Ri arenaria ig SL RIT segrete. rar eee arc ne MEMORIE H. ACCADEMIA DELLE SCIENZE DELL'ISTITUTO DI BOLOGNA e Serie VI - Tomo I meses, è MEMORIE DELLA hi, ACCADEMIA DELLE SCIENZE PEPE ZISRERO TO DI BOLOGNA SERIE Miles TOMO 1 i PNE TW IT Dr ) ER sr, BONONIENSIS = ANI degne 9 VIERDE BOLOGNA TIPOGRAFIA GAMBERINI E PARMEGGIANI 1904 ILLUSTRAZIONE DI SPECIE ORBIGNYANE DI FORAMINIFERI [STRO Meg NE Tesi 2 6, MEMORIA DEL Dottor CARLO FORNASINI presentata nell'adunanza del 15 novembre 1903 (CON QUATTRO TAVOLE) Genere SPIROLOCULINA d’° Orb. Spiroloculina depressa (tav. I, fic. 1). È forma ben conosciuta, non tanto per la riproduzione fattane da d° Orbien y col numero 92 dei suoi « Modèles » e per il confronto con la Sp. dilatata del bacino di Vienna, quanto per l’ illustrazione completa che ne ha dato Schlumberger nel 1893 (Mém. Soc. Zool. Fr., VI, p. 60, tav. III, fig. 69). Presento, ciononostante, una copia della figura che fu disegnata nelle « Planches inédites », affinchè sia reso più evidente il concetto che l’autore aveva della sua specie. I rizopodisti inglesi, dal 1860 in poi, associarono sempre la Sp. depressa d° Orb. a la Sp. planulata (Lam.). La Miliolites planulata di Lamarck non è ben definita, poichè comprende almeno tre forme: «, p, y; delle quali sappiamo soltanto che $ è un poco turgida, mentre è molto piana e carenata al margine. Può darsi che la Sp. depressa vada riferita ad « 0 a y, ma non ne siamo certi; come non siamo certi che siano specificamente identiche a la Sp. depressa alcune forme illustrate dagli autori inglesi sotto il nome di Sp. planulata (p. e.: Foram. Crag, tav. III, fig. 37, 38; Rep. Chall., tav. IX, fig. 11). Hab. Il mare Mediterraneo. Fossile nel subappennino di Castellarquato. Spiroloculina perforata (tav. I, fie. 2). Il disegno delle « Planches inédites » aveva vista la luce, più o meno fedelmente, in alcune edizioni del « Règne animal » di Cuvier, ed anche in altre opere, e servì nel 1882 (1) Tableau méthodique de la classe des Céphalopodes. Ann. Se. Nat., vol. VII. — Le figure che accom- pagnano la presente memoria sono state fedelmente copiate da lucidi che Berthelin aveva eseguiti sui disegni originali delle « Planches inédites » di d'Orbignyv, e ch'egli mi lasciò in eredità nel 1897 (Rend. r. Aec- Sc. Bologna, n. s., vol. II, pag. 11, nota 2: adunanza del 14 novembre 1897). Serie VI. — Tomo I. ] SE geo a Terquem per identificare con la Sp. perforata alcune forme dell’ eocene parigino. Nel « Prodrome » (II, p. 409, n. 1351) la citazione della specie non è accompagnata da frase descrittiva: e siccome anche le figure terquemiane sono mediocri, così trovo utile ripro- durre il disegno di d’ Orbigny, rappresentandovi col nero gli spazi liberi interloculari. Una simile discontinuità nella soprapposizione delle camere riscontrasi in altre spiroloculine (p. e. nella Sp. fenueseptata e nella Sp. acutimargo di Brady), ed è, a quanto pare, concomitante a quel particolare aspetto della regione iniziale che è caratteristico del genere Ophthalmidiwm. Hab. Fossile a Montmirail (parisiano A), e, secondo lerquem, nell’ eocene di Septeuil e Vaudancourt presso Parigi. Spiroloculina grateloupi (tav. I, fig. 3). « Espèce très-allongée » sono le sole parole che leggonsi nel « Prodrome » (III, p. 161, n. 3017) a illustrazione di questa specie. Terquem, nel 1878, basandosi su la figura delle « Planches inédites », riferì a la Sp. grateloupi una forma pliocenica di Rodi. La fig. 5 di Terquem, sebbene lasci a desiderare, non sembra però molto lontana da quella inedita di d Orbigny. Pare,-in ogni caso, che si tratti di una modificazione limbata della Sp. depressa. Hab. Fossile nei dintorni di Dax (faluniano B), e, secondo Terquem, nel pliocene superiore di Rodi. Spiroloculina tricarinata (tav. I, fig. 4). Nel « Prodrome » fu citata semplicemente come « espèce à trois carènes extérieures » (III, p. 161, n. 3018), e Terquem, in base al disegno delle « Planches inédites », credette di poter ascrivere a la Sp. fricarinata alcune forme dell’ eocene parigino. Le figure terquemiane, che non sono troppo accurate, rappresentano esemplari con tre e anche con quattro carene in ciascuna delle ultime due camere. Si confronti la specie seguente. Hab. Fossile nei dintorni di Dax (faluniano B), e, secondo Terquem, nell’ eocene di Septeuil e Vaudancourt presso Parigi. Spiroloculina bicarinata (tav. I, fig. 5). Trattando della Sp. ornata di Cuba, d° Orbigny ne istituì il confronto con la Sp. bicarinata, e scrisse: « elle en diffère essentiellement par trois còotes de chaque còté au lieu de deux, ainsi que par la disposition interrompue de ces còtes ». Nel « Prodrome » (II, p. 409, n. 1352) nessuna frase descrittiva. — Il disegno delle « Planches inédites » servì di base a Terquem per ascrivere a la Sp. dicarinata una forma essa pure eocenica. La figura terquemiana non è certo perfetta; ma, a giudicare da le apparenze, si è facil- mente indotti a ritenere che Sp. dicarinata, Sp. ornata e Sp. tricarinata, siano tre forme strettamente affini tra loro. Hab. Fossile a Mouchy-le-Chàtel (parisiano A), e, secondo Terquem, nell’ eocene di Septeuil e Vaudancourt presso Parigi. u Br a Spiroloculina lyra (tav. I, fig. 6). Appena ricordata nel « Prodrome » (II, p. 161, n. 3019) con le parole « bisanguleuse extérieurement », la Sp. Zyra era anche meno conosciuta delle quattro specie precedenti. Il disegno finora inedito ce la rivela come una forma in cui le ultime due camere sono doppiamente e ottusamente carenate. È da riguardarsi, almeno in apparenza, come una modificazione della Sp. nitida. Hab. Fossile nei dintorni di Bordeaux e di Dax (faluniano B). Spiroloculina orbicularis (tav. I, fie. 7). Sconosciuta fino ad oggi quanto la precedente. Nel « Prodrome » (III, p. 195, n. 573) fu citata con questa troppo semplice frase descrittiva: « espèce lisse sans angles ». Ha infatti margine arrotondato, e ricorda moltissimo le forme suborbicolari della Sp. ritida, da cui sembra differire soltanto per il maggior numero delle camere. Non è da escludersi che quest’ ultimo carattere possa dipendere da dimorfismo iniziale, nel qual caso Sp. ordi- cularis sarebbe forma microsferica di Sp. nitida. Hab. Fossile nel subappennino di Castellarquato. Spiroloculina angulosa (iav. I, fic. 8). Terquem riferì a questa specie di d° Orbigny una spiroloculina pliocenica di Rodi, basando naturalmente la sua determinazione sul relativo disegno delle « Planches inédites », al quale però non corrisponde troppo la figura terquemiana. La Sp. angulosa ricorda, fino a un certo punto, la Sp. limbata, dalla quale differirebbe sopratutto per avere margine piano e non convesso. Hab. Il mare Mediterraneo. Spiroloculina striata (iav. I, fie. 9). Descrivendo la Sp. antillarum di Cuba, d’° Orbigny la confrontò con la Sp. striata, a la quale la trovò somigliante. « Néanmoins (egli scrisse) elle s° en distingue par une forme moins large, plus allongée, plus gracieuse, par des stries plus régulières et enfin par un dos arrondi et non subcaréné ». Ciò è tutto quanto finora si sapeva della Sp. striata, la quale infatti non è da confondersi con la Sp. antillarum. Hab. Il mare del Sud a Rawack (e anche a le Isole Sandwich?). Spiroloculina elongata (tav. I, fig. 10). Anche questa specie fu dall’ autore confrontata con una spiroloculina di Cuba, cioè con la Sp. poeyana, a la quale egli la trovò somigliante nella generale conformazione, diffe- rendone tuttavia per essere striata. Nel « Prodrome » (IIL p. 195, n. 574) la Sp. elongata è detta « espèce épaisse, tranchante des deux còtés de chaque loge ». Per la forte conca- Lea vità delle faccie e per la convessità marginale essa è certamente affine a le due specie seguenti. Hab. Fossile nel subappennino di Castellarquato. Spiroloculina limbata (tav. I, fig. 11). L'incertezza della figura soldaniana citata da d’ Orbigny, figura che costituiva l’unico elemento che si possedeva per la conoscenza di questa specie, ha fatto sì che, sotto il nome di Sp. limbata d° Orb., siano state citate, descritte e figurate delle forme che in realtà sono lontane da essa. Il disegno finora inedito viene a chiarire, almeno in parte, il vero stato delle cose, e dimostra intanto, ad esempio che le tre forme ascritte da Brady a Sp. limbata non hanno a che fare con questa. Quella rappresentata da le fig. 15 e 16 (tav. IX) è da riferirsi a Sp. excavata, mentre le fig. 5 e 6 della stessa tavola rappre- sentano invece la Sp. limbata (Schlumberger: Mém. Soc. Zool. Fr., VI, p. 59-60). Può darsi, come accennai nel 1886, che la fig. 7 di Soldani sia essa pure un’ imagine di Sp. excavata. De Amicis, trattando di quest’ ultima specie (Boll. Soc. Geol It., 1893, p. 311), scrive come io « tenda ad identificare » Sp. excavata con Sp. limbata; e anche Silvestri trova che, riferendo la fig. m di Soldani a Sp. excavata, qualunque distinzione fra questa e Sp. limbata « dovrebbe sparire » (Mem. p. Acc. Nuovi Lincei, 1896, p. 26). Non posso convenire nell’ apprezzamento dei due rizopodisti italiani. Se la figura soldaniana che fu ascritta da d’° Orbigny a la Sp. Zinbata lo fu erroneamente e rappresenta invece altra specie, la excavata, perchè dovrebbe conseguirne la identità di quest’ ultima con la Zimbata? Nella mente di d° Orbigny erano ben definiti i caratteri distintivi delle due specie, ed ebbe torto chi sopra una figura mal definita pretese di stabilire definitivamente il valore di una di esse. Hab. Fossile nel subappennino di Castellarquato. Spiroloculina pulchella (tav. I, fig. 12). Fu confrontata da d° Orbigny con la Sp. poeyiana di Cuba, da cui la disse princi- palmente diversa per non essere striata. Nel « Prodrome » (II, p. 427, n. 1677) nessuna frase descrittiva. Null’ altro si sapeva finora della Sp. pulchella. La figura delle « Planches inédites » rappresenta una forma avente caratteri generali non molto lontani da quelli della Sp. limbata e della Sp. elongata, pur differendo da queste nello sviluppo e nel numero delle camere. Hab. Fossile a Auvert nell’ Oise (parisiano B). Genere PENEROPLIS Montf. Dendritina rangi (tav. I, fig. 13). Differisce pochissimo da la D. arduscula figurata nelle tavole del « Tableau », ciò ch’ equivale a dire che la D. rargi è da riguardarsi come inseparabile da la varietà ti- F t1 pica nautiloide del Pezeroplis pertusus, quale vedesi rappresentata da la fig. 16 di Brady. L’ apertura, in tale varietà, può essere indifferentemente porosa o ramificata in forma di dendrite, donde il termine generico orbignyano. Hab. Il mare Mediterraneo presso Tolone. Peneroplis ellipticus (tav. I, fig. 14). Valea per questa pretesa specie l’ osservazione fatta per la precedente. Qui però le camere sono più numerose, la spira è alquanto scoperta nella regione centrale, e 1’ aper- tura è porosa invece di essere dendritica. Ma, in complesso, il P. ellipticus ricorda a ba- stanza la fig. 17 di Brady. Hab. Il mare del Sud a Rawack e a le Isole Sandwich, nonchè la baia dei Cani Marini. Peneroplis laevigatus (tav. I, fig. 15). Trattasi, a quanto pare, di una forma priva di ornamentazione, le cui maggiori affi- nità sono evidentemente col P. carinatus d’ Orb. (fig. 14 di Brady). Sembra però diffe- rirne per la rotondità del margine. Hab. I° oceano Atlantico all’ isola di Sant’ Elena. Peneroplis gervillei (tav. I, fig. 16). Le tre specie precedenti e le cinque seguenti furono citate nel 1826 (Ann. Sc. Nat., VII, p. 285-287). Il solo P. gervillei fu istituito nel 1850 (Prodr. II, p. 406, n., 1307) con la semplice indicazione : « espèce voisine du P. planatus, mais lisse et renfiée sur la spire ». Infatti, il P. gervillei differisce dal P. planatus (F. e M.) per la sola mancanza di orna- mentazione. Per altri caratteri differisce inoltre dal P. laevigatus Karrer. Hab. Fossile nei dintorni di Valognes (parisiano A). Peneroplis orbicularis (tav. I, fig. 17). A giudicare da la figura delle « Planches inédites », trattasi anche qui di una forma liscia, diversa dal P. planatus soltanto perchè priva di ornamentazione. Nel « Prodrome » (II, p. 156, n. 2896) il P. orbicularis è citato come « espèce dont les loges semblent for- mer un disque complet ». Hab. Fossile nei dintorni di Dax (faluniano B). Spirolina depressa (tav. I, fio. 18, 19; tav. II, fig. 1). Spirolinites depressa di Lamarck fu da Brady riguardato come sinonimo di Pere- roplis pertusus (varietà tipica nautiloide striata). Lo stesso Lamarck però descrivendo il nicchio della specie (An. sans vert., VII, p. 603), non mancò di notare che « la fin de son dernier tour, dans plusieurs individus, s’ allonge en ligne droite ». E d’ Orbigny ci lasciò nelle « Planches inédites » il disegno di tre forme di Sp. depressa, tutte liscie, due delle NR quali hanno più o meno rettilinea la porzione terminale. Anche la .Sp. depressa illustrata da Terquem neì 1882 è nautiloide, ma perfettamente liscia. Hab. Fossile a Mouchy-le-Chàtel, a Grignon, a Chaumont (parisiano A), e, secondo Terquem, nell’ eocene di Septeuil e Vaudancourt presso Parigi. Spirolina striata (tav. II, fig. 2). « Espèce à còtes transverses, striée en long » aggiunse l’autore nel « Prodrome » (II, p. 406, n. 1309). Tale è infatti la forma illustrata nel 1882 da Terquem, il quale basò la sua determinazione sopra la figura delle « Planches inédites ». Brady non ri- cordò l'illustrazione terquemiana; ma da questa, e, meglio ancora, dal disegno sinora inedito di d’ Orbigny facilmente si rileva, che la Sp. striata è un Peneroplis affine al cylindraceus Lam. sp. (fig. 20 e 21 di Brady), dal quale differisce soltanto per la pre- senza dei rilievi suturali. Hab. Fossile a Mouchy-le-Chatel (parisiano A‘, e, secondo Terquem, nell’ eocene di Vaudancourt presso Parigi. Spirolina laevigata (tav. II, fig. 3). Citata, come la precedente, nel « Prodrome » (n. 1311), ma con le sole parole « espèce comprimée, lisse », fu illustrata da Terquem nel 1882. E la figura terquemiana corri- sponde a quella delle « Planches inédites ». Brady non tenne conto di tale figura; ma ora possiamo dire con certezza che la Sp. laevigata è un Peneroplis con la forma gene- rale del cylindraceus, dal quale differisce per la mancanza di ornamentazione. Hab. Fossile a Mouchy-le-Chàtel, (parisiano A), e, secondo Terquem, nell’ eocene di Septeuil e Vaudancourt presso Parigi. Spirolina pedum (tav. II, fig. 4, 5). Trovasi nello stesso caso delle due precedenti. Fu indicata nel « Prodrome » come « espèce très-grèle, striée en long, les tours non embrassants », e l° illustrazione terque- miana del 1882 corrisponde al disegno delle « Planches inédites ». Neppure di questa figura di Terquem fu fatta menzione da Brady; ma è indubitato che la Sp. pedum di d’ Orbigny è identica a la Sp. longissima di Costa e al Peneroplis laubei di Karrer, le quali forme furono da lo stesso Brady associate al P. lifuus (Gmelin). Hab. Fossile negli stessi luoghi della precedente, e anche a Grignon. Genere CRISTELLARIA Lam. Cristellaria rostrata (tav. II, fi. 6). Siamo in grado finalmente di farci un'idea a bastanza esatta di questa cristellaria, che nel « Prodrome » (III, p. 192, n. 518) fu citata con la troppo breve descrizione « espèce très-lisse, à forte carène, dont les loges sont convexes », e che rappresenta, a parer mio, SEI 0) e uno dei molti termini di passaggio da ©r. cultrata a Cr. cassis. — Herion rostratus Montf. (1808) è sinonimo di Cr. echinata (4° Orb. 1846), e il nome specifico di Montfort benchè più antico deve lasciare il posto, anche per opinione di Brady, a quello di d’Orbigny. Panularia rostrata d° Orb. (1826), specie istituita su figura di Soldani, non parmi altrimenti separabile da Or. cymba. Infine, Or. rostrata di Ehrenberg e di Reuss e Robulina rostrata di Seguenza sono tutte specie di posteriore fondazione. Hab. Fossile nel subappennino dei dintorni di Siena. Cristellaria lamellosa (tav. II, fig. 7). « Espèce très comprimée, à còtes saillantes sur les sutures (Prodrome, I, p. 324, n. 490) ». Essa appare molto affine a la cretacea Cr. tricarinella di Reuss, la quale vive tuttora, secondo Brady, nel Pacifico occidentale. Hab. Fossile nei dintorni di Caen, a Ranville (batoniano). Cristellaria gibba (tav. II, fig. 8). È specie ben conosciuta, perchè illustrata, tanto da lo stesso d’ Orbigny tra i fora- miniferi di Cuba, quanto più di recente da Brady. Il disegno delle « Planches inédites » rappresenta una forma, che differisce appena da quella di Cuba per essere costituita da un numero maggiore di camere, mentre eli esemplari dragati dal « Challenger » si allon- tanano alquanto dall’ una e dall’ altra. Hab. Il mare delle Antille e il Mediterraneo presso la Corsica. Cristellaria cadomensis (tav. II, fig. 9). « Voisine de la précédente (Cr. lamellosa), elle s° en distingue par sa spire renflée (Prodrome, I, p. 324, n. 491) ». Ricorda certamente la Cr. lamellosa per ciò che riguarda 1 rilievi suturali, ma ne differisce, non tanto per il rigonfiamento della spira, quanto per la generale conformazione. Hab. Fossile nei dintorni di Caen, a Ranville (batoniano). Cristellaria laevigata (tav. II, fig. 10). Fu rappresentata da d° Orbigny col numero 47 dei suoi « Modèles ». T. R. Jones la considerò come una modificazione umbonata e parzialmente limbata della Cr. subarcua- tula o varietà di passaggio da Cr. rotulata a Marginulina (Monthly Micr. Journ., 1876, p. 81). La figura delle « Planches inédites » non differisce che pochissimo dal modello sopra citato. Nel « Prodrome » nessuna frase descrittiva (I, p. 324, n. 492). Hab. Fossile nello stesso luogo della precedente. Cristellaria lituus (tav. II, fig. 11). « Espèce très-comprimée, lisse, en crosse » (Prodrome, I, p. 324, n. 493). Evidente- mente lo stato di conservazione del fossile non ha permesso a d’ Orbigny di render a (E conto nel suo disegno di tutte le linee di sutura. Esiste una Marginulina lituus, istituita su ficura di Soldani, che probabilmente è essa pure una Crisfellaria. Hab. Fossile nello stesso luogo delle due precedenti. Cristellaria rawackensis (tav. II, fig. 12). Era specie interamente sconosciuta, ma la stessa figura delle « Planches inédites » non è sufficiente a metterla in piena luce. Il grado di convessità delle camere e di ro- tondità del margine lasciano dubitare del valore generico attribuitole da d’ Orbigny. Hab. Il mare del Sud a Rawack. Cristellaria fleuriausa (tav. II, fio. 14). Fu istituita da d Orbigny nel « Tableau » sotto il nome di Pereroplis Fleuriausi. Se l’autore ha preferito ventisei anni dopo di riguardarla come una Cristellaria (« espèce lisse, comprimée »: Prodrome, II, p. 41, n. 624), avrà avuto le sue buone ragioni, basate principalmente su la natura del guscio. La figura inedita però non rende conto dell’ aper- tura, cosicchè, trattandosi di forma ialina, non sarebbe da escludersi la pertinenza di essa al genere Nonionina. Hab. Fossile nella Charente inferiore, a Angoulins (coralliano). Robulina marginata (tav. II, fig. 13). Nel « Tableau » furono istituite due specie di Robulina marginata: Vl una (num. 6), di cui ho fatto cenno trattando dei foraminiferi riminesi (Mem. r. Acc. Sc. Bologna, s. 5°, X, p. 41, fio. 41), non appare troppo ben definita: l altra (num. 19), citata più tardi nel « Pro- drome » (III, p. 154, n. 2868) con le parole « espèce lisse, pourvue autour d’ un large bourrelet », era sin qui sconosciuta. Il disegno inedito di d' Orbigny ce la rappresenta come una Crisfellaria conformata a la guisa della Cr. cultrata, ma sprovvista di lamina marginale e avente anzi carena perfettamente arrotondata. Appare inoltre alquanto com- pressa nella regione centrale. Hab. Il mare delle Antille. Fossile nei dintorni di Bordeaux (faluniano B). Planularia elongata (tav. II, fig. 15). Nel « Prodrome » (I, p. 324, n. 487) fu ascritta con le due seguenti al genere Va- ginulina e brevemente descritta come « espèce arcuée, comprimée, striée en haut, costu- lée en bas ». A me pare, in primo luogo, che essa sia da riguardarsi piuttosto come una Cristellaria, e che, in secondo luogo, non sia specificamente separabile da la Cr. striata, di cui qui appresso. Hab. Fossile nei dintorni di Caen, a Ranville (batoniano). Planularia striata (tav. II, fig. (17?) 18-20). « Espèce plus large et plus oblique, également ornée » (Prodrome, I, p. 324, n. 488). DIS ie È una Cristellaria, sul tipo delle neogeniche Cr. auris e Cr. cymba, ma striata e nello stesso tempo costulata, a la quale sono probabilmente da associarsi parecchie forme del sistema oolitico di Fontoy illustrate da Terquem nel 1868, e da lui ascritte al genere M'rginulina (Bull. Soc. Hist. Nat. Dép. Moselle, XI, tav. II e seg:.). Hab. Fossile nello stesso luogo della precedente. Planularia depressa (tav. II, fie. 16). « Espèce ornée obliquement de cotes égales longitudinales » (Prodrome, I, p. 324, n. 489). È una varietà della Cristellaria striata, da la quale differisce principalmente nell’ ornamentazione. Hab. Fossile nello stesso luoe:o delle due precedenti. Genere NONIONINA d’ Orb. Nonionina lamarcki (tav. III, fi. 1). Fu dapprima confrontata da d’ Orbigny con la N. subcearinata delle Isole Malvine, della quale egli scrisse: « Quoique plus bombée encore, cette espèce se rapproche un peu de la N. Lamarckii, fossile de Dax, par la tendence è la forme carénée de son par- tour; cependant elle en diffère par son centre bombé, par ses loges, au nombre de six, au lieu de dix-huit, et par d’ autre détails que la comparaison fait ressortir ». E fu più tardi citata nel « Prodrome » (II, p. 155, n. 2871) con la breve frase descrittiva « espèce discoîdale à loges très-étroites ». Vale infatti la rappresenta il disegno inedito, il quale ce la rive- la, se le mie conclusioni non sono errate, come una prossima parente della N. doueana. Le differenze tra una forma e l’ altra sarebbero queste : 1° nella N. Zamarcki le camere esterne sono diciotto, nella N. doveana sono dodici; 2° nella prima il grado di compressione è molto minore e il margine è più ottusamente arrotondato : 3° in essa l’umbilico è coperto, ed è scoperto nella N. boveana quale fu descritta da d’ Orbigny. Per togliere un certo va- lore a tali caratteri differenziali mi limiterò a citare due fatti: 1° sotto il nome di N. communis d’ Orb. « scheibenformige Varietàt » fu illustrata da Egger nel 1857 una forma di N. boueana costituita da quindici camere e molto meno compressa di quella di Vienna; 2° la N. boveana quale fu descritta da Brady ha umbilico scoperto. Hab. Fossile nei dintorni di Dax (faluniano B). Nonionina elliptica (tav. III, fig. 2). Somiglia notevolmente a la N. browni di Cuba (tipo N. communis) per la forma e la disposizione delle ultime camere, le quali, al pari delle altre che entrano a costituire l’ultimo giro, mettono capo esattamente all’ umbilico. Ne differisce tuttavia per l° aspetto marginale, che ricorda moltissimo, nella sua prima metà, quello di certe cristellarie. Ve- dasi la figura della Cr. marginata (tav. II, fig. 13). Hab. L’oceano Indiano al Madagascar. Serie VI. — Tomo I. 2 Lie Ng] De Nonionina rugosa (tav. III, fig. 3). « Espèce ovale è bordure très-épaisse sur les anciennes loges seulement » (Prodr., II, p. 406, n. 1305). Somiglia a la precedente per l° aspetto marginale, ma ne differisce per la disposizione delle ultime camere, le quali non terminano all’ umbilico. In altri termini, la N. rugosa è meno lontana dal tipo N. scapha ed è intermedia fra questo e il tipo com- munis. Hab. Fossile sulle rive della Gironda presso Pauliac, a Blaye (parisiano A). Nonionina elongata (tav. III, fig. 4). Descrivendo la N. browni di Cuba, d’ Orbigny scrisse: « Nous trouvons de |’ ana- logie entre notre espèce et la N. elorgata, fossile de Dax, pour la forme génàrale, pour l’allongement, pour I accroissement rapide de la coquille; néammoins, par le seement des loges, ainsi que par leur convexité, elle en diffère complétement, et constitue une espèce distincte ». Nel « Prodrome » (III, p. 155, n. 2872) la N. elongata è ricordata semplice- mente come « espèce très-ovale, comprimfe, lisse ». Anche a me pare che essa non sia da confondersi con la N. browni, ma che, d’ altra parte, non sia specificamente separabile da la N. scapha. Hab. Fossile nei dintorni di Dax (faluniano B). Nonionina grateloupi (tav. III, fig. 5). È specie conosciuta, perchè illustrata da d’ Orbigny tra i foraminiferi di Cuba, ove egli la trovò diversa da la N. communis. Millett, nel suo quadro sistematico delle fi- gure di Norionina (Foram. Crag., p. 339), riferisce N. grateloupi al tipo communis. A me pare invece che essa sia meno lontana al tipo scapha, dal quale però differirebbe almeno per la maggiore compressione. Nel « Prodrome » (II, p. 155, n. 2878) è ricordata soltanto come « espece ovale, très-comprimfe, lisse ». Hab Il mare delle Antille a Cuba, a la Giamaica e a la Martinica. Fossile nei din- torni di Dax (faluniano B). Nonionina complanata (tav. III, fie. 6). Trovasi disegnata nelle « Planches inédites », coll’ indicazione « Mer Rouge », ma non fu citata nel testo del « Tableau », nè altrove. E la comune N. depressula (vedasi la fig. 7 della tav. CIX di Brady). Hab. Il mar Rosso. Genere POLYSTOMELLA Lam. Polystomella angularis (tav. IIl fig. 7). « Espèce très-épaisse » (Prodr., III, p. 155, n. 2884). Non è altro che la comunissima P. crispa (vedasi la fig. 6 della tav. CX di Brady). — 13 — Hab. Il mare del Sud a Rawack e a le Marianne; l’ oceano Indiano al Madagascar, a l'Isola di Francia, e a le Indie; l° Atlantico al Capo di Buona Speranza e a le Antille; e il Mediterraneo. Fossile nei dintorni di Nantes, nella Turenna, a Chavagne (Maine et Loire) e a Pontlevoy (faluniano B). Polystomella gaimardi (tav. III, fig. $). Era sin qui interamente sconosciuta; ma il disegno inedito di d° Orbigny ce la rappresenta come una forma che non possiede i caratteri di una Polystomella. La doppia serie di fori che percorre la faccia settale non è sufficiente a stabilire la pertinenza della pretesa specie al senere medesimo. La P. gaimardi non appare ben definita; ma si è facilmente colpiti da la erande somiglianza della figura orbienyana con le forme giova- nissime della Orbiculina adunca (vedasi la fig. 1 della tav. XIV di Brady). Hab. Il mare del Sud a le Marianne e a Rawack. Polystomella lessoni (tav. III, fig. 9). Forma conosciuta, perchè illustrata da d’ Orbieny tra i foraminiferi dell’ America meridionale. I rizopodisti inglesi |’ associano a la P. macella, della quale in realtà possiede i principali caratteri. Ne differisce appena per l’ ottusità, se non per la rotondità, del margine. Hab. L° oceano Atlantico a le Malvine e presso la foce del Rio Negro in Patagonia. Polystomella oceanensis (tav. III, fig. 10). Somiglia quanto mai a la P. arntonina del bacino di Vienna, la quale dai rizopodisti inglesi viene associata a la P. striatopunctata. Hab. IL’ oceano Atlantico, lungo le coste di Francia. Polystomella umbilicata (tav. III, fio. 11). Nella figura delle « Planches inédites » non sono indicati i caratteri del genere Poly- sfomella, cosicchè l’aspetto di questa specie sarebbe quello di una MNorionina, e partico- larmente quello della N. doueana. Hab. Manca ogni indicazione di località. Polystomella burdigalensis (tav. III, fig. 12). Istituita nel « Tableau » sotto il nome di Norionina semistriata. questa pretesa specie fu dipoi citata nel « Prodrome » (III, p. 155, n. 2885) sotto quello di P. burdigalensis. Ed è realmente una Polystomella, spettante al tipo striatopunctata, dal quale sembra differire soltanto per il tenue sviluppo delle fossette suturali. Hab. Fossile nei dintorni di Bordeaux (faluniano B). Se Genere VALVULINA d’' Orb. Valvulina pupa (tav. IV, fig. 1, 2). E trifacciale nella sua prima parte, e ricorda perciò la V. triangularis (modello n. 25). Lo stesso d’ Orbigny, nel « Prodrome » (II, p. 408, n. 1382), citando di nuovo la V. pupa, aggiunse: « espèce plus allongée que la précédente (V. triangularis) ». Terquem. nel 1882, in base al disegno delle « Planches inédites », riferì a la V. pupa una forma dell’ eocene parigino; ma la sua figura lascia alquanto a desiderare. Hab. Fossile a Mouchy-le-Chàtel e a Valognes (parisiano A), e, secondo Terquem, nell’ eocene di Vaudancourt e Septeuil presso Parigi. Valvulina columna-tortilis (tav. IV, fig. 3). Questa specie singolare era abbastanza conosciuta, essendo stata figurata, certamente in base al disegno inedito orbignyano, in due lavori di Cuvier, e più tardi nella memoria di Terquem sull’ eocene parigino. Nel « Prodrome » (II, p. 408, n. 1383) nessuna frase descrittiva. Hab. Fossile a Mouchy-le-Chatel e a Valognes (parisiano A), e, secondo Terquem, nell’ eocene di Vaudancourt presso Parigi. Valvulina rawackensis (tav. IV, fie. 4). Ricorda moltissimo la V. conica (vedansi le fig. 15 e 16 della tav. XLIX di Brady). Hab. Il mare del Sud a Rawack. Valvulina ignota (tav. IV, fig. 5). « Espèce carénée entiérement, peu élevée (Prodr., II, p. 408, n. 1384) ». Come la precedente, non appare specificamente separabile da la V. conica. Hab. Fossile a Valognes (parisiano A). Valvulina globularis (tav. IV, fig. 6, 7). Fu illustrata da Terquem, nel 1882, in base al disegno inedito orbignyano; ma la sua figura non è troppo accurata. Nel « Prodrome » (II, p. 408, n. 1385) fu di nuovo citata come « espèce globuleuse, courte ». Hab. Fossile a Mouchy-le-Chàtel e a Valognes (parisiano A), e, secondo Terquem, nell’ eocene di Vaudancourt presso Parigi. Valvulina gervillei (tav. IV, fig. 8). « Espèce plus courte encore » (Prodr., II, p. 408, n. 1336). Somiglia molto a la V. globularis, da la quale però differisce per la minore globosità delle camere. Hab. Fossile a Valognes (parisiano A). SER ALII Valvulina deformis (tav. IV, fig. 9, 10). « Espèce qui n’ a qu’on tour de spire très-évasée ». (Prodr., II, p. 408, n. 1337) La V. deformis, la gervillei e la globularis, costituirebbero un gruppo di valvuline decisa- mente rotaliformi, nelle quali ciascun giro è formato di parecchie camere. È noto che nel genere Valeulina l ordinamento spirale delle camere è tipicamente triseriale, con tre e di rado con più di tre camere in ciascun giro. Hab. Fossile a Valognes (parisiano A). Genere ALVEOLINA d’ Orb. Alveolina bulloides (tav. IV, fig. 11). Differirebbe dall’ A. melo per essere alquanto allungata, come l’ A. Raueri del bacino di Vienna, la quale però è specificamente inseparabile, secondo Brady, dall’ A. melo. Nel « Prodrome » (III, p. 156, n. 2904) fu di nuovo citata e distinta quale « espèce globuleuse à loges saillantes ». Ma anche nelle forme subsferiche dell’ A. melo si osserva talvolta una sensibile convessità delle camere (vedasi la fig. 15 nella tav. VII dell’atlante dei forami- niferi di Vienna). Hab. Fossile nei dintorni di Dax (faluniano B). Alveolina ovoidea (tav. IV, fig. 12). Questa specie, secondo d’ Orbigny, fu illustrata da Deluc nel 1802 e da Ley- merie nel 1846 (A. subpyreraica). Secondo Sherborn poi (Imdex to Foram.), fu illu- strata anche da Figuier nel 1873. Trovasi inoltre citata nel « Prodrome » (II, p. 336, n. 690). LA. ovoidea è dunque forma conosciuta, tanto che Brady, trattando dell’ A. melo, scrisse: « In determining the geological distribution, it is not easy to separate A. melo from the allied A. oroidea and A. elliptica ». Hab. Fossile a Montolieu e a Couiza nell’ Aude (suessoniano B), e nelle Indie Orientali, a Scinde (Capo Vicary). Alveolina oblonga (tav. IV, fig. 13). Era stata illustrata da Parkinson nel 1811 sotto il nome di Yasciolites e lo fu nel 1837 (1840) da Sowerby sotto quello di F. elliptica (Prodr., II, p. 336, n. 691). Per ciò che riguarda i rapporti di quest’ ultima, e quindi dell’ A. oblorga, con VA. melo, vedasi l’ articolo precedente. Hab. Fossile nei dintorni di Soissons nell’ Aisne, a Cuise-Lamotte, a Meauriau-Mont, a Pierrefonds nell’ Oise, a Couiza nell’ Aude (suessoniano B), e nelle Indie orientali, a Baboa- Hill e a Wagé-Ké-Pudda (prov. di Cutch). Alveolina elongata (tav. IV, fig. 14). « Espèce très-allongée, lisse » (Prodr., II, p. 407, n. 1314). D’ Orbigny distinse questa Apa specie dall’ A. bosci (modello 50), e anche Terquem, nel 1882, preferì mantenere una tale distinzione. Brady però, senza tener calcolo della illustrazione terquemiana, associò A. elongata d’ Orb. ad A. bosci (Defr.). Ora, tanto la fig. 31 di Terquem, quanto quella inedita di d’ Orbigny, tornano im appoggio dell’idea che 1° A. elongata sia da riguardarsi come varietà gracile ed allungata dell’ A. bosci. Hab. Fossile nei dintorni di Valognes (parisiano A.), e, secondo Terquem, nell’ eocene di Septeuil e Vaudancourt presso Parigi. Spiegazione delle figure. TAVOLA I. l. Spiroloculina depressa d’Orb. (cf. Sp. planulata |Lam.| auct.). 2 » perforata dOrb. (cf. Sp. tenueseptata Brady). dI) » grateloupi d’Orb. (= Sp. depressa d’ Orb., varietas). 4 » tricarinata d’Orb. (cf. Sp. ornata d’Orb.). DI » bicarinata d’Orb. (cf. come sopra). 6. » lyra d’Orb (= Sp. nitida d’Orb., varietas). iz » orbicularis d’Orb. (cf. Sp. nitida d’Orb.). Di) » angulosa d’Orb. (cf. Sp. limbata d'Orb.). 9 » striata d’Orb, (cf. Sp. antillarum d’Orb.). 10. » elongata d’Orb. (cf. Sp. limbata d’Orb.). ll. » limbata d’Orb. (cf. Sp. excavata |d'Orb.] Brady). 12. » pulchelta d’Orb. (cf. Sp. limbata d’Orb.). 13. Dendritina rangi V'Orb. (== Peneroplis pertusus Forskàl sp.). 14. Peneroplis elliptica d’Orb. (= come sopra). 15. » laevigata d’Orb. (cf. P. carinatus d’Orb.). 16. » gervillei d’Orb. (cf. P. planatus F. e M. sp.). 176 » orbicularis d’Orb. (cf. come sopra). 18, 19. Spirolina depressa Lam. sp. (= Peneroplis pertusus, varietas). TAVOLA II. 1. Spirolina depressa Lam. sp. (= Peneroplis pertusus, varietas). DI » striata d'Orb. (cf. P. cylindraceus Lam. sp.). 3. » laevigata d’Orb. (= P. cylindraceus, varietas). 4,5. » pedum d’Orb. (= P. lituus Gmelin sp.). 6. Cristellaria rostrata d'Orb. (cf. Cr. cultrata Montf. sp. e Cr. cassis F. e M. sp.). Ue » lamellosa d’Orb. (cf. Cr. tricarinella Reuss). 8. » gibba d’Orb. (= Cr. rotulata Lam. sp., varietas). DI » cadomensis d’Orb. (cf. Cr. lamellosa d’Orb.). 10. » laevigata d’Orb. (= Cr. rotulata Lam. sp., varietas). UE » lituus d’Orb. (alquanto indefinita). 12. » rawackensis d’Orb. (genericamente dubbia). 13. Robulina marginata d'Orb. (cf. Cr. cultrata Montf. sp.). 14. Cristellaria fleuriausa d’Orb. (genericamente dubbia). 15. Planularia elongata d’Orb. (= Cristellaria striata d’Orb. sp.). 16. » depressa d’Orb. (= Cr. striata d’Orb. sp., varietas). 17%, 18-20. striata d’Orb. (= Or. striata V'Orb. sp.). wr » » » PARSO, » » Na HW COCO 00 » TAVOLA II. . Nonionina lamarcki d’Orb. (cf. N. boueana VOrb.). elliptica d’Orb. (cf. N. browni d’Orb.). rugosa d’Orb. (= N. scapha F. e M. sp., varietas). elongata d’Orb. (= N. scapha F. e M. sp.). grateloupi d’Orb. (= N. scapha, varietas). complanata d’Orb. (= N. depressula W. e J. sp.). BORAT angularis d’Orb. (= P. crispa Linné sp.). gaimardi d’Orb. (cf. Orbiculina adunca F. e M. sp.). lessoni d’Orb. (= P. macella F. e M. sp., varietas). oceanensis d’Orb. (= P. striatopuncetata F. e M. sp.). umbilicata d’Orb. (= Nonionina boveana d'Orb.). burdigalensis d’Orb. (cf. P. striatopunctata F. e M. sp.). TAVOLA IV. , 2. Valvulina pupa d’Orb. (= V. triangularis d’Orb., varietas). columna-tortilis d’Orb. rawackensis d’Orb. (= V. conica P. e J.). ignota d’Orb. (cf. V. conica). globularis d’Orb. gervillei d’Orb. (ef. V. globularis d’Orb.). deformis dOrb. 11. Alveolina bulloides d’Orb. (= A. melo F. e M. sp.). 12. » 163 » 14. » ovoidea d’Orb. (= A. melo, varietas). oblonga d’Orb. (= A. melo, varietas). elongata d’Orb. (= A. bosci Defr. sp., varietas). ERI Ta e — Ù È Mi Aa ea VA Mic MR I I d fn ei “:d È wi. Mem.r Acc.Sc.Bologna,s.6%,vol |. Tav.l. \ \ €.Fornasini: daî dis. Ined. di d'Orb. E Contoli, ine. Lit. B.Rizzoli efiglio- Bologna. Tav. II Mem.r. Acc.Sc.Bologna,s.6°,vol |. 4a 14 Lit B Rizzoli e Figlio - Bologna_ È.Contoli' inc. €. Fornasini :dai dis.ined. di d'Orb. Mem.r. Acc.Sc.Bologna, s.6%,vol I. Tav. Ill ZI \ II VA vo) C.Fornasini : dai dis.ined. di d'Orb. E. Contoli ine. Lit. B.Rizzoli e Figlio — Bologna. » Mem.r. Acc.Sc.Bologna,s.68 vol I. Tav. IV. la € fornasini «dai dis.ined. di d'Orb. E Contoli' ine. Lit. B.Rizzoli e Figlio — Bologna. DELL'AZIONE ANTISETTICA E FISIOLOGICA DEI PERSOLFATI bee EOROfGICERCASNE TC SUD VENEETOIO NOTA DEL Prof. DIOSCORIDE VITALI (Letta nella Sessione del 13 Dicembre 1903) In una mia memoria pubblicata negli atti dell’Accademia delle Scienze di Bologna lo scorso anno, io mi sono occupato dello studio dei persolfati sotto il rispetto analitico. Da esso è risultato che l'azione chimica del persolfato è fondata principalmente sulla decomposizione che esso subisce in contatto dell’acqua a freddo e molto più a caldo ed in presenza delle basi e dei sali metallici, per cui si trasforma in solfato di potassio, acido solforico, che potendo reagire con le basi, può dare origine ai rispettivi solfati ed in ossigeno. In contatto dell’ acqua e dei liquidi acquosi, la sua decomposizione avviene specialmente a caldo nel senso della equazione : K,S,0 + IO = K,S0, + ISO, +0. Ora era naturale il pensare che il persolfato di potassio, ammesso questo modo di decomposizione, non potesse riuscire come sostanza indifferente sulle sostanze di natura animale e che anzi potesse su di esse esercitare un’ azione antisettica più o meno pronunciata ; così pure era naturale il pensare che indifferente non potesse riu- scire verso gli organismi animali viventi e potesse anche esercitare azione venefica più o meno pronunciata. Siccome nella letteratura scientifica sono pochissime le esperienze fatte circa il potere antisettico e l’azione fisiologica e tossica dei persolfati, ed in ispecie di quello di potassio, così io stesso ho voluto intraprenderne alcune su questo importantissimo argomento. E siccome dalle esperienze fisiologiche eseguite, e che riferirò, è risultato che il persolfato di potassio esercita una azione venefica, così mi sono anche occupato dei metodi di ricerca dei persolfati nei casi di veneficio, veneficio non impossibile a Serie VI. — Tomo I. h) RESO en verificarsi dal momento che questi composti cominciano ad essere impiegati non solo nei laboratori, ma anche nelle industrie (1). Per ciò che riguarda il potere antisettico, ecco le esperienze che ho istituito. Il 80 Gennaio scorso, mentre la temperatura del laboratorio era di 14°, aggiunsi ad una urina recentissima del persolfato di potassio nella proporzione del 5%, e V abban- donai a sè in bottiglietta chiusa, e nello stesso tempo lasciai a sè nelle medesime condizioni egual volume della stessa urina senza aggiunta di persolfato. Questa dopo tre giorni aveva perduta la reazione acida e acquistato reazione alcalina pronuncia- tissima, ed era diventata torbiccia, mentre la prima dopo 10 giorni conservava la reazione acida ed inoltre era limpidissima ; però trascorso questo tempo, pur conser vando reazione acida fino al due Maggio, cioè per circa tre mesi, e quando la tem- peratura era salita fino a 20°, andò coprendosi alla superficie di muffe, mantenendosi però limpida nella massa. La reazione alcalina non comparve che all’8 Maggio. Nel tempo medesimo, che eseguii queste esperienze volli vedere per quanto tempo il persolfato di potassio si conservasse in dette condizioni inalterato. E questa ricerca volli istituire non solo per vedere il rapporto che potesse esistere fra la conservabilità dell’ urina e la presenza del persolfato, ma altresì perchè, dovendo in seguito fare esperienze per la ricerca chimico-tossicologica, volli assicurarmi se fosse possibile riscontrare il per- solfato di potassio nelle urine, dato che passasse a queste. Le esperienze istituite mi convinsero, che io avrei potuto dimostrare direttamente nell’ urina il persolfato di potassio nel modo seguente : 1° Col ioduro di potassio si ha svolgimento di iodio libero anche a freddo e anche dopo avere concentrato 1° urina. 2° Coll’ acetato neutro di piombo si ha precipitato ; filtrando e scaldando si forma nuovo precipitato abbondante, che continuando a scaldare diventa giallo. 3° Coll’acetato basico di piombo si ha pure precipitato; lavando questo, trattan- dolo con acido acetico e aggiungendo qualche goccia di tintura di resina di gQuajaco, si ha splendida colorazione azzurra. {° Col cloruro di bario in eccesso si forma auche in questo caso precipitato ; separandolo per filtrazione e scaldando il filtrato all’ ebollizione esso di muovo si intorbida. 5° Colla soluzione di acido solfidrico scaldando si ha intorbidamento. 6° Col bicromato di potassio, acido solforico ed etere si ha colorazione az- zurra, che dibattendo passa a questo solvente. o 7° Con traccia di anilina scaldando si ha la colorazione bruno-nera. (1) L'unico il quale, per quanto mi consta, siasi occupato dell’azione antisettica e fisiologica dei persolfati, è B. Moreau (Apoth. Ztg. 16, 383: C. BI. 1901, II, pag. 563). Dalle sue esperienze risul- terebbe che questi composti agiscono favorevolmente sul ricambio materiale, aumentano l’appettito e il peso del corpo come fanno gli arseniti e i vanadati, dei quali sarebbero meno venefici ed inoltre sa- rebbero raccomandabili come antisettici. Come risulta dalle esperienze che tornano oggetto di questa nota il potere antisettico loro sarebbe ben piccolo, ed inoltre a dosi non piccole sarebbero venefici, ICAO S° Con soluzione di nitrato di stricnina si ha formazione di wn precipitato cri- stallino che si forma specialmente dibattendo il liquido. 9° Colla tintura di resina di gQuaiaco scaldando si manifesta colorazione az- zurra intensa. Come si vede il persolfato di potassio può essere dimostrato nelle urine con nu- merose reazioni. Una delle più sensibili è quella fondata sulla formazione del persol- fato di stricnina. Con questa reazione ho potuto dimostrare la presenza del persolfato di potassio nell’ urina, di cui ho fatto cenno or ora, oltre tre mesi dopo 1 aggiunta di esso e quando l urina aveva già acquistato reazione alcalina. Questa reazione deve sempre essere confermata con l’ osservazione microscopica del precipitato, e anche scal- dandone una benchè minima particella con poca tintura di resina di guaiaco, la quale ne rimarrà colorata in azzurro. Aggiungerò infine, per quanto riguarda la presenza del persolfato di potassio nella urina, che esso impartisce alla medesima una colorazione bruna, differenza di colore che si rende manifesta col confronto colla stessa urina normale. Da queste esperienze intanto si rileva che, se il persolfato esercita azione antiset- tica verso il micrococcus ureae 0 bacillus ureae, pur non riuscendo indifferente verso i microrganismi delle muffe, la sua azione antisettica verso di questi è tuttavia di molto più limitata. È probabile che lazione antisettica sia dovuta all’ acido solforico che dal persolfato di potassio in presenza dell’acqua va rendendosi libero, il che spieghe- rebbe anche la comparsa, sebbene alquanto tardiva, delle muffe che, come è noto, pos- sono svilupparsi anche in mezzi acidi. Ora era a vedersi, se questo potere antisettico esso lo dimostra anche verso i batteri della putrefazione. A questo scopo eseguî diverse esperienze. A er. 50 di carne equina ben tagliuzzata aggiunsi mescolando intimamente gr. 0,05 di persolfato di potassio; la carne perdè ben tosto il suo colore rosso e diventò biancastra ; lasciai = 0 il miscuglio a sè alla temperatura ambiemte di 17°, ma dopo sei giorni diede segno 3 di incipiente putrefazione. In una altra esperienza aumentai la proporzione del per- solfato; ne ‘aggiunsi er. 0,50 a gr. 80 di carne lasciando il miscuglio a sè alla tem- peratura di 17°. I segni della putrefazione si manifestarono più tardi, cioè dopo 10 giorni. ‘Trascorso questo termine stemperai un po’ del miscuglio in poca acqua e filtrai ; nel filtrato il nitrato di stricnina manifestò la presenza ancora del persolfato. Sebbene da queste esperienze risultasse che il persolfato di potassio ha un potere antisettico molto limitato specialmente verso i batteri della putrefazione, pure volli vedere se la sua soluzione satura potesse tornare utile nella cura antisettica delle piaghe. Al quale scopo mi rivolsi alla gentilezza dell’ Egregio Signor Luigi Boriani Farmacista-Capo dell’ Ospedale di S. Orsola, perchè volesse darla per questo scopo in prova a qualche medico-chirurgo di quella Clinica e riferirmi i risultati. E questi ri- sultati furono conformi ai precedenti nel senso cioè che l° azione sua antisettica sulle piaghe è molto debole, sicchè nulla a questo riguardo presenta di notevole. Ed ora non rimaneva più che a constatare 1° azione fisiologica e l’azione venefica, quando ne fosse fornito, del persolfato, e a vedere se nei casi di veneficio era possi- bile dimostrare nei visceri cadaverici la presenza del veleno. Per ciò che riguarda l’azione fisiologica mi sono diretto all’ Egregio Collega Prof. Ivo Novi, insegnante di Farmacologia nella nostra Università, il quale ha sperimentato 1’ azione del per- solfato in soluzione satura sopra un cane per mezzo di iniezioni intravenose, e all’ Egregio Dott. Giuseppe Bellei, il quale a cani somministrò il persolfato di potassio a dosi crescenti per via esofagea e per iniezioni ipodermiche, fino a produrre la morte, avve- nuta la quale egli si diede premura di inviarmi i visceri degli animali avvelenati per la ricerca del veleno. 4 Ecco le conclusioni alle quali il primo in seguito alle esperienze eseguite è ve- nuto: « L' iniezione endovenosa in dose di gr. 0,26 per chilogramma di animale (cane) « dà paralisi cardiaca in breve tempo, abbassa quindi la pressione arteriosa, altera, <« senza norma speciale, il respiro, aumenta la secrezione urinaria; nella sfera psico- « sensoria non produce fatti di eccitamento, ma piuttosto fenomeni di depressione per « paralisi cardiaca. L’ ossigeno mobile del sangue resta immodificato. L° acqua intro- « dotta col persolfato non può dar ragione sufficiente dell'aumento della diuresi ». Ecco le esperienze che il Dott. Bellei ha eseguito sopra un cane del peso di Cg. 10, somministrandogli per via esofagea il persolfato insieme al latte. Le sue espe- rienze incominciarono il 18 Aprile e continuarono fino al 28. « Il giorno 18 alle 16 furono somministrati al cane gr. 0,05 di persolfato col « latte senza notare alcun disturbo, e nessun disturbo produsse la stessa dose som- « ministrata col latte alle ore 20. La stessa dose allo stesso cane fu somministrata « col latte il giorno 14 per tre volte alle ore 10! — 17 /, e ore 21. :Nessun « disturbo si osservò, solo si è visto che l animale beveva con qualche difficoltà. « Nel giorno successivo l° animale rifiutò il latte e tutti gli alimenti contenenti per- « solfati, per cui per tutto quel giorno il cane fu lasciato in riposo ed alimentato « scarsamente : il 16 Aprile, avendo l animale rifiutato il latte e tutti gli alimenti < contenenti persolfato, gli vennero artificialmente introdotti nello stomaco gr. 0,10 di « persolfato alle ore 10, e altri gr. 0,10 alle ore 15, e gr. 0,20 alle ore 18. Le < prime due somministrazioni non produssero nell animale alcun disturbo : solo dopo « la introduzione dei gr. 0,20 si osservò un lieve malessere che durò qualche minuto. « Il giorno successivo (17) si somministrarono all’ animale gr. 0,60 di persolfato in. « tre volte, cioè alle ore 10, 15 e 21. Dopo 1° introduzione di ognuna di queste dosi « l'animale dimostrò un leggero malessere che durò solo per 5-10 minuti dopo 1 « quali l animale mangiò senza difficoltà. Il giorno 18 dopo un quarto d° ora dal- « l'introduzione nello stomaco di gr. 0,25 di persolfato sciolto in acqua, 1 animale « vomitò ; pochi minuti dopo il vomito mangiò con appetito, alle 14, dopo avere « introdotti altri gr. 0.25 di persolfato sciolti in latte, 1 animale vomitò dopo un « quarto d° ora; alle ore 17 se ne somministrarono altri gr. 0,20 sciolti in latte; « l'animale fu inquieto per circa un'ora, prese un po'di cibo, ma subito dopo vomitò. « Il giorno 21 dopo due giorni di riposo durante i quali l animale non ha presen- « tato nulla di particolare, gli vennero introdotti nello stomaco alle ore 10 gr. 0,30 « di persolfato : dopo 20 minnti | animale vomitò, alle ore 18 gli venne sommini- « strato gr. 1 di sostanza, dopo dieci minuti si manifestò il vomito, 1’ animale poi si « mostrò depresso per tutta la giornata e rifiutò il cibo. Il giorno 23 alle ore 10 A « gli furono iniettati nel tessuto connettivo sottocutaneo gr. 0,50 di persolfato. L’ ani- « male si mostrò depresso per tutta la giornata. Il giorno successivo si ripetè 1° inie- < zione con un grammo. Il cane presentò un periodo di eccitamento piuttosto forte < che durò 10 minuti; morse tutto ciò che gli stava vicino e tentò di avventarsi <« contro le persone che gli stavano attorno; dopo cadde in un periodo di depressione « che durò per tutta la giornata; non si notò però disturbo da parte del circolo e « del respiro. Ad un altro cane del peso di Cg. 7 il giorno 18 dello stesso mese si « iniettarono sotto la pelle er. 2 di persoltato. Dopo pochi minuti ricominciò un pe- « riodo di eccitamento cogli stessi caratteri soprannotati, il quale durò circa una mez- « zora. Trascorso questo tempo |’ animale cominciò a vomitare e il vomito si ripetè « per 4-5 volte. Al periodo di eccitamento succedè uno stato di depressione che per- « durò, diminuendo però gradatamente fino al giorno seguente, nel quale alle ore 10 p4 « si iniettarono sotto la pelle er. 4 di persolfato ; mancò il periodo di eccitamento e < il vomito si produsse dopo 20 minuti e si ripetè per 8-10 volte. Si notò inoltre < un aumento nella secrezione salivare ; all’ una pomeridiana l animale che si mo- « strava già fortemente depresso cominciò ad emettere sangue per | intestino, dap- « prima misto alle feci, in seguito affatto puro, e tale emissione si ripetè parecchie « volte. La depressione andò gradatamente aumentando, ed insieme ad essa si osservò <« un leggero acceleramento degli atti respiratori, ed un forte indebolimento del polso. « La morte sopravvenne alle ore 16 % ». Terminerò 1° argomento dell’ azione del persolfato di potassio coll’ accennare a due fatti i quali non possono riuscire affatto indifferenti per questo argomento. Ho prepa- rato una soluzione di persolfato di potassio al 3% o: Essa al momento della prepara- zione aveva reazione neutra e non intorbidava col cloruro di bario, ma col tempo andò acquistando reazione sempre più acida, nel mentre andava sempre più intorbi- dandosi col cloruro di bario. L’ acidità era dovuta ad acido solforico che andavasi man mano liberandosi in base alla già riportata equazione : K,5,0, + HO = K,S0, + H,S0, 4 0. Ora questo acido, che dalle soluzioni acquose di persolfato di potassio si rende li- bero e che in maggiore quantità deve liberarsi nell'economia animale per la tempe- ratura superiore alla ordinaria, non può essere senza influenza sull’ organismo, non fosse altro, perche questa acidità, una volta avvenuto 1 assorbimento, contribuirà a far scom- parire I’ alcalinità del sangue. Nei liquidi della animale economia e specialmente nel sangue si trova, come è noto, del cloruro di sodio: ora era naturale il pensare che l’acido solforico, che per azione dell’acqua si rende libero dal persolfato di potassio, potesse agire sul cloruro di sodio liberandone acido cloridrico e che | ossigeno che contemporaneamente si svolge, ossidando quest’ acido lo trasformasse in cloro in base alle seguenti equazioni : K.S,0,+H0= K,S0, + HS0, +0 2NaCl + H,S0, = Na,S0, + 2HC1 2HC1 +0 130 VEE il GL I Ciò avviene 72 ritro e all’ ordinaria temperatura. Infatti se ad una soluzione di per- solfato di potassio se ne aggiunga ww altra di cloruro di sodio entro provetta, e sì chiude questa con tappo di sughero, dal quale pende una cartolina imbevuta di una soluzione di ioduro di potassio contenente salda d’ amido, questa dopo una giornata 0 due, si colora intensamente in azzurro. Questa colorazione si può ritenere prodotta tanto dall’ ossigeno attivo, che si svolge, come dal cloro. Ma che anche il cloro ne sia la causa lo ho dimostrato sostituendo la carta iodoamidata con una carta intrisa in soluzione diluita di soda caustica, affatto esente da cloro, ottenuta facendo agire il sodio metallico sull’acqua. Questa cartolina dopo 24 ore, trattata con acqua, ha dato un liquido che acidificato con acido nitrico diluito e cimentato con nitrato d’argento ha fortemente intorbidato. Ora non è escluso che la stessa reazione e in modo più sen- sibile per la maggiore temperatura non possa avvenire anche nell’ economia animale. Abbiamo visto come un cane, al quale erano stati somministrate dosi crescenti di per- solfato di potassio fino a gr. 4 per via ipodermica, morì; abbiamo pur visto come somministrando ad altro cane per via esofagea per più giorni dosi crescenti di per- solfato fino a gr. 0,30, insieme a depressione si ebbe a manifestare frequente il vo- mito dopo un tempo variabile da 4 d'ora a 20 minuti. Ora io ho voluto esaminare tanto il materiale di vomito di questo cane quanto i visceri e 1° urina del primo. Ed ecco i risultati delle ricerche eseguite. Il materiale di vomito fu da me allungato con acqua e poi filtrato, il liquido limpido che aveva reazione acidissima, scaldato con qualche goccia di tintura di resina di gsuaiaco assunse colorazione azzurra intensa; dibattendolo con soluzione di nitrato di stricnina ha dato precipitato cristallino che scaldato con detta tintura ha assunto colorazione azzurra e osservato al microscopio ha mostrato di essere costituito dai cristalli caratteristici di persolfato di stricnina : infine trattandolo con cloruro di bario in eccesso a freddo e filtrandolo si ottenne un liquido limpido che scaldato ha fortemente intorbidato ed ha dato un precipitato che venne dimostrato essere costituito da solfato di bario. Cimentata | urina del cane avvelenato con persolfato di potassio coi reattivi e nei modi indicati, ha mostrato di non contenere la più piccola quantità di quella sostanza. I visceri dello stesso cane che mi erano stati consegnati riuniti in un sol reci- piente insieme al sangue per ricercarvi il persolfato di potassio furono sottoposti al seguente trattamento. Ben tagliuzzati i visceri insieme coi liquidi che li accompagna- vano furono trattati con alcole in quantità tale da ottenere un miscuglio, nel quale l’alcole entrasse nella proporzione del 50%: \; non evaporai a B. M. il materiale per riprenderne con alcole anidro il residuo come d’ ordinario si pratica nelle ricerche chimico-tossicologiche, innanzi tutto perchè col calore dell’ evaporazione il persolfato, come abbiamo visto, si decompone, e poi perchè il persolfato di potassio è insolubile nell’alcole. Separato il liquido idralcoolico per filtrazione e cimentato direttamente e anche dopo averlo concentrato a lievissimo calore coi reattivi più sensibili di quel composto, non ha mostrato di contenerne la più piccola quantità. Da tutto ciò dedu- cesì che il persolfato di potassio una volta penetrato in circolo, si decompone e non è più possibile dimostrarne la presenza nel sangue, nei visceri interni e nell’ urina, e che nei casi di veneficio si potranno solo utilizzare i materiali di vomito che è fre- quente in questa specie di veneficio, e che perciò dovranno sempre conservarsi ; si po- trebbe anche tentarne la ricerca nel ventricolo quando la morte sia avvenuta rapida, e mediante somministrazione del veleno per via esofagea (1). (1) In una recente pubblicazione (Archiv. di Farmacologia sperim. e scienze affini An. II, vol. IT) l’egregio professor G. Bufalini riferisce alcune sue esperienze, dalle quali risulta che la persodina (miscuglio titolato di persolfato di sodio e ammonio) è un antidoto eccellente nei casi di veneficio per stricnina. Di ciò è facile rendersi ragione dopo le esperienze mie pubblicate negli atti dell’ Accademia dello scorso anno, dalle quali risulta che i persolfati trasformano in persolfato insolubile quell’ alcaloide, contenuto anche in soluzione al 100.000 © il quale si forma anche in liquidi debolmente acidi. Li î I » Ò É n . di è D MIR MM Ma Cite EH ARIE Sta Ù a i n a î y 5 MI fsi A 3 A 4 x li Pa 7 MD) AG N a dA vt dg 43 "” gulae MIPAL Viggo Mie} TASTE Ln 170) la Inti dA} i; BIT) L4 ) aaa lit, 73 (-FASA} wi gh ila LATP (TO GC, i MURIFILO agata «li PTC RARI 30 ni Pagg , Uta Th b 4) Ji} (ATO Ì tl e Gea set Rsu ARpab vebina | di cadi AAT CARATTE fi ? è j n fa] ‘ 104 LALA ì noia Li ar Lione. (DL È A 4 ANT )I9, a fuga” LAI vi favi ua - be wa dl “ ì tie 6° e NALI Ta { dpr, I la 7 ì È % Ù » * Sr - Y Y E tn) 2 TOrEne ct A LUCE III. MEMORIA DI GIACOMO CIAMICIAN e PAOLO SILBER (letta nella Sessione del 0 Marzo 1904) Die Sonne bringt es an den Tag. ADALBERT Von CHAMISSO. Le esperienze che descriveremo in questo lavoro fanno seguito a quelle di cui tratta la nostra prima Memoria (1) intorno alle azioni chimiche della luce. Tratteremo però ancora del contegno di aldeidi e clietoni in vari solventi, ma per ultimo aggiungeremo un nuovo capitolo, riguardante le metamorfosi che la luce determina nei composti non saturi. Comportamento di aldeidi e di chetoni della serie aromatica. Sul contegno di questi corpi alla luce noi abbiamo fatto una nuova serie di osser- vazioni, che vengono sempre più a confermare 1° indole generale della reazione da noi scoperta. Aldeide benzoica. Non abbiamo nulla da aggiungere a quanto a suo tempo abbiamo esposto intorno al comportamento di questa sostanza in soluzione alcoolica ; come' venne dimostrato allora, l’aldeide benzoica si trasforma nel miscuglio dei due idrobenzoini ma dà con- temporaneamente una ragguardevole quantità di resina. Era però necessario, onde avere un quadro completo della reazione, vedere quale fosse il comportamento dell’ aldeide benzoica alla luce senza 1° intervento di altri corpi. A tale scopo abbiamo lasciati esposti alla luce, dal 14, IMI al 20, XI, 80 c. c. d’aldeide benzoica. Dopo l'esposizione il contenuto del tubo era costituito da una materia trasparente del colore e dell’ apparenza della pece greca, avente ai bordi qualche lieve cristallizzazione di acido benzoico. La massa resinosa venne sciolta in etere per estrarla dal tubo e, dopo eliminato il solvente, distillata in corrente di vapore acqueo. Passano (1) Vedi queste Memorie, Serie 5*, vol. IX, (1901) e Gazz. chimica, vol. 32, I, pag. 218. Serie VI. — Tomo TI. 4 ) O na O DO piccole quantità di aldeide benzoica e resta indietro la resina, che venne bollita ripe- tutamente con acqua. Il prodotto è friabile, colorato in giallo e, seccato, pesa 26 gr. Abbiamo cercato di determinare la composizione di questa sostanza ed a questo scopo l'abbiamo prima purificata nel seguente modo. Essa venne sciolta in etere e la soluzione dibattuta con carbonato sodico e poi con acqua. Il prodotto ottenuto per sva- poramento dell’ etere, seccato nel vuoto, fu ripreso con benzolo e la soluzione benzolica trattata con un eccesso d’etere di petrolio. Si ottiene così, quale abbondante precipi- tato, una sostanza, che lavata con etere petrolico e seccata, si presenta in forma d’una polvere bianchissima e leggera. Riscaldata si rammollisce a 120°, per fondere fra i 29 e 108, Essa ha la composizione dell’ aldeide da cui proviene. Analisi: Sostanza, seccata a 80°, 0,1852 gr.; CO; 0,5376 er.; H50 0,0950 gr. 2 ’ In 100 parti : trovato calcolato per C,4,0 i — rr — _ — 9 — = C TAIL 79,24 H 5,69 5,66 Per ricercare il suo peso molecolare abbiamo impiegato la sua soluzione benzolica, che, col metodo crioscopico, dette un resultato corrispondente alla formola : 9C.H,0. Peso molecolare 2 ts" Concentrazione Abbassamento trovato calcolato I __- - — - ian ts” So, — ar î 0,984 peto. 0°,055 894 954 1,900 » 0°,120 997 2 Si tratta dunque di un polimero della benzaldeide alla cui formazione prendereh- bero parte nove molecole. Questo prodotto avrebbe composizione diversa dalla resina, che, assieme ai due idrobenzoini, si forma dall’ aldeide benzoica in soluzione alcoolica (1). In quest’ ultimo caso la sostanza aveva una composizione corrispondente alla formola 8C,IL0, ‘ ma trattandosi di materie amorfe è difficile poter accertare piccole differenze nell’ana- lisi e però non è impossibile che in entrambi i casi si formi lo stesso prodotto. Sarebbe interessante ricercare se la polimerizzazione è di natura analoga a quella della paraldeide o se si tratti di nna vera condensazione. (Ure = Aldeide benzoica ed alcool benzilico. L'esperienza venne fatta allo scopo di vedere se l'alcool benzilico fosse in grado di reagire sull’ aldeide come fa l'etilico. Così è diffatti, senonchè per la ‘natura del- l'alcool la reazione acquista uno speciale carattere : 1° alcool si somma semplicemente all’aldeide dando i due idrobenzoini. La soluzione esposta alla luce dal 1, VI al 30, X era formata da 5 gr. di benz- aldeide e 5 gr. di alcool benzilico. L'aspetto del tubo dopo 1 insolazione era quello d’ un liquido giallo, contenente in sospensione delle croste di cristalli privi di colore. La lavorazione del prodotto venne fatta separando anzitutto la parte solida e cristal lina per filtrazione alla pompa. Purificata dal benzolo dette le caratteristiche fogliette dell’ idvobenzoino, che fondono a 136°. Analisi : Sostanza 0,1368 gr.; CO, 0,3942 gr.; H,0 0,0816 gr. In 100 parti : A ne qtr vp 01 jE n trovato calcolato per C,,17,,0 i —sr T___ see > nn C 78,58 78,50 H 6,62 6,54 La porzione oleosa distillata in corrente di vapore, per eliminare le sostanze inal- terate, lasciò un residuo resinoso del solito aspetto, la sua quantità era di 4,4 gr. Dai liquidi acquosi si poterono ottenere altre porzioni di idrobenzoino ed assieme a questo anche /’isoidrobenzoino, dal punto di fusione 121°. Se si fa astrazione dalla resina, il processo può essere rappresentato nel seguente modo : CHERIE ROCCO H8 Benzofenone ed alcool benzilico. Come era da prevedersi, l’alcool benzilico per azione della luce può ridurre anche il benzofenone, ma la reazione è assai più complessa che nel caso precedente, perchè è maggiore il numero dei prodotti. Abbiamo lasciati esposti alla luce in diverse riprese tre tubi. Dal 6, V al 1, XI (1901) 12 er. di benzofenone e 24 gr. di alcool benzilico; dal 9, VII al 1, XI (1901) 12 gr. di benzofenone e 24 gr. di alcool benzilico e dal 3, VI al 3, XI (1902) 25 er. di benzofenone e 50 gr. d’ alcool benzilico. Le modifi- cazioni che la luce determina nella soluzione di questi due corpi è sempre la seguente : dal liquido limpido si depongono prima grossi cristalli di benzopinacone, trasparenti e senza colore; poi, più tardi, si aggiungono a questi dei mammelloncini bianchi, for- mati da piccoli aghetti. — 30 — Ad insolazione terminata i tubi subirono sempre il seguente trattamento. Il prodotto venne filtrato alla pompa per separare la parte cristallina dall’ olio. Si ottennero così delle suddette tre preparazioni rispettivamente 12,6 gr., 12,3 gr. e 24,5 gr. di ma- teria solida. La parte cristallina così ottenuta è formata, come appariva dal modo onde s° era formata nei tubi, da due diversi composti, che si separarono nel seguente modo. Trat- tando con alcool si ottiene una soluzione da cui si depositano uniformemente i cristalli del prodotto principale, che è il berzopiracone ; esso è il meno solubile. Lo si ebbe col punto di fusione voluto di 186°. MISS I. Sostanza 0,1208 ger.; CO, ITS: H,0 0,0694 2r. Il. Sostanza 0,1840 gr.; CO, 0,5772 gr.; 4,0 0,1070 gr. In 100 parti: S = o LI SI TS o) = da trovato calcolato per C,;4,% TT ——r_z@®*n‘°2—r©rr’ (i 82,95 SIT 82.76 Jgl 6,44 6,44 6,21 Questa sostanza è assai probabilmente identica a quella ottenuta e descritta da A. Gardeur (1), a cui questo autore attribuisce il punto di fusione 164°. Tanto dalle sue, come dalle nostre esperienze risulta evidente che ad essa spetta la costitu- zione del zriferilglicole, la di cui formazione alla luce per condensazione del benzo- fenone coll’ alcool benzilico è un fatto interessante, sebbene prevedibile in seguito ai nostri stud]. (1) Chemisches Centralblatt 1897, II, pag. 662. CH, QUER CO sa OI RCORZECAOHI CH, CE 1, CH; CH, benzofenone alcool benzilico trifenilglicole Come s'è detto, il prodotto principale è il benzopinacone ; di trifeniglicol da 25 er. di benzofenone e 50 gr. di alcool benzilico non abbiamo ottenuto che 3,5 gr. (terza esperienza). La parte oleosa del prodotto greggio della insolazione venne distillata in corrente di vapore acqueo per eliminare l’ alcool benzilico rimasto inalterato. Si ricercò infrut- tuosamente di scoprire nel distillato l’ aldeide benzoica. Il residuo è formato da una resina (7 gr. proveniente dalla sucitata 3 esperienza) sospesa nel liquido acquoso. Esse venne ripetutamente bollita con acqua ed infine, dopo essere stata seccata, posta in digestione nell’ alcool metilico ; tutta la resina si disciolse ad eccezione di un piccolo residuo cristallino, che venne riconosciuto per il trifenilelicol, dal punto di fusione 168°. La soluzione acquosa, che per raffreddamento deposita buona copia di cristalli, venne estratta con etere e la soluzione dibattuta con carbonato sodico. La sostanza liberata Qo dall’etere, purificata dal benzolo, fonde a 138° e non è altro che idroberzoino. Analisi : Sostanza 0,1531 gr.; CO, 0,4395 er.; 4,0 0,0912 gr. In 100 parti: trovato calcolato per C,,7,,% ag gijîi IT —.. (0) TOO 78,50 JEl 6,62 6,54 La quantità di idrobenzoino non era molto grande, dalla seconda esperienza se ne ebbero circa 3 gr. L’ isoidrobenzoino può benissimo essere stato presente, ma non l’ab- biamo rinvenuto. La reazione che per influenza della luce si impegna fra 1° alcool benzilico ed il benzofenone può essere riassunta nel seguente modo : l’ alcool reagendo sul chetone lo trasforma per la maggior parte in benzopinacone, mentre si produrrà aldeide benzoica ; in via secondaria l’ alcool si addiziona al chetone dando il trifenilglicole. L° aldeide benzoica non rimane però inalterata, in parte si polimerizza nella solita resina ed in parte coll’ alcool benzilico produce 1° idrobenzoino. Non tenendo conto della resina, la reazione potrebbe venire rappresentata colle seguenti equazioni : Cl 000 CL CI = (00), CORTINE (8 benzofenone alcool benzilico trifenilglicole 20,H,- CO - CH, + 0,H,- CH,JOH = (C,H,), - COH - COH - (CH), + CH, - CHO benzofenone alcool benzilico benzopinacone ald. benzoica TEL COS GEL CLORO aldeide benzoica alcool benzilico idrobenzoini Serie VI. — Tomo I. 5 SA Benzofenone ed acido formico. Mentre il chinone viene assai facilmente ridotto dall’acido formico (1), tanto che la reazione si compie lentamente anche all’ oscuro ed è poi assai accelerata dalla luce, il benzofenone rimane inalterato. Una soluzione di 4 gr. di benzofenone in 10 c. c. d’ acido formico venne esposta dal 7, V al 20, XI; il liquido diventa leggermente giallo e sulle pareti si depositano delle gocciette di materia resinosa (1 gr.); la so- luzione non conteneva che benzofenone ; non si formò quindi benzopinacone. Benzofenone e cimolo. In vista della facilità con cui il chinone reagisce alla luce cogli idrocarburi e segnatamente con quelli parafinici, dando però prodotti che non abbiamo potuto deter- minare (si ottiene, come è noto, una materia nera) (2), abbiamo voiuto studiare il contegno del benzofenone che, al pari del chinone, ha grande facilità di ridursi per dare il pinacone. Quale seconda sostanza abbiamo scelto il cimolo, che scioglie hene a freddo il chetone, con la speranza di potere in questo caso scoprire eventualmente anche la trasformazione patita dall’ idrocarburo. La soluzione esposta alla luce dal 13, II al 30, V, conteneva 3 gr. di benzofenone in 10 di cimolo. Già dopo poche settimane si separano abbondanti i cristalli di derzopinacone, ma per poter riconoscere in qual modo il cimolo prenda parte alla reazione bisognerebbe ripetere | esperienza su assal larga scala. Benzofenone e benzaldeide. Dalle ricerche di F. Klinger (3) è noto che il chinone si condensa alla luce con l’aldeide benzoica per dare assieme ad altri corpi il p-diossibenzofenone CHO, 4-0, Hoy CHO=C,H(01), 00032, Per l'analogia di contegno che alla luce in alcuni casi il benzofenone presenta col chinone, abbiamo voluto vedere se anche qui avvenisse un simile processo di condensa- zione. L'esperienza non dette resultati molto soddisfacenti. fsponendo alla luce la soluzione di 5 gr. di benzofenone in 10 gr. d’aldeide ben- zoica dal 15, XI 1901 al 15, II 1902, si ritrovò nel tubo un liquido giallo molto spesso, in cui erano sospesi dei cristalli bianchi. Trattando con acido acetico glaciale, questi, insolubili, poterono essere portati su filtro, per essere poi purificati dallo stesso solvente. Si ebbero così facendo aghi privi di colore, dal punto di fusione 236°-237°. ssi avrebbero una composizione corrispondente ad una formola assai complessa : C,H,0,, che, ‘naturalmente, non è ancora accertata. (2)MIUSC: (3) Berichte, 24, 1340 (1891). O LE Analisi: Sostanza 0,1456 gr.; CO, 0, 4326 gr.; 4,0 0,0754 gr. In 100 parti : trovato calcolato per C,,84,,0; or. e e >, C 81,02 81,18 H 5,65 5,61 La quantità di prodotto era così esigua che noi abbiamo rinunciato a riprenderne lo studio. La parte solubile nell’ acido acetico è resinosa. Benzile ed alcool etilico, x Anche questa esperienza è stata fatta in seguito ai ben noti lavori di F. Klin- ger (1). Questo autore aveva osservato molti anni or sono che il benzile in soluzione eterea si trasforma alla luce nel cosidetto derzilbernzoino, che ha la formola 2C.H.- C0-C0-C.H. 5) G,H,- CO. CHOH - C,H 50 mentre si produce aldeide acetica. Sul comportamento in soluzione alcoolica egli non fece studi ulteriori. Noi abbiamo osservato che il benzile si comporta, come era da prevedersi, ugual- mente anche in soluzione alcoolica. Già dopo pochi giorni, dalla soluzione alcoolica di benzile, esposta alla debole insolazione del mese di gennaio, si separa una polvere bianca, formata dal benzilbenzoino, mentre il liquido si colora in giallo. Noi ci siamo avveduti però, che lasciando tutto il prodotto esposto lungamente alla luce, i cristalli di benzilbenzoino a poco a poco vanno disciogliendosi nel liquido in modo che in al- cuni casì spariscono del tutto e sempre diminuiscono notevolmente. Per studiare a quali reazioni chimiche fosse dovuta questa seconda parte del fenomeno, abbiamo fatto una lunga serie di esperienze su larga scala, ma il risultato fu scarso assai. Noi abbiamo, fra le altre prove che non staremo qui tutte a descrivere, lasciato esposto alla luce per un anno intero, una soluzione di 30 gr. di benzile in 600 c. c. d'alcool assoluto. Il prodotto si componeva d’ una polvere bianca e cristallina di ben- zilbenzoino, rimasto inalterato, cioè non scomparso, che pesava 6,1 gr. ed un liquido giallo rossastro. Distillando il filtrato non si ebbero che tracce d’ aldeide acetica, mentre in altre esperienze questa s’ era formata in abbondanza. Il residuo è una massa scirop- posa, che venne scaldata nel vuoto per liberarla del tutto dall’alcool. Essa accenna a cristallizzare. Per estrarre le materie cristalline, tutta la massa venne bollita con etere petrolico. La parte maggiore, che resta indietro indisciolta in questa operazione, è una resina, la quale costituisce assai prevalentemente il prodotto della reazione. (1) Berichte, vol. 19, pag. 1864 (1886). — 34 — I° etere petrolico estrae un miscuglio di sostanze che vennero separate nel se- guente modo. Anzi tutto, dopo avere eliminato il solvente e ripreso 1’ estratto secco con etere, esso venne dibattuto con carbonato sodico. Nel liquido alcalino passano le sostanze acide che sono costituite prevalentemente da «acido benzoico. La parte rimasta nell’ etere, dopo avere eliminato il solvente, venne distillata in corrente di vapore acqueo. Passano piccole quantità di un olio, piuttosto denso, da cui, a mezzo del bisolfito sodico, potè essere separata l aldeide benzoica; ma questa non è la sola materia liquida, accanto ad essa si poterono rinvenire piccole quantità d° e- tere benzoico. Il prodotto principale non è però volatile, esso resta in dietro durante la distilla- lazione con vapore acqueo in forma d’una resina. Bollendola ripetutamente con acqua essa cede a questa notevoli quantità di berzoino. Analisi : Sostanza 0,1566 gr.; CO, 0,4539 gr.; 4,0 0,0818 gr. In 100 parti : trovato calcolato per C,,7,30 ds — w_—_ Tr >-_o_—r __6 Gi 79,05 19,24 H 5,80 5,66 La massa resinosa venne quindi, senza esaurirla completamente con acqua, liscivata a più riprese a freddo con alcool metilico. Questo ne asporta la parte maggiore e lascia indietro finalmente una polvere sabbiosa, disgraziatamente in assai esigua quantità (1 gr.). Essa venne fatta cristallizzare dal- l'alcool ordinario, in cui è pure assai poco solubile, e si ebbero così aghi lunghi e sottili, privi di colore, che fondevano a 212°. La loro quantità non è stata sufficiente per accertarne con |’ analisi la composizione. La parte solubile in alcool metilico contiene oltre alla materia resinosa, benzoino ed anche benzile inalterato. . La trasformazione del benzile in soluzione alcoolica per una prolungata esposizione alla luce, consiste in gran parte in un processo di resinificazione. Oltre alla riduzione a benzoino avviene assai limitatamente una scissione in aldeide benzoica ed etere ben- zoico, evidentemente per intervento dell’ alcool; assieme a queste sostanze si produce pure una certa quantità d’ acido benzoico. Benzile e paraldeide. F. Klinger (1) trovò che il fenantrenchinone dà coll’ aldeide acetica 1° acetilfe- nantrenidro:hinone ; dopo l’ esito poco fortunato già descritto che noi ebbimo col ben- zofenone, veramente era da aspettarsi che il benzile non avrebbe dato resultati molto (1) Liebigs Annalen vol. 249, pag. 137. favorevoli, tuttavia 1° esperienza doveva essere tentata. Le cose vanno, di fatto, in modo poco soddistacente e, come già Klinger l’ aveva accennato, la reazione non ha nessuna analogia con questa che si compie col fenantrenchinone. Alla luce venne esposto un tubo con 10 er. di benzile e 20 di paraldeide per 8 mesi, durante tutto il periodo di maggiore insolazione. Da principio si separa anche in questo caso il benzilbenzoino, il quale a poco a poco va scomparendo, mentre il li- quido si colora in giallo rossastro. La maggior parte del prodotto è costituita da una resina ; distillando con vapore acqueo, dopo avere naturalmente eliminato 1° alcool, ottenemmo in assai piccola quan- tità (0,9 gr.) una sostanza solida volatile, che venne riconosciuta per desossibenzoino. Purificata dall’ etere petrolico, fuse a 55-56°. Analisi : Sostanza 0,1429 or.; CO, 0,4474 er.; H,0 0,0813 gr. In 100 parti : trovato calcolato per l,,71,30 Tin —_ ta Tn — _ —nn_”_ _ —— d 85,38 85,71 H 6,32 6,12 Questa riduzione GA 0g — = gio 00 der benzile desossibenzoino ner opera della paroldeide alla luce è veramente rimarchevole. 1 Comportamento dell’ allossana. La facilità con cui avviene la riduzione dell’ allossana ad allossantina fece nascere in noi il desiderio di vedere se la luce fosse in grado di determinare questo passa@- gio per azione dell’ alcool. Allossana ed alcool etilico. Realmente la reazione avviene nel modo preveduto, essa è cioè quella tipica fra alcooli e chetoni aromatici: si forma allossantina ed aldeide acetica. Un tubo contenente 5 gr. di allossana e 25 c. c. d’ alcool assoluto venne lasciato esposto al sole per alcuni mesi, dal 15, XII al 6, II. Dal liquido debolmente colorato in roseo, si separano già dopo due settimane dei cristalli privi di colore, che vanno lentamente aumentando. Alla fine dell’ esposizione ne ottennemmo 1,7 gr. Il solvente conteneva notevoli quantità d’ aldeide acetica. La materia solida sepa- ratasi spontaneamente alla luce, venne fatta cristallizzare dall’ acqua ; essa aveva tutte le proprietà dell’ allossantina. Per 1° analisi venne seccata sulla calce viva. Serie VI. — Tomo I. DU — 36 — Analisi : Sostanza ‘0,2126 gr; CO, (0,2310° gr.; 45070;06460 tor: In 100 parti : trovato calcolato per C,H,O,N, + 3H,0 i ss — . —_—_______gsmaenn TT SÈ». .r—r_<_<- (0) 29,63 29,81 JE 3,98 53,10 La parte rimasta sciolta nell’ alcool era tutta allossana inalterata. Un’ esperienza di contro prova, fatta tenendo all’ oscuro una soluzione alcoolica di allossana per quasi 2 anni, confermò il resultato, il contenuto del tubo rimase del tutto inalterato. Questa reazione illustra assai bene il fatto che 1° allossantina è il pinacone cor- rispondente all’ allossana. Nello stesso modo come il benzofenone dà il benzopinacone, avviene in questo caso la reazione analoga : / INUEI== (00) NH — CO. È CO — NI 2C00 CO CH, 0 CO C-O0OB—O0OH-C h CO+C,H,0 \NH-— 007 NH— CO NCO=HN allossana alcool allossantina : aldeide Anche i chetoni della serie alifatica sono in grado di reagire con i rispettivi alcooli alla luce, ma qui la’ formazione di sostanze liquide rende la ricerca assai dif- ficile e laboriosa, noi speriamo tuttavia di poter vincere le difficoltà e di potere prossimamente pubblicare i risultati delle nostre esperienze in proposito. Comportamento di composti non saturi. Sul contegno dei composti non saturi alla luce, cioè delle sostanze organiche con- tenti legami doppi di varia natura, esistono già molte osservazioni. Anzi tutto è stato trovato che la luce determina in molti casi un processo di polimerizzazione ed in proposito vanno citate le trasformazioni delle aldeidi nei loro polimeri, dell’ acetilene in benzolo, del timochinone in politimochinone (1) e altre ancora su cui ritorneremo più avanti. Oltre i fenomeni di polimerizzazione, la luce determina alle volte anche il passaggio di un isomero stereochimico all’ altro: 1° acido allocinnamico diventa cinnamico, l'allo- furfurico, furfurico ; 1° allocinnamilidenacetico, cinnamilidenacetico (2). Così pure 1’ a- cido angelico si trasforma in tiglico ed il maleico in fumarico (3). Queste reazioni (1) Liebermann. Berichte vol. 10, pag. 2177 (1877) e 18, pag. 3193 (1885). (2) Berichte, vol. 28, pag. 1443 (1895). (3) Berichte, vol. 29, pag. 1080 (1896). Referate. CEE vengono agevolate dalla presenza di tracce di jodio. Infine agendo sui composti non saturi in presenza di ossigeno, la luce favorisce anche processi di autossidazione e qui sono da citarsi massime i lavori di Engler (1), ma anche quelli di Thiele (2), Roser (3) e finalmente di Weger (4). Acido cinnamico. I. Bertram ed R. Kirsten (5) osservarono nel 1895 che Il’ acido cinnamico si trasforma alla luce di un polimero dal punto di fusione 274° e supposero giusta- mente che questa sostanza fosse identica all’ acido trussillico di Liebermann. Più recentemente e contemporaneamente a noi Riiber (6) confermò questa osservazione. L’ acido cinnamico sembra subire questa polimerizzazione soltanto allo stato solido, in soluzione non pare che essa possa compiersi. Noi abbiamo più volte osservato che conformemente alle indicazioni di Bertram e Kiirsten esponendo | acido cinnamico secco e polverizzato alla luce, esso si tra- sforma in una sostanza poco solubile nell’ etere, che non è altro che l’ acido trussil- lico di Liebermann. In soluzione alcoolica invece le cose procedono assai diversamente. Esponendo una soluzione di 10 er. d’ acido cinnamico in 45 ce. c. d’ alcool assoluto, dal 2, VI (1900) al 29, X (1901) il liquido ingiallisce, ma non mostra altra alterazione. Svaporando il solvente resta indietro una massa semisolida, che venne ripresa con etere ed in questa soluzione trattata con carbonato sodico. Nell’ etere resta circa la metà del prodotto, che non è altro che l'etere etilico dell’ acido cinnamico. Nella soluzione alcalina si rinviene l’ acido inalterato. La luce non ebbe altro effetto che di agevolare | eterifi- cazione. In soluzione eterea ed acetonica l’acido cinnamico si mantenne inalterato anche dopo una prolungata insolazione. Altrimenti invece accade se la sostanza non è tutta disciolta, ma se in parte resta sospesa nel liquido; la parte rimasta indisciolta subisce la trasformazione. 