/ ^. lid 3.3. /S- MEMORIE DELL' ISTITUTO NAZIONALE ITALIANO C L A S S E DI nSIGA E MATEMATIGA To MO PRiMo. Parte second a \ nomico, si chiamera orizzonte istromentale. 8 Pino 17. La meridiana istromentale divide 1' orizzonte istromentale in due semieircoli , uno dei quali e 0/7'e/i- m/e, e Taltro occidentale; e vicendevolmente il dia- metro conjugate divide la meridiana in due parti, Tu- na delle quali e la settentrionale, e 1' altra e la meri- dionale. 11 seinicircolo si orientale che occidentale, di- videsi in 180 gradi, che si chiamano orientali, ovve- ro occidentali , second© che sono nel semicircolo orien- tale, ovvero occidentale. Ma la numerazione ordinale dei gradi dee essere segnata diversamente , secondo la diversa maniera di computare e di denoininare la dire- zione. 18. E parimente \ orizzonte istromentale si puo annettere all' ago magueiico, cosi che giri col moto co- mune dell' ago stesso: il che si fa, applicandovelo in maniera, die il suo centro corrisponda alia punta, da cui e sostenuto T ago magnetico, e che il nord dell' orizzonte istromentale e mobile, sia nella parte setten- trionale dell' ago medesimo; nel qual modo il nord istromentale viene a coincidere col nord magnetico. Dee pero rimanere segnata nell' istromento la meridia- na istromentale TV' S\ siccome quella che sempre dee corrisponder alia linea, di cui si vuol determinare la direzione. Posta tale disposizione dell' orizzonte istro- mentale, r oriente vi si segna a destra di chi dal cen- tro guarda il nord istromentale, e 1' occidente a sini- stra: il che corrisponde alia posizione astronomica dei quattro punti cardinal!. Inohre siccome si suole esti- mare la direzione, andando dal nord verso oriente, cosi nel circolo mobile si segnano i gradi coi nnmeri crescenti, cominciando dal nord, e proseguendo verso DESCRIZIONE DI UN GONIMETUO V.C. 9 Test sino al sud, ove si segna il numero i8o. Di poi si ricomincia la nuinerazione, andando verso occideiite, e terminandola nel iiord, d'oude si comincio. Quindi la direzione di una linea si determina, facendo alia linea stessa corrispoadere la parte settentrionale della meri- diana istromentale : il che fatto, il numero dei gradf, che suH'onzzonte mobile viene a corrispondere al nord istromentale, e la direzione richiesta della linea; la qual direzione dicesi orientate^ se i gradi segnati dal nord istromentale sono nel semicircolo mobile orientale; e dicesi occidenta/e ^ se sono nel semicircolo occidentale. 19. Ma quando 1" orizzonte istromentale non e mo- bile col moto comune dell' ago magnetico, conviene in quello segnare a rovescio si 1' oriente e V occidente, come anclie la numerazione successiva dei gradi; cio^ a dire si scrive Vest a sinistra, e 1' ovest a destra, com* e nella figura 3; ed i gradi che cominciano al nord, si segnano coi numeri crescenti a sinistra sino al sud, ov' e il numero i8o: e da questo pnnto si ricomincia- no, continuandoli per I'ovest, sinche si giunga al nord, ove sara pure il numero 1 8o , che indica 1 8o gradi oc- cidentali, i quali corrispondono alio zero di gradi di direzione orientale. In tal disposizione la direzione di una linea si determina, facendo corrispondere ad essa il raggio settentrionale della meridiana istromentale, ed osservando il numero di gradi, che viene segnato dal nord magnetico; e la direzione dicesi orientale, se i gra- di segnati dal nord dall' ago magnetico sono nel se- micircolo segnato nell' istromento come orientale; oc- cidentale, se sono nell' occidentale. Se in vece di se- gnare a rovescio Vest e I'ovest, si segnassero secondo T. I. P. II. 2 10 Pino la loro situa/ione astroiioniica, converrebhe iiell' uso' dello stromento ricordarsi di chiamare occideutali i gra- di del semicircolo segnato E\ ed orientali quelii del se- micircolo segnato O. 2Q. Per gli usi della geometrla sotterranea, la di- rezione si misiira non in gradi, ma in ore; cioe a di- re il semicircolo orieritale dell' orizzonte istromentale si divide in la parti egnali che chiamansi ore, ed in aUretiante il semicircolo occidentale, segnandovi i nn- meri collo stesso ordiiie, clie lio indicato y^ei gradi. Ogai ora si snddivide in 8 parti, cioe in ottavi di ora. 21. Per la nantica il semicircolo orientale delTo- rizzonte istromentale si snddivide in i6 venti, ed in al- trettanti 1' occidentale; e qnesti, come abbiamo detto dei gradi , si segnano a rovescio , qnando T orizzonte non c conncsso coll' ago magnetico. Questo circolo co- si diviso suol chiamarsi rosa dci venti. 23. La direzione in gradi si esprime nel segnente modo. Snpponendo che siasi trovata di 20 gradi orien- tali, si scrive 20 Or., oppure E. 20; che se fossero bc- cidentali, si scriverebbe 20 Or., oppure O. 20. In si- mile maniera si esprime la direzione in ore : per esem- pio 4. 2, Or. oppnre E. 4. 2., che significa essere la direzione a 4 ore e 2 ottavi, ed essa orientale; che se fosse occidentale, si scriverebbe 4. 2. Oc oppure O. 4. 2. Fmalmente la direzione espressa in Venti si denomina dal vento a cui corrisponde, esprimendola coir abbreviazione indicata nella rosa dei venti. (fig. 3) 23. La direzione che si detei^mina nelle accenna- te maniere, e V osser\>ata. Per ridurla all' astronomica, conviene farvi 1' opportuna correzione. 11 che richiede DESGRIZIONE ni UN GONIMETRO CC. It die si sappia la declinazione dell' ago magnetico. Quan- do questa sia iiota, e si usi 1' orizzonte connesso coll' ago inedesimo, si puo colla bussola avere la direzione astroiiomica nell' atto stesso dell' operazione. Cio si ot- tieiie nel seguente modo. Sapposto che la declinazio- ne sia di gradi 20 verso occidente , e chiaro che la parte settentrioiiale della meridiana astronomica forme- ra verso oriente, cioe alia destra della parte settentrio- nale della meridiana inagnetica, un angolo di gradi 20. Quindi neir attaccare V orizzonte istromentale all' ago magnetico, invece di far corrispondere la parte setten- trionale dell' orizzonte istromentale mobile alia parte settentrionale dell' ago magnetico, qnella si terra 20 gradi alia destra di qnesta, cioe a dire, invece di far corrispondere al nord magnetico il grado 180 iV", si fa- ra corrispondere il grado 160 del semicircolo occiden- tale, e cosi nella bussola stessa sara ridotta la direzio- ne osservata all' astronomica, che sara segnata dal nord deir orizzonte istromentale fjsso. : 24. Come tutte queste diverse maniere di osserva- re e di determinare la direzione si ottengano col go- nimetro, si vedra nella descrizione del medesimo. In- tanto giovera notare alcune altre maniere di compu- tazione. I mineralogisti svezzesi dividono 1' orizzonte istromentale in quattro qnadranti, ciascuno di 90 gra- di, ed ogni quadrante in 4 Venti, 25. Gli uogaresi dividono bensi la bussola mine- ralogica in 24 ore, e computano la direzione, aiidando dal nord all' oriente. Essi pero non ricominciano, come noi facciamo, la numerazione al sud, ma la contiima- no in serie cj'escente dopo il 12; cosi che, laddove nel 12 Pino semicircolo occidentale noi segniamo i, a, 3, ec, essi segnano i3, 14, i5. La maiiiera pero da noi usata e migliore, ed e perci6 seguita piu comunemente dagli scrittori di geometiia sotterranea. 26. Abbiamo detto che la posizione di una linea o di un piano e detenninata , quando sia determinata la sua inclinazione e direzione. Allora che la liiiea e orizzontale, la sua inclinazione e nulla: perciocche nell' orizzontale e il principio, d' onde si computa in gradi r inclinazione delle linee non orizzontali, il qual prin- cipio e zero di gradi. Oia sicconie una linea puo in- tendersi prolnngata indefinitamente da anibe le parti, percio la direzione magnetica di una linea orizzontale C N (fig. 4) puo essere si Tangolo N C N\ che segna una direzione orientale, come il sno opposto ed, egua- le S C S\ che si puo intendere formato dal prolunga- mento di essa, e che segna una direzione opposia, cio^ occidentale. Quindi per togliere V ambiguita, conviene distinguere la linea, o come da descriversi, o come gia descritta. Se e gia descritta, senza che sia fissato in es- sa il punto, dal quale si comincio la descrizione, la sua direzione e tra due punti IV, S di essa, che sono, r uno da una parte, e I'ahro dall'altra del centro dell' orizzoite istromentale: onde se per esempio la linea S IV coincide colla moridiana magnetica, la sua dire- zione dcve dirsi tra settentrione e mezzodi; ne si puo esdnsivamente dire die sia da settentrione a mezzodi; rerciocche puo anche dirsi essere da mezzodi a set- tentrione. Ma se la linea si riguarda come descritta, o da descriversi da un punto /, (fig. 4) come principio, audando dirittamente ad un altro punto iY, come ter- DESCRIZIONE DI UN GONIMETRO CC 1 5 mine, allora la direzione della retta J N^ che congiu- gne questi due punti, sara determinata, e da esprimei'-^ si nel modo sopra indicate (n". 22); e noi supponiamo sempie, che il principio della linea, di cui si avra a determinare la direzione, corrisponda al centre / dell* orizzonte istromentale, ed il terniine sia verso il nord della meridiana istromentale, al quale sia sempre ri- volto I'osservatore supposto nel centro stesso. 27. Quando una retta, come AB (fig. i) e obbli- qua, la sua direzione e quella, che ha la sua proje- zione AC sulT orizzonte; ed allora la direzione della linea puo chiamarsi o ascendente , o discendente . Cosi se la sua direzione e tra V est e 1' ovest , la retta puo esser ascendente dall' est all' ovest, oppure dall' ovest air est; onde per determinare la posizione, conviene esprimere se Tascensione sia orientale, ovvero occiden- tale, cioe da qual rispetto sia ascendente. In quella maniera pero, che una reita puo dirsi ascendente daW est air ovest, puo esser cXxminsiVA .discendente dall' ovest air est. Ma ordinariamente si esprinie il rispetto dell' ascensione; e quando trattasi di calcolare, si riguarda la direzione ascendente come posiiiva, e la discenden- te come negativa, in quella guisa che la direzione orien- tale si chiama posuiva, e T occidentale negativa. 38. Anche I'inclinazione di un piano parallelo all' orizzonte e nulla, come e nulla la sua direzione. Per- ciocche per la direzione di un piano richiedesi ch' es- so abbia una sezione comune coll' orizzonte; ed un pia- no orizzontale, o parallelo all' orizzonte non forma con questo veruna sezione comune. Potrebbesi pero anche dire che ua piano orizzontale ha innumerevoli dire- 14 ' • • P I N o zioni come possiblli; ma per quesfo stesso nou ne ha veruna come esistente o determinata. 29. Quando un piano DFS R (fig. 2) e inclinato, in esso convien distinguere due direzioni, Tuna ascen- dente da ^ in ^, e T akra lacerale, die e quella del- la comune sezione F D^ che esso forma coU' orizzon- te, e che stendesi da A in F, ovvero da A in D . La direzione ascendente e quella, che ha la reita AB che e comune sezione del piano inclinato D F S R col pia- no» verticale d' inclinazione BAC: la qual direzione e <]uella stessa, che ha la retta A C che e la projezio- ,ne di AB. La direzione laterale DF e sempre perr- pendicolare alia direzione ascendente; onde, quando quesra sia determinata, diviene nota auche la laterale. 30. La direzione laterale e quella che propria- mente intendesi dai mineralogisti, quando semplicemen- te nommano direzione; e 1' ascendente e da essi chia- mata pcndcnza. Cosi se un filone o uno strato ha la direzione tra nord e sud, la sua pendenza dicesi tra est ed ovest. 3i. Se il piano di cui si cerca la direzione, e non inclinato, ma verticale, la sua ]>endenza o sia la stia direzione ascendente e nulla, in quanto die cessa di essere piano inclinato: ma propriamente esso ha la mas- sima elevazione sul piano orizzontale; e la sua dire- zione e quella che ha la sua comune sezione coU'oriz- zonte; la qual direzione e propriamente la laterale. 32. £ qui e da avvertire alia diversa maniera che si puo seguire nel computare la maggiore o minore in- clinazione o pendenza di una linea o di un piano. Or- dinariamente ei computa il principio dell' inclinazione DESCRIZIONE DI UNi GONIMETKO CC. iS dalla posizione otizzontale, cosi che, quando una linea o un piano c orizzontale, la sua inclii^zione dicesi nul- la; onde a niisura ciie la linea o il piano forma coll' orizzonte un angolo maggiore, finche giunga a formar re un angolo retto, dicesi avere una maggiore inclina- zione o obbliquita coll' orizzonte. Alcuni pero distin- guono r obliijnita dalla inclijiazione : e qnella estima- no dallu verticale, cosi che chiamano piii obliqua quel- la linea che maggiormente declina dalla verticale, cioe che ha una minore inclinazione coll' orizzonte, o sia che forma un angolo minore colla linea orizzontale. Lo stesso intendono anche di un piano. 33. Dai principii esposti dipende la determinazio- ne della posizione degU strati e dei filoni metallici. Strati diconsi quel massi soprapposti gli uni agli altri, ciascuno dei qnali e compreso tra due piani paralleli. 11 piano di uno strato, che giace sul piano di un al- tro, chiamasi coniniessura: onde i massi, affinche sieno stratificati, devono avere le commessure parallele. Nel- \n llgura 8 sono espressi tre strati, le cui commessure sono GHEF ,N IDS, ec. 34. Filone o vena chiamasi uno strato di materia minerale diversa da qnella, dentro la quale rimane in- cassata. In un lilone obliquo distinguesi il riposo, ed il cadente; o sia il pavimento, ed il tetto; la quale di- stinzione e da intendersi anche negli strati. Per r/'poso intendesi il piano giacente, su cui il filone s'appoggia; ed il cadente e la superficie opposta al riposo. Cosi nn filone che fosse tra i due piani FHJE , ADC D (fig. 9), avrebbe il primo per riposo, ed il secondo per cadente . i6 Pino 35. Premesse tali cose, vengo ora alia descrizione ed agli usi dello stromento, con cui nello stesso tem- po e con somma facilita si misura 1" inclinazione e di- rezione di qualunque linea o piano; e comincero dal gonimetro tascabile. Esso e disegnato nella sua gran- dezza reale nelle figure 3, 5, 6. Consiste primieramen- te (fig. 5, 6) in un aiiello piatto N" V O" sostenuto da tre colonnette A egualmente alte, che in esso entrano a vite, e sono amovibili. AH' indicato anello (fig. 3) e applicata la bussola descritta al n". i6. Finalinente in un piano parallelo alia meiidiana istromentale e appli- cato un quadrante (fig. 6) RCD^ in modo che il suo raggio C P il quale segna lo zero, sia perpendicolare al piano delF accennato anello, ovvero alia base A A' A" deir Istroniento (fig. 5), e 1' altro CD, che segna il numero 90, sia parallelo al piano dell' anello stesso, ed alia meridiana istromentale N S. 36. Dal centro C del quadrante pende un piom- bino /*, e tutto il quadrante e amovibile, essendo ap- plicato alio stromento per mezzo di due piccole pun- te J", che entrano nelle corrispondenti cavita praticate sulla costa dell' anello V O N". 37. L'orizzonte istromentale (fig. 3) ha tre divisio- ni circolari, 1' una in gradi, T akra in Venti, la terza in ore. 38. 11 gonimetro si smonta, svitando i piedi, e de- traendo il quadrante: il che fatto-r rimane la bussola nel suo anello, ed il tutto si ripone in una scatola o astuccio che riesce di piocola mole e di poco peso. ]\!a affinche 1' ago magnetico non esca di luogo nel tra- sporto, avvi una ferma (fig. 7) faita nel seguente mo- DESCRIZIONE DI UN GONIMETRO CC. 1 7 do. Nel mezzo C del circolo che forma il fondo del- la bussola, e fissata la punta che sostieiie T ago ma- gnetico; e questa passa eatro ad un cono di ottone EDF^ il quale e forato nel mezzo, ed ha al di sot- to due pezzi H Y, per mezzo dei quali si connette col- le viti n , m ad un tubo a t z a terininato in un bot- tone GH. La somniita a a di questo tubo s' appoggia contro una molla ar faita di sottili lamine di oitone, cosi che, premendo insu il tubo, si rialza con esso il cono al di sopra della punta che sostiene 1' ago ma- gnetico; e lasciando agire la molla, la punta stessa sporge fuori del cono si che 1' ago magnetico puo agi- re liberaniente. Per tale artifizio, quando si ripone nel- la scatola la bussola, il peso di questa vince la pres- sione della molla, e spinge insu il cono, il quale ri- ceve il cappelletto dell' ago magnetico, e lo preme con- tro il vetro che cuopre la bussola, e cosi impedisce il moto deir ago stesso. 39. 11 descritto stromento e sufficiente per gli usi mineralogici . Ma per renderlo di un uso piu esteso , e massime per la geometria sotterranea, richiede diverse addizioni, dalle quali nsulta un nuovo stromento, che io chiamo pantoiiietro . Questo e composto di due par- ti. La prima e il goniinetro; la seconda e un treppie- de sul quale si monta il gonimetro, allora che bisogna. In questo pero alcune sue parti sono costruite diver- samente da quel che sono nel tascabde. 40. Primamente per base del gonimetro si prepa- ra una lamina di oitone circolare E F G (llg. i5, 16, 17) ritagliata internamente in una crociera H H' B" H'\ nel cni mezzo sia im foro D . T. J. P. 2. 3 iS Pino Sii questa base si alzano quattro sostegni egual- niente alti, cioe tre coloiiiiette (fig. i5) A A' A'\ ed un bracciuolo montante B B' B'\ che colle viti r^r\r'' si aiuiette alia base perpeiidicolarmente; e su questi so- stegni si congiugiie 1' aiiello superiore x,x',.r"/-, che porta la bussola, e die e eguale all' infer io re GH EFy come vedesi nella fig. 16 rappresentaiite il gonimetro in j)rospettiva. ISeir anello superiore, che e fisso, sono tre fori a vite x,x',.x", i quali sono destinati a ricevere tre al- tre colonnette, che devonsi avere a parte per appli- carvele superiormente, qnando il gonimetro si deve usa- re, poncndolo sul cadente di uno strato, o filone me- tallico (n°. 34). Air anello mobile rxx'x" (fig. 16) della bussola e applicato iin traguardo Z nella direzione della meri- diana istromentale; il qnal traguardo consiste in due punte di tale lunghezza, che per esse si possa mirare anclie ad un oggetto alcjuanto elevato, o depresso per rapporto all' orizzonte: il che si otterra, abbassando o elevando l' anello stesso, che per costruzione e girevole su de' suoi perni . 41. Per alcuni usi giova ayere in pronto una ta- voletta quadrata di legiio, nel cui mezzo sorga un ci- lindro di ottone, sulla quale si porra il gonimetro, fa- cendo entrare nel cilindro il foro centrale D pratica- 10 nella base del aonimetro stesso. 42. Neir anello GFE (fig. i5) si fara un piccol foro r, che servira per fissar con vite il gonimetro sulla tavoletta o sul treppiede, come si dira. 43. La bussola ha I'orizzonte istromentale girevole; DESCRIZIONE DI UN CONIMETRO ec IQ e tal moto e praticato nel segnonte moJoi Al cli sot to della piasira die serve di ovuzonte istroinentale, tjnal e gill (fig- 17, 18), e uiiita una ruota deiuata a be mobile central meiite per aiezzo di un pignoiic d, il cui bottone sporge iuori al di sotto della bussola , come >"tdesi nella lig. 18: e per bilaiiciare il peso dc;l pigiio- ne, e aggiunto il contrappeso em. AUora clie V orizzonie istromentale e girevole , i Vend vi si segnano coll' ordine diretto, e non a rove- scio; ma iiel cerchio diviso in gradi, clie e (Isso, la se- gnatura dell' est ed ovest rimane a rovescio, come si c detto al n". 19. Di piii nell' orizzonte girevole si se- gna il luogo della conezione della direzione magneti- ca, cioc a dire, se la declinazione magnetica e di 20. gr. oc. il segno si fa nel siio semicercliio occidentale in distanza di 20 gr. dal nord dell' orizzonte girevole. Al sopraindicato bracciuolo si applica in vece del quadrante un semicircolo (lig. 16,20) graduato TBt, il quale si possa girare iatonio al suo centro . La sua po sizione deve essere perpendicolare alia base del goni- metro, e parallela al piano condotto per la meridiana istromentale perpend icolarinente alia base stessa. A questo semicircolo (fig. 18), cbe sulla costa ur e solcato, si applica una vite di ricbiamo pei piccoli movimenti. Questo meccanismo resta dietro il Nonio GF (fig. 20); e consiste in una vire perpetua cbe in- grana nei sokbi ur del semicircolo, e cbe per rnezzo del bottone K si puo girare, facendo cost elevare o abbassare centralmente il semicircolo a piccoli gradi. Questa vite perpetua e incassata in modo cbe Tincas- satura L L' si possa alzare ed abbassare intorno il cen- 2c Pino tro z\ e per mezzo di una vite di pressione R (fig. i8) essa si tiene fei'ina all' akezza ricliiesta , affinche la vi- ce perpetua ingrani nei solchi del semicircolo. Poiclie la posizione di questo ineccanismo impe- disce die il filo del pendolo vada a radere il piano del semicircolo , come richiede 1' iiso del gonimetro (fiq. 3o), pcrcio il pendolo o piombino e fatto in mo- do che dal centro della sua J)ase sporga un sottile ago f, il quale equivale al filo e puo segnare sul se- micircolo i gradi di elcvazione, essendo ritagliati i rag- gi CY,CY\ CY" nolle porzioni XY, X'Y, X" Y" in modo che il cilindretto / costituente il piombino del pendolo, possa per meta entrare in questi ritaglj . 44. Sulle estremita del semicircolo prolungato so- no I UN GONIJMETRO ec. 25 hanno retd gli angoli ZY X ^Z X E^ e comune Tan- golo YZX^ sara parimente T angolo ZXY eguale air angolo XEY. Ma 1' aiigolo ZXY e la misura deir inclinazioiie del piano dato FBCD col piano orizzontale FB O il/, attesochc le rette YX , Z X so- no le comuni sezioni dei due piani accennari con un piano vcrticale ZEX. Dunque I'aiigolo YEX^ o sia tEu segnato dal piombino nel quadrante sara la mi- sura deir inclinazione o pendenza del piano dato. Quanto alia direzione ascendente del piano stesso, essa deve essere un angolo, die la retta orizzontale Y X forma colla direzione della meridiana magnetica n' s\ il centre della quale sia nel punto X. Ma poiche To- rizzonte istromentale (n^ i6) sempre riesce orizzontale, percio la meridiana magnetica s n sara parallela a quel- la che sarebbe segnata dall' ago magnetico , se fosse situato nel punto X come centro; e la retta YX sa- ra parallela alia meridiana istromentale S N . Ora le direzioni dell' ago magnetico in piccole distanze sono tra loro parallele; percio 1' angolo formato nel piano F B O M dalla retta X Y & dalla meridiana magnetica s' n' sara eguale all' angolo formato nell' orizzonte istro- mentale dalla retta S IV, e dall' ago magnetico s n. Os- servando pertanto nella bussola, quale sia la direzio- ne segnata dal nord magnetico, questa sara la direzio- ne ascendente del piano proj)Osto. Supponiamo ora die il piano inclinato presenti il cadente, per esempio la parte di sotto del piano F' B' O D' (fig. Il), cosiccbe non sia accessibile collo stromento la sua superficie superiore. Tale sarebbe la soffitta di una grotta, ovvero un lilone, il cui riposo T. I. P. 2. 4 36 P I N O ^ §!a distrutto. Per riconoscere 1' inclinazione e diiezio- iie di questo piano, si applichino (n". 40) i piedi LK del goniinetro alia parte superiore dell' anello SVNE. Quiiidi csso si appoggi di sottoinsu contro il piano, cosicchc le estremita K K' K" dei piedi stessi lo toc- chino, formandovi il piano K K' K'\ e si giri, finche il fi!o del piombo venga a radere il qnadrante. Cio fatto, si osservi 1' angolo d' inclinazione segnato dal pionibino, e la direzione segnata dal nord magnetico; e si avra cio die si cerca. 11 che e chiaro, giacche il piano del cadente e paralielo al piano del riposo, e percio quello che si e dctto del riposo, vale del ca- dente . P R O B L E M A 2". 5r. Data la posizione della meridiana in vicinan- za di un piano inclinato, trovare col pantometro la di- rezione astronomica del raedesinio . Sia KG Q L (fig. 12) un piano orizzontale, su cui sia segnata la meridiana N I; e sia. D E FA il piano inclinato, il quale sia per eseinpio il riposo di un fi- lone metallico , che deve rignardarsi come superiore al piano KGQ L. Col gonimetro si trovi I'angolo d' in- clinazione del piano DEFJ, riducendo cioe il filo del pionibino nel piano del qnadrante o semicircolo; e si segni sul piano stesso D E F A la linea A B^ che e la comune sezione di esso col piano d' inclinazione, il qua- le ^ lo stesso col piano del qnadrante, oppure e pa- ralielo a questo stesso. Quindi si prolunghi, se biso- o-na, la meridiana, e sulla direzione di essa T osserva- DESCRIZIONE DI UN CONIMETRO CC. 27 i tore, tenendo sospeso uii tilo f^ li, da cui peiida ua piombino, miri con un occhio al filo ed alia liiica A B, trasportandosi in situazioiie diversa, fiiiche la visualu f^ R cuopra la retta AB , o cada sii di essa, cioe fjii- che r occhio, il filo, ed A B sieno nello stcsso piano visuale, che sara verdcale, siccoine qiiello clie passa per la liiiea verticale del piomhino. Cio fatto si tra- sporti il goiiimetro posto sid treppiede al puiito F!, su del quale punto si fara corrispondere per mezzo di ua pendolo o piombino il centro del pantometro, o della piatina girevole, che suppongo essere ab r,e questa si riduca orizzontale. Poi si diriga il traguardo in un pia- no verticale che passi per la meridiaua OIV; il che si otteria, conducendo su di quesia una perpendicola- re 31 A^, o sia facendo peiidere su di essa il filo di un piombino, e mirando al filo medesimo . Si osservi il numero di gradi, a cui corrisponde questa visuale J^AI. Fijialmente si diriga il traguardo sulia retta A B ; e r aiigolo r X t segnato suir orizzonte, istromentale dal- le sezioni X'p , X M, che i due piaiii verricali XB p^ XMNV formano coir orizzonte, sara la direzione ri- chiesta. Imperciocche, supponendo che per un pun- to A della retta A B passi un piano A K C parallelo air orizzonte, e da un altro suo punto B cada la li- nea verticale B C, quel piano oiizzontale formera col piano verticale A B C la. comune sezione A C^ che e la projezione della pendenza AB^ e percio (n°. 5, 27) sara ABC \\ piano d' inclinazioiie, e 1' angolo CAB sara 1' inclinazione del piano, che c eguale a quella che nel quadrante dell'lstrotnento si sara osservata. Quindi AC sara la linea, la cni direzione sara quella 23 Pino che ha la pendenza JB del piano A D E F. Prolun- gando B C., e B A sino al sottoposto piano orizzonta- le, e conducendo VP^ qiiesta sara parallela ad AC, e nello stesso piano ABC prolungato: onde la dire- zione di VP sara la stessa die quella di AC. In fat- ti le rette XF,XB,VB sono nello stesso piano XBF, e qnesto e verticale, siccome quello che passa per la retta XV, che e verticale per costrnzione. Verticale e pnre il piano ABC, ovvero VBP\ essendo questo il piano d'inclinazione. Ora, poiche le linee verticali B C, V X sono condotte da due ])unti V , B della stessa li- nea AB prolungata, percio le tre rette XV, VB,BC, ovvero B P saranno nello stesso piano verticale; ed in questo piano saranno pure le rette XB , VP; cioe a dire i dne piani V X B,V B P formeranno un solo pia- 1)0 verticale. Supponendo ora, che per le rette XV, V N passi il meridiano VXM N, I'angolo NVP for- mato dai due verticah VXMN,VXBP suU' oriz- zonte, sara la direzione meridiana del piano VXBP, o sia ABC. Ma quest' angolo e eguale all'altro MXp formato al centro X del pantometro orizzontato, atte- soche la visuale XM e parallela a VN, e I'altra Xp parallela a VP. Dunque la direzione astronomica o meridiana del piaiio DEFA e I'angolo MXp, o si^ t X r segnato sul circolo posto alia hase orizzontata del pantometro . Se il piano, su cui si colloca il treppiede del pan- tometro non fosse orizzontale, 1' osservazione fatta nell' indicato modo darebhe ancora la richiesta direzione, pnrche la verticale V X cada sul prolungamento della meridiana IN. Perciocche il piano orizzontale, sul qua- ©ESCRIZIONE DI UN GONIMETRO CC 29 le si misura la direzione o sia T angolo MXp, e for- mato dalle visuali Xp , Xm, die sono in uii piano orizzontale per la disposizione orizzontale che si da alio stromento. Che se la meridiana IVJ non fosse imrnediatamen- te prolungabile sino al luogo V, ma a questo si po- tesse arrivare per diversi angoli, la direzione della pen- denza del piano si conoscerebbe alio stesso modo, pur- che si conoscaiio questi angoli e le lunghezze dei lo- re lati. Suppongasi per esenipio essere IVJ (fig. 14) la meridiana; ed IG , FG sieno dne rette, le quali for- mano gli angoli A^ IG , IG F; e sieno gia misurati in piani orizzontali si gli angoli, che i loro lati; cioe a dire snppongasi che IGF sia I'icnografia delle dire- zioni di diverse gallerie. Sia F B \a. linea della pen- denza di un piano gia determinata col gonimetro, e FX sia la verticale che e nello stesso piano con FB o sia col y)iano dell' inclinazione. Facciansi colla linea F G \e stesse operazioni, coine se fosse la meridiana, e si avra Y angolo B F G, che il piano verticale FXB, o sia la sua projezione FB forma suH' orizzonte colla retta FG; e da questo si dedurra la richiesta direzio- ne del piano , o sia 1' angolo , che F^ forma colla me- ridiana IN . Per determinarlo, si conduca la retta IF, e si pro- lunghino le rette NI ,BF sinche concorrano in Z. Nel triangolo IGF essendo noti i lati I G , G F , e r angolo intercetto G, saranno noti anche gli angoli GIV,GFI, ed il lato IF. Quindi nel triangolo IZF 81 conoscera 1' angolo Z/F come supplement© dell' an- golo FIN, che e eguale alia somma dei due noti 3o Pino N I G ^ GIF., come pure si conoscera 1' angolo Z V I^ che e supplemeiito deir angolo IV B^ o sia della som- ina dei due noti I V G ^ G V B. Per lo che sara noto anche IZV^ come complemeiuo a due reiti. Cosi se Z VI -^ Z IV fosse di gradi 70, sarebhe I Z V di gra- di 180 — 70, cioe di no gr., e questo angolo sarebbe la direzione astronomica della pcndenza del piano pro- posto. Questo nietodo vale, finclie si tratta di piccole e- stensioni, nelle quali si puo snppone cTie nei diversi loro punti non sia una sensibile difTerenza di meridia- ni. JMa nelle grandi estensioni converra fare le oppor- tune riduzioni. Per trovare la direzione astronomica , richiedesi che sia segnata una meridiana nelle vicinanze dei luo- ghi, ove si deve operare, per esempio all" ingresso di una cava, se si tratta di osservazioni di geonietna sot- terranea; e questa meridiana si segnera coi metodi astro- nomici, o per mezzo della direzione dell ago magneti- co, a cui sia fatta la conveniente riduzione. II o B L E M A 3*^. 52. Ridurre col gonimetro la direzione magnetlca di una linea, o di un piano, air astronomica, o sia Tos- servaia alia corretta. Per la soluzione del presente problema conviene richiamare alia mente la cosiruzione del gonimetro in- dicata al n". 48; posta la quale, la riduzione si fara nel seguente modo. Si noti il numero di gradi segnato dal nord magnetico come direzione della linea propo- DESCUIZIONE DI UN GONIlMETllO ec. 3 1 sta. A qiiesto numero si faccia corrispondere il segno di correzione, the e noiato suUa rosa dei Venti gire- vole, in supposizione die la declinazione sia occiden- tale e di gr. 20; quindi si osservi a qnal numero di gradi del circolo lisso corrisponda il nord della rosa dei Venti; e questo numero sara la direzione corretra, la quale sara orientale, ovvero occidentale, secondoche questo numero sara nel semicircolo lisso orientale, ov- vero occidentale. In fatti essendo la declinazione ma- gnetica verso occidente, ed essendo questa segnata a sinistra del nord della rosa dei Venti, ne segue che fa- cendo venir il segno della declinazione al punto, ove si fermi il nord magnetico, debba il nord della rosa dei Venti essere piu avanzato verso oriente, di quel che sia il nord magnetico, e che percio segni sul circolo fisso il immero di gradi corrispondente alia direzione astronomica. L' indicato avanzamento de 20 gradi dicesi orien- tale, in quanto che la nu neiazione dei gradi si fa co- minciando dal nord, e andando verso oriente; altronde essendo la declinazione niagnetica di 20 gr. verso oc- cidente, conviene per la correzione, che il nord astro- nomic© sia 20 gr. air oriente del nord magnetico. La correzione o. riduzione puo farsi, come abbia- mo veduto (n°. 18), all' arto deirosservazione, come an- che col calcolo. Ma 1' attaccare la ro^a .dei Venti all'a- go magnetico lo rende meno ubbidiente al nioto; ed il fare la correzione col calcolo richiede una computa- zione, nella quale si puo facilmenie errare: ai «]nali due inconvenienii e ritnediato col fare la rosa dei Ven- ti oiirevole nel modo indicato. '62 Pino Problema 4". 53. Data la direzione ascendente di uu piano, de- terminarne col gonimetro la laterale. Poiche la direzione ascendente di un piano e sem- pre perpend icolarc alia laterale, percio al pnnto, dal quale e indicata la direzione ascendente;, si I'accia veni- re il nord deH'orizzonte girevole; ed il diametro conju- gato dello stesso orizzonte segnera snl cerchio fisso i punti, tra i quali corre la direzione laterale del piano proposto. Se il gonimetro non avra 1' orizzonte girevole, al- lora si osservi il numero di gradi della direzione ascen- dente; e sia per esempio di 65^ oc. Ad esso si aggiun- gano 90°, e si avranno i55°. oc, e la direzione late- rale sara segnata dal diametro che passa da i55". oc. a 1 55°. or. Che se la somma di qnei due numeri sara mag- giore di 180°, come se fosse di 210°, si prendera la diflerenza di questi due numeri, che e 3o., e la dire- zione laterale sara da ^o". or. a So", oc. P R O B L E M A 5". Data la direzione laterale di un piano inclinato, trovarne 1' ascendente. Sui due punti trovati della direzione laterale si facciano corrispondere i due punti estremi della meri- diana girevole; ed allora tra i punti segnati dal diame- tro conjngato sul circolo fisso sara la direzione ascen- dente. Ma rimarra indeterminata la denominazione, cioe DESCRIZIONE DI UN CONIMETRO ec. 33 non sara noto se 1' ascensione del piano sia orientale, ovvero occidentale. Perciocche due piani inclinati che abbiano Y ascensione in sense contrario, possono avere una comune sezione, la quale corrisponde alia loro di- rezione laterale. Per conoscere la direzione laterale di iin piano in- clinato, basta condurre in esso una reita orizzonrale, e prendere la direzione di essa, o di una parallela alia medesima. Questo ultimo metodo si suole usare daol' ingegneri montanistici, tirando una funicella per 1' i n- dicata parallela, ed appendendovi la bussola: il che e meno esatto e nieno spedito dell' uso del gonimetro. P R O B L E M A 6°. 54. Ridurre col gonimetro le varie maniere di com- putare le direzioni alia computazione in gradi e vice- versa . 11 gonimetro e costruito in modo che la compu- tazione delle dn-ezioni sia primamente da farsi in gra- di iiel circolo che rimane fisso, ed in cni Test e I'ovest sono segnati a rovescio. Ma, quando avvi 1' orizzonte girevole, le ore ed i Venti sono in esso segnati , come ae girasse col moto dell' ago magnetico (n''. 43). Quia- di, osservata che -sia la direzione in gradi, se si vor- ra ridurla in ore, ovvero in Venti, si faccia venire il nord girevole al grado osservato; e 1' ora o il Ven- to che suir orizzonte girevole corrispondera al nord istromentale fisso, sara 1' ora o il vento corrisponden- te alia direzione computaia in gradi. Vicendevolmente se sara da ridurre in gradi la di- T. I, P. 2. "":, 3^ Pino rezione computata in ore o in Venti, si giri T orizzon- te girevole, tinche T ora o il Vento die segna la dire- zione, venga di contro al nord iscromentale i'lsso; e si osservi il numero di gradi segnato dal nord girato; e qiiesto numero sara la direzione ridotta in gradi. Cosi se la direzione e IV £^ ovvero di ore 3 ori., si faccia quella corrispondere al nord istromentale fisso, ed allo- ra d nord gnato segnera 46°. ori. per la direzione ridotta. P R o B L E M A 7°. 55. Determinare col goni metro la inclinazione e direzione di una retta che sia il termine della com- messura di uno strato. Si ponga il goni metro sulla tavoletta indicata al n". 41, in modo che uno dei lati della medesima sia parallelo alia meridiana istromentale. Questo lato si ap- plichi alia retta proposta, e s' inclini la tavoletta, iin- che il filo del piombino venga a radere il piano del semicircolo o del quadrante. L'angolo indicato dal fi- lo stesso sara T inclinazione della retta proposta, e la sua direzione sara quella che verra indicata dal nord deir ago magnctico. Imperocche essendo parallelo il piano del quadrante al lato del'a base, il quale e una superficie plana costituente la grossezza della base stes- sa, e parallelo a tutte le rette che in quel lato si pos- sono intendere; e quando s' inclina tntto lo stromento in modo che il filo del piombino tocchi il piano del quadrante, allora una sola linea del lato della base, cioe quella che e comune sezione del lato stesso col- la superficie superiore della base, viene a coincidere DEaCKIZIOHIi DI UN GONIMETUO CC. 35 colla retta proposta, o con una parallela alia medesi- ma; e (juesta retta riesce in un piano parallelo al j)ia- no del quadrante, cioe in un piano verticale. Per lo the r inclinazione segnata dal pionibino sul quadrante e quella, che ha la retta proposta; e conseguentcnien- te la sua direzione sara quella segnata dal nord ma- gnetico . P R O B L E M A 8°. 56. Trovare col gonimetro 1' inclinazione, e dire- zione di uno strato, il quale non presenti che i ter- mini della sua comniessura uniti ad angolo. La soluzione di questo problema richiede una pre- parazione, la quale consiste nel prolungamento del pia- no occulco dello strato, per potere su quello colloca- re il gonirneti'o soprapposto alia tavoletta indicata. . Questo prolungamento si potra fare nel seguente modo. Si tiri un filo su ciascuna delle due linee che sono il termine della commessura, e si tengano stesi per mezzo di appoggj o sostegni, che secondo le cir- costanze locali si troveranno piu opportuni. A questi fili si soprapponga la tavoletta che serve di base al go- nimetro, e vi si faccia col solito metodo 1' osservazio- ne. L' inclinazione e direzione che sara indicata dal gonimetro, sara quella del piano proposto. Imperocche e chiaro che le due linee espresse dai due fili stirati, sono nello stesso piano col supposto ed occulto. Per lo che r inclinazione e direzione che sara indicata dal gonimetro, sara quella del piano stesso. A dichiarazione di die, sieno Al^IB (fig. lo) le 36 Pino commessiire linear! , die nei due fianchi IHLB^AIHM di nil monte sono presentate dallo strato occulto AlBZ. Da iin punto 5 di una comniessura lineare si tiri il filo SIG, clie con essa coincida; e da altro punto T deir altra conimessura si tiri un altro filo T I F ^ che con cjuesta coincida. I due fili F I ^ IQ cosi stirati, sa- ranno nello stesso piano col piano occulto. La sola dif- ficolta consistera nel tenere bene stirati i fili. Questo pero si otterra, insinuando nelle commessure stesse o in qualche vicina fessura della niontagna qualche spraii- ga di ottone o anche di legno, a cui si raccomandi- no le estremita F , G dei fili stirati nell' iudicata ma- niera . Quando i sostegni dei fili stirati sieno atti a reg- gere al peso del gonimetro, questo potra essere appog- giato ai medesimi fili; in caso diverso richiederassi al- qnanto di destrezza per sostenere a niano il gonimetro sui fili, in modo che essi sieno nel piano della base del medesimo, senza che quello traballi sensibilmente. II prolungamento del piano richiedesi per poter far iiso del gonimetro, allora quando non sia facile lo scoprire una porzione del piano dello strato. ]Vla se questo si puo facilmente scoprire col detrarre qnella piccola parte del masso soprapposto, la quale lasci luo- go alia collocazione del gonimetro sul piano stesso, r osservazione sara piii esatta, se sara fatta collocando lo stromento sul piano stesso. 57. Moke sono le montagne stratificate, le quali non presentano all' occhio del viaggiatore se non le commessure linearir e molti sogliono dare come incli- nazione e direzione degli strati, quella che ad occhio DESCRIZIONE Dl UN GOXIMETRO eC. 87 deterniinano in quelle commessure . Fu gia notato dall' instancabile geologo Dc Saussure, che quando gli stra- ti obliqui sono tagliati da uri piano parallelo alia co- mnne sezione del loro piano coH'orizzonte, le loro com- messure nclle parti diroccate dei monti sembrano oriz- zontali: onde se da esse si giudicasse della inclinazio- ne degli strati, si errerebbe , credendoli orizzontali. Per tale avvertenza pero non si viene a conoscere la vera loro inclinazione e direzione. Perciocche il profi- le, che presentano i monti nei loro fianchi, puo esse- re o retto, o anche obliquo; e dal solo profilo retto si puo conoscere immediatamente 1' inclinazione e di- rezione degli strati. Sia per esempio GJI (fig. i3) il fianco di un mon- te, die presenta le commessure lineari BC^ED tra loro parallele, per essere gli strati tagliati da un pia- no parallelo alia loro coinune sezione coU' orizzonte. Sia HAG un altro fianco contiguo, in rni compajono le commessure lineari K B ^ IE, che presentano come il profilo degli strati. Alfinclie 1' inclinazione e direzio- ne delle liiiee KB ,IE sia cjuella degli strati obliqui, conviene che il profilo di questo fianco sia retto, cioe a dire, che le commessure apparenti sieno in un piano perpendicolare alia comune sezione del piano orizzon- tale col piano degli strati (n°. 6, 7). Ora rarissime vol- te avviene che i monti preseniino nelle loro naturali sezioni un profilo retto; e quand' anco talora fossero cosi tagliati, cio non si potrebbe assicurare in una da- ta sezione, se non usando lo stromento nel modo in- Tianzi detto, o adoperando altro equivalente mezzo. Non puo dunque immediatamente conoscersi \ inclinazione 38 r 1 ^ o e direzione degli strati dalle comniessure linear! , nia e necessario determinarla con atti stroinenti sul piano stesso degli strati . 58. Neir usare il 2:;oninietro e da osservare, che siccome la bussola e mobile in due sen^, cosi puo av- venire che inavvcrtenteuiente essa si cajiovolga, e rie- sca il nord in parte opposta a quella, che deve ave- re, perche indichi le direzioiii nel niodo e?posto. La situazione del nord istromentale deve essere da quella parte in cni e situato il piombino che pende dal cen- tro del quadrante: onde qiiando si avra ad usare lo stromento, si osservera se abbia tale situazione: quan- do esso abbia un semicircolo in vece del quadrante, si segnera colla lettera IV il Nord anche sulT anello fis- SQ del goniinctro; e si conoscera che la bussola ha la richiesta situazione, quando le due lettere IV corrispon- deranno dalla stessa parte. 59. Resta a compiinento di qucsta memoria, che io dimostri cio che al principio accennai, cioe che il grafometro sotterraneo non e atto a determinare I'iri- clinazione e la direzione di qualunqnc piano. Questo stromento consiste in un circolo graduato AC B (lig. 33), su del quale e perpendicolare un arco circolare D E F parimente graduato e gircvole centralniente su del pri- me. Lo insieme di questi due circoli s' insinua sopra un giuocchio GKP^ il quale per mezzo di due li- velli e delle viti K si ])u6 orizzontare; e quando e orizzontato, il circolo AB riesce orizzontale, e I'arco DEF verticale. Al centro / delT arco sono applicate due alidade terminate in un uncino M^ a cui si annette una funicella che fa I'ulTizio quasi di visuale o d'indice. OESCUIZIONE DI UN GONIMETKO CC. 89 60. L' incliiiazione di un piano con questo stro- mento si piende nel seguente modo . Si livella lo stro- mento sul piano proposto. Qnindi al punto del piano, in cni supponesi il termine della pendenza, si alza nn treppiede, la cni altezza e eguale all' akezza Ll\, e fi- nalinente si stira la funicella sino alia sommita del trep- piede. Allora r angolo NIM si riguarda come 1' in- clinazione del piano proposto. Ora egli e cliiaro die questo angolo non puo essere T inclinazione del piano, se non nel caso in cui, dopo aver livellato, o sia oriz- zontato lo stromento, Tarco JV£0, che e sempre per- pendicolare al circolo MB, riesca pure perpendicola- re al piano inclinato proposto; il qual caso e assai ra- re; e per rioonoscere se intervenga, non puo servire il proposto grafomeiro. Qnindi intendesi die esso non e atto neppure a far conoscere la direzione della pen- denza di un piano, se non nell' indicato caso. Per de- terminare tale direzione, conviene priniamente determi- nare e segnare la linea della pendenza del piano, giac- che la direzione c T angolo orizzontale, che questa li- nea forma colla meridiana o asironomica o magneti- ca; e tale determinazione non puo esser fatta, se non seguendo i principii sopra esposti, ai quali non e con- sentanea la costruzione del grafometro sotterraneo. Aggingnero che questo stromento, segnando T an- golo d' inclinazione per mezzo di una funicella stirata, non puo segnarlo con sufficiente esattezza. 6i. Terminero questa memoria, avvertendo che in alcuni gonimetri tascahili che si fecero da alcuni costrnire, la numerazione dei gradi dellorizzonte istro- mentale fu bensi segnata com' e nella figura 3 ; ma i -o ^ "^ O' 40 r I N o Vend vi si segnarono non a rovescio, come fii supe- riormente prescritto, ma bensi secondo la loro posizio- ne astronomica; e le ore furono segnate crescenti, an- dando dal uord istromentale verso il levante segiiato a destra di chi dal centro e rivolto verso il nord me- desimo. Per tale segnatura la determinazione delle di- re/ioni, se s' enunciano col nome di Venti o delle ore, richiede alcune per altro facili mutazioni nelle de- noininazioni , airuiclie corrisponda alia regola superior- niente assegnata. Per conoscere la ragione di tali mu- tazioni, conviene richiamare alia mente, die la deter- minazione fondamentale delle direzioni e quella che e indicata dalla rosa dci Venti, die sia girevole coll' ago magnetico, e nella quale sieno segnati i Venti nella loro siruazione astronouiica. A questa determinazione equivale quella che noi abbiamo assunta, supponendo la rosa dei Venti fissa, ma coi Venti segnati a rovescio. Quindi nel gonimetro in cui i Venti sono segnati non a rovescio, la direzione in gradi indicata dal nord magnetico si denominera in senso contrario, cosi che quella che e indicata dal uord magnetico come orien- tale, si avra a denominare occidontale, e vicei^crsa. Co- si se la direzione indicata dal nord magnetico sara per esempio di 80 gr., che sieno nel semicircolo segnato orieniale, si chiamera occidentale. Che se la denominazione della direzione si fara dai Venti, si mutera in ciascun vento il nome di orien- tale in occidentale, e viceversa. Cosi se la direzione indicata dal nord magnetico sara SE^ o sia Sud-Est, si chiamera 50, cioe Sud-Ovest; se sara NO, s'l chiame- ra NE; se sara SEqE, si chiamera SOqO. 11 fare DESCRIZIONE DI UN GONIMETRO CC. 4 1 questa niutazion di denominazione e lo stesso die pren- der la denominazion del vento indicate dal sud magneiico. Finalmente quando nella rosa dei Venti anche le ore sono segnate, cominciando dal iioid istromentale e andando alia destra ove sia segnato il levante, la di- rezione in ore, indicata dal nord niagnctico, si denomi- nera parimente in senso contrario, cioe a dire le ore indicate dal nord magnetico come esistenti nel semicir- colo occidentale, si cliiaineranno orientali, e vicwersa. In oltre in vece dell' ora indicata dal nord magnetico, si prendera il suppleniento al n". 12, cioe quel nume- ro che aggiunto all'indicato forma 12. Cosi se il nord magnetico indica per direzione 5 ore orientali, la dire- zione sara 7 ore occideniali. Se indica 2 ore occiden- tali, sarii di 10 ore orientali. Colle accennate correzioni le direzioni indicate dal nord magnetico nel gonimetro, segnato diversamente da quello die fu da me prescritto , saranno ridotte alia semplice regola superiormente lissata. E dovra esser cu- ra di clii intende far uso di qnesto siromento, il rico- noscerne da principio la costriizione, e quando avru ad usarlo, anche la sua retta posizione, affincbe non inter- vengano delle svisie, die anche nelle operazioni piu facili non di rado intervengono, massime nelle osserva- zioni che si fanno in siti men che comodi, siccome so- uo le montagne e le cave di miniere. Ad evitare il qual inconveniente giovera priniamente maneggiare lo • stromento, fiicendo replicate pruove in siti comodi su diversi piani , per il quale maneggio non solo T osser- vatore venga a ben conoscere lo stromento , ma lo stromento stesso conosca, direi quasi, 1' osservatore. T. I. P. 2. 6 Pa^ J^nPayrtU. Tav I \:v R^./f.'^.PE GRAVI PER LA LEMMSGATA 49 chieda costante alcuna, poiche non potendosi avere sit facilmente il valore di y dato per x, a cagione del gra- do alto dell' equazione, sara malagevole ancora avere r integrale espresso per la sola variabile x. Cio non osiante avendosi nel iiodo A della curva il Hesso conira- rio, ed essendo la linea delTascisse tangente, sara per le cose che ho dimosirate nel libro 3°. della geometria df^gl* infmitesinii, viciiio a questo punto T ordiiiata y infini-* tamente piccola rispettivamente all'ascissa x\ onde avre- nio x==w. Se duuque supporremo t=o, quando x sia zero; diventando vicino al vertice A la f= — :::: . y/^ troveremo 0 = 0. Da cio si conchiude che 1' integrale — — non esiga costante alcnna . Arrivato il corpo in K^ € terininato lo scendere, sale per 1' arco KP D colla celerita acquistata mentre cadde dalT altezza A H\ tut- tavia rinnan costante la legge, che il tempo in cui vien trascorso qnalunque arco AQKP D^ pareggi il tempo dello scendere per la sna corda, perche rimane inva- riata 1' espressione del tempo per Tarco, cioe t = — — ' — -r che e la stessa che esprime il tempo per X/ r y/ X la sua corda; proprieta elegante della nostra curva. Abbiamo veduto che il tempo per la verticale A C f

u \/ T y/ X ? dal die si vede chiaramente che la corda AQ e I'ar- co corrispondente A Q vengono percorsi dal grave ca- dente da A nello stesso tempo. II sig. dottor Bonati, come abbiam detto, scioglie il problema inverso, e incontra un'equazione cbe e ap- punto la stessa che nasce dalla nostra descrizione della Lemniscata; onde la Cassiniana del sig. Malfatti, I'lso- crona del sig. Bonati, e la Lemniscata del sig. Fagna- ni sono una stessa identica curva. Quantunqne niente siavi nella risolnzione del problema inverso del sig. Bo- nati, che non corrisponda alia sua dotirina, cio non ostante non mi si deve imputare ad inutiliia, se rias- sumo la risolnzione per alira via, onde consolidare le dimostrate proprieta del nostro isocronismo, e scoprir- ne di nuove. Problema. Si cerca (fig. Ill) una Curva A Q L, per cui ca- dendo il Grave da A, consmni a percorrere 1' arco AQ quel tempo, che consnma a percorrere la corda cor- rispondente A Q, se liberamente cada per questa. Sia A H ]a linea delT ascisse, in cui si prenda AC=x,CQ = y; alia quale sia infinitamente vicina B S . Si ponga I'arco infinitesimo SQ=:ds. Poiche la DELLA. DISCESA De'gRAVI TER LA LEMNISCATA 5 I celerita per questo spazietto si puo reputare costante, dalle leggi del moto equabile avremo dc = — ; chia- mata la celerita in ^ = c, e il tempicello in cui si per- corre ds, = dt., ma abbiamo veduto essere c = 2\/ x; , , d s p d s dunque d t = -z. ; e r = / ^ • II tempo poi della dlscesa per la verticale AC sta al tempo per la corda A Q^ come AC ', A Q^ come x '. u; ed essendo il ttinpo per la verticale espresso per y/x. u sara il tempo per la corda AQ = — rr: • Quindi sorge r equazione / d s u yj {^x x->f-y y) a V^ a: \/ .r \/ x e difierenziando, si ritrova xd s\/ [x X -*- J y) ^= x^ dx-^ 2 xy dy — y y d Xj equa- zione difTerenziale dclla curAa ricercata. Vediamo se si possa integrare questa equazione, il clie avverni sicuramente per essere omogenea. Fo pertanto p d x = dy , xq = y. Eseguite le sostituzioni , ricaviamo 1' equazione X^d X \/( I -i-pj))Xy/(i -t- q (j)=x^dx~x'q\lx-i-2X^(jpdx, cioe \/ ( \-^pp) X v"! I -t- 7 7)= i — 7 (/ H- 2 qp. Se si ordini T equazione per p, si" ritrovera di secon- 52 S A L A D I N I ,i a ^ H- » havvi it' ^ uii' altra pressione nata dalla forza centrifuga, che de- termine cosi. Chiamata la velocita in Q = c, e d rag- gio d'osculo i?, e la forza centrifuga f, si sa dalla teo- ria delle forze centrifughe, che se un corpo cada per nno spazio eguale alia meta del raggio d' osculo, sol- lecitato da una forza costante eguale alia centrifuoa , acquista esso in fine di tal discesa una velocita eguale a quella che ha il corpo nel punto Q; quindi per le R c c leggi del Galileo sara / X — = — , o sia f R = 00:, ma essendo c quella velocita ancora , che ha un grave in C cadendo dair altezza A C; percio avremo per le leggi c c * galileane, 1' equazione gx= — ; chiamata al solito la gravita assoluta g, sara 2gx = fB, ed /= ^^ : ma il raggio d' osculo R della lemniscata e U2;uale al qua- drato del diametro A P diviso per il triplo della cor- $4 Saladini da, cioe = t — — , come con poco giro di calcolo si puo dedurre dall' equazione difTercnziale sopra trovata del- la curva; dunque sara 1' espressione della forza centri- fuga /, che preme perpendicolarmente la curva in Q^J'= — :-T — -, a cui aggiunta la pressione perpendi- colare contro la curva, nata dalla gravita, otterremo die la pressione totale contro la curva si rappresend per sri—^-) Fa d'nopo qui avveriire che la pressione perpendi- colare contro la curva, originata dalla gravita ed espressa 7/ 7/ . /I 1? 1? pergy ( ? ) cresce fino al punto infimo della cur- va K, in cui il latercolo e la tangente hanno la posi- zione orizzontale: da questo punto in su, per I'arco KD un^ tal pressione continuamente si diminnisce, e final- mente svanisce nel punto /), dove la tangente dive- nendo veriicale, riesce parallela alia yii7; per detenni- nare i punti K^D respettivamente alia linca delle as- cisse AH^ o sia per determinare le ascisse AC^AH^ notiaino che nel punto K \ ascissa A H diviene massi- ma, e nel punto D diviene massima I'ordinata CD. Dif- ferenziata I'equazione della curva (yy-4-xa:)*=4«a.T;)', , , . d X y^ '\- X X y — a a x ,^ . ' •-, abbiamo -,— ==^ 1 • losto, come esisc u ay aa y — x — y y x " DELLA DISCESA De' GRAVI PER tX LEMNISCATA 55 metodo de' massirni e de' minimi , rf x = o , avremo y^ -^x'^y = aax. Se questo valoie di aax si raetta iieir equazione della curva^ avrassi {yy-^xxy = ^yy{yy-^xx), o sia yy-^-xx=^yy; da cni si ricava x = y\/ '6. Quindi nel punto K, dove r ascissa e massiina, e dove la taiigente orizzontale e confusa coH'ordinata, e la pressione perpendicolare con- tro la curva, originata dalla gravita, similinente e mas- sima ed eguale alia gravita assoluta del corpo, cioe do- ve e dx = o, r ascissa sta all' ordinata come v/~3 .' i , ovvero come 1' altezza del triangolo equilatero sta alia meta della base. Si ponga ora dy = o; sara x^-^yyx = aay, e fat- to il calcolo come sopra, si ritrova che nel punto i), in cui la tangente divieno verticale, e la pressione ca- gionata dalla gravita e nulla, e T ordinata CD niassi- ma, r ascissa AC sta all' ordinata C B, corne la meta del lato del triangolo equilatero alia sua altezza . Se aduuque dal punto J dell' ascissa All si conducano le rette AK,A D , che facciano con essa I'angolo HAK di trenta gradi, e I'angolo HAD di sessanta, i punti K , D , che le rette AK ,A D segneranno nella curva, sono i punti ricercati, dove la pressione della gravita e massnna, e dove svanisce del tutto. L' ascissa che corrisponde al punto K, cioe All, si trova eguale ad l^\/-l ' e r ordinata II K= ^ X y/ s". 11 contrario avviene nel punto D, cioe CD t eguale ad I ^ V^' ^^^ = 1^ V^^- ^ corde poi AK,AD so- 56 Saladini no eguali ad a O' 3, e il rettangolo AH L'O e un qiia- drato, la cui diagonale AL' e - X y/ 108 . Essendo nel punto D annientara la pressione del- la gravita contro la curva , e contiiuiando il corpo a camrninare per essa, poiche in D la velocita acquista- ta dalla caduia per \ arco A K non e ancora estinta, rimanendovi quella che conviene aU'altezza AC^ il cor- po non potra stare attaccato alia curva, che in vigore della forza centrifiiga, anzi per meglio dire, in vigore deir eccesso della forza centrifuga sopra la gravita rela- tiva del corpo perpendicolare alia curva; quindi si de- duce che non dehhansi dal punto D in su sommare le due espressioni della Jorza centrifuga — —3 — - , e della gravita relativa gy { r — ) ; nia debhasi dalla pri- ma sottrarre la seconda, onde sia la pressione contro la /I 6 x^ — u* . curva=gyl ^3 — -) Se mai avvenga, che quepta espressione sia =0, prima che il corpo giunga in A, sara esso costretto ad abbandonare la curva, continuando il suo cammino li- beramente per una parabola, come insegna la dottrina de' projettih. Per vedere se siavi e dove un tal punto, che cliianiiamo di distacco, si ponga gy ( 5 ) = o, DELL\ DI5CESA De'cUAVI PER LA LEMNISCATA 67 avremo i6x^ — u' = o, ed xv/i5=y. Nel punto per- taiuo di distacco avremo 1' ascissa all' ordinata, come I : v/ i5. Se dunqiie qualunque ordinata CQ si proluu- ghi iiKlefinitamente, e fatto centro in A coll' interval- lo eguale a quattro ascisse AC s'l descriva un circolo die iioti nella CQ prolungata il punto G, congiunti il punto A ed il punto G colla retta AG, tagliera essa la ciirva in 5, dove cessando ogni pressione, il corpo sa- ra costretto dalle forze die Tagitano, ad abbandonar- 1 T' • ,t6x^—u ,> la. L equazione gy { 1 ) =o da y ancora egua- le a zero; il che altro indicare uon vuole che sul prin- cipio del moto la pressione contro la curva sia eguale a zero . Mi sia permesso di fingere che il corpo giunto in iS continui il suo moto per la parte convessa della cur- va A S: il corpo sarebbe spinto in questo caso contio la curva, e sarebbe costretto a stare attaccato alia par- te convessa dall' eccesso della gravita rispettiva sopra la forza centrifuga, continuando il suo moto ritardato colla stessa legge, cioe che il tempo impiegato nello scorrere I'arco AQKPDS sia eguale a cjuello che irn- piegberebbe, cadendo per la corda AS; cioe se due cor- pi dal punto A cadessero nello stesso punto di tempo, ed uno percorresse I'arco AQKPDS, e 1' altro la corda AS, s' incontrerebbero in 5 dotati della stessa ce- lerita . Da cio si raccoglie che il grave non ritornerebbe al punto yl, se non dopo nn tempo infinito, impercioc- ehe nel punto A, il raggio d' osculo e perpendicolare T. I. P. 2. 8 50 S A L A D I N 1 alia tangente oriz^ontale AO, e percio si confonde col- la verucale AH^ ed e infinito; ^d in fatti la sua espres- sione da noi sopra usata e r — ; ma dall' equazione u'* della curva abbiamo xy= t-^ ; dunque il raggioi d' o- sculo sara = -o — » e svanendo la corda m, sark ^-^ = air infinito; dunque la corda infinitesima AS della curva si confonde colla corda infinitesima del cir- colo die ha per raggio la verticale AH prolungata air infinito. Ma nel circolo qualunque corda AS con- dotta dair estremita d' un diametro, comecclie infinite- sima, si percorre nel tempo stesso, che mette il grave a discendere per il diametro verticalmente collocato, come esisiono le leagi aalileane; ed essendo il tempo della discesa pel diametro infinito AH, esso pure nih- nito; sara il tempo per la corda infinitesima ^5, e per- cio il tempo deir intera rivoluzione per la lemniscata AQKPDSA, infinito. Questa verita sembra sottopo- sta a qualthe dubbiezza, per quanto si stabilisce nel libro T. della geometria degl' infinitesimi, dove dimo- strasi che ne' punti di Ilesso contrario delle curve (e ta- le e il pnnto A, come si puo rilevare dalla fig. j) non siavi alcnn circolo osculatore, e che non senza para- logism© in tali punti si confonda lar curvatura con quel- la d' un circolo di raggio infinito. Ma se veggansi le cose dimostrate nel libro terzo, cap. 9. torn, i delle DELL A DISCESA DE'oRAVI PER LA LEJJINISCATA 69 Istituzioni analidche, vedrassi altresi che gli archetti mi- nori di qualunqiie dato di qua e di la da questi piinii singolari, lianno essi ancora veri circoli osculatori, i qua- li nel nostro caso essciido dotati di raggio infiiiito, la discesa per le loro corde infinitesime che son quelle del- la curva, si farii in tempo infinito, presi i termini dell' in- finite e infinitesimo nel loro vero senso, cioe di quan- tita indeterminate die ponno a piacimento prenders! maggiori o minori di qualunque data. Onde da quesra dottrina aliro non si ricava che il corpo non possa tor- nare alia pristina altezza per curve di curvatura piu ac- costante alia linea retta di quella di qualsivoglia circo- lo finite. L'ipotesi, che il corpo nel pnnto S dal concavo della curva vada a scorrere la parte convessa AS<, nien- te ha di contradittorio; anzi sarebhe un caso della na- tura, se si facesse cadere un globo per un canale che ahbia la figura AQKDSA della lenmiscata , e che abbia la situazione rispetio alia verticale, che ha colla tangente J H; in tal circostanza il globo per 1' arco AQKPDS premerebbe la parete concava del tubo colla forza che fu da noi espressa per g y ( —^ ) fino al punto D; e per a,y ( 1 ) dal punto D fi- no al punto S; onde srorrerebbe pel cavo della parete del tubo. Nel pnnto S nessnna pane della parete del tnho verreb!)e ]irenuua; per la porzione j)oi del lubo SA verrebbe premuta la parete convessa con forza as- 6o Saladini 7/ ~~^ I 6 T" ^' jiressa per g y ( 3 " ) come quella con cui viene ])remuta la parte concava D S presa negativamente : ontle il globo sarebbe costretto a salire per la coiives- sita iiiteriore del tubo. Le qiiali cose essendo assai chia- re per se stesse, non esigono ukeriore spiegazione. Vogliasi ora deterniinare 1' ascissa A T corrispon- dente al punto del distacco 5 . Abbiaino detro che in questo iuogo x'. y'.'. i : y/ 1 5, o sia y = x\/ \b., sosti- tuito questo valore di y neir equazione della curva (xx-Hy jy=4artxy, avremo (i 6. x*)'= 4a;' \/ i5x aa; e percio x= -X 1 5 Resta che determiniamo il tempo in cui il corpo per- corre 1' arco AKPDS, cioe percorre la curva fino al punto del distacco S. Essendo il tempo per la corda AS eoTiale — — X — ; ed essendo AS = 4AT, sa- ra il tempo per A S Supponghiamo che sia - = a, cioe a eguale alia meta dello spazio che un grave percorre in un secondo, da noi espresso per .' ^ 7% '• ivN 7 /K ^ J> < xT •>! v^_ \^ o\ ix V-- 63 SUL CIRCOLO DI PROPORZIONE E MILITARE Di Paolo Delange§ Bicevuta *' i8 luglio 1804. V^uANTO fosse cara al nostro Galileo 1' invenzione del suo Cojupasso geonietn'co e militare , chiamato co- munemente il Compnsso di proporzione , die fu la pri- ma tra le sue scoperte , e ch'ei diede alia luce 1' an- no 1 596 , chiaramente lo dimostra la forte e viva di- fesa che fece coutio clii voleva usurpargliela . Con- templava egli , che oltre all' essere cjuesto suo ritrova- mento vantaggioso nelle piu frequenti occorrenze prati- che degl' Ingegneri civili e milicari , con esso avea pur scoperio un mezzo d'inanimire e di allettare co- loro che intra])ieiulono I'arduo ed astratto studio delle scienze mateinatiche con una preveativa cognizione dell' importanza di esse ne'bisogni della societa, non giudi- cando quindi „ indecente la richiesta di quel gran di- scepolo , che da Archimede suo maestro nella geome- tria , ricerco strada piu facile ed aperta che all' acqui- sto di quella lo conducesse,,. Lorgna 1' anno 1768, cioe 172 atmi dopo, pnliblico un altro strumento, che de- nomiiio Srjuadrn di proporzione., considerandolo, quan- tunque piu complicato e macchinoso , da preferirsi al 64 Delanges Compasso tli proporzione, per essere adatto piu di que- sto ad alciuii usi, e specialineAte per ollerire con faci- lita nella stessa sua configurazione un' esatta Livella . Se tali struinenti reputansi a'ragione pregevoli, per- che dispensano 1' Ingegiieie negli esercizj delle opera- zioni pratiche e rilievi spettand alia sua professioiie, dal soccorso di parecchj altii inveuiati per usi particolari, non lo dispensano pero da quello del la Tavoletta pre- toriana , e non servono all' artigliere nella pratica im» portante de' tiri , cioc alia soluzioue de'problemi di ba- listica . Quindi e die mi venne in peusiere d'indagare se tra gli elementi della geometria , da cui furon li- cavati i principj su'quali le invenzioni degli accennati strumenti si appoggiano, ve ne fosse qualche altro per r jnvenzione d' uuo, cbe col servile agli usi a' quali essi si applicano , soddisfacesse ancora a quelli propij della Tavoletta pretoriana ed a tutte le pratiche dell' artiglieria . jNoji essendo stata vana la mia lusinga , esporro ora il principio o teorema geometrico da cui il nuovo strumento e dedotto, la sua fabbrica, ed il sue maneggio in alcuni de' piu importanti usi, persua- so die riuscir debba di non lieve giovamento agV In- gegneri singolarmente militari ed agli artiglieri , a' quali non e permesso di portar seco in canipagna moltitu- dine diaitrezzi, libri di tavole, e perder tempo in cal- coli , dovendosi valutare in tali circostanze piu la sol- lecitudine e prontezza di poter eseguire le operazioni, che r ultima scrupulosa esatiezza de' risultati . SUL CIRGOLO DI PUOPORZIONT. E MILITARE 65 A U T 1 C O L O I Piincipj geometjici su (jiudi si fondarto le invenzionl del Conipasso, dclla Sfjuadra, c del CircoLo dl proporzione La qiiarta proposizione del libro VI d' Eaclide, che ne' triangoli equiangoli ABC ADE (lig. i.tav. I) i lati intonio agli angoli ugiiali sono j)roporzionali , e il fondameiito su cui si appoggia rinvenzione del Coni- passo di proporzione^ e la dimostrazioiie di tiitti i pro- blemi aritmetici e geometrici clie con esso si risolvono La fabbrica del la Sijiiadra di proporzionc, e la dimosuazione de' suoi usi dipendono dal teorema, cbe se due triangoli rettangoli DAE CAF (llg. 2. tav. I ) sieno cosLituiti coll' augolo retto alio stesso punto A , e le lore basi sieno nella stessa retta D BF\ siccliii la perpendicolare A B calata dall angolo retto A alia base DE tl' uno, sia la perpendicolare anclie alia base C F deir altro, i segainenti D B BE sono reciproca- mente proporzionali ai seganienii CB BF La trentacinquesinia proposizione del libro III, in cui si dimostra die il rettangolo dei segameuti DC C E ( fig. 3. tav. I ) e ugnale al rettangolo dei segamenti AC CB nelle due corde DE A B che scarnbievolmen- te si segano nel punto C, e il principio su cui si ion- da lo strumento ch' io denomino Circolo di propor- zione Altro consimile strumenio potrebbe dedursi dal teorema, che se tra due parallele // / LM (fig. 4. T. L P. a. 9 66 Delangjes tav. I) si condiicaiio due rette ACD DCE che si segluno nel punto C, i segamenti AC CB di una, souo proporzioiiali ai seii;amenti EC CD deH'akra. Si coniprcnde perb facilrnente die il Circolo di, proporzione inerita,tra gli strunienti matcrnatici di sit- fatto gencre, la preferenza , si per la sua generalita, che per potersi applicare a mold importanti usi, sen- za aggiunte di coniplicati artifizj alia semplice sua conformazione , die lo rendano di delicate e difficile maneggio AUTICOLO 11 Fabbrica del Circolo di proporzione Sul piano d' una Tavoletta pretoriana , che erge- si sul suo piede , mediaiite un pezzo chiamato ginoc- chio , che tieue alia sua estremita superiore con cui si unisce alia tavoletta , una palla di rame rinchiusa tra due conchiglie dello stesso metallo, che si stringo- no piu o nieno con una vite , e che, com' e noto, ser- ve a disporre e mantener fermo il piano della stessa tavoletta in qualsivoglia posizione tra Torizzontale e la verticale, s' inserisca in appropriate incavo il cerchio A BCD (fig. 5 tav. I ) di legno sodo ovvero di me- tallo , graduate secondo il solito , e che ahbia unita la fas<'ia PC in direzione del raggio PC; in guisa che Icvando le due viti in C e B, possa estraersi il qua- drante PCB a piacere Ahbiansi inoltre due o piii regoli, secondo gli usi che vorranno ottenersi dallo strumento , lunghi quanto SUL CIRCOLO DI PROPORZIONE F. MILTTARE 67 la diagonale , oppure quanto il lato della tavoletta, clie siipponesi quadrata , de' quali uiio dee essere forniio di piccioli fori a chiocciola alle estremiia E^ F ( fig. 6 tav. I ) sicche possa con viti annarsi di diotcre e ser- vire di tragiiardo alT occorienza. Tali regon avranno gli orii in lungliezza ef gh smussati, e saranno for- niti nella loro ineta di diu; fori circolari a, c come di- mostra la figura , di maniera die posto il regolo EF sul piano della tavoieita in una data posizione, tenen- do con una mano il perno C // (fig. 7 tav. I) ver- ticale inserito nel foro a, girando coll' altra dalla parte E od F i\ regolo in altra posizione e' f\ V intersecazio- iie delle linee EF e' f cada precisaniente nel centro del foro a. Lo stesso s' inteiula dell' altra linea gh, in- serendosi il perno nel foro c. Opportiniamente s' in- dicheranno le altre provvidenze di cui dee essere nni- nito il nostro strnmento, per applicarlo ad alcuni n^i particolari Articolo III Delia coseruzione c divisloiie delle linec ne' re2,oli In o^^ni regolo possono rostruirsi quattro linee a qnattro differenti usi, cioc due nella faccia EF (fig. 6 tav. I) su gli orli ef gh, ed altre due sngli stessi orli delVopposta.Tutte le divisioni in tali linee devono avere origine da'centri de'fori a^c, c procedere verso le estre- niita EF, e possono estendersi per la Iniighezza di pol- lici 9 parigini dall' una e dalT altra pane ngnahnente, tale essendo il raggio del cerchio the \n\o acconiodarsi 68 Delanges ill una tavoletta di ordlnaria grandezza. Accennero ora siiccintamente come deggiono contrassegnarsi le divisio- ni delle liiiec die servoiio a' piu IVequenti usi per norma di quelle che volessero aversi in pronto, on- de ottenerne degli altri dallo stesso circolo di pro- porzione Delia linea dcllc paid iiguall Stabilito di contrassegnare la linea delle parti egua- li suir orlo e/" ( fig. 7. tav. I), dovra diyidersi in ugua- li particelle la meta a destra a f, e come in questa linea che dee servire agli usi aritjnetici , cosi in tutte le altre che vorranno segnarsi me' regoli ad altri usi, dovranno dividersi nello stesso numero di particelle uguali le meta ac c g ec. a sinistra, alle quali daro il uome di scala. Venendo per ordinario nel compas- so di proporzione della Innghezza di pollici sei divisa la linea, denominata delle parti uguali, in 200 particel- le , la linea af e tutte le linee a sinistra ne' regoli , cioe le ae eg, lunghe pollici 9, possono comprenderne 3oo eoualmente visibili e distinte; e potrebbero anche comprenderne 600 , facendo i regoli lunghi quanto la diagonale della tavoletta; il che non riuscirebbe per nessun coiito incomodo Delle linee de' seni delle corde e delle tangenti Le divisioni di queste linee che devono, come s'e detto, notarsi nelle meta ch ec (fig. 6. tav. I) a destra de' regoli, facilmente si desumono dallo stesso circolo SUL CIRCOLO DI PROPORZIONE E MILITARE C9 di proporzione, diviso ne' suoi gradi, come giu suppo- nf si . E' necessario solo avvertire, che siccome tia le divisioni la massima dee sempie eguagliaie il raggio di esso, cosi se [)er le divisioni della linea de' seiii la li- nea c It spoiitaneamcme diventa il seno massiino di 90° uella superionnciite lissata lunghe7/a de' regoli, per le divisioni della linea delle corde, bisogna irasportare in una linea egnale alia c h in cui vogliono contrassognar- si, le meta delle corde prese snl circolo di ])roporzio- ne, sicche la stessa linea risulti la corda di 180'^; e per le divisioni della linea delle tangenti e d'uopo descri- vere, perche diventi essa tangente d'nn arco maggiore di 45°, di cui e tangente nel circolo di proporzione, un cercln'o concentrico colla terza ed anche qnarta par- te del suo raggio. Le divisioni nelle predette linee si possono determinare anche numericamente, mediante le tavole de'seni, tangenti, ec. Delia linea de' solicit Dovendo scriversi in tale linea i lati oniolnghi de' solidi siniili crescenti in progressione de' nunieri natu- rali, c manifesto, die supposto essere il lato oniologo del priino e [)iii picciol solido 5o particelle di cpielle 3oo che coinprende il lato oniologo del massinio soli- do simile, Innghezza dell'intera linea da contrassegnar- si, stara il solido minimo al massimo in ragione di i a 216, e percio si scrivera all' estremita di 5o particelle Tunita, ed all' estremita dell'intera linea il nnmero 216: ogn' nno sa come dehbano dett^Tminarsi i laii omologhi de' solidi simili interniedj, cioe del doppio, del triplo,ec. 70 Delancks del primo, onde fame 1' annotazioiie colla stcssa scala di particelle trecento Delia linca dcllc iiiisure lincnn E poiche il metro, diecimilionesinia parte del qua- drante del meridiano terrestre preso oggidi per misura universale, risulta sulle esatte niisure fatte dai celebri astrononii Bouguer e Condamine nel Peru, e recente- mente verificate in Francia dai celebri Mechain e De- lambre, di piedi parigini 3, 078444, maggiore cioe del braccio di llussia usato in Pietroburgo , che pel passa- to era il massimo tra le braccia o piedi usati nelle altre priacipali citta dell' Europa; cosi e manifesto che la linea su cui vorranno notarsi le misnre lineari de' paesi, che nella scala dello strumento e di particelle 3oo, rappresentera intera il metro a cui dovranno ri- ferirsi. Avendo poi la ragione del piede parigino, che rispetto al metro e figurato dai numero i, 000000, al piede di Londra, di Vienna ec. o al braccio russo, di Milano ec, si avranno anche quelle del metro coUe enunciate misure. Abbiansi ora determinate a cagion d' esempio le segnenti proporzioni di misure relaiiva- mente al metro Metro 3 , 078444 Pietroburgo 3 , 188888 Parigi I , 000000 Vienna 0 , 978070 Londra 0 , 938095 Milano 1 , 831478 e non riraarra che, per segnare nella linea delle misu- SUL ClUCOLO DI PKOPORZIONE E MILITARE 7 I re linear! la spettaiite ad iin paese, trovare il quarto proporzionale al metro, alia relativa misura del paese, ed alle particelle 3oo, che costitiiisce la grandezza del metro nella nostra scala, per avere in parii della stes- sa la ricercata misura del paese. lu tal guisa operan- do, si scopre che Parigi dee scriversi a 97 particelle, Londra a 91, Pietroburgo a 314, Vienna a 96, e Mi- lano a 178 ec. Della linea de' pesi Siccome delle misure llneari, cosi de' pesi e sta- ta fissata una misura universale in Francia. 