^.IIO-i-B./^ MEMORIE DELL' ISTITUTO NAZIONALE ITALIANO C L A S S E DI FISICA E MATEMATICA TOMO SECONDO. PaRTE PRIMA BOLOGNA. 1808 TRESSO I FKATELLI MASI E COMPAGNO TirOCKAFI dell" ISTITV TO PREFAZIONE K el compcuire al cospetto del Pubblico questo 5e- conclo romo dl fisica e matematica deW hticuto nazio- nale italiano , dovrcbb' esso per lo suo meglio imitar la modestia e verecondia del priino che fu contcnto dl /> volgersi ai lettori con un sempUce avviso destinato ad inforniargli dl alquante cose che gll premeva cli essl sa- pessero. In vece conjida es<;o che gll verra conceduto dl recare in fronte un discorso col tltolo alqunnto ambl- zloso dl prefazlone. Non vorranno dl questo coragglo ne stupire ne rimproverarlo quelle scwle e discrete e in- telligentl persone, delle quail e noto a chl per propria obbllgo raccoglle per la stampa le produzlonl de' suol Colleghl, che ay^endo avuta la complacenza dl arrestar- si a leggere I pochl scrittl da lul postl cdla testa del prima volume j non ne furono In tutto scontente. D' al- tra parte durana tuttavia le clrcostanze , in cul due an' ni addletro trovavasi II Corpo accademica , e can esse susslstono gV inclampl e le angiistie narrate e deplora- te neW avvlsa memavato , che cosplranda nel raccogh to- re colla rlstrettezza delle sue farze gll vietarona dl as- sumere II carattcre dl storlco. SI teme pure che mancar gll possa II soccorso dl qualchc estratto per cul gioma-. )(^v)( (losi c rajjoi-audod dclV ajuto di alcuno de siioi degni Sodi pone still' ingrcsso del volume iin vesdbolo confor- nic (///' indole dell' opera e pm degno dl essa. IVe in (jucsia jicnuria di niezzi non pretende gia egli di sup- pine aU'iiopo. Solo, giacche forse non e in tutto ne anche decente it lasciare il libro senza qualche proc- mio , ei si augura die la presranza degli oggctti sopra de' quali ha divisato d' intertenersi renda mcno sensi- bili i difetti della esccuzione. £ a Jin di entrare senza piu nelV argomenio , e additarnc la mcta, i cstensioae, i confini, Jingasi die il gran Bacone inctta il capo fuori della tomba , e ri- vedcndo la luce, conic gli detterebbe senza dubbio la zelo accesissinio in lui pure risorto pe' progressi deli U' mnno sapere , saiga di nuovo su quella eccelsa vedetta^ don cV egli, ha oniai due secoli, abbraccib i intero canipo dclle scienze , cjual gli si offrii-a a' suoi di, e fu da lui delineato nclle inimortali sue opere. Nel rivederlo al presence, di cjual giubilo non nmarrebbc egli conipreso alio scoprire in csso i luoglii e tratti a' suoi tempi si angusti, sterili , deserti quasi delle naturali scienze , cre- sciuti era a dismisura, Jloridi, ubertosi, coperti per ogni dove di prodi coltivatori? Oh mie ben impiegate fati- dic, esclnmcrebbe egli congratulandosi con se medesimo! oh sudori niiei bene sparsi die ncli aspctto ridente in cui rivcggo le scienze a me preddette, ottengono si lar- go conipcnso! Per altro e assai naturale di ei neliap- )( V )( plaudire agli sforzi dc' Fisicl, si crcderebbe tenuto d'in- dirizzar low qualdie cons/glio. C/n nicglio di lui jie avrebbe il dirltto? Chi sa che lungi di ammonir gli uo- minij come gid tempo , a magni/icar meno le loro ric- chezze, e a diffidur pur meno dclle proprie forze noii vedesse il bisogno di avverdrgli a pensare alquanto me- no altamentc dcllc unc e dellc altre? In questi tempi ei ravviserebbc forse una cotal disposizione comunc, se vuolsij adogni secolo , ma in essi eccessiva a lusingare e adulare se stessi. Di questa malattia propria della nO' stra specie, per cui ogni eta pretende di avvantaggiar- si suite passate , egli negli uomini che ci vivono al pre- senter scoprirebbe indizj e sintomi che la dichiarano cre- sciuta oltre modo, e forse a grande stento si asterrebbe dal rimproverarnegli . Probabilmente qualche sorpresa in lui risveglierebbe il vedere che di opinioni pochi lustri o piu veramente pochi anni addietro comunemente adot- tate si sparla adcsso come di rancidumi e anticaglie . Ei non penerebbe ad accorgersi che a questi di e so- verchio quasi il confortar gli uomini a sentire meno bas- samente di se, e che converrebbe piuttosto inspirar loro qualche sospetto che ncgli encomii di cui son libcrali verso la nostra eth, essi per avventura trascorrono qual- che volta nelle esagerazioni e negli eccessi . Benche, ei non avvolgercbbe senza dubbio nelle ammonizioni quel- la eletta schicra di Fisici eccellenti de'nostri tainpi che accoppiando at rare valore la dovuta circospezione ten- )(vO( gono in freno V Immoginazione ne le permettono di contaminare de' suoi faniasmi il rigore de loro ragio- namcnti. Dell' escnipio autorevoh di questi egli anzi gio- icrebbcsi a mostrare agli aliri il retto sentiero ; e sareb- be largo di applausi verso quell' insigne Fisico ginevri- no che avendo quanta niun altro, diritto di riposare OTuai sulle proprie paline , non cessa di combattere a guisa di Muntenitorc del retto e sano e solido filosofa- re; ne contento degli esempii preclari offenici da' suoi lavori ha creduto di dover porre argine ai traviamenti altrui call' analisi di fresco da lui pubblicata delle ope- re del gran Britanno , e col fame di nuovo risuonare i precetti cdlc orecchie di molti che se ne niostran dinien- tichi. Ma per non abbandonar cost subito I' introdotta finzLone , qual idea dlrem noi, che il gran Bacone net con templar lo spettacolo sopra modo per lui comnioven" te delle naturali sclenze a' suoi di si povere e nude, si formerebbe di quelli ne quali I'entusiasino verso i van- ti e le glorie di questo secolo giugne a tale, chi ponga mcnte al loro Unguaggio, che per poco non si mostran pcrsuasi che I' ingegao umano abbia a questi ultinii tem- pi acqiustato un vigor nuovo onde salire rapidaniente di coiiquista in conquista, e di trionfo in trionfo , ne sia guari lontnna I' cpoca, in cui verra posto il comi- gnolo aU'cdi/icio? Egli probabilniente senza uprir I'ani- mo a speranze cotanto magiiijiche si astcrrcbbe non per- )( VII )( tanto dal biasimarncii^li . CoiioscUorc profoiiilo anal era degll uomini, gli sarebhe presence cJlc a scuoierne cjjl- cacemente V industria, giova per solito qualclic illusio- ne ; die la persuasion di potere aggiugne spcsso al co^ raggio la cost an za e il vigore ; e die dl essi non di ra- do si avvera il detto del poeta, die ppssunt quia posse "videntur. Esso piuttosto con sopracciglio alquanto severo ri- volgerebbesi ai Fisici, e chiedcrebbe loro come e per qua- le o condiscendcnza loro, o pusillaniniita sia avvcnuto che rinunziino alia maggiore e miglior parte de' loro di- ritti e si didiiarin contenti di versar quind'innanzi sulle qualita de' corpi piu aperte all' csame, ritirandosi nel- le provincie men nobilij e cedendo altriii le piit ricche e ubertose? Come! La Fisica non e piit dunque la scien- za che per proprio scopo si occupa della interpretazio- ne d'ogni maniera di naturali fenomeni? Non ha dub- hio che non convenga ritenere questo sopra ogni altro legittimo concetto della medesima . Certo die al fisico secondo la varieta de' rami dcllo studio della natura riesce utile V assistenza e del Natural istUj c dell' Ana- tomico , e del Chimico, e deW Astronomo osservatore, e di altri simili travagUatori e operaj die gli offrono i da- ti ridiiesti a servir di base alle sue teorie. L' astronomia fisica a cagion d' esempio, di quelli, che le offre I' osser^ vazione degli astri giovasi assaissimo a dimostrarc ogno- ra meglio la teoria della gravitazione universale . Si ap^ )(viii)( pi I eld qiicsto caempio a ogn' altro caso; nS si penera a (iisccrnen' in chc consistano i diritd delta Fisica, e i con/ini pure die icngono con bastevole precisione assc- gnati idle doctrine sussidiarie dull' indole degli strunieii- fi c de' niczzi da esse impiegad. Niente vieta per vera dire che V anatomico tcnti di spiegare alcuno de' feno- jnerd dellf niacchine ii\^end; ma nel farlo sappia cli'ei icrsa siir iin punto di Fisica animale; ch'egli sveste in quell' incontro it carattere d' anatondco , prende quel di jisiologo . Per simil modo d pur lecito al cldndco di u- scire da' suoi laboratorj , a d' introdurre in essi la fisica; ma nello spaziare pe' campi di questa non debbe gid inimaginarc die gli oggctti su cui versa, vengano per qucsto staccad dalla Fisica e conq'uistad alia Chimica. Di queste divisioni, aggiugnerebbe forse Bacone , di que- stl Scismi ritengo die nuocer possano alio studio della natura, privandolo del pregio di posseder nella Fisica un comun tronco , a cui mettano, qucdi come radici , quail come rami, le discipline diverse, in cui si e co- strctto a concepirlo diviso. Per altro neW indirizzarsi ai fisici e ai ddmici ei molto si compiacerebbe vedendo che malgrado le pretensioni degli uni e le cessioni de- gli aliri, trovansi d' accordo neW assistersi scambievol^ mcnte; e gli conforterebbe forse a coUegarsi andie piu. strcttamentc. Intorno a che arrestandosi in modo spe~- dale a convcrsarc co' ddmici, ei forse risovvcrrebbe lo- re fin i precctti e consiglj registraci nelle sue opere quel- lo per cui ci prescribe il passare a Vulcano ad Miner- vam^ chl vuol pure penetrare addentro neW intima com- posizione de'corpi. Qiiesto ammonire i chiniici a diffl' dare del fuoco ; questo invitargll ad introdurre ne loro laboratorj Minerva coincide ^ se ben si niira, coll' im^ por loro d' intcndersela co' veri e grandi Fisici. Esso nan sarebbe senza dubbio avaro di encomii verso quel- la moltitudine di strumenti e di mezzi ignoci a' suol dl , di cui essi si valgono neW analisi de' corpi, verso quelli soprattutto , con cui riescono ad afferrare e iinpri- gionare e suggettare cdl' esanie molte sostanze sottili, fu- gaci, aeree, die dianzi ivan perdute. Ei pariineme con- verrebbe dell' utilita somma di procedcre com' essi fan- no in ogn' incontro, colla bilancia alia mano. Nel coni- mendarneli idtaniente chi sa tuttavla che, confonnemen- te alle sue vaste e profonde vedute, non si facesse a per- suaderli a, non ripor gid in questa per se stessa lodevo- lissima pratica ne I'unico e ultimo criterio dell' esisten- za d' ogni naturale sostanza , ne I' estremo limite dcl- le loro ricerche. JNon dcbbon essi credcrsi disdetto di alzar lo sguardo anche alle sostanze imponderabdi , ne temere di essere riguardo a cid sprovveduti in tutto di mezzi. Forseche ogni naturale fenomeno non cade sot' to i sensi quanto il peso? E come attesta I' esistenza di qualche agente, cost non pud guidarci a svelarne alcu- ne proprietd , sebbene di esso si avveri die non sia og- getto immediato del tatto, della vista y e forse di niun. b )( ^ )( acnso? Di (jiicste sostanze impondcrah'di cJd sa dime tiuanto sicno e nunierose e svariate? In esse ha la na- (lira probabllnwnrc cliiuso V arcaiio delle sue forze , cui e d' iiopo cercare nc minimi , negl' invisibili. D' ultra parte de' cor pi tiitti , (jiiali cadono sotto i seiisi , e piu dcgli orgnnici c viventi si osserva che per una non in- terrotta successione di assidue vicende compongonsi e de- corn pan gonsi , e ne prorompono e sc ne svincolano in- finite sostanze che piu a men presto ri/nangono assorbi- te cntro nuove conibinazioni , e nello stato di libcrta di- spicgano per solito una encrgia sovraggrande, cui sem- bran perdere ne' composti , e die piu veramcnte rimane per r azion loro reciproca attutita ed ecclissata in gui- sa che scmbra inerzia do che non e che equilibrio , co- me per mo' di escmpio ne' cunei di una volta il pe- so loro tutto si esercita nel contrasto scambievole . Di moltc tra queste sostanze pud sospettarsi fondatamente die nello stato di libertd e nella forma di atomi sciol- ti c finissimi sieno iniponderabili . Feggo , proseguirebbe forse Bacone, che parccchie fra le dette sostanze o pos- seggono nell'atto die sgorgano , o assumono agevolmen- te la forma aerea, nella quale merce gli artifidi da voi per grande vostra ventura immaginati, vi e lecito di sottoporle all' analisi e alia bilancia , e meritamente ii compiacete della nuova chimica pneumatica da voi creata. Ma chi sa dime di quante altre si avveri che non prendono questa forma, c trovansi in, una stato )( ^^ )( che le sottrae ai mezzl e strumentl ordinarj della chi- mica? Memre d' altra parte, chi le trascuri, rimane un voto immenso nella inter prctazione de' naturali feno- meni. Sembra lecito dl affermarlo della put parte delle emanazioni odorose si svariate, si numerose, si energi- che , c nella estrcma sottigliezza delle particelle loro in- tegranti si cornpostc e moltiplici; la qual composizio- ne di dette molecole se I cani fossero fisici, essi in cui V odorato tien luogo , pud dirsi, dl tat to, non esitereb- hero a riconoscere. Quail effctti e quanto notabili sulle persone di neivi mobili non risveglia qualche volta I'o- dore senza dubbio imponderabile, di die per un tempo lunghissimo poco muschio impregna le stoviglie e V am- biente die le circonda? Andie un altro esenipio. Quali sono i mezzi , gV istrumenti , gli artijicii diimici die potrebbero assisterci a discernerc nelle croste , in cui rap- prendesi la niarcia vajuolosa, I' esistenza o la inancan- za di quel principio attivissimo , per cui quali riescono inerti , quali opportune air innesto ? E pure qual pro- dig/osa diffcrcnza non le scpara? Talc die mentre le une sono innocenti, le altre ponno accendere una nui' lattia die per I' attitudine del seminio a molti plicarsi rienipie qualche fiata di stragi e di lutto una intern prcH i'incia. La conscgucnza a cui traggono queste conside- razioni si e die se pure agognano i Chimici a forma- re un tutto co' Fisici, debbono ritenere bensi Vuso e ini" piego de' mezzi tutti proprj della lor arte, e porre an- )( XII )( zi studio ondc aumcntarne V utilita e I' efficacia, ma ove qnesd per la natura degh oggetd manchino alVuo- po , niente vieta che accostandosi ai verl e grandi fisl- ci tcntino d'l rawisarc net complesso degll effetd e /e- nonicni tutu che occorre loro di spiegare, I' indole e le propricta dell' agente da cui denvano . Certo che in ta- le inconrro convien procedere colla massima oculatezza, e attenersi ai precetti e al metodo della piii severa ed esatta e rigorosa induzione . Ma non pud mai esser di- sdetto di sollevarsi da cid che cade sotto i sensi a cio che non pud esseme oggetto immediato ; ed era questo to scopo a cui io mirava quando nel mio stile setnpre alquanto figurato confortava i chimici a passar qualche iolta da Vulcano a Minerva . Per altro prima di conge- darsi dai Chimici ei si congratulerebbe con essi vedendo' li disposti a giovarsi di un nuovo strumento offerto loro da unFisico; del Piliere dcW illustre Volta, che ha sa- puto con esso indovinare e imitare V arcano e gVingegni segreti di quell' organo da cui parte il colpo e la scos- sa avventata dalla Torpedine ; scoperta ammirabde, di cui non si esita a dire, che a celebrarla degnamente converrcbbe che risorgesse Bacone. Ben senibra cli ei non potrebbe astenersi dal de- plorare lo stato in cui mirerebbe a' di nostri quella fra le nuturali scienze , cui la somma sua utilita raccoman- da sopra ogni ultra, trovandosi ad essa ajjidata la CU' stodia della sanita e della vita. Ei non potrebbe non, )( ^"I )( corrucciarsl alio scojgerla di naovo in preda alle vani- ta c al furor de' slstemi, e forse accenderebbesl dl qiial- che ira, incontrando citato se stesso e abusato il suo no- me autorevole in alcune produzioni dettate da uno spi- lito direttamente opposto alio vedute , ai precetti, alle massinie da lui promulgate solennenicnte . Quando tut- to ne confortava a sperare che merce gli accpusti gran- di per vero dire fatti da cjuesta scienza ne' due ulti/ni sccoli essa. potesse omai, innestandosi sul grande albcro dello studio della natura avvantaggiarsi degl' incremen- ti di questo, ecco che queste speranze dileguano, e teo' Tie quasi nominali e una specie di gergo prendono il jjosto di quel inetodo di ragionare, di cui modelli si esi- mii ci si offrono nolle opere de' grandi Fisici. Intorno a che scbbene non potessero non esser presenti a Bacone i pericoli e gli urti , a cui per solito si espone chi osa muovcrsi a ritroso della corrente, pur difficilmente trat- terrebbesi did recare una osservazionc , cui gli sembre- rebbe che dovesse far qualche colpo sugli aninii non pre- venuti. lo, direbb' cgli , negli scritti del Novatore, da cui prende il nome la scuola che signoreggia attualnicnte y € per poco non tiranneggia tutte le cdtrc costrette m fuccia di esxa a tacersi non veggo impiegata niuna dclle grandi scoperte , clelle qucdi dopo la fclicc iiistau- razione degli studj fisici si e arricc/iita la scienza. La nuova dottrina, qual la incontro accolia e con tanto fasto proposca potcva nascere due secoli addietro , a' )( -"^iv )( a miei tempi , anchc prima dc' mici tempi. Da vero die Inista qucsta osseiva::ione a muovere in me un sospetto Kccmeucc nssai che tratdsi di cosa, di ciii giova sperare c/ic noil si tardera gran fatto a scorgerc la. leggerezza in un srcolo, in cui, se gli iiomird vanno sempre soggetd ai f/ru'iamenti , non mancan loro i mezzi di avvederse- nc e di rimcttersi nel diritto sentiero. E questo sospetto in me cresce a piu donpii al vedere V arroganza de' no- vatori spinta a tale che non si risparmiano gli scherni ad Ippocrate , e si giugne anzi a bestemmiar la natura e Ic forze inedicatrici dclla medesima . Verso i pochi dif- ficili ad ammettere la nuova dottrina odo nclle bocche di molti il rimprovero di Orazio. Di essi so che si di- ce che rifiiitano quae imberbes didicere senes perden- da fateri, e non nego che V eta e V abitudine non ere- sea forza a' pregiudizj qualunque , non gli confetti per cost dire rendendogli quasi indelcbili. Ma la sperienza ne ammaestra altresi die tenaci non nieno delle proprie idee si mostrano i sistematici , dc" qaali, nk se ne adon- tino essi, spesso si avvera che a sostenerle recano una pcninacia , la qual per poco non confina con quella die distingue i settarj . Cost forse direbbe Bacone^ di cui tuttana pub dubitarsi se la voce fosse ascoltata. Ma la calma e il sereno gli ricomparirebbe sul vol- to nel rivolger lo sguardo c arrestarlo su le matemati- die. Una dolce sorpresa in lui destercbbe il prodigio dell' altezza a cui le ammirerebbe salitc , e de' vantag- )(xv)( gl die hanno esse frattato a piu rami delle nattirali scienze si congmtidercbbe con qucste, coll' eta nostra, con se medesimo. Perclie in fatti agli occhi suoi lin- cei gid non isfuggi che lo studio della natura, ove fos- se coltivato a dovere , piu o men presto si giovcrcbbe dell' assistenza della geometria. E osb annunziare , e presso i posteri si fece mallevadore che il patrinionio delle scienze fisiche si arricchirebbe di alcune parti igno- te a' suoi di, alle quali potrebbe darsi acconciamente il name di matematiche miste. Forse che non avrebbe egli niotivo di compiacersi di una predizione , cui scor- gerebbe si splendidamente avverata? Piu; egli aperta~ mente ammonisce le matematiche a non arrogarsi gid di guidare e preceder la Fisica, rtia sibbene di seguir- la, vale a dire, di aspettare che i progressi di questa offran loro i dati onde associandosi ad essa aggiunger- le perfezione e compimento. Pare ch' egli anticipando sul futuro fra gli altri esempii che potrebbon recarsi, prevedesse che V instancabil Keplero colle faticose sue osservazioni sopra Marte e la scoperta della relazione fra i tempi periodici de' pianeti e le distanze loro dal Sole, porrebbe in niano a Neuton i mezzi, di cui valer- si ad innalzare il maestoso edijicio della teoria della gravitazione universale. Benche se sono que ste prove luminosissime della sa- gacitd straordinaria del gran Cancellier d' Inghilterra, qual concetto anche piu alto non ci formerem noi di )( XVI )( quella del sito contempomneo Galileo, a cui e dato di voter dire col greco scultore della stacua di Minerva; cib die il mio collega ha macstrevolmente e copiosamen- te mosrrato die comcrrebbe di fare, io to faro; e die anzi prevenendo ogni suggerimento altrui creo nuove sdenzc e pose arditamcnte la prima pietra deW edifido. La incraviglia non pertanto e il giubilo e la com- piaccnza probabilniente non impcdircbbe a Bacone di accoppiare alle congratiilazioni e agli applausi alcune amnionizioni. Ei non esiterebbe a didiiarar degni di analdie ahpianto severa censura quelli die in mezzo alio splendore , a cui e giiinta la Meccanica teorica , tengono un cotal linguaggio , per cui o si mostrano o sembrano almeno pcrsuasi die molce operazioni natura- li sottraggansi al dominio e governo delle leggi mecca^ niche. Eh che, direbbe egli , queste leggi sono di una verita assoluta ed eterna , nc non e possibile che non vengano in ogni incontro e riguardo ad ogni dasse di esseri puntualmente osservate. Sono esse siccome i pila- stri, su cui in mezzo alia non interrotta successione di assidue c perpetue vicende, reggesi stabilmente la mole mondiale; c la meccanica teorica con tal fedeltd rap- presenta quella della natura che in essa ci si offre cO' me una specie di pome di aperta e reciproca coniuni- cazione fra il mondo intellettuale e il mondo reale. II perdu-, aggiugncrebbc egli, delle spiegazioni qualunque de' naturali fenomeni vuolsi stabilire , ch' esse la piu )( XVII )( parte non ne sono die men ahbozzi, e tall rlmangonsl Jincli^ a compierle ed esaurirlc non sopravven^a il mec- canico, a cid meg/io die ad ognl altro compete il no- me e il grado d' inter petre e saccrdote della natura. Non ha dubbio die in questa opinione non consenta- no i vcri e profondi conoscitori; ma ml turbn alrjunn- to e ml rattrlsta il vedere dis'enutl omal famigliarl i termini dl forzc meccanidie e Immeccanidie; (jiiasl die potessero esisterne dl quest* ultima specie; quasi die la severa e ri'orosa meccanlca non si creda dlsdetto d'ln- gerlrsl a cercare la natura delle forze , e non sla con-- tenta dl porre alia testa di tutto certl Asslonl dal qua- II pende I' intern catena delle sue dottrine, e cui rl^ spetta ognl manlera dl forze senza eccettuar quelle nh andie die siUla materia dispieghino per avventura gli stessl purl e scloltl e llberl spiritl. E pure ml accorgo die degll esserl massime organ/ cl e vlventl non manca dil opina die sleno provvedutl di principj dl azlone iii- soffcrentl del giogn delle leggi meccanidie; e con dolor veggo die questa rcsia contamlna pia iibrl al quail sot- to altrl aspettl non mancano pregj die ne aumentano il peri col o e II dan no. E a fin di valcrsl andie sulV ultimo dell' mtrodot- ta Jin zl one, sla led to dl porrc In bocca del pcrsonag- glo die si sup pone risorto, un'altra osservazlone , dl cul mdlgrado questo rlpiego n teme die venga per avven^ turn dldilanita arrogante. Di lui e pcrmesso L' Imina- Tom. IL P. J. d )( xviii )( cinarc chc partcndo dalV cliso c dal consorzio con Neu- ton c Leibniz, chc dcposta in quel beato soggiomo ogni emidnzione qui^'i coru'ersano alia diinestica , sia pur lar" ganicnte provvcduto delle nodzie richieste a portar giu- dlzio de' recenti grandi progrcssl del calcolo sublime e sugll sforzl pe' quali un gcnio nulla inferiore a quelll die da prima crcarono questo calcolo, tenia ed e riu- scito per cio die risguarda la soliditd de' principd die gll seivon dl base, a spingerlo alia sua perfezione. Ei riconoscercbbe die I' analisi e teniita a questo suo sorri" mo coltixatore dl averae prodigiosanicnte allargati i con- fin i, e oltre a cio rischiarato V ingresso e assodate le fondamcnta . Merce sua, direbb' egll, sgombrano in tut- to Ic nozioni alquanto o inesatte o nebbiose dell' inji- nito e dell' infinitcsimo , die con qualche discapito mmt mica dclla certezza ma ddla cvidenza erano in essa impicgate : e a lul pure debbc V analisi dl aver mostra- to die a tergere questa specie di macchia bastano le sue proprie forze; di egli e nel suo seno e nella dot' trina ddle serie e nella organizzazione e struttura di queste di essa possedeva i mezzi acconci all' uopo di procacciare ad ogni parte de' suoi metodl quell' ultimo e assoluto rigore die nc forma il massimo pregio, e deb- he per tutto ugualmente risplcndere. Ma nel comment dare altamente le recenti correzioni e riforme aggiunte alia metafisica del calcolo sublime, con qualche ram- marico ei forse mirerebbe I tentativi pc' quali taluno si )(XIX)( annunzia dlsposto ad avvolQere nella proscrlzione dl cer- ti termini meno che proprj e di certe idee, se cost vuolsi, inesatte, i simholi anche adoperatl in quel calcolo , e un Algoritmo, a cui V analisi e tenuta di tanti trioii' fi. Avrem noi il coraggio di spogliaiia d' uno strumen- to si maneggevole, si docile a prestarsi ad ogni suo uso e bisogno 1 E ne la priveremo pel motivo o pretesto die la teoria ne k infena d' idee meno che giuste espresse con termini poco proprii? Ma se queste idee voi le ave- te gia interpetrate e raddrizzate quanto e mestieri a pur- garle da ogni inesattezza? D' altra parte suite conchiu- sioni, a cui esso guida, vi e lecito di riposare tranquil- lamente . Oltreche ve ne rende certi una induzione este- sissima, illimitata, voi to avete suggettato al crogiuolo de' nuovi metodi, coi quali vi siete assicurati ch' esso va sempre pienamente d' accordo . Per quale svogliatezza del buono vorrete dunque obbligarne a rinunziare al pre- zioso vantaggio ch'esso ne procaccia della semplicita e brcvitd nelle operazioni analiticke? Non e inipossibile che arrestandosi anche un mo- mcnto su questo articolo Bacone aggiugncsse, ch'ei non c mica interamente convinto della necessitd d' introdur grandi ri forme nella metajisica del Calculo sublime. Certo che, direbbe egli, tenebrose assai sono le idee d'in- finito e d' infinitesimo , e quelle non meno di quantitd minori di qualunque assegnabile. Non esito a confessar- lo; ma nell'atto stesso veggo colla massimd perspicuitd )(xx)( che non ha ole ad assisterlo nel passaggio fre^ qucnte e inevitabile dal discrcto al continuo , vale a di' re da una nozione ad un' ultra essenziat mente diversa, e che non pertanto , merck I' acccnnato soccorso soffre V applicazione del calcolo , i I quale , comecche versi a rigore su le quantita discrete diviene capace di svelare anche le proprictd e le affezioni delle continue. Ma e omai tempo che Bacone prenda congedo. Pos- sa la purezza e rettitudine delle intenzioni di chi si 6 presa la sicurta di evocare untant'uomo, scusare I'ar- dimento di averlo fatto, e la debolezza delle ri/lessioni )( '^XI )( postegU in bocca . Bene ei si lusinga che niuno non sor- gem a riprenderlo come s' ei mirasse col muover dubbii a pone per quanto e in lui qualche incianipo al corso prospero delle scienze. IL cost fatto rimprOvero movereb- he da una specie di despotismo letterario , di cui giova lusingarsi che nd anclie pel modvo o pretesto di ottene- re lo scopo d' altronde per piii riguardi lodevolissimo delta uniformitd nella istruzione non giugnera ad in- trodursi. A renderlo giusto converrebbe che la vericd in niun incontro temer potesse gli esami , le discussioni. Tutt' all' opposto e dessa certa di uscirne vittoriosa . Al qual proposico per imitare anche sulV ultimo Bacone che amava di citare e di rafforzarsi dell' autorica al" trui, ben disse un saggio antico che magna est Veritas et praevalet. )( XXIII )( ESTRATTI. OSSERVAZIONI DI MEDICINA PRATICA D. 'ella medicina pratlca e lecito il dire che mal- grado i progress! di quelle fra le naturali scienze che piu da vicino servir ponno ai suoi usi e porla a qualche tempo in istato di possedere una teoria che le serva di scorta , essa di gran lunga non e giunta per anche a procacciarsela e conseguentemente che dura in lei quanto in addietro il bisogno di raccoglie- re osservazioni e fame conserva e tesoro. In questa raccolta sono a giudizio de'saggi riposte le solide ric- chezze di un'arte, 1' esercizio della quale, se ben si mira, in altro non consiste che nell' applicazione giu- sta quanto e possibile ai casi speciali di certi dom- mi figli della osservazione e della sperienza de'seco- li; nella quale applicazione al savio e avveduto Pra- tico servon di guida le regole e le massime della co- munale prudenza. Donde, giacche queste ultime re- gole e massime, comecche autorevoli e rispettabili, non offrono mai una guida in tutto sicura, si vede subito, che i pratici avvolgonsi fra le incertezze, ne non e molto a stupire, che anche i piu periti sieno non di rado tratti in inganno. E quinci pure ogno- ra meglio si scorge la necessita assoluta di non ces- sar di arricchire di nuove osservazioni il patrimonio dell' arte, recando all' uopo una certa scelta, per cui priucipaltnente si tenga registro di quelle die si ri- )( XXIV )( fcriscono vlcinamente alia pratica, e le promettono vanta«2;i solitli e non equivoci. Questo pregio si rav- visa palcsemente nelle osservazioni delle quali siamo temiti alio zelo del collega Laghi egregio pratico e ri- noinato e di carattore oltre a cio ingeimo e verace e dc<>no d'o•••• e croaitbf. lefc to i* muaetKHtiM Jb»»f putn'de.KJIrfaip* dipcEifiava/r reaUoMitaoi si il lixift fm i ■ etiriosdut«i.'4 %opai«ii.|p, lorofidiica.ta ^i attniiw^ • •* ♦ Sett il Ml .-• • )( XXXI )( Questo ragguaglio noft consente gran fatto cogli encomii de'pancgiristi dell" arnica; e non pertanto il nostro coUega coiuento di narrare quaiito ha veduto lo termina protestando ch' ei non intende di sparge- re niutt dubbio suUe narrazioiii altrui, e si restringe a dire che della diversita degli eventi de!i)be accagio- narsi o il cliina diverso o qiialche circostanza a liii in tiuto nascosra; il qual ultimo niotivo di tener so- speso ogrii giudizio davvero die a taluno potrebbe pa- rere una mera ceremonia suggeritagli parte dalla sua indole cortese, parte da que'riguardi che i medici deb- bonsi 'scambievolmente e ponno da essi cispettarsi sen- za sagrificar loro gV interessi e i diritti del vero. Que- sti riguardi, lusingasi I'estensor dell'estratto di non of- fendergii punto nel prendersi la sicurta di osservare che di quelle paralisi contro cui fu T arnica indarno teutata, puo sospettarsi che dipendessero da vizio dell' encefalo tuttavia superstite in quella region del- lo stesso, donde parti vano i nervi proprii del niein- bro affetto. Or sembra che la fiducia, se pur il rime- dio ne merita alcuna, restriuger debbasi agV indeboli- menti paralitici prodotti da cagioui locali o almeno di- sgiuiiti da vizio attuale dell'encefalo e della origine co- mune de' nervi. llecasi qnesta distinzioTie a fin di ab- bracciare anche que' casi ne\]nali Tarnica e sembrata utile, sebbene a produr T afTezione fosse paleseniente concorsa qualche lesione dell' encefalo: come senza dubbio si avvera delle paralisi che sorio la fatal conse- guenza de' colpi apopletici, o piii veramente die gli accompagnano indivisibilmente e ap[)artenendo alia loro esseiiza, ne sono il criterio oiide non coufoudcr- )( XXXII )( g]i con le mere affezioni letargiche: il die si avver- te pcrclie presso mokissiini 1' apoplessia trovasi posta a mazzo colle diverse specie di letargo ; ne si pon mente clie qnesto per grave che sia e disgiunto da indizii di resoliizione delle parti. Delle paralisi che liamio qiicsta origine se pur qualche fiata e sembra- to clie cedano all' arnica, e lecito di congetturare che il vizio deir encefalo, donde nacquer da prima, fos- se omai tolto o diminuito assaissimo; e a mantenerle contribuisce I'akerazione sopravvenuta alia parte af- fetta, di cui per solito si ravvisano in essa segni non equivoci . In simil caso come hanno luogo certi soc- corsi topici e ponno riuscir utili le fregagioni, 1' ap- plicazione de' fanghi di certe acque termali, 1' elettri- cita, cosi qualche vantaggio potrebbe ottenersi dall'u- so interno de' fiori di arnica; cui premerebbe a chi scrive che potessero sotto qualche titolo ritenersi fra gli acquisti fatti dall' arte; e riguardo a cio ei prega il suo egregio collega a non togliergli ogni speranza. Ma passando a un altro rimedio di cui questi in terzo luogo ci narra gli eff'etti, sono essi certamente, quali ei gli dichiara, degnissimi dell'attenzione de'cli- nici . Senza ne rigettar ne adottare le idee soggette probabilmente a moke eccezioni e ch' ei pero si re- ftringe ad accennare di volo , proposte sull' efficacia deir alcali volatile fluore in alcuni casi gravissimi dal celebre chimico francese Sage, ei ne reca alcuni esem- pii che meritano per vero dire di rimaner consegna- ti agli annali dell' arte. Una donna d'anni oltre ai 6o colpita di apoplessia per cui non furono sopra di essa risparmiate le deplezioui sanguigne e per giunta i ve- )( XXXIII )( scicanti, fii trasportata alio spedale. Vi giunse co'sen- si intenii ed esterni oppress! al piu alto grado; con faccia pallida, con respiro laro e afi'aiinoso, con pol- si languid!. Non voile 1' assistente rimanersi in tutto ozioso, e le prescrisse una larga coppetta aU'occipite. Tutto fu inutile. II medico trovatala il giorno dopo nel descritto deplorabile stato ebbe ricorso alF alcali volatile Huore stcmperato nella dose di sedici gocciole in una stretta infusione di betonica da prendersi en- tro la giornata. E bene: dopo trenia giorni rinferma usci dello spedale non piii tale, ma in tutto ristabilita. A certi riguardi conforme e a certi altri anche piu faro fu il caso di un' altra donna d* anni 35 presa do- po forti patemi d' animo, da vera emiplegia, in cui la risoluzione della meta del corpo non era disgiunta da manifesta offesa de'sensi interni. In questa T uso ester- no del rimedio o sia le unzionl congiunte a strofina- zione instituite suUe parti affette con olj carichi di Ammoniaca liquida bastarono a ridonare alle membra il vigore perduto e a porla in istato di tornarsene a casa coUe proprie gambe. S'ei non ha potuto esperi- mentare il rimedio ne'casi tntti ne'quali lo coinmen- da il chimico franzese , all' incontro ei c' informa di averlo non senza (pialclie sua sorpresa veduto agire come un valido siiptico e arrestare copiose e ostinaie emorragie. 1 narrati felici successi lo invogliavano per Tuna parte di veder casi ne' quali potesse porre il rimedio a cimento col veleno del cane rabbioso, ujentre per r akra e si orrido lo spettacolo deiritholobia nell' uo- ftio che r animo ne ritugge. Fur troppo 1' infortuuio lorn. II. F. J. t )( XXX IV )( gravissimo di cui non lia per anche due anni in Bolo- gna e fuori parecchj fiiroii le vittime, gliene offerse roccasioiie. E' vero die iiii ingegnoso medico fran- rese vonehhe rnssicurarne sulle consegiienze liittuose di (]uel veleno, di cui auzi ei si mostra disposto a ne- gar Tesisteiiza. Iii uu suo scritto recente ei inette fra i ineri piegiudizii 1' opiuione die la rabbia sia conta- giosa e passar ])0ssa pel niorso dai cani nella nostra specie, vale a dire dependentemeute dall' indole ma- lelica e venefica della scialiva introdottasi e rimasta nella ferita. A parer suo de' sinistri terribili die ne derivano , vuolsi accagionare soltanto il lurbamento deir aniino e 1' immaginazione percossa da terrore , qual non puo non risvegliarlo una opiuione si inval- sa e stabilira. A cessarne i pericoli e i danni ii miglior riparo secondo lui e riposto nel combatterla e sveller- la. NeU'autore e nella sua produzione scorgonsi in- dizj non pochi d'ingegno, di dottrina, e anche se vuol- si, di filantropia. Lodevoli senza dubbio sono le sue intenzioni: ma s' ei non e ben certo che le sue idee sicno fondate, puo dubitarsi se sia in tutto lodevole eh' ei col proporle miri per qiianto e in lui ad addor- mentare lo zelo e rallentar V ellicacia di que' soccorsi niedici ed economici che per tutto nella colta Euro- pa costumasi di opporre anche ai meri timori e so- spetti di rabbia sorta ne'cani. A mostrare ch'esse non sono di gran lunga fondate bastano le poche osserva- zioni seguenti. Potrebbe diiedersi, se il morso e disgiunto da in- troduzion di veleno, ne non e per se stesso capace di conumicare la malattia, come dunque la persuasion )( XXXV )( contraria sia nata da prima, e abbia potuto spargersi e allargarsi tanto fra gli iioinini? Ma mettasi da parte questa ricerca; e piuttosto confessando prima, die i gra- vi patemi di aniino alterar ponno la costituzione del corpo e trarre a conseguenze tristissime, si passi a cbie- dere come e per quale strana combinazione nel caso attuale accada che 1' impressione ricevuta dall' animo produca precisameiite quella stessa malattia che preesi- steva nel cane, e di cui esso perisce. E' questo il fe- nomeno intorno a cui 1' ingegiioso franzese e invitato a dar prove del suo ingegiio neirinterpetrarlo e spie- garlo. Piu; ei non ammettera senza dubbio immagina- zione molto vivace ne' bruti, meno poi negli asini; e pure non mancano esempii di questi ultimi divenuti, idrofobi dope il morso del cane rabbioso. Non esita clii scrive ad assicurarlo di aver lui veduto perire rai- seramente una donna non morsicata ma lambita sol- tanto e leccata da un suo cagnolino che sulle prime, come suole osservarsi, rispetto la padrona nell' in- gresso della malattm, all' inokrare di questa e mani- festarsi spiegatamente fu ucciso senza lasciargli tem- po di nuocere a veruno. Da li a circa 40 giorni com- parvero nella meschina i sintomi del morbo, di cui sospetfava essa si poco, che solo in quell'incontro in mezzo alle ricerche fattele le corse all' animo la par- ticolarita mentovata d' essere stata lambita. Vuol di- re che a niotivo o della suttigliezza dell' epidennide delle labbra o di qualcbe minuto sfregio e taglio il veleno s'introdusse. In un altro soggetto e pure a lui prcaente die 1' ingresso del male caduto ancb'esso nel quaraiitesimo giorno dopo il morso fu annunziato da )( XXXVI )( vivi (lolori della mano giiarita iieU' esterno delle ri- cevute ferite. Iiioltrando il male, inoltro coii esso verso I'alto il dolore prima al cubito e al goinito, poi aU'o- nieio e alia spalla, poi al collo e alle fauci, dove gli si associo iin cotal sense di tormenrosissimo stringi- inento. Si direbbe che i dolori additavaiio la strada e il corso del veleno diveniito mobile e attivo. Qiie- 8to feiiomeno glieiie fa sovvenire uii altro narratogli da un proft'ssore dottissimo, cbe puo pregiarsi di ave- re felicemente curati alcuni idrofobi. In essi fra gli altri sintomi ei noto ed osservo, secondo cbe pel mor- 9o erano state ferite le estremita o siiperiori oiiiferio- ri, le gbiandole o ascellari o inguiiiali dolenti e ri- gonfie per congestione e arresto di umori. Coine e in qual gnisa accade egli die rimmaginazioiie colpita da terrore trattenga gli umori piuttosto in certe gbiando- le cbe in altre? In somma 1' ingegnoso franzese e pre- gato a valersi della sua ipotesi nella spiegazione di questi fenomeni. Ma e megbo tornare al nostro col- lega cbe potrebbe muovere qualcbe querela di veder- si dimenticato. Ei riferisce due casi; I'uno di un giovanetto dl an- ni 14; r altro di un veccbio sessagenario, morsicati entrambi da cani sospetti fortemente di rabbia. A buoii conto nel caso del giovine il sospetto giugne quasi al grado di certezza; giaccbe nelV istesso infausto acci- dente il cane si avvento anrbe sopra una fanciuUa cbe trasportata nello spedale di una citta vicina quivi mal- grado i soccorsi amministratile peri miseramente idro- foba. Tento il nostro pratico sopra entrambi questi soggetti r Ammoniaca liquida nella dose di dieci goc- •)( XXXVII )( cie mattina e sera all ungate entro un grato giulel)be, come e mestieri ad impedire die la causticita del ri* medio non olVenda le fauci, V esofago, il ventricolo soprattiitto ov' e costretto a soffermarsi . Ne protrasse a liingo r uso, alquanto piu nel vecchio che nel glo- vine. Non manifestandosi in essi niun indizio della ma- lattia, dopo di avergli tenuti nello spedale qnanto fu crediito necessario, ne fiirono conged^ti; ne dopo fi- no almeno al presente si ha motivo di credere che sieno stati esposti al temuto infortunio. Da questi due casi ei non vuol gia che si tragga niuna conseguen- za a favore delle idee e promesse del chimico fran- zese, che nell' Ammoniaca liquida ravvis^ 1' antidoto come di piu altri, cosi del veleno del cane rabbioso. Gli basta d' inteiirne ch'essi non si oppongono a que- ste speranze, e fino a un certo segno sembran per- metterci di ritenerle. Noi lodandone la eircospezione passeremo a far menzione di volo di un quarto suo tentativo intorno a un soccorso proposto di fresco con molta fiducia da un professore di Edimburg contro una malattia co- munemente non a torto riposta fra i tanti obl^robrii deir arte, vale a dire la Gotta. Contro di questa pre- tende il medico scozzese di avere sopra se stesso espe- rimentata utilmente V efficacia del vapore dell' acqua bollente a cui venga esposta la parte aftetta quando il jumore e giunto al niassimo grado e piu in essa in- fierisce il dolore. Fondato sidle sue esperienze ei de- stina il rimedio a cessare ima volta i lamenti e lo scandalo di una malattia di cui si crede che meita ill fallo ogni forza dell' arte . A una speranza tale non )( XXXVIII )( ci permettono di aprir raiiimo quelle del pradco bo- lognese istituite sopra tre soggetti. Lo guidano esse a ritonoscere nel riniedio la facolta di agire come un topico calmaiue, ma non quella di gran liniga di sra- dicare la malattia. E qui giacche I'esteasor dell'estrat- to si e preso piii d' una volta la sicurta d' interpor- re al raaguaglio qualche sua riflessione , ei prega il suo degno collega a permettergli di farlo anche in questo incontro. A lui sembra che il professor d'Ediin- burg siasi dimenticato che uon seiiza fondati motivi la gotta, neir atto che nasce spesso da errori proprj deir individuo, e riposta fra \^ malattie che nou di rado i figlj redan dai padri. Davvero che questa par- ticolarita ove gli fosse stata presente, avrebbe in lui indebolita la lusinga che il suo rimed io basfasse a do- iiiare la malattia radicahnente. Benche questa stessa* particolarita sembra che ne obblighi a non adottare in tutto r opinion comune, per cui in seguito di qual- che estrinseca simiglianza si crede che tra I'Artritide e la Gotta passi un' affinita tale che confini colla fra- tellanza. A buon conto dell' Artritide non si osserva che passi per eredita. Ma e nieglio terminare con un'altra riflessione di una luilita r^iu estesa assai su2"2;eritaci dal dono fat- roci dal nostro collega, di cui giova sperare che ab- bia inteso di darne con esso un' arra e un pegno di altri doni conformi. De' pratici si osserva che doven- do essi avvolgersi nel vortice delle faccende mediche, manca loro per solito il tempo e 1' agio di consegna- ie agli scritvi e rendere di ragion puhblica certe spe- ciali osservazioni, cui ognun d'essi ove nou sia d'ingegno )( XXXIX )( in tutto ottuso, clel)be al lungo esercizio, quail sulle malattie, su quelle massime die regnano nel paese in cui esso soggiorna, quali su i rimeclii di cui costuinas di valersi a prcferenza degli altri. Ognun pure di es- si pill o men presto adotta certe speciali pratiche rac- comandategli dalla propria sperienza . Or di queste speciali osservazioni e di queste pratiche pur troppo si avvtra die la piii parte al mancar de'clinici rimaii- gon con essi sepolte cou discapito grande dell' arte, die anche per questo rimansi in uno stato di lagri- mevole poverta die i saggj non cessano di deplorare. Chi sa die a togliere si grave inconveniente servir lion potesse 1' imporre a chiunque scelga questa pro- fessione nell' atto die gli si da la facolta di esercitar- la, r obhligo di tenere un breve e succoso registro delle osservazioni alquanto notabili, che per avventu-« ra gli si oflrano, e delle pratiche eziandlo e de' ri^ medii e de' metodi di cui ei fosse per trovarsi in nio- do speciale contento? Ei dovrebbe a imitazione ma senza la pretensione di Dower che ne diede il primo rimasto fiiT ora unico esempio, dovrebbe, dico, vinco- larsi a lasciare cjuesta specie di testamento a favore deir arte, onde consegnandolo colla stampa ai suoi fondachi essa potesse approfittarne. E^ assai naturale che a crescerla e prosperarla meglio degli altri ser- vir debbauo i mezzi die da prima la nutrirono in cul- la; e quello die si propone puo per lo meno soste- nere il confront© delle tabelle di cui ci si narra che appendevansi e tenevansi esposte nel tempio di Escu- lapio. Pin; non ha forse paese in cui non si conosca- no certi rimedii e certi metodi di cura die iiatural- \ )( 3CL )( i mente senza il suffragio dell' espenenza non si man- j terrebbero in credito; mentre d'altra parte sono igno- j ti altrove e rimangonsi esclusivamente ristretti entro ! quel paese. Or di essi e manifesto clie gioverebbe e j converrebbe raccoglierli e spargerne e allargarne la no- I tizia. Ma chi scrive teme che questi sieno sogni po- j CO diversi da quelli del filantropo S'. Pierre. Ei iioa ' pertanto se gli lascia cader dalia penna in uno scrit- ] to in cui nel render conto delle riflessioni altrui ba osato con qualche intemperanza d' introdurre le pro- prie. A lui premerebbe, vedendo che fug,it inferea, fugit irreparabUe tempus di provarsi almeno a saldare in qualche parte i debiti che avra senza dubbio con- 1 tratti neir esercizio di un' arte si esposta agli abbaglj ' e agr infortunii colVaprir, se non altro, qualche non del tutto inutile suggeriraento. ; M E M 0 R I E DELLA CLASSE DI FISIGA E MATEMATICA E L E M E N T I Di Trigonometrla Sferoidica Di Barnaija Oriani PARTE SECOND! Presentata in novembre 1806 65. JL lUMA di passare alia soluzione degli altri pro- bleini della trigoiiometria sferoidica giovera ricliiamare le equazioni fondamentali , riducendole alia forma piu conioda per 1' uso clie ne dovremo fare. L' equazione (lO), cioe ^a(|=££ii'5enf (XIV) cos q> e gia per se stessa semplicissima.. T. 11 P. J. 1 a O II I A N I 66. Dividendo per i -*- Q' tutti i termini dcll'equa- zione (iS), e facendo (§ 36) O' —R' H-R" —R'" i7 ;ec. posto in oltre per qualunque numero i I [sen ai F—sen a i vl = sen i (F— P) coj i (F-t- T'') = [i] la stessa equazione diventera P= r-F'-.- ^'^. P-t- a ^, . [ I ] -t- a v^ . [2] -+- a ^3 . [3] H- ec. . . . (XV) ed e fiicilc da vedere colle successive sostituzioni dei valori di Q', Q", Q'\ ec. e di R\ R'\ R"\ ec. che si ha aJi-^Q')=:Q'=^tcosp')-l,(^^cosp')^^,(lcosp'{ '-(-cos p ) H-ec. 3.4.5 ..ii3^a . -* J ^ a a. 4 a L 5 1 a 5.6 i.a^a ^ 5.0.7 i.a.a^a ' ^ J e general me nte TniCONOMETniA Sr£HO]DIC\ 3 a .(i-t-Q'js= . (~cosp') I I . (~cosp) 2 7« — r 2. m -^ \ a//2-f-i am-4-3A ,.•♦ H C _ cos p' ) a. ni -\- I Q, /n -i- 2i i a ^ a 2w — I sm-^i 2m-+-3 am-Hi 2/?z-h3 2wh-5 A ,v< . . , . — — (~cosp') am-<-i 2^/i-Ha a7w-+-3 i a 3 ^a ec ] Negligentando la decima e le piu alte potenze dell'ec- centncita, sara ^ onde ne viene .A ,n' 7 /A ,4 3.5 A , < 3.iq3 a ,« « =z(-COSp') L(_C0J»'J_^. r cojy\ 2^(-C0Sp') o ^a ^ a^ a -^ a ''a ^ a ^a ^ « = (-cosp )^(-cosp') 't(-cosp') -^^f-COSp') •J aa ' ^a ' a*^a ' aa "^ ^ f^ »k'» I ,A , « 37, A , ® J /A -N* I /A , « -J^-iy^^a'^'^^^-^^^-a""'-^^ 5 ,A "4=-"^(a'''^) 67. L' equazione (16), che da la dinTercnza in longltudine (§ Sy), si puo ridurre alia forma segueute 4 O R I A N I T = Z-Z'-f? .(r-r")-a,Q .[i]-a/3 . [ij—aC .[3]-ec (XVI) qualora si ponga fi =z3Isenv-;fi =—N'senj/;:i —-\-N"senp';^j^=^N"'senp',Qo. 0 1 a 3 vale a dire fr T,,fO,fp\" ?>4 ^„,cosp'* 4.5.6 ^,„ rojw'/ ^ "I « a-^L a^i.a a' i.a.3 ^ a -* J *2 ^a-'L ^a' I. a a' i.a..> ^ a J td ill generale '^"^ m '' ^ a ^ L 1 (^) aTO-+-3 amH-4 .('"+*) cos p''* 1 a ^ a '' 2w-»-4 a/n-t-5 aw-+-6i ('"+3) ^^^ «' « ec ] e le qtiantita L , L' , L" L^"^ saranno It i.r II 3 , i.i .T.K e^ -4- — ~ e' -t- 2.4 0 u ,- It '-'4 110 a x'= :L!e^ Z"= 2.4 I.I 2.4.6 I 1 3 2 - — c 24.0 T.r.3 1. I ..... 8 e" -t- ec. 2.4 <- 8 2.4.6 a. 4. 0.0 o — ec. TKICONOWETRIA SFF.ROIDICV .(n) I.I.3 5...2n— I 2(n+l) IH .« n-i- 1 a ra-t-i ar^-^-I arz-+-3 . e* K-*-o a. 4 n-+-i a«-t-r a«-t-3 2«-t-5 « . . . • , e «-t-4 a 4 ^ ec. ] ovvero ancora ,{") 1. 1.3. 5.... a « — 1 a(«+j) r 3 RH-i A< := ^ __ A 2.^.6.3.... a(«H- i) 'J. «-+-a 3.5 A" _35.7 n ■+■ I •A' a. 40 «-+-4 ■+- ec 1 Ommettendo la decima e le plu alte potenze dell' ec- cciitricita, avremo /3 = ' je«y/re' -+- -^ • e''( i -t-^e«/»'') -4- -^ c* (8 senjr^-^- 3 coj/?'") -H-j^ . e^ (i -i- sen p'^){8 sen jj''^ ^ 5 cos jy*) I iB^= ^ few p' cosp'^e'* -h - . e'( r -»- je/2/?'*) -4- — s • *^ ( ' ^ senp'""-*- 5 co^/?'^) J 6 O U I A N I ^= — ,- senp' coi //"• I e' H 4 • ^' ( ' -^ -se/i p''') 1 68. Egli e pur facile da vedere, die le due for- mole (§§ 16, 17) esprimenti I'arco del meridiano == J" comj)reso fra le due latitudini $ , /, si ridurranno alia seguente T T iiella quale si ha per quakinque numero i {i)=S€n i {:p-~ >.) cos i (4) -«- ?) ed i coefficienti a ; a ; a ; a saranno X I ^a^^i.a i.a ^a^ i.a.3 i.a.3 ^ a.' .4 i.j. '^ a'' 3.4.5 i.a.3 ^2.' a z o a— ^.(^\V 5 3 ^e^' 5.7 3.5 , e ,^ 5.7.0 3.5.7 ,e * T . a a.4 ^a^ L^5 i ^a-" ^5.6 i^i ^ a ^ "^ SXf i~i:3 ^ ^ J ^ __i 3.5.7....2/w-t-i ,g^«m r am-+-3 aw-ni ta m a.4-6,... a/7t ,e «m r am-+-3 aw-ni .e ' a L a/?z-t-i I ^a' aw -+-3 2772 -«-5 am -4- 1 am-nS ,e.* ai,m-\-i aw-f-a i a a aw-H3 awz-nS am-j-j am-Hi aw-t-S am-nS .gv* ! a»2-Hra//i-t-a"aw-t-3 i ' a * 3~~ a ec ] TrnqONOMLTUlA SFEKniDIC4 7 69. Similmente, posto 4' = 0o° — y, la formola es- prlrneiite il valore di/'nel caso di ^ = 90* divenia (§ 28) /^=(i-t-D')| /^ .p-i-J . iera 2, v{/ -t- // .jenAvl/H-.i^. jen6 4/-v-ec. i L 0 1 a ' a J nella quale si ha I h-jD = i i : ossia D= 7 ; I — e sun ^ ^ 1 — e sen a ed i coefficicnti A ^ A , A A saratino 0 13 m i 3 I ,D,' 3.5 1.3 ,D^^ 3.5.7 '3 5 ,D, ^ = I (— ) H (-) i, 5 • (— ) -+-ec. 1 I a^ I. a La ^a^ i.a.3 1.2.3 ^a' o 3 ,D'r 5 3 ,D^ 5.7 3 5 .D^-* 5.7.9 35 7 ,D/ n a a-* L 3 I a^ 34 i-a ^ a-* 3.4.5 j.a.3 a J (Z?;.r,_7.5 .(£)Vl^0.5_7 O<_7^0... .5_7J.(/>;^^ 1 ^a^^ L 5 I ^a^ 5.6 J. a ^ a^ 5.6.7 ^'^'^ ^ J I 3.5 D a a a. 4 I 3..'^.7....27H-I ^Z),!*"' r 2772-4-3 2777-1-1 ,/),* yj ^— . = ' — ' ' ' • ' — ' m I 0..'S.7....27H-I ,Z^ aw p 2772-4-3 2 777-4-1 ,/A* /« a.4.6....a /7Z a' '!_ aw-*-i i a a777-f-3 a/7i-4-5 2772-f-? 2/77-4-3 ,jD * -; r— • (t) a//i-4-i a/7j-4-a 2777-4-3 2777-4-5 2777-4-7 2772-4-1 2W-«-.S 2^-4-5 , "\ tim-^l 2/72 -4-a 2/71-4-0 1 a O "* -4- ec. I Dividendo per (i h-Z)') . Ao tutti i termini della for- mula precedente, sara p {e^sen>*-^ J^ — 0 r» /^ i r j - p__^ 1 1 . P . Oude facendo {:^D^)J,-' J 8 O K I A N I e' sen a* -f- /^„ — r ^, J^ O — , o r- } «^a — } ec. si avra 1' equazione P=: v{/ -hCo- Ph- C, . j<;« a >// H-C^. je«4 ^f' -»- <^3- ■J^'^ 6 vj/ -»- ec... (XII) e nel caso the si negligentino la decima e le piu alte potenze dell' eccentricita, essendo ne vena "a -^ a a ' a ^a ' a ^a ' C~^-{-senx) -^Z[^-senK)—^J^{^scnKl-'(i.I^l{isenh) | ^ 3.5 ,e ,," 3.5,e « q.iS ft-r- I ^ [■ 'a.4.6.8....a(«-»-i) L a «-»-a 1.3 /2-4 A* a. 4 «-h3 1.3.5 ra-+-i 4 a.4t> «-t-4 -»- ec. I 71. Nel caso di ^=90' si possono usare ancora le equazioni precedenti (XV) e (XVI). Converra in questo caso prendere P e ^ negativamente (§ 21), e porre in seguito F=go° — y , ne.verra quindi f''=9o"'i Z' = 9o*, e tang Z= tang (Z)==cos ^' cot ^ . Oppure, cio che torna alio stesso, bastera fare semplicemente r=9o°-h-Y, poiche si avrii egualmente Z'=c|o'';Z=i8o°— (Z); e sara [1]=—^ senn^i [a.] = \sen4^; [3] = — \ sen 6 "¥ ; ec Laonde V equazione (XV) diventera TRieONOWETniA SFEROIDICA II r=f -h- u. . P — a. . sen %"¥ -^- X .senA'Y — as, . jen 6 Y -f- ec e I a ^ 3 nella quale si avra (§ 66) „, sen ($' cos T = Z. sen a' « = - . A* sen A'* — \. A'* sen?,'* ^_ i— . a* sen A'* -+■ ec. « = ,- . ^* je« A'* H — 7 . A* sen ?,'* — -^ . A* jc/iA'* — cc, I a* a' a « = . A* jea A'^ H — - . A^sen A'* — ec. a a a a=z———^.AsenA'*-i-ec. oc. e r equazione (XVI) sara w = 9o°— (Z)— ,3 .Y-i-(2 .senz^ — li .senAr^p .senS^—ec. o I a ' 3 in cui e Y come sopra, e tang[Z)z= cos ?,' coff •■, ed i coef- ficJeuti risulteianno (§ 67) '■^„ = |_- -^ -, ( • -^- cos /.'') ^ _(8 cosy-^ 3 5ea a'-») -h ec. cos a' -s -»- ^~ ( ' -«- coj //') H- ec. I sen a'' coi A' ^ = -5 J(e« A'" cos a' -f- ec. a a ec. Esseudo poi (§ 33) 12 O U I A N I sen a sen 0 v/ ( i — e*) s/ [i -^ A^ cos (})') v^ (i — e' sen cp') , sen A sen x . \/ {i — e^) \/ [i -\- i^'' cos A^) v^ (i — e' sen /^) ne veira jT „, sen ^) vale a dire cos4^\/{i — e^sen>^) ^ sen 4^ PQj y^—- ^ ^ .' ; sen'¥= — — ^— - y^ (i — c'^e« A^ cojv^') y/(i — e sen A cos^) tan" vf/ e per conseguenza sara ^angy = ^^^ _^,^^^^,^ . Posto dunque , _ r esenx n ' _ r t^senx "] * avremo (§ 33) Y = 4/ -H A ^e/i a ij/ -t- i /i' ie« 4 4^ -»- 3 /i^ ■ye« 6 4^ -H ec. e reciprocamente ^ =z Y — A icra a T -4- Hi* Je« 4 "^ ■— ^ ^^' ien 6 ^ -4- ec. . , co.o \/(i -+-A') rojA x\venuosi inokre coyA=-— rr;— rn= TTi — I»Tm^\ * ne segue tanq^ (Z) = cos /' co^ y = co5 a cot ^ = ?a«g s . Laonde 1' angolo z delT eqiiazione (XIII) sara lo stes- so che r aivgolo (Z) deirecjiiazione precedeiue. Ognuno poi vede dai trovaii rapporti fra le quantita a' ,<})', '*' TKICONOMETUIA SVLliOUHCX 1 3 sulla sfera inscriita e le cornspondenti quantlta AjCj),»^ sLillo sferoide elittico, che qualunque formola espressa coUe prime quantita si poira trasformare in iin' altra espressa colle seconde e reciprocaiiiente. 72. V'ediaino presentemente 1' uso delle equazioni fondarnentali nella risoluzione degli altri probleini del- la trigonometria sieroidica. P 11 O B L L H A III. Dati nel triangolo elittico i tre elementi a , cp , P trovare 1' angolo ^ S o L u z I o N E I. Alle date latitudini a , cp si cerchino le corrispon- denti latitudini >' , ^-^cos^'cosA'^)=sen' — sen a' cos (P — r) cos a' sen [P — r) Facciasi ora P — t =z ^ ^ e sla in oltre r = (P ^ , cioe r eguale ad una lunzione di ^, avreino 1' equazione c =z P — ^ — ^ da cui mediante il teorema citato (§§ 43,44) ricaveremo ^= P ^1> P -\ !— i — .7 -/V -^ ec. ii.a ^ a.o a ^ 1 termini — ; , — ,S— ^' ^*^' si otterranno tacilmen- d ^ df te, poiclie essendo a ; « ; « ; ec. [i] , [2] , [.^], ec, fun- zioni della \ariabile C e delle costaiui a'j'?'> si avra in generale d^ ^ ^' dA^ dC ^ ^ d^ *■ -■ u . — I — ■ -t- a . ' -+■ ec. I ' di^ =» <^< / I'llICONOML'i'niA SFEUOIDICA. I 5 Mil,, . ^ sen(^' — sen>Jcos^ . . a dall equazione cos!^= — -' si ricava '■ cos A sen f cos /' sen ^ 73. Sia, per esempio, da trovarsi T angolo ^ ne- gligentando la sesta e le piu alte potenze dell' eccen- tricita: si avra (§ 66) T = .\ sara ^-^!^=cos K cos x'=senp'cot K i ,j,,i„di ^l^=.^tan5/Ll^=^---senp'tangp'cotK Xnoltre '^-^ =:'^ cos 2. V —coso^V; e siccome e d ^ a < " S ,. sen ft>' sen V = :, SI avra cos p dZcos V = d.senV___ sen£ _ ^vremo ^:tf}^==-.-.^senD-'cosp''cotII.(P-[i])[2.P^[i]-senVUansV ad 1^ a,* L -H sen V'^tang V Dunque il calcolo per trovare 1' angolo K si potra or- dinare nella seguente maiiiera. .1 ^^ TT ^^^ $' — ' sen y cos P 1 ) cos 11 = -1 ^9 cos a' sen P » J cos H cot P — t/JJig a' sen II 3 ) sen J}' = sen II cos a' ) sen V = cos p' 5 ) Je/i r= — ^ ; oppnre r= P -»- F' 6) ? =P-^co5/?'V(P-[i])h-^.coj7?'^(i4P— i6[i}-+-[2]) At r — — .^je«jy''coi77''co^//.(P— [i])| a.P—[i'\—senV^tangV ■^ sen V'^ tang V I fiualmente si avra 1' angolo C mediante I'equazione „\ -, ^e/z ct' — sen/' cos p cos a' sen ^ T. II. P. J. 3 lo O II I A N I S O L U Z I O N E 2 74. Prendasi come nella prima soluzione rr sen(p' — sen x' COS P • 1 . • 1 cos II = — , e poiclie si ha cos /' sen P ^ seni)' — sen/ cos [P — r) • , * y tt cos ^= ,- r „ -— ; , pOnRaSl * ^ = COS ^ —COS II. COS a' sen [P — r) '■ " Egli e manifesto che se, per brevita, facciamo d . cos H ^ , TT J. P a = = tnng x' — cos H cot -1 , d*. cos H cos H . T, b = ; ; = ; tt COt P dP^ senP' d^ . COS II a. a — a cos II cot P , „ c= , „, = 7J3 hcotF d P* sen P ec. avremo second© il teorema di Taylor b . T^ c . t' .3 * t" = — a . T -\- ~—^ " -t- ec. a 2...i Ora r equazione precedence o = cos II — cos ^ -H * (^ paragonata coll' equazione (§ 4^) 0 = 12 — .r-»- '^ X ci (la a=.cos II , x = cosii , ^ x = ^ti . Facciasi dunque Y;«r = ^; "¥ a. = H 3 cosicche abbiasi TIlIGONOMETllIA SFEROIDICA 1 9 — - — z=Y x = - — :i— = -; e pon2;asi a X a . cos i, sen ^ x c? ne risultera V angolo cercato sen II a. sen II a. 3 sen H a,.d.^senH nella qual espressione dopo le diHerenziazioni si met- tera II in luogo di C. 75. Prendiamo resempio precedente, in cui si om- mettono la sesta e le piii alte potenze dell' eccentrici- ta. Avremo z <1? ^ = — a .T ■+- cioe ritenendo i valori di a , b sopra determinati, e so- stituendo invece di r il suo valore (§ yS) Quindi sara J. I til'-] ^•."'^("-"'(^(^-W)^'— ^■^-') 20 O R I A N I jMa si sono gia trovati sopra (§ yS) i valori di d.cosp' ^1.\l^ ■ , — , , —~ ', SI avra pertanto (<^-)=-^^«'ca.;y^£!!^((P-[,]r sen II (^— [ • ]) fai'— [ I ] — J5" ^'^a"g f^-<-5c« ^''^^ng P j e r equazione K=II _jj frr i'^'ny sen J I 2. sen II diventera ^ = //-^^ A' a a' sen H c..;,''(P_[,])_^._|^co.//^(,4P_,6[0-H[a]) ^ cos p'^{P -[,])'[ d" cot H sen H sen II \ y ^ jen2y^cosp'''cotII[P—[ t ])[ 2.P—[i]—senVHangV-^senF'^tangV'\ Tvr^ ^ , dll „ cldH . . a . J^^T^ "^ 7;;rZF~ = - ^ ' dunque avremo 'i^ K=^^I—-,'^cosp'\P—[x])^^Acosp"{i^P—i(>U]-^[o.]) a a' -t-^.i?co.y/^(P-[,])^ A* r il — -^ .A'senp'^cosp'^^cot JI .{P—[i])\ aP— [i]— sen V^ tang V-^- sen F'* tang V'i ] Colle formole precedenti (§ 7 3) si calcoleranno le quan- 1 TKICONOJirTRlA SFEROIDICA 21 tita //, A , p , V\ V, e la qiiantita B si avni clalla fonnola B = — cotn{i -k- cot P' -^ J rot P tang II -h A^) 16. Avressiino potiito dedurre T angolo s imme- diatanieme dal valore di ^ trovato nella prima soluzio- ne, poiche suppoiiendo f = P — n*, cosicche sia A' A* H ■=.-^cosp'\ (P_[i]) cojyr''(i4P— i6[i]-H-[2]) % i2i A* H — .Asenp'^cosp'^cotII.{P—l\]){'j.P-^[^\'\—senV^tangV-^rsenV''^tangV) e evidente die // si cangia in ^, quando in // si so- stitiiisce ^■=P—'j. in liiogo di P., ne risulta quindi secondo il teorenia di Taylor la qual espressione e precisamente la stessa che la pre- cedeiue, avendosi ^=^^^' ^=TP'''- i^'=posp-.{p-[.]r. Questa riflessione ha Inogo in tutte le diverse soliizio- ni de' seguenti problemi . 77. Negligentando ancora la potenza quarta dell'ec- centricita, si a\ra ^ = //—!! .Acosp'^^P—li]) a 32 O K I A N I Qualora poi si voglia presciudere Jtlalla ricUizione delle latitiulini alia sfera inscritta, si prendera un aiigolo A tale die sia , srn d) — sen A cos P COS/i=: cos A sen P € siccome negligentaiido le potenze dell' eccentricita su- periori al quadrato, si ha (§§ 33, 84) cp' = <$ J 5en a c;> ; A' = A ^ .fera a A ne risultera II = h -sen^(p.(——) sen a A . ( — ) a^ ^V^)^ a* V/a'' Ma da! precedente valore di cos h si deduce d ^1 cos <|) d h cos A cos P — tang A (sen (p — ^^« A COS P) ' « '$ ien /i coj A senP^ d a sen h cos A sen P avremo pertanto „ , e* sen

M — sen A co5 P H = h-\ — • i . — a sen h cos /> sen P Essendo poi cosp>^ , ^, [1] gia mokiplicati in e\ si met- tera p in vece di p' ; J = j-j-^ ; sen P cos (a u' -h P) = je«(u — i/')co5(u -+- 1;') in vece di [i]. Diincfue, se si tien conto del solo quadrato delT eccentricita , il calcolo dell'angolo K per mezzo dei tre elementi a , (^ , P si ese- guira colle seguenti forniole 1 ) COS h = TUIGONOME'J'RIA SFEROIDICA 23 sen

