réussissent point encore à rtMia- biliter la litlératiire, ils discufent plus qu'ils nesenfent; le laof^ai^e de la vertu grimace daos leurs bouches ; ils ont le talrnt de giacer les expressions , qui nous touchaient, quund elles étaient ditcs simplement. bossutT, Fénélon, Roi'ssiìau, prands écrivnius dn grand siècie, vous ne cherchiez point les expressions du scntiment , de la vertu dans le dessein mercénaire de la faire servir au siiccòs d'une phrase, ou d'un discours ; mais vos paroles partaient d'un cocur rempli , nourri de mé- ■ ditations profondes, et votre triomphe était assuré de lui-mènic! Que n'anrais-je pas eu A dire, Mcssieurs, et quelle liclle carrière se serait ouverte devaot moi, j'aurais essayé de pi né(rer dans cet atelier secret , disons plutót dans ce siiD.tuaire, oià le genie en silence prépare , dispose, élabore ces pensées augustes, qui se découvrant ensuite au\ regards des hommes, conquièreut leur admiralioa el leur respect, et l affeziona , e ibctli iutonio di molte amorevolezee ; tt= ed il MamzÌnI non diversamente comincia = scam- lìk i.paf. is y> pato Daini da questo pericolo come gentile e. cono- » iscente-, eh' egli era ringraziò Dorcone , olk-rendosegU 7) per k pariglia , e la Cloe altresì gli ne mostrò Boa » poca affezione ■ facendogliene perciò di molte cai-ezze: ■=* segue Annibal Caro = era Dorcone un cotal tar^ g » pagnuolo inframettente , di pel rosso , di persona •» piccoletto , e di maniere tutto nel praticar curio- » so , nel parlar lusinghiero /, e nel pensier mali- » gnuzzo , in somma un cattivo bestiuolo: = ed il Manzini seguendo il Caro, ma cominciando a stan- carsi di essere elegante come lui = era Dorcone un y> cotal tarpagnuolo inframettente di pel rosso , di per- » sona homicialto, nel parlar lusinghiero e d'entragna, » anzi elle no malignuzzo, e tutto insieme un maledetto » bestiuolo = continua il Caro con ischietta dettatura = » avea costui più volte veduta la Cloe, e piacendoli » cercava di farhsi amico, e di già avea gittate uà 532 DELLA TRADUZIONE DEGLI AMORI DI DAFNI' E CLOE » motto a Driantb di volerla per moglie = il Manzini dice pur lo stesso, ina cercando d' infrascare il Caf.o, come quel corto trndutfor di Virgilio , di cui disse p\}Y si bene' un bell'ingegno Francee le sol! il wut donner de Fes/irit'à VinciLE, aggiunge paragoni, che nel Caro non sono, dicendo con una grazia sgarba- tissima == avea costui più volte buttato 1' occhio alla » Cloe, e vedutala bclluccia come una mela rosa, e fresca » come una viola mammola, non potè non soddisfarsene » a dismisura, onde desideratasi, e procacciatene l' ami- » ciziay si era condotto sin a buttar motto a Driaute » di desiderarsela in moglie =. Il Caro = ora iu su ». questa r occasione , veggendo Dafni cortese., e soro » com'era', e 'parendoli! la Cloe Semplicetta, ed arren- » devole per le carezze , che ella per amor di Dafui le » facea ec. = il Manzini = Hora in su questa occa- ?> sione scoprendo che Dafui era così soro , come cortese, » e parendoli la Cloe tanto arrendevole quanto bella » ingannato da quelle carezze ec. = ma non mi pare necessario lo estendermi più a lungo, e proseguire il confronto; perciocché da quello che sin qui si e fatto si vede manifestamente non solo quale sia lo scandaloso plagio del Manzini, ma inoltre come, se- condo lo stile di que' rubatori , che indegni sono di posseder ciò che rapiscono , non sappia valutar ciò che ha involato, e presumendo di migliorarlo il guasti; e già mi sembra sentir esclamare l' ombra di Annibal Caro. Quid viiserum laceras ! parce sepullo : se non m CIANFRAXCESCO CALEANI NAriONE. 