11 peso di un palmo (ch' e la decirna parte del metro) cubico d'a- cqua distillata , di cui il calore sia a 4 gradi del ter- mometro di Reaumur, detrattovi il peso dell' aria, si e la nuova libbra chiamata da' francesi chilogrammo, clie e di grani i88o3 , 18, mentre 1' antica libbra era di grani 9216. Risuhando la nuova libbra o chilogram- mo di Francia la massima tra le libbre delle altre cit- ta di Europa, verra essa conirassegnata coU' intera lun- ghezza della linca in quel regolo in cui vorraiuio se- gnarsi le ragii)ui de' diversi paesi respettivaniente al cliilogrammo. Data la ragione poi del cbilograinino al- ia libbra d'un qualsivoglia parse, si determinera facil- merfte il numero delle particelle nella solita scala, e- sprimente la libbra del proposto paese. Cosi per eseni- pio data la ragione del cliilogrammo alia libbra pari- gina ne' numeri i8oo3 , 18: 9216, la quarta propor- zionale a' detti numeri, ed al numero 3oo, cioe 147 indicbera nella nostra scala la grajidezza dell' antica 7-i DliLANGES libbra parigina in confronto del cliilogrammo, e dovra scriversi all' estreinit'a di questo numero il nome del paese, cioe Parigi. Nessiino trovera difficile come deb- baiio contrassegnarsi le linee della respettiva rngione del peso de' metalli, quella del calibro delle pa lie da cannone o mortajo, o di linee assegnate ad akri usi spettanti alle pratiche matematiche Auticolo IV Alcunl principali usi dcL circolo di proporzione Nell" a r i t 31 e t i c a A tie niimcri dati troi'cire il quarto proporzionale Si applicbi il regolo EF (fig. 8. tav. IT) in cui e scritta la linea delle parti uguali sul piano della tavo- letta pretoriana; sicclie il secondo JB e terzo termi- ne AC dati cadano snlla circonferenza del circolo; in- di teniito con una mano fermo il perno GA, coll' al- tra si giri il regolo, finche il primo de' tre nnmeri dati che sia Ab^ cada pur esso sulla stessa circonferenza, e sara Ac nella linea delle parti uguali il ricercato quar- to proporzionale La dimostrazione di qnesta operazione iinmecliata- mente deducesi dal principio geonietrico su cui e fon- data r invenzione dello strumento Tutte le operazioni aritmetiche, non eccettuata, per approssimazione , I'estrazione della radice c^uadra- ta d' un proposto numero, che puo ridursi prossima- SUL CIRCOLO DI PROPOUZIONE E MILITARE 78 mente alia soluzione della regola aurea , si risolveran- no facilmente col ciicolo di proporzioiie nel modo iu- dicato Tra due numeri clari trovare due medj proporziunali Essendo J F (fig. 8. tav. II) nel regolo EF la li- nea de' solidi, si situi esso in gnisa sul piano della ta- voletta, che corrisponda nella circonfeienza del circolo di proporzione in C il laio del solido dal secondo nu- mero denominate, ed in B neH'opposta scala di paiti- celle 3oo il prinio de' due nutneii dati; quindi si giri al solito il regolo come in e f^ cosicche cada nella cir- conferenza dello stesso circolo in c il lato Ac del so- lido denominato dal primo numero, e verra in b indi- cate neir 0})posta scala Ae A primo de' due medj pro- porzionali ricercaii. Imperocche stando Ac ad AC co- me AB nA Ab. stara anclie il cubo di Ac al cubo di AC., cosi il cubo di .^ ^ a quello di Ab\ ma i cubi di Ac AC stanno nella ragione de' numeri dati: dun- que il primo al secondo nuinero dato avra la ragione del cubo del primo dato al cubo del numero ritrova- lo Ab.) e percio Ab sara il primo de' due medj propor- zionali ricercati. Per avere ora il secondo ricercaio me- dio proporzionale, si soprapjjonga al circolo di pro- porzione la linea delle parti uguab, e si accomodi in maniera cbe AC sia il secondo numero dato, e nella scala corrispondeiue sia A B W primo medio proporzio- nale ritrovaio, e girando lo stesso regolo fmcbe riesca Ac eguale ad Ab-. sara Ac ovvero Ab media propor- T. L P. 2. lo 74 Delanges zionale alle AB AC, e percio sara essa il secondo me- dio proporzionale ricercato Estrarre da un nuniero dato la radice cuba Sla yn-oposto il nnmero di cinqne cifre 78590; e manifesto clie la radice cuba di esso sara eguale pros- simamente a quella del niimero 79000, crescendo le tre ultima cifre 690 il mezzo migliajo Disposto il regolo clie ha descritta la linea de'so- lidi sul circolo di proporzione, onde cada in C (fig. 8. tav. H) il solido 79, ed in B nella scala opposta il numero 40, si mova intorno al perno CA siiio a clie il solido 64 incontri la circonfereiiza del circolo in c; e sara notata in b nella scala la radice cuba ricercata: avvesnache essendo AC^ ad A c^ come A b^ ad AB^, e per la linea de' solidi A C^ ad Ac' come 79 a 64, ovvero 79000 a 64000: dunqne come 79000 a 64000, cosi Ab' a 40^; ma 40 e la radice cuba di 64000: dun- que il numero notato in b nella scala sara la radice cuba di 79000, cioe prossimamente la ricercata Nella geometria Cosmiire sul law b' c f/lg. g. tav. II) omoloap al lato B' O una fgura rcttilinea simile alia data A'B'C'D'E' Divisa la data figiira mediante le r^xte A' D' D'B' in triangoli, ed aggiustato il regolo della linea delle parti uguali sul circolo di proporzione, in maniera che SUL CIUCOLO DI PROPORZIONE E MILITAUE yS sia AC (fig. 8. tav. II) uguale a b' c\ ed AB iiguale a C D\ giraudo iiitoruo al perno G A \\ regolo, se sa- Tdi Ac uguale a B' C\ sarii Ab '\\ lato omologo al CD'; e cosi se sara y4C uguale a b' c\ ed AB uguale a B' D\ e si giri il regolo sul puiito A, cosicche Ac sia ugua- le a B' C\ sara la Ab T omologa diagonale alia B'D', e proseguendo in tal guisa, si costruira sulla data ret- ta b' c la figura rettilinea a b' c cV e' simile alia data AB'C'DE' Dato d lato cV tin jjollgono rcgolare , trovare il raggio del cerchio in cui sta inscritto Sia dato il lato d'un ennagono. E' manifesto che usando della linea delle corde, il quarto proporziona- le die si otterra alia corda di 40°, a quella di 60°, ed al lato dato, sara il raggio del cerchio ricercato , come per la detta linea la corda di 40° e il lato dell' ennagono inscritto nel cerchio che ha per raggio quel- la di gradi 60 Dato il lato d'un solido, trovare il lato omologo d' un solido simile che stia al primo in data ragione Sia la ragione data quella di i5 a 37. II quarto proporzionale al solido i5 nella linea de' solid i, al la- to del solido dato nella scala opposta, ed al solido $7, sara il lato del solido ricercato 76 DeLANC£S Dad due o piii solidi si mill, costniirne uno simile ed iiguale a tutii iiuienic Siano PQ (fig. 10. tav. II) i lati omologhi cli due solidi simili dati. Si adatti la linea de' solidi sul cir- colo di proporzione, in guisa che sia AC W terzo so- lido, ed JJ3 nell' opposta scala iigiiale al lato P, e si giri il rcgolo intorno al piinto J, finche Ab nella stes- sa scala risidti egiiale al lato Q deiraltro solido dato, e cada in c il solido 8. Fatto cio, si trasferisca lo stes- so regolo, e si sitiii in matiiera die, meiitre ab' nella scala e iignale al lato (), nella linea de' solidi cada in c' il solido I r , somnia del primo preso ad arhitrio e deir osservato in c. Indi si giri nuovamente il regolo intorno al punto a, e cadendo in c" il solido 3, sara ab" nella scala il lato del solido ricercato Imperocche essendo Ac^ ad AC^ come A B^ ad Ab^, ed Ac ad AC\ per la linea de' solidi, come 8 a 3; danque sara AB' ad Ab^ come 8 a 3, cioe P^ a ()' come 8 a 3. Similmente si dimostrera che ab"^ ad nb'\ cosi 11 a 3; oppure ab"^ ad db'^, cosi 1 1 a 3; e dividend© ab"^ ~ Q^ a. ()% cosi 8 a 3; e percio si avra ab"' — Q' = P\ cioe ab"' ^ P' ^ Q' Repnto inutile dopo gli epposti esempj aritmetici e geometrici, cli estendermi maggiormente su gli altri nsi consimili a cui puo applicarsi il circolo di projior- zione, come sono cpielli che appartengono alia trigono- nietria rettilinea, alia permutazione di misure e pesi, ed a tutii gli iisi dipendenti dalle linee contrassegna- te ne'regoli. ludichcro ora breveniente come si trasfor- SUL CIRCOLO Dl PROPORZIONE E MILITARE 77 mi esso con facilita in altri particolari strumenti capa- ci ad usi di niolta iinportaiiza Annestato al quarto di cercliio BCP (fig. 5, 6. tav. I) il regolo EF con viti passanti pe' fori a bel- la posta in esso fatti in fh ac^ corrispondenii ai P e B a cliiocciola, gia preparati sulla tavoleita pietoriana, ar- nianclo anclie il detto regolo E F di diottre alle sue estremita E F^ si avra un quadrante, per cui, lascian- dolo annesso alia taviiletta, si potranno ottenere con co- modita ed esattezza, tra i moiti usi ab])astanza noti, an- clie quelli di uiisurare a vista altezze, profondita, e di- stanze, come diHusarnente dimostra Galileo, applican- do appunto il suo compasso di proporzione a tali ope- razioiii. Cosi estraendo 1' architettato quadrante dalla tavoletta, scrvira esso a parecchj usi spettanti alia pra- tica artigliena, cioe a disporre un niortajo od un can- none sotto un dato angolo di elevazione, ec. II Assicurato con viti il regolo EF sul piano della tavoletta, come rappresenta la figura ii (tav. 11), ed attaccato al centre P un filo che sostenga un peso C, code accertarsi che disposta sia con esattezza in un piano verticale, e che la visuale passante per le diot- tre annesse alle estremita EP sia orizzontale, il cir- colo di proporzione verra convertito in una pronta li- vella, che puo rendersi sempre piu utile ed esatta con 78 D £ L A M « U S q«elle aggiunte ed artifizj che 1' arie suggerisce, secoa- do le ap[)licazioni in grande o in piccolo che voglio- no farsi III Liberando il regolo EF da viti (fig. ii.tav. 11) alle sue estreinita, e restando mobile intoino ad un per- no inserito nel centre P, che avia percio costruita a vite la parte soltanto che s' insinua nella grossezza del- la tavoletia , essendo cilindrica quella che sporge dal piano di essa, si otterra uno struniento per misurare gli aiigoU colla vista, e per rilevare la carta d' un paese, ec. IV Fermato finalmente con viti, come in a a' (fig. I2. tav. IT) il regolo EF sul piano della tavoletta, in posizio- ne tale che la linea delle parti uguali sia tangente in A alia circonferenza graduata del circolo di proporzione, col solo sussidio d' un peso G che mediante un filo sia sospeso dallo stesso regolo, si otterra lo strumento in- ventato da Blondel pel getto delle bombe, descritto nel- la sua opera intitolata I' art de jeter les bombes, e nuo- vamente esposto da Blond nella sua artiglieria jug/'o- ?iata; alle quali opere puo ricorrersi per conoscerne r uso, ed i principj su cui e fondato 04r^. 7^ ^artH .^k^ ^ av. / Fu/. / E Fif.^ B M /vy./ Jh ./ F I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I 1 I I TTT-Rl^fTn l_ I I I I I [ I I I [ I 1 1 1 I I I I 1 I I I I I I '7 y '^ay.jS^artJI Q^.y7 79 SOPRA I PRINCIPJ E LE APPLICAZIONI del calcolo diffcrcnzialc ed intcgralc. Dl ViNCENZIO BrUNACCI Prescntata ai 24 di luglio. 1804 UGRANGE, sino clal 1772, in una memoria conte- nma nrpli atii di Berlino, asseri che lo sviluppo cJelle funzioni in serie conteneva i veri principj del calcolo dilTerenziale, sbarazzati da ooiii considerazione d' iufi- nitesinii , di evanescenti, di liniiti e di flussioni, e che potea detto calcolo ridursi ad essere un ranio d'anali- si algebraica. Concepirono i geometri sino da quell' e- poca la speranza di vedere espulsa dalle scuole di ma- tematica la tenebrosa metafisica degl' infinitesimi (jj e diinostrati rigorosamente i principj d' un calcolo si sublime; ma non continuaiulo quel geometra le sue ri- cerclie, si prosegui ad andare barcollando sopra i fon- damenti del Leibnizio, ed ognuno che scrisse di cal- colo diflerenziale, non pago delle altrui dimostrazioni, si alTatico a sostituirne di proprie, che non ebbero miglior fortuna di quelle Da quesii medesimi sforzi trar si puo certissima prova, che i principj del nostro calcolo non si giudi- 8o B Jl U N A C C I carono ben dimostrati . Ed in fatti e ancora pochi an- ni, cioc nel 1796 (piii di un secolo dopo le scoperte del Neutono e del Leibnizio) che Carnot geoinetra pro- fondo quant' altii mai, pubblico una serie di rillessioni sopra la metafisica del calcolo infinitesiuiale, cbe avean per oggetto , come egli dice, di ravvicinare i diver- si puiiti di vista J sotto dci fjiiali si erano considerati siffatti principj, c spnrgere a/ciin grado di luce sopra un tanto oscuro cd iiirercssantc argonwnto (2) Per qnanto la lettura di qnello Scritto di Lagran- ge avesse fatto sentire che ( ,— ) era il siinliolo di una funzione finita di .r, ottenuta per mezzo di una certa operazione faiia sopra y, sitnl)olo che avremmo potuto rappresentare per qualunque altro segno, pure sembra- A"a impossibile che con questa idea soltanro, potessero aflerrarsi le questioni geometriche e meccaniche; ed in conseaiuenza credevasi che la considerazione di -,— co- * ax me un rapporto di quaniita infinitesime fosse indispen- sabilmente 1' unico filo capace a dirigere 1' analista negT intricatissimi laberinti, che presentaiio le soluzioni dei problemi sopra i contatti, sopra le r[iiadrature, sopra 1' equilibrio, sopra il movimento dei corpi, e sopra in- fiiiiti aliri oggetti, che inutil sarebbe d'enumerare. Per questo continuarono ad adoperarsi gT infniitesimi, e si desiderarono nel tempo stesso altri principj, i quali portando nelle dimostrazioni la persuasioiie, maggior- mente contentassero il nostro spirito (3 ) La teoria delle funzioni analitiche pnbblicata da Lagrange nel 1798 avrebbe dovuto coiupiere i voti SU* PRINGIPJ DEL CALCOLO DIFFERENZIALE CC 8 I di tutti. In essa dopo aver egli ridotto il calcolo dif- feienziale ad un ramo di analisi algebraica ordinaria, estesamente trattiensi a dedurne tutte le teorie che ri- guardano i contatti, le rettificazioni, le quadrature, le solidita delle curve, delle snperficie, dei corpi, come pure le velocita, le forze acceleratrici , e le altre at- fezioni dei movimenti variati, senza che nessuna vol- ta bisogno egli abbia degl' iiifinitesimi. I suoi ragiona- menti nulla hanno di metafisico, nessuna concessione addimandano, e sono dello stesso genere di quei che si faniio nell' algebra cartesiana, per lo che brilla in quelle dottrine il rigore geometrico che incontrasi nell' applicazione dell' analisi cartesiana alle curve. Ma un tal libro che solo basterebbe a render immortale l' ita- liano autore, non ha ottenuto al parer inio quel succes- so, che era in diritto d' attendersi; imperocche dopo di esse avrebbero dovuto cansjiar di faccia il calcolo dif- ferenziale ed integrale, ed in questa guisa la matema- tica sublime fare una rivoluzioiie nella maniera di es- ser trattata ed applicata, in quella guisa appunto che fece la chimica: con le nuove idee avrebbero dovuto stabilirsi nuovi segni e nuovi nomi (4)^ e rigenerar- si, per cosi dire, questa parte di scienze esatte; men- tre per altro verso nulla avrebbe solTerto quella mas- sa d' inconcusse ed eterne verita ritrovate nierce quel calcolo sublime, e sopra delle quali tutta si appoggia r armonla dell' universo Se pero questo necessario e felice cangianiento non si e fatto in quel paese, ove le matematiche, merce Tau- tore delle fnnzioni analitiche, tengono il principato, a ragion possiam lusingarci che seguira. nella nostra Ita- T, L P. :l, II V>1 ■ B K U N A C C I liii, da che la saggezza di chi presiecle alia somina del- le cose, ha prescritto die nelle due universita nazio- nali del llegno il calcolo didercnziale ed integrale deb- bacsser I'oiidato sopia i principj lagraiigiani dedotti dall' analisi .(Icr/vata (5) Sara gloria e sonima gloria per gl' italiani aver es- si creati i principj del nietodo infinitesimale, e T aver ridotti qnesti priiicijij all" ultima lor perfezione, di mo- do che gli sforzi tutti degli stranieri siano compresi tra questi due limiti. Ne sembri esagerata per troppo amor patrio la mia proposizione. II Cavalieri nella sua geo- metria degl' indivisibili ha considerata la linea, la su- perficie ed il solido come generati dal punto, dalla li- nea e dalla superficie continuamente Jluend: cosi ha somministrato al Neutono T idea e la parola del cal- colo delle llussioni. Cavalieri di piu ha stabilito che qualunque continue e composto di un numero infinito d' indivisibili, ed ha cosi somministrato al Leibnizio la parola e 1' idea del calcolo infinitesimale, giacche gl' in- divisibili non sono altro che gl' infinitesimi, e lo stes- so annoverese geometra promiscuamente usa cpiesti due nomi nel dare i fondamenti dell' algoritmo differenzia- le (6). Ma le cose del Cavalieri erano vestite di geo- metria. L' applicazione dell'algebra alia geometria, tan- to promossa dal Carresio (y) che se ne puo quasi chia- mar 1' inventore, mostrando come in poche linee si scrivono.lunghissimi ragionamenti, (8) dovea necessa- riamente far nascere il desiderio di tradurre in linguag- gio analifico le teorie del Cavalieri, che menavano al- lora tanto rumore. Tento 1' inipresa il Vallis (())•, e piu felici di lui Neutono e Leibnizio immaginarono, SU PRINGIPJ DEL CA.LCOLO DlFFKllENZIALE eC. 83 contemporaneamente ciascuiio, un algoiituio ner iscri- vere le verita di quella sublime geonietria, e ne lor- marono cosi un puio ramo di calcolo, che estesero, merce i loro simboli, alia considerazione di qualuti- que quautita Alcuni geometri peio, i quali han letta e consi- derata iccoIa di liii, e quello, cioe I'w, lo considero dimimiire fiiiche renda (B' — B) w = a — J' -+- {b — B')'"^ e ])osso alloia imiiia- ginare \\n infinita di altri valoii di c piu piccoli di quello, per i quali il primo nieiubro diveiiendo miiio- re del secondo, nascerebbe I'assurdo, o la quant ita non sarebbe contenuta tra i due liniiti, contro 1' ipotesi, se non fosse a = A' F 11 I N c 1 V 1 o II Se abbiaino IVquazione a-(-/;a'-f-f:w*-4-ea!° -4-ec.=o la quale debba esser vera per tulti i valori possibili del- la indetenninata w, e necessario clie i coeflicienti del- le respettive potenze di u formino dell' equazioni e- gualmcnte vere, die abbiasi cioe ftr=0,^=:O,c=o, ec. Qnindi se la soluzione di un problema ])otra ri- dnrsi alia detenr.inazione dei coe(ricienti J e B^ di una fnnzione y4a,-+-5t»% e se per i dati dello stesso pro- blema debbe essere qnesta funzione egiiale ad una se- rie mu -+- n w^-t- / v^-+- ec. essendo m , I , Ji , ec. quaniita cognite, s' avra J u -^ B u^=z7n oi -4_ « ^^ -f- / w^ -h ec. ed in conseguenza A — /;/ ^=o , B — n =o , 1= o; ec. saran- iio r equazioni cbe risolveranno il j^roblcma. Egual- inente se tra le quantita cognite ed incognite potre- mo trovare un' eqnazione di questa forma A-^B">-^ Cv'-t-ec. = o, le equazioni A = o, B = o, ec. ci servi- ranno alia soluzione del problema SU' PUINCIPJ DEL CALCOLO DIFFEKENZIALE CC. U7 Questi due principj si concepiranno piii facilinen- te in segnito M O T O V A R I A n I L E Per quanto la velocita e la forza acceleratrice di iin qualunque inoto variabile alia fine di un certo tem- po sia stata determinata da Lagrange, pure potendo- si ritrovare le stesse quantita per un ragionamento piii senqilice, appoggiato ancora esso a considerazioni pu- ramente algebraiclie, e che apre la strada alia soluzio- ne di altri problenii, ho creduto non tempo perduto, trattenernii a deterniinarle di nuovo Indicando per s uno spazio retdlineo, per t un tempo in cni e stato descritto, I'equazione s =

lo spazio niedesimo che ei percor- irva in viriii dei movimenti variati da cui e realmen- te animato. Se io suppongo che sia i' la velocita con la quale comincia il moto nel tempo &, ovvero la velo- cita, che ha il mobile alia fine del tempo V, Tespres- sione di /^ dovra aver questa forma F=p-hwZ, es- Bendo w z una funzione di w e di t, che si annnlla quan- do 01 = o. Che F debba aver la forma v-+-u)Z si com- prendera facihnente, rillettendo che, suj-ponendo che la velocita variabile vada sempre crescendo o scemando dal principio di u sino alia fine, la velocita media dovra essere maggiore o minore della velocita v, di una quan. tita <^ z dipendente da w, e tale che si annulli, quando <•> e zero. Sara dunque / , / d s . 1 ,d^ Ss t I , 6?' .?, J ^ ' ^dt' a.^dt'' ak.i^dt*' ovvero , ,d s. 1 ,d* s, t I ,/f* j\ « ^dt' 'j.^ d t ' a.6^dt' Ora (Prin. II.) quest' equazione dovendo avverarsi per (jnakuiqne valore dell' indeterminata w , i coefficienti delle rispettive potenze di u debbono formare da se stes- si delTequazioni egnalmenie vere; dunque debbe essere , d s . • 1 • V — ( - ) =o , e qumdi ^ a t' ^ SU'PRINCIPJ DEL CALOOLO DIFFERENZIALF CC. 9 I t» = ( ). Duiique la velocita del mobile alia fine del III C d s tempo t e rappresentata dalla funzione (^) • Egualmente rillettendo che la somma degli spazj de- scritti nel tempo «, escluso quelle {-ri) «» il quale k fat- to con moto equabile, e I id"^ s t I ,d^ s. , se noi immaginiamo una forza acceleratrice media F, la quale nel suddetto tempo w faccia perconere al mo- bile con moio uniformemente accelerato uno spazio e- guale a quella somma descritta con moti variati, e se noi supponiamo F = f-i-u'y, essendo y^ la forza acce- leratrice alia fine del tempo f, ed w y una fnnzione di w e di f, che si annulla quando w^o, avremo / r- \ 1 \ . d^ s , \ , d^ S 3 e quindi equazione che dovendo esser vera per tutti i valori I d'^ s di w, ci dara f= -(-f-\) . Dunque in qualunque mo- ■yimento variato la forza acceleratrice alia fine del tern- yl B K u N A Ci r I po [ sara rappresentata da -(tti) ■> ed in conseguen- 1 /^^^^ za sara proporzionale av-7— i) Per (juesto faremo f=z[^-—)^ avvertendo die quest' c- riiiazione e una vera proporzionalita, come sono in mec- cauica tutte le equazioni, nelle quali sono paragonate tra loro le qnantita eterogenee, s])azio, velocita, tem- po, e forza. Dovra poi aversi riguardo a iiitto questo iiel paragone delle forze acceleratrici tra loro Centuo di cuavita' Fig. I. Sia AP M I'area della quale si ricerca il centro di gravita. Supponiaino che gli assi dei momenti siano quei medesimi dalle coordinate J P=x,P M:=y, e che 1 origine dell' area sia nell' origine delle ascisse, Inditando per cj) (x) il momento dello spazio AMP re- lativaineiite all'asse AH, sara cf (x-^i) il momento dello spazio ARE, quando si faccia P R = u>. Ora compiamo i rettangoli PSER,PMDR circoscritto ed inscritto al trapezio mistilineo P MER, e vedremo subito che il momento di AER e sempre maggiore del momento dello spazio AMP-t-PMDR, ed e nello stesso tem- po minore del momento dello spazio AMP-*-PSER. Se dnnqne rappresenriamo (piesti tre momenti per m\ m,m'\ dovremo sempre avere m"yniym, ed in con- seguenza m" — m>in' — m, qualunque sia <* Su'l'RINCirj DEL OALCOLO DTFEUENZIALE CC. (J^ E qui si avverta che nol supponiamo non ritro- ■varsi nelT arco corrispondente ad «, alcun punto sin- golare, come di inassimo, o miiiimo, di flesso, ec. Que- sta supposizione e legittima, imperocche essendo arbi- traria T t.', pDssiam prenderla in guisa che I'arco ad essa corrispondente cada al di qua del punto singolare. Esprimiamo analiticainente questi tre momenti , ed avrenio m" = 3Iom:J3IP-^Mom:PSER = (^(x)-i-{x-t--)u.RE a ^ ax' 2.^ a X ' ' ^ a X ' %^ u X ' ec. m = Mom .APM-y-Mom .PMDR= (p (x) -i- {k -t- -) u, y a Facciamo R = -( - — ) -»- ec. c SI avra m' = (il) ^ <.' R d X m"=C?{x)^{x-^^^) { jrH-*.(^)-4-..>f« m=.(p [x) -^ {x -\-")v y f)4^ B 11 U N A C C I Dovra cliiuque essere qualiinqne sia d' altronde il valore di e.; e qiiesta con- dizione non puo aver luogo ]ier tutti i valori possibi- li di 0) (Prin. I.) se non si annulla il coefficiente di «» se cioe non e ( y- ) — x y = o Vanque {■^) = xy :,m' — m; dunquo qnalunque sia «^; dovra dunque (Prin. I) esser nullo il coefficiente ( 7-^ ) — — ; e percio debb' essere Ma Mom:AMP = :p{x) = GO ./ydx; fyld. diinqiie G O ^= — • * J y d X Se 'y=fx esprimesse la sezione di un solido fac- ta perpendicolarmente all'asse degli r, e corrisponden. te alTascissa x, diinostreremo nella stessa guisa, cbe la distanza del centre di gravita di questo solido da ua piano parallelo alia sezione, e che passa per 1' origine delle ascisse, e =J--JLI!L — ^ . Trovate poi le distanze del J y d X centre da due altri piani perpendicolari al primo, sara determinate il centre di gravita del solido niedesirno Fig. 2. Per trovare il centre di gravita 5 delTarco AM., indidiianio per (J) (x) il momente di quest' arco relaiivamente all' asse AC\ e la lueccanica ci dara m" — m', cioe la qual cosa acciocche sempre succeda, bisogna die sia xf{x)= ( ;7-^) , ed in conseguenza

(^)=/^\/^-»-(^) • '^^ SU' PUINCJIPJ ]>EL CALCOLO DIFFBUENZIALE CC 97 Avremo pertanto G0 = Con lo stesso metodo potremmo trovare la disranza GO; in fatti rappresentando al solito per 4> (x) il niomento deir aico yl Af relativaniente alT asse AB, avremo L a. ^ a x'J m'=Mom\ ( A MN) =cf (x)-Ha. ('ii) n- «'i? m =Morn : {JM-^MD)=!^{x) -+- fj -h ^ ( ^^' )] wf{x h- o.) , essendo y' cio die diviene y quando x si cangia in x-t-w; ma dobbiamo sempre avere m'[ — m'>in" — m'\ 1 / ^ 'P dunque ( -y- ) = y / (.r) ovvero ^(-)=/7^A-^(^^f. J.C eqni ndi G0 = Volendo il centro di graviia della superficie conoi- 7\ I. P. 2. i3 dica formata dal ravvolgiinento di A M N intorno ad A R^ fareino un simile iao;ionameiito. II centro di ara- vita e neir asse A B^ c lapporto ad un piano perpen- dicolare ad A B, il momento della snperijcie conoidi- ca fatta da A M IV e medio tra 1' agirreq-ato dei mo- inenti della zona conica facta da 31 I\ e della super- iicie conoidica fatta da AM, e 1' aggregato dei momenti della stessa snperiicie conoidica, e dell' altra zona co- nica descritta da M D Si segue un medesimo andamento per trovare le for- mole le quali appartengono alia teona dei centri di oscillazione Problema di statica Determinare le condizioni d' eqnilibrio fra tutti i cunei di una volta qualunque cilindrica ('jjJ I„ Siano (Fig. 3.) A C A' la. curva interna di una „ volta cilindrica, aca' la curva esterna. Supponiamo „ die a ciascun cuneo siano applicate delle forze as- „ solute V,F,F', ec, /;./' ec. Siano X.>X' due cu- „ nei consecutivi sottoposti rispettivaniente all' azione „ delle due forze F,F'. Le giunture m M ,n N,p P , „ ec. debbono essere perpend icolari alia curva interna „ AC A\ tanto per la grazia della volta, che per la so- „ lidita della coscruzione, e noi percio le supporremo « tali 11 „ Avendo preso sulla direzione della forza F la „ parte XE per rappresentarla, la decompongo in due „ altre forze Xu, Xt perpendicolari alle due giun- „ Cure mM , nN del cuneo X. Sia X' il punto, iu 8U PRINCIPJ DEL CALCOLO DIFFEHENZIALE ec. 99 „ cui la direzione della forza X t incontra quella F' X' „ della forza F'. Prendo sulk F' X' la parte X' E ,, per rappresentare la forza F\ e la decompongo in „ due altre X' q , X' L perpendicolari alle giunture „ Nil , P p del cuiieo X' . Allora i due cunei X^X' „ si faranno equilibrio, quando le due forze X t , X' q „ direttamente opposte, con le quali essi agiscono uno „ contro Taltro, sarantio eguali tra loro. Tutto adun- „ que si ridurra a fonnare 1' equazione „ Forza X t = Forza X q, ed a sostituire invece di „ queste forze i loro valori III „ II parallelogram mo JTf^;/ da r" \r T^ tr J-' ''^'^ X E t r, sen X E t „ torzaXt— Forza XE . vT-p = ^ ^virv sen A t L sen X t L ,, ed il parallelogrammo X q E' I da parimente ^ v r- sen X' E' q , „ I'orzaA (1=1' . i^r; — r., , avremo adunque ^ sen X fj t,' ' „ sen X E t p, sen X' E q ->■> P ' vTT-'^''' v7 — ^> •> ovvero sen X t L sen X q L f A ) — = ^^" X t E . sen X' E' q " ^ ' ' ' ' ' p~ sen X E t . sen X^q~E' IV. „ Siano, / il punto di coiicorso delle gmnture „ mM , n N prolungate; T quello del concorso delle „ giunture nN ,pP parimente prolungate; // ed L „ i punti di concorso delle giunture esterne w Jl/, j) P „ con I'asse verticale C O ; Z e G i punti di concorso „ delle forze F, F' collo stesso asse. Egli e chiaro die „ I'angolo Xt E eguaglia Tangolo N I M^ poiclie i la- ICO Brunacci „ ti cleHnno sono perpeiidicolari a qnei dell' altro. Per „ la stessa ragione Tangolo X' q E' e egiiale all'ango- „ lo PIN. \y\ pill condiiceiido per il piinto z, in ciii „ la retta Xu iiicontra la giuiitura miM, la retta li- „ nea zz' parallela alia direzione della forza /", si vedra ., che I'angolo ii X E , o 1' angolo /^ :;:;'= ang". ?/.:; ^ — „ ang°. k zz' = 90'' - ( ang°. C Z E - ang". C H M) e „ per delle considerazioni simili Tangolo X'E'(/=()o° — ., (ang°. CI P — ang". CC /"'). Diinque prendeiido sem- „ pre il seno totale per T iiuiia , s' avra dalla trigono- „ inetrla „ sen X Et= cos CZEx cos CII 51 -\-senCZFx senCH JSI -^ e „ senX'E'q = cosCCF'XcosCLP-\~ senCGF'XsenCLP , e „ r eqiiazione (A) si cangiera in questa (B) F__senNlM{cosCGF' . cn^ClP ^senCGF' . sen C I P)_ '' F'~ Jen P T y [cos CZF. cos CIl 3J -t- sen CZ F . sen Cfllll) „ Da quest' equazione si vede , che conoscendo la fi- „ giira della curva interna, gli archi il/zV, NP^ ec. „ ai quali corrispoudono i cunei, e le direzioni delle „ furze E, E' ec. si troveranno i rapporti delle stesse „ forze , e la figura della curva esterna Fig. 4. Snpponendo che la curva della volta for- mi un arco continuato, prendiamo due porzioni egnali M N ^ N P di quest' arco; e siano is E' le risultanti di tutte le forze, che respettivarnente agisoono sopra ciascuna di c|ueste porzioni; siauo E Z ^ E G le dire- ziorii di queste risultanti: conduciatno all' asse ver- ticale CO le ordinate MR , R N , PJl"; sia Mllh SU rillNClPJ DEL CALCOLO DIFFERENZIALE CC. lOI normale alia curva nel punto M, egualmente siano NL,PL le norinali nei punti iV, P., faccianio MC=s^ e rigiiairiiaino tutre le liiiee e quantiia dipendenii dal pniito il/, come tuiizioiii di 5; poniamo CiM = s M N = NP = u, Ca=.x MR = Y CR'=.x' =x' NR'=y' —y CR" = x" =x PR"=y" =y 1 s-i- a, j) s .« + au) j4nii\CZF=u Ang\CGF' = u' =11 Fz=F F'=F J -h ii) Paragonando la figura 3 con la 4, avremo sen {N rM) = sen {CL' AT— C H 31) sen{PTN) = sen{CLP — CL'N); ma senCH M = (—) cosCH3I = (-^) senCL' N =(-f-) cos C L' N =z(£^ ) senCLP={tf.) cosC LP={ill) ; fiicendo adunqne le opportune sostituzioni nella fornio- la (B), s' a via 102 BrUNACOI F > (^W^')-(<>:')(^if:\ p (il) COS u ^ (If) sen u- \ l^ds'^ds' ^ds'^dsni^ds' ^ ^^ds^ ' i ovveio F^tiy^cosu-^fysenu O (i/')(^\_(^')(^') ( = *\^ds' *. ^ds' 'U^ds'^ds^ ^ds'^ds^^ F U^)^osu ^(i^yenu U(iz:)fy-(^)(i^)i '+A^ds' '->-'' ^ds' '+^U^ds'^ds' ^ds'^ds'S Ora osserviamo die (noi scrivianio indistintaniente X , y , x' , y' , ec. per .r , y^ , x'^ ec) , ,dx, 1/ ,d^ x^ 3 s s-H-> s ^a s' 2, d s ' ,d X. 4 1^* /<^' ^K 3 a: H-ao! ( )_^2_ ( )H-«^ ec. ^ ^d s' a> ^ds ' j+a» , .a y. CD ,« Y. 3 J •'j+u f ^d S' Q. V J '' ^r. .^,^^. .,,. j+aa '' X ^d s II /«/v 2/" y, /" = y = y -H a w {-/ ) -H a 0) ( — 4^ -•- "" ec. ,^_ ,. ,^„ „ . .dsenu. w^ xP sen ii. , je/i z^ =sen « -h w /^ ^ h — ( \ _f- ^^ ec. '+" •» ^ ds > ^^ ds^ ' ^«.,. >.« ,. . ,d cos u. u^ .d^ cos 11^ , »■*■■" * ^ ds ^ 2.^ ds' -I F =, noi avrenio una nuova equazione di que- sta forma a u° -+- /3 w h- y w' -t- ^ w' -t- ec. = o , la quale dovendo essere vera per tuiti i valori possibili di « , ci dara fl! = o,^=o,y=o,^r=o,ec. e ciascuna di queste apparterra alio stesso problema Per avere eilettivamente queste equazioni, inco- minciamo dal fare le sostituzioni e le succeseive ridu- zioni in ciascuno dei fattori della nostra equazione, e si trovera ^ds^Us '-'^ s^u J^ i ^di^'^dS^^^rJ^dT'^ < w' ec. I04 B U U N A C C I I ydv" fdx\ fdx'\,dy\ i.(dx.(d^y^ rdyrd^x,) -^'h^diir7^)-iWd'7^)} _j- «' ec. = .4!>> -f- fi ui' -H w' ec. d s ^ •«+'- Id s' ^d s ' d s^' W ds ' a^ ds^ ^ ) ds' 1 I ^ r'ly ,d^cos7i ,dW. .d cos It. -+• a I — - jCosu > -»- w^ ec. d s* ) ,dx'\ /dx, I fdx ,,dspnii rd^Xs ) (— r— ) Jtf/ZM ='__ Uererz-Hw <'-— ' )-t-a — -)senu ( ^f/j^ :»+" 'ds' \ ds' ds ^ ds'' S n I ,dx ,/d'senu, fd'^ Xsfdsenu, ^\-Jd-s^^-ds^^^'^di^^^^irr^ ds'' S 01 ec. ,dy" —(^yx ^ds' *+" 'ds' ■>+" ds' ^ds' tfdy,dcosu ,dx ,dsenu, rd^x, ?U*PUINCirj DEL CALCOLO DIFFEIIENZIALE eC. 1 o5 1 I I .dv .d^cosu, id^ y . .dcosu^ -^''\i^Ts)^-drr^^'^d7^^'^) /Pv^ I ,dx.,d^senu. ^ d^x.,dsenu. -+- a( — f)^en «>-Ha''ec.=://-HCw-t-Z?w*-+-w*ec. Clr S ^ds'^ds^ \lJ^as^ i^ds'^ds'^ ^ds>^ds'^< I a.^ds'^ds') a.^ds'^ds'n -4- «* ec. = ^ w -t- Fe./ H- w' ec. Effettuiamo le sostituzioni nell' equazione, ed avremo (

^ -^- B u' -t- w'' ec.) // = (J) . {H -t-Cu -»- D w* -H 0)' ec.) (^ u -t- F w* -H «' ec.) _t_(l^j(H-HCa,H-£)a,^-+-a,*ec.)(^«'H-/'«' -t-i^" ec.) -+-i(H-t-Cw -+- Z)a>*-H w' ec.) (/^w*-t- Pw' -f- w'*ec.) ^-j (^) ^ 1 (^) U // -4- Co, -H Z) 0,^ H- «^ ec. i ( d s' a. d s ' ^ (■ ' ^ ^ «^ -4- F oi"* -f- w* ec. i -H ec. Si eseguiscano ora le mokiplicazioni, e troveremo (p.H.A.. II. Fv -i-q>.C.A.i^'-^(^).II.A.u>'-i-t.II./t.u>'^u>'ec. d s r. I. p. 2. 14 io6 Bkunacci la quale si liduce a |(J).///?— $.//F— cp.^C— (^) .HA ^ «' -H 0.* ec. = o Avremo dunque (Principio II) ^ds'> ^ds'^ds'' Ora quando le coordinate si considerano funzioni dell' arco, r espressione del raggio osculatore e /? = Dunque potremo dare alia nostra equazione finale que- sta forma SU'PRINCIPJ DEL CALCOLODIFFERENZIALEeC. IO7 o * { ,dy, ,dcos u ,dx.,dsenu. ^/d^y.^^,,, -^ . (_ J senu\^R (-^) | (/; co. « -^ (-^^ sen « ^ Quest' equazione contiene la soluzione del proble- ma che ci siamo proj)osto „ Conoscendo la legge del- „ le forze che agiscono sopra tutti i punti della vol- „ ta cilindrica, essa ci da la curva della voltai e co- „ noscendo questa curva , essa ci da la legge delle „ forze „ OSSERVAZIONE Nello stabilire le forme delle quantita che entra- 110 iu questo prohlema, abbiaui posto ang. CZF=u funzione di s.Ora quest' angolo e una fun/ione di 5 e di w; cosi, facendolo tale, potrebbe venire qualche di- versita nelf equazioni ottenute in quella supposizione. Per togliere questa difTlcolta, chiamisi v 1' angolo, che la direzione della forza agente nel punto il/, fa con r asse; e per la stessa ragione per cui si e- su[)posto /'.-=:cp(s)-t-a!/^,si ponga u = t^ H- 0! T. liitrodotta nel calcolo la quantiia v-^^T invece della // , nclf equa- zione che risulterebbe corrispondente a quella, la qua- le contiene le diverse potenze della w, non tenendosi conto se non di quella parte dell' equazione medesima lOi] 15 R II N A C C I la (]nale conterrebbe la potenza minima di questa u, e facile vedere cbe giugiieremo in fine alia stessa e- qiiazione La forza acceleratrice dell' aria nella sezione r$ e, come abbiam dimostrato, ( jii) • Sia rappresentata da no B ji u N A c e 1 f{S-+-w^e) per esprimere la forza acceleiatrice in r's'. Sia 9 (5,f) la forza acceleratrice media, o la risultan- te di tutte le forze acceleratrici che agiscono sopra lo strato srr's': ed avremo ^ {S , t) =^ f{S ,t) -^ (^ L^ y*o\- clie essa debbe di venire f (S^t) quando <^ = o; dunque ovvero [scrivo 4^ per 4/ (S^f)] a'\^-^.N'\\ c.(^'^|)H-.'ec. J)(J^)-^a.Z,^ sara la forza acceleratrice total e della massa d'aria sn's' Questa forza e 1' eccesso della pressione, che I'a- ria fa in s r per ispingere avanti lo strato indetermi- iiato d'aria srr's' sopra la pressione, che T aria al di la di r's' esercita sopra r's' per spingerlo indietro; se dunque supponiamo che la pressione, o V elasticita deir aria sia in ragion diretta .della densita, e che K esprima il rapporto della densita dell' aria naturale al- ia sua elasticita, la forza elastica dell' aria, o la forza di pressione in qualunque pnnto, sara allora espressa per il prodotto della respettiva densita in K; la pres- sione adunque sopra rs sara aK.i'; e quella sopra r's' sara a^ K{P -t- u{-j-^) -\- u^ ec. dunque 1/7 1 "J — a^K^^ u (-j-^) ■+• w*ec. ^ sara la differenza di qiieste due pressioni; ed avremo in conseguenza SU'PIUNCU'J DKL OALOOtO niFFEllENZIALE CC. I I I Allelic quest' oquazioiie tlebbe essere vera per qualun- que valore di at. Oia se requazioni (i) e (2) si svilup- pano orclinaiidole secondo le poteiize dell' indeterniina- ta v, ed eguaglianio a zero i coelTicienti delle respet- tive poteuze, avremo tante equazioni die apparterran- no tutte al nostro problenia (Prin. JI); ma seiiza clie facciam questo s\iluppo, prendendo nella prima eqiia. zione i coefFicienti dei termini , ove o> si trova elevato alia potenza zero, die e la piu bassa cui sia innalza- to i», abbiamo d s {a) F=4/ . ( \ • e prendendo nella seconda i coeflicienti ddla prima potenza di « , die e la piu bas- sa, abbiamo "■^- (tc) ~ '^ • (jc) ' ^'TT^) ■> ovvero Ora per mezzo di queste due equazioni (a) , (b) e per mezzo del differenziale della prima, preso rap- porto ad S, potremo eliminare 4^ e (^"o) ' ^^^ otter- remo in fine 1' equazione ir /^^\/^^^\ rtrfd^s. JI ,(J X ^^ . (P s . 112 B U I- N A C G 1 a differenze parziali del secondo ordine, die bisojijiie- rebbe integrare per trovare il moto dell' aria nel tubo Problem A Sia AM PC la sezione orizzontale di uii canale curvilineo di uniforme larghezza AM=-: supponendo che il fluido si muova in questa sezione con una velocita dovuta ad una altezza a, si dinianda la pres- sione da esso generata sopra qualun(]ue punto ^, per causa della sua forza centrifuga dovuta a quella velo- cita Sia V la ricercata pres.->ion»„del punto g, e sia gi = iv qnantita indeterminata. Le pressioni variando da g in i, se P rappresenta una pressione media ta- le, che se essa si esercitasse sopra ciascun punto di gi, questo pezzo di canale sarebbe premuto nella stessa gnisa che lo e con quelle pressioni variate, avremo P = <^-+-w^, essendo w« una funzione incognita, che si annulla quando w = o ; sara dunque la pressione totale sopra g i, o la somma di tutte quelle pressioni Sia M la inassa fluida fghi; ed avremo M=u (- -Hwy), essendo w y una funzione che si annul- la quando 0 = 0. Ora ciascuna particella di questa mas- sa scorrendo in an canale curvilineo, avra una forza centrifuga. La particella che e in g, ha una forza cen- trifuga eguale alia sua massa m moltiplicata per — , Su'l'KlNOlVJ DEL CALCOLO DIFFEKKN/I ALL (JC 1 I J chiamaudo /• il raggio osculatore dcUa ciirva in g. Sia (— H- « «) Hi una Ibrza centrifii^a media, della r quale se doiata fosse ogiii particella della massa M, qiiesta farebhe sopra il pezzo di canale g i la stessa pressione, clie vi ta per le vere pressioni variate, di cni e aniiiiaia ciascuna dclle sue pariicelle, e s' avra 3f{ — -H w « ) , oYvero <^(--+-*j)( ^ <» u ) per es- primere la soiniua di tuite le forze centrifughe, o del- la pressione totale, che queste fanno sopra gi; duiiqiie w (- -t- «/ )(— - -*-<^n)="('o-^uz'j e percio i^ = ■— ; e questa e Y espressione della pres- sione in qualunque punto del canale Abbiamo sciolto questo problema per liberare da- gl'infniitesinii la bella teoria suUa percnssione dei flui- di , data dal sig. Lagrange negli atti di Tnrino del 1784 ^ •• T. I. P. II. i5 114 BuUNACGI NOTE 'i) Lr (i) -Ljo stesso Leibnizio parlando dcirinfinito , cosi si esprime „ Sia- ,, mo senipre iiubarazzati nelle sciie dc'i nnmeri chc vaimo all' inlinito . M E si concepisce per un ultimo termine o uii mimero inlinito , o infini- „ taxnente piccolo ; ma lutto questo h una finzione : ogni nnmero e fini- „ to cd asstgnabile ; ogni linea lo !i egualnicnte ,, ( Essai de Thcodice6 Disc, prelim. § 70 ) Maclaurin nella sua introduzione al trattato dellc Flussioni di Nen- ton, osserva che gli antoii , i qnali liaiino nicglio trattato la scienza dell' infinito, riconoscono che vi e „ qualclie cosa d" iiicoiucpibiie nella ?uppo- „ sizione d' ui> -ntHaero infmitamente grande o inlinitamente piccolo „ e che ,, il passaggid dal finito all' inlinito ^ osctiro ed incoinprensibile „ Ed in una nota soggiunge „ Le nostre idee degl' infiniti ed inlinitcsimi sono o&cure „ ed imperl'ette per giungere alia cognizione di quel che vi c di piui „ profondo nella geometria sublime ; e quel che le hanno applicate con ,, tma gran liberta a questa scienza , hanno avanzato molte cose le qua- ,, li viblano ogni verisimiglianza „ Alcuni hanno supposto non solanicnte degl' infiniti ed iiilinitesimi „ di una infinita di generi , ma ancora hanno distinti i nulla in dilTerenti „ sptcie , c se quest' abuso continiia , e facile prevedere quali assurdita „ saranno spacciate come seopcrte di geometria sublime 11 S|g. Bernulli parlando del fondamenti del calrolo (Uffercnziale [ Atti di Turiiio del 17U4. Tom. I. part. II. ] dice „ De quelqne nianicre cepen- ,, dant qu' on envisage ces infmimcnt ])etits, qn' on leur doiine une va- „ leur rcelle avec la plupart des auteurs , ou qn' on les fasse avec feider „ egaux au zero absolu , on ren'^ontre des (l^cucils , dont la rigueiu' math^- „ matique ne sain-oit se sauvcr. Lc zero n'/taiit qn' une ntgation de quan- „ titfe ne pent jouir d' anciine rpialitt telle (|ne celle de former des rap- „ ports. D' un autre coti'^ on trouve de la dilfii-uli/; a ritgliger des qnan- „ titcs rtelles , sans porter atteinte a 1' exactitude du ealeul , et on a „ enf^ore phis de peine i concevoir les infmimeiits des dilfcMcnts oidres . „ C est ainsi qu' avec quelqne fariht/- (pi' on ait d' al)ord cm saisir les „ princi)ies dc Leibnitz , ils nous ccliajipent bicntot , ct nous tombons dans „ r incertitude „ Bernulli voleudo evitare questi inconvenienti , e nel tempo stesso noa 8U PRINCll'J DEL CALCOLO DIFFEKENZIALE CC. I ID volendo far uso del nu-todo delle flnssioiii , percln^ c()ni[>licati^simo nelle diinostiaziutii dci sui)i j)i'iiici|)j , considera sotto uii diverso ptiiiio di vi^ta le quaiuit;\ variabili , ed indica per dx e per d y iion gli aunienti die ricevono le variabili x cd y , ma Ic disposizioni clie ciucsto lianno ad au- meiitarc . Si vedaiitf gli aiti citali ( a, ) 1>\ quest' opereua di Cariiot si e fatta una secoiula edizionc a Pavia , coil aniiotassioni ed a^erazione : e con la Icttera d incssa avaii- ti alia clerivanite s' iiulica il risuUato Y di qiicsta oppiazione medcsi- ma ; qmsto risultato atlniu[iio h siiubolicamente rappieseinato da f/y , e dicesi ijiiuntita , o funzionc derhata Se oia traitaudo dy come la quantita j, si deriva da dy con la stes- ?a operazione iiiraltra quantita (/ (dy), die possiaiiio indicate per d^ y , avfcmo una scconda quantita derivata da d y j come lo era (juesta da j , e cosi ue avremo ima icr/a , uiui ipiarta cc ; ili inoJa clic sccondo (jucsto principio, la sciiucute scrie y , dy , d-y , d> y , . . . . ci rap])resenta col sno primo tennine la qiianiiia, dalla quale si dediicono tutlc; le altre , e che abbiam detta fiuizione derivatrice : Col siio secondo teraiine la deriva- ta prima, o di primo ordine , ccl sno lerzo la dvrivaia sccunda , o di sccondo ordine, e col suo (111 + ]/""^° hi dcrhain m"""" di y, o dell' ,■ esimo ordiiic m La Icggc di derivazioiie , la quale presciive T opeiazione che far si dee per dcdurre o derivare una (piautita da ini'altra, ptio esser c[ualunque : avremo pcro tanti rami di calcolo , quante sono le operazioni che posso- Do immaginarsi indicate da d, le quali dipendendo dall" arbitrio del geo- metra , sono inlinite di uumero L' analisi dcrivaia adunquc ab])raccia in geuerale qualunque ramo di calcolo , che si laggiri soj)ra la iiuiniera di dcdurre una quantita da un' ^Itra, c snl determinarne le proprieia ; cosi tntte quelle branche di cal- colo per le qnali si stajjili un aigoritmo, cioe la teor'ia dcgli csponcnti , il calcolo dcllc diffcrenzc Jinite , qneWo drlle funzioiii analiticlie ; il cal- colo diffnrcnzialc ; la tcor'iu dcllc fticolta nuincrichc , ec. forinano tante parti di analisi ilerivata L' analisi derivata ha due yiarti . II linqui detto appartiene alia prima parte che cliiaiuasi anaiui derivata dintta , perche ci insegna a passare dalla derivatrice alle sue derivate . L'altra parte chiamasi analisi dcrii'ata iincrsa ; ed a qupsta apparlicno tutto quel clic ha rapjiorto al ritrovanien- 10 di niia derivatrice, allorch''; ^ data la sua derivata di un certo ordine (6) Se per invenzione del calcclo dillerenziale c' s'intende ravcrno immaginato ralgoritmo analitico , certo che Lcibnizio e rinvenlore dei dirtVrenziali, come Neutono lo « del calcolo vu solidis „ rationes indagare , iit illico ipsaruin ligiiranim nunijurain niihi compa- „ rarem ; ves, puto, jiiMa voia successit, ut perlegcnti patebit . Artiticio ,, aineni tali iisus sum, (piale ad propositas quxstiones absolvendas Al- „ gebratii i adlidjcrc Solent , (pii ((uidciii lumierorum radices , fpiaiiivia inef- „ I'abiles, sunlas ac iipiotas, niliilominus simul aggregantcs , subtralientes , „ niultipllcantes ac dividentes, dunimodo proposing rei exoi>tatam silii „ uotitiam enucleare valeant , sua satis obijsse munera sibi persuadent . „ Noil alitor ipse ego indivisibiUum sive linearum, sive planorum coiigc- „ rie , licet, quoad coruindcin lutnicrum , innoniiiiabill, siirda ac ignota , 1, quoad magnitudinem tamen, cons|)iruis limitibus dausa, ad contLnuorum „ invesligandam iiicii'^uram usiis sum , ut lepcriti apparebit . „ Ora parmi fuori d' ogni duiibio die in tpiesto passo del Cavalieri sia— no coiuenuii lanto il jirincipio trailotto in calmlo da Neuton , che quelle tradotio in caKolo dal Leibnizio, c die ancora siano ben cliiaiamente es- pressi . Di ])iu in tutie le ddiiiizioni per V iiitelligenza ddla tcoria de- gVindivisibili, Cavalieri fa senipre uso della parola piano flucntc per espri- niere quel piano dal cui moviinenio si geiierano le supcrficic ed i solidi ; e stabilisce die », quakincjue contiiiuo e composto di un iiuinero iiiliniio „ d' indivisiliili ,, Aveva anche il Cavalieri considerate le tUvcrse graudezze negl' infini- ti , c scnza riportare tulto 'cio che piio scrvirne di prova , bastera ripete- ve cosa scrivc il Torricelli iielle sue lezioiii accadeinidie , parlando de— gl' iiiliiiiti di divcrsa graiidezza ,, Qui bisogna die io rimetta (ple^ta causa al „ foro del maraviglioso iVa Bonaventura Cavalieri , appresso al c[uale non „ solo non t assurdo die itn infiiiito sia mn'^giorc d' un altro , ma c neces. „ sario : la nuova geoiiietria degl" indivisibili va per le iiiani dei dotti , „ come miracolo di scienza ; e per essa ha imparato il mondo , che i se- „ coli d' Ardiimcde e (FEudide furono gli anni delTinfanzia per la scien- „ za della nostra adiilia geometria „ Che il calcolo delle flussioni di Neuton sia la tradxizione del metodo del Cavalieri in un nuovo linguaggio analitico, si ricava ancora dal riflet- tore , die ndle leitere del cnmntcrcio cpistolarc e nelT opera dei jirinci- pj matematici [dalle qiiali tutti i geometri liamio dedotto che egli era ii8 B U U N A C C I ia possesso del calcolo flus^ionale ] iion si fa alcuii nso dcUe Icitcrc jmn- fatc con uno due ec. pniiti mcssi al di fopia , o nuto k tiattato per mez- zo di linee e ligure , mciodo us^ato piiiiia di csso da Cavalieii , Torricel- li, cc. Ma sentinmo lo stesso Maclainiii . Qiiesti nell' introdiizione al tiattato tlelle flusbioni di Neiiton, parlando della Innjiliczza die avrcliheio le dinio- stnuioni , se volcsse sempre sep;uii"si il rigoroso mctodo degli antidii Q die era la sintesi ] soggiunge „ In generale doljbianio conlcssaie , clic se le ul- „ time scoperte tosscro tiattate a Inngo nella stessa guisa che gli antidii ., han dimostrati i lor teorerni , la vita di iia iiomo hasterebbe appena per ,, esamiiiarle tutte ; in mode die nn metodo generale corto , e che cqiii- „ valendo per il rigore a qiiello degli antichi , comprenda in poche paio- ,, le un' iiilinita di teorerni , debbe rignardarsi come una invenzione cccel- „ lente . Cavalieii senti e le difficolta ed i vaiitaggj che risultavano dal „ suo metodo . Ei ne parlo come se egli avesse prevcduto che dovca ri- ,, dtirsi in una forma incontraitahilc per coiitentare i geometri ]>iCi srru- „ polosi , e lasiia qucsto nodo gordiuno, come dice egli stesso, a qualche ,, Alessandro . Isacco Neuton comp'i cib che Cavalieri uvea augurato iii- „ ventando il suo metodo delle flussioni , e pioponendolo in maniera da „ potersi dimostrare rigoiosamcnie ,, (7 ) Credesi generalmeiite che Cartesio sia stato il primo, il quale abbia applicato T algebra alia geometria ; ma T autore di questa impor- tante scopcrta d Marino Ghetaldo matematico raguseo [Si vcda una pro- Insione del piofcisor Monti ,, dell' obbligo d' onorare i prinii scopritori del vero in Jatto di scicnzc „ ( 8 ) Si veda nciJa nota 6 la testimonianza di Maclaurln (9) II fondamental jnincipio della geometria del Cavalieii (^ ,, Due ,, figure pian.; lianno tra di loro la niedesima ragione che tutte le di loro „ linee condotte parallelamente a qualunque retta . Parimente due solidi „ lianno tra loro la stessa ragione che tutli i piani di uno a tutti i piani „ deir altro. Cosi per trovare la ragione di due figure o di due solidi, „ basta trovare la ragione di tutte le linee di una tigura a quelle di un' „ altra , o di tntti i ])iani di un solido a qnei di un altro,, Cavalieri ricerca queste ragioni per mezzo della geometria , e Vallis vi ajijilica Taritmetica . L' uno e 1' altro pero limitano le loro ricerche alle cose geometriche . L' analisi di Leibnitz non ha rignardo n^ a figure ne a niiineri , e considerando le grandezze in generale , da il mezzo di avere la ragione tra tutti gl' indivisibili che ne comporigono una , a quei che com- pongono r altra Ma per vedere come i metodi del Cavalieri , Vallis, e Leibnitz, non siano che quello del Cavalieri in quanto alia sostanza , prcndiamo a risol- vere un problema di quadratiua , secojido i metodi di ciascuno . Lc qua- SU'PRINGIPJ DEL CALCOLO DIFFEllENZIALE CC. 1 I9 (Iratnrc, le lettilkazioni, le soliditA, sono T oggetto priiic-ipale per il quale lianiio inventati i lor cakoli qiici i;eoinetri ; e le osservazioni che pouan farsi sopra quel problcina , hanno luogo per tutti gli altri di siiuili ceticri Fig. 6. Sia A E B una parabola apolloniana , di cui AC ,C B siano le coovdiiiaie oriOi;onali . Si diinanda la quadratura dello spazio paraboli- co AEBC. Coinpiamo il rettaugolo circoscritto ADBC, che per mag- gior scijiplieita supporrenio oeser quadrate; e sarii risoluto il prohlenia, quando saprenio il rapporto dello spazio AEBC ovvero AEB D alio stesso quadra to Metodo del Cavaliebi La liiiea A C flucudo j)arallelamente a se stessa ad angolo retto , ve- nuta in D£ , ha gciicrato il quadrate circoscritto. La stessa linea AC flueiido nella medesinia niaiiiera , e iiel tempo stesso il pnnto A fluendo da A verso C in moilo die ([uando la linea AC c per esempio in JPQ , il punto A sia in E , essendo A P e F £ in quella proporzione che ricliiede la proprietii della parabola , genera lo spazio paralrolico AEBC, come pure il comj)leuienio AEUD . Se dun,[ue supponianio che questa linea lasci in certo modo continue vestigia did suo passaggio , le quali saranno altretiantc linee , la congerie di tutre (pieste linee , di'tte dal Cavalieri indiviiibill , che si trovano nel qiiadr;ito ADBC, stara alia congerie di tutte quelle con.ponenti lo spazio AEB D, come la superticie del qua- drate stesso alia superlicie di cpiesto spazio . Dunque tiitto si riducc a tro- varc il rapporto dctfa soninia i/i tutti ^V indivinbili del quadrato alia somina di tutti gl' itidiyisibili del complcincnto . Per otteuere un tal raj)- porto, Cavalieri stidjiliscc questo lemma Fig. 7. In ogiii retlangolo ABCD la sonima dei qnadrati di tutti gV indivisibili D C ,1 1 ,11 , ec. ciie lo compongono , e tripla della somma dei quadrati di tutti grindivisibili i quali compongono il triangolo A B C ^ Questo lemma e diniostrato sinteticaniente dal nostro geometra , ed in un Diodo che ha tntio il rigore geometrico. Non riporteremo questa dimestra- ziene per esser hnighi^sima e comjilicala , e dcdurremo la veiita di rniesto tcorema dalla misura dei selidi . E'si sa dagli elememi d'Euclide, che la piramide e la terza parte di un prisma della stessa base e della stessa al- tezza : se dunrpie sopra ciastuno degl' indivisibili che compon'nino il ret- taugolo , si la un quadralo il cui piano sia per|)endicolare al piano della figura , e lo stesso facciasi sopra ciascun indivisibile del triangolo , b faci- le vedere , che la congerie dei ([uadrati degl' indivisibili tlcl triangolo for- niera una piramide, e che la congerie dei quadrati degl' indivisibili del rettanijolo t'ormera un prisma d'dla medesinia base c della medes.ima al- tezza della piramide: dunque la summa dei quadrati degV indivisibili del I20 B n U N A C C 1 vettangolo starA alia sonima doi qiiadrati dogl'iiulivisibili ilol iriangolo, ro- me 3 : i ¥i'^. 6. Questo picmcsso , condiiciaino la ilin'^on.ile AFB\ e siccnmn per la propiieta della parabola, si ha Quail. AP: Quad. DH.-.PE: DB, cosi saia Quad. PQ:P F:: P Q . P E , c quindi tiitti i Qiiadrati drlle P q-. tutti i Qiiadiati delle P F ■.-.tune Ic liiiee P Q : tiittc le liuce P E. Ora il pi'iino lapporto e qncllo di 3 : I , ed il scrnndo r qiicllo di AD BC:AEBD\ • dniique sara il coiiipleincnto paralioliro AEB D cgiiale ad iiii tcrzo del ci^wSxdXo AC B D , e r(iiiiuli la siipcrlicic parabolica nc sara due terzi Metodo di Vai. lis Per trovare 11 rapporto della somina di tutti ^ indivisibili del quadra- te alia r()[)or/,iofiali , e continnainente ciosccnti in ragioii dupla £ ovvcro secoiido i qiiailralL dei mimeri natural!] dal pri.Tio terniine che sia zero, la soinma dei di iei termini stara alJa somiiia di altrettaiiti termini eguali airultinio e piii gran termiiie della scric , come I : 3, poiclie 1' eccesso divicne zero , avendo per denoniinatore 1' iniinito ConOl. LARIO Fii;. 8. Dunqiie il comploiiieiiio della setni]iaialw)la A al rettnngolo eir- coscritio , (onie i :3 ; cpoinamo che F ascissa A T aumcnti di una quantita inrmites.ima Ttz=u>: Essend'i w infinitcsimo , Ic poteiue superiori di esse si annuUeranno in coiifronto delle inferiori , come un innnites-mo del primo ordine si annuUa in confronto di una quantita iiiiita : cosi u* sara ludlo a rigiiardo di u ; jJ a rignardo di 0)' ec. Condotta F ordinata fn, il trapezio TOtn potia coiisidcrarsi eguale al rettangolo T i o ni , p.'r.lK> dilFeristouo tra loro di uu iriangolo , la cui T. I. P. 11. 1 6 ].12 J3 R n M A C C 1 siiperfirie i- un infinitesimo di secondo 'grado : sar;\ dunfjiie T t o n = TO. T t zz y •" , cd in ronsognenza ju vap]>rcsentciA analiticamcntc uno (!i quei rcttanpoli inliniicsimi, ovvero uno degl' indivisH)ili i quali coiu- poiigoiio il coinpleinento A TO Oia .V divoiieiulo .v+Uj il coinplemento A TO divlone Atn; dunque Tt O n , ovvero j u e I' aimiciito rhe rioeve il coinpleau'iito , mentre la x riceve rauiuento «; diinqiie per aver quel coinplemento niedesimo, o la somma di tiitti gl' iin.livisihili che lo compongono, conviene ccrcare quel- la funzione di .r tale die qiiaiido x crpsce di u , essa cresra di j u ; ed ecco una vegola geni'rale clic serve per Ic quadrature di tutte le curve , mcrce della quale la ricerca dclla somma dt-gl' inliuiti indivisibili i ipiali compongouo uno spazio quahmque , c^ ridotta ad una ricerca algebraica : bisogna trovare quella luiizionc di x tale, clie t'accudo in essa ar + w in- vece di x, T aumento da lei riccvuto ( trascurando per6 Ic potenze di u superiori alia prima ) sia eguale al prodotto dell' oidinata y moltiplicata per ui , cioc ad j c* , chc h V espressione aualitica di uno degl' indivisibil' Essendo adunque y =— T equazionc della paralK)la apoUoniana AOO, nella quale a e il parametro , avremo — per esprimere uno degl' indivi- sibili o dei rettangoli infinitesimi , che la compongono \ e la somma di quest! indivisibili, o il complemento A TO sarii == 5— ; dunque ATO =f -- . %=y .- - ^. ^ • ^ ^ ; ma ATOD=AT.TO ; dmi- 3a a 3 3 3 que A TO -.A TO D:: 1 -.3 Leibnizio indica per d x 1' aumento u, di modo che nn indivisibile i rappresentato da ydx; e la somma di tutti qucgl' indivisibili , o la fun- zione , cui quello appartiene , per / y dx\ cosl nel caso della parabola e A T x' d X D _ /" ~J a ~3 a Questo gran geometra generalizza in seguito la sua analisi, consideran- do qualunque quantita appartenentc alia geometria , alia merranira , alia lisica CO. come romposta d' indivisibili, o iniinitesimi , cercando il valore di uno di questi, quando h dato il valore di lei , e trovando il valove di , quella, quando ^ dato il valore di uno di questi SU' PRINCIPJ DEL CALCOLO DIFFERENZIALi: eC. 123 Rappresentando aduiujiic per

nllonio e d' Archiincde con T applicazione dell' algebra, che fece ad essa il Cartesio (lo) ,, Frcnduno un canoccliiide c i:,uardino Vencre: sc haiino occhj , vcdraniio Ffiiere fidciata „ diceva il Galileo,,. Prendano la teona delle fuii- zioni e la l(-;j,j;aiH) , dirii io; se hanuo intcllinenza, si persuaderanuo , e ces- seraiino le oiijc/.ioni (ii) Quisto problema t: ricavato dalla mcccanica del sig. Bossut : ivi e sciolto per mezzo degl' inlinitesinii . Abbianio scelto qucsto problema , per- ch^in e->so aveano luogo le considcrazioiii dc;ir infmitesimi di prinio secon- do e terzo ordinc , e pareva iinpossibile a risolversi seiiza i vantaggj die presenta il metodo degl' infinitesimi a spese del rigore geometrico (12) Aiiche questo problema si trova risoliito nelT idrodinai.iica del sig. Bossut col metodo inlinitcsiinale . Sara (-o.^a utilissima il couliDiitare i ragionameiiti iatti da t[ueir illustre autore con i nostri Pay/J94.^^arf.Il. 125 SOPRA LA GRANDINE. Di Alessandko Volta Ricevuta il di i di Agosto 1804 Nunquid ingrcssus es thesauros n'wis , aut thcsauros grandinls aspexistii' Job. c 38. V. 22. M, OLTE sono le difficoka che si presemano al Fi- sico, il quale si accinga a voler spiegare la lormazio- ne arcana cj ell a grandine, T ingrossaineiuo niirabile de' suoi grani, la sospeiisione de' inedesiini in aria tino al- ia rovinosa lor cadiita, ed altri fenonieni che la pre- cedono e 1' acconipagnaiio. jNon cosi astrusa e la spie- gazione de' teinporali non grandinosi; doll' elettricita che rie e in parte Torigine e in piu gran pane I'elTetto, prodotta cio^ dal rapido condensainento di a;rande co- pia di vapori in foki ed airi nuvoloni; di quelT elet- triciiU che in un niodo o nelK altro vi domuia piu o meno strej)itante, e variabile non solo nelT intensita, ma nella qualita pnr anco, passando da positiva o sia per eccesso, in negativa o sia per difetto, e da nega- 126 V O L l' A tiva in positiva a piu riprese e vicende, delle scariclie di tal elettricitu con lampi, tuoni , e fuhnini; degli scio- scj di j)ioggia , clie sogliono a qucsti snccedere ec: non tanto astrusa, dico, e la spiegazione di tutti que- sti fenomeni iiisienie, onde sono stipati tuiti, pin o meno, i lejnporali, quanto quella di nn altro sintoma piu disasnoso die ne acconipagna alcuni solamente , cioe la grandine. (/) ( I ) Nelle iiiie mcnioiie siilla inctcorolo^ia clcttrica , contcnute in una seric di Icuere al lii cliiaiishiiiiu jjiofcssoic <,li Guttiniia Licbtcnlicrt; , le qnali scritte in iin cattivo francese furono tradotte in tedcsco, e piibbli- cate in Gcrniania in nn volumetto , poco dopo esscre compavse con qual- che asigiunta tiaspoitatc da me in italiano nell' antico giornale del nostro professore Brugnaifili , intitolalo bibliotcca fisica di Earopa , io mi era avanzato gia nclla Ictt. 8 lino al punto di de.scrivere un temporale na- scente , e di dar anclie un cenno de'suoi progrcssi ; e cio, dopo avere spiegato , priniieramcnto, T clettricita in meno di quasi tatte le pioggie , malgrado che V elc;ttvii.-ita di ciel sereno , delle rngiade e dcUe nebliie sia costantemente in piu , e quella delle iiuvole semplici o di prima for- mazione , quasi scnipre posiiiva anrlT es&a ; in secondo luogo il passaggio di alrune di coteste nubi col tempo dallo stato di tal elettricita origina- ria in piu a cjuello di elettricita in meno; il quale invcrtimeiuo di elet- tricita succede , qiiando in virtu delF a/.ione delle atmosferc elettriche , o sia di quella che cliiamasi clcctricita di scmplice pressionc , e quando in forza delP cvapora/.ione solFcrta da una nube primaria , conforme all' antica niia scoperta , cioe ch?, i corpi evaporanii vanno elettrizzandosi ne- gativnmentc ; appresso, come per tal evaporazione di essa nidie primaria , o sia di un inferiore strato nuvoloso , si dia luogo alia formazione di altre nuvolc sccondarie, elettriche queste in piii , negli strati di aria superiori : in ultimo, qual possa cssere il giuoco reciproco di codeste nuvole contra- riamente elcttrizzate ( vcggasi tal Ictt. o ncll' indicato giornale . Tom. XI per I'anno 17!