.'cos{P~T) sen^'^)—2,cos{P—7)tang}iX' j cos/.' sen{P--T) ~ ( 1 — tan^ j /'') sen (P — t) ' reciprocamente san'i 7'KICONOMTiTRIA SFr.UOlDICA. 2o tang .', a' = i '- ^— !: — -i U. sen cp -+■ cos ^ sen (r — t) Posto ora P— r=r^; r = f, avrcmo come sopra (§ 72) f — P — P-+- —^j^ ^-j^ -+- ec. ^ aa ^ a.o a ^ purche si ponga dopo le differenziazioni P in luogo di ^. Ed e facile da vedere die essendo in generale ^^ ^ " ^d^' L- dA.' ^ ^ dA' ^ ^ d\' d[^^ r/fal a a' " a k' , ,,, . ^ 5er? 4)' — sen >' cos p , . e dall eqtiazione cos^=z — ■ i avendosi ^ cos A sea ^ d a' tang a' tang ^ — cos ^ d 1^ I — cos Z tang a' tang ^ saranno funzioni di f , a' e delle costanti ^ , P si eseguira nel modo seguente X ^ ^ r, cos P ±\/ (cos t''^ — sen i;^ sen P') I ) tang\L=. ^-J 2 L sen q>' -+- cos ^ sen i^ V,) A = ^Q^g L'tang P — cos ^ I — cos ^ tang L' tang P 3 ) senp' = sen ^ cos L' 4 ) sent a8 O u I A N I , sen V cos p sen $' 5 ) sen r = 'i^, ; oppure V = V -»- P ' cos p ^ ^ _H^ . ^ ien /?'' coj/^'^ tang L . (P- [i])' a* ^l.Acosp'tansL'.{P—[i])(senp''tangVcos^F-i-coty'cos^V') e questo valore ell ^ sostituito nell' equazione , , cos fi ± \/ (cos ('^ — sen <^^ sen ^^ ) 7 ) tang i A= ; ; * ' ° sen:p' -^ cos ^ sen ^ dara la latitudine >■' nella sfera inscritta, a cui si tro- vera (§§ 33, 3^) la corrispondente latitudine a sullo sferoide . SOLUZIONE 2 8 1. Ritenuto il valore di r sopra (§ 72) determi- nato, e supponendo che si abbia 1' equazione , _, cos P ±\/ (cos :=.tang^L-r/h!^!^KlR^L..ld5I^i}lL^ I TKIGONOMETllIA SFEROIDIOA 2() Onde mcttendo per brevita fltamrlL' , d\tang-.L' cP.tanglL « Tp—'^ d'P^—' ' Tp^ — ' e di pill * A' = — rt r -t- t* . c . — , -t- ec. ne verra 1' equazlone o = tans, \ L — tantr i /' ^ $ ;,' la quale confrontata coll' eqiiazione (§ .\?>) 0 = 3— x-h4>a; ci da a = ^«"g i -i^' ; ^'==- tang § a' ; * a; = * a'. Dunque se si vuole il valor immediate della latitudine a' per mez- zo deir arco conosciuto L\ bisognera fare v|/j;=A'y d' onde risulta "f 'a; = -r-^ = a coj i A'* . Qaindi posto -^ L_ J = ($"'a') ; ec. SI avra Ct A -hec. A'=L'-t-a * Z . C05 i L' H — i i 1 !: L a a.3 purclie in (j)';')' , (*"a')» , ec si ponga Z' in luogo di >'. 82. Prendiamo 1' esempio precedente in cui si ne- gligentano i termini dell'ordine a*, avremo 3o 2. O R I A N I Per determinare a, 6 senza introdurre dei radical!, si ponga (§ 80) A=^ dJJ_ dP jy ddU , A , B-^-A^-tansr^L' B = ~j-nr ■> sara a = —-, ; b= -f-i — , a/-* 2,coshL 2.C0S ; L' ed avremo y~~.acosp'\P~[i]}-^^^ cos jr'[ 4b {P^[i]y-^a{i4P— 16 [i]-\-[2.])~\ (:P'^r='^^''^'^'^'^=-.^.a^{P-^[ijrcosj.-cosi>'Uang^?^ ~ ^^.a'{P-[i])cosp''cosU''L{P-[i])ifpf^-cosp'^^ vale a dire (§ 80) {<^'^'y=—-^.a' cos i D'tang i L' cosp'^ . {P ^ [\]Y A* r H — - .a'cos h L'^tangL'cosjj'^.{P~[i])\ 2{P—[i])senp<^-i-tangFcos2Vsenp''- -\-COtV'COSQ, V I Laonde, mettendo in luogo di a , 6 i loro valori, T e- quazione ?:=zL' -\-o,^L' .cos^L'"--^ — ^ — '- — diventera TRIGONOMETRIA SFEROIDICA 3 I y=:L'-'~.Jcos/)''iP—[i])-^-^.^cosp''{i4P—i6li]-i-[a]) A^ . .t,„ r IN A* ^^. Bcosp'\P^[i]f-^-^ .j4^senp''cosn'^taneL'.{P—[i]y a a H A^ COS j)'^ tang L'.{P — [ i ]) [sen p'^ tang Fcosa. V-^ cot F'cos2 V) Le quanriia L' , J , // , F' , F si desumeranno dalle cinque formole precedcnti (§ 80), e B dalla forniola n I -4- /^ C<9J f /fangL' AtangP\ \ cos F' "^ 'coll?'/ 83. Trasciirando aiicora la quaita potenza dell'ec- centricita, avrenio A' = L'- -, . A cosp'' . {P— [1]) a Se poi si vuol avere la latitudine a indipendenternente dalla sfera iiiscritta, si dovra prendere ua angolo L tale die sia t r cos P ± \/ (cos d)^ — sen <^^ sen P^) tang T jl = 1 — ^ : — • sen $ -V- cos ^ sen F Onde sara (§§ 33, 77) T, T ^^ ^ /(J L^ r e^ sen 0 cos 0^ L=L sen2.:p.(---) = L a" d ip^ a cosLcosF — cos^ senLsenP Iiioltre essendo (§ 33) e' e'- a' = A 1 sen 2 A = A j sen a L , avremo a a ' ^7=:L -\~^\sen2 L — ailf — A cosp^ IP—' sen P cos {2. u' -i- P)j I 32 O 11 I A N I nella qual equazione e , _ cos P±\/( COS '(p^ — sen ^' sen P') I ) tanglL— ^— ^ = -' sen cp -t- coi <; sen F 2. ) scnp = sen ^ £0S L sen L 3 ) sen b' = 4) M cos p sen cp cos cf)* cos L cos P — cos ^ sen L sen P P . A ■ *^^^ ^ tang P — cos ^ 1 — cos ^ tan^ L tang P 84. Riesce forse alquaiito piu semplice 1' espressio- ne di a che si ricava immetliatameiite dal valore pri- mitivo di P. In fatti, ritenuto il valore di T preceden- temente (§ 78) stabilito, si avra requazione P-^T=v^v' da cLii si dedurra coine sopra (§ 79) tang ■, A = ':os{P-T)±y[cos^ si mette P in luogo di P -—T^ avremo clP ft T vale a dire, sostituendo il valore di T e facendo J= -j-p , nella qual forrnola L,p,v',A soiio le stesse quantita or era (§ 83) determinate. TIIICONOMETIUA SFLIIOIDIC/V 33 85. Puo accadere clie I'aiigolo tlato f sia retto. la tal caso la laiitucline ^ si otterra tlai tre dati elemen- ti P,cj),C = 9o" inediante I'equazione (XII), la quale e indipendente dalle latiiudini sulla sfera inscritta; im- perciotclie posto K = C . P -^ C . sen a J/ -t- C . sen 4 4/ -t- ec. la delta equazione diventera P — /. = 4^; ed avendosi I sen tp ^ sen ($ sen

^~L--x- JJ*'^ ^ 'dF' •> ^ '^^^^ e' :( = l^sen V {2 P -*- i sen a. P) _flie«Z;T2P(5 — 4COJ2P) -t- 3jc«aP(4--5coj aP) -t- 16 P'" ^an^ pl j e* X—— sen i^ (a P -H 3 sen 2 Pf i ■ ,1 TIIICONOML'J llIA SFEROIDICA. 35 — = tang P tang L d' L i = tang Z I I -*- tang P' ( a h- tang U) I d P' Dai quali valori si otterra la cercata latitudine a nel caso di C = 90°. P K O B L E JI A V 88. Dati nel triangolo sferoidico elittico i tie de- menti K>^i P irovare la latitudine a. SOLTJZIONE I Chianiando a' la latitudine sulla sfera inscritta cor- rispondente a a, sara sen p' =z sen t, cos ^\ e T equazione (XIV) ci dara sen^=^^!LI^- e quindi essendo ^ ' cos (^ ^ v/lsen^^ — sen p'^) sen (p' = ^—^ i—' , avremo sen 9 sen V = ^^"^' = \/ jsen^^—senp'') . ^^^ y^sentj cos?t'cosS cosp' sen ^ cos p' senicosp' sen V = 'f!L^ ; cos y = '2ilS£lA' . cosp' COS p' Ora conservando il valore stabilito (§ 72) di r, si ha r equazione P — t=F — F' , da cui si otterra / „ . ,rr rr« — scn t COS 6sen ^ COS \' -^ COS t COS ^ \/ (sen^^^ —' Sen p"^) sen ( P — r) = sen ( V — P)= ^^— ^ ^— sen li cosp' ^^ in \ ITT T,i\ sent cost cosh cos X''^ -\- sen x' \/ [senh'^ — senp'^) cos[F — T)=cos[F — r ) = ^ ^—^ — - sen 6 cos 2^^ 36 O n I A N I Eliininanclo i radicali da qiieste due equazioni, ne ri- sulteia cos t cos (P — r ) — sen t cot 9 tang A'= ^ 5^ — —~' — ^ — !2 * sen(P — T) ronghianio ora P—'T = ^; T=:<^^, cosicche abbiasi c = P — ^ — $^ otterremo (§§ 43, 44) f = P — ', a ciii si trovera la corrispon- dente ;, sullo sferoide eliuico. 89. Sia per esenipio, ^^=r—-,cosp''{P-~[i])-^cos/>"{l4P'-l6[\]-*-[2]) (Df)^ =^^cosp'^{P-[i])' Sara Sopra (§ fjo) si e trovato ~^^ =senp' tang jj' tang k' . TUICONOMLTJIIA SFEIUHDIOA Sy Inoltre -7^ = -7—, cos 2 V -r-r<^°^ ^ ^ • Ora essendo cos F = tan^ p' cot ^ , sara d.cosV , d.fangp' cot Hang p' tang >' cosVtang/' dx ^ d K' ' cos i-f'- cosp''- ' , ,. dV cotVtang)^' f-,. ., vale a dire -7--, = ;^— . bimilinente sara a A cos p' d V cot V tang a' 177^^ cosp'^ > ^ P^^' conseguenza ^III = ^^HiJLuot 7 cos a V— cot F'cosa. V) . d A' cos p< ' ' r» iv • • , , cost, cos P — sent cot h Uall ecruazione poi tangx'= — ^^ := 1 ^ * sen q dx' si ricava t- = — ^^•^ ^' {'^°^ ^' ^^* Z -t- -^^'i -'>' fo^ ^ ) . Laonrle siipponendo die a' diventi L' quando si met- d L' te P in luogo di ^, e facendo per brevita A = j-pt si potra calcolare la cercata latitudine colle seguenti for- mole : . - , cos t COS P — sen t cot i I tang L'= — :i sen F a ) A = — cos L' { cos L' cos ^ ■+■ sen L' cot P) 3 ) senp' = sen ^ cos L' cos t cos L' 4) cosV'=z ; — cosp ' 58 O U I A N I 5 ) cos F := tangp' cot i 6) ^ =P-^^cosp''{P-[i])^^cosp''{i4P-^ie[i]-^-[o]) ^^l.A senp'^ cosf' tang V . {P-[i]r a* - ^' . Acosp'^tangV .(P-[i]) [cot Fcosa, V-cot V'cosa. V) a"* cos ^ cos ^ — sen ^ cot 9 7 ) tang A' = S O L U Z 1 O N K 2 90. Conservaiido il valore di r adottato nella pri- ros ^ cos P — sent, cot fl ma soluzione, e posto tang L'= 'J^iTP * egli e visibile die tang L' dlventera tang a' qualora si sostituisca P — ^ in vece di P, onde posto d.tangh' , d\ tanfr L' _d\ tang L' ^^ > ne verra • ^ _» b .t' C .r tang a' = tang L' -^a .t-\ ^ "*" ^^' a Facendo pertanto ,i <^ a' = — fl r -t- —I 1— - -H ec . a a.o gi avra 1' equazione TKieoNOME'rrviA sfekoidica $9 o = tan g L' — tang a' -h <1) a' la quale paragonata all' equazione (§ 43) O = X — X ■+-

"^ verra A , B -\-^ A^ tana L' ,, a = — ; h = --—2 — , e 1 equazione cos L' cos L' ^ T, T, T 1 ('aT« C05L'' ,. , >.' =L' -i- L'. COS L'' ■+- ^ ' diventera a A'=I'- ^ . Acosp'\ {P- [i]) -H ^ .Acosp'\ (14 P- 16 [i] -f- [a]) ^\Bcosp'\{P-[i]Y ti a* ^^.A'cosp'^tangL'{P—[i])l!i{P—[i])senp'^—cotFcos2V-hcotV'cos2V''\ |. a L J j^ nella quale le quantita L' , A, p', V V si calcoleran- no colle cinque precedenti (§ 89) formole, e J3 colla formola B = A {sen a L' cos ^ — cosa, L' cot P) ■+- TLJl£ . a sen P' 92. Se volessimo il valore di a indipendentemen- ( ■rnrGONOMETRiA sfEroidioa 41 te dalle latitudinl sulla sfera inscritta, potremnio rica- varlo dall'iina o dall' akra soluzione di quesro proble- ma. Preiidiaino in ftud Teseinpio della soluzione secon- da, e rappresentiarno con ij. la sonima de' termini mol- tiplicati in a* ed in a% cosicche sia a' = L'-i-/x. Sic- come trascuriamo, per ipotesi, la sesta e le piu alte potenze deireccentricita, bastera nel primo membro so- stituire (§§ 33, 34) A* A* A — _ jera a A -t- — jera a A (a H- cos a /) in vece di a' . Es- a a^ sendo poi I'arco L' determinate dall' equazione r, COS t COS P < — sen t cot ^ , n r tang L = — 2 lo stesso tanto sulla sie- scn F ra inscritta qnanto sullo sferoide, tutti i termini del secondo membro resteranno invariabili. Avremo qiiin- di r equazione A sen a A H sen a A (2 -+- coj a A) = L -i- w ; a a'* o sia rimettendo il valore di /* >.=L'h — ^ • I semx — Acosp''[P — [1]) I 5era a A (a -h cos a a) •^~.Acosp'\\^P—iG[i]-^[^])->^—.cosp'\B-^^A'tangp''tangV)[P—[\]Y A-» -.A' cosp' ' tang L'. {P— [ i ]) {cot Vcos a V— cot V cos a V) Facendo =>' la somma di tutti i termini mokiplicati ill 1^* , e posto inoltre T. IL P. J. 6 42 O R I A N 1 *^ = p[^^" a A — ^ cosp^' (P — [i])J -t- y , la stessa eqiia- zione risukera G =z L' — />. -I- * A Si avra pertanto (§§ 48, 44) a = I''-»-*X'h J — , avvcrtendo di mettere iiell' ul- timo terniine L' in luogo di a dopo la differenziazio- ne . Ora essendo (d) ),Y — ^\sena.x — Acosp'^{P—[i'])\ e per conseguenza — 5_ — L=: _ coj a A . I 5e;ia A — /4 co^/j-' (P— - [i]) I se si mette L' in luogo di a ne verra 1' eqiiazione -h1 .Acosp'\[i/^P—i6[i^^[Q])——,.Acosp'\os^L'.[P—[i]) A* H — 5 cojp'-' (Z? -H 4 //* tan^p'^ tang, L') (P— [i])' A"* — — .^'- cosp'^tan^ v. (P— [i])(co^ Fcoja T— cor V'cos2. V) nella quale le^jiiantita L',A,p' ,V,V\B hanno i me- desinii valori sopra (§§ 89, 91) descritti. I I TniCONOWTETUr.V SFEUOIDICA. 4.^ 93. Ben diverse in apparenza risulta il valore di a che si deduce dall' e(|iu\zioiie (6) trovata sopra (§§ 24, ny). Siij)poniamo in tatti che si ominettaiio la c|uarta e le piu alte potenze deireccentriciia, e facciamo (§ 78) en ^*r '/n ar i\ » Sen (v — v') COS v'~\ 2 L cos V J si avra I'equazione P — 7'=y — "'. Ora essendo sen (J) 1 • . - T ^ ^' • •! jenv= — - biso";nera in vece di sen

cot^ .y/Y ! n , ■ V , cos^cos(P — T)—sen^cot^^\/Y \ Onde SI avra tangxs= — ^ 5 L^ — 1 — , , sen{r — J) ; Essendo poi, neH'ipotesi clie si oinmettano le potenze i deir eccentricita siiperiori al quadrato, i y/ /= I H COS f. . 5 2 .' c c • * Ti cos t^ cos P — sen ^ cot ^ Se facciamo tang L' = — :: 2 , sen P avremo ° ° ^ d P ' J. sen P sen 1^ cos ft'- Sostituendo il valore di T, e facendo ■^= -j-p = — co^ L' {cos L' cos ^ -t- sen L' cot P) , ne risultera T. ^* I ^ / 2/n or i\ sen p^ sen Pros /\ sen ^ cos L' ^ cot 6 {sen ^* — seni*) sen P sen 6' cos 6* Sopra (§ 92) aLbiamo trovato I'espressione piii semplice ;. = L' -^^~[sen2L'—Acosp'^{P—[\])\ \ TIUCONOMETUIA SFEROIDIf^A 48 La diversita di cjuesti valori di a noii e die appaieii- te^ ed ognuno potra verincanie 1' identita. 94. Dandosi il caso die V angolo ^ sia retto, si potra dalle precedent! soliizioni ottenere il valore di a in diverse maniere. Sia, per esenipio, da trovarsi ^ per mezzo dei tre dati dementi ? = 9o'', fl,P indipenden- temente dalla sfera inscritta, e negligentando la sesta e le piu alte potenze dell' eccentridta. Nellequazione ultimamente trovata (§ 92) si avra , , — cot i tang L = ^ sen r A=—senL'cosLcotP; Ii=senL'cos L' {i-^2cosL'^cotP^) ; p' = 90° — L' ; V = 90° ; r= 90° -+- P [i] = — senP coi P \ [2] = sen 0. P cos 2. P . Onde la delta equazione ci dara A=Z,-»-— JenaZ/'j i-i-senL'^cotP.{P-\-senPcosP) I A* -sena,L'(i-+-2senL'^) .4 H — 5- sen L' * cos L'cot P (28 P-+- 16 sen 2, P -\- sen 4 P) A^ H — j sen L'^ sen^L' cotP{P-^ sen P cos P) ^.^senL'^cosV . (1 -\- G cos L^ cot P^) {P -^ sen P cos Pf a A"* ^- — sen L' * COS L' cot P cos 2 P {P -+- sen P COS P) 46 Ou I A N I Si avrebbe lo stcsso risultato mediante (§ 71) 1' equa- zioiie (XV), lacendo in essa ^ = 90" r 11 O B I. E ]M A VI 9.5. Dati nel triangolo sferoidico elittico i tre ele- nienti C, a, 37, trovare la latitudine $ S o L u z I o N E I Sieno a' , cfi' ]e latitudini sulla sfera inscritta cor- rispondenti a a , c}) siillo sferoide; 1' equazione (X V[) ci soimninistrera la soluzione del problema, poiche facendo r = ^^.{V-V) ^ a /3^. [i] -t- a /3^. [a] h- a (i^. [3] -<- ec. avremo (§ 67) or -t- 3- = Z — Z' e per coiiseguenza sara *^r,„/ \ ^ ir, r„\ sen p' I fans: V — fans V) tang (cr -H r) = tans (Z — Z'\ = '—^ 2 5 .' - ' ^^ ' i-+-senjj'UangytangF' ' o sia Je/z (37 -H j) = senp' {tang V — tang V) y/ [i-^ sen p'^ tang V')[i-i- sen p'^ tang V'^) r -t- senp''^ tang V tang V v/(i -\- sen p'"- tangV^){i -\- sen p'"" tang F'') E siccomc si lia Je«/?' = je/z ^ coj A' ; J TT sen(b' „ fang y tangF=-—- ^ ■, tangF'= — V» >/{cosp'^ — sen^') ° cos^ TRICONOMETRIA SrEUOIDICA 47 ne verrk . . sen^cos^cosPi'send)' — sen?[seny\/ (cosp'^ — sen(^''^) sen (w -H ff) = — ^ ^ 1 .: -Z-1 — I — : Z—i cos . (r— F')M-a/3 .[i] -\- 2. (2 .[alH-ec. o I a ed essendovi solamente F die conrenga la variabile <^' , avremo d u (<^^/)'"-^ (4^)^/3 -t-a/3 cos z F -^- A 3 cosAF d ir L " I ^ -f- 6 /3 cos G V -^ ec. j Dalle equazioiii poi tang^'=z sen u -H sen /' tan^ K cos u CVS A' tang ^ 48 O K I A N I sen r = — ne vicne cos p Y__ sen y-^ = c ^ e mettendo ar * a M da da* in luogo di m, ed Z'' in luogo di $', T equazione w = w -H i> w H — ^7-— H 7-7-^ H ■■ \ . §■ diventera a J i^ ii..6 d u a. 0.4 a « u=a7-t-/3 .(F— r')-»- 2/3^. [1] -+-2/3_^. [a] -t-fl/i* .(r— r')-i-aa/3 ,3j[i]H-(r— PjcojaD H-a?3.[3] a a Fa ^' ^. [i] cos a Fh-jS^ /3^ {[a] -h a (F— F'j co^F)] 2. y/. p. I. ^ 7 So O II I A N 1 H- /3'^ ^ fa o' ([ I ] -V- 2 (r- F') coj a r— (F— F')* wn a F ) -4- Z; (i [i] (r— F') -^ (F— Fy C05 a f)1 ^ » . |3^^. (F- #•') fe a' -t- 9 a Z* (F— F') -4- c (F- F')' ] Le fjuaiititii /3^; /3^; ^^; ^■^l p'i V' non dipendono (§ 67) che dagli angoli dati ?, ^', ed essendo „, •^^^ ^ -•- -^^^ ^' tarnr t cos nr ^ , rr 'efi F' tangF'= ; ^Ji , sara ienF== — ; . cos / tang ^ cos p' Le qnaiitiia poi «, 6, c, si potianno determinare nel- la begueiite uianiera. p . . dF' J, d' F' ^ d' F' ronciasi A = — — ; B = - — j- ; C= , , , e siccome J ,„ . „ sen F' . , d V cos F' dall equazione sen F= — — - si ha -7777= ; t> t otterremo du ^dF'^^dw ^ ^ b^tfl^BcotF' tang V ^ A^ ^''"^P'^ ^^"g ^ ■ F'. cos F' -¥- - — ■^ J- -^ — --^—7^ h ee. a 52.3 nella qual eqnazione dopo tutte le diderenziazioni si meitera nel secondo niendMo F' in luogo di "'y, ec. si ottiene facilmente sostituendo in vece di « TIIICONOMETRIA Srr.KOIDICA 53 il suo valore (§ 9.5), ed avvertendo die si lia in ge- neiale d'".tangF'__^^_ r,. . ,/»"-'• tang F' .= zt tangf ; iH-t-i COS F'' m nelle qiiali espressioni ha liiogo il segno superiore quan- do « e niiniero pari, e Tinferiore quando n e dispari. 9Q. 11 valore immediato di $' si puo ottenere piu brevenieiite dalla soluzione prima col jnetodo sopra (§ 76) accennato. lii I'atii supponendo (§§ 96, 96) ,.=/3^.(r— r')-t-a/3^.[i] H-aj3^.[a] -f- ec. -I- a (i'^. {v—v) -H 2a/3^0^([i]-H(r-r')co^2r) ^i.f' .(r_P)r2flH-z,(r-r')"l M . a " L J e per conseguenza 7/ = w -4- //, egli e evidente che Z'' si cangia in ' qiiando in F' si sosiituisie 'Jf -h ^ in luo- go di k; quindi si avra, adottaiido i valori di J,j5,C ec. sopra (§ 96) determinaii, EC '=F'-^^fl^tl{i + senp'")\A{V-^V')-^-^Asenp'cosp'\[i] -t- fl B{V—V'ysenp'^-i--^A'{F~V') senp'cot F'tang V a a Le qiiantita F' y A, />', F', F si calcolano colle pre- 54 O U I A N I cedeiui (§ 97) formole, e B si avru (§ 96) dalla fonnola B = -'sen F' cos F' — n A" tang F' 100. Tralasciando aiicora la quarta potenza dell'ec- ceiUricita, avremo q>' = F'-\ . A{y—V') senp' . a Se si vuol rendere qiiesta formola indipendente dalla sfe- ra iiiscriiia , bisognera calcolare un aiigolo F tale die si abhia tangF= 5-2 .. Ma F diventa cos f^ tang (^ F' qiiando in lao2;o di a si metteA'=A -sentxx 1 a ij (§ 33). Avremo pertanto e' d F e' F'=F ; • ( j-)sen2>^=F -{semxcosF'cosTB-^serD^^semF) Si ha pure $'==4) ^je«2d) = $ -sen^F. Laonde cangiando p' in p, V — F' in j^ — y', e facendo J dF • 1 V 1, ■^=^ — ; ne risuliera 1 equazione

t^rig s cos tt . cos F' (cos m — sen ^fang^ sen w)_ cos A tang i cos / tang ^ I'UICOXOMETRIA S FEKOIDICA 55 ten V = ; M^sen a A cosF' cos rs •+■ sen A* sen a F . cos p loi. Dal valore primitivo di w trovato sopra (§§ 25, 27) si ricava un'altra es[)ressioiie di 'P iiulijjendenie dal- la slVra ii)scritta. In iatti, ritenendo solaruente il qua- diato deir eccentriciia, e inettendo per brevita e* / , sen {■> — i/) cos u'\ tfi>W will I.' ■ ^ ' ■ — sen p\u — u' a \ I = — senpKu — u' ->r a \ cos u / si avra m-i-z = z — z' ; e quindi sara tuns (. ^ I) = sen pJMng.- tang.') ^^, ^^^^^^^ J -t- sen p tang v tang u - sen 0 , tang A • 1 i » tang y = __ _ ; tang u' = — ?_ ^ gj dedurra v/ (coy/» — sen q}') cos ^ come sopra (§ 95) tang

= tang F-*- 2 --f"^- vale a dire, a m posto^-^, 0 = F-^-AsenpL^u'^'.^!±::i^::lS^) * \ cos u I la qua! espressione e alquanto piu semplice della prc- cedente (§ loo). 56 O R I A N I 102. Qiiaiulo r angolo ^ e retto, si ottiene la solu- zione del pioblema anclie dairequazioiie (XMl), la (|iia- le e iiuli|)euLlente dalla sfera iiiscriua. Foiiijhiaino per breviia >! = B . 4^ -*- B . sen a i^/ -^ B . sen 4 4" -^ cc. la detta equazione divenrera z = 90° — cr — »? . Quiiidi avreiiio tang z = cos /. cot 4^ = cot {^u -i- 1^) . Ma essendo I sen $ . , COS . tang :p , q sia tang

j col inetodo sopra (§§ 96, 96) usato, troverenio il valore di a nel caso di ^ = 90° espresso per mezzo dei due elenieiiti <^,sf; oppure, at- tesa r aiialogia delle due eqnazioni XllT, XVI, baste- ra nella soluzione data sopra (§ 96) cangiare /3 , F— V, a [i] , cos%iV rispettivaineute in B y ^i' , sen 2. i v^', cos a i |'; in tale maniera si avra u^Ts^B .4/'-+- 5 .sens. I' o « 5 . «/z 6 vp' 0 a ' ■aB B (^ewa vJ/'-t-ai^'coja 4*') .lC» [<2.a'4'' ^bV) a , a /?' ^e/i 2 4-' cos a 4.' 4- 2? 7? (^en i 4/' -+- 4 4/' cos A 4-') 1 L * o a J 'I'UICONOMEtKIA SFEUOIDICA Sj Zr B [a'{sen24,'-*-4^'cos24,'—^4^''sen2.^l.')-i-b{i''sensk4,'-*-Vcos^4'')j nella qual espressione e I ) tangfz=: tang / cos w . , , sen f , , ^ a ) cos vp' = ; ovvero tang ^' = cos A tang w S€n A o V J vj/' COS /"* , , . , d' y tang x^ cos f* sen a or dm' cos A c \ J' v}/' a #an^ A^ cos f'^ , r _ t\ 5) c = _^L = 5 ^— , (i — acoja/ je^iw*) ed i coefliciend B . B , B , B^ , che sono funzioni o I a' 3 deir eccentricita e della latitudine ; ^ si otterranno fa- cilmente dalle formole sopra (§ 70) esposte. Dal valore poi di u si dedurra quelle della latitudine cercata ^ me- diante 1' equazione tang (p = tang a cos u . io3. Rappresentiarno con /u. la sonima de' termini dipendenti dall' angolo J'' nel valore precedente di u. Si avra «= sj h- <* . Ora siccome I'arco/diventa

11. F, J. 8 58 O H I A ^M df ■—sen f cos f tang m k y f _-/= — sen f cos/ {i ■+- a sen/^ tang s*) as — /= jen/coj//fl«g- I I — 6senf^-i-ii.sen/^tang:r.^(i — 4*'?'^/*) I ec. IS'ell' iporesi die si negllgentino la sesta e le piu ake potenze dell' ecceniiicita, avrenio (§ 70) B = - cojA -t- —cos? (a -4- 3 Jen/'): B ■= —i e'* cos ^ sen a' ; o a a"* » a* qnindi ne verra — I — (a-+-3cojA*-»-4coj/^) ll'cojA H — -cos?, sen,, sen a 4*' a a'' J a ^* = ^ .4.''coj/^ a • a' e la cercata latltudine

' si determinano col- ,' le due forinole i| U tang f^ tang ^ cos m ; tang 4>' = cos ^ tang v . \\ II fine di questi elementi sara data in un altro volume . n 59 SUL CONDUTTORE TAGLIEJNTE D' HAWKINS per I' estrazione della pietra dalla vescica . Di Antonio Scaupa presentata a' 3i di gennajo 1807. k3e doveiido estrarre una grossa pietra dalla vescica orinaria d'un iiomo j)er la via del perineo, potesse il chirurgo a suo piacimenro proporzicnare la lu'ighezza e prolbiulita del taglio della prostata, iiou che dell' ori- ficio, e del corpo della vescica al voliune della pietra, egli potrebbe in ogni qualunque case di calcolo assai Yoluniiiioso aprirsi una strada bastantemente ampia per ijllerrare prontamente la pietra ed estrarla con facilira, senza puuto amaiaccare o lacerare le parti per le qua- li dovesse passare. Ma sgraziaramente, quando trattasi di pietra as^ai voluniinosa, cio non e praiicabiie tirminn infiltrazioni oriiiose, e suppurazioni gangreno- se nel tessuto cellulare posto fra il retto iiitestino, e la vescira . Che il flawio, per estrarre senza il piii picciolo stento clelle grosse pierre dalla vescica per la via del perineo, incidesse con felice siiccesso taut' alto il corpo dolla vescica da lasciare intatto 1' orificio di questo vi- scere, fii una congettura di Albino, non appoggiata so- pra alciin fatto certo e dimostrato. E tutti ciuelli i qua- li conoscono la storia della chirurgia sanno in qiianto discredito siano cadiiti ben presto i nietodi di Foubert, e di Thomas aventi il mcdesimo scopo; ne ignorano, che per lo piu e susseguita da gravissimi accidenti la litotomia celsiana, ogni qual volta il calcolo e di tal grossezza, che non puo imboccare, e distend(;re 1' ori- ficio della vescica, ed il collo dell' uretra (a), sicche per estrarlo I'incisione debba cadere sulla parte laterale si- nistra del corpo della vescica, superiormente alia pro- stata. Tutto cio (he la notornia ha saputo sin ora sug- gerire di meglio ai chirnrghi, onde agevolare loro Testra- zione di grossi calcoli dalla vescica per la via del pe- rineo, si e I'incisione della prostata lateralniente entro certi determinati confini di lunghezza e di profondita^ e la prudente risoluzione di cotnuiettere il resto dell'o- (a) Ella e un' iuesattczza dci cliirurghi, non dcgli anatomici- scriftori diligenti quella di chiamare collo, o ceivicc della vescica cio die e pro- jriamente collo, o principio dcW uretra, il quale si estende dalT orificio della vescica percnlio della prostata al comincianiento dell' uretra menihra- nosa , cd il quale in niun. modo appartiene alia vescica. Codesta inesattez- za da occasione tratto tratto a uiolte oscuriia iiclla descilzioue della lito- tomia . BVI. CONDUTTORE TAGLIKNTL 1)'IIa\\'KIXS CC. 6 I perazlone ad una blanda e graduata dilatazione del col- Jo delTuretra, e delT orificio della vescica. E per ve- rita, dacclic 1' operazione della litotonna nel perineo ha ricexMito codesto pcrl'ezioiiamento, ossia dacclie si e cotiiiiiciato dai chimrghi non piii ad intaccare soltanto I'apice della prostata, ma ad aprirlo cornpletainente, ed a tagliare a certa profondita, ma non completamente, la base di questa dura ghiandola, e con essa un pic- ciolo tratto deH'orificio della vescica, la forza di disten- sione, die per lo passato, praticando il grande apparcc- cliio s' impiegava violentissima per potere afierrare ed estrarre la pietra, non e stata piu necessaria, e ba- 9ta ora all' uopo una mediocre dilatazione di queste par- ti per estrarre con felice siiccesso dei calcoli di consi- derevole grossezza, siccome sono c|uelli di tre once e mezza di peso, e di sedici linee di picciol diametro ; end' e die a giusto titoloa'di iiostri si riguarda il gran- dc. appareccliio latcrallzzato come il maggior grado di perfezione cui puo essere portata 1' operazione della li- totomia nel perineo. 11 taglio laterale, ancorche eseguito coUa piu grande precisioiie, non dispensa il chirurgo dall' impiegare un certo grado di ddatazione delT orificio della vescica e del collo deir uretra. Codesta dilatazione, per medio- cre die sia, e senipre necessaria, quantunque il calco- lo sia di mezzana grossezza. L' orificio della vescica nel cadavere d'un uomo adulto si apre, egli e vero, qua- si spontanramente al diametro di cinque linee, come si puo vedere portando T apice del dito dalla cavita del- la vescica per eniro il collo dell' uretra. 11 taglio la- terale entro i giusti confiiii fende il corpo, e la base 62 S 0 A R V A della prostata alia profondita di quattro, al piii di cin- que liriee, le (]uali unite a ciiupie altre ciii si presta* come si h detio, quasi spoutaaeatneiue 1' orificio della vescica, formano ini'apertura di dieci liuee; ina in ua uomo adulto la pietia d' ordiuario volunie, e di figu- ra ovale ha sedici liuee di picciol diainetro, alle qua- il couviene aoisiinnirere la o-pussezza delle uiorse della lanaglia, nel qual caso, auco dopo il taj^lio laterale pra- ticato colla piii scrnpolosa precisione, la ])ietra, ben- che di mediocre grossezza, nou potra uscire dalla ve- scica, se la dilatazione della base della prostata, e dell'o- rificio della vescica non verra portata per otto liuee circa al di la dell' apertura fatta dal taglio laterale. Che se per evitare codesta distensione per otto liuee s' iuci- dessero ad eguale profondita la base della prostata, ed iusienie cou essa 1' orificio della vescica, ed una por- zioue del suo corpo, nou uiaucherebbe cio di dar luo- go alia likrazione orinosa nel tessuto cellulare fra il ret- to intestiuo, e la vescica, iiidi agli ascessi ^angrenosi, alle fistole, ed altri gravi accideuti. Sappiamo in faiti da Sharp fbj che Cheselden ne' primi suoi sperimenti in- cideva porzioue del corpo di questo viscere; ma Sharp del pari c' iustruisce, che Cheselden fu obbligaio di snieitere cjuesta rnaniera di operare a cagione del dan- no che ne veniva appunto dall' infikrazione dell' ori- na fra il retto intestiuo, e la vescica (*). La stessa cosa (h) Rircrchp rritirlip. Can. V. {*) Cheseldenus , nt omnia tcntaret, vesicam aqna hordei iinplebat, quantum aegri ferre poterant ; deiii vesica ii im-id^^bat , sed infansto suc- rrssn, propter urlnam inter vi-sicam ct paries vicinas rpmorantcm, nude j^an^rraena qua ex decern j oclv moricbanlur. CaiUjjer Demonstrat. anat. lib. II. pag. 14.. STTL COXDUTTOnC TAGLTENTE d'TI \M'KINS eC. 63 ^ stata pure avvertira rla Tiromfeild (c) ^ e dopo di es- so da parecolij altri celcbii ed rsf'icitati chirurglii (d). La luiiga sppiienza aveva senza dnbbio instruito il piii ririomato Litotoino de'siioi tempi Franco fc) sui danni d' una troppo estesa e profonda incisione dclla base del- la prostata, e dell' orificio della vescica, poicbe,a que- 8to proposito egli scrisse href il est rcrjuis de tciiir nie- diociite. L' apice della prostata, siccome rpiello che op- poiie la pill valida resistenza all' iutrodu/ione della ta- naglia ed all' estrazione della pietra, si e quello die iti ogui operazione di litotornia nel periueo deve essere conipletamente reciso. Ma per riguardo al corpo ed al- ia base della prostata, uu' incisione laterale la cpiale va- da alia profondita di cinque linee per tutta la lungbez- za di questa gbia^idola, e quindi interessi alcun poco To- (c) Cliirurfr. Obs. Licet pletique ohiiur^i , qiiocl sciam , glaiiiltilain pro- staiaiii ptT totain siiain rrassitiem dividere optent, ego tainen nollciu fa- ciiiui. Dodrantcm, ant paido miiuis proxime ad partem urethrne aiembra- iiosani satins et iitilius, cfiiam per totam siii crassitndiiieni dividi pro cer- to lial)co. Nam primo imllibi alias praeter cpiam in ea parte taliulo ol>^ sjsiitiir, et vesicae cervix citra omnem lacerationcni siifliLieiiter dilatatur. Deinde partibus citiiis sanandi facnltatem hoc fortasse dahit , spliiiictere re- vaU-scente, qnam si perpetuo per ea^j tran^iret urina : licetipie iiiilii, si t'o- ret optis , liijiiido jnrare, nunquam post nllam mearimi 0])erationimi listu- Jam remaiisisse , tpiod sarj>e iisu rvenit illis qui [ilandidain uS(|L)e ad mem- branosain vesicae partem persecuerunt . Nam, tametsi aliter \ i-nni sit niul- tis seriptoribus, faleor| lamen , mo non posse non piitare \a!de pernicicsmii esse partLMii menibrjno'-aiii vesicae saiiciari, ct si nihil aliiid alien niali, ti- sitidas cxinde orituras inaxiinc est verosimile. CU) L'aforisino d' Ipporratc XVII. sec. VI. snlla Ictalita delle feritedel-, la vescica e una vcriia di fatto relaiivamente alle ierite di qiiesto visre- re, che non lasciano uii libcro esito ail'oriiia, e ne occasionaiio 1' elinsio- ne nel cavo del peritoueo , ovvero iielia cellulosa Ira il relto inlesiiuo , e la vescica oilcsa . (e) Traiic dc la taille. Chap. la. 64 S C A 11 1' A. rificio della vesclca, e bastante perche coll' ajuto di una moclerata e gradaiamente acciesciuta dilatazione si pos- sa esiiarre una pietra j)iu che d' oidinaria grossezza, senza che le parii per le quali deve passare, vengano rorteiiienie contuse o lacerate. Nei fanciulli nei qua- li r orillcio della vescica, e la base della prostata so- 110 facilniente distensibili^ e nei vecchj nei quali ge- iierahnente r orilicio della vescica, ed il collo dell' ure- tra e assai piu largo che negli adulti, una incisione del corpo, e della base della prostata minore di cinque li- nee di profondita, e ne' fanciulli di due linee soltanto, e bastante per T estrazione della pietra d' ordinaria gros- sezza, niediante una mediocre dilatazione di queste par- ti. Non e propriamente che il grosso calcolo, il qua- le oltrepassi le venti linee di piccolo diametro, che ob- bllghi a tagliare lateralmente tutta la spessezza della base della prostata sin a penetrare nella cellulosa al di la di questa ghiandola, e nei corpo della vescica; ma poiche codesta profunda incisione laterale e susse- guita costantemente da iiifiltrazioni orinose, da ascessi gaiigrenosi, e da fistole fra la vescica, ed il retto in- testine, cosi egli e dimostrato che i calcoli di tale gros- sezza non devono giammai venire esiratti per la via del pcrineo. 11 taglio laterale ha dnnque del confini, oltre i qua- li non si pu6 far passare senza esporre il irialato a dan- ni piu gravi di quelli che gli possono sovrastare dal- la presenza della pietra in vescica. Questo fatto unita- mente a quello che ne deriva qual conseguenza, ossia della necessita assohita di dover impiegare in ogni qua- lunque caso di litotoinia nei perineo, ua iniuorc, o SUL CONDUTTORE TAGLIENTE j/ IIaWKINS eC. 65 maggior grado di dilatazione dell' orificio della vescica, e della base della prostata, onde supplire alia mancan- za di luiighezza e di proFondira del taglio di queste parti anche il meglio praticato, costituisce, a mio av- viso, il principio fondatnentale della litotomia col me- todo luterale, e somministra una norma certa onde da- re il giusto valore agli ormai innumerabili stromenti stati proposti per 1' esecuzione pronta e sicura di que- sta operazione . Su di clie non posse passare sotto si- lenzio die hanno indotto in errore la studiosa gio- ventu tutti quelli, i quali declinando dalla dottrina di le Cat(*), ed esagerando di tmppo i vantaggi del ta- glio laterale sopra il grande apparecchio, e piii anco- ra Tutilita degli stromenti da essi proposti per eseguirlo, ne hanno parlato in modo, come se, dopo fatto il ta- glio laterale, la pietra fosse per uscire spontaneamen- te dalla vescica, senza punto menzionare la necessita della dilatazione. Cheselden , al quale solo appartiene la gloria d' aver arricchito la chirurgia dell' importante ritrovato del gran- de apparecchio lateralizzato, adoprava per fare questa operazione un coltellino di sua invenzione, avente ua tagliente convesso largo quattro hnee, montato sopra un lungo manico. Con questo semplicissimo stromento egli incideva lateralmente la prostata per tutta la sua lunghezza, ed alia profondita di quattro o cinque li- nee; dopo di che, coll' ajuto d' una lenta e gradata- mente accresciuta dilatazione del collo dell' uretra , e (*) Pitres conoprnant V optiation de la taillc pag. 60. ico. T. IL F. J. 9 f)6 S c iv 11 r A deir oiifizio della vesrica egli estraeva dei grossi cal- coli senza es|)c)rre i inalati a gravi accidenti coiisecu- tivi. Ma per verita non e cosa tanto facile, come al- cuiio noil abbastanza esercitato in qnesta operazione potrebbe torse iinniaginare, il condurre nu coltello per entro del collo dell" uretra sin al di la dell' orificio del- la vescica, sicclie nel iragitto che deve peroorrere non si scosti , talvoka niolto, dalla direzione laterale alia pro- stata, ed incida la prostata stessa alia giusta profondita S()eciahnente nella sua base colla qnale circonda 1' ori- ficio della vescica. Iinperriocche la punta del coltel- lo si arresta facilmente nella scannellatura del cateiere fatto di ferro tenero, e la dura sostanza della prosta- ta oppone d' ordinario una si forte resistenza al taglien- te, die lo ripercnote nel lato opposto, ovvero sfngge la prostata stessa innauzi al lagliente, e fa supporre al chirurgo d' avere inciso abbastanza profondanieute que- sto coipo glnandolare quando non lo ha spaccato pro- priamente che nel suo apice, e scalHtto soltanto leggier- mente nel sno corpo e nella sua base. 11 facilitare quiudi ai dotti chirurghi, ma non egnal- rnente abdi di niano, quanto lo era Cheselden, l' ese- cuzione ollice e mezzo di la del suo oriticio, poiche Torificio stesso si presta quasi spontaneamente al diametro di cin- que linee, inentre la guida dello stromento non ne ha che quattro, ed il tagliente e rispinto dalla durezza del- la prostata per una linea circa, ne viene, che la base della prosrara non rimane tagliata che alia profondita di cinque linee circa, ancorche la lama tagliente del condnttore ne ahhia sette di larghezza. Per la c^ual co- sa di tutta la spessezza della base della prostata, secon- do la diversita dei soggetti, ne sono nsparmiate seni- pre ora due, ora tre linee, il qual risparmio, come si e detto da principio, e di grande vantaggio per il buon esito deH'operazione, si perche cio che rimane intat- to di tutta la grossezza della base della prostata impe- disce che si formino infiltrazioni orinose, ascessi gan- grenosi, o fistole fra la vescica ed il retto intestino , come perche cio che resta di non reciso di tutta la gros- sezza della base della prostata d' intorno I'orificio d<'l- la vescica non oppone che una debole resistenza alia SHL GONJJUTTOJIE TACLIENIT. d' IIaWKINS CC. "jS dilatazione, che necessariamente, ed in ogni caso do- po il taglio deve instituiisi per ottenere restrazione del- la pietra . La stessa proporzione riinane tagliando un uo- mo giovitie di inezzana grandezza dai diciotto ai venti- cinqiie anni con un conduttore tagliente, la di cui la- ma non abbia che cinque linee circa di larghezza, sic- come e quelle che vedesi delineate nella tavola annes- sa a questa menioria. 11 taglio laterale col coltello di Cheselden institui- to diligetitenieiite da mano esercitata, e sopra il cada- vere d' un uonio di quarantacinque anni, e di gros- sa corporaiura, da per risultato la completa spaccaiura dell'apice della prostata, e I'incisione della base di que- sta ghiandola alia profondita soltanto di quattro, o al piu cinque linee; il qual risultato e precisamente lo siesso di quelle che si ottiene praticando il taglio la- terale colio stromento di Hawkins nuovamente corret- te, la di cui lama tagliente ha setie linee di larghez- za nella masiiiiore sua conve?sita. E questo stromento regge altresi al confronto del litetomo a guaina del fra- te Cosimo. Iniperocche adoprando sul cadavere d' uo- nio adulto il litotomo aperto al n°. 12, o rl 1' apice della prostata ri-.nane tagliato compiutamente, ed il cor- ])0 e la base della prostata colla quale circonda I'ori- firio della vescica, si trovano incisi soltanto alia profon- dita di quattro o cinque linee: lo che coincide precisa- mente roi risnliati delle numerose sperienze da ine fat- te sui cadaveri col nnovo conduttore tagliente. Giova pero osservare che per avere codesti risuliati adopran- do il coltello di Cheselden, la di (ui lama non ha che quattro linee di larghezzu, egli e necessario di spingere 76 Scarpa il coltello a«?ai avanti in vescica, e di avere I'avverten- za nel ritirailo, di premerlo sul dorso sollevandolo nel maiiico. perche si ap|)rofondi siifficientemeiite nel la so- sianza della base e del corpo della prostata, dalla du- rezza della quale il coltello e fiicilmente rispinto nel lato opposto, e non fii clie una leggiera incisione di queste parti. Del pari adoprando il litotomo di frate Cosimo, egli e indispensabde, neH'atto di ritirare la la> ma taglieote aperta in vescica, di sollevare la mano, perche venga incisa alia ginsta profondita la base del- la prostata colT orificio della vescica; indi di abbas- sare di nuovo la mano perclie rirnanga spaccato com- jiletaniente I'apice della prostata. JNel fare i quali mo- vimenri d'alzamento ed abbassamento ognun vede che una mano non molto esercitata puo deviare facilmen- te dai ginsti conlini per diletto o per eccesso, e quin- di ora non incidere abbastanza profondamente la pro- stata nella sua base, e nel suo corpo; ora trapassare la Jxise di questa ghiandola per tntta la sua spessezza, sen- za contare che mancando I'operatore d'una norma cer- ta per V inclinazione da darsi alia lama tagliente pria di ritirarla dalla vescica, puo qnesta facilmente devia- re dalla giusta e precisa direzione del taglio laterale, e quindi offendere ora Tarteria pudenda profonda, ora il retto intestino fnj. Al contrario adoprando il condut- (n) Deschamps; Traite 'hist, et dogmat. de la taille T. III. § 9S. II est pent etre re; il peut aussi mam^ier 1' incision projeti'c, s'il n'est pas poussc assez avaiit dans ret organe . La nianiere de le placer en Ic reiiiaiit, inflne encore sur la r^;ndarii6 dc Tincisiou. (o) Suir aueurisuia Tav. IV. 7 78 Scarpa TTiento, fanno gran conto clella facilita e sicurezza, col- la quale metliante ii litotomo anzidetto aperto al n°. 5 si pub approfondare 1' incisione del collo dell' uretra ogui qual voka col primo taglio non fosse riiiscita ab- bastanza proporzionata al volume della pietra da estrar- si . Qiiantunque io sia di pareie die cio non possa mai al)l)isognare adoprando il nuovo conduttore tagliente d" llawlciiis, la cul lama sia proporzionata alia grossez- za della prostata d' nn uoino adulto, e che inoltre sia cosa assai malagevole tanto col litotomo del fiate Co- simo, che con altro qualnnque stromento tagliente, do- po che e stato ritirato dalla ferita, il fare in modo che la seconda incisione cada precisamente nel fondo della prima, pure, se vuolsi riguaidare cio come un vantag- gio del litotomo del frate Cosimo, sara questo in comu- iie col conduttore tagliente nuovamente corretfo. Im- perciocche, fatta 1' incisione interna, ed introdotto Tin- dice della mano sinistra in vescica lungo la guida del. lo stromento, se 1' operatore trovera necessario di ap- [)rofondare maggiormente il taglio laterale nella sostan- za della base della prostata, egli non avra a far altro che appoggiare 1' indice stesso sul margine oituso della guida, mentre colla mano destra spingera avanti e in- diciro il conduttore tagliente a modo di sega, col qua- le approfondera ed allunghera Y incisione del collo deir uretra, e della prostata a suo piacimento, e certa- mente con minor pericolo di fare una nuova incisione^ che servendosi del coltello di Cheselden, o del litoto- mo del frate Cosimo, dopo che e stato ritirato dalla vescica . la generale sul punto di stromenti di chirurgla, SULCONOUTTORE TAGLIKNTE j/1Ia.WKIXS HC. !<) ed in particolare tli quelli die soiio stati proposti per r esecuzione del taglio laterale, Deschaiiips opina, die gli stroiuenti veraineiue perletti ed utili sono cpielli ai qiiali non e stato mai progettato di far correzione al- ciina. Qnesta opinione generalmente vera non niette piiiito in discredito il conduttore d' Hawkins; poidie le torrezioni state j)roposte a qnesto stromento da Bell, Dessault, Kline, Cruikshankcs turono, piuttosto che cor- rezioni, altrettante deviazioni dai principj sui quali il dctto stromento era stato costruito dal sue aiitore. La forma sotto della quale io lo riproduco e nieiio una cor- rezione, che una modificazione della forma sua primi- liva, perche adempia piu esattamente di quanto face- va prima, all' indicazione di tagliare lateralmente ed alia giusta profondita la prostata, come faceva Chesel- dtni, senza correr risdiio d' oflendere 1' arteria puden- da profunda o il retto intestino. Le replicate sperien- ze da me instituite sui cadaveri, e quelle sui vivi fe- 1 cemenie riuscite in questa scuola in presenza di nu- merosa scolaresca, mi autorizzano a dichiarare die que- sto stromento merita di occupare un posto distinto nel moderno armamentario chirurgico, e quindi a commen- darne la pratica, priucipalmente ai giovani chirurgi. 8o Scarpa SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Fig. I Lo stromento d' Hawkins nuovamente corretto, e vedu- to nella sua faccia posceriore a. a. La guida b. J I manico c. II beccucclo d. e. La lama tagliente Fig. II Lo stesso stromento veduto per la faccia sua anteriore Fig. Ill II medesimo stromento veduto di projilo Fig. IV Sezione venicale dello stromento, ect inclinazione della lama tagliente all" asse longitudinale della guida 8i SULLE LIVELLAZIONI BAROMETRICHE D I Francesco Venini PARTE II ricevuta il di ii dl luglio 1807 Nuovl scluarimcnt'i Intortio ai metodl dlrettl E. isponendo nella prima parte il metodo diretto die conduce alle formole delle livellazioni barometriche, io mi son ristretto alle cose piii essenziali, affinclie I'at- tenzion del lettore men divagata e piii raccoka le po- tesse intendere piii facilmente. In qnesta seconda par- te aggiungero dunque varie cose, che nella prima ho soppressf, ed alcune altre, alle quali sol dope averla scritta ho pensato. A (pu'sta succedera una terza par- te, in cui esaminero i metodi che comunemente si chiu- mano indiretti; daro le formole che ne derivano ; e fiiiahnente aggiungero i calcoli di varie misure barume- triclie delle aktzze, e fra qiieste di alcune latie nel iiostro paese. T. II. P. J. 11 fia V E N I N I Sezione I Modo facile di ccdcular le fonnole per le llvellazioni baroinctricke coi mctodl dlretd deW HaUejo c del Taylor 29 Nel calcolar le mie formole con metodi diret- ti io dichiaro apertamente d'aver seguito Tesempio di mold insigiii Mateinatici, die assai prima di me Tavean I'atto. 11 primo a segiiar qiiesta via e stato il dottis- simo Hallejo , il quale fin dall' anno i685 presento alia societa di Lomira una memoria impressa nel nu- n)ero i3i delle transazioni filosodclie, nella quale dai soli principj fisici risguardanti le dilatazioni dell' aria, ed il rapporto fra i pesi specilici dell' aria e del mer- curio egli deduce la sua regola per misurar col baro- nietro le altezze dei luoglii sopra il livello del mare. Io credo far cosa grata al lettore spiegando particolar- mente il nietodo del primo inventore, e mostrando co- me la sua regola conduca ad una formola quasi egua- le alia mia. Ei dice adunque die con esperienze ben fatte si e trovato, esser la gravita dell'acqua a t^uella dell' aria una Yolra come 820, uu'altra come 840, ed una ter- za come 860 ad i ; al che aggiunge, die queste spe-r rienze furon fatte in estate essendo il barometro all'al- tezza di 29, 7.') pollici ini2,lesi. E qnindi egli conchiu- de potersi senza error sensibile ammettere die, qnan- do il barometro e a 3o pollici ed il calore in uno sta- SULLE LIVELLAZIONI BAKOMETUICHE 83 to medio, il peso specific© dell' aria ea quelle dell'a- caua come r ad 800. Gi)n altre sperienze, egli dice ancora, s'e trovato, che il peso del niercurio e a cjuello dell' acqua presso a poco come iJ,S ad uno: di che segue, esser i pesi del mercuiio e dell' aria nel rapporto di 10800 ad i, e che il peso d'un pollice di uiercurio equivale a quel- le di 10800 pollici o di 900 piedi d' aria. Applicaiido poi la gcomctria alia legge stabilita daiFisici, per la quale le dilatazioni ed i volumi dell'aria sono in ragioue iuversa dei pesi comprimeiiti, egli os- serva, che le coordinate dell'iperbole fra le assintote e- sprimon questa legge; vale a dire che se colle ascisse prese dal centro si rapj)resentano le altezze dei baro- metri corrispondenti alio pressioni dell' atmosfera, le or- dinate esprimeranno le dilatazioni dell'aria. Da qnesti principj ei conchiude, per la celebre proprietii degli spazj assintotici scoperta nel suo secolo e dimostrata dal padre Gregorio da san Vincenzio; che, chiamate ^ ed a; le altezze del barometro a due stazioni, la cui distanza perpendicolare sia s, ed A', x' le altezze per altre due stazioni poste alia distanza pur veriicale z' dev' essere L — '. L —,^=^ z : z' . Da quest' analogia com- Linata colV esperienze, che danno il peso del mercu- rio a (juello dell' aria come 10800 ad i allorche il ba- rometro e a 3o j)ollici inglesi sua solita altezza al li- vello drl mare, e la temperatnra dell'.aria e del nier- curio in uno stato medio, T IJallejo deduce poi la «Jia re2;ola per trovar nelle medesime circostanze le altezze del luoghi sopru il livello del mare; il die agevolinen- • ^4 V E N I N I te piio farsi in questa nianieid. Poiclie la densi ta del nuMTurio e a quella dell' aria come 10800 ad i essen- i.\o il haroinetro a 3o poUici, egli e chiaro, che por- tandolo in uii sotterraneo ove salisse a pollici 3o, o5, e ad una siazioii superioie, ove scendesse a pollici 29, 95, la porzione d' aria intermedia d' una densita sensi- bilmente uniforme e dieci niila ottocento volte mino- ra della densita del merciirio farebbe equilibrio ad un decimo di poUice del nietallo anzidetto. Dunque la di- stanza delle due stazioni ossia la lunghezza della colon- na d'aria intermedia sarebbe un decimo di 10800 pol- lici cioe 1080. Nell'analogia posta qui sopra sara dun- que --4=3o, o5; x=2cj, 95; e 5=1080; pnde si cange- ra nella seguente r 3o , o5 . _ /4' „ , , ,. , , ■Li — c . L ~= 1080 : 2' ; vale a due, die sara ag , 95 x' /4' A' 1080Z,— , icBoL— : X X ^1 "3^7^ — o , C014477 ~ 7460J0Z- ; L 39 , 90 la qual formola ba i pollici per unita. Sostituiti i pie- A' di ai pollici, essa fia dunque ^'=62167, 5 jL — • Supposto A'=3o pollici, e messi successivamente in luogo d' x i numeri 3o, 29, 28 ec. si sapra quanto sian piu alte del mare le stazioni, nelle quali le altezze dei barometri son di pollici 3o, 29, 28 ec. Cosi ^'=62167, 5 L .3- e=o; 2'=62i67, SZr— =9i5, 3; ^'=62167, 5 JO ' ag SULLE LIVELLAZIONI BAllOMETRICHE 85 L ^ = 1^6, 274. E tali appunto sono le akezze nella tavola calcolata dall' Hallejo, piescindendo dalle fra- zioni ch' egli ha negligentate. Trenta pollici inglesi corrispondono a 28, 149189 delle amiclie misure IVancesi. Dunque, trasportato il baromeiro a due stazioni, nelle quali abbia le altezze 38, 199189, e 28, 099189, ne risukera Z,— = L o~'' « =0.0015428. La colonna d' aria X a8 , 099189 ^ posta fra le due stazioni, cioe la lore distanza z e, co- me so})ra si e detto, = 1080: e cio posto, abbiam la A' proporzione o . 00 1 5428 : L— =1 080 : z'; e per conse- guente z'= ^■-„ = 7ocoa6Z/_ inpollici = 58335,5 ° 0.0010428 ^ j;' * A' L — ill piedi. Finalmente, diviso per 6 il coefficiente, la A' formola dell' Hallejo sara s'=9727 , 7 Z — , e dara le altezze in tese di Francia. In questa formola si suppone I'aria ad una tempe- ratura media qual e quella di 5/|.", 5 Far. o 10° Reau- mur. Quindi, se vorrem ridurla alia temperatura del ghiaccio, dovrem osservare, che la colonna d'aria cor- rispondente a due determinate altezze di due baromc- tri post! verticalmente un sopra I'altro, ha una lunghez- za proporzionale al calore da cui e rar.cfaita 0 coiiden- 86 V E N I N I sata; e ne conclutideremo che snpposto = i il volume deir aria alia teinperaiura zero cli Ueaumur, ed i-*-i7i al grado lo, la di stanza :;' delle due stazioni calcolata pel grado lo s' avra a dividere per i -¥- m volendo ri- durla al grado zero. Per questa teniperatura avrem duri- que z'= ' ' ' L —. Fra poco vedremo, che la dilata- zion media deU'aria risultante dalle osservazioni di do- dici diversi autori e 0,00:^878 per ogni grado di Reau- mur, e quindi 0,04.878 per ic gradi. Questo e dun- que il valor di m; il quale sostituito nelia forniola la riduce a z' = -^^7' ., L - - = 0275 , 2.0 L —. formola non 1 J 04070 x' -^ * x' A' guari diversa dalla mia -;'= 9240 , 7 Z,— ; e che dareb- be le altezze maggiori di 374 centomiliesimi. Anzi pren- dendo le dilatazioni delT aria dalle tavole del General Roy (come ho sempre fatio nella prima parte), il coef- ficiente si ridurrehbe a 9249, 5; e darebbe le altezze maggiori di soli 9$ centomiliesimi. 11 Taylor non ha data, a dir vero, alcuna regola per le livellazioni baroinetriche; ma nel suo celebre me- todo degrincremenii dirctto ed inverso stampato a Lon- dra iiel 1715 ha esposta e dimostrata una formola, col- la qual si determina la densita delTaria a qualuuque di- stauza dal centro della terra nell'ipotesi della gravita in ragion inversa duplicata delle distanze; ed io mostrero quatiio sia facile T appUcarla alia misura barometrica delle altezze. SULLH LIVELLAZIONI BAUOMETRICIIE 87 II Taylor chiama a il raggio della terra, alia cui su- perficie siippoue la gravita = i:x la distanza verticale d'u- no strato delTaria dal ceiitro; y la densitii dell' aria in quello strato proporzionale al peso delTaria superiore e per consegiieiiza all'altezza, clie in quello strato avrebhe il baronietro; e trova die il rapporto fra x ed y e es- presso daU'eqiiazione — = 1 — ; nella quale ci di- niostra, esser c iionale alia lunsiliezza d'una colonna da- ria, die al livello del mare sostenga nel barometro il mercurio a 3o pollici ini»;lesi, ed abbia in tntta la sua luDghezza la stessa densita che alia base. Questa den- sita poi e da lui determinata nel modo seguente. „ Per „ un esperiniento ( dice egli alia pag. 104 dell' opera „ menzionata) I'atto dalTHauksbee si sa, che la mezza- „ na densita delK aria e a quella delTacqua come 1 ad „ 820. E' anche la densita delTacqna a q nella del mer- „ curio come j a i5,5. Dunque la densita dell' aria „ e a quella drl mercurio come 1 a 11070 „ Da questo valore della densita dell' aria si dedu- ce immediatamente, che la lunghezza cercata della co- lonna aerea , ossia il valor di c e = 3o . 1 1070 pollici = 27O75 piedi inglesi. Agevol cosa e il dedurre da questi Dati una for- mola per le misure barometriche delle altezze a lattata air ipotesi della gravita costante; della qnal solamente ho trattato finora. A. questo fine io comincio a suppor- re X — a =^ z facendo cominciare le altezze da misnrar- si o dal livello del mare o a poca discanza verticale dal medesimo. Sostituisco poi i;-t-a ad x iiella formola del 88 V E N I N I Taylor; e n'ho -— = — -^ — ^. Ora in tutte le llvel- ■' 7 e (z -t- a) lazioiii baiometriche e z una qiiantita piccolissima in paragone di a, e piccolissima per conseguenza anche la diiuinuzione della gravita, ciie potra aversi per co- stante in tutta I'altezza z. Dunque js-t-a sara lo stes- so che a; il die riduce la forniola a ~ = — — ; ov- 7 c vero a rf z = — - — . Sostituito il valor di c in pie- di inglesi posto qui sopra, ne risulta clz = 2-j6'j3 — i e quest' equazione integrata colla condizione, che quan- do - e =0, sia y eguale all'akezza del barometrp alia stazion iiiferiore, che esprimereuio per A, si riduce a ;: 1= 27675 / — , avvertendo che y tanto esprime I'altez- za del baroriietro alia stazion superiore, quanto la den- sita, che quivi ha I'aria. Si sostituiscano i logaritmi A delle tavole a quei di Nepero; e sara 2 = 27675/ loX — Osservo che 17675 piedi inglesi equivalgono a 25908, 5i^ francesi, o lese 4018,085: sostituisco questo va- lore, e n'ho, negligentando gli 85 millesimi, z = 4318 Z loL - = 9942 , 8 Z/— • II rapporto dei pesi specifici dell' aria e del mer- cnrlo adoitato dal Taylor, paragonato con quel delTlIal- Icjo indica una teinperatura maggiore di tre o quattro SHLLE L1VELLA210NI BAROMETUICHE 89 gradi . Supponr.ntlo ch" ella fosse di i3 gradi, avremo per le tavole del Roy C= i , 0680, e per toiisegucuza TTT" ^ - = 93t 9 , 7 A - . II coelliciente di quesia formolu ha una singolaii- ta degna d' esser osservaia; voglio dire, cli' esso e qua- si esaitainenie il medio f'ra i coellicicnti dad du DeLuc, da Shuclvburg, da Hoy, e da me. S £ Z I O N E II Del coejjlcieiitc calcolato coll' espeiienza del cavalier Sliuckburir 3c. Al ujiin. 4 nel calcolar il coefficiente coll' espe- riuieiito del cavalier Shuckburg mi souo scorsi nei uu- meri alcuni errori, che lo han reso alquaiito maggiore di quel cli'ei dev'essere. Per gradi 9 f le ddatazioni del mercurio e delParia sono pel primo, o,oo23i5, per la seconda, o,o:|.82;nou 0,002262,6 0,0471. Ora con questi dati si ha * jy __ ( rr364,6) ( t ,oo23t.5) . I , 0^?>'i A' = ^'JM- ; 1 , 002,3 1 5 D A'~ (^'364,6) (27,464) . I , 04^2, ed il coefllciente vieii qui(;di ad essere (n3r4,6)(a7,464)Z ,0 „...,, , — ! , racciasi il calcolo con questi I , 0482 ^ T. If. P. J. I a niimeii, e si trovera il logaritino del cocfTicitnte in te- se =3.9707371, ciii corrisponde il numero 9522,64 un po'ininore di qnello del num. .y, ina che nel calcolo delle altezze le dartbbe niiiiori |>oco piu die d' im millesi- 1110. V^oleiK.'o pero calcolar il coefficionfe coi soli spe- linienii di Shuckburg, si dovra far uso ddla dilatazioii deir aria trovata da hii, cioe di 0,005^675 per ogni grado di Reamnur (vedi il nuin. 18), la quale ridurreb- be il coeiriciente a 9499 , 95. 11 professore Hehnert Im calcolato anch'eili il coef- hcientc con quest' esperiineiito medesimo; ma non si e • guardato da un piccolo sbaglio, in cui e fiicilissimo di cadere. Lo sbaglio cousiste nel rjdurre Takczza del ba- ronietro dalla leniperatura, ch'esso ebbe nel tempo del- la sperienza, alia tem{)eratura zero; lo cbe non dee farsi senza cangiare altresi colla debita proporzione il rappor-' to delle densita dell' aria e del mercurio dall' esperien- za medesima somministrato. Ma facendo ancbe quest'al- tro cangianiento, si distrngge; e per conseguenza si ren- de inutile quel che si e fatto colla riduzione dell' al- tezza barometrica. La cosa a me sembra assai chiara; ma, poiclie V autorita di (juel celebre matematico po- trebbe nel leggitore eccitar qualclie dubbio suUa verita della mia proposizione, non sara forse superduo il dar ne qui un' esatta diniostrazione. J\el coeiHciente calcolato per la temperatura del gbiaccio, cbe si scioglie cosi del mercurio come dell'aria, si suppone che con qualche sperimento fatto alia tem- peratura suddetta siasi trovato, die la densita del mer- curio e a quelia dell'aria cotnpressa da un peso indi- tato dall rtliezza A' del barometro nel rap[>orto di i ad SULLE LIVELLAZIONI BAUOMETRICHE (Jl — ; ove la deusita del xnercurio e espressa dalTunita. Sia ora a' I'altezza del barometro; t la temperatura deU'a- ria e del inercurio nel tempo d' un' altra esperieiiza , con cui s' abbia a determinar il valore d'\ D J' I io coefTiciente per la temperatura zero 11. Sia in oltre i ; - il rapporto delle densita del mercurio e dell' aria tro- vato con quest' esperienza. Chiamiamo t la densita del mercurio; -^ quella dell' aria; ed avremoTin I I :- n Sia E r espansion del mercurio da zero al grado t, e I'altezza a' del barometro ridotta alia temperatura ze- ro sara -p, . Dunque, poiche le densita di due co- lonne di mercurio d' ugual peso sono in ragione inver- sa delle lunghezze loro, sara t; : i = j, '. a'; e per conseguente j = ^ . Dunque la prima analogia si T . I I J I I canciera m r<--,= ' • - ; onde nasce -, == -7 f; • Sia per siniil guisa E' 1' espansion deli' aria da ze- ro a t\ e sara i '. i -\- E' come —, =r, densita dell' a- n[\ -^ E) ria pel grado t ad — ; — sua densita per la tempe- '^ ° n{i -\- E) ' ' 93 V J. X 1 ?< I raiura ztrv>. Cio posto licl cociiicicute A' D I \o sosti- a' , , , n{\ -y- E) r\ n i- tiiuemo r. ad A' , etl — ^-^ a JJ ; colle ciuali . , ., ,« rt' ( I -+-£■)/ 10 na'lio sostituzioin lo nuiirremo ad , -7^,--, — ■ — ^-,-, = s-, • In qiiesta formola resta tuttavia T altezza barometrica a' qiial e daia dalT osservazioiie facta alia teinperatura t; e da tutto 1' aiidanietito del calcolo e manifesto, non dover farsi alia detia altezza riduzion vernna; poiclie, facendola, e d'nopo far lo stesso nella densita del mer- curio J ; la qual cresce di tanto di quanto T altezza ba- rometrica e proporzlonalmente diminuita. Qui sopra abbiam trovato, cbe il coefllciente calco- lato senza cangiare T altezza del barometro, e colfespan- sion delfaria notata nelle nostre tavole e 9522,64. Ma se, come vuole il sig. Ilennert, si ridticesse T altezza del barometro a qaella della temperatura zero, T altez- za ridotta colfuso delle medesime tavole sarebbe 37, 402; e fatto il calcolo con qviesta, il coefficiente si ri- diirrebbe a oSoi, i5; e questo diminuirebbe le altezze date dal coefliciente esatto di 226 centoniillesime, pic- cola diminuzione, a dir vero, ma erronea anche nella sua piccolezza. Sezione III Della riduzion del barometrl alia stessa temperatura 3 1. Gli esperimenti co'quali il General Roy ba de- SULLE LIVELLAZIONI BAROMIiTJJICHE 93 terminate le dilatazioni del rnercurio, furon fatti con lui baronietro, cli'era all'akezza di 3o poUici iiiglesi cor- rispondend a 2^, 149 fiancesi. Ora a quest' altezza del baroinetro la distanza della snperlicie interna del iner- curio daU'estremita cliiusa del tubo e una delle piii pic- cole, e per conseguente la resistenza alle dilatazioni del mere nrio prodotta dalT inipcrfezione del vuoto e una dcile piu grandi. E'non par dui)({ue, die la tavola del Hoy possa applicarsi a ridurre le altezze barometriche alia stessa teniperatura, quando la lungliezza della colon- na niercuriale sia sensibilmente niinore di 28 pollici. Ma, non ostante quest' incertezza, io credo die nella mi- sura delle altezze si possa far uso della stessa tavola senza alcun sensibil errore, e cio per la seguente ra- gione. Se le dilatazioni del rnercurio fossero uniformi, e la parte superior del barometro perfeitamente vuota, posta la diiatazione da zero ad un grado di 2.5 1 aiilio- ucsimi, tale sarebbe ne piii ne meno ancbe da oo;ni al- tro grado n al prossimo /i-ni. Cio premesso, io ne for- mo la tavola seguente, nella quale la prima colonua coutiene i gradi del termometro da — 5 a -t-25, inter- vallo die comprende quasi tutte le temperature, in ciii posson farsi le livellazioni barometriclie: la seconda co- lonna coniiene le ddatazioni uniformi: la terza le va- riabili traue dalla tavola del General Koy: la quarta in fine le dill'erenze, o sia le diminuzioni d'espansione, die suppongo interamente prodotte dall' imperfezione del vuoto nella parte superior del barometro. 