4 gr. di acido cinnamico, sospesi in una quantità di paraldeide in- sufficiente a tenerli disciolti completamente, vennero esposti alla luce dal 30, V (1901) al 21, X (1902). Dopo questa prolungata insolazione, sì filtrò la parte rimasta sospesa nel liquido e si potè facilmente dimostrare che era formata da acido trussillico. Distil- lando la paraldeide, che aveva servito da solvente, si ottenne 1’ acido cinnamico inal- terato. (1) Berichte, vol. 30, pag. 1669 (1897); 31, 3046, 3055 (1898); 38, 1090, 1097, 1109, (1900); 34, 2933 (1901); 36, 2642 (1903). (2) Berichte, vol. 33, pag. 666 (1903). (3) Liebigs Annalen der Chemie, vol. 247, pag. 160. (4) Berichte, vol. 36, pag. 309 (1903). (5) Berichte, vol. 28, pag. 387, Referate (1895). (6) Berichte, vol. 35, pag. 2908 e 4128 (1903). — 38 — Stilbene, A differenza dell’ acido cinnamico, lo stilbene si polimerizza anche in soluzione. Noi abbiamo esposto al sole 3 gr. di stilbene in 15 e. c. di benzolo dal 8, VI (1901) al 27, X (1902). Svaporando il solvente si ebbe un residuo solido intriso da una materia brunastra oleosa, che venne fatto cristallizzare dall’ etere. Si ottennero, così facendo, aghetti senza colore, dal punto di fusione 163°. Essi sono un dimero dello stilbene, della formola 20 Hi Ga Analisi : Sostanza 0,1487 gr.; CO, 0,5069 gr. ; H,0) 0,0918 er. In 100 parti : trovato calcolato per C,yHs (SS e e —___—T _ _ m__ G 92,98 93,33 H 6,86 6,66 Peso molecolare : sostanza solvente abbassamento peso molecolare calcolato 2 in Pa — ns — er ei [ad 2 —, 0A0Mzior: 9,41 or. 0°,21 387 360 0,2404 » 9A > 0°,48 DI — La determinazione venne fatta in naftalina. Questo polimero dello stilbene (0,,/7,,) non era stato ancora descritto. Esso è s0- lubile a caldo moderatamente nell’alcool e nell’ etere, più nel benzolo e nell’ acido acetico glaciale. Da questi solventi si separa in prismetti privi di colore. In soluzione alcoolica resiste all’azione del permanganato potassico. Esso non contiene dunque più il lecame olefinico dello stilbene e la sua formola potrebbe essere la seguente : CHIS0H—'CHIOD G:H->:CH = CH o Assai diversamente si comporta lo stilbene se rimane esposto alla luce in presenza dell’aria. L'esperienza venne fatta per caso e cioè mentre volevamo vedere se lo stil- bene si polimerizzasse allo stato solido meglio che in soluzione. A tale scopo abbiamo lasciato esposti alla luce 5 gr. di stilbene finamente polverizzati, in una capsula a fondo piatto, posta in un essiccatore, dal 29, X (1902) al 2, X (1903). Durante i mesi d’ inverno la sostanza sì mantenne bianca, ma appena sopraggiunta la primavera lo strato superficiale incominciò ad ingiallire e durante il periodo estivo la trasforma- zione divenne assai profonda. Alla fine dell'autunno trovammo che la sostanza nella capsula s'era trasformata in una materia quasi nera e che le pareti dell’ essiccatore, e massime quelle più direttamente colpite dalla luce, s'erano ricoperte d’ uno strato di lunghi aghi poco colorati. Aprendo 1° apparecchio si avvertì subito 1 odore di al- deide benzoica ; esaminando il prodotto si trovò poi che la sostanza cristallina sulle pareti non era altro che acido benzoico e che nella capsula predominava ancora lo stilbene inalterato. Oltre a queste materie cristalline, tanto sulle pareti dell’ essiccatore, che nella capsula, si riscontrò una sostanza amorfa, insolubile nell’ etere. In seguito alle citate ricerche dell’Engler, la cosa si spiega facilmente : siccome evidentemente l’ essiccatore non chiudeva in modo sufficiente, lo stilbene s’ è ossidato per l’ossiceno atmosferico. Probabilmente in una prima fase del processo si sarà for- mato un perossido : QUISOH VIENGHITO | es | i C,H,- CH CURNGHAIO il quale si sarà scisso in due molecole di aldeide benzoica : (i ‘6 RIGO CEISCHO | = CHRACHINOS CH, - CHO . Questa non s'è potuta rinvenire in quantità apprezzabili (non si potè avvertirne che l'odore), ma è ben chiaro che appena formata si sarà in parte resinificata ed in parte avrà continuato ad ossidarsi ad acido benzoico. Noi non intendiamo occuparci più direttamente della cosa per non intralciare le belle ricerche dell’ Engler e ci limitiamo però ad esporre il fatto, che crediamo non sia ancora descritto. E noto invece dalle interessanti esperienze di C. Harries (1), che lo stilbene dà per ossidazione coll’ ozono nettamente aldeide benzoica. Cumarina, Anche la cumarina subisce per azione della luce un processo di polimerizzazione, in questo caso si ottiene una sostanza probabilmente già nota; noi riteniamo almeno che il prodotto sia identico o poco diverso dalla cosidetta idrodicumarina di Dyson (2). La prima esperienza venne eseguita in soluzione alcoolica, 10 gr. di cumarina sciolti in 120 c. ce. d'alcool assoluto, vennero lasciati esposti alla luce dal 15, XII (1901) al 3, XI (1902). «Già dopo alcune settimane incominciano a depositarsi dal li- quido, che assume un colore lievemente giallo, dei grossi cristalli bene sviluppati, che a poco a poco vanno aumentando. Dopo il tempo indicato il prodotto cristallino venne raccolto su filtro, esso pesava 1,1 gr. ciò che corrisponde al rendimento di circa 111 p. ceto. Nel liquido alcoolico filtrato non era contenuto che il resto della cumarina (1) Berichte, vol. 36, pag. 1936 (1903). (2) Beilstein, vol. I, pag. 2026 e Chemisches Centralblatt 1890, vol. I, pag. 525. inalterata. La sostanza che si era separata spontaneamente, è assai difficilmente solu- bile in tutti i solventi. Essa venne fatta cristallizzare dall’ acido acetico bollente. Per raffreddamento si ebbero, squamette prive di colore, che fondevano a 262°. All’ ana- lisi dettero numeri corrispondenti alla cumarina. Analisi: so Sostanza 0,1562 gr.; CO, 0,4231 gr.; 4,0 0,0592 Sostanza 0,2368 gr.; CO, 0,6405 gr.; 4,0 0,0930 gr In 100 parti : (i trovato calcolato per C,7,0, ZI re + __gsnnn »l rr "‘°‘‘ (CMS STI TELAI UE) H 4,21 4,39 4,11 Per la poca solubilità della sostanza in tutti gli ordinari solventi, non ne abbiamo potuto determinare il peso molecolare, non vi ha però dubbio che gli spetti la doppia formola, Cg70,, perchè come s'è detto il composto è probabilmente identico alla idrodicumarina di Dyson. Questo autore ottenne per condensazione dell’ aldeide sali- cilica con acido succinico la dicumarina, a cui spetta senza dubbio la formola : O —— CO CO—- 0 O,H | | Cp: CH=C-—C= CH Per idrogenazione ebbe da questo Cy7,,0,, il prodotto biidrogenato €,7,0,, col punto di fusione 256°. Può darsi benissimo che il composto ottenuto da Dyson sia identico al nostro malgrado la piccola differenza nel punto di fusione ; egli attribuisce alla sua idrodicumarina la costituzione : 0) - CO CO—- 0 ‘ CH, | COLE Ci MAI che sarebbe da sostituirsi colla seguente : 0 STO / | | N C;H, d | CH, Yi = l=0H per la nota regola di Thiele. Non si può però escludere che il prodotto da noi ot- tenuto contenga un anello tetrametilenico, nel qual caso gli spetterebbe la formola : ESPE, TIC CO--CH-—CH — C0 | | | | OSROTE E ig N NZ CH, OLHE Siccome in soluzione di acido acetico glaciale il nostro polimero resiste al per- manganato abbastanza bene, così quest’ ultima ha anche essa un certo grado di pro- babilità. La polimerizzazione della cumarina non avviene soltanto in soluzione alcoolica, ma anche in paraldeide ed in benzolo. In questo ultimo solvente, con una esposizione dal 19, XI (1902) al 5, XI (1903), abbiamo ottenuto il prodotto con un rendimento del 14 pcto. Per ultimo abbiamo potuto constatare che anche allo stato solido la cuma- rina si polimerizza alla luce ; con la stessa esposizione il rendimento fu però più scarso, soltanto del 6 pcto., ma questo forse perchè la superficie colpita dalle radiazioni era minore. Acido maleico, IL’ acido maleico è una di quelle sostanze che alla luce non si polimerizzano, ma si trasformano nell’ isomero più stabile. Questa metamorfosi è stata osservata da I. Wislicenus (1) operando in presenza di bromo o di jodo. Noi abbiamo osservato che sebbene assai lentamente, la trasformazione dell’acido maleico in fumarico si compie anche senza la presenza di un catalizzatore. Esponendo una soluzione acquosa di acido maleico al 10 peto. alla luce, incomincia già dopo qual- che settimana la separazione. di acido fumarico, in forma di croste cristalline aderenti alle pareti del tubo. Con una insolazione di circa un anno, dal 21, II (1902) al 2, II (1903) si ebbe un rendimento del 12 peto. Anche allo stato solido avviene la tra- sformazione, ma più lenta, probabimente anche qui in causa della minore superficie esposta alle radiazioni. Ossime delle aldeidi nitrobenzoiche, Come è noto, oggigiorno tutti i chimici convengono nel ritenere che le isomerie nelle ossime devono essere considerate diverse dalle ordinarie isomerie di costituzione ; si ammette generalmente che le due forme in cui molte ossime, ed in ispecie le aro- matiche, si presentano, dipendano da una differente configurazione del gruppo ossimico in modo che queste isomerie vengono ad essere comparabili a quelle dei composti a doppio legame olefinico. Delle due forme, 1’ una corrisponderebbe al tipo maleico e l’altra a quello fumarico. Stando così le cose era assai interessante ricercare se la luce po- tesse anche in questo caso determinare una trasformazione simile a quella dell’acido (1) Berichte, vol. 29, Referate pag. 1080 e Abhandlungen der K. sichsischen Akademie der Wis- senschaften 1895, pag. 489. Lu Aaa maleico in fumarico, dell’angelico in tiglico, dell’allocinnamico in cinnamico e di altre ancora. Per ragioni di altra indole noi abbiamo incominciato le nostre esperienze colle os- sime delle aldeidi nitrobenzoiche ed abbiamo trovato che in questo caso realmente la reazione si compie nel modo indicato. La cosidetta antialdossima, che ha il punto di fusione più basso, si trasforma nella sinaldossima che ha il punto di fusione più ele- vato, la ossima malenoide passa a quella fumaroide : CTANNONEA] CHNONC | cao | HOT-N NT OH. antiossima sinossima (malenoide) (fumaroide) Noi non sappiamo ancora se questa reazione venga determinata dalla luce in tutti i casi, perchè noi finora non la abbiamo potuta osservare con sicurezza che per la orto- e per la para- nitrobenzaldossima ; il contegno della metanitrobenzaldossima è ancora incerto e su questo argomento, come in genere intorno al contegno di altre ossime, ci riserbiamo di fare ulteriori studi, su cui speriamo di potere riferire fra non molto tempo. Ma anche al punto in cui si trovano, le nostre esperienze non sono prive di interesse, perchè provano come l’ interpretazione generalmente ammessa per le isomerie delle ossime trovi una elegante conferma nel loro contegno alla luce. o-Nitrobenzaldossima. Venne preparata dall’ o-nitrobenzaldeide seguendo le norme date dal Gabriel (1) ed ottenuta in cristalli gialli dal punto di fusione 102-103°. Goldschmiedt e Rietschoten (2) danno il punto di fusione 96-97°. Per studiare l'azione della luce questa ossima abbiamo scelto quale solvente il benzolo ; 5 gr. di sostanza e 100 c. c. di benzolo, in cui si discioglie soltanto parzialmente, vennero esposti alla luce dal 27, III al 16, IV. Dopo circa 2 giorni di insolazione 1° ossima si scioglie del tutto nel benzolo e dalla soluzione gialla vanno a poco a poco sepa- randosi degli aghetti ramificati di colore bruno, accompagnati da una piccola quantità di materia amorfa bruna. Il prodotto separatosi venne raccolto su filtro, pesava 3,8 gr.; dalla soluzione si ottennero 2,2 gr. di ossima inalterata. La parte insolubile nel benzolo a freddo, venne fatta cristallizzare rapidamente dallo stesso solvente a caldo, la piccola porzione amorfa resta così facendo indietro insolubile. Per raffreddamento della solu- zione benzolica si ottengono squamette allungate e sottili, che fondono a 148-150°. Esse hanno la stessa composizione del prodotto primitivo. Analisi : Sostanza 0,2018 gr.; CO, 0,3738 gr.; 4,0 0,0700 gr. In 100 parti: (1) Berichte, vol. 16, pag. 520 (1883). (2) Berichte, vol. 26, pag. 2101 (1893). trovato calcolato per C,4,0,N; 7 i —_as> — TT 837 —_—_TTP_T— _—————_m C 50,51 50,60 H 3,85 3,61 Nella purificazione di questa sostanza non bisogna insistere troppo nell’ ebollizione, perchè bollendo a lungo a ricadere, si ottengono gli aghetti della sostanza primitiva, che fonde a 105°. Il composto ottenuto alla luce è evidentemente la cosidetta o-nitrobenzsinaldossima di Goldschmiedt e Rietschoten (1), che l’ ottennero dall’ antiossima col metodo di Beckmann. Questi autori trovarono per il loro prodotto il punto di fusione 136°, ma la lieve differenza non può infirmare l° identità delle due sostanze. Col .metodo del Beckmann si ottiene soltanto una parziale trasformazione dell’ antiossima nella sinal- dossima ; nel nostro caso invece il prodotto separatosi spontaneamente alla luce era evidentemente più puro. p-Nitrobenzaldossima. Venne preparata seguendo le norme indicate da Gabriel (2) dalla p-nitrobeuzaldeide ; si ebbe in forma di aghetti giallicci, che fondevano a 130°; il punto di fusione riportato dagli autori è di 128,5-129°. L'azione della luce venne anche in questo caso studiata in soluzione benzolica; a questo scopo 2 er. dell’ os- sima vennero sospesi in 40 ce. c. di benzolo ed esposti al sole dal 28, IV al I, V. Già dopo un pajo d’ ore, dal liquido soprastante agli aghetti della sostanza pri- mitiva, si separa una polvere cristallina lievemente colorata in giallo, che va man mano aumentando, mentre gli aghi scompaiono. Il liquido si colora assai debolmente. La trasformazione della p-nitrobenzantialdossima avviene però più rapidamente che quella della o-nitroantiossima. Il prodotto dell’ insolazione venne raccolto su filtro ; allo stato greggio fonde a 168°; cristallizzandolo dall’ etere acetico bollente, si eb- bero per raffreddamento tavolette, lievemente gialle dal punto di fusione 174°. Ri- fuse fondono nuovamente a 128°. Anche in questo caso la sostanza non cambia la sua composizione. Analisi: Sostanza 0,1772 gr.; CO, 0,3320 gr.; H,0 0,062 gr. Sostanza 0,1774 gr.; CO, 0,3318 gr.; 4,0 0,064 gr. Sostanza 0,1596 gr.; azoto misurato a 20° e 752 mm. 23,9 c. c. In 100 parti : trovato calcolato CH, CORNA O — gg x ss — — <= _ __ G 51,09 51,01 50,60 H 3,92 4,01 3,61 N -—_ 16,95 16,86 (1) Berichte, vol. 26, pag. 2101 (1893). (2) Beilstein, vol. III, pag. 49. Il prodotto formatosi alla luce, corrisponde in tutte le sue proprietà alla p-nitro- sinbenzaldossima, descritta da Goldschmidt e Kjellin (1) per cui Behrend e zo Kéònig (2) trovarono il punto di fusione 173-175°. Eterificazione dell’ acido oppianico. Per ultimo vogliamo descrivere qui un’ esperienza che dette un risultato assai di- verso da quello che speravamo conseguire. Facendo agire la luce sull’ acido oppianico noi volevamo vedere se avvenisse una reazione simile a quella che si compie coll’ al- deide o-nitrobenzoica. L’ acido oppianico come sostanza a doppia funzione e di strut- tura assimmetrica poteva permettere di stabilire se per azione della luce il Gruppo carbossilico potesse ossidare quello aldeidico. Invece la reazione ha tutto un altro an- damento : avviene una semplice eterificazione dell’ acido e si forma precisamente il cosidetta etere pseudooppianico, del punto di fusione 92°. CH - 0C,H, (CORRE È. 0 CO In seguito ad una gentile comunicazione privata del ch.mo Prof. C. Lieber- mann (8) di Berlino, che ci fece notare come |’ eterificazione dell’ acido oppianico avvenga non soltanto per ebollizione, ma anche a freddo, all’ oscuro in modo completo, abbiamo fatto qualche esperienza quantitativa per stabilire se la reazione, che può compiersi senza | intervento della luce, venisse da questa sollecitata. A questo scopo abbiamo preparato due tubi, contenenti la soluzione alcoolica di acido oppianico e li abbiamo lasciati esposti alla luce dal 24 giugno, ore 10 A al 25 giugno, ore 14; w tubo però era ricoperto da carta nera e però protetto dal- l’azione delle radiazioni luminose. Il contennto di ciascuno dei due tubi venne sepa- ratamente trattato con soluzione di carbonato sodico ed indi agitato fino ad esauri- mento con etere. I due estratti eterei, posti a seccare nel vuoto sull’ acido solforico fino a peso costante, dettero la quantità di prodotto formato alla luce ed all’ oscuro, in condizioni del rimanente perfettamente identiche. I risultati furono i seguenti : Da 1,51 gr. di acido oppianico si ebbero all’ oscuro 0,4260 gr. di etere. 2 gr. di acido oppianico si ebbero alla luce 0,8088 gr. di etere. Per 100 parti di acido oppianico : (1) Berichte, vol. 24, pag. 2550 (1891). (2) Liebigs Annalen der Chemie, vol. 263, pag. 350, (3) Berichte, vol. 36, pag. 4271 (1903). eterificazione all’ oscuro eterificazione alla luce 27 — tn -—__sss "ea aeae-—Y_-F. 24,8 ; 54,0 Si può però anche in questo caso ritenere accertato che la luce agevola una reazione la quale si compie più lentamente anche senza 1° intervento di essa. Bologna, 12 Marzo 1904. DIVA — — >? > (QI <) ES NIE La prima ipotesi suppone per la differenza di longitudine Parigi-Greenwich il valore 9" 215,03 di fonte te) lo) ) francese, mentre la seconda corrisponde al valore 9" 20%,83 di provenienza inglese. Vedi le VerRand- O) ) le) lungen dell’ Associazione geodetica internazionale, riunione della Commissione permanente a Ginevra le) 7 nel 1893, pag. 101-114; oppure il num. 3202 delle Astrornomische Nachrichten. Il prof. Celoria mi ha gentilmente comunicato risultargli da una recente lettera del prof. Albrecht di Potsdam che le operazioni di longitudine eseguite nell’ estate del 1903 tra Potsdam e Greenwich, per opera dell’ Istituto geodetico prussiano, forniscono per la differenza Parigi-Greenwich il valore 9" 205,88, in buon accordo — 68 — Prendendo giorno per giorno le differenze tra il nascere del Sole e il principio del crepuscolo, epoche che l’ interpolazione mi aveva dato in tempo medio locale fino ai decimi di minuto, ottenni la serie delle durate dei crepuscoli. mattutini. Analoga- mente ricavai giorno per giorno le durate dei crepuscoli vespertini, prendendo le dif- ferenze tra la fine dei crepuscoli e il tramonto del Sole. Tali durate mattutine e ve- spertine sono naturalmente uguali fra loro alle epoche dei solstizii, mentre differiscono lesgermente alle epoche degli equinozii. E se i loro valori si determinano, come qui si è fatto, sui dati già espressi in tempo medio locale e non su quelli in tempo vero, le differenze dal mattino alla sera rimangono alterate dalle contemporanee variazioni dell’ equazione del tempo, ma arrivano talvolta a un minuto intero solamente nel caso del crepuscolo astronomico. In tali casi la durata del crepuscolo che ho inscritto con quello di fonte inglese. Dunque per ora il valore da adottarsi per Padova (quadrante murale) è quello della II" ipotesi di Bakhuyzen, e così si ha: Padova-Greenwich = 47" 295,16 Padova-Bologna = 407 Diff. = Bologna-Greenwich = 45 24,49. E questo, almeno per ora, il valore più sicuro della longitudine di Bologna (asse della torre del- l'Osservatorio). La Cornaissance des temps (1905) dà 45" 24,6: il Nautical Almanac e il Berliner Jahrbuch, concordi, 45" 245,9. L’ Annuario del prof. Respighi (1858-65) dava 45" 245,6. Durante la stampa «lel presente lavoro fu pubblicata una Nota del prof. Albrecht, presentata 11 febbraio 1904 all’ Accademia delle Scienze di Berlino e riguardante la nuova determinazione della differenza di longitudine tra Potsdam e Greenwich. Questa operazione, eseguita coi metodi più perfe- zionati e con cautele straordinarie, diede come risultato di 24 serate d’osservazione il valore : Potsdam — Greenwich = 52" 165,051 # 07,003. In base a questo valore e a quelli delle differenze di longitudine tra Berlino e Potsdam (=1" 18,721) e tra Berlino e Parigi (= 44" 18°, 860), determinati rispettivamente nel 1891 e nel 1877 dall’ Istituto geodetico prussiano, il prof. Albrecht nota che la differenza di longitudine tra Parigi e Greenwich risulta uguale a gm 205,912 e che questo valore si riduce a gm 207, 882 quando si introduca, in luogo della differenza Berlino-Parigi osservata direttamente, il valore 44" 13°, 890 risultante dalla citata compensazione di Bakhuyzen. Osserva pure il prof. Albrecht che il valore precedente è in buon accordo col valore gm 20%, 887 che si ottiene combinando fra loro le due determinazioni olandesi : Leida —- Greenwich = 17" 565, 100 Leida — Parigi — SORRISE Pure durante la stampa della presente Memoria fu pubblicato dal prof. Helmert il Rapporto sui lavori dell’ Ufficio centrale dell’ Associazione geodetica internazionale nel 1903 «&e., ed ivi è detto (a pag. 11) che il prof. Albrecht sta calcolando una nuova compensazione della rete delle longitu- dini in Europa, motivata dalla nuova determinazione della differenza di longitudine tra Potsdam e Greenwich, — 69 — nei quadri mensili è la media (arrotondata nei minuti interi) delle due durate spe- ciali, mattutina e vespertina. Come si sa, la durata massima del crepuscolo ha luogo al solstizio estivo. Per il parallelo di Bologna essa prende i seguenti valori : civile Quan, di 0. Durata massima del crepuscolo astronomico 2 31, Nel calcolare questi numeri ho considerato il nascere e tramontare apparente del centro del Sole, ossia è compreso 1’ effetto della rifrazione. Per la durata minima del crepuscolo in un dato luogo di latitudine @ si ha la formula trovata nel 1693 da Giovanni Bernoulli (1) CS pel sin—7 = sin=c Ss sint = sinze sec °°! per il crepu- 9 scolo civile e 18° per l astronomico. Da questa formula risultano i seguenti valori per dove 7 è la durata minima e c la depressione del Sole, che vale 6 il parallelo di Bologna : \ civile 03055 Durata minima del crepuscolo i } astronomico 1 41 Do Nella deduzione della formula è considerato il Sole all’ orizzonte, senza riguardo alla rifrazione. Per effetto di questa il nascere è anticipato da 3 a 4 minuti (vedi la tavola II); dunque l’ intervallo tra il principio del crepuscolo e il nascere del Sole rimane diminuito di altrettanto, quando si considera il nascere apparente. Così pure, la rifrazione ritarda 1l tramonto e quindi fa diminuire l’ intervallo fra il tramonto del Sole e la fine del crepuscolo. La declinazione del Sole corrispondente al minimum nella durata del crepuscolo è data dalla formula e per il parallelo di Bologna si ottengono i seguenti numeri : lo) Epoca Sui i ( 15 marzo civile — 2° 17 < ) 29 settembre Per il minimo crepuscolo ) 4 marzo astronomico — 6 22 \ ( 9 ottobre. (1) R. Wolf, Zandbuch citato, vol. I, pag. 476-77. PO (( (E In corrispondenza ad ambedue questi valori di Ò 1° effetto della rifrazione sull arco semidiurno vale 3",3 (vedi la tavola II); per conseguenza diminuendo di questa quan- tità le due durate minime, calcolate poco fa, si trova ol 3a D) 1° 3gli 0 come valori della durata minima, rispettivamente per il crepuscolo civile e per 1° a- stronomico. Con questa correzione le durate minime date dalla formula si accordano con quelle ricavate per semplice differenza e inscritte nei quadri mensili in corrispon- denza alle quattro epoche qui sopra indicate. Nella tavola annessa è rappresentato graficamente il complesso dei risultati otte- nuti. Il significato del diagramma si spiega da sè: noterò soltanto che sulla scala verticale le epoche sono equidistanti e procedono per intervalli di 10 giorni, mentre nel senso orizzontale gli intervalli rappresentano ore di tempo medio. È chiaro poi che le curve omologhe del mattino e della sera sarebbero perfettamente simmetriche due a due rispetto alla retta del mezzodì nel solo caso che il diagramma fosse costruito — ciò che non è sui dati espressi in tempo vero locale. QUADRI NUMERICI ep ia l ) } | TAVOLA 1 = SRI Archi semidiurni per il parallelo di Bologna (Specola). Declinazione boreale. t,= arco semidiurno , ; & ) Aty= effetto ; o) = = AT | o ; MEI Ato in arco in ore e minuti | in giorni della rifrazione ò o ho m d d d | 00 90, 000 60,0 | (250 + 0,002 0, 252 + 34 +3 +3 + Il 90, 983 63,9 | 0, 253 0), 002 0, 255 10 2 ti + 2 091, 966 67,9 0, 255 0,002 0, 257 | 39 | 3 } | + 3 92952 6 IIS | 0, 258 (), 002 0), 260 10 | 3 3 sed 93,940 15,5 0), 261 (), 002 0, 263 39 2 tI +4- 5 94, 932 Bg (), 204 0,002 0), 2606 | 10 2 2) + li 95, 928 | 6.237 0), 266 0,002 0), 268 iu } 3 SP 96, 930 6 27,7 0), 200 (), 002 0,274 Il ì 3 + 8 97,938 | 6 31,8 0.272 0), 002 0,274 | IO) 3 3 + 9 UNE lì 35,8 0; 275 0), 002 0, 277 | | Il 3 3 + 10 99, 978 639,9 0, 278 (), 002 0), 280 | il 3 } siii 101, 012 | (44,0 0, 281 (), 002 0, 283 12 2 2 + 12 102, 056 | 65 48,2 0, 283 (). 002 0, 285 | 42 3 3 + 13 103, 112 652,4 | 0), 286 (), 002 0), 288 È 13 3 3 + 14 104, 152 bi 56,7 0, 289 0), 002 0,291 Il 3 3 + 15 105, 266 TOR) 0242 0), 002 0, 204 Il 3 } | + 16 106, 366 | DE 9) 0,299 (), 002 0529/1 | i 1 1 | ica 107, 483 TO So, 0, 299 0, 002 0,301 | iù Î ì I + 18 108, 619 Tolo 0), 302 0,003 (1), 305 | 16 3 3 + 19 109, 776 7 I9A (), 305 (), 003 0, 308 I 3 3 + 20 110, 956 TR23T6 (), 308 0), 003 0,311 | IS Il A + 21 112,160 | 7 28,6 0,312 0,003 0,315 | (1) | 3 3 + 22 113,391 7 33,6 | 0,315 0), 003 (0,348 0) 3 d + 23 114, 652 738,6 | 0,318 0), 003 0, 321 | va [| | 24 115,944 | 7 43,8 | 0,322 0,003 0,325 TAVOLA I. — PARTE II. Archi semidiurni per il parallelo di Bologna (Specola). Declinazione australe. ty= arco semidiurno in arco 5) 90, 000 PS | 59, 0L7 = 9 S8, 034 "SR 87, 048 SA S6, 060 SAGA 85, 068 STO 54,072 SES, 83,070 ZI 82, 062 Sag 84, 046 — S0, 022 — Il 75,958 =. lp 77,944 13 706, SSS EMA 79,818 da) 74, 734 — I 73,634 Dig 72, 57 — 18 71,381 — 0 TO 224 — 20) 69, 044 —_ O 67, 540 _ 22 66, 609 _ 33 65, 348 ZIA 64, 056 in ore e minuti lm BIMONO —_ 139 5 56,1 AU ORO zA 39 DEZSN2 40) 544,2 9 5 40,3 40 1.30,3 40 DEBR2N0 41 528,2 40 ice 41 5 201 . Il 5 16,0 122; DIBLEIS 42 DINO, 13 SIMONA 44 4 55,9 SRI 4 54,5 44 4 90,1 46 4 45,5 16 ARZ(0AC) 47 4 36,2 AS 4 31,4 50 4 26,4 50 AIA 12: 4 16,2 in giorni 0), 208 0, 205 0,201 0), 198 0,195 0), 192 w Ato = effetto A GESU SF Ato della rifrazione d d + 0,002 0,252 =% 0, 002 0), 249 2 0, 002 0, 247 3 0, 002 0, Q44 3 0), 002 0, 241 3 (1), 002 0, 238 0, 002 0, 236 3 0), 002 0), 299 0, 002 0, 230 3 (), 002 MELI 3 0,002 0, 224 3 (), 002 0822 2 0), 002 0,219 0), 002 0,216 3 0), 002 0, 213 3 0, 002 0,210 0, 002 0, 207 DI 0), 002 0, 203 2 0,003 0, 201 3 0, 003 0,198 0, 003 0,195 1 0, 003 0, 191 3 0,003 0, 188 0, 003 0,185 : I 0, 003 0, 181 r——1212@1@@@—___ _—11112111111=11x=======11——.——__——_——___-—-—____——____r_-+---_-_-__--=-----F+-------»=»==y==&&_+-_-u._.__._x_x_+_x_x_____—_—_______—:-r'(@r(bÒ({tT=-===-- TAVOLA II. alla latitudine di Bologna. Effetto della rifrazione sull'arco semidiurno (97) Effetto della rifrazione in minuti in giorni d + 0,002 0,002 0), 002 0, 002 0,002 0,002 0, 002 0), 002 0, 002 07 Effetto della rifrazione in minuti in giorni n d 3 == 8 + 0,002 1 9 EHeE, 0,002 2 10 td 0,002 2 I 3,39 0,002 12 3,42 [toro 3 13 3,45 0,002 14 3,48 (), 002 li 3,51 | 0,002 1 | 16 | LOD) 0, 002 Effetto della rifrazione lo) mu (1) + AZHIN ISIRN + 19 1 20 a | =? 1129 I 2% in minuti [e] in giorni d + 0,002 0, 002 0), 003 0), 003 0), 003 0, 003 0), 003 0,003 0, 003 TAVOLA III. Conversione dell' equazione del tempo in millesimi di giorno. Minuti e secondi ms 0 0,0 0 43,2 AO O) Frazione del giorno 0, 000 0, 001 0,002 0, 003 0, 004 0,005 Minuti e secondi Frazione del giorno 0, 006 | 0,007 0, 008 0, 009 0,010 | 0,011 TAVOLA IV. — PARTE I. Angolo orario del Sole alla fine dei crepuscoli per il parallelo di Bologna (Specola) Declinazione boreale. Angolo orario del Sole Angolo orario del Sole 3 alla fine del crepuscolo civile alla fine del crepuscolo astronomico 3 in arco |in ore e minuti in giorni in arco in ore e minuti in giorni o o hm d o hm d 5 =t=0, 99, 132 6 36,5 0,275 115, 672 T AZÙ 0,321 212800 + lv +3 + dd + 3 4. dl 100, 132 6 40,9 0, 278 116, 772 REGGIANA: 0), 324 + 1 40 3 ò 3 AQ 101,136 6 44,9 0, 281 117,892 TAIL 0RZLT SVIO) Al 3 45 4 8) 102, 148 6 48,6 0, 284 119, 034 756,1 0,331 13) 41 d 47 3 RN 103, 176 6 52,7 0, 287 120, 198 8_0,8 0,334 SSA 4l 2 4S 3 + 5 104, 198 6 56,8 0, 289 121,390 85,6 0, 337 SEA 42 3 4S 1 ze 6 105, 240 To 440) (MEZZI 122, 608 8 10,4 0,341 si 2 3 50 3 sa 106, 294 (DT 0, 295 123, 858 815,4 0,344 + 7 12 3 52 4 {> _$ 107, 358 O 0, 298 120, 42 820, 6 0, 348 8 4 3 53 3 > Wi) 108, 440 TAL 0,301 126, 460 8 25,9 0,351 24.9 1a 3 dA A + 10 109, 538 U I? 0,304 127,820 13 3419) 0,355 + 10 LI 3 56 Ad = dll 110, 652 zo 0,307 129 224 8 36,9 0, 359 5 MM 45 3 DS 4 + 12 141, 784 Qi 0,310 130, 676 LSVRCZAZI 0, 363 + 12 d7 I 60 A = 18) 112, 938 INNS 0,314 132, 182 S 48,7 0, 367 Ae dla 47 3 63 di + 4 114, 116 730,5 0,317 133, 750 855,0 0,371 + 14 48 3 66 5 + 15 115,316 7413) 0,320 135, 382 Ozio 0,376 Stadt, 49 A 68 5 + 16 116, 942 ON? 0,324 137,094 9 84 0, 381 + 16 0 3 12 5) + 17 117, 802 TALE 0, 327 138, 890 9 15,6 0,386 atallili 52 4 76 5 + 18 119, 088 756,4 0,331 140, 788 OI 0,391 + 18 53 4 so 6 35 sO 120, 412 SIIENTI 0,335 142,802 O) IL 0, 397 + 19 54 3 86 6 “= 20 ZIE STI 0, 338 144,954 9 39,8 0, 403 + 20 56 I 93 6 ati 123, 176 8 125% 0, 342 147, 276 ORZONI 0, 409 RI 58 A 101 7 + 22 124, 624 S_18,5 0, 346 149, 800 959,2 0, 416 + 22 60 1 112 S 8 24,5 0, 350 152-092 10 10,4 0, 424 62 4 126 9 8 30,7 0, 354 155, 746 10 23,0 0, 433 — 716 — TAVOLA IV. — PARTE'TI. Angolo orario del Sole alla fine del crepuscolo per il parallelo di Bologna (Specola). Declinazione australe. Angolo orario del Sole Angolo orario del Sole SU alla fine del crepuscolo civile alla fine del crepuscolo astronomico 4 Ì (9) il lo] in arco |in ore e minuti in giorni in arco |in ore e minuti in giorni bd n hm d 6 hm d o SE 1) 99, 132 li 36,5 0,275 L11672 IAA] 0,321 cuci i; — 39 —- 2 — 43 it) = 98, 140 6 32,6 0279 114, 592 738,4 0,315 — I 10 3 43 3 = % 97152 6 25, 6 0, 270 113, 528 MEDI 0,315 = | 39 3 42 3 O 96, 168 bIZANT 0, 267 112, 478 I 299 0,312 -— Na 10 3 Il 2 = 95, 186 DOT 0, 204 III, 444 { 20,5 0,310 — 4 39 2 4l 3 — 5 94, 206 6 16,5 U262 110, 420 Zi 0, 307 ii) DO) 3 4l 3 — 6 93, 228 612,59 0; 259 109, 412 717,6 0, 304 — li 39 3 10 3 = 92,250 6 9,0 0), 256 108, 412 713,6 0,301 N 39 2 39 3 UU MIO 65,1 0, 254 107, 422 10 Shu 0, 298 — 8 34 3 39 2 — 9 90, 290 ISEE: 0,251 106, 412 100503 0, 206 — 4 iu 3 39 3 — 10 89.306 Do 0, 245 105, 466 UO 0, 293 — 10 39 3 39 3 ib 88,322 5 53,3 0, 245 104, 498 658,0 0, 290 li 10 2 39 2 — 12 87,328 5 49,3 0, 243 103,536 6 54,1 0, 288 = 40 3 35 dl) Ha) 86, 332 5 45,8 0), 240 102, 580 6 50,3 0,285 ul 10 3 38 3 ld 85,326 5) AIA 0, 237 101, 626 6 46,5 0, 282 — 14 10 3 38 2 = 84,318 DIRI 0, 234 100, 676 6 42,7 0), 280 AAA Al 38 3 = dI{î S3, 300 s) SRL9I 0,231 99.726 6 38,9 Zizi — 16 il 2 38 3 I 82, 272 o 29,1 0, 229 98, 778 635,1 0, 274 — 17 12 3 cu 2 — 18 841, 234 5 24,9 0, 226 97. 832 603483 0,272 — 18 12 3 37 3 US S0, 184 9 20,7 0), 223 96, 882 6 27,6 (), 269 —=M9 12 } 38 2 = 19422 dor 0), 220 5, 936 6 23,8 0, 267 RO 18 3 39 3 = i 78, 042 dee 0,217 94,982 6 19,9 0), 264 I Il 3 hi 3 ZI Eh FT A I 0,214 94,026 6 16,1 0, 261 — 22 Il 3 38 2 RI 75, 838 i) SA 0,211 93, 070 0W1255, 0, 259 — 23 46 3 29 3 Sy 74, , 106 Ù QUADRO I. Elementi dell’ interpolazione nella tavola di Bremiker. Tie Equazione Angolo orario del Sole n= argomento per l’ interpolazione Num. Data del per il per il per il : Lneinio Nascere Tramonto Fine tempo erepuscolo|erepuscolo| nascere ej__C° CARO apparente apparente SESBUSCRIO astronom.| civile tramonto |astronom.| civile | del Sole | del Sole | civile. l'astronom. d d d d d d d d d d I | Dicemb. 12 | — 0,,004 {+= 0, 259 | 7 0,211 | == 0,185 | — 0,015 | + 0,033 | + 0,059 | + 0,429 | + 0,455 | + 0,503 2 » 22 | — 0,001 0, 258 0, 210 0,183 | — 0,011 | + 0,037 | + 0,064 | + 0,420 | + 0,457 | + 0,505 3 | Gennaio 1 |4+- 0,003 | 0,259 0,211 0, 185 | 0.250 | -— 0, 202 | — 0,176 | 4- 0,194 | + 0, 220 | + 0, 268 4 » I |-# 0.006] 0,262 | 0,25| 0,189] —/0,250)— 0,203 |— 01774 0,201) + 0,227 | + 00274 5 >» 21.4 00008] 0267 0, 220 0; 195 | — 0.253] — 0206| — 0;ASI | + 0,209 |+ 0,234 | + 0,281 6 » 31 | + 00010] ‘0273 05 228 0,202 | — 0,257 |— 0,212 | — 0,186|4+ 0,218 |-+ 0,244 + 0,289 7 | Febbraio 10 | + 0,010f 0,281 0,236 | 0,212 |— 0,265) — 0,220] — 0,196 |+ 0,228 |+ 0,252] + 0,297 $ » 20 |4+-0,010 0, 290 05245 di 221 ii ton | 1009229] —- 101205) 4-01 237 | + .05261 | + 0306 9 | Marzo 240,009] 0,300 0, 255 05232 | (0.285 |/— 00240] —- 00217 ||4- 05247 | + 00270] + 0,315 10 » 12 {+ 0,007 0,311 0, 266 0,243 | — 0,298 | — 0,253 | — 0,230 | + 0,256 | + 0, 279 | + 0,324 LI PI 2A | ESTOR005 0323 0,277 0; 254 |l— 0; 312 0; 266 | — 0,243 | + 0,265 | + 0, 288 | + 0,334 42 | Aprile 144 0,003 0), 335 0, 288 0; 264 | — 0,326 |-—- 0,279 | — 0, 255 | 4-0, 273 | + 0,297 | + 0,344 13 » IL | + 0,001 0,349 0, 299 0.275 | —!0,942| — 0,292 0, 268 | + 0,282 | + 0,306 | + 0,356 14 » 21] 0,001 0,362 0,309 0) 285 | — 0,357 |-— 0,304 | — 0,280. | + 0,290 | 4 0,314 | + 0, 367 15 | Maggio 41 |— 0,002 0,376 0), 320 0,294 {—:0,372| — 0,316] — 0,290] 4 0,298 | + 0,324 | +- 0,380 16 » Il |-- 0,003 0, 390 0,330 0,304 { — 0,387 | — 0,327 | — 0,301 | + 0,307 | 4-0, + 0,393 17 DI || 10003 0, 404 0, 339 0,312 {— 0,401 |— 0,336 | — 0,309 | + 0,315 |-+ 0,342 | + 0,407 18 >» ‘(301 —-000021 0.415 0,346 0,348 |— 0,411] — 0,342] — 0,314|-+ 0,322 | + 0,350 | + 0,419 19 | Giugno 10 {- 0,001] 0,424 0,350 0,321 0,419 — 0,345 — 0,316 | + 0,326 | 1- .0,355 | + 0; 429 20 » 20 | + 0, 001 0,428 0392 0), 323 0,421) — 0,345 | — 0,316 | 4 0,330. | + 0,359 | + 0,435 21 > 030 ]/-+ 05002] 0/426|. 05350 | 00322] — 00418 — 0.343] — 0314 + 00330] + 00359 | + 05484 2 | Luglio 0 | 4 0,003 0, 418 0,347 0,319 | — 0,409] — 0,338 | — 0,340 | + 0,328 | + 0,356 | + 0,427 23 » 20 | + 0,004 0, 407 0,341 0,314 | — 0,397 | — 0,331] — 0,304 | 4 0, 324 | + 0,354 | + 0, 417 24 » 30 + 0,004 0), 395 (), 333 0,307 {— 0,385 | — 0,323 | — 0,297 | + 0,317 | #- 0,343 0,405 25 | Agosto 9 | + 0,004 0, 381 (), 324 0, 297 | — 0,371] — 0,314 |— 0,287 | + 0,307 | + 0, 334 | + 0,391 26 >» 19|]+0,002| 0,366 0,313 0,288 | — 0,358 | — 0,305 | — 0,280| + 0,296 | + 0,321 | + 0,374 pri » 29] -+ 0,001 0, 353 0, 302 0,278 |— 0,346 |— 0,295 | — 0,274 | + 0,285 |+ 0,309 |-+- 0.360 28 | Settemb. 8 {-0,002| 0,340 0,291 0, 268 |— 0,336| — 0,287 | — 0,264 |-- 0,272 | + 0,295 | + 0,344 29) » 18 {— 0,004 0,327 0, 281 0,257 | — 0,325.|— 0.279 | — 0,255 | + 0, 259 | +0, 283 | + 0,329 30 » 28|]— 0,006] 0,315 0,270 0247 | — 0,315] — 0,270) — 0,247 |+ 0,247 | + 0,270| + 0,315 31 | Ottobre 8 | — 0,009 0,305 0, 260 0, 236 | — 0,308 32 > 18 | 0,010) 0.294 | 0.249 0,225 | 0, 298 33 » 28] 0,011 0,285 0), 240 0,216 | — 0, 290 34 | Novemb. 7 | — 0, 011 0, 276 0,231 0, 206 | — 0.281 | — 0,236|— 0,211 | + 0,201 | 40,226 | + 0, 271 35 » 7] — 0,010] 0,269] 0,223 | 0198 |— 0,273 |-—- 0,227 |— 0,202 |-+ 0,194|4+ 0,219 | + 0265 36 » 27 | — 0,009 0, 264 0, 217 0, 191 0, 267 0,220 0, 194 | + 0,188 | + 0,214 | + 0, 261 37 | Dicemb. 7 | —- 0,006 0, 260 0,212 0,186 | — 0, 260 | — 0, 212 | — 0,186 | + 0,186 | + 0, 212 | + 0, 260 38 » 17 | — 0,003 0, 258 0, 210 0, 184 | — 0,255 | — 0,207 | — 0,181 | +0, L87 | + 0, 213 | 4-0, 261 39 » 27 | + 0,001 0, 258 0,210 0,184 | — 0,251 | — 0.203 | — 0,177 | +0, 191 | +0, 217 | +0, 265 40 | Gennaio 6 | + 0,004 0, 260 0, 212 0,186 | — 0,492 | — 0,444 |-- 0,418 | — 0,046 | — 0,020 | + 0, 028 41 » 16 | -+0,007| 0,264 0,217 0,191 | —0, 493 0, 446 0,420 0,038 | — 0, 012 | + 0,035 Losi > rrrr=r——————————————————————————————————————_ -——————P—_-=' LPENIRAZEE QUADRO II. Risultati dell’ interpolazione nella tavola di Bremiker per la declinazione del Sole. Declinazione del Sole Num. )ala HO: ; Num Data al principio del crepuscolo | al nascere | al tramonto alla fine del crepuscolo ] £ A A ‘ Ar A 3 rei astronomico civile POD SSoE apparente | astronomico civile e —— ee e —— _—__ _ — _ _—..._—_—_.._ e e] NI 0 0 0 (e) Do 0 I Dicembre 12 — 23,080 — 23,083 — 23, 086 —-23, 113 — 23, 115 — 23, 119 2 » 29 | —-23:456 — 23, 456 — 93, 456 — 23, 454 — 23,454 — 23, 454 3 Gennaio 1 — 23,047 — 23, 043 — 23,041 — 23,011 — 23, 009 — 23,005 4 » Il — 21,877 — 21,869 — 21,865 — 21, 807 — 21,802 — 21, 795 5) » 21 — 19,999 — 19,989 — 19,983 — 19,896 — 19, 891 — 19, 880 ) » Dil — 17,501 — 17,489 — 17,482 — 17,369 — 1902 — 17,349 TI Febbraio 10 — 14,491 — 14,476 — 14,468 — 14,331 — 14,323 — 14,309 ata » 290 | — 41.078 — 11,062 — 11,053 — 10,895 — 10, $86 — 10,870 9 | Marzo Dl o — LA — 7,354 = Ti — 7,168 AO 10 » 12 -— 3,508 — 3,490 — 3,481 — 3,290 — 3,281 — 3,264 l » 29 + 0,433 + 0,451 + 0,460 + 0,660 + 0,670 + 0,688 12 Aprile l +4- 4,941 + 4,359 + 4,369 + 4,972 + 4,582 + 4,600 13 » {lil == 8.116 + 8,135 + 8,143 + 8,345 + 8,354 + 8,378 14 » 21 | +411,668 + 11, 686 + 11,695 + 11, 889 + 11, 897 + 11,915 15 | Maggio I | -+14,902 | +44919 | 145927 + 15,105 | +15,113 +15, 130 16 » + 17,727 +17, 742 + 17,749 + 17,906 + 17,912 + 17,928 17 » 2 + 20, 064 + 20, 079 + 20, 083 + 20, 210 + 20,215 + 20, 228 IS » + 21, 832 +21, 842 +21, 846 + 21, 938 +21, 942 +21, 992 19 | Giugno 10 | +22,972 | +22,978 | +22,981 | +23,031 + 23,033 | -+23,039 20 » 20) + 23, 444 + 23, 445 + 23, 445 + 23,452 + 23, 452 + 23, 452 21 » 90 | + 23228 + 23, 224 + 23, 222 + 98, 184 “PO BMIS2 ME SO3RIRS 22 Luglio 10 + 22, 336 + 22,327 + 22,323 + 22, 244 +22, 240 +22, 231 23 » 20 + 20, 800 + 20, 788 + 20, 783 + 20, 666 + 20, 661 + 20, 649 24 » 30 + 18, 680 + 18, 665 + 18, 659 + 18,512 + 18,505 + 18,490 2 | Agosto 9 | + 416,048 + 16, 032 + 16,024 + 15, 853 + 15,846 + 15,829 26 » 19 | + 12,983 + 12, 966 +12, 958 + 12,770 + 12, 762 +12, 745 2 » 29 = (9575 + 1% 557 + 97548 MOSSA + 9,342 + 9,324 28 | Settembre 8 | + 5,913 + 5,895 + 5,886 + 5,695 + 5,676 + 5,608 29 » 18 | -+ 2,085 + 27067 22 VR + 1,859 + 1,849 + 4,831 30 » 28 — 1,814 -- 1,832 — 1,841 — 2,033 — 2,042 — 2,060 | SI Ottobre 8 — 5,688 — 5,705 — 5,715 — 5,895 — 5,904 — 5,921 32 » 18 | — (9443 — 9,460 — 9,468 2 LE — 9,641 — 9,658 di » 28 | —‘W2:967 (2093 — 12,991 — 13,436 — 13,144 — 13,159 34 Novembre 7 — 16, 153 — 16, 167 — 16, 174 — 16, 296 — 16,304 — 16,317 | 35 » 17 =| i — 18,906 —-- 19,003 — 19,010 — 19,021 | 36 » 27 | — SONO ORI) — 21,150 — 21,159 37 Dicembre 7 _ 992585 — 22,627 — 22, 630 — 22, 635 cha) » 17 — 2: — 23,360 — 23,374 È — 23, 376 39 » 27 —_ — 23,350 — 23,341 — 23,338 10) Gennaio 5) — 22,583 —- 22, 077 — 22,574 — 22, 530 — 22, 927 —:22. 022 | 41 » 16 — 24, 067 — 21,058 — 21, 053 — 20, 981 — 20,976 — 20,967 | QUADRO: III. TO) Risultati dell’ interpolazione nella tavola di Bremiker per l equazione del tempo. Num. Data il Dicembre 2 » 3 Gennaio 4 » 5 » 6 » 7 Febbraio 8 » 9 Marzo 10 » Il » TR Aprile 13 » 14 » 15 Maggio 16 » 17 » 18 » 19 Giugno 20 » 21 » 22 Luglio 23 » QU » 20 Agosto 2 » 27 » 28 Settembre 29 » 30 » 31 Ottobre 32 » 33 » 34 Novembre 39 » 36 » 37 Dicembre 38 » 39 » 40 Gennaio 41 » Equazione del tempo al principio del crepuscolo astronomico DIS 612,4 1 19,3 336,9 DIP +++ +++ +++ +1 90 Ut= (HG) n i] to. 05 DI 444 +++ +41 IRRNAI D ww DO DE ?9 o=Q aieriSe] ci UO (or]b1{{o 2) ++ +11 al nascere al tramonto alla fine del crepuscolo apparente apparente civile del Sole del Sole civile astronomico m_ Ss n Ss m S cm Ss ms — GIA — 610,3 — 60,0 = Do = 9970) — 147,9 — 117,1 6 = La SUO 4 3.38, 2 + 339,0 + 349,0 at) ho) 4 3/5. 6 + 8 1,2 4 8 1,8 + 810,7 HS 4 SAR + 14.27,4 + 11 27,8 + 1134, 7 + IL 35, l + 1135,9 + 13.39, 2 | + 13 39, 4 + 13 42,9 SP 18) 26, dl -L 13 43,9 + 1427,9 + 1427,9 L 1428, A H4- 14 28, 1 + 14 28, Il +14 0,9 e 0,3 + 13.57, 5 + 13.57,3 + 13.57, 0 + 1227,0 | -+ 12.26,7 L 12/20,9 | A- 12/20,,6 | 4 1220, A 40 3,0 +10 2,7 + 954,9 + 954,5 + 959,8 + 7 9,8 +79,4 + 7 0,2 + 659,5 + 699,0 + 4 6,0 + 4 5,6 + 356,1 di Sa + 354,8 4 111,7 + 441,3 + 12,9 + 41 41,9 Ae 8 — 144,2 — 114,5 — 121,6 — 121,9 — IN2206 25,0 | — 26068 [= 9/02 | = 324 | = 8 286 — 349,3 | — 349,4 —- 350,6 | —- 350,7 — 3.50, $ — 343,2 — 343,1 — 340,9 - 340,8 — 4006 — 243,9 — 243,7 — 238,9 — 238,0 — 237,4 = 13,4 — 1 2,86 = Neal — 054,7 — 053,9 + 13,5 ARI + 112,3 +, 412,7 + 13,7 + 39,9 4 310,2 + 318,0 + 318,3 + 319,2 + 455,0 + 459,2 + 5 1,0 Sb _ 42 |a 6 4 (6. 0,7 + 6 0,8 + 6 3,3 + 6 3,4 + 6 3,7 + 611,8 + 641,7 + 610,2 + 610,14 + 610,0 + 521,5 + 521,3 + 516,5 | 516,3 4 515,9 35 399, d + 34, 8 + 327,0 + 26,7 + 326,0 + 058,3 4 0,57,9 + 047,9 + 047.4 + 046,9 — 213,3 — 213,7 — 224,4 — 224,9 — 225,9 — DS 4ZU — 542,5 — 5.93, 6 — 554,1 — 5.09, 1 — ‘9 96 — 910,1 — 9,199 — 920,4 — 921,3 — 12 16,7 — 12.17, 1 — 12 24,8 — 12 25,2 12 26,0 — 14 40, 1 — 14 40, 4 — 1445, 5 — 14 45,8 — 14 46,3 — 16 3,9 — 16 4,0 — 16 5,9 — 16 6,1 — 16 6,3 — 16, 13,8 — 16 13,7 — 16 12,3 — 16.12, 2 —- 1612, 1 — 14 58, 6 — 14 58,3 — 14 53, 8 — 14 53,9 530 — 12 21,3 — 12 20, $ —- 12 13,3 — 12 12, 8 — 12 11,9 — Ba — 832,8 — 823,2 — 822,5 — 821,2 — Id — 352,3 — BR41,5 340,7 -— 339,3 + 1 4,0 Ad 1 4,6 + 145,6 + 116,4 CIMA 7088, + 548,5 9A + 558,8 + 509,5 60,7 4 DAL L19484 + 956,2 + 956,5 PD OISYIONI Serie VI. — Tomo I. LE GIRA QUADRO IV. Nascere del Sole a Bologna. Risultati del calcolo definitivo di 10 in 10 giorni. t,= arco semidiurno |Aty=eftetto] Nascere | Equazione | Nascere ; . | 7 |a, UR in tempo | Corre Num. Data della ti=tr+At| in tempo del Sa ie in arco | in tempo | rifrazione vero lorale| tempo locale I | o hm Il ù m h in m hm nm Dicembre 12 | 65,238 | 420,95 | +3,92 x 24,87 735,019 |\— 60m) 729040 2 » 22) 64,763 | 449,05 3,94 4 22,99 737,01 | — 1,28 | 7 35,7 3 | Gennaio 1| 85,296 | 4 21,18 3,91 425,09 | 734,9 | + 3,65 | 7 3856 I » Il 66,776 4 27,40 3,83 4 30,93 729,07 | 4 8,03 (3700 5 » 21) 69,064 4 36, 76 SUO) 4 39,99 7 20,01 + 11,46 SAS 6 DA MOTO 04589 3, 61 4 51,50 TS 00 EST13: (6678) MARE 7 | Febbraio 10 | 75,313 DO 3,49 dal VAS 6 55,26 | 4 14,46 1 9 ERO SI n] se ) to 73 È ) 8 » 20] 78,994 | 5 45.74 3,39 5 19,13 6 40,87 | 414,00 | 6 54,9 9 Marzo 2 82,714 5 30, 86 3,33 5 34,19 6 25, SI + 12, 44 6 382 10 » 12 86, 578 5 46,29 3, 28 5 49,57 6 10, 43 + 10, 04 6 205 1 ) az b) Re) ed È è] ll » 2290452 ORMARIRA SII 65,08 DIDO ZAC ei Teil 12 | Aprile I| 94,306 | 6 17,22 3,29 6 20,51 5 39,49 | + 4,09 543,6 [401 13 » ll 98, 083 60293 3, 34 6 35, 67 9 66) poi) 529,9 140,1 14 » 21 | 101,736 | 6 46,94 3,41 6 50,35 BIOS | SARDI MS IR 15 Maggio 1 | 105, IS6 URI shall ANZIO 4 55,75 | — 2,96 4 52,8 16 » 14 | 108,332 713999 3. 62 7 16,95 4 43,05 | — 3,82 4 39,2 L7 >» 2 | LIL,055 | 7 24,22 3073 727,95 43205 | — 3.72 | 42853 IS » 31 | 113,200 7 32,80 3, 83 7 36,63 4 23,37 | — 2,783 4 20,6 19 Giugno 10 | 114, 628 7 38,51 3,91 7 42,42 LAFTR5S A — 4505 4 16,5 20 » 20 415,222 | 7 40,89 3,94 7 44,83 445,17 |-+ 41,06 | 416,2 21 » 30 | 114,936 7 3974 3,93 743,67 4 160,33 | HA 3,40 4 19,5 22 Luglio 108995795 7 35,18 3,86 7 39,04 420,96 | + 4,92 4 25,9 23 » 20 114,897 | 7 27,59 3,77 7 31,36 4 28,64 | + 6,01 | 434,6 2 » 30 |4109,380 | 7 17,52 3, 66 7 241,18 4 38182 | 4 160200] 4 4500/09 29 Agosto 9-| 106,392 MONO 9ND5 Ts9 12 450,88 | + 5,36 i 56,2 26 » 19 | 103,068 BIL SR a 5 4,28 + 3,58 DE ZIO 27 » 29 | 99,514 6 38,06 3.36 6 41,42 5 48,58 | 4 0,96 | 519,5 | 4-01 28 Settembre 8 | 95, S14 6 23, 26 1 64 6° 26,07 dò 93,49 | — 2,23 DIANE 29 » 18 | 92,023 68,09 3, 28 GI, bi ARSN6S == 5570 NERI 30 » 28) | 188,190 | 5 52,76 Ses Mb 560 6 3,96 | — 9,17 D 54,8 31 Ottobre hi 84,356 DINAR. DIA) 5 40,73 6 19,27 | —12,28 6 7,0 32 » 18 80, 568 L20047 3,36 DE2ON09 6 34,37 — 14, 67 6 19,7 393 » 28 70, 898 SM) 3,45 5 11,04 6 48,96 | — 16,07 63209 34 Novembre 7 73,441 4 53,76 3,56 WISTS M 268 | —416,23 6 46,4 35 » 17 70, 334 4 41,54 3, 68 4 45,02 714,98 | — 14,97 i 2050 36 » 27) 67,748 | 430,99 3.78 4 Z4TT | 725523. | — 12095 | 7 1059 37 Dicembre 7 65, 875 4 23,50 3,98 4 27,38 732,62 | — 8,55 PA, 38 » 17 64, SS7 4 19.55 3,94 4 23,49 7 36,51 — 3,87 7 32,6 39 » 27 64,892 | 4 19.57 3,93 4 23,50 7369500] SIRMIRORT MO 40) Gennaio 6 65, SS9 4 23,50 3, 88 4 27,44 1 9256/04 15082 7 38,4 + 0, 1 11 » 16) 67,775 | 431.10 3,78 i 34,88 Yi: CI) NET SNC): ETRO Num. Data Dicembre 12 » 22 Gennaio 1 » Il » 2A » SI Febbraio 10 » 20 Marzo 2 » 12 » 22 Aprile l » Il » 2A Maggio 1 » II » 21 » 31 Giugno 10 » 20 » 30 Luglio 10 » 20 » 30 Agosto 9 » 19 » 29 Settembre $8 » 18 » 28 Ottobre $ » 18 » 28 Novembre 7 » 17 » 27 Dicembre 7 » 7 » QI Gennaio 6 » 16 Risultati del calcolo definitivo di 10 in — al QUADRO V. Tramonto del Sole a Bologna. 10 giorni. ty= arco semidiurno in arco o 65, 204 64, 766 65, 334 66, 849 69, 168 72,100 75, 461 79,098 82, 892 86, 762 90, 649 94,507 98, 287 101,939 105, 380 108, 512 ILL, 207 113,314 114, 691 115231 114, 886 113, 696 114,755 109, 209 106, 203 102, 868 99) 312 95, 614 91, 828 887 001 84, 177 80, 399 76,743 73,305 70) 220 67, 663 65, 822 64, 869 64,911 65, 944 67) 863 in tempo == ILS ro dI = (© [AS] Atr= effetto della rifrazione Tramonto in tempo vero locale 18 54,91 18 40, 61 | 18/2577 18 10,59 IN55t8 47 40,02 | A7 24,96 17 10, 42 16 56, 78 16. 44,56 16 34, 44 16 27,17 Il6 23, 42 16 23, 57 Equazione | del tempo +++ +1 +++ ag +++ il IS) SE [I T9 DI QI +++ +41 +++ 9 9 È Tramonto in tempo | medio locale 17 27,6 17 102 16 54,3 Correzione IG + 0,1 + 0,1 = GA — (0 ——eu_—————————————_—_—__ — 82 — QUADRO VI. Principio e fine del crepuscolo civile a Bologna. zisultati del calcolo definitivo di 10 in 10 giorni. Î | | Principio del crepuscolo civile Fine del crepuscolo civile Num.| Data 1 Angolo orario] Tempo | Equazione DEDE Corre- | Tempo | Equazione | Te Corre- | del Sole |vero locale| del tempo | Jocale zione |vero locale |del tempo ast: zione ——_ | | la | | h' im hm m hm ul hm m h m i | Dicemb. 12 — 5 3,0 AO RE To MI: 17 2,9 | — 6,0 |-16.56,9 2 » 22 | 540453 658,7 | — 1,3 | 657,4 e A 17 0,2 3 | Gennaio 1| — 5 3,2 6 56,8 + 3,6 7 0,4 AS a) i Ripe fe 4 » eo 6 51,6 + 8,0 6 59,6 ET + 8,2 17 16,9 D) » 2 —- 5 16,5 6 43,5 + 11,5 6 55,0 17 17,0 + 11,6 17 28,6 6 » EQ 613209) | et 147 li (646560 | Posa] roy | ensA Mo | 7 | Febbraio 10 | — 5 39,4 620,6 | + 14,5 | 635,1 17 40,0 | -+ 14,5 | 17 54,5 8 » 20.) — 55301 6 6,9 | 4 4140 | 620,9 17 53,8 | + 140 | 187,8 9 | Marzo 2|] —6 7,6 5524 | 44124 | 6 4,8 18 8,3 | + 12,3 | 18 20,6 10 | » = 228 5972 514958 18: 234/60] = 9097 [Mis Il di dea 5%.7 E 772 5,289 | 014 | 183902 Ero see 120 Aprile (1 | = 65402 Pe avo 5.959 18 5501 |P 3x9 |MA885940 | il 13 » ll | — 7 10,0 4 50,0 + 1,2 4 51,2 1909 AMO MARZIO Li si Dil 25.7 i as Sea I 19 26,6 | — 44 | 496202 15 | Maggio 1| — 7 40,9 419,1 — 3,0 16,0 |-0}41 | 19/4458 = 3507498858 | 16 si uu le ae ei ae 19 55,9 | — 3,8 | 1952,1 17 » 2A = IRA 3 52.5 — 3,7 348,8 |+0, 30) Se NOS ZU 18 | » DEBITA 3 4 | 207 | BOIZI HE 0210 20M 82268 20565 | | | | | 19 | Giugno 10| — 8 24,4 SS Sata ao 20 2407 e 019 RR 20 » 200 = 82720 3928 + 4,1 3 33,9 20. 27,3 | 72 | 02072855 I » 30] — 825,9 IRA METANO? 31 37,3 | 4051 | 20 2506 || SS 353772012599 | 22 Luglio: 40. | = 820,4. |:-3 396 | #90 3445 20 19,9 | + 5,0 | 20 24,9 23 » Wi #05 348.5 + 6,0 DIS 20 10,8 | + 6,1 20 16,9 24 » 30| — 759,9 4 0,1 SIENTARO & 16,3 119 59M NS 652020 20 | Agosto 9, — 7 46,4 4 13,6 4 419,0 19 45:4 |/-4 (5,3 | 19,500 2 » 19| — 7 31,6 428,4 |\-L (356 1 32,0 193057 | 354 | 193450 27 ni 09, 169 LT RI go] Mez SOA O Rs 28 | Settemb. 8 | — 7 0,6 4 59,4 = 232 4 57,2 dA e 18 57,2 24) » 18 | — 6 44,8 552 SR] 5/95 | =:054 48439 | — © 5,19 |MA883840 30 I SAI) 5.307 = gs0 Ms 2185 18 28,4 | — 9,3 | 18 194 sl Ottobre 8 | — 6 14,1 5 45,9 — 12,3 5 33,6 {| +0,1]| 18 13,3 | — 12,4 18 0,9 3° » 18) — 5 59,3 607 ATI 5 46,0 17 58,6 | — 14,8 17 43,8 33 » 28 — 5 45,4 6 14,6 — 16,1 55805 744,7 — 16,1 7 28,6 il 34 | Novemb. 7 | — 5 32,5 | 627,5 | — 16,2 | 6 14,3 17 34,9 | — 16,2 | 17.45,7 39 » I7| — 52L1 638,9 | — 15,0 6 23,9 17 20,7 | — 14,9 | 17 5,8 36 » = E) 6 48,1 — 124 | ‘635.7 || P004 | 47 (150) MO 37 | Dicemb. 7| — 5 5,2 Se REG GRA 17 15,0. = #84 | MA656,6 38 » 170 == 50M 658,2 | — 359 | (654,3 17 AT | — 3,7 | 16 58,0 39) » DI = E 6582 | + 41 6 59,3 IVAN an | o 40 | Gennaio 6| — 5 5,3 6 54,7 + 5,8 05 I7 55 | + 6,0 AIR 4l » 16| — 5 11,9 6 48 +. 9,8 6 57,9 17 4253 N ET939 VI AZZ | QUADRO VII. Principio e fine del crepuscolo astronomico a Bologna. Risultati del calcolo definitivo di 10 in 10 giorni. Principio del crepuscolo astronomico Fine del crepuscolo astronomico Num. Data Angolo orario del Sole Dicemb. 12| — 6 12, 2 » 2 Boi 3 | ‘Gennaio | — 6.12 4 » IL| — 6 16,6 d » 2L| — 6 23,8 6 » dl | — 633,2 7 | Febbraio 10 | — 6 44,6 8 » 20] — 657,7 9 | Marzo Dl TICO] I » 12] — 7 27,8 Il » 2| — 7 44,6 IR Aprile iN 87/20 Ii » Tit — 802102 I SO Sto, 5 | Meolo di = 9 00 16 » 1| — 924,1 17 » 2 — 940,4 E) 2 I — 9674 19 | Giugno 10 | —10 10,1 p) » 20] — 410) 15,8 21 » 30 | —10 13,1 22 || Luglio 10| —410 2,8 23 » 20. — 9 47,2 24 » 30 | — 928,6 25, | Agosto 9 | — 9 8.7 26 » 19 — 8 48,6 2II >» _29| — 829,0 28 | Settemb. 8 | -— 8 10,0 29 » 18), — 752,0 30 » 28 | — 734,9 341 | Ottobre 8 | — 718,9 32 » S| — 7 4,4 33 » 28 | — 6 50,4 34 | Novemb. 7 | — 6 38,3 39 » IZ| — 6 28,0 36 » 2° — 6 19,7 37 | Dicemb. 7| — 6 13,9 38 i TE 09 39 » ii — 641059 | DD = o (fo) Tempo vero locale Equazione del tempo D+ +++ +++ +++ #1 HA H+ 44) +++ e 03 01 DI LI] 40 | Gennaio 6 li 41 » 16| — 6 19,6 Tempo medio locale o è TIE=IOS (Sii STOro! = -1Ut (>) UTOtOI au (Li (AS) UTO Lo +0,L +0, + 0,1 Tempo vero locale 20 42,2 ) OLE QI OZo Qi 22.0 Dil 41,9) RA SEN 22 10,9 RIMINI 99. q9 hr ZO Ss 2 DOSI S (36) 1909 Equazione del tempo +++ +| III VI+T +++ +++ +++ +++ + ? SS Tempo medio locale tO 09 09 18 20,1 18 30,0 Corre- zione m SIZIONEII + 0, 1 SIONI ala 0 41 +01 o _______—____er_—____ o e_o_y_ e" e_ e _vy et_e_e_oee_ e_em_my_____—__—_—_—__mmrm—@r@@@’@r0eò QUADRO VIII. Nascere e tramontare apparente del centro del Sole per l'orizzonte di Bologna (Specola) di 10 in 10 giorni e in tempo medio locale. Data Nascere Tramonto Data Nascere Tramonto De. 12 pi 622 Gn. 1 NNO — 56 + 125 + 103 — 102 Pa | TMIN5 — 137 160519. + 13 DO) 4 454,9 + 10 19 26,7 — 29 — 93 + 138 + 113 — 131 Po 831 MR? — 31 I +8 A 9 AA + 4 19 13,6 — 22 — 124 + 14l + 17 — 153 Fb. 10 1 9,8 — 25 Ji 19,8 SR » 419 Dr a9 = 18 58,3 — io — 149 + 139 + 117 — 169 » 20 6. 54,9 i) INT — 4 DR29 5 19,6 = 18 44,4 0 — 167 + 135 + 116 — 180 Mz? 003892 — 10 ea? 09. | SR DI SRI 18. 23,4 = — IT + 130 + 117 — 187 2 6 20.5 — 6 18. 0,2 — 3 » 18 DI RARO, 2 18 RT a — 183 + 127 + 119 — 188 PIDO. DI 2r2 =? TSAMIRZ9 N » 28 5 54,8 + 83 I 509 Ca — 185 + 124 + 122 cu A OSE DIAZ co e ISARR008 RIO DI DIO, dallo LI7 27R0 +9 io + 123 + 127 — 174 » HA D 25.6 FEO 18 37,6 ii » 18 AO E LO 17 052 +5 — 172 + 122 + 132 — 159 » Ri GI RR + 16 18 49,5 + 0 II IN E) ES 16 54,3 + 22 | — 156 | + 122 + 135 — 137 Mg. I 452,8 + 20 19 2,0 — 3 | Nv. 7| 6 46,4 RR A + 28 — 196 + 119 + 136 — 109 » Il 4392 + 27 19) 13,9 — 8 DITA TAO SU 168207 + 34 — 109 + 111 + 129 — #5 si 21 AR 2889, + 32 192550 — 5 DERZI 259 — 17 16) (2282 + dl Vir + 96 + 112 — 34 » 9I 4 20,6 + 36 19 34,6 — 230 IDE MEZZI uti 16 18,8 + 13 — 4l + 73 + 85 + 9 Ge. 10 AO) + 38 19. 41,9 — 31 Di 7 7926 — 35 16 19,7 + 412 — 3 + 42 + 50 + il DIZON| TOR + 36 19 46,1 — 35 az) TI a370 — dl 16 24,8 + 37 + 33 LI + 9 + ss » 30 5) + 31 19 46,5 — 38 Gn. 6 Mi 13855 — 45 16) (3376 + 25 | + 64 — 31 — 36 + 116 Lg. 10 259 19) 43,7 DENG 1 34,9 10 Mora QUADRO TX. Principio e fine del crepuscolo civile per l' orizzonte di Bologna di 10 in 10 giorni e in tempo medio locale. Principio Fine Principio Fine Data del crepuscolo civile del crepuscolo civile del crepuscolo civile del crepuscolo civile h ni ho m h mm 16 56,9 Ge. 20) 3 33.9 20 28,5 + 33 + 35 + 4 — 36 lm 2 + 37 » 0 sad + 36 20) 28,9 ich + 70 + 71 — ‘40 — 38 BI DST PB Ia 0] S 45 SRI29, 2049 Al + 98 + 100 — 80 — 38 lg 760 + 18 Pa 0) RIOLO + 18 20. 16,9 — 36 + 116 + 118 — 116 — 37 lm 28,6 + ll » DI AGI 9 20, 5,3 — 29 + 127 + 127 — 145 — 38 INIZI GIOIA |IVA\D SON IRZINIONO, + 3 19 50,8 mie + 132 + 130 — 1607 — 26 7 545 20) » 19 4 320 — 2 19 34,1 = + 132 + 128 — 180 — 19 TRAMerAr ili » 229) 4 4408 = dl 19 16,1 ai; + 130 + 121 — 189 = iv 18 20,7 — 29 Sk SA 572 E 18 57,2 i + 128 + 122 — 192 — 1 18 33,5 =. 1 > IR 9 “i 18 38,0 Pd + 127 + 121 — 189 — 4 18 46,2 + 0 >» | 5 205 + 1 18 19,1 SR + 127 + 122 — 182 + 2 IS 58,9 = 8 | 8| 5 a + 1 180,9 ui + 130 + 123 Moll + 6 19 11,9 +3 > IS | 5 4650 + 2 17 43,8 via + 133 + 125 — 152 +12. | 19 25,2 + 3| » 28 5 58,5 8a 26 E + 136 + 128 — 129 + 19 19 38,8 = 3 [NZ] 8 109 9 TAI Ap: Gi + 133 + 126 — 99 + 27 19) 52,1 — 8 po II 6 9 “i Wi 58 ue + 125 + 119 — 65 +32 | 20 4,6 —8 lp 27 6.99 — 15 | 16 59,3 slo + 110 + 104 — 27 +38 | 20 15,6 = Da #| 0 482 — 23) 16 56,6 So. + 82 + Sl + ld +47 | 20 23,8 — 35 pi MA -- 31 16 58,0 P_ 93 + 47 + 50 + 52 = ig QUADRO X. Principio e fine del crepuscolo astronomico per l' orizzonte di Bologna di 10 in 10 giorni e in tempo medio locale. | Principio Fine Principio Fine Data del del Data del | del | crepuscolo astronomico | crepuscolo astronomico crepuscolo astronomico | crepuscolo astronomico | h m he In m {8 #58 Gg. 20 A R4592 22 G4ad + 36 + 48 — 13 = 18! 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(AR dana +2 | SONS + 123 — 188 + 0 | 20 40,9 ARS 0990 MIZINSSIG — G 18 33,6 sani | + 186 + 120 — 121 + 9 20. 595 + 8 | Nv. 7 DRMSNGNNE — 5 18. 52455 +32 + 194 + 115 — 89 lr 2A 18,9 ih » 17 5 R°/% I — 7 IS 12,6 + 35 + 193 + 108 — 54 +33 | 21 38,2 — 14 pi 27 DZIAI — 12 {8 72 + 39 + 179 + 96 —M9 +49 | 21 56,1 ARE a — 19 1868 + 37 | + 1399 + 7 + 18 + | 22 10,0 — 68 » 17 4952 — 28 18.04 +. | I + 49 + 532 +84 | 22 17,1 — 81 | » 27] 5 501 —31 | 418 12,3 +26 — 33 NE + 78 + 73 22M 8 —7s | Gn. 6 5 51,9 — 35 18 20,1 + 21 — I — 17 + 9 | 22M 087 P_IUIO 5 N50? | 18 30,0 — 7 Effemeride del Sole e dei etepuseoli per l'orizzonte di Botogna. Gennaio UE: Principio Fine Durata ) Ù Data del crepuscolo Sole del crepuscolo del crepuscolo Data Anno | Anno oa 4 i Arco FRONT NET __ | Anno |Anno Disest.| com. | @Stron. | civile | Nascere |Tramonto| giurno civile astron. | civile | aston. | com. |\bisest d d Dam lm lo m hm Mm Dom Dom hoin mm Ja d d l 0 6 6 dl) 756) 416 43 S_50 lg 2A 18 30 035 1 47 0 et 2) 1 6 6 715 7 65 16 44 8 ol 22 18 31 0 35 147 il È | 3 2 66 Ti 15) 7 59 16 45 S 52 Avi23 1832 0 38 1 47 2 3 4 3) 66 TS 7 53 16 45 Si 52 17 24 18 32 0 38 1 47 3 4 5) 4 6 6 715 7593 16 46 8 53 17 24 18 33 0 38 1 47 4 5) 6 5 6 6 Ue 7 Be) 16 47 854 17 25 18 34 0 38 1 47 5) 6 Ù 6 6 6 715 7 53 16 48 855 17 26 18 35 0 38 147 6 Ù | Ti 6 6 MT lo 753 16 50 8_57 1727 18 36 035 1 46 7 8 $ GINO TV 7 65) 16 dI 8 58 17 28 18 37 0 3S 1 46 Di) 9 10 9 Gao Mzaio. 1 92 16 52 O) 17 30 1S 38 0 38 1 46 9 10 Lee eee ori Cel 0 RARO 12 LI ai ON ZARE TOR 16 54 OR SR IS 40 0 38 146 19] i 13 IN NIEen iz 7 6) 16 55 9 4 17033 18 4l 0 37 146 12 13 14 13 05 714 1 OI 16 56 Oo 17 34 15 42 0 37 1 46 13 14 15 14 ON 7 cla) 7.50 16 57 OT 135 IS 43 0 37 14 14 15 16 45 ORO TIE) 790 16 59 ORO 17 36 18 44 0) 37 1 45 15 16 17 16 O de 749 AO ORA ti GIU 18 45 0 37 1 45 16 17 18 17 AZ NET 7 49 GTA 9 12 17 38 18 46 0 37 1 45 17 18 19 18 6 4 TDI 7 45 i è 919 17 40 18 47 0 37 L 44 IS 19 20 | DO RI 747 17 4 917 AIR ROS ra MORO 21 20 O e dz TUT IT 19 945 17 42 18 49 0 37 lL 44 20 21 aria | 7 10 7 46 I7 6 9207 | 47/43 | 4850 || 037 zz i 21 | 22 | COZZA CR OO 169880 IZ DO 2 Il | | 24 29 Od | 7 8 744 78) 9725 IT 40 a) 036 1 44 23 24 | | | ZEN 24 OE | 9020 ie 03 Ra Peo Mero i Mn ro oo is isso (08960 1043 | 125 26 ci e i e Mt et a Mr iste | i0836 | 143 26 2 | | | 28 21 dee 5 T4L 17 15 9 34 LT 51 | 18/57 0 36 1 43 21 28 20) 28 557 | 7 4 740 17 16 9 36 I7 52 | 1859 0.36 | 143 28 29) 30 29) DA | 1,9 739 0| Mag 938 17 53 19 0 098 |a 29 | 30 | 3 30 556 | 72 738 INTRO NONA LT DA 9A 0 36 42 UR seg su = 31 SO) | UA Nori INAZO, 943 7a | 19 2 036 l 42 31 = i | | Scrie VI. — Tomo I. ° Ul AEREA Effemeride del Sole e dei erepuscoli per l’ orizzonte di Bologna. Febbraio Principio Fine Durata Data del crepuscolo Sole del crepuscolo del crepuscolo Data Ga I RIE 2 3 Arco 3 | UE: i Anno | Anno TStana Nanni astron. civile | Nascere |Tramonto Titano civile astron civile | astron. Coi | DTRaRo d d hm hm lm lì m Mom bom lo m ho om hDom d d | 1 0% ‘5455. | ad 737 1720 | 943 | 1756 | 19 2 | 036 | 142 0 I 2 1 DDA di (0) 736 1622 946 17 57 13: 3 035 I 42 I 2 PERO Qt Effemeride del Sole e dei erepuscoli per l'orizzonte di Bologna. Marzo Principio Sol Fine Durata del crepuscolo SIL del crepuscolo del crepuscolo Data = Data | Arco n den TERRA Mac a astron. civile Nuscere | Tramonto | diurno civile astron. civile astron. d h m hm hm Dain hlo_om lio un ho om hm hm d 1 tizi 6 21 6 54 IS 0 NRNIO, 1S 34 19. 38 0 33 138 ;I 2 la) 6 19 6 53 AS 9 1835 19 40 0 33 1 39 2 D) 3 ila) 6 IS 6 51 183 VIE IS 37 19 4l 0) 33 1 38 3 (9) (Jo) rS 29 Lù (bai wo (=) (eri 29 SD = vel SCO Ss [a] I O) 5 (do) _ (=) 19) 5 Pa) (=) w rs = UD) (do) (5) We) (SA (4°) (er (er) (©) = cel w (o) = (a) 39 19) 12 20 21 034 142 31 5) 5 10 6 14 6 48 15. 6 (IS 18 39 19) 44 0 33 1 35 5) 6 DIO O IR 6 46 SINNI dI 21 15 40 19 45 0 33 1 38 6 249) Effemeride del Sole e dei erepuseoli pet l’otizzonte di Bologna. Aprile Data Principio Sole Fine Durata del crepuscolo BIOLe del crepuscolo del crepuscolo Y SIL ani ne Arco a: . Sat ; astron. civile Nascere ramonto | diurno civile astron. civile astron. h m hm hm b m hm h m hm hm hm 4 16 5 24 5. 58 18 40 12 42 19 RN: A R2022 034 4 42 4 14 523 5 56 18 41 12 45 19 15 20 24 034 1 42 4 12 5.24 | 555 18 43 12 48 19 16 | 2025 0 34 1 43 4 10 5 19 DIS 18 44 12 51 19 17 20 27 034 1 43 CORRO) E al 5 5I 18 45 12 54 19 19 20 28 0 34 1 43 a) 5 15 5 49 18 46 128577 19 20 20 30 0 34 1 44 ZINIO 5 13 acli 18 47 13 0 19 21 20 32 034 1 44 4 4 SIA 5 46 18 49 13} 2 19: 23 20.33 034 145 3 59 59 544 18 50 130 NOR (02.085 0 34 145 37 Ia) Bu2 18 DI A39 19 25 20 36 034 1 45 0a) o) 5 40 18 52 132: 19 26 20 38 034 1 46 3 52 Se 5 38 18 53 13 15 19 28 20 40 0 34 146 3 50 IZ DION 18 55 13 18 19 29 20 42 035 1 47 3 48 BIO, 5.195 18 56 1921 19 30 | 20 23 035 1 47 3 46 4 58 598 18 57 13 24 1932 20 45 0 35 1 48 3 44 4 57 5 31 1S 58 1382 19 33 20 47 0 35 1 48 3 41 4 55 5 30 19 0 13 30 19,94 || CON48 035 149 3 39 4 53 5 28 19 A 13 33 19 36 20 50 035 A 49 3)03}7 4 51 5 26 19 2 13 36 19 37 20 52 035 150 3095 4 49 D 24 19 3 13 39 19 38 20 54 035 150 Bho) 4 48 5123 HOTT5 1342 19 40 20 56 035 1 51 3 30 4 46 5U2l 19 6 13 45 19 4l 20 57 036 N51 3 28 4 44 520 19/07 13 47 19 42 20 59 036 4 52 3 26 4 42 5 18 19 8 13 50 19 44 QUINTA 036 Ii (52 3 24 4 AI 5 16 19 9 13153 19 45 Vila) 036 5) 5 15 19 11 13 56 19 47 24085 036 | 4 54 5.413 19 12 13859 19 48 QING 0 36 I 54 5 12 19 13 14 1 19 49 | 21 8 036 155 5 10 19 14 14 4 19 51 21 10 036 1 56 O) 19 115 14 6 19 52 ZUM 037 156 Data Effemeride del Sole e dei erepuseoli pet l'orizzonte di Bologna. Maggio Principio Sole Fine Durata del crepuscolo OLE del crepuscolo del crepuscolo Data Data Arco diurno astron. civile Nascere | Tramonto civile astron. civile astron. d h m hm hm h m h m h m h m lì m hm d 31 SI 19 16 14 9 JON53 21 14 0 37 Al il 29 Dl 19 18 14 12 19 55 21 16 0 37 1 58 2 6 ZARSS) d 4 19 19 14 15 19 56 21 18 0 37 1 55 3 TO DI DI > DD > _ ll 4 26 5) (0) 119820 14 17 19 57 RIO, 0 37 1 59 4 > 92 — Effemeride del Sole e dei erepuseoli per l’ orizzonte di Bologna. Giugno Principio del erepuscolo Data astron. | d hm ;Ì 2113 2 DR 3 2 10 4 2 9 | 5 DA MINCIO 2007 7 RING 8 RMS 9 Q 4 10 3) Il Do 12 De 2 13 DUI: 14 ZU 15 2 4 | 16 20. | 47 20 Ì IS 20 | 19 20 20 ZORO) 2 Dio | RR 2-40. | 23 ZIO. 2A QI RD ZIA | 26 DR: (S2I7 282 28 9a) Ini29 2004 30 2 5 civile Nascere hm 4 4 4 4° SI 39 Sole Tramonto hm 19 50 419 51 19 52 19 52 19 53 19 54 19 55 1955 19 56 19 56 19 57 19 DS 19 58 14) 59 19:59 19059 2) 0 2 0 200 20 A 2000 20.1 200 20. 2 20 2 202 20082 204 20 1 ORA Fine del crepuscolo Durata del crepuscolo Arco diurno hm 15 15 17 civile astron. hm hi im 20 31 22 12 20 32 22 14 20.33 922.05 20 34 2217 20135 22 18 20 36 22 20 20 36 RIA 20037 2292 20 38 22023 20 55 22125 20 39 22 26 20) 40 DINT 20) 40 FOOT 20 4l 22 28 20 41 22 29 20, 42 22 30 20 42 22 30 20 42 22 31 2003 MA220911 2043 | 2232 20) 43 | 22 32 20 43 2932 20 44 22 32 20 44 RR 32 20 44 22 32 20 44 29 32 20 44 22 32 20 44 22 31 20 44 22 31 20) 43 22 30 civile h m astron. Data 93 — Effemetide del Sole e dei erepuseoli per l'orizzonte di Bologna. Luglio Principio Sole Fine Durata del crepuscolo VE del crepuscolo del erepuscolo Data = Data : ivil ves na Arco SE dela Doo Ii astron. civile Nascere | Tramonto | diurno civile astron. civile astron. d hm hm lì m h m hm hm Dom hm lì m d 1 ZI 355 035 20 4 15 26 0 43 2230 0 42 2029 1 2 206 DDA 4 35 20) sl 1926 20143 22 29 0) 42 2 28 2 3 QI SUO 4 36 RONN 1525 20 43 2928 0 42 228 3 1 orig at 1 36 20 0 152 | 2042 | 2228 | 042 2 Di 4 5 2 IO) 3) SA) A 5)0 20.0 15 23 20. 42 292 27 0 42 d 27 5 6 2 JM 356 4 38 200 15 22 20 42 22 26 0 42 226 6 VI 2 AQ 3) DU 4 38 19 59 15 2 20 4L Q2 95 0 42 2 26 7 I ZIA 3 D7 4 39 19 59 15 20 20 41 29924 0. 42 2025) 8 9 PA 5) 3 DS 440 19 59 15 19 ORO) | 2223 0 4l Y 24 9 10 AT 359 4 40 19 58 15 IS 20 39 IRA | 0 41 223 10 Il 2 18 4 0 4 4A 19 58 15 17 20 39 22 20 0 4l 223 Il 12 20020 Zi dl 4 42 19 57 15 15 20 38 290019) 041 222 12 | 13 2 Dl 49: 4 43 19 57 15 14 2038 QI0V7 041 | 2211 13 14 223 U 9) 4 44 19 56 de) AR 20037 22 6 0 4l | 220 14 15 PZ) 4 4 445 19 55 15 410 20 36 22 I 041 220 15 16 226 4 5 446 19 55 159 20 35 22 (15) 044 2) 19 16 17 228 4 6 4 46 19 54 15 8 20 34 :2 LI 0 40 2 15 17 IS 230 A Ti 4 AT 16) 38) ASIAN 20 33 22.10 0 40 217 15 19 2 2 4 8 4 48 19) 52 15 4 20 32 22 8 040 |) 216 19 20 233 4 9 4 49 19 DI do 2 20 31 FIANO. 040 215 20 2II 2 35 4 10 1 50 19 51 5 il 20 30 29005 040 | 215 21 2 DBA 441 4 51 19 50 489) | 2029) 22 0%0 214 22 23 2839 412 4 52 19 49 14 57 2028 221 0 40 213 23 24 241 hi& | 453 2048 | M4656 | 2027 | 206 | 039 | 0 a Effemerjde del Sole e dei erepuseoli pet I’ orizzonte di Bologna. Agosto Principio sol Fine Durata dlel crepuscolo Sile del crepuscolo del crepuscolo Data ro = Data astron. civile Nascere | Tramonto piana civile astron. civile astron. d hm hm hm hm hm hm hm I 2 56 4 23 2 19 39 14 37 20 17 21 44 2 2 58 4 25 5 3 19 38 1435 | 2016 | 21 42 3 0 4 26 5 4 19 36 14 32 20 14 21 40 4 3} 4 27 1) 19 95 14 30 20. 13 21 38 5 DI 4 28 SIMO. 19 34 14 28 20 11 21 36 6 3 6 4 30 ENIT, 19 32 14 25 20 10 21 33 nor 4 31 seg | 4934 142 | 20.8 | 2481 8 i 9 4 32 5 10 19 30 14 20 20.7 24629 9 AL 434 DA 19 28 14 17 2085 2A 97 10 3} URI 4 35 BI? 19 27 14 15 20 4 2125 Il 3) sl) 4 36 5 13 19 25 14 12 2002 21 23 12 IL IE 4 37 5 14 19 24 14 10 2000, QI 24 13 3 19 4 39 SI 19 22 LL 19. 59 21 18 14 DIO: 4 40 5 17 19 2 14 4 19 57 21 16 15 91122 4 41 5 16 19 19 14 1 19 565 2 14 16 3 24 4 43 5 19 19 18 13 59 15 54 ZII 17 3 26 4 44 5:20) | AI0016 13 56 19 52 21 10 | 18 3 28 445 524 | A94 13 53 19 50 2A IOT 19 330 4 47 522 OE) 13/054 19 49 Qi 5 20) DIS 4 48 29 19 1l 13 48 19 47 Zia 2A 3 33 4 49 525 | 4910 1345 | 1945 | 2 1 29 3 35 4 50 5 26 19 $ 13 42 19 43 20 59 23 337 4 52 5927 | 19.6 13 39 1942 | 2056 24 3 38 4 53 5 28 19.4 13 36 19 40 20 54 25 3 40 4 54 ) 30 19 3 13 39 19 38 20 52 26 3 42 4 56 Snai 19 A 13 30 19 36 20 50 OI( 3 43 4 57 Du ioR 19.0 13 28 19 34 20 48 28 3 45 4 58 h39 18_ 58 3 25 19 33 20 45 29 5 47 4 59 5 34 18 56 19822 19 31 20 43 30 3 48 pe SI 2035 18 54 13 419 19 29 20: 41 3I 3 50 ba 5 96 IS 52 13 16 19 27 20 39 EST Effemeride del Sole e dei erepuscoli pet l'orizzonte di Bologna. Settembre Principio Salle Fine Durata del crepuscolo DE del crepuscolo del crepuscolo Data Data a : Arco SE Sa astron. civile Nascere | Tramonto | diurno civile astron. civile astron. d hm hm hl m Dm hm ho m MD m Dm lì m di 1 3 dI D_ 9 5 38 18 51 13 13 19 25 20 36 035 1 46 Il 2 UG) 54 d 39 18 49 13 10 19 23 20 34 034 1 46 2 3 3 55 DINO 5 40 18 47 137 19 21 20. 32 0 34 I 45 3 4 356 Ù 5 4I 18 45 13 4 19 19 20 30 034 1 45 4 5) 3 58 5_ 5 42 18 43 o dl 19 17 20, 27 0 34 144 5 6 3 59 ERO) d 43 15 42 12 59 19 16 20 25 0 34 1 44 6 7 ZOIAI 5) Gli 5 45 18 40 12 55 19 IA 20 23 034 144 7 Ss TAG SRI 5 46 18 38 12 52 19 12 20 21 034 1 43 8 9 CORNA: 5 13 5 47 18 36 12 49 19 10 20) 19 0 34 1 43 9 I 10 AC 5 14 5 48 18 34 12 46 1918 2017 034 1 43 10 II 47 DINO 5 49 18 32 12 43 TON6 20 14 034 142 Il 2 4 $S 517 5 bl 18 3L 12 40 19 4 20 12 0 34 142 12 13 410 5 18 5 52 18 29 12837 Je D 20 10 034 1 42 13 14 4 {1 9,19 DRD 1827 12 34 19 0 208 034 141 14 15 4 13 5 20 5 DA 18 25 121 3i 18 58 206 034 L Al 15 16 4 14 LI 5 55 18.23 12 28 18 56 204 0 33 I 4l 16 17 4 15 523 5 56 18 21 112825 IS 54 20000 0 33 1 Al 17 IS 447 D 24 SRDN 18 19 19-22 15 53 19 59 0 33 140 18 19 4 18 525 5 59 18 18 12 19 18 5 19 57 0 33 1 40 19 20 4 20 5 26 60 18 16 12 16 18 49 19 55 0 33 1 40 20 2 £ 21 D_ 28 61 18 14 12 13 18 47 19 59 0 33 140 21 22 4 22 529 62 18 12 12 10 18 45 19 5I 0 33 1 40 22 23 4 24 5 30 O 93 18 40 N27 1843 19 49 0 33 1 39 23 24 4 25 5 31 5 18 $ 120.15) 18 4l 19 47 0 33 1 39 24 Serie VI. — Tomo I. 12 = een Effemeride del Sole e dei erepuseoli per l'orizzonte di Bologna. Ottobre Principio Sol Fine Durata del crepuscolo OLO del crepuscolo del crepuscolo Data = e Data CR: = Arco BEE EE astron. civile Nascere | Tramonto en ||: civile astron. civile astron. d hm hm hl m lh m hm hm hm hm hm d l 4 34 5 40 6 13 1055 11 42 18 28 19 33 0 33 1 38 J 2 4 36 5 4l 6 14 17 53 11 33 18 26 | 1931 0 33 138 2 3 4 37 5 42 6 15 IN7051 l1 36 18 24 19. 29 0 33 138 3 033 1 38 4 (=; w (3 > (d0) n lori (=) dI w _ (SU] Do DN © © DU Du w — (SPIRI >) (© e]. 2) n UT sto Effemeride del Sole e dei crepuseoli per l’otizzonte di Bologna. SCIMUOT n Novembre Data Principio STE Fine Durata del crepuscolo SIE del crepuscolo del crepuscolo Veste CLS Arco TO a E astron. civile Nascere | Tramonto | qjiurno civile astron. civile astron. ho m hm h m Dm li om lm mi pn lì om lì m SUS) 6 18 6 53 7 3 10 10 L7 38 18 43 035 140 5 14 6 19 6 54 ai 2 10 $S IASIO 180 42 035 140 Dario 6,21 6.55 \RVAINCO) 10 5 1735 18 4l 035 140 DU 6,22 6 57 16 59 LONNR: 17 34 18 39 035 1 40 5 18 6 23 6 58 16 58 100 17 33 18 38 0 35 140 DIUL9 625 Tod) 16 57 7 za 18 37 035 JA DI) 6 26 deal 16 55 GRZ 1730 18 36 005) 1 41 » QI 6 27 TZ 16 54 OSO. 17029 18 35 035 I 40 DIRI 6 28 TATA 16 53 9 49 17 28 18 34 035 LAI 5 2 6 30 TARE) 16 52 9 47 127 18 33 035 LINZ 5 25 631 To 0) 16 50 9 44 17.26 18132 036 1 42 5 26 6 32 09 16 49 9 4l IWaR5 18.31 036 ll 42 DT 6 33 UE) 16 48 I) 724 IS 30 036 1 42 528 6 35 7 410 16 47 Gu SZ 17023 118.29 036 I 42 529 6 36 I 16 46 9 34 17.22 18 29 036 143 5 31 6 37 713 16 45 OS li 2A 1828 0 36 143 D 32 6 38 TO) 16 44 929 17 20 18 27 0 36 1 43 5 33 6 40 7 16 16 43 927 17 20 18 26 0 36 IL 43 5 34 6 40 Ti 16 42 ONM25 AZIO, 18 26 0 36 1 43 5 35 6 42 IO, 16 42 9 23 17 18 18 25 0 36 1 44 5 36 6 43 1020 16 41 9.21 AZ 18 25 0 37 1 44 DS 6 45 02 16 40 919 AZZ 18 24 037 1 44 5 38 6 46 1022 16 39 917 17 16 18 24 0 37 L 44 57099 6 47 7 4 16 39 9 15 17 15 18 23 0 37 1 44 5 40 6 48 25 16 38 913 17.19 1823 037 1 45 5 AI 6 49 7 26 16 37 9 11 17 14 118, 22 0 37 145 5 42 6 50 0028 16 37 ONNIO 17 14 1822 0 37 145 5 43 6 5I 7 29 16 36 VT 17 13 1821 0 37 1 45 D 44 6 53 730 16 36 9. 6 17 13 18 21 0 37 145 5 45 6 54 7 SI 16 35 Ou il: 18) 18 21 0 37 1 46 Data w—————————T———-—-à------------.---------+&—5—5.—.—....-rrr_yvy—ry(”*”— "uwwaeaeaowoeo_ %1n—a1 Effemeride del Sole e dei erepuscoli per 1’ orizzonte di Bologna. —=t98 Dicembre Data d r———————_—_—_—+—+—+—+—+—+€—ÈY _T m————rr_r_r—r——_r——_vreode ΫR0@O090(_Ò1%1[(| ]]])]2)2)2)-Qxxa*e**e€@_—Ì?.req pe E ny TORSO 29 «9 > AS SSIS pai pu (e a [JU] to —_ =) O 00 = (er) (31) li (2) vo Cei (=) =) 0 nl Sì (3A) Di Principio sol Fine Durata del crepuscolo Se del crepuscolo del crepuscolo Soa Ca RNC NI ci Arco He 240, dra | St& astron. civile Nascere | Tramonto divino civile astron. civile astron, | ho m hm hm | lì m hm Mom lì m hom | h m 5 46 6 55 7 32 16 35 9 3 17 12 18 2% 0 37 1 46 Î È 5 47 6 56 7039 {6495 0 ORO 170 18 20 VET 146 5 48 6 57 nie a Lo) 17 12 18 20 0 38 1 46 5 49 6_5S 7 36 16 34 S_58 sp 18 20 0 38 146 550 6 59 TO 416 34 857 AA. 1820 038 1 46 a - | 5ol LOGO) 7 38 16 34 8_56 sil 18 20 038 1 46 5 52 7 (A 7 39 16 33 854 17 11 18 20 0 38 1 47 553 2 7 40 11693) QI NNNS 53 17 11 18 20 0 38 147 5 54 ni 7 4l 16 33 8 52 17 Il 18 20 0 38 1 47 | 555 Ts 742 | 1633 8 5 I7 11 18 20 0 38 I 47 555 n 742 | 4633 8 51 (741 18 20 0 38 147 5 56 VA) Ti 49) Al 6833 S_50 «zionali 18 20 038 147 | 557 o 6 744 | 1633 849 17 12 18 21 0 38 1 47 5 58 a 745. || M6034 8 49 17 12 18 21 0 38 I 47 5 58 IERI: 7 46 1634 | 848 1712 18 21 038 1 47 5 59 17.38 7 46 16 34 Ss 48 N42 18.21 038 1 47 60 TAd9 747 16 34 847 17 13 18 22 0°38t | Mr 60 7 10 748 | 1635 8 47 17 13 18 22 0 38 1 47 | | 61 710 748 | 1635 | 847 17 13 18 22 0 38 1 47 bi 2 TA 1 49 16 35 | 846 17 14 18 23 038 1 48 (O 0A "150 16 36 S 46 17 14 18 23 0 38 1 48 | (Has ni È 7 50 16 36 8 46 17 15 18 24 0 38 1 48 63 712 7 51 1637 | 846 17 15 18 24 0 38 1 48 6 3 708 7 50 16 37 8 46 17 16 18 25 0 38 1 48 64 713 7 5l 16 38 8 47 17 16 18 26 0 38 1 48 64 714 7 52 16 39 8 47 17 17 18 26 6 5 714 7 52 16 39 8 47 17 18 18 27 6 5 7A4 7 52 16 40 8 48 17 18 18 28 6005 714 753 16 41 8 48 47 19 18 28 6 6 vt 5) TSE) 16 42 S 49 17 20 18 29 6 6 715 7 53 16 42 8 49 17 21 18 30 Data Ti (es) Mem.R.Accad. d.Sc. Bologna- Serie VI. Tomo I. n M.Rajna. DIAGRAMMA ANNUALE DELL’ILLUMINAZIONE SOLARE PER L'ORIZZONTE DI BOLOGNA ——T——s% Ore di tempo medio dell’ Europa centrale O o 0 o TON 2 814 1546 IZ: 18: 19) 190 81 22, 23 _0 to ti 11 | 21 D o 21 i 31 10 Fb. 10 10 Fb. i 20 20 Mz. 2 | 2 Mz 12 12 22 | 22 Ap. 1 1 Ap. 11 ( 11 21 21 Mg. 1 1 Mg. 11 | L IL 21 21 31 a 31 Gg. 10 | DI 10 Gg. 20 TS 20 30 2 30 Lg. 10 G 10 Lg. 20 È 20 30 iS 30 Ag. 9 o Ag. 19 | 19 29 29 SÉ. 8 JÈ 8 St 18 L 18 28 28. Ot. 8 8 OL. 18 ] 18 28 28 Nvaiz 7 Nv. 17 I 17 27 27 Dear 7 De, 17 17 27 27 Gn. 6 6 Gn. O 1 2 3 £ 5-0 ZORO BRR EROE M.Rajna dis. i ; E.Gontoli inc. Lit. Rizzoli e Figlio = Bologna. 19 x , . % fai PCIAS # Ut MP di ie Ca SULLA RISOLUZIONE DEI TRIANGOLI formati da tre geodetiche sull’Ellissoide di rotazione a piccolo schiacchiamento (Ellissoide terrestre) MIO DEL Prof. FEDERIGO GUARDUCCI (letta nella Sessione delli 14 Aprile 1904) L'oggetto di questa Nota costituisce uno dei problemi fondamentali della geodosia. Gauss pel primo, nel suo celebre lavoro Disquisitiones generales circa superficies curtas, si è occupato di questo problema, e da mn punto di vista ancor più generale, considerando cioè il triangolo sopra una superficie curva qualunque anzichè sopra un’ Ellissoide. Il metodo da esso seguito consiste, come è noto, nel far dipendere la risoluzione del triangolo stesso da quella di un triangolo piano avente i medesimi lati, deter- minando le variazioni che subiscono i respettivi angoli del triangolo geodetico per ridursi ai corrispondenti piani. Gauss dà gli sviluppi di questa differenza fino ai termini del 4° ordine inclusi- vamente facendoli risultare, quasi per incidenza, da ricerche assai profonde, sulle proprietà generali delle superficie : il che fa si che un tal procedimento mal si presta ad essere adottato come dimostrazione specialmente poi a scopo didattico. Dopo Gauss altri geometri, fra i quali Hansen, Weingarten ed Andrae si sono occupati del medesimo problema sull’ Ellissoide; e le relative formole, da loro (o) sviluppate fino ai termini di 6° e 7° ordine, non lasciano invero nulla a desiderare dal lato della precisione anche per triangoli grandissimi. Se non che le loro dedu- zioni, senza essere difficili, sono però eccessivamente prolisse, e non si semplificano quanto potremmo aspettarci allorchè si rinunzia ai termini del 4° ordine per ridurci al caso della pratica, cioè di triangoli geodetici misurabili. Mi propongo con questa breve nota di dimostrare come una soluzione abbastanza sem- plice del problema sull’ Ellissoide, nel caso in cui si ritengano trascurabili le quarte potenze dei rapporti dei lati ai raggi di curvatura terrestri, ossia per triangoli i cui lati non oltrepassino di molto i 250 chilometri circa, si può far derivare in modo Serie VI. — Tomo TI. 13 — 100 — elementare dai noti sviluppi, molto adoperati in geodesia e pure dovuti a Weingar- ten, che ci danno le coordinate cartesiane di una geodetica sull’ Ellissoide di rota- zione in funzione delle coordinate geodetiche polari. Sia perciò ABC il triangolo formato sull’ Ellissoide dai tre archi di geodetica s,, 3 sia Z la latitudine del vertice C. ses (V. Figura) i cui azimut in € ed in 5 sono rispettivamente a,, 0, ed a,, è (e) $ 9 o) S Gli sviluppi di Weingarten che ci danno le coordinate cartesiane +, y, 5, del punto 5 dell'arco s, riferite ad un sistema di assi coll’ origine in €, ed avente I° asse delle 3 normale alla superficie e quelli delle + e delle 7% diretti rispettivamente se- condo le tangenti alle sezioni normali principali in C sono, limitandole ai termini di 3° ordine inelusivamente, DI o,=S, 054, | i 6pR + termini di 4° ordine si 2 y == RES ERI id id Ara Sai sen i Nk, a =s I _Î — d si sen ZL cos Z cosa, + | Mi PRU 2NRa, ; \ e? ove è stato posto ò = mer essendo e l° eccentricità dell’ Ellisse meridiana, e p, — (° N sono i raggi principali di curvatura in € aventi le note espressioni a(1— e°) v— a (1—e? sen®Z)z” (1— e? sen?Z)s — 101 — e Ra, è il raggio di curvatura pure in € della sezione normale di azimut a, e la cui espressione è data dalla I cos' a, 1 sen'a, og. T Ra, p N Osservando che si ha in generale Lissa 5 I Ses ao: IE (1) E RO sold ey > 5 COSZ cos 2a) % L pN Ta) le espressioni precedenti si possono scrivere, conservando loro il medesimo grado di approssimazione, RK} 23. SI SÌ a = STR cosa, — d cosìL costa, + ‘ ! O 0 6PN si si 3 (2) y=s Sena, mne du y 0081 sen'a, + sì Yo Sì Sì Cl 3= cos? °Lcos2a,—d senZ cosL cosa, + --- | Wa Vai zo Ù e per le coordinate «+, y, 5, del punto A avremo analogamente cos u x cosa, — d È cos°L cos'a, + - de == n 50 =: % Ri SMR ON 3 6poN Sì sì (3) Y,= 8, SNd,— Sena, t sen'a, + - x A) 6pN sì S Sy Sa ef cos°L cos 2a, — d senZ cos L cosa, + - 2/pN 1 V pN CL Le lunghezze della corda BA = X, ha per espressione A) F= mat ug HA i+ Vv +s+ +45 SPE 3 2(a A YU) - Ma dalle precedenti (2) e (3) si ricava (5) ci +y+s:=Ki=s— si —d Si cos°Lcos2a, + a 2/0 120N cd cd O D RD) POSSA) Sa o 52 2 5 (6) v+y+33= K:=sf— cos'L cos 2a, + + I2oNU 12pN - cos' Ly cos 2a, + —_ Me ove 05, Ny e Ly si riferiscono al punto 5 ed a, è l’azimut del lato s, nello stesso punto. Se però si osserva che l d È r ua 3 (>) 1 Il I I) PA 1 s, Cos 4, Ze sen2L T{ —— = +(5gy5° 41) -—-___+e= utt. at | PENSA : dL pA pi N1—- e) = ai pA N ( che cosìZ, = col — (Ly © L)sen2L+-- potremo porre colla stessa approssimazione 73 DI 33 ì Ss RI Ki=sft qa 0-—-—008° cos24,+- 120 12pN i giacchè e? si riguarda come una quantità del primo ordine. Analogamente si trova s,S (5383 \ ‘ SASA ONTO ISS (9) —2(2,&4-yY,+t s,3)=— 28,8, COS(Ug,— A) ia Ci (s$+ 55) cos(ag a) =="==é = î 120 120 N AGHI 5 ; E x : +d Ia ar cos°L(sj cosa, + sì cos'a,) cos(a, — 4) Edi si 45,59 po 5 a t — 129.7 °°5 L(s{ + s5) sena, send, 0 I2pN CA )sL(cos'a, + cosa, — 1) i 6 Introducendo i valori (5). (6). (8) e (9) nella (4) si trova 4 | 4 2 È \ Ra CR " A sa sas + ds s,(sf + s,) COs(ogm7 d,) — bsjs, (10) se SSR cos(a, Ta.) = 1 - Ca Ea 2) \ 2 1 pa ei 120N i ane2r 1 s!teos2a — stcos2 .«Laoe2 ‘e (e ene 2? EHSS “ve \ Ò cosìL (83 0524, ST Cos2 A, — S, COS ZA+ 488,5] COS A, Sa COS ay) Cos(a,— A,)} 1 2pioN = 45 ,So(5 + 85) sena, Sena, — 6s,s,(cos'a, + costa, — 1) | Indicando con €, V angolo corrispondente all’ angolo € nel triangolo piano formato coi lati sj s, ed s,, potremo porre a,— a =C,+ AC 2 Il 56 Arta, n Si COS x) 3 . 1250 - (*) Si sostituisce per Zy — Z il valore = approssimato ai termini del 2° ordine. le) ì — 103 — e la precedente diviene, sviluppando in serie cos(C,+AC) e osservando che (11) sas + si 28,5, C0SC, e che nel secondo membro possiamo senza cambiare 1 ordine della approssimazione “Nt SEE Ù sostituire C, ed a, — Qi, Sist s}+ 45,5,(5 +3) cosl, — 65555 120N (12) — 2s,s,A0senC, —AC°..= 2(s4 cos'a, — si cosa, — s$ cos'a) — (sj — st — sì) SICCHE o D) Dit BA os € == ipa] + 48,5,(57 COSA, + sS3 COS°4,) COS C, I 7 a le AI Wa ‘ da ESRI A \ (—4s;S,(51 +53) sena, sena,— 65,5,(costa, + costa, —1) Dalla (11) si deduce quadrando (13 sf — st —s)= dsjs3 cos 0, + 2sfsì — 48,8,(5î + 53) cos C, ed inoltre si ha con sufficiente approssimazione "ANS IR AE ea Ar (Xx) Sì COS (X, = Sa COS Ao Sì COS A, la quale inalzata a quadrato diviene DI IO] 2 È De $3 COS CA S5 COS 4, + sj COS A, — ds So COS A, cos do e questa moltiplicata membro a membro colla (11) ci dà D DI DI ) 9 99 D) DI sq cosa, — si cos°a, — s3 cosa, = 45753 08, cosa, cos l, + sjs:(cos'a, + cos'a,) DTS ; : AME :08 0 s.(st costa, + s3 cosa.) cos O, Dee (22 :2) COS c De — 25,5;(57 + 55) cosa, cosa, — 25, e sostituendo questo valore e il valore (13) nella (12) si trova, trascurando il ter- (*) Questa espressione risulta subito facendo successivamente il trasporto della latitudine, colle for- mole note di Delambre, fra i punti C e B, B ed A, A e €: si ha infatti 2) S] COSI SI DOT nani L = LRD 5) 0 20.N L So COS %3 Sì} Inel==" = VER (ed » » » do (OL (3) Proc. Roy. Soc. — t. LXIX, p. 277. — 150 — il vuoto o introdurre un qualunque gas, e in cui si trovava un conduttore isolato comu- nicante con un elettrometro a foglia d’ oro posto in un secondo recipiente, in cui era stato fatto un buon vuoto. Le pareti interne del primo recipiente venivano coperte da un rive- stimento costituito successivamente da vari corpi, in generale metalli. Misurando la dimi- nuzione di carica dell’ elettrometro in un tempo costante, che fu di un' ora, riconobbe che quella diminuzione, la quale può assumersi come misura della conducibilità del gas, variava a parità delle altre circostanze colla natura delle pareti del recipiente, essendo in unità arbitrarie di 2,3 a 3,3 per lo stagno in foglie; 1,3 per il vetro spalmato di acido fosforico; 1,6 per l'argento depositato sul vetro; 1,2 per lo zinco; 2,2 per il piombo; 2,3 per il rame pulito; 1,7 per il rame ossidato; 2 a 3,9 per il platino; 1,4 per l’ alluminio. Il punto di partenza fu per i Sig. Mac Lennan e Burton un po’ differente. Essi pensarono che la conducibilità lentamente crescente di un gas racchiuso in un recipiente, dimostrata dal Sig. Geitel (1), e quella maggiore dell’ ordinario posseduta dall’ aria in luoghi chiusi trovata dai Sig. Elster e Geitel (2), fosse dovuta ad una emanazione radioattiva emessa dai corpi, e simile a quella esistente sempre nell’ atmosfera, e che rende radioattivo un conduttore elettrizzato negativamente e lasciato esposto per un certo iempo all’ aria libera. I detti fisici sperimentarono con un grande recipiente di zinco isolato e caricato a circa 165 volta, entro il quale si trovava un’ asta metallica comunicante con un eletiro- metro a quadranti, misurando ripetutamente il potenziale da quello acquistato in un dato intervallo di tempo, dopo esser stato messo per un momento in comunicazione col suolo. Essi riconobbero così, che l’aria diminuiva di conducibilità per un certo tempo (circa quattro ore), e poi acquistava una conducibilità gradatamente crescente. Il valore iniziale era variabile da un giorno all’ altro, mentre era costante il valore limite finale, che divenne peraltro un poco maggiore, quando si rivestirono di foglie di stagno le pareti interne del recipiente, e più grande ancora quando allo stagno si sostituì il piombo. La prima fase venne spiegata col dissiparsi dell’ emanazione naturalmente contenuta nell’ aria; la fase di aumento invece si attribuì all’ emissione graduale di una emanazione radioattiva dai me- talli sopra nominati. Nel corso di queste esperienze i signori Mc. Lennan e Burton ottennero pure un risultato importante, e cioè che, circondando | apparato con un grosso strato di acqua, la conducibilità dell’aria diveniva minore; ciò che li indusse a credere, che in parte la con- ducibilità del gas fosse dovuta a radiazioni provenienti dall’ esterno, dotate di grandissimo potere penetrante ed esistenti continuamente intorno a noi. La provenienza di tali ipotetiche radiazioni è ignota; ma verosimilmente esse sono emesse dai corpi costituenti la terra e dall’ atmosfera. Il Sig. Lester Cooke (8) giunse in modo simile alla medesima conclusione. (1) Phys Zeitschr. — t. II, p. 116 (1900). (2) Phys. Zeitschr. — t. II, p. 560 (1901). (3) Phil. Mag. — October 1903, p. 403. — lol Come si vede, lo studio della radioattività dei corpi in genere può dirsi appena ini- ziato; cosicchè nuove ricerche su tal soggetto non possono riuscire che opportune. Da quelle, di cui ora si è reso conto, non si comprende bene se la conducibilità prodotta nell’ aria dai corpi in essa immersi sia dovuta soltanto ad una emanazione, che spiega lentamente il proprio effetto, oppure anche a radiazioni del genere di quelle chiamate 2, f o y emesse dal radio e dagli altri corpi fortemente radioattivi. Un mezzo atto a far riconoscere |’ esistenza di queste radiazioni consisterebbe nel ripetere le descritte esperienze abbreviando per quanto è possibile I° intervallo di tempo, che trascorre dal?’ istante in cui l’ apparecchio viene chiuso, a quello in cui la misura è compiuta. Le esperienze, istituite a tale intento, e delle quali si renderà conto in questo scritto, non riusciranno dunque superflue, tanto più che passo a passo ebbi occasione di riscontrare diverse cause di errore, che solo dopo alcuni mesi di lavoro ho potuto in buona parte eliminare mercè speciali disposizioni, che saranno più oltre descritte. Per quanto incompleti, i risultati ottenuti mi sembrano dimostrare la reale emissione di raggi da diversi dei metalli usuali, senza tuttavia che si possa finora stabilire quale sia la loro natura, cioè se raggi «, pf oppure 7. 2. Se un conduttore isolato e carico si trova in un recipiente metallico corunicante col suolo e pieno di gas, la quantità di elettricità perduta dal conduttore nell’ unità di tempo, ossia |’ intensità della corrente attraverso il gas, è indipendente dal valore del potenziale, se questo ha un valore abbastanza elevato. Questa corrente di saturazione libera il gas dai ioni, mano a mano che in essi si formano. La diminuzione di potenziale nell’ unità di tempo sarà allora tanto maggiore quanto più piccola è la capacità del con- toi n duttore. Se dunque si vuole, che le letture fatte all’ elettrometro riescano re- lativamente considerevoli, anche se corrispondono ad intervalli di tempo non molto grandi, occorre ridurre al minimo la capacità elettrica dell’ istrumento. Questo è il motivo per il quale, nelle esperienze del cenere di quelle di cui qui si tratta, un elettrometro a foglie d° oro, costituente lo stesso conduttore che sì scarica, è preferibile ad un elettrometro a quadranti. Volendo dunque abbreviare la durata delle esperienze ho cercato di costruire un elettrometro di dimensioni piccolissime, ciò che non offre altre difficoltà che quelle, vera- mente non piccole, di ordine pratico, relativamente al taglio e all’applicazione di striscie estremamente piccole di foglia d° oro della più sottile. Descriverò senz’ altro la disposizione finale dell’ apparecchio da me ado- perato, non indicando quelle antecedenti, che, man mano che ne scoprivo i difetti, dovetti modificare; questi tuttavia indirettamente saranno resi noti nel dar ragione dei dettagli dell’ apparecchio, e nel descrivere le cure necessarie per ottenere buone misure. Ù La parte principale è naturalmente |’ elettrometro, che è in pari tempo il conduttore elettrizzato che si scarica. Consta di un’ asticella metallica 48 (v. fig. 1) cui è attaccata una stretta fogliolina d’ oro CD, e che termina superiormente con una campanellina 7, nel — 152 — fondo della quale è fissato con guttapercha un bastoncino isolante di zolfo o di quarzo fuso F attaccato ad un sostegno metallico G. Questo modo di attacco del conduttore ha lo scopo di attenuare la perdita di carica lungo la superficie dell’ isolatore. Ed infatti non si ha sensibile differenza nella velocità, con cui diminuisce il potenziale del conduttore, se il sostegno G è isolato o comunicante col suolo. L° asticella AB è lunga circa 4 c. e larga poco più d’ un millimetro, e viene caricata con un conduttore mobile, come si dirà fra poco. Il recipiente, in cui trovasi il descritto elettrometro, è un comune vaso di vetro a disseccazione capovolto ABCD (fig. 2), la cui bocca è chiusa da una lastra di vetro smeri- gliato AB spalmata di grasso per la buona tenuta, trattenuta a posto da un sostegno mobile S. Il breve collo del recipiente passa per un’ apertura circojare praticata nella lastra metallica Fig. 2 MN, la quale sostiene tuito 1° apparecchio, il cui interno è difeso contro le eventuali influenze elettriche da un rivestimento di tela d’ ottone, rappresentato nella fig. 2 con linee tratteg- giate. In esso furono praticati dei fori in corrispondenza a cinque aperture circolari esistenti nelle pareti del recipiente. Una 4 sul davanti, ed un’ altra posta di fronte a questa, chiuse con vetri piani, permettono di osservare la foglia d° oro del conduttore eletirizzato e; le altre tre £, Y, G, praticate sul fondo del recipiente, sono chiuse da tappi, pei quali passano i tubi di vetro muniti di rubinetto p, g, 7, il sostegno s del conduttore o elettrometro 6, ed il tubetto di vetro #, contenente un filo metallico per la carica del conduttore. Questo filo comunica col polo isolato d° una batteria di piccoli accumulatori, e la sua estremità interna vien portata a contatto del conduttore, quando lo si vuol caricare, mediante una rotazione del tubetto # intorno al proprio asse. I metalli, di cui vuol studiarsi la supposta radioattività, hanno la forma di dischi, — 153 — aventi circa 11 c. di diametro, ed uno di tali dischi è collocato in 24 sopra un anello metallico, posto sul vetro AB e comunicante col suolo. Non appena chiuso |’ apparecchio lo si riempie .d° anidride carbonica aprendo i rubinetti dei tubi g ed 7, il secondo dei quali comunica con un gran recipiente V, e per via di questo con una bomba A di anidride carbonica liquida, di cui si apre altresì il rubinetto di chiu- sura. Il foro, pel quale l’ anidride carbonica esce dal serbatoio A, deve essere esilissimo, affinchè la corrente gassosa non sia troppo veemente. Si giudica della velocità di questa corrente dal gorgogliamento, che essa produce nell’ acido solforico messo a questo scopo in un recipiente W, dal quale gas si versa poi nell’ atmosfera. È dunque nell’ anidride carbonica che si produce la ionizzazione e non nell’ aria, ciò che assicura la regolarità dei risultati. Coll’ aria infatti si hanno a parità di condizioni effetti variabili da una esperienza all’ altra, mentre 1 anidride, presa sempre dallo stesso serbatoio, mostra possedere nelle successive esperienze sempre la stessa conducibilità spon- tanea. È di somma importanza per la regolarità dei risultati, che la corrente gassosa sia abbastanza lenta, perchè la fogliolina d° oro non venga ad agitarsi. Ho riconosciuto infatti, che l’ elettrometro a foglia d’ oro ha in sè una grave causa d’ errore, alla quale non si può sperare di porre riparo, che evitando alla fogliolina ogni brusco movimento, che possa in qualche modo deformarla. Senza una tale precauzione accade facilmente che in esperienze successive una stessa deviazione, valutata in base al posto occupato dall’ estremità della foglia, corrisponda a cariche differenti della foglia stessa. Per la medesima ragione, allorchè sì vuol aprire l’ apparecchio per cambiare il disco, occorre prima sostituire nuovamente con aria l’ anidride carbonica, ciò che si ottiene facendo giungere pel tubo p, il cui rubinetto sarà ora aperto, una lenta corrente d’ aria, che trascina il gas pel tubo g. Senza questa precauzione si avrebbero dei bruschi movimenti della fogliolina nell’ atto di togliere di posto il vetro A5. La fie. 3 mostra in pianta la maniera, nella quale si osserva la posizione della foglia d’ oro. A è il recipiente, £ l’ elettrometro S° una scala a millimetri orizzontale fortemente illuminata posta a circa 3 me- tri (3”,28) di distanza dall’ e- lettrometro, ZL una lente con- vergente acromatica di circa 17 c. di distanza focale, che -— forma in E un'immagine reale della scala, M un microscopio (tolto dalla macchina da dividere), con cui si osserva in pari tempo la foglia d’oro e l’ imagine della scala. Si vede infatti nel campo di questo strumento un’ imagine della scala (fig. 4) e su questa l’ imagine capovolta Y dell’ estremità della foglia d’oro. Questa estremità percorre, quando la deviazione lentamente diminuisce, un arco AB nel senso della freccia, e questo arco taglia un certo numero di divisioni della scala, Nel mio apparecchio uno spostamento della foglia, che abbia in proiezione orizzontale la lunghezza d'un millimetro, dà luogo ad uno spostamento di 17,2 divisioni della scala sull’imagine; e siccome si valutano facilmente ad occhio i Fig. 4 decimi di divisione, così si vengono a rilevare degli sposta- 3o: ag] ona menti di - di millimetro. 172: Occorre naturalmente sapere a qual valore del potenziale ATTI Va I | DSS dell’ elettrometro corrisponda una data posizione della foglio- lina rispetto alla scala. A questo scopo per ogni nuovo disco 1) messo nell’ apparecchio si leggono le indicazioni d’ un elet- SU irometro idiostatico, messo in comunicazione colla foglia d'oro. Tale elettrometro comunica permanentemente col filo caricatore £, e quindi col polo isolato della batteria di piccoli accumulatori che forniscono la carica. Basta quindi lasciare il filo # in comunicazione colla foglia d’ oro e leggere tanto la posizione di questa sulla scala, che la deviazione dell’ elettrometro. Questo confronto viene fatto per due o tre posizioni della foglia d’oro, cioè per due o tre valori diversi del potenziale, che si ottengono variando il numero di elementi della batteria. Per le posizioni intermedie della foglia d’oro si calcolano i corrispondenti potenziali per interpolazione. L'elettrometro idiostatico, la cui sensibilità si può variare entro limiti lontanissimi, è quello che fu altra volta da me descritto (1). A rigore, quando nelle esperienze definitive il filo di carica # viene allontanato dal conduttore portante la foglia d° oro, avviene una piccola variazione nella distribuzione dell’ elettricità nel conduttore stesso, cosicchè ad una data posizione della foglia non corri- sponde più esattamente quel potenziale, che venne indicato dall’ elettrometro idiostatico. Ma evidentemente il valore attribuito al potenziale del conduttore è proporzionale al valore reale di questo, e I’ errore, del resto piccolissimo, che così si commette, non muta i rapporti numerici fra i risultati delle misure. In generale il potenziale dato al conduttore fu di 150 a 170 volta, valore più che sufficiente, perchè la perdita di carica in un dato tempo riescisse indipendente dal poten- ziale stesso. 3. Messo a posto un disco metallico entro il recipiente e riempito questo di anidride carbonica, si cominciava col fare il già descritto confronto fra le indicazioni della foglia d’oro e quelle dell’ elettrometro, necessarie per esprimere in volta i potenziali della foglia d’oro. Dopo ciò bisognava assicurarsi, che fossero cessati nella foglia d° oro certi piccoli movimenti irregolari, probabilmente dovuti alla differenza di temperatura fra 1° anidride carbonica e le pareti del recipiente, che il grande serbatoio V serve ad attenuare. Infine si caricava il conduttore portante la foglia d’oro, e si osservava la diminuzione di 1) V. queste Memorie, serie 5.* t. IV pag. 99 (1894); Il N. Cimento, serie 3.% t. 36, pag. 253. q pas Ì — 55 — potenziale in un dato tempo. Questo fu da 10 a 30 minuti primi, ma si registrò sempre la diminuzione riferita ad un’ ora di tempo. Dopo una prima misura se ne fanno altre, se occorrono, nella stessa maniera. Onde non essere costretto a sorvegliare continuamente l’ orologio, e poter quindi occu- pare in altri lavori i periodi di attesa, trovai comodo di servirmi di un contatto elettrico applicato al quadrante d’ un orologio, che faceva agire una soneria elettrica all’ istante in cui dovevo recarmi all’ apparecchio per fare una misura. 4. I metalli esaminati furono i seguenti: Alluminio dato per puro in commercio, in lastra. Antimonio puro, provveduto dalla casa Merck di Darmstadt, e ridotto a disco per fusione. Argento senza lega in lastra. Bismuto puro, provveduto presso la casa suddetta e fuso in forma di disco. Cadmio puro, della stessa provenienza e fuso. Ferro del commercio, in lastra. Nichel puro del commercio, in lastra. Piombo comune, foggiato a disco per fusione. Rame comune in lastra. Stagno puro della casa suddetta, ridotto a disco per fusione. Zinco puro della stessa provenienza e fuso esso pure. Un momento prima di mettere il disco al posto, esso venne sempre pulito con carta vetrata. Di tanto in tanto si fecero misure mettendo al posto del disco metallico un disco di vetro accuratamente pulito. Per quanto si sia cercato, come sì è visto, di eliminare ogni causa di errore, i risultati numerici ottenuti ripetendo le misure con un medesimo disco differirono fra loro in qualche caso più che non differiscano fra loro le medie finali corrispondenti ai diversi metalli. A queste medie non si può dunque attribuire un significato rigoroso; tuttavia, se può rimanere qualche incertezza intorno alla grandezza relativa degli effetti dati dai vari metalli, non si può mettere in dubbio per la maggior parte di essi, 1’ azione ionizzatrice da essi prodotta. Ecco le medie, cioè la diminuzione di potenziale in volta per ogni ora di tempo : i Allumino . . 23 Antimonio. . 24,8 Argento . . 23 Bismauio 5 LIS Cadmio. . . 24,5 RICREA 259 Nichelifiei22:9 Piombo... 