>9). Nella lettera 9 poi lui era jnnoltrato , giusta il propo- sto neir anfecedente , a tentar di risolvcre akuna delle principali difficol- ta intorno alia formazione della giandinc ; segnatamente ad investigate on- de mai e da qnal causa provenga il frcddo oltremodo intenso , che dee sorprendere quelle tra le nubi tcmporalesche, ch' hanno a divenir gravide di folta e grossa grandine •, giaccU^ non si lorniano esse di sicuro , nu ban- SOPRA L\ GIVAMDIXK 1 27 Si domanila in j)rinio liiogo, onde e prodotlo il freddo eccessivo che giunge ad agghiacciare le nul)i appoitatrici di gragtuiola, le qiiali non compajono gia iiiolto alie, anzi senihrano essere delle piii basse, e clie ravvibansi,* i:|iialtlie tempo prima della fatale sca- rica, di iiii color cinericcio tirante piii o ineno al cliia- ro, aiidar vagaiulo e come ramiiighe sotto il teloiie scuro deir alire luibi che coprono il cielo. I'ali nu- vole cinerizie funeste, sa ben distnignerle il contadino attento osservatore de' tempi, e dinotarle per quel che sono, per un ammasso cioe di grandine bella e for- mata. Ma d' onde viene, ripeto, il IVeddo inconcepi- bile che le ha in tal modo agghiacciate? Come ha po- tuto sorprenderle nel cuor dell' estate, nel bel mezzo no 1.1 loio stnnza in region) cosi alte, die vi rcgni naturalnicnic nn tale e tanto fVeildo , ma sililjcne aggiransi nolle niezzanc e pinitosto basse re- gioni , ove la coninne teniperatura e di alcnni gradi ancoia , e spesso di molti , siiperiore a cpiella del ^olo . Cutrsta iiona Ictt. nioito liinga si aggira pressoche tutta intoino ad nn tal piinto , ed a provare quindi la necessi- ty di un freddo accidentale od avventizio intensissimo , che sorjjrenda , conic dicemmo , in qnolia regione teniperata la nul)» , od i vapori di cs- sa , rlie vanno a subirc tal rongelazione , che li convcrta in grandine. Fra le varie opinioni , d'onde venga , e da qnal causa sia ]irodotto un tale e tanto freddo estcmporanco , accennate in qucsta stessa lettera , ed in par- te confniato , si passa ad esporrc rpiclla , che sola sembra potersi sostcne- re , c eh' io altiiraccio, e mi propongo di sviluppave . Questa e V evapo- razionc rapida e copiosissinia , piii di quello che immaginare ci possiamo , di essa nube , in circostanz a ci^ favorevolissinie, che mi pare di ravvisar- vi . Stimo non inutile il riportar qui di tal lett. nona (consegnata nel to- uio XIV del cit. giornale ; anno 1790 ) alcuni squarcj che contengono le principali cose ivi dfdottc = Ecco come auche il sig. De Luc ricorre , non piCi all' immaffinato spediente di far venire dalle altissiine regioni superne in greniljo alle basse nnbi temporalesche de' hocchi di neve fredda all' ecccsso , secondo che opino un tempo , e alcuni per avventura opinauo ancora ; bcnsi ad un freddo 120 V O L T A del giorno, in una regione molto inl'eiiore alia rt-gion nivale ? A codcsta qnestione assai difficile da risolversi io mi sono accinto alira volta a rispondore, ])arie adot- tando cio che da qualche Fisico e gia stato messo in canipo, parte valendonii di altre osservazioni direite, non che ad appoggiare la gia. (cniata spicgazione, ma a darle nnova lornia. Si e detio adnnque non senza verisiniiglianza, ed io con pin fondamento ancora m'a- vanzo a sosienere, che un tale e tanto fieddo puo es- ser ()rodotto dall' evaporazione, che so fire la nube me- desin)a gia forniata; evaporazione che io riguardo co- me estremamente rapida e copiosa nelle circostanze che vado ad indicare; e sono, i°. i raggj del sole, che arrideniale ed avvcntizio , che sorprende una parte di coteste nabi , come noi puro crediamo . .. In fatti non vi fe allro partito da prendere ; e a que- sto condnre tiiito cio, che son vcnuto ihll'usaniente mostrando nelhi pre- sente lettera , c clie mi giova di qui licapitolare , listringendolo alle se- f^uenti proposizioni „ „ I. La stagione de' pio I'lcri tomporali , c inassime dei grandinosi, 6 la ]>riiiiaveia o V estate: e le ore in ciii sogliono nascere e scoppiare , quelle j)iu calde del giorno : e sebbcne sieiio men fiequcnti nel ciior di esea state, pure ne acradono anche ne' giorni piu cocenti ,, „ II. L' alte7,7a dcllc nid)i tcinporalesche e grandiiiose non suol esse- re grandisbinia , e talvolta sono (pieste assai basse, poche centinaja di tese cicK^ sopra la terra: come, oltre molte altre osservazioni, Io comprova r iiitervalio di soli 3,04. minuti scrondi tra il bagliore del lanipo che fere la vista, e il rumorc del tuono die giungc all' orecchio ,, „ III. A cosi picciola altcz/;a , diamola anche di 600, 8co , loco tese (nel prinio dei qiiali casi ci va , a sentir^i da noi il tuono doi)ij vcdiito il lampo, piCi di 3 second!; nel secondo pin di 4", nel terzo ])iri di 5") la temp-ratura dell' aria non puo essere die da 6 a lo, o al piu 12 gradi reauin. men calda die nclT inhma regione, vicino cioe alia terra; ove gingnendo a 22, 24., 25 gr. R., e talvolta di piu, deve essere \assti per lo uieiio tra i 10 e i i5, o 16 gradi superiore al juiuto dclla congelazione „ SOPRA LA GRANDINE ]2() percuotono la parte superiore del nuvolo; di un sole sommamente vivo nelle ore e ne'giorni piu caldi dell' anno, in cui sogliono appunto accadere piii spesso i temporali con grandine: 2°. la grande rarezza e sicci- ta dell'aria die sovrasta ad esso nugolo; la quale stra- ordinaria secchezza degli aid strati e comprovata e po- 8ta fuori d' ogiii dubbio dalle moltiplici osservazioni dei due piu grandi Fisici che siansi occupati delle modificazioni dell' atmosfera nelle diverse regioni fino alle piu grandi altezze, cioe i signori De Luc e Saus- sure: cio che anche e stato conlermato dopo 1' inven- zione de' palloni aerostatici da que' Fisici che se ne so- no valuti al miglior uopo, cioe a fare cogli stromenti meteorologici delle osservazioni a varie altezze: 3°. la „ IV. Manca cliinque ancora iion poco al ficddo necessario per la for- mazionc ilclla grantliiie; qiiand' anche non si richiedcsse maggiore di quel- lo , a cui gcla naluralmentc Y acqua . Or che sara se ricerchisi di molto maggiore? „ „ v. E tale si ricerca in fatti : i*. perch^ i vapori vescicolari , di cui sou composte tntte le nehbie e le nnvolc , resistoiio molto alia congelazione, come si osserva negli aspri giorni d'inveriio, in cui si maiitengoiio pensili in aria . e non fornian neve , malgrado che regni un freddo di alcuni gradi sotto il zero reaum. la qiial ronitenza a stringersi e modcllarsi in ne» ve , proviene e dal inollo calor latciitc , die debhono perdere essi vapori innan/.i gelare , e dalla loropartirolar costituzione „ „ VI. -i". Perch? i nidimenti dcUa grandine, la base di ciascun gra- no , cio n(j sostencrsi , e viene egualmente contradetto dalle osservazioni , che i primi cmbrioni della grandine , i fiocclii rio^ di neve eccessivamente freddi , siccome esser denno all'effetto di ciii si trat- ta , si formino cssi oolasiu entrn a nnbi distinte altissime , e di la piova- no in seno alie basse nuvole temporalesclie „ „ IX. Conviene dunqne di neressita ricorrerc ad una causa non rimo- ta , ma presente , rhe produca nn freddo accidentale cstemporaneo di tan- ti gradi , quant"^ richiesto , non solo a togliere i lo. i2. i5. gradi di ca- lore proprio alia rcgione , ove son congregate Ic nulii temporalesche , ma ad indnrv! inoltre una temperanira di altrettanti gradi inferiore al pnnto della congelazione , se pnr anrhc liasia : ad una causa , dico , convien ri- rorrere , che ve lo produca ivi proprio quel gran freddo , non che ve lo porti da loutano „ SOPKA LA GKANDINE 1 ij I por elastico la si [mtfnte clettiicitu atiuosferica , (juel- la straorcJinaiianiente forte, onde sono animati e si re- pellono qiiiiuli fra loro con vivacita cotali vescichette o palloiiciiii cavi de'priiui iiuvoli teinporaleschi? Quaiv to tacilmenie verraiiuo lanciati dal seno di codeste nu- voIe,o pint tosiodalla loro superficie, tutt'intorno nell'a- ria , r un dopo V altro in copia , essi pallonciiii o sfe- rette cave, per scomparire quindi, fusi in certo niodo in vapor elastico, niassiinainente verso Talto, ove con- corre a tale trasformazione T azion del sole, e T aria secca, come qui sopra vedeninio"? Tutte queste circostanze che cospirano a promovere prodigio?aniente 1' evaporazioiie della nuvola tempora- lesca, segnatamente della sua faccia superiore, non po- », Tuttc queste asserzioni io mi liibiiij;o di aveiic bastantemeiite pro- vate , sicche iiiuiio vorra piii contrastarmele . Resta pertanto ad inVestiga- re quale csser possa cotesta causa procliutiice di un tanto freddo nelle nu- bi teniporalesrhe , ed ivi proprio presente . Noi noa andiemo gia a cer- carla in quelle immaginarie particelle frigori/iche , che furono uu tempo in vo^a , ed ora sono sbandite aH'atto dalla (isica;conie neppure in non so quali dissoluzioni saline , e ferniciicazioni fredde , che seuza fondaniento si sono tirate in cainpo ; non presentandoci tanto la grandine , qiiauto le pioggic tcmporalesche , niente dei pretesi sali o d' altri ingrcdienti , ma seniplicc c pura arqua . . . . „ „ Escluse queste e simili cause , escludeieino dunque ogni altra cau- sa, o proccsso chiinlco f* Intcndiamoci : alcune cause ed effetti considerar si possono e come lisici e come chimici , a cagion d' esampio la combu- stjone , la respirazione , Y evapoiazioue . Or appunto quest' ultima , e si concepita in un senso piii chimico che fisico , qual ^ quello della trasfoi- mazione dei vapori nebulosi o sia vescicolavi , in vapori elastici aeriformi , che si spandono piu am]>iaiiienle nell'aria, e che tali divengono, assorbendo e appropriandosi ima gran <[uantita di calorico , che diventa in essi r«/or la- tente , ondc appunto il raifved'lamento , che prodncono , ec. qucsta evapo- razionc , io mi persuado rhe sia cagione del IVeddo cotanto intense , die coiiccpisce , se non tutta la u)as^a , una parte almeno dcll<' uubi tern- l32 V O L T A tranno forse bastare a produrre nella mezzana regione deiraria, in cui trovasi cotal nuvola sospesa, e cli' h gia notabilmente men calda dell' infima regione, un freddo valevole a congelare il residuo di essa nuvola svaporante, od una parte almeao della medesiina, la superficie cioe piu esposta a tale evaporazlone? A me sembra che si . A chi pero giudicasse ch' io le attri- buisca troppo di poter refrigerante , e che? direi, non siam forse giunti a congelar Tacqua quaggiii anche in estate, merce 1' evaporazione dell' etere siiifurico, per cio solo, ch' ella e grande e rapida oltre modo? Ora un nuvolo nelle surriferite circostanze favorevolissime pub bene audar soggetto ad un' evaporazione che uguaglj e superi pur anco quella dell' etere: e cio basterebbe air intento. poralesclie , quella voglio dire , che va a formare la graiuUne . Anror io dunque do una spcegazione c/iimica , so vuol dirsi tale, del fenomenoi o piu giustamente adduco una causa iisica e chimica insieme „ „ II sig. De Luc attribuisce piu apeitamente il freddo eccessivo incon- ccpibile, onde soiio compresc cotali nuvole che vanno a diventare gran- dinose , ad una causa cliirnica : non gia cli' egli ricorra alle dissoluzioni saline ed elFervesrenze fredde , che abbiamo rigettate ; nia bene avendo in vista delle coiviposizioni , aiizi vere geiierazioni , e distruzioni di fiu'idi elastici, delle metaniorfosi delT acqiia in aria e delTaria in ai^qua (ch'e- gli presiniie , e di cui si fa delle idee singolari ) , nelle quali operazioni la materia del calore or si nasconda , or si liberi ec. , si argonicnta di tro- vare in ci6 , come di niolti altri , la spiegnzione del fenomeno , di cui ora si tratta . Di tali viste, parte veramcntc Inminose , e parte troppo subli- nii , e piuttosto lavori di una bella e ricca immaginazione, che altro , so- no piene le nltime sue opere {Idccs sur la nieteorologic; e Introduction i la physique terrestre par les fluides expansibles ) .. . . Ma lasciando che altri giiidirhino nicglio di coteste opere interessantissime in generale , e particolarnu-nte delle nuove idee di De Luc riguardo alia grandine; e la- sciando pure , che si drnoraini Iisica , o chimica, come piu aggrada , quel- la spiegazione , o quesia , Io die poco iinporta , purchii coinpaja foadata , SOPRA LA ©RANDINK 1 33 Che se si desiderasse una prova palpabile, nna spe- rienza diretta comprovante che Tacqua si coiigeli eHet- tivarnente in conseguenza della sua propria evaporazio- ne, ne porrei adduire piii di un esempio; ina valga per molii (juello, che ci offre una macchina idranlica ingegnosissiina che trovasi impiegata nelle famose ini- niere di Scliemnitz, e che porta il nome del sno in- ventore ll^ll , fratello del gia celebre astronomo di Vienna. Questa macchina (tralasciando qui la descri- zione e 1' uso della rnedesiina) presenta un fenomeno il pill sorprendente, che e la prova la piu sensibile e piu bella all' istesso tempo, del prodigioso raffredda- mento, che puo produrre 1' acqua spruzzata nelP aria, merce la pronta e copiosa sua evaporazione . Girata una e ronfoime ai fciioincni dtlla natura, torniamo/ alia nostra, che credo ta- le, e che d tratta da v\b che piu eonosciamo deuli elTetti delT evaporazione „ „ lo dunque ripcto il I'enonicno, elie abhiam mostratu di si difficile spiegazione , cio^ il grande, il massiiiio raffreddamento , il qnal opera quel- la prodigiosa congelazione de' vapori in certe md)i temporalesche, che li trasforma in fiocclii di nrve , iiidi in graiidiiie, lo ri])eto da nn' evapora- zione straordinariamente rapida e copiosa, ciii van soggette, non dird tut- te, ma alcune di detie nubi , qtielle appunto, che diventan grandinose : da un' evaporazione proinossa insienemente dall'aria secca superiore; dalla viva azionc de' raggj solari , onde vengoiio quelle niivole investite; e dal- la valida elcttricita che le aniina ; da (juell' evaporazione in somtna, il cai giiioco ho tiraio gia in srena, ed ho fatto tanto valere nella lettcra pre- cedejite, rigiiartlo al distriiggere cir essa fa T elettricitA per cccesso di co- tali nuvole, che tliveiigon giusto temporalesche, e ridiirlc lino alia eontra- ria per difctto . Riportanilouii alle qiiali osseivazioni, e ad altre prove che addurr6 nella Icttera che segiiira qiiesta d' appresso, far6 qui soltanto ri- ■flettere, che se tale e tanta si e T evaporazione di siifaite nuvole, tale e tanto il fluido elcttrico che si portan via i vapori clastici , in cui si con- verte una gran parte dei vescicolari , onde son quelle formate, <-lie di- strnlta la forte loro elettrieita in p:'u , che avean da prin''i|)io, riduconsi ad una non debole in nwno., puo bene esscre tanto anche il Jiuido calo- ID^ Volt s certa chiave o galletto, per cui schizzu acqua ed aria a un tempo con grande impeto, e si sparpaglia (jiiel- la a niaraviglia; e presentato di contro a cotale pispi- no spruzzante, un cappello, uii I'azzoletto, o simile, qiiesto in breve riman coperto di una crosta di ghiac- cio, grossa piii d' una linea. Eppnre, chi i credereb- be? L' acqua rinchiusa colT aria nel recipience, prima che ne esca, non e molto fredda, anzi lia la tempera- tura comune, cioe di 8 in lo gradi reaum:, giusta quanto riferi 1' esgesuita Poda, vecchio professore di meccanica a Schemnitz, al suo consocio Herbert gia pro- fessore di fisica a Vienna: intorno a che puo vedersi la bella operetta di quest' ultimo Dissertatio de igne rijico, die se no va via con essi vapori elastic!, giiista la loro esigenza, e confornie la teoiia del calor latentc; puo, dice, esseie tanta, e lo sard qualche volta alnieno, la materia calorilica poitata via, da distviiggere non solo i ic, 12, i5 oradi di caldo proprio di quella regione , in cui trovan- si sospese le nuvole , di cui pailiamo; ma d' indurre inoltie in taluna di esse (quando non fosse che alia parte loro superiore , la qual soffre la massima e%'aporazione e la perdita immediata) una tenipcratnra di niolto inferiore alia congelazione . = Cio basta per mostrare fin dove io era giunto con codesta lettera no- na. Altre ne dovean succedere , in cui si sarebbe spiegato piii ampiamen- tc ancora , e rcso vie pid verisimile codesto prodigioso ralfreddamento indotto dair evaporazionc in alcune nubi ad cssa singolarmente soggette , e tentato insieme di risolvere altre difficili questioni , che pur riniangono intorno alia grandine ; ma di queste memorie in gran parte gia scritte fu interrotra per alcuni accidenti la publ)licazione. Ebbi pero occasione di comunicare ad alcuni miei corrispondeiiti e amici , si italiani , che esteri , il contenuto, e di leggerne anclie a taluno de' lunghi squarcj . Tutti m'in- coraggirono a pubblicare queste niie idee, per quflla parte almcno, che scmbro loro contenerc del nuovo ; ma non seppi niai indurmi a tarlo, o mi manco T opportiniil;\ . Or qnesta mi si olYre colla raccolta di memorie dei membri del nostro Istitnto, che va a stamparsi; e un nuovo sprone s'ag- giunge a sollecitarmi . Ripiglio dtimpie T amico mio lavoro, e lo rifoudo nella dissertazione , che ora present© . SOl'RA LA GUANDINE 1 j5 stainpatii nei 1773, ove trovasi pur auche la elescrizio- iie della inaccliiiia coUe ligiire. Quale dunque e quan- ta clebb' essere 1' evaporazioue cU quel getco d' acqiia traniescolato d' aria, (piale e quanto il freddo ivi pro- dotto, se arriva a con<^eIure tanto prontauiente un cu- mulo di gocciole d'acqua dianzi temperata! Ap[)lichianio quest' eseinpio ad una nuvola la qual soffra mf egual evaporazioue o poco niinore, e non vi sara piu dilTicolia a concepire the possa del pari conge- larsi qualclie sua parte, quella cioe che vi si trovi piu dell'altre soggetta ovvero contigua al torreute, diro co- s\, di vapori elasiici, che Taria secca, il sole, e I'eleitri- cita ne f'anno sgorgare. Anche questa nuvola e forniata di gocciole d' acqua tramescolate all' aria; il che favorl- sce di molto la risoluzione delle niedesinie in vapore ela- stico, come nel zampillo qui sopra descritto: anzi non essendo quelle altriiuenti goccie piene, ma sferette ca- ve minutissime, formate di una pellicola d' acqua es- tremameute sottile, (piali sono tutti i vapori delle neb- bie e delle nuvole, detii percio vapori vescico/ari, tro- var si deggiono assai piu disposte a subire una tal com- pita vaporizzazioue. Per le quali circostauze tutte, an- che seiiza il getto violento, e l' urto contro 1' aria, che ha luogo per qnelT acqua che spiccia fuori sparpa- gliandosi dalla macchina sovriudicata, puo 1' ammasso di tali vescichette o palloucini cavi, formante la nuvo- la di cui si tratta, non gia denso ma piu o men raro, su quella faccia massimamente ch' e rivolta alT alto verso r aria piu secca, e guarda il sole, puo dico, que- st'ammasso e svaporare e congelarsi al pari di quel getto maraviglioso. Se poi i vivi raggi solari assorbiti dall' lib V O L T A atra nube medesima, oltre al riscaldarla forte e piu o men profondamente, le movano d' attorno delle cor- reiiti di aria secca, le quali, o blande la lambiscuiio e la rimescolino sokaiito in parte, o violente la solchi- no pill addentro, la sferzino e la straccino fin anclie; cbi neghera che possa la congelazione, ed'etto dell' evapo- razione ivi per tanti mezzi promossa e sollecitata, non che uguagliare, superare quella, che presenta la mac- china di Schemnitz? Insisto molto sulle circostanze dell' aria secca al di sopra della nnvola che va a fursi grandinosa, e del sole che la investe; perchc credo che grandemente favorisca- no I'evaporazione della medesima; tanto la favoriscano e la promovano, che senza di esse non possa per avventura mai essere cosi pronta e copiosa da agghiacciare ne' tem- pi caldi un'intiera nuvola, e neppure la corteccia di essa. E priniieramente se Y aria che cova sopra la nu- vola, non e secca, potra ben questa svaporare ed an- che abbondantemente, ove il sole la percuota; ma non si sara appena soUevato il vapor elastic© , che riuscen- do sovrabbondante in qnell' aria gia quasi satura, tor- nera a condensarsi ed a riprendere la forma di vapor vescicolare nebuloso. Tal cosa si rende talora visibile, quando cioe collocati opportunamente , miriamo alzarsi da qualche nuvola , la dove appunto viene dal sole sferzata, delle colonne come di fumo. In qoesto e so- mighanti casi, che sono certamente frequenti, ben s'in- tende come, tornando per tal condensazione a liberar- si il calor larente poco lungi e quasi indosso alia nu- vola svaporante medesima, ne venga in gran parte ri- parato il raffreddamento da essa soflerto, e non possa SOPKA LA GUANDINE l37 quiiidi aver luogo la congelazione di cui parlasi . 'Il concorso poi del sole, e di un sol vivo, quanto pos- sa e debba iniluire, si e gia spiegato abbastanza ed e piu facile a compreudersi . Non fia dunque maravi- glia, che siano queste due circostanze necessarie, co- me or ora dicevamo, all' efletto del quale si tratta. Del resto qual altra ragione addurre si potrebbe, per cui i temporali circa le ore del mezzo giorno, e per uii tempo secco, soglion essere i piu ininacciosi e funesti per grandine; laddove al contrario rarissiini gli esempj sono in cui ne cada nelle ore della notte, e di notte soprattutto avanzaia, per quanto spaventosi sieno in tal tempo i temporali, e Telettricita fulminan- te? qual mai potrebbesi addurre ragione di cio, fuori di quella clie vado ad esporre? cioe: che V evapora- zione la quale rallredda potentemente il nuvolo, fino a stringerne insieme agghiacciati i vapori vescicolari, e le gocciole d' acqua intersperse, per qualche piog- gia che cominci a stillare^ fin anche a fame discende- re la lemperatura molti gradi sotto il o reaum: , co- testa evaporazione e soprattutto promossa ed avvalora- ta circa il mezzodi, pe' raggj del sole piu vivi e pe- netranti che investono la faccia superiore di tal nuvo- lo, e per T aria piu che mai secca che giusto allora vi sta sopra: laddove in mancanza del sole, e sopraggiu- gnendo I'umidita della sera, umidita che dee regnare al- lora anche in alto, T evaporazione de'nuvoli, o sia quel processo che ne risolve e converte gran parte in vapor elastico, viene molto ralleniato, se pur anche non cessa adatto; e quindi anche cessa in un colla congelazione de' vapori vescicolari la fonnazion della grandine. T. I. P. 2. 18 l38 V O L T A Ecco come io spiego uiio de' piu gran paradossi di meteorolog'ia , la coinparsa cioe della grandiiie ne' giorni delT anno piu caldi; la cougelazione de'vapori nella regioiie dell' aria molto iufenore alia region ui- vale; la forniazione di piu o mea grossi pezzi di ghiac- cio colassu, ove pur regna naiuralineiite una tempe- ratura pochissimo tredda; e, quel ch'e piu, nelle ore del giorno piu intbcate, in cui anclie quella regione deve essere calda anziche no. Inerendo agli esposti prin- cipj, r osservazione fatta gia da altri fisici, die la pre- senza del sole e T azione viva de'suoi raggj concorre quasi indispensabilmente alia forinazione della gragnuo- la, rientra nella teoria, ed anziche un' obbiezione, ne somminisira una novella prova. Un' altra gravissima difficoka, die ci presenta la grandine , sta nella grossezza e costituzione de' suoi grani, formati quasi sempre di piu strati o lamine di- stinte di gliiaccio sodo trasparente intorno ad un noc- ciolo biancliiccio. JNoi ne veggiamo per disgrazia tutti gli anni nella nostra Lontbardia della grossezza di una noce, e tal volta anche di maggior mole. Ora non e facile il concepire in qual maniera de' pezzi solidi di ghiaccio, cotanto pesanti, possano essere sostenuti in a- ria, come pare che lo siano tutto il tempo, che veg- gonsi quelle tali nuvole cinerizie, che stimiamo giusta- mente zeppe di grandine, avvolgersi e passeggiar len- te, o rimanere immobilmente sospese sotto il gran te- lone od ammasso di nuvoloui scuri, die formano il pieno del temporale, e coprono un piii gran tratto di cielo. D' altra parte volendo supporre che s' ingrossi- no a tal segno detti grani da principio minutissimi , e SOPRA LA GUANDINE l^(J vadano rivestendosi di nuove e nuove cioste di ghiac- cio, durante la loro caduta (come la piu parte de'fisi- fDINE 1^"^ e precedono la folta grandine che va fra non molto a cadere. Giacche finalmente il giuoco di tutti quegli altri grani che staii voUeggiando al di sopra della nu- be, non e eterno; esso non puo durare che un certo tempo; fin tanto cioe, che da una pane la mole di cia- scun grano accresciuta per sempre nuove incrostazio- ni, e dair altra la repulsione, che contro lore esercita il nuvolone, diminuita, a cagione dell' elettricita che mano mano s'indebolisce (dissipandosi questa, o per via di freqiioiiti scariche, o per una lenta comuiiicazio- ne air ambiente), vengono essi grani sirascinati dal lo- ro peso vincente, a rovesciarsi precipitosamente e in folia sopra la terra. Ecco come io penso che si possa spiegare la sos- pensione della grandine in aria per lungo tempo, sos- pensione necessaria alia sua compita formazione e alFin- grossamento si notabile de'suoi grani, non snpponendo ancora che un solo strato nuvoloso fortemente elettrico. Or se ci piaccia di ricorrere ad una snpposizione pill che verisimile, qnal e quella di due o pin stra- ti, un sopra 1' altro, elettrizzati contrariamente, la sj)ie- gazione diverra molto piii facile e compita. Potremo allora rappresentarci questi grani non solamente sospe- si e fluttnanti, ma in una viva agitazione, saltellanti c come ballottati, spinti cioe e rispinti dallo strato di nuvole elettrico in pi a alV altro elettrico ia meno: nel- la stessa gnisa che de' corpicelli leggeri di ogni spe- cie, e hn d;lle pallottole di sovero non leggerissiine, danzano e saltellano tra due piatti nelle sperienze elet- triche de' nostri gabinetti, qnal e quella che in fran- cese chiamasi clause des panti/is. ^ 144 V O L T A Per avere sotto gli occhi uirimniagiue piii lappre- sentativa, si puo far ballare un gran numero di pallor- tole di midollo di sambuco, di sovero , o di carta, tra due lenzuoli o tappeti tesi orizzontalmente un sopra r altro alia distanza di alcuni piedi , ed elettrizzati uiio positivamente, o sia per cccesso, Y altro negativamen- te, o sia per difetto^ ad un alto segno. Colore che avran conteniplato cotesto giuoco curioso, quand' an- che non siano fisici , non avranno difficolta a concepi- re che succeda la medesinia cosa molto piu in gran- de colassu tra due strati di nubi, tostoche si sara lo- re fatto intendere che quelle nubi temporal esche pos- seggono un' elettricita incomparabilmente piu forte di quella che possiamo mai eccitare colle nostre macchi- ne. 1 fisici j)oi informati pienamente di cotesta elettri- cita naturale e della sua forza, e che ne sanno per prova e per analog'ia apprezzare gli efletti, non dubi- teranno punto della possibilita del fenomeno, e ardi- sco sperare che vi troveranno almeno qualche verisi- miglianza, sol che ammeiter vogliano in que' tempo- rali che vanno a scaricare grossa grandine, i due stra- ti di nubi separati da un giusto intervallo, ed elettriz- zati uno contrariamente all' altro, coni'io suppongo. E come non ammetterli in tali casi e in altri pu- re? U esistenza di piii di uno strato di nuvoli in mol- ti temporali non puo rivocarsi in dubbio; come nep- pure r eleiiricita contraria degli uni ri.sj)efto agli altri. ]\on vi e forse persona un poco osservatrice che non abbia rimarcato piu d' una volia, soprattutto nei tem- porali tempestosi, de' nuvoloiii men lontani da terra, che ora rimangono inimobili, ora sconono^ e s' jigita- »OPKA LA GKANDINE 1^,5 no sotto ad aliri nuvoli estesi piu elevati ; siccoine non vi ha alcun Fisico, il quale essendosi applicato alle spe- rienze dell' elettricita naturale, non abbia osservato nel conduitore atmosferico impiegato a tali sperieiize, de' passaggj frequenti e talvolta repentiiii dall' elettricita positiva alia ncgatiua, e vice versa, nel forte de' tem- porali. Mi e accaduto, esplorando 1' elettricita, nel mag- gior bollore di qnesti , coU' elettrometro atmosferico portal ile di Cavallo [il noto elettrometro a boccetta da me perfezionato (4j\ avente la picciola asta o sia ver- ghetta metallica avvitata sul siio cappelletto alia ma- niera di Saussnre, e il candelino acceso in cima alia mia maniera, che trovo molto vantaggiosa f5j, mi e accaduto di veder avvicendarsi le due contrarie elet- tricita, con passaggio quando rej>entino, e quando gra- dato ma raj^ido, otto, dieci, e liii quattordici volte in un miiuito d' ora. Is'on puo dunque dubitarsi, ripeto, che esistano in siflatti temporali de' nuvoli dotati di contrarie elettrici- ta, se fin ne abbiamo segni non equivoci all' elettrome- tro, olire gl'iiidizj, che ne danno i lampi e le saette , che veggiam trascorrere per entro a que'campi di nuvo- li, qnali congregati, quali segregaii, e che altro sicura- mente non sono, che scariche elettriche, onde si ber- sagliano I'un I'altro. Potrebbe lutt'al piii moversi qual- che dubbio intorno alia disposizione e collocamento troppo regolare, che sembra ch' io dia a coteste nubi , separandole giustamente in due strati paralleli fra lo- {4) Veag. le inie prime loitere -iulla mctcorologia eleiLrica. v, (5) Ivi . T. I. P. a. uj I 46 V O L T A. ro e coir orizzonte, ed assegnando tal intervallo tra r uno e r altro strato, die noii sia ne troppo grande ne troppo picciolo, per dar luogo appunto all' iinma- ginata danza de' grani di grandiiie. E' d' uopo certa- mente che cotesto iiirervallo sia grande anzi die no, altrimenti si scaricherebhe tosto 1' uno strato della sua elettricita sopra delT altro, od andrebhero per la niu- tua attrazione ad unirsi e confomlersi insieme, non la- sciando luogo ne tempo a detta danza. Ma d' uopo e ancora, che non sia Ja distanza tanto grande da to- gliere all' azion mutua di farsi seutire dall' un tenuine air altro, in guisa di produrre V eff'ctto di cui si trat- ta. Or come supporre che le cose si trovino aggiusta- te cosi di tutto punto? Ai quali dubbj e difficolt'a rispondero, ch' io non pretendo ne i due strati precisameute, detto gia aven- do che se ne possono formare di piu, ne tale e tanta regolarita di posizione e di distanza, che altroade noa e necessaria air uopo ; bastando chela doscritta dispo- sizione abbia luogo all' incirca, e nulla oaiundo (jual- che particolare varieta. Ma sia pure quella qualunque disposizione che si ricerca, difficde ad iucontrarsi, e ra- ^.ra, difficilissimo anzi il concorso di tutte le circostan- ze favorevoli, secondo me, alia formazione della gran- dine e ad nn insigne ingrossamento de' suoi grani; che percio? Varj anche sono i casi , in cui cade copiosa grandine e grossa, ne e dessa gia uu appannaggio di tutti i temporal! , ma di alcuni solamente, e per no- stra fortuna di pochi, in mezzo al gran numero, che ne al>l)iamo noi qui ogn'anno; appunto ])erche o Tu- na o r altra o molte di tali circostanze niancano per 80PRA LA GRANDINt; I :^-] lo piu, e solo per disgrazia e ftitalita si coinbinaiio al- cuiia voka tutte a st^giio di portarci una tli (paelle gros- se gragnuole di cui j)arliaino. Del resLo non so vetlere perche la disposizioiie delle nubi in due strati a un di presso orizzontali, se- parati da un intervallo assai grande senza essere iin- menso, ed eleitrizzati I'uno per eccesso, V altro per di- fctto ad un grado abbastanza forte, debba giudicarsi oltremodo difficile, e poco meno clie impossibile; ne mi pare clie una tal snpposizione debba aversi per arbitraria, qualor si rifletta a quello che ho gia fatto riniaicare, e clie e uno dei pnnti, sui quali mi appog- gio di piu, cioe: che il sole, il cjuale sferza le nubi di prima formazione, onde lisulta lo strato inferiore, promove e accelera di molto 1' evaporazione della fac- cia Pii])erna di tal primo strato, risolve una gran parte di quei vapori vescicolari in vapor elastic©: concorren- do a cio, e T aria secca che regna di sopra, e la co- stituzione propria di tali vapori vescicolari, e la lore mutna repulsione avvalorata dall' elettricita, conforme si e spiegato al principio di questa dissertazione (6). Imperocche comprendesi allora agevolmente che cote- sti nuovi vapori elastici sollevaiidosi, incontrar denno to- sto o tardi un' aria abbastanza fredda per condensarli un'altra volta in vapori vescicolari, e forrnarne a conve- niente distanza un secondo strato nuvoloso somigliante al primo: con qnesta differenza pero, die fa al nostro caso, cioe: cht^ il teste formato in alto dispieghera una (()) E ])iu (iiliusaiiieiilc. era staio bviluj);\ito nolle iiiic leitere ouava e iio»a. 1 ^ O Y O L T A forte elettricita positiva (qual e cjuella che sorge a tli- riitura da ogni condensameiito di vapori in nebbia o nuvoli), ineiitie il vecchio strato iuferiore, scaricaio gia in parte, nierce di varie coinunicazioni mediate o im- mediate colla terra, ed esausio inoltre per T anzidetta copiosa evaporazione, trovasi, non die privato della priiniera sua elettricita parimente positiva, ma ridotto alia 7)cgatii^a, forte ancli' essa fzJ- Ecco dunque i due gran piaiti, tra i quali danzano e saltellano i grani di grandine forniati dianzi, siccome io penso, in seno al- ia nuvola infer iore, segnatamente sulia faccia clie guar- da la nuvola superiore, fonnati, dico, in forza del pro- digioso rarireddamento cagionatole dall' evaporazione, come si e spiegato abbastanza. PARTE 11. Ho parlato fin qui della grandine, come se i suoi grani fossero gia dal principio belli e funuati, e sen- za cambiare di figura e di costituzione, non facessero che ingrossare in segnito per via di successive incro- stazioni, durante tutto il tempo che volteggiano nell' a- ria cacciati e ricacciati dall' uno all'altro strato di nu- bi. So!amente ho fatto qualche ceano del fiocchetto di neve, da cui sembra aver il suo principio ognuno di tali grani. Or conviene considerar meglio un tal pnnto im- portante e trattenersi piii di proposito su di esso. Ab- biamo dunque per un fatto presso a poco generale, che (7 ) ^'c?^- la n6 V O L T A CO, che.scoprcsi, spaccandoli, essere vera neve, sono i j)iu fiequeiiti , e soglioii essere tutti di quesra sorte ne'fortissiini teinporali , e quaiido cadono di nn insigne grossez/a . Altre volte i grani, ancorche di una mole considerabile, come nocciuole per esempio, si mostra- no semi-trasjiarenti od aiiclie opaclii, e biancastri in qua- si tutra la sostanza, e appena in qualche parte cristal- lini, aventi pero sempre il nucleo nevoso piu o meno dii^tinto. Questi grani , e da credere die siansi iugros- sati massimamente colla congelazione successiva di va- pori vescicolari, a foggia delia nebhia gelata, di cui so- pra. Ho vedute ancora delle grandiui, in cui nella mag- gior parte de' grani si alternavano, cominciando dal nucleo nevoso, gli strati trasparenti solidi cogli opachi men duri e bianchi: il qnal accidente s' intende benis- simo dalle cose dette poc'anzi, come abbia potuto aver luogo. Finalmente compajono ancora, rarissime volte pero, delle g-agnuole di grani anzi piccioli die grossi, i quali non hanno nep[)ure il nucleo nevoso, e die si presentano quai globetii intieramente solidi. Di queste avro occasione di parlare ancora in seguito. Non sono poi mai i grani di grandine, die si dicono sferici, di una sfericita perfetta; duUa quale se non si allontana- no molto nella maggior parte dei casi, comparendo sol- tanto od un poco ovali , o sferoidali alquanto compres- si; altre volie ne si mostrano ora scbiacciati sopra una faccia e quasi etnisfcrici, or aventi piii faccie, or a for- ma di lenti ec. per nulla dire di altre irregolarita piu rhostruose in certo modo, come qnando si fan vedere anrrolosi, cornnti, od irti di pin pmite: i quali casi ra- rissiaii concepir possiamo clie nascano da fortuiti ac- ^PKA LA. GUANDINK 1 67 cozzatnenti, dalT aggloriierarsi ed innestarsi piu grani in uiio, ec, siccoiiie di quelle altre irregolarita meno strane, di quelle compressioui, possoiio essere stati cau- sa, o il rroj)po iinpeto ton cui fiiron ballottati e lan- ciati, o dei colpi di vento, o qualche parzial fusione da essi solVeria, sia colassu tra lo danzare tumultuo- so, sia vicino a terra, nel cadere framescolati a piog- gia, od altro qualsiasi accidente. Tutte queste varieta di forma e di costituzione ne' grani di grandine si conciliano beuissimo coUa sup- posizione del sakellare e danzare che fanno lunga pez- za cotrsti grani, quali essi sieno, niandati e riniandati dair uno all' altro strato di nubi per largo intervallo di aria niolto uniida, sparsa fors' anehe qua e la di al- tri nnvolotti rari, o piccioii volumi di nebbia, come gia si e detto e come ci possiamo facilmente figurare: si conciliano, ripeto, beuissimo con tal supposizione; anzi non veggo come in altra mauiera j^otrebbe spie- garsi r ingrossamento sovente cosi graude di detti gra- ni. Non faceado per tanto j)iu alcun conto di sitl'at- te varieta, clie nulla cangiano al fondo della cosa, e clie al proposito della supposta danza la ricliiedono tut- te ugualmente; ripigliamo il nostro assuuto, richiaman- do r osservazione unportantissima, che ciascun grano di grandine presenta comunemente, anzi sempre, ec- cettnato soltanto qualcbe caso rarissimo che abbiam qui so[)ra indicato, e di cui torneremo a parlare, una pic- ciola niassa bianca e s])ugnosa, talora anclie grandicel- la, che ne occupa il centre, e che e vera neve. Questa osservazione della macchia bianca o fiocchetto centra- le ben distinto, e stata fatta gia da lungo tempo, ed e 1 58 V O L T A «h uotissiina a chiunqiie ancora noii c lisico; sicconie igno- rar noii puo chi lo e, 1' origiiie e la qualita di neve che ritiene tuttavia la tlcmro a qiiella rnassa di gliiac- cio solido clie la involge c striiigo. Si conviene duiique generalinente , die de' fioccliet- ti di neve siano il primo elemeiito della granditie, la base di ciasciin grano, di cui formino il niicleo. Ora io amo di rappresentarnieli coiali liocchi di una neve stra- ordinariaiuentc tVedda, cioe inoltt) oltre il lei'rnine del- la semplice congelazione dell'acqna, come ho insinua- te ch' esser denno in certi casi: aino di rappresentar- meli che danzano e saltellano ira due gian lavolati di nuvole elettriche contrariamente; che ronipono con tal inovinKMito inipetuoso e tunuiltuunte inolti vapori ve- scicokiri , che iucoturano tra via, e inoki ancora di quel- li delle istesse nuhi da cui vanno e vengono cacciati e ricacciaii con. forza, e in cui peicio si affondano ogni volta piu o menoi che al di piu si tirano addosso an- che il vapore non vescicolare nehuloso, ma trasparen- te, sparso nell'aria niolio umida,che auraversaiio; e che per tutte queste guise acquistano nuove e nuove incro stazioni di gliiaccio, come spero di avere ahi)astanza spiegato. Se cotesto giuoco non dura che un breve spa- zio di tempo, ecco che ne viene a cadere una grandi- ne, diro cos'i, appena sbozzaia, formata di granellini mi- nuti (somigliante a certi piccioli confetti di semi di cu- riandolo zuccherati ) che chiamiam neve gelata^ e i fran- cesi gr^sil: ordinario prodotto di certi temporali debo- li e passeggieri. Al contrario, se il lemporale si sostie- ne, se le nubi coprono lungo temjK) il cielo, e mor- morano inquiete, la maggior parte pero immobili all'al- dOPKA LA CKANDlMi I SCf to, le altre al di sotro pin o meno vaganti; se non iscan'cano la loro elettricita, die in parte; se duran.0 un gran pezzo senza dissiparsi nell'aria, o diflbndersi largamenre ad altre parti dell' orizzonte, o senza pre- cipitarsi quelle di uno strato sopra qnelle di unaltro, e confondersi insieme; se stazionario in somrna e sen- za quasi canibiare il tetro suo aspetto inantiensi per delle ore il teniporale; se il freddo straordinario, cio che pin fa, continua sempre tanto in esse nuvole, quan- to neir intervallo tra uno strato e T altro: i grani di grandine in queste circostanze, ed altre favorevoli, che non saprei tutte annoverare, e ch' e difficile per altro che s' incontrino tutte, potranno giungere a forza di nuove incrostazioni ad una grossezza prodigiosa. Egli e vero che richiedesi a tal uopo, per tener sospesi cioe in aria e far saltellare cosi de' grani an- che solo di mezzana grossezza, die son pure non po- co pesanti, non che i grossissimi e pesantissimi, una forza elettrica di cni non abbiamo idea. Ma tale e ef- fettivameute quella delle nubi ne' temporali, e in al- i^ni sopraKuito. Per convincersene basta osservare co- me delle volte un nembo tenipestoso, che non sara ancora elevato sopra 1' orizzonte 48 gradi, afietta gia r aria sereiia che sta sopra il nostro capo, in guisa che r elettroscopio atmosferico, che nui alziamo, ne da dei segni sensibilissimi, e non solamente (piando T eleuri- cita del nembo e della medesiina specie di quella dell'a- ria, cioe position; ma ben anche quando ella e con- traria, o sia negativa. Ognuno giudichi da cio quale debba essere la forza elettrica di quegli ammupsi di nuvole, che estendoiio cosi la loro sfcra di attivita a l6o V O I. T A moke leghe di distanza; quale debba essere, dico, la forza tanto attrattiva, che repulsiva sui corpi vicini, a norma dello stato in cui si trovano quesii, o di niii- na, o di omologa, o di coiitraiia elet.nicita; e se essa nou sarii valevole a cacciare e ricacciare da strato a strato i grani di grandine piii pesaiiti cbe siansi mai veduti (elettiizzad essi j)ure akernauvamente in plu e in meiio) con maggior facilita di qnella, con cui noi facciam J>allare le pinme e le pallottole di midollo di sambuco co' nosni appareccbj , e la nostra meschina elettricita artitlciale, la quale non estende che a pochi piedi la sua sfera di attivita. liitornando al nucleo nevoso, non voglio dissimu- lare, che sovente i granelli di neve gelata (giesil) di cm ho gia parlato, e alcune volte pur anche i grani pin considerabili di una vera grandine , si mostrano senza V indicato nucleo o corpicciuolo bianco centra- le, come ne ho gia fatto cenno. Qnesti grani che co- stituiscono una specie particolare di gragnuola , io li credo col sig. De Luc juiiiore (che diinora a Ginevra, fratello del famoso antore delle ricerc/ie siille modifi- cazioni dell' atmosf era, e di tante altre opere, il qnal vive a Londra,) li credo prodotti originariamente da goccie vere di pioggia, cadenti da una nnvola snperio- re, che si sono agghiacciate ncU' attraversar indi uno strato di nuvole, inferiore freddissimo. Questo Fisico e natmalista illuminato, osservatore non meno attento e sagace del suo fratello maggiore, ha notato molto be- ne le circostanze del fenomeno rimarcabile di cui si tratta; e si e assicurato nn giorno (era verso la fine di auLunno) che cadeva a Ginevra una grandine di tale SOPRA LA CRANDINK l6l specie, si c, dissi, assicurato die lo strato di nuhi su- perioie che disdlJava una picciola ploggia, non era tan- to freddo (juaiito lo strato inferiore, trovandosi cpie- sto efleitivameiite di alcuni gradi sotto il termine del- la congelazioiie, nientre Taliro superiore aveva una tem- peratiira di qualclie grado sopra lal pintb. Una tale osservazione non conierina ella V idea che io mi sono formata, e su cni insisto tanto, del rat- freddamento del primo basso strato di nuvole, merce r eva])orazione die qnesto soHre, e che da origine ad un secondo strato superiore? Jl tempo essendo calmo, io non veggo come si possa spiegare altrimenti cotesto freddo piii grande dello strato nuvoloso inferiore. Con tutto cio, mi si dira, e ben lungi che succeda setnpre cosi: allorehe ci avviene di attraversare piii di uno stra- to di nuvole, salendo sopra niontagne molto elevate, i pin alti strati ancorche nuvolosi, trovansi d'ordina- rio i pin freddi. Io non neghero qnesto: le nnbi per se stesse siegnono la teinperatura delle regioni d' aria che Ofcupano; per coaseguenza non e die nei casi, in cui la luivola suj)eriore si e formata a spese dell' in- feriore jireesistente, la quale ha solTerto una grandis- sima evapoiazione, non e che in questi casi, che tale nuvola inferiore inipoverita, puo trovarsi piii fredda della superiore, supponendo il tempo cahno; poiche se regnano dei venti di diversa tenqieratura, se ban luo- go delle correnti d' aria ascendenti, discendenti, ec. e facile comprendere come pos«?a dominare accidental- mente uno strato d' aria temperato nella regione piii alta, ed uiio freddo nella bassa . Ora io son ftersnaso che in occasione di temoorale, allorehe le nuvole in- T. I. P. 2. ^ 2i i()2 Volt a feriori niiiiacclaiio la gragimola, siano sempre quesrc le pill fieiide, frecklissiine anzi oltre modo, o si trat- ti cli una grandiiie propriauiente delta col nucleo ne- voso iiicrostato da una o piii latiiiiie conceiitriche di ghiaccio, o si tratti deM inimiti graiii di neve gelata {grcsil)^ o finalmeme di quell' altra specie molto piii rara, consistente in grani solidi e picui, formaii da goc- cie di pioggia gelaresi nella loro caduta, di cui or ora parlavamo. In quei temporal! per tanto, die souo, ap- parentemente almeno, pieceduti ed accompagnati du- rante la lor forniazione da cahna, scatenandosi i venti contraslanti, e turI)!nosi solamente alio scopjiiare della procella, in tali leinporali, dico, in cui a]>pnjono dal lor principio fiuo al inaggior pieno quasi iumiobili gli atn- massi uuvolosi, eppure vi si sta fahbricando ed ia- grossandosi la grandine, non puo credersi die il fred- do oltreniodo intenso delle nuvole pin basse zep])e di tal grandine vi sia stato portato da alcun vento: e d'on- de mai, se stato anche ve ne fosse senza farsi in al- cun modo da noi sentire, lo piglieremmo cotanto fred- do? Resia dnnijue, die all'evaporazione soiTerta da es- se nuvole, ad un' cvaporazione estiemamente grande e rapida nelle date crcostanze, sia doviiio nn si prodi- gioso raflredi lament© , la totale o parziale loro congela- zione, ec, cio che e stato uno de' principal! miei as- suuti in questo scritio e ne' precedenti. (joj (lo) Veggasi r ottava e la nona delle uiie lettere sulla mctcorologia elettrica . SOPRA LA GRANDINE 1 63 PARTE III IIo ancora moke cose a dire in favore della niia 9np[)osizioiie esjiosta ne' precedenti aiticoli, dei due stra- ti cioe di nuvole elettrizzati contrariamente Tuno alTal- tro ad un altissijiio grado, massime il superiore, e se- parati da iiii iiitervallo assai grande; fra i quali io poi iiniiiagiuo che dei fiocchi di neve, da prima sempiici e leggeri, iiidi piii grandicelli, e rivestiti mano mano di lamiiie di acqua congelatesi sopra di essi, in viriii dt'ir estremo freddo de' medesimi , e cambiati per tal n)odo in vera grandiiie, sono cacciati sn e giu, e bal- lottati per lungo tempo; durante il quale non cessano d'iiigrossarsi vie piu per nuove incrostazioni di ghiaccio. Quanto alia prima parte di questa ipotesi, che stabilisce tali strati presso a poro orizzoutali, distinti e separati non solo, ma aniinati da opposte vigorose elettricita, se non in tntti i temporali, ne' piii compli- cati almeno, e segnatamenie in qiielli, in cui vien fab- bricata molta grandine, e portata ad nn' insigne gros- sezza, io potrei aggiungere alle gia addotte, diverse al- tre osservazioni che moko la favoriscono, e sforzano, direi qnasi, ad adottarla. Una di queste e quel pas- saggio frequente, e talvolta qnasi repentino dall' una air altra elettricita contraria, che scorgesi negli elettro- sco])j atmosferici esposii a tai temporali: di che ho par- lato gia, riportando che fin 14 di tali inversioni di elet- tricita mi e accaduto di osservare nel tempo di un mi- nuto. Ora non possiamo fignrarci, che in cosi breve spazio si cambj tante volte la nuvola soprasiaiite all'e- l(').^ V O L T A lettroscopio, e sottentriiio akernatameiite con tanta ra- pidita le une alle altre clelle niivole elettrizzate in sen- se contrario: e il fignrarselo ancora saiebbe contrario al fatto, quando osservianio, che la nube da noi esplo- rata e presso a poco stazionaria, o liinane immobile, che in somma c per liingo tempo la medesima. Non v' e dnnque altra maniera, onde spiegare il snddetto avvicendarsi de' segni nell' elettroscopio, marcando es- se un momenio l' elettricira per eccesso, un momento dopo, quella per di/etto, indi tosto la prima, poi di nuovo la seconda, ec., fiiori che snp[)()rre che jiosse- dendo la nuvola o lo strato di niivole, verso cui s'al- za esso elettroscopio, un' elettricita qualsiasi, (verisi- milmente la ncgarii^a) un' altra nuvola od nno strato di nuvole superiore possegga i' elettricita contraria adua grado molto piu forte; per cui (|uando V un niivolo o strato si avvicina alTaltro, e a misura che si accosta- no, r atmosfera elettrica del superiore contrahbilan- ciando colla sua aziouc o sia elettricita prementc, come da alcu'ii si chiama, 1' elettricita contraria piii dehole deir inferiore, va ailievolendo mano inano la tciisione, e i segni di questa, o li toglie del tutto, o avanzan- dosi pill ancora, obbliga esso nuvolo iufcriore a dar segni di quella elettricita contraria prevalente: cosi poi scostandosi i due strati, van mancando gradatamente qnesti segni di elettricita accidc/uulc fino al zero; e piu oltre risorgono e van crescendo quelli della reale contraria, ec. Tutto cio viene rappresentato benissimo con due piattelli elettrizzati artifizialmente, uno ad un dehol grado per ilifctto , e montato sopra uno de' nostri elet- SOPKA LA GUANDINt l65 trometri a boccetta, T altro ail un grado piu forte pef eccesso, il tjual teiigasi isolato sopra, e parallelameiite al primo a varie altezze. Quancio il piattello snperio- re sta molto alto, I'iiiferiore da segni di tutta o qua- si tutta la sua eleitricita ncgafiva^ che e poca, come dicenuno; ma a misiira che quello si abbassa, o che alziamo verso di lui il j^iaitelJo inferiore, scemano co- tai segui in questo, fiiiche ad un certo puiito di vici- nanza cadoiio del tiitto, ed a maggiore prossimita an- cora vi sorgono <]uelli dcU' elettricita contraria propria del piattello sii[)eriore. Ne e gia che cotesta elettrici- ta soperchiante vi si sia elVettivameirte comuiii(;ata, cioe che abbia avuto luoo-o una reale trasfnsioue: niente di questo (salvo che un troppo grande accostamento ab- bia provocato una qnalche scarica od es|)lt'sione di sciniilla:) egli e per semj)lice pressionc, o sia per la sola (izionc deW annoafcra elettrica prepotente del piat- tello superiore, che viene costretto 1' inferiore a dar segni di elettricita positlva^ comunque ritenga ancora la sua noga/iva: in prova di che, ritirando gradatamen- te quel piattello snperiore, van decadendo pure per gradi i segni nelT inferiore di cotal elettricita ncciden- talc, o di presslonc fino al nulla, e fino al ri?orgere, a misnra che cresce ancora rallontananiento, i priniieri segni della propria elettricita negatna. Somigliante dunqne possiamo figurarci, an^i dob- biamo credere che sia la condizione delle nubi tem- poralesche, quando Telettroscopio innalzato verso T in- feriore loro strato, contro ad un nnvojo, che non si cambj gia, ne venga altrimenti portato via da' ventj (dei quali casi, che accadono sibbene, non parlo or (pii,) i66 Vo L T A pur ce lo mostra che miita da un niomeuto all' altro lo stato di sua elettricita, passando per gradi piu o men rapidamente, e tal vo'lta quasi per salto, dalP u- na allaltra opposta. Ammessi i due strati, e facile iin- maginare che s' accostino e s' allontaiiino vicendevol- mente, or piu or ineno e a varie riprese; che ascen- da o discenda or Y iino or 1' altro, or si movano am- bedne, quando avvicinandosi, quaiido scostaiidosi, spin- ti da venti o correnti d' aria ascendenti o disceuden- ti (che sembrano in fatti aver luogo di frequente ne' forti temporali , ) o variainente sollecitari d.ille stes- se forze elottriche, si dispiegate da essi, che pr')cerlen- ti da aliri ammassi di nuvole al di fuori, ec, e faci- le rappresentarceli que' due strati moventisi su e gin, e come ondeggianti tra loro: e tanto basta per tutte quelle nuitazioni di segni elettrici, di cni parliamo, che iniitianio cosi bene colle nostre sperienze de' piattelli, come si e veduto, e che in tutt' altra matiiera sareb- bero inesplicahili, ma intese cosi, cessano fin anche di essere sorprendenti . Un' altra osservazione molto pure favorevole, e condncente quasi per necessita ad ammettere i due stra- ti nuvolosi contrariamente elettrizzati ne' temporali di cui si tratta, e qnello che ho rimarcato gia da molti anrii, e che altri j)robahilmente avrani rimarcato anche prima di me, cioc: che i temporali i quali vanno a scaricare e profondere grossa grandine , non soglion essere i piii minacciosi e i piii a temersi per rignar- do a' fulmini, giacche rarissimi son qtiesti ove quella si prepara ed e imminente. E non e gia, che non do- mini molto r elettricita in si fatti temporali grandino- aOl'RA LA GUANDIMi. l6-t si; die anzi il mormorar quasi continuo de'tuoni, e la frequenza dei lampi per assai lungo tempo, annunzia- no e inostranci evideiitemente, die una prodigiosa quaa- titu di (luido eleitrico e inessa in giuoco: eppure non avveiigoiio scaridie fulmiiiee contro terra, o poclie, in tall circostanze, in cui parrebbe che dovessero essere frequenti. Ora si piio render facilmente ragione di un tal fenomeno, tostoche si animetiano con me i due strati nuvolosi eletrrizzaii in senso contrario: basta dire, che sicconie lo strato iiiferiore, dal quale si potrebbrro te- mere i col pi di fulmine, rivolge allora la sua azione e forza principal mente verso lo strato superiore con- trariamente elettrico: cosi le scariche si fanno dall" uno airaltro. anzi( be contro la terra; i nuvoli o si saetta- no fra li)ro, o con auq)j e piii facili trascorrimenti van rq)artendosi lo stesso fluido fulmineo gia cotanto sbi- lanciato: quindi quei lampi frequenti e quasi conti- nuati; quell' infocamento cbe talora appare di questo o di quel tratto, e fin di tutta la volta nuvolosa, quel mormorar sordo e come da loniano del tuono (jj) (e cio percbe gli scoppj accadeudo al di sopra dello stra- to nuvoloso a noi piu vicino, questo ne smorza il suono, die dee giungere al nostro oreccbio;) quel mormorar, dico, quasi senza intermissione; quel fremito del cielo e deir aria, cbe ci atierrisce, e cb' io non saprei de- scrivere: sintomi tutti die niinacciano grandine, e gran- dine copiosa. (ii) Ruulrmcnt ilu tonnerre dicono i franresi ; eil b in farti im suono clie rassonii-rlia a qnello di rani pe^anti tirati sopra a delle strade lastri- cate, o a quello di grosse palle, che si faccian rotolare sopra alle sollitte. l68 V O L T A lo ho per disgrazia molti esempj si antichi che recenti, ne'quali, dietro gl'iiidicati sintomi e qualche alira osseivazione (come delle nuvole cinerizie vagan- ti sotto il gran telone piu o ineno scuro; e cio nelle ore vicine al rnezzodi , nelle quali il sol piu cocente ha potato sferzare la faccia superiore del primo strato nuvoloso formatosi, e diveiuuo in seguito temporale- sco,) dietro tali sintomi, dico, ed osservazioni, ho pro- nosticata e indovinata pur troppo la cadnta di grandi- ni pin o meno desolatrici (j-2). 11 piii rimarcabde di tali esempj, e in cui comparvero piii spiegati i dciti sintomi, e la grandine spaventosa caduta la notte del 19 al 20 agosto deir anno 1787, che ha devastate le campagne ne' contorni di Como in un' estensione di 3o miglj di lunghezza sopra 20 circa di larghezza. 11 temporale non avea cessato di mormorare nel mode sopra descritto dalle 2 ore pomeridiane fiiio a mezza notte, allorche snccedette fjuelT ornbile scarica di gran- dine sterminatrice; e durante tntto questo tempo, non cadde, che si sappia, alcun fidmine; non v'ebbe alcun loogo eminente o basso colpito; non si udirono neppu- re dei col pi di tuono spaventevoli od assordanti^ quan- tunque X eletiricita delle nuvole fosse cosi grande, che (li) III questi stessi gioriii, in cui, ripinliato il lavoro gia da i6 an- ni interrotto, sto roinpilaiulo la {ii'.'seiitc meinoria, cio^ nel rorrente giii- eiio i8c6, rontemplaiulo itaiulo iieppiire l'a\ito- re , che qnello strepito veiiga dall alto, e che pieccda la caduta di eb<>a graiidiiie bidla iciia . 173 V O L T A. 7-lone della grandine, le sue modificazioni, i siioi mo- viinenti : vedrebbe se qiiella specie di danza, quel sal- tellare su e giii de' suoi grani spinti e rispiriti da uuo strato nuvoloso all'aliro, che mi piace di supporre, ha Inogo elVettivamente, e fino a qual segno; vedrebbe se m' ingarino in tali niie iminagiiiazioni, o se colgo giu- sto in qnalche parte almeno. In niancanza di queste osservazioni nel seno stesso de' piii fieri temporali, che niuno potrebbe intraprendere senza esporsi ad eviden- ti 2;ravissimi ]>ericoli, non ne abbiamo noi delle altre faite da alcuni de'piu intrepidi aeronauti in tempi meno procellosi, le quali possano in qualche modo supplire? Senza parlare del freddo eccessivo, che conuuiemente hanno essi incontrato nella regione delle nubi, io mi riporto a quello, che mi sovvengo di aver letto nel- le relazioni di alcuni di cotai viaggj aerostatici, cioe, che quando ebber que' volatori toccato colla macchina aerea il primo velo di nubi, e penetrandole quinci vi furono immersi tanto d" averne gia sorpassato uno stra- to o piu, si trovarono con sorpresa invoki da fiocchi di neve, quantunque non fosse inverno, e da piccioli grani o^elati (gresil)^ che saltellanti percotevano da tut- te le parti la stofTa del loro pallone, e ne venivan rimbalzati: e cio in un tempo, in cui non cadeva nien- te snlla terra ne di tai fiocchi, ne di tai grani di ne- ve gelata. Senza dubbio eran cpiesti , rudimenti od em- Lrioni di grandine; e seml^ra che cotali grani fossero gia dotati di un principio di quel movimento che li a- vrebbe fatti ballare e saltare con vivacita, nel modo ch'io ho descritto parlando della vera grandine, se in vece d' un temporale che potea dirsi appena iniziato, e SOPRA LA GK.VXDINE 1^3 in nliin modo avvertito dagli aljitanti Jella terra, si fosse trattato cli un vero tecnporale, potente in elcttri- cita, tuoiiante, e, cio che piii fa al nostro caso, mi- nacciaiite graucJine roviiiosa. Dopo tutto questo bisogria piir convenire, die se non puo diisi aucor diinostrata, e resa sommameiite prohabile anche questa parte della mia teoria, che ri- guarda la lunga sospensione in aria, e la danza soste- nuta della grandine che va ingrossandosi . Le altre par- ti risguardanti V esistenza delle due contrarie elettricita in nuvole o strati nuvolosi separati a varj intervalli, e il freddo intensissimo, onde e compreso uno almeno di questi strati, cioe 1' inferiore, o sia quelle in seno a cui formansi i fiocchetti di neve, prinii embrioni di es- sa grandine, non han bisogno, mi lusingo, dopo le co- se dedotte negli antecedenti articoli, di ulteriori prove. JNon posso abbandonare questo soggetto senza ri- solvere alcune delle principali difficolta, che non ho per anco prevenute, e rispondere a due o tre altre qiiestioni. Come mai, dirassi, si puo concepire che due strati nuvolosi contrariamente elettrizzati si tengano giu- stamente alia distanza richiesta, per attrarre e rispin- gere alternativamente da prima i semplici fiocchi di ne- ve, in seguito questi medesimi intonacati di ghiaccio sodo, e trasformati cosi in grani pesanti di grandine, senza permettere loro di cadere a terra; e cio per un tempo lunghissimo? Non e egli evidente, die tali stra- ti di nubi attraendosi, si accosterebbero , e si confon- derebbero ben tosto in una massa? Si puo rispondere a questa obbjezione, che il nu- volo inferiore non e attratto sokanto dal superiore e- 174 V O L T A lettrico contrariamente , ma ben anche dalla terra , puriicolannente dalle montagiie, dalle Ibresce, ec, alle quali vcggiamo die le nubi si accostano e si attaccano di jncierenza ; e die in tal maniera pub essere cotesto iiuvolo infcriore contrabl>ilandato; non altriinenti clic puo esserlo ancora il siiperiore da lui terzo die lo at- tragga in senso contrario. In quosto caso le masse dei due strati nuvolosi dotati dellc opposte elcttricita, dei fjiiali si tratta, restando immobili, od in una sem)j)lice OscilJazione, in qudla specie di ondeggiainento , die abbiamo di gia considerato (spiegaudo il si frequente cambiarsi dei segni nell' elettroscopio atmosferico), le parti delle loro superficie interne cederanno sole alia tendenza mutua die le solleciia; esse si gonfieranno, sottrendo come una specie di tlusso; se iie distacche- ranno ben anclie dei brani, e fin dei grossi pezzi,die andranno su giu, innanzi indietro dalT uno all' altro strato a viceiida: cio che faranno con iiioko maggior agilita, frequenza, e tuinulto i fiocclii di neve, e i gra- ni di grandine , se ve ne banno framezzo , picciolo essendo il volume d'aria, die ciascun d' essi dee snio- vere. Imperoccbe ecco cio die ritarda il moto di an- dare e venire, sia di detti brani, sia di alire nuvole interposte, e soprattutto 1' accostamento di uno strato intiero verso T altro, quando pure tali moti hanno luo- go, ed esse nuvole o strati non sono ritenuti da alire forze: egli e il loro gran volume, e quello dell'afnjjio strato d' aria intermedio, cbe resiste al suo spostatnen- to, e fa die tali luibi estese non possano avanzarsi Tu- na verso I'altra, die con leuiezza piii o meno grande. Ma senza tutte queste cousidciazioni, il ritardo SOl'RA LA CRANfJINB lyS alia riunione dclle nuvole contrariainente elettrlzzate, e uii lalto di ciii non si piio dubitare, allorche si osser- vano i cainbiamenti dei segiii elettrici dal positho al ncgativo^ e iicevcrsa^ piii volte per tutto il tempo die dura quel tal temporale, cainbiamenti che abbiam gia faiti osservare : il cbe rertamente non avrebbe luo- go, se le nuvole eleitriche in pi a ragp;lup;nessero tosto quelle eleftricbe /// meno, verso le quali tendono, e si riunissero in una sola massa. Qiiesto ritardo e qualcbe volra rosi grande, cbe una tal riunione non ba luogo neppure a capo di molte ore, duranti le quali V elet- tricita o si dissipa altrimenti, o passa sibbene dall'uno strato nuvoloso alValtro, non pero tutta ad un tratto, ma una porzione per volta, in virtu di scariche, sia ro- morose e seusibili, sia insensibili, per mezzo sin2:o]ar- mente de' corpi interposti cbe non cessano di andare e venire, o se non altro, per mezzo de' sparsi vapori. Altre volte per lo conirario essa riunione si fa tosto, o in pocbi momenti, ajutata da nn vento o da altra circostanza favorevole. Tosto o tardi che surceda, le nuvole aggiugnendosi 1' una all' altra, o compenetran- dosi in qualcbe maniera, e quindi le elettricita con- trarie distruggendosi vicendevolmente, ne siegue d' or- dinario un forte rovescio di pioggia, e la grandine, se ve n era colassi't, abbandonata tutt'ad un tratto al suo proprio peso, si preci[)ita sulla terra. Un' altra obbjczione potrebbe per avventura ca- varsi da queste medesime osservazioni, cbe ho allega- te in favore della niia ipotcsi: le quali ci mostrano i nostri conduttori atmosferici in occasione di tempora- le, sia esso grandinoso o no, elettrizzati ora poiiiiva- J 76 V O L T \ niente, ora negativaincnte: giacchc senibra die dovreb- bero esserlo sempre Jiegutwanienle ne' graiuliiiosi, s' e- gli c pur vero, che in cotesti teinporali lo strato nu- voloso inferiore, quello cioc die trovasi piii vicino al- ia terra, lia acquistato appunto uii' elettricita per ill-' fetco (Jopo la perclita deirorigiiiaria jter eccesso, a for- za di evaporazioue , coine vuolc tal inia ipotesi, e come lio spiegato ed bo cercato di provare con ogni uiaiiiera di argonienti. La sperienza, dirassi, c poco d' accordo con sifliitta ipotesi; giaccbe moke volte det- to strato inferiore da segni di elettricita in pia, in ve- ce di darli t/i meno. Ed io rispondo cbe anzi I'espe- rienza e favorevole; attesocbe eflettivamente 1' elettrici- ta ncgativa o in meno, e quella che domina comu- iieinente, o cbe domina dipiii, in mezzo ai cambia- nienti accidentali, ne'gran temporali, come i primi os- servatori attenti dell' elettricita atmosferica lo aveano di gia notato, e noi lo troviamo conferuiato ne' nostri giornali meteorologici . Che se non di rado si mostra ancbe 1' elettricita positively qnand' ancbe si mostrasse tanto sovente Cjuan- to la ncgariiii, il che non e; io posso sempre dire cbe altre cause ban portato questo accidente: delle cause cbe non sono gia immagiuarie o gratuite, ma reali e provate, di cui noi conosciamo 1' eflicacia, e cbe sono giustamenie capaci di produrre il cangiamento di cui si tratta. Io ho principalmente in vista 1' azione delle at- inosfere elettriche. Facciasi dunque cbe lo strato nu- voloso superiore elettrico fortemente in piii discenda verso lo strato inferiore elettrico, giusta la mia ipote- si, in nic/io, ma piii debolmentej o che questo ascen- &OPB.A LA GRAXDINE I77 da A'erso qiu'llo; che s' accostino in somma piii o me- nu: questo accosiainento poira esser tale, che la cle- boie elettiiciia del nuvolo iiiferiore venendo intieramen- te coiitrabbilaiiciaia, cada del tutio ; sara allora iiiio di quel casi, the iion souo gia estreiuamente lari, in cui, in mezzo al forte di un temporale, si osseiva co- me una sospensione di segiii eietirici nel conduttore atinosfVrico , e 1' eletiroinetio marca zero: poira esser tale, che i segni di elettricita in meno vengano soltaa- to indeboljii, poco o inolto; il che succede piii spes- so: e tale finalmente da farvi comparire qiielli di uii'e- lettricita in ju'ii, acciclcntale, o come si dice di prcs^ sioiic; il che pure accade non di raro. Tiitto questo lo abhiauio spiegato piii ampiameute al priucipio di que- sta sezione, e messo sott' occhio col paragone ancora di aualoghe sperienze fatte coll' elettricita artificiale, coir esempio cioe de'due piattelli elettrizzati, quel vi- ciuo od annesso all' elettrometro in meno, V altro su- periore, poriato a diverse distaiize, in piii ad un gra- do piii forte: e i camhiameiiti e passaggi, spesso si fre- quenti in certi temporali, dalT una all' altra elettricita opposta, imitati cost bene con tali sperienze de' piat- lelli, ci haimo servito di prova dimostrativa delf osi- -sienza in si I'atti temporali di due strati o aiiimassi di nuvole contrariamente elettrizzati. Riguardo pero all'es. sere piuitosio 1' inferiore che il superiore elettrico in mono, convengo che nulla potrebbe inferirsi ne da qufste sperienze ne da cpielle osscrvazumi. iMa le ra- gioni, e. posso dire, le prove altronde dedotte per ista- bilire die sia proprio 1' inferiore strato cpiello, in cui ha j)reso luogo 1' elettricita negatively son tali e taiite T. I. P. 2. 23 178 Vo L T A (raccolte nelle alrre clue sezioni di qxiesta memoria, e sviluppate gia in gran parte nella ottava mia lettera sulla nicreorologia elettn'ca), die pare non se ne pos- sa chibitare; e un inclizio ne abbiaino ancora da cio, che, come teste dlceinino, in mezzo ai varj caml)ia- nienti che accadono duranti i grossi temporali, i no- stri conduttori atmosferici soglion darci piu segni di cotesta elettricita negatively che della positiva. Non e dunqne nn' obbjezione che valga contro r elettricita per difetto delle nuvole iiiteriori, 1' osser- varsi talvolta, ed anche non di rado, segni di quella per cccesso; all' incontro ne e una conferma il vedere, che si abbiano pin spesso o pin hingamente i segni appunto di essa elettricita per di fc no. Ahronde e trop- po facile il render ragione dell' elettricita di eccesso sol- tanto accidcntale , o sia di pressione, che vi appare: e facile, dice, renderne ragione, snpponendo che vi sian giusto i dne strati nuvolosi, quali li abbiamo conside- rati, ne piu, ne meno; i quali ondeggiando in certo modo, or s' accostino fra di loro, or s' allontanino, co- me pure si e da noi spiegato. Ma non puo egli dar- si ancora, che sotto lo strato che era il piii vicino a terra, e che per la grande e rapida evaporazione sof- ferta e passato all' elettricita in meno, si formin altre nuvole? Queste essendo allora, siccome di nuova for- mazione, elettriche in piii, alTetteranno parimente in pill il conduttore atmosferico, salvo che siano contra b- bilanciate o vinte dall' elettricita contraria dello stra- to che sta lor sopra. Di piu egli non e impossibile, e anzi probabile, come accennato abbiamo fin dal prin- cipio di cjuesta dissertazione, che in alcuni temporali SOPRA LA GRANDINE J-jg vi siano plu di due e di tre ampj strati, e in oltre al- tre nuvole sparse da molti lati, parte isolate e nuotau- ti, parte aggruppate, ec, dotate esse pure di eleitrici- ta contrarie; e allora non puo clie succedere freqnea- temente, in mezzo ai conibatiimenti di queste nuvole, ai loro movimeiiti cagionati dalle attrazioni e repulsio- ni elettriche, dai venti, ec, die ora I'elettricita di una, or quella dell' altra, merce singolarniente I'azione del- le rispettive atmosfere, diventi prevalente sopra le no- stre teste o sopra la colonna d' aria, nella quale tro- vasi iiialzato il conduttore francliniano. Per tal ma- niera s' intende anche piii facilmente, che nella sup- posizione di due strati soli^, come nel forte del tempo- rale, allorche il comhattimento delle nubi e de' ven- ti e piu fiero, i movimenti di quelle piu tumultuosi, i lampi frequenti, e le scariche fulminee fra le nubi medesime moltiplicate, si osservino in questo condut- tore, e meglio nell" elettroscopio atmosferico poriatile, dei ])assaggi e ritorni cosi frequenti e quasi istantanei da una specie di elettricita alf altra: cio che non suc- cede, alineno con tanta rapidita, sul principio ed al- ia fine di questi medesimi temporali, ne durante il cor- so di quelli clie souo meno strepitosi e men coinpli- cati, nei quali I'elettricita dominante, vo' dir quella clie si fa sentire al conduttore atmosferico, ^ per lo piu r elettricita negativa, come ho fatto osservare. Ammettendo cotai temporali formati, come appa- re cheve ne siano realniente, di piii strati od am- massi di nuvole variamente elettrizzati, sopra, sotto, e ai lati, e di altri gruppi ancora qua e la sparsi, puo sembrar e ch' io m' allontani troppo dalla prim jera sup- 1 8o V O L T A posizione, dl uno strato cioe inferiore elettrico in meno^ e di uii superiore elettrico in jn'u , paralleli alTorizzoii- te e fra loro; fra i quali danzino e saltellino lunga pezza cacciati e ricacciau con impeto i grani di gran- dine, come veggiam sakellare le palloitole di sanibu- co fra dne piaiti nelle nostre sperienze di gabinetto. Debbo duiicjne dicbiarare ch'io bo formata tal snppo- sizione, e presentata lal iminagine, e me ne son vabi- to come dellu piii semplice a far intendere la mia teo- ria: la qnale vnole sibbene per la formazione e in- grossamento della grandine le dne contrarie' elrttricita in due strati nuvolosi distinti, e I'indicata danza pri- ma di semplici fiocclii di neve, indi dei medesimi cre- scinti per successive incrostazioni di gbiaccio a veri gra- ni di grandine mano mano piii grossi ; ma non esclu- de aliri strati ed altre nuvole in qualsisia numero, po- sizione, e forma; ne esige di necessita il snpposto esat- to parallelismo dei dne strati; giaccbe j)03soiio JDcnissi- nio essere mandati e rimandati i grani suddetti, pic- cioli o grossi, e mantenersi liingamente in ballo tra due strati inclinati all' orizzonte e fra loro, siccome pure possono sostenersi librati in aria entro al ricinto di molte nubi diverse e diversamente collocate, oscil- lar, sakellare; possono lanciati su, gin, di qua, di la da un corpo di nuvole alPaltro, intrecciar varie dan- ze per pin o men lungo tempo. Cbeccbe ne sia di tai temporali cosi complicati , snpponendoli ancbe piii frequenti di quel die sono , penso cbe non sian rari qiielli, die bo presi per esem- pio e posti come per tipo, cioe di due strati presso a poco paralleli, separati da giusto intervallo, ed elet- SOVIIA LA GIUNDIXE l8l trizzati contrariamente, 1' inferiore per difctto, il snperio- vcpereccesso: di due soli strati, dico, contando per nul- la (jiialche stiaccio di nube interposto, qualche picciol nuvoloal di fnori, ed anche cjiialche gnippo lontano. Ml si domaiKh-ra forse s'io riguardi la disposizio- ne delie nubi in due o piii strati separati, e I'eleitrici- ta contraria fra due alineno, come condizioni essenzia- li alia cosfituzione di un temporale. A questa donian- da rispondo tosto, ch'io non pretendo cio; chc credo anzi possibilissimo, che come se ne compongono an- che di piu di due strati, conforme or dicevamo, cosi pure se ne formino di un solo ammasso nuvoloso, uni- to e dotato tutto di un' elettricita omologa , purche sia questa assai forte: ma che si fatti temporali, fuori di qualche lainpo e tiiono, senza dei quali non sareb- bero nej>pur chiamati temporali, ofhir non potrebbero quel gran numero ch accidenti variati, che si osserva- no d'ordinario nelle vere tempeste : che la loro elettri- cita si mostierebbe costantemeute di una sola specie, cioe a due o positiva o ncgatrva dal principio alia fi- ne, variando soltanto nell' intensita; cio che non suc- cede quasi mai ne'gran temporali: che potrebbero be- ne aver luogo delle scariche fulminanti fra una tal mas- sa di niivole temporalesche unite e la terra, in una pa- rola, dei veri fulmini; ma non que'scoppj di tuono fre- quenti e ripetuti, que' sentieri o strisce di luce vivis- sima, e a zigzaa;, quasi ad ogni momento, effetti del- le nuvole che si bersagliano e fulminano tra di loro: che tutt' al piu comparirebhero colassu dei lampi e dei trasoorrimenti di luce da un capo all' altro delfu-. nico telone nuvoloso, in occasioue e al momento di u- f8a V o L T A na forte scarica contro la terra (in quella guisa, che ne compajono sopra una lunga e larga tavola cospar- sa e come seminata di sottili e rare limature metalli- che, od anclie cli minute goccie d'acqna, allorche un torrente di iluido elettrico atiraversa qiiesti condutfori imperfetti o sia interrotti da piccioli interstizj): che fjiialmente codesti temporali semj)lici ed uniti, ne'qua- li o non vi fosse separazione di nuvole in diflerenti strati o gruppi, od essendovi, non s' incontrasse con- trarieta di elettricita fra essi, non potrebbero produrre una grandine a grossi grani, o molto diificihnente: dif- ficilmente, dico, una grandine molto grossa; giacclie per una picciola o mezzana, per il gresil, e qualche cosa di piu, .puo forse bastare quella repulsione e sospen- sione de' grani, che anche lin sol telone nuvoloso for- temente elettrico e valevole a produrre; come sul prin- cipio ho voluto supporre, prima cioe di entrar a par- lare de' due strati contrariamente elettrici. Ecco cio, ch'io penso riguardo ai temporali in generale, esull'ar- ticolo della grandine in particolare, che e il principal soggetto di questa memoria. Si domandera ancora perche non succedano qua- si niai temporali d' inverno, almeno nelle nostre regio- ni: di que' temporali vuol dirsi, che sono accompagna- ti da grandi tuoni e da frequenti lampi e saette, se- gni manifesti di una quantita e forza stupenda di elet- tricita messa in giuoco in una maniera straordinaria: nianco poi ne succedano con grandine massiccia e pe- sante. AI che e facile di rispondere che ne questo giuo- co n^ questa proligiosa accnmulazione di elettricita possono aver luogo, o molto difficilmente in tale sta- SOrRA. LA (JRANDINE 1 83 gione; e cio in consegiienza di moke circostanze sfa- vorevoli, die sono le seguenti. 1°. La quantlta deU'evaporazIone giornaliera, in- tendo dei vapori elastici die si sollevano da terra, e portano il lluido elettrico dV essi si sono appropriate, nella regioiie delle niibi, e molto miiiore nell' inver- no, die nelle altre stagioni; onde le nuvole medesime non riescono allora ne cosi grosse ne cosi dense ne in conseguenza cosi elettriche, come que'nuvoloni scu- ri in primavera e in estate, die diventano tempora- lesclii . 2°. Qnesta medesima regione trovandosi piii bas- sa d'inverno, le nubi vengono piii facilmente spo2;lia- te di quella qualnnqae elettricita di ciii trovinsi prov- vedutp, dai conduttori terrestri, dalle montao-ne, da- gli alberi, ec, die attraggon quelle, e smungon questa. Agginngasi per 3.°, che una tale sottrazione di elet- tricita e facllitata e promossa dall'interposizione di un'a- ria comunemente piu umida in quella stagione, dalle nebbie, die giungon sovente fino a terra, e dalle piog- gie freqiienti. 4°. La durata delle notti, tempo nel quale in tut- te le stagioni il fluido elettrico viene ricondotto e re- stituito alia terra, merce appunto dell' umido nottur- no, e particolarmente delle rngiade, esseiido molto lun- ga neir inverno, contribuisce pur molto al ristabilimen- to deir eqnilibrio di elettricita tra I'aria piii o men al- ta, e la terra; di maniera die non si accuinula essa elettricita nella region ddle nubi un giorno dietro lal- tro, e per molti di seguito, come succede spesso in pri- mavera ed in estate. 184 V O L T A 5**. Nel breve corso di ciascuii giorno iiivernale i deboli obliqui raggi del sole non producoiio in cosi grande abbondanza quell' evaporazioiie secondaria, cioe della parte superiore delle nuvole, cb' essi pei'cuotouo: evapoiazione die ba tanra parte, e giiioca cosi bene, secoudo me, nella fonnazione de' temporali , e partico- larnuMite della graiidiiie. 6''. Fiiialiuente (jiiel poco ancora di vapori elasti- ci cbe si producoiio in tal inodo, non si sollevano mol- to, obbligati dal frcddo e dalT aria nini;la ancbe so- pra a condensarsi di nuovo abbandonata appena la nii- Yola onde son sorii, se non ancbe prima di ab!)an- donarla del tutto; cio die li porta a riunirvisi; cosic- clie e diliicile cbe si formino d' inveriio i due strati di nubi da me voluti, coUocati cioe a giusto interval- lo, ed elettrizzati contrariamente 1' uno all' altro, dif- ficile cbe si lormino varj ammassi o gruppi separati ed elettrizzati pure diversainente. Non si vede in fat- ti d' ordinario in quella stagione, quando il cielo e co- perto, cbe un sol telone o strato nuvoloso unito, piii o meno esteso; e quando e in pane coperto, in par- te sereno, ciascuna nuvola appar semplice, di un sol volume cioe o strato, non sormontiua da altro strato disgiunto, a foggia di quelle, cbe osserviamo d' estate lie' temj)orali o gia formati o cbe vanno a formarsi . Tali nuvole poi semplici, cbe regnano d'inverno, ap- punto pcrcbe semplici, soglion dare segni costanti, av- vcgnadie deboli di elcitricita in plu^ cbe e I'elettricita. onginaria delle nubi egualmenie cbe delle nebbie, I'e- Icitricita die risulia inimediaiamente dalla condensa- zioiie dei vapori, come sap^namo. SOPRA LA G11A.NDINK 1 85 O Non voglio dissimulare die si presentano anche d'inverno, sebben di rado, alcuni nuvoli piu scuri e piu fortemente elettrici, fra i quali ve ne ha talvolta, che lo soiio ill meno. Son questi d' ordinario nuvoli che vaniio a portarci della neve , nuvoli die hanno qualche cosa di un aspetto temporalesco. Nondimeuo come la loro eleitricita non e ancora abbastanza po- teiite per sostenere in aria i fiocchi di neve, e come poi nianca quell' altro strato superiore di nubi separa- te da un giusto intervallo, ed elettrizzato in senso con- trario, capace di attrarre e repellere alternaiivamenie per un tempo abbastanza lungo questi fiocchi, di bal- lottarli, di far loro fare la descritia danza (danse des pantins), ecco die cadono essi quali sono al niomen- to di lor formazione o poco dopo, senza aver pota- to rivestirsi di lamine d' acqua congelata, e formare con cio dei grani di grandine; tutt' al piii giungono, e cio solamente allordie 1' ammasso di nuvoli ha un poco pill r aria temporalesca, a convertirsi in quella specie di graneliini gelati {gresil), die e media fra la neve e la grandine: fenomeno, die rarissimo esso pu- re d'inverno, accade pivi sovente in prima vera ed in autunno, come e facile comprendere da cio, che or era si e detto. Ecco come si puo render ragione del comparir cosi di rado temporali nell' inverno (j5J e del non ca- (j5) Ho avvcrtito sopra, clie intendo parlare di queste nostre comra- de; noto essendo, che in akiine altre regioni , siiigolarmenre maritcinie, in- fieriscono i temporali anche d" inverno : dei quali vojjtionsi accagionare i Tt^nti procellosi che regiiano cola in quella stagione ; vrtiti cht! a])portan- do diverse temperature a varie ulte/xe , e ora anuuas&audo nubi supra uu- T. J. P. 2. i^ i86 Vol t a dere mai o quasi inai una vera grandine in tale stagio- ne; quaiuunijue cada taiiia neve, clie e per se stessa si vicina, e diciani pure parente della grandine mede- sinia, tanto per la sua origine, quanto per la sua co- stituzione; die e in sonuiia il suo prinio rudimento e la sua base. Ma d'onde viene, si potrebbe ancora do niandare, che ne cade rare volte anche in mezzo ai piti lorti temporali nelle akre stagioni; e clie non ne ca- de mai o quasi mai in molii paesi? Parrebbe in fat-" ti, non considerando die siiperlicialniente le spiegazio- ni, cbe io bo date della formazione e della ritardata caduta della grandine, per cui ha luogo il suo ingros- samento, die un gran numero di temporali, anzi la maggior parte, dovessero portarcene in quantita, e di una grossezza piu o men grande: cio che per fortuna non accade, essendo anzi rari i casi funesti. 