94 Gradi — 5 — 4 — 0 — 2 — I O 1 2 3 5 7 8 9 lo II 12 i3 H i5 i6 i8 ^9 20 21 22 23 24 2S V E N I N I Dilatazioni D'llatazioni uiiiforini variahlU 0 , 0 . 998745 0 . 998996 0 <;9874i 998993 0 0 . , 999147 0 . 999498 0 . 999244 999496 0 , 9997.49 0 . 9997^8 I , 000000 ] , 000000 1 00025I I . 0002 5 I ooo5o2 I , ooo5o2 000753 I . 000752 001004 I . 00 1 00 i , 001255 1 . 001249 ooi5o6 I . 001496 001757 I 002008 I 001743 001989 002259 1 . 002234 0025l0 I . 002478 002761 I . 002722 oo3oi2 I . 002965 oo3263 I . 003207 , oo35i4 I . , 003765 1 , 004016 I 004267 I , 004518 1 004769 I 003449 , 003690 003930 , 004169 , 004407 , 004645 005020 I , 004882 005271 I oo5i i8 , 005522 I . oo5353 , 005773 I , 005588 , 006024 I , 006275 1 , 005822 ,.-oo6o56 L)'rjjere nze 4 3 3 2 I o o o I 3 6 10 H 19 25 32 39 47 56 65 7S 86 98 11 1 i'24 138 j53 169 i85 202 219 1/ SULLK LlVELLAflOM BAUOMETKICHE ()J Neir esperimeiuo del Hoy la parte viiota del tnbo fu di circa tre poUici; e per conseguenza la diininuzion successiva nelle dilatazioni della terza colonna e V ef- fetto della resistenza d' uiio o di piu lluidi espansihili chiiisi in uno spazio di tre pollici, non contando la pic- cola diminuzione di qiiesto spazio corrispondente alle successive espansioni del nicrcurio, diminuzione che an- clie pel gratlo •+- 20 non giugne a 17 centesimi di pol- lice. Ora la resistenza di questi lluidi deve in qualche ragione esser tanto jninore, quanto niaggiore e lo spa- zio, die li contiene; rna io non avendo alcun mezzo per determinare qual debba esser precisamente la det- ta ragione, la supporro eguale alia semplice inversa degli spazj. Per questa ragione se /) e la diminuzione deir espansion del mercurio per un grado T' corrispon- dente ad un vuoto di tre pollici, per aver quella del vuoto 3 1 — A, lasciato nel baromecro da una colonna di 3 D mercurio = ^, fo la proporzione 3 1 — ^ I 3 = Z> ! ^ _ • E per la ragion medesima la dimmuzion corrisponden- te alia temperatura t' ed all' altezza del barometro a O J sara 5 • Si cliiamino, come sempre abbiam fatto, M , m le d.lataziorii indicate dalla terza colonna pei gra- di T\ t'; e sara M= 25i T' — D , m = 261 r —d, e per conseguenza M — m = 25i {T' — t')--D-*-(l. Cbia- miam similmente M' , m' le dilatazioni corrispondeiitt ai vuoti 3i — .i,3i — a per le medesime temperature; e > 71 », ^ rj. 3 J , , , 3 iccole, che la differenza corrispondeiife nelle clue altez^ ze calcolate nori G-iung-era forse niai a tie decinii di tesa nelle graiidi altezze, e nelle piccole sara assai minore. Sia per esempio J = 27, 5; a = 16 , 5; 7"'= 23°; f'= :^^ 7'= 24': t=,i". Cib posto, sara J/ = 558^ ; n?=iooi; M— »i = 4587, e per consegueiiza J' = 27 , 3733575. Ora per aver anche i valori di M' ,7n\ osservo che nella tavola a 7" = 2i° corrisponde D = io5, ed a 1' = ^." <:Z=3. Osservo in okre, die 5i—J e = 5,5; e 3i — 0 = 14, 5; onde concliiudo esser M' = 5773 - 3,5 = 5614,43; ed m'= 1 004' 3.3 , — ^r=I003, 14,5 38. F dunque M'—m'=.\(:)\ i, e qnindi J'= 27,373 1975. La dilTerenza tra i due valori di A' e dunque di poUi- ci o,coo06; vale a dir che non giunge ad otto niil- lesinii ^di linea: alia quale nel calcolo delle altezze cor- rispondera la diflerenza d' uiio o due decimi di tesa . E in vero, fatto il calcolo pe' due valori di A' colla formola del calor decrescente in progressione aritmetica / ji\o , 20066 __ o , aoo66 . ^ = -0000 C (^ ^ ^^^,^o..co66 ) ' '' ''''™ ^""''^ ^"^ valori dell' altezza x = 2i77,3; ^ = 2177,2; la cui dif- ferenza e d' un solo decinio di tesa su 2177. lo ho scelto quest' esempio per mostrare quanto sia piccola la diflerenza dei risukati anche nei casi, in SULLE LIVELLAZIONl JJAKOMJETUICHE 97 cui D e 3 1 — a son molto grandi, e deggion produrre per conseguente una delle inassime dilTeienze. Qiiesta, a dir vero, sarebbe alqiianto niaggiore, se la resisienza alia dilatazion del mercurio fosse non gia nella ragion semplice inversa degli spazj vuoti, ma neU'inversa du- plicata. JNondimeno andie allora ella si ridurrebbe a ben poco. Cosi neU'esempio precedente sarebbe M' = 5773 — ^y = 5007 , 09 ; ed m = 1004— nA~~5)' = ioo3, 87. In questo case sarebbe dunqueil/' — m' = 4633; e per conseguenza A'=2-j, 3726925; la cui diffe- renza da 27, 3738576 si ridiice a o, ooj265 pollici, o circa i5 niillesimi di linea; alia quale puo corrispon- der nelle altezze una diHerenza d' uno o due decimi di tesa. ' 3 1. II celebre matematico Laplace ha date due for- mole di livellazioni JKiromttriclie, una per la gravita co- stante, Taltra per la gravita doppiauiente variabile, cioe decresceiiie in ragion duplicata delle distanze dal cen- tro della terra, e crescente con una certa legge al cre- scer delle latitudini. In amendue le formole la riduzion dei barornetri alia stessa lemperatura si fa accrescendo, corne dice egli stesso, I'altezza del barometro nella sta- zion la piu fredda della sua parte 5-^1 2'"^ presa tante volte, quanti sono i gradi di dillerenza nelle temperatu- re delle due stazioni (Esposizione del sistema del moii- do: seconda edizione: pag. 82), avverientlo che i graJi di cui parla I'autore, son quelli del termometro detto di Reaumur, ma a scala centenaria. Cio posto, ognun vede, che la sua foruioU di correzione e T. 11. P. I. 1 3 93 V £ N I X 1 a' A a (. ;- ne'casi pid ordiiiarj, cioe in quel- ^4 la li ne'quali il barometro inforiore e piii caldo del su- pt'iiore. JMa ne' casi contrarj la correzione dovra farsi al barometro inferiore; e la fonnola diverra A' A, t' — r\ a' a^ 541a ' L'autore dice lo stesso nella sua grand' opera inti- tolata Meccaiiica celeste; vol. IV; pag. 291; ove si espri- me in questi termini. '■'• To ho trovato con un' esatta e- „ sperienza, die il mercurio si dilata della sua parte „ 5412™^ per ogni grado del termometro: convien dun- , que nella stazione corrispondente alia minor tempe- ,, ratura aumentar Taliezza osservata del barometro del- „ la sua parte 641 a"*' presa tante volte, quanti sono i „ gradi nella differenza di temperatura del barometro v alle due srazioni. " Per queste parole egli e manifesto che giusta il sig. Laplace la correzione deve sempre ap- plicarsi al barometro piu freddo accrescendone 1' altez- za, per portarla a quella che corrisponde alia tempe- ratura del piu caldo. Al num. 1 3 io ho dimostrato, seguendo in cio I'e- sempio dell'Hennert, che la formola di correzione e la quale si riduce pero quasi sempre ad A^ a' a (' M — n m ) SULLE LlVLLLAZIONl BAUOMETRICHE 99 Sia E V espaiision del iiiercurio supposta uniforine per ogni grado del termonietro, come la suppone Laplace, e sia per conseguente — =ET\ ed —^=Lt'. La for- mola si canibiera dunque in -, = -i\-E{T' -t') (i —ET)\ e toltone alcun raro caso in A a Or quest' ultima , se £' e > T' , si riduce ad — = -n -♦- E{^' — T')) come vuol la regola del sig. La- place. Resta a vedere se questa regola anche ne'casi assai piu frequenti di T'^t' si possa conciliar colla mia for- niola, clie prescrive di diminuir V altezza del barome- tro piu caldo, non d' accrescer quella del piu freddo. A questo fine si osservi che essendo — = -(' — E{T' — ?')) sara anche a a \ / A^_ A ^'~a { ! ) \i-.E{T' — t')f e risolvendo in serie la frazione del denominatore, ne risultera (F)-;= «' a(i -^E(T' — t')-\-E'{T' — t'y -\-E' {T' — ty -j-ec.) ICO V E N I N I Se E non fosse una frazion piccolissima, questa for- mola sarebbe sensibilmente diversa da A' A . -r= — ; 7TT^, 77-. cioe da quella del sia;. Laplace; a' a {\ -¥■ E [T ~ t')) ^ ° ^ ma per la tenuissima qiiantiia, di cui il mercurio si di- lara per ogiii grado del tennometro eziandio di Reau- mur, il valore delle due formole e quasi lo stesso, ed ecco in qual modo. L' espansion del mercurio, che La- place dice d'aver trovata colTesperienza, e ^r-r— per o- gni grado del termoir";tro a scala centenaria. Essa e laddove quella del sig. Laplace e a' a ( 1 ,00080844) or J' ffe- — =—, E — rT • ^io posto, ognun vede die la di ti a [i , 000775) ^ o renza tra i due denominatori si riduce ad a (o,ocoo3344), cioe a pom piu di tre centomiile?iine moltij)licate neiral- tezza a del barometro superiore, quantita cosi piccola, die nel calcolo delle altezze dei luoghi potra senz'al- cun pericolo d'errore neglignuarsi. In fatti la supposta dilTerenza di 20 gradi nella tem- 102 V E N 1 N I peratura dei due barometri non puo aver luogo, se la lor tlistanza verticale noa e maggiore di due niila tese, e per consegueute se a non e niinore di duecento liuee. Ma quando anche fosse a =200, lin. la dilTorenza dei due deuominatori sarebbe 200 (o,oooo3344):=(o, 006688) lin. cioe ineno di sette millesinii di linea, alia quale nel calcolo delle altezze non puo corrisoondere una sensi- bil dili'erenza. JNella sola osservazion del Monbianco s'e trovata finora tanta diversita di teinperatura. lo non so vera- mente quali fossero i gradi dei due tertnometri aitaccati; perclie il sig. deSaussure ha date le altezze dei barome- tri gia corrette da lui colla regola del suo concittadiuo DeLuc. In quest' incertezza supporro , cbe nel tem- po ileH'osservazioue la teinperatura dei barometri sia stata eguale a quella dell'aria, cioe r' = 22°,6; f'= — 2,3- In questo caso fu dunque T'—t'=2\°, 9 quasi ugua- le alia dillereuza niassima 25° da me supposta. L'altez- za corretta del barometro iuftriore si ebbe sottraendo, giusta la regola di DeLuc, i5, 24 sedicesimi di linea dair osservara, e quella del superiore aggiungendonc all'osservata 8, 81. Le due altezze osservate luron dua- que 5242 , 12; e 3095, 21. Cio posto, si ebbe colla mia formola ^ = ^^4^^'^ 524a,. ^. coll'altra a' 3cy5 , ^i ( i , 00580844) ~ 3i i3 , i883 ' ^ -£'__ 524a , 12 524a , la a' 309.5 ,z. ( I , 005775) ~~ 3w3 70848 * fo3 La differenza dei due denomiuatori e di 16000 STTLLE LIVELLAZIOXI B VROJinTRICHE io3 di llnea, o di linee o, 0064, vale a dir che non giun- ge a sette millesinii, cosi appunto come sopra abbiain detto che dovrebbe avvenire. £ se coi due valori di A' • — si calcolera V altezza del monte, la differenza dei due risultati sara minor d'un piede su 13404. S E Z I O N E IV Delle dilatazionl dcW aria prodotte dal calorico. 32. Ho detto qui sopra, che la dilatazion media deir aria dedotta dalle sperienze di dodici diversi Fi- sici e o, 00^1.870 per ogrii grade del termometro di Reau- mur coU' antica scala, eil ora ne daro la prova. Hau- ksbee, Cruccliio, Mayer, Bradley, La Caille, Bonne, Sliuckburg, Saussure, Gai Lussac, e Kirwan credon le dilatazioni senipre uniform!; ma non s'accordan fra lo- re neir assegnarne la qnantita. Imperciocche, chiamato I il volume dell' aria alia temperatura del ghiaccio, la dilatazione per ogni grado e espressa dai numeri seguenti second© Hauksbee Cruccliio Mayer Bradlry La Caille Bonne Sluukburg Saussure Gai Lussac Kirwan o , oojGGi c , oo5i39 0 , 004540 o , 003364 o , 0039:^7 o , 00^708 o , 006467 o , 0042 4O o , 004607 o , 005620 104 Venini Ma le dilatazioni novate dal General Roy son variabili come apparisce clalla tavola posta in fine della prima parte di questa niemoria. Volendo pero prenderne nna media, e considerarla come uniforme, bastera farlo in un intervallo di temperature diverse, okre il quale non sian mai per estendersi quelle delle livellazioni baro- metriche; e come tale si puo considerar T intervallo da — 5°a-«-25°. Ora nelle tavole del Roy la condcnsazion per — 5" e i, ooo— o, 9705^0, 02^5; e la dilatazione per -+-25° si vede ancb'essa nella tavola esser o, i323. La somma della condensazione e della dilatazione e dunque o, i568; e questa divisa per 3o gradi d' inter- vallo da o, 005226 per la dilaiazion media supposta uniforcne. Per gli sperimenti del Dakon, il cui risultato si leg- ge nella biblioieca britannica al tomo XXI scienze ed arti, la dilatazione dell' aria dal grado 55 Farhe: al 212, avuto riguardo alia dilatazion del vetro, e o, 325. Dun- que, supponendo cli' ella sia uniforme, e cominci dai volume del grado 55 preso per unita, ad ogni grado corrisponde la dilatazione —^ — =0,00207. La conden- sazione per 23 gradi, intervallo posto fra 55° e 32°, e dunque 23 (0,00207) =0 , 0476 1; e questa sottratta dal volume I da per residuo o , 95239 volume corrispon- dente al grado 32. Collo stesso calcolo si trovera, che il volume pel grado 33 e o, 95^46. Trasportata final- raente I'origine delle dilatazioni al grado 32, si dira co- rne 95209 a 95446, cost i ad 1 ,002173 volume del gra- do 33. Dunque Tespansione per ogni grado di Farbe- neit , cominciando dalla temperatura del ghiaccio, e SULLE LITELLAZIONI BAKOMETKICHE 100 0 , 00217344, e la totale dal ghiaccio all' acqua bolleute 0,3912192, non 0,373 come altri ha crecluto ingaii- nato dalla comune inavvertenza di trasportar le dilata- zioni da una teuiperatura ad un' altra senza cangiur- ne Tunita. 11 Palton ha trovato egli pure non esser le dila- tazioui uniformi ed avere il General Roy con ragioiie affermato, che nelle alie temperature esse van lenta- mente diminuendo. Ma egli non ha dato, ch'io sappia, la serie delle successive dilatazioni, come ha fatto il Roy; onde per me resta incerta la dilatazione dal gra- do — 5 al -»-25; la qual divisa per 3o darebbe la dila- tazion media corrispondente a quella del Roy. Per sup- plire a questa mancanza, io supporrb che le dilatazio- ni per 80 e 3o gradi sian proporzionali nelle sperien- ze di questi due Fisici, vale a dire, che 0,412492 di- latazione per 80 gradi del Roy sia a o, 391219 dilata- zione per 80 del Dalton come o , 1 568 dilatazione per 3o° del primo a 0,1487135 dilatazione per lo stes- 80 intervallo del secondo. La dilatazion media da— 5" a-H25° sara dunque per gli esperimenti del Dalton o , 604957. Si aggiungan finalmente queste due dilata- zioni allaltre dieci, e si trovera la media delle dodi- ci esser o , 004878. La dilatazione — ^ per la temperatura 16°, 78, che il DeLuc ha dedotta dalle sue livellazioni barometri- che trasportata alia temjieraiura del ghiaccio e (pel num. 16) o , 0050435, o piu esattamente o , 0050441; e per conseguente la differenza tra (juest'espaiisione tratta da osservazioni faite all' aria aperta, e la media delle do 7\ //. P. J. 14 I06 V E N I N I dici fatte nelTaria cliiusa nei manometri e di sole i66 inilionesime. Sezione V Delia diminuzion del calore corrispondente aW accrescimcnto delLe aliczze nell'atmosfera 33. Per mezzo di 9 osservazioni abbiarn trovato al num. ii3, che il medio abbassameuto d'un termometro alzato verticalmente nelT atniosfera e d' uii grado di lleanmnr per ogni centinajo di tese. Vediaui ora se a questo risultato sian conformi quelli di varie altre os- servazioni fatte ad altezze noii minori di 5oo tese. La massima altezza misiirata dal General Hoy e quella di Peak of Snowdon sopra Carnarven Quay, la qual e di 3555 piedi inglesi corrispondenti a 3335, 6779 francesi, o tese 555 , 9455. Le osservazioni furon fat- te in due giorni diversi, cioe ai 7 e 14 agosto 1775. Nel giorno 7 le medie di tre osservazioni diedero 7^=59° ^ , e t=48° if di Far. corrispondenti a 12°, 17; e 7°, 46 di Reaum. Nel giorno 14 le osservazioni furon quat- tro; e le medie diedero 58° , 5 ; e 44" , 06 F.,ossia il% 71 ; e 5° , 36 R. Le medie delle due medie furon dun- que n'' , 97 ; e 6" , 41 ; la cui difl'erenza 5° , 56 corri- sponde esattamente ad un grado per ogni centinajo di tese. La magglor altezza misurata dal cavalier Shuckburg e quella del monte Mole non lungi da Ginevra di piedi inglesi 421 1 corrispondenti a tese di Francia 658,535. Le medie di 6 osservazioni fatte nella mattina d'un me- SULLE LIVELLAZIONI BAUOMETUICHE IO7 desimo giorno diedero T ^= 63", o3 ; e f = 5o°, 1 3 F. cor- rispondenti a i3" , 79 ; e 10° , 72 R; la cui differenza e 3", 07. Or questa per ogni cento tese da gradi o, 4507; cioe meno d' un mezzo grado. Neir osservazioiie fatta da' signori Charles e Ro- bert in un globo areostatico il prime dicecnbre 1783, la massima altezza cui giunsero, fu, secondo il calco- lo inserito dal sig. abate Oriani nella sua meinoria sul- le rifrazioni, di tese 16^.9 a un di presso. Le altezze dei termometri furono Tzzri-t- 7" , t=— S*", e per con- seguente T—t= 12°; alia qual differenza corrispon- dono gradi o , 7277 per ogni centinajo di tese. L' altezza della cinia dell' Etna sopra il mare, per un'osservazion barometrica del sig. de Saussure calco- lata da lui col metodo del De Luc, risulta di tese 1672; e nell'osservazione fu T=: i8^,5;f=3'',5,eT' — 1= i5°. A qnesta ditlerenza corrispondono gradi o , 8971 per cento tese. E si avverta, che il termometro superiore era sulForlo del cratere vulcanico, ove la temperatura doveva esser maggiore della vera, e render minora la differenza. Finalmente in un'osservazione del sig. Ramond , del- la quale avro altrove occasion di parlare, lu 7=15", 3; r = 3° , 2 ; T — f = 12° , I ; e la vertical distanza del- le due stazioni di tese 1341. Con questi dati si trova- no gradi 0,9023 per ogni centinajo di tese. Abbiam dunque undici osservazioni che danno un grado per cento tese, cioe le nove del num. 23 , e,Ie due del General Roy. Fatta la sonima delle undici uni- ta e dcUe quattro frazioni corrispondenti alle altie os- servazioni; poi diviso il tutto per i5, numero delle os- I08 V E N I N I servazioni, abbiamo gradi o , 9.318 per ogni centinajo di tese; la cui differeiiza dalPunita non giugne a settc centesimi di grado. La dimimizion d'un grado per ogni centinajo di tese e dunque presso a poco conf'ermata da iSosserva- zioni fatte a grandi altezze, cioe da tese 5co all' incir- ca fino a 2284 , in alcune delle quali la stazion supe- riore fii la sonimita di monti piii alti di tutti i vicini; *d in una fu I'aria libera. Ma nella celebre salita areo- statica de'signori Gay Lussac e Biot la diminnzion del talore fu tanto piccola, che non puo conciliarsi con iiessuna delle altre osservazioni . AU'altezza di oltre a i333 tese la diderenza dei termometri non passo i tre gradi, ed a qnella di 2000 tese fu poco piu di cinque gradi e niezzo. I due Fisici che asceser col globo, ed ai quali son note anche le piu minute circostanze del lor aereo viaggio, forse potranno forniare qualche plau- sibil congettura sulle cagioni di questo siiigolar calore delle parti superiori deH'atmosfera. Ma della relazione di questo viaggio fatta dal sig. Biot all' istituto naziona- le di Francia io non ho letto che un breve estratto, il qual si trova nel tomo primo della JNuova scelta d' o- puscoli interessanti dell' anno 1804; pag. i8oe seguenti: e da questo raccolgo soltanto, che un vento settenirio- nale trasporto il glol)o alia distanza di 18 leghe in tre ore e mezzo. Or se questo vento, che suol portare un'aria piu fredda, fosse stato assai piu forte, e avesse coiuinciato a spirar prima vicin di terra che in alto, e' potrebbe aver lasciato nelle parti superiori dell' atmo- sfera una maggior quantita dell' aria portatavi ne'gior- ni precedenti da altri venti piii caldi. Ma, qualunque SULLE LIYELLA.ZIONI BAROMETRICIIE I OQ ne sia la cagione, il fenomeno e certameiite straordiiia- rio, e non puo per conseguenza ne distrugger ne altera- re la regola della diminuzion del calore dedotta da tan- te osservazioni o perfettamente o molto concord i fra loro . 34. A questa regola ha fatto qnalche ingegnoso cangiamento il sig. Kirwan nella sua bell' opera suUe variazioni dell' atmosfera . lo rapportero qui cio che ne dice il sig. Pictet nel terzo estratto dell' opera anzi- detta alle pagine 3^2 e seguenti del tomo XXI della biblioteca britaiiuica sclenze ed ani. „ De Saussure stabilisce, che dal grado 46 al 47 „ di latitudine, e nei mesi d' estate il calor medio dell'a- „ ria diminuisce d'un grado di Reaumur per ogni cen- „ to tese di salita nelV atmosfera cominciando dal livel- „ lo del mare; lo che fa un centesimo di grado per y, tesa, la qnal regola se fosse esatta, sarebbe como- „ dissima nellapplicazione. „ Ma I'autore le rimprovera con ragione, ch'ella ;, suppone invariabile la diminuzion del calore, qualun- „ que sia la temperatura osservata alia stazlon inferiore, „ vale a dire, che la colonna d' aria e simultaneamente „ niodificata della stessa quantita, quando succede alia „ sua base un cangiamento di temperatura; la qual sup- „ posizione e contraria alle osservazioni; e I'autore ne „ reca la prova. 11 modo con cui egli procede per ot- „ tenere nn'approssimazione piu esatta ci sembra mol- „ to ingegnoso. Egli cerca negli strati superiori dell'a- ,, ria un punto, di cui sia nota la temperatura, ma la „ cui distanza dalla terra ugualmeiHe nota, sia abbastan- „ za grande, perche i cangiamenti di temperatura, se 110 V E N I N I „ alcuno ve n ha a si fatta ahezza, non abbiano che „ un efletto insensibile sulTaltezza totale. Supposto che „ sia nota (e ben tosto vedremo che lo e) la tempe- ,, ratura di questo termine snperiore, si stabilisce per „ osservazione la teinperatura del termine inferiore: si „ ha cosi da una parte I'altezza della colonna d'aria; „ daH'akra la diflerenza di teinperatura alle due stazio- „ ni della colonna medesima; e dividendo quest'altezza ,, in un numero di |)arti eguali, e la dillerenza di tein- „ peratura in un numero di parti corrispondenti, si ban „ gli elementi d'lma progressione aritmelica cosi sem- „ plice come quella di de Saussuie, ma ben piu sicu- „ ra neir applicazione. „ Bouguer aveva gia inostrato nel 1749 (a), esiste- „ re ad una certa altezza neU'atmosfera diversa secon- „ do le latitudini due punii, de'quali egli chiama uno „ il termin superlore, I'altro V inferiore della congelazio- „ ne: il primo e quelle, sopra il quale nou s'alza mai „ alcun vapor sensibile; ed il secondo quello, ove gela „ tutte le notti anche in estate, e dove in quella sta- „ gione la temperatura non si alza die poco sopra il „ termine della congelazione. La temperatura costante „ di questi due punii e alineno di 62° F. o zero della „ scala conmne. „ II termin superiore della congelazione e quello, „ che il sig. Kirwan sceglie per ultimo termine della „ progressione da stabilirsi: la determinazione della sua „ altezza a diverse latitudini era gia stata 1' oggetio (a) l-'.i;li r aveva .lia fatto nel 1744. in una inemoiia inipre biik iicl vo- lume di (jucll anno tlcllaccajeiuia dcile scienie. SUI.LE LIVELLAZIONI BAnOMETUICnE I I I „ d'una particolar ricerca nell' opera, ch'egll pubblico „ nel 1787 sulla temperatura del Globo. Egli ha poi „ introdotra una correzione per le latitudini superiori „ al grado 55 ; e la deterininaziorie non si applica fuo- „ ri dei tropici se non nei mesi di maggio, giugno, lu- „ glio, e agosto. Nei mesi d' estate le due curve, che „ passano pel termine superiore e inferiore della con- „ gelazione, s'accostano; e siccome 1' inferiore e la piu „ mobile delle due, 1' autore sceglie la superiore per „ termine fisso di paragone; e dopo d'aver preso da Bou- „ guer, da Saussure, e da altri Fisici i dati che som- „ rninistran gli elementi di quest' approssimazione, egli y, ne costruisce una tavola, che qui trascriviarao lascian- „ dola in piedi inglesi. Lnt'it. Piedi inglesi Latit. Piedi inglesi Latit. Piedi inglesi 0 28000 18 25221 32 20146 5 27784 19 24941 33 19800 6 27644 20 24661 34 19454 7 27504 21 24404 35 1 9 1 69 8 2736^ 23 24147 36 18577 9 27224 23 23890 37 17985 10 27084 24 23633 38 17393 1 1 26880 25 23423 39 16801 13 26676 26 22906 40 16207 i3 26472 27 22389 41 1 57 12 H 26268 28 21872 42 i5:^J7 i5 26061 29 2 1 355 43 14722 16 25781 3o 20838 44 14227 17 25701 3i 20:^92 45 i373q Iia V E N I N I Latit. Piedi inglesi Latit. Piedi inglesi Lat'it. P'tedi ingieri 46 i3235 61 5o68 76 4067 47 12740 6a 4989 77 4015 48 122^5 63 4910 78 3963 49 1 1760 64 483 1 79 3911 5o 1 1253 65 4762 80 386i 5i 10124 66 4684 81 38i5 5a 8y65 67 4616 82 3769 53 7806 68 4548 83 3723 54 6647 69 4480 84 3677 55 5617 70 4413 85 363 1 56 5533 71 4354 86 359a 57 5439 72 4295 -87' 3553 58 5345 73 4236 88 3514 59 525i 74 4177 89 3475 60 5148 75 4119 90 343a Supposta I'esattezza della sua tavola, il Kirwan in- segna a-determinare con una regola assai facile i gra- di, che il termometro debbe avere a diverse altezze deir atmosfera , ed a laticudini diverse quando sia da- ta I'altezza del termometro alia stazion inferiore, e fat- to il calcolo per 18 osservazioni scelte fra quelle di Bouguer, Saussure, Roy, e Phis fatte ad altezze e la- titudini diversissime, espone in una tavola i risukati del calcolo paragonati colle osservazioni; la cui differenza non accede per V ordinario alcuni decimi di grado di Farlieneit. In due casi la differenza sale ad alcuni gra- di: uno di questi e I'osservazion delTEtna, in cui giun- ge a sei gradi; ma pel Moubianco la differenza tra il SULLIi LIVELLAZIONI KAItOMETRICIIE Il3 calcolo e Tosservazione, e giusta la tavola, di soli diciot- to ceiitesimi di grado Far. 35. Tali sono le asserzioni del Kitwan, che si leg- gono nella biblioteca britannica: resta a vedersi quanto sian confornii alia verita. Per venirne in chiaro vediain primieramente in che consista la regola deirautore. Sia L una data latitudine; ed osservata in questa 1' altezza T, die il termometro di Far. ha al livello del mare in un giorno estivo, si cerchi qual abbia ad esser 1' altezza del terinotnetro in nno strato superiore dell' atmosfera posto ad una data distanza dalla superficie del mare. Si trovi nella tavola la distanza della Imea superiore della congelazione dal mare per la data latitudine Z, e si chiaini D . La differenza di temperatura per la di- stanza Z), cioe dal mare alia linea di congelazione sa- ra dunque T — S2'' ; e per conseguente (se gli abbas- samenti del termometro si fa nno in progressione antme- tica, e son proporzionali alle akezze) ad ogni piede di altezza corrispondera 1' abbassamento — ^ — • Cio posto, se c? e il numero de' piedi, pe' quali lo strato superiore dell' aria dista dal mare, l' abbassamento del termometro per quello strato sara ^ ^ — — . Uun~ que r altezza, cui quel termometro fia ridotto , dovra (T—ScL'')d essere T - D Suppongasi ora, che il luogo, in cui si osserva il T. IL P. J. i5 114 V E N 1 N I teriiiometro, sia j)iii alto del mare della qnantita yf; ed e manifesto die la sua distanza dalla linea di congela- zioiie noil sara piu Z), ma si ridiirra a D—A, e I'ab- bussainento del termometro per ogni piede di altezza sara -j- — '—— . Dunque, chiamata ^ la distanza d' urxo suato superiore dell' atmosfera dal luogo dell' osserva- zione, 1' abbassamento del termometro per lo stesso strato sara —yz -— , e sottratto questo da / , si avra la temperatura cercata dello strato superiore. Applicliiam ora la regola all' osservazion del Mon- bianco; e riducendo le misure francesi a piedi inglesi ed i gradi di Reaumur a quelli di Farheueit, avremo J= 1283 , i6.3; r= 82% 85; )= i,+285, 3. Per la latitudi- ue di Ginevra, ch'e di circa 46" 10' avremo Z) = i3i53; B -J= 11869,837; e T— 32" = 5o , 85. L' abbassa- mento del termometro dovette per conseguenza essere (■'50°, 85) (1428.1 , 3) - o , . j.^-, 1 o • „ — —-' ^ = 61 , 108; la GUI ditterenza da 82 , 11809 , 8.J7 ' y ' 85, e 21°, 652, altezza, che dovrebbe avere il termome- tro al livello della stazi'on superiore, laddove nelTosserva- zione fu di — 2", 3R. = 26'',825 F. La differenza tra il calcolo e 1' osservazione e dunque di 5", 173, non di o", 38, come dice il Kirwan. £ si avverta che il grande am- masso di nevi e gliiacci, ond' e coperto il Monbianco, deve nell' osservazione aver diminuira 1' altezza del ter- mometro, e resa per conseguente minor del vero la SITLLE LIVELLAZIONI BAROMETRICHE I I 5 differenza suddetta. In fatti, se al livello della stazion superiore, ma fuori del raffreddamento locale della ci- ma del monte, la temperatura deli' aria si sara ridotta (come io ho gia siipposto nel num. 23) a — i° R. = 29°, 75 F; la differenza dalT osservazione al calcolo risul- tera di H\ 098 F. 11 Kirwan non ha ppobabilmente avvertito, che la distanza della linea di congelazione dee prendersi dal- la stazion inferiore, dove si e osservato il termometro, e non dalla superficie del mare. Ed inyero, sostituen- do nel calcolo precedente il valor di Z) a quello di D— J , si trova che I'altezza del termometro alia sta- zion snperiore debb'essere 27° , 62.3 ; la cui differenza dall'altezza osservata e o°,798 poco mao-o-iore di 0° 30' ditferenza asseonata dall'autore. Mell'osservazion dell' Etna, di cui suppongo la la- titudine 37° 40' , I'altezza del termometro al livello del mare fu 73°,62. La distanza Z) della linea di congelazione e in questo caso [7591; e quella della stazion superiore d= 10691 ,494. L'abbassamento del termometro dovet- te adunque esser per la regola f4'% 6a) (10691,404) 296 : e questo sottratto da i^ , 62 altezza del termo- metro iuffriore, da qudla del superiore di 48% 324. Ma il termometro suH'orlo del cratere dell' Etna fu a gradi 3° , 5 R. = 39° , 875 F. La regola del Kiruan da quin- di gradi 8,449 pin dell' osservazione, sebben questa sie- si fatta in un luogo in cui I'aria doveva essere scalda- ta dalle esalazioni del vulcano, e diminuir la differen- za. Anche I'autore coufessa esser la sua regola in que- Il6 V E N I N I sto caso alquanto dilettosa; ma dice la differenza di 6" F. in liiogo di 8° e quasi mezzo. Questi risiiltaii mi rendon alquanto dubbiosa la somnia esattezza, che il dotto Fisico attribuisce alia sua regola; ma niente di positivo ardisco affermare; perche i soli estiatti del suo trattato delle Variazioni deiracmo- sfera, che ho letti nella biblioteca britannica, non mi permetton di farlo. 36. 11 principio del Kirwan puo egaalmente appli- carsi alle due ipotesi del calor decrescente nelle due prosressioni aricmetica e armonica; ed io, servendoini delle antiche misure iVancesi, e del termometro di Keau- mur, lo t'aro nel modo seguente. Avverta pero il let- tore, che i numeri delia tavola del Kirwan, cioe i pie- di inglesi cangiansi in tese di Francia, mokiplicandoli per la frazione o, 1 56384. Colle tese tVancesi per unita si cbiaini, come dianzi, D la distanza della liuea di con- gelazione dal uiare per una data laiitudine in estate. Sia T I'altezza del termometro in una stazione piii al- ta del mare di tese ^, e C il calore che gli corrispon- de nelle tavole. Dovendo alia linea di congelazione es- ser f = o , sara c = i. Si sostituiscan questi valori .nella formola del calor decrescente in progressione aritmeti- ca c = C — m a;; e questa si cainbiera in \ = C — m [D — A). Sara dunque m= ^ _ . . Determinato il valor di ?n, si avra tosto anche quello del calor c per una stazione, la cui distanza dali' inferiore sisi d; e cio per mezzo della formola c = C jj— a ' SULLE LIVELLAZIONI BAHOMETUIOHE II7 INell'osservazion del Monbianco fu D = 2o56 , 91 ; A s=2oo ,6G;D — A = i856 , 25 ; C = i , 1 198 ; e d = 223^. Fatto il calcolo ton questi clati, si trovac = o, 9766 , cui corrisponde il giado — 5 ; laddove nelT os- servazioiie t'u = 2 , 3 , e senza il freddo locale della sominita del inonte sarebbe forse stato — i. Con que- sto risulrato la did'erenza tra il calcolo e I'osservazione e di 2° , 7 R. = 6^ , 07 F. non 5°, 178 come sopra Tab- biam trovato: ma questa differenza nasce dalle tavole del Roy, delle quali bo fatto uso nel calcolo. In fatti, supponendo le dilatazioni dell' aria uniformi, e di o,oo5 per ogni grado di Reaumur, a gradi 22° , 6 corrisponde C = I , 1 1 3 ; -lrz~v =0,1 36; e c=i, ii3— o, 1 36 =: o , 977 = I — o , 023 ; cui nella siipposizione di o , oo5 di condensazione per ogni grado sotto il zero, corrisporidono gradi —4,6. La differenza dal calcolo airosservazione si riduce qniudi a 2° , 3 R. = 5", 176 F. inaggiore della gia trovata non piu die due millesimi di grado. JNVU'osservazion del Legnone, la cui latitudine e 46" 6' fu D = 2069 , 42 ; yi = 71 , 55 ; Z) — J:= 1987, 87 ; C=: I , 1219 ; e f/ = '^^^ ■> 7- Or. questi numeri so- stituiti nella formola danno c = i , 0434 ; cui corrispon- de f= 8' , 12. Ma neir osservazione fu t= 1 1° , 12-5 mag- giore di gradi 3 , oo5. II Monte Generoso in fine k presso a poco alia la- titudine 45" , 56' ; alia qual corrisponde D = 2074 , 9. Quivi neir osservazione fu ^^ = \o^ ; D — A= 1966,9; C = I , 1046 ; e f/ = 769. Or da questi dati risulta c = I 1 8 V E N I N I I , 0637 , e f = 12', 218, laddove nell'osservazione fii t = 14°. In qiiesto caso la differenza si riduce dunque ad 1° , 782 , o poco piu d'un grado e tre quarti. L'ipotesi del calor decrescente d'un grado per 100 tese di salita da neH'osservazion del Monbiancof=22'', 6 — 22" , 34 = o , 26 maggior delT osservato di 2° , 50 ; laddove il risultato della regola del Kirwan e minore di 2° , 7. JMa se il termometro al livello della stazioa su- periore e senza il fieddo locale della ciina del monte sara stato a — 1" ,com'e veiisimile, la regola del Kir- wan dara gradi 3,79 di meno, e I'altra supposizione 1° , 26 di piu. Al Legnone la stessa regola ha dato un eccesso di 3 gradi, e I'altra supposizione lo da di i'^, 682. Al JMonte Generoso finalmente i risnltati furon quasi e- guali; poiche 1' uno fu, come abbiani visto, 12°, 218; e r altro e 19'', 75 — 7"-, 69= 1 2''. Ma si avverta che 1' os- servazione fu fatta alia rneta di settembre; nel qual tem- po la linea di congelazione puo essere stata alquanto pill bassa. Or cio posto, la frazione — ^r — avrebbe avuto un denominatore un po' piu piccolo, e per con- spguente un valore un po' piu grande; il quale sottrat- to da C diminuirebbe alquanto i valori di c, e di f. La formola per la diminuzion del calore in pro- C gressione armonica e c= ^^ (num. 24); dalla qual si deduce ni = . Ma la regola del Kirwan sup- C X ° * SULLE LIVELLAZIONI BAUOMETRICHE lift I pone c=i, ed x = D — A, e per conseguenza m = Q I jj _ . come neir ipotesi del calor decrescente in pro- gressione aritmetica. Pongo questo valore di m nella prima formula, e sosticuisco d ad x. Da queste sosti- tuzioni risuka c= - , . d(C-^) • D— A Applichianio aiiclie questa formola ai medesimi esempj. Nell' osservazion del Monbianco e ■ J, = D — A _ 1^1198 0,14418; d'ondeviene c= —^^ ^^ =0,9787; al qual calore corrisponde f = — 4° \ in luogo di — a°, 3, o piuttosto di — i°» Con un simil calcolo si trova pel Le- gnone c = rr^^ = i , 0402, e f = 7 ,83 in luoeo ° I , 07050 ^ ' ^ di 11", 125. E pel Monte Generoso e c = " ^^^ =z i, * 1 , 0409 0612; e f= 11", 76 in vece di 14". C Ma sostituendo ntlla formola c = il valor \ ->t- m X medio di m trovato al num. 24, cioe 0,00004666, si haniio i seguenii valori . Pel IMonbiauco c= i ,0141; t = 2 , 8. Pel Legnone c= i , o585 ; f = ii"*, 219. Pel Monte Generoso c = i , o66j; t= 12°, 69. lao V E N I N I II primo risukato pel freddo locale della sommi- ta del moate e maggior del calore osservato, di gradi 5, i; ma la dillerenza si riduce a 3" , 8 nella supposi- zioa piu probabile di f= — i° in luogo di — 2° , 3. II secondo siipera quello dell'osservazione poco piii di i3 centesimi di grado; ed il terzo e minore del calor os- servato di 1° , 3i. Per questi esempj non pare adunque, che il va- lor variabile di in deterrninato in ciascliedun caso par- ticolare coUa regola del Kirwan, sia da preferirsi ai me- dii e costanii dei num. 33 e 24, I'uiio per la progres- sione aritmetica, e I'akro per rarmonica. 37. Ma se alcuno vorra pur servirsi nelle livella- zioni barometriche della regola anzidttta, egli il potra fare ove si avveriiio le seguetiti condizioni : F die sia nota r altezza della stazion inferiore sopra il livello del mare: II' che ne sia nota la latitudine: IIT che le os- servazioni siau fatte in estate. Ne serva d'esempio la solita osservazion del Mon- bianco; alia quale nessuna manco delle indicate con- dizioni. In essa fu (7=1,1198; D — A =1^56,25; ... , ,. C— I . , o, 1198 e qunidi in, ch e = jj _ j •> vien ad essere = -qTE — ? = 0,00006454. Essendo 5 = 401 3, 2 pel num. 26, sara C mB = 0 , 25qoi. Sara in oltre — =17355,8. Sostitui- yi — a SCO questi numeri nella formola x = —I ^ — | (^« ,25901 ^O ,26901 V , ) . ^o , 36901 / SULLE LIVELLAZIONI BAROMETRICHE 12 1 NeU'osservazione (n A = 826 , 68 lin. , ed £1=192,9. Calcolo con questi dati, e trovo ^^ ' ''^^°' =4, 479018; ^0,15901 _ 3 (^Qy-,2_^ Finalmente, sostituiti nella forrao- la tutti questi valori e fatto il solito calcolo, ne risulta // a; = 3 . 3451215, ed X" =: 22i3 , 713 tese, altezza mi- nore della media geometrica di tese 20 , 287; laddove il valor costante di m = o,oooo5, come vedremo nel- la sezion seguente, ne da i2,63i di piii. Per la progressione armonica gia abbiam visto, es- ser il valoie di m lo stesso die per I'aritmetica; onde avremo ancora m =0 , 00006,^54, ed — == 15494 , 36. Sostituiti questi valori nella formola del num 27, ella cangiasi nella seguente X = 1 5494 > 36 I — I -+- y/( r -4- Z/ I , 1 934 C L — )| . A La somma dei logaritmi di i , 1934, di C, e di Z — e 9 . 4853637; cui corrisponde il numero 0,305748. Sara dunque x= 1 5494,361— i -t- v/( i ? 3o5748)|= 15494, 36 (o , 1437) = 2211 , 46 altezza minore della media geometrica di tese 22 , 64. Alia fine del num. 27 ab- biam trovato, clie col valor costante di m = 0,00004666 risulta un' altezza maggiore della stessa media di tese i5 , 44. Nella solita osservazlone del monte Saleve fu D = 2o56 , 91 ; A = 196; D — A = i860 , 91 . In oltre le akezzf corrette dei baroiuetri furono in sedicesimi di li- T. IL P. J. 16 123 V E N I N I neay4=520o; a = 4632; fu C= i ,o544: m=—^- = ^^ i860 J 91 0,00002923; ni B = 0,11-?) I. Or da questi valori si tvi\e A"" =2 , 72867; a'"'^ = 2 , 6913197, e sostituid tutn questi numeri nella formola x = — ( „ — ) ' si trova Z.r = 2.693i 884, ed x = 493, 3878. Quest' al- tezza supera la livellata di tese 5 ,61. Ma nella sezion seguente vedrenio, die il risultato del calcolo faito col valor costante di m da I'altezza di tese 491,361 3 , die supera la livellata di tese 3 , 58. Per la pro^ressione armonica avremo ancora m = o, 00002923, e sostituiti nella formola del num. 27 i valo- ri di /n , 5 , C, e Z -, troveremo a a; = 342 1 1 ,426 |n-v/(n-(o,54o2i j))(i,o544)(o,o5o9858)| = 481 ,2039 tese. Questo risultato e minore dell'altezza livellata di tese 6,674; laddove quello del calcolo fat- to col valor costante di m, pel num. 27, e maggiore di 3 , 792. JNoi possiam dunqne conchiudere al fine, die 1' i- potesi del sig. Kirwan non e applicabile alle livellazio- iii baro.netriche per due terzi dell' anno e per tutti que'casi, ne'quali s' ignora quanto la srazion iuferiore sia distante verticalmente dalla superlicie del mare; die rende i calcoli assai piii complicati e laboriosi; e final- mente die conduce a risultati men conformi alle mi- STJLLE LlVELLAZIONl BAROMETUICHE 123 sure geometriche ed alle livellazioui che qiielli della nostra ipotesi di m costante. JNon voglio terminare la presence sezione senza correggere uuo sbaglio, che m' e scoiso iiella prima parte di questa inemoria. Al num. 28 calcolando il va- lor di c per T esempio secondo, dopo d' aver trovato mx= o , 0237966, ho sottrutta questa frazione da 1 , o5<:|4 valor di C\ nel che mi sono ingannato; poiche per r ipotesi della progressione armoaica Tespressio- C ne di c e , non C — mx. II vero valor di c e dun- i -i~ m X ' ' o544 -i c o 1 que „ , , = I ,C2QQ, e non i, odoogoa, come ho * I , 0237906 ^^ ^ detto nel luogo citato. Facciasi questa correzione nel calcolo deiresempio secondo, e si trovera L 7^ : = o, 0178703 in luogo di o, 0180194; ed x = 491 , 354, "O" 491 , 523 , ov'e da avvertu'e, che per un' altra svista alia pagiiia 407 lin. 14 si e posto 323. 11 mio sbaglio non e dunque in questo caso d' alcun momento; poi- che la diflerenza tra i due risultati si riduce a 169 mil- lesimi di tesa o poco piii d'un piede. Ma in altri ca- si la differenza puo essere assai maggiore; e quaudo an- che non fosse, lo sbaglio dev' esser corretto. Fatto il calcolo deir osservazion del Monbianco col vero valor di c , che e i , 01 1875, si trova x = 22^:^7 , 486; ma dal valore inesatto i , 01 34 risulta x = 2254 , 56 maggiore di tese 7 , 073. 124 V E N I N I S E Z 1 O >f E VI DcW i potest del calor medio uni forme 38. Benclie le formole dei num. 26 e 37 diaii esat- taniente le altezze corrispondenti alle due ipotesi del calor decrescente in progressione aritmetica e arnioni- ca, ed ai valori di B ed m determiuati colle osservazio- ni; esse liaiuio non per lanto rinconveniente di condur- re a calcoli alquanio laboriosi. Ma se per abbreviarli non curerenio la diHerenza di qualche frazioii di tesa nei risultati, 11 potrem fare quanto all' ipotesi delta pro- gressione armonica col metodo del num.28, e quanto a quella della progressione aritmetica calcolando in pri- mo Inogo il calor conveniente alia stazioii superiore; e poi supponeuilo clie il calore della colonna d' aria da misurarsi sia in tutta la lunghezza della detta colonna uniforme, ed uguale al medio aritmetico fra i calori del- le due estremita. Or dati i due calori C , c , il lor me- dio aritmetico e ; e se questo fosse = i , cioe se il calor medio corrispondesse alia temperatura del ghiac- cio che si scioglie, la formola sarebbe a; = 9240, 7 L — esprimendo per ^ ed a le due altezze corrette dei ba- rometri. Or la colonna d'aria, la cui lunghezza e da- C -^ c ta da questa formola, si allunghera se e maggio- SULLE LIVELLAZIONI BAROMETRICHE 125 re dell'uniia, si accorcera se e minore; e rallungamen- to o raccorciamento si determinera rnoltiplicamlola per . Cio posto, ognuii vede che la formola diverra x = 924o,7 {-^)L- . Facciamone I'applicazione ai solid esempj dei mon- ti Saleve e Bianco. Pel nionte Saleve moltipiico la dif- ferenza logaritmica 5io per o , oocoS, e scttraggo il prodotto o , 0235 da i , o5^4 calore della stazion infe- riore, e n' ho il valor di c nguale ad i ,0289. Sara dun- que = I , 04165 e L — ; — = o . 01 770 10. Con questi dati fussi il calcolo seguente L{L — ) = 8 . 707449a a L ( ) = o . 0177010 'J. L coeff = 3 . 9667049 L X ■= 1 . 69085s I a; = 490 , 744 . Pel Moubianco la differenza logaritmica e 2288; il calor C= \ , 1198; e quindi c= i , 1 198 — (2288) (o , oooo5) = I , 0054; e = 1 ,0626. In questo ca- so abbiani dunque ia6 V E N I N I 9 . 3594-^72 o . 0268698 3 . 9657049 L X = S . 35j5i 19 X = 3246 , 529 Nell'osservazion dell' Etna le altezze corrette dei ba- rometri furono in sedicesinii di linea ^ = 5394, a = 363i; la differenza logaritmica = 1719; T = 18 , 5; e C= i, 0981. Fu dunque c = i , 0981 — (1719) (o , oooo5)= i, C -^ c oi2i5; e = i,o55i2. Cio posto, si ha col solito calcolo 9 . 2352874 o . 0233oi8 3 . 9657049 L X =z 3 . 2242489 X = 1670 , 883 Per trovar la differenza tra questi risultati e quel della forniola del calor decrescente in progressione ari- tmetica (^o , aoo66 __ _ 0 , 20066 V I ^o , 20066 / si facciano i calcoli coll' esponente intero 0,20066, e si trovera pel inonte Saleve j° >^°'^ __ 5 ^ 553 ^^o,.oo66^ 5 ,4382027, SULLH LIVELLAZIONI BAROMETIIICHE 1 27 e la differenza loro = o , 1297973. Cio posto, faremo il calcolo seguente L differ. = 9.11 80649 Comjfl. L A" ' -""^^ = 9 . 2543009 L loooo C= 4 • 0280054 X 2 =: 0 . SoioSoO L X = a . 69 1 40 i 3t X = 491 5 36i6 La differenza tra i due risultati e dunque di tese 0,6176, o alquanto piu di mezza tesa. Per r osservazion del Monbianco e ^o,aoo66 ^ ^ ^ 8746825 e la differenza = o , 32o5i25 In questo caso il calcolo e dunque 9 . 5o5845o 9 . 495516a 4 . 0491405 o . 3oio3oo L X = 3 . 35i53i7 X = 2^46 , 681 Qupsto risultato supera T altro di poco piu d' un deci- mo di tesa 128 V E N I N I Weir osservazion dell' Etna fiiialmente si ebbe ^o,aoo66 ^ 5 ^ ^^35 e la differenza = o , 4282 Cio posto, abbiamo 9 . 6316467 9 . aSi 1547 4 . 0406419 c . 3oio3oo L X = 3 . 2244783 X = 1676 , 773 Questo rlsultato e maggior dell' altro di tese o, 89; cioe di quasi 9 decimi d' una tesa. 39. La formola generale del calor medio uniforme e x=Blio{ ) ^ -; la quale, nella presente ipotesi A di c=C~ loooo (o , ooooS) Z/ — si riduce ad x = Bl 10 a A A {C — \ L — )L — . Or questa formola si cangia in cc = T A ^ , r A ^ 10000 r\ • ^ i loooo L -, seC — ijL — e = -w-i — • O^m voka adun- que che questa condlzion si verifichi, sara x = icooo A L -, vale a dire, che la differenza logaritmica moltipli- 8ULLK LIVKLLAZIOMI CAIIOME I'KICHE IK) cata per dit'ciiDJla dara immediaramnite 1 alte/za in te- se. Nella mia formola B L io h =9240 , 7: onde segue, che ^TT — e ■= 1 ,082169. Ora, se per esempio nell'os- servazion dell' Etna essendo A = 5394 fosse stato a = 3667; 7"= 23°, 416, e per conseguente C= 1,1 240661, si sareLbe trovato C -• k L - = i , 082169, qual e ap- punto il valore di -^. — . In questo case sarebbe dun- C Q A que a:= loooo Z/TT-7-^ = 1675,883; the e Take/za me- desima trovata di sopra. II De Luc, ed i due Fisici inglesi, che han segui- to il sue esempio, han date alcune forniole, le quali, come vedremo pailando dei metodi comuneniente chia- mati indiretti, posson ridursi alia seguente, che tutte le abbraccia. [¥) X = loooo ( I -«- I L— . V a « fa In questa J" e f esprimon le temperature attualmente osservate alle due stazioni; ^ ed a le altezze corrette dei barometri; in fine T' ed n son numeri costanti, che ciascuno dei Fisici anzidetti ha determinati coUe pro- prie osservazioni . Quando la temperatura media e = o, la formola T. II. P. /. 17 l3o V E N I N T si cangia in x = loooo ( ) L — ; ed e propria del- la temperatura del ghiaccio, che si scioglie. Sia ora =7^', e si chiami E i'espansion dell'a- rla corrispondente a questa temperatura. Cio posto, il valor d' X dell' ultima formola dovra esser moltiplicato per I -t- E quando si voglia trasportarla alia tempera- tura J"; e ne verra x = locoo ( ) {i -^ E)L — ' T -\- t ^ . . . Ma quando e = 7", la formola primitiva F si cangia in x= lOOOO L — . Sara dunque loooo ( ) n f (i -^E)= 1 0000, o sia ( ) (i -4-^) = i; e per con- seguenza i -t- E = ^; . L' espansione E e dunque n T" '^ _^ rp,-— I = ■ rp,. E quindi, se si suppone uni- T' forme, essa fia per ogni grado = ^— — -— = _L_. . La formola generate per qualunque temperatura me- dia uniforme sara dunque della forma seguente (P) x= ,oooo(-^-) (r -^^^^^z^) ^- . SULLE LIVELLAZIONI BAROMETllICHE l3l Secondo il sig. DeLuc n e =ai5, e T':=i6°, 7$. Si . . , ra— T' 108 ,a5 sostituiscan questi numeri, e si trovera =-^ — f— = 9220 , 93 ; - _■ ,j,, = — 7j — -r =0 , 0060441 ; e la formo- la diverra x = 9220 ,93 ( i h- (o , 0060441 ) ) L — . Al num. 16 abbiam trovato, che le osservazioni del De Luc danno 1' espansion unifonne per ogni gra- de = o , 0050435 ; ma si avverta, aver noi allora sup- posto per semphcita raaggiore, che i — — sia = o, 9221 in luogo di o, 922093, ch'e il vero valore del- la frazione. Per facilitare i calcoli, la formola precedence puo ridursi seiiza verun sensibil errore a quest' altra forma X = 9221 (i -+- (o , oo5) ) L- . Or, sein questa can- geremo le tese in metri, ognun de'quali corrisponde a tese o , 5 1 3074 ( Laplace. Esposizione del sistema del mon- do; seco\ida edizione; pag. 72) ed ai gradi della solita scala del lermonietro sost tuirem quelli della scala cen- tenaria, ne avremo per risultato xz=. 17972 , oj>8 (i -*- I T -k- t A ( o , oo5) ) L- ; cioe quella formola appunto, che il sig. Laplace descrive al principio del ca{)0 XIV, li- bro 1 deir opera pur or uieiizionata, coUa sola dilleren- ^1 V E N I N I T '2 7a di o , 1 in liiog;o di o,o38. lo credo adunqne, che qaesto gran inaLematico, noii avendo osservazioni pro- prie per deierminar il oocfficiVnte della formola gene- T -/ 10 a loooof ) e a —. t;^- ^ n ^ a a (/I — T') Per le osservazioni dei tre Fisici accennati la formola del C -\- r. A calor medio uniiorme x=.B I lo ( ') L— puo dun- que applicarsi a que'casi eziandio, ne'quali — ; — e il ca- lor medio aritmetico fra quelli, die alle due stazioni si sono attiialmente osservati. 40 Vediam ora se questa formola s' accordi esat- tamente coH'ipotesi del calore aritmeticamente diminui- to dal basso all alto. Per siflktta ipotesi deggion veri- ticarsi queste due equazioni I " c = C — m X C i.r^ — oT^^ l34 V E N 1 N I Per la prima abbiamo m = ■; e questo valor di m sostltuito nella seconda la riduce ad _ Cx iA'"^-a'"\ . C^c fl"^ . , c a"»* C o sia —r-= I —-z^B eqmvalente a -,= — ^, ovvero - = . Gib posto, prendo i logariimi, e n' ho LC — Lc = m B L - = ( ) o L -, bara dunque x = ,-^ — ^ - ^ — a ^ X a ^ LC — Lc a Ma per I'ipotesi del calor medio uniforme e x = Bl\o ( —^)L — . Affinche le due formole diano il medesimo lC-c)B Bl\o{C-^c) risultato deve adunque essere ,-7; — V" = ♦ 1 LC — Lc a ossia ^ i ~ '^' = I \o (L C—'L c). Or cio vuol dire, che C -^c ^ ' la formola del calor uniforme non puo esser perfetta- mente d'accordo con quella del calor decrescente in pro- gressione aritmetica, se non si verifica la seguente con- dizione: che la dijferenza del logaricmi neperiani del calori C , c sia eguale al doppio delta differenza del ca- lori medesiinl divisa per la lor soinina. Questa condizione per verita non potra mai nelle livellazioni barometric he perfeitamente verificarsi, ma in esse la differenza tra le due quantita, che dovrebber esser uguali, non giungera niai a due diecimillesime; e SULLn LIVEtLAZIONI BAKOMETRICHK l35 qulndi anclie per altezze assai graiitli la massima cliHe- reiiza fra i risultati delle due forrnole sara di poche tese. Suppougasi 7'= 25", £ = 2,3°; e per coiiseguente C = 1 , 1 323; c = 1 , 12IO; e sara -\, ^=0,0002372, C -+- c o I ]o {L C — L c) =0, 0092274. La diflerenza sara duiique di due soli dieciaiilionesiini; ed in qualunque livellazioue fatta a queste due temperature niuna sensi- bil dillerenza potra aver luogo tra i due risultati. Ma supposto 7"= iS" , r=— 5"; il che potra avve- nire a distaiize verticali di circa 2000 tese, sara C= i, 0791 ; c = o , 97o5; onde SLvremo-— ^=0,1008463, e I 10 {LC— Lc)=o, 1009324. Qui dunque la dif- fereuza e 0,0000806 minore di un diecimillesimo, quan- tunque sia una delle graudi. JMa questa cosi picciola dillerenza potra intluire alcun poco su quella dei risul- tati delle due forrnole, e farla salire ad una o due tese. Finalmente dalla supposizione di 7'= 25", f=o trarretno C= i , i323, e c= i. Or da questi dati ri- a iC c) sulta -~ = o , 12409135, e Zio(Z/C — Zc) = c, 12425326; cosicche la differenza, ch' e una delle mas- siine per le temperature delle livellazioni barometriclie, e =0,00016191, e non giugne per conseguenza a due diecimillesime. Calcoliam ora due osservazioni, che supporro fatte alle temperature de'primi due casi precedent!. Sia nel- 1 36 V K N I N I la prima A == 2S poUici; a = 26, 81 3; C=i,i323- c= I , 1219. Con questi dati avremo per la forinola del calor uniforme L(L-) = ^ . a7444ia ^ a L ==■ 0 . 05196^4 L coejf = 3 . 9657049 X, a: = .a . 2921085 X = 195 , 93341 . Per r ipotesi del calor variabile aritmeticamente abbiam trovato qui sopra esser x = ), ~/^ £ - ; e A C per conseguente L x=LB-^L{C—c)-i-L -~L- , So- stituisco i valori di B , A , a ^ C , c; e ne ho LB = 3 . 6034908 L{C — c) = 8 . C170333 i( Z^) = 8 . 2744412 a Somma = 9 . 8949653 — L ~ =z — 7 . 6028627 c L X = Q. . 2921026 X = 195 , 93076 SDLLE LIVELLAZIONI BAROMETKICHE iSy La dlfferenza tra i due risuhati e dunque di tese 0,00265, vale a dire che non arriva ad un quinto di pollice . Nella seconda osservazlone suppongo A = 2B pol- lici; a = 17 , 238; C = 1 , 0791 ; c = o , 9765. Cio po- sto, avro il seguente calcolo per la formola del calor uniforme 9 . 3286070 0 . 01 16978 3 . 9657049 L X =z S . Soicoga X = 1999 , 904 Ma per la formola del calore aritmeticamente di- minuico avro calcolando come nel primo caso 3 . 6084908 9 . 0153598 9 . 8286070 1 . 9424576 — 8 . 64i8i5i X, X = 3 . 8006425 X = 1998 ,216 Qui la differenza dei due risultati e di tese i ,688, o alquanto piu d' una tesa e due terzi. Fiuora ho supposte variabili le espansioni dell'a- ria, e quali son nella tavola posta in fine della prima T. II. P. J. 18 I 38 V £ M 1 N I Jvirte. Ma nella supposizione, che sieno iiniforini, thia- iiiata E Tespansione per ogiii grado, sura C = i-*- E 7\ t c= 1 -+- i. f . Cio posto, r ecjuazion di condizione a(C-c) , r^- '• ctE(T-t) , ~-^^—- = / 10 X - 9. cangera .n ~ ->(^:^ = / lo 41. 11 De Luc parlando delle supposizioni, ch' egll avea latie per istabilir la sua forniola, cosi si esprime uei Humeri 657,658 delle liicerche sulle niodificazioai dciratinosfera. " Rari sono i casi, ue' quali ragionevol- „ meute si possa credere, die il calore indicate dal ter- „ uioineiro esposto all' aria libera nella stazion superio- V re sia uguale al calore deli' aria posta all'akezza me- „ desima so|)ra la stazione inferiore. Questa e perb una „ delle condizioni necessarie per I'esattezza; poiche I'os- „ ser\azion del termoaietro superiore ha da concorrere „ a determinare il calor medio della colonna d'aria, che „ dalla stazion mleiiore s' innalza verticalmente fine „ all'aliezza, che torrispoade orizzontalmente alia supe- ,, riore. „ Ma supposto ancora, che per le osservazioni del „ teruKKnetro latte alle due stazioni sia noto esatta- „ menie il grado di calore delle estreoaita dellai colon- „ na aerea ila misurarsi, resta a sapere se la diminu- „ /.ion del calore dal bisso all' alto sia in progressione „ aritmeiica come to per mugglor facUita ho supposto „ nel calcolo- „ Da quest* ultime parole chiarainente apparisce, a- vere il Do Luc creduio, che la sua fonnola^ esseudo SULLE LIVELLAZIONI BAnOMRTRICHE 1 89 calcolata pel calor medio iinirorine, snppoiiga la dimi- nution del calore in progressione aritmetica. Ne in que- sto si puo dire, ch'e' siasi ingannato; poiche i casi, in cui le due ipotesi del calor medio unii'orme e del va- riahile in progressione aritmetica conducono ad una seiisibil dillereiiza nelle altezze calcolate, non si trova- no in alcuna delle sue moke osservazioni; ed in gene- rale son d'un'estrema rarita. Anzi anclie in questi la differenza si riduce ad una o due tese per le massime altezze, die col barometro si posson misurare. Ma non puo dirsi neppure, che la sua supposizione sia vera in tutto il rigor geometrico; poiche la precedente eqiiazioa di condizione non puo verificarsi con una perfetta esat- tezza se non e 7" = f , nel qual caso il calor e costan- te in tuita I'altezza da misurarsi; ed e per coaseguen- za esclusa ogni diminuzion di calore. Anclie il celebre Lagrange ha diinostrato nelle memorie dell' accademia di Btrlino del 1772 (pa'>ine 364, 265) che la supposizione del sig. DeLuc non si venfica fuorche per approssimazione. £gli chiaina a Y altezza d' una data stazioue sopra il livello del mare, X quella di qualunque altra stazione piii aha sopra io stesso livello, e il numero dei gradi del termometro di lleaumnr sopra o sotto 16", 75 alia siazion inferiore, c il numero variabile degli siessi gradi sopra o sotto 16°, 75 nel termometro dell' altezza variabile x; e con un facile ma ingegnoso calcolo dnnostra, che la regola del Fisico Ginevrino conduce alia seguente equazione ~~a = k{t~c) (i -K ^"^M I 4© V L N I N I nella quale k e una costaiite corrisponcletne alia coiidi- zione, die t divenga c (juaiido e .r = a. Ora egli os- serva, clie qiiesta condizione fa per se sola verificar r equazioue quando si vuole determinar la costante , poiche allora cosi x — a come t — c sotio =o. £ da quest' osservazione ei couchiude esser chiaro, che la costante riinane arbitraria. Finalmente egli aggiunge : ,, se iu paragone dell' unita si negligenta il termiue , si ha t — c = — 7 — , vale a dire che le dif- " a.aiD ' " k „ ferenze di talore son proporziotiali alle differenx^ „ d'altezza; talche, preudendo le altezze in progressio- „ ne aritmetica, anche i gradi di calore il saranno; ma „ si vede per la nostra formola, che questa legge, la „ qual e pur quella del sig. De Luc, non e vera che r, per approssiinazione. „ La conchiusione e esatta e simile a quella , che anch' io ho dedotra dalla mia equazion di condizione; ma questa parmi, che abhia in oltre fl vantaggio d' in- dicar presso a poco quanta possa esser la diHereiiza fra i risultati delle due ipotesi del calore o medio e uni- forine o variabile su tuita I'altezza in progressione ari- tmetica. Neir osservazion del Monbianco per esempio fu T'=22°,6; t = — 2°, S; ed applicando a questa la regola del De Luc, dee porsi £"=0,0050441. Ora da questi dati risulta --^ — ^--^ = o, 11048000; e / 10 * a -4- (r -t- ^) £ Ji J ^ r -*- T P L p^= o , 1 1062103. Dair equazion di condizio- SULLE LIVEIXAZIONI B4K0.'\1ETRICHE I4I ne nasce dnnque una differenza alqnanto maggiore di 14 centonnllesiiTie, la qual indica, clie tra i risultati delle due ipotesi troverassi una diderenza di circa due tese. Per cliiarircene calcoliamo 1' altezza colla formola del DeLuc, die suppone il calor medio uniforme; ed e pel num. 39 T ■+• t A X = 9220 , 9.3 ( I -»- (o ', oo5o44 1 ) ) L — . Neir osservazione fu J = 826 , 68 lin; a =192,9; e dai valori di T^t^E si ractoglie esser ^ 'E = o^ oSiiSyC Col solito calcolo avrem dunque irL-) = 9 . 359437a ^ a £(1,0511976) = o . 0^16843 L coeff. = 3 . 9647747 L X =z 3 . 345896a X = aai7 , 666 . Si faccia il calcolo anche colla formula BiT-t)E id a x = L(i -H TE)~L(i -^t E\ e si trovera f 4a V E N I N I LB =1 3 , 6034908 L{T'-t)E = c) . 0989880 Z ( L - ) = 9 . 359437a a Somma =: a . 06191 10 -ilJlZ^ = - 8 . 7i56oi8 L X = 3 . 346309a La diflerenza tra i risultati delle due formole e duiw que di tese 2,11 qual presso a poco la fa prevedere r equaziou di condizione. 42. Fin qui ho pailato del calor decresceiue in progressione aritmetica: dim ora alcuna cosa anche in- torno all'ipotesi della diminuzion del calore in progres- sione annonica. La forinola del num. 27 corrisponden- t;^ a quest' ipotesi e — I -»-y/(i -^2,BCml 10 L—) (F) :.= 1- m e questa equivale perfettamente ad (F) x = (p^)BlioLd C -^ c a cioe ad una formola, die suppone il calor uniforrae, e n)edio arnionico fra quelli delle due stazioni. luipe- rocche, pel calor decrescente in pro|2,iessioue aruioui- SUT.LE LIVELLAZIONI BAROMrTRICHE 14$ ca e c = . ed m = . Or, sostituito que- 1 -^- tn X ex ^ sto valor di /;i nella formola F, risulta x = ^^(-i-+-v/(«H-^5C(^Zl£);,oI^) ); ossia C — c\ c X '' «/ C—c = v/(i-^a5C( _— ^)/ioL^\ e quadrando. _ = I -H a /? C( -) I loL- , Sara dunque ( — ^^)(7^^)=ai?CZ 10 L- ; ovvero ( ^)ar== aBC/ 10 /, - ; e finalmente ar = (4^)B/ioL- Quello che per la progressione aritmetica e vero soltarito per approssimazione, si verifica dunque esatta- meute per la progressione armonica; e quindi, volendo far uso dei calori osservati alle due stazioni, il calcolo delle altezze fatto colla formola F' del calor medio ar- moiiico ed uniforme sara assai piu semplice; ma noii pero meno esaito di quello della formola /'corrispon- dente al calor variabile in tutta I'altezza da misurarsi. 