32,5 Rame 6 6 al Stacno Fees 11 ZINCO 243 Vero è o 24 ' Serie VI. — Tomo I. 20 — 156 — L'effetto è particolarmente marcato nel caso del bismuto e in quello del piombo. Quest’ ultimo presenta una particolarità interessante, che la seguente serie di misure, scelta fra tante serve a mostrare Piombo, dopo un quarto d’ ora da che fu chiuso nell’ anidride carbonica 38 Dopo altra: mezzi orfani. alt RES E 5 Dopo. altre. due.ore. .; —.. Re ce (RR Come si vede l° effetto del piombo, dapprima assai notevole, si affievolisce a poco a poco, e non si ottiene nuovamente l° effetto massimo, che ripulendo il metallo con carta vetrata. Sembra dunque che nell’ anidride (la quale non venne disseccata prima d’ ammet- terla nel recipiente) il piombo si copra d'un velo, che assorbe in parte i supposti raggi emessi dal metallo. Qualche altro metallo, per esempio lo zinco, mi sembrò presentare in minimo grado un analogo fenomeno. In nessun caso potei constatare un sicuro aumento graduale della ionizzazione coll’ an- dare del tempo, ciò che sembra indicare, che i metalli adoperati agiscono piuttosto emet- tendo radiazioni, che producendo emanazioni. Tuttavia l’ interpretazione di questi pochi risultati non è nè così semplice, nè tanto tacile quanto può sembrare. Ammessa infatti l’ esistenza di una radiazione ionizzatrice e di grandissima penetrazione proveniente dalla terra o dall’ atmosfera, il mettere nell’ apparecchio un disco metallico modifica lo stato delle cose in più maniere. Prima di tutto il disco può essere radioattivo per conto proprio, e colle sue radiazioni o per |’ emissione d° una emanazione, può ionizzare il gas. In secondo luogo il disco potrà indebolire per assorbimento quella parte della suddetta radiazione penetrantissima che è diretta attraverso di esso, e così colla sua presenza il metallo tende a scemare la ionizzazione. Infine la radiazione penetrantissima, che colpisce il disco, può eccitare in esso 1° emissione di raggi secondari. Per questi motivi mi sembra prematuro il trarre dalle esperienze descritte altra conclusione all’ infuori della seguente, e cioè che i varii metalli fanno variare colla loro presenza la ionizzazione del gas che li circonda. Per quanto poco fruttuose, queste ricerche hanno servito a metterne in rilievo le prin- cipali difficoltà, fra le quali alcune che non erano state prima da altri rilevate, e a mettere in guardia chi volesse continuarle. In nuove ricerche sarebbe sopra tutto giovevole il poter fare a meno dell’ elettroscopio a foglia d’ oro, sostituendovi qualche più esatto indicatore di potenziale, che però dovrebbe avere, come quello, una capacità elettrica estremamente piccola. Ho già in costruzione un apparecchio di questo genere, che può considerarsi come una minuscola bilancia di Coulom). Questo apparecchio, quand’ anche non corrisponda alla speranza in esso riposta, riescirà certamente sensibilissimo, e perciò eminentemente adatto alla dimostrazione col metodo elettrico delle proprietà possedute dai raggi emessi dai corpi radioattivi. —— Dan L'ELIMINAZIONE DEI FOSFATI DURANTE LA CURA ANTIRABICA E LA SUA MODIFICAZIONE PER OPERA DELLA TERAPIA FOSFOGLICERICA STUDIO SPERIMENTALE DEL Prof. IVO NOVI DIRETTORE DELL'ISTITUTO DI FARMACOLOGIA DELLA R. UNIVERSITÀ MEDICO OPERATORE DELL'ISTITUTO ANTIRABICO DI BOLOGNA (Letto nella Sessione del 17 Aprile 1904) Fin dal 1899 dai Dottori Bellucci e Belardinelli feci intraprendere ricerche sulle modificazioni del ricambio dell’azoto e del fosforo prodotte dalla cura antirabica e ciò in seguito all'osservazione che la peristalsi intestinale era accelerata, che era aumentato l’ap- petito e in seguito anche alla considerazione aprioristica, che una cura, la quale agiva per materiali che prosperano sulla sostanza nervosa, quali sono i germi dell’idrofobia, poteva esercitare anche una influenza speciale sui più nobili elementi del ricambio organico cioè sull’azoto e specialmente sul fosforo. Le previsioni sì verificarono infatti e la pubblicazione eseguita dal Dott. Bellucci fin dal 1900 (1) dimostrò un aumento dell’ azoto totale dell’ urina in due individui perfettamente sani sottopostisi alla cura antirabica solamente per oggetto di questo studio. Le ricerche del Dott. Belardinelli sull’eliminazione del fosforo rimasero inedite, ma esse pure diedero nelle stesse condizioni un notevolissimo aumento del fosforo nelle urine. Più tardi volli sottoporre a nuovo cimento questa questione giacchè dai precedenti due allievi non era stato sistematicamente rispettato l’ equilibrio dell’azoto e feci compiere una nuova serie di ricerche da un altro allievo il Dott. Dalmastri, il quale, limitando la sua mtroduzione al minimo, ottenne un relativo equilibrio di azoto e potè quindi condurre a termine un lungo numero di determinazioni senza incontrare inconvenienti di sorta. Le esperienze eseguite dal Dalmastri (2) misero in evidenza l’aumento di azoto per (1) Dott. Oreste Bellucci — Le modificazioni del ricambio azotato nella cura antirabica. — Gazzetta degli Ospitali, 1900. N.° 123. (2) Dott. Arturo Dalmastri — Il ricambio dell’azoto e del fosforo durante la cura antirabica. — Bullettino delle scienze Mediche, 1901. Serie VIII, Vol I, fascicolo 4°. — 158 — le urine, dimostrarono la ragione dell'aumento dell’appetito, giacchè lo stomaco richiedeva maggiori quantità di cibo precisamente in rapporto con le maggiori perdite di azoto ed inoltre posero in luce notevole un considerevole aumento del fosforo, superiore anche per intensità e persistenza a quello dell’azoto. Non è qui il caso di esporre per quale meccanismo possa interpretarsi 1’ aumento del- l’azoto; probabilmente esso ha causa comune con quello del fosforo, ma è di quest’ ultimo solamente che ci dobbiamo intrattenere. Le esperienze del Dalmastri dimostravano a chiare note l'influenza delle iniezioni di materiale rabbico, e più anzi quanto più virulento era il materiale e cioè per i midolli, che secondo il metodo Pasteur contengono maggior quantità di virus. D'altra parte la quantità di fosforo così introdotto era minima e sarebbe risibile il supporre che una tale dose di sostanza, sia pure in forma di lecitina, potesse direttamente o indirettamente eser- citare tale influenza. Molto più ragionevole parve il supporre che l’effetto si dovesse al virus rabbico, il quale agendo direttamente sul sistema nervoso, non solo, ma su tessuti ed organi ricchi di azoto e di fosforo come i protoplasmi cellulari delle ghiandole linfatiche e sanguigne, mas- sime il fegato, determinasse quivi un più sollecito ricambio materiale e quindi desse ori- gine all’iperazoturia e fosfaturia osservate. La questione meritava però una ulteriore conferma ed è perciò che diedi incarico ad altri miei discepoli di occuparsi di nuovo dell’argomento, il che fu eseguito in quest'anno dai Dottori Majara e Fratta, essi ripeterono le ricerche dell’azoto e del fosforo sottopo- nendosi alla cura antirabica dopo aver subìto iniezioni di sostanza nervosa normale nei modi. e nelle dosi usate per la cura del Pasteur. ali ricerche dimostrarono nel modo più evidente che la sostanza nervosa non ha di per sè nessuna azione, se iniettata sotto la cute nelle quantità usate per la cura antirabica, mentre la sostanza nervosa di animali rabbici manifestava perfettamente il noto fenomeno nelle persone inoculate. Altre ricerche dei medesimi Dottori furono portate sugli effetti delle iniezioni di ipo- fosfiti, di lecitina, di glicerofosfati e dimostrarono che i primi non hanno azione di sorta, le lecitine ed i glicerofosfati diminuiscono invece il fosforo delle urine. Ora, una importante questione terapeutica sorgeva, importante per la difficoltà che pre- sentava alla soluzione, importante ancora per i fenomeni coi quali si collegava in riguardo alla salute delle persone vaccinate contro la rabbia. Alcune volte, di rado in realtà in tanti anni di esperienza personale, mi sono imbat- tuto in persone, che senza essere deboli e presentare disturbi o vizi speciali di funzioni 0 di organi o di tessuti reagivano in modo particolare alla cura antirabica. Talora fenomeni di eccitazione, insonnia, irrequietezza quali possono riscontrarsi nella nevrastenia, talaltra invece fatti di depressione più o meno notevole e anche in un caso debolezza funzionale di alcuni gruppi muscolari in individuo robusto, giovane, validissimo. La fosfaturia poteva render conto di questi fenomeni sebbene l’importanza patologica di questo fenomeno sia molto varia. — 159 — Il valore fisiologico del fosforo eliminato per le urine e il suo significato è troppo ele- vato perchè non richiami tutta la nostra attenzione un aumento di tale eliminazione. Si sa innanzi tutto che il fosforo delle urine è in relazione con quello introdotto per l’alimentazione, come è stato osservato anche di recente dal Maurel (1). Differenze notevoli esistono fra carnivori ed erbivori. Secondo il Liebig le urine di questi ultimi essendo alcaline non sono adatte ad esportare i fosfati dall'organismo e per ciò segue per altra via l’eliminazione di questi prodotti. Le esperienze già antiche del Bertram (2) avevano già provato che se si rendono alcaline le urine dell’uomo per uso di citrato scema la quantità di fosforo eliminato per questa via, e che una diminuzione anche maggiore si osserva aggiungendo carbonato di calcio al citrato. Il Bergmann (3) ritornando su quesia questione recentemente ha veduto che il fo- sfato sodico introdotto sottocute si elimina solo per l’ urina e non per l'intestino nei car- nivori come il cane, e negli erbivori invece come il montone la eliminazione segue quasi tutta per l'intestino. Anche il fosforo dovuto a glicerofosfati passa nelle urine per il cane, nelle fecce per il castrato. Il vitto carneo fa crescere l'eliminazione del fosforo insieme a quella dell’azoto, come facilmente può imaginarsi e come fu dimostrato anche da poco da Shennan e Hawk (4) e le classiche prove dello Zuelzer (5) avevano ben stabilito che l’alimentazione con so- stanza cerebrale produceva un aumento di acido fosforico nell’ urina una volta e mezzo a due superiore a quella, che si otteneva per l’alimentazione con carne. E del resto il rapporto con l’alimentazione è ben provato anche dalle esperienze del Roeske (6), il quale ha seguito la eliminazione per le urine di 2 in 2 ore ed ha veduto che essa cresce dopo il pasto del mattino per ridiscendere e successivamente rialzarsi an- cora dopo il pasto o î pasti del pomeriggio. Il rapporto fra la eliminazione nel digiuno e quella dopo l’alimentazione è ben affer- mato già dalle ricerche di Camerer (7), che trovò in un uomo digiunante una limitatis- sima quantità di anidride fosforica nelle urine e cioè in diverse prove rispettivamente 0,42 — 0,40 — 0,47 — 0,40 — 0,37 e dopo alimentazione priva di albumina e risultante (1) E. Maurel — Influence des variations de l’alimentation sur les quantités d’acide phospho- rique et des chlorures dans l’ urine. — Comptes rendus de la société de Biologie, LIII, pag. 427. (2) Iulius Bertram — Ueber die Ausscheidung der Phoshporsaiùre bei den Pflanzenfressern. — Inaugural dissertation. Miinchen 1878. (3) Wolfang Bergmann — Ueber die Ausscheidung der Phosphorsaiire beim Fleisch-und Pflanzenfresser. — Arch. fiir exp. Path. u. Pharmakologie, Vol. 47, pag. 77-81. (4) H. C. Shennan und P. B. Hawk — American Journal of Physiologie IV, pag. 25-49. (5) W. Zuelzer — Ueber das Verhàltniss der Posphorsaire zum Stickstoff in Urin. — Wirchow?s Archiv. LXVI, pag. 223-251: 282-311. (6) Georg Roeske — Ueber den Verlauf der Phosphorsaire-ausscheidung beim Menschen. — Inaug. dissert. Greifswald 1897. (7) W. Camerer —- Harnsaire, Xanthinbasen, und Phosphorsaire im menschlichen Urin. — Zeitschrift fur Biologie, Vol. 33, pag. 134-155. — 160 — di 250 gr. di grasso di porco, 125 di zucchero, 375 di amido e 40 gr. di kirsch, una eli- minazione rispettiva di 0,35 -— 0,47 — 0,62 — 0,57 — 0,52. Il che dimostra gli effetti dell’alimentazione. Nel digiuno è noto che il fosforo proviene dalle sostanze organiche fosforate, lecitine e nucleine, e anche altri corpi di non ben determinata importanza quali ad esempio la jecorina del Drechsel trovata dal Baldi oltrechè nel fegato, anche nella milza, nei muscoli, nel cervello, nel sangue. E nell’importantissimo rapporto che il Zuelzer studiò fra P e Nsi sa che avvengono variazioni per condizioni diverse, sopratutto l’inanizione che, primo il Forster, affermò produrre un maggior consumo di P che non di Az, sebbene come è noto dalle esperienze del Chossat confermate dal Voit ed altri il sistema nervoso diminuisca pochissimo di peso nella inanizione. Immanuel Munk vide nel digiunatore Cetti, e il Luciani (1) nel Succi un note- vole aumento della eliminazione del fosforo in confronto a quella dell’azoto e mentre il Munk attribuiva questo fatto ad una maggior partecipazione del tessuto osseo al ricambio materiale, il Luciani trova in questo fenomeno un caso speciale del fatto osservato: che il risparmio di sostanze azotate dà consumo di fosforate e il consumo invece di quelle dà risparmio di queste. Oltre all’alimentazione sono molto varie le condizioni che possono dare aumento di eliminazione di acido fosforico per le urine. Le prime osservazioni si sono portate naturalmente sullo studio di casi nei quali vi fosse maggior lavoro di tessuti ricchi di fosforo. Così si è creduto di dover trovare un più grande consumo di fosforo nel lavoro mentale. Ma invece il Mairet (2) trovò un aumento di fosfati terrosi nelle urine solamente dopo un forte lavoro mentale con nutrizione scarsa, deficiente, mentre tanto nel digiuno, come con alimentazione vegetale o mista, il lavoro mentale dimostrò di produrre piuttosto diminuzione di fosfati alcalini e ciò per diminuito ricambio generale. E precisamente nel digiuno si ebbe diminuzione da 1,13 a 0,99 mentre l’azoto dimi- nuiva da 12,13 a 10,71, nel vitto vegetale l'anidride fosforica da 1,16 scendeva a 1,10 e l’azoto totale da 10,82 a 8,45, nel vitto misto la P°O? scemava da 1,65 a 1,53 per 7 ore di lavoro e a 1,27 per 10 ore e rispettivamente l’azoto diminuiva da 24,54 a 22 e a 21,08. Anche il Luciani nel suo lavoro sul digiuno cita osservazioni fatte eseguire sopra sè stesso in giorni di lezione o di riposo raccogliendo le urine due ore dopo la lezione © nel tempo corrispondente e dopo eguali pasti nella giornata di riposo. E i suoi risultati collimano coi precedenti in quanto non si verificò mai aumento di fosforo per tale lavoro mentale. (1) L. Luciani — Fisiologia del digiuno. — Firenze: Le Monnier 1889, pag. 106. (2) A. Mairet — De l’influence du travail intellectuel sur l’élimination de l’acide phosphorique par les urines. — Compt. rend, de la Soc. de Biologie, 1884, pag. 282-285. — 161 — Invece il lavoro muscolare secondo 1’ Olzavszki (1) aumenta l'eliminazione del fo- sforo nell'uomo e nel cane. In questo furono eseguite le prove dopo aver fatte le deter- minazioni dell’ P°O? per 10 giorni, mantenendosi equilibrio di peso nell’animale (di Kg. 5,250) con eliminazione di gr. 0,3175 di P°0* per giorno. Nell’ 11% giornata si fecero percorrere al cane 16 chilometri e si trovarono nell’ urina gr. 0,57 di P°0?, e il giorno dopo lasciato riposare l’animale si dosarono nell’ urina soli er. 0,28. Ciò dunque sta ad indicare non solo un maggior consumo di sostanza fosforata er. U, 1 Si durante il lavoro muscolare, ma anche un risparmio dopo che il maggior consumo è avvenuto. E più tardi insieme al Klug (2) lo stesso Olsavzky osservò che l'aggiunta di acido lattico al cibo (latte), dava un aumento del fosforo per le urine da gr. 0,703 a 1,056 con diminuzione poi nel giorno successivo. Questo fatto si trova in perfetto rapporto con l’altro già osservato, poichè è noto che il lavoro muscolare dà produzione notevole di acido lat- tico, che si riversa in circolo. Però i risultati di altri autori non corrispondono a quelli testè notati, tanto in riguardo al lavoro mentale come in rapporto al muscolare. Il Preysz (3) crede che le contraddizioni sieno dovute a condizioni diverse di ricerca. Così secondo il Preysz nelle ricerche di van Dann le 6 ore di lavoro mentale rappre- sentato da gioco agli scacchi erano disgiunte da qualunque più lieve lavoro fisico, mentre altri durante il lavoro mentale compivano qualche lavoro muscolare. Le prove di Engelmann, Lehmann, Zuelzer secondo lo stesso Preysz non sono riescite concordanti perchè il lavoro fisico compiuto era o troppo breve o troppo leg- gero o eseguito in ore diverse della giornata. Il Preysz ha compiuto sull'uomo la stessa prova dell’'Olzavszki sul cane e per un lavoro rappresentato da un percorso di 25 chilometri in 5 ore ha trovato che 1° elimina- zione dell'anidride fosforica saliva da una media di 2,78 (massimo 3 - minimo 2,56) a gr. 4,17. Un fatto interessante è stato notato dal Breisacher (4) sotto l’influenza del sonno. Divisa la giornata in tre parti eguali notte, mattina, pomeriggio, il Breisacher vide che durante l'osservazione di 10 giorni si aveva una eliminazione di gr. 7,977 di P°O? la notte, di 7,184 la mattina, di 8,903 il pomeriggio e rispettivamente l’ azoto fu di gr. 42,202 nella notte, 52,112 nella mattinata e 60,876 nel pomeriggio. Si ebbe adunque una eliminazione minore di fosforo per quanto lievissima durante il sonno, ma invece un aumento assai notevole dell’azoto, posto in relazione con la elimina- (1) Vietor Olzavski -- Der Einfluss der Muskelarbeit bei Hunden auf die Phosphorsaire Aus- scheidung. Orvosihetilap. - Budapest 1894, pag. 404. — Jahresberichte fùr lhierchemie, Vol. XXI, pag. 353. (2) Ferdinand Klug und Victor Olsavszky — Der Einfluss der Muskelarbeit auf die Phosphorsaire Ausscheidung. — Pfiùigers’s Archiv. Vol. LVII, pag. 465. (3) Preyz — Wie hat man auf die Ausscheidung der Phosphorsaùre bezugliche Versuche Angu- stellen? - Magyar orvosi Archivium 1891, pag. 50. — Jahresberichte fir 'lhierchemie XXI, pag. 352. (4) Leo Breisacher — Zur Physiologie des Schlafes. — Du Bois Reymond’s Archiv. 1891, pag. 321-324. — 162 — zione corrispondente. E nel sonno certamente il lavoro cerebrale e nervoso non può essere maggiore che nella veglia !! Le malattie nerrose hanno dato molte occasioni per simili ricerche e naturalmente più caratteristici dovevano presentarsi i risultati delle osservazioni in malati che presentassero stati depressivi o di eccitazione. Lo stesso Mairet (1) di cui abbiamo detto più sopra, ha cercato di riconoscere l’in- fiuenza di diverse malattie mentali sulla eliminazione che si fa per le urine ed ha trovato che nella mania aumentano azoto ed alcali e i fosfati terrosi, questi perdurano anche quando nello stadio della depressione gli altri due elementi sono diminuiti. Nella lipemania come nel lavoro mentale si ebbe aumento dei fosfati terrosi e diminuzione dell’azoto e degli al- cali. Quanto agli accessi epilettici, questi danno aumento per tutti tre i prodotti di elimi- nazione. Il Lailler (2) ha confermato questi risultati trovando nel delirio acuto e nella mania un aumento del fosforo e dell’urea, nella mania con eccitazione solo aumento nel fosforo, e questo anche negli accessi epilettici. Vanni e Pons (8) fin dal 1877 studiando lo stesso fatto avevano trovato che tanto nelle malattie cerebrali, come in quelle del midollo spinale e in nevrosi generali si aveva una diminuzione dell’eliminazione del fosforo per le urine, che secondo essi invece si sarebbe potuto attendere solamente in casi di isterismo per es. accompagnati da vomito o altri di- sturbi digestivi. Ma già nel 1872 il Mendel (4) che aveva trovato in media in persone sane il 3,22 di acido fosforico per 100 di residuo fisso delle urine, aveva visto nei dementi cronici e anche negli stati di eccitazione di maniaci, una diminuzione dell’acido fosforico, tanto as- soluta, che relativa al residuo delle urine. Solamente trovò aumento assoluto e relativo in alcuni malati dopo accessi epilettici ed apoplessia. Gilles de la Tourette e Cathelineau (5) i quali hanno trovato modificazioni del ricambio azotato solamente dopo accessi isterici, affermano che in questi casi si ha pure diminuzione dei fosfati dell’ urina oltre che dell’urea, mentre dopo accessi epilettici cresce il residuo fisso dell'urina e ciò fa variare il rapporto dell’ acido fosforico. Ferè ed Herbert (6) avrebbero invece trovati il fatto inverso. (1) A. Mairet — Recherches sur les modifications dans la nutrition du système nerveux produites par la manie, la iypèmanie et l’epilepsie, — Comptes rendus de la sociétè de Biologie 1884, pag. 328- 331 — 461-465. (2) A. Lailler — Sur l’élimination de l’acide phosphorique par l’ urine, dans l’ aliénation men- tale et l’épilepsie. — Comptes rendus de l’Acad. des Sciences, 'l'omo XCIX, pag. 572-573. (3) L. Vanni e T. Pons — Ricerca quantitativa dei fosfati dell’urina in vari processi morbosi. — Ann. di Chimica e Farmacologia, 1887, Vol. II, pag. 259. (4) Mendel — Die Phosphorsaùre im Harn Geistkrinker. — Berlin. klin. Wochenschrift. 1872. INERNZEI (5) Gilles de la Tourette et H. Cathelineau -— Comptes rendus de la Soc. de Biologie, Vol. XLI, pag. 533-537. (6) Ch. Ferè et L. Herbert — Sur l’inversion de la formule des Phosphates éliminées pendant l’apathie epileptique et le petit mal. — Comptes rendus de la Soc. de Biologie, Vol. XLIV, pag. 260-264. — 163 — In ogni modo il Giirtler (1) aveva già avvertito che nella paralisi. agitante e nel- l'ipnosi, che possono avere certamente quanto a disturbi cerebrali affinità con le lesioni sopra ricordate, le modificazioni del ricambio dovessero piuttosto riferirsi a differenze nel residuo totale delle urine per molte altre condizioni e non si dovesse parlare di modifica- zioni di ricambio cerebrale. Pfeiffer e Scholz (2) tuttavia trovarono nella paralisi agitante una vera fosfaturia verificata per confronto fatto con vecchi della stessa età e perdita anche totale nel bilancio fosforato, calcolato naturalmente anche con l’ eliminazione per le fecce. Un caso interessante ci è offerto da Folin e Shaffer (3), che in un pazzo con forma depressiva e periodi normali poterono dimostrare un aumento della quantità dei fosfati du- rante i periodi della forma morbosa di depressione e una diminuzione come compensatrice durante i periodi normali, mentre rimaneva costante la introduzione. Oltre a coteste influenze, le quali non stanno certamente a provare che il maggior la- voro cerebrale dia aumento dei fosfati nelle urine, abbiamo altre condizioni o morbose na- turali o artificiali che conducono a variazioni del fosforo eliminato. Un fatto importante pareva fosse emerso dalle esperienze di Curatulo e Tarulli (4), i quali avevano trovato che per la castrazione mentre l’azoto emesso restava costante di- minuiva di molte il fosforo così da scendere da 1,5 a 0,75 e rappresentare quindi una specie di risparmio dell’ organismo. Ma le prove di conferma istituite da Schultz e Falk (5) per escludere l’obbiezione che poteva farsi agli autori precedenti, i quali avevano trascusato l’esame delle fecce, hanno accertato che in cagne castrate non si osserva alcuna ritenzione di fosforo. Il Liithje (6) poi in quattro cani di cui due vennero castrati ritentò la prova e mentre nei testimoni trovò rispettivamente er. 115,10 e 99,42 di P*°05, da quelli castrati ebbe gr. 117,78 e 92,59 di anidride fosforica ; il che non depone per nessuna differenza apprezzabile. Le malattie acute danno certamente un notevole contributo per la modificazione dell’ eli- minazione del fosforo e lo Schwarz (7) ha visto nella polmonite un grande aumento di fosforo e diminuzione dei cloruri, che sarebbero trattenuti non nel sangue, ma bensì nei tessuti ove è avvenuto la distruzione dei materiali fosforati. (1) G. Girtler Ueber Verinderung in Stoffwechsel unter dem Einfluss der Hypnose und bei der Paralysis agitants. — Maly’s Jahresber. XII, pag. 446 i (2) Theodor Pfeiffer und Wilhem Scholz — Ueber den Stoffwechsel bei Paralysis agitans und in Senium iberhaupt. — Deutsches Arch. fùr Klin. Medicin. Vol. LXIII, pag. 368-422. (3) Otto Folin and Philip H. Shaffer — On phosphate metabolism. — American Journal of Physiology, VII, pag. 135-151. (4) G. E. Curatulo e L. Tarulli -- Einfluss der Abtragung der Eierstòcke auf den Stoffwechsel. — Centralblatt fir Physiologie, Vol. IX, pag. 149-152. (5) Fr. W. Schulz und O. Falk — Phosphorsaùre Ausscheidung nach Castration. — Jahresher. fir 'hierchemie, XXIX, pag. 704. (6) Dott. Hugo Lithje — Ueber die Kastration und ihre Folge. — Arch. fùr exp. Path. und Pharm. Vol. 50, pag. 268. (7) Emil Schwarz — Ueber den Phosphorstoffwechsel bei der Pneumonie. — Wiener Med. Blatter 1895 Maly’ I Iahresber, Vol. XXV, pag. 496. Nn. 49-50-51. Serie VI..— Tomo I. 21 — 164 — Hale White e Gowland Hopkins (1) hanno confermato il fatto notato già da Milroy e Malcolm (2), che cioè vi possa essere iperleucocitosi senza aumento di fosforo nelle urine anzi con diminuzione di questo. Secondo White e Gowland nella leucemia, che però dovrà essere scompagnata da leucolisi, si ha diminuzione di fosforo e di azoto e ciò è dovuto a risparmio necessario per la neoformazione dei leucociti. E d'altra parte il Bergell (3) afferma che nelle malattie ipoleucocitiche è il fosforo alimentare che viene mal utilizzato e di qui la sua scarsezza nella eliminazione. Dalle osservazioni di Achard Laubry e Thomas (4), apparirebbe che non esistesse alcun parallelismo fra 1’ eliminazione dei cloruri e dei fosfati nelle malattie acute e che anche l’ iniezione ipodermica di 3 gr. di glicerofosfato di soda produce la medesima elimi- nazione per le urine tanto nei sani, come nei malati. Per compire questo rapido cenno riassuntivo sulle cause dell’ eliminazione di fosforo per le urine dobbiamo indicare come vi siano sostanze che introdotte nell’ organismo anche per bocca producono un aumento cospicuo della eliminazione di fosforo e non solo in ragione del loro contenuto, come si è visto dalle esperienze dello Zuelzer, ma anche in proporzioni superiori alla stessa introduzione. Così Milroy e Malcolm hanno osservato che l ingestione di timo dà un aumento nella eliminazione di fosforo al di là del contenuto di fosforo della sostanza ingerita. Così anche l’ acido nucleinico, ma non |’ acido metafosforico. Un aumento del numero di leucociti potendo essere disgiunto da aumento di leucolisi può anche essere scompagnato da una maggiore eliminazione di fosfati per le urine, anzi accompagnarsi a diminuzione di questi. Ai casi illustrati nel 1896 gli stessi autori (5) ne hanno aggiunti altri due nel 1898, nei quali pure era evidente la diminuzione di fosfati. Sostanze atte a modificare la eliminazione del fosforo per le urine furono dallo Strii- bing (6) riconosciuti 1’ alcool e il cloroformio. L’alcool nel cane e nell’ uomo produsse da prima una diminuzione dei fosfati durante il periodo dell’ eccitamento e in quello della depressione diede un aumento. (1) W. Hale White and F. Gowland Hopkins — On the eseretion of Prosphorus and Nitrogen in Leukhaemia — Journal of Physiology 24 pag. 42-47. (2) I. H. Milroy and J. Malcolm — The Metabolism of the Nucleins under physiological and pathological conditions. — Journal of Physiologie 23, pag. 217-239. (3) P. Bergell — Die Bedeutung der Phosporsaiire im menschlichen und thierischen organismus — Maly’ s Jahresber, XXIX. Iaugural dissertation. Berlin, 1898 (4) Ch. Achard, Ch. Laubry et L. Thomas — Contribution à l’ étude des phosphates urinaires dans les maladies acutes — Bulletin et mémoires de la Societé Medicale des Hòpitaux de Paris 1902, pag. 441-448. (5) . H. Milroy and J. Malcolm — The metabolism of the nucleins. — Journal of physiology Vol. 25, pag. 105-130. (6) Strilbing — Ueber die Phosphorsaire im Urin unter dem Einfluss excitirenden und depri- mirenden Mittel. — Arch. fiir exper. Path. und Parmak. Vol. VI. pag. 266. — 165 — Il cloroformio durante lo stadio della narcosi diede un aumento notevolissimo, il bromuro di potassio non produsse niente di definito. Più importanti per le nostre ricerche sì presentano le osservazioni che riguardano |’ uso dell’ acido glicerofosforico e delle lecitine. Il primo, che, come è noto, fu scoperto dal Pélouze (1) nel 1845, rimase come lettera morta dal punto di vista terapeutico fino al 1894 in cui contemporaneamente, senza che l'uno sapesse dell’ altro, se ne occuparono il Pasqualis in Italia e con molto seguito il Robin in Francia. Il Pasqualis (2) fin dal 1893 pubblicava una prima memoria in cui richiamava importanza di questo composto e anche della lecitina e annunziava, che da prove da lui fatte risultava come il glicerofosfato di calcio in dosi giornaliere di 10 centig. per una settimana, non avesse dato nessun disturbo e così l’ acido fosfoglicerico libero fino alla dose di 5 gr. Invece il glicerofosfato di soda a 2 gr. aveva esercitato azione drastica. Nel 1894 poi lo stesso Pasqualis (3) studiava l° assorbimento e 1° eliminazione di questo composto, che somministrato ad un pollo in forma di glicerofosfato di calcio in dose di gr. 4 unito a farina di mais appariva nel sangue dopo 3 ore dalla introduzione e si eliminava per le urine in forma di acido fosforico. Il Robin (4) comunicava nel 1894 i risultati delle sue osservazioni terapeutiche sui glicerofosfati di calcio, sodio e potassio e delle ricerche sul ricambio materiale, ricerche che dimostrarono che era accelerato specialmente il ricambio azotato e poca influenza si esercitava però sulla produzione dell’ acido urico, riescendo così modificato il rapporto fra urea e acido urico. E interessantissime sono le conchiusioni di von Biilow (5), il quale ha dimostrato che l'acido fosfoglicerico, sia introdotto per bocca nel cane in forma di glicerofosfato di calcio in dose di 83 gr., sia come prodotto di distruzione dell’ organismo non passa nelle urine, ma viene distrutto e trasformato nell’ orzanismo e ne esce in forma di fosfati. E per quanto si riferisce all’ assimilazione di questi composti il Sansor (6) l ha dimo- strata in conigli in cui in seguito a somministrazione di glicerofosfato di calcio si ebbe aumento del peso corporeo, mentre il fosforo così aggiunto non si riscontrò nè nelle feci, né nelle urine. (1) Pélouze, citaz. di Pasqualis — Récherches sur la glycerine — Compt. rend. de | Acad. des sciences 1845, II. sem. pag. 718. (2) D. I. Pasqualis — Importanza dell’acido fosfoglicerico — Annali di Chimica e Farmacologia, tomo XVIII della serie IV, 1894, Vol. II, pag. 137. (3) G. Pasqualis — Sull’ assorbimento e 1’ eliminazione dell’ acido fosfoglicerico — Ricerca di esso nelle urine e nel sangue — Annali di Farmacologia e di Chimica 1894 pag. 145, vol. XX della serie 4.% (4) A. Robin. — Academie de Medécine 24 aprile 1894. (5) Von Bilow — Ueber Glycerinphosphorsiure Pfliger s Archiv. LVII, pag. so- 92: (6) André Sansor — Sur l’assimilation des glycerophosphates — Compt. rend. de la soc. de Biologie tomo XLVIII pag. 685-687. — 166 — Successivamente furono numerosissime le ricerche eseguite sull’ uomo e sugli animali sia per dimostrare l’ azione terapeutica dell’ acido glicerofosforico, sia per provare le modi- ficazioni che esso produceva nel ricambio materiale. Il Martinet (1) che riassume parecchie delle pubblicazioni più importanti in riguardo anche alla lecitina ed all’ acido fosforico giunge alla conchiusione che questi composti fosforati si fissano nell’ organismo, promuovono un’ azione eccitante cellulare. Sono note le belle ricerche del Danilewski sul maggiore sviluppo delle piante, de- gli embrioni, dei neonati sotto l’azione della lecitina. E gli studi hanno seguito in Francia e in Germania dimostrando che tanto alla lecitina quanto all’acido fosfoglicerico appar- tiene un ufficio interessantissimo di stimolazione bensì del ricambio azotato, ma con risparmio di fosforo. Le ricerche di Aly-Zaky e Desgrez sulle lecitine nelle cavie, quelle di Trillat e Adrian, e specialmente di Portes e Brunier sull’ uomo dimostrarono un aumento di eliminazione dell’ urea con diminuzione dell’ acidità delle urine, dell’ acido urico e del- l'acido fosforico. Ho notato già che nel mio Laboratorio furono eseguite esperienze dirette a verificare gli effetti delle iniezioni di lecitina e glicerofosfati e che queste sostanze nel fatto dimi- nuirono la quantità di fosforo eliminato per le urine. Le prove che ho richiamato e che riguardano quattro giovani robusti e sani e quel che più monta sottoposti alla cura antirabica solamente per ragione di studio, dimostrarono tutte un aumento più o meno forte dei fosfati nelle urine insieme ad un aumento più li- mitato dell’azoto totale. Ho detto ancora che poteva pensarsi ad una speciale azione della tossina rabica, sul ricambio nervoso da che le prove eseguite dai Dott. Majara e Fratta dimostrarono che la sostanza nervosa di coniglio normale e come suol dirsi nuovo, introdotta negli stessi modi e dosi di quella virulenta, non produsse alcuna modificazione nell’ eliminazione dell’ azoto e del fosforo. Ma le osservazioni che ho richiamato non incoraggiano molto simile ipotesi, che tut- tavia è pur possibile, e che invece potrebbe di leggeri accogliersi, se sì trattasse di per- sone affette da rabbia. La leucocitosi accompagnata a leucolisi abbiamo veduto essere costantemente seguita da eliminazione più o meno copiosa di fosfati per le urine, e una leucocitosi si sa avve- nire in tutti o quasi tutti i processi di immunizzazione attiva, specie poi deve intervenire in quello della cura antirabica. Sono in corso alcune osservazioni che ho affidate ad un altro mio colloboratore il signor Paltracca, osservazioni che hanno messo fuor di dubbio l’esistenza di una leuco- citosi più o meno copiosa. Ma come osservano Milroy e Malcolm bisogna anche che coesista una leucolisi e questa ancora non fu dimostrata, dai saggi eseguiti apparisce già visibile (2). (1) A. Martinet — La Presse medical 1901, N. 44. (2) Nel rivedere le bozze oggi 7 Luglio posso asserire che si è precisamente dimostrata una leuco- lisi sucessiva alla leucocitosi notata. — 167 — Intanto adunque la leucocitosi con successiva leucolisi che si produce durante la cura antirabica può benissimo essere richiamata come causa della fosfaturia osservata. D'altra parte il Majara e il Fratta hanno pure veduto che il glicerofosfato di soda e la lecitina introdotti sottocute diminuiscono l’eliminazione dei fosfati e poteva quindi porsi la questione se la fosfaturia da cura antirabica potesse venir trattenuta o impedita da una somministrazione opportuna di glicerofosfati o lecitina. Però le ricerche fatte fino ad ora riguardavano piuttosto l’azoto, e non comprendevano circa al fosforo uno stretto bilancio di entrata e uscita. Occorreva quindi innanzi tutto, se voleva rivolgersi 1° attenzione particolarmente al fosforo, determinare precisamente le quantità introdotte e 1° eliminazione non solo per le urine, ma anche per le fecce. i L’ opportunità di una ricerca esatta, come può essere solamente un’auto-esperienza, si presentò per la necessità in cui mi trovai di sottopormi alla cura antirabica per un ac- cidente occorsomi (1). Prima però di intraprendere la cura che feci con tutta regolarità e nei precisi modi che seguo nell’ Istituto antirabico per i casi ordinari, stabili una dieta che mantenesse al- l’ incirca la medesima introduzione giornaliera di fosforo e nelle prove fatte sul bilancio assicurasse un equilibrio almeno relativo, non un avanzo o un deficit notevole. Eseguii una serie di determinazioni su alcuni cibi più comodi a prepararsi e a dosarsi giornalmente e per la determinazione quantitativa ricorsi al metodo descritto dal Ne u- mann a cui ho accennato nel mio lavoro sulla Ferratina naturale e i nucleoproteidi del Fegato (2). L’orina era raccolta dalle 8 del mattino all'ora d’alzarmi di letto, dopo avere emesso il secreto raccolto nelle ore della notte e giungeva fino al momento corrispon- dente del giorno dopo. Le fecce furono emesse regolarmente due volte al giorno e cioè la mattina all’alzarmi di letto e la sera prima di coricarmi, evìdentemente non era pos- sibile confondere quelle di un giorno con le successive. Due volte che 1’ alvo non si vuotò spontaneamente al mattino ricorsi a un lieve e semplice enteroclisma freddo. ; Le sostanze liquide, orine o bevande, furono misurate con pipetta e analizzate in quantità non minore di cc. 10. Le sostanze molli cibi, o fecce, erano raccolte in un tubetto di vetro tarato a parete sottile, che veniva pesato dopo caricato del materiale da analiz- zare per l’ossidazione nella miscela acida. La sostanza solida, come il pane, era scelta in modo di aver materiale misto e cioè con mollica e crosta e le prove eseguite con campioni doppi dimostrarono che la scelta era esatta. Della carne feci due prove, l’ una con carne cruda e me ne servii per il computo del cibo preparato con cottura in tegame, e un’altra prova con carne lessata. Questa dai com- puti che ho fatto dopo bollitura per 4 ore perdeva il 48,4 %, del suo peso e con ciò di- minuiva fortemente il suo contenuto in fosfati e certo anche per altri sali, come è noto. Nelle ricerche fatte in proposito dal Bertram la carne fresca presa in quantità di gr. 1350 conteneva gr. 332 di materiale secco con gr. 15,37 di ceneri. Queste possedevano il 39,51% di P°0? e quindi 100 di carne fresca dovevano contenere gr. 0,4497 di P'O° e cioè circa il valore che trovai io pure con doppia determinazione. Il riso fu analizzato crudo, le patate lessate, (bollitura per un’ ora), le castagne arro- stite, il caffè in forma di infuso. (1) Fu una goccia di emulsione rabbica virulenta che mi schizzò nel sacco congiuntivale. Aggiungo che durante il periodo di esperienze avevo 41 anno, ero, come son tuttora, in ottima salute. (2) R. Accademia delle Scienze di Bologna. Sessione delli 10 Maggio 1903. Mio Questo era formato con 4 gr. di polvere di caffè per cc. 85 (una tazza) di acqua di- stillata fatta traversare una sola volta per la polvere stessa. Mentre nell’ infuso del Bertram che era fatto con 25 gr. di caffe per 300 di liquido si. trovarono gr. 0,0131 di P?0? ", nel mio trovai solamente gr. 0,0074 di P°0O? %,. Il rapporto secondo la dose del Bertram avrebbe dovuto essere nel mio caso per ce. 85 er. 7,08 di caffè e però il contenuto di P*0? fu relativamente maggiore nel mio infuso. L’ insalata venne usata solo per piccole quantità, era lattuga e benchè si sappia che molto variabile è il contenuto degli erbaggi in sostanze fisse le piccole razioni adoperate non permettono pensare a notevoli differenze. TABELLA I. Contenuto percentuale degli alimenti in fosforo (P*0°). Garne fresca) ‘ui NUtg Arial 0)5018 Garne Hessata eee a CORO RISO TCIUTOR E ROTTO Patate UMessate n, ROIO 1902 Panetdi foreste eee VOTO Burrone eee ODO Formaggio parmigiano... | 0,6154 Insalata, (lattuga) . . . .|0,0789 Castagne arrostite . . . .|0,1739 Vino rosso) sita Teti 005668 Infuso di caffe. . . . . .| 0,00786 Salsa acciughe e capperi . . | 0,0743 Sfocliate st ee oe de 202588 Possono servire come ulteriore prova del metodo di determinazione usato, i saggi ese- guiti oltre che col processo del Neumann anche con quello usuale, ma certamente esat- tissimo che consiste nello incineramento e dissoluzione acida, precipitazione con miscela ammonio magnesiaca, lavatura con soluzione ammoniacale e arroveniamento, infine pesata in forma di pirofosfato di magnesia. La determinazione eseguita con questo processo sulla carne fresca diede gr. 0,4956 di P*0° invece di 0,5018. Una soluzione titolata di fosfato tricalcico puro all’1 per mille do- veva contenere secondo il calcolo gr. 0,0020 di P per 10 c. c. Con la determinazione fatta col processo del Neumann sopra 10 c. c. di soluzione si ebbero gr. 0,005173 di P°0* corrispondente a gr. 0,0022 di P. Le esperienze che ho eseguito sono divise in 7 periodi. 1.° Periodo normale prima della cura antirabica. 2.° Periodo di cura antirabica. (Fase dei midolli non virulenti). 5.° Cura antirabica. (Fase dei midolli virulenti). 4.° Idem con somministrazione di glicerofosfato per bocca. gg 5.° Cura antirabica, midolli virulenti. 6 Cu) it ° Cura antirabica, midolli virulenti. Idem con iniezioni ipodermiche di glicerofosfato. Per maggiore brevità riunisco in tabelle i risultati delle singole ricerche per ognuno dei periodi studiati. TABELLA II. 1° PerIODO - Normale prima della cura antirabica. DATA ENTRATA USCITA AVANZO in P?05 Fecce Orine Totale 3 Dicembre 1903. . | 2,4014 | 0,6158 | 0,9324 | 1,5552 | + 0,8462 4 » » 2,5109 | 0,6078 | 1,5488 | 2,1566 | + 0,3543 5 S 3 2,6609 | 0,9063 | 1,5171 | 2,4234 | + 0,2375 6 » » 2,2211 1,0794 | 1,3329 | 2,4123 | —- 0,1912 Media ... | 2,4485 | 0,8023 | 1,3345 | 2,1368 | + 03117 TABELLA III. 2° PerIODO - Cura antirabica (Midolli non virulenti). DATA ENTRATA USCITA AVANZO ingzzon Feece Orine Totale 7 Dicembre 1903. . | 2,2903 | 1,0751 | 1,2050 | 2,2801 | -- 0,0102 8 » > 2,2998 | 0,6642 | 1,3468 | 2,0110 | + 0,2888 9 » » 2,2582 | 1,1713 | 1,484 | 2,6553 | — 0,3971 Media . .. | 2,2827 | 0,9702 | 1,3452 | 2,3154 | — 0,0327 TABELLA IV. 3° PERIODO - Cura antirabica (Midolli virulenti). DATA ENTRATA USCITA AVANZO in P?°05 Fecce Orine Totale 10 Dicembre 1903 . | 25134 | 1,4112*| 1,4465 | 2,8577:| — 03443 ll >» » 2,0520 | 0,6267 | 1,5685 | 2,1952 | — 0,1432 12 » » 2,0416 | 0,4818 | 1,4904 | 1,9722 | + 0,0694 13 » » 1,6843 | 08172 | 1,84 | 1,6572 | + 0,0271 14 » » 2,3820 | 0,7230 | 1,4413 | 2,1643 | + 0,2177 Media . .. | 2,1346 | 0,7119 | 1,4573 | 2,1693 | — 0,0346 * Nella notte si ebbero dolori colici forse da troppo copiosa intreduzione di patate e quindi notevole emissione di fecce con forte perdita di :P205, 16 17 18 ie) — 170 — TABELLA V. 4° PeRIODO - Midolli virulenti e 20 centig. di glicerofostato di Na per os. DATA ENTRATA USCITA VAI in P?05 Fecce Orine Totale 15 Dicembre 1903 . | 2,0260 | 1,0406 1,449 | 2,4896 | — 0,4686 » » 1,8921 | 0,5869 1,5862 | 2,1731 — 0,2810 » » 2,0599 | 0,6492 1,2992 | 1,9484 + 0,1015 » » 2,1271 | 0,64308 | 1,5221 | 2,16518| — 0,0381 » » 1,9158 | 1,1755 1,2187 | 2,9942 | — 0,4784 Media . .. | 2,0041 | 0,8190 1,4150 Reda — 0,2319 TABELLA VI. 5° PeRrIODO - Midolli virulenti e 6° PERIODO iniezione di 20 e 30 centig. di glicerofosfato di sodio io e T° PERIODO senza glicerofosfato. DATA ENTRATA USCITA AVANZO in P205 Fecce Orine Totale 20 Dic. 1903 - 5° Per. | 2,3387 | 0,5889 1,4858 | 2,0747 | + 0,2640 21 Dic. - 6° Per. glic. | 2,1674 | 0,3397 | 1,4301 1,7698 | + 0,3976 22» - » 2,3317 | 0,7898 | 1,5664 | 2,3562 | — 0,0245 DI > i » 2,4493 | 0,8450 | 1,2568 | 2,1018 | + 0,3480 Media - 6° Periodo | 2,3161 | 0,6581 | 1,4177 | 2,0759 | + 0,2403 24 Dic. - 7° Periodo. . | 2,2335 | 0,5788 | 1,3319 | 1,9107 | + 0,3228 CONDIZIONI JN=*normale tra Sen II - midolli non virulenti III - midolli virulenti , IV - idem oltre a glice- | rofosfato per bocca + 2,0041 V - idem senza glicero- fosfato VI - idem oltre a glice- rofosfato per iniez. VII - idem senza glice- MOLOSTAMO NI e e TABELLA VII. ENTRATA 2,4485 2,2827 <,° 2,1346 2,3387 USCITA Fecce Orine Totale 0,8023 1,3345 | 2,1368 0,9702 | 1,3452 | 2,3154 0,7119 | 1,4573 | 2,1693 0,8190 | 1,4150 | 2,23409 0,5889 | 1,4858 | 2,0747 0,6581 | 1,4177 | 2,0759 0,5788 | 1,3319 | 1,9107 Media riassuntiva dei risultati nei singoli periodi. AVANZO + + A+ 0,3117 0,0327 0,0346 0,2319 0,2640 0,2403 0,3228 — 71 — Le esperienze che abbiamo esposto nei loro risultati ci permettono di calcolare con somma algebrica i risultati giornalieri trovati, giacchè come si è veduto data una giornata di maggior perdita di fosforo si ha in quella successiva un vero e proprio risparmio. Ciò stabilito si vede che nel periodo normale prima della cura per gr. 2,4485 di P® 0° ne venivano emessi gr. 2,1368 con un avanzo di gr. 0,3117. Incominciata la cura antirabica si è proceduto naturalmente dai midolli non virulenti, che si iniettarono per 3 giorni mattina e sera, 1’ introduzione nel frattempo giunse a gr. 2,2827 e l’ emissione invece di discendere proporzionalmente salì alquanto e cioè fino a gr. 2,3154: sì ebbe quindi in via assoluta un deficit di gr. 0,0327 e relativamente una notevole perdita di fosforo. Nel successivo periodo di 5 giorni di iniezioni virulente fino al massimo la introduzione di P°0? scemò ancora, scemò tuttavia ancora la eliminazione, ma non in maniera propor- zionale cosicchè continuò anche in questo periodo la maggiore perdita di fosforo non però molto elevata e il deficit assoluto di er. 0,0346 cioè un po’ maggiore del precedente. Allora pur continuando la cura antirabica coi soliti midolli virulenti succedentisi a cicli si assunse col cibo una dose giornaliera di centigrammi 20 di glicerofosfato sodico. Le determinazioni dimostrano che si ebbe ogni giorno un deficit assoluto, fuori di uno in cui vi fu un avanzo di 10 centig. Si abbassò è vero l’ introduzione, ma fu uno spontaneo rifiuto dell’ organismo, che si manifestava con senso di sazietà per il pane che infatti fu introdotto in quantità giornaliera media di gr. 276 nel periodo normale, di 261 nel periodo di cura con materiale non virulento, di 215 nel periodo di virulenza, di 235 in quello con glicerofosfato per bocca — e crebbe di nuovo di poi tanto nei giorni di cura antirabica senza iniezioni di glicerofosfato, come durante queste. In un 5° periodo rappresentato dalla continuazione pura e semplice della cura antirabica con midolli virulenti crebbe l’ introduzione a 2,3387 e diminuì l’ eliminazione fino a 2,0747 sicchè si ebbe un avanzo di gr. 0,2640, avanzo che si mantenne nel periodo successivo di iniezioni ipodermiche di glicerofosfato prima a gr. 0,20 e il 3° giorno a gr. 0,30. In questo spazio di tempo la introduzione di fosforo fu la medesima e la medesima di prima si conservò pure l’ eliminazione. Infine gli esperimenti si chiusero con un ulteriore avanzo di fosforo, che potrebbe anche essere effetto successivo delle iniezioni praticate, perchè tale appunto suole manifestarsi nei suoi risultati la terapia fosfoglicerica. Nella tabella VII ho riunito le percentuali dell’ eliminazione per le fecce e per le urine in rapporto con l’ introduzione. Come si osserva nel II, III e IV periodo di prove si eliminò maggiore quantità di fosforo di quella che si fosse introdotta, come secondo Milroy e Malcolm produce il timo, ma il glicerofosfato diminuì la eliminazione per le fecce in modo evidente. Se si confrontano le eliminazioni di P*0? osservate nel mio caso con quelle dei giovani che mi hanno preceduto, si osserva evidente in me una perdita di gran lunga inferiore. Si osservi però che l’ introduzione di cibo del Dottor Majara era più elevata, più alta la quantità di azoto e con esso, sebbene non direttamente determinato, deve essere stato più notevole l’ introduzione di fosforo. Serie VI. — Tomo I. (a°] (2°) — 172 — Inoltre il predetto osservatore si è valso sempre del metodo dell’ uranio per la deter- minazione dell’ anidride fosforica, mentre io dopo numerosi saggi e prove eseguite vidi che differenze troppo forti esso produceva, superiori ai 15 a 20 centig. che il Neubauer (1) afferma. Di questo fatto sto occupandomi in altro studio, ma intanto è necessario che io avverta come nelle mie esperienze il metodo dell’uranio usato direttamente sull’urina avrebbe dimo- strato per l’anidride fosforica valori superiori al vero di 0,150 fino a 0,59 nella giornata. Eppure la massima parte degli studiosi di biologia, anche recentemente il Loewi nel 1900 nell’ Istituto farmacologico di Marburgo, si è valso e si vale di questo processo certamente comodissimo e che dà valori sicurissimi da prova a prova della stessa urina. TABELLA VIII PERIODI FECCE ORINE TOTALE I- normale. .... IZ 54 86 II - mid. non vir. . {{ 42 %/ 59 101 III - mid. virulenti | 33 9/y 68 101 IV - glie. peros..| 40 /, 70 110 V - mid. virulenti . | 25 %, 63 88 VI - glie. ipoderm. | 28 % 61 89 VII - mid. virulenti | 2590 59 84 Comunque sia, è notevole il fatto che nel Dott. Dalmastri si ebbe per la cura antirabica un aumento del fosforo delle urine da 1.69 fino a 2,06, nel Dott. Majara un aumento da 3,53 fino a 4,06, mentre in esso l° iniezione di glicerofosfati senza cura antira- bica diede una diminuzione fino a 2,99 e quella della lecitina fino a 2,91. Si noti la diffe- renza dell’età fra me e i miei allievi, i quali avevano 25 anni e si trovavano quindi nel momento più propizio per una grande elasticità nel ricambio materiale specialmente fosforato. Qual’ è il significato della fosfaturia da cura antirabica, quale la sua importanza? Non si può certamente negare a priori che la ipotesi più semplice di una azione diretta delle tossine rabbiche non sia la più ovvia, dati poi i risultati ottenuti da Majara e Fratta con l’ iniezione di sostanza nervosa normale e se tale interpretazione fosse 1° unica, dovrebbe certamente pensarsi che la cura antirabica in qualche caso di speciale debolezza del ricambio nel sistema nervoso potesse portare dei danni. Ma è notevole però che anche il materiale non virulento introdotto in copia come sull’ inizio della cura, dà perdita di fosfati, e ad esso è riserbato precisamente di preparare il lavoro di immunizzazione. Io ricordo un caso di un vecchio signore, colpito altre volte da fatti congestivi cere- (1) Neubauer und Vogel — Anleitung zur qualitative und quantitative Analyse des Harns — Wiesbaden 1890 pag. 450. — ei brali e da tempo in preda ad ateromasia diffusa cerebrale, in cui ad un certo periodo della cura si ebbero fenomeni di emiplegia e di paraplegia incompleta, che andò lentamente a guarigione. In quello forse non si trattava che di un nuovo attacco simile ai precedenti, ma il dubbio era sempre lecito. In un altro caso recentissimo, un giovane che aveva sofferto di grave peritonite e pleurite, forse di una polisierosite reumatica, presentò segni generali di debolezza mentre era già molto innanzi nella cura, circa in 15% giornata. Questa volta ricorsi subito alla ricerca dell’ acido fosforico nelle urine e sebbene scarsissima fosse 1° urina emessa, cioè appena 650 in una giornata, si trovò bensì una percentuale un po’ alta di P°O?, ma essa era anche inferiore a 1 gr. e quindi relativamente alle 24 ore piccolissima. Dunque disturbi da far credere a danneggiato ricambio del sistema nervoso si possono avere senza fosfaturia e però l'aumento del fosforo per la cura antirabica non può muo- vere veramente da lesioni del sistema nervoso, le quali del resto non aumentano sempre l'eliminazione del fosforo. D'altra parte la partecipazione dei globuli bianchi e la successiva leucolisi, la parte- cipazione di molto più protoplasma e di molti più nuclei che non sieno quelli dell’ asse cerebro spinale deve aver luogo durante un processo di immunizzazione attiva qual’ è quello usato contro l’ idrofobia mediante il metodo del Pasteur. Le iniezioni di glicerofosfato dimostrarono di poter compensare a questo sbilancio, è vero, ma dobbiamo noi ritenere sufficiente questo fatto per risalire senz altro ad una lesione del ricambio nervoso? La lecitina e i glicerofosfati giovano allo sviluppo complessivo dell’organismo più che a quello parziale del sistema nervoso e se è nelle malattie di questo o almeno in certe malattie del sistema nervoso che noi applichiamo questi medi- camenti e se questi mostrano di giovare, ciò non vuol dire per nulla che essi vadano direttamente a riparare delle perdite che il sistema nervoso abbia subito! Sono medicamenti questi opportunissimi anche in forme acute di leucocitosi e leucolisi quali appunto possono essere quelle da processi di immunizzazione in corso e il vantaggio quindi dei glicerofosfati si fa sentire direttamente per la somministrazioni rapide di ele- menti di vita fuggevole quali non sono certo i nervosi, cellule o fibre che sieno. In complesso dunque le mie osservazioni dimostrano: 1.° E confermato l'aumento di fosforo nelle urine in seguito alla cura antirabica, ma esso è uguale tanto nel periodo di introduzione di materiale non virulento come in quello successivo di iniezioni virulente e talora può anche essere lieve. 2.° Nel materiale iniettato virulento o no esistono sostanze che mentre non hanno nessuna azione tossica eccitano però una leucocitosi e una successiva o contemporanea leu- colisi, quale è ammissibile in un processo lungo di immunizzazione attiva con vaccini pro- venienti da virus attenuati. ; A queste sostanze e a questa leucolisi è da attribuirsi la fosfaturia più o meno co- — 174 — spicua che si nota nella cura antirabica, fosfaturia che spesso ha anche origine alimentare in ragione dell’accelerarsi del ricambio, del regolarsi delle funzioni intestinali e quindi dell’aumento dell’appetito e dalla maggiore introduzione di cibo. 3.° Somministrazioni di glicerofosfati per bocca non valgono per nulla a trattenere la fosfaturia della cura antirabica, ma le introduzioni di questi medicamenti per via ipo- dermica raggiungono facilmente e durevolmente lo scopo, anche quando il glicerofosfato sia sciolto nell’emulsione stessa dei midolli attenuati col metodo del Pasteur. 17 Aprile 1904 —Mbr= APPENDICE Diario degli alimenti e rispettivi contenuti di anidride fosforica. RE OSO gr. 170 P°0° gr. 0,0133 CALMA DINZ00 ee 110036, pane DI RIO 000 O 3 RISO > 0 OO Dicembre apurroiet e I 880 70)0210 1903 formaggio... >» 2005...» 0,1230 castagneti 827.0 © 0)0556 Insane Re 0 0:0236 VANNO): 0 00 dì PIO 0 ER 013907 Votale gr. 2,4014 A GM e 000 gr. 170 P°0° gr. 0,0133 CID CREME » 200... >» 1,0036 DAD® 5 0 Go RZ00 AR» 05751 3h tico > IO, 08 re INUIARO Ls olo 0.0 DIA 02 formaggio . . » 26.... » 0,1600 Castana VI dee e 0 072 IV. MOMgE i SI 00 Re 03967 'l'otale gr. 2,5109 CLELIA gr. 170 P°0? gr. 0,0133 (CULO CNF >» 200.... » 1,0036 DEMO o a dc DIM 62 0023 E riso > 2.0 » 0,2628 Dicembre ( INMORO do ooo >» ZU » 0,0282 1903 formaggio . . » 26. » 0,1600 patate... > 180 » 0,2472 castagne . .. » 27 » 0,0469 VINO Rn » 700 . » 0,3967 ‘Totale gr . 2,6609 6 Dicembre 1903 7 Dicembre ( 1903 8 Dicembre 1903 CA gr. CRAM® dodo » Ppanetrtee a » LISOREARE » INTRO 5 os dt » formaggio . . » ENEA o 600 castagne . .. » VINO » SASA » CUCITO gr. 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CONGO 1908 | burro. .... 3 00 » 40.... » 0,0256 Tormaggio RE EE 02523 formaggio .. » 37... » 02276 castagne ..... » 88... >» 0,0573 castagne. ... » ‘86/..- 70/0626 (VINO nt. 00 0067 VINOSES ICE » 700... 1» 1039607 Totale gr. 2,2582 'l'otale gr. 1,6843 CAltcomra gr. 170 P°O? gr. 0,0133 GEO oo ss gr. 85 P°O? gr. 0,0066 carne. ut > 00 RARE 05018 CALNC ANTON » . 150... «her IO 7527 PENE > 239... i (04581 pane. 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Na» 020 .. » 00412 l'otale gr. 12,3987 'V'otale gr. 2,1271 21 Dicembre 1903 | 22 Dicembre 19083 | 23 Dicembre 1903 | 24 Dicembre 1903 Quantità [205 Quantità P?205 Quantità P?05 Quantità P?05 Calese oa. 170 0,0133 170 0,0138 170 0,0133 170 0,0133 CaEneRsitone 80 0,4014 60 0,3010 100 0,5018 80 0,4014 Carne lessata . —— —— 23 0,0663 Rane re 256 0,4907 271 0,5195 287 0,5501 291 0,5578 Patate. ut 90 0,1711 160 0,3043 150 0,2853 150 0,2858 RISO ne 90 0,1971 90 0,1971 90 0,1971 100 0,2190 EB ULORA 65 0,0417 61 0,0301 50 0,0320 55 0,0352 Formaggio 36 0,2215 54 0,3322 22 0,1353 92 0,1969 Castagne. . . .. 37 0,0643 37 0,0643 32 0,0556 4l 0,0712 Sfogliate. . . . . = == = —— 51 0,1317 | —— == Vino Sl 750 0,4250 800 0,4534 900 0,5101 800 0,4534 SBISARERE II — — — 8 0,0059 —_— —— Glicerofosfato Na 0,20 0,0412 0,20 0,0412 0,30 0,0619 —-- —- Totali . ... | 2;1261 2,3317 2,4493 2,2935 [NT Pol DLL 2A N | bel fi ME ii SAREI “4,0 MFP.) STRA) nie CIRUOR TOR, FINZI i : Lao » Fis rdt Ihre (4) UP. bi Mi IR PAT ib ® 7 EST vai “a è uit man * SA ALII P È AMT Lt, LL) el dtt) ra a PAT À nie P mi t de "4 iau « n hi 6 b (MT sure un, 7 sia A î - «dee ini I ® (2 RI Fa 187 TATO f N (CR i iY LIU Wy | | 714 4 tp É i ta i ì VI DIATI Ma DTA ly # | LATTA! tt Ir | 4 I | | i ro Kar > i MUTI) ì ® lé MAI» P° b- x i nor Ì #i i» è i + (LAB aa È LI Ted4 la I PRINCIPI SCIENTIFICI PER LE WCRIBINE.A.VAPORE MEMORIA DEL Prof. JACOPO BENETTI (letta nella Sessione dell’S8 Maggio 1904) Prefazione. L'idea di valersi di ettlussi di vapore acqueo per produrre un moto rotatorio in varì modi, è vecchia quanto Erone di Alessandria (prima dell’ Era Cristiana) e Giovanni Branca, architetto del 17° secolo ecc. ecc. Ma è passato appena un mezzo secolo (dal 1853), dacchè l’ ingegnere francese Tour- naire spiegava molto chiaramente che il vapore acqueo poteva valere, come un getto d’acqua, per far agire una turbina a vapore. Però tante e così gravi erano le difficoltà dell’effettuazione veramente pratica di siffatta idea, che passarono più di altri trenta anni, prima che venissero progettate e costruite le prime buone turbine a vapore. Ne siamo debitori ai progressi moderni della metallurgia e dell’ arte della costruzione delle macchine, nonchè alle menti dell’ ingegnere inglese Carlo Algernon Parsons (fino dal 1885) e del dottore svedese Gustavo De Laval (fino dal 1889). Fu questo ultimo che si applicò a risolvere il difficilissimo problema nella maniera la più diretta e la più semplice, proponendosi di trasformare tutta | energia termica del va- pore acqueo in energia cinetica, e poscia trasformare questa in lavoro dinamico, come nelle cosidette #urbîne ad azione od a pressione. Perciò il Dottor De Laval non si peritò di costruire turbine (non grandi però) rotanti perfino a trenta mila giri al minuto primo, e le sue costruzioni fecero stupire il mondo tecnico. Invece il Parsons si applicò a ridurre le enormi velocità, facendo agire il ‘vapore in un grande numero di cascate, e per reazione, o meglio detto, per sovrapressione. D’allora in poi incessanti furono gli sforzi dei costruttori per progredire nella nuova via aperta per le motrici a vapore, ed oggidì altre turbine gareggiano con quelle di De Laval e di Parsons, e sono quelle di De Curtis, di Rateau Zaelly, ecc. ecc. Serie VI. — Tomo I. 23 4 — 80 — Sono applicate per fare agire direttamente macchine dinamo-elettriche, pompe centri- fughe, ventilatori e propulsori ad eliche per battelli a vapore. I brevetti si slanciano febbrilmente; scienziati e tecnici si sono messi all’ opera per sviscerare analiticamente ed esperimentalmente i nuovi fatti messi in luce dalle meravi- gliose turbine a vapore. In proposito sono assai rimarchevoli le pubblicazioni scientifiche recentissime di Le- wicki, Neilson, Rateau, Stodola ecc. ecc. Le nuove macchine dalla vicina Svizzera furono pure importate a Milano, ed anco in Italia alcuni pubblicisti distinti se ne occuparono con vivacità. Qua e là sorsero discussioni assai animate e furono lanciati dubbi, critiche ed affer- mazioni troppo affrettate e recise. Perciò mi parve valesse la pena fra noi di risalire alle prime fonti scientifiche dei nuovi fatti apparsi in questi ultimi anni, affine di assicurare che la scienza non ha nulla da opporre all'essenza delle nuove macchine, ma non può nemmeno ritenere tanto pros- simo il giorno, in cui dovremo mettere fra i ferravecchi le comuni motrici a vapore (vanto del secolo decimonono); e deve lasciare all’ esperienza i giudizi ulteriori. Si è questa dimostrazione che mi sono proposto di fare colla Memoria che ho l’onore di presentare all’ Accademia. Ciclo di Carnot per le motrici a vapore d’acqua saturo. Premettiamo alcune notazioni. Un chilogrammo di corpo motore acqueo contenga # parti di vapore saturo secco ed 1— x parti di acqua liquida, ambedue alla pressione di p chilogrammi per metro quadrato di superficie premuta ed alla corrispondente temperatura assoluta di T=273+# gradi di Celsius. Il volune specifico di un chilogrammo di vapore acqueo saturo secco alla pres- sione p sia s metri cubi, ed il volume specifico di un chilogrammo d’acqua liquido alla temperatura 7 sia 0. Ammettiamo che quest’ultimo volume non varîì sensibilmente, nè secondo la tem- peratura, nè secondo la pressione. Poniamo soOZU. Poniamo il volume del chilogrammo di miscuglio predetto oz=XRST(1— x) XU I. Nella massima parte delle applicazioni potremo anche porre OTTwWLU, oppure ZIA FIORA — 181 — Il calore necessario per elevare della temperatura d7 un chilogrammo d’acqua sia Ciop= Godi Go Secondo Regnault q=t-+0,00002 - #+ 0,0000003 - #8 quindi C=1+-0,00004 - # + 0,0000009 . £. Secondo Clausius in via media per la generalità delle applicazioni © = 1013 che sarebbe il valore esatto per # = 100°, mentre per #= 200° il valore esatto sa- rebbe c= 1,044. Poniamo fra dati limiti [7 Ti===0f0 Spiazzo e ricordandoci che finora dalla generalità degli scienziati è ammesso 1 i A=— calorie 424 l'equivalente termico d’un chilogrammetro, notiamo essere T =| dq ARIAS l'entropia (secondo Clausius), oppure il peso di calore (secondo Zeuner) di un chilogrammo d’acqua alla temperatura assoluta 7. Il calore totale necessario per elevare la temperatura di un chilogrammo d’acqua da 0° a #° e poscia trasformarlo in vapore saturo secco, sempre sotto la pressione costante di p chilogrammi, è secondo Regnault i = 606,5 + 0,305 -# ig GT PH Apr. Il calore necessario per vaporizzare un chilogrammo d’acqua alla temperatura # è n= PIAZZATI PIU = 607 — 0,708 - # calorie secondo una formula di Clausius fondata sulle esperienze classiche di Regnault. Il calore latente interno f può essere computato, secondo Zeuner, p=575,4 — 0,791 -4 calorie. — 182 — Così pure secondo Zeuner si può computare A-piru=s7r =: = 31,6 + 0,083 - £ formula empirica che può servire a calcolare direttamente «= s — 0. Ciò premesso imaginiamoci in condizioni permanenti col tempo il seguente sistema di serbatoi di energia, di macchine motrici ed operatrici, e di condutture che li col- leghino. Imaginiamoci un immenso generatore di vapore acqueo alla temperatura 7, im- merso in un immenso serbatoio di calore ad una temperatura infinitamente poco supe- riore alla 7. La produzione di un chilogrammo di vapore saturo secco assorbirà da tale ser- batoio il calore 7,. Supponiamo di estrarre dal generatore un chilogrammo di miscuglio composto di «x, parti in vapore saturo secco e di 1 — x, parti di acqua. Siffatta estrazione del generatore importerà un’ estrazione di «+, -r= @, calorie dal serbatorio predetto. Aspiriamo il miscuglio di ., parti di vapore saturo e di 1— x, parti d’ acqua, senza alcuna perdita d’energia, in un cilindro a vapore fornito di uno stantuffo ca- ricato dall’ altra parte con una contropressione unitaria immensamente poco inferiore alla p del generatore. Durante l’ aspirazione sì produrrà al di fuori un lavoro meccanico l 2a =pro=plr + o] = gel PE Finita l aspirazione e chiuso il relativo orificio d’ introduzione nel cilindro, suppo- niamo di lasciare espandere con immensa lentezza adiabaticamente il miscuglio, facendo che la contropressione unitaria sullo stantuffo a vapore sia di continuo immensamente poco inferiore alla pressione del miscuglio. Affine di studiare siffatta espansione richiamiamo la formola fondamentale evidente : calore comunicato = dQ=e-dt +d(x-p,),+A-p-dv. Siccome p.-de=d(p.-v — v-dp =d(p-we-u —x-u-dp così : dQ cedt + d(we-p\)+A-d(p.w-u) — A-w-u-dp =ce-dt + d(e-r) —A-e-u-dp. Ora una formula, la più importante della Termodinamica applicata ai vapori sa- turi, che è nota come formula di Clapeyron (1834), ci dice dp r Aes gip CbT89= Perciò VAI Ai A-%-U-dp = di . Quindi TR Len O — cdi + dar) — di=c- è d@Q cea d(x +7) 7° c-dt+ 7 a( ) = ode ma) T Td SAI = Y'c Ti IA c 3 T Nei casi di espansione o compressione adiabatica dQ = 0 quindi IGEA = Costante pair rafr+""|=0 ossia T+t Applicando tale formula all’ espansione adiabatica del miscuglio motore fra la tem- peratura iniziale 7, e la finale 7,, troviamo 1° equazione YOR STA ORION Gg Ae 7 IL 2 i adatta a determinare la parte proporzionale «#, di vapore saturo secco alla fine del- l’ espansione adiabatica. Il lavoro meccanico compiuto dal miscuglio durante tale espansione riesce deter- minato direttamente mediante l'integrazione dell’ equazione differenziale do=0=c-dt +d(x-p)+A-p-dv. Da questa si ricava A-p:do=—c-dt—d(x-p). Quindi = to to afpao=—fca- [aa 2] d It U] a 1 Je -de = ala Uh 3 dd o r.| . Vv] = Prima di proseguire il ciclo del miscuglio motore, accenniamo incidentalmente che in base alle esperienze di Regnault per legge dell’ espansione adiabatica (però fra i limiti più comuni nelle applicazioni di @, = 1 ed #@, = 0,7) Zeuner ha trovata con somma precisione la legge numerica a partire dallo stato iniziale «, piot= pool con go = 1,035 + 0,1-2,. — 184 — Da tale legge risulta il lavoro meccanico durante l’ espansione adiabatica mv 1 p ‘dv, fara p,-v (* bal .d@o= Tp ha IEEE ST . P da = Di p | dl P, u =. n) Avvertiamo esplicitamente che l’ espressione predetta Il = oppure meglio la corrispondente espressione differenziale ea U ci potrà essere utile in seguito come espressione dell’ incremento infinitesimo Il da + - p] dell’ energia potenziale interna in un punto qualungue dell’ espansione. Ed ora continuiamo lo studio del ciclo. Finita l'espansione adiabatica nel cilindro a vapore motore, facciamo ritornare in- dietro lo stantuffo respingendolo con una contropressione unitaria infinitamente poco superiore alla p,, e nell’ istesso tempo apriamo una larga comunicazione del cilindro con un immenso condensatore a superficie, che sia immerso in un immenso serbatoio termico mantenuto ad una temperatura infinitamente poco inferiore alla 7,. Il lavoro meccanico che dovrà effettuare lo stantuffo per respingere completamente il miscuglio nel condensatore risulta determinato da l PooV, = Da %3°U, + p,:0 = quel — Pil MP IO Dippoi lo stantuffo a vapore potrà ritornare in avanti affine di aspirare dal gene- ratore un nuovo chilogrammo di miscuglio di vapore e di liquido allo stato (p,, #}); per poscia lasciarlo espandere adiabaticamente fino allo stato (p,, #,), e quindi farlo scaricare nel condensatore, il tutto nelle condizioni identiche a quelle del primo chi- logrammo di vapore, e così via via. Il lavoro meccanico effettuato esternamente dallo stantuffo motore in causa del primo chilogrammo di miscuglio risulta determinato da Il 1 1 gel — pilone mali Sai ap Ti Ur p.J—r:0= l =-[0 rr + + (PT DIO Ma Quindi la precedente espressione di lavoro meccanico risulta 1 HAI, = C00 077) — T.(e—2.) sedh=<%||55 (©, —n,)0 0 Il chilogrammo di miscuglio allo stato (p,, #,) entrato nel condensatore passa allo stato (Ps, #3), e di là viene aspirato da una seconda macchina a vapore, però ope- ratrice invece che motrice. Durante il passaggio del chilogrammo di miscuglio dallo stato (p,, #,) allo stato (Ps, #3) il condensatore riceverà il calore (2,— #,)m. La parte proporzionale «#, di vapore saturo secco alla pressione p, risulterà deter- 3 minato dalle considerazioni susseguenti. Durante l'aspirazione predetta il chilogrammo di miscuglio produrrà il lavoro motore 1 IO arm p.]| +0. Compiuta l’ aspirazione e chiusa l’ ampia comunicazione del nuovo cilindro col con- densatore, il relativo nuovo stantuffo ritornerà indietro producendo con immensa len- tezza una compressione adiabatica fino a ridurre tutto il miscuglio ad un chilogrammo d’acqua liquida alla pressione p, ed alla temperatura corrispondente 77. Durante siffatta compressione lo stantuffo operatore produrrà sul miscuglio un la- voro meccanico complessivo determinato dall’ equazione generica 19 GIONA) Ò T+ — = Costante Tp colle condizioni iniziali e colle condizioni finali vigi=== TE = In TET, TET, Val Vo {PES n, xE= 0 a=a,=0. Perciò xy © 7 6 Tetto 4 Il, Il lavoro meccanico effettuato dallo stantuffo operatore snl miscuglio durante la predetta compressione adiabatica risulterà in valore assoluto 1 Il al side dr xp] = alt mina Pal 0 — 186 — Dippoi lo stantuffo operatore completerà la sua corsa di ritorno respingendo entro il generatore di vapore il chilogrammo d’acqua liquida alla pressione p, ed alla corri- spondente temperatura 7, quindi effettuando il lavoro meccanico PD, '0 - In seguito lo stantuffo operatore in discorso riprenderà la sua corsa in avanti affine di aspirare dal condensatore un nuovo chilogrammo di miscuglio nello stato (py, @3) per poscia comprimerlo adiabaticamente allo stato (p,, #, = 0) ed infine spingerlo nel generatore di vapore, e così via via, a tutte condizioni identiche alle suddette. Il lavoro meccanico complessivo prodotto dallo stantuffo operatore sul chilogrammo di miscuglio predetto risulterà quindi Il — "lrn pl: Chia all nie A urti iii l “sin —, te qs] Tp )01 Valendoci dell’equazione Vg È UR Tse === ] 2 qT ? é 2 atta alla determinazione di .,, l'equazione precedente risulta ] =— alTr, o aa 4] ala Ora possiamo concludere relativamente all’ ideato ciclo di un chilogrammo di mi- scuglio acqueo. Nel cilindro motore viene prodotto un lavoro esterno di chilogrammetri 1 pi) vi Ia r(— o) pa T(r, ea t.) Fed det (0—2)o ; Nel cilindro operatore viene consumato un lavoro meccanico di chilogrammetri Il yy lr seni in (iva TA sia (p, — Pa) O In complesso risulta prodotto all’ esterno un lavoro meccanico di chilogrammetri i «9 Pel = La (77) i page op ATTI Abbiamo visto che il condensatore riceve dal miscuglio la quantità di calore (=) = Q- Siccome IPO TA, CALA Cie È D, È Di inoltre ONOR mese 1 R) TE, così (Co o MO ne 1 ossia Co 385 TR Quindi il lavoro complessivo effettuato durante il ciclo dal miscuglio diviene IS Mir V= | )=7(0-®) l come doveva risultare in base alla Termodinamica. Le ultime equazioni sono precisamente quelle che corrispondono al ciclo di Car- not (1824) compreso fra due linee isofermiche e due linee adiabatiche, ciclo che la Termodinamica ci dimostra essere quello trasformante il calore in un massimo asso- luto di lavoro meccanico. Perciò già sappiamo che un qualsiasi corpo motore termico per dare ottimo ren- dimento deve agire fra due serbatoi di calore posti 1’ uno alla più elevata e 1° altro alla minima temperatura possibile. Ponendo 1 r = 607 — 0,708-4, D = DTA mo l — = 421 A l’espressione del lavoro massimo assoluto diviene SO =) e È a mass. L= {257368 — 300,2 4, | chilogrammetri. ID PIA Questa formula ci dà un'idea chiara dell’ importanza delle temperature t, e È, rispetto al massimo lavoro assoluto di un chilogrammo di vapore saturo secco. Serie VI. — Tomo I. 24 — ilss = Un cavallo-vapore per ogni ora di tempo è wi lavoro meccanico di 75 X 60 Xx 60 = 270000 chilogrammetri, che quindi richiederà al minimo assoluto il consumo di chilogrammi di vapore saturo secco 5 270000 min. DE= ; È [257368 — 300,2 . | . BE | Vol | 1 Ponendo to ==49758 5 corrispondente ad una pressione assoluta nel condensatore di p,= 0,1 chg. per centimetro quadrato, troviamo la seguente tabelletta assai istruttiva D, t, mass. L min. D in che.mi per cq. in gradi di Celsius m chilogrammetri in chg.mi 2 120,60 41763 6,465 4 144,00 50168 5,382 6 MISTO 54728 4,933 8 170,81 57776 4,673 10 180,31 60017 4,499 12 188,41 61760 4,372 14 195,53 63163 4,275 Invece ponendo p, = 1,0333 e quindi AE 100° per una motrice ideale senza condensatore, troviamo D, î, mass. ZL min. D 2 120,60 11046 24,443 4 144,00 22091 12,222 6 922 28223 9,567 8 170,81 32395 8,335 10 180,31 35515 7,602 2 188,41 37982 7,109 14 195,58 40004 6,749 Dalle tabellette precedenti risulta chiaramente che — 189 — 1° Le elevate p, e le basse p, sono più economiche, ma in confronto lo sono più le basse p, che le alte p, 2° Le p, elevate oltre un certo limite, sicuramente inferiore a 20 chg. per cq., non presentano alcun significante vantaggio teorico. Ciclo (di Rankine) ideale adottato per le motrici a vapore saturo. Il ciclo di Carnot finora studiato è il più perfetto, e quindi occorrerebbe che le motrici a vapore vi si avvicinassero quanto mai sia possibile. Ma per un grande numero di ragioni di costruzione si dovette sempre rinunziare a tutta la perfezione del ciclo di Carnot e si dovette attenersi essenzialmente ad un ciclo ideale più semplice, ma meno economico, che è noto come ciclo di Rankine, nel quale il cilindro operatore aspirante e comprimente acqua a vapore viene sostituito da un cilindro che aspira dal condensatore soltanto acqua liquida, adunque viene sostituito da una semplice pompa ad acqua, per l’ alimentazione della caldara. Perciò è superfluo riportare qui tutte le considerazioni fatte per il ciclo di Carnot, ed è sufficiente riportare le formule essenziali colle rispettive variazioni. Il lavoro meccanico prodotto sullo stantuffo motore sarà pure ora Il (Er \ = oca: ) ca 1.7, Tar) E.) eda [na (n r.)o ; Invece nelle circostanze attuali il lavoro prodotto dalla pompa sopra un chilogrammo d’acqua liquida aspirandolo dal condensatore e premendolo nella caldaia sarà AR Ap) . Conseguentemente il lavoro meccanico prodotto all’esterno durante il ciclo di un chilogrammo di miscuglio colla parte proporzionale 4, in vapore saturo secco risulterà MF Im \ RS da DE r(t—t)+4—% ; Il Tale lavoro è conseguito mediante la quantità di calore ‘A ine nel che deve essere fornita dal generatore. Perciò il relativo coefficiente di rendimento è 1 Ian Asi a DIS Lia rg t.) stila: xl = 1 i A (1 leto — 190 — Invece nel ciclo di Carnot il corrispondente coefficiente di rendimento è F] mM Sr T, Perciò la corrispondente perdita proporzionale di coefficiente di rendimento risulta espressa da T_T, mr) raf —t.) pote IR j ] *-EegCe uo EE ee Ri (ni De (= Te, iva 4a] ‘1h l Di tale perdita possiamo trovare un’ espressicne abbastanza approssimata per la massima parte delle applicazioni ponendo ] 2 Il 1 "c-dt c-dt Da c-di Il l (Cia eran TOA T TT sa, ig) 1° 0 STO 9 ba x Ciò posto la precedente perdita proporzionale diviene approssimativamente 1, allo “i IE Mediante alcuni esempi si potrebbe dimostrare che la perdita in questione, dovuta unicamente alla minore perfezione di ciclo percorso dal corpo motore, è sempre piut- tosto forte ed è maggiore per i miscugli più umidi e per le elevate pressioni d’° am- missione ; in via generale può essere valutata circa un 10 per cento. Il ciclo in pratica può però riuscire sensibilmente più economico, qualora I° acqua d’ alimentazione venga portata ad una temperatura ben superiore a quella dell’ am- biente, utilizzando per esempio il calore perduto dei gas combusti che riscaldano la caldaia. Abbiamo visto che nel ciclo ancora in questione | espressione del lavoro mecca- nico prodotto all’ esterno è 1 TI so i EZIO "(37 i — r.(t, -- ra) +4, — 4% chilogrammetri ove dq = Sa Siccome un carallo-capore-ora dà 270000 chilogrammetri, così 270000 — 191 — dà il numero di chiloerammi di vapore saturo secco necessari teoricamente per pro- durre un cavallo-vapore-ora nel ciclo di Rankine. L'ingegnere francese delle miniere A. Rateau pubblicò nel 1897 (Annales des Mines) la seguente formula numerica molto approssimata 6,95 — 0,92. log p, D=0,359 + - = lospi=M102p, Il professore tedesco Mollier nel 1898 semplificò tale formula riducendola alla seguente un po meno approssimata 6,S57-— 0,9. 108 p, log:p, — log.p, Di= In tali formule le p sono espresse in chilogrammi per centimetro quadrato, ma Te : WE : A=-—- in mosso di —-; la qual cosa però è di nessuna importanza. 425 ; 424 Scelta del ciclo teorico di riferimento dei cicli effettivi delle motrici a vapore saturo. Parecchi trattatisti prescelgono il ciclo di Rankine come quello ideale più vi- cino alle motrici effettive, e quindi riferendo allo stesso i cicli reali trovano migliori coefflcienti di rendimento, la qual cosa, a dir vero, può illudere qualcheduno. Ma il ciclo di Carnot è il solo perfetto valevole per qualsiasi corpo motore ter- mico e dà un’ espressione la più semplice possibile per il massimo assoluto lavoro che potrebbe produrre all’ esterno un chilogrammo di corpo motore, espressione che è in chilogrammetri 1 i Il IP I A) Q, mass as L= |@= = essendo i 8 AL A I I, ID In via di analogia, secondo Zeuner, l energia potenziale in chilogrammetri Q A fornita al corpo motore posto alla temperatura assoluta 7 può venire considerata co- me il prodotto del peso di calore (entropia) per l'altezza di temperatura assoluta T, dimodochè il peso di calore (0) AS e Aeon cadendo dall’ altezza di temperatura 7, alla 7, non potrebbe estrinsecare un lavoro ( RA I, At, * si precisamente come succede mediante il ciclo di Carnot. meccanico maggiore di Rispetto ai motori idraulici, se supponiamo di avere un immenso serbatoio forni- tore d’acqua (a velocità infinitamente piccola) colla superficie libera situata alla quota di H, metri sopra una superficie acquea libera la più bassa possibile entro il suolo (per esempio al livello dei mari); inoltre se abbiamo in un dato sito un altro im- menso serbatoio d’acqua di scarico colla superficie libera situata alla quota di 7, metri sopra la predetta profondissima superficie acquea libera; infine se supponiamo che dal primo serbatoio cada con immensa lentezza al secondo serbatoio un peso d’acqua P; il massimo assoluto lavoro meccanico che siffatta caduta potrebbe estrinsecare sarebbe espresso da P[A, a H,] precisamente come nel ciclo di Carnot. Per le ragioni premesse è consigliabile in via normale di prendere tale ciclo come quello a cui si dovrebbero riferire tutti i cicli effettivi delle motrici termiche. Ad ogni modo qualora in casi singoli si preferisse di prendere come ciclo di ri- ferimento quello di Rankine, od altro, sarà necessario farne avvertenza esplicita, affine d’evitare qualsiasi illusione. Invero in proposito qualche trattatista è incorso in errori; per esempio, indicando che il minimo numero di chilogrammi di vapore necessario per produrre un cavallo- vapore-ora è minore di quello risultante dal ciclo di Carnot:; e ciò perchè avrebbe tra- scurato di considerare la quantità di calore necessaria per il riscaldamento dell’ acqua. Se ad un corpo motore termico qualsiasi, posto alla temperatura assoluta 7, som- ministriamo una quantità infinitesima di calore 4@, ossia di energia meccanica potenziale dQ A egli è come se noi avessimo elevato alla temperatura assoluta 7 un peso di calore dQ ACER perchè moltiplicando tale peso di calore per l altezza di temperatura 7 noi conse- guiamo l’ energia potenziale somministrata. Sottoponendo un chilogrammo di corpo motore ad un ciclo immensamente lento di variazioni di stato, somministrando successivamente le quantità di calore d@, colle tem- 7 3 : (Agfl 1 FRPRO : perature assolute 7, noi conseguiamo nell’ integrale ea l’entropia del corpo motore allo stato finale considerato, che è una funzione della massima importanza per le con- siderazioni teoriche sulle macchine motrici termiche. Supponiamo di avere un chilogrammo d’acqua a zero gradi di Celsius, quindi alla temperatura assoluta 7, = 273° e di riscaldarla successivamente sotto la pres- sione p, fino alla temperatura assoluta 7, = 273°+-f del vapore saturo alla mede- sima pressione. Nell’ intervallo, 1° entropia dell’ acqua ad una temperatura intermedia 7, sarà espressa da Costruendo un diagramma colle entropie per ascisse e colle temperature assolute per ordinate, il riscaldamento dell’acqua da 7, a 7, ci darà una curva ripida leg- germente convessa verso all’ asse delle ordinate. Pervenuto il chilogrammo d’acqua alla temperatura 7,, supponiamo di contimiare a somministrare ad esso calore affine di vaporizzarne una parte proporzionale = @ alla pressione costante p,. L’ entropia crescerà in causa di 1 dQ Cer AES Ag Quando sarà divenuto 2 =1 sarà finita la vaporizzazione e 1° entropia sarà cresciuta di DI dQ (E ANT TI Fino a questo punto la continuazione del diagramma sarà data da una linea retta parallela all’ asse delle ascisse. Vaporizzato tutto il chilogrammo d’acqua, supponiamo di continuare a riscaldarlo ancora sotto pressione costante = p,. L’ entropia crescerà di aaa Y 4 ° dQ (ose - dt la i Ty ) JI 1 DI e la continuazione del diagramma sarà una curva ripida leggermente concava verso all’ asse delle ordinate. Prendendo in qualsiasi parte del diagramma finora tracciato un punto di ascissa __{_ dQ =[; SIL — 194 — e di ordinata = 7, abbassando due ordinate infinitamente vicine, conseguiremo un’area infinitamente piccola dQ dQ si TS, ‘ A-T 1 esprimente in chilogrammetri l’ energia potenziale infinitesima fornita al corpo mediante il riscaldamento. Perciò conducendo due ordinate qualsiansi a distanza finita, l area finita compresa fra le medesime, la linea del diagramma e l’asse delle ascisse esprimerà in chilo- grammetri tutta l’ energia potenziale fornita al corpo durante il passaggio dello stato iniziale allo stato finale considerato. Dippoi potremo tracciare un grande numero di altre linee a pressioni differenti. In ognuna di tali linee a pressione costante = p,, l’ordinata generica di un punto qualsiasi sarà la temperatura assoluta 7 e l ascissa generica sarà : 1° Per la linea curva del riscaldamento dell’ acqua 211 San 2° Per la linea retta della vaporizzazione | dl — == 404 - A - ILE ! sal Da questa potremo ricavare tanto la parte proporzionale «4 di vapore saturo, quanto il volume specifico di un chilogrammo di miscuglio Co QU, 30 - 3° Per la linea curva del surriscaldamento ,Y IN] | dQ [235 - dt ASTE dA SA ] DAI ; . Per ogni punto di tale linea potremo ricavare il volume specifico 7, di un chilo- grammo di vapore surriscaldato alla pressione p, ed alla temperatura assoluta 7, me- diante una delle formule finora proposte, per esempio mediante la più recente di Tumlirz, che è basata sulle esperienze di Battelli (1893) Pty = 3,4348 - 7, — 0,008402 - p, ove p, va espressa in millimetri di colonna di mercurio. Tale formula fu proposta anche per il volume specifico del vapore saturo, che — 195 — esprime pure bene, quanto le più comun formule di Zeuner ecc. proposte in base alle esperienze classiche di Regnault. Però qualche differenza sensibile si potrebbe avvertire nei pressi fra gli stati di vapore saturo e di vapore surriscaldato, ma le differenze non sono tali da impensie- rire in veruna guisa per le applicazioni. Ciò premesso potremo tracciare nella tavola dell’entropia finora descritta una se- conda famiglia di curve ad » costante, inoltre una terza famiglia a costante, ed infine una quarta famiglia a calore totale 4 costante. Questo è nel corpo del vapore saturo As=q+®-7, e nel campo del vapore surriscaldato A,=4I+",+0,48[7,— 7]. Una tavola dell’ entropia del vapore acqueo colle quattro famiglie di curve finora proposte può essere un aiuto prezioso per la risoluzione spedita di molti problemi nelle applicazioni, racchiudendo in breve spazio un grandissimo numero di risultati nume- rici messi a raffronto 1 uno coll’ altro con somma evidenza. Attualmente all’ estero si sta provvedendo per la pubblicazione di una tavola del- l’entropia del vapore acqueo perfezionata, tenendo conto di tutti i più recenti risul- tati dell’ esperienza. Espansione del miscuglio di vapore e di liquido entro un tubo orizzontale. Supponiamo di applicare all’ immenso generatore finora ideato un appropriato tubo addizionale orizzontale fisso, entro il quale per ogni minuto secondo, un miscuglio G chi- parti di vapore saturo e di 1—, parti di acqua liquida, alla pres- possa espandersi adiabatica- logrammi di , sione p, ed alla corrispondente temperatura assoluta 7, mente, con continuità e senza subire alcuna resistenza passiva od urto qualsiasi, fino a pervenire allo stato (2,, ps; 7). L’efflusso del miscuglio comincerà entro l’ immenso generatore nei pressi della bocca del tubo addizionale, e considerato in modo permanente succederà come getto imbuti- fornie, convergente dapprima e poscia divergente, ma sempre aderente alle pareti del tubo se venga ammessa una certa appropriata configurazione del tubo. In siffatto getto consideriamo una sezione d’entrata di area /, m.q., nella quale si possano valutare la pressione, la temperatura e la parte. proporzionale di vapore saturo secco come immensamente poco differenti dalle p,, dalla 7, e da 2, inoltre per la quale designiamo = w, la velocità (immensamente poco differente in valore e di- rezione da particella a particella) delle particelle del miscuglio G perpendioolarmente alla superficie 77 . Serie VI. — Tomo I. (4°) (3x] — 196 — Nell’ istesso getto, in moto permanente, consideriamo una sezione d’ uscita di area F, m. q., attraversata dal miscuglio G nelle condizioni corrispondenti alle predette PE 0 Ciò posto, ad ogni minuto secondo, la pressione p, all’ entrata produce entro il tubo il lavoro meccanico positivo Di dedi 10; mentre il peso G porta entro l’ energia cinetica G wi A 1 gm Pure ad ogni minuto secondo, la pressione p, all’ uscita consuma il lavoro mecca- nico negativo =IASIS Po ICI mentre il peso G porta fuori l’ energia cinetica Ce Ad ogni istante, entro il tubo un elemento materiale infinitesimo di peso x sì espande estrinsecando un lavoro meccanico T-p-dv ma nell’istesso tempo passa a prendere il posto di un successivo eguale elemento ma- teriale, mentrechè un precedente eguale elemento materiale prende il suo posto, dimo- dochè alla fine dell’ istante nel punto considerato assolutamente tutte le condizioni ri- tornano ad essere quelle al principio. Integrando tutti i lavori meccanici T-p.dv. in tutti i punti del getto compresi fra le superfici 7, ed Y,, poscia facendo una se- conda integrazione per tutti gli istanti infinitesimi compresi in un minuto secondo, egli è come se durante un minuto secondo un peso & di miscuglio si espandesse fra le condizioni p,; ©, € Ps; 7; Quindi estrinsecando un lavoro meccanico positivo "ro 2 ° p2 © po == a| | d(p-®) — Î 0-4] = ar: GUN o c | v-dp . CARO 201 Pi 26 BI Siccome in qualunque punto ed in qualunque istante infinitesimo, nelle regolarissime condizioni assolutamente permanenti ed adiabatiche finora supposte, |’ energia mecca- nica entro il getto resta invariabile, così deve essere e Gu i [de È G wi TORA boiata È + G[p,-c, — pc] —G vl Area ei ni bo sia v Pi Li Re Ma DOSE TO CA, VISI AC ì Il ] 2 2 à Que — 197 — Quindi l’ equazione precedente diviene, dopo semplicissime riduzioni, Donde e per w=0 Tale risultato dedotto da considerazioni puramente meccaniche, oggidì può per- mettere qualche dubbio. Perciò occorre riprendere la questione per trattarla anche termodinamicamente. Il peso G di miscuglio di , parti di vapore saturo e di 1— x, di acqua porta entro il tubo orizzontale |’ energia termica interna espressa in chilogrammetri 1 a cla+zep] inoltre |’ energia cinetica La pressione unitaria p, all’ entrata produce entro il tubo ad ogni minuto secondo il lavoro meccanico piPrw pi G-0,- Il medesimo peso & asporta dal tubo l’ energia termica interna inoltre l’ energia cinetica La contropressione unitaria p, all’ uscita del tubo consuma il lavoro meccanico Pr E,-w,=p,G:v,. Siccome durante l’ efflusso permanente non ha luogo alcuna trasmissione di calore attraverso le pareti del tubo, e così pure abbiamo supposto che non succeda alcuna azione discordante di resistenze passive o di urti, così in ogni punto materiale del getto e ad ogni istante non ha luogo alcuna variazione di energia, e quindi la somma algebrica delle predette energie introdotte dal di fuori od asportate verso 1’ esterno — Nea — deve essere nulla. Perciò deve essere Io G wî : 1 Gu x data pl+ n a tao elata pa] — 3 > — p,:-G-v,=0 De vale a dire 9 2 d0j (65; Il 2g zi ne i Siccome il peso G di miscuglio espandendosi dallo stato (#,, ?,; ©) allo stato (%,, Ps) ©3) effettua un lavoro meccanico esterno espresso da Ra p.dv «/ 2) e lo fa a spese del suo calore interno, perchè non ne riceve d’altra parte, così si deve pure avere nta i toa iis Pi IT ds Pol e Dv) Perciò l’ equazione precedente diviene wi wi piso 1 0 DI elcse pad + DV Pa Vo = è =-£É|—-Ta = T)t 4 SPO LU 7 (arto | +2] e quindi nell’ ipotesi, che al principio del getto entro l’ immenso generatore di vapore sia w=0 WS T_T, 7 O pz GT LEGGE <= Si 1 che è assolutamente l’ istessa espressione conseguita per il lavoro motore prodotto da un chilogrammo di miscuglio di x, parti di vapore e di 1— x, parti di acqua, entro — 200 — la macchina motrice ideata in principio per il ciclo di Carnot, nella quale il mi- scuglio si espande completamente fino allo stato finale (#,, p,)- L'energia cinetica wi 29 del chilogrammo di miscuglio allo stato (w,, p,) può venire raccolta sopra una turbina a vapore, a semplice pressione, posta nelle seguenti condizioni ideali. Supponiamo sia v la velocità periferica media delle palette di dimensioni picco- lissime in tutti i sensi, come è notorio risultare nel fatto. Dirigiamo la velocità w, del getto predetto nell’ istessa direzione della « e sotto un angolo d’ incidenza a, im- mensamente piccolo. Facciamo gli angoli 8, dei primi elementi delle palette colla periferia in moto più grandi di ,, e tali da essere determinati dal parallelogrammo delle velocità asso- lute e relativa (c) all’ entrata dei canaletti, dimodochè siano soddisfatte le relazioni 2 DI 2 c=W, + —2W,-U-C090, e Sena, w seng, Ammettiamo di potere fare con grande approssimazione C=%U. Per tale modo le relazioni predette diventano UZUW+U — 20,080, quindi w= 2.084, CA u Ma: Il __ Send, w 2u-cosa, 2cosa, sen, Perciò sen A = 2 sena,- cosa, = sen2a, e quindi d3 Rae Supponiamo che i canaletti non presentino alcuna resistenza passiva al movimento del getto entro di essi, essendo già sottinteso che tanto entro che fuori siavi l’istessa pressione p, dell’ immenso condensatore. In tale ipotesi la velocità relativa c non muterà in grandezza entro ai canaletti. Però la c muterà di direzione, se le palette saranno molto panciute ed avranno gli ultimi elementi all’ uscita rivolti in senso contrario della velocità periferica , facendo colla medesima un angolo ottuso 8, immensamente poco discosto da due angoli retti. Le ultime grandezze determineranno il parallelogrammo delle velocità all’ uscita dei canaletti. Designando con w, la velocità assoluta delle particelle fluide uscenti e formanti l’angolo a, (assai approssimativamente =90 gradi) colla velocità periferica v, avremo 3 a le nuove relazioni wi=%W+c°+2u-c-cost, = 20]1+ cos$,|] e sen a, DREI. Siccome 8, è supposto immensamente poco minore di due retti, (e quindi cos @ 4 pres- sochè =— 1), così risulterà x, immensamente piccola. Al limite potremo supporre 2, = 0, e quindi ci risulterà l’ energia cinetica trasformata tutta in lavoro motore sulla turbina a vapore. Adunque una tale macchina motrice può perfettamente sostituire una macchina a vapore con stantuffo nel ciclo ideale di Carnot. Perciò non havvi alcuna ragione teorica fondamentale per negare alle turbine a vapore l’istesso rendimento delle motrici a vapore con stantuffo. Ma ritorniamo sullo studio dell’ efflusso con espansione adiabatica nell’ appropriato tubo addizionale applicato all’ immenso generatore di vapore. Ammessa la velocità iniziale w%,= 0, trovammo la formula generale per esprimere la velocità 0, alla fine dell’ espansione adiabatica del chilogrammo di miscuglio omogeneo 105 = Po 1 — TT —— (ò) “A da DI Î Ji IT I Pi Quest’ espressione, affine di potere essere integrata, richiede la conoscenza di una re- lazione fra © e p. La legge numerica generale più adatta per tale relazione, in qualsiasi genere di espansione, è quella data da Rankine. P ° == P, oo Da questa legge si ricava 1 del Oi 1 "Di e, n p Vv _ le VO a P2 1 (egegi Ode PT SAUDI Pi VE Jo), 3 l 1 DIL DELE) ARA v È Po POI = A 0 lupa IA ra CO i ei Pi Visa i (ho 1 v Perciò — 202 — Siffatta espressione per la velocità d’ efflusso dei fluidi fu data per la prima volta da de Saint-Venant e Wantzel nel 1839, quindi prima che nel 184% I. R. Ma- yer ponesse le prime basi della termodinamica. Siccome sappiamo che (Grove 1000 così dopo alcune riduzioni troviamo = RESA) ()5] che è un'altra formula la cui forma fu pure data da de Saint-Venant e Wantzel. Avvertiamo però che questi autori considerarono soltanto gli efflussi attraverso orifici in pareti sottili od in pareti grosse, ma non quelli, finora considerati da noi attraverso tubi di conformazione specialmente appropriata. Prima di proseguire negli studî analitici rammentiamo le ipotesi che facemmo per cominciarli : 1° Efflusso regolarissimo senza alcun moto discordante delle particelle materiali, le quali quindi devono seguire cammini (filetti)curvilinei dolcissimi a partire dal ge- neratore di vapore fino all’ esterno, variando pure assai dolcemente le loro velocità dalla w =0 alla finale 2w,. 