3Ma convien rillettere meglio, e richiamarsi quan- te circostanze sono richieste per do; le quali diflicil- mente j>ossono incontrarsi tutte ad un tempo, come ab- biam gia fatto osservare : circostanze che non sono gia richieste per tutti i temporali (bastando un sol nuvolo bi , e aclilensatulole olric moJo , ora spezzandole , or discioglicnclone gran parte con forzata evaporazione , poi di nnovo costringendone i vapori, e quindi nascer facendo per diverse luariiere, forti e contrarie elettricita, fab- Jiricaiio, diro cosi , esteuiporaneaineiite que' temporali. Or non fia meravi-. glia, se per simill accident! avvenga anche fra noi nn qnalche temporale, come in altre stagioni, cosi pnre d'inverno. Tali casi rarissimi e tali tem- porali son fuori del nostro soggctto. Quclli di cni trattianio sono i tempo- rali pill frecpienti e comuni, che prccednti anzi per lo piu da calnia , sor-= gnno d'ordinario e si lavorano, almen da prinripio, nel silenzio, segna- tamcntc i grandinosi, i quail iion sogliono accadere d' inverno per le ra-* gioui addotLe qui sopra . • • SOPRA LA CKAXDIXE 187 denso e rldondante di elettriciia a segno di dar qiial- che mono o lampo, per costituire un picciolo teinpora- le; ed uno o pin grni)pi, od un pin anipio ainniasso di tali nuvoli collocaii e disposti in qual si sia niodo, animati pero di un' eleitricita strepitante, per que'teni- porali piu grandi ed estesi che recano inaggiore spa- vento); nia che si ricercano, secondo me, perc:he nel tcnijwiale vada formandosi ed ingrossando la grandi- ne. Priinieraniente adunque vi bisogna un' evaporazio- ne abbondantissima e rapidissirna di un primo strato di nuvole assai denso, una svaporazione tale, che da una parte basti non solainente a distruggcre 1' elettri- cita originaria /// piu di (jnesto strato, ma a portarlo fin anche ad \ui grado assai forte di elettriciia in me- no; e dall' altra parte giunga a raflreddarlo potente- mente, ad tin grado,, che appena possiam concepire, fi- ne cioc a congelare una quant ita considerabile delle sue vescichette, ed a formarne de'fiocchi di neve fred- dissimi, vale a dire molto al di sotto del termine sem- plice del ghiaccio; come ho fatto opportunamente ri- inarcare, insistendo anzi molto su tal punto. In secon- do Inogo debbe aver luogo ed effettnarsi una lujova condensazione dei vapori, che si sono innalzati in for- ma elastica dal detto primo strato nuvoloso, in guisa che se ne fcrmi un secondo superiore dotato di una for- te dettricita contraria, cioe in nieno. Per terzo questi due strati contrariamente elettrici debbono trovarsi da principio ad iina distanza die non sia ne troppo gran- de ne troppo picciola, e, cio che e piii dilficile an- cora, mantent'rsi lungo tempo ad un lal iniervallo gin- 8to, malgrado la niuiua attrazione che teiide ad appros- I 88 Vo L T A simarli, ed a ricoiulurre 1' equilibrio di elettrlcid col- la loro riunione niediata od iinmediata. Finalmente deb- bono conservare le loro rispettive elettricita, non per- derle troppo presto od in gran parte, sia con deile scaricbe immediate dell' uno contro 1' altro, sia per mez- zo di altri niivolotti, o braiii di nuvole, che vanno e vengono da uno strato all' altro, o s'infilano facilmen- te in modo di stabilise una catena di comuiiicazione fra essi strati : giacche se le loro elettricita opposte non si mantengono in forza per assai lungo tempo, i lioc- chi di neve prima, poi i grani di grandine sbozzati, non potranno continuare la loro danza fra i detti due strati (danza che deve forse durare per delle ore, a fine di dar luogo alia lor formazione compita, al loro iiigros?amento per via d' incrostazioni successive); essi non potranno neppure essere sostenuti, e cadranno sol mezzo formati: sovente non caderanno nej)pure in qne- sto stato fino a terra; ma bene fusi in grosse goccie: quale ci ginnge sovente la prima pioggia in gocciolo- ni rari , e molto elettrici, da certi temporal! minaccio- si, ma passeggieri. Cosi e: queste grosse goccie isolate voglionsi ri- guardare, in molti casi almeno, come altrettanti piccio- li grani di grandine liquefatti durante la loro caduta attraverso 1' aria calda che si trova fra la terra e lo strato nuvoloso inferiore. Ed ecco perche non cade gnam- niai quoUa picciola grandine imperfetta, che ha nome presso noi di neve gel ata (gresil) in estate ne'climi cal- di, come il nostro: giacche nei climi piu freddi questa minnta gragnuola e frequente anche in estate, potendo attraversar 1' aria senza fondersi. Da noi al contrario 80PRA LA CUANDINJ2 1 89 in tempo dei forti calori non vi sono che i grani di grandine di una certa grossezza e consistenza, che pos- sano giungere fino a terra senza venire intierainente squagliati. Cio che ho detto qui dei piccioh grani di gran- dine, si applica cosi facihnente ai semplici fiocchi di neve, che non ho bisogno di trattenermi per rispon- dere in particolare a quest' ahra questione che e I'in- versa della precedente, in cui si cercava perche non cada grandine da noi in tempo d'inverno. E perche dunque non cade egh mai neve in estate, quando pur e manifesto che se ne forma, singolarmente in certe nubi temporalesche, e che fiocchi di neve, come tan- te volte si e detto, sono gH embrioni della grandine, ciascun grano di essa presentandoci un nucleo nevoso? La risposta e la medesima della sopra recata: il calo- re deir aria nella bassa regione, che puo fondere e fon- de sovente i piccioli grani di grandine, non puo man- car di squagliare molto piu facilmente i semplici fioc- chi di neve, quando avvien che cadano prima di es- sersi intonacati di una lamina solida di ghiaccio abbas- tanza grossa: non e che in quest' ultimo caso, in cui abbian preso una consistenza e grossezza considerabile, che possono sostenersi contro il calore degli strati d'a- ria piu bassi, in guisa di arrivare fino a terra tuttora agghiacciati. Questo scioglimento dei fiocchi di neve ed anche dei grani di grandine piu o men piccioli in goccie d'a- cqua cadendo, che si capisce cosi bene, e spesso visi- bile in tempo pur d' estate, allorche durante una piog- gia temporalesca che bagna la pianura e le falde di ua I QO V O L T A monte, noi ne osserviamo la sommita e il dorso, die s' imbiaiicano a visia d' occliio, coj)reiidosi sia di gran- dine sia di neve, mentre al basso non giunge die me- ra acqna. lliniarrebbero ancora alcune altre questioni, e mol- te ulteriori osservazioni mie intorno ai temporali; ma sicconie non rignardano la grandine, die e il soggetto della presenie dissertazione diveuiita gia troppo kuiga, cosi le rinietto ad altra occasione. Spiegliero allora co- me si producano talvolta de' temporali anche fieri, con lampi e tnoni orrendi, in seguito di forti pioggie e si coniinuate per giorni intieri; qnando parrel>be ch' es- se avessero dovuto ricondurre 1' eqiiilibrio di elettrici- ta fra le nubi e la terra, anzidie roniperld. Piu poi mi tratteno intorno ad un certo periodo, die alTettano i temporali, se non da per tutto, in questi nostri pae- si montuosi: intorno, voglio dire, a qnella tendenza die lianno, a riprodursi di nuovo e coniparire molti giorni di seguito, verso la stessa ora, e, cio che e piii rimarcabile, presso a poco in qnelVistesso tratto di cie- lo, die gia occiiparono. Mi faro quindi a cercare d'on- de proceda quel vento freddo, e (cosa niirabile!) sec- cliissimo, che suol succedere ad alcuni temporali mol- to dirotti, e che hanno maggiormcnte sfogato in piog- gia e in grandine. SOPRA I CRITERJ che distlnguono I massimi dai minimi delle formole intcgrali. Pi Vincenzio Brunacgi ricevuta a'primi di febbrajo i8o5 I. .L geometra Legendre", che primo lia dato i criterj necessarj onde distinguere i massimi dai minimi nel calcolo delle Variazioiii (Jtti dell' accademia reale di Francia del /^86), stabilisce che la formola integrale f^dx^ nella quale 4^ e funzione di x^y^p={~) , d^ y d" y . . q = ( -7-^) ■>•■■• u= (-T-4) ■) diviene massima per una certa relazione tra x ed y, se questa stessa relazione rende (7-^) negativo, e minima, se positive . In segui- to cercando il criterio necessario perche f ■^dx sia mas- sima o minima quando 4/ e funzione di x,y,p, e , avendo cp il valore che dire- mo, si cerca 1°. una relazione tra x ed y, che renda 1' integrale f i'dx esteso tra i limiti a; = a , x = 6, massimo o mi- nimo. a'', un criterio per distinguere il massimo dal minimo. La quantita (p si suppone data dall' equazione ( .- ) = Z, essendo anche Z una funzione di x,y^p e saranno due altre relazioni, una delle quali dara le or- dinate maggiori, Taltra le ordinate minori della y=:/(x); e queste due relazioni sostituite in f 4,dx ci dovran- no dare due quantita minori del valore di f ^ clx, in cui si faccia y = f(x) se abbiamo il massimo, e mag- giori, se abbiamo il niinimo. Indichiamo per -h f 6, e — id' gli anmenti che riceve quando y diviene j- =t i w , e rappresentiamo v{> per «!' (x , y , 7J , (J) ) . Le due diflerenze adunque /i{a;,j-Hiw,/>-+-i(— ^) ,(J)-»-i6) d x — ji^^p^y >x ,<^)d x^ Jl{x,y^iw,p^i{^^''-),<^~i(i')dx-f^{p,y,x,(^)dx dovranno esser positive nel minimo , negative nel mas- simo. T. I. P. 2. 25 1 94 B R U N A C C I L=(^)ec. , e sviluppiamo cjuest' espressioni in se- rie per mezzo del teorema di Tajlor, le due differen- ze qui sopra considerate prenderanno questa forma J \ ^ dx' ) 2.J c ^dx' {E) H--i- / )ec. I 6?x -+-ec. %^ i. d X ) ^fcX ( ii X ^;iK.(i^)^I^'-^L(i^)\dx ^dx' dx' ' — ~ / \ec.> dx -*- GC. Le somme di queste due serie debbono essere po- sitive nel mininio, negative nel massiino, prendendo gV integrali da x = a sino ad x = b . § 2. Facciamo | SU' MASSIMI £ MINIMI CC, IQS essendo ci,s,D fjiiantiia variabili da determinarsi, e diirereiiziundo qiiesta supposta eijuazione, avremo Oia osservo clie se nell' equazione(^) = Z si pone y H- i w in vece di y, otteniamo ax t ^dx'^ af ^dx' dunque sostituendo il valore di -i- , avremo * ^dx'S X ^dx' dx dx -♦- « ~ i -H i — ^ - ^ « F' e'-+- a« G'6« dx^ dx a ' H-a«/f'6(^^-^-«/'«*-^-aaA"«(^) ^dx' ^dx' r . d U ^ i f ^a;c'' ' a.o Quest' eqiiazione si puo spezzare iielle quattro seguenti 196 Bruna-cci A—ccA' — ^=^o ax ax C — aC— S—o o jf a < ^d x' ^.«A'.(_)-^«L(_)f^_.3ec. Dalle prime tre di queste equazioni potremo eli- minare ,-, e ^ , e troveremo allora tra le variabili x,y una relazione die sodclisfara alia ricerca del massimo e del iniiiimo. In seguko si ritroveranno i valori di a, e f. § 3. Da cio che abbiam detto al § antecedente si conclude che la prima delle due espressioni {£) trovate al § i , diviene -i- 1— / ^ecA d X -*- ec. Per trovare la seconda di quelle due espressioni {E), facciamo — jfdx^ ^9'-+-J5«-t-C(^')|=-i(«6'-Hf<^)-»-iZ)', SU MASSnil E JVIINIMI CC. fCfJ e lo stesso ragionamento fatto al § antecedente ci da- rk quattro erjuazioni, le prime tre delle quali saran- no idemicarnente le stesse clie quelle trovate al § ci- tato, e la qnarta servira a determinare il valore di D'; avremo in coiiseguenza quella secouda espressione cosi ridotta H-(/-«/%'-^(A'-«A''),2«(-i:)-4-(z:-aZ')(— )' Ux § 4. Facciamo per a]:)breviare M =: F — » F' ^ N^G — « C, ec, e le due quancita {E) diverranno -I- j{^«-^f (^JH- - /^ il/fl'-t-aa>«iVH-20«( -- \ -4-P(/-t-2Qc. ( ^ ) at/ c ^dx' ^dx' -i{«6'-«-ec.»)H-i' /*^M9'^-t-a«6'xV-»-20fl'(^)-+-P*;^-H2'2«(— "") ay t ^dx' dx' le quali debbono essere negative nel massimo, positi- ve nel minimo, estesi gl'integrali da .x = a siiioad.i=6. Se dutiqne indichiamo per (« 9 -4- (^ c )° , (^6-i-ea)' i valori di {^. 9-f-Cw) al priiicipio ed alia fine delT in- tegrale; e per (aS'-f-f''')* , (aS'-i-fw)' i valori di (a6'-«-fw) negli stessi punti, avremo le due quaniiia T98 "B U U N A C C I _i / > ec. I d X -*- ec. — — / \ec.l d X -\- ec. chc dovranno csser negative nel massimo, positive nel minimo, Diamo a qiieste quantita le seguenti forme ^iF{i)-^i'F{;i) ■+- i' F{S) -t-ec. — iF'(l)-t-i'i^'(a) — i'/"(3) h- ec. indicando per F(i), F'{i), F (n) , ec. i respettivi coefficienti delle diverse potenze di i. Ora sicconie si puo prendere i tanto piccolo, die i primi termini di queste due serie superino la somma di tutti quei che gli segiiono, cosi dato un tal valore ad i, le due serie saranno positive o negative, secoiido che lo sono i loro primi termini: in generale adunque una di esse sara positiva, e 1' aitra negativa, se quei due termini sussisteratino; dovendo per tanto nel case del massimo o del minimo esser negative insieme e po- sitive insieme, accio abbia luogo il massimo o minimo, converra che sia /* ( 1 ) = o , /" ( i ) = o , cioe ( j« 9 -H- e «)' — (« 9 -f- e o) )" = o (* fi' -t- e «)' — (;t 9'-4- e «)" = ° ' 8U' MASSIMI E MlNI3ri CC. ^ Kji) A queste eqiiazioni poireino sempre soddisfare per mezzo delle costaiiti arbitrarie, che sono iici va- lori di « e di f , e delle coiidizioni particolari del pro- Llenia . § 5. Ridotte le due qiiantira, le quali diveaii' dcb- Lono positive o negative, aJla forma i'/'(a)-<-i' F(3)-+-ec. i' P (2) — P F (3) -^- ec. {*) si piio dimostrare egualmente, che possiam prendere i cosi piccolo, che i primi termini i^ F {2)^1^ F' {^) sii- perino la somma di tutti quei che gli segnono, e che quindi le due qiiantita siauo positive se F{2.) , F'{2.) sono positivi, e negative se iiegativi; dunque vi sara il massimo, quando i due integral! /"j7»/ 6'-+- a iVw 9 -t- ec. ^ fi?a; , saranno negativi; ed il minimo, quando saranno positivi. Per trovare i criterj onde distinguere questi due casi, facciamo (*) Questo ragionamcnto suppone die iieces?ariamente dci due termiai 4- t-F( I ) , — i f" ( 1 ) uno sia positivo, 1' altio tici;ativo . Ora possianio an- che ottenere quella riduzione senza questa snpf)Osizione . In fatti se per mezzo tielle rostaiiti avlntrarie e dclle rondizioiii del problenia facfiamo in modo che si annidlino i coeffitieiiti F(i),/''(i), ridurremo le quan- tity che debbono divenire positive o negacive, alia forma i'/'(a)+i'F(3) + ec.,i'i^'(2) + i'i^'(3) + ec. 200 B U U K A C C I cd avremo, diflerenziando, sostituendo il valore di 7- litrovato al § 3 (lasciati pero i termini moltiplicati per I, giacche cjuesti nelle quaiitita siiperiori altro cangiamen- to noil portano die nei termini moltiplicati per i'), ed eguagliando i due termini siniili nei due membri, I'e- quazioni M= d n Tx -H RK^ -H a^'n . > N = dm dx -+- Rlh-^ A'm-^ B'n y 0 = : m -¥■ R h -+- On , P = dx -H R r -H a B' m t C = - s. -+- R I -t- Cm, II numero di queste eqiiazioni eguaglia quelle del- le incognite g,m,n,lji. La di lore risoluzione non e facile, poiclie dipende dail' integrazione d' equazioni differenziali del terz'ordine. Supponendole risolute (e cio basta per il ragiona- mento, clie vogliam fare) potremo fare in modo che la quantita fuori dell' integrale o sia nulla, o abbia lo stesso segno di quell' integrale medesimo, e cos\ 1' es- ser positiva o negativa la quantita, dipeuda dall' esser 6U* MASSIMI £ MIM31I CC. 201 positivo o negative quell' integrale. Ora questo e j^o- sitivo, o negaiivo, tra i liiiiiti x = a,y = b, se H, ovvero(j — ')~*^5 — ») ^ ""^ quantita positiva o ne- gativa per tutti i valori possibili da x:=a si no ad x = b; e sicconie ancora 1' altra quantita integrale ci condu- ce alia stessa condizione, percio „ Avremo il massiino „ o mininio secondo che ( -z — i ) — « ( -j—^ ) e negativa „ o positiva per tutti i valori possibili da a; = a, sino „ ad X — 6. „ A questa condizione conviene aggiungere che nes- suna delle quantita M^N^P^ ec, m,n,l, ec. divenga infinita per qualcuno di quei valori particolari di x compresi tra x = a , x = b. 1 termini trascurati dal sig. Legendre sono quei che formano i valori di D ,D' nel § a e 3. S c o L I o Non abhiam fatto uso in questo scritto del solito algoritino del calcolo delle variazioni, imperocche si « riconosciuto che tutte le ricerche a quello apparte- nenti possono trattarsi coir ordinario dei diHerenziali. Eulero e il prinio che abbia fatta questa osservazione. Ecco com'egli si esprime nel tonio XVI dei nuovi coni- mentarj di Pietroburgo „ Videbatur igitur calculus va- „ riationuni omnino singulare calculi genus constitne- „ re, veriira postqnam ejus indolem accuratius essem T. 1. P. 2. 26 203 BrUNAOCI „ perscriuatiis, iiniversiim hunc calculum perspexi, le- „ vi facta iininiitatione, ad seciitulam partem calculi iii- „ tegralis, ciijus elementa in tertio volumiiie operis mei „ de hoc argLimento exposiii, reduci posse. „ In se- giiito Lagrange nella sua teoria delle funzioni analiti- che apre la via per trattarlo nella guisa che noi ab- Liajii fatto qui sopra. 203 P 11 O B L £ IM I sull' equazione del I' orhita c suUa eccentricita de' pianeti. Di Antonio Cacnoli licevuti a' 21 dapiile. i8c5 N, ELLA, seconda edizione della trigonometria, che ho pubblicato in Bologna 1' anno decorso, mi son fuggiti di niente due problemi astronomici, che altre voUe ebbi in animo d'inserirvi, e ch'io giudico interessanti ogni giorno piii, dappoiclie le scoperte di nuovi piane- ti si rendono assai frequenti. Stinio conveniente fame omaggio all' Istituto nazionale, sicche riparare il man- camento quivi stesso dov' e avvenuto. Problei\ia I Data r eccentricita d' un pianeta, trovar V equazione niassima deW orbita. Si a no 1 il semiasse maggiore dell' orbita h il minore e r eccentricita 204 C A O N O L I t Y eqiiazione massinia del centro u V anoniaria vera z V anoniaria media . Si deve esprimere « per e. Ora abbiamo (Trigon, 1495), i = z — u. Dunque (14B8) U) ( — ;^esenu-i-(-e^-^le'-*--e'-^.L^e')seni^u ^ ' ^48 64 lao -+- (- e' -4- I «* -H JL e' -f- -^ e' ) iea 3 M ^3 8 lO njj. ' Ma 3a a5b ' '40 16 64 <' ^iga ia8 ^ ^:)b ia8 ^ H — 5_e' sen 8 m h e* sen g u . ioa4 11 5a In qnesta serie, che va all' infuiito, son trascura- ti come snperllui li seni de' moltiplici ulteriori dell' ar- co u, egnalinente che le potenze di e dopo la nona. Ma (Trigon. 481 ,484) Jen u = y/ ( I — cos^ u ) . sen a M = a cos u\/ {i — cos"^ u) . sen 3 u=[ 4 cos" u — 1 ) v/ ( i — cos* u) , je«4"={8 cos^ u — 4'-'^^") v/ ( ' — ^^^^ ")• sen5u = { i6cos^u — la cos^ u -h i ) \/ ( ' —cos^u). senGu={S2cos^ u — 3a coi' zi-+- 6cosu) s/ ( i — cos* u) . PROBLEMi sull'equazione dell'oiibita ec. 205 ^^72^=^(64 COS* U — 80 COS* K -♦- 24 COS^ U — I ) y/ ( I — COS^ u) . senSu=(i2.Scos^u — ig2cos'u-¥- So cos^u — 8cosu)\/{i — cos^u). sen^u={ a56 cos* 11 — 44^ ^^■^^ " "•" ^4*^ ^^*'' " — 4° ^^-^^ u -^ i) \/ [i — cos^ u ) . Sostituendo nella serie {A) questi valorl; e dlcen- do, per breviia , « , ^ , j^ , ^ , e', ec. , li coefricienti di \/ {\ —cos^u)., non clie J,B,C, ec. quelli de' seni in essa serie (A) : la medesiina si puo esprimere come segue . (B) . . . . e = {A -^- u B ■^- (i C -^ y D -i- $ E ^ i' F -^- ^ G -¥- viH -^U) y/ (i —cos^u). Ora neir atto delT equazione massima , cosu= , (Trigon. i5oi). Inokre A = \/(i— e*), (1480); laonde b\/b={f — ey*. Dunque cos u= LLJUfJ" . Riducendo in serie il bi- « e 3 nomio ( I — e^y , emerge 3 3 < 5c 5.q 7 cosu=- e-4- — e'n- e'-t- — --^— e -t- ec. 4 3^ 4'^^ 4'^-^^ Quindi cos^u= -%«*-•- -?- e'* ■+■ r-~ e* -t- ec. 3 3.Q , q.Q 5 cos u= — - e^ ■+- ■ e ■+■ ec. 4 i(> 10.5^ cos*u=i ^ '^ e'' -1- ec. 10.16 206 C A G N O L I Li termini negletti in queste serie si rendono per ora iniuili, egualniente che le potenze ulteriori di cos u , poiclie tutto cio introdotto nell' equazione ( /?), cioe nei valori di « , /3 , ec, e faite le nioltiplicazioni con quelli di B,C^ ec, nascerebbero potenze di e supe- riori alia nona, cli' e il limite assunto. Si eseguiscano le nioliiplicazioni indicate nell' e- quazione {B) dai coedicienti di v'^ ( ' — co/m); e si tro- ver a , col favore di faticose riduzioni, cli' ella si tra- muta nella seguente (C) . . . . 5 =(a e -^ 19e^ H-IZ5e'-f- i^l^e' -^ 24 5io 5.7. i(>^ 49j9_27 , . , _ , J 5.7.9.16* '^ ^ ' Ma \/ ( I — cof ' « ) = I — L cos^ u — - cos^ u ^ cos* u — 5 « — COS u — ec. £d e poi co.j'« = iLe^-H-2_e^-H_^e*-4- ^ lb a. 52, 32.32 I 65 g — e^ -t- ec. 4-32. 3i cos* u = (l)e*^A^e^^ ^9-aQ ,^ ^ ec. M6'' 16.32 i6.i6.3ii i6' 16. 3a. 32, ooj' M = ( ^ ) e' -+- •'•'^"^•'^ e« H- ec. \ .^^ / 1/. -l,-. 4.C. cos^ u = ( ^-\ e* -t- ec. PRODLEMI SULL EQUAZIONE DELL ORBITA CC. 307 Surrogati qiiesti valori, e atlempite le riduzioni, riesce / / X \ Q I 32,5 4 42-^3 v/ ( I — COS «)= I 1 e -, e* — -i — e* 8.1b* La qual serie moltiplicata con la (C) porge finalmen- te, dopo lunghe faiiche, la soluzion del pioblema, co- me segue 40 5iao ■j.j.ij'i'^b i422654r ^, ^ ^^^ Questa serie si legge eziandio nell' efTeineridi di Berlino per T anno 1790, ma senza il quinto termine e senza dimostrazione. Non mi e noto, che sia stata pnblicata da akri, ne in tutto ne in parte, la conversione di essa. Que- st© lavoro sara il soggetto del seguente problema II. Problema II Data V equazione massima dell' orhica d* un pianeta, trovar I' eccentricitd. Bisogna^convertir 1' equazione (D); val a dire, esprimere e con le potenze di e. A tal uopo opportu- na e pronta e la formula generale, che ho apprestata neir art. 264 della tr-gonometna. Essa proviene dalla seguente segnata (P) nell' art. 259: nella quale distin- 2o8 C A G N O L I guo con accento il coelficiente e per iion confonderlo con la e dinotante 1' eccentricita. (P) . . . . m=ax-^by'-i-cy^-\-dy\-i-e'y'-\-fy'-^-gy'-i-ec. Fatto ni = e,y' = e, b=o = d=J\ tosto la (P) rap- presenta la {D). E con questi valori la formula geue- rale diviene ^ ' a a* a a Ora coniparando la (P) con la (Z>), abbianio 48 5iao 2^9076 Introdotti questi valori nella [E), e fatte le riduzio- ni, laboriose in vero; essa appaga 1' iiitento proposto, nel niodo seguente ^ '"' ";i 1^58 980040 264124 n 520 fermandomi alia settima potenza di e , per essere que- sta serie moko piii convergente della (D). Affinchc le due serie importaiiti, che espongo ad uso degli astrononii, godano la moral probabilita d'es- ser esenti da errore, ho fatto che Oitavio mio nipo- te fraterno si eserciti nella loro investigazione con la- voro separato dal mio. E poiche abbiamo entrambi trovato li medesimi termini, debbo credergli assoluta- niente sicuri ed esatti . La brevita di questa memoria non pregiudichera, come spero, nel giudizio de' periti, alia giusta consi- derazione del lungo travaglio de' computi, e dell' in- trinseca sua utilita. 209 DEI VAST LINFATICI DELL A PLACEJNTA. Di Gaetano Uttini prcsentata a' 12 di niaggio . iScS l3e il cordone ombelicale, e la placenta, abbiano que- ste parti del feto que' vasi che cliiamansi linfatici val- vulosi, o sieno soltaiuo fornite al perfetto loro uso dei gia noti vasi arteriosi, e venosi, non e cib per anche fuori d' ogni duljbio, e si dibatte tuttora dagli anato- niici de' iiostri giorni. Aniio fra gli akri eccitata una tale quistione i due celebri inglesi Alessandro Monro , e Giovanni Hun- ter, i qnali si diedero con tutto lo studio ad investi- gare T origine dei vasi linfatici, che varia da varj au- tori era stata innanzi creduta . Stal)ilirono entranibi, che detti "vasi traessero la loro origine da ciascuna ca- vita o picciola o grande dell' animale vivente, assor- bendo un uniore ivi deposio; ma non cos\ lurono d' ac- cordo, che tale assorbiniento si facesse da questi soli vasi linfatici. Monro pretese che una parte di quel- lo si facoia ancora da vene inalanti ; sostenne V liun- T. I. F. 2. 27 2IO U T T I N I ter non esservl altro genere di vasi assorbenti se non (juello dei linfatici valvulosi. Per convalidare il priiiio la propria opiiiioiie, addusse la mancaiiza dei medesiiui vasi linfatici nel cordone ombelicale, e iiella placenta, \\ die essendo, rCsterebbe ai^bastanza dimostrato, clie il feto contenuto nell' uteio si iiudrisce per mezzo del solo assorbirnento fatto dalle estreine venuzze della pla- centa, e cbe percio la natura si serve di questa sorte di vasi come atti essi pure ad assorbire. Ma 1" Hunter in cio costante, die i soli linfatici sieno que' vasi de- stinati nel corpo animale ad assorbire, dubita cbe il JMonro abbia nelle riferite parti del feto imniaginata la privazione di dett.i vasi piuttosto, cbe dai faiii de- dotta, senza pero addurre del dubbio suo fondate pruo- vc. In tale incertezza sono riinaste sin qui le senten- ze di questi due illustri anatoniici, ne per qnanto e a niia notizia, sono pii'i slate fatte in seguito diretie os- servazioni a fuie di scoprire, se ])ure fra i vasi ombe- licali abbiano o no luogo i linfatici. Lo stesso Masca- gni indagaif)re di qnaiiii mai sono vasi linfatici nel corpo umano, e seguace in Lutto delf Hunter, uella sua giaiid' opera, o sia nella storia di questi vasi, lungi dal far parola dell' esposta controversia, per niun mo- do prende a considerare il feto uinano, e mette sotto r occbio solamente i linfatici da lui osservati nel cor- po nato, e adulto. Dalle cose fin qui premesse ognuno intende ab- bastanza a quale scopo sia rivolto il mio presente di- scorso. lo appunto bramo di esporre alcuni tentativi da me fatti, per vedere se si possa con qualcbe ton- damento stabilire la reale, o niuna esistenza dei vasi DEI VASI LINFATICI UtLLV PLAOt:NTA 211 linfatici nella placenta, e nel tralcio oiiil^elicale. Impo- locche qaaiitiiiujue io fossi incliiiato a credere per al- cune osserva/iuiii da me pur fatte in esse j)arti, cpian- do presi una volta ad esaniinare, se le plucente di piu feci conteimti uelT utero abbiano fra di loro naiurale comunicazione, j)uie non essendo siato allora lo stu- dio niio a tal fine precisaniente diretto, non f'ui pago di si lievi e passeggiere osservazioni, e mi proposi di fame delle piu diligenti ed esatte. Prima di accignermi a queste col consiglio e col- la direzione del chiarissimo nosiro anatomico iMondi- iii, clie merito, mentre visse, per la sua dottrina I'o- nore di esser eletto fra i primi membri di questo Isti- tuto nazionale italiano, si pensarono que'mezzi che fos- sero piu opportuni e sicuii per oitenere 1' intento. Si temettero le injezioni di mercuric; caddero ancora iu sospetto i liquori glutinosi, e astringenti, come sosianze capaci di rompere, di otturare, o di corrodere i sotti- li e angusti canaletti pe' quali devono scorrere- Si pre^ ferirono percio alle dette injezioni quelle di semplice acqua, o colorata soltanto con materia vegetabile, cpia- li lurono il verzino e il campeggio. Dove questi aju- ti non potevano bastare, si ponea ogui speranza nelle lenti e nei microsco|>j. Con si f'atio a[)paret(;liio intra- prese ad esplorare non ponlie plarpute colla somma sua diligenza il Dottor Vigna dal Ferro peritissimo neir arte anatomica, il cui lavoro diode luogo alle se- guenti osservazioni. E tacendo le minute cose, che niente conducono al proposto fine, si noto primieran\ente, che delle ma- terie injettate si per le due arterie, che per la \ena, 2 1 a U 1 T I N I niiina si viclde iiscire da alcuna parte, ma passando twt- te con proiitezza mostrarono le colorate turgidi e di- stiiiti i proprj vasi, ne' qaali erano diflbse. Esamina- te indi con attenzione le inenibraiie amnio, e corio, si pote la prima per tutta Y estensioiie della placenta separare dall' altra sino alia radice del cordone, e pie- gaiidosi verso la convessita di essa placenta, termina- va in altra pii'i sottile memljrana che ricoprivane Tin- tera superficie. Osservata col microscopio la detta mem- brana, apparve fornita di niolti e lunglii pelini a gnisa di tanti villi. Accadde })er sorte di poter ripetere la stessa osservazione in una placenta di donna tabida, eve trovandosi quella del pari estenuata, riusc'i meglio di vedere la parte sua convessa, e di contemplare per rosi dire minutamente la suddetta villosa membrana. In fatti oltre i copiosi villi di sopra ossei'vati, si vidde in essa coll' occbio armato una rete di filamenti in al- tri ed altri piii sottili divisi, e (piasi trasparenti. Quantunqne avessero cjnesti nna s[)ecie di lanti ca- iialini, non potemmo di cio abbastanza persnaderci, on- de si ando meditando qual altra osservazione si avesse a fare, cbe recasse maggior scbiarimenio. Venne per- cio in niente di tasiliare il cordone ombelicale trasver- salrnente nel luogo presso a poco, dove s' impianta nel- la placenta, per vedere se entravano entro di esso al- tri vasi, associandosi alia vena e alle due arterie nel restante del loro cammino. Trnperoccbe (cosi discorre- vamo fra noi) se vi anno i linfatici, de' quali si di- spnta, non possono qnesti tenere altra strada per en- trare nel corpo del feto, a cni devono servire, onde con molto minore diflicolta si dovrebbe ravvisare la DEI VASI LINFATICI DELLA PLACENTA 2l3 loro presenza nel luogo ove si uniscono, clie nelle par- ti piu ake dalle rjiiali si (liUbiuloiio. Coiitlotti da uii tale raziociiiio, e fatta una sezio- ne trasversale nel cordone di una recente placenta, ec- coci colla lente ad osservare una materia biancastra alqnanto viscida, die sendjiava conteinita in una circo- scritta rotonda caviia fra la vena e le arterie onibeli- cali. Ivi ferma restando cpiesta materia formava egua- le il piano della sezione colle aperture dei dttti vasi. Col mezzo del microscopio diede a vedere nella sua snperficie molti piccoli pnnti trasparenti, come sareb- bero tanti lumi di vasellini. Fatte altre siniili sezioni nel resto del cordone, si osscrvo sempre continnare per tnttn la Inngliezza di esso la stessa materia con una co- staiue direzione, di modo die dovea credersi y>rodot- ta ancor questa insieme co' vasi ombelicali fin dentro alia cavita dell' addome del feto. Q)uesta osservazione fu ripetnta piii volte in akri tralci di jWacente I'resclie con pari snccesso. llestava in verita a conoscersi meglio la natnra della snddetta materia, qnando capitata alle mani un'as-. sai grarile placenta di donna per fame estenuata, riu- sci neir esaminarla di vedere I'accidente, die sono per descrivere. Entravano i troncbi dei vasi ombelicali in essa ])lacenta poco sopra il di lei lembo, e quasi sco- perti per 1' estrcma tenuita delle esterne membrane- JMentre si osservavano queste, e Tima dall' altra si di- videva, si presento all' occhio non so qual picciolo fo- ro, die mise voglia di esplorarlo con injezione di mer- cnrio diretta verso il cordone. Si arresto a breve trat- to, ma non per aliro si sparse fra le membrane. Spin- •2 1^ Li T T 1 ]S 1 to col dito si andava il Ikiido avaii/ando seniprc uiii- to co' suoi globetii giu pel coidone. Perduto di visia, si dubito che avesse rotie le tonache dei vasi oinbe- licali, e penetrato nelle loro cavita. Si voile percio a- prirli secoiido la loro lungliezza, ma niente di inercu- rio fu in essi ritrovato. Si fece quindi an taglio tra- sversale nel coidone per scoprire in cpial parte si fos- se arrestato, qnando snbito si viddero uscire dalla nota sostanza globetti di niercnrio a guisa di bollicine, seui- brando uscir fnori da varie boccuccie di vasi. Questo ci avvenne di poter osservare nell' ukinia nostra spe- rienza . Dagli esposti fatti, se mal non mi appongo, cre- do si possa trarre una ragioiievole congettura per V e- sistenza dei controversi lini^tici. E priinieramente con- siderando qnei pelini aventi la forma di villi, de'qua- li si vidde ornata quella sottfle niembrana che copra la convessa superficie della placenta, che possono essi significare con maggiore verisimiglianza se non quella stessa origine di vasi linfatici, che in molte niembraue di parti del nostro corpo si trova? Quei filanienti in ol- tre sottili e trasparenti, ch'indi piii inanifesti si osserva- rono nella stessa membrana della tabida placenta, die potrebbero meglio raj)j)resentare della forma di sottdissi- nii condotti? Se poi vogliansi atteniamente considerare i caratteri tntti di quella sostanza che luiigo i vasi oinbe- licali in regolare e costanie nianiera gin pel tralcio con essi discende, lutto cio conduce a credere che i linfaiici nati dalle superiori parti, e altri in seguito agginnti ivi quasi raccoki si trovino, e che recisi per le trasversali sezioni presentino all' osservatore quella biaiicastra so- DEI VAST LINFATICI DELLA PLACENTA 2l5 Stanza clie appare nella sua snperficie di pellucidi pnft- ti aspersa. i'iiialmeiite la copia grande di linfatici , che dal peritoneo nel contonio dtir uraco si diraina, send:)ra essa pure uii indizio che terininando cola nel feto il cordone ornbelicale, dove die i vasi saiiguio-ni ai deterininati luoghi si portano, sono gli alrri ricevii- ti dal peritoneo in cui anno potuto mantenersi nei nati ancora nel loro ullizio. Si fatta induzione di cose, se mai paresse ad al- cuno non provare abbastanza la presenza dei supposti vasi, ridetta quanto sia grande la loro picciolezza, e dif- ficolta di vederli in tante e tanre parti dell' nonio, on- de non debba aspettarsi dall' occhio suo evidenti e geo- metriche dimostrazioni in quelle parti di cui si tratta. Di qui forse e nata la ninna menzione di questi vasi presso la maggior parte degli anatomici, e Taperta op- posizione di altri. Ma non dovra dolersi il Monro, che esistano pu- re tai vasi non meno nella placenta e nel cordone orn- belicale, se cosi richiede il sistema dei linfatici da lui stesso proposto, e confermato colle proprie osservazio- ni. Iinperocche se dalle cellette di quelle membrane che si chiamano cellulose, anno origine, come e&li as- scrisce, i vasi linfatici, avendo le suddette parti del ieto molta sostanza cellnlosa, ne viene per conseguen- za , che abbiano ancora i suoi vasi linfatici. Se poi si consideri Y ulfizio a cui tali condotti sono stati desti- nati, il quale consiste nel riportare gli assorbiti uniori alia massa del sangne, onde si renda egli pin lluido, e insienie piu atto alia nntrizione delle j^arti, non sa- rebbe stata provida la natnra verso del feto, se oines- 2i6 Uttini sa nella placenta e ncl coidone onihelicale qnesta sor- ta di vasi, avesse privato il feto di qnei vaiitaggi clie derivano dall'umore linliitico. La qiial trascuranza tan- to e pill assnrdo di attribuire alia naiiua, quanto essa si ammira piu sagace e sollecita nel procnrare tutte Ic altre cose die possono conuibiiire al bene del feto iiiedesinm. Avrei desiderato per ultimo a coinpiniento delTo- pcra, di osservare le summentovate parti non gia sepa- rate dal feto, ma ad esso congiunte, se una tale com- binazione avessi potuto ottenere. Tntanto mi lusingo, che se restano a desiderarsi piu chiare e convincenti pruove del mio assunto, su le tracce almeno da me se- gnate ahri possano rinvenirle, il die sara sempre un sufficiente frutto delle niie ricerche. /f' ^'7 DESCRIZIONE (II un i^rande Lambicco economico per dlsdllure I' acquiwUe. Di LuiGi Bkugnatelli presentata a'20 di giugno i8c5. A qui annessa tavola rappresenta tutto 1' appa- recchio distillatorio montaro. abc liiiiera cururbita del lambicco di rame stagnate . La calciaja ha il fondo piano: e gnarnita di due ma- nnbri /?,.i, che s' ajjpoggiaiio alle spalie del muro di mationi dal quale e circondata. c Capo della cucurbita. dd Recipiente un po' elevato, la cui capacita e poco nieno quella die occnpa il liquore, che deve distilla- re, ossia quella della cucurbita. Esso costiiuisce negli ordinari lambicchi il solo re- frigeratorio. € Grande capitello di latta, o di rame stagnate, che ha iniernamente I' Ojlo r;s, in cui e il canaletto des- tinato a licevere il liquore che si condensa, e che por- ta nel tuho ij, il quale cntra nel tino q. T. L P. 2. 23 aiS B R U « N A M' E L L I h Tubo destinato a vuotare il recipiente dd. q Tino di legno clie serve di refrigerante al vapore provenience dal recipiente dd. Esso h elevato , affine di poter vuotare il linnido che contiene, e farlo pas- sare nella caltlaja del lambicco a, che la rienipie sine ad yy. i Tubo munito di robineto, pel quale si fa passare il liquido del tino q alia caldaja n, aprendo il robineto del corrispondenie tubo o. k Tubo destinato a vuotare la cucurbita a. f Tubo cba porta il vapore alcalico nel serpentino cbe attraversa V acqua fredda del tino p. I Focolare. 711 Cenerario. 9$ Due j)ilastri di cotto , sui quali appoggiauo { due lini p-,q. t Luogo ove si puo aprire il lambicco. M,u Due travicelli di leguo fissati nel muro per soste- nere il peso del recipiente dd pieno di liquore. Manlera di u^arc il menzionato apparccchio discillacorio . Supponendo che cotesto lambicco debba servire alia fabbrica dell'acquavite, si riempie di vino la cal- daja a fino in yy, iutroducendolo dall' apertura t f . Si adatta d recipiente dd, una porzione del cui col- lo si congiunge con tt. Questa commessura si cbiude con una benda di carta iucollata. Si riempie il recipien- te ,f/. Imperocche quando e coni- piuta la distdlazione del vino dei due lauibicchi a,dd^ il vino de' tini yj,ra uno degli appoggi, si potra Tef- fetto stesso desumere da una potenza eguale alia pres- sione die soHre I'appoaigio, ma die abbia direzione opposta. Considerando tale poteiiza come quivi appli- cata, si calcolera nel sistema lo stesso elletto die pro- duce la data potenza premente. 2. Sia ora un solido rappresentato dal profilo ver- ticale A Ha (fig. i'). Posi la sua base sopra i due sostegni A, a, die sono nella stessa orizzontale A a, e ad esse sia ovunque applicato il peso P. Le rette ver- ticali MN^mn^HK^ 1' ultima delle quali e nella di- rezione del peso, esprirnano tre sezioni del solido ver- ticali e normali all' asse A a . Certasi il momento , con cui il peso tende a rompere il solido nella sezione MN^ o neir altra mn. Pongo Aa = a, AK=b, AN=x^ nn = x'. Espri- mo le pressioni provenienti dal peso sopra gli appog- gi A, a, die chiamo p ■, p ■, ed ottengo P{a-h) , P.b J , „ ... p = , p= — . In vece delle reazioni die a ta- li pressioni in ^ , a si fanno, consider© le due potenza . r, P(a-i-b) f Ph r\ • 2 i v A r ^= , o.j=i — . (^unidi supponenuo appli- cata al solido la potenza A F ^ si ha nel solido lo stes- so elfetto da questa potenza die trae da A verso F ^ che nel solido medesimo produce il peso P. Ma la po- tenza AF esercita contro la sezione MN A momento A F. A N= . X. Tale e adunque il momento DE SOLIDI D EGUALE RESISTENZA RISPETTIVA 227 clie esercita il peso P a rompere il solido nella sezio- ne MN. Nel modo medesimo troviamo il rnomento del pe- . 1 P bx' ^. so contro la sezione nin= . Giovera osservare, a che tanto il momento contro la sezione M N si puo avere per mezzo della potenza a/, quanto il momen- to contro la sezione m n dalla potenza A F . Mostria- molo di quest' ultimo, giacclie la stessa dimostrazione vale anche del prinio. £' cosa manifesta, che la po- tenza AF agisce per far girare il segmento Anm del solido intorno al punto in col momento AF. An. Ma non e men chiaro, che a questo moto s' oppone il pe- so P col momento P.Kii. Per tanto il momento, con cui soUecitato viene il segmento A n m, e eguale alia diflerenza AF. An -P . K n = P {^^)[a-x') - P . b x' P {a — h^ x') = — , quale s' e trovato facendo uso della potenza a f. Che se si vuole il momento che soffre la sezione H K^ nella cui direzione e il peso, sara esso P [ — ^^ ) . E questo e il solo, che sia stato conosciuto dagli auto- ri, non traendone un recentissimo che \ anno 1798 diede un ampio e dotto trattato suUa resistenza de' so- lid i . Se in oltre la sezione H K tagliasse per mezzo 228 r O N T A N A r asse J a, sarebbe b= - ^ ed il monieuto contro til a lei riuscirebbe P . -. Questo e il inassimo momento che 4 esercitar possa il peso a rompere il solido. 3; JVovata la misiira de' inomenti dei pesi, deesi rintracciare qiiella de'momenti, co' qnali la tenacira della materia s' op|)one alia rottura . Si sogliuno per cio rignardare i solidi come regolari e soggetti ad una eqnazione. Di pin si snppone , ch' esseiido coUocati coir asse orizzontale, e gravati da opportnni pesi s'ab- biano a roinpere in una sezione verticale e iiorniale al deito asse. In tal snpposizioile anoh'io per ora mi fer- mo, sia ella, o non sia generalmente vera. Riguardo in oltre la materia come fragile, ovvero tale, che dovendosi aprire il corpo in una sezione in- torno ad un estremo della quale i due segmenti, ove esso si divide, o un solo di loro, debbano girare, es- sa sezione tutta s' apre in un istante. Modo di rottura, ch' esclnde la disteusione delle libre. £ so io bene, che questa maniera di rottura e contraria alia costituzione a' un gran numero di cor pi, e massime de' vegetabili. Ma sicconie da una parte la legge con cui si tendono le fibre e cosa oscnra e tuttavia incerta, e tutte arbi- trarie sono le teorie fin' ora proposte da' sommi filosofi Leibnizio, Mariote, Jacopo Bernoulli, e se altri e en- trato in questa ricerca; e d' ahra parte i momenti di resistenza nelle due supposizioni, e delle fibre che s'es- tendono, e che non s'estendono, anno un rapporto co- stante, che non puo mutare la forma de' corpi che cer- chiamo; cosi suppongo col Galileo la materia fragile. De'sOMDI d'eGUALE RESTSTEKZA IlISPETTIVA 229 opservanclo alirrsi, die non manca iin gran luinierodl corpi che sensihilrnente godoiio (l una tale disposizio- ne, e primieraniente le pietre arenarie. Ma di questo alquanto pin ampiainente nell' appendice che sara ag- giunta alia presence tnemoria. Cio posto stabilisco cou Galileo, che lo ha dimostrato, e con cui sono tutti d'ac- cordo, che il centro di gravita d' un piano, che nel rompersi dee girare intorno ad un suo limite, coincide col centro delle tenacita di tutte le minirne parti com- ponenti il ])iano; snj)ponendo pero, come senipre si fa, che la materia sia omogenea. 4. Due j)roblemi si possouo proporre sopia la for- ma convenienic ad un solitlo appoggiato a due soste- gni, affindie sia d' eguale resistenza rispetiiva. II pri- mo cerca un corj)© di tal forma, che in un deiermi- nato suo Inogo sostenendo un peso , il mome;ito di questo contro quahuijue sezione normale alf asse oriz- zontale J a che passa j)ei due sostegni, abbia da per tutto un ra|)porto costante al momeuto di resistenza della sezione. II secondo poi cerca la forma d'un solido, luiigo il quale facendosi scorrere un peso, il suo momento coniro la sezione in cui trovasi attualmente, abbia al momento di resistenza di questa sezione quel rappor- to, che aveva il suo momento a quello d'un'altra se- zione;, qnando quivi si trovava. Questi due problemi sono diversissimi I'uno dall' aliro, e solidi di forma assai diversa soddisfano all' u- no e air altro. Gli autori, qnelli almeno, ch' io ho po- tuto vedere, anno sciolto il primo ne' solidi incastrati con un loro estremo, e liberamente pendenti coll' al- 23o F O N T A N A tro. Ma passando a' sol id i retti sopra due sostrgni, nott isciolgono che il sccoiido, seiiza neiiiiueno av venire, che questo problema e diveiso dal priino. JNe altro la il niodeino sopra lodato scrittore. Ecco, come dietro le idee di Viviani egli procede. II solido AB D MM'A' le cui sezioni verticali e normali allasse orizzontale A A\ cioe B D ^ P P' sono rettangoli, sia sostenuto dalla reita orizzontale HF che passa per T inferior base MP' della sezioue, qualun- que ella sia, P M P' M'. Sono applicati agli cstrenii A^A' i pesi Q\Q" che intorno air asse HF s' equiiibrano. Facendo AA'=2. f-i-, AP = x., A'P = 2f — x, viene Q':Q"::2f-x:x, cioe Q' :Q'-^-Q"::2f-x:2f, onde Q'={Q'-*-Q")C-^^), e ponendo Q'-^Q"=Q si ha Q'=Q {— — F~)- Ma Q'x e il momento» che il peso Q' esercita contro la sezione P P', adunque, cliia- mando per ora 31 il momento di resistenza che la te- nacita della sezione P P' oppone alia rottura, avremo - M^= Q ( ^ T '^ ) . Eqiiazione ch'esprime I'uguaglian- za de moraenti del peso Q', e della tenacita della se- zione P P' . Cio stabilito passa 1' autore dal caso in cui il solido e retto dall'asse ///", all' altro, in cui sia so- stenuto ne'snoi estretni A^A'. La statica ne avvisa, che ponendo nella direzione della sezione P P' un peso che iiguagli la somma de' due Q\Q"-, tal peso adopera un momento, che contro lui esercitava il peso Q', o V al- tro Q". Quindi anche per la nuova supposizione del de'soliuid'egualeiiesistenzarespettiva 25 I solido sostenuto da due appoggi, saia M=Q ( --^^~— ), Questo e il teorema trovato gia dal Galileo, e ampia- mente adoperato da Viviani, e da Grandi. Clie se il nostro solido avra una equazione, onde la sezione P P' sia una fuiizioiie di x, e T sia la tenacita della ma- teria, e pero il momeiito di questa tenacita sia pure una funzione di x, che chiamo JT, otierrassi X=Q ( — -J — ); e questa equazione ne dara i so- lidi, ne' quali scelta una qualunque sezione P P', e quivi applicato il peso Q, riiiscira il momento del pe- so uguale al niomeuto di tenacita della sezione. E' dun- que chiaro che questa determinazione non iscioglie che il secondo de' proposti probleuii, e non il primo. L' equazione dunque X=Q ( - — ^ — ) , o secon- ax — x^ do le espressioni da noi adoperate X= P . ( — ) contiene la determinazione de' solidi appoggiati a due sostegni, ne' quali ogni sezione oppone un momento di tenacita clie ha un costante rapporto al momento del- lo stesso peso nella propria direzione applicato. E qui s' osservi che, qualunque sia il solido che soddisfac- cia air intento , egli e pero tale , che dalla sezione verticale DFB (fig. 3') la quale passa pel punto C deir asse Aa^ ed e di tutte la raassima, viene diviso in due parti eguali e simili, che egualmente si vanno diminuendo mentre s'accostano agli estremi A^a, e qui- 2 3a F O N T A N A yi svaniscono affatto. Cio per se e manifesto, essendo il massimo valore di ax — x'^ ove x= - , e ricevendo lo a stesso prodotto ax — x'^ valori eguali , ove passa per punti deir asse A a ugualinente distaiiti da C, e fmal- mente annullandosi tanto ove x- = o, quanto ove x = a. Per altro il problerna generalmente proposto e per piu riguanli indeterminato. Passi per 1' asse Aa \\ pia- no ANaA^ die fonna quasi la base del solido, qiie- sto piano puo essere qualmiqiie curva . Le sezioni N M E ^nnie tra se parallele e normali all' asse Aa^ posbono esser curve di qualunque natura. E siuiilmen- te puo essere qualunque la curva A Fa, clie passa per i loro vertici, o in cjualsivoglia maniera termina supe- riormente il solido. Di queste tre curve due si hanno da supporre date, perche il problerna riesca determi- iiato. Accennero le supposizioni piii coinode per ot- teaere solidi clie facilmente si jjossano costruire . Primieraniente si puo supporre, die il solido sia di rivoluzione . 11 problerna e tosto determinato; giac- che, e le sezioni normali all' asse sono circoli , e la cur- va orizzontale non e diversa dalla verticale die passa pe' vertici de' circoli. Appresso se il solido sia prismatico colle basi ver- tical!, la sezione orizzontale sara un rettangolo, e ret- tangoli ]>ure le sezioni normali all' asse A a. 11 Vivia- ni propose questo solido, e lo dimostro essere d' egua- le rispettiva resistenza quaudo la base sia un' elisse apolloniana. Ancora ove il solido sia prismatico, e le basi oriz- zontali, bastera di ritrovare la forma di queste basi. DE'sOLIDI d'eGUALERESISTENZA RISPETTIVA 233 II Galileo osservo , che il solido riusciia quale lo cer- cliiaino, se le basi orizzontali AN' a , B M' b (fig. 4°) saranuo parabole coniche . Cosi si potranrio fare altre ed altre siipposizioni , e bastera per determiiiare il pioblema, che siano date due delle tre curve, come poc'anzi accennai. Non m'in- tratterro di piii su questo probleiua che ampianiente h stato trattato da Viviani, da Grandi, da Warignon, e dal inoderno sopraccennato autore, da cui abbiamo il tratiaio sopra la resistenza de' solidi. 5. Vengo al priino de' due problerni sopra enun- ciati, in cui essendo dato, e costante il luogo del pe- so, il solido debb' esser tale, che considerata ogni sua sezione M N, il momento che quivi esercita il peso ab- bia un costante rapporto al momento di resistenza del- la stessa sezione. 11 momento del peso ha per espres- sione P (- ) x, ponendo AN=x. Ma per ogni caso X significa il momento di resistenza della sezio- ne MN. Si contiene adunque la soluzione del pro- blema nell' equazione X=F{ ) x, che abbraccia tutti i luoghi della sezione nel segment© KHA, o pure sara X=^jP {^^^^) x 1' equazione dello stesso proble- ma, se si vuole, che il momento della resistenza non gia sia uguale a quello del peso, ma a lui abbia il co- stante rapporto h'.k. Per 1' altro segmento KHa., se faremo an = x', ed il momento di resistenza della se- T. I. P. 2. . 3o 2'?4 F O N T ANA P b x' sezione rnn = X\ otterremo X' = , ovvero yt h P b X k a Qui aurora il problema c per se indeterminato, e per cleierniiiiarlo dehhoiio siip|X)rsi date due delle tre curve die a' solidi possono convenire; valeado que- st© stesso d' ogni solido, qualunque sia il nuniero e la condizione de' pesi che lo premono. In oltre la sola ispezione delle formole ne avvi- sa, che il solido del presente problema noii sara un solido continovo, ma composto di due parti unite per la sozione HK comune ad entrambi, e queste saran- no lion solo diseguali, ma altresi dissimili, fuor sola- mente del caso, che il punto K sia nel mezzo dell'as- se A a. Ne e men chiaro, che ne' punti A, a termina il solido, riuscendo .t = o in A^ e x' = o in a. Finalmente si dee osservare, che queste due par- ti, delle qiiali abbiamo detto essere composto il soli- do, s' ottengono ne pin ne meno che s' ottenga un so- lido d' eguale rispettiva resistenza, quando da una sua parte e conliccato in un muro, ed essendo libero dalTal- tra soflre la pressione d' un peso. II momento sostenu- to da ogni sezione di questi solidi si fa dal peso sup posto neir estremo del solido e moltiplicato per la sua disianza da quella sezione contro cui si considera eser- citarsi . Ora la reazione del sostegno A fa esattamente le veci del peso, se non che preme dal basso all' alto; ed il segmento A H K ^ nelle stesse circostanze, come "se fosse obbligato in un piano H K. In fatti le formole esprimenti i niomenti ne'due casi sono in tutto le stesse. De'sOLIDI VEGVALE REMSIVENZA laSFETTlYA 335 Debba per esempio il solitlo essere di rivoluzio- ue, e poiigasi, come sopra, AN=x, sia NM=y^ e T la tenacita dtlla uiateiia , e 1 1 t il rapporto del rag- gio alia perifciia. Avreino X= - Ty'. Onde 1' aqua- zione - 1 Y^ = F ( ) x, cioe y'= — ^( ) x. Per tanto la curva, dalla dl cui rivoluzioiie si crea il solido AHK e la prima parabola cubica ; apr)unto quale riesce, se il solido e inlisso nel mnro. Un' altra parabola della medesima classe genera 1' altro solido aHK; poiche facendo iim = y\ vale per questo se- T P b x' condo solido T equazione - Ty^ = . Sarebbe inutile fermarsi in questo problema cbe c ideiitico con un akro cosi compitamente trattaio, cbe sopra lui niente di piii limane a dirsi. S 11. De' solkli gravad da due, o piu pesi. 6. La parte piu interessante della proposta teoria riguarda i solidi retti da due sostegni, e gravati di piu pesi. Lin ialso principio ha condotto molti ad una fal- sa misura de'momenti, cbe tali pesi producono per rom- pere i solidi. Lo vedremo cbiaro dalle cose che siamo per dire. Cominciamo da due pesi, e sara qaesto case il fondamento di tutti gli altri. 236 - F O N T A N A Un solklo retto dti sostegni A, a (fig. 5') si rap- presenti al solito col suo profilo AH ha, e sia grava- to de' pesi P^p-, la direzione de'qviali passa per i puu- ti K,k deir asse A a. La reazione del sostegno A e — — "~*~P' — ? e quella del sostegno a e — ^^^^ — . a ^ ° A a Qui non si puo generalmeute cercare il momento di questi pesi coutro una sezione qualanque, ma si vo- gliono distinguere due situazioui, clie puo avere la se- zione, esenziaUnenie diverse. Si dee vedere, se la se- zione sia tra le direzioni de' due pesi, com e la sezio- ne M' N' ; o pure s' ella sia fuori del segrnento del solido ch' e tra le direzioni de' pesi , quali souo le due MN linn. La varieta di questi luoghi porta insigne va- rieta nel momento che esercitano i pesi P,/?. Si cerchino prima i momonti che sostengono le se- zioni M Ntinn. La reazione, die in A viene da due pesi moltiplicata per la distanza AN, cioe(— ^ — ) • AN e manifestamente il momento die sostiene la sezione MN\ ed il prodotto [— — — ).aTi e il momen- to che sostiene la sezione mii. Passi ora pel punto Z la direzione del centro di gravita de' due pesi. Ciascuno vede die i momenti ora trovati non sono punto diversi da quelli, che contro le St esse sezioni produrrebbono i pesi, se si supponessero riuniti nel loro centro di gravita, entrambi cioe fossero applicati ndla direzione che passa per Z. Pertanto quan- de'solidid'ecual£ uesistlnzauispettiva 337 do le sezionirf per rispetto alle quali si considerano i monieiiti de'due pesi , sono fuori delle direzioni de'pe- si 3tessi, questi siip|)orre si possono nel loro centro di gravita, senza die il lor momento si muti. 7. JNon si potra pero ottenere nella medesima ma- niera il momento contro la sezione M' N' . Impercioc- che segiiitando a considerafe la reazione del sostegno A come una potenza che preme per alzare il segmento AN' M\ e per farlo girare intorno al punto A/', non e possibile, che questo moto succeda, se non si vince lo sforzo del peso P, che studiasi di tenere nel proprio luo- go lo stesso segmento A N' M'. Ad aver duiique il mo- mento de' due pesi per fiaccare il solido nella sezione M' N' si dovra dal prodotto della reazione per la di- stanza AN' levarsi P.KN\ che e il momento con cui il peso P si oppone all' eHetto della reazione del so- stegno A. Quindi il momento de' pesi contro la sezio- ne M'N' sara Aa ' ' A a , „ . ., . . PJKaN'-i-p.ak AN' la qual espressione ridotta riviene a -7—^ • Qnesta espressione e diversa assai da quella del momento che risnlterehbe, se i pesi fossero nel loro centro di gravita, la cui direzione passa per Z; giac- che allora il momento de' pesi contro la sezione M'N' ,, ,P.Ka-^-p ka. . ,., . . P.Ka.AN'-^p.ka.AN' sarebbe ( j-^ ) A N\ cioe -7-^ . Dagli scrittori di meccanica generalmente si sup- j38 F o n t a n a pi>ne, che per calcolare T effetto di iiioli,e potenze sia sempre pennesso di considerarle come riuiiite nel loro ccntro d' equilibrio, e parlando di pesi , nel loro cen- tro di gravita. Ma quesio principio noii e generalmeu- te vero, e va soggetto ad una insigne eccezione die io chiaraniente spiegai nella Dinamica ; ove diedi regola de' casi ne' quuli non e lecito di iarne uso . Prima di passare ad un maggior numero di pesi ,. . , ,. 11 ,. , P.KA .aN'-^-p.ka. AN' duisi un occluata alia iormola ~ A a esprimcnte il momento che da due pesi soflre la sezio- ne M' i\'. Siano i pesi P,p reciprocamente proporzio- nali alle loro distanze KAJca da vicini appoggi A, a. Avremo P.KA = p.ka, e la formola si volgera in P.KAi '—) z=iP.KA. Da cio vengono due im- portanti verita . In primo luogo il momenro de' pesi e costante per tutte le sezioni , che sono nel segmento HKkh. In secondo luogo il momento sostennto da cia- scuna di queste sezioni non e che il prodotto d' uno de' pesi per la distanza dal suo vicino appoggio , cioe o P.KA, ovvero p.ka. 8. Ma gia siano i pesi. che premono un solido, ia qnalunqne numero , Si puo generalmente stabilire, che gravato un solido di vari pesi, il lor momento contro una sezione die sia tra un appoggio ed il peso ad es- so vicino, sara quello stesso, che sofiTrirebbe questa se- zione da tutti i pesi, se tutti si trovassero nd loro cen- tio di gravita ; ma uoa cosi, se la sezione si trovi tra De'sOLIDI D'liGUALERtSISTEKZA UISl'ETTIVA Z'i() le direzioni de' pesi. Allora il inoinento sara quale sa* rel)be, se tutti i pesi, che staniio da una parte della sezione, fossero nel loro centro di gravitii , e siniiglian- ten»ente iiel loro si trovassero tutti gli altri che stanno dair altra parte. Per dirnostrare queste due proposizio- ni suppongo per piii faciliia , che il solido AHha (fig. 6') sia premuto da quattro pesi P^P,p^p'. Facil- mente ciascuiio coniprendera, che, quello che diinostre- reiuo di questi qnattro, varra per qiialunque numero. La reazione del sostegno A a questi quattro pesi ha per espressione — . Dun- que il momento de' pesi contro la sezione M N che giace tra X appoggio A ed il primo peso P, risulta , P. K a-^ P'.ls.' a-{- p.ka-\-p'.k' a. a tkt r\ • r, I i i ) Aiy . Ora se in Z , ^ Aa ' per esempio , fosse il centro di gravita di tutti i pe- si, il loro momento contro la sezione M N sarebbe (P -^ P' -^ p-^ p'J.Z a.AN^ come dal § i. e manife- T., ry ,P.Ka-^-P'.K'a-Jt-p.ka-^n'.k'a , sto. Ma Za = { „, ; — ), dun- ^ P -\- P -\-p -+■ p ' que, mettendo nellVspressione del momento questo valo- ,P Ka->^P'.K'a->t-p.ka->^p'.k'a. . ,;. re, s ottiene appunto( — ^ — )AN. jS CI Pertanto i pesi ne' loro luoghi K,K',k,k' esercitano quel momento che eserciterebbero, se nel loro centro di gravita fossero riuniti. Lo stesso \ale del momen- to contro la sezione mn. 240 F O N T A N A Passlamo alia sezione M' N\ che da una parte hn i due pesi P,P', e dall' akra i due />,/>'. Tutti questi pesi per la reazione del sostegno A contro M\N' ado- ., ,P.Ka-^P'.K'a-^-L).ka-i-p'.k'a. . j.t, perano u momento( — ) A iV'. Ma alia rottura s' oppongono i pesi P, P\ non poten- do il segmento A M' N' girare intorno al puiito M\ se non soiio soUevati quesii pesi . Duiique dal momento della reazione dell'appoggio A si debbono levare gli opposti momenti depesi P,P\ che sono P.KN\P'.K'N'. Pertanto il momento de' quattro pesi contro la sezione M'N'hi^-^''^^'-^^'""P^''^^''^''')-P-KN'-P'.K'N\ ^ A a che richiamando i due ultimi termini alio stesso de- nominatore , e riducendo, diventa ( p. KA^P'.K' A)aN' ^p.ka-^p'.k'a) AN' Aa Ma se i quattro pesi si trovassero nel loro centro di gravita, il loro momento contro la sezione M' N' sarebbe P.Ka-^P'A^'a-^p.ka^p'.k'a^j^, p^j confronto V Aa ^ delle due espressioni si vede , che il momento de' quattro pesi riguardati ne' loro proprj luoghi e diverse da quelle clie risulterebbe , se fossero essi nel loro cen- tro di giavita . Pongasi adesso, che in z sia il centro di gravita de' pesi P-> P'-, e in z' quello de' pesi p , p'. Per cib che s'e dimostrato di sopra il momento de quattro pe- DE SOLID! D EGUALE RESISTENZA RI3 PETTIVA 24 I si contro la sezione M' N\ se i due primi si suppoii- gono in z, e i due second i in 2', riesce (P -^ P') A z . a N' -^- {p -^ p') az'. AN' Ma Jz = A a P. AK ^ P'.A K' ,__ p. a k -i- p' . a k' Sostituendo aduncpie questi valori, il momento si ri- dnce a (P. A K -i- P' A K') a N' -*- (p . a k -^- p' . a k') A N' A a ' s' ottiene cioe lo stesso momento, o si trovino i pesi ne' loro proprj luoghi, o pnre i dne primi P,P' sia- no rinniii nel loro ceniro di gravita, e nel loro altresi i dne alrri p , p' . E poiche qnesto vale qualunque sia il nnmero de' pesi che sono ap])licaii tra iV, e Jf, e si- milinente tra N\ e «, si siabilisca pure per ^enerale principio, che data una sezione M' N' tra le direzioni di qualunque numero di pesi, ad avere il uiotnento di tutti contr' essa sara permesso di riguardare tutti i pe- si che sono tra piniti N\ A come riuniti nel loro cen- tre di gravita, e similmente nel loro tutti gli akri die sono tra punti A^', a. 9. Daremo a' ritrovati valori pin comode espressio- ni per ottener tosto la forma la quale conviene a' so- lidi che cerchiamo. Sia (fig. 5") Ja = a, AK=b, aT< = c^ AN=x, a n' = x\ A IV' = z , il momento contro la sezione M'N' = Z, contro la sezione Mjy=X, contro la se- zione mn=-X'. Si otiiene T. J. P. 2. 3 1 2-f2 . F O N T A N A a ' ^ a ' * X' = {Et^E^ZIJPl) x\ E piu general mente, volendo cbe i momenti de' na- si abbiauo un costante lapporto a' momenti di resisten- 7a nelle sezioni M' N., M N ^ nin\ se sara h\k il rap- ])orto, die da per tutto dee avere il momento di re- sistenza al momento del peso, per i tre segment! si hanno le tre eqiiazioni ^_h Pha-{Pb-pc)z ^_h Pa-Pb^pc k^ a -^ ' ^ A ^ a, ' " Y, h , P h -y- p a — PC., Ridorro il problema ad essere determinato coHag- segnare due delle tre curve, dalle quali sono cbmsi i solidi, come sopra si e osservato, qneste tre equazio- ni danno tre segmenti determinati ciascuno da una cur- va, che in ispeoie e la stessa jier lutti tre, diversa pe- ro in qiifUa specie per ciascuu d' essi segmenti, cosi /cbiedcndo i diversi fattori delle quantiia £;,x,x'. Sara dunt(ue il solido conqiosto di tre st'gmenti di tre soli- di diversi, e passando dalV uno all'ahro non si serbe- ra continuita, sebbene i loro liiiuti saranno le comuni sezioni che uniranno il solido intermedio, e i due es- tremi. Non mi fermero in applicazioni, essendo la cosa per se agevole. Solo awertiro, che al solido si potra dare certa regolarita in que' casi ne'quali e in nostro De'sOI-IDId'egUALEKESISTENZA lUSl'ETTIViV 248 arbltrio adoperare pesi clie abl>iano qualiuiqiie rappor- to, e possaiio essere collocari , come a iioi piaccia. Poniamo in pritna, che i pesi siano projwrzioMali reci- procaineiite alle distance da' loro vicini appo_:^gi, oiide sia P'.pwc'.h , cioe Pb=pc. L' equazioni diventano Z= ~.Pb,X=j Px,X' =cz -T px'. La prima ne a v visa, che il segmento, che giaoe tra le direzioni de' pesi e un prisma colle basi HKJik. Siano in secondo luogo i pesi egiialj, eguab" sa- ranno altresi le (lisianze b,c, le due uliime equazioni saianno identiche, i due segmeuti estremi saiaiuio ugua- li e simiH ed uniti airiuierniedio per le coiuuni sezio- oi UK, Ilk risultera il solido dotato di certa regolarita. 10. Questo e il {)rimo de' due problem! , clie nel § t. abbiamo iiotaio potersi proporre iutorno a' solidi d' eguale rispettiva resistenza. Qualcuno dimandei'a for- se : e nori si potrel)b' egli sciogliere per due pesi il secondo di que' problemi? JNon si potrebbe cercare uii solido su cui scorreiido i due pesi, ue" luoglii de' pesi stessi il momento di resistenza delle sezioni avesse un costante rapporio al momento contr' esse esercitato da' pesi? Rispondo, che il problema sara sempre indeter- minato; giacche potendo variare i luogbi de' pesi in in- finite maniere , ed influendo il luogo cbe ba ciascim peso nel momento clie soHre la sezione, nella cui di- rezione e T altro ■*j)eso, neir espressione di ciascun mo- mento vi avranno due variabili, cioe le distanze di cia- scun peso dal suo vicino appnggio, cbe cangiano con- tinovatnente. In fatti cbiamaudo AK=y ,ah = ^- il mo- 2 44 F O N T A N A mento de' due pesi coiitro la sezlone H K risiilta — -L ■' £ — -i- , e contro la sezioiie li k riesce a P V y ->t-pav — pi^ a 1 1. Se i pesi sono piu di due, tutto il solido sa- ra composto di tanti segmenti piii uuo, quanti souo i pesi. Tali segmenti dipenderauno da curve della rnede- sima specie, varie pero in ciascuno a cagioue de' vari fattori costanti. Vediamolo nella supposizione di quat- tro pesi , essendo chiaro, che lo stesso si dovra dire, qualunque sia il loro nuinero. Per avere i due segmenti estremi AHK,ahk ( fig. 6' ) si riguardino tutti i pesi , come esistenti nel loro centre di gravita, ed il rnoineuto di qualunque se- zione MN del segment© AHK sara ( i— —L ) AN; e contro qua- Aa ' ^ lunque sezioue vin del segmento ahh sara ,P.KA-^-P'.K'A -^p'. k'A ^p.kA. I i L ) an. ^ A a Ora passando al segmento H K K' H' abblamo dalle cose gia dimostrate, clie il momento contro ogni sua sezione /*,» si esprime per P.K A.av-\-{P'. K'a-+-p'. k' a -*- p .ka)Av, A a Nel modo medesimo il momento contro ogni se- zione M' N' del segmento H' K' k' h' riesce de'soliui d'eguale kesistenza rispettiva 245 jP.PJ-i-P'. P'A)aN' -k-{p'.k' a^p.ka)AN' Aa E finalmente il momento contro una sezione /*' »' del segmento h' k'kh si trovera essere (P. P A-\-P'.P'J^ p'.k' A)a/-i-p ka.Av' A a Quindi se saranno X ,X',X'\X"',X^'' '\ v[iOvc\tn\.\ otteniamo le cinque e- quazioiii . X -~^'i^- " — ^ -^P'.a—b'-\-p'.a—b" -H/? ■ a—^\ X' ^ ^^(P^[^~x'] -t- [P'.J'.^-^p'.'^^:^'-i-p.a—b'~] . k. a y„^;^ [PZ>-t-P'^>'] [a— .r"]-t-[;7'.'^r^^'H-/?fl-j^]^.>v A; a X'"^ ['i[bP+- P'.b'-i-p'b"] • [a — x'"] -^ [p . a—b"'] „a k^ a "" ^ Queste equazioni, supponendosi date due delle tre curve, dalle quali dipende la forma de' cinque se- gment, ne dacno la terza per cui rimarranno essi in- a^6 F O N T A N A teramente defiiiiti. 11 loro complesso cosiituii'a il soli- Jo die vogliamo. De' solidi d' egual resistenza rlspettiva da due, o pin pesi premuti niente dice Viviani, ne Grandi, ne il inodenio autore, che sopra ho I'ammentato, ne alrri cli' io abhia avuto occasione di vedere. Cio e avvenu- to, se noil m' inganno, perche giudicando essi che ia ogni caso fosse Iccito di supporre tutti i pesi nel loro tentro di gravith, hanno insieme creduto, che quaiiti siano i pesi i qnali gravino il solido, basti supporlo caricato da un solo che sia nel comune lor centio di graviiii, e sia uguale alia soiiuna di tutti. § III. De' solidi riguanlaci come pesanti. 12. Per calcolare i momenti che dal peso de' so- lidi sostengono le loro sezioni, si hanno essi da riguar- dare come gravati d' xni minimo peso in ogni loro se- zione. ISoii e dunque uu solido ptsante, che nn soli- do gravato da un sistema di pesi ; e a lui losto s' Sdat- ta il metodo nell' antecedente § adoperato . Quindi ad ottenere Tespressione del momenio della graviiu contro una sua sezione trovisi il peso de' due segmenti, ne' quali dalla sezione resta diviso il solido; si deierniini il loro centro di gravita; e si consideri tutto il peso di ciascuii segmento come collocato nel suo centro di gravita. Eceo il solido pesaute ridotto al caso in cni sosienga dtiie pesi, tra la direz.ione de' qxiali si trova la sezione che soilie a1 Wo luoiuento. DE SOLIUI D LGUALBKl SISTF-NZA KISl'L'l IIVA 247 IVlettiamo sott'occliio In legittiinita del inetodo col pin semplice caso die si possa immagitiare. Sia un prisma rapjM'esencato dal profilo B A ah (fig. 7') retio ne' suoi esiremi A^a. I.a sua base sia B\, e AB un lato della base. Voleiido il momento che esercita il peso del prisma per ispezzarlo in una sua sezione MN, dividansi pe>r nietii in A, A: i segmenti AAf, a IV, e [)asseranno per i punti K,k i loro cen- tri di gravitii. Facciasi Aa = a, AN=x^ aIS=a — x, onde A K =^ ~ , ak= , il peso del segmento BIV=iBx ponendo la gravita specifica = i , il peso del segmento bN'=B{a — x). II momento del p>eso per rompcre il solido in MN' sara Bx • -{a^x)-^ B {a-~x){-^^^)x; cioe la somma de'due prodotti il primo de' qnali e il peso del primo segmento B N moltiplicato per la distanza del suo centro di gravita dal vicino appoggio A, e per la distanza dell' altio appoggio a dalla sezione M N; ed il secondo prodotto e il peso del secondo segmento b N moltiplicato per la distanza del suo centro di gravita dal vicino appoggio a, e per la distanza del primo appoggio A dalla sezio- ne M N; la qual somma sia divisa per la lunghezza a X = x^ delPasse Aa. Tal momento si riduce a B{ — ) . In fatti essendo la reazione del pnnto A = B . - , questa 24S F O N T A N A a X esercita contro la sezione MN il momento B . — ^ . Ma a. il peso del segmento J M gli si oppone con un mo- mento che risulta clallo stesso peso , e dalla leva A' A', dnnque per otienere il momento di tutto il peso del prisma contio la sezione J/iV, si dee dal momento = Z? . — - sottrarre l' altro B — . Onde il cercato mo- memo = B ( ) . Se il punto N e nel mezzo dell' asse A a, cioe se a' = - , il momento sara B -^ , siccome contro Topinio- ne del de la Hire altrove gia dimostrai. 1 3. Venendo ora a' solidi d' eguale rispettiva re- sistenza, poiche sara espresso il momento del peso con- tro una sezione indeterminata , si passera ad esprirae- re il momento di resistenza di questa sezione, e dovra porsi costante il rapporto di tali momenti. Nascera un e- qnazione da cui si potra avere la forma de' solidi che si cercano. Sia rappresentato un solido pesante dal profilo Alia (fig. r). Si prenda qualunqiie sua sezione HK nonuiile all' asse orizzoiitale A a che dividera il solido ne' due seG;nienti K HA, KHa. Siano P ,p i pesi di questi segmenti , e N,7i i pnnti ne' quali 1' asse Aa e iiicontrato dalle direzioni de' loro centri di graviia. Chia- niisi M il momento di resistenza della sezione HK, e k '. h il cosianie rapporto che in ogni sezione dee pas- DE'sOLIDI D EGUALE RESISTENZA RISHETTIVA 249 sare tra i moinenti del peso e della resisteiiza. E' il , , P.NAaK-^p.na.AK , momento del peso — • — , dunque ,, h,P.NA.aK-\-p,na.'AK. r\ ■, • , M= -{ — ) . Cjuest equazione e quanto si pno riclnedere dalla reoria meccanica. La dc- tenninazioiie de' j)esi de' segmenti del solido, de'luo- ghi de' loro ceiuri di graviia, del momento di resisten- za nelle sezioni, e in fine la riduzione dell' equazione e opera della geometria. i:^. Daremo una generale equazione che s' appar- tiene a tutti i solidi, che goder possono dell' insigne pro- priera della (]uale parliamo. Ma prima avverto che sic- come la loro forma dij)ende da tre curve, si pc)tra al- cpianto risiriiigere d numero delle soluzioni che si pcj- trebbouo tentare. Esaminando 1' espressione P.N A .aK -^ p.na . A K . , ... -' — — si scorge, che entrambi i ter- mini del numeratore si vanno piu e pin diminuendo iieir accostarsi che fa la sezione HK o all' estremo J, o air altro a, fino a svanir poi ne' piuifi stessi A^a . Imperciocche, se si suppone in ^, si ammllano i fat- tori IVA,AK, e se si suppone in a, svaniscono altre- 81 i fattori na,aK. Tale percio dovra essere la forma del solido, che le sezioni normal i all' asse A a svani- scano tanto in Af quanto in a. Quindi non si potran- no assumere curve, che rendano finite tali sezioni o in A^ o in a; quali sarebbero due curve di genere pa- T. I. P. 3. 32 i 25o F O N T A N A ral^olico, clie avessero il verrice comune in A^ o in a, e r una come ATR (fig. 8") servisse di base orizzon- tale al solido , I'alcra ^.sa fosse la sezion verticale Fat- ta da un piano per 1' asse Aa. Tale siipposizione ren- derebbe finita la sezione TSR norinale all' asse A a. Questa e nn' assai notabile difler', da ^ fino a iV il priino, e da a fino a iV il secondo. E giacche le carve B Hb, CMc^ ec. si possono determinare 1' una per Taltra, se due delle ire curve, dalle qnali dipende il solido, sa- ranno assume, si arrivera all' ecjuazione difi'ereuziale della terza. 1 5. Poniamo, che le curve die tagliano normal- mente 1' asse A a siano simili . Fercio fqdy'.Jrdx'. '. Q''.l{\ onde frdx= — -L^ — - , e cosi purey>' ,s ■C)-z{. aav'^ V* La prima costante C e manifestamente nulla, poiche +-C"). Dl'sOLIDI d'eGUALE UESISTEXZV RISI'ETTIVA 253 86(^ = 0 r integrale svanisce. L' altre due costanti si detenniiiano osservaiido, die s' aiinuUano gl' integrali, quaiido (^'=-. Peio C'=r-a;:'-+- ^.C"=— aaz'-t-^ . h.G ^^ fqdy ' l„ \i^av^ tj^ J. , 27''' J az' V = ("— ■s)(-_ )^{az—z'-){^av' — _ az'-j- _) ""(-5 — T — r-^i)- Ma perche gl' integrali fR\dv,fR'^v'dv' si sten- dano il primo da A fino A^, il secoiido da a fino a A'", si dee j)orre z per v. Adunque ridotti i termini otte- nianio 1" equazione k.T a , Q'fqy * *■ dx tutta r equazione, e integrando s' arrlva all' equazio- rn- -in/ ^" r^ E k' d y ne dillerenziale V{cx-{ >-/)= , . , da cm ^ \/dx-^dy x' yiene dy = Q {c X -+- ~ ■+- f) d X 2, ^{E'k^^Q'icx^^^/Y) Quest' e 1' equazione delle curve elastidie, dalla quale il grand' Eulero, oltre le general! alTezioni, de- terniina con soinma facilita ed eleganza le varie classi DE SOLIDI D EGUA.LE RE5ISTENZA lUSl'ETTIVA 257 e quasi famiglie, che da lei nascono , solo clie il piin- cipio (lelle ascisse si inuti . E tale pure e 1' equazioue di cui il receute scritrore lia voluto far uso per intro- durre ne' problem i della resistenza de' soiidi V eleinen- to deir elasticita . Ma non veggo come 1' esposta equa- zioue servir possa ai problemi de' quali e questione. la questi vuolsi che la costituzione della materia di cui si compongono le travi si consider! qual' e ia natura ; e percio appunto non s' e voluta adottare la supposi- zione di Galileo, e si e detto doversi i soiidi riguar- dare come elastic! . Ora r equazione Q{c-i-x)= -^ ridotta alia for- ma, che poco sopra si vede, s'appoggia a varie sup- posizioni clie uon possouo mai verificarsi in tin solido cui sia applicato un peso per romperlo o per piegar- lo. E lascio, che qui si suppone una lamina o di niu- na o d' infiiiitesima grossezza, laddove inliuite di que- ste compongono una trave, ed in ciascuna ha da es- sere varia la curvita; e lascio pure che il raggio B noa puo servire che ad una di queste curve; ommetto che il porre 1' azione delP elasticita reciproca al raggio di curvatura e un' ipotesi arbitraria, potendo essere come un' altra funzione dello stesso raggio. Tutto cio lascian- domi fermo a considerare il fattore k\ Questo nell' equa- zione euleriana si assume costante . Ed e ben lecito ad un geometra fare ne' problemi astratti quelle supposi- zioni che piu gli piacoioiio, e secondo que'supposti var- raimo le soluzioni ch' egli ottiene. Ma se le teorie ri- ducansi al concreto, non saranno certo legittimi i risul- tati, se in atto quelle supposizioni non si veiificano. T. J. P. 2. ' 33 258 F O K T A N A Ma egV 6 certo clie, volendo la curva elastica in con- creto, non potra ^* esser costaiite. La qual cosa perclie diinostrata aj>parisca, cerchiamo che sigiiifichi relemeii- Ek'- to A;, che nell" equazione Q{c-^x)=^ -^ viene da Eii- lero con soinnia ragione introdotto . 