535 che le vcudcUe del Caro si nuseramentc lacerato dal' Manziki giù vennero fatte da quello Spirito gentile, che salvò dall' obblio la Traduzione di Lonco di lui. Vero è che queste non sono totalmente compite : perciocché nel Testo della Traduzione di Lo^GO, che servì alla famosa edizione del Bodoni , il Supplemento del Caro è mancante: che all' incontro intero e com- pito era il Testo , che venne corrotto dal Manzini. Di fatti il Testo del Bodoni, per ciò che riguarda il Supplemento , termina con queste parole = E pur non » tornando , fra dubitar che fosse morto , e creder che " le si togliesse vivo, dolente e gelosa non cessava di r> richiamarlo = le quali parole sono alterate dal Man- „ • . ^ ZINI in questa guisa = e pur non tornando Dafni, *'•-•'• » ella non cessava o di dubitar eh' ei fosse morto, o » di credere, che spontaneo se le togliesse vivo; onde » dolente e gelosa a dismisura non riffinava di chiamarlo » a tutta lena. = Ma qui non termina il Manzim , e prosiegue per più di ima facciata, insino a tanto che la narrazione viene naturalmente a congiungersi con quelle parole della Traduzione del Caro, che dicono = quindi poiché fu solo in questa guisa tra se stesso » vaneggiava: oimè ! che bacio è questo ec. :^ parole travisate dal Manzini così = restato solo , o Dio , » come, oh Dio, quanto egli si trovò sprofondato nel » cuore il bacio ec. ..» Da ciò manifestainenle si vede, che il testo della Traduzione del Caro, del quale si valse il Manzini era fiiii compito, cjie non quello su 534 DELLA TRADUZIONE DEGLI AMORI DI DAFNI E CLOE cui si fece la splendida Edizione Bodoniana ; né è da siippoisi che il Caro, che tanto limò questa sua ele- gante traduzione , e che intraprese a supplir a quella Lacuna, abbia lasciato il Supplemento medesimo imper- fetto. Ad ogni modo sì fatto frammento pregevolissimo per quello, che contiene di Annibal Caro, qui si unisce non tanto per supplire a quella Lacuna del testo Greco, come per porgere materia a' Critici di gusto fino e pur- gato nelle cose della Lingua nostra, ed esperti nel di- stinguere il diverso sapore degli stili diversi , di eser- citarsi a separare il puro oro del Caro , dalla lega di vii metallo, colla quale non temette di mescolarlo il Manzini. ULTIMA PAPlTE DEL StnPPLEMENTO DI ANNIBAL CARO AL BAGIONAMENTO PRIMO DEGLI AMORI PASTORALI DI DAFNI E DI CLOE DI LON G O Come sta presso il Manzini, pag. .i3, e 14, e colla stessa sua ortografia. •Quesieparoie -E /?«^ noìi * tomaiìclo , fra dubitar che fosse morto, ìrvoT'coroe^ie 6 Creder che le si togliesse vivo, dolente e gelosa non altre in Bnesono • 7 • 7 éi AoDibai Caro, pessova di ricluamarlo. « Quando parue a Dafni d' hauer à bastanza scherzato y rimessosi in fondo, lentamente nuotando sott' acqua , si » ricondusse a piò della Cloe, e quindi sbucando in un T momento , e balzandole a petto , prima di paura tutta DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 555 » la scosse, poscia di gioja e di dilcUo la ben colmò. » Aperte le braccia, volandoceli incontro, ah caro (gridò » ella ) e dove se stato là sin hota? tanto dì mìo dó- » lorctì godi tìi? respiro, ohimè, respiro ajipena ; e but- » fategli le braccia al collo con estrema violenza lo si » trasse incontanente al petto, e con supremo contento » dell'uno, e dell'altro cuore cara, e soavemente su le » labbra Si lo buciò. A' quel bacio , come nave dal veleno » della remora alloppiato , Dafni arrestò. Senti cadérsi il » cuore per l'immensa dolcezza, e rendendogliele quanto » più saporitamente seppe, divertì, et a burlarsi con esso » lei di suo timore, et à raccontarle quanto si fosse fatto > gabbo di suo vaneggiamento, et ad aditarle il foro di » doue bavea sin bora osseruati quanti moti ella fatti » hauesse. La Cloe con lezi lior di sdegno mordendosi » il dito per vedersi beffata, bor di pace, e di affeto , » per timor che di suo sdegno egli non disdegnasse, hor » di allegrezza vedendosi pur di nuouo il sospirato fra le » braccia, andana tirando in longo le