2° Vene di filetti a sezioni rotonde piuttosto ristrette, in modo da potere am- mettere con somma approssimazione in qualsiasi sezione l’ istessa pressione p per tutti i punti e così pure l’istessa velocità 7. perpendicolare alla sezione. 3° Pressioni p dappertutto positive rispetto alla periferia della vena, in ma- niera che questa non si distacchi mai in alcuna sezione dalla parete del tubo d’ efflusso. 4° Espansione della vena perfettamente adiabatica e non così rapida da non lasciare tempo al vapore saturo di condensarsi nel passaggio dallo stato iniziale (p,; %,) allo stato finale (p,, ws). Condizioni tutte assolutamente indipendenti dal tempo, vale a dire permanenti. Ammesse tutte le ipotesi precedenti (che l’esperienza dimostra non essere impos- bili a venire realizzate con sufficiente approssimazione), non possiamo avere assoluta- mente alcuna ragione scientifica per negare la verità delle formule fondamentali fi- nora poste. La formula generale Lo? wi Tm i[ se == +2 — | T,) + Ap, — po =0 2g 2g l 2 Ts Di 2 che per 2, =0 e per (p, — p,)0 trascurabile nella massima parte delle applicazioni pratiche, può venire scritta semplicemente wi i, daga “| re To) == RR e può servire a determinare la w, per qualsiasi pressione p, e corrispondente tempe- ratura assoluta 7, del vapore saturo. Per tali pressioni p, e temperature 7, abbiamo ancora l’ equazione atta a determinare la parte proporzionale «, di vapore saturo esistente nel chilogram- mo di miscuglio, e quindi atta a determinare il volume specifico Do, — GU +0. Essendo G il peso del miscuglio che attraversa in moto permanente per ogni mi- nuto secondo la sezione generica d’ area /, colla velocità 2,, abbiamo ancora l’ equazione Goroy=PF,-w, atta a determinare la sezione F,. Per tal modo postaci una qualsiasi pressione jp conseguiamo le corrispondenti grandezze Co Wa Ve 9 GOTI, E 9° Affine di agevolare tutti i calcoli accennati occorrono tabelle o diagrammi entropici. Le pressioni vanno gradatamente decrescendo dal valore p, entro l’ immenso gene- ratore di vapore al valore p, entro I’ immenso condensatore di vapore. Continuando ad ammettere che sia & chilocrammi la portata permanente dell’ ef- flusso determinato dalla precedente formula, che ha per fattore l’ area F, della sezione d’ efflusso, avremo l’istessa G espressa dalla formula generica 19 ; 2; Vt+ DJ ) ) dci a 0/9 Li (È): (2) y Del LV Di atta a determinare l’area / della sezione in cui sì eserciterà una certa pressione p. La F sarà un minimo, quando sarà un massimo la quantità fra parentesi entro il radicale. Col solito metodo per la ricerca dei massimi, troviamo che la pressione p corri- spondente alla minima Y resta determinata da ” 9 v po 4 27 P, Peel Il corrispondente volume specifico v resta determinato da Si 5 + — == asltà Infine la corrispondente portata G risulta pure (CITE (= EL 2g-v 1 2 Di v+ 1 vA 1 v) (9) (er) Serie VI. Tomo I. — 204 — Di conseguenza era] =a AI = il CA D, pa min. vee A D, v+ 1] ho e 7 Perciò 3 min. / 1 On V OP VA ossia Di sai 2 e (ay sen) ua Di (23 Gi (DI IC acqua liquida Già vedemmo che Zeuner diede per legge numerica dell’ espansione adiabatica di un chilogrammo di miscuglio omogeneo di +», parti di vapore e di 1— , parti di proponendo, fra i limiti di «e, 1,0 e 0,7, u= 1,035 + 0,1, che per x, 1,0 diviene ZU Trattandosi di espansione adiabatica, converrebbe quindi porre nelle formule pre- cedenti v=U quindi v_-l=u—-1=0,035+0,1-, e per xe,= 1,0 v_—-1=0,135; Vvil=pu+1=2,0394+ 0,1. x, = 1,0 e per Pesi =2085 Perciò ammettendo x, 1,0 le formule più generali precedenti divengono _ v. -p.efl 2 DAS [ x 0,135 ) pre (23: (È ) 1,135 a 0,1189 [essre (£) | ? Po - P, Per fare una prima ricerca di un massimo valore I) wu ]IlS5 della velocità mettiamo che si possa trascurare il termine / 0,1189 (n) teorica ww, am- EROE in confronto dell’ unità; poscia ammettiamo v = uto=zuto approssimativamente =w, = 0,1; valore assai approssimativamente corrispondente alla pressione di 20 chg. per centimetro quadrato, ossia di 200.000 per metro quadrato ; in altre parole ammettiamo OP, = 20000 . Siccome 2g= 19,62 così colle cifre ammesse la formula precedente diviene «= 19,62 X 84074 Xx 20000 —=:3,299064 . Quindi = 1816 metri, che è una velocità enorme eguale a quella che teoricamente darebbe ad un chilogrammo d’acqua la caduta da 168148 metri d’ elevazione. Per tal modo resta fino d’ ora dimostrata la principale difficoltà di costruzione delle turbine a vapore. AE EEA 1 x ) 3 E — 093685 — 05774 — 0,58 ossia DB — 1732-12. D, p 4 Perciò la velocità w nella sezione Fn; risulta determinata dall’ equazione w° U 2 de 7,3 DIGI It ji = conan USE 1) Mu cg5l _ U , — 1,185 nei een I a per = e quindi per &U = 1,135 . Donde infine = a Vp, 0 IV) G= La, x 0,9368740 Xx 3; 23 Xx Vo Cl SFFAA JO ra XxX 1,9931/2 TR unu i CA CA Siccome per il vapore saturo secco, è assai approssimativamente aq HIS 7 to DNA IT, così introducendo il valore CR che se ne deduce, i due ultimi risultati divengono : w = 318,8 X pp G=0,0202 - Fin Xpo*®. | de Donde la seguente tabelletta Fer cp, = 50000 chg. ‘= 442,4 metri Sio > (=2800000N NERI 3 — rl pera » = 100000 » va — ole Sato IR » = 120000 » Vi=1454:3 > >=" 0980065 Perciò si scorge che la velocità ww nella sezione contratta varia tanto poco col variare della pressione p, da potere venire considerata praticamente come costante ed intorno a 450 metri. | RE VIRA O Agro RT La corrispondente energia cinetica 3 è di circa 10320 chilogrammetri 9 al 2 DN 9Q2021,4815 D) b F 0,0632 X 0,9368 0,024 V ) F == TISSÌ ae 1,762 min Ei (0) Py PD, (2) () PAR P, P, Un’ altra ricerca del genere precedente vogliamo fare prima di passare ad altra di genere più diverso. Vogliamo calcolare quale sia la parte proporzionale «+ di vapore saturo nella se- zione contratta, ammesso che il getto sia dapprima saturo secco, vale a dire che sia o= 1. Nella sezione contratta il volume specifico 7 è determmato da v L+ 1}! = == (= ove == 1,055 + 0,1 "wi - ) n Ma o = XS (1) X 0g e=xXXs+(1—x)Xo. Perciò assai approssimativamente Quindi Ma i volumi specifici del vapore saturo sono collegati dalla legge numerica data da Zeuner ” 1,0646 346 None DCS =D X = 1 essendo le pressioni espresse in chilogrammi per metri quadrati. p 7, Ple — = -—-—-— Iu-1, D, diari Nel caso attuale poi Conseguentemente x 1 9 n Ss i) ESE 7) AIA ZE la DA 1.U646 == — |io6s6u=1) Ss pa) lisi x v Sì ui WE 2 RO ti aaz SEUI. = x — | ul x SJ [1066 =1) = — Jro6sep—1 — 0,9685 nel ua ll i per 2, =l e quindi w = 1,135. Tale risultato indipendente dalla pressione p, è assai rimarchevole. Configurazione dell’ efflusso considerato precedentemente e misura della portata. Abbiamo considerato precedentemente un getto di miscuglio di vapore e di liquido espandentesi adiabaticamente, in condizioni regolarissime, senza alcun movimento di- scordante da una pressione p, (in generale assai elevata) ad una pressione p, (in ge- nerale assai bassa). Abbiamo ammesso esplicitamente che tutte le sezioni del tubo d’etflusso riescano perfettamente riempiute dal fluido, inoltre abbiamo ammesso implicitamente che iutte le variazioni di stato del miscuglio abbiano tempo sufficiente per potersi estrinsecare con grande approssimazione. L’ esperienza ci apprese che siffatta quantità di tempo è immensamente piccola. Ammessa una certa numerosa serie di valori della pressione generica p, decrescenti dal valore p, al p,, abbiamo dimostrato che per ogni valore risultano determinati i corrispondenti valori della velocità w delle particelle fluide, nonchè dell’ area della sezione del tubo. Ancora abbiamo dimostrato che esiste un valore minimo della £, vale a dire una sezione contratta, nella quale la pressione è poco meno di sei decimi della pressione p entro il generatore di vapore. Naturalmente potremo affermare subito che dovremo avere prima e dopo della mi- nima sezione predetta sezioni immensamente poco più grandi, vale a dire che il tubo nella sezione predetta dovrà avere le sue generatrici parallele all’ asse. Ma null’ altro finora abbiamo trovato rispetto alla posizione rispettiva delle sezioni predette entro il tubo. In altre parole ci resta a trovare la relazione che lega la pressione generica p colla corrispondente distanza /, a partire da un certo punto entro il generatore pros- simo all’ orificio aperto nella parete interna. Naturalmente dovrà essere una relazione di continuità dipendente in qualche modo dal tempo necessario per la produzione delle variazioni di stato del miscuglio omo- geneo fluido, quindi dipendente dalla velocità delle particelle acquee nelle singole sezioni, velocità che va continuamente crescendo dall’ interno all’ esterno. = RR Ma non abbiamo assolutamente alcuna base, nè teorica, nè sperimentale, per de- terminare a priori la legge in questione. Però possiamo stare sicuri che, ammettendo a piacimento una qualche legge di continuità corrispondente a qualche fatto sperimentale bene accertato, non arriveremo a risultati inverosimili. L'esperienza ci apprese che il decrescimento della pressione del fiuido è rapidis- simo in principio, ed invece è lentissimo verso alla bocca esterna dell’ efflusso: ciò tutto tanto più, quanto più grande è la differenza fra le pressioni iniziale e finale. La legge generica di Rankine pit piolr soddisfa bene alle condizioni predette, e potrà essere accettata tanto meglio che la medesima lascia sperare di potere tenere conto, con un buon grado di approssima- zione, anche dell’ influenza delle resistenze passive ordinarie dovute alle pareti del tubo d’ efilusso. Ma per ora non vogliamo continuare più oltre lo studio della relazione che lega la pressione p colla distanza / da un certo punto entro il generatore, in cui possiamo approssimativamente porre il principio del getto effluente. Supponiamo invece di potere elevare gradatamente la pressione finale p, del con- densatore, e consideriamo un valore p, un poco superiore al valore primitivo p,. Entro il tubo primitivo avremo ad una piccola distanza dalla bocca esterna, in una certa sezione d'area /,, l’istesso nuovo valore esterno p, della pressione. Se quindi taglieremo l’ estremità del tubo nella sezione predetta /,, avremo ri- messo l’ efflusso nelle condizioni primitive, perchè entro e fuori di tale sezione avremo l’istessa pressione primitiva p,; nè risulterà variata la portata G, che già vedemmo VÒ È e dal rapporto — — 0,58 . 1 Continuando ad operare nell’ istesso modo, taglieremo l'estremità del tubo nelle essere dipendente soltanto dalla sezione 7 min. sezioni F,, F., ecc. ecc. successivamente sempre più piccole e sempre più vicine alla F, min. * giammai varierà la portata, qualora sempre entro e fuori delle sezioni ,, #, ecc. ecc. si esercitino i medesimi valori primitivi della pressione p,, p, ecc. ecc. av- vicinantisi gradatamente al valore PEROSA Accorciato il tubo fino alla sezione contratta in cui, entro e fuori, si eserciterà il predetto valore singolare della pressione, la portata continuerà ad avere il suo valore primitivo, e l efflusso avverrà a bocca piena, perchè nella sezione contratta le gene- ratrici del tubo sono parallele all’ asse e quindi assolutamente perpendicolari alla se- zione medesima. Continuando ad operare nell’ istesso modo, accorceremo vieppiù il tubo (già dive- nuto assai corto) ed in ogni nuova bocca avremo entro e fuori pressioni successiva- DO — mente più grandi del predetto valore singolare ESISTE La portata & continuerà ad avere il valore primitivo e continuerà ad avere per USS TIRO D) / 2 / \v=1l EM A xLi|(P).(2) v | p=l v IL \P, Di Perciò l’istessa portata diventerà nulla, allorquando la pressione generica esterna sarà espressione generica ascesa al valore della pressione p, - Dalle considerazioni precedenti si possono dedurre le regole che oggidì sono accet- tate generalmente per la valutazione della velocità teorica d°’ efflusso di un chilogram- mo di miscuglio di vapore e di liquido prodotto da un immenso generatore mantenuto alla pressione costante p, - Ammesso che l’ orificio d’ efflusso sia eseguito in parete grossa, inoltre sia svasato a curva convessa verso l'interno del generatore, ed in generale abbia la configura- zione trovata la migliore per il tubo d’efflusso che finora sempre considerammo, quindi sia convergente verso all’ esterno, in maniera da far contrarre al di fuori il getto ef- fluente ; desienando con F metri quadrati l area della bocca esterna d’efflusso, nonchè con p la pressione che si eserciterà nella medesima e che sarà eguale alla pressione esterna, fintantochè sarà p> 0,58 X p, la portata teorica G risulterà determinata dalla formula 2g9-v Pf(2\î_{(P\ cx]. at o, L\p, 9, Appena la pressione p entro e fuori della bocca d° eftlusso sarà divenuta 10) inoltre sarà cessata la convergenza della bocca d’efflusso; la portata teorica d° eftlusso risulterà determinata dalla formula D ] 9) NM n» s È == 19 L P (G = JP°_- || y=1 e ia 7 min X È | X V » Il Xx E Dippoi, lasciata tale quale la bocca d’ efflusso ed invece fatta diminuire la pres- sione esterna sotto al valore i Se entro la bocca d’efflusso la pressione si manterrà in tale valore, e così pure non va- rierà la portata precedente. Il getto appena effluito si dilaterà bruscamente, poscia si restringerà bruscamente, — 210 — e così via via fino a raggiungere ad una certa distanza la pressione esterna 10,58 pre Le accennate dilatazioni e costruzioni della vena fluida ranno fisse nello spazio assai probabilmente sa- e potranno venire considerate come i7r0bili onde sonore, nelle quali comincerà a disperdersi 1’ eccedenza dell’ energia cinetica ettluente della bocca E A 29 per ogni chilogrammo di miscuglio, eccedenza sull’ energia cinetica rimanente nella vena ridotta alla pressione esterna L'ultimo risultato dell’ accennata dispersione di energia cinetica sarà un incremento dell’ energia termica interna del miscuglio Abbiamo asserito che la pressione nella bocca ettlusso si al valore manterrà costantemente 0950) sebbene sia andata continuamente decrescendo la pressione esterna Siffatto risultato che ormai è confermato dall’ esperienza mostrazione. trova una semplice di- La portata generica ha per espressione c«ebleal D, e quindi per una data / ha un valore massimo, quando sia un massimo la funzione P\î__(P\T nio P, e già vedemmo che tale massimo è dato del rapporto pilesallia pr o+1 al quale corrisponde il valore massimo della portata 29 Xv. x? EZSI] al x | X ve DH+-l v alore che precisamente ha luogo nella sezione contratta d’ efflusso, ta Fmnin posseduta dalla bocca nel caso che la pressione esterna sia eguale all’interna e sia all’ incirca 0,58 X p, - È Abbassata la pressione esterna al disotto di tale valore, qualora la pressione entro la bocca deflusso si abbassasse istessamente rebbe un valore la formula generica della portata da- minore del massimo predetto e ciò non è certo verosimile, in con- fici. 9 siderazione che la causa efficiente della portata, vale a dire l’ eccesso della pressione nel generatore su quella nella bocca d’etflusso, si è ingrandita. L'ipotesi dell’ invariabilità della pressione PEZZI! nonchè della corrispondente portata G, allorquando la pressione esterna va decrescendo sotto al valore predetto, fu già avanzata da de Saint-Venant e Wantzel, ma restò trascurata fino ai giorni nostri in cui fu rimessa in onore, perchè convalidata dall’ esperienza. Che poi alla predetta pressione singolare in una bocca d’efflusso, in parete grossa, corrisponda una velocità teorica d’efilusso eguale a quella del suono in un mezzo posto nelle medesime condizioni di pressione e di volume specifico, è già un fatto acquisito alla scienza per i fluidi aeriformi:; ma attende ancora maggiori dimostrazioni teoriche ed esperimentali, per quanto riguarda i vapori. Di ciò però non occorre preoccuparsi rispetto alle teorie delle turbine a vapore. Ora riprendiamo sotto altra forma la ricerca dei risultati essenziali corrispondenti all’ ingrandimento delle pressioni p, del condensatore, mantenendo però tale quale il tubo d° efilusso. La portata G potrà pur ora venire espressa mediante la formula generica 19 / 2 VS nin GET TONE p GA==VRi o ( )_ (È) y si Vv vl "| Di 1 trovata nell’ ipotesi di un’ espansione adiabatica x0n brusca, ed in condizioni regola- rissime del miscuglio di vapore e liquido, inoltre nell’ ipotesi di un moto permanente e secondo la legge di continuità CONTO] Ma se la pressione nella bocca d’efflusso si elevasse contemporaneamente a quelle esterne p,, Py, P, ecc. ecc. rimanendo costante l’area Y, la quantità entro parentesi sotto il radicale s’ ingrandirebbe, e quindi diventerebbe maggiore la portata G, la qual cosa non corrisponde ai risultati analitici ed ai fatti precedentemente esposti, perchè la portata G ha un valore massimo che non varia col valore della pressione esterna. Adunque è necessario che la pressione p entro la bocca d’efflusso non assuma i valori più grandi p,, p, ecc., della pressione esterna; oppure che la sezione natu- rale F del getto divenga minore della corrispondente sezione del tubo, sezioni che fi- nora abbiamo sempre supposte come un’ istessa grandezza. Fino ad un certo valore p, (per esempio) della pressione esterna non è ammissi- Serie VI. — Tomo I. ; 2 = agpr= bile che la prima ipotesi collo schiarimento, che la pressione del getto subito dopo la bocca d’efflusso si elevi con qualche regolarità fino a raggiungere il valore della pressione esterna, la quale perciò costituirebbe una specie di risalto paragonabile al risalto superficiale di certe correnti acquee, in causa di certi ostacoli un po’ discosti. Ma raggiunto il valore p,, il risalto della pressione esterna non si potrebbe più mantenere, e le pressioni esterne maggiori p,, 7 ecc. si estenderebbero fino entro la bocca, come nei rigurgiti. In allora la pressione entro la bocca d’eftlusso dovrebbe assumere valori sempre più grandi, ai quali dovrebbero corrispondere valori sempre più piccoli dell’ area della sezione del getto ; questo quindi dovrebbe staccarsi dalle pareti del tubo, fino ad una certa distanza interna; perciò in tale lunghezza di estremità dovrebbero for- marsì intorno al getto tanti vortici di rigurgito più o meno stagnanti. Le cose dovrebbero succedere così fintantochè la pressione esterna non sia perve- nuta al valore singolare se), 07, che possiede la pressione nella sezione contratta nin entro il getto. Pervenuta la pressione esterna al valore predetto, il getto dovrebbe assumere una confisurazione perfettamente cilindrica e staccarsi completamente dalla parte divergente del tubo d° efflusso, anzi dovrebbe scacciare da questo i vortici che prima l attornia- vano, e farsi netto e regolarissimo, come se la predetta parte del tubo non esistesse. Perciò non vi sarebbe alcuna ragione di continuare a considerare la medesima parte esterna divergente del tubo, e si potrebbe supporla tagliata ‘via, (o fatta cilin- drica, senza attrito) restando il tubo ridotto ad un orifizio in parete grossa con lembo esterno parallelo all’ asse e con superficie interna svasata convessamente verso il ge- neratore del vapore. Infrattanto la portata continuerebbe ad avere il suo valore massimo. 9 1 DI ’ ì 2 DES 2g XK v p Ga = HATE ii V - Caen x v+1 GI l Tagliata via la parte divergente del tubo d°efflusso, e supponendo di continuare ad accrescere la pressione esterna oltre al valore î [2 x 0,58 X p, non havvi alcuna ragione perchè nella bocca d’effusso d’ area 7,,, non si stabilisca min una pressione assolutamente eguale all’ esterna, e l' efflusso abbia luogo a piena bocca in getto cilindrico di portata determinata dalla formula generica /9 ) ) 2 v+l VE a) ©] DIM v.L\p, Di valore minore del massimo predetto: ciò è del tutto verosimile. — 213 — Le cose continueranno così fintantochè la pressione esterna non abbia raggiunto il valore della pressione interna p,, per il quale naturalmente la portata diviene nulla. Da tutte le considerazioni premesse risulta con chiarezza che, dopo avere trovato la configurazione di tubo d’efflusso la più conveniente sotto tutti i riguardi per un eftlusso ad espansione adiabatica, da una pressione elevata p, ad una pressione assai bassa p,, sarà sufficiente ridurre sempre più la lunghezza della parte divergente del tubo, affine di conseguire un efflusso in condizioni pressochè egualmente buone, mentre che la pressione esterna viene fatta sempre più grande fino al valore — 0,58 ZIIÙO per il quale la medesima parte deve scomparire del tutto. Infrattanto la portata dell’ efflusso resta costantemente eguale al suo valore massimo /20 fRgi XK D p (= JI SN x Pi 1 min. X [i Sa ia XxX Ness pet 1 da Dippoi il tubo d’eftlusso resta ridotto ad un comune orifizio in lastra grossa, ar- rotondato convessamente all’ interno e senza sensibile contrazione all’ esterno, di luce ol esterna = min. 3 e di portata teorica 2 DS DE DINE Gi== _— EEC X Me ISO «a 2a allo ia () PD, P, essendo » la pressione entro e fuori della bocca d° efHusso AVS Da tutte le cose premesse risulta dimostrata pure con chiarezza la convenienza, per non dire necessità, di un tubo d’ efflusso configurato breve e convesso verso al- l’ interno, poscia per un minimo tratto parallelo all’ asse, quindi per altro brevissimo tratto convesso verso all’ esterno, ed infine per l’ultima lunga parte conica divergente verso all’ esterno, con angolo al vertice, il cui valore più conveniente sembra essere fra lio e 12 pradi. Siffatta configurazione si trovava adottata da molti anni negli iniettori per l ali- mentazione delle caldaie a vapore. Ma l'applicazione alle turbine a vapore è dovuta al dottore svedese de Laval, che la studiò sperimentalmente in modo assai approfondito fino dall’ anno 1889. — peli Efflusso adiabatico attraverso un tubo addizionale Laval, considerando la resistenza passiva delle pareti. Finora sempre abbiamo supposto che 1 efflusso di un chilogrammo di miscuglio di vapore e di liquido avesse luogo senza alcuna resistenza passiva. Ora supponiamo che il tubo non presenti altra resistenza passiva che quella dovuta allo sfregamento del miscuglio lungo le pareti del tubo. Non ammettiamo quindi di considerare | influenza dei bruschi passaggi di sezione, e perciò nemmeno quella delle forti curvature del tubo, perchè l'influenza di queste è congiunta intimamente colla prima, per considerare la quale d’altronde ci mancano sicure basi analitiche ed esperimentali, in causa dei movimenti vorticosi troppo inde- terminati che avvengono durante 1’ efflusso. Designando con / una lunghezza generica di tubo, fino ad una sezione di area Y, e di perimetro € toccato dal miscuglio animato di velocità , il consumo di energia cinetica per ogni chilogrammo di miscuglio dovuto allo sfregamento contro alle pareti per una lunghezza infinitesima 47, può venire espresso con grande approssimazione mediante la formula c ME ZAC 7 2 ammettendo 3 coefficiente invariabile, almeno fra certi limiti abbastanza discosti, per tutte le grandezze influenti, quali le caratteristiche del miscuglio, la configurazione della sezione attraversata dal medesimo, la sua velocità, il materiale ed il lisciamento delle pareti ecc. ecc. Se la sezione attraversata fosse circolare di diametro d sarebbe d° Cd ET e quindi C 4 Però le ricerche analitiche che si possono istituire valendosi della espressione pre- cedente riescono troppo intricate, e danno soltanto qualche risultato utile per schiari- menti in alcuni casì singolari, come ha dimostrato il prof. ing. Stodola del Polite- cnico di Zurigo. Invece i risultati riescono chiari e più che sufficientemente approssimati per le applicazioni alle turbine a vapore, qualora le basi analitiche vengano poste in altro modo, come ora faremo. Riprendiamo succintamente la questione fondamentale dell’ effusso studiato a pa- gina 195 e seguenti. peso G chg. di miscuglio porta entro il tubo orizzontale 1° energia termica po- tenziale espressa in chilogrammetri Ji mt i XX [a+ X A inoltre l’ energia cinetica La pressione unitaria p, all’ entrata produce entro il tubo ad ogni minuto secondo il lavoro meccanico DISEXIO PXAGOIO Il medesimo peso & asporta dal tubo l’ energia termica potenziale 1 A XxGX [esere Xx Pal inoltre l’ energia cinetica G wi g 2 La contropressione unitaria p, all’ uscita del tubo consuma il lavoro meccanico Pi KE XKwo=PIXKEX 0. Lo sfregamento del miscuglio lungo le pareti del tubo produce tanti movimenti discordanti che diminuiscono 1’ energia cinetica, ma contemporaneamente ingrandiscono l’energia termica potenziale, e contribuiscono ad accrescere il lavoro esterno elementare di un chilogrammo di miscuglio PX dv Ma siffatti effetti sono tutti interni nel getto affluente, perchè non sono prodotti da alcuna forza esterna, come sarebbe la gravità ecc. ecc. D'altronde il moto è considerato un moto assoluto permanente, e le pareti sono considerate adiabatiche. Adunque, in ogni particella interna e ad ogni istante, non variano minimamente tutte le condizioni dell’ energia: quindi la somma algebrica delle energie provenienti dall’ esterno deve essere nulla, come nel caso primitivamente considerato delle resi- stenze passive nulle. Perciò pure ora abbiamo oa 1 © 0 î MAE gna Il E 06 e 0 vale a dire ioni Paid X DNA Xo,=0 5 — 216 — Ma già vedemmo che, entro i limiti più comuni delle applicazioni pratiche, secondo Zeuner ll 1 alo+% XP (A+ XX P)] == Fece XD, XK ©] : Quindi risulta L Ilia l à 9 ; = TARRA I ID Xeon pXo]tnXvw op Xo,=0 vale a dire ui, WI u oa I Xeon Xo]=0. Tale equazione può venire posta sotto la forma differenziale us I az |+ ll _xa[pXx ch DIE 29 ol Ammettiamo ora, secondo | uso più accetto ai tecnici, che la variazione di energia cinetica dovuta alle resistenze passive sia una frazione costante della variazione totale dell’ istessa energia, vale a dire che sia wo = Cal—= |. txa[] Siffatta variazione di energia cinetica si trasforma pressochè istantaneamente in un incremento infinitesimo dell’ energia termica potenziale, e nell’ istesso tempo in un infinitesimo lavoro meccanico verso all’ esterno. Perciò ue 1 i CX a[5 | = ala t+xXX p] +pXdv. LI Ma già vedemmo che I % SR "i X d[q + x X p] = pesi d|p X ] È Quindi oa l EX a[: | = — X d[p DI D)| +pXdwv. 29 = i Ma uè u x dI ao == 0 | EX Fl arr LO] Quindi 1 u a1XUXd]+pxd=—tX da d[{pXe] k ossia ITXE calox + px =0 dita uX[1+%]XpXdoe+]+tXu]Xoxdp=0 lazio cz XpXduo+®vXdp=0. Poniamo pe] SI E donde I i 3 uv—_1) Di conseguenza la precedente equazione differenziale diviene VvXPXdvt+vX dp=0 che integrata ci dà DSC =D X UNE Adunque nella nuova ipotesi fatta la legge numerica dell’ espansione è pure una legge di Rankine coll’ esponente DI ale e E e Supponendo e = l quindi II troviamo per EZI001 p= III EZIO DE (EMA v= 1,110 G=20 25 v= 1,105 E=08 »v= 1,101 1035 DIMM (GIÀ D = ILDO8 045 v= 1,089 C=05 = IWO8G LS SISANEAT ONE n FATA sa sa E=0,95 v =: 1,065 SI Quest’ ultimo risultato corrisponde al caso di resistenze passive così forti da potere te) generare tanto calore quanto occorre per mantenere costantemente saturo il vapore, vale a dire costantemente @ = l. Invero sappiamo che 1° espressione PX 00176157 è l'equazione della curva limite del vapore di continuo saturo secco, qualora la pres- sione p sia espressa in chilogrammi per metro quadrato. Nel caso limite in discorso, il coefficiente È è all'incirca =1, la qual cosa vuol dire, che ogni incremento di energia cinetica viene tosto consumato dalle resistenze passive e trasformato in aumento d° energia potenziale e di lavoro meccanico esterno. Le esperienze del prof. Stodola hanno confermato pienamente 1’ influenza delle più comuni resistenze passive per diminuire la velocità 7 ed invece ingrandire la parte proporzionale # di vapore saturo. Però le medesime esperienze accennerebbero ad un notevole incremento del coeffi- ciente, supposto costante, È coll’ ingrandirsi della velocità w del miscuglio, inoltre col diminuirsi della differenza fra la velocità finale ed iniziale del getto considerato. Ma la questione è ancora prematura per obbligare ad introdurre nelle ricerche analitiche siffatta variazione, la quale d’altronde nelle singole applicazioni può venire corretta adottando differenti coefficienti £ fra certi limiti della velocità #0. Riprendiamo il risultato generale valevole anche colla considerazione delle resi- stenze passive Vw wi Lu pi X?, ma vs] ° 2g 24 RAI Considerando le resistenze passive, trovammo poco prima Da XK o = Di X DI e quindi DA Pa SC O =D, X CA X |P] er I Perciò D D val LI e xXx |1—(%) = #9 erge Uri D, Quest’ espressione ci permette di calcolare la velocità vw, e/fettiva alla fine di un ef- flusso entro un appropriato tubo, a sezioni #uffe perfettamente piene, data la velocità effettiva 2, al principio del tubo. Avvertiamo che la 7, effettiva dipende non soltanto dalla caratteristica u della espansione adiabatica, ma eziandio da quella ST +$xu che contempla le più comuni resistenze passive. 4 — 219 — Secondo Stodola, in via normale si potrebbe assumere all’ incirca G = (OHIO per le piccole velocità A = 410825 CAN in tubi abbastanza lunghi. Le considerazioni precedenti non sono applicabili al caso limite dell’ espansione per le massime velocità, o per le piccole differenze fra adiabatica del chilogrammo di miscuglio dalla pressione p, ad una pressione p, im- mensamente poco inferiore, perchè in tale caso limite tanto la legge numerica senza la considerazione delle resistenze passive PXespXo quanto l’altra colla considerazione delle resistenze passive Pi XKeEPXU non hanno significato reale. In tale caso limite, tanto se non si considerino le reristenze passive, quanto se si considerano vale l’ equazione generale io ia sara X Po +, X P.)] al IRE che per Po=D, (Ali hi (o U, = U, O =, XKuto=%x,Xu+ 0 = XKXUTO ZA XKNUAT O diviene, dopo alcune riduzioni, LOS LO: 1 : Dn 29 ce E Pl x] TX ue — 2] =0 ossia 2 2 205 Wi 1 — = Xi dla =0%% 29 2g A [ 2 i] 1 La seconda equazione valevole per il caso generale colla considerazione delle re- sistenze passive Cva 3 Li Z [a EROX (a+, X p)}l+|v X de -—- == L = XL I) 29 2, M dg Ca XK Po I 1 XP È serie VI. — Tomo I. 28 nel caso limite diviene È 1 | 55 na A | “n Kepoe [e 2] +P,XKu, Xx [a — DA A X [as #] X rg. 29 2g Le due equazioni sommate insieme danno (1055 (1659 l+ Z i — ls; 29 e quindi CU=—1 risultato che ci dice che ogni decremento infinitesimo dell’ energia cinetica corrisponde ad un incremento positivo dell’ energia termica potenziale e ad un incremento positivo del lavoro meccanico esterno ; la qualcosa era evidente a priori, nè determina in alcun modo lo stato finale del miscuglio. Adunque nel caso limite in questione ci fa difetto una base analitica per le ri- cerche sperimentali, e quindi dobbiamo ricorrere direttamente ai risultati dell’ espe- rienza meglio accetti. Possiamo ricorrere all’ espressione generica della perdita d’ energia per ogni chilo- grammo di fluido attraversante un disco di spessore d/ U 2 1 = dl 1 2g espressione che nel caso di p,=p,, e specialmente nei casi di sezioni poco variabili, dà luogo a calcoli meno intricati che nel caso generalissimo di p, differente da p,. Ma tale via è di mn’ esattezza superflua nella massima parte delle applicazioni. Invece per queste, è sufficiente determinare direttamente per via sperimentale la perdita integrale di energia cinetica dovuta alle resistenze passive mediante luna e l’altra delle espressioni wi (O0k 105 U wi 0? 1 2 2 LISCA ) - 1 ST MN 5, cale X SEA 2g 29 “Metro Rg 29 29 In generale si preferisce la prima espressione. In tale ipotesi troviamo subito le equazioni wi Il ei "pra 2g 203 Il (ee X 29 = PI da 2] X pe i giada da (& — — + — =—-|a,— Pi o 2g l+, 2g At? l l 203 1 È Mil Sa x 2g A lA, 4] essendo i valori totali A:=w Xrnt ASaXKE che ci serviranno a determinare la %w, e la x,, una volta che siano date le w, e @,, inoltre che sia ammesso un certo coefficiente empirico ES Pare che nelle applicazioni ai canaletti ricurvi delle turbine a vapore debba as- sumersi È, piuttosto forte, per esempio I e più in taluni casi. Perciò qualora si voglia fare la velocità periferica di una corona di palettine mo- bili notevolmente più piccola della velocità d° incidenza <, delle vene fluide, basterà l fare che la pressione al principio ed alla fine dei canaletti curvi mobili sia 1° istessa », (vale a dire che la corona funzioni per pressione e non per sorrapressione), perchè la velocità relativa 20, all’ uscita dei canaletti, che è diretta in senso opposto alla %w0,, risulti pressochè eguale alla velocità periferica della corona, e quindi risulti un mi- nimo (come occorre in via generale) la velocità assoluta d° uscita delle vene fluide. Il funzionamento per pressione, e non per sovrapressione, produce l’ altro vantaggio di annullare le fughe del fluido attraverso il giuoco fra la corona mobile e l’ invo- lucro fisso. Ad ogni modo, fino d’ora risulta la grande convenieuza di adottare il funzionamento delle corone mobili, tutto al più, a sovrapressione assai piccola. Siffatta convenienza invece non sussiste per le turbine idrauliche. In favore di funzionamento a grande sovrapressione, non si trovano ragioni preva- lenti contro gli svantaggi dovuti : 1° alla maggiore influenza delle resistenze passive dovuta al forte incremento della velocità relativa conseguente alla sovrapressione ; 2° alla minore trasformazione d’ energia cinetica del fluido in lavoro meccanico sulle palettine mobili, perchè la maggiore velocità relativa del fluido all’ uscita dei canaletti mobili ingrandisce la velocità assoluta e quindi la corrispondente energia ci- netica portata fuori ; 3° alla maggiore perdita d’ energia dovuta alle fughe del fluido attraverso il giuoco fra le parti mobili e le parti fisse delle turbine. La grande influenza delle resistenze passive dovute alle enormi velocità del fluido, che attraversa le turbine a vapore, è indubbiamente uno svantaggio di tali macchine in confronto delle motrici a vapore ordinarie, perchè in queste il fluido si muove con velocità relativamente piccole. Ma se si considera che nelle ordinarie motrici a vapore : 1° le superficie sulle quali corre il fluido hanno dimensioni relativamente assai grandi ; 2° il fluido varia continuamente, e spesso bruscamente, la sua velocità tanto ri- — 222 spetto a grandezza, quanto rispetto a direzione, in causa dell'apertura e chiusura di cassetti, valvole ecc. ecc. ed in causa delle sezioni ora ristrette ed ora larghe dei ca- nali distributori e dei cilindri ; Non si può certo disconoscere che 1° influenza delle resistenze passive ora accen- nate è notevolmente superiore nelle motrici a vapore in paragone alle turbine a vapore, nelle quali con ben studiate forme e dimensioni dei canaletti, che sono as- solutamente sforniti di organi meccanici mobili, è quasi sempre possibile conseguire vene fluide in moto assoluto permanente e dolcemente variabile, tanto rispetto alla di- rezione del moto, quanto rispetto alle sezioni delle medesime vene. Dalle osservazioni precedenti si arguisce che in via generale non si può attribuire all’ influenza delle resistenze passive nelle turbine a vapore un deciso svantaggio in paragone alle motrici a vapore ordinarie. Nei singoli punti tanto dell’un genere, quanto dell’ altro di macchine a vapore, la influenza delle resistenze passive si riduce ad una perdita istantanea di energia cine- tica o di lavoro dinamico nel fluido, la quale tosto si trasforma in un incremento di energia termica potenziale ed in un altro incremento di lavoro dinamico esterno, di- modochè la perdita istantanea di energia cinetica non è in ultima analisi utfa per- dita per il lavoro effettivo esterno che si vuole conseguire. In ultima analisi la vera perdita integrale si riduce al calore corrispondente alla maggiore parte proporzionale # di vapore che si scarica nel condensatore, in confronto alla parte « calcolata in base ad un'espansione adiabatica senza resistenze passive. In tale espansione, vedemmo a pag. 183 che la parte +, riesce determinata dal- l’ equazione XX r, a XKr +e =7+415- 2 Sgt l me quindi risulta 8) LADA e =TI-C_[+T,-r, 2 A 1h 1 2 essendo ° dq esi SITI Ancora vedemmo a pag. 183 che ogni chilogrammo di miscuglio si scarica nel condensatore col volume specifico vo = XUuU,t0 determinato dall’ equazione 7 I » Ps X Vi — Dj X DE essendo u = 1,055 + 0,1-2,. Dalle equazioni precedenti risulta DJ} o, = Xu+to =? | PD, quindi assai approssimativamente l 0) DE de == = Î bo. n Ubs OS Invece colla considerazione delle resistenze passive risulta 5 n 1 ep} RE = 1 I (La) estettivo = "| ) | ‘\LP3 Adunque È (1 )erettivo ue: To —_ : IE |} nt I il di s Us | Ponendo = 1 EA o = Il v.= 1,065 troviamo un valore massimo ordinario della espressione precedente bea (2 oo _ Si i É | 30659 _ |} | 350 L’ espressione della quantità di calore corrispondente alla condensazione in acqua della precedente maggiore quantità di vapore è a ROTA a i] edi Ts i (7) X US di xa [2] [È DE Si potrebbe continuare ancora a lungo in calcoli siffatti per arrivare, per esempio, a determinare la perdita di coefficiente di rendimento dovuta alla considerazione delle resistenze passive, nel ciclo di Carnot, che perciò riesce un ciclo non reversibile ecc ecc., ma non istà nell’ indole della presente Memoria addentrarsi tanto minutamente nello studio delle singole questioni. La portata di un tubo De Laval colla considerazione delle resistenze passive. Trovammo a pag. 218 per espressione della velocità terminale , del getto, nel l'ipotesi di una velocità iniziale CRAVE I Xp Xo x| -( 7] Ma sappiamo Quindi ] a 2 a\v+l la Lu p OENE p =F,X\29X — a pen [(P):_ (2) ” I rai È Di Pi Tale espressione ci dà il valore minimo della sezione generica , corrispondente : P ; ; al valore massimo del rapporto -* che risulta determinato da ) Di DIR 2 Dn ale v+- 1 ì Introducendo questo risultato nelle precedenti espressioni generali troviamo 29 X ul v— l x PD, gel v+ I vi v+ 1 G = ' min. X [È espressione che diviene quella trovata a pag. 203 2 egXv D (Ga== He vESI 0 | i [- lo it Ù se poniamo u = », vale a dire se non consideriamo le resistenze passive. Ponendo inte = Il quindi trovammo già Ponendo ora » = 1,121 corrispondente a E==(0)1 troviamo ora ) o MIO P, Ponendo ancora v = 1,11 corrispondente a Cl=- 0,2 p troviamo ancora troviamo p P, ” VON 5 0 OIL , 5 Adunque il rapporto — in questione varia pochissimo col variare dell’ esponente » p che caratterizza l’ influenza delle resistenze passive, ed in via normale può venire va- lutato a circa 0,584; in ogni caso poi meno di 0,6. Valutando insieme tali osservazioni e le altre precedenti relative al getto di mi- scuglio di vapore e di liquido considerato dapprincipio, non troviamo impossibile una conficurazione di tubo di efflusso tale che : ì° Dalla parte del generatore di vapore abbassi rapidamente la pressione p, fino ad un valore p, all’ incirca 0,6 X p,, che avrà luogo nella sezione contratta Muin.; min. ? inoltre nell’ istesso tempo faccia crescere rapidamente la velocità dal valore ww, = 0 ad un valore assai grande corrispondente all’ abbassamento di pressione predetto, quindi fino al valore nella quale espressione sono da porsi u= 1,035 4-0,1 X x, quindi per val aes ,_ +] Ex gd quindi per 7 = 0,1 corrispondente ad una perfetta imboccatura d’entrata nel tubo, inoltre per a = IL 135 p= IZ e per È = 0,2 corrispondente ad una buona comune imboccatura, inoltre per u=1,135 p=IHUs — 226 — 2° Nella sezione contratta il volume specifico del miscuglio v=3% XUHtTO risulterà determinato dal rapporto (2) sc aan Li TRI Pi Di (es. 2 3 Tale rapporto nel caso di ge = Il po=" 1135 dà sempre per # un valore assai poco più piccolo dell’ unità, la qual cosa corrisponde ad una condensazione assai piccola. 3° La portata del miscuglio nella sezione contratta viene determinata dalla espres- sione 4° Nelle seguenti sezioni Y» l’istessa portata permanente risulta IETRT. Pata 40003 G=F 2 i (Pe) (2) Jll de] ni D, 5° Conseguentemente abbiamo la relazione Ù 29 X u v—- 1 ?, 9 (ij, == |ai / ——- = IRA dal LO rn i (a 1 2g Xu p [ PA ee: F I ( ?): (f°) = o) X dx ez 1 X D, n ), vale a dire pid 2 di x iv _ a: (n): (E a pe ETTI Nasa Pi DI Confronti generali fra le turbine a vapore e le comuni motrici a vapore rispetto ad altre perdite del coefficiente di rendimento. 1° Da un numero stragrande di computi e di considerazioni teorico-pratiche ben note, risulta dimostrato all’ evidenza oggidì non essere conveniente per le comuni motrici a stantuffi prolungare |’ espansione del vapore fino al limite massimo ammissibile, vale a dire fino alla pressione del condensatore. risulta ancora dimostrato che un massimo prolungamento della espansione è ammis- sibile soltanto col sistema di motrici a più cilindri, e quindi soltanto per le motrici di po- tenza assai grande. L’ imperfezione del ciclo dovuta ad una espansione incompleta nelle comuni motrici a vapore è suscettibile di venire determinata teoricamente. RIZZI Dicasi altrettanto, però in via meno esatta, delle imperfezioni del ciclo dovute alle circostanze : 1° che la pressione media dell’ ammissione del vapore risulta necessariamente inferiore alla pressione nella conduttura dalla quale proviene il vapore; 2° che la pres- sione media dello scappamento del vapore risulta necessariamente superiore alla pressione nella conduttura di scarico del vapore nel condensatore. ‘Tali due circostanze sono dovute alle luci d’ ammissione e di scappamento, che neces- sariamente non possono essere stragrandi, e mon possono aprirsi e chiudersi con istan- taneità. Ancora più incerta, ma non impossibile in determinate condizioni, è la valutazione della imperfezione del ciclo dovuta ai salti necessarii delle pressioni dall’ uno all’ altro cilindro, ed attraverso i cosiddetti recipienti intermedii, nelle motrici a più cilindri. Pure siffatta imperfezione è dovuta alle laci dei passaggi del vapore. Però il calcolo e |’ esperienza ci assicurano che le imperfezioni del ciclo, dovute ai salti delle pressioni, in via generale, possono venire considerate d’ importanza secondaria rispetto all’ imperfezione dovuta alla complessiva espansione incompleta, la quale può ca- gionare una perdita di rendimento intorno al 15 0%. Invece nelle turbine a vapore le accennate imperfezioni del ciclo possono essenzial- mente venire ridotte ad un minimo assoluto : 1° perchè il moto della massa di vapore agente è un moto permanente continuo, senza andivieni, senza aperture e chiusure di luci dalla conduttura di ammissione a quella di scappamento ; 2° perchè il numero delle corone di palette motrici, senza essenziali inconvenienti, può venire accresciuto tanto, da permettere un’ espansione del vapore completa quanto mai sia possibile praticamente. Altre valutabili imperfezioni del ciclo per le comuni motrici a vapore derivano dalla necessità di lasciare, presso ai fondi dei cilindri e nei canali per i passaggi del vapore, i cosiddetti spazi perduti o nocivi, i quali in ultima analisi per sè stessi cagionano un mag- giore consumo di vapore. Le imperfezioni in questione, teoricamente parlando, potrebbero venire eliminate con opportune compressioni del vapore che resta imprigionato negli spazii perduti. Ma le con- dizioni da soddisfarsi per raggiungere lo scopo sono tali da non permettere che una so- luzione approssimata della questione. Perciò in via generale bisogna valutare per le comuni motrici a vapore una perdita di coefficiente di rendimento (invero piccola nelle migliori costruzioni) dovuta agli spazì perduti. Ma una differenza ben più essenziale fra le comuni motrici a vapore e le turbine a vapore, la ritroviamo rispetto agli scambî di calore fra la massa di acqua e di vapore e le masse metalliche che la circondano. Nelle comuni motrici, il vapore entrando si condensa in parte, perchè viene a con- tatto con pareti metalliche, che (in generale) sono meno calde di esso: di conseguenza queste pareti riprendono calore. Serie VI. — Tomo I. 29 — 228 — Dippoi, durante l’ espansione del vapore, una parte delle pareti cede calore al me- desimo, ma un'altra parte (quella che lo stantuffo va continuamente scoprendo) riceve calore dal vapore. Durante lo scappamento del vapore, le pareti metalliche cedono calore al vapore, e tale quantità di calore (che in generale è piuttosto forte) viene portata nel condensatore, a tutto detrimento del rendimento termico della motrice. Infine durante la compressione, le pareti metalliche ricevono calore dal vapore. Spetta ad Hirn, fino dal 1855, ed ai suoi collaboratori alsaziani e belga, il grande merito di avere messo in evidenza con esperimenti e con valutazioni numeriche |’ importanza degli accennati scambî di calore, la quale è tanto forte da rendere quasi illusorie tutte le conse- guenze dei calcoli della termodinamica fondate sull’ ipotesi di pareti adiabatiche. L’ intricatissima questione preoccupò per molto tempo scienziati e tecnici, e motivò discussioni animatissime, anzi talvolta acri. Lo Zeuner la riassunse magistralmente dimostrandone |’ indeterminatezza, per il grande numero e l’ incertezza degli elementi da tenersi a calcolo, fra i quali va notata l'influenza di un velo d’ acqua liquida che resta continuamente aderente alle pareti me- talliche. Possediamo alcuni criterii generali, quasi schematici, degli seambî di calore in que- stione, ma ci fanno difetto leggi numeriche generali, che potrebbero venire determinate soltanto mediante lunghissime e svariatissime serie di esperienze immensamente difficili e costose. Egli è certo che a condizioni tutte assolutamente permanenti d’ una comune motrice a vapore, si possono distinguere in qualsiasi parete metallica due strati; l uno più a con- tatto del miscuglio d’ acqua e di vapore, nel quale hanno luogo variazioni di temperatura periodiche ad ogni giro della motrice; U altro più esterno, nel quale la temperatura o non varia minimamente, oppure va gradatamente diminuendo verso l esterno a contatto del- l’ambiente, il quale quindi riceve continuamente ed uniformemente una ceria quantità di calore, da rendersi piccola quanto mai sia possibile, mediante appropriati rivestimenti ca- lorifuehi. Così pure egli è certo che una certa quantità di calore entra ed esce nelle pareti metalliche e finalmente sfugge nel condensatore, non avendo contribuito che in m7rima parte all’ effetto dinamico del vapore. A tale fuga di vapore, che Hirn designò è raffreddamento verso il condensatore, corrisponde una perdita di rendimento assai importante (in via comune intorno al 10 per cento): questa è relativamente minore nelle grandi motrici ad inviluppo di vapore e so- vratutto nelle motrici a più cilindri d’ espansione. Invece nelle turbine a vapore le condizioni termiche finora accennaie sono ben dif- ferenti. In causa della continuità e costanza assoluta del moto serpeggiante delle masse di vapore, nonchè del moto rotatorio delle corone di palette motrici, in qualsiasi punto dello spazio occupato dal sistema complessivo in moto, la temperatura non varia da istante ad istante. — 229 — Però naturalmente hanno luogo continui flussi di calore dai punti più caldi ai pros- simi punti meno caldi. In ultima analisi hanno luogo due flussi complessivi di calore; 1° uno verso | am- biente esterno, che può essere ridotto minimo, mediante opportuni rivestimenti degli invo- lucri metallici delle corone mobili; 1° altro verso il condensatore, per mezzo della massa di acqua e vapore che si scarica in questo. Ma il passaggio di tale massa fluida attraverso le masse metalliche è tanto rapido da rendere insignificante il flusso di calore dalle masse metalliche ad esso, e quindi da permettere di studiare le azioni termiche entro la medesima massa fluida, come se avve- nissero adiabaticamente, come già ammettemmo sempre in precedenza. Però abbiamo già dimostrato che tutte le molteplici e forti resistenze passive supe- rate dalla massa fluida, nel suo passaggio dalla conduttura alimentatrice della macchina alla conduttura di scarico nel condensatore, producano nelle masse fluide trasformazioni di energia cinetica in energia termica, la quale soltanto in parte risulta trasformata in energia dinamica sull’ albero della turbine. Quindi in conclusione pure nelle turbine a vapore, una notevole quantità di calore sfugge nel condensatore, senza avere contribuito a produrre lavoro dinamico utile. Fra le resistenze passive superate dalle turbine a vapore, dobbiamo pure notare quella, piuttosto forte, dovuta all’ ambiente fluido in cui si muovono (con velocità enormi) le co- rone delle palette motrici. Secondo il Prof. Stodola designando : N, cavalli-vapore-ora il lavoro sprecato durante il funzionamento a vuoto d’ una turbina a vapore Laval (con una sola corona); F metri quadrati |’ area del cerchio descritto dalla corona; u metri per minuto secondo la velocità periferica della corona; y chilogrammi per metro cubo il peso specifico del vapore; sì potrebbe porre : ammettendo a variabile all’ incirca fra 4 e 12, secondochè la corona rotante sia esternamente liscia o frastagliata dai lembi esterni delle palette, inoltre secondochè la corona ruoti più o meno rasente agli involucri. Alcuni vorrebbero abbassare 1° esponente 3 a 2,7 e perfino a 2,2. La resistenza in questione riesce relativamente maggiore quanto minore è l’ effetto complessivo della turbina: in ogni caso è una condizione assai gravosa dipendente dalle enormi velocità caratteristiche di tali macchine. Già vedemmo che pure tutte le altre resistenze passive per l’ istessa ragione sono con- dizioni assai gravose per tutte le turbine a vapore. La questione delle resistenze passive è il punto debole di tante e tante macchine, nè può venire risolta che di caso in caso, mediante integrazioni sperimentali assai difficili da affettuarsi. — Ran Invero la medesima questione racchiude un infinito numero di elementi variabili di caso in caso, di luogo in luogo, ed anco da istante ad istante, che in generale è impossi- bile conseguirne delle integrazioni analitiche. La ragione principale delle difficoltà accennate sta nel fatto, che in generale le resi stenze passive sono intimamente dipendenti da forze e movimenti molecolari, da movimenti vorticosi, da azioni fisico-chimiche ecc., ecc. non bene valutabili. Ormai un'immensa quantità di fatti ci ha ammaestrati che è assolutamente necessario attribuire una giusta importanza alle integrazioni sperimentali relative alle resistenze pas- sive delle macchine: importanza che in parecchie circostanze può superare quella delle condizioni teoriche essenziali delle macchine stesse. È precisamente la questione delle resistenze passive non ancora sufficientemente risolta dall’ esperienza, che c' impedisce d° affermare la superiorità del coefficiente di rendimento delle turbine a vapore in confronto di quello delle comuni motrici a vapore, superiorità che altrimenti scaturirebbe dai confronti fatti precedentemente sulle perdite di rendimento dei due generi di motrici. Però l’ esperienza fino d'ora ci assicura che sono perfettamente adottabili nelle tur- bine a vapore pressioni e temperature di vapore sovra riscaldato, le quali sono assoluta- mente insopportabili dalle comuni motrici a vapore. Questa sarebbe una nuova ragione di superiorità del coefficiente di rendimento delle turbine a vapore, in dipendenza del ciclo di massimo rendimento di una data quantità di calore, che è quello di Carnot. Nell’ anzidetta via di perfezionamento si sono già inoltrati con successo parecchi co- struttori. Altre conclusioni sulle turbine a vapore. A siffatte macchine sono insiti in un grado massimo tutti i vantaggi e tutti gli in- convenienti dei meccanismi a moto semplicemente rotatorio, ma velocissimo. 1° Moto permanente, e riscaldamento interno uniforme quanto mai si possano de- siderare ; 2° Minore numero, maggiore semplicità e perfezione di azione degli organi regolatori del funzionamento complessivo del meccanismo ; 5° Facilità e rapidità di messa in moto e di arresto ; 4’ Semplificazione e perfezione di trasmissione dell’ azione fra meccanismi motori ed operatori dell’ istesso genere ; 5° Minimo volume e minimo peso (quindi, in.via generale minimo costo) in rela- zione all’ effetto finale ; 6° Maggiori facilità di montatura, di smontatura di lubrificazione e di riparazioni ; 7° Maggiori cure di costruzione e migliori materiali, affine di ovviare perfettamente agli inconvenienti e pericoli delle enormi forze centrifughe, nonchè dello scentramento del baricentro di ogni singolo disco rotante. Fra tali inconvenienti e pericoli delle turbine a vapore devono venire notati i seguenti : a) Le forze centrifughe e le azioni termiche dilatano le periferie esterne dei dischi —_ _mr_——r_ 11 CR rotanti e quindi pos:ono avvicinarle troppo pericolosamente alle periferie dei recipienti, dalle quali generalmente devono distare immensamente poco, affine di rendere piccole tanto le fughe di vapore, quanto le resistenze dell’ ambiente ; b) Le forze centrifughe possono apportare il distacco di qualche particella di materiale rotante, e quindi possono cagionare gravi danni a tutto il meccanismo ; c) Gli scentramenti dei baricentri dei dischi danno luogo ad irregolarità di an- damento, ad azioni mariellanti e romorose sui sopporti degli assi. I principî delle turbine idrauliche in applicazione alle turbine a vapore. Come nelle iurbine idrauliche, 1° effetto utile delle turbine a vapore dipende da tra- sformazioni dirette od indirette di energia cinetica in lavoro dinamico esterno. I.) Sono dirette le trasformazioni, quando i getti fluidi incanalati sulle palette mo- bili hanno l’ istessa pressione dell'ambiente, e menire arrivano sulle medesime con . velo- cità assolute rivolte nell’ istesso senso della loro velocità periferica, si dipartono dalle medesime con velocità relative rivolte in senso opposto, e quindi con velocità assolute minime. Le velocità assolute d° entrata vengono considerate scomposte in due velocità, l una eguale alla velocità assoluta periferica delle palette, l’ altra la cosiddetta velccità relativa, che evidentemente deve essere rivolta tangenzialmente ai lembi delle palette mobili, affin- chè non abbiano luoco nè urti, nè vortici nei getti fluidi. Le velocità relative di questi sulle palette vanno diminuendo dall’ entrata all’ uscita in causa degli attriti e degli incurvamenti (in generale molto sentiti) delle pareti: è piut- tosto forte nelle turbine a vapore, inoltre è pregiudizievole, in quanto che la soverchia velocità relativa può intaccare il materiale delle palette, e quindi euastare la loro con- formazione in modo da produrre nuovi urti e vortici. I fatti in discorso sono proprii alle turbine agenti per azione. Queste presentano i vantaggi considerevoli di mantenere compatti ì getti fluidi, senza fughe e spruzzamenti (quindi con minori perdite di rendimento), inoltre di permettere attlussì parziali (su parte delle corone), senza dar luogo a nuove perdite di rendimento. II.) Sono indirette ed indirette le trasformazioni, quando i getti fluidi entrando nei canaletti mobili posseggono oltre certe velocità assolute e relative (come nelle anzidette turbine a pressione), una certa sovrapressione rispetto alla pressione dell'ambiente. Tale sovrapressione obbliga i getti a riempire completamente i canaletti mobili, come in tanti tubi di condotta sforzata. Quindi basta la più piccola comunicazione coll’ ambiente per produrre fughe di vapore e conseguenti perdite di effetto utile. La sovrapressione poi dà luogo ad un aumento della velocità relativa, e quindi in generale a maggiori resistenze passive entro i canali mobili. Queste però possono essere minori, perchè le palette mobili sono meno incurvate che nelle turbine a pressione. La maggiore velocità relativa all’ uscita (rivolta in senso contrario alla velocità peri- iiRSee= ferica delle palette mobili) può essere un impedimento al conseguimento d'un minimo di velocità assoluta d° uscita. La caratteristica fondamentale delle turbine a vapore è quella di possedere, tanto nei canaletti mobili che nei getti fluidi, velocità enormi, alle quali corrispondono dimensioni tutte estremamente piccole. Invero nelle turbine a vapore i canaletti sono in numero enorme (affine di dirigere bene i getti fluidi) ma sono minuscoli in tutti i sensi, e rispetto ad essi i giuochi fra le parti mobili e fisse, sebbene estremamente piccoli, pure acquistano una importanza relativa considerevole. Mentre in generale si può dire che nelle turbine idrauliche i costruttori non si peri- tano di accrescere le velocità (specialmente quando si tratta di cadute piccole), affine di soddisfare meglio alle esigenze di molte applicazioni: invece nelle turbine a vapore i co- struttori attuali tendono decisamente a diminuire tutte le velocità. Soltanto De Laval restò fedele alla sua prima idea di attaccare il problema delle turbine a vapore in tutta la sua semplicità, che consiste nel trasformare tuita 1° energia termica del vapore in energia cinetica mediante il suo tubo d’efflusso, da lui studiato alla perfezione; indi nel fare agire getti fiuidi sulle palette mobili soltanto per pres- sione, quindi nel dare ai medesimi una velocità relativa d’ entrata non molto superiore alla velocità periferica delle palette, dimodochè la velocità relativa all’ uscita risulti pres- sochè eguale a tale ultima velocità e ne consegua una minima velocità assoluta d’ uscita. Adunque la velocità nelle turbine De Laval sono le più grandi che si possano avere e le difficoltà costruttive vi si trovano in un grado superlativo. Ma De Laval fece stupire tutto il mondo tecnico coll ingegnosità delle sue costru- zioni minuscole e terribilmente veloci, e riuscì a dimostrare che perfino il consumo del materiale delle palette non ha nulla di esagerato : siffatto consumo sembra dovuto più alle particelle acquee e ad altre impurità contenute nel vapore acqueo, piuttostocchè al fluido stesso. Oggidì anzi è svanita la fama di divoratrici di vapore che s'era divulgata nei pri- mordii della turbine De Laval Ma finora il campo d'azione di tali turbine non fu esteso a potenze grandi. Parecchi costruttori (Curtis, Stumpf, Zoelly ecc.) accettarono il principio della trasformazione completa dell’ energia termica del vapore in energia cinetica attraverso i tubi studiati da De Laval, ma affine di diminuire le enormi velocità, seguirono altre vie. Essi diminuirono la velocità periferica assoluta della prima corona di palette mobili, quindi dovettero ingrandire notevolmente la velocità relativa d° entrata dei getti fluidi: ne conseguì una velocità relativa d° uscita pure assai considerevole, e quindi una velocità assoluta d’ uscita pure considerevole e molto inclinata rispetto alla periferia in moto. Perciò i medesimi costruttori dovettero raccogliere e guidare i getti fluidi precedenti, mediante una corona di palette distributrici fisse, sopra una seconda corona di palette mo- bili infisse sull’ istesso asse della prima corona, operando su quella corona come su que- sta: e così via via di seguito mediante un numero di corone di palette fisse e mobili non molto grande, fintantochè 1 getti fiuidi uscenti dall’ ultima corona risultarono dotati di pic- cole velocità d’ uscita, quelle sufficienti a scaricarli nel condensatore. — 283 — Già va inteso che l’ambiente di tutte le corone accennate risultò dotato di una pres- sione soltanto un poco superiore a quella del condensatore, e che quindi tutti i getti con- siderati agivano per semplice pressione e non per sovrapressione; perciò dovevano risul- tare di minima importanza le fughe di vapore. L'ingegnere Parson prese invece altra via notevolmente diversa. Forse, perlomeno, avendo egli dei dubbi sulla possibilità effettiva di trasformare immediatamente tutta la energia termica in energia cinetica mediante tubi De Laval, i quali richiedono sovra- tutto la condizione di produrre efflussi a bocca completamente piena (come già dimo- sirammo precedentemente); progettò di suddividere la totale caduta di pressione del va- pore (dalla pressione del tubo di condotta proveniente dalla caldaia alla pressione del con- densatore) in un grandissimo numero di cascate piccolissime entro una serie alternata di corone di palettine curve fisse e mobili. Perciò nella prima corona di palettine fisse il vapore perde un po’ di pressione, ma acquista un po’ di velocità che porta in direzioni appropriate sopra la seconda corona di palettine mobili, in modo da entrare in queste senza urti. Entro la seconda corona di palettine mobili, il vapore perde ancora un po’ di pressione, ma acquista un po’ di velocità relativa, ed agisce sulle palettine anche per sovrapressione. La velocità assoluta d’ uscita del vapore dalla seconda corona di palettine mobili ri- sulta ridotta, perchè la velocità relativa è in direzione opposta a quella della velocità pe- riferica delle palettine mobili. Colla medesima non grande velocità assoluta d’ uscita, i filetti di vapore entrano senza urti (se gli angoli delle palettine sono tracciati convenientemente) in una terza corona di palettine fisse, sulle quali perdono un po’ di pressione, ma acquistano ancora un po’ di ve- locità assoluta. Con tale velocità i filetti si portano senza urti sopra una quarta corona di palettine mobili, e su queste perdono un po di pressione ed acquistano un po’ di velocità relativa, agendo anche per sovrapressione sulla corona. Colla velocità assoluta di uscita dalla quarta corona di palettine mobili, i filetti di vapore si portano sopra una quinta corona di palettine fisse, e così via via di seguito fino all’ ultima corona di palettine mobili precedenti il con- densatore. Tmtte le corone di palettine fisse sono applicate internamente sugli involucri cilindrici, e le corone di palettine mobili sono applicate esternamente sulla superficie di grossi cilin- dri costituenti 1’ asse motore. Adunque si può dire che il vapore sì dispone intorno all’ asse in una lama anulare di filetti serpeggianti flessuosamente, senza bruschi gomiti, se le palettine sono tracciate opportunamente, e quasi senza intervalli, se le palettine sono esili e se i giuochi fra le corone mobili e le fisse sono estremamente ridotte. Nella lama anulare accennata i filetti di vapore vanno perdendo continuamente di pressione e vanno variando dolcemente le loro velocità assoluta e relativa, abbandonando alla fine la turbina con quella piccola velocità assoluta che è assolutamente necessaria affinchè possano scaricarsi nel condensatore. = Naturalmente avvengono fughe di vapore attraverso i giuochi anzidetti, ma la disposi- zione sinuosa di questi e la piccolezza delle sovrapressioni che le producono, sono ra- gioni assai buone per ritenere che la loro importanza complessiva non possa risultare troppo forte. Invece il numero stragrande di urti possibili contro i lembi dell'enorme numero di palettine minuscole, e così pure gli attriti ed i movimenti discordanti secondarî (a vor- tici ecc.) sulle medesime, fanno prevedere in parecchie circostanze un notevole disperdimento di energia cinetica. Ma il Parson ed i suoi colloboratori sono indefessi ed ingegnosissimi nel superare le difficoltà accennate, e così pure le altre derivanti dalle spinte assiali sulle palettine mo- bili, dalle fughe di vapore verso al condensatore ed in generale verso all’ ambiente, dal congegnamento del condensatore in continua regolare relazione colla turbina, dal regola- mento della portata del vapore nei casi di lavoro molto superiore od inferiore al nor- male ecc., ecc. Le turbine Parson sono oggidì fra ie più divulgate in molti paesi, anco per appli- cazioni grandiose: furono le prime importate in Italia. L'ingegnere france:e Rateau, da meno di un decennio, si applicò con grande amore ed ingegno allo studio teorico ed esperimentale delle questioni attinenti alle turbine a va- pore, ed seguito ai suoi studi escogitò un nuovo tipo di turbine a vapore, che ben presto prese credito in Francia in Isvizzera ecc., ecc. Le differenze costruttive rispetto alle turbine precedentemente indicate sono parecchie e rimarchevoli, ma la differenza sostanziale rispetto ai principî scientifici, si è quella che il vapore attraversando successivamente parecchie corone di canaletti curvi fissi e mobili, perde eradatamente di pressione soltanto nei canaletti fissi, ed invece attraversa i ca- naletii mobili in vene compatte, come nelle turbine a semplice pressione. Per tale motivo (e per altre ragioni costruttive) sì può ritenere che le fughe di va- pore risultino ridotte complessivamente ad un minimo. Resta però sempre la possibilità di forti resistenze passive entro i canaletti mobili. Oltre alle idee finora esposte, molte altre modificazioni delle medesime od anche nuove del tutto, furono emesse da distinti progettisti e costruttori, tanto, dice il Prof. Stodola, da lasciare affermare che quasi nulla di più si possa escogitare. Ma già | esperienza ha fatto giustizia di non poche delle nuove idee, e forse presto ci dirà quali altre debbano esserne messe in disparte. Spetta ora alla scienza sperimentale continuare a sviscerare profondamente, coll’ aiuto dei moderni perfezionati mezzi di ricerche e di calcolo, i fatti riguardanti il moto del va- pore saturo o sovariscaldato entro svariati canaletti, in varie condizioni di pressioni, di curvature, di sezioni ecc., ecc. I più distinti costruttori hanno già dimostrato che le più gravi difficoltà costruttive possono venire superate, od almeno eliminate. Per ora non possiamo dar loro torto se fanno il possibile per tenere segreti od al- meno oscuri ed incerti alcuni loro dati e tracciati, la mancanza dei quali per ora non ci fa lecito di sviscerare i confronti fra gli attuali migliori tipi di turbine a vapore, in maniera da potere giudicare quali siano i preferibili in date circostanze. Sappiamo, per esempio, che la Casa Escher-Wyss di Zurigo ha fatte numerosissime esperienze per le sue turbine Zoelly, ch'essa per ora non intende pubblicare In altre parole non è lecito per ora ai tecnici spassionati sentenziare affrettatamente, nè gelorificando, nè deprezzando le turbine a vapore, le quali ad ogni modo sono un vanto della meccanica industriale dei primi anni del secolo attuale. Per ora abbiamo poche serie di esperienze ben condotte le quali ci permettano un confronto fra il rendimento delle nuove turbine a vapore e delle comuni motrici a vapore. Dalle medesime esperienze sembra accertato finora che il rendimento delle turbine a vapore può perfino superare quello delle comuni motrici a semplice e a doppia espansione, ma che invece è superato (sebbene di assai poco) dalle grandiose comuni motrici a tripla espansione, le guali però sono macchine colossali e complicatissime, mentre le turbine a vapore sono macchine assai semplici e pochissimo ingombranti. Siffatti vantaggi sarebbero assolutamente decisivi nella navigazione a vapore, se non vi ostasse l’ inconveniente capitale della non reversibilità del moto di una turbina a vapore. Serie VI. — Tomo I. 30 e NO _ al n n) n 4 1912 Ce QUI Ù è î Ù te Vest ì n inflaz I Li Ò E #9 è a ad T 2g di DARESTE, "© PENA si viari Tsi A, sd A steso! vai pi ateit No Aeree cin ie di, A AAA TA ili re SORT TI RO rali we. RIA FATA : ARMANI FORA RAT AA MP sit SETTI 14 GIRI Mijde ‘ade aa ATTO nie MERA Ù Vit LÌ hi iv Hi Nat agrari (alp? Pu MERASAITO) Ho IE aù tapeti iran dia nti mi Gute MALATA 8A i NERI O TIT MCP MAffe%, ME "TO. 1 ; W CLES IA i bre a fi ed riini?, PE VU N AA MItITtRO, KH P Ù Miri vidi ( TUT î ‘ bi Ma TATA Aa ti La MESTRIEAIO , È litica | {tarli Dziia IT intro 4 A © 3. (4 L14714 sota li{pyo } ita {dt 1) : i : reso Mag (vg tiAIti 4 MR. i UTTTLI n LET it, : rl Aero] : tali P rale nti ma basi anime 4 di Vi? n DIVDCALIUATILP f ano i gf ta SULLA PRESENZA DI LARVE DI MOSCA NELL INTERNO. DEL CORPO UMANO COMUNICAZIONE LETTA NELLA SESSIONE DELL’8 MAGGIO 1904 DAT. Dott. LUIGI MAZZOTTI La letteratura medica degli anni passati e presenti non è scarsa di notizie intorno a casì di larve di mosca sviluppatesi nel corpo dell’uomo. Però i Trattati di Patologia per la masgior parte non ne parlano; quelli di Parassitologia toccano bensì l’ argomento, ma si limitano a riferire alcuni casi, senza attribuirvi grande importanza. Le notizie più nu- merose e più esatte si trovano nei Trattati di Zoologia medica, i quali per vero si occu- pano massimamente della parte zoologica, ossia dei generi e delle specie a cui apparten- gono le larve vedute nell’ uomo e solamente in via secondaria trattano delle affezioni morhose che esse possono produrre. Fra le monografie intorno a questo soggetto, le quali invero devono essere piuttosto scarse, una delle più recenti e più notevoli è, senza dubbio, quella del Peiper (1). Quest’ autore tratta estesamente 1° argomento non solo dal punto di vista zoologico, ma anche da quello medico, e, sulla base di molte osservazioni raccolte, espone tutto quanto riguarda la patologia: l’ opera è adorna di figure ed accompagnata da una bibliografia antica e recente molto ricca, quantunque poco ordinata. Questa monografia del Peiper mi è stata di non poco giovamento nella compilazione di questa memoria. Rispetto alla sede del corpo umano che può venire invasa dalle larve di mosca, si è fatta la seguente distinzione. In alcuni casi le larve sono state trovate all’ esterno del corpo, ossia nella pelle e nelle cavità che colla pelle hanno diretta e facile comunicazione, come il naso, la gola, gli occhi, gli orecchi, l’ ano, la vagina e Vl uretra. In altri casi invece esse vennero espulse da organi interni, e massimamente dallo stomaco e dall’ intestino. (L) Peiper E. — Wegenlarven als gelegentliche Parasiten des Menschen. Berlin. Louis Mar- cus. 1900. Con 41 figure intercalate nel testo ed una bibliografia in fine. — 2358 — Quindi abbiamo : larve di mosca all’ esterno e larve di mosca nell’ interno del corpo umano Queste larve nell’ una sede e nell’ altra possono stare come parassiti accidentali senza ledere le parti; oppure possono cagionar alterazioni più o meno gravi. Ai processi morbosi provocati dalle larve di mosca venne assegnato dall’ Hope (1) il nome di Myiasis. Avremo quindi un parassitismo accidentale esterno ed uno interno ; una miasi esterna ed una interna. In questo scritto io intendo di non occuparmi del parassitismo esterno e delle miasi esterne, ma di limitarmi all’ argomento della presenza di larve di mosca nei visceri interni, avendo massimamente di mira la questione se siano capaci di provocare disturbi 0 cagio- nare alterazioni anatomiche. Del pari non mi diffonderò a discorrere delle malattie provo- cate dalle larve nel Messico, nella Guiana, in varie regioni dell’Africa ed in generale nei paesi caldi, rimandando ai libri di Patologia esotica, non che alla monografia del Peiper chi voglia estendere le proprie cognizioni intorno a quest’ argomento ricco di molte ed interessanti pubblicazioni. Io mi restringerò a quei casi che si verificarono nei nostri paesi. Cominciando dall’ apparecchio digerente mi sembrano degni di nota alcuni casi, in cui le larve vennero cacciate fuori col vomito, il che porta ad ammettere che avessero loro sede nello stomaco. Già fino dal 1866 il Meschede (2) descrisse il caso di un ragazzo di sette anni, il quale ammalò con febbre, delirio, perdita d° appetito, dolore alla regione epigastrica: mediante un emetico emise con vomito larve viventi di mosca che l'Autore ritenne venissero inghiottite col latte. Un caso simile fu pubblicato dal Bachmann (3): si trattava di un uomo robusto dedito al bere, il quale da anni soffriva di disturbi di stomaco. Questi una volta col vomito emise certi vermi speciali riconosciuti come larve di mosca (non se ne potè determinare la specie), il qual fatto si ripetè altre volte ed il vo- mito era preceduto da crampi dolorosi al ventricolo: alcuni vermi eguali si videro anche nelle feci. Il Bachmann pensò che le ova, da cui si svilupparono le larve, venissero intro- dotte colla carne cruda di cui luomo faceva uso; prescrisse un infuso di polvere inset- ticida, dopo di che avanzi di larve vennero espulsi colle feci. L’ Hoffmann (4) vide un malato di stomaco, sofferente massimamente di vomito, il quale una volta emise parecchie centinaia di larve vive. Una parte di esse si potè sviluppare ed il Prof. Mik di Vienna ricavò un esemplare di Zomalomyca incisurata, Zett e di Homalomyca canicwaris L. Le larve di quest’ ultima mosca sono molto rare e, secondo il suddetto Professore, possono produrre alterazioni qualitative e quantitative del succo gastrico, come nel caso in discorso. Il caso più noto di larve di mosca espulse dallo stomaco è quello del Senator (5). (1) Hope, citato dal Peiper -- Zliegerlarven ecc. pag. 5. (2) Meschede F.-- Ein Fall von Errankung hervorgerufen durch versehlucke una leben- den in Magen verweilende Maden. Arch. f. pathol. Anat. Phys. wad fur klin. Med. herausg. von R. Virchow. Berlin 1866. Vol. XXXVI, pag. 300. (3) Bachmann. — £in Fall von lebenden Fliegenlarern in mensehlichen Magen. Deutsche med. Wochenschrift. Berlin. 1868. 24 Marzo N.° 12 pag. 193. (4) Hoffmann. — Bettrige sur medicinischen Zoolologie. 1° Ein Fall von lebenden Fliegen- larven in menschlichen Magen. Minchener med. Wochenschrift, 1886. N.° 13. (5) Senator H. — Veber lebende Fliegenlaro:n in Magen und in der Mundhòle. Berlin. klin. Wochensch. 1890. N,° 7. — 239 — Si tratta d'un uomo di 28 anni, il quale emise col vomito una quantità di vermi viventi. Un anno e mezzo più tardi emise tredici vermi senza vomito, ma semplicemente collo sputo, e più tardi col vomito una dozzina di altri vermi che, come gli altri, avevano | aspetto di larve di mosca. Il clinico berlinese pensò che le larve vomitate provenissero dallo sto- maco e quelle sputate o dalla faringe o dalle coane; ritenne pure che le ova penetrassero mediante i cibi. Questa comunicazione diede occasione a due note intorno all’ argomento. In una lo Scheiber (1) espresse il parere che le larve sputate nel caso del Senator provenissero dalla faringe, per analogia con quanto avviene per gli estri degli animali ; ammise pure che le ova si introducessero nello stomaco con carne guasta o con formaggio. L' Hildebrand (2) raccontò il caso d’ una signora di 35 anni, la quale dopo breve nausea emise, circondati da muco, 60-70 vermi riconosciuti come larve di mosca. Escluso il dubbio di simulazione, quest’Autore pensò che le ova fossero state introdotte coll’ uva. Più vicino a noi il Cohn (3) raccontò d’un bambino di tre mesi nutrito artificial mente con latte di vacca, il quale soffriva di dolori addominali e di vomito. Nei grumi di latte vomitato la madre vide più volte gruppi di vermi viventi. Dall intestino sia spon- taneamente, sia mediante clisteri uscivano grani speciali biancastri bene distinti dalle feci, da cui si svilupparono vermi simili a quelli emessi col vomito. I vermi vomitati e quelli sviluppati dai grumi fecali furono riconosciuti come larve di mosca, e precisamente (a giu- dizio del Prof. Schulze) della mosca domestica, le cui ova, secondo lui, sarebbero state deposte sulle labbra del bambino mentre dormiva. Finalmente in questi ultimi giorni il Florentin (4) presentò alla Società biologica di Parigi alcune larve di mosca vomitate da una bambina di undici anni, che aveva sofferto di dolori allo stomaco e di disturbi nervosi generali. L'Autore ritenne che queste larve appartenenti all’ Yomalomycea canicu- laris non fossero mai state osservate nell’ uomo; invece, come dissi, vennero già vedute nel caso dell’ Hoffmann poco sopra ricordato. In alcuni dei casi surriferiti i disturbi associati alla presenza di larve di mosca si verificarono da parte non solo dello stomaco, ma ancle dell’ intestino, dal quale anche vennero espulse. Orbene le osservazioni di casi, nei quali le larve vennero emesse unica- mente da questa sezione dell’ apparecchio dicerente, sono assai più numerose, tanto che riescirebbe difficile e lungo il raccoglierle ed il riferirle. Non voglio però lasciar 1° occa- sione senza ricordare un’ osservazione inedita che genti)mente mi venne comunicata dal- l’amico Prof. Giovanni D' Ajutolo. Trattasi d’ una giovane signora isterica, la quale circa venti anni fa emise colle feci una diecina di larve riconosciute agevolmente come appartenenti ad un dittero: qualche giorno prima ella si era lagnata di dolori all’ addome. (1) Scheiber. -- Einige Bemerkungen zu dem Vortrag des Herren Geheimrath Prof. Senator : Ucber lebende Fliegenlarven ecc. Berlin. klin. Wochensch. 1890. N. 18. (2) Hildebrand. — Erbrechen von Fliegenlarven. Berl. klin. Wochensch. 1890. N.° 19. (3) Cohn M. — FQegeneier in der Entlecrungen einer Siuglings. Deutsche med. Wochensch. Berlino 1898, 24 Marzo N.° 12 pag. 191. (4) Florentin M. — Myiasis gastrique due a l Homalomyca canicularis. Soc. de Biologie de Paris. Seduta 26 Marzo 1904. La Semaine medicale. Paris. 1904, 30 Marzo N.° 13 pag. 101. — 240 — E poichè l’ argomento mi conduce aggiungerò una nozione interessante e cioè che larve di mosca talvolta hanno albergato negli intestini di persone affette da anemia da anchilo- stoma duodenale e che si trovarono appunto nelle feci in compagnia di questo parassita. Osservazioni di questo genere furono rese note dal Perroncito (1), dal Graziadei (2), da Canali e Riva (3), da me stesso (4) e da Abbamondi e Cipollone (5). Il Per- roncito poi sanziona esplicitamente il fatto nel suo Trattato (6). In questi ultimi anni, avendo avuto occasione di curare non pochi infermi di anemia da anchilostomiasi, io risconirai nelle feci di tre persone affette da questa malattia ed appartenenti alla stessa famiglia (la madre e due figli) alcune larve di dittero; e ne riferisco brevemente le storie. Larve di mosca in persone ammalate per anemia da anchilostomiasi. 1. Claudia..... nacque da genitori sani in un salubre paese delle montagne bolognesi. Da giovane ammalò di pleurite, dopo la quale andò soffrendo ad intervalli di dolori qua e là, di inappetenza e talvolta di tosse. Nel 1894 all’età di ventinove anni si maritò ad un uomo sano dello stesso suo paese. Nel 1897 col marito e con due bambini, che già le erano nati, emigrò al Brasile; là si stabilirono nella Provincia di Minas Geraes e si occu- parono nella coltivazione del caffè. Trascorsi poco più di due anni, ossia in principio del 1900, il marito cominciò ad impallidire, a perdere le forze ed a soffrive di battito di cuore e di affanno di respiro. Dopo qualche tempo la donna pure cominciò a deperire colle medesime sofferenze : lo stesso fecero i suoi bambini, e cioè uno di quelli portato dal- l’Italia ed un altro nato al Brasile. Siccome queste sofferenze si accrebbero tanto da impe- dire loro di lavorare, così decisero di rimpatriare nel 1902. Sventuratamente nella traver- sata del mare il marito morì di una malattia acuta, che si disse febbre malarica. La donna giunta a Bologna stremata di forze fu accolta coi due bambini all’ Ospedale Maggiore. La madre dell’ età di 37 anni entrò in Ospedale il 7 Giugno 1902 presentando note- vole anemia (emoglobina 30%; globuli rossi 2, 325,000; globuli bianchi 4950); nelle feci poi si riscontrarono ova di anchilostoma duodenale e di ascaride lombricoide. Sottoposta alla cura del timolo, il 13 Giugno emise un centinaio d° anchilostomi e sette ascaridi. Il 23 Giugno, dopo aver preso lo stesso rimedio, evacuò una ventina di anchilostomi e un asca- ride. Il 30 Giugno, ‘dopo aliro timolo, sì rinvennero nelle feci sette anchilostomi, più sedici vermiciattoli riconoscibili come larve di mosca già morte. Dopo d’ allora nelle feci, esa- minate con molta cura, non si rinvennero più parassiti. La donna a poco a poco si rimise ed escì guarita il 14 Settembre 1902. Interrogata più volte ella assicurò di avere evacuato sempre regolarmente e di non avere mai risentito nè dolori, nè altri disturbi da parte del- l’ intestino. (1) Perroncito E. — Giornale della R.* Accad. di med. di Torino. Anno 1882. Seduta 10 Febbr. N. 1-2 pag. lb. (2) Graziadei B. — Sopra una larva di dittero trovata nell’ intestino umano. Giorn. R.* Accad. med. Torino 1882. Aprile N.° 4 pag. 343. (3) Canali L. e Riva A. — Sull’anchilostomiasi nella Provincia di Parma e sopra un dittero parassita dell intestino umano. Giorn. R.* Accad. med. Torino 1889. N.° 11-12 pag. 585. (4) Mazzotti L. — L'anemia da anchilostomiasi nel territorio bolognese. Bullett. delle Scienze mediche. Bologna 1891. Fase. 6.° Giugno pag. 333. (5) Abbamondi L. e Cipollone L. T, — Un caso d’ anemia da anchilostoma duodenale, con presenza di larve di dittero. Giorn. medico del R.° Esercito e della R.* Marina. Roma 1894, pag. 513. (6) Perroncito E. — / parassiti dell’uomo e degli animali utili e le più comuni malattie da essi prodotte. Milano, Vallardi. 2.* Ediz. 1902, pag. 572. e Ou — 2. Angiolina..... fielia maggiore della precedente contava l’ età di 7 anni, allorchè entrò in Ospedale il 28 Maggio 1902, avendo da principio un po’ di febbre, che ben presto cessò. QI Anemica ella pure, quantunque ad un grado minore della madre (emoglobina 53%; glo- buli rossi 3,369, 700; elobuli bianchi 10,230) presentò nelle feci alcune ova d’ anchilo= stomi. Il 13 Giugno, dopo la somministrazione del timolo, emise pochi anchilostomi, sei ascaridi lombricoidi, e cinque larve di mosca. Il 24 Giugno, parimenti dopo il timolo, si trovarono nelle feci, oltre ad una diecina d’ anchilostomi, quindici ascaridi, senza alcuna larva di mosca. In seguito la bambina emise soltanto qualche anchilostoma, riacquistò presto la salute e potè uscire guarita il 2 Agosto 1902. Ella pure assicurò di non aver sofferto il menomo disturbo intestinale. 5. Giovanni..... A anni 3 figlio minore della Claudia entrò in Ospedale il 3 Giugno 1902 con febbre (massimo di temperatura 39°, 9). Egli puve si riconobbe affetto da anemia da anchilostomiasi (emoglobina 52%; globuli rossi 3, 782,000; globuli bianchi 8,370; ova d’ anchilostoma nelle feci). Nei bambini il timolo riesce difficile da somministrarsi, poichè in polvere con ostia non lo deglutiscono ed in emulsione lo rifiutano pel suo sapore assai soradevole. Perciò io ricorsi al carbonato di timolo o timotale, consigliato dal Pool (1). Il 12 Luglio dopo Grammi 1,50 di questo rimedio dato in una mucilaggine con sciroppo, il bambino non cacciò fuori alcun anchilostoma, ma bensì sedici larve di mosca. Il 16 Luglio il rimedio fu ripetuto ed anche questa volta il bimbo emise sei piccole larve di mosca, ed altre quindici il giorno successivo senza verun anchilostoma. Fu tentato parec- chie altre volte il timotale, elevando la dose fino a quattro erammi, ma non si ottenne mai l’ espulsione nè d’ anchilostomi, nè di altri parassiti e nemmeno di altre larve di mosca. Lo stesso risultato negativo si ebbe coll’ estratto etereo di felce maschio e col calomelano. Siccome però nelle feci esistevano manifestamente ova d’ anchilostomi, così io mi rivolsi al timolo, che mi aveva sempre corrisposto e lo somministrai in emulsione introducendolo nello stomaco del bambino, mediante la sonda esofagea. Infatti il 13 Agosto dopo la prima somministrazione di timolo egli espulse 22 anchilostomi, ed altri ne emise in seguito dope che il rimedio venne ripetuto ad alcuni giorni di distanza. Il piccolo infermo presto qQua- daenò nella sanguificazione, non presentò più ova d’ anchilostoma nelle feci ed escì gua- rito il 14 Settembre 1902. Per quanto si potè rilevare, questo bambino al pari della sorella e della madre non manifestò mai disturbi funzionali da parte dell’ intestino. Questi casi vanno aggiunti a quelli pubblicati da altri, nei quali le larve di mosca coesistevano nell’ intestino umano cogli anchilostomi e con altri parassiti. Tale coincidenza non indica già una diretta relazione fra le larve ed i parassiti, ma rappresenta una sem- plice accidentalità. E se noi ci domandiamo: per quale ragione in questi casi le larve di mosca furono trovate nelle feci insieme ai parassiti? La risposta è ovvia: gli è che i medici cercando gli anchilostomi si presero la cura di esaminare diligentemente le materie fecali dei loro ammalati. In generale a questi residui si suole guardare piuttosto super- ficialmente ed un esame minuzioso si fa soltanto allorchè esistono per ciò speciali ragioni, quale è appunto la ricerca degli anchilostomi, che per la loro piccolezza sfuggirebbero ad un’ osservazione grossolana. Anzi a questo proposito calza molto opportunamente un’ osserva- zione pubblicata dall’ Ewald (2). Si trattava d’ un giovane russo, che aveva dimorato in Egitto, aveva avuto la tenia ed ultimamente soffriva di dolori di stomaco. Preoccupatissimo del suo male, egli esaminava minutamente le sue feci : ciò facendo, una volta trovò due pic- (1) Pool I. E. —- ZAymotal, a new remedy for ankilostomiasis. Vhe medical news 1901. N.