144 y E N I N I S E Z I O N E VII Delia nnsiira delle profondha sottetranee . 43. Nelle profondita sotterranee convien distingiier quelle, in ciii I'aria esterna non puo circolare, da quel- le, ill cui circola piu o men liberamente. Delia prima specie son alcune cantine, come quelle deH'osservatorio di Parigi, ed alcuni pozzi scavati ad una gran profondi- ta per trovar acque o miniere, ma poi per Tinutilita lo- ro abbandonati, come qnello che cbiamasi il buco di BouiUet non guari distance dalla foce del Rodano nel Lago Lemano o di Ginevra. JNel fondo delle cantine deir osservatorio la temperatnra e costantemente di gradi 9 , 6, come si puo vedere nelle Eicercbe del De Luc snlle modificazioni delT atinosfera num. 441 x. La trmjieratura costante comincera probabilmente ad una minor profondita; anzi questa profondita medesima va- riera alquanto per le variazioni del calore nell'aria ester- na; ma io non so, che intorno a questo siesi fatta ve- runa osservazione. In questa incertezza non e chi non vegga esser impossibile il misurare le varie profondi- ta di quelle cantine coUe formole barometricbe, le qua- li suppongon tutte il calor dell' aria o uniforme o con una certa legge variabile nell'intera colonna d'aria, che si vuol misurare. Sia P la profondita d' un sotterraneo, alia quale il calore sia costantemente = C; p la profondita, alia qual comincia il calor costante; A T altezza del baro- metro ad una profondita x minor di P e maggior di SULLE LIVELLAZIONI BAUOMETKICHE I ^S jj; a r akezza del barometro all' ingresso del sotterra- neo; e sujipongasi die il culor c dell' aria esterna sia minor di C. Per determinare il valor d' x cerco in pri- mo luogo qual altezza avrebbe un barometro trasportato nel sotterraueo alia profoiuliia p. Cliiamo y la delta altezza; e per la formola del calor medio uniforine po- sta nella precedente sezione mi risulta C a. ' a p = 92;^o, 7 (— ^) L^- ; dalla quale traggo Ly = ^ -t- Z a. Se p fosse una quantita nota, si 9240 , 7 ( C -H c ) ^ ^ troverebbe il numero corrispondeiite a questo logari- tino; e pouebbe cliiamarsi a'. Alia protondita x bo supposta A r altezza del barometro, ed bo cbiamato C il calore umfornie in tutta 1' altezza x=p. Sara dun- que X— /> = (9240 , i)C L-^ ed x^=^{()i^o^-)C L~,-^ p- Or quest' equazione dimostra cbiaramente, cbe il va- lor d' X dipende da (piello di p: onde segue nou po- tersi determinare la profondita x, se non e nota quel- la, a cui comincia il calor costante. Ma le teniperature dellinterno della terra van pro- babilmente diminuendo col crescer delle profondita lino ad un certo liinite prima di farsi costanti; lo cbe aper- tamente si deduce dalle osservazioni del sig. de Saus- fure sulle temperature del fondo dei laghi, cb' ei di- ce aver seuipre trovate molto inferiori a quella di 10 gradi, e poco distanti da 4". Ed io in alrune di quelle cantine de' nostri monti, cbe volgarmente si cbianian T. 11. P. J. 19 146 V E N I N I crotti; e nelle quali dall' interior del morite, ove sono scavate, entra per uiio o piu spiragli una corrente d'a- ria fredda, mi ricordo d'aver osservato, che il termo- metro presso lo spiraglio era alia temperatura di due o tie gradi nel tempo stesso, che fuor deH'uscio della can- titia era a piu di venti gradi. Come potremmo noi dun- que misurar col barometro le profondita, in cui Taria esterna non circola senza saper la legge, giusta la qua- le col crescer delle profondita le temperature si vanno abbassando? Si avverta in oltre, che a tanta incertezza un'altra se n'aggiugne assai maggiore ; cioe che questa diminuzion medesima non sempre ha luogo; poiche in alcuni sotterranei il calor cresce discendendo in vece di tliminnire. jNel buco di Bouillet per esempio, che dian- zi ho citato, profondo di 677 piedi e 3 pollici, Saussu- re trovo la temperatura del tbndo di i3° , 9 ; la qual su- pera di 4° , 3 quella delle cantine delT osservatorio di Parigi, sebben la profondita loro sia di circa 100 piedi e per conseguente minora d' assai. Ma, per le osserva- zioni dello stesso Fisico, in una galleria superiore, e distante ii3 piedi 3, pollici dal fondo del pozzo la tem- peratura fu di 12°, 5; ed in un'altra piu alta ancora, cioe di ^32 piedi sopra il fondo, si ridusse ad 11°, 5. II dotto capitano Wild, come dice Saussure, crede que- sto calore purameute locale e prodotto dallo zolfo e dalle piriti in quelle montagne abbondanti. 44. Ma nelle profondita accessibili delle mine me- talliche, di carbon fossile, di sale o d' acque salse I'a- ria esterna circola sempre con qualche liberta o natu- ralraente o per arte; e quindi alle colonne aeree da misurarsi nell'altezza loro, possono, come all' aria ester- SULLE LIVELLA.ZIONI BAROMETRICHE I 47 na, applicarsi le ipotesi del calor variabile in progres- sione aritmetica o armonica. Si avverta pero, che nei luoghi sotterraiiei la temperatura non cala sempre dal basso aU'alto; ma che in estate e ordinariamente maggio- re al loro ingresso che al fondo. Or, quando il calor cre- sce dal basso all' alto, il valor di c e C -♦- mx per la pro- C gressione aritmetica, e per 1' armonica. Cio po- sto, I'equazion differenziale per la progressione aritme- tica e j^ — - — = ; la qual integrata eoll'aggiun- gimento della costante vien ad essere / ( C -t- m x ) = m B I — ^ IC. Finalmente, passando dai logaritmi al- le quantita semplicij sara C -t- m x = C— ; e per con- C i/f^^ y'"^\ seguenza x= —[ —£- — \ . Osservo ora, che in que- sto caso e c s= C -»- m x; e quindi C = c — m x. Sosti- tuisco adunque nella formola c — m x a C; e mi viene x = (— ^— )(-^-ij;ondetraggomx = c(-) - c — mx(--) +mx, e fatte le convenienti riduzioni, ac = — ( 5 — J, cioe la formola stessa, che si trova 148 V r N I N I pel calore aritmeticaniente dimiiiuito dal basso all' al- to col solo caiigiamento di C in c. £ similmente per la progressione armonica avremo m X* d X = , ed inte;^rando, x — 'IL:^— ^ B C 1 —m X y ° a / y -+- Con. La costante e =z B CI A\ onde nasce 1' e- quazioii completa x = B C I - = B C I 10 L — ^ * a y y sostituendo i logaritmi tavolari a quei di Nepero. A questa forniola si potra col inetodo del num. 28 sostituirne un'altra piu semj)lice; poiche, essendo nel- la presente ipotesi c= , sara mx = ed ^ '^ I —m X c c C . mx'={ ) x; il qual valore, sostituito nella formo- la precedence, la cangia in ( -) x = ....B Clio L - ed al fine in x = ps B I 10 Z — , cioe in quella me- desima, che abbiam trovato al num. 28. 45. II sig. DeLuc ha fatte varie osservazioni nel- le miniere dell'Hartz, ad alcuue delle quali appliche- ro le raie formole, comiuciando dai casi ne' quali il ca- lore fu decrescente dal basso all' alto. La prima osser- vazione sara quella del fondo del pozzo della mina Do- roiea; la cui profondita per le misure geometriche e SULLE LIVELLAZIONI BAROMETRTCIIE 1 49 di tese 169 , 53. In essa le akezze dei barometri ridotti alia stessa temperatura fiirono in sedicesimi di linea^ = 6260; a = 5o53, e per conseguente Z/ — = 0.0174364; T = 10 , 2985 , e t = 1 , 2922 . Qui il calor sotterraneo e magjjior deU'esterno, e supposta la dirninazione in progressione aritmetica, dev'esser c = C—ioooo m L - . Sostituisco i valori di C=i,o533; m = o,oooo5, e L - = o . 0174364; e trove c = i , 0448. Calcolo 1' al- tezza colla forinola del calor medio uniforme a; ==9240,7 ( — ~) L— ; sostituisco in questa i numeri precedenti; e mi viene i( X-) = 8 . 2414569 a C-t- c :] o . oaiooSi a, L coeff. = 3 . 9657049 L X = 2, . 2281649 X = 169 , 1829 L' altezza calcolata e dunque minora della geome-: trica; ma la differenza non giugne a 35 centesimi di tesa o poco piu di due piedi. Al I'ondo del pozzo della miniera detta Carolina, 1 50 V r N I N I profondo di tese 171,12 fu -/^=526i; o = 5o53; L -== 0.017519; J'=i2°,oi9; C=i,o626; e c = C — | L - = I , 0626 — o , 0087595 = I , 05384. Calcolando come sopra con questi dati si trova Z x = 2 . 2337820, ed X = 171 , 5i, akezza che supera la geotnetrica di 19 cemesimi di tesa o poco piu di iin piede. Se calcoleremo le stesse osservazioiii coUa formola (jO , aoo66 __,„<>» aoo66 r~a"io66 ) troveremo per la prima x= 169 , o3 minor di tre pie- di deir altezza geometrica; e per 1» seoonda x= 170, 8192 altezza minora della geometrica di 3 decimi di te- sa o alquanto men di due piedi . Nella galleria Giorgio fu ^=5265; a = 5ii2; T ^= 9**, 44; e f = 14°, 06. Qui il calore e crescente dal basso air alto; onde posso far il calcolo colla formola (At) , aoo66 „o , aoo66 . A ' — a ' \ £i 1 . ^o , a«o66 y I dati sono c = i,0738; ^"'^""^'^ = 5,58i3c5i a*''""" = 5 , 548376; e da questi risulta L x = 2 . 1027961 ; x=: 126 , 7057. L' altezza geometri- ca da 125 , 8076 minora della calcolata di tese o , 8981, o alquanto piu di piedi 5 3 . Finalmente nalla galleria undecima dalle stesse mi- ne fu ^ = 5372; a= 5ii2; T= i3M; e f = i3%^. Qui la temperatura inferiore e minore d' un mezzo gra- StTLLE MVELLAZIONI BAROMETRICHE l5l do della superiore; onde segue, che il calcolo si puo fare come nel caso precedence . 11 risultato e Lx = 2.3281982; x = 2i2,9i, altezza che supera di piedi 5 5 la misnra geometrica, la quale e di tese 212 , 02. JNeir ipotesi del calor variabile in progressione ar- C monica il valor di c e per le due prime osser- i -^ rn X ^ ^ C vazioni , e — — v per le alcre due. Nella prima os- C 3 O servazione e dunque c = ^-^ — ( I -+- o J 00004666 ) 1 74 J 364 I , c533 rt /-.-, ^ — oo3,353= I 10448. Cio posto, se faremo il calcolo coUa formola .t=924o,7 (J — -) L - , avremo Za C c o . — = o . 0207090 C -+- c £(L-) = 8 . 2414559 L coeff. s=: 3 . 9657049 L X z= a . 2279508 ^ ap = 169 , 0249 • Qui Y altezza calcolata e minor della geometrica di tre piedi e alquanto piii d' un terzo di pollice. Calcolando nello stesso modo la seconda osserva- zione, si trova L x = 2 . 2334668, ed x= 171 , 18 al- I 52 V E N I N I tezza che supera la geometrica non piu che di sei cen- tesimi di tesa, o sia poco piu di quattro pollici. Nella terza osservazione, dovendo esser c = ♦ 1 — mx sara C = c^ cm x=i ,0738 — (o ,0000-^666) (i , oySS) 2, C c (128 , 076)=: 1 ,0674. Cio posto, e Lt^ = o . 02962.34 e, fatto il calcolo coUa medesima formola, si trova Lx = 2 . 1027950, ed X = 126 , 7054, risiiltato quasi egaale a quelle della progressione arinnetica. Fatto id fine lo stesso calcolo per I'osservazion quan- ta si giugne ad x = 212 , 446, altezza che supera la geometrica di due piedi e i5 ceutesimi. Sezione VIII Forniole per la misura barometrica dalle altezze nel sistema della gravita decrescente in ragion duplicata delle discanze dal cenrro delta terra, e crescente col ere seer delle latituduii. 46. Tutte le formole che abbiarn trovate fin qui, si rit'eriscono alia gravita costante. Vediani ora quali cangiamenti debba in quelle introdurre la supposizio- ne al vero piu conforme della gravita in ragione in- versa duplicata delle distanze dal ceiitro della terr^. Sia g la gravita al livello del mare, colla quale nella mi- sura ilelle altezze si confondera quasi scmpre la gra- vita dei corpi situati alia stazione inferiore; SULLE LIVELLAZIONI BAROMriTRICHE l53 I la densita del mercuric alia temperatura del gliiac- cio, die si scioglie, o sia di C= i; ~ la densita d' uno strato d' aria non molto superiore al livello del mare, die abbia ancli'esso la temperatu- ra del gbiatcio, e sia compresso dal peso g A' d' una colonna di mercurio della stessa temperatura, la cui al- tezza sia A'; X la distanza dei due strati d' aria , ne' quali si fanno le osservazioni; X una funzione d' x corrispondente al calore dell' al-. tezza x; J la densita dell' aria alia stazion superiore; r il raggio della terra. Per avere la gravita g' corrispondente alia distan- za X', si osservi die la distanza della stazion inferiore dal centre della terra si confonde quasi sempre fisi- camente col raggio della medesima; e quindi si faccia la proporzione s '. s' = -j : ; : e si avra g' = * ' <='<=' r {r -+- x) ^ ■— r-, = g ( I H —i -^- H 1 ec. I . Per (r -\- x) ° \ r r r r* / r estrema grandezza di r in confronto d' x tutti i ter- mini divisi per r% /' , ec. si posson negligentare fa J; (a) II raggio r per Je pin reccnti ed esatte misure dei gradi di laii- tndine pud calcolarsi di tese 3^66330, e quindi, supposta x= 3Sco tese, altezza straordinaria, cui diconsi esser arrivati GaiLussac,e Biot nella ce- lelire loro asccnsione areostatica , il lermine -»- —7- non giungerebbe a tre millcsimi e mezzo di tesa T. II. P. J. 20 154 V E N I N I e cio fatto, restera g' = ;^( i ) . Chiamata y 1' al- tezza del barometro alia stazion superiore (avvertendo j)er6 die quest' altezza e quella della stazion inferiore siaii ridoiie alia medesima temperatura) la pressione della coloiina y sara g (i )y. Ora cio posto, es- se iido le densiia dell' aria in ragion diretta del pesi cooi- priineuti ed iiiversa dei calori, sara > . J g ^' . / ax. I 2) • J = -Tj- . g ( ' )y i e per conseguente - = X (' ~ — )y y avvertendo, che C calore della temperatu- D A' X ra del ghiaccio e = i . La pressione dello strato d' a- ria, che ha d x per altezza, sara dunque ^—x — = g'(i )y dx ^ e quella dello strito di mercurio, che 'dTx ha dy per altezza, =^'dy. Or da queste pressioni , che si equilibrano, risulta T equazion seguente, neila quale per niaggior semplicita ho sostituito B a D A\ (i )y dx = — dy; ove d y ha il segno ncgaiivo Wx perche al crescer delle x diniinuiscon le y. Avrem dun- que per equazion finale SULLli LIVELLAZIONI B AUOMETRICHE I 55 (i )dx=z — » y la qual si riduce a quellu della gravita costante, suppo- uendo r infinitamente maggiore 6\ix. 47. Cominciamo a suppoire, che X fiinzion del calore sia una quantita costante , ed uguale al calor medio fra quelli delle due estremita della colonna ae- rea, cioe a . In questo caso I'equazion preceden- te sara -^ (i_l?)i:r = - ^^^ . Ne fo 1' integra- zione, e mi risulta C -+- c^ r Dt^ermino la costante coUa condizione, che, quando .T e = o , sia ^ y = g ^i esprimendo per A I'altezza del baroaietro osseivata alia staziori inferiore colla debita correzion del calore. Essendo ^==a' r-^ =§'('-*"-)*■' sara g A = g' {i ^ -y A = g'y, ed y=:{i -^- f A. La costante fia dunque B I A -^ 2 B l{i -h-) . Osservo, die anche per le piu alte stazioni, cui ruomo possa giungere, c -- una JVazion piccolissima; e ne couchiudo, I 56 V E N I N I clie il logarltmo neperiano di (i -h -) e prossiraamente uguale ad - . Sara dunque 2 B l{i -^ -) = ; e qiiesto valore sostituito nella costante dara aU'equkzio- ne la forma C-i-c {x~^) = Bl A a B X Ja qual equazione, sostituiti i logarittni delle tavole a quei di Nepero, si caiigera in r a. y r e dopo le convenienti ridiizioni , in ove B pel num. 26 e =4013,2; ed r= 326633o pel num. precedente. Applichiam questa formola alia soli- ta osservazione del monte Saleve; nella quale pel num. 38 fu C=: I ,0644; c = I ,0289; C-+-c = 2 , o833; e B I 10 { ) X — = 490 , 744. Sostituisco quesd va- lori neir equazion superiore, e ne ho a;* — ( 8257969 ,Z)x := — 1 60295 1447 J 5 Per risolver piu facilmente quest' equazione, le do la forma seguente ( 8257969 , 3 — ar ) X = 160295 1447 J 5. '"fi V i STJLLE LIVELLAZIONI IlAROMETUIClIi: I .^- Cio fatto, ne prendo i logaritmi, ed ho 1,(3257969 ,3 — x) -i- Lx = L 16029514475 5 = 9.20492039.' E qui si avverta, che alia gravita decrescente dee cor- risponder un'altezza che superi quella della gravita co- stante. Cominciarn duiique a snpporre x = ^()2; e tro- veremo il primo membro dellequazioii logaricmica =3 9 . 20^8465 minore del logaritmo del secondo membro. Ma la supposiziorie d" x = 492 , i da per logaritmo del primo membro 9 . 204984867 maggior di quello del se- condo membro; e per lo contrario la sup])osizione di 492,08 lo da alquanto minore. 11 vero valor dell' in- cognita e dunque compreso fra i limiti 492,08,6492, 10; vale a dire ch'egli e assai vicino a 492 , 09. Ad un risultato pressoche uguale si giunge in quest' altra maniera piii spedita. Scrivo I'equazione £ nel modo seguente «: = 5 / re (^Zt_-)L ^^^(^±.£l£jt£:. Cio fatto, SI ve- de tosto, che B I \o (- ) L — e il valor d' x nell'i- ^ 2, ' y potesi della gravita costante, e che questo valore so- stituito ad x negli altri due termini, esprimera assai be- ne r aumento dell' altezza prodotto dalla gravita de- crescente in ragion duplicata delle distanze dal centro della terra. Quest' aumento nel nostro esempio e espres- SQ ^^ ( (401 3 , a) (a , o833) -h 490 , 744 ) 490 , 744 ^ 3i6(»33o Ora (4013 ,2) (2,o833) c =8360,7; e 836o,7 h- I 58 Ve N I N I 490 , 744 = 885 1 , 444; il qual numero lia per loga- ritnio 3 . 9470120. A qiiesto logarltnio aggiango quel- le di 490 , 744; e trovo, che il logaritmo del iiume- ratore della frazion precedente e =6.6378671. Da qiiesto sottraggo il logaritmo di 326633o = 6 . 6140601 ; e mi resta o . 1238070; cui corrisponde il numero i , 32986, che esprime il cercato accrescimento dell' altez- za; per cui questa vien ad essere 1^92,07386 in luo- go di 492,09 valore trovato qui sopra. La diff'erenza e di tese o , 01614; e non giunge per conseguenza ad un pollice e un quarto su 492 tese. ISJeir osservazion del Monbiunco fu, pel num. 38, C -i- c A B I \o {- ) Z- = 2246 , 529; C= 1 , 1 198; c = I, •J. y 0004; e C -H c = 2 , 1202. Calcolando con questi dati per trovare I'aumento dell' akezza avremo ( 4013 , 2 ) (2 , 1252) = 8628 , 8529; (<|0l3 ,2) (2 , I252)-»-3246, 529=10776,3819. 11 logaritmo di questo numero e 4 . 032473; al quale aggiungendo il logaritmo di 2246, 529, ne risulta 7 . 3839849 logaritmo del numeratore II r • ( B (C -f- c) -4- a- ) ^ T-' r 1 nella irazione ^ — ^ ■ — . k, linalmente, sottratto r da questo il logaritmo di r, ne rimane o . 8699248; cui corrisponde il numero 7,4118 aumento dell' altezza prodotto dalla gravita decrescente. L' altezza totale e dunque 2246 ; 629 -»- 7 , 41 18 == 2253 , 9408. 48. Calcoliam ora la lormola ncll' ipoK^si rignrosa del calor decrescente in progressione Jiiitmetica su tut- ta la lunghezza della colonna aerea da niisurarsi; nel- suLLK MVELLAzioxi ii\rv(»ir/i'i;icnE 1 59 la qual ipotesi e X=^C — mx. In qaesto caso I'equa- zion precedente e — = ——y- ; la quale age- volmente riducesi a quest' altra forma d X ^ d X a C d X B d y C — m X m r m r [C — m x) y L' intcgrale di quest' equazione e m ' m' r ^ mr La costante determinata, come nel num. prec. colla con- di/ione, che quando x c =0, sia s^' j =■ s^ A , vien ad essere — ( t-)IC-^BIA-\ '■ ; onde risulta ^ ni rn r ' r \ equazione — ( -)ilC—mx)-\ - = Bl ( —)iC-^ ; m m r ^ ' in r v ^ m m r' r alia quale, colle convenienti riduzioni dei termini, si da in fine la forma seguente I 10 I m rR ^ A , r C ^ , r m ~\ r r\ n X jA L — h( \{L{C—mx)—LC\]—o 1 — mB\ 3. y 'i, m I Sostituisco in questa formola i valori di B^ni^l 10; e la cangio in a;-a,88c6i (3^7710, 68Li^(,633i65-2coooC)(L(C-^^)-i^C)j= 0 l6o V E N I N I Or quest' equazione non e solubile ne assolutamente ne per approssiinazione con alcuii metodo diretto. Ma nei casi particolari si potra nel seguente modo ottene- re il prossirao valor dell' incognita. iNlella solita osservazione del monte Saleve fu L A — = o . 0510293 e C= I , 0544; e da questi dati risulta 327710 , 68 Z/ -= 16708 , 59; e i633i65 — 20000 C = 1612077. L' equazione si riduce per conseguenza ad ap— 2,88o6i(i67o8,59-Hi6iao77(L(i^oS44— _A_) — ii,o544)) \ aoooo / = 0 Al num. 38 s'e visto, die I'altezza calcolata per Tipo- \ tesi delia gravita costante e di tese 491 , 36i6. Ora, ^ dovendo 1' altezza esser inaggiore per la gravita decre- j scente, io comincio a supporia = 492, e posto questo j valore in luogo d' x, ne ho per risultato — 28 , 7 . Ma \ per la supposizione d' x = 493, il risultato e -+- 70 , 22. \ L' altezza cercata sta dunque fra i limiti 492 ,493; nia dev' esser piii vicina al prinio che al secoudo. £ tale appunto e 1' altezza, che abbiam trovata nel num. prec. coila formola del calor uniforme e medio aritmetico tra quelli delle due estremita della colonna aerea. Fatta la stessa serie di calcoli per X osservazion del Moiibianco, si trovera che T incognita e contetni- ta fra i limiti 2253,2254, quale 1' abbiam trovata nel risultato della formola del calor medio uniforme. Questa formola dunque, la quale e d' un calcolo assai piii facile, puo senz' alcun sensibile errore sosti- tuirsi a quella del calor variabile in tuita I'altezza an- SULLE LIVELLAZIONI BAROMETUICHE l6l che nel sistema della gravita decrescente in ragion du- plicata delle distanze dal centro della terra. 49. Supposto linahnente, che il calor diminuisca C in progressione armonica, e X= ^ _^ ^^> e quindi per la gravita in ragion inversa duplicata delle distanze na- sce r equazion differenziale {i ^ ~){i-^m x) d x = . Fatta la moltipli- cazion dei fattori ed integrata V equazion differenziale, a ^ 3 ne risulta x 1 5 — = — ij C ^ y -*- Lost. La costante determinata come nei num. prec. k B C , J 2. B C X n . 1 ...., L A -{- . Af!;Q;iunta la costante e sostituiti 1 lo- ;• DO garitmi delle tavole a quei di Nepero ne vien T equa- zione a:' m x" tim x^ n n 1 r ^ 2. B C x X 1 =z B C I 10 L — (- : ovvero r a 5 /• ./ ^ 2. m x^ X* m x' 3, B C X „ ^ , r -^ — 1 \ x-^BCl 10 L— =:0i 0 r r a r 7 la qual si riduce ad a;' — 3 ^^ '- 1- 3 ( ) .r-i- 3 L- —o 4 '« ^ a /« ' x m y I valori di 5 e di /• son sempre i medesimi; e quel- T. 11. P. J. 21 1 62 V E N I N I lo di m pel num. 2460, 00004666. Ma i valori di C, A,t6 y nei soli casi particolari son determinati. la quello deir osservazion solita del monte Saleve h C = I , 05^4 ,eL- =0,0510293. Sostituendo adunque que- 8ti numeri nell' equazioii precedence, essa riclucesi ad A-'— 2418406 X^— 104766672648 X -+- 02225504062579 = O . Or neir ipotesi della gravita costante abbiam visto al num. 27 , esser x = 491 , 5y tese, onde segue, die per la gravita decrescente il valor suo sara alquanto mag- giore. In fatti, sostituendo successivamente in luo2;o d'a: 1 numeri 492,498, i risultati cangian di segno, e col caii- giamento ci avvisano, esser 1' incognita coiitenuta fra questi due limiti. Volendoli poi ristringere, ed avere in trazioni decimali il valor prossimo dell' incognita, il gran numero delle cifre, di cui son composti i coeffi- cienti, renderebbe il calcolo assai laborioso. Per evi- tare un cosi fatto inconveniente giovera il dare all' e- quazione quest' altra forma ^H- — = ^CnoZ^^i^f!_^f--Hi-^^. ^ y '6 r r r Impercioccbe nella stessa ipotesi del calore, ma suppo- sta la gravita costante, I'equazione pel num. 27 e x -t« — -— = B C I 10 L - ; onde segue, che i tre termini 3.mx^x^-t-2,BCx . ; ,,, — 5 1 corrispondono all accrescimento d'altezza, che nasce dalla diminuzione della i^ravita. SULLE LIVELLAZIO^'I BAUOMETRIGHE 1 63 Per render alquanto piii semplice il calcolo di , « C—c quest' accrescimento , osservo one m .x e = — — ; e a. m x^ a(C — c) x"- amx^ i per conseguente — 3 — = 3 » ^ — 3 *"* — •" a(C^c)x--^3cx-^^gC^^ a:'. L' autnento intero e 3 c ^ 3 c 3c dunque ( — q ) x^ -t- 2. B C x -^ ovvero " ■ - ■■■■I.I • r Applicando questa formola al solito esempio del monte Saleve, abbiamo pel num. 27, a; = 491 , 67 nel caso della gravita costante; C = i ,0644, e c= 1 ,0299 pel num. 36 alia fine. Or da questi dad risulta ^-^:±^=i,oi58,e (t9.±£)x-^- a.BC = 8g62, 37^' i c 3 c ^ Cio posto, il numeratore della frazion precedente ha per Jogaritmo 6 . 64400848 ; ed il logariuno del denomina- tore e 6. 5 1 40601. Quel della frazione e dunque o. .12994835; al qual corrisponde il numero i , 3438 : co- sicche r accrescimento per la progressione armonica su- pera di 14 millesimi di tesa o di un pollice quelle, die sopra abbiam trovato per la progressione aritmetica. E con un simile calcolo applicato all' osservazion del Monbianco troveremo, che I'aumento d'akezza pro- 164 V E N I N I dotto dalla dlminuzione della gravitu e di tese 7 , 848 su 2249 conispondenti alia gravita costante. Da qiicsti esempj si raccoglie facilmente, die I'au- meiito delle altezze prodotto dalla diminiizione della gravita anche pel calor decrescente in progressione ai- monica non e cosi piccolo come lo ha creduto il sig- Hennert; il quale nell'integrar la sua forrnola non ha avuto riguardo alcuno airaccrescimento di gravita pro- dotto nel mercurio del barometro superiore dalla sup- posizione d'x- = o, con cui nell' integrazione si deter- nn'na la costante. Vedi il num. 24 della sua dissertazio- iie da me gia citata al num. 17. 5o. Dopo la celebre osservazion del Richer sul ri- tardamento dei pendoli in vicinanza dell'equatore e sta- te generalmente verificato dai Fisici , Ssser la gravita variabile anche alia superficie della terra, e col crescer delle latitudini andar essa pure crescendo gradatamen- te. Or quindi avviene, die le densita dell' aria corri- spondenti ad un'altezza uguale A' del barometro, e pro- porzionali ai pesi della colonna mercuriale non posson esser \iguali a latitudini diverse; ma debbon farsi o mag- giori o minori secondo die la gravita e per la variata latitudine o accresciuta o diminuita. Chiamata — la deii- sita dell'aria corrispondente al peso ^^'J'nella latitudi- ne, in cui la gravita eg', la densita, die diiamerb ^ per un'altra latitudine, in cui la gravita sia g, sara de- terminata dalla proporzione g' A' : g A'= ^' ^'^ ® P^*^ SULLE LIVELLAZIONI BAROMETKICnE i6S conseguenza avremo ■7=77/5' ^ d=- — . Osservo ora, che nel determinare il coefficiente D A' con osservazioni facte, toltone una sola, a gradi 46 e pochi minuti di latitudine ho supposto g' = i; e ne concliiudo, die il coefficiente A' d per ogni altra A' D latitudine sara . Per trasportar le formole brifome- triche dalla latitudine 46" a qualunque altra, si cerche- ra dunque primieramente qual sia il valor di g per la latitudine, cui vuol Tarsi il trasporto; poi con que- 9to valore si dividera D A' coefficiente delle formole calcolaie pel grado 46. 5 1. II sig. Laplace ha dimostrato al num. 42; lib. Ill della Meccanica celeste, che se la gravita all' equato- re e G, ed a qualunque altra latitudine g, sara ' -• ', r I C To poi ho determmato il 0,709502, / ^ coefficiente D A' I 10 ppr mezzo di tre osservazioni fac- te da me sul Lago di Como, di una del sig. He Luc (tutte alia latitudine 46° e pochi minuti) e d'un' altra del General Hoy fatta alia latitudine 5i° 3o'. Or chia- mata g' la gravita al grado ^6 sara g = ^^ ^-irr" — G = (i -t-o,ooa75776o8)G 0,709503 Sara dunque g' I g=i -<- 0,0027677638 : I -f- 0,00532994 s'ln.^ lat. Si osservi, che nel calcolare il coefficiente io ho sup- 1 66 V E N I N I posto g' = I ; onde segue, che per questa supposizione c I -t- o J ooSSaoqi s'mMat. g= — r >oo — ; ovvero 1 -+- 0,0037577638 I +(0,00266407) ( I — cos.o.lat.) . , S = — r — 7777; essendo noto per le 1-1-0,0037577638 * formole trigonornetriche , che 5m.' a e = -^ — '- — Dunque ne avrem finalmente /r,vl I -t- O , 0027577688 T) ( F ) - = -r— —~^ ; — . Pon^o ora g 1-1-0,00266497 — o , 00266497 coj. a /a^. ° o , 0027677638 = J, e 0,00266497=^-, ed ho - = A / Bcos. 2 lat. B^cos.^n lat. I —r. — ~7?7r" -t-ec.J; nella qual formola bastera calcolare 1 due primi termini della serie, attesa I'estrema picco- lezza degli altri. Gib posto, sara /ira ^ I-i-y^/ Bcos.ilat.\ T^. (t ) - = I I -t- — — J . Eiiiictto 1 numen cor- rispondenti ad A^B; e trovo ^ "*" „ = i , 000092 ^ e J--— ^ .= o , 002659. Sara dunque I - = 1 , 000092 ( I -H O , CO2659 COS. 2. lat. ) SULLE LIVELL.VZIONI BAROMETRICHE I 67 Calcolando il coefFiciente coU'osservazione del Ge- neral Roy ho supposta costante la gravita a qualunque latiiudiiie; ma per la formola precedence a gradi 5i° 3o* e -=.... 1 ,000092(1 -+-0.002659) COS. 103 = 0,999494. Per tra?portar il coefficiente 9225,4 da Si" 3o' a 46* avrein dumjue Taiialogia 0,999+94: 1=9225,4 al quar- to, die sara 9230,104954. Or questo coefficiente com- binato cogli aliri quattro da per la latitudine 46" il coef- ficieiite medio 9241 , 6; del quale si dovra far uso, vo- lendo , come ragion richiede, aver riguardo alia gravi- ta variahde per le diverse laiitudini. La diflerenza dei due coeflicienti e per verita cosi piccola, che 1' accre- scimento delle aliezze prodotto dal maggiore non giu- gue ad un diecimillesimo delle altezze date dal mino- ra. Ma poiclie un coefficiente non conduce a calcoli piii complicati che I'ahro, quello e ragionevolmente da pre- ferirsi, ch'c piii conforme alle vere leggi della gravita. Cio posto, il valor di B,il quale pel primo coefficiente Q2A0 ,7 ^ . ^ . Qa4' ? ^ o era = — ^7^ = 4oi3 , 2 si cangera m ^ ^^^ =4013, 59 ; e questo e il valore, di cui .'^i fara uso applicando le I'ormole delle niisure delle altezze ai varj casi parti- colari. 52. Se il coefficiente si fosse determinato con osser- vazioni fatte alia latitudine 45°, il valore di - sarebbe ^ S espresso da una formola piu semplice della precedente (F). Imperocche sin.^ lat. e in questo caso = ^ ; e per couseguente 5' e = ( i -+- o , 0026C497 ) C ^ dal qual va- l68 V E N I N 1 lore con un calcolo simile a quelle, che poco sopra ab- biam fatto per la latitudine 46°, si deduce 1 1 -t- o , 00266497 e I -H o , oci66497 — o , ooa6(»497 cos. a lat. Qui diinque le quaiuita, che poc' anzi abbiam cliiama- te A, e B son eguali tra loro, e la formola (F') del gra- do 46 si cangia in quella della latitudine 45'' ponendo B in luogo di A ; per la qual sostituzione essa diviene I B COS. a lat. .._ , , - = I -+- jr— = I -+- o J 002659 COS. a lat. Secondo il sig. Laplace - dovrebb' essere =i -hO, h 002845 COS. 2 lat.; nia la difierenza tra il suo ed il mio risultato non giunge a due diecimillesimi; ed i lettori esarninando il mio calcolo, ne potranno scoprir gli erro- ri se pur ve n'ha. Certo la differenza non puo attribuir- si ai termini della serie, ch' io ho negligentati; poiche la lor somma non puo mai arrivare ad un centomillesi- mo. ( Vedi la Meccanica celeste; vol. IV; pag. 289 e se- guenti) Volendo far uso di quest' ultima formola, converra ridurre il coefliciente 924.1 , 6 del grado 46 a quello del grado 45 dividendolo per 1 -1-0,002659 cos. 92", cioe per o , 999907. Si faccia la divisione, e si trovera il quote 9242 , 47 coefliciente del grado 45 ; e questo moltiplica- to per 1 -t- o , 002639 COS. 2 lac dara il coefficiente ge- nerale per tutte le latitudini. Per gradi 46 abbiam visto pur ora, assert =401 3, 59 J; ma per gradi 45 sara B = '^^^.^ ' ^^ = 4018 , 96 . SULLE LIYLLLAZIONI IlAROMETRICHE 1 69 Questo e dimquc il numero, che in tutte le formole dei paragrafi precedenti dovra sostituirsi a B nelle va- rie ipotesi del calore e dellagravita per la latiiudine di gradi 45. Vedreni poi nella parte 111, che il coefficien- te 9242,47 (i -H o , C02659 COS. 2 leu.) da le akezze mag- giori delle vere per le osservazioni di De Luc, ma mi- nori per quelle di Sliuckbiirg, Koy, e Ramond; e gene- ralmeiite, die nessuii valor costante di B (cioe di DA') poira soddisfare uguahnente alle osservazioni del priino ed a quelle degli altri tre fisici pur or nienzionati. 53. Per I'ipotesi del calor medio uniforme del nu- mero 47 la mia formola e X = B 1 10 ( ) Z. --1 ^ — ' r ^ a. ' y r Ora, se 5/ 10 e il coefficiente pel grado 45 di latitudi- ne, la formola stessa applicata a qualunque altro grado diver ra X = fi/io{r H- o, 0026.59 coj. a /af .)— ^^-H- r " a / 5 (f H- o , 002659 cos.zlai.) ( ) X , ovvero ** nt / /-r- , K,(^-^c . ,- A 9.x . X =«/io(i-HO,ooa659co^.2/a/^.)( )(L --h-^ — ); a ' / r I 10 ove rukimotermine h — - — e lo stesso che*. o, 86858o. Sostituiscasi 18336""'" a Bl io;r ad x\a ad r; i -t- o,oo375f, ed i-t-o,oo375r' a C, e c;o, 002845 a o» 002()Sc),Chj, h ad A.,y\ che tali sono le quantita del sig. T- IL P. I. XI I yo V E N I N I La Place conispondenti alle niie, e la formola preceden- te si cangera in quella, cui egli e giunto con un ineto- do ben diverso dal mio, cioe in r(l )=i8336 ^ ■( I -H 0,002845 coj.a/af.)(i-+- — — OjCoSjS) ( L ^ ^ - . 0 , 86858Q ) la qual formola, divisi i due membri per i , ed av- vertendo, die e prossimaniente = i -+- - , si ri- a duce finalmente ad r=i8336'"''*(i -+-o,oo2845co^.2Zrt^)(n-^±l!.o,co375) a quale appunto si trova alia pag. 292. lin. 17. vol. IV del- la Meccanica celeste. La terza ed ultima parte sara data in alcro iolume . /-?.,/ / I?! NUOVA SOLUZIONE di iin problema dl meccanica deW Eulero Dl GlKOLAMO SaLADINI presentata a' lo d'agojto 1807 U na delle memorie del chiarisslmo geometra Gre- gorio Fontana, che si contiene nel tomo nono della Societa italiana delle scienze ha in argomento la riso- luzione di vn piobleina meccauico proposto altra vol- ta al grand' Eulero e da lui sciolto elegantemente ado- perando rarmonia fra i principj generali di quiete e di moto del sig. Maupertuis. Questo matematico incom- parabile forse compiacendosi della felicitadi una tale risoluzione soggiunse: il problema non e si facile a scio- s^liersL co' principj ordinal j della meccanica. Ma la co- sa in realta andare altrimenti il professore Foiitana pa- tentemente diinostra, poiche coi soli notissirni princi- pj di meccanica giunge con speditezza alio sciogliinen- to del problema, non solamente nel caso semplicissi- mo deir Eulero, ma in akri piii coniplicati, assicuraa- do cosi ai principj noti e fondamentali della meccani- ca lo splendore di cui sono in possesso, e die poteva alquauto olluscarsi da una grande autorifa. Percbe poi \-]2 S A L A 1) 1 N I resti confermato quanto esponesi dal soprallodato pro- fessore, mi e passato per Y aniino cli metier a cime/ito ua principio meccamco noto, a me fainigliare, per cui ri- teueiido le forze nella loro naiurale quaiuita e direzio- ne, si suole con retto cammino e con prestezza giun- gere alia meta propostasi, e qnindi di esporre il mio qualunque siasi sentimento suUe ridessioni di cui cor- reda il professore Fontana hi sua dotta memoria. P 11 o B L E M A La retta 31 N ( Fig. I ) rappresenta un muro ver- ticale perfettamente liscio; K un punto fisso; PQ una rerga rigida spogliata di gravita, accostata coU'estremi- ta P al muro M IS ■, e appoggiata soltanto al punto fisso K potendo concepire intorno lo stesso punto mo- to rotatorio e radente; all' akra estremita Q della ver- ga e attaccato il peso H. si cerca di situar la ver- ga P Q in maniera die dalle due reazioni del muro M JV e deir ostacolo fisso K sia impedito qualimque moto della medesima, che tenta indurvi il peso H, cioe che non solamente sia impedito il moto rotatorio circa il punto K, ma il rettilineo akresi radente 1' ostacolo A, non essendo per supposizione connettimento aicuno tra r ostacolo e la verga . £gli e cosa certa, che la reazione del muro MN nel punto P, qualimque siasi, dirigere si debbe a se- conda della retta P L normale al min'o nello stesso pun- to P, come la reazione dell' ostacolo K esser debbe per K L normale alia verga P Q; per lo che in vigo- re del soprammentovato j)rincipio meccaiiico e mani- KuovA soluz.d'un riioBL. iueccan.d'Eulero 1 73 festo che non potrassi ottenere equilibrio, qu^iiido le tre direzioni Q L del peso, PL della reazione del mu- ro, e K L della reazione dell' ostacolo non s' incon- trino in uno stesso punto Z, onde nasca il triangolo rettangolo P L Q, in cui la retta L K, the con- giunge il vertice del triangolo L col punto K dell' osta- colo riesca normale alia verga P Q ipoienusa del trian- golo. Qnindi calata dall' ostacolo K la K U normale al cateto PL, che deterniina PU distanza dell' ostacolo dal muro, saranno le quattro rette P U, P L{, P L, P Q in proporzione continua, e percio sara PQ a P U \n. ragion triplicata di PQ a PL. Chiamata adunque PQ quamita nota = a, PU quantita similmente nota=6, 3 P L = z\ avremo a : 6 = a' : 2% e z = %/«* 6 ; e se si chiami la P Li altra delle due medie proporzionali = 3 X, sara x = %/a b' , lo che combina colla risoluzione euleriana e del professore Fontana, ricavata con giro di calcolo da altri principj. Questa risoluzione non vien meno se suppongaei la verga P Q grave, anzi gravata da qualuncjue nu- mero di pesi; iinperciocche trovato il centro di gravi- ta di lutto il peso, per esempio /?, la Pi? sara \ ipo- tenusa del triangolo rettangolo dotato della sopra indi- cata proprieta delle quattro continue proporzionali pel caso deir equilibrio: potransi adunque deterniinare le due niedie z , x nella stessa nianiera; cioe sara z = 3 9 %/a'' b , x = y/a' b' posta a' =: P II, cioe sostituita la 174 Saladiwi PR a PQ\ lo che non e difficile ricavare ancora dal- le formole del professore Fontana. Se pongasia' = 6, le due niedie proporzionali z^x eguagliano la 6, e la verga restera equilibrata in posizione orizzontale soste- mita dall'ostacolo K: se \a P B sia piu piccola di P U, riuscira impossibile I'incontro delle tre direzioni in un punto, lo the indica non potersi ottenere Y equilibrio in qualunqiie situazione, the passi per 1' ostacolo K^ come in reaka accader debbe, essendo impossibile che la X porzione della verga compresa tra T ostacolo e il niuro sia piu corta della distanza tra'l muro e lo stesso ostacolo . Con qnesto problema ha molta analogia 1' altro in cui cercasi dove si debba situare il fulcro K acciocche una trave PQ appoggiata al muro MN in un dato angolo, rimanga in equilibrio; il punto ricercato, quel- le sara dove la normale LK ferisce la trave. Se abhiasi desio di sapere quando la verga non equilibrata scenda dalla parte del muro, e quando sai- ga, diro che avrassi la salita, se il punto L, dove si segano le direzioni della reazione del muro e dell' osta- colo, sia tra'l muro e la direzion del peso; ma se il punto Z d'intersecamentOj e il muro prendano in mez- zo la direzione del peso, avrassi la discesa. Pongasi la verga P K Q in sito orizzontale onde KL si confonda con K U; non avendosi in questo ca- se alcuna spinta contro il muro, non nascera reazio- ne, e percio pref)onderando la verga dalla parte di Q, il peso H scenderii innalzando la parte PK della ver- ga, che verra costretta a seguirlo; per otteuere duu- que Tequibbrio, couverra che la verga prenda una si- NuovA soltjz.d'un puobl. megcan. d'Eolero 1 75 tuazione P /v, die faccia col muro 1' angolo MP K acuto dalla parte di itf, iiuperciocche se lo facesse oc- tuso, non si avrebbe siinilmente reazione del muro, clie potesse coiurastare col peso //. La direzione K L per- tanto, die, posta la verga orizzoiitale, si confonde cori K U, incominciaiido T angolo MP K ad essere acuto, incoiniucia a scostarsi dalla K U ^ e si avvicina alia Q L direzione del peso, ed il punto di segamento di KL coir orizzontale P L %\ accosta alia direzione QL del peso; talrnente die facendosi sem pre piii acuto Tango- lo M P K, la distanza tra 'I punto anzidetto e la dire- zione del peso andra sempre piu diminuendo, finche non giunga ad incontrarla, ed in questo caso avrassi r equilihrio. Prima peraltro di giungervi saremo sem- pre nel caso della siiuazione orizzontale, cioe il peso // scendendo innalzera la parte K P della verga; pas- sando in seguito la distanza del punto d'intersecamen- 10 della K L con P L (in la dalla Q L direzione del peso , cioe passando tal distanza dall' essere positiva air essere negativa, nascera moto in senso contrario al primo, e la verga P Q facendo coiitinuamente angolo pill acuto col muro verso 31, precipitera dalla parte del uiuro; le quali cose sono assai manileste. Yeuga era in computo la resistenza del fregamen- to nata dalla scabrosita del muro, per cui rendesi al- qiianto complicato il problema. Prima d' intraprender- ne la risolnzione avverto che la quantita di questa re- sistenza debbe esser nota, e tale la suppone il pro- fessore Fontana, poicbe suppone cognita la sua pro- porzione alia reazione del muro, e la esprime colla let- teia n . Se avesse supposta uoia la proporzione della re- 176 S A L A D I N I sistenza al peso, si poteva determinare il centro di gra- viia di qiieste due forza parallele., e chiainata a' la parte della verga compresa tra questo centro, e I'estremi- ta della verga appoggiata al muro, e sostituitala neU'e- quazione x = y/ a b'^ in luogo di a non segnata, onde nasca .r = »/ a' 6' , si veniva a determinare il dianzi indicato trianQ;olo rettansrolo, cbe mostra la maniera di risolvere il problema. Ma se vogliamo stare alia suppo- sizione del Fontana, la determinazione del centro di gra- vita del peso e della resistenza nata dallo sfregamento si rende egualmente difficile che la risoluzione iinme- diata del problema, dovendosi in ambediie i casi risol- vere la stessa equazione di sesto grado. Disegni come sopra la retta il/iV(Fig. II) il mu- ro; K il punto immobile dell'ostacolo; P K Qh verga; Q sia il punto dove raccogliesi tutto il peso premente la verga secondo la verticale Q L'. Si chiami P K=x, PU distanza dell'ostacolo dal muro cognita =6,P^=a, c la ragione di P C orizzontale a G L' verticale sia quel- la della reazione del muro alia scabrosita in /*, cbe si dirige in senso opposto alia direzione del peso H, cbe esprimasi per i: ti; condotta P L\ questa esprimera la direzione della forza combinata dalle due forze scabro- sita, e reazione del muro; la quale pel nostro principio passar debbe per io punto L incontro della verticale Q L' colla K L' normale alia verga P Q esprimente la direzione della reazione dell'ostacolo. Essendo P K . P Q=P U : PG, per essere K U, NUOVA SOLUZ.d'uN PHOBL. 3MECCA3f.D'EuLnUO I 77 QG notmall all' orizzontale PC, sara PG=— ; ed ab es3cndoPC:PZ,'=i:v/n-/iNsara PL'=--\/ n- u X abbiamo ancora il triangolo PUK simile al triangolo PCQ, clic e simile al triangolo Q K L; quindi K (J : PU=KQ : KL', cioe ^ x' - b' ■.b = a-x:KL' = b ~ : essendo adunnue il triangolo PKL' ret- tangolo in A', nascera Tequazione PL' =P K -h A'iC'% cioe — 5- ( I -H /i') = x'-» ^ ,~ che con picciolo gi- .V ^ ' X — 0' ro di calcolo si riduce ad una equazione di sesto gra- do di questa forma (x' — a 6')' = «' a' 6'(x^ — 6'). Se in questa equazione pongasi lo sfregaraento nullo, cioe 3 n=zo; nasce x=i/ab' come sopra. Se facciasi riflessione cbe la resistenza dello sfre- gamento non nasce se non nasce moto, e che it perfet- to equilibrio escliide qualnnque moto, sembra che nel porrc la vcrga gravata da pesi nel richiesto equilibrio, atiendere non debbasi alio sfregamento ma alia sola sca- brosita e ruvidezza del muro; poiche sara questa seni- pre pionta ad o})por5i a qualunque moto si volosse in- durre nclla verga equilibrata; e percio tal resistenza sempre jiiu assicura la verga nell' equilibrio che si ot- T. If. P. J. 23 178 S A L A D I N I tieiip iiuliprDclentemente dalla sc:abrosita del muro. Lo sciop,liinefUo aduiique del presente problema poira ser- vire a detenninare dentro quali limiti potremo azzarda- re di situare la verga perche rimanga in equilibrio; po- sto die nota sia la qiiantitu di tale resisteiiza, quantun- qiie indipeiideniemente da questa 1' equilibrio non fos- se possibile. L' equazioue di sesto grado ritrovata dianzi mi a- pre la srrada a niostrare cio die ho asserito, cioe se si potesse determiiiare il punto 7? centro di gravita delle due forze parallele, peso e resistenza della scabrosita, il problema ci coiidurrebbe al solito triaugolo rettangolo delle quattro continue proporzionali. Dal punto L do- ve s'incontrano la PC, e la K L' normale in jfiTalla ver- ga PQ, se si innalzi alia orizzontale PG la normale LR die incontrera \a. P Q in /?, dico die questo pun- to e il centro di gravita delle due forze scabrosita e peso, lo che cosi diniostro. Estratta la radice quadra- ta dair equazione di sesto grado sopra esposta, ritrove- remo x^ =zab{b z^n\/ x' — b'); mi determino al se- gno meno, die serve al caso in cui f estremita P del- la verga, rotto T equilibrio, fosse per elevarsi raden- do il muro, e percio venisse in canipo la scabrosita di esso per opporsi. 11 cubo adunque x* o sia della P/lT eguaglia il so- lido parallelepipedo contenuto dalle tre rette a, 6, e b — ns/x'—b"; condntta /iT 7" normale a PZ', che se- ga I' orizzontale PG in Z, per la similitndine de' tri- angoh KZU, PT Z, G P L' , savk K U:UZ=PT: 7'Z=PC:GZ'=i:n;dunque UZ=n KU=n^l,F^^i NUOVA SOLUZd'uN PU015L.MLCCAN. d'EuLLRO I 79 e P Z~b — n\/ x' — b^; dunqne le tre rette del paral- lel pipedo eguale al cubo P K\ sono PQ-> PU^ P Z; ma il rettangolo LPU=PK nel triangolo rettango- lo P KL^ diinque il solido P Kx LP x P U egviaglia il solido P QxP UxP Z; onde sara il rettangolo PKx PL = PQxPZ, e percio PQ:PK=PL:PZ, e congiunta QL, sara questa parallela a KZ; qiiindi P U: P Z = P C : P L = P Q : P R- e dhidendo P Z :Z U= PR : RQ. Ora a cagion dell' equilibrio si ha nel trian- golo P L'Q la gravita per Q L' alia forza combinata per PL' come il seno dell'angolo P L' K=zP KT al seno deirangolo/vi:'G=()/'G; cioe come PT:UK=PZ: ZK; ed essendo per la similitudine de'triangoli rettango- li KUZ,PCL\ ZK:ZU=sy v-^iC: n come la for- za combinata alia scabrosita, sara in ragione ordinata la I'orza di gravita o sia il peso alia scabrosita come P Z : Z U =^ P R . R Q; duni]ue abbiamo il peso alia scabrosita in ragion reciproca delle distanze dal pun- to R. Dunque il punto i? e il centro di gravita delle due forze peso e scabrosita, cioe dove si possono esse supyiorre riunite, e sollecitanti la verga per la vertica- le RL. Per la qual cosa le direzioni PL., K L, RL delle tre forze, cioe reazione del muro, reazione dell'ostaco- lo, e peso combinato colla scabrosita, passando tutte per lo punto ^, saranno in equilibrio. Ecco adunque dimo- strato, the se si avesse il cenrro di gravita del peso e della scabrosita del muro, si sarebbe sciolto il proble- ma col solito triangolo rettangolo delle quattro conti- nue proporzionali. Ma vediamo dove tenda V equazione x' = a 6^ -♦- l{)0 S A L A U 1 X I Ji a b \/x' — b\ ill ciii il termine n a b y/x" — 6' e po- siiivo. Quanclo il coelliciente /i = o, ahbiamo veduto na- scere il caso semplice consideraco daU'Euloro; quando n e positivo da cui nasce il tenniiie n a b y/.u' — a' ne- gaiivo, e il caso considerate dal prolessore Fontana, in cui s' introduce la re9isfenza nata dalla scabrosita del mu. ro, in opposizione airinnalzatnento della porzione A /* della verga, cioe iiel caso die la scabrosita dovessc con- trastare al peso //, il quale fosse in procinto di rom- pere Tequilibrio, e di strascinare seco la verga. Se dun- que suppongasi n negativa, onde nasca il termiue n a b y/x' — b' positivo, saremo nel caso in cui la resistenza della scabrosita e per opporsi alia caduta della verga tra il nuiro ed il [)unto d'appoggio K, cioe quando il ])eso fosse nel liniite da non poter piu impedire qne- sta discesa, cd in tal caso la scabrosita favorirebbe il peso //, perche Tajuterebbe ad impedire il precipizio della verga tra il fulcro ed il muro: dico adunque che I'equazione x' = ab {b -^ n v/x' — b ) serve a deternu- nare il cciuro di gravita in questo caso. Ritenute le stesse dcno;ninazioni della figura se- conda, (Fig. III.) e le stesse letcere ai punti aiialoghi^, in vece di prendere la G L' sotto 1' orizzontale P O, si prenda di sopra, onde sia GP.CL come la reazione del muro alia scabrosita, cioe come i: n, percio P L> sia la direzione della forza comljinata; prodotta KL' nu- clie seghi P G prolungata in L, ed essendo K L la di- rezione della reazione delTostacolo normale alia verga P Q, c Q G \di direzione del peso, dovranno per la no- NUOVA SOLUZ. J)'UX PJIOBL.MECG.VN.d'EuLERO I u I stra legge dell' equllibrio incontrarsi le tre direzioni in un punto L' \ quindi il peso alia forza combinata co- me il seno deirangolo K L'P=P K 7', ( cioe condotta /C2"normale a. P L' die prodotta tagliera P G in Z) al seno dell'angolo KL'Q = QPZ^ e preso per seno tuito P K, come PT.KU, e j)er la similitudine de'trian- ^o\x PT Z,UKZcoxnQPZ:ZK-m3.ZK:ZU=:PL': .G L' cioe come la forza combinata alia scabrosita; dun- qne sara il peso alia scabrosita come P Z:Z U. Ora ab- biamo dall'equazione il cubo P K eguale al solido pa- rallelepipedo rettangolo compreso dalle tre rette P Q x P U X P Z, ed essendo il quadrato di P K egnale al ret- tangolo LPU, sara il rettangolo QPxP Z=P KxP L onde Q P .P L^^P KP Z^ e percio congiuuta Q L ri- uscira parallela a KZ\ ed essendo ancora KU parallela a Q C, avremo P Z.Z U= P L:LG = F R:RQ (innalzan- do dal punto L alia P L Idi normale L R^ clie dctermina iiella PQ prodotta il punto i?), ma si e dianzi dimostra- to PZ:Z U come il peso alia scabrosita; dnnque PR: RQ come il peso alia scabrosita; e percio il peso alia re- sistenza nata per la scabrosita del uiuro presa negativa- mente in ragion reciproca di QR.P R^cwc delle loro ili- stanze dal punto R; questo punto adunque c tale, die col- locata in esso la diflt-renza delle predetie forze parallele, otterrassi equilibrio; lo cbe e il carattere del ceniro di gravita delle medesime. Ecco pertanto dimostrato, die Tequazione .x-'= a6(6H-/iv/x'— 6') serve adeterminare il centro di gravita del peso e della resistenza di scabro- sita presa negativaniente, conie Tahra eqnazione x^ = ab{b — 71 v/x' — 6') serve a determinare il centro (M gravita del peso, e della resistenza stessa considerata 1 82 Saladini posiiivamente pronta ad opporsi al peso in ^, se tentas- se disturbare 1' equilibrio e di costringere la verga a preci]>itare daila parte di KQ. Liberate queste equazioni dal radicale, si pervieiie alia stessa equazione di sesto grado x'—ab^ =n^ab^X a' — 6': le cui radici debbono determinare la situazio- ne della verga in cui rimanga equilibrata. Non e difficile risolvere questa equazione costruen- dola coUe curve. Pongasi x" — b^ = y\ si avra subito r iperbola equilatera del semiasse trasverso=6; sosti- tuito questo valore nell' equazione di sesto grado, na- see a;* ^ ab"- =n} a b^ y% ed x^ ^=n ab X — ±y equa- zione alia parabola prima di terzo grado; combinate queste due curve secondo i soliti metodi delle costru- zioni, si comprendera che 1' equazione debbe sempre avere due radici iinmaginarie; non mi diffbndo in que- ste rirerche che niente hanno di particolare. II professore Fontana si maraviglia, che dal sue calcolo, quando si supponga la verga non grave, spa- risca il peso p, o si computi o no Va scabrosita del inu- ro; la qual cosa significa, che qualunque sia il peso, prendera la verga sempre la stessa positura; ma se si rilletta che 1' equilibrio nasce dalle reazioni del muro c dell'ostacolo, sembra che la maraviglia debba cessa- re, perche essendo determinate le reazioni dalle cir- costanze nelle quali si ritrova la verga gravata, quan- do ottiensi 1' equilibrio, egli e cosa assai naturale, che ritenute le stesse circostanze, debbon nascere reazioni in costante relazione al peso; ed in fatti le due dire- Kuovxi. soluz.d'unpiiobl. meccan. d'Eollro I 83 zioni Q L ^ P L del peso e della reazione del inuro debbonsi tagliare ad angolo retto, essendo la prima ver- ticale, e la secouda orizzontale, e perche la terza K L direzione della reazione dell' o3tacolo, deve esser sein- pre Dormale a P Q^c deve passare pel punto Z/, resta deieriiiinata la forma del triangolo rettangolo P L Q^ cjuindi la proporzione dei seni deirangolo retto P LQ, P L K^ ^ dell'angolo KLQ^ che dalia statica si sa essere qiiella della forza per K L o sia della reazione deli' o- stacolo, della forza Q L o sia del peso, e della forza per PL o sia della reazione del muro. Onde nascendo sempre reazioni proporzionali a'pesi che le eccitano, la positura della verga dovra sempre ritornare la stessa per quanto si cangi la quantita del peso, e si ritengano gli altri dati del probloma; ancor quando si computi la scabrosita dee accadere lo stesso, purche si supponga, che la quantita della scabrosita si cangi proporzional- mente alia reazione del muro, lo che tacitamente fa il chiar. Autore riteuendo sempre la stessa lettera n; al- trimenii al cangiarsi della ii la verga cangierebbe po- situra . Ma cio che il prof Fontana dice poter sembrare pin singolare e memorabile si e che il peso inlluita- inente pitciolo non possa supporsi zero assoluto, per- che per picciolissimo che sia il peso o enormemenie grande, una e costante e la situazione della verga; ma se il peso sia nullo assolutamente, le posizioni della ver- ga, come egli dice, per rimanere equdlbrata e immo- bile, sono infinite. 11 paradosso per altro sara soltanto per quelli che confondono le quantita minori di qua- lunque data, che sonosi chiamate infinitesime, collo zero j84 Saladini assohuo; lispettando sempre 1' autorita degli uomini soninii clie opinaiio in contrario , niente pub darsi di pill lontano dalla mente di chi introdusse in geonie- tria il nietodo mirabile degl' infinitesimi , o sia delle quantita minori di qualunque data; ne dee sorprende- re se mutando i dati del problema come avviene sup- ponendo la verga ora gravata ora non gravata, si ab- biano risultad totalmente opposti . Non so per akro se quando si suppone la verga non gravata, si possa ccr- cure equilibrio, se non vogliaino confondere lo stato d' equilibrio colla sernplice quiete. ^s^^ 'll,/ /r I'll/ I Tui 3 f'lif- :>. Ftf.4. f'uf.6 Fi05ia /• la resistenza delTaria, Ji quella dell' ac- qua, d la distanza del centro della prima dall' asse de' •perni, D quella del centro della seconda, e manifesto che, dovendo il centro comnne di tutte due cadere, e rimaiiere sulT asse de' perni per tutto il tempo speso dalla lamina a percorrere accomodata senza oscillare, sotto un certo angolo, dovra per tutto cpiesto tempo essere r . d = R . D, e quinJi D= "TT"' ^ percio, chia- mata a la distanza dell' asse de' perni dal lato inferior della lamina, x la ricercata distanza del centro di re- sistenza dell'acqua dal lato suddetto, sara x = A rr- • Inoltre, essendo la resistenza di un lluido qnalunque in ragione diretta composta della densita del fluido, dell'area urtante, e di una funzione della velocita del solido, sup|)05ta m : n la ragione della densita dell'ac- qua a quella dell' aria, / la larghezza della lamina, A V altezza dell' immersione, a fjuella dell'emersione, ^ la funzione della velocita, cui e proporzionale la resisten- za, sara I. a 1' area della lamina premuta dall' aria, Tom. If. P. J. id 2oa A V A N Z I N I /.y)(jiiella prcnnita daU'acqua, ?ii .l.J.(p=R, n.l.a.u,vr's benti alle particelle x', y\ t', x; di modo che suppo- sta m r altezza dovuta alia velocita di y' prodotta dal moto della lamina, p quella dovuta al peso del fluido soprainconibente, la velocita assoluta di y, cioe quella con la quale la particella y' correrebbe dietro alia la- mina saia y^m ■*->/ j), e supposta a 1' altezza dovuta alia velocita della lamina, la velocita relativa della par- ticella y' sara \/ m ->^ yj p — \/ a. Inoltre e manifesto, e dimostrato anche dalla sperienza, che la velocita del lluido che passa per ;r cf' non e uguale in tutte le sue particelle, ch' essa c massima, e maggiore del!;i veloci- ty della lamina ncUe particelle s- vicinissime alia sua il3 AVANZINr cstreniita r, e minima aiizi nulla nelle particelle <^' che separano il fluido in moto dal laterale in quiete. Per- cio j)icciolissinia dovra essere anche la velocita del flui- do per $' in z\ e grande, e maggiore della velocita del- la lamina quella delle particelle moventisi per a- ox'. Parimente la velocita prodotta dal peso del fluido so- prainconibente deve esser zero in z', e aumentarsi nel- le particelle inferiori. Da tuttocib e facile il raccoglie- re, che la velocita \/ ni -+- \/ p del fluido al contatto di tutta una porzione, per csempio c z sara minore della velocita \/ a, e quindi il (luido innanzi a tutta quella porzione dovra rimanere indietro lasciando un vacuo tra esso, e la lamina; 2° che la velocita \/ m -^ \/ p del fluido al contatto dell' altra porzione z j sara mag- giore della velocita y/ a della lamina, e percio il flui- do innanzi a tutta questa porzione respinto dall' osta- colo della lamina dovra piegarsi per tt% yy\ xx' . Gio dovendo accadere anche al fluido moventesi negli altri piani, rimane manifesto che dietro alia lamina la su- perficie del fluido si deprimera, lasciando tra esso, e la lamina un vacuo, o Cavita che rimarra per tutto il tempo, che la lamina medesima spendera a percorre- re uniformemente i 70 ultimi piedi della sua corsa. Osscirazione 5\ i". L'altezza del lahbro deve es- ser maggiore in parita di circostanze della cavita. La cagione produttrice del labbro essendo la velocita col- la quale il fluido fugge verso 1' estremita superiore p ( fig. 3. ) della lamina, e manifesto che» aumentandosi questa velocita deve aumentarsi anche quella con cui il fluido fuggira verso il lato inferiore, e percio anche la velocita per le curve ', ««'; j-tV, sy, iiesta espressio- ne dimosira evidentemente , clie rimanendo costante I'Mnmersione a, e variando la sola velocita a, questa puo essere di tale graudezza da rendere — -' ' ^ ' maftgiore, ii2;uale, ed anclie minora di 0 (04 . a--+- /r) - a ; il clie e quanto dire, che per la formola di Juan r il centro di resistenza puo trovarsi e sotto , e nello stesso centro di j>;randezza della parte iminersa della lamina, ed anche sopra di esso centro secondo la mag- giore, o minore graudezza della velocita «; cio die si Ojipone diametralmente alii sperimenti, nei quali, sic- ca) ExaiiiCii maritime iliri>ri([u(', ct i>rali(|iic rr. |i.ir Don Gtuiiics Juan. er. tradtiit de 1' espagnol avec des additions par M. Leveque. Nan- tes 1783 Touio I. p.ig. 3^6. 1 22a AVANZINI come abbiamo vetUito, qualiinqiie sia la velocita della lamina il centre di resistenza cade sempre sopra il cen- tre di grandezza della parte immersa. 1 7. La cagione di questa disparita tra il vero cen- tre di resistenza, e quelle della formola di Juan deesi, per mie avviso, ripetere principalmente dalla radice quadrata dell'altezza del fluido introdotta dall'Illustre Geemetra nella sua formola della resistenza; la quale radice, siccome pure nessun' akra funzione dell'altezza del fluido, abbiamo veduto (§ 72; mem. i") non do- versi trovare nell' espressione della resistenza del flui- do incompressibile, e nel caso che non nasca vacuo. Per dimostrarlo con un esempio, osserveremo prima di tutto , che il termine w* che trovasi nell' espressione 3 . 