11 peso Q non puo, come sopra si disse, essere eqnilibrato dalla for- za elastica che e in M, se questa non s' intende ap- plicata ad una leva, oiide si produca un momento u- guale a quello del peso Q. Pretendere che una sem- plice potenza possa eqnivalere al momento d' un altra potenza, egli e come pretendere che una hnea equival- ga ad una snperficie. Se si riguarda dnnque 1' elastici- ta della lamina solamente. qnalunque minimo peso ap- plicaio in C la piegherebhe alVatto, e da qnalunque posizlone, che da prinripio avesse, senza fallo la ri- durrebbe alia verticale. Poco a cio hanno atteso alcu- ni che ricercando 1' equazione delle curve elastiche han- no uguagliato i momenti cU-'pesi alle semplici potenze. E' necessario dunqne che T ela-^ticita in ogni elemento della lamina gravata da un peso s" intenda applicata ad una leva di oerta lunghezza, onde risulti un momento uguale a quel del peso, cioe nel caso nostro uguale al prodotto Q{c-^x). Ne credo che per altra ragione il sagacissimo Eulrro introducesse nella sua equazione il nioltlplicatore k\ Ch' anzi avendo egli scelto un mol- tiplicatore di questa forma sembra che abbia sup[)osto E couvenire la forza elastica — a tutti i punti della leva , SI che conslderata la detta forza nella sommita, o sia nel punto M della leva, risulti 1' iutera forza elastica De'sOLIDI d'eGUALE RESISTENZA UISPETTIVA sSq F k • -— ; la quale in fine per la lun|^liezza di tal leva clie F /•* h A., di nuovo moltiplicata genera il nioinento -^^5- . Ma qualonque sia stata la mente del celehratissinio geo- nicira, due cose sono ugualinente certe. L' una e ch'e- gli poteva stabilire (piale ipotesi piu gli piaceva, e se- condo questa ricavare Tequazione della sua cuiva. L'al- tra, die se toglieiuUiji dalle supposizioni arbiirarie. si vorra discmdere al concreto, e riiitracciare la vera lor- ma clie una trave elastica dee prendere per 1' azione del peso (), non sara piu permesso di porre costante la quantita k\ ma si dovra considerare come una fuii- zione della distanza ch-x. Imperciocche il peso Q ope- rando contro 1' elemento clie e in M^ sforza col mo- mento Q{c^x) il segmento MA (fig. 1 1") ad inclinar- si sotto il livello 5 7', e moke delle fibre della sezio- ne MP a distendersi, e piii le superiori Mm, meno le inferiori Mm'. Dunque secondo che crescera il mo- mento ^(c-t-x), cioe la distanza x, piu fibre saranno distese, e T apertura MLm si fara piu grande. In ol- tre le fibre superiori M saranno distese di piii, che le iiileriori M'm'. Quindi per se stesso e chiaro, che vo- lendo anche supporre ragunata nel luogo piu alto 31 tutta r elasticita, che pur opera variamente in tutta la lunghezza ML, e volendola esprimere per —rr--> si do- vra considerare la lunghezza ML come variabile al va- riare di x. Adniujue il moltiplicatore A' e una fnnzio- ne di c-*-x, ne si puo signifi;atura d' lui iusigiie trouco arterioso che le consegueuze icievitabili dell' intercettato circolo del sangue, la morte cioe, e lo sfacello della sottopo- sta parte . In seguito coUa scorta dell' anatouiia resi a64 A T T I niu corag^losi, noii peib lueno circospetii osarono con- fidare di vantaggio nelle iorze della natura, ed inse- gno loro r esperienza quanto fosse ricca 1' arte nostra di ripieglii, e d' Industrie nelle piii luttuose circostan- ze . Ad onta pero de' luini a que' tempi acquistati, e delle accurate osservazioni , e de' tentativi coronati al- cuna volta di successo fortunate era pero Y operazione deir aneurisma creduta assai pericolosa, ed il metodo in fiitti che allora scgiiivasi neir operare esponeva ad infinite, quasi insuperabili dilficokh. Era riservato 1' a- vanzaniento di questo ramo di pratica Cliirurgica a' nostri giorni ne' quali T Anatoinia paleso le nunierose, e frequenti anastomosi de' vasi, e V osservazione accu- rata de' tumori aneurismatici ne scoprl la vera natura, ed essenza. Nessun ramo di Chirurgia fu a' nostri gior- ni con pill impegno coltivato, e 1' indefesso studio de' suoi coliivatori nulla lascib d' intentato a perfezionar- lo . II celebre Hunter, a cui la Notomia, e Chirurgia dee tante luminose scoperte , seguendo le traccie se- gnate dall'Anellio, e da altri Chirurghi, institui un nuo- vo metodo di operare 1' aneurisma , che per la sua semplicita ha riscosso T universale approvazione, e che era dagli Operator! si pratica comunemente. Dopo lui studiarono molti in seguito di perfezionarlo, ed al Pro- fessore Scarpa ultimamente nella sua insigne opera su gli Aneurismi e piaciuto fare alcune modificazioni al metodo di Hunter, che conducono a facilitarne V e- secuzione , e ad assicurare un esito felice. La ragione- volezza, e siiigolarita del metodo proposto fece , ch6 m' invogliassi io pure, appena mi fu noto, di ripetere i loro tentativi J quando mi si fosse offerta occasione SULLA CUIIA dell' ANLUUISMA . 265 d' operare tumori aneurlsmaiici . Non tardarono quests a presentarsi, ed el)bi cainpo non solo di coiifermare colle j)roprie nue osservazioiii le gia sparse doitrine sul nuovo luetodo d' operare gli aiieunsnii, ma ancora d'iin- maginare nuovi compensi, che mi sembrarono essere richiesd da qualche particolaritii de' casi diversi, die mi si on'rirono. Egli e percio, che io intendo di rac- cogliere le mie osservazioni pratiche sulla ciira degli aiieurismi dopo la sroperra di Hunter descrivendo con somma iiigeiiuita la storia degli operati, ed aggiiignen- do quelle rillessioni, clie possono meritare le suddeite particolarita . Una materia, a cui hanno sempre recato e recan iiittora il maggiore interesse i Cliinirghi, che ha eccitata in essi la gara di perfezionarla , e che pro- mette s'l segnalati vantagaj all'umanita, forma ora Tar- gomenio delle mie ricerche, e delle pratiche mie os- servazioni. Ln Giovine Imolese d' anni ventisei , robusto, che fine a queir eta avea godiito d' una assai prospera sa- lute dojK) avere fatti strani sforzi, manteneado le gam- be in violente estensioni col reggersi con forza sulla ])nnta dei piedi, incomincio a sentire qualche torpore, e stupidita alia gamba destra; in seguito accuse un sen- so di dolore alia sura, che si aumentava di giorno in giorrio. Fu giudicato dapprinia un semplice reuma, e gli furono [)erci6 presenile unzioni, e t'orii fregagioni sulla parte, come pure gli fu ordinato di esercitare la niedesima frequentemente, e con forza. Vedendo Tin- fermo, chesotto 1' uso delle unzioni, e sotto questo violente esercizio la sura viej)piu gonfiavasi , che il do- lore s' aumentava, e che canr.uinando si rendeva quasi r. I. p. 2 34 266 A T T I insopportabile, risolvette cH traspoitarsi a Bologna per consulfarmi . Inteso, clie io ebbi il precise racconto del suo male, esaininai la gamba ove ravvisai una mani- festa irituniescenza della sura; si estendeva questa piii alia parte esterna della gamba ove riscoiitravasi mag- giore la diuezza, e la resistenza. U colore della cute non era per mode alcuno alrerato, non sentivasi Hut- tuazione, ma bensi una pulsazione profonda. Cio mi lece sospetrare di un aneurisma rilleitendo spccialnien- te alle cause, die aveano prodotta tal malama. Ad ac- certarmene feci una forte compressione nell' interno della coscia sul tragitto della femorale superficiale af- fine di intercettare il circolo del tronco arterioso: esa- minato in allora il tumore, non si sentiva piu veruna pulsazione, anzi mantenendo la compressione per qual- che tempo, svaniva in j)arte V intnmescenza della su- ra, ed essa diveniva molle, e cedente come quasi in istato naturale, abbandonata la compressione goufiava- si nuovamente, indurivasi^ e faceva sentire di bel nuo- vo la pulsazione. Cio tolse ogui dubbio siilla natura del male; ne solo da tal |)rova conobbi, che si tratta- va di un aneurisma, ma mi parve da essa potere an- cora rilevare, die 1' aneurisma era circoscritto stante la jirontezza colla quale il tumore scompariva quasi af- fatto dopo alcuni minuti di compressione, mentie ne- gli aneurismi difl'usi , fatta la compressione, cessa il tu- more di puUare, ma non cede gia T intnmescenza, o cede soltanto ad una compressione protratta a lungo tempo. La situazione del tumore indicava bastantemen- te cbe r arteria resa aneurismatica era la tibiale po- stica, anzi prendendo il centro del tumore come il luo- SULLA. CURA DELL' ANEUUISMA. 267 go ove r arteria solTrisse da prima, o rottura nelle pri- me tonache, o alira lesione, v' era liiogo a credere, che ivi precisaineiite da{)priina soflrisse I'olTesa ove, di- videiidosi, lorina la peroiiea, tatito piu, die la goiifiez- za della sura, come gia dissi, piii estendevasi alia par- te esteriore della gam ha sul luogo appunto ove cain- mina la peronea . Avvertii 1' infermo dello stato iiife- lice in cni si ritrovava, e della necessita di sottoporsi ad una operazione la quale, benchc dilficile fosse, e pericolosa, era pero lunica strada, die poteasi tentare per evitare le funeste conseguenze cui andava incontro. L' obbligai a gnardare il leito, a mantenere in un to- tale rij)oso la gamba, gli prescrissi un copioso salasso, ed un vitto tenue, e semj)licissimo. Deciso per una ope- razione, che io gia vedeva indispensabile, e che non poteasi diflerire piii lungo tem[)o, era tuttora dnbbitj- so, ed incerto sul metodo, che dovessi scegliere nell' e- seguirla. L'apertura del sacco aneurismatico per allac- ciare poscia sopra, e sotto 1' arteria e metodo ora mai abbandonato, ne in tal caso era nemeno praticabile jjoiche troppo esteso il tumore, e profondo, e sepolto sotto i grossi muscoli della sura. Era forza adunque applicarsi al metodo anelliano, ed allacciare 1' arteria al disopra dell' aueurisma. ]Ma dovea io, come consi- glia Hunter, allacciare la femorale superficiale suUa co- scia, ovvero nel poplire, vale a dire la popluea? Non puo negarsi, che la legatura della femorale nel terzo superiore ddla coscia non fosse per riescire ineno dif- ficoltosa, atteso che ella cammina piu superficialmenie coperta soltanto dagl'integumenti, e dal fascialata, men- tre air opposto 1' alira scorre profondamente ne Ho sea- 268 A T T I vo popliteo tra i condili dell' osso vicino alia capsula articolare, protoiulita, che in vero imbarazza, come con- fossa Hunter, Toperatore, poiche riesce difficile lo sco- prire V arteria, e scoperra che sia dilPicilissimo passar- vi so(to r ago, e con esse fare la curva per allacciar- la. Queste dillicolta fnrono tjuelie, die deterniinarono Hunter negl' aneurisrni popliipi ad allacciare piutosto la femorale nella coscia di (piello che la poj>litea. Aiii- niato dai felici tentativi di Hunter non avrei io punto e?itato a presciegliere il suo metodo, anziche azzardare la diilicile impresa della legatura delT arteria nello sca- vo popliteo, se nel mio caso, come in quelU da lui ri- portati, si fosse trattato di un anenrisma nel popHte, ma siccome l' arteria ancurismatica era la tihiale postita, eel il tumorc percio occupava il grosso della sura, non gii, lo scavo del poplite, cosi mi rimaneva il timore, che legata la femorale in luogo troppo disiante dal sacco aneurismatico, i rami laterali si anastomizzassero supe- riormente al sacco, e non togliendosi j^rcio il circolo al medesimo, si mantenesse, ad onta della legatura, il tnmore. Altronde io ben vedeva le difljcolta, che se- co porta la legatura della poplitea, ma mi parevano superabili cpialora si avesse pensato a correggere li a- ghi

  • !o a o;rado, e nel deciiuo o;iorno era svauito toialmente. In- dicava tutto cio risiabilito gia il circolo per i rami late- rali. L' ulcere suy)pnrava lodevol.nente, ed aveva 1' a- spetto il jnu soddislacente. Tutto in somma promette- va un esito felicissimo ad una operazioae cosi azzar- SULLA. CURA. DELL* A.NEDUISM\. a8l dosa. Ma la fortuna, che spesso si prende gioco del- le umaiie speranze, seinhio non aver fatto sopiavive- re quest' iiifelice ad operazione pericolosissima se noii se per riservarlo a piii funesto, e micidiale accidente. IMella notte del decimo quarto gioruo sopragiunse al ineschino una copiosissiina emoragla dall' ulcere, per cui non essendosi avveduto egli tosto del siuistro acci- dente perdette una grande quantita di saiigue. Un as- sistente 1' arresto con una costante comj)ressione nell* ingnine. Avveriiio imniediatamente la mattina della pe- ricolosa sitnazione delT infernio dubitai^ die una pre- matura distruzTone delle pareii arteriose per la legatu- ra fosse la causa della detta emorag'ia, ed era percio deciso di replicare poco piu sopra la legatura. Ma os- servando bene 1' ulcere conobbi, die non gia vicino alia legatura, ma al disopra assai, e quasi dietro il lega- mento scaturiva il sangue, per cui bisognava credere, che derivasse o dal troiico stesso, o da tpialdie ranio del niedesiino, die non avendo potuto reggere air ur- to del sangue si fosse a poco a poco sfuncato, e rot- to, cio che era aucora presuinibile attesa la preterna- turale di'sposizione di quest' arteria. Nell' inuninente pe- ricolo di quest' infelice illangui(hto gia dalla pregressa einoragia non viddi aliro conipenso, che quello di az- zardare la lesfatura del trouco rasente il le<>;ainento, fu d' uopo aiizi ad arrestare T einoragia coniprendere nella legatura jiorzione del leganiento stesso . L' enioragia fu arrestata cou quest' allacciaiura, ma 1' infenno non vi 60|)ravisse che un gioruo. L'apertura del cadavere giu- stifico i miei sospetii; nientre trovossi intaita la prima iegatnra, e soltanto un apertura iaterale del tronco ar- T. 1. P. 2 ii6 282 A T T I terioso lU'l luooo ove preiule origine V epigastrica. La prima rottnra dt-irarteiia, che avea dato occasione all'a- neurisina erasi ristretta assai, e si clisponeva a chiiide- re totalinente, era dessa iiella feinorale siiperficiale po- co sotto la tUvisione della profoiula. Lo sventiiraio con- trattempo per ciii fu tolto di vita 1' infenno in mezzo alle pill lusinghiere speranze di gnarigione, non credo del)ha sceinare la conlidenza, che si deve riporre ncl- la legatura della femorale coinuiie rie' casi egtialinente ditBcili, e spaventevoli. lo certo con somino rammari- co viddi togliermi in uii mornento il frutto di una ope- razione cosi azzardosa, ma non percio con men di co- raggio r intraprenderei, se di nnovo 1' occasione mi si presentasse. £' sicuro, clie il circolo si mantenne pei rami laterali, che se sopra venae 1' emoragia, vogliamo noi supporre, che questa debba attribnirsi totalmente alio sforzo grande , ed all' impeto eccessivo del san- gue, e non piuttosto ad una preternaturale lassezza, e friabilita dell'arteria, di cui gia ne abbiamo prove nella precedente rottura, che cagiono 1' aneurisma? Se cosi e, straniera afllatto all'operazione diviene la causa della sua morte, e non dee panto questo accideate scoraggir- ci, e tratteaerci dal teatare quelle legature della fe- morale le quali haoao fiaora spaveatati gli operatori. Ho voluto riportare le storie delle operazioni degli aneuri- snii da me eseguite col metodo anelliano dopo i felici tentativi di Hunter, ed altri riaomatissimi chirurghi, poiche credo, che da esse si potra dedurre argoaieato per coafermare sempre piii la prefereaza, che merita I quepto metodo sulT aatico metodo dell' apertura del sacco, e ':he di piii da quelle parlicolariia^ ciie i casi SULLA CURA DELL* ANEURISMA. 283 da me osservati possono somministrare, vi sia luogo a trarre un qualche lume per illustrare 1' argomento, die forma oggi giorno il soggetto de' studj delli piu illustri anatomici , e clmiirglii . * //ay a8/^ ^l/'HI ^. ^ y ■*;*■< 285 SOPRA UN NUOVO ISTRUMENTO IL GALLEGGIANTE COMPOSTO per misurare Ic velocita delle acqiie corrend al dl sotto della supeijicie. Dl ViNCENZIO BrUNACCI I riceviita ai a6 ottobie i8c5. § I. ij Tstrumento per misurare la velocita nei' di- versi strati d'lin'arqua corrente al di sotto dclla super- ficie, deDomiuato il Ca/leggianre co/nposto, e forniato di due palle d' egual dianietro, una delle cpiali e di gravita specifica minore, e Taltra maggiore deH'arqua, unite con una sottil cordicell^ di peso sprezzahile, e tali clie gettato quest' istruniento nell' acqua una palla si profonda mentre Y altra galleggia faj. La grandezza di queste palle e diversa secondo la larghezza delle correnti in cui si adopera Y istrnmea- (aj Mariotte c in vero il priirio rhe ahbia inimagiiiato di uniie la tal piisa due palle per ispiare le velocity inferiori; ma 1' istruinento non lia aviito alcuii successo per vin secolo inticro, <;iacchf' ne p;4li ii^ nitri vld- dero come da csso potcva esattamcnte aversi il qunnto preciso delle ve- locita uiedesinie, e come aduprarlo nei gran liuioi. 286 J3 U U N A C C I to: in generalc cssa c quella clie richledesi per po- ter scorgere distintamente dalla sponda la palla supe- riore, la quale per rendersi visibile bisogna che spor- ga fuori dell' acqiia uii picciol segmento. Nei nostri canali navigabili le palle del Galleggiante composto non avevano piii di qiiattro centimetri di diametro, e vo- lendo sperimentare in P6, la di cui larghezza e ta- luna volta al di la di cinquecento metri, si e fatto il diametro di tre decinietri e mezzo. § 2. Ecco come se ne fa uso: „ Si misura prima „ con un galleggiante semplice la velocita superficiale; „ sia questa denominata i>: in seguito gettando il Gal- „ leggiante composto nel fiume si misura la di lui ve- „ locita (facendone la spia la palla superiore), e que- „ sta sia denominata F. Chiamisi x la velocita dello „ strato nel quale trovasi immersa la palla inferior'e „ dello strumento, ed avremo sempre x=2F — v. II doppio cioe delta velocitti composta dlminuito delta componente in super ficie da I' altra component e del- lo strato inferiore . La profondita poi di questo strato e sensibilmen- te eguale alia distanza dei due centri delle palle; giac- che in pratica si e sempre riconosciuto essere di po- chi gradi 1' inclinazione della cordicella, e trascurabile affatto la sua curvatura. § 3. Si potrebbe anche tener conto dell' inclina- zione quando vi fosse sensibile misurandola con que- sto facilissimo metodo pratico. Si divide la superficie della palla superiore in tante zone di cinque gradi cia- SOPIIA IL CALLEGGIANTE COMPOSTO . 287 scuna pill o meno secondo la grandezza del diatnetro, f'acendosi queste zone di due diversi colori, alternati- vamente bianche e nere, per esempio; esse debbono essere in tal niodo segnate, che posto 1' istriimenio in acqna stagnante conseivino il parallelismo all'orizzon- te. Se nel tempo della sperienza s' incliiia la palla su- periore, tante zone si occuhano sott'acqua da una par- te, quante se ne scoprono dalT akra: cosi contando qiiante sono le zone clie si trovano fuor d' acqna da una banda e dalT akra, e prendendone la ineta della dillerenza, ci da questa l' inclinazione del filo. Noi pe- ro non abbianio avnto mai bisogno d' apprezzare que- sta inclinazione, e lo stesso e avvenuto a clii si e ac- cinto ad esperimcntare. § 4. 11 vantaggio princlpale di questo inio istru- mento, ch'e il solo col quale possano farsi grandi espe- rienze , consiste nel facile di lui nianeggio tanto nei piccoli canal\^conie nei gran finmi; e questo vantaggio non lo ha nessuno deo;li strnnienti immaginaii finora. lo me ne sono servito jier 1' esperienze die ho dovu- to fare in occasione ch progettare il nuovo canal navi- gabile da Milano a Pavia. Fra queste ve ne sono sta- te alcune per confrontare le poriate del JNaviglio del- la Martesana in luo2;hi diversi e ben distanti tra lo- ro, e la dilferenza di queste portate ha esattamente eguagliato la quantita d' acqna, che per uso d' irriga- zione si estraeva da quel tronco di canale, quantita della (piale se ne sapcva esattamente la misura . La qiu unita tavola presenta la figura di c[uest'istru- mento. § 5. Potrebbero le palle del Galleggiante compo- 288 B R U N A C C I sto esser aiiche diseguali; anzi, so vogliaiisi tutte le for- mole relative a quest' istruraeuto, si avianno iiella ma- niera seguente Chiaminsi a,6 i due raggi delle palle; p , q \e densita delle medesiine; r la densita del fluido; F la velocita del Galleggiante composto; V la velccita della superficie del lluido; :r qnella dello strato ov' e inimersa la palla inferiore; g la gravita; n il cos'i detto coediciente della percussione; a r angolo d'inclinazione del filo con Torizzontale; m la lunghezza del lilo clie uiiisce le palle, ed opcraudo a dovere si troveianno le due equazloni i' . . . . b{x~F) = a{F—v), a* . . . . (q — r) P —[r—p)u^ . La prima ci da x= —^ ^r-^ , e la seconda ci determina la gravita specifica d' uno dei due gb- bi, quando e data quella dell' altro. La posizione j)oi del filo ci e data dall' equazione 6 n r a (x — v) e la pro fond ita P a cui si trova la palla inferiore del Galleggiante composto sara P = 4g('---p) ^^ rn ^J\ln^r^{V-vY^,b^^{r~.pYa'\ 801'U.\ IL GALLEGGIANTE COMPOSTO. 289 Tralascio le considerazioiii cui danno luogo que- ste formole per la iiiiglior costruzione del Galleggian- te composto. § 6. Se nel Galleggiante composto aver vorremo rigiiardo a quel piccolo segmento della palla superio- re che riinaae fiiori di acqna, converra allora determi- nare qual palla dovrebbe prendersi in luogo di cjuella, perche restaiido iinmersa con iin certo segmento faces- se r ufllzio esattamente d' una palla intieramente som- mersa ed eguale alia inferiore: ecco le formole che sciol- gono approssimatamente il quesito. Posto a il raggio della palla inferiore; z quello della superiore; h r altezza del segmento fuor d' acqua; p la densita della palla snperiore se non dovesse restar fuor d' acqua alcun segmento, densita qui sopra de- terminata; s quella della superiore nel caso attuale, il cui rag- gio e z: T la densita del fluido; I : T il rapporto del diametro alia circonferenza, si trova I j a h La prima da prossimamente il diametro della palla su- periore, e la seconda il rapporto delle due densita del- le palle. In queste ultinie formole la quantita h vi e T. I. P. 2 37 2CJO Brunacoi considerata assal piccola iii confronto di a da poter- sene trascurare le potenze superior! alia prima. JNella pratica non e necessario tener conto della connessioiie die danno queste fonnole medesime. h/aj/ 2Q0 !/'ann{. J J 5^ -# ^^-^^r^ - ~Ai^T£.~\-ji: ■i^'-rJ^_sc"'^ "'^ ''-''f=^. (fiS) 391 OSSERVAZIONI SuW identlttL dl alcuni nuovl carat terl del Carbone con quelli de inctalli. Dl LuiGi Valentino Buugnatelli ricevute in scttembre 1806. N, ELLE mie OsservazLonl Chiinico-gali>aniche che ho aviuo r onore di comuiiicare ranno passato all' Istitii- to, ho aiiniinziato un nuovo carattere del carhone, quel- lo di associarsi per mezzo del galvanismo al Uogoge- re, hase estesissima dclle sostanze organiche, e di for- inare con esso un coniposto particolare distinto dal car- bone comune, che ho chiamato carbone Jlogogenaco. Egli e noto dalle interessanti ricerche sopra il carbone de'chiarissimi Fisici Senebier, Priestley, Foii- tdiin, e Ixouppc che qnesto conibustibile rovente qnan- do venga estinto nel vnoto rendesi atto ad assorbire varie specie di gas, e lo stesso gas (logogene, al qua- le sia niesso in contatto nelle ordinaiie temperatnre deir atmosfera, e che 1" assorjjiniento di c^iesro e soni- manienie pronto e quasi istantaneo. ]Ma dalle mede- sime sperienze risulta, che il gas llogogene si unisce al carbone seiiz' alierailo in alcun niodo ne' snoi caratte- 293 Brugnatelli ri fisico-chimicl, come io stesso ho potiito conforniare; c clie (li nnovo dal carboiie si sprigioiia il gas assorbito a 111! calore aiiclie infeiiore a qiiello delT acqua bolleiite. Per otienere il carboiif ll()[i;o2;f'nato in brevissimo tempo, seii7a ricorrere al galvanismo, sono riuscito col tullare il carl)one arJeiite nelT acqua fiiiche si sprigio- na gas flogogene. Porzione del llogogeiie nascente si combina col carbone, e lo convene in carbone llogo- genato, mentre che un' alrra porzione si gasifka asso- ciandosi con parte del carboiiio, con cui costituisce del gas ilogogene carburato. ]\Ja se il carbone si Oogogena, come si (logogena- no alcuni mefalli, esso, come questi, e anche suscetti- bile di termossidarsi, ed ecco un altro nuovo caratte- re del carbone de' piu singolari clie si conoscano. 11 carbone si puo termossidare galvanizzando per mezzo d'esso Tacqiia comiine dal polo positivo, cioe la dove-si svikippa il termossigene che nel suo stato na- scente si coniJiina al carbone teiiacissinuimetite. Questa coin])inazioiie si pno ortenere parimente con facilita per mezzo del gas ossimuriatico termossigenato. Basta a qnesto scopo, che il carbone eletromotore ri- manga immerso nel gas ossimnriatico termossigenato, e lasciarvelo alcuni minuti. 11 gas si decompone in con- tatto del carbone senza molta tlevazione di tempera- tura, e senza forma re un atomo di ossicarbonico; e in- tanto il carbone si approjiria il termossigene e si ter- mossida. Ahpianto ossimnriatico sem|)lice si trova po- scia libero sul carbone medesimo, di cui si puo libe- rare tergendolo nell' arqna pnra. In luogo di ossimuriatico termossigenato ho usato SPORA NUOVI CVRATTERI DEL CAREONE CC. 2()j con egual siiccesso dell'ossiseptonico, il quale come ho dimostrato altrove fjj, e ricco di termossigene. II car- hone elettromotore ininierso in quest' ossico concenira- to si termossido cotne un inetallo alle ordinarie tem- perature deir atmosfera, e quindi sprigiono nello stes- so tempo r ossido di scptono che si e potuto raccorre uelle campane sotto forma di gas. Col riscaldare T os- siseptonico concentrato sopra il carhone in vasi chiusi ho ottenuto, in grande, il inentovato gas purissimo. Se il carbone termossidato nell' ossiseptonico fosse pregno di quest' ossico indecomposro basta lasciarlo esposto air aria finclie 1" ossico sia fuito decomposto, e il carbone reso aOatto insipido. Si puo anche saturare 1' ossico libero esistente nel carbone col rudarlo in una solnzione di potassa, ma quest' artifizio c per lo piu inutile. La luce promuove in particolar maniera la decom- posizione dell' ossiseptonico sul carbone: imj)erocche i carboni bagnati d' ossiseptonico ed esposti alia luce del sole schiudono del gas ossido di septono,' e quindi si rendono alVaito insipidi termossidandosi egregiamente. In conferma di quest' osservazione ho posto de' pezzi di carbone nell' acq ua leggiern)cnte ossidula d' ossisepto- nico raccolta in una campana di cristallo capovolta so- pra lui tondo pieno della stessa acqua, ed esposta al- ia Ince del sole. 1 carboni erano stati dianzi imbevuti deir arqna ossidula, e quindi privati dell' aria ospitan- te nella loro porosita, ed occupavano il fondo della (ij Vedi i no.-ui Elciiiciui di Chiiiiiia sccoiida edizioiie Pavcsc in q'lattro Vol. 294 B 11 1; C N AT D L L, I canipana . L' evoluzione gasosa fu pero incessante per tie gionii consecutivi, e qiiindi cesso aflatto. Esamina- to il gas raccolto V lio trovato gas ossido di septono purissimo. L' acqua ossidula si era resa aiTatto iiisipi- da, il carbone inanifestossi pure insipido, ma si trovo assai bene terniosidato. 11 carbolic termossidato noii e sensibilmente alte- rato ne' caratteri lisici, eccettoche si auinenta di peso cornspondente alia quantita di termossigene a cui e unito. Esaniinato pel carattere elettromoiore col coii- dciisatore e coll' elettronietro esso diede alio zinco la- niinato 8 gradi all' elettronietro, meutre il carbon ver- gine dava alio stesso mctallo circa ^ gradi, e il car- bone ilogogenato sokanto 7 grado. Ora esplorando sul- la lingua il carbon vergine col carbone Ilogogenato, qnesto dispiega un acuto saj)or ossico, ed e positivo, laddove si nova senza eqnivoco il polo positivo nel carbon vergine messo a contatto del carbone termossi- dato. Le rane preparate in parte pel galvanismo si scuo- tevano vivamente poste col dorso su d'nn carbon ver- gine quand' esso vcniva a contatto del carbone Ilogoge- nato, o termossidato posto sotto alle gambe o alle coscie. II sig. Volta dietro esperienze eseguite con qnella esattezza clie tanto lo distingue ha ora eretta una nuo- va tavola di ELcttromotorl solidi ove il carbone termos- sidato si trova alia testa. La sua tavola e la seguente Carl)one termossidato Oro termossidulo SOPUA NUOVr CAllATTERI DEL CAIIBONE eC. 295 Termossido di manganese cristallizzato Carbon seniplice Oro Argento Platino Eame Ottone Oricalco Bronzi varj Ferro Aniinionio Stagno Pionibo Fogli stagnati Carbone llogogenato Zinco Restava a sapere se il (logogene nascente detcr- mossidava il carbone, com' esso determossida i metal- li. A cjuesto fine bo posto un pczzo di carbone ter- niossidato da cui s' era sprigionata V aria inierposta al- ia di lui porosita col tenerlo tnffato nelT acqna, e llio accoppiato a un pezzo di zinco legando la co[)pia con iHi Illo di seta: un altro pezzo di carl)one terinossida- to e spogliato pure d' aria bo posto a contaito di una lasua di pionibo collo slcsso ariilizio. llo immerse le 396' 13 U U O N A T E L L I due copj)ie in due vasi d'acqiia comuiie sepatati, ove soiio rJiuaste otto oie di se;;uiio lUio al moiiiento in cui mi sono accorto die si era forniato del teiniossido nie- lallico in aniendue i recipienti. La tein|)eratnra atino- sferica trovavasi a 16 gradi sopra il zero del termo- iiictro di Ilcaumur. Levate dalT acqua le coppie si tro- v6 il oarbone inticraniente deterinossidato si nell' una clie ueiraltra coppia. In quest' esperienza non si e ve- dnto mai sviluppo di gas di sort'alcuna, se non (jnan- do il carbone trovossi deterniossidato. Allora porzio- ne del llogogene nascente si utiiva al carbone, e porzio- ne acquistava 1' abito gasoso, e facevasi strada atira- verso r acqua. Welle mie sperienze cliiniico-galvaniche io fatto aveva il progetto d' innalzare una pila vegetabile, soli- da con dischi di carbone flogogenato accoppiandoli ad altri disclii di carbon vergine, e interponendo a cias- cuna coppia i dischi di cartone bagnato, come si co- stuma nella pila Voltiana. INla le ultime ricerche intra- prese su questo argomento in compagnla de' miei dot- tissimi colleghi Volta e Conjigliacchi appieno mi han- no convinto, die il carbone flogogenato e di brevissi- ma durata, e quindi inopportuno a quest' oggetto . Mag- gior vantaggio ci prometteva il carbone termossidato, e per essere permanente in questo stato, e per esser^ assai lontano nel grado elettromoiore dallo stesso car- bon vergine. A un dipresso ei sta al carbon vergine, come il rame sta alio zinco. Difatti avendo innalzata una pila di varj dischi di carbone termossidati e ver- gini coir interposizione di dischi bagnati d' acqua sem- plice ne abbiamo oitenuti de' segni d' elettricita assai 60PU.V NUOVI C.VKATTERI DFX CIRBOXE CC. 2y7 forti, seiiipre relativi al nuinero delle coppie die fur- luavaiio la pila. I.a facilitu con cui il carbone si termossida e (lo gogena in coiiiatto dell' acqiia clie si decouipone col galvanismo, secondo die esso trovasi dal lato termos- sidante o llogogenante, mi fece argoinemare die col so- lo carbon vergiiie si sarebbe avuio una di quelle pile die Bitter cliiama pile a caricare. A questo fine s'in- nalzo una pila- di 20 dischi elettromotori di carbon vergine interponondo a ciascun disco un carbone ba- gnato d'acqua seinj)lice. Si e collocata questa pila per se stessa inatiiva sul piano del polo positive d'una for- te pila Voliiaiia divisa in due colonne coinunicanti in- sieme, e per mezzo d'una lamina metal) ica, die parti- va dal disco superiore della pila di carbone, si fece co- municazione col polo negativo della pila metallica. Do- po un' ora si levo la pila di carbone dalla pila Vol- tiuna, dolla quale ficeva parte, e si trovo molto pin attiva e forte della pila a dischi d' oro descritta dal sig. Ritter. 11 carbone, anclie a questo riguardo, supe- ra r oro medesimo. L' attivita della mentovata pila di carbone e pero di breve dnrata, come sono le pile a caricare metal- liclie; imperoccbe la faccia del carbone llogogenato si dedogogena coUa maggior facilita e quindi rendesi i- nerte . I nuovi ])unti d' analogla scoperti fra alcuni ca- ratteri del carbone e quelli de' meialli mi spinsero a rintracciarne dtgli altri. Ho voluto vedere, a cagion d' esempio, se alcuni mctalli nel loro stato, diro cos'i, uascente si sarebbero combinati alia superficie de' car- T. J. ,P. a. 38 ',^, ec. a dimensioni m — i ,im^- ij,3m — I, ec. finclie queste dimensioni si inantengano non maggiori di n{in — i ). Cosi resta costrutta la for- mola, che quando sieno determinati i coefTicienti indeter- minati divcnta il ricercaio reciproco. A determinare que- sti coellicienti basta moltiplicare la formola costrutia per la formola proj)osta, e ordinare i termini del prodorto in nianiera che il comj)lcsso di tntti quei che sono af- fotii nello stesso modo da radicale, costituiscano un so- lo termine. Imperciocche rappresentando cjuesto prodot- 3o4 Ci \ N T E U ^ A N I to la formola razionale, che risulta dalla inoUi])licazio- ne (lella formola proposta pel suo rcci[)roco, coiiverra die ciascuno de' termini , che soiio atletti da radicale, sia =0, e rimanga il solo termine, die nou e afTetto da verun radicale. JNIctteiido pertauto =0 ciascuno di que' termini si ottengono taute equazioni, una mcno , quanti sono i coellicienii indeterniinati, uno de' quuli resta arbitrario. Ha questo metodo il vantaggio, che qnaiido la for- mola proposta ha qualche coppia di radicali,che mol- ti[)licati insieme danno un ])rodotto razionale, la formo- la del reciproco riesce di dimensione inferiore alia di- niensione, a cui ascenderebbe col metodo del AVaring. Ma anch'esso somministra il reciproco non preciso, ma moltiplicato per una formola razionale, quando la di- mensione del reciproco dee essere inferiore a quella del- la formola proposta. Riesce poi in questo metodo per lo pin assai malagevole la determinazione dei coeffi- cienti indeterniinati, e cio forse in grazia del coefficien- te arbitrario, il quale all' ultimo sempre sparisce, e ap- punto perche sparisce mostra di essere superlluo. 11 metodo del sig. Canonico Saladini ammette an- ch' esso i coefRcienti indeterminaii, ma non ne lascia veruno arbitrario . Vuole che si finga un' equazione a coefficienti indeterniinati del grado , che risulta dalla moltiplicazione degl'indici de'radicali; che quest' equa- zione si divida per la formola proposta, e che nel re- sidue della divisione, che dee essere =0, sia eguaglia- to a zero ciascun complesso di termini alTetti nello stes- so inodo da radicale. Questo metodo , che sembrami il piu diretto, rie- DE'uECIPROCI DELLE rORMOLE IRRAZION'ALI 3o5 see anche il piu semplice nel caso che i radicali noii abhiaiio tutti lo stesso inJice, ne tra essi se ne trovi qualche coppia consisteiue in clue radical!, che inolti- plicati iiisieine pioJucano un razionale. Fuori di que- st© caso tiovo ancor piu semplice il calcolo proceden- do col inetodo, che passo ad esporre. llappresejiti X-^-Y la formola, di cui si vuole il reciproco, dove X sta in luogo dclla parte razionale di essa, se vi e (se non v'e sara A=o), e Y in luo- go della irrazionale. Suppongo sempre, che i termini della parte irrazionale Y ahbiano gia, o sieno ridotti ad avere la forma radicale piii semplice, che possono avere ; onde non si trovi a cagion d' esempio v/a* , 3/ . 3 V 6% ma in loro vece ay/ a, by b. Cio posto quan- do i radicali , il cui numero sia n abbiano tutti lo stes- so indice, che denoto per m, ne vi sia veruna coppia di raroco; onde dobba potersi dividere per X-^Y senza avanzo. Ma fatia questa divisioue avanza dove il segno superiore vale qnando h e numero pari, r inferiore quando k e dispari: duntjue quest' avanzo dee essere =^o. T. I. P. 2 3o 3o6 Canterzani Qaando aJunque la formola proposta abbia le con- dizioni acceiniate di sopra, faccio lo potesta della par- te irrazioiiale indicate nella fonnola (H), e le sostituis- CO nella formola stessa disponendone i termini cosi che quelli che sono alio siesso modo affetti da radicale, co- stituiscano un solo termine. llisultan cosl tanti termini, quanti sono i coellicienti indeterminati; onde ponendoli ciascuno =0, vengonsi a determinaie i coellicienti tntti, i valori de'qnali posti nella formola (I), e fatte le po- testa della j)aite razionale della formola proposta ivi indicate, nasce la formola razionale, che contiene il prodotto della formola proposta nel suo reciproco. Qiian- do voglio il reciproco trovo piu comodo di fare la di- visione della formola razionale nell'esposta maniera ot- tenuta per la formola data, poiche la formola genera- le del reciproco, cioe il quoziente della divisione della formola generale (I) per X-^ Y, riesce moko composta, e per servirsene converrebbe oltre le potesta della parte iirazionale rappresentata per Y, che sono contennte nel- la formola (II), fare anche tutte le potesta intermedie. Chi nel caso, di cni parliamo, ammettesse nelle formole generali (I), (II) anche le potesta intermedie alle ivi notate, introducendo altrettanti coefficienti in- determinati di pin, dopo un calcolo tanto piii laborioso troverebbe air ultimo gli stessi risultati, perche tutti i coefiicienti introdotti di piii riuscirebbero =0; percioc- che i coefiicienti, che si trovano in qnei tra i comples- fii di termini che si pongono =0, i qnali non conten- gono verun termine privo di coefficiente, cioe verun termine appartenente alia potesta y*, debbono neces- sariamente riuscire =0. de'reciproc.i delle formole irrasionali 3o7 Ma se i radical! contenuti nella parte irrazionalc y non abbiano tmti lo stesso indice, o se abblano ben- sl lo stesso iiidice, ma se ne trovi qualche coppia, in cui due radicali iiisieme moltiplicati dieno un prodot- to razioiiale, nelle due tonnole (I), (II) pongo in luo- go di /7i I'uiiita, e in luogo di k il prodotto di tutii quanti sono gl'iridici, ammettendo in questo prodotto un medt'simo indice piii volte, se per avventura appar- tenga a piii radicali, purche non accada, che due ra- dicali sieno tali, che insiemc moltiplicati prodiicano un razionale, poiche tali due radicali si debbono riguar- dare come un radical solo, e il comune loro indice non due volte, ma una sola volta dee entrare neir es- ponente A. Se nella formola proposta manchi la parte razio- nale indicata per X, allora e chiaro che T sara il pro- dotto della fortnola proposta nel suo reciproco. E per- cio costrutta la foruiola (II) siccome T" entra solamen- te nel complesso di que' termini, che non sono affetti da radicale, cosi si potra avere risparmio di calcolo, poiche bastera trovare i valori di cpie' soli coefficienti indeterminati, che in quel medesfmo complesso di ter- mini hati luogo. Puo succedere anche in questo metodo, che il re- ciproco, che si ritrova, non sia il reciproco preciso, ma lo conteuga involuto, cioe tnoltiplicato per uua qual- che formola razionale. Cio accade sicurameute, quan- do avvenga che il reciproco preciso debba asceudere a luia dimensione inferiore a quel la della formola propo- sta; poiche e manifesto che qualunque si teiiga dei me- todi qui esposti, il reciproco, che si rinviene, ascen- 50o C A N T £ K Z A N I fie necessariamente a dimensione piii alta di quella del- la forniola proposta. Percio sara opportuno il dispor- re i termini del reciproco ritrovato di maiiiera die tiit- ti quei, che sono alio stesso modo all'eiti da radicale, cosiitiiiscano iin terniine solo; indi tentare 8e due qua- luiiqiie di questi termini, prescindendo dal radicale ad cssi aiinesso, oppure uno di essi, e il prodotto ricava- to dalla formola (I), ammettano un comuiie divisore; poiche se lo ammettono, dividendo per esso il recipro- co ritrovato si avra nel quoziente il reciproco preciso, cioe espresso ne' termini i piu semplici possibili. IVlolti degli usi , che possono avere in algebra i reciproci delle fomiole irrazionali, si trovano esposti da^li autori da principio citati nei luoghi ivi iudicati. 3o9 DELLE TORBIERE csistentl ncl Di parti mento cV Olona^ e limit roji , e da loro vantasai cd usi. RACIONAMENTO Di Caiilo AuroiiETTi prcsentalo in ottobre i8c6. INTRODUZIONE L E continue e ognor crescent! qnerele degli abitanti di questo bel paese sulla scarsezza delle legna s\ per r uso domestico che per le arti: querele che haimo a se chiamata 1' attenzione del provido nostro Governo, e data origine a savie leggi sulla conservazione, e sidl' aumefito de'boschi, banno in questi ultiiui tempi ri- cbiamate al pensier mio le ricercbe negli scorsi anni da me fatte sugli altri combustibili, cioe i Litantraci e le Torbe, cbe noi abbiamo in grandissima copia, e die potendo alle legna sosiitnirsi, qnalora usar sen vo- glia, non solo di quelle cbe ci restano faranno oppor- tuno risparmio; ma daranno comodo ai boscbi di rac- quistare vigore, e alle nuove piantagioni, cbe per ogni dove si meditano, di cresccre iutaite; e al tempo stes- 3lO AlSrORETTI so un facile e men dispeiidioso fnoco somministreran- no alle maiiiiatture e alle arti, e anche alia domesti- ca econotnia. E per r amore die sempre ebbi per le arti utili, e per dovere delT impiego mio quando era Segretario della Societa Patrioitica ciie di qiieste occupavasi uni- camente, dopo d'aver conosciuta la naturae 1' uso del- la Torba, che assai piu del carbon fossile abbonda, lion risparniiai studj, ricerclie, e viaggi per istruirmi intorno ad essa , sia per conoscerne le locabta , sia per esaininarne 1' indole, sia per vedere in qual modo se ne possa trarre il maggior vantaggio per gli usi diversi. Di tiitto cio trattero in qiiesto ragionamento, e di- videndolo in tre parti, parlero nella prima delle tor- biere a me note die nel Dipartimento nostro e ne li- initrofi abbiaino: quindi, traendo le notizie da qnanto ho vednto letto e udito, esporro nella seconda i van- tag*^ i die ricavare ne possiamo; e nella terza indicbe- ro 1 nie'^zi piu opportuni [)er introdurne V uso presso di noi. Varrommi s[)ecialmente degli scriiti degli anii- ci niiei Asqaino (a), e Fonis fbj, le torbiere de qua- li aiidai a visitare a Fagania oltre Ldine, e a Galzi- gnano ne' colli Kuganei; e piu ancora dell' opera del mio ill. collega Prof". Cav. Pini fcj, il quale moire tor- biere della Lombardia ba.esaminate, e delle nostre tor- (a) Discorso sopra la scoperta e gli usi della Toiba ec. del Co: Fabio Asquino St!;r. drila Societa (VAgiicoUnra. Udine 1770 presso Galliri, in 8. (h) Delia Toiba che trovasi appi^ de' colli Eiiganei ec. deU'Ab. Alber- to Fortis. Venezi^ presso Palese 1795 in 8. (c) Della nianicra di preparare la Torha , ed usarla, di Urmcnegildo Pini. Wilaiio, presso Marelli i7o5 in 8 Fig. DELLE TORBIEUE CC. 3ll be ha fatti non solo sperimenti ed analisi ma v'ha pur- aggiuiiti i calcoli sui vantaggi che arrecar ci j)otreb- bono, e indicati* i mezzi per allontaiiarne gli ostacoli . Le osservazioni. It; ricerche, e le sperienze ultiinamen- te fatte da altri e da me sono cio che aggiugiierovvi del mio, corredando 1' opera di qualche disegno per una piu facile iiitelligenza. PARTE I. Indicazlone dclle Torhiere che sono nel Dipardinento d' Olona , e ne' Umitroji . I. Chiunque ha qualche nozione della Torba sa cssere questa un ammasso di vegetabili, per moki se- coli nati, caduti, e piii o meno iiifraciditi in fondo a paludi, misti a terra, a un alcali volatile, a un olio piu o meno denso, e sovente anche a sostanze resino- se e bituminose. V e pertanto probabilita di trovarne ovunque sono o furono paludi. Un estensione immen- sa di luoghi torbosi dev' essere in tutta la valle del Po, e speciahnente ne'conliui meridionali della vetusta In- subria, ove al dir di PUnio (a) quasi tutto il piano era bosco, piu al pascolo de' maiali destinato che all* agricoltura; equindi,pel trascurato corso delle acque che lo inondavano, specialmente alio sciogliersi delle nevi, esser dovea palude. Sin dal 1776 10 ebbi occa- sione di localniente esaminare la Torbieia d' Oggiono, (a) Histor. lib. li. 3 I a A M O 11 E T T ( e sperimentanie la toiba. Vidi qnintli adoperata, e ado- perai io siesso in im cammino di Franklin, la torba d' Angera. Occasioiie mi si presento in seguito di ve- der iisata in molti fornelli e in piccola furnace la tor- ba di Chignolo; e volendo poi scrivere il Fiaggio ai tre Loghi procurai, si interrogaiido gli uomini, che esa- niinando Je terre, di fare tali ricerche e indagini per cui di gran numero di torbiere ebbi notizia. Di que- ste ora parlero partitamente; e per procedere con or- dine geografico coinincierb dalle torbiere meridionali ri- guardo a Milano; e andando in giro per la via d'Ori- ente, ranimentero quelle che abbiamo a Settentrione, le quali sono le piii iiumerose; e liniro con quelle che abbiamo a Occidente . L' annessa carta Topografica (tav. 1 ), ove la lettera T indichera Torbiera, servira di guida. Qualche cosa in ultimo accennero intorno ad altre piu note, sebbene loiitane, torbiere del Regno Italico. 2. Se v'abbiano torbiere fra Milano e Pavia nol so. Quello che diro parlando a proprio luogo (num. 27) della valle di Ticino lascia ben credere che vi sen deb- ba trovare. Ve n'ha certamente, ed io ne vidi nel 1783 presso il confluente di Ticino e Po. Una gran torbie- ra vidi pur allora alia Torre de' Negri presso Belgio- ioso; e la vidi poi tutta o quasi tutta corrosa, e via portata dal Po, che s'ingoio pure quasi intero il men- tovato Villaggio. 3. Nel 1785. essendo a Chignolo co' Signori Cu- sani sospettai, per la nerezza della terra e per le cir- costanze locali, che il sottoposto fondo fra Chignolo e'l Bissone, fra 1' alta sponda che costeggia il bel col- DELLE 'JOKCIEllE CC. 3l3 le di S. Colombano al iiord, il Vo al sud, e '1 Lam- bro air esf , fosse per la niassima parte iorl)OS(). Me rte assiciuai tosto al solo ji^uanlar la terra tratta dalle fosse die faceaiisi per dure scolo alia acque di que' foudi idiginosi; e ine ne acceriai maggiormeiite iie' se- gueiiti anni, qiiando il sig. del luogo ordino a quest' og- getto degli scavi in alcune parti di que' bassi terreni; e aveudo fatta adoperare quella torba ne' foraelli da seta, opportuna aU'uopo trovolla ed econouiica. Veda- si al luiiu .35. 4. Lungo il Lambro, come lungo 1' Adda, nella parte tbe al To s'avviciiia esservi devono delle torbie- re, poicbc ve n'ba, come vedremo, nella parte supe- riore. Forse ad una scomposizione di sostanze vegeta- li devesi quell' aria che in gran copia e incessantemen- te svolgesi da profonda fossa conica alia sinistra del Lambro, all' est del mentovato colle di S. Colombano, presso il gran canale de'signori Cusani, die il fmme at- travversa : luogo die die origine alia importante sco- perta dell' aria iufiammabile delle paludi faj. V lia j)ro- babilmente della torba nel luogo detto i Silleri, don- de si vuole ora trarre un canal d' acqua per 1' irrigi- zione del basso Pavese. Ala quel luogo io non visitai. 5. So che risalendo 1' Adda nel basso piano ove Tuolsi che auticamente fosse il lago Gerundio, detto or Gera d' Adda, v'lia delle torbiere descritte sin dal 1771 dal sig. Conte Annibale Sanscvcriiio Viincrcad (bj, uua (u) Lcltcic (lei sii;.^U. Alcnaniiiii t- ullit ni/t'itiut in/iuinniubilc iia- Hkq drilc Piiludl . Milano, presso Waielli , 177+ in 8. (b) Delia Toiha . Mmioria dv\ si};. Coiue Annihalc Viincrcari Stinse- vcriiin. Creina, prcsio Carcaiio i''"'i in ^. T. I. P. 2 40 5i4 Amoretti delle quali pochi passi distaiite dalla citta di Crema, formata in gran parte di rronchi d' albeii; e V altra e a Pandino, liiogo non lontano, coniposta d' erbe pa- liistii, la quale molto estnidcsi in tutti que' bassi con- toriii: ed e lui eccelleute coinbustibile, come il men- tovato bencinerito auiore colT esperienza d' alcuiii an- ni se n' e assicurato. 6. Risalendo verso il nord fra 1' Adda e '1 Lam- bro, ove tnolte collinette lasciauo fra loro degli stagtii, e piu ne lasciavano un tempo, esser vi deve della tor- ba, e ve n' ba. lo iie bo vediita e fatta scavare ne'fon. di uliginosi detti il Caventlone sotto Cernusco-Lombar- doiie. Se il dabben' uomo , cbe prima di me l' avea jperimentata umida nella sua cucina, non si fosse spa- veiitato dair odore e fumo incomodo, e avessela ado- perata ben secca e in ben costruico foruello, forse in vece di flirla detestare avrebbene raccomandato 1' use; e sin d' allora sul suo autorevole esempio se ne sarebbe tratro vantaggio per le molte lilande cbe sono in que' contorui. V e pur Ii vicina Valfredda sotto Montave* gia, cbe sommmistrando buona atgilla per mattoni e tegoie, odre ampio consuino di combnstibile. Ivi tro- varonsi sepolti de' grossi troncbi di Legno infracidato, die tagliavasi come l' argil la stessa; ma, seccato prese forma e consistenza di legno. Forse e qui pure una torbiera; ma io non ne conosco altro indizio. E' rimar- cbevole il Legno fossile cbe trovasi sotto V argilla, del cbe avro occasione d'addurre altri eseinpj. Sospetto di torbiera v' e pur sotto Maresso, e sotto Missaglia ; c piu ancora presso il Lagbetto di Sartirana . 7. INella sponda orientale del Lario non conosco DELLE TOnniEUE CC. 3l5 torbiere (tranne quelle di Valsassina mentovate anche dal ch. Prof. Pinl) siuo al Piano di Colico. Cola ve n'ha una die vuolsi estesa a 10,000 pertiche col la pro- fondita di braccia Milaiiesi 3 7 cioe di piedi 6 '-. As- sai la coiumenda, e pel non molto spiacevole odore , e per 1' aitivita e per la durata, 1' Autore della Istru- zioue sulla Torba, e sal Carbon fossile pubblicata nel 1775 j)er ordine del Governo, (aj e la reputa simile alia ini^lior torba Olandese. Osservb poi il mentovato Pini essere quella torba „ bruna, fosca, fitta, di me- „ diocre peso, clie non si accende facilniente, nia quan- „ do vi si e incamminato il fuoco forma una fiamma „ e produce brage atdve e durevoli , e regge all' azio- „ ne del mantice,,. Ognun comprende come nello e- istraerla giovar si potrebbe ai fondi uliginosi e all' aria malsana di quel Piano; e quanto, attesa la vicinanza del Lago, ne sarebbe facile il trasporto . 8. La Vakellina ba pur essa varie torbiere; ma sebbene , percorrendo quella valle nel 1782, abbiane congetturata I'esistenza, pure, non avendone fatta noia allora, ne trovatane poi notizia akrove, non saprei ora indicarle. Non difficil cosa pero sara il rintracciarle e '1 rinvenirle ne' molti fondi uliginosi che sovente ne guastan 1' aria , e presso i frequenti laglietti che or nella Mera or nell' Adda immettono . Lo stesso dicasi delle ])aludi cliiavennasche . So che v' ha della torba, e s' adopra sulla vetta di quelle Alpi, e nominatamen- te al monte Spluga, e alia Motta, ove le Legna man- cano . (a) Milauo, presso Caleazzi 1775 in 8. 3i6 Amouetti 9. II nianiijolo monfagnoso , che snl Lario divide il ramo di Lecco da quel di Como , lia pur esso una torbiera , scopcrtasi nel 178a, e la ha sopia Nesso, aiizi popra Valleso in liiogo alto dal Lago, secoiido il ch. Pint ^ •04'^ braccia inilanesi, all' ovest del Piaii de*l Tivaiio, riiiomato per T erbe utili alia inedicina e alia arti come pe'bei fiori estivi; e clie probabilinente e 11 na torbiera aiicli' esso non avendo le acque che vi ca- dono altra iiscita che il buco o pozzo detto di Nico- lina, oikV e ben probabile che negli antichi tein[)i vi sragiiassero. La torbiera tli Velleso 6 in qualche parte composta di cadiiti tronchi di abeti , che, sebbene al moinento dello scavo sembrino fracidi, pur secciii rac- qnistano colore forma e durezza legnosa, e in parte di radici, rami e foglie d'erbe, ed e d'eccellente ipialita. IjO strato di torba sta sopra uno strato d' argdla, e a quesu) un altro strato di torba succede. DtdT uso fat- tone parlero al nnin 35. 10. Ben pill comode, piu ampie e piii vantaggiose sono le torbiere poste a piedi de' monii compresi fra i due surnmentovati rami tlel Lario al mezzodi fra i mon- ti stessi e i colli Brianzei neirantico caiino deU'Enpili che Plinio (a) paragono al Verbuiio, al Lario, e al Be- naro pel Lambro che vi si spandeva e n'usciva; il quale era in angusti laghetti e diviso. Cominciando dalla par- te orientale vi si entra per Valmadrera lungo 1' eiuis- feario de' la2;heiti d' Annone e d' 02;2;iono . Intorno a questi v' ha circa 1000 pertiche di terreno torboso, e questo, che trent' anni fa era tutto fondo comunale, ap- (a) Hist. Nat. lib. 3. cap. 19. DELLE Tonr.iEnE cc. S17 partien ora f>er la massima parte a diversi Proprieta- ij, e p;irte ancor ne resta da livellarsi o vendersi dal- le comuiiita litnitrofe. Osservo Pini clie la torbiera de' Pascoli di Bosisio ha d'aliezza 3 braccia, quella d Og- j;iono br. 27,6 f|iiella d' Aniione br. 2. Con qiiesra torba lece il tb. Piol'essore moke delle sperienze, delle cjiiali avro occasione di ])arlare ])iu sotio. D' una par- te di quehta torbiera, cb' e presso il villaggio di Siro- ne, fece nienzione il benemerito sig. Ciirato Beretta in un ragioiianieiito cbe presento alia Societa Patriottica di cni era mernbro (a). Essa ba tntto il comedo pe' trasporti, essendovi biione strade carreggiabili pel mon- te di Brianza e pel Pian d' Angera, e qiiella d' Aroiia caclea, non avea tutto corroso ancora lo scoglio calcare die lo conteneva. Allor fu che le erbe palustri vi crel)bero, e vi perirono per jnokissimi secoli, e forse ivi a colmare quel cariale preci- piraroiio dal nionte i hoschi, de'quali troviarno de'vestigi lie' grossi tronchi di pino aniieriii ([ual ebano, che giac- ciorio sotterra in mezzo alia torba. Dal coUe, al cui pie- de stanno Angera al snd e Ranco al nord ovest, sino alle sumnientovate ahnre orientali , tiULo il fundo e torboso; ma la porzione men bassa di questo piano e da lungo tempo asciutta in njodo cbe benissimo si presta alia col- tivazione. Tal parte non conviene scandagliare ; perche pill della torba mili sono qui il vino, la seta, il grano , i legumi e '1 fieno istesso. Ma v'lia ancora un amplissimo fondo die sol prodnte inutili giunchi e ciperi, e altre poco men cbe inutili erbe palustri . Di fatti clii va da Sesto ad Angera vede oltre Lisanza quanta parte di Lago occupano i ginncbi . In questa , nel luogo detto le Bruschcre, sino dal 1774. fece cavare molta torba il benemerito sig. Canonico allor proposto d' Angera Caldarini . Essa e formata di vegetali quasi interamen- te disfatti.. Buona pure, e pin comoda, perche meno immersa ndl' acqua, e qnella che sta sotto Capronno. 2S. Ma trovo>si in segnito piii abbondante e piii comoda la torlja che e nel contiguo podere del sig. Cav. Borromeo , quasi nel centro di quel piano . Essa e a un piede incirca sotterra ; ed ha piu di tre piedi di profondita in ogni luogo ov' io la provai con opportu- no scandaglio. Piu volte, e specialmente in quest' an- no, di consenso dell' ottimo e generoso Proprietario, io ne feci scavare, e sperimentare . Esporro piu sotto in 326 yVwORETTI che modo, c con qnal successo ; e Ixistera qui dire che opportunissiina ed economica fii trovata pe' fornelli da seta, per le distillazioiii, le svaporazioni ec. Aggiunga- sl essere qnesta torbiera comodissima, attesa la sua po- sizione; poiche da due fianchi ha il Lago,ove agevol- niente s' imbarca, o ad Angera trasportisi o a(i In- cuassa; e nou sarebbe dillicile Ibrmare un cauale del cavo stesso da cui la torba si estrae, onde questa su piccola barca portare al Lago direttamente; e quiudi pel Lago, pel Ticino, e pel Canal navigabile (il Na- viglio grande) trasportarla a IMilano; e trasportarlavi 6u zattere, onde considerevolmente diiniuuire del tras- porto la spesa. a6. Navigando da Sesto sul Ticino sino al teste mentovato Canal navigabile, ove parte del fiume deri- vasi per Milano, non bo veduto luogo di probabile torbiera se non a Marano o Varal-pombia, ove so che da colti Proprietarj di que' fondi farannosi le opportu- ne ricerche ; e daddove, se si ritrova, piu facile anco- ra saranne il trasporto a Milano; poiche tosto di cola s' imbocca il Canale . 27. Ben trovai della torba nella valle del Ticino, andato essendo ad indagarla col coltissimo sig. Cagno- ]a in un esteso suo fondo a Ozeno non lungi da Ab- biato-grasso. Vedeniino nella piu parte de' campi e pra- ti ubginosi, ove facemmo de'saggi collo scandaglio, or uno ora due strati di torba frarnmezzati da uno strato di fina ghiaja. Egli proponsi di fame esteso scavamento e sperimento. Fummi da piu d'un barcajnolo detto che simil sostanza, ossia terra nera composta di radici, vede- si ancor piu al sud stratificata nelle sponde che, il Ticino DELLE 'JOUlilEKt CC. ^2J corrode; ma non ebbi sinora occasione di verlficarlo. 28. Sono queste le notizie che bo potuto racco- gliere dalle osservazioni mie e dagli altrui rapporti sul- Ic corbiere del Dipartiinento nostro e de'liinitrofi. Mol- te sicuraniente avronne omesse; ma le indicate bastano per far conoscere die una quantita di combusiibile immensa e trascurara abbiamo, con cui al gran con- sumo the se n'fa abbondantemente snpplire , serbando e Legua per que' soli luoghi e per quegli usi , pe' quali la torba non convienc, non piace , o non basta. 29. Analoghe ricercbe latte in altri paesi ci da- ranno, cred' io, analogbi risultati. Una bella Disser- tazione dell' aniioo mio e collega il sia;. Prof. Maironi da Ponre a nie diretta, e inserita nel Tom. XI 11. del- le Memorie della nostra Societa Italiana delle Scien- ze, ci fa conoscere la torbiera di Cereto in Valle Se- riana, da cui le vicine filande di seta gia in quest' an- no trassero molto vantaggio. D' uii' altra torbiera , cbe sta ne' contorni del Lago d' Iseo, fa menzione il cli. Pilatl (a). INotissima e ora la miniera di combustibi- le di Gandino nel Dipartimento medesimo, cbe e pur essa come quella di Maggiora (V. il num. 2.3), una selva d' alberi resinosi roversciata e sepolia, da cui grandissimo profirto gia si ritrae. 3o. Ho pur inteso, che il ch. Prof e mio collega Dclanges^ incaricato d' esaminare i fondi peVjnali vor- rebbesi scavare un canal navigabile che le acque del Dipartimento del Mella congiungesse al Po, fondo tor- boso incontro in molte parti . So che se n'trova molta (a J Stoiia Naturale Biesci.^iu Biescia 1769. ;328 Amokltti neir aiitico alveo del Tartaro, e che ve n' ha ne' con- torni di Peschiera- 3 1. Non ho precise notizie del Cremonese , ma so che air opposta spotida del Po , sul Parinigiano , v' ha molta toiba ; ed io ne vidi e ne sperimentai pres- so Vicamero ne' ibndi del mio amico coko e \alente Agronomo sig. Conte Schialfiuati, gla Primo Maggior- domo deir ultimo Diica di Parma. Qiiindi e ben pro- babile che ne abbondino i Dipartimenti delCrostolo del Panaro , e del Reno , ed altii ne' terreni al Po con- tigui . D' una torbiera del Mantovano fa menzione il ch. Pini (aj ; e rigiiardo a Ferrara scrivemi il ch. Prof. MorateUl che due specie di toiba cola si conoscono: una cenerognola che poco arde, e 1' akra nera che ar- de eccellentemente quando e secca; ma che la copia delle Legna, di cui cola i contorni del Po abbondano, fa s'l che nessuno pensi a trarne profitto . Delle torbie- re del Polesine fa menzione Fords nella citata sua me- moria (b)^ e il ch. Zanon scrive che moka torba suo- le trovarsi suUe sponde dell' Adriatico (c). 32. Ora al Regno Italico appartiene la gia men- tovata torbiera, di cui all' Accademia di Padova sua patria , fe generoso dono il eel. Fords . Sta essa appie de' colli Euganei fra '1 famoso Cataio e '1 gia suo Gal- signano, non lungi dalle antiche Terme Aponensi. Se- 00 la visitai , e la s[)erimentammo . Chi ne vuole piu estese notizie legga la citata Memoria che su di essa scrisse . Indizj frequenti di torba pur vidi andando dal- (a) Loc. cit. pag. 3. (b) Tag. 23. (cj Lett. X UELLE TOltBIEllIi PC, ^21) la Baitaglia ad Anpia ove stanno le ceneii di Pe-t trarca presso ValsaiiziLio , e iiel cosi detto llitratto di J\r()iiselice. Delhi torhiera di Fa»aiiia olire Udiiie, cUe^ pill d' Oi^iii altra feiuini coiioscoie 1' uiilita di qaesto coinbustibile, gia parlai, e riparleronne piii diffusaineu- te nella Fane 111, PARTE II. De' vaiitagi^l die dalla Torbii possono licavani. 33. Da tante si estese, si biione, e si coinode tor- biere del nostro e de' limitrofi Dipartimenti quali vaii- taj^gi ahbiarno uoi ricavati sinora ? Nessuno, o ben po- cbi. Quali vaiitaggi possiamo ricavarne? Mold. Nelle arti, come nella domestica economia, si puo quasi seiii- pre sostitiiiie la torba alle legiia . So die non si accor- da alia torba attivita bastante per foadere le miniere di ferro e di raine per liquefare i qiiarzi e altri corpi vitrescibili, per cuocere cristalli, porceliane ec. Vedre- mo pin sotto che cio non e in tutto vero. ]\Ia sia j)ur vero; che importa? Adoprerenio se si vuole per que- 5ti lavori carbone e legna; ma le legna e 1 car bone, che potremo risparmiare in cento altri usi, noi> man- cherannoci per quelle arii e lavori, pe' quali son ripu- taii necessaij . Annoverero intanto qui brevemente gli usi piu comuni e piti ordiuarj, ne' ([uali la torba so- stituirsi puo alle legna agevolmente. 34. Dalle non poche prove fatte fra noi risnlta, che la torba , collocata su uii focolare in modo che T. I. P. 2. ^2 S3o A MO RETT I siavi una corrente cV aria che V avvivl, arde, e riscal- da in 2;nisa i sovrapposti recipientl da far boUlre i li- r]iiori clu; questi coutengoiio. Come cio ottengasi sen- za che incomodi il puzzo o il lumo, lo vedremo nel- la Parte III. Kcco dunqiie la torba adopera!)ile ne' for- nelli delle Lavandaje pe' bucati , e dellc sbianche per le manifattnre di tele si di lino che di bambagia; ne' fornelli de' Tintori, sia per purgare i fdi, le sete, e le lane, sia per tingere qiieste sosianze; ne' forni delle saponaje, delle fabbriche di cera e di sevo; sotto le caldaje de' pellattieri, de' ciiojai ec. in ogni manifattu- ra in somma in cui s' adopri fuoco . 35. I fornelli delle lilande da seta sono un ogget- to della massiina iniportanza per noi. Si puo calcolare die il Dipartimento d'Olona e i Limiiroti, le cni tor- hiere ho indicate nella prima parte, svolgano dai lore bozzoli per lo meno i,5oo,oco libbre di seta all' an- no. Dando un consumo di 25 libbre gro?se { cioe di 28 once) per ogni libbra piccola (di 12 once) di seta si abbrncieranno per la sola lilatura della seta 37, 5oo, 000 libbre di legna, ossia 375,000 centinaja. Quando, per la sosiitnzione della torba, non se ne risparmiasse che la meta, non sarebbe egli sempre un gran risparmio? Che poi la torba bastanternente attiva sia pe' fornelli da seta credo non esservi uomo ragionevole che la co- nosca e ne dnbiti, dacche si sa che in varj luoghi dei Dipartimenti del Serio, del Mella, e di Passeriano s' a- dopera con vantaggio; e specialmente in quest' ultimo un fornello riscaldato coUa lorba non costava piu di qnattro in ciiiqne soldi veneti al giorno; e la seta, per la eguaglianza del calore trovavasi meglio filata. A cio, PELLE TOKIJIEUE eO. 33 1 che leggesi nella Memoiia di Fords, sogglugnero clie la torba nel 178$ s' adopeio col risparmio di \ di spe- sa in trenta fonielli per circa due inesi in Cliignolo nel castello de' sigg. Gusani, come rilevasi da autenti- co rapporto fattone alia Societa Pattriotica dul sig. Aw. Ferrari: che la Societa stessa nel 1784 adopero per moUi giorni , nelle sperieiize facte sulla lilatura della seta, la torba di Velleso; e se non vi trovo conside- revol vantaggio economico, e' fu per la soverchia spe- sa del tra?porto da si alto e si lontano luogo : e per ultimo diro che in questo stesso anno io feci speriinen- tare la torba d' Angera in alcuni ibrnelh a Desio. La seta ben filossi; T acqua tardo bensi a concepire il ne- cessario grado di calore, perche la torba non da pron- ta la fiamma come le legna; ma poi si calda si manten- ne che fu d' uopo quasi chiudere interamente la boc- ca del fornello ; e '1 risultato fu che adoperossi, in pe- so, minor torba in un fornello che legna nell' altro ove fiiavasi di coufronto; e che le filatrici e gli assistenti non sentirono nessuiio spiacevol odore della torba ; il quale solo sentissi da qualche vicino, nella cui casa portato era il funio dal vento. Come a cio riparisi lo vedremo nella Parte 111. 36. Noi abbiamo de'forni di svaporazione per va-» rj oggetii , e due considerevoli stabilimenti vi sono ne' quail moko combnsiibile consumasi per somministrare ai Grigioni e agli Svizzeri nn sal marino distingnibile (Id qnello che vende nel Regno la Finanza . II priino e a Gera rinipetto alia torbiera di Colico snl Lario; il secondo a Macajjuo ove coino lo e pel Lag ) ina2;iiore il trasporto della torba d' Angera. Abbiamo nella Col- 3-52 AlMOUETTI lina di S, Colombano moke acqiie salse dalle qtiali non conviene ora estrarre il sale per la carezza del com- hiistibile, ma s' escraeva da PP. Gertosini e da 9'\z^. Cusani e Scliiaflfinati ne' secoli xvr , e xvi i qaando ab- bondavan le legna. Non potrebbe ora somniinistrare il combiistibile la torbiera di Clugnolo di cui parlossi al num. 3 ? Di foriii di svaporazione baiino bisogno que* tutti che estraggono i sab alcalini, o, come volgarmeiv te dicesi il Salino dalle ceiieri; e cbi conosce le no- stre vetraje ben sa qiianto sen consiimi , sicche le va- rie fabbricbe si dispiitano il privilegio esclusivo di com- perar le ceiieri ne' loro distretti. Abl)iam' ancbe dei sassi e delle terre alliuniiiose conosciiite dai INatiirali- sti , ma di nessnn pro!if)tro sinora. La torbiera di Pra- to Pa2;ano pres'^o Como non potrebbe ella adojjerarsi a trarre dell' allnme dalla co«i detta Pietra Mollegna sn cni e edificato Castel iKtradello. 37. II nitro e diveiiuto un oggetto pinccbe mai importante per molte arti, e sopra tiitto per larne pol-» vere da scbioppo. I Salnitrai, che dalle terre traggo- no il salnitro per portarlo greggio alia Fnianza, devo- no far isvaporar 1' acqna, che pa^sando per le terre iiitrose se n e saturata. Non posson essi servirsi della torba ove ne hanno il comodo? Questa non solo ha tntta la forza, ma ha , secoiulo T osservazione di For- tis, anche il vantaggio che non facendo boUire la so- Inzione di nitro a ricorsojo, come fanno le legna soven- te, non produce qnella forte svaporazione che porta via il nitro stesso . Agginugasi che in \m ben fatto fornello, oltre il risparmio del minor costo v' e pur quello della minor quantita , come mel dimostro la DF.LI.E TORBIERE eC. 35 9 prova che ne feci coUa torba d' Angera nello scors© agosto alia regia rvairineria de' Nitri . (a) 38. JNJa ben piu d' ogni forno e fornello consiima. no le fornacl . JNor ne abbiamo per la calcina, pe' mat- toni, pe' vasi di terra cotta, per le majoliche, per la cos'i delta terraglia, per le vetraje ec. Forse ad alcune delle sumnientovate inanifattnre non sara adattata la torba o per niancanza d' attivita o pel fumo; ma ia quelle medesinie inanifatture servira essa ad usi subal- terni. P. es. se non conviene pe' vetri biancbi e pe' Cristalli, specialmente ove s' adopra quarzo, servira per le bottiglie nere , o sian' esse soffiate di vecchio vetro polverizzato; owero del trappo cb' io trovai in gran- dissima copia e assai fusibile presso Intra sul Verbano (b) e trovasi anche altrove ; owero di Lave , dacche ora al Regno Italico apj)artengono i volrani estinti de' monti Veronesi e Viceniini, i colli Enganei e i Berici . Se pur la torba non basterk per la fusione, potra bastare a far le f'ritte, e bastera certaniente per la ricottura , e pel forno in ciii le lastre solliate si spianano. Farassi (a) Sotto la f:ran oaldAJa capace di 23 brente, ove in rirra 12 ore si 9clot;lie il nitio die Tarcjua bollente puo scioglicre , consuiiiaiisi onlinaria- niente circa Qco libbrc ( grosse ) di Icgna , ciot^ 73 libbre all' ora . Io vi feci portarc I2c> libbre di torba che colA si pesarono , e queste bastarono per essere sostituite alle lep;iia per Io spazio di due ore e niezza ; diirK[iie sen consnnio in ragione di lil)bre 48. ail' ora; e pertaiito il rispannio lu di piCi di J . 11 ralore fii certaniente iiguale , e forsc maggiore perdi^ con- vcnnc chiiidere la liocer6 die la torba adoperos- ei a forno gia riscaldato ; e per tenia clic non avesse forza bastauie , si carico il fornello piii del dovere . (h) Memoric del/a Societa Irol. (telle Sc. Tom. VIII. pag^. ^16. , e Opuscoli scelti ill Milano , Tom. XX. pag. ^^lo. 334 Amouetti dunque sempre colla torba anche per le vetraje con- liderevole rispaimio di Legna. 39. Che per le fornaci di Majolica , e altre terre cotte pill coinuni basti la torba, lo diiiiostra l' esperieii- za di molti paesi , e citar posso fra gli altri la Figu- lina del piu volte mentovato sig. Conte Asquino a Fa- gania. Forse non bastera per la cosi detta terraglia , peigres, per le porcellaiie ec. ma se non basta a far cuocere qiieste terre, basta certanieiite a fame asciu- gare i vasi, prima di cuocerli , nel forao a cio desti- iiato: ed ecco un risparmio di Legiia . Di cio accer- tommi uno sperimeiito fatto nella nuova fabbrica di ter- raglia e gres diretta dal sig. Muller presso S. Vittore. Trovo egli la torba d' Angera da me datagli per lo sperimento piii attiva delle Legna stesse, ne' suoi in- gegnosi ed economici forni, che gioverebbe imitare. 40. Che colla torba facciasi cuocere il sasso calca- re e 1' argilla per mattoni e tegole io lo vidi a Faga- nia sunmientovata; e leggo nelle note fatte sul luogo ai 6 di novembre del 1790, che in que' forni cuocean- si per r altezza di 7 in 8 piedi veneti di sasso calca- re, meno per trarne vantaggio che per sostenere la prima forza del fuoco troppo violento; e quindi 14 piedi di lavori di terra di varia grossezza , sicche de* mattoni alcuni ven' avea, destinati a fermagli d' arco , del peso di i5o libbre (di 18 once), e altre di 3 on- ce d' altezza , sicche quattro bastavano pel focolajo d' un fornello da seta. Fra gli 11 e i3 giorni tutto ij materiale d'uiia gran fornace a quattro bocche era cot- to . Vidi presso di noi le tegole e i mattoni , c.ha il mentovato sig. Fumagalli avea fatto cuocere colle tor- DELLE TOIUJIERE CC. "335 be di Colico, c cli Prato Pagano, prescntati al Gover- no per mezzo del fu Coiite Consigliere Odescalco; e "vidi in Chigiiolo colhi torha sopravanzata alia filatura (num. 35) il medesiino sig. Ferrari, e il sig. Ab. or Rettore JMarinoni far cuocere in piccola fornace calci- iia e mattcni, de' quali presentarono in saggi alia sum- mentovata Societa Patriottica. Sappiamo che in Olanda tolla sola torba fassi calcina de'gusci di conchiglie cbe il mar getta alia spontla; e dissemi ultiinamente il eel. sig. Faiijas de S. Foiuh d' aver egli veduto cola cuocer- si colla torba mold milioni di mattoni in una voka. Co- me cio facciasi lo diremo nella parte 111. 41. 