° 9. Centralblatt. fur die med. Wissensch. Berlin 1901. N.° 50, pag. 857. (2) Ewald ©. — Sarcophaga carnaria Larven in Stuhl. Ad. della Soc. di Med. int. di Berlino del 13 Genn, 1902. Deutsche med. Wochensch. Vereins-Beilage. Berlin 1902. 6 Febbr. N.° 6 pag. 42. — 242 — ; coli vermi, che un medico ritenne come anchilostomi. L’ Ewald però ne rilevò tosto la differenza e li giudicò come larve di mosca, giudizio che venne confermato anche da altri. Anche qui dunque le larve si trovarono da chi preoccupato dei proprii mali e dal timore della tenia faceva un minuto esame delle sue materie fecali. Tutto ciò conduce a pensare che l'intestino umano alberghi non di rado alcune larve di mosca, e che vengano anche espulse colle feci. Se queste larve sono in piccolo numero, facilmente non si vedono, perchè sepolte frammezzo alle masse escrementizie, mentre si trovano solo in quei pochi casi, nei quali per speciali ragioni si esegue un esame minuto delle suddette materie. Anzi il Cohn (1) ammette che le ova di mosca penetrino frequentemente nell’ apparecchio alimentare del- l’uomo; ma che per lo più rimangano distrutte dai succhi digerenti e solo qualche volta dieno luogo allo sviluppo di larve. In tutti questi casi, di cui venni brevemente parlando, non si verificarono disturbi apprezzabili da parte delle funzioni dell’ intestino : lo stesso dicasi di alcuni altri, dei quali mi riescì di consultare le storie, ove le larve si riscontrarono come reperti casuali. Ma non mancano gli scrittori, che alle larve di mosca attribuirono alterazioni più o meno notevoli nel modo di funzionare dell’ intestino. Così il Wacker (2) fino dal 1883 pubblicò la storia d'un contadino, che soffriva d’ incommodi digestivi, soprattutto di stitichezza, e che dopo aver presa acqua di Hunyadi Ianos e santonina emise alcune larve di mosca. Per |’ opposto nel caso dell’ Henschen (3) l infermo soffriva di dolori colici ed evacuava più volte al giorno materie sottili, giallognole con masse mucose e membranose, mentre a poco a poco andava dimagrendo : mediante pillole di felce maschio emise grande quan- tità di larve di mosca e con altre cure si liberò del tutto. Parimenti in un caso illustrato dal Calandruccio (4), l’ infermo, che albergava le larve, soffriva di dolori di ventre. In generale però |’ opinione prevalente, almeno secondo leggesi nei trattati, si è che le larve pro- ducano più di frequente il sintoma della stitichezza. In tutti questi casi però si parla sempre di disturbi funzionali dell’ intestino avvertiti da persone viventi e mai di reperti anatomo-patologici nei cadaveri; quindi manca la dimostrazione che le larve rappre- sentino la vera cagione dei disturbi, e molto più che dieno luogo ad alterazioni materiali dell’ intestino. In altre parole non possediamo ancora fatti assodati, i quali provino la esistenza di una particolare malattia, da indicarsi col nome di Myiasis intestinalis. Stavano a questo punto le cose allorchè lo Schlesinger (5) il 21 Novembre 1901 ( ) Cohn. M. Ftiegeneier in den Entleerungen einer Stiuglings. Deutsche med. Wochensch. Berlin 1898, 20 Marzo N.° 12 pag. 191. (2) Wacker. — Veber das Vorkommen der Larven von Anthomyia cuniculina in menschli- chen Dermkanatle. Aerzt]. Intell. Blatt. 1883 N.° 11. Centralblatt fir die med. Wissenschaften. Berlin 1888, 16 Giugno N.° 24 pag. 431. (3) Henschen S. E. — Fliegenlarven im Darm als Ursache einer chronischen Enteritis pseu- domembranacea. Wiener klin. Rundschau. 1896. N.° 38. Centralblatt f. d. med. Wissensch. Berlin 1897, 10 Luglio N.° 28 pag. 490. (4) Calandruccio S. — Zrsetti parassiti dell’uomo II° Larve di ditteri nell’ intestino. Gaz. degli Ospitali. Milano 1885. 21 Ott. N.° 84, pag. 668. (5) I rendiconti delle adunanze della Soc. di med. int. di Vienna sono riportati in diversi perio- dici tedeschi ed anche italiani. Centralblatt. f. innere Med. 1902, N.° 2, pag. 66 e N. 5 pag. 141. Wie- ner med, Wochensch, 1901, N.° 48, pag. 2266, pr — 243 — comunicò alla Società di medicina interna di Vienna la storia di un caso molto interessante che suscitò polemiche assai vivaci. Si trattava di un ingegnere di 23 anni, il quale un anno e mezzo prima della morte cominciò ad avere evacuazioni sanguigne, poscia sintomi di dissenteria, con emissione di pseudo-membrane senza tenesmo e senza febbre : ciò per la durata di circa tre settimane. Dopo tre mesi di sosta, ecco apparire nelle feci nuovo sangue e nuovo materiale mucoso e purulento. Più tardi, e precisamente alla fine di Maggio 1901, il paziente emise numerose larve di mosca in più volte, il quale fenomeno si rinnovò in Luglio, accompagnato da diarrea, da febbre non molto alta e da dimagri- mento. Nelle feci non si rinvennero altri parassiti, nè amebe, nè bacilli tubercolari. Fino dal Dicembre 1900 si rilevava una tumefazione in corrispondenza della porzione siemoidea del colon, e più tardi nel Maggio 1901 un’ altra un po’ più molle nella fossa iliaca destra. Alla fine insorsero sintomi di stenosi intestinale e 1° ingegnere morì a metà d’ Ottobre 1901 con fenomeni d’ inanizione. Il Weichselbaum ne eseguì la necroscopia e trovò notevoli e manifeste alterazioni, e cioè nel colon ascendente e trasverso la mucosa staccata e cri- vellata da piccole ulcerazioni, la muscolare in gran parte distrutta e la sotto-sierosa ingrossata : esistevano inoltre numerose ulceri sulla valvola ileo-cecale, nella flessura epatica, e nel colon discendente, nel qual luogo sporgevano eserescenze polipose. Nel cadavere non sì trovarono larve. Tanto lo Schlesinger, quanto il Weichselbaum giudicarono le lesioni del colon come cagionate dalla presenza delle larve; quindi ammisero che si trat- tasse di un caso di miasi intestinale o malattia da larva di mosca e come tale lo pubbli carono (1) Inoltre per spiegare il fatto che le larve vennero espulse più volte a distanza di tempo e con intervalli in cui mancavano affatto, emisero 1° ipotesi che queste larve si potessero moltiplicare come tali nell’ intestino stesso: fatto che in questi ditteri non si sarebbe mai osservato. La comunicazione dello Schlesinger all’ Accademia Viennese diede luogo ad una discussione che si protrasse per due adunanze. Alcuni oratori si limitarono a riferire alcune osservazioni personali di larve nel corpo dell’uomo; altri si mostrarono propensi ad accet- tare i concetti dello Schlesinger; altri infine li combatterono. Dopo la pubblicazione poi della memoria, il Gartner (2) attaccò lo Schlesinger con uno scritto molto acre ; questi rispose per le rime, e la polemica sarebbe andata in lungo chi sa quanto, se il Direttore del periodico non 1° avesse chiusa. In sostanza gli oppositori dello Schlesinger non negavano i fatti da lui riferiti, ma ammettevano che la malattia esistesse già prima nell’ intestino, e che le larve si fossero sviluppate dopo, avendovi trovato tutt’ al più una condizione a ciò favorevole. Tutti poi si mostrarono contrari al concetto della moltiplicazione della larve nell’ intestino umano, per la principale ragione che mancano di organi genitali. Ad ogni modo la comunicazione dello Schlesinger e la polemica sollevata diedero (1) Schlesinger H. e Weichselbaum A. -- Ueder Myiasis intestinalis (Die Fliegenlar- venkrankheit des Verdaungskanales). Wiener klin. Wochensch. 1902, N.° 1. pag. 1. (2) Gàrtner G. — Ueber die sogennante Fliegenlarvenkrankheit. Kritische Betrachtungen. Wiener med. Wochensch. 1902, 18 Genn. N.° 3 pag. 114. Serie VI. — Tomo I. 31 — 244 — una certa voga all’ argomento della presenza di larve di mosca nell’ intestino, per cui si pubblicarono altre osservazioni, che però non risolsero il quesito. Ed io già ricordai la storia del giovane russo pubblicata dall’ Ewald nel 1902, ora aggiungo che nelle adu- nanze del 5 e 12 Dicembre 1901 della Società dei medici di Vienna il London (1) rae- contò che a Gerusalemme ebbe ad osservare alcuni casi di dissenteria di un decorso tutto particolare, in uno dei quali si trovarono nelle deiezioni larve di musca vomitoria; me- diante calomelano e santonina si ottenne | espulsione di molte larve e la guarigione del- l’ infermo. Tre anni appresso s’ incontrò in un altro caso di dissenteria con emissione di larve di Homalomya scalaris, seguito da esito infausto. Finalmente non voglio tacere di un caso ricordato dal Feix in una delle suddette adunanze, perchè simile ad uno da me osservato e che or ora racconterò : si trattava d'un soldato che soffriva di dolori colici e di diarrea e che dopo l° uso del calomelano emise da 200 a 500 larve di mosca di specie non determinata, ottenendo dopo ciò la perfetta guarigione. Ed ora vengo al racconto del caso, che ebbi opportunità d’ osservare. Carcinoma dello stomaco, del fegato e del pancreas. Larve di mosca emesse dall’ intestino. Nessuna alterazione intestinale. Antonio..... d’ anni 52 bracciante di Malalbergo nella Provincia di Bologna, fu mandato per cura all’ Ospedale Maggiore di questa città il 12 Luglio 1901. Egli raccontava che da qualche mese soffriva di dolore vago, prima alla regione sotto- ombellicale poscia a quella epigastrica:; conservava buono | appetito, ma provava un senso di peso allo stomaco dopo il pasto, con sapore amaro in bocca massimamente al mattino: non ebbe mai nè vomito nè nausea. Soprattutto lo tormentava un’ insolita fiacchezza, la quale crebbe al segno da impedirgli di lavorare. Del suo male non sapeva indicare alcuna cagione: non fatiche eccessive, non mancanza d’ alimento, non emorragie, non disordini di veruna specie, non patemi d’ animo. Il malato era uomo di robusta complessione, bene conformato, con muscoli molto svi- luppati ma flaccidi (peso del corpo Kil. 71): la pelle aveva di color bruno, le mucose visibili molto pallide. L’addome regolare non indicava all’ esame alcun che d’ abnorme. L'unica cosa degna di nota consisteva in un dolore non molto forte, che ei provava, se sì premeva sulla regione epigastrica, mentre con tale atto non si rilevavano nè tumori, nè durezze, nè resistenze abnormi. Non esistevano edemi in veruna regione del corpo. Esame del sangue : Emoglobina (emometro v. Fleisch) 30-35 globuli rossi 3, 440, 000 » bianchi 6,000 rapporto 1 :575 valore globulare 0, 50. Vennero praticati due pasti di prova; uno con farina d° avena, l’altro con infuso di the e pane, ed ambedue le volte si verificò assenza assoluta d’ acido cloridrico. Fsaminate col microscopio le materie fecali non si trovavano ova d° anchilostomi 0 d’ altri parassiti. Negativo |’ esame delle urine. Temperatura normale. Allora io giudicai si trattasse d’ un cancro dello stomaco che avesse sede non al piloro, (1) Vedi Rendic. delle snddette Adunanze, — 245 — ma nella parete posteriore o nella piccola curvatura, in un luogo insomma non accessibile al palpamento. La mancanza però del tumore e quindi il dubbio che l anemia potesse di- pendere da altra cagione e più specialmenie dalla presenza di parassiti, mi indussero a prescrivergli il 27 Luglio una forte dose di calomelano, tanto più che l’ infermo era piut- iosio stitico. Infatti egli ebbe tre evacuazioni abbondanti. Nella prima, di materie semi- solide, si riscontrarono frammezzo a queste alcuni vermicelli; nelle altre due evacuazioni i vermi erano in maggior numero e commisti intimamente alle materie. Questi vermi age- volmente si riconoscevano come larve di mosca, o morte o dotate di poca vitalità : per numero in tutto superavano sicuramente il centinaio. Io tentai di far sviluppare qualcuna delle larve vive, ma tutte morirono rapidamente, per cui il tentativo non riescì. Qualche altra larva morta si vide anche nelle evacuazioni del giorno successivo; ma dopo non si riscontrarono più, quantunque io prescrivessi rimedi antelmentici, e facessi praticare irri- cazioni intestinali. Interrogato più volte il malato per conoscere se mai avesse mangiato carne cruda 0 poco cotta con ova di mosche, egli asserì di non ricordar nulla; parimente non seppe dare alcun lume valevole a spiegare come avesse potuto inghiottire delle ova, nè da quanto tempo le avesse ingoiate. Dopo l’ avvenimento suddescritto si ebbe la lusinga d’ un miglioramento, poichè 1° in- fermo si sentiva un po’ più in forza, sì mostrava meno abbattuto, mangiava con buon appetito e non si lagnava che d’un lieve dolore alla regione epigastrica. Ma fu vana speranza : il peso del corpo non cresceva; l emoglobina verso i primi di settembre era ancora al 30, 85%, ed all’ esame del contenuto gastrico mancava l'acido cloridrico. Passò il Settembre in discrete condizioni, allorchè sui primi d’ ottobre quest’ uomo tornò a }amentarsi di dolore al ventre, senza saperne ben precisare la sede: massima- mente lo tormentava un’ eccessiva spossatezza che spesso lo costringeva a starsene tutto il giorno in letto. In questo fenomeno si compendiavano. si può dire, tutte le sue sofferenze. Per rispeito alle funzioni gastro-enteriche aveva sempre buon appetito ed andava di corpo piuttosto stitico, mentre le materie conservavano caratteri normali senza larve e senza parassiti. Il 25 Novembre il malato il quale, come di consueto, erasi cibato a mezzogiorno, fu preso da vomito alle 5 pom. emettendo il cibo stesso ingerito. Alle 10 pom. si presentò nuovo vomito, preceduto da dolori spasmodici, e questa volta egli rigettò abbondante quan- tità di materia scura color di tabacco. Fu questa la prima volta che si verificò il vomito da che egli si trovava in Ospedale. Nei giorni seguenti il malato non vomitò più; anzi seguitò a mangiare di buon appe- tito, desiderando soltanto di cambiare spesso alimenti. Il 17 si aveva: Peso del corpo Kil. 68. Temp. 36,9. Puls. 72. Resp. 20. L’ esame del sangue in quel torno diede il seguente risultato : Esame del sangue a fresco : Emoglobina 30, 35%, Globuli rossi 2,400, 000 » bianchi 11,200 Rapporto 1 :214 Valore globulare 0, 73. Esame a secco: Lieve grado di poichilocitosi Rari megalociti. Corpuscoli rossi pallidi e molti a forma di pessario Linfociti 18%, Polinucleari 77%, Rarissimi polinucleati eosinofili Aumento di corpuscoli grandi polinucleari. Mentre la palpazione dell’ addome, praticata moltissime volte, aveva dato sempre risul- tato negativo, verso il 20 Dicembre lasciava avvertire un senso male determinato di resi- stenza sotto l’ arco costale sinistro, ove si ridestava anche dolore. — BAGS Il 26 Dicembre verso le ore 5 pom. il malato fu preso da acuto dolore all’ addome, e l’acqua d'un clistere, che gli venne applicato escì tinta manifestamente in nero. Il mat- tino successivo sì laenava di intenso dolore al ventre, che era molto teso e di cefalea. Puls. 108, polso piccolissimo. Resp. 25. Temp. 38,°5. I fenomeni di febbre lieve, polso fre- quente e piccolo, dolore all’ addome nella regione sopra-ombelicale, inappetenza e spossa- tezza seguitarono fino all’ ultimo giorno dell’anno. Col principio di Gennaio 1902 subentrò una fase di lieve miglioramento, poichè cessarono la febbre e la cefalea, mentre persistette il dolore spontaneo e provocato alla regione sopra-ombelicale, che si manteneva tesa e gonfia. Per due volte si ebbe vomito soltanto del cibo ingerito, mentre le evacuazioni avvenivano ogni due o tre giorni. Verso la metà di Gennaio le sofferenze del malato si mitigarono anche di più, poichè diminuì il dolore e si dileguò la tensione del ventre. Allora si cominciò a vedere che la regione epigastrica sporgeva più dal lato sinistro che non dal destro. Palpando si sentiva a sinistra una massa dura, bernoccoluta, dolente. Altri nodi più piccoli si avvertivano all’ epigastrio ed altri ancora nella regione ipocondriaca destra. Queste masse nodose si continuavano non solo fra loro, ma anche coll’ area epatica, la quale complessivamente risultava molto ingrandita. L’ingrandimento del fegato progrediva, si può dire, a vista d'occhio, così che verso la fin di gennaio il margine inferiore arrivava ad un dito tra- sverso sopra l'ombelico ed i tumori si rendevano più grossi e più numerosi. Nei primi quindici giorni di Febbraio non si avvertirono modificazioni nei fatti obbiet- tivi, mentre il malato ognor più deperiva, mancava affatto d’ appetito, non si alzava più di letto e cominciava ad avere edema agli arti inferiori: mancava il vomito. Polso picco- lissimo. Puls. 74. Nella seconda metà di Febbraio crebbe notevolmente il dolore e la massa neoplastica raggiunse il livello dell’ ombelico, mentre i nodi si rendevano più appariscenti, quelli massimamente della regione epigastrica e l edema andava crescendo. Guardato l° in- fermo con diligenza non si notò mai itterizia; nè si verificò traccia di pigmenti biliari nelle urine. Finalmente di giorno in giorno egli si rendeva più esausto, non di rado vomitava lo scarso cibo inghiottito e dopo lunga agonia morì | 11 Marzo 1902. Necroscopia. La necroscopia venne eseguita il 14 Marzo nell’ Istituto d'Anatomia pato- logica della R. Università (Prof. Martinotti) dall’ assistente Dott. Giuseppe Zam- boni alla presenza degli studenti. Io pure vi assistei, ed esaminai minutamente tutti i visceri sezionati. Nella cavità addominale il fegato molto ingrandito arrivava a livello dell’ ombelico. Il peritoneo parietale e viscerale si vedeva dovunque liscio e trasparente. Anche gli intestini euardati dall’ esterno non mostravano traccia alcuna di lesioni. Lo stomaco un po grande aderiva tenacemente alla superficie concava del fegato, da cui resiava in gran parte ricoperto. Liberato da tali aderenze si sentiva che in corrispon- denza della piccola curvatura la sua parete era grossa, dura ed irregolare, in contrasto col resto del viscere, che conservava caratteri normali. Aperto lo stomaco, alla suddetta durezza corrispondeva dal lato della mucosa una vasta superficie ulcerata, di figura elittica, foegiata a catino, il cui fondo di colore nerastro era molle ed irregolare, laddove i mar- gini tutto all’ intorno venivano formati da tessuto duro, bianco sporco, sporgente, sul livello della vicina mucosa. L’ ulcerazione, che occupava circa i due terzi della piccola curvatura, verso destra arrivava fino al piloro, che bene conservato ne formava come il limite, men- tre verso sinistra si arrestava a circa tre dita dal cardias. Il fegato, come si disse, molto ingrandito presentava all’ esterno parecchie rilevatezze di varia grandezza, rotonde, biancastre, incavate nel mezzo e piuttosto molli. Mediante tagli sì riconosceva che a queste sporgenze corrispondevano tumori sferici, di colore bian- castro 0 roseo, succosi e di consistenza più o meno molle: essi variavano pel volume da quello d’ un pisello a quello d’ un arancio e numerosissimi occupavano buona parte del viscere. Dietro lo stomaco si notavano alcune glandole linfatiche un po’ ingrossate, dure e di colore biancastro. All’ ilo del fegato tutto era normale, la cistifellea conteneva bile in mediocre quantità e le vie biliari si conservavano pervie. Il pancreas compresso e duro conteneva alcuni nodi neoplastici. La milza di volume doppio dell’ ordinario aveva la cap- sula un po’ grossa ed opaca, la polpa soda e consistente. Aperto l’ intestino ed esaminato con ogni cura dal duodeno fino all’ ano, si trovò la mucosa perfettamente liscia e normale: non ulceri, non ingrossamenti, non cicatrici, in una nu. SOA parola nulla assolutamente d’ abnorme. Nel suo interno non si videro nè larve di mosca nè parassiti di qualsiasi specie. Reni aumentati di volume: sostanza corticale bianco-giallognola, ingrandita, in qualche punto confusa colle piramidi. Pericardio normale. Cuore un po’ grande. Miocardio piuttosto ingrossato e pallido. Endocardio opacato. Pizzo aortico della mitrale indurito ed ingrossato : lo stesso dicasi di alcuni tendini dei muscoli papillari. Valvole semilunari aortiche un po ingrossate. Aorta con chiazze ateromatose. Aderenze antiche fra i due fogli della pleura destra. Presenza di liquido nella cavità della pleura sinistra. Polmone destro con edema: antico nodo calcificato all’ apice. Lieve edema a sinistra. Catarro nei bronchi. Cervello e meningi pressocchè normali. La storia medica di questo caso si può compendiare nel modo seguente. Un uomo ammalato per cancro primitivo dello stomaco e successivo del fegato e del pancreas, senza disturbi da parte dell’ intestino, dopo una forte dose di calomelano, emise colle feci un buon numero di larve di mosca. Alla necroscopia | intestino si riscontra non solo sano da qualsiasi lesione in atto, ma anche senza veruna traccia «di precedenti malattie. Trattan- dosi d’ un caso solo, esso non risolve la questione intorno all’ esistenza o no d’ una miasi intestinale ; tuttavia mostra che l’ intestino umano può albergare larve di mosca anche in numero non indifferente, senza andare incontro a disturbi funzionali, e ad alterazioni ana- tomiche. Per meglio chiarire |’ argomento occorrerano nuove e più numerose osservazioni. Nei casi con lesioni intestinali sì dovrà massimamente ricercare se trascorse un tempo lungo o breve dal manifestarsi dei primi sintomi morbosi alla comparsa delle larve nelle feci. Nei casi senza veruna lesione sarà da indagare se le larve espulse si fossero sviluppate dla breve o da lungo tempo. Nel caso mio io ignorava il momento in cui il malato aveva inghiottito le ova delle mosche, nè mi riescì di indurlo nemmeno in via di probabilità. Ebbene, non poteva darsi che le larve espulse, mediante il calomelano, si trovassero nel- l’ intestino da breve tempo e perciò non avessero ancora recato alcun danno ? Chi può dire se, soggiornandovi a lungo, esse non avessero finito per cagionare qualche processo morboso nell’ intestino ? Allorchè accennai alla presenza di larve di mosca all’ esterno del corpo nostro, io non mancai di notare come, oltre che nella pelle, esse potevansi sviluppare nelle cavità che con quella comunicano; ed aggiunsi che nella Guiana e nel Messico esiste una malattia grave, non di rado mortale, cagionata dalle larve di Lucilia Rominivorax sviluppatasi nel naso, nella bocca e perfino nella laringe. In Italia e precisamente in Sicilia, il Saitta (1) descrisse sei casi di individui nei quali le larve di mosca penetrate nella cavità del naso e della laringe determinarono fenomeni infiammatorii locali con febbre alta della durata da 24 a 36 ore, e con esito in guarigione. Sono quelle stesse larve, che penetrando nelle cavità nasali e nei seni frontali delle pecore possono subire ulteriori fasi di sviluppo e dar luogo a fenomeni gravissimi ed alle ben note vertigini. Ma qui siamo sempre all’ ingresso delle vie respiratorie ; invece io non ho trovato verun lavoro pubblicato, in cui si parli di larve nelle parti più profonde dell’ organo del respiro. Perciò io ritengo molto importante (1) Saitta S. — Myasis da Cephalomya ovis. Gaz. degli Ospedali e delle Cliniche. Milano. 11903, 25 Ott. N.° 128, pag. 1357. — 248 — il caso seguente osservato dal mio amico il Dott. Leone Tosetti, medico assai valente e colto del Comune di Minerbio (Provincia di Bologna). Per la verità io non posso assicurare di avere esaurite tutte le ricerche bibliografiche intorno all’ argomento ; dico soltanto che se nella letteratura medica ne esiste qualche altro caso osservato nei nostri paesi, deve essere molto raro e non noto alla generalità. Pneumonite acuta, con bronchite muco-purulenta ad andamento anomalo. Emissione collo sputo di larve di mosca Luigia..... d'anni 42 colona, maritata, abitante nel Comune di Minerbio (Provincia di Bologna) visse sempre in buona salute. Soltanto nel 1900 dopo un aborto soffrì di endo- metrite fungosa con rilevanti metrorragie, che la ridussero a mal partito. Nel Luglio 1901 la donna era già discretamente rimessa, allorchè nella notte dal 16 al 17 di detto mese, all’ improvviso venne presa da fortissimo cardiopalmo, che esacerbava ai più piccoli movi- menti. Mitigatosi il cardiopalmo, insorsero altri sintomi, e cioè dispnea, qualche colpo di tosse, dolore al costato destro e lieve innalzamento di temperatura. Appena le condizioni dell’ inferma le permisero di sedere sul letto, il Tosetti eseguì l esame dell’ apparato respiratorio (20 Luglio) e rilevò colla percussione, posteriormente a destra della punta della scapola in giù ipofonesi manifesta ed all’ ascoltazione, in alto soffio bronchiale e nella zona ipofonetica assoluta mutezza. La ricerca del fremito vocale e tattile per la fiochezza della voce della donna diede risultato incerto. Da alcune punture esplorative praticate non uscì liquido: una volta sola, pungendo molto in basso si estrassero pochi millimetri cubici d’ un liquido roseo. Anteriormente alla percussione non si rilevò alcun che di notevole, laddove all’ ascoltazione si intese uno speciale rumore, rassomigliante a quello, che sì otterrebbe maneggiando della cartapecora; anzi come tale lo avvertì il Dott. Gaetano Ungarelli altro medico di Minerbio, che visitò pure la malata. In seguito la temperatura si mantenne non molto alta (38°-38%,5) per una settimana, e la tosse cominciò a farsi umida con escreato denso rossiccio. All ascoltazione si avyver- tivano rantoli, non solo nella zona ipofonetica posteriormente a destra, ma anche in alto. Verso i primi d’ agosto non si iniziarono sintomi di risoluzione, ma invece si ebbe un ag- gravamento, poichè la temperatura si manteneva elevata, la dispnea continuava gravis- sima, e la tosse aveva momenti d° intensità estenuante. All’ascoltazione non si avvertivano segni di risoluzione; ed anteriormente al rumore di cartapecora si aggiunsero rantoli a grandi bolle. Si arrivò così fino al 15 agosto, nel qual giorno frammezzo ali° espettorato, che era piuttosto denso, cremoso, di colore rossiccio-sporco, non fetido, si vide un vermi- ciattolo speciale ancora vivo. L° emissione d’ eguali vermi insieme coll’ escreato, continuò nei giorni seguenti, mentre la donna si lagnava d’ un senso di formicolio, che dalla fossa sotto-clavicolare destra saliva fino alla laringe. Ella andò peggiorando sempre più e finì per morire nel pomeriggio del 20 Agosto. Il Dott. Tosetti, per quanto insistesse, non potè ottenere a nessun patto d’ eseguire la necroscopia. I vermiciattoli sputati negli ultimi giorni di vita della donna furono in complesso 40, 50 e sempre mescolati all’ escreato. Il Tosetti fino da principio li giudicò -come larve di mosca, anzi ne portò qualcuno a me per avere sopra di essi il mio parere. Io convenni con lui, che si trattasse indubbiamente di larve di mosca e lo consigliai di tentare di farle sviluppare. Egli aderì, ma potè ottenere lo sviluppo di due sole mosche, che mi portò a 3ologna e che vennero esaminate dal Prof. Andrea Fiori, Insegnante nel R. Liceo Gal- vani di Bologna. Dato 1° imperfetto stato delle mosche, il Fiori non riuscì a vedere lo stato di nervatura delle ali, nè quello dell’ arista delle antenne, per cui il suo giudizio intorno al genere ed alla specie a cui le mosche appartengano rimase assai incerto. Tuttavia egli ritenne in via dubitativa che la mosca più grande fosse una Sarcophaga nurus Ron e la più piccola una Callophora erytrocephala Mg. In questo caso noi abbiamo una pneumonite acuta dal lato destro e una bronchite estesa con escreato non decisamente pneumonico, ma piuttosto di carattere muco-purulento. Sia int int — 249 — pel modo di sviluppo, sia per l’ andamento, sia per la durata, la malattia si allontana dal tipo della pneumonite comune, assumendo un andamento anomalo. Ciò che rende il caso maggiormente degno di nota consiste nell emissione di larve di mosca insieme all’ espet- torato, restando escluso che potessero esservisi sviluppate dopo. Non possiamo dire da qual punto dell'apparecchio respiratorio le larve precisamente provenissero, ma è probabile che si trovassero nei bronchi grandi del lobo superiore del polmone destro. Ed invero nella parte anteriore del torace destro la donna avvertì un senso speciale di formicolio ed ivi i medici ascoltarono quello speciale rumore come di cartapecora; ma di ciò manca la dimo- strazione, non essendosi potuta eseguire la necroscopia. La mancanza del reperto anatomico, mentre non ci permette di renderci esatto conto delle alterazioni, che esistevano in quel polmone, ci fa rimanere incerti intorno all’ in- fluenza che le larve avranno avuto per provocarle. Considerando il caso nel suo insieme sì è tratti ad attribuire alle larve un gran valore etiologico. Infatti la malattia si iniziò con sintomi molto strani, cioè con un intenso cardiopalmo e poi con dispnea: ciò corri- spondeva probabilmente al primo sviluppo delle larve nei bronchi. I fenomeni bronchiali e polmonari con febbre, che si svolsero qualche giorno dopo possono indicare gli effetti pro- vocati dalle larve stesse sull’ apparecchio respiratorio, ossia la bronchite e la pneumonite a decorso anomalo. Ciò però non si può affermare con certezza, nè si può escludere che la malattia polmonare si fosse svolta per conto proprio e le larve stessero come parassiti accidentali nei grandi bronchi od anche nelle vie più alte del tubo aereo, come sappiamo accadere nei paesi caldi. In una parola un caso solo non illustrato dalla necroscopia ci può indicare la possibilità, anche la probabilità grande in favore dell’ esistenza d’ una bron- chite e pneumonite da larve di mosca, ma non ci offre la certezza che ciò sia accaduto. RIEPILOGO Rispetto alla presenza di larve di mosca dentro il corpo dell’ uomo, si conoscono alcuni casi, nei quali esse vennero espulse col vomito, dopo aver prodotto disturbi più o meno notevoli della funzione gastrica. Più numerosi sono i casi conosciuti di larve di mosca emesse per l’ intestino colle materie fecali, ove non poche volte si trovarono accidental- mente, come avvenne allorchè si cercarono anchilostomi od altri parassiti. Se queste ri- cerche diligenti e minute si ese&uissero più di frequente, con gran probabilità il numero dei casi di larve aumenterebbe di molto. Non esiste nulla di costante rispetto al numero delle larve, il quale ha variato da una o due fino a parecchie centinaia. Quanto ai sintomi da esse provocati, in molti casi mancarono del tutto, in altri si ebbero disturbi intestinali più o meno forti. Per ciò che si riferisce alle alterazioni anatomiche, la osservazione da me riferita sta ad indicare, colla prova del reperto necroscopico, che larve di mosca anche in buon numero possono lasciare l’ intestino illeso. Altri casi pubblicati fanno pensare invece che esse possano cagionare vere alterazioni intestinali; ma, siccome non vanno immuni da critica, così fino ad oggi manca la prova dell’ esistenza di una vera myiasis intestinalis. — 250 — Le larve di mosca possono svilupparsi nelle cavità che comunicano ampiamente col- l'esterno, e quindi anche nella gola e nelle sue adiacenze. L’ osservazione del Vosetti indicherebbe che esse possono scendere profondamente nell’ albero respiratorio, cagionando infiammazione dei bronchi e dei polmoni con esito letale. Se non che anche questo caso, massimamente per la mancanza del reperto necroscopico, non riesce dimostrativo e lascia adito al dubbio. Perciò una miasi interna dell’ apparecchio respiratorio non risulta ancora provata. APPENDICE BIBLIOGRAFICA Nel compilare la presente memoria, avendo avuto occasione di ricercare e di leggere parecchi scritti intorno alla presenza di larve di mosca nel corpo dell’uomo, ho pensato di riunirne i titoli in un elenco bibliografico. Imtorno a questo soggetto esiste già |’ ampia bibliografia del Peiper aggiunta alla sua monografia intitolata: Fliegenlarren als gele- gentliche Parasiten des Menschen. Berlin. Louis Marcus. 1900. In vista di ciò io cere- detti ben fatto escludere dal mio elenco i lavori citati da lui, limitandomi ad ineludervi quelli che gli sfuggirono o che si pubblicarono dopo il 1900. Per evitare una soverchia lunghezza, non ho ricordato i Trattati di zoologia medica, di parassitologia e di anatomia patologica, i quali parlano più o meno diffusamente delle larve di mosca. Quantunque questa mia bibliografia sia riescita molto imperfetta, pur nondimeno potrà servire di qualche aiuto a chi vorrà occuparsi d’ un argomento interessante e poco noto alla generalità dei medici. Larve di mosca nella pelle e nelle cavità che le stanno immediatamente vicine, Cocquerel Ch. Note sur des larves apparte- nants dà une espèece nouvelle de diptères ( Lu- cilia hominivoraa) diveloppees dans les sinus frontaur de l homme a Cayenne. Ann. de la Soc. entomolog. de France 1858 p. 171. Idem. Des larves de diptères diveloppées dans les sinus frontaux. Archives generales de mé- decine. Paris 1858. Serie V. l’omo XI, pag. 513 e 1859. l'omo XIII pag. 685. Audouit V. Des lesions produits chez U homme par la larve de Lucilia hominivorax. These. Paris 1864. Lucas E. Relation d’ un cas de parasitisme observé à Acapulco. These. Paris 1864. Gonzales I. E. La musca hominivorax. Dis- sert. Monterey, 1865. Iacob. Affection parasitaire des fosses nasales observie au Mexique ; traitement par les inie- ctions cloroformees. Mémoires de méd., de chir. et de pharm. militaires 1866. Serie 3.% 'l’omo XVII, pag. 58. Weber. recherches sur la mouche anthropo- phage du Mcerique (Lucilia hominivorar). Réc. des mém. de med. milit. 1867. Febbre. pag. 158. Layet A. E. Quelques reflections sur un point de zoologie medicale. Arch. de méd. navale 1869. Tomo XI, pag. 137. Ollet I. De la Lucilia hominivoraw dà la Gu- yane Francaise. Thèse. Montpellier 1869. Bonnet G. Contribution dà l (tude du parasi- tisme. "These. Montpellier 1870. Maillard O. De la Lucilia hominivorar. These. Montpellier 1870. Kirschmann. Oestruslarven bein Menschen. Wiener medicinische Wochenschrift. Anno 1881, pag. 1370. Joseph G. Ueber Fliegen als Schidlingen und Cani ‘Parasiten des Menschen. Deutsche med. Zei- . tung. Berlin 1885. N. 4. ‘Summa. The pseudo-parasitism of diptera in man, or myiasis. St. Louis 1889. Majocchi D. 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La ragione di tanta discrepanza di vedute risiede anzitutto nella necessità di dovere ammettere svariatissime forme di sessualità negli Ascomiceti, stante le profonde differenze anatomiche e funzionali ‘osservate negli organi presunti sessuali di detti funghi. Infatti, dovrebbero aver luogo le seguenti principali forme di sessualità : 1° Eferogamia con fusione dei protoplasmi; 2° Zso- gamia; 3° Apandria più o meno manifesta; 4° Partenogenia; 5° Apogamia. Ciò premesso, il presente lavoro apporta un contributo non solo allo studio del gene- rale ciclo evolutivo della Cucurbitaria Laburni, ma ancora quello dei primordi ascogeni «di detta specie; quest’ ultimo studio è naturalmente in correlazione all’ importante que- ‘stione della sessualità degli Ascomiceti. II. La Cucurbitaria Laburni fu incontrata in discreta quantità nello scorso autunno, sui rami disseccati di Cytisus Laburnum. La figura 1° della tavola annessa al presente lavoro rappresenta alcuni periteci ascofori sezionati longitudinalmente insieme al substrato nutri- tizio; e la fig. 2* dimostra un asco con 8 ascospore mature, immerse in una tenue quan- tità di epiplasma. Questa sostanza assume una colorazione bruna rossiccia col potassio iodurato sotto 1’ azione di un moderato riscaldamento, e colla tintura di iodio mostra una — 254 — quasi identica colorazione, le sostanze coloranti in esso manifestano un’ azione molto debole ;- tutto ciò indica la presenza in detto epiplasma glicogene, come già fu riconosciuto dal- l’Errera (1). Disseminate parecchie ascospore in un appropriato substrato nutritizio (decozioni di foglie di Cytisus Laburnum previamente bollite e filtrate), poteronsi osservare i primordi evolutivi di detta specie, i quali si presentano in forma di minutissime punteggiature gial- lognole, già abbastanza bene visibili ad occhio nudo. Già al Microscopio e per trasparenza (avendo cura che i detti primordi non restino schiacciati dal coproggetti), puossi ricono- scere nel mezzo della parte basale dei giovanissimi periteci, una grande cellula globulosa quasi sessile (fig. 3°) a membrana molto esile, ed a contenuto finamente granuloso, con un grosso nucleo. Questa cellula la quale pel suo ulteriore sviluppo dimosirasi corrispon-. dente all’ Archicarpo, Carpogonio, 0d Ascogonio, sviluppasi da una breve ifa la quale sol- levasi quasi perpendicolarmente sul substrato nutritizio, si rigonfia nella sua porzione. terminale, mentre la rimanente parte dell’ ifa stessa a poco a poco scompare: giammai accadde di notare una torsione spirale in tale ifa, come frequentemente è stato osservato; in altri Ascomiceti. Detto Ascogonio puossi vedere benissimo manifesto col metodo di Kihlman (2) ed anche con quello dell’Oltmannus (3). E mentre esso trovasi ancora distante dalla forma ora descritta, le ife miceliali ad esso contigue sviluppano esili filamenti semplici o ramificati, colorati in giallognolo pallido, che si applicano sull’ Ascogonio e si intrecciano fra di loro. fittamente. Ecco il parenchima involgente, formato dalle ifi sterili, il quale va continuando il proprio sviluppo, mentre la grande cellula da esso ricoperta va rapidamente raggiun- gendo la fase adulta: questa aumenta in dimensione fino a raggiungere p 42 circa di diametro, e bentosto da essa ha luogo lo sviluppo di numerose ife ascogene incolori, più grosse di quelle vegetative (fig. 4°), le quali si insinuano fra le ife involgenti ed a poco a poco formano limenio ascigeno, in quantochè le ultime terminazioni dei loro rami gra- datamente si convertono in un asco. Mentre queste ife ascogene si vanno costituendo ed: ulteriormente si sviluppano, il contenuto dell’Ascogonio, a poco a poco si disorganizza, il nucleo ed anche il protoplasma lentamente scompariscono, la membrana si raggrinza, si dissolve, per cui da ultimo del detto elemento carpogoniale non rimane più alcuna traccia. I’ osservazione del ciclo evolutivo della fruttificazione ascofora venne parecchie volte ripetuta, e sempre cogli stessi risultati, rapporto alla grande cellula dalla quale si for-. mano le ife ascogene. Riferendoci alle ricerche ora esposte converrebbe ammettere che i periteci della Cucurbitaria Laburni si formano, in base alla dottrina sessuale, per apardria se si ritiene. (1) Leo Errera — L’epiplasma des Ascomycetes et le glycogene des vegétaux. Bruxelles, 1882. (2) Kihblman — Zur Entwichelungsgeschichte der Ascomyceten (Acta Soc. Fl. fenicae, V. XII ; 1883). (3) Oltmannus — Ueber die Entw. d. Perithecien in der Gattung Chaetomium (Bot. Zeit.. XLV; 1887). — 255 — che il Pollinodio sia regredito nel suo sviluppo, anzi sia abortito completamente; oppure» eventualmente per Parfenogenesi. Ora le osservazioni qui riportate su detta specie, e le altre fatte da numerosi Micologi in differenti Ascomiceti portano a concludere non essere possibile, nello stato attuale della scienza, considerare i primordi ascogeni come aventi natura veramente sessuata, il che è confermato dalla grande variabilità che spesso presentano questi primordi ascogeni, dalle strane anomalie che con una certa frequenza si riscontrano nei medesimi, e più di tutto dal fatto che in determinati casi gli aschi si sviluppano da ambo gli inizii ascogeni, cioè tanto dall’Ascogonio che dal Pollinodio; notasi poi che in determinati casi ciascun frutto ascoforo è il prodotto di parecchi Archicarpi (gen. Pyronemo Synechoblastus). Nelle colture della detta specie di Cucurbitaria con una certa frequenza osservossi la comparsa di una forma così detta imperfetta, la quale non è che un picnidio ascrivibile al gen. Hendersoria (fig. 5°). Ad occhio nudo queste formazioni si rivelano come tante piccole punteggiature nerastre, le quali al microscopio si presentano a contorno tondeg- giante e notevolmente depresso, inoltre mostrano una parete ostiolata in alto; nel loro interno e nel fondo si ha la formazione di un imenio, delle cui ife si costituiscono tante spore elittiche, in generale triseptate trasversalmente, le quali hanno un color giallo bruno. Questi picnidi sono in massima parte immersi nel substrato nutritivo, e si formano; con qualche abbondanza accanto ai periteci ascofori. Riguardo allo sviluppo di questa forma picnidica notossi che un segmento di un’ ifa miceliale si segmenta attivamente secondo tuite le direzioni dello spazio, producendovi così un corpo pluricellulare, il quale rappresenta il primordio evolutivo del picnidio più sopra descritto. Ben presto in detto caso, mentre si accresce, numerose cellule vengono riassor- bite, e nel fondo della cavità così formata si sviluppa l’ imenio. Dal contorno della parte basale di questi picnidi, germogliano numerose ife, alcune delle quali diventano conidiofore, inquantochè producono alla loro sommità catenelle di sporidi ovoidali semplici o ramificati. Le ife, insieme alle catenelle di spore, presentano la membrana giallo-bruna. III. Brevemente descritti i principali fatti osservati nello sviluppo della forma Ascomi- cetica qui studiata, ponnosi formulare le seguenti conclusioni : 1° I periteci ascofori incominciano il loro sviluppo colla formazione di una grande cellula madre delle ife ascogene, la quale cellula corrisponde al Carpogorio od all’A- scogonio. 2° Nessuna traccia di Pollinodio si forma insieme all’Ascogonio. 3° Nel ciclo evolutivo della Cucurbitaria Laburni entra una forma di Hendersonia. 4° Questi picnidi originano mediante segmentazione di una cellula ifica. == eno SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 1° — Sezione trasversa della zona corticale di un ramo di Cytisus Laburnum, con alcuni periteci ascofori della Cucurbitaria Laburni (Pers.) De Not.; detti peri- teci mostrano la sola parete con un ostiolo nella parte superiore. Un asco colle caratteristiche ascospore, avendo immerso in una tenue quantità di epiplasma. Sezione longitudinale di un peritecio della detta specie, nei primordi del suo sviluppo e mostrante nella sua parte basale parecchie ife radicanti. Nel mezzo della zona inferiore del pseudoparenchima osservasi una grande cellula, che è l’ Ascogonio, provveduto di un grosso nucleo. - Un Ascogonio liberato dal pseudoparenchima ; dalla sua superficie si sviluppano parecchie ife ascogene. Sezione longitudinale assile di un picnidio, il quale appartiene al ciclo evolu- tivo della Cucurbitaria Laburni e che corrisponde ad una forma imperfetta od all’ antico genere Herdersonia. G.Cocconi— Sviluppo della Cucurbitaria Laburni. Mem.Ser.VI.Tomo I. a Ss Po n i , A uu. \ Ri: ea « JI “ È [: tai] I ZITA È ji î PIZILAZTISRZA. i i Do DEI Caio e PAG, 1) o, oa sa aneorea, Lit. Rizzoli e Figlio- Bologna E.Contoli lit. Di K dl AI a" “ = dp aria ten Ta n E Lari PI È — ” î RATA E SIA 7 mia tao SULLA SOLUBILITÀ SOPRASATURAZIONE E PRESA DEL GESSO DEL RIRO,BITASEREDO GAVAZZI (letta nella Sessione del 29 Maggio 1904). Alle mie ricerche intorno al fenomeno di soprasaturazione che presenta il solfato di calcio, le quali formano l’ oggetto principale di questa Nota, ho creduto opportuno di far precedere quelle relative alla sua solubilità per non rimanere incerto sulla scelta dei dati numerici non sempre abbastanza concordanti forniti da diversi sperimentatori. La prima condizione che deve essere rigorosamente soddisfatta, a qualunque tem- peratura si voglia determinare la solubilità del gesso, è quella di non mettere mai il solvente a contatto del sale disidratato, perchè questo produce coll’ acqua soluzioni so- prasature che alla temperatura ambiente non ritornano che dopo molte settimane al grado della solubilità normale, anche quando è presente un grande eccesso di sale idrato cristallino, come ben giustamente fece osservare il Marignac (Annales de Chim. et de RISAtENpazu A. 01874). Condizione non meno necessaria della precedente è di versare sul gesso idrato, ri- dotto in polvere finissima, il solvente ad una temperatura uguale a quella cui si vuole misurare la solubilità, del sale, mantenendola poi costante per il tempo che occorre ad avere con certezza una soluzione completamente satura. Ad esempio, se il solvente fosse ad un grado di calore prossimo a 35°, cioè alla temperatura a cui il sale idrato pre- senta un massimo di solubilità, e si dovesse portare a poco a poco a 20°, cioè ad una temperatura più bassa corrispondente ad una diminuzione di solubilità, il risultato che si otterrebbe a 20°, sarebbe non esatto e, pel caso considerato, alquanto superiore al vero, poichè un lieve stato di soprasaturazione, per ciò che si è detto più sopra, può mantenersi per lunghissimo tempo. Non è anzi dubbio infondato che le notabili diffe- renze che talvolta si rilevano nel srado di solubilità del gesso idrato, determinato da diversi sperimentatori alle medesime temperature, abbiano per cagione non ultima l’ aver trascurata questa seconda condizione. Il grado di tenuità del gesso, l’ agitazione continua di un eccesso del sale stesso Soa a contatto del solvente - per il tempo necessario a produrre una soluzione satura e la filtrazione rapida per separare da questa la polvere che vi rimane soltanto sospesa, sono condizioni generalmente seguite, sulle quali sarebbe superfino il fare speciali con- siderazioni. i A E Dirò tuttavia che nelle prove di solubilità eseguite a temperatura molto superiore o inferiore a quella dell’ ambiente, ho messo in 1 litro di acqua purissima una quan- tità forte di sale finamente polverizzato che era mantenuto costantemente sospeso, scuo- tendo il recipiente a brevissimi intervalli 20% 7620 di 4 ore, e tenendolo immerso nell’ acqua di una capsula molto grande o di una bacinella, per poter agevolmente re- colare la temperatura con piccole aggiunte di acqua fredda o calda o con ghiaccio, e, nel caso di temperature molto superiori a quelle dell’ ambiente, scaldando la grande capsula con piccola fiamma a gas, ed esplorando la temperatura con un termometro che indicava con precisione il decimo di grado. Per la temperatura di 35° e dopo 4 ore di scuotimento, mi tenni pago di versare il liquido torbido entro un grande filtro liscio in modo che il passaggio di 1/4 litro della soluzione limpida avvenisse nello spazio di 4 o 5 minuti al più. Invece per le temperature di 50° e di 100° non solo ho avuto la stessa avvertenza, ma ho prati- cato la filtrazione a caldo con imbuto a doppio inviluppo di lamiera di rame, per evitare l'errore non piccolo che sarebbe seguito ad un abbassamento notevole di temperatura. La determinazione della solubilità del solfato idrato a 15° riuscì molto comoda, perchè nello scorso aprile questa temperatura non fu superata in laboratorio e rimase presso che invariata, onde fu possibile con poca sorveglianza di prolungare a piaci- mento e in buone condizioni il contatto del sale coll’ acqua. Seguendo le regole più sopra accennate, sottoposi a prove di solubilità tanto la polvere di selenite tratta da cristalli voluminosi e limpidissimi, quanto il sale idrato, senza dubbio più puro, che si separa e depone in forma di tenuissime pagliette eri- stalline, lasciando a sè, o più rapidamente portando a 100° circa delle soluzioni sopra- sature, quali si ottengono sbattendo nell’ acqua del gesso disidratato a bassa temperatura. I dati trascritti nel seguente specchietto sono stati calcolati per Ca = 40, S=32, O=16 e HO=18, e si riferiscono alla quantità di solfato di calce esistente in 1 Ro. litro di soluzione a 15°: in altre parole, si è fatto raffreddare o riscaldare la solu- zione per misurarne in ogni caso il volume a questo grado di calore. Solubilità del «esso idrato della selenite ottenuto da soluzioni soprasature a (DAT an AZIONI Qilbigao E2053.6 a Deh M2:09E a 35° g. 2,684 250 = In questo specchio si vede che il solfato di calcio idrato ottenuto da soluzioni so- prasature ha la stessa solubilità della selenite, purchè la polvere finissima dei cristalli naturali più limpidi e perfetti, sia lasciata e sbattuta lungo tempo a contatto di acqua pura e lavata parecchie volte per decantazione: altrimenti si hanno differenze non trascurabili, per le quali il solfato naturale apparirebbe un poco più solubile del sale preparato artificialmente. Anche il Marignac trovò che la selenite presenta lo stesso grado di solubilità del solfato idrato che si separa in forma di tenuissime laminette cimentando con acido solforico una soluzione di cloruro di calcio. Ho pure confermato che il gesso idrato offre un massimo di solubilità a 35°, e irovato che a 50° la solubilità è notevolmente superiore che a 15°: nelle quali due prove mi sono tenuto scrupolosamente alla seconda delle condizioni più sopra accennate. Ricerche sulle soluzioni soprasature. E noto che il Lecoq de Boisbaudran s'accorse del fenomeno di soprasatura- zione nelle soluzioni di solfato di calcio, dagli effetti che ebbe mescolando insieme so- luzioni debitamente concentrate di cloruro di calcio e di solfato sodico. Dopo di lui furono scoperti altri modi per ottenere soluzioni soprasature, ma il più importante e più semplice consiste nel dibattere nell'acqua per pochi minuti della polvere di gesso moderatamente cotto, e filtrare. Spetta al Marignac il merito di aver fatto in propo- sito le osservazioni e le esperienze più accurate e di maggior rilievo. Al valentissimo chimico non poteva sfuggire che il grado o titolo di soprasaturazione varia secondo la temperatura a cui il sale viene disidratato: quando questa si eleva, il titolo di soprasaturazione diminuisce. Io iniziai consimili ricerche, facendo cuocere sino a completa disidratazione della selenite ridotta in piccoli frantumi entro una padeletta di lamiera di ferro ben tersa, che era portata sopra un fornello a gas ad un grado di calore non poco inferiore al rosso scuro. Il gesso cotto in tal modo fu polverizzato e passato attraverso uno staccio finissimo; poi ne introdussi g. 30 in 1 litro di acqua distillata alla tempe- ratura dell’ ambiente (15°) e agitando senza interruzione, filtrai una parte del liquido dopo 5 minuti, un’altra dopo 10, e una terza dopo 20. Da 100 cc. della soluzione filtrata limpidissima ottenni, dopo aver svaporato il solvente entro piccola capsula di platino e calcinato il residuo : nel primo caso g. 0,612 di CaSO, anidro, ossia g. 6,12: da 1 litro nel secondo caso g. 0,642 » » g. 6,42 » nel terzo caso gg. 0,638 » » g. 6,38 » Questi numeri corrispondono ad un titolo di soprasaturazione alquanto inferiore al grado massimo trovato dal Marignac, il quale dice che il gesso disidratato fra 135° e 140°, ridotto in polvere finissima, si scioglie immediatamente nell’ acqua e la Serie VI. — Tomo I. 39 = 960 soluzione, filtrata dopo 10 minuti di agitazione, contiene !/j9 di sale anidro, ossia g. 9,09 in 1000 di solvente e quindi g. 11,49 di sale idrato. Tale differenza di risultati mise in chiaro che il gesso adoperato ne’ miei primi esperimenti era stato troppo cotto, onde si spiega che, essendo resa più difficile la sua solubilità, la quantità del sale che si sciolse dopo 10 minuti di agitazione, riu- scisse un po maggiore di quella che fu trovata nella soluzione dopo 5 minuti sol- tanto, mentre, operando almeno fra 15° e 20°, avviene il contrario allorchè il sale fu disidratato al grado di calore sufficiente per scacciare tutto o la maggior parte del- l’acqua di cristallizzazione. La selenite calcinata al color rosso, aggiunge il Marignac, si scioglie con estre- ma lentezza, ma dopo parecchi giorni forma una soluzione soprasatura ad un titolo alquanto inferiore a quello che, si ottiene dopo 5 minuti di agitazione, facendo uso di gesso cotto a bassa temperatura. Per evitare l’ inconveniente di una cottura troppo forte, introdussi g. 300 circa di selenite finamente polverizzata entro un matraccio a fondo piatto, avente press’ a poco la capacità di 1 litro e scaldai per 10 ore tenendo il recipiente immerso in un bagno ad olio che era condotto e mantenuto fra 180° e 195°. Un termometro indicava la temperatura del bagno, ed un altro era affondato nello strato di selenite sino a toc- care il fondo del matraccio. Durante le ultime ore di riscaldamento, la temperatura del termometro interno oscillò fra 150° e 155°. A debiti intervalli si espelleva il vapor d’acqua mediante una corrente d’aria generata da un comune soffietto, specialmente e con più frequenza nel primo periodo della disidratazione del sale. In queste condi- zioni il gesso perde la massima parte dell’acqua di cristallizzazione e si scioglie nel- l’acqua con singolare prontezza. Grammi 830 di questo gesso cotto furono messi in 1 litro d’acqua a 15°, anzi un po inferiore a 15°, in modo che si giungesse esattamente a questa temperatura in virtù del calore che si svolge nella idratazione del sale, e dopo aver agitato senza interru- zione, passai il liquido torbido sopra un grande filtro e raccolsi una parte della solu- zione filtrata limpidissima dopo 3 minuti di scuotimento, un altra dopo 5 e una terza dopo 10. Da 100 ce. di ciascuna ricaval di CaSO, anidro dalla prima parte %. SO, = (0.0) (0,9 No) dalla seconda g. 0,887 » dI | (00) dalla terza » - Quindi operando a 15° con gesso cotto a moderate calore e facilmente solubile, il grado massimo di soprasaturazione si ha agitando il sale anidro nell’ acqua ox pi di 5 minuti, purchè la filtrazione sia eseguita colla massima rapidità usando grandi filtri. In modo simile furono eseguite altre esperienze con polvere di selenite disidratata su bagno ad olio riscaldato a tal temperatura per cui il termometro interno non sa- lisse sopra i 150°; impiegai acqua a diverse temperature : agitai g. 7,5 di sale cotto con 250 ce. di acqua, e filtrai in ciascun esperimento dopo 5 minuti di scuotimento. i — 261 — Da 100 ce. di queste singole soluzioni soprasature ricavai per evaporazione e succes- siva calcinazione del residuo a 0° g. 1,099 di CaSO, anidro (filtrazione coll’ imbuto a doppia parete contenente acqua a 0°) a o a OO » » a 30° Qi 0,746 » » a 50° g. 0,495 » » (filtrazione a caldo) a Ce 0209 > Dibattendo con 250 ce. di acqua a 15° g. 15 del medesimo gesso cotto, ossia il doppio della dose impiegata nei precedenti esperimenti, ho trovato come titolo di soprasaturazione a 15° e dopo 5 minuti di agitazione g. 0,955 di sale anidro per 100 ce. di soluzione invece di e. 0,917. Ho attribuito questa differenza alle impurità dei cristalli naturali da cui era stato ricavato il gesso impiegato negli ultimi esperi- menti, quantunque i cristalli stessi fossero stati scelti fra quelli che apparivano più perfetti per forma, colore e nitidezza. Per togliere perciò ogni dubbio sulla esattezza dei dati trascritti nel precedente specchietto, volli ripetere il saggio di soprasaturazione a 15° con gesso cotto di sicura purezza, che preparai nel modo seguente. Versai cioè alla temperatura ambiente (16° circa) g. 60 di selenite ben polveriz- zata e cotta moderatamente sul bagno ad olio, entro 3 litri di acqua distillata con- tenuta entro un matraccio conico dell’ Erlenmeyer e, dopo aver agitato vigorosa- mente per 5 minuti, versai il liquido torbido entro 4 o 5 grandi filtri lisci, ciascuno dei quali ne poteva ricevere in una sol volta non meno di 1 litro. Finita la filtra- zione, riunii tutta la soluzione limpida in un sol matraccio, e scaldai ad una tempe- ratura prossima all’ ebollizione onde accelerare e rendere più completa la precipita- zione del sale idrato. Questa operazione fu ripetuta più volte, prendendo in ciascuna muovi filtri. Indi raccolsi tutto il sale cristallino entro un filtro solo e, dopo averlo lavato con acqua distillata, lo feci seccare al sole. In questo modo ottenni g. 100 al- l’incirca di solfato di calcio purissimo in forma di tenuissime pagliette lucenti che disidratal sul bagno ad olio tenendo questo fra 150° e 155°, tanto che nelle ultime ore di riscaldamento il termometro interno immerso nel sale non superò mai i 135°. Questo gesso cotto è una polvere leggerissima o per meglio dire molto soffice, la quale si scioglie nell’ acqua con singolare prontezza. Con questa polvere eseguii come sopra il saggio di soprasaturazione a 15°, rica- vando da 100 ce. della soluzione filtrata g. 0,947 di CaSO, anidro invece di g. 0,917. Resta quindi dimostrato che a 15° e dopo 5 minuti di forte agitazione, il titolo massimo di soprasaturazione del solfato di calcio puro cotto a bassa temperatura e facilmente solubile è di g. 9,47 di sale anidro per 1 litro di solvente, corrispon- dente a g. 11,976 di gesso idrato. Il Marignac trovò, dopo 10 minuti di agitazione, g. 9,09 di sale anidro in 1000 — RR. — di acqua, ma non dice a quale temperatura. In ogni modo la differenza fra i due ri- sultati è piccolissima per cui havvi ragione di credere che il Marignac eseguisse le sue prove ad un grado di calore molto prossimo a 15° e probabilmente con gesso cotto ricavato dalla selenite. Secondo il chimico francese, 1 ebollizione tende a diminuire 11 titolo di soprasatu- razione delle soluzioni di gesso senza farla scomparire interamente. Questa afferma- zione non mi parve verosimile. Il Marignac non osservò che quella parte del sale cristallino che si separa durante 1° ebollizione forma subito nel fondo del recipiente un deposito per cui l'ebollizione stessa avviene tumultuosamente o con sussulti che sono senza dubbio l’effetto di un soprariscaldamento delle pareti del recipiente esposte all’ a- zione diretta della fiamma: da che ne consegue una parziale disidratazione del sale che è in immediato contatto colla parete soprariscaldata e quindi la permanenza di una lieve soprasaturazione. Fatto è che impedendo l’ accumularsi del deposito salino col- l'agitazione continua del recipiente, lo stato di soprasaturazione cessa ; in altre parole, la quantità del sale che resta in soluzione è uguale a quella che usando le medesime cautele si discioglie introducendo e mantenendo del sale idrato nell’ acqua bollente per lo spazio di un ora e filtrando a caldo. Una domanda che sorge spontanea dall’ esame dei dati numerici che ficurano nel- l’ultimo specchietto è questa. L'aumento ognora crescente del titolo di soprasatura- zione man mano che la temperatura del solvente si abbassa, è 1° effetto di una meno rapida alterazione nello stato iniziale di soprasaturazione durante il periodo di scuo- timento e della filtrazione, o della maggiore solubilità alle basse temperature di un unico sale idrato diverso da CaSO,-2H,0 che si forma nel momento che il gesso cotto viene a contatto del solvente, oppure in questo primo contatto e a bassa temperatura sì producono dei sali contenenti una maggiore quantità di acqua di idratazione e quindi più solubili ? Quando si rifletta che il titolo della soprasaturazione a 15° diminuisce molto len- tamente anche in presenza di un eccesso di sale idrato già cristallizzato, e che fra i diversi idrati che può formare un medesimo sale sono sempre più solubili quelli che possiedono un grado più elevato di idratazione, si sarebbe indotti a ritenere più ve- rosimile I ultima supposizione. Qui cade in acconcio di considerare che il gesso leggerissimo, prodotto per mo- derata cottura del solfato idrato che si depone da soluzioni soprasature, si presta ot- timamente a dimostrare in un corso di lezioni il fatto importantissimo della pronta soluzione del sale nell’ acqua e il fenomeno stesso della soprasaturazione. A tal fine sì introduce 1 grammo circa di questo gesso cotto in 250 ce. di acqua distillata alla temperatura dell'ambiente. Dopo 2 minuti di agitazione si vede il sale scomparire e formarsi una soluzione limpidissima. Portando poi questa all’ ebollizione la maggior parte del sale ben presto si depone cristallizzato. Colla polvere di selenite mode- ratamente cotta anch’ essa sul bagno ad olio si può pur dimostrare in pochi minuti il fatto della soprasaturazione, mettendo un forte eccesso di sale nell’ acqua, sbat- 209 tendo per 5 minuti, filirando e scaldando la soluzione sopra una fiamma. La precipitazione del sale idrato, specialmente nelle soluzioni che posseggono un titolo forte di sopra- saturazione, avviene anche a temperatura ordinaria, ma non con quella sollecitudine e misura che si richiede in esperienze di scuola per mettere subito in evidenza lo stato, e sino ad un certo punto il grado della soprasaturazione. Se si eccettua poi la considerazione che il Le Chatelier fece del fenomeno di soprasaturazione nella sua ingegnosa teoria sulla presa delle malte di gesso, può dirsi con ragione che la importanza di questo fatto è sfuggita ai costruttori, ai fabbricanti di cesso cotto, ai chimici che si occupano del saggio dei materiali cementanti e for- s' anche ai geologi. Che il saggio di soprasaturazione possa essere compreso fra i mezzi più acconci a svelare se il gesso commerciale fu cotto convenientemente, od essendo ben cotto sia stato tratto da un minerale più o meno impuro, parmi ammissibile anche in mancanza di prove sperimentali di confronto sui gessi di diversa provenienza e purezza o della stessa provenienza e ugual composizione, ma cotti con processi e in condizioni diffe- renti. Le quali prove richiederanno molte e pazienti ricerche. È tuttavia manifesto che fra due gessi cotti ricavati da un medesimo minerale o da pietre naturali di composizione poco diversa e condotti allo stesso grado di finezza, sarà praticamente più attivo e preferibile quello che al detto saggio somministrerà un titolo più elevato di soprasaturazione. Le norme con cui il saggio medesimo dovrebbe essere eseguito, scaturiscono ab- bastanza sicure dai fatti che sono già stati riferiti in questa nota. Sarebbe manife- stamente erroneo introdurre, ad esempio, in 1 litro di acqua un forte eccesso di gesso cotto, perchè la porzione di sale moderatamente cotta e facilmente solubile, che può trovarsi in un minerale troppo cotto o poco cotto o impuro, potrebbe essere bastevole per produrre una soluzione soprasatura al medesimo titolo di quella che sarebbe for- nita in identiche condizioni da un’ egual quantità di gesso puro e ben cotto. E sicco- me il titolo massimo di soprasaturazione a 15° è, come abbiam visto, di g. 9 circa per litro di sale anidro puro, così sarà conveniente introdurre in questo volume di acqua distillata non più di 5 o 6 grammi del gesso cotto di cui non si conosce nè il grado di purezza nè il grado di cottura. E perchè i risultati del saggio di sopra- saturazione siano comparabili, occorrerà impiegare il gesso cotto ad un determinato grado di finezza, dell’acqua alla stessa temperatura, e poco e ugual tempo nella filtra- zione, usando filtri grandi, della stessa misura e di carta adatta. Se il gesso è puro, ben cotto e in polvere impalpabile, dopo aver agitato per 5 minuti g. 6 di sale con 1 litro d’ acqua, si otterrà una soluzione limpida; e quando un campione di gesso si comportasse in questo modo, si potrebbe ténere per cosa certa che il minerale da cui fu ricavato era puro, che la cottura fu conveniente, e che stem- prato con acqua fornirebbe una malta atta a far presa rapida. In caso contrario, il liquido dopo 5 minuti di agitazione resterà più o meno torbido e le sostanze in esso sospese potranno essere o gesso crudo e inerte, o gesso troppo cotto inerte pur esso, — 264 — o almeno di presa lentissima, o infine corpi estranei insolubili, quali in particolare argilla, carbonato di calce e silice. In quanto al modo di praticare il raggio di soprasaturazione, proporrei le regole seguenti : Introdurre g. 6 di polvere finissima di gesso cotto in 1 litro d’ acqua a 15° o 20°; agitare fortemente durante 5 minuti, e versare subito il liquido torbido entro un grande filtro liscio per raccogliere in pochi minuti 1/ litro della soluzione perfet- tamente limpida; portare questa all’ ebollizione, raccogliere il sale idrato che si de- pone sopra un filtro tarato e lavarlo col liquido stesso che filtra ancor bollente: com- primerlo fra carta sciugante insieme al filtro, e infine disseccarlo entro stufa fra 90° e 100°. L'aumento di peso del filtro, accresciuto di g. 1,07, farà conoscere presso che esattamente la quantità del sale idrato esistente nella soluzione soprasatura. Que- st'aggiunta rappresenta la quantità di solfato di calcio idrato che resta sciolto in !4& litro di acqua a 100°. Il gesso che s’ impiega nella confezione delle comuni malte sarà evidentemente tanto più puro o meglio cotto, quanto più la quantità del sale che si separa per ebollizione dalla soluzione soprasatura si avvicina a quella che si ottiene praticando in identiche condizioni la medesima prova sopra polvere tenuissima di un gesso di riconosciuta purezza, cotto a temperatura moderata e quindi facilmente solubile nel- l'acqua. { Fu poi opportunamente osservato che il saggio di soprasaturazione non porta a distinguere il gesso crudo dal gesso troppo cotto e dalle altre sostanze estranee inso- lubili e inerti. Il gesso troppo cotto od opera a somiglianza della sabbia, se il grado di cottura fu eccessivo, o si idrata e fa presa con estrema lentezza. Può accadere ancora che il gesso derivante da un minerale puro e troppo cotto presenti un titolo di soprasaturazione inferiore a quello di un altro minerale alquanto impuro ma ben cotto. Allora se la quantità delle sostanze estranee non oltrepassa una certa misura, questo secondo gesso farà presa più rapida del primo, ed è appunto tale qualità che forma il principal pregio di questo materiale cementante. Parmi infine che il saggio di soprasaturazione potrebbe servire come controllo facile e sicuro rispetto all’ andamento della cottura nel caso speciale e abbastanza frequente di quelle fabbriche che fanno uso di pietre gessose in cui le impurità si mantengono entro un limite presso che invariabile. Aumento di volume prodotto dal gesso che si separa da una soluzione soprasatura. E cosa volgarmente nota che le masse di gesso cotto durante la presa vanno sog- gette ad un aumento di volume che si attribuisce alla idratazione del sale anidro e sopratutto alla sua cristallizzazione. Secondo quanto riferisce il Grange a pag. 274 del suo Manuale - Chaux et sels de chaux - V accrescimento di volume nell'atto della = 265, presa sarebbe di 14 per 100 dopo 1 ora di posa della malta e di 1 per 100 dopo 24 ore. Questo accrescimento di volume corrisponde all’ effetto della idratazione e cristal- lizzazione completa di tutta la massa del gesso che forma la malta ? Per avere qualche valido argomento di risposta al presente e non facile quesito, pensai di provare innanzi tutto se il gesso idrato, che precipita lasciando a sè una soluzione soprasatura, produca un aumento di volume e nel caso affermativo determi- narne il valore in relazione alla quantità del sale che si depone. Avendo intrapreso questa ricerca quando la temperatura ambiente era di 18°, pre- parai la soluzione soprasatura introducendo g. 60 di gesso puro, moderatamente cotto nel bagno ad olio, in 3 litri di acqua che segnava 17°,4. Dopo 5 minuti di agita- zione, il liquido torbido che saliva presso che esattamente a 18° in virtù del calore che si svolge nella idratazione del sale, fu versato entro 5 grandi filtri lisci, così che in pochi minuti potei raccogliere 2 litri e !/ circa di soluzione soprasatura. Siccome durante la filtrazione appariva un leggero intorbidamento, così ripetei la filtrazione, allora rapidissima, adoperando un solo grande filtro senza pieghe. Della soluzione così ottenuta e limpidissima ne raccolsi a parte 200 ce. e col resto riempii un matraccio tarato di 2 litri e fornito di collo non molto largo in cui era inciso un tratto corri- spondente a questo volume. Sopra un tavolo avevo collocato tre grandi bacinelle, una con acqua a 4° circa sopra la temperatura ambiente (18°), un’altra con acqua a 4° sotto, e la terza con acqua a 18° precisi. Le due prime servirono a portare imme- diatamente la soluzione soprasatura a 18° prima di versarla nel recipiente tarato di 2 litri. Fatto questo travaso, immersi il recipiente medesimo nell’acqua a 18° della terza bacinella, e dopo 30 minuti circa estrassi dal collo del matraccio quella parte di soluzione che sovrastava al tratto indicante la capacità di 2 litri. Chiusi subito il recipiente con piccolo tappo di gomma elastica, e lo lasciai a sè per 4 giorni affinchè si deponesse la massima parte del sale idrato esistente nella soluzione soprasatura. Man mano che avveniva questa separazione, il liquido si innalzava molto lentamente nel collo del matraccio. Nelle ultime 8 ore mantenni scrupolosamente 1 acqua della bacinella a 18° a fine di misurare l’ aumento di volume alla stessa temperatura a cui si trovava la soluzione soprasatura e limpida al principio dell’ esperimento. Questo au- mento fu di 3 cent. cub. Per trovare poi nel modo più semplice ed esatto la quantità del sale che si era depositato causando questo aumento di volume, feci svaporare entro piccola capsula di platino i 200 cc. della soluzione identica a quella che fu introdotta nel matraccio tarato di 2 litri; e in altra capsulina 200 ce. della soluzione meno concentrata rima- sta nel recipiente medesimo e raccolta subito dopo aver misurato, come si disse, l’ au- mento di volume. Scaldati i due residui al rosso scuro, ricavai dai 200 cc. della so- luzione soprasatura primitiva g. 1,6138, e dalla seconda g. 0,4764 di gesso anidro, ossia da 2 litri g. 16,138 nel primo caso, e g. 4,764 nel secondo. La differenza g. 11,374 fece conoscere la quantità del gesso anidro depositato, la quale corrisponde = Bg a g. 14,384 del sale idrato che si era separato da 2 litri della soluzione soprasatura. Da questo esperimento, concordante con altri due eseguiti nella stessa maniera e col massimo scrupolo, risultò che g. /00 di gesso idrato, separandosi da una solu- zione soprasatura in istato cristallino, producono in essa un munento di volume di CCMZONSOE Io tengo questo dato molto prossimo soltanto al vero, perchè il collo del grande matraccio non aveva un diametro abbastanza piccolo per fare una misura esatta del- l’aumento di volume osservato, a produrre il quale vi concorrono a mio avviso due cause: luna è il fatto stesso della separazione e cristallizzazione del sale idrato esi- stente nella soluzione soprasatura: 1 altra, soltanto probabile, è che la soprasaturazione sia dovuta alla presenza di uno o più sali contenenti una quantità di acqua mag- giore, e per ciò più solubili di CaS0,-2H,0 e che l'acqua, che si svincola da questi corpi instabili man mano che diminuisce il titolo di soprasaturazione, prenda un vo- lume maggiore di quello che le apparteneva allo stato di combinazione. Nel qual pro- posito è da osservare che anche il volume della selenite è minore della somma dei volumi reali dei gesso completamente disidratato e dell’acqua occorrente per formare il sale cristallizzato: il che si desume con semplice calcolo sapendosi che 2,325 e 2,777 sono rispettivamente i pesi specifici della selenite e del sale anidro. È cosa verosimile che altrettanto sia dell’acqua che si separa dai sali idrati esistenti in una soluzione, e il forte accrescimento di volume che si ha durante |’ alterazione della so- luzione soprasatura di gesso potrebbe considerarsi come indizio non trascurabile della esistenza di questi idrati instabili e non come unico effetto della precipitazione e eri- stallizzazione del CaSO,-2H,0. Rispetto a questo ultimo fatto l’acerescimento di volu- me da me osservato, mi sembra sproporzionato alla piccola quantità del sale che si depone. Non è possibile, almeno al presente, di poter stabilire quanto dell’ aumento di vo- lume osservato nel precedente esperimento si debba all’ una o all’ altra di queste cause; ma, ammesso che i sopradetti idrati si formino nell’ atto che il gesso viene in contatto coll’ acqua, esse dovrebbero concorrere alla espansione delle malte comuni di gesso cotto, nella confezione delle quali s’ impiega sempre una quantità di acqua molto su- periore a quella che sarebbe teoricamente bastevole alla completa idratazione del sale, talchè nella prima formazione dell’ impasto i grani del gesso cotto formano col solvente che li circonda un sistema continuo atto ad estrinsecare il cambiamento di volume che accompagna la presa. Osservazioni sulla teoria della presa del Le Chatelier. Vediamo ora se i fatti da me osservati confermano o no la ‘teoria che diede il Le Chatelier sulla presa del gesso, facendone una specie di introduzione alle sue memorabili ricerche sperimentali sulla costituzione delle malte idrauliche, pubblicate nel 1887. i o Il Le Chatelier afferma pur esso che nella presa il gesso cotto riprende tutta l’acqua che era stata scacciata colla cottura, rigenerandosi il sale cristallizzato iden- tico a quello che si riscontra nella pietra naturale. Fa quindi notare che in tutti gli esempi conosciuti di cristallizzazione dei sali a contatto dell’acqua, la formazione dei cristalli è preceduta dalla soluzione del sale. La difficoltà, egli dice, di ammettere che la cristallizzazione del gesso sia preceduta dalla sua soluzione, proviene da ciò che la quantità di acqua libera contenuta nelle malte (20 circa per 100) non potrebbe sciogliere che !5;00 del solfato di calcio a cui è mescolata, e non havvi ragione di ammettere che, avvenuta la soluzione, il sale precipiti e permetta così all’ acqua della malta di scioglierne una nuova quantità. Il Le Chatelier ha creduto di poter risol- vere molto facilmente questa difficoltà appoggiandosi alle esperienze di soprasaturazione del Marignac, delle quali si è fatto cenno in questa Nota. Quindi a suo giudizio il meccanismo della cristallizzazione del gesso sarebbe il seguente : Il cesso cotto si idrata a contatto dell’ acqua con cui viene stemprato e produce una soluzione soprasatura che tosto lascia cristallizzare del solfato idrato CaSO,-2H,0 e diviene perciò capace di sciogliere nuove quantità di solfato anidro per mantenersi nello stato di soprasatura- zione. Il fenomeno continua sino all’ idratazione e cristalizzazione completa del solfato disidratato. In realtà, aggiunge il Le Chatelier, queste due azioni contrarie si pro- ducono simultaneamente in punti vicini: la soluzione continuata di nuove quantità di gesso cotto, compensa l’ impoverimento del liquido che segue al deporsi ugualmente continuo dei cristalli idrati. Se questa spiegazione, egli aggiunge, è la vera, deve ri- sultarne che i punti dove si depongono i cristalli idrati non sono necessariamente al posto occupato dai grani di gesso cotto. Ciò è quanto il Le Chatelier ha confer- mato seguendo l’ idratazione sotto il microscopio, durante la quale ha veduto formarsi dei grandi aghi nel mezzo degli spazi riempiti di acqua. Tale è nei suoi tratti essenziali la teoria del Le Chatelier. Senza dubbio al- lorchè il gesso cotto vien messo a contatto dell’acqua per farne malte, si produce subito con una piccola parte del sale una soluzione soprasatura, ed è ben naturale che i cristalli di gesso idrato che questa lascia deporre, non siano necessariamente al posto occupato dai grani di gesso cotto, come ha osservato il Le Chatelier. Ma al va- lentissimo chimico pare sia sfuggita l’importanza di un fatto vero e non trascurabile rilevato dal Marignac, e cioè che anche in presenza di un grande eccesso di sale idrato e cristallino, il gesso che si trova in una soluzione soprasatura si depone molto lentamente, al contrario di quanto avviene per uguali condizioni nelle soluzioni sopra- sature di altri sali molto solubili. Questa lentezza nella separazione del gesso idrato non mi par conciliabile colla grande rapidità di presa delle malte fabbricate con sele- nite convenientemente cotta. E siccome le ipotesi più ardite non sono sempre le più ste- rili, così mi sarà «lecito di supporre che, in causa appunto di questa lentezza, la grande massa delle particelle che sono sommerse in una soluzione soprasalura si trovino in condizioni non molto dissimili da quelle in cui si troverebbero quando fossero circon- date da una atmosfera molto umida per la quale il sale si idrata senza sciogliersi e Serie VI. — Tomo T. 34 "Ig quindi “senza cristallizzare. A me sono mancati i mezzi di studio necessari per poter svelare l’ intima struttura di piccole pallottole fatte con gesso puro cotto moderata- mente le quali avevano fatta presa rapidissima; ma per quel che ho potuto vedere esternamente ad occhio libero e nella superficie loro di frattura, parmi che la parte cristallina debba essere ben piccola rispetto alla massa totale dell’ impasto indurito, in cui di cristallino penso che siavi soltanto una parte di sale non molto superiore a quella che forma soluzione soprasatura nel momento dell’ impasto. Che poi questa parte cri- stallina uniformemente diffusa nell’ impasto abbia non poca efficacia nel fenomeno della presa è cosa probabilissima, ma il fatto della cristallizzazione non mi sembra la causa preponderante e assolutamente necessaria della solidità e coerenza che prendono le malte di gesso a presa rapidissima. Che questa non avvenga come suppose il Le Chatelier, credo di poterne dare come prova abbastanza valida il seguente esperimento. Introdussi g. 30 di gesso purissimo, cotto con tutta cura sul bagno ad olio e fi- namente polverizzato, in un matraccio a fondo piatto fornito di bocca larga. Chiusi il recipiente con tappo di gomma avente due fori: nell’uno applicai una buretta di vetro graduata munita di chiavetta e piena d’acqua sino allo zero superiore della graduazione; nell’ altro innestai un tubo piegato a squadra che mediante un tubo lungo di gomma fu messo in comunicazione con un altro di vetro graduato che era tenuto verticalmente immerso nell’acqua di un cilindro di vetro alto 80 cm. circa. Alla branca orizzontale del tubo a squadra era saldato un piccolo tubetto che si poteva chiudere o aprire applicando ad esso o togliendo un cappelletto di gomma. Allorchè questo tu- betto era aperto, l’acqua del tubo graduato si metteva naturalmente allo stesso livello di quella del cilindro esterno. Chiudendo allora questo tubetto e aprendo la chiavetta della buretta graduata, lasciai cadere nel matraccio 50 cc. di acqua distillata che in- clinando e scuotendo il recipiente formò col gesso una poltiglia abbastanza scorrevole. La temperatura ambiente era di 19°. Dopo 4 giorni trovai che a questa stessa tempe- ratura il volume dell’ aria entro l'apparecchio aveva variato di una quantità tanto piccola da non poter essere esattamente misurata in causa della soverchia sensibilità dell’ apparecchio anche ai minimi cambiamenti della temperatura ambiente. Avendo veduto che nel periodo di alcune ore la variazione di volume dell’ aria nel matraccio era presso che impercettibile, volli provare se prevenivo al risultato precedente giovandomi dell’ apparecchio dello Schumann di cui si fa uso nei labo- ratori per determinare il peso specifico dei cementi. Nel matraccio che è parte di questo apparecchio, introdussi e. 30 di gesso cotto identico a quello adoperato nel precedente esperimento, poi 50 cc. di acqua distillata a 5 o 6 gradi sotto la temperatura ambiente e 100 cc. di benzina. Adoperai acqua raffreddata per evitare che al contatto di questa col gesso cotto si elevasse di troppo la temperatura. Imprimendo al matraccio opportuni movimenti, riuscii in pochi minuti ad espellere completamente le bollicine d’aria interposte al gesso e a ridurre questo in poltiglia scorrevole. Appresso applicai al matraccio il tubo graduato che è la se- — 2609 —_ conda parte dell’ apparecchio Schumann; introdussi altra benzina sino a sorpassare di poco lo zero della graduazione, e immersi il matraccio nell’ acqua di una grande bacinella a 18°. Trascorsa mezz’ ora estrassi dal tubo la benzina sovrastante allo zero della graduazione, chiusi il tubo con piccolo tappo di sughero, poscia lasciai a sè I’ ap- parecchio per 4 giorni, durante i quali si ebbe (a 18°), come nell’ esperimento prece- dente, una piccolissima variazione di volume e un notevole indurimento della poltiglia. Or bene, se i fatti avvenissero nelle malte di gesso come suppose il Le Chate- lier, cioè, col passaggio di tutto il sale anidro allo stato di soluzione soprasatura e simultanea separazione del sale idrato e cristallino CaSO,-2H,0, tanto nel primo quanto nel secondo esperimento avrei dovuto avere un aumento di volume di cc. 7,91, pro- porzionale alla quantità del gesso impiegato, e nella misura di quello che ottenni spe- rimentando con 2 litri di soluzione soprasatura. Mi si potrebbe obbiettare che il Le Chatelier nella sua teoria considera la presa del gesso nelle malte comunemente impiegate in forma di impasti abbastanza consistenti; ma è pur vero altresì che l’unica differenza fra esse e la poltiglia di gesso su cui io ho sperimentato, è la presenza di una maggiore quantità di acqua libera, e se per una parte questa cendizione ritarda e scema l’effetto finale della presa, dal- l’altra non può essere di impedimento a che il fenomeno proceda nel modo supposto dal Le Chatelier; e in questo caso l’ espansione della malta di gesso dovrebbe es- sere molto maggiore di quella che si ha effettivamente nella pratica. Del resto dopo 4 giorni e in presenza di un eccesso di acqua, l’ idratazione com- pleta del gesso è cosa che nessuno oserebbe mettere in dubbio, e il forte riscalda- viene stemprato colla quantità di acqua sufficiente a formare un impasto plastico, fa palese la rapidità e l'intensità stessa dell’ idratazione. Secondo l’ ipotesi del Le Cha - telier il calore prodotto dall’ assorbimento dell’ acqua sarebbe molto scemato dal fatto endotermico della soluzione del sale idrato. mento che si ha tosto che il sale disidratato puro ben cotto e finamente polverizzato Im conclusione, io porto opinione che cause reali e sufficienti a produrre l’indu- . rimento, ossia la coerenza e solidità delle malte di gesso cotto siano: il disseccamento che segue alla diminuzione dell’ acqua libera che si consolida nel fenomeno della idra- tazione ; la facoltà adesiva delle particelle del sale che si idrata a sè stesse e agli oggetti con cui vengono a contatto; la compressione a cui le malte impiegate nelle costruzioni murarie vanno soggette in virtù della loro forza espansiva; infine la cri- stallizzazione di quella piccola parte di gesso che durante l impastamento forma so- luzione soprasatura. In natura non mancano esempi numerosi di rocce assolutamente amorfe che presero grande durezza per semplice disseccamento o per compressione 0 per entrambi queste cause. Ben inteso che non bisogna scambiare il riconoscimento delle condizioni atte a produrre l’ indurimento di un corpo colla spiegazione di questo feno- meno in cui, anche nei casi più semplici, havvi sempre molto di incerto e di miste- rioso. In questo lavoro ho cercato di esaminare e interpretare i fatti senza idee precon- SE cette e ben lontano dal desiderio di dir cose nuove e originali. La critica in pari tempo riguardosa e ben modesta che ho fatto alla teoria del Le Chatelier non mì sembra priva di buon fondamento sperimentale, nè del tutto immeritevole di essere di- scussa. Tanto meglio se il Le Chatelier saprà trovare argomenti per dimostrare che i miei esperimenti sulle soluzioni soprasature di gesso non infirmano la sua teoria, e sarei sinceramente ben lieto che egli riuscisse a toglier il dubbio che è nato in me pensando alla parte principalissima che esso attribuì al fenomeno di soprasaturazione nella presa dei materiali cementanti idraulici e in particolare del portland. In un prossimo lavoro mi propongo di determinare per altre soluzioni soprasature e col metodo stesso impiegato per il gesso, l'aumento di volume prodotto dalla sepa- razione dei rispettivi sali idrati, non essendo improbabile che corrano relazioni im- portanti fra questo aumento e il peso specifico dei sali anidri e di quelli che si de- pongono con quantità determinate di acqua di cristallizzazione. Peso specifico del gesso. In quanto al peso specifico del solfato di calcio ecco i valori da me ottenuti me- diante l’ apparecchio dello Schumann: Pesogspeciticogdellagse cite Re eee Peso specifico della selenite completamente disidratata. 2,78 Peso specifico del gesso precipitato per ebollizione da soluzioni soprasature e seccato all'aria . . . .. 