64* . a^ 1 11 T 77771 — :; della distanza del centre di resistenza 5 m\ a^ ^ u' ) e dovuto air influenza dell' intumescenza e depressio- ne del fluido computata da Juan nel calcolo della sua lormola, di modo che, supposta zero, o picciolissima la sudJetta intumescenza e depressione, la espressione r , r ,1 '■■ diverrebbe ^^- . Da cio apparisce evi- 5(64'.a:r^„5j 5 I'V dentemente che in questo caso, che e appunte quelle in cui non nasce vacuo, per la formola di Juan il cen- tre di resistenza dovrebbe cadere sotto il centre di grau- dezza della parte immersa della lamina, e alia distan- za di esse centre uguale ad una decima parte di tut- ta 1 altezza deU'immersione, quando i nostri sperimen- nESISTENZA DE' TLUIDI 22j ti dimostrano, die, qualora il labbro\ e la cav'na del fluido sono picciolissiiiii, il centro di resistenza cade al di sopra del centro di grandezza, e a picciolissima e trascurabile distanza da esso. Ora vedremo che questa difTerenza tra i centri di resistenza della formola di Juan, e deU'esperienza na- sce appunto dalla \/ a contenuta nella formola sud- detta . Supposta » \\n rettarigoletto orizzontale della superficie anteriore della lamina, it la sua velocita, a r altezza del fluido sopra il rettangoletto medesimo, la resistenza opposta ad esso rettangoletto e, secondo Juan, ^ua^ (§ 69; mem. i'); or chi non vede che una ta- le formola, appunto perche contiene af, deve porge- re la resistenza maggiore pei rettangoletti piu lontani dalla superficie del fluido, e minore pei rettangoletti piu vicini, e quindi far cadere il centro della resisten- za totale sotto il centro di grandezza della parte im- mersa della lamina? P A R T E 1 1 1. ERKOUI NEGLI USI DELLE FOUMOLE , E LORO KETTiriCAZlONI Delia stabilita de'paralellepipcdi di picciola lunghezza. 18. Immaginiamo un paralellepipedo rettangolo di picciolissima lunghezza, immerso in un fluido tranquil- lo, e indefinito sino ad una data profondita «, e mo- ventesi orizzontalmente, e in direzione paralella alle sue facce longiiudinali; supposta k la distanza vertica- 22+ A V A N ^ I N I le del centro dl gravita del paralellepipedo dalla su- perficie del tluido, a la sua velocita, il sig. Juan ri- trova clie, coinputando il labbro, e la cavitd del fluido, la stabilita del paralellepipedo e espressa dalla formola mcu{-ka -^-a )H-^__. (a) Le seguenti brevissime considerazioni ci dimostreranno die questa formola non puo essere ne vera, ne esat- ta. Essa risulta dalla resistetiza raoltiplicata per la di- stanza del centro di gravita del paralellepipedo dal centro della resistenza. Secondo Juan la resistenza e - ?;2 c (a-'.M-t- 7-77 ) , e la distanza del centro di gravita e Jc — o a 5(-*-^) Ora , supposta anche vera ed esat- ta la prima, tale, pel ragionamento del § 17 non po- tendosi considerare la seconda reiidesi manifesto, che ne anche la risultante espressione della stabilita potra ammettersi per sicura, e precisa. 19. Per rilevarlo pivi chiaramente con un esempio suppongasi il labbro^ e la cavita entranibi si ])iccioli da potersi oinmettere senza esser grave; allora secoii- do Juan la resistenza sarebbe -mc.a-.u^ e ^ — ^ la distanza del centro di resi- (a) Opera, e pag. citate di sojira. IIESISTEXZA DL' FLUIDI 22.5 stenza da quelle dl gravita del paralellepipedo, e quiadi m c u (- k a' —- ~ a- ) la stabilita. Cio premesso, se si osservera die -=- e, secondo Juan, la distanza del cen- tre di resistenza dalla superficie del Iluido , quando (§ 17) essa deve essere -, si conoscera ad evidenza, die la stabilita non deve essere come crede Juan mcu{~ h d^— ^ a^ ) ^ ma bensi mcu{- /c a'^ — ^ ). Tom. II. P. jr. 29 DESCRIZIONE Dl uno struniento acustico Di Gaetano Uttini presentaca a' ii Alag<^io i8c6 V^uando lo penso alia misera condlzione di quelli che soiio difettosi di lulito, mi seiito sorpreso da me- raviglia, consideiando che mentre coloro, i cjuali pa- tiscon difetto di vista, lianno pronii tanti conforti al lor male, i sordi poi si ritrovaiio del tutto abbandona- ti, e privi aHaito d' ogni soccorso alia loro sventura . Forse che ella e la sordita un piccolo male? Qiial co- sa pill molesia, quale piu luttuosa, quauto lo e il ve- dersi nel corso di qucsta vita mortale privo di quel soUievo, che nasce dal conversar cogli amici, e co- immicarsi scambievolmente gli alTetti , e i sentimenti dcir auimo? Nel giiidirare qiial dclle due disgrazie sia niaggiore, se il perder la vista o I'udito, noii s'accor- daii gli iioinini in uii medesuuo seutiineuto, ma chi r una crede pui graude, chi I'altia. Che che ne sia di cio, i sordi soiio sciiza duhbio molto infelici, onde larii cosa degna di soiimia lode chiuuque prestera ai (> ryd U T 1" 1 N I medesimi sovveiilmento. lo certainente attesa la pro- lessioiie, alia (jualf fui applicato fin da' primi aiiui, re- piuo essere niio ofl'ieio iiiipiegare ogiii iudnstria e fa- tica a soUievo di questi iiou luenOj che degli akri in- tieriui, qiialunque essi siaiio. Eccouii periaiito a propor- re CIO, clie da graii tempo rivolgo nell' animo, voglio dire un certo acnstico iavoro, d cpiale rechi ai sordi uii vaiitaggio, per qnanto e possd)ile, ugnale a quello che recaiio gli occhiali a chi e iiifermo di vista, lo mi acciiigo, il conosco, ad un' ini|)resa ddlicile , impresa, che ben so essere stata con successo poco fehce ten- tata da uomini assai ili me piu valeuti. Ma questo ap- punto anzi che avvihiini, nii lia reso piu coraggioso. I ni perocche le fatiche degh aliri hanno chmiiiuito le mie, e se essi piesero un qualche abbaglio, cio a rae serve d' avviso per evitarlo. Fra quclh poi, i quali faticarono in cjuesto siig- getto si deve aunoverare in jirimo luogo il chiarissimo Le Cat. Avendo egh sul terminare di quel suo bel li- Lro intorno all' orecchio uinano esaminate con la mag- sior dili^enza rutte le invenzioni deL>,li altri, descrive in ultimo luogo due istrumenti da lui immaginaiij i quali servirono a me di scorta jier formare il mio. Non deve rincrescere di sentire quali essi siano, onde si pos- sa pill agevolmente giudicare sul mio Iavoro. II primo istrumento adunf|ue acconcio ad ajutare le orecchie non tanto inferme e fatio a guisa di una conca. Questa ac- coglie nella sua bocca, che e assai larga, niolti raggi sonori, e colla sua concava figura li indirizza per mo- do, che tutti uniti vanno a penetrare il meato audito- rio. Cosi vieae a formarsi una stabile aggiunta all'orec- DESCRIZIOXE 1)1 UXO STUUMLXTO ACU5TIC0 2 2^ cilia esrerna, ])oiclie vi si attacca fermamente, e si so- stieiie (lalla stessa oreccliia, die viene iiitrodotia nel cavo cU'lla suddetta couca per iin foraine ovale a un lato dt'lla niedesiina, 11 lavoro ii seinplicissimo, come si vede, e se si presti fede al suo aiitore, e si como- do ad usarsi,che acconciainente applicato si nasconde sotto Tistrssa parrurca. L' altro poi the ha niaggior forza, e che dal suo ainore fu risi-rvato a viiicere ia durezza delle orecchie al senso piii resiie, e composto cli ruolte parti, e ri- chicde nuiogior ariilizio, nieiitre egli tutta intiera ras- sonijo-jia la fahbrica dell' orecchio uinano. £' fonnato Sjieziahiunte di due parti, la prima delle quali, iu cui vi souo varii seiii, e varie giravolte , rappresenta la par- te coMcavj (Udr orecchia esteriore, ed il meato audi- torio; V alira the vien do[)0 somiglia nel suo princi- pio, che e niulio largo, la caviia del timpano: in ap- presso resiringendosi essa a poco a poco, e torcendo- si in varie spire figura cjuella [)arie dell' orecchio, che dicesi coclea. La, dove quesic parti insieme si congiun- gono, avvi una pelle sottile, oppure una tela di seta, id (juale fa le veci della mcmbruna del timpano. Tali sono i suftsidj aj^presiati dal Le Cat a sollievo de' sor- di: leggiadre e soitili invenzioni, non puo negarsi, qua- li appuiito da un uomo tale aspetiar si dovevano, ma- non tah perb, che pienamente corrispondano al de- siderio dei soidl, i quali col trascurarle hen chiara- niente dimosirano di non esserne punto contenti. Im- perocthe riguardo al primo non e forse tanto da pre- giarsi 1' aumento dell' udito, (juanto e da fuggirsi la noja del peso sovrastantc all' orecchio. iliguardo all'al- a3o U T T I N I fro poi, lasclando eziandio da parte, ch' egli e un la- voro difFicilissiino, e di una mole, che non puo esse- re coinoda ad usarsi, non rare volte addiviene, che col soverchio fragore stordisce pluttosto, anziche egli giovi a render chiara la sensazione dell' udito. Mentre io andava meco stesso ripensando a qne- ste cose, mi venne in mente di ricercare , se si fosse potuto rinvcnire un mezzo tale, che fosse immune da quegli incomodi, a cui sono soggetti gli strumenti del Le Gat. Esaminai per lungo tempo, e con molta atteri- zione la cosa, ed avendone piii volte consultato un ar- tefice sommamente industrioso, e sagace, immagiiiai fi- ualmente due strumenti acustici che dal medesimo con inaestria fabbricati , ora da me si rendono pubhlici . Due, dissi, sono questi strumenti: imperocche quan- tunque quello, ch' io avea immaginato da prima, avesse a sno favore e il giudizio di molti Dotti, ai quali io ]o aveva comunicato, ed eziandio la stessa esperien- za, mi piacfpie pero di aggiungere anche I'altro, che essendo perfetto, e piu vigoroso merita di essere pre- ferito. Consiste quel primo in un ellissoide cava ta- gliata secondo T andamento deir asse minore in due parti, o dir vogliasi in due emisferi ellittici , V uno e I'altro de' quali e guarnito esteriormente nella sua soin- mitii d'una piccola tromba. AH' una di queste trombe, che rieirimboccatura e alquanto larga, si applica la vo- ce: I'altra, che e- piu sbttile della prima, e piii lun- ga, ed e leggermente incurvata s'applica al meato au- ditorio. Penetra questa seconda tromba entro la cavi- ta del prossimo emisfero, e si porta quasi fino al pun- to, in cui cade il rispettivo foco deH'ellisse. Uniti I'u- DESCRIZIONE Dl UltO STRTJMENTO ACUSTICO 2^1 HO air altro i due emisferi resta formata 1' ellissoide, la cavita della (juale viene divisa in due mediaiite una sottile metnbrana attaccata all' orlo dtrlT eniisfero, clie rimane dalla parte deirorecchia. Questa menibrana per mezzo di viii posie all' esteriore degli emisferi si puo lendcre pii'i o lueno secondo il bisogiio. Ecco esposta luita r orditura della mia macchiiietta. Prima pero, til' 10 reuda ragione della medesima, fo avvertire, die lion prendo io giii il carico di provvedcre a tutti i sor- di, rjualuiujue sia la cagione della lore sordiia. Impe- rocclic allor (piando la sordita deriva da un organo guasto, e del tuito rovinato, la cosa e disperata, e in cjnesto case non solaniente io, ma nessun uomo del mondo c valevole a prestarle sovveniniento. Questo danno Io puo ristorare sohanto quel Dio facitore, e crea- tore del corpo umano, il quale formo 1' opera meravi- gliosa deir orecchia. Lasciando adunque i sordi di tal natura, a' quali non si pub prestare altro soUievo, fuorclie una sterile compassioiie, a quelli solamente io esibisco questo mio isirumento, i quali hanno le orecchie non gia guaste, ma soltanto poco bene disposte, a quelli cioc, clie ban- no bensi iutatto 1' organo deH'udiio, ina o indebolito j)er la vec(biaja, o luortificato pel continuo ruinore, o per fpialsivoglia alira cagione languido. ed inerte per modo, < be non si riscuota se non risvegliato da un suo- no niolto gagliardo. Alline per tanto di porgere un ri- medio a si faiti soidi , giudicai dover io rivolgere le niie maggiori applicazioni, e tutta la mia premura a questo scopo, di formnre cioe il mio lavoro in una ma- iiiera, tbe iVa tunc fosse la plu acconcia ad auuienta- 233 U T T I N I re il suono. Se io abbia cio ottenuto parmi che il di- niostri chiarissimamente 1' aspetto isiesso cli questa niac- diinetta. Tinperocche i raggi sonori, che partoiio dairiin- boccatura della prima tromba, vanno a ferire la ineni- brana, che separa i clue emisleri, parte direttamente, e in gran parte per rillessione solTerta nelle pared del primo eniisfero; e questi ultinii tendendo a raccoglier- si presso il foco delT cUisse, die resta entro 1' altro emisfero, convien che si faccian convergenti, e accjui- stino cosi maggior energia. Grande pertanto sara la for- za, con cui verra la mernhrana dai raggi sonori percos- sa. Un gagliardo moto adunque imprimera essa all' aria contenuta nel secondo emislero, e nella cavita dclla tromba ad esso annessa, e nel meato auditorio, in cui questa sbocca. Le pareti stesse di tutia la macchinet- ta concepiran tremori, e oscillazioni, che comnm'can- dosi air aria stessa interna, da cui furon eccitate, an- dranno ad aumentare il suono. Per fine i raaai sonori ancora, che cadono su la snperficie interna della trom- ba, per cui si parla, ripercossi da questa entreranno in gran parte nella cavita del primo emisfero, e altri diretti, altri ripercossi dalle pareti del medesimo au- menteran la forza, con cui urtata viene la membrana, die dal secondo lo separa. Appoggiato alia considerazione di qneste cose giu- dicai questo strumento mi)lto elFicace per accrescere il suono. JNe m'ingannai certamente: poiche tutti quan- ti i sordi, i qnali usarono di questo mio istrumento, benche gravissima fosse la loro sordita, tutti, dissi, sen- za eccettuarne un solo diedero al di fuori manifest! se- gni deir interna consulazione, che provavano neirudi- DESCRIZTONE DI UNO STUUMLNTO ACUSTICO 2S5 re contro il lor solito. In fatti quelle cose, clie lor si dicevano quantuncjue con voce bassa, le conipresero perfettamente, e le ripeterono parola per parola, seb- bene chi loro parlava fosse alquanto discosto. Ma cio era appunto quello, che io credeva dovesse succedere. tin fenomeno pero accadde fiiori della mia aspet- tazione, cli' io penso di non dover passare sotto silen- zio. Suole avveiiire talora, che alcuno avendo le orec- chie Dial disposie provi deniro le niedesime non so quale mormorio, che puo essere anche prodotio dallo strumento medesimo senza che pero la voce giunga meno vivace all' orecchio. In questo caso si 'e scoper- to essere pronto il rimedio a questo incomodo soltauto che si faccia un foro in mezzo alia membrana posta fra li due cmisferi, il che fatto, o tutto o quasi tuito cessa Io strepito. Se poi di un tale fenoineno si ricer- casse la cagione, io crederei, che non si andasse lun- gi dal vero, giudicando, che una porzione d' aria di- scende per I'aperto foro dalla camera superiore nell'in- feriore, e che I'aria, che in quella riniane, essendo meno inceppata e piu libera, trasporti meglio, e piii speditameiite il suono forse in quella guisa che vedia- mo succedere nella caviia del labirinto, in cui gli ac- cjuedoiti cotunlani servono a ricever parte dell' unicr acqueo, il quale senza tale sfogo agli urti del piede della stada o non cederebbe, se e incompressibile, o se e comprcssibile, si addenserebbe sempre con pre- giudizio drir udizione. Ma finora abbianio parlato di quelle cose, che riguardano il primo dei due istrumen- ti da me sul principio proposti. Mi resta ora a trat- tare deiraltro. Tom. II. r. I. 3o 234 U T T I N I Avenclo lo pertanto seritito , die alcuni in vecc della figiira ellittica, cli'io aveva data al inio istrumen- to, desideravano piiutosto la parabolica, forse creden- do die per essere questa la forma, die si da alia trom- l)a stentorea, dovesse lisultarne un istriunento piu ef- ficace, mi feci a considcrare se fosse pur cio da spe- rarsi. Ma tosto mi si fete prcsente alia niente il di- verso dTetto dei fochi dclle due figure: nella parabo- la il foco fa die i mggi da esso provenieuti ripcrcossi dalle pareti del tubo diveiuino paralleli, e pero gio- \a a portar la voce a grandi distanze; neirdlisse I'un foco fa die i raggi da esso provenieuti ripercossi di- ventino convergenti per uniisi nelT altro foco. Ora i raggi convergenti lianno essi maggior ellicacia dei rag- gi paralleli: noi abbiani bisoguo iiou di portar la vo- ce a distanza grande, ma bensi di aunientarne notabil- mente la forza. Dunque al nostr' uopo dee piu della parabolica giovare la figura ellittica. Won prendendo- mi dunque alcun pensiero di cangiare la struttura del mio istrumento mi diedi a cercare se in qualcbe ma- niera potessi perfezionarlo facendogli qualcbe si fatta giunta, onde i raggi sonori si radunassero nella sua ca- pita in maggior copia, e con piu opportuna disposizio- ne, talcbe il corpo tutto, ( per cosi dire ) dei suono diventasse piii vigoroso^ t: mi parve, che cio agevol- mente ortener si potesse, sokanto die la tromba, la quale primiera accoglie la voce, si ampliasse, e nelU sue pareti si piegasse in forma d' ellisse avente 1' iino de' foclii nella bocca stessa della tromba, e Taltro den- tro il corpo dell' istrumento a portata del foco dell'el- lissoide, il quale cade nell' emisfero, a cui quella trom- DESCRIXIONE Dl UNO STKUMENTO ACUSTICO 235 ba appartiene . Tale essendo il parer mio non nieno , t'he d' alcuiii uomini in si fatte iiialerie intelligeutissi- nii da nie consuliati, e tale specialinente essendo il pa- rcre del dottissiino signer Caiiterzani, tosto si venne dal pensiero ai faiti. Si mise in punto una troniba piu grande, e di forma ellittica, la quale venne attaccata alio strutnento in luogo della veccliia per inodo, che una potesse facilmente sostituirsi aU'altra, con questa mira appunto, che corredato lo strurnento or di questa or di (juella si potesse fare d'ambedue lo sperimento, e conoscere in fatti qual delle due superasse f akra neir elll(>acia. La qual cosa riusciva altresi opportu- ua a questo oggetio, che si poteva con un solo istru- mento provedere a molti, e varii generi di sordita, ed anche alio stesso sordo, se, come suole avvenire, patisse egli di una sordita variance ora piii, ora meno grave, e cio cangiando soltanto la tromba, secondo che questa varia dentro 1' istrumento la forza del suono. Per questa parte sola lo strumento guarnito della nuo- va tromba s' avviciiia in qualche modo a quella vocal tromba, che inventata dall' Hasio vien descritta da ]Mu- schembroek nei suoi elementi di fisica, la quale essen- do di due pezzi costrutta l' uno ellittico, T altro para- bolico, propagava la Yoce a una distanza grandissima. E cio mi fece sperare di aver apportato al mio stru- mento un notabile vantaggio. In fatti perche mandan- do noi pure per opera deiramj^lificata ellittica tromba maggior copia di raggi sonori alia prima cavita del cor- po deir istrumento, non oiterremo Tintento, che cioe r efVeito da esso prodotto riesca tanto maggiore? TuLto va bene, dira forse alcuno, questa ragioni 2'^6 U 'V T 1 N I 9ono verainente plausibili. ]\la cio, clie attciidcr si deb- be principalmente in qiiesto alTaie, sii via diteci, se a- \ete fatto qualche piova di (juesto istrumento, e qual esiio abbia ella soitiio? L' esito fu del tuito opportu- 110, e telicissiiuo. La nuova troinba, cbe io aveva ag- giuiito al mio stnimento, lo rese inolto piii elTicace, cbe non era prima. Di cio faiino tesiiinonianza quei sordi, iiei quali si e fatto lo speritnento . Iinj)erocc.be applicato loro ristriiniento ])iiina foriiito della veccbia iromba, poscia della nuova, concordeinente protestaro- 110, cbe essi avevano beus'i in arnbidue i tempi coinpre- so assai bene le voci di cbi parlava;, ma di averle pe- ro udite la seconda volta meglio cbe la prima: della quale testimonianza e qiial ahra maggiore a dir vero si put) ricbiedere,' per allermare rmiliia di questa nuo- va tromba? Ma quei medesimi sordi pero, cbe di que- sta urilita fanno i'vde, aggiungotio in olire ( imperoc- cbe nulla si dee dissimulare ) cbe essi sentirono bensi le voci espresse piii vivamente, ma pero mescolate d'uii cjualcbe rumore, di niodo cbe al coumiodo d'una mag- gior cbiarezza nelTudire si congiungeva un qualcbe in- comodo per questo raormorio . Ma beiiclie questo si dica con tuita verita, nondimeno non abbiamo inotivo di ])renderci su di cio grande aflanno . Imperoccbe e qual sordo non soflrira di biion animo questo mormo- rio, qnalunqne egli sia, ])urclie al tempo istesso egli faccia guadagno nel sentiment© deU'udito? Cbe se per Ventura lo strepito s' anmenti a segno, die o porti no- cumento airndito, o produca noja aH'oreccbia, avvi in pronto a questo male il rimedio, se aperto, come di sopra si disse, un foro nella membrana^ die divi- DE9CniZI0NE DI UNO STIIUMEXTO ACUSTICO 2^7 de per mezzo la concavita clello strumeuto, tutto o qua- si tutto svaniste lo strcpito. Fiualmeiite per non om- metierc cosa alcuna, die apparteiiga alia miglior rin- scita di questa macchinetta, si avverte die alia di lei forinazione il raine e [)iu atto d'ogiii altio mctallo per la diiiiile, e sonora sua qualita: die la menibrana, la quale divide la cavita delT ellissoide, c presa dal gozzo di un polio d' ludia opporiuiiissinia al divisato fine; e die j)er ultimo si dee guardare di non prendere rolle niani il coipo della iiiacdiinetta nell'atto di usarla, ma a tenerla ferina si metta piuttosto la mano o nella troin- La esterioie, o nel luanico in uiio dei due lati dello stiuuieiito. Queste sono le cose, die a norma delle mie for- ze lio io procuiato di fare a vantaggio de' sordi, afii- ne di porgere con quesra mia iuvenzione, qualunque ella sia, alcun sollievo alia loro sventura. Voglia il cie- lo, die siccome ho io adoperato ogni premura, ogni industria per questo lavoro, cosi ne abbia conseguito un frutto proporzionato. a58 U i * I N 1 TAVOLA PRIMA rappresentante una strumento ellissoide composto di due eniisferi. F I G U R A I A. B. Trombe esteriorl nella sommita dell'uno e dell'al- tro emisfero- A. AW imboccatura di questa tromha piii larga si ap- plica la voce. B. Questa tromha pid sottile, e piu lunga si appli- ca at meato auditorio. CCC. Viti per tcndere piu o nieno la membrana , che divide la cavitd delT ellissoide . !D. Manico per usare dell' istrumento . jE. Madre vite da inserirvi o nell' uno, a nelV altro la to it detto manico. FiGURA II F. Membrana levata fuorl dallo strumento forata. G. Membrana levata fuori dallo strumento intiera. H. Emisfero separate dull' altro. DESCRIZIOXr DI XTSO STRUMENTO ACtJSTiCO 2j() TAVOLA SECONDA che rappresenta lo stesso strumento in eld solo clkerso dal prima, die La troinba , la rjuale riceve la voce, e pill anipia, c picg^ata ncile sue pared i/t forma dl ellisse. F I o u il A I A. B. Tromhe esteriori nclla sommitd dell' unoy e delVal- tro emisfcro. A. Jll' imboccatura di questa tromha piic larga si ap- plica la voce. B. Questa tromha piit sottile , e pid lunga si appli-' ca al meato auditono. CCC. Viti per tendcre piii o meno la mcmhrana i che divide la cavitd dell' ellissoide. D. Man i CO per usare dell' istrumento. E. Madre vite da inserirvi o nell'unOj a neW altro lato il dctto manico. III. Viti , per Ic quail si attacca alio strumento que- sta tromha phi grande, ondc si possa iostlcui- re all' ultra In caso di hlsogno . LL. Fochi deW ellisse. FiCURA II M. Mcmhrana Iciata fuorl dullo strumento intlerdt, W. Lmlsjcro coW ufincssa tromha plic grande, a ,11 (I III II ' il/f ■'■'>-'7. I'll/ I I'nf l B 1) 1. ^"^H^ '3L i-'^^^^HH&. N i^^S^^ ^ k ^^|b ^|k s^^^^^^HHi (' ^mc 'd^^^^H =1^ M A ': 1 I* -^s^^^^^H ^" ' '-^SI^^H ^^•-^ A 241 OSSERVAZIONI E SPERIENZE sopra la teoria della resistenza de' Jluidl del sig. Giorgio Juan Di Giuseppe Avanzini ricevute il di 3 Dicembre 1807 I.ij il illustre geometra sig. Giorgio Juan tiene per ferino, die la resistenza incontrata da un solido mo- ventesi per un fluido quieto^, grave, indefinito, e incom- pressibile, e immerso a tale profondita sotto la super- licie di detto (luido, die il nioto ad esso coniunicato da quelle del solido non giunga sino alia superficie sudcletta sia proporzionale al prodotto della velocita del solido nella radice quadrata dell' altezza alia quale tro- \asi immerso faj. 1. Supposto tJ- d i un din'erenzio-difierenziale della superficie urtante del solido, u la sua velocita, f la di- sianza verticale di 9- d s della superficie, o livello del fluido, m il peso di tin piede cubico di acqua, i prin- cipj sui quali Juan fonda la sua formola sono i se- (ii) Evaincii iiKuiiiiiic tlu(iiir[(u- ot prati([ne cc. par Don Gcorgeb Juau tiaduit (le I'espasnol par M. Levi^c|ue. Kaiites i~83. Tom. J I. P. J. 3i ' 242 A V A N Z I N I guenti. 1*. clie se aiiche il solido come il (luido noa si movesse, la velocita con la quale il nuido uscireb- be per f*di, se tmto ad uii tiatto trovasse per esse un libero passaggio, sarebbe o \/ e . 2". die quaiulo [i. d e si movesse coUa velocita a nella direzione stessa per cui il lluido si iiiuoverebbe passando per ixde, la velocita relativa sarebbe \/ t ± u: servendo il segno -h pel caso die la snperficie si movesse coniro il lluido, e il segno — quand'essa se ne allontanasse, o die fug- gisse dal lluido. 3". finalmente, die la pressione dd fluido contro il dinerenzio-differenziale jx d e della su- perficie anteriore del solido deve essere "^^ JtAl {8 ^~ -i- iiY = m . I. d e {^T-^ I uY, ed la pressione contro un eguale, e simile differenziale li d e della superficie posteriore. In fatti si scorgera to- sto, che la resisienza opposta dal lluido al tlillVrenzia- le anteriore dovendo essere uguale alia dilYerenza dd- le due snddette pressioni, essa resisienza sara = /* J f ( v/ £ H — uV — ;m d e ( \/ £ — - uy = -- u\/ i , 8 o :i die e appunto la formola di Juan. 3. Quanto al primo dei surnferiti principj, si os- servera, die quantlo il lluido ed il solido fossero in quiete, non puo mettersi in dubbio die la velocita con la quale il lluido passerebbe pel diflerenziale ,1 d s non fosse quella calcolata da Juan; per cio poi che spetta SULLA TEOR. DELLA RESIST. Dl'f LUIDI 1)1 JlJAN 243 al secondo, conceclero pure al sig. Juan, die la velo- cita rispeitiva coutro V eleineuto anteriore sia la som- ina un piano rettangolare perpendicolarmente all' azione tli due correnti d' accpia di differenti velo- cita, e immerso a differenti altezze trovo gli urti so- steuuti dal piano medesimo prossimamente uguali agli urti calcolaii con la sua formola. 248 AVANZINl 2". Una tavola rettangolare di una lunghezza quadru- pla della larghezza, iinmersa in una corrente d' acqua col suo lato maggiore verticale sostenne ua urto dop- pio air incirca di quello che rinvenne quando la tavo- la fu imrnersa collo stesso lato orizzontale; il che di- mostrerebbe, che gli urti erano come le radici quadra- te delle altezze, o profondita alle quali la tavola tro- vavasi sotto il pelo deile correnti. 3°. II sig. Juan ritrovo la velocita delle navi calcolata con la sua formola conforme a quella osservata. 4°. La forza colia quale per la teoria di Juan 1' acqua corrente dovrebbe agire sopra le ruote di alcune mac- chine idrauliche, come sarebbero quelle de' mulini ec. corrisponde ai risultati di 27 sperienze fatte da M. J. Smeaton con una macchina di sua invenzione per de- lerminare la suddetta forza dell' acqua. 5". La teoria de'Cervi-volanti dedotta dalla sua formo- la sembra al summentovato geometra, che corrisponda ai fenomeni, ed agh effetti che si osservano nel mo- vimento di questa macchinetta. 7. Sopra tali sperimenti convlene prima di tutto che si rilletta i". che il l^ 2^ e 4", risguardano 1' ur- to, non gia la resistenza dei fluidi; 2°. che il 3° spet- ta alia resistenza nella supposizione che il solido sia in parte non tutto immerso nel tluido. Ora io dico che nessuno di essi puo provare F aogiustatezza della for- mola di Juan relaiiva al caso che da noi si esamina presentemente, che e quello che il corpo sia indefini- tamente immerso nel Iluido tranquilio. Imperciocche es- sa formola potrebb' essere intieramente fldsa riferita al caso suddetto in quanto che allora non debba conte- SULLATEOR. DELLA.KESIST.Dt'FLUJDIDI Juan 249 nere funzione alcuna deiraltezza del fluido, come dimo- strerenio fra poco, e vera o almeno non falsa del tut- to riferita al caso o delTuito d'uiia corrente d' acqua, o della non totale inunersione del solido, in quanto che in ciascuno di questi casi la forniola debba con- tenere la radice quadrata dell' altezza del fluido, od un' altra funzione di essa altezza tale da porgere un li- sultato prossiniamente confornie alia sperienza, sicco- nie verra diinostrato qnando parlero di quella parte della teoria di Juan che risguarda i due casi so[)rac- cennati. Non rimarrebbe adunque se non il 5". sperimento die proprianiente potrebbe considerarsi come spettan- te al caso del solido moventesi tutto immerso in un fluido tranquillo, e indefinito, s'egli supponesse il cer- vo muoversi per Taria quieta; ma nel suo calcolo sup- pone invece in quiete il cervo, e che il vento lo so- stenga ad una data altezza. Inultre trattandosi dclFaria atmosferica, ancorche la formola della resistenza do- vesse contenere la radice quadrata dell' altezza del flui- do, questa radice non potrebbe trovarsi nella formola della resistenza opposta dalTaria al cervo volante, im- perciocche la differeuza tra T altezza della colonna at- mosferica corrispondente ad un punto inferiore della superiicie del cervo, e quella di un punto superiore sarebbe del tutto trascurabile a caQ:ione dell' estrema sua picciolezza. In fitti neppure Juan cita questo spe- rimento come comprovante la parte della formola, che risguarda la radice dell' altezza, ma soltanto come com- provante che la resistenza deve considerarsi come la semplice velocita. Tom. II. P. I. 32 250 A V A N Z I N I Dal fin qui detto parmi che si possa con tutta sicu- rezza raccogliere, che nessuno degli sperimenti citati da Juan a prova della sua ipotesi e valevole a deciJe- re s' essa sia vera, o falsa iiel caso clie si esamina pre- senteineiue, il rpiale e pure la base di tutta intiera la sua teoria. 8. Persuaso di c[uesta rilevantissima conseguenza andai uieco siesso esauiinando quali esser potessero gli speriuienti capaci verameite di soddisfare ad un og- getto di si grande imporranza. E priinieramente osser- vai, che uiio dei inezzi necessarii a taluopo sarebbe di muovere con la stessa forza un solido attraverso del fluido per due spazj uguali ma uno lontano, 1' altro vicino alia superficie di esso fluido, e misurare i tempi impiegati dal solido a percorrerli. Se, come pensa Juan, la resistenza deve essere, in pariia di circostanze, co- me la radice quadrata dell' altezza del fluido, e ma- nifesto che la resistenza incontrata dal solido nel per- correre lo spazio lontano deve esser maggiore di quel- la incontrata scorrendo lo spazio viciiio, e percio an- che il tempo scorso nel primo caso deve esser maggio- re del tempo scorso nel secondo, e maggiore di quanto lo esige Teccesso della resistenza cornspondente aU'ec- cesso delle radici delle altezze. 9. Considerai in secondo luogo che per potere con tal mezzo decidere deffinitivamente della [)arte del- la teoria di Juan relativa al caso da noi contemplato, conveniva assolutamente adempire con precisione al- ia tre seguenti condizioni. i'. che il fluido fosse incompressibile, indefinito, quieto, e che il moto in esso eccitato da quelle del solido non giugnesse al li- SULLA TEOK.DELLARESlSr.Dt'FI.UlDl DlJUAN 25l vello del fluiilo. 2'. che se tra i tempi spesi dal solido a percorrcre i due uguali spazj si trovasse dif- erenza, (|uesta noii si potesse m alcuii modo attrihui- re se noii alia ditterenza di resistenza. 3'. finahuen- te die neppure la dilferenza di resistenza potesse es- sere cagionata se non dalla difterenza delle altezze del i'luido. 10. A rendere piu facile il confronto dei risultati ch' io fossi per oitenere, degli sperimenti instituiti con qiu-sto ineiodo, e con tali avvertenze, con qu«-lii del- la formola di Juan ho dovuto prefenre a qualunque aliro solido una lamina sottile, e inflessibile, e alle dif- fereuti situazioni degli spazj la verticale, e farli inoltre pcrcorrere dalla lamina muovendola all' insii colla sua superficie sempre orizzoniale. 11 fluido che feci attra- versar dalla lamina era 1' acqua di un pozzo (fig. 7'. della tavola annessa alia memoria 2^.Nuove ricerche ec), in cui r acqua suddetta giugneva fino aU'aliezza di se- dici piedi. 11. Per dare alia lamina il prescritto movimento feci uso deir ingegnoso, e semplice artificio immagina- to per un oggerto di cui parleremo fra poco, dal eel. matematico il sig. cav. Vitiorio Fossombroni, attaccan- ,do la lamina o pei quattro suoi angoli a qnaitro cor- doncini che si univano ad una corda, che accavaloia- va due mol)ilissiine,rotelle r , r, e che all' altra estre- nn'ta port;iva un peso p. Discendendo il peso per la sua iiatiirale graviia, la lamina saliva per la linea ver- ticale o /■. 12. Ciascuno dri due spazj. che mediante qnesto aitificio feci percorrcre alia laiuiua era di due piedi, 53 A V A N Z I N I 2b3 1' nno distanto colla sua estremita superiore i3 piedi ' ripieni di tluido, che si muovera per linee rette, e nella direzione del moto della la- mina. 3 1. Ora si osservera 1". che ogni particella del fluido contiguo alia porzione « «' della superficie an- teriore I'a'oaii avra due velocita virtuali, o di ten- denza a muoversi contro la superficie suddetta, e in direzioni ad essa normali, delle quali velocita la pri- ma sara dovuta al peso della colonua del (luido sopra- in("on)bente ad essa particella, e la seconda sara pro- dotta dair azione, colla quale il tluido anteriore reagira. sopra la particella medesima spinta contro esso fluido da! movimento della lamina. 2°. che ogni particella del fluido contiguo aU'altre porzioni «' /', « n' olire le a64 AvANziNi due suddette velociia virtuali ne avra una reale colla quale esso fluido si muovera eflettivamente da «' verso /', a da a: verso n! . 3°. che, supposto, come al § 2, /* (i £ un differenzio-difTerenziale della porzione «*', ed e r altezza del fluido sopra ,<*rff, h T altezza dovuta alia velocita della lamina, per la velocita di tendenza pro- dotta dal peso del Huido la particella contigua ad \i.di esercitera una pressione sopra esso f* d t proporzionale ad iJL d £ . (, e per la velocita di tendenza prodotta dal- la reazione del fluido anteriore esercitera parimente so- pra u. d £ una pressione proporzionale ad i^ d e .If, cosi che la pressione sopra tutta la « a.' sara la somma del- le suddette due pressioni, cioe flJL d s . £ -i~ ffj. d £ . h = f(i d £ {e -t- h) . 4°. che chiamata z V altezza del fluido sopra un ele- mento h- d z di « /i' e 2' quella del fluido sopra un ele- inento ij. d z'di /'e'; y,y' le altezze dovute alle velocita parallele ad /' «', « n' delle particelle al contatto di i^^dzt H-'dz', per la nota teoria delle pressioni de'fluidi in jnoviniento si avra fi dz {z -\- h) — iM d z . y per la pressione del fluido so- pra lid z, e percio yu-d z{z -^- h-^y) per la pressione sopra tutta la an'. Si avra parimente II d z' {z' -i~ h) -^ lA d z' . y la pressione del fluido sopra It d z\ e quindi fitdz'{z'-^'h-^y) per la pressione sopra tutta la /' «'. Dal che risulta che la pressione sopra tuita la /' n' sara SULLA TEOR. DELLA RESIST. De'fLUIDI DI JuAN 265 f ij. d i {i -^ h) -\- r it. d 2 (z -^ h — y) -{- f I d z' {z' -\- h — /'). 32. Passiamo a invesiigare la piessione contro la superficie posterlore I' G 6' n' della lamina. Ogni par- ticella del tluido contigno alia porzione 6 6' avra pu- re due velocita virtiiali, ossia di tendenza contro 6 6', delle quali una sara dovjita all' akezza del tluido so- praincombente (§ 28), T alira all' altezza x (§3), di modo die, (§ 28) se la lamina fosse in quiete, un ele- mento qualunque ij.de' distaute di t' dal livello del flitido sotTrirebbe a cagione della prima velocita una pressione proporzionale ad wcZe'.f', e per la secon- da velocita altra pressione soflrirebbe proporzionale ad it.de.ct., e per tutte e due le velocita la pressione u- guale ad ^t. d t' . i' -^ it d i' . ct ■= II d i' [ e' -^ ct) . ]\Ia la lamina si muove con la velocita dovuta all' al- tezza h nella direzione di questa pressione /n c-^^ab -\-h;\/ a-^Sj b ■= i \7 ^/- ^/- '^/- ^/T '2()2 F O >. T A N A. ^/ 4 4/ 4/ V a -+- 4 \/^ a' l> -^ 6 y a' b' -^- 4\/ a b' -^ b . 1 8. Nel finire della prima parte delle present! os- servazioni promisi tli tlovere ancor dire sopra la pro- posizioiie 22" deiraggiuiita al primo libro; e due cose a sinG;olar lode di Maurolico accennai . Primo , die iieU'ordiiie delle proposizioni, colle quali arriva a de- terminare la forma della cpiarta potesta d' un binomio, risplende luio spedito iiso delTaritmetica speciosa. Se- condo, che il metodo dell' autore serve non meno a determinare la forma delle piii alte potesta senza limi- te. L' una cosa e 1' altra dimostro di presente. Volgesi da principio Tautore ad espriinere il quadra- te del binomio />-+-c; e supponendo 6'=<:/, c' = /^,Y>c=-i-c)(fZH-2e-+-/')=^-H3/tH-3A;-i-/. E ponendo per c^ h- 2 e -+- y , e per le quantita che com- pongouo il secondo niembro, i dovuti valori, ha (^-hc) (6 H- c)' = 6' -f- 3 ^' c -H 3 6 c' -t- c' , o che e lo stesso (6 -f-c)' =6' -+-3 6'c-h3 6 c' -t-c'. Viene finalmente al- ia quarta potesta, e al solito niette b'* = m , c^ = fj, e le quantita b^c,b^c\bc^ medie proporzionali tra b% c* le chiama n ^o ,p. E moltiplicando il binomio 64-0 OSSEKVAZIONl SULL'Aiai'MI/ncA DI M AUROLICO SqS per le parti del trovato cube ij -^ 3 A -t- 3 /; -h Z espri- nie le quattro cipiazioni: [b -\r- c) -*-c)(6-Hc)' =(6-Hc)* = m-H 4/1 -+-G. o ■+■ 4;^ -»-Y = />*-»- 46' c -I- 6. 6* 0^-^46 c' H-c'. E' cosi cliiaro che le regole dai N. A. prescrirte per le operazioiii deiraritmetica speciosa, sono in tut- to il processo ora esposto speditamente, e legittinia- mente adoperate, che noii occorre dime di piu. Solo faro vedere, che il suo metodo a trovare la quarta po- testa d' uri binomio, serve esattamente per le piu alte potesta. Poiche se niultiplicherai il binomio 6-4-c per le parti dell' antecedente potesta gia formata, avrai la seguente, che cerchi. Per ottenere la quinta metti Z»^=x,c'=y, e le medie proporzionali b* c ,b^ c^ ,b^ c^ ,0 c* , che stanno tra 6', e c% chiamale r,s,t^v. Or moltiplica il bino- mio per le parti componenti la quarta potesta, che gia e in tuo potere, e nasceranno V equazioni (6 -»- c) 7Ji = .T -t- r; ( 6 -H c) 4 n = 4 /■ -4-4 . s ; (6 -+- c) 6 . o = 6.s-t-6.t; (6-1- c)4 p = ^ t -*- ^ v; (b -*- c) q = v-^-y. Onde (6 H-c) (4 /i-t-4 /I H- C.u-H4y^-+-^) = x -t- 5.;-*- 10.5 -t- lo.t -»- 5 u -t- y, e sostituendo (&-Hc)* = 6'H-56'c-4-io.6'c'-f- 10 b'c'-*- ^bc* -+-c'. Cosi dalla quinta salirai alia sesta, e da questa allaltre. Quest' uso del suo metodo fu dallo stesso Maurolico conosciuto, lasciando che altri a svolgerlo s' applicasse. 19. La seconda parte del secondo libro e una con- tinova applicazione dell' aritmetica speciosa alia gene- 294 F O N T A jr A rale teoria delle quandta irrazionali. II decinio libro d' Euclide e il piii importante, e sublime tra quegli, che trattano de'numeri. Quivi esainina le quaiitita iii- commensurabili, ed irrazionali, spiega la loro natiira, mostra la loro origine, ed e in priino luogo sollecito di distinguere i casi, ne' qnali gl' irrazionali o niono- mii, o binomii combinandosi insieme per mezzo dell'o- perazioni aritmeticbe producono altre quantita ora ra- zionali, ora irrazionali. In qnesto s' occupa la prima parte di quel libro, la qnale somministra percio un criterio, che fa distinguere la natura de' resuhati, che proposti al geometra certi problemi, debbono venire. Di tale criterio usa poi nel rimanente di quel libro. Ma Euclide s' arresta alle quantita, che o riescono ra- zionali in potenza, o rimangonsi anche in potenza ir- razionali, delle quali cioe i quadrati risultano o razio- nali, o irrazionali. Maurolico scorre pin oltre. Molte delle cose, che cerca, e definisce Euclide intorno alle quantita co' proprj quadrati paragonate, il A^. A. sul fi- nire della seconda parte del libro secondo le cerca, e le definisce per quelle quantita ancora, delle quali non gia i quadrati, ma o i cubi, o le quarte potestii sono o non sono razionali; e accenna casi, ne' quali restasi irrazionale qualunque potesta, cui s'innalzino certe quan- tita. Amplifica per tal modo i criterj d' Euclide, e pre- vienei posteriori analisti in qualche punto, che riguar- da r equazioni piii alte. 20. Ma quello, che rende questa parte assai piii pregevole e lo strumento, di cui servesi nel dichiara- re le dottrine degP irrazionali. Egli non vuol usare ne di linee, ne di costruzioni . Tutto eseguisce colla nuova osseuvaziomsull'aiu'OieticadiIVIaurolico 295 sua aritmetica simbolica, coUa quale togliendosi dalla risiretta consideiazione di nuuieri, di linee, e di aree trasporta le dottrine ad ogni geuere di quantita, e ad esse estende i teoremi, die Euclide liinita alle linee; e tratta ogni cosa con quelle strumento analiiico, di cui gia s' era nella prima parte proveduto. E' bello u- dire dallo stesso Autore il progetto dell' opera, cui s'ac- cinge a finire. Cosi adunque ne' prolegomeni alia secon- da parte del secondo suo libro. „ Non per lineas, et areas, quemadmodum Eucli- „ des, sed sub terrninis comniensurabilium, et incom- „ mensurabilium quantitatum, earurn conditiones, pro- „ prietates, et colligantias proponemus, ac per nostra „ supposita demonstrabimus. Nee facile quispiam fuis- se putt't elementa bujusmodi a lineis, et areis ad „ quantitatem in genere sumptaui transferre, et nume- „ rariam siinul praxim bine derivatam ostendere: quip- „ pe quae sicut passim in trivialibus scbolis trita, ita „ necubi satis fuerat demonstrata. Ordior itaque no- „ vum demonstrandi genus, tantoque in hac parte prae- „ stautius enclideo, quanto generalis quantitas dignior „ ac purior, et primariae maibematicae, quam linea spe- „ cialis, est convenientior. Simul per viam banc, quam „ in demonstrando assumimus, multa notescent, quae in „ decimo elementorum desiderantur. 21. Le nuove cose, clie promette, non si conten- gono solamente nelle nuove specie d'irrazionali, clie al proprio esame sottopone; ma ancora in un buon nu- niero di nuovi, e utib teoremi, come ciascuno pub per se stesso vedere; e principalmente verso la fine, ove park de' lati, e dell' aree delle figure regolari. Un sol 71 296 F O N '1" A N A teorema di qiiesta seconda parte indichero per la sua eleganza. La quaniita ilf, chc mukiplicando il binomio \/ a^^s/ b produce una quantita razionale, dee avere la forma n\/ a^i^nV b^ essendo 11 una quantita ra- zionale. Non dimenticlii il discrete lettore^ che cio fa insegnato alia metii del secolo decimosesto. Radici . Dispari Pari . Ten. i>,cncr. Pog. 296 Soniina Ccnende I n- - n Po^. 296 Tavola A Radici I > 3 . Djspari I , 3 Pari 0 , 2. , Tnangolari primi 1,3, Quadrat! primi " . ♦ , Rettangoli 0 , a , Ppntagoni primi 1.5. Esagooj pritni 1.6, Piramidi triangolarl prime .... ' . 4 . Piramidi quadrate prime , . . , 1,5. Piramtdi pentagone prime. . . . 1.6, Piraniidi esagone prime .... ' . 7 . Prismi triangolari primi ' , 6 . Piismi quadrat! primi, cio& cubi. . 1,8, Prismi peatagoni primi 1 , 10 , Pnami esagoni prioii 1 , IJ , Tiiangoli second! 1,4. Quailrati secondi 1,5, Peoiagoiii second! 1,6, Esagoni secondi • 1.7. Epiagoni secondi 1,8, Ottagoni tecondi 1.9. Piramidi ttiangolari eeconde . . . 1,5, Piramid! quadrate seconde .... 1,6, Piramidi pentagone seconde . . . 1,7. Piramidi esagone seconde, che rie- ficouo cubi primi 1,3, PiiamiJi cpiagone seconde. . - . 1,9. Piramidi ottagonc ECConde .... I , ic , Prism! triangolari secondi .... I , R , Prismi quadrat! sccont!! .,.0, Prismi pentagon! secondi .... 1 1 1^ ■ Prismi csQgoni second! 1 , ■■! . Prismi eptagoni secondi 1 , 16 , Prismi ottagoni second! 1 , i3 . Tetraedri. 0 Piramidi Ottacdri (seric die esprime anche 1 , l5 . Icosaedri (serif die esprime anclie 1 Jodecaedn) 1 ,33, Aii/iicri Ltiwart ^' 4. 5, (j, 7, 8, 9, 5 . 7 - 9 . 11 . i3 , i5 , 17 , 4 • 6 , 8 , 10 , ij , 1.V • i<> Siipcrfjiiiall 6 , 10 , i3 , 21 , ::8 , 36 , 4^ 9 , 16 , 23 , 36 , 41; , 64 , 81 . 6 , 12 , ao , ^o , 41 , 56 , 72 12 , 2J , 35 , 5i , 7c , fii , 117, i5 , 28 , 4$ . (J6 , 91 , 120 , 1:^3 . Pirami(Ja/t piinu 10 , 20 , ih , 5(i , tJ+ , 120 , i65 , 14. , 3o , 55 , 91 , ii^o , 2r4 , :iu5 . Ill , 40 , 75 , 126 , 19'' , 2t:8 , 4^5 . 22 , So , 95 , 161 , 252 , 372 , 525 , Pnsiuur/Li fjii/iii 18 , 40 , 75 , lib . i'j6 , 288 , 4.c5 , 55o 27 , 64 , 125 , 21G , 343 , 5i2 , 729 , loco . 36 , 88 , 175 , 3o6 , 490 , 736 , io53 ., i45o , 45 , 112 , 225 , 396 , 6-^7 , 960 , 1377 , lyco . Sujjcrjiciall secondi cent/all 10 , 19 , 3i , 4t) , O4 , 85 , ie9 ,. (36 i3 , 25 , 41 , 61 , 85 , ii3 , 145 , 181 16 , 3i , 5i , 76 , ic6 . 141 . 'lii t 226 J9 . 37 , 61 , 91 . '27 1 'o >.3 '"VZ^ I .a. 3 n.w4-i.jn-a.3n,t-i __J_...3r4 _4_ n.nH-i.9n'4-5 n-a .S„<^..«n^^.^« .a .3.4 ■ 7"'<- '4"'-*-' ■3-4 I . a . 3 .',5ni*-.c.^^3n 297 SULL' APPARECCHIO LATERALE colla flescrizione dl nuovi strumenti onde renders pill sicura la litotoniia. D I Giuseppe A t t i presentata a' primi di febbrajo. 1808 ra tutte le operazionl chlrurgiche tu sempre da' piu valenti professor! cokivata la litotomia. Per essa gareggiar si vide in tutti i tempi 1' industria de' chirur- giii intenti ognora ad imniaginar nuovi metodi onde con piu di facilita, e sicurezza esercitarla. £d era in fatti ben degno oggetto della loro compassione lo stato de- plorabile de'pietranti condanriati a condurre fra lo sten- to, e gli spasimi una vita peggior della morte; ed un sacro dovere d' umanita doveva moverli a tentare di porgere a questa classe d'infelici un qualche nuovo sol- lievo. Dd qnesti stessi motivi io pure ne'miei primi an- ni di professione fui condotto a rivolgere le priiicipali mie cure a questa operazione, ed a studiare attenta- mente quanti metodi erano siati per essa iinmaginati . Ma in mezzo ad una farragine di nuovi metodi succes- sivamente ideati e messi in opera, non mi riiisci di Tom. II. P. J. 38 298 A T T I rinvenirne alcuno, il quale appieno potesse soddisfai- ini. Molti in fatii fra questi sono da lungo tempo in- terainente proscritti, altri, die levarono sul principio alio glide, e molta fania procurarono ai lore inven- lori, non corrisposero poscia aU'aspectazione, ne al giu- dizio resscro deiresperieiiza. Quaato ai metodi piu re- centi, ue' quali la maggior pane de' chirurglii sembra con piu confidenza riposare, quantunque a dir vero po- co lascino a desiderare per riguardo alia semplicita, non van pero esenti d'ogni pericolo, ne abbastanza assicu- rano la niano dell' operatore, ed il boon esito del ta- glio. Ben mi parve di ravvisare, che gl' inconvenient! di questi ultimi metodi potesseio di leggieri rimoversi correggendo in parte il nietodo, e sopra tutto cangian- do la forma del litotomo di cui si vale V operatore. L'esperienza di molte e niolte operazioni ha cosi be- ne corrisposto aile mie speranze, che io ardiro con co- raggio asserire, che le modilicazioni, e i cangiamenti che sono per esporre, non solo hanno resa piu coinoda, e facile r operazione, ma hanno di piu tolti di mezzo quei pericoli , che lo scoglio formarono mai sempre della litotomia. Fin dagli ultimi anni del secolo decimo settimo al- lorche il metodo di Fra Giacomo, malgrado le imper- fezioni e i difetti del medesimo, e le censure, che ne sofferse I'autore, levo in Francia si alto grido, fu ri- guardato Tapparecchio laterale come il migliore di tut- ti, qualora particolari circostanze non obbligassero a ser- virsi d' altro metodo. La fortuna di Kav contribui mol- tissimo ad accreditarne 1' uso, e si puo dire, che da queU'epoca quasi piu non si opero, che coll'apparec- NUOVI STRUMLNTI DI LITOIOMIA 299 chio laterale. Era pero tra gli operatori diversita nel- la scelta e nel maneggio dtgl' istiumetiti, e qiiintli la lunga serie de' difFerenti processi operativi, che sor- sero in breve spazio di tempo Tuno dopo I'altro, qiia- li sono cjuelli di Ceseldeiio, Ledran, FraCosimo, Mo- reaii, Pouteau, Foubert, Thomas, Le Cat, ed Haukins. Incerto a quale di questi metodi dovessi io appigliar- mi facilmente mi sarei determinato per uno di quelli, che riella folia si distiiigaevaiio, ed avevano nome, e seguaci a preferenza degh altri, se la sicurezza del me- todo di Pouteau nori mi avesse allettato assicurando Ta- iiimo indeciso, e tiiuido d' un principiante, che alia speditezza dell' operazione a ragione preferisce la mag- giore sicurezza dell'esito. Egli e percio che malgrado r imbarazzo, che pur reca in tal metodo la moltiplicita degr istrumenti ni'attenni per piu di trenta operazioni al metodo di Pouteau. L' esito fu si fortunate, che io non Tavrei giammai lasciato se fatto piii coraggioso per resercizio,e confidando nella modificazione degli stru- menti ch' io immaginai, non avessi creduto potere uni- re alia semplicita del metodo di Ceseldeno una sod- disfacente sicurezza. La ferita della pudenda profonda, il taglio dell'in- testino retto, roffesa della vescica, o nel suo fondo, o in diversi punti della medesima sono li pericoli, che formano Io scoglio di questa operazione, pericoli tanto maggiori nel metodo di Ceseldeno quanto che e assai da temersi I'aberrazione del coltello , che rimanendo al- lora senza scorta puo offendere facilmente le detie par- ti, e condurre a micidiali conseguenze. Questo pero nasceva a mio avviso dalla forma del coltello stesso di 3co A T T I cui si faceva uso. Conoscevasi egli e vero la grande u- tiliia del cokello panciuto ossia convesso, e di tale coliello si valevano nel taglio; ma siccome a questa convessita faceano corrispondere una costa diritta , o qnasi diritta, cosi onde il taglio noii diveiiisse troppo ampio e sproporzionato, era d'uopo, die la convessita fosse assai piccola, e la punta del cokello presso che di- ritta; era percio necessario penetrare molto oltre colla punta in vescica aflinche la massima convessita arrivas- se a tagliarla come conveniva. Ognuno vede quali e quanti inconvenienti derivar possano da un taglio e- seguito con simile istrumento. In primo luogo doven- do il cokello insinuarsi molto addentro nel la vescica corre gran rischio di toccarne il fondo, o di oflender- la in vari pnnti Jelle eue pareti. In secondo luogo poi e troppo facile, die il coltello, che ha la costa dirit- ta possa sortir fuori della scanalatura del sciringone, le COS! o non entrare in vescica, o errare senza guida per la medesima. Quindi quei pericoli, e quei danni, die si volevano attnbuire al semplice metodo di Cesel- deno, e die in vece doveano ripetersi dalla forma del coltello non opportuna. Pensai pertanto a fame costrui- re uno in nuova foggia, die da tali difetti andasse e- sente. Tale e quello che rappresenta la Fig. T della Tav. r\ E' desso assai convesso nella medieta A della parte tagliente B B colla costa C C concava, e di una concavita corrispondente alia convessita, e scana- latura del sciringone. E* tagliente, ed affilato per qual- die tratto nella sua punta dal lato concavo /), ed e fornito di un manico d' acciajo esso pure, E E^ ed in- curvato secondo 1' andata della mano, ed il modo col KUOVI STUUMF.NTI DI LlTOTOMtA 3o I quale e d'uopo tenerlo. Un coltello di simile forma ri- luiisce mold vantaggi. i". 11 taglio da esso faito riesce assai regolare forrnando questo col sciringone due curve perfettamenie parallele. 2^ Essendo assai convesso nel- ]a medieta della curva, non e entrato di molto in ve- scica, die il taglio e gia fatto in tutta la sua estensio- ue. 3°. Combaciando perfettamente la costa concava colla convessita e scanalatura del sciringone, non potra cos'i facilmente sortire, ed ai)bandonare la sua guida. 4°. Avendo la sua punta tagliente ancora dal lato con- cavo, piu facilmente si incide la parte membranosa dell'uretra per farsi strada dentro la scanalatura, e me- glio ancora si dilata se fia d' uopo la parte superiore della ferita senza volgere il coltello. 5". II manico di ferro costrnito nella descritiu fuiuia fa clie esso adat- tandosi all' andamento della mano pii'i destramente e con maggior sicurezza possa maneggiarsi. Questi van- taggi, die io mi promeiteva da questa nuova forma di coltello furono dair esperienza confermati, sicche nelle numerosissime operazioni nelle quali in seguito ne ho fatto uso mai non mi e avvenuto di incontrare quei sini- stri accidenti, die spesso come dissi, erano 1' efFetto delTaberrazione del litotomo. A meglio intendere pero r utilita delle modificazioni stimo bene descrivere la rnaniera colla quale io procedo all' operazione. Fatto corirare supino il paz4ente su di una tavola a due pia- ni costruita in modo, die il piano superiore rilevato da una parte fornii un piano inclinato suU' altro, die ri- niane orizzontale , iutroduco in vescica un sciringone Fig. ir proporzionato al diametro dell' uretra, muni- to su la sua convessita FF di larga e profoiida scana- ^ 3oa A T T I latura OG come osservasi nella Fig. Ill", chiuso nell'e- stretnita H^ e fornito di un manico // lungo, piat- to, e curvo un poco sul suo principio A sicclie possa essere con tutta fermezza sostenuto. Accertatomi con questo di nuovo dell' esistenza della pietra, fo sitnare il paziente nella comune nianiera per Toperazione la- terale sostenendolo in tal positura con semplicissimo apparecchio di legarnra consistence in larghe striscie di robusta pelle fermate in due punti fissi della ta- vola, che non solo ha il vantaggio di sostenere, ed im- pedire al paziente ogni movimento senza recargli disa- gio e molestia, ma di piu potersi applicare, e levare in pochissiino tempo, liberando cosi 1' infenno e I'o- peratore di un inibarazzo, che allangare di troppo suo- le I'operazione. In seguito fo alzare il piano mobile del- la tavola dandogli quel grado d'inclinazione, che me- glio serva a far sporgere in fuori il perineo, e la par- te, che deve essere esposta al taglio. La positura in- clinata sembrami preferibile all' orizzontale non essen- do a mio parere troppo convincenti le ragioni, che in favore di questa si propongono da alcuni chirurghi. Consiste la piii forte nel pericolo cui va esposta la ve- scica in tale positura di restare ferita in piii luoghi al- lorche compressa dai visceri abdominali dee necessaria- mente abbassarsi, restringersi, e formare varie pieghe. Ora questo pericolo parmi, che non sia-guari maggio- re nella positura inclinata, che nella orizzontale. Cer- to se r operatore poco esperto, e poco avveduto spin- ge troppo oltre il coltello cosi che vada a ferire 1' op- posto late, o se il coltello sortendo dalla scanalatura del sciringone resta percio senza guida, potranno te- NUOVl STRUMEKTl DI LITOTOMIA 3o3 mersi gravissiini danni; ma quest! non ponno forse e- gualmente aver luogo nella giacitura orizzontale? Ove dunque sfortuiiatamente avveiigano, non la positura del malato, ma 1' inavvertenza dovra incolparsene dell' o- peratore. Quanti vantaggi altronde non presenta la po- situra inclinata? Tratta la pietra dal proprio peso si porta verso il collo della vescica, e cade diro cosi spon- taneamente sotto la tanaglia, il perineo rimane piu te- so, e percio meglio esposto al taglio, I'infermo stesso prova minor disagio nella positura inclinata. Per tali giusti motivi io ho sempre preferita quest' ultima all'o- rizzontale. Situato in tal modo il paziente ne sollevo le natiche, onde meglio sporga in fuori il perineo, e faccio da due assistenti tenere divaricate le coscie , mentre ad altro assistente sicuro, ed esercitato atFido il sciringone, che bene impugnato colla sinistra mano lo porta in alto, e lo poggia col suo cavo contro I'os- 80 del pube per allontanarlo dall' intestiuo retto pie- gandolo obbli([uamente suH' inguine destro, ed uh po- co ancora sul ventre posteriormente cosi che fuori ap- parisca la sua scanalatura; lo stesso ajutante colla de- stra lira in alto lo scroto scoprendo in tal modo il perineo. Postatomi allora in faccia al paziente prendo colla destra mano il coltello quale e diverso di gran- dfzza secondo I'eta del soggetto, e la supposta mole del- la pietra, e tenendolo coUe tre dita, pollice, indice, e medio come una penna da scrivere (Fig. IV) comin- cio il taglio a lato dtl rafe un pollice sopra I'ano pro- lungandolo a piu di due pollici obbliquamente fin ver- so la tuberosita dell'ischio incidendo con questo taglio gl'integumeuti; iutroduco I'indice della sinistra nellan- 3o4 A T T I golo superiore della fatta ferita per andare in traccia del sciringone, ed appoggiando 1' unghia del medebiino coii- tro la sua scanalatura, dietro essa dirigo la puuta del coltello per penetrare nella scanalatura suddetta obli- quamente in modo, che secondi 1' obliquita del scirin- gone; e scorrendo nella medesima direzione lungo tut- ta la scanalatura del suddetto, finche la punta del col- tello venga trattenuta dall' estremita chiusa, vengo a farnii strada nello spazio triangolare costituito dai tre niuscoli, bulbo cavernoso, ischio cavernoso, e trasver- so, e taglio 1' uretra membranosa, la prostata trasver- salmente, ed il coUo della vescica, per cui lio una strada ampia a sufficienza ad estrarre ancora una pietra molto voluminosa. Compito il i.iglio ritiro allora il col- tello seguendo pure la stessa scanalatura per non of- fendere nuove parti, introduco l' indice della sinistra, che percorrendo la curva del sciringone si fa strada in •vescica per esplorare la pietra, e servire di condutto- re alia tanaglia. Da questa descrizione del metodo di litotomia da me praticato appena abbozzata ad ogget- to di intendere il maneggio degristrumenti da xne pro- posti, rilevera ognuno quanto dal semplice cambia- mento di forma del litotomo siasi allontanato il peri- coTo della temuta aberrazione, e coine bene siasi pro- vednto alia sicurezza, senza nulla togliere alia sempli- cita e speditezza dell' operazione. Durante il corso di venticinque anni ne'quali mi sono seinpre servito dei sopra descritti istrumenti per la litotomia , non ho avu- to occasione giammai di pentirmi del metodo adoitato , ne ho avuto io sfortunato incontro di quei sinistri ac- cidenti , che alcuna volta tengono dietro a si pencolo- NUOVI STKUMENTI DI Lll'OTOMrA 3o3 sa operazione. Malgrado pero li vaiitaggi cosi inaiiife- sti, etl una praiica coroiiata cli cosi felice siiccesso noti credevi pero riiuosso per le proposte modificazioni o- giii pericolo di aberrazioiie, ne abbastaiiza assicurato Tesiro del taglio. Piio in fatr.i accadere, die I'operato- rc devii dalla scanalatura dt-l sciringone, o per invo- loMiario moto di niano non iornia, o j)er improvviso inoviinento del paziente, o per l' assistente, clie tiene il sciringone; puo avvenire di piu, die lo stesso assi- stente scostando dal ventre il sciringone ne sollevi V e- stremita, la cjuale non combaciando piii colla punta del coltello si trovi questo libero ad inoltrarsi di piu con pericolo, o di non entrare in vescica, o di porta- re inopportuna, e pericolosa lesione alia medesima. Ve- ro e, die dillicilmentc pnb cio accadere combinando co- si bene la forma del coltello con quella del sciringone; verissirno, die forse cio non sarebbe gianimai accadu- to ad esperto , ed esercitato operatore . Tuttavia era d' uopo provedere meglio alia sicurezza del taglio per quelli particolarmente, die non usi abbasianza al ina- iieggio degl'istrumenti, ne avendo per anclie addestrata la mano all' esercizio di si laboriosa operazione trop- po facilinente deviar potrebbero dalla scorta, die coa- dur deve il coltello nella vescica, senza obbligarli a ri- correre a quei metodi, die per assicurare 1' esito del taglio rendono lunga, ed imbarazzante 1' operazione. Mosso da tali ragioni pensai non ha molto a fare al- cuiie altre modificazioni alii sopra descritti istrumenti per cui non solo fosse difTieile, come prima avea ot- tennto, ma fosse resa assoluiamente impossibile 1' aber- razioiie del coltello neiresecuzioue del taglio. Feci per- 3o6 A T T I tanto costrulre un sciringone (Tav. IT Fig. I") nella luii- ghezza , curviia , e foinia perfettaineute consiniile a quello di cui faceva uso precedentemente a dilTerenza dellaj scanalatura L L (Fig- H) la quale nel principio MM ha un' apertura piu ampia, ma clie in seguito si restriiige superioiniente coU' avvicinarsi die fanno le laterali pareti della scanalatura ripiegandosi, ed av- vicinandosi l' una contro i' akra nella parte superiore iVA^ in modo da non lasciare, che uno spazio propor- zionato a lasciare scorrere il coltello. 