1 forni di fusione del ferro son numerosi pres- so di noi, e sarebbonlo ancora di piu, se piu combu- stibil vi fosse: essendo ora ben noto che molriplici fi- loni di ferro, or solitario or misto ad altri metalli, occu- pano la media catena delle Alpi, e le vette delTApen- nino, e clie molto altresi ve n'ba d' ocraceo a nidi o in istato di ferro paludoso o d' arena ne' nostri monti e colli, e iielle stesse valli. So cbe non si repura ba- stante 1' attivita della torba per la fusione del minera- le, ne pel depuramento del ferro fuso nelle cosi det- te fucine grosse. Ma sia pur vero: non potra la torba servire ad altre operazioni metalkirgiche cbe la fusio- ne precedono e la seguono? Son queste \ abbrustoli- mento del Minerale e i lavori delle fucine sottili, nel- le quali il ferro s' atfina, s'assottiglia, e si prepara pe' Fabbri. Cento sperimenti, anche fatti presso di noi, hauno dimostrato che la torba basta ad arroventare e far bollire il ferro; e a cio basta anche la torba incar- bonita: anzi s' e pur trovato che pe' piccoli pezzi la 336 AilORLTTl torba e preferibile al carbone perch^ ne abbrucia me- no, ed essi nieno saltano e sprizzaiio (a). Potendo per taiHo farsi quaiche risparinio di legna sul tlrro ch' e di un uso si esteso, il risparmio vena senipre ad es- sere considerevole. 4a. In tuiti gli altri metalH, e nello stesso mercu- rlo, e per lo zolfo se vogliasi ricavare dalla terra o dal sasso cbe lo contieiie, abbisogiia fiioco. 11 rame o fon- desi, o ottiensi quando per la calcinazione, e la sva- porazione se n'lia il metallo in istato d' ossido cbe fon- desi poi. Di fuoco ba bisogno il pioinbo si per sepa- rarne la parte sullurea che per londerlo. Pocbi altri ine- talli abbiamo, o non gli abbiamo in co|jia tale da va- Intarne molto il consumo del combustibile . Tuttavia questo puo meritare quaiche considerazione, se osser- visi cbe col fuoco si separa I'oro dal mercuric con ciii s' e anialgamato : col fuoco a coppella si separa 1' ar- gento dal piombo a cui e combinato dalla natura, o dal rame a cui e uuito dairarte: col fuoco si forma- no gli acidi necessarj alle partizioni; e col fuoco fassi noil solo ogni fusioue, ma ogui mescolanza di metalli e ogui saldatura. Se questo fuoco e tale, come lo e geueralmente, che la torba basti a fornircelo, ben e cbiaro cbe immeuso risparmio di legna che consuman- si iutorno ai metalli, adopeiando in loro vece la tor- ba, puo risultarne. 43. Giacche rammentai gli acidi che servono alia partizioiie de' metalli, e pe' quali gran forno abbisogna di fuoco non forte ma cosiante, come puo vedersi nel- (a) Piiu loc. cil. pag. 55. DELLE TOKBIEUE CC. 35 7 la 11. Zecca, deggio anche meiitovare i iiioUi foinelli che servono alia distillazioije de' vini e delle siesse graspe traite fuor de'tiui e dello sireitojo. S'e pur trDvaio vau- taggioso il ricavare uncy spirito da varj piodoiti trascu- rati dianzi come le patate, le castagiie, i fiutii del ro- vo, del moro, I'acquadegli scioki favi, e d' altre tali sostanze nelle quali esiste una materia zuccherina. Ag- giungausi a tutte queste le preparazioiii e distillazioni tarmaceiitiche. Come a queste serva la torba sperimea- tollo non ha guari colla da me datagli torba d' Angera il cb. sig. PuraiL P. Prot". di CbimiOa farmaceuiica. Dal ragguaglio cli' egb favori di darmene, e cbe io soggiun- go a pie di pagina (a)^ vedesi quanto vantaggio possa dalla torba ricavarsi. (a) Uii mojiuio ililla loilia d Angera ([ui fatto venire e lavoritoini dal sii:. Aiiiorctci , I'u ne'priuii di Liiglio p. p. trasportato alia mia spezieria « pciiclio era alquanto uniida la posi in liiogo asciiitto e ventilaio cnde 1' asciugasse. Qiiando fii ben secca men servii per lo spa/io d'una settima- na ill ogni gioriio in un I'ornello erande per distillarc con Lambicco di ra- me le acque ad iiso della Spezieria . 11 tornello ^ I'atto di niattuni colla gratieola di ferro clic '1 divide in due, restandovi di sopra il focolare del di;uiietro d'lin piede , e di sotto il cenerario: haniio amendue le rispetti- ve portine di terro. Qiiesto fornello e I'atto per adoperarvi carbone di le- gna . In ogni giorno cominciai a risealdare il fornello con carbone; e riel resto del giotno non vi si rimcttea rhe torba, la qnale tosto accendft\asi senza dar tnnio, e niettendo una fianima non nioho alta. II calor cbe da- va lu sufilcicnic a niantenere nel Lambicco il boUiniento e la distiliazio- we de'liquori srnza che vi volesse una inaggior quaniita di toiba di ([uel- lo cbe vi si richieda di carbone. In nn fornello piii piccolo costrniio alio sresso niodo di soli 9 poll, di focolare destinato alle distillazioni chimiche, *i fece una distillazione per storta a ba'^no d' arena di quattro libbre di iiitrato di potassa , due di olio di vetriolo e due d' acqua per avere in tal nunlo uii licore d' acido nitrico. Vi s' impieg5 un po di piCi di tempo di ipiello die vi si spende usaiido carbone di legna ; ina la distillazione h\ portjita a compimeuto , anrhc 8ul liuire dcUa opcni/ioiiu, jiel qual iciiipo T. I. P. 2 43 338 Amorltti 44. Forsc non meno dclle manifatture e dt-lle aiti coiisiima la doniestica economia, in cui ogni classe di persoiie ha pin o meno bisogno di fuoco. Continue bar- die di legne e di carbone portano a questa capitale i due canali navigabili, e da carra di legiia sono frcquen- temente ingondire le strade, che alle varie porte del- la citta condncono. lo ben so che non si vuole adope- rar torba ovnn(|ne ora s' adoprano legna; ma so che adopeiar si potrebbe, e ne olTre una j)rova 1' Olanda, die di legna nianca interamente e di torba abbonda; e torba or adopia non poca parte di Parigi per tace- alibi^ocna un ralor niaggiore di quello che basta a far bollire I'acqua. Per questa distillazione lio consuinata siil priiicipio una liljbia e mezza di car- hone per iscaldare il foriiello ed avvivare di tempo in tempo il fuoco, e dodi'-i libre (di 12 oncie) v' lio iinpietrate di torba. Ripctei poscia a circo- stanze tijiiiali la stessa distillazione col folo carl)onc, e ven cousumai lil> lire 5 4; oiide deducendone la libbra e raezza impiegata unitamente alia torba, restano libbre qnattro, alle qiiali per Tattivita del calore corrispo sero libbre dndici di torba . Sperimcnlai la torba anclie ml focolare di ca- rina che non ha graticola n^ cenerarioi ed osservai che se la torba era so- %rappos>ta a legna che tencssela sollevata dal pavimenio, ardea con bella lianima, e facea boUir Tacqua con iiota])ile risparniio di lej^na; nia se non v' era che torba, mancando il cenerario , difficihiiente infianimavasi , e non dava die funio , il quale, spandondosi per la cncina dava un odor ingra- to, ina non uiai danuosOj non essendo che un niisto di fiimo vegetale , e di ben poca sostanza animale . Quindi risidia che la torba ^ prelcribile al carbone, perche , non producendo un calore soverchio, non suol cagiona- re quel gonfiamento , che cagionan sovente la legna e'l carbone, per cui i liquori bollenti sorpassano gli orli de' recipicnti ; ma ha bisogno di star sopra un cenerario , o aver aria sotto di se in qualche niodo ; ed e altre- ei necessaria, a! meno sul principio, ujia diligente assistejiza per aliinenta- ic con nuova torba il fuoco". .Wilano ai 3i Lnglio i8c6. Segnato Antonio Poraii . DLLLE 'I'OUBIERE ec. 339 re di moke altre citta. Veggianio pero con maggi'or precisioae ove non saiebbe ne dtllicile ue incomudo r adoperarla. ^5. A clii parlasse d" usar la torha in vece di le- j^na ne' forni da pane risponderebbesi per lo nieno con iin sogglngno, arricciando il naso alia sola idea del pa- ne puzzolente. Eppure mokiplici sperimenti J'atii a iier- lino per ordine del gran Federico, in Linguadoca dal sig. Vend, e sopra tu(to dall' Accademia di Lione nel i-y^, inosiraroiio, contro 1' opinione coinnne, che uii forno da pane puo riscaldarsi col carbon di terra an- corclio non de[)uraro, i cui effluvj son generalniente riputati piu incomodi e nocevoli die quei della torba, senza che ne risuld ne incoinodo alia salute delF uo- mo, nc ingrato odore nel pane. Come cio facciasi di- roUo nella Parte III, al num. 70. Quanta legna ne' for- ni da pane si consumi ognimo ben lo sa, e basta dire clie la sunnnentovata Accademia fii indotta a propor- re considerevol premio per trovare il modo di sosti- tuire ne' forni da pane il carbon di terra alia legna ulFui di riparare alia penuria che di <]ucsta v' era in Lione, sebbene una citta qnella sia da due fiumi na- \'igabili bagnata. 46. Immensa quantita di legna presso di noi con- sumano i cammini per iscaldarsi nell' inverno. So che quasi tnni dicono: la torba manda un |)U7ZO che ap- pesta, ma so anche che fra tutti qnelli che 'I dicono inolti non X hanno provata mai; so che inolti I'hanno provata non ben asciutta; so che 1' hanno provata non coll(K andola su graticole o gabbie di ferro , come far si deve, e so pure che molti di quelli die X hanno 3^o A AT Miir.TTi provata. anche sentenclone il fiimo, qiiando la torba rra bt-n asciima, non v' haniio sentiio odore incoino- Ho. E se v' e iin p6 di puz/.o sara gran daiino? lo vpgao i iiostri Conciatori di pelli foriuarsi cogb avan- zi della coiuia le cosi dette forniagclle o focacce, che Tendonsi al povero, e anche al ricco economo, a prez- zo molto snperiore a quello della torba (a J, e si ab- brucciano, sebbene seiitasi cbe puzzano corne piizzar devono, essendovi in esse niolta sostanza animale. Per- che diinque non s' adoprera alio stesso modo la torba? Cbe se i cammini facciaiisi a dovere, cioe alia Thom- son, i quali non sono soggetti al fuino e mandano mol- tQ calore; se la torba mettasi sovra una griglia, o en- tro una specie di gabbia, siccome s' usa in ogni paese eve la torba s'adopra; se la torba o facciasi incarbo- i>ire o s' impasti con calce co' metodi cbe indi( lieran- nosi nella Parte 111, allora la sperienza rnostrera, co- me a nie e ad altri mostroUo e lo mostra attualmente ne' cammini francliniani, che la torba non puzza, non incomoJa, e scalda. 47. Ma diamo pure che adoperar non vogliasi ne cammini di hisso, qual cagione potra ritenere dall'ado- perarla nelle stufe? Qiiesre, se non sono mal costruite o rotte, non mandano mai fumo nelle stanze; e 'I fu- mo che non k molto, uscetido dall' alto de' fumajuo- li sul tetto, comunqiie puzzolente suppongasi, non in- comoda nessuno. Le stufe" sono gia molto in uso fra noi ed estendersene puo grandemente 1' uso ove si (a) Nella ConcerJa de' signori Rive, e Corap. presso Porta Tana^^lia qnesie focarcic fannosi in gran copia , e vendonsi lire 2 di Milano per wgui ico libbre di 28 oacie. DELLE TOUBIEllK ec. Sjl sosdiuiscano ai cammini ne' luoghi in cui molta gente accorre, e rentlcre si viiole piii temperato rambieiite. Se si teine, come da molii temesi in fatti, die la stu- fa guasti 1' aria, facciasi in essa una cassa d' aria all' uso della francliniana, che aria nuova e calda intro- duca nella stanza coiuiniiamente, e la fredda e guasta dal!a respirazione facciane uscire. Viiolsi pure un cam- niiiio? Abbiasi un cainiuino di Fnuiklin, che cammi- no e stufa e al medesiino tempo. £' noto inokre che le stufe son necessarie a moke arti per asciugare len- tamente alcuni oggetti , per mantenere una leggera fer- mentazione, j)er impedire il congelamento ec. 48. Chi ha giardino di lusso sa quante legne ado- perar bisogna all' inverno ne'cosi detti Tepidarj, e Co- iidiiij, o serre calde; e piii ancora se si hanno tali piante esotiche come gli ananassi, le muse ec, che vogliono un caldo oltre -v- 18° reaumuriani, nientre forse r atmosfera e d' alcuni gradi sotto lo zero. Ado- perando torba non solo si ha il vautaggio del rispar- niio della legiia; ma v' e pur il risparmio ben consi- derevole dell' assistenza. E' noto che il legno, ove non sia alimentato e mosso presto si spegne; ma la torba una volta acoesa in ben fatto forno non ispegnesi mai: oiide il Ginrdiniere, fatto avendo per alcune notti lo sperimento della fpiantita con cui dee caricarsi il for- no perche dnri sino alia mattina il fuoco, puo dormir- sene calilo e tranquillo senza tema che la negligenza d' U11' ora gli faccia perdere il frutto degl' incomodi, e delle spr«e di molii anni. 49. Che la torba faccia bollire I'acqua, e qiu'ndi cuocere cio che sta nella pentola, non v ha dubbio. 34a A M O K r. T T I Dunque con essa potrassi somministrare il liioco alle ciiciiie. V e fumo c cattiv'odore da ternersi? Vi si ri- para col fare i camniini si beu chiusi die fumo nou esca; e si fatti cammini son conosciuti da cliiunque stiidia r ccomomia del coinbustibile. Veggasi su di cio la beir opera del sig. Thomson Coiite di Hum ford, clic pur e stata tradotta in nostra lingua. Vi si ripara col fare incarbonire la torba. lo vidi a Udine nella casa del mio nientovato aniico sig. Conte Ascjuino e cam- mini da sala e da cucina, e fornelletti, e per sino le cassette delle dame, non con akro riscaldate die colla torba sua incarbonita. Molti de' poveri d' Udine non abbruciano pe' loro domesiici bisogni die la torba in- carbonita di Fagania, die il mentovato benelico signo- re a bassissimo prezzo lor vende. JNel 1794 ne vende 5oo , 000 libbre (di 14 once) a una lira veneta per ogni centinajo fa J. Potrei andie proporre Teconomica cucina die puo farsi colla stufa della Termolampa del sig. Winzler (b) da me sperimentata e descritta (cj' Potrebbe certamente la torba adoperarsi negli spedali, e in altri luoglii di pnbblica carita, ove generalmente i cammini costruiti per Teconomia non lasciano disper- dere il calore; e quindi ne il fumo ne I'odore. E' no- lo ora, anclie per le recenti o^servazioni e sperienze del cli. sig. Prof 3IarabelU di Pavia, come un ottimo e abbondante brodo estraggasi dalle ossa per mezzo di (n) Forris lor* cit. pac 23. (h) Die Thenaolampe in DeatscLland cc. Von. zach. aiidr. Wimler. fininn i8f3. (cJ Opuscoli scclti torn. XXII png. 12c. 410. DfLLF. TOIllJIERE tC. $43 replicate bolHture (aj. Qiianto non &' accrescera que- sto vaiitaggio ovc di poca sjiesa sia il conibustibilt- ! 5o. Kaimnentero anche i vantaggi che puo trarre tialla torba 1' Argitoliura. In geneiale le toibiere soa collocate in luogo acqniirinoso e sol fecondo d' inutili cannucce, carici, e giuncbi per V uniidita sovercliia. E' cbiaro cbe scavando la torba devono farsi delle fos- se; e che queste, ridoite ad opportuni canali e ben di- rette, devono asciugare il fondo, e atio renderlo a pro- dnrre grani, legumi, niolti generi d' erbe, arbusti, al- beri ec. E' diniostrato in secondo luogo, per gli speri- nienti fatti in ogni paese di torbiere, che le ceneri da esse risultanti qnando s' abbruciano sono un ottimo in- grasso; ne possono non esserlo, dacche la torba e un composto di sostanze vegetah e aniniali, e far deve, come osserva il dotrissimo inio collega Giobcrt-, T effet- to della fuliggine; facendo per cio anche perire gl' in- setti nocivi. Ixiferiro, giacche parlasi d' agricoltura, I'u- 50 che fa il pin voke mentovato sig. Con. Asqiiino del- la polvere di torba, che parrebbe doversi considerare come un inutile spazzatura della torbaja. Egli ha alia sua Fagania una celebre vigna da lui piantata con vi- ti del Jokai, dalle cui uve, con ingegnosa maniera ser- \ate siiio al Gennajo, spreme lo squisito suo PJculit, che il Tokai stesso non invidia. E' la sua vigna, come tuc- te il sono, soggetia alle brine, che in una mattina di primavera cola, come altrove , distruggono tutte le spe- ranze delf autunno. Ma egli colla torba sua vi rij)ara. (fi ) Sul progctto on di leoina? Ac;Q:iu2;ner6 a qnesto cbe Foriis fa men- tare a \ il risparmio cbe si ha usando torba in luogo di legna. cbe Ascjuino trovo nelle arti grosse un risj>ar- mio di 60 per 100, e molto maggiore nella filatnra del- la seta, io gia dissi cbe a Cliignolo, in una prima spe- rienza cbe costa senipre piu delle alire, il risparmio fu di 5; e dirb ora che in quest' anno, avendone ac- cordaie, mediante 1' assenso del proprietario, alcnne carra col Fittajnolo della torbiera d' Angera, le pagai lire tre a I carro di torba secca del peso di 5oo libbre grosse, e una lira di pin pel trasporto dalla torbiera alia barca. L' introduttosi nso di caricar le zattere, le (juali non banno come le bardie la gravissima spesa del rimoiuare il linme, pno di molto diminnire la spe- sa del trasporto sino a Mdano. 54. Per ultimo v6 farmi carico andie delT obie- zione che mi fe taluno sullo scavo della torba, come cagione di consnmare e perdere affatto il fondo ridu- cendolo a stagno. Sia cib pur vero. Secondo il prepe- dente calcolo da una pertica di terra, che abbia un sol braccio di torba, colla spesa di lire oo3 s' avrel>- DELL& TOUiULUE t-C. 347 bono 1096 moggia di torba secca, la tjiiale costerc!)- be sul liiogo sei soldi al moggio. Se questa sul luogo si veiuiesse lo soldi ( prezzo tenuissimo in confronto (K'lie legua e del carbone) s' avrebbe un guadagno di lire 219. 4 pel valore del fondo cbe anderebbe per- duto. Or dicasi se laiiio costa la percica un fondo tor- boso? die se la torba avesse la profondica di 3 brac- cia, come 1' ba soveiite, dal fondo perduto ricavereb- bonsi lire 657. 12 per ogni periica. Questo vaniaggio avrebbcsi perdendo il fontlo; nia questo cavandone la torba, non seinpre perdesi, come or ora diro; e, perdeu- dosi, generalmente migliora e rende atto per le fosse die scavaiulo la torba si fanno, alia cohivazione il cir- costante terreno, die acqnista un valore ben maggiore di qnello cbe perdasi per la sotiratta torba. Sovente pure sen' otiengono delle acque cbe derivansi per piii bassa nrigazione. JMa diamo anche die si formi utio stagno: sara questo inutile? V'ba ben de' paesi ove sca- vansi espressamente degli stagni per fame peschiere. Temesi die lo stagno guasti Taria? Osservisi cbe pres- so le risaje se 1' aria e caitiva non e gia quando il ri- so e inondato e '1 terreno coperto dalFacqna: ma quan- do, levata questa per purgare dalle male erbe il riso, diviene un fondo paliidoso, qnali sono le torbiere. Ag- giungasi a tutto cio non esser punto vero cbe scavata una volia la torba sia perduto il fondo per sempre. £' stato osservato cbe se le erbe palustri vi rina'scono, co- me avvenir suole, in meno di mezzo secolo esse rico- prono, e rioccnpano interamente il fondo con nuova torba; e narrommi il pin volte mentovaio sig. Fdujas, cbe il eel. Van-Mariini^ avendo ad Harlem una pes- 348 AlMOltlTTI cliiera, di cul non faceva nessun iiso, trovolla dopo pochi anni plena di torba forinatasi pei successivi se- di[nenti delle conserve e della lente palustre. PARTE III. De mezzi piii opportuni onde introclurre I' uso della Torba. 55. Yedemmo qnanto nnmerose ed estese siano le nostre torbiere, e qnali e quanti vantapjgi ne potrem- mo ritiarre. Ora, perche non sen ritrae nessuno, o ben poco ahiieno? Cercbiamo le oagioni di quesro po- lirico-econoniico fenomeno, e indicbiainone, se ne rie- sce, i ripari. Le cagioni, a parer mio, sono: j''. L'igno- ranza clie fa ado(tare i pregindizj, pe' qnab sen cte- de inutile anzi nocivo lo scavo e T nso: a**- L' ignoran- za nel rintracciarla, scavarla, prepararla, e conservar- la: 3°. L' ignoranza del niodo di adoperaria: 4^ L'igno- ranza de' metodi co' quali si spoglia di cio cbe puo rendeila incomoda o pericolosa: 5°. L' ignoranza de' vantaggi die sen possono ritrarre. Di questi uhimi gia parlai abbastanza nella parte IT: delle altre cagioni parlerb ora partitainente, tentando di dissipar 1' igno- ranza colic istruzioni ricavate dagli scrittori, e da al- cune niie osservazioni . 56. La inao;gior parte delle persone alle quali si parla della torba non sanno qnnlV idea attar care a qne- sia parola; e in non pocbi mi sono avvenuto, uomini altronde non aflaito incolti, che la torba dal carbon fossile non ben distingueano. Devesi cio alia pubblica DF.LLE TOIlBIERe CC. 849 c privata istruzione, in cui mille inutili e presto di- nienticabili parole relative a cose lontane di tempo e di luogo s' insegriaiio, e si lasciano intanto i fanciulli iK'lla piu profoiida igiioranza di cio die gli circotida, e serve alia esistenza e conservazion loro come al bene della Societa. Quiiidi e die il piu degli uomini, se loro si paila di sostkiiire la torba alia Icgna e al carbone trovaiio la cosa iiieseguibile; e dopo che gli avete pur fatto intend ere e mosirato che cosa el la e, con tuono fra la derisione e lo sdegno vi dicono die se fosse una buona cosa sen sarebbono ben valsi gli antenati loro; e se la torba trascurarono egli e evidente, conchiudo- no, che adoperarla noi non deggiamo. Quello che a me piu d' una voka I'u detto, io qui ridico. Uovreb- bono pur rinvenire da cjuesto pregiudizio gli uomini ragionevoli, e considerare che cento argomenti abbia- iMO ogni di sott' occhio di nuovi ritrovati, usi, prodot- ti, che una vplta non s'aveano, ignoravansi o crede- vansi impossibili o inutili. Ma e proprio della inerzia dello spirito umano di non potersi smovere se non a' gran fatica dalle antiche abitudini; e cio ch' e piu stra- nn, ( osserva il redattore degli sperimenti fatti col car- bon fossile a Lione) gli artigiaui die aver dovrebbo- no il maggior interesse in adoitare le cose che loro apporterebbono risjiarmio e guadagno, son <{uegli ap- punto chf ne coutrastano j)iu degli altri Tintroduzione. Sy. Sarebbe ancor perdonabile il pregiudizio con- tro r uso deila torba, se soltaiiro insufficiente la cre- dessero per le arti e la domesiica economia; ma essi la credono e la predican nociva. V ha chi, facendo conimercio e monopolio di legiia e carbone, ha iiue- 350 AWOKETTI resse di scrediiare cio che alio smeicio della sua der- rata puo nuocere: sordamente insinua che pestifero c V alito d(;lla torba, e in prova nc adduce il piizzo del- la medcsima: v' aggiunge poi, faceudola da sacceiite, che cio nasce da paiticellc sulfuree o arsenicali fram- iiiistevi, e dallo nnpuiridiincuto in essa di velenosi ret- tili, Cio non e vero; ma Tignorante che T ode non sa iiegarlo e s'arrende, perche e })iu comodo il disprez- zare e condannare che esaminare. Che se tahino pro- pone, per evitare i supposti pericolosi eflhivj, di adope- lar la torba in aperta e soliraria campagna, ove a nes- suno apporti iucoinodo o nocnineiuo, il decrattore del- la torba, niette sou' occhio una palude che ivi si for- ma piu pestit'era che non era quella d'Averno un tem- po; e che da cjuesta gli edluvj su tutto il paese dira- merannosi a distruggere la vegetazione e la vita degli aniniali come delle piante. lo cio dico, perche piii d' una volta oppormelo intesi; ne si voile ch' io dices- si essere le torbiere gia naturahnente in terretio palu- doso, e quindi umida e gnasta forse esserne V aria: far- si generahnente, col cavare la torba, de'canali, che le acque stagnanti derivano e allontanano; essere la tor- ba un composto di vegetabili con ben poca parte di sostanze animali, e meno ancora di sostanze minerali, trovarvisi talora delle parti bitnminose e resinose, che r aria pnrificano anziche viziarla; effetto sicuro del fuo- co, ove la torba in fornaci o forni s'alibrncia, essere il purgamento deH'atmosfera, cosicche i Lionesi chiesero che il medesimo carbone di terra irasportato fo«ise dalla miniera ad essere purgato in quelfangolo della citta lo- re ove men pura per le acque stagnanti e I'aria. Tut- DELLE TORBIEUE CC. 35 1 te qiieste ragloni, die pur convincere devono ogni no- nio scnsato, rion erano ascoliate da coloro die compia- ceaiisi a trovare iidlo scavameiito, e piu nelT al)brii- ciamento ddla lorha, la cagione ddle malattie epide- midie, delle cpizootie , delle nebljie die indebolivano la vegetazioiie, e degl' iiisetti die la rodevano. 58. 11 dire al volgo (e per volgo qui inteiido ogni ceto di j)crsone o poca o male instruite) die il popo- lo e soiiiiK'tio ad essere iiidouo in errore da chi ha in- teresse d' ingannarlo, ripuiavasi un insulto all' iimanita e a nostri maggiori, e vano era Taj^portare cento esem- pi d' errori popolari (a). Sperai iudarno di convince- re cogli esenij)j dell' uso die sen fa non solo nell' Olanda, ove non altro che torba si abbrucia , nella Francia occidentale, e nella stessa metiopoli, ove og- gidi, andie nella doniestica econoniia, piu torba die legna consutnasi, e di alcuni paesi d' Italia ove V uso ddla torba s' e introdotto e si accresce, come nella par- te II ho indicato. Volli pur citare gli sperirnenti fatti presso di noi; ma anziche ricavarne argoniento del van- taggioso uso die sen potrebbe fare, sen' argomentava, die, non seguendosene qui Teseiiipio, aver si dee ragio- (a) Ecronc ;iliuni. Fra iioi s' e ciediito limi;ami'nte che i lilugclli noii faresscro biioiia liuscita se iioii teiieaiisi tjiiasi cniicticaniente chiusi; rhe sul- Ic zattere non si potcssero portare con sicurozza le mercaiizie ; c-he non si pntesse Icvare il fiiino ai laaiiuiiii sc iidii coll' ampliaie 1 imboccatiira del- la caniia del fimiajulo, o coll" intioiliine aria Iredda nella stanza; che lo shiaiicamenlo delle tele niiocesse alia vegetazione ; che 1' iiinesto del va- juolo iimano, e inolto piTi che 1' inne>^io del Vaccino prcparasse all' iima- na sahiie ;j;ran deti iineiito; che il siioiio delle campane allontanasse le jiran- dini e i lulniiiii; che i condiittori clettrici arcrescessero di questi il ])eri- colo anziche tojilicilo ec. ec. Eraiio eirori, jua erano riputati verita , e al- cuui il sono aurora. 353 Amorltti ne di cosl operare. Con chi cosi ragiona vaiio e il di- spiuare. Forse (juaiulo |>iii coinniie sara la torba, quan- do i tentativi si moiiiplicheraniio, quaudo aUuno avra il coiaggio e'l buon senso di adoperaila in (urnaci di cui possa dispone, iroverarinosi dogli imiraiori, ma fi- nora, (piaiitiiiKjiie tmmerose, estese, e S[)aise per tut- ti ii;li aiigoli del nostro paese sieiio le torbiere, la tor- ba bruciabile e piepaiata iion trovasi, per cagione prin- cipalmente de'pregiuilizj, degli errori , e forse degriii- gaiiiil. 59. Taluno sperimenterebbt la s(! I'avrsse comoda, e forse Tha neprojirj fondi o iie'fondi puj)blici die snoi piio fare: ma come irovarla? Se la torba e in un fondo, ben facile e ben poco disj)endiosa n'e la ricerca. Deve iiascere sospetto che vi sia se il fondo e, od e stato palu- doso al di la della memoria d'nomini; o se il fondo e soffice, e lungi da torrenti o finmi gbiajosi o arenosi che '1 ricoprano sovente di sassi e gliiaie. Tali sono le val- late de' gran fiunii e gli abbandonati loro letti, i con- torni de' lagbi, e le alte valli che dopo d' essere state laghi lungo tempo, divennero paludi e quindi prati. INIolti de' nostri campi, dice il sig. Puiret, e possiamo dirlo anche noi, furon laghi, e indi torbiere prima d'es- ser campi o prati. 11 sospetto delT esistenza della tor- ba facilmente si verifica, poiche generalmenie questa e a poca profondita, e un^ido e molle e il terreno che la copre. Che se credasi di poterne trovare ad una profondita maggiore, o trovarne piu strati, come non di rado avviene, allora adoprasi lo scandaglio o sia iri- vcllone se si puo avere, e ove qnesio non s' abbia vi si stipplisce con acuta pertica di duro legno, in cui fannosi degli intagli, ne'qnali, rjuando dopo averla im- tnersa alia profoiidita che viiolsi esploiare, si ritrae in alto, trovasi la sotterranea materia; ed e facil cosa il coiioscere se e torba, e cjiial n' e la fjiialita. Se resia dubbio su di cio si fa seccare, e si tenta d' accenderla. 60. Lo scavare la torba c uii operazione che sa fare chiutu|ue maneggia la vanga; ma lo scavarla con economia di tempo e di fatica ricliiede della diligenza e degli opportimi uteosili. Quaiituiique molte qualira di torba amiovcriiio colore cbe ne trattano, io a (piat- tro sole specie le ridurro; cioe 1°. alia torba compatta formata di radici e d' erbe con poca terra, e c[uesta e la pill comune e frequente: 2". alia torba i cui com- poiienti noil siano facilmeiue ricoiioscibili, e sia affatto nioUe e quasi sciolta nell'acqua, e questa non di rado trovasi alle sponde de' laghi e degli siagni : 3°. alia tor- ba simile a terra nera formata di particelle tenui cou nessuno o poclii iiidizj di corpi organici, ma consisten- te; e qnesia e rara e trovasi lungi dalle acque: 4°. al- ia torba coinpaita formata di troiicbi e rami d' alberi coti bitnme e terra bituminosa, e qiicsta e pin rara aiicora fia noi. Gli stromeiiti che abbisogiiaiio soiio una vanga o pala, e meglio sara se cpiesta abbia utj' aletta, come vedesi nella figura (aj; e una barella, ov- vero un carretto a ruoia. D' altri strumenti, che alcn- ne circostanze esigono, parleremo poi. 6 1- In due modi principahnente si cava la torba della prima cjnalita: uno e qnello ch' e stato descritto dal cb. Pin'i^ e reso ancor pin chiaro colla tavola in- (^) Tav. II. 1,0. I. T. I. P. 2 45 3^4 AMoiirTTi cisa. Consiste questo in rnettere alio scoperto il piano torboso, levandone la terra vegetahile; incli con tagli perpenflicolari fatti coUa vanga pel Inngo e pel largo dividerlo in inodo che ogni pezzo abbia ail' inciroa la larghezza, e la linigliezza d' un rnattone; con tagiio ori/zontale alia profondita di tre in qnattro pollici se- pararne ogni pezzo e per cosl dire ogni qnadrello o mattone, e postolo snlla barella portarlo ove tnesso in piedi riceva I' aria internamente da ogni lato, e s' a- soiughi, facendone muricciolo o pigna, come appniito co' mattoni si fa comunemente. 62. L'altro nietodo e qnello die io ho veduto ado- perarsi nella torbiera di Fagania. Scoperta clie sia la torba, e fatta la prima fossa, colla vanga alata sen' es- trae perpendicolarmente nn paraliclepipedo di qnattro in cinque pollici di grossezza, e Inngo mezzo braccio milaiiese o un piede parigino. In queste nnsnre, come ognnno ben immagina, non e pnnto necessaria I'esat- tezza. Indi sen' estrae un vicmo, e cosi si prosiegne. Ognnn vede che dei qnattro lati del paralleiepipedo, due sono alio scoperto, e dire tagliansi colla vanga in un sol colpo. Questi pezzi appena estratti posansi su una barella e portansi in parte la pin vicina ed op- portuna, ove stendonsi al sole. AH' indomani, se il tempo va asciutto e caldo, que' pezzi, faiti gia maneg- gevoli, mettonsi staccati fra loro, e 1' uno in croce snli' ahro a due a due in niodo che fra essi corra 1' aria qnanto e possibile: e si fa cosi una pigna di tredici, solitario essendo il piu alto (aj. Dopo pochi giorni, (uj Ivi lig. 2. D£LLE lOKUlEKL f.C. 355 piili o meno a misnra del caklo e dell' asciutto, [)oriaii- si al Torbajo, di cui parleio al iiuai. 67. Se noii sono beii asciiiiti i pezzi clie toecaii terra, nuove pigiie o niucchieiti con essi si forinano. 63. E' da notarsi una iinportante difTerenza che passa fra i niattoni d* argilla e quel di torba. 1 primi da una forte e prolungata pioggia vengono disfatti, ma nori cosi i secondi : il cbe nasce dalla diversa indole delle (\ue sostanze; essendo T argilla coinposta di fine particelle aderenii j)er 1' attrazione del contatto; nien- tre la torba, generalmente composta di tibre, radicet- te, e foglie lungbe cjnali sogliono averle le erbe pa- lustri, deve la consisienza sua anche alia propria for- mazione, e quasi direi alia tessitura. Piii cura pero a qnesto riguardo ricliiede la torjja della seconda e ler- za qnalita; e diro piii sotto come possa agevolmente dalla pioggia ditendersi. Men cura d' ogni altra ricbie- de la torba formata di troncbi, poiche questi, che ge- neralmente come molle argilla agevolmente si tagliauo coll a vanga qnando sono entro terra sepoiti, presto ac- qnistano la forma e la consistenza legnosa. Talora tai legni cosi anneriscono e s' indurano , come ho pur ve- dnto in alcuni troncbi della lorbiera d' Angera, che iisarne conviene come di legname d' opera ed iutarsia- tura, anziche come di legna da fuoco. 6f La torba e sempre piu o meno bagnata, piu o meno soihce . Comprimendola si ha il doppio van- taggio di S[)ogliarla d' una parte d' umido, e di ren- dtnla compatta. II piu semplice modo di comprimerla si e di metterla su una tavola, o sulla mentovara ba- rella alcjnanto inclinata, e uiessavi sopra una uguale o 356 Amoret'fi ])iii larga tavola, co' piedi calcarla. Alcunl hanno pcF quest' oggetto piccolo e stMnj)lice strettojo portatile de- scritto dal cli. Pini clie ne da la fignra. Dove si puo avere a portata uiio de'grandi torch] die presso di iioi s' adopcraiio pe' vini , se dc stringe a mi tratto una graudissima quantita, framezzaiido delle tavole agli stra- ti di toiba, die poscia tagliaiisi in niattoni a paralle- lipi])cdi. 65. Cure tnaggiori, e maggior lavoro esige la tor- ba della seconda specie; quella cioe cli'e niolle e qua- si sciolta neir acqua. Questa torba cavasi j)er lo piu 3ott' ac(iua, e poco lavoro si farebbe colla vanga. S'ado- ptTa allora (e cosl fassi in Olanda) una specie di re- te o fiiio crivello, ovvero una zappa orizzontale col manico peipendicolare, die la torba fangoba dall" ac- qua estrae, quale a un dipresso da noi s'usa per trar- re di sott' acqua 1' arena. Mettesi T estraita torba en- tro una cassa traforata, e si coniprime tinche, [)erdu- ta r acqua soverdiia, acquisti deila consistenza. Coni- primesi con una tavoletta quadrilunga die sotto i pie- di s' attacca. Quando la torJja e luaueggevole, mettesi in forme di leguo o di ferro, e coUe mani, o col nien- tovato piccolo strettojo si pretne. I mattoui die ue ri- sultano si fanno seccare nel luodn indicato. 66. Parlaninio gia (num. 63) della pioggia, la qua- le non di rado sopravviene alia torba die sta seccan- dosi. Se non n' e disfaira, corn' avvien de' mattoui, si perde almeuo tutto il vantaggio dello asciugauienio ot- tenuto in piii giorni di sole e di veuto. Per riparare a qucsto inconveniente non e ue difficile ne uiolto di- spendioso il forniare in una ben esposta parte della DELLE TORUIEUE CC. SSy tor])iera tal edifizio ove la torba s' asciughi e sia dife- sa dair acqiia (a). Metransi i pezzi su pertiche o can- tinelle fra lor distant! da tre in cjuattro once (da 6 in 7 pollici parigini), sostenute a varj piani per mezzo di travi perpeiulicoUiri, e travicelli traversi. 1 piani di- stino fra loro qiianto basta perche vi si possaiio nia- neggiare e rivolgere i pezzi di torba: siano largbi cjuan- to col braccio giunger si possa alia nieta; e siano in tal numero die un uonio giunga comodainente col brac- cio al piu alto. Sopra questo un'altro piano vi sia, su cui stendansi delle stiioje assicurate all' uo])o con cor- dicelle contro i venti. Ove sono torbiere vi sono ge- neralmente i materiali per fare stuoje di foglie di ca- rici e di giunchi; e '1 tesserle e facilissima cosa. Anzi neinmeno v' e bisoano di tesserle, bastando leaare a mazzi per un capo le Inngbe foglie delle erbe palu- stri, e disporle come le tegole: ogni pecorajo e bifol- co sa farsi un mantello di (pieste foglie che da ogni acqua il difenda. 11 farvi ini j)iccol tetto di tavole non sarebbe alironde di grave spcsa. La lungliezza di que- sto semplicissinio edtfizio sia adattata al luogo, e pro- porzionata alia quantita della torba cbe vuolsi seccare. Chi vuole averne un' idea fra noi vegga la nientovata Conceria del sig. Jlive, ove fannosi cost seccare le jor^ mogelle, avanzo del tanno. 67. Qnando la torba e secca blsogna conservarla iu Inogo ventdato, ben coperto e ben difeso. Ove il legnarne d'opera non ^ molto caro fassi un magazzino, il cui tet- to sia sostenuto da varj ]>ilastri, e che abbia delle paliz- (u) Vedaseue la iigura nella lav. II. lig. i. r> 58 A M o n E T T I zate di travicelll in vece di pareti, Possoiio qiieste for- iiiaisi co' rnattoni collocando uiio strato di mattoni con- vergenti fra loro ad angoli retti sopra strato orizzouta- le, e cosi continiiando siiio alia ciina; il che si fa in alcuiie cascine per difendere il fieno, la paglia, e le legiia dal fuoco e da furri (a), il mentovato Conte As(]uiiio a mattoni diritti ha sostittiito de' mattoni in- curvati a semicircolo come grosse e corte tegole, po- ste Tuna sulTaltra in maniera die una colle estremita posa sulla parte convessa di due sottoposte, ed ha cosi un forte muro che lascia all' aria tutto \\ passaggio (b). Egli viiole inoltre che la sua torha riceva aria anche per di sotto: qiiindi il suo torbajo, che cosi egli chia- ma il serbatojo della torba, ha un suolo formato di pertiche sostenute da travicelli: il suolo e alto da ter- ra circa tre piedi, e le pertiche sono fra loro distant! circa due pollici. Su questo suolo si getta la torba sec- ca alia rinfusa; e i frammenti e la polvere che cado- no fra le pertiche, raccolgonsi con legno o ferro ad un- co, e servono a formare nella vigua cjue' muccliietti , di cui parlai al num. 5o. 68. Venghiam' ora al modo d' adoperare la torba ben secca e stagionata. In qualunque modo essa s'ac- cenda, e per cjualunque uso, ha sempre bisogno di niolt' aria per ardere. Quindi sui cammini, sui fornel- li, nelle fornaci, ne' forni e necessario che siavi una graticola di ferro o di sasso, o anche di mattoni se- condo le circostanze, onde T aria passi dal di sotto fra (a) Fig. 4. (b) Fig. 5. DELLE TOUBIEKE rCi 559 mezzo alia torba. E' necessario altresi che siavi iin ce- neraiiO;, ossia liiogo in cui cader ne possa comoda- nieiiie la ceiiere, die suol' essere molta, e di cui, collo scuotere di tempo in tempo la torba che arde^ con- viene spogliarla per aver vivo iuoco. Convien pure aver mezzo di chiudere tanto la bocca per cui la torba in- trodiicesi, quanto il cenerario stesso, per diminuire al bisogno la soverchia artivita del fuoco. E poiche talo- ra il fumo della torba incomoda i vicini nelle cui ca- se e portato, per ovviare quanto si puo a quest' inco- modo, giova tenere assai sollevati sopra del tetto i fu- luajuoli, il che servira, non solo a far si che il vento sciolga e dissipi piu facilmente il fumo, ma anche a liberar da questo i sottoposti cammini o fornelli. Ove adoperar si voglia la toiba ne' cammini delle stanze, esigono pur questi una graiicola, in forma di gabbia, alta alcuni pollici dal piano tanto che si possa la tor- ba per di sotio agevolmente accendere, ed estraerne quindi la cenere. Giovera moko, non tanto per 1' eco- nomia del calore quanto per evitare il fumo, e per avere una corrente d' aria die s(jlfi nel fuoco, forn)a- re i cammini col metodo del meutovato sig. Contc di Biiinjord., metodo ora notissimo e adottato fra noi (a)^ Yeggo pure col fatto esser all' uso della torba oppor- luuissimo il cammino francliniano. 69. JNelle fornaci di calcina e mattoni deve pur la torba, ben secca e stagionafa, collocarsi poco dentro la bocca in modo che resii sii una specie di graticola (a) Vedascne la desciizioiie e la ligura anche negli Opuscoli scielti. torn. XIX. j)ag. 397. jJ6o Amouetti fatta di ferro fuso se aver si puo agevolmente , ovvero di sassi refrattarj, doiii sassi da fornaci, die tra noi noii niancano. II calorico che la torba inaiida, avvivato e portato dair aria, e spinto entro la fornace con violeii- za, s])ecialmente doj)o che il primo calore, prodotto da aride legna o fascine, ha rarefatto 1' interno ambien- te. Ben si sa che la llaniina della torba uoii s' inalza qiiaiito quella della legiia; ma il calorico che niaiida e rnaggiore; e questo resta cosi pin immediaianiente ap[)licato alle sostanze su cui deve agire. Per avere una giusta idea dell' azione del fuoco spiitto dall' aria oriz- zontalmente in una fornace, alia nianiera de' noti forni di riverbero, legga cio che scrivono Franklin e'l Ca di Rumfurd sulle teorie de' caininini; e vegga i forni ben fatti de' Vasaj, e nominatamente qnelli del men- tovaro sig. Mailer. Alia graticola, nelle fornaci coinu- ni che non 1' hanna, suppliscono in certo mode le le- gna ben accese su cui la torba si getta, e fa di quelle gran risparniio, come dimostro il Co: Asqaino ne' pri- mi suoi sperimenti; ma dispongansi le legna in mode che sotto di esse passi \ aria, ed estrarre sen possa la cenere e la scoria. Clie se una bocca non basti a man- dare il calore in tutta la massa contenuta nella forna- ce, esse si nioltiplicano. Una fornace di Fagania, di cui mi fu pur dato \\ disegno daU'oiiimo Proprietario, n'avea quattro; e dissemi il gia lodato sig. di Faajas che le fornaci a matroni in Olanda hanno sino a i8 boc- che, nelle quali gh uomini non cessano mai di geitar torba, findie non s' avveggono a nod indizj che la for- naci a la e cotta. 70. Ne' forni da pane tener si deve il metpdo te- liElA.E lOUiiiEKE eC 36l mito a Lione col carbon cli terra. La R. Accatleinia d' AgricoJtiira ed arti di (^iiclla citta, veggendo la pe- nnria die v' era di Ip2;na, meutre un ahbondante n)i- iiiera di carhoii lossile cavavasi iie' coiitoriii, ed osser- vaiido che i f'ornai consiimavano piii legiia che tutte le alire arti, propose pel 1784 uii premio a chi sape- va indicare il iiiodo di scaldare il forno col carbon di terra senza the il pane ne acquistasse caitiva (jnaliia. Sapeasi die all' Accademia R. di Berlino era stato pro- posto nn forno scaldato da altro forno esteriore; cosa soverchiamente dispendiosa -. die un forno di riverbero avea proposto il sig. Vcnel\ e che in Ling\iadocca niet- teasi il carbon di terra ad ardere sulT atrio de' piccoli forni che rinsciano bensi economici, ed aiti a sosti- tnire il carbon di terra alle legna, nia troppo piccoli erano per somministrare il pane a popolaiissima citta, 11 sig. Lanoix Speziale propose d' adoj)erare del car- bone purgato; il che facea poca econoniia: altri forni proposero d' assai dispendiosa costru/ione, ma il sig. jS. Biun propose un forno coniune colla sola aitenzio- ne che in vece di mettere il carbone ad ardere sul pa- viniento del forno, lo mcttea su certe graticole, le qua- li quando il forno era caldo a dovere, venian levate per coUocarvi il pane all' usato modo. 11 pane si f6 cuocere nel forno cos'i riscaldato, e riusd nguale a quel- lo che coceasi colle legna, senz' aver contratto il ineno- mo cattivo odore, sebbene altronde puzzolentissimo fos- se quel carbone. La sperienza gli mostro che bisognava disporre il carbone frannnezzato di qualche pezzo di legno perche meglio s'accendesse, e anche di qnalche asta di ferro perche noa restasse soflbcato; e per ulti- T. I. P. 2. 40 363 Amoketti mo lu'l levare dal forno le graticole bisognava avere tiegli adanaii sppgiiiioi, perche poi noii coiitiimasse a fonsuniarsi il carbone iiumlmeiite. Serviano al tempo stesso fjiiosti spegnitoi, ch' erano vasi in cui il carbo- ne, esatfanieiite cbiufleiidoli, sollocavasi, a formarne del carbone piu o iiieno piirgato. Ogniiiio sente cbe alio stes«o modo, e nieglio aiicora, si pno scaldare il foriio colla torba; e cbe spegiieiulola nelT iiidicata gui- sa sen' avra la torba abi)rnstoli(a e iiicarboiiita di cui parUro qui sotio. Cosi io or 1' una or V altra ottengo colla torba d'Ans-era cbe 2;iornalrnente accendo nel cam- niino di Franklin, e sofloco in cbinsa [)entola. 71. Ma sia pur vero cbe la torba cruda, cioe senz* altra pveparazione clie qnella di farla seccare, dia, e dia ineviiabilinente odore troppo spiacevole per essere adoperaia nella domestira economia: egli e vero altre- s'l e noto cbe in pin modi di tal oilore la torba si pri- va. Essa per tal oggetto si abbrustolisce, s' incarboni- sce, e s' impasta colla calce. Vedemmo a principio, secondo T analisi fatta dal cb. Piui e da altri, cbe la torba ancorcbe seccata contiene molta parte acquosa, dell alcali volatile e dell' olio empireumatico in parte li(]nido e in parte denso. L' nmidita per se non pnz- za , ma serve di veicolo agli altri elflnvj di cattiv' odo- re. 11 inoco dissipa questa uniidita, e presto ancbe scaccia dalla torba 1' alcali e T olio pin liqnido: se poi il fuoco si continna ne scaccia ancbe 1' olio piii den- so. iNel primo caso diviene torba abbrnstolita, nel se- condo in carbon ira. In amendue i casi perde una par- te della sostanza combnsiibile cbe la torba crnda con- tiene, e piu. iie perde nel divenir carbojie. Nella tor- T>£LLE TORBIEUE CC. 365 ba abbrustolita V olio deiiso liinastovi dar puo aucora un rcsicluo di nial otiore; ma, ardendo la torha con fiainma viva e senza fmno, 1' o'io denso si dissipa, e I'odore generalineute noii sentesi; nel second© caso, ove sill incarhonita a dovere, noii ha ne caitivo odore, ne i troj)j)o noci inconveiiienti del carbon di legna. La combinazione della calce colla torha distrugge o nfntra- lizza le particelle dalle f|nali il cartivo odore risulta. ^1^. U ahhrnstolimento della torha non e che un iiiipertt'tto incarbonimenio: quindi e che per ahbrnsto- lire la torha in grande devono farsi i medesinii pre- parativi e le stesse operazioni che fanuosi'per incar- bonirla; cioe richicdoiisi a un dipresso (jiielle oj)era- zioni colle cpiali si la carbone colle legna. E poiche volendo incarbonire la torha convien prendere de'car- bonaj praiici, e inutile 1' insegnar qui il metodo che tiensi coinnneniente. Solo deve avvertirsi che necessa- rj sono alia torha piu che alle legna gli spiragli, e spe- cialmente gl' inl'eriori; che nuovi spiragli devono fiir- si da quel lato ove dalla mancanza del fnino vedesi che n)eno si estende il fnoco; e ove trbvasi che ar- da troppo vivaniente, devono i fatti spiragli chiudersi. Per otienere la torha ben incarbonita deve spegnersi il fuoco nella maniera che intlichero, quando sara ces- sato ogni funio: per averla solianto abbrnstolita si spe- gne (]nando al fumo oscuro e denso succetle il funio bianco. Secondo i diversi usi ai quali la torha abbru- stolita destiiiasi si danno diversi gradi d'abbrustoliinen- to, lasciandola pin o meno aniere' nella carhonaja . Terminata Toperazione non devesi, come si fa col car- bon di legna, lasciare che il fuoco da se stesso, o col 364 AlMORKT'l'l solo cliiuderne gli spiragli, si spegna; poiclie correrrb- hesi riscliio di veclere nuta la toiha ridorta in ceiiere; ma devej>i a sirato a «»t!ato coprire con tina arena, la qnal suole c;eneralinpnte trovarsi sotro o presso le tor- biere: e d' uopo e star ben attento per vedere se in alcune parti fuma ancora per coprirla mag;giorinente, e se bisoa;na ancbe spegneria coll'acqua. Se all' arena o terra con cui fu coperta la torba restano frammisii TTiolii frainnienti di carbone, quella si crivella, e que- st! tendon luoao della carbonella o cnrhoniiia. 78. Un altro nietodo or tiensi in alcuni paesi del- la Francia (a) per carbonizzare la torba. Si costrni- sce di inuro iin forno cilindrico isolato con molti per- tngj air iiitorno e a varie altezze, e aperto snperior- niente. Si riernpie di torba ben asciiitta mettendovi di sotto uno strato di fascine per accenderla. Sopra la tor- ba si colloca iin cappello circolare di ferro o d' altra sostanza non combnstibile, che ]>osi snila rorba , e sia d' nn diametro un p6 minore cbe T inierno del forno. II vuoto che rimane fra 1 capj)ello e 1 niuro airintor- no chindcsi a dovere con una corona di terra. Cogli spiragli laterali sen legola il fuoco accio per tutto por- tisi ugualtriente. Siccome la torba diininnisce della me- ta del sno volume nelT incarbonirsi, cosi il cappello che su di essa posa deve abbassarsi, il che produce superiorinente delle screpolature e aperture, alle quali conviene sollecitamente riparare con nuova teira, af- finche la torba non diventi cenere anziche carbone. lo (a) Vedi Journ. des Mine*. Num. 6'- Opusrnli scel'.i. torn. XXFI. pag. 34O. DKLLE TORBIEUE CC. 365 Iio pro"vato a far iiicarbonir la toilja alia Regia raffi- jiazione tie' nitri in Milano nel liiogo e nel modo con cui s' incarboniscono le legna per fame il carhoiie con cui si compone la polvere da schiopj^o, cioe eiifro fos- sa qnadrata ove fu cliiusa (i]iiando la sostanza combn- stibile fa ben accesa) con lastra di ferro ricoperta di terra, aflin di togliere ogni comunicazione all' aria: il carbone e riuscito leggiero e lucido; e ben arse poi seiiza il menomo odore. 74. Un metodo pii'i economico, percbe e piu bre- ve, meno cosra, e non priva piinto la torba della so- stanza combustibile, m' e stato idtimamente indicate dal gia lodato sig. Faujas deS.foiuls. Eccolo. Qnan- do la torba e moUe aiicora, e speciabnente qnando e si molle da doverla mettere nelle forme, delle qnali parlossi al num.65 per darle una consistenza, s' im pa- sta con acqua di calce, si conq)rime e si lascia secca- re coir usato metodo. Allora abbruciandola aiube ne- gli aperti cannnini, tarda bensi un p6 piu ad accen- dersi, ma arde e riscalda senza mandare il menomo cattivo odore. lo ne bo fatto lo sperin)ento in picco- lo, ed bo trovata vera 1' asserzione di quell' illusire Geologo. CONCLUSIONE Molte sono le Torbiere nostre per natura e per circostanze locaii generalmente adoperabili qnal sostan- za Combu-itibile, e talora in altri usi economici: e so- vente poste in tali situazioni da valersene comodamen- te, o fame facil trasporto. Grandi, nioltiplici, certi e 366 AwouETTi facili ad ottenersl sono i vantaggi die deilvar ne pos- sono alia pubblica e piivata ecoiiomia, adoperaiuJo la torba specialniente nelle rnanifatture ed arii che di com- bustibde fanno il niaggior consnino. Facili sono i niez- zi di che gli uomiiii si servono o servir si possono per trovare la torba, scavarla, prepararla, conservarla, va- lersene ne' varj usi e nel niiglior modo, e per ovvia- re a quanto puo allontanarli dalT adoperarla. Di tutto qnesto io credo d' aver date sufficienti prove in questo niio ragionaniento . Con tutto cio non lusingoini d' aver fatta cosa che sia per essere eOeitivamenre vantaggiosa fino a che la jiubblica, o la privata beneficcnza non dimostra con moliipHci e generosi esempi che la torba puo con niolta utiliia sosiituirsi alle legna, e non met- te quella a portata di chi ha desiderio o bisogno d'eco- nomizzare sul combustibile. Convien confessare che pres- so di noi i premj oflerii, e le istruzioni pubblii he non ebbero 1' efletto che se n'atteudea. Speriamo che Te- sempio 1' otterra. ,^^.366.i/^art7/ 5^. /: ■t^aa. S66 .^ari. /=i^.T. ^^^^.// ^^jMi I /^itf.Jir. j^.u. riq.ffr Fiff: 'J^-: "^'^''' '■• INDICE 7:. 3. I Numeri NUMERICO DE- Paesi segnaTI NELLA MAPPA CON NUMERI. progrediscono da Tcvda I. Poq. 3S7 J Cambio 3 Broni 3 Castel 5. GIo: 5 Cairo 6 s. Nazzaro 7 Torre de'Negri 8 Guardamiglio^ 9 Sartirana 10 Lomello 11 Albigiiola 12 Sommo 1 3 Acqiia-negra 14 Marzo 1 5 Valeggio 16 Groppello 11 Donio 18 Gera igi Belgioioso ao Corteolona 21 Orio 22 Cas.Pusterlengo 2.3 Borglielto 24 Zurlesco 25 Castidione 26 Casal Buttano 27 Robbio 28 M.irsella 29 Bercguardo 30 Villaiiterio 5i s. Angelo I 32 iMuzza Piacent. *'""''•« a de.,ra; ' la llnea indica quando si torna a sinistra. 3,5 Castel Leone 3^ Soresina 35 Quinzano 36l3orgo Vercelli 37 Olfengo 38 Bolducco 39 Casorate ^o Binasco ^1 Giussago 43 Landriano 43 Locate 44 Castelletio 45 Romanengo 46 Soncino 47 Orcinovi ^3 Biaiulrate 49 Buzzoletto 50 Abbiate grasso 5 1 Gagiano 52 Movorasca 53 Meregnaiio 5-f PauUo 55 Spino 56 Pandino Trecate 58 Galliate 59 BuHalora 60 Sedriano 61 Mezzate 62 Settala 65 Cartaiio 66 Nerviano 67 Ro 68 BoUate 69 Balsamo 70 Cassina Pecchia 71 Gorgonzola 73 Cassano 73 Terviglio 74 Caravagio 75 Mozzanica 63 Fara 64 Mommo 76 Gheme 77 Oleggio 78 Maggia 79 Busto Arsicio 80 Legnano 8 1 Saronno 83 Desio 83 Monza 84 Vimercato 85 Trezzo 86 Verdello 87 Martinengo 88 Calcio 89 Chiari 90 Palazzuolo gi Bettola 'gsTTomagnaiio 93 Borgo Ticino 94 Somma 95 Gallarate 96 Gas. delle corde 97 Gerenzano 98 99 10c 101 102 loj 104 io5 106 107 108 109 110 III 112 113 114 ii5 116 118 119 120 121 123 123 124 I2S 126 127 Aj^liaie Merate Ponte s. Pietro A'bano Trescorio Grignasco Borgo Manero Borgo Sesia Quarona Gozzano Sesto Calende Tradaie Appiano Fino Canturio Nibbioano Brivio Caprino Almeno 129 i3o Scopello Moglia Buccioletto Varallo Vocca Orta Agera Lisania Loninago Varese Olgiate Alter'" Incii'O 3 1 Olginate 3a Valsecca 53 Zogno 34 Gandino 35 Endine 56 xVlagna 37 Rima 38 Fobello 39 RimeBa 40 Campello 41 Fornero 42 Omegna 43 Belgirate 44 Legiuno 45 Cuvio 46 Arcisate 47 Gana 48 Mendriso 49 Codilago 50 Blevio 5i Pliniana 52 Argegno 53 Nesso 54 Tremezzo 55 Onno 56 Lecco 57 S. Gio: Bianco 58 Clusone 59 Macugnaga 60 Banio 61 Feriolo 62 Baveno 63 Pallanza 64 Laveno 65 Valtorta 66 Cultura 67 Ronco 68 Antroiia 69 Premosello 70 Oniavasso 71 Litra 72 Lavena 73 Beola 74 P">. di V. Travagli; 75 Canobio 76 Luino 77 Albogasio 78 Porlezza 79 Agrone 80 Menagio 8 1 Bellano 82 Preinana 83 Girola 84 Redola 85 Denari 86 Biignanco 87 Preglia 88 Masera 89 Malesco 90 Cursolo 9 1 Macagno 92 Bassano 93 Vegnio 94 Dervio 195 Colico 196 Delebio 197 Tarteno 198 Valle 199 Aprica 200 Isella 201 Crodo 202 Aiinessa 203 Belliiizona 204 Damaso 205 Ardeiino 206 Teglio 207 Caiolo 2e8 Ambria 209 Sempione 210 Ospizio 2 1 1 Preiuia 213 Fopiano 2i3 Andorval 214 S. Lorenzo 2i5 Vigazzolo 216 Riva 217 Masino 218 Sondrio 219 Ponte 220 S. Giacomo 221 Cardone 222 Ciiiavenna INDICE ALFABETICO Biandiate Abbiate grasso T'O' j^^^^j.^ '^IBlevio Acqna-negra Agliate Agrone Alagna Albano Albip;iioIa AIbop;asio Alnieiio Alst-rio Aii)l)ria Andorval s. Aiigelo Agera Annessa Antrona Appiano Aprica Arcisate Ardeiiuo Argegno B alsamo Baiiio Berlassina Bassano Baveno I^elgioioso Belgirate lit'llaiio Belliiizona Beola Bereguardo Bet 10 la 99 179 1 36 102 ] I i Bolducco Bollate Borghetto Boigo Manero Borgo Sesia '^''iBorgo Ticino ' ' ^ ! Borgo Vercelli „ Brivio , ! Biom Buccioletto 3i 124 202 168 III 199 146 205 16 19 4o Carta no Castel Leone 1 5o . Castelletto 38 jCasiel 5. Gio: 68 |Castiglioiie 33 I Chiari io5 Chiavenna 106 Clusone 93 36 ^^ PAEsi segnati nella ]\IAPPA Tavola II. Pas. 566 CON NUMERI. Codilago Coli ico ii5 Buffalora Bugnanco Busto Arsicio Buzzoletto Vjaiolo Cairo Calcic 1 52 Cambio 69'Campello j()o|Canobio 08 Canturio 192 Caprino Caravagio Cardone 1^5 Casal Buttano 181 iCas.Pusterlengo 2o3 j Casorate 173 Cassano 29 Cas. delle corde 91 ! Cassina Pecchia Corteolona Crodo Cukura Cursolo Cnvio 207 5 2 120 59 j86 ' ^-^ 1 Oelebio ^■^ Denari Dervio Desio Jj8 jE)omaso 1 1 Dorno HO Endi 175 ii3 116 3^ [ I Fobello 2f, Fopiano ne Jbara Feriolo Fine 22 39 Fornero vragiano 72!Gallarate 96 GaUiaie 70'Gana 05 33 44 3 as 89 322 20 aci 166 190 145 Gandiao Gera Gerenzano Gheine ^- Giacomo ^- Gio: Bianco Girola '^^jGiussago i49|Gorgonzola '9!^ Gozzano Grignasco Groppello Guardamiglio Incino Intra Isella J-iaudriano Laveiia Laveno Lecco Legiuno Legnaiio Lisanza Locate Lomello Loranago S. Lorenzo Luino Macagno 196 i85 194 82 204 17 i35 63 161 112 i38 212 141 5i p Maciigiwga 220 I 57 i83 4' 104 16 i3o 171 200 42 172 134, Martinengo 1 8 1 Marzo 97 1 INIasera 76 Masino Mede IMenagio Mendriso IMerate 71 1 Meregnano 108 Mezzate Mogba Mom mo Monza Morsella Movorasca Mozzanica Muzza Piacent. s. iNazzaro Nerviano '64,JNesso i^^JNibbionno I44 80 125 43 10 126 214 .76 191 159 7« Wleggio 01 fen go Olgiate Olginate Oniegiia On no Orcinovi Orio Ornavassa Orta Oipizio azzuolo 87 Pallaiiza '4 Pandino 188 PauUo 217 Pliniana 4 Ponte 180 Ponte s. Pietro 148 Porlezza 10c P'^.diV.Travanlia 53 Preglia 61 Preinana 119 Premia 64 Premosello „ V/uarona 2rieta riceve sensazion grata dal ]>iac(re, ingrata rd insopportabile dal dolore. Una tal jnoprieia lece diveiiir 1 uoino medico (jJ pria che ne (1) Efrl" (; stato un errore d" alcuiii scdicenti lilosoti il dire clie inuti. li riesrono i mcdici pel■rlK^ scnza medii i nelle po])ulazioni meno civilizza- te non cresce la nioitaliiA. Le incolte nazioni non Iianiio un ceto distin- to di modiiM lanreati , ma tntte lianno c]ualnino die rredesi pos^cdcie in cjualche inoilo 1' arte di guarire, della quale iiou pud diisi piivo veiun po- polo anche selvagglo . s^a u O 3 C. A T I anche il pensasse, come nell' esercizio di alire facolta fii a lui di stiinolo e di maestro il bisogno. La civiliz- zazione figlia dello siato socievolf e delle prerogative emiiienti accoppiate nell' uoiiio ad una pin felice or- ganizzazione lo separo dagli aitri animal i in tutto cio che risgnarda T avanzamento delle cognizioni, e per conseguenza dai ])iii rozzi ])rincij>) di ritercare a caso r aj)plicazione empirica di alcune sostanze per sollevar- si dal dolore salV, perche perfettibile e ragionatore, a crearsi fra le altre arti e scienze anche quella della me- dicina qual' essa esiste nella colta Europa. Qnei popo- li per tanto che poco hanno progrediio verso la civil societa avranno anche avanzato poco nella medicina. !Non e pero che gli esili progressi fatti dalTempirismo ed i semplici modi di medicare prodotti dal bisogno e correiti dalT esperienza fra i popoli meno colli meriti- no il nostro scientifico disprezzo; e percio appunto prez- zo deir opera il dare qualche saggio de' singolari loro metodi di cura presso i Morlacchi f^J- Sono essi nn popolo pochissimo civilizzato, che nelle arti e nelle scienze e per anche f\niciullo, che ha costumi semplici, se non vogliam dire anche rozzi, ua regime abimalmente frugale ed una medicina che mol- to si accosta ai primordj della nostr'arte. Limitati nelle lore cognizioni ad un ristretto numero di malattie, e privi di dottrine mediche il loro Jpocrate e cio che o essi stessi osservarono a caso, od il padre, V avolo, il Cn) Scnza imltarazzarmi della j)rovei)ien7,a o della dofinizione de' veri lIorlar< hi , per qiiesti io intendo gli abitatoii delle nionlajne tanto della Dalmazia quaiito dell' Albania. SULLA. MLDIOINA DEI MORLACCHI CC. 56() rio lasciarono alia inemoria del figlio e del nipote. lo ])rodiirr6 in questa meinoiia alcuiie osservazioiii relati- ve alia mediciiia dei Morlaochi, iin buon immero del- le quali ho avuto campo di notare io stesso sul luogo -selibene in nn' epoca poco grata ad lui osservaiore. (>oir analisi dei inetodi ioro ciirativi, o coll' esame dei loro empirismo cerchero di dedurre dei principj ragio- naii, e di provare come dessi sieiio coiifonni ai prin- cipj ricevuti da niedici riputaiissiini delle nazioui civi- lizzate. Ned' io preiendo con cio di compilare una mate- ria niedica ragionata, ne iin trattato di mediciua Mor- lacca; molio nieno poi ho in aninio di seguire in cio r eseinjiio del Padre Lucca f3j. Non ini tratterro quin- di ad esporre tntti i medicanienti semplici e coniposti iisati da varj Morlacchi, ne faro alcnna menzione dei rinjedj su[)er>ii7.iosi i fpiali presso di loro hanno qnal- che valore, come quello per esenjpio per le cmoiroidi che coiisiste nel legare a qualche parte del corpo la radice di burdnna recente fino a che sia essiccata, ed altri analoghi della classe degli aniuleti; che se alJn- ne voire semhro che giovassero, cio fu opera del tem- po e della natura. E |)oiche i latti costanti sono la pie- tra di paragone delle teorie e dei sisieini io credero di iar cosa grata se faro osservare ai n)edici, come Tho ossf'rvato io siesso, che la medicina empirica di cotesto popolo poco meno che incolio e ridnribile in niolte jiar- ti ai principj della nostra medicina ragionata, salva la ("i) Vedi rir> rlip ne dice Lovrich nulle osserva/iniii aiiiiiuiuc ai viag- gi di Fcirii«. Vpnoziii 1 7~f). T. I. P. a. 47 Syo M o s c A T I differenza clie necessariamente danno le abicudini,i tempera nienti ed il clinia. Se il sistema Browiiiano coosistesse solo in una materia medica contenente degli stimoli assai forti, ed in una nosolo<2;ia di malatiie di debolezza, si direbbe che i Morlacchi soiio per natura loro JJrowniaiii. Di fatri la inedicina universale dei Morlaccbi dice ancbe Lovrich (4) e di cercare del buon vino e della Jlakia, G sia acquavite per gli ainmalati. Ma ed il sisieina di Brown e ben loiuano dal ca])ire in tali liniiti, eti i INloriacclii dal ragionare di debolezza e di stiniolo; re- colati da un cieco empirismo si cnrano inipiep^ando spesse volte rimedj pintiosto veterinarj clie tnedici: ina questi rimedj vincono non rade volte de' mali die uoi stentiamo a guarire. Prin\a di esporre alcuna cosa in dettaglio suIla me- dicina dei Morlaccbi giova far osservare, die il tem|)e- ramento di codesti individui e generalmente robiisto, il metodo di vivere e, siccome iio deito di sopra, fru- gale e semplice, aitivi d' alironde essi sono e laborio- si; in conseguenza di cbe devono andar soggetti piut- tosto a malatiie di debolezza che a malatiie di v^gore. Di pill atteso il robusto temperamento dei Morlacchi pos^ono questi resistere a' rimedj energici ed anche con- trari a quelli che parrebbe ricbiedere il loro stato mor- boso. Cosi in una malattia di vigore curandosi cou so- stanze eccitanti, dopo una scossa considerevole cbe Jie deve sentire il sisterna, finiscono con un diroito sndo re il quale cagiona salute. Sudore che io credo pro- {^) Opera citata. SCLL.V MKDICIN.i DEI MOKLACCIIT CC. 87 f dotto da inattitiifliiie della fibra nel reagire ad ulterio- ri stitnoli, e salute che periso cagionata dalla cessazio- ne della reazione alio stiruolo, e dalhi evacnazione ot- tenuta. II loro ragionare in simili casi si e di sudare il nmle, ragionainento analogo a qiiello del popolo, e se vogliamo anche degli antichi rnedici i quali voleva- no che la materia morbifica si evacuasse per sudore, ])er orina, per secesso, ec. Chikukgia de' Morlacchi, I.a Cliirurgia del Morlacchi consiste in pociie ope- razioni. Vi soiio fra di loro per?one che lianno faina di sapere rinietiere le ossa slogate, e riattano le in- frante. Grandi sforzi per distendere la rauscolarura con- tratta ed allimgaria, qiiiete del membro rirnesso sono le priiiri[)ali cure in qnesta loro operazione, che il piii delle volte riesce felice. I Morlacchi, sebbene non conoscano T iiso delle lancetre, cavano nondimeno sangue servendosi di car- ta s[)ecie di coltelli o meglio rasoj che loro servono a meraviglia. Usano anche di certo strninento fatto a fog- gia di dardo con pnnta piatta e ritondata, ch' io pero non ho veduto, il quale sorte liinitataniente da un can- nello ed e spinto, qnanto basti, da una funicella di- stesa dalla elasticiia d' un arco coinpresso a niodo di balestra. Se si prescinda dalla rozzezza deilo striimen- fo, esso fa 1' nffizio inedesimo ed e fondato sugli sres* si principj che il crock usaio princi[)ahnente in Ger- mania per tagliar le coppette in un colpo solo, ed an- che per cavar sangue: ed i Morlacchi ponno registra- re il loix) strumento come registrano il guo i uostri 372 ]\T O S C A T I cl^irurglil volendolo applicare a persone di un tessuto adiixiso ]iiu o nieiio dt'n?o. Applicano i Morlacchi le sangin'snohe alle parti enfiaie e dolenti, ove il bisoguo lo ricliiesi<>;a; e di tjiie- Sto modo di evacuazioni locali e pure uso iuveierato tra i iiostri medici ripiitatissinii, ed i priiicipj su qna- li e foiulato un tal ineunlo soiio conosciiitissiaii dalle peisone dell' arte. Ai tapjU ed alle scorticaiure di recen- te fatte applicano un'arj2;illa ferriiginea propria di alou- ni luos>;hi del loro territorio; e qnesto uiodo seinplice di medicare coteste leggieri ferite e piir coerente agli iisi che ne faiino aliri popoli Europei e moki cliirur- gi; ne da un tal metodo discordano i principj cono- sciuti sulla facolta balsamica delF ossido di lerro; im- perciocche s^i conosce la facolta corroborante, o come si dice astringente, di un tal medicamento capace d'ar- restare le emorragie, di consolidar le parii rilasciate, di dar tono e vigore alia libra. In okre le argille ferru- ginose le quali sono della naiiira dei cosi detti boll armeni ^ per T afTinita die ba 1' allumina verso 1" acqua con cui forma un cemento, diventano adattatissime ad arrestare il sangue assorbendo del rnedesimo il siero e lasc iando alT apertura del vase sanguigno la materia fi- brosa ed albuujinosa cbe vi forma un coagulo, e ga- rantisce la parte offefa dal contatto dell' aria. A inedi- car poi altre ferite di maggior rilievo fonnano varie composizioni tra le quali un Ini/sa/no compo«to di tnor- lo d' ovo, d' olio e di poco sale, della qual composi- ' zione, benche sia strana in apparenza, uon se ne pos- sono negare i buoni elTetti, ed i felici successi. Veri- similmeuie essa opera percbe impedisce il contatto dell' SULLA MEDiniNA DEI MORLACCHI CC. 37.3 aria, c limita 1' infiaminazione della ferira al solo pun-» to della cicatrizzazioiie, giacclie e pur n6cessario che una iiifiatninazioiie locale preceda la riproduzione ed unioiie di quelle fibre cli' erano riniaste tapjliate, ed e pariinente necessario che non sia eccessiva 1' iiiliainina- zione perche non ne succeda la cancrena, o iion ne avvenga lo ppasimo, e fors' anche un tetano. Di fatti i nostri cliiriirgi applicano gli eniollienti in tali casi : rgli mi e pur accadnto d" osservare ed'etti prontissinii in f'eiite anche profonde della istantanca applicazione snbito dopo tatta la ferita del prezzeniolo contuso me- srolato a poco sal mnriatico, pnrche V applicazione si faccia avanti che la ferita s' infiammi od abbia pel ri- tardo della uiedicatura cagionato lungo dolore. FuOCO SACUO Per gnarire dal fuoco sacro, o da qnella specie di risif)ola delta anche fuoco Stmt' Antonio adoperano i IMorlacchi un riniedio la di cui azione dev' essere U2;na- le a (jnella vantata, non e niolto, tlel carbon vegeta- bile applicaio alle j)iaghe croiiiche, a tnniori di catti- vo as[)etto, ai tleininoni e risipole carbonose, a niorti- ficazioni senz' ulcere ec. (5). Pestano del frumento ab- biMistolito su j/(i- 374 M o s o A T I pra tre giorni: rinnovaiio poscia la medicatura dono aver lavata la parte ed al fiiiire d' alcuiie di queste nie- dicazioni essi guariscono assai felicemeiite. Ho veduto jo stesso co'miei proprj occhi il profitto che ue ritrag- gono, ed ho veduto parimente clie un tal metodo gua- risce piu sollecitaineiite che i metodi da noi adupera- ti in tah affezioni . In mezzo agli esili progress! della medicina appo i Morlacchi si scorge admiqne nel caso presence com* essi avrebhono potnto snlla base dell' einpirismo inse- gnare ai dotti inedici della colta Eiiropa un niedica- niento nuovo, iin riniedio elficace. Cio ch' era antico medicamento per i Morlacchi riesce di data recente per noi, ove, solo da pochi aiini, si e decantata la facolta medicatrice del carbone, dopo le ricerche chirniche in- stituite da Loivitz, e dopo le mediche osservazioni di Beddoes, Sand ford, John, Johnston, Field j Odier, Maunoir sopra d' una tale sostanza. Quanto al modo di agire del carbone non so se i Morlacchi che lo adoperano empiricaniente sieno me- no avanzati nelle cognizioni di que' medici che spiegar lo voUero con varie teorie. Beddoes (6) pretende che r azione principale del carbone sia d' assorbire i mias- mi ed i gaz pestiferi, e che in oltre agisca assorben- do r ossigeno o sia come un deossigenante, o forse co- me antisettico. Quanto alia prima ipotesi, essa sembra destituita di probabilita se si rifletta, che il carbone gio- va applicato anche in que' casi ove si osserva esalazio- ne di gas pestiferi, e d' altronde I'acido muriatico os- (CJ Opera ciuia ■ SVLLA MEDICIXA DEI MORLACCHI CC. SyS sigenato die decompone cotesti principj o nilasmi con- tagiosi non credo die redierebbe lo stesso sollievo, ap- plicaio in analcjglie circostanze. Riguardo poi alia se- conda, essa noii coniparisce meiio iinprohahile ridet- teiido die il carbone non e atto ad assorbire V o^^sige- no die in ibtaio gazoso, o pure cli' e necessaria un'al- ta teniperatuia perche 1' ossigeno in qnalun^jue stato esso sia si combini diiniicaniente al carbonio. A me pertanto non senibra inverisimile die 1' azione del car- boiie esser possa analtiga a cpiella deH'alluine, ddl'ln- cliiosiro ec. e di (jiiei nmedj die si dicevano astringen- ti. La polvere di f'atii die nd 1787 tamo si lodava dai gioriialisii tiaticesi, e die veniva spacciata da M', Juinard sotto il nonie di polvere stipti(:a fu riconosciu- ta dal cdebre Odler una polvere di carbone, ed usa- ta, come tale, nei casi di emorragie, ec. (y)- Veniva raccomaudaia dalTautore ancbe nelle emorragie esterne e nei casi d' ainputazioni ove si poteva teiiiere un' ec- cessiva perdita di sangue. La facolta del carbone ri- conosciuta secondo 1' antico linguaggio medico come astringente sembra dnnque analoga agli altri astrin^en- ti, de' (piali puree uso inveierato ne' casi di llemmoni incipienti e di risipole, e siccome non si sa fin'ora die ne rallunie ne 1' esirarto di satnrno, ec. agiscano sot- traendo Fossigeno, o assorbendo i miasmi, verisimil- mente andie il carbone agna in tntt' altra foggia. Del rimanente converremo di biiona fede die resta per an- cbe avvolra nelT oscurita <]«^lle ipotesi la maniera d'agi- re di moki medicamenti esteriormente applicati. (j) Vecli. Bibl. Britanniiiuu . Yolutne sesto delle scieoxe t-d arii. SyS M o s 0 A T 1 MeDICINA INTEUNA DEI MonLACCHI. Non sono nieno felici nelle loro cure i Morlacchi quando si tratta di curarsi da alcune interne malatiie e col solito loro einpirismo ciuano le coliche, i verini, le infiamrDagioni di gola, i reiimatisrni, T asma, le in- termittenti, le malatne inflammatorie, le indigestioni, le ostruzioni, ec. ottenendone per lo pin esiti fortnna- ti. Quando i Morlacchi sono sorpresi da inappetenza, bevono molto aceto, e con cio riacquistano I'appedto. !Non e diversa dal metodo usato infra di noi una ral medicazione, ed e ben coerente ai priticipj conosciuti sulla natura acida de' sughi gastrici nelT noino, e sull' intluenza dei rnedesimi nella sensazione della fame. Se da indigestione o da gravezza di stomaco sieno essi af- fetti ricorrono al Rak'ia^ in cui infondono certa quan- tita di polvere d' archibugio. Codesta medicina stimo- lante aninia le forze virali del ventricolo, e lo deter- mina a quel movimento il di cui risukato e la di- gestione degli alimenti. JNoi stessi vediamo conie ua 8ag2;io di rosolio preso dopo il pranzo favorisca la di- gestione, e come anchc presso di noi gli stimolanii gio- vino moke volte in tali incomodi. Forse questa mistu- ra esposta al calor dello stomaco favorisce lo sviluj)po d' una certa quantita d' ossigeno il quale e giova alia digestione e produce appetito (8). (S ) Veftpasi la niia nieinoria snll' nso del merourio nel volvolo: ncl Volume deciiuo delli atti della Societa Italiana. 8ULL\ MEDICINA. DEI MOJILACCHI CC. 877 COLICA NERVOSA. II rimedio di cui fanno uso i Morlacrhi nella co- lica da loro detta da rai^gruppaniento f zcludaze ) , che e([iiivarrt^ljl)e al dire rolica nervosa o aiiclie reumatica, ])iirche non piovenierite da indigestione lie accompa- giiata da inliaimnazioue, si e una palla di piumbo da archibugio die inghioitiscono, e che, seJati in poche ore i dolori, rendono per secesso. Cosi quella sosian- za tanto veneiica die cagiona spesse volte la colica sa- turniiia viene qni adoperata e con esito costanteniente felice per curarla. ]\e la cosa e senza esetnpio andie ]>resso i inedici razionali fgj. Ne si creda a inio av- viso clie agisca in questo caso il piomho come una ft)r- za nifccanica e per il solo proprio peso, in ((uella gnisa che si voleva che agisse il mercurio nel volvolo: poidie credo assolutaniente che in questo valga lo stesso, e die da tntt' altra cagione dipenda 1' azione medicinale siccome del mercurio cosi del piomho fjoj. Ed okre air azione calmante che aver potrebbe 1' Idrogeno svol- to per la decomposizione dell' acqna o di qnalche al- tro nmore de' sughi digereiiti, de' qnali T o§sigeno si combina al piomho e lo ossida; anche I' ossido di piom- ho lia, come luLti i sali saiurnini, un' azione energica Cg) Effern. nntur. cur. D. i. an. III. ohf. pS. pag. iSS- Dov' h ri- feiito che una ])eitinai e rolica sopravveimra ad una li-h))re terzana coo niolta btitirliezza tii sinarita col far ingliiuttire una palla di pioiiibo. (lo) Vedi Atti ifel/n Soiieta Italiana ■ Vol. X. pur. i. pug. iSj. T. L P. 2. 