2,355 In ognuna di queste determinazioni impiegai g. 60 di sale finissimamente polve- rizzato. La polverizzazione però non è necessaria per il solfato che si ricava col. ri- scaldamento di soluzioni soprasature. Nel matraccino dell’ apparecchio Schumann in- troducevo la benzina alla temperatura ambiente e portavo il liquido allo zero del tubo graduato, dopo aver lasciato l'apparecchio per 1 ora entro una grande bacinella che conteneva acqua alla detta temperatura. Poscia introducevo nell’apparecchio i 60 £. di sale, da cui si espellevano con ogni cura le bolle d’aria interposta tenendo 1° ap- parecchio un po’ inclinato e facendolo girare sul proprio asse: la quale precauzione è sopra tutto necessaria quando sì esperimenta colla polvere di selenite cruda. Durante questa operazione il tubo era chiuso con piccolo tappo di sughero, onde evitare 1° er- rore non trascurabile che sarebbe derivato dalla facile evaporazione della benzina e si faceva la seconda lettura del volume occupato dal sale quando 1° apparecchio era stato immerso per l ora nell'acqua di un alto cilindro di vetro in cui il liquido stesso era mantenuto rigorosamente alla stessa temperatura che aveva la benzina prima di intro- durre in essa il sale polverizzato. SULLA DISTRIZIONE. DELLO PNRUMOCOCCO DEL FRANKE NEL SANGUE DEGLI ANIMALI IMMUNIZZATI BR IPERVAGCINATI RICERCHERSRERIMENIPARI Prof. GUIDO TIZZONI e Dott. LUIGI PANICHI (lette nella Sessione del 29 Maggio 1904) In un nostro precedente lavoro (1), noi abbiamo veduto che l’ uso del siero antipneu- monico, mentre previene ed arresta lo sviluppo dei fenomeni morbosi determinati da una dose di virus rapidamente mortale e salva l’animale da morte sicura, per converso lo Stesso siero non esercita grande influenza sui germi iniettati, i quali per un certo tempo permangono vivi e vitali nel focolaio locale e nel sangue, ma in siffatte condizioni da non poter più nuocere. Così negli animali trattati col siero |’ essudato che infiltra il tessuto sottocutaneo in corrispondenza della parte operata, dette colture positive anche dopo otto giorni dalla praticata iniezione, ed ìl sangue, messo egualmente in coltura, dimostrò per due, tre giorni dalla determinata infezione la presenza di germi specifici in circolo; e ciò anche quando mancò qualsiasi risentimento generale dell’ animale in esperimento. Da questo appunto si concludeva « che il siero di sangue fornito dall’ animale immu- « nizzato agisce neutralizzando 1’ azione del tossico della coltura, trasformando così gli « effetti di una coltura tossica in quelli di una coltura atossica. I germi poi, tanto quelli « del sangue, quanto quelli dell’ infiltrato locale, messi in tal modo in condizione da non « poter più aggredire l’ organismo, si comportano in ambidue i casi come fossero saprofiti, CS cioè subiscono dapprima una attenzione della loro vitalità e per ultimo scompaiono ES distrutti dalle forze naturali dell’ organismo ». Stabilito così il fatto, a noi non poteva sfuggire la sua grande importanza tanto per la scienza quanto per le sue pratiche applicazioni; era quindi naturale che noi lo: pren- dessimo nuovamente in esame per studiarlo con più larghe esperienze in tutti i suoi par- (1) Tizzoni e Panichi. Vaccinazione, immunità e sieroterapia contro lo pneumococco del Frà n- ke]. Memorie della R. Accademia delle Scienze dell’ Istituto di Bologna. Serie V. Tomo X, pag. 360 e seg. — 272 — ticolari; e ciò tanto più in quanto mancano per lo pneumococco precise conoscenze al riguardo. Per converso la questione è stata largamente trattata rapporto ad altri microrganismi. Noi non abbiamo certo la pretesa di enumerare qui tutti i lavori che incidentalmente hanno toccato questo argomento; ma non possiamo esimerci, peraltro, dal ricordarne i principali, specie quelli che sono stati diretti allo stesso fine che noi ci proponevamo con le presenti ricerche. E fra questi lavori meritano in modo particolare di esser menzionati quelli classici del Metschnikoff (1), del Pfeiffer e Wessermann (2), del Pfeiffer e Kolle (3) e del Wassermann (4) che si riferiscono rispettivamente al mal rosso del porco, al colera asiatico, al tifo, ed al b. piocianeo. Questi AA., coll’ intendimento di meglio chiarire il meccanismo col quale si determina l'immunità nelle ricordate infezioni, si sono espressamente proposti di vedere quale azione esercita il siero immunizzante nella immunità attiva e passiva sui rispettivi germi, e tanto in vitro quanto nell’ organismo. Da tali ricerche è risultato, che mentre nelle infezioni sopra enumerate il siero rac- colto dagli animali immunizzati non esercita in vitro alcuna azione diretta sui germi cor- rispondenti da determinarne la morte e la dissoluzione, invece lo stesso siero è capace di dispiegare nell’ organismo un’ energica azione battericida. Così, introducendo una piccola quantità dei germi ricordati nell’ addome di animali fortemente vaccinati, o iniettando nel peritoneo di animali nuovi i microrganismi in questione insieme col rispettivo siero immu- nizzante, i predetti AA. hanno osservato che la coltura del liquido estratto dalla cavità peritoneale dopo poche ore dalla praticata iniezione, rimane del tutto sterile. La distruzione del b. del mal rosso del porco in tali esperimenti era completa in 24" o in poco più: quella del vibrione del colera in 20‘-40’, quella del bh. del tifo in 24', e finalmente quella del b. piocianeo in 6" circa. Più tardi il Dott. Cantacuzène (5) confermò per mezzo delle iniezioni endoperito- neali che la distruzione del virus colerico si compie negli animali immunizzati ed ipervac- cinati assai prontamente, entro 25" per i primi, entro 30" per i secondi; cioè con assai maggior sollecitudine della distruzione che avviene negli animali naturalmente immuni, nei quali l’ essudato peritoneale si mostrò sterile solo al termine di 48°. Per ultimo il Salimbeni (6) trovò che nei cavalli ipervaccinati contro il colera, 1° es- (1) Metschnikoff. L’immunité dans les maladies infectieuses. Paris 1901, pag. 249. (2) Pfeiffer u. Wassermann. Ueber Immunitàt gegen Cholera asiatica. Zeitsch. f. Hygiene. Bd. XIV., 1893, pag. 59 e seg. (3) Pfeiffer u. Kolle. Ueber die specifische Immunitàtsreaction der "’'yphusbacillen. Zeitsch. f. Hygiene Bd. XXI., 1896, pag. 218 e seg. (4) Wassermann. Experimentelle Uutersuchungen iber einige theoretische Punkte der Immu- nitàtslehre. Zeitsch. f. Higiene. Bd. XXII, 1896, pag. 284 e seg. (5) Cantacuzène. Nouvelle recherches sur le mode de destruction des vibrions dans |’ organi- sme. Annales de l’ Institut Pasteur. ll. XII., 1898, pag. 279 e seg. (6) Salimbeni. La destruction des microbes dans le tissu sous-coutané des animaux hypervac- cinés. Annales de l’ Institut Pasteur. l. XII., 1898, pag. 192 e seg. — 273 — sudato ripreso dal punto della iniezione determina sviluppo di colture positive nelle 48" che seguono alla praticata operazione; e che in quelli vaccinati contro la difterite le colture dell’ essudato ripreso dalla parte iniettata danno luogo a sviluppo di germi specifici fino a 40" dalla iniezione, una sola volta fino a 54°. In opposizione a questi risultati, solo il Ghéorghiewsky (1) avrebbe osservato in al- cune ricerche eseguite sotto la direzione del Metschnikoff, che il bh. piocianeo introdotto nel sacco dorsale della rana, tanto nuova, quanto attivamente o passivamente immunizzata, si mantiene vivo per un tempo abbastanza lungo, fino a 15-18 giorni; ed in questo caso, come in quello del mal rosso del porco studiato dal Metscehnikoff, la sua distruzione, anzi che dovuta alla azione dei succhi (fenomeno del Pfeiffer), sarebbe esclusivamente determinata dalla azione fagocitaria dei globuli bianchi. Peraltro, a nostro giudizio, i risultati del Ghéorghiewsky non infirmano sostan- zialmente le conclusioni alle quali è pervenuta la maggioranza degli osservatori a riguardo della energica azione esercitata nell’ animale dal siero immunizzante sui rispettivi germi, potendosi benissimo spiegare le divergenze a questo proposito rilevate con la grande dif- ferenza degli animali sui quali 1° esperimento è stato praticato. Rimane quindi accertato che la distruzione dei microrganismi sopra ricordati (b. del mal rosso del porco, vibrione del colera asiatico, b. del tifo, »b. piocianeo, b. della difte- rite) si compie negli animali immunizzati od ipervaccinati in un tempo molto breve, da pochi minuti a poche ore. Ma, nonostante il lodevole accordo nei risultati ottenuti sulle infezioni ricordate, intorno alla questione che ci occupa non ci è ancora permesso di generalizzare; anzi sembra che tali conclusioni non siano indistintamente applicabili a qualsiasi germe. Infatti, secondo risulta da alcune ricerche dello stesso Salimbeni (2), lo streptococco offrirebbe già una resistenza molto maggiore dei microrganismi citati alla azione distrut- tiva del siero. L’essudato preso dall’ infiltrato locale di un cavallo ipervaccinato con- tro lo streptococco, avrebbe dato colture positive anche dopo 5-6 giorni dalla praticata iniezione. Per quanto riguarda il siero antipneumonico, la maggioranza dei patologi ammette che tale siero abbia in vitro, sui rispettivi germi, un elevato potere agglutinante e che in- vece sia sprovvisto di qualsiasi potere battericida. Solo il Roger (3), il Kruse e Pansini (4) ritengono che il siero antipneumococcico eserciti una manifesta azione battericida sullo pneumococco del Friankel, avendo il (1) Ghéorghiewsky. Du mecanisme de l’immunité vis-à-vis du bacille pyocyanique. Annales de | Institut Pasteur. 'l. XIII., 1899, pag. 314. (2) Salimbeni. Loc. cit. pag. 205. (3) Roger. Revue générale de sciences pures et appliquées 1891. N. 12. (4) Kruse u. Pansini. Untersuchungen iber den Diplococcus pneumoniae und verwandte Stre- ptokoklen. Zeitsch. f. Hygiene, 1892. Bd. XI., pag. 279 e seg. — 274 — primo di essi trovato che lo pneumococco si sviluppa meno abbondantemente nel siero di animali vaccinati che in quello di animali sani; ed i secondi avendo provato col contaggio dei germi seminati nel siero di animali fortemente vaccinati, che il numero di tali germi per Vl influenza battericida del siero diminuisce molto rapidamente. Per nostra parte noi avemmo occasione di confermare pienamente in altro lavoro (1) le conclusioni della maggioranza degli osservatori. Infatti, anche se consideravamo sola- mente le colture ottenute con innesti praticati direttamente sul siero di sangue di ani- mali ipervaccinati in cui il potere agglutinante si manifestò al massimo grado, tanto da determinare la formazione di una grossa ed unica membrana cotennosa che si modellava sul fondo del tubo, si trovava che i trapianti di queste colture, fatti sistematicamente in appositi mezzi di nutrizione, riescivano per lungo tempo positivi. Dunque, per quanto riguarda l’ azione in vitro del siero antipneumococcico, la que- stione può dirsi definitivamante risolta. Lo stesso, invece, non avviene per l’ azione che lo stesso siero esercita nell’ organismo sui rispettivi germi; anzi può affermarsi che a tal riguardo la questione è stata appena toccata. Solo Emmerich (2) ed il Wassermann (3) ne parlano per incidenza; il primo affermando che il siero degli animali immunizzati conferisce l'immunità grazie alle sue proprietà battericide, ed il secondo provando che la stessa distruzione avviene negli organi dove si forma il materiale di difesa, raccolti dagli animali nel primo stadio della immunità (midollo delle ossa, glandole linfatiche, timo, milza); nei quali, a differenza de- gli altri organi e di ciò che si osserva negli animali nuovi, si troverebbero pneumococchi poco colorati o resti di questi. Ad un concetto del tutto opposto accennavano invece le nostre prime ricerche al ri- guardo, i cui risultati sono stati in principio riferiti. Occorreva, guindi, riprendere in esame la questione per stabilire in modo assoluto e definitivo se e quale azione il siero antipneu- mococcico dispiega sullo preumococco del Frinkel; se questo, cioè, si comporta nel corpo degli animali immunizzati od ipervaccinati come i microrganismi molto vulnerabili o come quelli resistenti, ed in questo caso qual grado di resistenza possieda. Metodo di ricerca. Per risolvere il problema che ci eravamo proposti, non abbiamo creduto di seguire la via prescelta dagli osservatori che ci hanno preceduto. La introduzione dei germi nel tessuto connettivo sottocutaneo, se da un lato avrebbe avuto il vantaggio di farci seguire lo sviluppo dei fenomeni locali, dall’ altro avrebbe avuto il difetto di dare risultati non sempre comparabili fra di loro per la diversa estensione ed intensità della lesione dei tes- (1) Lav. cit., pag. 354 e seg. (2) Emmerich. Ueber die Infection, Immunisirung und Heilung bei croupòser Pneumonie. Zeitsch. f Hygiene Bd. XVII., 1894, pag. 412. (3) Wassermann. Pneumokokkenschutzstoffe. Deutsche med. Wochenschr. N.° 9. 1899. — 275 — suti, forse non in tutti i casi assolutamente veritieri per la irregolare distribuzione dei germi in seno all’ essudato. Nè preferibile ci parve la via peritoneale prescelta per questi studi dalla maggioranza degli sperimentatori, a causa del disturbo che avrebbe potuto risentire I’ animale quando, come nel caso nostro, fosse stato necessario seguire le ricerche per un tempo abbastanza lungo, e praticare di conseguenza un numero di saggi abbastanza rilevante. Migliore ci parve, invece, la via endovenosa, come quella che avrebbe dato luogo ad una repartizione abbastanza regolare nella massa del sangue dei germi introdotti, e che, senza grave disturbo dell’ animale, ci avrebbe facilmente consentito di ripetere finchè fosse stato neeessario le osservazioni di saggio. Scelta questa via per la introduzione del virus, ecco come abbiamo proceduto nei nostri esperimenti. Quando sì voleva determinare solo una immunità passiva, sì praticava nella stessa seduta una iniezione di siero e di coltura in brodo nostro, iniettando il primo separata- mente, nella quantità voluta, nella vena marginale di un orecchio, la seconda, sempre nella dose di em' 0,2, nella vena marginale dell’ altro. Quando poi si voleva conferire all’ animale una immunità attiva, allora, dopo aver determinato l’ immunità fondamentale col metodo sopra indicato, si praticava il rinforzo con iniezioni successive di coltura in brodo nostro a dose progressivamente crescente, come è stato particolarmente indicato nel nostro precedente lavoro (1). Per determinare a vario periodo dell’ esperimento la presenza nella circolazione dei germi iniettati, non ci è sembrato sufficiente il semplice esame microscopico del sangue, perchè, se questo può dare risultati sicuri in primo tempo, o quando il numero dei germi, tanto liberi quanto raccolti sui globuli bianchi, è molto rilevante, dà invece risultati molto incerti quando, per la conferita immunità, i germi stessi hanno subìto entro i globuli bian- chi quelle trasformazioni che non permettono più di distinguerli facilmente dalle granula- zioni del citoplasma, con le quali si confondono tanto per la grossezza quanto per le co- lorazioni che assumono. Così, per meglio stabilire la presenza nella circolazione dei germi iniettati, abbiamo fatto ricorso esclusivamente alla coltura del sangue, aspirato nella quantità di 2-3 goccie da una vena dell’ orecchio e mescolato ad una sufficiente quantità di brodo ordinario. Nè in tali nostre indagini ci siamo sempre fermati al primo risultato negativo, perchè 1° espe- rienza ci aveva dimostrato che qualche volta, per quanto assai raramente, e forse in relazione della piccola quantità del materiale usato, la coltura può rimanere sterile, mentre un’ ul- teriore osservazione dimostra ancora la presenza in circolo dei germi specifici. Perciò, nei nostri esperimenti, quando sarà registrata una sola prova negativa, ciò sta- rà a significare che il risultato non deve esser considerato come definitivo. Invece, potrà dichiararsi chiuso l’ esperimento, quando almeno 2 saggi consecutivi di sangue siano ri- masti sterili. (1) Loc. ind., pag. 385. Serie VI. — Tomo I. 35 — 276 — Per ultimo, in queste nostre ricerche, qualche volta abbiamo approfittato del sangue che in quantità maggiore era stato raccolto dai grossi vasi del collo al fine di saggiarne le proprietà immunizzanti o di prepararne materiale curativo per l’uomo. Fd in questo caso ci veniva cfferta ancora | opportunità di sperimentare separatamente sul coagulo e sul siero limpido precedentemente aspirato. Le colture ottenute dal sangue raccolto nel modo indicato dalla vena dell’ orecchio erano nel maggior numero dei casi colture pure; quindi facile era la diagnosi microsco- pica per le stesse forme caratteristiche del germe. Quando peraltro la coltura si presentava impura, allora, per togliere ogni dubbio sul giudizio diagnostico, si faceva subito una nuova presa di sangue, che per la purezza della coltura ci permetteva facilmente di rilevare la presenza dello pneumococco del Frankel. Quando poi, in seguito alla attenuazione patita nell'organismo, lo pneumococco aveva perduto molto dei suoi caratteri e subite quelle trasformazioni di cui parleremo in seguito, tanto che molto difficilmente avrebbe potuto riconoscersi nella coltura direttamente ricavata dal sangue, allora si facevano da questa dei successivi passaggi fino a che il germe in questione non tornava a rivelarsi colla sua forma tipica. Finalmente, per giudicare della sterilità di una coltura, questa doveva esser lasciata nel termostato per un tempo molto lungo, non inferiore a 15 giorni, perchè 1° esperienza ci aveva istruiti che le colture fatta col sangue preso dagli animali immunizzati od ipervac- cinati alcune volte nascono con grandissimo ritardo, talora di 8, 10, 12 giorni. Compito dei nostri studi. Tracciata la via da seguire nei nostri esperimenti, ecco quali furono le principali que- stioni che con questi ci proponemmo risolvere : 1.° vedere per quanto tempo può dimostrarsi la presenza nel sangue dello pneumo- cocco del Frànkel tanto nell’immunità attiva quanto nella immunità passiva; 2.° esaminare se e quale influenza esercita sulla distruzione del germe la specie ani male, la qualità del siero (omogeneo, eterogeneo) ed il grado della immunità ; 5.° stabilire se vi è un rapporto diretto, e quale, fra la quantità del siero usata od il grado della immunità determinata colla vaccinazione, da una parte, ed il potere disirut- tivo dei germi iniettati, dall'altra; 4.° studiare se esiste un rapporto fra la rapidità della distruzione dei germi ed i varii fenomeni che si manifestano nella immunità incompleta, non esclusi quelli che pos- sono verificarsi per l'insorgere di localizzazioni secondarie ; 5.° seguire, finalmente, tutte le modificazioni che può presentare lo pneumococco del Friànkel reso inattivo nell’ organismo per influenza del siero o della vaccinazione, e tanto per i suoi caratteri microsoopici e batteriologici quanto per la sua azione patogena. ZA — Risultati ottenuti. I. Immunità completa - Siero omogeneo. — Dei numerosi esperimenti di questa serie ci limiteremo a riportare quelli che furono più a lungo seguiti. Oss. 1.° Coniglio grigio. P. 1120. - 25 aprile 1904. Iniezione endovenosa contemporanea di cm? 0,2 virus in brodo nostro e di 1 cm' per klg. siero immunizzante di coniglio. L’a- nimale in tutto il tempo in cui fu in osservazione non presentò aicun fenomeno di malat- tia; nè febbre, nè diminuzione di peso, nè sintomi nervosi, nè localizzazioni secondarie. Il controllo iniettato con solo virus morì in 36". La coltura del sangue dell’ orecchio riescì positiva il 28 aprile, negativa il TE maggio, forse per la scarsa quantità di sangue messo in coltura; poi di nuovo positiva nei giorni 4,8, 12, 17, 29 maggio; 5, 14, 24 giugno; 5, 18 luglio; 8 agosto; 2 settembre. Quindi la presenza dei germi nel sangne in questo caso fu dimostrato per 130 giorni della praticata iniezione (1). Oss. 2.* Coniglio bianco e ericio P. 1190. - 25 aprile 1904. Miezione di siero e virus come nell’osservazione precedente. Anche in questo caso l’ immunità conferita fu del tutto completa, per cui l’animale non ebbe a risentire alcun disturbo dalla praticata operazione Morte del controllo in 36". La coltura del sangue riescì positiva nei giorni 28 aprile; 1, 6,8, 12, 17, 23, 29 maggio; 5, 14, 24 giugno; 5, 18 luglio; 8 agosto; 3 settembre. Talchè, pure in questo caso, si riescì a dimostrare la presenza del germi nel sangue anche dopo 181 giorni dalla praticata miezione. ) Quindi, senza bisogno di riportare altre osservazioni, che suonano tutte più o meno allo stesso modo quando la ricerca è continuata per il tempo necessario, si può facilmente conclu- dere che nella immunità completa determinata con siero omogeneo, la distruzione dei germi iniettati in circolo, 0 meglio la loro scomparsa dalla circolazione, si opera molto lenta- mente, per cui la loro presenza nel sangue è dimostrabile con la coltura anche dopo 131 giorni dalla praticata operazione. Nè viene da questo che la scomparsa più o meno sollecita dei germi dal sangue non può praticamente servire in aleun modo, come speravamo quando iniziammo le nostre ri- cerche, per determinare speditamente, e prima che sia passato il tempo necessario in cui può dirsi chiuso l'esperimento (15-20 giorni), il grado della immunità determinata col siero, e stabilire fino dai primi giorni se questa avesse, oppur no, a riescire completa. II. Immunità completa - Siero eterogeneo. -— Il siero usato in queste ricerche fu. raccolto da una pecora altamente immunizzata contro lo pneumococco del Frànkel. Il fine di queste ricerche non era tanto di seguire i germi nel circolo fino alla loro defi- nitiva scomparsa, o quasi, come era stato fatto negli esperimenti precedenti eseguiti con siero omogeneo, ma di vedere semplicemente se per l uso di quello eterogeneo tale distru- zione si facesse, invece, in un tempo molto breve. (1) Il termine indicato in questo e negli altri esperimenti basta per giustificare le conclusioni del presente lavoro. In una nota successiva, se sara possibile, verrà riferito il risultato finale dei singoli esperimenti in cui, cioè, il sangue rimase defiritivamente sterile. — 2718 — Oss. 3.* Coniglio grigio, P. 920. - 29 dicembre 1903. Iniezione endovenosa contempo- ranea di cm’ 0,2 virus e di em' 2 per klg. siero di pecora. L’immunità conseguita fu del tutto completa, non avendo l’animale risentito in aleun modo della praticata operazione. 6 Il controllo morì in 24". La coltura del sancue dette risultuto positivo nei giorni 2, 4 lo te) ) ’ è) 9, 11, 12 gennaio; nè fu creduto necessario continuare 1° esperimento. Oss. 4.* Coniglio grigio, P. 1300. - 6 gennaio 1904. Iniezione come sopra. L'animale dopo l'operazione stette sempre benissimo; non ebbe mai nè febbre, nè fenomeni nervosi, nè diminuzione di peso. Il controllo morì in 15°. La coltura del sangue riescì positiva nei giorni 11, 12, 19, 14, 17, 18, 20 gennaio, dopo il quale l’ esperimento fu sospeso. Nè crediamo necessario riportare altri casi, bastando questi riferiti a provare che il siero eterogeneo non si comporta differentemente da quello omogeneo, e che l'uso del primo, come quello del secondo, non è mai accompagnato dalla distruzione rapida dei germi iniettati. III. Immunità incompleta. — In questa serie di esperimenti abbiamo voluto vedere se l'immunità incompleta ottenuta per l’uso di una deficente quantità di siero di coniglio e di pecora, avesse una qualche influenza sulla distruzione dei germi introdotti in circolo ; in modo più particolare se i varii fenomeni che in questi casi si osservano nell’animale, potessero riportarsi a prodotti tossici originatisi da una più rapida distruzione dei batteri e per qualche tempo accumulatisi nel sangue. E poichè la deficente immunità sì rivela sempre coi tre sintomi seguenti, febbre, di- minuzione di peso e fenomeni nervosi, rappresentati questi da retrazione di uno o più arti, così il quesito in parola dovrebbe essere particolarmente esaminato di fronte a ciascuno di tali fenomeni. Peraltro, siccome questi sintomi non si presentano mai isolatamente, ma tutti e tre sono dimostrabili in ogni caso, per quanto in proporzioni varie, così per stabilire se esiste un rapporto diretto fra questi sintomi e la rapidità della distruzione dei germi, abbiamo dovuto scegliere quei casi in cui uno di essi era specialmente predominante. Nè è fuor di luogo far notare qui che quando parliamo di dimagramento, noi intendiamo sempre rife- rirei ad una diminuzione più o meno leggiera del peso corporeo, proporzionata ordinaria- mente alla altezza della febbre; mai ad un vero marasma, quale si osserva facilmente per l’uso di sieri antipneumonici di altra provenienza non sufficientemente depurati; marasma che in nessun caso abbiamo riscontrato nei nostri esperimenti. a) Predomina la febbre. Oss. 5.° Coniglio grigio. P. 1190. - 1 maggio 04. Iniezione contemporanea di cm? 0,2 virus e di cm 0,5 p. klg. siero immunizzante di coniglio. Nel giorno successivo temp. rett. molto elevata, che sale da 88°,8 C. a 40,5-41°, man- tenendosi febbrile per la durata di 4 giorni; dopo la febbre cade e la temperatura nel ’ rimanente dell’ esperimento si mantiene sempre normale. Il peso del corpo nel periodo febbrile diminuisce di 90 gr.; ma subito dopo risale alla cifra primitiva che in seguito viene anche di eran lunga sorpassata. Dei fenomeni nervosi DI se ne ha appena un accenno in 4.* gior.* di esperimento, in cui si osserva una leggiera retra” — 279 — zione dell’ arto posteriore sinistro; ma tale retrazione è di brevissima durata ed accertabile appena per 1-2 giorni. Il controllo muore in 18°. La coltura del sangue dette risultati positivi nei giorni 4, 12, 25, 29 maggio: 5, 2: giugno; 5, 18 luglio; 8 agosto; 3 settembre. Si deve quindi concludere che nella immunità incompleta la presenza della febbre, anche quando questo raggiunge gradi abbastanza elevati e dura alcuni giorni, non è in rapporto con una più rapida distruzione dei germi introdotti. b) Predomina la diminuzione di peso. Oss. 6.° Coniglio grigio. P. 1400. - 14 maggio ‘03. Iiezione endovenosa contemporanea di cm* 0,2 virus e di emi 0,5 p. kle. siero immunizzante di coniglio. L'animale ha febbre per poche ore in 2.° ed in 4.° giornata con un massimo di 40,3; e, pure in 2.° giornata, presenta leggiera retrazione dell’ arto posteriore sinistro che presto risolve. Invece il peso del corpo subisce rapida e progressiva diminuzione di peso, scen- dendo da 1400 a 1290, a 1200, per raggiungere il limite minimo di 1120 dopo 15 giorni dalla praticata iniezione. Successivamente torna ad aumentare, per arrivare di nuovo in breve tempo al peso primitivo. La coltura del sangue riescì positiva nei giorni 16, 17, 19, 22, 26, 28, 30 maggio. Si deve ammettere, perciò, che anche il dimagrimento dell'animale, come la febbre, non sta in diretto rapporto con una rapida distruzione dei germi iniettati. c) Predominano i fenomeni nervosi. I fenomeni nervosi (retrazione spastica di uno o più arti), quando raggiungono un grado abbastanza elevato per intensità e durata, sono sempre accompagnati da inal- zamento della temperatura e da una certa diminuzione di peso. Quindi è assolutamente impossibile scindere questi sintomi nervosi dagli altri, a meno di scegliere quei casi, come quello che riportiamo, in cui i fenomeni nervosi sono abbastanza leggieri e di breve durata. Oss. #.° Coniglio nero. P. 1250. - 14 maggio ’03. Iiezione come nell’ osservazione precedente. Durante il corso dell’ esperimento 1’ animale non ebbe mai febbre, e solo presentò una leggiera diminuzione di peso di 50 er. appena. In 4.° giornata mostrò, invece, una marcata retrazione di ambidue gli arti posteriori, che dopo 3 giorni era peraltro quasi completamente scomparsa. Morte del controllo in 36°. La coltura del sangue riescì positiva nei giorni 17, 19, 22, 25, 26, 28, 30 maggio. Non si credè di continuare 1° esperimento, perchè dai dati raccolti già risultava chiaro che anche i fenomeni nervosi, pure quando sono quasi intieramente disgiunti dagli altri due sintomi, febbre e diminuzione di peso, non stanno in alcun rapporto con una più rapida distruzione dei germi introdotti. Lo stesso si potè osservare in altro caso in cui i fenomeni nervosi si erano localizzati all’ arto anteriore destro; nel quale caso non si ebbe mai nè febbre, nè diminuzione di peso. Quindi, in modo più generale, i fre sintomi che si manifestano in proporzioni varie nella immunità incompleta (febbre, diminuzione di peso, fenomeni nervosi) ron sono legati — 280 — ad una rapida distruzione dei germi iniettati, rispettivamente alla produzione di sostanze tossiche che da tale distruzione può derivare. Ed è opportuno far notare che ciò si verifica non solamente per i veleni comuni 0 generici (pirotossina, veleno marantizzante), che sono comuni, cioè, a più infezioni, ma pure per il veleno specifico; con questo volendo intendere esclusivamente la tossina che deter- mina la sua azione elettiva sul tessuto vascolare e dà luogo ad emorragie in più parti del corpo; dovendo ritenersi che alle emorragie del midollo spinale, localizzate di preferenza nei cordoni laterali, piuttosto che ad una particolare tossina avente azione specifica sul midollo stesso, sono da riportarsi i fenomeni nervosi in parola. Così tali fenomeni, anzi che ai prodotti di distruzione dei germi, sarebbero dovuti ai materiali di ricambio introdotti con la coltura o formatisi nel corpo, od ai veleni secondari originatisi rispettivamente dalla loro azione sui tessuti; materiali e veleni che nella immunità incompleta non rimarrebbero intieramente neutralizzati dal siero specifico usato. d) Influenza delle localizzazioni secondarie. Abbiamo veduto nel capitolo precedente che nella immunità incompleta i varii fenomeni morbosi non stanno in alcun rapporto con una più rapida distruzione dei germi iniettati, e che il tempo in cui questa si compie è sempre molto lungo, di giorni e di mesi, come quello che fu più particolarmente studiato nella immunità completa. Lo stesso, invece, sembra non possa dirsi per le localizzazioni secondarie, che deter- minano la introduzione successiva in circolo di nuove quantità di virus, e modificano quindi il tempo necessario per la sua distruzione, rendendolo anche più lungo dell’ ordinario ; come è a ritenersi sia avvenuto nel caso che sarà più sotto riferito e che volentieri riportiamo per intiero, anche perchè è quello finora che fu per maggior tempo seguito. Le localizzazioni secondarie che si riscontrano nel corso della immunità incompleta deter- minata per l’uso di dose insufficiente di siero, dipendono, tanto da lesioni accidentali sul corpo, come ferite, contusioni, morsicature della pelle, quanto dagli stessi disturbi che accompagnano l'immunità incompleta, come i fenomeni nervosi più volte ricordati. Nel primo caso la localizzazione avviene in corrispondenza della lesione o delle lesioni accidentali, formando nel connettivo sottocutaneo infiltrazioni a forma nodulare che presto rammolliscono, dando luogo a fusioni purulente che infine si aprono e guariscono sottocrosta. Nel secondo caso i germi sono richiamati dal sangue nella parte in cui è avvenuto il disturbo nervoso, dove formano, invece, un infiltrato gelatinoso che non determina mai suppurazione, e che alcune volte acquista vaste proporzioni estendendosi a tutto un arto posteriore e da questo diffondendosi all'addome, oppure interessando un arto anteriore e da questo allargandosi a poco a poco a buona parte della parete toracica. Noi non abbiamo provato se questi germi inattivi si possono richiamare nelle varie parti col mezzo di lesioni sperimentali (traumi del polmone, frattura di ossa lunghe, irrita- zioni chimiche dei reni, rottura delle semilunari aortiche), determinando così nel coniglio processi patologici localizzati del tutto simili a quelli che nelle stesse parti si producono spontaneamente nell’ uomo per opera dello stesso germe. Mentre ci riserviamo di illustrare nell’ avvenire anche questo capitolo di patologia — 281 — sperimentale, per ora ci limitiamo ad affermare che, in seguito ai fatti da noi osservati, la cosa ci sembra molto probabile. Ciò è confermato anche dai due casi seguenti che acci- dentalmente ci fu dato di osservare. Nel primo di questi casi si trattava di un coniglio che aveva sopportato senza gravi fenomeni una iniezione sottocutanea di coltura di pneu- mococco del Frinkel, e nel quale la laparatomia, praticata oltre un mese dopo per operare la legatura di un grosso vaso addominale, determinò nell’ ipocondrio destro, subito sotto il fegato, un grosso focolaio purulento, della grandezza di una noce, circoscritto da una densa capsula connettiva. Sul dorso, in corrispondenza della regione lombare, si aveva un ascesso più piccolo, pure incapsulato. Esaminato il contenuto di questi ascessi 4 mesi dopo la praticata operazione, si potè dimostrare con l osservazione diretta e con la coltura la presenza di germi specifici (pn. del Frànkel). Quindi, con molta probabilità, in questo caso la presenza di un laccio sterilizzato era stato sufficiente a richiamare dal sangue i germi inattivati, per il solo effetto dello stimolo meccanico dallo stesso laccio determinato. In un secondo caso i germi inattivati col siero si localizzarono attorno al focolaio di una frattura recente che accidentalmente si trovava nella gamba destra di un coniglio iniettato pochi giorni innanzi nelle vene con virus e siero immunizzante, determinandovi una infil- trazione purisimile dalla quale si potè facilmente ricavare con la coltura lo pneumococco del Frànkel allo stato di purezza. Ora si capisce facilmente, lo abbiamo già detto, come queste localizzazioni secondarie debbano riversare nel sangue nuove quantità di virus; ciò che ci viene annunziato dal ripetersi e dallo aggravarsi della febbre e dalla diminuzione del peso del corpo, che in questi casi raggiunge talora dei eradi abbastanza rilevanti. Allora possono verificarsi due possibilità: o in causa della debole immunità conseguita dall’ animale questi non è capace di sopportare il passaggio nel sangue di nuove quantità di virus ed il coniglio muore rapida- mente di forma acuta, con tutte le caratteristiche della infezione setticoemica, o soccombe più tardi per gravi localizzazioni interne (peritonite, pericardite, pleurite fibrinose classiche ; talora forme tipiche di polmonite cerupale); oppure resiste alla nuova infezione. In questo caso dopo un certo tempo la febbre cade, 1’ infiltrato locale poco a poco si riassorbe e l’animale si ristabilisce presto in modo completo. E sono questi appunto gli animali che ci appariscono più interessanti per la lunghezza invero sorprendente del tempo durante il quale i germi possono dimostrarsi in circolo, in contrasto stridente con le eccellenti condizioni di salute dell’ animale. Oss. 8.° Coniglio grigio. P. 1500. - 6 febbraio 04. IMiezione endovenosa contemporanea di cm° 0,2 virus e di cm* 2 p. klo. siero immunizzante di coniglio. Nei primi 4 giorni di esperimento si ebbe febbre con un massimo di 40,4, diminuzione di peso di gr. 50; ed in 6.° giornata fenomeni nervosi (paralisi spastica dell’ arto posteriore sinistro e dell’ arto anteriore destro) che durarono 2-3 giorni e che determinarono una infiltrazione pastosa attorno alla articolazione radio-carpea. In seguito l’ infiltrazione sì riassorbì, tutti i fenomeni morbosi ricordati sì risolvettero, il peso del corpo sorpassò presto quello primitivo e )’ animale visse sempre in buone condizioni con l’ aspetto della migliore salute. Morte del controllo in 46°. — 282 — 8] Dal sangue si ebbe coltura pura dello pneumococeo del Frinkel nei giorni 11, 12, 16,, 19, 21, 23,27 febbraio: 2; 4,16; (6, 19)-23:27, 80MmMarzo:n2, DAINO 24829 aprile; 2, 10, 19, 26, 31 maggio; invece rimase sterile un saggio dei giorni 8 aprile, 6 e 14 maggio. L'animale partorisce regolarmente 5 figli il 9 giugno 1904. Tornato ad esaminare il sangue il giorno 10 luglio si ebbe di nuovo coltura pura di pneumococco del Frànkel; così pure 1 8 agosto, il 2 settembre. I risultati ottenuti dalla prole, per quanto riguarda il passaggio dei germi dalla madre al feto attraverso la placenta e la possibile trasmissione ai neonati della immunità, saranno riferiti più tardi in altro lavoro. In questo caso, adunque, i germi furono dimostrati nel sangue per 209 giorni dalla pra- ticata iniezione, a 85 giorni dal parto, conservando sempre l’animale, una volta superati i fenomeni riferentisi alla immunità incompleta, l’ aspetto della migliore salute. IV. Influenza della quantità di siero o del grado della immunità attiva sulla distruzione dei germi. — Per vedere se e quale influenza avesse la quantità di siero sulla distruzione dei germi, abbiamo iniettato a 4 conigli nella vena auricolare cm? 0,2 di virus, e nella vena auricolare dell'altro orecchio siero immunizzante di coniglio a dose decrescente, risp. di 3, 2, 1, 0,5 cm? per klg. Nei primi tre conigli l’immunità fu completa; solo in quello trattato con siero al 2 per klg. si ebbe in 5° giornata, al mattino, una temp. rettale di 40,1, senza diminuzione di peso, e leggiera. transitoria retrazione di un arto posteriore. Invece, in quello iniettato con cm? 0,5 per kle. di siero, immunità fu incompleta, per febbre che insorse in 2* giornata, raggiungendo un massimo di 40,9 e per fenomeni nervosi piuttosto rilevanti e di lunga durata (retrazione spastica dell’arto post. sinistro). I risultati delle colture del sangue furono i seguenti : Coniglio 1° iniettato con cm' 3 per klg. di siero; coltura positiva dopo 4, 6, 12, 17, 2127813746; 56 /67),.801015:128 giorni. Coniglio 2° iniettato con 2 cm' per klg. di siero; coltura positiva dopo 3, 6, 9, 12, 17, 24281194, 4150607484105 vororni Coniglio 3° iniettato con 1 cm? per klg. di siero; coltura positiva dopo 3, 6, 9, 12, 17, 22, 28, 34, 41, 50, 60, 71, 84, 105, 131 giorni. Coniglio £° iniettato con 0,5 cm' per klg. di siero; coltura positiva dopo 4, 8, 12, 23, 29, 36, 55, 66, 79, 100, 126 giorni. Quindi dopo 126 giorni era positiva la coltura del coniglio iniettato con ‘4 cm? di siero b) come quella dei conigli trattati con 1, 2 € 3 cm' dello stesso siero immunizzante. Ora se la quantità di siero avesse una qualche influenza sulla distruzione dei germi, una dose 4-6 volte maggiore di quella necessaria per salvare l’animale avrebbe dovuto per lo meno af- frettare qualche poco il ritorno della completa sterilità del sangue ; ciò che non è avve- nuto nei nostri esperimenti. Perciò ci sembra si possa concludere che il tempo della distruzione dei germi non sta in diretto rapporto con la quantità del siero adoperato. — 2839 Lo stesso risultato abbiamo ottenuto nella immunità attiva. In questa il erado della immunità conseguita dallo animale colla vaccinazione era calcolato dalla quantità di coltura che esso riesciva a sopportare senza disturbo alcuno, poichè la nostra esperienza ci aveva dimostrato che nel coniglio, salvo leegiere oscillazioni, gli effetti delle iniezioni di rinforzo sul valore immunizzante del siero sono presso che costanti. L’esperienza fu condotta in due modi; in una prima serie di animali fu sperimentata una dose diversa di virus proporzionale alla immunità conseguita dall’animale; in una se- conda serie fu usata una stessa dose di coltura in animali aventi un diverso erado di immunità. Nella prima serie fu saggiato il sangue di due conigli in vaccinazione dopo che nel rinforzo avevano raggiunto, uno la dose di cm* 0,4 di virus, ed uno la dose di cm? 0,8, ossia una dose doppia di coltura. Nel primo di questi animali il sangue dette colture positive dopo 3, 6, 9, 13, 16, 19, 21, 25, 30, 32, 35, 36 giorni dalla praticata iniezione. Invece rimase sterile dopo 42, 46 giorni. Nel secondo animale si ebbero colture positive del sangue dopo 3, 6. 7, 13, 16, 19, 22, 2301135, 1387 423 46150; 5459: 62, 66, 70; 75, 79, 85,91, 104, 109, 129; 143, 160, 186 giorni dalla ultima iniezione. Così nell’animale che aveva ricevuto una dose minore di virus (cm? 0,4), il sangue rimase durevolmente sterile dopo 42 giorni, mentre in quello che aveva ricevuto una dose maggiore (cm° 0,8) la coltura del sangue riesciva positiva anche dopo 186 giorni della praticata iniezione. Quindi nei casì in cui la dose del virus iniettato è proporzionale al grado di resistenza conferita all’animale colla vaccinazione, la distruzione completa dei germi non si compiè nello stesso tempo, come dovrebbe avvenire se tale distruzione fosse in rapporto diretto col grado della immunità attiva. E poichè la sterilità del sangue si ottenne assai prima nell’animale che aveva rice- vuto la quantità minore di coltura, così deve ritenersi che la distruzione dei germi in pa- rola stia più in rapporto con la grossezza della dose di virus iniettata che col grado della immunità. Nella seconda serie di esperienze una stessa quantità di coltura di em? 0,4 fu iniettata a due animali in vaccinazione, di cui uno aveva raggiunto nella ultima iniezione di rinforzo la dose massima di cm 0,4, e uno la dose doppia, di cm? 0,8. Il sangue del primo di questi animali dette coltura positiva dopo 4, 7, 9, 14, 17, 20, 26, 30, 34, 45, 51, 55, 60, 64, 70, 76, 83, 94, 104, 118, 155, 171 giorni della ultima iniezione praticata; il sangue del secondo coniglio dette egualmente coltura positiva dopo 4, 7, 9, 14, 18, 21, 24, 26, 30, 34, 38, 43, 4149; 153,198, 62, 69; W0, 8493, 103; 117, 154, 171 giorni. Così, per il lunghissimo tempo in cui questi esperimenti furono seguiti, si ottennero in ambidue i casi gli stessi risultati, senza che il srado maggiore, doppio, della immunità di uno degli animali facesse risentire in qualche modo la sua influenza, affrettando sensibil- mente, di qualche giorno, il ritorno della sterilità del sangue. Ciò a conferma di quanto è stato affermato poco sopra a riguardo della immunità Serie VI. — Tomo I. 36 284 — passiva, cioè che la distruzione dei germi nel circolo sta più in diretto rapporta con le dose di virus iniettato che col grado della immunità. V. Influenza della specie animale sulla distruzione dei germi. — (Gli stessi fatti trovati nella immunità attiva del coniglio furono pienamente conformati in altre spe- cie animali (pecora, asino). Anche in questi la distruzione dei germi iniettati nella vaccina- zione contro lo pneumococco del Fraànkel e nel successivo rinforzo si compie molto lenta- mente, anche quando tali iniezioni sono sopportate dagli animali senza risentimento alcuno. Peraltro il potere di tale distruzione non sembra indistintamente eguale in tutti gli ani- mali ricordati. Così, mentre nella vaccinazione del coniglio e nel successivo rinforzo la di- struzione dei germi introdotti si compiè in un tempo infinitamente lungo, invece la scom- parsa degli stessi germi in circolo è assai più pronta nella pecora e nell’ asino, ed il periodo di tale scomparsa si abbrevia in questi animali molto più sollecitamente colle successive iniezioni di rinforzo. Così nella pecora il sangue rimaneva durevolmonte sterile quando la quantità di virus iniettata aveva raggiunto la dose di 13,5-16 cm', ed il saggio era stato praticalo dopo 15 giorni dalla fatta iniezione. Nell’asino si aveva lo stesso risultato dopo 15-17 giorni dalla iniezione di 15 cm? di virus. Peraltro non mancavano talora rare eccezioni, tanto allorchè si accresceva leggermente la dose della coltura iniettata, quanto allorchè si mantenne costante. Ciò che non può af fatto sorprendere appoichè si conosce che nel rinforzo, senza ragioni apprezzabili, sì osser- vano alcune volte considerevoli oscillazioni anche nel valore del siero. Dobbiamo quindi concludere che il tempo necessario per la distruzione dello pnewmo- cocco del Frdinkel iniettato in circolo, per quanto sia in ogni caso molto lungo, non è eguale in tutte le specie animali. Sembra, poi, che tale distruzione sia più lenta negli animali maggiormente sensibili al virus (coniglio); più rapida, invece, negli animali che offrono contro lo stesso virus una resistenza maggiore (pecora e somaro). E se si ammette compiersi siffatta distruzione per opera dei globuli bianchi, si deve ritenere, in armonia con quanto c'insegna la teoria fa- gocitaria, che questi sono molto meno attivi negli animali maggiormente sensibili al virus, molto più attivi, invece, in quelli più resistenti. VI. Le ricerche fatte su grandi quantità di sangue confermarono pienamente quelle eseguite con quantità minori del sangue medesimo; con questo di svantaggio, che nel primo caso potendosi fare nella provetta dove il sangue era stato raccolto una dilu- zione minore, i risultati erano sempre più lenti ed assai meno sicuri. Così osservammo talora che mentre una diluzione di 10 cm? di sangue con 5 em? di brodo rimaneva sterile anche dopo 15 giorni di osservazione, nonostante fosse stato se- parato il siero prima del’aggiunta del liquido di nutrizione, invece poche goccie dello stesso sangue aggiunto a 10 cm? di brodo davano sollecitamente una coltura positiva. In altre parole, avviene per lo pneumococco del Friànkel quello che accade per altre infezioni, per la tifosa ad es., nella quale se il sangue non è sufficientemente diluito col brodo, tanto da vincere la resistenza che il siero offre allo sviluppo dei germi, la coltura rimane durevolmente sterile. n — 285 — Quindi | esame su grandi masse di sansue non ha alcun vantaggio su quello fatto con poche goccie, a meno che nel primo caso non si voglia, come nel secondo, provvedere ad una conveniente diluzione con brodo. Î Tali ricerche, peraltro, ci hanno concesso di completare le nostre cognizioni riguardo al siero separato dal coagulo, provandoci in più casi che i germi di cui è questione si trovano, non solamente nel coagulo, ima anche nel siero, per quanto questo possa apparire limpidissimo. Dati questi fatti, sembrerebbe impossibile 0 molto difficile, se non è passato moltissimo tempo dalla praticata iniezione, ottenere dagli animali in vaccinazione contro lo pneumo- cocco del Frinkel, del sansue e del siero completamente sterili; ciò che per ragioni facili a comprendersi costituirebbe un inconveniente abbastanza egrave per la pratica. Ma a questo riguardo deve ricordarsi quanto è stato poco sopra accennato, cioè che nei vari animali, per quanto non in iutti con la stessa facilità, si abbrevia considerevol- mente, con il ripetersi delle iniezioni di rinforzo, il tempo necessario per la distruzione completa di dosi abbastanza considerevoli di virus, che in ultimo si compie in un tempo relativamente breve. Ciò significa che il potere di distruzione dei germi si rinforza gra- datamente coll’ esercizio di questa importante funzione, stimolata in questo caso dalle inie- zioni successive di virus fatto con modico ed opportunamente calcolato aumento della dose. E coll’ insorgere o col rinforzarsi di tale funzione si viene ad abbreviare il ciclo evolutivo che l germi compiono nell’organismo affrettandone la distruzione. Anzi a questo proposito è molto probabile che i massimo del potere immunizzante del siero che può dare un animale, si raggiunga quando questo arriva ad elaborare com- pletamente nel minor tempo possibile, la maggior dose di coltura. In caso diverso ogni prodotto incompleto di elaborazione, agendo come alterante o come disponente, maschera a sua volta od annulla l’azione di una parte o di tutti i principii immunizzanti contenuti nello stesso siero. Così nel coniglio, nel quale abbiamo visto essere lunghissimo il tempo necessario per la distruzione dei germi iniettati, quando si arriva alla dose di cm' 1,2, in cui il valore del siero raggiunge il suo massimo, di cm? 0,5 ed anche di 0,25 per klg., tale distruzione si fa molto più rapidamente, le più volte essendo completa nel termine di 12 giorni. VII. Caratteri delle colture ottenute dal sangue degli animali immunizzati od ipervaccinati. - Le colture in tal modo ottenute si distinguono generalmente da quelle ordinarie per la lentezza del loro sviluppo e per alcuni caratteri microscopici. La lentezza dello sviluppo non avviene in modo regolare in tutte le colture, talora trovandosi dei saggi che nascono dopo 4-8 giorni, mentre i saggi successivi danno coltura positiva dopo 24-48" d’ incubazione. Per altro abbiamo osservato, in generale, che lo sviluppo della coltura dapprima solle- cito, dopo si fa tanto più lento quanto più ci si allontana dal momento della praticata iniezione, specie nelle ultime prese di. sangue che precedono quelle che rimangono definiti- vamente sterili. Ma se la sterilità tarda a verificarsi, allora, passati che sono 3-4 mesi di osservazione, si trova che la coltura del sangue torna a nascere sollecitamente, in 24-48", — 286 — come nei primi saggi, e sempre in forma di elementi minutissimi, puntiformi, disposti a cumuli, quali si osservano nelle precedenti colture che nascono con grandissimo ritardo. Dipendono queste ultime variazioni da un aumento del numero dei germi determinato da una loro moltiplicazione nel corpo, o da un indebolimento di quelle condizioni del sangue, do- vute alla immunità, che ritardano nella coltura la loro germogliazione o da ambedue le cause insieme? Questo è quello che per il momento non sappiamo dire. Riguardo all’ aspetto della coltura in brodo, si può osservare che questa, invece di presentare, come d’ ordinario, un intorbidamento uniforme, lattescente, lascia vedere, ora una grossa pellicola rugosa bianco-grigiastra alla superficie del liquido, ora un velamento che dalla florescenza superficiale ricordata si estende verso il fondo del tubo dove trovasi raccolto il sangue coagulato, ora, finalmente, colonie sferiche grosse quanto una capocchia di spillo, disseminate lungo il coagulo sanguigno rimasto sospeso nel liquido della coltura. Tale aspetto, molto differente da quello delle colture tipiche di pneumococco, sembra doversi attribuire per la massima parte alla agglutinazione che i eermi subiscono per influenza del siero trasportato nella coltura; agglutinazione che deve rendere assai più difficile la loro uniforme ripartizione nel brodo, tenendoli intimamente uniti nei rispettivi centri di produzione in forma di colonie rotonde o in pellicole che si stendono alla superficie o nella massa del liquido. Oltre a ciò si notano delle variazioni che ricuardano le modificazioni di colore e la diffusione che il sangue subisce nelle colture di pneumococco; variazioni le quali ci provano come in tali colture i prodotti che si formano abbiano un grado di attività molto minore di quelli che si riscontrano in condizioni normali. Infatti, col procedere dello esperimento, si osserva che 1 annerimento del sangue si verifica più tardi ed in grado minore, e che assai minore è il potere emolitico della coltura; questo almeno fino a che i germi si sviluppano con molto ritardo e la coltura non torna a crescere con l’ ordinaria sollecitudine. Per riguardo ai caratteri microscopici si hanno modificazioni, tanto nella disposizione dei germi, quanto nella loro forma e grandezza. Riguardo alla disposizione, si conferma quanto è stato detto poco sopra nell’ interpretare l'aspetto microscopico della coltura, trovandosi effettivamente che in questa i germi, anzi che apparire a coppie isolate, sono spesso riunite a catenelle di varia lunghezza o a grossi accumuli costituiti da elementi rotondi compressi gli uni contro gli altri ed aventi nell’ in- sieme l’ aspetto della coltura di uno stafilococco. In rapporto alla forma, di frequente i germi in questione si trovano fortemente rigonfiati, tanto da assumere l’ apparenza di grosse sfere se sono isolati, o di due emisfere che si guardano con le loro faccie piane quando sono riuniti a coppie. In questo ultimo caso assumono tutte le caratteristiche del sonococco di Neisser. Tali modificazioni sembrano identiche a quelle osservate in vitro da Neufeld (1) (1) Neufeld. Ueber die Agglutinatim der Pneumokokken und iiber die "'heorieen der Aggluti- nation. Zeitsch f, Hygiene, Bd. XL., 1902, pag. 57. — 287 — esaminando in goccie pendenti una coltura in brodo di pneumococco alla quale era stato aggiunto altrettanto siero immunizzante. Anche in questo caso i cocchi si rigonfiavano del doppio e del triplo appiattendosi dalla parte dalla quale si toccano. Le modificazioni da noi osservate sarebbero quindi il risultato dell’azione diretta che il siero dell’ animale immunizzato eserciterebbe sui germi circolanti nel sangue. Finalmente, ricuardo alle dimensioni, abbiamo trovato che da quelle molto grandi sopra ricordate si possa in alcuni casì, specie quando la coltura del sangue sta per cessare, o quando dopo un periodo di lungo ritardo torna a crescere sollecitamente, a dimensioni inferiori alle normali. In questi casi i germi sono più piccoli della metà di quelli ordinari ed alla osserva- zione appariscono come corpicciuoli puntiformi, tanto riuniti in coppie, quanto in catene od in accumuli. Tali colture nei passaggi successivi in brodo od in sangue riprendono il loro aspetto normale, sia per i caratteri microscopici, sia per quelli batteriologici. Per ultimo volemmo sperimentare il potere patogeno delle colture ottenute dal sangue degli animali immunizzati od ipervaccinati. A tal uopo, per evitare d’ iniettare insieme alla coltura dei prodotti immunizzanti provenienti dal sangue ad essa mescolato, ci servimmo per le nostre ricerche esclusiva- mente di passaggi successivi in brodo nostro. Tali colture iniettate in circolo nella quantità di cm? 0,2-0,5 furono sopportate dall’ ani- male senza risentimento alcuno, mentre è noto che dosi di em 0,2 di coltura dello pneumo- cocco del Frànkel in brodo nostro uccidono il coniglio in un tempo molto breve, spesso entro 24°. Si può dire, perciò, che le colture ricavate dal sangue degli animali immunizzati od ipervaccinati hanno perduto ogni potere patogeno. Dall’ altro lato ulteriori iniezioni di rinforzo fatte negli animali che avevano ricevuto cm' 0,5 della coltura predetta, ci dimostrarono che questa, insieme al potere patogeno, aveva perduto altresì ogni potere vaccinante; per cui alla successiva iniezione fatta con cem 0,2 di virus provvisto di tutta la sua forza, quegli animali morirono entro 24", circa nello stesso tempo dei controlli. Da tutto ciò si può concludere che le colture ricavate dal sangue degli animali immu- nizzati od ipervaccinati presentano profonde modificazioni nei loro caratteri microscopici e batteriologici, alcune in rapporto col potere agglutinante del sangue aggiunto al brodo o col grado di attività dei loro prodotti, e che tali colture hanno completamente perduta ogni azione patogena e vaccinante. = Conclusioni generali. Dalle conclusioni parziali formulate in ogni singolo capitolo si può facilmente arrivare alle seguenti conclusioni generali : 1. La distruzione completa dello pneumococco del Fréinkel nel sangue degli animali immunizzati od ipervaccinati richiede un tempo lunghissimo, di alcuni mesi, quale non è conosciuto finora per nessun altra infezione. 2.° Nessuna influenza esercitano su tale distruzione la qualità del siero (omogeneo, eterogeneo), il grado della immunità (completa, incompleta). 3.° I fenomeni che si osservano nella immunità incompleta (febbre, sintomi nervosi, dimagrimento) non stanno in alcun rapporto con una più rapida distruzione dei germi, ma dipendono probabilmente da insufficiente neutralizzazione di veleni primitivi o secondari. 4.° Invece la specie animale influisce sensibilmente sul tempo di tale distruzione, che è assai maggiore negli animali molto recettivi allo pneumococco del Friànkel (coniglio), minore in quelli più resistenti (pecora, asino). 5.° La quantità di siero iniettato od il grado della immunità conferito coll’ iper- vaccinazione non esercitano alcuna influenza sulla distruzione dei germi incorporati nella circolazione. 6°. Invece il tempo di tale distruzione si trova in qualche rapporto con la quantità di virus da distruggere, tanto con quello direttamente introdotto in circolo, quanto con quello che indirettamente può arrivare al sangue dal riassorbimento di materiali provenienti da localizzazioni secondarie. 7.° Le iniezioni di rinforzo fatte con modico accrescimento della dose di virus op- portunamente calcolata finiscono in ultimo per aumentare il potere di distruzione del san- gue per lo pneumococco del Frànkel, abbreviando ad un momento determinato il tempo col quale si arriva ad una elaborazione completa del virus introdotto, rispettivamente ad una completa sterilità del sangue stesso. 8.* Il massimo valore immunizzante del siero ottenuto dagli animali ipervaccinati coincide probabilmente col tempo minimo (10-15 giorni) necessario per la distruzione e 1° e- laborazione completa della maggior dose di virus iniettato. 9.° I germi nel sangue si ritrovano tanto nel coagulo quanto nel siero limpido da quello separato. 10.° Per la dimostrazione sicura di tali germi nel sangue occorre che questo abbia subìto una conveniente diluzione nel brodo. 11.° Lo colture ottenute dal sangue degli animali immunizzati od ipervaccinati pre- sentano modificazioni nei loro caratteri microscopici e colturali, ed hanno completamente perduta la loro azione patogena e vaccinante. Considerazioni. —- Le conclusioni di sopra enumerate si prestano ad alcune consi- derazioni di ordine generale, scientifico e pratico, delle quali ci piace riportare qui breve- mente le più importanti. 289 — Anzitutto le nostre ricerche dimostrano per la prima volta come un germe patogeno possa rimanere nel sangue per lunghissimo tempo, per varii mesi, senza che sia in alcun modo avvertito dall’ animale o se ne possa svelare la presenza coi metodi ordinari di 0s- servazione microscopica ; d2 #20 stuto, cioè, che possiamo chiamare invisibile e di completa inattivazione. Così quello che il Behring (1) ha ammesso per la tubercolosi come semplice ipo- tesì, di cermi, cioè, che in particolari condizioni rimangono per lungo tempo (anni) inat- tivati nel corpo, quindi completamente inavvertiti dall’ uomo, solo rendendosi manifesti più tardi quando intervengono nuove ragioni che diminuiscono la resistenza dell’ intero organismo o di alcune sue parti, trova nelle nostre ricerche una solida base speri - mentale. Tale lunga conservazione nel corpo di questi virus allo stato inattivo può paragonarsi a quello che si verifica per il virus rabido iniettato sotto la dura madre di animali molto resistenti (polli); essa permette poi di avere per lo pneumococco del Frinkel una fonte inesauribile di questa coltura, in modo da rendere inutile la sua conservazione sopra substrati nutritivi artificiali quando si possegga un coniglio preparato nel modo da noi indicato ; solo dovremo, se occorra, provvedere a restituire alla coltura, con qualche pas- saggio nell’'animale, la sua azione patogena. In secondo luogo queste nostre ricerche illustrano meglio il concetto della malattia, tanto per la sua patogenesi, quanto per il suo modo di essere, per le sue possibili conse- guenze remote. riguardo alla patogenesi si viene a dimostrare che non sempre lo sviluppo di una lesione specifica coincide col momento della introduzione nel sangue e nei tessuti del ri- spettivo virus; potendo benissimo in alcuni casi tale introduzione essere avvenuta molto tempo prima, e per particolari condizioni i germi esser rimasti nel corpo nella più com- pleta inattività fino all’ intervento di fatti nuovi che ne stabiliscono speciali localizzazioni. Questo varrà indubbiamente a spiegare 1° esistenza di molti processi patologici delle parti profonde, pei quali, allo stato delle attuali cognizioni di patologia, rimane molto oscuro il meccanismo di produzione, anche per la impossibilità di poterli legare, con le conoscenze che oggi possediamo, ad altre lesioni pregresse del corpo, avvenute in epoca molto lontana. Anche il concetto della malattia può esser più largamente compreso dopo che si co- nosce che, pure in alcune forme batteriche, tutto non cessa con la scomparsa dei fenomeni morbosi e con la risoluzione delle alterazioni materiali, potendo persistere nel corpo, del tutto inavvertibile, la causa morbosa specifica. Si avrebbe quindi anche in queste forme morbose un periodo manifesto della malattia ed un periodo di latenza, afebbrile, simile a quello che si osserva nella febbre malarica. Per ultimo, ammessa la persistenza della causa, s'intende facilmente quali gravi con- (1) v. Behring. Ueber Lungenschwindsuchtentstehung und ‘©Tuberkulosebekàmpfung. Deutsche med. Wochensch. N. 89, 24 Sept. 1903. — 290 — seguenze possono verificarsi anche in epoche remote per il riaccendersi del processo mor- hoso, tanto nella stessa parte, quanto in punti lontani del corpo. Allo stesso modo, gli attacchi di una malattia che avvengono a lunghi periodi di tempo, come si verifica per alcune forme reumatiche, si possono meglio spiegare con la persistenza della causa specifica che rimarrebbe nel corpo allo stato latente, anzi che interpretare ogni nuovo attacco come l’ effetto di altrettanti reifezioni. Inoltre, siccome i traumatismi valgono a richiamare i germi inattivi al loro primitivo stato di virulenza, così il chirurgo nelle operazioni avrà oggi da difendersi, non solo dai germi che vengono dall’ esterno o da quelli delle malattie in atto, ma dovrà pensare, altresì, a quelli che si possono trovare nel corpo allo stato latente e che provengono da malattie lontane, solo in apparenza completamente risolute. Venendo in terzo luogo a chiarire il fenomeno da noi studiato, dobbiamo dichiarare che esso non ci sembra probabile dipenda esclusivamente da una estrema lentezza nella distruzione della primitiva dose di virus introdotto, data la vulnerabilità della coltura, data la piccola quantità di virus iniettato ed il lunghissimo tempo trascorso dalla prati- cata iniezione ; piuttosto riteniamo che anche per i bacilli, almeno per quello da noi stu- diato, vi possa essere «7 ciclo costanie di trasformazioni interne, per il quale sotto forma diversa da quella che presentano nelle ordinarie colture (forme granulari) possano, come i protozoi, persistere lungamente inattivi ed anche moltiplicarsi nel corpo, senza recare alcun disturbo alla salute dell’ animale. Quindi, prima della distruzione, si dovrà parlare della trasformazione di questi germi, alla quale in epoca molto lontana potrà tener dietro anche la loro definitiva scomparsa dal sangue quando, pure nella nuova forma, si vadano affievolendo od esaurendo le loro energie di riproduzione, in modo da rimanere in ultimo sopraffatti dai poteri di difesa del corpo che si sono andati man mano rinforzando. Manca, peraltro, una prova diretta di que- sta moltiplicazione, per l'irregolarità con la quale questi batteri si sviluppano nelle colture, sopratutto per l’ incostanza con la quale nascono nelle colture piatte in gelatina che in questo caso non permettano un esatto contaggio. Nemmeno può dirsi se, data questa moltiplicazione, essa avvenga esclusivamente nel sangue 0 sì compia di preferenza in qualche organo, poichè |’ esistenza di questi batteri nel circolo non ci permette in modo assoluto di scindere nelle colture quello che può de- rivare dal sangue, da quello che può venire dal parenchima dei varii organi, i quali del resto appariscono alla osservazione del tutto normali. In quarto luogo, le presenti ricerche valsono a meglio chiarire il meccanismo d’ azione del siero antipneumonico. Al quale riguardo oggi si sa che un siero immunizzante può operare in tre modi diversi; o agendo contro i batteri e determinandone la loro rapida di- struzione (batteriolisine), o contribuendo indirettamente allo stesso fine collo stimolare gli elementi (fagociti) deputati a tale funzione distruttiva (stimuline), od esercitando finalmente una marcata azione antitossica che valga a neutralizzare i prodotti batterici coi quali i germi riescono a far presa sull’ organismo (antitossine). Ora per il siero antipneumonico una azione battericida è assolutamente inammissibile, — 291 — isia perchè nessun fatto sicuro vale a provarla nè in vitro, nè nell’ organismo, sia perchè tale azione battericida contrasta con la lunga permanenza nel sangue dei germi iniettati, :sia finalmente perchè la loro distruzione non è in alcun modo influenzata dalla dose del siero e dal grado della immunità conferita con la vaccinazione. Per le stesse ragioni non possiamo ammettere un’ azione battericida indiretta del siero «antipneumonico per la stimolazione che questo determinerebbe sui fasociti, come una volta ammetteva il Pane per lo pneumococco del Friàinkel, e come di recente ha ammesso anche ll Besredka (1) per il siero antistreptococcico ; in generale come molti ammettono per quei sieri i cui virus rispettivamente non hanno una tossina facilmente dimostrabile. Non rimane quindi che accettare anche per il siero antipneumonico un’ azione anti- tossica, quale è stata formulata nei nostri precedenti lavori, con la clausula che le tossine neutralizzate non sono avvertite con fenomeni speciali, ma valgono solo a rompere le di- fese naturali, determinando in alcuni elementi lesioni speciali che permettono ai germi di moltiplicarsi nel corpo e produrre in seno a questo nuovi veleni. Oggi poi il concetto in questione viene reso più completo coi risultati ottenuti per ri- guardo ai germi, che il siero non distrugge ma trasforma da attivi in inattivi, per cui ‘se anche tali germi permangono e si moltiplicano lungamente nel corpo, come sembra do- versi ammettere, essi non recano più nocumento alcuno. Talchè il siero antipneumococeico, «da un lato agirebbe sul veleno come antitossico, e dall'altro modificherebbe le qualità bio- logiche dei batteri rendendoli assojutamente inattivi. Con ciò si arriva per via indiretta a riconoscere anche per questo virus una tossina specifica e ad avvicinare l’azione del siero antipneumococcico a quella degli altri sieri antitossici, come il difterico, il tetanico ; con questa differenza, peraltro, che mentre nelle infezioni ultime ricordate, una volta neutra- lizzata la tossina, i germi muoiono assai rapidamente e sono presto eliminati dal corpo, per lo pneumococco del Frinkel, invece, la distruzione dei germi si compie in un tempo lunghissimo, come finora non era conosciuto per nessuna altra infezione. ali batteri, poi, rimangono nel sangue come granuli inerti, assolutamente incapaci di muocere, se nuove condizioni non li riconducono al primitivo stato di attività, richiamandoli in quelle parti dove la resistenza è diminuita; granuli la cui scomparsa definitiva è affi- «data, da un lato allo esaurimento progressivo della coltura, dall’ altra alle forze distruttive naturali dell’ organismo. Ora tali forze, come qualunque funzione organica, sono suscettibili di rendersi più va- lide coll’ esercizio, determinato questo dalle stesse iniezioni vaccinanti a dose moderatamente crescenti. Se, peraltro, la dose del virus venga esageratamente accresciuta, o si passi colle iniezioni vaccinanti il limite di elaborazione di cui è capace il sangue, allora la distruzione dei germi si compie di nuovo in un tempo assai più lungo, e nel circolo rimangono pro- «botti di elaborazione incompleta che possono agire come alteranti o come disponenti. Questi fatti hanno grande importanza nella pratica della preparazione del siero anti- (1) Besredka. Le sérum antistreptococcique et son mode d’ action. Annales de l’ Institut Pasteur Tome XVIII., N° 6, 25 Juin 1904. Serie VI. — Tomo I. 37 — 292 — pneumonico ; sia perchè questo deve esser privo di qualsiasi germe e completamente de- purato, sia perchè negli animali vaccinati le iniezioni di rinforzo, quando non sono fatte in modo metodico e con regole ben determinate, quali saranno indicate in un prossimo la-. voro, diminuiscono, invece di accrescere, il valore immunizzante del sangue. Ogni specie animale, poi, ha un limite di potenzialità nella produzione del siero anti- pneumonico, alla forza del quale concorrono tre fattori principali, dose, potenza del virus. iniettato, capacità di elaborazione dell’ organismo. Il massimo effetto si otterrà quando si riesce con metodico e moderato esercizio a far elaborare ad un animale, in un tempo relativamente breve, la maggiore dose di virus. dotato della massima potenza. Andando al di là con la dose, o ripetendo le iniezioni prima che gli effetti delle precedenti siano completamente allontanati, il potere immunizzante del siero diminuirà, invece di crescere, fino a divenire predisponente. A) Te — Satriano at RICERCHE COMPARATIVE SU ALCUNE PROPRIETÀ BIOLOGICHE DEL BACILLO DEL TIFO E DEL BACTERIUM COLI INEFONDIA! DEL Prof. GIOVANNI MARTINOTTI (letta nella Sessione del 29 Maggio 1904) Nel corso di uno studio sulle proprietà biologiche dei bacterit ho coltivato quattro ‘esemplari di bacillo del tifo e sette microrganismi appartenenti al eruppo. del dacteriun «coli (provenienti da origini differenti, ma tutti ben definiti nei loro caratteri bacteriologici) sopra albuminato alcalino (preparato dall’ albumina del sangue) solo o coll’ aggiunta di glucosio, di lattosio, di saccarosio, di mannite, colorato con tintura di tornasole, di lacmoide ‘o con altre sostanze. Nelle culture così allestite ho studiato comparativamente : le modificazioni della rea- ‘zione e della colorazione, la formazione di precipitati, la reazione del biureto, la presenza ‘dell’ indolo. La preparazione del substrato di cultura è assai semplice. Si prende dell’ al- bumina di sangue del commercio e la si pone a macerare, nella proporzione del 2°, in ‘acqua resa alcalina con soda o potassa caustica. Non è conveniente eseguire 1 operazione alla temperatura ordinaria per la facile tendenza del liquido alla putrefazione; meglio è praticarla a circa 55°, con che si impedisce lo sviluppo dei soliti bacterii della putrefa- zione, si agevola la soluzione dell’ albumina e la sua trasformazione in albuminato. Non è prudente operare a temperatura più elevata, che potrebbe coasulare 1° albumina prima della sua trasformazione in alcali-albuminato. Dopo alcune ore, quando la trasformazione è avvenuta, si aggiunge acido cloridrico allungato fino a che il liquido abbia raggiunto quel giusto grado di alcalinità che è conveniente allo sviluppo dei bacterii; poscia si fa bollire a bagno-maria. Dopo raffreddamento si filtra attraverso carta. Passa dapprima un liquido molto torbido ‘e molto colorato, ma basta far ripassare il liquido suZZlo stesso filtro perchè esso passi ‘Sempre più limpido, talchè in fine si ottiene un liquido limpidissimo, avente il colore dello siero del sangue. Conviene solo operare a temperatura piuttosto bassa onde evitare la. :facile decomposizione del liquido. (Segue a pagina 296). alino a Albuminato alc Albuminato alcalino con Albuminato alcalino con. Albuminato alcalino con Albumiuato alcalino con Composizione dei liquidi delle culture Condizione delle culture dopo alcuni giorni —- 294 — Caratteri delle eulture rimaste limpide tornasole e saccarosio con tornasole tornasole e glucosio tornasole e mannilte tornasole e lattosio B. d. tifo I B B B.d. tifo I III IV B. coli iO WI B. B. B. coli 1 B.d. tifo I B. coli LI limpida abbondante precipitato >» discreto precipitato copioso precipitato » » discreto precipitato precipitato limpido forte intorbidamento precipitato abbondante precipitato sviluppo scarso forte intorbidamento precipitato » forte intorbidamento sviluppo scarso precipitato abbondante » » » » forte intorbidamento » precipitato intorbidamento precipitato sviluppo scarso » intorbidamento »d abbondante precipitato forte intorbidamento abbondante precipitato » » forte intorbidamento abbondante precipitato alcalina - non scolorata debolmente alcalina - lieve scoloramento alcalina - non scolorata alcalinità appena sensibile - leggero scoloramento debolmente alcalina - lieve scoloramento alcalinità manifesta - non scolorata alcalina - non scolorata alcalinità appena sensibile - lieve scoloramento alcalina - poco scolorata alcalinità manifesta - lieve scoloramento alcalina - non scolorata alcalina - lieve scoloramento alcalinità appena sensibile - notevole scoloramento alcalinità manifesta - non scolorata debolmente alcalina - lieve scoloramento debolmente alcalina - assai scolorata acida - scolorata alcalina - non scolorata neutra - scolorata acida - scolorata alcalina - non scolorata acida - scolorata » acida - scolorata alcalina - non scolorata » acida - poco scolorata neutra - poco colorata acida - scolorata acida - scolorata Caratteri dei precipitati roseo rosso sporco biancastro roseo biancastro roseo » biancastro roseo biancastro roseo biancastro Caratteri dei liquidi separati dai precipitati colla filtrazione acido - incoloro acido - roseo acido - incoloro » » acido - roseo acido - incoloro » acido - incoloro neutro - incoloro roseo - acido incoloro - acido acido - incoloro bianco- gialliccio|acido - gialliccio biancastro » » roseo gialliccio biancastro bianco - gialliccio biancastro roseo » biancastro roseo acido - incoloro » acido - roseo » acido - gialliccio acido - incoloro » » » » a acido - roseo neutro - violaceo acido - incoloro » acido - roseo » acido - incoloro » acido - roseo Azione del reattivo di TANRET sui liquidi separati dai precipitati Reazione dell’ indolo nelle culture rimaste limpide ati dai precipitati nei liquidi separ. nei precipitati ridisciolti Azione del solfato dirame(1%) sulle culture » » forte intorbidamento » forte intorbidamento leggero intorbidamento » forte intorbidamento intorbidamento I lieve intorbidamento forte intorbidamento intorbidamento » » lieve intorbidamento » intorbidamento » » intorbidamento » » forte lieve intorbidamento » lieve intorbidamento forte intorbidamento lieve intorbidamento » » intorbidamento » forte forte forte intorbidamento » discreto intorbidamento » negativa » — 295 — Azione del solfato di rame (1%) sui liquidi separati Reazione del biureto sulle culture rimaste Reazione del biureto sui liquidi separati Reazione del biureto sui precipitati ridisciolti rimaste dai precipitati limpide dai precipitati in liquidi limpide alcalini precipitato — bleu - violacea » = » » — » È » P_i » » n » » == » » _ » » a: » » — » » — » » — » » — » » — » » —- » » e » — intorbidamento notevole — violacea bleu - violacea ini » oa) » » — lievissimo intorbidamento — bleu - violacea » i » ssi » » = » = » DI PS » — violacea » — notevole intorbidamento a » » — » — » » precipitato — bleu - violacea = = — notevole intorbidamento — violacea bleu - violacea — lieve intorbidamento — bleu - violacea » — » _ violacea » precipitato — bleu - violacea = = — notevole intorbidamento —_ violacea bleu - violacea — intorbidamento — » » — lieve intorbidamento — bleu - violacea » == notevole intorbidamento — » » precipitato — bleu - violacea == 296 Si tratta (ed è facile dimostrarlo) di una miscela di albuminato e di globulinato ‘alcalino ; è superfluo riferire il suo modo di comportarsi di fronte ai varii reagenti della ‘chimica fisiologica ; gioverà invece dire che esso fu da me sperimentato come un buon mezzo di coltura per vari micro-organismi (1). Al liquido filtrato sì aggiungono, nella proporzione di 1%, il saccarosio, il lattosio, il glucosio e la mannite ; l’ aggiunta può anche essere fatta prima della filtrazione, ma allora questa viene resa anche più difficile dalla maggiore densità che acquista il liquido, d’ al- tronde, trattandosi di prove comparative, val meglio aggiungere le varie sostanze alle parti di uno stesso liquido fondamentalmente eguali; occorrendo sì può ricorrere ad una seconda filtrazione, divenuta meno difficile dopo la prima. L'aggiunta della tintura di tornasole si fa nella proporzione di circa 25 gocce per ‘ogni 100 ce. di liquido. Ma qui occorre un’ avvertenza. È ben noto che questa ed altre sostanze coloranti sono rapidamente ridotte, specialmente a caldo, da certi idrati di car- bonio, onde alcuni Autori consigliano metodi delicatissimi, impossibili quasi ad applicarsi quando si debbano fare ricerche comparative su larga scala. Io ho voluto premunirmi contro questa possibile causa di errore studiando prima come si comportassero i tre idrati di carbonio (glucosio, lattosio e saccarosio) e 1° alcool polivalente (mannite) da me speri- mentati rispetto al tornasole, a freddo ed a caldo, in reazione neutra, acida od alcalina. A tale scopo feci soluzioni acquose all’ uno per cento di glucosio, lattosio, saccarosio, mannite, coll’ aggiunta di tintura di tornasole, in reazione debolmente alcalina, neutra o legcermente acida. Nella soluzione di glucosio (del commercio) il tornasole è scolorato immediatamente a freddo, qualunque sia la reazione del liquido, che assume un colore giallastro particolare. Nella soluzione di lattosio (commerciale), portata a 130° nell’ autoclave, si ha lo sco- loramento del tornasole nei liquidi alcalini o neutri, che prendono i caratteri della solu- zione a freddo di glucosio. Il fatto è con tutta probabilità da riferire alla nota proprietà del lattosio di scindersi in glucosio e galattosio quando venga scaldato oltre i 100°. Nelle soluzioni acide di lattosio invece il colore rosso del tornasole è abbastanza con- servato anche dopo riscaldamento a 130°. Le soluzioni acide, alcaline o neutre di sacca- rosio e di mannite con tornasole si scolorano a 130° ma molto debolmente. La reazione dei vari liquidi non si modifica col riscaldamento. Eseguite queste esperienze preliminari, ho inoculato i varî liquidi cogli undici esem- plari bacterici sopra indicati. Le colture furono fatte ora in tubi da saggio contenenti ognuno 5 cc. di liquido, e sempre in quantità di almeno 5 tubi (per lo più 5-10) per ogni microrganismo e per ogni substrato, ora in palloncini contenenti 100 ce. di liquido ognuno. Le culture furono tenute alla temperatura costante di 37° per un tempo vario, secondo le diverse esperienze, da qualche giorno ad un mese e mezzo o più; in tutte si constatò (1) Ad esempio il bacillo della tubercolosi cresce bene in questo liquido, quando vi si aggiunga circa il 3% di glicerina, inoltre: Cloruro di Sodio, Solfato di Potassa, Fosfato dibasico (o neutro) di Soda gr. 0,25 di ciaseun sale. E utile, ma non indispensabile, aggiungere 1° di Mannite. — 297 — lo sviluppo dei microrganismi inoculati e la purezza delle colture mediante trapianti negli ordinari substrati. Solo nei liquidi contenenti lattosio talora si osservò che le colture dopo alcuni giorni si arrestano ed i bacteri sviluppatisi muoiono ; forse per la intensa acidità che si produce nel liquido. Ciò premesso ecco quanto ebbi campo di osservare. Sull’ albuminato alcalino semplice il bacillo del tifo si sviluppa abbastanza rigogliosa- mente : la reazione del substrato o rimane immutata, 0, qualche volta, diventa debolmente alcalina, quasi neutra, ma non mai acida. Nello stesso modo si comportano i vari esem- plari del bacterium coli sull’ albuminato alcalino semplice: in alcune culture la reazione del liquido non viene modificata, in altre si fa debolmente alcalina. Nell’ albuminato alcalino con glucosio la reazione diventa manifestamente acida, tanto nelle colture di b. del tifo, quanto in quelle di ». coli. Nell albuminato alcalino con lattosio la reazione diventa debolmente alcalina in alcune culture di b. del tifo, acida nelle altre e così in tutte le culture di b. coli. Nelle culture di »b. del tifo su albuminato alcalino con saccarosio la reazione rimane: costantemente alcalina, diventa invece acida nelle colture di b. coli. Nelle colture sopra albuminato alcalino con mannite la reazione diventa acida in alcune colture di b. del tifo e di b. coli, rimane alcalina o si fa neutra nelle altre. Quanto allo scoloramento ossia alla riduzione del tornasole, prescindendo dalle culture: con glucosio o con lattosio (nelle quali, come si è visto, la riduzione del tornasole avviene per opera di questi idrati di carbonio) nelle altre, cioè nelle culture costituite da albumi nato alcalino semplice o da albuminato alcalino con mannite o con saccarosio, si notò spesso uno scoloramento accompagnato da una modificazione nel tono del colore quando la reazione da alcalina che era, diventava neutra od acida. Nelle culture nelle quali la reazione raggiungeva un certo grado di acidità si forma- vano dei precipitati i quali talvolta presentavano una tinta rosea dovuta al tornasole. Nelle culture di b. del tifo su albuminato alcalino semplice il liquido rimase sempre limpido (non tenendo conto del lieve intorbidamento che accompagna la moltiplicazione dei bacteri) pur avendosi talora un lieve scoloramento ed in certi casi il passaggio dalla rea- zione alcalina ad. una reazione debolmente alcalina o quasi neutra. Così pure rimasero limpide le culture di b. del tifo su albuminato alcalino con sacca- rosio; delle culture con lattosio alcune rimasero limpide (con scarso sviluppo dei bacteri) altre intorbidarono leggermente; delle culture con mannite alcune rimasero limpide, altre divennero fortemente torbide, altre infine presentarono un abbondante precipitato ; le culture con glucosio diedero tutte un copioso precipitato. Sull’ albuminato alcalino semplice tutte le culture di b. coli rimasero limpide, per lo più scolorando, più o meno, il substrato. Nelle culture su albuminato alcalino con glucosio, lattosio, saccarosio, mannite, tutte le varietà di b. coli indussero costantemente la formazione di precipitati più o meno abbon- danti, dopo un tempo più o meno lungo, salvo nei casi nei quali le colture si svilupparono stentatamente. In tutte le culture sui vari substrati, tanto del ». del tifo quanto del b. coli, la rea- — 298 — zione dell’ indolo, praticata col metodo di Weyl-Legal, diede sempre risultato negativo. Colla reazione del biureto (esperimentata nelle culture rimaste limpide e in quelle nelle quali si erano formati dei precipitati tanto nei precipitati convenientemente ridisciolti quanto nei liquidi separati dai precipitati colla filtrazione) si ottenne sempre il colore violaceo delle sostanze proteiche, mai comparve il colorito roseo o rosso caratteristico delle albu- mosi e dei peptoni. Solo nei liquidi contenenti lattosio si ebbe dapprima una colorazione rossiccia simu- lante la reazione caratteristica del biureto per le albumosi, per la formazione di un pre- cipitato rosso scuro composto, come è ben noto ai chimici, di ossido di rame-ridotto. Parimente non si può tenere calcolo dei risultati ottenuti nelle colture contenenti glu- cosio, perchè si sa che questa sostanza dà col solfato di rame e gli alcali caustici, secondo le proporzioni dei reagenti adoprati, reazioni differenti le quali mascherano quelle delle sostanze albuminose. Sostituendo la tintura di lacmoide a quella di tornasole si ottennero risultati analoghi, ma meno manifesti, onde è preferibile ricorrere alla seconda piuttosto che alla prima. Nella tavola annessa alla presente nota (vedi pagine 294-295) ho riassunto i risultati principali delle molte esperienze eseguite. Rinunzio per ora alla discussione dei fatti osservati ed all’ esposizione dell’ enorme letteratura avente attinenza coll’ argomento, tanto più che la grande e recente opera di Kolle e Wassermann, negli articoli Tifo di Neufeld e Bacterium coli conimune di Escherich e Pfaundler contiene una esposizione accurata dell’ argomento con una copiosa bibliografia. — siae SULLE PUTREFAZIONI INTESTINALI E SULL’AZIONE DI VARI MEDICAMENTI COMUNICAZIONE DEL Prof. PIETRO ALBERTONI (Letta nella Sessione del 29 Novembre 1903) In questa comunicazione mi propongo di rendere conto di ricerche eseguite nel mio Laboratorio da molti Laureandi per una serie di anni. Il metodo usato è stato quello della determinazione del rapporto fra SO, preformato ed accoppiato, che ha già servito a tanti esperimentatori. Un'esposizione storica dell’argomento non apparisce veramente necessaria. Nella valutazione dei risultati s! è tenuto conto, sia del rapporto fra acido solfo- rico totale e acido solforico accoppiato, sia della quantità assoluta di acido solforico accoppiato, come vogliono Fr. Miiller, Kast, Baas, Schmitz. Esperienze colla Cascara Sagrada. I Laureandi Camerini, Capecchi, Bazzocchi hanno esperimentato in se stessi, in periodi di cinque giorni a dieta mista e a dieta prevalentemente albuminoidea, e prendendo ogni mattina un cucchiaino da caffè di estratto fluido di Cascara Sagrada corrispondente a gr. 6. La dieta mista era così costituita: al mattino caffè e latte, un panino. — Colazione : Minestra in brodo con formaggio, fiorentina, emmenthal, vino nero (2 bicchieri), pani 2. — Pranzo: Minestra asciutta con burro e pomodoro, vitello arrosto, stracchino, vino (2 bicchieri), pani 2, caffè. La dieta prevalentemente albuminoidea era costituita così: al mattino latte e un uovo. — Colazione: Brodo con 2 uova, fiorentina, parmeggiano, pane 1, vino / di litro. — Pranzo: 2 uova, fiorentina, parmeggiano, pane 1, vino % di litro, caffè. L’urina da esaminare è stata raccolta dopo due giorni di dieta. La determinazione dell’ SO, totale e combinato si è fatta secondo il metodo di Baumann modificato da Salkowski. Serie VI. — Tomo I. 38 I. DIETA — 300 — Camerini Battista. Annì 23. Costituzione regolare. Statura media. Peso corporeo Kg. 58. Quantità dell’urina in 24 ore | 1200 1350 1190 1000 1000 1136 Acida » » » » Reazione bus: 1032 1027 1032 1034 1032 10344 SO» TT _u_ uÙsssTU= Tr 34105 3,6517 3,1478 3,34498 Combinato delle 24 ore 0,3096 0,094 0,3454 0,2925 0,2719 0,30576 Preformato delle 24 ere 3,0928 3,1010 3,53062 2,8552 2,8405 Rapporto fra combinato e preformato | 1:9,98 1:10,02 | 1:9,57 TSQ976 1:10,44 3,03914 | 1:9,954 OSSERVAZIONI Una scarica normale Determinazione dell’ SO, totale, combinato e preformato nelle urine delle 24 ore colla dieta precedente, più un cucchiaino da caffè di estratto lido di Cascara sagrada (gr. 6). Quantità dell'urina in 24 ore 980 1070 850 1060, 1040 1000 | I. DIETA Reazione 1034,3 1031,3 1035,3 1031,3 1031,3 1032,7 3,8088 3,56124 Combinato delle 24 ore 0,2004 0,2029 0,2819 0,2296 Preformato delle 24 ore 3,4858 3,5017 3,1536 2,9812 3,5269 3,33.164 Rapporto fra | combinato e preformato 1:14.93 | 1:15,30 IG 1: 14,59 Le 1251 1: 14,612 Bazzocchi Giuseppe. Anni 26. Statura media. Costituzione regolare. Peso corporeo Kg. 72. OSSERVAZIONI Scarica normale. Scarica di so- stanze liquide e scarse 3 scariche diarroiche scarse 3 scariche diarroiche scarse 2 scariche poltacee scarse. Scarica liquida Scarica poltacea. Quantità | dell’urina | in 24 ore | Î 1650 1480 1230 1250 1280 1378 Reazione 1028,5 1027,5 1028,8 1030 1031 102922 SOg —__ "A = Totale Combinato | Preformato delle delle delle 24 ore 24 ore 24 ore 3,7865 0,3595 | 3,4270 3,4749 | 0,3502 | 3,1247 3,5482 | 0,3224 | 3,2258 3,7620 0,3502 3,4118 3,6535 0,3439 3,3096 3,64502 | 0,34524 | 3,29978 Rapporto fra combinato e preformato I 19 19,53 8,92 1: 9,567 OSSERVAZIONI | Scarica normale » » Scarica scarsa. — S0l — Determinazione dell’ SO; totale, combinato e preformato nelle urine delle 24 ore colla dieta precedente. più un cucchiaino da caffè di estralto /luido di Cascara sagrada (gr. 6). Quantità SUE Rapporto dell'urina CT —__—T_px:---—-Ty' fra in Reazione Le IS Totale | Combinato | Preformato | ©Ombinato OSSERVAZIONI delle delle delle O 24 ore 924 ors 94 ore 924 ore | Ppreformato vee—==rralie=—neanii— ra | e 1270 Acida | 10293 | 3,9347 | 0;2514 3,0883 | 4:12,26 | Una scarica abbondante di consi- | l | stenza normale 1200 » 1029,3 3,361 052257 3,1954 1 :13,89 | 3 scariche diarroiche abbondanti 1100 » 1034,3 PROTO MOR292 3,0314 1:15,58 | 2 scariche liquide 1300 » 1032,3 3,5354 | 0,2830 3,2524 | 1:11,49 | Nessuna scarica 1180 » 1031 3,4192 | 0,2549 | 3,1603 1:12,89 | Scarica poltacea abbondante. rin] ce i 1210 1031R24 | 3538028 | (002476 | 313256) |A 12,72 I. DIETA Capecchi Pietro. Anni 25. Statura alta. Costituzione regolare. Peso corporeo Kg. 83. Quantità 03 Rapporto dell’urina fra i : Reazione | P. S. ‘Totale | Combinato | Preformato | COMbinato OSSERVAZIONI A delle delle delle O 24 ore 24 ore 24 ore 924 ore |Preformato 1440 Acida | 10253 | 3,2330 USINO 2,9219 | 1:9,9 | Una scarica piuttosto consistente 1280 » 1027 3,4904 0,3134 3,1770 | 1:10,13 | Nessuna scarica 1140 » 10323. || 35270 0,3306 3,1964 | 1:9,65 | Una scarica scarsa consistente 1165 » 1032,3 | 3,6968 0,5647 3,3321 | 1:9,13 | Una scarica meno scarsa e consi- | | stente 1260 » 1031 3,6601 0,3385 3,3216 | 1:9,80 | Scarica scarsa e consistente. 1257 102958 | 3,92146 | 0,33166 | 3,1898 | 1:9,622 Determinazione dell’ SO, totale, combinato e preformato nelle urine delle 24 ore colla dieta precedente, più un cucchiaino da caffè di estratto fluido di Cascara sagrada (gr. 6). Quantità | 503 Rapporto dell'urina i Cerere ea fra in Reazione | P. S. Totale | Combinato | Preformato | ©Ombinato OSSERVAZIONI delle delle delle © 24 ore 24 ore 24 ore 924 ore | Preformato 1320) | Acida | 10273 | 3,2197 0,2754 2,9443 | 1:10,69 | Una scarica quasi normale 1130 » 1031,3 | 3,6915 0,2423 3,4492 | 1:14,23 | 2 scariche diarroiche 1260 » 1032;3 | 39522 02684 3,6858 | 1:13,72 | 2 scariche diarroiche 1290) | » 103,3. | 34313 02427 3,1886 | 1:13,13 | Scarica scarsa e molle. Scarica li- CSI quida l | ‘ Soi 1030,3 | 3,3136 0,€381 3,0755 | 1:12,91 | Scarica scarsa di consistenza quasi normale. 1230. | 1030,5 | 3,52166 | 025338 | 3,26828 | 1: 12;936 II. DIETA prevalentemente albuminoidea — 1302 Camerini Battista. Quantità dell'urina : è Reazione in 24 ore 1130 Acida 1100 » 1070 » 1150. | » 1200 » 1130 1031,3 1032,3 1031,8 1032,3 1032 1031,84 4,1940 4,1992 12891 1,3839 SU —— rr — rrT<.. Combinato | Preformato delle delle 24 ore 24 ore 0,3686 3,9742 0,3371 3,8569 0,3534 3,8458 03449 39442 0,3342 4,0497 | 0,34764 | 3,93416 1,2818 MEMI Rapporto fra combinato e preformato 1:10,78 1: 10,88 4: 11,43 1:19,11 OSSERVAZIONI Una scarica normale 1: 14,268] Determinazione dell’ SO; totale, combinato e preformato nell’ urina delle 24 ore colla dieta prevalente- mente albuminoidea precedente, più un cucchiaino da caffè di estratto fluido di Cascara sagrada (gr. 6). 1032,3 1032,3 1030,3 1032,9 1032,3 Quantità dell'urina È Reazione in 24 ore 1020 Acida 1100 » 1130 » 1040 » 1000 » 1058 1031,9 Totale delle 24 ore 4,3862 4,1709 4,1901 4,0914 4,19586 _ —1r1 NOA —_———_—__ Combinato | Preformato delle delle 24 ore 24 0,2883 4,0979 02178 | 3,9229 0,2 154 3,0555 0,2384 3,917 0,2555 3,8539 Rapporto fra combinato e preformato MERLO” OSSERVAZIONI Scarica abbondante e molle 3 scariche diarroiche scarse 3 scariche diarroiche Scarica diarroica scarsa 1:45,01 | 0,24308 3,95278 1: 16,418 { 2 scariche diarroiche. 22 CS Rapporto tra SO, pretormato e SO, combinato nella dieta mista. Senza medicamento Con medicamento 2 (9195 pl 8 NA) ) I RSTORIR L: 15,80 MRERMIOROY) 161970) I. - Camerini \ 1: 9,76 4: 14,59 I: 10,44 INERIRIO] I 9,954 Mii 4,612 IN MEA 2R2.0 MEN 592 | RISO) Ji 105 | I: 18,58 5 | II. - Bazzocchi. 