11 coltello (Fig. IIF) in luogo di avere una puma acuta, termina nell' estre- inita in una testa acuminata O, per cui puo libera- mente e penetrare, e scorrere lungo la scanalatura del sciringone, ma insinuato die sia non puo sortirne, e deviare dalla medesiuici scanalatura venendogli impe- dito dalle sopra ristrette pareti di seguitare altro cani- niino. Nel manico feci aggiugnere altro pezzo di me- tallo a guisa di coda P, die parte dalla convessita del medesimo, e fa con esso un angolo acuto Q. Questo poggia contro la palina della mano, e T angolo, che egli forma va contro lo spazio, che rimane tra il pol- lice, e r indice (Fig. IV'). Facile cosa e il ravvisa- re I'utilita di queste niodificazioni. Fatto il taglio de- gV integumenti , ed aperta 1' uretra membranosa nel luogo, che corrisponde appunto al principio della sca- nalatura piu larga del sciringone con qualunque litoto- nio, vi si insinua il coltello bottonato, che scorren- do per tutto il resto della sua lunghezza, non potra battere altra strada, e verra al coperto in tal modo da qualunque deviamento, che potessero produrre li imprevcduti movimenti dell' assistente , o dell' infer- NUOVI STRUMENTI 1)1 LITOTOMIA 307 mo, o deir operatore. L'aggiuiita fatta al manico som- ministra un appoggio per ciii pub farsi una maggior forza, come e necessario quauclo incontransi osiaco- li cJifllcili da superarsi. INIi e avvenuto alcuna volta di dovere tagliare prostate assai dure, le quali presen- tando un obice superiore alia forza delle sole dita iti- dice, pollice, e medio colle quali si tiene il cokello, m' obbligarono per superarlo a far urto contro I'estre- mita del manico coll' altra mano. A scanso degl' in- convenienti, clie potrebbero nascere dal dovere in ta- le incontro impiegare ambe le mani credetti oppor- tuna I'aggiunta del suddetto pezzo metallico, che mi da un appoggio sufficiente qualunque sia la resistenza, cbe occorra di sormontare . Questi sono li cambiamenti , deir utilita dei quali 1' estesa mia pratica non permet- .te, che io possa diffidare. Sarebbe non ostante teme- raria troppo la lusinga di avere per essi messo colmo alia perfezione, che i piia illustri chirurghi procuraro- no nello scorso secolo alia litotomia. Una piu estesa, e pill lunga esperienza potra sola dar peso ed auto- rita a questo processo operative col conferraarne la pvoposta utilita. 3o8 A T T I SPIEGAZIOjNE dcUe Figure della Tavola V Fig.' I. Coltello per la lUotomia. A Medietd della pane convessa. BB Pane convessa tagliente. CC Pane concava, e dorso del coltello. D Porzione tagliente della pane concava. EE Manico. Fig/ II. Sciringone vedato di fianco onde rappresentare it grado di ciuvicd, che deve avere. FF Convessitd scanncllata. Fig.' III. Sciringone veduto in prospetto., e rettilineo per nieglio rappresentare la sua scamdatura, ed il manico. GO Scanalatura del sciringone. H Estremitd chiusa, J I Manico. K Principio del manico un poco curvo. Fig.* IV. Rappresenta la maniera nella cjuale deve I' ope- ratore tener in mano il coltello neW atto dell' opcrazione. NUOVI STRUMEKTI DI LITOTOMIA. SoQ SPIEGAZIONE delle Figure della Tavola II.* Fig.' T. Sciringone vecluto dl Jianco. Fig/ II. Sciringone rappresentato retto per jarnc cono- sccre la sua scanrdatura. LL Scanalatura del sciringone. MM Porzione ove la scanalatura del sciringone e assai larga. JVN Porzione ove la scanalatura del sciringone si ristringe accostandosi le pareti della mede- sima superiormente rivolgendosL una cuntro V ultra per chiudere la testa acuminata del coltello. Fig.' III. Litotomo. O Testa acuminata. P Coda. Q Angolo ottuso , die forma la coda colV estremi-* ta del manico. Fig." IV. Spiega il modo di tenere il litotomo . V/..-«/„ / ''^ (licli. / /■-/ .'■ 'V f,,4. ''':/■' m XT 3ii E S A M E Di un anicolo della teoria del suono Dl MiCHELE AllALDI presentato a' i5 di gennajo. i8o3 N. elle natural! scienze interviene talvolta, cbe una teoria, comecche giusta e solida e luminosa, tragga non pertanto a conseguenze che noii ottengono il suflra- gio deU'esperienza quanto almeno bramerebbono i Fi- sici. Di questa specie di conllitto tra il fatto e la teo- ria un esempio noto e illustre ci si offre nella deter- minazione della velocita del suono ; della quale ognu- no sa al presente, cbe qual fu fissata dal JNeuton, sco- stasi sensibilmente dal vero. Ne per questo niun fon- dato sospetto gia non cade su la solidita de' principii impiegati dal son)mo uomo; il quale anzi previde la discrepanza accennata, e ne addito aperiamente la ca- gione e 1' origine nella eterogeneita del (luido atmosfe- rico ingombro sempre di sostanze, die concorrendo a renderlo piii denso, non partecipano alia elasticita deir aria vera^ cbe sola serve al trasporio del suono. Da questa condizione, non avendo daii onde sugget- 3l2 AUALDI I tarla ai calcoli e alle misure, ei si fece lecito di pre- ■ sciiidere, e fu contento di fame meiizione colla con- --* sueta sua precisioue e brevita . Poiclie i meri cenui di uri uoino tale ben meritano che altri si arresti a com- ! mentarli, f'ra quelli che riguardo a questo si accinse- j ro a t'arlo vuolsi distingnere V acuto Lambert, a cui ' debbesi di averne fatto toccar con mano, come lenen- i do conto della eterogeneita dell' aria, sgombri ogni pa- ■ radosso, e la teoria venga posta d' accordo col fatto. \ E ben del lavoro dell' accadeniico di Berlino mosirasi \ soddisfatto il Neuton di questi tempi, il nostro Lagran- gia, die ad esso rimettesi e lui solo cita nella sua Mec- • canica analitica: intorno a che per aliro mi credo te- j iiuto ad avvertire, che Lambert forse pigliossi una fa- l tica piuttosto lodevole che necessaria dopo i rischiara- i menti recati a questo stesso luogo della dottrina del i suono da Giordano Riccati nelf aureo suo libro su le \ corde elastiche. II perche confess© che peno alquanto i a comprendere il motivo che ha indotto uno de' piii i illustri Matematici che ci viva al presente, a proporre \ un suo tentativo di spiegazione di un fenomeno, in- torno al quale pareva che omai potessero i Fisici ces- sare di travagliarsi. Meno poi comprendo come non jj manriii chi degli sforzi anteriori non tien conto veru- 110, e sparlandone come di mere ipotesi, si restringe a far menzione delle idee dal Matematico franzese av- venturate modestamente, com' e proprio de' grandi in- gegni e nell' aspetto di seniplici congetture. £ per ta- li sono io in fatti persuaso che questi le ritenga tutta- via, dopo anche il rinforzo o I'ornamento piuttosto de' calcoli, co' quaii ua prode giovine Analisia avvisa ds- k ESAME D UN ARTIC. BELLA TliOKIA DEL SUONO 3 I 3 mostrare clie potrebbero esse, ove si riesca ad ottene- re i dati opportuni, salire al grado di vera e adeguata spiegazione. Egli c appunto di queste speranze, cli' io mi propongo di esaminare se sieiio abbastaiiza fondate. Nel tentative di cui trattasi, si assume e animet- tesi siccome un fatto dovnto, si dice, alia Chimica mo- derna, che non segue condensazione in un (luido qua- lunque aeriforme senzaclie segua congiuntaniente qual- che svolgimento del principio calorifico, die innalzan- done a proporzione la teniperatura, ne aumenta pure r elasticita. Or quando sorge e propagasi suono nell'a- ria, le inolecole di questa per una serie di condensa- menti e diradamenti successivi vengono accostate e al- lontanate . INel rnomento dell' accostamento svolgesi qualche calore che si rappiatta in quelle dell' allonta- namento. Questo effetto si riproduce in ogni successi- vo tratto e punto del raggio sonoro. Alio sviluppamen- te del calore tien dietro qualche incremento nella ela- sticita deir aria sopra il grado da essa naturalmente posseduto. E perche nella espressione oftertaci dalla teoria della velocita del suono entra 1' elasticita dell'a- ria, e chiaro che detto incremento non debbe trascu- rarsi, chi pur voglia determinare esattamente quella velocita. Tenendone conto, e introducendolo in detta espressione, e riformandola quanto e mestieri, niente sembra tanto ragionevole, quanto il credere che si riu- scira a metter d' accordo la velocita del suono teorica coUa reale. Spero di non aver punto, nel riferirla e restringerla, indebolita la uuova spiegazione. INIi si con- ceda ora dai valentuomini , a cui c dessa dovuta, di aprir loro qualche mio dubbio. Tom. IL P. J. 40 3i4 Aralpi E prima coiifesso di non esser per anche intima- mente persuaso die la conipressione basti a spreiner fuori de (luicli aeriformi il piincipio del calore. Forse e senza forse mi espongo al rimprovero di fastidioso, rifinrando di arrendermi alle prove che se ne adduco- no. Pur ne chieggo akre piu convincenti, senza eccet- tuar quelle sopra le akre a prima vista robuste, che ne reca V ingegnosissimo sig. Biot . Qu*^ sti col solo mez- zo della rapidissima e subitanea compressione delle due arie vitale e infiammabile inirodotte entro uno schiop- po pneumatico, ottenne V accensione delle due arie, la distruzion delle stesse, e la conversion loro in acqua con detonazione ed esplosion si veemente che la can- ixa ne crepo, e 1' esperimento non fu disgiurito da pe- ricolo. Benche non della meschianza sola di quisle due arie accoppiate nella proporzione richiesta a fprmar Ta- ria in sommo grado tonante, ma, per quanto vengo assicurato, dell' aria comune si avvera, che una subita veementissima compressione risveglia entro di essa ca- lor tale, che basta ad accendere un corpo assai com- Lustibile, un pezzetto di esca a cagion d' esempio im- merso in essa, nell' atto dell' improvvisa compressione. Ma tornando all' esperimento del sig. Biot, questi ne dichiara semplicissima la teoria. Una compression ra- pida obbliga secondo lui, le due arie ad abbandonar niolto calore, che svincolandosi, ne potendo disperder- si in un attimo, e innalzandone momentaneamente la temperatura, basta ad accenderle in questo stato di compressione. Queste ultime parole pare che alluda- no a qualche effetto, di cui sembri al sig. Biot, che in quell' incontro derivar debba dallo stato di comr E8AME d'uN ARTIC. DELLA. T£0RIA DEL SUONO 3l5 pressioiie. Esse non ponno essergli sfug^ite a caso. Po- trebbe sospettarsi che secondo lui debbasi tener conto dell' accosraniento delle molecole di entrambe le arie, le quali molecole condotte dall' avvicinamento entro i limiti, nei quali 1' alfinita lore reciproca divien preva- lence a quella delle stesse sopra il priiicipio igneo, che gia e stato dalla compressione spremuto in parte fuori deir una e dell' altra aria, tutt' all' improvviso si uni- scono in forma di particelle acquee, e scuoton da se il calore residuo, die sprigionandosi in un attimo pro- duce la detonazione ed esplosione. Con cio verrebbe la spiegazione ad accostarsi all' ipotesi di BerthoUet. Ma il fatto e che il sia;. Biot contento di accennare lo stato di compressione, si astiene dall' impiegarlo a spie- gar r accensione, di cui si restringe a dire che accade in seguito dell' alzamento della temperatnra senza che si scorga con bastevol chiarezza come dependentemen- te da questo innalzamento, o sia dallo sviluppamento di porzion del calore, debba tutto Taltro rimasto aderen- te alle arie, sprigionarsene in uii attimo, com' e me- stieri perche queste ne svestan la forma, e prendan quella su le prime di una nebbia vaporosa, poi di a- cqua liquida. Probabilmente ei se n'e astenuto per una lodevol modestia, di cui egli giovine oflre a me pro- \etto un esempio che avrei dovuto imitare. Ne io in fatti intendo di aver faito niuno sforzo, onde spinger oltre e compiere una spiegazione ch' egli ha creduto di dover lasciare incompleta. Kipeio anzi che non so- no intimamente persuaso della solidita de' principii in essa impiegati; vale a dire che 1' innalzanienio della 3i6 Akaldi . temperatiira sia dovuto alio sviluppamento del calore spremuto fuori delle "vere arie. Almeno vorrei prima, che si provasse die il ca- lore, anzi che dalle due arie, noa si svolge dal vapor acqueo, di cui chi sa come esse si ottengano, non puo dubitare che non esista nelle stesse, e del quale par- mi diinostrato che a misura che trovasi costretto a con- densarsi oltre i limiti corrispondenti ad ogni grado di temperatura, si decompone in parte tostamente, cioe sveste I'abito di vapore e prende quello di acqua, sco- tendo congiuntamente da se e in liberta lasciaiido il calore, che sollevaiido rapidamente la temperatura, met- te r aria infiammabile per se stessa combnstibile quan- do e mista alia vitale, in isiato di accendersi subi- tamente; donde la distruzione dell' una e deU'alira, e lo sprigionarnento rapidissimo del calore combina- to dianzi in entrambe chimicamente e per modo che non poteva gia svincolarsene ne in tutto ne in parte per la semplice compressione. Non pretendo che que- sta spiegazione, in cui viene impiegato il calore spre- muto fuori del vapor acqueo, meriti preferenza so- pra I'altra. Parmi solo, che converrebbe recare i rao- tivi onde escluderla. A buon conto non ha quasi luo- go a dubitare che il riscaldamento nato nel calcio del- lo schioppo pneumatico quando entro di esso l' aria e compressa gradatamente e con qualche lentezza, non derivi dal condensamento e dalla decomposizion suc-^ cessiva del vapor acqueo che in fatti raccolto in tale incontro in forma di umido fa rnostra di se sulle pa- reti interne di quella cavita: il che se e vero, qual maraviglia che una compression rapidissima possa mo- ESAME d'uN ARTIC. DELL^ TEORIA DEL SUONO 3 I 7 mentaneamente produrre tal grado di riscaldarnento die basti airaccensione di una sostauza rjual e pur I'a- ria infiammabile per se stessa combustihile, e a cui oltre a cio per la presenza dell' aria viiale accoppiata ad essa, particella con particella, non manca la cou- dizione ad accendersi? Forse a porre in chiaro se il riscaldarnento sia dovuio alia coinpressione della so- stanza stessa delle arie impiegate, o a quella del va- por acqueo, qualche lume otterrebbesi dal snggettare ad una rapida compressione arie condotte dianzi al mas- simo grado di secchezza, valendosi all' uopo delle no- te i[jdustrie di Saussure o di de Luc. Oso proporne r esperimento. Ove procedendo nel condensamento con qualche lentezza ne sorga riscaldarnento, ne niun in- dizio pure di umido su le pareti interne del cavo, con- fesso che peno a credere die per una compressione co- •munque rapida sorgesse accensione. Ma tornando al suono, prego i signori Laplace e Biot a far meco una osservazione. Essi a render ragio- ne deir increniento nell' aria della elasticiia impiegano il calore die la compressione spreme fuori dell' aria stessa, e die divenendo calor sensibile, ha forza di espanderla. Va bene: ma questo calore aderente dian- zi alle molecole delle arie concorreva a dare alle stes- se quel grado preciso di elasticita ch' esse possedeva- no. Direni noi, che perdendo questo calore, niun dan- no non ne soHra la loro elasticita? Non pare; giacche r intensione di questa deriva, come e detto, dalla pre- senza e copia di esso. Suppongasi che 1' uscita ne pro- ceda lentamente, cosicche possa il calore dileguarsi a niisura che svolgesi, ne niun innalzamento soffra la 3l8 A R A L D I temperatura delle arie regolarraente e gradatamente compresse. In simil caso pare die dovrebbe in esse scemare I'energia primitiva delle lor moUe; e conse- guenfemente, che non potrebbe I'elasticita conformar- si esattamente, e rinianere proporzionale alia densita. Or cio si oppone all' esperienza. Si compiacciano i va- lentuomini di soddisfare a questa istanza, e mi perrnet- tano di passar oltre e accostarmi anche piu da vicino al mio assunto. JSleir ipotesi recata a spiegare col mezzo del calo- re la differenza, per cui la velocita reale del suono su- pera quella che resulta dalla teoria , temo assai , che vengano dimenticati i diradamenti reali sofferti dall' a- ria sonora, e in essa uguali precisarneiite ai condensa- menti. Pare che si concepisca che lungo il raggio so- noro colle costipazioni alterniiio diradamenti, pe'qua- li le particelle aeree riacquistino sokanto Y ordinari.a lor densita. Ammettendo cio, s'intenderebbe come un lieve ma real grado di calore accompagnar possa la produzione del movimento sonoro. Ma questo concet- to non sembra esatto. Colle costipazioni alternano di- radamenti reali oltre i limiti dell'ordinaria densita dell'a- ria; e questi reali diradamenti debbono riguardo al ca- lore produrre un effetto opposto a qnello che si con- cepisce prodotto dalle costipazioni. Si concepisca che una corda tesa vibri: e dessa attorniata di aria elasti- ca. Vibrando la corda, se I'aria e compressa per I'ur- to da ponente a levante, non pub non dira larsi nell'opr posta direzione da levante a ponente. Dando addietro la corda, accadono in senso opposto quinci diradamen- ti, quindi costipazioni; e si gli uni, che le altre, poi- rSAME l/uN AUTIC. BELLA TEORIA DEL SUONO SlQ che una legge confornie regola lungo il raggio sonoro i movimenti delle molecole aeree, non ponno non pio- seguire ad avvicendarsi. E' iinpossibile die cio non si avveri, perche deriva dall'essenza stessa della elastici- ta. Deir aria e del suono si avvera cio die osservasi di qualunque corpo elastico e vibrante, di una cam- pana che percossa vibra in guisa, che le sue sezioni circolari divengono alternamente ehttiche in direzioni che taghansi normalmente. A toghere ognora meglio di mezzo i dubbii gio- \era allargare alquanto questa osservazione. Vibrando la corda, ogni suo punto si accelera, finch' essa non e giunta a porsi in linea retta; e accelerandosi con- giuntamente le particelle aeree da essa spinte imme- diataniente, poiche il niovimento passa successivamen- te da esse ad altre, e da queste ad altre, cresce suc- cessivamente la cosiipazione delle fibre aeree situate presso la corda e ogni suo punto. Giunta essa col por- si in linea retta alia meta della sua vibrazione, per I'impeto concepito trascorre oltre con movimento ritar- dato. Le particelle aeree che confinano e combacian con essa, gia per questo non 1' abbandonano, perche congiuniamente a motivo della elasticita deU'aria e del- la costipazione e nata ed agisce sopra ognuna d' esse una forza acceleratrice, per cui, meutre il movimento viaggia oltre ad altre ed altre molecole, le prime sof- fron ritardamento conforme al ritardamento della cor- da. Pero nelle fibre aeree che co' punti di essa confi- nano, scema la costipazione; e al fine della vibrazion della corda non ponno esse queste fibre non trovarsi coudotte alio stato della ordinaria lor densita. Dando 320 A 11 A L D X dunque addietro e reciprocando la corda, non ponno esse non diiadarsi oltre ai limiti di questa stessa ordi- naria lor densita. Lungo il raggio sonoro ogni parti- cella e successivamente agitata coUa stessa legge; e le Tibrazioni d' altronde sono brevissime. Dunque in o- gni tratto comunque breve del raggio sonoro coesisto- no costipazioni e diradamenti; e se per le prime deb- be svolgersi calore, per i secondi debbe abbassarsi e iiascondersi; cioe debbono questi effetti elidersi a vi- cenda. Se il sig. Biot avra la compiacenza d'introdur ne' suoi calcoli questa osservazione, mi lusingo ch' ei trovera che nell'aria sonora non puo sorgere niun in- nalzamento di temperatura. Sebbene non ne sia mestieri, pur a rafforzare quan- to bo detto mi si conceda di recare un altro argomen- to. Parmi cbe I'ipotesi de' Matematici franzesi venga di un modo niente equivoco a contrasto col fatto e coU'esperienza. Questa c'insegna che viaggiano non so- lo equabilmente, ma con eguale velocita il suono gra- ve e I'acuto, il forte e il debole. Messa da parte la diflerenza fra il grave e 1' acuto, scelgansi due suoni identici riguardo al tono, diversi riguardo alia forza. Viaggiano entrambi con velocita eguale; cioe sono e- gualmente estesi i cosi detti polsi dell'uno e dell' altro; ne la cosa puo essere altrimenti; giacche le vibrazioni d' ogni molecola aerea successivamente agitata sono nell'uno e nell' altro suono di eguale durata. Or al suo- no pill forte corrispondono vibrazioni piu estese; e I'in- crespamento o sia costipazione dell' aria compresa in un polso di eguale lunghezza non puo non esser mag- giore: conseguentemente dovrebb' esser maggiore lo svol- rSAME d'uN ARl'IC. DELLA TEORIA DEL SUONO 321 gimento del calore, e con esso come rincremento nell'e- lasticita dell' aria, cosi della velociia del suono; cioe la lunghezza de'polsi non potrebbe rimanere la stessa ali'opposto di cio che 1' esperienza ne mostra. E qui non mi si vieti d'interporre una breve di- gressione suggeritami dall'argomento. Perche mi credo tenuto a farmi incontro a un equivoco die potrebbe afTacciarsi ad alcuni nell' aspetto imponente di un ve- ro dubbio. Si credera forse taluno in diritto di chie- dere come accada, giacclie non lia dubbio die ogni suono non viaggi con eguale velocita, e die di due suoni unisoni riguardo al tono, diversi iiella forza non puo per r una parte non avverarsi che uguale e il nu- niero e la lunghezza de'polsi sonori ad entrambi corri- spondenti, mentre per 1' altra al piu forte corrispon- dono senza fallo nelle molecole aeree vibrazioni piu estese, e consegueniemente una costipazione alquanto maggiore che non nel piii debole, come, dico, acca- da e debba intendersi die quest' ultima condizione sus- sista Golla prima, ne contribuisca a rendere i polsi al- quanto piu lunghi, e il viaggio del suono a proporzio- ne alquanto piii rapido. Ciii movesse quf^to dubbio, mostrerebbe di non avere aflerrato lo spirito di quel nietodo per tutti i titoli esatto e legitiimo, che impiego !Neuton nella ricerca di alcuiie delle principaii aft'ezio- ri tlel moviinento sonoro, qual e concepito dalParia. Appoggiasi egli ai dati offertigli dalla naiura, pe'qua- li siaui certi i". che il suono viaggia equabilmente; 2°. che ogni suono e veloce ugualmeiite: donde sorge la conseguenza die di due suoni eg\iali riguardo al tono, diversi nella forza, le onde, i polsi sonori sono lun- Tom. IL P. J. 41 32U A R A L D I gill egualinente, e tali mantengonsl fiiio a quella di- sranza, in cui riescon sensibili. Quest' ultimo ne mo- stra che le molecole aeree coiiformansi nel vibrare alia legge de'pendoli cicloidali; la qnal legge puo assamersi come im luiovo dato offerioci dalla natura. A questa leg- ge Neuton accoppia Tipotesi che ogni vibrazione sia pochissimo estesa, e possa aversi in conto di minima fisicamente rim petto al viaggio simultaneo del suono, cioe rimpetto alia lunghezza d'ogni suo polso. Ne que- sta ipotesi iiiuno vorra certamente dichiararla illecita, solo cbe avverta che senza di essa, cioe senza ammet- tere che ogni polso sia incomparabilmente piii esteso delle corrispondenti vibrazioni delle molecole aeree, non si potrcbbe intendere come il suono sia si rapido e scorra oltre ai mille piedi in un second© . Pote pero senza scrupolo questa ipotesi, o condizione che voglia dirsi, introdursi dall' inglese filosofo nella sua soluzio- ne; e piuttosto il torto lo ebbe il Cramer a dimenti- carla e prescinderne in quella sua famosa obbiezione. Poste le accennate condizioni essenziali al problema propostosi dal JNeuton, ei si accinse a cercare non mi- ca se I'aria dependentemente dalle proprieta in essa ri- conosciute dai Fisici ammetta nelle sue molecole un movimento conforme alle dette condizioni , giacche queste, avendogliele olT'erte la stessa natura, di cio lo rendevan sic uro; non mica se dependentemente da quel- le stesse proprieta la forza acceleratrice delle moleco- le aeree nelTatio che vibrano riesca proporzionale al- ia distanza dal yjunto medio delle lor vibrazioni, poi- che anche cio e compreso nelle condizioni assunte o piu veramente postegli ia mano dalla natura, ma sib- F.SAaiE l/UiV ARTIC. DELLA TEORIA DEL SUONO 323 bene si accinse, dico, a cercare di quella forza acce- leratrice uu valor tale, che gli schiudesse 1' adito ad ottenere Tinteiuo, a cui principalmeute mirava, di de- terrninare la velocita costante e unit'orme del suono. Tale a mio avviso e il processo del Neuton, e in fac- cia a qiiesta interpretazione dileguasi ropj)Osizione del Cramer; cadono a terra i diibbii del giovine Giovanni Bernulli; ingiusta e visibilmente l' accusa per cui Fri- sio oso dicliiararlo infetto del vizio di petizion di prin- cipio; e sto per dire che poco fondata e pure la tac- cia di oscurita datagli dall' Alembert. Poiche nella es- pressione della velocita trovata dal JNeuton non rimane complicata l' ampiezza delle vibrazioni delle molecole aeree,si vede subito, che la difTerenza de'suoni riguar- do al piano-forte non debbe rendergli disuguahnente veloci. Del resto confesso di non aver fatto quasi, che restringere quanto su questo proposito leggesi presso Giordano Riccati nella sua opera su le corde elastiche; lavoro insigne e non pertanto poco noto agli oltranion- tani, fra i quali non e salito alia celebnta dovuta ad uno de' piu nobili Saggi di Mateinaiica applicata, che vauti il secolo decimo ottavo. Prima di chiudere questo esame, mi si conceda di manifestar la sorpresa in me desta dal modo, coa cui si esprime I'autore meritamente celebre di un trat- tato d' altronde assai pregevole eleineiuare di Fisica, la dove parla della spiegazione da me discussa. £i la dichiara diretta a supplire ai difeiti delle ipotesi fino ra recate a render ragione della dilVerenza fra la velo- cita quinci assegnata al suono dalla teoria, quindi sco- perta dall' esperienza. lii che cousisiono di grazia que- 3^4 A R A L D I ste ipotesl? nelT ammettere die l' atmosfera sia impu- ra per sostanze d' indole diverse e fra loro e dairaria, in cui nuotaiio, piu o meno imbraitandola. Qaal fatto piu certo *di qiiesto? Delia presenza nell' aria del va- por acqueo non ha dubbio veruno. Trascurerem noi oUraccio le tante akre sostanze, die in forme si di- verse sollevandosi dal Globo son ricevute nel grembo deir atmosfera? la qual ne diviene non tanto, come gia tempo dicevasi, un Caos, quanto per un concetto piu giusto e piu conforme alle vedute sublimi della natura, una specie d'immenso laboratorio, in cui pro- babilmente a niotivo della sottigliezza e division som- nia di dette sostanze e de' movimenti incessant! die in queirinstabil soggiorno le rimescolano in mille gui- se, si eflettuano le piii fine e piu elaborate combina- zioni, onde formar gl' ingredienti richiesti a servir di sostegno e alimento ai tanti esseri organici e viventi, die popolano il Globo, e de' quali ben puo dirsi che vivono e nell' aria e dell' aria. Eli die della presenza e abbondanza di queste sostanze la stessa vista sera- bra die ci assicuri. Se un fascio di luce venga intro- dotto attraverso di una camera oscura, non ne sfugge air occliio il viaggio; ne solo lunghesso scorgonsi in- finiti atomi svolazzanti, ma poich^ il tragitto ne e u- niformemente luminoso, e manifesto che i raggi ne so- no verso T occliio ripercossi da sostanze diverse dall'a- ria pura per se stessa diafana, diverse dal vapor a- cqueo per se stesso trasparente. Per me confesso di du- bitarne si poco, die trovo raglonevole il pensiero di quelli, che nella dilTerenza fra la velocita teorica e la reale del suono ravvisaao un dato, di cui sarebbe le- E8AME d'tJN AUTIC. BELLA TEORIA DEL 8U0N0 325 cito di valersi all'iiopo di determinare la proporzione fra la deusita deiratniosfera, e qiiella della sua parte pura e aerea e capace di servir di veicolo al suono. / 327 CONSTDERAZIONI E DUBBII ill la compressibilitd ed elasticitd de' liquidl ed in isjjecie dcW acqua D I MiGUELE ArALDI presentati a'lS di gennajo. 1808 A, -iiguro alle poche considerazioni seguenti, che i Fisici non le dichiarino in tutto indegne della loro attenzione. Lo scopo a cui esse mirano, e di esamina- i*e i motivi addotti comunemente a sostegno dell' opi- nione che I'acqua sia compressibile ed elastica. Qiiesti motivi sono eglino quanto e mestieri, giusti, fi)iidati? Sill valor vero de'principali fra essi, di quelli che mag- giorinente ottengono la fiducia de' fautori di questa o- pinione chieggo licenza di muovere qualche dubbio. E prima confesso che non senza vero rincresciniento e riuscita a voto ogni diligenza da me iisata per pro- cacciarmi T opera di Zimmerman, di cui mi e noto che confida d'esser giunto con una seric di sperienze dirette, a mostrare che V acqua, ove le si appliclii una compression veementissima , ammette di essere sensibihnente costipata. Comprendo che mancando io 328 A R A L D I delle necessarie notizie su le cautele impiegate dallo speiiinentatore contro le illusioni e gli equivoci, 1' a- prir diibbii sente di vanita e leggierezza. £ non per- tanto coiifesso che peno alqnanto a concepire come coniprimendo I'acqua entro tubi comuuque grossi e ri- gidi, si riesca a separare TeHeito delle forze compri- menti su 1' acqua da quello cli' esse attraverso all' a- cqua esercitano su i tubi, che senza dubbio tendono a dilatare; e da quello pure, di cui pub sospettarsi die concorra a rendere piu complicato il fenomeno, di qual- che condensazione che sofferta nella sostanza loro dal- le pareti del tubo contribuisca all'aumento della capa- cita, cosicche rimanga incerto se la discesa dell' acqua debbasi soltauto e in tutto alia costipazione della me- desinia. £ vaglia il vero, quella forza di cui si opina che giunga a restringere il volume dell' acqua, perche non potra costipare le pareii de'tubi? In queste e pur d' uopo riconoscere qualche attitudine a cedere; come ben mostra il caso di una palla metallica, che caden- do dall'alto sur un piano della stessa indole soflre ed esercita compressione, donde la forza che dispiegasi in queir incontro e la ripercote verso 1' alto. D' altra parte suppongasi che le pareti del tubo sien rigide si veramente, ma sottili a un tempo quanto e mestieri onde cedere e crepare. Direni noi che prima di cede- re non abbiano sofferta distrazion niuna? e se la sof- frono quando cedono, perche non dovraiino proporzio- natamente soRrirla quando non cedono? Come con mio dolore sono costretto a metter da parte Zimmerman, cosi mi credo dispensato dall'arre- starrai con Mongez, che combatte per la compressibi- 8ULLA nOMPKESSIBILlTA* DE' LI QUID! 829 lita ed elasticitii de' liquid! in un suo scritto inserito nel giornale di Rosier. Solo ad allontaiiare da questa mia risoluzione la tactia di superba ne adduce uno o due niotivi. Egli a cagion d' esempio sul bel priucipio appoggia il suo assunto all'autorita del Is'euton, il qual dicliiara comuui ai corpi tutd le qualita die non po- teudo di venire piii o meno intense, sono state dall'e- sperienza scoperte finora ne' corpi stessi. Or dclla ela- sticita diretn noi che non ammetta gradi, differenze; come non le amniettono I'inerzia, T impenetrabiliia, la luobilita, le altre qualita mentovate da Neuton? Vuol dire che Mongez accenna questa condizione, la cita, e neir atto stesso la dinientica. Ei pure poco oltre pre- tende che senza I' iniervento della elasticita verrebbe meno la legge della eguaglianza fra I'azione e la rea- zione; quasi che questa legge non einerga unicamente dair inerzia, ne in altro non consista che nelT obbli- gare i corpi qnalunque condotti ad agir gli uni su gli altri a sofl'rire in ogni incontro cambiamenti di stato eguali in opposte direzioni; donde si vede che si pre- scinde in essa dalla elasticita,, e che anche supponen- do i corpi molli e cedent! , non ponno essi non osser- varla. Anche un po' piu oltre egli chiede come po- trebbero le molecole acquee, ove fossero sprovvedu- te di elasticita, manifestarla tosto che prendano la forma di vapore; quasi che fosse a lui noto, che nell'assumer- la, loro non si accoppii qualche altro priucipio, 1' igneo secondo moiti, a cui debbasi la nuova proprieta. Dopo quest! esempi! conhdo d! non aver torto nel mostrare qualche repugnanza daU'entrare in un esame, che altri me lie ofTrirebbe in buon dato della specie del recati. Tom. II. P. J. 4^ 33o A U A L D I Pero passo piuttosto ad esporre Intorno alia snp- posta compressibilita ed elasticita dell' ac(]ua e de' li- quidi in genere alcuni miei pensieri, ne'quali, se per r iHja parte non e impossibile, per Taltra uon e a inia notizia che altri mi abbia preveiiuto. Mi verra coiice- duto, per qnanto spero, di poter riporre la cagioiie d' ogni liqiiidita nelT azione del priiicipio calorifico. Delia solidita di questa doitriiia una bpecie di fisica di- niostrazione ci si offre nelT assorbimento di quel prin- cipio prodotto dal passaggio di qualunqiie corpo dallo stato solido a quello di liquido. In tale incontro por- zion notabde di quel principio si nasconde entro il cor- po, ne fa mostra di se negli effetti sensibili, co' qnali si costuina di misurarlo. Perche cio? perche il detto principio, impiegandosi nell'erfetto di liqnefare e man-, tenere sciolto il corpo, non puo iinpiegarsi nella pro- duzione degli effetti sensibili che ne sono la misura. Qiial prova puo recarsi piu diretta di questa a mostra- re che nella liquefazione il principio calorifico inter- . viene nel carattere di cagione efficiente e iinmediata? Se non e disdetto di penetrare coll' occhio della meii- te nel meccanismo arcano di questo grande fenomeno, sembra che mentre quel principio tronca i vincoli del- le particelle integranti del corpo, queste reagiscano a \icenda sullo stesso, ne potendo piu esercitar come dianzi le une su le altre ralfinita loro reciproca, rivoi- gansi ad esercitaria sopra il detro principio, e lo attu- tiscano in certa guisa e lo imbriglino; e pero nel cor- po che si liquefa debba esso precipitarsi dai corpi cir- costanri, e seguire in questi ultimi raflVeddamento. Noti e punto malagevole di valersi all' uopo taato del con- SULLA COMPRESSIBILITa' Dl' LIQUIDI CC. 33 1 cetto comune su T indole de'fluidi elastic!, fra i qiiali h posio in grado eininente il principio del calore, tjuaii- to di quello die dietro i cenni di Daniele Bernulli se ne sono formati i tre grandi Fisici di Ginevra , Lesa- ge, Dir-luc, e Prevost. Puo tuttb interpetrarsi acconcia- mente impiegando si Tuno the T altro concetto. Ben mi irovo costreito a metier da parte le idee, per le qnali e sorto ultimaniente Runiford a conibattere la stessa esistenza del principio igneo; e le metto da par- te, perclie fra gli altri motivi V influsso manifesto del calore su la liquidiia diverrebbe per nie un vero e ine- splicabile enimnia. Kitengasi dunqne che la liquidita e anzl la flui- dita sia opera del principio calorifico; e si passi ad o3- servare che presso i Fisici nell' idea genuina e legitti- ma del liquido entrar debbe ch' esso si trovi in uno siato di aitual divisione oltre ogni liniite sensibile; ta- le cioe che le molecole integrant! dell'aggregazion flui- da sottraggansi ai sensi perfettainente. Senza cio, o io njolto m'inganno, o non potrebbe il concetto del liqui- do, qual se lo formano i Fisici, servire acconciamente di base a quello, che aggiugnendogli secondo il loro co- stume qualche astrazione, se ne formano i Matemati- ci. A questi ultimi e disdetto a mio avviso di portar Jo sguardo e arrestarlo su gli element! ultimi, indivi- sibili, e per cosi dire non piia fluid! del li(|uido. Esso e tale iudefmitamente; e tale lo dichiaro il Neutoa nella definizione per lui recataiie degna per la sua pre- cisione ed esattezza d'essere anteposta ad ogni aitra. Setiza tale avvertenza si esporreljbero gl' Idrauliti al risico dl paralogi/zare per uu motivo conforme a quel- 33a A R A L D 1 lo, per cui a un risico ngnale si esporrehbe il Geome- tra clie concepisse 1' estetisione formata di puiui ine- stesi. Per simil modo presso i Fisici le molecole inte- granti del liquido soiio incospicue; ed e a gran torto, die alcuni fra essi appellano e appoggiano al testimo- nio de'sensi le loro idee suUa forma fflobosa delle me- desime, e ciiano gli esempii della forma sferica, a cui si coiiformano le particelle degli olii, del latte, e quei- la pure che ro(?chio armato scopre nelle particelle ros- se del sangue. Perclie riguardo alle prime mi duole di dover dire die per un turpe e imperdoiiabile equivo- co vengono sbagliati per le molecole integranti o deU'o- lio o del latte minuti ammassi di queste molecole per se stesse incospicue, costretti a conformarsi in forma sferica parte dall' affinita reciproca di dette molecole,- parte dall' uguaglianza di pressione da essi tutt'all'in- torno sofferta. Riguardo poi ai globicini rossi del san- gue oso dire che a torto questa sostanza e riposta fra j fluidi. JNon e dessa tale a rigore, e trovasi soltanto lutnsa e stemperata e sospesa nel siero sanguiguo sen- za partecipare alia sua fluidita; come a cagion d'eseai- pio a questa uon partecipa la rena che intorbidi Tacqua di un fiume. Confido che niuno mi vorra riprendere d'es- sermi alquanto arrestato nello sviluppamento della no- zione della fluidita. Certo che essa non ne abbisogna presso i veri Fisici: ma il numero di questi e scarso rim- petto a quelli, che non cessano di parlarne della figura globosa delle minime molecole de'liquidi, e de' minimi contatti, che a motivo di questa figura permettono ad esse di cedere ad ogni minima forza. JNon si accorgono essi, che adottando queste idee, rimane contauainata di BULLA COMI'UESSIBILITa' Di/ LlQUIDl €C. 333 mere ipotesi una nozione qnanto niun'altra fondamen- tale, con danno gravissimo della Fisica. Cliiederei loro volentieri se concepiscano die queste particelle perdano la figura loro nel passaggio dallo stato di licjuidita a quel- lo di solido; quando a cagion d'esempio neU'acqua la temperatura si abbassa al grado dell' aggbiacciarnentp. Eh die sulla configurazione di quelle particelle non e lecito di pronunziar nulla dopo rnassime le scoperte suirindusso del principio igneo, che indebolendo e qua- si in tutto troncando i loro vincoli, le mette in quelle stato di attual divisione, die costituisce V essenza del- la liquidita. Ho detto quasi in tutto, ne I'ho detto ir- riflessivamente ed a caso. Perche vuolsi avvertire die per questa divisione gia lor non si vieta di esercitare le uiie su le altre qualcbe affinita. E* questa indeboli- ta assaissiino, ma non tolta in tutto; di che ben ci as- sicura la forma tondeggiante clife assumono le goccioli- ne di acqua sparse massime sur un corpo la cui attra- zione non turbi quella, per cui mirano a riunirsi le molecole acquee; il che pur vuol dirsi e del mercurio e di ogni altro liquid©. A queste prove puo aggiiigner- si col chiarissimo sig. Deluc quella, che ci oHre il va- por acqueo tutte le volte ch' esso condensato oltre ai liiniti fissati per ogni grado di temperatura dall' am- piezza dello spazio e costretto a decomporsi in parte, e svestendo la sua forma, a riunirsi in minutissimi ato- ini acquosi, che spesso assai , ove le circostanze sieno propizie, ne turbino I'azion regolare quinci dell' affini- ta loro, quiudi del principio igneo, che si svolge, fog- giansi in picciolissimi palloncini occupati nelT interno di uu'aria rara, e la foimazione si eflettua del cosi detto 334 A R A L D I vapore vescicolare (a). E qui giova osservare die que- sto residuo di affinita fra le molecole del liquido gia punto noil nuoce alia proprieta essenziale dello stesso, a quella vale a dire, per cui cedendo ad ogiii meuo- ma forza, poniio esse carigiare le respective loro posi- zioni. Esse nel cangiarle e scostarsi si accostano ad al- tre, passando dalla sfera di attivita delle une in quel- la di altre: cosi accade die possano aversi in conto di nulla coerenti. Per quest' ultima osservazione riuiane, se non erro, compiuta 1' idea, che dobbiam fortnarci del liquido; riguardo a cui e oinai tempo ch'io mi ac- costi al principale niio scopo. Intorno a questo confesso di non essere in grado che di aprire un pensier solo diretto a dare alia con- troversia su la compressibilita ed elasticita de' liquidi e in ispecie dell'acqua, un aspetto forse un po'nuovo, e un po' diverso da quello che le si da comunemente. Nel trattarla si suol prescindere dalla considerazione deir agente, a cui debbesi ogni liquidita; da qnella voglio dire, del principio calorifico. Or chi ne assicu- ra che sia lecito di prescinderne? Per me confesso che ne dubito fortemente. A questo agente debbe il liqui- do e V attual sua divisione oltre ogni limite sensibile, e congiuntamente quel determinato volume, che cor- rispoude in esso ad ogni grado determinato di tem- peratura. Questi due efFetti vanno indivisi. Vuol di- re che le forze dirette a costipare un liquido vengono a contrasto col detto agente, e gli vietano di espander- lo quanto senza cio accaderebbe. JNon mi e noto die la controversia siasi ofiPerta a veruno sotto questo pun- to di vista. Suppongasi che un Hquido riempia esatta- SULLA COMPKESSIBrLITA* De' LIQUIDI CC. 335 mente del siio volume 1' irjterno di un recipiente di pareti corminquo salde, cliiiiso ermeticamente; e conce- piscasi che se ne innalzi al(]uanto di un grado, per mo di esempio reoniuriano, la temperatiira. Direm noi che in simil caso la robustezza delle pareti vietera al li- (juido ogni dilatazione? o pur ch'esse cederanno un tal poco? Mi giova lasciar tutto indeciso, e avvertir solo che a ridurre un liquido in un volume un tal poco mi- iiore di quelle che corrisponde ad una temperatura cre- sciuta di un grado richiedesi quella stessa forza preci- samenie che gli vieterebhe di espandersi nel soUeyar- si di un grado a quella stessa temperatura. Ripeto che non oso riguardo a cio portar niuna opinione. Ben de' dnbbii che ritengo parrni che i fenomeni de' liquidi si quando essi mantengonsi tali, che quando si asso- dano, nii odrano fondati motivi. E arrestandomi snU'a- cqua, di questa e noto al presente, ch' essa giugne al massimo di condensazione, non mica quando e pron- ta a diacciarsi, ma sibbene quattro gradi circa reomu- riaui sopra il gelo; giunta ai quali e innoltrando il fred- do torna essa ad espandersi per un incremenio di vo- lume, che diviene soprattuito sensibde nelT atto che assodasi in ghiaccio (b). E" pur noto che in tale incontro dispiegasi da essa una forza pressoche irresistibile, in- tanto che il gelo nel formarsi sqnarcia talvolta i dnri tronchi, e sollevasi sul dorso le case. E qui si osservi che in simil caso agisce una forza che dianzi appena facHva mostra di se bilicatjdosi con quella del princi- pio calorifico. Essa consiste nelPattrazion reciproca del- le molecole acfjuee che condotte a un grado deiermi- nato di accostameiuo , a jnutivo, per quaiito pare, di 336 A 11 A L D I una certa loro polarita, prendono nel riunirsi posizio- ni tali doiide deriva T incremento del volume. E per- che la natura mai non procede per saki, anche prima che sorga vero ghiaccio, comincia il volume e la li(]ui- dita a scemare, e come parmi di aver letto presso il chiarissimo Pictet, una cotal tegnenza, clie inviscidi- sce un tal poco Tacqua, ne annunzia rimmineiite as- sodamento. A rendere il fenomeno alquaiuo pin com- plicate concorre il bisogno, che ha il liquido di effbn- dere fuori di se quella porzioiie del priiicipio igiieo, che riinaneiulosi eiitro di esso non gli permetterebbe di rappigliarsi. Svolgesi questo e nelT atto stesso dile- guasi nascosto entro un po' di vapore, che in quell' in- contro scappa fuori del liquido oinai pronto a diaccia- re. Iiitorno a questo vapore, la copia del quale pare che pel motive ac(;2ennato debba essere alquanto mag- giore neir atto deiV agghiacciamento che non un po' prima, e molto piii che un po' dopo, mi sia lecito di osservare che da questa particolarita forse deriva Tingan- no preso da quel Fisico franzese, il quale opino che mag- giore sia lo svaporamento del ghiaccio di quello dell'a- cqua, fredda si bene ma liquida tuttavia. Parimente non mi sia disdetto di sospettare che nel bisogno di aprire colla subita formazione di alquanto vapore uuo sfogo al principio calorifico soverchio alio stato di ghiac- cio debba forse riporsi la cagione di quel singolare fe- nomeno, per cui V acqua, non di rado, ove manten- gasi immota, sostiene senza diacciarsi un freddo di al- cuni gradi maggiore di quello che basta a diacciarla. Chi sa che pero il vapore non ne esca, perche lo strato di aria che combacia coU' acqua tranquilla, essendone SULLA COMI'RESSIBILITa' De' LIQUIUI cc. SSy aazio, non lo aiuiiieita eiuro se; ove, sopravveneiulo qualclie agitazione, le circostaiize cangino, lo amiuet- ta, e Tacqua rappreiidasi subiiaineiite. Ma e questa una mera toiigeitura, ed io in vece di proseguire ad innestar digression! Tuna siilTaltra, debbo piiuiosio. toriiaiido ai iino assiiiuo osservare, che se I'acqua diac- ciando e coiigiuDtameiite crescendo di volume, dispie- ga una energia sorprendente, un' attivita nulla inferio- re, e maggiore anzi e d' uopo amnietteria nel princi- pio calorihco; il cpiale non clie a bilicarsi colla prima, nia riesce a vincerla, troncando ogni vincolo fra le particelle dell'acqna. Pero non pare cbe con quesfatti- vita aver possa proporzion niuna I'efficacia de'niezzi, cui ci e lecito d'impiegare, opponentlogli alia forza di quel principio, onde iiiipedire die 1' acijua non si ddati, od obbligarla a restringersi in un volume minore di quel- lo che corrisponda alia sua temperatura. Del resto ri- peto che non intendo fuori che di addurre i motivi, pe' quali su questo panto rimango tuttavia nel dubbio e neir incertezza. Chi tlubita della compressibilita dell'acqna, per poco non e cosrretto a didjitar anche della sua elasii- cita. Pero mi lusingo che que' Fisici di gran credito e seguito, de' quali «ni accorgo che si mosiran disposti ad ammetter nelTacqua f|uest' ultima proprieta, mi per- metreranno di rimanere anche su cib ahpianto dubbio e sospeso. E in reaha confesso che par.?ndomi di pos- sedere idee nette quanto basia , come del lirjuido, co- si della elasticita, peno assai ad associar quesie idee e a coiicepirle coesistenti nello stesso soggetto. JNon co- uosco che due specie di elasticita; 1' una che meglio Tom. IL P. /. . 43 338 A R A L D I direbbesi espanslbilita possediita dalle sostanze aerifor- ini, nelle (]uali consiste in una cotal tendenza, per cui mirano con assiduo sforzo a dilatarsi per una espan- sione cbe non conosce confini; T altra, a cui conver- rebbe forse serbare nn tal nome, propria de'corpi so- lidi e rigidi, ne'qnali, ove le parti loro vengano o premute o piegate o distratte, sorge una forza, per cui tentano di riinettersi nello stato di prima (c). Di que- ste due elasticita da me conosciute la prima uon e com- presa nelT idea del liquido; la seconda le si oppone e la esclude; giaccbe palesemente in essa supponesi la coesione, ne, per quanto sembra, non e che una mo- dificazione di questa. Ma qnl dira alcuno, che le co- silTatte considerazioni sentono del sottile e del sofisti- co; cbe io in esse do corpo alle astrazioni; che se il Matematico e tenuto a concepire il liquido in uno sta- to di attual divisione indefinita e illimitata, al Fisico e lecito di portar Io sguardo su gli atoini dell' aggrega- zion fluida, de' quali puo avverarsi che posseggano pro- prieta conformi a quelle de'corpi di mole sensibile; che in somma vuolsi consultar 1' esperienza, la qual sembra che dichiari elastica T acqua. Quest' ammoni- zione ammette piu risposte. Potrei pregare 1' opposito- re a riOeitere che ue' corpi solidi e dotati di qualche piu o men notabile rigidita ognuno che voglia pur rea- dere a se stesso ragione delle propria idee, cerca e col- loca la cagione della elasticita non nell' indole delle particelle integranti, ma nel modo della loro adesione. Cessando questa alio sciogliersi del corpo in liquido, pare che debba dileguarsi pure 1' elasticita, di coi non e facile di concepire come sopravviver possa alia man- SULLA COMPKESSiniLlTA' I)e' LIQUIDI CC. SSq canza della condizione die le serviva di appoggio. Ma e meglio, airinclie non paia ch' io torni alle sottilita, rivolgersi a vedere se 1' esperienza e le osservazioui che si recano, bastino a troncare la controversia. Fra quesie osservazioni niuna e ripetuta piii spesso di quella, per cui siam certi che 1' acqua serve alia pro- pagazione del suono. Ma e poi egli si certo die quest'at- titudine basti a provare che 1' ac(jua sia e compres- sibile ed elastica? Suppongasi che il suono attraverso air aria giunga all' acqua; o sia che il movimento so- noro, il qual ntll' aria cousiste certaineiite in »ina se- rie di condensazioni che avvicendandosi co' diradamen- ti delle molecole aeree, e succedendosi in retta linea formano il raggio sonoro, che questo moviniento, di- ce, pervenga all' acqua, e in essa risvegli qualche coiu- moziotie. E' chiaro che ai suoni, cioe ai movinienti diversi j)iu o men rapidi ed estesi e frequenti ddle molecole aeree potraiiuo corrispondere coinniozioni di- verse nell'arcjua, cui la sua llaidita e cedenza ad ogni urto rende op|>ortuna a concepirle. Come queste com- mozioni sorgono per 1' azione del movimento sonoro deir aria su Tacqua, cosi nate che sieno in quesia, po- tranno nella circostante aria risvegliare con urti corri- spondenti nella forza, rapidita e frequenza a quell i, da cui sono state prodotte, increspamenti sonori, tali cioe per cui sia lecito il dire che T acqua colle sue com- mozioni e concorsa alia propagazione del suono. E co- me queste commozioni ponno sorger nell' acqua depen- deutemente dagli iirti de' raggj sonori aerei, cos'i non ha dubbio che non possano essere risvtgliate in essa dalle oscillazioni di un corpo sonoro qualunque, che , 340 A ){ A L D I vibrando la scuota. Or di qiieste commozioni siam noi certi die sieno della stessa natuia di quelle die coiice- piscoiio i iluidi elastici gravidi di suono? Quale obbli- gu lia in cio? niuno certamente. E' visibile che a gui- dare atuaverso all' acqua il suono all' aria, basta cbe le giungano urti frequenii quanto e inesiieri, onde coii- cependo essa tosianieute a motivo della sua elasiicita successivi increspaniemi, non niaucbi a questi ne la frequenza, ne gli altri caraiteri ritbiesti a costituire iiell'aria il moviinento sonoro. Esso nasce in faiti uelTa- ria in inille incontri dependenteajeute da movimenti che nulla non banno di comune con quello, cbe in essa producono; come quando la frusta del postiglione per- cotendula subitauiente e costipandola, ne elice un suo- no fortissimo non di rado e acutissimo. Prego rispettosamente i fautori della elasticita dell'a- cqua, e sopra gli altri il cbiarissimo sig. Uaiiy, a vo- ler dicbiarare in qual modo da essi si concepisca, cbe a motivo della sua elasticita 1' acqua trasporii il suo- no. Supporrem noi, cbe le particelle deH'accpia vibri- no nella guisa de' corpi solidi e rigidi per un akerna- tivo cangiar di figura? Secondo questa interpretazione converrebbe, poicbe 1' acqua trasporta ogni maniera di suoni, amniettere cbe quelle particelle fossero suscet- tibili d' ogni sorta vibrazioni. Ma questo cbi dira mai? Ammetterem noi nell' acqua piu specie, e anzi una mol- titudine senza numero di specie diverse di particelle opportune a trasportare quali un suono, quali un altro? Cosi la spiegazione, oltre alle sue proprie, rimarra espo- sta alle dilHcolta, cbe riguardo all' aria dicbiarano in- sostenibile I'ipotesi di Mairan. D' altra parte il liqui- SULLA COMVIIESSIBILITA* DIi' LIQUIDI CC. 34I do, attesa la cedenza e mobiliia soinma tlt-lle sue par- ti, e opportuno per gli urti qualnnqne, clie a lui per- vengaiio a concepir conunozioui d' ogiii rnaniera, e con- cepirle non nel carattere di oscillazioni e vibrazioni, nome che vuolsi serbare al treinobo de' corpi elastici, ma in quello s\ bene di scosse e di orideggiameiiti, la fre(|ueriza de' t|Liali adegua cpiella degli urti, da cui derivano. Nell'acqua alia mancanza della elasticita pub egregiameme supplire la liquidita. I suoi incresj)auien- ti sono per vero dire diversi essenzialinenie da quelli dell'aria, e non pertaiito risveglieranno in essa questi uliimi, ove le rethino colpi frequenti qnanto e d' uo- po, vale a dire quanto quelli, cbe le reclierebbero im- inediatanrjente le vibrazioni del corpo sonoro. Cosi sen- za I'mtroduzione di niuna ipotesi, e itnpiegando dati no- ti e certi, puo a mio avviso interpretarsi il fenomeno. Egli e conforniemente a queste idee, cbe a parer mio nelle sperienze isrituite soit'acqna, fra gli aliri da iNol- let, giugne alT oreccbio il suono a cagion d' esempio, di un campanello, A sentirlo, basta cbe aitraverso alTac- qua, vibri il campanello deutro o fuori'della stessa, per- vensano commozioni, cbe nella loro successione e fre- quenza adeguino quelle cbe I'aria gli recberebbe. E' j^ure in tal guisa, se non sono in tutto ingannato, cbe uelPin- tima region dell' oreccbio ottengoiisi le sensazioni pro- prie dell' udiio coU' intervento delTacqua cbe riempie la capacita del Labirinio, disposta ad usrirne in par- te e rieutrarvi per le strade scoperie dal cbiarissiino Cotugno. Non e uiestieri di concepire in quest' accjua niuna elasticita, per intendere com' essa riceva e re- cbi alia pulpa del iiervo acusiico, di cui e tappezzata 34a A R A L D I interna mente la mentovata capacita i colpi e le scosse die le imprime co'suoi tremori la base della staRa, in cui termina quella catenella ossea leggierissinia, che raccomaridata coU'altro estremo alia membrana del tim- pano trasporta verso I'interno le vibrazioni e percosse impresse a questa membrana dai raggj sonori. Per al- tro nella teoria del suono io incontro piia luoghi per me coperti di nebbia densissima (d). Tal si e quello della propagazione del suono attra verso i corpi solid i piii o men duri e densi; di tessitura diversa; quali omogenei, quali no; soprattutto su la natura e le aff'ezioni del mo- vimento che per essi lo trasporta, e come ne ha di fresco informati il sig. Hassenfratz, ne rende il tragit- to piu rapido assai che non per I'aria. Concorre que- sta oscurita ad ammonirmi ognora meglio dell'obbligo impostomi da tanti altri niotivi di astenermi dalle po- sitive affermazioni e restringermi ai dnbbii: ne in fat- ti le precedenti ridessioni ad altro non mirano, che a render ragione di quelli, pe' quali non sono per an- che in tutto convinto che la facolta posseduta dall' a- cqua di trasportare il suono, basti a dimostrarne la ela- sticita (e). Poiche in questa facolta e riposto I'Achille dell'o- pinione da me chiamata ad esame, se sono riuscito a mostrare ch' esso non e poi di gran lunga si formida- bile, quanto si crede, potrei metter da parte le altre piu deboli assai, che adduconsi a puntellarla; alle qua- li non ha T obbligo di tener dietro chi massime non si e proposto che di muovere qualche dubbio. Pur mi || arrestero un momento sopra una sola, all' oggetto an- che di recare un esempio della facilita, con cui sono 8ULLA OOMPRESSIBILITA* De' LIQUIDI 3 \^ i Fisici sovente tratti in inganno dalle apparenze che loro impongono e gli seducono a shagliare per identi- ci ertetti aiialoghi sokanto per (]ualche t'enomeno estrin- seco, diversi uella loro cagione ed essenza . Sospetto the in un eqiiivoco tale incianipiiio quclli die a fa- vore della elasticita dt'irac(|ua recano il rimbalzo del- le gocciole di qtiesto liquido, che gettate contro V a- cqua ne sono ripercosse ad angolo, aggiungon essi, e- guale a quello dell'urto. Mi spiego rainmemorando la controversia the divise gia tempo i Fisici su la spie- gazione del feiionietio, per cui i ciottoli sottili e pia- ni e iisci lanciati con una carta obliquita contro 1' a- cqua, tie rimbalzano per salti reiterati anche, ove la superficie del liquido stendasi bastevolmente. Chi a spiegare il fenomeno ricorreva all' elasticita dell'acqua; chi era contento di quella del ciottolo, e la contro- versia bolliva indecisa, finche I'illustre Spallanzani so- pravvenne a troncarla, e a mostrare che in quell' in- contro r acqna non fa che cedere all'urto e avvallar- si un tal poco, e permettere al ciottolo di scender pri- ma e salir dopo, e uscir dell'acqua strascinato daU'irn- peto, scorrendo per la coticavita del poco profondo av- vallatnento. Nel far menzioiie di questa controversia e del suo terniine, non ho inteso che di addurre un esempio delle illusioni in cui si cade, chi ascoltando di troppo le analogic, dinientichi le dilferenze. Perche tornando al rimbalzo delle gocciole di acqua, qnesto per r una parte ainmette una interpretazione sensibil- mente diversa da quello del rimbalzo de' ciottoli, men- tre per 1' altra si puo in essa pine far senza della ela- sticita. Chi ne assicura che le gocciole urtaudo Tacquu 344 A R A L D I cedeiite al sommo per la sua Iluidita, non la smova- no e incavino un tal poco, perdendo 1' iinpeto con- giuntamente, e die Tarqua un momento dopo col rial- zarsi e scaticellare I'incavo non le scagli fnori di se? il qua! eHetto senibra die tanto pin agevolinente pos- sa ottenersi, qnanto die prima di gingnere a percuo- terla non lianno esse potuto neirattraversar I' aria, noa istrascinaria con seco e attorniarsene come di un sot- tilissimo invoglio che loro vieta di entrare a inimedia- to contatto colTacqua, e rimanervi sciolte e assorbite. Ne non pretendo gia io die I'afTare passi precisainen- te cosi: chieggo solo prove alquanto piu robuste delta elasticita dell'acqua; e che intanto mi si permetta di riteaere i niiei dubbii. (f) NOTE (a) Ammetto 1' esistenza del vapore vescicolare; ne rimpetto alle prove dirette recate da Saussure, giua- gono ad obbligarmi a porlo in dubbio le opposizioni mossegli da! cliiarissimo sig Monge in suo scritto inseri- to negli Aiinali diimici di Parigi, in cui egli, abbando- nandosi, se oso (brio, con qualclie inteniperanza alle con- getture oflertegli in fi)lla dal suo fecondissimo ingegno, non ha quasi fenomeno atmosferico che non imprenda a spiegare. Lascio che a concepire in qualche inodo la formazione