congratulazioni, forse » per allungar 1' occasione d' andarsi di quando in quando » pur di nuouo stringendo il tenero teneramente al petto. » Esaggeraua la bella il dolore e '1 martore in che l' hauea » tenuta sì longa diuisione, ed egli per lo più simulaua » di non credergnene , sì per l'estremo contento cb' ei » godcua in veder con quant' affetto 1' affetto suggerisce » alla sua cara nouc formalità da testificargliele, come per » rigoder di quelle bellissime ire , che le imporporauau » le gote ogni, e qualunque volta le venia da ridubitare, 536 DELLA TRADOZIONÈ DEGLI AMORI DI DAFNI E CLOE » eh' egli pur ne dubitasse. Non restarono impunite da » i flagelli d' amore queste girandole di Dafui , che ter- /> minati gli abbracci della Cloe, ò per me' dire sospesi, p rimeuossi dou' erano e suoi panni per riucslirsi, man- » dando la Cloe a curare intanto le mandrc. y> Quindi poiché fu solo in questa 'guisa tra se stesso vaneggiava : cime ! che bacio è questo ! ec. . . . 537 Correzioni ed Aggiunte alla Dissertazione ìntornqì\ a' Tursi Secusini. X_iE Stampo, nnche le più accurate, come beue osservò viicomiPrrr. •Ili X7' • r\ • ■ \T r . 1 1 . «1 Tomo III itti il cflcbie EjQnto (Quirino Visconti, a Ironie de marmi, Mu«o pio eie- . . . . . f . iiit-at. pag. VII, sono DuHa più, per ciò che riguarda gli studj dell àdCì- quaria, di quello che sieuo le Tavole anatomiche rispetto agjii studj dell'Anatomia. Invano pervia di esse si tenle- rebhono nuove scoperte, come indarno spererebbe l'Ana- tomista ritrar dalle Tavole anatomiche nuovi lumi sull'or- ganizzazione de' corpi umani. Di questa veiilà ebbe campo di convincersi 1' Autore della Dissertazione intorno a' Torsi Secusini : perciocché , sebbene avesse esaminati prima at- tentamente i Marmi originali, dovette però dettarla lungi da Torino , avendone soltanto sotto 1' occhio disegni ; che anzi non vide quelli del signor Boucheron, ciie qui si uniscono, se non se dopo di averla compila. L'ispezione che ora si è fatto di nuovo de' gessi, ha dato luogo alle presenti correzioni ed aggiunte. Essendosi poi periufeso che fosse stata spedita a Parigi in un coi Torsi originali, anche una testa di marmo, che si di- ceva essere stala trovata in un con essi , si cercò di averne speciale contezza; ma da un artista intelligen- tissimo che la vide si ebbe la notizia, che, oltre ad esser questa frammentata, non può in nessun modo appartenere ai Torsi di cui si tratta, per essere di proporzione notabilmente diversa. Pag. 444 e 44^ • La supposta armilla al braccio di 68 5?8 Apollo, di cui qui sì parla y e che non si vede nel di- segno del signor Boucheron , si fe riconosciuto non esser altro che una sbavatura del gesso, che trasse in inganno chi r osservò ; massime essendo nel resto 1' Apolline ve- ramente con forme ed abbigliamento muliebre, come lo dimostrano non solamente i lineamenti femminili, ma la lunga tunica, ed anche specialmente l'acconciatura de' ca- pelli, siccome molto bene si ravvisa nel gesso medesimo. Pctg. 461: Nello scudo della Pallade si distingue bensì la Gorgone , come la disegnò il signor Boucheron pre- nominato, ma non la Civetta. L'immagine della Dea poi è rappresentata , cotne in esso disegno, in maestà, colle gambe disgiunte, e non incrocicchiate come si era supposto , e mostra tutta la dignità e compostezza conveniente ad nna Divinità. Inoltre sono notabili le diverse maniere de' panneggiamenti che vennero esatta- mente copiati dal signor Boucheron. Quello della clamide della Pallade con andamento di pieghe simmetriche ed angolose sul fare dello stile Etrusco, o Greco-Italico antico che vogliam dire ; quello delle Donzelle che stanno attorno alla Dea con pieghe curve ed ondeggianti , quali s'incontrano in molti bassi rilievi antichi copiati da' piìi vetusti Greci monumenti , e che alcuni credono