4U %lS M O 5 G A T I c coMoscliitissiina nella fibra viveiite fj.r) e snl sistema nerveo. Time? le accademie e gli atii delle societa let- terarie, i comnientarj niedici e gl' institiitori di medi- eina pratica coinbinano nel ricoiioscere nel j)io!nbo im rimedio energico, e j)iu soveiite veletioso. Ma la ma- iiiera d' agire del piombo e de' sali saturniiii noii e egualmenie conosciuia, per quel die mi pare, aliiie- no generalinente. L'a/ione apparentemente di versa del ]>ioinbo nel cagionar la colica, e nel guarire, sot to re- gnal tbnna, piio per avventura senibrare un facto con. traddittorio che ci allontani dalla cognizioiie iiitoriio al tnodo d' agire di cotesto mcdicamento croico. lo pero credo che tali anomabe svaiiiscano consideriiulo le cir- costanze diverse che accoinpagnano la diversita de' casi ne'qiiali io considero le circosiauze come diainetralinen- te opposte : iinperciocche la colica satuniina, o sia la co- lica cagioiiata dal piombo sia degliitito in istaio soli- do, sia preso liqnido nello stato saline, sia finalmeiite soito qiiabmqiie forma vaporosa inspirato od assorbito per mezzo de' linfatici, si osserva accader principalmen- te in soggetti d' un debole temperatneiito, o sortomes- si per limgo tempo all' azioiie contiuiia e lenta del ve- leno; al coiitrario la colica nervosa de' Morlaccbi, e cosi dicasi degl' Iiidiani occidentali, i qnali, come scri- ve Chalmers (j2), sono soggetti ad una colica, che ■viene felicemente cnrata col zolfato di lame ed i ne- cessar] clisteri, succede in temperamenti robusti e pre- (11) La sczione iIk railaveri morti d avvelenamcnto di jjioiiiljo lia latto osservare clie i miHcoli sono, quasi del tntto, dcomposti , ej Iwn- ho perdiiro la l(»ro coTenza. Vedi sCi rio : Coinnientaria de rebus in scierim tin tintitrali ^enis . Vol. XIX. pac;. 120. (li) Coiniaciit. de rcb. in nicdicin. gcstis . Torn. XX. pag. 4. 53. SULLA MEDICIXA DEI MOULACOIII CC. 879 dispostl alia stenia atiziciie a debolezza, e die per po- co tempo ritengoiio entro di se ii rinietlio, talmente die non rimane ai piornbo un tempo iiecessario a pro- durre la colica saturiiina die succederehbe colla lunga diinora del piombo nel canale intestinale quaiido per la coiitiuucUa azione sedativa d' esso si fosse fatto il pas- saggio dal vigore alia debolezza, o sia sorpassaio si fosse lo stato di vigorosa saliue. Cbiaro a[)[)arisce per- tanio come il piombo die produce una colica possa es- ser rimedio alia colica nervosa dei Morlacchi, poidi6 nel [)rimo caso, essendo la macdiina gia moko inde- bolita, ricbieggonsi gli stimoli alia guarigione, meiifre nel secondo ricbieggonsi i debilitanti. Di fatti la coli- ca saturniiia e stata felicemenie cnrata coll'oppio (j5) col fumo di tabacco (j/^) ec. , delle rpiali sostanze in- sorger giammai non potra questione se esse siano sti- inolaiiti ed agir debbano in contrario a quella causa cbe jModusse la malattia. I Morlacdii adnnque cbe se- gnoiio la sopradetia cura lo fanijo con vantaggio per- cbe sono robusti ed evacnaiio meglio ringbiottito piom- bo: e (jnesto stesso metodo di cura anderebbe a risico di divenir fatale alle persone deboli die per piu lungo tempo lo riienessero in corpo. INIalattie veuminose. II pill pregiato antelmintico appo i Morlaccbi si ( 1;^) Vcei'RDsi i Conimeniarj sopra citati che citaiio le osservazioni di Jiacker in proposito. (14) Opora ritfata. Tom. VII. pse. 61 -3 ove si trovauo le Qstervaiio- ni '(]i SciiefTeio sul fiiajo cli tuLacco daio per c'li6tei'C . 38o M o s n A T I e il pefiolco, col quale in occorrenza di verminazione iiiio;oiJo il veiure e che pigliano anohe per bocca a po- clie goccie. L' eHetto salntare di tal medicamento seia- l)ra diptMuleiue rjonsolo dalla sua facolta nanseante, qiia!Uo dal luodo con cui aminazza codesti aniinali pa- rasiiici, e col suo catiivo odortr (^jjj e colla sua azio- ue venefica ai medesitni. II peirbleo e pur stato usato e s' usa tutt' ora da' inedici ripmati^^simi. A Moiupfl- lier, in Ea;itto ed in altri lno2,hi e staro adoperato tanto internamente che esternamente per trizioni all' abdo- me f/6J. FeBBRI INTERMITTENT!. I INTorkcchi che non sono 902;2;etti meiio alle in- fluenze delle stagioni caitive, delT inniditii e di alrre cagioni prodiiittici delle Tebliri interniitteiiti di cpiello che lo siano i nostri popoli dell' Itaha, cadono non di rado in tali aftezioni dalle qnali pero si hberano an- che senza china. Alcnne frbbii terzane -sono da essi loro curate col vino e col pepe preso (ino alT ubbriac- chezza; altre )e cnrano colT aripia e col sndore fjzj- ISel primo caso cominciano dal prendere nel priino e secondo giorno un bicchiere di vino nel quale sia sta- to infnso per varie ore un pizzico di pepe; nel terzo e cpiarto giorno raddoppiano la dose e cosi di segnito (i5) E" oiiinii'iio die alciii.i odori siano niicidiali ai vciini . Vcdi Ro- seiistein. (id) Vfdi Brera tu i vcrmi del corpo iimano . ( ij ) Quest' ultimo niodo di oirar le iiiterinittcnti io non 1' lio vedit- duio; lo dice pero Lovrich nell' opera citata . SULLA MEDtClNA DEI MORLVCCni CC. 38 1 Bccnndo il temperamento flel soggetto febbricirante; in oltre akri costumano cli bere molto vino fiiio ad ob- bliare se medesimi e di correre poi fortemente nelTora del parosismo febl>rile: il rbe iion puo certo farsi die da iioniini della loro robnstezza. ?sel secondo oaso si cuoj)rono bene e si distendo- no ai cocenii raggi del sole in faccia al fuoco, beven- do di coniiniio acrpia fredda. In siinil mode cadono in nil abbondante sudore e col sudar il male, secondo essi dicono, si liberano pin o meno dalle febbri. Dair analisi di questi due modi curativi dei Mor- lacclii si conosce, (lie sebbeiie non sian' essi tanto ine- dici da saper la teoria delie due diaiesi proprie delle interniittenti, le curano non di meno con un metodo die coincide ne' principj di qnelli die ammeitono le febbri stenidie e le astenicbe. Di fatti nessuno neghe- ra clie il vino ed il j)ej)e sieno stimolanti potenti, ed e noto die anclie fra noi sono spesso mraie alcune feb- bri interinittenri colT oppio EI MOHLACCIII CO. 385 gliari terra al di la di Cattaro^ che una donna venu- ta al mercato di codesta citta, soggetta ad access! as- matici fu sorpresa sul luogo da uno di questi, per cui s' appoggio al inuro per soilevarsi. Passo in ([uesto men- tre iiuo di Pudgorizia terra turca di confine, orefice di profc?sione, che si esibi di gnarirla. iMando a pigliare due gazzette (20J d' arsenico: lo mise sopra le brage in uno scaldino coperto da nn iinbuto e fece inspira- re a riprese e per iniervalll il fumo alia donna. Ad ogni inspirazione del fnnio arsenicale diede un sorso di vin di Cipro. Al finire del fumo la donna fu libe- ra, ne mai piu solTerse accessi asniatici pel Inngo tem- po che visse. 11 Parroco I'assistette, moiti anni dopo, air ultima malattia che fu di tutt' ahro genere della tr?te accennata . Un' altra donna pure di Scag/iarl al- lora assai vecchia sua parrochiana, sulT esem[)io felice a lei noto, ripete da se stessa cotesto rimedio per I'as- ina che soffriva; ne guari radicalmente, ed essa vive- va cpiando mi si narro la cosa ed esibirono di mostrar- niela. 11 Curato che sapeva questi fatti, divenuto as- matico, e non avendo il coraggio di esperimentare il fumo d" arsenico, provossi ad inghiotiire il I'nino d' un legno acceso ed incarbonito in cima; lo faceva ad ogni accesso, e se ne trovava sollevato; nell' uso di questo rimedio cominciava dalT esporsi ad un fnoco vivo di legna al cammino, sebbene pero sollevato negli acces- si non guari pnnto dal male. Un tal modo di curarsi dalV asma usato da qual- ('ao^ Piccola nioneta del paese, delle quali due equivarrebl)ero a uq diprrssn , ad un no«trf« 'oldo. T. I. P. 2. 49 386 M o S O A T I die Alorlacco ed usato pure in altro tempo t]a niedici riputati (2j) fa vedere la diversa azione delle sostanze suir econoniia sana ed ammalata. L' arsenico in vapo- re die piio cagionar 1' asrna all' uomo sano, giiarisce da codesta nialattia. Si ha in questo caso im esempio aiialogo alia j)alla di piombo die ragiono la colira in alcuni casi, e guari dalla colica in altri. In tal feno- meno sara forse atrribuihile ad un princijijo auaiogo. L' asnia cagionato dal vapor arsenicale sara esso d'lina diatesi opposta a cjuello gn.nMto dalT arsenico vaporo- so? lo non oserei giudicarlo, jjoidie e poco noia fin'ora 1' azione di coiesto violento vtle no. Qndlo cli' e cer- to si e, die 1' arsenico e staio adoj)eraio da varj niedi- ci con felice esito nella cnra delle inrermittenti e Lor- flat lo uso riportandone nioltiplici gnaiigloni (2-2), ed io pure 1' lio nsato, cotne 1' ha usato il Dott. Locatel- li con esito fdice. Nell' ospedale di Pavia ove occor- rono pin di sovente lebbri inrermittenti di natura as- tenica si e usato in un tempo T arsenico con felice riu- scita; ma se ne abbandono poi 1' uso, forse per T or- rore die il popolo aver poteva per un rimedio che al solo nome intimorisce. Resto per tanto indeterminata 1' azione medica di questo famoso veleno, e si fu con- teiito di considerarlo nelT asperro soltanto di un per-' turhativo assai forte de mod deW econonua animale. (zj) Vecli. Fraiikisrlie saninil. ii. pas;- 70. (3.2) Vedi il "iornale fli medicina di Parigi . Agosto if!o5, in rui si pre- scrive d' unire la soluzione d'aisrnico ad una sohizion di pofassa nella do- se di mezza drnmina per riaschcduna sustanza secra, la prima sciolta in on- cie 6 acqiia distillata , la eeconda oncie 2 acqua di cannella , da darsi si \. 6. 8 goccie io un bicchiere d' acqua. SULLA MEDICINA DF.l MOULAGCHl eC. SSy Ma non sarebb'egli prol^abile the T azione d' un ri- niedio suH" aniniale ecoaoiuia amirialata fosse diversa dair azioiie sulla stessa econoinia in istato di salute, nella stessa guisa in cui e diversa 1' azioiie d' un rime- dio o d' un veleno su d' un aniniale paragonato ad al- tro di specie diHerente? lo mi ricordo d' avere una volta lei to che i vapori del niercurio cagionano i ver- mi, e che gli scavaiori delle ini'.iieie di nuMcurio soiio soggetti a cotosti aiiimah paiasiiici; noi sapj)iaino d' al- tronde come giovi il niercurio in casi di verminazione. Le straordinarie dosi ch rimedj eiiergici sopportate ne' casi d' alcnne malattie faimo pure conoscere la difle- renza che passa fraTuouJO ammalato ed il sano. JNel- le febbri intermittenti si danno nelT imminente acces- so a persone dilicate e sensibili dosi fortissime d* op- pio St iiza danno, le quali moko n' arrecherebbero in al- tro tempo. jNel teiaiio si e dato Y oppio a 36 e piii grani senza prodnr sonno. F. Ne%\>bcry diede un' on- cia di laudano licjuido al giorno, e Sydenani un' oncia in clistere nel trisnio (25). In JMilano abbiamo avuto inia donna affetta d' un cancro alT utero la quale con- tinue') per pin mesi a prendere fino a 1764 grani d'op- pio al giorno (2/f)\ e fino a' 200 grani e piii al gior- no lo diede Zeviani in un vomito urinoso e per lungo tempo, talche si calcola che T an)malata pigliasse da duecento libbre d' oppio nello spazio di niolti anni (25). (2ji) Vcdi Bronner De Trisino ex vulnire . Dissenatlo inuuguralis . Goettinpae. (3.4) Vedi Aipamonti nel nnovo giornale della pin rccente letteratii- ra medico-rliinirtriiM Tom. X. pair. 144. lo ho conosrinto la doiuia e sooj- miiiistravo giornalniPiite 1' oppio dalla Spezieria dfllo Spedale . (iS) V. iViwuoiie della Societa Italiana. Tom. VI. pag. 94. 388 M o s fi A T I Tali straordinarie dosi d' un rimedio che ben di soven- te a due o tie graiii produce uu sopore spesse volte i)rotoudo ci faiino conoscere il diverso modo d' anre deir oppio in un sistema sano ed in un aintnalato. Ma si dira che lo stato d'una diatesi astenica molto forte, che r al)itudiue contratta dagl' individui, i quah aveva- no inconiinciato da pochi grani nella loro cura, sono le cagioni di tali fenonieni straordinarj . Comunque pe- ro seducente esser possa la teoria che uon aniuiette se lion che malaitie di debolezza e di vigore, rimed j sti- jnolanti e debilitanti, pel di cui mezzo spiegar si vo- gliono tutti i fenonieni vitali, e I azione degli agenti esterni suUa economia sana ed ammalata, a me sem- hra che impenetrabile risuiti la spiegazione d' alcuni fenonieni fin'ora osservati, e die hanno un gran rap- porto colla teoria medica. JNon si spiega per esem- pio in qual modo la canfora tenuta generalniente come lino stimolo serva d' antidoto all'oppio principe de'sti- molanii (26 J; come gli acidi vegetabili, ed in specie Taceto, che tenuti sono debilitanti, sieno il controve- leno del lanro ceraso tenuto pel principe de' debilitan- ti, ed altri fatti analoghi che si oppongono alia teoria Browniana, ed alle modificazioni a cui si vuole sogget- tarla. JNiente di meraviglia pertanto se anche 1' azione de' vapori deli'arsenico e tutt'ora indeterminata, quan- (nfi) Verio, ma ordinariamente e fallace. Gali- leo bane la prima strada, e Cartesio la seconda. Ambi- diie spezzarono il giogo dell' Aristotelica antorita nel- le scienze natnrali , ma il Filosofo di Firenze fu piii felice delP altro nello scoprire delle verita. lilnminando colla fiaccola dell' esperienza gli ar- cani di natnra, spesso si gingne a «velare tal legge nella prodnzione degli eO'etti, che ditficilmente avria potnto stabilirsi, anche se tntte avessimo conoscinte le catise operami nei mede^imi; imperiiocche mancandoci ordinariamente i mezzi di assegnare il quantitin di cias- T. L P. 2. 5o 394 P A n A D I s T cuna (li quelle cause, i calcoli pin siibliml die cli quel dato abbisognano , lestano allora senza elVicacia. Gli esnerinieuti ponno portarci a dirittura ad un punto da cui facil sia prop;redire per le ricerche ulteriori. Ho seguito questa via neH'indagare le circostanze del moto vibratorio delle lamine elastiche, ed avendo co' miei esperiiueuti scoperte alcune proprieta di quel moto, o leggi di vibrazioue, le faccio di pubblico di- ritto, comunicandole. 11 fenomeno di una lamina elastica cbe percossa rende uu certo suono e una meraviglia delta natura, che ci recberebbe sorpresa se si ascoltasse la prima volra. Esso e coutinuauieute alia nostra portata, pure e cosi inviluppata nolle tencbre la niaiiiera con la cjnale si produce, <:be io dubito non essere bastante quauto sap- piamo di Bsica , meccanica e di analisi subbme on- de poterlo calcolare. Non vi e, se io non rai sbaglio, cbe Eulero il (juale abbia tentato la soluzione di qual- clie problema di tal genere con tutta la forza di suo ingegno I nuovi commentarii dell' Accademia di Pietrobur- go nel romo X anno 1764 contengono due dlssertazio- iii di questo gran Geometra sopra le vibrazioni dtlla membrana dei Timpani, e sopra quelle delle campane (j). Ad ogni linea di queste memorie scorgesi il genio di Eulero, ma le supposizioni cb'egli ba dovuto ammettere onde ridurre a stima e misura le forze cbe vi banno (1) Anrlip il S\^. Biot nrl qnartoTomo deiristituto Nazionnle di Fran- cia nailando degV intcgiali delle equazioni a diirerenziali ]iai/,iali , iutra- prciide la stessa ricerca d' Eulero e giugne alia stcssa equaiioue . SULLA VIliRAZ. DELLE LAMIXE ELASTICIIE 395 induenza, faiino desiderare una inagf>lor coii;iii/,ione di cio che succede in feDonieui di s'l futta natura. § I. Sapevasi da qiialche tempo (i) die se una lamina di v<.'iio tenuia saldamente quant' occorre in si- tuazione orizzontale, o fra due dita, o col mezzo dell' istrumeuto che si vede disegnato nella fig. 38, o in al- tri modi de'quali si pailera alPuopo, si suoni uel lem- Lo con un aicu da violino coucej)isce uu moto tremu- lo diveuendo sonora, e che se si sparga sopra di essa del la polvere, questa, dopo aver qua e la halzato in qneir oscillazione, finalmenie si dispone jier formare certe figure, dal contorno delle quali piii non esce poi conuinque continui la lamina a tremolare. Q)uesio fenomeno maneggiato a dovere sembrom- mi che condur poiesse a scoprire qualche interessante j)r()prieta circa la natura delle vil>razioni nelle laiuine elasiiche; me lo resi I'aiuliiare ed iustituii una serie di ricerche, d' alcune delle quali rendo conto in questa niemoria; Certo se cpiel fenomeno stato mi fosse inco- gnito no« avrei forse avuta occasione di speculare ^o- (2) Si jircnda una lamina rettangolarc di v(?tro di graiidezza arbitra- ria jici' ciciiipio, t re sopra sei jiollici, e si (losi in erjuilibrio sopra un ap- poggio di f-uiiliero che la so'tiene nel sno mezzo, e dopo averla impolveiata con ^abl)ia Hna si lissi stabilniente sopra 1' appoegio per nieizo del polli- ce . Cio fatio se ne siVegi il contoiiio con nil arco da viobiio sicchA pro-« duca il suoiio . Le vibrazioni clic la lamina prova in quel tempo taniio dis- porre la sabbia in una nianiera sinsiolare , e rhe varia secondo il Iuolto del vetro che ne torcato coirarco, e secondo la t'orza delle vibrazioni che si sono pvodotte. Se in veee d' una lamina s' iinpie>ja un disco circolare, s" ottcniiono deaii elFetti analof^hi, ma la sabbia «i dispone in ra^'^i in una nianiera simmetrica . = Ecco ijitanto si ritrova nclla BMiotera Britan- nic.a Tomo ajj pag. 141 ove si da I' estratto di tjucl cap. di Fisica del Sig. Cat alio nel quale sono riportatc quest' espcriciizc di Chadai . S[)6 P A K A D 1 S I pra questa materia; lascio quiiidi a rlil lo ha, il nie- rito clflla prima sc()|)erta, atieiulendo che altri attribui- sca alle inie fiiiiclie ukeriori quel pregio che ad esse credera couvenire. Espcrienza L § 2. Temuo il rettanoolo di vetro ABCE (fig. i) orizzontale jhm- iik^zzo d'un ap|)ogoio che lo arrrsii tra due j)uniicmi /*, come iiiosira la (ig. ;i8, e suoiiato que- sto reriaiigolo nel puiiio^?, allorche lendeva x\\\ certo tnono, che io iiuiicliero per il/, la polvere si disponeva nelle Ijnee puiueggiaie come ihostra la figura divideudo- ne in tanti aliri rettaiigoii eguah ira loro rt,a ec. la su- perficie. Per quanto si coniinuasse a prodiir (|uel mede- simo siiono la polvere non usciva da quelle liiiee (3). HilletteiiLlo sojn'a quesio fenomeuo io mi persuasi che se la polvere si mauteneva in quelia siiuazioae nel (;^) L' e>peiienzc cho si citano so.iosi i\'|ilio.Uf [liu e piu v?>Iia', nh sa- rei statu pago di un risultato, se I'avessi ottciiuio con ]w hi esperimen- ti : cosi puo avnsi piena liducia ai renonieiii die si liferiscoiifl. 11 rettan- golo sottoposto alle espcrieiizc ha novo pollici di Imigliezza soj^ra tre di largliczza . II piiiito di sospeiisione P e distante della sesta parte della lun- gliozza dal lato A B , e della nieiii della laiixhezza dal lato B C. II pun- to del suono 5 ^ distante un terzo di B C da B. Si avverta chi vorni lipetere 1' cspriimeruo die potrii anrora prcnde- re rettangoli ili diverse dimensioni ; dovra talvolta perA un poco variare jl Inogo del suono. Otti rra sempre le linee rctte che si legano tra loro e legano i lati ad angolo retto, ma non avra sempre }o stcsso numero di rettangoli a , a,a ec. Nei suoni acuti qiiesto numero di rertangoli sara tnaggiore, e nei gravi minorc, cosi in quelli i rettangoli saranno pii\ pic- coli, ed in qnesti piu grandi , quando avvenga, come suole aceadere , che nello stesso rettangolo suonato in due tnoni diversi, ahbiansi le stessc 1>- aee rette. BItornero sopra questa iuiportante osservazione . SrLLA VIBTIAZ. DELLE LAMTNE ELASTICIIE . S97 tempo die la lamina era sempre in moto, cio succede- re 11011 jjoteva clie per una di queste due ragioni 1'. o pertlie ce con la particella 2, mentre questa stessa par- ticella discendera per obberlire al colpo die e giunto a fare azione sopra di lei. Tntte le altre particelle sta- rauno ferme, e la fibra prendera la posizione S" P". JNel terzo. istante si abbassera la particella 3, si alze- ra la 2, e si abbassera la i , ed in questa gni«a la fi- bra si trovera nella posizione S"' P"\ e cosl di seguiio. SULLA VIKRAZ. DELLH LAMINE ELASTICnE. 40I Dopo un certo numero disianti adiinque tiitte le particelle della fibia oscilleranno, ed essa prendera la posizione 5" P". La curva S" P" e detia coimmeinen- te serjjentina, essa ha taiiti llessi coiitraij quauLi sono i gobbi clie la compongono. La somma di tiiui quest' istanti, o il tempo don- tro a cui si meite imta la libra in inovimento k niag- giore, o niiiiore secoudo che la fibra e piu o meno ela- stica, j)oste le altre cose tiitte eguali. Le oscillazioni poi di quelle particelle componen- ti la libra elastica diniiuuiscono quanio piii sono loii- tane dal centre di inovimento 5, giaccbe 1' azione di quella percossa e a poco a poco estinta dalle resisten- ze reci|)roche di quelle particelle, e cosi distnrba il inovimento, e s' indebolisce quanto piu si allontana da 5. Di qui si ricava ancora la ragione per la quale le distanze dei llessi contrarj , o le lungbezze dei goljbi che coni])ongono la curva della fibra in vibrazione, van- no continuamente crescendo, e divengono piii spianati a niisura che si discostano da .S. § 6. Veniamo ora a parlare della vibrazione d' una lamina elastica. Ci sara facile concepire come questa si faccia, purche siasi compreso a dovere cjuanto si e det- to ncl § antecedente. Sia RT (fig. 8) quella lamina, ed 5 il punto ove si percuote, o si preme. Supponiamo divisa la lamina in tante zone circolari i , 2 , 3 ec. come si vede fatto nella figura. La percossa nel primo istante abbassi la porzione della lamina i ., le lamine 2,3 ec. staranno ferme non essendosi per anche ad esse comunicato il T. I. P. 2. ii 402 P A R A I) I S I niovinieiito. Ncl secondo istante sara in moto anche la zona 2, e si abbassera, ed in qiiesto mentre la zona i si alzera, tutte le akre restando nella loro situazione. ISel terzo istante comnnicandosi il moto alia zona 3 qnesta si abbassera, mentre la zona a in virtn della sua elasticita tornera in alto, e la zona i per c[nel mo- vimento di oscillazione gia concepiio discenderu di imo- vo, e cosi di segnito. Dopo un certo numero d' istanti tntta la lamina si trovera aiiimata da qnesto moto onditlaiorio, ogni 2ona formando un' onda cbe si alzera, e si abbassera nel tempo delle vibrazioni; E se si facesse una sezio- ne perpendicolare alia lamina cbe passasse per quel centro, essa sarebbe formata da una cnrva serpentina come quella della fibra elastica. Ancbe nel caso della lannna in vibrazione il movimento va diminuendo a misura cbe si allontana dal centro, e per la stessa ca- gione addotta nella libra elastica, e per cagione della niaggior quantita di materia die contiiuiamente debbe mettersi in oscillazione, a misura cbe cresce la distan- za dal pnnio ove si fa la percossa. Di qui segue cbe le diverse ondate circolari di qnella lamina tremolan- te sono tanto piii scbiacciate, e tanto piii lunglie, tpian- to maggiore e la lontananza dal centro di vibrazione. § 7. Nel movimento di una lamina elastica in vi- brazione tutto segue come nel movimento ondulatorio die ])rende la superficie d' un acqua stagnante allor- clie si percuote in (jualche luogo. E come entro quell* acqua in piii Inogbi percossa, si fanno piii centri di moto,dai quali partono quelle circolari increspature cbe vanno via via crescendo fincbe s' incontrano, s' inter- SULLA VIBKAZ. DELLE LAMINE ELASTICIIE. ^O^ secano senza quasi turbarsi, e proseguono il loro viag- gio, cosi segue a{)[)unio lo siesso uella vibiazioue di una lamina elastica. Da que' centri di vibrazione che si formano in essa, allor cjuando in un certo punio e suonata, si diianiano circolarniente le osclllazioni ov- vero ondulazioni della lamina, si distendono, s' intei- secano, e progiedi^cono sino agli esirenii della lamina medesinia. La polvere e scacciata da '£ LLASTICIIE. 40$ deir acqua s' increspa circolarmente. S' intende anche come quelle crcspe acquee vanno divenendo, e piii lar- ghe, e minori in altezza quanto piii si allontanano dal ceniro del movimento. Qiiesto stesso ragionamento ser- ve per ispiegare come si formino le onde, o cavalloni nella superficie del mare, e come vadano queste pro- pagandosi in guisa che si facciano vedere anche a gran- dissime distanze dal luogo ove iiicominciano a comporsi. § 9. J)opo aver spiegato in che consista quel mo- yimeiuo delle lamine, pel quale la polvere si dispone in certe liuee, io pongo sott'occhio una seconda espe- rienza, ch-e non solo confermera sempre piii quanto abbiamo detto, ma ci fara anche tonoscere un' altra veritk che, cioe, i centri secondarj di vibrazione si for- mano taluna volta nella stessa area del reuaneolo. 'D^ Esperienza HI. Sospeso il rettangolo ABCE (fig. lo) nel punto P prossimo al di lui centre, e suonaio in 5 meta del lato i? C la polvere si e disposta come mostrano le tracce punteggiate della fignra. In questa disposizione di polvere noi abbiamo ritrovati 9 centri secondarj, e sono (juesti nei punti e, e, e, ec. JNel principiarsi del fenomeno la polvere viene scacciaia da quel centro secondario, e dal primario lor- mando alcune zone circolari come mostra la lig. 1 1. Con- tinuando a prodursi il suono , quelle dieci zone circolari s' ingraiuliscono, e giungono a toccarsi come accenna la fig. 1 2 ; successivamente si schiacciano, e si sformano come appare nelle fig. 13,14, quindi col rompersi del- 4o6 P A U A I> I S I le linee di polvere 0,0,0 (venerido qiieste balzate a destra ed a sinistra dalle forze combinate de' centri 00- posti) ne nasce la fig. i5, ed in fine da questa dispo- sizione di polvere si passa a quella ultima della fig. 10, la quale piti non si cangia , quand' anche si continui a suonare la lamina. Cosi quelle sei curve di polvere della stessa fig. 10 sono generate da otto semicircoli, e da due circoli; questa istessa genesi sorprendentissiraa ha luogo in tut- te le disposizioni di polvere, delle quail parleremo, e puo vedersi coll' occhio, purche s' abhia I'artifizio e la destrezza necessaria per far produrre lentamente il fe- liomeno . § 10. Ritornando al nostro scopo rendero conto d' altre esperienze. E&perienza IV. Per indagare se nella vibrazione delle lamine in- fluiscano la situazione del punto d'appoggio, quella del punto ove si applica 1' arco da violino, ed il suono che si trae dalla lamina suonata, ho istituiti con quella stes- sa lastra rettangolare di vetro diversi esperimenti , fa- cendo variare ora alcuna, ora tutte le tre accennate circostanze. Non ne riferiro che alcuni. Certo si e che le fi- gure nelle quali si dispone la polvere, le quali d' ora in avanti chiamero curve pulvifere, sono spesso cosi bizzarre che recano sorpresa all' esperimentatore, mas- sinie se suonando con qualche prestezza non gli riesca di vedere com' esse si generino a poco a poco. «ULLA VinUAZ. DELLE LAMIN'E ELASTICHE. 4O7 Appoggiato il rettangolo nel punto P (fig. i6) in prossimitii del lato AE^ ed alia distanza da A ^x'-^ AE^ si e sonato in 5 cavaiulone un suono acuto. 11 punto S e dirimpetto a P . Allorche la polvere ha tertninato di disporsi, essa ha segnate le curve che si vedono in qne- sta figura: i grani della sabhia non uscivano da quelle tracce continuando a suonare, ed in alcuni luoghi avea- no un niovimento nella direzione della curva nelia qua- le si trovavano. Suonando la lamina nello stesso punto, ma ap- poggiara in P cioe verso il bordo AE (lig. 17) alia meta della Innghezza A E, e ricavandone eguahnente un suono acuio, la polvere si e disposia come mostra questa figura . A[)poggiara (fig. 18) nello stesso Uiogo la lamina, e suonata in S, cioe distanie da C di ^ della Innghez- za j5 C ricavandone un suono grave, la polvere ha t'or- niate le curve pulvifere disegnate in questa figura. Lasciato (fig. 19) lo stesso appoggio alia lamina suonata nello stesso Inogo S, ma ricavatone un suono acuto, la polvere si e disposta come mostra la figura. Da quest i qnattro esperimenti, e da moiti altri che credo inuiili riferire, ne ho dedotte queste conse- guenze. I. II can\biamento del stiono prodotto dalla lami- na in vil>razione porta sempre una diversita nelle cur- ve pulvifere, nelle qnali si dispone la sabbia. II. Lo stesso fa, generalmente parlando, un can- giamento nelT appoggio: Dico generalmente parlando, perche, come vedremo in seguito, vi ha dei cangia- menti, che possono farsi impunemente. 408 Pakadisi III. Una mutazioiie considerabile del luogo ove si siiona la lamina, generalinente parlando, fa dispone la sabbia in figure diverse. IV. In tutti questi casi pero nel punto ove si suo- na la lamina formasi il centro primario di vibrazione: in ahri punti della lamina si producono centri secon- darj: dal centro primario, e dai secondarj partono in circolo le ondulazioni vibratorie, le qiiali ])roducendo nella lamina sussulti di alto in basso gettano la pol- vere dal centro verso le circonferenze , vale a dire verso quelle parti nelle quali il moto diviene sempre minore. In questo modo que' centri incominciano ad espellere, per dir cosi, d'intorno a se la polvere sovr imposta alia lamina, formando aree circolari sbarazzate dai grani di essa. Qneste aree cbe quasi determinano la sfera d' attivita di quei centri pervengono finalmente a toccarsi, ed estendendosi in seguito si cangiano di figura, a tal segno cbe sembra impossibile di ricono- scerne la generazione. In somma i grani della polve- re obbligati ad allontanarsi da tutti quei centri di vi- brazione si dispongono in quei punti ed in quelle cur- ve, nelle quali per ciascuno d'essi la risultante di tut- te le forze agenti, e reagenti e nulla; ovvero (essen- do di qnalcbe valore) ba per direzione la direzione stessa della tangente della curva. Allora infatti pno moversi quel grano di sabbia, ma non puo escir giam- mai dalla curva medesima formata dagli altri grani. Ne' sopradetti esperimenti non di rado mi e av- vennto di notare questo movimento della polvere pel quale essa cammina lungo la stessa traccia in cui gia si era disposta, e mi era paruto uno stranissimo feno- SULLA VIBRAZ. DELLE LAMINE KLASTICIIE . 409 meno ])rima the le sperienze ed i ragionaineuti an avt'ssero coiivinto clie la cosa era, e doveva essere cosi. Di qui nasce aduiiqiie die m quelle curve, e [)uu- ti nei quali la polvere avra la risultanie di tutte le ior- ze die agiscono sopr' essa , eguale a zero , essa restera nelle stesse curve per quanto si continui a suouare. h\ quelle poi ova questa risultaute e in direzione dclla loro tangente, la polvere, contiimando il suono, si as- sottigliera nioltissirno, e finalinente andie talvoUa spa- riranno i grani di arena a poco a poco andandosene via , Questo e cio die di fatti spesso mi e avvenuto di vedere. Un' osservazione curiosa ho potato andie fare in tutti gh speriinenti di questo genere. JNei suoni acuti la polvere si dispone in molte curve doiate di spesse e brusche ])iegature. I^ei suoni gravi succede il contra- rio. Poche sono le tracce della {>olvere; Piccole le cur- vita delle medesiine, e dolcissime ne sono le piegatu- re o i gomiti . Con qnalche pratica di esperimentare 1' ispezione delle figure formate dalla polvere mi faceva indovina- re se erano state prodoite da un suono grave, e acuto. Esperienza V. § IT. DIvisa la Imighezza BC del rettanjvolo in Qi parii eguali, e fermatolo (fig. 17) nel piuito P' pros- simo al hito /4 E, e distante da A una di quelle par- ti, si o avtifa la disposizione della sahbia che niosira qtu'fta hgtira. II hiogo del suono e stato in 5 distante ciiKjue parti da B. T. I. P. 2. 5a 410 Paradisi Sospeso 11 rettangolo (fig. 17) nel pnnto P" come sopra, clistaiite tie di quelle parti da A^ e suonato nel- lo stesso piiiito iS, soiiosi generate le curve pulvifere die ci mostra la fignra. Sospeso il reitangolo (fig. 17) nel punto P come sopra, e tlisiaiite uudici parti da ^, si e suonato egual- niente in S: la polvere allora si e disposta come si ve- de disegnaia. In questi tr^ esperlmenti il suono e stato sempre acnto, e del medesimo tuono. Sospeso il rettangolo (fig. 20) in P in prossimita del lato AE^ come nei superiori esperlmenti, ed alia meta della lunghezza AE,%\h suonato nel punto S dis- tante una di quelle parti da B^ ricavanfloue un suo- no acuto, la polvere ha formate le curve pulvifere in- dicate da quelle tracce puntegglate. Suonando nel medesimo luogo 11 rettangolo (fig. 20), ma sospeso in P' dlstante otto parti da A, la sabbia ba composte le curve segnate in questa figura. Sospeso 11 rettangolo (fig. 21) in un punto P pros* simo al lato A E, e dlstante da A della ventidueslma parte di A E^ se avveniva the si suonasse in S dlstan- te TT di BC da B^ rlcavandone un tuono acuto, la polvere si disponeva nelle curve segnate in questa fi- o;ura . Lo stesso rettangolo suonato egualmente in 5, e sospeso nel punto P' dlstante ~ di A E da. A^ ha fat:- to nascere le stesse curve pulvifere. In questi esperlmenti 11 cambiamento dl sitnazio- ne neir appoggio non ha cangiata disposizion*^ nella polvere . SULLA. VlliRAZ. DELLE LAMINE ELASTICHE 4II Kiflettendo so[)ra i due priiiii esperiinenti ebbi opi- nione, che il cangiainento del punto d' appoggio, staii- do tiitte le altre cose eguali, iion facesse cangiare le curve pulvifere, quando questo appoggio in principio situato ill un punto d' una curva disegnara dalla sab- bia si facesse in seguito passare in qualcbe akro punto appartenente pero ad una di quelle curve. II ragiona- mento favoriva questa opinione, particolarmente quan- do la figura in cui si disponeva la polvere conservava una simetria , indipendentemente dalla posizione del punto d' appoggio. II terzo, il quinto, ed il settimo esperimento, nei quali il cambiamento dell' appoggio e stato seinpre as- soggettato alia condizione di cui si parla, non che una folia d' altri esperimenti istituiti ad oggetto di confer- mare, o rigettare la mia idea, sia col disporre T appog- gio in diversi punti delle curve pulvifere, sia col si- tuarlo in punti prossirni bensi alle curve, nia fuori di esse, ne hanno pienamente stabilita la verita. Possiam dunque concludere „ Oitenuta in una prima esperienza una certa dis- „ posizione di polvere, se collochiamo V appoggio in „ qualunque punto di quelle curve disegnate dalla sab- „ bia, e si ripete V esperimento suonando e nello stes- «, so tuono, e nel luogo medesimo, la sabbia si dispone „ come se 1' appoggio non avesse cangiato di luogo. Qupsta (:on«!eguenza e della pin grande irnporian- za ill uii' indagiiie di tauta oscurita . 41^ rARADISI ^ Espcrienza VI. L' e?ame delle curve pulvifere nell' esperienze so- pra citare mi fece coiigetimare che se io avessi cau- giato il luogo del suono, e che la nuova posizione del puiito suonaio relativameiite alT aj)poggio, ed alle par- ti del rectaiigolo, fosse stata siinde alia prima, la ti- gnra coinposta da quelle tracce della sabbia uoii avreb- be dovuto caugiare. La cosa era d" aliroude uaturale, pure r ho assoggettata ad esperiineari. I. Sospeso il rettangolo della lig. 17 iu /* e suo- nato uel puuto S' disiante da C quauto 5 da B^ allor- che ahbiamo ottenuto il medesimo suouo die in er un deierminato suono. Non puo cangiarsi il tno- no, senza che nel tempo si cangi, e la resjiettiva [)<>- sizione dei centri, e le loro distanze reciproche, e vi- ceversa impedendo una certa distribuzione di centri, non potra farsi prendere alia lamina il suouo corris- pondente. Una medesima distribuzione di un certo numero di centri porta sempre le stesse curve pulvifere, di ino- do che dal cangiamento di queste congetturar ne pos-i siamo la mutazione nella posizione dei centri. Questa teoria e conferraata anche dagli esperimen- ti come vedremo. £sperienza XL § 19. Appoggiato un rettangolo, un triangolo, o im'altra figura qualunque in un piuito, e suonata in uii' aliro, suy>poniaino che si ottengano certe determinate curve pulvifere. Abbiamo detto al § n che trasportan- do r appoggio in qualunque punto delle curve pulvi- fere non si cambia la loro disposizione, che e qnanto dire uon alterasi la posizione, e le distanze dei cen- tri di vibrazione. Ora se situeremo 1' appoggio in qual- 420 r A 11 A I) I S I clie piuito prossimo ad una di quelle curve, e suone- reino la lamina, noi vedrenio generarsi le medesime curve, nia (jualche poco sformate, ed in tal inodo dis- poste che una di esse (quella cioe che era prossima air ap|)OQ;gio) passa nuovamente per 1* appoggio inede- siuio; cio che e sicuro indizio die auche la posizione dei centri ha qualche poco variato. Trasportando piii lungi r appoggio, la curva pulvifera continua a piegar- si per passare sotto di esso; sinche collocato T appog- gio in un centro, o verso di lui, talvoka dalla lamina non si ricava alcun suono, o (cio che accade ordina- riamente) si ricava un tuono affatto diverso dal primo. Si osservi che il suono che produceva la prima disposizioue di polvere cangiasi qualche poco a misura che si trasporta altrove il centro di sospensioue; cio che niostra evideutemente il rapporto che vi e tra un suono, e la y)Osizione dei centri di vihrazione, di mo- do che questa non puo alterarsi se quello nel tempo stesso non solTre qualche modificazione. 11 non aversi poi quel suono primo allor quando si pone T appoggio in un centro di vihrazione, e una facile ed immediata conseguenza della teoria stahilita al § antecedente. Ahhiamo detto che tal volta collocando 1' appog- gio in un centro di vihrazione non potevasi ricavare alcun suono dalla lamina; cio accadeva in quelle la- mine dalle quali non ci era stato possihile ricavare che un solo tuono, e nelle quali non si poteva per conse- guenza ottenere che una sola disposizioue di centri, di modo che questa impedita, la lamina non potea con- cepire alcu.na Vihrazione sonora. SULLA VIBKAZ. DELLE LAMIKL LLASTICHE. 42 1 Hspcrlenza XII § 20. In qualnnqiie esperiinento , pel centre di appoggio passaiio sempre iino, o piu rami deile curve pulvifere, di niodo die la lamina altri tuoni non puo rendere, se non se quelli pei quali i centri di vil>ra- zione sono disposti in tal guisa die delle curve puivi- fere die si producono, una o piu possa passare per r appoggio. Per questo motivo ci e avvenuto spesso di non potere ricavare da una lamina appoggiata, e suo- nara in un certo luogo die uno, o due suoni, mentre egualmente suonata, ma fermata in altro luogo se ne aveva un maggior nuniero. Cosi suonato il quadrate yf 5 CZ) della fig. 3i nel- la meta del lato, e sospeso nel centro P, non se ne potevano ricavare die due tuoni, uno grave, die da- va la disposizione della polvere rappresentata dalla fjg. 3i; la quale lia quaitro centri di vibrazione, ed un tuono acuto, il quale fii disporre la polvere come nel- la fig. 32, che lia dodici centri c,c, ec di vibrazione. Se si sospendeva alirove il cpiadrato per esempio verso //, e si suonava nello stesso punto 5 noi ne ot- teuevanio un maggiore numero di tuoni diversi. 11 qua- drate e di vetre, ed il suo lato di 6 pollici in punto. § 2 1, A questo proj^osito giova citare un fenome- uo curioso, e la cui spiegazione dipende intieramente dai priucipj da uoi stabiliii. Se nel fare alcuno esperiiuento si preme con uno stile la lamina, facesido la pressione in qualdie punto di una curva pulvifera, non si cangia il suono, ne al- 42a P A R A IJ I S I teransi le cnrTe; se pel contrario la pressione si fa in qualuncjue aliio punio, la laiiiina, o noa concepisce piu alcun suono, cio che pero accade raramente, o ne concepisce uao tutto diverse dal primo, ed iiii nuovo ramo di curva pulvifera passa sotto la punta dello sti- le che prerneva la lamina; di modo che puossi far pas- sare sempre una curva pulvifera per qualunque punto piaccia a taluno di seguare ia quella guisa sopra la lamina. Facil cosa e spiegare tutto questo: facendosi la pressione in alcun punto delle curve pulvifere, essa si fa in un luogo ove la risultante di tutti gh sforzi che agiscono sopra la polvere, o e nulla, o e in direzione della tangente della curva; quiudi questa pressione a- gendo per impedire il trenioho delle parti sottoposte alia polvere, non puo obbligarla a sortire dal luogo ove si trova. Quando poi la pressione si fa in un altro punto, allora e obbligata ad alterarsi tutta la disposizione del centri di vibrazione, giacche non e piu libera quella porzione di lamina, che permetteva una tale disposizio- ne, e percio quella disposizione che eravi avanti la pres- sione, non puo esservi piii quando questa sussiste. Ora se la lamina sara tale che possa formarsi un' altra dis- posizione di centri, delle cui curve pulvifere una pas- si per quel punto di pressione, ed una pel punto d'ap- poggio, allora ricaveremo dalla lamina quel suono che a quella disposizione si conviene; e nel caso contrario ]a lamina non potra mai readerci un suono qualunque. SULLA. VIBRAf. DELLE LAMIXE EL.VSTICIIE. 4^5 Espcrlenza XIII. Qnesta tredicesima esperieiiza confermera le teo- rie stabilite, e spiegliera die cosa avvenga iielle laini- ne della stessa materia, n)a di diversa grandezza, e di simil figura. ]\el triangolo eqnilaterodi vetro ABC della fig. 3S, die e lo stesso della fig. 26 si e divisa la perpend icolare', o altezza AEm nn certo numero di parti eguali, quin- di sospeso in ciascuna di esse, e suonato in jE", met^ della base BC, in qnalunque punto di sospensione non abbiamo ottenuti che tre tuoni. Se questo punto di sospensione si prendeva in P essendo PA = ~ AE^ il piii grave di quei tre tuoni era un Befa crescente il medio la sua sedicesima su- periore, e il piu acuto la sua diciottesima. II tuono grave disponeva la polvere come la fig. 35; la sna sedicesima come la fig. ^4, e la sua diciottesi- ma come la fig. 33. Si vede anche da questo esperimento che i cen- tri sono tanto piu prossimi fra di loro, quanto e piii acuro il tuono; di piu la formazione delle curve pul- vifere nelle tre figure segue una medesima legge. Nel- la fig. 34 essendo i centri di vibrazione piii distant! die nella fig. 33, (giacche nella base di questa se ne trovano 7, ove nella base della 34 se ne trovano 5) non possono formarsi die due soli di quei rami di cur- ve, dei quali ne sono tre nella fig. 33. L'ispezione del- la figura dice quali questi siano. § a3. Se il triangolo della fig. 84. fosse piu gran- de, di modo die potesse aversi nella base il numero 424 r A 11 A 1) 1 S I tlei centri, i rjuali novansi nella iig. 33; le curve pul- vifere avrebbero lo stesso niimero di rami nelle due figure, e sarebbero intierameute simili. Qiiesta conget- tura r abbianio aucor verificata con F esperimeuto. Per la fig. 35. uon avendo luogo che la forrnazio- ne di ire centri nella base, due cioe agli angoli, ed uno nel punto del suono E^ non vi si e prodotto che un solo ramo di curva, il quale altro non e die quel seuiicircolo, alquanto pero stbrinato, die incoutravasi nelle akre due figure attorno al ceniro priniario di vi- brazioue. Ingrandendo questo triangolo a segno che nella base potessero capirci ciucpie centri di vibrazio- ne, allora le curve pulvifere ottenute con quel tuono grave sarebbero simili a quelle della fig 34, eil anche sarebbero, e dello stesso numero, e simili a quelle del- la fig. 33 se s' ingrandisse in tal niodo, che potessero capirci sette centri di vibrazioue . Le distanze inn in f[ueste tre figure essendo stret- tamente legate alle distanze dei centri di vibrazione, noi le prendiamo talvolta per misura di rapporto di quelle distanze medesime. § 24. II triangolo della fig. 36 e simile a qucl- lo delle figure precedenti. Esso e egualmente di ve- tro della medesima grossezza, ed il suo lato e la nie- ta di quello del triaugolo precedentemente esperimen- tato. Sospeso questo piccolo triangolo in un punto omo- logo, e suonato in un punto omologo ricavaudone un tuono egnale alia terza del tuono in del paragrafo antecedente , la polvere si e disposta come mostra questa fig. 36. La larghezza di m 11 nella fig. 36 era SULLA VIBRAZ. DELLE LAMINE ELASTICIIE . ^25 precisamente eguale a quella di in n iiella fig. 34, Da (juesto piccolo triangolo non abbianio niai po- tuto ricavare il suouo grave J/, e certanieiite la ra- giorie si e perche il lato li'C' e miiiore della distanza mn della figura 35, beiisi ricavaiido dal piccolo trian- golo la quiiita del mono J/, si e oitenuia una dispo- sizione di polvere simile a (juclia clie ncU' aliro trian- golo ci ha dato la terza; dis[)osi/ione die ci e rappre- sentata dalla figura 34. Kicaveremo da tutto questo „ che in due figure „ simili suonate ed appoggiate in punti omologUi le „ curve pulvifere souo siuiili qtiando i due tuoui cU'cs- „ se rendono possono produrre in esse il medosinio „ numero di centri , ed cgnilnieute disposti ; in gt— „ nerale nelle piccolo i tuoni pin acuti produrranno le „ curve simili a quelle prodotte nelle grandi dai tUD- „ ni piu gravi, e lo stesso tuono non puo mai dare in due figure simili di diversa grandezza e di egual ma- teria curve pulvifire che siano dello stesso nmuroluuii;aio si T. I P. 2. 5.^ 4^6 Parauisi „ ripeterebl)ero altre volte f[iie]le curve, stando sem-* „ pre egiiale il tuono che tla esso si ricava. § aS. Si paragon! no ora tra loro le vibrazioni pro- dotte in lamine di diversa materia, Noi abbiarno assoggettate ad esperimenti lamine di ottone, d'argento, di latta, di noce, d'acero, d'os- so, e di pill altre materie, e tutte prodiicono i mede- sinii fenorneni. La polvere sparsa sopra di esse si dispone in certe determinate curve allorche con un arco da violino si vi- brano in tal guisa che concepiscano un suono. Oltre il centre primario, si formano i centri secondarj di vi- brazione, come nel vetro, e si riscontrano in ogni es- perirnento le medesime leggi di vibrazione. Alcune pero di queste lamine si vibrano piii fa- cilmente di altre; cosi per esempio 1' osso e la mate- ria pill cattiva nel concepire qu-alcbe vibrazione die renda suono, di tutte quelle citate qui sopra. In altra- occasione io rendero conto d' una serie di esperimenti istituiti per iscoprire con questo mezzo quali siano i legni ed i metal b i quali con piu facili- ta si mettono in un movimento di vibrazione. Sapre- mo allora con sicurezza quali piano le materie da ado- perarsi perche gl' istromenti dotati di cag=a armonica riescano I pin sonori; ne questa ricercfi sara senza uti- lita per la musica. Esperienza XIV. § 26. Coll'intendimento poi di confrontar anche le vibrazioni nelle lamine di diversa materia bo preso due SULLA VIBRAZ. DELLE LAMINK FLASTTCirn. 427 figure eguali, una per esempio
  • Siiono in ii.Oriz. = Tuono Elami . Appoggio in < o ■ ' ( Saono in 4. Oriz = Tuono Fcfaut . Appoggio in < ' ;" . (^ •,' > Suono in 9. Oriz. = Tuono Dclasolre. 1 A VfTf ) Appoggio in S ? n •,* ( Suono in 19. Oriz. = Tuono Gesolreut . Apjxiggio in < ' ()^ ' > Suono 6. Oriz. = Tuono Alainirfe. Appoggio in < ^' rS^ ' > Suono 11. Oriz. = Tuono Bemi. Appogeio in < '■■ o^" S Suono o. Oriz. = Tuono Cesolfaut alt». Non mi ^ per ora riuscito di riconosrere la Icgge con rni si connet- tono insienie i diUcrcnti tuoni, e le relative posizioui de'puiiti di appoj;- gio e di suono • SULLA VIBRAZ. DELLK LAMINE ELASTICHE 429 § 27. Concludero questa memoria accennando il modo di determinare coIT analisi inatematica le curve pulvifere, trovandone I' eqiiazione generale di qiie^lle. Siano (fjg. 37) A^B,C, ec. tanti centri di vibra- zioiie dati di jxisizione, e sia Z Z questa curva, la pro- prieta clie dehbe avere e la seguente. Un grano d' arena posro iu M c spinto, e costret- to a niuoversi in virtu delle forze di vibrazione che si dirainano dai centri ^,i?,C, ec e cbe agiscono se- condo ]e duezioni A M ^ B iVI ,C M , tc. E.'^\ adunque seguira la via della risultante , e questa risultante es- ser debbe la stessa tangente alia curva pulvifera nel punto M. Troviamo questa risultante, e la di lei direzione. Sia nel centro A 1' origine delle coordinate, sia- no a, 6 le coordinate del punto C, parimente a', 6' quelle del punto B , ec. siauo x , y le coordinate del punto il/, cioe AP = x,PM=y, ed avrerno ^3/= v/^"-t-y' = ^ c.M=^{x—ay-i-{x — by = y i? iJf = x/ ( a: - a' )' -H (7 — Z^' )' = ; F^.6 I .^ -? a. l|r « ill « il] " II 1:1 III E Af C B o \.\ a M « 1,1 - .'^\ . i'^if "^--^SiS:- '-5^'''^'Si;S ^ ^E ^..^. ^.y^. It^.jS. ^--i', -V-~ --V h--=\\ 'h— ---.V, ^ >V^^'^\ t-. \ ^.^ y/ ■^^ '' ':4'' 1 --:^ '1 /' 1 / V -ij' ^~- 4- ?3B A C B m i«Sg' " \\ s Fi^. J J. ^ . \\ '/ '! — i! IT J u_ S ^ \. S' E A i-S'" C B ^.^t? ■ p — ,1 MT ii ii ^ 3= " I A A Z'- v^ 7^ ^\ ■■\ /' /^ if/ t "^x ^^> J \ ./' \\ /' \ C fl '/ r ',< ^\ z r ^^f.Jp Fiq.so. % ^^ _ ,^-- ' ^'' = Y'(f),/" = Y"(P),7"' = Y"'(P), ec. /(") = ^W (P) . jisserido la P una funzione delle x\x\x"\ ec. x^""), talc clovra essere ancora la y: disegnata adnnque quest' ulti- ma, mentre esprimesi con le x', x", x'", ec. con la let- tera )=4.(x■^)(x")(x')(x")(x"')(r^')...(x('")) =*(x')(x')(x")(x"')(x")(x-)....(x('»)) , 436 R u F I I N I di cinque risuliati (IV) ^ {x')ix")(x"'){xni^l{x'")—(^^'"^) . {x') {x") {x'") (x'") {x'') {x"') . . . {x^""^) , come la * {x'") {x'") (*') {x') (x") {x"') {x^"''^) , somministrandoci col mezzo della operazione n la quantita P, saranno INSOIXIJIL. DELLE EQUAZ. ALCLBUAICIIE CC. 437 valori della "f fPj ; ma cio die si e ora detto del ter- zo dei risultati (IV) dicesi egualtnente degli altri tiit- ti ; e cio che si e dimostrato presentemeiue rapporto alia pennutazione supposta, e chiaro, che si diniostra ill egual modo rapporto ancora a tutie le alne. Dun- que ec. 3. I. Ritenuto die la P conservi il valor proprio, e la y lo cambi per la pennutazione supposta nel(n. prec. ), denominiamo y'l y"j y"'i y"? y' i cinque valori della y uguali ai precedenti (IV), cosidie y' uguagli il valor primo, y" uguagli il valor secondo, y'" il ter- zo, e cosi di seguito. Ora pel Teorema dimostrato nel ( 11. 5. Mem. Proprieta gen. delle Fun. ) i valori della y devono essere tutti fnnzioni 1' uno dell' altro, cosidie la y" deve essere una fnnzione della y\ e cosl la y'" della y'\ la y" della y"\ ec. Iiioltre poiche quella ope- razione di calcolo, per cui dal valore y' producesi I'al- tro y", corrisponde evidentenieiite alia pennutazione fra le a;', x", x"\ ec, per cui dal primo dei risultati (IV) deriva il secondo, e perclie per la periiuitazione medesima dal risultato secondo iie nasce il terzo, dal terzo il quarto, dal quarto il quinto, e dal quiiito il primo; ne segue che per la stessa sovraccennata ope- ra/ione di calcolo praticata sopra y'' dovra venirne y"\ da y'" dovra risnltare y'", da y'" ne verra y", e da y" tornera y'. Duiujue supposto >' '=/(>■)» dovra essere ancora y'" = f{y'),y- ^ f{y"') , y=f{y-), y'^fir) espriinendosi da que«!ta / una stessa funzione, e saia quindi pel (II. n. 7. Mem. Prop. gen. delle Fiinz. ) (VI) /" =/cr% /'" =/' b% r =r cy%7' =/* i/'h)' =r or 4^8 R u F F I N r II. Se la P si conservasse la stessa , e la y si cam- biasse per un' altra pennutazione fra le x\ x", x'", ec. semplice diversa dalla precedente, aiiche allora si ve- rifichera evidentemente quanto al)biamo ora detto ; e per conseguenza se una permutazioue semplice fra le x\ x'\ x"\ ec. , qualuuqne essa siasi, meutre lascia la P dello stesso valore, produce poi nella y un nume- ro in generale g di risultati tra loro diversi, e chia- mati questi y\y^''),y(''-*-^),y(<^-^=), ec. y^'^-*-s-^)^ se sia yf«) = >f (y'j, espressa con la "f la fuazione corrispon- dente ne verra (VII) y^; = Y ^'), y{i + 0= y (^-("^j, jf" + »; = Y (/« + O) , ec. yo)-_Y(r')' 7^" ■*■''' = '''' Cy'),/'"^''^ = ^' (/')» ^^' ya + ^ -a) ^ Tff- '(,.') , / = >F^ (/') . 4. Teor. 2. Supponghiamo, che la P mantenga il proprio valore tanto sotto la permutazione fra le pri- me cinque radici , per cui nel (n. 2.) si e supposto, che abbian luogo le Equazioni (III), come ancora sot- to una o piu delle alire permutazioni seniplici , che possonsi fare due, o tre, o quattro delle stesse cinque radici. In questa ipotesi io dico, che se i valori (IV) della y sono fra loro disuguali , essa y dovra conser- vare il proprio valore per tutte le altre ora indicate permutazioni. Vogliasi che una di queste seconde permutazioni, per cui la P deve conservare il proprio valore, e la y, se e possibile, cambiarlo, sia la permutazione fra INSOLUBIL. DELLE EQUAZ. ALGEBKAICHE CC. 439 le radici dei primi tre liioglii, coslche oltre le Equa- zioni (III) si abbiano ancora le altre. P= {x') {x") (x'") (x'') {x") {x'")...{x{")= * {x") {x"'){x') {.v"'){x^){x^') . . .(a;('»>) (VIII) ={x"'){x'){x"){x'''){x''){x'")....{x^"'), e i tre risultad (IX ) {x') {x") {x'") {x'") {x^} {x^') . . . {x<"'^ , {x") {x'") [x') {x'") (:«:') {x^') . . . (x^"') , r (rO = $ (.^") (^"') (^') [n {^1 (•*-•") .... (^•('"^) , Si pratlchi sulla funzione y(<') = >f(y') 1' operazlone sup- posta nel (n. a), e indicata dalla /" (I n. 3), ne ver- ra (jW) = f "^ (y') ) nia osservo che qnesto risukato f'^iy') altro non e, che la funzione F {y') del (n. 20 JNlem. Prop. gen. delle Funz.), in cui poiigasi y in ve- ce di ■') = F' (7') ; F' {/) = F' (j') , ec. Dunque la F'i (y') non potra nel nostro caso somnii- nistrarci gl' indicaii i5 valori, ma per quaiito abbuuno tietio poc'anzi, cio non pno essere; doveiido tali va- lori venire necessarianiente somministrati daWd Fi {y'). Dun (x%v"){x"'){x''')ix''){x'" (. . . {x^'") = * {x") {x')ix'''){x"')(x''){x'").. .(a-C")) , oppure la Ancora in questo caso io dico la y non potra canibiar di valore sotto amendue le permutazioni ora supposte» e la dimostrazione di questa proposizione e affatto si- mile a quella del Teorema precedence. Iniperocche se cio negandosi , si volessero tra lor disuguali i risultati (IX) gia espressi con le y', yM=4^(y'),y("-*-^) = V{y') (n. prec), e posta la prima delle Equazioni (X), si vo- * lessero nel tempo stesso tra lor difterenti i risultati. (XI) ^{x%v-')(x''')ix^^){x^){x''')...{x^%<^{x''')^^^^^ . il second© de' quali denominero y(''), e porro =ffy')» denotando con la lettera ^ qua! funzione del valore y »ia r altro 3W: allora pure o si vorrebbe il valore yW uguale ad uno dei due yW, ■y('' -^ 0 , o non si vor- rebbe;, se si, facendo un discorso pienamente simile a ijuello del (I. n. prec) posto ;)(*) = y^")^ e pero =:v^(y)', INSOLUBIL.DELLEEQUAZ.ALCKBUAlCnE eC. 445 si troverebbey' = 4/(y(*)) = v|/'(y'), e quindi y'rsyC^+O, il die e coiitro la siipposizione; e posto y('')=y(<»-<-0=4/*fy')^ ei avrcbbe y' = 4.' (yC^^j^i.' {y') = ^{y') ^ il che pari- mente e contro la ipotesi, che se si volesse y(*^ diver- se da entrambi i valori y(''),y ("-»-'), fatto ^^ (y')=:F{y'), i sei risultati y,F{y'),r {y'),F' (y'^F* {y'), F' {y'), a cagione dei due nuineri 2,3 primi fra loro dovrebbe- ro esscre tutti fra lor disuguali (n. 20. Mem. Prop, gca delle Funz.), ma cio non puo essere perche avendosi i{/') =

    ) = e {x') (x") (x") (:c') (x'") [x"'). . . (x^'") , per le proj>riefa delle permutazioni sara ancora t{x'')(x'''){x')(x'^){x'){x''').,ix('"^)=.Hx'^^^^^^^ ma quest' ultimo risultato non e che il secondo dei (IV) = percio y" (i. n. 3). Dunque ne verra y'z=y"-^ ma cio e comro la supposizione. Dunque ec. g. Teor. 4°. llitenuta la P, come precedentemente, io dico, che ancora la y sotto tutte le permutazioni, le quali possonsi eseguire tra le radici de' cinque pri- mi luoghi, prese o a due, o a tre, o a quattro, o a cinque, conservera sempre Io stesso valore, ovvero nou acquistera, che i soli due fra loro diversi I 44^ 1^ u 1 r 1 N I Pel (n. prec.) la y deve conservarsi la medesima sotto quella permiitazione , onde produconsi i risultati (IV), e pei (ii. n. 6, i. n. 5) deve ritenere il proprio volore, o sotto la permutazione fra le radici de' prinii tre luoghi, o sotto tutte le permutazioni semplici di a" genere fra le radici de' quattro primi luoghi. Dunque con r iiguaglianza fra loro dei risultati (IV) dovra sem- pre combiuarsi il primo, od il second© di questi due casi; nia tanto allorche succede la pricna di tali com- binazioni, come allorche succede la seconda, dai (n. lo, IV. n, 40. Mem. della Insol. ec.) supponiamo, che la y in consegnenza delle permutazioni esposte uell' enun- ciate del Teorema non puo tutt al piu acquistare che i valori (XIII) tra loro diversi. Dunque ec. 9. Teor. 5°. La soluzione esatta della Eqnazione algebraica generale di grado /?i > 4, e sempre impos- sibilcj qualunque metodo si adopri, algebraico esso sia- si, o trascendentale. Rappresentinsi con le lettere P', P" P'" ec. tante funzioni algebraiche razionali, qualunque siansi, de cof- ficienti A, B, C, ec. della data Equazione generale (I), e indicate come nel (n. j ), e con lettere "¥ , e, e, ec. tante operazioni quali si vogliono algebraiche, o tras- cendentali pongasi w {P') = Q"' Q'" -> ^c. delle nuove funzioni algpbraiche ra- zionali qualsivogliono, che indichero con le lettere INSOLUBIL. DELLE EQUAZ. ALSBBRAICHE CC. 4^7 7^1', Fv, Fi'", ec, ed espresse con le yi, ^i, ii, ec. akre operazioni come sopra qual si vogliono, si faccia T I (Fi ') = /?', £i{Fi")=:R", Zi{Fi"f) = R"', ec. Costruiscansi in seguito con le precedentl quantita rap presentate dalla P, (), 7?, altre funzioni algebraiche razio- nali, e denominate esse F2', F2", Fi"\ ec.» ed accenna- te con le Ya, h2, la, ec. delle nuove operazioni, si ponga -V a (Fa') = S' , H a (Fa") = S" , S a (Fa'") = 5'", ec. Si facciano di nuovo con queste quantita /*,(), 7?, 5, altre funzioni razionali, si chiamino tali funzioni /"S', jF3'', FV" ^ ec, ed espresse con le t3, =3, i3, ec altre operazioni, facciasi Y 3 (F3') == T' , H 3 (F3") = T" , £ 3 (F3'") = T'", ec. e si prosegua a formare con le P ^ Q ^ R , S , T altre funzioni algebraiche razionali, e ad eseguire su di simili funzioni nuove operazioni. Cosi facendo, e seQ;uitando cosi quanto fa d' uopo, vedesi, che col mezzo delle ac- cennate quantita P , Q , B , S , T, ec. potremo sempre esprimere una qualunque funzione algebraica o trascen- dentale dei coefficienti J, B , C, ec. Ora qualunque siasi il metodo, per cui si voglia ottenere la soluzione esatta della data Equazione (I); e cliiaro che esso non potra mai, che condurre alia determinazione di certe funzioni Gnite de'coetlicienti A, B, C, ec, le quali sos- tituite in luogo della x farciano verificare 1' equazione medesinia, e cosi ne costituiscano le diverse radici. Dimque per quanto si e deito poc' anzi, ogniqualvol- ta 1' equazione data ammetta soluzione, dovranno seni- . ^^o Rurrixi pre essere detennlnabili tante funzioni razionali delle precedenti qiiantiia P, (),/?, 5, jT, cc. ciascuna delle quali esprima il valore di una radice ; e per conseguen- za potra sempre supporsi (XIV) x'=:FiP') {P") (P'") ... ((?'"')) {Q''P') C?^^ )■•■ {H^""^) {Ji^^") {li-^'^") ... (S^""')) {S^'"^) {S(i'"K.. (T^""')) (TO^'^J) (7^2'"))... ec. rappresentandosi dalla F una fiinzione qualunque ra- zionale; e dalle P\P'\P'\ ec. Q("') , Q'^p') , Q{i') , ec. i^("'), /?(/>"), 7?(V ), ec. ec. qiiante e quali si vogliono del- le rmiziorii algebraiche, o trascendentali, che abbiam dt sopra indicate con le lettere /*, ^, i?, cc. Cio posto suppongasi per un momento possibile la soluzione esarta della daia Equazione generale (1), in cni m'> 4, ed esprimasi (juindi dalla (XIV) il valo- re dalla .1'. Si sostituisca in esso in rece degli J,j5,C,ec. i rispettivi valori espressi per le x', x",x"', ec. e ri- ducansi cosi le P , ^ , i? , 5 , T , ec. a tante fnnzioni delle stesse x', x", x"\ ec Cio fatto, poicbe ciascuna (^t'lle P\ P'\ P"\ ec. e in generale la P e una funzione algebraica, e razionale de'coeificienti J <, B ^ C^ ec, do- vrii essa evidentemente divenire per V indicata sostitn- zione una funzione delle x\x'\x"'t ec. tale, che noa cambi mai di valore, qualunque permutazione eseguis- casi tra queste radici. Ora le quantita ^f"), Q^P'^^ Q^'^\ ec. ottengonsi per la supposizione dal- le rispettive P("'), P'>5, P(i''>, ec e in generale la Q ottienesi dalla P in conseguenza di una sola oj)erazio- iie, di quella cioe, che di sopra abbiamo ri»pettiva- mente indicata con le lettere ^ , ^ , s , ec, e che pe- INSOLUIIIL.DKLLEEQIJAZ. ALt;r.IlKAlCIIE ec. 449 ro piio qiiindi essere diversa nei diversi valoii dtlla P. Diiinjue verilicaiidosi rap|)(»rto a ciascima P tntte le E 4 , c . (/ . fZ . 4^1 » E S A ]\I E Dl uno fra i diversi duhbj messi dal celebre d' Alembeit ai nrincijij dell' Ottica; con alcune const derazioni sopra la teoria Psicologica dclla Fisione. Dl MlGHELE AllALDI presentato nel mcse di Dicembre iHc6- . RA i mokl e rarl pregi, de' qiiali risplendono le ope- re del celebre d' Alembeit, e che conconono a rea- derle quanto quelle di niua aliro Filosofo de' nosiii tempi utili ed iiistruttive, degni a mio avviso di coiii- memorazione e lode speciale souo gli esenipj frequen- ti ed illustri che in esse per ogiii dove ci si presenta- no, di quella sagaclta e diligeiiza e di quell' Aualisi luminosa ed esatta, che recar vuolsi nelle scieiize qua- lunque alio sviluppamento delle primitive loro e car- dinali nozioni, e alia determinazion pure de' prinqij>j che servon loro di base. In questi punti sopra niodo essenziali nelle trattazioni tutte scientifiche e^li incou- tra per tutto motivi la piii parte giusti e foiid.iti di querela e di accuse. Nelle matematiche stesse, malgra- 1^52 A R A L 1) I tlo il piivilegio unico e inestimabile, per cui h lecit© (li raiigiu'Aiiere in esse la massiina perspi(*iita e preci- sione, pur iielle idee, su cui versano, e ne' principj die inij)icgano, e nel modo con cui vengono coniune- mente tratiate non a torto da lui si ravvisano difetti e inesaitezze, delle quali srinliasi di riinondarle, provve- dendo ad uno de' principali bisogni delle uiedesime; verso delle quali non saprei dire se raaggiori sieno i suoi meriti per averne con alcune irisigiii scoperte al- largaii i confini; o per gli sforzi, co' quali riesce dove ad assodarne le fondamenta, e dove a rischiararne e ap- pianarne V ingresso. Benche percio die appartiene ai servigi da lui prestati alle matematiche confesso die mi sento quasi disposto a fargli auclie in parte onore degli slorzi e successi akrui, vale a dire iucliuo a cre- dere die queste scienze gli sieno in parte tenute de' vantaggi loro a questi ultinii tempi procacciati da que' nobili ingegni, che dopo lui conimossi dal suo esera- pio, e quali seguendone e premendone le orme, qua- li scegliendo strade alquanto diverse sembra die sie- no riusciti a diradare assaissimo, e forse a disgombra- re in lutto la nebbia dianzi raccolta su la region piu sublime delle medesime. Dopo cio posso io lusingarmi die mi si conceda di aprire un mio dubbio. Io sospetto clieTinsigne Uo- nio iielle sue opere annunzii palesamente una cotal dis- posizione a ritrovar per tutto nelle scienze luoglii bi- sognosi di rorrezione e riforma; ch' ei qualdie fiata sbagli i seniplici nei per macchie gravi; e trascorren- do olire i < onfini del giusto, e abusando del suo acu- tissiuio ingeguo, muova difTicolta a tratto a tratto piu TEOniA DF.LL.V VISIONE. 453 sedurenti die solitle. Si dlrelibe ch' ei mira a spargc- re nelle cognizioni iimanc V incertezza e il Pirronismo; oppiire ch' ei consapevole delle sue forze, graadi per vero dire, conllda di riuscire, dopo di aver diroccato r edifieio delle scienze, a rialzarlo sopra basi piii sal- de. Taluiio potrebbe anclie osservare ch' egli per uno di que' deboli non rari ad incontrarsi ne' grandi inge- gni, e de'quali, ove giunga ad iscoprirli la mediocri- ta si cousola, inentre si inostra dilficile e quasi fasti- dioso verso le scienze, tutc' all' opposto su gli oggetti di arnena ietteratura ei dogmatizza volentieri, e per farlo inipunemente hbera il gusto dal servaggio e dai ceppi delle leggi; e dove coinmisera gli eruditi; dove dileggia i Latiiiisti moderni; in sornina si mostra dimen- tico di quclla circospezione scrupolosa ch' ei reca af>-li oggetti scientifici. Ma perche intorno a questi ultimi xui giova arrestarnii soltanto, temo che in qu.Uche ra- ro iiicoiitro gli accadu di proporre difllcolta, nelle qua- li, chi facciasi a disauiinarle da vicino, si ravvisino i caraiteri di puri eqnivoci. Non oserei d'nn uo.no tale inuovere questo sospetto se in me non lo risvegliasse egli stesso con uno fra i diversi dubbii da lui inseriti nel prinio volume de' suoi opuscoli matematici coutro i principj dell' Ottica. I Coliivatori di questo bel ramo delle scienze fi- siche paghi d' esser giuuti ad innestarlo sulle matema- tiche e a raffbrzarlo del soccorso di queste, riposava- no tranquilli su la solidiia do' principii da essi adotta- ti , e del meutovato soccorso cercavauo pur di giova<- si neir esporre la teona della visioue, sebbeue di que- sta confessasscro esser dessa sopra ogni ahra parte dell' 454 A u A L n I ottica esposta agli attaccbi; ne fossero loro ignote le dispute interminabili che intonio alia natura e all' in- gresso neir animo delle percezimii visibili dividono i Metafisici. Qiieste dispute vengono in fatti messe da parte dagli Ottici severi, che iielle loro ricerche cre- donsi tenuti ad inipiegare quasi unicamente i dati of- ferti loro quiuci dalle proprieta della luce, quindi dal- le condizioni delT organo, entro del quale, per cio che appartieue alia luce, la visione si eflettua. Or ecco che a turbare il riposo degli Ottici entra con grande ani- uio il Franzese Filosofo, e scotendo da suoi foudamen- ti la teorla della visione minaccia di toglierle uno dei priucipii, su cui essa si regge, quello voglio dire, per cui si opina comunemeute clie 1' oggetto, a cui sieno entranibi gli occhi rivolti vtduto sia nel luogo e pun- to, in cui gli assi ottici concorrono e taghojisi scam- bievobnonte. Appoggia egli i suoi dubbii al seguente argomento. := lo dico che gli oggettl stessi posti nell' Asse ottico non si veggono sempre in quest' asse. Suppon- gasi in fatti che i due assi ottici sieno diretti verso la Stella Jl. E' certo che questa si vcde piu vicina di quel- lo che sia in realta. E' vero che si giudica della sua distanza in un modo vago al soinmo e iinperfetto, ma e certo a un tempo che questa distanza percepita o apparente o presunta e rnolto al di sotto della reale. Se dunque si vedesse la stella negli assi J E, B E sa- rfbbe veduta in ciascuno ne' pnnti e e che sono incom- p«rabilmente piu viciui che non E ad A, B. pero si vedrebbero due sielle e , e; e la distanza apparente dcir una dall' altra sarebbc a un dipresso u^uale ad \ Tf.ORIA DtLLA VlSIOXt . 455 J B . JJ esperienza prova alT opposto die non si vede che una Stella sola; la qual pero e veduta nel puiito di mezzo C della linea e c secondo le liiiee A C ,B C diverse dagli assi ottici. E' vero che queste linee, ben- che realmente diverse dagli assi ottici se ne scostano pochissimo; ma cio non toglie die non ne diHerisca- no; e questa sperienza basta a provare che gli oggetti posti a grande distanza dall' occliio non sono veduti esattamente nell' asse ottico anche quando sono mirati direttamente = Di questo argomento che e pure il precipuo, con cui il signore d' Alembert coiilida di abbattere la leg- ge ottica, di cui trattasi, temo assai , e duolmi di dover dirlo ch' esso parta da un mero equivoco; ma prima di mostrare in che questo consista giova pre- mettere che nel caso attnale gia non e punto mestieri di risalire co' Metafisici fino alia formazion primitiva delle percezioni visibili, delle quali i piu fra essi pre- tendono che vengano introdotte nell' animo addottrina- to dianzi dall' esperienza e dal concorao e soccorso de- gli altri sensi e sopra tutto del tatto. Prescindeudo dall' esaminare fino a qual segno sia fondata questa pre- tensione, e lecito di prendere T occhio da quel tempo e stato, in cui e d' esso ammaestrato bastevolmente, e la visione si eflettua a norma di certe leggi fecon- de di conseguenze e applicazioni senza nuinero, che hanno posto gli Ottici in istato di formarne un edifi- cio di meravigliosa estensione e vaghezza. Ilesta dun- que a vedere se a questo edificio non manchi per av- ventura la soliclita. O io molto m'inganno o nel dub- bio proposto si confonde la vision dell' oggetto col giu- dizio, chc 1' aiiiino forma su la sua distanza. Ques- ta parlando a rigore, nella piu parte ahneno de' ca- si non e veduta, ma si bene appresa, percipita . 11 2;ludIzio, la percezione accoppiasi e si strettaniente s' incorpora colla visione attuale clie ne senibra di ve- dcr r oggeito la dove il giudizio stesso o sia la perce- zion siinultanea della distanza lo colloca. Pero non e una maniera esatta e rigorosa di esprimersi quella, per cui si dice che iin certo oggetio e veduto ad una cer- ta distanza. Va detto che T oggetto e veduto ed e coii- giuntaniente giudicato o sia percepito ad una certa dis- tanza. ]Ne si reputi gili questa avvertenza una niera sottigliezza: cssa non e tale tosto che per essa sola si comprenda come le leggi della visione sieno indepen- denti dai giudizii su la distanza; ne 1' incertezza e le anomalie di questi vietino che non sieno esse puntual- mente osservate. Ho detto che nella piu parte de' ca- si la distanza non sembra oggetto della vista, perche il faito ne mostra che dentro certi confini ristretti as- sai trli occhi si assistono 1' iin 1' altro e conseutono ad assistere lo spirit© a misurarla con una certa precisio- ne. E' iioto che a grande stento si riesce ad infdzare Mxi anello niirandolo con un' occhio solo, yi si riesce a2;evohnente rivolgendo ad esso 1' uno e T altro occhio. (aj In questo incontro poiche gli occhi manifestamen- (a) Basta questo sol fatto, perch^ io mi creda dispensato dalT entra- re nella disaniina del niodo con cui il dotto P. Scarella nel Kidevole aa- siinio di porre in salvo i principj delT ottica d-i^li attarchi delT illustrc Francese avvisa di pctere spiegare il fenomeno, di cui ci occnpiamo. In un suo opusci>lo inserito nel toino quinto tlclP Accademia dcile scieiize di Bologaa egli avverte che a giaiidc stcnio s' iiicontia un iiomo, gli occlii [ TEOUIA PELLA VISIONE. 487 te concorrono ad informarci della distaiiza, 9eml)ra per vero dire che a questa coinpeta il carattere rifiutato- le in tiitto da moltissimi di oggetto della visione. Noii ho inesrieii al presente di arrestarini su 1' iiiterpreta- jtione di un iaito attestaio dalla «perienza. Non cerco se r aniino in siinil caso misiiri la distanza, efiettuaii- do, il che non sembra moho credibile, una specie di (^perazione trigoiioinetrica e confiontarido gli angoli e i lati a questi opposti del triangolo, che fonuato da- gli assi ottici ha per Venice il piinto iniraro, per base r iniervallo dcgli occhi; o se piii tosto la distanza ne sia snggerita dal semi memo di quelle sforzo che negli occhi accoinpagna ogni dererminata inclinazione degli assi dependeniemente da ur.a legge di cui come di tan- te all re la natura serbato abbia a se sola il segreto; o perche il mentovato scntimento richiami all' animo le del quale possees.ino a un grado egiiale la facolti di vedere distiiiiauieii- te. rt:r solito Tun d' essi avvaiuagiiiasi sensihilmente su Taliro. Ora egU opina che all' uopn di soorgeio la distanza c la posizioiie d! un' oggetto vc- •diUo e niiraio con entrambi gli occhi non serva IVa i due die quello, che vedc nieglio . L' auiino tonsulta unicam<;iue e ascolta le isuuiioni di ques- to, e rappaienza xisihile dovuta al piii dehole rinianc improntata per co- si dire su quella del prime e incorporandosi con essa non fa ihc render- la alqnanto pii'i viva. A]iplicando queste idee al fenomenu recaio dal sig. d' Aleniberi egli ]>retende che la Stella niirata con cutraiuhi gli occhi sia voduta in un punto deH'asse appartencnte all'occhio, che fra i due mcglio serve al vedere, cic>e in quel ])Mnto in cni sarebhe pure veduta, se quest' occhio solo fosse aperto . Cosi egli , acronciandosi per cosi dire col suo Avversario, e sagiificandogli nn occhio, studiasi di tencr fermi i privile- gi e i diritti degli assi otiici : titinam scivaxcrit dice Francesco IMaria Z.i- notti; ed io aggiungo che ove ammettasi Topinione, su cui londasi ques- ta spiegazione , dovrcbbe inferirsene che di niun vero vantaggio riesca in qualunquc incontro a niisurare la distanza il concorso e 1' afsisteii/.a scaiu- bievole dc' due occbi : eppur« in piii caei questo vantagaio t- rcale c nieg- 7. /. P. :2. 