  • raccio cV un feto, come pure il fiiiiicolo ombelicale possono sortire dal- la vagina. In niuno dei nientovati casi 1' introduzione delle snddette parti e utile, o necessaria; anzi si puo dire essere impossibile quasi, e nociva. Jinperocche per fare la riduzione del braccio, o deiraniibraccio a do- vere, conviene condurre si I'uno, die Taltro sino ver- so il fondo della uiairice, e collocarii a lato del cor- po del feto. Ora a tale maneggio si oppone la testa del feto medesimo, die d'ordinario trovasi vicina, ed occupante una porzione del passaggio; e vi si oppone la matio stessa del diirurgo, die non trova spazio per entrare a canto alia testa, o alia spalla del feto, quan- do ha impugnato il braccio, o 1' antibraccio. E con si- mili tentativi si aflatica iiuitilmente la madre, e si !a- scia sf(ig2;ire Toccasione per operare con frutto, e le vie naturali si vanno prosciugando intanto die s' indu- gia, si contrae la niatrice addossandosi al corpo del fe- to, die percio rimaue come rinserrato in una borsa. La maniera piu comniendata per ottenere un pron- to e sicuro sgravio consiste nel far passare la mano deir ostetricante hingo il braccio del ffto, di faria avan- zare nell' utero tant'oltre, che arrivi a prendere i pie- di per elfettuare il pario. Ne si puo opporre diffirolta a tale operazione per la streitezza del luogo, sapendo- si, che la vagina e capace di molta dilatazione. Li qualche caso e bensi necessario di rispingere alcun po- co il braccio, o il corpo del fno, onde poiere piu fa- cilmeute iusinuare la uiano nella uiatrice, il die riesce DEL PAUTO TEL BKACCIO 363 pill prontamente, quantlo i dolori sono deboli e rari, e lasciario luogo al raccoglitore di pensare alle risorse deir arte. JVIa non tutii si atiengoiio a massime si sa- Intari, perclie souo imbevuii di principj del tuuo op- posii. Conviene pero confessare, che per comune sven- tura delle madri vi soiio circostauze, nelle quali il rac- coglitore non puo elTettuare il parto per i piedi. 11 die avviene quando per negligenza, o per ignoranza delle levatrici il raccoglitore non e prevennto a tempo op- portuno, essendo gia da lunga pezza colate le acque; quando T utero ristreitosi di niolto prenie d'ogn' inior- no 8ul feto; quando il braccio e sortito sino alia spal- la, e che questa si e avauzata nella vagina; e final- mente quando le levatrici stirano intliscrttainente il menibro sortito, smuovoiio I'articolazione dell' omero, o strappano il braccio dalla spalla. In tali disastrose posizioni della madre, e del feto, sebbene alcuna vol- ta sia ancora praticabile il rivolgimento, pure in alcu- ne altre non ha potuto eftettuarsi dai piu esperti rac- coglitori, o perche Tutero fosse troppo ristretto, o per- che la spalla fosse troppo avanzata nella vagina, ed il braccio estren)au)ente rigonfiato. JNlolti fra i Pratici per trarsi dall' imbarazzo, in cui vedevansi posti dalla sorie, si appigliarono al cru- dele partito di mutilare il feto, sperando con questo mezzo di conseguire piu facihnente V intento, cioe di terniinare il parto col rivolgimento del feto. L' espe- rienza pero ha fatto vedere, che ne anche le replica- te niutilazioni hanno conceduio un libero ingresso alia niano dell'osteiricante nelluiero, molio meuo poi uno 36^ P A L L E T T A spazio PufTiciente al capo del feto per abbassarsi nella pelvi iiiferiore e constituire un parto naturale. II caso ci lia per avventiira preseiitato V artifizio col quarte la natura suol terminare i parii di questa Specie. Una donna in travaglio fu recata a qiiesio spe- dale civile, sono gia parecthi anni, dal cui pudendo pendeva fuori un braccio intiero del feto. Era dessa siata per alciini giorni mal trattata dal- le levatrici, e ridoita alio stato di somma debolezza. Eravi urgente bisogno di passare aU'estrazione del feto. Percio mi accinsi tosto a ricercare i piedi portando la mano nell' utero piu in alto che fosse possibile, II ten- tativo fatto da me, e replicato da altri die mi assiste- vano, fu infruttnoso. In tale sfortunato incoritro senza es'^ertni prefisso alcuna regola volli agire, e preso il braccio pendente lo stirai moderatamente a niisura, cbe i doiori die si erano rinnovaii per I'insinnazione delle mani, ricomparivano. Dopo varie e lente stirature, ec- co che la mairice espelle ad un tratto li due piedi, i quali da me atlerrati com[)irono in breve il parto. Cosi la natura addiio quasi il modo, col quale essa brama di essere soccorsa. In fatti mi si presentarono dappoi altri casi soniiglianti, e 1' evento fu il medesimo; e di alcuni di qucsti fu pure testimonio il mio Collega Prof Montegsiia , e ne valntb, siccome cqnviene ad on iiluininato Pratico, le conseguenze che ne derivauo a benefizio delle parrorienti. In aprile delT anno 1807 fui chiamato per il par- te sertiinesrre di una danna, che aveva tre altre volte partorito felicemente. Quest' ultima gravidanza fuddle altre di versa; perdie comiucio nel terzo mese a per- DEL PARTO PEL BRACCIO 365 der sangue in molta co|)ia; perdita, clie si rinnovo, c che fece coiighietturarc essere ella la conscguenza del- le periotliclie evacuazioni soppresse. Intantu si avaiizo la gravidanza, e la donna si assoggetio a tutii ii ri- gnardi, e le cautele necessarie ad osservarsi in tale sta- te. Cinc^ue giorni prima dell' imminente parto coinin- ciarono a colare le acque in tanta copia, the esse pu- re indussero qnalche dubbio snlla gravidanza, linclie nel qninto giorno si accoppiarono i dulori alle acque, si apri la bocca dell' utero, e tutio si dispose per lo sgravarnento. Entrando in camera mi abbattei con aliro chirur- go, il quale mi narro, che essendo soriito il braccio dair onllzio uterino, ed avanzatosi in vagina, aveva tentato due volie per avere i piedi, ma inutdmenie, tanto perche la spalla si era innoltrata di molto entro il collo uterino, (juanio perche 1' utero addossatosi al feto si opponeva alia libera entrata della niano, ed al- ia ricerca dei piedi. Dietro questa relazione introdussi la mano, e mi assicurai essere veto qnanto I'altro ostetricante aveva esposto intorno alia situazione del feto. Ed in fatti pas- 8ai a stento la mano nella caviia dell' utero, che era tutto serrato sopra il corpo del feto, e perft'itameme asciutto, e non ostante (pialche sforzo non potei va- lermi della mano per rintracciare i piedi. Come la ma- no era passata sopra la S[>alla, ed il dorso era rivolto in basso verso la vagina; cosi presi tDsto il pariito di stirare un poco il braccio sortito colla mia sinistra, intanto (he colle dita indice e medio della desira pie- gate ad uucino procurava di lirare in basso il corpo 366 Pallet T A <3el feto. Questo maneggio noii fu infruttuoso. II cor- picciuolo si smosse alquanto, e collo sdrare a ri[)rese cornincio a piegarsi ad arco , e ginnta la convessiia deir arco presso la vulva vidi spicciar fiiori ad uti tratto le estremita inferiori, ed il corpo messo in linea usci dietro brevi rivolgimenti laterali, conservando una vita languida, che poco dopo si estinse. In questa sorta di parti cio die deve attirare mag- giormente i'attenzione del raccoglitore si e, che il giuo- co pe' piedi succede tanto se il feto abbia la posizio- ne naturale, cioe se abbia il dorso rivolto verso Tad- doniine della madre, quanto se lo abbia rivolto verso Tosso sacro della medesima. In amendne le posizioni il corpo del feto costituisce un arco, la di cui estre- mita anteriore e fissa, e coincide al punto della testa arrestata contro T areata del pube. L' estremita poste- riore e mobile, ed e rappresentata dagli arti inferiori piegati sulle ginocchia, o dai tarsi che precedono, e che non possono avere un appoggio fisso. Quando dunque il feto e rivolto col dorso ante- riormente e verso il fondo dell' utero, e che 1' utero da ogni punto preme sul corpicciuolo l' arco formato dal tronco del feto deve aumentarsi, e reagendo force- mente la estremita immobile dell' arco, tutta la forza di espulsione deve cadere sopra V estremita opposta, ed avvalorandosi le contrazioni del fondo dell' utero so- pra il centro dell' arco, debbono smovere 1' estremita mobile, e spingerla fuori della matrice. Accade pre- cisamente lo stesso, se la spina del feto sia in basso, o indietro verso 1' osso sacro. AUora la spina si piega in senso opposto, e la convessita deli' arco e costiiui- DKL VARTO PEL BUACGIO 36 7 ta dal torace, e clalT addoiiiine, e le contrazioni uteri- ne s()j)i'a I'arco ventrale portano i medesiini risuliati. Finqiii ho esposto cjuanto lio poiuto notare col la propria esperienza. Ma questi casi di sgravameiiti fuo- ri del modo ordinario avvengono non solo nelle ciira, ma ben anche nelle ville fra le contadine, ed e dove o non sono osservati, o sono le partorienti si malme- nate, che per lo piu ne muojono. Tiiitavolta non vi manca qualche sensato maestro dt-lTarte, che spiiito dair unianita metta in opra ogni suo sapere [)er arri- vare a quel punto felice di liberar la parturieute dal- la pill penosa angoscia. XJn medico deU'esterno, al quale comunicai le mie osservazioui poc' aiizi accenuate, mi assicuro non esse- re infrequenti i parti pel braccio nelle contadine. E coine i chirurghi o per la distanza dei luoghi, o per Tignoranza delle mammane non sono mai awfrtiti al prinripio del travaglio; cosi queste ne' casi di bisogno richiedono V ajnto appunto nella situazione piu de- plorabde, rioe quando le arque sono da lunga pezza colate, ed il braccio che presentasi, si e tuniefaito eJ illividito. In questo stato di cose e sovente inqiratica- bile r introduzioiie della mano per op^-rare il rivolgi- mento; ovvero il raccoglitore non si arrischia ad intra- prendere ini'operazione die pub essere d'incerta riiiscita o per inancanza d' ajnto di aliro ostetrlcante, ajnto pur troppo necessario, (|uando la mano del primo operante e stanca ed intorpidita; o per disposizione delle parti coniruenti il feto. In fatti a><';a nel sito delT altra, quasi come per un arco di cen/iio^ mentre la testa si nuiove intorno al proprio asse. Di piu il gran diainetro della testa collocata nel pireolo diameiro del catino durante il passaggio pel ca- tino si perde in moiti diainetri rncdj, obblnpn , e qiiin- di pill piccoli, serondo i qtiali ella sviluppasi soifo il (a) \rte osfcti.cia . Ca|». VI. § i^:^ e seg. Tom. II. P. J. 47 37c r A L L K T T A natural parto quasi in un segnieiito di rercliio. Ne ta- le svilii|)j)o e soltanto appoggiato ai varj fliamt-tri drl- la testa del feto; ma altresi alia configiirazioiie delle parti materne. Poiclie la linea centrale del catiiio la- gliasi ad aiignlo acuto colla linea ceiurale del corpo; ed essendo la linea del catiiio ohbliqua all' orizzoiite, ne viene per coiiseguenza ilie anche Tasse del catino devii alouni gradi dal piano perpendicolare fii) . E de- viando V asse del catino per certi gradi dal piano per- pendicolare, anche la natural sitnazione del catino non pno essere parallela ma deve fare un piano obbli [uo coir orizzonte. JNIa se j)iu da vicino si considera la costituzlone della pelvi, si trovera che il suo asse non potrebbe tutto stare in una sola linea retta; e clie piuttosto coii- siste in una linea retta in alto, ed in un' a lira in bas- so, le qnali vengono ad unirsi ad angolo ottusissimo verso la meta della pelvi. E considerando ancor piu at- tentamente questa disposizione, si vede, che entrambe le mentovate linee concorrenti in nn angolo afTatto ottuso, e formanti in tal maniera Y asse della pelvi trascorro- no propriamente in una sezione di circolo, venendo in- di r asse della pelvi a descrivere una I'mea cuiva. Noti altrimenti addiviene della linea centrale della vagina, la quale descrive del pari una curva, che si diparte sot- to un angolo ottusissimo dalla linea centrale deirutero. Se dunque gli assi della pelvi, dell' utero, e del- la vagina non coincidono tra di loro, ma diverge ca- dauno dall' asse dell' altro; se ognuno di questi assi ta- glia gli altri ad angolo piu o meno ottuso, segue, che (a) Stein. Cap. III. § 58 e scg. DHL PAllTO PEL BUACCIO $7 1 risulteranno niolte lince curve in tutto il tratto, che percorre il feto per venire alia luce. La prima sarebbe quella della linea centrale del corpo tagliantesi obbli- quamente colla centrale dt:l catino. La seconda I'asse della pelvi composto di due rette unite ad angolo assai ottuso. La lerza e la linea centrale della vagnia, die ad angolo molto ottuso staccasi dalla centrale dellutero. Da cio risulta, che a cagione degli assi non coin- cidenti, e quindi a motivo della conformazione delle parti genitali materne, la spinta in linea retta non puo seguire sopra il corpicciuolo del feto, e che, se (jue- sra avesse efletiivamenie Inogo, sarebbe di grave pre- giudizio alle parti molli della niadre, e le disporrebbe alia laccrazione. Ma la spinta in linca rcfta non si a- datta neppine alia condgnrazione, die conserva il fe- to neir uiero; poiche la torma globosa del suo corpo c obbligata a seguire, e ad adattarsi alle curve, die dcscrivono le parti materne, e le forze iinj^resse dallu- tero spgnono ]a cnrva del corpo direito in basso. Per la qual cosa comprendiaino, come la tesia del leio, che spinta in linea retta verrebbe a cadere perpendi- colarmente sopra la sinfisi del pube, per via di un gi- ro seniicircolare cangi direzione, e adatti il maggior suo diametro al diametro pin grande, e traversale del catino; etl il piccolo diametro tldla testa al minora del catino; indi come facendo un altro segmento di cer- diio, ed oltrepa«!sando la linea innominata il diametro grande dflla testa mnti di nuovo posizione ( ollocando- si ira r areata del pube, e la concaviia ddl" osso sa- cro; e finalmente come per una nuova cnrva dirrtta fillo innanzi il capo superi T areata del pube, e venga Sya P A L L E T T A spimo in fuori, ed in alto, perclie se gli impulsi di- retti fossero in linea reita, il capo verrebbe ad iirtare contro la curvita del coccige, ed accadrtbbe la lussa- zione di (piest' osso, e la laceraziotie del periueo. JVJa non e solo nel parto, cbe la natura osserva quesioniectanisuio. Molie altre escrezioiii del corpo SI edettuano iiella sopraddeita maiiiera, cioe in linea ciirva. JNiuno iniziato nell' arte igiiora le mirabdi cir- convolnzioni, o curve, (he forma il lubo intestiiiale. E pare veraniente ddlinle, die le niaterie alunentari trovino passaggio pel dnodeno dop|)iamente ripiegato, fisso a sno luogo, e non ciond«)lante come gli aliri in- testini tenui. J\la molto j)iii difficile e il concepire, co- me le leccie dal cieco [)()Ssano salire entro il (;olon, po- co o non punro dotato di movimento vermicolare, e riteruiio da nK)liij>lici vincoli, cbe gli conciliano una grande figura arcuata. Pure salgon le leccie, discendo- uo, e non trovan ritardo, se non quanto natura cbie- de, nella ripiegatura delTS romano, e giunte nel reito intesiino parimente semicurvo vengono cacciaie fuori dal corpo in direzione curvilinea. 1/ uretra nel mascbio non e retta siouramente, ne giova che io mi arresti sopra la descrizione di una par* ticella notissima agli aiiatomici. Quindi e evidente, die I'orina sortendo descrive cpiasi un' S, vale a dire una doppia curva seguendo la direzion dell' uretra. Altri canab escretori bannovi pure nel cor[)0, come il nasale, il cisiico ec, cbe non affettano la linea retta; e lo spiega- re se in essi le escrezioni si facciano per via curvilinea, e per qual motive sieno stati per tal foggia costrniti h uu'impresa, cbe appartiene ai piu consuinati fisiolugi. 373 DELLA VESCICIIETTA OMBELICALE Di Gio: Batjsia Pallet t a Ricevuta il di 9 apiile 1808 H .anno dato il nome gli Anatomicl di Vescichcrta ombclicale a quella intumescenza , o saicheito, die s'lii- nalza dal bellico dei pin teiieii erubrioiii, e t'n tlu inoki osservata in diversi tempi, e da poclu esattaDieine de- scritta. B. S. Albino oltre alia descrizione cavata ila|i,li eiubrioni ci ha lasciaie le piii belle hgure ra[)presen- tanti lo staio dell'ombelico nei tenerissimi einbrioiii (n). Eg,li fa riinarcare die il bellico e contiriiiato colle mem- brarie deir uovo; die Tamuios abbandonando il eorioa o prima, o presso T ombelico si cangia in una sorta d' imbiito, the comiene lassiiiieiite la estremita del bel- hco, (he in generale c grjude la diversira del bellico e in Iniighezza ed in grossezza ed in fignra nei tra, il coiivesso a sinistra. DaH'ori- fizio iiiferiore discende il duodeno, e colla prima area- ta tocra la vertebra superior de'Iombi, iiidi plegaiido- si a sinistra sorte dall' addomine insien)e al digiuno, air ileo, ed alia massima parte del colon. L' ultima parte di questo canale rientra nelT addomine, si acco- sta all'osso sacro per terminare ail'orifizio dell'ano. Noa si saprebbe trovar differenza nella grossezza tra i te- nui ed i crassi intestini, e tutto il canale e ritenuto dalla stessa membrana, cioe dal ineseiiterio, che iin- mediatamente sotto il ventricolo procede dalle verte- bre. I reni sono al loro posto, e sotto i medesimi i testicoli biancheggianti, piccolissimi, col margine con- vesso rivolto in fuori. Per lo piii a quest' epoca noii appajono i rudimenti della milza, e dell' omeuto . 11 petto suol essere molto angnsto; i polmoni biancbissi- mi distinti in lobi, e forse in lobetti, poicbe tntta la loro sostanza e disseminata di puuti piu cliiari, tutti insieme avvinti da tenerissima, e trasparente tela cel- lulare. Ora ritornando alia bollicella otnbellcale essa ri- trovasi qualcbe fiata molto ampia quasi seuza vestigio di addomine, di cui ella fa le veci, e racchiude i I'u- turi intestini col mesenterio ricoperti soltanto da tenuis- sima, e trasparente pellicella. Sotto il centro della bol- la non rnancano giammai le due arterie ombelicali, die passano entro una teiierissima gelatiua verso il corio tomentoso. La vescicbetta dunqne assume varj stati: cioe o manifestasi come iiuda couieiieiido le intestiuu, o c[ual- DELLA VESCICIIETrA OMBELIOALE Syj che viscera, cosicche la cute ed i muscoli manchino; o ricuopresi di cute, e formasi un passaggio tra i mu- scoli retti siinulando un' ernia, o veramente si estende piu oltre costituendo una grande vescica fra i vasi om- heiicali. Questa disposizione del bellico fu notata an- che da vVlbino (a) asserendo esservi grande diversiia nei bellici di varj embrioni rapporto alia lunghezza, grossezza e figura; essere il ventre in tutti gli embrio- ni piu o meno tumidoj ed elevato verso il bellico. Da quanto sinora si e esposto intorno alio stato della region ombelicale nell' embrione, risulta cliiara- mente clie la suddetta conformazione non e fortuita, o mostruosa, perche si osserva costantemente negli uovi uinani fino al terzo mese dopo la fecondazione. Ne si puo dire cbe sia morbosa, perclie dimostrano il con- trario e gli embrioni sortiti dall' utero con tutto 1' iii- volucro senza avere soHerto alcuna lesione, e la uni- forme struttura del ventre in quasi tutti gli feti aborii- vi. Dunque e forza di confessare, che e natiirale quelPa- pertura, o quell' orifizio, die si ritrova alTombelico de* feti prematuri, e si puo con certezza stai)dn'e, che il peritoneo sorte e si prolunga pel meilesimo orifizio sot- to forma di sottili^sima membrana iuvolvente gli ince- stuii, e per lo piu (pialthe viscera iiisieme. Tale conformazione non e punto dissimile da quel- la, che alcuni celebri uouiini ravvisarono piii volte nel pulcino covato. II Malpighi (h) noto, che passati tre giorui di covazione in vicmanza de'vasi ombehcali pen- (a) Annot. Acad. L. I. C. y. T.tli. I. V. Fil-. <>■ 4. 5. (b) De fni inationc piilli in ovo. Edit. LoDdini ; pag. 7, 8 ; ftp. 17, 18, 19. Tom. IL P. J. 48 378 P A L L i; T T A deva fiiori una vescichetra irrigata da vaselliiii rossi, ch'e- gli giudico essere il ventricolo carnoso. In alcuni altri piilcini vide pendere il cuore fuori del toraoe. Dopo il sesto gioroo 1' addomine era ohiiiso, e sporgeva in fuo- ri come se fosse attetto da ernia, ed i vasi ombelica- li, die ne sortivaiio, andavaiio a finire parte nelTalbu- mine circondaiue il vitello, e 1' amnio, parte nel vi- tello stesso. Dopo la covazione di otto giorni il hellico molto largo oltre i vasi sanguigni coiueneva gVintesti- ni come nelT ernia. Nella dodicesima gidrnata poi rav- visavasi tuttora I'orifizio del bellico, dal qnale usciva- no i vasi sanguigni, e talvolta gl'intestini, ed il ven- tricolo carnoso (a). Una disamina piu attenta fu in seguito instituita dallo stesso infaticabile autore (b). Egli dice di avere primieramente osservata una vescicbetta piena di umo- re diatano in vicnianza del ramo destro ombelicale. Pas- Sato il quarto giorno rivide la vescicbetta actanto ai vasi ombelicali, contenente umore, ed i rudimenti mol- li e candidi delle parti interiori sotto forma di rozzi sacchetti. Jl bellico allargato, e coperto di cute allun- gata dopo il nono giorno era occupato dai vasi ombe- licali, e dai procidenti intestini. Ne' giorni seguenti pa- reva die il pulcino traesse origine dal tralcio, dal qua- le pure derivava il vitello involto in una lassa rnem- branetia contenente una so>«tanza oleosa e glutinosa. II bellico formato da rila&sata e tubniosa cute aveva I'ap- parenza di uri intestino grosso, entro il quale vi fos- X (n) L. C. fio;. 2r, 2.3 (b) Appeudix de ovo incubato. Tab. IV, V, VI, VII. DTLLA VESCICHETTA OMBELICALE 379 sero altri tenui intestiiii con vasi sanguigni, e varicosi. 11 hellico trovossi ampio e turgido per rassoibimeii- to del vitello aiiche passato il diciatiuovesimo giorno, ed oltre ai vasi ordinarj scoprivansi entro Toinbelico gliii* testini irrigati dai vasi meseraici. Finalinente coinpiuto il ventesimo giorno il ror- po del vitello totalmente rientrato nel venire concilia- va a quella cavita la forma di addornine, cioe tiirgi- detta e rotonda, rimanendo una fessnra nel ceniro, die dava passaggio alT uraco, ed ai vasi ombelirali. L' illustre IJaller seguendo le tracce del Malpighi ha con particolare industria investigata la generazione del pnlcino (a), e noto, che all' ora 72 dal covainen- to appare primieramente la vescichetta ombelicale; che air ora 117 il bellico era gia forrnaio; che per esso sortivano grintesiini; e che la vescichetta senihrava qua- si sospesa ad uu ganibo. NeU'ora 1 3^ la ujembraneita del vitello videsi continuata col mesenterio, e quasi tut- ti griutestini raccolti hella guaina ombelicale alle ore 192. Similmente gl'intestini quasi tutti trovaronsi posti fuori del corpo nella vagina ombelicale circa le ore 24O, 261, 203, ed i vasi accouq)agiiaMti gl' inte'»tiui penduli procedevauo dai meseraici. JNelle ore 2oJ) , 3 16 porzioue uon piccola d'intestiui, ed il condotto vitclla- rio erano fuori dell' adilomine. 11 bellico all" ora Mj somigliante ad un ciliudrico sacchetto dava passaggio ai vasi ombelicali, a porzione d'iutesiini, all' uraco ed al canale del vitello. Ma nel giorno 19 poca parte di vitello trovossi fuori dell' addomuie, essendo la mag- (uj De loiuiatione pulli CouimeiU. i. C. 3 380 P A L L J5 T T A gior porzione entrata nel ventre; e 1' orifizio addotni- nale coiiservavasi ampio, e gnornito di sfintere musculo- so, pel quale con tutta facilita il riaiaiieute viiello po- teva ritiiarsi iiel ventre. Le poche osservaziom ', die io ho intraprese sopra gli uovi covati sono assai inferiori in diligenza e pre- gio alle gia indicate, massimamente perclie aveva id in allora rivolta I'attenzione al generale svilnppo del pule ino. Per la qual cosa assai piii tardi lio posto men- te alia vesciclietta, non sapendo in allora di quale im- portanza ella fosse nelT economia animale. Dno dnn- que breveinente di ci6,clie lia qualclie rapporto coll'og- getto the si disamina, e che serve d' iiiduzione per le particolarita osservaie negli enibrioni uinani,. Nel secondo giorno della covatnra altro non mi avvenne di distingnere ad occhio nudo, fuorche due o tre vasi sanguigni, che diraniavansi sopra il vitello, ed uno o due punti bianchi sulla superficie del mede- siino. JNel quinto la chiara o albumine era quasi del tutto dissipaio, ed il rosso disciolto in un coUiquamen- to sniunio, guernito di una rete di vasi sanguigni, che andavano a niettere capo al cuore del tenero pul(;ino, il qual cuore era collocato nel mezzo, e circondaio da una atmosfera di unior bianco. Nel setcimo il pulcino moveva tntto il corpo a se- migiri orizzontali entro 1' amnio stando col capo ripie- gato, e la spina incurvata; pur talvolta stendeva una co- scia, o un'ala. I vasi, che procedevano dalla superfi- cie del vitello, erano numerosissimi e pieni
  • arente jieritoneo, ed era pur traspareiite, e confuso agli occlii tutto cio che conteuevasi in detca vescica . Nella decima e nelle seguenti glornate si vide di- stintamente il bellico, perche l' addouiine veniva co- perto da carne e da tegumeiiti, e vi rinianeva un am- pio foraine, pel quale uscivano le intestina biancliissi- me, aggomitolate a loggia di verniini, e rincliinse in una rnembranetia insieine alle arterie, e vena ombrli- cale, che per la prima volta potei distintamente contem- plare. Li deiti vasi ombelicali sorgevano da tutta la Buperficie del vitello, essendomi senibrato, elf esso fa- cesse r ulfizio di placenta, e che somministrasse la ma- teria pel sangue del pulcino. Anche i\ vitello rimane rinserrato in una membrana propria tuita disseminata di vasi sangnigni, i quali non hanno alcuna relazione coUa mendjrana bianca, che investe la corteccia delTuovo. JNel giorno 14 le intestina vedevansi ancora fuori del basso ventre, ma Toritizio era maggiormente ristret- to, ed il peritoneo appliravasi da ogni lato alle pareii interne dell' addomine. Ual i5 in avanti trovai una bianca membranetta che copriva interiormente la testa deiruovo; indi un ahra piii sotlile, e biauca come la 38a • P A L L E T T A prima, ed una terza diafana ripiena di vasi sangiiigni, che attorniava tutto I'uovo moUe. Seguiva il viiello a- venie una cavita interna guernita di vasi sanguigni, fra le aree dei quali vedevansi certi corpicelli come glandolosi disposti in serie, o a strati, e ternunanti in un circolo comune. Nel mezzo vi era porzione di vitello disciolta: tutto il vitello poi raccoglieva i vasi per man- darli aH'embrione, ne fra ess i poiei distinguere le arterie dalle vene. II vitello poi conteneva una nicchia pel pul- cino, che sta rinchiuso in una sorta d' amnios col sue liqnore, e viene attorniato da altra membrana traspa- rente, attaccata ai confini del vitello, die si direbbe il corion. Muovesi il pulcino entro il liquore, ma tai movimenti hanno del convulsive, e percib muore piii presto il pulcino, di quando e meno perfetto. Le in- testina in questo stadio veggonsi ancora fuori dell'ad- domine nel sacco del peritoneo, alia di cui estremita osservasi un corpicello bianchiccio. Nel sedicesimo giorno il pulcino era molto piu perfetto, e piu vitale; moveasi pin gagliardamente te- nendo il becco sotto una coscia. Era circotidato da due membrane, una comune al medesimo ed al vitello ri- piena di vasi; 1' altra piu sottile, che sembrava pro- pria del pulcino, il quale non aveva d' intorno a se che pochissiino albumine; e quello che sta sotto il vi- tello erasi dileguato, non vi rirnanendo che poco di chiara in istato di coagulo. Vidi di nuovo la nicchia nel mezzo del vitello contenente un po' di sostanza rossa disciolta. Le intestina trovaronsi fuori dell' orifi- zio del bellico, ed all'estremita del processo ombelica- le eravi appiccato un corpicello ovale, bianchissimo. DKLLA VrSCICIIETtA OMBELICALE 383 II pulcino in prociiito di soriire dal giiscio nel 19 giorno stava nel guscio vnoto. L'ombelico parve a- •sciutto, aveiite rapertura rotonda, larga, con margine a foggia di anello. Pendeva dal mezzo qnalchecosa di biaa- co non bene distingnibile. Avendo aperto il ventre 03- servai, che tutta la vescica formata dal tuorlo era entrata nella cavita addoininale; die il suo fondo era rivolto aU'orilizio del bellico; e che la sommita era legata al diio- deno con produzione inembranosa. Tutto il resiante cor- po di detta vescica o bolla era scioko e libero, di modo che la soUevai tntta iniiera, e sotto di essa vidi il ventri- colo, le intestina tenui, il retto, ec. Questa vescica del tuorlo racchiudeva un po'di liquame giallo, e la inaggior capacita del basso ventre veniva dal tuorlo occupata. Fin qui mi sono stiidiato di esporre in siiccinto quanto dai piii valenti osservatori e da me e stato no- tato intorno alia costituzione e fabbrica della bolla om- belicale. Non posso perb dissiir.ulare, clie la grand' o- pera concernente la generazione e lo sviluppo del pul- cino non abbia bisogno di ulteriori indagini, e schiari- menti. Tuttavia mi lusingo, che dalle nozioni finora acquistate intorno a questo punto di fisiologia si pos- sa verosimilinente stabilire: che le viscere delle tre grandi cavita del corpo si vanno successivamente for- rnaudo, e sviluppando per cosi dire a nudo; die giun- te le medesime ad una certa maturita e consistenza, si ricuoprono di cartilagini, di carne, di tegumenti; die quelle del basso ventre sono le ultime ad essere rin- serrate dai muscoli, e dai tegumenti, perclie pui len- taiuente si vanno organizzaudo; die le predette visce- re pria di essere investite alia superficie anterior del 384 P A L L E T T A corpo pajono quasi locate fuori della rispettiva nicchia o caviia, in cui subentrano a misura che vi si esteu- dono sopra i velamenti proprj, e comuiii; e finalmen- te die la borsa del peritoneo, la quale forma un sen- sibile prolungainetito fuori dell' orifizio oriibelicale, e r ultima a rieiurare in cavita ed a ristringersi. Dietro questi dati ci si apre la via per passare alia spiegazione di quelle morbosita, che in detia par- te si osservano non di rado specialmente nell' infanzia. Tali morbosita si possono dire congcnite, perche esi- stenti prima della nascita. Egli e ormai notissimo, che nel feto maschio i due processi inguinali del peritoneo sono da prima rivolti in alto verso i reni nel cavo addo- ininale, i quali un mese circa prima del parto, o in vi- cinanza di esso calano giu neU'ingnine, e di la nello scroto insierae ai testicoli, che sostengono, e per essi succedono le ernie inguinali congenite, se gli orifizj dei suddetti processi non si otturano o non si ristrin- gono. Somiglianti processi cavi ritrovansi pure ne'feti feminine, ma in ordine inverse, cioe esistenti sempre nell'inguine. Del pari il processo ombelicale del peri- toneo in ambo i sessi esiste fino dai primi rudiment! del feto, e protegge le viscere che vi sono rinchiuse. Ora questa produzione del peritoneo se non si ritira entro il cavo addominale, come e stabilito dalla natu- ra, insieme alle viscere in essa contenute, e se non si ristringe, e chiude 1' orifizio del bellico, diventa un pro- cesso ernloso; e molto piu vasta e pericolosa e una si- mile ernia, se per mala sorte il processo non arriva ad essere ricoperto dai muscoli e dalla cute . Chiamasi tal sorta di ernia Eiuerocele ombelicale ^ »£LLA VESCICHETTA OMBELICALE S85 Enteromfalo , Omfalocele, Eiomfalo. P^lon e iiifiequente I'ernia ombelicale ne' bambini nati di fresco, il tjual infortunio si suole dal volgo attribuire alia mal esegui- ta allacciatura del tralcio. lo ne distingiio di due sorta rapporto alKapparen- za esieriore: di qutlle, clie soiio ritoperte dai cumuni velanienti; e di quelle che soiio siuulaie, e protette soltanto dalla lamina del peritoneo. Molti esemj)] del- la prima specie trovansi presso gli auiori . Per trala- sciarue molti bastera il ricordare quelio di Calder (a) di un bambino morto nel quinto giorno dopo la na- scita per essere usciii dall' addomme X intesiino di- ginno, tulto T ileon, una parte del colon, ed il cieco. Neir armo 1789 si trovo fra gli esposti un ragazzo, a cni era stata latta 1' allacciatura per I'ernia ombelicale, II giorno seguente si sciolse la legatura a motivo di dolori, e di vonnto sopraggiimti al bambino. Questi fra tre giorni mori, non avendo vissuio cbe setie. ISel ri- conoscere le parti comprese nella legal nra si vide 1' i- leo cancrenato, e teneva impressa la solcamra lasciata dal laccio. La guaina del peritoneo era tuitora al- lungata entro il mezzo del funicolo ombelicale. La cu- te sana. Non si pub negare, che gli esemp] di Enteromfa- li nei bambini non sieno rari, e percio basterebbe il fame di essi un cenno. JMa siccome vengoiio da mol- ti sedicenti cbirurghi imprndentemente trattati, cosi credo che meritar debbano Tattenzione dei pratici non volgari. Celso aveva di gia propost* 1' allacciatura [)er (a) Sawpi (]■ Ediiubnrpo . Vol J. Art. 14. Tom. II. P. J. 49 386 Palletta sanare Y Enteromfalo trapassando con ago munlto di refe la cute. Akuni lo haiino iniitato; altri si sono contentati di stirare la sovral)bondante cute del belli- co, e di strozzarla con forte legatura, il che puo ba- stare in un gran numero di casi senza impiegar I'ago. JVIa se la legatura non e eseguita da esperto maestro, oguun vede che puo essere compreso I'intestino, co- me accadde nel caso sopra riferito. II perclie Ildano ha imaginato una fasciatura, che e delineata da Sculteto (a J, colla quale si compie feliceniente la cura, evi- tando tutti i pericoli. E non e il solo intestino com- preso nella legatura, che rvnde fatale 1' operazione ; perche io credo di non errare asserendo che, ove que- sto sia risparraiato, vi abbia parte al pericolo la vena ombelicale, ed il legamenio falcif<)rme del fegato, i qua- li compresi necessariainente ntlla legatura contraggo- no utio stato iiifiammatorio, e lo propagano al fegato con evidente rischio della vita. Con tale argomento io non intendo di proscrivere aflatto 1' operazione per al- lacciatura, avendola io stesso eseguita piii volte coa successo; ma di tenere in guardia gli azzardosi opera- tori, e di far loro adottare la fasciatura ogni volta, clie puo essere bastevole all' intento. Intorno poi alia guarigione azzarderei di avanzare 1' opinione che des- sa non si effettua, perche si riniove, e si strugge la cute sovrabbondante: essa ha luogo quando o si rimo- ve o si procura il ristringimento di quella porzioue di peritoneo, che si e oltremodo allungata, e che fin dal principio, come dicemmo, e stata sempre distesa fuori (aj Aiiuaiuent. Chii. Tab. XXXV 111. DELI.A VKSCICHET'IA OMBCLICALE 387 dell'afldomine; iinperocche il natural ulTizio del peri- tuneo e cli contenere le viscere addoniiuali, e di iiian- tenerle nelle proprie sedi. Ora passiamo all' alcra specie di Esomfali, di quel- li cioe, clie non sono licoperti dalla cute, e ne'(juali le vJscere sono seniplicemente proteite dal trasparente periioneo. JNelT anno 1789 una contadina primijiara diede alia lure una hand^ina matura, die aveva un e- somfalo della grossezza di mezzo pugno. Era desso pel- lucido, conranierato, vestito dal peritoneo, soito il qua- le gl' intestini nn poco lividi apparivano. Dalla soin- nnta Pj)untava il iralcio ombelicale, ed i comuni tegu- jnenti eransi fatii aderenti nitorno alia base deirEsom- falo. L'abito di corpo della bainbina era d'aliroude as- sai robusto. Due anni dappoi cioe nel 1791 fui chiamato di nol- le per assistere alio sgravamento d' una primipara, la quale dopo fieri dolori evacno grandissiina copia di ac- que, e non poco sangue, cui tenne dietro il feto, ed jl suo braccio sinistro pendeva i'uori delle parti natn- rali al mio arrivo. Per la qual cosa mi accinsi ad o- perare, ed estrassi pe' piedi un feto senza vita, e la placenta segui il feto senza ritardo. Dal laio destro ad- dominale di questo bambino pro[>endeva una gran nias- sa contenente quasi tntte le viscere del basso ventre, alle qnali dava libera uscita un'ampia apertura degli integumenti. Si trovarono nniti in questo sacco il ven- tricolo cogl' intestini, ed il mesenierio, eccettuato il ret- to; poi il fegato, la milza, la capsnla so|)rarenale de- stra , ed il lesticolo destro colla rispettiva base, o al- Jungamento del peritoneo. 11 irakio uou piu lungo di 388 P A J. L li T T A unft spanna sorgeva bensi dal centro del bellico; ma la vena omhelirale deviaiido dal corso ordinario s'iin- inergeva dircttamente iiella ffssura del fegato presso il lobulo. Ed il tralcio dalla parte sinistra veniva abbrac- ciato dalla cute: ma a destia essa mancava tanto in alto quanto inft riormente al funicolo per modo die lascia- va qiiella vasia aperuira, per cui le viscere si erano faita strada, o per meglio dire si erano formate e man- ten ute foori della cavita naturale, per non essersi al- Jungata la carne ed i tegumenti. II margine della cute niancante non era crnentato, ma in ceria guisa atte- ruato, ed aderente al peritoneo, i di cui lembi, o fran* gie erano patencissime. E percio mi e parso, cbe le viscere, essendosi offerte del lutto illese, sieno state ri- coperte tlal peritoneo, cbe poi siasi lacerato sotto gli sforzi delle contrazioni uterine o del parto. Una pro- va ancora delT esistenza di detta produzione, o vagi- na del peritoneo si e cbe alia inferior parte di essa \idesi agglniinata quella lamina dell' amnio, cbe in- veste il tralcio. Vi e motivo di credere, cbe il peso delle viscere sortite sia stato la cagion principale del parte preternaturale; imperoccbe gravitando esse in bas- so, e fuori del centro, sono sottentrate al luogo, cbe doveva occupare la testa. In fatti cbe la massa viscerale siasi presentata la prima, dedncesi dal tatto, essendosi offerta tanto a me quanto alia mammana nell' esplora- re una moUe sostanza, cbe mi fece sospettare di uno staccamento della placenta dalT utero. Ne si poteva av- valorare un altro sospeuo cioe, cbe T accennata mor- bosiia potesse essere relTetto di qualcbe violenza este- riore; percbe dietro le piii esatte indagini risulto, cbe la DELLA Vr.Si:iCni,TTA O.MBELICALE SSq aiadre non fu inal esposta ad alcun oltraggio o violenza. Da rnaiire povera e tnultipaia nacque nel 1786 una fanciulla con esiesa Omfalocele, die illivicli po- co dopo il parto. 11 volume era della grosst^zza d' an pugno pt'rfettamente globoso, dal cui centro imialza- vasi it tralcio oinbelicale. La base del tuniore pareva -riposta entro 1' addomine, ed esteriormente veiiiva ac- cerchiata dal margine della cute quasi cruento, bent he qnesta si fosse agglutinata d'ogn'intorno al sacco deU'om- falocele. 11 sacco poi o vagina dell' omfalocele era cosii- tuita da tenne membranetta, fosca, cinericcia, resiliente alia pressione come una vescica piena di flnido. Vomito la bambina il primo latte che piese, e ne' giorni succes- sivi lo prese con avidita. Si asciugo la superficie dell'om- falocele, e si ricopri d'una scjuamosa pellicina. Dopo sedici giorni fin'i di vivere, e nell' investigazione del tumore ci presento un perfetto Epatocele. A questi esempj di Esomfali ne aggiungo pochi -altri, che trovansi registraii presso i piu accreditati os- servatori. 11 Ruischio (a) strive di avere piii volie ve- duto mancare la cute ed una porzione di muscoli in giro al tralcio nei bacubini appena nati, onde traspari- \auo le interiora actraverso il peritoneo. Su di cio si possono inoltre leggere le opere di Sculteto, e di Hei- ster (b). Ma in luogo di moiti altri, che si potrebbero citare sid nostro proposito, bastera far cenno di tre os- servazioni del Morgagni registrate neU'Epistola XLVllI. (a) Obs. Anat. Cliir. 71 , 72. (b) Arm. Clilr. Tal). S«. lustit. Cliir. Cap. CXIV. Sqo P a l l e t t a La prima e di una bamblna mostruosa data alia luce nel quiiito mese di gravidanza, in cui, tralasciando di parlare di altri viz] addominali, i muscoli ed i comu- jii inipgumenti a loro sovrapposti nori vestivano che una minima parte del ventre anteriore; il resiante ve- niva ricoperto da una lassa membrana, distesa a guisa d' una gran borsa, nella quale insensibilmente andava- no a terminare i muscoli ingraciliti, ed i tegumenti. !NeI cavo di questa borsa trasparente vedevansi il fega- to, e gl' intestini quasi pendenti all' infuori. L' altra e di un fanciullo partorito da una matrona, a cui rima- neva aperto il basso ventre nel mezzo, e per esso era- no usciti gl'intestini. L' ultima e di un feto, nel qua- le gT intestini ed altre viscere sortite pel forame addo- minale distendevano enormemente il peritoneo, unico velamento, che le conteneva. Dalle osservazioni fin qui riportate risulta dunque che si deve ammettere come fatto anatomico, se non erro granderaente, che oltre ai due processi inguinali, esiste in forza della primiera conformazione nei feti il processo-ombelicale del peritoneo; che percio le ernie ombelicali nei feti, o nei parti maturi dipendono da vizio di delta particella, che non si contrae come do- vrebbe, e non rientra come per lo piu suole nell'ad- domine, o da mancanza dei muscoli, e della cute, che non crescono e non si allungano a segno da ricopri- re, e servire di riparo alle viscere contenute nel basso \entre. 391 A G G I U N T E alia Pane II della Menioria sulle llvellazlonl baromctruhe Di Francesco Venini Ticevute il di 28 di maggio i8c8 (Alia fine del num. 32) R eir estratto della relazlone del sig. Biot stampa- to negli Opuscoli al luogo citato, e del qual solo io ho potuto valermi, sono certaniente erronei i numeri indicanti i gradi del termometro situato all' Osservato- rio; e tutti debbon esser accresciuti d'una decina. In fatti il sig. Laplace alia pagina 265, tomo IV della Meccanica celeste dice, che quando il globo fii all'al- tezza di 6980 nieiri sopra il livello della Senna, il termo- metro centigrado era a — 9°, 5, ma cbe nel tempo stes- so era all' Osservatorio a -+- So", yS. Ora -+- 3o° , yS del termometro centigrado equivalgono a -•- 24 , 6 di quello, che comunemente chiamasi di Reaun)ur; ma iiella relazion degli Opuscoli si legge, che al partir del globo, cioe circa 3 ore e mezzo prima, il termometro deir Osservatorio era a gradi 1 3 , 2 Reaum. Qui e ma- $9^ V E N I N I nifesto che i gradi dovevan essere aS , 2; non i3 , 2; poiclie in cosi breve tempo ben puo il termometro aver variato di i** , 4; non gia di 1 1° , 4. E similmente quan- do il globo fu a 2000 tese d'aliezza, ed il suo termo- metro era a -♦- 8° , 4 Reaum., quello dell' Osservatorio sara staio a -+- 24", non a -»- 14". La variazion del ter- mometro nel tempo impiegato per salire a 2000 tese fu dunque all' Osservatorio o°,8: e quindi io credo che, quando il globo fu all'altezza di i333 tese, cd il suo termometro a ■+■ 10°, 4, quello dell' Osservatorio sara stato a 23°, 7. La differenza di temperatura per i333, 2000, e 35oo tese d' altezza furon dunque 13", 3; iS", 6; e 32", 2. La prima da esattamente un grado per 100 te- se; la seconda o", 78; e la terza o" , 92. Aggiuuti que- sti tre risultati ai quindici precedenti, e divisa la som- ma per 18, si trova il risultato medio o , 9266; la cui differenza dall' unita non giugne ad 8 centesimi. Quanto alle osservazioni del monte Mole si avver- ta, che r altezza dal cav. Shuckburg assegnata a quel monte supera di 45 tese il risultaio dei caicoli; ch' io con grand' attenzione ho esattamente eseguiti co' suoi dati medesimi, e senza introdurvi alcun cangiameuto. Ma di questo parlero poi piu copiosamente nella ter- za parte; ove spiegherb varii modi di calcolar georae- tricamente le altezze; e ne faro I'applicazione alle nii- sure del Fisico inglese. Dimostrero allora, che troppo graade e anthe l' altezza da lui witribuita al monte Sa- leve sopra la sua base; e che ben calcolata secondo i precisi suoi dati, essa conferma la regoJ^ del sig. Dekic anziche contraddirla. AGGIUNTE SULLE LIVELLAZ. BAROMETRICHE ^^$ (Ai nunieri zfY > 4^ y 49) Al num. 47 detenninando la costante colla con- dizioiie, che, quaiido e x = o, sia g' y ^=g A, Iho tro- vata = B I A -\ . Or qnesta espressione, si dira forse, conteuendo la variabile x, non pare die possa chiamarsi cosiante. lo iioi niego; ma, per toj^liere o- gni diiruoha, osservo che anche suile veite de'piii al- ti inomi la diminuzioiie della graviia in ragion dupli- cata delle disianze accresce di poche tese Takezza da- ta dal calcolo per la gravita costante. Qnindi segue che dopo aver calcolata 1' altezza per la gravita costante, il lisuliato potra sostituirsi ad x iiel termine ,e cosi renderlo costante. Si chiami R il risukato suddet- to; e r equazioiie (E) del num. 47 diverra x~ — = ^ -4- __i '. — ; ovvero rx — x=rJt-*-B{C-i-c)I{. Finalmente prendo i logaritmi, e mi viene L (r ~ x) -^ L X = L R ^ L {r ^ n {C ^ c) ). Per r estMupio del monte Saleve quest' eqnazione e L{'^■l(^(i'^%o—x)-*-Lx = L^()o^ 744 -hL 327^.691 = 9 . 20602553. Or, dovendo 1' akezza esser alqnanto ma^giore di 490 , 744, 10 comincio a sn|)porrt' .r = ■\<)i\ ed il pri- mo nieinbro delT ecpiazione mi ri»ulta = 9 . 20590976 Tom. IL P. J. So $94 V E N 1 N I minor del secondo, ma ben di poco. AH'opposto la sup- posizione d' x = 492 , i mi da per priino membro 9 . 2060^593 alqnaiuo maggior del secondo. Ma per le siipposizioni d' .r = ;!j.92 , 08 ; x = 492 , 07 il prime membro si caiigia in 9 . 2o6o3o3527, ed in 9.206021554, val a dire, die per una supposizione e maggiore, ma per r altra minor del secondo. II vero valor dell' in- cognita sta dunque fra i limiti 492,07,6 492,00; on- de la did'erenza tra questo risukato e quelle del num. 47 non giunge a due centesimi di tesa. T-l 11' • ^' Ty B(C -^- c) R . , JJall equazione 'x = R -\ ^ — si de- J ,/?'-♦- /?(C-t- c) « . ,, 1 111 1 duce die ^^ — esprime 1 aumento dell al- r * tezza prodotto dalla gravita decrescente, il quale al num. 47 ho detto esser espresso da — ; ove .T e lo stesso che B. Cio posto ognun vede, die Tu- na e r altra oostante egualmente conducono alia me- desima formola d'accrescimento. E per simil guisa, se nelle costanti dei nurneri n 2, B R . , ■,. 2. B X 4I5 , 49 porremo in luogo di , e con questo cangiamento solo ripeteremo i calcoli delle altezze , giungeremo a risultati egnali pel numero intiero delle tese, e sol diversi di qualche frazione. Quanto al num. 48, in cui trattasi del calor decrescente in progressio- ne aritmetica, io avverto il lettore, che vi souo scorsi AGCIUNTE SULLE LIVLLLAZ. B AROMETRICHE "^IjS alcuni piccioli errori nei iiumeri, i quali j)erb non in- iluiscoiio nel risultato, cioe nella deierminazione dei li- miti, fra i qnali 1' incognita e contenuta. JSell' eqna- zion finale a 16708 , Sq deve sostituirsi 16722 , 86. Fac- ta questa correzione, se suyjporremo x = ^()2, trovere- nio, che I'eqnazion si riduce a 492— 563,88=:— 71, 88. Ma la supposizione d' x = 493 ci condurra a 493 — 465 , 94 = -t- 27 , 06. I limiti dell'eqnazione son dun- que 492,493 quali gli avevam gia trovati. Sostituita Jl ad X nel termine della costari- te, essa diverra — ( 5^— ) I C +■ B L A ^ : e I'integrale deU'equazione sara — ( — ) / [C—mx)-^ a X A^ / t aC , ,^ a B /? - =^ B I (-)— ( ^-)lC-\ ; ovvero x — l\o mr ^ y ' m m r' r m B r J. A (^-fj:LJ-^{L-^){L{C~nix)-LC))-mBR=o. Nel solito esempio del monte Saleve il valore di 7? pel num. 37 e 491 ,36, onde viene m B R = gH , 5962976, o piu semplicemente 98,0. Sostitiiisco nell'e- quazione i valori di m^B^r; e la cangio in x— / 10 (A X 327710, 89 L —-h(i633i65— 20000 C)(Z/(C )— C)) - 98 , r>9<5 V E N 1 N I Finalmente, sostituiti i valori di Z — e di C*; poi supposto X = 492 , si trova 492 — 649 , 33 = — 67 , 33: ma colla supposizione d'.t==493 si giugne a 493—471, o5 = -»- 21 , o5. Aiiche col termine sostituito nel- ■^ r la costante a si trovan dunque per 1 incognita gli stessi limiti 492 , 49? . Pel calor dt-cresrente in progresslone armonira, quale si e supposto al num. 49, ^\a si e osservato, die I'aumento deiraltezza nato dalla dnninuzione deilu gra- • V , , a m X* x^ -^ 2. B C X ., Vita e espresso da — - — - h ; ove 11 termi- a B C X . . . a BC R ,, ne si cangia ni supponendo Ja costan- te = B C I A -^ ■ — '■ . Cio premesso, egli e chiaro, che alle due costanti corrisponde il medesiiuo accre- . , o.m R^ R' -+- ^ BCR scimento, cioe — r 1 • 6r r Aggiungo, che i medesimi risultati si ottengono anche dalla supoosizione, che y si cangi in A quando e x = o. Lnperciocclie in questo caso la costante pel a X* num. 47 e =^B I A\ e Tequazione j^ — {x ) = ACOIUNTE SULLE LIVHLLAZ. BAUOMETKICHE 897 B l{- ). Osservo ora, clie ^ e la graviti del mercu- rlo per la coloiina A^ ma xj' per la colomia j; e ne conchiudo, che I'equazlone canciasi in ^ — (x ) = ° C -k- c r ' num. 47 SI e dimostrato, che I {-,) e = — .11 lettore pu6 verificar facilmente, die facendo la stessa supposizione d'y^^A quando x e =o, e ponendo prima ^ ( ~ ) -+* ^ ) in luof^o di Z ( - ) ; poi — in vece di Z ( -, S ° y ' ^ r ' g' arriva nei num. 48,49 alle medesime equazioni finali. Conchiudiam finalmente, che la prima forma da me assegnata alia costante, benche straordinaria, non e pero d' un uso men sicuro per calcolar esauamente le altezze. ^ . ■■ '.'I'-'-^v. ■'I ■>■ -■' -J J le>jy 399 SUL PRINCIPIO DELLE VELOCITA VIRTUALI. Dl GlKOLAMO SaLADINI presentata a' prirai di giiigno i8c8 -1-1 princi'pio in mercanica detto delle veloriia vfr- tuah, bellissijno ed utilissimo ritrovaio ddlniimoirale Galileo, e dagli equilibrj tutti si de solidi che de'llui- di fatto ampianiente palese, giiista la seiiienza dei se- guaci di Leibniz e di altri sa|)ieii(issiMji niaieniatici re- sta munito di geometrica dimoijtrazioiie. E a vero dire se per forze o potenze che tannosi equilibrio quelle s iijtendano taltnente disposte che se il c^rpo da que- ste sollecitato potesse concepire realinente un moto ben- che minirno, nascerebbt-ro le loro azioni eguali e coii- trarie; e se okre a cio si supponga che I' azione cre- sca e decresca come auinentasi e sceina il prodotto di ciascuna potenza per lo spazietto di accesso o reces^o dal rispetiivo ceiitro, come pretendono i leibniziani , cioe per lo spazietto in cni la potenza contro il corpo esercita T azione sua, spazietti che cadono sotto il no- me di velocita virtuali, in tali casi la dimostrazione del principio niente lascia a desiderare : contiossiachc 400 Saladini esso, com'e gia noto, si espone cosi „ Le potenze ap- plicate ad un corpo coll' iciipedirsi famio equilibrio, quando supposto miiiimo moto per qiialuiique siasi di- rezione, i prodotti di ciascuna potenza nello spazietto rispettivo pel quale esse agiiebbero sul corpo, insieme presi sieno uguali a zero „ imperocche le azioni positi- ve insieme prese sarebbono in qnesio caso uguali alle negative insieme prese esse pure; onde se si desse mo- to, niuna ragione sareJ^bevi per la quale dovessero pre- valere quelle a (jueste o queste a quelle. Ui qua cb- be origine il celeberriino principio d'azione, radice e fonte non solo de' principj tntti sino a' di nostri nella nieccanica conosciuti, ma forse anclie di quelli cui la tendenza cbe banno gli uomini ad innovare per I'av- venire immagincra. Ma comeccbe la recata dimostra- zione assai limpida sembri e da genuine fonti reitamen- le dedotta, pure non va a genio di alcuni matematici anclie di sornma riputazione: laonde il cbiariss. Lagran- gia neir esimia sua opera, ove la meccanica col solo calcolo algebraico e compitamente traitata, pone [)er base del suo edificio il principio delle velociia virtua- li, ravvisando in esso una specie d' assionia di mecca- nica; e incominciando dalla considerazione di ire fur- ze applicate a tre punti ed equibbraie, ricbian)a 1' i- dea del vette, e dimostra avervi luogo il principio del- le velocita viriuali; dal cbe ne deduce cbe cio si av- vera pur ancbe se le potenze equilibrate sieno infini- te di nuniero, e ad infiniti punti de' corpi applicate. J\Ia come in altri, cosi ancbe in me nasce dubitazione, se possa venire addirittura accordato meritamente alia specie di assioina un posto tra quelle veriia cbe della 8TJL riUNClPlO DELLE VELOOITA VIllTUALI 40I luce meridiana pin chiare forzaiidoci a riconoscerle per tali, risplendono di geoinetrica certe/.za. E die dovras- si dire de'Uuidi, ne'cpjali T idea del vetie non e si iiatu- rale, ne si atta a quietare gl'iiuelletti piii sciiipolosi? E qui forse cadrebbe in acconcio la lameiKanza cbe cnol- ti iiiFingendosi di poter itnitare cio clie e parto di ra- ri genii, non giiardata omai ])iu con piedilrzione I'e- satta nianiera di dirnostrare de' prischi geomeiri, dilet- tansi di trattare le meccanicbe dottrine col calcolo so- lainente; il qual divisairiento comeccbe paia giovare air aiige della scienza, talvoha ]>er6 in sola ammira- zione e commendamento risolvesi delTautore, intantu che la ceitezza si lascia desitlerare e 1' evidenza sole aiie ad irradiar lo inttlletio, ad allettailo, a convin- cerlo. Ed ecco come nelle inattematicbe si IVcer largo le di3crej)anze da cui quesia scienza predicavasi im- mune, e come molie cose clie si spacciavan dotate d' nna irrefragabil ceitezza , did)bie poi ritrovate ed oscure, e non iscandagliate bastevolmente, fu giocofor- za scartarle; e come alire cbe si meiievano in voga quai verc scnza al(iin limite e modo, di strettissimi confini si riconobbtro nieritevoli . Per il die piu av- vedutamt-nte crediamo noi diportarsi coloro die dan- do con bel modo alia geometria ed alPalgebra la tra- tellanza, una intera irrefragabilitu ed un sommo cliia- rore procacciano alle dimostrazioni, meiodo die da ac- creditati niatematici si vede adoperato trequentemeiue. Ma per far riiorno al nosrro assnnto. il ceitbre gig. Piony nella A'uova an/ilfeftuin iilmiilica , «>pera Crandiosa e non mai bastantemenie encomiaia dopo a- ver data I'idea del principio ddle velociia virtnali sog- Tom. II. P. J. 5i 402 S A L A J) I N 1 gingne „ il n'existe pas de demonstration gen^rale ei dnccie de ce priiicipe; niais sa verite n' en est pas nioins certaine, puisiju' il donne des r^siiliais absolu- meni conformes a tous ceux obtenus d' adieurs „. In- di invita i letiori a consnitare ia nouvelle nwcaiiKjue de AV. de La granite; di cui niostra tutia la stiina die merita. II celtbratlssiino Vincenzo Riccati gran promotore del principio delle velocita virtnali, cbe per lui e si- nonimo del principio delle azioni, in una lettera a! P, Doinenico Paveri inseriia fin del 1767 nel tomo 5". j)ar- te 2*. dei Couimentarii dell' Istituto di Bologna, ove sulle rraccie di Daniele Bernulli da la geomeirica di- n)ostrazione di qnello della composizione dt-lle forze, non riconosce fuori di esso aliro principio di staiica gpometricaniente diinostraro. II sig. Caval. Fossombroni nnatematico di stabilita rlpntazione non accorda ancb' egli al principio delle velocita virtnali il noma di specie d'assioma; anzi re- pnta necessario die sia fissata la sua geometrica certez- za con incontrastabile dimostrazione. Ei dette non ha gnari alia luce un' eccellente Memoria, nella quale si propone di rendere immune la teor'ia delle velocita vir- tnali da qualunque ombra, di an)pliarne gli usi spe- cialmente riguardo ai Huidi; e spera di riuscirvi col soccorso del calcolo delle variazioni e delle funzioni in- determinate; e cio che e piu, mettendo da parte ogni di- sputa suir essenza de'du'di, e se debbansi essi aver in conto di tali oltre ogni limite, o se sia lecito di con- cppirgli composti di minutissimi atomi solidi segregati, cioe minimamente coerenti; la qual nuova e piii spe- SUL riUKCIlMO DLLLE VELOClTA^ VIKI'UALI /\o'S dita inaniera di trattare le materie idrotlinamiche j)ro- mette alia scienza piogressi notabili. Ma sebbtMie la Me- iTioria del tb. autore coiitenga viste iuicressaiui e Jio- velU ritrovameiiti ottemui col presidio di calcob siibli- iiii e d' iiig<^'2;iiosi ariificii, e vengauo oppoitiinameiiie riscbiarati con diinostrazioni geoiiKii it be, per cm T u- so tlel principio delle velociiii vimiali liceve niaggiore ampiezza, ne possa negarsi cbe lo stesso princijuo non sia da nuova luce grainlemenie illustrate, iiieniedime- no non saprei se siasi ancora in istato di vedere la geo- metrica ceriezza cbe si desidera, ])Osia ouninanieuie in sicuro. Ed essendonii ancor io propo?to di esplorare fin dove si estenda la geoinctiica diinostrazione del prin- cipio delle velocita viriuali, aiub' lo fo fliscendeie m DC in C M = o\ purche per altro si prenda negativamente il prodotto della diagonale, cioe ^ C in CO. Questa proprieta del parallelogranimo e ad esso stesso s\ propria, die se la pos- seggono tre rette le quali concorrano in un sol punto, e sieno nello stesso piano locate, congiunti i loro estre- mi, n' emerge un parallelogrammo necessariamente. Ec- cone la dimostrazione . T £ O R £ M A III SiVno (Fig. T) in un piano tre rette, B C , A C^ D C, che concorrano in un punto C\ prendasi nel pia- no BCD un punto qualunque X, da cui sulle rette SUL I'UINCII'IO I)E(,LK VKLOCITa'' VIUTUALI 407 C yi , C B , CD produtte se fia bisogno si coiuliirano le normali XO,XN,XA/, se il retrangolo J C in X O sia eguale ai rettangoli DC in X N , C D in X M, dico die conglimti i punti B , yt , D , nasce il parallelogrammo A B C D . D I M O S T II A Z I O N E Si condncano le rette CX,BX,AX,DX, il rettangolo A C '\n X O e doppio del triatigolo CXA-, il rettangolo BC in XN e doppio del triangolo BCX, e il rettangolo Z? C in X M e doppio del triangolo CXD\ ma il rettangolo AC in XO e uguale ai ret- tangoli ^ C in XN,CD in X M per supposizione; dunque il triangolo CX A e uguale ai due trian^oli BCX ^ CXD; aggiinito di comune il triangolo AXD, avreino il quadrilatero C X D A eguale ai triangoli B C X , CX D , AXD; tolto il comune CXD, ri- mane il triangolo AC D eguale al triangolo ^C^piu il triangolo AXD, o sia eguale alia meta del rettan- golo BC in XN, e del rettangolo AD in XB, ca- lata cit>e X R normale alia retta A D prolungata; e intesa dal punto C calata la normale a\V A D, sara il rettangolo di qnesta normale in AD, o sia il paralle- logrammo A BCD eguale ai rettangoli BC in X Ny AD in X R. Da cio ricavasi clie le due normali X N, X R sono eguali alia normale calata dal punto C so- pra A D, e die formano una reita sola. Sia essa C K (Fig. Ill) e dal punto A^ si ronduoa X If parallela ad R K , sara 1' angolo C II X reito , onde coudoiia 4o3 Saladini ex. nei due triangoli CXIV,CHX, abbiamo gU aiigoli in iV e in H retti, CX comnne, C // eguale ad N X; percbe essendo CK eguale ad B X piii A N, ed essendo H K egnale ad /? X nel rettangolo KX, sara II C eguale ad X N; di piu essendo gli angoli C X H ^ X C N opposti ai lati eguali ambedne acuti, avrenio tutti gli altri elementi eguali, ed il quadrila- tero C H X R e un rettangolo, e le due per|)en{iico- lari X N ^ X R sono per diritto, e la retta BC N e parallela alia retta AD. Inolire condoite le AC,BXj A X , D X (Fig. I), abbiamo dimostrato dianzi, che il triangolo ADC e uguale ai triangoli B XC , AX D^ e percio il doppio triangolo A D C e eguale al rettan- golo BC in X l\\ pill il rettangolo AD in X R ; dunque due triangoli ADC o sia il rettangolo A D in A'^ 7?, o sia i due rettangoli AD in X N ., A D \n XR sono eguali al rettangolo B C in XIV, piu AD in X R; toko il comune AD in X R, resta BC in XIV eguale nd A D in XIV, cioe BC eguale alia retta AD; dunque il quadrilatero ABCD e un pa- rallelogranimo. Quando si suppone che il rettangolo A C in XO sia eguale ai rettangoli BC in XN,DC in Xilf, e lo siesso che supporre il rettangolo AC in CO egua- le ai rettangoli BC in CN,DC in CM, essendo queste due proprieta necessariamente connesse, come raccocliesi facilmente dal Teorema secondo. Chiamero questi secondi rettangoli corrispondenti ai primi. Se il punto V non fosse nel j)iano BCD A, ma nello spazio comunque, condotta FO perpendicolare ad AC^ e VX normale al piano ABCD, e con- \ SUL rRiNiniMO DLLLE velogi'I'a' vii;tuai,i 40^ gilinta X O, questa sarii norniale siinilinente ad A C; prrdie il quadrato C F* a motivo dell' aiigolo retto CO r € uguale ai quadrati CO' , KO'; pariineiue lo siesso quadrato CF' a inoiivo dellaiigulo retto CXK e ngudle ai quadraii C X^ ^ X p"' ; duiK|ue CO' piii O V^ sono eguali a C A' piii X V'\ ma O F* a moti- vo deH'angolo retto O X F eguaglia i cjuadrati O X\ X V'\ diinqne i tre quadrati C O' , O X' , X V e- giiagliano C X' ^ X V ; toko il coinune X F\ resta CO piu X 0' egnale a CX'; dui)<]ue A O e normale ad A C. Lo stesso dicasi delle perpeiidicolari calate dal piiiito V sopra le veite BC,CD; le quail perpeudi- colari cadrauuo nei puuti delle B C , C D , duve ca'lo- no le rette condotte dal puuto X normali alle retie stesse, e percio questo secoudo caso si riduce all' au- tecedente. Intorno al punto C esistaiio qnanti si vogliono pa- rallelogrammi comuuque locati in diversi piaui; e da qualclie punto dello spazio si liriuo ai lati ed alle dia- gonali di tutti qjiesti parallelogrammi le nonnali, i pro- dotti insieme presi, de'(piali tante fiate faceinaio inen- zione, saranno uguali a zero. Luperciocclie il iiuniero delle diagonali sara la meta del nuniero dei lati dej pa- rallelograinnii; se sopra queste si facciano altri paralle- logrammi, il rmmero delle nuove diagonali sara la meta del nnmero delle prime, e co^i operaiulo successiva- mente si giungera a un solo parallelogrammo in cui il rettangolo della sua tliagonale nella rispettiva perpen- dicolare calata dal dato punto [)rr.