che abbiano avuto origine da' panni sottili di lana , che si adoperavano comunemente; quello finalmente grandioso e nobile delle clamidi di entrambi i Torsi di un bello ideale squisitissimo , cosicché si può affermare che piìi belle pieghe non furono viste giammai. Questa parti- 539 colarità serve ogni volta più a comprovare che il lavoro delle nostre statue fu dell'epoca più felice delle Arti in Italia, vale a dire del Secolo di Augusto; e che noa a caso uè' panneggiamenti della Minerva, e delle Donzelle che le fanno corteggio espresse il valente Artista stili é maniere diverse di scolpire, ma bensì per rappresen- tare esattamente antiche statue, venerate per avventura sotto quelle precise forme, e con quel antico gusto scol- pite. Che la Dea Pallade poi sia effigiata senza dubbio nessuno in questa lorica , e non già Roma , come forse taluno potrebbe sospettare, lo dimostra ad evidenza ciò che dottamente osservò il prenominato Visconti in tale proposito. La Dea Roma , die egli , è tutta diversa da Pallade. Pallade non si vede mai né succinta, né con una mammella nuda a guisa di Amazone. Le Rome scol- pite possono bensì somigliar a Pallade, ma sono sempre disfinte da quella Dea o dall'attitudine, o dai simboli. Roma è quasi sempre assisa, e Minerva stante; l'egregio viwoniiMuwo busto di Roma in Villa Pinciana , ha sull'elmo la lupa con ^ so.^noia^cd). e Romolo; ed altrove egli asserisce, che per evitar l'equi- voco tra Roma e Minerva si è posta ognora sull' elmo della prima l'immagine della lupa, e si è abbigliata a guisa di Amazone coli' omero ignudo, come non si vede mai la Diva di Atene. Pag. /(53; Una Danzatrice Spartana in tutto simile alle due Donzelle effigiate nel busto di cui qui si ra- giona, simile non solo nella breve tunica, ma uell'an- damcuto delle pieghe ondeggianti di essa, e nella 54o corona di foglie di pnlma , vien riferita dallo stesso insi- vi,conii M.iseo guc Antiquario Visconti. Riflette il medesimo esser PloClcUI r III, J T "«.jS'"'''" "*'r^"* "' osservazione la somiglianza precisa di questa figura con quella di una Vittoria alata, e danzante attorno ai Palladio, scolpita nell'usbergo della statua di Clo- dio Albino, di stile, e forse di tempi migliori che la 7./.w,/.iaT XI, scultura del capo non sia: aargluuge, che fra le anti- p»g. li e la. ì • X T? • • ^ o o ' cliità farnesiane vi ha un torace quasi simile, se non che le figure attorno al simulacro di Pallade non sono alate, ed ambedue atteggiate uniformemente; e ne infe- risce, che la scultura Farnesiana deve quindi aversi per pi'ìi antica , e che è probabile che un artefice poste- riore o per capriccio , o per ignoranza del vero signi- ficato di quel basso rilievo abbia trasformato quelle Fanciulle in due Vittorie, aggiungendovi per maggiore evidenza le ali. Ora posto tutto questo , aggiungeremo noi essere probabile, che il nostro torace affatto con- simile al Farnesiano sia più antico , e sia stato II modello di esso. E chi sa che la Statua Secusina non fosse per avventura una replica di quella medesima di Agrippa posta nel portico del Panteon, divenuta poscia, quanto agli ornati , per l'eccellenza dell' arte , modello de' po- steriori Scultori ? Pag. /|56: La Memoria del signor Abate Tarini in- torno alla tazza argentea che offre la pugna di Ercole colle Amazoni si pubblica in un col disegno di essa tazza in questo medesimo volume dell'Accademia, pag. e scg. 64i jiddilion au Mémoire qui a pour tilre: Do l'influenco . de lesprit de mcditatiou jiic^ ics.iittUiea^' punt MJ ij^o .>■)•:!'