9A | fe 110 Ll: 972 | Ag M201 ERG or? Te 950 1: 10,69 I: 10,13 (98 1: 9,66 MEER III. - Capecchi. È e MRERMORIB, 1: 13,13 ls €80 I e AZON 8° 0922 MMER2493.6 Rapporto fra SO, preformato e SO, combinato nella dieta prevalentemente albuminoidea. | Senza medicamento Con medicamento l: 10,78 IR VARZI RERUM ME E99 I: 10,88 1: 1831 CAMmerinitie a e N dl: 11,43 I: 16,57 Is ZI 1: 10,01 L : 11,268 1: 16,418 —804= Dai risultati esposti nelle precedenti esperienze risulta : 1° Che nell'uomo in condizioni ordinarie di vita e di alimentazione il rapporto tra SO, preformato ed accoppiato oscilla da 1:9,5 a 1:9,9; tutte medie date come normali. 2° Che nello stesso individuo sottoposto a dieta prevalentemente albuminoidea (latte, carne, uova), tale rapporto è di 1:11,2. — Questa diminuzione nelle putrefa- zioni intestinali lu dovuta all’assunzione un po'abbondante di latte, in modo che l’acido lattico, nell’ intestino, ha agito come disinfettante. 3° Che la Cascara sagrada, data per bocca, fa diminuire le putrefazioni inte- stinali. Infatti il rapporto tra SO, preformato e accoppiato nella dieta mista da 1:9,5 — 1:9,9 va ad 1:12,7 — 1:14,6; e nella dieta prevalentemente albuminoidea da 1:11,2 a 1:16,4: la quantità assolota di SO, accoppiato è diminuita. 4° Che questa sostanza fa diminuire le putrefazioni intestinali, non perchè dotata di proprietà antisettiche od antiputride; ma solo perchè promuovendo la peristalsi intestinale, fa espellere dal tubo gastroenterico per le feci una quantità molto erande di germi m esso contenuti. Infatti mentre noi troviamo aumentare nei primi giorni dell’assunzione del medicamento il rapporto fra SO, preformato e accoppiato, e questo in rapporto al numero delle scariche alvine ; negli ultimi giorni invece notiamo che questo rapporto in seguito alla diminuzione delle scariche va diminuendo. E ciò con- trasterebbe con una vera azione disinfettante della cascara in quanto fa ostacolo allo sviluppo dei germi intestinali; poichè, invece di una diminuzione, noi ‘avremmo dovuto avere un crescente aumento del rapporto fra SO, combinato e preformato. 5° Che la quantità di acqua contenuta nella urina dei giorni di cascara sagrada, è costantemente un po’minore di quella dei giorni in cui non si prese il medicamento. Ciò fu dovuto alla maggiore eliminazione di acqua dall’ intestino per le feci liquide e abbondanti emesse dietro l’assunzione della cascara sagrada. Esperienze colla Magnesia. Le esperienze con questa sostanza furono condotte come le precedenti, usando una dieta mista costituita al mattino da caffè e latte, un panino. Ore 12 minestra in brodo, carne arrosto, formaggio, 2 panini, 300 gr. di vino. Ore 19 minestra al burro e formaggio, carne arrosto, 2 panini, 300 er. di vino. Si cominciarono a raccogliere le urine dopo 24 ore di tale dieta. TavoLa I. — so Capecchi Pietro studente. Individuo sano del peso di Kg. $2. S03 Giorno | Quantità | Reazione P. S. Totale Tama Donato Rapporto DIARIO gr. gu. gr. li 1440 Acida 1025,3 32390 O, gli 319219) 1:93 | Una scarica normale Ro 1280 » 1027 3,4914 0,3134 3,1770 10,1 | Nessuna scarica SO 1140 » 1032,3 3,9271 0,3306 3,1964 9,6 | Scarica scarsa normale | 4° 1165 » 1032,3 3,6968 0,3647 3,9921 9,1 Scarica normale. i 59 1260 » 1031 36601 | 0,3385 | 33216 9,8 » » Media| 1227 Acida | 1029,58 | 3,5217 0,3316 3,1898 1:96 TavoLa II. Camerini Giovanni studente. Individuo sano del peso di Kg. 58. SOg Giorno | Quantità | Reazione 1, Sb Potale CO NOTA Rapporto DIARIO gr. gu. gr. 1° 1200 Acida 1032,3 3,4025 0,3096 3,0921 9,9 Ina scarica normale IP 1350 » 1027 3,4105 | 0,3094 | 3,1010 10,0 » DE 1130 » 1032,3 3,6517 0,3456 3,3062 95 » 4° 1000 » 1034 3,1478 0,2925 2,8552 9,7 » O 1000 » 1032,3 3 LIRA 0,2719 2,8405 10,4 » Media| 1136 Acida | 1033,58 | 3,3349 0,3057 3,0391 9,9 TavoLa JIMI. Bazzocchi Giuseppe studente. Individuo sano del peso di Kg. 72. SO3 Giorno | Quantità | Reazione RANSS Lotale CI E Rapporto DIARIO (C-1: SNO gr. gr. de 1650 Acida 1028,8 3,3789 0,3595 34274 95 | Una scarica normale DO 1480 » 1027 34749 0,3502 3AZQAT 8,9 » DÒ 1230 » 1028,8 3,9842 0,3224 22208 10,0 » 4° 1250 » 1030 3,7620 0,3502 3,4118 07 » 5° 1280 » 1031 3,6535 | 0,3439 3,3096 9,6 | Scarica scarsa. Media| 1378 Acida 1029,1 3,0458 0,3453 3:2999 9,6 Dai presenti quadri risulta come nell’ individuo normale sotto la stessa dieta hanno piccole oscillazioni del rapporto fra acido solforico combinato e preformato, si — 306 — Stabilita così una media allo stato normale ripetemmo 1° esperienza coll’ assunzione di un grammo di magnesia usta alla mattina, ed un grammo alla sera prima di coricarsi. Si cominciarono a raccogliere subito le urine e si ebbero i seeuenti risultati : TavoLa IV. Capecchi Pietro. | SO3 Giorno | Quantità | Reazione RS: Totale |Combinato | Preformato Rapporto DIARIO gr. gr. gr. 10 1110 Acida 1032,3 3,5843 0,2722 3,3121 12,1 Scarica liquida | 2P 1110 » 10323 | 3,6437 | 0,2269 | 3,4167 15,0 | 2 scariche liquide 3° | 4410 » 1034,8 | 3,4856 | 0,2374 | 3,241 (35 |» » 4° LILLO » 1034,0 34942 MEI? 3,2619 14,0 | Scarica scarsa liquida 9° 1120 » 10332 3,8247 0,3043 3,5204 11,5 | Scarica quasi normale. | Media] 1088 Acida 1033,1 3,6065 0,2546 3,9518 13,2 lavoLa V. Camerini Giovanni. SOg3 Gior antità i CE n si ARIO iorno | Quantità | Reazione Pi S Totale COMDinSt) Preformato Rapporto DIAR gr. gr. gr. 1° 1000 Acida 1028,8 3,2324 | 0,2458 2,9866 IRA 1 scarica normale | 20 1210 » 1028,8 3,2549 0,2137 3,0412 14,2 2 scariche liquide | | | 3° 1200 » 1028,8 3,5988 (,2455 3,333 13,6 | 2 scariche scarse liquide | 4° 1090 » 1034 3,9718 0,2803 3,60915 13,1 1 scarica quasi normale | | 5a 1120 » 1030,5 4,0351 0,3034 3,12% 4231 I scarica normale. | i re I TT: Media| 1124 | Acida 1030,1 | 3,6186 0,2585 3,3600 13,0 TavoLa VI. Bazzocchi Giuseppe. Sg Giorno | Quantità | Reazi IRC Noa 7, -. | Rappor VIARIO ELET MELIA ELIO i 'l'otale Combinato | Preformato o DIAL gr. gr. gr. da 1640 Acida 10273 3,7765 0,3139 | 3,4626 LL, 1 scarica normale 2). 1350 » 1026 34461 0,2318 3;2143 13,9 | 2 scariche meno consistenti del normale i Be 1500 » | 1026,8 3,7266 0,2575 3,4691 13,4 2 scariche meno consistenti del | | normale 4° 1310 » | 1030,5 3,6608 0,3304 | 3,3304 10,0 I scarica normale ELE 1360 » | 1028,8 3,7639 0,3331 Î 3,4308 10.2 I scarica scarsa normale. | e e eU(&e OR i == ——- Media| 1432 Acida 1027,9 3,6768 0,2933 | 3,3814 11,7 — 307 — Da queste tavole risultano evidenti i seguenti fatti : 1° Il rapporto tra preformato e combinato comincia ad aumentare al primo giorno e continua nei giorni successivi in stretta relazione colle scariche diarroiche giacchè col diminuire della diarrea il rapporto ritorna allo stato pressocchè normale. 2° Tale aumento del rapporto deriva non da altro che dal diminuire del com- binato che col cessare delle scariche ritorna al limite presso che normale. Lo stesso effetto si ebbe in altri due individui su cui sperimentai. In essi i fatti non sono così accentuati riguardo alle scariche diarroiche e alle oscillazioni del rapporto tra combinato e preformato e della quantità del combinato, giacchè pochi giorni prima si erano sottoposti a prove con altri purganti: ma i fatti suddetti ap- paiono anche in essi chiaramente e provano ancor più che le oscillazioni del rapporto e del combinato sono in relazione colle scariche diarroiche. Altre esperienze vennero eseguite dalle stesse persone aumentando le sostanze al- buminoidi nel vitto quotidiano. Dieta N° 2. Mattino latte con uovo. Ore 12 brodo con due uova, carne arrosto, parmigiano, un panino, 300 grammi di vino. Sera, uova al burro, carne arrosto, par- migiano, un panino, 300 grammi di vino. Le urine vennero raccolte 24 ore dopo il principio di tale dieta. TavoLa VII. Capecchi Pietro studente. Individuo sano del peso di }Cg. 82. : SO% | Giorno | Quantità | Reazione |P. S. mos pena e EDO nt DIARIO gr. gr. gr. 1° | 4750 | Acida | 10253 | 49318 | 02839 | 46478 | 160 20) 1200 » 1030,5 4,4589 0,2680 4,1909 15,7 Defecazione normale 3° | 1160 » 10323 | 45983 | 02668 | 43314 | 16,2 4° 1130 » 5032,8 4,1807 0,2725 3,9081 14,3 Defecazione stitica solida. 5° | 1110 > 10328 | 4,149 | 0,2910 | 3,8239 | 13,1 Media| 1278 | Acida | 10314 | 44569 | 02765 | 41804 | 45,1 Se si confronta tale tavola, con quelle precedenti dell’ altra dieta senza magnesia si trova l’acido solforico totale indubbiamente aumentato, ciò che sta in relazione alla maggiore quantità di sostanze azotate introdotte. Malgrado la stitichezza (condi- zione favorevolissima per l’ aumento dei processi putrefattivi dell’ intestino) 1 acido solforico combinato è diminuito. Aumentato è quindi il preformato e conseguentemente il rapporto tra combinato e preformato è pure cresciuto. A nient'altro saprei attribuire questi fatti se non al latte che ogni mattina veniva usato durante questa dieta, e che come si sa ha un’ azione non indifferente nei processi putrefattivi dell’ intestino (Ro- vighi, Charrin). Schmitz l’attribuisce alla caseina, giacchè ebbe tale effetto anche con cacio fresco. Serie VI. — Tomo TI. 39 — 303 — Capecchi rimasto per 5 giorni a tale dieta e stabilita così una media cominciò a prendere un grammo di magnesia usta la mattina ed un grammo la sera prima di coricarsi ed ebbe i seguenti risultati : TAVOLA VIII. SUA Giorno | Quantità | Reazione | P. S. E iotalo noe pan Rapporto DIARIO gr. gr. gr. Ie 1490 | Acida 1026 4,1032 0,2595 3,9428 14,8 | Scarica mista [ana 1160 » 1032,3 4,9894 0),1696 42198 Q42 » liquida DI 1120 » 1032,8 4,6487 0,2232 44254 19,8 » molle 4° 1200 » 1030,5 4,ALLL 0,2918 4,1193 14,11 | Scarsissima normale 9° 1130 » 1032,8 42234 0,2822 SRILURI 13,9 | Normale. I FEAT | Media] 1220 | Acida | 10309 | 43550 | 0,2435 | 4,1097 17,4 Da essa non si possono trarre che deduzioni simili alla esperienza colla dieta N.* 1. Esperienze coll’ aloe. Numerose sono state le esperienze eseguite coll’ aloe, sia a dose purgativa, che a dose stomatica. I. Dieta mista — Mattina : caffè con pane — Colazione : minestra asciutta con ragù, stracchino, cm? 250 di vino, un pane, caffè — Pranzo: minestra con ragù, bra- ciola di maiale, cm? 250 di vino, un pane, caffè. II. Dieta prevalentemente albuminoidea — Mattina: latte, dne ova, un panino — Pranzo : minestra con burro Colazione : mortadella, formaggio, un pane, caffe e pomodoro, due ova, cm? 250 di vino, cm? 200 di birra. III. Altra dieta prevalentemente albuminoidea —- Mattina: latte, un ovo, panino — Colazione : due ova con burro, formaggio, un pane, cm* 200 di vino, caffè — Pranzo : minestra con burro, cacciatora di vitello, un pane, cm? 200 di vino, caffè. I. DIETA 209 Domenichini Giacomo. Quantità S0g Rapporto delle Peso fra urine | Reazione DA 'l'otale Preformato | Combinato | COMbinato OSSERVAZIONI nelle ABALED | alal dello delle C 24 ore DA ore 94 ore 924 ore preformato 1900 Acida 1026 29373 2,6495 0,28778| 1:9,20 | Una scarica normale 1600 » 1028 2] 24746 0,2466 1: 10,02 » 1680 » 1025 2,7965 2,5481 0,2482 1: 1025 » 1450 » 1018 2,6032 2,3979 02252 dI » 1600 » 1015 2,9825 2,7550 OR) JI » 1500 » 1020 29119) RI 6N28 0,2367 1: 11,33 » 1650 » 1022 29745 2,7075 0,2669 1: 10,14 » 1600 » 1021 | 28440 | 25908 | 02532 | 1:10.27 » 1800 » 1022 2,7208 2,4824 0,2383 1:10,7 » 1700 » 1021 29476 2,6936 0,2540 1: 10,6 » 1648 1022 2,5446 2,5970 0,2484 | 1d:10,4 Dieta precedente con Cor. 15 di estratto d’Aloe. Quantità SO3 Preformato delle Peso _T—t—_——T——_—_____s__ fra urine | Reazione (aio totale | Preformato | Combinato | €OMbinato OSSERVAZIONI nelle SPECe delle delle delle 0 24 ore 924 ore 924 ore 924 ore preformato 1380 Acida 1026 2,9080 2.6570 0,2509 | 1:10,57 | Una scarica normale 1360 » 1026 2A SURI 2,6762 0,1865 | 1:14,41 | Una scar. liquida. Notte tranquilla 1480 » 1020 2,8920 2.6735 0,1764 | 1:15,2L | Due scariche 1450 » 1022 | 2,8499 | 2,7192 | 01727 | 1:15.07 | » A | 1300 » 1026 2:2084 | 26293 | 01790 | 1:15,23 » 1420 » 1022 3,0018 28167 0,1850 | 1: 15,04 » 1520 » 1024 2,8930 27043 0,18S6 | 14: 14,33 » 1330 » 1026 3,0468 2,8507 0,1955 | 1: 14,57 » 1450 » 1025 28122 CATIRA 01798 | 1: 14,64 » 1350 » 1026 25581 OLE 0,1823. | A: 14,66 » 1404 1024 2,834 27134 0,1895 | 1:14.37 — Bi I. Dieta Magli Luigi. Quantità SU Rapporto delle Peso fra urine | Reazione # Totale |Preformato | Combinato | combinato OSSERVAZIONI nelle Amauri) | dali delle delle e 24 ore 24 ore 24 ore 24 ore |reformato 1600 Acida 1024 2 4238 2,2248 (0),1990 1:11,18 | Due scariche normali 1420 » 1017 2,1673 2,2831 01420 1239 » 1600 » 1022 2,7126 24817 0220918 RE037 » 1300 » 1024 2,4450 22319 0,2131 1: 10,47 » 1450 » 1023 2,6142 2,3964 0I217 8000) » Dieta precedente con Cgr. 15 di estratto d’Aloe, Quantità SUE Rapporto delle Peso ——T—————1—_— _—_ fra urine | Reazione e: 'otale | Preformato | Combinato | Combinato OSSERVAZIONI nelle SDSt icon MICHI delle delle e 24 ore 924 ore 924 ore 24 ore | preformato 1200 Acida 1034 2,3069 2,1581 0,1478 | 1:14,60 | Tre scariche pultacee. Notte tran- | l quilla e senza sogni 1400 » 1019 2,3625 220173 0, 1552 1: 14,22 » » » 1300 » 1020 2,4885 2,2968 0,1517 1:15,13 | Tre scariche diarroiche » 1400 » 1024 2,4761 2,3267 0,1493 1: 19,58 » » » 1250 » 1025 25162 2,3485 0,1677 1: 14,00 » » » Dieta precedente dopo cessato 1 uso dell’Aloe. Quantità SO3 Rapporto delle Peso —___T__ 9 fra urine | Reazione | — n Totale |Preformato | Combinato | ©Ombinato OSSERVAZIONI nelle SPORCO delle delle delle e 24 ore 24 ore 24 ore 924 ore |Preformato lit I pr i 1410 Acida 1020 2,6035 2,2444 | 0,1886 | 1; 12,80 | Due scariche un po’ dure 1300 » 1022 24235 2,2216 de 0,2019 | LA: 141—- » » I. DIETA Magli Giuseppe. -; o Quantità S0gz Rapporto delle Peso TT _— n — _ fra urine Reazione ava Fer = } combinato OSSERVAZIONI delle suentinta potale | Preformato | Combinato 6 RISE delle delle delle reformat d ore 94 ore 24 ore 924 SB pretormato 350) Acida 1028 21205) O OLI 1 :12,32 | Due scariche molli È | Sol » 102 2,7568 2,9366 052202 1:11,97 » 800 » 1030 24916 2,2999 0,197 | L1:12,— » S10 » 1029 2,5037 2,3034 0;2003. | di: 12:50 » 870 » 1028 27102 | 2,5065 0208700125 » ==. SI Dieta precedente con 15 Cer. di estratto d’Aloe. Quantità SOg Rapporto delle Poso —_—_T—————— _—_—tmm fra urine | Reazione ra l'otale |Preformato | Combinato | ©0mbinato OSSERVAZIONI nelle STESO MIA GNE delle dela | 24 ore 24 ore 24 ore 24 ore |'preformato 630 Acida 1020 25605 | 2,3680 0,1925 | 1:12,30 | Due scariche poltacee 780 » 1030 24510 2,3047 0,1463 | 1: 15,75 » diarroiche S00 » 1028 I D4AZQ4 2,3875 0,1549 SZ » » S00 » 1029 210) 23 2,4436 0,1685 | 1:14.50 » » | 750 » 1028 2,5642 23944 0,1698 | 1:14,10 » » Dieta precedente dopo cessato 1 uso dell’ Aloe. Quantità SOz Rapporto delle Peso _ _—_—__——r _—r’!_—# fra QUEpi urine | Reazione son ‘totale |Preformato | Combinato | combinato OSS ERVAZIONI nelle SERIO al dello delle IO DI 24 ore 24 are 924 ore 94 ore |preformato Ì PENETRA — SE 900 Acida 1024 25413 2,9334 0,2079 | L:11,22 | Due scariche un po dure 800 » 1026 2,4916 2,4916 01994 | dl 12570 » II. DIETA Domenichini Giacomo. prevalentemente albuminoidea Quantità S0g3 liapporto delle Peso. | —- fra 3 | urine | Reazione “A Totale |Preformato | Combinato | ©0Mbinato OSSERVAZIONI nelle SEEGTLO | Gole delle delle © 24 oro 24 ore Odore 24 ore preformato 1100 Acida 1026 2,8807 2,6311 0,2496 | L:10,58 | Una scarica normale 1200 » 1026 | 3,1189 | 28781 | 02408 | 1: 11,95 » 1150 » 1025 3,0249 2,7603 0,2646 | 1:10,43 » 1150 » 1024 3,0003 2,7560 (24/40) [Ae 125 » 1160 » 1025 3,0255 Rino 0,2504 | 1 :11,06 » Dieta precedente con 15 Cgr. di estratto d’Aloe. Quantità S03 Rapporto delle Peso — —_—<—_———_t__w__ fra urine | Reazione È ‘Totale Preformato | Combinato | ©0Mbinato OSSERVAZIONI nelle Spesiico) AGI: delle delle e 24 ore 924 ore 24 ore 24 ore preformato 1000 Acida 1024 3,0175 QUI 0,2261 | 1:12,30 | Una scarica normale 960 » 1026 3,0239 2,8278 0,1961 | 1:14,42 | Due scariche liquide 1000 » 1025 3,0882 2,9987 01595) || 1: 15,29 » diarroiche 1050 » 1023 3,1373 2,9659 O,1714 | 4:17,30 » » 1040 » 1025 3,0979 29253 0,1726 | 1:46,94 » » — 312: —- Dieta precedente dopo cessato 1° uso dell’Aloe. Quantità | S03 Rapporto delle | Peso — e _—_—__—m—m_ v fra urina Reazione | pai Totale |Preformato | Combinato | combinato OSSERVAZIONI nelle |Especiicon INSGEnE delle dello e 24 ore | 924 ore Ollore 24 ore | preformato 1180 Acica | 1021 3,0754 27170 02584 | 1:10,90 | Una scarica un po’ dura 1150 » 1026 3,0846 | 2,7160 | 0,2656 | 1:10,60 » HI. DIETA Domenichini Giacomo. Quantità SO; Rapporto delle Peso _ = | fra | urine | Reazione 7 Totale |Preformato | Combinato | ©©mbinato OSSERVAZIONI nelle specifico | delle delle delle No 24 ore 24 ore 24 ore 24 ore |preformato | UE: rana 1200 | Acida 1028 3,1086 2,8670 0,2416 | 1:41,86 | Una scarica normale Î | 4160 |}; >» | 4029 3,0255 2,7776 0,2479 | 1:11,19 » 1150 » 1027 29994 2,7555 0,2438 | 1: 11,29 » | 1150 » 1028 3.0249 2,7696 0,2552 | 1:41085 » 1000 a 1029 | 3,0175 | 2,8898 | 0,2276 | 1:122 » ‘ Dieta precedente con 5 Cer. d° Aloe. [ae S03 Rapporto delle Peso — —— .r _—— _ fra urine | Reazione nà ‘l'otale |Preformato | Combinato | combinato OSSERVAZIONI nelle EROCICO | delle delle delle e 24 ore 24 ore 24 ore 24 ore | Preformato 1000 Acida 1028 3,0204 2,7934 0,2269 | 1:12,30 | Una scarica molle 1000 » 1027 3,0879 2,5692 0,2171 1:13,18 | Due scar. diarroiche 960 » 1030 | 3,1620 | 2,9688 | 0,1931 | 1:15,37 » 950 » 1029 3,2087 | 2,9997 | 0,2090 | 1:14,/40 | » 1000 » 1026 3,1402 | 2,8382 0,2010. | 4: 14,12 » Dieta precedente dopo cessato l uso dell’ Aloe. “| Quantità SO3 Rapporto | delle Pesò _ Pr —_ ——r fra urine | Reazione hE Totale |Preformato | Combinato | ©0Mbinato OSSERVAZIONI sol ABEcicof gallo delle delle CHARI | 24 ore DANS 24 ore DMiore preformato | 1100 Acida 1026 3,2134 | 2,5456 | 0,2677 | 1:14,— | Una scarica un po’ dura | 1200 » 1025 | 3,1924 | 2.9391 | 0,2533 | 1:41,6 » HI. DIETA Magli Francesca. Quantità SO3 Rapporto delle Peso —__ -= fra urine | Reazione SER ‘totale | Preformato | Combinato | COMbinato OSSERVAZIONI TOlO SPESO delle delle delle e 24 ore 24 ore 94 ore 24 ore preformato 1060 Acida 1024 2,14520 I: 2144 0,2376 1:9,32 | Una scarica normale 1200 » l022 24311 212230) 0,2289 19,605 » 1100 » 1024 2,5983 2IZ9R6 (1), 2657 1 :9,63 » 1150 » 1023 29244 2,3006 0,2678 1:8,59 » 1100 » 1025 219829) 2,3006 0,2762 1:8,75 » Dieta precedente più Cer. 5 d’estratto d’Aloe. Quantità SOg Rapporto delle Peso — — —— __me_ o fra urine | Reazione SOR Totale Preformato | Combinato | ©Ombinato OSSERVAZIONI nelle PEULO delle delle delle e 24 ore 924 ‘ore 24 ‘ore 924 ore |Preformato 1000 Acida 1026 2,5612 RASRI9 0,2328 | 1:10— | Una scarica molle 1050 » 1025 2,6998 2,9036 0,1956 | 1:12,50 | Due scariche liquide 1100 » 1025 26123 2,1631 ONORI INI 6,50 » diarroiche 950 » 1027 ZIO 2,4563 0,1648 | 4: 14,90 » » 1000 » 1024 QI 24202 0,1710 | 1:14,15 » » Dieta precedente dopo cessato 1’ uso dell’ Aloe. Quantità S03 Rapporto delle Peso |T--—n___ fra urine | Reazione SCR totale |Preformato | Combinato | ©0mbinato OSSERVAZIONI nelle TUDO | dolo delle delle e 24 ore DANCE 94 ore 924 ore | Praformato 1100 Acida 1025 2,3088 2,0802 0,2286 | 4:9,10 | Una scarica normale 1150 » 1026 2,4790 22311 O2ATO | Ag@o= » Riassunto del Rapporto 314 — fra SO, preformato e SO, combinato nelle diverse diete. ‘apporto fra SO, preformato e SO, combinato nella dieta mista. I... - Domenichini Giacomo II.. - Magli Luigi III. - Magli Giuseppe Senza Con Dopo deli dine aa i. IMESRO ERRE LOI 1: 1002 1: 14,41 14/0225, 1 019:24 lecdl= 11507 MESIZZIO, NESS 924) IERt95 1: 15,04 AEON 1: 014593 A E40:27 {AZ ANSSLONZO 1: 14,64 1: 10,60 1: 14,66 1: 10,56 1: 14,37 rs GMES 2: 14,6 1: 12,80 18125399. 22 L: AL lio 1E#15:13 INEAAOTA7 1: 15,58 1:11, L: 14° 1: 10,54 1: 14,95 1: 11,90 IRE R1232 i aezato 725) dA Teo, LEO 1012570, 1:12— | 1:415,47 IRA Z96 SR Rapporto fra SO, preformato e SO, combinato nella dieta prevalentemente albuminoidea. | Senza Con Dopo il il il medicamento medicamento medicamento 184058) 3 A230 1: 10,90 81195 I: 14,42 1 : 10,60 4: 10,43 | 4: 15,29 I. Domenichini Giacomo. . . 0. por ILe IEGgiR2O, | 1 TO I : 11,06 1216192 I: 14.05 leg525 il 3 4075) Rapporto fra SO, preformato e SO, combinato nella 2 dieta prevalentemente albuminoidea. n | Senza Con Dopo il il il è È SSA ; medicamento | medicamento | medicamento N. B. Furono usati solo egr. 3 di estratto d'aloe. È pa ag I 4: 11,86 1 : 12,30 E eroe eis ine ge slo2o) MA 97 I. - Domenichini Giacomo. . .<é 1. 108; 1: 14,40 1: 9,32 13 d0= 1: 9,10 1 : 9,68 I: 12,80 lg9= 1: 3,63 I : 16,50 II - Magli Francesca . . . . . pa 1: 8,59 1: 14,90 1: 875 1: 14,150 | \ 1MR89n9) ARE RI61 109105 Le putrefazioni intestinali diminuiscono coll’ uso dell’ aloe, il rapporto tra SO, com- binato e preformato discende con dieta ordinaria, a 1:14, — 1:14,42; con dieta pre- valentemente albuminoidea, a 1:15,26. Ciò è stato ottenuto usando cgr. 15 di estratto d’ aloe. A Si Usandone invece cer. 5 con dieta pure albuminoidea, si vede che le putrefazioni Serie VI. — Tomo I. i 40 <= alieg da 1:11,4 vanno a 1:13,8 e da 1:8,7 a 1:13,6. Ne verrebbe quindi che soli 5 crg. di tale sostanza potrebbero servire come purgante. Se non che tale dose fu usata sola con dieta albuminoidea e l’effetto purgativo si verificò con ritardo maggiore. Si può quindi dire che solo cer. 5 non devono servire come purgante a dieta mista. Tutta- via, prima di concludere in proposito, saranno utili ulteriori ricerche. L’aloe agisce come purgante e non come disinfettante il canale digerente. Infatti le putrefazioni diminuiscono nei primi giorni d’ uso dell’ aloe, ma negli ultimi giorni di nuovo aumentano. Ciò sta in rapporto colla maggiore eliminazione di germi colle feci, mentre farebbe contrasto con un’ azione antisettica di tali sostanze. L’asepsi dura poco acquistando le feci rapidamente il loro tipo microbico abituale. Anche questo sta contro ad un potere antisettico della sostanza usata. Nei due giorni successivi all’ uso del medicamento sì nota un rapido ritorno delle putrefazioni al loro rapporto normale. Se l’ aloe avesse agito come antisettico, i germi non dovrebbero tro- vare, almeno nel giorno successivo, terreno favorevole per dare le putrefazioni come abitualmente. x €sperienze col Rabarbaro. La dieta normale osservata era la seguente : Una tazza di latte il mattino; a colazione tre uova, 300 gr. di pane, una mela, 300 gr. di vino; a pranzo una minestra in brodo, 70 gr. di pane, 100 gr. di carne, 500 er. di vino, un caffè. so Rapporto Giornate | Quantità | Peso | Aciaa | mm" | conibinato OSSERVAZIONI dell OUISII specifico ‘Totale |Preformato | Combinato n | nelle 24 ore| nelle 24 ore | nelle 24 ore| preformato 1a 1432 1023 |Acida| 2,842 2,690 0,152 1:17,8 | 2a 1337 1025 » 2.668 2,531 0,137 1: 194 Sio 1530 1022 » | 3,068 2,919 0,149 1:20,8 | 4a 15027 » 2,886 2,708 0,178 1:16 || media 0,154 18; 79 | 016 » 2,496 0,129 1207 1 gr.mo Rabarbaro go 1315 | 41016 » 2,786 0,152 1: 18,5 —— dh 1005 | 1027 » 2,606 0,133 1:20 1 gr.mo Rabarbaro | 4 1524 | 1020 » 2,404 0,158 1:16 media | | | 0,143 | I | {3 1483 1018 E 2/08 2,295 0,133 MBHETAO, 2 gr.mi Rabarbaro Ra 1005 | 1025 » 2411 2,288 0,128 ge) vai 3} 1220 | 4022 » 2.495 2,338 0,157 1 :15.5 2 grmi di Rabarbaro 4R 1298 1021 » | 2,855 2,686 0,169 | 1:416,7 media | 0,145 | | 18 1075 | 1024 » | 2,540 2,347 0,163 | 4:14,6 3 grmi Rabarbaro 2 1605 1018 » 2,611 2,481 0,130 1:49 = da 1420 1019 » | 2,429 21339 0,130 1:18 3 gr.mi Rabarbaro 4° 1460 1019 » 2,778 2,609 0,169 1:16 —— media | | 0,148 | — 317 — In molte altre esperienze su vari studenti si sono ottenuti gli stessi risultati. La somministraziene di rabarbaro produce cioè una lieve ed insignificante diminuzione del- l’acido solforico accoppiato. CONCLUSIONI In generale risulta da queste esperienze che in condizioni ordinarie di vita e di alimentazione, il rapporto fra SO, preformato ed accoppiato oscilla in limiti abbastanza ampi 1:9, 1:16, Nello stesso individuo diminuiscono le putrefazioni intestinali per l'assunzione un po’ abbondante di latte. La cascara sagrada, data per bocca, fa diminuire le putrefazioni intestinali. In- fatti il rapporto fra SO, preformato e accoppiato nella dieta mista da 1:9,5 —- 1:9,9 va ad 1:12,7 — 1:14,6; e nella dieta prevalentemente albuminoidea da 1:11,2 a 1:16,4; la quantità assoluta di acido solforico combinato diminuisce nelle urine delle 24 ore. Detta sostanza non fa diminuire le putrefazioni intestinali perchè dotata di proprietà antisettiche ed antiputride; ma solo perchè promuovendo la peristalsi inte- stinale fa espellere dal tubo gastro-enterico per le feci una quantità molto grande di germi in esso contenuti. Infatti mentre noi troviamo aumentare nei primi giorni del- l'assunzione del medicamento il rapporto fra SO, preformato e accoppiato, e questo in rapporto al numero delle scariche alvine; negli ultimi giorni, invece notiamo che que- sto rapporto in seguito alla diminuzione delle scariche va diminuendo. Il rapporto tra SO, combinato e preformato colla dieta ordinaria va da 1:10,5, sotto l’uso di 15 centgr. d’ estratto acq. d’ aloe a l:14 — 1:14,42; con dieta pre- valentemente albuminoidea, a 1:15,25. Usandone invece cinque centigr., con dieta al- buminoidea, le putrefazioni da 1:11,4 vanno a 1:13,8 e da 1:8,7 a 1:13,6 L’aloe agisce come purgante e non come disinfettante il canale digerente. può far diminuire leg- mi Anche il rabarbaro preso in infuso alla dose di 1-3 gr. germente i prodotti della putrefazione intestinale. L'assunzione della magnesia usta, pur non avendo azione sulla quantità dell’ acido solforico eliminato, fa leegermente aumentare il preformato e diminuire l accoppiato per cui il rapporto tra l'uno e l’altro da una media di 9,6 giunge ad una di 13,2 con un massimo di 15 (dieta ordinaria); e da una media di 15,1 giunge ad una media di 17,4 con un massimo di 24,2 (dieta ricca di azoto). La diminuzione del combi- nato e l’ aumento del rapporto è dovuto esclusivamente alle scariche diarroiche, poi- chè negli ultimi giorni dell’ esperienza essendosi 1’ intestino abituato allo stimolo del purgante, si ebbero scariche normali e contemporaneamente si vide 1’ acido solforico combinato e il rapporto avvicinarsi alle cifre ottenute colla stessa dieta senza ma- gnesia usta. — «Telo Si ACT RR PST RT a ad È cast Ada ile Da 4 n * >: ì i % "i e METE Lada Ò Ò oa are 4a ib rev ere bt EE ù dgrez; î Ti, du ,l Set. lE FEGERAMMOTROI Hi dI i, Po ita EL n Mpeg sbrgro) 1 viari. AN a nia iii init ite DE Diddy IC oe E : Hi" Uni) / LOOSE LTTUT RIA INT cià IU TE a . vl dpf vi valiobi a & Past a por so bei è Meral. Maira ri MIAO ST PA IT: un Ml ME YA dit. riale case pleno i OA Ci « sd (itpanifadVaLA, * ‘ Ù 5 L006I \ A é Zu (I 4; NOI ii TU) METTI PE dii : ARTI IMSA & rt Ca a ì Iyutitazti ; tifi SAVI geo riad » vIstife Tio E vd’ da PADGI TICA f | i dl riso ) fa H i FIORA 7,0 ton RI] si Ni uti n ortelaiartinali a lo, Ù tile Hel ss De È ' isa È. ct i “i bi cbr sce ELIOT agi 006 ALI pi uva ‘di "TERAPIA i i Mail Ì |irletoa tt (1) Ci I nai : vert Leda «tv AE AA MEA RR Ue : udito "Aree È hà I'RTTAO TR # 444 14 } a A E AI (* * DN stogeniizi “n x TAJ LE da = a - VAS) VI È Rod deri. topic j | Piet IPOTERMIA E FEBBRE IN RAPPORTO SPECIALMENTE ALLO STATO ANATOMICO ED ALLA FUNZIONALITÀ DEL FEGATO MEMORIA DEL PROF. FLORIANO BRAZZOLA (letta nella Sessione del 29 Maggio 1904) Il processo febbrile, mentre è uno degli argomenti più importanti della patologia, è anche uno dei più discussi e controversi, specie in alcuni punti. I patologi e clinici i più autorevoli oggi ammettono, che |’ elevazione della tempe- ratura non è che uno dei fenomeni del processo febbrile, che non si può identificare l ipertermia col processo febbrile, che 1’ altezza della temperatura non è e non può essere la misura della gravità della febbre; d’ altra parte si sa che malattie ordina- riamente febbrili possono decorrere senza febbre, — forme apiretiche della febbre — ed è pure noto che in diversi casi queste forme possono anche essere accompagnate da ipotermia. La febbre sostanzialmente è il risultato di una esaltazione, di un’ alterazione dei processi biochimici che danno luogo alla produzione del calore animale, ma noi non possiamo, non dobbiamo, considerare come sinonimi febbre ed innalzamento della temperatura, febbre ed ipertermia. L° ipertermia è I’ innalzameuto puro e semplice della temperatura, qualunque ne sia la causa ed è 1° unico fenomeno che osserviamo; nel processo febbrile invece è uno dei fenomeni, spesso può anche essere uno dei principali, ima non è costante e tanto meno è l’ espressione della gravità del processo. Nel processo febbrile noi ammettiamo sostanzialmente un’ esaltazione dei processi biochimici e quindi un’ aumentata produzione del calore animale, ma d’ altra parte dobbiamo tener molto calcolo d'altri fattori: della dispersione del calore animale, dello stato anatomico e funzionale di certi tessuti ed organi, specie del sistema nervoso, della maggiore o minore resistenza dell’ organismo, etc. Da qui le notevoli variazioni che si osservano nei processi febbrili, da qui i diversi tipi febbrili, da qui Serie VI. — Tomo I. Al — 320 — le febbri apiretiche, le ipotermie febbrili; l'erisipela apiretica è abbastanza frequente, il tifo e la polmonite accompagnati da abbassamento di temperatura non sono rari. L’ interpretazione di questi fatti, non ostante una serie di importantissimi lavori, (mi basti ricordare Chantemesse, Widal, Sanarelli, Metchnikoff, D'Ar- sonwal, Charrin, Rodet, Roux, e Roger) non è ancora del tutto chiarita, o per lo meno vi sono ancora delle lacune e controversie. Credetti perciò non del tutto inutile ritornare sull’ argomento. Io, prescindendo da alcune osservazioni cliniche, istitui delle ricerche sopratutto nelle infezioni sperimentali date dai microrganismi del gruppo coli e paracoli, dal bacillo di Eberth e paratifici, dal bacillo del balordone addominale e del tifo petec- chiale del cavallo, dal bacillo suipestifer, non che con piogeni, specie stafilococco dorato, col piocianeo, col bacillo del colera, con quello del carbonchio. Le ricerche furono istituite colle culture virulenti in massa, o con culture esal- tate, mediante passaggi in serie animali, o con culture attenuate col calore o con mezzi chimici, o coi prodotti tossici in genere — culture morte, culture filtrate, tossine, nucleoproteine, etc. Questi materiali e prodotti venivano adoperati a dosi variabili : piccolissime dosi, dosi medie, dosi minime mortali, forti dosi ed usando diverse vie, la sottocutanea, 0 la peritoneale, o la venosa. Degli animali mi servii a preferenza del coniglio e del cane, usufruii però anche del materiale di alcuni esperimenti istituiti per altri scopi, anche sul cavallo. Una serie di esperimenti poi venne fatta su animali con fegato normale, ed altri su animali con fegato leso o naturalmente o sperimentalmente mediante il fosforo, l° arsenico. Le mie prime osservazioni e ricerche risalgono al 1900, in occasione del lavoro fatto in unione al Prof. Gotti e Gherardini sul balordone addominale del cavallo. In questa forma infettiva il modo di comportarsi della temperatura è speciale e molto importante. Il fenomeno costante è l’ ipotermia; in alcuni casi, quando le forme sono lievi ed incominciano lentamente, si può avere dapprima un lieve innalzamento di temperatura a 39 e 39,5; nella maggioranza dei casi la temperatura rimane da principio nei limiti fisiologici (38-38,5). Appena però incominciano i fenomeni classici della forma morbosa, la temperatura si abbassa a 37-36 e l’ animale muore in colasso. L’ ipotermia si presenta più o meno presto e raggiunge limiti tanto più bassi quanto più grave è la malattia e tanto più è leso il fegato. Nelle forme leggiere, con lesioni intestinali poco manifeste, con fegato poco degenerato, con manifestazioni da parte del sistema nervoso poco esplicate, l ipotermia è preceduta di ipertermia, il grado di abbassamento della temperatura è limitato e quando Vl animale tende a guarire la temperatura aumenta. Quando invece le forme sono gravi, quando il fegato è profondamente degenerato, quando il sistema nervoso è molto interessato la temperatura si abbassa subito, rimane sempre bassa e può anzi raggiungere limiti molto bassi. Questa osservazione trova le più valide conferme nel campo sperimentale. Per dimostrare la specificità del microrganismo da noi isolato, e per studì di sieroterapia, vennero istituite una serie di ricerche sia sul cavallo e sull’ asino, sia sugli animali da esperimento - coniglio, cavia, cane. Queste ricerche furono ricchissime di insegnamenti. Riporto alcuni fatti principali. Ad una piccola cavalla vennero iniettati nella giugulare 60 cm? di cultura recente. La temperatura, che al momento dell’ esperimento era 38, andò lentamente abbassandosi, dopo 7 ore e }/, era 37,1 e l° animale morì dopo 12 ore dall’ innesto in un vero stato di colasso, temperatura 36. Ad un altro cavallo vennero somministrati per via orale dapprima 350 cm? di cultura recente, successivamente a distanza di 5, 1 e 4 giorni, altri 280, 210 e 350 cmì, complessivamente cm' 1592. Nelle prime prove la temperatura subì lievi aumenti, dopo l’ ultima ingestione tendette invece ad abbassare, andò a 37,2, per ritornare però dopo due giorni nei limiti normali e ’° animale si ristabilì. Un’ altra cavalla ricevette sempre per via orale, ad intervalli di qualche giorno, dapprima 1680 cm° di cultura (in dosi singole di cm? 280-320 380-400). In seguito a queste ingestioni si osservarono lievi aumenti di temperatura a 39-39,1. Lasciati tra- scorrere 11 giorni da questi primi esperimenti, si somministrarono in una sol volta altri 700 cm di cultura. Dopo 6 ore circa la temperatura era già notevolmente abbas- sata, 37°, dopo 11 ore l’abbassamento era più notevole 36.3, il giorno successivo era 36, e dopo circa 44 ore l’animale morì in un vero stato di colasso. Pure importantissime sono le variazioni di temperatura notate in un altro cavallo. Dapprima si somministrò un forte purgante drastico, poi dopo tre giorni 350 cm? di cultura per via orale. Dopo 2 ore circa la temperatura incominciò ad aumentare (38,8), dopo 9 ore sali a 39,6, successivamente tendette ad abbassare, dopo 24 ore era discesa a 37,2 e gradatamente l’ ipotermia andò aumentando e la morte avvenne dopo 36 ore, con temperatura ipotermica molto bassa. Questi stessi risultati si hanno colle culture filtrate attraverso candele Chamber- land. Gli effetti variano molto a seconda della dose della tossina usata; ad ogni modo però persiste sempre il fatto fondamentale per noi dell’ abbassamento della temperatura. Ad un cavallo furono iniettati dapprima 5 cm? di cultura filtrata nella giugulare. La temperatura prima dell’ operazione era 38. Dapprima per qualche ora si ha un lieve aumento fino a 38, 8, dopo 10-12 ore la temperatura discende a 37,4, il giorno successivo risale a 38,1 e l animale si ristabilisce. Ad un'altro cavallo si iniettarono nella trachea 65 cm? di tossina (cultura filtrata). La temperatura aumentò alquanto anche in questo caso, subito dopo l’ iniezione andò a 38,6 poi dopo 10-12 ore la temperatura si abbassò a 37,4 e a 37, per ritornare il giorno successivo nei limiti normali. Ad un’altro piccolo cavallo furono iniettati nella giugulare 80 cm? di cultura filtrata. La temperatnra al momento dell’ iniezione era 38,4. Dopo pochissimo tempo, mezz'ora — 322 o poco più, la temperatura era già notevolmente abbassata (37,2), l° abbassamento continuò e dopo 9-10 ore raggiunse i 36,4, con fenomeni generali molto gravi. Dopo 24 ore la temperatura andò rialzandosi e l° animale si ristabilì. Contemporaneamente a questi esperimenti sul cavallo vennero fatte molte altre ricerche sugli animali da laboratorio, (coniglio, cavia, cane); esperimenti che furono da me ripetuti negli anni successivi con culture più o meno wirulenti, con culture filtrate. Questi esperimenti furono fatti comparativamente con altri microrganismi, special- mente col bacterium coli, col bacillo di Eberth, col microrganismo del tifo petecchiale del cavallo, col bacillo suipestifer, con quello del carbonchio etc. Riferisco i risultati di alcuni di questi esperimenti, risultati i quali concordano perfettamente fra di loro. Col microrganismo del balordone addominale e colle sue tossine vennero fatte prove su conigli, cavie e cane. Con 5 cm? di cultura recente in brodo, iniettato nel cavo peritoneale del coniglio, gli animali manifestano forte ipotermia, ma non muoiono; la morte avviene con temperature ipotermiche con dosi maggiori 15 a 20 em. Con 5 cem' subito dopo 1 ora la temperatura tende ad abbassarsi, il massimo di abbassamento però si inizia dopo 4-5 ore, e rapidamente arriva a 38-37, e poi va mano mano risalendo e dopo alcuni giorni l’ animale si ristabilisce. Con dosi più forti l abbassamento avviene più rapidamente, raggiunge presto i 36° e l animale muore in coma e colasso. Gli stessi fatti avvengono nella cavia. Con 4 a 5 cm° nel cavo peritoneale si ha prestissimo un forte abbassamento di temperatura, fino ad arrivare al colasso. Il cane è maggiormente resistente. Sotto la pelle dosi di 12-25 cent. cubici non danno ipotermia. Con 15-20 cent. cubici nel cavo peritoneale si ha dapprima un lieve aumento della temperatura e successivamente un abbassamento, ma molto passeggiero. Gli stessi fatti si osservano coll’ iniezione intravenosa, fatta con dosi da 5 a 10 emì. Per avere ipotermie di qualche entità nel cane bisogna adoperare da 40 a 50 cent. cubi di cultura recente in peritoneo, e per avere la morte in colasso occorrono da 100 a 150 cm. Molto importanti invece sono gli esperimenti fatti sul cane a fegato leso col fosforo. Le dosi da 5 a 10 cm' nelle vene (a secondo della mole), e da 20 a 30 cm nel peritoneo, danno modificazioni importantissime nell’ andamento della temperatura. Ad un cane bracco del peso di K. 9, avvelenato cronicamente con fosforo, si iniettano nelle vene giugulari 5 cm5 di cultura recente. Temperatura al momento dell’ iniezione 37,4: dopo un’ ora la temperatura tende ad abbassare rapidamente, arriva a 36,3-35,8 e l animale muore dopo 11 ore in pieno coma e colasso. Altro piccolo cane volpino, pure cronicamente avvelenato con fosforo, riceve nella — d28 — giugulare 10 cent. di cultura filtrata. La temperatura si abbassa rapidamente; dopo 6 ore è a 36,1, e rimane sempre bassa per 6 o 7 ore, poi gradatamente si innalza di nuovo per raggiungere dopo 24 ore i limiti fisiologici e I° animale si ristabilisce. Un’ altra lunga serie di esperienze venne fatta col bacterium coli molto virulento e specialmente colle sue tossine. Mi servi più specialmente del coniglio ed usai a preferenza 1° iniezione intravenosa e peritoneale. Con piccolissime dosi, al massimo 1-2-5 goccie per iniezione endovenosa nella giu- lare si ha generalmente un aumento di temperatura. Con dosi un po’ più forti, incominciando da 1-2 cent. cubici, si ha invece un’ ipo- termia più o meno rapida e notevole a seconda della dose adoperata. Con 19 cent. cubici la temperatura subisce nelle prime 4 o 5 ore lievi oscillazioni (39,4-38,6-39 etc.) poi incomincia un rapido abbassamento ed in due o tre ore la temperatura raggiunge i 37 e 36. L'animale, se è un po’ grosso ed adulto, può ristabilirsi. ed allora la temperatura si innalza, altrimenti avviene la morte in ipotermia. Nel peritoneo avvengono gli stessi fatti: con piccolissime dosi si ha un’ innalza- mento di temperatura, con dosi medie si hanno ipotermie graduali e passaggiere, con dosi forti ipotermie rapide e che conducono irreparabilmente a morte. Provai anche in questa infezione |’ influenza dello stato del fegato. Ripetei innanzi tutto |’ esperimento comparativo, già fatto da altri, iniettando una stessa dose di tossina nella giugulare e nella porta. Le dosi moderatamente piccole (5-6 cm?) nella porta danno luogo ad un’ innalzamento di temperatura fino a 41' e più, mentre iniettato nella giugulare danno luogo ad una ipotermia rapida e mortale dopo 6-7 ore. Risultati, si può dire perfettamente corrispondenti, sì hanno col bacillo suipestifer, col bacillo di Eberth, coi paratifi ed in genere coi microrganismi del grande eruppo coli-Eberth. Sperimentai, come ho detto, anche coi piogeni, specie collo stafilococco dorato, sempre con risultati corrispondenti. Venne finalmente studiata | infiuenza dell’ organismo animale, l azione cioè di un determimato microrganismo e specialmente di determinate tossine su animali natural- mente od artificialmente resi immuni. Una parte degli esperimenti che riportai riguardo al bacillo del balordone addo- minale del cavallo, sono già molto istruttivi. Molto più importanti sono quelli che si ebbero in animali artificialmente immunizzati, sia durante il periodo di immunizzazione, sia ad immunizzazione completa. Quanto meno l’ animale è resistente, tanto più facilmente si ha 1° ipotermia. Dimo- strative al massimo grado sono le ricerche istituite col balordone addominale del ca- vallo e col bacterium coli. — 324 — Dapprima con dosi piccolissime non si hanno variazioni apprezzabili di temperatura, poi si hanno lievi aumenti, quindi leggiere ipotermie, poi nessuna variazione apprez- zabile della temperatura, anche con dosi fortissime, le quali in animali non immunizzati producono abbassamenti notevoli a 36 e morte. Le conclusioni cui arrivo sono le seguenti. aumento della temperatura febbrile — prescin- Rispetto alla questione generale dendo naturalmente dalle iportermie da influenza o lesioni del sistema nervoso, da eccesso di lavoro muscolare, dalla presenza nel sangue di detriti organici in genere, da autointossicazioni, da veleni chimici etc., e limitandomi alle forme infettive, io debbo ammettere che 1° aumento della temperatura è d’ origine tossica, come sono di origine tossica tutti gli altri fenomeni del processo febbrile. La teoria puramente corpuscolare, sostenuta anche recentemente da qualche autore è insufficiente. L’ altezza dell'aumento della temperatura, prescindendo dalla natura della causa pirogena, varia molto a seconda delle specie animali, delle condizioni dell’ animale e sovratutto varia a seconda della maggiore o minore ricettività, della quantità della causa, della via di infezione, dello stato anatomico e della funzionalità di alcuni parenchima ed organi, specie del fegato. Le febbri apiretiche, le ipotermie febbrili, mi si passi buona la parola, sono state diversamente spiegate: sono state invocate specialmente la vulnerabilità individuale, l influenza del sistema nervoso, le associazioni microbiche, l’ azione di speciali tossine ipotermizzanti, l’ influenza di certi parenchima etc. A questo proposito io devo ricon- fermare le vedute degli autori i quali ritengono che le febbri apiretiche o con ipotermie, sono | espressione della gravità dell’ infezione e dell’ abassamento dei mezzi di difesa da parte dell’ organismo animale. Entrano in campo specialmente la virulenza e tossicità dell’ agente specifico, in certe forme, speciali tossine ipotermizzanti, entra in campo la quantità della causa, la maggiore o minore resistenza congenita od acquisita dell’ organismo, lo stato di certi parenchima ed organi, sovratutto del fegato e del rene. L’ insufficenza epatica, in modo speciale, ha una grandissima importanza. Il lavoro del fegato ha una gran parte nella produzione del calore normale ed influisce grande- mente sul modo di comportarsi della temperatura nel processo febbrile. Quando il fegato e naturalmente o sperimentalmente leso, la temperatura si abbassa ed i processi febbrili decorrono 0 possono decorrere con apiressia o con ipotermia. OSSERVAZIONI METEOROLOGICHE CALERENDU ERRANTE E PANINO. 190S NELL'OSSERVATORIO DELLA R. UNIVERSITÀ DI BOLOGNA (! INCERNEO IA DEL PROF. MICHELE RAJNA E DEGLI ASTRONOMI AGGIUNTI R. PIRAZZOLI e A. MASINI (letta nella Sessione del 29 Maggio 1904) Metodo di osservazione Le osservazioni di cui qui si presentano i risultati sono quelle delle ore 9,5 e 21 di ciascun giorno, prescritte dal R. Ufficio centrale di Meteorologia e Geodinamica. Qui non si riportano, invece, i risultati dell’ altra osservazione che si fa ogni mattina alle ore 7 dal 1° aprile al 30 settembre e alle ore 8 dal 1° ottobre al 31 marzo, e che serve per il telesramma da spedirsi al predetto Ufficio. L'altezza barometrica fu letta sempre a un barometro Fortin, cui fu applicata la correzione costante + 0"" 46 determinata anni addietro per cura dell’ Ufficio cen- trale. Il pozzetto del barometro si trova a 83",8 di altitudine sul livello del mare (2). La temperatura dell’aria è stata sempre letta sul termometro asciutto del psicro- metro d° August, posto nella gabbia meteorica ; le temperature estreme furono lette su termometri a massima e a minima, collocati anche questi nella stessa gabbia, al nord e all’ ombra. La quantità delle precipitazioni si è ottenuta in millimetri di acqua mediante il pluviometro registratore di Fuess provvisto di un sistema di riscaldamento ad im- mersione per ottenere la fusione della neve. A questo sistema di riscaldamento è in- (1) Per deliberazione deli’ Accademia si pubblicheranno d’or innanzi nei volumi de’ suoi Atti le osservazioni meteorologiche fatte nell’ Osservatorio della R. Università di Bologna. Quelle dell’ annata 1903 furono eseguite dagli Astronomi aggiunti R. Pirazzoli e ing. C. Lunardi, quest’ ultimo fino al mese di luglio, epoca in cui dovette ritirarsi per ragioni di salute e fu sostituito dal dott. A. Masini. (2) Da misure dirette prese recentemente risulta che il pozzetto del barometro si trova per 28",76 più alto del caposaldo della livellazione di precisione situato alla base della torre dell’ Osservatorio, sulla facciata esposta a sud-ovest. Dietro cortese comunicazione dell’ Istituto geografico militare, tale capo- saldo ha la quota di 55",066 sopra il livello medio del mare a Genova. Quindi il pozzetto del baro- metro ha l'altitudine di 55", 07 + 28", 76 = 88”, 83. — Bpe nestato un termometro che permette di verificare che il liquido riscaldato non rag- giunga una temperatura troppo alta da alterare, per evaporazione, la quantità di acqua caduta. Il detto pluviometro è collocato sul punto più elevato della torre, a un'altezza di circa 50 metri sul suolo. La tensione del vapor acqueo e l umidità relativa sono state stabilite con un psi- crometro d’ August a ventilatore, del solito modello. L'apprezzamento della nebulosità è stato fatto stimando ad occhio in ciascuna os- servazione quanti decimi di cielo erano ricoperti dalle nubi. La provenienza del vento si è stabilita con la direzione della banderuola dell’ ane- moscopio all’ atto dell’osservazione. Per la velocità si è presa la media giornaliera dei chilometri indicati dall’’anemometro di Fuess a registrazione elettrica. L’ evaporazione dell’ acqua fu misurata ogni giorno alla sola osservazione delle ore 15 nell’ evaporimetro posto al nord e protetto dai raggi solari e dalle precipitazioni. Il pluviometro e l’anemometro di cui è fatto cenno furono collocati per cura del prof. Bernardo Dessau nel periodo 1900-1903 in cui egli resse interinalmente l'Osservatorio; a lui si deve pure la collocazione di tre strumenti registratori di Ri- chard, un barografo, un termografo e un igrografo i quali, oltre al servire di con- trollo alle osservazioni, dànno una registrazione continua dell’ andamento degli elementi meteorologici. Riassunto dei quadri mensili. Barometro. La massima pressione osservata fu di 772"", 9 alle ore 9 del giorno 19 febbraio, la minima di 730"",4 alle ore 21 del 29 ed alle 15 del.30 Novembre : sicchè | intera escursione barometrica è stata di 42"", 5. Si sono verificate altre oscillazioni secon- darie, fra le quali tiene il primo posto quella di 35"",6 in soli 5 giorni nel mese di novembre nel quale dalla pressione di 766", 0 del 24 si discese alla depressione di 730"", 4 del giorno 29. La pressione media generale è risultata di 755"", 0 che supera per più di 8"" la media delle due estreme registrate. Le medie mensili si sono allontanate di poco della media annua, se si vuol fare eccezione pei mesi di gennaio e febbraio, nei quali hanno dominato molto alte pres- sioni, e per il mese di aprile, che fu il più povero rispetto alle pressioni. Temperatura. La minima assoluta si ebbe nei giorni 18 e 23 gennaio e fu di — 5°, 2, la mas- sima nel giorno 10 agosto di 353°, 1. L'escursione termometrica dell’anno è risultata di soli 38°,93 e la media annua di 13°,5, quasi uguale alla media dei due estremi assoluti. Esaminando le medie mensili sì vede che la temperatura ha avuto un molto re 327 — golare andamento, senza oscillazioni troppo marcate ; in fatti dalla media di 2°,1 pel mese di gennaio la temperatura media mensile è andata gradatamente aumentando fino alla media massima di 24°, 5 pel mese di agosto, e poscia è ridiscesa quasi con la stessa regolarità. Così l inverno è riuscito relativamente mite e l’ estate abba- stanza temperata. Precipitazioni. La quantità totale di acqua caduta fu di mm. 547,9 in 96 giorni. Il mese più ricco per numero di giorni di pioggia e per quantità di acqua caduta fu dicembre, in cui si ebbero mm. 112,8 in 16 giorni distribuiti per tutto il mese. In gennaio e febbraio si ebbero pochissimi giorni e pochissima quantità di pioggia e corrispondentemente gli stessi mesi si segnalarono per le pressioni atmosferiche no- tevolmente elevate ; mentre in corrispondenza dei mesi più ricchi per numero di giorni piovosi, quali furono aprile, giugno e dicembre, troviamo anche le minori pressioni. Nel numero dei giorni di pioggia sono stati compresi anche quattro giorni con neve, e cioè il 14 gennaio, 17 aprile, 25 e 29 dicembre, neve in parte caduta mista a pioggia. L’ altezza totale della neve raggiunse appena i 10°", quantità questa assai meschina paragonata alle famose nevicate che si sono avute in Bologna in altri anni, sicchè pare quasi che il clima nostro mostri una certa tendenza a raddolcirsi, od al- meno attraversi ora w periodo, rispetto ai rigori del freddo, alquanto più temperato. Tensione del vapore acqueo. La media generale dell’ annata, dedotta dalle medie mensili, è riuscita di 8°", 2. Le medie mensili, eccezion fatta per una lieve oscillazione verificatasi in quella di ) 1 aprile, hanno seguito una curva molto regolare e incominciando dalla minima media 4"" 4 di gennaio, sono progressivamente salite sino alla media massima 11"", 9 di ? ©) ? ©) 5) agosto, e poscia colla stessa regolarità sono ridiscese fino a 5"", 7, media di dicem- bre; curva questa quasi parallela alla curva segnata dalle temperature medie mensili. Umidità relativa. L'umidità è stata alquanto abbondante, poichè la media annua è risultata di 67 centesimi. Il maggior contingente l hanno dato i mesi di dicembre, novembre, gen- naio e febbraio, che furono anche i mesi nei quali si ebbe maggior numero di giorni con nebbia, e dicembre si distinse anche per il gran numero di giorni di pioggia e per la quantità di acqua caduta. Nebulosità. Secondo le norme meteorologiche si considerano sereni quei giorni pei quali la somma della nebulosità delle tre osservazioni giornaliere è compresa fra 0 e 3; misti quando la detta somma varia da 4 a 26; coperti quando varia da 27 a 30. I giorni Serie VI. — Tomo I. 42 — 328 — dell’ annata in ordine alla nebulosità sono risultati così ripartiti : giorni sereni 122; misti 174; coperti 69. Il massimo del sereno si ebbe nel mese di agosto e fu di giorni 21; il minimo in dicembre, di giorni 2. Il mese più coperto fu dicembre che ebbe 22 giorni di cielo coperto; la nebulosità media dell’ intiero anno fu di 5. Provenienza e velocità dei venti. Il vento più dominante è stato quello di ovest, che fu osservato per 266 volte ; poi il sud-ovest, 224 volte; poi il nord-ovest, 207 volte; poi il sud-est, 129 volte. Le altre provenienze si registrarono assai più di rado, minore fra tutte quella di nord, che si osservò solo 21 volte. I venti di ovest e di nord-ovest hanno soffiato di preferenza nei mesi più freddi, mentre quelli di sud-ovest e di sud-est nei mesi più caldi. La velocità media gene- rale fu di 8 km. allora. Le medie mensili si sono allontanate di poco da questa media generale. Evaporazione. La totale quantità di acqua evaporata fu di mm. 1234,5; più che doppia della pioggia caduta. Questa differenza si può spiegare in parte se si considera che 1° eva- porimetro si trova in condizioni favorevoli all’ evaporazione, poichè è situato ad una altezza di ben 40 metri sul suolo e quindi più esposto all’ azione del vento; mentre il pluviometro, elevato di circa 50 metri sul suolo, non può dare indicazione di quella quantità non trascurabile di acqua formantesi nelle regioni sottostanti dell’ aria: chè se i due apparecchi fossero situati entrambi al livello del suolo, l’ evaporimetro darebbe una minore evaporazione e il pluviometro una maggior quantità di pioggia; cosicchè i due dati verrebbero ad avvicinarsi. Il mese di maggior evaporazione fu agosto, nel quale evaporarono mill. 238,1 di acqua ; corrispondentemente in questo mese, come abbiamo notato, si ebbe pure la media maggiore di calore dell’aria. ca | QUADRI NUMERICI — 330 — OSssERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL’ Osservatorio DELLA R. Unrversità pr BoLogna (alt. 83”, 8) E î ; CD) gra (2°) x («d] © GENNAIO 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale È DI Ù [= mi ou € A N“ o orma È Barometro ridotto a 0° C. Temperatura centigrada 235 delle ° — | eoE REA E | Media |9d 3 | precipitazioni .2 gh 15% 21° | Media] 9 15h 24% | Mass. | Min. |mass.min.|g = Si gm, 20 mm. nm. mm. mm. [0] (0) (0) (6) (0) (0) mmn. 1 | 748,6 | 750,6 | 753,6 | 750,9 4,0 ),0 3,4 6,1 2) 4,0 2 | 758,3 | 759,4| 759,7 | 7590] 21 4.6 2,8 5,0 1,4 2,8 3 | 760,3 | 760,2 | 761,1 | 760,5 1,9 4,6 3.1 5,0 1,4 2,9 4 | 760,6 | 759,3 | 759,8 | 759,9 3,0 6,3 4,5 6,6 209 4,1 DIOR INTONA MOTI 3,0 6,2 NA) 6,6 2,0 4,3 6] 759,0 | 758,6 | 759,0 | 758,9 4004) 6,0 5,0 6,6 34 4,8 | I Ss Ss 759084 58 7eli 341338 3,8 0 a 3,9 8 | 759,9 | 759.9 | 760,0 | 759,9 Au Re 4,4 1,9 34 4,2 9] 759,4 | 758,7 | 758,8 | 759,0 4,1 ID) 4,2 4,8 4,1 4,3 10 | 757,5 | 754,3 | 753,7 | 755,2 4,2 9,0 9,4 5, d 4,1 4,8 11 | 750,4 | 748,1 | 745,4 | 748,0 Dl ia 6,0 6) 5a 5,9 12 | 738,7 | 738,7 | 744,4 | 740,6 9,6 ia BIO AZIO 4,6 8,7 3,0 pioggia 13 | 747,7 | 748,3 | 749,8 | 748,6 7,0 S,5 4,8 9,9 4,8 6,5 VAS ZAA 5500 7592075504 1,0 al E 4,8 0,5 2,0 12,3 | pioggia e neve 15 | 763,9 | 763,6 | 764,5 | 764.0 1.9 | 26 0,2 2,9 0,2 15) Î Î 17 | 765,9! 766,0 | 766,7 766,2 |--2,0 0,0 | —1,0 02 |=%2 | = 19 16 | 768,9 | 768,7 | 769,7 | 769,1 1,8 0,6 1,8 0,4 Io ZO 18 | 770,8 | 770,1 | 770,0 | 770,3 [—4,6 nr 3,5 ,5 Go ESE: 19 | 768,8 | 767,9] 768,1 | 7683 ]—2,8 0,6 2,7 0,4 4,0 2,5 20 | 767,3 | 766,0 | 765,7 | 766,3 34 |[—14,4 po, To |A | DE 21 | 764,2 | 763,6 | 764,2 | 764,0 2,7 |—0,9 2,0 0,7 3,7 205 2201632 TON 61 6292 1,4 0,2 Qu5 0,2 [—2,5 | --1,6 23 | 761.0 | 759,7 | 759,6 | 760,4 |—-3,9 1,3 1,7 0,3 3,2 2,8 24 | 761,5 | 761,6 | 763,4 | 762,2 |—-0,6 1,4 1,9 1,9 |-2,5 (2 25 | 766,7 | 766,6 | 767,2 | 766,8 {—-0,8 Di De 2,4 |--0,8 0,4 26 | 768,6 | 768,4 768,4|768,5/ 142 38| 32 44 |—0,1 1,9 2760 | TGR rene veri casso 49 | 6,5 ,5 6°) 28 { 765,3 | 763,6 | 763,9] 764,3] 5,5 | 7,8 6,0 E ,6 5,9 29 | 766,0 | 766,3 | 767,8 | 766,7 SRI 209, 5,0 6,6 1.9 4,2 ’ ’ ’ ) ’ A) 30 | 768,4 | 767,7 | 767,7) 767,9 4,3 | 7,0 2,7 798, ho) 3,9 Ì 31 | 766,8 | 765.4 | 763,9 | 765,4 3,3 |—1,5 1,3 | 27 |—3,7|—-1,4 x Ì 761,2 | 760,7 | 761,3 | 764,1 1,5 o MN MEZ | 04 ZA 15,3 Altezza barometrica massima 770,8 g. 18 Temperatura massima 12,0 &. » » minima 738,7 » 12 » minima — 5,2 » » » media 764,1 » media ZA Nebbia nei giorni 1, 4, 5, 6, 7, 8,9, 10, IL, 13, 14, 15, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31. Brina nei giorni 2, 3, 30, 31. (ssERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL OsservatorIo DELLA R. Università pi BoLogna (alt. 83", 8) Lg ® g w GENNAIO 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale E Slc E o gS=l ceo "® EG È Su = [Tensione del vapore acqueo Umidità relativa Nebulosità relat. Provenienza sega S in millimetri in centesimi in decimi del vento Fic Se S È i ala Csi D 9QRO | 15 | 21 | Media | 9 | 45» | 24% | Media | 9% | 45h | 2h gn 15h QD |P le = 15455930 4,4 80 | 69 | 66 12 6 0 0 |NW| W |NW 6 LO ZL Z51| 0 DI dl | (02 68 0 0 O {NW/NW|NW 182 3 {44]|3,6|4,5 4,2 Sc op CS, 73 4 0 0 | NW ? W 5 5 4 {4,3| 5,2) 4,8 4,8 OI | O 75 2 5 0g WNW W 3 1,4 DILTGOIOZI Su S| 88 | 92 88 0 LOR RAV ENNVA EN 2 | 059 DRINONSA NONO Ros 6,0 95 | 92 | 87 92 O AO 0 ? ? ? 1 072 (az 858 5, $ Gi | OZ | 7 97 10 | 10 | 10 ? ? SE Ì 0,4 SUINONON NGN NONI 6,1 OS IT OT 07 10 | 10 | 10 ? W ? I 0,0 9. | 650.) 6,0] /6,2 6, 1 98 | 95 |L00 98 IO 10] 40 ? ? 0 0, 2 10) {{.9,8| 6,2.) 6,4 6, 1 CB) | 297 94 10 | 10 | 10 ? 10) NW 2 0,2 UNO MOSINI MONO 6,7 SD | 998 95 10. | 10 | 10 | W N | NW 5 0,3 IR 08 VERI 5, 6 SEZ M 65) 63 9 6 S|JSW | W | SW 17 0,8 13 | 47|45|5,4 4,9 63| 53 | 84 67 4 G| 10 { SW | SW | NW | 18 RAI 14] 48 |4,7]|46 4,7 9000 OLA MIO 94 10 | 10 | 10 | NW| W W 7 0, 6 15 { 4,6 | 44|41 4,4 SÙ | 70 | 87 S4 10 9 0 ? NW | W 1 0,0 10] ZO | LOS ATI 79 || | 4 63 0 IS) 0 {NW |W |NW 8 0, 6 IT ZI al 6S | 70 | 83 74 10 | 40 | 10 {NW | W W 6 0, 6 SR 2N2A RNS N2297 AO 69 | 70 | 75 TI 0 0 O| W |NWI|I w 5 0,6 19 | B95| BEI 210 09 | GS | 12 66 0 0 0 W |NW ? 4 0, 5 20 1 Za | e E CAI 63 | 68 | 78 70 0 0 0 | SW ? S 3 0,4 ZI ZO 2,9 | 0 2,18 6 SIN MOTAN NNO, 70 2 0 0 ? ? ? 2 0,5 2 DIL |] DE 3 Il DAI 12 73 10 4 9 W \V W 4 0,5 23 || DO 199 A 9, 84 | 78 7 80 10 | 10 | 10 ? ? W 2 0,4 24 {3,4 3,8 | 4,6 3,9 Ti | TA|8 79 10 | 10 6 | NW | NW | NW 5 0,4 29 | 33 | DI 39 3,4 77 | 66 | 68 70 0 0 0 {INW|NW| w 8 0,6 RONSON 3N5N N60 3,9 69 | 58 | 66 64 6 0 0 W W_ | SW 6 0,5 27 | 3,6 |3,7|46 4,0 OO 63 0 0 0|SW|SW | SE 7 1,3 281 446,1] 5,5 5,9 O | 78 | 70 74 0 0 0{|SW{|{SW| W 8 1,5 COSTO Ro 59 D, 4 9 | V| 4 84 0 0 0 | SE ? ? 3 0,9 30) |15,2 | 5,31 49 5, 1 S4 | 71 | 88 81 0 0 0|SW|NW ? 4 0,9 DI 9 OA 3,8 93 | 94 | 98 95 10 | 10 | 10 ? NW | SE 1 0,8 43 |44| 4,5 4,4 80 | 74 | SI 79 5 5 5 5) 0,7 Tens. vapor. acq. mass. 103 & 2 Proporzione Media nebulosità » » Di doni 22% DUI î È » » » media 4,4 dei venti nel mese relativa nel mese Umidità mass. 100 g. 9 i vimi sai o o N NE E SE SSW W NW lo declani » media 79 A 0 e AA RZ IZ 5 — 882 —- OSssERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL'OsservatoRIO DELLA R. Università DI BoLogna (alt. 83", 8) x ® 9 È ® S FEBBRAIO 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale |E © £ E CRIecrica Forma 23 - NÉ © d ba no mM è È CASSE Sg fai =) Barometro ridotto a 0° C. Temperatura centigrada ate delle = A cos È Media |9 2 £| precipitazioni gn Lol 2j% | Media gh 45h IE Mass. | Min. [mass min.|@'=.°® gno 2 /& © Se mm mm. min. mm. (0) (0) (0) (0) (0) [0] mm. 1| 760,2 | 756,4 | 751,8 | 756,1|—0,c 0,6 0,5 1,1 |-2,2 | — 0,2 20 7434 | 744,1 748,4 | 745,1] (0,9 3,0 29, 3 0,3 1,7 3,0 pioggia 3.1 753,6 | 7548 | 7594| 755,9] 28 6,4 4,0 6,6 1,5 3,7 4 | 763,9 | 764,4 | 764,9 | 764,4 1,8 5,6 34 5,6 34 ho 5 | 766,8 | 766,4 | 766,4 | 766,5 2,9 (na 4,6 6,7 PAN 4,2 6 | 765,5 | 763,6 | 763,9 | 764,3 3,6 TSO) 5,0 TS) 29) 1] 4,8 | 7) 765,7 | 765,7 | 767,1) 766,2) 3,6 7,5 5,2 7,9 2,7 4,9 8. 769,7 | 769,0 | 769,2 | 769,3 4,2 9,0 6,0 9,1 3 d 5,6 9 | 768,9 | 766,5 | 767,3 | 767,6 LOST MAR 2,9 7,4 12 3}; 10 | 769,6 | 770,5 770,8 1,8 7,4 5,0 7,6 1,1 3,9 MI 77400 | 7679 | TOSI 4,0 3,1 5,0 1,1 3.0 12 | 764,7 | 764,5 3 | 762,7 IRON] (MERE8 2,4 DER 0,8 1,9 =_= mie mi en n - | ‘ < » € » N 10 |76i28 7519087975) rit 40) 3,0 3,6 |=-0,2 1,9 14 | 758,3 | 756,40 754,8 | 7565] 26 2.8 2,0 3,8 2,0 2,6 5 | 750,8 | 749,3 | 749,8 | 750,0 0,3 2 2.6 BI 0,0 1,6 | 16..| 752,4 | 754,2 | 758,8 | 755,1 A Ce, ERO OA 1,2 938 I7 | 768,0 | 769,0 | 769,5 | 769,0|—0,4 | 4,2 UA 4,2 |—14,1 12 IS | 769,4 768,5 | 770,2 | 769,4 0,53 6,2 Bee 6,4 0,9 293 19} 772,9 | 772,0 | 774,9 | 772,3 2,6 8,6 6,4 8,7 0,4 4,5 20. | 769,8 | 767,7 | 768,9) 768,8) 6,4 | 130 8,6 | 13,4 4,6 83 21 | 769,4 | 767,2 | 766,2 | 767,6 80 | 15,8 | 14,8 | 15,9 6,3 10,5 | | 22 |-762,9 | 761,0! 761,4 | 761,8 || 12,0! 418.2 | 12,9% 18,5 9,5 13,2 923. | 760,4 | 757,6 | 757,2 || 758,4 Sal 1693 13,4 15,4 6,4 VIA 24 | 756,8 | 759,2 | 762,6 | 759,6. 10,20 | 4234 SAU MRIo2 SO LOI 5 | | 2501 765:2 64,8 #049 65:00] bll 072 TI 9,4 6,0 15 26 | 763,8 | 763,1 | 763,6 | 763,5 GO) 9,0 TE(0) 9,4 4,9 7,0 27 | 765,6 | 763,6 | 762,9 | 764,0 7,9 12,2 7,9 12,3 4,8 Qua 28 | 759,4 | 796,9 | 756,1 | Ue) ARR RAI? 8,3 13,3 4,2 8, 5 | | | | | | | | 763,1 | 762,2 | 762.6 | 762.6] 4,0 108 5,5 8,2 2,6 5,1 3,0 Ì | Altezza barometrica massima 772,9 g. 19 Temperatura massima 18,5 g. 22 » » minima 743,1 » 2 » minima —2,2 » | » » media 762,6 » media 5a Nebbia nei giorni 1, 2,8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 16, 22, 25, 26, 27. Brina nei giorni 1, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 17, 18, 19. OSSERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL'OsservarorIio DELLA R. Università DI BoLoana (alt. 83",8) 2 S $ FEBBRAIO 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale = [si DE = a FIG Es - |Tensione del vapore acqueo Umidità relativa Nebulosità relat. Provenienza ae E] E° S in millimetri in centesimi in decimi del vento Sa DS = [Sal a ©) ®© (°O/RE i || E || 98 || RIS | Medio || YE | 198 | Qi || Nico, [OR | IS Q05] 06 I | Qi a (AE CR, ZO 4,9 94 96 Uh) 96 10 10 10 ? NW 2 2 0,4 2/48|49|48 4,7 98 | S0 | 89 89 10 2 10 {NW | NW W 9 0,5 SN MASO oa 552 SH Al SOMZoR Mo 82 7 0 0. | NW | W ? 7 0,8 | «|41|49|45| 45 79 || 7 || #6 76 0 0 0 W \V 2 53 (Eee Ve Ze REG 69 0 0 DIN IANO w | ww 5 | 168 ZOO ea 4,9 1068 73 0 0 0 NW|NW| SW 6 1,4 7|46|54|5,4| 51 76 | 69 | SI 75 0 0 0] Sw [Nwl 3 | 0,8 8] 48] 5,9|5,9| 5,5 71 | 68 | 85 To 0 | 0 Swe 3 | 0,8 OMO | 2 35 84 | 85 | 95 88 0 DIO ? ? ? l (057 10} 4,8) 6,8 | 5,9) ‘5,8 93 | 89 | 90 9I 10 0 0 ? N | SW I | 0,6 gior org ie sari gta 798 98 10 | 10 | 10| \\ \V LO 12] 4,8] 9,4 | 5,9 DUO 96 | 97 |100 98 10. | 10. 10. | NW {NW ? 2 0,0 IRA CAOR Noto Ros DO Oa OTT OT 96 CO NEON NL, ? ? ? 0 0,1 1 OSE SOS E 3 [97 | 6 95 ORION 2 ? \\ l 032 15 | 01208) 5,0 94 | 90 | 96 93 JO AO 10. | /NW NW | SW 3 0, 1 IO ia ed 9, 0 S| 0 | 70 83 10 | 10 6 | SW | SW | SW 7) 0,3 7 30| rs 2a 6000) 65 O CON OT NGN naval SV TA Mor, ISO NA S24 ez 3,8 TO do 76 67 0 0 0 N W ? 8 187; 10 3O0|1SE | 453 3 DA LI 45 | 59 53 0 Q O{NWNW| W 3 1,6 20] 4,0 | 3,0] 4,4 4,0 59 31 DL 46 0 0 0 MW | NW W Do) De 2 | 9,0|45|44 4,6 6232 16 0 0 0 W._| NW | NW 6 3,0 22.140] 45. 6,2 4,9 dI (20 | 50 4Il 0 0 0 N | NW S 7 4,5 23/0969 6,8 To | 54 | 60 63 0 0 0 | NE | NE | NW 8 3,0 24 | 6:0 | 8,0.| 6,7 6,9 MaI | 9 7 0 8 | 10 Mu NE | SE 9 VOL DIGI 6,5 SAS 81 9 10 6 ? NW S 2 o 200/6928 Mesa NOS 6,5 89 79 | 86 85 10 9) 0 ? 19) SW Il 9 27 | 6,1 | 6,6 6,5 6,4 o N63 MS? 74 0 0 5 | SW |.SE | SE a) 0,8 28 ZON] 6, 3R| 70% 6,9 80) 9090 78 6 | 40 4 | SW | SW S 13 4 LO] Moda Mona 0, 80 | 70 | 80 TI L| 4 4 4 12 Tens. del vapor acq. mass. 7,4 g. 28 Proporzione Media nebulosità » » » po nia 0 10 ; È DD » » media 5,2 dei venti nel mese relativa nel mese Umidità mass. 100 g. 12 i imi e oo N NE E SE S SW W NW Tn dieci » media 77 O SONO 3 IRE o RS TRA ZOO 4 — 334 — OssERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL'OsservatorIo DELLA R. Università DI BoLogna (alt. Nebbia nei giorni 1, 2, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 19. 25, 27, 29, 30. Brina nei giorni 12, 15. — Temporale il giorno 31. 83, 8) ® D . D 5 MARZO 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale 505 E Cilea Forma CRE S Barometro ridotto a 0° C. Temperatura centigrada AES delle = ADE 22.0 E Media |'9 2 £| precipitazioni E gu No 24% | Media GR d5E 2A Mass. | Min. |mass min.|®"=.°° D | gno 20 ® mm. mm. mm. mul. (0) (0) (0) (0) (0) (0) mm. I | 756,1] 755,2 | 754,8 | 755,4 bs 9,4 5,6 9,7 AE 6,8 oli 75290 515075134 MOL 5,0 9,6 6,7 10,0 dl 6,4 34 740,8 | 739,0 | 741,8 | 740,5 8,7 7,4 6,9 9,9 | 52 7,6 10,0 pioggia Ì Il x | LA 4 95 55 MIDO Mez 8,6 1999 10,2 15,0 790) 161,05) 5 | 760,6 | 760,1 | 760,1 | 760,3 6,2 11,8 9,0 12, 4 3,6 7,8 6 | 758,9 | 755,8 | 750,7 | 756,6 Tae! 12,,8 8,0 RESO Zac [AO TO 55,00) 756,0 | 756,0 osi 4,5 3,0 8,5 2,0 DI 49,7 pioggia 8 | 755,0 754,9 | 754,6 3,9 6,4 4,7 7,4 2,8 4,7 0,7 pioggia 9 | 754,8 194,6 | 754,6 i] 5,6 4,8 6,5 ,4 4,7 af pioggia 10.| 754,6! 754,4 | 785,1 754,7 5,6 9,0 6,7 9,4 Cali a {1 | 756.7 | 7560 | 756,7 | 756,5) 5,3 9,6 SG IONE 3,1 6,0 RR UERRG] Seagal 2 | 756,1 4,0 5,6 | 6,4 900 24 | Da 4 | 3.| 756,7 | 756,14) 757,0 | 756,6 | 5,6 9,4 720 MOON ZA 6,9 I | 758,5 | 757,5 | 707,4 | 707,6 6,3 IERI ZO 11,5 3,9 i, 5 | 757,5) 755,8 | 755,5] 756,3 6,6 | 10,4 8,6 | 10.8 3,0 na9 16 | 752,5 | 754,5) 751,7 |75L9| 7,9 8,4 8,2 hO e 8,1 7,0 pioggia Aa 5 TR] 752464 5351 8, 9,1 9,6 9,6 7,9 S, 5 3,9 pioggia 18 | 756,6 | 756,0 | 756,4 | 756,3] 9,6 | 13,4 | 14,0 | 14,0 7,14 10,4 | | | | | | 19.| 760,8 | 761,8) 764,0) 762,2] 9,5 | 12;4 ORO IRA 9,0 10,1 0,9 pioggia 20 | 767,6 | 766,8 | 767, 4 | 767,3 GR MR0 92 12,6 6,5 | 9,4 24 | 768,9 | 767,4 | 767,3 | 767,7 VON RIZIOR N08 14.4 6,9 10,7 Ì u 22 | 767,3 | 765,8 | 765,7 | 766,3 12,0 LR 13595 d9 8,8 13,1 293 | 764,5 | 762,4 | 761,5 | 762,8] 13,4 | 18,0 | 14,4 | 18,6 | 10,0 14, 24 | 759,5 | 757,9 | 757,9 | 758,4 | 13,6 | 48,4 | 15,0 | 18,9 | 160 14,6 | | Il il il mi ) mr Î Lal ù » - 25 7 3), 8 798, | 159,0 S.0) 19, 6 12 16, b 5,0) 10, 4 26 | 758,8 | 757,5 1669) OE NEO RIG) 8 E 14,7 RIA T5 DAI ROIO] INS RAINON MATA 1592 18,0 9,4 13,4 | | Rae 759000 50 SS O MASTON 12520) MS 00 12,1 0,3 pioggia 2959 7599 5984 5968 AN 12,4 12,0 12,6 10,9 ASSI 0,5 pioggia 30 | 760,7 | 759,7 | 756,6 | 759,0 1,4 | 16,0 | 13,4 | 16,8 | 1053 SO 31 | 750,4 | 749,2. 752,9 | 750,8 | 43,8 | 44,0 COL deo 9, 6 12,1 2,9 pioggia RAR ento | eee ay 6,3 9,2 | 53.0 Altezza barometrica massima 768,5 g 24 Temperatura massima 1859 g. » » minima 739,0 » 3 » minima QUO NES » » media 757,0 » media 9,2 — SS) = OSssERVAZIONI METEOROLOGICHE rartte NELL Osservatorio peLLA R. Università pr BoLogna (alt. 83”, 8) (os) (cò) ° [a] | 8 MARZO 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale S sl 29 È Ce=tr MORO = FICaS + |Tensione del vapore acqueo Umidità relativa Nebulosità relat. Provenienza ‘82 | E E in millimetri in centesimi in decimi del vento og SO iS) 2 I” 3 coniee ssa || GS || I68 || Zia | Media (OS Ae | 2lsi Medio (| OB de Ig I | QUE |I_] ——-- EA | MET Dari L06502 6,7 U | TO 9 S9 10 4 S| NW | NW | SE 6 dA 2 E 00 628 GGa GA 86 lo RR RO wi SE 3MNOR2 IO 068 6,3 90) DI | 88 SI A IO | 40 S S_|NW] 13 1,5 4|54|43|41 4,6 65 | 36 | 44 48 0 0 O0{SWNWI| S 9 1,8 Diisis) Col 52 ee 38 (en 55 qu oa SE | SW 4 |(351 6140|40/|4,5 4,2 4 | 37 | 56 49 0 i O0|SW| W | SW 5) QU NA ZENIA ONOR 558. O) COM 93 SQ 9 10 10 {NW| W N IR 209) Sla o | Dalzey 83 | 76 | S6 s2 8 _| 10 | IO | NW | W ? 6 1,5 9|5,4|6,4|5,2 DI BO | GA I 88 10 | 10 4 |NW]| W 7 7 0,9 10. |/47| 3,949 4,5 69. | 46 | 67 0 6 0 | W N | SW 5) 2,1 IM IZ ZE NEO 9,0 69 SI 67 0 0 0 ? 2 SE 0) (9% 2 5:35 5,7 9,9 87 65 79 TI 0 Di) 4 Ù SE SE 6 1,3 [31 |0:6.|16, 2.952 9,3 CS. MI 69 70 5 4 0 | NW ? NW 2 1,0 dite e 5 e 8 8 a 64 0 08 or Rev ISEE USE 8 | 15 ORI RoN2A MGSI Er 632 Uh | 989 tO) 10. | 10 ? SW | SE 5) 1,6 16| 7,3 | $,0| 7,9 (EI 9 | 97 | 97 95 10 | 40 | 10 | NW ? SE 2 | 0,9 aiar seta 58 o Mogli Co3037 92 10 | 10 | (0 |NW| W | SE 5 | 0,1 Bio ||] 162 S4 | 58) || 75 10) O | 0 O0| W |NW| SE 5 | 1,6 197 260 2 S3 | 67 Cari 10 8 0 ? S SE 6 TI 20/6141 | 4147 9, 0 0739053 54 0 0 0 ? W | SW 4 1805) 2 L26060 4,9 44 | 39 | 62 48 0 0 0|SW| SE | SW CIMA 22 16,1 | 4,8. | 6,6 5,5 58 | 33 | 57 49 0 0 0 | W ? S 8 3A BIG 0 6,5 46, || 39 | (65 10 0 0 0| W SE | SE Di) 3,3 249 |05,6| 6,4 5, 6 42 | 35 | 50 42 0 0 0 | W ? S 63 25 |16,9 | (6,0. 7,7% 6,9 86 | 46 | 73 68 0 0 0 | NE D SE 6 3,5 | GO B2 78 | 34 | 81 64 0 4 4 ? S SE i) DOT RI MO MO RSSSR SI SR | 43 68 68 10 | 10 | 410 S W | SE 14 2,0 28 | 8,6 | 8,8] 9,3 8,9 OÙ | 19) 89 85 10 | 10 | 10| W ? N O 4 29) {94 10,0 | 19,4 9,6 % || 08/90 93 10 | 10 | 10 { NW| NW SW 2 |10,8 30 AS | 6 7,6 90 | 43 | 69 67 9 3 0] W 2 W 3 1;5 DI LOGO 192 OI | WI | 70 I SINO, 3 | SW|NW| W 12 [12,0 LIA 60) 62 75. 0] 75 70 5 5 4 6 1,9 Tens. del vapor. acq. mass 10,0 20) Proporzione Media nebulosità D » » min. 3,9 » 8 A : DD » » media 6,2 dei venti nel mese relativa nel mese Umidità mass. 97 g. 1,2, 16, 17 j vimi 5 Fini 83 3 IIS N NE E SE S SW W NW infdechmi » media 70 I AA, 99 841 d7 16 5) ri Serie VI. — Tomo I. 43 — 336 — (OSssERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL'OsservatorIo DELLA R. Università pi BoLogna (alt. 83", 8) (°] © 1 >) 2 APRILE 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale So7 E TESS Forma 1 i ee = Barometro ridotto a 0° C. Temperatura centigrada Sd: delle A A os E Media | Z| precipitazioni 2 gu 15° 21%" | Media] 15° 21" | Mass. | Min. [mass.min.|®'= Si gn 21n/f © mm. mm mm. mm. (0) (0) (0) (0) (0) (0) mm. (525564 25057515 GNOMI LOS] 6,6 10,2 21 748,9) | 74907 | 748,0 | 74812] 410,8 14,9 12,4 15,4 8,8 11,9 3 | 748,9 | 749,8 | 749,0 | 749,2 9,4 11,8 10,0 12,8 USE 10,0 | 4 | 756,9 | 755,7 | 755,0| 755,9] 9,5 | 13,8 | 10,7 | 14,0 7,4 10,4 0, 6 pioggia 5] 750,5 | 746,9 | 751,3 | 749,6] 11,8 | 16,4 | 40,4 | 47,6 | 8,2 120 44 pioggia 6 | 754,4 | 7544 | 755,8| 754,9] 10,0 | 13,6 | 10,2 | 140 | 6,6 10,2 7| 756,1 | 753,0 | 749,9 | 753,0] 11,0 | 14,7 12,2 | 45,3 6,5 11,3 | 8 | 742,2 | 741,8) 744,9 | 743,0] 11,2 | 8,1 6,0 | 14,4 6,0 9,4 AAA pioggia 9 | 745,2 | 745,2 | 747,6 | 746,0 Ti LA 8,4 LAST 9,0 8,3 5, 4 pioggia 10 | 749,7 | 749,9 | 750,9|750,2| 7,3 | 126] 96|4129| 47 8,6 0,9 pioggia 1A | 750,9 | 749,9 | 749,4 | 750,1 8,4 12,8 10,0 13,0 6,7 9,5 0,4 pioggia 42 | 746,1 | 743,8 | 744,2 | 744,7 | 13,6 9N60| A5(0) 2080 9,0 14,4 mim € mr vr Sr | Ac E Q pi ASA, AS ON] AZ A L638 A8TI 16,5 8,1 12,6 14 | 747,6 | 750,2 | 753,3 | 750,4 9,8 9,2 DI ASI (Cu 9,3 1,7 pioggia 15008 NO 55005691 9,4 12,4 TE MAZZI 6,3 9,0 | | 16 | 751,7 | 750,6 | 748,2 : 750,2 SAONNEAONO SAONA HR) 8,6 0,3 pioggia 17 | 741,3 | 742,8 | 746,8 | 743,6 7,0 O) 3,9 8,6 1,6 DIS 18,1 | pioggia e neve 18 | 749,3 | 749,5 | 751,9] 750,2] 65 | 9,8 7,0 | 40.4 3,5 6,8 0.1 pioggia Loro 29) 753590) 6388 175353 6,4 8,8 gal 9,5 3.6 6,7 20 | 753,2 | 752,3 | 752,9 | 702,6 859 41,8 Gio MU255 9, 4 8,9 2 | 752,3 | 750,2 | 749,6 | 750,7 9,8 13,3 SL EL 6,0 9,7 22 | 746,1 | 744,8 | 743,3 | 744,7 | 11,8 1892 14,0. || 14,2 TU 142: 0,9 pioggia 23 | 737,8 | 738,2 | 740,3 | 738,8 | 13,4 MOZIONI NSA NZZIONE 1950 0,2 pioggia QU [7422 | 74355 | 746,1 0743490] 4354 IoxZE | A2N6A6N6 ORI 12,9 | 25 | 747,5 | 748,2 | 749,9 | 748,5 14.0 16,4 IERI 16,8 10,2 13,3 26 | 749,5 | 747,3 | 747,3 | 74800) 10,5 | 15,0 | 12,4 | 15,3 | 6,5 11,2 2A ITA ICI TSO AT 33 GRIN] 1357 16,8 10, 7 13,6 28 | 749,9 | 7497 | 750,7 | 750,1 | 15,2 | 18,6 | 14,6 | 18,8 | 410,9 14,9 RINO RI o RON, 51 16, 6 19,4 16,2 20,2 12,2 16,3 30 | 750,9 | 750,7 | 750,8 | 750,8 16, 4 18,6 15,6 19.4 1392 16,2 | —_—— ————+—+—+—+—————==2=2—+e”m=—__—_—_-—._—_—___ "—_—_——!Éb_—_—_——-—- 749,2 | 748,7 | 749,4 | 749,1 NOS 13,6 10,7 14,6 7,4 10,9 43,9 Altezza barometrica massima 757,3 g 15 Temperatura massima 20, 2 PI 29 » » minima 737,8 » 23 » minima I o, » » media 749,1 » media 10,9 Nebbia nei giorni 2, 4, 13. Temporale il giorno 5. OssERVAZIONI METEOROLOGICHE ee FATTE NELL'OsservarorIio peLLA R. Università pi Borogna (alt. 83”, 8) E APRILE 1903 -- Tempo medio dell’ Europa centrale s 6 co 6 zi 66 È: BE Sa = |Tensione del vapore acqueo Umidità relativa Nebulosità relat. Provenienza a | E 5S in millimetri in centesimi in decimi del vento Sg) SO E 23E| So È Oh {5h 9h i h {5h 9h / ic h {5h 9h (0 c S î RA 5 b) 15 21 Media | 9 15 2A Media | 9 15 2A ch 15h db Pe MZ | E0 453 5,6 53 | 46 | 45 48 0 0 0 | NW ? SW 5 201 RRINZZION RO NZA 500, 4,5 47 DI DR 42 2 4 8 W ? SW 8 4,2 e e to ee so 85 78 10 | 10 6 | NE |NW| NE 6 | 25 4 ||| SOI 6,5 88 | 50 | 62 67 7 1 O, W |NW)|SW 3 20 DRS 6a e e 600 ao s2 lee 6.3 9Nisw | sE | sE | dl | 272 614,8|27)|49 4,1 D | 23 69 43 0 3 0 ? W SE 9 3,3 TA ROIO SSA Rol 4,8 dg | 30 | 50 44 0 D 0 | SE | NE | SW 8 4,01 SANONZIA A Mo 6,8 65. | 96 | 91 84 2 | 10 | (0 INW/NW|NW| 20 3,6 9 6,3 | 5,8. 5,4 5,8 81 | 60 | 65 69 10 4 7 | SE | SE SE 12 2,6 HORIRO NSA ZAN 579 5,4 76 | 42 | 66 61 8 0 O) SB | SW N 8 3,4 11 | 6,5|6,7|6,6 6, 6 0 00 72 70 10 8 4 N SE S 8 2, 6 255 | 266.50 5,7 QU | ZI | 56 43 0 0 Of W W S 16 5,0 13. 8,3 | 8,9 | 8,8 8,7 Tra OS 73 9 4 5 N SW | SE 13 DAR son ast i es OL Es 96 9I 10 | 10 | 10 | NW| SE |-SE 5 | 2,0 15 | 5,4|5,2|44 5,0 WI 78 55 55 0 0 0 N SE | SE 7 1,8 16 | 5,6| 6,7 | 6,8 6,4 66 | 69. 81 712 10 | 10 | 10 {NW} SE | SE 6 299 17 | 6,6|5,0| 5,2 5,6 3 | 95 | SE 89 10 | 10 | 10 N |\NW| N 17 ARCI 118 {1353.3039 3,4 0 | 2 44 3 4 | 10 {| NW | NW | NW| 13 3,9 O. DI IL 20 2,3 32 120 | 8 30 0 3 0 W W_ | SW | 16 9,8 20122290405 92 2 | 28 || 51 35 6 0 o | W ? SE 13 4,8 20 | 5,8 48 6,2 5, 6 64 4270 59 9 8_| 10 ? E SE s 3, I 2|75|80/92| 82 |72|71| o 79 IN AMORI ZIONI SEI MICI SE 8 | 2,6 23) | 197,2 || 15,,8)|5,,6 6,9 80 | 45 | 54 60 10 2 1 | SE | SW | SE 22 1,5 24 (5,6 |3,4|4,9 4,6 DO) 25 | 40 40 2 4 9 S SW | SW | 22 4,9 2 8 |4586| Gad 5, 6 do) | o 6 4T 4 5 3 | SE | NW| SE 2 4,1 PORNO Nos Mono 6,1 74 | 4A | 61 59 1 4 6 | NW | SE | SW | 10 2,5 27 | 6,0, | 5,3. | 6,7 6,0 2 | 97 | 67 49 I 8 2 | NW ? SW 4 4,5 28 | 6,4|6,7|76 6,9 LOR NZ MG? 51 1 4 O0{SW| E SW 18 3,8 291 659] 5,2 | 6,7 6,3 LO | I | 49 43 I 8 9|{NW| W W 26 DST OZ IO 8,4 59) 47 75 59 0 9 8 W SW | SE 17 4,7 6,0 | 5,5 | 6,2 DO 62 | 48 | 65 58 5 Do 12 3,4 | Tens. del vapor. acq. mass. 9,9 g. 30 Proporzione Media nebulosità » » » » min. 1,6» 19 3 : dd » » media 5,9 dei venti nel mese relativa nel mese Umidità - 96 e. 8 e Id : on gg I N NE E SE S SW W NW fu decina » media 58 0 9 2 2 3 16 MI 16 5 = Doo = OssERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL'OsservatorIo DELLA R. Università DI BoLogna (alt. 83”, 8) -1 ut o) 00 = Dun 1} Roo I) ui = to (<=) Se IZZO RARE 31,9: (Si Altezza barometrica massima 761,7 g. Temperatura massima 2 » » minima 743,5 » » minima 1 » » media 752,9 » media I tor 6,9 g. 23 4, 7, ) 4 Nebbia nei giorni 4, 7, 21. Temporale il giorno 14. i Cale DD . Cc do MAGGIO 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale Sos E men Forma (cd) = 3 1 Cee 3 Barometro ridotto a 0° G. Temperatura centigrada AS delle E | Media 5 ZE precipitazioni E gh 151 24% | Media Gli 15h 2A Mass. | Min. |mass min.|@ = °° È eZ (Pa mm. | mm. mm. mm. (0) (0) (0) (0) | (0) (0) mm. il L S A | 5 1 | 749,2 | 748,2 | 748,2 | 748,5 | 17,0 21,0 16,5 22 14,4 1733 N96 2 | 745,3 | 74355 | 743,4 | MASS] AO | 1620] 13,4 16,5 13,0 14,2 5,4 pioggia 3 1 748,0] 747,8 | 748,2) 748,0] 15,0. | 47,6 | 15,6 | 18,5 | 017) 15,2 0,1 pioggia 4 | 746,4 | 745,2 | 743,8 | 745,0] 17,8 18,8 16,3 20,4 13,1 16,9 ; Sb 5 | 746,0 | 747,6 | 750,4 748,0 17,0 20,4 17,0 212 SI 16,7 ),0 pioggia 60175304 SZ 281 NOZIONI AZ 20,0 16,2 20,3 12,8 16, 6 | ETA MANTO MoLIS IERR 18,6 16,2 19,0 12,3 15.7 1,8 pioggia 8 | 748,4 | 746.6 | 747.9 | 747,6] 16,8 19,0 14,4 19,4 13,6 16, 1 6,9 pioggia gii voro (175202) 75217 |wz6zj0.]i 18,2 || 240) 464] 24,2 \wdg;se) | 473 | LO | 751,3 | 751,0 | 752,6 | 751,6 18,2 18,2 15,0 18,8 1206, 16,2 1,6 pioggia WIR IG5 34 SA |7b2:(61 | Mb2AS 652 19,9 ZIE 13,2 16, $ 12. | 7524 | 750,4 | 749,3 | 750,7 | 13,5 | 16,2 13,6 eZ 13,4 14,4 Il | | 13 | 749,9 | 750,0 | 752,0 | 750,6 ; TA 18,4 16,1 18,6 11,7 oa 7 L 14 | 756,0 | 757,9 | 760,8 | 758, 2 16,3 16,0 13,8 17,8 12, d ASA 8, 0 pioggia 15 | 761,7 | 760,4 | 759,5 | 760.5 | 13 5 15.6 12,6 17,0 oO 13357 2,9 pioggia | | | 1697596 SS 970 OS] 59 SON AT NAIoR Mu2 208 11,6 16,2 VIS e RADIO 18,9 212 16,5 21,8 14,7 18,0 SRG RA 6a RIA | 19N9 2077 RA ZIE 115,5 18,6 19075926) MIZAR, 284 17,0 20,4 17,0 20,9 15,1 ILA 20 | 7548 | 754,9 | 756,3 | 755,3] 16,4 | 20,2 | 17,0 | 20,6 | 13,8 17.0 ZIO L759r2 759210) 76054 15905 ATI 24,8 19,9 2909 14,8 18,7 22 | 761.2 | 760,2 | 759,6 | 760,3 || 19,9 24,2 | 20,4 24,6 15,5 20, 1 2975990) || 50756, 576 2400 IO 2350 26,9 473 224 24 | 75804 | 756,9 | 757,6 | 757,5] 21,2 | 24,2 | 184 | 242 | 17,2] 20,2 RE pago OSssERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL'OsservarorIo DELLA R. Università DI BoLogna (alt. 83", 8) € MAGGIO 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale 5 Slo si PS INSS < |Tensione del vapore acqueo Umidità relativa Nebulosità relat. Provenienza È ej 2 S in millimetri in centesimi in decimi del vento sare SE Ri SSL | 9h | 15h | 21) Media | gh | 15m | et | media | gn | is [af gn | as | onf |R° TE (0) Gee Gi SAI n n O IS ESA ESE e N 2 {10,8 {11,0 [10,7 | 10,8 O O 98 92 OR ON O SE D SE 18 |A SIMONA MON28 055 9, 6 14 | 64 | 78 ti Ss 3 6 E ? SE 3 5% AES TAZZA IST 79) 59 | 40 | 50 53 2 9 Can ES N ASIA 23 3,4 1) SI RAZZA MIO) oa 56 | 36 18 47 4 2 0. | SW | SW | SW 9 4,5 O MSA NE 082 999 78 54 | 67 66 0 10 O) ? NE SW 9 48 7 {10,9 [10,2 [11,4 | 10,8 S9, | 56, | 83 To 10 9 2 | NE | NE | SW 4 RAI Sai 81] 1958 Sì 82 49 | S0 70 5 9 0 NE ? SW 5) 1,6 OBIRIIONI KES6NI N63 6, 6 LI 41 0 2 0 { SW | SW | SW 22 4,7 10] 50 | 6,7|7,4 T,4 52 | 43) | 58 5I 9 5 I? | SW | SW | SW 18 4,2 AMeiMo:2A 6:07 6x7 6,9 45 | 36 45 12 4 ) 9 | SW W SW 16 4,5 MR N19: 10111972. 03 9,5 78 | 67 | $9 78 10 ONIONS E 3 9 3,8 NI S2A TO MONO 853 62 | 48) || 66 59 4 9 | LO | SW|SW| W 2 2 14 | 8.1|S6|91| 8,6 59 | 63. | 78 67 4 7 8 | SW| sw ? Ad UE 15 { 9,3 | 6,8 | $,6 DR SANI UR ZO 70 i || 40 2 | NW | NW | Sw 3 202 Aa SSOR ion SOR ASSI 600 07438) GL 55) 0 4 0 | W W_| SW 10 3,6 eri RONSA MG5R ASL 8,1 60 | 35 | 58 ol 0 9 8_| SW | SW | SW | 29 4,5 18 {6,5 | 5,4|8,4 6,8 97 | 30) | 56 4l 0 9 4 | SW|NW| SM 14 6, 8 LOR ISSt ASA A9N0 O) DO | 43 | 69 96 0 1 0 W ? SE 6 TOO) ZU RSN ON3A INS 99 TI | 63 | 68 66 3 0 0 | NW | NE | SE Il 40 21 |668 | 07 UG 9,3 59 | 40 | 66 5O) 0 0 0 | W SE ? 4 5, 1 2210; 6) 7,4 (14,0 9,7 6.133 Mo? DR 0 () 0 ? SE | SE 8 4,9 23 {10,2 [100,7 (112,0) | 14,0 99 | 44 | 57 DE 0 0 0 | NW|NW| SW 3 9,8 24 [10,7 |10,6 | 8,6 | 10,0 OI AT M56 53 2 0 | NE ? NE 10 4,7 29 |IM,9 (19,0 (11,6 | 12,2 28 oo N05 64 0 3 2 |{NW| NE | NW 5 4,9 261 LOR SRO 957 9,9 64 | 38 | 65 56 0 0 6 | NE | NE | SE 1 DAR ZI NO 0 MEI I05) TI 68 1000 RON ISER SE ? 10 9,9 26) [IDA eZ LO o 69 | 43. | 54 55 0 l 0 {NW | NW 2 si 3,8 2) HGO | 89 OA 9,9 61 | 39 | 59 o 0 1 0 | NW NE | SE 4 6,0 30, 11,0.) 9,3 [10,9 | 10,4 63. | 46 | 65 58 0 dl 0 | NE | NE | SE 5) 4,6 SASA MAO 250) 253 82 [62176 73 8 9 8 | NE|SW| SE D) 4,1 CO Aa 65 | 48 | 66 59 3 5) 4 10 4,2 Tens. vapor. acq mass. 13,2 g. 31 Proporzione Media nebulosità » » » min. DÌ lo o Ul F f » » » media 9,2 dei venti nel mese relativa nel mese Umidità mass. 93 g. 2 i imi n Lia N NE E SE S SW W NW IOCCII » media 59 O dA 3 d6 0 Sg Mi 4 Serie VI. Tomo I. Ss FATTE NELL OsservatorIo peLLA R. Università pi BoLogna 8400 OssERVAZIONI METEOROLOGICHE (alt. 831, 8) 3 D) ed) E ® 5 GIUGNO 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale Sos = eni mi du HOPLME E N“o orma $ Barometro ridotto a 0° C. Temperatura centigrada ni je delle ° . A E | Media |'9 precipitazioni 19 gh Î5b 2h Media gh 15° al Mess. | Min. |mass min.| £ | o gh 21° Rx mul min mu. mm. (0) (0) (0) (0) (0) | (0) mm. | 1 | 750,8 | 750,5. 751,3 | 750,9] 18,8 | 22,0 | 18,8 18,8 2,7 pioggia 2 TO 2 DOS 0A TONI MONA 20,0 18,6 19,4 4,0 pioggia 3 | 7482 | 747,0 | 746,8 | 747,3] 18,9 | 20,3 | 18,3 18/5 a pioggia 4 | 748,7 | 748,4 | 750,9 749,3] 17,5 | 204) 174) 29,0 | 14,0] 47,7 |ah,7 pioggia 5 || 75959. | 7042 | 755, 4| 7543! 10652 106 20,3 15.2 17,3 4,3 pioggia GA|5 5824 ZAR] 3 9SO TSO OT 2228 205 82350 e de 7 | 753,0] 749,9 | 748,8 | 750,6 19,0 ZAN 18,3 ROSI 15,6 18,5 . 8 | 749,6 | 750,2 | 752,5 | 750,8 15,5 boo 15,9 18,3 14,2 16,0 22.9 pioggia 9 | 753,1 | 752,3 | 752,4| 752,6] 17,6 | 19, im:0 | 498 Ran Rana 5,3 pioggia 10 | 750,8 | 750,3 | 750,7 | 750,6 | 15,6 18,2 od 18,8 SON 16,3 1.5 pioggia 11 | 754,0 | 750,5 | 750,9 | 750,8] 199 | 22,4 | 18,5 | 23,1 1,5 19,0 10 pioggia 12 | 750,2 | 750,2 | 751,3 | 750,6] 190 | 224 | 18,4 | 23,8 5,8 | 19,0 13 | 750,7 | 748,8 | 749,3 | 749,6] 18,8 | 21,8 | 18,7 | 22,4 5% 18,9 14 | 748,0 | 747,2 | 748,0 | 747,7 15,7 1952 16,0 20 d, 2 17,7 0.5 pioggia (5 | 74910 | 749,0 | 749,6 | 749,2] 494 | 2,4 | 18,2 | 21,6 dA | GRES {6875124 5138 9228 TRON A0No 22,8 19,3 23,6 16,7 19,8 Ira 753810 8752400 524087525 18,7 22? 19,4 22,6 6) 19,0 18 | 752,6 | 751,3 | 750,9| 75,6] 192 | 23,4 | 2441 | 244 | 15,8) 20,1 191 750,7 | 750,0 | 749,4 | 750,0 | 20,3 17,9 15,9 ZI 15,9 18,3 akil pioggia 20 | 750,2 | 749,4 | 749,7 | 7498 | 17,5 | s21 | 18,8 | 22,5 | 146 18,4 1.7 pioggia 21 | 749,4 | 749,6 | 750,0 | 749,7 | 19,3 | 16,7 | 18,4 | 24,2 | 15,7 18,7 | 18,5 pioggia 0 I o O RCA CR O 18,0 7,8 pioggia 2 TOSCA 1530902875397 Aran UL 21,1 22,4 16,9 19.2 REA MY, | 703,9 | BN IO. 24,3 200 24,9 16,6 2 200 540 SSA 55 0A ore 223008 2500) 22 2506 19,6 2295 26 | 756,9 | 756,3 | 756,7 | 756,6 Q295) 26,2 24,7 26,8 16,9 22,7 RIA Ton Ro 01 oO TO 07918 23 MOT 24,8 27,4 17, 23,8 28 [ING | 156,9) M766, 6 TA 24,0 26,8 23,8 DIA 19,3 23,0 29 | 757,2 | 755/5| 7554/7560] 24,0 | 27,8 | 26.0 | 28,5 | 197 24, 6 30 | 756,6 | 756,1 | 755,0 | 705,9] 25,0 | 23.4 | 22,6 | 27,3 | 20,4 23.8 75 pioggia | | | | 752,4 | 754,7 759,4] 7520] 19,5] 21,8 | 196 | 22,9 | 16,1 19,5 | 95,6 | lira ni i eli scs al n oriOu_Ì) TL er ci ei i Altezza barometrica massima 757,7 e. 28 Temperatura massima 28,5 g. 29 » » minima 746,8 » 3 » minima 13,7 » 10 » » media 752,0 » media 1905 Temporale nei giorni 1, 2, 4 (due volte), 7, 9, 21, 30 OssERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL'OsservatorIo DELLA R. UxniversITÀ DI — 41 Bon oGNA (alt. 83",8) n n o $ GIUGNO 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale S| 2 s =j 36° È |Tensione del vapore acqueo Umidità relativa Nebulosità relat. Provenienza gl £ 2 in millimetri in centesimi in decimi del vento da 2 3 : i o SIZE S| I 2 ida | Oh MT 25) Med Ode ZI oo 15° E IIS MRS | UL9S S2 | SL | 86 $3 Ze LO) LO RAV SET AO RS PIERA MIE 1353 7060 | 76 | 88 SU 0. | 10) | 0) SMI SW 3 [14,2 [14,8 [14,6 | 14,5 S7 | 83 | 93 88 10. | 40 10. | NW | NE 4 {1,8 [1250/1353 | 12,4 di) 00 78 2 Td | 10 SE | NM 5 {12,8 [10,8 (10,5 | 16,4 Qi | 0 76 Lor 6 0 {NW| SW 6.{10;5 | 7,896) 93 |:62| 39 | 54 52 QU OTO) SE 7 03 LO (Ig 2 iS ROLL MAO 67 4 Q | 10 | NE | NE Ses NSA IRASA MAZN5 9 00 OA NO gl lo | 10 | 10 E SE 9 [12,9 |12,8 (1L,4 | 12,4 86 | 78 | 80 SI 10 | 10 7 E NE LORA NA ARS 129 12% 91 Sg | 85 86 oi S 6 | NW | SW IL {10,3 |10,5 | 8,8 9,9 CO 56 3 3 0 | SW W TRANS RO URRA TOR OZ ZA 61 0 oa SLOS IS VV NV 13 10,7 | 9,1 10,6 || do, 1 66 | 47 | 66 60 0 8 10 | SW | SW 14 (11,0 | 9,0 |10,2| 40/1 69 | 55 | 75 66 i | 10 5INW w 5) | EHE MERS ESS 9,0 60 | 46 | 53 53 2 $ 0 | SW | SW 10] 86 | Eolie 92 | 47 46 2 7 4 | SW SW I) RES NEZON MSRION RNSISO) SS SZON 5 50 0 7 6|INWI. S IS 9 | 9 60 8,8 50 | 37 | 50 48 0 4 6 | SW | SW 19) || 2 e RR IO d? 76 | 90 73 9 10 10 | SW | NW 20) [8 (Ro, 12,4 122 TO | GI | 73 8 8 4 \N W ZAN IA SZLON9 Di 3 | 006 79 7 9 9, | SW | NW 22 ML IR (00.18 SON IIC MICH Ur 10 $ 8 {NW SW 23 [10,6 (10,2 (10,1 | 10,3 73 54 | 54 6 7 TI 0 W SW 24 {10,5 [10,0 |13,7-| 4L 4 O7T.| 44 | 69 DI 0 0 2 E NE 250 N29 10) 52,7 | A2:0 64 | 44 | 63 DI 3 ) 0 | SE | NE 9 4,6 O ZI NERO US 60). 37 | 54 90 2 0 0 | SE | SE bi) 6,0 RAR ONOR OA L35005 COR MS 59 48 0 0 0 | NW |.NW SIR CONI 28 [11,9 | 9,5-/10,9 | 10,8 93130, | 150 46 0 0 0 | SE | SE 10 {7,0 29, [13,,0, [14,6 (14,4 | 13,0 98 42 | 58 53 0 0 0 {NW SW 3 5,8 30 II ot 8. 19,2 D4 | 73 | 84 70 0 || 10 8 19) W 8 | 6,8 RCA COCA (IVA RZ 68. | 59 | 69 65 4 | 6 d QTA [N39 | 5 Tens. del vapor acq mass. 17,2 g. 30 Proporzione Media nebulosità » » » Di ina MOSTO ; È » » » » media 11,4 dei venti nel mese relativa nel mese Umidità mass. 95 g. 21 in decimi Se i og N NE E SE S SW W Nw in decimi » media 65 i 0 4 did 30 10.015 5) = OSSERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL'OsservarorIo DELLA R. Università pi BoLogna (alt. 83”, 8) ® (cò) * s (eb) È © LUGLIO 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale 25 E mala Forma Fi 7 VEE = G ; dz È Barometro ridotto a 0° C. Temperatura centigrada Dias delle = | 05 + 201 POOR E Media |'© 3 Z| precipitazioni 2 gn 15% 24h | Media {_ 9 | 45% %h | Mass. | Min. [mass minf®'=.° w | 9|h © | ae 3 mul. mm. nm, mm. (0) (0) (0) (0) (0) (0) mm. TOA |-St6.| 758,4 |vszina] 20,7) 124,50 |-28,7 | 125,3 | doo (| 29,2 2,6 pioggia 2 | 7595. | 7676] 708,1 | o8t 23, 6 26,1 ROSI) 26, 4 1952 23,2 3 MS 4 STR NIS6: bor 24042730] 2979) |R873 ZON 24,6 4 | 756,4 | 755,1 NOS TA IM 200029598 1626,:570 M30NS 2258 26,5 5 | 756,4 | 754,4 754,8 29, D. 299 26,0 28,4 21,4 29,9 6| 753,1 | 750,8 TOA | 25,6 28,0 24,0 30,0 ZA 25, 4 TOA 0 TA ONT ASA 22220008 NA aS AZZ O ML698 20,0 1052 pioggia 8 | 751.9 | 750,8 | 751,6] 754,4| 20,0 | 234 | 24,4 | 23,6 | 15,7 20,2 IRR ES e Ue RO es DAL MERA 14,6 19, 6 TON 7046 740 e 7430 2019 25,5 22,8 26,2 17,6 7A MURS RA 5A oo 21,4 20,9 25,4 28,3 18,9 2A) 28 AT A 29 5167 AVA 2824 200) QST ZON RIZAETZ 25,3 13 | 750,7 700,5] 24,6 | 28,4 | 24,6 | 2854 20,7 24, 6 VA RT5282 MOLIN 2390 25 022) LO 21340 23, 4 5,2 pioggia 15 | 756,3 TOTO ZI 2608 23587 2652 18, l 22, 4 16} 755,5 | 754,1 753,4| 7543] 24,9 | 27,5 | 24,6 | 27,9 | 20,6] 24,5 7| 754,5 | 755,0) 750,2 | 750,9] 25,0 | 3L1 | 27,8 | 314,5 | 21,7 26,5 CATO. RA 1A TS 2 TZ RZ 27 2A 2307 27,8 ( ne Q mr Loi 7 olio 909 9 90 n DI, % | OR e 19) 52:80 | 701 602761] 25,58 29,2 26, 6 29,4 24,4 26, 6 200075330 TER 09828 TO 2A 20008 2000 25908 00268250 26,6 DIM 251 RTORN7A N64 ORRORI RIA 2401 293100 2640 E 2:1082 2392 22 | 750,6 | 704,2 | 754,1 Dlzzoni ION 24737280 242 2500/0888 (0702528 0493 ANNO ZA RRI 28098 | 20510 2893 2005 24,7 24 | 7496 | 749,3 | 751,0 DI | 24660) o4928 257 25 A 23,9 0,3 pioggia | 25. | 792,8 190) 69920] S2508 2668 2206 2 AZIO 23001 26 | 754,3 orata os 482390 27,9 20, 4 28,0 20, 5 24,2 27 | 752,2 754,5 | 753,4] 22,6 | 20,6 | 196 | 25,4 | 19,2) 24,7 28 | 755,2 | 754,4) 754,2| 7546] 20,4 | 25,3 | 29,7 | 26,1 | 17,7 22,0 29 | 759,4 754,9 | 754,7 | 752,3 | 24,7 | 29,6 | 25,6 | 29,9 | 20,4 25,2 3.00 10750N88 7504075038 05055 24,9 27,8 25,6 29,0 23,3 DAS] i) L) ’ ) o) ) | RADON AA ro ASTA {2298 2 008 27 26608 024547 232 | 753,7 753,3 | 23,4 Altezza barometrica massima 759,5 g 2 Teniperatura massima 32,4 g. 18 Es ESTA L a ES px le) » » minima 746,9 » 7 » minima 14,6 » 9 » » media 753,3 » media 23,9 Temporale nei giorni 7, 14 (due volte), 19. — Slo, OssERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL OsservatoRIO DELLA R. Università DI BoLoona (alt. 837,8) E 9 E sE] 5 LUGLIO 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale SMESSO fsi dQe=l 2 5 E CoilioiS = eteiis $ |Tensione del vapore acqueo Umidità relativa Nebulosità relat. Provenienza 2 8 £ ù E in millimetri in centesimi in decimi del vento î8 S So s GEE OT MIRA ZIE Media MOLA ME | QI Mecha, | OI [USA | Qi 9a dd | 2h 2 al "i I [14,0 |16,0 |14, 14,9 TU | MO 08 TR 9 6 0 {NW W ? 5 DT 9 ia 4 MO 4 252 (1253 66 | 41 | 56 DA 4 0 0 N NE | SE 4 002 DI IUIRSA LONIN 12) LAT 92 dl | 6 48 0 0 0 ? SE | SE 4 DU 4 [14,4 [15,9 |L4,4 || 14,9 627 52% 56 57 0 4 7 | NW | NE | SE ’ 6,1 SR LSN0, 15 2058 MI 2 | 0 55 0 6 I NNW) SW 5) 9) 63) (2520 113,6 | 13,4 59 | 43 | 61 DA 7 9 5 | SW | SW | SW 15 6,2 7 [15,4 |18,5|99| 19,9 Ti | 78 70 75 RI IMONI NZ SVVAA RENE VV IG To SUO | 5,5 (1012 7,8 430 2664 41 1 3 5 | NE | NW ? 2 3,6 9 lO, | 7,6 8,0 8,6 680a|3o e 48 I 4 3 {| NW | NW | SW ll 6,5 10 LIS] 5 Le TE ’ ZU LG 39 4 4 0 | NW | NW | SW 9 9, 6 di RON L'ON LOSS; 024 47 0 0 0 | SW | NW ? 8 6,6 12808408 25 ENI LOTO) / 42 | 30 40 0 0 0 | W. | NE | SW I? 2 13 [120 GO 40] 10,3 2 | 4l 5) 3 8_{ SW | SW | SW | 22 9,0 44 |I1,6 (14,8 {14,7 | 13,7 O | 00] 78 62 9 4 T|NE|NE| W LI 6,6 15 {15,1 (14,4 [16,1 | 15,2 79 8 | 78 70 4 3 3 ? NE | SE 4 3,0 16 [15,9 [16,8 [14,7 | 15,8 68 | 6l | 64 64 0 I 6 | NE | SE | SE 7 5,0 d7 (L60109 L1,0) | 1256 65 | 32 { 46 0 0 2 ? SE | SW 8 4,9 118 |, 8 2 (15,9 | 13,0 46 133 DA 44 0 0 0{SW| W |S 18 9,0 19 {13,5 (15,6 [17,1 | 15,4 99) | 52° | (66 58 0 I 7 W E E 10 8,8 20 a] EL] 700 0 SI O 9 7 5 4 3 | SW | SW | SW 2 TI 2 UR 65 [US | LG DI | LD 55 I 7 0 W. | SW | SE 10 8,4 2 Ro LOS USI ARI, DI 0.59 50 Ì 2 4 ? NE | SE 4 4,4 28 (MIL 2. 