-.o ncllo spazio so- pra la stessa, sara ugnale a tiuii i rettangoli flei lati tlei prirni parallelogrannui nelle lispetiiYe peipendico- Tom. I J. P. J. 5 a 410 S A L A D I N I lari calate sopra gli stessi; e se il primo rcttangolo si jjrciula negativamente, la sornnia de' predeiti reiiaiigo- li sara eguale alio zero. Essendo cio facilissimo a com- prendersi, non mi diliirigo nel diniostrarlo. E" siiper- iluo notare che cio si debbe intendere ancora dei rec- ta ngoli corrispondcnti. 11 punto F si supponga inde- terrninatanieiite prossimo al punto C; saranno le inter- cette CO, C IV , C M indetermiiiatamente piccole. Le rette J C ,C B ,C D del parallelogrammo B C D A m- dichirio le potenze alio stesso punto C applicate, e giu- sta il principio della composizion delle forze, facenti equilibrio quando ^ C si prenda in senso contrario: se il punto C suppongasi trasferito in V, saranno CO, C 31 , C I\/ le velocita virtuali delle potenze AC,BC, CD. Dunquft se tre potenze nello siesso piano collo- cate faiuio equihbrio, riesce vero che i prodotti delle potenze nelle rispettive velocita virtuali sono eguali a zero, e die il principio delle virtuali velocita dal prin- cipio della composizion delle forze necesfariamente pro- cede. E' inutile dopo cio che dicemnio di sopra diino- strare che si verifica ancora la proposizione inversa, cioe che dal principio delle velocita virtuali dipende il principio della composizione e risoluzion delle for- ze. Una breve e geometrica dimostrazione puo veder- sene altresi nella sett i ma delle lettere dei princijij di Meccanica di Vincenzo Riccati al P. Virgilio Cavina. Se le forze intorno a un punto fossero tre anche fuori di piano, si trovera la composta di due, la qua- le si comporra coUa terza; e il prodotto della seconda composta nella sua velocita virtuale sara eguale al pro- dotto della prima composta nella rispeitiva velocita vir* SUL PRlNCinO DELLE VELOCITA VIUTUALl 41I tuale piix il prodotto nella terza della sua ; ma il pro- dotto dflla [)rima composta nella sua velociia virtuale eguaglia i prodotti delle due prime nelle respettive ve- locita virtuali; dunque il prodotto della seconda com- posta nella sua velociia virtuale eguaglia i tre |)rodoiii delle tre forze nelle respettive velocita virtuali, e se il prodotto della composta seconda nella sua velociia virtuale si prenda col segno contrario, i quaiiro prodot- ti saranno eguali a zero; ma quando l' equivalente si prende col segno contrario, si ha equilibrio; dunque ancora in questo equilibrio si verifica il principio del- le velocita virtuali. Se le forze intorno a un punto fos- sero qnattro, cinque, ec. quante si voglia, e comunque collocate, nella stessa maniera si diniosira die quando sono equilibrate, ha sempro luogo il principio delle velociia virtuali. La stessa verita dimostrasi risolvendo tutte le for- ze applicate ad un punto in furze parallele a ire assi liella seguente maniera. Sieno nel punto A (Fig. IV.) tre rctte, JH,ACy AB, indefimte e che s' incrociano scand>ievolniente ad angoli retti. Dal medesimo punto A si su[>ponga con- dotta comunque nello spazio una retia A P che colla retta AD faccia T angolo PAB, che chiamo «, colla A C faccia I'angolo P A C che thiamo /3, e finalmente colla retta ^//formi I'angolo PAII, cl>e denomino y. Dal punto F della retta AP {)re50 a |»iacimento si ca- li nel piano CAB la perpendicolare F D^ e si com- pia il parallelepiped© rettangolo A BCD II EFG^ la cui diagonale e A F^ \a. quale si dira ^/?; A B si dica ix\ AC=iy., AII=-iz-^ dice eesere 4ia S A L A D I N I ^ p = COS. u $ X -i- COS. a S y -^ COS. y ^ z . Irnperocrlie , intesa la diagonale JD.> e AF'=F D' -^ AD •, ma e AD'=AB'-^BD'; dunque A F' = FB'-^ A B' -^ B D\ o sia ' = <>' X* -•- J y' -+- ') z^. S'iotenrla la dia- gonale F B del rettaiigolo FF DB. Poiche e A B peipeiidicolare al piano E B D F ^ tormera con B F un angolo retto. Duiujue ntl iriangolo rtltaiigolo AFB c I : COS. .==) p: i .x; laoiide e S x = ^ p cos. a; e siinil- mnite e ^ y = J p cos. /3, e S z = i p cos. y; soatituiti que- sti valori nella superiore equazioiie, sara i p^ = $ X cos. u S p ■*- Sy cos. (d $ p -^ $ z cos. y S p; o sia S p= ^ X cos. x -^- S y cos. p -^ S z cos. y , coine do- ve vasi dimostrare. Da A si till nello spazio un'altra retia a piacimen- to A P\ e da F in A P' si call la nonnale F L, ed A L s\ denomini i p' ; e sieiio a' , Id' , y' gli angoli for- mati dalla reita A P colle tie n'tte A B , A C ., A H: se da L ?i calino le norniali salle reite indt-finite A B^ AC ^ A H\ e se le interceite tra 'I punio A ^ \*t iior- mali siesse si dicano ix\^y'.,hz\ in pari guisa addi- niostrasi essere i5/>'= JIt'cos. «'-+- j y'cos. /i'-+- ^ z'cos. y'; se tirisi ancora una terza retta A P" , sara pariinente h p" ^^ x" COS. ^", ec. La dimostrazione e ?em[)re la stes- sa, poiche le quantita di cui constano siffatte equazio- ni qoantuiique variabdi sono pero dipemlenti nella stes- sa manjera dalla posizion delle rene A P ,AP' .,AP\ec in rispetto agli assi A B ., A C ., A H. Dal punto Z sia L M normale al piano ABDC, « si condnca la D il/, die sara la proiezione ortogo- nale della /' L nel piano AC D B^ e sia prolungata STJL I'UINCIPIO DtLLE VELOCIT.\' VIKTUAM 4l3 B D finche concorra in Q con M N tirata dal piinto M parallela a CD. Finaluiente sia L V iionnale ad F D e siano M N — ^ x\ A N == S y\ M L = & z' , e chia- niaia F Lz=i i., avremo $r' = F V'^VV = F V'^DM'=^ FV'-^D O^^ Q 3F; ma FF=Sz~Sz\D Q = $ y ~ $ y , Q 3I'= S X - S x'; duiique sara ^ r = S z' -i- $ z'' — 2 $ z S z'-^ -t- J y* -+- cJ" y* — -2 S y S y' -*- ^ X^ -\. S Xf^ ^ 2 ^ X ^ X' dunque Sr=Sp^-*-$p'^—2{-i-SzSz'-\'$ySy'-i-5x^x')i ma i r=^p^ — Sp*; dunque 2 ^p'"— 2(^a Jz'h- ,Jy ^y' ■+■ S x } x') = Ot o sia $ p'^= ^z $ z'-^-Sy iy'-*-^x Sx'i ma S z' ■= S p COS. y\ S y = S p' cos. ^\ $x' = ^p' cos »'; dunqne sosiituendo, Sp':^^zcos.y'-*- Sycos.^' -^-ixcos.x'. Cosi si dimostrera the coudotta dal punto A altra ret- ta Ap" ec. e fatta la stessa costruzione sara i p"=S z COS. y"-^^ y cos. /3" ^ i x cos. »"; 9 p"' = d z COS. y" ec. Dato adnnque il parallelepipedo retrangolo, come sopra, se nello spazio si tiri una retta qualunque AP' e 414 Saladini dair altro estremo F della diagonale A L sx condnca F L normale ad A -P, sara A L = A B cos. L A B ■+. A C COS. L A C -*- A H cos. L A H \ teorema elegante ed utile che af)partiene al parallelepipedo retiangolo. Per la direzione delle reite A P\ A P\ A P"' il pnnto A sia soilecitato dalle potenze P' , P'\ P"\ ec; tra loro equilibrate, e ciascuna risolvasi in tre secondo la direzion de'ire assi A B ■> A C ^ A H; e queste sieno Q' , Q" ec. R' , R" ec. S' , 5 " ec. Sara Q' = P' cos. «', Q' = P" COS. «" ec. R' = P cos. ^', R" = P" cos. fi" ec. S' = P' cos. y\ S" = P' cos. y" ec. Poiche tutte que- ste potenze fanno equilibrio , sara la sonima Q' ■+■ Q" ec. =0; R' -^R" ec. =0; ed S' -^ 5" ec. =0; altrimenti di queste potrebbonsi comporre tre poten- ze faccenti equilibrio senza giacere iiel piano mede- simo. Supponghiamo il punto A traslocato da A in un punto qualunque F, e si compisca il parallelepi- pedo rettangolo ABDCHEFG, la cui diagona- le sia A F: il punto F rispetto all' asse A B percor- re la stessa A B lato del parallelepipedo, e rispetto zd A C percorre la medesima A C, e rispetto ad A H percorre \a A H medesima. AB dunque, quando il moto sia minimo, e la velocita virtuale di tutte le po- tenze Q', o sia di tutte le P'cos.^'; AC e \a. velocita virtuale di tutte le potenze R\ o sia delle P' cos. ^' . ed A H \o k d\ tutte le 5', o sia di tutte leP'cos.y'; Dunque la somma di tutte le P' ^ x cos. a ^ P' 5 y cos. ^' -^ P'^ z cos.y' -^ P" Sxcos.u" -^ P" Sy cos.^" -^ P" $ zcos.y" ^ P' S X COS. a'" -H P'" ^ y cos. /3"' -t- P" $ z cos. y'" ec. = o. Ma abbiamo dimostrato AL, o sia i p' = ^ z cos. y' ■+- i y cos. ^' -ir S X cos. ct\ ^p" = ^ zcos. y" -^ ^y cos. P" -»- suL nuxeino delle velocita' viktualt 415 fxcos.u", ^p"' = Szcos.y"' ec, dunque sostituendo avre- mo generalmente, e percio qiiando si tratta ancora dei J indeterminatamente piccoli, P' Sp' •+■ P" Sp" ^ P" Sp"'ec. = 0; vale a dire qiiando le potenze apj)licate a un sol punto fanno equilihrio, ha liiogo il piincipio delle vir- tiiali velocita. E poiche tale diino5tiazione dal principio della risoluzion delle forze geometiicainente deducesi, il quale abbiamo detto essere di inctafisica e geoinetrica certezza, per questo geornetricamente risuka che il prin- cipio delle velocita virtuali nell'equilibrio di cui si trat- ta si verifica costantemente con certezza geornetrica; e per lo contrario se rapporto alle potenze ad un punto applicate la leggc si serba delle virtuali velocita, non e da contendersi I'esistenza deU'equilibrio, perclie, co- me dianzi dicenimo, dal principio delle velocita virtua- li geornetricamente ricavasi il principio della coinposi- zione e risoluzione delle forze, il (juale ogni qualvolta abbia luogo, e infallibile V equilibrio. Ma finqui si discorse nella supposizione clie uno sia il punto a cui sono applicate forze die fannosi e- quilibrio, e che percio soltanto muovasi di moto mi- nimo rettilineo. Se poi supponghiamo che siano piii punti in qualunque niodo insieme connessi, e inuovan- si ancora all' intorno d'un asse qualsiasi, chi c che su- bito non ravvisi che la teoria di sitTatto moto dal prin- cipio del vette dipende necessariamente ? E se a que- sto pure non si possa ricusare la geometrica convinzio- iie, poiche geometricamente dimostrasi, che l' equih- brio del vette e sempre congiunto al principio delle velocita virtuali, nemmeno al principio deHe velocita \iriuali il pregio di una sommissima convinzione sara 4l6 S A L A I) I N 1 da contrastarsi. Benche, come notammo, alcnni son d' avviso che una diinostrazione ligorosa della leoria del veite da Ardiiaiede e dopo liii da altri uomini prestaiitissimi investigata lasci tuttor desiderio di se. Se cosi e, sara per questi vero verissimo in ogni equi- librio il j)riiicipio delle virtuali velocita; e lo sresso di- casi inversainente; ina la sua certezza dipendendo ia parte da un principio sulla sola sperienza poggiato, lion y)u6 riputarsi giunta al sonimo grado. 11 sig. Fossombroiii peio non puo dirsi di questo sentimento; poiche dove stabilisce i londamenti della sua teona senibra che arnmetta la certezza dell' equi- librio del vette alio stesso j^arallelo colla certezza delTe- quilibrio della composizioiie delle forze; cioe pare che le supponga ambedue dimostrate geonietricamente. ,, E^ cliiaro , egli dice senz' akro aggiugnere, che le condl- zioni deir c<]uilibno della data linea saranno espresse dalle due er/uazioni P' -i- P" -»- P" -t- ec. = o; questa riguarda i moti rettilinei, e senza contrasto ritiensi fian- cheggiata da geometrica diinostrazione; y'P'-i-y"P" -h y'" />'" _t_ ec. = o ; questa al nioto di vertigine si rife- risce^ certamente perche a stabilire 1' equilibrio pieno e perfetto conviene escludere la possibilita di qualun- que moto, e percio quelle di rotazione ancora intorno qualsivoglia asse, onde la somma dei prodotti di cia- scuna potenza uella sua distanza respettiva dall' asse medesimo debbe anch' essa eguagliarsi alio zero; ma, come sopra abbiamo esposto, non vedesi che tuiti i matematici convengano generalmente in atiribuire an- cora a questa equazione il massimo grado di certezza; dunque dovremo essere ancor noi del sentimento di SIJL PIUNGU'IO DLLLE VELOCITa' VIKTUAM 4I7 qiiflli die opinano avere il principio di risoluzion (U*I- le forze e di cornposizione per individbil compagna I'in- falhbilita metafi«ica; quello del vette, il pairociiiio soU tanto della coritimia e costante esperienza, e fiiialineii- te quello delle velocita viriuali che da" due precedenii deduces!, nou poter inaggior grado di certezza acqui- stare di quello die si ravvisa nel principio del vet- te. Ed in fatti le inolte diinostrazioui die mi e fie- scito di esaniiiiare della legge del vette, dedoite dal principio della ragion sulFicieiite, ovvero da quello del- la cornposizione delle Ibrze, benche palesino la doi- trina e T ingegno dei loro celebri autori, lasciano luc- tavia il dubbio, se sia lecito, metalisicamente e geo- mecricamente parlaudo, di trasportare due forze ap[)li- cate a due punti del vette in un sol punto, dove con- corrono le loro direzioni; lo die essere lecitissimo ino- stra la costante esperienza. Non parlo delle diniosira- zioni della legge del vette, prese dal nioio, il (juale suppone le leggi gtilileane della potenza costante, poi- che e noiissiino che dalla sola esperienza ebbero ori- gine, e che la sola esperienza le ha tabnente poste in salvo dalla pertinace guerra \ovo tutta, die da inolto tempo non avvi mattematico che non si allidi toialmen- te alle medesime, o sia quella che esprime la relazione tra la velocita e lo spazio che doniina in qualun(|ue nio- to, in direzione o no della forza; legge |)rincipale: o sien le altre die esprimon la relazione del tempo e del- la velocita, del tempo e dello spazio; leggi che si posso- no adoperare soltanto trattandosi di moto in direzione della forza inedesima. Di qnesio argoni«MUo Vmcenzo e Giordano lliccati tra gli altri doitamente tratiarono. Tom. 11. P. J. 'ol 4 ' 8 S A I. A D I N 1 Ma prima di lasciare il nostro principio Jelle ve- locita virtiiali non riiicresca che si rechi iin esenipio con ciii speditamenre i problemi diilicili di meccaiiita si tradurono al calcolo alfrebraico. L' arco AG B { Fig. V. ) iielle estremlta A , B fer- niato stabilniente consti di minimi cunei scioiti, omo- genei, di grossezza e altezza ugnali, ottimamente nni- t', gravi, di mole comnn(]ne; inuliie abhia i ceiitri di gravira dei cunei mrdesiuji disposti in b'nea A O B; di quesia si cerca la iiaiura o sia 1' equazione iitl caso cbe Tarco si sostenga in eqnibbiio. Sia la curva A O B ritViira alPasse A B; x,n,s.p dispgnino Tascissa AP, T ordinata P M, Paixo A ill, e il peso di cia^cun cuneo; suppongbiamo T arco dal- la siruazione AG B passato ntll'alira ALB, < lie d'f- ferisca dalla prima con dilFerenza minima qnaiito si vo- glia, Toi-dinata P M = u appartenente all'asnssa ^ /^ = x avra ricevuto la variazione minima M N, cbe di- remo £.., per distingneria da d u, cbe disegna la varia- zione cbe riceve u al variare x della minima quanri- ta d X. Ora il principio delle velocita virtnali esige in ogni eqnibbrio, cbe supposto un minirno moto comun- qne piccolo la somma dei prodotti della forza di cia- scun cuneo, cbe viene espressa per pds nei rispetii- vi spazieiti di accostamento e scostamemo, cbe abbia- mo nominati «, sia egnale a zero, cioe cbe sia f^pds = o. Dunqne se si detern»ini una fiuizione delle coor- dniaie .r,y. la cui minima variazione sia /'^ pds, difTerenziando attnalmente, e ponendo il dillerenziaie egnale a zero, si avra re(jnazione ricercara. Ecco im- niediaiaineute senza alcun artificio di sosutuzione di SUL IMlINCiriO DELLE VELOCITA VIllTUALI 4I9 forze o di masse tradotto il prohlema dalla meccanica ia balia dfir algehra e della j^eoiiietiia, e a cjiiesti t'llica- ci struiiienti coraggiosainei)te fulato. Esseudo p proj)or- zionale alia ds, dovra \iOTS\ f ui d s = o . Si disieiula la curva A O D ( Fig. V e VI ) in liiiea leita, e sia H y ^ it agli siessi punli M si collochino le ortlinate M F eguali alle P M eguali ad u dclla figiira j)rima, onde nasca la curva H F V \, supposia una n)iniina va- riazione della ciiiva AOB^ passaiido per eseinpio al- ia situazione ALB^ snccederii una corrispoiuJente va- riazione nella curva il F V ^ e passera cpiesia alia si- tuazione HTV^ e r ordinate M F =z a della curva JIFF varieranno della quantita «; siano le M F td til C in distauza tra loro minima quanto si voglia, cioe sia M in = d s;u ds sara il ininimo elemento dell' area della curva 11 FV^ e tagliando le M F^niG la cur- va// 7" F nei pnuti 7\ /iT, lo spazietto FT KG inle- terminaiamente pirciolo, die si pno esprimere per .^ds sara T elemento della lotale vanazione delTarea della curva HFV^ e fxds sara la variazione della fads; e dovendo porsi tal variazione nella curva AO B=^o^ dovra essere in questay/^c/s un massimo o un mini- mo, II [)roblema proposto e mntato adnnqne iiel se- gnente: trovare re(]uazione della curva, che tra tntte dello stesso perimetro, terminate agli ste-^si punti, chia- maio r arco s, e Tordinata/i, sia fads un massimo o un minimo. Questo problen\a, adoperando i meto- di dei massimi e dei miuiuji delT Enlero e di Laijrau- gia, si risulve facilmente, e si otiiene Y equazioue a d u / , , , = d X, e posto 6 -^ w = r , nasce Salajjihi -r — .T, equazione della catenana; a, 6 sono 420 a d y e lu.l.bn. d. VuKen.o Angiulli Professore di Mattema- ^ro d-' «o''d. e de. fluid, e di.nostrato col pnlpio deJle azioni, o sia delle velociia virtuali. 421 SU UN DENTE, E PAllTE Dl MAiNDlDOLA D' UN MASTODONTE tromti prcsso la Bocchetta nel Dipartlmeino del. Tanaro. A sua Eccellenza Monsignor Ciacinto Delia Torre Arcivcjoovo .li Torino, Come deiriniptro, Senatore, Cavaliere della Legion dOuoic ec.cc. Milano 20 Ciugno 1S08. LETTERA Di Carlo Amoretti ricevuta a'primi di luglio i3c8. s. fe altre volte V. E. aggradi la non'zfa degli sche- letri di cetacfi e qnadrupedi irovati ne' colli Piacenti- ni (aj, de' quali 1' amico mio sig. Cortesi pubhlico poi la descrizione (bj, ora potrei aggiugner cosa the le ac- crescerebbe la maraviglia, narrandole come lo stesso indagatore degli avanzi de'vecusti animali, ebbe la sor- te di trovare a 200 piedi perpendicolarmeiite sotto I'e- lefante un'intero scheletro di Balena, cbe lia sette me- tri di lunghezza, e 1' ha trovato sotto un amrnasso iin- inenso di coralli, di sassi traforati da miiuli, e non lun- gi dalle ferrigne discoliti, che riputate sono 1' osso di que' moUuschi numerosissiini, che notanti ora soliaii- (a) Nuova Scelra d' Opuscoli. Tom. 1. pag. 39. (bj Ivi. Tom. !• pagg- 289 , 379. 4^2 A M O U E T T I to ne' mari del Sucl son pascolo a grossi Cetacel, i di cui progenitori, la parte caniosa digerendo, 1' osso fra gli escremeiui rigettarono, quando il mare tutta la val- Je del Po, e parte delle Alpi e delT Aperiiiino occu- pava. Ma poiclie di tutto cib ella amera meglio legge- re il ragguaglio die ne da il sig. Cortcsl medesimo (aj^ io interterrolla delle ossa d' altro animale, die taiito piu iiueressar deve la di lei curiosita quanto die e men noto, ed appartiene a cotesta regione in cui ella risplende priino neir ecdesiastico ceto. V. E. conosce nell' Astigiano (dipartimento del Tanaro ) il vetusto castello della Rocchetta di Tanaro degli Es-marchesi d'Incisa, die vuolsi con buoni fon- dainenti parte del retaggio degli eredi d' Aleramo in- vestitone da Carlo Ma2;no. 11 sia:. Bonaventura Incisa possiede unitamente al fratel niaggiore que'fondi ere- dirarj, de'quali alciini sono il sno speciale partaggio, e fra questi v' e il colle detto Monte-bruna. Egli, col- to signore, comeche i suoi studj abbia rivolti a ri-* cerche morali e metafisicbe, della qual cosa ha pnbbli- cati in parecchie opericciuole de'commendevoli saggi; pure e ai vantaggi dell' agricokura attende, e all' ab- bellimento di que'contorni; ne trascura al tempo stes- so cio che ha rapporto all' esanie della natura, e ai monumenti delle antiche epocbe della Terra. Gia sapeasi die tiuti i colli subapennini mostrano avanzi di marine condiiglie d' ogni maniera; e veduto egli avea die quel colle, che scortecciava, diro cosi, per renderlo piu ferace e piu bello, moke specie ne (a) Iv'i. Tom. ii. pagg. 160 > e 229. 1)1 UN DENTE-rOSSlLE 1)' UN MASTODONTE 428 conteneva. Matulotnmi di fatii delle ostriche, de' pet- tini, delle veneri, delle came, dt-lle neriti, de' iiirbi- ni, degli echini, e molie alue specie di niariiii cro- stacei, che vano e qui tiitte raimneniorare. II sig. Incisa tiovb in queJ suo londo anche deoli in- dizj di tetrapodi; e unitaniente alle concliiglie f'emmi avere la base con due ramificazioni d' un impictrito corno di daino ben riconoscibile. Aliri prima di lui simili avanzi di terrestri animali in que' contorni sot- terra trovarono: fra i quali il sig. Frailino di Buiigliera dissotterro lo scheletro d' un grand' elefante, e femmi r amicizia di mandarmi un pezzo di zanna, onde "^iu- dicare della mole dell' intero animale; e Madama Bu- sca nata Serbelloni ebbe iion ha guari da Castel-Bt^U bo presso il Tanaro, fondo d'eredita paterna, il corno d' un bue cola trovato, che, sebbene mancante alia cima, ha tuttavia ire piedi di lungliczza, e sebbene spogliato della snperficie cornea, ha nove pollici di cir- conferenza alia base, la quale sorgea da enorme cranio, che i suoi contadini fecero in pezzi, e dispersero (a). Ma un pezzo ben piu importance, sebbene di mi- nor mole, appartenente ad altro animale, il caso le trovare nel suo Monte-bruna al sig. Incisa. E* (juesto un dente, il quale da zappatori fu dissotterrato e get- tato, come inutil sasso od osso fuori del campo con (n) SilFatti cnoniii hovi , detjuali ne' mnsci ve* UN MASTODONTE 428 dibola sono abbastanza espresse nelle Tavole; ma esse non preseiuano la bellezza del dente, e '1 suo colore. Questo in alcnne parti e quelle della tiircbese, in al- tre e d'un bianco latteo, ma non oserei dirlo di color di cera come parve a taluno; e a luogo a luogo, spe- cialmente ov' era abbracciato dalla mandibola, mostra delle dendriti, cosa non infrequente nelle ossa fossili. Lo smalto del dente e intero e perfetto, e grosso as- sai; e le altre parti pur sono assai dure, ma non sei- cificate a segno di dar fuoco alia percossa dell'acciari- no. La parte inferiore, ossia la radice del dente fa ef- fervescenza cogli acidi; ond' e chiaro cbe ha serbuta r indole calcare delle ossa. Per meglio determinare a quale specie T animale appartenesse sarebbe stato necessario il trovare, o 'I conservare le altre sue ossa, onde fonnarne in tutto o in molta parte lo sclieletro; ma, sebbene altro dente dfir animale medesimo sia stato trovato nelT Astigiano, e forse presso la Koccbetta, come piii sotto vedremo, linora i sigg. Incisa non altro osso piii trovarono fuori cbe un altro spezzame, il quale, bencbe guajio e qua- si interamente spoglio della liscia superficie, pur mo- stra d' essere 1' estremita posteriore della mandibola stessa, vedendovisi ben distiuta 1' apollsi, Mentre di questo dente occuj)avan)i, e cercavane le notizie cbe dare men j)oieano i libri e gli uomi- ni nella Zoologia versati , fra i quali n)i comj)iaccio di annoverare il sig. Cav. Faujas ile S. Fonds , die me- co il dente vide, esaminollo, e lo f'e diseguare, seppi da lui cbe due denti, i quali aveano con t]uesto mol- ta analogia, serbavansi a Padova, uno nel nmseo di Tom. IL P. J. 54 4^6 A M O R E T T 1 qiu-lla r. Universita, e I'aliro presso il coltissimo Natu- lalista sig. Niccolb Dario: ed essendomene procurati i disegiii per mezzo dell' amico inio sig. Prof. Mala- carne, li trovai analoglii beiisi, ma inolto men belli, cioe molto piu logori e consumati sia per I'eta degli auimali, sia dal loro stesso sepoicro. Trovati furono questi nelle A I pi di la noii lontane; e quello del sig. Dario precisamente no' monti di Ceiieda . Altri due ne furono poscia trovati ne' monti appartenenti al diparti- mento del Bachiglione, veduti dal sig. Marzari-Pen- cad incavicato ora dal Governo di cercarfe e raccoglie- re gli oggetti di Storia Naturale, il quale, non poten- do avere qne'denti da chi li possiede, li fece disegna- re: dal che si puo argomentare, che I'animale, il qua- le n' era fornito, vivesse del pari ( Dio sa in quali e- poclie! ) negli Apennini, e nelle Alpi. IMa ben piu esteso trovai poscia il soggiorno di questi anitnali sulla Terra. Essendo nelT anno scorso andato a Vienna d' Austria il sig. Barone Giuseppe di Brudgrn, colto Signore Ungherese, recommi in done la meta d' un dente trovato nelle sue Terre ( ove con- dotto avrebbemi ad esaminare que' luoghi se non mi si fosse negato d'entrare in quel regno ), dente affatto simile alia meta posteriore di qnello della Rocchetta, se non che ha interamente preso il colore della turche- se, ove piu ove men cupo. Piu istruttiva e piu interessante per me fu la ma- scella fossile, che poiei a mio agio esaminare nell' imp: museo de'Fossili di quella Capitale. Tal mascella contie- iie due denti: uno, per la forma e per la disposizio- ne delle prominenze troiicate (che chiamero /og//e , co- DI UN DENTE FOSSILE D UN M\5T0D0N1'E 427 ine i Francesi chianianle trcjles), e aOatto simile al no- stro; e I'aliro ha le j)iHite rilevate coniclie, e acute, simili al Mauinouth di Hunter, che vedesi disegnato iiella sua raemoria inserita nelle Transazioni filosofi- chc per 1' anno 1768, e nella nostra Scelta d'Opusco- li (a) . Sono al primo aspetto s\ poco soiniglianti fra loro que" due denti, die potrebbono agevolmente cre- dersi di dne aniniali diversi, se non si vedessero in una stessa matidibola. Questo pero non troverassi strano da chi ha veduti i denti delTippopotanio, \\ quale nella stessa mascella ha nella parte anteriore i denti piatti a fuglie, niolto sinuli a quelle di cui trattiamo; e nel- la posteriore gli ha acuti e conici quali appunto si veg- gono nella mascelU Viennese. Questa, come fummi detto cola dal cortese e colto Custode di quel museo, e stata dissotterrata nella Moravia. lo me ne stava tuitavia nelT incertezza sulla sto- ria naturale e Tesistenza di questoanimale, finche, al mio ritorno in Italia, trovai negli Jnnali del museo di Parigi un' eccelleiite meinoria di 1 eel sig. Cuvier (b) ingegnoso e fortunate indagntore de' resti sotterrariei d'animali noti^ e ignoti, nella quale espone tutte le ri- cerche da lui fatte su quest' oggetto; e vidi che per le moltiplirate sue indagini riuscito eragli non solo di determinare la specie dell' animale a cui simili denti appartennero, ma pur di separarne e indicarne le va- rieta, e di darrene anche un intero scheleiro, preso da quelle che Peale ha formato colle ossa lossili di quest' animale trovate in America. (a) Tom. I. in 4.* pag. io6. (b) Ann. du Musaeum. Tom. VIU, 4^8 A M O R E T T I Jigli dimostro ( c nessiino nieglio di lui versatissi- nio ntlla NoLoinia Coinparata diuiostrarlo poteva), the Sfbbene i tleiici di (juest' animale trovinsi in tutie le parti del Globo, dalT agghiacciata Siberia, ove trovolli Piillus, siuo agli arsi paesi equinoziali, ove li vide I/u/iiOold, pur 1' animale vivence non trovasi in nes- siina conosciuta regione: onde, dovendo dargli un no- me, lo trasse dalla forma originaria de'suoi denti, chia- mandolo Mastodonte, cioe animale a denti mainniello- nati, che noi diremmo fatti a capezzolo. lo non ridiro cpii cio che V. E. puo leggere nel- la citata raemoria del sig. Cuvier; ma solo esporrolle alcune osservazioni, che m' avvenne di fare leggendo- la. — Facendo egli menzione d'un dente simile a (piello della llocchetta, ma assai piii guasto, come piir vede- si dal disegno faj donato al sig. G. A. Dcluc da chi trovollo nelle vicinanze d'Asti, si puo ben ragionevol- niente sospettare che quel dente fosse sepolto e siasi irovato presso al nostro, e alio stesso animale abbia appartenuto. Che se fu dente d'akro individuo, avrem- mo allora qui mokiplicati i mastodonti. Cosi la molti- plicita di questi animali in Italia dimostrano i denti inentovati dallo stesso sig Cat/er trovati sul Sanese, in Valdarno, e sui colli Bolognesi, e descritti da Bal- dassari, da Fabhroni , e da Monti; ai quali aggiugne- re si devono i qnattro denti trovati ue' monti Veneti, de' quali gia parlossi. JNon fara maraviglia che il nostro si grosso den- te non abbia appartenuto alia piu grande specie de'Ma- (a) Mem. de M. Ciivier. Fl. J I. Jig. 7. m us ULNTJ. lOSSILE D t N MASIODONTE ^29 stodonti, a chi sa di qual enorme mole siaiio i qua- cli ii[)edi iossili dell' America Sfttentrioiuile , cosicclie nelio scorso anno, se crediamo ai pubblici l'o;^li, uiio ne fa trovato sulle sponde delT Oliio di 5o piedi di lunghezza; ma tuttavia cotivien dire clie di gran mo- le fosse r aniinale della Jlocclietta, se, giusia le o-iser- vazioni del sullodato Cuvier, doveva avere otto di (iiie' denti in bocca, poicbe giovane era ancora non essen- do per arico sbucciati gli ultimi coni : e ben alie n'era- no le mandibole a giudicarne da' soli spezzami cbe se ne conservarono. Piu grande ancora dobbiamo fignrarcelo, se, olire i denti, aveva zanne uguaii alle elefantine. Se uno degli argomenti d' analogia ond' iiil'erirne die il nostro Mastodonte appartenesse alia seconda spe- cie anziche alia prima, vuole desumersi dalio starne lo scbeletro presso a marine concbiglie, qnesta circostan- za, come gia osservai^ certamente non manca all' ani- mal nostro; conje non mancagli la circostanza agli al- tri comune, d' essersi trovato a poca profondita: dal che argomentasi che questa razza d' animali sia perita neir ultima catastrofe sofferta dal Globo terracqueo. Ma la circostanza piu decisiva a dimostrare cbe alia grande specie di Mastodonte il nostro non appar- tenne,^ e qutlla della scanalatura o solcatiira de' denti, che, secondo Cuvier, in quella specie si osserva, e die non e certamente nel dente di cui si tratta, il quale ne'suoi coni, e in tutto lo smalto, e interamente liscio e lucente. Osserva il medesimo Zoologo cbe in generale i denti del Mastodonte banno da 6 a lo coni o foglie; e tale e il nostro, il quale inoltre ha aU'estremita po 43o A M O U E T T 1 steriore in b un germe di cono non isbiicciato anco- ra; e poiche rotta e 1' estreniita anteriore, potrebbe an- che sospettarsi che in origine ne avesse dodici: nume- ro, che in alciini denti mastodontei, e specialmente ia quello di Trevoux da Cuvlcr e stato osservato. Ma non cosi analogo ai denti da lui esaminati e il nostro riguardo all'essere piii da un lato consumato e guasto che dall'altro. Dalla ispezione del dente veg- go, che tal differenza, se pur v' e, e ben poco sensi- bile. Bensi evidente e la degradazione de' coni , che nella parte anteriore sono molto piu consumati per la detrizione, e quindi piu dilatati, mentre gli ultiini so- no pressoche interi, come mostrano le stesse figure del- le Tavole I, e II: ed e questo pure un argomento del- la progressione con cui consuniansi, e succedonsi i den- ti dalla parte posteriore all' anteriore, siccoaie si osser- va tuttora negli elefanti. £' chiaro per 1' ispezione della mandibola che que- sta e 'I dente appartennero alia parte destra della nia- sct-lla inferiore; e pare che alia medesima appartenes- se anche il [pezzo in cui si e conservata 1' apofisi. E' sperabile che il tempo e le continuate ricer- che del sig. Incisa, e degli ingegnosi e studiosi suoi.fi- gliuoli, altre ossa facciano trovare, onde meglio cono- scere quest' animale, che forse abito 1' Italia prima che la popolassero gli uomini. Intanto io sono ben content© che il ragguaglio di questo dente, e le poche osservazioni fatte su di esso, abbianmi fornita I'occasione di rinnovare all'E. V. i sin- ceri miei sentiraenti di profonda stima, di riconoscen- za , e d' ossequio . r ' ^. i i "^ i i It I 4 Vf ■>.:x. ^ K "x ^ ^3i APPENDICE alle memorie poste alle pagine 3jj e S^y D I M I C H E fc E A U A L O I presentata il di primo di luglio 1808 N. ella presente appendice io intendo dl farmi pri- ma di tutto, e sopra tutto incontro a un rimprovero, a cui mi espone la nota (e) coUocata alia pagina 335. Taluno potrebbe trarre innanzi e ammonirmi che a gran torto io mi annunzio in essa persiiaso cbe 1' acu- te Lambert appoggi, o unicamente, o principalmente la propension sua a credere provveduti di elasticita i liquid!, ai vantaggi cbe nelle teorie idrodinamicbe otten- gonsi dal principio della conservazione delle forze vi- ve. In fatii dopo scritta non solo ma stampata, e ren- duta conseguentemente indelebile quella nota m' av- vidi eh' ei ritorna su Io stesso argomento in altro suo scritto, posiumo ancb'esso, e cui non pertanto il sig. Beguelin riputandolo degno dell' illustre defunto non esitc) ad inserire nel tomo per 1' anno 1784 degli atti di Berlino. Ben dopo questa ingenua confessione mi tro- 432 A R A L I) I vo in grado di aggiugnere, die lo scritto nientovato, lungi d'indebolire i miei dubbj, quasi gli avvalora, per tai luodo fiacchi mi sembrano i niotivi addotti da Lam- bert a sostegno del suo assunto. Ci si oflre a mio avviso in questo inconiro un esempio della forza della preven- zione, per cui gl'ingegni ancbe piu svegliati sbagliano per grandi e fondati argornenti di niun valore. Tale sen- za niuno scrupolo sembra die possa dicbiararsi quello di'ei crede di aver rinvenuto nel noto fenomeno delle lagrime Batavicbe; delle quali si sa che rompendo il fi- letto o picciiiolo in cui terminano, vanno tostamente in minuzzoli, die vengono scagliuti alliiitorno non sen- za risico di cbi per avventura lenga incautamente il vi- so, e gli ocelli esposti alle offese. Trova egli molta ana- log'ia e una quasi assoluta identita tra questo fenomeno e (juello degli sprizzi di minutissime, ne sempre forse visi- bili goccioline, che secondo lui accompagnano lo spez- zamento subito delle bolle di quella spuma in cui solle- vasi I'acqua che dopo di avervi dianzi sciolto poco sa po- ne venga con forza agitata, e sbatiuta. Vincoli tali egli scorge tra questi due fenomeni che come del primo non ha dubbio che non derivi dalla elasticiik del vetro , cosi nel secondo ei vede una prova non eqnivoca del- la elasticita delP acqua. Ma da vero che i caratteri di vera prova si penera a riconoscerli in una analogia si remota, ove a qualche apparente somiglianza accop- ])iausi tante disparita. Giova qui rammemorare I'esem- pio recato altrove de' ciottoli piani, e lisci che lancia- ti obbliquaniente contro T acqua ne rimbalzano. A pri- ma vista direbbesi ch' esso rende testimoniaiiza della elasticita dell' acqua, e parecchi infatti ne furon se- APl'ENDICE ALLE SUE MEMOJllE a33 dotti. Pur si e veduto ch'esso vuolsi interpretare di una guisa diversa assai; che a prod u ire i rimbalzi tjuuklie Volta reiterati e couseciitivi intervieiie il subito e po- co profondo avvallamento dell' acqua p«rrcossa che ce- de iin tal poco, e torce il ciottolo dalla sua direzioiie obbligandolo a scender prima, poi a salire seoza mol- to discapito dell' impeto impressogli. Poirei citar T al- tro fatto delle gocciole che lasciate cader siiIP a( (jua ne vengono ripercosse verso 1' alto; del cpial faiio mi lusingo di aver mostrato come senza riiitcrveiuo del- la elasticita dell' acqua sia lecito di spiegarlo. Ma voglio piuttosto striiigermi alqnanto pin d'ap- presso con Lambert, e chiedergli se a parer suo la mera elasticita del vetro, vale a dire, comuiie ad og.ii mamera e foggia di vetri basti a render ragione del fenomeno delle lagrime Bitavidie? Eb die paiesemen- te e mestieri concepire die in quelle lagrime I" elasti- cita rimanga dependentemente dalla loro preparazione, e conformazione in modo speziale, e singolare anzi mo- dificata. lo chieggo dnncjue se egli opini die la giun- ta del sapone e ddl' agirazione con( ilj alia elasticita deir acqua sollevata in bolle, ed in ispuma una mo- dificazioiie per V una parte conforme prerisameme a quella cni e d' uopo ammert^^re nelle hjiiinie, e per Taiira ndiiesta a rendere, qnali suppnngon^i, identici J due fenomeni. Qnal |)rnva diretia puo rgli recarsi di tma sup()osiziou tale in tntto grainita, e die non pertanto in quel confronto trovasi necessariamente riii- chiusa? E passando oltre, infetre pure di mere e illecite ipotesi pono a niio timdizio le considerazioni, per le Tom. LI. P. J. <■■'- 00 4H x\ K A L D qiiali egli avvisa di poter rivolgere a sostegno delta elasticiia de'liqjiidi il principio deH'uguaglianza di pres- sione eserciiata e solTerta da ogni particella (luida se- coiido tutte le direzioni; e quello pure della proporzio- ne die qtiesta pressione serba colTaltezza delle sopra- staiui colonne. Ei considera i liquid! nelT aspetto di iin aggregate di miniuissiine pallottoliiie tondeggianti ed elasiiche, e cercaiido a (juali consegueuze tragga qiie- sto concetto, riesce senza pena a niostiare che ne de- rivano i due meniovati priiicipj; donde gli senribra sor- gere un argomento rubusfissimo n favore della elastici- ta de'liquidi. lo mo confesso the il cosiflatto niotivo lascia su^sistere inteiamente i iniei dubbj. A render giu- sta quella conchiusione coiiverrebbe che 1' elasticita ne'liquidi fosse la condizione indispensabile a render ragione de'principj posti nieritamente alia testa delle teorie idrodinainiche. Or tanto e lontano che siavi niu- na necessiia d' iutroduria che tutt' all' opposto e leci- to di prescinderne, giacche bastano, e sovrabbondano all'uopo le proprieta essenziali al (luido, e come tali comprese nella definizione del medesimo. Tal prege- vole sopra ogni altra parmi quella che leggesi presso il JNeuton. In cjuesta il sommo uomo dichiara fluido quel corpo, le parti del quale cedono ad ogni forza loro applicata, e cedendo niuovonsi facilmente fra lo- ro; vale a dire cangiano agevolniente le posizioni loro respettive. Antepongo ad ogni altra questa definizione, e godo vedendola adottata dal Neuton de' nostri tem- pi nella sua meravigliosa meccanica analitica perche in essa non entra Tidea delle particelle minime, ed ele- mentari del fluido; in vece si fa meuzioue delle loro APPENDICE ALLE SUE MEMOUIE 4^5 parti qualunque, alle cjnali tlebbe infatti competere d' essere disposte a cedere ad ogiii minima forza. Es- sa molto avvedutamente si restiinge a ci6 che serve e basta a un tempo a fissare 1' essenza del fluido; giac- cbe il clicbiararue le parti qiialunc|ue pronie a cedere ad ogiii forza coincide col coiicepirle mininiamente coe- renti; ed equivale al dire ch'esse rigiiardo al muover- si fra loro, ossia rigiiardo ai cambiainenti delle respet- tive loro posizioni altra resistenza iion oj)|)ongono, che la loro semplice inerzia ; cWlIa quale pai lando a rigo- re ^ lecito il dire che non resiste, come egli e sol- tanto per un abnso di lerfnini cbe le si da il nome di forza; mentre non e dessa the qnt-lla proprieta, per cui de'corpi tutti condotti ad agir gli uni su gli altri sempre si avvera che segnono in cssi cambiameu- ti uguali di staco in opposte tlir^-zioni. Aliri j)ref«Mira forse di appellaria qntlla pro[)rieia, j^er cui d candjia- niento di stato proporzionasi in ogni incontro alle for- ze, o a meglio tlire all'azion delle forze, da cui deri- va. I metafisici ravviseranno forse in questa proprieta la ragione di quelf arcana nguaglianza da e&si pur in ogni caso ammessa fra le cagioni, e gli ellftti. Chieg- go scusa d' essermi di nnovo arrrstato nello svilu[)pa- mento di quel concetto della (luidita, che reputo sopra ogni altro giusto e legittimo. L' ho fatto ripetendo in parte, e in parte allargando le rillessioni su questo pun- to da me recate nella mia 2'. Mf-moria, perclie , se non sono in tutto ingannato, con esso vengono a con- trasto le idee dell' Arcademico di Berlino. Ei vorrel>- be obbligarne a fis'iar lo sgnardo sopra le particelle minime, uliime, elementari, non piii Uuide per cosi di- 4^6 A R A L D I re tleirasTSreKazion fluida. Or io dichiaro che in cio non sono ill giado di seguirlo, che sitnili sforzi mi riesco- no per io meiio sospftti, parendoini che per essi ri- rnanga contaminata d' ipotesi una nozion cardiuale per se stessa chiarissin)a. A permeiterrni di ritenere i miei (hibbj bastereb- he qiiesta rides^ione; pur aUre non mancano: perche io chieggo a cpjah eccezioni sieno esposte le spiegazio- ni, per le rpiah iioniini somuii rendevan ragione de* priiicipj della starica de' Iluith, prima che Lambert av- visasse d' introdur la considerazione della elasticita? E* manifesio die da questa si puo, e ove si possa, si deb- be anzi prescindere, ogni qual volta a niniia vera ec- cezione sieno esposte quelle spiegazioni. Ma qui sen- to che alcniio mi avvisa che il principio idrostatico deir U2;ua2;lianza deil^; pressioni e una verita meramen- te speriinentale; die il celebre d' Alembert non rico- nosce in esso che questo carattere; ed e in questo aspetto ch' ei Io assume, e mettendolo alia testa del suo nobil trattato d' idrodinamica, Io sostitiiisce alia defmizione del fluida. Va bene; non cerco quanto sie- no fondati gli scrupoh di d' Alembert. Bensi chieggo di nnovo dove pecchino e vengan meno le spiegazio- ni, per le quali di questo gran tutto attestato dalla spe- rienza si rende ragione senza far motto della elastici- ta, e dependentemente soltanto dalla minima coeren- za, e mobilita somma delle parti qnalunqne del liqui- do Sard anche curioso di sapere come P acuto Lam- bert impiegar possa ntihuente l' elasticita riguardo a un altro gran fatto congiunto per vero dire colT altro in- separabilmente, ma che in questo incoutro sembra le- APPENDICE ALLH SUE MEMOIIIH 437 cito (11 staccarne. Intenclo la proprieia del liqiiido di cornporsi nellaho e lu'lla sua siiperficie a livcllo. Qui palesemente la scmplice disposizione delle sue parti quulunque a ctniere ad ogni minitua forza compie ed esaurisce la spiegazion del fenoineuo, e la coiisidera- zione della loro elasiicita e manifestainente in tutto su- perllua. Dopo cio mi lusiiigo clie mi verra conceduto di non riuuuziare a' miei dubbj. Per altro ad obbb- garmi a ritenerii concorrono anche gl' iudizj pe' quali mi persuado agevolineute che questi lavori posturni di Lambert nou avrebbero, lui vivo, veduta la luce, quali almeno li pubblico il sig. Bf*guelin in cio forse sedot- to dair amicizia verso il celebre defunro; di che noa lo biasimo gia io, auzi ne lo commenilo; giacclie delPa- micizia vera sembra che possa dirsi ch'essa nou e ta- le se nou giugue a far iravedere su qualche difetio deir amico. Rechero di questi indizj un esempio solo die fa d' alironde al uiio caso. Si rammemora tia Lambert il noto fenomeno dell' ago di acciajo sottile, che colloca- to bellamente sull' acqua vi si sostieiie, e galleggia. £i non solo lo iuterpreta acoagionandoue la resistenza op posta alia discesa dell' ago daila tegnenza dell' acqua, ma di cjuesta tegnenza ei confida di potere, reitcraudo i tentativi, riuvenire una specie di misura; della qual sua fiducia e a temer fortemeute che i fnici non la di- videranno con lui; essi che partendo dal gran Galileo, e scendendo fino al vivente chiarissimo Haiiy si mo- stran d' accordo nell' attribuire il fenomeno a tutt'altr a casione, vale a dire ad iin sottile strato di aria ade- rente all' ago, onde resulti un tutto un tal poco me- 438 A n A. r. D I no grave speclficamente dell' acqua . Non t a caso che ho fatta pur'ora meiizione del Galileo: la giustizia iniin- pone aiizi di aggiugnere che non senza qualche sor- presa e rammarico non 1' incontro citato da quelli che \ersando su questo fenomeno de' corpi piu gravi assai deH'acqna, e che non pertanto vi si sostengono a galla, si mostran diinentichi che questo grande restauratore de- gli studj fjsici non solo ne reco il prinio la spiegazion vera, nia ne tratto con tale giustezza, e thiarezza, e pienezza che appena lascio che aggiugnere all' indu- stria de' poster] . Ma congedandomi omai da Lambert un inotivo conforme mi obbliga a rivolgermi verso il chiarissimo sig. Monge, di cui debbo confessare che alqiianto tar- di e solo dopo stesa e impressa la nota (a) mi son av- veduto (h' egli in un altro suo scriiio (6) combatte il vapore vescicolare con piu apparato e piu nerbo for- se di ragioni che non in cjuello, che nella nota ebbi soltanto in vista, inserito negli annali chimici di Pa- rigi. Lo prego a permetternii di rimanere tuttavia in- deciso fra lui, e Saussure, o a meglio dire fra lui e una folia di altri che sono d'accordo col fisico di Gi- nevra. E prima osservo che contemporaneamente ai imovi attacchi sofferti per parte dell' dlustre Accade- mico di Parigi dal vapore vescicolare, un altro celebre fjsico il sig. 1. A. De Luc nelle sue idee su la meteo- rologia non solo si dichiara disposto ad ammetterne I'esistenza, ma ne reca osservazioni e prove dirette. Ta- (a) Pas;. 84.4 (b) Mcoi. de 1' Academic des Sciences do Paris an. 1787. Arrr.NDicE allk sue Memokie 43a le parmi la seguente. Ei trovarulosi su i nionti vide una mivola formarsi sotto i suoi picdi, alzaisi, avvol- gerlo tutto. A suo grand' agio poie coiitcinplarla, spe- randone il lembo contro uii fondo osciiro, the oppor- turiamente gli oflerse il rnodo di vedere ch' era dessa un aggregate di particelle disiinte, moventisi verso I'al- to, tondeggianti, cui ei non esita di appellare pallon- ciiii rigccifii di fuoco perclie infatti incontrando cpiaU die corpo nel disfarsi e inumidirlo gli comnnicano qualche calore. Un po' piu oltre egli adernia die qne- sti globicini non erano inassicci senz' aliro; osscrva die alcuni nulla non cedevano nella mole alle gocciole di un' acqua minnta e questi non penanto astendevaiio come i piu piccioli . Da vero die si pena a concepire come goccioiine di pioggia in un'aria poco niossa viag- giar possano alTinsii. Consentono queste osservazioni con quelle di Saussnre, e ripercotono su di esse il lu- me die ne ricevono. In qnesio fenomeno e riposte r appoggio migliore del vapore vescicolare, ne a scuo- terlo, e infievolirlo bastano di gran lunga a mio avvi- so le opposizioni dell' accademico francese; nel quale oltre a cio scorgo qualche parzialita manifesta ])er la teoria del sig. le Roy ritennia per vero dire luitavia in Francia, ma fuori de'confiiii di questa rigettata al presence dalla piu sana parte de' fisici . Secondo lui un indizio non equivoco die massicci sono e non ve- scicolari i globicini veduti da Saussnre sul cafTe caldo cadutivi dal seno della colonna di denso funio che ne sgorga, un indizio tale, dico ci si offle, ed ei lo rinviene e ravvisa nella mobilita grande di detti globi- cini, per cui rotolano agevolmente su 1 ' due vetrl strctti insieme Tun piano, I' altro lievemen- te coiivesso, con tanta sagacitii contemplate dal JNeutoii. Oh sento clie qui mi si replica: qualunque interpre- tazioiie diasi alia comparsa di piii colori in uu aggre- gato di globiciui vaporosi, come e a buon conto ciie niuii' iride nella nebbia mai non si vede? Poirei ritor- cere V argomento e chiedere come accada, che conce- pendo massicci i globicini delia nebbia^ giaccbe questi non tanto di rado adeguaiio nella mole le goccioline, come accade dico che Tarco-baleno noti ci si oiTra mai nella nebbia? ma mi restringo piuttosto ad osservare che nelPesperienze di Kranzestein e Saussure non com- parvero i colori che per un concorso di circostanze; di camera oscura; di aria costipata dianzi entro un glo- bo, poi messa in Hberta; di luce introdotta ad inve- stirla e attraversarla. Malgrado cio la comparsa fu pas- seggiera; non duro che due, o tre second! : qual me- raviglia che la nebbia non la presenti ? faj Del resto prego il sig. Monge a permettermi di svelare uno de' motivi , pe' quali reco all' esistenza (a) Al cliiavissimo sig. Cavalier Canteizani occorse uii giorno di vede- re una iiavola adorna di frangie variopinte , parallele, succedcntisi in iin ordine conforme a qnello de' colori dell' arcobaleno . Ei meco punto non dnbita chs T ori;iine non ne fosse tutt'altra da quella di quest' ultimo . Non e improhabile che in quell' iucontro piu ordini e strati di bollicine vaporose tinte ognuna de' suoi colori senza cio invisibili , si trovasseio per wna i'ortuita e in tntto insolita combinazione posti in circostanze , onde assistersi scambievolmcnte , e i raggi col riunirsi e raflforzarsi produrre qneir apparenza . Essa forse consente col fenoraeno narratoci da Kranzes- tein , e Saussure. Dico forse, perchfe puo essere che alia produzione di alcune meteore luminose conrorra la dilfrazione , e meglio auche che non questa la riflessione, di cui dopo le belle spericnze di Brougham e di Ven- turt sappiacuo che in piu cat! basta a separare la luce nc'euoi colori. Al'Pr.NDlCE ALLE SUE ME^fOHIE 445 del vapore vescicolare qualtlie inicresse. NcIIe itiee su la meteorologia del cclebre sig. de Luc iaconiro alcii- ne congeiture su la forinazioue del vapore vescicolare, colJe cjuali, 96 T amor proprio non mi fa velo al giu- dizio, conseiitono quelle die gia tempo, vale a dire ha omai veiiiidue anni, conseguai a uuo scriuo da me let- to in una privata socieia leitcraria, accolta in .Alodena a queir epoca nelia proj)ria abitazione da uno splendi- do Patrocinatore de' belli ed utili stndi, verso cui mi restringo a far eco al tributo di encomii datigli dal Chia- ris. Venturi, del quale quivi io avea pur I'onore d'es- ser collega (a). Dunque presso il sig. de Luc alia pa- gina io5 del lomo 'j,^ delPopera citata leggesi come se- gue = Sarebbe egli assurdo il pensare die le molecole acquee d' un certo picciolo spazio si riuniscano nella forma di vote sfericine, costrette acl assnmere una for- ma tale dai vapori elastici che coiuinuano a sussister fra esse, e da una carta quantita di fuoco che rimane iiTiprigionato nel lore invoglio? = Won molto oltre cioe alia pag. 1 1 i ricalcando la siessa idea ei dice: = se 1' acqua de' vapori, che distrnggonsi, potesse rac- cogliersi in picciole masse, non ha dubbio che a mo- tivo della tendenza reciproca delle sue pariicelle a riu- iiirsi, queste masse non prendesser la forma di glo- bicini massicci. Ma poiche cpjesta siessa tendenza le stacca dal fuoco per tutto dove i vapori abbondan di tropiJO per qual moiivo non si riumrebbero elle nella forma di voti palloncini aitorno a picciole raccolte del "vapor su[)erstite e del fuoco che si oppone alia loro (a) V. Indaglne fisica sii i colori. JHodena iSci. pug. io5. 444 A K A L D I riunioiie in masse? Noii vedo qual cosa potesse impe- diilo; e lanto piu sono disposto ad ammettere questo meccanisino che V esistenza de' palloncini come compo- nenti le nuvole non mi sembra punto dubhiosa = . Or io nello sciitto mentovato dopo di aver avventurate alcu- ne coiigetture mi esprimo cosi: =: Potra forse anzi, se pur e lecito d' innestar le congetture le uiie su le al- tre, col soccorso di s\ fiitta parziale, e successiva con- versione del vapore in (luido, e del contemporaneo svql- gimento del calore che svincolandosi dalla porzione di- venuta Huida rivolgesi a inantener nell' akra la forma di vapore, potra, dico, forse rendersi qualche ragione della produzione di quel particolare aggregato di bol- licine non raro ad osservarsi nell'atmosfera e detto al presenie dai fisici vapore vescicolare. Quando I'aria e tranquilla e permette non nieno alia forza attraente, per cui nell' atto che formansi, tendono ad accostarsi e riunirsi i rudimenti fluidi, che all' espandente del vapore supersiite che gli rigetta, di produrre gli effetti lor respetdvi con piu squisita regolarita, pare che tra le tante combinazioni amraesse dalle circostanze possa aver luogo quella, per cui i rudimenti stessi nel riu- nirsi forniino attorno a picciole porzioni di aria rara e vaporosa una specie di sottilissimo invoglio acqueo, che le trasfortni in tante boUicine, o vescichette, le quali comecche cinie di un velo specificamente piii grave dell' ambiente, pur contenendo un' aria rendu- la, come si e avvertito, dalla forza espansile del vapore piu rara che non sarebbe senza questa meschianza, potranno sostenersi nell'atmosfera, o almeno nell' ab- bassarsi incontreranno strati piu densi in cui arrestar- N AI'PENDICL ALLE SUE MEMOIUK ^j^5 si e galleggiare a guisa ili mimiiissiini aerostat! . = Ma di quest' a()|)eii(lice temo die dirassi die la giunta supera omai la derrata. E pure deljbo interte- nermi auclie uu moineuio co'dottissinii coinpilaturi del- la Bibhoteca Biitannica, e tra essi probahiluieute , se non erro, col cliiarissimo sig. Pictet. Nel tomo d»^ci- iiio (scieiize ed arti) di questa eccelleiite opera perio- dica leggonsi alcuue considerazioiii su i lluidi elastici, ec. premesse alia descrizioue, die vieu doj)o delle inacclii- ne a vapore. Partono esse paleseineiite da mano niae- stra, e la dottrina nelle stesse epilogata colla inassi- ma precisione e nettezza riceve ulieriori rischiaramemi dal ragguaglio di certe esperienze istituite con un ap- parato opportuno a manifestare la formazione de' va- pori nel voio, alTerrata per cosi dire nella prima sua origine, onde compier la serie di quelle, di cui siamo tenuii airiudustria di Cettancourt, e di Dalton. In un' annotazione posta a pie di pagina recasi un fatto, del quale ritiensi che servir possa a mosirare, qualinente costipando 1' aria con forza se ne alza la temperatura, diradandola si abbassa. Ci si narra die quaudo il sio-. Paul esimio fabbricatore di strumenti fisici, terininaia r operazione di porre in bottiglie una botte delle sue acque impregnate di gaz e soitoposte, onde meglio se ne caricliino e saziino ad una veemente pressione, apre la cbiave d'uscita e permeite allT acqua rimasta nel fon- do di sgorgarne con impeto spinta dall'aria die la corn- prime, questa nel riprendere il suo volume, ruba all'ac- qua die passa congiuntamente con elHcacia tale il ca- lore cbe non di rado formansi nella chiave, andie nella state veri ghiacciuoli. Sul fatto noa cade dubbio vera- 44^ A R A L D 1 no; airinche anclie la conseguenza ne fosse in tutto im- ' miiue converrebbe escludere ogni sospetto che al radrecl- daineiito coiicorra per avventura la conversione, cUe attese le circostanze sembra inevitabile ijuasi, in vapor elastico di porzlon deirurnido strascinato con seco dall'a- ria. E senza entrare nelT analisi di un ferioineno trop- po complicato per solFrirla esatta e compiuta, ponggisi mente ai gaz, de'quali e carica quanto e possibde I'a- cqua, e che tentano di sprigionarsene, intanto che a ri- tenerveli e forza chiuderia sotto 1' attual compressione in bottiglie, e aflVettarsi a turarle e suggellarle. Parmi assai naturale che al diradarsi e uscir rapido dell' aria debba porzione di quesii gaz svincolarsi, e poiche sor- tendo essi dal seno dell' acqua non ponno non essere carichi di umido, possa, e debba pur questo assuine- re in parte la fonna di vapor elastico che depredando il necessario calore, o calorico che voglia dirsi all' a- cqua circostante fa sorgere in questa quel notabile raf- freddaaiento, di cui il fatto c'informa. Qui, se non er- ro, hanno luogo itiversainenie i dubbj nella meinoria sul suono mossi al chiarissinio sig. Biot. Mi duole che al celebre Saussure nell' imitar I'esperienze sopra nar- rate di Kranzestein non sovvenisse di chiudere in quel suo pallone di vetro un picciol Ternionietro. Forse in questo qualche indizio di abbassamento si sarebbe ve- duro quando all' uscir dell' aria diauzi compressa fece subita rnostra di se il vapore vescicolare. Del resto do- po le protesie ripetutamente fatte non tengo bisogno di avvertire che sono questi semplici dubbj e mere in- terrogazioni indirizzate a un Fisico di prime ordine, e benemerito quanto niun altro della teoria del calore. 447 I N D I G E i HEFAZIONE Pag. IIT EsTRATTi coiitcncnti Osservazioni di Mcdicina pratica di Luigi Laglii XXIII Element! di trigonometria sferoidica . Parte scconda . Di Barnaba Oriani I Sul conduttore taglientc d' Hawkins per Peitrazione della pietra dal- la vescica . Di Antonio Scarpa 5>) Sulle livellazioni barometriche . Parte seconda . Di Francesco Vcnini Zi Nuova soluzione di un problema di meccanica delP Eulero . Di Giro- lamo Saladini fji Niiove ricerche dirette a rettificare la teoria della resistenza de'fluidi, e le sue applicazioni . Memoria secoiida . Di Giuseppe Avanzini i85 Descrizione di uno strumento aciistico . Di Gaetano Uttini Ti-j Ossei vazioni e sperienze sopra la teoria della resistenza dc" fluidi di Giorgio Juan. Di Giuseppe Avanzini 241 Ossevvazioni stoiiclie sopra V aritinetica di Francesco Maurolico . Di Mariano Fontana 27S Sull' appareccliio latcrale coUa descrizione di nuovi strumenti onde rendere pifi sicura la litotomia . Di Giuseppe Atti 297 Esame di un articolo della teoria del siiono. Di Michele Araldi 3ii Considerazioni e dubbii sulla compressibility ed elasticity de' liqnidi ed in ispecie delPacqua. Del mcdesimo 327 Del parto pel braccio. Di Gio: Batista Pallctta 36i Della vescicbetta ombelicale . Del mcdesimo 3^3 Aggiunta alia parte II* della memoria sulle livellazioni baroraetriclie Di Francesco Vcnini 391 Sul principio delle velociti virtuali . Di Girolamo Saladini 399 Su un dente e parte di niandilx)la d'un mastodonte trovati prcsso la Rocchetta ncl dipartimento del Tanaro . Lcttera . Di Carlo Amo- retti 421 Appendice :alle memoric poste alle pagine Sii e 327. Di Michclc Araldi 43i %l ;-Mm^':