■ I ob '; '-. JLjt poiii^quoi refuserions - nous à ceux dont la raison -s'eHòrce de penetrar les secreta de la nature, d'attcindre fluxplus Biiblimes hautcurs du clikul? Pourquoi leur rcfu- «erioDS> DOiis la puissauce de venir récréer; et reposèr leur ^esprit nù seio des rians parleiies que la littérature a ■émaillés de fltoirs ? Qui oserait Jeur . di&puter le droit de les embelljr dux-mémes? L»c$ orabrrs de Platon et ■de PiiiNt.,'^ de Oalember-B) et de Buffon, se leveraient pQursi pur et aussi 69 542 désintéressé que celui dont ils affectent le laogage , je craius qu'ils ne soieat plus occupés de leur propre cause , que de celle des lettrcs elles-mémes ; nou, je ne recon- naitrai jamais comme un véritable homme de lettres celui qui dégrade ce noble titre par l'apologie 'de l'ignoraace. Pour vous, Messieurs , toutes les carrières vous sont ouver- tes; vous foulez aux [libds la terre .classique;, les tnoniiinens de l'histoire sont accumulés sous vos yeuic; la voix des siècles semble sortir encore de toutes r! les ruioes qui selèvent autour. de vous, et vous redire toutes les tra- ditions antiques; la nature vous offre le spectacle de ses scènes ,les plus variéés ,> et de ses plus àugustes mer- veiJJes ;MÌtt ciel pur ouvre à vos regards une route sùre et libre pour parcourir les régioas immenses de. l'ùni- vers , et suivre la marche des moudes ; les chants de iI'Arioste et du Tasse, les accens harmonieux de Racine iretentissent également dans les t'chos des alpes; parmi ■vous aussi' ils denaandeut des disciples! ah! combien l'ame s'élève en presene^ "de bes souvenirs et de ces specfacles, et que d© aobles espérances se concoivent, lorsqu'on ^,vous lYoit au ! milieu ideux soutenir l'autorilé de vos exemples, de la force de vos eucouragenaens , les heu-. -reuses influeopes qu'ils do^vent répandre sur ces coatcées!< oUyia ,^T^3jj;g ab' '»>ioa 'ìriii .i fi liitir-, >/>t': o-iinoa P,oìyitf^ -ftiod al^ ab 91.' 'fa UìiiB Ì.9 'luq UiUB alàs n» isq auon &bc\ iimoz oa aam TAVOLA. NOTIZIA DE' LAVORI. P. REAMBOLO . , . . . . pag I. Morale , e politica ........ in. Metafisica .....;... xii Letteratura , critica , ed erudizione .... xvii. Stilè XXXVI. Poesia ....•..., XLV. Traduzioni ........ ux. Belle arti . . ixv. LAVORI DEGLI ACCADEMICI. Discours sur rutillté des sciences , littérature et beaux - arfs Par f^bbé Vincent Tarin pag. t» Explication d'un bas-relief antique, etc. Par le méme ■ 6. Nouvel aper9U sur les causes de la chùte des lettres aux siècles de l'ère vulgaire, appelés de fer. Par 31.' Emanuel B^r^-S.-P^iUL. . . . ir. Réflexions sur les divers systcmes de versification. Par le C: Dépf.ret ......... 23. Du goùt en peinture , etc. Par le C. Pécbevx . . 44. Rétlexions sur l'art de bien draper les figures. Par M.'Rep'fi. 53. Dialogo tra morti , cioè tra Pietro Cornelio , e '1 marchese Maffei sopra la tragedia. Di Emanuele lÌAf^ A S,P^olo, 71» Dialogo tra Paracelso , iTraacesco Plzatro , e Lauv Scozzese ; sui modi diversi di accumular l'oro. Del medesimo, pag. 85. Sul'a natura dell'eloquenza. Discorso di Francesco Rkgis io5 Della patria di Cristoforo Colombo. Disseriazione di Gianfran- Cesco GytLE^Ni Napiose . . . . . ii6. Notice hisforique sur une inscriplion consulaire trouvée dans les décombres du donjon d'une des portes de la ville de Tu- rin. Par Modeste Paroi.rtti ..... 265. Vita di Alessandro Vittorio Papacino d'Antoni, scritta da, /Voi*- mperp B^lbo . . . . '„^83. Sulla necessità che corre di rettificare la vista agli aljievi di- segnatori. IJi Vincenzo Antonio Ret^klx.i . . , ,^77' Dell' origine delle stampe delle figure in legno , ed in rni^e. Di Giqnfrancesco Galeoni Napione . ... .383» La luna abitata. Egloga di Gasparo Morardo . . 4o5. De' Torsi secusini. Dissertazione di Giuseppe FranchiPont 484. De l'influence de l'esprit de méditation sur les lettres. Par J.M. Dégkrakdo . . ... . . . . 5 1 1 . Della traduzione degli amori di Dafni e Cloe di Longo ec. ' Di Gianfrancesco G^LE^yi Napione . . . Sza. .Aggiunta alla dissertazione di Giuseppe ..Franchi -Pont sui .'• Tor«i secufiini . . . .».' 'li