58 .4S8 A K A L I) I notizie ottenxite su la distanza col soccorso della spe- jieiiza. Senza entrare in qiiesta spinosa ricerca paito di qui e mi accosto piii da vicino al dubbio mosso dal sig. d' Aifiiibert . Sni)|)ongasi die io niiri la stella ^ e la giudichi ad xiiia distanza ininore assai della reale per esem. in a. Siippongasi die rimanendo gli assi ottici rivoiti verso J, cosicdie la continuazione dell' uno e dell' altro ca- da su le linee A B ^ A C . vengano collocate due stel- le o sia due oggetti lucidi qualunque in 6, e in c cli grandezza, di tiilgore, in tntro in somma uguali per- IcttanuMite. Che cosa si vedra in questa ipotesi? due oggttii senza dubbio; e perclie? perche 1' oggetto b e bens\ posio su 1' asse ottico A B, ma uon gia su Tas- se ottico A C\ il che si avvera dell' oggetto c posto sopra AC, e non gia sopra AB. Avvertasi che il le equivoco come in quelle cV inlilzarc iiii'' ;incllo . Se a scorgerne la po~ sizione precisa servisse uii' oochio solo Y altio piu debole non contribuisse che a renderlo piii vi&ibile , otteirebbesi F intcnto cluudenrlo anche quest' ultim' occhio, e siipplendo al difetto coU' illuniinare V aaello alqiianto piCi., Or questo clii (lira inai ? Ma nieticndo da jiaitt- le dispute facciam piuitosto una riflessione of- fertaci dal vantaggio sensibile che a giudicare della distanza entro certi confini ristrctti assai ottiensi dal- coucorso sul punto e oggetto mirato de- eli assi ottici , tiitte le volte che questi per la mediocre lontananza dcU' OEgetlo sono Tun. verso i'aliro inclinati alquanto sensibilmente. Per una opiuione invalsa assai e quasi coniiine si crede che gli occhi o per istitu_ Kione di natura o de|iendentemeute dall' abitndlne simpatizzino per modo che chiudcndone uno esso arc oinpagiii non per tanto i movimenti dell" al- tro die riniaiie schiuso e veggente. Quinci scmbra seguirne che il tener chiuso iiu' occhio non dovrebbe nuocer gran fatto alia percezione entro i limiti nientovati della distanza ; giacche 6 assai natinale il credere che tpjesta percezione vciiga suggerita alF aniino da un ccrto senso o della iu- clinazione degli assi ottici , o dello sforxo ricliiesto a. tenergli in quelle TEORIA DELLA VISIONE. 469 dir cio h lo stesso che il _ petto. Si fiss.ino entraml)i gli occhi sopra un' oggetto huiiinoso ; poi teni'ri- do fermo il punto di niira chiudasi un' occhio e tengasi cliiuso per alcuni secondi : poi si riapra in un'attimo- Seguiia nell' oggetto vediito radilop- piamento che si dilcguerd come un baleno riunendosi le due ininiagini in, una sola. Debbo alio stesso sig. Prevost la notizia che 1' Inglese sig. Veil* in im suo saggio recente su la visione pretcnde che 1' occhio chiuso ac- compagni puntualmente 1' aperto ne' suoi movimenti, recandone in prova una sua sperienza , da cui il sig. Prevost non ^ riniasto convinto. lo jier la mia parte qualche forza ravviso nclT argomento pur ora addotto e trat- ro dalla difficolta di gindicare «!ella distanza con un' ochio solo. Per al- tro del valore di questo avgonicnto, se il sig. Prevost si abbattesse a leg- ^ere la prcsenre Nota, no aljlj.mJoiio a lui imcraiucutc il jtiiidizio. ^6o A R A L D I parlaiido a riti;ore 1' ogii,euo piu prossimo della rista soiio in esse) le immagiiii formate lungo I'asse dei due tubi e piu vicinainente quelle che forinansi ne' foclii delle due ic'iiti oculari. Del resto niente e tanto chia- ro quaiiio che la distanza, a cui vena concepito I'og- jretfo luiico, nel quale in questo incoritro raccolgousi t|ue' due che abbiani supposd presenti alia vista dipen- dera dal giudizio che Tanimo ne tormera; il qual giu- dizio, poiche Tanimo non puo non percepire un solo og- getto, paleseniente non puo aver forza di raddoppiarlo. L' applicazione di questo caso a quelle a cui Alenibert appoggia la sua opposizione ci si fa incontro spoiita- neamente. Metteudo aucjie da parte la dillcrenza es- senziale che passa e vuolsi ritenere fra il semplice ve- dere e il percepire a una certa distanza T oggetto ve- duto, (bj che e cio che pretende Aiembert? pretende (a) Mi esprimo in questa guisa e mi restringo a dJie che altro e il vedere V oggetto ; altro il percepire e 1' appreiidere la distanza dell' og- getto veduto, perche non oso o piu veraiuente non tengo mestieri di va~ lermi del linguai;gio di cui nclla sitnazione iiiia userebbe sCnza veruno scrupolo Porterfield. Questi direlibe die altro h il veder T oggetto a una certa lUstanza; altro il percepire questa stessa distanza. Secondo I'opinio- ne di qucsto grande Ottico pero eiitrambi gli occlu rivolti verso un' ogget- to, lo veegon semplice, perche ciascun d' essi per istituzione di natura lo ve- de dov'i^ ; e concorrendo entramlii a vederlo ncllo stesso luogo non ponno non vederlo semplice. Mi giova prescindere da qnesta opiiiione senza n^adot- tarla ne rigettarla. Me certo non giungono a convincere die sia erronea le difficolta oppostcle dalVacuto Reid, col qual confesso che quasi su questo sol punto non mi trovo in tutto d'accordo. Pretende questi die al veder sem- jilice non possa dirsi nccessaria nna percezione , in cui si sj)esso e si age- volmente s' introduce Tinganno. Ogni alibaglio che cominettasi nel giudi- care dclla distanza a parer suo raddoppicrebbe 1' oggetto, il che non si vede che accada . A questa eccezione risponderebbe lorse Porterliled che iu essa rinchiudesi uu sottile equivoco; sottile si iaa"upa tauto cLe dove»&e TEOllIA DKLL\ V1siino avveiarsi , T occhio gli abbracci tutii d' im colpo . lo veggo dunque senza dubbio trenta in quaranta granellini di niiglio ; ma non ne percepisco gia il numeio , se non gli conto , e se formo senza eontarli su qne^ro nuniero un "iutlizio er- roneo, V occhio gia non pariecipa per questo alT errorc . Confesso in ol- tre che a me per pochissirao non seiubrano jdenticlie questo due pro])o- $i2ioni; cioe il dire con Porterfield e con Reid pure che Toggrtto e vedu- to ncUa direzione della normale ; e il lUre eh' csso e vcduio in qualrlte puiiio di delta normale . Parini che Y aiumetter la prima (piasimcnte coiu- cida coiraminciter P altra, o sia col riconoscere che I'oggctto ^ veduto a qualche distanza; di cui potra nejl' atto stesso rinianer incerto il giu- dizio 6u la sua niisura , vale a dire su la proporzionc che pa^^a Ira essa e una distanza determinata e iiota e opporiuna a serxire couic di unii;i a niiiiurarla . ^ 462 A U i L D I psempio 1' occhio C. Suppongasi pure die sussista il giudizio tli prima riguardo alia ilistaiiza. Dove sara ve- duta la Stella dall' occbio B? in h o in a? se dicasi in 6, cliindendo diinque quest' occhio, e schiudendo r altro la Stella dovra vedersi in c. Or com' e clie ap- prendoli entrambi e ritenendo essi i loro assi come pri- ma diretti debbano accordarsi a vederla iti a? debba- no entrambi vederla in una direzione diversa da quel- la, in cui la vedevano dianzi? se dicasi cbe quando la Stella e mirata separatamente V occbio snpposto aperto la vede in a, sappia il signor d' Alembert cbe fpie 1 ra ad assicurarne clella giustezza di (|ueste idee su la teoria della visione; ed esse ove veiigano iutese e ap- plicate a dovere, sovial)bondaiio all' n()j)o di mostrare r insussisrenza del dubbio pioposio dal Francese Fir- losofo. E non pertanto ini si permetta di arrcstavmi ati- cbe per poco soj>ra di un' argoiiiento iuvolto tutiavia di molia osciiviia, cbe sein])ra osrinatamente deludere gH sforzi estieini di tanti acciiiiisi a disgonibranielo. Ccrto die spesso assai, e piu spesso anzi di quel die si crede segue raddoppiamento degli oggetti della vista. E' ledto il dire die veggonsi sernplici gli oggetti niirati e quelli pure die senza essere luiraii trovausi posti alia stessa (iistanza. l^addoppiansi futti gli altri cbe collocati essendo a disranza maggiore o minor di qliella dtU' og- getto niirato, soiio tougiuntaniente veduti. Egli e il vero die questa duplicita per soliio ci sfugge inosservata; per- die r attenzione raccoha su V oggetto mirato trascura gli aliri; e all' illusione concorre la facilita, con cui e in nostra balia di rivolgere ad essi gli ocdii e ve- derli sernplici scorrendoli con tale rapidita cbe il suc- cessivo sbagliasi per simultaneo. Puo ognuno con facili sperienze assicurarsi della realita del fenomeno. Basta sollevare un dito fra gli occlii e un' oggetto qualunque e mirare quando il dito, quando 1' oggetto, recando a un tempo qualcbe attenzione a quel de' due die non ^ mirato ma sol veduto: quest' ultimo coniparira rad- doppiato: e se r oggetto verra mirato, delle due appa- renze del dito la clestra apparterra all' occbio sinistro; la sinistra al destro: se verra mirato il dito delle due immagini dell' oggetto la destra apparterra all' occbio TrOUIl DF.M.A VISIONE. 465 destro la sinistra al sinistro (c). La coinparsa iiniiian- chevole di questo fenomeno ben ci avvisa ch' esso e viiicolato con una di (juclle If'g'gi [irimordiali, a ciii neir uomo e piacciiuo alia iiatura di sugfifttare 1' eser- cizio della vista, ed essa pure ne mostra lino a qual segno se a certi riguardi 1 universo visibile coinbacia col reale, a certi altri se ne scosti; e consegueatemeii- te ne ammonisce quanto convenga essere cauti nel fis- sare le leggi dell' Universo visibile. In questo la natii- ra lia voluto die veggansi raddonpiati gli oggetti vedu- ti neir atto che altri posti a distanza diversa dai primi sono inirati; e a (juesti tdtiini ha iniposto d' essere ve- duti nella direzione degli assi otiici che nell' informar I'aniino di <{uesia direzione, lo lasciano incerto su la distanza, cui gli suggcriscon sokanto ne' casi die la di- ( ^) Qiier.to fciuiiii-ii«) e vinil)iliiu:iite legaro coUa teoria del oosi ilcr- to Oiopiere, col qual iiome gli Ottici inteiidoiio una liiiea retta condotca pel puiuo, a cni concorrono gli assi ottici parallelamente a quolla ch^ nnisce i centri de'due orohi . A questa linea si assp*nan dairli Ottici al- cune assai iiobili ])iopneta; deile quali appena fa ceiiiio raiticolo sover- cliio succitito deir Enciclopedia , in ctii il sig. d'Alcnibert per irriflessioiia senza duhbio, inciampa in. iiti'abhaglio non lieve. Ei dice clie non si ve- de semplice die \ o^ficTto, su oii ten;j;onsi vivolti gli assi ottiri; tutti "li altri secondo lui si laddoppiano ; mentre il fatto sta che oltre aU'oggeita attualmente mirato e posto nel concorso de' detti assi , veggonsi seniplici gli altri tutti , le immagini de' quali congiuntainente cadoiio sopra piinti corrispondeiiti delTuno e Taltro occhio . L' esistenza di cpiesti pnnti cor- rispondenti nelle due rctine, e il vjncolo e il consenso loro, per cui le commozioni deste in essi dalla lure si rinniscono in una sola, a cui, sel>- bene due sieno le imniagin'i, tien dietro la vista di un solo oggetto , cn^ tituiscorio un gran fatto appoggiato a prove spcrinieiitali cosi rnbuste clie tutto ne invita a valercene senza scrujwlo nella teoria della visioiie.^ A niotivo di questi pnnti e della coUocazione loro simpatizzano 1' una coU' altra le due parti d(?stre , e per simil modo le due sinistre de'due o'rlii; o sia la regione di riasmm ocdiio posta ver»o le icuipia con quella che T. I. P. 2. b(J 466 A R A L 1) I rezioii loro sia sensibiliiieiite diversa, cior in quelll nfe' quali r inclinazione dell' uno all' altro riesce sensibile; nel qiial caso per alrro Y aiiimo si vale anche a per- cepire la di?taiiza di altri soccorsi e impiega all' uopo le notizie acqnistate con 1' esercizio degli altri sensi, ciii combiiia col dato oflert02;li dall' inclinazione deo;li assi. Qiiando qnesta uscendo da certi conlini diviene insensibile, gli assi die non sono a cio destinati las- ciano la distanza indecisa, e i due ocelli, come bo det- to e giova ripetrre equivalgono a nn' occhio solo. Qui sta tntto il mistero o a nieglio dire tenendo conto di cio dileguasi ogni mistero. JMa v'ha di pin percbe il sig. d'Alembert col ten- tare di spogliare gli assi ottici delle loro prerogative, oflende una legge sopra ogn' altra generale e autore- tlOva^i iit'iralti'o uirliio verso la laclice del nato , Di qiiesti piinti ronis- pondi'nti si avveia eziaiidio ch' cssi trovansi collocati similinente attorno i pudti centrali del fondo dell' occliio ; cio6 un puiilo qualiinque del foiido di un' oechio ne ba iiell' altro occhio il corrispoiideiue ncllo stesso piano e alia stessa distanza del centro nicntovato : pcro, so conoepiscabi che men- tre si niira iin'rjigetto, venga inalzata una norniale sur un punto qna- lunque della retina, e un' altra siil punto cqrrispondente dell' altra reti- na, queste due normali conctirreranno ad una di'slanza ugiiale a un dipres- 80 a quella doll' oggetto mirafo , e 1' angolo a cni si incontreranno sara pure ugnale a quello , a cui siill' oggetto niirato concorrono gli assi ottici e se un' oagetto trovisi nel luogo e punto deli" incrocicchiamento di dette normali, esso sara vednto seinplici;, inentie gli altri liitti posti o al di qua o al di la dejlo stesso conipariranno dnppj, perclie non h possihile (In: fcopra punti corrispondenti ne cadan le innnagini. Quinci si scorge che gli oggetti veduti semplici nell' atto die uno di essi e niirato trovansi colloiati su la superficie concava di inia sfera , che ha per raggio la dis- tanza dell" oggetto mirato; alia qual superlicie concava, se ben si niira, meglio converrebbe il nome e il concetto di Oroptere; giacchi^ gli oggetti posti o al di qua o al di la di delta superlicie vengono ail essa rifeiiti per uiia illu&ione nierauieuie pbicologica e che parte duU' idea qata ncU' aoiuiu I TEOUIA nELLA VI3IONE. 467 vole, a cui pare che non sottraggasi niuna specie di vi- venti dotati di vista, quella cioe per cui ogni oggetto e veduto nella direzione della normale inalzata su quel piirito della retina, in cui ne cade Tinimagine. L'asse ottico e una di queste norniali, e il vantaggio die ot- tieiisi col rivolgerlo verso un' oggetto, deriva dali' es- ser desso qnella normale che passando pe' centri dtll' occhio e della pupilhi incontra la parte piu sensibile della retina e la nieglio opportuna a servir di cen- tro di quella specie di ra])presentazione che sul fondo deir occhio i raggi della luce dipingono degli oggetti veduti. Per questa particolarita esso avvantaggiasi so- pra ogni altra normale; ed e per essa che giova nel mirare rivolgerlo verso gli oggetti che veggonsi nella di- rezione cU esse, come ogni altro si vede in queJla del- della cli-l:ii;z;i dell' fnjL'' tlit niinito , la qiial idea liinane lo di tare il si grave torto all' ottica , privandola del vantaggio di entrare a motivo di delta legge in le- ga con la nieccanica? in qnesta anniiettesi come priii- cipio clie in ogni incontro, in cui un corpo venga ad urtare un'altro, 1' urto si elTemia normahnente al pia- no e corpo urtato, il qnal cede in detta direzione. Non ba dubbio clie cio pur non si avveri dcgli urti della luce su la retina; e la mentovata legge coU'esserae una consetviienza necessaria ce ne oRre nn testimonio e una prova. In tal guisa la teoria della visioiie divien par- ttcipe del pregio inestiinabile posseduto dalla meccaai- ilo le sueiieiize si liusoirebbc a riiiiiire in una sola le molte appaiciize di un oggetto vcdnto a traverso di im vetro ta;j;liaro a ])iu faccie ? A mostrar poi akpianto meglio che nierita di cssere ritcnuta nclla teoria della visioiie la ]>rnpneta dagli Ottici aitiibiiita all' Oropteie, ove raassi- iiie alia linea denotata piesso gli stessi con qnesto nome si sostituisca U snperlicie concava di una sfcra die ha per i;iiigio la distanza di un' ogget- to niiiato, giovera forse T addurre alcuni jiorhi t'atti de'quali sono stato io stesso testimonio, e posso rerar'ne altri assai pill autorevoli . Al chia- rissimo siii. Cavalier Cantevzani , S()iij;<'tto in cui il cam lore adegua il sape- re acradde un siorno di ?liaoliaie rralmente una inosca per un Cavallo; (io^ trovandos) egli avanti ad una linestra cogli occlii attraverso i vetri livolti su la puliblica strada, gli sciiihro di vcder passare per qnesta uii Cavallo, ehe non pa?>ava altiiiiu nti , ma in suo luogo ei si avvide tosto che una inosca gli passo pre(-so gli ocehi eorrendo sul vetro. Un fenome- no eoufonne osservo pure un' altro niio dottissimo Collega il sig. ProfesiO- re Aviiiizini, a cui trovandoM egli a dipoito con altri conipagni a taccia di uccelletti, cogli occhi , come costiiniano i cacciatori , rivolti e fisi ver- so 0{!gi!tti lontani parve di vedere in aria uno stormo di nccelli jier un' iniianiio prodotto da nn nuvolo dj moscherini nel quale scnza porvi uien- te tiovobsi immerso, svolazzautigli presso gli octbi . La Hc»fca coiuparsa ia 'JXOKIA DELLA Xl.-IOXt. j^Ol) ca di poter essere diinostrativamente trattata. E die? farehbe egli, privando 1' ottica di questa legge, anche ad alire scieiize T iiip;iiiria di turbarle ne' loro piii le- gittinii e piu sicuri possessi? nelT astronoinia a cagiori d'eseiDpio, per dir d' essa sola, cosa diverrebbe sciiza qiiesta legge la teoria e la pratica della Parallassi si certa si utile si feconda di iisi e di applicazioni? lo stesso dicasi della teoria delle refrazioni astronomiclie. Che diroin j)oi della spiegazioiie ingegnosissima, di cui riel sue Bradlei si onora I'intera Ingliikerra, della cosi. delta aberrazioiie delle stelle fisse? essa coU' accoppia- re alia proporzione, clie passa fra la veiocita della lu- ce e quella del nostro glubo il piincipio oitico, di cui traitasi, ne diviene una riuova prova sperimeiuale ot- tenuia con un' apparato di inezzi grande per cosi dire quando e V Universe visibile . altra occasioiu; allacriossi ad alcniio «.le' bUJ»i compai;iii di cacciu die a tor- to ne arcaginno la fantasia e 1' aniino acccso della Mi^iia di far preda di nccelli , luentie iioii era essa die una piira ottica illiuioue . A mc j)ur« pill di una volia ^ interveniito irovandoini raccolto in tpialclic jicii'-iero , di vederc in aria I'apparenza come di un Vipistrello prodotta da una nios- ca passatanii in (picU' isiantp presso e rasente gii oedii . Qnesti fenoraeni ne niostraiio die qiiaiido la mcnte 6 dis-traita, accade agcvolutcnte die al- ia distanza da essa non avvcrtita di un" oggetio vednto e non mirato ven- f,a sostituita rpiolla delT ogpctto mirato ; e i' apparcn7a del priino s" ii.-xran- iu iiu'au- lujla/Juiiu umai sovercluo proUssa . 470 A 11 A L D i Ma e omai tempo di coiigedarsi dal sig. d' Aleni- bert, e di chimlere im' esame che potrebbe lusiiigarsi di aver soddisfatto all' obbligo iinposto alia memoria pre^ente dal siio titolo, giucclie si e doviuo spargervi per entro qiialche rillessioiie appartenente alia teoria psicologica della visione. Beiiche delle rillessioni di tal natura da me impiegate oso pur lusingarmi che I'ottica riiorosa non rifmti d' ammetterle riel fondo reale e so- lido ch' essa possiede. Avverto cio perche non so mi- ca se lo stesso si avveri delle idee tutte psicologiche con cui vieue a di nostri esposta quasi comunemente la nientovata teoria . In questa qual la incontro (in ne* trattad elementari di fisica mere congetture ragionevoli, se vuolsi, ma niente piu, spacciansi come dommi e ve- rita dimostrate. I teorici la piii parte postisi sotto le insegne del famoso Barchelei e adottandone i princi- pj inetafisici nell' assoluta loro purezza si mostran per- suasi che 1' occhio sia sfornito di qnalunqiie mezzo on- de giudicare delle distanze, delle quali anzi aflermano che non ponno entrar nel novero delle percezioni vi- sibili. E in realta, dicon essi tenendo il linguaggio del loro maestro, le particelle lucide che succedendosi in retta linea formano un raggio quahinque, nel giugne- re a percuotere il fondo dell' occhio e un punto di que- sto ponno al piu al piu risvegliar nell' animo la per- cezione del punto visibile da cui partono, ma non gia della distanza di questo; giacche 1' impressioue e con- seguentcmente la percezione e palesemente la stessa, qualunque sia la lunghezza della linea descritta dalla particella lucida, o sia la distanza dell' oggetto veduto. Barchelei si mostra cosi coavinto della robustezza in- TEORIA VELLA VHIOXE . ^yi vincibile di questo argomento che stupisce come gli ottici non sienosi avveduti della poca o niuna solidita del loro edilicio, cui ([nasi con quest' arnie sola ei con- fida di ahbattere. Ahbaiidonaiulosi alle conseguenze che a parer suo derivaiio dall' incapacita dell' occhio ad informarne della distanza d giiigne a stabilire che niuna vera simiglianza passa fra le percezioni visibili, Yale a dire quelle che 1' occhio di per se solo risve- glierebbe nell' animo, e quelle che in questo si susci- tano in seguito delle j)riuie ma de|jeudentemenie ezian- dJo dalle notizie delle quali sin dalla nascita e dal pri- me sviluppamento delle sue faoolia lo hanno arricchi- to r esperienza e 1' esercizio contemporaneo degli altri sensi e sopra tutto del tatto . E' quesro palcsemente sopra ogni altro acconcio ad introdur nell' animo gius- te e precise notizie e rappresentazioni esatte delle qua- lita reali de' corpi; delle quali notizie 1' animo si vale a correggere o a meglio due ad interpretare le perce- zioni visd)ili, congiuntamente alle cju.di esse in ogni ineontro gli si aflacciano e a inotivo della nettezza lo- ro con tal forza ne richiamano a se 1' attenzione che questa su di esse principilmente e quasi unicainente si arresta, e trascura le percezioni visibili destinate per prof>rio uso soltanto a risvegliare e rammemorare le prime. Pero seconilo questa teoria le sensazioni e per- cezioni proprie della vista costitniscono una specie di narnrale linguaggio che niuna simiglianza non ha ne* 9uni termini colle perrezloni reali, ch'esso nella men- te risveglia, come niuna non ne passa fra i suoni ar- ticolati o sia i termini del comune lifiguaggio artificia- le e arbitrijrio colle cose per essi denominate. 47^ A u A L u I ^li anesto un momento su qiiesta ultima coiuhiu- sione; e osservo che sebbene JBaicbolei si picchi di es- sere un severe e rigido Loico, in questo incontro giu- gne a una conscgucnza, a cui uon lo guidaiio i suoi stessi principj , dai qiiali ei si scosta, cadendo , come per solito si avvera de'i'.iforniatori e de' JNovatori, nol- le esagerazioni e neg'i eccessi. Gli si conceda j)nre die non yiuo la distanza essere oggetto della sein[)lice vis- ta; che qucsia non potrebbe introdurne I'idea nell' ani- mo e conseguenietnente ne anclie del rilievo de' corpi, del concavo, del convesso, e delle proprieta loro (|i;a- Innqne, alia cognizione delle quali serve di base T idea della trina diniensione. Malgrado queste concessioni ri- peto ch' ei trascorre oltre i coiifini del ginsLo e del ve- so; oltre a quelli che vengon fissati da' suoi stessi prin- cipj, quando alfenna che le percezioni visibili sono me- ri segni degli oggetti reali, ai qnali pniito non rasso- migliano come niente non rassomigliano alle cose i ter- mini arbitrarii delle lingue comuni. In quella (|ualun- que rappresentazione che viene dall' occhio oH'crta all' animo degli oggetti, e pur egli costretto ad ammettere una reale distinzione di parti corrispondenti ne' punti loro tutti a quelle degli oggetti reali, e in essa simil- mente collocate e con tal ordine e siinetria che ne re- sulta un tutto, al quale non mancano i caratteri di un vero disegno vario pinto e variamente ombreggiato? e cui le tinte tutte e le pin delicate sRi mature e caden- ze del chiaro scuro rendono al maggior segno com pin- to e fmito? a questi pregi punto non nuoce 1' incapa- city che ora non voglio porre in dubbio, in ciii tro- Tasi r occhio di conoscere la distanza. Qnesta incapa- I t'EOUIA DELL.V VISIONE . 47$ cita non fa che togliere all' im magi ne il rilievo; ne la- scia sussistere le altre doti die la reiidoiio opportuiia non a raiiimemorare soltaiuo ma a nipprcsentare gli oggetti. Di qui si vede die a gran torto il Metafisico Irlaiidese degrada e invilisce le immagiiii e porcezioui visibili, affermando df esse e il loro (um|ilts^o non e die una specie di cifra, cui Tanimo istriuto dalla spe- rienza si addestra a spit'gare, giuguendo piu o men presto a possederne la diiave. Piuttosto volendosi [)ui- riteiiere il coniVonlo da lui proposto sembra die il i)iii Lasso conceito, die di esse I'ormar si dovesse sarebbe di paragonarle ai Geroglifici Egiziaiii, e nieglio andie die non a questi, alle Future, di cui ci si uarra che in luogo di Scrittura valevansi i Messicani. ]L pure malgrado cio uou si cessa di ripetere die le percezioni, quali 1' otdiio di per se solo le suggeri- rtbbe all' aniuio luilla iioii hanno di coni'orme a quel- le di' esso addoiirinaio dall'esperienza risveglia; che le prime non sono delle ultime die meri segni; non si cessa di trarre in camj)o il conlronto di cpiesti segni co' termini del comune linguaggio; de' quali termini si aggiunge die Y animo appena uditi o letti gli trasrura e dimentica, rivolgendo V attenzione alle cose da essi rammemorate. Or qiu pure temo assai che il confrou- to non corra. Certo che alle impressioni recate all'ani- mo dalla vista accoppiansi forse sempre certi giudizii ch' esso forma congiuntamente per una oj)erazione si rapida che nelle percezioni, che ne resukano, riesce sopra modo malagevole il separare cio che all' occhio appartiene da cio che 1' animo vi aggiugne e sembia che s' incorpori e s'immedesimi e fuinii un tutto cuUa T. I. P. 2. 6o 474 A r. A L I) 1 percezione dovina all' occhio. In cio con^entono tntii i Teorici; nia qniiici appmito rnuove il Hubbio per cui temo clie zoppirlii iion jxx'o il rerato ronfronto. So- veiite certo le parole, soddisfatro a) loro ufficio, sdruc- (iolano su V aniino, ne vi lasciaiio orma di se. Ma e certo aliresi die ognnno ha la facoha di arrestarle e rivolgeie ad esse la sua attenziop.e. Piu; e certo che r attenzione anche qiiando sembra rac(o1ia su le cose e su 1 peiisieri, non perde le parole allatto di vista » Soiio esse tina cotal veste del pensiero die non piio non vedersi congiuntainente al pensiero. StMiza cio co- me potrebl e arcadere che ndl' ndire e nel leggere le iiarole e ciascuna da se e m lla lor successione e nel li)ro colleganiento taressero sopra di noi impressioni ])iacevoli o ingrate? che nell' atto che si bada alle co- se, pur non isfuggano i pregj o i difeiti della lingua e dello stile? de' segni all' opposto co' qiiali V otchio, si dice, parla all' aniino e gli suggerisce le percezioni tattili, e per lo iiieno sopraniodo malagevole il sepa- rarli da queste ultime. Da queili anzi che al tatto so- lo concedono la facolte d' informarne di un Mondo es- leriore, e all' occhio abbandonaio a se la rifiutano, ques- la separazione debbe du hiaraisi iinpossibile. I^Jon e des- sa tale assolutamente presso queili che ammettono un INlondo esteriore visibile independenteniente dal tatto; ma essa e sempre sonmiameute difficile, e solo dopo grand i sforzi 1' abile Dj)iiitore riesce a staccar dagli oo-getti le loro apparenze visibili e ad afferrarle e te- iiersele present! quanto e mestieri a trasportarle su la tela . Pero non credo di aver torto se terno che per qnesto verso pecchi raddotto confrouto. Eh che ques- TEOKIA 1»ELL\ VlSIOIi che dovrci avvolgernii con liu in luoghi si tcnebroji 478 A \\ A L D I gio esclusivo d' informarne tlell' esistenza di iin I\Tondo esteriore. Qiu.lli, che liaiuio adottata questa opinioiie ch'io con Ucid reputo erronea, traggoiio in mezzo la resistenza op|)osta dai corpi toccaii alia inano che gU tocca, e in essa ravvisano un testimonio e una prova che al tatto solo compete di metterne in commercio col detto Mondo. Essi di questa resistenza menano il romor giande; ne non avvertono che anche di essa si avvera che pailando a rigore non e sentita ma perce- pita. Sempre ad annuziaila intervengono certe sensa- zioni, coUe quali non ha essa niuna simiglianza preci- samente come niuna non ne passa fia Y odore quale esiste ed e confusamente percepito ne' corpi odorosi e la sensazione cli' essi risvegliano. Per simil modo nell' esercizio del latto a certe sensazioni trovasi indivisibil- mente congiunta per vincoli, de' quali non occor cer- care altra ragione che 1' Autorita Sovrana della natu- ra, che sola ne conosce il segreto, la percezione della resistenza e con essa quella dell' oggetto che ne e la sede, e la persuasion pure dell' esistenza di quest' og- getto. IIo etjrcato di restringere in breve le idee psi- chc non mi assinivo di jireiiderlo a scoita . Egli a (ja};ioH d' esenipio si bat- tc arulie con Alembert , cui gli vien quasi voglia tli rlinproverare come disevtor d' una scuola , gV interessi d'.-lla qn.ile dovevano esscrgli cari . Ne critica alcune riflessioni applicabili al pioblema di Molineux , che ogni sen- sata persona trovera scnsatissinio, po-te dall'illuMie Fiancese fia i rischiara- mpnti da lui agginnti ai siioi clemenri lilosotici . Stnpisne clio in esse luf Alembert si mostri dimentico che V animo valendosi della sola vista non assistita dal tatto vedrebbe i colori , dove di grazia ? nel suo iiiteino e uel- la serie dclle proprie sensazioni. Oil qui confesso che tiitto per nic h bu- jo ji'-sto. A me, che ho sempre vednli i colori ap])licati a qnah-he ogget- to riesce impossibile il concepirneli staccati. Clii mi parla di colori vedii- ti dair anioio nel suo inlerno e uella sciia d..ilf proprie »eiisa^ioiii iioa .ut> TEOUIA DELLA VISIOXE. 4-9 cologiclie di Reid nelle quali ravviso raglonevolezza inaggiore assai che non in quelle di Barclielci e Con- dillac. Supponendole giuste h lecito di trariie subito una conseguenza inn)ortantissima, la qual si c che nelT esercizio della vista alia sensazion del colore trovasi sempre accoppiata la percezion reale e independente dal tatto di un' ordine di oggetti posti fuori di noi; e insieme con e?si quella di una estensione visibile che tutii gli abbraccia. A questa estensione, se 1' oc- thio, come pretendesi, e incapace d' inforniarci della distanza, manchera forse una diniensione; ma non ces- sera essa per qnesto d' essere un' oggetto reale propor- zionato e conforme alia natnra del senso (he ne intro- duce neir animo la notizia. E perche sul fondo di que- ta estensione non puo non vedersi disieso Y ainnianto \ario pinto de'colori, questi' co'le varieta loro e tinte e cadenze infinite assiston V occhio all' uopo di scor- gere in essa e distinzione di parti e figure e ogn'altra apparenza visibile. Egli e il vero che in ogni sj)ecial caso con quesie apparenze accoppiansi certi giudizii; cosi che l' attual percezione e conseguenza e resulta- co nil lin;j;uagi;ii) die 11011 iiilciidw. Ejipuic jioiiclihe darsi die i jirincipj »li Comlillac- pretti, rigorosi, tjiiidasscro ap]»unto a que«ta conseguenza; va- le a dire ne oljhligassero a ragionare sopra cose inconcepiliili. Aliueno de' niisterj in esai rindiiusi ml si addu'-esscro motivi di rrediliilitA tali che potessi prcbtar loro una fede iinplicita ; ina V autorita di Cnudillac nou giugne a taiito, e meno poi quella dcU" aiitore dv-dl' Ouica della natura c della educazione; presso cui incontro parecchie manilVstc olFese facte alia logiea ; come inostreiei faciliuente se non temesbi die aiciino >oigcsse ad aiiiiuonirnii die non occorre turbar le cencri de'inorti; alia quale aauno iiizione per altro potrei rispondere che debbon piii premere i vivi de' mor- ti ; che quel tilulo alquaulu auiliizioso [ I N I delle qiiali stabllisce che un grave abljandonato a se meclesinio desciive in 1111 miiiuto secondo con moto iinifoiiuemente accelerate, giusta le rinoniate tavole di Prony, lo spazio di piedi 15.098, ovvero metri (4.904); r altro che un corpo sospeso all' estreniita d' una bi- lancia all'atto di cadere ne tiuba requilibrio, al quale si ricompone tosto che detto corpo giugne a toccare il piatto della medesinia. La mia macchina comincia dal seguare le frazioni piu ])iccole del tempo dalla meta del niinuio secondo, lasciando le IVazioui niaggiori piu facili a determinarsi con altro metodo. Tutto 1' artifi- cio e riposto in una valvola la quale apresi al momen- to che un grave abbandonato a se stesso percorre un determinato spazio e chiudesi immantinente e nell' is- tante in cui il corpo giugne al termine dello spazio medesinio. E' dessa prontissinia al moto, e aprendosi da esito ad una certa quantita di mercurio per tutto il tempo della caduta, la qual quantita, poiche il mer- curio conservasi nel recipiente ad altezza costante, se- gue la proporzione del tempo; gli efflussi dunque es- primendo questo vario tempo, rappresentano pure fi- sicamente e determinano le varie frazioni del minuto secondo . §. 3. Tre a mio avviso sono le parti principal! che compongono la macchina enunciata le quali tosto ad una ad una esporro, affine di meglio intenderne in se- guito gli usi e la maniera di porla in azione. 9TJLLAM1SUIIA 1)1 TAUJ EFFLTTI JILCCANICI CC. /^fi() Dell' Asta, del Piedestallo e delta Craduazione della Macchina. Siavi (fig. I.) \\n asra verticale alta piedi qiiattro formata di legno ben asciuito tagliato secoiido la dire- zioiie longitudinale delle sue fibre per alloiuanare Ta- zione igronieirica dell' umidita, e quella della varia temperatura dell' atmosfera clie potrebbe far variare la sua altezza; abbia di piu una certa solidita afFine di non coiicepire tremori cbe inducano qnalcbe anomalia nell' efflusso del mercurio. La delta asta e fissata a perpen- dicolo in un robusto piedestallo posto ad esatto livel- lo mediante tre viti e un pendolo che parte dall' es- tremita superiore, e riniane in mezzo a due linee, I'una delle cjuali presenta i varj gradi dell' altezza col piede francese, Taltra colle moderne misure del metro- Scor- re lungo I'asta un indice, il quale, mediante una mol- la, arrestasi a qualunque punto, e serve per determi- nare accuratameute lo spazio da percorrersi dal grave cadente. §. 4. Conviene cbe il grave cada sopra una so*- tanza molle, ed avvi per cio nel piano del piedestallo una cavita M piena di creta destinata a ritenere il cor- po caduto il quale, altrimenti, risalirebbe riaprendo la valvola per breve istante e daiulo kiogo a nuovo et- flusso. Si puo ancora formare un' apertura nel piedes- tallo, e sottoporvi una cassetta con creta poggiante nel terreno : per tal modo separata 1' azione dell' urto del grave dalla maccbina, si rendera immune da qnaliin- (jue piu piccolo tremore. Si potra pure alia creta sos- T. I. P. 2. ■ 6a . 490 A L U I N I tituiie uno strato di ccra mcscolata con sostanza pin- guediosa in quella quantita ch' esigera 1' esperienza; in tal caso detto strato sara coperto con carta oliata a fine d' impedire die il glutine si attacchi al corpo ca- dence, e ne alteri il peso. Delia leva e dell' azione del grave da essa sostenuto . §. 5. Alia sommita dell' asta poggia una leva d'ac- ciajo A B a. guisa del giogo di bilancia la qiiale con una delle sue estremitk sostiene un grave del peso di 20 granimi che chiude dalT altra parte coUa sua pres- sione un picciolo foro situato alia base di uno stagnan- te di mercuric. Formano il perno intorno a cui si vol- ge delta leva due acutissime punte di metallo (fig. a.) le quali rendono il centre del nioto obhediente a qua- lunque leggiera impressione. I bracci della medesima egualmente lunglii non sono perfettamente librati tra di loro, essendo il braccio A d' alcuni grani piii pesan- te 'deir altro. Per tal modo quando cade il peso M pendente dal braccio B e rotto 1' equilibrio nel siste- ma generale della leva, e il braccio A in vigore del suo peso alquanto n)aggiore seconda T aprimento della valvola che si opera mediante 1' azione del peso n. §. 6. II grave M e nello stesso punto sospeso a due fili MB , Mt^ r uno de' qnali a maggior chiarez. za chiamo in seguito filo principale, T altro filo addi- zionale; quello serve a tutte le esperienze rimanendo nella sua integrita, qnesto all' opposto dev' essere cias- cbeduna volta sostituito. II filo principale che sostie- ne il corpo cadente passa attra verso 1' asse di una vi- fWTLLAMISURADIVAKjnFFETTIMECCAN'ICieC. 49I te ov' e ritenuto mediante un nodo fatto alia sua es- tremita: alzando ed abbassaiido la detta vice si concilia al filo il grado necessario di tensione, cosa diflicilissi- ma ad oiteneisi con altro metodo. II filo addizionalc e sostenuto e scorre soj>ra V uncino t, e vi si annoda alle vaiie aliezze, alle quali il corpo s'innalza. AU'at- to deir espeiieiiza ironcasi il filo addizionale brucian- dolo con due luuii a fine di elidere piii faciliuente gli effetti deir agitazione dcU' aria. Convien guardarsi cbe deito filo non sia composto di moke fibre ritorte, le cjuali troiicandosi successivamente daniio un moto tre- molo al corpo, e lo fanno canibiare di situazione alcun poco prima die dis< enda liberamente. Soito questo pun- to di vista i fili formati di cay)elli o di crini sono da preierirsi alia seta. Allorclie si vuole situare il grave alle convenienti altezze si fa scorrere a molla un pez- zo di metallo s lungo 1' asta, e portasi in alto a soste- gno del braccio J, alTuicbe rimanga chiusa la valvola lino air istante di farlo cadere: dimenticata questa cau- tela, potrebbersi avere irregolari efflussi di mercurio che turberebbero 1' esito dell'esperienza. $. 7. La fijrma del grave cadente riputata fin' ora la piu opportuna si e quella d' un cilindro la di cui altezza uguagfia il diametro della base: per tal modo presenta molia superficie al piano di creta sopra des- critto, e troncasi, per cosi dire, piu prontamente il suo movimento. Ove vogliasi la misura assoluta del tempo, il grave cadente sara di platino, o d'oro, aflllncbe la stessa massa contenuta sotto il minor volume j)ossibile risenta pjire le minori resistenze dal mezzo per cui pus- sa: eseguendo poi esperienze comparative potra e*se- 492 A I< T) I N I re inclilTerenteinente o di pioinbo, o d' altro metfallo. Delia stniinante di incrcurio, e dAla \>ah'ola die sene agli efflussi. §. 8. II recipiente the serve agli efHiissi del mer- curio e un ciliiidro di cristallo posto pu d'un piano me- taliro sostenuto dall' asta yerticale della macchina in poca diitanza dalla leva superiore AB. Per mantene- re il inercurio ad un costante livello pesca nel mede- simo una picciola campana di vetro la quale ha I'orlo della sua apertura toccante appena la superficie, e fa le veci di carico somministrando successivamente tan- to mercurio, quanto appunto n esce dal foro sottopos- to: con tal artificio la linea stabile di livello e all'al- tezza d'un pollice (metri 0,0271). Per render libero Tefflnsso e d'uopo die il mercurio sia pnrgatissiino, e la base dello stagnante al di dentro alquanto concava. Se si volesse il livello con metodo pin rigoroso, potra aversi ricorso ai mezzi ukimamente proposti da fisici per tener ua costante livello nello stagnante dei ba- rometri . §. 9. La base dello stagnante di mercurio e di cris- tallo lavorata collo smeriglio in niodo che forma coUa piastra di metallo in cui e fissata un solo piano levi- gatissimo. II foro in essa scolpito c di un millimetro; la valvola che lo chiude esteriormente (fig. 3.) e com- posta d' una curva leva d' acciajo, la quale ha il cen- tro del moto nel punto c: e dessa tratta alia sua es- tremita in uno stesso punto da due fili uno de' quali uiediante la carrucola a, tien cliiuso il foro f: 1' altro srrLi.A Kisuu.v niVARiErPETTi MECOANici ec. 493 lo apre mcdiante il contrapeso clic agiscc nella carru- cola b. 11 filo A a col mezzo tli una vice riceve la ten- sioiie necessaria al pronto niovimento della valvola. La detta leva noii tocca il piano clie nel centro del mo- to, e nel luogo in cui chiude il foro; essa muovesi fra le dne punte nietalliche /•, e s, e descrive fra deiti li- niiti un brevissimo spazio, quale appunto ricercasi per aprire e chiudere colla niassima celerita il tenne foro situato alia base del cilindro. La (fig. 4.) espriine la faccia superiore del piano sopra cui po2;gia lo stagnan- te di mercurio, e la disposizione delle carrucole cli© fanno agire la valvola e la concavita data alia base per agevolare 1' erogazione del detto lluido che rendesi me- no scorrevole per qualunque leggera ossidazione. Per accertare vieppiu la possibile speditezza nel niovimen- to della valvola, si potrebbe in alcune delicate espe- rienze adattare il solo pezzo delfefflusso del mercurio alia solita niacchina di Atwood allontanando cos'i mol- te resistenze e rendendo ancora piu pronti e liberi gli efflnssi stessi. §. 10. A mettere in picna attivita la descritta mac- china (fig. I.), mediante il (ilo addizionale Mt^ clie passa sopra r uncino di metallo t situato all' estremita della leva, sollevo il grave M in m all' altezza di p edi tre, poUici nove , linee tre, e sei decimi , (metri 1,2260) corrispondenti alia meta del minuto secondo. II grave ivi collocato seguita ad agire sopra il braccio della le- va, e percio la valvola chiude il foro che e alia ba- se dello stagnante di mercurio. Abbruciando allora il filo addizionale di seta, il grave movendo dalla qiiie- te cade all* isianle, e per mancanza della sua azione 49^ A I. D I N I rimane la leva tratta in senso contrario tlal contra- peso /I, e resta aperta la valvola per tutto il tem- po della cadiita, tenninata la quale nuovamente chiu- desi. Rimane adunque tanto tempo aperta, quanto im piega il grave a percorrere il detto spazio, e percio la suildeya frazione di tempo e equivalente all' ef- llusso ottenuto. II mercurio uscito racco2;liesi in un im- buto ternjinato da sottil cilindro di vetro del diametro di una linea, (metri o,oo23), ninnito d' una scala divi- sa in cento parti. Si puo ad essa sostituire il raetodo di pesare ciascuna volta la quantita di mercurio uscito. §. II. Avuto r efflusso die corrispondc alia meta del minuto secondo, diminuisco a piacimento la disce- sa del grave, e le varie quantita del mercurio uscito, esse pure proporzionalmente diminuite indicano a ma- no a mano efflussi sempre minori gli uni degli altri, i quali mi esprimono le varie decrescenti frazioni del mi- nuto secondo. Con questi principj 1' efflusso corrispon- dente alia caduta d' un pollice (metri 0,0271) e deno- tato per la minutissima frazione 0,0743, o sia o",^'", 27'^, 2,7', il qual risultato dimostra colla delta mac- china ottenersi non solo i minuti terzi, ma pur anche le minute loro divisioni corrispondenti ai minuti quar- ti e quinti (jj. (1) Noil sara difficile dalle esposte cose il rilevare come la mia niac- rhina differisce da tiitte le altre in questo genere in addietro, e poc' anzi pubblicate. Differisce certo dalla macchina immaginata molto tempo pri- ina dal celebrc Giovanni Poleni consistente in un orologio mnnito di tio indici i qiiali mostraiio li niiiuiti primi , secondi e terzi: aveva esso pure eseguila una valvola ( il di cul modello possediamo nel R. Gahinetto di qnesta Universita) la quale pone gli efflussi del mercmio in relazione coi gradi percowi dagl' indici del detto oiologio. Gli oiiginali discgai degli ap- dULLAMISUllA I>I VAR.T LFFETTI MECCANICI CC. 495 §. 12. Non pago di vedere quesii miei risultati rac- comaiidati dalla sola teoria, ho amato di accertarmene col fatto. Innalzo ad un pollice (nietri 0,0271) il solito peso; poca c certo la forza acquistata in tanta brevita di spazio; pure apresi e cliiudesi la valvola dando sensi- biiissiiiio efllusso fisicanieiite divisibile nel sottoposto tu- bo graduate in moke parti atte a denotare le piu line suddivisioni del minuto secondo con tal precisione che senibrava togliersi all' esatne de'fisici . Sono stato solle- cito di sottoporre alia considerazione di alcuui de' miei colleglii deir Istituto e di altri Professori di questa Re- gia Universita le principali espericnze da me fatte co- gli apparati costrutti dal valeute macchinista Francesco Borelli. Trovandomi poi, non ha molto, a Parigi se- condando le esortazioni d'illustre Personaggio feci ese- guire varj modelli al rinomato artista Dumotiez, e te- nutone discorso (2) col chiarissimo Lagrange provai la parati del Poleni coitcsemente comunicatiiiii dal dotto Collcga Profebsor Stialico mi antorizzano ad alTcrmare che la loro costriizionc h afTlmo di- vcisa da (juella della mia maccliina altronde capace di quelle applicazio- ni clic non possono ese^^uirsi in alcun'altro de' metodi finora proposti. (n) Fra le dotte riflessioni iiitese in tale circostanza , non tacerii il progetto di so]>primeie la graduazionc nell' asta di legno , ritenoiido sol- tanto invariabilc la sua altezza . Fu iinmasinata una specie di legistro si- tuato al ccutro della leva il quale avvolge il fdo addizionale disposto pe- rA in modo rhe non impedisce al grave la sua azionc sul braccio della bilancia . Un indice con niovimento inicrometrico denota fjuanta pomione di detto filo si avvolge , e perci6 segna con tutta precisione le varie al- tezze alle quali si colloca il grave cadente . Avendo avnto prima di par- tire da Parigi occasioiie di lar eseguire alcuni modelli dflla mia maccliina lio interessata la bravura , ed insieme la compiacenza de' due valcnti ar- ti'^ti Dumotiez e leNoir, accio vogliano costruirli col detto principio. Tal niodil'icazionc non incontra veruna diflicolta nella prima macchina da ine propobta i esige pero qualclie niutazione , ove vogliasi uadurre all' ultiiuu coietruzionc clie saia da me fia poco indicata . 49^ A L i> I N I compiaceriza di riportarne un liisingliiero sufTragio, aven- dolo avuto testinionio oculare dei principali risultati. §. 1 3. Se mi fu accordato coraggio nel cokivare questi niiei tentativi , sentii pero tutto il peso della loro autorita nell' iritendere da essi corifermate quel- le stesse diflicolta che gia mi si erano, in addietro, presentate. Ma di queste, aliie repiito aver pienamen- te rimosse, altre diminuite colle modificazioni date al- ia inaccliiua stessa. JNon ha mancato taluno di accu- sare come inesatta la scala direttrice delle altezze opi- nando che 1' acceierazione acquistata dal grave al tem- po della caduta distenda il filo, ed aumenti lo spazio che doveva percoriere di tanto, quanto im porta la pro- foudita a cui e penetrato nella creta. Sarei io disposto a dar molto valore a tale opposizione, se fossi obbli- gato, com'altra volta, ad impiegare gravi talora ecce- denti il peso d' ima libbra; ora pero che mi bastano pochi grammi, debbo molto meiio teinere o dalla disten- sione del filo, o dalla escavazione nella creta stessa. Qualunqiie pero essa sia, egli c certo che il grave ca- dente appena tocca la superficie della creta agisce sul- la leA^a e chiude la valvola; che se pur prosegue a di- scendere adopera sulla leva con maggior impeto e chiu- de la valvola piii fortemente, ma non ne avverra per cio che debbasi riguardare come variato lo spazio che dovea percorrere; giacche 1' efllusso che lo misura e misura ])ure il tempo impiegato a scorrerlo, cessa tosto che il grave giugne alia crera. §. 14. Molto pill ardua opposizione nasce dall' esa- minare gli ostacoli che vietano il libero efllusso del mer- curio. Poiche la valvola per aprirsi compiutamente e»i- SnLLAMISURADIVAllJ EPFETfl IMECCVNICieC. 497 ge un certo tempo durante il quale rcfllusso si fa per uu foro che va crescendo, e percio nel successivo aprmien- to I'efilusso non sara uniforrne; lo stesso, ma in seiiso contrario, interverra nel chiudinienio delia valvola che non puo essere istantaneo. La qual considerazione po- trebbe al piu nuocere alia scrupolosa precisione dei ri- sultati che aspettansi dalla mia inacclnna, quando cade la misura assoluta del tempo; non indurrebbe pero sensibile errore nelle misure relative, delle quali faccio quasi sempre uso nelle moke applicazioni che esporro in appresso. A togliere poi anche piii direttamente 1' e- nunciata opposizione, che confesso essere una delle mag- giori che possano muoversi contro Tuso della mia mac- china, piacemi distinguere in tre tempuscoli il tempo to- tale deirefflusso del mercurio. JNel primo si apre, nell' ultimo si chiude la valvola, ed in ambidue questi tem- puscoli accordo esser V efllusso alcun poco impedito: e desso aHatto libero nel tempuscolo medio. Ora, esa- minate le funzioni della valvola, si ravvisera che qncl- lo che nianca alT efflusso libero nell' aprirsi- nel [)riino tempuscolo, ridondera per altra i)arie pel ritardo che si ha neir ultimo tempuscolo a chiuderia, e cio servi- ra ad ottenere con approssiniazione quella compensa- zione la quale fara evitare un errore sensibde nel cal- colare il giusto valore degli etflussi suddtiti. Ho posta poi ogni cura per apiire e chiudere la ■valvola coUa maggiore celeriik (5J, ho rinunciato al (3) AU'atio della ijuljblica/.ioiie ilella preseate incnioiia , iiuoig.- al- tra idea sulla costrnzione della proposta macchina che la riduci' a nvig- gior semplicita : risjiarmio in essa T uso ddle due carrucole , la tensione del filo dalU parte del coiurapeso , e allontano molti attiiti movejido i» T. I. P. a. 63 presidio dclV t-lastro da me impiegato in altro tempo ed ho sostitiiito I'azione di due pesi che operano (fig. 3.) siillo stesso piinto d' una leva, e la traggono successiva- menie in contrarie direzioni con quella rapidita la qua- le potra iinpedire una sensil)iUi akerazione negli efflus- si, ove il grave cadente e il contra peso stiano fra di loro nella proporzione la piii favorevole alle operazio- iii adidate alia valvola snddetta. Atteso pertanto il pic- ciolissimo spazio d' una mezza linea che deve percor- rere la valvola, e le altre proposte facilita per muo- verla colla prestezza possibile, ho Inogo a credere che quella qualunque diHerenza nata negli efflussi sara tan- to piccola, che potra fisicamente trascurarsi; essa poi non indurra mai alciui ostacolo nelle esperienze com- parative, posta Tavvertenza di fare cadere il grave da altezze sempre eguali. valvola colle sole oscillazioni cViin pendolo posto in azione dai bracci del- la bilancia stessa. Mancando il tempo di compierc si importaiite miitazio^ ne praticamcnle prima della puhliliiazione del picsente volume , mi riser- bo a rendcrnc conlo nel sussepnciite . Intanto ne ho consegnata la descri- zione negli atti dell' IstitiUO, prevalendomi di questa circostanza per in- terrot^are il dotto sentimento de'miei coUeghi Canterzani , Araldi, Avanzi- ni , Ouiliplmini, non solo intorno alia priinitiva mia maccliina , ma anclie sul niodello di qiicsf' idtima modilicazione. Dipendendo dalT csattezza del moto della valvola rutilitii intera del mio ajipaiato, mi faril sempre un debito di partecipare tutto cio clie puo contribuiie alia sua magglor per- fczione. Qiiesto stesso rijiuardo mi ha tratlennto dal render piibbliche fi- nova varie sperienze da me eseguite, aspettando rhe i fisici convengano prima Ira di loro in quella forma di costrnzione che serve con maggior si- curczza al fme proposto . Per parte mia non ho certo mai risparmiato ne ftitica ni industria per avvicinarmi al desiderate intento , avendone sino dieci anni sono conmiunicate le mie idee non solo ai celehri professor! Volia, Vassalli, Sgagnoni, ma ancora airinteia Accadeniia dell' Iwitulo d«lr le Scienze in Bologna . 9TjrLAMISURA DlVAnjtFFETI'I MECOANICI CO. 499 §. 1 5. Clie se Jion piacesse a taluno essersi la gra duazionc della scala confonnata alia cadiita de gravi nel vacuo, e volesse percio volgere a difetto della rna- china la iion curata resistenza dell' aria, consideri ch'es- sa e Icggerissiina, e die volendo, potra pur'anclie cal- colarla col presidio delle note I'oriuole jjroposte dal ce- lebre Bezout nella sua JMeccauica e da altri autori. Potra pur'anche, voleudo, render piu semplice tal cor- rezioue colKisiituir seuipre le sue esperieuze alia stes- sa altezza barouietrica . Che se il nostro oppositore pra- ticajuente iucontrasse in questo stesso aliri ostacoli re- puto miglior consiglio die abbandoni 1' aria, e taccia in vece cadere i gravi nell' acqua distillata fornita di costante teniperatura (4)-^ avra in tal caso la soddisfa- Kione di noiare le piu delicate Irazioni del minuto se- condo in uno stesso (luido, e in una scala niinore del- la nieta dell' altra in addietro impiegata; le quali cose conciliano ai niiei apparati una molto jiiu semplice e comoda precisione. Poiohe essendo per tutto egnale la gravita specifica del detto fluido, e sapendosi per alua parte il peso ed il volume del grave in esse cadente, sara , apprestata a qualumjue vicino o lontano si)eri- (4) Non jjretendo io gia risparniiare in qiiesto luogo col nnovo me- todo da nie pro|)Ofto la rorrczione della resisienza del iiiezio per riii ijas- •a il grave: rcpiito soltanto di averla agevolata, e teiidiita \i\\\ sicnra rol far uso di uii fliiido clie jjosso prorurainii oviiiujiie lorDito di una data temperatura , e d' una costante densita . N(^ dovro ccrto tener conto diHIa variata pressione dell" aria atniosferica sopra il livello del detto fluids, la quale, secondo le ultime espeiienze eseiiiiite da Conloinlj, non piio indur- re veriina altenuione sulla resisienza del grave radentc iicH" acqna di>til- lata. V. Memoires dc I' Institut national det Sciences Matltemati'juei , f.[ Pliysiquas. Tvin. HI. pas,. 2.4G. 500 A L I) I N I nieiuatore qnella pariia di circostanze, la quale e tan- to a desiderarsi per ottenere dagli apparati fisici cos- tanti sempre, ed uniforini risultati. Premessa in generale I' indole e la struttura del- le proposte niacchine, lascio volontieri ad altri di va- lersene per quelle applicazioni die sono del loro istitu- to; io mi liniito a quelle sole che piii da vicino in- teressano le ricerche della fisica speriinentale. A P r L I C A Z I () N E PRIMA Stabilire la resistenza che op pone V aria ad una certa massa cadente sotto voluml dUersi. 5. 16. I calcoli de' matematici in questo genere of- frono cause ritardairici tanto piccole che arduo riesce ridurle ad una misura sensibile: rjuesta pero senabra potersi ottenere col seguente metodo. 11 solito peso di piombo di venti grammi discende, come sopra, dalTaltezza di piedi 3,7746 (metri 1,2260) con moto uniforinemente accelerato nella meta d' un secondo, e questo tempo e espresso con un determi- nato efflusso di mercuric che adunasi nel sottoposto tubo. Se ora altro corpo della stessa massa sotto volu- me maggiore ricade daU'akezza medesima, la resisten- za che incontra e sensibilmente piu gagliarda di quel- la che opponevasi al primo , e percio in piu lungo tempo percorre lo stesso spazio, e piii copioso anco- ra e in proporzione T efflusso ottenuro . Se dunque detraggasi il primo efflusso corrispondente alia cadu- ta del corpo di minor volume da quelle che si e avuto nel secondo, la diffierenxa dinota precisamente la SULLA MISUIIA WIVAKJ EFFETTI MF.CCAXICieC 5oi resistenza opposta daU'aria ad una sressa massa in pro- porzione del vohime accresciuto. Uipetma T esperien- za in una serie di masse n2;nali il cui volnine cresca con determinate proporzioni, viene apprestata im' ac- cnrata tavola delle resistenze opposte dall' aria al va- rio volume dei corpi cadenti. Appligazione seconda. Ritenuta equate la massa e il volume del corpo cadente indagare il rajtporto dclla diversa graviti^ spccijica de'Jluidi ne' quail esso cade. § 17. Prendo un cilindro di cristallo (fig. 5.) for- nito di base metallica coperto d'uno strato di cera mol- le, e Vi verso or' uno, or' altro fluido. Faccio cadere il solito grave da una stessa altezza in Huidi diversi, e noto i varj tempi che impiega a percorrere lo stes- 80 spazio: trovo esser essi in un costante rapporto col- le loro varie specifiche gravita. Sotto quest' aspetto la proposta macchina mi fa le veci di Aerometro per va- rie quaiita d' acque saturate di diversi sali, per varie specie di alkool, e in generale per tutti i fkiidi d'egua- le tempcratura, privi pero d' una particolar adesione nelle loro particelle, la quale, come vedremo in ap- presso, turba gli efl'etti della loro resistenza. 11 punto fisso di comparazione che mi guida in tali osservazio- ni e la resistenza che soPTre il grave cadente nell'accpia distillata: del resto esso in qurikmque caso dovra esse- re d* una sostanza inalterabilc dall' influenza dei diver- si IJuidi pei quali passa. 5oa A I. i> I N I ApPLIGAZIOWE TEIIZA. Calcolare Ic resistenze del cor pi soUdl posrl in moto in un Jlnido ii quale c in moto csso pure. §. 18. Un grave cade alia superficie d' un vaso (fig. 6.) ill cui r acqua e mantenuta ad un costante li- vello. Sonovi alia base due rohinetti uno de'quali som- ministra un elTlusso doppio dell' altro. E' lecito per tal modo crescere o diminuire Terogazione tlel (luido coU* aprire a piacimento o i'uno o 1' altro dei due robinet- ti, o ambidue. Alcuni sono di parere cbe un grave ca- dendo anclie nel lluido posto in raoto acquisti dopo pocbi istanti della sua discesa un moto equabile; ina i niezzi de' quali fecero uso non sono atti a mostrare le varieta del moto con quella precisione, cbe si ot- tiene nella mia maccbina. §. 19. Pubblicbero ad altro tempo li ottenuti ri- sultati su tal proposito accompagnati dalla resistenza cbe solTrono i solidi variando non solo la loro massa» ma ancbe il loro volume e la loro figura. L' illustre fisico S'Gravesande fece simili esperienze in un gran- dioso niaccbinamento in cui la resistenza de' solidi mos- si ne' fluidi equivale al peso addizionale necessario a comporre in equilibrio il braccio della bilancia a cui sono sospesi. Istrutto io dal lungo uso della detta mac- cbina sarei d'avviso cbe I'efllusso del mercurio ne' miei apparati fosse un mezzo niolto piii comodo e sicuro per rilevare le dctte resistenze. SULLA MI8UKA DI VAIIJ EFFETTI MECCA XlCieC. 5o J A P r L I f; A K I O N E Q U A R 1" A. Dctcrniinarc la rest'strnza die oppongono alcunl Jliddi III DHniincnto del soiuli per la vana tcnacctd dclle particclle che li compo/igono. §. 20. II solito grave sporimentato nella preceden- te ap|)licazione in varj (luidi col solo riguardo della lo- ro sp('( ifica gravita si faccia discendere in recipienti pieni d'olio o d' altro mezzo le di cui parti ahbiano una particolar coerenza fra loro. La discesa per un da- to ?j)azio della nota scala compiesi in un tempo mag- giore di qnello esigerebbe la sola inlluenza delle spe- cifiche gravita calcolata colle note teorie, e quest' in- creniento dovra accordarsi alia resistenza opposta dall' adesione delle parti roinponenti il lluido sottoposto all' esperienza. A quest'intendimento altri proposero di mi- surare o le vibrazioni d' un pendolo, o le oscillazioni d' un filo composto ad un certo grado di torsione e imnierso in diversi flnidi; ]>are pero pin seniplice il nietodo di notare il vario tempo iinpiegato da un gra- ve a percorrere uei medesimi un certo spazio, Qnesto genere di c'perienze permette ancora d' averc a piaci- mento i movimenti o celeri o lenti, e con=;eguente- mente di esaminare se la resistenza de' (luidi si con- formi alia legge die la vorrebbe proporzioiiale al qua- drato della velocita. §.21. Mi propoiigo di ripetere su qneste traccie non solo le belle esperienze di Couloml> dirette a de- terminare in generale la coerenza de'lluidi, lua d' ag- 5o4 A I. D I N I giugnerne altre, oiide fissare il singolar camblamento clie soflrono per la porteiitosa inlluenza del calori- co. £gli e desso che ternperato in molte guise in al- cuni tluidi ora ne separa e divide le miniine parti ri- ducendoli alio stato aeritorme, ora scemando loro per- mette di accostarsi e costiparsi trasformandoli in cor- pi sohdi. L' acqua distillata sotto quest' aspetto passan- do pei gradi del calore di cui e capace oftVe una scala precisa dclla diversa adesione delle sue particelle pro- dotta dalle varie temperature, cominciaudo dalla resi- stenza ch' essa oppone neiraj)parato descritto al §. 17. quando e ndotta in vapori, e quando rafTreddata a po- co a poco passa alio stato di congelazione. II grave di cui faccio uso in tali esperienze non e inai di metal- lo , ma sempre di vetro o d' altra sostauza difficile a sentire le impressioni delle temperature, e le piii pic- ciole alterazioni nel suo Yolume. ApPLICAZIONE QUI>fTA. Deter minare V injluenza delle temperature . nelle erogazioni del Jluidi. $. 22. Molti s'avvisano che il calorico variando la temperatura dei lluidi porti ne'loro efflussi un cambia- mento di velocita; ma non e stato abbastanza dimos- trato, come, e quanto inlluisca, e in quali circostan- ze. Due antlie di cristallo ben calibrate ad uso di mac- china pneumatica sono state da me impiegate per de- terminare la varia velocita de'fluidi a misura delle lo- ro temperature, mentre sgorgavano da due eguali fori SULLA MISIJKA DI VAKJ EPFCTTl MKCCANIOieC. 5o5 situati alia base che aprivansi coiitemporanearnenie. Le dillerenze delle velocita nefi;li elllussi erano in moki ca- si tanto maiiifeste, cireludevano qiialiiiKjue sospetto o della variata cajiaciia delle antlie di sei millimetri di grossezza, o dell' aumeiuata ainpiezza del foro scolpi- to in una sostaiiza n\eno atta a sentire le inipressioni del calorico, <[uale appunto e il vetro. §. 2i. Panni che questa delicata ricerca si possa con rnaggior esattezza eseguire nel mio ultimo aj)pa- rato (lig. 1.) col niercurio o akro lluido che sgorghi a \arie temperature per una data trazione di tempo. Con cio avrenio meno a meravigliare 1' apparente parados- so idraulico che rnostra diverse erogazioni d' uiio stes- so Ikiido posto in due vasi ad egnali altezze, e sgor- gante da iuci pure eguali. Questa maniera di esamina- re r inllusso delle temperature nelle velocita de' fluidi e diversa da quella che in akro tempo proposero il celebre Leonardo Eulero, \\ ciibricht, ed akri fisici. ArPLICAZIOlSfE SESI'A. StabiUre il metodo iV itmi idrometria a ni'/iinie frazioni di tempo Jisicamente asscgnuOili. ' ^. 24. Chiunque voglia istitulre delicate sperienze idrometriche ben sa quanto sia malagevole il determi- nare gli efllussi a picciole frazioni del minuto secondo col presidio dei solifi orologi. Noi non misuriamo le parti del tempo se non se dal numero delle idee che possiamo in tal tempo formare disiintainente; egli e appunfo per questa ragione che non possiamo teuer X /. F. a. 64 5(6 A L H I N 1 (lietro atl nn pendolo die osrilll con molta rapidTtiiv Clii potra acceitare die il uioineiuo nel quale esso co- iiiiiH ia a vibiare, sia lo stesso in cui si apie la valvola d' onJe esce il fluido, e clie il inonieuro in cui e coni- j)iiito r el'hisso sia qnello in cui terniina la vibrazio- ue del pendolo ? Percia la mia niacchina non senza qualdie vantaggio snpplisce a qnella rapidita d' idee die non possiamo noi seguire colla meute nostra (5). I^on la incerta nuino, non T occluo infedele dirigae il niovimento della valvola, ma lo stesso grave cadenie fa che si aj)ra al prinio istante in cui viene abbando- nato , e si cliiuda tosto che ha compiuta la sua discesa. §. 25. Sostituisco nel noto apparato al mercurio r acqua coniune, ed osservo che gli effliissi compionsi egualniente collo stesso grave cadente dalle medesime aliczze della solita scala. Pongo ora in luogo del j)ic- colo cilindro (sopra descriiro lig. i.) una serie di vasi di cristallo di varie altezze pieni daeqna, e mi si pre- senta vasto ca(npo a ripetere le pui interessanti espe- rienze riguardanti la teoria degli efflussi, onde meglio stabilirc niolte, tutt' ora incerte leggi dell' Idrometria. ( 5 ) Cadenflo in qncsro nie^ie di Grnnaro del ronenre anno nelle mie lezioni le es|pcricnze relative ayii apiiaiati dolla JVIeccanica , ho pahhliea- niente posta in azione la ni'a niacchina, ed lio ottennto un sensibilissiino effliisso di mercurio inalzando il soliro ^rave soltanto a mezzo pollice. II mio Collega Dotior Veratti , tutti li miei scolari, e molci amatori delle •cieiize Bisiclie soiio stati in questa R. Universita di Bologna testimonj dell" enunciato risulrato al q'lal'" non aveva mai pottito jlngnere eogli ap- narati in addietro esegiiiti in Italia e a Parigi ; qiiesto stesso giustifica la preeisione aticlie niaggiore die aspetto dalla mia inacchina col uuovo lue- todki da nic a(;ceunato nella tcriia aqaotazioue . SULLA MlSUUADIVAIlJEFFJiTri MECCAXICI CC. Soy A 1* P L 1 O \ Z I O N E S E T r I :\I A . Uso delta dcscrirta idromctrla per dptvrminarc le i't'locitii iniziali dci^li ejffluisi. §. 26. Una delle piu gravi questioni idroinctriche mosse in altro tempo da' valenti mateniaiici si e cpicl- ]a della precisa qiianiita degli ellUissi ne' primi istanri deir erogazione de Huidi da luci deienninate. Moiro so- no le anomalie del loro moto iniziale espresse in piu luoo;lii deir Idrodinainica di Daniele Bernoulli, e del Professore Gregorio Fontana degno di dividere con quel prolondo niaiematico la gloiia di si ardua ricerca. La "velocita dovuta all' intera aliezza d'un lluido in nn va- se costantenieute pieno nou si concepisce tutta alT is- tante, ma si aumenta a poco a poco, fiuche renda?i xiniforme contiiuiataiuente nei tempuscoli successivi. Qne- sti gradi di accelerazione prima di giugnere ad una iini- forme velocita compionsi in brevissinio tempo, e pro- ducono tali irregolarita nell' elllusso, the i suddetti ma- ten)atici disperarono ])oter riscontrare cull' esperienze. §. 27. Considerati ora gli usi della mia marchina pare che le leggi delle velocita iniziali possano a fedele misura richiamarsi. Poiche stahiliti col calcolo due ef- ilussi corrispondenti a diverse frazioni del minnto se- condo senza la con^rrlerazione delle velocita iniziali. se si consulteranno gli etUiissi stessi ottennti daires|ierien- za, si avra una diderenza la quale potra con inolta approssimazione deierminare V inlluenza delle velocjik iniziali iielle erogazioui de' lluidi. 5oo A r. n I N I A H r L I e A Z 1 O JN £ O T T A V A . Confcrrrnire co' dcttl apparatl a tutta prccisione le fondnmentali Icfxgl de' corpi cadenti con mow unijornieinence acceleraco. §. 28. II calcolare le leggi dell' accelerazione de* gravi chiese da[)prima, com'e noto, un iacomodissimo genera di esperienze; ahronde nella proposta macchina r intera azione della graviia opera in breve e coinoda akezza non dissimile da quella delle macchiue d' i\.t- Avood, poteiidosi agevolmeiite calcolare e le discese per- pendicolari dei corpi, e le piu picciole frazioni dei minuti second! in cui sono descritte. Mi basta di fa- re discendere il solito peso da varie altezze espresse con nnmeri qnadrati; gli efllussi del mercurio mi espri- mono la proporzione delle radici degli spazj percorsi, e per tal mode mi apprestano nuove maniere onde con- fermare le note leggi del moto uniibrmeiuente accele- rate Pocbi pezzi aggiunti al detto apparato lo rendo- no atto a misurare sulle tracce della macchina di At- wood le leggi del moto equabUe, e del moio unifor- memente ritardato. §. 29. II vantaggio d' esperimentare a brevi e co- mode altezze non ci toglie di adoperarne altre maggio- ri quali appnnto I'urono tentate da INcAvton, da Uge- nio, da Riccioli, da Mairan, e da altri Fisici. Bastera levar V asra della nota macchina dalla sua base, e fis- sarla sopra un portante murato alia sommita del luo- go destinato alle sperienze: assicnraio il grave dagh ur- ti delle pareti, e reeo libero alia discesa per lutia Tal- ^a^.Sjo.^i^..// SULLA ariStJUA ni VARJ EFFETTI nftCCANlCI cc. 5o9 tezza propo^ta, si colloclii al terinine della rnedesima im vaso pieno di creia rnoUe a tale profoiiditii die sia capace d' elidere iiiito ad un tratto la conceputa torza di accelera/.ione. N'aij saraniio gli ellliissi di inercurio (6 J c\\ esaniinati con iiii tnl)0 graduate, si trovetanno precisamente proporzionali alle varie radici degli spa- zj peicoisi . La maniera d' esj)eriinentare a' graiidi al- tezze concilia ad un tempo stesso molta precisione al- le suddette osservazioni, e reca in oltre il vantaggio di espguire coll' acqua i tentativi idronietrici accennati al §. 1 5 ove gli etllussi compiansi in un tempo supe- riore alia meta del minuto secondo. §. 3o. Mentre io mi occupo a confermare con nuo- ve esperienze i risniiati delle proposte applicazioni, non dubito che i coltivatori delle scierize lisiclie vorraiiiio essermi cortesi dei loro liimi, e dividere con me il loro interesse o nel perfezionare la struttura delle proposte macchine, o nelT aditare gli usi ulieriori che aver pos- sono ncir Astronomia, nelia Halistica, iiella Cliimica e in tutta quanta la Matematica applicata (j). Mi ri- ((}) Ti;ittnMil()»i iicllo diiti- spi-iicii/.c (li liiiii:lii s|i;izj tK'scritii er analizzare in molii ra- »i le leggi delle alHnita in una maniera piTi precisa, della (piale mi occu- po prcsentemente . Essendo fmalmente il tempo un elcmento dorainatore tli tutte le fnnzioni della Meccanica, c della Idrometria , non credo di spingere tro|)po oltrc Ic mie In^insihe, se torragsic-o invito i fisiri a vo- lere con me estender i' uso della mia maccliina a lutta riuaiua la Matc- p.iatica applicata . 5io A L 1) I N I putero fortunate se potra essere loro di stimolo a si vasta e nobiJe intrapresa il saggio da me proposto su 1 mezzi atti a conciliare la possibile accuratezza ai ri- sultati die aspettiamo dagli apparati di Fisica Speri- meatale . * 5it I N D I C E DELLE MEJIORIE D EscBizioNE di un Gonimetro tasraliilo, e di nn miovo Panto- mciio ad mo massimamente della geometria sotteranea . i>i Lnuvncgildo Piiio . Pag. i Della disnesa de'gravi per la Icmniscata e dclla dimostrazione che qiiesta curva h una dclla f'aniiglia deirEUissi Casbinianc. Del Canonico Cirolaino Saladiiii . /^i Sul ciroolo di proporzioiie e uiilitaie. Di Paolo Dclanges. 63 Sopra i priiici]ij e le applicazioni del calcolo differenziale ed iii- tfgralc. Di Vincciizio lirunucci. 79 Supra la grandine. Di Alcssandro Felta. 120 Sopra i critorj clie distingiiono i massimi dai minimi delle foinio- le integrali. Di Vinceazio Biunacci. 191 Problemi sulT eqiiazione deirorlnta e suUa eccentricita de' piane- ti . Di Antonio Cugnoli . _ 2c3 Dei vasi llnfatici della placenta. Di Gaetano Uttini. 2c9 Descrizione di un grande lainbiro econoraico per distUlare V acqua- vite. Di Luigi Bnignutelli. 217 De' solidi d'eguale resistenza rispettiva. Di Mariano Fontana. 223 Osservazioni pratiche snl metodo Anelliaiio nella cura deU'Aneu- risma. Di Giuseppe Atti , 26 J Sopra un nuovo inriimcnto, il galleggiante composto, per misurare le velocity delle arque correnti al di souo della euperlicie . Di Fincenzio Brunacci . 28S Osservazioni siill' identita di alruni niiovi raratteri del rarlwne cou quclli de'metalli. Di Luigi ialcntino Biuguaulli . 251* 5ia De'recipioci dcUe foniiole irrazionali. Dt Scbasdano Canhfrzani. 3ol DcUe torbiere esistenti ncl Dipartiiuento d'Olona, e limitrofi, e de' loro vantaggi ed usi . Ragionamento Di Carlo Anwrctti. 809 Osserrazioni suUa medicina dei Moilacrhi e siilla conformita del loio empirisino coi piu licevnti principj della teoria medica. Di Pictro Moscati . 367 Ricerche sopra la vibrazione delle lamine elastiche . Di Giovan- ni Faradisi . 898 Delia insolubilita delle Equazioni algebraiche generali di grado superiore al 4.», t[ualuni|uc metodo si adoperi algebraico esso siasi, o trasccndentale . Di Paolo Ruffuii . ^3g fisame di uno fra i diversi dubbj messi dal celcbre d' Alembeit ai principj deU'Ottica; con alcunc considerazioni sopra la teo- ria Psicologica della Visioue. Di Michele Araldi. 451 Saggio sul modo di misurare con maggior esattezza mediant© una nuova macchina varj effetti meccaiiici , e Idroinetrici . Di Giovanni Aldini . ^8^7 PaQ. Lin. Errorl Correzioni ayo i5 ritrovarlo ridrarlo 273 19 quando quanto 274 12 degl' akri negli altri aiJo 25 colore calore 314 I distante e distante 3i6 4 Yalleso Velleso 335 6 in saggi i saggi 340 4 i nostri dai nostri 348 3 conserve conferve 556 7 a parallelipipedi 0 parallelipipedi^ 36 r 18 altri altri, altri 446 12 supponiamo sappiamo 480 25 inforniane informarne 490 2 guediosa guedinosa