0 06 O SO AZ a 18 2 4 Di) ? SE | NW 4 7,0 2 2 I IR OLO 55 6 7 3 | W | NW |NW 9 19 Dr 6, 6 ai a 30 0 0 0 | W | NW ? 6 9,7 260 OSO 990 AtIST LO; 50 | 36 | 49 45 0 3 7 |SW | SW | SW 6 7,6 2 OI Me AZIO DONA TORA ENZO 66 10 | 10 9| W | NE | W 7 6,5 28 [10,3 [10,3 |I1,7 | 10,8 98 | 43 | 54 DE 7 2. 4{ W |NWY S 8 ,( 2 IR 7 Leb | N50 O DINI RS SIN MRS 43 0 2 1 E | SW | SW | 12 6,1 30 24 MO 0 LS MII 93 || 36 | 46 45 5) 5 5 JSW | SW | SW 25 7,6 31 [11,1 | 8,6 [15,4 | 11,7 94 | 35 | 80 56 7 3 4 | NW | NW | NE 12 8,6 RI MS 91,8 DI | 05 59 | 2 3 3 3 9 6,5 | | | Tens. del vapor. acq. mass. AT1 g. 19 Proporzione | Media nebulosità » » » dI mia Ad 29 1 È | DD » » media l1,8 dei venti nel mese | relativa nel mese Umidità mass. 80 g. 31 o) Aeotai e o N NE E SE S SW w NW Di pdecun » media 52 AMANO ORE AT 3 — 344 OSSERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL'OsservatorIo DELLA R. Unrversità DI BoLocna (alt. 83m, 8) D (7) (5) (©) [©| AGOSTO 1903 -— Tempo medio dell’ Europa centrale Barometro ridotto a 0° C. Temperatura centigrada gh 15h 2jh | Media di mm. mm. mm. mm. (o) =l U Ko me n} 1 iS Do 29 Woo JI Sti (26) DIO 19 (4) [{°) 9 = DI (> PS 1 ui 1 rs Altezza barometrica massima » » minima » » media Temporale il giorno 19. 929) SC 295 32. 26 25, 97 Ala 26, la =, 26, Jo] IA 29 ny 929 Ji 6 () 0) d (o) 9 l 9 6 2 6 I n Mass. Min. 19,3 20,6 20, 1 Media mass.min. DABOT GUATERIA mm = Temperatura massima » » minima media pioggia, neve e grandine fuse Precipitazione mm. 0, 33, 16, 24 3 td) Forma delle precipitazioni pioggia pioggia » 924 | — 345 — OSSERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL'OsservarorIo peLLA R. Università pi Boroana (alt. 83”, 8) 2) hi AGOSTO 1903 -- Tempo medio dell’ Europa centrale SIMS E 225 a Sia + |Tensione del vapore acqueo Umidità relativa Nebulosità relat. Provenienza E = in millimetri in centesimi in decimi del vento Sto 5 | 9 | tt | 218) Media | 90 | 15° | om] media | | ion] go | sn |onpPs TZ ASSO 129 ARLONS GL | 39 59 53 0 0 0 E NE | SW fi 5,0 1L,7 (10,4 |11,5| 454 | 55 | 37 | 52 48 08 00 028 iva SE SE 6 | 5/8 SI LS MESE Ue 44 | 4l 8 18 0 3 0 W._ | SW | SW IR 7,6 RS ONE 55958 62 | 36 | 62 53 0 0 0 W W S LI 7,0 l6, 7 MIMO |I4,3 | 140 66 | 36 | 61 D4 0 0 O {SW |NWI SW 5 73) 14,5 [13,9 (13,7 | 140 | 65 | 44 | 54 54 0| 0) 0|SW|NW| w PA TEO LGS NITRO 4576 76 46 67 63 2 0 0 {NW|NW | SE 4 6,7 15,4 (15,5 (I4,1| 45 68 | 53 | 59 60 2 o | olsw|sw| w 5} 556 15,5 [14,8 [13,6 | 14,6 63 46 DL D4 0 0 0 NE | NE SE 8 6,7 10 {12,0 (LL, A |10,7 1,3 4l | 30 | 38 36 1 a) 0 |NW|SW | W I IRON inizio (132) l450f 1302 | 48 44 | 60 I l | O0|SW|NW| SE 5 | 8,5 261 E E 09) GO eri 2 55) 0 0 0 E NE | NW 5 A TR LO NOR IR UOAZA 1289 44 1 59 45 2 I iS W W_ | NW S_|A10,1 Le IT 8 (14,67 |I7,2 | 15,5 62 | 49 | 69 60 2 3 2 ? NE | NW 7 Tod 15 [11,8 [11,7 [11,2 | 11,6 42 3 | 40 38 0 5 3 | SW|SW | SW | 17 | 7,9 116015; (26/24I08 6,8 2300 5 28 ) 3 {SW|W | SW IT |I29 17 {10, 9,5 [10,6 | 10,0 DS SN ZS 48 0 2 0 W \N SW 12 8,4 IS [10,8 | 9,1 [12,7 | 10,9 593 | 34 | 57 48 0 0 0 |NW| NE |NW | _1l 7,1 06250 00928 2208 MIR 93 | 36 | 66 52 I Di) 3 {SW | SW | SW 24 8,8 20 | 5,0) 5,8) 8,0 6,3 QI0) 23M NS 29 0 0 ) | NW | NW | SW 12 10,7 21 65 dio 8,8 47 2 5A 42 0 ) ) W NE SE i o 22 MOL 7 IZ oz 4 | 36 | 57 49 0 0 0 W |NW| SE 8 59) 23 |lL,4 [L1,2 14,1 | 122 | 52 | 36 | 62 50 00240688 NEI SSE 4 | 604 24 |I11,0 (10,8 (10,8 | 10,9 48 36 62 49 0 2 O0{SW|NW| SW Il SIR 25 N94 9,018 10,1 43 | 33 | dl 42 0 9 3 | NW | NW | SW Il 102 26 [11,5 (13,0 (14,7 | 13,14 | 56 | 57 | 73 62 5|40| 9|Nw|NW| NE OL 27 (109) (110 (118) | 141,2 60 | 45 D4 0 2 0 {NW | NW S ò 4,7 OZ 9 121063 Oni MS SIN Nio9 5I 0 0 0 |nNwW| SE S 4 6,3 29 1,0. |lt,4|87| 104 | 51 | 38 | 34 41 Oo | NW | SW | 6 er 30 {11,6 |LI,3 [17,6 | 13,5 o conn MISTI 77 56 2 9) Il wW | NW S 14 985 SI IA MS (60 AO 6L | 46 | 53 53 3 0 0 |{nw| NE | SE 8 TA 1157 [110 12,9 | 1139 4 | 39 | 56 49 l 2 2 9 Td Tens. del vapor. acq. mass. I706 g. 30 Proporzione Media nebulosità » » » »i min. 4,2» È È DS » » media 11,9 dei venti nel mese relativa nel mese Umidità mass. 77 g. 30 È pro co acne IM ATA N NE E SE S SW W NW nai dirai » media 49 O II Rd AA 6 Re OSSERVAZIONI METEOROLOGICHE. FATTE NELL'OsservarorIo DELLA R. Università DI BoLogna (alt. 83”, 8) D) n SETTEMBRE 1903 - Tempo medio dell’ Europa centrale |S î S pe Forma = ; q 2 Barometro ridotto a 0° C. Te centigrada ha delle = n E i n : Media 3 precipitazioni S Di 150 21% | Media| 9 15% 21% | Mass. | Min. [mass.min.|£ 5 | gh_21% [Ba mm mm. mm. mm (0) | (0) | (0) (0) (0) (e) mm 1 | 762,1.| 760,8 | 760,7 | 761,2 22,2 | 28,71) 248 | 20,2 | 20,5.| 242 21 760,9 | 759,2 | 758,8 | 759,6 | 23.6 | 29,2 | 26,3 | 296 | 209 | 25,1 3 | 758,6 | 757,5 | 757,7) 757,9] 24,2 | 29,8 | 26,7 | 30,3 | 22.0 | 25,8 4 | 758,5 758,3 | 758.1) 2,8 | 28,0) 234 | 281! 189! 23.1 5.1 759,2 | 75 7583 | 758/54 2.4 | 26,9 | 245 | 27,5 | 1860) 229 6| 758, 1| 756,4 |756,2| 756,9] 232 | 28,6 | 25,7 | 28,8 | 20,6 | 24,6 | 7] 756,8 | 755,6.) 756,0 756,1] 23,0 | 28,5 | 25,8 | 28,8 | 20,4 24,5 SUI ROTA 559 7560875055 RE DITE 24,8 | 29,6 Zeta 24,9 CREA Sai USER ZI 24,8 30,5 26,5 30,8 22,4 26,1 10 | 749,5 | 747,8] 747,8| 7484] 25,3 | 29,6 | 24,6 | 29,7 | 223 | 25,5 11 | 745,8 | 743,2) 742,5) 743,8] 18,5 | 25,6 | 23,3 | 25,6 | 168| 211 OIL MTZOTAR ATI 4549022074 29,9 24,3 26, 4 ZAR VAART 13 | 744,7 | 744,0 | 744,2 744,3] 25,0 | 27,0 | 19,9) 27,5 | 18,7 22,5 | 14,8 | pioggia e grand. 14 | 748,0 | 750,0 | 751,6 | 749,9 | 20,8 20 NINAZAO 22, 6 17,0 19,4 14,4 pioggia 15 | 751,0 | 751,4 | 753, TOTO bid 655 14,2 17,4 14,2 vee) 5,5 pioggia 16] 754,4 | 754,3 | 756,6 755,0] 14,9! 17,3 | 13,8% az6 | 13,2 14,9 4,2 pioggia 17 | 758,1 | 757,8 | 758,0 | 758,0] 13, 16,4 15, $ IE 12,8 14,8 e. 18 | 758,3 | 757,2 | 757,2| 757,6] 44, (7:60 | 16,3 | ame | 1280 VAI? 0,8 pioggia KON] 006: OSTANA) MTA 16,0 19,4 16, 6 19,9 13,6 16,5 20 758,9 | 758,4 | 758,9 | 758,7 155 19,5 17.2 19,8 13,1 16,5 21 | 759,0 | 798,3 | 759,1 || 758,8 15,6 119,9 16, 7 21,6 1392 16,8 22 | 760,9 | 760,7 | 761,7 | 761,1] 14,8 | 19,9 | 17,3 | 20,2 | 12,7 16,3 23 | 763.4 | 762,9 | 763,7 | 763,3 | 16,0 | 20,2 | 17,5 | 20,6 | 14,6 17,2 24 | 764,7 | 763,6 | 763,3 | 763,9] 15,5 | 20,2 | 16,5 | 20/3 | 1372 16,4 | 25 | 765,5 | 764,5 | 764,5 | 764,8 1a) 19,05 2: 20,3 Zool 16, 5 26 | 764,6 | 762,7 | 762,3 | 763,2 | 16,8 | 20,8 | 17,8 | 20,9 | 14,7] 17,6 270) 760,6 | 758,15.) 708,9. | N69 16, 6 22210 18,5 262 15, 1 18,1 28 | 758,3 | 7575 | 758,2 758,0] 18, 22,4 | 19,6 | 22,5 | 15,3 | 418,9 29 | 759,0 | 757,9) 758,8 | 758,6 17,2) 22,2 | 20,4 | 22,6 | 47,2 193 0,7 pioggia 30 | 759,3 | 758,3 | 758,9 | 758,8 | 196 | 23,2 | 20,6 | 23,5 | 170 | 20,2 | | | | | | | TOTA | 756,2 | 756,6 |! 756,6 19,2 2319 20, 4 24,0 16,9 20, 4 40, 4 Altezza barometrica massima 765,5 g 25 Temperatura massima 30, 8 gi 0:19 » » minima 14205 AA » minima 12,7 » 22 e 25 » » media 756,6 » media 20, 1 Temporale il giorno 13 (due volte). Si OssERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL'OsservarorIo DELLA R. Università DI BoLoana (alt. 83”, 8) $ SETTEMBRE 1903 -- Tempo medio dell’ Europa centrale SMD E 225/00 Da FIGA OSS |Tensione del vapore acqueo Umidità relativa Nebulosità relat. Provenienza ae gi fe es in millimetri in centesimi in decimi del vento Ez2| se E | Iororalinto Ì («b) >) = 5 | 9 | 15 | 21 | Media | 9 [15% | 218) Media | ® | as|em] o | ian 8° 10/1278 | 1970) [10,7 | 0,58 64 | 30 | 46 47 0 0 O |NW| NE | SE 5 6,8 2 {10,4 | 7,9 [10,9 9,7 Ci RIOT) 39 0 0 0 | NW | NW | SW 4 8,7 SALON MS 126,055 46 | 27 48 40 0 0 0 W W SE 6 8,6 4 |11,8 |11,8 (I4,0| 11,5 | 61| 42 | 51 5l 0 AO RO vv RENE NES SU 5 |I24|99|9,5 SG Meo 2st zo 48 Ceo 00 vv NET Sv a 6. S6 | 804 (10,5. 1972 4A | 29) 23 38 0 0 O0|{ W|SW | SW 5 8,0 TY er CSI MS 13 0 0 0 | W W S 5 7,6 S| 97|84| 9,7 9,3 44 28 42 38 0 0 0. | NW | NW S 6 ON 9 | 8,9 | 8,0 [10,2 9,0 39 29 40 34 l 0 0 JNW|NW| SW | ll 8,7 10 {l1,4 | 9,2 [14,3 | 10,6 47 30 49 42 1 2 0 { SW | SW | SW 24 9,6 ORA LeZia MAC 9,4 71 30 44 48 2 6 10 { NW | SW S 16 6,7 12 zio 702 0,0 8,3 38 29 44 37 5 o) 9 {SW | SW S 22 UNE) 13:|13,5 [15,2 [t4,3| 14,3 | 57 | 57 | 88 67 8 | 0{SW|SW]| w | 13 | 5,0 LA 79 (24 0668 RGS ez 55 o | 010 Ss |SW|NW] il | 50 15 [10,0 [10,7 9,7 10,1 | 78 | 76 | so 78 7 GINE: SE | W 3 23 16 [10,0 | 9,6|91| 9,6 | 79 | 66! 78 74 Tao N59 vv der GAY 519,2 17 [10,0 |9,4|92| 95 | 86 | 67 | 69 74 Sia Rs Mal vv vv 6 | 2,8 (8 959296] 94 | 80 | 61 | 79 73 1 50 ava) dv bsvy 3100 MOR 04 8,5 6l 47 67 Di 0 0 0 | SW | NE W 8 3,9 ZORO A] 8,6) | 18,7 Sal 76 DI 60 62 l 1 7 ? NE | SW 4 3,4 20 8570 Asso) tota eo Mes er 61 O 4,0 22 | L99856 MST 66 3 4 0|NW| E S 3 3,8 Palli odgli Ngszi Mosto gio) (ita ll uetilie2 61 00 se ona Sw (Sw 5 | 43 Di 6270 OI RES ii 0 i; 56 DIRI NON RIOT RvYzb MEV: ? 5_| 4,6 RRSSAA 75824 IONI 8,5 60 43 69 57 0 0 0 | NW E NW 5) 3, 4 2.008] ASTRI SSN LISA AIONO DT 49 | 86 64 2 0 0 W W W 2 3,4 ZO Cotti A OS ra o 65 o| 0|o|NW| E|SW]| 4 | 32 ESA MESIA ARE ERIC 74 59) 74 65 A) 5 5) 7 SE SE 4 3,4 LOR 259 RAI MURS5 S4 63 TR 73 O) 7 4 W. | NW S $ 207 30 [11,6 [10,9 {tL9| 145 | 69 | 52 | 66 62 Ol ol o0lw NW w DIM aNo: 100, /9,3 |to;6. | 10,0 | 62 |\45.| 61) 56 ZO Lea I | Tens. del vapor. acq. mass. 15,2 g Proporzione Media nebulosità » » » pi mio ip 2A F ‘ » » » » media 10,0 dei venti nel mese relativa nel mese Umidità mass. 88 g. 13 i Lin O N NE E SE S SW W NW Dn dies » media 56 Odi asa 2 rs —————_——R Serie VI. — Tomo I. 15 — 348 — OSSERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL'OsservatorIio DELLA R. Università DI BoLogna (alt. 83m, 8) 3 ® È OTTOBRE 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale |S =] ic Forma - “i a: Ri Si Barometro ridotto a 0° C. Temperatura centigrada N06 delle SJ A E \ Media |@ precipitazioni 5E Gres dioh 21h | Media gh LOL DAL Mass. | Min. |mass min.|? (ds) | 9, 2 |& i en { | | | mm | mm mm. | mm (0) | (0) | (0) (0) (0) [e] min. | À A ' SEA 0A | i {775885702 Mao ong6 19,0 23,3 20,3 239. 16,8 19,9 9 755,8.) 793,7 | 75450 | 75640] 195 23,8 21,4 2359) 17,9 20,7 3. | 755,2 | 754,3. | 750.4 | 755,0] 196 23,2 20,7 23,9 18.2 20,5 i | 756,9 | 755,7 | 756,6 | 756,4] 18,4 DAG (20580) 24.2 ATA 20, 1 i | 758,6) 757:3 | 757,6 [757,8 | 1950 | 23, 20,5 | 23,2 | 16,3 19, 8 6.0 75804 | 75609] 75708 |\ro76.] 1974 | 23; 20,2 | 23,4 | 18,0 20, 3 | 1 TIRA TSO ON OA 20.9 23,7 20,9 24,3 18,4 21,0 Sti9700,9 0 7024 TAO o Te AO 23,2 20,5 23,4 18,2 20, 5 9 | 752.7 | 749,7 | 749,4 | 750,6 | 18,7 22,5 17,8 23,0 i7,D 19,3 1,0 pioggia 10 | 747,0 | 746,9 | 748,3 | 747,4 | 12,9 | 47,4 | 45,8 | 418,1 | 12,9 14,9 6,8 pioggia FAZIONI ol80 6286202 14,2 Li 14,4 18,2 13,0 15,0 2 57 | 750040] 49,6 750; 5 1432 14,9 1392 18,0 11,4 4,2 Latera an 709,38 aa, 9. 149; 80] (1372) 46,2 /M6;2 17,1 101 14,2 4,0 pioggia 14 | 757,4 | 757,4 | 758,5 | 757,8 13,0 | 18,0 16,2 18,4 12,0 14,9 15 | 758,7 | 757,6 | 757,9 | 758.1] 164 | 19.6 | 46,7 | 419,7 | 14,6 16,9 | 16] 757,01) 754,9 | 704,0, 759,2 19, I 22,6 18,0 22041 15,6 18,9 17 | 748,3 | 745,8 | 746,3 | \746,8.| 19,7 | 20,7 | 412,8 | 20,7 {112,6 16,5 4,3 pioggia 18 | 749,9 | 7494 | 749,8 | 749,7 | 10,0 | 15,0) 42,5 | 45,2 7,8 11,4 8, 6 pioggia JR 1697928905538 153,3 IRSA LISI 12,4 16,3 10,5 1955 2005 ATTESA Ro Aa Tora 920 Enzo ab 1299 21 | 758,6 | 767,4 | W6%, 7 | 757,9 LO NS AAA | S4409 173 8,7 129 | | 274 ETDOND 159, 2 752, 6 754, S| 16,0 15,0 | 13,4 17,6 13,4 15,1 3, 1 pioggia 23 | 749,5 | 747,6 | 747,3 | 748,4 | 12,4 | 15,0 | 14,0 | 45,3 | 14,5 18599 4,9 pioggia QU RTAS TOT DITO TA MIO ZIO 11,4 1952 12,6 15,4 10,8 12,6 | | 25 | 758,1 757,6 1930 TOTI 9,8 NSA 11,8 Losa OA dt) 26 | 756,9 | 756,0 | 756,2 | 756,4 10,2 13,6 11,5 13,8 8,6 11,0 270 | 5592 Meet Me Mea] 070 10,6 10,1 | 41,5 9,6 10,3 417,1 pioggia | | 28 | 752,5 | 754,7 | 751,9 | 752,0] 10,7 14,7 12,6 14,9 10,0 ZA Il pioggia 29 | 750,2 | 748,0 | 748,5 | 74859] 13,7 | 15,5 | 14,6 | 16.3 | 12.5 14,3 | 16,7 pioggia 30.| 746,7 | 746,7 | 746,8 | 746,7 | 14,2 | 17,5 | 16,2 | 48,0 | 13,6 15,5 2,9 pioggia | | 31 | 748,4 | 749,8 | 753,4 | 750,5 | 45,1) 47,8 | 15,4] 18,3 | 161 15,7 1,9 pioggia | Ì 753,9 |\753,4.1|7753;%.| 753164 45;D | 4B;40] 15,5 | 48/94/0138 (5,8 | 72,0 lordo ctr, load dr, dll. Altezza barometrica massima 758,8 gl Temperatura massima 2403 preti » » minima 745,8 » 417 » minima TER STI8 » » melia 753,6 » media 5,8 Nebbia nei giorni 14, 15, 23, 26, 27, 28. 29, 30, 3I. — 349 — OSssERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL OsservatoRIO peLLA R. Unrversità pr Boroena (alt. 83”, 8) [sò] d È OTTOBRE 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale Ss Slo 2 De S "a Fia n Sg s- = |Tensione del vapore acqueo Umidità relativa Nebulosità relat. Provenienza ae el E S in millimetri in centesimi in decimi del vento og 29 5 o 3558 | 9 | 2 | veda LO | 200 Meola VER iz ga O QI E TA UETZA IHESA ZA AZ 70. | 56 | 74 67 0 0 3 ? NW | SW 5 AR2 2A DO POS SIN ATTORI BIST Z9 53 0 I 3 {NE | _W W 5 3,8 IVI MIOSO Re N TIRNZIOA ARIETE bor oR 63 60 3 1 0 W_ {SW | SW 8 9,9 495 9310) 97 60. | 41 | 56 52 0 0 0 W {SW W 8 4,8 PROSS SZ, 7A RAG 65 | 54 | 65 6 2 5 0 {NW| SE W 9 3,9 0 | 25 Mz | WUO VESTA 65 4 ò RI TIANVI W W 6 4,7 7 [14,4 |!1,4 [10,1] 15,0 Don Mo 2A 55 57 0 0 0 | SW|NW| W Il 4,5 S [LI 4 (10,9 (11,4 | dL1 65. 52 || 63 60 8 2 0 { SW | NE | SW 7 4,9 SION LOS57 ONOR NA 9) CER] 65 62 4 6 | 10 \_| SW | SW 10 47 ARR A5N ASS IR GR? 8 SOMN69 71 9 4 3 S SE N 9 3, 6 11 {4,3 | 4,0] 6,5 4,9 30027 153 39 0 0 O | W W W 0) 5,6 12 9 |a 8,8 To | S4 75 9 9 3 E W W 6 D9) 13 || Gb 4 |Uo2| 06 So | SI | 87 84 6 7 0 | SW | NW | SW 7 1,6 14 [LO, L (LL, 4 [LI 4 | 1450 91 75 83 83 0 ( 0 ? E SW 2 19 15 |LI,0 (10,0 (10,1 | 10,4 79. | 50 | 28 TR 5 0 3 | SW.|NW| W 0) 20 16 | 9,9 (10,6 {11,8 | 10,8 60 MOZZA 63 2 2 3 | SW | SW ? 13 3,4 IT | | To | SO 8,1 45 | 43 | SL 56 4 7 I {SW | SW | SW | 25 4,5 18] 6,1 | 6,4| 6,4 9) CARSON N59 59 0 3 2 W |NW| W 9 3.5 19/36 | 40 | 5,4 4,5 SRI SO 38 0 0 0 | W W W 2 3, 6 20/0415 | 1,01) 6,4 5,9 44 | 38 | 58 47 0 0 0 | W W_ | SW DI 4,8 Reza EZA RO 7,3 CA Mo Mas 61 0 2 3 |INW,INW|SWI]I 16 3,6 22) 7,8 [10,0 (10,4 9, 6 58 | 83 | 91 Ti 6 | 10 | 10 | SW E SE 15 3,1 23] 9,5 (10,2 |19,8 9,8 SS | 80 | 82 33 4 Di) 4 | NW | NW ? 6 1,4 24 2 OOO TT 8L | 61 | 63 68 8 0 0 | wW W_ | SW 9 33 2 SSA META st ei Med a e or (o, o isw Br] SES] (5 2 DOS | 67] 68 T,4 | | 12 0 4 1 W |NW| w 4 1,6 ZI 9 | 89 | Bk 8,9 9RI | 85 | 9% 91 10 | 40 | 10 { NW | W W 4 ER 28 | 8,9 [10,9 (10,4 | 10, 2 [088 | 95 GR 10 9 | 10 | SE|NW)| SW I 0,6 29) Wa 20 [eg ez UO 9A 94 10 | 10 | 10 | SE SE | SW | 53 1,0 SOIN ron 257 NUME di | 77 | O2 89 10 To | AO E SE E 9 LA 34 {11,7 (10,7 [11,9] 11,4 DI | 70] DI 84 8 5 | 10 | SE | NE | NE 16 1,6 LOAD 9,4 T0.| 60| 73 68 4 4 4 9 DE Tens. vapor. acq mass. 19, 5g. 6630 Proporzione I Media nebulosità » » » min. 3,6 » 19 2 : ; » » » media 9,4 dei venti nel mese relativa nel mese Umidità mass. 97 g. 29 e 30 in decimi Ra AM N NE E SE S SW W NW in decimi » media 68 IA 69 10725 3013 4 de OSSERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL'OsservatorIo DELLA R. Università DI BoLogna (alt. 83”, 8) ® ® È © z | NOVEMBRE 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale |S © £ È E mou forma edi 04 N 3 Barometro ridotto a 0° C. Temperatura centigrada Sole delle ° i Di 2 DEE ica E | Media | S| precipitazioni 9 URI 15° 21 Media gn 158 | 2h | Mass. | Min. [mass min.|® C5 gu, 2" & mm mm. mu. mm. (0) (0) (0) (0) (0) (0) mm. Lil 7047 (54 | 54946 13,0 14,2 15,0 15,9 12.70 i 142 16,8 pioggia 2 | 758,6 | 758,8 | 759,6 | 759,0] 15,0 | 16,7 | 149 | 17,5 | 43,9 15,3 0,7 pioggia 3 75909) NEGRI 6960] 76997 RO) 15,1 14,0 Li 1392 14,0 0,4 pioggia 4.| 759,1 | 75854 | 759.1 | 758,9 1299 15,4 13,2 15,6 {1,50| 1 3,1 5 760,0] 760.1 | 761,9| 760,71 40,9 | 14,0 | 13,4 | t44| 87 11,8 6 | 764,0 | 763,4 | 763,4 | 763,6 USA 13,4 0X9 13,6 9,6 Ne, REI RAR ee Sacha 9,5 12,8 9,8 12,9 S, 1 10, 1 8 | 765.7 | 765,2] 76507653] 92 | 115,5 9,7 | 41,8 D2Al È (95 90] 76235 |176072| 760,2 | 76,0 So ino 9,4 11,6 7,4 gi | Ì | lot] 758,7 War] Ri rod 1 gio dg) again 9, 6 II | 756,2 | 753,4 | 757,3 | 755,6] 99 | 15,2) 9,6 | 15,5) 78) 407 12 | 7610 | 760,4 | 761,1|760,7| 6,8 1.54 (RL e 5.8 81 13.) 761,9 | 760,2 | 761,2| 7zen,0| 6,2 | 8,6 6,3 8,8 5,0 6,6 14 | 760,3 | 758,6 | 758,1 | 759,0 1,8 | 10,9 9,5 | 11,2 3,6 7 OVE KEANE 7,9 9,5 8,9 10,4 To 8,5 168 |A 761 ra 20 5:16 8,0 8,6 5,6 8,9 7,6 8,3 17] 74902 |\74Ge4 | TA0C4 AT,D 4 | 4220 87 | 13 9,2 5,1 ona {18.| 748,7 | 748,6) 749,0 | 748,8] 6,2) 100 | 84 | 103 | 572 7,5 PIOBEl? 19 | 746,2 | 746,6 | 751,5| 748,1] 84| 411,5 67145] 6,7 8,3 [19,4 RETRO 20 | 754,6 | 752,1] 7518|7538|] 49 8o0| 73 | 82) 40 GUAI PIOGGIA: GL 79do | VESI0]749I 75005 te: 10,1 9,4 10,5 DA 8,2 CIN TAI RTRT 0099 9,0 1L.S 10,1 11,8 6,5 9,4 23 | 761,2 | 761,6 | 764,2 | 762.3 9,0 1252 11,5 12,4 6,7 99 24 | 766,0 | 764,1 | 763,1 | 764,4 6,8 13,0 10,7 13,0 ),6 9,0 250 Sto 5500 ZON 558 S,5 11,2 9,3 LA 7,6 9,5 2604 SI MRO SSA 6,7 8,0 D,4 E 3,9 6,4 27 | 70940 | 754,6 | 754,6 | 754,4 5,6 95 6,9 9,7 4,4 6,7 284 745,7 [Naz (7903 (mao. e 6 | oo] 354 103 1,4 4,2 3,0 pioggia 29 | 736,9 | 731,9| 7304/7334] 42) 30] 25| 44| 06 2,2 7,5 pioggia 30] 734,6 | 730,4 | 734,8 | 734,3] 45) 24| 373 | 304 15 DA 17 piosgia 755,3 | 754,4 | 754,7] 7547] 80| 411,1] 92 | 466,8 89 | 54,6 | rr P__tf[ 11[[_dJ tr’ il ce ie i N Altezza barometrica massima 766,0 g. 24 Temperatura massima 17,5 g. 2 » » minima 730,4 » 29e 30 » minima 0,6 » 29 » » media 754,7 » media 8,9 Nebbia nei giorni 1, 2, 3, 6, 7, 8, 12, 13, 14, 15; 16, 17, 18, 19, 26 28, 29, 30. Brina nel giorno 27. n° OSssERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL Osservatorio DELLA R. Università DI Borogna (alt. 83", 8) È : a È 9 NOVEMBRE 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale È SSIS R O S=| SoS = SIScaR È {Tensione del vapore acqueo Umidità relativa Nebulosità relat. Provenienza ae gl È ° in millimetri in centesimi in decimi del vento Sagl a E otora Sta ° ® oiag SEE || Qi Meo ]eh Qli iviedhe ||Esr isa 20 ga i [Rel LR ONSA URRA MEON CS 0 GA MO 31 93 94 10 | 10 | 10 W N 19) 12 2 PA IRAOR MARA LONSA MIAO 98 | S0 | 86 88 9 6. 10 | NE | NE MW 7 0,7 BRIO MONONINONO O 87 | 75 | 80 SI 6 9 0 WWW | NW.| W 7 2,0 4 | 8,8 [L0,1| 9,5 9,5 83 | 77) S4 SI 0 0 0 W_|{ NW | SW 7 2,1 Io 0 8,7 SHAN N SO 8 0 0 S| NW| NE | NE 5 2 6 | 8,3 | 8,3 | 8,6 8,4 S4& | 73 | 89 82 3 0 0 \W_| NW | NW 3 1,3 URAS DOVA NGSO 7,4 86 | 70 | 76 q 0 0 0 ? SE W Ì 0,9 Sata ESSO (AD SA TOT 82 82 4 n) 0 W {NW | W 5) 1,3 ORINGNGA Nessi A ron en 76 74 ol olo|lswinnw|w GIORIO [ORI6R24 or 05 NA: 76 74 80 TT l 1 $S_JNW | NW W 5) 1,4 9 eZ 6,5 TIA MEL MIS 66 2 0 0 N W._ | NE 7 1,9 NaliMesza Use7 700 | Gdo | 850 56 sz 76 di ogiNoN ve Ss 5_| 4,8 aazico | GS 6,3 80 | 78 5 s4 4 5 | 10 2 ? SE 2 1,3 ILCa RONO] TECn SAI ,8 93 | 76 | 80 83 9 0 U | SE | NE | W l 0,9 15[7,4|8,0|7,6 7,1 Gi | O 8 o 10 | 10 | 10 { NW | SE W 3 0,9 10 06 264 | 7 Tod Or || 202 94 10 | 10 | 40 { NW | NW S R 0,8 dr SA ESSI RSS 8,0 94 | 76 | 96 89 10 O | 40 S_|NW | NE 6 0,5 I | 60|/77|76 T51 85 | 84 || 92 87 3 5 2 | NW| SE | SE l 0,9 A10R 3 MOssn Non 6,8 89 | 67 | 84 80 4 7 0 { SW | Sw W 7 0, 6 20 | 5,8 | 6,9 | 9,4 9,9 89 | 80 | 70 80 3 9 2A AVA Wi W 7 182 210 |(19,,9) (6,3 0,7 5,8 67 | 68 | 65 67 Ì 0{SW| N SW 8 1,6 RI RORONI Mo ze LN? 58 | 49 | 26 44 0 0 0 | W W_ | SW aL 237 o 4/80 (6:10, 4,8 4I | 45 | 59 48 0 2 0 | W |NW| SW 12 4,7 RA RON O 3 6,8 79 | 64 | 76 73 0 0 ? NE N 6 AAT 29. | 4 TS 83 | 84 | 88 85 4 | 10% A40 ? SE W 2 (LD 26 | 6,6 | 6,2 | 6.1 6,3 90 So 81 0 0 0 | NW | NW | SW ) 0,7 i | bo ANZI 88 58 | 39 OI LO) 0 0 | SE W S IR 3,7 RATA ZIONI 9310) Mi | ZO 69 83 9 9 6 | NW | SW W 10 0,9 29143) 51 | 51 4,8 SON MSI 03 89 10 | 10 | 10 E W W 10 1,6 30 | 4,8 | 5,0 | 5,3 5, 0 O O. IO 92 10 | 10 | 10 E w W Ù 0, 8 e i AS GE 7609 | 4 TA 838 | 73 | 80 79 4 4 4 6 1,5 Tens. del vapor acq. mass. 12,4 g. 2 Proporzione Media nebulosità » » » D_ mama ip 22 pd ; È Dana » » media 7,1 dei venti nel mese relativa nel mese Umidità mass. 98 g. 2 j ‘imi SER (opa (90 N NE E SE S SW W NW iis docini » media 79 è 8. 3. 98 40 808 4 OssERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL'OsservarorIo DELLA R. Università pi BoLogna (alt. 83”, 8) i î Ca (.b] vd DA . D ; ci. £ DICEMBRE 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale |5 © £ E RISa Forma = 7 2 E ds - Barometro ridotto a 0° C. Temperatura centigrada Sis delle * ISEE E | | Î Media | SE precipitazioni .S gn 15° 21° | Media| 9 dl 21% | Mass. | Min. |mass.min|g #- [lo] | gn 20 & a) Ù ei 2 mm. mm. um. mm. (0) (0) (0) (0) (0) (e) mul. 0 ETA ect RE LACEXASI 1a QI ZI | 433) MOLA 1,9 1,9 pioggia 2 | 744,3 | 748,2 | 752,4 | 748,3 3h0) 6,0 4,7 6, | 1,8 4,0 1 pioggia 31 757,0 | 757,1) 755,6] 756,6] 47) 22 (29..| 6: 10 1M0IRE 3,6 4|750,2| 746,4) 744,5 747,0] 26] 43) 37] 49) 141,9 959 Sil 74358. | 74Rn | vata a742.6 Pas agi) 5,3 | 19,20 3%0 5,4 6 | 735,5 | 736,2 | 738,7 | 736,8 6,0 ASSO] 98 AOSTA | 6,5 1,6 pioggia | | 7 1594 ga 756,8] 044] 40 76) 58] 7840 5,4 9417150930 5 ON00 5A Mobo 3,0 ZORO OSO 9,9 | 30 SZ 6,7 pioggia 9 | 759,1 | 759,6 | 760,5|759,7| 42| 74 5,2 TRO DO 5, | | | 10 | 760,6! 759,6 | 7599! z60,0] 34! e,6|) 53! 6,8) 2,3 4,5 LL | 752.4 | 751,8 | 750,8 | 751,7 4,2 De 0) 3159) 4,2 4,9 SENNA Si ò caso VENE È ESS Elim ) | È a n - @ ARI 748670020 re] 5018 TAC RISI 9,6 | 80) 5,2 6, 1 6, 1 pioggia | ? SCORE BEE RESSE È 3 A C | 5 1945901 6270 752008 75258 SER) 9,2 6,7 IS INZZINI I, 6, 6 14 | 750,2 | 750,6 | 751,6 | 750,8 5,6 EC UR? He to 6, L 1,8 pioggia 5 7510 ste 20 a Sd br ea 5,9 a ito) |» DS = ) |» TRN, | [ , Q n . . 1/04 OZ 224 6240 4,6 AUT 1,9) giù 4,1 4, 5 SIL pioggia 7A 75385107538 | real Mer2 4,4 4,9 E 5,3 4,4 4,8 28,3 pioggia Sr Q ore 2559 9) | ng r Rug DE » n - “0 sa Ze] gsepal 705356) | 753,7 D& 6,3 CRON Ono EST 5,9 0,4 pioggia | | | | La SE ANOSE lisa o a SO] 3 Dan = 19) | 753,0 | 753,0 | 7542 | 753,4 i, 4 8,0 Soli ANSNS, 6E2801 7,8 195 pioggia 20] 756,6 | 757,6 | 799,7 | 758,0 8.5 LO 984 N408 8,2 9 21 | 763,3 | 763,4 | 764,8 | 763,8 8,4 Si a 5% | 8,2 8,6 ! | rana E SIG) a : ; il [== S 22 64,7 | 763,4 | 762,6 | 763,6 6,8 7,8 6,7 | SS MO Tal 291 76056. 15847) N68ta so) 83 | 87 40] (6.7 |No058 4,2 0,6 pioggia 2% | 757,3 | 756,0 | 755,5] 7563] 40] 39 2%9| 42 | 259 3,5 | 0,6 pioggia il 25 | 752,2 [751,7 | 754,8) 751,9) 17 1,8) 30 30| 40 2,2 | 16,5] pioggia e neve 26 | 753,0 | NOLA] 5324/8530 3,9 A0N pa 0 AA 1,9 2,9 27 | 751,4|/750,5 | 754,0) 751,0] 3,2 4,0 | 4,0 | i? | 2,8 3,6 4,8 pioggia il | ) DE DE NES € NES 3 2 Ve > | È 28 15907512 Eli WIR 4 6,6 DI | 610001 3,9 592 291] 753,2! |170434 | 765,7 | 754,4 2005, IONE] 050 SA 050 20 2,6 | pioggia e neve 30 | 756,6 | 756,1 | 756,5| 756,4| 0,2 Lei do) Acc tesse 0, 8 di | | | 31 | 754,0 | 752; 0)| 752,4) #68) 7 A0 | 1,4 | 2,0 | 0,4 IA |414,6 pioggia | Î | Ì 9200) 0270 538 53490 4,2 5,4 49 6,4 dI SUL] 112.8 | — _ ___ — ee __Ém—_—'r _m6 o 6 no ‘| Ml, eee NENE Altezza barometrica massima 764,8 g 21 Teniperatura massima 10, 5 Maree » » minima 734,6 » | » minima — (0,4 » 30 » » media 753,0 » media 4,7 Nebbia nei giorni di, LISTA, SIA ORA AR: AI) AUS 9 20) 2 22208270028 RS E Brina nel giorno 10. = 353 OSssERVAZIONI METEOROLOGICHE FATTE NELL Osservatorio DELLA R. Università DI Boroana (alt. 837,8) DICEMBRE 1903 — Tempo medio dell’ Europa centrale all’ora Tensione del vapore acqueo in millimetri Umidità relativa in centesimi Nebulosità relat. in dec imi Provenienza del vento del vento (cò) È ® È S| 9 | 15 dI (CSC Corvi Mono 9./(5,5|49 4|5,0|5,5 5.37 | 6,0 6 | 5,9| 5,8 7| 5,4 5,8 BUl5:3 | 5,8 9| 4,8 | 5,3 10] 3,744 11 | 50 | 5,6 {20116530 (6,1 TRN 5t6 N63 14 | 6,7 | 6,5 (o 508 16 | 6,0 | 6,1 17|6,0|6,2 18 | 6,5 | 6,8 19 |7,7|8,2 20/80/84 2 | 8,1|8,0 2 OO ili 5A ZIE SCO 25| 4,7 |5,0 26 | 4,8 4,9 DIST 28 | 5,8/6,0 29 (5,0) 4,6 30. |/4,5| 4,3 I | 444,5 5,5.15,8|? Tens. del vapor. » » » » » » » min. » media 21% TO9D SS do do TIR N ao acq. » » 60 » 87 Media CMPS DIO 0 mass. min. media Umidità mass. 100 g. 19 5) YjR DI 5h 2 Media gu | 15. (ee) (0 0) 210 L5t 2 Proporzione dei venti nel mese NE E 32 Si SE S O ES Z A < relativa nel mese Evaporazione nelle 24 ore in chilom. mio ? = O SS DE Media nebulosità in decimi ca uri SI, dedi È di i ùfe: % i o È 7 na È ass ì i, mi j di rt cat L a e: È _@ L090 SEC Cite consi magreote minisiti [ret T pl. 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Nuovi fatti clinici e nuove ricerche istologiche mi hanno condotto a riprendere lo stu- dio di quella singolare dermatosi, che io ho descritto per la prima volta sotto il nome di Purpura annularis teleangiectodes. Invero non mi risulta, dopo indagini rigorosamente eseguite, che altri prima di me abbia fatto parola di questa forma di porpora, la quale per i suoi caratteri morfologici avrebbe dovuto facilmente colpire l’ occhio di qualunque osservatore. Tuttavia è da tenersi in conto che la rarità della dermatosi può avere contribuito al suo tardo conoscimento: così anche la poca appariscenza nel suo primo erompere e la mancanza di disturbi locali hanno, forse, impedito di attirare l’attenzione degli osservatori. Stimo pertanto opportuno di richiamare in brevi tratti, come io venni a conoscere questa speciale forma di porpora, della quale oggidì sono in possesso di altri due casi. Cenni storici — La prima osservazione risale al 1887, siccome trovo nei miei ri- cordi clinici: e questa ebbi occasione di farla in un giovanetto di delicata costituzione, scevro di precedenti gentilizi sospetti e immune da sifilide. Era affetto da una dermatosi, all'apparenza, di tipo emorragico, la quale, come carattere veramente notabile, presentava figure anulari. Colpito da questa particolarità morfologica della dermatosi, pensai di farne oggetto di studio, perchè, come la vidi, mi balenò l’idea che si trattasse di una specie di malattia emorragica, la quale peranco non fosse stata descritta dagli Autori. Ma, come spesso avviene nella nostra Specialità, il giovane, cui la malattia (che già durava da parecchi anni) non dava verun fastidio, non mantenne la promessa di tornare a farsi visitare e a sottoporsi ad un trattamento appropriato, appena glielo permettesse il suo mestiere. Dopo d'allora passarono parecchi anni senza che avessi la fortuna di imbattermi in Serie VI. — Tomo I. 46 — 356 — un altro caso della stessa malattia cutanea: ma il ricordo di quella prima osservazione mi rimase ben impresso nella mente. Solo nel 1891 mi riuscì di rivedere simile dermatosi in un neonato, affetto da alcune deformità. Essendo egli morto pochi mesi dopo la nascita, ebbi l'opportunità di prendere alcuni lembetti di pelle contenenti figure anulari. Ma, prima che potessi intraprendere lo studio istopatologico di questo esantema emorragico del neonato, passarono alcuni anni, avendo allora a mano altri lavori. Nel 1894 finalmente mi si presentava un nuovo tipo anche più distinto della stessa ma- lattia, e si trattava questa volta di un giovane, il quale acconsentì di farsi visitare nella Clinica dermosifilopatica di S. Orsola. La dermatosi, a prima vista, ostentava i caratteri di una malattia emorragica: vi si osservavano difatti non poche macchie puntiformi e len- ticolari di color rosso-livido, sparse variamente qua e là, le quali non impallidivano che poco o punto colla pressione. Ma ad un esame più minuto sì vide che esse non rappresen- tavano la forma iniziale con cui si manifestava la dermatosi, e non erano neppure le sole lesioni elementari. Mi sembrò perciò naturale di dar loro una denominazione che da una parte ne denotasse la morfologia, e dall’ altra permettesse un’esatta formola clinica. Per rendere più agevole e più proficua la ricerca pregai l’infermo di lasciarsi recidere un lem- betto di pelle da servire ad un minuto esame istologico. Ma egli, essendo a Bologna di passaggio, non me lo permise, per modo che dovetti limitarmi alla fotografia ed alla storia clinica, che in appresso riporterò. Su questo caso riferi al Congresso annuale della Società dermatologica italiana nell’ Ottobre 1895, ed allora trattai principalmente dei caratteri morfologici della dermatosi e della sua denomi- nazione (1). Più tardi a questi casi ho potuto aggiungere altri due, dei quali uno mi fu dato di osservare più volte nel mio esercizio privato e nell’ ambulatorio della clinica stessa, 1’ altro fu osservato da un mio assistente, che, trovatolo identico agli altri casi mostrati da me, ne raccolse la storia e me la comunicò, non avendo potuto indurre il paziente a venire in Clinica. Tutta questa suppellettile di casi clinici feci oggetto di un mio lavoro, pubblicato nel fausto avvenimento del Giubileo di Pick: ma in questi ultimi due anni, essendomi imbattuto in altri due casi (uno dei quali fu tenuto in osservazione per alcuni mesi nella Clinica), ho stimato opera non inutile di ripigliare l’ argomento e di riferire le cose più notabili del lavoro sopraindicato. E innanzi tutto è d’uopo riportare le storie cliniche dei casi, affinchè si possa meglio stabilire il quadro nosografico della dermatosi e dare quel tanto, che per ora si può, di contributo statistico sulla medesima. (1) Majocchi. Sopra una dermatosi telangiectode non ancora descritta. Purpura annularis. Comunicazione fatta alla Riunione annuale della Società di Dermatologia e Sifilografia. Giornale italiano delle malattie veneree e della pelle: 1896, fase. II. iorao CASO I.° — Si tratta di un neonato, morto di men che di tre mesi, che presentava alla nascita non poche anomalie: labbro leporino, lobulo dell’ orecchio destro rudimentale, mancanza dell’ antelice, della Crus helicis, del trago; polidattilia nella mano destra per doppio pollice, asimmetria della faccia, nella sua metà destra più piccola. Anamnesi. — Antecedenti dei genitori poco noti. Nessun segno di sifilide nella madre e nel neonato. Però al tempo della nascita la pelle di questo era uniformemente rossa, soprattutto al dorso, ove apparivano qua e là piccole macchie puntiformi di color rosso- livido, o rosso-bruno. Dopo due settimane il rossore cominciò a scemare ed in breve tempo si dileguò del tutto. Ma a mano a mano che la pelle impallidiva, le dette macchie si andavano gradatamente facendo più appariscenti, tanto pel colorito più intenso, quanto pel loro numero. All’ esame del bambino rilevai quanto segue. Caratteri obbiettivi della dermatosi. — Questa è caratterizzata da molte macchie puntiformi, lenticolari e lineari, di colore rosso-livido, le quali colla pressione impallidiscono alquanto, ma non scompaiono e non si desquamano; risiedono principalmente sulla pelle del dorso, molto scarse sono sul petto, rarissime sugli arti. Spiccava a colpo d’occhio la disposizione di quelle macchioline, che riunendosi davano luogo a bellissime figure anulari. Queste avevano un diametro di /-2 cm.; parte si tocca- vano, parte anche confluivano, formando catene di diversa lunghezza, le quali sul dorso erano disposte nel modo più svariato, da sembrarne ricoperto uniformemente. Sul petto le macchie non presentavano la stessa disposizione, ma erano sparse e solo qua e là mostravano tendenza a riunirsi in piccoli segmenti di cerchio. Nelle estremità inferiori il loro numero era molto scarso; tutte però si disponevano in figure anulari. Attiravano anche l’ attenzione dell’ osservatore 1’ aspetto lucido della pelle nel centro di questi anelli, la sua scarsa piomentazione ed un leggiero avvallamento di essa. Quasi in ogni macchia si notava con sicurezza ettasia dei capillari cutanei, e questa coll’ aiuto della lente si distingueva nettamente nei suoi contorni. La dermatosi si diffondeva lentissimamente, tanto che in parecchie settimane appena giungeva a mettere fuori una nuova figura anulare. Al principio del 3° mese cominciò il bambino a denutrirsi notevolmente, non potendo succhiar bene; essendogli poi soppraggiunta una diarrea, cadde in una profonda cachessia e morì alla fine del 3° mese. Come già s’ è detto, durante la breve vita del bambino non si ebbe a ritrovare alcuna traccia di sifilide recente: non v’ erano lesioni residuali del sifiloma nella mammella della madre e questa, anche dopo alcuni mesi dalla morte del neonato, era esente da sifilide. Ebbi la fortuna di poter recidere più pezzi di pelle dal dorso del bambino morto e di farne l’ esame istologico. CASO II. Anamnesi. — E. Zappoli di 21 anno, operaio, di Mantova, si presentava il 25 Maggio 1894 all’ ambulatorio della nostra Clinica. Egli narrava che da un anno e mezzo SS 358 aveva una eruzione sulle gambe, che non gli dava però il minimo fastidio. Interrogato sugli antecedenti della dermatosi, rispose di aver sofferto 14 anni or sono di dolori reumatici insistenti alle estremità inferiori. Dalla descrizione che egli ne faceva, ci sembrò che quei dolori avessero avuto il carattere di nevralgia, nè egli si rammentava di avere mai visto una lesione cutanea alle sue gambe. Essendosi recato a Savona nell’ Agosto 1892, dopo 8-10 bagni di mare, si avvide appunto su queste di un’ eruzione, costituita da aleune mac- chiette rossiccie, le quali di giorno in giorno crescevano di numero. Però i dolori agli arti inferiori erano del tutto scomparsi. Il paziente, ritenendo che i bagni fossero stati la causa del suo nuovo male, li sospese e fece una cura locale con diverse pomate, delle quali non ci fu dato conoscere la composizione loro e, nello stesso tempo, una cura interna di ioduro di potassio. Questa ultima prescrizione medica ci fece nascere, a tutta prima, il sospetto che la predetta eruzione fosse di natura specifica, ma dalle indagini minute che facemmo e dalle notizie anamnestiche potè esclu- dersi con sicurezza una infezione sifilitica. Facemmo anche ricerche per qualche altra possibile cagione, ma senza risultato positivo. Non ostante tutte le cure, locali e generali, l’ eruzione continuò pian piano a diffondersi ed assunse caratteri più definiti. Stante questo aggravamento, l’ammalato domandò di entrare in Clinica. Stato presente. — Costituzione robusta, buona nutrizione, pelle leggermente bruna. La dermatosi consta di anelli, di forma elegante, di colore rosso, e rosso-livido, di varia grandezza, con diametro da 2 fino a 15 0 20 mm.; questi sono, alcuni isolati e allontanati, altri ravvicinati e contigui, o disposti in modo da dar luogo a determinate figure. Esami- nando il lato interno della gamba, si osserva che gli anelli sono formati da 2, 3, 4 e più puntini rossi ravvicinati, tra cui i centrali hanno un colore più pallido, laddove quelli nuovi, che si vanno svolgendo ad arco alla periferia, sono di colore più scuro e vanno disponendosi nella detta forma anulare. Anche gli anelli più antichi appariscono composti di simili punti rosso-lividi, i quali non si dileguano colla pressione del dito. Comprimendoli colla lastra diascopica, parecchi di essi rimangono immutati. Guardandoli con una lente, si può ravvisare che essi risultano di vasi cutanei dilatati. I suddetti punti rosso-lividi si svolgono non su di un fondo iperemico, ma direttamente su pelle sana. Si osserva pure che quei punti sono equidistanti tra loro, e però follicolari per la sede che occupano, di modo che l’ uscita del pelo si trova vicino, o in corrispondenza dei medesimi. Però nel centro degli anelli più grandi la pelle è lucida, acromica ed alopecica, nè vi si osservano più sbocchi follicolari. Im quelli di media grandezza i peli sono assotti- gliati e scolorati; ed inoltre notansi nell’ interno di alcuni anelli altri focolai rosso-lividi a contorni sfumati, di carattere evidentemente emorragico e macchiette piementarie lenticolari ; talvolta tutta 1 area contenuta nell’ anello è bianco-gialliccia e sottilmente increspata. La dermatosi ha sede quasi esclusivamente alle gambe, in ispecie al lato interno, e si estende dai malleoli fin presso al ginocchio. All’'avambraccio comincia a manifestarsi qualche macchietta isolata, di colore rosso scuro; qua e là si va foggiando qualche piccola figura anulare. — 359 — Qui, dove la malattia è nel suo inizio, si riconosce bene che non è preceduta, nè da iperemia, nè da turbameuto della sensibilità. Le altre parti del corpo sono immuni dalla dermatosi. Estesiometria: l’ ammalato distingue bene le punte degli spilli alla distanza di 1 cm., tanto all’interno e tanto all’ esterno delle figure anulari. Coll’ esame interno non si trovò alterazione alcuna, nè al cuore, nè ai grossi vasi. L’ammalato, come dissi in principio, con mio grande rincrescimento non volle che gli recidessi un lembetto di pelle per farne 1’ esame istologico, che in questo caso avrebbe rischiarato la diagnosi clinica e, in pari tempo, ci avrebbe dato modo di spiegare alcune delle particolarità morfologiche notate in questa dermatosi. CASO ITT. — P. D. di 22 anni della provincia di Venezia, impiegato, da quattro anni affetto da un esantema, qualificato da piccole macchie rosso-livide, che si osservavano, specialmente negli arti, pochissimo nel tronco. Anamnesi. — L’esantema, a quanto riferisce l’ infermo, si svolse lentissimamente e senza dargli alcuna molestia, sicchè egli rimase colpito al vedere sulla sua pelle quelle macchie, specialmente nelle estremità inferiori: esse, piano piano moltiplicandosi e ravvici- nandosi l’ una all’ altra, formarono anelli così ben limitati, che il paziente stesso guardava con stupore. Sulle cause determinanti l’ eruzione non si potè stabilire nulla di concreto. I dati anamnestici ci fecero escludere assolutamente un’ infezione sifilitica. D’ altra parte l° infermo ci dichiarò di provenire da genitori gottosi e di avere avuto nella sua fanciullezza una dermatosi umida (eczema?). Sembra anche che in quell’ età egli abbia sofferto di una eruzione, che presentava macchie cutanee analoghe alle presenti. Ma questo non potè mettersi bene in chiaro, nè per il carattere morfologico elementare, nè per la figurazione. Non ha sofferto di malattia di cuore, non fu mai colpito da profondi patemi d’ animo e nemmeno dalla più lieve emozione. Caratteri morfologici della dermatosi. — Come nel caso precedente, così in questo la dermatosi si presentava costituita da macchiette rosso-livide, e rosse-brune, puntiformi e lineari, le quali sotto la pressione del dito poco, o punto, impallidivano, mentre colla lente lasciavano scorgere manifestamente ettasie capillari. L’ esame delle macchie colla lastra diascopica confermò del resto tale reperto e fece scorgere colla massima chiarezza la presenza di ettasie capillari puntiformi, o sotto forma di rete a maglie sottili, o di corte linee ramificate, e ci diè modo di distinguerle sicuramente dalle piccole emorragie e dalle macchie di pigmento, che quelle accompagnavano; infatti sotto la pressione della lastra diascopica era facile distinguere per la diversa conformazione i piccoli focolai emorragici e per il grado di colorito le macchie piementarie. Del resto qui pure le macchiette si dispo- nevano ad anelli ben conformati, tra i quali i meglio riusciti risiedevano alla superficie antero-interna delle gambe e sulla faccia dorsale di ambedue i piedi. Le chiazze anulari sono di diversa grandezza; alcune più piccole hanno un diametro di 2-3 mm., altre della — 360 — grandezza di una lenticchia lo hanno di 5-6 mm. ; quelle più grandi nummulari giungono fino a 20 mm., e anche più: si trovano vicino l’ una all’ altra, oppure si toccano formando gruppi molto caratteristici, o confluiscono anche in catene più o meno lunghe e nelle più varie direzioni. In alcuni anelli sì osserva un leggiero grado di atrofia, come rilevasi da un avvallamento appena accennato, dalla cresciuta levigatezza e sottigliezza della pelle, dalla mancanza di piemento, ed inoltre dall’ assottigliamento, o dalla scomparsa del pelo. Molto spesso scorgesi un’ atrofia puntiforme, circoscritta al follicolo stesso. In altre fisure anulate però notasi una leggiera suffusione giallastra della cute, e questa alopecica e sottilmente pieghettata. Topografia della dermatosi. — Questa risiede, come si disse, principalmente alle estre- mità inferiori, ed ivi predilige il lato antero-interno delle gambe, e il dorso del piede, sempre in perfetta simmetria. Si diffonde poco alle coscie; tutt’ al più vi si vedono nella superficie esterna e posteriore alcune macchiette rosso-livide, ora isolate, ora in gruppi anulari. Gli arti superiori sono meno colpiti dalla dermatosi: comunque però, oltre a poche macchie isolate, si osservano alcuni anelli sul dorso delle mani e sugli avambracci. Ma, tranne queste poche lesioni, null’altro si rinviene negli arti superiori. Inoltre due anelli isolati sono nella regione sternale, e nella loro vicinanza alcune macchiette in correlazione coi follicoli piliferi. Da ultimo si vedono pure alcune macchie rosso-livide telangiettasiche ai lati del tronco e sul dorso: ma qui la dermatosi non assume il carattere della forma anulare. All’ esame della sensibilità tattile, termica e dolorifica non si rileva alcun che di anormale. Nonostante le mie insistenze, l’ infermo non volle farsi recidere un lembo di pelle dalla parte affetta e dovetti accontentarmi della semplice storia clinica. CASO IV.° — Si tratta di un uomo di 25 anni, alto, asciutto, con folta capigliatura. Presenta nelle gambe, specie alle sure, molte forme anulari e semianulari, costituite da piccoli punti e linee di color rosso-livido, le quali alla pressione del dito, parte impallidiscono e parte rimangono immutate. La persistenza del colore meglio di tutto si rileva in quelle corte linee curve, le quali, sì pel loro colore acceso, sì pel decorso tortuoso e per l° accenno a brevi ramifica- zioni, si riconoscono per sottili vasi ettasici. Siffatte forme circolari del diametro di ‘4-1 cm., sono rade e sparse, raramente si toccano e anche più raramente confluiscono insieme. Si trovano in maggior numero sulla superficie anteriore e sulla posteriore delle gambe, e nella disposizione loro conservano una certa simmetria. Nel polpaccio destro fa risalto un grande circolo dal diametro di 5-6 cm.; esso è formato da punti più grandi e da linee, le quali sono interrotte da piccoli tratti di pelle sana; tutta la pelle inclusa dal circolo è leggermente depressa, liscia, senza pigmento, e tutto lo strato corneo dell’ epidermide è percorso da sottilissimi solchi, i quali decorrono il più spesso orizzontali. I peli neri, che abbondano nel resto delle gambe, sono qui più radi e più sottili, = Sell = L’ infermo assicura che |’ affezione si iniziò, da alcuni mesi, colla formazione di questo grande anello, che per lungo tempo non gli diede il benchè minimo disturbo. Qualche giorno innanzi alla visita del paziente insorse leggiero prurito in ambo le gambe senza manifesta cagione (1). CASO V. - Anamnesi. — VENEZIANI ATTILIO d’ anni 23, benestante, della provincia di Bologna, venne nel mio Ambulatorio li 25 Febbraio 1903 per farsi vedere un’ eruzione, la quale si era sviluppata in lui da poco più di tre mesi. Narra che il medico curante, appena esaminata la dermatosi, credette di riconoscere in essa una manifestazione secon- daria della sifilide. In base a questo concetto diagnostico il detto medico ritenne opportuno di prescrivere una cura specifica, che fu eseguita dal medesimo con 25 iniezioni ipoder- miche al sublimato corrosivo. Ma da queste non ritrasse, come narra l’ infermo, alcun vantaggio; dappoichè | eru- zione continuò ad estendersi e a presentare più spiccati i suoi caratteri morfologici. Fu allora che il paziente si decise di interrompere la cura mercuriale, prescrittagli dal medico, e di domandare il mio parere. Esame obbiettivo. — Mancano ingorghi gangliari specifici: mancano ancora manife- stazioni cutanee in atto, o residui di questa riferibili al periodo secondario della. sifilide. IL’ esame boccale e delle fauci non fa rilevare alcuna lesione di carattere specifico. In una parola, a poco più di tre mesi dalla comparsa della eruzione suddetta non si rinviene alcun sintomo caratteristico della diatesi sifilitica. Ricercata la lesione iniziale il paziente, persona accorta e dotata di memoria pronta, risponde a tutte le domande, dandomi le più ampie assicurazioni di non avere mai avuto alcuna forma ulcerosa prima della eruzione; e così pure 1° esame di parecchie località non ci fa rilevare alcun residuo, riferibile alla predetta lesione. Presentemente il paziente trovasi in buone condizioni, sebbene abbia abbandonata la cura delle iniezioni ipodermiche da oltre un mese. Caratteri morfologici della dermatosi. — È caratterizzata da cerchi e da anelli ed occupa gli arti, tanto inferiori, quanto superiori. Fra le figure circinate ed anulate vi si trovano anche le forme puntate, dalle quali poi si originano le forme più complesse. In- fatti ognuna delle figure suddette è costituita da tanti punti distinti, ma ravvicinati e contigui di colore rosso e rosso-livido, che non spariscono sotto pressione. In corrispon- denza di questi punti notansi evidenti ettasie capillari, come si può vedere esattamente con una lente. Mercè la lastra diascopica, compressa sopra le figure circinate ed anulate, sì distinguono bene i vasellini ettasici dai piccoli focolai emorragici e anche pigmentari. Nel centro delle chiazze anulate, arrivate alla grandezza nummulare, si scorge una (1) Questo caso, come dissi in principio, fu osservato dal mio ex aiuto Dott. G. Pini, al quale il paziente aveva promesso che sarebbe venuto in Clinica per farsi esaminare da me. Ma ciò non av- venne, e così io non posso riferire altro che quanto fu raccolto dal suddetto Dott. Pini e che mi venne comunicato dal medesimo. — 362 — leggiera tinta giallastra, mentre in altre la pelle appare leggermente acromica, atrofica e sottilmente pieghettata. Importante è I’ atteggiamento vario che prendono le figure anulari nel ravvicinarsi e nel confluire, dappoichè in questo caso dànno luogo, ora a corte catene di 5 e 6 anelli di grandezza varia, ora a configurazioni girate, ora ad altre assai più complesse e non facili a determinarsi. Come ho detto, la sede topografica dell’ eruzione è negli arti, e soprattutto gli infe- riori sono attaccati, specie le gambe. Nelle coscie sono meno numerose le figure anulari, ma più ben distinte ed occupano, tanto la regione interna, quanto l° esterna. Negli arti superiori sono in numero assai scarso; si notano però forme puntate e qualche piccola figura anulare nella regione interna dell’ avambraccio. La sensibilità cutanea esplorata non sembra in nessun modo alterata. Il paziente si lamenta soltanto di qualche dolore alle articolazioni delle ginocchia. Nessuna lesione a carico del cuore e dei grossi vasi. Tranne qualche disturbo nella digestione, tutte le sue funzioni si compiono regolarmente nel paziente. CASO VI. — È questo il caso, che trovasi tuttora sotto la mia esservazione, offer- tomi da una certa GiuLIA Masi d’ anni 85, bolognese, fiammiferaia, nubile, la quale, entrata il 9 Gennaio 1904, fu degente nella Clinica Dermo-sifilopatica dell’ Ospedale di S. Orsola fino al 29 Maggio p. p. Precedenti gentilizi. — Dei suoi ci fornisce le seguenti notizie : il padre morì di ma- lattia cardiaca a 60 anni: la madre è vivente, ma, a quanto pare, è di delicata costitu- zione, avendo essa sofferto di ripetute oftalmie, di cefalee e più tardi di adeniti inguinali di natura assai oscura, le quali vennero asportate. Un fratello è vivente, ammogliato e sano : due sorelle sono ancora viventi, delle quali una è affetta da flebite, conseguenza di in- fezione puerperale : 1° altra invece è sana. Notizie anamnestiche intorno ai precedenti della dermatosi. — La paziente non è maritata, ma ebbe un amante, sulle di cui condizioni di salute non ci sa dire alcun che di esatto. Dai rapporti coll’ amante ebbe un figlio, che venne alla luce sano, ma morì al quarto mese di età, e pare per infiammazione pleuro-polmonare acuta. Narra di avere avuto molte malattie nella sua infanzia, e dapprima il morbillo, che superò felicemente ; di poi ebbe ripetute eruzioni eczematose della faccia, accompagnate da congiuntiviti e cheratiti flittenulari, le quali durarono parecchi anni. A queste molte- plici lesioni si aggiungevano di tanto in tanto ingorghi dei gangli del collo, per i quali fu dichiarata dal medico di costituzione scrofolosa. Migliorata da questi mali, a 10 anni circa fu colpita da tifo e da bronchite e, guari- tane, si ammalò dopo qualche anno di erferite, che durò lungamente, esacerbandosi soprat- tutto nella stagione estiva. Dieci anni circa or sono le comparve improvvisamente una erisipela della faccia, la quale ebbe, a quanto pare, origine da forme eczematose ragadiformi delle ‘marici. Durante il corso della erisipela ritornò la molesta congiuntivite, che era scomparsa da qualche — 363 — anno e, mentre era in cura per questa oftalmia, due volte si rinnovò la erisipela stessa con varia intensità. Superate queste varie e diverse infermità, arrivò la paziente in discrete condizioni di salute fino a tre anni or sono, quando fu operata, dapprima di reze mobile e, quattro mesi dopo, fu curata, mercè operazione chirurgica, di calcoli biliari. Ma all’ esito felice di queste cure seguì un anno dopo una grande prostrazione di forze, accompagnata d’ anemia e da ingorgo dei gangli del collo, pel quale arrivarono essi a notevole volume, senza però venire a suppurazione. Giudicati di natura scrofolosa, i detti gangli furono curati col metodo del Durante, mercè le iniezioni jodo-jodurate e, sia per questa cura, sia per l’ uso interno dello joduro potassico, ebbero dapprima una riduzione di volume e appresso scomparvero. Notizie anamnestiche sulla comparsa della dermatosi. — Entrata la paziente il 9 Gennaio p. p. nella nostra Clinica, si apprende da essa che la dermatosi in atto durerebbe da due mesi circa ed avrebbe avuto la sua prima comparsa attorno alle articolazioni del ginocchio. Però innanzi che erompesse la forma cutanea, la paziente avvertì dolori articolari in ambedue le articolazioni tibio-tarsee con tumefazione periarticolare e con edema. persi- stente; pare che i dolori articolari si accompagnassero a leggiero movimento febbrile. Tuttavolta la dermatosi si rese manifesta all’inferma, nè per i dolori articolari, nè per pru- rito 0 bruciore, nè per altro qualsiasi sintoma proprio delle affezioni infiammatorie cutanee, ma bensì venne dalla medesima avvertita per caso nel fare un bagno caldo: fu in questo momento che agli occhi dell’ inferma apparvero parecchie chiazzette rosse, ove puntiformi, ove lenticolari, le quali nello spazio di due o tre settimane crebbero di numero e di gran- dezza e si estesero con una certa rapidità alle coscie, accompagnandosi in questa fase di attiva eruzione, anche a leggiero prurito. i E mentre sì andava estendendo la dermatosi coi caratteri di macchiette rosse e rosso- livide negli arti inferiori, i dolori reumatodi articolari continuarono a farsi sentire colla stessa intensità. A mitigare i quali fu ordinata subito una cura revulsiva e sedativa locale mercè clo- roformio, e di poi con salicilato di metile: contemporaneamente fu prescritta una cura in- terna (forse con salicilato sodico), ma, a quanto pare, senza vantaggio alcuno per i dolori articolari. Questi infatti con varie vicende di recrudescenze e leggiere migliorie continua- rono, e soltanto in questi ultimi tempi di molto si attenuarono spontaneamente. Del resto la paziente non si lagna di altro qualsiasi disturbo. ; Essa è dotata di costituzione linfatica, però, nonostante i precedenti sofferti, mostra di possedere uno stato di nutrizione discreta. È di statura media e di struttura scheletrica regolare, di pelle brunetta e di capelli castagni. L’ apparato gangliare si mostra in condizioni normali tranne che nel collo, ove si tro- vano alcuni gangli della regione laterale destra alquanto ingorgati, duri, rotondeggianti e taluni di essi aderenti ai tessuti circostanti. Continuando l’ eruzione a guadagnare le parti sane degli arti, la paziente, allarmatasi Serie VI. — Tomo TI. 47 — 364 — di questa progressiva estensione della medesima, domandò di entrare nella nostra clinica per farsi esaminare e curare. Caratteri morfologici. — Di questi mi studierò di dare una descrizione, meglio che si può, particolareggiata, perchè risalti tutta la tipica fisonomia della dermatosi. Topografia e disposizione della dermatosi. — Ha sede principalmente negli arti inferiori, cominciando poco sopra alle regioni delle anche, e terminando sul dorso dei piedi: invece gli arti superiori sono scarsamente attaccati dalla dermatosi ed anche il tronco mostra alcune chiazze della medesima. Tuttavolta dalla linea sottomammaria andando in alto, si trovano le altre regioni del tronco, del collo e della testa risparmiate dalla malattia. Ma la sua distribuzione, oltre essere bilaterale, è anche sinumetrica, occupando essa in uguali proporzioni le regioni omonime. Cominciando dunque dal tronco e partendo dalla linea sottomammaria, la dermatosi va ad estendersi coi suoi elementi, elegantemente figurati, nelle regioni laterali e, a mano a mano che essa discende sulle anche e principalmente sulle natiche, spiccano più belle le sue figure anulari. Arrivata alle coscie, si vede che le attacca più o meno dappertutto, prediligendo però la regione antero-interna e posteriore-esterna, verso il terzo inferiore vicino al cavo po- plitso, dando luogo alla più spiccata simmetria. Di poi dall’ articolazione del ginocchio, di cui risparmia quasi la regione rotulea, la dermatosi si estende alle gambe, pigliando prevalentemente la regione interna ed esterna, mentre lungo la cresta della tibia assai scarsamente fa mostra dei suoi elementi. Passa quindi sull’ articolazione tibio-astragalica e viene ad asseriarsi sulla regione dorsale del piede e delle dita, specie dell’ alluce. Manca assolutamente nella regione plan- tare. Venendo agli arti superiori questi, come si è detto, sono poco attaccati dalla der- matosi. La mano n’ è perfettamente immune. Sull’avambraccio si notano parecchi elementi puntiformi, isolati, o in gruppi, o circi- nati, o anulari, che occupano la regione estensoria ; scarsi sono invece nella regione flessoria. Nessuna manifestazione della dermatosi nelle braccia. Forma e figurazione. — Per rispetto alla forma si è detto che la dermatosi comincia con macchiette puntiformi della grandezza di un morso di pulce o poco più, equidistanti e con sede follicolare manifesta, sebbene talvolta esse risiedano anche fuori dei follicoli ; sono di colore roseo, rosso-vivo, 0 rosso-bruno; non scompariscono sotto la pressione, però sotto la lastra diascopica impallidiscono alquanto, lasciando, ora piccole suffusioni rosso- livide, o rosso-brune a margini sfumati dovute a piccoli focolai emorragici e a leggiere pigmentazioni, ora alcuni punti di colore rosso-livido, i quali, per la loro forma, sia roton- deggiante, sia allungata o a netti contorni e talora con qualche segno di ramificazione, cor- rispondono evidentemente a vasi sanguigni dilatati. Questo fatto spicca subito nella nostra — 805 — inferma fin dall’ inizio della formazione delle macchie, antochè, innanzi che si scorgano le suffusioni emorragiche, notansi vasellini allungati ettasici, ondulati e tortuosi e appresso sì assiste allo svolgersi delle altre lesioni. È duopo notare che nessuna rilevatezza papu- loide e nemmeno cumuli di squame sporgono sul follicolo. Da queste forme iniziali la dermatosi passa ben presto alla sua caratteristica figura- zione. La quale viene raggiunta in due maniere: di che è facile convincersi, osservando attentamente e ripetutamente le regioni colpite dalla dermatosi nella detta inferma; in- fatti nella prima le chiazzette suddescritte si allargano per progressione centrifuga, e ciò si fa per esaurimento del fondo emorragico telangettasico dal suo centro, o vicino a questo. In tale momento la chiazzetta lenticolare assume il carattere di una figura anu- lare, la quale continua regolarmente’ e gradatamente a dilatarsi. Allora chiazze anulari raggiungono grandezza nummulare e scutata, ma in genere non arrivano al di là di questa estensione, se non per pigliare altre figure, come si vedrà più tardi. Questa è la maniera ordinaria di conformarsi delle chiazze anulari nella nostra in- ferma. Ma havvene un’ altra che, sebbene più rara, tuttavia nel presente caso fu seguita da me in alcune regioni delle coscie, predilette dalla dermatosi. Si formano angio-ettasie puntiformi, ora distanti, ora vicine fra di loro in guisa da costituire piccoli gruppi, o linee curve di punti rossastri e rosso-lividi; ma ben presto, per la successiva formazione di nuovi punti angioettasici intermedi a quelli, sì costituiscono nuove figure anulari, meno regolari in un primo tempo; ma di poi tale regolarità viene ugualmente raggiunta, dappoichè an- che le dette figure si dilatano centrifugamente. A questo punto le figurazioni anulari, formatesi in duplice maniera e in tempi diversi, perciò di grandezza varia, fanno bellamente spiccare la dermatosi peri suoi caratteri mor- fologici. Infatti, mentre il contorno delle chiazze anulari è fatto da numerosi punti emor- ragici e angioettasici, che danno al medesimo una marginatura dentellata, l’area di quelle, comprese entro l’ anello stesso, presenta un colore giallastro e giallo-bruno, dovuto alla pigmentazione lasciata dai focolai emorrragici, scomparsi per l’ esaurimento centrifugo del processo. Tale colorazione di mano in mano tende a farsi più chiara, finchè rimane la pelle dell’area pallida, leggermente acromica, alopecica, ove liscia, ove sottilmente pieghettata, in altri termini in uno stato manifestamente ipotrofico. Ma, se la figura anulare è la prima ed essenziale maniera, colla quale si rappresenta la dermatosi, non è a questa che essa si arresti nel successivo suo svolgimento. Infatti per la progressione centrifuga delle chiazze anulari, avvicinandosi queste e facendosi contigue, la dermatosi viene a prendere nuovi atteggiamenti, nuove figurazioni a cifra otto, a catene e più tardi ancora, confluendo e dilatandosi i singoli anelli, e questi esaurendosi in alcuni punti del loro contorno, dànno luogo a linee policicliche, che è quanto dire, a figure netta- mente girate di varia grandezza. Nelle tavole iconogratiche sono rappresentate molte di queste figurazioni ed atteggia- menti della eruzione. (Tav. I° e II°). — 366 — Ma è solamente nell’ assistere al movimento evolutivo di questa dermatosi nella nostra paziente che noi possiamo verificare il vario modo di figurarsi delle medesime sulla base delle primitive chiazze anulari. Intorno alla durata di tempo, che impiegano le chiazze anulari per il loro sviluppo e per la loro estensione, ecco quanto mi fu dato di osservare nel caso presente. Nelle prime settimane la comparsa delle figure anulari procedeva con una certa rapidità. Tuttavolta si poteva vedere che non tutte presentavano lo stesso grado di sviluppo. Infatti aleuna di esse cresceva lentamente e si arrestava, laddove altre si estendevano in pochi giorni. Ho potuto certificarmi di questo diverso modo di procedere delle chiazze anulari, fissando i limiti di alcune di esse mercè esatte misure prese di giorno in giorno. Ho voluto anche vedere, se mercè uno stimolo, portato sopra alcuna delle dette chiazze, sì accelerava la loro estensione: il che mi venne fatto di ottenere ungendo la regione antero-interna delle coscie mercè una pomata con crisarobina e ittiolo alla dose del 3%. Del resto sotto l’ azione dello stimolo potei constatare che, previo un leggiero stato eritematico della parte, accompagnato da desquamazione pitiriasica, vidi alcune chiazze allargarsi più rapidamente che quelle pros- sime non sottoposte allo stimolo suddetto, altre invece, già contigue tra di loro, scomparvero parzialmente, lasciando figure quasi sempre girate. Ma non si potè insistere nel portare uno stato irritativo della pelle di quelle parti, perchè non tollerato dall’ inferma di tempera- mento eminentemente nervoso. Il decorso della dermatosi nella nostra paziente è lento, sia per la successiva formazione di nuove chiazze anulari nelle aree di cute intermedie alle prime, sia per 1° estensione graduale centrifuga delle medesime. Infatti, incominciata l’ eruzione circa ai primi di Novembre del 1903, ha compiuto la sua evoluzione ed è scomparsa appena ora in alcune fegioni, laddove si mantiene tuttora (Agosto 1904) in parecchie altre, sebbene assai sbiadita. Al formarsi ed estendersi delle chiazze anulari s° è detto che succede uno stato ipotrofico della pelle. Questo appunto è l’ esito che si osserva nella nostra inferma alla scomparsa della dermatosi: la pelle è sottile in alcuni punti, acromica, e lascia trasparire qua e là qualche esile capillare ettasico. Non havvi alcuna tendenza a processi infiammatori es- sudativi. La cute si mantiene secca, quasi priva di secrezione grassa. Complicazioni. -— Durante il decorso della dermatosi si verificarono più volte artralgie, specie nelle articolazioni tibio-tarsiche e delle ginocchia: molesti ancora si fecero sentire alla paziente i dolori neuralgici nelle regioni lombari, che diminuivano alquanto sotto la pressione (secondo quanto essa afferma), così ancora lungo le coscie, nella metà inferiore delle sure e a tutto il piede. Più volte però dolori reumatoidi si localizzarono, e con molta persistenza, ai malleoli. Verso la fine del Gennaio, mentre era degente in clinica, la paziente fu presa da angina con placche difteroidi sull’ arcata palatina sinistra, da cui ben presto guarì mercè collutorii antisettici. Esame della sensibilità. — Ha fatto riconoscere nessuna alterazione nella sfera tattile e termica, laddove la sensibilità dolorifica è alquanto aumentata: infatti sotto la compressione avverte la paziente dolore, ora lieve, ora vivo nelle chiazze anulari. Esame ematologico. — Coll’ emometro di Fleisch l emoglobina apparve normale, 0 di poco diminuita. Così pure coll’ esame microscopico si rinvenne normale la proporzione — 367 — tra globuli bianchi e rossi. Fu anche raccolto il sangue dalle chiazze emorragico-telanget- tasiche e si trovarono globuli rossi alquanto riconfi, pallidi e piccoli granuli di pigmento. Esame chimico delle orine, eseguito più volte, ha dato nulla di rilevante: si ricercò la presenza dell’ indicano, ma la ricerca fu negativa. Trattamento curativo. — La cura fu tenuta entro i limiti assai ristretti e rispondenti a semplici indicazioni sintomatiche. Internamente furono somministrati i chinacei e tonici; esternamente, come si è detto, furono prescritte le unzioni leggermente cheratolitiche, dalle quali si ebbe un arrossamento e successiva desquamazione e pigmentazione in grado assai mite. Nello stesso tempo le chiazze anulari venivano gradatamente ad allargarsi e a dile- guarsi. Tuttavolta la scomparsa completa della eruzione da alcune regioni non si verificò, se non dopo la cura dei Fanghi di Acqui. Anche per le complicazioni si fece un trattamento curativo apposito: mercè il bromuro di potassio la paziente migliorò rapidamente dai dolori nevralgici lombari e delle coscie: pei dolori artralgici si usò con risultato, ora buono, ora discreto, il salicilato di metile e le unzioni di olio di giusquiamo. Condizioni ultime della paziente dopo la cura di Acqui. — Ma era mio vivo de- siderio di conoscere lo stato di salute della paziente dopo il suo ritorno dai fanghi di Acqui; fattane ricerca, finalmente potei rivederla il 7 settembre del corrente anno. Le condizioni generali sembrano immutate, sebbene la paziente dichiari d’ essere diminuita alquanto di peso. Rispetto all’ eruzione trovai esser questa molto ridotta, sia nel grado di colorito, sia nel numero delle chiazze anulari: infatti le macchiette emorragico-telangettasiche erano assai sbiadite, e molte anche scomparse, d’ onde una interruzione delle figure anulari: inoltre desse erano in assai minor numero, specie nelle gambe. Negli arti superiori e nel tronco non si notavano più chiazze anulari, ma soltanto poche macchiette rossastre sbiadite. Alcune delle figure anulari si erano però notevolmente allargate, ma in molti punti inter- rotte e avevano preso il carattere girato. La pelle delle chiazze appariva più bianca avendo in gran parte perduto quella tinta pigmentata giallo-bruna. La paziente però asseriva che nel bagno aumentava il grado di colorito delle macchiette rosso-livide, d’ onde una appari- scenza maggiore delle figure anulari. Ma nelle prove da me fatte di recente, tenendo la paziente nel bagno caldo, non ebbi a verificare modificazione alcuna nel rado di colorito delle dermatosi. Forse quanto dice la paziente è da riferirsi ad un tempo passato, quando l’ eruzione era nella pienezza del suo sviluppo. Ora la dermatosi può dirsi, senza tema d’ errore, diminuita di due terzi, e quanto rimane di essa ha perduto quell’ intensità di colorito che le era caratteristica, per modo che è da ritenere che la cura di Acqui abbia arrecato alla medesima i suoi benefici effetti. Devo ancora rilevare, attenendomi alla narrazione della paziente, che durante i mesi caldi di estate avvertì più volte forte prurito alle sole gambe: ma da quanto ho potuto apprendere il prurito, sia per la limitazione della sua sede, sia per 1’ epoca di sua comparsa, sia per l’ accompagnamento di piccole e puntiformi vescicole, era, a mio avviso, prodotto da temporanee eruzioni d’ eczema sudorico, e non dalla dermatosi che, d° ordinario, non è pruriginosa. Tuttavolta la paziente ha sofferto -e soffre tuttora di tanto in tanto forti dolori alle -—— 368 — piante, nel calcagno, nell’ articolazione dell’alluce d° ambedue i piedi, ma specie del sinistro. Inoltre il dito alluce si fa talvolta tumido, rosso-livido, e come dice la paziente, anche duro e rigido. Ma tale dolore cessa ben presto, senza avere alcun carattere di accesso gottoso. Talvolta anche le articolazioni del ginocchio si fanno dolenti: ma qui il dolore è assai mite. Si lamenta anche di frequenti cefalee, ma di breve durata. Anche |’ apparato gastro-intestinale non è senza qualche disturbo: la paziente soffre (come ha sofferto anche durante l° estate) di cattiva digestione, di diarree frequenti con dolori intestinali. - La funzione mestruale, sebbene regolare per il periodo, spesso è troppo abbondante con prostrazione della paziente. In queste condizioni trovai la paziente nell’ ultima visita da me fattale, e avendola sott’ occhio, non lascierò di osservare le fasi successive della sua malattia. BIOPSIE — L’ importanza del caso e il desiderio di approfondire, quanto più si potesse, lo studio delle lesioni istologiche della pelle in tali contingenze, mi spinsero a domandare alla paziente una qualche biopsia. E, previo il consenso della medesima, potei fare due biopsie, delle quali a) una ai primi di Febbraio del corrente anno 1904, colla quale si asportò un lembetto di pelle (poco più di 1 cmq.) dalla regione interna della gamba destra, circa il suo terzo superiore. Sutura a punti staccati, guarigione per prima intenzione con cicatrice lineare lunga circa 35 mm.: di colore rosso livido. b) l’altra eseguita ai 20 di Aprile p.° p. 0 nella regione esterna e posteriore della coscia sinistra sopra un’ area di pelle in forma di rettangolo, di poco più di un centimetro quadrato, contenente due chiazzette anulari. La ferita fu cucita con alcuni punti staccati, dei quali due si lacerarono e, malgrado la scrupolosa medieatura antisettica, la cicatrizza- zione della piccola soluzione di continuità subì un notevole ritardo. La cicatrice residuale presenta anche oggi un colore rosso-bruno. Quadro nosografico delle Dermatosi. La suppellettile clinica per lo studio di questa dermatosi è tutta qui nei soli sette casi sopradescritti, tenendo pur conto della prima osservazione, da me fatta nel 1887, della quale, per le esposte ragioni, ho potuto dare appena un breve cenno storico in principio di questo lavoro. Tale contributo però, se non ha grande valore nei rispetti della statistica, non è poi in sè tanto esiguo, quando si pensi alla rarità della dermatosi medesima. Comunque la descrizione nosografica di tutti i casi, studiati fin qui, è tanto concorde sulle principali proprietà morfologiche di questa eruzione, che ad essa si possono assegnare i seguenti caratteri generali. 1°. Macchie puntiformi e lenticolori, talvolta lineari di colore roseo, o rosso-livido, costituite da ettasie capillari con susseguenti emorragie, senza infiltrazione apprezzabile della pelle e di solito in manifesta correlazione coi follicoli piliferi, — 369 -— 2°. Lento sviluppo e moltiplicazione lenta della medesima. 3°. Acerescimento sempre certrifugo delle macchie; d’ onde la loro bella, e (direi quasi) elegante figura anulare : 4°. Disposizione simmetrica della dermatosi. 5°. Sede topografica, primitiva negli arti, e specie negli inferiori: di rado, e secon- daria, nel tronco : 6°. Di solito mancanza di prurito, e di qualsiasi disturbo della sensibilità cutanea : soltanto in via transitoria può insorgere talvolta un modico prurito. Al contrario prece- dono ed accompagnano l’ eruzione frequenti reuralgie superficiali e profonde, mialgie e spesso anche artralgie. 7.° Esito in lieve atrofia ed acromia della pelle con alopecia temporanea, o per- manente. Ora se questi sono i sintomi generali della dermatosi, conviene anche vedere con quale ordine essi succedansi, e dentro quali confini si contengano per stabilire la storia evolutiva della dermatosi stessa: la quale dallo studio comparativo dei casì surriferiti può facil- mente desumersi che percorra alcuni periodi, sebbene non sempre con ciclo regolare: e questi periodi potrebbero ridursi a tre: 1°. Periodo telangettasico 2°. Periodo emorragico-pigmentario 3°. Periodo atrofico. 1°. Periodo telangettasico. — In ordine di tempo il primo apparire della malattia è caratterizzato da macchiette di colore rosso-roseo, puntiformi, lenticolari, o lineari e queste ultime, come risulta dalle storie cliniche, ora sono leggermente tortuose, ora fornite di corte ramificazioni, per modo che si rivelano con tutta evidenza essere prodotte da ettasie capillari, siccome nel loro progressivo sviluppo può scorgersi anche ad occhio nudo e meglio colla lente. Valendoci della lastra diascopica, che si preme più o meno sulla chiazza anulare, può riconoscersi meglio la costituzione della medesima e distinguere bene i focolai emorragici dalle ettasie capillari. Ambedue queste lesioni risiedono di preferenza nei fol- licoli, come lo dimostra la presenza d’ un pelo nel centro di quasi tutte le macchiette rosso- livide: durano così per più o meno lungo tempo, finchè col loro graduale accrescimento vengono a formare la sopradescritta figura anulare. La quale, come risulta dalle storie cliniche, si formerebbe in due mariere, una per dilatazione centrifuga d’ una macchietta emorragico-telangettasica lenticolare, l’ altra per avvicinamento di parecchi punti angioet- tasici perifollicolari sopra una linea curva, o a semicerchio, che gradatamente si completa. Ma l’ interpretazione di questo carattere incontra gravi difficoltà. Da ultimo in questo momento manca di solito il prurito, come ancora durante tutto il decorso della dermatosi, e solo di rado il paziente avverte una leggiera molestia all’ e- rompere delle macchiette rosso-livide e all’ insorgere di qualche altra temporanea. der- matosi, molestia però che passa ben presto. io 2°. Periodo emorragico-pigmentario. — D’ ordinario sussegue e si accompagna col periodo telangettasico. Spesso però procede di pari passo con questo : dappoichè all’ ettasia vasale succede ben presto l’ emorragia, o in corrispondenza, o in vicinanza del vase dila- tato. Allora è agevole riconoscere il cambiamento avvenuto nei punti rosso-lividi, i quali non si presentano più sotto la lastra diascopica collo stesso grado di colore, nè coi loro limiti netti, sebbene mostransi con contorni sfumati, e tendenti più al rosso-bruno. Tuttavolta è d’ uopo avvisare che non avviene stravaso in ogni angettasia, ma questa può rimanere immutata per tutta la durata della dermatosi, siccome ho potuto assicurarmi coll’ osservazione clinica : onde che le emorragie non rappresentano una necessità patolo- gica delle angettasie, ma soltanto un esito di queste ed uno dei momenti più importanti della cronologia della dermatosi. Qui pure le emorragie puntiformi e lenticolari sì formano, o in corrispondenza dei fol- licoli, o in vicinanza loro. Hanno una durata variabile, ma col tempo cambiano nel loro grado di colore, sebbene colla lastra diascopica lascino talvolta vedere nel loro centro un puntolino più scuro e nettamente limitato, riferibile a qualche vasellino ettasico. Un’ impor- tante particolarità clinica sta nella sede costantemente superficiale delle emorragie, con- trariamente a quanto si verifica nelle ordinarie forme di porpora nelle quali variabile è la profondità delle medesime. Dopo una durata variabile le emorragie terminano colla pigmen- tazione, la quale lascia macchiette giallo-brune, e appresso tutta 1’ area di pelle compresa entro la figura anulare piglia una tinta alquanto giallognola, d’ ordinario uniforme, che col tempo va interamente a scomparire. Sulla durata di questo periodo, intimamente legato al precedente, non è dato di sta- bilire limiti precisi, essendo variabile nei diversi pazienti, e variabile ancora nelle diverse sedi della dermatosi d° uno stesso individuo. Per citare un’ esempio, nella Masi Giulia la colorazione bruna delle macchiette e quella giallognola delle chiazze anulari hanno durato in qualche regione anche otto mesi circa prima di dileguarsi. 3°. Periodo atrofico. — Dopo la scomparsa delle macchiette pigmentarie, o anche durante la loro presenza, avvengono cambiamenti importanti nel trofismo della cute com- presa nelle chiazze anulari della dermatosi. I peli dapprima si assottigliano, scoloriscono e cadono in atrofia; anche l’ orifizio dei follicoli scompare e solo mediante la lente può scorgesi come un puntino imbutiforme. Dopo qualche mese però nel maggior numero delle chiazze non rimane più traccia, nè del pelo, nè dell’ orifizio follicolare. E ora l° atrofia dei peli e la susseguente alopecia si rilevano facilmente in quei soggetti che ne sono abbastanza forniti; laddove in coloro, la pelle dei quali è rivestita di rudimentali pelurie, il fatto è poco rilevabile. La pelle, compresa entro le figure anulari, si fa più sottile, più consistente, più lucida, perde il pigmento e viene percorsa da molti e finissimi solchi. Tale è il periodo atrofico da cui è colpita la pelle in questa dermatosi: esso ha molta somiglianza con quanto accade nella pelle del vecchio per effetto dell’ involuzione, di modo che può dirsi che la pelle in questa contingenza morbosa assuma uno sfato presenile. Yuttavolta anche durante questo periodo le chiazze anulari continuano a crescere a spese dei follicoli limi- — 371 — trofi per diffusione cerzrifuga del processo che invade con sempre nuove ettasie capillari della circolazione follicolare. Decorso ed esiti. — Sebbene non sia adeguato il numero dei casi, da me raccolti, allo studio di queste particolarità della dermatosi, nullameno dall’ insieme delle osserva- zioni cliniche può desumersi con sicurezza che il decorso della medesima sia abbastanza lungo ; soltanto in uno dei casi (N. II°) il decorso fu relativamente più rapido. Quali condizioni, sia locali, sia generali, possano influire sulla durata della dermatosi non c'è dato per ora stabilire. Finchè la statistica non avrà offerto una maggiore raccolta di casì clinici, noi, tenendoci alla pura osservazione dei fatti, verifichiamo che le macchiette rosso-livide, da principio disseminate, si ordiscono e crescono assai lentamente: e del pari la loro configurazione in chiazze anulari si compie, come si è visto nel VI caso, con una certa lentezza; ma, più che la lentezza di sviluppo, sorprende la lunga persistenza del grado di colore delle macchiette emorragico-telangettasiche, ch’ è l’ opposto di quanto si osserva nella porpora emorragica, nella quale facili sono i mutamenti dei focolai sanguigni. Se n° ha una prova luminosa nel III° e VI° dei casi sopraesposti. Ma le ricerche istolo- giche daranno ragione più precisa di questa lunga persistenza delle macchiette e conse- guentemente anche del decorso della dermatosi. Quello però che havvi di notevole nel ciclo di qnesta malattia, è la mancanza d' eruzioni improvvise, 0 ricorrenti in forma parossistica, laddove ciò avviene di sovente nella porpora emorragica. Si può bensì avere la comparsa di qualche nuova figura anulare, quando la dermatosi è giunta alla sua pie- nezza, mai però avvengono estese gettate eruttive. Come si disse, le macchiette rosso-livide finiscono in pigmentazione, e le chiazze anu- lari in lieve atrofia. Ma quale veramente è 1’ esito ultimo dell’ eruzione? La difficoltà di poter tenere per lungo tempo in osservazione gli ammalati non mi consentì di assistere all’ ultima fase della dermatosi per assicurarmi, se dessa subisca qualche speciale termi- nazione, o passi ad altra forma. Tuttavolta avendo avuto sott’ occhio, dal Gennaio fino ad oggi, la paziente Masi :(VZ. caso), ho potuto convincermi che la dermatosi di questa non è soggetta nè a polimorfismo, nè ad altri esiti, tranne la pigmentazione e 1’ atrofia. Ricerche istologiche. Passiamo ora a vedere se le ricerche istologiche possano darci in mano la giusta interpretazione dei principali fatti, che si svolgono in questa singolare dermatosi e possibil- mente anche la patogenesi della medesima. La difficoltà di avere da ogni e singolo malato il materiale per siffatto studio non permette ancora d’ esporre un giudizio assoluto sul meccanismo di sviluppo delle principali proprietà morfologiche della dermatosi, quali, cioè, la comparsa delle macchiette emorra- gico-telangettasiche e la loro configurazione anulare: infatti in due soli casi ho potuto investigare la pelle malata, tolta, sia dal cadavere, sia dal vivente. Ma sebbene i due casi, che hanno servito per tali ricerche, fossero identici per carat- Serie VI. — Tomo I. 48 — 372 — teri morfologici, tuttavia presentavano differenze per l’ età del soggetto, per il decorso e per alcuni fenomeni di concomitanza ; cosicchè io, riferendone i risultati d’ ambedue, cer- cherò di porre in rilievo i punti clinico-istologici, coi quali essi si avvicinano e si toccano e quelli, pei quali essi si discostano. Prime ricerche su pelle presa dal cadavere. — E senz’ altro, venendo al primo caso, riferirò che le ricerche istologiche (già da me descritte nel precedente citato lavoro) furono da me compiute su lembetti di pelle, recisi dal neonato deforme poche ore dopo la sua morte. Dopo averli induriti, sia in sublimato, sia in alcool assoluto, i pezzi anato- mici furono inclusi, parte in celloidina, parte in paraffina. Le sezioni microtomiche furono colorate con diversi metodi: 1° con allune-carminio ; 2° con ematossilina ed cosina; 3° Nel farne l’ esame microscopico la mia attenzione fu attratta subito da cospicue ezfasie con soluzione alcoolica di saffranina. capillari: queste colpivano principalmente le anse vasali all’ ingiro degli orifizi follicolari, come anche la rete dei vasi subpapillari. Inoltre apparivano ettasiche le reti vasali del follicolo stesso, formando veri plessi, sebbene la distribuzione loro attorno al follicolo non fosse uniforme. I vasi hanno un decorso serpiginoso e presentano in alcuni tratti allargamenti e restringimenti e quasi sempre sono infarciti di sangue. In alcune sezioni microscopiche notasi qua e là attorno ai capillari ettasici una scarsa diapedesi di corpuscoli rossi, i quali in massima parte sono sformati. Incontrasi pure qualche focolaio emorragico, formato quasi esclusivamente da detrito sanguigno. In questo primo periodo delle alterazioni vasali rarissimamente è dato di vedere pigmento; solo in vicinanza di qualche vaso ettasico può trovarsene alcuna piccola zolla granulosa. Nei punti ove il processo è più avanzato, ove cioè le macchiette hanno già assunto un colore rosso-livido e contorni più netti, i capillari sono in minor numero; ma alla loro volta presentano eztasie assai più considerevoli, e quasi sempre sono essi ripieni e turgidi di sangue, tanto che la loro sezione trasversale raggiunge notevoli dimensioni. In alcuni punti s° incontrano pure dilatazioni sacciformi e gozzi varicosi lungo il decorso di qualche vaso della rete profonda. Anche gli stravasi emorragici sono quivi più frequenti e più estesi, consistenti in detrito sanguigno misto a granuli e zolle di pigmento. In questo periodo le reti vasali dei follicoli mostrano etfasie molto maggiori, come si possono scor- gere nella tavola del citato lavoro; i follicoli però non si mostrano alterati nella loro struttura e, tenuto conto dell’ età del neonato, neppure nel loro volume. Il reperto microscopico più importante però è dato da una leggiera sì, ma inconte- stabile infiltrazione parvicellulare perivasale, specialmente ove le ettasie dei vasi sono più numerose e sviluppate. Tra le fibre alquanto inspessite e lucenti del tessuto connettivo del derma stanno giovani cellule rotonde in gran numero, ed anche alcune ovali e legger- mente fusiformi, le quali seguono le diverse fasi di sviluppo, gradatamente salienti degli elementi connettivali fissi. L’epidermide non presenta alterazioni apparenti: solamente in alcuni punti sì mostra alquanto più sottile. Mem.RAcc.d. Sc Bologna-Serie VI.Tomo 1? - A.Scorzoni pittore dis, dal vero PMajocchi + Purpura annul. teleang.-Tav Mem.RAcc.d. Sc.Bologna,Serie VI.Tomo I° — 372 — teri morfologici, tuttavia presentavano differenze per l’ età del soggetto, per il decorso e per alcuni fenomeni di concomitanza ; cosicchè io, riferendone i risultati d’ ambedue, cer- cherò di porre in rilievo i punti clinico-istologici, coi quali essi si avvicinano e si toccano e quelli, pei quali essi si discostano. Prime ricerche su pelle presa dal cadavere. — E senz’ altro, venendo al primo caso, riferirò che le ricerche istologiche (già da me descritte nel precedente citato lavoro) furono da me compiute su lembetti di pelle, recisi dal neonato deforme poche ore dopo la sua morte. Dopo averli induriti, sia in sublimato, sia in alcool assoluto, i pezzi anato- mici furono inclusi, parte in celloidina, parte in paraffina. o Le sezioni microtomiche furono colorate con diversi metodi: 1° con allume-carminio ; 2° con ematossilina ed eosina; 3° con soluzione alcoolica di saffranina. Nel farne l° esame microscopico la mia attenzione fu attratta subito da cospicue ettasie capillari: queste colpivano principalmente le anse vasali all’ ingiro degli orifizi follicolari, come anche la rete dei vasi subpapillari. Inoltre apparivano ettasiche le reti casali del follicolo stesso, formando veri plessi, sebbene la distribuzione loro attorno al follicolo non fosse uniforme. I vasi hanno un decorso serpiginoso e presentano in alcuni tratti allargamenti e restringimenti e quasi sempre sono infarciti di sangue. In alcune sezioni microscopiche notasi qua e là attorno ai capillari ettasici una scarsa diapedesi di corpuscoli rossi, i quali in massima parte sono sformati. Incontrasi pure qualche focolaio emorragico, formato quasi esclusivamente da detrito sanguigno. In questo primo periodo delle alterazioni vasali rarissimamente è dato di vedere pigmento; solo in vicinanza di qualche vaso ettasico può trovarsene alcuna piccola zolla granulosa. Nei punti ove il processo è più avanzato, ove cioè le macchiette hanno già assunto un colore rosso-livido e contorni più netti, i capillari sono in minor numero; ma alla loro volta presentano effasie assai più considerevoli, e quasi sempre sono essi ripieni e turgidi di sangue, tanto che la loro sezione trasversale raggiunge notevoli dimensioni. In alcuni punti s'incontrano pure dilatazioni sacciformi e gozzi varicosi lungo il decorso di qualche vaso della rete profonda. Anche gli stravasi emorragici sono quivi più frequenti e più estesi, consistenti in detrito sanguigno misto a granuli e zolle di pigmento. In questo periodo le reti vasali dei follicoli mostrano etfasie molto maggiori, come si possono scor- gere nella tavola del citato lavoro; i follicoli però non si mostrano alterati nella loro struttura e, tenuto conto dell’ età del neonato, neppure nel loro volume. Il reperto microscopico più importante però è dato da una leggiera sì, ma inconte- stabile infiltrazione parvicellulare perivasale, specialmente ove le ettasie dei vasi sono più numerose e sviluppate. Tra le fibre alquanto inspessite e lucenti del tessuto connettivo del derma stanno giovani cellule rotonde in gran numero, ed anche alcune ovali e legger- mente fusiformi, le quali seguono le diverse fasi di sviluppo, gradatamente salienti degli elementi connettivali fissi. L’epidermide non presenta alterazioni apparenti: solamente in alcuni punti sì mostra alquanto più sottile. Il | | 2% RAcc.d. Se.Bologna,Serie VI Tomo I? - A.Scorzoni pittore dis, dal.vero Lit B.Rizzoli e Figlio-Bologna. Mem.R.Acc.d. Sc.Bologna, Serie VI.Tomo f° P* Majocchi — Purpura annul. teleang.—Tav.II® i. RO i LA d Si A.Scorzoni pittore dis, dal vero Lit.B.Rizzoli e Figlio-Bologna. — 373 — Fin qui abbiamo studiato le alterazioni della pelle in corrispondenza delle macchiette rosso-livide nei diversi periodi del loro sviluppo, formanti le figure anulari. Se ora passiamo ad investigare l’area cutanea centrale dei focolai anulari, ci colpisce il vedere qui interrotta la rete dei capillari effasicì subpapillari, e specie di quelli peri follicolari, ed in cambio trovarvi un ispessimento del connettivo dermico, esente da d2iltra- zione parvicellulare, e in alcuni punti colpito già da sclerosi con conseguente retrazione. I follicoli piliferi pure sono, o in tutto atrofizzati, o di essi rimane soltanto la regione dello sbocco: insieme coi follicoii sono scomparse le annesse glandole sebacee, o talvolta havvi appena un residuo di acino sotto forma di piccolo bottone epiteliale. Corrispondente- mente alla interruzione e alla scomparsa della circolazione papillare, mancano nella parte superiore del derma le papille, delle quali rimane solo un richiamo nel decorso lievemente ondulato della linea marginale, contigua all’ epidermide. In conseguenza della mancanza del corpo papillare, anche la sovrastante epidermide è molto sottile e specialmente assai ridotti sono gli strati granuloso e corneo. Ma in questi tratti di pelle, chiusi entro gli anelli emorragici ed angioettasici, colla sclerosi del derma e coll’ atrofia dei follicoli, rin- viensi una notevole riduzione dell’ ipoderma, che qui è tanto più spiccata, in quanto che, nella pelle del neonato, sempre molto spesso è il cuscinetto adiposo. Infatti nelle sezioni microscopiche, viste con piccolo ingrandimento, risultano assai bene le differenti propor- zioni di questo tessuto con quelle delle parti circostanti. IL’ insieme di questo reperto isto-patologico, che sta a significare una. involuzione cutanea per progressione centrifuga dei focolai anulari (stato presenile), si palesa in tutti i preparati con un lieve avvallamento dell’ orlo superiore della sezione microscopica, già visibile ad occhio nudo, o mercè una semplice lente. (continua) N. B. - Le altre due tavole saranno unite alla PARTE II, nel Tomo II, Serie VI. SA INDICE C. Fornasini — Illustrazione di specie orbignyane di foraminiferi istituite nel 1826:"congquautrostavole ee tia... ul oe a dr CRE D. Vitali — Dell’azione antisettica e fisiologica dei persolfati e della loro ri- Cercognermtcastigigveneficio CIS: